La Spada è nel Cuore (e ci resterà)

di Arasta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. I never knew daylight could be so violent ***
Capitolo 2: *** II. ..."A mì no vuelvas sin su amor" ***
Capitolo 3: *** III. Oh love, don't let me go... ***
Capitolo 4: *** Sul fulgore e sulla tenebra ***



Capitolo 1
*** I. I never knew daylight could be so violent ***


Spada nel cuore (FIVE-CINQUE)
La Spada è nel Cuore
(e ci resterà)

(I never knew daylight could be so violent)

La Quinta Casa non sembrava conoscere il buio.
Che fosse giorno o notte era sempre illuminata: dal sole che carezzava le statue dei leoni, dal fuoco dei bracieri che scacciava l'ombra.
Si sarebbe potuto pensare, trovandosi in quel perpetuo fulgore, che il guardiano della dimora temesse l'oscurità.
Aiolia non aveva paura del buio.
Era la frase che si ripeteva fin da bambino, quando suo fratello, dopo averlo avvolto con cura tra le coperte, chiudeva la porticina della mansarda della Nona dove dormiva; quando l'eco dei suoi passi sulle scale si perdeva nel silenzio delle ore in cui il sole non c'era.
In fondo, aveva sempre saputo che quella frase era una bugia.
Non poter vedere, o vedere solo le ombre, solo i profili trasformati dal nero di cose quotidiane come sedie e brocche di porcellana, una volta bianca, che diventavano improvvisamente facce contorte, ghigni spaventosi, lo atterriva come nient'altro al mondo. Ma stanco dalle lezioni e dagli allenamenti durissimi, Aiolia non ne soffriva troppo, di questa sua debolezza, e si addormentava tra sogni spesso inquieti.
Poi Aioros era morto, e quella bugia era diventata realtà: si era presentata insieme all'infamia, alla vergogna e alla solitudine, senza misericordia.
La vita era diventata buio.
La vita che doveva essere fulgida come l'oro era stata ricoperta dalla pece del tradimento.
In seguito, era successo quello che non si sarebbe mai aspettato: il buio gli aveva rivelato la verità, ed era stato il buio peggiore, quello degli Inferi.
Continuava a farlo, ora che la notte non lo inghiottiva più, ora che nella notte c'era nascosto il suo regalo (premio?) più bello.
Shura riposava, finalmente sereno, i respiri profondi, lunghissimi.
Aiolia li contava tutti, perché tanto non sarebbe riuscito a dormire, sotto quella luna piena che li aveva spiati benevola, sotto la pelle che ancora tremava per il piacere. La notte li aveva celati ai compagni ancora ignari e alle difficoltà della vita ritrovata, inattesa e bella ma piena di dubbi e conti in sospeso.
Aioros non veniva più a rimboccargli le lenzuola, e giustamente; gli augurava la buonanotte e andava per la sua strada, a esplorare i fatti dell'esistenza che gli erano stati negati.  Gli amici (fratelli) avevano le loro matasse da sbrogliare, tra chi trovava e ritrovava la propria metà, chi viveva come aveva sempre fatto, chi passava le ore assorto a pensare, chi carico di nuove responsabilità si dava da fare alacremente.
In quei mesi Aiolia si era ritrovato con stupore a esser parte di quel gruppo di uomini, fatti a pezzi e ricomposti e fatti a pezzi di nuovo, e a prendere quella nuova vita in mano e costruire, mattone dopo mattone, ciò che avrebbe sempre dovuto essere: l'Ordine Dorato, la cerchia più potente dell'universo, i figli prediletti della Glaucopide, ma non solo.
Scacciate le ombre, scacciato l'odio.
I templi si ergevano, luminosi infine, benedetti dalla Dea, e loro, allievi di Achille furioso, erano divenuti maestri di sé stessi; cinti dell'ulivo sacro, avevano festeggiato, nella luce.
Il Leone aveva potuto ruggire come mai in nessuna vita, possente, fiero, ebbro di orgoglio e felicità.
E nell'ebbrezza, del vino, delle risate, e quando mai si erano sentite risate in quel dannato Santuario, nelle voci tonanti, negli spintoni amichevoli, girando come una trottola gelosamente custodita da un bambino senza pensieri, Aiolia si era trovato davanti Shura.
Si erano guardati, totalmente inebetiti.
Oh per gli Dei, aveva pensato.
Oh, per gli Dei, aveva pregato.
Una bestia, perché nient'altro poteva essere, che aveva dormito dentro di lui si era risvegliata e aveva puntato la preda; quella, giustamente, era fuggita.
Così era cominciata, tra loro due. Una caccia, una sfida, un continuo seguirsi e inseguirsi, per mesi, finché il Leone, seguendo la sua natura sicuramente poco paziente, non aveva chiuso il Capricorno in un angolo, un pomeriggio soleggiato come non capitava da tempo, neanche a farlo apposta.
" Cosa vuoi davvero da me? " aveva avuto il coraggio di chiedergli quello, gli occhi scuri in cui i sentimenti spietati che li avevano lasciati senza tregua si perdevano.
Aiolia aveva risposto nell'unica maniera che aveva sempre conosciuto per rispondere ad una domanda.
Coi fatti, e non con le parole.
Quel loro primo bacio era stato un riassunto di contraddizioni: mani che stringevano possessive si erano confuse con altre che carezzavano teneramente; labbra che non sapevano se mordere o assaporare lentamente; un abbraccio, infine, disperato ma anche liberatorio.
Perchè siamo qui, cosa ci è successo, com'è possibile, come siamo arrivati a questo... quesiti che li avevano tormentati e che si erano estinti quando si erano trovati vicini come due amanti. Non più solo compagni, non più solo confratelli.
" Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro...vero? "
" No. Ti sei spiegato benissimo. "
Erano seguiti altri mesi.
Una volta catturata la preda la bestia si era chetata, e Aiolia s'era goduto l'avere Shura tutto per sé; tra baci rubati dietro candidi colonnati, sguardi fugaci nell'arena, non tanto casuale sfiorarsi di dita sotto il tavolo a cena, quando Aldebaran faceva a tutti una testa grossa quanto una casa perchè li voleva riuniti alla Seconda almeno una volta a settimana, i due improbabili innamorati avevano trovato un equilibrio.
Un posticino, nel cuore e nella mente, dove gioire della presenza dell'altro anche se nella realtà stavano ancora nascosti, non tanto per paura, quanto per il desiderio di trovare un equilibrio che fosse solo loro.
In quell'equilibrio, Aiolia aveva scoperto un nuovo Shura o, forse, uno Shura che nonostante tutto era sempre stato lì.
Shura che rideva, ad esempio; un suono così inusuale che ogni volta lo riempiva di splendida contemplazione.
Shura che sedeva nell'unica poltrona del salone della Decima, dove tutto era spartano ed essenziale a dispetto dei pavimenti a mosaico intrecciato di marmi scuri pregiatissimi, e leggeva, anche per pomeriggi interi.
Shura che tendeva la mano all'avversario sconfitto negli allenamenti, forte di quella forza mai arrogante.
Shura che lo salutava, la sera, con un ultimo bacio sul collo, in alto, appena sotto la mascella, vicino all'orecchio.
Aiolia aveva scoperto l'attesa, insieme a quel nuovo Shura.
Perchè anche se il loro primo bacio gli aveva lasciato addosso una sensazione simile all'elettricità, il periodo seguente il Leone aveva stupito sé stesso, lasciando da parte la sua solita irruenza; aveva preferito aspettare, come un pigro felino di casa, che l'oggetto del suo interesse si sciogliesse, liberandosi dalla rigidità che lo aveva sempre caratterizzato.
E Shura lo aveva fatto in un modo così docile da addomesticarlo.
Una parte di lui ancora sbuffava contrariata, e gli sembrava di sentire la fiera Leo, dorata e potente, che lo rimproverava per aver lasciato che un altro uomo, un guerriero come lui, lo battesse in quel gioco.
Quell'uomo però lo imbrigliava a sè, promettendogli di più, ogni volta, ad ogni occhiata più lunga del solito, ad ogni bacio che durava un tanto di più del precedente.
Aiolia, a dirla tutta, era arrivato sull'orlo di una crisi di nervi, prima che Shura si decidesse...
Non aveva mai ringraziato tanto gli Dei di avergli dato la forza per non soccombere.
Quella sera, Shura lo aveva invitato alla Decima; non era la prima volta e non sarebbe stata l'ultima, ma il quinto quardiano l'aveva sentito, nell'aria: Eros, bambinello infame, tramava nell'ombra, ridendo della loro inesperienza, del loro indugiare.
Come se fosse facile! aveva pensato Aiolia, che a dispetto del sangue che gli ribolliva nelle vene si era sentito insicuro, con grande vergogna.
E Shura... il Capricorno non gli aveva certo reso la vita facile! Q
uella dannata camicia di lino larga e morbida, con quel colletto profondo inesistente, dato che il primo bottone partiva dallo sterno...e davvero, era stata tutta colpa della camicia. Perchè dopo un bel bicchiere tutta quella pelle bianca come la neve a disposizione aveva cominciato a fargli venir sete di qualcosa di diverso di un pregiato vino iberico.
Shura aveva appoggiato la bottiglia di Calvente, ancora piena per metà, sul tavolino basso del salone e aveva sospirato. Vedendolo così, perso in chissà quali preoccupazioni, Aiolia non aveva resistito più.
" Parlami..." lo aveva supplicato, le mani intrecciate a quelle dell'altro in una stretta così serrata che aveva avuto paura di fargli male. Shura aveva piegato le labbra in una smorfia amara, e l'angoscia del Leone era duplicata.
" Buffo..." gli aveva risposto il Capricorno " Nell'Ade mi imponesti di fare silenzio. Ora vuoi che io parli. "
Prima ancora che Aiolia potesse replicare, e buttare fuori almeno un pò di quella tensione che li stava distanziando troppo, per i suoi gusti, Shura aveva piegato il capo e l'aveva poggiato sulla sua spalla, in un gesto così arrendevole che non gli era mai stato proprio.
Ma quella notte anche l'ultimo pezzo dei muri che esisteva ancora dentro di loro era crollato.
" Non ti posso negare nulla..."
Il soffio della sua voce nell'orecchio lo aveva fatto rabbrividire in un modo di cui Shura non avrebbe mai potuto non accorgersi.
" Resta stanotte. " aveva esalato il decimo guardiano, infine.
Il Leone era tornato a ruggire. Preso dall'euforia, dalla voglia più naturale esistente.
Come fossero arrivati alla camera da letto sarebbe rimasto un mistero. Aiolia sapeva solo che quando aveva riacquisito un minimo (ma proprio UN minimo) di lucidità erano già sdraiati e mezzi nudi.
Finire di spogliarsi a vicenda era stato qualcosa di catartico; non c'erano più gli incubi del passato, la sensazione di mani estranee che dilaniavano e strappavano. Aiolia aveva ricordato, per un istante, tutte le notti in cui l'amarezza era stata la sua unica compagna; tutte le mattine in cui il sole non era riuscita a riscaldare la sua stanza, vuota come il suo cuore.
In quell'istante, quando si era reso conto che non ci sarebbero più state notti insonni e piene di rabbia, aveva quasi avuto voglia di piangere.
Quando aveva potuto passare le piene mani sul corpo di Shura, che aveva sempre immaginato freddo come la lama di Excalibur, e invece si era rivelato bollente quanto il suo: bollente come un ferro appena forgiato.
Non si era risparmiato, lo aveva baciato e leccato e morso in tutti i punti in cui era riuscito ad arrivare, perchè anche Shura non si era tirato indietro, tanto che ad un certo punto si era trovato tutto il suo peso addosso.
Non si era lamentato: quella posizione solitamente ritenuta vulnerabile gli aveva dato la visuale perfetta del suo compagno totalmente preso dalla passione.
Era sembrato un'altra persona: qualcuno che non aveva la benchè minima esitazione nel mostrare all'amante quanto veramente lo desiderasse, e Aiolia si era egoisticamente compiaciuto di sé stesso per essere riuscito a rimuovere tutti i freni dello stoico Capricorn.
Gliel' avrebbe voluta strillare addosso, tutta la sua soddisfazione... ma nessuno dei due era riuscito a proferire una sola parola di senso compiuto. 
Solo gemiti mal (per nulla) trattenuti, solo respiri spezzati o lasciati rumorosamente andare, all'occasione.
Aiolia non conosceva troppo la carnalità dell'essere umano, e Shura sicuramente meno di lui.
Avevano ballato la danza più antica del mondo senza conoscere i passi, accompagnati da una sola candela che pian piano si era spenta.
Ma non avevano avuto bisogno di luce: quella era esplosa dietro le palpebre, serrate contro la forza inesorabile dell'orgasmo.
Quando entrambi si erano ripresi, seppur senza fiato e madidi di sudore, avevano continuato a baciarsi languidamente, fino ad addormentarsi.
Aiolia si era svegliato così, senza un motivo ben preciso, ancora nel cuore della notte, e rimettersi a dormire gli era risultato impossibile. Abbracciato stretto al suo amante, lo guardava e riguardava: i capelli neri scomposti, lucidi al riverbero della luna; la pallidezza della sua pelle che non aveva più quell'aria malaticcia dei loro anni bui, ma ora si tingeva di diamante.
Il Leone passò un dito sul naso lungo e un pò storto, rotto più volte, sulle sopracciglia fini e scurissime, sugli zigomi ancora un pò troppo pronunciati, perchè Shura aveva il bruttissimo vizio di rimanere a digiuno quando credeva che i suoi allenamenti non stessero dando risultati all'altezza.
Gli avrebbe fatto dimenticare quella pericolosa abitudine, anche se doveva ammettere che stringere le mani sui suoi fianchi stretti e saggiare gli addominali non era per nulla spiacevole.
Si ritrovò a rimuginare su quante cose voleva davvero fare con Shura, anche cose banali come prendere un caffé. E magari poi bloccarlo sul divano e baciarlo dappertutto, sì, anche quello...
" Ay, mí león, que tanto piensas? "
" Non so cosa hai detto, ma ora che ti sei svegliato avrei voglia di darti un morso anche dall'altro lato del collo. Sai, per amore della simmetria..."
Shura ridacchiò sommesso nel cuscino troppo basso e piccolo (poco male, stavano più vicini così) e con gli occhi mezzi chiusi se lo strinse ancora di più accanto, fino a farlo capitolare su di sè.
" Ah? Forse non ti è bastato? " mormorò Aiolia accomodandosi per bene, in modo da sentire ogni angolo di quel corpo magnifico che, sperava, gli si sarebbe arreso altre notti e tutte le notti fino alla fine.
" Dato che non mi lasci dormire, tanto vale..." scherzò ancora l'altro, senza nessuna serietà, dato che entrambi avevano esaurito le energie e non avrebbero potuto ricominciare neanche con l'aiuto del sangue della Dea; la dolce signora avrebbe però dovuto assisterli,
ora che tra di loro anche l'ultimo velo era stato rimosso, letteralmente e psicologicamente, nell'ardua impresa di affrontare i confratelli alla luce del sole e rivelare la loro unione.
" Domattina sarà..." cominciò Aiolia, non sapendo come continuare; la prospettiva di parlare a suo fratello gli metteva una certa ansia addosso.
" Un disastro, sì." concluse per lui Shura, anch'egli indeciso su come spiegarsi agli amici.
" Suppongo che sentirò gli strilli soavi di Dite dalla Quinta..." provò a consolarlo il più giovane, accarezzando distrattamente il vistoso succhiotto che gli aveva lasciato sul collo. 
" Li sentiranno tutti." sorrise lo spagnolo, mentre ripassava sul graffio con cui gli aveva marchiato la schiena.
" Già."
" Già."
Stettero in silenzio, ognuno con i propri pensieri. La luna calava sempre di più, ritirandosi per fare posto all'alba.
" Mi sto già preparando alle prese in giro di Milo. Per non parlare di quelle di Kanon. " borbottò di malumore Aiolia.
" Non ci pensare. Abbiamo ancora qualche ora solo per noi due. "
Così accoccolati l'uno sull'altro, in efetti, l'avvenire non sembrava poi così grigio; non con le braccia di Shura che lo stringevano (le braccia che custodivano Excalibur), non con il suo viso affondato tra i capelli, il respiro tranquillo che gli solleticava la nuca.
Non finchè poteva dare un numero, benedetto ed infinito, ad ogni battito dell'altro cuore che sentiva fare eco ai suoi.
Puntellandosi sui gomiti, gli prese il capo fra le mani, infilandogli le dita fra i capelli, più corti ai lati, e lo guardò fisso; sapeva di mettergli un poco di soggezione quando faceva così, quando aveva voglia di osservare ogni singola sfumatura delle sue espressioni... e Capricorn pensava di essere un luminare dell'inespressività, ma Aiolia era uno studente più che dedito alla materia, e stava pian piano imparando a decifrarle.
" Qualunque cosa dicano, non dubitare di niente. " lo pregò con voce sicura.
Un lampo passò negli occhi color ossidiana di Shura; un nuovo bacio, profondo come il cielo, riempì Aiolia di rinnovata fiducia.
" Tu... " cominciò, ma poi scosse la testa leggermente, senza riuscire a trovare le parole. Gli servirono altri baci a fior di labbra, offerti da un Leone in vena di tenerezze, per continuare.
" Non dubiterò mai più se ci sarai tu a farmi da luce nel buio. "
Aiolia non potè fare altro che continuare a baciarlo, e ad abbracciarlo e a perdersi negli anfratti della sua pelle che profumava di vino e terra bagnata, e del caprifoglio che teneva piantato in giardino e sui muri.
Quei muri che non gli sarebbero più chiusi addosso in notti interminabili.
" Dormi, mí león..."
La luce continuò a rimanergli negli occhi, anche nel sonno.

***

" Aiolia! Dannato gatto pulcioso, cosa sarebbe questa storia che ti sei portato a letto la capra!?"

" Shura! Per tutti i cani dell'Olimpo, dimmi che quel coso sul collo non è quello di cui blaterano tutti da stamattina!"



(A revelation in the light of day)




Titoli di coda dell'autrice

Salve!
Se siete arrivati fin qui, ben venga! Altrimenti mi beccherò qualche pomodoro, che volete farci...
Non ho molto da dire su questa prima shot, a parte presentarvi con più calma la raccolta in sé e il perchè e percome è venuta fuori.
Sono una fan sfegatata di Saint Seiya da quando sono bambina, come molti, penso; ho ripreso a vedere la serie qualche anno fa, e non sono più riuscita a staccarmente. Il fandom lo frequento lo stesso da pochi anni, ma ho già trovato autori e storie preferite sia in quello italiano che in quelli internazionali.
Vedendo tante fic così ben fatte (ma anche quelle meno ben fatte a dirla tutta) sia da una parte che dall'altra mi sono finalmente decisa a partecipare anche io a quello che personalmente definisco " il post Hades di noaltri poracci che passiamo il nostro tempo a piangere sui Cavalieri".
Nella mia testolina bacata ho dibattuto molto su cosa potessi scrivere: una serie di shot slegate sul comico? Una drabblata angst? Un ricapitolare la serie classica vista dai miei occhi? Una fic tributo al Lost Canvas? Insomma, di idee me ne sono passate in capoccia parecchie, ma non riuscivo proprio a decidermi.
Finchè un giorno il mio lato romantico (tristemente carente nella realtà...) non ha preso il sopravvento, trasformandomi nella fangirl bimbaminkia e multishipper demmerda che in fondo sono sempre stata.
Ed eccolo qui, il primo tassello della mia fatica letteraria.
La Shura X Aiolia è ahimè poco considerata un pò dappertutto; e dato che io sono masochista assai, ho deciso di farla diventare la mia OTP.
Rimugina che ti rimugina, mi sono fatta una personale idea su questi due, sia in singolo che in coppia, che ho tutta intenzione di mostrarvi appieno in questa raccolta.
Spero di riuscire a compiacervi (e convertirvi...), visto lo scarso seguito di questa ship-che-sail-it-self-anche-se-nessuno-ci-crede.
Due precisazioni, proprio due:
- Il Calvente è un vino di Granada. Rosso. Invecchiato assai. Perchè io c'ho fissa l'immagine di Shura adolescente che affila l'arte della spada nell'Alhambra, e lasciatemi sognare vabbene?!
- Il Caprifoglio è una pianta ornamentale sia da vaso che rampicante, con fiori a grappolo e profumo intenso. Resiste alle basse temperature ed è usata in erboristeria. Ed è chiaramente associata al Capricorno. Che è il mio segno. CHE BELLO.
- Aiolia è un cucciolo di gatto e lo rimarrà sempre, pure a novant'anni.
- L'Aiolia bambino non è stato fatto fuori da quel cattivone di Arles per il semplice motivo che perfino lui capitolava davanti alla sua pucciosità. Amen.
- Shura e Aiolia hanno tanti problemi. Verranno ampiamente analizzati nelle shot seguenti, contateci.
- Anche gli amici di Shura e Aiolia hanno tanti problemi. E me li stanno contagiando, visto che nella stesura originale di questa shot le ultime due frasi non esistevano proprio. Vòggiuro. Non lo so cos'è successo, mi sono girata un attimo e lì stavano! Boh...
- Suddetti amici continueranno a fare incursione senza ritegno nella vita dei nostri amanti improbabili a più riprese, con le loro paturnie e i loro casini e i loro battibecchi più o meno seri. E che ci volete fare, mai i cazzi propri si fanno quegli altri.
- Il titolo di questa raccolta è una chiara citazione dell'omonima canzone di Lucio Battisti e del suo ritornello. Chiaramenete la "spada" e il "cuore" non stanno là tanto per bellezza.
- Le frasi che fanno da apertura e chiusura sono due versi di No light, no light di Florence + the Machine.
Sì, lo so, avevo detto due, ma sono logorroica.
Un'ultima cosa: torno alla scrittura dopo anni di inattività. Siete totalmente autorizzati a darmi consigli, ma anche padellate sulla fronte, se vedete imprecisioni o erroracci che farebbero svenire più di un funzionario dell'Accademia della Crusca.
Purtroppo non posso darvi buone nuove sui tempi di aggiornamento: sono una studentessa universitaria perennemente disperata e in ansia per gli esami, e l'é dura, oh se l'é dura.
Altre delucidazioni verranno formite via mp et similia se lascerete una recensioncina anche piccola piccola *fa la faccia da cane bastonato*
Ci si vede! :3

 



 
 


 

 

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Capitolo 2
*** II. ..."A mì no vuelvas sin su amor" ***


01. Inizio
La Spada è nel Cuore
(e ci resterà)

(..."A mí no vuelvas sin su amor")

Non c'era posto per la dolcezza al Santuario della Dea.
Lo sguardo della Glaucopide, di pietra e così bianco da essere accecante, premeva sulle loro giovani spalle come un macigno, come le sacre vestigia che un giorno avrebbero indossato e custodito, sempre che non perissero prima.
Di questo, il fanciullo che Shura era stato era profondamente convinto.
Si era ben presto reso conto di sbagliarsi, come sarebbe successo altre volte in futuro.

Perchè a vedere quel bimbo accovacciato sul petto del fratello maggiore, quel bimbo che dormiva tranquillo incurante del frastuono dell'arena, della polvere e del sole cocente, di Leo che lo chiamava insistente ed impaziente chiusa nella sua cassa intarsiata, veniva da pensare che in fondo il minimo indispensabile di umana pietà era rimasto.
Shura l'aveva guardato, discreto, ma con attenzione, quel bambino dai boccoli biondi, dagli enormi occhi lucidi mai di pianto ma di forte determinazione e devozione e amore.
Forse non avrebbe dovuto guardare Aiolia così tanto.
Si sarebbe risparmiato l'essere costretto a vederli cambiare quegli occhi, a passare da luminosi a bui, da pieni di speranze a pieni di rabbia, pura rabbia e odio senza limiti.
Si sarebbe risparmiato il dolore nel rendersi conto che quello che doveva essere un glorioso inizio, si era trasformato in un orrendo incubo.
Un incubo di cui lui aveva dovuto prender parte, giocandosi la coscienza.
Per Shura, la coscienza era sempre coincisa con la giustizia; fare il suo dovere verso la Dea era stato il suo fine ultimo, la sua più grande e sincera vocazione.
La Dea non poteva sbagliare. Se avesse fatto tutto quello che Lei avrebbe chiesto, allora doveva per forza andare bene.
Andava bene fracassarsi le braccia pur di imparare a reggere il peso di Excalibur.
Andava bene concentrarsi sugli studi e non perdere tempo a fare marachelle con gli altri bambini.
Andava bene osservare il digiuno della Quaresima ogni anno.
Andava bene sacrificare ore di sonno riposante, e la legna d'inverno, anche se nevicava.
Per Atena Shura aveva giurato di riuscire in qualunque cosa.
Non era riuscito a salvarsi il cuore, il bambino che Shura era stato.
Tutto, sì, tutto per la sua Signora...ma non il cuore.
Perchè la Signora gli aveva chiesto la testa di un angelo.
Quando aveva visto per la prima volta Aioros di Sagitter, Shura aveva pensato di essere morto: probabilmente il viaggio nella tremenda stiva della nave che contrabbandava tabacchi dalla Spagna, e che lo aveva portato in Grecia, aveva annientato il suo giovane corpo, prendendosi anche la sua anima ancora innocente.
Sfinito dalla traversata, aveva creduto davvero che le braccia che lo avevano svestito, lavato e avvolto in panni un pò ruvidi, ma puliti, e infine messo a dormire tra coltri decisamete migliori del sacco con cui aveva cercato di proteggersi dal freddo su quella nave orribile, appartenevano ad uno degli angeli del Señor.
Ne era stato sicurissimo! Quel viso gentile, quella capigliatura che splendeva al sole... non c'erano dubbi che fosse un angelo venuto a prenderlo per portarlo nel Regno dei Cieli, dove non avrebbe più sofferto.
Che stranezza, che stupore, quando una volta sveglio si era reso conto che l'angelo era in realtà un ragazzo con quasi il doppio dei suoi anni, ma giovane come qualsiasi altro pícaro che infestava le strade di Granada.
E quale meraviglia, e sollievo, in quel suo cuore ancora piccino, quando il ragazzo gli aveva detto che sarebbe stato uno dei suoi maestri, e che si sarebbe preso cura di lui e che non avrebbe più dovuto preoccuparsi di non avere da mangiare o un tetto sicuro sopra la testa e un letto dove dormire che non fosse sfondato!
I pochi anni passati al fianco di Aioros erano stati per Shura i più felici, seppur durissimi.
E dove c'era Aioros, c'era Aiolia.
Non era che un bimbo al tempo, un vero e proprio soldo di cacio, specialmente se messo a confronto con lui, lo spagnolo che ogni pochi mesi prendeva un paio di centimetri; non che la cosa non andasse a suo vantaggio: Aiolia era quello che gli altri bambini chiamavano "il topolino", per il semplice fatto che, essendo così minuto, riusciva ad intrufolarsi senza problemi nelle cucine ed uscirne, senza essere notato, con le braccia cariche di leccornie che sarebbero state altrimenti precluse agli apprendisti.
Shura aveva perso il conto di quanti pasticci di mela e zucchero grezzo erano finiti in bocca a Milo, il vero artefice di tutte le malefatte di quei tempi infantili.
Davvero, ad Aiolia non si poteva non voler bene. L'unico che non lo sopportava era DeathMask, il che era un bel problema visto che Shura con quest'ultimo ci andava più che d'accordo (stranamente, lo aveva sempre pensato) ma allo stesso tempo passava metà della giornata con i fratelli di Argo.
Aiolia era sempre lì: ad allenarsi con lui e a sputare sangue insieme a lui e a cercare di guardare il lato positivo in ogni cosa. E quello Shura non lo sapeva fare, ma poco male, se c'era il topolino che al tramonto gli portava il pane con le noci e gli sussurrava "shh, non facciamoci scoprire!".
Il suo cuore, che credeva saldo e giusto, era pasciuto in quelle amicizie sincere.
Poi col passare delle stagioni il topolino era cresciuto sempre di più... e stava diventando forte, così forte, ma non tanto da poter reggere ciò che era in serbo per tutti loro.
Shura non avrebbe mai dimenticato il giorno in cui le loro vite erano andate in malora.
Quel giorno, le nuvole della mattina annunciavano pioggia, ma non avevano avuto il tempo di lamentarsene: con Atena al sicuro nella sua culla dorata, il Gran Sacerdote avrebbe scelto il suo successore, e allora sì che sarebbero stati pronti, potenti e uniti, per la guerra! Shura aveva sentito l'eccitazione nell'aria, si era sentito orgoglioso di essere parte di quel piano magnifico, di essere finalmente vestito del cosmo aureo dell'onorevole Capricorn.
Il cuore aveva battuto di gioia: quante aspettative, quanti sogni nel cassetto!
Era arrivata la notte, e il temporale.
Non solo il cielo aveva squarciato il mondo con i suoi fulmini, quella notte.
Per anni e anni, anni così lunghi che li si sarebbe potuti contare, come gocce d'acqua che cadono da una fontana riarsa d'estate, Shura aveva preferito non pensare alla morte del Sagitter.
Non avrebbe potuto comunque permettersene il lusso: sotto dittatura, circondati da morte e ingiustizie, la vita  del Cavalierato non lasciava tregua. Ognuno badava a sè stesso, e di quel cameratismo affettuoso che li aveva uniti da bambini, non era rimasto che polvere.
Ma c'era chi non lo risparmiava: qualcuno che giustamente non aveva riguardo per il suo dolore, per la sua vergogna, per quel suo cuore sacrificato e sprecato e ingannato che aveva buttato in un angolo insieme ai vestiti macchiati del sangue di Aioros e alle lacrime che i suoi occhi si erano rifiutati di continuare a versare. Quel qualcuno era Aiolia e davvero, cosa c'era da stupirsi?
Come poteva pretendere lui, come potevano pretendere tutti loro, loro che erano diventati la brutta copia dei Cavalieri che avrebbero dovuto essere, che Aiolia credesse davvero al tradimento di suo fratello?
Death e Afrodite lo avevano protetto, silenziosamente, senza tanti gesti eclatanti, ma Shura se n'era accorto, di tutti: di come, quando si sentiva ormai sull'orlo del baratro, gli avevano spostato il piede che già si era mosso per fare il passo verso il vuoto; di come gli avevano fatto voltare la testa dall'altra parte quando aveva guardato giù, nel buio.
Ogni volta, ogni singola volta.
Anche se non ne era valsa la pena: per lui, l'uomo che aveva creduto che la menzogna più becera fosse la parola della Santa! 
" Tu adesso vai là fuori, a testa alta, hai capito?! Almeno tu, Shura!"
Shura lo aveva fatto, per la Dea, e perchè non gli restava nient'altro, se non la sua testa, e il suo braccio, ché tanto il cuore era chiuso, come in una fortezza inespugnabile, e ormai i suoi lamenti strazianti non li sentiva più.
Lo aveva fatto, ma non era servito a niente: il sibilo della lama, le suppliche inascoltate di Aioros, il pianto della bambina... di quelle cose, il suo udito era rimasto pieno.
E di quel J'Accuse! che Aiolia gli infliggeva solo con un'occhiata, le poche volte che si incrociavano:
Tu, il senza cuore.
Tu, il boia.
Tu,
 o prodótēs.
Il traditore.
E poco importava che fosse il nome di Aioros, e non il suo, a venir sussurrato con dispregio, ad essere ostracizzato, poco importava che la farsa perfettamente orchestrata reggesse.
C'era Aiolia, e c'era il suo cuore nell'angolo, che lo puntavano come cani a cui è stato portato via l'amato padrone; il topolino, schiacciato, a dispetto di tutto, per sua innata volontà, era rinato belva.
La belva si era nutrita della sua omertà, della sua vigliaccheria.
Shura ne era convinto: l'unica cosa che l'aveva tenuto vivo, era la certezza di dover dare ad Aiolia la sua soddisfazione.
Non più Atena, non più la Giustizia, non più la coscienza.
E neppure il cuore.
Solo quel pellegrinaggio, a piedi nudi su sassi appuntiti, quel percorso da peccatore piangente.
Sarebbe dovuto morire due volte, prima di arrivare alla fine di quel percorso.
Quando era rinato, questa volta per grazia di Atena, la prima cosa che Shura aveva pensato era stata: NO.
Non voleva essere vivo, non voleva esistere ancora con le sue colpe, con i suoi rimorsi, con il peso di Excalibur di cui non si sentiva più il custode, ma ancora una volta il suo spiccato senso del dovere aveva avuto la meglio.
C'erano gli amici di cui prendersi cura, a cui restituire il favore di più di un decennio di sopravvivenza; c'era la sua Casa distrutta, e che vuota non poteva rimanere; c'era Capricorn, sempre fedele, sempre in piedi, qualunque colore avesse.
C'era Aiolos, e c'erano i Gemelli e c'erano i Bronzi e un sacco di problemi da risolvere.
E di nuovo, ancora una volta, come una beffa, una costante di tutte le sue disgraziate vite, c'era Aiolia.
Il Leone era tornato dagli Inferi esausto tanto quanto gli altri, senza riuscire a liberarsi dei rancori di cui si era cibato; il Leone, insieme ad un cuore nuovo di zecca, era tornato a chiedergli il conto.
Shura a quel punto non ce l'aveva fatta più; combattere contro Aiolia, ancora, quello non sarebbe più riuscito a farlo. Avrebbe tanto voluto redimersi ai suoi occhi, quegli occhi che non gli avevano mai celato nulla, che non avevano mai vissuto nell'ombra come era capitato a lui...ma come? Non pretendeva un perdono assoluto, questo gli era stato chiaro da subito, ma almeno di tornare ad essere compagni d'arme, anche solo a salutarsi la mattina senza l'ombra degli errori passati, quello almeno avrebbe voluto provare.
Ovviamente, Aiolia non gliel'aveva concesso.
Nei giorni successivi alla loro miracolosa resurrezione, quando la meraviglia di quella nuova vita sembrava piuttosto una maledizione, il Quinto Guardiano non aveva trovato pace che nella presenza di suo fratello: per il resto, distanza e antipatia avevano dominato i suoi rapporti con i confratelli.
Era sembrato persino triste Aiolia, con quei suoi occhi grandi che non sapevano dove posarsi, su chi e per quanto, e quando finalmente si arrestavano non riuscivano a vedere le belle cose, ma solo il ricordo delle brutte.
Pian piano, anche grazie all'insistenza di Aioros, che avendo già perso una vita non aveva nessuna intenzione di sprecare tempo dietro fratellini confusi e sì, anche un pò capricciosi, Aiolia aveva ritrovato serenità e conciliazione.
Ma non con lui, non con Shura.
Quando aveva tentato di parlare perlomeno con Aioros, Shura si era trovato davanti un muro invalicabile.
Vuoi la sfortuna, vuoi che il Leone, alla fin fine, in quei giorni tendeva a stare il più possibile attaccato al fratello maggiore, fatto era stato che questi li aveva sorpresi nell'atrio della Seconda, dove Shura era sceso con la scusa di portare un vecchio libro di ricette iberiche ad Aldebaran; avendo visto Aioros che andava nella stessa direzione, aveva pensato bene di aprofittarne.
La furia del giovane greco era stata sottile e fredda, e Shura non aveva potuto fare a meno di pensare che fosse strano: di solito, se Aiolia si arrabbiava, lo si sentiva sbraitare fino a Rodorio.
I suoi occhi mandavano dardi, ma Shura non li aveva sentiti arrivare addosso.
" Sta lontano da me e da mio fratello! " aveva detto soltanto, neanche ad alta voce, e mentre si allontanava con un Aioros sbigottito e trascinato per un braccio, il suo passo era sembrato più pesante e frettoloso che irato.
Se n'era reso conto, non ancora pronto ad accettarlo, ma se n'era reso conto: che quel sta lontano da me gli aveva fatto più male del resto della frase.
Lo aveva accontentato, che altro poteva fare? Aveva cercato di distrarsi cercando di far calmare un Death Mask che inferocito con il mondo (anche lui) non ne voleva sapere di parlare con nessuno; cercando di consolare Afrodite che era sicuro, a torto, di star perdendo la persona che amava sopra ogni altra cosa; facendo la sua parte a ricostruire le vite di tutti loro, che alla fin fine erano ancora quei bambini con le spalle troppo larghe e pesanti e con le mani erroneamente macchiate di sangue.
Aiolia era rimasto un tarlo insistente, seppur piccolo, nella sua mente: un tarlo che riusciva ad ignorare per tutta la giornata, ma che alla sera, stanco dei conflitti tra i compagni, stanco dei Gemelli che non si riconciliavano, stanco della Dea lontana, china al capezzale del povero Pegaso, stanco del fuggire lo sguardo dispiaciuto e speranzoso al tempo stesso di Aioros, tornava a martellargli le tempie. 
Si era quasi rassegnato, a continuare da dove si erano fermati: Aiolia che lo odiava, e lui che si lasciava odiare.
Ma una mattina di settembre, dopo mesi di assedio contro il cuore che gli strillava di fare qualcosa, di rendere pan per focaccia a quel Leone prepotente, Shura si era svegliato e si era detto: e va bene, è la sfida che vuole e allora l'avrà.
Era risceso da Aldebaran, non con libri ma con una bella sacca di foglie di caprifoglio essiccate.
Ottimo contro i malanni stagionali e per sciacquarsi la bocca.
Ormai stava arrivando Settembre, e la Santa aveva annunciato il suo ritorno.
Era giunta l'ora.
Le coincidenze cosmiche questa volta erano andate a suo favore: Aiolia era lì, nell'anticamera posteriore della Seconda, che tutti loro avevano preso a frequentare per l'odore invitante delle prelibatezze del brasiliano... e per i suoi buoni consigli.
Dire che il loro incontro era stato oltremodo IMBARAZZANTE, era dire poco. Al termine di innumerevoli e decisamente troppo lunghi minuti di silenzio, avevano iniziato a parlare nello stesso momento:
" Sai, non volevo dirti davvero quelle cose..."
" Io volevo solo dirti..."
Cosa voleva dirgli? Che avrebbe meritato di marcire nel Cocito per l'eternità per aver alzato il braccio su Aioros, e che avrebbe volentieri accettato quella punizione? Che se voleva dargli un pugno, almeno uno, avrebbe porso la guancia senza esitazione? Che invece si sarebbe difeso, perchè maledizione Aiolia, lo vuoi capire che mi dispiace e che non voglio che ci facciamo più male di quanto ce ne siamo già fatti?
Che erano mesi, o forse anni, o forse era sin dall'inizio, che non riusciva a smettere di pensare a lui?
Quel confronto si era risolto in un niente: Aldebaran lo aveva chiamato dalla cucina, affacciandosi dallo stipite, i capelli polverosi di pan grattato; Aiolia era sgusciato via biascicando un "devo andare", veloce come il fulmine.
Il nuovo fallimento aveva gettato Shura nello sconforto. Aveva cercato di nascondere il suo malumore al Toro, ma quello doveva essersene accorto subito, dacché l'aveva guardato come si guarda un ragazzino che per l'ennesima volta cerca di andare in bicicletta ma cade rovinosamente a terra; gli aveva battuto due delle sue proverbiali pacche sulla spalla ( e Capricorn, in tutta la sua potenza di Cavaliere, per poco non era rovinato a terra sul serio), senza dire nulla.
Quella notte si era rinchiuso nella Decima a pregare, gli ultimi peperoni gratinati della stagione lasciati sul camino, nonostante fossero stati amorevolmente preparati dal Secondo Guardiano, che l'aveva supplicato di mangiare perchè " Shura per l'amor di Dio sei pelle e ossa!", quasi con le lacrime agli occhi.
Persino dopo una mezza dozzina di corone di rosario, recitate sia in latino che in spagnolo, l'angoscia non gli era passata. Avvilito, si era persino sentito arrabbiato.
Chi è,  aveva chiesto disperato al cielo, chi è quest'empio demone che mi tormenta? Da dove viene? Il mio cuore ha già sofferto abbastanza! Non ho forse fatto penitenza, non ho forse esaurito tutto il mio pianto...
Cosa devo fare ancora, si era chiesto. Aiolia gli aveva impedito di andare ad abbracciare le ginocchia di Aioros, alla maniera antica, come sarebbe stato giusto fare; gli aveva impedito di parlare, negli Inferi; gli aveva impedito di spiegarsi, di chiarire, di confessare quel tumulto interiore che sentiva non appena lo vedeva anche solo da lontano.
Eros, l'infame, è forse lui? Che mi tenta, mi fa desiderare ciò che non posso avere?
La risposta era lì, lì in quel suo cuore martoriato che guardava al Leone come un navigante guarda al faro nella tempesta.
A quella nuova prova non poteva sfuggire.
" Che cosa volete ancora da me...? " aveva mormorato nel buio. A rischiarare la sua nicchia privata, dimora di un'icona della Madonna della Speranza, dono di conoscenti andalusi, solo qualche candela consumata, la cui luce gli aveva restituito lo sguardo della sua Signora; ella, dopo anni di silenzio, gli aveva finalmente risposto.
No, figlio mio. Che cosa vuoi TU?
Shura quella notte aveva capito quanto fosse tremendo avere un'altra possibilità.
Avere un'opportunità e dover decidere se buttarsi e rincorrerla, o rimanere coi piedi ben puntati a terra, ma con l'insicurezza del forse, del "e se...".
Non poteva più avere alcuna esitazione.
Aiolia non aveva mai avuto esitazioni.
Miserere mei...estoy en tus manos..., aveva pregato.
Ad Aiolia, non avrebbe mai potuto chiedere pietà.
Nel giorno in cui la Dea li aveva riconsacrati la gioia e la fratellanza ritrovata lo avevano rincuorato tanto da permettergli di scrivere la parola fine a tutto quel guazzabuglio.
Vestito d'oro, si era sentito Capricorn addosso come fosse una coperta: il gelo non l'avrebbe mai più abbruttita. I compagni lo avevano convinto a bere, forse un pò troppo, ma tra il vino e le risate era sembrato tutto più bello.
Tutto più giusto.
Finalmente era riuscito a parlare con Aioros; non che si fossero scambiati molte parole, ma non aveva avuto la forza di proferire verbo ritrovandosi davanti l'angelo della sua infanzia: con quelle sue ali splendide e il sorriso da cherubino.
" Mi faresti un favore Shura? " gli aveva chiesto colui al quale aveva infine il diritto di chiamare hermano.
" Qualunque cosa..." aveva esalato in risposta.
Sagitter non aveva aggiunto niente.
Aveva fatto un cenno, col capo cinto del rosso della gloria divina, verso un punto alle sue spalle; se n'era andato poi, a godersi la confusione goliardica degli altri fratellini.
Shura aveva saputo all'istante cosa lo aspettava dietro la schiena, ma averne la conferma, non appena si era girato, era stato come essere folgorati sulla via di Damasco:
Il Leone di Argo, la chioma avvolta dall'ulivo della Glaucopide, re della Quinta e del Tuono...era lì, ed era lì per lui.
Era venuto a prendersi il suo cuore.
Il senso di smarrimento che lo aveva colto non era stato eguale a nulla che avesse mai provato in precedenza: nessuna cosa.
Quella non era una cosa per cui si era allenato duramente o per cui aveva combattuto o per cui era morto o sarebbe potuto morire. No, quella era la cosa più terribile e meravigliosa che potesse capitare ad ogni essere umano sulla faccia della disgraziata terra, e lui non era pronto.
Non era pronto... eppure la bramava con tutte le sue forze.

Non poteva difendersi: Aiolia, negli affari del cuore, era più forte di lui.
A differenza sua, il quinto guardiano portava "il cuore sulla manica", come usava dire chi viveva nell'antica terra di Albione. Non c'era modo di nascondergli nulla: se qualcosa gli importava davvero, l'avrebbe perseguita fino a sfinirsi, e oltre, come il carnivoro in tempo di magra.
E quegli occhi, oh per la Dea misericordiosa, quegli occhi che solo per un momento erano rimasti incerti, poi si erano fatti di lava: la luce che da essi era emanata, per investirlo, era venuta dalle viscere della pietra, come la polvere pirica che scoppia.
Shura non solo non aveva avuto modo di nascondersi ma aveva scoperto che non voleva: ché quello che voleva era che la belva lo acchiappasse, una volta per tutte.
Oh come aveva riso il cuore, a quel punto! Come aveva preso a cantilenare: te l'avevo detto, io te l'avevo detto!
Come il monello di strada che Shura, in un tempo lontano, lontanissimo, era stato. Quando ancora lo chiamavano con il suo nome di battesimo.

Del loro primo bacio, avrebbe ricordato sempre il cuore fermo.
Fermo era stato, finalmente senza parole dopo aver protestato tanto: adesso, adesso lasciami in pace, gli aveva intimato Shura.
Lasciami con quest'uomo, con il topolino divenuto Leone; lascia che io respiri in questa bocca che non sa dire bugie.
Aiolia non gli avrebbe mai mentito: non l'avrebbe abbindolato, non l'avrebbe usato per sporchi scopi.
Dopo tante parole al vento e anni di falsità, Aiolia era arrivato e gli aveva portato i fatti concreti: quelli di un uomo che lo desiderava davvero, senza secondi fini.
Aiolia lo aveva cercato fino in fondo, trasformando l'odio in amore. Per rispondere a tanta perseveranza, non poteva che onorare quella promessa facendo come il Capricorno del mito: cambiare la sua natura, e andare per un'altra strada, una migliore.
E dare il suo cuore ad Aiolia, perchè glielo custodisse, per bene, come aveva fatto con la propria correttezza, con l'affetto per il fratello e per gli amici, con la sua brutale onestà e il suo non piegarsi davanti a nulla e nessuno.
Il cuore, finalmente a casa, nella luce, si era chetato.
Nel periodo che era seguito a quel bacio, a Shura era sembrato che Aiolia gli stesse insegnando come essere umani: come essere giovani, perchè giovani lo erano, rinati e ancora fragili, come i boccioli del suo caprifoglio che aspettavano la bella stagione per crescere.
E non è che il suo amante gliel'avesse insegnato con la pazienza dei maestri, anzi: l'aveva buttato nel mezzo dell'azione, senza tante cerimonie; gli aveva preso la mano, ogni mattina, quando nessuno guardava, le dita serrate prive di esitazione; l'aveva portato, alla sera, guardigno, nel primo angolo nascosto disponibile per baciarlo.
L'inizio era stato solo un assaggio: in quei giorni che si accorciavano sempre di più, Shura non aveva fatto altro che aspettare il tramonto, e l'alba, quando poteva vedere la luce danzare sul volto di Aiolia, bianca o rossa che fosse, e gustarsi il banchetto che era la sua bocca.
Quella bocca che aveva sempre il retrogusto del miele, e a Shura NON piacevano il miele e le cose dolci in generale, ma su quelle labbra carnose il tesoro delle api aveva tutto un altro sapore: quello del suo uomo imbronciato a causa della pioggia che gli bagnava i capelli, premuroso nell'elargire carezze...
...famelico e impetuoso nell'intreccio di lingue a cui davano sfogo.
Lo lasciava senza fiato: Shura non aveva potuto che farsi violenza, notte dopo notte, per non cedere alla lussuria; lo lasciava al riposo dono di Nyx, che però era anche protettrice dei fuggiaschi, dei sogni nascosti.
Il Capricorno aveva percepito come il desiderio di averlo, nel significato più elementare della parola, crescesse in Aiolia.
E in sé stesso.
Ma come affrontare l'argomento, come fargli capire che avrebbe risposto gioioso ad ogni sua proposta, se il dubbio non l'avesse roso così tanto?
Che anche lui sentiva l'istinto primordiale di unire carne alla carne, nella terra, nell'acqua, fra le lenzuola, ovunque?
Anche la sua natura, dopotutto, era animale. Potevano capirsi facilmente.
Ma come?
Aveva chiesto consiglio al cuore, per la prima volta: non agli amici, non agli occhi vitrei della Vergine; dentro il suo cuore però aveva ritrovato solo la sua proverbiale timidezza, e la triste immaturità da quel punto di vista.
Sì, triste, perchè nella vita precedente le sue esperienze con il sesso erano state a dir poco disastrose.
Spinto da Death e Dite (soprattutto dal primo) che ci tenevano a fargli vivere almeno una parvenza di normalità in quella che era stata la loro prima, indecente esistenza, alla soglia dei diciotto anni si era avventurato nei quartieri rossi a Granada, ad Istambul, a Monaco, con l'umore più simile a quello del marito fedifrago che del giovinotto in vena di divertimento.
Shura era sempre stato convinto di avere un aspetto molto ordinario, senza nulla che potesse davvero attirare l'attenzione, eppuse sia uomini che donne non ci avevano pensato due volte a concedersi per una nottata di fuoco. Dopo un bacio con uno studente tedesco che era arrivato a mettergli le mani nei pantaloni prima di essere cortesemente ma fermamente respinto, e un altro con una ballerina polacca in cerca di soldi che l'appena maggiorenne Saint aveva rifiutato di darle, era a lui giunta una rossa irlandese che aveva promesso di fargli vedere le stelle.
In cambio, aveva voluto soltanto un boccale della peggiore birra mai venduta in Germania.
La fanciulla aveva mantenuto la parola, ma di quell'incontro a Shura era rimasto addosso solo il senso di inadeguatezza, e sì, squallore, mentre la guardava allontanarsi canticchiando la ballata di Molly Malone.
Si era ben presto reso conto che il suo corpo, nonostante avesse sul momento gradito un altro corpo con cui scambiare la voglia, non si accontentava di una sveltina da adolescenti che si fingevano adulti nel primo appartamento abusivo disponibile. E non era di certo colpa della sua rigida educazione cattolica, benché cercasse di convincersi che fosse quella la causa di tutto il suo malessere.
No, era perchè il cuore pretendeva una tenerezza sincera, tutta per sé, ma Shura non poteva permetterselo.
Aveva ceduto, per pura disperazione dettata dall'età in cui gli ormoni la fanno da padrone, solo qualche altra volta.
Ma le poteva contare sulle dita di una mano: tutte erano finite con un Capricorno solo, infelice e pentito.
Con Aiolia non ci sarebbero stati rimpianti, lo aveva intuito subito, e non solo perchè se ne era innamorato senza rimedio.
Il Leone aveva conosciuto la sua stessa sofferenza; lo stesso fato beffardo; lo stesso peso degli anni. Come lui, si era affacciato in quella nuova vita con l'atteggiamento di chi non ha più nulla da perdere.
E tutto da vivere, vivere come non mai.
I dubbi non lo aveva risparmiato quella notte in cui aveva chiesto al Quinto Guardiano di restare. Ma si erano dileguati, come un rivale che sa di aver perso, quando il greco gli aveva quasi strappato la camicia di dosso e si era fatto portare, o si era forse portato da solo, in camera da letto.
Alla fine, era stata tutta colpa della camicia.
Shura non avrebbe mai saputo dire se fosse stato lui stesso a spingerlo verso l'alcova o se il suo amante, preso da un' improvvisa possessività, lo avesse trascinato pur senza conoscere la strada.
Quello che non sapeva, quello che non aveva avuto il tempo, l'occasione, lo spirito di provare con estranei, non era più importato, non quando ad ogni pezzo di stoffa tolto di dosso aveva trovato ad attenderlo un pezzo dell'anima del suo amante.
Le altre pelli che aveva toccato, gli altri corpi che erano stati sotto e sopra di lui, erano spariti dalla sua mente come gli steli di un fragile soffione.
Leggeri, passabili ricordi che potevano rimanere lì, e non avrebbero più fatto male.
Aveva dato al suo cuore quello che dal giorno della nascita gli aveva chiesto con tanta accoratezza: un altro cuore con cui battere.
Battere all'impazzata, al ritmo dei respiri affannati che si erano infranti sul collo, sulle spalle. Battere di vita.
Aiolia era carne viva: al contatto con le sue mani e le sue labbra si era fatto di sangue solido e arroventato.
Il Leone gli era salito sopra, a cavalcioni, dopo una breve (lunga?) lotta che aveva fatto finire le coperte sul pavimento. Imperioso come un re, gli era parso immenso nel buio della stanza; la luce della luna, piena, l'aveva dipinto dei colori della savana notturna. Da predatore quale era gli aveva piantato le unghie nella nuca, nella guancia.
Lo aveva sfidato.
Allora Shura gli aveva graffiato la schiena, e l'altro si era teso, piegato come il Discobolo nell'atto di tirare l'attrezzo; e davvero gli era sembrato una statua, scolpita dagli avi ellenici che gliel'avevano pietosamente generato, a lui, a Shura, il senza terra dalla dignità perduta e ritrovata.
Era suo, suo da mangiar di baci e da affondare nel letto.
Le mani erano scivolate giù, sempre più giù, là dove la virilità di uomo diventa inesorabilmente fragile non appena i vestiti vengono sfilati; non appena il mondo si ritira per riposare dietro persiane abbassate, e allora non ci sono più segreti.
Non ce ne sarebbero stati più neppure tra lui e Aiolia, non dopo quella notte: niente più falsità, niente più apparenze ipocrite.
Per questo non aveva indugiato oltre e lo aveva preso e stretto (piano), deciso a dargli quanto più piacere possibile, in modo che se lo ricordasse al mattino, e che non pensasse a nient'altro se non alla mano che lo aveva toccato con tanta cura.
Il Quinto Guardiano, così orgoglioso e testardo nella quotidianità, era divenuto morbido come un gattino che per la prima volta si struscia (ma non si fa coccolare, no, quello lo concede solo più tardi) contro le dita di un essere umano.
Quello spettacolo gli aveva definitivamente fatto perdere la bussola.
Shura lo aveva sdraiato su quel giaciglio troppo piccolo e austero per entrambi, ma che in quel momento avrebbe potuto essere ampio e leggero come una nuvola; chiudendo gli occhi aveva saggiato ogni anfratto del petto nervoso, del ventre molle. Aiolia aveva risposto ad ogni discesa delle sue labbra con gemiti sempre più alti, senza vergogna.
Lui stesso si era reso conto di stare ansimando rumorosamente quando il suo amante lo aveva riportato davanti al suo volto: e allora aveva potuto specchiarsi in quelle iridi che splendevano più di ogni astro del cielo, e vedersi come un uomo nuovo, finalmente libero, finalmente non più solo.
Preso dalla tenerezza che gli bruciava lo sterno, gli aveva accarezzato una guancia, e poi l'altra.
Aiolia, anche lui assorto, gli aveva passato le dita, leggere, sulle labbra ch'erano diventate secche nonostante i baci. Tuttavia quel momento di stasi era durato ben poco: ripreso dalla voglia gli aveva intimato di prendere un ritmo stringendo i glutei e inarcandosi verso di lui.
Allora il Capricorno era scivolato nell'incavo tra la coscia e l'inguine, dove era arrivato anche con la bocca ma non aveva avuto il coraggio di procedere oltre. Aiolia gli aveva piantato un ginocchio nel retro della gamba, infilandogli le dita tra i capelli ormai bagnati.
Si erano mossi insieme, pesanti.
Lento era stato quel loro primo incontro, e scomodo, ma il fuoco tra di loro aveva continuato ad ardere, là dove erano entrambi maschi.
Incredibile era stato, il sentirsi così tesi eppure...vulnerabili? L'uno contro l'altro, velluto e ferro in egual misura.
Sul collo il Leone gli aveva impresso il suo morso, e Shura aveva creduto che gli portasse via il sangue dalla carotide, tanto aveva bevuto del suo sudore e della sua cute che da bianca era diventata del colore dei papaveri.
Il culmine del piacere lo aveva colto quasi di sorpresa mentre osservava incantato Aiolia che, sopraffatto dall'acme del godimento, si distendeva trascinandosi dietro le lenzuola tra le dita dei piedi contratte e lasciandogli i segni dei polpastrelli sui fianchi.
Avrebbe voluto chiedergli qualcosa, dire qualcosa.
Avrebbe voluto ringraziarlo per quella notte e dirgli che era bellissimo così, con quegli occhi troppo grandi liquidi e fissi su di lui e solo la pelle abbronzata a vestirlo.
Ma Leo, appagato oltre ogni aspettativa, aveva appoggiato la fronte alla sua, restituendogli con le labbra tutto il fiato che gli aveva rubato, e si era addormentato con un ultimo sospiro di pura soddisfazione.
Guardalo, il micio di casa, aveva pensato Shura, completamente instupidito dall'amore. Affettuosamente lo aveva avvolto tra le braccia e l'aveva seguito nel regno di Morfeo, le tempie infine sciolte da ogni nodo.
Il giorno dopo, gli arti non gli erano pesati mentre saliva alla Dodicesima; il languore della notte precedente si era trasformato in leggerezza. Sicuro di sé stesso come MAI era stato in nessuna delle sue sfortunate vite, aveva baciato il suo léon sul collo un'ultima volta, prima di mandarlo a parlare con suo fratello, e si era recato dagli amici più cari che, aveva dovuto ammettere, aveva un pò trascurato negli ultimi tempi..
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Aveva trovato Death Mask e Afrodite seduti nel barocchissimo salone della casa di Piscis, il primo a leggere il giornale, il secondo a sorseggiare il suo abituale infuso mattutino, in silenzio e in una maniera assolutamente regale.
Il Capricorno, con tutta l'intenzione di vuotare il sacco il più velocemente possibile (via il dente, via il dolore), aveva aperto bocca per confessare il suo temibile segreto; e lo avrebbe fatto, se la soave voce del guerriero più bello tra i Dodici non lo avesse preceduto:
" Ma quello è un succhiotto?!"
Da lì, era stato un alternarsi di parlantine acutissime da grande diva dell'Opera e bestemmie che avrebbero fatto impallidire il più incallito dei blasfemi.
" Dove abbiamo sbagliato con te? Dove dico io? Ma sia maledetto quel maiale di un..."
" I dettagli! Voglio i dettagli! Io li PRETENDO, i dettagli!"
Shura era appena riuscito a dire che sì, lui e Aiolia avevano tutta l'intenzione di intraprendere una relazione seria, che sì, era innamorato, e no Dite, per l'amor del cielo, Aiolia non è impotente!
" Che quel gatto pulcioso ti infili nel suo letto a me proprio non mi va giù, sia ben chiaro! Poi fà quello che ti pare! "
Negli anni, il Decimo Guardiano aveva fatto il callo al carattere francamente impossibile del Cancro, alla sua incapacità di mettere due parole in croce senza offendere qualcuno e alla delicatezza da elefante chiuso in un negozio di porcellane che lo contraddistingueva; sapeva che Mask non era in grado di dimostrare che qualcosa gli stava veramente a cuore in un modo che non paresse, ad occhio poco esperto, maleducato e irrispettoso.
Ma sapeva che il suo amico era solo un pò troppo ansiogeno quando si trattava del suo benessere e della sua incolumità, e quindi lasciava correre.
" Non mancherò certo di fare come mi pare, stà tranquillo. " aveva perciò concluso.
La cosa era sembrata risolversi in quella allegra chiaccherata e nell'ottimo karkadè caldo del Pesci.
Ovviamente, Shura aveva cantato vittoria troppo presto.
Nel pomeriggio Cancer aveva pubblicamente sfidato il Leone ad un singolar tenzone "per l'onore della capra qui presente".
E chiaramente quello aveva accettato.
E chiaramente Afrodite non aveva alzato un dito per fermare il suo amante.
All'inizio si era trattato di uno scontro equo tra due compagni d'arme che nonostante la poca (nulla) simpatia reciproca, sapevano essere leali; però a metà del duello Aiolia aveva avuto la fantastica idea di sorridergli sfrontato, con tanto di labbro sanguinante.
" Quale impertinenza! " aveva proferito Afrodite, seduto vicino a lui, e Shura aveva quasi avuto voglia di battersi una mano sulla fronte.
Lo aveva fatto davvero non appena la situazione era degenerata: Death Mask aveva preso a rincorrere il Leone per tutto il perimetro dell'Arena, maledicendolo in un dialetto siciliano così stretto e antico che neppure un centenario di Siracusa avrebbe saputo fare da interprete.
Questo finché Shaka, disturbato oltre ogni misura, non era sceso a fermare i due contendenti, che avevano intanto ripreso a darsele di santa ragione. Messo che fu il santo piede di Shakyamuni sulla terra battuta, il chiasso si era estinto immediatamente.
" Credo che, per oggi, avete fatto abbastanza rumore." aveva proferito l'Illuminato.
SORRIDENDO.
Tutti e quattro si erano affrettati a tornare alle loro Case in silenzio.
Il teatrino armato nel pomeriggio non aveva impedito ad Aiolia di vantarsi quando si erano ritrovati, dopo cena, alla Quinta.
Shura non si era pentito di averlo baciato forte come al solito, nonostante i tagli. Vero però che poi lo aveva stretto un pò di più una volta a letto, e non gli era sfuggito come lo zigomo del compagno si fosse alzato, seppur viola dalle botte subite, per accompagnare il ghigno ferino con cui si era addormentato.
A lui era andata decisamente meglio: quei due scapestrati di Milo e Kanon erano sembrati più interessati a prendere in giro il suo povero amante che a minacciare di evirarlo, e Aioros, buon'anima, lo aveva abbracciato dicendogli scherzosamente:
" Trattamelo bene, non dovrebbe mordere. Di solito."
Si era limitato a chinare il capo riconoscente, senza ovviamente accennare al fatto che forse il Sagittario non sarebbe stato più così sicuro delle sue affermazioni se avesse visto i segni dei denti che Aiolia gli aveva lasciato sulle scapole...
Alla fin fine, dopo qualche giornata di marasma e pettegolezzi, era tornato tutto tranquillo.
Tanto tranquillo da sembrare bizzarro, ma forse i fratelli avevano semplicemente voluto lasciare ai due nuovi amanti più tempo possibile insieme, dileguandosi diligentemente con scuse più o meno valide ogni volta che si riunivano negli spazi comuni.
Shura e Aiolia ne avevano chiaramente approfittato, di quella tregua regalata, per parlare... e scambiarsi passioni sempre più spinte.
Il che non era per niente difficile, e specialmente se era nel letto della Quinta.
Death Mask doveva avergli trasmesso un pò della sua blasfemia, perchè nel momento in cui Shura varcò per la prima volta la soglia della camera da letto del suo amante, quel primo sabato sera di febbraio, sentì la stessa sensazione di quando entrava in chiesa.
La Casa di Leo, di per sé, era maestosa quanto una cattedrale: bianco e oro la facevano da padrone in quei locali ampi in cui ad ogni angolo c'era la stuatua di un leone, piccola o grande che fosse, e un punto luce ad illuminare il tutto.
Ad Aiolia non piaceva il buio, e questa era una cosa che Shura sapeva da quando erano bambini; in quella dimora che si era guadagnato contro il disprezzo, l'invidia e la sfiducia di tutti, il Leone non ammetteva la presenza dell'oscurità, che scacciava con lumi di ogni genere: dai piccoli lumini votivi posti sotto la statuina di Atena nel pronao, fino ai bracieri di bronzo pesante che pendevano dal soffitto. C'erano lanterne di vetro e ferro sui tavoli, e lampade da terra a richiarare angoli e porte.
"In questa Casa nessuna luce viene spenta prima che un'altra sia stata lasciata accesa.", era la regola generale da seguire se si voleva essere ospitati in quel luogo.
Ma era nelle stanze personali del Custode che la personalità di quello che era l'uomo, e non il Cavaliere, veniva fuori.
Il Capricorno la vide, in ogni cosa, non appena ebbe messo piede nella camera, la mano stretta in quella dell'innamorato: nel piatto in terracotta riempito di ciottoli e candele sul comò, nella tenda a filet i cui fori lasciavano passare il riverbero della luna, nelle tante coperte che coprivano il letto, tessuti di ciniglia e mohair morbidissimi.
Arredi semplici che nulla toglievano al minimo di lusso che la comodità esigeva, e che davano lustro al rango.
" Non ho mai lasciato che nessuno entrasse qui. Mai. Neppure mio fratello. " mormorò Aiolia; nella sua voce bassa si poteva comunque sentire la ferma veridicità di quell'affermazione.
Shura lo raggiunse sul bordo del letto dove si era seduto, quasi abbandonandosi; gli tolse il mantello infeltrito, la sciarpa dal collo. Scoprì la pelle di terracotta, beandosi del suo respiro già accellerato.
" Allora lascia che ti faccia un dono, per ringraziarti. " gli disse, slacciandogli i calzoni.   
Gli passò una mano sulla schiena ampia, su quella pelle che aveva, anche in inverno, la sfumatura del sole. Ora che l'aria e il cielo annunciavano la neve, sarebbe rimasta ancora più morbida sotto la lana.
Pelle che sapeva di mandorle, e olio caldo: cose di Grecia, cose di terra e fuoco.
C'era ancora una parte che non aveva assaggiato di quel corpo dorato.
Impresse nella memoria la visione magnifica del Leone, nudo e mansueto in quella che era la sua tana, che si fidava delle sue mani, che lo spogliava a sua volta.
Che gli faceva la grazia di aprire le gambe, per l'ennesima notte insieme.
Il sapore che trovò nel mezzo, non c'erano parole per descriverlo. Sperò che, col tempo, anche quello finisse per essergli familiare.
Perdono, Señor...invocò nella mente, chè l'incavo delle guancie era occupato...da queste labbra non più pure, da stanotte , le mie preghiere avranno il fervore del mio uomo che mi chiama...
E il timbro della sua voce, l'aroma della sua carne, e il gusto della sua essenza, di cui Shura non sprecò neppure una goccia, lambendo e suggendo finchè il suo amante non lo prese per gli avambracci portandolo su.
Con le spalle affondate nei cuscini, prosciugato, ma non sconfitto, Aiolia fremette come la cera sciolta delle sue candele.
" Tocca a te. " sentenziò sulla sua bocca, di cui gustò la vischiosità, prima di inchiodarlo sotto di sè.
Cos'aveva fatto, per Atena?
Cos'aveva fatto, perchè lei gli facesse dono di uno dei suoi figli più giovani e indomiti? Del figlio della luce che lo aveva inseguito e preso, senza dargli il tempo di approntare una qualsivoglia difesa?
D'altra parte chi era lui, se non il più misero dei peccatori, per dubitare dell'operato della Santa?
" Bendito sea mí león..." ebbe appena il tempo di mormorare.
Sotto le coperte Aiolia di Argo, con le sue fauci bollenti, gli rese la cortesia.


(Hoy vuelves conmigo)



Titoli di coda dell'autrice

Ed eccoci qua!
Secondo capitolo a voi!
Ah, e buongiorno eh, che è domenica mattina e io non ho dormito una cippa...
Mamma mia, è stato difficilissimo! Giuro che avrei finito prima se uno, non avessi dovuto cambiare casa (ho iniziato l'uni a settembre e ho traslocato TRE VOLTE con quest'ultima...sono stanca come un asino T.T ) e due, Shura non fosse così dannatamente COMPLICATO.
Fortuna vuole che io, essendo un capricorno, lo capisco: altrimenti stavamo qua fino all'anno prossimo XD
Come avete potuto notare questa shot è affidata alla nostra capretta: dopo il POV di Simba pensavo fosse doveroso.
É chiaramente più lunga, ma non perchè il nostro sia logorroico. Diciamo solo che a furia di stare col gatto é diventato più riflessivo del solito.
Una bella persona nelle recensioni mi ha fatto notare quanto Shurino, dopo essere stato preso per il culo dal mondo intero, e dopo che fondamentalmente pure volendo non è riuscito a farne una giusta che fosse una, abbia bisogno di coperte e gattini.
Quindi eccoli qua, belli spaparanzati e imbaccucati <3
Chi ha gatti in casa sa bene come è difficile conquistare la loro fiducia. Ora io sono alle prese con due che non si sa bene se mi sopportano o mi temono come se fossi l'uomo nero, ma ci stiamo lavorando u_u
Ci tenevo molto a far parlare Shura: con Aiolia è troppo facile, il ciccino non si fa aspettare quando si tratta di dargli attenzioni (da bravo Leone...), ma con Shura? Noooo, Shura è misterioso e incompreso e difficile, e io volevo davvero dargli lo spazio che merita.
Spero di esserci riuscita!
Qui veniamo anche a sapere più dettagli di come i due innamorati improbabili si siano finalmente trovati sulla stessa lunghezza d'onda: il passato tormentato, ai due lati opposti della barricata; la situazione difficile della resurrezione, con tutti i sentimenti a fior di pelle in bella vista; il corteggiamento e l'inizio della loro relazione.
Vediamo anche il primo bacio e la prima notte insieme dal punto di vista di colui che, nella coppia, è considerato il più riservato e taciturno, ma vedete bene come Shura si scioglie quando si tratta del suo león  ;-)
E come tira fuori quelle corna pesanti, il caprone! XD
Peccato che nel nostro Bel Paese le corna siano sinonimo di infedeltà, e pure in Spagna ora che ci penso.... mmmmh, questo piccolo particolare chiama una shot sul gioco degli equivoci, che dite?
Uh mamma, che idea m'é venuta! *risate malefiche*
Lasciando perdere i miei deliri, anche qui vi metto le precisazioni. In realtà le metterò in tutte le shot, quindi rassegnatevi, dovrete sopportare la mia tendenza a chiaccherare troppo u_u :

- I versi di apertura e chiusura vengono da Amanecer by Edurne. Per grazia dell'Eurovision Song Contest, edizione 2015, con il patrocinio di sua santità IL TRASH. Sempre sia lodato. Io se mi mettete assieme un greco e uno spagnolo più di questo non posso fare, eccheccaspiterinaoh. Andatevi a vedere il video poi ditemi se non viene d'istinto ridere istericamente!

- Shura per me viene da Granada: a parte che come mi parte la canzone di Claudio Villa io solo alla nostra capretta riesco a pensare, Granada è la città dei gitani, dei palazzi dell'epoca islamica e del buon vino. "Shura" poi è una parola araba, con cui si intende l'assemblea che si forma per scegliere un nuovo califfo. Un organo democratico, insomma. Più capricornesco di così!

- Mi sembra evidente, a questo punto, che Shura non si chiama Shura. Sicuramente è stato battezzato con un nome decente. Si accettano scommesse, folks! *parte Alejandro di Lady Gaga in gran pompa magna*

- Col il termine pícaro si intende il protagonista di quelle novelle avventurose della letteratura spagnola (le saghe picaresche appunto) che, seppur trovandosi in condizioni avverse nella vita, riesce nei suoi scopi grazie alla furbizia e all'ingegno.

- Se andate a Siviglia potete tranquillamente visitare la chiesa della Madonna della Speranza, chiamata anche della Macarena, dal nome del quartiere in cui sorge. Il nome può far venire un sorriso, ma sicuramente è una chiesa bellissima. Se qualcuno ci va mi porta una foto? XD

- Voi ridete e scherzate, ma Aioros in realtà ne sa una più del demonio. Ringraziamo che ha un'indole fin troppo benevola, sennò qua ci trovavamo lui come Gran Dittatore  Sacerdote. Paura, eh?

- A proposito, ma chi è il Gran Sacerdote in questa fic? Non avete notato che non ne ho ancora parlato? ;-)

- Davanti a Shaka se la farebbe sotto persino Freddy Krueger.

- Death Mask e Afrodite si sono auto fregiati del titolo di tutori (il)legali di Shura quando avevano cinque anni, tipo. Ho il vago sospetto che abbiano persino falsificato carte in tribunale per fare in modo che nessuno metta in dubbio questa verità. Comunque al Santuario non fanno domande u_u

- Nel mio personale headcanon (una massa informe di ROBE che manco Beautiful) Aiolia e Aioros sono nati ad Argo, città di eroi che ha dato il nome al fedelissimo cagnolo di Ulisse. Prendendo come punto di riferimento l'indoeuropeo, la radice arg- significa "brillante", "splendente". Argyros, in greco, è l'argento. Da quale altro posto potevano venire i due luminosissimi fratelli? ;-)

- La regola sulle luci di Aiolia è vagamente ispirata alla regola sulle porte che Nicole Kidman aveva imposto nella sua casa nel film "The Others". Gran bel film u_u

- La "mohair" è una lana tessuta usando il mantello della capra d'Angora, da non confondere con l'omonimo coniglio, originaria della Turchia. Anche qui, non è un caso che Aiolia abbia cose di CAPRA nei suoi appartamenti privati ;-)

- " To wear the heart on the sleeve" , ovvero "indossare il cuore sulla manica" è il detto anglofono che si usa per indicare una persona che è molto aperta e sincera nel mostrare i sentimenti.

- Il J'Accuse è il famosissimo articolo che lo scrittore francese Émile Zola scrisse in difesa di Alfred Dreyfus, un ufficiale accusato, a torto, di tradimento. Il titolo di suddetto testo è entrato nel parlato comune per indicare l'indignazione pubblica che provoca un'ingiustizia.  EHVVABBENE.

- Aldebaran è un uomo da sposare, ormai l'abbiamo appurato, ed è fondamentalmente colui da cui tutti i Goldies vanno per essere coccolati, consolati, consigliati e confessati... e rifocillati. San Alde del Maracanã, prega per noi.

- E comunque NO, i piccolini non hanno ancora consumato come si deve. Ma ci arrivano. Tranquilli che ci arrivano. Se intanto volete fare scommesse del tipo seme/uke fate pure *falafintatonta*

- E comunque è sempre tutta colpa della camicia *indumentimalefici*

- Per scrivere questa raccolta sono andata a vedere le caratteristiche zodiacali di ogni segno. Coincidenze cosmiche e quant'altro intendo. Ascendenti, numeri fortunati, quelle cose tipo "How the Signs react to...", e sono capitata completamente PER CASO VE LO GIURO sulla tabella dei punti erogeni. Eh dunque. Ho scoperto tante belle cosine utili. Belle. Sì.

- La cronologia di questa raccolta è completamente sballata, ve ne sarete resi conto. Proviamo a fare un attimo di ordine: i Goldies resuscitano ad Aprile, a rigor di logica. La Dea li riconsacra a Settembre, e perchè? Mah, fondamentalmente perchè a me Settembre mi sa di cose nuove. Inizia la scuola, cambiano le temperature, la luce si fa più soffusa...mi sa di CALMA, ed è quello di cui i Goldies hanno bisogno, su questo siamo tutti d'accordo. Oltretutto, il primo settembre è il compleanno di Saori. Poi, a Novembre, stì due eterni indecisi finalmente si baciano, magno gaudio! Ho poi ben ragione di credere che siano finiti a letto a Gennaio, forse qualche giorno dopo Capodanno. Il Calvente è avanzato dalle feste, suppongo. Questo è quanto. Tanto per darci una regolata.

Detto tutto questo, non posso che ringraziare chi ha recensito, chi ha letto e chi ha messo tra le preferite/seguite. Rinnovo il mio appello a lasciare qualche commento in più. Fate felice una povera scrittrice disperata! TT_TT
Non posso purtroppo darvi una data precisa di aggiornamento: ho un esame tra meno venti giorni e comunque mancano meno di due mesi alla sessione invernale, e io sono in ritardissimo sulla tabella di marcia! Chi come me sta affrontando il delirio che è l'università italica?
A presto, cari ^_^



  













 


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Capitolo 3
*** III. Oh love, don't let me go... ***


LSNC.3.BELLA

La Spada è nel Cuore
(e ci resterà)

(Oh love, don't let me go,
       won't you take me where the street lights glow?)

 
Dal loro ritorno a quella parte, Eos aveva graziato i cavalieri di Atena di albe splendenti, dalla luce quasi accecante; come se la dea dalle rosee dita volesse rassicurarli, e convincerli, che quella vita novizia che stavano vivendo non sarebbe svanita al prossimo tramonto.
Aiolia di Leo aprì gli occhi al nuovo giorno, non li chiuse al troppo sole. 
Il riverbero del mattino gli restituì il riflesso di una finestra che non era la sua, e il calore di coperte che non erano le proprie; l'Aurora illuminò l'uomo che gli dormiva accanto, il suo braccio bianco e i capelli neri. 
Sorridendo beato, Aiolia inspirò l'aria della stanza, un'aria in cui si mischiavano il caprifoglio, la carta, la pietra polverosa...e l'olezzo che era proprio del carnale, quello di due corpi che si incontrano, del loro sudore e del loro desiderio. 
Shura dormiva profondamente, come se non fosse accaduto nulla: ma la sua chioma corvina era troppo scompigliata e sul suo collo c'erano i segni rossi della passione; gli teneva un braccio attorno al fianco, non possessivo ma affettuoso, per tenerselo vicino.
Il Capricorno che tutti credevano rigoroso e intransigente in ogni momento riposava scomposto su quel letto troppo piccolo per entrambi, con una mano abbandonata sulla fronte, una gamba infilata tra quelle del Leone, mentre il piede dell'altra faceva capolino dal bordo del giaciglio. 
Lo vedessero adesso, pensò Aiolia alzando il busto piano, in modo da non svegliarlo, per poterlo ammirare.
Ammirare ciò sarebbe stato soltanto SUO fino alla fine, qualunque essa fosse.
Quella loro notte non era stata perfetta: le loro mani avevano tremato troppo, per troppa emozione, e i loro movimenti a tratti erano stati decisamente scoordinati; alla fin fine poco importava, e anzi era stato meglio così. Perché era stato quasi un sollievo scoprire che anche dopo aver vissuto più di una vita l'amore fisico era per entrambi un terreno nuovo e tutto da esplorare; perché a farlo, quell'amore, non avrebbero mai potuto imparare se non da loro stessi e da quello ch'erano disposti a donarsi l'un l'altro. 
Ed era stato bellissimo ma non era stato per niente facile; ed era stata tutt'altra cosa rispetto al sesso.
Aiolia aveva sempre pensato che il sesso fosse una cosa facile: lo aveva fatto con altri e non se ne vergognava e neppure se ne pentiva. 
Come tanti, anche lui non era stato immune, nell'adolescenza irrequieta, nella giovinezza tormentata, da qualche scappatella nei meandri del Pireo. Succedeva sempre dopo le giornate più brutte: quelle in cui gli abitanti del Santuario erano particolarmente insistenti nel ricordargli il suo status di "sangue marcio", di "mela che non cade mai troppo lontana dall'albero", e tante altre cose poco carine e non simpatiche da ripetere.
I suoi primi baci li aveva sperimentati con due ragazze di almeno cinque anni più grandi di lui che gli avevano lasciato segni di rossetto fino alle spalle. Con una di quelle due ragazze aveva condiviso la sua prima volta: non era andata né male né bene, com'è tipico di certe occasioni. Il piacere era stato troppo veloce, la soddisfazione arrivata troppo in fretta. Si era distratto dalla realtà per qualche ora e nulla di più.
Poi aveva volto le sue attenzioni ai ragazzi. Ora, con questi doveva ammettere che all'inizio c'era stata un pò di titubanza, e guardando la persona di cui si era innamorato (un UOMO) nel presente, Aiolia si diede dello stupido. Ma al tempo aveva dato retta solo al suo fisico giovane che reclamava qualche sfogo ogni tanto: cosa c'è di male? aveva pensato, e si era buttato.
Aveva velocemente constatato che a parte l'ovvio c'era ben poca differenza.
Con chiunque passasse quelle ore, la dinamica non era mai cambiata: accettare le avances della prima persona che gli suscitasse un minimo di interesse, appartarsi da qualche parte, fosse stato anche solo un vicolo, chiudere gli occhi e smettere di pensare.
Smettere di pensare almeno per un pò a suo fratello morto, ai suoi compagni che non lo consideravano, al Gran Sacerdote crudele, alle giornate tutte uguali; alle voci di corridoio, agli insulti, alla macchia del tradimento sulla sua testa e sulla sua bella Leo, la sua Nemea preziosa ch'era stata l'unica cosa a cui tenesse davvero.
Sopra quei corpi servi del sesso (sempre sopra, sempre) aveva imparato quanto la carne potesse essere infida e bugiarda: corazza solida all'apparenza, veicolo di piaceri intensi, in verità specchio dell'avarizia umana, arma di chi prende senza dare.
Qualche volta si era ubriacato: e là era iniziata la sua guerra personale con l'alcool, perchè il vino non gli dispiaceva ma il suo stomaco e la sua testa non sembravano essere d'accordo. E poi, gli alcolici erano sempre troppo amari; e già la vita era amara di suo e ben presto non c'era stato più bisogno di rincarare la dose con qualche bicchiere di troppo.
Col senno di poi si era reso conto che era stato sciocco a credere che quelle notti di eccessi avrebbero potuto essergli di conforto. Ora che conosceva l'amore, non gli restava che dispiacersi di tutte quelle occasioni sprecate, delle attenzioni che aveva dato ad altri a cui di lui non era mai importato nulla.
Perchè anche se era solo per una notte, Aiolia non era mai stato irrispettoso, egoista o addirittura violento: aveva sempre cercato di soddisfare al meglio colei o colui che sceglieva, consapevolmente, per l'ennesimo giro di luna, ma spesso quegli altri neppure lo avevano ringraziato.
Quindi non ne era rammaricato, no, ma intristito almeno un poco sì.
Ma quella notte Shura gli aveva fatto dimenticare la tristezza, e in realtà gliel'aveva fatta dimenticare da un bel pezzo, dal momento stesso in cui lo aveva sfidato con lo sguardo pieno di speranze nascoste e aveva accettato il loro primo bacio andandogli incontro.
E quello sì che era stato un bacio VERO.
Se avevano mai avuto una cosa in comune, era stato proprio il non sapere delle cose vere, autentiche e genuine dell'intimità...ma avevano recuperato in fretta.
Delle carezze e dei baci erano divenuti presto esperti; avevano fatto a gara a chi faceva prima a catturare la lingua dell'altro quando si incontravano, e nessuno dei due aveva mai avuto voglia di essere quello che s'allontanava per ultimo, vestendo le labbra dell'inevitabile "a domani". 
Eppure quel "a domani" era diventata la cosa preferita di Aiolia sopra tutto il resto; la promessa con cui si addormentava e che lo teneva lontano dagli incubi.
La prima volta che aveva avuto il pensiero di andare oltre era stato in un giorno di pioggia ininterrotta. Il Leone era arrivato ad uno dei loro abituali posti segreti ( uno degli anfratti sul lato ovest della montagna, da cui i monti si avvallavano in colline) in ritardo di almeno tre quarti d'ora, perchè Aioros aveva avuto bisogno di aiuto per affilare dei giavellotti da allenamento; come cavalieri di Atena era loro vietato l'uso delle armi ma quelle poche che possedevano, Libra a parte, erano considerate come attrezzi ginnici dei tempi antichi e le tenevano in buona condizione per affinare la mira e il tiro.
Dato che ad Aioros era davvero difficile dire di no, e per lui davvero quasi impossibile, aveva corso fin lassù col rischio di farsi seriamente male, ma sul momeno non gli era di certo importato, avendo in mente solo la possibile faccia delusa di Shura o peggio ancora la sua assenza. Quasi certo che il Capricorno si fosse stancato d'aspettarlo e se ne fosse andato era arrivato all'appuntamento mogio come un bambino a cui è negato il dolce dopo la cena.
Quale era stato il suo sollievo e la sua contentezza quando invece aveva trovato il suo amante ad attenderlo come sempre, seduto alla meno peggio su un grosso sasso e con la testa riparata sotto una giacca di velluto scuro ormai fradicia!
" Scusa...non volevo fare tardi..." aveva avuto appena la forza di balbettare, tra fiatone e il batticuore che ormai era diventato familiare.
Shura non era sembrato offeso. S'era alzato e aveva percorso quei pochi passi che li separavano con calma, e quando gli era arrivato davanti Aiolia s'era potuto consolare vedendo l'espressione tranquilla sul suo volto.
" Sapevo che saresti venuto. " aveva risposto, e la sua voce aveva fatto eco nella pioggia e nelle fronde degli arbusti che li circondavano. Poi gli aveva dato un bacio su una guancia.
Aiolia aveva cercato le sue labbra come un affamato, come faceva sempre alla fin fine.
Era stato lì, sotto le fronde di un ginepro arrampicato e con l'odore di quelle bacche pruriginose nelle narici, con le mani immerse nei capelli bagnati di Shura, che l'aveva pensato per la prima volta:
Voglio fare l'amore con lui tutta la notte.
E gliel'aveva quasi chiesto, disposto persino a pregarlo di dire sì, lo voglio anch'io, ma a quel punto il sole li aveva minacciati col tramonto, dall'orizzonte allineato con una coltre di nubi nerissime, e non aveva potuto fare altro che baciarlo ancora e ancora finchè non erano dovuti riscendere.
Non aveva avuto paura al pensiero, ma apprensione sicuramente: perchè conoscere le basi non significa aver imparato in modo efficiente la materia. Aveva poi immaginato la scena più volte, sotto le sue coperte che aspettavano solo di prendere la forma del corpo amato, aveva preso in considerazione varie possibilità, aveva fantasticato su pratiche erotiche (non che ne conoscesse molte...) che aveva scartato una ad una con crescente frustrazione. Diglielo e basta, s'era detto alla fine, diglielo che lo vuoi spogliare e non lo vuoi far uscire dal letto prima che l'alba sia sorta.
Diglielo che ti va bene qualunque cosa, che non ti importa se non andate fino in fondo, che ti vuoi godere ogni singolo momento.
Ma tra il dire e il fare...
Shura l'aveva stupito come al solito, grazie alla Dea; quel "resta" mormorato a bassa voce gli era parso un grido di giubilio, una preghiera finalmente accolta.
Ciò che era successo tra di loro non era stato il soddisfacimento di un bisogno.
Era stato togliersi le vesti con troppa foga, tanta da singhiozzare per il respiro perso, per poi fermarsi e scoprire i contorni crudeli delle cicatrici che entrambi si portavano dietro con malinconia, ma anche con profondo onore; era stato scoprire ciò che i vestiti, la timidezza e la titubanza aveva fino ad allora celato.
Aiolia aveva appreso a godersi la sensazione di muscoli che si contraggono sotto le dita, del fiato bollente che si spezza su colli sudati, ed essa non gli era mai parsa così potente fino ad allora, non gli era mai parso che avesse quel potere di aumentare a dismisura la voglia, e allo stesso tempo farlo sentire così giovane davanti ai fatti della vita.
Si era davvero sentito come il giovane leone che era, e che era sempre stato: a volte si dimenticava di avere vent'anni e che a vent'anni si ha solo voglia di mordere e graffiare, voglia non di fare male ma di lasciare marchi scarlatti e pensare solamente sei mio, mio, mio...
Voglia di fare l'amore, dopo che lui e Shura si erano fatti la guerra, una guerra fredda, lunghissima e silenziosa, fatta di occhiate terribili e parole troppo spesso taciute.
Entrambi si erano avvolti nel bozzolo del disprezzo e dell'indifferenza, pur di tirare avanti; quella notte si erano spogliati di tutto, ed era rimasta solo la nudità completa.
E il peso e la tensione del desiderio di lui, di Shura di Capricorn, concreto come non lo era mai stato, lì sulla sua coscia.
Aveva tremato, solo per un momento, ma aveva tremato.
Shura non se n'era accorto, immerso anche lui nella contemplazione, quella che i suoi santi e i suoi eremiti di tela e d'inchiostro non avrebbero mai potuto insegnargli.
Aiolia l'aveva guardato dal basso, dal sotto in cui non aveva mai lasciato che nessuno lo mettesse: e allora aveva abbandonato il controllo, e aveva accolto la vulnerabilità del trovarsi avvolto da altre braccia, intrecciato ad altre gambe.
Era stata una comunione di sguardi mai provata; aveva sempre avuto cura di guardare il meno possibile prima, ma con Shura anche gli occhi avevano reclamato la loro parte di fame.
Sopra di lui, Shura si era trasformato: argenteo come la lama nel buio, poi scuro come la terra, e come la terra si era mosso, scosso dal profondo. Lo aveva guardato come nessuno mai prima di allora, e Aiolia si era sentito come una cosa preziosa, amato e protetto in un modo gentile e fiero, come Shura sapeva essere quando dimenticava la cattiveria del mondo.
E lo aveva toccato: e nessuno lo aveva mai toccato così.
Perchè la verità era che aveva toccato altri, e in fondo non gli era mai sembrato un granché, ma quando s'era lasciato toccare da Shura gli era sembrato di tornare allo stato liquido, ad uno stato vergine, pronto per il divenire.
S'era sentito come un vaso da modellare: prima solo creta, poi opera d'arte; Shura l'aveva elevato ad un punto a cui da solo, per quanto ci provasse, non sarebbe mai potuto arrivare. Aveva sempre creduto di sapere come si soddisfa un uomo, e come si soddisfa una donna, e in realtà non aveva mai saputo proprio niente.
E nessuno gli aveva mai detto che sarebbe stato come bruciare, e che la sola cosa che avrebbe occupato la sua mente sarebbe stato il calore, asfissiante e fantastico, delle mani del suo uomo che gli davano piacere.
Le mani di Shura le aveva conosciute sempre fastidiosamente fredde, e in quei mesi si era impegnato con dedizione a tenerle nelle sue, a tenerle sui suoi fianchi e sulle sue guance, ma quella notte non aveva avuto bisogno di farlo: da sole lo avevano abbracciato, da sole gli avevano fatto prendere fuoco.
Non c'era stato bisogno di chiedere più nulla.
Però almeno all'inizio era dovuto salirgli sopra. Perché Aiolia di Leo era stato una volta un bimbo molto basso che doveva alzare per bene il mento per poter guardare in faccia Shura di Capricorn, e quindi sì, quella rivincita se l'era presa: quella di stargli sopra a cavalcioni e di bearsi dei suoi occhi sbarrati per la sensazione di averlo addosso.
Ecco.
Il desiderio di rivedere quell'espessione lo avvolse, e dunque fece in modo di spostarsi tutto sul suo uomo, prendendosi un momento per indugiare nel calore della pelle su altra pelle.
Al sentirsi il suo peso addosso, Shura fece un respiro più profondo degli altri e si svegliò; si guardò intorno con gli occhi socchiusi e impastati di sonno per qualche istante, prima di focalizzarsi sull'amante steso sopra di lui.
" Mí león." mormorò con una punta di sorpresa, come se non si aspettasse di vederlo; gli scostò un ciuffo ribelle di capelli dietro l'orecchio. Aiolia si godette quella carezza discreta, chinandosi per lasciargli un bacio fugace all'angolo della bocca, per poi issarselo contro, stringendolo a sé e immergendo la faccia nella chioma spettinata; là tra quei fili scurissimi era forte il profumo dell'acqua di colonia, l'unico vezzo che il Capricorno, da sempre votato alla modestia dei costumi, si concedeva.
" E chi si alza adesso..." mormorò mentre Shura gli vezzeggiava la schiena a piene mani, guardandolo con un'espressione a metà tra il divertito e il beato. Aiolia lo baciò ancora, e stavolta più a lungo.
" Ci sono così tante cose che vorrei dirti." gli rivelò riprendendo fiato quando si staccarono " Cose che non ti ho detto prima perchè ero troppo preso da..."
" Da noi ?" concluse per lui l'amante, e il suo sorriso si allargò fin quasi ai lati della faccia al suono di quella bellissima parola.
" Sì... da noi. Da tutto, tutto quanto. Ne abbiamo passate così tante, Shura. Mi sembra di essere finalmente arrivato dopo un viaggio molto lungo. "
" E quindi hai molte cose da raccontare, immagino. "
Era incredibile come Shura riuscisse a seguire i suoi discorsi. In quei mesi non avevano parlato poi molto, era vero, ma quelle volte che il leone aveva avuto voglia di tirare fuori a parole ciò che sentiva dentro Shura era sempre stato lì pronto ad ascoltarlo, e addirittura era stato bravo a capire in anticipo quello che voleva esprimere.
" Quando siamo così insieme io non posso fare a meno di pensare...a quanto ti ho disprezzato."
Anche se a volte tendeva a parlare troppo. Aiolia sapeva che era necessario pensare prima di parlare, ma questo consiglio gli era sempre venuto molto difficile da mettere in pratica. La cosa in genere lo innervosiva molto, e specialmente quando era Shura ad essere vittima della sua lingua maldestra. Perché anche se il Decimo Guardiano sembrò comprendere dove voleva andare a parare, il suo sorriso si affievolì; nascose il viso sul suo petto, e Aiolia non poté fare altro che infilargli una mano nei capelli e cercare di confortarlo.
Sentì che quella conversazione era necessaria, anche se dolorosa.
" L'odio che provavo per te era reale. Quell'odio mi ha consumato, tanto che pensavo...pensavo che non sarei mai più riuscito ad essere felice." svelò senza indugio " Tu mi hai dimostrato il contrario ed io non so come...voglio darti qualcosa in cambio, ma non so cosa. "
Fin dall'inizio della loro relazione aveva provato un certo senso di debito verso Shura: non era una cosa che lo faceva star male di per sé, ma desiderava davvero estinguere quel debito, facendogli un regalo magari.
Vederlo contento e appagato era, dopotutto, il suo obbiettivo massimo. Era come una sfida, e sia mai che Aiolia di Leo si tirasse indietro davanti ad essa.
Sapeva ciò che Shura desiderava più di ogni altra cosa al mondo, ed era arrivato il momento di fargli quel dono, anche se magari non nel modo che questi si aspettava.
" Io so che da me vuoi perdono."
A quelle parole, il suo innamorato proruppe in un singulto e nascose il viso tra le mani. Aiolia l'aveva visto spesso pregare in quel modo, come se volesse annullare i suoi tratti, e mostrare solo l'uomo prostrato nella fede; ma in quel momento aveva bisogno che Shura lo guardasse, così circondò la sua testa con le dite e gli fece alzare gli occhi, dolecemente ma con fermezza.
" Io non ho bisogno del perdono per amarti." affermò, e l'altro abbandonò la tristezza per la sopresa: le iridi nere si allargarono, quasi lucide di pianto.
" Ma se tu lo vuoi, io te lo posso dare. Passerebbe da me a te, e non ci farà più male. Che ne dici?"
Aveva preso la decisione definitiva. Il resto lo lasciò a Shura, che assunse un'espressione meditabonda; dopo aver chiuso un'altima volta gli occhi e raccolto i pensieri, gli rispose:
" Quando mi sono reso conto dei sentimenti che provavo per te io... io ero disperato, Aiolia. Io non avevo nessuna speranza che tu mi ricambiassi. Non pensavo di averne. Non ne avevo ragione."
Non faticava a crederci. Tra loro erano passati troppi anni, troppe disgrazie li avevano tenuti separati.
Troppo odio.
Troppo sangue.
Poi l'odio s'era estinto e il sangue era stato lavato. Avevano trovato pace l'uno nell'altro, e quello era il prodigio più grande al quale loro, potenti e quasi divini, loro che potevano dire di aver visto tutto, avessero mai assistito.
" Tu mi hai ridato la ragione. E io ti sono devoto."
Aiolia per poco non lasciò andare una lacrima a quell'affermazione. La Dea gli aveva rivolto parole d'affetto, Aioros gli aveva espresso con la voce il suo amore ogni volta che poteva, gli amici gli avevano offerto confidenza e fiducia: però mai, mai aveva sentito una tale verità e forza scaturire da chi gli aveva parlato.
E cosa poté fare se non piantare le labbra su quelle dell'amato per esprimere la sua gioia: piantarsi lì su quella bocca benedetta dove avrebbe potuto costruire un tempio che fosse solo loro, suo e di Shura di Capricorn, solo loro fra le lenzuola. Tra i baci e le lingue e le dita immerse negli incavi più sensuali del corpo rischiarono seriamente di rinfocolare il desiderio, quando erano ben consapevoli entrambi che era vitale ritornare alla razionalità.  
" Tu avrai la mia pelle, come io ho già la tua. Un leone non può darti che questo." esalò sfuggendo a malapena dalla passione che l'altro, di rimando, gli stava dimostrando.
Shura dovette fare uno sforzo estremo per togliergli le unghie dalle cosce (che sembravano piacergli particolarmente...) e porre fine a quello scambio di confessioni e voglie.
" Vale." disse, combattendo anche lui con un groppo alla gola e il respiro interrotto. Aiolia poteva anche non capire lo spagnolo, ma aveva appreso a percepirne il senso: lo aggradava molto il suono della parlata iberica, perchè gli pareva che non lasciasse spazio ai dubbi; era decisa e, seppur articolata, aveva suoni che lasciavano immediatamente il segno.
Si alzarono mesti, rimpiangendo immediatamente il tepore delle coltri e della compagnia.
Mentre si lavava nella stanza da bagno di Shura (cercando di non soffermarsi sulle fantasie che voleva far diventare realtà là dentro) il pensiero di cosa avrebbe detto a suo fratello per spiegargli tutta la faccenda si fece velocemente spazio nella sua mente.
Non aveva paura di affrontare Aioros, perchè non ve n'era alcuna ragione, ma trovare le parole per rivelargli la sua relazione con Shura non sarebbe stato facile; non voleva deluderlo, o turbarlo, o farlo preoccupare. Era comunque sicuro che, come sempre quando si trattava di Aioros, prepararsi un discorso fosse totalmente inutile: il Sagittario era particolarmente bravo a spiazzarlo e fargli sputare il rospo come meglio veniva nel giro di due minuti. Aveva sempre avuto la sensazione che 'Ros fosse stato investito di qualche strano potere che solo i fratelli maggiori hanno, oltre che dell'armatura d'oro.
Dopo essersi strofinato i capelli per l'ennesima volta e aver tentato, inutilmente, di dare loro un senso che non fosse palesemente quello del "mi sono appena alzato dopo una notte di fuoco con il mio amante" ritornò in camera, dove Shura era già bello che vestito: indossava un blazer di lana a quadri sui toni del grigio, e una camicia con il colletto alla coreana che, Aiolia constatò compiaciuto, non arrivava a coprire i morsi del leone sulla pelle diafana.
Da allora in avanti sarebbe stato così: Shura con quei vestiti da figlio modello...e i suoi succhiotti sul collo. La cosa gli faceva venir voglia di gongolare per ore.
Lo abbracciò : voleva tenersi quello Shura "nascosto" ancora per un pò, solo per qualche minuto ancora, prima di doverlo inesorabilmente condividere con le persone che facevano parte della loro quotidianità; allo stesso tempo anelava alla libertà di poterlo prendere per mano in pubblico, di poter affermare senza esitazione, e con soddisfazione, che erano uniti.
" Voglio che tutti sappiano che ci apparteniamo." disse con le labbra appoggiate sul segno che gli aveva lasciato quella notte. Shura lo strinse più forte.
" Lo sapranno." assicurò lo spagnolo soffiandogli quelle parole nell'orecchio, e Aiolia pensò che sarebbero potuti davvero rimanere così, l'uno con il viso premuto nel collo dell'altro.
Separarsi fu una sofferenza, ma sapevano entrambi che ne valeva la pena; camminarono senza dire nulla dalla camera all'entrata della Decima, fermandosi solo un momento davanti a Capricorn, così che Shura potesse poggiare fugacemente la fronte sullo zoccolo della mitica creatura che aveva scambiato e unito la terra con l'acqua.
Anche lei rimase in silenzio.
Sulle scale li accolsero forti raffiche di vento ghiacciato che, senza ombra di dubbio, avrebbero portato la neve da nord. Non ci furono parole neppure a quel punto: Shura si chinò per baciarlo un'ultima volta sul collo, per salutarlo, e ritornò indietro, con passi sicuri che forse mai aveva compiuto nella vita precedente.
Il Leone lo guardò salire per raggiungere gli amici, e il freddo dell'inverno lo punse crudele, fermo lì com'era, ritto sullo scalone. Si sedette con lentezza, bisognoso di schiarirsi le idee.
Ho fatto veramente molta strada, si disse, e per la prima volta ne fu consapevole al cento per cento. Si sentiva felice e sollevato, ma anche sopraffatto dall'enormità degli avvenimenti che gli avevano cambiato la vita.
Si sentiva cambiato insieme alla vita, sentiva di essere diventato come il frutto di un albero dalle molte radici; un frutto nato da semi diversi e messi insieme, un vero miracolo della natura. O forse era solo il volere della sua fanciulla dalle bianche vesti, colei che gli aveva sempre sorriso in quella maniera fiduciosa, quasi complice.
E sentirsi complice di una Dea non era cosa da poco per uno come lui, che per molto tempo non aveva mai saputo davvero come definirsi, se non guerriero, se non di Leo, se non di niente e di tanti, tirato da una parte all'altra.
C'era stato un tempo in cui Aiolia di Leo non era ancora "di Leo", un tempo in cui la sua altezza si fermava al metro e una mela e la mancanza di tutta una fila di denti davanti lo faceva sembrare più un cucciolo che un apprendista Cavaliere.
Sorrise al ricordo di sé stesso bambino, rammentando quanto il suo essere piccino e puttosto paffuto sulle guance lo avesse fatto indignare tanto quando si guardava allo specchio, e quando notava che i suoi progressi erano sempre una frazione di secondo indietro rispetto a quelli degli altri.
Rammentava bene, come fosse stato ieri, che Aioros lo incoraggiava e sosteneva, sorridendogli in quel modo che era troppo paterno e maturo per un volto da adolescente; a quel tempo, non viveva che per quello: per suo fratello che alla sera lo avvolgeva tra le coperte dicendogli che era stato bravo e che il giorno dopo sarebbe anche andato meglio. Da piccolo aveva davvero vissuto nella convinzione che ci fosse sempre un domani migliore.
Shura era completamente diverso da lui: lo era anche ora che erano adulti, ma al tempo dell'infanzia quella differenza nelle loro personalità era stata ancora più accentuata. Ciò non aveva impedito loro di legarsi.

Si era creata una bizzarra complicità tra lui, il pulcino della nidiata, iperattivo e testardo, e Shura, lo straniero allampanato che non parlava quasi mai e se parlava lo faceva con un accento strano, con tutte quelle erre arrotondate ed esse sibilate.
Ricordava distintamente come una delle prime cose che aveva chiesto a Shura, dopo che Aioros l'aveva spinto più volte ad andare a presentarsi al nuovo arrivato, quale fosse la ragione di quella parlata così impacciata.
Shura aveva ovviamente risposto che non aveva mai parlato greco prima di allora e che stava ancora imparando, quindi aveva bisogno di tempo per migliorare.
Poi se n'era tornato a svolgere complicati esercizi con le braccia come al solito.
Da allora, il piccolo leone aveva fatto di tutto per attirare la sua attenzione, dato che quella era la sua migliore tecnica, totalmente inconscia peraltro, per fare amicizia. Lo spagnolo all'inizio aveva cercato di sfuggirgli in tutti i modi, e questo aveva dato vita ad un nascondino comico, presagio forse di ciò che sarebbe successo in futuro, quando dopo la riconsacrazione Aiolia aveva preso a rincorrerlo dappertutto. Alla fine Shura doveva essersi arreso davanti a tanta tenacia, perchè aveva finito per accettare di buon grado la sua compagnia.
Compiaciuto, Aiolia l'aveva ripagato portandogli periodicamente da mangiare, perchè nella sua visione fanciullesca della vita l'unico regalo veramente degno di tale nome era il cibo.
Non avrebbe davvero saputo dire quante volte aveva preso il futuro Capricorno per un polso per poi portarlo nel campo degli ulivi, ficcandogli tra le mani martoriate frutta secca d'ogni genere, pagnotte ancora calde dal mattino, dolciumi trafugati con la complicità di uno Scorpione goloso.
Allora, la sua esistenza era fatta di cose semplici ma preziosissime: Aioros che lo amava, qualche biscotto ogni tanto, gli amici con cui bisticciare e fare marachelle.
Shura che non si annoiava della sua parlantina, Shura che rideva poco e ascoltava molto, Shura che in generale aveva sempre qualcosa di intelligente da dire.
Quella vita era cambiata nel giro di una notte, una notte che Aiolia malediceva e avrebbe continuato a maledire. Strinse i pugni, conficcando le unghie nel palmo per ricordarsi che quel dolore poteva controllarlo, che poteva tenerlo a bada.
Ma non avrebbe mai smesso di fare male, lo sapeva bene, persino ora che era adulto e non più il bambino che aveva visto il suo mondo luminoso spegnersi, il bambino che era cresciuto, nonostante tutto.
Il metro e una mela era diventato un metro e un tronco d'albero; i denti gli erano ricresciuti in zanne pronte a scagliarsi sui nemici. 
Il buio aveva riempito il resto.
Aiolia s'era chiuso nel suo dolore immenso, nella rabbia più nera, con l'unico conforto delle candele che teneva sempre accese, nella speranza che Atena vedesse la loro luce e si ricordasse che anche lui esisteva.
L'amicizia con Shura, l'aveva dimenticata.
  
L'aveva rifiutata, per meglio dire, relegandola nell'angolo del suo animo in cui aveva chiuso tutto ciò che, qualora fosse riaffiorato, non avrebbe fatto che male: i giorni dorati dell'infanzia e il ricordo, pieno d'affetto e nostalgia, dei genitori defunti; la mano ossuta del vecchio Shion che gli accarezzava i capelli, e che gli aveva sempre fatto un pò paura ma che non aveva mai rifiutato, perchè essa era stata sincera e benevola; la risata squillante di Milo che scappava via con le braccia cariche di mele e pasticcini; i silenzi irritanti ma così familiari di Shaka e di Mu, e le loro ombre, sagome già adulte contro la luce del tramonto; i bisticci con DeathMask, la soddisfazione di batterlo nell'Arena.
I " ti voglio bene" di Aioros la sera, quando lo metteva a dormire.
I "grazie" a mezza voce di  lui, di Shura, la sua mano coperta di tagli che si tendeva per accetare acqua e cibo.
E tante altre cose: tutto andato, perduto, distrutto.
Aiolia s'era rintanato nella pietra che doveva difendere e con cui si difendeva, belva nell'oscurità, e chiunque avesse avuto l'intenzione di insidiarlo aveva ricevuto puntualmente il benservito.
Shura di certo non ci aveva mai neppure provato e questo sfortunatamente l'aveva fatto imbestialire ancora di più, perchè Shura di Capricorn aveva la colpa di TUTTO, e Shura di Capricorn non aveva la decenza di dirgli qualcosa.
Shura era stato colui che, le poche occasioni in cui s'erano malauguratamente incrociati sulle scale, o incontrati davanti ad Arles, il maledetto, non aveva proferito parola né aveva avuto il coraggio di guardarlo. Il Leone l'aveva più volte apostrofato come vigliacco, masticando quell'insulto e altri simili tra di denti, ma quello non aveva battuto ciglio: mai una sola volta gli aveva risposto; mai una sola volta aveva dato segno di disagio o indignazione per quelle parole.
Era stato l'affronto più grande.
Quel ragazzo che s'era detto suo amico e che invece l'aveva tradito nel peggiore dei modi non aveva avuto la sacrosanta decenza di prendersi le sue responsabilità; non aveva chiesto un incontro, un misero momento per dirgli almeno "sì, sono stato io". 
L'aveva dovuto venire a sapere da altri, il fattaccio! Aveva dovuto subire l'ennesima umiliazione di stare ad ascoltare le chiacchere delle reclute (quello era diventato, tra le altre cose, il suo povero fratello: un pettegolezzo!), aveva dovuto chinare il capo e ringraziare il Gran Sacerdote, ringraziare per l'amor di Atena, di avergli lasciato l'opportunità di battersi per Leo nonostante il suo nome fosse calpestato e ammantato di vergogna...
E in tutto questo Shura cos'aveva fatto? Shura era stato zitto.
Shura non aveva detto NIENTE.
In silenzio era rimasto, dritto come la spada che si portava nel braccio, dritto come il boia che era!
L'odio che Aiolia aveva provato per lui era stato cieco e sordo, un odio a cui nulla importava: un odio che insidiava perennemente l'animo speranzoso che tentava disperatamente di preservare dall'errore gigantesco in cui si era trasformata la sua vita.
Perché quello era stata, tutta la faccenda: un ERRORE.
Aiolia non aveva mai creduto fino in fondo alla colpevolezza del fratello; aveva sempre avuto il sentore (il ridicolo sogno) che ci fosse uno sbaglio, che Aioros avesse avuto le sue ragioni per fare quello che aveva fatto.
Anche Aioros non gli aveva detto niente.
Non si era confidato con nessuno il buon Sagitter, il giusto, il nobile: cosa gli era passato per la testa al Sagitter, quella notte? Cos'aveva davvero fatto Aioros, quella notte?
Questi dubbi avevano aumentato il suo odio a dismisura: perchè l'unico che poteva saperne qualcosa, l'ultimo a vedere suo fratello vivo, non aveva pronunciato verbo.
Il Capricorno, muto, era diventato la tomba che doveva essere di suo fratello, e che invece non c'era.
Perché neppure una tomba su cui piangere gli avevano concesso! Ma il boia silente, quello sì.
Ad Aiolia le ragioni di Shura non sarebbero mai servite a niente, ma se questi avesse avuto il fegato di confessargli il suo crimine almeno una soddisfazione se la sarebbe presa. E invece, neanche quella.
Gli anni erano volati, tra infamia e dolore.
Atena l'aveva salvato: proprio quando aveva creduto di essere arrivato al limite, di non avere più speranze, lei lo aveva salvato.
Aveva guardato nei suoi occhi di cielo e aveva ritrovato vigore.
Aveva rivisto suo fratello, e aveva finalmente potuto calmare quell'anelo di verità che tanto lo aveva fatto penare: l'arsura che aveva sentito dentro di sè per tredici lunghi anni era stata alleviata dall'amore incondizionato della Dea (la sua Dea!) e dalla persona che fin dal suo primo giorno di vita l'aveva stretto a sé, cullato, curato, amato come nient'altro al mondo.
Aveva creduto ciecamente nella potenza di quell'amore, aveva creduto che fosse giunto il tempo del risanamento, il tempo in cui sarebbe arrivata per lui la ricompensa per aver resistito, e il riscatto per il suo nome.
Chi di dovere avrebbe pagato quel riscatto, ne era stato certo.
Ma colui che ai suoi occhi doveva pagare più di tutti era morto, e lui non aveva ottenuto la giustizia che gli spettava.
Aiolia sentì il cuore appesantirsi al ricordo della Scalata, al ricordo di quella giornata più lunga della vita stessa.
Una volta conclusa la battaglia era calato un terribile silenzio, e una penombra inquietante, ché nessuno di loro rimasti s'era preso la briga di accendere più luci del nessario.
L'eco di quelle vite spezzate non s'era assopito, permanendo nelle stanze che i compagni superstiti avevano dovuto chiudere a chiave, perchè non avevano avuto il coraggio di toccare niente di ciò che vi era rimasto dentro, nelle tende sempre svolte che avevano mormorato col vento la voce di chi non c'era più. L'eco era stato scritto sulla pietra di lapidi attorno alle quali non erano cresciuti fiori.
Aiolia, che naturalmente non sopportava né il silenzio, né l'ombra, né la calma piatta che precede la tempesta, non aveva portato fiori a nessuno.
I cadaveri non li aveva neanche voluti vedere.
Aveva vissuto come uno spettatore esterno quelle ore di veglia, complice anche il fatto che gli altri non gli avevano chiesto di dare una mano, forse rassegnati dal suo sguardo torvo, dal mutismo in cui s'era chiuso.
Deluso da tutto e da tutti il Leone era tornato a rintanarsi nella Quinta, cercando invano di scacciare la visione della fila di teli bianchi insanguinati, degli occhi vacui di Milo, dei petali di rosa ormai secchi che strusciavano inerti sui selciati.
Era stato in quel periodo di tremenda stasi che la morte di Aioros gli era pesata come un macigno, come se quei tredici anni si fossero sommati a formare il sasso che aveva sentito di avere al posto del cuore.
Ed era stato sempre in quel periodo che, proprio come avrebbe potuto fare un sasso, le parole Shura è morto l'avevano schiacciato.
Non si era confidato con nessuno. Come avrebbe potuto? Chi avrebbe potuto capire qualcosa che allora neppure lui poteva capire?
Come comprendere, come spiegare quella sensazione troppo simile alla tristezza profonda del lutto, come spiegare quel sentore di rimpianto, di cose che avrebbero potuto essere e che non erano state...
Come avrebbe mai potuto descrivere l'angoscia, il gelo che lo pervadeva quando, la notte, sognava il volto terreo e sporco di suo fratello morto che si trasformava in quello bagnato di lacrime di Shura di Capricorn?
Si era svegliato da quelle visioni di morte urlando disperato, facendo accorrere al suo capezzale i compagni sgomenti e confusi; tra di loro, forse solo Shaka aveva intuito qualcosa, e per questo qualche volta era rimasto seduto sul suo letto a vegliarlo.
Una volta, qualche notte prima della Guerra, gli aveva stretto una mano nelle sue, senza proferire parola. Aiolia non era riuscito neppure a ringraziarlo.
L'aura che Aioros aveva abbandonato dietro di sé dopo la sua dipartita era tornata ad essere luminosa, quando prima era stata spettrale, ed era rimasta ad avvolgere gli spazi e i cuori: era stata la sua unica consolazione di quel periodo, potersi sedere con la schiena al muro nella Nona e lasciare la mente sgombra per un pò.
Ma anche se quegli istanti in cui gli sembrava che il fratello tornasse ad abbracciarlo, a sussurrargli "finirà presto" e "non ci sarà più dolore", il pensiero di Shura, fisso e doloroso come un pungolo nello sterno, i suoi occhi che lo supplicavano già offuscati dalla nera morte, non avevano smesso di tormentarlo.
Poi era arrivata la Guerra.
Aiolia aveva stupidamente creduto che non si potesse soffrire più di quanto aveva sofferto nei lunghi anni del buio, bambino abbandonato ed umiliato.
La sofferenza dell'Ade non era concepibile alla mente umana durante la vita terrena.
Gli Inferi lo avevano inghiottito, avevano inghiottito ogni sua speranza e tutta la sua luce. Non una singola fiammella era rimasta nel suo animo, non finché Atena era tornata, portando pace, finalmente.
Era stato pronto a morire, pronto a lasciare un mondo dove la gioia era sempre stata un fiore reciso sul nascere. Pronto a lasciare il tradimento, l'ingiustizia, l'oscurità, dove dovevano stare: lontani dal suo cuore.
Ma la vita era tornata, e con essa era tornato tutto il resto: il rifiuto, il risentimento.
Non era stato facile far pace con i compagni, ma Aiolia doveva ammettere a sé stesso di essersi impegnato al meglio da quel punto di vista, così come avevano fatto tutti. Ognuno di loro si era sforzato di comprendere, in quel vorticoso giro di vite spezzate, gli sbagli, le debolezze, le scelte degli altri.
Avevano riconosciuto che alla fine tutti loro avevano scelto non una strada, non una fazione, ma che avevano tutti fatto la stessa scelta: quella di sopravvivere.
E chi più di lui poteva capirlo? Chi più di lui, animale ferito e braccato? Lui e i suoi compagni avevano cercato di reggersi in piedi in tutti i modi, aggrappandosi a qualunque appiglio pur di rimanere se non sani almeno vigili, pronti ai loro posti.
Tra i suoi compagni c'era anche Shura, e a quel punto era venuto il tempo di smettere di negarlo.
Ed era presto arrivato il momento di smetterla di addossargli la colpa di tutto.
Come era stato difficile! Come era stato arduo combattere la seduzione dell'odio, quel nero male che strisciava come un serpente nella notte senza luna.
Vincerlo era stato doloroso come strapparsi la pelle di dosso.
Aveva ripensato ai rimproveri di Aioros e li aveva riconosciuti per quel che erano: appelli disperati di un fratello amorevole al vederlo troppo cambiato, al vederlo schiavo dell'odio.
All'inizio l'aveva fatto per suo fratello, dunque: si era dato una bella calmata per non vederlo più così preoccupato e intristito.
E dopo avergli ricambiato il favore aiutandolo a sbrogliare i suoi, di nodi, Aiolia aveva ripreso in mano la questione di Shura.
Una volta per tutte.
Aveva parlato con Nemea, perchè lei era l'unica con cui poteva confidarsi senza che nessuno lo sapesse. Non era stato pronto, non subito, ad esternare il groviglio di sensazioni contrastanti che gli attanagliava l'anima, e persino il fisico, dalla testa fino allo stomaco, quando pensava al Capricorno.
Cosa che gli era capitata molto spesso dopo la resurrezione, per nulla aiutato dal fatto che Shura aveva ripreso la sua vita in mano e non si nascondeva più, andando avanti nella vita di tutti i giorni con forza inaspettata.
Nemea non aveva usato mezzi termini:
Tu lo cerchi, è inutile che lo neghi, tanto noi vediamo tutto. Ammetti che vuoi qualcosa da lui, che l'hai sempre voluto.
" Cosa mai dovrei ammettere... che abbiamo un conto in sospeso? Che dovremmo cercare di risolverlo? Io non so come parlargli, non so come!" aveva protestato con sconforto crescente.
La sua sorella di ferro celeste non gli aveva lasciato tregua. Lei sapeva, aveva saputo dal principio, e non gli aveva lasciato possibilità di fuga. Non che Aiolia intendesse fuggire, ma si era sentito davvero messo nell'angolo, alla resa dei conti.
Non devi dire altro che ciò che hai nel cuore. Quando mai hai avuto timore di farti sentire? , aveva incalzato ancora lei, con una vena di tenerezza nella voce possente.
Ci aveva pensato per qualche giorno, prima di riaffrontare il discorso con la sua Cloth, dando voce a tutto ciò che più lo intimoriva.
" Se accettasi quello che provo...perderei la mia dignità?"
Oh, bambino testardo... tu hai sempre confuso la dignità con l'orgoglio.
Perchè di essere troppo orgoglioso Aiolia lo sapeva bene, e sapeva che era un difetto non da poco, ma per molto tempo non gli era rimasto che quello, l'orgoglio, quel suo stare a testa alta in ogni circostanza.
Proteggere l'orgoglio, proteggere le sue ferite, proteggere tutto ciò che nel suo animo c'era di buono e resistere.
Proteggere il cuore, ad ogni costo.
La guerra è finita. Perchè indugiare ancora? Và e prendi ciò che è tuo, e tienilo con te.
" É già mio? Può esserlo?"
Si era accoccolato contro la sua bella fatta d'oro, come faceva da bambino.
Perché non dovrebbe?
Forse quel suo cuore l'aveva protetto troppo. Ammirando i giochi di luce con cui il tramonto dipingeva di rosso il suo pavimento, Aiolia s'era convinto che no, da perdere non c'era proprio nulla.
E che sì, era arrivata l'ora di lasciare libero il cuore. Dopotutto, un cuore non si può tenere in una gabbia.
" E sia. Sarà nostro."
Figuriamoci un leone.
"Sarai con me?"
Noi saremo con te sempre. Ma tu sai quello che lui ci ha fatto, e noi non lo possiamo dimenticare. Il sangue non si dimentica.
Era rimasta allora solo una domanda, l'unica alla fin fine che importasse davvero, l'unico quesito che aveva avuto il potere di fermare il sangue nelle sue vene.
Quindi, sei tu a doverlo fare. Tu lo puoi perdonare?
A quella domanda aveva dovuto trovare la risposta, e aveva saputo fin da subito che farlo gli sarebbe costato più dell'orgoglio, più della dignità.
L'aveva capito, come si capiscono il cadere delle foglie e il volgere delle stagioni, che gli sarebbe costato la vita stessa: quella prima vita che era finita ma che era stata sua fino in fondo, e che avrebbe dovuto lasciarsi definitivamente alle spalle.
Shura aveva cercato quel perdono, non ne aveva potuto fare a meno, era stato più forte di lui; l'aveva chiesto in una maniera silenziosa e crudele, per sé stesso e per Aiolia: da bravo cattolico, s'era messo in ginocchio a sussurrargli all'orecchio quella supplica immonda, quella richiesta che entrambi avevano sempre saputo non poteva essere esaudita ...
Nell'Ade non l'aveva voluto ascoltare, ma la sua voce era tornata a cercarlo nella nuova realtà, alla luce del giorno e nei suoi sogni.
Io volevo solo dirti...
Non aveva più potuto cacciarla via, e anche peggio: Aiolia aveva dovuto ammettere che in realtà Shura non aveva più nulla da dirgli.
Che gli aveva già detto tutto, anche senza parlare.
Era lui che non aveva voluto sentire... e CAPIRE.
I suoi occhi s'erano sempre girati contro la sua volontà verso l'altro, spinti da una forza che gli veniva da dentro e a cui era stato difficile dare un nome, a cercare una ragione, a cercare il lui che Shura era veramente.
Ne aveva scorto dei pezzi, col passare dei giorni, in quell'estate troppo ampia come un campo arato che il contadino si trova a dover seminare da solo.
Dietro l'uomo distrutto dalla colpa, dietro il guerriero piegato dal disonore, aveva visto una fiamma ardere, e quella fiamma era piccola ma c'era, c'era, per Atena! L'aveva vista nel modo discreto ma autentico con cui sorrideva agli amici; nel suo parlare pacato, nel suo sforzarsi di scambiare una parola con tutti (ma non con lui!), di lottare contro la reticenza che gli era propria e di ricostruire i legami che s'erano spezzati.
Aveva visto la luce tornare nei suoi occhi, fragile neonata: e s'era chiesto allora se anche nei suoi ci fosse ancora luce, e soprattutto, se Shura avesse il desiderio di vederla.
Un desiderio lui ce l'aveva, eccome se lo aveva: tirare fuori il Capricorno dal buio di cui si ammantava. E non era un desiderio nuovo, perchè ce l'aveva avuto sin da bambino, quando Shura lo guardava ancora, quando questi lo fissava piegando la testa di lato come se non capisse e poi invece sorrideva, cercando invano di nasconderlo.
Quei desideri, quel suo volere verso Shura, l'avevano atterrito. Solo di fronte a queste volontà, aveva avuto paura.
Ma il tempo della paura era finalmente finito. La Dea era tornata, li aveva riconsacrati, tutti loro.
Nella luce, aveva accolto la verità, e accettato ciò che provava. Ed era stato abbastanza fortunato, lui che di certo non era stato baciato spesso dalla buona sorte, da essere ricambiato.
Essere innamorato era come camminare sull'erba alta: morbida, fresca erba di campo, e considerando che prima di arrivare all'amore aveva camminato sulle pietre per anni e anni non era male.
No, non era male proprio per niente.
Era sereno: e sereno si alzò, pronto ad affrontare una nuova tappa in quella vita concessa per misericordia e merito.
I suoi piedi sembrarono volare sulle scale immacolate, nel vento.

(Now my feet won't touch the ground.)



Salve a tutti e buona estate.
Dopo mesi mi rifaccio viva e credetemi, non per mia volontà.
Mi dispiace moltissimo avervi fatto aspettare così tanto per avere questo tanto agognato nuovo capitolo, ma come dicevo non è dipeso da me.
In realtà questo terzo appuntamento era bello pronto ad aprile.
Pensate un pò, prima di Pasqua avreste avuto questo fantastico uovo di cioccolata virtuale tutto da gustare, solo per voi!
E invece anche no.
Proprio quando stavo ultimando le ultime correzioni prima di pubblicare il mio computer di buona marca e nuovo, essendomi stato regalato a luglio 2016, ci tengo a precisarlo per farvi capire l'assurdità della situazione, ha deciso di fare un ripristino improvviso.
Sì, esatto, una di quelle cose che i cari PC fanno senza avvisarti, bloccandoti nel bel mezzo del lavoro.
Quando il figliolo si è riavviato,
dopo quasi mezz'ora di attesa, era tutto perduto: il file del capitolo ce l'ho ancora intatto sul computer... il testo è sparito.
Non ho idea di come sia possibile una cosa simile, e potete immaginare come io abbia provato a recuperare il capitolo in tutti i modi.
Non c'è stato nulla da fare.
Dopo aver pianto come una poppante per due giorni di fila (la buona SherryVernet, che ha provato ad aiutarmi, ve lo può testimoniare) mi sono rassegnata, lentamente, a ricominciare tutto d'accapo.
La sessione d'esami è però arrivata presto e ho dovuto per forza di cose ridurre le mie ore di scrittura creativa a favore di tesine da consegnare e libroni da studiare.
Il caldo non ha dato tregua ( e continua a non darne! T_T) ed essendo io una personcina fragile che già a venti gradi boccheggia sono stata anche male.
Grazie al cielo ho ripreso un pò di ritmo e tempo libero (anche se sto già studiando per l'appello di settembre, che vita grama!) e spero di aver fatto un buon lavoro con questo terzo capitolo.
In esso sono presenti alcune parti del vecchio perduto che ricordavo a memoria, e anche la struttura generale è sostanzialmente la stessa. Ciò che è cambiata molto è la prima parte, che all'origine era più corta e non comprendeva il punto di vista di Aiolia della prima notte con la sua bella capretta, nonchè il dialogo tra i due, che era praticamente completamente differente.
Il resto ha come dicevo somiglianze molto forti con l'originale di aprile, solo credo di averlo ampliato.
Molto ampliato.
Parecchio ampliato.
Ops. X'D
Devo dire di essere abbastanza soddisfatta, fermo restando che voglio comunque migliorarmi ulteriormente. Più che altro sono felice di non essermi scoraggiata e aver ripreso subito in mano il progetto, perchè purtroppo per carattere sono una che tende a farne una tragedia quando qualcosa a cui tengo non va proprio per il verso giusto.
Ma ora bando alle ciance (quanto chiacchero, mamma mia) e largo alle note a pié di pagina:

- I versi di inizio e fine vengono da "Life in technicolor" dei Coldplay. Qualcuno dovrebbe seriamente pensare a fare una statua a questo gruppo, perchè le loro canzoni arrivano giusto in tempo a salvarti quando vuoi impreziosire la tua storia con una citazione musicale e non sai dove cavolo andare a prenderla.

- Non ho scelto il ginepro come albero testimone delle fughe dei due piccioncini per caso: secondo la simbologia dei fiori il ginepro ha il significato di soccorso e protezione, anche per il fatto che la radice greca del nome , "arkéo", significa proprio "respingere il nemico". In un momento in cui la coppia non desidera palesarsi in pubblico e ha appena iniziato a fare i primi passi insieme, direi che è l'ideale. Inoltre leggenda vuole che il ginepro sia stato uno dei legni a cui toccò l'ingrato compito di andare a costruire la croce di Cristo. Della serie allora ditelo che se c'è Shura di mezzo sempre alla religione torniamo!

- Sono abbastanza convinta che i cavalieri di Atena tra di loro usino il greco come lingua franca. Mi sembra logico dato che è la lingua madre della Dea. Anche se è molto poetico pensare che parlino in una lingua mistica che conoscono solo loro, e che non assomiglia a nessuna di quelle che si parlano sul pianeta, direi che la prima ipotesi è più plausibile.

- Le armature d'oro parlano al plurale. Io ho provato a contrattare una tranquilla e di certo più umile prima persona singolare come tutti i comuni mortali, ma loro non ne hanno voluto sapere. Inoltre, come tutte le cose greche che si rispettino, hanno gli epiteti; Leo si fa chiamare Nemea per ovvio legame geografico, e pian piano scopriremo nomi, nomignoli e compagnia cantante di tutte le altre. Diciamo che l'idea di base è che esistendo dai tempi del mito ed essendo state portate da molte generazioni, le armature abbiano conservato man mano un pezzo di tutto ciò che hanno visto e vissuto, e perciò non considerano sè stesse come esseri singoli ma come "insieme" di robe varie.
Sì, sostanzialmente le fanciulle soffrono di sindrome da personalità multipla. Vi lascio solo immaginare in che condizioni sta Gemini.

- Secondo le auguste ed infauste leggi kurumadiane per il funzionamento corretto di Saint Seiya il più giovane dei Gold Saint è Milo. Adesso, io a sentire una cosa del genere mi spiscio dalle risate, perchè va bene che Milo è un pischello, ma andiamo! Ditemi se non sarebbe stato più logico far nascere Aiolia per ultimo. Dai. 'Lia è un gattino, si vede dalla faccia. Eddaie. Ditemi voi se non vi completa tutta la dimensione tragica della Notte degli Inganni mettere Aiolia nel posto del pulcino della nidiata, appunto. Quindi sì, in questa raccolta sgangherata sarà proprio il leoncino a doversi sorbire la sfigata posizione del più giovane. Proprio perchè gli voglio bene, eh...

- Aiolia è nato ad agosto, come tutti ben sappiamo, e io ho sempre immaginato che sia nato di mattina prestissimo. Nei meandri del mio computer esistono già degli abbozzi dell'enorme headcanon che la mia mente ha elaborato sulla famiglia degli Aiobros. Ho grandi progetti su questa parte della storia, e ci sarà in futuro un capitolo apposito. Ci sarà un capitolo anche sulla famiglia di Shura, ma quella storyline è già meno delineata. Ci sono alcuni indizi disseminati in questo capitolo sui genitori dei due grecissimi, ma credo siano molto blandi ed è meglio che non vi ci rompiate la testa, per il momento. Ce ne saranno di più dettagliati in seguito.

- Come avete potuto notare è tornato Milo passione pasticceria ambulante. Il nostro scorpioncello è buon amico del Leone, ma allo stesso tempo uno dei peggiori incubi del povero Capricorno, e per un semplice motivo: Shura si fà prestare i suoi tanto amati libri dal vicino di casa, e non vi devo dire chi occupa il letto del suddetto vicino di casa...e di rimando, anche la sua biblioteca. Ormai Shura si è rassegnato ad usare carte di caramella trovate qua e là tra le pagine come segnalibro.
Nonché alle macchie di zucchero e marmellata sui congiuntivi.

- Torna anche Shaka, seppur per una misera riga e mezzo. Ma a lui basta, fà presenza anche se non parla! Anche questa volta giuro su tutto quello che volete che il Buddha non era in programma e si è infilato lì da solo. Io sono totalmente impotente, che vi devo dire! A questo punto direi che in futuro si potrebbe approfondire la strana amicizia che intercorre tra Aiolia e il suo illuminatissimo vicino di casa, che ne dite? Lo metto nella lista delle (innumerevoli) cose da fare.

- Alzi la mano chi avrebbe voluto essere protagonista delle scappatelle al Pireo insieme ad Aiolia. Su forza, non siate timide! u_u

- L'acqua di colonia mi è sembrata, francamente, l'unico profumo che fosse adatto a Shura. Leggendo un pò in giro ho scoperto che è un composto antichissimo di cui ancora oggi i mastri distillatori sono restii a rivelare la ricetta. In generale si può dire che è un composto di oli eterici in etanolo diluito a cui si aggiungono, pensate un pò, fino a trenta fragranze diverse, dai fiori agli agrumi fino ai legni.

Io adesso vorrei esprimere i miei pensieri su lui, sì proprio lui, Aiolia di Leo, signore del pugno sul grugno, padrone incontrastato dei cuori di tante fangirl, viziatissimo micio di casa.
Partiamo da un concetto fondamentale: Aiolia è l'amore.
Io quando ero bambina e guardavo la serie in televisione (bei tempi!) non potevo vedere quasi nessuno dei personaggi: mi stavano proprio antipatici quasi tutti! Lasciando perdere come nel corso degli anni abbia cambiato idea, Aiolia era uno dei pochi che si salvava.
Primo perchè mi piacevano i suoi capelli: motivo ridicolo, lo so, ma tutta quella gente strana con certi capelli da Barbie nella foresta incantata non mi convinceva granché.
Penso che il mio rifiuto per questa cosa delle chiome fluenti sia arrivato al culmine con Shaka. Shaka che mi picchia Ikki (il MIO Ikki!), facendo turbinare in una maniera improbabile quella massa di capelli biondissimi e luccicosissimi, é stata proprio la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Ma Aiolia NO: Aiolia aveva i capelli corti e di un biondo tutto sommato molto normale, e a me quindi piaceva.
Secondo, già dalle prime scene lo capisci subito che Aiolia è buono: Aiolia è la classica persona che nel gergo nostrano viene definita "pezzo di pane".
Cioè, parliamo un attimo di come nonostante debba sottostare agli ordini di Arles riesca comunque a non perderci la faccia. Sta sul culo a tutti quanti per svariati motivi e non gliene frega una cippa. Chiunque abbia un minimo di buon senso capisce che Aiolia non è marcio come tutto ciò che lo circonda. Almeno, a me dava quest'impressione.
Terzo: AIOROS. Fiumi di parole tra noi su quest'uomo.
Aiolia ferma il pugno diretto ad Atena per lui, piange per lui, tira avanti nel suo ricordo: la maniera in cui si scioglie quando 'Ros gli parla dalla nuvoletta splendente basta ed avanza per commuovere pure le pietre! E poi, qualunque bambino cresciuto negli anni novanta non avrebbe potuto fare a meno di collegare la scena con il "ricordati chi sei!" del Re Leone.
Regà, io sono una Grifondoro: non potevo deludere Mufasa, essù!
Insomma, l'affetto che io provo per il leoncino è immenso, complice anche un fratello Leone nella vita reale.
L'unico problema che ho con Aiolia è che il micio di casa è logorroico.
Parecchio logorroico.
Aiolia di cose da dire ne ha parecchie, e a ragione, non lo biasimo di certo, con la vitaccia che ha fatto. Ma quando ci sono cose importanti da dire, le cose sono due: o tende a straparlare e fare un casino, o si lascia prendere dalla confusione (e dallo sconforto a volte!) e non sa come dirle.
Abbiamo già detto come Aiolia tenda a buttarsi a capofitto nelle cose senza perdere tempo in chiacchere, ma quello dell'amore è un terreno sconosciuto: seppur predatore, non se la sente di partire subito all'attacco e preferisce tastare il terreno a piccoli passi.
Con Shura chiaramente la cosa è moltiplicata per mille, e quindi i loro dialoghi, almeno in questa fase iniziale della loro relazione, li vedo sempre un pò cauti e incerti. Ma tranquilli, miglioreranno col passar del tempo.
Intanto però le pippe mentali se le beccano tutti e due. Perchè, come ho già detto, io sono buona.
Ciò che mi premeva esprimere in questo capitolo era la loro ferma risolutezza a lasciarsi il passato alle spalle e guardare al loro futuro insieme, e questo è certamente il più grande desiderio di entrambi: Shura non può fare altro che andar dietro al suo innamorato, totalmente preso ed affascinato dalla sua forza d'animo.
Non mi dilungo oltre e vi lascio recensire, sperando di rivederci al più presto. Grazie ancora a tutti quelli che hanno lasciato e lasceranno un pensiero!


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Capitolo 4
*** Sul fulgore e sulla tenebra ***


Sul fulgore e sulla tenebra
 
 
“Allora, Capricorn. Come ti va la vita?”
Di tutte le cose che Shura vuole fare questo pomeriggio, chiacchierare con Kanon di Gemini non è decisamente una di queste.
Non che la cosa sia spiacevole o problematica in generale (forse), ma al momento, e per molti anni ancora si spera, lo spagnolo si trova in una situazione più che vulnerabile: quella del fidanzato dell’amico piccolo.
Kanon non gli ha rivolto chissà quali attenzioni fino ad ora; il gemello terribile ha occupato gran parte dell’ultimo mese a prendere in giro il sopracitato amico insieme all’altrettanto terribile Scorpio, forti entrambi dell’affetto che il Leone porta loro.
Insomma, fino a questo momento Shura è stato risparmiato delle classiche minacce che si abbattono su chi osa impalmare il pulcino della nidiata.
E davvero, dopo aver superato lo scoglio rappresentato da Aioros, che anzi dall’alto della sua santità sorride benevolo ad ogni tenerezza che scambia con il suo león, il Decimo Guardiano ha pensato davvero di esser riuscito a chiudere tutti i conti.
“Magnifica, non è vero? Tutta questa grecità.”
Con ogni evidenza, Shura di Capricorn ha commesso un grande sbaglio.
Lungi dal fuggire dalle sue responsabilità, lo spagnolo fa dunque buon viso a cattivo gioco (tecnica che, ahimé, con gli anni ha affinato più che bene) e fa accomodare accanto a sé colui che si prospetta essere il suo carnefice, spostandosi sullo scalino dell’Arena quel tanto che basta affinché egli si sieda.
Kanon si stravacca senza un minimo di eleganza.
“Dicevo,” riprende scuotendo i capelli troppo lunghi e troppo sporchi di terra “non deve essere tanto facile per te.”  
Ora, Shura potrebbe fare il vago; non è chissà quale Cicerone, non ha la capacità dialettica di Camus dell’Acquario, per dirne uno tra i tanti, ma anche lui ha i suoi modi di sviare da discorsi che non gli piacciono. Peccato però che Shura sia una testa cornuta e, si sa, queste tendono ad essere molto dure.
Se Kanon vuole passare il prossimo quarto d’ora a sbatterci contro, insistendo su chissà quale punto, è il benvenuto.
“Non vedo cosa ci sia di non facile, Gemini.”
Kanon sorride. Non è certo un sorriso amichevole, anche se è ben mascherato, ma l’indole a dir poco malandrina del gemello minore è cosa a cui tutti, bene o male, si sono abituati. Shura non ne ha di certo timore.
“Oh, tutto può essere non facile, diciamo … ma il più delle volte ci siamo avvezzi, no? Il disonore, la morte. Cosa ci può smuovere, a questo punto? Ma ci sono ancora certe … questioni che sanno spiazzarci, quando capita, non credi?”
Kanon sembra serissimo, e la sua capacità di cambiare il tono a quella che all’inizio era una chiacchierata tra compagni d’arme certo spiazza il Capricorno, anche se questi fa di tutto per non darlo a vedere.
Cosa non facile, quando Kanon gli si sta appiccicato addosso, soffiandogli nell’orecchio.
“Prendiamo ad esempio la questione … dell’avere un amante bello come il sole.”
Shura non può trattenersi dal sussultare: Kanon non sta più puntando l’attenzione su lui, ma su Aiolia.
Aiolia che, ignaro dell’assurda conversazione che si snoda sopra la sua testa, sta riposandosi un attimo dall’allenamento, giù nel perimetro dell’Arena.
Stiracchiandosi come un gatto (oh, quale ironia!), scuotendo i ricci color del grano dalla polvere.
Con addosso solo un paio di calzoni sdruciti e pure troppo larghi.
Shura deglutisce rumorosamente.
“Guardalo, il diletto figlio di Argo, sembra che abbia rubato l’oro ad Apollo stesso … mai visto tanto fulgore.”
Che Aiolia sia fulgido Shura lo sa benissimo: fin da quando era bambino il suo sorriso ha illuminato le stanze dei loro templi; dove passava il piccolo Leone seguiva il sole, e questa era una cosa che persino la morte di Aioros e i tredici anni di buio ch’erano seguiti non avevano cancellato del tutto.
Quel sorriso si era trasformato in fauci spalancate e ruggito di rabbia, e Shura come altri ne avevano fatto le spese.
Dopotutto era stato Aiolia, fedele alla sua indole, a quella luce che non lo aveva mai abbandonato, a tornare al Santuario con la promessa dell’arrivo della Dea; quello era stato l’inizio della fine dell’usurpatore, e il ritorno del giorno in un luogo piombato in una notte senza onore.
Il Capricorno a volte pensa di non esser degno di quello splendore che Aiolia si porta dietro e che elargisce a lui in misura maggiore, ma la belva di Nemea così ha deciso.
Che può fare un essere diviso come lui, un animale metà a terra e metà nei flutti, sempre in lotta con sé stesso, se non piegarsi davanti a tale bagliore?
Sarà questo l’obiettivo di Kanon: istigare i dubbi che da sempre lo rodono come fa il mare con la roccia. D’altronde, se la natura del suo uomo è di essere sole, quella del gemello minore è di essere ombra, perché anche tra i suoi pari Kanon, se vuole, diventa fumo sugli occhi.
Lasciamolo fare, vediamo quali trame tesse il grande ingannatore, pensa Shura mentre rimane all’apparenza impassibile, come gli riesce meglio.
“Splende più del vetro dei migliori mastri, ma non è altrettanto fragile, anzi…forte come l’acciaio. Scommetto che non è roba da poco, rivoltarlo tra le coltri.” continua il Gemini, scomposto sulla pietra, anche lui vestito solo della tunica azzurra con cui i compagni hanno imparato ad identificarlo.
In quanto a beltà anche lui non scherza, e l’essere il gemello del bel Saga, che fascino ne ha sempre avuto, non aiuta di certo; ma se il Gran Sacerdote ora redento ha riacquistato molto della grazia che aveva da ragazzo, quella di Saga il giusto e gentile, Kanon è rimasto come appare: brigante tra i mondi, con l’aspetto del pirata per cui le brave ragazze si vergognano di sospirare.
Una calamita per le relazioni pericolose, e a quanto pare anche per le conversazioni di detta natura.
“Non sono avvezzo a condividere dettagli scabrosi, Gemini, e neppure Aiolia se è per questo. Se sei già certo, inoltre, perché chiedermi a riguardo?” chiede Shura, che a questo punto ha compreso che l’attacco, col suo interlocutore, è la miglior difesa. Non gli permetterà di sfruttare il pudore che lo contraddistingue, a costo di sembrare un bigotto.
Una vocina nella sua testa che sembra tanto quella di Aphrodite ride divertita alla sola idea.
“Oh no, no, è solo che mi domando se tanto caro bene non ti infastidisca, messo così alla vista di tutti.”
Ecco.
Ecco cosa vuole, il loro fidato Ambasciatore tanto talentuoso coi suoi discorsi, e Shura deve ammettere a sé stesso che cascarci sarebbe così facile…
Aiolia è ancora in piedi al limitare dell’Arena, e sta evidentemente aspettando, i nervi tesi, un segno che qualcuno tra i presenti voglia duellare con lui; ci sarebbe da scommettere sul Cancro, sempre pronto a menare le mani soprattutto col Leone, ma anche Scorpio potrebbe essere un valido avversario, se ‘Lia dovesse scegliere quelli con cui ha più dimestichezza. Anche un Ariete però, saldo nei suoi metalli, ma come questi malleabili al giusto fuoco, potrebbe raccogliere la sfida. Chissà che addirittura Virgo, accettando di disturbare appena la sua ieraticità, non si azzuffi un po’ col vicino di tempio, tanto per sgranchire le gambe dal suo Loto sacro.
Chiunque sarà non si annoierà di certo, a giudicare dai pugni già chiusi di Leo, pronto a scattare ad un minimo movimento di pulviscolo.
L’aggettivo -potente- non basta a descriverlo: è fiero, vigoroso, magnifico. Un Cavaliere di quelli dei racconti, un guerriero che Atena non può che essere orgogliosa di avere tra le sue file, e infatti non è sorprendente che la fanciulla, quando è in visita, si lasci abbracciare da lui come farebbe una sorella piccola col fratello tanto più alto.
Fa paura da quanto è bello.
Gli fa ribollire il sangue nelle vene anche dopo mesi di relazione. Gemini, che aspetta convinto la sua reazione, non si rende minimamente conto; parla di lenzuola, di gelosia, ma non ha idea…
La passione che c’è tra lui e Aiolia non è una fiammella che si perde nell’aria appena arriva l’alba. Non basta di certo il soffio di un parigrado in vena di metter pulci nelle orecchie per spegnerla.
“Il fastidio si sopporta. Ti domando però, di rimando, se non sia tu ad essere indispettito…dopotutto, tanto fulgore si è volto anche alla tua eisò, se non erro.”
A Shura di Capricorn essere crudele non piace.
Nella vita precedente è stato costretto a vivere circondato da crudeltà: l’ha tacitamente accettata, credendo fosse l’unica strada percorribile, l’unica scelta rimasta, ma non l’ha mai venerata, no, non come altri tra i Cavalieri; rimarcare l’invidia fraterna che esiste ed esisterà sempre tra i loro gemelli È crudele, lo sa bene, è un colpo tra i più bassi esistenti, perché il rapporto tra Saga e Kanon è ancora qualcosa intorno a cui tutti loro camminano in punta di piedi, chi aspettando l’ennesima esplosione, chi osservando curioso, chi vigilando speranzoso. Proprio Aioros è colui che vigila, con la sua discrezione, ma l’affetto che prova per il gemello maggiore è palese anche senza esser stato mai reso pubblico. Ribadirlo a Kanon, che non deve aver preso benissimo (esattamente come Aiolia, ma è già altro discorso) l’unione tanto sofferta tra la sua metà e il Santo per eccellenza, è colpirlo dove ancora sanguina.
Infatti il Terzo Guardiano lo guarda con occhi fermi, ma cattivi; muove appena un angolo della mascella, un secondo che ad un occhio meno attento di certo sfuggirebbe. Come detto, i Capricorni hanno fama d’esser duri, e il greco ha appena assaggiato quanto possono esserlo.
Roba che mangiare sassi sarebbe più piacevole.
Shura capisce di averla spuntata quando Kanon, abbandonata l’espressione irata, si alza per tendere le braccia fasciate. Non ha perso, no: si è solo reso conto che da questo scambio non trarrà né vantaggio né divertimento, quindi meglio cercare qualcun altro da tartassare; può darsi che tornerà proprio dal Leone, preda facile vista la facilità con cui si scalda.
“Devo ammetterlo, Capricorn: sei un buon calcolatore.” concede Gemini, senza più guardarlo, puntando invece gli occhi aldilà dell’Arena, verso il mare, “Non dovrei stupirmi, visto chi ha servito il tuo braccio. Non ti offendi, vero?”
“Ci mancherebbe.” replica Shura, che ormai col passato ha fatto e pagato i conti, cosa che Kanon è meglio capisca ora che sono arrivati al punto.
“Ah, Santi di Atena…non ci smuove proprio nulla.”
Così com’è arrivato se ne va, sventolando la mano con apparente noncuranza.
Shura rilascia un lungo respiro, sentendosi al sicuro, e ancora di più quando Aiolia lo raggiunge e lo bacia, sudato e bisognoso di un bagno.
Non che gli dispiaccia: non ha impegni per la sera.
“Niente scazzottata giornaliera con DeathMask? Strano.” lo prende in giro bonariamente. Leo lo guarda sfrontato, anche se le mani sui suoi polsi sono gentili.
“Il tuo migliore amico parla e parla, ma sai meglio di me che è tutta scena. Che vi siete detti con Kanon, piuttosto?”
Il Decimo Guardiano per poco non scoppia a ridere: della possessività in amore di certo i Leoni ne sanno qualcosa.
“Chiacchere da Santuario…ma se proprio sei curioso, puoi seguirmi alle Terme.” propone, e il riscontro non si fa attendere: si ritrova in piedi, un braccio avvinghiato attorno alla vita, stretto, il fiato della belva di Argo sul viso.
“Seguo volentieri l’Amaltea dorata…in genere, mi porta sempre in bei posti.”
L’indomani, quando si svegliarà con il peso del suo uomo addosso, Shura ripenserà alle parole di Kanon: al fulgore e alla tenebra, e a quanto è facile tagliare anche solo con una parola. Si pentirà, come fa sempre, di aver ferito, ora che sono in tempo di pace.
Spererà che quella pace entri nella zucca dura di Gemini, sempre in guerra col mondo.
Perché il loro fratello più tormentato possa assaporare la luce per cui tanto hanno penato.
 
Angolino dell’autrice:
 
Salve! Lascio qui questa one shot come prova del mio rinnovato amore per Saint Seiya.
Che vi devo dire, a volte ritornano!
Questa piccola storia dovrebbe collocarsi nell’universo di LSNC. Dico dovrebbe perché ovviamente non ricordo benissimo i dettagli avendo lasciato incompiuto il progetto anni fa.
Ho intenzione di lasciare LSNC “aperta” per raccogliere one shot varie ed eventuali sui Goldies, non necessariamente quindi con protagonisti diretti Shura e Aiolia.
Non prometto nulla perché la mia vita al momento è…non proprio una giostra, ecco.
Ringrazio chiunque lascerà un pensiero e mi scuso per l’HTML, non ho più né NVU né Kompozer perché non mi sono mai trovata bene.
Ho usato l’editor di EFP ma francamente non so come uscirà.
Un saluto!
 

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