La Spada è nel Cuore (e ci resterà) di Arasta (/viewuser.php?uid=92762)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. I never knew daylight could be so violent ***
Capitolo 2: *** II. ..."A mì no vuelvas sin su amor" ***
Capitolo 3: *** III. Oh love, don't let me go... ***
Capitolo 4: *** Sul fulgore e sulla tenebra ***
Capitolo 1 *** I. I never knew daylight could be so violent ***
Spada nel cuore (FIVE-CINQUE)
La
Spada è nel Cuore
(e ci resterà)
(I
never knew daylight could be so violent)
La Quinta Casa non sembrava conoscere il buio.
Che fosse giorno o notte era sempre illuminata: dal sole che carezzava
le statue dei leoni, dal fuoco dei bracieri che scacciava l'ombra.
Si sarebbe potuto pensare, trovandosi in quel perpetuo fulgore, che il
guardiano della dimora temesse l'oscurità.
Aiolia non aveva paura del buio.
Era la frase che si ripeteva fin da bambino, quando suo fratello, dopo
averlo avvolto con cura tra le coperte, chiudeva la porticina della
mansarda
della Nona dove dormiva; quando l'eco dei suoi passi sulle scale si
perdeva nel silenzio delle ore in cui il sole non c'era.
In fondo, aveva sempre saputo che quella frase era una bugia.
Non poter vedere, o vedere solo le ombre, solo i profili trasformati
dal nero di cose quotidiane come sedie e brocche di porcellana, una
volta bianca, che diventavano improvvisamente facce contorte, ghigni
spaventosi, lo atterriva come nient'altro al mondo. Ma stanco dalle
lezioni e dagli allenamenti durissimi, Aiolia non ne soffriva troppo,
di questa sua debolezza, e si addormentava tra sogni spesso inquieti.
Poi Aioros era morto, e quella bugia era diventata realtà:
si
era presentata insieme all'infamia, alla vergogna e alla solitudine,
senza misericordia.
La vita era diventata buio.
La vita che doveva essere fulgida come l'oro era stata ricoperta dalla
pece del tradimento.
In seguito, era successo quello che non si sarebbe mai aspettato: il
buio gli aveva rivelato la verità, ed era stato il buio
peggiore, quello degli Inferi.
Continuava a farlo, ora che la notte non lo inghiottiva più,
ora
che nella notte c'era nascosto il suo regalo (premio?) più
bello.
Shura riposava, finalmente sereno, i respiri profondi, lunghissimi.
Aiolia li contava tutti, perché tanto non sarebbe riuscito a
dormire, sotto quella luna piena che li aveva spiati benevola, sotto la
pelle che ancora tremava per il piacere. La notte li aveva celati ai
compagni ancora ignari e alle difficoltà della vita
ritrovata,
inattesa e bella ma piena di dubbi e conti in sospeso.
Aioros non veniva più a rimboccargli le lenzuola,
e giustamente; gli augurava la buonanotte e andava per la sua strada,
a esplorare i fatti dell'esistenza che gli erano stati negati.
Gli amici (fratelli)
avevano le loro matasse da sbrogliare, tra chi trovava e ritrovava la
propria metà, chi viveva come aveva sempre fatto, chi
passava le
ore assorto a pensare, chi carico di nuove responsabilità si
dava da fare alacremente.
In quei mesi Aiolia si era ritrovato con stupore a esser parte di quel
gruppo di uomini, fatti a pezzi e ricomposti e fatti a pezzi di nuovo,
e a prendere quella nuova vita in mano e costruire, mattone dopo
mattone, ciò che avrebbe sempre dovuto essere: l'Ordine
Dorato,
la cerchia più potente dell'universo, i figli prediletti
della
Glaucopide, ma non solo.
Scacciate le ombre, scacciato l'odio.
I templi si ergevano, luminosi infine, benedetti dalla Dea, e loro,
allievi di Achille furioso, erano divenuti maestri di sé
stessi; cinti dell'ulivo sacro, avevano festeggiato, nella luce.
Il Leone aveva potuto ruggire come mai in nessuna vita, possente,
fiero, ebbro di orgoglio e felicità.
E nell'ebbrezza, del vino, delle risate, e quando mai si erano sentite
risate in quel dannato Santuario, nelle voci tonanti, negli spintoni
amichevoli, girando come una trottola gelosamente custodita da un
bambino senza pensieri, Aiolia si era trovato davanti Shura.
Si erano guardati, totalmente inebetiti.
Oh per gli Dei, aveva pensato.
Oh, per gli Dei, aveva pregato.
Una bestia, perché nient'altro poteva essere, che aveva
dormito
dentro di lui si era risvegliata e aveva puntato la preda; quella,
giustamente, era fuggita.
Così era cominciata, tra loro due. Una caccia, una sfida, un
continuo seguirsi e inseguirsi, per mesi, finché il Leone,
seguendo la sua natura sicuramente poco paziente, non aveva
chiuso
il Capricorno in un angolo, un pomeriggio soleggiato come non capitava
da tempo, neanche a farlo apposta.
" Cosa vuoi davvero da me? " aveva avuto il coraggio di chiedergli
quello, gli occhi scuri in cui i sentimenti spietati che li avevano
lasciati senza tregua si perdevano.
Aiolia aveva risposto nell'unica maniera che aveva sempre conosciuto
per rispondere ad una domanda.
Coi fatti, e non con le parole.
Quel loro primo bacio era stato un riassunto di contraddizioni: mani
che stringevano possessive si erano confuse con altre che carezzavano
teneramente; labbra che non sapevano se mordere o assaporare
lentamente; un abbraccio, infine, disperato ma anche liberatorio.
Perchè siamo qui, cosa ci è successo,
com'è
possibile, come siamo arrivati a questo... quesiti che li avevano
tormentati e che si erano estinti quando si erano trovati vicini come
due amanti. Non più solo compagni, non più solo
confratelli.
" Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro...vero? "
" No. Ti sei spiegato benissimo. "
Erano seguiti altri mesi.
Una volta catturata la preda la bestia si era chetata, e Aiolia s'era
goduto l'avere Shura tutto per sé; tra baci rubati
dietro candidi
colonnati, sguardi fugaci nell'arena, non tanto casuale sfiorarsi di
dita sotto il tavolo a cena, quando Aldebaran faceva a tutti una testa
grossa quanto una casa perchè li voleva riuniti alla Seconda
almeno una volta a settimana, i due improbabili innamorati avevano
trovato un equilibrio.
Un posticino, nel cuore e nella mente, dove gioire della presenza
dell'altro anche se nella realtà stavano ancora nascosti,
non
tanto per paura, quanto per il desiderio di trovare un equilibrio che
fosse solo loro.
In quell'equilibrio, Aiolia aveva scoperto un nuovo Shura o, forse, uno
Shura che nonostante tutto era sempre stato lì.
Shura che rideva, ad esempio; un suono così inusuale che
ogni volta lo riempiva di splendida contemplazione.
Shura che sedeva nell'unica poltrona del salone della Decima, dove
tutto era spartano ed essenziale a dispetto dei pavimenti a mosaico
intrecciato di marmi scuri pregiatissimi, e leggeva, anche per
pomeriggi interi.
Shura che tendeva la mano all'avversario sconfitto negli allenamenti,
forte di quella forza mai arrogante.
Shura che lo salutava, la sera, con un ultimo bacio sul collo, in alto,
appena sotto la mascella, vicino all'orecchio.
Aiolia aveva scoperto l'attesa,
insieme a quel nuovo Shura.
Perchè anche se il loro primo bacio gli aveva lasciato
addosso
una sensazione simile all'elettricità, il periodo seguente
il
Leone aveva stupito sé stesso, lasciando da parte la sua
solita
irruenza; aveva preferito aspettare, come un pigro felino di casa, che
l'oggetto del suo interesse si sciogliesse, liberandosi dalla
rigidità che lo aveva sempre caratterizzato.
E Shura lo aveva fatto in un modo così docile da
addomesticarlo.
Una parte di lui ancora sbuffava contrariata, e gli sembrava di sentire
la fiera Leo, dorata e potente, che lo rimproverava per aver lasciato
che un altro uomo, un guerriero come lui, lo battesse in quel gioco.
Quell'uomo però lo imbrigliava a sè,
promettendogli di
più, ogni volta, ad ogni occhiata più lunga del
solito,
ad ogni bacio che durava un tanto di più del precedente.
Aiolia, a dirla tutta, era arrivato sull'orlo di una crisi di nervi,
prima che Shura si decidesse...
Non aveva mai ringraziato tanto gli Dei di avergli dato la forza per
non soccombere.
Quella sera, Shura lo aveva invitato alla Decima; non era la prima
volta e non sarebbe stata l'ultima, ma il quinto quardiano l'aveva
sentito, nell'aria: Eros, bambinello infame, tramava nell'ombra,
ridendo della loro inesperienza, del loro indugiare.
Come se fosse facile! aveva pensato Aiolia, che a dispetto del sangue
che gli ribolliva nelle vene si era sentito insicuro, con grande
vergogna.
E Shura... il Capricorno non gli aveva certo reso la vita facile! Quella dannata camicia di lino
larga e morbida, con quel colletto profondo inesistente,
dato che il primo bottone partiva dallo sterno...e davvero, era stata
tutta colpa della camicia. Perchè dopo un bel bicchiere
tutta
quella pelle bianca come la neve a disposizione aveva cominciato a
fargli venir sete di qualcosa di diverso di un pregiato vino iberico.
Shura aveva appoggiato la bottiglia di Calvente, ancora piena per
metà, sul tavolino basso del salone e aveva sospirato.
Vedendolo
così, perso in chissà quali preoccupazioni,
Aiolia non aveva
resistito più.
" Parlami..." lo aveva supplicato, le mani intrecciate a quelle
dell'altro in una stretta così serrata che aveva avuto paura
di
fargli male. Shura aveva piegato le labbra in una smorfia amara, e
l'angoscia del Leone era duplicata.
" Buffo..." gli aveva risposto il Capricorno " Nell'Ade mi imponesti di
fare silenzio. Ora vuoi che io parli. "
Prima ancora che Aiolia potesse replicare, e buttare fuori almeno un
pò di quella tensione che li stava distanziando troppo, per
i
suoi gusti, Shura aveva piegato il capo e l'aveva poggiato sulla sua
spalla, in un gesto così arrendevole che non gli era mai
stato
proprio.
Ma quella notte anche l'ultimo pezzo dei muri che esisteva ancora
dentro di loro era crollato.
" Non ti posso negare nulla..."
Il soffio della sua voce nell'orecchio lo aveva fatto rabbrividire in
un modo di cui Shura non avrebbe mai potuto non accorgersi.
" Resta stanotte. " aveva esalato il decimo guardiano, infine.
Il Leone era tornato a ruggire. Preso dall'euforia, dalla voglia
più naturale esistente.
Come fossero arrivati alla camera da letto sarebbe rimasto un mistero.
Aiolia sapeva solo che quando aveva riacquisito un minimo (ma proprio
UN minimo) di lucidità erano già sdraiati e mezzi
nudi.
Finire di spogliarsi a vicenda era stato qualcosa di catartico; non
c'erano più gli incubi del passato, la sensazione di mani
estranee che dilaniavano e strappavano. Aiolia aveva ricordato, per un
istante, tutte le notti in cui l'amarezza era stata la sua unica
compagna; tutte le mattine in cui il sole non era riuscita a riscaldare
la sua stanza, vuota come il suo cuore.
In quell'istante, quando si era reso conto che non ci sarebbero
più state notti insonni e piene di rabbia, aveva quasi avuto
voglia di piangere.
Quando aveva potuto passare le piene mani sul corpo di Shura, che aveva
sempre immaginato freddo come la lama di Excalibur, e invece si era
rivelato bollente quanto il suo: bollente come un ferro appena forgiato.
Non si era risparmiato, lo aveva baciato e leccato e morso
in tutti i punti in cui era riuscito ad arrivare, perchè
anche
Shura non si era tirato indietro, tanto che ad un certo
punto si
era trovato tutto il suo peso addosso.
Non si era lamentato: quella posizione solitamente ritenuta vulnerabile
gli aveva dato la visuale perfetta del suo compagno totalmente preso
dalla passione.
Era sembrato un'altra persona: qualcuno che non aveva la
benchè
minima esitazione nel mostrare all'amante quanto veramente lo
desiderasse, e Aiolia si era egoisticamente compiaciuto di
sé
stesso per essere riuscito a rimuovere tutti i freni dello stoico
Capricorn.
Gliel' avrebbe voluta strillare addosso, tutta la sua soddisfazione...
ma nessuno dei due era riuscito a proferire una sola parola di senso
compiuto.
Solo gemiti mal (per nulla) trattenuti, solo respiri spezzati o
lasciati rumorosamente andare, all'occasione.
Aiolia non conosceva troppo la carnalità dell'essere umano,
e Shura sicuramente meno di lui.
Avevano ballato la danza più antica del mondo senza
conoscere i
passi, accompagnati da una sola candela che pian piano si era spenta.
Ma non avevano avuto bisogno di luce: quella era esplosa dietro le
palpebre, serrate contro la forza inesorabile dell'orgasmo.
Quando entrambi si erano ripresi, seppur senza fiato e madidi di
sudore, avevano continuato a baciarsi languidamente, fino ad
addormentarsi.
Aiolia si era svegliato così, senza un motivo ben preciso,
ancora nel cuore della notte, e rimettersi a dormire gli era risultato
impossibile. Abbracciato stretto al suo amante, lo guardava e
riguardava: i capelli neri scomposti, lucidi al riverbero della luna;
la pallidezza della sua pelle che non aveva più quell'aria
malaticcia dei loro anni bui, ma ora si tingeva di diamante.
Il Leone passò un dito sul naso lungo e un pò
storto,
rotto più volte, sulle sopracciglia fini e scurissime, sugli
zigomi ancora un pò troppo pronunciati, perchè
Shura
aveva il bruttissimo vizio di rimanere a digiuno quando credeva che i
suoi allenamenti non stessero dando risultati all'altezza.
Gli avrebbe fatto dimenticare quella pericolosa abitudine, anche se
doveva
ammettere che stringere le mani sui suoi fianchi stretti e saggiare gli
addominali non era per nulla spiacevole.
Si ritrovò a rimuginare su quante cose voleva
davvero fare
con Shura, anche cose banali come prendere un caffé. E
magari
poi bloccarlo sul divano e baciarlo dappertutto, sì, anche
quello...
" Ay, mí
león, que tanto piensas? "
" Non so cosa hai detto, ma ora che ti sei svegliato avrei voglia di
darti un morso anche dall'altro lato del collo. Sai, per amore della
simmetria..."
Shura ridacchiò sommesso nel cuscino troppo basso
e piccolo (poco male, stavano più vicini così) e
con gli
occhi mezzi chiusi se lo strinse ancora di più
accanto,
fino a farlo capitolare su di sè.
" Ah? Forse non ti è bastato? " mormorò Aiolia
accomodandosi per bene, in modo da sentire ogni angolo di quel corpo
magnifico che, sperava, gli si sarebbe arreso altre notti e tutte le
notti fino alla fine.
" Dato che non mi lasci dormire, tanto vale..." scherzò
ancora
l'altro, senza nessuna serietà, dato che entrambi avevano
esaurito le energie e non avrebbero potuto ricominciare neanche con
l'aiuto del sangue della Dea; la dolce signora avrebbe
però dovuto assisterli, ora che tra di loro anche l'ultimo velo era stato
rimosso,
letteralmente e psicologicamente, nell'ardua impresa di affrontare i
confratelli alla luce del sole e rivelare la loro unione.
"
Domattina sarà..." cominciò Aiolia, non sapendo
come
continuare; la prospettiva di parlare a suo fratello gli metteva una
certa ansia addosso.
" Un disastro, sì." concluse per lui Shura, anch'egli
indeciso su come spiegarsi agli amici.
" Suppongo che sentirò gli strilli soavi di Dite dalla
Quinta..." provò a consolarlo il più giovane,
accarezzando distrattamente il vistoso succhiotto che gli aveva
lasciato sul collo.
" Li sentiranno tutti." sorrise lo spagnolo, mentre ripassava sul
graffio con cui gli aveva marchiato la schiena.
" Già."
" Già."
Stettero in silenzio, ognuno con i propri pensieri. La luna calava
sempre di più, ritirandosi per fare posto all'alba.
" Mi sto già preparando alle prese in giro di Milo. Per non
parlare di quelle di Kanon. " borbottò di malumore Aiolia.
" Non ci pensare. Abbiamo ancora qualche ora solo per noi due. "
Così accoccolati l'uno sull'altro, in efetti, l'avvenire non
sembrava poi così grigio; non con le braccia di Shura che lo
stringevano (le braccia che custodivano Excalibur), non con
il suo viso affondato tra i capelli, il respiro tranquillo che gli
solleticava la nuca.
Non finchè poteva dare un numero, benedetto ed infinito, ad
ogni battito dell'altro cuore che sentiva fare eco ai suoi.
Puntellandosi sui gomiti, gli prese il capo fra le mani, infilandogli
le dita fra i capelli, più corti ai lati, e lo
guardò
fisso; sapeva di mettergli un poco di soggezione quando faceva
così, quando aveva voglia di osservare ogni singola
sfumatura
delle sue espressioni... e Capricorn pensava di essere un luminare
dell'inespressività, ma Aiolia era uno studente
più che
dedito alla materia, e stava pian piano imparando a decifrarle.
" Qualunque cosa dicano, non dubitare di niente. " lo pregò
con voce sicura.
Un lampo passò negli occhi color ossidiana di Shura; un
nuovo
bacio, profondo come il cielo, riempì Aiolia di rinnovata
fiducia.
" Tu... " cominciò, ma poi scosse la testa leggermente,
senza
riuscire a trovare le parole. Gli servirono altri baci a fior di
labbra, offerti da un Leone in vena di tenerezze, per continuare.
" Non dubiterò mai più se ci sarai tu a farmi da
luce nel buio. "
Aiolia non potè fare altro che continuare a baciarlo, e ad
abbracciarlo e a perdersi negli anfratti della sua pelle che profumava
di vino e terra bagnata, e del caprifoglio che teneva piantato in
giardino e sui muri.
Quei muri che non gli sarebbero più chiusi addosso in notti
interminabili.
" Dormi, mí
león..."
La luce continuò a rimanergli negli occhi, anche nel sonno.
***
" Aiolia! Dannato gatto pulcioso, cosa sarebbe questa storia che ti sei
portato a letto la capra!?"
" Shura! Per tutti i cani dell'Olimpo, dimmi che quel coso sul collo
non è quello di cui blaterano tutti da stamattina!"
(A
revelation in the light of day)
Titoli di coda dell'autrice
Salve!
Se siete arrivati fin qui, ben venga! Altrimenti mi beccherò
qualche pomodoro, che volete farci...
Non ho molto da dire su questa prima shot, a parte presentarvi con
più calma la raccolta in sé e il
perchè e percome è venuta fuori.
Sono una fan sfegatata di Saint Seiya da quando sono bambina, come
molti, penso; ho ripreso a vedere la serie qualche anno fa, e non sono
più riuscita a staccarmente. Il fandom lo frequento lo
stesso da pochi anni, ma ho già trovato autori e storie
preferite sia in quello italiano che in quelli internazionali.
Vedendo tante fic così ben fatte (ma anche quelle meno ben
fatte a dirla tutta) sia da una parte che dall'altra mi sono finalmente
decisa a partecipare anche io a quello che personalmente definisco " il
post Hades di noaltri poracci che passiamo il nostro tempo a piangere
sui Cavalieri".
Nella mia testolina bacata ho dibattuto molto su cosa potessi scrivere:
una serie di shot slegate sul comico? Una drabblata angst? Un
ricapitolare la serie classica vista dai miei occhi? Una fic tributo al
Lost Canvas? Insomma, di idee me ne sono passate in capoccia parecchie,
ma non riuscivo proprio a decidermi.
Finchè un giorno il mio lato romantico (tristemente carente
nella realtà...) non ha preso il sopravvento, trasformandomi
nella fangirl bimbaminkia e multishipper demmerda che in fondo sono
sempre stata.
Ed eccolo qui, il primo tassello della mia fatica letteraria.
La Shura X Aiolia è ahimè poco considerata un
pò dappertutto; e dato che io sono masochista assai, ho
deciso di farla diventare la mia OTP.
Rimugina che ti rimugina, mi sono fatta una personale idea su questi
due, sia in singolo che in coppia, che ho tutta intenzione di mostrarvi
appieno in questa raccolta.
Spero di riuscire a compiacervi (e convertirvi...), visto lo scarso
seguito di questa ship-che-sail-it-self-anche-se-nessuno-ci-crede.
Due precisazioni, proprio due:
- Il Calvente è un vino di Granada. Rosso. Invecchiato
assai. Perchè io c'ho fissa l'immagine di Shura adolescente
che affila l'arte della spada nell'Alhambra, e lasciatemi sognare vabbene?!
- Il Caprifoglio è una pianta ornamentale sia da vaso che
rampicante, con fiori a grappolo e profumo intenso. Resiste alle basse
temperature ed è usata in erboristeria. Ed è
chiaramente associata al Capricorno. Che è il mio segno. CHE
BELLO.
- Aiolia è un cucciolo di gatto e lo rimarrà
sempre, pure a novant'anni.
- L'Aiolia bambino non è stato fatto fuori da quel cattivone
di Arles per il semplice motivo che perfino lui capitolava davanti alla
sua pucciosità. Amen.
- Shura e Aiolia hanno tanti problemi. Verranno ampiamente analizzati
nelle shot seguenti, contateci.
- Anche gli amici di Shura e Aiolia hanno tanti problemi. E me li
stanno contagiando, visto che nella stesura originale di questa shot le
ultime due frasi non esistevano proprio. Vòggiuro. Non lo so
cos'è successo, mi sono girata un attimo e lì
stavano! Boh...
- Suddetti amici continueranno a fare incursione senza ritegno nella
vita dei nostri amanti improbabili a più riprese, con le
loro paturnie e i loro casini e i loro battibecchi più o
meno seri. E che ci volete fare, mai i cazzi propri si fanno quegli
altri.
- Il titolo di questa raccolta è una chiara citazione
dell'omonima canzone di Lucio Battisti e del suo ritornello.
Chiaramenete la "spada" e il "cuore" non stanno là tanto per
bellezza.
- Le frasi che fanno da apertura e chiusura sono due versi di No light, no light
di Florence + the
Machine.
Sì, lo so, avevo detto due, ma sono logorroica.
Un'ultima cosa: torno alla scrittura dopo anni di
inattività. Siete totalmente autorizzati a darmi consigli,
ma anche padellate sulla fronte, se vedete imprecisioni o erroracci che
farebbero svenire più di un funzionario dell'Accademia della
Crusca.
Purtroppo non posso darvi buone nuove sui tempi di aggiornamento: sono
una studentessa universitaria perennemente disperata e in ansia per gli
esami, e l'é dura, oh se l'é dura.
Altre delucidazioni verranno formite via mp et similia se lascerete una
recensioncina anche piccola piccola *fa la faccia da cane bastonato*
Ci si vede! :3
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Capitolo 2 *** II. ..."A mì no vuelvas sin su amor" ***
01. Inizio
La
Spada è nel Cuore
(e ci resterà)
(..."A
mí no vuelvas sin su amor")
Non c'era posto per la
dolcezza al Santuario della Dea.
Lo
sguardo della Glaucopide, di pietra e così bianco
da essere accecante, premeva sulle loro giovani spalle come un
macigno, come le sacre vestigia che un giorno avrebbero indossato e
custodito, sempre che non perissero prima.
Di questo, il
fanciullo che Shura
era stato era profondamente convinto.
Si era ben presto reso conto
di sbagliarsi, come sarebbe successo altre volte in futuro.
Perchè a
vedere quel bimbo
accovacciato sul petto del fratello maggiore, quel bimbo che dormiva
tranquillo incurante del frastuono dell'arena, della polvere e del sole
cocente, di Leo che lo chiamava insistente ed impaziente chiusa nella
sua cassa intarsiata, veniva da pensare che in fondo il minimo
indispensabile di umana pietà era rimasto.
Shura l'aveva
guardato, discreto,
ma con attenzione, quel bambino dai boccoli biondi, dagli enormi occhi
lucidi mai di pianto ma di forte determinazione e devozione e amore.
Forse non avrebbe dovuto guardare Aiolia così tanto.
Si sarebbe risparmiato l'essere costretto a vederli cambiare quegli
occhi, a passare da luminosi a bui, da pieni di speranze a pieni di
rabbia, pura rabbia e odio senza limiti.
Si sarebbe risparmiato il dolore nel rendersi conto che quello che
doveva essere un glorioso inizio, si era trasformato in un orrendo
incubo.
Un incubo di cui lui aveva dovuto prender parte, giocandosi la
coscienza.
Per Shura, la coscienza era sempre coincisa con la giustizia; fare il
suo dovere verso la Dea era stato il suo fine ultimo, la sua
più
grande e sincera vocazione.
La Dea non poteva sbagliare. Se avesse fatto tutto quello che Lei
avrebbe chiesto, allora doveva per
forza andare bene.
Andava bene fracassarsi le braccia pur di imparare a reggere il peso di
Excalibur.
Andava bene concentrarsi sugli studi e non perdere tempo a fare
marachelle con gli altri bambini.
Andava bene osservare il digiuno della Quaresima ogni anno.
Andava bene sacrificare ore di sonno riposante, e la legna d'inverno,
anche se nevicava.
Per Atena Shura aveva giurato di riuscire in qualunque cosa.
Non era riuscito a salvarsi il cuore, il bambino che Shura era stato.
Tutto, sì,
tutto per la sua Signora...ma non il cuore.
Perchè la Signora gli aveva chiesto la testa di un angelo.
Quando aveva visto per la prima volta Aioros di Sagitter, Shura aveva
pensato di essere morto: probabilmente il viaggio nella tremenda stiva
della nave che contrabbandava tabacchi dalla Spagna, e che lo aveva
portato in Grecia, aveva annientato il suo giovane corpo, prendendosi
anche la sua anima ancora innocente.
Sfinito dalla traversata, aveva creduto davvero che le braccia
che
lo avevano svestito, lavato e avvolto in panni un
pò
ruvidi, ma puliti, e infine messo a dormire tra coltri decisamete
migliori del sacco con cui aveva cercato di proteggersi dal freddo su
quella nave orribile, appartenevano ad uno degli angeli del Señor.
Ne era stato sicurissimo! Quel viso gentile, quella
capigliatura che
splendeva al sole... non c'erano dubbi che fosse un
angelo venuto a prenderlo per portarlo nel Regno dei Cieli,
dove
non avrebbe più sofferto.
Che stranezza, che stupore, quando una volta sveglio si era reso conto
che l'angelo era in realtà un ragazzo con quasi il doppio
dei
suoi anni, ma giovane come qualsiasi altro pícaro che
infestava le strade di Granada.
E quale meraviglia, e sollievo,
in quel suo cuore ancora piccino, quando il ragazzo gli aveva detto che
sarebbe stato uno dei suoi
maestri, e che si sarebbe preso cura di lui e che non avrebbe
più dovuto preoccuparsi di non avere da mangiare o un tetto
sicuro sopra la testa e un letto dove dormire che non fosse sfondato!
I pochi anni passati al fianco di Aioros erano stati per Shura i
più felici, seppur durissimi.
E dove c'era Aioros, c'era Aiolia.
Non era che un bimbo al tempo, un vero e proprio soldo di cacio,
specialmente se messo a confronto con lui, lo spagnolo che ogni pochi
mesi prendeva un paio di centimetri; non che la cosa non andasse a suo
vantaggio: Aiolia era quello che gli altri bambini chiamavano "il
topolino", per il semplice fatto che, essendo così minuto,
riusciva ad intrufolarsi senza problemi nelle cucine ed uscirne, senza
essere notato, con le braccia cariche di leccornie che sarebbero state
altrimenti precluse agli apprendisti.
Shura aveva perso il conto di quanti pasticci di mela e zucchero grezzo
erano finiti in bocca a Milo, il vero artefice di tutte le malefatte di
quei tempi infantili.
Davvero, ad Aiolia non si poteva non voler bene. L'unico che non lo
sopportava era DeathMask, il che era un bel problema visto che Shura
con quest'ultimo ci andava più che d'accordo (stranamente,
lo
aveva sempre pensato) ma allo stesso tempo passava metà
della
giornata con i fratelli di Argo.
Aiolia era sempre lì: ad allenarsi con lui e a sputare
sangue
insieme a lui e a cercare di guardare il lato positivo in ogni cosa. E
quello Shura non lo sapeva fare, ma poco male, se c'era il topolino che
al tramonto gli portava il pane con le noci e gli sussurrava "shh, non
facciamoci scoprire!".
Il suo cuore, che credeva saldo e giusto, era pasciuto in quelle
amicizie sincere.
Poi col passare delle stagioni il topolino era cresciuto sempre di
più... e stava diventando forte, così forte, ma
non tanto
da poter reggere ciò che era in serbo per tutti loro.
Shura non avrebbe mai dimenticato il giorno in cui le loro vite erano
andate in malora.
Quel giorno, le nuvole della mattina annunciavano pioggia, ma non
avevano avuto il tempo di lamentarsene: con Atena al sicuro nella sua
culla dorata, il Gran Sacerdote avrebbe scelto il suo successore, e
allora sì che sarebbero stati pronti, potenti e uniti, per
la
guerra! Shura aveva sentito l'eccitazione nell'aria, si era sentito
orgoglioso di essere parte di quel piano magnifico, di essere
finalmente vestito del cosmo aureo dell'onorevole Capricorn.
Il cuore aveva battuto di gioia: quante aspettative, quanti sogni nel
cassetto!
Era arrivata la notte, e il temporale.
Non solo il cielo aveva squarciato il mondo con i suoi fulmini, quella
notte.
Per anni e anni, anni così lunghi che li si sarebbe potuti
contare, come gocce d'acqua che cadono da una fontana riarsa d'estate,
Shura aveva preferito non pensare alla morte del Sagitter.
Non avrebbe potuto comunque permettersene il lusso: sotto dittatura,
circondati da morte e ingiustizie, la vita del Cavalierato
non
lasciava tregua. Ognuno badava a sè stesso, e di quel
cameratismo affettuoso che li aveva uniti da bambini, non era rimasto
che polvere.
Ma c'era chi non lo risparmiava: qualcuno che giustamente
non aveva riguardo per il suo dolore, per la sua vergogna, per quel suo
cuore sacrificato e sprecato e ingannato
che aveva buttato in un angolo insieme ai
vestiti macchiati del sangue di Aioros e alle lacrime che i suoi occhi
si erano rifiutati di continuare a versare. Quel qualcuno era Aiolia e
davvero, cosa c'era da stupirsi?
Come poteva pretendere lui, come potevano pretendere tutti loro, loro
che erano diventati la brutta copia dei Cavalieri che avrebbero dovuto
essere, che Aiolia credesse davvero al tradimento di suo fratello?
Death e Afrodite lo avevano protetto, silenziosamente, senza tanti
gesti eclatanti, ma Shura se n'era accorto, di tutti: di come, quando
si sentiva ormai sull'orlo del baratro, gli avevano spostato il piede
che già si era mosso per fare il passo verso il vuoto; di
come
gli avevano fatto voltare la testa dall'altra parte quando aveva
guardato giù, nel buio.
Ogni volta, ogni singola volta.
Anche se non ne era valsa la pena: per lui, l'uomo che aveva creduto
che la menzogna più becera fosse la parola della
Santa!
" Tu adesso vai là fuori, a testa alta, hai capito?! Almeno
tu, Shura!"
Shura lo aveva fatto, per la Dea, e perchè non gli restava
nient'altro, se non la sua testa, e il suo braccio, ché
tanto il
cuore era chiuso, come in una fortezza inespugnabile, e ormai i suoi
lamenti strazianti non
li sentiva più.
Lo aveva fatto, ma non era servito a niente: il sibilo della lama, le
suppliche inascoltate di Aioros, il pianto
della bambina... di quelle cose, il suo udito era rimasto pieno.
E di quel J'Accuse!
che Aiolia gli infliggeva solo con un'occhiata, le poche volte che si
incrociavano:
Tu, il senza cuore.
Tu, il boia.
Tu, o
prodótēs.
Il
traditore.
E poco importava che fosse il nome di Aioros, e non il suo, a venir
sussurrato con dispregio, ad essere ostracizzato, poco importava che la
farsa perfettamente orchestrata reggesse.
C'era Aiolia, e c'era il suo cuore nell'angolo, che lo puntavano come
cani a cui è stato portato via l'amato padrone; il topolino,
schiacciato, a dispetto di tutto, per sua innata volontà,
era
rinato belva.
La belva si era nutrita della sua omertà,
della sua vigliaccheria.
Shura ne era convinto: l'unica cosa che l'aveva tenuto vivo, era la
certezza di dover dare
ad Aiolia la sua soddisfazione.
Non più Atena, non più la Giustizia, non
più la coscienza.
E neppure il cuore.
Solo quel pellegrinaggio, a piedi nudi su sassi appuntiti, quel
percorso da peccatore piangente.
Sarebbe dovuto morire due volte, prima di arrivare alla fine di quel
percorso.
Quando era rinato, questa volta per grazia di Atena, la prima cosa che
Shura aveva pensato era stata: NO.
Non voleva essere vivo, non voleva esistere ancora con le sue colpe,
con i suoi rimorsi, con il peso di Excalibur di cui non si sentiva
più il custode, ma ancora una volta il suo spiccato senso
del
dovere aveva avuto la meglio.
C'erano gli amici di cui prendersi cura, a cui restituire il favore di
più di un decennio di sopravvivenza; c'era la sua Casa
distrutta, e che vuota non poteva rimanere; c'era Capricorn, sempre
fedele, sempre in piedi, qualunque colore avesse.
C'era Aiolos, e c'erano i Gemelli e c'erano i Bronzi e un sacco di
problemi da risolvere.
E di nuovo, ancora una volta, come una beffa, una costante di tutte le
sue disgraziate vite, c'era Aiolia.
Il Leone era tornato dagli Inferi esausto tanto quanto gli altri, senza
riuscire a liberarsi dei rancori di cui si era cibato; il Leone,
insieme ad un cuore nuovo di zecca, era tornato a chiedergli il conto.
Shura a quel punto non ce l'aveva fatta più; combattere
contro
Aiolia, ancora, quello non sarebbe più riuscito a farlo.
Avrebbe
tanto voluto redimersi ai suoi occhi, quegli occhi che non gli avevano
mai celato nulla, che non avevano mai vissuto nell'ombra come era
capitato a lui...ma come? Non pretendeva un perdono assoluto, questo
gli era stato chiaro da subito, ma almeno di tornare ad essere compagni
d'arme, anche solo a salutarsi la mattina senza l'ombra degli errori
passati, quello almeno avrebbe voluto provare.
Ovviamente, Aiolia non gliel'aveva concesso.
Nei giorni successivi alla loro miracolosa resurrezione,
quando
la meraviglia di quella nuova vita sembrava piuttosto una maledizione,
il Quinto Guardiano non aveva trovato pace che nella presenza di suo
fratello: per il resto, distanza e antipatia avevano dominato i suoi
rapporti con i confratelli.
Era sembrato persino triste
Aiolia,
con quei suoi occhi grandi che non sapevano dove posarsi, su chi e per
quanto, e quando finalmente si arrestavano non riuscivano a vedere le
belle cose, ma solo il ricordo delle brutte.
Pian piano, anche grazie all'insistenza di Aioros, che avendo
già perso una vita non aveva nessuna intenzione di sprecare
tempo dietro fratellini confusi e sì, anche un pò
capricciosi, Aiolia aveva ritrovato serenità e conciliazione.
Ma non con lui, non con Shura.
Quando aveva tentato di parlare perlomeno con Aioros, Shura si era
trovato davanti un muro invalicabile.
Vuoi la sfortuna, vuoi che il Leone, alla fin fine, in quei giorni
tendeva a stare il più possibile attaccato al fratello
maggiore,
fatto era stato che questi li aveva sorpresi nell'atrio della Seconda,
dove Shura era sceso con la scusa di portare un vecchio libro di
ricette iberiche ad Aldebaran; avendo visto Aioros che andava nella
stessa direzione, aveva pensato bene di aprofittarne.
La furia del giovane greco era stata sottile e fredda, e Shura non
aveva potuto fare a meno di pensare che fosse strano: di solito, se
Aiolia si arrabbiava, lo si sentiva sbraitare fino a Rodorio.
I suoi occhi mandavano dardi, ma Shura non li aveva sentiti arrivare
addosso.
" Sta lontano da me e da mio fratello! " aveva detto soltanto, neanche
ad alta voce, e mentre si allontanava con un Aioros sbigottito e
trascinato per un braccio, il suo passo era sembrato più
pesante
e frettoloso che irato.
Se n'era reso conto, non ancora pronto ad accettarlo, ma se n'era reso
conto: che quel sta
lontano da me gli aveva fatto più male del
resto della frase.
Lo aveva accontentato, che altro poteva fare? Aveva cercato di
distrarsi cercando di far calmare un Death Mask che inferocito con il
mondo (anche lui) non ne voleva sapere di parlare con nessuno; cercando
di consolare Afrodite che era sicuro, a torto, di star perdendo la
persona che amava sopra ogni altra cosa; facendo la sua parte a
ricostruire le vite di tutti loro, che alla fin fine erano ancora quei
bambini con le spalle troppo larghe e pesanti e con le mani
erroneamente macchiate di sangue.
Aiolia era rimasto un tarlo insistente, seppur piccolo, nella sua
mente: un tarlo che riusciva ad ignorare per tutta la giornata, ma che
alla sera, stanco dei conflitti tra i compagni, stanco dei Gemelli che
non si riconciliavano, stanco della Dea lontana, china al capezzale del
povero Pegaso, stanco del fuggire lo sguardo dispiaciuto e speranzoso
al tempo stesso di Aioros,
tornava a martellargli le tempie.
Si era quasi rassegnato, a continuare da dove si erano fermati: Aiolia
che lo odiava, e lui che si lasciava odiare.
Ma una mattina di settembre, dopo mesi di assedio contro il cuore che
gli strillava
di fare qualcosa, di rendere pan per focaccia a quel Leone prepotente,
Shura si era svegliato e si era detto: e va bene, è la sfida
che vuole e allora l'avrà.
Era risceso da Aldebaran, non con libri ma con una bella sacca di
foglie di caprifoglio essiccate.
Ottimo contro i malanni stagionali e per sciacquarsi la bocca.
Ormai stava arrivando Settembre, e la Santa aveva annunciato il suo
ritorno.
Era giunta l'ora.
Le coincidenze cosmiche questa volta erano andate a suo favore: Aiolia
era lì, nell'anticamera posteriore della Seconda, che tutti
loro
avevano preso a frequentare per l'odore invitante delle prelibatezze
del brasiliano... e per i suoi buoni consigli.
Dire che il loro incontro era stato oltremodo IMBARAZZANTE, era dire
poco. Al termine di innumerevoli e decisamente troppo lunghi minuti di
silenzio, avevano iniziato a parlare nello stesso momento:
" Sai, non volevo dirti davvero quelle cose..."
" Io volevo solo dirti..."
Cosa voleva dirgli? Che avrebbe meritato di marcire nel Cocito per
l'eternità per aver alzato il braccio su Aioros, e che
avrebbe
volentieri accettato quella punizione? Che se voleva dargli un pugno,
almeno uno, avrebbe porso la guancia senza esitazione? Che invece si
sarebbe difeso, perchè maledizione
Aiolia, lo vuoi capire
che mi dispiace e che non voglio che ci facciamo più male di
quanto ce ne siamo già fatti?
Che erano mesi, o forse anni, o forse era sin dall'inizio, che non
riusciva a smettere di pensare a lui?
Quel confronto si era risolto in un niente: Aldebaran lo aveva chiamato
dalla cucina, affacciandosi dallo stipite, i capelli polverosi di pan
grattato; Aiolia era sgusciato via biascicando un "devo andare", veloce
come il fulmine.
Il nuovo fallimento aveva gettato Shura nello sconforto. Aveva cercato
di nascondere il suo malumore al Toro, ma quello doveva essersene
accorto
subito, dacché l'aveva guardato come si guarda un ragazzino
che
per l'ennesima volta cerca di andare in bicicletta ma cade
rovinosamente a terra; gli aveva battuto due delle sue proverbiali
pacche sulla spalla ( e Capricorn, in tutta la sua potenza di
Cavaliere, per poco non era rovinato a terra sul serio), senza dire
nulla.
Quella notte si era rinchiuso nella Decima a pregare, gli
ultimi
peperoni gratinati della stagione lasciati sul camino, nonostante
fossero stati amorevolmente preparati dal Secondo Guardiano, che
l'aveva supplicato di mangiare perchè " Shura per
l'amor di
Dio sei pelle e ossa!", quasi con le lacrime agli occhi.
Persino dopo una mezza dozzina di corone di rosario, recitate sia in
latino che in spagnolo, l'angoscia non gli era passata. Avvilito, si
era persino sentito arrabbiato.
Chi è,
aveva chiesto disperato al cielo, chi
è quest'empio demone che mi tormenta? Da dove viene? Il mio
cuore ha già sofferto abbastanza! Non ho forse fatto
penitenza,
non ho forse esaurito tutto il mio pianto...
Cosa devo fare ancora, si era chiesto. Aiolia gli aveva
impedito
di andare ad abbracciare le ginocchia di Aioros, alla maniera antica,
come sarebbe stato giusto fare; gli aveva impedito di parlare, negli
Inferi; gli aveva impedito di spiegarsi, di chiarire, di confessare
quel tumulto interiore che sentiva non appena lo vedeva anche solo da
lontano.
Eros, l'infame,
è forse lui? Che mi tenta, mi fa desiderare ciò
che non posso avere?
La risposta era lì, lì in quel suo
cuore
martoriato che guardava al Leone come un navigante guarda al faro nella
tempesta.
A quella nuova prova non poteva sfuggire.
" Che cosa volete ancora da me...? " aveva mormorato nel buio. A
rischiarare la sua nicchia privata, dimora di un'icona della Madonna
della Speranza, dono di conoscenti andalusi, solo qualche candela
consumata, la cui luce gli aveva restituito lo sguardo della
sua
Signora; ella, dopo anni di silenzio, gli aveva finalmente risposto.
No, figlio mio. Che cosa
vuoi TU?
Shura quella notte aveva capito quanto fosse tremendo avere un'altra
possibilità.
Avere un'opportunità e dover decidere se buttarsi e
rincorrerla,
o rimanere coi piedi ben puntati a terra, ma con l'insicurezza del
forse, del "e se...".
Non poteva più avere alcuna esitazione.
Aiolia non aveva mai avuto esitazioni.
Miserere mei...estoy en
tus manos..., aveva pregato.
Ad Aiolia, non avrebbe mai potuto chiedere pietà.
Nel giorno in cui la Dea li aveva riconsacrati la gioia e la
fratellanza ritrovata lo avevano rincuorato tanto da permettergli di
scrivere la parola fine a tutto quel guazzabuglio.
Vestito d'oro, si era sentito Capricorn addosso come fosse una coperta:
il gelo non l'avrebbe mai più abbruttita. I compagni lo
avevano
convinto a bere, forse un pò troppo, ma tra il vino e le
risate
era sembrato tutto più bello.
Tutto più giusto.
Finalmente era riuscito a parlare con Aioros; non che si fossero
scambiati molte parole, ma non aveva avuto la forza di proferire verbo
ritrovandosi davanti l'angelo della sua infanzia: con quelle sue ali
splendide e il sorriso da cherubino.
" Mi faresti un favore Shura? " gli aveva chiesto colui al quale aveva
infine il diritto di chiamare hermano.
" Qualunque cosa..." aveva esalato in risposta.
Sagitter non aveva aggiunto niente.
Aveva fatto un cenno, col capo cinto del rosso della gloria divina,
verso un punto alle sue spalle; se n'era andato poi, a godersi la
confusione goliardica degli altri fratellini.
Shura aveva saputo all'istante cosa lo aspettava dietro la schiena, ma
averne la conferma, non appena si era girato, era stato come essere
folgorati sulla via di Damasco:
Il Leone di Argo, la chioma avvolta dall'ulivo della Glaucopide, re
della Quinta e del Tuono...era lì, ed era lì per
lui.
Era venuto a prendersi il suo cuore.
Il senso di smarrimento che lo aveva colto non era stato eguale a nulla
che avesse mai provato in precedenza: nessuna cosa.
Quella non era una cosa per
cui si era allenato duramente o per cui
aveva combattuto o per cui era morto o sarebbe potuto morire. No, quella
era la cosa più terribile e meravigliosa che potesse
capitare ad
ogni essere umano sulla faccia della disgraziata terra, e lui non era
pronto.
Non era pronto... eppure la bramava con tutte le sue forze.
Non poteva difendersi: Aiolia, negli affari del cuore, era
più forte di lui.
A
differenza sua, il quinto guardiano portava "il cuore sulla manica",
come usava dire
chi viveva nell'antica terra di Albione. Non c'era modo di nascondergli
nulla: se qualcosa gli importava davvero, l'avrebbe perseguita fino
a sfinirsi, e oltre, come il carnivoro in tempo di magra.
E quegli occhi, oh per la Dea misericordiosa, quegli occhi che solo per
un momento erano rimasti incerti, poi si erano fatti di lava: la luce
che da essi era emanata, per investirlo, era venuta dalle viscere della
pietra, come la polvere pirica che scoppia.
Shura non solo non aveva avuto modo di nascondersi ma aveva scoperto
che non voleva: ché quello che voleva era che la
belva lo acchiappasse, una volta per tutte.
Oh
come aveva riso il cuore, a quel punto! Come aveva preso a
cantilenare: te l'avevo detto, io te l'avevo detto!
Come il monello di
strada che Shura, in un tempo lontano, lontanissimo, era stato. Quando
ancora lo chiamavano con il suo nome di battesimo.
Del loro primo bacio, avrebbe ricordato sempre il cuore fermo.
Fermo era stato, finalmente senza parole dopo aver protestato tanto:
adesso, adesso lasciami in pace, gli aveva intimato Shura.
Lasciami con quest'uomo, con il topolino divenuto Leone; lascia che io
respiri in questa bocca che non sa dire bugie.
Aiolia non gli avrebbe mai mentito: non l'avrebbe abbindolato, non
l'avrebbe usato per sporchi scopi.
Dopo tante parole al vento e anni di falsità, Aiolia era
arrivato e gli
aveva portato i fatti concreti: quelli di un uomo che lo desiderava davvero, senza
secondi fini.
Aiolia lo aveva cercato fino in fondo, trasformando l'odio in amore.
Per rispondere a tanta perseveranza, non poteva che onorare quella
promessa facendo come il Capricorno del mito: cambiare la sua natura, e
andare per un'altra strada, una migliore.
E dare il suo cuore ad Aiolia, perchè glielo custodisse, per
bene, come aveva fatto con la propria correttezza, con
l'affetto
per il fratello e per gli amici, con la sua brutale onestà e
il
suo non piegarsi davanti a nulla e nessuno.
Il cuore, finalmente a casa, nella luce, si era chetato.
Nel periodo che era seguito a quel bacio, a Shura era sembrato che
Aiolia gli stesse insegnando come essere umani: come
essere giovani, perchè giovani lo erano, rinati e ancora
fragili, come i boccioli del suo caprifoglio che aspettavano la bella
stagione per crescere.
E non è che il suo amante gliel'avesse insegnato con la
pazienza
dei maestri, anzi: l'aveva buttato nel mezzo dell'azione, senza tante
cerimonie; gli aveva preso la mano, ogni mattina, quando nessuno
guardava, le dita serrate prive di esitazione; l'aveva portato, alla
sera, guardigno, nel primo angolo nascosto disponibile per baciarlo.
L'inizio era stato solo un assaggio: in quei giorni che si accorciavano
sempre di più, Shura
non aveva fatto altro che aspettare il tramonto, e l'alba, quando
poteva vedere la luce danzare sul volto di Aiolia, bianca o rossa che
fosse, e gustarsi il banchetto che era la sua bocca.
Quella bocca che aveva sempre il retrogusto del miele, e a Shura NON
piacevano il miele e le cose dolci in generale, ma su quelle labbra
carnose il tesoro delle api aveva tutto un altro sapore: quello del suo
uomo imbronciato a causa della pioggia che gli bagnava i capelli,
premuroso nell'elargire carezze...
...famelico e impetuoso nell'intreccio di lingue a cui davano sfogo.
Lo lasciava senza fiato: Shura non aveva potuto che farsi violenza,
notte dopo notte, per non cedere alla lussuria; lo lasciava al riposo
dono di Nyx,
che però era anche protettrice dei fuggiaschi, dei
sogni
nascosti.
Il Capricorno aveva percepito come il desiderio di averlo,
nel significato più elementare della parola, crescesse in
Aiolia.
E in sé stesso.
Ma come affrontare l'argomento, come fargli capire che avrebbe risposto
gioioso ad ogni sua proposta, se il dubbio non l'avesse roso
così tanto?
Che anche lui sentiva
l'istinto primordiale di unire carne alla carne, nella terra,
nell'acqua, fra le lenzuola, ovunque?
Anche la sua natura, dopotutto, era animale. Potevano capirsi
facilmente.
Ma come?
Aveva chiesto consiglio al cuore, per la prima volta: non agli amici,
non agli occhi vitrei della Vergine; dentro il suo cuore
però
aveva ritrovato solo la sua proverbiale timidezza, e la triste
immaturità da quel punto di vista.
Sì, triste,
perchè nella vita precedente le sue esperienze con il sesso
erano state a dir poco disastrose.
Spinto da Death e Dite (soprattutto dal primo) che ci tenevano a fargli
vivere almeno una parvenza di normalità in quella che era
stata
la loro prima, indecente esistenza, alla soglia dei diciotto anni si
era avventurato nei quartieri rossi a Granada, ad Istambul, a Monaco,
con l'umore più simile a quello del marito fedifrago che del
giovinotto in vena
di divertimento.
Shura era sempre stato convinto di avere un aspetto molto ordinario,
senza nulla che potesse davvero attirare l'attenzione, eppuse sia
uomini che donne non ci avevano pensato due volte a concedersi
per una nottata di fuoco. Dopo un bacio con uno studente
tedesco
che era arrivato a mettergli le mani nei pantaloni prima di essere
cortesemente ma fermamente respinto, e un altro con una ballerina
polacca in cerca di soldi che l'appena maggiorenne Saint aveva
rifiutato di darle, era a lui giunta una rossa irlandese che
aveva
promesso di fargli vedere le stelle.
In cambio, aveva voluto soltanto un boccale della peggiore birra mai
venduta in Germania.
La fanciulla aveva mantenuto la parola, ma di quell'incontro a Shura
era rimasto addosso solo il senso di inadeguatezza, e sì,
squallore, mentre la guardava allontanarsi canticchiando la ballata di
Molly Malone.
Si era ben presto reso conto che il suo corpo, nonostante
avesse
sul momento gradito un altro corpo
con cui scambiare la voglia, non si accontentava di una sveltina da
adolescenti che si fingevano adulti nel primo appartamento abusivo
disponibile. E non era di certo colpa della sua rigida educazione
cattolica, benché cercasse di convincersi che fosse quella
la
causa di tutto il suo malessere.
No, era perchè il cuore pretendeva una tenerezza
sincera, tutta per sé, ma Shura non poteva permetterselo.
Aveva ceduto, per pura disperazione dettata dall'età in cui
gli ormoni la fanno da padrone, solo qualche altra volta.
Ma le poteva contare sulle dita di una mano: tutte erano
finite con un Capricorno solo, infelice e pentito.
Con Aiolia non ci sarebbero stati rimpianti, lo aveva intuito subito, e
non solo perchè se ne era innamorato senza rimedio.
Il Leone aveva conosciuto la sua stessa sofferenza; lo stesso fato
beffardo; lo stesso peso degli anni. Come lui, si era affacciato in
quella nuova vita con l'atteggiamento di chi non ha più
nulla da
perdere.
E tutto da vivere, vivere come non mai.
I dubbi non lo aveva risparmiato quella notte in cui aveva chiesto al
Quinto Guardiano di restare. Ma si erano dileguati, come un rivale che
sa di aver perso, quando il greco gli aveva quasi strappato la camicia
di dosso e si era fatto portare, o si era forse portato da
solo, in camera da letto.
Alla fine, era stata tutta colpa della camicia.
Shura non avrebbe mai saputo dire se fosse stato lui stesso a spingerlo
verso l'alcova o se il suo amante, preso da un' improvvisa
possessività, lo avesse trascinato pur senza conoscere la
strada.
Quello che non sapeva, quello che non aveva avuto il tempo,
l'occasione, lo spirito di provare con estranei, non era più
importato, non quando ad ogni pezzo di stoffa tolto di dosso aveva
trovato ad attenderlo un pezzo dell'anima del suo amante.
Le altre pelli che aveva toccato, gli altri corpi che erano stati sotto
e sopra di lui, erano spariti dalla sua mente come gli steli di un
fragile soffione.
Leggeri, passabili ricordi che potevano rimanere lì, e non
avrebbero più fatto male.
Aveva dato al suo cuore quello che dal giorno della nascita gli aveva
chiesto con tanta accoratezza: un altro cuore con cui battere.
Battere all'impazzata, al ritmo dei respiri affannati che si erano
infranti sul collo, sulle spalle. Battere di vita.
Aiolia era carne viva: al contatto con le sue mani e le sue labbra si
era fatto di sangue solido e arroventato.
Il Leone gli era salito sopra, a cavalcioni, dopo una breve (lunga?)
lotta che aveva fatto finire le coperte sul pavimento. Imperioso come
un re, gli era parso immenso nel buio della stanza; la luce
della
luna, piena, l'aveva dipinto dei colori della savana notturna.
Da
predatore quale era gli aveva piantato le unghie nella nuca, nella
guancia.
Lo aveva sfidato.
Allora Shura gli aveva graffiato la schiena, e l'altro si era teso,
piegato come il Discobolo nell'atto di tirare l'attrezzo; e davvero gli
era sembrato una statua, scolpita dagli avi ellenici che
gliel'avevano
pietosamente generato, a lui, a Shura, il senza terra dalla
dignità perduta e ritrovata.
Era suo,
suo da mangiar di baci e da affondare nel letto.
Le mani erano scivolate giù, sempre più
giù,
là dove la virilità di uomo diventa
inesorabilmente fragile
non appena i vestiti vengono sfilati; non appena il mondo si ritira per
riposare dietro persiane abbassate, e allora non ci sono più
segreti.
Non ce ne sarebbero stati più neppure tra lui e Aiolia, non
dopo
quella notte: niente più falsità, niente
più
apparenze ipocrite.
Per questo non aveva indugiato oltre e lo aveva preso e
stretto
(piano), deciso a dargli quanto più piacere possibile, in
modo
che se lo ricordasse al mattino, e che non pensasse a nient'altro se
non alla mano che lo aveva toccato con tanta cura.
Il Quinto Guardiano, così orgoglioso e testardo nella
quotidianità, era divenuto morbido come un gattino che per
la
prima volta si struscia (ma non si fa coccolare, no, quello lo concede
solo più tardi) contro le dita di un essere umano.
Quello spettacolo gli aveva definitivamente fatto perdere la bussola.
Shura lo aveva sdraiato su quel giaciglio troppo piccolo e austero per
entrambi, ma che in quel momento avrebbe potuto essere ampio e leggero
come una nuvola; chiudendo gli occhi aveva saggiato ogni anfratto del
petto nervoso, del ventre molle. Aiolia aveva risposto ad ogni discesa
delle sue labbra con gemiti sempre più alti, senza vergogna.
Lui stesso si era reso conto di stare ansimando rumorosamente quando il
suo amante lo aveva riportato davanti al suo volto: e allora aveva
potuto specchiarsi in quelle iridi che splendevano più di
ogni
astro del cielo, e vedersi come un uomo nuovo, finalmente libero,
finalmente non più solo.
Preso dalla tenerezza che gli bruciava lo sterno, gli aveva accarezzato
una guancia, e poi l'altra.
Aiolia, anche lui assorto, gli aveva passato le dita, leggere, sulle
labbra ch'erano
diventate secche nonostante i baci. Tuttavia
quel momento di stasi era durato ben poco: ripreso dalla voglia gli
aveva intimato di prendere un ritmo stringendo i glutei e inarcandosi
verso di lui.
Allora il Capricorno era scivolato nell'incavo tra la coscia e
l'inguine, dove era arrivato
anche con la bocca ma non aveva avuto il coraggio di procedere oltre.
Aiolia gli aveva piantato un ginocchio nel retro della gamba,
infilandogli le dita tra i capelli ormai bagnati.
Si erano mossi insieme, pesanti.
Lento era stato quel loro primo incontro, e scomodo, ma il fuoco tra di
loro aveva continuato ad ardere, là dove erano entrambi
maschi.
Incredibile era stato, il sentirsi così tesi
eppure...vulnerabili? L'uno contro l'altro, velluto e ferro in egual
misura.
Sul collo il Leone gli aveva impresso il suo morso, e Shura
aveva
creduto che gli portasse via il sangue dalla carotide, tanto aveva
bevuto del suo sudore e della sua cute che da bianca era diventata del
colore dei papaveri.
Il culmine del piacere lo aveva colto quasi di sorpresa mentre
osservava incantato Aiolia che, sopraffatto dall'acme del godimento, si
distendeva trascinandosi dietro le lenzuola tra le dita dei piedi
contratte e lasciandogli i segni dei polpastrelli sui fianchi.
Avrebbe voluto chiedergli qualcosa, dire qualcosa.
Avrebbe voluto ringraziarlo per quella notte e dirgli che era
bellissimo così, con quegli occhi troppo grandi liquidi e
fissi
su di lui e solo la pelle abbronzata a vestirlo.
Ma Leo, appagato oltre ogni aspettativa, aveva appoggiato la fronte
alla sua, restituendogli con le labbra tutto il fiato che gli aveva
rubato, e si era addormentato con un ultimo sospiro di pura
soddisfazione.
Guardalo, il micio di
casa,
aveva pensato Shura, completamente instupidito dall'amore.
Affettuosamente lo aveva avvolto tra le braccia e
l'aveva seguito nel regno di Morfeo, le tempie infine sciolte da ogni
nodo.
Il giorno dopo, gli arti non gli erano pesati mentre saliva alla
Dodicesima; il languore della notte precedente si era trasformato in
leggerezza. Sicuro di sé stesso come MAI era stato in
nessuna
delle sue sfortunate vite, aveva baciato il suo léon sul
collo un'ultima volta, prima di mandarlo a parlare con suo
fratello, e si era recato dagli amici più cari che,
aveva
dovuto ammettere, aveva un pò trascurato negli ultimi tempi...
Aveva trovato Death Mask e Afrodite seduti nel barocchissimo salone
della casa di Piscis, il primo a leggere il giornale, il secondo a
sorseggiare il suo abituale infuso mattutino, in silenzio e in una
maniera assolutamente regale.
Il Capricorno, con tutta l'intenzione di vuotare il sacco il
più
velocemente possibile (via il dente, via il dolore), aveva aperto bocca
per confessare il suo temibile segreto; e lo avrebbe fatto, se la soave voce del
guerriero più bello tra i Dodici non lo avesse preceduto:
" Ma quello è un succhiotto?!"
Da lì, era stato un alternarsi di parlantine acutissime da
grande diva dell'Opera e bestemmie che avrebbero fatto impallidire il
più incallito dei blasfemi.
" Dove abbiamo sbagliato con te? Dove dico io? Ma sia maledetto quel
maiale di un..."
" I dettagli! Voglio i dettagli! Io li PRETENDO, i dettagli!"
Shura era appena riuscito a dire che sì, lui e Aiolia
avevano
tutta l'intenzione di intraprendere una relazione seria, che
sì,
era innamorato, e no
Dite, per l'amor del cielo, Aiolia non è impotente!
" Che quel gatto pulcioso ti infili nel suo letto a me proprio non mi
va giù, sia ben chiaro! Poi fà quello che ti
pare! "
Negli anni, il Decimo Guardiano aveva fatto il callo al carattere
francamente impossibile del Cancro, alla sua incapacità di
mettere due parole in croce senza offendere qualcuno e alla delicatezza
da elefante chiuso in un negozio di porcellane che lo
contraddistingueva; sapeva che Mask non era in grado di dimostrare che
qualcosa gli stava veramente a cuore in un modo che non paresse, ad
occhio poco esperto, maleducato e irrispettoso.
Ma sapeva che il suo amico era solo un pò troppo ansiogeno
quando si trattava del suo benessere e della sua incolumità,
e
quindi lasciava correre.
" Non mancherò certo di fare come mi pare,
stà tranquillo. " aveva perciò concluso.
La cosa era sembrata risolversi in quella allegra chiaccherata e
nell'ottimo karkadè caldo del Pesci.
Ovviamente, Shura aveva cantato vittoria troppo presto.
Nel pomeriggio Cancer aveva pubblicamente sfidato il Leone ad un
singolar tenzone "per l'onore della capra qui presente".
E chiaramente quello aveva accettato.
E chiaramente Afrodite non aveva alzato un dito per fermare il suo
amante.
All'inizio si era trattato di
uno scontro equo tra due compagni d'arme
che nonostante la poca (nulla) simpatia reciproca, sapevano essere
leali; però a metà del duello Aiolia aveva avuto
la fantastica idea
di sorridergli sfrontato, con tanto di labbro sanguinante.
" Quale impertinenza! " aveva proferito Afrodite, seduto vicino a lui,
e Shura aveva quasi avuto voglia di battersi una mano sulla fronte.
Lo aveva fatto davvero non appena la situazione era degenerata: Death
Mask aveva preso a rincorrere il Leone per tutto il perimetro
dell'Arena, maledicendolo in un dialetto siciliano così
stretto
e antico che neppure un centenario di Siracusa avrebbe saputo fare da
interprete.
Questo finché Shaka, disturbato oltre ogni misura, non era
sceso
a fermare i due contendenti, che avevano intanto ripreso a darsele di
santa ragione. Messo che fu il santo piede di Shakyamuni sulla terra
battuta,
il chiasso si era estinto immediatamente.
" Credo che, per oggi, avete fatto abbastanza rumore." aveva proferito
l'Illuminato.
SORRIDENDO.
Tutti e quattro si erano affrettati a tornare alle loro Case
in silenzio.
Il teatrino armato nel pomeriggio non aveva impedito ad Aiolia di
vantarsi quando si erano ritrovati, dopo cena, alla Quinta.
Shura non si era pentito di averlo baciato forte come al solito,
nonostante i tagli. Vero però che poi lo aveva stretto un
pò di più una volta a letto, e non gli era
sfuggito come
lo zigomo del compagno si fosse alzato, seppur viola dalle botte
subite, per accompagnare il ghigno ferino con cui si era addormentato.
A lui era andata decisamente meglio: quei due scapestrati di Milo e
Kanon
erano sembrati più interessati a prendere in giro il suo
povero
amante che a minacciare di evirarlo, e Aioros, buon'anima, lo aveva
abbracciato dicendogli scherzosamente:
" Trattamelo bene, non dovrebbe mordere. Di solito."
Si era limitato a chinare il capo riconoscente, senza ovviamente
accennare al fatto che forse il Sagittario non sarebbe stato
più
così sicuro delle sue affermazioni se avesse visto i segni
dei
denti che Aiolia gli aveva lasciato sulle scapole...
Alla fin fine, dopo qualche giornata di marasma e pettegolezzi, era
tornato tutto tranquillo.
Tanto tranquillo da sembrare bizzarro, ma forse i fratelli avevano
semplicemente voluto lasciare ai due nuovi amanti più tempo
possibile insieme, dileguandosi diligentemente con scuse più
o
meno valide ogni volta che si riunivano negli spazi comuni.
Shura e Aiolia ne avevano chiaramente approfittato, di quella tregua
regalata, per parlare... e scambiarsi passioni sempre più
spinte.
Il che non era per niente
difficile, e specialmente se era nel letto della Quinta.
Death Mask doveva avergli trasmesso un pò della sua
blasfemia,
perchè nel momento in cui Shura varcò per la
prima volta
la soglia della camera da letto del suo amante, quel primo sabato sera
di febbraio, sentì la stessa sensazione di quando entrava in
chiesa.
La Casa di Leo, di per sé, era maestosa quanto una
cattedrale:
bianco e oro la facevano da padrone in quei locali ampi in cui ad ogni
angolo c'era la stuatua di un leone, piccola o grande che fosse, e un
punto luce ad illuminare il tutto.
Ad Aiolia non piaceva il buio, e questa era una cosa che Shura sapeva
da quando erano bambini; in quella dimora che si era guadagnato contro
il disprezzo, l'invidia e la sfiducia di tutti, il Leone non ammetteva
la presenza dell'oscurità, che scacciava con lumi di ogni
genere: dai piccoli lumini votivi posti sotto la statuina di Atena nel
pronao, fino ai bracieri di bronzo pesante che pendevano dal soffitto.
C'erano lanterne di vetro e ferro sui tavoli, e lampade da terra a
richiarare angoli e porte.
"In questa Casa nessuna luce viene spenta prima che un'altra sia stata
lasciata accesa.", era la regola generale da seguire se si voleva
essere ospitati in quel luogo.
Ma era nelle stanze personali del Custode che la personalità
di quello che era l'uomo, e non il Cavaliere, veniva fuori.
Il Capricorno la vide, in ogni cosa, non appena ebbe messo piede nella
camera, la mano stretta in quella dell'innamorato: nel piatto in
terracotta riempito di ciottoli e candele sul comò, nella
tenda
a filet i cui fori lasciavano passare il riverbero della luna, nelle
tante coperte che coprivano il letto, tessuti di ciniglia e mohair
morbidissimi.
Arredi semplici che nulla toglievano al minimo di lusso che la
comodità esigeva, e che davano lustro al rango.
" Non ho mai lasciato che nessuno entrasse qui. Mai. Neppure mio
fratello. " mormorò Aiolia; nella sua voce bassa si poteva
comunque sentire la ferma veridicità di quell'affermazione.
Shura lo raggiunse sul bordo del letto dove si era seduto, quasi
abbandonandosi; gli tolse il mantello infeltrito, la sciarpa dal collo.
Scoprì la pelle di terracotta, beandosi del suo respiro
già accellerato.
" Allora lascia che ti faccia un dono, per ringraziarti. " gli disse,
slacciandogli i calzoni.
Gli passò una mano
sulla schiena ampia, su quella pelle che aveva, anche in inverno, la
sfumatura del sole. Ora
che l'aria e il cielo annunciavano la neve, sarebbe rimasta ancora
più morbida sotto la lana.
Pelle che sapeva di mandorle, e olio caldo: cose di Grecia,
cose di terra e fuoco.
C'era ancora una parte che non aveva assaggiato di quel corpo dorato.
Impresse nella memoria la visione magnifica del Leone, nudo e mansueto
in quella che era la sua tana, che si fidava delle sue mani, che lo
spogliava a sua volta.
Che gli faceva la grazia di aprire le gambe, per l'ennesima notte
insieme.
Il sapore che trovò nel mezzo, non c'erano parole per
descriverlo. Sperò che, col tempo, anche quello finisse per
essergli familiare.
Perdono,
Señor...invocò nella mente,
chè l'incavo delle guancie era occupato...da queste labbra non
più pure, da stanotte , le mie preghiere avranno il fervore
del mio uomo che mi chiama...
E il timbro della sua voce, l'aroma della sua carne, e il
gusto
della sua essenza, di cui Shura non sprecò neppure una
goccia,
lambendo e suggendo finchè il suo amante non lo prese per
gli
avambracci portandolo su.
Con le spalle affondate nei cuscini, prosciugato, ma non sconfitto,
Aiolia fremette come la cera sciolta delle sue candele.
" Tocca a te. " sentenziò sulla sua bocca, di cui
gustò
la vischiosità, prima di inchiodarlo sotto di sè.
Cos'aveva fatto, per Atena?
Cos'aveva
fatto, perchè lei gli facesse dono di uno dei suoi figli
più giovani e
indomiti? Del figlio della luce che lo aveva inseguito e preso, senza
dargli il tempo di approntare una qualsivoglia difesa?
D'altra parte chi era lui, se non il più misero dei
peccatori, per dubitare dell'operato della Santa?
" Bendito sea mí
león..." ebbe appena il tempo di
mormorare.
Sotto le coperte Aiolia di Argo, con le sue
fauci bollenti, gli rese la cortesia.
Titoli di coda dell'autrice
Ed eccoci qua!
Secondo capitolo a voi!
Ah, e buongiorno eh, che è domenica mattina e io non ho
dormito una cippa...
Mamma mia, è stato difficilissimo! Giuro che avrei finito
prima
se uno, non avessi dovuto cambiare casa (ho iniziato l'uni a settembre
e ho traslocato TRE VOLTE con quest'ultima...sono stanca come un asino
T.T ) e due, Shura non fosse
così dannatamente COMPLICATO.
Fortuna vuole che io, essendo un capricorno, lo capisco: altrimenti
stavamo qua fino all'anno prossimo XD
Come avete potuto notare questa shot è affidata alla nostra
capretta: dopo il POV di Simba pensavo fosse doveroso.
É chiaramente più lunga, ma non perchè
il nostro
sia logorroico. Diciamo solo che a furia di stare col gatto
é
diventato più riflessivo del solito.
Una bella persona nelle recensioni mi ha fatto notare quanto Shurino,
dopo essere stato preso per il culo dal mondo intero, e
dopo che fondamentalmente pure volendo non è riuscito a
farne una giusta che fosse una, abbia bisogno di coperte e gattini.
Quindi eccoli qua, belli spaparanzati e imbaccucati <3
Chi ha gatti in casa sa bene come è difficile conquistare la
loro fiducia. Ora io sono alle prese con due che non si sa bene se mi
sopportano o mi temono come se fossi l'uomo nero, ma ci stiamo
lavorando u_u
Ci tenevo molto a far parlare Shura: con Aiolia è troppo
facile,
il ciccino non si fa aspettare quando si tratta di dargli attenzioni
(da bravo Leone...), ma con Shura? Noooo, Shura è misterioso
e
incompreso e difficile, e io volevo davvero dargli lo spazio
che merita.
Spero di esserci riuscita!
Qui veniamo anche a sapere più dettagli di come i due
innamorati
improbabili si siano finalmente trovati sulla stessa lunghezza d'onda:
il passato tormentato, ai due lati opposti della barricata; la
situazione difficile della resurrezione, con tutti i sentimenti a fior
di pelle in bella vista; il corteggiamento e l'inizio della loro
relazione.
Vediamo anche il primo bacio e la prima notte insieme dal punto di
vista di colui che, nella coppia, è considerato il
più
riservato e taciturno, ma vedete bene come Shura si scioglie quando si
tratta del suo león
;-)
E come tira fuori quelle corna pesanti, il caprone! XD
Peccato che nel nostro Bel Paese le corna siano sinonimo di
infedeltà, e pure in Spagna ora che ci penso.... mmmmh,
questo
piccolo particolare chiama una shot sul gioco degli equivoci, che dite?
Uh mamma, che idea m'é venuta! *risate malefiche*
Lasciando perdere i miei deliri, anche qui vi metto le precisazioni. In
realtà le metterò in tutte le shot, quindi
rassegnatevi,
dovrete sopportare la mia tendenza a chiaccherare troppo u_u :
- I versi di apertura e chiusura vengono da Amanecer by Edurne.
Per grazia dell'Eurovision Song Contest, edizione 2015, con il
patrocinio di sua santità IL TRASH. Sempre sia lodato. Io se
mi
mettete assieme un greco e uno spagnolo più di questo non
posso
fare, eccheccaspiterinaoh. Andatevi a vedere il video poi ditemi se non
viene d'istinto ridere istericamente!
- Shura per me viene da Granada: a parte che come mi parte la canzone
di Claudio Villa io solo alla nostra capretta riesco a pensare, Granada
è la città dei gitani, dei palazzi dell'epoca
islamica e
del buon vino. "Shura" poi è una parola araba, con cui si
intende l'assemblea che si forma per scegliere un nuovo califfo. Un
organo democratico, insomma. Più capricornesco di
così!
- Mi sembra evidente, a
questo punto, che Shura non si chiama Shura.
Sicuramente è stato battezzato con un nome decente. Si
accettano
scommesse, folks! *parte Alejandro
di Lady Gaga in gran
pompa magna*
- Col il termine pícaro si
intende il protagonista di quelle novelle avventurose della letteratura
spagnola (le saghe picaresche appunto) che, seppur trovandosi in
condizioni avverse nella vita, riesce nei suoi scopi grazie alla
furbizia e all'ingegno.
- Se andate a Siviglia potete tranquillamente visitare la chiesa della
Madonna della Speranza, chiamata anche della Macarena, dal nome del
quartiere in cui sorge. Il nome può far venire un sorriso,
ma
sicuramente è una chiesa bellissima. Se qualcuno ci va mi
porta
una foto? XD
- Voi ridete e scherzate, ma Aioros in realtà ne sa una
più del demonio. Ringraziamo che ha un'indole fin troppo
benevola, sennò qua ci trovavamo lui come Gran Dittatore Sacerdote.
Paura, eh?
- A proposito, ma chi è il Gran Sacerdote in questa fic? Non
avete notato che non ne ho ancora parlato? ;-)
- Davanti a Shaka se la farebbe sotto persino Freddy Krueger.
- Death Mask e Afrodite si sono auto fregiati del titolo di tutori
(il)legali di Shura quando avevano cinque anni, tipo. Ho il
vago
sospetto che abbiano persino falsificato carte in tribunale per fare in
modo che nessuno metta in dubbio questa verità. Comunque al
Santuario non fanno domande u_u
- Nel mio personale headcanon (una massa informe di ROBE che manco
Beautiful) Aiolia e Aioros sono nati ad Argo, città di eroi
che
ha dato il nome al fedelissimo cagnolo di Ulisse. Prendendo come punto
di riferimento l'indoeuropeo, la radice arg- significa
"brillante", "splendente". Argyros,
in greco, è l'argento. Da quale altro posto potevano venire
i due luminosissimi fratelli? ;-)
- La regola sulle luci di Aiolia è vagamente ispirata
alla regola sulle porte che Nicole Kidman aveva imposto nella sua casa
nel film "The Others". Gran bel film u_u
- La "mohair" è una lana tessuta usando il mantello
della
capra d'Angora, da non confondere con l'omonimo coniglio, originaria
della Turchia. Anche qui, non è un caso che Aiolia abbia
cose di
CAPRA nei suoi appartamenti privati ;-)
- " To wear the heart on the sleeve" , ovvero "indossare il cuore sulla
manica" è il detto anglofono che si usa per indicare una
persona
che è molto aperta e sincera nel mostrare i sentimenti.
- Il J'Accuse
è il
famosissimo articolo che lo scrittore francese Émile Zola
scrisse in
difesa di Alfred Dreyfus, un ufficiale accusato, a torto, di
tradimento. Il titolo di suddetto testo è entrato nel
parlato comune per indicare l'indignazione pubblica che provoca
un'ingiustizia.
EHVVABBENE.
- Aldebaran è un uomo da sposare, ormai l'abbiamo appurato,
ed
è fondamentalmente colui da cui tutti i Goldies vanno per
essere
coccolati, consolati, consigliati e confessati... e rifocillati. San
Alde del Maracanã, prega per noi.
- E comunque NO, i piccolini non hanno ancora consumato come si deve.
Ma ci arrivano. Tranquilli che ci arrivano. Se intanto volete fare
scommesse del tipo seme/uke fate pure *falafintatonta*
- E comunque è sempre tutta colpa della camicia
*indumentimalefici*
- Per scrivere questa raccolta sono andata a vedere le
caratteristiche zodiacali di ogni segno. Coincidenze cosmiche e
quant'altro intendo. Ascendenti, numeri fortunati, quelle cose tipo
"How the Signs react to...", e sono capitata completamente PER CASO VE
LO GIURO sulla tabella dei punti erogeni. Eh dunque. Ho scoperto tante
belle cosine utili. Belle. Sì.
- La cronologia di questa raccolta è completamente sballata,
ve ne
sarete resi conto. Proviamo a fare un attimo di ordine: i Goldies
resuscitano ad Aprile, a rigor di logica. La Dea li riconsacra a
Settembre, e perchè? Mah, fondamentalmente perchè
a me
Settembre mi sa di cose nuove. Inizia la scuola, cambiano le
temperature, la luce si fa più soffusa...mi sa di CALMA, ed
è quello di cui i Goldies hanno bisogno, su questo siamo
tutti
d'accordo. Oltretutto, il primo settembre è il compleanno di
Saori. Poi, a Novembre, stì due eterni indecisi finalmente
si baciano, magno gaudio! Ho poi ben ragione di credere che siano
finiti a letto a Gennaio, forse qualche giorno dopo Capodanno. Il
Calvente è avanzato dalle feste, suppongo. Questo
è quanto. Tanto per darci una regolata.
Detto tutto questo, non posso che ringraziare chi ha recensito, chi ha
letto e chi ha messo tra le preferite/seguite. Rinnovo il mio appello a
lasciare qualche commento in più. Fate felice una povera
scrittrice disperata! TT_TT
Non posso purtroppo darvi una data precisa di aggiornamento: ho un
esame tra meno venti giorni e comunque mancano meno di
due mesi alla sessione invernale, e io sono in ritardissimo sulla
tabella di marcia! Chi come me sta affrontando il delirio che
è
l'università italica?
A presto, cari ^_^
|
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Capitolo 3 *** III. Oh love, don't let me go... ***
LSNC.3.BELLA
La
Spada è nel Cuore
(e
ci resterà)
(Oh
love, don't let me go,
won't you take me where the street lights
glow?)
Dal
loro ritorno a quella parte, Eos aveva graziato i cavalieri di Atena di
albe splendenti, dalla luce quasi accecante; come se la dea dalle rosee
dita volesse rassicurarli, e convincerli, che quella vita novizia
che
stavano vivendo non sarebbe svanita al prossimo tramonto.
Aiolia di Leo aprì gli
occhi al nuovo giorno, non li chiuse al troppo sole.
Il
riverbero del mattino gli restituì il riflesso di una finestra che non
era la sua, e il calore di coperte che non erano le proprie; l'Aurora
illuminò l'uomo che gli dormiva accanto, il suo braccio bianco e i
capelli neri.
Sorridendo beato, Aiolia inspirò l'aria della stanza,
un'aria in cui si mischiavano il caprifoglio, la carta, la pietra
polverosa...e l'olezzo che era proprio del carnale, quello di due corpi
che si incontrano, del loro sudore e del loro desiderio.
Shura dormiva
profondamente, come se non fosse accaduto
nulla: ma la sua chioma corvina era troppo scompigliata e sul suo collo
c'erano i segni rossi della passione; gli teneva un braccio attorno al
fianco, non possessivo ma affettuoso, per tenerselo vicino.
Il Capricorno che tutti
credevano rigoroso e
intransigente in ogni momento riposava scomposto su quel letto troppo
piccolo per entrambi, con una mano abbandonata sulla fronte, una gamba
infilata tra quelle del Leone, mentre il piede dell'altra faceva
capolino dal bordo del giaciglio.
Lo vedessero adesso, pensò Aiolia
alzando il busto piano, in modo da non svegliarlo, per poterlo ammirare.
Ammirare ciò sarebbe
stato soltanto SUO fino alla fine, qualunque essa fosse.
Quella loro notte non era
stata perfetta: le loro mani
avevano tremato troppo, per troppa emozione, e i loro movimenti a
tratti erano stati decisamente scoordinati; alla fin fine poco
importava, e anzi era stato meglio così. Perché era stato
quasi un sollievo scoprire che anche dopo aver vissuto più di
una vita l'amore fisico era per entrambi un terreno nuovo e tutto da
esplorare; perché a farlo,
quell'amore, non avrebbero mai potuto imparare se non da loro stessi e
da quello ch'erano disposti a donarsi l'un l'altro.
Ed era stato bellissimo ma non era stato per
niente facile; ed era stata tutt'altra cosa rispetto al sesso.
Aiolia aveva sempre pensato che il sesso fosse una cosa facile: lo aveva fatto con
altri e non se ne vergognava e neppure se ne pentiva.
Come tanti, anche lui non era stato immune, nell'adolescenza
irrequieta, nella giovinezza tormentata, da qualche scappatella nei
meandri del Pireo. Succedeva sempre dopo le giornate più brutte:
quelle in cui gli abitanti del Santuario erano particolarmente
insistenti nel ricordargli il suo status di "sangue marcio", di "mela
che non cade mai troppo lontana dall'albero", e tante altre cose poco
carine e non simpatiche da ripetere.
I suoi primi baci li aveva sperimentati con due ragazze di almeno
cinque anni più grandi di lui che gli avevano lasciato segni di
rossetto fino alle spalle. Con una di quelle due ragazze aveva
condiviso la sua prima volta: non
era andata né male né bene, com'è tipico di certe
occasioni. Il piacere era stato troppo veloce, la soddisfazione
arrivata troppo in fretta. Si era distratto dalla realtà per
qualche ora e nulla di più.
Poi aveva volto le sue attenzioni ai ragazzi. Ora, con questi doveva
ammettere che all'inizio c'era stata un pò di titubanza, e
guardando la persona di cui si era innamorato (un UOMO) nel presente,
Aiolia si diede dello stupido. Ma al tempo aveva
dato retta solo al suo fisico giovane che reclamava qualche sfogo ogni
tanto: cosa c'è di male? aveva pensato, e si era buttato.
Aveva velocemente constatato che a parte l'ovvio c'era ben poca
differenza.
Con chiunque passasse quelle ore, la dinamica non era mai cambiata:
accettare le avances della prima persona che gli suscitasse un minimo
di interesse, appartarsi da qualche parte, fosse stato anche solo un
vicolo, chiudere gli occhi e smettere di pensare.
Smettere di pensare almeno per un pò a suo fratello morto, ai
suoi compagni che non lo consideravano, al Gran Sacerdote crudele, alle
giornate tutte uguali; alle voci di corridoio, agli insulti, alla
macchia del tradimento sulla sua testa e sulla sua bella Leo, la sua
Nemea preziosa ch'era stata l'unica cosa a cui tenesse davvero.
Sopra quei corpi servi del sesso (sempre sopra, sempre)
aveva imparato quanto la carne potesse essere infida e bugiarda:
corazza solida all'apparenza, veicolo di piaceri intensi, in
verità specchio dell'avarizia umana, arma di chi prende senza
dare.
Qualche volta si era ubriacato: e là era iniziata la sua guerra
personale con l'alcool, perchè il vino non gli dispiaceva ma il
suo stomaco e la sua testa non sembravano essere d'accordo. E poi, gli
alcolici erano sempre troppo amari; e già la vita era amara di
suo e ben presto non c'era stato più bisogno di rincarare la dose
con qualche bicchiere di
troppo.
Col senno di poi si era reso conto che era stato sciocco a credere che
quelle notti di eccessi avrebbero potuto essergli di conforto. Ora che
conosceva l'amore, non gli restava che dispiacersi di tutte quelle
occasioni sprecate, delle attenzioni che aveva dato ad altri a cui di
lui non era mai importato nulla.
Perchè anche se era solo per una notte, Aiolia non era mai stato
irrispettoso, egoista o addirittura violento: aveva sempre cercato di
soddisfare al meglio colei o colui che sceglieva, consapevolmente, per
l'ennesimo giro di luna, ma spesso quegli altri neppure lo avevano
ringraziato.
Quindi non ne era rammaricato, no, ma intristito almeno un poco sì.
Ma quella notte Shura gli aveva fatto dimenticare la tristezza, e in
realtà gliel'aveva fatta dimenticare da un bel pezzo, dal
momento stesso in cui lo aveva sfidato con lo sguardo pieno di speranze
nascoste e aveva accettato il loro primo bacio andandogli incontro.
E quello sì che era stato un bacio VERO.
Se avevano mai avuto una
cosa in comune, era stato proprio il non sapere delle cose vere,
autentiche e genuine dell'intimità...ma avevano recuperato in
fretta.
Delle carezze e dei
baci erano divenuti presto esperti;
avevano fatto a
gara a chi faceva prima a
catturare la lingua dell'altro quando si incontravano, e nessuno dei
due aveva mai avuto voglia di essere quello che s'allontanava per
ultimo, vestendo le labbra dell'inevitabile "a
domani".
Eppure quel "a domani" era diventata la cosa preferita di Aiolia sopra
tutto
il resto; la promessa con cui si addormentava e che lo teneva lontano
dagli incubi.
La prima volta che aveva avuto il pensiero di andare oltre era stato in
un giorno di pioggia ininterrotta. Il Leone era arrivato ad uno dei
loro abituali posti segreti ( uno degli anfratti sul lato ovest della
montagna, da cui i monti si avvallavano in colline) in ritardo di
almeno tre quarti d'ora, perchè Aioros aveva avuto bisogno di
aiuto per affilare dei giavellotti da allenamento; come cavalieri
di Atena era
loro vietato l'uso delle armi ma quelle poche che possedevano, Libra a
parte, erano considerate come attrezzi ginnici dei tempi antichi e le
tenevano in buona condizione per affinare la mira e il tiro.
Dato che ad Aioros era davvero difficile dire di no, e per lui davvero
quasi impossibile, aveva corso fin lassù col rischio di farsi
seriamente male, ma sul momeno non gli era di certo importato, avendo
in mente solo la possibile faccia delusa di Shura o peggio ancora la
sua assenza. Quasi certo che il Capricorno si fosse stancato
d'aspettarlo e se ne fosse andato era arrivato all'appuntamento mogio
come un bambino a cui è negato il dolce dopo la cena.
Quale era stato il suo sollievo e la sua contentezza quando invece
aveva trovato il suo amante ad attenderlo come sempre, seduto
alla meno peggio su un grosso sasso e con la testa riparata sotto una
giacca di velluto scuro ormai fradicia!
" Scusa...non volevo fare tardi..." aveva avuto appena la forza di
balbettare, tra fiatone e il batticuore che ormai era diventato
familiare.
Shura non era sembrato offeso. S'era alzato e aveva percorso quei pochi
passi che li separavano con calma, e quando gli era arrivato davanti
Aiolia s'era potuto consolare vedendo l'espressione tranquilla sul suo
volto.
" Sapevo che saresti venuto. " aveva risposto, e la sua voce aveva
fatto eco nella pioggia e nelle fronde degli arbusti che li
circondavano. Poi gli aveva dato un bacio su una guancia.
Aiolia aveva cercato le sue labbra come un affamato, come faceva sempre
alla fin fine.
Era stato lì, sotto le fronde di un ginepro arrampicato e con
l'odore di quelle bacche pruriginose nelle narici, con le mani immerse
nei capelli bagnati di Shura, che l'aveva pensato per la prima volta:
Voglio fare l'amore con lui tutta la
notte.
E gliel'aveva quasi chiesto, disposto persino a pregarlo di dire
sì, lo voglio anch'io, ma a quel punto il sole li aveva minacciati col
tramonto,
dall'orizzonte allineato con una coltre di nubi nerissime, e non aveva
potuto fare altro che baciarlo ancora e ancora finchè non erano
dovuti riscendere.
Non aveva
avuto
paura al pensiero, ma apprensione sicuramente: perchè conoscere
le basi non significa aver imparato in modo efficiente la materia.
Aveva
poi immaginato la scena più volte, sotto le sue coperte che
aspettavano solo di prendere la forma del corpo amato, aveva preso in
considerazione varie
possibilità, aveva fantasticato su pratiche erotiche (non che ne
conoscesse molte...) che aveva scartato una ad una con crescente
frustrazione. Diglielo e basta, s'era detto alla fine, diglielo che lo
vuoi spogliare e non lo vuoi far uscire dal letto prima che l'alba sia
sorta.
Diglielo che ti va bene qualunque cosa, che non ti importa se non
andate fino in fondo, che ti vuoi godere ogni singolo momento.
Ma tra il dire e il fare...
Shura l'aveva stupito come al solito, grazie alla Dea; quel "resta"
mormorato a bassa voce gli era parso un grido di giubilio, una
preghiera finalmente accolta.
Ciò che era successo tra di loro non era stato il
soddisfacimento di un bisogno.
Era stato togliersi le vesti con troppa foga, tanta da singhiozzare per
il
respiro perso, per poi fermarsi e scoprire i contorni crudeli
delle cicatrici che entrambi si portavano dietro con malinconia, ma
anche con profondo onore; era stato scoprire ciò che i vestiti, la
timidezza e la titubanza aveva
fino ad allora celato.
Aiolia aveva appreso a godersi la sensazione di muscoli che si
contraggono sotto le
dita, del
fiato bollente che si spezza su colli sudati, ed essa non gli era mai
parsa così potente fino ad allora, non gli era mai parso che avesse
quel potere di aumentare a dismisura la voglia, e allo stesso tempo
farlo sentire così giovane davanti ai fatti della vita.
Si era davvero sentito come il giovane leone che era, e che era sempre
stato: a volte si
dimenticava di avere vent'anni e che a vent'anni si ha solo voglia di
mordere e graffiare, voglia non di fare male ma di lasciare marchi
scarlatti e pensare solamente sei
mio, mio, mio...
Voglia di fare l'amore, dopo che lui e Shura si erano fatti la guerra,
una guerra fredda, lunghissima e silenziosa, fatta di occhiate
terribili e parole troppo spesso taciute.
Entrambi
si erano avvolti nel bozzolo del disprezzo e dell'indifferenza, pur di
tirare avanti; quella notte si erano spogliati di tutto, ed era rimasta solo la
nudità completa.
E il peso e la tensione del
desiderio di lui, di Shura di Capricorn, concreto come non lo era mai
stato, lì sulla sua coscia.
Aveva tremato, solo per un momento, ma aveva tremato.
Shura non se n'era accorto, immerso anche lui nella contemplazione,
quella che i suoi santi e i suoi eremiti di tela e d'inchiostro non
avrebbero mai potuto insegnargli.
Aiolia l'aveva guardato dal basso, dal sotto in cui non aveva mai
lasciato che
nessuno lo mettesse: e allora aveva abbandonato il controllo, e aveva
accolto la vulnerabilità del trovarsi avvolto da
altre braccia, intrecciato ad altre gambe.
Era stata una comunione di
sguardi mai provata; aveva sempre avuto cura di guardare il meno
possibile prima, ma con Shura anche gli occhi avevano reclamato la loro
parte di fame.
Sopra di
lui, Shura si
era trasformato: argenteo come la lama nel buio, poi scuro come la
terra, e come la terra si era mosso, scosso dal profondo. Lo aveva
guardato come nessuno mai prima di allora, e Aiolia si era sentito come
una cosa preziosa, amato e protetto in un modo gentile e fiero, come
Shura sapeva essere quando dimenticava la cattiveria del mondo.
E lo aveva toccato: e nessuno lo aveva mai toccato così.
Perchè la
verità era che aveva toccato altri, e in fondo non gli era mai sembrato
un granché, ma quando s'era lasciato toccare da Shura gli era
sembrato di tornare allo stato liquido, ad uno stato vergine, pronto per il divenire.
S'era sentito come un
vaso da modellare: prima solo
creta, poi opera d'arte; Shura l'aveva elevato ad un punto a cui da
solo, per quanto ci provasse, non sarebbe mai potuto arrivare. Aveva
sempre creduto di sapere come si soddisfa un uomo, e come si soddisfa
una donna, e in realtà non aveva mai saputo proprio niente.
E
nessuno gli aveva mai detto che sarebbe stato come bruciare, e che la
sola cosa che avrebbe occupato la sua mente sarebbe stato il calore,
asfissiante e fantastico,
delle mani del suo uomo che gli davano piacere.
Le mani di Shura le aveva conosciute sempre fastidiosamente fredde, e
in quei mesi si era impegnato con dedizione a tenerle nelle sue, a
tenerle sui suoi fianchi e sulle sue guance, ma quella notte non aveva
avuto bisogno di farlo: da sole lo avevano abbracciato, da sole gli
avevano fatto prendere fuoco.
Non c'era stato bisogno di chiedere più nulla.
Però almeno all'inizio era dovuto salirgli sopra. Perché Aiolia di Leo
era stato una
volta un bimbo molto basso che doveva alzare per bene il mento per
poter guardare in faccia Shura di Capricorn, e quindi sì, quella
rivincita se l'era presa: quella di stargli sopra a cavalcioni e di
bearsi dei suoi occhi sbarrati per la sensazione di averlo addosso.
Ecco.
Il desiderio di rivedere quell'espessione lo avvolse, e dunque fece in
modo di spostarsi tutto sul suo uomo, prendendosi un momento per
indugiare nel calore della pelle su altra pelle.
Al sentirsi il suo peso addosso, Shura fece un respiro più profondo
degli altri e si svegliò; si guardò intorno con gli occhi socchiusi e
impastati di sonno per qualche istante, prima di focalizzarsi
sull'amante steso sopra di lui.
" Mí león."
mormorò con una
punta di sorpresa, come se non si aspettasse di vederlo; gli scostò un
ciuffo ribelle di capelli dietro l'orecchio. Aiolia si godette quella
carezza discreta, chinandosi per lasciargli un bacio fugace all'angolo
della bocca, per poi issarselo contro, stringendolo a sé e immergendo
la faccia nella chioma spettinata; là tra quei fili scurissimi era
forte il
profumo dell'acqua di colonia, l'unico vezzo che il Capricorno, da
sempre votato alla modestia dei costumi, si concedeva.
" E chi si alza adesso..." mormorò mentre Shura gli vezzeggiava la
schiena a piene mani, guardandolo con un'espressione a metà tra il
divertito e il beato. Aiolia lo baciò ancora, e stavolta più a lungo.
" Ci sono così tante cose che vorrei dirti." gli rivelò riprendendo
fiato quando si staccarono " Cose che non ti ho detto prima perchè ero
troppo preso da..."
" Da noi ?" concluse per lui
l'amante, e il suo sorriso si allargò fin quasi ai lati della faccia al
suono di quella bellissima parola.
" Sì... da noi. Da tutto, tutto quanto. Ne abbiamo passate così tante,
Shura. Mi sembra di essere finalmente arrivato dopo un viaggio molto
lungo. "
" E quindi hai molte cose da raccontare, immagino. "
Era incredibile come Shura riuscisse a seguire i suoi discorsi. In quei
mesi non avevano parlato poi molto, era vero, ma quelle volte che il
leone aveva avuto voglia di tirare fuori a parole ciò che sentiva
dentro Shura era sempre stato lì pronto ad ascoltarlo, e addirittura
era stato bravo a capire in anticipo quello che voleva esprimere.
" Quando siamo così insieme io non posso fare a meno di pensare...a
quanto ti ho disprezzato."
Anche se a volte tendeva a parlare troppo. Aiolia sapeva che era
necessario pensare prima di parlare, ma questo consiglio gli era sempre
venuto molto difficile da mettere in pratica. La cosa in genere lo
innervosiva molto, e specialmente quando era Shura ad essere vittima
della sua lingua maldestra. Perché anche se il Decimo Guardiano sembrò
comprendere dove voleva andare a parare, il suo sorriso si affievolì;
nascose il viso sul suo petto, e Aiolia non poté fare altro che
infilargli una mano nei capelli e cercare di confortarlo.
Sentì che quella conversazione era necessaria, anche se dolorosa.
"
L'odio che provavo per te era reale. Quell'odio mi ha consumato,
tanto che pensavo...pensavo che non sarei mai più riuscito ad essere
felice." svelò senza indugio " Tu mi hai dimostrato il contrario ed io
non so come...voglio darti qualcosa in cambio, ma non so cosa. "
Fin dall'inizio della loro relazione aveva provato un certo senso di
debito verso Shura: non era una cosa che lo faceva star male di per sé,
ma desiderava davvero estinguere quel debito, facendogli un regalo
magari.
Vederlo contento e appagato era, dopotutto, il suo obbiettivo massimo.
Era come una sfida, e sia mai che Aiolia di Leo si tirasse indietro
davanti ad essa.
Sapeva ciò che Shura desiderava più di ogni altra cosa al mondo, ed era
arrivato il momento di fargli quel dono, anche se magari non nel modo
che questi si aspettava.
" Io so che da me vuoi perdono."
A quelle parole, il suo innamorato proruppe in un singulto e nascose il
viso tra le mani. Aiolia l'aveva visto spesso pregare in quel modo,
come se volesse annullare i suoi tratti, e mostrare solo l'uomo
prostrato nella fede; ma in quel momento aveva bisogno che Shura lo
guardasse, così circondò la sua testa con le dite e gli fece alzare gli
occhi, dolecemente ma con fermezza.
" Io non ho bisogno del perdono per amarti." affermò, e l'altro
abbandonò la tristezza per la sopresa: le iridi nere si allargarono,
quasi lucide di pianto.
" Ma se tu lo vuoi, io te lo posso dare. Passerebbe da me a te, e non
ci farà più male. Che ne dici?"
Aveva preso la decisione definitiva. Il resto lo lasciò a Shura, che
assunse un'espressione meditabonda; dopo aver chiuso un'altima volta
gli occhi e raccolto i pensieri, gli rispose:
" Quando mi sono reso conto dei
sentimenti che provavo per te io... io ero disperato, Aiolia. Io non
avevo nessuna speranza che tu mi ricambiassi. Non pensavo di averne.
Non ne avevo ragione."
Non faticava a crederci. Tra loro erano passati troppi anni, troppe
disgrazie li avevano tenuti separati.
Troppo odio.
Troppo sangue.
Poi l'odio s'era estinto e il sangue era stato lavato. Avevano trovato
pace l'uno nell'altro, e quello era il prodigio più grande al quale
loro, potenti e quasi divini, loro che potevano dire di aver visto
tutto, avessero mai assistito.
" Tu mi hai ridato la ragione. E io ti sono devoto."
Aiolia per poco non lasciò andare una lacrima a quell'affermazione. La
Dea gli aveva rivolto parole d'affetto, Aioros gli aveva espresso con
la voce il suo amore ogni volta che poteva, gli amici gli avevano
offerto confidenza e fiducia: però mai, mai aveva sentito una tale verità e
forza scaturire da chi gli aveva parlato.
E cosa poté fare se non piantare le labbra su quelle dell'amato per
esprimere la sua gioia: piantarsi lì su quella bocca benedetta dove
avrebbe potuto costruire un tempio che fosse solo loro, suo e di Shura
di Capricorn, solo loro fra le lenzuola. Tra i baci e le lingue e le
dita immerse negli incavi più sensuali del corpo rischiarono seriamente
di rinfocolare il desiderio, quando erano ben consapevoli entrambi che
era vitale ritornare alla razionalità.
" Tu avrai la mia pelle, come io ho già la tua. Un leone non può darti
che questo." esalò sfuggendo a malapena dalla passione che l'altro, di
rimando, gli stava dimostrando.
Shura dovette fare uno sforzo estremo per togliergli le unghie dalle
cosce (che sembravano piacergli particolarmente...) e porre fine a
quello scambio di confessioni e voglie.
" Vale." disse, combattendo
anche lui con un groppo alla gola e il respiro interrotto. Aiolia
poteva anche non capire lo spagnolo, ma aveva appreso a percepirne il
senso: lo aggradava molto il suono della parlata iberica, perchè gli
pareva che non lasciasse spazio ai dubbi; era decisa e, seppur
articolata, aveva suoni che lasciavano immediatamente il segno.
Si alzarono
mesti, rimpiangendo immediatamente il tepore delle coltri e della
compagnia.
Mentre si lavava nella stanza da bagno di Shura (cercando di non
soffermarsi sulle fantasie che voleva far diventare realtà là dentro)
il pensiero di cosa avrebbe detto a suo fratello per spiegargli tutta
la faccenda si fece velocemente spazio nella sua mente.
Non aveva paura di affrontare Aioros, perchè non ve n'era alcuna
ragione, ma trovare le parole per rivelargli la sua relazione con Shura
non sarebbe stato facile; non voleva deluderlo, o turbarlo, o farlo
preoccupare. Era comunque sicuro che, come sempre quando si trattava di
Aioros, prepararsi un discorso fosse totalmente inutile: il Sagittario
era particolarmente bravo a spiazzarlo e fargli sputare il rospo come
meglio veniva nel giro di due minuti. Aveva sempre avuto la sensazione
che 'Ros fosse stato investito di qualche strano potere che solo i
fratelli maggiori hanno, oltre che dell'armatura d'oro.
Dopo essersi strofinato i capelli per l'ennesima volta e aver tentato,
inutilmente, di dare loro un senso che non fosse palesemente quello del
"mi
sono appena alzato dopo una notte di fuoco con il mio amante" ritornò
in camera, dove Shura era già bello che vestito: indossava un blazer di
lana a quadri sui toni del grigio, e una camicia con il colletto alla
coreana che, Aiolia constatò compiaciuto, non arrivava a coprire i
morsi del leone sulla pelle diafana.
Da allora in avanti sarebbe stato così: Shura con quei vestiti da
figlio modello...e i suoi succhiotti sul collo. La cosa gli faceva
venir voglia di gongolare per ore.
Lo abbracciò : voleva tenersi quello Shura "nascosto" ancora per un pò,
solo per
qualche minuto ancora, prima di doverlo inesorabilmente condividere con
le persone che facevano parte della loro quotidianità; allo stesso
tempo
anelava alla libertà di poterlo prendere per mano in pubblico, di poter
affermare senza esitazione, e con soddisfazione, che erano uniti.
" Voglio che tutti sappiano che ci apparteniamo." disse con le labbra
appoggiate sul segno che gli aveva lasciato quella notte. Shura lo
strinse più forte.
" Lo sapranno." assicurò lo spagnolo soffiandogli quelle parole
nell'orecchio, e Aiolia pensò che sarebbero potuti davvero rimanere
così, l'uno con il viso premuto nel collo dell'altro.
Separarsi fu una sofferenza, ma sapevano entrambi che ne valeva la
pena; camminarono senza dire nulla dalla camera all'entrata della
Decima, fermandosi solo un momento davanti a Capricorn, così che Shura
potesse poggiare fugacemente la fronte sullo zoccolo della mitica
creatura che aveva scambiato e unito la terra con l'acqua.
Anche lei rimase in silenzio.
Sulle scale li accolsero forti raffiche di vento ghiacciato che, senza
ombra di dubbio, avrebbero portato la neve da nord. Non ci furono
parole neppure a quel punto: Shura si chinò per baciarlo un'ultima
volta sul collo, per salutarlo, e ritornò indietro, con passi sicuri
che forse mai aveva compiuto nella vita precedente.
Il Leone lo guardò salire per raggiungere gli amici, e il freddo
dell'inverno lo punse crudele, fermo lì com'era, ritto sullo scalone.
Si sedette
con lentezza, bisognoso di schiarirsi le idee.
Ho fatto veramente molta strada,
si disse, e per la prima volta ne fu consapevole al cento per cento. Si
sentiva felice e sollevato, ma
anche sopraffatto dall'enormità degli avvenimenti che gli avevano
cambiato la vita.
Si sentiva
cambiato insieme alla vita, sentiva di essere diventato come il frutto
di un albero dalle molte radici; un frutto nato da semi diversi e messi
insieme, un vero miracolo della natura. O forse era solo il volere
della sua fanciulla dalle bianche vesti, colei che gli aveva sempre
sorriso in quella maniera fiduciosa, quasi complice.
E sentirsi complice di una Dea non era cosa da poco per uno come lui,
che per molto tempo non aveva mai saputo davvero come definirsi, se non
guerriero, se non di Leo, se non di niente e di tanti, tirato da una
parte all'altra.
C'era stato un tempo in cui Aiolia di Leo non era ancora "di Leo", un
tempo in cui la sua altezza si fermava al metro e una mela e la
mancanza di tutta una fila di denti davanti lo faceva sembrare più un
cucciolo che un apprendista Cavaliere.
Sorrise al ricordo di sé stesso bambino, rammentando quanto il suo
essere piccino e puttosto paffuto sulle guance lo avesse fatto
indignare tanto quando si guardava allo specchio, e quando notava che i
suoi progressi erano sempre una frazione di secondo indietro rispetto a
quelli degli altri.
Rammentava bene, come fosse stato ieri, che Aioros lo incoraggiava e
sosteneva, sorridendogli in quel modo che era troppo paterno e maturo
per un volto da adolescente; a quel tempo, non viveva che per quello:
per suo fratello che alla sera lo avvolgeva tra le coperte dicendogli
che era
stato bravo e che il giorno dopo sarebbe anche andato meglio. Da
piccolo aveva davvero vissuto nella convinzione che ci fosse sempre un
domani migliore.
Shura era completamente diverso da lui: lo era anche ora che erano
adulti, ma al tempo dell'infanzia quella differenza nelle loro
personalità era stata ancora più accentuata. Ciò non aveva impedito
loro di legarsi.
Si era creata una
bizzarra
complicità tra lui, il pulcino della nidiata,
iperattivo e testardo, e Shura, lo straniero allampanato che non
parlava quasi mai e se parlava lo faceva con un accento strano, con
tutte quelle erre arrotondate ed esse sibilate.
Ricordava distintamente come una delle prime cose che aveva chiesto a
Shura, dopo che Aioros l'aveva spinto più volte ad andare a presentarsi
al nuovo arrivato, quale fosse la ragione di quella parlata così
impacciata.
Shura aveva ovviamente risposto che non aveva mai parlato greco prima
di allora e che stava ancora imparando, quindi aveva bisogno di tempo
per migliorare.
Poi se n'era tornato a svolgere complicati esercizi con le braccia come
al solito.
Da allora, il piccolo leone aveva fatto di tutto per attirare la sua
attenzione, dato che quella era la sua migliore tecnica, totalmente
inconscia peraltro, per fare amicizia. Lo spagnolo all'inizio aveva
cercato di sfuggirgli in tutti i modi, e questo aveva dato vita ad un
nascondino comico, presagio forse di ciò che sarebbe successo in
futuro, quando dopo la riconsacrazione Aiolia aveva preso a rincorrerlo
dappertutto. Alla fine Shura doveva essersi arreso davanti a tanta
tenacia, perchè aveva finito per accettare di buon grado la sua
compagnia.
Compiaciuto, Aiolia l'aveva ripagato portandogli periodicamente da
mangiare, perchè nella sua visione fanciullesca della vita l'unico
regalo veramente degno di tale nome era il cibo.
Non avrebbe davvero saputo dire quante volte aveva preso il futuro
Capricorno per un polso per poi portarlo nel campo degli ulivi,
ficcandogli tra le mani martoriate frutta secca d'ogni genere,
pagnotte ancora calde dal mattino, dolciumi trafugati con la
complicità di uno Scorpione goloso.
Allora, la sua esistenza era fatta di cose semplici ma preziosissime:
Aioros che lo amava, qualche biscotto ogni tanto, gli amici con cui
bisticciare e fare marachelle.
Shura che non si annoiava della sua parlantina, Shura che rideva poco e
ascoltava molto, Shura che in generale aveva sempre qualcosa di
intelligente da dire.
Quella vita era cambiata nel giro di una notte, una notte che Aiolia
malediceva e avrebbe continuato a maledire. Strinse i pugni,
conficcando le unghie nel palmo per ricordarsi che quel dolore poteva
controllarlo, che poteva tenerlo a bada.
Ma non avrebbe mai smesso di fare male, lo sapeva bene, persino ora che
era adulto e non più il bambino che aveva visto il suo mondo luminoso
spegnersi, il bambino che era cresciuto, nonostante tutto.
Il metro e una mela era diventato un metro e un
tronco d'albero; i denti gli erano ricresciuti in zanne pronte a
scagliarsi sui nemici.
Il buio aveva riempito il resto.
Aiolia s'era chiuso nel suo dolore immenso, nella rabbia più
nera, con l'unico conforto delle candele che teneva sempre accese,
nella speranza che Atena vedesse la loro luce e si ricordasse che anche
lui esisteva.
L'amicizia con Shura, l'aveva dimenticata.
L'aveva rifiutata,
per meglio dire, relegandola
nell'angolo del suo animo in cui aveva chiuso tutto ciò che,
qualora fosse riaffiorato, non avrebbe fatto che male: i giorni dorati
dell'infanzia e il ricordo, pieno d'affetto e nostalgia, dei
genitori defunti; la mano ossuta del vecchio Shion che gli accarezzava
i capelli, e che gli aveva sempre fatto un pò paura ma che non
aveva mai rifiutato, perchè essa era stata sincera e benevola;
la risata squillante di Milo che scappava via con le braccia cariche di
mele e pasticcini; i silenzi irritanti ma così familiari di
Shaka e di Mu, e le loro ombre, sagome già adulte contro la luce
del tramonto; i bisticci con DeathMask, la soddisfazione di batterlo
nell'Arena.
I " ti voglio bene" di Aioros la sera, quando lo metteva a dormire.
I "grazie" a mezza voce di lui,
di Shura, la sua mano coperta di tagli che si tendeva per accetare
acqua e cibo.
E tante altre cose: tutto andato, perduto, distrutto.
Aiolia s'era rintanato nella pietra che doveva difendere e con cui si
difendeva, belva nell'oscurità, e chiunque avesse
avuto l'intenzione di insidiarlo aveva ricevuto puntualmente il
benservito.
Shura di certo non ci aveva mai neppure provato e questo
sfortunatamente l'aveva fatto
imbestialire ancora di più, perchè Shura di Capricorn
aveva la colpa di TUTTO, e Shura di Capricorn non aveva la decenza di
dirgli qualcosa.
Shura era stato colui che, le poche occasioni in cui s'erano
malauguratamente incrociati sulle scale, o incontrati davanti ad Arles,
il maledetto, non aveva proferito parola né aveva avuto il
coraggio di guardarlo. Il Leone l'aveva più volte apostrofato
come vigliacco, masticando quell'insulto e altri simili tra di denti,
ma quello non aveva battuto ciglio: mai una sola volta gli aveva
risposto; mai una sola volta aveva dato segno di disagio o
indignazione per quelle parole.
Era stato l'affronto più grande.
Quel ragazzo che s'era detto suo amico e che invece l'aveva tradito nel
peggiore dei modi non aveva avuto la sacrosanta decenza di prendersi le
sue responsabilità; non aveva chiesto un incontro, un misero
momento per dirgli almeno "sì, sono stato io".
L'aveva dovuto venire a sapere da altri, il fattaccio! Aveva dovuto
subire
l'ennesima umiliazione di stare ad ascoltare le chiacchere delle
reclute (quello era diventato, tra le altre cose, il suo povero
fratello: un pettegolezzo!), aveva dovuto chinare il capo e ringraziare
il Gran Sacerdote, ringraziare
per l'amor di Atena, di avergli lasciato l'opportunità di
battersi per Leo nonostante il suo nome fosse calpestato e ammantato di
vergogna...
E in tutto questo Shura cos'aveva fatto? Shura era stato zitto.
Shura non aveva detto NIENTE.
In silenzio era rimasto, dritto come la spada che si portava nel
braccio, dritto come il boia che era!
L'odio che Aiolia aveva provato per lui era stato cieco e sordo, un
odio a cui nulla importava: un odio che insidiava perennemente l'animo
speranzoso che tentava disperatamente
di
preservare dall'errore gigantesco in cui si era trasformata la sua vita.
Perché quello era stata, tutta la faccenda: un ERRORE.
Aiolia non aveva mai creduto fino in fondo alla colpevolezza del
fratello; aveva sempre avuto il sentore (il ridicolo sogno) che ci
fosse uno sbaglio, che Aioros avesse avuto le sue ragioni per fare
quello che aveva fatto.
Anche Aioros non gli aveva detto niente.
Non si era confidato con nessuno il buon Sagitter, il giusto, il
nobile: cosa gli era passato per la testa al Sagitter, quella notte?
Cos'aveva davvero fatto Aioros, quella notte?
Questi dubbi avevano aumentato il suo odio a dismisura: perchè l'unico
che
poteva saperne qualcosa, l'ultimo a vedere suo fratello vivo, non aveva
pronunciato verbo.
Il Capricorno, muto, era diventato la tomba che doveva essere di suo
fratello, e che invece non c'era.
Perché neppure una tomba su cui piangere gli avevano concesso! Ma il
boia silente, quello sì.
Ad Aiolia le
ragioni di Shura non sarebbero mai servite a niente, ma se questi
avesse avuto il fegato di confessargli il suo crimine almeno una
soddisfazione se la sarebbe presa. E invece, neanche quella.
Gli anni erano volati,
tra infamia e dolore.
Atena
l'aveva salvato: proprio quando aveva creduto di essere arrivato al
limite, di non avere più speranze, lei lo aveva salvato.
Aveva guardato nei suoi occhi di cielo e aveva ritrovato vigore.
Aveva rivisto suo fratello, e aveva finalmente potuto calmare
quell'anelo di verità che tanto lo aveva fatto penare: l'arsura che
aveva sentito dentro di sè per tredici lunghi anni era stata alleviata
dall'amore incondizionato della Dea (la sua Dea!)
e dalla persona che fin dal suo primo giorno di vita l'aveva stretto a
sé, cullato, curato, amato come nient'altro al mondo.
Aveva creduto ciecamente nella potenza di quell'amore, aveva creduto
che fosse giunto il tempo del risanamento, il tempo in cui sarebbe
arrivata per lui la ricompensa per aver resistito, e il riscatto per il
suo nome.
Chi di dovere avrebbe pagato quel riscatto, ne era stato certo.
Ma colui che ai suoi occhi doveva pagare più di tutti era morto, e lui
non aveva ottenuto la giustizia che gli spettava.
Aiolia sentì il cuore appesantirsi al ricordo della Scalata, al ricordo
di quella giornata più lunga della vita stessa.
Una volta conclusa la battaglia era calato un terribile silenzio, e una
penombra inquietante, ché nessuno di loro rimasti s'era preso la briga
di accendere più luci del nessario.
L'eco di quelle vite spezzate non s'era assopito, permanendo nelle
stanze che i compagni superstiti avevano dovuto chiudere a chiave,
perchè non avevano avuto il coraggio di toccare niente di ciò che vi
era rimasto dentro, nelle tende sempre svolte che avevano mormorato col
vento la voce di chi non c'era più. L'eco era stato scritto sulla
pietra di lapidi attorno alle quali non erano cresciuti fiori.
Aiolia, che naturalmente non sopportava né il silenzio, né l'ombra, né
la calma piatta che precede la tempesta, non aveva portato fiori a
nessuno.
I cadaveri non li aveva neanche voluti vedere.
Aveva vissuto come uno spettatore esterno quelle ore di veglia,
complice anche il fatto che gli altri non gli avevano chiesto di dare
una mano, forse rassegnati dal suo sguardo torvo, dal mutismo in
cui s'era chiuso.
Deluso da tutto e da tutti il Leone era tornato a rintanarsi nella
Quinta, cercando invano di scacciare la visione della fila di teli
bianchi insanguinati, degli occhi vacui di Milo, dei petali di rosa
ormai secchi che strusciavano inerti sui selciati.
Era stato in quel periodo di tremenda stasi che la morte di Aioros gli
era pesata come un macigno, come se quei tredici anni si fossero
sommati a formare il sasso che aveva sentito di avere al posto del
cuore.
Ed era stato sempre in quel periodo che, proprio come avrebbe potuto
fare un sasso, le parole Shura è
morto l'avevano schiacciato.
Non si era confidato con nessuno. Come avrebbe potuto? Chi avrebbe
potuto capire qualcosa che allora neppure lui poteva capire?
Come comprendere, come spiegare quella sensazione troppo simile alla
tristezza profonda del lutto, come spiegare quel sentore di rimpianto,
di cose che avrebbero potuto essere e che non erano state...
Come avrebbe mai potuto descrivere l'angoscia, il gelo che lo pervadeva
quando, la notte, sognava il volto terreo e sporco di suo fratello
morto che si trasformava in quello bagnato di lacrime di Shura di
Capricorn?
Si era svegliato da quelle visioni di morte urlando disperato, facendo
accorrere al suo capezzale i compagni sgomenti e confusi; tra di loro,
forse solo Shaka aveva intuito qualcosa, e per questo qualche volta era
rimasto seduto sul suo letto a vegliarlo.
Una volta, qualche notte prima della Guerra, gli aveva stretto una mano
nelle sue, senza proferire parola. Aiolia non era riuscito neppure a
ringraziarlo.
L'aura che Aioros aveva abbandonato dietro di sé dopo la sua dipartita
era tornata ad essere luminosa, quando prima era stata spettrale, ed
era rimasta ad avvolgere
gli spazi e i cuori: era stata la sua unica consolazione di quel
periodo, potersi sedere con la schiena al muro nella Nona e lasciare la
mente sgombra per un pò.
Ma anche se quegli istanti in cui gli sembrava che il fratello tornasse
ad abbracciarlo, a sussurrargli "finirà presto" e "non ci sarà più
dolore", il pensiero di Shura, fisso e doloroso come un pungolo nello
sterno, i suoi occhi che lo supplicavano già offuscati dalla nera
morte, non avevano smesso di tormentarlo.
Poi era arrivata la Guerra.
Aiolia aveva stupidamente creduto che non si potesse soffrire più di
quanto aveva sofferto nei lunghi anni del buio, bambino abbandonato ed
umiliato.
La sofferenza dell'Ade non era concepibile alla mente umana durante la
vita terrena.
Gli Inferi lo avevano inghiottito, avevano inghiottito ogni sua
speranza e tutta la sua luce. Non una singola fiammella era rimasta nel
suo animo, non finché Atena era tornata, portando pace, finalmente.
Era stato pronto a morire, pronto a lasciare un mondo dove la gioia era
sempre stata un fiore reciso sul nascere. Pronto a lasciare il
tradimento, l'ingiustizia, l'oscurità, dove dovevano stare: lontani dal
suo cuore.
Ma la vita era tornata, e con essa era tornato tutto il resto: il
rifiuto, il risentimento.
Non era stato facile far pace con i compagni, ma Aiolia doveva
ammettere a sé stesso di essersi impegnato al meglio da quel punto di
vista, così come avevano fatto tutti. Ognuno di loro si era sforzato di
comprendere, in quel vorticoso giro di vite spezzate, gli sbagli, le
debolezze, le scelte degli altri.
Avevano
riconosciuto che alla fine tutti loro avevano scelto non una strada,
non una fazione, ma che avevano tutti fatto la stessa scelta: quella di
sopravvivere.
E chi più di lui poteva capirlo? Chi più di lui, animale
ferito e braccato? Lui e i suoi compagni avevano cercato di reggersi in
piedi in tutti i modi, aggrappandosi a qualunque appiglio pur di
rimanere se non sani almeno vigili, pronti ai loro posti.
Tra i suoi compagni c'era anche Shura, e a quel punto era venuto il
tempo di smettere di negarlo.
Ed era presto arrivato il momento di smetterla di addossargli la colpa
di tutto.
Come era stato difficile! Come era stato arduo combattere la seduzione
dell'odio, quel nero male che strisciava come un serpente nella notte
senza luna.
Vincerlo era stato doloroso come strapparsi la pelle di dosso.
Aveva ripensato ai rimproveri di Aioros e li aveva riconosciuti per
quel che erano: appelli disperati di un fratello amorevole al vederlo
troppo cambiato, al vederlo schiavo dell'odio.
All'inizio l'aveva fatto per suo fratello, dunque: si era dato una
bella calmata per non vederlo più così preoccupato e
intristito.
E dopo avergli ricambiato il favore aiutandolo a sbrogliare i suoi, di
nodi, Aiolia aveva ripreso in mano la questione di Shura.
Una volta per tutte.
Aveva parlato con Nemea, perchè lei era l'unica con cui poteva
confidarsi senza che nessuno lo sapesse. Non era stato pronto, non
subito, ad esternare il groviglio di sensazioni contrastanti che gli
attanagliava l'anima, e persino il fisico, dalla testa fino allo
stomaco, quando pensava al Capricorno.
Cosa che gli era capitata molto spesso dopo la resurrezione, per nulla
aiutato dal fatto che Shura aveva ripreso la sua vita in mano e non si
nascondeva più, andando avanti nella vita di tutti i giorni con forza
inaspettata.
Nemea non aveva usato mezzi termini:
Tu lo cerchi, è inutile che lo neghi,
tanto noi vediamo tutto. Ammetti che vuoi qualcosa da lui, che l'hai
sempre voluto.
" Cosa mai dovrei ammettere... che abbiamo un conto in sospeso?
Che dovremmo cercare di risolverlo? Io non so come parlargli, non so
come!" aveva protestato con sconforto crescente.
La sua sorella di ferro celeste non gli aveva lasciato tregua. Lei
sapeva, aveva saputo dal principio, e non gli aveva lasciato
possibilità di fuga. Non che Aiolia intendesse fuggire, ma si era
sentito davvero messo nell'angolo, alla resa dei conti.
Non devi dire altro che ciò che hai
nel cuore. Quando mai hai avuto timore di farti sentire? ,
aveva incalzato ancora lei, con una vena di tenerezza nella voce
possente.
Ci aveva pensato per qualche giorno, prima di riaffrontare il discorso
con la sua Cloth, dando voce a tutto ciò che più lo intimoriva.
" Se accettasi
quello che provo...perderei la mia dignità?"
Oh, bambino testardo... tu hai sempre
confuso la dignità con l'orgoglio.
Perchè di essere troppo orgoglioso Aiolia lo sapeva bene, e
sapeva che era un difetto non da poco, ma per molto tempo non gli era
rimasto che quello, l'orgoglio, quel suo stare a testa alta in ogni
circostanza.
Proteggere l'orgoglio, proteggere le sue ferite, proteggere tutto ciò
che nel suo animo c'era di buono e resistere.
Proteggere il cuore, ad ogni costo.
La guerra è finita. Perchè indugiare
ancora? Và e prendi ciò che è tuo, e tienilo con te.
" É già mio? Può esserlo?"
Si era accoccolato contro la sua bella fatta d'oro, come faceva da
bambino.
Perché non dovrebbe?
Forse quel suo cuore l'aveva protetto troppo. Ammirando i giochi
di luce con cui il tramonto dipingeva di rosso il suo pavimento, Aiolia
s'era convinto che no, da perdere non c'era proprio nulla.
E che sì, era arrivata l'ora di lasciare libero il cuore. Dopotutto, un
cuore non si può tenere in una gabbia.
" E sia. Sarà nostro."
Figuriamoci un leone.
"Sarai con me?"
Noi saremo con te sempre. Ma tu sai quello
che lui ci ha fatto, e noi non lo possiamo dimenticare. Il sangue non
si dimentica.
Era rimasta allora solo una
domanda,
l'unica alla fin fine che importasse davvero, l'unico quesito che aveva
avuto il potere di fermare il sangue nelle sue vene.
Quindi, sei tu a doverlo fare. Tu lo
puoi perdonare?
A quella domanda aveva
dovuto trovare la risposta, e aveva saputo fin da subito che farlo gli
sarebbe costato più dell'orgoglio, più della dignità.
L'aveva capito, come si capiscono
il cadere delle foglie e il volgere delle stagioni, che gli sarebbe
costato la vita stessa: quella
prima vita che era finita ma che era stata sua
fino in fondo, e che avrebbe dovuto lasciarsi definitivamente alle
spalle.
Shura aveva cercato quel perdono,
non ne aveva potuto fare a meno, era stato più forte di lui;
l'aveva chiesto in
una maniera silenziosa e crudele, per sé stesso e per Aiolia: da
bravo cattolico, s'era messo in ginocchio a sussurrargli all'orecchio
quella supplica immonda, quella richiesta che entrambi avevano sempre
saputo non poteva essere esaudita ...
Nell'Ade non l'aveva voluto
ascoltare, ma la sua voce era tornata a cercarlo nella nuova
realtà, alla luce del giorno e nei suoi sogni.
Io volevo solo dirti...
Non aveva più potuto
cacciarla via, e anche peggio: Aiolia aveva dovuto ammettere che in
realtà Shura non aveva più nulla da dirgli.
Che gli aveva già detto tutto, anche senza parlare.
Era lui che non aveva voluto sentire... e CAPIRE.
I suoi occhi
s'erano sempre girati contro la sua volontà verso l'altro,
spinti da una forza che gli veniva da dentro e a cui era stato
difficile dare un nome, a
cercare una ragione, a cercare il lui
che Shura era veramente.
Ne aveva scorto dei pezzi, col passare dei giorni, in quell'estate
troppo ampia come un campo arato che il contadino si trova a dover
seminare da solo.
Dietro l'uomo distrutto dalla colpa, dietro il guerriero piegato dal
disonore, aveva visto una fiamma ardere, e quella fiamma era piccola ma
c'era, c'era, per Atena! L'aveva vista nel modo discreto ma autentico
con cui sorrideva agli amici; nel suo parlare pacato, nel suo sforzarsi
di scambiare una parola con tutti (ma non con lui!), di lottare contro
la reticenza che gli era propria e di ricostruire i legami che s'erano
spezzati.
Aveva visto la luce tornare nei suoi occhi, fragile neonata: e s'era
chiesto allora se anche nei suoi ci fosse ancora luce, e soprattutto,
se Shura avesse il desiderio di vederla.
Un desiderio lui ce
l'aveva, eccome se lo aveva: tirare fuori il
Capricorno dal buio di cui si ammantava. E non era un desiderio nuovo,
perchè ce l'aveva avuto sin da bambino, quando Shura lo guardava
ancora, quando questi lo fissava piegando la testa di lato come se non
capisse e poi invece sorrideva, cercando invano di nasconderlo.
Quei desideri, quel suo volere
verso Shura, l'avevano atterrito. Solo di fronte a queste volontà,
aveva avuto paura.
Ma il tempo della paura era finalmente finito. La Dea era tornata, li
aveva riconsacrati, tutti loro.
Nella luce, aveva accolto la verità, e accettato ciò che provava. Ed
era stato abbastanza fortunato, lui che di certo non era stato baciato
spesso dalla buona sorte, da essere ricambiato.
Essere innamorato era
come camminare sull'erba alta: morbida, fresca
erba di campo, e considerando che prima di arrivare all'amore aveva
camminato sulle pietre per anni e anni non era male.
No, non era male proprio per niente.
Era sereno: e sereno si alzò, pronto ad affrontare una nuova tappa in
quella vita concessa per misericordia e merito.
I suoi piedi sembrarono volare sulle scale immacolate, nel vento.
(Now my feet won't touch the ground.)
Salve a tutti e buona estate.
Dopo mesi mi rifaccio viva e credetemi, non per mia volontà.
Mi dispiace moltissimo avervi fatto aspettare così tanto per avere
questo tanto agognato nuovo capitolo, ma come dicevo non è dipeso da me.
In realtà questo terzo appuntamento era bello pronto ad aprile.
Pensate un pò, prima di Pasqua avreste avuto questo fantastico uovo di
cioccolata virtuale tutto da gustare, solo per voi!
E invece anche no.
Proprio quando stavo ultimando le ultime correzioni prima di pubblicare
il mio computer di buona marca e nuovo, essendomi stato regalato a
luglio 2016, ci tengo a precisarlo per farvi capire l'assurdità della
situazione, ha deciso di fare un ripristino improvviso.
Sì, esatto, una di quelle cose che i cari PC fanno senza avvisarti,
bloccandoti nel bel mezzo del lavoro.
Quando il figliolo si è riavviato,
dopo quasi mezz'ora di attesa, era tutto perduto: il file del capitolo
ce l'ho ancora intatto sul computer... il testo è sparito.
Non ho idea di come sia possibile una cosa simile, e potete immaginare
come io abbia provato a recuperare il capitolo in tutti i modi.
Non c'è stato nulla da fare.
Dopo aver pianto come una poppante per due giorni di fila (la buona
SherryVernet, che ha provato ad aiutarmi, ve lo può testimoniare) mi
sono rassegnata, lentamente, a ricominciare tutto d'accapo.
La sessione d'esami è però arrivata presto e ho dovuto per forza di
cose ridurre le mie ore di scrittura creativa a favore di tesine da
consegnare e libroni da studiare.
Il
caldo non ha dato tregua ( e continua a non darne! T_T) ed essendo io
una personcina fragile che già a venti gradi boccheggia sono stata
anche male.
Grazie al cielo ho ripreso un pò di ritmo e tempo libero (anche se sto
già studiando per l'appello di settembre, che vita grama!) e spero di
aver fatto un buon
lavoro con questo terzo capitolo.
In esso sono presenti alcune parti del vecchio perduto che ricordavo a
memoria, e anche la struttura generale è sostanzialmente la stessa. Ciò
che è cambiata molto è la prima parte, che all'origine era più corta e
non comprendeva il punto di vista di Aiolia della prima notte con la
sua bella capretta, nonchè il dialogo tra i due, che era praticamente
completamente differente.
Il resto ha come dicevo somiglianze molto forti con l'originale di
aprile, solo credo di averlo ampliato.
Molto ampliato.
Parecchio ampliato.
Ops. X'D
Devo dire di essere abbastanza soddisfatta, fermo restando che voglio
comunque migliorarmi ulteriormente. Più che altro sono felice di non
essermi scoraggiata e aver ripreso subito in mano il progetto, perchè
purtroppo per carattere sono una che tende a farne una tragedia quando
qualcosa a cui tengo non va proprio per il verso giusto.
Ma ora bando alle ciance (quanto chiacchero, mamma mia) e largo alle
note a pié di pagina:
- I versi di inizio e fine vengono da "Life in technicolor" dei
Coldplay. Qualcuno dovrebbe seriamente pensare a fare una statua a
questo gruppo, perchè le loro canzoni arrivano giusto in tempo a
salvarti quando vuoi impreziosire la tua storia con una citazione
musicale e non sai dove cavolo andare a prenderla.
-
Non ho scelto il ginepro come albero testimone delle fughe dei due
piccioncini per caso: secondo la simbologia dei fiori il ginepro ha il
significato di soccorso e protezione, anche per il fatto che la radice
greca del nome , "arkéo",
significa proprio "respingere il nemico". In un momento in cui la
coppia non desidera palesarsi in pubblico e ha appena iniziato a fare i
primi passi insieme, direi che è l'ideale. Inoltre leggenda vuole che
il ginepro sia stato uno dei legni a cui toccò l'ingrato compito di
andare a costruire la croce di Cristo. Della serie allora ditelo che se
c'è Shura di mezzo sempre alla religione torniamo!
-
Sono abbastanza convinta che i cavalieri di Atena tra di loro usino il
greco come lingua franca. Mi sembra logico dato che è la lingua madre
della Dea. Anche se è molto poetico pensare che parlino in una lingua
mistica che conoscono solo loro, e che non assomiglia a nessuna di
quelle che si parlano sul pianeta, direi che la prima ipotesi è più
plausibile.
- Le
armature d'oro parlano al plurale. Io ho provato a contrattare una
tranquilla e di certo più umile prima persona singolare come tutti i
comuni mortali, ma loro non ne hanno voluto sapere. Inoltre,
come tutte le cose greche che si rispettino, hanno gli epiteti; Leo si
fa chiamare Nemea per ovvio legame geografico, e pian piano scopriremo
nomi, nomignoli e compagnia cantante di tutte le altre. Diciamo che
l'idea di base è che esistendo dai tempi del mito ed essendo state
portate da molte generazioni, le armature abbiano conservato man mano
un pezzo di tutto ciò che hanno visto e vissuto, e perciò non
considerano sè stesse come esseri singoli ma come "insieme" di robe
varie.
Sì, sostanzialmente le fanciulle soffrono di sindrome da personalità
multipla. Vi lascio solo immaginare in che condizioni sta Gemini.
-
Secondo le auguste ed infauste leggi kurumadiane per il funzionamento
corretto di Saint Seiya il più giovane dei Gold Saint è Milo. Adesso,
io a sentire una cosa del genere mi spiscio dalle risate, perchè va
bene che Milo è un pischello, ma andiamo! Ditemi se non sarebbe stato
più logico far nascere Aiolia per ultimo. Dai. 'Lia è un gattino, si
vede dalla faccia. Eddaie. Ditemi voi se non vi completa tutta la
dimensione tragica della Notte degli Inganni mettere Aiolia nel posto
del pulcino della nidiata, appunto. Quindi sì, in questa raccolta
sgangherata sarà proprio il leoncino a doversi sorbire la sfigata
posizione del più giovane. Proprio perchè gli voglio bene, eh...
-
Aiolia è nato ad agosto, come tutti ben sappiamo, e io ho sempre
immaginato che sia nato di mattina prestissimo. Nei meandri del mio
computer esistono già degli abbozzi dell'enorme headcanon che la mia
mente ha elaborato sulla famiglia degli Aiobros. Ho grandi progetti su
questa parte della storia, e ci sarà in futuro un capitolo apposito. Ci
sarà un capitolo anche sulla famiglia di Shura, ma quella storyline è
già meno delineata. Ci sono alcuni indizi disseminati in questo
capitolo sui genitori dei due grecissimi, ma credo siano molto blandi
ed è meglio che non vi ci rompiate la testa, per il momento. Ce ne
saranno di più dettagliati in seguito.
- Come
avete potuto notare è tornato Milo passione pasticceria ambulante. Il
nostro scorpioncello è buon amico del Leone, ma allo stesso tempo uno
dei peggiori incubi del povero Capricorno, e per un semplice
motivo: Shura si fà prestare i suoi tanto amati libri dal vicino di
casa, e non vi devo dire chi occupa il letto del suddetto vicino di
casa...e di rimando, anche la sua biblioteca. Ormai Shura si è
rassegnato ad usare carte di caramella trovate qua e là tra le pagine
come segnalibro.
Nonché alle macchie di zucchero e marmellata sui congiuntivi.
-
Torna anche Shaka, seppur per una misera riga e mezzo. Ma a lui basta,
fà presenza anche se non parla! Anche questa volta giuro su tutto
quello che volete che il Buddha non era in programma e si è infilato lì
da solo. Io sono totalmente impotente, che vi devo dire! A questo punto
direi che in futuro si potrebbe approfondire la strana amicizia che
intercorre tra Aiolia e il suo illuminatissimo vicino di casa, che ne
dite? Lo metto nella lista delle (innumerevoli) cose da fare.
-
Alzi la mano chi avrebbe voluto essere protagonista delle scappatelle
al Pireo insieme ad Aiolia. Su forza, non siate timide! u_u
-
L'acqua di colonia mi è sembrata, francamente, l'unico profumo che
fosse adatto a Shura. Leggendo un pò in giro ho scoperto che è un
composto antichissimo di cui ancora oggi i mastri distillatori sono
restii a rivelare la ricetta. In generale si può dire che è un composto
di oli eterici in etanolo diluito a cui si aggiungono, pensate un pò,
fino a trenta fragranze diverse, dai fiori agli agrumi fino ai legni.
Io
adesso vorrei esprimere i miei pensieri su lui, sì proprio lui, Aiolia
di Leo, signore del pugno sul grugno, padrone incontrastato dei cuori
di tante fangirl, viziatissimo micio di casa.
Partiamo da un concetto fondamentale: Aiolia è l'amore.
Io quando ero bambina e guardavo la serie in televisione (bei tempi!)
non potevo vedere quasi nessuno dei personaggi: mi stavano proprio
antipatici quasi tutti! Lasciando perdere come nel corso
degli anni abbia cambiato idea, Aiolia era uno dei pochi che si salvava.
Primo
perchè mi piacevano i suoi capelli: motivo ridicolo, lo so, ma tutta
quella gente strana con certi capelli da Barbie nella foresta
incantata non mi convinceva granché.
Penso che il mio rifiuto per questa cosa delle chiome fluenti sia
arrivato al culmine con Shaka. Shaka che mi picchia Ikki (il MIO
Ikki!), facendo turbinare in una maniera improbabile quella massa di
capelli biondissimi e
luccicosissimi, é stata proprio la goccia che ha fatto traboccare il
vaso.
Ma Aiolia NO: Aiolia aveva i capelli corti e di un biondo tutto sommato
molto normale, e a me quindi piaceva.
Secondo, già dalle prime scene lo capisci subito che Aiolia è buono:
Aiolia è la classica persona che nel gergo nostrano viene definita
"pezzo di pane".
Cioè, parliamo un attimo di come nonostante debba sottostare agli
ordini di Arles riesca comunque a non perderci la faccia. Sta sul culo
a tutti quanti per svariati motivi e non
gliene frega una cippa.
Chiunque abbia un minimo di buon senso capisce che Aiolia non è marcio
come tutto ciò che lo circonda. Almeno, a me dava quest'impressione.
Terzo: AIOROS. Fiumi di parole tra noi su quest'uomo.
Aiolia ferma il pugno diretto ad Atena per lui, piange per lui, tira
avanti nel suo ricordo: la maniera in cui si scioglie quando 'Ros gli
parla dalla nuvoletta splendente basta ed avanza per commuovere pure le
pietre! E poi, qualunque bambino cresciuto negli anni novanta non
avrebbe potuto fare a meno di collegare la scena con il "ricordati chi
sei!" del Re Leone.
Regà, io sono una Grifondoro: non potevo deludere Mufasa, essù!
Insomma, l'affetto che io provo per il leoncino è immenso, complice
anche un fratello Leone nella vita reale.
L'unico problema che ho con Aiolia è che il micio di casa è logorroico.
Parecchio logorroico.
Aiolia di cose da dire ne ha parecchie, e a ragione, non lo biasimo di
certo, con la vitaccia che ha fatto. Ma quando ci sono cose importanti
da dire, le cose sono due: o tende a straparlare e fare un casino, o si
lascia prendere dalla confusione (e dallo sconforto a volte!) e non sa
come dirle. Abbiamo
già detto come Aiolia tenda a buttarsi a capofitto nelle cose senza
perdere
tempo in chiacchere, ma quello dell'amore è un terreno sconosciuto:
seppur predatore, non se la sente di partire subito all'attacco e
preferisce tastare il terreno a piccoli passi.
Con Shura chiaramente la cosa è moltiplicata per mille, e quindi i loro
dialoghi, almeno in questa fase iniziale della loro relazione, li vedo
sempre un pò cauti e incerti. Ma tranquilli, miglioreranno col passar
del tempo.
Intanto però le pippe mentali se le beccano tutti e due. Perchè, come
ho già detto, io sono buona.
Ciò che mi premeva esprimere in questo capitolo era la loro ferma
risolutezza a lasciarsi il passato alle spalle e guardare al loro
futuro insieme, e questo è certamente il più grande desiderio di
entrambi: Shura non può fare altro che andar dietro al suo innamorato,
totalmente preso ed affascinato dalla sua forza d'animo.
Non mi dilungo oltre e vi lascio recensire, sperando di rivederci al
più presto. Grazie ancora a tutti quelli che hanno lasciato e
lasceranno un pensiero!
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Capitolo 4 *** Sul fulgore e sulla tenebra ***
Sul fulgore e sulla tenebra
“Allora, Capricorn. Come ti va la vita?”
Di tutte le cose che Shura vuole fare questo pomeriggio, chiacchierare con Kanon di Gemini non è decisamente una di queste.
Non che la cosa sia spiacevole o problematica in generale (forse), ma al momento, e per molti anni ancora si spera, lo spagnolo si trova in una situazione più che vulnerabile: quella del fidanzato dell’amico piccolo.
Kanon non gli ha rivolto chissà quali attenzioni fino ad ora; il gemello terribile ha occupato gran parte dell’ultimo mese a prendere in giro il sopracitato amico insieme all’altrettanto terribile Scorpio, forti entrambi dell’affetto che il Leone porta loro.
Insomma, fino a questo momento Shura è stato risparmiato delle classiche minacce che si abbattono su chi osa impalmare il pulcino della nidiata.
E davvero, dopo aver superato lo scoglio rappresentato da Aioros, che anzi dall’alto della sua santità sorride benevolo ad ogni tenerezza che scambia con il suo león, il Decimo Guardiano ha pensato davvero di esser riuscito a chiudere tutti i conti.
“Magnifica, non è vero? Tutta questa grecità.”
Con ogni evidenza, Shura di Capricorn ha commesso un grande sbaglio.
Lungi dal fuggire dalle sue responsabilità, lo spagnolo fa dunque buon viso a cattivo gioco (tecnica che, ahimé, con gli anni ha affinato più che bene) e fa accomodare accanto a sé colui che si prospetta essere il suo carnefice, spostandosi sullo scalino dell’Arena quel tanto che basta affinché egli si sieda.
Kanon si stravacca senza un minimo di eleganza.
“Dicevo,” riprende scuotendo i capelli troppo lunghi e troppo sporchi di terra “non deve essere tanto facile per te.”
Ora, Shura potrebbe fare il vago; non è chissà quale Cicerone, non ha la capacità dialettica di Camus dell’Acquario, per dirne uno tra i tanti, ma anche lui ha i suoi modi di sviare da discorsi che non gli piacciono. Peccato però che Shura sia una testa cornuta e, si sa, queste tendono ad essere molto dure.
Se Kanon vuole passare il prossimo quarto d’ora a sbatterci contro, insistendo su chissà quale punto, è il benvenuto.
“Non vedo cosa ci sia di non facile, Gemini.”
Kanon sorride. Non è certo un sorriso amichevole, anche se è ben mascherato, ma l’indole a dir poco malandrina del gemello minore è cosa a cui tutti, bene o male, si sono abituati. Shura non ne ha di certo timore.
“Oh, tutto può essere non facile, diciamo … ma il più delle volte ci siamo avvezzi, no? Il disonore, la morte. Cosa ci può smuovere, a questo punto? Ma ci sono ancora certe … questioni che sanno spiazzarci, quando capita, non credi?”
Kanon sembra serissimo, e la sua capacità di cambiare il tono a quella che all’inizio era una chiacchierata tra compagni d’arme certo spiazza il Capricorno, anche se questi fa di tutto per non darlo a vedere.
Cosa non facile, quando Kanon gli si sta appiccicato addosso, soffiandogli nell’orecchio.
“Prendiamo ad esempio la questione … dell’avere un amante bello come il sole.”
Shura non può trattenersi dal sussultare: Kanon non sta più puntando l’attenzione su lui, ma su Aiolia.
Aiolia che, ignaro dell’assurda conversazione che si snoda sopra la sua testa, sta riposandosi un attimo dall’allenamento, giù nel perimetro dell’Arena.
Stiracchiandosi come un gatto (oh, quale ironia!), scuotendo i ricci color del grano dalla polvere.
Con addosso solo un paio di calzoni sdruciti e pure troppo larghi.
Shura deglutisce rumorosamente.
“Guardalo, il diletto figlio di Argo, sembra che abbia rubato l’oro ad Apollo stesso … mai visto tanto fulgore.”
Che Aiolia sia fulgido Shura lo sa benissimo: fin da quando era bambino il suo sorriso ha illuminato le stanze dei loro templi; dove passava il piccolo Leone seguiva il sole, e questa era una cosa che persino la morte di Aioros e i tredici anni di buio ch’erano seguiti non avevano cancellato del tutto.
Quel sorriso si era trasformato in fauci spalancate e ruggito di rabbia, e Shura come altri ne avevano fatto le spese.
Dopotutto era stato Aiolia, fedele alla sua indole, a quella luce che non lo aveva mai abbandonato, a tornare al Santuario con la promessa dell’arrivo della Dea; quello era stato l’inizio della fine dell’usurpatore, e il ritorno del giorno in un luogo piombato in una notte senza onore.
Il Capricorno a volte pensa di non esser degno di quello splendore che Aiolia si porta dietro e che elargisce a lui in misura maggiore, ma la belva di Nemea così ha deciso.
Che può fare un essere diviso come lui, un animale metà a terra e metà nei flutti, sempre in lotta con sé stesso, se non piegarsi davanti a tale bagliore?
Sarà questo l’obiettivo di Kanon: istigare i dubbi che da sempre lo rodono come fa il mare con la roccia. D’altronde, se la natura del suo uomo è di essere sole, quella del gemello minore è di essere ombra, perché anche tra i suoi pari Kanon, se vuole, diventa fumo sugli occhi.
Lasciamolo fare, vediamo quali trame tesse il grande ingannatore, pensa Shura mentre rimane all’apparenza impassibile, come gli riesce meglio.
“Splende più del vetro dei migliori mastri, ma non è altrettanto fragile, anzi…forte come l’acciaio. Scommetto che non è roba da poco, rivoltarlo tra le coltri.” continua il Gemini, scomposto sulla pietra, anche lui vestito solo della tunica azzurra con cui i compagni hanno imparato ad identificarlo.
In quanto a beltà anche lui non scherza, e l’essere il gemello del bel Saga, che fascino ne ha sempre avuto, non aiuta di certo; ma se il Gran Sacerdote ora redento ha riacquistato molto della grazia che aveva da ragazzo, quella di Saga il giusto e gentile, Kanon è rimasto come appare: brigante tra i mondi, con l’aspetto del pirata per cui le brave ragazze si vergognano di sospirare.
Una calamita per le relazioni pericolose, e a quanto pare anche per le conversazioni di detta natura.
“Non sono avvezzo a condividere dettagli scabrosi, Gemini, e neppure Aiolia se è per questo. Se sei già certo, inoltre, perché chiedermi a riguardo?” chiede Shura, che a questo punto ha compreso che l’attacco, col suo interlocutore, è la miglior difesa. Non gli permetterà di sfruttare il pudore che lo contraddistingue, a costo di sembrare un bigotto.
Una vocina nella sua testa che sembra tanto quella di Aphrodite ride divertita alla sola idea.
“Oh no, no, è solo che mi domando se tanto caro bene non ti infastidisca, messo così alla vista di tutti.”
Ecco.
Ecco cosa vuole, il loro fidato Ambasciatore tanto talentuoso coi suoi discorsi, e Shura deve ammettere a sé stesso che cascarci sarebbe così facile…
Aiolia è ancora in piedi al limitare dell’Arena, e sta evidentemente aspettando, i nervi tesi, un segno che qualcuno tra i presenti voglia duellare con lui; ci sarebbe da scommettere sul Cancro, sempre pronto a menare le mani soprattutto col Leone, ma anche Scorpio potrebbe essere un valido avversario, se ‘Lia dovesse scegliere quelli con cui ha più dimestichezza. Anche un Ariete però, saldo nei suoi metalli, ma come questi malleabili al giusto fuoco, potrebbe raccogliere la sfida. Chissà che addirittura Virgo, accettando di disturbare appena la sua ieraticità, non si azzuffi un po’ col vicino di tempio, tanto per sgranchire le gambe dal suo Loto sacro.
Chiunque sarà non si annoierà di certo, a giudicare dai pugni già chiusi di Leo, pronto a scattare ad un minimo movimento di pulviscolo.
L’aggettivo -potente- non basta a descriverlo: è fiero, vigoroso, magnifico. Un Cavaliere di quelli dei racconti, un guerriero che Atena non può che essere orgogliosa di avere tra le sue file, e infatti non è sorprendente che la fanciulla, quando è in visita, si lasci abbracciare da lui come farebbe una sorella piccola col fratello tanto più alto.
Fa paura da quanto è bello.
Gli fa ribollire il sangue nelle vene anche dopo mesi di relazione. Gemini, che aspetta convinto la sua reazione, non si rende minimamente conto; parla di lenzuola, di gelosia, ma non ha idea…
La passione che c’è tra lui e Aiolia non è una fiammella che si perde nell’aria appena arriva l’alba. Non basta di certo il soffio di un parigrado in vena di metter pulci nelle orecchie per spegnerla.
“Il fastidio si sopporta. Ti domando però, di rimando, se non sia tu ad essere indispettito…dopotutto, tanto fulgore si è volto anche alla tua eisò, se non erro.”
A Shura di Capricorn essere crudele non piace.
Nella vita precedente è stato costretto a vivere circondato da crudeltà: l’ha tacitamente accettata, credendo fosse l’unica strada percorribile, l’unica scelta rimasta, ma non l’ha mai venerata, no, non come altri tra i Cavalieri; rimarcare l’invidia fraterna che esiste ed esisterà sempre tra i loro gemelli È crudele, lo sa bene, è un colpo tra i più bassi esistenti, perché il rapporto tra Saga e Kanon è ancora qualcosa intorno a cui tutti loro camminano in punta di piedi, chi aspettando l’ennesima esplosione, chi osservando curioso, chi vigilando speranzoso. Proprio Aioros è colui che vigila, con la sua discrezione, ma l’affetto che prova per il gemello maggiore è palese anche senza esser stato mai reso pubblico. Ribadirlo a Kanon, che non deve aver preso benissimo (esattamente come Aiolia, ma è già altro discorso) l’unione tanto sofferta tra la sua metà e il Santo per eccellenza, è colpirlo dove ancora sanguina.
Infatti il Terzo Guardiano lo guarda con occhi fermi, ma cattivi; muove appena un angolo della mascella, un secondo che ad un occhio meno attento di certo sfuggirebbe. Come detto, i Capricorni hanno fama d’esser duri, e il greco ha appena assaggiato quanto possono esserlo.
Roba che mangiare sassi sarebbe più piacevole.
Shura capisce di averla spuntata quando Kanon, abbandonata l’espressione irata, si alza per tendere le braccia fasciate. Non ha perso, no: si è solo reso conto che da questo scambio non trarrà né vantaggio né divertimento, quindi meglio cercare qualcun altro da tartassare; può darsi che tornerà proprio dal Leone, preda facile vista la facilità con cui si scalda.
“Devo ammetterlo, Capricorn: sei un buon calcolatore.” concede Gemini, senza più guardarlo, puntando invece gli occhi aldilà dell’Arena, verso il mare, “Non dovrei stupirmi, visto chi ha servito il tuo braccio. Non ti offendi, vero?”
“Ci mancherebbe.” replica Shura, che ormai col passato ha fatto e pagato i conti, cosa che Kanon è meglio capisca ora che sono arrivati al punto.
“Ah, Santi di Atena…non ci smuove proprio nulla.”
Così com’è arrivato se ne va, sventolando la mano con apparente noncuranza.
Shura rilascia un lungo respiro, sentendosi al sicuro, e ancora di più quando Aiolia lo raggiunge e lo bacia, sudato e bisognoso di un bagno.
Non che gli dispiaccia: non ha impegni per la sera.
“Niente scazzottata giornaliera con DeathMask? Strano.” lo prende in giro bonariamente. Leo lo guarda sfrontato, anche se le mani sui suoi polsi sono gentili.
“Il tuo migliore amico parla e parla, ma sai meglio di me che è tutta scena. Che vi siete detti con Kanon, piuttosto?”
Il Decimo Guardiano per poco non scoppia a ridere: della possessività in amore di certo i Leoni ne sanno qualcosa.
“Chiacchere da Santuario…ma se proprio sei curioso, puoi seguirmi alle Terme.” propone, e il riscontro non si fa attendere: si ritrova in piedi, un braccio avvinghiato attorno alla vita, stretto, il fiato della belva di Argo sul viso.
“Seguo volentieri l’Amaltea dorata…in genere, mi porta sempre in bei posti.”
L’indomani, quando si svegliarà con il peso del suo uomo addosso, Shura ripenserà alle parole di Kanon: al fulgore e alla tenebra, e a quanto è facile tagliare anche solo con una parola. Si pentirà, come fa sempre, di aver ferito, ora che sono in tempo di pace.
Spererà che quella pace entri nella zucca dura di Gemini, sempre in guerra col mondo.
Perché il loro fratello più tormentato possa assaporare la luce per cui tanto hanno penato.
Angolino dell’autrice:
Salve! Lascio qui questa one shot come prova del mio rinnovato amore per Saint Seiya.
Che vi devo dire, a volte ritornano!
Questa piccola storia dovrebbe collocarsi nell’universo di LSNC. Dico dovrebbe perché ovviamente non ricordo benissimo i dettagli avendo lasciato incompiuto il progetto anni fa.
Ho intenzione di lasciare LSNC “aperta” per raccogliere one shot varie ed eventuali sui Goldies, non necessariamente quindi con protagonisti diretti Shura e Aiolia.
Non prometto nulla perché la mia vita al momento è…non proprio una giostra, ecco.
Ringrazio chiunque lascerà un pensiero e mi scuso per l’HTML, non ho più né NVU né Kompozer perché non mi sono mai trovata bene.
Ho usato l’editor di EFP ma francamente non so come uscirà.
Un saluto!
|
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