Mirror

di vivienne_90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 16 ***
Capitolo 18: *** 17 ***
Capitolo 19: *** 18 ***
Capitolo 20: *** 19 ***
Capitolo 21: *** 20 ***
Capitolo 22: *** 21 ***
Capitolo 23: *** 22 ***
Capitolo 24: *** 23 ***
Capitolo 25: *** 24 ***
Capitolo 26: *** 25 ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***
Capitolo 28: *** Mirror ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.

 

Eccoci qui, si comincia! Alcune precisazioni e poi vi lascio alla vostra lettura.
La fic non segue esattamente la trama originale, quindi troverete delle differenze, detto questo vi raccomando di leggere le note alla fine del prologo, dove spiegherò con più precisione come si svolgerà questa long, ora vi lascio e buona lettura <3


 


 



 

Sparire significa che laltro non può trovarti

Fabio Volo

 

Era esattamente quello che aveva fatto. Era sparito. Non aveva lasciato nemmeno la più piccola traccia dietro di sé.
L'aereo sul quale viaggiava iniziò a muoversi e pronta, scattante, la mano dell'accompagnatore afferrò la sua stringendola, forte. Troppo forte. 
«Kagami-kun, se hai così paura di volare si può sapere perché hai deciso di accompagnarmi?».
La mano grande e ruvida non accennò a mollare la presa, anzi, se possibile strinse ancora di più, «P-perché è il tuo primo lavoro importante, poi sono mesi ormai che Tatsuya mi chiede di andare a trovarlo.».
Kuroko iniziava a non sentirsi più le dita, chiaro segno che fosse giunto il momento di fare qualcosa in proposito — «E come mai? È successo qualcosa per caso?», la mano chiara iniziò a divincolarsi finché non riuscì, finalmente, a liberarsi dalla morsa.
«N-no, niente del genere, è solo che... Visto che stiamo insieme da un po' di tempo vorrebbe conoscerti e vorrebbe anche presentarmi il suo fidanzato. N-non lo trovi strano?».
Senza prestare particolare attenzione, il ragazzo dai capelli color cielo iniziò a massaggiarsi il polso per fargli riprendere il giusto colorito, «Cosa sarebbe ‘strano’, Kagami-kun?».
«Che il mio ex fidanzato voglia conoscerti e che voglia — Ah, lasciamo perdere, con te sarebbe una patita persa, però parlando con Tatsuya mi sono reso conto di una cosa.».
Gli occhi chiari spostarono la loro attenzione dal polso e, fingendosi sorpresi, si posarono sull'uomo seduto vicino a lui, «Questo è insolito da parte tua, Kagami-kun.».
Con un sorriso divertito guardò la faccia del compagno attraversare varie fasi, dallo stupito, all'offeso, fino ad arrivare all'arrabbiato. Giunto a quel punto avrebbe iniziato a sbraitare parole sconnesse e senza senso; meglio interromperlo prima, l'idea di creare una scenata non lo attirava per niente — «Ricordati che siamo in un aereo, Kagami-kun. Controllati per favore.».
La strategia parve funzionare, perché quello che doveva essere un fiume di insulti, si trasformò in un sonoro ed innocuo sbuffo, carico di frustrazione.
«Tornando al tuo discorso, di cosa ti saresti accorto?» — Lo vide affossarsi ancora di più nel sedile e incrociare energicamente le braccia al petto, chiaro segno che stesse cercando di sfogarsi in qualche modo. Senza riuscirci.

«Niente! — Ho solo realizzato che in realtà non mi hai mai raccontato dei tuoi ex fidanzati, mi hai solo detto di averne avuto uno, niente di più.».


Due ragazzi avvolti nelle loro divise scolastiche si godevano il sole estivo sul tetto della scuola, rilassati mangiavano il bentou che si erano portati da casa. Il più alto poggiava la schiena al muro e accoglieva il fidanzato tra le sue gambe, dandogli la possibilità di posarsi sul suo petto.
Mangiare insieme, in quella posizione, era diventato un rituale ormai e anche la piccola discussione in atto, se così la si poteva chiamare, non era niente di nuovo.

«Temo che — ».
«Sei-kun, non parlerai con mia madre, non riguardo la mia alimentazione.».
«Tetsuya.».

Ignorando il tono autoritario con cui aveva pronunciato il suo nome, il più piccolo piegò la testa all'indietro e portò la mano libera dietro al collo dall'altro costringendolo ad abbassarsi, facendo così unire le labbra in un bacio delicato.

«Tu dici? — Io sono abbastanza sicuro che ».
«Rassegnati Sei-kun.».

In risposta ricevette semplicemente un sorriso appena accennato, non prometteva nulla di buono.


«Non te ne ho mai parlato perché non c'è molto da dire su di lui. Tutto qui.».
«Oi! Come sarebbe a — ».

Ad interrompere la sfuriata questa volta ci pensò l'altoparlante, dove una voce femminile forniva le classiche informazioni prima del decollo; le hostess iniziarono a spiegare come mettere il salvagente, dove si trovasse l'ossigeno e a mostrare le varie uscite di sicurezza, ricevendo la totale attenzione del compagno.
Per un attimo Kuroko pensò che avrebbe tirato fuori un foglio per prendere appunti. Sorrise ironicamente; davvero, se aveva così tanta paura di volare perché si era offerto di accompagnarlo? — In verità gli era grato, ringraziò mentalmente Kagami per essere lì con lui, perché anche Tetsuya in quel momento aveva paura.
No, non era l'aereo il suo problema. Se fosse precipitato, al 99,9% sarebbero morti. Era un ragionamento facile da fare, automatico, forse era questo che spaventava così tanto la gente; una volta scesi a terra, finalmente salvi, avrebbe sentito alcuni passeggeri tirare sospiri di sollievo, il suo compagno si sarebbe letteralmente fiondato fuori dal velivolo, mentre l'azzurro avrebbe affrontato i fantasmi del proprio passato. Ecco la sua paura.
Guardando fuori dal piccolo oblò fece un rapido calcolo, erano passati otto anni dalla sua fuga improvvisata e ben riuscita. In otto anni erano successe tante cose.
Kuroko aveva deciso di concentrarsi sullo studio, tutto pur di non non pensare alla vita che si era lasciato alle spalle; non frequentò l'università, bensì decise di intraprendere un'altra via, grazie al corso di formazione e al suo talento, diventò un abile designer di gioielli, proprio come sua madre.
Otto anni spesi cercando di dimenticare ogni cosa.
Quando conobbe Kagami pensò che avrebbe potuto farcela, lo trovava un ragazzo interessante, era diverso da lui. Era quello che cercava, una persona che non glielo ricordasse in alcun modo. 
C'era voluto del tempo per far sì che il rapporto di amicizia si evolvesse, eppure, nonostante fossero quasi tre anni di relazione, niente era cambiato. Ormai ventisettenne, stava facendo ritorno nello stesso paese da cui era scappato, nella stessa città dove era nato e cresciuto, dove aveva amato profondamente — La città dove lui viveva.

Sentì l'aereo accelerare e la mano di Kagami tornare a stringere la sua, più salivano, più la stretta si rafforzava.
Kagami si decise a mollare la presa solo quando vide la spia della cintura di sicurezza spegnersi, indicando ai passeggeri di poterla slacciare — «Oi Kuroko, tutto bene?».
Solo il pensiero di tornare a Tōkyō lo faceva stare male — «Sì, sono in perfetta forma Kagami-kun.».
«Sicuro? Hai una faccia... Se vuoi chiamo una delle hostess.».
L'azzurro respirò profondamente, doveva calmarsi, infondo Seijuurou poteva anche essersi trasferito e se così non fosse stato, Tōkyō era pur sempre una metropoli, sempre in movimento per di più, caotica. Non doveva permettere all'ansia di prevalere sul meglio di sé.

Distrattamente riprese a guardare fuori dall'oblò, ora, al posto della pista grigia, poteva ammirare il bellissimo cielo stellato di Los Angeles — «No grazie, davvero sto bene.».


La porta che dava sul tetto dell'istituto venne aperta energicamente, nonostante tutto i due non si mossero dalla loro posizione e aspettarono che gli altri facessero il loro ingresso.
Il ragazzo dai capelli azzurri ignorò il piccolo caos, troppo impegnato a studiare il sorriso sghembo che finiva sempre per ipnotizzarlo.
Le labbra che aveva tirato a sé poco prima, si chinarono nuovamente sulle sue, per poi spostarsi sul suo orecchio, «No, non intendo arrendermi, Tetsuya.».


 

Non riusciresti a nasconderti da me neppure in una folla di milioni di personeti troverò sempre

Sylvia Day



 

 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u
 

Eccomi qui di nuovo dopo.... Anni, ma questi sono dettagli!

La long è ufficialmente iniziata e che dire, aiuto, è la prima volta che scrivo una long su questo fandom, specialmente sulla mia adorata OTP che spero di non aver rovinato... no dai non l'ho fatto, spero. Mi scuso per eventuali errori di battitura, vi giuro che ho letto tutto almeno un milione di volte. Spero che il prologo vi sia piaciuto, se vi va lasciate una recensione <3

Questa long è di ventisette capitoli in tutto se non erro, e sono felice di annunciarvi che è completa, tutti e ventisette i capitoli sono al sicuro nel mio pc perciò verrà aggiornata regolarmente, due giorni a settimana: il lunedì e il mercoledì – eccezionalmente domani troverete il primo capitolo vero e proprio, bel regalo no? ;)

Comunque che altro dire? Kuroko e Kagami stanno tornando a Tōkyō, ognuno con le proprie preoccupazioni, chi l'aereo e chi una determinata persona, inizia tutto così...

 

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Capitolo 2
*** 1 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.



 

Una danza.
Era così che amava definire quello spettacolo. Una danza che non si sarebbe mai stancato di vedere e di sentire, con tutti i suoi sensi.
Ascoltava i suoni. Odorava i profumi. Con le mani toccava la pelle sudata e accaldata, incredibilmente morbida, delicata. Infine c'erano gli occhi, sempre ben aperti.
Le iridi eterocrome, rosso acceso e oro fuso, non si lasciavano sfuggire nemmeno il più piccolo movimento. Non se lo potevano permettere.
La sua stanza, sempre ordinata, dove ogni oggetto trovava il suo posto specifico, ora era un totale disastro, o forse ad essere disastrata era la sua mente E quel tumulto di sensazioni, quella confusione interiore, il caos che non gli permetteva di essere lucido, aveva un cognome e un nome. Kuroko Tetsuya.
Nonostante stessero insieme da sei anni, mese più mese meno, Seijuurou ancora non si era abituato a vederlo così e molto probabilmente, con sua immensa gioia, non si sarebbe mai assuefattoNon si sarebbe mai stancato, anzi sentiva di volerne sempre di più. Non gli sarebbe mai bastato.
Tetsuya, nudo sopra di lui, lo cavalcava. Si agitava. Eccitato, esprimeva tutta la sua sensualità. Ballava.
Il suono della loro pelle che veniva in contatto, più o meno bruscamente, era la base sulla quale si esibiva. Il corpo di Seijuurou, il suo palcoscenico.
Era una danza scoordinata. Il quasi diciannovenne dai capelli azzurri, ondeggiava su di lui, si alzava e si abbassava, respingendolo e accogliendolo di nuovo. Cambiava il ritmo, prima piano, poi sempre più veloce.
Quando le mani si serrarono sui suoi avambracci, l'altro capì che era riuscito a trovare il punto tanto sensibile. Aveva inizio così la sua parte preferita.
Ogni volta che il suo amante scendeva su di lui, gli andava incontro con il bacino, oppure con le mani lo tratteneva giù più del necessario, aumentando la pressione.
Continuò a guardare la bellissima danza che stava per giungere al termine. Lo capiva da come veniva pronunciato il suo nome, disperatamente, una supplica spezzata dal piacere: chiedeva di più, chiedeva di non fermarsi, di andare più veloce.
Era divertente vedere come il suo fidanzato, così esageratamente composto, in quei momenti si trasformasse in un'altra persona.
Tetsuya spesso e volentieri prendeva l'iniziativa. Tetsuya non diceva mai no’.
Stanco di stare sdraiato, si tirò su a sedere costringendo l'amante ad abbracciare i suoi fianchi con le gambe, eppure questo non lo fermò dal proseguire la sua esibizione.
Dalle labbra leggermente gonfie, per colpa dei baci e dei morsi, scappavano lascivi mugugni di apprezzamento. Le braccia lo stringevano forte per far aderire i loro corpi ancora di più, come se in quei momenti volesse fondersi totalmente con lui. Diventare un'unica persona.

«Seijuurou — ».
«Tetsuya. Insieme.».

E quando l'azzurro buttò la testa all'indietro, non potendo più trattenere il piacere che provava, per Seijuurou fu naturale seguirlo. Raggiungerlo.


«Sei! Sei... p-piano — ».

No, quella non era la sua voce. Tetsuya non avrebbe mai detto una cosa del genere. Incurante continuò a spingersi in lui, portando entrambi oltre la soglia del piacere.
Non aveva importanza il fatto che non fossero riusciti ad aprire quella porta insieme. Non per Seijuurou.
Quando i respiri tornarono regolari, due braccia lo avvolsero teneramente e le labbra si avvicinarono al suo orecchio mormorando un timido ‘Ti amo’.
Fu un sussurro delicato, pieno di sentimenti, una dichiarazione a cui Seijuurou non rispose.

In quattro anni di relazione, non l'aveva mai fatto. Nemmeno una volta.
 

*
 

Distretto di Minato, uno dei ventitré quartieri speciali di Tōkyō, famoso per i suoi grattacieli prestigiosi che ospitavano altrettanti prestigiosi lavoratori.
Quel quartiere aveva visto tanti uomini darsi battaglia per salire di grado, per premere l'ultimo pulsante dell'ascensore, poi c'era chi lo premeva sin da quando era bambino C'era chi, a soli ventisette anni, era già Dirigente Amministrativo.
No, nonostante tutto non era stato facile arrivare fin lì; come unico figlio di un'importante famiglia, Akashi Seijuurou aveva sempre saputo quale sarebbe stato il suo posto. Fin da bambino sapeva che si sarebbe dovuto comportare in un certo modo, non poteva uscire dagli schemi. ‘Sbagliare’, non rientrava nel suo vocabolario, un verbo che non era necessario imparare.
Ricordava bene la pressione, le discussioni con suo padre, comunque in quei momenti, quando si sentiva andare in pezzi, c'era sempre una persona a sostenerlo, a liberarlo da tutte le aspettative. La stessa, che anni prima l'aveva lasciato senza nemmeno una spiegazione.
Dalle vetrate del suo ufficio osservava il cielo limpido e azzurro che non smetteva di parlargli di lui e di notte lo trovava ancor più affascinante. Spesso si tratteneva oltre l'orario lavorativo, solo per poter ammirare quella vista, per ricordarsi di come fosse bello, perfetto, stare con lui Basta. Era il momento di iniziare la giornata.
Chiudendo la mente a pensieri poco graditi, tornò alla sua scrivania, «Per quanto tempo ancora pensi di stare sulla porta senza dire niente?».
«Buondì, Sei-chan ~ eri così concentrato che non volevo disturbarti. Questi sono da firmare ~ ».
Gli occhi imperturbabili, forse leggermente irritati, dedicarono tutta la loro attenzione ai documenti che il suo segretario aveva posato sul tavolo di vetro pregiato.
Prese il primo foglio e dopo aver dato una lettura veloce, per controllare che fosse tutto in ordine, tirò fuori la Montblanc dalla tasca interna del completo e firmò.

«Ne Sei-chan ~ a cosa stavi pensando?».
Leggere. Controllare. Firmare.
«A niente in particolare.».
Leggere. Controllare. Firmare.
«Sicuramente doveva trattarsi di bei ricordi ~ ».
Leggere. Controllare. Zittire Reo — «Pessimi.» — Firmare.

E Reo rimase in silenzio ad osservare la mano elegante che, rapida, firmava un foglio dopo l'altro.
Si erano conosciuti ai tempi dell'università e nonostante entrambi avessero finito gli studi da diversi anni, non aveva perso l'abitudine di aggiungere quel suffisso onorifico al suo nome. A dire il vero, solo pensare all'idea che il suo kōhai, adesso fosse il suo Capo, lo faceva sorridere ogni volta.
Per qualcuno la situazione avrebbe potuto definirsi ‘imbarazzante’, ma non per il segretario; era grato a ‘Sei-chan’, nonostante quel suo modo di fare assolutista, sapeva quanto fosse gentile in realtà, perché quando si trovò nei guai, in un brutto periodo della sua vita, e chiese aiuto al vecchio compagno di studi, ‘Sei-chan’ l'aveva assunto senza fare troppe domande, poco importava se si trattasse solo di un lavoro di segreteria.

«Reo sei pregato di non distrarti.».
Sentendo la voce autoritaria del suo superiore, alzò gli occhi e notò il braccio teso, pronto a restituirgli i documenti firmati, «Scusa Sei-chan ~ stavo pensando all'università.».
«Preferirei di gran lunga sapere il programma di oggi.».
In realtà sapeva alla perfezione cosa avrebbe riservato quella giornata, solo che conosceva il suo assistente, se non l'avesse frenato avrebbe iniziato a vaneggiare e Seijuurou non aveva bisogno di questo: aveva bisogno di concentrarsi, non voleva pensare.
Per riuscire nel suo intento, il giovane Dirigente Amministrativo, partecipò alle riunioni, si trattenne a parlare di più con i clienti, s'impegnò a risolvere problemi che non erano nemmeno di sua competenza.
Ignorò completamente i fastidiosi ‘Sei-chan, ti senti bene?’ e continuò a trascinarsi dietro un Mibuchi Reo sempre più stupito — Non aveva importanza, tutto pur di non fermarsi, eppure qualcosa non era andato secondo i suoi calcoli, perché ora si trovava di nuovo davanti a quella vetrata. Indifeso.
La sua mente era aperta, vulnerabile. Non gli piaceva sentirsi così esposto.
Era da tanto che non pensava a Tetsuya e sognare un ricordo tanto intimo non aiutava. Non mentre era impegnato. Non nel momento in cui stava cercando di soddisfare il desiderio del proprio compagno.
Non voleva che il passato prevalesse sul presente. Voleva che quel cielo azzurro si annuvolasse, una volta per tutte.
Stanco, si lasciò cadere sul divano che arredava il suo ufficio, elegante e minimalista, chiuse gli occhi e con la mano iniziò a percorrere il bracciale in oro bianco da cui non si separava mai. L'unico ricordo che si era concesso di tenere.
Perché se ne era andato così? Perché? — Non un biglietto. Nessuna spiegazione. Tetsuya era semplicemente scomparso dalla sua vita, come se non fossero mai stati insieme.
Il bussare leggero alla porta lo fece tornare in sé, fu automatico: gli occhi si aprirono, la mano smise di sfiorare il gioiello e l'aura di superiorità lo circondò nuovamente.
Non si disturbò nemmeno a dire il classico ‘avanti’, anche perché non avrebbe fatto in tempo a finire, che Reo sarebbe già stato davanti a lui.

«Sei-chan ~ ».
Appunto — «Dimmi Reo.».
«Mayuzumi-san è qui fuori. Vorrebbe parlarti ~ ».

No. Non aveva voglia di vederlo. Non per cattiveria, solo che non amava venir interrotto, sopratutto a lavoro, «Digli che sono impegnato.».
Purtroppo, per la sua felicità, la voce squillante non smise di cinguettare allegra, «Già fatto ~ Mayuzumi-san insiste, dice che dovete festeggiare. È successo qualcosa di bello? ~ ».
«Non che io sappia.».
«Allora che faccio? ~ ».
«Va bene. Fallo entrare.».
Con lo sguardo seguì il segretario lasciare l'ufficio e si fece l'appunto mentale di dire a Reo che avrebbe dovuto riempire di più la sua agenda, infondo saltare il pranzo non aveva mai ucciso nessuno.

*
 

«Akashi-sama, Mayuzumi-sama. È un piacere rivedervi.».
L'elegante maître accompagnò i suoi più preziosi clienti al loro tavolo, questo avvenne solo dopo averli accecati con il sorriso più radioso e smagliante, che fosse in grado di sfoggiare; con un cenno del capo catturò l'attenzione di due camerieri, svelti aiutarono i due uomini a sedersi per poi congedarsi.

«Nakano-san, il piacere è solo nostro.».
«Mayuzumi-sama lei è troppo gentile, anche se è insolito ospitarvi per pranzo.».
«Oh beh, questa è un'occasione speciale.».
«Allora un brindisi è necessario.».

Il direttore di sala iniziò a guardarsi intorno, una ragazza in divisa gli passò accanto e l'afferrò delicatamente per il braccio bloccandola, «Watanabe-san, porta una bottiglia di champagne a questi ragazzi, per favore.».
In poco tempo la cameriera tornò, posizionò i flûtes e si apprestò a stappare la bottiglia, il suo superiore la fermò, facendole intendere che ci avrebbe pensato lui — «Un omaggio della casa.».
Gentile, avrebbe detto Chihiro. Ruffiano, avrebbe sostenuto Seijuurou.
Con eleganza fece scivolare lo champagne nei bicchieri e quando si poté ritenere soddisfatto accennò un inchino rispettoso, «Signori, vi lascio al vostro brindisi allora.» — per poi allontanarsi discretamente, restituendogli la loro intimità.
Gli occhi grigi seguirono l'uomo andare via e quando furono finalmente soli, posarono lo sguardo sul viso palesemente irritato del compagno.
Mayuzumi sorrise comprensivo, «Lo so che non ti piacciono le sorprese, che ti ho distratto dai tuoi impegni e tutto, ma potresti, per favore, mostrare un'espressione più... carina? — Come ho detto siamo qui per festeggiare.».
Un piccolo ghigno si fece strada sul volto serio, «Sei a conoscenza di tutte queste cose, quindi ne deduco che deve essere veramente urgente, tanto urgente da non poter aspettare fino a stasera. A cosa brindiamo?».
Mayuzumi Chihiro si sentiva elettrizzato. «Beh... ».
Si era svegliato di ottimo umore e aveva lavorato con entusiasmo, tutto stava andando per il meglio. L'idea di poter realizzare il suo nuovo progetto, lo rendeva felice come un bambino alla vigilia di Natale. Per scaramanzia non aveva detto niente a nessuno, nemmeno al compagno, comunque, visto che ormai era già tutto deciso, non c'erano altri motivi per tenerlo all'oscuro.
Quando trovò un minuto per fermarsi, aveva chiamato il loro ristorante preferito assicurandosi che fosse tutto perfetto. Sapeva bene che a Seijuurou non piacevano le sorprese, per una volta avrebbe fatto un'eccezione, lo avrebbe costretto a fare un'eccezione.

«Ti ricordi di quando ti ho parlato della nuova collezione?».
«Sì, certamente, avevi anche detto che stavi cercando ‘qualcosa in più’, un dettaglio per renderla più interessante. Suppongo che tu l'abbia trovato.».
«Esatto. La collezione è definitivamente terminata e potrò presentarla.».

Seijuurou non dava peso alla moda, ci teneva a vestirsi in modo adeguato, ma davvero non era un appassionato. Sapeva riconoscere un completo fatto bene da uno fatto male, la sua conoscenza finiva là. Era tutto quello che gli serviva sapere, eppure c'era qualcosa di diverso nei completi che creava Chihiro. Non che fossero appariscenti, anzi erano molto semplici, raffinati e lineari, ma lui lavorava bene: era preciso, meticoloso, con il giusto estro a suo parere. Aveva lavorato sodo per arrivare sin lì e si meritava tutto il successo.

«Mi fa piacere. In cosa consisterebbe questo dettaglio?».
«Come sai la particolarità di questa collezione è che vorrei potesse essere indossata sia da donne che da uomini.».
«Sì, lo ricordo bene.».
«Il problema però era renderla più femminile, senza farle perdere la linea maschile. Non sapevo come fare, poi un paio di settimane fa sono arrivato alla soluzione.».
«Ovvero?».
«Gioielli.», annunciò Mayuzumi trionfante, «La mia idea è di far indossare i completi a dei modelli, solo che la passerella sarà decorata con disegni di gioielli importanti.».
Istintivamente la mano di Seijuurou tornò ad accarezzare il bracciale, iniziava a sentirlo troppo stretto, o forse erano solo i ricordi che cercavano di prendersi gioco di lui, ancora una volta.
«Sei, tutto bene?».
«Certamente. Dimmi, chi disegnerà i gioielli?».

Mayuzumi amava il suo compagno, perdutamente. Ogni volta che ne aveva la possibilità glielo diceva e anche se non riceveva mai una risposta, continuava a sorridere.
Non importava che non gli dicesse mai ‘ti amo’, evidentemente non era il tipo da dichiarare i propri sentimenti tanto liberamente.

«Un amico che ho conosciuto durante il mio erasmus a Los Angeles, domani prenderemo un aperitivo insieme, mi farebbe piacere presentartelo. È molto bravo e visto che ci sentiamo ancora di tanto in tanto, ho pensato di chiedere a lui, anche se è stata dura convincerlo.».
«Strano, nessuno rifiuterebbe mai un lavoro del genere.».

Con il tempo Mayuzumi aveva imparato a conoscerlo, perché Seijuurou non parlava mai di sé; aveva scoperto che al caffè preferiva il tè, aveva scoperto che non amava le sorprese e che adorava dedicare anima e corpo al proprio lavoro.

«Sicuramente è un ragazzo con una storia particolare.».
«‘Particolare’, in che senso?».

Era incredibile come tutto di lui gli piacesse, c'era solo una cosa che lo disturbava — Con il tempo aveva scoperto che per farlo sorridere bastava poco, un cielo azzurro privo di nuvole e Seijuurou sorrideva.

«Lui non stava facendo l'erasmus, mi disse che si era trasferito per cambiare vita, non mi ha mai spiegato la situazione, comunque secondo me c'entra una storia finita male.».
«Questo non spiega come mai tu abbia dovuto insistere tanto.».

Mayuzumi ricordava bene la prima volta che aveva visto quell'espressione di serenità, di pace; quel ragazzo così serioso, stava effettivamente sorridendo, eppure qualcosa stonava. Si chiese perché i suoi occhi fossero tanto infelici.

«Magari non ha voglia di incontrare la suddetta storia finita male, è solo una mia supposizione però.».
«Come se fosse possibile, Tōkyō è una metropoli dopotutto.».

Con il tempo Mayuzumi aveva imparato a leggere le sfumature: lo sguardo, all'inizio triste, diventava malinconico e poi si irrigidiva, si arrabbiava; a quel punto gli occhi smettevano di contemplare la cupola azzurra e il sorriso si trasformava in una linea sottile.

«Sì, è quello che ho pensato anche io, per di più è da un po' di tempo che sta con qualcuno, quindi non vedo il problema. Come ho detto mi farebbe piacere presentarvi, pensi di riuscire a liberarti dai tuoi impegni?».
«Dovresti chiedere a Reo, è lui che si occupa degli appuntamenti.», si concesse un piacevole sorso di vino tornado a guardare il compagno, «Comunque, come si chiama questo tuo amico?».

Per quanto fosse bello, quel sorriso lo faceva star male, perché Mayuzumi non riusciva mai a farlo sentire così, a fargli provare così tante emozioni. Era terribilmente geloso di quel cielo e di qualunque ricordo portasse Seijuurou a perdersi, ad essere se stesso.

«Kuroko. Kuroko Tetsuya.».


Sì, a Seiijurou piaceva vedere Tetsuya ballare, perché oltre al piacere poteva percepire ogni sensazione dell'altro fluire in sé, ogni stato d'animo; il rosso sentiva quando l'azzurro era felice, spaventato o agitato. Quella volta però rimase confuso Era come se gli stesse scivolando via dalle dita, come se si stesse allontanando da lui.
Decise di mettere da parte i pensieri negativi e lo strinse, «Ti amo. Non sai quanto.».
«Anche io, Sei-kun.».
«Tetsuya.», con delicatezza iniziò ad accarezzare la chioma azzurra del compagno, «Prometti che non mi lascerai mai.».
Tetsuya scostò il capelli magenta dalla fronte e gli prese il volto fra le mani posando le labbra sulle sue, «No, non ti lascerò mai Sei-kun. Lo prometto.».


Aveva mentito. Quella stessa notte se ne era andato. L'aveva lasciato.

«Allora, vogliamo brindare?».

E ora Tetsuya era tornato.






 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del primo capitolo. Un pizzico di lime che non guasta mai direi (?), Reo è il segretario di Sei-chan, Mayuzumi è uno stilista e Kuroko un designer di gioielli, non chiedetemi come mi sia venuto in mente, va bene così xD

Spero che Akashi sia IC, per quanto riguarda Mayuzumi so benissimo che è OOC e vabbè uvu
Detto questo mi auguro che vi sia piaciuto il primo capitolo, da cui si evincono già diversi accadimenti huhuhuhu
Il prossimo aggiornamento avverrà lunedì, dai non dovete nemmeno aspettare troppo :v

Chiedo scusa per eventuali errori di battitura e lasciate una recensione se vi va (mi farebbe davvero molto piacere sapere come la pensate <3)

A lunedì ~

 

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Capitolo 3
*** 2 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.
Prima di lasciarvi alla vostra piacevole (si spera) lettura, assicuratevi di leggere il mio angolino che vi aspetta una sorpresina ~






 

Dodici ore di volo. Ecco la distanza che aveva messo tra sé e il suo passato.

Non fu un viaggio tranquillo, Kuroko continuava a sentirsi intrappolato dai suoi pensieri e Kagami entrava nel panico ogni volta che si presentava una turbolenza purtroppo ne incontrarono parecchie .
Il risultato fu che ne uscì con un sottile dolore cronico al braccio e un forte mal di testa, niente che un analgesico non potesse sistemare.
Nonostante fossero stanchi, decisero comunque di fare una passeggiata e di mangiare in un economico ristorante per famiglie, per poi andare all'albergo tradizionale che avevano prenotato.
La cameriera che si sarebbe presa cura di loro, gli fece fare il giro ryokan e li accompagnò nelle stanze sia per servire il tè di benvenuto, sia per accertarsi che fossero in ordine.
Le camere erano comunicanti, divise solo da una porta scorrevole in carta di riso; era stato Kuroko a decidere di non condividere la stanza con il compagno, per un motivo ben preciso: non si trovava a Tōkyō per una vacanza di piacere, in quella camera avrebbe dovuto concentrarsi e sapeva bene quanto Kagami potesse essere rumoroso, senza contare il fatto che lui preferiva lavorare di notte. Non fu difficile convincere l'altro, gli bastò dire che sarebbe stato spiacevole dovergli accendere le luci in faccia mentre russava sfacciatamente.
Una volta sistemati i bagagli, si godette il tè e per togliere la tensione si fece un bagno caldo.
La tensione sparì. Riuscire a dormire era un altro problema. Kuroko si sentiva stanco, sia fisicamente che mentalmente, ma evidentemente non così stanco da crollare e chiudere gli occhi.
Il ryokan era immerso in un rilassante silenzio, era piacevole, quando ad un tratto l'azzurro sentì un ronfare che conosceva fin troppo bene, drizzò le orecchie e capì che proveniva dalla stanza accanto alla sua, proprio quella occupata dal compagno. Lo maledisse.
Dopo essersi rigirato più e più volte nel futon si arrese, decise di scivolare fuori dalle coperte e aprì la porta che dava sul giardino invernale.
Fortunatamente il giorno seguente non sarebbe dovuto essere particolarmente impegnativo. Kagami lo aveva informato che avrebbero passato la giornata con l'ex fidanzato di cui gli aveva tanto parlato e Mayuzumi aveva confermato il loro aperitivo, si sarebbero incontrati verso le sette del pomeriggio; Kuroko pensò di potersi permettere qualche ora in meno di sonno, di ammirare la luna per qualche minuto in più. Era così bella.



Assonnato tastò l'altra parte del letto sentendola vuota, per sicurezza accese l'abat-jour rendendosi conto di non essersi sbagliato, la sveglia segnava le tre del mattino e una domanda tanto spontanea quanto legittima si fece strada nella sua mente: perché stava dormendo da solo? — Arreso si coprì per bene iniziando a cercalo.
Per le vacanze invernali avevano deciso di passare qualche giorno a Kyōto, la grande residenza della famiglia Akashi era avvolta nel buio, Tetsuya avrebbe potuto accendere le luci ma non aveva voglia di stressare gli occhi, ormai si erano abituati ad orientarsi nell'oscurità.
Entrato in salotto sentì una corrente fredda, prestando più attenzione notò la porta scorrevole che affacciava sul giardino leggermente aperta. Bingo.
A passo sicuro la aprì del tutto, Seijuurou era lì, seduto sul pavimento in legno della veranda, a piedi nudi e con una misera maglietta bianca a mezze maniche.

«Sei-kun, ti prenderai un raffreddore.».
Seijuurou si voltò giusto un attimo per poi volgere nuovamente lo sguardo verso il cielo, «Dimmi Tetsuya, non la trovi affascinante?».
Rabbrividendo si avvicinò a lui, aveva freddo — «Cosa Sei-kun?».
«La Luna.».
«È solo l'unico satellite naturale della Terra.». — E aveva sonno.
Si alzò stringendogli la mano divertito, «Ti ho mai detto Tetsuya di quanto io adori questo tuo lato romantico?».
In risposta l'azzurro lo vide sfoggiare uno dei suoi classici sorrisi, il solo capace di fargli venire le farfalle nello stomaco semplicemente guardandolo, ma a quell'ora lo trovava estremamente irritante — «Mi dispiace se alle tre di notte non sono romantico come vorresti, Sei-kun.», sbuffò contrariato, «Adesso possiamo tornare a letto, per favore?».
Seijuurou annuì baciandolo più volte sulla guancia, «Come desideri, a patto che mi riscaldi.».
Davvero, voleva solo tornarsene a dormire — «Scordatelo.».

Entrambi sapevano che non si sarebbero riposati molto quella notte, perché alla fine Tetsuya non diceva mai di no.

 

*


Era un delizioso Caffè ispirato all'Europa il bar in cui avevano deciso di riposarsi. I tavolini esterni in ferro battuto, coperti dalle tovaglie bianche, gli conferivano un aspetto elegante; sopra ogni tavolo c'era un vasetto di fiori di campo e delle piccole candele, che rendevano il tutto ancora più romantico ecco spiegata la presenza di tante coppiette .
L'aria fredda costrinse il suo viso ad arrossire, il febbraio di Tōkyō era diverso dal febbraio di Los Angeles, in compenso trovò conforto nel fungo che emanava calore. Cullato dal torpore, iniziò a pensare da quanto fossero in giro, era dall'ora di pranzo che non avevano fatto una pausa; Dopo aver mangiato in un tipico ristorante ramen-ya, si erano spostati da un distretto all'altro, il tutto sotto la guida dell'amico del suo compagno, Himuro Tatsuya.
Kagami l'aveva nominato così tante volte da farlo incuriosire, Kuroko scoprì che non era diverso da come se lo fosse immaginato, ovvero un semplice ragazzo di ventotto anni, alto un metro e ottanta, su per giù, dai capelli neri e lisci; caratterialmente si dimostrò essere una persona disponibile e gentile.


«Quindi sarebbe questo il tuo locale Tatsuya?».
«Sì, anche se non sono l'unico proprietario, per metà è del mio compagno.».
«E lui di che si occupa?».
«È lo chef, si è specializzato sopratutto in pasticceria francese.».
«Ah, capito.».

Gli occhi color cielo non si erano mai distratti. Curiosi, non avevano mai distolto lo sguardo dalla strana coppia.
Non perché Kuroko fosse geloso, bensì perché per lui era impossibile, non riusciva a capacitarsi del fatto che potessero essere tanto amici seppur si fossero lasciati. Nonostante Kagami gli avesse raccontato la loro storia, sentiva che avrebbe dovuto vederlo con i propri occhi ed ora era tutto chiaro, cristallino. Finalmente l'aveva capito. Riuscì a comprendere come due amici d'infanzia potessero innamorarsi, vivere il loro amore e poi lasciarsi senza rovinare tutto. Semplicemente, alle volte succede che quel sentimento, così forte e passionale, si trasformi in semplice affetto. Perché è questo che accade. Perché nulla è statico. Fermo. Sicuro.
I sentimenti, come le persone, mutano, si evolvono, crescono, spariscono, si arrabbiano. Cambiano. Cercando di trovare nuove occasioni, chiudono e aprono porte. Vanno avanti. Sono delle variabili fuori controllo. Impazzite.
E allora pensò che lui doveva essere proprio uno strano essere umano, che provava strani sentimenti, perché, per quanto si sforzasse, Kuroko proprio non ci riusciva a dimenticare; sì, aveva avuto la forza di lasciare tutto e di partire senza salutare nessuno, ma non ne aveva abbastanza per fermare quello che sentiva nei suoi confronti. Non ne aveva a sufficienza per ricambiare completamente l'amore che Kagami provava per lui. Non aveva la forza per andare avanti. Forse perché stava andando nella direzione sbagliata. L'unica via possibile.

«Mi farebbe piacere presentarvi Atsushi. Kuroko-san, a che ora è il tuo appuntamento?».
«Dovrei incontrarmi con Mayuzumi-kun per le sette.».
Il giovane dai capelli neri tirò fuori il cellulare per controllare l'ora, le sei in punto, «Abbiamo ancora un po' di tempo quindi. Aspettate qui, vado a chiamarlo.».

Leggermente incuriositi, entrambi lo guardarono allontanarsi e quando lo videro tornare era accompagnato da un ragazzo alto, molto alto — A Kuroko bastò un attimo per capire chi fosse in realtà il fidanzato di Himuro.

Oh, perfetto

Prima che i due potessero raggiungere il loro tavolino, si alzò di scatto e iniziò a riordinare le sue cose. Doveva andarsene, di corsa, ma non poteva ignorare lo sguardo interrogativo del proprio compagno.

«Mi sono accorto di essere in ritardo. Saluta Himuro-san da parte mia. Noi ci vediamo stasera in albergo.».
«Oi Kuro — ».

Non riuscì a finire di parlare, perché due labbra frettolose spezzarono la frase che avrebbe voluto dire. Per riflesso gli occhi si chiusero e quando li riaprì, Kuroko era scomparso. Nel nulla.
Kagami era interdetto, davvero non capiva lo strano comportamento. Scrollando le spalle arrivò alla conclusione che molto probabilmente non avrebbe dovuto preoccuparsi.

«Ara ~ quello non era Kuro-chin?».

La voce cantilenante lo riportò alla realtà e quando alzò lo sguardo per capire chi avesse parlato, si trovò davanti un ‘gigante lilla’, almeno quella fu la prima cosa che gli venne in mente per poterlo descrivere. Doveva essere alto almeno due metri, da sotto il cappello da chef spuntavano i capelli color lavanda e gli occhi, dello stesso colore, erano persi a guardare un punto indefinito tra la folla. Lo stesso che stava guardando Kagami poco prima.

«Atsushi?», lo guardò perplesso, comunque Himuro decise di lasciar correre, «Taiga ti presento Atsushi, dov'è Kuroko-san?».
«Ah si scusa, doveva andare da qualche parte, non so... », borbottò distrattamente, poi riportò l'attenzione sul suddetto gigante, possibile che — «Conosci il ragazzo che se ne è appena andato?».
«Kuro-chin? — Hai ~ come mai è tornato?».
«Per questioni di lavoro. Comunque piacere di conoscerti, Kagami Taiga.».
«Mmm ~ di che lavoro si tratta? Tu lo sai Tatsu-chin?», chiese guardando il compagno, senza prestare particolare attenzione all'altro ragazzo.
«Deve disegnare dei gioielli per la sfilata di Mayuzumi Chihiro, quello stilista sta diventando sempre più famoso.».

Kagami odiava venir ignorato, era una cosa che gli dava seriamente fastidio, in un'altra occasione si sarebbe lamentato, solo che questa volta decise di rimanere in silenzio e ascoltare il loro discorso.

«Ne ~ questo non significa che lavorerà con Mayu-chin?».
«‘Mayu-chin’... — Atsushi, per caso lo conosci?».
«Hai ~ ora devo tornare a lavorare, scusate ~ ».

Non aveva detto una parola fino, era riuscito a mantenere la calma, però non avrebbe permesso che la conversazione terminasse in quel modo; con una mano gli afferrò la spalla intimandogli di fermarsi, «Come mai lo conosci?».
«Mayu-chin è il fidanzato di Aka-chin ~ ».
Kagami sentì di stare per perdere la pazienza, sul serio, che aveva quel tizio? Possibile che non riuscisse a terminare una frase in modo normale? — «E chi sarebbe questo ‘Aka-chin’?».
«Aka-chin era il fidanzato di Kuro-chin ~ ».

*

Dodici ore di volo. Ecco la distanza che aveva messo tra sé e il suo passato.

Eppure, in meno di ventiquattro ore aveva già fatto un incontro poco gradito, non che non avesse voglia di salutare Murasakibara, un suo vecchio amico, anzi, solo non poteva farlo. Ecco perché si era allontanato, sperando che l'altro non si fosse accorto della sua presenza.
Si era giustificato dicendo di essere in ritardo, ma in realtà era parecchio in anticipo e per ingannare l'attesa decise di fare due passi per le strade di Ginza, il quartiere bene di Tōkyō.
Lì era cresciuto ed era lì che si sarebbe tenuto l'appuntamento con lo stilista emergente, in uno dei tanti lussuosi hotel della zona.
Quando entrò nell'edificio si sentì leggermente a disagio e lo sguardo indagatore del concierge non aiutava.
Fin da piccolo era stato abituato a frequentare certi posti, sapeva come ci si dovesse comportare, comunque doveva ammettere a se stesso che se avesse indossato degli abiti più adatti, si sarebbe sentito meno sotto pressione.

«Come posso aiutarla, Okyaku-sama?».
«Buona sera, avrei appuntamento con Mayuzumi-san, sa dirmi se è già arrivato?».
«Il suo nome prego?».
«Kuroko Tetsuya.».

La mano fasciata dal guanto bianco fece scorrere l'indice su una lista di nominativi e quando un sorriso caloroso gli venne rivolto, capì che il suo appuntamento era stato trovato.
«Mayuzumi-sama la sta aspettando al bar dell'albergo. Prego mi segua Kuroko-sama.».
Per tutto il tragitto, l'unica cosa a cui riuscì a pensare era quanto suonasse strano il ‘-sama’ accanto al suo cognome, molto probabilmente perché non era più abituato a sentirsi chiamare così, prima non ci avrebbe fatto caso.
«Kuroko-sama, Mayuzumi-sama l'attende a quel tavolo infondo.».
Dal portafoglio estrasse una banconota da mille yen e con fare distinto, la diede al signore elegante, «Per il disturbo.».
«Oh, non doveva. Ho fatto solo il mio lavoro. Spero che si troverà bene qui da noi.».

Guardandosi intorno notò i clienti dell'hotel e qualche uomo d'affari, tutti avvolti nei loro completi firmati, l'azzurro decise di non prestagli attenzione, a passo sicuro si diresse verso la mano che lo stava salutando e quando raggiunse il ragazzo dai capelli argentati, si ritrovò serrato in un abbraccio nostalgico. Rimase sorpreso, il suo amico non era il tipo da fare certe dimostrazioni d'affetto.

«Ne è passato di tempo, Kuroko-kun.».
«Sì è vero Mayuzumi-kun.».

Terminato l'abbraccio, i due si misero seduti e il cameriere passò a prendere gli ordini, entrambi optarono per un bicchiere di Chardonnay che non tardò ad arrivare.

«Quanti anni sono passati dall'ultima volta che ci siamo visti?».
«Da quando tu hai finito l'erasmus, quindi diversi anni, Mayuzumi-kun.».
«Decisamente troppo tempo, scommetto che se non fosse stata per questa occasione non saresti più tornato in Giappone.».
Esattamente — «A proposito, congratulazioni per il tuo lavoro e grazie per avermi dato questa possibilità, farò del mio meglio.».
«Sono io che dovrei ringraziarti, senza di te non avrei saputo come fare. Gli altri designer sono bravi certo, ma tu hai qualcosa in più. I tuoi gioielli sono sorprendenti.».
«Grazie, lo apprezzo molto.».
«Non ce n'è bisogno, so che farai un ottimo lavoro. Ora basta cose noiose, parlami di te.».
Kuroko avrebbe preferito di gran lunga continuare a parlare di gioielli e di vestiti; a disagio si mosse appena sulla sedia e sorseggiò il vino delicato, «Non c'è molto da dire.».
«Sei sempre stato così riservato, come va a Los Angeles?».
«Bene, mi piace stare lì. Se non ricordo male, anche tu eri indeciso se restare o meno.».
«Sì è vero, però tornare a Tōkyō è stata la scelta giusta. Ho raggiunto molti degli obiettivi che mi ero prefissato e convivo con la persona che amo.».
«Puoi ritenerti più che soddisfatto, Mayuzumi-kun. Sono felice per te.».
«E tu? ».
«Io cosa?».
«Anche tu convivi? Ormai da quanto state insieme tu e il tuo compagno? Potremmo organizzare una cena tutti insieme uno di questi giorni.».
Tutte quelle domande lo mandarono in confusione, per questo si limitò ad annuire e a rispondere con un accondiscendente «Certo mi farebbe molto piacere.».
«È deciso allora. Dimmi, che hai in quella valigetta?».
«Sono dei bozzetti che ho fatto per la collezione, vuoi vederli?».
«Non avevo intenzione di parlare di lavoro oggi, comunque perché no, sono curioso.».
Chinandosi appena, Kuroko aprì la ventiquattrore e tirò fuori i vari schizzi, controllò che fossero tutti presenti, infine li passò all'amico che iniziò a sfogliarli ammirato.
Restando in silenzio, lasciò che Mayuzumi studiasse i disegni, sembrava davvero molto soddisfatto e lui si sentiva gratificato, amava il suo lavoro.
«Fantastico! Veramente incredibile, come hai fatto?».
Con un sorriso compiaciuto, che non riuscì a nascondere completamente, si apprestò a riprendere i fogli per rimetterli nella borsa, ma una mano fu più veloce di lui.

«Io non sarei così sorpreso, Chihiro.».

Quella voce — Avrebbe sempre riconosciuto quella voce, anche se fosse stato un sussurro tra la folla. Lui l'avrebbe sentita e l'avrebbe riconosciuta.

«Infondo è del figlio della famosa Sora Miyako che stiamo parlando.».

Voleva tapparsi le orecchie. Non voleva ascoltare.

«Non è forse così, Tetsuya?».

Avrebbe voluto andarsene e non poteva farlo, per cercare di ritrovare la calma, chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e decise di voltarsi.

«Se...— Akashi-kun.».

 




 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del secondo capitolo. Una serie di incontri “sfortunati”, abbiamo visto Mukkun e Himuro, eeeee Akashi! Finalmente si sono incontrati, voleranno scintille nel prossimo capitolo... o forse no? Mah, lo scoprirete solo leggendo :v

Piccoli chiarimenti: il ryokan è per l'appunto un hotel tradizionale giapponese, con tatami e futon, bagno separato dalla stanza e il giardino; In giappone i ristoranti che servono solo un tipo di pietanza “terminano” in -ya, perciò per ramen-ya si intende un ristorante che serve principalmente ramen; Okyaku-sama, in sintesi "gradito ospite"

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che i personaggi fossero IC (tolto sempre Mayuzumi) e chiedo scusa per eventuali errori di battitura; se vi va lasciate una recensione per sapere come la pensate e le vostre ipotesi <3

Ecco la sorpresina, per chi non lo avesse notato ieri ho pubblicato una one shot AoKuro multo fluff e particolare(?) almeno credo, se vi va leggetela e lasciate un commentino <3

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3670924&i=1 

Ci vediamo mercoledì *^*)/

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Capitolo 4
*** 3 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.




 

Akashi Seijuurou era sempre stato un ragazzo scrupoloso, ‘sbagliare’ non era un'opzione.
Per questo, quando si trovava al punto di dover scegliere, non si metteva mai fretta. No, lui analizzava, vagliava, dissezionava ogni possibilità; ne valutava le conseguenze, gli aspetti negativi e quelli positivi.
Sia Reo che Chihiro continuavano a ripetergli di non essere tanto eccessivo, più volte si sentì dare persino del ‘maniacale’, comunque non aveva importanza, perché loro non vedevano le innumerevoli possibilità di successo o fallimento, non ne avevano le capacità per poterci riuscire.
Akashi Seijuurou non aveva dubbi, sapeva sempre come agire, sapeva sempre cosa scegliere, eppure, da quando il compagno gli aveva rivelato l'identità del suo futuro collaboratore, non era più riuscito a pensare razionalmente.
Era bastato un nome per mandarlo in confusione, per sentire tutte quelle calde sensazioni, le stesse che aveva cercato di dimenticare, invaderlo prepotentemente, senza alcuna premura.
Chiuso nel suo ufficio si era sentito come un leone in gabbia, indeciso se raggiungere il compagno all'aperitivo o no. Se rivedere Tetsuya o no.

E ora era lì, davanti a lui.
Lo studiò attentamente, non era cambiato, non più di tanto, aveva semplicemente perso le fattezze tipiche dell'adolescenza e ora somigliava di più a un giovane uomo.
Non pensava che lo avrebbe più rivisto ed evidentemente era una reciproca certezza. Lo capì dal suo sguardo, sorpreso e allo stesso tempo consapevole.
Mentre guardava dritto negli occhi color cielo, iniziò a pensare che forse, per la prima volta in vita sua, aveva fatto la scelta sbagliata.

«Sei! Non pensavo saresti passato.».
Con un sorriso accondiscendente, accolse il compagno fra le braccia baciandolo con discrezione, un dolce saluto — «La riunione è stata cancellata all'ultimo momento. Dunque, posso unirmi a voi?».
«Certo, che domande. Vuoi qualcosa da bere?».
«Perché no, quello che hai preso tu andrà benissimo.».

Con un cenno della mano Mayuzumi richiamò l'attenzione del cameriere, il quale si affrettò subito a portare un calice pulito e a riempire gli altri due, «Per me va bene così, grazie. Sto andando via.».
Kuroko non amava avere l'attenzione su di sé e sapeva che così facendo si sarebbe fatto notare; sapeva fin troppo bene che le iridi eterocrome, di nascosto, non avevano smesso di seguire ogni suo movimento e ora sarebbero state più che autorizzate ad indugiare sulla sua figura, ma non poteva restare, non dopo aver visto la persona che aveva sempre amato, baciare qualcuno che non fosse lui.

«Come mai tanta fretta, Tetsuya? — Resta ancora un po' con noi, te ne prego.».

Iniziava a sentirsi male. Non era pronto per rivederlo, lo era ancora di meno sapendolo impegnato con il suo vecchio amico.

«Veramente dovrei — ».
«Insisto.».

Iniziava ad essere incoerente. Voleva andarsene, tornare al ryokan, da Kagami, eppure non riusciva ad alzarsi dalla sedia, non riusciva a non ascoltare la voce autoritaria che gli intimava di restare.
Rassegnato lasciò che il cameriere versasse dell'altro Chardonnay nel suo bicchiere, ripromettendosi di mantenere un basso profilo fin quando l'assurda situazione non fosse terminata. Non sarebbe dovuto essere troppo difficile.

«Da quello che ho capito, voi due vi conoscete già.».
«Sì, io e Tetsuya abbiamo frequentato la stessa scuola, sia le medie che il liceo.».
«Ah, quindi eravate amici?».
«Beh... Si può dire che fossimo più che amici, in effetti.».
«‘Più che amici’... In che senso, Sei?».
«Nel senso che — ».

Chiudendo gli occhi Seijuurou cercò di mascherare la fitta di dolore. La cosa si stava facendo interessante; davvero Tetsuya gli aveva appena tirato un calcio da sotto il tavolo? —

«Io e Akashi-kun giocavamo nella stessa squadra di basket. Tutto qui.».
Mayuzumi si portò una mano al petto, tirando un sospiro di sollievo, «Oh bene, per un momento ho pensato che ci fosse stato qualcosa tra voi due. Non che sarebbe stato un problema, solo sono un tipo geloso lo ammetto.».

Inconsapevolmente l'azzurro alzò lo sguardo solo per poterlo incatenare a quello dell'altro, solo per poter avere la certezza di quanto gli fosse mancato specchiarsi nelle iridi tanto particolari.
Perché aveva accettato quel lavoro? Perché era tornato? Dove era finita la sua decisione di non mettere più piede a Tōkyō? — Oh, lo sapeva bene, purtroppo era troppo educato per poterlo anche solo pensare.
Non riuscendo a nascondere del tutto le proprie emozioni e senza distogliere lo sguardo, abbozzò un sorriso malinconico, «Puoi stare tranquillo Mayuzumi-kun, Akashi-kun non è il mio tipo.».



Con il polsino si asciugò il sudore sulla fronte. Nonostante fosse più di un mese ormai che giocasse a pieno titolo come titolare nella squadra di basket della Teikou, il pensiero che non si sarebbe mai abituato ai duri allenamenti piano piano stava diventando una certezza, ma alla fine andava bene così.
Si sentiva felice, leggero. Aveva trovato nuovi amici con cui iniziare un nuovo cammino, con cui poteva divertirsi facendo quello che più gli piaceva; e poi, aveva trovato lui.
Aveva sempre ammirato le capacità atletiche del loro vice-capitano, solo che negli ultimi mesi si era scoperto ad osservarlo con la coda dell'occhio e non ci sarebbe stato niente di male, se non fosse che ogni volta sentiva come se il cuore volesse esplodergli nel petto.
Tetsuya era confuso, non capiva perché Akashi lo attraesse così tanto.
Quando notò l'altro ricambiare lo sguardo, dovette concentrarsi al massimo per mantenere la sua espressione impassibile, impedendosi categoricamente di arrossire.
L'atmosfera cambiò quando sentì un braccio sudato posarsi pesantemente sul suo collo,

«Oi Tetsu, che stai guardando?».
«Niente.».
«Dopo gli allenamenti ti va di andare a mangiare qualcosa al Maji?».

Avrebbe accettato volentieri, però non fece in tempo a dare la sua risposta, perché una terza persona si inserì nel discorso «Mi dispiace Daiki, Tetsuya aveva promesso di accompagnarmi a vedere la nuova libreria, non è forse così?».
No, non aveva detto niente del genere, eppure tutto quello che riuscì a fare fu annuire con il capo e sorridere «Me ne ero dimenticato, sarà per un'altra volta Aomine-kun.».

 

Seijuurou sentì distintamente crescere il nervosismo dentro di sé e il fatto di non potersi sfogare, lo indisponeva ancora di più.

«Visto che stiamo parlando di questo argomento, Chihiro mi ha detto che vivi a Los Angeles e che hai un compagno, è corretto?».
«Non vedo come la cosa possa riguardarti Akashi-kun.».
«Potrei esporti mille teorie al riguardo, anche se, ora che ci penso, ne basterebbe solo una.».
«Sì, vivo a Los Angeles e sono impegnato, proprio come lo sei tu. Contento adesso?».
«Quindi è così, dopo aver lasciato il tuo fidanzato, dopo essere scappato, sei andato a Los Angeles e hai cominciato una nuova vita. Sono molto felice per te.».
Iniziava a sentirsi sotto processo, un processo dove lui era l'imputato, «Akashi-kun.».
«Deve essere stato facile per te.».
«No, non è così.».
«Ti sei mai chiesto come potesse stare, dopo aver scoperto che eri del tutto scomparso dalla sua vita?».
«Sì, me lo sono chiesto e adesso — ».
«Non pensi che si meritasse una spiegazione?».
«Akashi-kun, per favore — ».
«Dimmi, ti importava almeno un po' di lui, Tetsuya?».

L'ultima domanda fece cadere per metà la maschera che aveva indossato. Gli sembrò che, per una frazione di secondo, il cuore si fosse fermato e gli occhi, increduli, si erano fatti leggermente più grandi.
Certo che gli importava. Se ne era andato proprio per questo motivo, ma come poteva dirglielo? Come poteva dirgli di essere scappato per non fargli del male? — Non l'avrebbe capito, tanto meno l'avrebbe perdonato.
Seijuurou gli aveva chiesto solo due cose in sei anni di relazione: di non tradirlo e di non lasciarlo. Tetsuya l'aveva tradito e l'aveva lasciato.
Incapace di dire qualsiasi cosa, restò in silenzio mentre osservava la mano di Mayuzumi posarsi su quella di Akashi.


«Sei, si può sapere che ti prende? Per caso questo ‘ex’ di cui state parlando è un tuo amico?».
«Si può dire che lo conosco bene, molto bene in effetti.».
«Non mi sembra comunque il caso e poi anche Kuroko-kun è stato male, te lo posso assicurare.».
«Chihiro.».
«Avrà avuto i suoi motivi per comportarsi così, non sta a noi giudicarlo.».
La tensione venne spezzata dallo squillare di un cellulare. Mayuzumi tirò fuori il telefono dalla tasca interna della giacca e dopo aver controllato chi fosse, si alzò dalla sedia, «È una chiamata di lavoro, scusate devo rispondere.».

Mentre guardava l'amico lasciare il bar dell'hotel, Kuroko realizzò di aver perso, ancora una volta, l'occasione giusta per andarsene, anche se infondo sapeva che non sarebbe riuscito nella sua impresa, anche volendo.

«Fu così che rimasero in due, da dove vogliamo iniziare Tetsuya?».
Cercando di prepararsi al meglio, si fece coraggio per affrontarlo senza cedere, non sarebbe stato facile. Lo conosceva bene e non ci voleva un genio per capire quanto fosse arrabbiato in realtà.
Durante quella loro piccola, incalzante, conversazione del tutto a senso unico , Seijuurou non aveva mai alzato la voce, nonostante ciò questa suonava pericolosamente carezzevole e accomodante, sinceramente curiosa e finta stupita. Era arrabbiato. Eccome se lo era.
Da una parte era grato a Mayuzumi per aver preso le sue difese, ma dall'altra avrebbe preferito che non l'avesse fatto, perché quel gesto lo aveva indisposto ancora di più.
«Non siamo obbligati, possiamo anche non parlare, Akashi-kun.».
Le labbra di Seijuurou s'incresparono in un sorriso sardonico, «Tetsuya, la comunicazione è importante e tu sembri essere abbastanza carente in questo campo.».
Le sottili frecciatine non passarono inosservate; aveva appena avuto inizio il secondo round. Cercando di rilassarsi il più possibile, chiuse gli occhi un momento e quando li riaprì, erano colmi di determinazione — «Nessuno è perfetto.».
«Non mi trovi d'accordo. Noi parleremo qui e adesso.».
«Non c'è molto da dire Akashi-kun.».
«Permettimi di dissentire, ci sono così tanti argomenti... — In effetti potremmo iniziare dal calcio che mi hai tirato.».
«Vuoi davvero discutere di questo?».
«Oppure potremmo parlare di come io non sia il ‘tuo tipo’, siamo stati insieme per sei anni, devo ammettere che pensavo di piacerti un minimo.».
«L'ho detto perché non volevo che Mayuzumi-kun sapesse la verità.».
«Quale verità, Tetsuya?».
«Sai benissimo a cosa mi riferisco, Akashi-kun.».
«Oh, intendi il fatto che siamo stati insieme? — Non vedo perché Chihiro debba essere tenuto all'oscuro della situazione, infondo è acqua passata giusto? — Entrambi siamo sentimentalmente impegnati, quindi non vedo proprio quale sia il problema.».
«Sarebbe comunque imbarazzante.».

Seijuurou accostò le labbra al calice per concedersi un sorso di vino, senza distogliere lo sguardo dall'altro.
Per otto anni aveva continuato a chiedersi che stesse facendo, dove fosse andato, se stesse bene. Non poteva impedirsi di porsi certe domande, per quanto ci provasse, non riusciva a voltare le spalle a quel cielo azzurro e ora lo stesso cielo era tornato da lui, ma era cambiato, era diverso.
Lo vedeva chiaramente, qualcosa sporcava la visione quasi perfetta, perché gli occhi che lo guardavano con tanta sicurezza e ostinazione, erano annuvolati? —
Seijuurou, non era semplicemente arrabbiato, no, era furioso, perché si sentiva finalmente se stesso dopo otto anni passati a vivere, semplicemente vivere, senza uno scopo preciso o una meta da raggiungere. Era furioso perché l'unico che poteva farlo sentire in quel modo, era la stessa persona che lo aveva lasciato solo, senza niente; che lo aveva ridotto in uno stato pietoso, che lo aveva costretto ad accontentarsi di una vita mediocre, che non voleva.
In una realtà fatta di agi, di comodità, di monotonia e di discussioni, bastava Tetsuya per rimettere tutto nel giusto ordine. L'unica cosa che desiderava era averlo accanto, stare insieme a lui, invece anche quella gioia gli era stata sottratta.
Si sentiva terribilmente frustrato, perché l'unica cosa che voleva fare, era allungare la mano e toccarlo. Continuava a chiedersi se la sua pelle fosse ancora morbida come se la ricordava.


Distrattamente tergiversava tra gli scaffali, fingendo di cercare un libro interessanteA dire il vero gli piaceva leggere, solo che al momento era troppo occupato a pensare ad altro.
La nuova libreria, fortunatamente, non era lontana dal loro istituto scolastico e ci misero poco tempo ad arrivare, non fu necessario nemmeno prendere il treno e per il breve tragitto non aveva smesso di osservare il ragazzo dai capelli azzurri, evidentemente teso, che camminava al suo fianco.
Seijuurou non era uno stupido, si era accorto degli sguardi insistenti dell'altro, forse anche aiutato dal fatto che il primo a non perdere di vista Tetsuya, nemmeno per un secondo, fosse proprio lui.
Gli piacevano quegli occhi chiari e non aveva nessun problema ad ammetterlo. Adorava giocare al gatto che si diverte ad inseguire il topo e avrebbe anche continuato a farlo, se non fosse che a un certo punto il predatore, per puro istinto naturale, vuole afferrare la sua preda.
Per questo, mentre camminavano, prese la mano delicata facendo intrecciare le dita con le proprie. Notò che Tetsuya si tese ancora di più, comunque non era fuggito dal contatto tanto piccolo e intimo.

«Akashi-kun, hai trovato qualcosa di interessante?».
«Purtroppo no, invece sembra che tu abbia deciso di fare acquisti.», con un cenno del capo indicò il libro che teneva stretto fra le mani, «Posso? Di che parla?».
Con nonchalance iniziò a sfogliare il romanzo mentre l'altro gli raccontava la trama, comunque non ascoltò neanche una singola parola.
Lentamente, ma con decisione, si avvicinò sempre di più. Era così concentrato da non accorgersi nemmeno del fatto che Tetsuya avesse smesso di parlare, molto probabilmente perché aveva sentito il suo spazio privato venir invaso senza alcun preavviso, nonostante tutto non lo respinse, si limitò a guardarlo dritto negli occhi.

«Akashi-kun, sei troppo vicino.».

In risposta Seijuurou posò la mano sulla sua guancia e coprendo entrambi con il libro, per evitare sguardi indiscreti, colmò la distanza rimasta posando un bacio sulle labbra al sapore di vaniglia.

«Penso che sia un libro molto interessante, me lo presterai?».
«Immagino di sì
.».


Era furioso Akashi Seijuurou, perché per la prima volta in vita sua, aveva fatto la scelta sbagliata.

Maledizione.

«Tetsuya, perché te ne sei andato?».
«Perché dovevo farlo.».

Sospirando si alzò e infilò il cappotto, «È tempo che vada, di' a Chihiro che sono tornato a lavoro per favore.».
Aveva fatto solo pochi passi quando si sentì tirare bruscamente per la manica e quando si voltò, Tetsuya era in piedi davanti a lui, «Glielo dirai a Mayuzumi-kun? Gli dirai che siamo stati insieme?».
«Perché ti preoccupa tanto?».
«Te l'ho detto, sarebbe imbarazzante e dobbiamo lavorare insieme, non voglio che ci sia tensione.».
«Davvero è solo per questo?» — Era una domanda più rivolta a se stesso che all'azzurro e senza pensarci posò la mano sulla sua guancia, era come se la ricordava, era morbida — «No, non glielo dirò. L'unico con cui non voglio ci siano dei segreti sei tu, Tetsuya. Evidentemente questo non è possibile... non lo è adesso, come non lo è stato otto anni fa.».
Senza preavviso si chinò su di lui posandogli un bacio appena accennato sulla gota e automaticamente sentì Tetsuya irrigidirsi, non gli diede peso.

«Sono felice che tu sia tornato.».

Gli occhi color cielo, non riuscirono a fare altro se non spalancarsi sorpresi e seguire il ragazzo dai capelli magenta lasciare l'hotel.
Pazientemente aspettò che Mayuzumi tornasse. Pazientemente aspettò che il suo cuore si calmasse.





 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u

 

Eccoci alla fine del terzo capitolo. Oh wow è stato intenso uvu, scusate se è un po' corto ma ho preferito concentrarmi interamente sull'aperitivo perciò :v

Vi avevo accennato che avreste trovato delle differenze rispetto la trama originale, una di queste (e forse se ci penso anche l'unica) è che la Kiseki non si è mai separata, sono stati insieme alle medie e anche il liceo, comunque non ho specificato la scuola uvu

Parlando del capitolo beh.... Akashi è arrabbiato, con se stesso fondamentalmente, perché ha la conferma che dopo otto anni alla fine non è cambiato niente, chiede perché se ne sia andato e Tetsuya da una risposta alquanto criptica ~ (beh almeno non si inventa una balla xD), in contrapposizione nel flashback troviamo il loro primo casto e innocente bacio, ah il mio cuore piccola precisazione, quanto Tetsuya ammette di averlo tradito non intende fisicamente, insomma Akashi non è cornuto, intende dire che l'ha tradito a livello di fiducia <3

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va
Ja ne ^_^

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Capitolo 5
*** 4 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.





 

Come ogni mattina, anche quel giorno si era alzato, aveva ascoltato l'oroscopo di Oha Asa e visto che il Cancro era ultimo in classifica, si era affrettato a comprare il Lucky Item del giorno – un piccolo gattino di peluche – . Ignorò le prese in giro di Takao, sostenendo che essendo stato assegnato al reparto di pediatria, il peluche gli sarebbe tornato utile in qualche modo.
Con un padre neurochirurgo e proprietario di un ospedale, sin da piccolo il grande sogno di Midorima era di fare il medico, si era impegnato per realizzarlo e finalmente ci era riuscito; se voleva trovare una ‘pecca’ in tutta quella perfezione, era il suo compagno, Takao Kazunari, che a sua volta aveva deciso di diventare infermiere e di lavorare, ovviamente, nel suo stesso ospedale — Ricordava bene la piccola discussione che ebbero quando gli venne annunciata la lieta notizia, era andata più o meno in questo modo: ‘Già viviamo insieme, non voglio vederti anche lì.’, in risposta il moro gli si era letteralmente avvinghiato addosso – tra lui e un pitone non c'erano differenze a suo parere – , brontolando, ‘Andiamo Shin-chan ~ se non ci fossi io, chi ti difenderebbe da tutti quelli che ti danno del raccomandato?’.
Avrebbe potuto benissimo replicare che non aveva bisogno di essere difeso e che non gliene importava assolutamente niente, ma pur di zittire la vocina fastidiosa, lo lasciò vincere per l'ennesima volta.
Tralasciando questo piccolo dettaglio, poteva dirsi pienamente soddisfatto di come stesse andando la sua vita, anche se era da un po' di giorni che Midorima Shintarou aveva come un brutto presentimento. Si era trovato svariate chiamate da parte di Akashi e una da Murasakibara.
Non erano quelle del suo ex capitano a preoccuparlo, si erano tenuti in contatto nel corso degli anni, molto probabilmente voleva dirgli qualcosa di estremamente seccante o organizzare una partita a shogi. No, a fargli pensare che forse era successo qualcosa, fu la singola chiamata da parte di Murasakibara, lo trovava insolito, comunque decise di non dargli peso.
Quando entrò nella sala medici, si rese conto che invece avrebbe dovuto farlo, perché Akashi era lì, in tutto il suo splendore, che lo stava aspettando — «Buon giorno Shintarou. Disturbo per caso?».

Aggiustandosi gli occhiali sul naso, chiuse la porta alle sue spalle e indossò il camice fingendo di non essere sorpreso, ma lo era, eccome. Sapeva quanto l'amico odiasse gli ospedali e il fatto che pur di parlargli fosse disposto a metterci piede, iniziò a preoccuparlo.

«Akashi questa stanza è riservata al personale medico, se ti trovano — ».
«Sono passato a salutare Midorima-san, è sempre così cortese tuo padre, ha detto che non c'era nessun problema se ti aspettavo qui. Kazunari non è con te?».
Ecco spiegato perché gli altri non lo vedevano di buon occhio, se a Midorima non piacevano i favoritismi, suo padre amava aiutarlo appena se ne presentava l'occasione — «Ha attaccato prima, ora dovrebbe essere impegnato con il giro delle visite.».
«Trovo adorabile il fatto che abbia voluto seguirti persino nella carriera.».
Sentì il volto accalorarsi di botto, probabilmente era arrossito vistosamente e il sorriso di Akashi confermava la sua teoria — «P-parlando di visite, come mai sei qui?».
«Hai ignorato le mie chiamate, non mi hai lasciato molta scelta.».
Facendo finta di niente si sedette davanti all'amico, accavallando le gambe e incrociando le braccia al petto, «Allora Akashi, di cosa volevi parlarmi con così tanta urgenza.».
«Come sta andando la convivenza?».
Ma, sul serio? — «La mia vita sentimentale non ti riguarda e non capisco perché tu voglia parlarne, è successo qualcosa con Mayuzumi? — Non che mi interessi.».
«Sì e no, ti ringrazio per l'interessamento.».


Era sempre più confuso, davvero non capiva. Non era da loro discutere di quel genere di cose, non era da lui porre una domanda simile e non era da Akashi cercare un consiglio, sopratutto se riguardava la sua relazione. Tutta quella situazione era strana, non c'era altro termine per definirla e il dubbio che l'altro si stesse semplicemente prendendo gioco di lui, iniziò a farsi strada nei suoi pensieri.

«Questo è il reparto di chirurgia, se vuoi parlare dei tuoi problemi di cuore vai da uno psicologo.».
«Shintarou, così mi ferisci.».

Ora ne aveva la conferma, lo stava prendendo in giro e solo l'idea lo fece irritare, «Adesso, se non ti dispiace, vado a fare il mio lavoro.». — Stava per alzarsi, quando si bloccò.

«Tetsuya è tornato.».

Era bastato solo che Akashi dichiarasse il vero motivo per cui era andato a trovarlo, per di più in un posto dove non si sentiva a suo agio, per fargli cambiare idea, per fargli capire cosa stesse succedendo. Era tutto chiaro.
Nonostante potesse ancora vedere un piccolo sorriso sulle labbra dell'amico, sapeva che si trattava di un sorriso malinconico e amaro, pieno di nostalgia per il passato.

«Come lo sai?».
«L'ho incontrato.».
«Quando?».
«Ieri, no era l'altro ieri.».
«Perché vi siete incontrati? Ti ha chiamato lui o — ».
«Niente del genere, anzi non si aspettava affatto di vedermi.».

Perfetto, la sensazione di confusione totale era tornata. Forse aveva parlato troppo presto.

«Akashi, potresti spiegarti meglio?».
«Tetsuya e Chihiro sono amici a quanto pare, si conoscono.».
«Da quanto?».
«Dai tempi dell'università. Chihiro era andato a Los Angeles per studiare ed è proprio lì che Tetsuya si è trasferito. Non lo trovi esilarante?».
«Perché Kuroko è tornato?».
«Per aiutarlo con il lavoro, o meglio, Chihiro gli ha chiesto di lavorare insieme, deve disegnargli dei gioielli per la sfilata.».
«Quindi alla fine ha seguito le orme di sua madre.».
«Sì ed è anche molto bravo, non mi aspettavo niente di meno da lui.».
«Ha superato le tue aspettative?».
«È incredibile come ci riesca ogni volta, vero?».

Un silenzio imbarazzante riempì la stanza. Midorima non sapeva come comportarsi, non sapeva cosa dire.
Dopo la repentina scomparsa di Kuroko, aveva visto Akashi spegnersi, non era più il fiero capitano che conoscevano, lo stesso che li aveva portati a vincere i sei tornei nazionali; passava il tempo chiuso nella sua stanza, senza far entrare nessuno e usciva di casa solo per andare all'università, perché era suo dovere farlo.
Sparendo dalla sua vita senza preavviso, Kuroko l'aveva rotto, gli aveva tolto la sua sicurezza e non era il solo che aveva fatto soffrire. Tutti loro erano preoccupati, si chiedevano cosa potesse essere successo. Midorima aveva ascoltato gli incessanti piagnistei di Kise – per una volta giustificati – e la rabbia incontrollabile di Aomine; Murasakibara tentava di fare ipotesi per giustificare lo strano comportamento – una era più assurda dell'altra – e lui continuava a ripetere al loro amico che doveva esserci per forza un motivo, ma Akashi era sordo, troppo a pezzi per poter ragionare con lucidità.
Non avrebbe più voluto vederlo in quello stato.

«Perché l'hai incontrato? Non ti ricordi come stavi? Vuoi davvero ripetere l'esperienza?».

Sì, ricordava benissimo come si fosse sentito e non gli mancava la spiacevole sensazione di vuoto, di mancanza.
Con il tempo, il dolore si era attenuato, i suoi amici avevano ripreso a vivere la loro vita, comunque non si persero di vista, non del tutto, e Seijuurou era sempre ben informato su cosa stessero facendo.
Da quando aveva iniziato a frequentare Chihiro, sembrava che le cose stessero andando per il meglio, era affezionato al compagno, anche se non era innamorato di lui, tanto meno lo amava. Aveva intrapreso quella relazione per il semplice fatto che lui e Tetsuya si somigliavano, gli piacevano le stesse cose e anche caratterialmente erano simili; era come se il cielo fosse tornato ad essere azzurro, come se qualcuno glielo avesse restituito, eppure non era così — In realtà lo aveva sempre saputo e rivederlo costrinse Seijuurou a svegliarsi dal sogno senza colori durato troppo a lungo. Il ritorno di Tetsuya metteva in discussione ogni cosa, ogni equilibrio che si era creato, si stava per rompere, perché guardare nei suoi occhi era come ammirarsi in uno specchio che non rifletteva mai l'immagine originale.
Seijuurou era cresciuto a Kyōto in una grande casa in stile tradizionale, Tetsuya era cresciuto a Tōkyō in un grande appartamento in stile occidentale; Seijuurou suonava il pianoforte, Tetsuya il violino; nonostante entrambi fossero nati in due famiglie importanti, Seijuurou doveva attenersi alle rigide regole di suo padre, mentre Tetsuya era libero di esprimersi come più preferiva.
Aveva sempre avvertito quelle piccole, grandi, differenze. Era come se una sottile parete trasparente li dividesse e Seijuurou, incurante, la buttava giù ogni volta, perché sapeva che al di là di essa avrebbe trovato Tetsuya, che lo avrebbe abbracciato, che lo avrebbe fatto sentire a casa.

«‘Perché dovevo farlo’, è stata la sua risposta.».
«Risposta a quale domanda?».
«Perché se ne sia andato. So che non avrei dovuto incontrarlo, solo... Dovevo chiederglielo.».
«È già qualcosa non trovi? — Segui il mio consiglio e mettiti — ».
«Per anni mi sono posto la stessa domanda e ho cercato la risposta. Sono arrivato addirittura a pensare che forse avrei potuto commettere un errore, di averlo trascurato, di non essere abbastanza presente per colpa dei miei impegni.».
«Oi Akashi — ».
«Non fraintendermi Shintarou, so che non è così e anche se fosse questo il vero motivo, Tetsuya non si sarebbe comportato in modo tanto assurdo, non ha avvertito nemmeno voi della sua partenza, non è da lui.».
«È quello che ti ho sempre detto, ma tu — ».
«Senza contare che quella notte abbiamo fatto sesso, dell'ottimo sesso aggiungerei.».
Nella mente di Midorima automaticamente si crearono delle immagini che davvero non voleva vedere, «Salta questa parte per favore e arriva al punto!».
«Il punto è che Tetsuya mi nasconde qualcosa. Lo conosco bene... Dovevi vedere i suoi occhi Shintarou, sembrava avessero visto un fantasma.».
«E quindi che intendi fare? Perseguitarlo finché non ti dirà il vero motivo?».
«Esattamente.».

Il silenzio fece di nuovo da padrone, con la differenza che questa volta era carico di incredulità.
Aveva fatto lui quella domanda, vero, però Midorima era certo che l'ironia fosse risuonata chiara e forte. Non poteva essere serio, giusto? — Era pur vero che trattandosi di Akashi...
Si prese un momento per guardare il volto dell'amico: era estremamente rilassato, come se non avesse detto niente di strano, come se l'anima di uno stalker non si fosse momentaneamente impossessata del suo corpo.
Sbuffando si aggiustò gli occhiali sul naso, «Prima che mi dimentichi, mi ha chiamato Murasakibara, stavo lavorando quindi non ho avuto modo di parlarci.».
«Sì lo so, ha chiamato anche me, voleva dirti di aver incontrato Tetsuya e probabilmente chiederti se fosse il caso di riferirmelo o meno.».
«Per quanto riguarda Kise e Aomine?».
«Non mi sembra il caso di coinvolgerli, non adesso, si creerebbe solo più confusione.».
«Capisco. Comunque tornando al nostro discorso, non pensi a Mayuzumi? — Dopo così tanto tempo che state insieme, davvero vuoi buttare via tutto senza avere nemmeno la minima certezza che Kuroko tornerà da te?».
Seijuurou chiuse gli occhi per cercare di mettere ordine fra i suoi pensieri; non amava Chihiro, però capiva cosa volesse intendere l'altro e aveva ragione, il compagno non si meritava un trattamento simile. Cercò di concentrarsi sulla seconda parte della frase, ‘riprendersi Tetsuya’, in verità non ci aveva pensato, non era sua intenzione, eppure c'era qualcosa che... — «Ho sbagliato, Shintarou.».
Midorima non chiese a cosa si stesse riferendo, lo sapeva già; era arrivato il momento di porre la domanda fondamentale, quella che aveva sempre avuto paura di fargli, la stessa che Akashi non avrebbe mai voluto sentire.

«Sei ancora innamorato di Kuroko?».

*

Si era trattato di una frazione di secondo, eppure era certo di non essersi sbagliato. Anche se solo per un breve attimo, aveva visto e riconosciuto il bracciale al polso del ex compagno, per metà era nascosto dalle maniche della camicia e del cappotto, ma l'aveva visto.


«Sono ore che mi stai ignorando, si può sapere che stai facendo Tetsuya?».

Non rispose. Gli mancava poco per finire la sua opera, giusto qualche ritocco.
All'inizio aveva pensato che fosse un'idea stupida e imbarazzante, però alla fine aveva deciso di farlo lo stesso, in più al suo fidanzato piacevano quel genere di cose.
Con la gomma pulì il foglio e mise la sua firma — «Sei-kun, guarda.».

Sentì distintamente il piccolo tonfo del libro che veniva chiuso e il frusciare delle lenzuola, segno che Seijuurou avesse smesso di leggere e si fosse alzato dal letto.
Seduto alla scrivania, Tetsuya si rigirò sul postograzie alla sedia che permetteva tale movimentoe consegnò il foglio al ragazzo davanti ai suoi occhi.
Con un'emozione che non si aspettava di provare, in silenzio, attese che Seijuurou terminasse di esaminare il disegno; non sapeva perché l'azzurro si sentisse tanto agitato, infondo non era la prima volta che gli mostrava i suoi lavori, forse era per l'espressione corrucciata sul volto dell'altro, eppure non capiva, gli erano sempre piaciuti i suoi gioielli.

«È molto bello.».
«Ma? — Forse è troppo semplice? La pietra non ci sta bene? È meglio senza?».
«No, niente del genere, mi stavo semplicemente chiedendo per chi l'avessi disegnato visto che all'interno ci dovrebbe essere un'incisione con il tuo nome.».

Tetsuya sbatté le palpebre un paio di volte, davvero non aveva capito? — «È per te Sei-kun.».


Ricordò che pochi mesi dopo, il polso di Seijuurou era abbracciato dallo stesso bracciale. Il ragazzo di cui era innamorato, si era messo d'accordo con sua madre che l'aveva creato per lui.
Nonostante fosse stato felice di quel gesto, non avrebbe voluto che spendesse così tanto. Non era un bracciale particolarmente complicato, ma senz'altro era costoso; ideato per essere d'oro bianco, aveva un cinturino morbido e una piccola placca rigida, leggermente curvata per adattarsi al polso, al centro di essa vi era incastonato un piccolo rubino e all'interno si poteva leggere l'incisione, ‘Tetsuya’.

Quella mattina aveva chiamato Mayuzumi per dirgli che non si sentiva bene e gli chiese se potevano spostare il loro appuntamento di lavoro, mentre a Kagami disse che avrebbe lavorato fino a sera. Era vero che non si sentiva bene, non aveva mentito, non del tutto, in realtà aveva bisogno di pensare, di tempo per se stesso, per riordinare le idee e c'era solo un posto dove avrebbe potuto farlo.
Sapere che Seijuurou indossasse ancora quel bracciale lo aveva reso felice e sapeva che non avrebbe dovuto sentirsi così, eppure non riusciva a scordarsi la sensazione della mano e il calore che aveva provato quando sentì le labbra posarsi sulla sua guancia.
Era tutto sbagliato, tutto quanto. Non era giusto. Non era corretto nei confronti di Kagami e non lo era nemmeno per Mayuzumi.
Kuroko aveva preso una decisione otto anni fa, non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, allo stesso tempo era consapevole di non avere scelta. Era ancora innamorato di Akashi, comunque, in qualche modo, entrambi si erano rifatti una vita, perché era giusto così.
Quando arrivò a destinazione, rimase sorpreso, nel vaso c'erano dei fiori appassiti da poco. Solo una persona avrebbe potuto far visita a quel luogo triste e freddo, dove si piange, Kuroko non lo fece, non pianse; dopo aver buttato quelle che un tempo dovevano essere delle bellissime rose bianche ed aver cambiato l'acqua, sistemò con cura le fresche margherite gialle che aveva acquistato per l'occasione.
S'inginocchiò sull'erba umida e con la mano accarezzò la piccola fotografia, ritraeva un uomo e una donna teneramente abbracciati.

«Mammma, papà, sono a casa.».

*

La pausa pranzo all'ospedale era sempre caotica, per questo avrebbe dovuto ringraziare Takao che si divertiva a preparare il bentou per entrambi; erano ridicoli, infantili e fatti in modo tale che si creasse una ‘coppia’. Midorima aveva rinunciato a lottare per i suoi diritti – ovvero di avere un bentou normale – molto tempo fa, un po' perché sapeva che non avrebbe mai potuto vincere contro l'ostinazione dell'altro, un po' perché gli permetteva di evitare la calca e di stare insieme al compagno in tutta tranquillità.
Aprì il proprio porta pranzo e trovò la sorridente faccia di Minnie pronta per essere mangiata, non ci volle molto per capire cosa avesse creato questa volta Takao con le sue abili mani; Midorima si era arreso, però proprio non riusciva a capire perché toccasse sempre a lui il personaggio femminile – come se non fosse già abbastanza imbarazzante mangiare dei bentou per bambini – .

«Ho incontrato Midorima-san, mi ha detto che oggi hai ricevuto una visita da un vecchio amico.».
«Sì è così».
«Ne Shin-chan ~ devo essere geloso per caso?».
«Era solo Akashi.».
«È strano che venga a trovarti in ospedale, è successo qualcosa?».
«Più o meno.».
«Capisco ~ ».

Senza preavviso Modorima si ritrovò stretto in un abbraccio soffocante, iniziò a divincolarsi senza successo – una volta che l'aveva afferrato c'erano poche possibilità di liberarsi da quella stretta – , Takao era un pitone, un pitone molto carino e affettuoso, un piccolo segreto che teneva per sé, non glielo avrebbe mai detto.
Quando Takao decise finalmente di staccarsi, entrambi tornarono a mangiare il loro pranzo in silenzio e Midorima ne approfittò per ripensare all'incontro che aveva avuto con Akashi.
Dopo avergli chiesto se fosse ancora innamorato di Kuroko, aveva ascoltato la risposta che era stata data con un filo di voce, come se si fosse trattato di una confessione che lui non avrebbe dovuto ascoltare; senza sapere cosa dire, aveva visto l'amico alzarsi e uscire dalla stanza con la scusa di voler fare una passeggiata per la città, non prima di avergli chiesto di non prestare particolare attenzione a quello che aveva detto — Fatto sta che ormai Midorima aveva sentito la risposta alla sua domanda e quelle parole risuonavano nella sua mente.

 

«Sono sempre stato innamorato di Tetsuya, ma arrivati a questo punto... non avrei mai voluto esserlo








 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u

 

 

Eccoci alla fine del quarto capitolo. Eeeeeh sì è comparso Midorin insieme a Takao! E ovviamente li incontreremo anche più avanti, devo ammettere che Midorin è un personaggio importante in questa fic, infondo è il migliore amico di Akashi, infatti è proprio da lui che va per raccontare dell'incontro con Kuroko. Anche se Akashi sostiene di non voler dire niente a Kise e Aomine, non preoccupatevi(?) ci saranno anche loro *^*)/
Questo possiamo definirlo come un capitolo di passaggio, anche se ha la sua importanza: Akashi si confida con l'amico ammettendo che avrebbe preferito non stare con Kuroko, di non amarlo affatto visto al punto a cui sono arrivati; Kuroko da parte sua realizza quanto sia felice di sapere che Akashi non l'ha dimenticato, e che porta ancora il bracciale che aveva disegnato per lui, inoltre per schiarirsi le idee va a trovare i genitori al cimitero, ebbene sì, Kuroko non ha i genitori e anche questo aspetto verrà approfondito più avanti ~

Piccoli chiarimenti: probabilmente lo sapete tutti, comunque il Lucky Item è l'oggetto fortunato del giorno di Midorin; il bentou sarebbe il pranzo al sacco.

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

 

Ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 6
*** 5 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.





 

I piedi si fermarono davanti un imponente grattacielo e non fu particolarmente sorpreso quando scoprì che non era stato il solo ad avere la splendida idea di andare lì.
Non c'era un motivo preciso, semplicemente pensavano allo stesso modo.

«Chihiro mi aveva detto che oggi avreste lavorato tutto il giorno. Come mai sei qui Tetsuya?».
«Non c'è un motivo preciso Akashi-kun. Tu invece? Come mai sei qui?».
«Non c'è un motivo preciso, Tetsuya.».
«Capisco.».

Uno di fianco all'altro, decisero di non guardarsi rimanendo in silenzio.
Kuroko, con la testa rivolta verso l'alto, continuava a guardare rapito l'edificio in cui era cresciuto; dopo aver fatto visita ai suoi genitori, si era reso conto di quanto in realtà gli fosse mancata casa in cui era cresciuto e di quanto avesse sempre sperato di poterci fare ritorno, almeno una volta.
Senza far trasparire le sue emozioni e ostinandosi a non guardarlo, spezzò la calma apparente, «Vuoi salire?» — E si pentì subito di averlo fatto. Poteva sentire distintamente il sorriso che conosceva bene farsi strada sul volto dell'ex compagno.

«Con piacere.».

*
 

«Se mangi così in fretta ti prenderà una congestione Taiga.».
Il ragazzo in questione, ingoiò l'ennesimo boccone che aveva in bocca, «Oi Tatsuya! Non sei mia madre, smettila!».
Il moro si concesse un sorso d'acqua e si pulì le labbra con il fazzoletto, nascondendo il sorriso divertito, «Almeno mastichi quello che mangi o lo ingoi sano?».
«Ti ho detto di smetterla!».

Era una piccola okonomiyaki-ya il posto dove avevano deciso di fermarsi a pranzare; i tavoli non erano coperti da tovaglie, bensì delle grandi piastre – incorporate all'interno di essi – occupavano quasi tutta l'area disponibile, lasciando però il giusto spazio per non ustionarsi accidentalmente.
Nel locale caldo e accogliente che profumava di cucinato, risuonava il chiacchiericcio della gente e lo sfrigolio degli impasti sulle teppan.
Tatsuya aveva optato per un okonomiyaki a base di pesce, mentre l'amico ne aveva ordinate troppe per potersele ricordare. Il fatto che Taiga mangiasse tanto – no, ‘tanto’ era riduttivo – non era una novità, nonostante tutto non ci si sarebbe mai abituato.

«Comunque Tatsuya, tu e quel gigante come vi siete conosciuti?».
«Intendi Atsushi? — Potresti almeno ricordarti come si chiama.».
«Lo sai che non sono bravo con i nomi.», borbottò mentre versava l'ennesimo impasto sulla teppan, «E poi non si è nemmeno presentato.».
«Ora che ci penso hai ragione. Era troppo preso da Kuroko-san.».
Improvvisamente una forte tosse coprì gli altri rumori e Tatsuya si affrettò a versare dell'acqua nel bicchiere dell'amico, «Tutto bene? — Ecco perché ti dico sempre di masticare.».
Ignorando la presa in giro, Taiga finì di bere calmando la tosse e ricominciò a mangiare chiudendosi nei suoi pensieri.
Per quanto ci avesse provato proprio non riusciva a togliersi dalla testa il nome ‘Aka-chin’. Non poteva essere lui giusto? Non doveva essere lui — «Senti, posso farti una domanda Tatsuya?».
Gli occhi grigi si fissarono sull'altro cercando di capire quale fosse il problema, perché ormai era ovvio che qualcosa non stesse andando nel verso giusto.
Con un cenno del capo lo esortò a continuare, «Dimmi pure.».

«Ecco... il tuo fidanzato ti ha mai parlato di questo ‘Aka-chin’? Sai come si chiama per caso?».
«No, Atsushi non ha voluto dirmi niente, questo mi fa capire che tu e Kuroko-san non siete ancora arrivati a parlare delle storie passate, è così?».
«Non proprio. Kuroko sa che io e te siamo stati insieme, però lui non ha mai voluto parlarmi del suo passato. Lo ha fatto solo una volta ma... ».
«Ma?».
«Niente, lascia perdere.».
Un sorriso comprensivo apparve sul volto del moro, «Da quanto state insieme?».
«Quasi tre anni, più o meno. Perché me lo chiedi?».
«Curiosità.».
Un sonoro sbuffo scappò dalle labbra del ragazzo dai capelli rosso scuro, «Odio quando fai così, non riesco mai a capire cosa ti passa per la testa.».
«Stavo semplicemente pensando che è strano, state insieme da tanto tempo eppure continuate a chiamarvi per cognome, comunque tolta questa stranezza, mi piace Kuroko-san.».
«Ti piace?».
«Sì, è una brava persona e state bene insieme. Vuoi un consiglio? — Cerca di dargli più tempo, si vede che Kuroko-san è una persona riservata, ma la gelosia non ti porterà da nessuna parte Taiga.».
Energicamente il più alto iniziò a stiracchiarsi sulla sulla sedia per cercare di alleviare la tensione che sentiva sulle spalle, «Sì, cercherò di fare come dici. Grazie Tatsuya.».
Ma in verità Taiga non era semplicemente geloso, era preoccupato e sapeva che, sì, il suo compagno era la persona più riservata che avesse mai conosciuto, ma non era solo quello; Kuroko nascondeva un segreto.

«Taiga, stai bene?».
«Sì, tutto apposto, sono solo... stanco, credo.».

No, non stava bene — «Scusa Tatsuya, esco un momento, devo fare una chiamata importante.».

Non poteva stare bene, perché volente o nolente, sapeva cosa avesse costretto il compagno a lasciare il Giappone.

*
 

L'appartamento in cui viveva, era un grande attico costruito su due piani, caldo e pieno di luce, le ampie vetrate lasciavano poco spazio all'immaginazione e l'arredamento rispecchiava a pieno lo spirito artista dei suoi genitori: era colorato ed eccentrico, senza risultare pacchiano o volgare. Era così che se lo ricordava.
Con le mani che tremavano leggermente per l'emozione, inserì la chiave nella serratura e quando aprì la porta tutto quello che vide fu ‘bianco’.
Dov'erano finiti i colori? Perché quella casa era così fredda? — Per un attimo si sentì le ginocchia deboli e la tentazione di stringere la mano del ragazzo affianco a lui era tanta, respirò a fondo, una volta che ebbe ritrovato il controllo di sé non ne sentì più l'urgenza.

I suoi genitori erano morti e lui otto anni fa era partito, ecco perché.

Almeno prima di andarsene si era assicurato che un'impresa di pulizie andasse a svolgere il proprio mestiere una volta al mese, senza contare che aveva continuato a pagare le bollette e il condominio per tenere vivo l'appartamento, questo era stato il minimo che aveva potuto fare.
Si era quasi rassegnato alla visione sterile, quando delle abili mani iniziarono a far tornare alla luce tutti i colori caratteristici dell'abitazione.
Seijuurou si era affrettato a togliere i teli bianchi, perché aveva visto gli occhi azzurri oscurarsi, annuvolarsi, come se fosse dovuto arrivare un temporale e lui amava troppo quello sguardo chiaro e caldo, non avrebbe mai voluto vedere Tetsuya piangere.
Con un unico movimento fluido scoprì l'elegante pianoforte a coda e lasciò cadere il lenzuolo a terra insieme agli altri, «Adesso va molto meglio, non pensi anche tu?».
Sentendosi stanco, l'azzurro si sedette sul grande divano rosso e Seijuurou non perse tempo per sedersi accanto a lui.
Gli sguardi s'incontrarono a metà strada per qualche secondo, poi Tetsuya distolse il proprio. Si sentiva a disagio e le iridi magnetiche, troppo intense, non lo aiutavano a rilassarsi, per niente.
Cercando di calmarsi inspirò profondamente, di nuovo, e si preparò per guardarlo un'altra volta, «Ti ho chiesto di salire perché volevo ringraziarti, Akashi-kun. Stamattina sono andato a trovare mamma e papà, era tutto pulito e in ordine, c'erano anche dei fiori e so che puoi essere stato solo tu, quindi, grazie.».
«Non devi ringraziarmi per una cosa simile, per me è un piacere fare visita ai tuoi genitori. E non sono il solo.».

Il silenzio e la tensione tornarono ad essere padroni indiscussi, era una situazione del tutto ridicola agli occhi di Seijuurou; quante volte erano stati semplicemente abbracciati a vedere la televisione su quel divano? Quante volte era stato in quella casa? — Erano troppe per potersele ricordare tutte e anche se gli aveva fatto male vedere l'abitazione ridotta in quel modo, da una parte si era sentito sollevato, le cose che avevano fatto insieme, erano rimaste solo loro, eppure non poté fare a meno di chiedere, «Come mai non sei qui con lui?».
«Non avrei mai potuto farlo, ci sono così tanti ricordi... Kagami-kun fa parte del presente, solo questo. Non ha bisogno di sapere il mio passato.».



Tra le pareti di una stanza color pastello risuonavano le note di un violino incostante. L'archetto si muoveva e poi si fermava quando toccava la corda sbagliata, spezzando l'armonia del pezzo che avrebbe dovuto eseguire alla perfezione affinché le orecchie potessero coglierne tutta la bellezza e la poesia.
Era stato suo padre ad assegnarglielo e Tetsuya ci teneva a portare a termine il compito, non voleva deludere il grande violinista, anche se sapeva che non se la sarebbe mai presa per così poco, anzi era stato Tetsuya stesso a decidere di imparare a suonare il violino, anche se allora era solo un bambino.
Stava per riprendere quando la porta si aprì «Come sta andando?».
«Non bene, continuo a sbagliare un passaggio.».
Sorridendo Seijuurou aprì le braccia invitandolo e l'altro non si fece problemi ad abbracciarlo posando la testa sul petto, «Forse hai solo bisogno di una pausa.».
La mano iniziò ad accarezzargli i capelli trattenendolo più a sé e l'azzurro ne approfittò per respirare l'odore che tanto gli piaceva. Seijuurou aveva un buon profumo, lo faceva calmare.

«No, ho bisogno di riuscire a suonare senza commettere errori.».
«Così cocciuto il mio Tetsuya... Se proprio non vuoi fare una pausa, allora non mi resta che aiutarti. Prendi il violino, scendiamo in salotto.».

Tetsuya curioso lo seguì e rimase ancora più confuso quando vide il fidanzato sedersi al pianoforte, ma i suoi dubbi vennero subito chiariti.

«Evidentemente il metronomo non ti è sufficiente per seguire il tempo, quindi ti accompagnerò io.».
«Sei — ».
«Prima suonerò da solo in modo che tu possa studiare lo spartito.».

E Seijuurou iniziò a suonare senza dargli la possibilità di replicare, mentre le gemme azzurre si soffermarono ad osservare le mani abili muoversi sulla tastiera bianca e nera. Erano eleganti e ipnotiche, quelle mani erano sue.
Riprendendo il controllo dei suoi pensieri iniziò a studiare lo spartito, ascoltò cercando di memorizzare tutte le pause e mentalmente cercò di sovrapporre i due strumenti creandosi una vaga idea di come sarebbe dovuto essere il risultato finale.

«Sei pronto?».

Non rispose, sorridendo Tetsuya posizionò il violino correttamente e poggiò delicatamente l'archetto sulle corde. Chiudendo gli occhi si concentrò sul pianoforte, quando riconobbe il momento per attaccare anche le sue mani iniziarono a muoversi e non si fermarono più, fino a quando non riuscirono ad eseguire il brano alla perfezione.


«A me sembra più che sia tu a non voler avere un passato, sbaglio forse?».
A quella affermazione gli occhi di azzurri si fecero più grandi, no non sbagliava — Senza far trapelare le proprie intenzioni si alzò dal divano, voleva allontanarsi il più possibile, si voltò dandogli la schiena, però riuscì a fare solo qualche passo; Tetsuya sentì un leggero fruscio e due mani che conosceva bene si posarono sulle sue spalle, mentre un paio di labbra, le stesse che aveva amato perdutamente e che amava ancora, che non erano più sue, sfiorarono il suo orecchio — «Ma un passato ce l'hai, in quel passato ci sono io e io non ti permetterò di rimuovermi tanto facilmente.».
Incapace di rispondere, per uno stupido riflesso naturale, l'azzurro si girò cercando di scansarlo bruscamente, con il risultato di ritrovarsi ancora una volta a specchiarsi in quello sguardo risoluto.
Erano vicini, troppo vicini per Tetsuya, non abbastanza per Seijuurou; se il primo indietreggiava, il secondo avanzava e andarono avanti finché Tetsuya non urtò il pianoforte a coda, trovandosi incastrato tra quest'ultimo e il corpo dell'ex amante.

«Ti ricordi quanto ci piacesse suonare insieme Tetsuya? Ti ricordi quali brani?».

Sì — Non rispose.

«Ti ricordi che mi chiedevi sempre di leggerti poesie?».

Sì — Non rispose.

Seijuurou fece scorrere le mani lungo le sue braccia fino ad intrecciare le dita con quelle dell'altro, erano fredde.

«Ti ricordi come ci prendevamo per mano? — Era così naturale.».

Sì — «Akashi-kun, per favore — »,

«Quante cose hai dimenticato di me?».

Nessuna, nemmeno una — Con piccoli strattoni poco convincenti cercò di liberarsi dal contatto tanto intimo e delicato, senza riuscirci.

Tetsuya si sentiva debole, sia fisicamente che mentalmente, il suo corpo era pervaso da brividi di freddo e allo stesso tempo aveva caldo, non era nelle giuste condizioni per poter affrontare una discussione simile, anche se molto probabilmente non sarebbe mai stato pronto per quel tipo di confronto.

«Tetsuya, perché te ne sei andato?».

Perché — Non era necessario che Kagami conoscesse il suo passato e non era necessario che Seijuurou sapesse la verità.

‘La verità verrà sempre premiata’, era questo che gli era stato insegnato fin da bambino e aveva sempre creduto in quel valore, ma si era dovuto ricredere.
Otto anni fa l'aveva cercata, la verità, l'aveva trovata e tutto il suo mondo era andato in pezzi, perché il valore tanto nobile l'aveva costretto a lasciare da sola la persona che amava, la città in cui era cresciuto, tutti i suoi più cari amici.
La verità non aveva portato altro che dolore nella sua vita e non avrebbe mai permesso che la stessa verità ferisse qualcun altro, sopratutto non Seijuurou.

Deciso lo guardò negli occhi, «Te l'ho detto — ».
«No, mi dispiace, questa volta non accetterò un misero ‘perché dovevo farlo’ come risposta.».
«Si può sapere cosa vuoi da me? — Sono passati otto anni Akashi-kun.».
«Semplicemente la verità, Tetsuya.».

Cosa c'è di così nobile? Perché le persone si ostinano a voler sapere? — Finalmente riuscì a liberarsi le mani e con le poche forze rimaste lo scansò, il tanto che bastava per permettergli di togliersi da quella posizione pericolosa, anche se non servì a molto.
Seijuurou, rapido, lo aveva ripreso e messo con le spalle al muro – letteralmente – , mentre il cellulare nella tasca dei pantaloni iniziò a squillare.

«Non rispondere. Non abbiamo finito di parlare.».
«Invece sì, Akashi-kun. Non c'è nient'altro di cui discutere.».

Tutta la determinazione scomparve nel momento in cui Tetsuya sentì la mano gentile posarsi sulla sua guancia, per quanto non volesse interrompere il momento, sapeva che farlo sarebbe stata la scelta migliore, per tutti. Delicatamente afferrò il polso di Seijurrou con tutta l'intenzione mettere fine a quel contatto, poi si bloccò rendendosi conto che non avrebbe mai potuto farlo — No, non poteva farlo, non dopo aver sentito il bracciale che aveva disegnato per lui, la camicia bianca poteva nasconderlo ai suoi occhi, ma non poteva ingannare le sue dita che piano iniziarono a percorrerne i contorni.

«Tetsuya, guardami.».

Lo fece, lo guardò e quando si specchiò negli occhi dell'altro non si pentì di averlo fatto, almeno con se stesso doveva essere onesto.
Una delle cose che gli era mancata di più, era proprio di poterlo guardare negli occhi per capire come si sentisse. Non lo faceva perché Seijuurou fosse chiuso nei suoi confronti, semplicemente adorava poter cogliere le più piccole sfumature dei suoi umori e per poterci riuscire gli bastava guardarlo; in quel momento poteva vedere della confusione.
Le iridi dal colore diverso davano voce a tanti sentimenti contrastanti, uno in particolare prevaleva sugli altri ed era ‘preoccupazione’.

Perché quello sguardo inquieto? — «Akashi-kun?».

Non ricevette nessuna risposta, come se non bastasse Seijuurou era vicino, troppo vicino e non accennava minimamente a volersi fermare.
Immobile, senza sapere cosa fare, Tetsuya gli permise di invadere ulteriormente il proprio spazio personale. Non sarebbe dovuta andare così.
No, non avrebbe dovuto incontrarlo, non avrebbe mai dovuto trovarsi in quella situazione, perché tutto di lui gli era mancato. Seijuurou lo rendeva vulnerabile.
Era tutto sbagliato, decisamente, irrimediabilmente sbagliato, eppure l'unica cosa che riuscì a fare fu chiudere gli occhi e aspettare che le labbra che amava lo raggiungessero — «Sei-kun.».

*


Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La invitiamo a richiamare più

Kagami inspirò ed espirò lentamente per cercare di mantenere la calma, non sarebbe servito a niente agitarsi per una sciocchezza simile. Kuroko glielo aveva detto che sarebbe stato impegnato tutto il giorno con il lavoro, ecco perché non aveva risposto, non doveva allarmarsi inutilmente.
Continuando a ripetersi che sarebbe andato tutto per il meglio, rientrò nel locale dove ad aspettarlo c'era il sorriso comprensivo di Tatsuya.

«Non ha risposto?».
«No, comunque aveva detto che sarebbe stato occupato, in più lui ama il suo lavoro quindi... ».

Ed era vero, era tutto vero, ecco perché Kagami non riusciva a capire. Perché non poteva fare a meno di sentirsi tanto angosciato?







 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u

 

Eccoci alla fine del quinto capitolo. Oh well, that escalated quickly :vv

Andiamo per ordine va xD Dopo essere uscito dall'ospedale Akashi va davanti all'edificio dove viveva Kuroko e Kuroko fa lo stesso dopo aver lasciato il cimitero, inoltre abbiamo scoperto chi è stato a portare i fiori sulla tomba dei genitori di Kuroko, Akashi sottolinea di non essere il solo, perciò anche i membri della Kiseki ogni tanto hanno questa accortezza.
Akashi versione stalker perciò fa la sua comparsa diventando molto insistente, vuole sapere la verità e qui si scopre che Kuroko si è pentito di averla cercata, perché lo ha portato a lasciare tutto e tutti, una verità dolorosa eeeeh vabbè------
Kagami invece è con Himuro ad arrovellarsi il cervello su chi sia “Aka-chin”, scopriamo inoltre che Kagami conosce il segreto di Kuroko, ed è preoccupato. La domanda è: Kuroko glielo avrà detto spontaneamente o no? Mah a voi la risposta.

Per i più curiosi vi metto il link del brano che Kuroko suonano insieme nel flashback

https://www.youtube.com/watch?v=wznQQv1IOW4

Qui invece trovate i brani che Kuroko e Akashi suonavano insieme nella mia testa, ascoltateli perché sono davvero molto belli <3

https://www.youtube.com/watch?v=mZapeCW_QPY 
https://www.youtube.com/watch?v=IPYHy8k9Z34 
 

Piccoli chiarimenti: come ho già spiegato in un precedente capitolo, l'okonomiyaki-ya è un locale che serve solo okonomiyaki e le teppan sono le piastre incorporate nel tavolo

 

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

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Capitolo 7
*** 6 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.






 

In silenzio, trattenendo il fiato, aspettava; con gli occhi ben chiusi, per la paura di vedere, aspettava.
La testa gli faceva male, le ossa gli facevano male, nonostante tutto l'azzurro continuava ad aspettare che la collisione più dolce e devastante arrivasse — «Sei-kun.».
Poteva sentire l'adrenalina, l'emozione e l'ansia scorrere a fiotti nel proprio organismo. Avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non riuscì a muovere nemmeno un muscolo.

Poteva solo aspettare... aspettare... aspettare —

«Tetsuya, tu hai la febbre.».

Gli occhi si aprirono sorpresi, «Eh?».
Il bacio che stava aspettando non sarebbe mai arrivato, lo capì quando sentì le labbra dell'altro posarsi nuovamente sulla sua fronte.

«Hai la febbre alta.».

Ecco, ora si spiegava tutto, infondo era da quando si era svegliato che non si sentiva bene.
«Non ti preoccupare non è niente.», posando una mano sul suo petto gli fece intendere di allontanarsi e, per la prima volta, Seijuurou lo ascoltò restituendogli il suo spazio, «Scotti, questo non è ‘niente’.».
«Invece sì, probabilmente è colpa dello sbalzo climatico e... dello stress.».
Senza poter nascondere un piccolo sorriso, il rosso inarcò un sopracciglio, «Stress?».
«Sì, stress.».
La mano tornò a posarsi sulla guancia calda e arrossata, «E dimmi, sono io a stressarti tanto da farti venire la febbre?».
Questa volta riuscì a cacciarla senza esitazioni, «No, sono solo indietro con il lavoro Akashi-kun.».
«Oh, vedo che hai ricominciato a chiamarmi per cognome, comunque rimanderemo questo discorso ad un altro momento.», aggiunse quando vide l'altro muovere le labbra per rispondere a tono alla sua piccola provocazione, «Hai bisogno di riposare.».
«Non è necessario.».
«Sì che lo è. Guarda, ti reggi a malapena in piedi.».

Sapendo che non ci sarebbe stato modo di poterlo convincere del contrario, si limitò a seguirlo su per la scalinata di vetro fino ad arrivare in camera sua e lì altri teli bianchi vennero fatti cadere a terra.
Tetsuya si offrì di aiutarlo per fare il letto, Seijuurou rispose che non ce ne sarebbe stato bisogno e quando finì di sistemare le lenzuola pulite, gli intimò di stendersi.
Appena posò la testa sul cuscino, l'azzurro tirò un sospiro di sollievo e resistendo alla tentazione di chiudere gli occhi, si limitò ad osservare l'altro indaffarato a togliersi la giacca del completo e ad allentare la cravatta; per un momento scomparve dalla sua vista e quando l'ex compagno tornò, in una mano teneva un piccolo asciugamano bagnato e le maniche della camicia erano arrotolate fino ai gomiti, lasciando del tutto esposto il gioiello che ciondolava dal suo polso.
Tetsuya era talmente concentrato a fissarlo da rendersi conto solo dopo che Seijuurou si fosse seduto sul letto vicino a lui, per amor di precisione se ne accorse quando la pezza fredda venne posata sulla sua fronte, costringendolo a rabbrividire per il contrasto di temperatura.

«Sì è fastidioso, ma cerca di sopportarlo altrimenti non — Tetsuya?».

Le iridi azzurre, lucide a causa della febbre, cercarono lo sguardo in cui amavano specchiarsi; Tetsuya non gli avrebbe mai domandato perché lo portasse ancora, sapeva che la risposta gli avrebbe fatto male, comunque ciò non gli impedì di accarezzare di nuovo quel bracciale.

«Ho provato a toglierlo. Semplicemente non ci sono riuscito.».
«Avresti dovuto farlo però.».

Seijuurou non rispose, non chiese ‘perché’, si limitò solo a non interrompere il contatto visivo, permettendo a Tetsuya di poterlo leggere ancora una volta — «Sarebbe stata la scelta giusta da fare e tu fai sempre la scelta giusta Akashi-kun.».
Con un sorriso ironico si alzò dal letto, abbassò le maniche della camicia, strinse la cravatta e indossò nuovamente la giacca firmata — «Chi ti dice che non l'abbia fatta anche in questo caso? — Ora cerca di dormire.».
«Torni a lavoro?».
«No, vado a cercare una farmacia, altrimenti dubito che la febbre passerà.».
«Grazie, ma non c'è bisogno di disturbarsi tanto.».
«Nessun disturbo, prendo le chiavi così sono sicuro che non scapperai.», ribatté con una nota di sarcasmo.

Gli occhi color cielo seguirono il ragazzo lasciare nuovamente la stanza e quando Seijuurou scomparve dalla loro visuale, l'azzurro continuò a seguirlo affidandosi al suo udito: le orecchie captarono i passi leggeri scendere le scale, per un attimo ci fu del silenzio e alla fine sentì la porta sbattere. Era rimasto solo, solo in una casa piena di ricordi.
Non scese al piano di sotto, non ci provò nemmeno a lasciare l'appartamento, sapeva che sarebbe stato solo uno spreco di energie. Conosceva fin troppo bene Seijuurou e si sentiva libero di poter affermare che, al cento per cento, avesse chiuso la porta a chiave.
Sorrise tra sé e sé, non era forse un sequestro di persona quello? —
Arreso al fatto di non poter andare via, con la mente tornò indietro nel tempo. Tetsuya poteva vedere sua madre nel proprio studio intenta a disegnare bellissimi gioielli, un giorno non molto lontano sarebbero diventati reali; poteva vedere suo padre esercitarsi con il violino per un concerto importante, uno dei tanti.
Ecco come era cresciuto, in mezzo all'arte, in mezzo alle cose belle, anche se sapeva che non avrebbe mai potuto essere bravo come lo erano stati i suoi genitori: Tetsuya si limitava a disegnare cose preziose, sua madre rendeva tangibili i disegni che raffigurava; Tetsuya suonava il violino, molto bene, eppure le sue mani non sarebbero mai state abili come quelle di suo padre.
Ogni volta che la realtà veniva a bussare alla sua porta, l'azzurro l'accoglieva con un sorriso, perché non era importante. Niente poteva prendere il posto dei consigli di sua madre o di un complimento di suo padre per un pezzo difficile ben eseguito; i loro abbracci erano confortevoli, caldi e quel calore non era mai scomparso, nemmeno dopo avergli confessato di essersi fidanzato con il vice-capitano della squadra di basket, anzi forse erano ancora più carichi d'affetto e d'amore.
Cullato dalla memoria, gli venne nostalgia; si tolse dalla fronte la pezza ormai della sua stessa temperatura e decise di alzarsi dal letto, da sotto la scrivania tirò fuori il suo violino, lo liberò dal fodero rigido e dalla federa di seta, per poi restare semplicemente ad ammirarlo.
Era troppo stanco per suonare e anche se avesse voluto farlo non sarebbe stato possibile,
gli bastò uno sguardo per capirlo, infondo suonava quello strumento da quando aveva cinque anni. Le corde erano inutilizzabili, così come la pece e i crini dell'archetto si erano consumati, spezzandosi di conseguenza.
Prima di lasciare il Giappone, otto anni prima, aveva pensato di portarlo con sé, poi si chiese perché avrebbe dovuto farlo, suo padre non sarebbe stato lì ad incoraggiarlo, sua madre non gli avrebbe più chiesto di suonare per lei e Seijuurou non l'avrebbe più accompagnato al pianoforte, che senso avrebbe avuto portarsi dietro così tanta tristezza quando voleva semplicemente dimenticare? —
Sì, Kuroko voleva dimenticare tutto, anche al costo di sacrificare i bei ricordi, i suoi sentimenti, e pensava di esserci riuscito, invece era solo un'illusione.
Gli era bastato che Seijuurou si avvicinasse di più a lui, gli era bastato sentire il suo profumo, le sue mani, per fargli sussurrare ‘Sei-kun’, per fargli chiudere gli occhi e aspettare un bacio che, fortunatamente, non era arrivato, per quanto lo desiderasse era consapevole del fatto che baciarlo avrebbe solo complicato le cose.
Sospirando appena, richiuse lo strumento rimettendolo al proprio posto, poi con decisione aprì l'armadio e tirò fuori una scatola bianca. Era così che aveva cercato di nascondere la verità, mettendola in una scatola e seppellendola nel doppiofondo di un armadio, anche se sapeva che sarebbe stato inutile.
Sedendosi sul letto, con le mani che tremavano, estrasse una serie di documenti e rilesse per la millesima volta la cartella clinica che aveva portato il freddo nella sua vita.
Aveva perso i suoi genitori e non poteva incolpare nessuno, però scegliere di perdere la persona che amava, era stata una sua decisione e doveva portarla a termine.
Ricordava bene il giorno in cui si era svegliato in quel letto d'ospedale. Ricordava bene l'espressione terrorizzata di Seijuurou e aveva giurato a se stesso che non avrebbe più voluto vederlo in quello stato, non per colpa sua.
Strinse al petto con forza la cartella che aveva in mano e si morse le labbra per cercare di trattenere i singhiozzi.

Perché stava piangendo? — Piangere non sarebbe servito a niente.

Piangere non avrebbe cambiato il risultato di quell'esame. Piangere non avrebbe trasformato la scritta ‘positivo’ in ‘negativo’.
Ecco perché piangeva. Perché ancora una volta non c'era un colpevole su cui potersi sfogare, perché non era colpa di nessuno, perché era così e basta. L'unica cosa che aveva potuto fare, fu accettare la situazione e farsela andare bene.
Sapeva che versare stupide lacrime sarebbe stato inutile, solo che questo era troppo anche per lui.
Tetsuya smise di trattenersi e lasciò che i singhiozzi uscissero fuori dalle sue labbra facendo tremare il suo corpo senza alcun controllo; continuò a piangere.

 

*

«Ecco signore, il suo resto.».

Senza prestare attenzione prese i soldi mettendoli nel portafoglio ed uscì dalla farmacia, non si disturbò nemmeno a rispondere al cortese ‘passi una buona giornata’ della commessa, perché non era una buona giornata.
Confondendosi tra la folla, Seijuurou raggiunse nuovamente il grattacielo dove Tetsuya lo stava aspettando; prese l'ascensore e una volta entrato in casa si tolse le scarpe, solo dopo aver appeso il cappotto all'appendiabiti si rese conto del silenzio surreale che riempiva ogni angolo dell'appartamento.
Era tutto così tranquillo da farlo sentire agitato, da fargli pensare che potesse essere successo qualcosa. L'ipotesi spaventosa fece muovere i suoi piedi ad un passo sostenuto e si fermarono solo dopo essere entrati nella stanza color pastello, dove il ragazzo dai capelli azzurri stava dormendo beatamente.
Tirando un sospiro di sollievo, Seijuurou posò la busta con i medicinali sul comodino e con la mano controllò se la febbre fosse scesa, ovviamente no. Decidendo comunque di non svegliarlo, si sdraiò sul letto vicino a lui e dopo qualche minuto si trovò Tetsuya addosso. Sorrise nel costatare che non fosse cambiato affatto sotto quell'aspetto.
No, Tetsuya non stava facendo finta di dormire e non lo stava abbracciando perché l'avesse magicamente riconosciuto nel sonno. In quella intima stretta non c'era nessun significato celato da dover analizzare, semplicemente succedeva che se Tetsuya avvertiva la presenza di qualcuno accanto sé, allora lo abbracciava, niente di più e niente di meno.
Sorrise di nuovo nel ricordare che il suo piccolo vizio, estremamente fastidioso, aveva causato non pochi problemi e malintesi durante i loro ritiri sportivi – Seijuurou si era anche trovato costretto a dover minacciare di morte un paio di volte sia Daiki che Ryouta – , ma quando andava dal suo fidanzato per esprimergli garbatamente la propria irritazione, la risposta che riceveva era sempre la stessa — ‘non posso controllare quello che faccio nel sonno Akashi-kun’, così aveva inizio la loro personalissima guerra fredda.
Le braccia di Tetsuya lo strinsero un po' di più e le iridi dal colore diverso si soffermarono sulla figura rilassata dal volto arrossato.
«Cosa mi stai nascondendo? Perché te ne sei andato?».
Il cellulare nella tasca interna della giacca iniziò a vibrare, fu allora che si accorse che per poter leggere il messaggio avrebbe dovuto smettere di accarezzare la chioma azzurra, ad essere sinceri non ricordava nemmeno quando avesse iniziato a farlo.
Distrattamente lesse il messaggio: ‘Sei-chan so che è il tuo giorno libero ma potresti venire? — Ci sono dei piccoli problemi da risolvere’, poteva sentire distintamente la voce di Reo piagnucolare timorosa, comunque Seijuurou non era arrabbiato, anzi tutto il contrario, il lavoro lo avrebbe sicuramente aiutato a spegnere la mente per qualche ora.
Si alzò dal letto e dopo aver preso le necessarie precauzioni lasciò l'appartamento chiudendosi la porta alle spalle.

 

*

 

Shintarou, è insolito ricevere una tua chiamata a quest'ora — ”
Akashi! Vieni subito in ospedale, presto!”
Che cosa è successo?”
Kuroko e i suoi genitori sono rimasti coinvolti in un incidente stradale.”

Silenzio.

Akashi? Akashi, pronto Siamo all'ospedale di mio padre, ci penso io ad informare gli altri, tu preoccupati solo di venire qui va bene? Akashi mi hai sentito?”
, ci sono. Ho capito. Arrivo subito
.”


Spense la sigaretta nel posacenere e vuotò il bicchiere di whisky tornando ad esaminare i documenti che aveva portato a casa dall'ufficio.
La porta del suo studio si aprì e quando alzò lo sguardo si trovò davanti il ragazzo dai capelli argentati, il suo compagno, che lo stava guardando con aria interrogativa.

«Chihiro qualcosa non va?».
«Mi stavo solo chiedendo quando avessi intenzione di venire a letto. È tardi Sei, quelle carte sono davvero tanto urgenti?».
«Perché che ore sono?».
«Di certo non è l'ora di bere o di fumare.», disse lanciando un'occhiata al bicchiere vuoto e il posacenere sporco, «Comunque sono le tre del mattino.».
«Perdonami, ora arrivo. Tu torna pure a dormire.».

Mayuzumi sapeva bene che il compagno non l'avrebbe raggiunto quella notte e sapeva altrettanto bene che quando Seijuurou beveva o fumava, lo faceva perché qualcosa lo turbava. Il problema era che Mayuzumi non fosse mai tenuto a sapere di cosa si trattasse.

«Lo sai che puoi parlarmi di tutto vero?».
«Certo, lo so perfettamente.».

Avendo riconosciuto il gentile invito a lasciare la stanza, Mayuzumi si arrese all'evidenza e fece quello che gli era stato chiesto.


Due parole, solo due parole sarebbero bastate per descrivere il posto dove si trovavano, queste eranobianco e sterileL'intenso odore di disinfettante iniziava a dargli fastidio. I singhiozzi di Ryouta e le imprecazioni di Daiki iniziavano a dargli fastidio.

«Daiki, fare avanti e indietro per il corridoio non accelererà i tempi. Ricordati che questo è un ospedale e che non siamo soli. Siediti.».

Il ragazzo in questione non si sedette e non gli tirò un pugno dritto in faccia solo per il semplice fatto che davvero non gli andava di creare una scenata in un luogo simile, comunque Seijuurou non poté impedirgli di dar voce ai propri pensieri «Come fai ad essere così tranquillo? Tetsu potrebbe essere morto per quanto ne sappiamo e l'unica cosa a cui riesci a pensare è dirmi come devo comportarmi?».


Perché stava pensando alla sera dell'incidente? Perché la spiacevole sensazione non voleva lasciarlo in pace? — La domanda di Daiki continuava a risuonargli nella testa. come fa l'eco in una stanza vuota, ‘come fai ad essere così tranquillo?’. Forse lo era perché al tempo ancora non aveva ben capito cosa fosse successo, la sua mente si rifiutava di elaborare, di assemblare le poche informazioni che aveva a disposizione. Forse perché sentiva che se fosse crollato lui, allora sarebbe stata la fine, ma ora le cose erano diverse, Tetsuya stava bene, lo sapeva, lo aveva osservato: gli occhi chiusi si contraevano con dei piccoli spasmi e il respiro era regolare, lo aveva capito dalle spalle che si alzavano ed abbassavano ritmicamente. Istintivamente aveva immerso il volto nei capelli color cielo inspirandone il profumo; non doveva preoccuparsi, era solo un po' di febbre.
Nonostante tutto, prima di lasciarlo da solo in casa, Seijuurou si era assicurato che qualcuno sapesse dove trovarlo, aveva addirittura mandato un messaggio al suo nuovo compagno fingendosi Tetsuya; aveva cancellato ogni traccia del suo passaggio e messo la chiave di scorta sotto lo zerbino, aveva fatto tutto il possibile. Allora perché? —



«Papà ci sono novità?».
«So che vorreste avere notizie Shintarou, ma non posso, devo rispettare il segreto professionale e riferire prima ai familiari le condizioni dei pazienti, lo sai bene.».
No, non c'era nessun segreto da rispettare — «Tetsuya non ha altri parenti, solo uno zio che vive in Europa e nessuno di noi sa chi sia, quindi Midorima-sensei, ci dica come stanno... per favore.».
Seguirono attimi di silenzio interminabili, attimi in cui il neurochirurgo, con le braccia incrociate al petto, stava decidendo la giusta decisione da prendere, per poi arrivare alla conclusione che quei ragazzi, dagli occhi gonfi e avvolti nei loro pigiami, meritassero di sapere «Kuroko-kun sta relativamente bene, ha fratture multiple alle costole, una spalla lussata e diverse contusioni, traumi di lieve entità, l'unica cosa che ci preoccupa è l'edema cerebrale, dobbiamo stabilire quanto sia grande e grave per poter operare in tal senso.».

«Non si è ancora svegliato?».
«No, non ancora. Se l'edema dovesse risultare diverso da quello che ci aspettiamo probabilmente dovremmo metterlo in coma farmacologico, in modo che si possa riassorbire.».
«Kurokocchi... in coma
?».
«TETSU NON SI È ANCORA SVEGLIATO E VOI VOLETE FARLO DORMIRE DI PIÙ?».


Versandosi un altro bicchiere di whisky, ricordò di come li avesse ignorati tutti. Non c'era spazio per i singhiozzi di Ryouta né per le urla di Daiki, tanto meno per Atsushi che cercava di trattenerlo. Non c'era spazio per il dottore che cercava di rassicurarli e nemmeno per Shintarou che continuava a ripetere ʻAkashiʼ con urgenza, assicurandosi che non fosse caduto in uno stato catatonico per lo shock.
In quella sera lontana ormai, Seijuurou ricordò che c'era spazio solo per i suoi pensieri e per le sue preoccupazioni; c'era spazio solo per Tetsuya e Tetsuya non stava affatto bene, poteva non essere in pericolo di vita, comunque c'era sempre la possibilità di eventuali danni cerebrali.
Fortunatamente andò tutto per il meglio. I medici decisero in seguito che non ci sarebbe stato bisogno del coma indotto e gli occhi azzurri si aprirono spontaneamente qualche ora più tardi.
Espirando il fumo dalla bocca, ricordò che fu la prima volta in cui capì cosa volesse significare sentirsi completamente impotente. Incapace di poter fare qualcosa, qualsiasi cosa.
Non aveva mai dimenticato quella sensazione e adesso dopo tanti anni, ancora una volta, l'aveva sentita strisciare sotto la propria pelle. Perché? —

Tetsuya era tornato, stava bene quindi perché? Perché si sentiva così maledettamente impotente? —


«Shintarou mi ha detto che Tetsuya era in macchina con i genitori, loro come stanno?».
«Non ce l'hanno fatta. Il padre è morto sul colpo, la madre in ambulanza. Mi dispiace.».











 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del sesto capitolo. EEEEEEEE NO IL BACIO NON C'È STATO! Troppo facile altrimenti :vv l'unica cosa che bacia il nostro amato Sei-chan è la fronte di Kuroko <3
Andiamo con ordine, sono successe un sacco di cose in questo capitolo.
Kuroko ha la febbre e dice che è colpa dello stress, ma in realtà iniziamo ad intravedere il segreto che lo ha costretto a partire, è ben rinchiuso in una scatola che ha nascosto nel doppio fondo dell'armadio in camera sua. Akashi invece torna a casa e tramite il flashback scopriamo come Kuroko abbia perso i genitori, la domanda è come mai si senta così preoccupato nei suoi confronti, Akashi cerca di essere razionale, ma alla fine non può ignorare il suo sesto senso, lo guiderà verso la direzione giusta o no? A voi la risposta ~

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 8
*** 7 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.







 

Dove sono? — Ecco cosa pensò Kuroko quando riaprì gli occhi.
Confuso iniziò a guardarsi intorno, era solo, ed evidentemente quella non era casa sua, bensì il ryokan che aveva prenotato insieme al compagno.
La porta scorrevole si aprì e non gli ci volle molto per capire chi fosse l'intruso, anche se questo non lo aiutò a fare chiarezza, anzi servì solo a farlo sentire più spaesato.

«Finalmente ti sei svegliato, iniziavo a preoccuparmi.».
Il ragazzo dai capelli rosso scuro e dalla corporatura imponente si sedette sul tatami vicino al più piccolo posandogli una mano sulla fronte, «Pare che la febbre sia scesa, tu come ti senti?».
Come se una macchina mi avesse investito in pieno, uno schifo — «Molto meglio grazie.», facendo leva sulle braccia riuscì a mettersi seduto, «Kagami-kun, come ci sono arrivato qui?».
«Eh? Come sarebbe a dire, non ti ricordi?».
«No.».
«Non ricordi nemmeno di avermi mandato un messaggio?».
«Ti avrei mandato un messaggio Kagami-kun?».
«Sì, lo hai fatto.».
«No, non l'ho fatto.».
«Ti dico di sì!».
«Quando?».
Sentendosi leggermente frustrato per quel botta e risposta, che capitava anche troppo spesso – al quale non vinceva mai – , Kagami sfilò dalla tasca il cellulare, per una volta Kuroko aveva torto e aveva le prove per dimostrarlo.
Con un paio di colpi di tosse si schiarì la voce, «Senti qui! ‘Kagami-kun, non vorrei disturbarti ma ho la febbre alta, potresti venirmi a prendere?’ — Visto?».
No, era sicuro di non aver scritto nessun messaggio, perché mai avrebbe dovuto farlo? Per di più c'era Akashi con lui quindi — Oh...
Fu così che nella sua testa si accese una lampadina; finalmente l'arcano mistero era stato svelato, ad inviare quel messaggio non era stato lui, bensì Seijuurou.
«Scusami Kagami-kun, me ne ero completamente dimenticato.».
«Non preoccuparti, è normale sentirsi confusi dopo aver dormito per un giorno in intero.».
A quelle parole Kuroko cercò di alzarsi, l'altro non glielo permise, «Scordatelo.».
«Vorrei sgranchirmi le gambe Kagami-kun.».
«No, ti conosco e so che vuoi metterti a lavorare.».
«È solo un po' di febbre, posso farlo tranquillamente.».
«No che non puoi scemo, piuttosto fammi spazio.», senza attendere la risposta o un segno d'assenso, s'infilò nel futon matrimoniale costringendo il compagno a sdraiarsi insieme a lui, «Ora hai solo bisogno di riposare, non preoccuparti ho avvertito io il tuo amico che per un po' non saresti andato a lavoro.».
«Mayuzumi-kun?».
«Sì, ha chiamato mentre dormivi, non sapendo che fare ho risposto io, scusami.».
«Non preoccuparti, hai fatto bene. Cosa voleva Mayuzumi-kun?».
«Niente di importante, mi ha chiesto semplicemente se ti sentissi meglio.».
Stretto nell'abbraccio, posò la testa sul petto dell'altro chiudendo nuovamente gli occhi, «Bene.».

In silenzio Kagami iniziò ad accarezzare i capelli azzurri sentendosi per la prima volta più rilassato, anche se non riusciva ancora a scrollarsi di dosso la tensione, nonostante ci avesse provato svariate volte, niente sembrava funzionare; era nervoso, apprensivo, e a renderlo tale, era proprio il suo compagno.
Era a conoscenza del fatto che Kuroko non amasse parlare di sé, era a conoscenza del fatto che sapesse poco di lui ed era riuscito ad accettarlo; vivendo la loro quotidianità pensava di aver imparato a conoscerlo almeno un minimo. Si sbagliava.

«Perché non me lo hai detto?».
«Eh?».
«Il tuo amico mi ha raccontato che vi siete sentiti quella mattina e che tu gli hai chiesto di rimandare il lavoro perché non ti sentivi bene. Perché non me l'hai detto?».
«Ha davvero così tanta importanza Kagami-kun?».
«No, solo che mi sono reso conto ancora una volta che io non so niente di te.».

Kagami era nervoso e aveva iniziato a sentirsi così da quando erano arrivati in Giappone, no, forse anche da prima; da quando l'azzurro aveva deciso di accettare la proposta di lavoro le cose non erano più le stesse. Kuroko non era più lo stesso. Non conosceva quella persona, era totalmente diversa dal ragazzo che aveva imparato a conoscere, eppure, allo stesso tempo, non riusciva a capire cosa ci fosse di differente.
Nonostante tutto, continuavano a passare insieme la notte, amandosi e cercando di trattenere la voce, ma anche quella esperienza così piacevole, gli risultò estranea — No, in realtà non era del tutto corretto, si era già presentata in passato una situazione similare e quella volta, Kuroko, non aveva chiamato il suo nome.
Al tempo aveva deciso di non dargli peso visto che ancora non stavano insieme, però niente impedì alla sua mente di ricordare quel nome e non avrebbe mai voluto risentirlo.

«Cosa vorresti sapere Kagami-kun?».
La mano smise di carezzare i capelli e si infilò sotto la T-shirt iniziando a percorrere la schiena del più piccolo, «L'appartamento dove ti sono venuto a prendere è casa tua?».
«Sì, sono cresciuto lì.».
«Quindi la tua famiglia è benestante.».
«Questo ti crea dei problemi?»
«Certo che no... E i tuoi genitori? Si sono trasferiti?».
«I miei genitori sono morti Kagami-kun.».
«Scusa non avrei dovuto chiederlo.».
«Non devi scusarti, non lo sapevi e poi è successo molto tempo fa.».

Kagami era nervoso e sapeva che per far tornare tutto alla normalità sarebbe bastato salire su un aereo e tornare a Los Angeles, nella loro piacevole bolla di sapone, ma questo non era possibile e anche se ci fosse stata la più piccola possibilità di poterlo fare, Kagami non sapeva se sarebbe stato capace di continuare a far finta di niente.
Il segreto che doveva far finta di non conoscere lo stava logorando dentro, doveva fare qualcosa, altrimenti sarebbe imploso prima o poi, era solo una questione di tempo.

«C'è altro che vorresti chiedermi?».

Sì, avrebbe voluto chiedergli chi fosse ‘Aka-chin’, eppure non lo fece, rimase in silenzio decidendo di continuare a tenere l'informazione per sé.
Per qualche istante i loro sguardi s'incontrarono e Kagami lo strinse più forte. Non aveva importanza, in quel momento niente aveva importanza, se non le piccole braccia che lo stavano stringendo a loro volta, quelle braccia che erano capaci di farlo rilassare, di fargli dimenticare quanto fosse nervoso e preoccupato in realtà.

Tante cose ma — «No, infondo abbiamo tempo per conoscerci meglio giusto? — Ti aspetterò Kuroko.».
«Grazie.», sorrise chiudendo gli occhi restando abbracciato a lui.

*


Gli occhi bruciavano appena, la mano intenta a disegnare iniziava a sentirla pesante; distrattamente guardò l'orologio appeso nella stanza, le otto di sera.

«Kuroko-kun, non c'è bisogno che ti sforzi tanto te l'ho detto, come ti ho detto che potevi tornare a casa due ore fa insieme agli altri.».
«Lo so, è che sono indietro con il lavoro e poi mi sembrava scortese andare via prima di te Mayuzumi-kun.».
Con un sorriso gentile il ragazzo dai capelli argentati gli mise davanti una tazza di tè verde, «Capisco, comunque per oggi può bastare no?».
Non resistendo alla tentazione, lasciò andare la matita che teneva in mano, «Grazie.».
«Non c'è bisogno di ringraziarmi, te lo sei meritato. Vieni mettiamoci comodi.».

I due si accomodarono sull'elegante divano in pelle nera e Kuroko tirò un sospiro di sollievo, stare tutto il giorno in piedi era risultato faticoso e iniziò a pensare che forse avrebbe dovuto dare ragione a Kagami quando diceva che era ancora troppo presto per tornare a lavorare, solo che due giorni di risposo per lui erano più che sufficienti; ecco perché la mattina era sgattaiolato fuori dalla stanza senza svegliarlo e si era recato nel quartiere di Harajuku, famoso per la moda giovanile e per Omotesando, la via dove si trovavano importanti boutique d'alta moda.
Il negozio di Mayuzumi era strutturato su due piani: all'entrata principale si trovava il punto vendita, mentre al piano di sopra c'era l'atelier.
Kuroko notò subito quanto lo spazio fosse stilisticamente ricercato e ordinato, nonostante si trattasse di un semplice laboratorio.
L'amico gli fece vedere come lavoravano i sarti, i completi già pronti e quelli che dovevano essere ultimati. Ovunque si notavano bozze più o meno curate – colorate e non – , ed era l'ufficio ad esserne praticamente invaso e si trattava prettamente di completi maschili, anche se non mancava qualche modello femminile, specialmente abiti lunghi.
Kuroko aveva passato la giornata in quello studio – l'unico posto disordinato – e aveva scoperto che lo stilista aveva una vita lavorativa frenetica; i telefoni squillavano, la porta veniva aperta ogni cinque minuti dai sarti che chiedevano consigli, desiderosi che Mayuzumi andasse a controllare come stessero procedendo, magari in cerca di qualche complimento.
Era stato difficile concentrarsi all'inizio, Kuroko era abituato a lavorare con il silenzio e la tranquillità della notte, ma era indietro con il lavoro, per questo aveva deciso di restare lì e in più aveva scoperto che l'amico aveva un piano ben chiaro in mente; non voleva che i disegni fossero fatti su dei semplici fogli di carta – più o meno pregiata – , bensì su delle grandi tele momentaneamente poggiate ad un cavalletto in legno per permettergli di disegnare comodamente – ecco spiegato il motivo per cui era stato in piedi tutte quelle ore – .
Non fece domande e non gli ci volle molto tempo per realizzare che avrebbe vissuto in quel caos ancora per un bel po' di tempo.

«Finalmente un po' di pace.», disse Mayuzumi stiracchiandosi per trarre un po' di sollievo, «Spero che l'ambiente frenetico non ti abbia intimorito Kuroko-kun, perché ho davvero bisogno dei tuoi disegni.».
«No, niente del genere Mayuzumi-kun, anzi mi fa piacere che tutti prestino così tanta attenzione al proprio lavoro.».
«Sì, qui ognuno ha una sua tabella di marcia se vogliamo chiamarla così, è stato Seijuurou a propormi questo metodo a dire il vero e visti i risultati non posso lamentarmi.», allungandosi leggermente poggiò la tazza di tè sul tavolino di fronte a loro, per poi riprendere la spiegazione — «A fine giornata io e il responsabile delle vendite facciamo i bilanci dei modelli più venduti e non è insolito che qualche sarto continui a lavorare oltre l'orario di chiusura.».
«Immagino che ci sia un motivo.».
«Sì, certamente. Loro ricevono il modello da creare e sanno che deve essere pronto in una data prestabilita. Sono liberi di organizzarsi il lavoro come più li aggrada, ma se gli abiti non sono pronti e perfetti entro la scadenza assegnatagli, verranno licenziati.».
«Capisco.».
«Invece il tuo di lavoro come è andato? Ti stavi occupando del set con i rubini giusto? — Ho notato che hai fatto molti schizzi con quella pietra, immagino che sia la tua preferita o sbaglio?».

Il leggero bussare alla porta non gli diede il tempo di rispondere alla raffica di domande, si limitò con gli occhi seguì il ragazzo alzarsi per andare ad aprire.
Mayuzumi non aveva torto. Sin da quando era piccolo, Kuroko aveva imparato a conoscere le gemme. Sua madre gli permetteva di sfogliare i libri e di giocarci, lei con il dito indicava una pietra preziosa e il bambino doveva indovinarne il nome.
I colori più o meno accesi, più o meno brillanti, lo avevano sempre incuriosito e attratto, in particolare il rubino, anche se non sapeva spiegarne il perché.
Crescendo aveva deciso di volerne sapere di più e imparò tutto quello che c'era da sapere.



Le gemme azzurre leggevano frugali per l'ennesima vola i kanji che ormai conosceva a memoria, eppure Tetsuya non si sarebbe mai stancato di leggere la descrizione della sua pietra preferita.

ʻIl Rubino è un corindone rosso, un minerale di ossido di alluminio a inclusioni di cromo, responsabile del suo colore acceso. Il nome deriva dalla parola latina rubeus, che significa per l'appunto rosso. La forma del rubino può essere prismatica, bipiramidale o romboedrica e ha una lucentezza vitrea. La tonalità varia a seconda di dove viene estratto e può mostrare sfumature rosate, arancioni, viola o anche color vinaccio. Tutti i rubini naturali hanno delle imperfezioni al loro interno, comprese delle impurità di colore e delle inclusioni di aghi di Rutilio, che danno origine all'effetto seta brillante.ʼ

Tetsuya sapeva bene che pietra fosse il rubino, eppure se qualcuno gli avesse chiesto di spiegarglielo, nonostante nella sua mente fosse scolpita la giusta definizione e le giuste qualità, lui si sarebbe limitato a rispondere con un nome e un cognome.

«Tetsuya se non inizi a preparati faremo tardi.».
L'azzurro chiuse il libro alzando lo sguardo e sorrise, «Forse è per questo... ».
«A cosa ti riferisci con esattezza?», chiese Seijuurou sinceramente curioso sedendosi accanto a lui.
«Niente.», agitò appena il capo per poi poggiarsi sulla spalla dell'altro, «Pensavo solo che forse il rubino mi piace tanto perché mi ricorda te Sei-kun.».
Seijuurou non rispose, si limitò a baciargli dolcemente la fronte chiudendo gli occhi. Rimasero in silenzio per un tempo indefinito continuando a scambiarsi tenerezze, sarebbero arrivati in ritardo, entrambi arrivarono alla conclusione che non era importante
.


«Sei, che ci fai qui?».
«Mi sembri sorpreso Chihiro, dobbiamo stare sulla porta o posso entrare?».
«Certo, c'è anche Kuroko-kun.».

E il Rubino, la sua gemma preferita, la stessa che aveva rinchiuso dentro un piccolo cofanetto, comparve davanti ai suoi occhi color acquamarina.

«Tetsuya, quanto tempo. Non pensavo di trovarti qui.».
Non distolse lo sguardo e dopo aver posato la tazza di tè vicino a quella di Mayuzumi, si alzò dal comodo divano — «Perché non dovrei esserci?».
Le labbra di Seijuurou si piegarono in un sorriso ironico, «Chihiro mi ha detto che hai avuto l'influenza.».
Kuroko decise che ignorarlo fosse la strategia migliore, «Sì, ora sto meglio.».
«Piuttosto, a che devo l'onore di questa visita Sei?», chiese Mayuzumi felice per la sorpresa.
«Ho finito di lavorare prima e ho pensato di passarti a prendere, a quanto pare sei ancora impegnato.».
«No, io e Kuroko-kun stavamo solo scambiando due chiacchiere.».
«A me risulta che Matsuda-san volesse parlarti. Ti sta aspettando di sotto.».
Mayuzumi non riuscì a trattenere un piccolo sbuffo – quella giornata proprio non voleva finire – «Capito. Scusate torno subito.», rassegnato uscì dalla stanza rasserenandosi al pensiero che dopo avrebbe avuto ‘Sei’ tutto per sé.
I due, ormai soli, restarono in silenzio: Kuroko iniziò a mettere a posto le sue cose, Seijuurou si limitò ad osservarlo.
A dire il vero quest'ultimo si era scoperto piacevolmente sorpreso di quanto Tetsuya potesse scombinare i suoi piani; dopo aver riconosciuto la sgradevole sensazione farsi strada dentro di sé, aveva deciso di dare retta al consiglio di Shintarou, ovvero di continuare la propria vita, per questo era andato a prendere il compagno quella sera. Una sorpresa, una bella cena romantica, proprio come piaceva a Chihiro, essere premiato dopo una lunga giornata di lavoro.

«Proprio non ti piace restare solo con me Tetsuya?».
«È tardi Akashi-kun e poi non vorrei essere d'intralcio al vostro appuntamento.».

Sì, Seijuurou aveva quasi deciso di soccombere al fatto di non poter fare nulla, eppure rivederlo, in quell'esatto momento, aveva fatto riemergere, ancora una volta, i sentimenti tanto forti e tanto contrastanti tra loro; gli aveva fatto rendere conto di quanto fosse assurda la sua decisione, sapeva bene che sarebbe stato così ogni volta che i loro sguardi si sarebbero incontrati, non aveva senso far finta di niente e non sarebbe stato da lui.

«Geloso?».
«No, anzi ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me quando stavo male.», dalla tasca posteriore dei jeans tirò fuori il portafoglio da cui estrasse delle banconote, «Questi sono per le medicine che hai comprato e scusa ancora per il disturbo.».
Le iridi dal colore diverso si assottigliarono, offese, sentendosi insultate — «Non ne ho bisogno, mettili via. Quello che mi interessa sapere è come stai.».
«Te l'ho detto, molto meglio grazie.».
«‘meglio’ non significa stare bene.».
«Non ricordavo che fossi così pignolo Akashi-kun.».
«Pignolo dici? — No è solo una questione di sfumature, sottili, non per questo meno importanti.».
«Il fatto che abbia lavorato tutto il giorno prova che sto bene Akashi-kun, a proposito Mayuzumi-kun mi ha detto che sei stato tu a dargli dei suggerimenti.».
Appoggiando le spalle al muro, il rosso tirò fuori un pacchetto di sigarette accendendosene una — «Trovi tanto insolito che mi interessi alle persone a cui tengo e che cerchi di aiutarle se mi è possibile?».
«No, non ho detto questo.».
Con eleganza portò nuovamente la sigaretta alle labbra, «Ryouta è diventato un pilota e Daiki un poliziotto, vivono insieme adesso.».
«Sono felice per loro.».
«Shintarou come potrai ben immaginare è un chirurgo e convive con Kazunari, ti ricordi di lui?— Ci abbiamo giocato contro al liceo.».
«Certo che mi ricordo di Takao-kun.», sbuffò appena, «Uscivamo spesso tutti insieme.».
Staccandosi dal muro spense la sigaretta nel posacenere e a passo sicuro si avvicinò di più all'azzurro, nei suoi occhi poteva leggere della confusione, non se ne curò — «Anche Atsushi vive insieme al suo compagno, un certo Himuro Tatsuya che non ho ancora avuto modo di incontrare, comunque so per certo che hanno aperto un Caffè.».
«Himuro-san è un bravo ragazzo.».
«Oh, lo conosci?».
«Sì, è l'ex... — Un vecchio amico del mio fidanzato e non capisco dove vuoi arrivare Akashi-kun.».
Con un altro passo accorciò ancora di più le distanze e nonostante fossero così vicini, Seijuurou si limitò semplicemente a guardarlo, «Dove voglio arrivare... Non lo trovi divertente Tetsuya? — Per tutti questi anni sono sempre stato informato su cosa stessero facendo gli altri, mentre della persona che sarebbe dovuta essere al mio fianco, di cui avrei voluto sapere tutto, non ho mai saputo niente.».
Vide le gemme azzurre aprirsi di più, forse sorprese o forse ferite, non riusciva a capirlo perché Tetsuya non voleva che lo capisse, fatto sta che quella era una reazione e Seijuurou se la sarebbe fatta bastare.
«Questo sarebbe il momento in cui ti dovrei chiedere ‘perché te ne sei andato’, ma so bene quanto tu sia testardo e so altrettanto bene che non mi risponderai. Quindi cambierò domanda e sono sicuro che a questa potrai rispondermi.».
Decidendo di restituirgli il suo spazio, si allontanò e con pacatezza il rosso iniziò a guardarsi intorno, non ricordava che Chihiro fosse tanto disordinato; sorvolando quel pensiero si fermò davanti alla tela su cui era rappresentato un bellissimo collier — «Ricordi Tetsuya, dicevi sempre che il rubino ti ricordava me.».
«È passato molto tempo Akashi-kun e ora fa' la tua domanda.».
«Voglio davvero sapere cosa che hai fatto in questi otto anni, quindi vieni a cena con me.».

Tecnicamente quella non era una domanda, ma Kuroko non ebbe il tempo per farlo notare all'altro, la porta dello studio venne aperta e Mayuzumi fece di nuovo la sua comparsa.
Non era una bella situazione, eppure notò che Seijuurou, al contrario suo, era estremamente rilassato.
«Chihiro, che voleva Matsuda-san per trattenerti tutto questo tempo?».
«C'era un errore nei conteggi, ora abbiamo risolto. Voi invece di che stavate parlando?».
«Oh niente di che, io e Tetsuya stavamo semplicemente pensando di andare a cena fuori per parlare dei vecchi tempi, giusto?».
Ecco, perfetto, era riuscito ad incastrarlo — «Sì, anche se temo che non sarà possibile, voglio concentrarmi sul lavoro come ben sai Akashi-kun.».
«Kuroko-kun un po' di svago non ha mai ucciso nessuno, anzi direi che ne abbiamo proprio bisogno— Ho un'idea!», esclamò entusiasta, «Perché non organizziamo questa cena a casa nostra Sei? — Anche a me farebbe piacere sentire degli aneddoti sul giovane Akashi Seijuurou.».

Cosa stava succedendo? — «Non mi sembra il caso di recare così tanto disturbo.».

«Nessun disturbo Kuroko-kun, ovviamente anche il tuo compagno è invitato.».

Cosa stava succedendo? — «Non penso sia il caso Chihiro, il compagno di Tetsuya potrebbe sentirsi a disagio non conoscendoci.».

Cosa stava succedendo? — Se c'era un lato positivo in tutta quella storia era che per una volta Akashi non gli stesse remando contro.

«Non siamo più dei bambini Sei e poi ho avuto occasione di parlare con Kagami-san, non mi sembra proprio il tipo da farsi certi problemi.».
«Ti ringrazio, comunque davvero non vorrei — ».
«Te l'ho detto Kuroko-kun, nessun disturbo, è solo un piacere ospitarvi a casa nostra. Inoltre non ricordi che avevamo detto che avremmo fatto una cena tutti e quattro insieme?».
Sì, solo che era successo prima di venire a conoscenza di chi fosse in realtà il compagno di Mayuzumi — «Sì, ma — ».
«Niente ‘ma’, o forse c'è qualche problema per caso?».

Erano stati incastrati, completamente, del tutto, incastrati.
Nonostante fosse ben chiaro che nessuno dei due avrebbe voluto partecipare a quella cena, Kuroko non sapeva più che inventarsi e come se non bastasse aveva la sensazione che finché non avesse risposto di sì, l'amico non avrebbe ceduto, quindi cedette lui.

«Nessun problema Mayuzumi-kun, accettiamo volentieri il tuo invito.».
«Perfetto, allora vi aspettiamo domani per le nove.».

Basta — Velocemente indossò il cappotto e raccolse da terra la sua ventiquattrore, voleva uscire da quello studio, «Non preoccuparti, ci saremo, ora se non vi dispiace io andrei.».
 

*


Quando aprì la porta della stanza di Kagami, trovò il compagno seduto al tavolino, avvolto nello yukata intento a leggere una rivista sportiva e decise di restare sulla porta ad osservarlo in silenzio.

«Kuroko finalmente sei tornato. Com'è andata a lavoro?».

Non gli rispose, bensì con un sorriso spontaneo entrò nella camera e si mise in braccio a lui dando vita a un bacio lungo e dolce.
Per tutta la durata del viaggio in treno non aveva fatto altro che pensare a quanto fosse stanco e che avrebbe dovuto dire a Kagami dell'invito a cena; tutto quello che voleva era mangiare, fare un bagno e andarsene a dormire.
Mentre le mani grandi scompigliavano i suoi capelli attirandolo delicatamente più a sé, Kuroko arrivò alla conclusione che non era il momento giusto, così decise che ci avrebbe pensato domani.

Ora tutto quello che voleva, era semplicemente stare con il compagno e continuare a baciarlo. Passando una romantica notte, stretti l'uno all'altro.









 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del settimo capitolo. Abbiamo un tenero momento KagaKuro per chi piace questa ship (non a me... decisamente no :v) comunque sempre avvolto da un alone di mistero, Kagami è preoccupato e vuole disperatamente tornare a casa, solo che non può farlo.
Vediamo il rapporto tra Kuroko e Mayuzumi, infine Akashi fa la sua comparsa. Akashi voleva seguire i consigli del nostro amato Midorin but alla fine non ci riesce e prende consapevolezza che l'unico modo per poterci riuscire sarebbe non vedere Kuroko, abbastanza impossibile, per questo riparte alla carica xD Peccato che il suo piano gli si rivolta contro... EBBENE SI! Ci sarà una fantastica cena a quattro e non vedo l'ora di pubblicare quel capitolo <3

ANTICIPAZIONE! Nel prossimo capitolo Kuroko incontrerà una persona... Chi sarà questa volta? ~

Piccole precisazioni: mi sono dimenticata di scrivere una nella descrizione dello scorso capitolo, ovvero che Akashi odia gli ospedali a causa dell'incidente stradale di Kuroko, penso che fosse chiaro, comunque ci tenevo a specificarlo.


Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

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Capitolo 9
*** 8 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.






 

Per la prima volta da quando avevano messo piede in quella città, finalmente era riuscito a godersi la quiete della notte, facendo bei sogni, rilassandosi. Forse era perché aveva dormito abbracciato al compagno, forse aveva bisogno semplicemente di lui per ritrovare la sicurezza che credeva ormai perduta.
La pace e la tranquillità del suo sonno vennero disturbate dalla suoneria di un cellulare, sfortunatamente il proprio; pigramente rispose scoprendo che si trattava di Mayuzumi, voleva semplicemente sapere se per quella sera fosse tutto confermato e terminò la chiamata dicendogli di non preoccuparsi, che sarebbe stata una cena informale.
Ecco, ora la pace interiore che aveva ritrovato se ne era andata, «Oh perfetto.».
Non si era dimenticato dell'invito sgradito – per via delle circostanze – , ma doveva ancora dirlo al compagno, pregando dentro di sé che Kagami non avesse messo in valigia solo vestiti informali o sportivi; conoscendo entrambi i soggetti con cui aveva a che fare, ovvero Akashi e Mayuzumi, sapeva bene che la parola ‘informale’ richiedeva comunque un certo standard di eleganza, anche se non eccessivo.
Ecco, di nuovo quella sensazione di oppressione all'altezza del petto. Troppe cose da fare, situazioni, sentimenti da affrontare e lui non voleva questo, voleva semplicemente fare il suo mestiere e andarsene. Kuroko sapeva che non avrebbe dovuto accettare la proposta di lavoro, ma razionalmente sarebbe stato da stupidi rifiutare, sia per una questione economica, che di notorietà; se voleva avere successo, aveva bisogno che i suoi gioielli venissero ammirati da più gente possibile e quale palcoscenico migliore di una sfilata? —
Con un piccolo sbuffo, si voltò per guardare il compagno che russava sonoramente accanto a lui, e non poté trattenersi dal sorridere, perché si stava preoccupando tanto? —
Kuroko sapeva benissimo che non avrebbe mai amato nessun altro come aveva amato – e amava ancora – Seijuurou, sarebbe stato impossibile, ma questo non significava che non amasse Kagami e che lui non meritasse tutto il suo rispetto e l'amore che poteva dargli.


«Kagami-kun, svegliati.», lo scrollò appena. Sì, come se una cosa del genere potesse funzionare.
Sospirando lo scrollò con più energia, «Kagami-kun.».
Niente — «Bene. Non mi lasci altra scelta.».
Determinato si mise su di lui tappandogli per qualche secondo le vie respiratorie, «Sorgi e brilla Kagami-kun, abbiamo tante cose da fare oggi.» — ottenendo il risultato sperato.

Il ragazzo dai capelli rosso scuro sobbalzò nel futon respirando con leggero affanno. Ancora confuso si guardò intorno, la prima cosa che vide fu il compagno su di sé con la sua tipica espressione angelica.
Oh... Ecco cosa era successo realmente, «Tetsuya! Smettila di cercare di soffocarmi nel sonno, soprattutto se il tuo intento è quello di svegliarmi!».
Tetsuya — «Non è colpa mia se è l'unico modo per svegliarti, Kagami-kun.».

Per un attimo si guardarono intensamente negli occhi, entrambi sapevano che era appena successo qualcosa.

Fin dal loro primo incontro – ovvero quando Kuroko si presentò nel loro ristorante di famiglia a Los Angeles – , Kagami aveva subito capito quanto quel ragazzo fosse nipponico fin dentro il midollo – forse proprio per questo aveva cercato un lavoretto per mantenersi nel loro ristorante giapponese – , e di quanta fatica avrebbe fatto per adeguarsi ad un'altra cultura; la cosa che lo sorprese più di tutte invece, fu che non tentò nemmeno minimamente di cambiare il suo modo di fare o di essere.

Per Kagami era diverso, lui aveva vissuto in Giappone fino all'età di tre anni, poi i suoi genitori avevano semplicemente deciso di cambiare vita e di trasferirsi.
Crescendo aveva trovato qualche difficoltà, in famiglia parlavano in giapponese, ma appena varcava la porta di casa tutto era in una lingua diversa.
Fortunatamente all'età di sei anni trovò un altro bambino più o meno nella sua stessa situazione, Himuro Tatsuya: il ragazzo che sarebbe stato il suo primo amore e lo stesso che, una volta finita la loro relazione, tornò a Tōkyō per costruirsi la propria vita.
Sì, per Kagami era diverso. Cresciuto a Los Angeles non aveva ricevuto la classica educazione giapponese – non per quanto riguardasse le relazioni interpersonali – , per questo per lui era facile chiamare le persone per nome anziché per cognome, era facile per lui cercare più contatto umano o essere semplicemente più sciolto e disinvolto.
Kuroko non era così e lo capiva, davvero lo capiva e lo rispettava, ma voleva di più dalla loro relazione. Dopo tre anni di incertezze, di mordersi la lingua quando sentiva che stava per chiamarlo per nome... —
Aveva promesso che lo avrebbe aspettato, però non era poi così pieno di buoni sentimenti da non voler ricevere niente in cambio, seppur un piccolo privilegio, una piccola garanzia che testimoniasse il fatto che la loro storia stesse andando per il verso giusto, ne aveva bisogno.


Pigramente si tirò su a sedere lasciando che il più piccolo restasse sulle sue gambe, «Sai ho parlato con Tatsuya, trova curioso che dopo tanto tempo continuiamo a chiamarci per cognome.».
«Allora visto che Himuro-san lo trova strano hai deciso che dobbiamo cambiare?», chiese confuso.
«No, ovvio che no. Vorrei semplicemente fare un piccolo passo in più e vorrei farlo con te.», sospirò guardandolo dolcemente, «Vuoi provare? — Il mio nome non è poi così difficile sai?», gli carezzò i capelli cercando di sistemarglieli un minimo, «Davvero, devo capire come fai a ridurti in questo stato mentre dormi, lotti forse con il cuscino?».

Ma Kuroko non lo stava più ascoltando.


«Akashi-kun, è pronto da mangiare, vieni.».

Per la golden week avevano deciso di passare un po' di tempo da soli a Kyōto, nella casa dove Seijuurou era nato e cresciuto fino a quando non si trasferì nella residenza di Tōkyō per frequentare le scuole medie e in seguito il liceo – .

«Sembra tutto delizioso Tetsuya, i miei complimenti.», sorrise accomodandosi elegantemente a tavola, notando poi qualcosa che gli fece storcere appena il naso.
«Qualcosa non va Akashi-kun?».
«No, assolutamente no Tetsuya.», era alga wakame quella che aveva visto? «È tutto perfetto.».
Facendo finta di niente Tetsuya iniziò a servirsi da mangiare, «Hai avuto notizie dagli altri?».
«Oh sì, ci raggiungeranno tra qualche giorno, se Daiki e Ryouta non alzano la media dei loro voti rischieremmo di giocarci il campionato, e non possiamo permettercelo.», d'altronde se non si applicavano per conto loro la cosa migliore da fare era creare un gruppo di studio, così non avrebbero avuto scusanti.
«Mi sembra giusto... », senza farsi notare le iridi azzurre iniziarono ad osservare le mani del fidanzato con attenzione, «Akashi-kun che stai facendo? Perché mangi solo il tofu?».
Ah, beccato «Non sono un amante dell'alga wakame immagino.».
No, non ne era un amante, per niente, davvero per niente. L'unica cosa che non riusciva a mandare giù erano proprio le alghe, in particolar modo la wakame.
«Ti fa bene, mangiala Akashi-kun.», insistette l'altro corrucciando appena lo sguardo.
«Tetsuya sei un ottimo cuoco, solo ».

ottimo’, veramente nella media... leggermente al di sotto, va bene Tetsuya non era il genio della cucina, eppure avrebbe mangiato qualsiasi cosa gli avrebbe preparato, tutto tranne l'alga wakame.

«Seijuurou mangia. Vedrai che è buono.».

Non ci fu tempo per Tetsuya di realizzare che lo avesse realmente chiamato per nome per la prima volta, anche perché sarebbe stato troppo imbarazzante «E poi non si deve sprecare il cibo.», anche se poteva sentire su di sé lo sguardo compiaciuto dell'altro, e questo non aiutava a sentirsi meno in imbarazzo.

«Oh... Mi chiedevo quando sarebbe arrivato questo momento. Possiamo dire che ho dovuto aspettare solo un anno e qualche mese. Direi che ne è valsa la pena, addirittura senza onorifico.».
«Non so proprio di cosa tu stia parlando Akashi-kun.».
«Io invece dico di sì Tetsuya, mi piace come hai detto il mio nome sai?».
«Non l'ho detto.».
«Invece sì che lo hai detto, chiaro e tondo.», sogghignò appena incrociando le braccia al petto continuando a guardarlo, «‘Seijuurou’, è proprio come una musica pronunciato da te.».
Resistette al desiderio di scavare una fossa per poi seppellircisi dentro, decidendo al contrario di guardarlo dritto negli occhi, «Mangia e inizierò a chiamarti più spesso per nome.».
«Touché Tetsuya.», ammise senza smettere di sfoggiare il ghigno, con aria decisamente soddisfatta.

E quella fu la prima volta che Akashi Seijuurou cedette ad un ricatto e mangiò ogni ingrediente che aveva nel piatto.



«Oi Tetsuya, ti senti bene?».

Non aveva mai chiamato nessuno con il proprio nome, Seijuurou era sempre stato l'unico.
Ricordava ancora le farfalle nello stomaco di quella volta e di quelle a seguire, finché non divenne naturale per lui chiamarlo in quel modo. Certo c'erano volte in cui tornava al vecchio e sano ‘Akashi-kun’, comunque accadeva solo quando bisticciavano per cose estremamente futili, per fargli un dispetto.
Nella sua vita Kuroko non aveva mai pensato che, un giorno, sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe chiamato qualcun altro per nome, ma era giusto no? — Andare avanti doveva essere per forza giusto.

«Io non lotto con nessun cuscino Taiga-kun, i miei capelli sono semplicemente così.».

No, non era la stessa cosa, comunque vedere l'espressione radiosa sul volto del compagno rendeva felice anche lui.

«Ora alzati e preparati, abbiamo molte cose da fare.», dopo aver posato un casto bacio sulle sue labbra, Kuroko si alzò andando ad aprire l'armadio; freneticamente iniziò a controllare cosa avesse portato con sé, ovviamente nessun vestito adatto per la cena di quella sera.
«Cosa dovremmo fare esattamente?», borbottò Kagami sbadigliando ancora assonnato.
«Shopping.», richiuse le ante del guardaroba ormai arreso all'evidenza, notando lo sguardo dell'altro sempre più confuso — «Immagino che debba spiegarti qualche cosa Taiga-kun.».

*


«Tetsuya non posso accettare che paghi questi vestiti per me! È troppo!».
«Però ti stanno bene.».
«È comunque troppo okay?!».

Lo ignorò dando poi la carta di credito al commesso dell'elegante boutique.
Per la cena aveva pensato che Kagami sarebbe stato perfetto con un paio di pantaloni, una bella camicia e una giacca. Tutto molto sobrio, seppur elegante, non troppo, quanto bastava.

«Vorrà dire che non ti farò nessun regalo per il compleanno.».
«E nemmeno a Natale! Ci siamo intesi?», lo minacciò puntandogli il dito contro.

Kuroko non gli aveva spiegato molto, se non che erano stati invitati ad una cena informale a casa del suo amico Mayuzumi. La domanda che sorgette spontanea nella testa di Kagami fu per l'esattezza: ‘E se fosse stata formale, cosa avrei dovuto indossare?’ .

«Intesi, Taiga-kun.», sorrise guardandolo, «Ora vai a cambiarti che abbiamo altri giri da fare.».

Altri giri? E dove lo voleva portare adesso? — Beh Kagami lo scoprì presto.

Una volta usciti dalla boutique attraversarono un numero indefinito di distretti, arrivando finalmente alla meta che l'azzurro si era prefissato, un'enoteca.
Ovviamente non era una semplice enoteca, il vino più economico per Kagami sembrava avere un prezzo decisamente esagerato.
Discretamente si abbassò all'altezza del compagno in modo da potergli bisbigliare all'orecchio, «Ehi, sei sicuro di voler comprare qui il vino? — Lo trovo un po' esagerato, non credi anche tu?».
Kuroko accennò un sorriso annuendo, senza smettere di guardare le etichette, «Lo trovo esagerato, non mi piace spendere così tanto per del vino, però è quel tipo di cena che richiede qualche costo extra.».

Qualche costo extra? — Quello non era ‘un costo extra’, quasi uno stipendio piuttosto.


«Andiamo a vedere altre enotechea allora, se proprio non troviamo niente torniamo qui, che ne dici?», per la fretta di uscire da quel posto per poco Kagami non urtò uno scaffale. Il solo pensiero di poter rompere accidentalmente anche una sola bottiglia lo fece impallidire.
«Taiga-kun, perché non vai ad aspettarmi fuori mentre scelgo cosa prendere?».
Ancora con la paura negli occhi per il danno che avrebbe potuto fare alle sue finanze, Kagami annuì convinto, «Sì, ti aspetto fuori allora.».

Le iridi colo cielo seguirono i movimenti del goffo compagno assicurandosi che non facesse nessun danno, rilassandosi poi quando lo vide uscire sano e salvo.
Odiava tremendamente spendere tanti soldi per del semplice vino, solo conosceva i gusti pregiati dell'ex fidanzato e Mayuzumi non faceva differenza, non poteva presentarsi con un prodotto ‘scadente’, lo sapeva fin troppo bene.
Concentrato ricominciò ad osservare le bottiglie. Kuroko era talmente assorto da non sentire nemmeno il campanello che tintinnava ogni volta che la porta veniva aperta, segnalando così l'arrivo di un nuovo ospite.
Ad un certo punto gli sembrò di perdere la cognizione del tempo, ma finalmente aveva deciso cosa acquistare; allungò la mano pronto a prendere con delicatezza la sua prima scelta, e la ritrasse repentinamente quando sentì il rumore di una bottiglia andare in frantumi. Si voltò di scatto per assicurarsi che non fosse stato lui a fare il danno – e a doverlo pagare di conseguenza – , eppure l'unica cosa che vide furono due occhi color nocciola. Li conosceva bene, di solito erano caldi, accoglienti e pieni di vitalità, in quel momento, al contrario, erano semplicemente increduli.

«Kurokocchi... Sei davvero tu?».

Annuì non sapendo bene come regolarsi, sapeva di essersi comportato male con i suoi amici, sapeva che non avrebbero capito, semplicemente Kuroko non aveva avuto altra scelta.

«Fai sempre danni Kise-kun.».

Fu un attimo. In un secondo si ritrovò il biondo addosso e intrappolato in una morsa che lo avrebbe stritolato se non avesse allentato la presa, «Kise-kun, non respiro».
«Kurokocchi credevo fossi morto.», singhiozzò appena tra le lacrime non riuscendo a trattenere l'emozione di rivederlo.
«Lo sarò presto se non mi lasci andare... ».
«Oh... Sì scusa... è solo che non ti vedo da così tanto tempo.», frettolosamente si asciugò le lacrime sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori, «Non ci posso credere che tu sia tornato. Perché sei andato via? Perché non ci hai detto niente? — Eravamo tutti così preoccupati e Akashicchi era davvero... Akashicchi! Gli hai detto che sei tornato?».
«Non sono tornato per restare Kise-kun e Akashi-kun sa che sono qui al momento, anche se non avrebbe dovuto saperlo, nessuno di voi avrebbe dovuto saperlo.».
Con rammarico Kuroko osservò tutta la felicità dell'amico sparire come era arrivata. Non voleva ferirli, non avrebbe voluto ferire nessuno di loro, solo che non c'era altro modo.
«Ne Kurokocchi, io non so perché te ne sia andato, però so che avresti potuto fidarti di noi. Non avremmo detto niente lo sai, se il problema era Akashicchi non avremmo aperto bocca.».
«Kise-kun — ».
«Sì, va bene non avremmo aperto bocca di nostra spontanea volontà, ma lo sai quanto può far paura alle volte! Akashicchi intendo ~ ».
Sentendo quelle parole non poté far a meno di permettere ad un piccolo sorriso di farsi strada sul suo volto, «Kise-kun, sono andato via perché dovevo e finito quello che devo fare qui andrò via di nuovo. Non è colpa di nessuno, tanto meno vostra.».
«Ma — ».
«Salutami Aomine-kun, ora vivete insieme giusto?», facendo attenzione prese le bottiglie di vino che aveva scelto, non restava che pagare e andarsene da lì.
«No, se vuoi che lo saluti dovrai farlo tu.».
«Kise-kun.».
«Non ti sto chiedendo di restare Kurokocchi, ti sto chiedendo di fare una piccola festa tra di noi, come ai vecchi tempi, ricordi? — Ti sto chiedendo solamente di salutarci, cosa che avresti dovuto fare otto anni fa prima di sparire nel nulla. Non mi sembra così irragionevole no?».
«Kise-kun non posso lasciare il mio compagno da solo.».
«Sopravviverà per una notte sai? — Avanti dammi il tuo numero ~ ».

Come mai avevano tutti il potere di incastrarlo in qualche modo? Erano troppo furbi loro o semplicemente era troppo ingenuo lui? — Riconoscendo la sconfitta gli diede il proprio bigliettino da visita accettando a sua volta quello dell'amico.

«Ora devo andare, spero che la bottiglia di vino che hai fatto cadere costi quanto il tuo stipendio da pilota Kise-kun.».
«Kurokocchi sei cattivo ~ ».

Davvero? A ventisette anni ancora frignava come un bambino di sei? — Beh infondo era di Kise che si stava parlando.
Kuroko pagò le sue bottiglie e raggiunse il compagno che lo stava aspettando fuori dall'edificio, non prima di aver salutato l'amico un gesto della mano.

 

*


Kuroko si era preparato nel migliore dei modi per quella cena: si era assicurato che Kagami fosse ben vestito, aveva comprato un'importante bottiglia di vino rosso e una di vino bianco – in modo da poter affrontare sia una cena a base di carne o a base di pesce – ; aveva preso le necessarie precauzioni, eppure ancora non aveva fatto la cosa più importante, ovvero dire al ragazzo seduto accanto a lui, che quella sera avrebbe conosciuto il suo ex fidanzato.

Sapeva che avrebbe dovuto dirgli di Akashi, non lo aveva fatto e non per paura, semplicemente Kuroko non voleva trascinare Kagami nel suo passato.
Gli piaceva la visione che aveva di lui: un ragazzo semplice, che si era trasferito per frequentare un corso per diventare un designer di gioielli e che per mantenersi si era trovato un lavoro part time come cameriere in un ristorante; invece da quando era tornato in Giappone tutta quella semplicità stava andando in frantumi man mano che Kagami veniva a conoscenza della verità.
Kuroko non era un ragazzo semplice, non era andato a Los Angeles per studiare, bensì per scappare da una verità scomoda; non aveva cercato quel lavoro per potersi mantenere, ma solo per tenere occupata la mente, anche perché grazie all'eredità lasciatagli dai genitori molto probabilmente avrebbe potuto non lavorare per il resto della sua vita.
Sì, tutta la semplicità apparente che aveva creato, a cui Kuroko stesso aveva iniziato a credere, stava cadendo a pezzi davanti ai suoi occhi e sembrava che non ci fosse modo di poter fermare la concatenazione di eventi su cui non aveva il minimo controllo.

«Tetsuya, ripensandoci non mi hai detto chi c'è stasera a cena, saremo in tanti?».
«No, solo Mayuzumi-kun e il suo compagno.».
«E non ha un nome?».
«Certo che ce l'ha, si chiama Akashi Seijuurou.».

L'unica cosa che poteva fare Kuroko, era osservare dai finestrini di un taxi le vivaci luci della città e accettare la consapevolezza che sarebbe stato il peggior sabato sera della sua vita.

«Signori, siamo arrivati.».

Quello che non sapeva però era che il suo compagno conosceva anche troppo bene quel nome. Nonostante fosse bravo ad osservare le persone, Kuroko non si era reso conto di quanto l'espressione di Kagami fosse cambiata, si fosse tesa.

«Grazie.».

Kuroko si limitò semplicemente a scendere dal taxi aspettando che l'altro pagasse, preparandosi mentalmente per la cena infernale.









 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine dell'ottavo capitolo. Abbiamo un risveglio KagaKuro molto importante per Kuroko, Kagami lo chiama per la prima volta per nome e Kuroko ricorda la volta in cui fu lui a chiare per nome Seijuurou (sì, è vero che ad Akashi non piacciono le alghe, specialmente la wakame – parola di Fujimaki xD – ).
Questo capitolo mi piace perché si vede un Kuroko diverso, più sofisticato, che sa cosa deve comprare per fare una bella figura, e che compra addirittura dei vestiti firmati a Kagami; mi piace anche perché mette in evidenza le differenze che ci sono tra Kagami e Kuroko: Kagami è semplice di natura, Kuroko al contrario si “costringe” ad esserlo.
Ma per quanto provi a scappare il passato alla fine ti raggiunge EEEEEEEE ARRIVA KI-CHAN! Esuberante ed esagerato come sempre, Kise trova un attimo di serietà dicendo all'amico che se vuole salutare Aomine dovrà farlo di persona e riesce a farsi dare il numero chiedendogli di organizzare una festicciola :v chissà se ci riuscirà ~

La famosa cena informale sta per avere inizio! Kagami è teso e Kuroko vorrebbe essere ovunque meno che lì, ne vedremo delle belle immagino ~

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 10
*** 9 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Prima di lasciarvi alla vostra piacevole (si spera) lettura, assicuratevi di leggere il mio angolino che vi aspetta una piacevole sorpresina ~ (almeno lo spero xD)









 

«Taiga-kun, qualcosa non va?».

Sospirando guardò il soffitto dell'ascensore. ʻqualcosa non vaʼ? — Ci pensò con attenzione, sì, in effetti c'era un piccolo dettaglio che lo disturbava.
Aveva pregato con ogni fibra del suo corpo, aveva implorato ogni Dio e Divinità che conoscesse per non far sì che ‘Aka-chin’ fosse lui, c'era una minima possibilità giusto? — Una piccola, piccolissima possibilità di sbagliarsi. Ovviamente no, e infondo Kagami lo aveva sempre saputo.

«No, solo che... », dolcemente gli prese la mano per rassicurarlo, «È solo che non sono abituato a questo genere di cose, lo sai. Credo che mi sentirò un po' come un pesce fuor d'acqua.».
«Non preoccuparti, vedrai che andrà tutto bene.», lo tranquillizzò a sua volta chiedendosi se realmente sarebbe andato ‘tutto bene’.

L'ascensore arrivò all'ultimo piano e quando le porte si aprirono, i due si ritrovarono direttamente dentro l'appartamento, dove un ragazzo era pronto ad accoglierli.

«Eccovi finalmente, vi aspettavamo.».
«Scusaci per il ritardo Mayuzumi-kun.».
«No, siete in perfetto orario.».

Cercando di essere il più discreto possibile, Kagami iniziò a guardarsi intorno stupito, non capacitandosi di quanto l'essere umano potesse circondarsi di cose completamente inutili.
Sì, era senz'altro un bell'appartamento, se quello era l'ingresso non voleva immaginare come fosse il resto della casa, ma l'ascensore privato era davvero necessario? — Per lo meno ora capì come mai Kuroko avesse tanto insistito per comprargli dei vestiti nuovi e lo ringraziò per questo.

«Lei deve essere Kagami-san giusto? — Piacere di conoscerla, Mayuzumi Chihiro.».
Un po' impacciato afferrò la mano tesa davanti a lui, «Ah — Sì, non c'è bisogno di tutta questa formalità davvero, puoi... Può chiamarmi Taiga.».


«E Taiga sia allora.».

Ed eccolo lì. Finalmente aveva fatto la sua comparsa la star della serata. Il grande amore di cui Kuroko gli aveva parlato la prima sera che erano usciti insieme – in preda ai deliri dell'alcol – , era davanti ai suoi occhi.
Gli occhi cremisi lo osservarono raggiungere il compagno cingendogli poi la vita con un braccio, «È un piacere conoscerti Taiga, Akashi Seijuurou.».

Kagami si prese qualche attimo per scrutarlo con più attenzione: era leggermente più alto di Kuroko, senz'altro un bel ragazzo non poteva negarlo; i capelli magenta risaltavano sulla pelle chiara e gli occhi dal colore diverso lo fecero sentire a disagio, o forse era semplicemente lui ad incutere soggezione. Comunque era inutile pensare a cose inutili in quel momento.
Dopo il minimo di attesa si decise a stringere la mano che Akashi gli aveva offerto, «Piacere mio.» — pentendosene; per caso stava tentando di rompergliela? — La stretta era decisamente troppo forte.

Capendo più o meno cosa stesse succedendo, l'azzurro decise di intervenire mettendosi discretamente in mezzo ai due, «Abbiamo portato il vino Akashi-kun.», fortunatamente parve funzionare, l'ex compagno lasciò la presa — «Un ‘Chateau d'Yquem’ del 2008 e come rosso un ‘Grands Echezeaux’, stessa annata. Spero che vadano bene per la cena.».
Akashi ascoltò con attenzione la selezione di vini, guardando distrattamente le etichette quando gli mise in mano le due bottiglie, «Ottima scelta Tetsuya, mi fa piacere che tu non abbia perso del tutto il tuo buon gusto.».
E a Kuroko non sfuggì di certo la piccola frecciatina, tanto meno sfuggì a Kagami che si costrinse però a far finta di niente; l'unico che parve non coglierla fu Mayuzumi, d'altronde come avrebbe potuto? —

«Una scelta perfetta, anche perché oggi mangeremo piatti francesi. Ti piace la cucina francese Kagami?», chiese Mayuzumi innocentemente e sinceramente interessato.
«Oh non saprei, non l'ho mai assaggiata, sono sicuro che sarà ottima.».

Ecco, ora gli sarebbe toccato anche mangiare qualcosa di strano. Kagami voleva già tornarsene nel loro ryokan tradizionale e dormire abbracciato al ragazzo che amava profondamente. Desiderio impossibile.

«Oh ma che maleducato, prego seguitemi, vi mostro la casa.» — Mayuzumi si addentrò nell'appartamento andando in cucina a mettere il vino bianco in frigo, anche se era già ben ghiacciato, «Come potete vedere, questa è la cucina.».
Esageratamente grande — «Molto bella complimenti.».
«Grazie Kagami.», entusiasta Mayuzumi continuò il tour.

Attraversarono il salotto adornato da un bel vassoio di stuzzichini e flûtes per l'aperitivo della serata; entrarono nella sala da pranzo elegantemente pensata in ogni singolo dettaglio; visitarono la graziosa veranda e fecero capolino nello studio di Akashi, una stanza curata, estremamente pulita, dove il legno era predominante: dalla scrivania, alle poltrone imbottite posizionate davanti ad essa, alle diverse librerie.

«Ora non resta che il piano di sopra.».

E Mayuzumi li condusse su per le scale dove si espandeva la zona notte.
Il piano di sopra per l'esattezza era un soppalco, affacciandosi dalla ringhiera si poteva ammirare il piano di sotto, nonostante ciò le stanze erano tutte dotate di porte, in modo da poter avere la giusta privacy.

«Scusate se non vi mostro il mio studio, è decisamente troppo in disordine.».

No, non visitarono lo studio, però entrarono nella camera degli ospiti – con servizi annessi – , molto bella e molto elegante come il resto della casa.

«Questa invece è la nostra stanza.», sorrise permettendogli di entrare.

Kuroko al contrario non avrebbe mai voluto mettere piede lì dentro.
La camera padronale era grande, tanto da poter accogliere un letto a tre piazze.
Sì c'era un letto in quella stanza, era scontato, solo che i letti non servivano semplicemente per dormire giusto? — Sopratutto quando si sta insieme.
Improvvisamente la realtà dei fatti lo colpì come un fulmine a ciel sereno: Akashi e Mayuzumi stavano insieme, vivevano insieme, dormivano insieme e questo significava che facessero anche altro insieme.
Non che non se fosse reso conto, sapeva che tipo di relazione ci fosse tra i due, comunque vedere con i propri occhi il loro nido d'amore fu troppo da sostenere.
Kuroko era geloso, era sempre stato un tipo geloso e non mostrare quei sentimenti logoranti risultò terribilmente difficile. Faceva male.



Ancora nudi sotto le lenzuola dopo un pomeriggio più che piacevole , Tetsuya lo guardò con occhi pieni di amore e di preoccupazione.
Da quando il fidanzato era arrivato a casa sua l'aveva visto stranamente teso, l'ultimo dei suoi desideri era di saperlo triste o agitato; piano gli carezzò la guancia senza distogliere lo sguardo, «Tutto bene Sei-kun? Posso fare qualcosa per te?».
Seijuurou accennò un sorriso malinconico, in risposta gli prese la mano portandola sulle sue labbra «ʻQuando inviso alla fortuna e agli uomini, in solitudine piango il mio reietto stato ed ossessiono il sordo cielo con futili lamenti e valuto me stesso e maledico il mio destino: volendo esser simile a chi è più ricco di speranze, simile a lui nel tratto, come lui con molti amici e bramo larte di questo e labilità di quello, per nulla soddisfatto di quanto mi è più caro: se quasi detestandomi in queste congetture mi accade di pensarti, ecco che il mio spirito, quale allodola che salzi al rompere del giorno dalla cupa terra, eleva canti alle porte del cielo; quel ricordo del tuo dolce amor tanto mappaga chio più non muto laver mio con alcun regno.ʼ William Shakespeare.».

L'azzurro lo strinse a sé carezzando i capelli morbidi, leggermente umidi.
Evidentemente aveva discusso ancora una volta con suo padre sul suo futuro.

«È davvero molto bella Sei-kun.».

Non capiva perché Akashi Masaomi non vedesse quanto fosse bravo il figlio, quanto fosse speciale e capace, non capiva perché non volesse riconoscergli alcun merito. Non era da tutti avere ottimi voti in ogni singola materia, guidare il club di basket affinché fossero i migliori e iniziare a lavorare su se stesso in modo che potesse prendere, un domani, le redini dell'impero familiare.
Perché per il padre di Seijuurou doveva essere così difficile dirgli che stesse facendo un buon lavoro e che fosse fiero di lui?

«Tu sei bravo Sei-kun, riesci sempre in tutto quello che fai, ti impegni tanto e i risultati si vedono.», chiuse gli occhi continuando a cullarlo, «Tu puoi fare tutto quello che vuoi, sei tanto intelligente da poterci riuscire. E io ho dei grandi piani per noi sai? Un giorno andremo a vivere insieme in una bella casa, né troppo grande né troppo piccola e realizzeremo tutti i nostri sogni. Faremo quello che vorremo fare e andremo dove vorremo andare. Te lo prometto.».

Non capendo come fosse successo si ritrovò con la schiena sul materasso, il fidanzato sopra di e non oppose la minima resistenza, anzi accettò quel bacio carico di sentimenti stringendolo a sua volta.
Tutto di lui in quel momento gli stava parlando: il suo respiro; i suoi occhi chiusi; i denti che lo mordevano appena; il suo sapore; la lingua che continuava a cercare la sua; le sue mani che lo toccavano delicatamente, come se avessero paura di romperlo in qualche modo.
Tetsuya amava dialogare con lui in quel modo, dicendosi molto di più così rispetto a come avrebbero potuto fare a parole. Esprimendosi completamente, senza lasciare più spazio a dubbi o incertezze.

Terminato il bacio Seijuurou lo riportò a sedere su di sé con un piccolo ghigno, «Quindi hai già deciso tutto vedo. Andremo a vivere insieme un giorno, in una casa né troppo piccola né troppo grande, e faremo ciò che ci andrà di fare mh? Dimmi, cosa ti piacerebbe fare in futuro Tetusya?».
«Beh ancora non lo so a dire il vero, tu Sei-kun? Hai già deciso?».
«No, direi di no.», ammise con un discreto sospiro percorrendo gli avambracci dell'altro tracciandone i contorni, «Ma credo che mi piacerebbe diventare un giocatore di shogi professionista.».
«Allora è deciso, sarai un grande giocatore di shogi.».

Era così bello. Come aveva fatto ad essere stato tanto fortunato da poterlo incontrare, da poterlo amare e da poter ricevere tutto quell'amore in cambio?
Anche dopo la morte dei suoi genitori avvenuta alla tenera età di quindici anni l'unica persona che riusciva a farlo sentire vivo, a fargli sentire che non fosse solo era Seijuurou.
E dopo due anni dalla loro scomparsa sentiva di dovergli così tante cose, per questo sperava che sarebbe andato tutto per il meglio. Doveva essere così.

«Sei-kun.».
«Dimmi Tetsuya.».
«Anche io non ti scambierei per niente al mondo. Niente.».
Seijuurou si puntellò sui gomiti per poterlo studiare meglio, «Tutto bene Tetsuya?».
«Tutto bene Sei-kun.».

Si chinò su di lui dando vita ad un altro bacio, che diede inizio ad un altro vortice di passione
.


Ma per sua fortuna una persona si accorse del suo dolore recondito.

«Chihiro direi che hanno visto tutto no? — Scendiamo di sotto prima che si scaldi lo champagne. Prego da questa parte.».

Fece strada scortando il proprio compagno, poggiò appena la mano al centro della sua schiena lasciandolo uscire chiudendo poi la porta della stanza.
Di certo ad Akashi non era passata inosservata la totale sensazione di smarrimento sul volto di Kuroko, ma in quel momento non poteva certo fare troppe domande.
Una volta in soggiorno stappò la bottiglia versando da bere a tutti, «Per i nostri graditi ospiti abbiamo deciso di servire un ʻCave Privéeʼ, l'annata è il 1982.».

Non esattamente tutti gli ospiti erano ʻgraditiʼ per amor della precisione, comunque questo non poteva impedire ad Akashi di dimenticare le buone maniere.
Una cosa però doveva ammetterla, guardare quel Kagami Taiga sorseggiare lo champagne con sguardo perplesso e perso era alquanto divertente.

«Qualcuno gradisce qualche stuzzichino? — Abbiamo pensato a qualcosa di semplice perciò troverete macaron salati al salmone e aneto, amuse-bouche di polenta e capasanta, ultimo e non meno importante dei pomodorini confit.».
Kagami guardò il ragazzo dai capelli argentati con un'espressione ancora più confusa, «Oh c'è proprio l'imbarazzo della scelta, hai preparato tutto tu Mayuzumi?».
«Beh sì, è un mio hobby la cucina. Mi piace sperimentare cose nuove, se fosse per Sei mangeremmo solo — ».

« — solo zuppa di tofu.».

Non era sua intenzione dirlo, semplicemente le parole scivolarono via dalla bocca di Kuroko come se niente fosse ritrovandosi tutti gli occhi addosso. Odiava avere l'attenzione su di sé, specialmente quella divertita di Akashi, oh stava tentando di nasconderlo, ma era chiaro come il sole quanto si stesse godendo la scena.

«Mmh, questi macaron salati sono veramente buoni Mayuzumi-kun. Taiga-kun mangiane uno anche tu.», con molta delicatezza gliene ficcò uno dritto in bocca.
‘Taiga-kun’, questo sì che ad Akashi non era piaciuto, eppure, come sempre, mantenne il controllo — «Non vedo che ci sia di male, la cucina giapponese secondo me è la più buona e la più sana. Anche se devo ammettere che tutto quello che prepari Chihiro è veramente delizioso.», si concesse un sorso di champagne per poi baciare delicatamente il compangno; terminata la piccola effusione si voltò verso l'azzurro sfoggiando un sorriso innocente — «Tetsuya, posso tentarti con un pomodorino confit?».

Personalmente Kuroko era troppo educato anche solo per pensare a dove gli avrebbe messo più che volentieri il dannato pomodorino confit, comunque per qualcuno non poi così educato poteva essere facile da intuire. Se Akashi aveva proprio deciso di retrocedere all'infanzia, comportandosi come un bambino delle elementari, lui non sarebbe stato al suo gioco. Kuroko accettò l'offerta non mostrando il minimo accenno di gelosia, «Allora, che prevede il menù di questa sera Mayuzumi-kun?».
«Come antipasto avremo delle splendide escargot à la bourguignonne, per primo una bouillabaisse, a seguire ci sarà il coq au vin accompagnato da una semplice ratatouille e per finire il dolce, un ottimo soufflè al cioccolato.».

Kagami ascoltò il menù più attentamente che poté, arrivò alla conclusione che fosse impossibile capirci qualcosa.
Non avrebbero potuto organizzare semplicemente una braciolata da mandare giù con una buona birra fredda del supermercato? — «Oh non vedo l'ora di assaggiare tutte queste delizie.».
Mayuzumi guardò distrattamente l'ora annuendo, «Sì direi che possiamo accomodarci a tavola.».
Si alzò accompagnandoli nella sala da pranzo — «Kuroko-kun tu puoi sederti alla destra di Seijuurou, mentre Kagami il tuo posto è vicino a me.».

E Kuroko sapeva che sarebbe andata a finire in quel modo, lo sapeva perché i suoi genitori gli avevano insegnato tutto quello che c'era da sapere sulla buona educazione a tavola e quello che non avevano avuto modo di spiegargli lo aveva comunque visto innumerevoli volte, andando a cena a casa della gente o ad eventi sociali.
Sedendosi secondo quello schema entrambe le coppie avrebbero potuto socializzare: Kagami, seduto vicino a Myuzumi, avrebbe avuto di fronte Akashi; Kuroko, seduto vicino ad Akashi, avrebbe avuto davanti Mayuzumi.

«Sei vuoi pensare tu ad aprire il vino mentre io porto gli antipasti?».
«Certamente Chihiro.».

Gli antipasti arrivarono giusto quando Akashi finì di versare il vino che avevano portato gli ospiti. Rilassato si sedette vicino all'ex compagno mentre Mayuzumi poneva di fronte a loro il piatto — E per poco Kagami non svenne quando realizzò cosa fossero le escargot: lumache. Lumache ancora nel guscio. Come diavolo le avrebbe tirate fuori da lì? Come avrebbe fatto a mandarle giù? —

«Non hai mai mangiato le escargot, Taiga?», chiese Akashi leggermente divertito chiudendo appena un occhio quando sentì l'azzurro pestargli un piede.
«Non preoccuparti Taiga-kun, non è poi tanto difficile.».
«All'inizio direi di sì. Ricordi Tetsuya? — Tu eri un esperto a farle volare ovunque.» — Fu così che il suo piede venne di nuovo calpestato.
«Tanto tempo fa, quando avevi la fissa di portare la squadra a mangiare al ristorante francese.».


Non si trattava proprio di una bugia; era vero che andavano a mangiare qualche volta al ristorante francese, era vero che all'inizio non riusciva ad essere altrettanto aggraziato nel mangiare le escargot, non era vero invece che ci andassero con la squadra. Era a fin di bene infondo.

«Non dargli retta Kagami, vieni ti faccio vedere.».
Con eleganza Mayuzumi gli mostrò come fare e quando Kagami provò ad imitarlo non andò poi così male, almeno non gli schizzò fuori dal piatto... per miracolo.

«Allora Kuroko-kun, come vi siete conosciuti voi due?».
«Beh arrivato a Los Angeles ho cercato un lavoretto in un ristorante giapponese, il caso vuole che il locale fosse dei genitori di Taiga-kun e una cosa tira l'altra immagino.».
«Oh quindi i tuoi hanno un ristorante giapponese Kagami? — Sembra interessante.».
«Direi di sì.», borbottò continuando a lottare con una lumachina che proprio non voleva saperne di venir fuori, «I miei si sono trasferiti a Los Angeles quando ero piccolo. Comunque conquistarlo non è stata proprio un'impresa semplice, anzi tutto il contrario.».
«Beh è il risultato che conta Taiga-kun.», lo guardò con affetto rivolgendo poco dopo la propria attenzione a Mayuzumi, «Voi... Come vi siete conosciuti?».
«Questa è una storia molto interessante, Chihiro si rifiuta sempre di raccontarla perché si imbarazza.».

Cosa ci poteva essere di tanto imbarazzate? — Guardò l'ex compagno in attesa di una spiegazione.

«Ci siamo incontrati in un locale, mi stavo concedendo un piacevole whisky quando l'ho visto. Abbiamo iniziato a parlare e dopo un'oretta siamo andati a casa sua e — ».

— E questa volta una escargot volò seriamente per aria, quella di Kuroko per l'esattezza.

«Scusate.».
«Te l'ho detto Tetsuya, non sei portato a mangiare questo piatto.».

A testa bassa Akashi incassò anche il calcio sullo stinco, iniziò a chiedersi se sarebbe mai sopravvissuto a quella cena.

«Sei smettila di prenderlo in giro e Kuroko-kun non preoccuparti, può capitare a tutti. Forse è colpa mia, non avrei dovuto preparare una cosa tanto particolare.»
«Oh no sono davvero buone Mayuzumi, davvero. Insomma io ho gusti molto semplici ma mi sono piaciute molto.», ammise Kagami quasi in imbarazzo.

La cena continuò con la prima portata e, con grande sollievo di Kagami, la tanto temuta bouillabaisse non risultò altro che essere una deliziosa zuppa di pesce.

«Visto che abbiamo ancora diverse portate propongo di fare una piccola pausa, che ne pensi Chihiro?».
«Sono d'accordo, comunque devo accendere il forno per il coq au vin, quindi rilassatevi pure. Torno subito.».

Come promesso da Mayuzumi, tornò subito. Akashi invece preferì rilassarsi andando a fumare una sigaretta.
I tre rimasti a tavola chiacchieravano serenamente quando Kuroko sentì il telefono squillare, lesse il numero curioso non riconoscendolo, «Mayuzumi-kun dove posso andare a parlare?».
«Oh vai pure in veranda Kuroko-kun, Sei di solito fuma solo nel suo ufficio.».
«Grazie.» — Si alzò da tavola, per abitudine baciò il compagno, come per dire ʻtorno prestoʼ, e si addentrò nella casa ritrovando la veranda – per puro caso doveva ammetterlo, almeno a se stesso – .

Al contrario non rimase affatto sorpreso quando vide l'ex compagno seduto in poltrona a gustarsi la sigaretta, non è che se lo aspettasse, ma davvero non ne era sorpreso.
Era così bello. Non poteva impedirsi di pensarlo, perché era oggettivamente affascinante e sexy e bello. Doveva decisamente smetterla di pensare a lui in quel modo.

«Il fumo fa male Akashi-kun.».
«Anche i tuoi calci Tetsuya.».

L'azzurro impercettibilmente alzò gli occhi al cielo decidendosi a rispondere al telefono.

«Kuroko Testuya, con chi parlo?».

E quella fu la chiamata più caotica e senza senso che avesse mai ricevuto.
Fortunatamente riconobbe le voci, perciò con la stessa facilità con cui aveva risposto, attaccò senza pensarci due volte.

«Chi era?».
«Immagino che lo scoprirai presto Akashi-kun, sicuramente ti chiamerà.», ovviamente non gli sfuggì lo sguardo perplesso dell'altro, «Un consiglio, se fossi in te non risponderei.».

Stanco l'azzurro si lasciò cadere sulla poltrona accanto a lui osservando dalla vasta vetrata le luci della città. Non fece niente nemmeno quando l'ex compagno allungò una mano per carezzare la sua; Kuroko chiuse gli occhi accettando il tenero contatto, intrecciando le dita con quelle dell'altro godendosi la pace apparente per qualche minuto.










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del nono capitolo. FINALMENTE LA CENA È INIZIATA! E aiuto non so da che parte iniziare, okay facciamo con calma.

Veniamo a scoprire subito che Kagami è al corrente della vecchia relazione con Akashi perché Kuroko si è lasciato andare un po' troppo, si è ubriacato e ha iniziato a straparlare.
Mayuzumi è sempre OOC e ingenuo, poverino lui e Akashi fa la sua grande entrata da prima donna <3 – ovviamente subito dopo tenta di staccare la mano a Kagami perché è giusto così :v –
Vediamo Kuroko immergersi sempre di più nel mondo a cui apparteneva, presenta il vino e non ha alcun problema con le buone maniere a tavola, tanto meno con il menù (tranne la lumachina che è voltata per aria, tutta colpa di Sei-chan <3 ).
Alla fine dopo innumerevoli battutine e frecciatine acide, vediamo Akashi e Kuroko prendersi per mano, ora volevo spiegare questa cosa: mentre Akashi non ama Mayuzumi (certamente gli è affezionato ma se può riavere Kuroko non ha dubbi su chi scegliere), ho sempre sostenuto che Kuroko è sinceramente innamorato di Kagami ed è così, e so che sicuramente non sarebbe da lui accettare di tenere per mano Akashi in una situazione del genere; volevo solo dire che non lo fa con cattive intenzioni o con malizia, semplicemente Kuroko ha inconsciamente/consciamente bisogno di sentire Akashi vicino gli piaccia o no e a volte quell'urgenza prende il sopravvento. Kuroko potrà anche amare Kagami, ma è chiaro come il sole quanto abbia amato e ami ancora Akashi, non c'è paragone. Penso che si noti anche in questo flashback estremamente dolce e Akashi che mi cita Shakespeare a memoria--- non ce la posso fare * muore * , insomma è tutto un altro rapporto, proprio per una questione di esperienze fatte insieme, come per esempio il lutto dei genitori di Kuroko (e anche questo lo vedremo più avanti).
Altra grande novità è la chiamata che riceve Tetsuya, oh chi sarà mai? ~ Lo scoprirete nel prossimo capitolo :v

Passando alla sorpresina che vi avevo promesso! Credo di farvi contenti dicendo che ho iniziato a scrivere un'altra long, questa volta un AoKuro Mpreg , per ora sto solo al quinto capitolo e non so quanti saranno meh, comunque volevo chiedervi cosa ne pensavate, mi farebbe molto piacere sapere a chi interessa, perché ho un animo sensibile(?) qwq Davvero fatemi sapere in qualche modo non importa come, sotto recensione o per mp, legate la risposta alla zampa di un gufo--- per un momento mi illuderò di essere stata ammessa ad Hogwarts con immenso ritardo MA NON FA NIENTE! — Come sapete io vi invio sempre un messaggio quando pubblico nuove storie, senza sapere se vi faccia piacere o meno, quindi se volete essere avvertiti ditemelo, anche se non volete esserlo ovviamente-- altrimenti lo mando a tutti come al solito xD Comuqnue sappiate che io mi segno tutto uvu (non vuole essere una minaccia).

BENE IL PAPIRO È FINITO!

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

 

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Capitolo 11
*** 10 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.








 

«Daikicchi! Daikicchi sono tornato!».

Di corsa si tolse le scarpe lasciandole nel genkan in modo disordinato per potersi precipitare dentro casa — «Dobbiamo festeggiare un sacco di cose! Non sai chi ho incontrato oggi!».

Kise aprì ogni porta possibile, dopo aver controllato il salotto si precipitò nella loro camera da letto e in bagno, ma evidentemente il compagno non era ancora tornato da lavoro.

«Mou ~ ».

Mettendo un piccolo broncio decise di iniziare ad imbastire la cena per ingannare l'attesa, per fortuna ebbe la saggia di riporre in frigo il vino che aveva comprato, non voleva inciampare in un ostacolo improvviso e rompere anche quella bottiglia; sì, le probabilità che una cosa del genere accadesse erano tremendamente alte, entrambi erano molto disordinati e non era una sorpresa vederli incespicare di tanto in tanto per colpa di un oggetto fuori posto.
Dopo aver incontrato l'amico che credeva perduto, il biondo si era diretto di corsa al supermercato comprando qualcosa di speciale da preparare per la serata. Aomine amava i teriyaki burger, perciò pensò che per festeggiare sarebbe stato carino preparane a quantità industriale visto quanto mangiava.
Pazientemente tirò fuori gli ingredienti preparando quello che poteva, anche perché gli hamburger mangiati freddi non erano poi tanto buoni.
Pazientemente, trattenendo l'eccitazione, aspettò che il compagno tornasse a casa.
Kise poteva essere rumoroso, esagerato, troppo emotivo, appiccicoso e lagnoso alle volte, ma sicuramente era un tipo paziente.
Aveva aspettato Aomine per anni: ai tempi delle medie aveva aspettato che si stancasse di tutti i flirt inutili con stupide ragazze con un bel davanzale; ai tempi del liceo aveva aspettato che la storia con la sua amica d'infanzia terminasse; aveva aspettato che l'altro si accorgesse che oltre alla vaniglia esistesse anche il cioccolato, aveva aspettato che l'altro capisse che infondo il cioccolato gli piacesse più di quanto potesse immaginare.
Kise non aveva mai demorso, non avrebbe mai lasciato perdere, perché sapeva che poteva esserci qualcosa tra loro e aveva ragione. Tutta la sua pazienza venne ricompensata alla fine, ci era voluto del tempo, tanto tempo, eppure guardando quello che avevano adesso, tutto quello che erano riusciti a costruire insieme capì che ne era valsa la pena.
Certo, l'appartamento in cui vivevano era piccolo, comunque Kise non lo avrebbe cambiato per niente al mondo; con il suo stipendio da pilota avrebbero potuto permettersi molto di più, solo che quella era casa loro, calda, confortevole e disordinata: era perfetta.

Quando sentì l'armeggiare di chiavi e serrature si decise ad iniziare a cuocere gli hamburger canticchiando tra sé e sé, contento del fatto che Aomine fosse finalmente a casa.

«Sono tornato. Ryouta?» — Stanco, l'uomo dalla pelle scura e i capelli color indaco, abbandonò la ventiquattrore nel genkan insieme alle scarpe, «Mmh che buon profumo. Muoio di fame.».
Il biondo si affacciò dalla cucina sorridendo, «Bene! Ho preparato il tuo piatto preferito ~ ».
Continuando a canticchiare spensierato, lo aiutò a togliersi la giacca tutto felice e pimpante, Aomine glielo lasciò fare estremamente perplesso, «Oi Ryouta, si può sapere che sta succedendo? — Non dirmi che ci sono le tue sorelle a cena, di nuovo.».
«Niente del genere, stasera siamo solo io e te, ci divertiremo e ci rilasseremo bevendo una buonissima bottiglia di vino per festeggiare ~ ».

Aomine impallidì, se si fosse scordato un'altra volta il loro anniversario sicuramente i suoi colleghi avrebbero trovato il suo corpo fatto a pezzi il giorno dopo. Era così terrorizzato da non riuscire nemmeno a chiedere cosa avrebbero dovuto festeggiare.
Con cautela seguì il biondo in cucina e senza farsi notare controllò scrupolosamente il calendario appeso al muro. No, non doveva preoccuparsi, infondo il loro anniversario era a marzo, o forse ad aprile — sicuramente non cadeva di febbraio, di questo era sicuro.

Oh andiamo! Era un poliziotto, poteva assemblare tutte quelle informazioni giusto? —

«Allora Daikicchi, com'è andata a lavoro oggi? ~ ».


Con calma, Aomine sapeva di potercela fare. Quel giorno non era il loro anniversario – anche perché sul calendario non era stato segnato con una serie infinita di stupidi cuoricini – e questa ormai era una certezza; a trarlo in inganno era il profumo di teriyaki burger e la bottiglia di vino, potevano esserci diverse possibilità: di solito Kise preparava il suo piatto preferito prevalentemente per festeggiare il giorno del loro fidanzamento, ma anche per comunicargli delle belle notizie o per farsi perdonare se aveva combinato un guaio – per esempio invitare le suddette sorelle, chiassose quanto lui se non di più, senza dirgli niente – . Non era questo però il caso, il giorno era comunque cerchiato di rosso, quindi era decisamente successo qualcosa che... che in quel momento non riusciva proprio a ricordare.

«Ci sei Daikicchi? ~ ».

La lagna dell'altro lo riportò alla realtà, «Ah... Sì ci sono, è che sto veramente morendo di fame.» — distrattamente prese dal piatto principale un panino già assemblato dandogli un morso, «Mh buono.».
«Potevi almeno aspettare che ci sedessimo a tavola no? ~ ».
«Come sei noioso, ora apparecchio.».
Giocosamente passò una mano tra i capelli biondi scompigliandoli e annoiato iniziò ad apparecchiare, dando di tanto in tanto un morso all'hamburger.
«Allora com'è andata a lavoro? Avete arrestato qualche tizio cattivo oggi? ~ », chiese Kise divertito raggiungendolo a tavola con la cena e il vino.
«No, oggi non si è visto nessun cattivo all'orizzonte.», borbottò afferrando il secondo panino, «Tu invece?» — E finalmente qualcosa nella sua mente scattò, la lampadina si accese, riuscendo così a risolvere lo strano mistero che aveva avvolto l'inizio della serata; il giorno sul calendario era segnato di rosso semplicemente perché il compagno era riuscito a prendersi un lungo periodo di ferie ed evidentemente voleva festeggiare – a sua discolpa c'era da dire che il compagno era veramente esagerato – .
«Ah giusto, da oggi stai a casa non è così?».
«Che bello te lo sei ricordato! ~ », esultò al settimo cielo attaccandosi al suo braccio.

Sì, con immenso sforzo ma se lo era ricordato, infondo è il risultato che conta giusto? —

«Oi così non riesco a mangiare!», rudemente riuscì a staccarlo – in modo da poter continuare a ingoiare sani più teriyaki burger possibili – , comunque la pace durò poco perché a quel punto si ritrovò le braccia del compagno avvinghiate al suo collo, facendolo quasi strozzare.
«Ci pensi Daikicchi? — Finalmente avremo tanti e tanti giorni per stare insieme ~ ».
«Che gioia. Ora torna a sedere, da bravo.».
In risposta ottenne semplicemente che l'altro strinse ancora di più — «Adesso possiamo anche organizzare la festa con Kurokocchi ~ ».
Bene, di cosa diavolo stava parlando adesso? — «Ryouta sono anni che non sentiamo Tetsu. Sicuro che questo sia vino?», bruscamente afferrò la bottiglia controllando l'etichetta.

Kise ammorbidì la presa non potendo più nascondere la sua gioia, chissà che faccia avrebbe fatto.
Tornò al suo posto in silenzio guardando i profondi occhi blu estremamente confusi.
Sapeva quanto il compagno avesse sentito la sua mancanza e quanto fosse stato male, infondo erano migliori amici da sempre. Una notizia del genere non avrebbe fatto altro che rallegrarlo.

«Te l'ho detto che dovevamo festeggiare no? — Kurokocchi è tornato ~ ».
«Da quando fai uso di droghe? Lo sai che sono un poliziotto vero? — Fammi vedere le pupille!».
Questa volta a ritrovarsi assalito fu Kise che ancora non aveva realizzato cosa stesse succedendo, sapeva solo che Aomine lo stava costringendo a tenere un occhio aperto con poco tatto, decisamente poco tatto — «Daikicchi così mi fai male! Non mi drogo! L'ho incontrato oggi!», piagnucolò divincolandosi per poi massaggiarsi l'occhio, «Ecco guarda ~ ».

Il ragazzo abbronzato guardò con attenzione il bigliettino da visita che l'altro gli stava mostrando, non potevano esserci malintesi.

«Ryouta dammi quel biglietto.».
«Perché? Che vuoi fare?».
«Lo voglio chiamare e riempirlo di insulti fino a quando non mi sentirò soddisfatto.», con uno scatto si sporse in avanti per poterglielo rubare di sorpresa, solo che Kise fu più svelto di lui.
«No! Sono riuscito a fargli promettere che ci saremmo visti tutti insieme, non rovinerai tutto ~ ».
«Stupido biondino dammi subito il numero!».

Istintivamente si guardarono, studiandosi attentamente, e al più piccolo segnale entrambi iniziarono a rincorrersi per il piccolo appartamento dimenticandosi della cena.

«Ryouta torna subito qui!».
«No!».

Alla fine Aomine riuscì a placcarlo facendo cadere entrambi sul divano, «Dammi subito quel biglietto da visita!».
«Daikicchi mi stai schiacciando ~ », Kise serrò ancora di più la presa sul cartoncino, «No — I capelli! Mi stai tirando i capelli! Ahia!». Iniziò a scalciare per farlo cadere giù dal divano ma si rivelò un tentativo vano, «Ti denuncio per violenza domestica Daikicchi!».
«Fai pure.», borbottò incassando i calci fino a quando non riuscì a strappargli di mano l'oggetto dei suoi desideri.

Vittorioso si alzò dal divano lasciando il compagno a massaggiarsi la testa; non pensandoci, con disinvoltura, Aomine gli diede le spalle per comporre il numero, il che risultò essere un grande errore, perché il compagno gli saltò alle spalle tentando di prendergli il telefono.

«Troppo tardi Ryouta, ormai sto chiamando.».

Continuò ad azzuffarsi con il ragazzo fino a quando non sentì una voce pacata e serena rispondere dall'altra parte. Era davvero lui? Quanti anni erano passati? —
Per un momento l'indaco pensò che il tempo si fosse fermato, probabilmente anche per la mente di Kise si fece strada la stessa riflessione... — Poi la zuffa ricominciò.


«OI TETSU PICCOLO INFAME! PREPARATI PERCHÉ QUANDO TI VEDRÒ TI SPACCHERÒ LA — ».
Kise si affrettò a tappare la bocca del compagno con le mani pur di impedirgli di parlare, «KUROKOCCHI PERDONAMI! DAIKICCHI MI HA RUBATO IL TUO BIGLIETTO!».
«STA' ZITTO RYOUTA!».
«NO STA' ZITTO TU! STUPIDO DAIKICCHI ~ ».

Alla fine i due persero l'equilibrio cadendo per terra e quando ripresero il telefono scoprirono che il loro amico perduto, da poco ritrovato, aveva attaccato.

«CHE STR — ! RYOUTA CHIAMA AKASHI!».
«NO CHIAMALO TU!».

Si guardarono negli occhi incerti sul da fare. Alla fine Aomine annuì chiamando il loro ex capitano di basket tentando di mantenere la calma.
Kise, ora seduto accanto a lui sul pavimento, si sporse oltre alla sua spalla per capire che stesse succedendo, «Allora? Squilla? Akashicchi non risponde? Perché? ~ ».
«Per l'amor del cielo Ryouta sta' un po' — AKASHI COS'È QUESTA STORIA DI TETSU CHE SAREBBE TORNATO? TU NE SAI QUALCOSA?».
«Sì che lo sa! Kurokocchi mi ha detto che lo sapeva!».
«E tu me lo dici adesso?».
«Beh tu non mi hai dato tempo di parlare!».
Svelta la mano si apprestò a dargli uno scappellotto, «Idiota!».
«Ahi Daikicchi ~ », si sfregò la nuca corrucciato, «Comunque che dice Akashicchi? ~ ».
Gli occhi blu scrutarono il telefono, «Ha attaccato.» — Si costrinse alla fine ad ammettere, sentendosi sconfitto su tutta la linea.

 

*


«Andiamo Tetsuya, dammi la mano.».
«No Akashi-kun.».

Seijuurou sospirò tenendo per sé il vago divertimento che provava, quando Tetsuya era arrabbiato o offeso era sempre meglio non peggiorare la situazione nonostante il più delle volte si trattasse di stupidaggini – .

«Sul serio hai deciso di non darmi la mano perché ho detto che sono leggermente più alto di te? È un fatto obiettivo sai? Non posso abbassarmi.».

Ecco ora sì che aveva detto la cosa sbagliata, lo capì dallo sguardo glaciale che gli inviò il fidanzato per poi accelerare il passo lasciandolo indietro.


E invece adesso, dopo tanto tempo, lo stava tenendo di nuovo per mano come aveva fatto mille altre volte. Prima era così scontato.
Rimanendo accanto a lui, in silenzio, continuò ad accarezzarlo con le dita, grato che glielo lasciasse fare. Non avrebbe voluto interrompere quel momento per niente al mondo, per questo Akashi non disse niente, tanto meno lo guardò. Voleva semplicemente cullarsi in nella pacifica sensazione di averlo di nuovo accanto, solo che, ovviamente, niente è per sempre.

«Ti sta squillando il cellulare Akashi-kun.».

Kuroko aprì gli occhi ritraendo velocemente la mano, interrompendo così il contatto semplice e troppo intimo per i loro trascorsi.

«Sì, me ne sono accorto.», con nonchalance estrasse il telefono dalla tasca maledicendo mentalmente chiunque si fosse permesso di mettersi in mezzo, in quel caso specifico Daiki.
In realtà non ebbe nemmeno il tempo di dire ʻprontoʼ – o di dire qualsiasi altra cosa – , che dall'altra parte della cornetta si scatenò il pandemonio: urla e grida e lamenti — E attaccò.

«Tetsuya potresti spiegarmi come mai Daiki ha il tuo numero di telefono e io no?».
«Ho dato il mio biglietto da visita a Kise-kun e non è vero che tu non lo hai Akashi-kun.».
Akashi sogghignò soddisfatto, «Corretto, ciononostante c'è una disturbante differenza, io ho dovuto prenderlo da Chihiro in un momento di distrazione, mentre a Ryouta lo hai dato di tua spontanea iniziativa.».
Ecco che ricominciava a fare il bambino adesso, «Direi che possiamo rientrare.».
Kuroko non avrebbe mai dato il suo numero a nessuno, purtroppo le circostanze erano risultate sfavorevoli per lui, arrivati a quel punto ormai tutti avrebbero saputo del suo ritorno – se non lo sapevano già tutti – .
Murasakibara di certo lo avrebbe detto ad Akashi – comunque non era quello il problema visto che alla fine si erano incontrati di persona – , Akashi lo avrebbe detto a Midorima, Midorima si sarebbe tenuto la cosa per sé, ma l'incontro con Kise aveva cambiato tutto.

«Penso che ormai avrai capito quanto sia inutile nascondersi dietro un dito Tetsuya.», sospirò alzandosi per raggiungerlo, «Davvero non vuoi vederli? — Sono i nostri amici e gli sei mancato. Sono curioso sai, cosa ti aspettavi esattamente?».
Non lo sapeva, Kuroko non sapeva cosa aspettarsi, ma non voleva essere di nuovo coinvolto in tutto quel piacevole e caldo caos, lo stesso caos che aveva segnato le loro vite per sei anni, il caos che aveva imparato a chiamare casa. Non voleva perché sarebbe stato semplicemente troppo difficile ripartire una volta terminato il lavoro.
Gli occhi color cielo potevano vedere anche troppo bene, potevano ricordare fin troppo bene tutti i ricordi che avevano costruito insieme: le vacanze estive passate al mare, i gruppi di studio, gli allenamenti e le partite di basket, i loro bisticci e i gli scherzi e i dispetti —
Sobbalzò sorpreso quando sentì le mani dell'altro posarsi sulle sue spalle e lo sguardo di Akashi incatenarsi al suo, poteva leggervi fermezza, decisione.

«Tetsuya, perché — ».


E poi tutta la decisione e tutta la fermezza sparirono. Vide Akashi fare un passo indietro e distogliere lo sguardo per indirizzarlo da un'altra parte, giusto poco prima che la porta venne aperta, giusto in tempo.

«Ehi se qui avete finito il coq au vin è pronto.».
«Arriviamo subito Chihiro.».

Akashi spense la sigaretta e Kuroko tirò un sospiro di sollievo ringraziando mentalmente l'amico di essere andato a chiamarli. Sapeva che non sarebbe finita in quel modo, era pressoché impossibile, però almeno aveva potuto riprendere a respirare. Per il momento.

«Era una chiamata di lavoro Kuroko-kun? Hai altre offerte?».
«No niente del genere Mayuzumi-kun.», rispose cortesemente iniziando a mangiare.
Kagami corrucciò la fronte non capendo, non è che Kuroko avesse mai ricevuto chissà quante chiamate — «Allora chi era?».
«Oh solo un nostro vecchio compagno di scuola. Ha saputo che Tetsuya è tornato e avrebbe davvero molto piacere di incontrarlo. In effetti molti nostri amici la pensano così.».

Kagami trattenne un sonoro sbuffo, perché diavolo doveva rispondere lui? —

«Sarebbe carino organizzare una rimpatriata non credi Sei? Perché non andate a fare un weekend a Kyōto, tuo padre è fuori per lavoro no? — E poi quella casa è così grande.».
«Non dire assurdità Chihiro, siamo cresciuti ormai e siamo tutti impegnati. È impensabile trovare un weekend che possa andare bene a tutti.».
«Andiamo non può essere tanto complicato, sopratutto se sono tutti contenti di sapere che Kuroko-kun è tornato. Tu che ne pensi Kuroko-kun?».

L'azzurro stava semplicemente pensando che non credeva alle proprie orecchie, «Che abbiamo un lavoro da finire Mayuzumi-kun e che grazie alla mia influenza sono già indietro, davvero non vorrei avere altre interruzioni.».
«Non saranno un paio di giorni a rallentarti, ho visto come lavori e ho piena fiducia in te.».
«Grazie ma sono qui con il mio compagno e non credo sia carino lasciarlo da solo, anche se si trattasse di un paio di giorni.».
Akashi si costrinse a non sfoggiare il suo miglior ghigno, lo stesso che di solito mostrava all'avversario quando era sicuro di avere la vittoria in mano. Oh, così era veramente troppo semplice, tutto quello che doveva fare era dare una semplice spintarella, il resto sarebbe venuto da sé — «Taiga, Tetsuya mi stava raccontando che il primo giorno siete stati con un tuo vecchio amico, Himuro Tatsuya, corretto?».
Kagami inarcò un sopracciglio interdetto, guardò il compagno per poi rispondere con sicurezza, «Sì, è un mio amico di infanzia. Tu come lo conosci?».
«Il caso vuole che il suo compagno sia uno di questi nostri amici, tutto qui.», scrollò le spalle innocentemente, «Chihiro potresti passarmi la tua deliziosa ratatouille?».
Mayuzumi lo accontentò con un sorriso riprendendo il discorso, «Beh allora davvero non dovrebbero esserci problemi per la vostra rimpatriata. Voi vi divertite, io mi rilasso e Kagami potrà passare delle belle giornate con il suo amico.».
Scacco matto al Re — «Sì Chihiro, davvero una splendida idea devo ammetterlo.».

Ah, adesso sarebbe stata una ʻsplendida ideaʼ? — Kagami poteva sentire ribollire il sangue nelle vene, non sapeva ancora per quanto sarebbe riuscito a controllarsi, «Non avevi appena detto che siete cresciuti, i problemi del lavoro e che sarebbe stato impensabile trovare un weekend che possa andare bene per tutti?».
Elegantemente Akashi si pulì le labbra con il fazzoletto, concedendosi in seguito un sorso di vino, «Forse temo di aver leggermente esagerato. Non è poi così difficile, basterà semplicemente organizzarsi immagino. Inizierò a fare qualche chiamata.».

Durante tutta la conversazione Kuroko trattenne il respiro, sapeva che anche tirargli cento calci da sotto il tavolo non avrebbe portato niente, si limitò a rimanere in silenzio ad ascoltarli.
All'azzurro non era sfuggita la tensione di Kagami, solo non capiva perché fosse così nervoso. Non gli aveva mai parlato della sua relazione con Akashi, perciò non c'era motivo, anzi conoscendolo lo avrebbe anche incoraggiato a passare del tempo con i suoi amici. Qualcosa non quadrava. Proprio per niente.

«Gli amici di Sei sono davvero simpatici Kagami, bizzarri ma simpatici.».
«Oh... lo immagino.».

 

*


Il tragitto in taxi per tornare al ryokan fu estremamente silenzioso: Kagami era nervoso e Kuroko non sapeva cosa fare, comunque pensò che fosse una buona cosa passare la notte con lui.
Senza emettere un suono rientrarono in stanza preparandosi per la notte, Kagami ovviamente si accorse della sua presenza — «Resti a dormire qui?».
«Sì, non vuoi?».
«Non è quello che voglio io il problema, ma quello che vuoi tu.», mugugnò senza guardarlo.
«Che sta succedendo? — È da metà serata che sei strano Kagami-kun.».
Adesso erano anche tornati ai cognomi, di male in peggio, «Vuoi dormire con me o vuoi dormire con Akashi? Con il grande amore della tua vita con cui sei stato sei, sette, anni? — Perdonami se non ricordo molto bene i dettagli.».

Gli occhi color cielo si sgranarono sorpresi, non capiva, davvero non capiva. Lui non aveva mai detto niente a nessuno riguardo alla sua vecchia storia, di questo ne era più che sicuro.

«Cosa stai... Kagami-kun, è assurdo... ».
«QUELLO CHE TI STO DICENDO — !», ringhiò sbottonando la camicia frettolosamente per poi voltarsi a guardarlo «Quello che ti sto dicendo è che io so tutto Kuroko!».

Cosa? —

«So chi sia lui per te! So perché te ne sei andato otto anni fa! So tutto!».

No, non era possibile — «Da quanto tempo?».

«Da sempre immagino... La prima volta che siamo usciti, ti sei ubriacato pesantemente e hai iniziato a straparlare.», stanco Kagami si mise a sedere sul futon, «Ho tenuto il tuo segreto sperando che un giorno me ne avresti parlato di tua spontanea volontà, invece... ».
Cautamente l'azzurro si sedette accanto a lui guardandolo negli occhi, «Taiga-kun, non dire niente per favore.».
«Come posso non dire niente? — Ferisci le persone negandogli di sapere la verità! Ci pensi mai a come mi senta io nel sapere che tu sei — ».
Senza permettergli di terminare la frase, Kuroko si fiondò sulle sue labbra iniziando a baciarlo, «Non dirlo.».
«Non dirlo non cambierà le cose Kuroko.», farfugliò ricambiandolo come poteva.
«Chiamami per nome, Taiga-kun.», abilmente fece scivolare via la camicia iniziando a spogliarsi a sua volta, «Chiamami per nome.».

E Kagami lo accontentò, chiamò il suo nome ancora e ancora, per tutta la notte, tenendo le proprie preoccupazioni per sé — Ancora una volta.









 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del decimocapitolo. EEEEEE SBAM KAGAMI HA SGANCIATO LA BOMBA!! Okay non sono molto matura per uscirmene in questo modo, MA NON VEDEVO L'ORA DI PUBBLICARE QUESTO CAPITOLO!! Calmiamoci, andiamo con ordine!

Finalmente AoKise e il loro personalissimo stile di vita “risse” comprese :v , vediamo anche un primo approccio tra Aomine e Tetsu <3 (e ovviamente non finirà qui).

Inizia anche la seconda parte della cena e vediamo come i toni cambino, Kuroko spiega come mai non voglia incontrare i vecchi amici (troppi bei ricordi *sob *), Kagami è nervoso, Mayuzumi fa proposte che... davvero tesoro smettila lo dico per te, Akashi, da bravo genio del male quale è, pianifica grazie al suo perfido e brillante cervello e tanto per cambiare Mayuzumi ci casca con tutte le scarpe (tranquilli, a un certo punto si riprende e torna ad essere antipatico <3). Infine il capitolo termina con Kuroko che fa di tutto per sedurre Kagami, lo vuole zittire perché per primo non vuole pensare a niente e ci riesce, alla grande direi ;)

La domanda è: festicciola di Kise o weekend a Kyōto? — Inizia il sondaggio(?)

Un ultima cosa, nelle fic tendo sempre a mettere, quando possibile, le informazioni che gentilmente Fijimaki ci ha fornito al di fuori della trama, fino ad esso mi sono dimenticata di specificarlo quindi scriverò qui le cose che ho inserito ma non ho detto (sicuramente le sapete già, io ve le dico lo stesso però xD) — Piccole curiosità: come carriera alternativa Murasakibara sarebbe un pasticciere, Aomine un poliziotto, Kise un pilota e Akashi un giocatore di shogi professionista (Kagami, vigile del fuoco; Kuroko, insegnante d'asilo). Il piatto preferito di Akashi è lo yudofu, ovvero la famosa zuppa di tofu, mentre non gli piacciono affatto le alghe, la wakame (e immagino io ogni ricetta in cui venga utilizzata) in particolar modo, comunque su questo punto forse non sono proprio nel giusto(?) ho cercato su internet e da quello che ho capito è un tipo di alga, poi non so xD ; Il piatto preferito di Aomine invece sono i teriyaki burger (plurale perché ne mangia sempre una quantità spropositata); Kise ha realmente due sorelle maggiori (una in particolare lo ha spinto a provare la carriera di modello), pensate che caos in quella casa xD


Credo di aver detto tutto, nel caso non esitate a fare domande *^*)/

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercole con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

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Capitolo 12
*** 11 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.









 

Gli occhi color cielo erano focalizzati sul dipinto che stava creando e le mani, precise e delicate, erano impegnate nel riprodurre tutti gli splendori e le sfumature dell'ossidiana, al massimo della concentrazione, ferme e decise.
L'azzurro amava dedicarsi completamente al proprio lavoro, anche perché in questo modo non avrebbe avuto occasione di pensare ad eventi spiacevoli. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fermarsi a riflettere, sentiva l'esigenza di rimuginare su tutto quello che stava accadendo, semplicemente non era quello il momento o il tempo giusto per farlo.
Era passata una settimana o poco più dalla cena disastrosa. Sì, disastrosa: Kuroko aveva abbassato la guardia ancora una volta; aveva permesso all'ex compagno di una vita, di insinuarsi subdolamente nei suoi pensieri e di strisciare nei suoi ricordi ancora una volta. Come se gli ultimi avvenimenti non fossero sufficienti per farlo sprofondare nelle sue incertezze, la stessa sera aveva scoperto che Kagami era sempre stato a conoscenza di tutto quello che aveva cercato di nascondere, persino a se stesso, per quanto impossibile potesse essere Kuroko sognava davvero di potersi svegliare una mattina e di dimenticare ogni cosa.
Sentendo la mano tremare fece respiri profondi bloccandola con l'altra e chiuse gli occhi Istintivamente cercò le medicine, ricordandosi solo in seguito di averle dimenticate in albergo, semplicemente perfetto. Inspirò di nuovo, doveva stare calmo, non era niente, sarebbe passato, sarebbe andato tutto per il meglio. Continuava a ripeterlo come un mantra, per darsi coraggio e farsi forza, nonostante fosse ovvio che non sarebbe servito a niente: i suoi amici sapevano che era tornato, Akashi sapeva che era tornato, quando nessuno sarebbe dovuto a venirne a conoscenza, perché Kuroko era certo che la voglia di rivederli sarebbe aumentata fino a divenire intollerabile, quasi fastidiosa.

Perché dovevano essere così importanti per lui?

«Kuroko-kun tutto bene?».

Perché aveva permesso a se stesso di legarsi così tanto a loro?

«Kuroko-kun?».

Perché aveva cercato la verità? Perché aveva deciso di voler perdere tutto? — Se le cose fossero andate diversamente, se otto anni prima non fosse salito sul primo volo per Los Angeles probabilmente non sarebbe cambiato nulla, o forse sì, arrivò alla conclusione che non poteva saperlo, giusto? — C'era una scelta da fare e dopo aver preso una boccata di coraggio l'azzurro ci era riuscito, aveva scelto, per i suoi amici, per la persona che amava, per se stesso. Perché tanto Kuroko non aveva più niente da perdere.



«Perché deve fare così caldo anche a Kyōto ~ ».
«Se stessi meno appiccicato a Tetsu non sentiresti tanto caldo, idiota.».
Gli occhi azzurri come il cielo e caldi come l'estate sorrisero, a quanto pare nessuno se ne accorse, «Aomine-kun ha ragione, staccati Kise-kun e riprendete a studiare.».
«Fa troppo caldo anche solo per pensare qui dentro! Akashicchi convinci tuo padre a far installare un condizionatore ~ », in risposta il biondo si attaccò ancora di più a lui.
«È una casa tradizionale, stupido.», aggiunse Midorima senza staccare lo sguardo dai libri, «Sarebbe un peccato rovinarla, accontentati del ventilatore.».
«E smettetela di insultarmi ~ ».
«Kise-chin stai facendo troppo casino ~ », borbottò pigramente il ragazzo dai capelli lilla mentre mangiucchiava delle patatine.
«Mou ~ Adesso ti ci metti anche tu Murasakibaracchi? Più che altro perché nessuno dice niente ad Aominecchi? Sono ore che sfoglia quella rivista gravure invece di studiare!», preso dall'impeto si alzò in piedi strappandogli il magazine di mano.
«OI KISE RIDAMMELA! SATSUKI È PARTITA E IO DEVO SOPRAVVIVERE!».

Presto iniziarono ad accapigliarsi creando una gran confusione, chi per mantenere il punto e chi perché voleva il suo prezioso giornalino indietro.

«Ancora non mi capacito di come Momoi possa stare con uno come te, Aomine.».
«Sei imbarazzante Aomine-kun.».
«Mine-chin è un pervertito ~ ».
«Per quanto mi riguarda trovo che siate entrambi imbarazzanti in questo momento.», con calma Seijuurou si alzò sottraendogli la rivista con facilità, «Rimettetevi a studiare o vi farò correre fino a domani mattina. E sappiate che non è una minaccia, bensì una promessa
.».


Era talmente assorto nei suoi ricordi, tanto vividi quanto colorati, da non accorgersi che la mano aveva iniziato a tremare troppo forte e che Mayuzumi lo stesse chiamando; Kuroko non si accorse nemmeno che l'amico si fosse alzato e che lo stesse scuotendo preoccupato — «Kuroko-kun, stai bene?».
Tornando alla realtà posò lo sguardo su quello grigio e opaco dell'altro accennando un sorriso, «Certo Mayuzumi-kun.».
«Stai tremando e sei pallido.», sostenne l'amico scrutandolo con attenzione, «No che non stai bene. Da quant'è che non fai una pausa?».
«Non ho bisogno di pause davvero, tutto a posto.», fece un profondo respiro per tranquillizzarsi, poi decise di focalizzare nuovamente la propria attenzione sulla tela, per fortuna il fastidioso tremore non aveva rovinato la sua opera, il dipinto stava venendo più che bene: questa volta il soggetto era un set completo composto da ossidiane e diamanti.
«Invece sì che hai bisogno di una pausa. Stai chiuso qui dentro da giorni, almeno dormi la notte?».
No che non dormiva, come avrebbe mai potuto riuscirci? — «Otto ore di sonno tutte le notti, non devi preoccuparti Mayuzumi-kun.».
«Beh non mi importa.», distrattamente iniziò a raccogliere gli effetti personali dell'amico, «Tecnicamente sono il tuo datore di lavoro, quindi sono responsabile della tua salute.».
«Che stai — ».
«Per oggi hai finito. Prenditi il resto della giornata per riposarti o fai quello che vuoi, non starai qui rassegnati.».
«Ma — ».
«Senti ci siamo con i tempi, non abbiamo fretta. Tutti stiamo rispettando la tabella di marcia, anzi tu sei molto più avanti di noi, quindi puoi permetterti una giornata e se non la vuoi tu, allora significa che dovrò importela io.».

Riconoscendo la sconfitta, Kuroko annuì sommessamente iniziando a riordinare. Che se ne sarebbe fatto di quella pausa? — Tornare al ryokan significava affrontare Kagami ed era fuori questione; ogni volta che il compagno semplicemente provava a parlare del problema, Kuroko lo eludeva: a volte gentilmente, a volte provava a sedurlo come la notte in cui avevano discusso, altre invece lo lasciava semplicemente lì, tornando nella sua stanza a lavorare.
Cosa se ne sarebbe dovuto fare della mezza giornata libera? — Non aveva bisogno di riposo, bensì di lavorare, di distrarsi, fare, di disegnare, di dipingere, creare, di pensare a tutto meno che a quello e Mayuzumi non lo stava aiutando, affatto. Infondo il suo amico come poteva capire, non sapeva nemmeno che Seijuurou, l'uomo con cui condivideva il letto, fosse stato il suo primo amore, il ragazzo con cui aveva passato anni della sua vita, il lutto dei suoi genitori — No, Mayuzumi non poteva capire in quale caos lo stesse indirizzando con quel permesso di lavoro, ma non era colpa sua.

«Allora... vado?».

Forse, forse se glielo avesse detto, se glielo avesse spiegato, se non avesse impedito a Seijuurou di dirgli la verità, se non lo avesse costretto a mentirgli, forse Mayuzumi avrebbe capito? —

«Sì, vai.».

No, non avrebbe capito.

«Ci vediamo domani Mayuzumi-kun.».

Kuroko lasciò semplicemente che quella scintilla ancora accesa, quella voglia di lavorare, fare, di distrarsi, di dipingere e creare, si spegnesse, lasciando spazio solo a dubbi, caos, incertezze e sentimenti repressi, inespressi.

«Solo se starai meglio.».

Rassegnato l'azzurro prese la borsa con tutte le sue cose, non incrociò gli occhi grigi e opachi, non aveva senso, sapeva di non poter vincere contro la determinazione dell'altro. Si era arreso, quindi senza voltarsi indietro uscì dall'atelier.
Il vento di febbraio gli pizzicò il volto scoperto, le guance arrossirono. Esitante Kuroko indossò i guanti e strinse di più la sciarpa intorno al collo per coprirsi bene.
Fuori dall'edificio non sapeva che fare, dove andare; alla fine decise di perdere anche la sua seconda battaglia. Se ne rese conto solo quando tirò fuori dal portafoglio un piccolo bigliettino da visita, fin troppo importante.
In silenzio, con le mani che avevano ripreso a tremare – e non per il freddo – compose il numero. In silenzio e in trepida attesa contò gli squilli, se una parte di Kuroko pregava che nessuno rispondesse, l'altra implorava disperatamente, ad ogni ʻbeepʼ, di sentire la voce che conosceva bene: squillante, esagerata e tremendamente familiare. Perché alla fine, sia l'una che l'altra, erano due facce della stessa medaglia: se una poteva venire ignorata, l'altra doveva essere per forza accontentata e viceversa.
Si scoprì di nuovo perso e sconfitto quando gli squilli cessarono e la voce che conosceva bene, così squillante, esagerata e tremendamente contenta, chiamò il suo nome Allo stesso tempo Kuroko si rese conto di essergli immensamente grato per averlo fatto.
Chiuse gli occhi tentando di ritrovare un minimo di pace interiore, un minimo di equilibrio. Gli occhi color cielo tornarono a guardare la strada e l'azzurro aveva solo una cosa da dire.

«Kise-kun, sai dirmi dove posso trovare Aomine-kun?».

In quel momento era l'unica persona di cui avesse bisogno. Voleva vederlo, parlargli, non sapeva cosa gli avrebbe detto, però sapeva che anche rimanere in silenzio con lui aveva il suo significato.
Poteva permetterselo? Poteva concedersi quella piccola debolezza? — Non era importante, ne aveva semplicemente bisogno. Aveva l'esigenza di vedere quello che era il suo migliore amico e non poteva dirsi ʻnoʼ questa volta.

 

*


La stazione di polizia era rumorosa come sempre, non per la folla – in effetti non ce n'era quasi mai – , ma per l'ufficio d'investigazione era diverso: costituito da nove divisioni, pieno di uffici, la confusione era tanta.

«Aomine-san?».

Il ragazzo dalla carnagione scura fece segno alla donna di attendere continuando a parlare al telefono.

«Aomine-san!», bisbigliò di nuovo la donna con urgenza.
«Può attendere un attimo? — Che succede Watanabe-chan?», con accortezza posò la mano sulla cornetta in modo che l'interlocutore dall'altra parte della linea non potesse sentire quello che avevano da dirsi.
«ʻ-sanʼ, quante volte le devo dire di utilizzare il ʻ-sanʼ?».
«Non è colpa mia se ho un debole per le belle donne, Watanabe-chan. Comunque che devi dirmi? — Come vedi sono occupato al momento.».

Watanabe Suzue – esile, eppure dotata di un bel davanzale, capelli lisci e neri – si massaggiò le tempie pazientemente, perché doveva far per forza riferimento ad Aomine? —

«Qualcuno ha espresso l'urgenza di incontrarla.».
«Ah... Se è un biondo svampito ignoralo.», ripensandoci quella mattina si era dimenticato il pranzo che Ryouta gli aveva preparato con tanto amore, non sarebbe stato da lui non portarglielo, accompagnato dalla solita lagna per contorno.
«Non si tratta di Kise-san, è un'altra persona. Quando ha finito di parlare venga giù per favore.».

Annoiato annuì accondiscendente guardandola andare via, aveva anche un bel posteriore, quindi non fu una vista tanto spiacevole. Amava Ryouta, avrebbe anche dato la vita se con quel suo gesto avesse potuto salvare la sua, però ciò non poteva impedirgli di ammirare un bel corpo femminile nel momento in cui gli si presentava l'occasione.
Solo pensare a quale espressione avrebbe fatto il suo compagno, vedendolo ammirare le fattezze di una donna, lo fece sorridere spontaneamente. In realtà gli era così grato di averlo aspettato, di aver insistito con lui, che non avrebbe scambiato quella felicità, la loro quotidianità, con nessun altro e con nient'altro al mondo.
Spensierato tornò alla sua telefonata di lavoro, si prese tutto il tempo necessario sperando di poter risolvere la situazione – per quanto possibile – . I casi di cui si occupava non erano sempre facili, anzi, tutto il contrario, ogni volta sorgevano complicazioni e nuovi indizi.
Era difficile riuscire a staccare la mente, a lasciare fuori i brutti pensieri, le speculazioni, i colpevoli e gli innocenti una volta varcata la soglia di casa, però era a questo che serviva l'amore, giusto? — A lasciare le brutte cose fuori dalla porta.
Terminata la chiamata si stiracchiò, distese i muscoli lasciandosi scappare uno sbadiglio, dopodiché scese al piano terra chiedendosi chi avesse chiesto di lui, sinceramente sperava che non fosse un caso noioso.
Aomine adorava l'adrenalina e i misteri, anche se faceva parte della seconda divisione – la cui principale occupazione erano furti e crimini sessuali – , sperava davvero che non si trattasse di un ladro di portafogli. Troppo noioso e troppo scontato.

«Come posso aiutarla?», chiese senza guardare realmente in volto la persona a cui si era appena rivolto.

«Mi hanno rubato il portafoglio, Aomine-kun.».
Ecco, lo sapeva, un altro caso noioso «Sì, in che zona?», continuò non rendendosi ancora conto con chi stesse parlando in realtà.

«Aomine-kun.».

E ad un tratto la sua attenzione si fece più che vigile. Alzò bene lo sguardo e gli occhi blu rimasero a contemplare il ragazzo, il cielo mattiniero che otto anni prima era sparito nel nulla.

«Tetsu.».

Tutto quello che riuscì a dire fu il suo nome, o meglio il suo diminutivo, aveva iniziato a chiamarlo in quel modo dal primo giorno che si erano incontrati. Era risultato naturale e tra tutti i suoi amici era l'unico con cui si fosse preso tanta confidenza.
Aomine pensava che una volta averlo rivisto si sarebbe scagliato su di lui, lo avrebbe ricoperto di insulti e probabilmente anche preso a pugni. Come aveva potuto? Come aveva potuto andarsene senza avvertire, senza dare una spiegazione? — Loro due avevano sempre parlato di tutto, sia del bello che del brutto; quante volte Aomine gli aveva raccontato di Satsuki? Quante volte Kuroko aveva finto di credere che il problema fosse Satsuki e non il famoso biondo svampito? — Perché lui sapeva, sapeva benissimo cosa provasse per Ryouta e lo aveva aiutato come poteva, in silenzio, senza mettergli fretta, lasciandogli i suoi tempi, il suo spazio e poi? — E poi se ne era semplicemente andato, senza dire niente, senza nemmeno prendersi la rivincita di un semplice ʻte l'avevo dettoʼ.
Sì, Aomine credeva che rivedendolo il suo unico desiderio fosse stato di spaccargli la faccia, più che volentieri, invece si ritrovò ad abbracciare incredulo il vecchio amico, ripetendo il suo nome ancora e ancora, del tutto incurante dello sguardo indagatore e stupito della collega di lavoro.

«Watanabe-chan, mi prendo un giorno.».
«Sì — Sì, certamente. Non si preoccupi Aomine-san.».

Il più alto posò il braccio sulle spalle dell'altro scortandolo fuori dalla centrale senza emettere un fiato. Non era poi così importante parlare, raccontarsi le cose. Se l'amico che credeva perduto era venuto a cercarlo c'era un motivo e Aomine non gli avrebbe messo fretta, gli avrebbe lasciato prendere tutto il tempo necessario, il giusto, quello che gli avrebbe permesso di potersi esprimere al meglio. Proprio come Kuroko aveva fatto con lui.


Insieme attraversarono la città. I ragazzi presero treni, cambiarono direzione, non sapendo dove andare, perché non era importante.
Decisero di fermarsi in un parco quando ormai il sole stava tramontando, seduti ai piedi di un laghetto osservarono le varie sfumature del cielo, non più semplicemente azzurro.

«E quindi ora vivi con Kise-kun.».
«È una così grande sorpresa?».
«No non lo è.».

I due amici si guardarono, ritrovando la vecchia complicità che li aveva sempre accomunati, ma fin troppo presto tornarono ad ammirare il tramonto.

«Dove sei stato tutto questo tempo Tetsu?».
«A Los Angeles.».
«È stato Akashi a dirtelo? — Di me e Ryouta intendo.».
«Sì.».
«Beh almeno quello stupido non mi mente.», accennò un sorriso, «Com'è stato incontrarlo?».
Kuroko aggrottò appena le sopracciglia, «Intenso direi, lui è sempre stato così no? — Ho un nuovo compagno adesso, Kagami-kun, stiamo insieme da tre anni, mese più, mese meno.».
«Convivete o avete intenzione di farlo?».

Aomine accolse il silenzio del più piccolo come una risposta, rilassato si stese sul prato chiudendo gli occhi, godendosi gli ultimi sprazzi di luce.

«Sai Tetsu, quando te ne sei andato noi ti stavamo aspettando per festeggiare, come ogni anno, avevamo organizzato tutto. Eravamo lì ad aspettarti, solo che tu non sei mai arrivato. Eravamo preoccupati — Dio... Akashi era letteralmente nel panico, non penso di averlo mai visto in uno stato simile, cercava di non darlo a vedere, insomma sai com'è fatto.».


Sì, Kuroko sapeva molto bene come fosse fatto, comunque decise di non interromperlo.

«Abbiamo aspettato ore, abbiamo provato a chiamarti, ti abbiamo mandato non so quanti messaggi, ma non riuscivamo comunque a raggiungerti in nessun modo. Alla fine grazie al padre di Midorima siamo riusciti a metterci in contatto con tutti gli ospedali possibili, credevamo che avessi avuto un incidente o qualcosa del genere, per fortuna non è stato così.
Non so quando ci siamo realmente resi conto che te ne fossi semplicemente andato, penso che a un certo punto lo abbiamo semplicemente accettato, chi più, chi meno.», scrollò appena le spalle, «Ma se c'è una persona che non l'ha mai accettato... beh quello è Akashi Tu non c'eri Tetsu, tu non sai come è stato, cosa era diventato. Noi c'eravamo per lui, lo abbiamo aiutato come potevamo, lo abbiamo spronato quando potevamo farlo, nel modo in cui potevamo farlo.».
«E avete fatto un buon lavoro Aomine-kun, Akashi-kun è felice, lo posso vedere da me.».
«Diamine Tetsu non è questo il punto!», sospirando si tirò su a sedere guardandolo dritto negli occhi azzurri per la prima volta, «Akashi ha sempre sperato che tu tornassi un giorno e adesso tu sei qui. E sì sei felicemente fidanzato con il tuo compagno, e sì hai la tua vita a Los Angeles, come il tuo lavoro molto probabilmente. Sì, tu sei riuscito a rifarti una vita e di questo non possiamo che essere contenti per te, però quanto di tutto questo è vero Tetsu? ».

Quanto di tutto quello che aveva costruito fosse vero, era questo che gli stava chiedendo? — Sperava davvero di no, perché non lo sapeva nemmeno lui.

«Non posso credere che rivedendolo tu non abbia provato niente, non dopo tutto quello che avete fatto, dopo tutti gli anni che avete passato insieme, i dispiaceri, la scomparsa dei tuoi — Tetsu ascoltami... io penso che tu abbia avuto i tuoi buoni motivi per sparire in quel modo, non posso comprenderlo, non posso accettarlo e non posso nemmeno tentare di giustificarti se non me lo spieghi, comunque non ti chiederò mai perché lo hai fatto, questa è una tua scelta ed è una cosa che ho imparato ad accettare.».

E di questo Kuroko gliene era profondamente grato


«Io ho imparato ad accettarla.», sottolineò l'altro con minuzia, «Anche Akashi adesso si è rifatto una vita, ha il suo lavoro, il suo compagno e convivono. Dopo tanto tempo è riuscito a rimettersi in piedi, a costruire qualcosa di positivo dopo la tua partenza — Mayuzumi non potrà mai essere quello che tu sei stato per lui, sarebbe impossibile, però è qualcosa e quel qualcosa va rispettato.».

Kuroko distolse lo sguardo tornando a fissare il lago con aria assente. Certo che lo rispettava, Mayuzumi era prima di tutto un suo amico, non era colpa di nessuno se sfortunatamente si era ritrovato in mezzo all'incredibile e insana situazione; Kuroko non poteva controllare anche quello, se avesse potuto lo avrebbe fatto.


«Tu ed Akashi eravate la coppia perfetta. Mai un litigio, non vi siete mai lasciati, mai, nemmeno una piccola pausa. Non ne avete avuto bisogno perché semplicemente stavate bene insieme, allora cos'è successo?».
«Penso che accada, tutto qui.», scrollò le spalle, «Le favole che ci raccontano da bambini non sempre vanno nel verso giusto Aomine-kun, anzi, spesso il classico ʻper sempre felici e contentiʼ, non esiste. Sarebbe bello non credi? — Trovare la persona giusta per te ed essere sicuri che non vi lascerete mai, che starete sempre insieme.».
«Sì, sarebbe bello.».

Rimasero in silenzio per un tempo indefinito, gli ultimi raggi del sole erano spariti già da un bel po' lasciando spazio gradualmente al buio e alla pace. Potevano udire in lontananza i rumori della città e del traffico, eppure era rilassante in qualche modo, piacevole.

«Ora è meglio che vada o quello stupido mi darà per disperso.».
«Sì, ora vado anche io. Grazie Aomine-kun.».

Non sapeva esattamente dove sarebbe andato, probabilmente avrebbe camminato ancora un po'. Stava per voltarsi e iniziare ad avviarsi senza una meta precisa, quando la voce dell'altro lo fece desistere.


«Quello che volevo dirti Tetsu, è che Akashi si merita una spiegazione. Indipendentemente dal fatto se provi ancora qualcosa per lui o meno, dopo tutto questo tempo che ha passato a pensarti, a farsi domande, ha bisogno che tu metta un punto, che tu gli dica come stanno le cose — », dalla tasca dei pantaloni tirò fuori il portafoglio da cui estrasse un bigliettino da visita, con sicurezza glielo mise in mano, così che non potesse rifiutare, «Vallo a trovare, sicuramente starà ancora in ufficio a quest'ora, qui c'è tutto quello che ti serve sapere.».
Kuroko scosse la testa insicuro, non poteva farlo, «Io non — » — Davvero non poteva andarlo a trovare, sapeva che non sarebbe riuscito ad aprire bocca.
«Sei felice no? Non provi più niente nei suoi confronti o sbaglio? — Allora sii corretto e sii giusto, come sei sempre stato. Va a parlare con Akashi e chiudi definitivamente questa storia — Glielo devi Tetsu e tu lo sai.».









 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine dell'undicesimo capitolo. FINALMENTE AOMINE!! <3 Forse non sembra(?) è un capitolo calmo, ma è carico di significato.
Nella prima parte troviamo Kuroko immerso nelle sue riflessioni, di come eviti Kagami e il problema di conseguenza, entriamo sempre un po' di più nel suo intimo e vedendo che non sta bene Mayuzumi lo manda a casa.
Kuroko lotta con se stesso per soffocare i suoi desideri, di vedere i suoi amici e di stare con loro, alla fine perde la sua battaglia cercando Aomine, che non ha mai incontrato, non ha mai contattato, non sapendo che aspettarsi, eppure lo va a trovare perché ha bisogno di stare con lui, ne sente l'urgenza.
Forse vi aspettavate un incontro più movimentato, Aomine che dava in escandescenza, invece Aomine lo abbraccia, nonostante pensasse di volerlo prendere a pugni, appena lo riconosce semplicemente lo abbraccia. Il loro rapporto è profondo, intenso, e per farvi capire questo mi sembrava più giusto il silenzio, un silenzio che non ha bisogno di parole, si esprime benissimo così; Camminano vicini, non importa dove vadano, Aomine gli lascia tempo perché sa che Tetsu vuole parlargli, allora aspetta che sia pronto per farlo. Avrebbe aspettato anche se ci sarebbe voluto ulteriore tempo, non avrebbe detto niente anche se Tetsu non avesse aperto bocca alla fine e niente voglio piangere, quanto sono belli qwq
Scopriamo che Aomine rispetta la scenta di Kuroko perché sa che non è sparito per gioco, che deve esserci un serio motivo dietro la sua partenza; Aomine è schietto e spinge l'amico ad andare a parlare con Akashi.

La domanda di questo capitolo è: Kuroko ascolterà il consiglio di Aomine? Andrà all'ufficio di Akashi oppure no? —

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lune con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 13
*** 12 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.









 

«Shintarou mi ha detto che Tetsuya era in macchina con i genitori, loro come stanno?».
«Non ce l'hanno fatta. Il padre è morto sul colpo, la madre in ambulanza. Mi dispiace.».

Decisamente non si trattava di un bel sogno, piuttosto era un incubo orribile, uno di quelli che non ti permettere nemmeno di aprire gli occhi, perché ti lascia paralizzato — E la cosa peggiore era che il terribile incubo fosse realmente accaduto.

«Ci sono novità di Tetsuya? Gli esami hanno riscontrato qualcosa di nuovo? C'è ancora... C'è ancora bisogno del coma indotto?».
«No, abbiamo convenuto che non sarà necessario. Dovrebbe svegliarsi a minuti da solo. Ora scusatemi ma devo andare ad avvisare gli assistenti sociali.».

L'ansia aumentò e Seijuurou inconsciamente si tese nel sonno agitato. Voleva svegliarsi.
Cosa ne sarebbe stato di Tetsuya se fossero intervenuti gli assistenti sociali? Lo avrebbero sradicato da casa sua? Lo avrebbero costretto a seguire in Europa uno zio che nemmeno conosceva? — Doveva esserci un'altra soluzione, per forza.

«È la procedura, Kuroko è minorenne e ci sono delle regole da rispettare.».

Svegliati.

«Midorima-sensei, per favore faccia un'eccezione, li chiami domani.».

Svegliati.

«Akashi-kun so che è difficile, ma sanno quello che fanno, sanno come comunicare certe notizie.».

Svegliati.

«Non lo metto in dubbio, voglio comunque essere io a dirglielo. Tetsuya lo preferirebbe.».

Nel sogno seguì il padre dell'amico più fidato, lo stimato neurochirurgo Midorima-sensei. Lo seguì proprio come aveva fatto diversi anni addietro. Lo fece con la stessa paura di non sapere cosa dire o cosa fare.
Era solo un ragazzino all'epoca, un ragazzino di quindici anni avrebbe dovuto dire al proprio fidanzato che i suoi genitori non c'erano più, con la consapevolezza che fosse un suo compito doverlo fare, era una sua responsabilità, tremendamente pensate.
Seijuurou ricordava esattamente come si fosse sentito, non avrebbe mai potuto dimenticare l'angoscia e il dolore, non avrebbe mai potuto cancellare la sensazione di oppressione che avvertì al solo pensare di dover comunicare a Tetsuya una tragedia simile; continuando a dormire si tese ancora di più. Svegliati.
Nessuno avrebbe mai messo in conto una disgrazia del genere: Tetsuya stava relativamente bene, eppure le splendide persone che avevano accolto Seijuurou come un secondo figlio, le stesse che mettevano sempre a disposizione la loro meravigliosa casa colorata per feste, compleanni o semplici cene si erano spente; così, come fa una candela con un po' di corrente. Era stato troppo semplice. Non dovrebbe essere così semplice.

Svegliati. Non ci riuscì.

Nel sogno continuò a seguire l'uomo attraverso infiniti corridoi sterili, bianchi e morti. Come un automa continuava a camminare, perché era l'unica cosa che potesse fare in quel momento e quando i suoi piedi si fermarono quasi si sentì perduto. Ingoiò la sensazione spiacevole dal gusto amaro, non era a se stesso che doveva pensare adesso.
In silenzio osservò il chirurgo abbassare la maniglia della porta e Seijuurou entrò solo quando ricevette il muto consenso.
Seijuurou sapeva di non essere pronto a quella vista, a vedere il ragazzo che amava stare tanto male, comunque, anche se esitate, entrò nella stanza — No, non era assolutamente pronto, probabilmente non lo sarebbe mai stato.

«Tetsuya.».

Maledizione svegliati! —

Le iridi eterocrome si spalancarono di colpo. Il respiro corto e affannato quasi faceva male.
Seijuurou si tirò su a sedere lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona. Non ricordava nemmeno di essersi addormentato.
Dove si trovava piuttosto? — Confuso si guardò intorno riconoscendo il suo ufficio e Reo, che lo stava fissando preoccupato.


«Finalmente ti sei svegliato, mi hai fatto preoccupare Sei-chan.».
ʻfinalmenteʼ? — «Sono tutto sudato.», borbottò chiudendo gli occhi. Pigramente allentò la cravatta per respirare meglio e quando li riaprì notò, con estremo disappunto, che anche le carte sulla scrivania erano bagnate. Che diavolo era successo? —
«Ho provato in tutti i modi a svegliarti, alla fine ti ho dovuto tirare un bicchiere d'acqua.».
E così l'arcano mistero venne risolto — «Che ore sono?».
«Mezzanotte e mezza. Mayuzumi ha già chiamato diverse volte.», il segretario si apprestò a versare qualcosa di forte al vecchio amico per farlo riprendere, notando con piacere che l'altro accettò.
Reo sapeva meglio di chiunque altro quanto il suo Capo si impegnasse sul lavoro, era sempre il primo ad arrivare e l'ultimo ad andare via, quindi non era una gran sorpresa, per lui, vederlo addormentato su pile di carte di tanto in tanto. Sapeva altrettanto bene quanto fosse difficile destarlo dai suoi bei sogni; lo trovava tenero il più delle volte, invece quella notte si era preoccupato, aveva avuto modo di constatare visivamente che l'altro non fosse immerso in un sonno tranquillo e pacifico: i lineamenti erano duri, i pugni inconsciamente chiusi tanto da tingere le nocche di bianco – . Allora Reo aveva iniziato a chiamarlo, a scuoterlo, ovviamente ottenne tutto meno che la reazione sperata, non sapeva davvero più che fare — «Mi dispiace, domani mattina ti ristampo subito i documenti rovinati. Non essere troppo arrabbiato ~ ».

No, Seijuurou non era arrabbiato, al contrario, era grato che lo avesse riportato alla realtà, che non lo avesse lasciato lì a rivivere uno dei momenti più brutti della sua vita.
Era solo un bambino quando perse l'unica donna della sua vita, la sola persona che gli desse degli attimi di svago, una pausa, dalla vita piena di regole, di impegni e di doveri che il cognome ʻAkashiʼ imponeva.

«Non preoccuparti Reo, va bene così.», vuotò il bicchiere di whisky con una piccola smorfia.

Dalla scomparsa della madre le cose erano diventate solo più difficili. Nonostante fosse soltanto un bambino suo padre lo caricava di impegni e di responsabilità, la pressione di essere sempre il primo, sempre il migliore, senza il più piccolo gesto di affetto, aveva iniziato a schiacciarlo e poi — le labbra s'incresparono in un sorriso agrodolce.

«Sei-chan?».

Poi aveva incontrato Tetsuya e l'interesse puramente sportivo che trovò in lui, presto si trasformò in un interesse romantico. Non si fecero troppe domande quando arrivò il momento di porsele, semplicemente si erano trovati e, avendo trovato Tetsuya, Seijuurou aveva riscoperto il calore di una famiglia. Poteva lasciarsi andare insieme a loro, divertirsi, godersi un pranzo o una cena senza parlare di responsabilità, di doveri, di quello che un Akashi dovrebbe saper o non saper fare.

«Sei-chan? Ci sei? ~ ».

Ma alla fine non era importante, perché anche quello gli era stato portato via e per concludere in bellezza Tetsuya gli aveva negato persino la sua presenza, senza un motivo apparente.
Nervoso si versò di nuovo da bere ignorando il segretario. Aveva sbagliato su tutta la linea con lui, andare a quell'aperitivo fu l'errore più grande che potesse fare, ormai ne era più che sicuro.

«Dannazione.», strinse di più il bicchiere con rabbia.

Era finalmente riuscito ad instaurare una relazione stabile, Chihiro era un bravo ragazzo, un bravo ragazzo che molto probabilmente nemmeno meritava.
Chihiro lo amava profondamente, così tanto da sopportare tutti i suoi silenzi, i suoi orari, i suoi viaggi di lavoro, tutti i ʻti amoʼ non detti perché non sentiti, non diretti a lui. Lo amava così tanto che lo avrebbe sempre aspettato, non lo avrebbe mai lasciato, non come aveva fatto Tetsuya, in un modo inspiegabile, ingiustificato e scorretto. Non lo avrebbe mai lasciato a pezzi, distrutto e disperso, forse perché Chihiro non avrebbe avuto nemmeno il potere per poterlo ridurre in quello stato.
Sì, Chihiro lo amava, disperatamente, arrivando addirittura al punto di ignorare tutte le proposte di matrimonio che Akashi Masaomi – con molto tatto ed educazione – inviava a casa loro.
A suo padre non importava, la sua unica preoccupazione era far sì che Seijuurou si sposasse e che gli desse un paio di nipoti, poi quello che faceva sotto le lenzuola non erano affari suoi; non aveva mai nemmeno voluto conoscere Tetsuya, figuriamoci Chihiro. L'importante era mantener vivo l'impero della famiglia Akashi. Niente di più, niente di meno.

«Sei-chan è tardi, andiamo. Hai bisogno di dormire.».

In silenzio si alzò raccogliendo le sue cose, vuotò nuovamente il bicchiere e insieme all'amico uscì dal grattacielo imponente – il suo grattacielo imponente – . Senza fare troppe storie accettò il passaggio che gli venne offerto e una volta a casa andò nella camera padronale.
Chihiro dormiva sereno e quella pace lo fece sentire tremendamente in colpa. Così ingenuo, così ignaro di quello che stesse accadendo, in quale assurda situazione si fosse trovato in mezzo.
No, Seijuurou non amava Chihiro. Sapeva quale sentimento potente e pericoloso potesse essere l'amore, lo aveva provato, assaporato e vissuto, non sarebbe mai sceso a compromessi; questo però non gli aveva impedito di affezionarsi, di costruire un futuro e di stare con lui, di riconoscere quanto il compagno fosse una parte importante della propria vita. Non per forza la persona che si ama è quella giusta, quella con cui si vivono i sogni e i desideri, la stessa che vedi affianco a te davanti ad un caminetto, quando ormai il tempo decide di tingerti i capelli di bianco. La realtà è diversa e in quella realtà Chihiro era presente. Tetsuya no.

Istintivamente fece scorrere le dita tra i capelli argentati. Non avrebbe voluto svegliarlo, ma sapeva quanto il compagno avesse il sonno leggero.

«Ehi eccoti... », aprì appena gli occhi assonnato, «Tanto lavoro oggi?».
«Come sempre, invece come è stata la tua giornata?», chiese continuando ad accarezzare la chioma disordinata.
«Mh bene, anche se ho dovuto dare un giorno a Kuroko-kun, era pallido e stanco, praticamente tremava.», sbadigliò lasciando che le palpebre si chiudessero nuovamente, «Dice sempre che sta bene, la verità è che ha bisogno di prendersi una pausa, spero solo che domani stia meglio.».


Non aveva più visto né sentito Tetsuya dal giorno della cena, proprio quando aveva fatto la scelta di non cercarlo o vederlo più dovevano uscire queste novità? — Chiuse gli occhi ispirando piano, non doveva pensarci, aveva fatto una scelta. Aveva deciso di seguire il consiglio di Shintarou alla fine, di vivere la sua vita e di lasciare che Tetsuya vivesse la propria. Non doveva pensarci.

«Spogliati e vieni a letto Sei, è tardi.».
«Sono troppo stanco.», con un piccolo ghigno soddisfatto, tolse la giacca insieme alla cintura e s'infilò sotto le coperte stringendo il compagno a sé. Non era da lui fare una cosa del genere, eppure l'assonnata risata di Chihiro lo fece ridere a sua volta.
«Il grande Akashi Seijuurou dormirà vestito? Domani nevica.».
«Beh a te piace la neve no?».

Presto i due si ritrovarono stretti in un abbraccio caldo e rassicurante, esattamente come il bacio che si scambiarono prima di chiudere gli occhi tornando a dormire. E cullato dal tepore confortante, Seijuurou fece solo dei bei sogni.

 

*


Kagami era in pena, non c'era altro modo per poter descrivere come si sentisse. Le gambe non riuscivano — anzi non potevano stare ferme, continuando a fare su e giù per la piccola stanza del ryokan, il ragazzo alto e massiccio non trovava pace.

La mattina era iniziata normalmente: si erano svegliati, aveva visto il compagno prepararsi per andare a lavoro, aveva tentato di parlare del problema ed era stato ignorato come sempre – non che questo lo scoraggiasse dal tentare ancora e ancora, perché sapeva che prima o poi avrebbero dovuto affrontare l'argomento – ; Kagami iniziò a preoccuparsi verso l'ora di pranzo, quando non ricevette la solita chiamata da parte di Kuroko, e la sua ansia non fece che aumentare con il corso del tempo. Aveva provato a chiamarlo un'infinità di volte, ovviamente si ritrovò a litigare con la segreteria telefonica, perché quello stupido aveva il telefono spento. Fosse stato per lui avrebbe chiamato Mayuzumi, solo che purtroppo non aveva il numero, tanto meno sapeva dove si trovasse il suo negozio.
Per distrarsi nel pomeriggio si era incontrato con il suo amico d'infanzia, questo lo aiutò ad allontanare il pensiero che Kuroko fosse morto da qualche parte, o comunque a ridimensionare la sua ansia, c'erano infinite possibilità giusto? — Il telefono poteva esserglisi rotto, per esempio.
Stare con Tatsuya lo aveva aiutato e per l'ora di cena tornò al ryokan con uno spirito differente, positivo, era sicuro che avrebbe trovato il compagno ad aspettarlo, invece la stanza era vuota, esattamente come l'aveva lasciata prima di uscire.
Non volendo pensare al peggio optò per un bagno caldo, una cena soddisfacente e aspettò.
Aspettò che si fecero le dieci, poi le undici, mezzanotte — Era decisamente successo qualcosa.

Ora, al telefono con l'amico continuava a fare su e giù non trovando pace, non importava quanto l'amico cercasse di tranquillizzarlo – con la classica voce impastata dal sonno – .


«Senti Tatsuya io vado a cercarlo. Non so dove, non so come, non è importante okay? — In qualche modo farò.».

Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere che chiuse la chiamata. Agitato si vestì – ignorando che avesse indossato la maglietta al contrario – , prese il telefono ficcandolo nella tasca dei pantaloni in malo modo, infilò le scarpe e aprì la porta della stanza con la determinazione di una persona pronta a setacciare tutta Tōkyō — Quello che non si aspettava era di ritrovarsi Kuroko davanti che lo guardava perplesso.

«Vai da qualche parte Taiga-kun?».

Del tutto senza parole, non poté fare altro che osservare l'azzurro entrare e posare la tracolla a terra.
Non gli era passato nemmeno per l'anticamera del cervello, a quell'idiota, di quanto si fosse preoccupato? — No, ovviamente no.

«Tetsuya hai idea di che ora sia e che non ho avuto più tue notizie da quando sei uscito stamattina?», chiese tutto d'un fiato, respirare non era la priorità in quel momento, «Stavo uscendo per venire a cercarti senza nemmeno sapere dove andare!» — Nervosamente calciò via le scarpe in modo da poterlo raggiungere sul tatami, si sedette accanto a lui studiandolo a dovere, almeno stava bene, «Si può sapere dove sei stato? Perché hai il telefono staccato?».

Kuroko prese gentilmente la mano del compagno stringendola piano. Lo aveva fatto impensierire e non avrebbe voluto, solo aveva davvero bisogno di tempo per sé, per pensare.
Dopo aver salutato Aomine era rimasto imbambolato a fissare il bigliettino da visita, non sapendo che fare; sapeva che l'amico aveva ragione, Kuroko era consapevole che avrebbe dovuto parlare con Akashi e travolto da un'inaspettata carica aveva camminato e preso treni fin quando non raggiunse la meta, eppure non entrò nell'edificio — Restò semplicemente lì fuori incapace di muoversi, alla fine si arrese decidendo di tornare al ryokan dal compagno, al sicuro, protetto dalle sue stesse emozioni.

«Mi dispiace, non volevo farti preoccupare.», chiuse gli occhi posando la guancia sulla spalla dell'altro, «È stata una lunga giornata e avevo bisogno di stare un po' da solo. Ti chiedo scusa.».

Nella stanza calò il silenzio e questo permise a Kuroko di far ordine nei suoi pensieri. Non poteva affrontare Akashi, non se prima non avesse dato qualche spiegazione a Kagami, doveva fare le cose con ordine.

«Tetsuya, noi dobbiamo parlare lo sai. Io ho bisogno che tu — ».
«Lo so.», ammise con un filo di voce, «È che non so da dove iniziare.».
«Perché non dal principio? — Ho tutto il tempo per ascoltare la tua storia.».

Sì avevano tempo, Kuroko era sicuro che Kagami sarebbe stato in piedi fino all'alba se fosse servito a qualcosa, però il problema dell'azzurro non era il tempo, bensì trovare la forza per rivivere tutto, non semplicemente raccontarlo e Kagami parve capirlo — «Sono qui va bene? — Non avere paura.».
«Ti sto per raccontare la mia storia, tutto quello che sono e potrà non piacerti.», gli occhi color cielo si aprirono e il ragazzo decise di sedersi composto in modo da poter guardare il compagno, senza lasciare andare però la sua mano. Adesso era pronto

«Come sai ho perso i genitori, avevo quindici anni quando abbiamo avuto l'incidente ed è stato Akashi-kun a... a dirmi che non ci fossero più.», scosse appena la testa per cacciare via i brutti ricordi.
«Tu e Akashi... », iniziò Kagami tentando di non sembrare troppo scontroso nel pronunciare il cognome tanto odiato, «Siete stati insieme per molto tempo, perciò dovevate essere ʻpiccoliʼ quando avete iniziato ad uscire ».
Kuroko annuì, «Ci siamo conosciuti alle medie, eravamo dei bambini, eppure, in qualche modo, eravamo consapevoli di quello che provassimo l'uno per l'altro e di quanto fosse profondo. Eravamo amici, compagni di squadra, fidanzati e quando ci sentimmo entrambi pronti diventammo amanti.
«I tempi delle scuole furono gli anni più felici della mia vita nonostante tutto. Avevo perso i miei genitori, questo mi aveva distrutto, ma avevo ancora Akashi-kun e i miei amici. Non mi hanno mai lasciato solo, spesso si fermavano a dormire, mi aiutavano a vivere il lutto e a renderlo più leggero se così si può dire. Loro erano — sono tutto quello che rimane della mia famiglia.».
Kagami annuì lentamente facendo sue le preziose informazioni, «Avevi quindici anni, quindi sei stato affidato a qualcuno immagino.».
«Sì, mio zio è stato nominato tutore, l'unico parente in vita che ho. Io non lo conoscevo, lui era sempre in giro per l'Europa, non fu affatto facile — Ero felice di poter stare a casa mia, con i ricordi dei miei genitori, allo stesso tempo odiavo stare lì da solo e odiavo che mi zio dormisse nella loro stanza quando si degnava di stare un po' in Giappone. Ci eravamo trovati entrambi intrappolati in una situazione spiacevole e non desiderata, nessuno dei due apprezzava la compagnia dell'altro, però dovevo farmela andar bene, altrimenti non avrei saputo che ne sarebbe stato di me. L'unica ragione di vita che mi faceva resistere e andare avanti era Akashi-kun, lui c'è sempre stato, non mi ha mai lasciato andare, ha sempre tenuto stretta la mia mano in ogni situazione, rassicurandomi, continuando a ripetere che ce l'avremmo fatta e fu così, a sedici anni riuscii ad ottenere l'emancipazione e mio zio si ritirò senza obiettare in alcun modo.».

Leggermente a disagio si agitò sul posto cercando una posizione più confortevole. Raccontare la storia della sua vita lo stava destabilizzando, nonostante ciò non avrebbe lasciato trasparire le sue emozioni, non voleva che il compagno lo guardasse con occhi diversi e già poteva percepire la sua rabbia.


«Come ha potuto trattarti in quel modo? Era tuo zio maledizione, tu eri suo nipote! — Anche lui ha perso un fratello o una sorella, possibile che non riuscisse a pensare a questo?!».
No, non erano parenti, ma semplicemente due estranei, di età decisamente diverse, con caratteri contrastanti, costretti a vivere sotto lo stesso tetto «Come ho detto, io non l'ho mai conosciuto prima dell'incidente, quindi alla fine lui e mio padre non dovevano essere poi tanto legati.», scrollò le spalle lasciandosi scivolare tutto addosso, «Dopo aver ottenuto l'emancipazione le cose iniziarono ad andare meglio, mi ricordo che organizzammo una piccola festicciola a casa per festeggiare la partenza di mio zio Akashi-kun lo detestava e gli altri non erano da meno, nonostante tutto, adesso, sento di essergli grato un minimo, avrebbe potuto tranquillamente lavarsene le mani e non prendersi questa responsabilità.».
«E poi cos'è successo?», Kagami gli strinse di più la mano vedendolo rattristarsi.
«E poi... E poi semplicemente il mondo mi è crollato addosso, di nuovo — Questa volta ero da solo a dover affrontare la verità, non permisi a Seij — ad Akashi-kun di sostenermi, non permisi ai miei amici di starmi vicino, io stesso non volevo crederci. Non chiedevo tanto sai? — Volevo solo stare con lui e con i miei amici, divertirmi insieme a loro e dimenticarmi di tutto, solo che sapevo fin troppo bene di dover andare fino in fondo, mi presi un po' di tempo, alla fine mi decisi ad andare all'ospedale e — Patetico, non riesco nemmeno a — », con rabbia cacciò via le lacrime che avevano iniziato a scendere da sole e presto si ritrovò stretto tra le forti braccia del compagno. Gli sussurrava piano che non era colpa sua, lo incitò a sfogarsi, a piangere, ma Kuroko non voleva cedere, non poteva farlo.
Asciugandosi gli occhi si tolse dall'abbraccio protettivo, respirò profondamente per calmarsi tornando poi a guardarlo «Mi decisi ad andare in ospedale e quando arrivarono i risultati semplicemente ogni cosa andò in pezzi, tutta la mia vita. Non potevo dirlo ad Akashi-kun, non sarei mai riuscito a ferirlo così tanto. Ci ho pensato molte volte ma... ricordo fin troppo bene l'espressione che fece in ospedale la notte dell'incidente, la sola idea di rivederlo soffrire in quel modo mi lasciava paralizzato — Lo amavo, così tanto che avrei fatto anche l'impossibile per lui e se l'unica opzione era andarsene da Tōkyō senza dire niente a nessuno, allora lo avrei fatto — L'ho fatto.».

Il silenzio fece di nuovo da padrone nella piccola stanza, un silenzio carico di consapevolezza che colpì Kagami dritto alla bocca dello stomaco.
Era già a conoscenza del fatto che Akashi non fosse un comune ex fidanzato, solo che sentirsi raccontare di quanto Kuroko lo avesse amato, di quanto Akashi fosse stato presente e sempre pronto per lui — Sentire il suo compagno parlare della loro storia non era stato piacevole.
Kagami non aveva mai nemmeno lontanamente pensato di mettersi a confronto con quel grande amore, e adesso, anche se avesse voluto farlo, era sicuro che avrebbe perso su tutta la linea.

Frustrato si passò una mano fra i capelli rosso scuro, «Prima o poi dovrai affrontare questa situazione, lo sai. Insomma Tetsuya perché stai con me? Mi avresti mai raccontato la tua storia? — Se io non ti avessi detto di sapere la verità, ti saresti mai confessato con me?».
«No, non l'avrei fatto», ammise l'azzurro senza pensarci una volta di più, «Perché le cose non possono cambiare, i risultati sono chiari, riprovare non servirà e io voglio andare avanti, con te.».

Kagami non poté fare altro se non carezzargli il volto dolcemente, avrebbe dovuto sentirsi confortato dalle dolci parole, invece una serena rassegnazione si fece strada sotto la sua pelle. Si chiese per quanto tempo ancora sarebbero effettivamente riusciti ad andare avanti; il malefico grillo parlante non faceva altro che sussurrare spiacevoli risposte al suo orecchio ʻlo perderai, forse non oggi, forse nemmeno domani, comunque prima o poi succederà e tu lo saiʼ. Sì, prima o poi lo avrebbe perso, Kagami lo sapeva.

Bruscamente respinse il brutto pensiero zittendo la vocina fastidiosa e sorrise guardando il compagno, «Sì, anche io voglio andare avanti con te.».

Non sarebbe servito a niente essere geloso del passato di Kuroko, non sarebbe servito a niente mettersi in competizione con Akashi. Kagami doveva essere sicuro della loro relazione e godersi ogni attimo, per quanto riguardava Akashi e Kuroko, Kagami capì che l'unica cosa giusta da fare era comprendere quanto quei due fossero stati importanti l'uno per l'altro, quanta storia li legasse — Comprendere e accettare.

Kagami aveva compreso, ora doveva solamente accettarlo e non era affatto facile.










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del dodicesimo capitolo. Wow che posso dire? — È stato un capitolo apparentemente tranquillo. Akashi sogna della notte dell'incidente e vediamo che relazione avesse con la famiglia di Kuroko, anche per lui è stata una grave perdita; poi vediamo come si sente in relazione a Mayuzumi e vediamo quanto Mayuzumi gli sia estremamente devoto (e vi giuro per l'ennesima volta che cambierà xD). Akashi non lo ama e questo è chiaro, ma davvero non può ignorare le belle qualità del compagno e le certezze che gli trasmette, è conscio di non essere più un ragazzino che può permettersi di sognare, la verità è Tetsuya lo destabilizza, Chichiro gli da stabilità e sicurezza. Ricordiamoci che Bokushi nasce dalla fragilità di Akashi e in questa fic lo possiamo ritrovare nella relazione con Mayuzumi anche se in modo diverso: Tetsuya è il mare in tempesta, Chihiro il porto sicuro; per questo Akashi fa la sua scelta (E RIPRENDITI AKASHI FORZA! DAI CHE CE LA FAI STELLA DEL MATTINO!)
Passiamo invece alla seconda parte del capitolo, troviamo Kuroko che è andato effettivamente da Akashi, ma che alla fine non è riuscito ad incontrarlo; anche lui fa ritorno al suo porto sicuro e nel suo caso si tratta di Kagami, con cui finalmente si apre, racconta la sua storia, si apre regalando tutto se stesse all'altro con estrema fatica (se ve lo state chiedendo, sì lo zio di Kuroko apparirà nei prossimi capitoli). Kagami gli è grato anche se non riesce ad allontanare l'ansia e i brutti pensieri.
Per concludere, vi consiglio vivamente di non perdervi il prossimo aggiornamento, perché si sa, dopo la calma arriva sempre la tempesta :v

Bene, credo di aver detto tutto, spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercole con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 14
*** 13 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.









 

Era una bellissima giornata, questo pensò Seijuurou quando si svegliò quella mattina; forse perché era da due notti che dormiva bene, senza l'ombra di un incubo.
Seijuurou era di buon umore, per questo si regalò una serena colazione con Chihiro, sinceramente interessato lo ascoltò parlare del lavoro, di come stesse andando bene e di come non avesse trovato però una location che lo soddisfacesse, gli sarebbe piaciuto poter allestire la sfilata nella ʻBelle Salle Shibuya Gardenʼ ma a quanto pare non era disponibile; in risposta Seijuurou gli promise che ci avrebbe pensato lui – se il tanto famigerato cognome ʻAkashiʼ avrebbe aiutato a rendere felice il suo compagno, perché non usarlo? —
Sì, era una bellissima mattinata, per questo il giovane dirigente amministrativo decise di potersi concedere un discreto margine di ritardo, per la precisione scelse di impiegare quel tempo nel dolce e peccaminoso vizio dell'amore dopo aver raggiunto Chihiro sotto la doccia; si salutarono con un bacio e decise di sorprenderlo ancora promettendogli che sarebbero stati a pranzo fuori, nel suo ristorante preferito.
Una volta arrivato a lavoro si era messo all'opera per prenotare, personalmente, la sala che il compagno desiderava per la sfilata, chiamò il locale per assicurarsi di avere un bel tavolo e infine iniziò a lavorare. Tutto stava andando per il verso giusto. Non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinare il suo buon umore.
Distrattamente controllò l'ora, mezzogiorno. Soddisfatto di aver terminato le cose più importanti entro il tempo stabilito, mise in ordine la scrivania pronto per andare via e incontrarsi con il compagno.

Stava infilando il cappotto quando la porta del suo studio venne aperta dal suo segretario — «Sei-chan ~ », iniziò estremamente cauto.
«Non adesso Reo. Ho un appuntamento e non voglio arrivare in ritardo.».
«Lo so Sei-chan, ma chiedono di te e non sembra che questa persona abbia intenzione di andarsene ~ ».
Va bene, si trattava di un semplice imprevisto, non doveva innervosirsi – anche se Reo lo stava mettendo a dura prova – «Di chi si tratta? Qualcuno di importante a cui non posso dire di no?».
«No, a dire il vero non l'ho mai visto prima ~ ».
Così era tutto più facile. A passo spedito uscì dall'ufficio seguito dal segretario senza guardarsi intorno più di tanto, senza prestare la giusta attenzione — «Ho un appuntamento con Chihiro, quindi riferiscigli che se vuole incontrarmi posso ritagliargli uno spazio per le tre.».
«Veramente è qui ~ », con il capo gli fece segno di guardare in una determinata direzione, troppo tardi evidentemente.

«Non ti prenderò troppo tempo Akashi-kun, comunque se proprio devo aspetterò le tre.».

Seijuurou sentì il proprio corpo pietrificarsi. Ancora con lo sguardo fisso sul suo segretario, ascoltò bene la voce che si era intromessa nei loro discorsi. Non aveva bisogno di voltarsi per capire chi fosse, purtroppo.

«Tetsuya, che lieta sorpresa vederti qui. A cosa devo l'onore?».

Dandosi un tono Seijuurou si girò per confrontarlo e notò che aveva i vestiti sporchi di colore, probabilmente aveva staccato da lavoro per andare a parlare con lui. La domanda era: perché?

«Devo parlarti, cinque minuti basteranno.».

Sapeva che avrebbe dovuto dire di no, avrebbe dovuto semplicemente lasciarlo lì ad aspettare. Nonostante sapesse benissimo cosa fare, la decisione che poteva leggere negli occhi color cielo lo lasciò spiazzato, senza contare la curiosità che si era insinuata dentro di sé, la stessa che uccise il gatto del proverbio, non poteva farci niente — «Reo chiama il mio autista e digli di aspettarmi giù. Cinque minuti e arrivo.», Seijuurou abbassò di nuovo la maniglia del suo ufficio facendo segno all'ex amante di entrare, e chiuse la porta alle loro spalle.

«Accomodati pure.».
«No grazie, come ho detto non ci vorrà molto», gli occhi azzurri si guardarono intorno ammirati, «È davvero un bell'ufficio Akashi-kun, sapevo che saresti arrivato fin qui.».

Non per merito tuo — No, non doveva alterarsi, il problema era che si sentiva sinceramente stanco di lui e di sentire i battiti del proprio cuore aumentare ogni volta che lo vedeva.


«Chihiro sa che sei qui?».
«No, non lo ritenevo opportuno. È una cosa tra me e te infondo.».
Il rubino alzò un sopracciglio scettico, «Non avrei mai creduto che tu potessi trovare il coraggio di parlami, di' quello che devi dire Tetsuya.».
L'acqua marina inchiodò lo sguardo nel suo, con tutte le intenzioni di non scappare questa volta — «Mi dispiace Sei-kun, mi dispiace davvero tanto.».

Fu un sussurro appena udibile, eppure a Seijuurou risultò forte e chiaro. Poteva sentire quelle scuse propagarsi per tutto il suo corpo, lasciandolo inerme.

«Se sono venuto qui oggi è per dirti una cosa, avrei dovuto farlo otto anni fa, solo che non ne ho mai avuto il coraggio.».

Non sapendo come aiutarlo allungò una mano per carezzargli la guancia, rimanendo più che sorpreso quando venne allontanata bruscamente.

Che stava succedendo? — «Tetsuya — ».

«È finita, Akashi-kun.», riuscì ad affermare con sicurezza costringendosi a guardarlo negli occhi. Il dolore che sentiva era indescrivibile e sapeva che l'altro era nella sua stessa situazione, nonostante ciò non poteva fermarsi — «In questi otto anni ho sempre pensato — Ho sempre sentito che tra di noi non si fosse realmente conclusa, anche se siamo andati avanti. Mi sembrava giusto dirtelo guardandoti in faccia, adesso che l'ho fatto posso andare via e tu puoi andare al tuo appuntamento Akashi-kun.».

Basito, sconvolto, totalmente senza parole, Seijuurou si limitò ad osservare il cielo azzurro lasciare l'ufficio; non seppe per quanto tempo rimase fermo, tentando di processare cosa gli avesse realmente detto: Tetsuya era andato da lui per comunicargli, gentilmente, che la loro storia era ufficialmente giunta al termine – a distanza di anni – , corretto? —
Il buon umore di Seijuurou venne spazzato via e non per le parole di Tetsuya, bensì perché sapeva quale immenso errore avrebbe commesso di lì a poco.

«Oh al diavolo ».

A passo spedito uscì dalla stanza guardandosi intorno, ignorò Reo e le domande fastidiose, doveva solo trovare Tetsuya prima che fosse troppo tardi.
Gli occhi attenti scrutarono in ogni direzione, per poi gioire vittoriosi quando individuarono un angolo di cielo entrare nell'ascensore.
Seijuurou sapeva che non avrebbe dovuto farlo, però permise al proprio corpo di muoversi da solo, seguendo il suo istinto più primordiale. Poco prima che le porte si chiusero riuscì a raggiungerlo e premette un tasto qualunque, non era scegliere il piano a cui andare il problema in quel momento

«Akashi-kun che stai — ».

No, non gli diede il tempo finire la frase. Sinceramente non voleva più starlo ad ascoltare, aveva detto fin troppo e troppe sciocchezze tutte insieme.
Con poca delicatezza lo spinse contro la parete dello spazio ristretto, azzerando quel po' di distanza che si era venuta a creare, impossessandosi delle sue labbra – pentendosi solo di non aver reclamato prima quello che era sempre stato suo, avrebbe dovuto farlo nell'istante in cui lo aveva rivisto – .

Testuya dal canto suo tentava in tutti i modi di allontanarlo.
Dopo aver raccontato al compagno tutta la storia della sua vita le cose stavano migliorando, si divertiva a parlargli dei tempi della scuola, dei suoi amici – la sua famiglia – . Per fare ancora più ordine nella sua mente e nei suoi pensieri, aveva deciso di rimandare l'incontro con Seijuurou di un paio di giorni e in quei due giorni aveva provato il discorso mille volte allo specchio — E faceva male, ogni singola volta, ancora di più faceva male la consapevolezza di doverci riuscire, di dovergli parlare e di doverlo lasciare andare. Con amarezza scoprì che quel dolore fu niente, che c'era un'abissale differenza tra confrontarsi con uno specchio e dover effettivamente guardare negli occhi la persona che aveva amato, più di se stesso, e dirgli che era tutto finito. Dio — aveva dovuto far affidamento su tutto il suo autocontrollo in quell'ufficio, eppure ce l'aveva fatta. Ci era riuscito, allora perché? Perché ora si trovava in ascensore con Seijuurou che non gli stava dando nemmeno un attimo di respiro? —
Sì, Tetsuya tentava disperatamente di allontanarlo, solo che quelle labbra gli erano mancate da impazzire – non aveva la forza per negare la scomoda verità – , poteva sentire la presa sui capelli azzurri, poteva sentire il suo profumo e il suo corpo premere contro il proprio.
Poteva sentirlo dopo otto anni e questo fu troppo.
Arreso, senza la minima traccia di voler continuare la lotta che sapeva di non poter vincere, Tetsuya intrecciò le dita nei capelli magenta, chiuse gli occhi e schiuse le labbra, ricambiando il bacio pieno di sentimenti repressi per troppo, troppo tempo.
Non era cambiato niente, erano stati lontani per otto anni, erano adulti ormai, con le loro vite, le loro carriere e non era assolutamente cambiato niente.

Seijuurou lo attirò più a sé e Tetsuya assecondò i suoi movimenti, non potendo impedire alle sue mani di fermarsi, aveva l'esigenza di toccarlo: i capelli, il volto, il collo, le mani, la vita — Voleva semplicemente che quel bacio non finisse mai.

«Dimmi di nuovo che è finita Tetsuya. Guardami negli occhi e dimmelo, adesso.».
L'azzurro trasalì sentendo la voce affannata, si morse appena le labbra poggiando le mani sul suo petto riuscendo finalmente ad allontanarlo – anche se di poco – , «Akashi-kun, io — ».

L'ascensore frenò bruscamente e, non sapendo come, i due si ritrovarono a terra.
Quando l'azzurro aprì gli occhi notò che l'abitacolo era buio, se non per una piccola luce di emergenza accesa. Fantastico. Erano bloccati lì.

«Stai bene Testuya? Hai sbattuto da qualche parte?».
«No tutto bene. Piuttosto, credo che l'ascensore si sia fermato.».
«Sarà un calo di corrente, vedrai che ripartirà subito.».

Quella mattina sia Seijuurou che Tetsuya si erano svegliati di buon umore. Avevano organizzato la loro giornata e non avrebbero permesso a niente e nessuno di rovinare i loro piani.
Erano così preoccupati di far andare tutto per il verso giusto, da non rendersi conto che sarebbero stati proprio loro stessi gli artefici della propria disfatta. Loro e un blackout totale in tutto il distretto di Minato — Questo davvero non avrebbero potuto prevederlo.

 

*


Mayuzumi era felice. Ecco cosa avrebbe risposto se qualcuno glielo avesse chiesto, era estremamente felice e rilassato. Il motivo della sua felicità? — Il suo compagno.

Era da diverso tempo che Mayuzumi aveva notato un cambiamento nella sua dolce metà, aveva notato anche come questo coincidesse con l'arrivo dell'amico in comune.
Kuroko non gli aveva mai raccontato i dettagli della sua partenza e lui non si era posto mai troppe domande, infondo quanta gente decideva di cambiare vita? — Non era un così grande problema, anche se fosse andato via per una storia finita male – la sua principale ipotesi – , che c'era di strano nel voler andarsene? — Evidentemente era il solo a pensarla in quel modo.
Ricordava la sera dell'aperitivo, doveva essere un momento piacevole, invece l'unica cosa che percepì fu la tensione che intercorreva tra il compagno e l'amico. Non ne capiva il motivo all'inizio, poi risultò tutto chiaro: quei due già si conoscevano. Eppure, di nuovo, non era stato quello a stupirlo, bensì il fatto che nessuno avesse mai nominato Kuroko Tetsuya, nemmeno le rare volte che era uscito con gli amici di Seijuurou, non era mai saltato fuori. Erano tutti molto legati giusto? — Per quanto l'azzurro fosse stato precipitoso nella partenza, Mayuzumi trovava decisamente strano che nessuno parlasse di lui. Un'altra cosa che lo aveva lasciato interdetto fu proprio il comportamento dell'amato, non lo aveva mai visto tanto fuori di sé.
Il ragazzo dai capelli argentati si era fatto le sue ipotesi e i suoi calcoli mentali: Kuroko era realmente andato via per una storia finita male e Seijuurou conosceva questa persona, al punto da difenderla a spada tratta; Mayuzumi aveva avuto modo di conoscere tutti gli affetti del compagno, quindi Kuroko doveva aver avuto una relazione per forza con uno di loro.
Sapeva quanto Seijuurou potesse essere protettivo, ma stava esagerando no? — Infondo adesso, da quello che sapeva, erano tutti felicemente fidanzati e convivevano, quale delicato equilibrio avrebbe mai potuto rompere il ritorno di Kuroko? —
Si era posto la stessa domanda un'infinità di volte, più vedeva il compagno teso e nervoso, più continuava a pensarci. Non disse niente, si era limitato ad osservarlo cercando di capire cosa gli stesse sfuggendo – perché c'era decisamente qualcosa che non aveva afferrato – .
Ci pensava e ripensava, presto o tardi sarebbe esploso — E poi ad un tratto, così, come per magia, tutto tornò come prima: Seijuurou era di nuovo rilassato, amorevole e anche più affettuoso del previsto. Questo costrinse il ragazzo dai capelli argentati ad accantonare i suoi dubbi, decidendo di vivere la sua personale pace dei sensi.

Ora, seduto al tavolo del ristorante, Mayuzumi lo stava aspettando impaziente, non capiva perché fosse tanto in ritardo. Non era da lui. Aveva provato a chiamarlo ma il telefono era irraggiungibile, strano, anche se avesse avuto un contrattempo lo avrebbe avvisato di certo. Provò a chiamare in ufficio, staccato. Provò a chiamare il suo segretario, staccato.

«Posso portarle qualcosa nell'attesa?».
Distrattamente si voltò vero il cameriere scuotendo la testa, «No grazie, a quanto pare mi hanno dato buca. Ha il telefono staccato.» — e avrebbe pagato per questo.
«Oh spero che non si trovi nel distretto di Minato, da quello che so c'è un grande blackout.».
Il dispiacere fece spazio alla preoccupazione, «Grazie per l'informazione.».
Mayuzumi si alzò tirando fuori le chiavi dell'auto, sapeva esattamente dove andare.


*


Quello non poteva essere nient'altro se non incubo ad occhi aperti, qualcuno doveva avercela con lui, di questo Tetsuya ne era sicuro. Perché doveva trovarsi rinchiuso con Akashi Seijuurou in uno spazio così piccolo? Da quanto ormai erano lì? — Un'ora di sicuro e in tutto quel tempo si erano limitati a togliere i cappotti e ad aprire il tettuccio dell'ascensore per far passare più aria.
Entrambi in realtà non sapevano cosa dirsi, avevano bisogno di spazio per realizzare cosa realmente fosse successo prima che il dannato ascensore frenasse bruscamente; se non si fosse fermato ognuno sarebbe andato per la sua strada e avrebbero riflettuto sugli ultimi avvenimenti separatamente, invece adesso erano intrappolati lì dentro, insieme, a morirsi di caldo.

«Dovresti prestare più attenzione alla manutenzione delle tue cose Akashi-kun.».
«Sì, concordo anche io Tetsuya.».
C'era qualcosa nella voce di Seijuurou che gli fece capire chiaramente che non stesse alludendo al suo stabile, ecco perché non voleva parlare con lui — «Mi riferivo all'ascensore.».
«Io mi riferivo a te. Kagami Taiga eh? — Hai abbassato di molto i tuoi standard vedo.».
«Magari li ho alzati Akashi-kun.».
«Ne dubito.», ribatté rallegrato poggiando la schiena sulla parete — «Siediti Tetsuya, staremo qui dentro ancora per diverso tempo.».
Le gambe gli facevano male, il problema era la sua cocciutaggine, «Sto bene in piedi.».
«Come preferisci.», sospirando tolse anche la giacca del completo, allentò la cravatta e si arrotolò le maniche della camicia per stare più comodo e più fresco; gli occhi azzurri non si persero nemmeno un passaggio fingendo indifferenza quando rividero il bracciale al polso dell'altro – e a Seijuurou davvero non sfuggirono i suoi sguardi — «Ti piace quello che vedi?».
Sbuffando Tetsuya si mise a sedere per terra, il più lontano possibile, «È un fatto oggettivo che tu sia un bel ragazzo Akashi-kun.».
Le iridi eterocrome si assottigliarono, senza perdere però quell'aria divertita, «Quindi mi avresti baciato perché sono un bel ragazzo?».

Il rosso e l'azzurro si guardarono, chi curioso e chi scocciato, per diversi minuti. Entrambi sapevano dove volesse arrivare l'altro e Tetsuya sapeva già che avrebbe perso, solo non poteva arrendersi senza lottare.

«Tecnicamente tu hai baciato me Sei-kun.».
«E tu hai corrisposto, non vedo come questo cambi la mia domanda.».
«Cambia, perché io non l'avrei mai fatto.».
«Semplicemente perché tu sei più testardo di un mulo Tetsuya, ti serve sempre una piccola spinta.».
Gli occhi azzurri si corrucciarono, «Questo non è vero, se ben ricordo ero sempre io a prendere l'iniziativa.» — Lo sapeva, sapeva di non dover cogliere la provocazione, solo che le parole erano semplicemente scivolate via, come niente fosse. Perché non stava mai zitto? —
«Oh sì, lo facevi anche molto bene, eppure ricordo che se non ti avessi dato io il primo bacio, probabilmente non saremmo mai stati insieme.», soddisfatto si passò una mano tra i capelli magenta, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo — «Sei arrossito.».


Dopo il giorno del loro anniversario, c'era una festività che l'azzurro prediligeva in assoluto, ovvero San Valentino, forse perché poteva lasciar correre la fantasia più del solito. Se avesse dovuto trovare una pecca nel suo fidanzato, sarebbe stata la poca immaginazione sotto le coperte, non che non fosse passionale, quello assolutamente no, anzi, tutto l'opposto, solo non prestava troppa attenzione ai dettagli. Beh a quello ci avrebbe pensato lui, più che volentieri.

Sapeva che quel giorno Seijuurou sarebbe stato impegnato con il consiglio studentesco fino a tardi, il che risultò assolutamente perfetto. Con le doppie chiavi che gli aveva dato, s'intrufolò in casa sua iniziando a preparare il tutto.
Per festeggiare come si deve aveva montato la panna creando un caos in cucina – , aveva comprato le fragole, sciolto il cioccolato, cosparso il letto di petali di rose e riempito la stanza di candele.
Il compagno sarebbe passato a casa per cambiarsi, visto che, come ogni anno, lo avrebbe portato a cena fuori, quindi era impossibile che non funzionasse.
Pazientemente lo aspettò con indosso dei boxer rossi pieni di cuori per restare in tema – , sdraiato sul letto così romanticamente preparato. E non poté non sorridere quando vide l'altro entrare nella stanza, la sua espressione valeva tutto il lavoro fatto.

Si alzò dal letto imboccandolo con una fragola intinta nella panna «Buon San Valentino Sei-kun.».
«Oh le cose che mi fai Tetsuya... Le cose che mi fai.».

Fu tutto quello che disse, troppo impegnato a contemplare la visione celestiale e ad allentarsi la cravatta della divisa scolastica
.


Certo che era arrossito, come avrebbe potuto non farlo? — «È solo il caldo.».
«Non dirmi che adesso sei diventato uno tsundere come Shintarou? — Davvero non posso più perderti di vista.», allungò la mano per poter accarezzare la sua, ma lo vide ritrarsi istintivamente, «Sai Tetsuya, voglio davvero sapere cosa hai fatto in questi anni.».
«Te l'ho detto, ho studiato, mi sono trovato un lavoro, ho conosciuto Kagami-kun e sono andato avanti.», facendosi coraggio si voltò per guardarlo con sicurezza, «Quello che è successo... il bacio — Non accadrà più. Ti ho detto che è finita, lo penso davvero.».
«Vuoi davvero così disperatamente essere baciato da me, mi chiedo perché Tetsuya.», questa volta riuscì ad afferrargli la mano stringendola, «Non pensare che non ti ascolti, solo che la tua bocca dice una cosa e tutto il resto di te, la parte più vera di te, dice l'esatto opposto e io sono più propenso ad assecondare la sincerità.», delicatamente gli baciò le dita senza distogliere lo sguardo «Dovresti vederti Tetsuya, mi stai praticamente implorando di baciarti di nuovo e sono più che disposto ad accontentarti, ma prima voglio saperne il motivo.».
«Non è così, anzi gradirei che mi restituissi i miei spazi.». — borbottò schiacciandosi di più contro la parete; non riuscì però a spezzare il contatto visivo, il rubino e l'oro fuso erano semplicemente troppo magnetiche, tanto belle da lasciare senza fiato e in quel momento lo stava odiando come mai aveva odiato qualcuno in vita sua, nemmeno suo zio avrebbe retto il confronto.

«Sei sempre stato un pessimo bugiardo.».

Seijuurou azzerò di nuovo le distanze e, come previsto, dall'altra parte non ci fu nemmeno il mino accenno di resistenza.
Il bacio che si scambiarono aveva perso tutta quell'impetuosità mista a disperazione e rabbia; questa volta era lento, le carezze delicate, un bacio prezioso, da vivere, pericolosamente intimo, come se non si fossero mai lasciati, come se fossero tornati ad essere due ragazzini, perdutamente innamorati l'uno dell'altro, e questo spaventò l'azzurro più di qualsiasi altra cosa al mondo.
«Basta. Smettila per favore.», mormorò sulle sue labbra allontanandolo di nuovo. Doveva uscire da quell'ascensore, non sapeva quanto ancora avrebbe resistito.
«Dimmi perché.».
«Perché tutto questo è sbagliato Seijuurou.», si alzò in piedi in modo da non potersi far incastrare un'altra volta, «Credi che io non ti abbia mai pensato in questi otto anni? Credi davvero che per me sia stato facile? Lasciare te, i nostri amici? Non sai quanto mi piacerebbe passare un weekend a Kyōto con tutti voi, purtroppo non sempre possiamo avere ciò che desideriamo. Quindi smettila!», perfetto stava per perdere il controllo, la ciliegina sulla torta, davvero «Io sto con Kagami-kun adesso e sì lo amo, tu hai Mayuzumi-kun con cui convivi e con cui festeggi San Valentino! Perciò basta, chiudiamo questa cosa e andiamo avanti.».
Seijuurou non batté ciglio per tutta la durata della sfuriata, nemmeno quando aveva iniziato ad alzare la voce, semmai era contento che finalmente Tetsuya stesse realmente parlando con lui. Si limitò semplicemente ad alzarsi da terra per poter essere al suo stesso livello. Gli venne un momento di perplessità quando nominò la festa degli innamorati, poi una volta realizzato il nesso fece di tutto per rimanere serio – vederlo ancora così geloso era un regalo sceso dal cielo – «Io e Chihiro non festeggiamo San Valentino.».
«Non è questo il punto! — ».
«Invece è proprio questo il punto Tetsuya, io e Chihiro non festeggiamo San Valentino, perché io non ho alcun motivo per farlo. Sono perdutamente innamorato di qualcuno, purtroppo per te non si tratta di lui.».
Oh — «Questo comunque non cambia le cose.».
Il rosso resistette con tutto se stesso per non cercare un contatto con l'ex amante, per assicurarsi di non fare niente di sbagliato incrociò le braccia al petto, «Se è stato tanto difficile per te andartene, lasciare me e gli altri, perché lo hai fatto Tetsuya? Che cosa ti è successo?».
Tetsuya poteva sentire la preoccupazione nella sua voce, davvero non poteva dirglielo, «Niente.».

Rimasero in silenzio di nuovo, forse per un'altra ora, forse due.

 

*


Da quando il blackout era iniziato Reo non si era fermato un secondo, sembrava un pollo senza testa che correva da un piano all'altro non sapendo che fare. Parlava con gli operatori e non riusciva a mettersi in contatto con il suo Capo, molto probabilmente lui avrebbe saputo che fare, Reo decisamente no.

«Fa che non ci sia la segreteria ti prego ~ », attaccò il telefono deluso per l'ennesima volta. Erano ore che provava a mettersi in contatto con lui ma inutilmente, Reo era al corrente che avesse un appuntamento romantico, comunque avrebbe potuto degnarsi di rispondere almeno ad un messaggio.

«Mibuchi-san?».

Non era proprio il momento, chiunque fosse avrebbe aspettato, «Scusi sono davvero impegnato al momento. Abbiamo persone chiuse negli ascensori e non riesco a contattare il Dirigente Amministrativo.» — Aspetta, conosceva quella voce.

«Quindi Seijuurou non è qui?».

Gli occhi di giada si voltarono riconoscendo subito il suo interlocutore «Mayuzumi-san che ci fa qui? Non era ad un appuntamento con Sei-chan? ~ ».
«Sì, non si è presentato e ho saputo del blackout. Per strada c'è il panico, non so nemmeno io come ho fatto ad arrivare.».

Fermi tutti, un momento. Se non era all'appuntamento doveva essere per forza all'interno della struttura. Oh no.
Reo accese il computer portatile collegato a tutte le telecamere dei diversi piani, certo avevano smesso di funzionare, ma sicuramente avevano registrato tutto prima che avvenisse il blackout.

«Mibuchi-san, non sa dove sia?».

Doveva fare in fretta a trovarlo — «Lo sto cercando, mi dia un secondo.».
Se non ricordava male aveva preso l'ascensore più vicino al suo ufficio, quindi trentesimo piano. Selezionò la registrazione interessata «OH SANTO CIELO!» — e chiuse troppo forte il computer quando notò Mayuzumi avvicinarsi allo schermo.

«Trovato?».
«Sì! Sì trovato! È sano e salvo, chiuso in un ascensore ~ ».

Non poteva credere a quello che aveva appena visto. Nemmeno nei suoi sogni più bizzarri avrebbe mai immaginato che il piccolo e scontroso kōhai potesse avere una relazione.
Piuttosto, da quando il suo lavoro era diventato coprire le tresche dell'integerrimo Akashi Seijuurou? — Reo sapeva di non avere tempo per trovare una risposta, doveva solo correre, il più velocemente possibile.










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del tredicesimo capitolo. EEEEEEEE ANDIAMO SI SONO FINALMENTE BACIATIIIIIIII vi giuro che sto esultando anche io, non vedevo l'ora di arrivare a questo capitolo!! Avete aspettato tanto, lo so, ma daaaaai ne è valsa la pena nooo?? Addirittura due in un solo capitolo!!!!! *fa festa*
WOW adesso mi calmo lo giuro......... okay, okay ci sono! Iniziamo! — Akashi si è dato finalmente una svegliata e dobbiamo davvero ringraziare Kuroko, se non gli avesse detto chiaro e tondo “ti lascio” (che andiamo non ci crede nessuno), Akashi non sarebbe scattato seguendo il suo istito (un bellissmo istinto bravo Sei-chan :v )
Troviamo anche una bella piazzata di gelosia da parte di Kuroko e un divertente flashback dove forse Kuroko è un po' OOC, solo che io ce lo vedo benissimo a prendere seriamente la festa di San Valentino immergendocisi anima e corpo xD

Nonostante il capitolo sia incentrato su Akashi e Kuroko io mi soffermerei su Mayuzumi, scopriamo che in realtà non è stupido come sembra, ha avvertito il cambiamento di Akashi, in tutto questo tempo lo ha osservato e ha iniziato ad unire tutti i puntini.... più o meno.
Vai Myuzumi siamo tutti con te! Ma proprio per niente perché io ti odio fondamentalmente, ma magari a qualcuno piaci perciò :v

Penso di aver detto tutto, non sapete quanto vorrei che fosse già lunedì perché la tempesta ovviamente continua <3 ma devo salutarvi qui per ora qwq
Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lune con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 15
*** 14 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. Tranne gli OC giù le zampe :v









 

«Bene. Vado a tirarlo fuori da lì e torno Mayuzumi-san, lei si metta pure comodo.».

Reo dubitava fortemente che lo avrebbe ascoltato, proprio per questo doveva sbrigarsi. Mise il computer portatile sotto il braccio e corse. Corse come mai avesse fatto nella sua vita. Salì gli scalini due a due, controllò ogni piano per capire a che punto si si fosse fermato l'ascensore, era senza fiato ma non aveva importanza.

«SEI-CHAN TI PREGO DIMMI CHE SEI QUI DENTRO, CHE SEI VIVO E CHE SEI VESTITO! ANCHE PERCHÉ NON CREDO DI POTER CONTINUARE ~ », batté la mano sulle porte dell'ascensore con le uniche forze rimaste, si era fatto quindici piani di corsa, era giustificato.

Seijuurou si alzò da terra, finalmente sarebbe uscito da lì – anche se non capiva perché gli chiedesse se fosse nudo — «Smettila di dire cose senza senso Reo e tirami fuori piuttosto.».

«LA VUOI SAPERE UNA COSA SEI-CHAN? — DOVRESTI DIRE AL TUO SEGRETARIO CHE HAI UNA RELAZIONE, COSÌ POTREBBE COPRIRTI MEGLIO! PER POCO MAYUZUMI NON VEDEVA TUTTO ~ ».

«Reo, non urlare.», davvero non capiva di cosa stesse blaterando, lui non aveva nessuna relazione e che c'entrava Chihiro? Cosa avrebbe quasi visto? Più che altro — «Chihiro è qui?».

«SÌ È QUI E CI SONO LE TELECAMERE NELL'ASCENSORE SEI-CHAN! COME PENSI CHE TI ABBIA TROVATO E COSA PENSI ABBIA VISTO? ~ SMETTI DI FARE QUELLO CHE STAI FACENDO E RIVESTITI!», disperato il moro si accanì contro le porte tentando di aprirle, inutilmente.

Oh, si riferiva a quello — «Siamo più che vestiti, non credevo avessi una tanto bassa opinione di me Reo, io e Tetsuya stavamo semplicemente organizzando il nostro weekend a Kyōto.».
Gli occhi color cielo si annuvolarono contrariati, «Questo non è vero Akashi-kun.».
«Vedo che sei tornato a chiamarmi per cognome, peccato. Comunque sia lo hai detto tu che ti piacerebbe stare di nuovo tutti insieme, chi sono io per negarti questo desiderio?».
«Ho detto che mi piacerebbe e ho aggiunto che non è possibile, per ovvi motivi.».
«Sarebbero?».
«Che è finita Akashi-kun, non so più come dirtelo.».
«Ritenta Tetsuya, sarai più fortunato.».

«OH MAYUZUMI-SAN! ~ », con il tacco della scarpa Reo colpì l'ascensore facendo zittire i due rinchiusi all'interno. Sul serio, coprire i casini del famoso e giovane Dirigente Amministrativo non rientrava nelle sue mansioni.
«Ho portato con me un tecnico, è corso via così velocemente, ho immaginato che non ci avesse pensato Mibuchi-san. Sei sta bene?».
Stava più che bene — «In perfetta forma direi ~ Prego li tiri fuori da lì.», il moro si scansò per permettere al signore di svolgere il proprio lavoro.

Kuroko tirò un respiro di sollievo, finalmente sarebbe stato libero di andare via. Il caldo era diventato insopportabile, si sentiva sudato, aveva sete e doveva andare in bagno. Nonostante tutti i disagi che potesse provare in quel momento, ce n'era uno ancora più incombente, ovvero la presenza Mayuzumi; aveva chiesto un permesso all'amico spigandogli che aveva delle commissioni da sbrigare perché dirgli ʻdevo andare a trovare il tuo compagno per lasciarlo una volta per tutteʼ, sembrava decisamente poco carino – . Non solo non era riuscito nel suo intento, non contento aveva permesso a Seijuurou di portarlo indietro nel tempo, a quando erano felici, quando baciarsi non avrebbe portato ad una catastrofica situazione.
Come avrebbe guardato l'amico negli occhi? Con quale coraggio? Come avrebbe potuto affrontare Kagami? Avrebbe dovuto dirglielo per correttezza, ma non era così stupido da farlo realmente. Doveva solo stare calmo. La testa gli girava, la sentiva leggera. Si poggiò con le spalle alla parete, implorò mentalmente l'addetto di sbrigarsi ad aprire quelle dannatissime porte. Chiuse gli occhi, gli mancava l'aria.

«Tetsuya?».

Calmo. Respira. Piano.
Tranquillo. Va tutto bene.
Non devi agitarti. Poi è peggio.


«Testuya ti senti male?», preoccupato si avvicinò al ragazzo scuotendolo appena, non capendo cosa avesse, come avrebbe potuto aiutarlo.
Le iridi azzurre tornarono a mostrare il loro colore, videro quello che non avrebbero più voluto vedere Seijuurou preoccupato, Seijuurou che non avrebbe potuto fare niente per lui; la persona che amava, più di chiunque altro al mondo, stare male, vederlo arrendersi all'evidenza dei fatti. Non avrebbe più voluto vedere quell'espressione sul suo volto. Per questo se ne era andato e adesso c'era solo una cosa da fare: riprendere il controllo di sé, al resto ci avrebbe pensato più tardi.
Si distaccò dalla parete reggendosi sulle sue gambe — «No, devo solo andare in bagno.».
Poteva sentire lo sguardo indagatore dell'altro indugiare sulla sua persona, cercava di capire, lo sapeva bene, decise che non se ne sarebbe preoccupato, non in quel momento.

Mayuzumi iniziava a spazientirsi, voleva solo abbracciare il suo compagno, accertarsi che stesse bene. Non sapeva nemmeno da quanto fosse lì dentro, «Ci vuole ancora molto?».
Il tempo di porre la domanda e il tecnico finalmente riuscì ad aprire le porte. Istintivamente gli andò incontro, poi i suoi piedi si fermarono di colpo: perché Kuroko era lì? — Non gli piaceva. Affatto.
Non gli piaceva come la camicia di Seijuurou fosse sgualcita, aperta per i primi bottoni, le maniche arrotolate fino ai gomiti. Non gli piaceva vedere la cravatta allentata, i capelli leggermente scompigliati. Non gli piaceva sentire la piacevole sensazione di serenità, da poco riacquisita, abbandonare il proprio corpo tanto in fretta.
Non gli piaceva assolutamente niente di quella situazione, l'unica cosa che voleva fare era stringere a sé l'uomo che amava e tornare a casa con lui — «Sei tutto in disordine, per poco non ti riconoscevo.», sorrise correndo ad abbracciarlo, «Mi hai fatto preoccupare.».
«Temo che restare chiusi ore in un ascensore faccia questo effetto.».
«L'importante è che tu stia bene.», lo baciò dolcemente per poi voltarsi verso l'azzurro, «Che stiate bene entrambi. Kuroko-kun, a proposito, che ci fai qui? Non avevi degli impegni da sbrigare?» — Era questo che dovevi fare? Perché? —

Ecco, adesso Kuroko non sapeva proprio che dire, come giustificare la sua presenza in quell'ascensore. Stava per inventarsi una balla qualsiasi – tenendo conto del fatto che fosse realmente un terribile bugiardo – , quando venne salvato, eppure non fu l'ex compagno a toglierlo dai guai, bensì una voce molto più pimpante, la stessa che aveva sentito da dentro l'ascensore chiamare a gran voce ʻSei-chanʼ.


«Oh abbiamo incontrato Kuroko-san mentre tornavamo da un incontro di lavoro, per fare un gesto carino Sei-chan ha pensato di offrirgli un caffè ~ » — Reo aveva perfettamente capito quale fosse la situazione: se il ragazzo dai capelli azzurri non avesse detto niente, Mayuzumi si sarebbe insospettito ancora di più e ʻSei-chanʼ non avrebbe mai potuto rispondere al posto suo, non in quella situazione; c'era una sola persona che si sarebbe potuta intromettere senza destare sospetti e la persona in questione era lui, per questo aveva scelto di mettersi in mezzo.

«Tetsuya non ha mai visto il mio studio, mi faceva piacere mostrarglielo. Stavamo andando via entrambi quando siamo rimasti bloccati.», con un sorriso affabile carezzò la guancia del compagno, «Mi dispiace che non abbiamo pranzato insieme, mi farò perdonare — Ah Chihiro indovina? — Tetsuya ha finalmente accettato la tua proposta.».
«Quale proposta?», Mayuzumi non ricordava niente del genere.
«Di organizzare il famoso weekend a Kyōto insieme agli altri. L'hai suggerito tu ricordi? Ci è voluto un po' per convincerlo ma alla fine Tetsuya ha ceduto, fa sempre così.».

Nel sentire la rivelazione un grande, potente ʻNO!ʼ fece eco sia negli occhi azzurri che in quelli grigi. Poteva non avere lo stesso significato, un'intonazione diversa, richiamare emozioni differenti, una sensazione di panico differente, comunque un ʻNO!ʼ restava sempre un ʻNO!ʼ, non importa come la si mettesse.
Kuroko non voleva andare a Kyōto, non dopo gli ultimi avvenimenti, e non poteva protestare apertamente, non davanti all'amico a cui aveva fatto un grave torto, a sua insaputa.
Mayuzumi non voleva che il compagno andasse a Kyōto, non sapeva spiegarsi nemmeno il motivo, semplicemente non voleva che andasse, non con Kuroko, e non poteva opporsi visto che era stato proprio lui ad avere la splendida idea. Non aveva altra scelta se non sorridere e annuire — «Sono sicuro che vi divertirete, sarai felice di rivedere tutti tuoi amici Kuroko-kun.».
«Immagino di sì, sarà bello passare un po' di tempo con loro.».

Sarà un inferno — Ecco cosa pensarono i due ragazzi guardandosi reciprocamente.

«Ora scusatemi, devo tornare a lavoro. Ci vediamo a casa Chihiro, anche se non so a che ora con esattezza, se dovessi fare troppo tardi non aspettarmi sveglio.», lo baciò velocemente sulla guancia per tranquillizzarlo.
Con eleganza Seijuurou iniziò a ricomporsi: abbassò le maniche allacciando i polsini, abbottonò la camicia fino al colletto, strinse il nodo alla cravatta, indossò la giacca del completo e come ultimo tocco si passò una mano tra i capelli «Aggiornami sulla situazione Reo.», senza voltarsi iniziò a camminare seguito dal segretario, impegnato a riassumergli cosa fosse successo, lasciando Kuroko e Mayuzumi da soli.

«Dovrei andare anche io. Ho da finire il lavoro di stamattina.».
«I treni sono fermi, per fortuna ho la macchina, tanto dobbiamo andare nello stesso posto.».

In silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, uscirono dall'edificio e salirono in macchina. Nessuno dei due era intenzionato a dire qualcosa, il che era strano e imbarazzante. Avevano sempre parlato, non di argomenti chissà quanto profondi, comunque si trovavano bene, era una piacevole compagnia, adesso era tutto strano e tutto per colpa sua Senza contare che non l'aveva nemmeno salutato e si era dovuto sorbire le smancerie rivolte a Mayuzumi.
Kuroko non poteva negare di essere un tipo geloso, eppure c'era senz'altro una persona che lo batteva in quel campo; con lo sguardo rivolto verso il finestrino, l'azzurro si chiese cosa sarebbe successo se fosse stato lui a fare una cosa del genere.



Suo zio era partito di nuovo per uno dei suoi numerosi viaggi, per questo Tetsuya aveva deciso di invitare Seijuurou a stare da lui per una settimana, giorno più, giorno meno.
Contento di poter passare del tempo insieme, lo stava aspettando avvolto in una felpa calda e comoda, non della sua taglia, e quando sentì il campanello suonare corse ad aprire abbracciando il fidanzato.
Da quando Kuroko Akio lo zio che tanto detestava aveva messo piede nella sua vita le cose erano cambiate: se lui era in casa Tetsuya non poteva ospitare i suoi amici, ʻtroppo rumorosi e io devo lavorareʼ, così diceva sempre; tanto meno avrebbe mai permesso che il suo ragazzo si fermasse a dormire, e non c'era bisogno di chiedere ʻperchéʼ, era chiaro come il sole. Così tanto che Akio non gli consentiva nemmeno di passare una notte fuori, ʻsei sotto la mia responsabilità, per le sette ti voglio a casaʼ, questa era la scusa, poi si allontanava borbottando ʻmio fratello doveva essere impazzito per permettere una cosa del genereʼ questa invece era la verità che l'azzurro fingeva sempre di non sentire.
, da quando quell'uomo odioso era entrato a far parte della sua vita, le cose erano cambiate. Non riusciva a vedere più i suoi amici come prima e anche la relazione con Seijuurou ne aveva risentito; tra la scuola, il basket e i diversi impegni di entrambi, non avevano quasi mai il tempo per stare insieme, dovevano sforzarsi per poter avere degli angoli di paradiso da condividere, prima non era così, fatto sta che non aveva senso pensare al passato.
L'unica cosa positiva era che suo zio non si fermava mai troppo a lungo, al contrario dei suoi viaggi, spesso stava via anche un mese. I giorni più belli della sua vita.

«Mi sei mancato tanto.», ammise poggiando la fronte sulla sua spalla, profumava di buono.
«Anche tu mi sei mancato Tetsuya.».

Stettero in silenzio per diverso tempo, semplicemente abbracciati, assicurandosi di essere realmente l'uno tra le braccia dell'altro. Dopo aver appurato che non si trattasse di un sogno, Seijuurou lo baciò dolcemente sulla fronte e poi sulle labbra «Allora, che vuoi fare oggi?».
«Pensavo che sarebbe stato carino invitare gli altri per cena, ma se non ti va ».
«Non dire sciocchezze Tetsuya, certo che mi va. Che stavi facendo?».
Kuroko sorrise stampandogli un ultimo bacio prima di lasciarlo andare, «Leggevo un libro, quello che mi hai prestato l'ho finito, quindi puoi anche riprenderlo Sei-kun.».
«Non preoccuparti, so che ti piace molto, tienilo pure.».
«Ma è tuo.».
«Quello che è mio è tuo, Tetsuya. Il romanzo che stai leggendo adesso è altrettanto avvincente?».
«, sono arrivato ad un punto interessante, ti dispiace se continuo?».
«Assolutamente no.».

Insieme si sistemarono sul divano. Tetsuya adorava leggere, sopratutto sdraiato comodamente tra le gambe del proprio ragazzo, con il petto che gli faceva da cuscino, mentre quest'ultimo gli carezzava i capelli. Lo trovava estremamente rilassante ed appagante, se fosse stato un gatto probabilmente avrebbe iniziato a fare le fusa Poi qualcosa lo distrasse dalla piacevole lettura, perché il compagno aveva iniziato ad annusare il cappuccio della sua felpa?

«Perdonami Tetsuya, so bene che odi essere disturbato mentre leggi, ma questa felpa è nuova?».
«No.», borbottò senza distogliere gli occhi dai kanji stampati nero su bianco.
«E non è nemmeno tua, non ha il tuo odore. Posso sapere il nome del proprietario?».
«Ogiwara-kun.».

Se sapeva realmente quanto odiasse essere interrotto, perché continuava a fare domande?

«Ti dispiacerebbe spiegare?».

E pace dei sensi finita. Chiuse il libro rassegnato tirandosi su a sedere guardandolo, «Ti ricordi di Ogiwara-kun? Il mio amico d'infanzia?».
Seijuurou assottigliò lo sguardo annuendo con un elusivo cenno del capo, «Vagamente.».
«Qualche giorno fa siamo andati a giocare al campo vicino casa, avevo freddo e lui mi ha prestato la felpa. Posso tornare a leggere adesso?».
«No. Perché la indossi ancora?».
«Perché è calda e comoda Sei-kun.».
«Posso comprati una felpa altrettanto calda e comoda Testuya.».
«Posso comprarmela anche da solo.».
«Evidentemente no visto che indossi la sua.».

Rimasero a guardarsi per qualche secondo, uno incredulo e l'altro tremendamente austero.

«Sul serio Sei-kun?».
«Sul serio Tetsuya.».


Kuroko non ricordava con esattezza come si fosse conclusa la scenata di gelosia, molto probabilmente, alla fine, lo aveva accontentato, per non sentirlo più parlare e per tornare a leggere il prezioso libro.
Distrattamente continuò a guardare le macchine, ed entrambi sobbalzarono quando la calma apparente venne interrotta dalla suoneria di un cellulare.

«È il mio, scusa Mayuzumi-kun.».

Dopo una breve lotta con la cintura, riuscì a tirare fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni, lesse il mittente e trattenne il respiro per qualche secondo. Prima era così abituato a ricevere chiamate e mail da lui, era normale, naturale, scontato — Si scrollò la strana sensazione di malinconia di dosso leggendo il messaggio.

«Chi è?», chiese Mayuzumi curioso.
«Kagami-kun.» — Bugia.

Maledetto. Maledetto Akashi. Lui. La sua cultura. La sua memoria. Maledetto l'amore che provava ancora nei suoi confronti e il suo sapere sempre come renderlo felice. Maledetto.

 

ʻEravamo insieme, tutto il resto del tempo l'ho scordato. Walt Whitman.
Ti auguro una buona giornata Tetsuya.ʼ

 

*


«Oi Shin-chan sono tornato, mamma mia i turni in ospedale sono massacranti, non ho nemmeno la forza di muovermi ~ », come da usanza, prima di entrare in casa tolse le scarpe e le ripose nell'armadietto che avevano sistemato nel genkan «Dobbiamo per forza andare dai tuoi stasera? — Sono davvero a pezzi ~ ».
Non ricevendo nessuna risposta Takao si addentrò nell'appartamento, estremamente curato ed ordinato certo, viveva con un pazzo maniaco della pulizia — «Shin-chan ~ ».
Alla fine lo trovò in piedi, con il telefono in mano, intento a cerchiare dei giorni sul calendario appeso al muro. Sogghignando prese la rincorsa e gli saltò alle spalle aggrappandosi meglio di un koala — «Senza di te in ospedale è tutto così triste ~ ».
Le orecchie di Midorima si tinsero di rosso, «Deciditi Kazunari, o sei stanco o non lo sei.».
«Vederti mi ricarica ~ Piuttosto che stai facendo?», chiese curioso guardando i giorni segnati.
«Niente di importante. Vai a prepararti o faremo tardi per la cena.».
«Sì sì ~ », gli scoccò un bacio sulla guancia, il che provocò la comparsa di diverse sfumature scarlatte sul volto del compagno, e tornò con i piedi a terra, «Ci sarà anche tua sorella?».
«Megumi? — Sì dovrebbe esserci anche lei.».
Lo vide aggiustarsi gli occhiali sul naso fingendo indifferenza, però Takao sapeva bene che la sorella era il punto debole del suo compagno, «Le hai già comprato il suo Lucky Item? ~ ».
«Ovviamente, una paperella di gomma.».
«E il tuo Shin-chan? ~ ».
«Hello Kitty.».

Per tutto l'appartamento risuonò la risata fresca e coinvolgente del moro, «Hello Kitty! Non posso crederci ~ Per fortuna oggi eri di riposo, pensa se fossi venuto in ospedale con un peluche di Hello Kitty ~ », si accasciò a terra tenendosi la pancia, «È TROPPO DIVERTENTE!».
«Avrai pure ventisette anni, ma ne dimostri sei Kazunari.», borbottò nascondendo l'imbarazzo, «Vai a fare una doccia e cambiati.».

E Takao lo fece, dopo aver continuato a ridere per dei buoni dieci minuti, senza smettere di rotolarsi sul pavimento. Volendo essere sinceri, continuò a ridacchiare sotto la doccia, mentre si preparava e quando la crisi di risa passò, ricominciò da capo quando lo vide vestito di tutto punto con il famoso peluche in mano. Per fortuna riuscì ad abituarsi a quella vista, senza ridere, durante il tragitto in macchina, perciò quando arrivarono a casa dei suoceri era di nuovo tutto normale.

«Eccovi ragazzi, prego accomodatevi.», la donna si fece da parte per farli entrare e chiuse la porta, «Oh Kazunari-kun fatti vedere, sei sempre più carino ~ Shintarou dovresti portarlo a casa più spesso.».
Takao ridacchiò, «Io glielo dico sempre ma Shin-chan mi vuole solo per sé ~ ».
«Non dire assurdità Kazunari.», baciò la madre sulla guancia per poi indossare le pantofole seguito a ruota dal compagno.

A Takao piaceva la casa dove Midorima era cresciuto, era calda e intima, tenuta con amore, abbastanza grande, eppure non c'erano sprechi di spazio. Costruita su due livelli, era così suddivisa: il piano di sopra prevedeva tre stanze da letto e due bagni; il piano di sotto comprendeva un salotto raccolto che fungeva anche da sala da pranzo – , un piccolo bagno, la cucina e lo studio del suocero.

«Mmh che profumino ~ ».
«Sapendo che saresti venuto ho preparato il tuo piatto preferito Kazunari-kun.».
«Non doveva disturbarsi tanto ~ ».
«Oh nessun disturbo caro, semmai un piacere. E poi è anche per ringraziarti, ti prendi così tanta cura di Shintarou, quanti anni sono ormai? — Deve essere stancante per te ~ ».
Midorima la guardò contrariato, «Casomai è il contrario mamma — comunque sono dieci.», aggiunse come se non avesse poi così tanta importanza.
«Shintarou non essere scortese.».

Takao ricominciò a ridacchiare.
Sua suocera, Midorima Natsumi, era un bel tipo, gli piaceva caratterialmente. I capelli verdi le arrivavano alle spalle e gli occhi color cioccolato erano sempre sorridenti; una donna di buon gusto, curata nel vestire, senza mai esagerare.

«Oh? — Mi è sembrato di sentire la risata più contagiosa di tutto l'ospedale o sbaglio?».
«Midorima-sensei, buona sera.», si alzò dal divano andando a salutarlo.
«È un piacere vederti al di là del lavoro Takao-kun.».
«Il piacere è solo mio ~ ».

Suo suocero invece, Midorima Ryuu, era un uomo sempre disponibile, pronto al dialogo e ad aiutare i figli come poteva. Era da lui che entrambi avevano ripreso gli occhi verdi, nessuno dei due al contrario ereditò i capelli castani.

Se Takao avesse dovuto descrivere la famiglia Midorima, l'avrebbe definita accogliente, gioiosa ed esuberante; questo lo lasciava sempre un po' perplesso, davvero non capiva da chi, il compagno, avesse potuto riprendere quel suo essere tsundere, infondo andava bene così, probabilmente non lo avrebbe amato allo stesso modo, ai suoi occhi ʻShin-chanʼ era perfetto, non avrebbe cambiato nulla di lui.
Lo faceva divertire e lo amava da dieci anni, non capì perché, però quella splendida consapevolezza arrivò tutta insieme, in quell'esatto momento. Dieci anni.
Ricordava che si erano conosciuti il primo anno di liceo, su un campo da basket come avversari, la sua squadra perse, nonostante tutto quel giorno Takao seppe di aver trovato qualcosa di molto più importante. Ci volle un anno di incontri casuali e di incontri programmati per arrivare a mettersi insieme, per capire cosa provassero l'uno per l'altro, e ne era valsa la pena, ogni singolo giorno, ogni singola ora, avevano portato a quei fantastici dieci anni.

Takao ricordava di come ʻShin-chanʼ non lo avesse mai realmente presentato alla famiglia come il suo fidanzato, ragazzo o con qualsiasi altro termine che potesse indicare una relazione intima, lasciò semplicemente che lo capissero con il tempo; non se la prese, anzi, lo conosceva bene, sapeva quanto potesse essere freddo e distaccato fuori, quasi non curante, mentre era il ragazzo più dolce che avrebbe mai potuto conoscere – a modo suo, ovviamente – .
ʻShin-chanʼ lo amava e glielo dimostrava con piccoli gesti, i più importanti. Per esempio come quando gli chiese di andare a vivere insieme, non fu così diretto e la gioia fu immensa lo stesso, tanto che caddero nel laghetto per colpa della sua troppa esuberanza; stavano facendo jogging vicino lo specchio d'acqua, quando il compagno si era voltato, continuando a correre gli aveva messo una chiave in mano, in ultimo – non meno importante – aveva recitato testuali parole: ʻcome sai ho trovato un appartamento, sarebbe un problema se per qualsiasi emergenza tu non avessi la chiave, puoi portare qualche vestito, sempre se ti vaʼ; il moro aveva letto tra le righe e, una volta realizzato cosa gli stesse effettivamente chiedendo, gli era saltato addosso con troppo slancio finendo in acqua.
Dieci anni. Dieci splendidi anni.

Il suono del campanello lo fece tornare alla realtà.

«Ah deve essere tua sorella Shintarou, vai tu?».
«Non si preoccupi signora, vado ad aprire io ~ ».

Takao andava più che d'accordo con Megumi, una ragazza di venticinque anni, solare, attiva, piena di energie, a volte un po' esagerata, infondo chi era lui per poter parlare?

«Ciao cognata!».
«Oh ciao cognato!».

Complici misero in atto il loro personale saluto, tutto un gioco di mani, di dita e di pugni che terminava con un colpo d'anca, le braccia in alto e un chiassoso ʻwhooʼ.
Insieme tornarono dal resto della famiglia e la vide lanciarsi di corsa sul fratello, facendogli rovesciare il bicchiere — «Oi Megumi — ».
«ONII-CHAN ~ MI HANNO SCARICATA DI NUOVO ~ ».
«Megumi perché non puoi fare come tuo fratello? — Trovare una brava persona e riuscire a tenertela per più di un mese?», Natsumi si massaggiò le tempie, «Sei appena arrivata e già hai fatto danni.», arresa all'evidenza andò a prendere il necessario per asciugare.
«Megumi-chan proprio non ci sai fare con i ragazzi, dovresti prendere esempio da me ~ ».
«Zitto cognato! Stai da una vita con Shintarou e ancora non sei riuscito a farti sposare!».
«S-Smettetela di dire certe cose!», imbarazzato il ragazzo si aggiustò gli occhiali sul naso, un piccolo vizio che metteva in atto in determinate circostanze, «Piuttosto Megumi, se ti ha lasciato è perché non avevi il tuo Lucky Item.» — Con aria solenne le mise in mano la paperella di gomma – che diede il via alla classica risata convulsa di Takao – .
«GRAZIE ONII-CHAN!», tornò ad abbracciarlo più stretto di prima, «Ah! Potresti prestarmi il tuo cellulare? Il mio è morto e devo mandare un messaggio importante ~ ».
«Va bene, non metterci troppo.».
«No promesso ~ », la ragazza si sedette composta sul divano, stava armeggiando con il telefono quando aprì un messaggio per sbaglio — «Oh che bello vai a Kyōto? Quando?».
«N-No che non vado a Kyōto... ».
«Ma Akashi-san ti ha mandato un messaggio, ʻTetsuya ha accettato di organizzare un weekend a Kyōto, mettetevi d'accordo per trovare due giorni che vadano bene a ʼ — Ehi non si strappano gli oggetti di mano!».
Takao rise più forte, «Ecco perché segnavi i giorni sul calendario! E non provare a negare Shin-chan, ho visto che hai tirato fuori il trolley, anche se hai tentato di nasconderlo ~ ».
«Taci Kazunari.».
«Tetsuya? Non mi è nuovo questo nome.», Ryuu si sfregò il mento pensieroso, «Non sarà il vostro amico? Quello dell'incidente e che poi è andato via, è tornato?».
«Sì è tornato per lavoro papà, perché?».
«Mi fa piacere, l'ultima volta che l'ho visto non aveva per niente un bell'aspetto.».
«L'ultima volta che l'hai — Quando?», chiese con urgenza.
«Poco prima che partisse immagino, l'ho incontrato per caso in ospedale, aveva qualcosa con sé se non erro. Mi disse che erano vecchi esami che aveva dimenticato di ritirare, mi sembrò strano, anche perché noi al momento delle dimissioni consegniamo sempre tutto, comunque lì per lì non ci feci poi tanto caso. Spero che stia bene, salutamelo quando lo vedi.».










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del quattordicesimo capitolo. COME AL SOLITO NON SO DA DOVE COMINCIARE *^*)/
Troviamo un inizio molto carino tra Akashi, Kuroko e Reo (scusate proprio non mi viene da chiamarlo Mibuchi xD), se fossi stata al posto di Reo davvero non mi sarei fatta tutti quei piani di corsa, ma lui è devoto a Sei-chan perciò ~ Poi arriva Mayuzumi e BAM il gelo, il suo sesto senso gli dice che qualcosa non va e non vuole vedere Akashi e Kuroko insieme (beh io sì :v), inoltre si rende conto di essersi fregato da solo proponendo il weekend a Kyōto (EBBENE SÌ NIENTE FESTA, SI PARTEEEEE), un weekend a cui Kuroko non vuole andare e Mayuzumi non vuole che Akashi partecipi MA ORMAI LA FRITTATA È FATTA perché Akashi ovviamente ha colto la palla al balzo :v good job
In macchina Kuroko pensa alla sua gelosia e a quella di Akashi, così ritroviamo un flashback molto divertente anche se non manca un pizzico di “angst”, vi avevo detto che avremmo saputo di più sullo zio di Tetsuya, perciò eccolo qui, ovviamente è un mio OC.
INFINE troviamo il messaggio di Akashi e io dico... vi prego trovatemi un uomo così * piange*.

Nella seconda parte del capitolo ritroviamo la MidoTaka, altra ship che adoro. Se il primo capitolo riguardante questa coppia era più dal punto di vista di Midorin, questa volta troviamo Takao che ci racconta la loro storia <3 Mi è piaciuto inserirli in un ambito familiare e anche se forse molti si aspettano la famiglia Midorima molto rigida, io ho voluto renderla molto accogliete e calorosa, perché dai sono buona infondo ~ No non è vero, è solo perché volevo rendere Midorin più strano di quello che realmente è xD Ti si ama lo stesso Shin-chan <3
Per concludere definitivamente Paà Midorima a distanza di anni se ne esce dicendo di aver incontrato Kuroko poco prima che partisse, grandissima memoria complimenti xD (Anche i membri della famiglia di Shin-chan sono miei OC comunque ha realmente una sorella minore, anche se non si sa di quanto ne il nome in realtà.)

Penso di aver detto tutto, spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

Ci vediamo mercole con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

 

 

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Capitolo 16
*** 15 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. Tranne gli OC giù le zampe :v








 

CRASH

Himuro spalancò gli occhi tirandosi su di scatto. Cos'era stato quel boato? Qualcuno stava tentando di entrare in casa? Un brutto incidente tra due macchine? — No, era stato troppo forte per essere un rumore proveniente dall'esterno.

«Atsushi... Atsushi sveglia.» — Immerso nella totale oscurità bisbigliò il nome del compagno sentendo uno strano silenzio in risposta, mentre i rumori in casa continuavano. Allungò la mano per scuoterlo e fu allora che scoprì che l'altra parte del letto era vuota. Perplesso accese l'abat-jour illuminando la stanza, sì, accanto a lui non c'era nessuno e questo gli fece capire subito l'origine dei rumori. Stropicciandosi gli occhi controllò la sveglia sul comodino, segnava le tre di mattina. Come mai era sveglio? — Himuro lo trovava strano, sopratutto a quell'ora.

CRASH

Arrendendosi al fatto che il suo sonno fosse stato ormai interrotto, si alzò da letto per andare a controllare cosa stesse succedendo, prima che il suo compagno svegliasse anche i vicini del piano di sotto.
Assonnato si passò una mano fra i capelli corvini scompigliati iniziando a cercarlo, anche se aveva già un vago presentimento su dove trovarlo, infatti la luce della cucina era accesa. Non riuscendo a trattenere uno sbadiglio, entrò nella stanza e vide il caos più totale: per terra c'era una serie di teglie da forno e pezzi di vetro sparsi un po' ovunque; il bancone era sporco di farina, il forno era acceso e in mezzo a tutta la confusione trovò il compagno, che con una faccia alquanto perplessa osservava i suddetti pezzi di vetro — «Mh ~ ».

«Atsushi, sono le tre del mattino, che fai alzato?», avrebbe voluto dirgli di tornare a dormire, solo che non poteva lasciare la stanza in quello stato, così andò a prendere la scopa per pulire i cocci.
«Scusa Tatsu-chin, non volevo svegliarti, le teglie mi sono scivolate di mano e credo di aver urtato la brocca per sbaglio ~ ».
«L'hai urtata di sicuro Atsushi.», sbadigliò di nuovo iniziando a spazzare il pavimento, «Attento a non farti male ai piedi okay?».
«Non è colpa mia Tatsu-chin, questa casa è davvero troppo piccola ~ ».

Himuro sorrise, non era la casa ad essere troppo piccola. Murasakibara Atsushi, il ragazzo con cui stava da sette anni e conviveva da tre, era alto due metri e otto centimetri – per amore della precisione – ; aveva dei bellissimi capelli lilla che toccavano le spalle e ogni volta che lo guardava negli occhi, tutto quello che vedeva erano due bellissime ametiste.


«Lo sai che non possiamo permetterci di traslocare, ricordi? — Tra un appartamento più grande e il locale cosa abbiamo scelto?».
«Il locale ~ ».
«Esatto, sono solo due anni che abbiamo la nostra attività e riceviamo ancora un aiuto dalle nostre famiglie di tanto in tanto, nonostante stia andando molto bene. Dobbiamo semplicemente aspettare di essere più stabili, ti prometto che appena potremo andremo via da qui, va bene?», buttò il vetro nel cestino e, quando passò accanto accanto a lui, gli strinse appena il fianco per confortarlo, «Piuttosto, non mi hai risposto Atsushi, come mai sei sveglio?».
«Mh avevo fame, volevo dei biscotti così mi sono alzato per prepararli ~ ».
Dopo aver sistemato il pavimento passò a mettere le teglie al loro posto, con uno straccio umido pulì tutto il bancone dalla farina, infine ripose gli attrezzi sporchi di impasto nel lavandino – ci avrebbe pensato più tardi – , «Abbiamo la credenza piena dei tuoi snack, potevi prenderli da lì.».

Himuro era confuso, quando diceva di avere una credenza piena di snack non stava esagerando. Straripava di dolci, patatine di tutti i tipi, caramelle di ogni gusto e qualsiasi altra cosa possibile, questo perché la specialità del suo compagno era mangiare, in continuazione; se avesse potuto avrebbe mangiato anche durante il sonno – di questo il ragazzo dai capelli corvini ne era più che certo – . Himuro continuava a chiedersi come facesse a non ingrassare, perché oltre ad essere un goloso, il suo gigante fiore di lillà era anche estremamente pigro e comunque non era quello il problema – non lo amava semplicemente per il suo aspetto fisico – , il vero problema era l'impatto che tutti quegli snack avessero sul loro budget familiare. Ogni volta che uscivano per fare rifornimento di ʻschifezzeʼ e si presentava il momento di pagare il conto, Himuro iniziava a sudare freddo, non voleva sapere quanto avessero speso.

«Lo so, ma volevo tenermi impegnato e poi i miei sono più buoni ~ ».
«C'è qualcosa che ti preoccupa Atsushi?».
«Più o meno ~ », tirò fuori i biscotti dal forno e con una spatola li mise nel piatto, senza aggiungere altro andò in salotto sedendosi per terra, poggiato con la schiena al divano e i biscotti davanti a sé.

Himuro sorrise riconoscendo la posizione, si assentò giusto qualche secondo per andare a prendere spazzola e pettine, elastichetti e forcine.
A prima vista, il ragazzone di due metri e otto centimetri, incuteva una sorta di paura, un grande e grosso gigante cattivo, invece agli occhi del moro era sì un gigante, ma un gigante orso di peluche, di quelli che non passano dalla porta, tutto da viziare e coccolare.
Lo raggiunse e si sedette sul divano, abbracciandogli il corpo con le gambe che l'altro iniziò ad accarezzare piano.

«Allora? Cos'è che non ti fa dormire?», con delicatezza iniziò a spazzolargli i capelli liberandolo da eventuali nodi. Era una loro piccola routine, un modo per farlo rilassare a fine giornata o per convincerlo a raccontargli le sue preoccupazioni, come in quel momento – poi che Himuro ne approfittasse per fargli anche qualche piccola pettinatura era un'altra storia, alla fine il compagno non sembrava non gradire la cosa, perciò... – .
«Aka-chin mi ha mandato un messaggio.», prese un biscotto dandogli un morso, «Scotta ~ ».
«Perché li hai appena tirati fuori dal forno Atsushi, attento a non farti male.», concentrato iniziò a suddividere i capelli in tante sezioni aiutandosi con la coda del pettine, non sapeva quale estrosa pettinatura avrebbe creato questa volta, comunque gli sarebbe sicuramente venuta in mente qualche idea — «E che diceva?».
«Mh cosa? ~ ».
«Il messaggio che ti ha mandato il tuo amico Atsushi, che c'era scritto?».
«Ah quello ~ », tentò di nuovo, non aveva la pazienza di aspettare che i biscotti si freddassero, «Aka-chin ha scritto di essere riuscito a convincere Kuro-chin per fare un weekend a Kyōto, di metterci d'accordo e di scegliere una data che vada bene per tutti.».
Strano che Taiga non gli avesse detto niente, pensò il moro iniziando ad intrecciare i capelli profumati, «E quale sarebbe il problema? Non ti va di andare?».

Himuro non aveva avuto modo di conoscere gli amici più intimi del suo ragazzo – giusto Kise si presentava di tanto in tanto al loro locale – , conosceva i loro nomi, o meglio, conosceva il modo in cui il compagno li chiamasse, ma non c'era mai stata occasione di incontrarli personalmente.

«Non lo so ~ ».
«E perché? — Secondo me è un peccato perdere questa opportunità, Kuroko-san è qui per lavoro, poi tornerà a Los Angeles, chissà quando ricapiterà un'altra occasione del genere.».
«Quando Kuro-chin se ne è andato, Aka-chin è stato molto male, non voglio che stia male di nuovo per colpa sua.».
Il moro si tolse l'elastichetto dalla bocca per legare insieme le due treccine che aveva creato, «Beh Atsushi le storie finiscono, a volte capita che qualcuno decida di cambiare vita. Guarda me e Taiga, siamo stati insieme per quattro anni, ci siamo lasciati, io sono partito e ho incontrato te.», sorrise dandogli un bacio sulla guancia, tornando poi alla sua opera, «Sono passati otto anni, Kuroko-san sta con Taiga e il tuo amico vive con quello stilista giusto? — Non credo che tu debba preoccuparti.».
«Mh tu non puoi capire Tatsu-chin.», pensieroso prese un altro biscotto.
«Magari hai ragione, non posso capire, però so che ti perderesti due giorni divertenti. Senza contare che potresti trovare degli snack speciali, di quelli che vendono solo a Kyōto.».
«Okay ci vado ~ ».
Oh era così facile convincerlo — «Bene, allora domani vediamo in che giorni puoi assentarti.».

In silenzio continuarono a fare le loro cose, acconciare capelli e mangiare biscotti.
Himuro montava e smontava le pettinature improvvisate, ricominciando da capo ogni volta. Amava far passare le dita fra la chioma lilla dell'altro, era morbida e lo faceva rilassare, eppure c'era stato un periodo dove non aveva potuto farlo, anche se avrebbe voluto.
Come Taiga era nato in Giappone, ma per questioni di lavoro la famiglia si era trasferita, nonostante il ragazzo si trovasse bene a Los Angeles, sentiva che non era lì che avrebbe voluto costruire la propria vita; per questo, approfittando della rottura con il suo primo amore e del fatto di aver compiuto diciotto anni, chiese ai genitori di potersi trasferire a Tōkyō.
Una volta tornato a casa si diede da fare, trovò subito un lavoro come cameriere in una pasticceria, fu così che conobbe la persona con cui conviveva al momento, con cui avrebbe voluto stare per sempre. I due andarono subito d'accordo e diventarono buoni amici; Himuro aveva sempre avuto un atteggiamento quasi materno nei confronti delle persone che gli interessavano, cosa che a Taiga aveva sempre dato fastidio, invece Atsushi aveva proprio bisogno che si comportasse così con lui, perché era sbadato, non prestava attenzione, a volte bisognava mettergli un freno e Himuro era perfetto per assumersi quel compito.
Quando capì che forse non si trattava di una semplice amicizia, il moro si accorse di averlo realizzato troppo tardi. Il grande gigante buono e pigro di cui si era invaghito, aveva intrapreso una relazione, non con lui ovviamente. La suddetta storia durò un anno, un lunghissimo anno, Himuro credeva di poter mettere da parte i sentimenti che provava, invece non facevano che aumentare, ogni giorno di più.
Tutto cambiò quando Atsushi gli propose di accompagnarlo ad Akita, la sua città di origine, per andare a trovare la famiglia; sarebbe dovuto andarci con la persona con cui stava, ma con sua immensa gioia Himuro scoprì che avevano litigato, per questo lo chiese a lui. Senza pensarci due volte aveva accettato, preparato un piccolo bagaglio a mano e con la chitarra in spalla si era avventurato in quel viaggio, sei ore di treno.
Era periodo natalizio e la città appariva bianca, ricoperta di neve, tanto ricoperta di neve, per fortuna riuscirono comunque ad arrivare a casa dell'amico. Non vedeva l'ora di conoscere i suoi tre fratelli e la sorella – tutti più grandi di Atsushi – , era curioso di vedere come fossero, sia loro che i genitori: era una bella famiglia unita, tutti molto alti – di questo non era sorpreso – , Himuro con il suo metro e ottantatré centimetri si sentiva un nano da giardino.
Ricordava l'ultima notte passata ad Akita, la più bella. La casa era calda e immersa nel silenzio, mentre fuori infuriava una tempesta di neve; si potevano sentire solo gli scoppiettii del fuoco provenire dal caminetto. Nessuno dei due voleva andare a letto, avevano chiacchierato un po' e poi erano rimasti in silenzio, seduti vicini sul divano, uno ammirava il fuoco danzare e l'altro mangiava popcorn.
Il moro ricordò di come si fosse alzato per prendere la chitarra e iniziare a suonare piano per non svegliare nessuno, presto alle note si unirono anche le parole e cantò con voce soffice ʻlet it snowʼ.
Si creò una specie di incantesimo: le ametiste erano incantate a guardarlo suonare e lui non le perdeva di vista a sua volta. La canzone finì, il loro momento magico no.
L'ultima notte che passarono ad Akita fu la più bella, perché fu la notte in cui si scambiarono il loro primo bacio, avvolti dal fuoco e dalla neve.

Era così preso dai ricordi da non essersi accorto che il compagno si fosse addormentato, in parte sul pavimento e in parte sulle sue gambe.


«Atsushi.», lo scosse piano non ricevendo risposta, «Atsushi se dormi qui ti prenderai un raffreddore.» — Riprovò con un briciolo di speranza, sapeva fin troppo bene quanto fosse difficile svegliarlo.

Alla fine si arrese, gli scansò i capelli dal volto restando a guardarlo, adorava vederlo dormire e non resistendo alla tentazione, si piegò su di lui baciandogli più volte la guancia per poi spostarsi vicino suo orecchio, era il momento di bisbigliare una dolce melodia —

«As long as you love me so... Let it snow... Let it snow... Let it snow... ~ ».


*


«Non smetterò mai di dire quanto i tuoi gioielli siano belli Kuroko-kun, ormai dovrei esserci abituato, invece mi stupisci ogni volta.».

Kuroko fissò la sua nuova opera ancora incompleta: un torchon di lapislazzuli, argento, perle e diamanti — Obiettivamente sì, stava venendo molto bene.

«Vieni facciamo una pausa, ho preparato il tè.».
«Grazie Mayuzumi-kun.», con il panno umido si pulì le mani dal colore e lo raggiunse sul divano di pelle nera, aveva le mani un po' fredde, allora decise di tenere la tazza in mano per scaldarle, «Hai già trovato la location per la sfilata?».
«Sì, anche se non sarebbe stato possibile senza Seijuurou, quando tornate dal weekend andiamo insieme a vederla Kuroko-kun, così decidiamo come sistemare i tuoi disegni. A proposito, avete scelto quando partire?».
«Non ancora.».

Erano passati un paio di giorni dal blackout e in quel lasso di tempo il suo telefono non fece altro che squillare; Kise lo riempiva di messaggi esaltati dicendogli quanto si sarebbero divertiti e lui rispondeva educatamente per non spegnere il suo buon umore – finché non divenne pesante e iniziò ad ignorarlo – .
La sera stessa in cui il distretto di Minato rimase senza corrente, Kuroko aveva comunicato a Kagami che sarebbe andato a Kyōto. Ricordò quanto fu difficile guardarlo negli occhi dopo l'episodio in ascensore, non se lo meritava, era un bravo ragazzo e provava davvero amore nei suoi confronti, ma non quanto ne avesse mai provato e provasse ancora per Akashi. Era spaventato a morte di passare dei giorni con lui e con i suoi amici, aveva paura di ricordarsi quanto fosse bello.

«Mi voglio scusare con te Kuroko-kun, non sono stato molto carino quel giorno, quando ti ho visto uscire dall'ascensore insieme a Sei.».
«Non preoccuparti Mayuzumi-kun, posso capire che sia stata strana come situazione.» — Con quale coraggio poteva dirgli una cosa del genere? —
«È che da quando sei tornato Seijuurou è strano.», sospirò rigirando la tazza fra le mani, «La sera dell'aperitivo ti ha praticamente aggredito verbalmente, non l'avevo mai visto così.».
«Quando me ne sono andato ho lasciato indietro una persona, Akashi-kun gli era affezionato e lui è molto protettivo in questo senso.», si concesse di rispondere esitante.
«Sì lo so bene.», sorrise guardandolo, «Dimmi, com'era Sei ai tempi della scuola? Che facevate insieme? — Sai quanto adori lo Yudofu, perciò vi conoscevate bene immagino.».

Kuroko non capiva perché l'amico gli facesse tutte quelle domande, la cosa peggiore era che sapeva di non poter evitare di rispondere. Mostrando tranquillità si concesse un sorso di tè indeciso su cosa raccontare — «Sì, siamo andati alla stessa scuola, sia per le medie che per il liceo, quindi si può dire che ci conosciamo tutti molto bene.», lo guardò tentando di capire dove volesse arrivare, «Akashi-kun era molto bravo, otteneva il massimo dei voti in ogni materia ed è sempre stato a capo del consiglio studentesco, senza contare che era impegnato con il club di basket, il primo anno delle medie era già vice capitano e presto diventò il nostro capitano a tutti gli effetti. Eravamo una squadra forte, non perdemmo mai un campionato.».

«E aveva tempo per vivere?», rise divertito Mayuzumi.
«Nel tempo libero ci piaceva andare tutti insieme a prendere un gelato, oppure ci divertivamo nelle sale giochi, Kise-kun era molto bravo. Facevamo cose normali.».
«E Sei? Non aveva qualche hobby oltre allo shogi?».
«Da quello che ricordo gli piaceva giocare a go e a scacchi, oltre ad andare a cavallo.».
«A cavallo? Sul serio?».
«Sì, ne aveva uno, non ricordo il nome, dovresti chiederlo a lui.».

Bugia. Ovviamente Kuroko si ricordava benissimo di Yukimaru. Sì il cavallo bianco di Akashi si chiamava Yukimaru, gli aveva dato questo nome perché nato in un giorno di neve.


«Si può sapere dove stiamo andando Sei-kun?».
«No è una sorpresa, per questo sei bendato Tetsuya.».

Erano serenamente rilassati a guardare un film nella residenza di Kyōto, quando una giovane donna, che riconobbe come uno dei tanti autisti assunti da Akashi Masaomi, li aveva interrotti.
Senza fare troppe domande aveva seguito il rosso in macchina, allarmandosi leggermente quando venne bendato; Seijuurou gli disse solo che lo stava portando a conoscere qualcuno di molto importante, e Tetsuya si chiese che impressione avrebbe fatto presentandosi con una benda nera sugli occhi.

«Siamo in auto da un'ora.».
«Non fare il bambino Tetsuya, siamo quasi arrivati.».

Quando scesero dal veicolo non percepì la dura asfalto, bensì sassolini, l'aria era polverosa, dovevano essersi fermati su un percorso sterrato.

«Può venire a riprenderci per l'ora di cena, Yashimoto-san.».
«Come desidera Akashi-sama.», si congedò con un rispettoso inchino, alzando altra polvere quando se ne andò.

«Posso toglierla adesso? Sto morendo di caldo e questa cosa sugli occhi non aiuta.», tossicchiò appena per colpa dell'aria granulosa.
«Come siamo impazienti, dammi la mano ti guido io.».
Tetsuya lo assecondò, anche perché se non lo avesse fatto sarebbe sicuramente andato a sbattere contro qualcosa «Sei-kun potevi avvertirmi che volevi presentarmi qualcuno, mi sarei vestito meglio.», in effetti portava dei bermuda e una t-shirt, l'unico modo per resistere d'estate e si sarebbe volentieri strappato i vestiti di dosso – .
«Sei perfetto Tetsuya, tra l'altro se non lo avessi notato anche io non mi sono cambiato.».
L'azzurro sentì distintamente il cigolio di un cancello aprirsi e richiudersi «Siamo arrivati?».
«Sì siamo arrivati. Puoi togliere la benda adesso.».

Non se lo fece ripetere due volte e strizzò gli occhi per la troppa luce, mise a fuoco la vista e gli piacque quello che vide: una bellissima distesa di verde l'unica costruzione presente era un elegante capanno di legno, molto grande e cavalli che pascolavano.
Notò il compagno mettere indice e pollice in bocca, fischiando per richiamare l'attenzione degli animali, uno in particolare iniziò a galoppare verso di loro.

«Ciao Yukimaru, non ci vediamo da tanto tempo eh?», gli carezzò il muso e la fronte con occhi sorridenti, lo strofinò bene sul collo sapendo quanto fosse felice di vederlo; infatti dopo le carezze, Yukimaru iniziò a sgroppare e correre, si fermò per guardarlo e riprese a saltare come un cerbiatto, terminando con la massima espressione di rilassatezza, ovvero buttarsi ai suoi piedi iniziando a rotolare nell'erba.
«Quindi era lui che volevi farmi conoscere?», chiese divertito, «Il tuo cavallo?».
«Mi dispiace non averlo potuto fare prima, spero che andiate d'accordo.».
«Saremo sicuramente grandi amici Sei-kun, sai quanto mi piacciano gli animali
.».


Invece no, Kuroko e quel cavallo non andarono per niente d'accordo, dando vita al divertimento di Akashi; ogni volta che cercava di interagire con lui scappava via o faceva versi che l'azzurro non trovava per niente invitanti. Yukimaru era estremamente geloso del suo cavaliere – chissà da chi aveva preso – , perciò ogni volta che Akashi interagiva con lui, o con gli altri cavalli, si metteva sempre in mezzo, tirandolo per la maglietta per richiamare la sua attenzione.
Kuroko ricordava di come si stesero baciando stesi sul prato, in completa libertà, quando l'infernale equino aveva pensato bene che tirandolo per i capelli avrebbe risolto il problema. La cosa che più infastidì Kuroko non fu tanto la strattonata – dolorosa – , bensì il fatto che Akashi non si degnò nemmeno di chiedergli se stesse bene, no non era importante la salute del suo cuoio capelluto, l'importante era coccolare il cavallo e assecondare la sua smania di protagonismo — Yukimaru lo odiava e il sentimento era reciproco.

«Glielo chiederò sicuramente.», continuò Mayuzumi sorseggiando il tè, «Piuttosto Kuroko-kun, tu e Seijuurou avete altri amici in comune?».
L'azzurro si destò dal suo sogno ad occhi aperti «No, siamo sempre stati solo noi sei, perché?», chiese ingenuamente, con leggerezza, per colpa della sua curiosità la conversazione si spostò su un argomento fin troppo delicato.
«Hai detto di aver lasciato indietro una persona importante quando sei andato via, una persona a cui Sei era molto affezionato.», gli occhi grigi si piantarono in quelli azzurri, «E se non avete altre conoscenze, come tu mi hai appena confermato, ne deduco che questa persona faccia parte della vostra cerchia di amici, corretto?» — Domanda retorica.

Kuroko iniziò a sudare freddo, eppure si costrinse a mantenere un'espressione impassibile lasciando che l'altro continuasse ad esporre le proprie teorie.

«Il problema è ʻchiʼ, li ho conosciuti e mi sono sembrati tutti sereni, impegnati in storie importanti. Niente potrebbe giustificare la reazione di Seijuurou quando ti ha rivisto, a meno che tu e lui — ».
Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa, aprire la bocca e parlare, «Aomine-kun.» — E come cavolo gli era venuta in mente un'assurdità del genere? —
«Aomine-san?», lo sguardo grigio e inteso perse tutta la carica, ora era semplicemente sbigottito.
«La persona con cui stavo era Aomine-kun.», solo l'idea lo fece rabbrividire, negativamente.
«Ma Aomine-san e Kise-san... », ah non ci stava capendo più niente.
«Lo so, senza contare che ci siamo incontrati risolvendo tutto. Akashi-kun è solo esagerato.».

Tentando di non far vedere che fosse teso più di una corda violino, mostrandosi rilassato e sicuro di sé, finì di bere il tè tornando al suo lavoro.

«Oh è quasi ora di pranzo, che bello. Il giorno del blackout avevo un appuntamento con Sei, è saltato ovviamente, perciò per farsi perdonare mi passa a prendere e andiamo al ristorante.».
Un attacco di tosse convulsa riempì la stanza, si era strozzato con la saliva non volendo, «È un gesto carino da parte sua.» — Dio, no, non voleva vederlo di nuovo.
«Sto aspettando che mi chiami, così scendo ad aspettarlo.».
Ringraziò chiunque avesse ascoltato l'appassionato appello, «Allora divertitevi Mayuzumi-kun.».

La chiamata non arrivò, al contrario qualcuno bussò alla porta. Kuroko pensò che fosse l'ennesimo sarto alla ricerca di approvazione, perciò non vi badò e lasciò che l'amico, se così si poteva ancora definire, andasse ad aprire.

«Addirittura in anticipo, come mai sei salito su? — Eravamo rimasti d'accordo che sarei sceso io.», sorrise salutandolo con affetto.
«Beh volevo fare le cose per bene e con l'occasione salutare Tetsuya.».

Kuroko ricominciò a tossire riconoscendo la voce, davvero avrebbe dovuto farla finita di strozzarsi in modo tanto stupido. Rassegnandosi al fatto che la sua umile preghiera era stata ignorata, si voltò per guardarlo, «Ciao Akashi-kun, ho saputo del pranzo romantico, andate o farete tardi per la prenotazione.».
Akashi fece finta di controllare l'ora, sapendo già quanto fosse in anticipo, «Oh non preoccuparti, abbiamo un po' di tempo prima di andare. Come procede il vostro lavoro?».
«Non potrebbe andare meglio, così io e Kuroko-kun ci siamo concessi una piacevole chiacchierata. E indovina di chi abbiamo parlato?», Mayuzumi sorrise tenendolo per mano, «Di te.».
«E cosa c'è di tanto interessante da dire su di me?», perplesso il rosso guardò l'azzurro con la coda dell'occhio, ricevendo in risposta un'occhiata che se avesse potuto parlare, avrebbe detto ʻnon chiedereʼ.
«Oh tantissime cose, mio presidente del consiglio studentesco.», ridacchiò sistemando i capelli del compagno, anche se erano già impeccabili, «Come mai non ero a conoscenza che avessi un cavallo? Come si chiamava?».
«Si chiama Yukimaru. Piuttosto come mai avete parlato di questo?».

Ah, quindi lo stupido equino era ancora vivo? — No, l'azzurro non lo disse ad alta voce.

«Mayuzumi-kun voleva sapere com'eri ai tempi della scuola e se avessi degli hobby.», rispose semplicemente con una piccola alzata di spalle.

«Ci sono così tante cose che non mi dici Sei, per esempio il fatto che Kuroko-kun e Aomine-san avessero una storia quando è partito. Anche se non avrei mai detto che fosse il tuo tipo di ragazzo ideale Kuroko-kun.».

Ecco, adesso avrebbe davvero voluto scavare una fossa e seppellirsi vivo. Akashi lo guardava con un'espressione che non sarebbe mai riuscito a descrivere: un misto tra confusione, incredulità, estremamente perplesso, con una punta di divertimento.

«Tu pensa Chihiro, non l'avrei mai detto nemmeno io.», lo tirò a se circondandogli la vita con un braccio, «Tetsuya è sempre pieno di sorprese.».
Doveva proprio fare così davanti a lui? «Ebbene sì, ho un debole per le persone molto più alte di me e muscolose. Aomine-kun e Kagami-kun rispettano questo profilo.», rispose a tono alla provocazione sicuro di sé.
«Hai ragione Tetsuya, entrambi hanno anche poca intelligenza, è una caratteristica che ti aggrada?».

Restarono a guardarsi per qualche secondo. La gelosia, che brutta cosa

«Comunque Tetsuya, sono felice di comunicarti che abbiamo scelto una data, partiremo il prossimo weekend, ovvero tra tre giorni, spero che per te vada bene Chihiro.».
«Sì, nessun problema, Kuroko-kun può permettersi due giorni.».
«Perfetto, sarebbe stato un problema dato che mi sono già occupato dei biglietti. L'appuntamento è alle otto di mattina alla stazione, puntuale mi raccomando.».

Sapeva benissimo che fra tutti era il più preciso, una cosa del genere avrebbe dovuta dirla ad Aomine o Murasakibara, a se stesso visto che Akashi arrivava sempre per ultimo, davvero non a lui.

«Andiamo Sei o faremo tardi. Kuroko-kun ci vediamo dopo.».

Con un cenno del capo rispose al saluto tornando a lavorare; mentre le mani abili muovevano il pennello si trovò a sperare che quei tre giorni passassero in fretta, aveva paura sì, eppure voleva davvero rivederli e passare del tempo con loro — e con lui.

Voleva ricordare quanto fosse bello, stare tutti insieme.

 

 






 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del quindicesimo capitolo. Possiamo definirlo un capitolo di passaggio, è tornata la calma e questa calma di apre con la MuraHimu <3 (Mukkun ha realmente tre fratelli e una sorella mggiori, la famiglia dei watussi xD / No Himuro non suona la chitarra, ma visto che lo vestono sempre così stiloso è diventato un mio head canon e vabbe xD) Non so se sia riuscita a renderli IC ma per me sono due orsacchiotti coccolosi nessuno riuscirà a farmi cambiare idea *^*
Per i più curiosi la canzone che canta Himuro è “let it snow” e la cover di Christina Perri, io la trovo bellissima qwq

Passando alla seconda parte del capitolo beh... percepisco solo io la tensione e il nostro Detective Mayuzumi che fa cadere Kuroko nella sua subdola trappola elaborata nei minimi dettagli? *^*)/ Solo che alla fine Kuroko se la cava sparando un nome a caso, Aomine ovviamente (un pizzico di AoKuro ci sta sempre per me xD). Mayuzumi si trova spiazzato ma non si arrenderà tanto facilmente uvu
E alla fine arriva il nostro splendido Akashi e ritroviamo le delicatissime frecciatine che mi diverto sempre a scrivere tra lui e Kuroko... Che gelosoni che siete ~
Per ultimo, non meno importante, anzi, possiamo capire quanto Kuroko sia terrorizzato di andare a Kyōto e quanto allo stesso tempo voglia andare e stare con tutti loro... Ah i miei feels
Penso di aver detto tutto, spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lune con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 17
*** 16 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia (giù le zampe dai miei OC :v). Assicuratevi di leggere il mio angolino perché ho una domanda per voi <3









 

Seduto sulla panchina, davanti ad un binario vuoto, aspettava pazientemente. Sentendo freddo alle mani le mise in tasca per poterle scaldare un minimo e con la coda dell'occhio osservò il compagno seduto accanto a lui, sembrava tranquillo e sereno, eppure Kagami sapeva benissimo quanto Kuroko fosse nervoso, agitato ed emozionato di rivedere i suoi amici più cari, gli stessi che chiamava ʻfamigliaʼ.
A Kagami non aveva fatto per niente piacere, quando il compagno gli comunicò che il weekend si sarebbe organizzato non la prese affatto bene e non c'era bisogno di spiegarne il motivo, alla fine decise di ingoiare il rospo, di sorridere e di dirgli quanto fosse felice per lui. Perché? — Perché non poteva negargli una cosa tanto importante, Kagami aveva capito quanto fosse legato a quelle persone, aveva capito quanto fosse stato difficile per lui lasciarle indietro. Aveva notato una piccola luce accendersi negli occhi azzurri, una luce che non aveva mai avuto modo di vedere prima, era bella, calda e avvolgente: Kuroko era felice, dal profondo del suo cuore e questa consapevolezza lo spaventava a morte.
Il compagno, così apparentemente rilassato, emanava una serie di sentimenti contrastanti, poteva percepirli – anche il fatto che lo avesse svegliato all'alba, che fossero arrivati in stazione un'ora prima, che Kuroko si alzasse ogni cinque minuti per controllare se il binario fosse quello giusto, avevano aiutato Kagami a capire esattamente quanto fosse agitato – .

«Vado a vedere se hanno spostato ».
Sospirando lo prese per mano costringendolo a stare seduto, «Tranquillo, il binario non è cambiato, sei già andato a controllare dieci minuti fa.», sorrise scompigliandogli i capelli, «Vedrai che adesso arrivano.» Lo vide annuire e lo sentì appoggiarsi contro il proprio corpo, non resistendo baciò la chioma azzurra stringendo il compagno con fare protettivo. Kagami era letteralmente terrorizzato da quel viaggio e non poteva farci niente, se non credere con tutto se stesso che non sarebbe successo niente, sarebbe andato tutto bene.

«Ah c'è Tatsuya! Lui e quel tizio esageratamente alto, uno dei tuoi amici no?».
Kuroko si mise a sedere composto guardando nella stessa direzione, «Sì, Murasakibara-kun e tutti i suoi snack.», aggiunse notando quanti ne potesse portare in mano, certe cose non cambiano mai.
Quando furono abbastanza vicini si alzarono entrambi per salutare. Kuroko fissò per qualche secondo l'amico, indossava dei paraorecchie bianchi a forma di coniglio, li trovava carini, poi inaspettatamente l'altro gli mise una mano fra i capelli scompigliandoli, aveva sempre avuto quel vizio e di solito gli dava fastidio, questa volta lo lasciò fare, «Buongiorno Murasakibara-kun.».
«Ben tornato a casa Kuro-chin, vuoi un maiubo? ~ ».
«Con molto piacere.», sorrise prendendone uno, «Buongiorno Himuro-san.».
«Anche a te Kuroko-san Oh Taiga, ci sei anche tu.».
«Sì e tu invece? Come mai sei qui?».
«Atsushi si perde sempre alla stazione, perciò lo accompagno e mi assicuro che salga sul treno.».
Kagami alzò un sopracciglio scettico, era davvero una mamma in tutto e per tutto, «Piuttosto Tatsuya, come mai quella valigia enorme? Non stanno fuori solo una notte?».
«Oh questa? — Per la maggior parte sono snack, diciamo che Atsushi non può farne a meno.».

Kagami non lo trovava normale, per carità anche lui mangiava tanto, eppure non avrebbe mai riempito una valigia di cibo. Iniziò a pensare che tutti gli amici del compagno fossero strani, esattamente quando un ragazzo dai capelli verdi e le dita della mano sinistra fasciate fece la sua comparsa; trovò ancora più strano il fatto che si limitò semplicemente a dare a Kuroko un cerchietto con le orecchie da gatto.

«Il tuo Lucky Item, Oha Asa ha detto che per l'acquario è una giornata fortunata.».
L'azzurro sorrise indossandolo, «Grazie Midorima-kun — Taiga-kun come mi sta?», chiese voltandosi verso il compagno.
Davvero glielo stava chiedendo? «Bene, credo... Piuttosto che — Ah lascia perdere!».
«Ne Mido-chin ~ e il mio di Lucky Item?».
«Il tuo te lo compri da solo Murasakibara e non dovresti mangiare certe schifezze di prima mattina.», sospirando si voltò verso i due uomini che non conosceva, «Midorima Shintarou, piacere. Voi sareste?».
«Tatsu-chin e qualcuno che non conosco ~ », rispose pigramente indicandoli.
«Non essere scortese Atsushi.».
«Mh ~ ».

Davvero Kagami non capiva cosa non andasse con quel gigante — «Kagami Taiga, il compagno di Tetsuya. Piacere.» — E la cosa che lo fece irritare di più, fu che in risposta, dal ragazzo dai capelli verdi, ricevette solo uno sbuffo, l'accenno di un sorriso sarcastico, non sapeva nemmeno come definirlo.
«Atsushi io adesso vado, tanto stai con i tuoi amici, mi raccomando non perderti.», Himuro si picchiettò sulla guancia per farsi dare un bacio che arrivò subito, «Divertiti okay?».
«Okay ~ ».
Cosa? Sarebbe rimasto da solo con quegli stramboidi? — «Tatsuya già te ne vai?».
«Sì, devo aprire il locale, quando hai finito perché non passi Taiga?».
«Va bene, allora ci vediamo dopo.».

In silenzio lo vide allontanarsi e alla fine decise di tornare a studiare il compagno impegnato a chiacchierare, con i suddetti ʻstramboidiʼ.
Kagami era perplesso. Non si vedevano da otto anni, si sarebbe aspettato molto più pathos, magari qualche lacrima, invece niente: uno gli aveva offerto snack e l'altro gli aveva portato un ridicolo cerchietto – non si azzardò nemmeno a chiedere una spiegazione – .

«KUROKOCCHIIIII ~ ».
«OI RYOUTA NON MOLLARE LE COSE ALL'IMPROVVISO!».

Gli occhi cremisi si voltarono giusto in tempo per vedere una nuvola bionda correre e schiantarsi contro il compagno, facendo cadere entrambi.


«KUROKOCCHI SONO COSÌ CONTENTO CHE TU ABBIA ACCETTATO!».
«Kise-kun non respiro e stiamo dando spettacolo.», le braccia del biondo lo strinsero ancora di più e l'azzurro si rese conto di una cosa — «Non piangere Kise-kun.».
«Non sto piangendo, sono solo felice ~ », sorridendo cacciò via le lacrime per poi alzarsi, aiutando l'amico a fare lo stesso, «Midorimacchi, Murasakibaracchi ~ ».
«Fai sempre troppo rumore Kise.».
«Ciao Kise-chin ~ ».

Voleva più pathos? — Beh era stato accontentato. Curioso Kagami si voltò notando il ragazzo che era arrivato insieme a quello che avevano chiamato ʻKiseʼ: era alto, dalla pelle abbronzata, i capelli color indaco; portava due borse, intuì che il biondo doveva averla lasciata cadere a terra per poter correre liberamente.

«Yo Tetsu!», entusiasta gli buttò un braccio intorno al collo, sfregando il pugno sulla chioma azzurra, «Pronto per l'avventura? Che hai in testa?».
«Il portafortuna che mi ha dato Midorima-kun, non romperlo per favore Aomine-kun.».
«Sei così carino Kurokocchi, dovresti indossarlo tutti i giorni ~ ».
«Non dire sciocchezze Kise, funziona solo per un giorno.», borbottò aggiustandosi gli occhiali sul naso.
«Oh quattrocchi è da tanto che non ci vediamo! Anche con te Murasakibara.».
«Taci Ahomine.».
«Perché Mine-chin non viene mai a trovarmi ~ ».

Kagami guardava rapito l'arcobaleno di colori, anche se avesse voluto non sarebbe riuscito a staccare gli occhi dallo strano gruppo.
Avevano tutti la loro personalità e il loro carattere, non si capacitava, come potevano essere tanto uniti? — Erano davvero diversi tra loro, non credeva che delle persone tanto differenti potessero andare d'accordo, per così tanti anni. Eppure più li osservava più vedeva i colori incastrarsi alla perfezione, fatti per stare insieme, come dei pezzi del puzzle che tornavano al giusto posto. Kagami adesso poteva vedere la storia che gli aveva raccontato il compagno, di come fossero stati con lui, di come fossero diventati la sua famiglia.
Non avrebbe mai potuto impedirgli di andare a Kyōto, per quanto gli sarebbe piaciuto non avrebbe mai potuto farlo. La luce negli occhi di Kuroko non faceva altro che crescere, arrivando ad illuminargli il volto, era bello vederlo felice, bello e doloroso allo stesso tempo, continuava a chiedersi se sarebbe mai riuscito a farlo sorridere in quel modo, a fargli provare così tante emozioni.

«Aomine-kun, Kise-kun, voglio presentarvi una persona.», si mise al fianco del compagno pronto per fare gli onori di casa, «Lui è Taiga-kun, Taiga-kun loro sono — ».
«Quindi saresti tu il tizio che sta con Tetsu?».
Santo cielo perché erano tutti tanto scontrosi? — «Sì, Kagami Taiga piacere.».
«Aomine Daiki e se fai qualcosa a Tetsu ti spezzo le gambe.».
«Daikicchi è un poliziotto, può farlo ~ », ridacchiò il biondo, «Kise Ryouta, piacere di conoscerti ~ ».
Che razza di teoria era? Essere nelle forze dell'ordine ti dava il permesso di malmenare il primo malcapitato di turno per caso? — «Chi altro deve ancora arrivare?».
«Manca solo Akashicchi ~ ».
«Rompe tanto le palle a dirci di essere puntuali, alla fine è sempre lui ad arrivare per ultimo.».
«Aomine se sai com'è fatto perché continui a lamentarti, stupido.».
«Oi Midorima a chi avresti dato dello stupido?».
«A te. Ahomine.».
Kagami si massaggiò le tempie, gli sarebbe scoppiato un gran mal di testa, lo percepiva. Distrattamente si guardò in torno per distrarsi e intravide tra la folla la sua principale preoccupazione — «È arrivato.».
«Mh? Come fai a conoscere Akashi?».
«Siamo stati a cena a casa sua Aomine-kun.».
«CHE COS AHIA TETSU!».

Prima che potesse terminare, Kuroko optò per dargli un forte pizzicotto sul fianco e parve funzionare.

«Vedo che siete pieni di energie come sempre.», salutò gli amici, ovviamente non gli era sfuggita la presenza del così detto compagno di Tetsuya, «Ci rincontriamo Taiga, come procede la vacanza in Giappone?».
«Bene grazie, anche se mi manca Los Angeles, appena tutta questa storia finirà torneremo a casa.».
«Chi lo sa, la vita ci riserva sempre delle sorprese infondo.».

E con questo che voleva dire? — Le iridi cremisi si arrabbiarono, avrebbe voluto prenderlo a pugni e sapeva di non poterlo fare, odiava sentirsi intrappolato. Odiava sentirsi costretto a starlo semplicemente a guardare, mentre Akashi distribuiva i biglietti con quell'aria soddisfatta.

«Aka-chin è arrivato il treno, andiamo ~ ».
«Sì, andiamo.», si avviò insieme al gruppo notando che una persona invece non si era mossa, «Tetsuya?».
«Arrivo subito Akashi-kun, voi intanto avviatevi.».
«Come preferisci.», avrebbe avuto ben due giorni per stare con lui, perciò decise di sistemarsi insieme agli altri, per il momento.

Rimasti soli Kagami abbracciò il compagno con amore, «Divertiti mi raccomando.».
«Mi dispiace per tutto questo — ».
«Ehi non ricominciare, sono i tuoi amici, è giusto che tu voglia passare del tempo con loro.», lo baciò dolcemente sulla fronte e l'azzurro starnutì — «Hai preso freddo, te l'avevo detto di mettere la sciarpa, stupido.», sorridendo la sfilò per poi sistemarla accuratamente intorno al collo del ragazzo, «Va meglio?».
«Sì grazie. Ha il tuo odore.».
Si guardarono negli occhi con dolcezza, poi uno si alzò sulle punte mentre l'altro si abbassò per far incontrare le labbra a metà strada, dando vita ad un bacio appassionato e incurante di chi li stesse guardando.
«Ora vai o partiranno senza di te. Per qualsiasi cosa, se dovessi stare male, chiamami.».
«Va bene. Ci vediamo domani sera.», lo baciò di nuovo per poi salire sul treno.

Avrebbe voluto dirgli di non andare, avrebbe voluto dirgli ʻtorniamo a Los Angeles a cercare una casa dove poter vivere insiemeʼ; avrebbe voluto dirgli mille altre cose che decise di tenere per sé, perché non poteva fare altrimenti; Kagami si limitò a girare le spalle al treno che lo avrebbe portato lontano da lui, perché era l'unica opzione possibile, perché voleva solo andare via da quel posto. Probabilmente si sarebbe ubriacato la sera insieme a Tatsuya, lo trovava un buon piano. Tutto pur di non pensare.

 

*


Con in mano il biglietto cercò la carrozza e il posto a sedere. Rimase sorpreso quando scoprì di doversi sedere accanto ad un bell'uomo color rubino? — No, Kuroko non era affatto sorpreso. Si guardò intorno alla ricerca degli amici: Midorima stava rimproverando Murasakibara, ʻstai riempiendo il sedile di briciole!ʼ; Kise piagnucolava strattonando il braccio di Aomine, ʻvolevo stare seduto vicino a Kurokocchi, ma Akashicchi è il diavolo ~ ʼ. Sospirando si tolse il cerchietto. L'azzurro concordava, era senz'altro il diavolo tentatore.

«Da quello che ricordo ti piace stare vicino al finestrino. Non hai intenzione di sederti Tetsuya?», chiese Akashi con un tono gelido, non si disturbò nemmeno a distogliere lo sguardo dal giornale che stava leggendo.
«Lo farei, se mi lasciassi passare Akashi-kun.» In risposta vide il rubino accavallare le gambe con sufficienza.
Oh Kuroko conosceva fin troppo bene quell'atteggiamento, la specialità dell'ex compagno era di trasformarsi in un insopportabile passivo aggressivo quando si arrabbiava, ora, perché fosse arrabbiato rimaneva un mistero, non lo chiese nemmeno; con un po' di sforzo riuscì finalmente a sedersi guardando fuori dal finestrino, tre ore di treno e sarebbero arrivati a Kyōto.


Akashi era adirato «Tetsuya toglimi una curiosità, sei consapevole del fatto che non stai andando in guerra vero?» — Così tanto da non volerlo nemmeno guardare, comunque se lo avesse fatto avrebbe notato un paio di occhi color del cielo estremamente confusi.
«Che domanda... Certo che lo so.».
Akashi era più che adirato, era letteralmente fuori di sé; con un gesto secco ripiegò il giornale decidendo di concedere all'altro la propria attenzione — «Allora potresti essere così gentile da spiegarmi perché ho dovuto assistere ad una scena tanto deplorevole?».
«Non so a cosa ti stia riferendo Akashi-kun.».
«Mi riferisco a te che baci con estremo trasporto quello che tu definisci compagno, quando non è altro che l'anello mancante dell'evoluzione umana.».
«Devi per forza essere offensivo? — Sono libero di baciarlo come e quanto voglio, se non ti piace non guardare Akashi-kun.».
«Io non insulto, puntualizzo l'ovvio e permettimi di dissentire Tetsuya, l'ultima volta che ti ho perso di vista hai preso il primo volo per Los Angeles, non ho intenzione di permettere un errore del genere una seconda volta.».

Si guardarono per diversi minuti senza dire niente, interruppero il contatto visivo solo nel momento in cui sentirono il treno partire. Passò una buona mezz'ora prima che Akashi tornasse a rivolgergli la parola ed evidentemente l'arrabbiatura non era ancora passata.

«Tetsuya ti dispiacerebbe togliere la sciarpa? — L'odore della scadente acqua di colonia mi provoca un irritante pizzicore al naso.».
«Stai diventando assurdo Akashi-kun, come quella volta con la felpa.».
«E ricordi anche come è finita?».
«L'ho tolta per non sentirti più parlare e per poter leggere in santa pace, comunque non sarai tu ad averla vinta oggi, noi non stiamo più insieme ed è la sciarpa del mio uomo, l'odore mi piace e se ti da fastidio non è un mio problema Akashi-kun.».
«Tetsuya — ».
«La gelosia accorcia la vita lo sapevi? — Di questo passo non ti rimarrà molto tempo Sei-kun.».

Gli occhi azzurri tornarono a guardare fuori dal finestrino terminando la discussione infantile; non aveva dormito per niente quella notte. Kuroko soffocò uno sbadiglio sentendo le palpebre chiudersi da sole, meglio dormire che passare tre ore con un Akashi indispettito, decisamente molto meglio dormire.


In Giappone il Natale non aveva un'alta valenza religiosa, nonostante tutto era una grande festa, sopratutto per gli innamorati, somigliava più ad un secondo San Valentino.
Come da tradizione, il ventiquattro sera Tetsuya e Seijuurou erano andati a cena fuori, avevano mangiato il pollo fritto e la Christmas Cake, scambiandosi regali e sussurrandosi smancerie.
Di solito passavano la vigilia insieme e Natale con gli amici, invece quell'anno Sora Miyako la famosa designer di gioielli, abile orafa, nonché madre di Tetsuya , decise che il venticinque avrebbero organizzato una grande festa a casa loro.
L'appartamento era avvolto dall'atmosfera natalizia, caldo, accogliente e il disco nel sofisticato stereo del padre riproduceva l'allegra canzone ʻAll I want for christams is youʼ.

«Tetsuya, caro vai ad aprire tu? Sono leggermente impegnata al momento.».
L'azzurro sorrise vedendo la madre sulla scala, tentava disperatamente di sistemare il puntale dell'albero, era da giorni che ci stava combattendo, «Sì non preoccuparti.».

Con un ciuffo di vischio in mano andò ad accogliere il primo ospite, sapeva già di chi si trattasse, gli aveva detto che sarebbe venuto in anticipo per aiutare.

«Auguri Sei-kun.», sorridendo mise il vischio sopra le loro teste, «Penso che tu sia costretto a baciarmi adesso.».
Seijuurou rise accontentandolo più che volentieri, «Auguri anche a te Tetsuya. Ora posso entrare?».
«Immagino di sì.».

Insieme tornarono in salotto trovando la donna ancora sulla scala, «Proprio non ne vuoi sapere eh?».
«Auguri di buon Natale Sora-san, è sempre in splendida forma.».
«Oh sei tu caro!», per poco la donna non perse l'equilibrio, accettando di aver perso la sfida con il maledetto puntale decise di scendere per salutarlo, «Auguri anche a te e quante volte devo dirti di non essere tanto formale?».
«Temo che non saranno mai abbastanza, questi sono per lei, grazie per avermi invitato questa sera.», con eleganza le porse il bouquet.
«Sono bellissimi Seijuurou-kun, non dovevi.».

Estremamente curioso Kuroko Kenji il grande violinista nonché padre di Tetsuya fece capolino dalla porta, il mazzo di fiori era estremamente articolato e il volto della moglie radioso.

«Così non va bene Akashi-kun, la vizi più di quanto faccia io e credimi che la vizio tanto.», rise andando a salutare il ragazzo.
«Auguri Kuroko-san, questo è per lei.», educatamente gli consegnò una bottiglia di vino, «Sapendo di questa festa, quando mi trovavo a Kyōto ho consultato il nostro sommelier, abbiamo una cantina ben fornita e secondo lui questo sarebbe stato perfetto.».
L'uomo iniziò a leggere l'etichetta e poi pensò che gli stesse per venire un attacco di cuore «Oh santo cielo! È uno Chateau Petrus, tesoro vai ad aprire la cassaforte, questa bottiglia non si tocca Kenji era un appassionato di vini, pensare che un adolescente potesse permettersi di regalare in giro bottiglie decisamente costose lo lasciò interdetto.
«Visto mio caro marito, vizia anche te ~ », rise la donna punzecchiando il consorte sulla guancia.
«Sono solo dei pensieri, per ringraziarvi di avermi accolto nella vostra splendida famiglia.».

Tetsuya pensò che il fidanzato dovesse ridimensionare la sua percezione di ʻpensieriʼ.

«Questo invece è per te Tetsuya.», sorridendo gli diede l'altro bouquet.
Chiudendo gli occhi l'azzurro vi immerse il naso per poterne sentire il profumo, «Sono veramente belli, che fiori sono Sei-kun?».
«Si chiamano Flox, li ho scelti per poterti dire quanto le nostre anime siano unite.».
Il volto di Tetsuya si tinse di un rosso acceso, quanto poteva sentirsi in imbarazzo e felice il quel preciso momento? «Sei-kun.».

Da lontano i due adulti avevano assistito alla tenera scena, guardandosi divertiti e stupiti allo stesso tempo. Il ragazzo del loro amato figlio aveva solo quattordici anni, eppure ne dimostrava molti di più, aveva una sensibilità, un'attenzione, che andava al di là dei comuni adolescenti.

«Kenji, immagino che tu non ci pensi nemmeno a cosa vorresti dirmi con i fiori, in quelle rare volte che me li regali, vero? ~ », ridacchiò prendendolo in giro.
Rise anche lui baciandola sulla guancia, «Assolutamente no, ma sai quanto ti amo giusto
?».


« — tsuya... Tetsuya sveglia, siamo arrivati.».

Le iridi color cielo si mostrarono disturbate, stava sognando un ricordo così bello, Kuroko non voleva svegliarsi. Contro la sua guancia poteva sentire del tessuto al posto del vetro freddo, alzò lo sguardo incuriosito e scoprì che stava dormendo sulla spalla di Akashi – tutta colpa del suo stupido vizio di ricercare contatto umano durante il sonno – .

«Scusa Akashi-kun, ti ho dormito addosso.».
«È stato un piacere più che un fastidio, posso assicurartelo.».

Fuori dalla stazione trovarono due macchine ad aspettarli; il tragitto con Aomine e Kise fu estremamente chiassoso ma almeno gli permise di rilassarsi, di lasciare andare la tensione.
Una volta arrivati a destinazione, Kuroko si prese del tempo per osservare l'imponente costruzione del tutto in stile orientale.
Sia all'interno che all'esterno scoprì che era esattamente come se la ricordava, esageratamente grande, con una quantità infinita di stanze – anche se ci fosse stato il padre di Akashi, probabilmente non si sarebbe nemmeno accorto della loro presenza – .

«Per prima cosa dobbiamo scegliere con chi dormire giusto? — Io sto con Kurokocchi ~ ».
«Ryouta io sono il suo migliore amico, ho tutto il diritto di stare con Tetsu!».
Midorima lanciò un'occhiata fugace ad Akashi, decidendo di intervenire quanto prima, «Stupidi, faremo ad estrazione, come ai tempi della scuola.».
«Ma Akashicchi e Kurokocchi non partecipavano, dormivano sempre insieme ~ ».
«Come se avessi mai potuto permettere a Tetsuya di abbracciarvi nel sonno.» — Era già successo troppe volte per i gusti di Akashi.
«Adesso parteciperemo anche noi all'estrazione, visto che Kise-kun e Aomine-kun stanno insieme potrebbero prendere il nostro posto.», Kuroko guardò gli amici in attesa e come risposta il biondo gli si buttò nuovamente addosso.
«NO! NON NE POSSO PIÙ DEL RUSSARE DI DAIKICCHI, VOGLIO DORMIRE CON TE ~ ».
«Kise-kun non respiro.», borbottò tentando di scansarlo.
«OI RYOUTA IO NON RUSSO!».
«Sì che russi Aomine-kun, se è per questo tiri anche calci. Kise-kun per favore — ».
«ESATTO! Kurokocchi invece è un tenero angelo silenzioso e ti regala caldi abbracci ~ ». «Kise-chin lascia andare Kuro-chin ~ », senza lasciare andare il suo pacco di patatine lo trascinò via di peso.
«Grazie Murasakibara-kun.».

Tornata la pace organizzarono i bigliettini, scrissero due volte i nomi della stanze e, ovviamente, i due con lo stesso bigliettino avrebbero condiviso il letto.
Finalmente la fortuna gli sorrise, Kuroko finì in coppia con Aomine; Kise era disperato perché avrebbe condiviso la stanza con Akashi, non aveva messa in conto questa eventualità; Midorima invece avrebbe dormito con Murasakibara – e si stava già lamentando del fatto che il letto sarebbe stato invaso dalle briciole – .


«Contento Tetsu?! Preparati perché non ti farò dormire stanotte!».
Akashi assottigliò lo sguardo, «Daiki.».
E Aomine parve riconoscere l'intento omicida dell'amico — «Oi Akashi non in quel senso! Assolutamente non in quel senso! Sto con lo stupido biondo ricordi?».
«Sì ne sono a conoscenza, ma visto che Tetsuya ha detto a Chihiro che avete avuto una storia, volevo solo accertarmene.».
Kuroko lo guardò offeso, c'era bisogno di dirlo? — «Era davvero necessario?».
«Okay adesso non ci sto capendo più niente.», sbuffò l'indaco guardando i due.
«DAIKICCHI HAI AVUTO UNA STORIA CON KUROKOCCHI E NON ME LO HAI DETTO?».
«NO CHE NON CE L'HO AVUTA IDIOTA! AKASHI E TETSU STAVANO INSIEME, IO CHE C'ENTRO?».
Con aria innocente Akashi guardò l'ex compagno, «Tetsuya, ti dispiacerebbe?».
Sì, sì che gli dispiaceva — «Mayuzumi-kun stava arrivando a capire che io e Akashi-kun abbiamo avuto una storia, allora ho detto il primo nome che mi è venuto in mente.».
Aomine era del tutto disorientato, che stavano combinando quei due? Perché tutti conoscevano tutti? — «Credo che ci serva un riassunto.».
Pazientemente Akashi iniziò a spiegare, perché Kuroko conoscesse Mayuzumi, perché lui conoscesse Kagami, e alla fine del racconto le facce di tutti i presenti erano forse ancora più confuse. Eppure era stato chiaro, lineare nel suo racconto.
«Quindi adesso a che punto siete? — Non che mi interessi, solo credo che dovremmo saperlo.», aggiunse Midorima con il suo solito fare da tsundere.
«Non saprei Shintarou. Al punto che ci siamo baciati e adesso è tutto strano, immagino, almeno per Tetsuya.», rispose completamente a proprio agio.
«Tu hai baciato me Akashi-kun.».
«Abbiamo già etichettato questa discussione come ʻirrilevanteʼ, Tetsuya.».
Aomine si alzò andando a frugare nella borsa, «Che ti avevo detto Ryouta? Visto che abbiamo fatto bene a fermarci in farmacia?» — Una volta trovato quello che stava cercando iniziò a distribuire tappi per le orecchie, voltandosi poi verso il migliore amico, «Al volo Tetsu.».
Kuroko prese la scatoletta che gli era stata lanciata e lesse la scritta curioso: ʻper un sesso più sicuroʼ. Quel deficiente gli aveva comprato dei profilattici.
Senza pensarci su più di tanto gliela ritirò con tutta la sua forza, prendendolo in fronte, «Sul serio Aomine-kun? — Dopo avermi incoraggiato a chiudere la storia con Akashi-kun, la tua idea geniale è di comprarmi i preservativi?».
Akashi alzò un sopracciglio scettico, «Oh quindi sei stato tu a mettere in testa a Tetsuya un'idea tanto assurda, Daiki.».

In quel momento Aomine capì di essere morto. Tanto, tanto, tanto morto.










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del sedicesimo capitolo. FINALMENTE KYŌTO E LA KISEKI *festeggia*

ALLORA INIZIAMO!
Possiamo vedere tutta l'emozione di Kuroko nel riabbracciare gli amici e di come questi lo facciano stare bene. Ho scelto di descrivere tutto (più o meno) dal punto di vista di Kagami perché mi sembrava giusto, infondo per lui era la prima volta che li vedeva e pensavo che fosse interessante farvi capire come Kagami arrivi a percepire la loro unione nonostante siano così diversi tra loro. È così bella la Kiseki che voglio piangere qwq
Ovviamente non potevo farvi felici subito, seh troppo comodo arrivare immediatamente a Kyōto :v perciò troviamo parte del viaggio in treno, dove il passivo aggressivo Akashi fa la sua comparsa e come possiamo dargli torto??? (io davvero no uvu) E MI SONO DIVERTITA TANTISSIMO A SCRIVERE DI AKASHI COSÌ SASSY <3
Kuroko, saggio ragazzo, sceglie di farsi un riposino e sogna la sua famiglia. Forse questo flashback è eccessivamente dolce, vi chiedo scusa ma non ho resistito (sì nel linguaggio dei fiori i flox vogliono dire che le anime sono unite..... aripiango potentemente); dolcezza conosciamo un po' meglio i genitori di Kuroko e di come Akashi sia stato accolto in famiglia, distribuendo doni, beato lui che può, io non c'ho na lira manco per piangere * sorvoliamo *
Per concludere finalmente arrivano a casa e creano già il panico :v Aomine è prezioso, non si accorge nemmeno in che guai si stia realmente cacciando ma lo intuisce subito, Aomine sopravviverà oppure no al nostro caro Sei-chan? ~ A voi la risposta.

Finisco con la famosa domandina per voi, visto che siamo ad un buon punto della fic, preferite mantenere l'aggiornamento due volte la settimana, o vogliamo ridurre ad una? — Fatemi sapere <3 (Comunque per questa settimana aggiornerò comunque di mercoledì).


Penso di aver detto tutto, spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

Ci vediamo mercole con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 18
*** 17 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. Prima di iniziare, vi informo subito che continuerò ad aggiornare due volte alla settima come da voi richiesto, sempre di mercoledì e lunedì <3 Nel mio angolino troverete fatti che forse non sapevate sulla Kiseki, perciò se vi va dateci uno sguardo ~









 

«OI TETSU IO NON HO DETTO ».
«Daiki.».

La sera prima di partire, Aomine aveva deciso di accontentare il compagno guardando insieme a lui un noiosissimo documentario sui leoni, ricordava di essersi addormentato durante l'inseguimento tra il predatore e la preda, quindi non sapeva come fosse finita la caccia e ad essere sinceri nemmeno gli interessava, per questo non chiese niente a Kise il giorno dopo. Ora invece avrebbe tanto voluto saperlo, sperò con tutto il cuore che la tenera gazzella fosse sopravvissuta, perché adesso riusciva a capire come si fosse sentita.
Akashi appariva calmo, quasi sereno, eppure dal modo in cui aveva pronunciato il suo nome poteva avvertire quanto la sua vita fosse in pericolo: Akashi era il leone, Aomine la gazzella e doveva sopravvivere in qualche modo.

«Akashi posso spiegare.».
«Hai trenta secondi.».

Lo sguardo dell'amico era penetrante, intenso, aspettava e Aomine sapeva che i trenta secondi sarebbero stati esattamente trenta secondi. Sentiva l'urgenza, la pressione che l'altro emanava, facendo sudare freddo l'indaco.
Maledisse Kuroko mentalmente, non gli aveva affatto suggerito di lasciarlo, anzi, stava cercando di dare una mano ad entrambi, per poter vivere le loro vite serenamente e senza rimpianti. Maledisse se stesso, com'era quel detto? ʻtra moglie e marito non mettere il ditoʼ, oh col cavolo che lo avrebbe fatto un'altra volta!


«Io non gli ho detto di lasciarti, non sono così stupido.».
«Punti di vista Daiki. Continua.».

Non rispose alla provocazione, ancora non si sentiva fuori pericolo, e l'ultima cosa che Aomine voleva era proprio quella di peggiorare la situazione. Frustrato si grattò la nuca continuando a spiegare come fossero andate realmente le cose — «Tetsu mi ha chiamato e ci siamo incontrati, tutto quello che ho fatto è stato convincerlo a venire da te per parlati, per chiarire la situazione, e se davvero non provava più niente nei tuoi confronti allora sì, posso avergli suggerito di chiudere definitamente la vostra storia, per farvi andare avanti entrambi. Non è colpa mia se Tetsu ha scelto la seconda opzione Akashi.».

La gazzella sarebbe sopravvissuta o la sua fine ormai era segnata? — Seduto sul pavimento Aomine studiò attentamente il predatore: Akashi, comodo sul divano a gambe incrociate e braccia conserte, continuava a fissarlo, tentando di capire se avesse detto o meno il vero. Si permise di tirare un sospiro di sollievo solo quando vide l'aura minacciosa dissolversi. La gazzella ce l'aveva fatta.

«Mine-chin, vuoi del cioccolato? — Ti farà sentire meglio ~ ».

Distrattamente guardò Murisakibara passare un cioccolatino all'altro, che accettò di buon grado. Akashi, aveva ascoltato la versione del ragazzo, con attenzione; la trovava più che credibile, l'unica perplessità che ormai lo perseguitava era tentare di capire come mai Kuroko avesse tutta questa smania di voler chiudere con lui, di negare costantemente il fatto di provare ancora qualcosa nei suoi riguardi. Era ovvio, chiaro come il sole che entrambi volessero le stesse cose, stare insieme, lo avrebbe capito anche un bambino, eppure l'azzurro continuava a respingerlo, a negare ogni cosa, a reprimere quello che realmente provava e Akashi non riusciva a trovare una ragione che spiegasse tutto ciò. Potevano essere felici, potevano stare di nuovo insieme, loro due e i loro amici. Potevano avere tutto e Kuroko non voleva: Perché ? —

«Midorima-kun, vedo che ti fasci ancora le dita, pensavo che lo facessi solo per il basket.».
«Essendo un chirurgo voglio proteggere la mia mano dominante, Kuroko.».
«Kurokocchi quando devi tornare a Los Angeles chiamami! Farò il possibile per essere il secondo pilota che ti porterà a casa! ~ ».
«Kise-kun non salirei su una macchina sapendo che ci sei tu alla guida, figuriamoci su un aereo.».
«Grazie a Kise-chin come minimo si schianterebbe ~ ».
«PERCHÉ SIETE TUTTI COSÌ CATTIVI CON ME? — DAIKICCHI DIGLI QUALCOSA ~ ».
«Ah? Stai facendo troppo casino Ryouta.».
«MOU ~ FA' IL POLIZIOTTO E DIFENDIMI! MI STANNO BULLIZZANDO ~ ».
«Continui ad avere una visione distorta del mio lavoro — E SMETTILA DI TIRARMI!».

Akashi osservava in silenzio il simpatico teatrino, erano sempre stati così caotici; anche se da una parte lo trovava fastidioso, dall'altra lo divertiva, e sopratutto Kuroko sorrideva, la cosa più importante per lui era vederlo felice, non contava nient'altro e avrebbe fatto di tutto per far sì che ciò accadesse, perché lo aveva visto piangere troppe volte.


Erano passati diversi giorni dai funerali, Kuroko Akio aveva telefonato solo per dire quanto sarebbe stato via e di chiamarlo se ci fossero stati problemi, si giustificò ʻio e Tetsuya non ci siamo mai visti prima d'ora, non saprei nemmeno come aiutarlo. Voi siete i suoi amici, sicuramente gli fa più piacere stare con voi che con meʼ, per Seijuurou era assolutamente ingiustificabile.

A Seijuurou, lo zio di Tetsuya che nessuno aveva mai avuto modo di conoscere, non piaceva Lo aveva capito quando si presentò in ospedale dopo due giorni dall'incidente e ne ebbe la conferma quando partì al termine della triste celebrazione funebre almeno aveva avuto la decenza di ufficializzare il suo ruolo di tutore .
I funerali si tennero il giorno in cui Tetsuya venne dimesso dall'ospedale, nonostante la debolezza e il dolore a causa dei vari traumi diverse contusioni, una lussazione alla spalla e fratture multiple alle costole – , non ci fu modo di convincerlo a stare a riposo e Seijuurou lo capiva, era giusto che desse l'ultimo saluto ai suoi genitori, ma vederlo così in pena non fu facile.
Tetsuya non pianse, il dolore fisico occupava tutta la sua mente ed era quello che faceva male a Seijuurou: vederlo soffrire così tanto da non poter ricordare, da non poter piangere le persone che più amava al mondo.
Tutti acconsentirono di fermarsi per un paio di settimane a casa sua, per poterlo aiutare: la mattina facevano a turno, gli altri sarebbero andati a scuola e uno sarebbe rimasto nell'appartamento silenzioso insieme a lui inoltre Midorima-sensei sarebbe passato ogni giorno per poterlo controllare .
Tetsuya non aveva pianto il giorno del funerale, in compenso da quando era tornato a casa non faceva altro che piangere, incurante del dolore che potesse provocare.

«Tetsuya devi mangiare qualcosa.».
«Non ho fame Sei-kun.», si voltò per evitare il cucchiaio, dal momento che si era lussato la spalla destra non poteva mangiare da solo, avrebbe dovuto tenerla ferma per diversi giorni, «Quando tornano gli altri? Che ore sono?».
«Non devi preoccuparti di questo, piuttosto ti va di provare a fare un paio di respiri profondi?», dolcemente gli scansò qualche ciuffo ribelle dalla fronte sospirando comprensivo quando lo vide scuotere la testa, «Lo so che fa male Tetsuya, ma non possiamo permetterci che ti venga una polmonite, vieni ti aiuto a metterti seduto.».

Con estrema delicatezza iniziò a sposare le coperte e i vari cuscini sistemandoli, infine lo sostenne adagiandolo con cautela contro lo schienale del divano. Seijuurou non avrebbe mai voluto provocargli alcun tipo di sofferenza, il che era praticamente impossibile.

«Hai preso da poco gli antidolorifici, dovrebbe andare meglio. Coraggio, al mio tre.».
Tetsuya gli strinse forte le mani e al ʻtreʼ ispirò profondamente sentendo un dolore inimmaginabile, doveva ripetere quella tortura almeno una volta ogni ora — «Ti prego, basta.».
«Solo un altro va bene? Sei bravissimo, solo uno.», lo guardò negli occhi con amore per trasmettergli la forza necessaria e inspirò di nuovo insieme a lui.
«Vorrei fare una doccia, Sei-kun aiutami ad alzarmi per favore.».

Prendendosi tutti il tempo necessario arrivarono in bagno, lo assisté per sfilare i vestiti e lo sorresse per entrare nella vasca; con delicatezza Seijuurou iniziò ad insaponarlo osservando il corpo, un tempo niveo, pieno di lividi ed escoriazioni e sentì la rabbia montare dentro di sé, rabbia che lasciò il posto alle preoccupazione quando sentì il compagno iniziare a singhiozzare.
Tetsuya piangeva di giorno, nel pieno della notte, mentre guardavano tutti insieme un film comico, mentre tentava di non pensare leggendo un buon libro, nel bel mezzo di una conversazione. Tetsuya piangeva, si dilaniava per i genitori, per il dolore, lo faceva perché era stanco, nervoso Se solo fosse stato possibile Seijuurou si sarebbe volentieri preso tutta quella sofferenza al posto suo, invece l'unica cosa che poteva fare era stargli vicino, non poteva nemmeno abbracciarlo.

«Non ho più nessuno. Non ho più una famiglia. Perché? Seijuurou per favore fallo smettere... Non ce la faccio, fallo smettere, non voglio più stare così male... Per favore... ».

Tetsuya era lì, con gli occhi pieni di lacrime, la voce rotta dal pianto e dai singhiozzi incontrollati, il corpo in preda agli spasmi causati da tutta quella disperazione Tetsuya era lì e lo stava implorando di aiutarlo. In qualsiasi modo possibile.
Non resistendo entrò nella vasca insieme a lui stringendolo a sé, non era importante che i vestiti si bagnassero, l'unica cosa che avesse realmente importanza in quel momento era il ragazzo a pezzi che aveva di fronte, la sola persona che avesse mai amatoBaciò con gentilezza gli occhi color cielo asciugandogli le lacrime, dolcemente gli prese il volto fra le mani incatenando il proprio sguardo al suo «Tetsuya ascoltami bene, tu non sei solo, hai me, hai ancora una famiglia, certo nessuno potrà mai sostituire i tuoi genitori, nessuno di noi ha questa pretesa impossibile, ma siamo tutti qui per te Il dolore della perdita non passerà mai, non voglio mentirti, come sai ho perso mia madre quando ero piccolo e non c'è un giorno che non pensi a lei, però con il tempo si attenuerà e quando penserai a loro avrai solo bei ricordi Tetsuya.», in lontananza sentì degli schiamazzi, evidentemente i loro amici erano tornati, non vi badò riprendendo il suo discorso «Per quanto riguarda invece il dolore fisico, tutto quello che posso fare è prometterti che passerà, passerà Tetsuya, starai di nuovo bene, però devi collaborare, devi mangiare e respirare profondamente il più possibile, sii forte e combatti, non sei solo, non ti lascerò mai solo Non puoi nemmeno immaginare quanto amore io provi per te.
».


Sì, Akashi avrebbe fatto di tutto per vederlo sorridere, felice. Se avesse visto l'azzurro realmente preso dal nuovo compagno, se lo avesse visto realmente innamorato, se avesse semplicemente colto anche solo una briciola, seppur piccola, dell'amore che avevano condiviso per sei anni, probabilmente si sarebbe arreso, lo avrebbe lasciato andare; però adesso non si sarebbe mai dato per vinto, non metteva in dubbio che provasse realmente qualcosa per Kagami, ma non era amore, non quello con la ʻAʼ maiuscola, lo stesso che dopo tanti anni ti fa battere il cuore più velocemente grazie ad un solo sguardo — Kagami non era tutto questo, Akashi sì e ne era perfettamente consapevole.

«Guardate che ho portato ~ », Kise tirò fuori dalla borsa un pesante album di fotografie, «Pensavo che sarebbe stato carino rivivere i bei ricordi ~ ».
«Bravo Kise-kun, per una volta hai avuto una buona idea.», scherzò aprendo l'album iniziando a sfogliarlo insieme agli altri – senza dar peso alla reazione esagerata del biondo – . Kuroko voltava le pagine, ricordava ogni singolo giorno passato con loro, anche quelli brutti; sorridendo estrasse una foto dalla pellicola, ritraeva lui, il suo migliore amico e una ragazza dai capelli rosa, la manager del club di basket nonché amica di infanzia di Aomine.
«Aomine-kun hai più notizie di Momoi-san?», chiese curioso.
«Ah? Satsuki dici?».
«Sì, quando sono partito stavate ancora insieme, se non ricordo male la vostra storia è andata avanti per tutti e tre gli anni del liceo.».
Aomine si passò una mano tra i capelli per poi stiracchiarsi, «Ci siamo lasciati poco dopo la tua partenza. Ha conosciuto un tizio, si è trasferita in Australia e lo ha sposato, ora ha un marmocchio o due non ricordo. Quando gli ho detto che sei tornato mi ha attaccato un pianto di mezz'ora al telefono.».
«Sono contento che vi sentiate ancora.», mise la foto al suo posto riprendendo a sfogliare l'album per poi ridere di gusto, così tanto da lasciare gli altri senza parole e interdetti – non era da lui mostrare in modo tanto eclatante le sue emozioni — «Sei-kun guarda che ho trovato.», continuando a ridacchiare gli fece segno di avvicinarsi.
Akashi lo accontentò con fare interessato sedendosi accanto a lui – ovviamente non gli era sfuggito il modo in cui l'avesse chiamato – , «Sono curioso Tetsuya, cosa ti fa ridere tanto?», si sporse osservando l'immagine, «Oh sì, è effettivamente divertente.».
«Cosa? Cosa? ~ » — Kise rubò la foto mostrandola a tutti.

Lo scatto ritraeva Akashi e Kuroko, il primo travestito da Cappuccetto Rosso – cestino con panini compresi – e il secondo da lupo, o meglio con delle zampe al posto delle mani, le orecchie sulla testa, aveva anche una coda ma era nascosta dal mantello.
Aomine e Midorima rabbrividirono, questo voleva dire che c'erano anche le loro fotografie ed entrambi non volevano assolutamente rivivere il brutto, orribile, ricordo.
Era il secondo anno delle medie, per il festival culturale l'istituto aveva deciso di proporre un nuovo evento ʻla migliore coppia della scuola Teikouʼ; doveva essere l'evento centrale, purtroppo solo una coppia si iscrisse e purtroppo il gruppo di amici si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Vennero tirati in mezzo, tutti e sei.
La sorte decise di mettere insieme Aomine e Kise, Akashi e Kuroko – non che per loro fosse un problema – , infine Midorima e Murasakibara.
Trattandosi di una gara romantica, era logico che tre avrebbero interpretato il ruolo della donna e gli altri tre sarebbero rimasti aitanti ragazzi; gli sfortunati costretti ad indossare abiti femminili furono Aomine, Akashi e Midorima: il primo era intrappolato in un pomposo vestito blu – corsetto e accessori compresi – , lungo fino ai piedi con tante balze, estremamente voluminoso; il secondo vestiva i panni di Cappuccetto Rosso; il terzo un kimono da donna, perché insieme a Murasakibara avrebbero dovuto interpretare una coppia giapponese in abiti tradizionali.
Ovviamente era stato già deciso che la loro partecipazione sarebbe servita solo per far divertire il pubblico, quindi la coppia vincitrice fu l'unica che si era realmente iscritta al concorso.

«Ricevetti un discreto successo quella volta.», sogghignò guardando la foto.
«Oh sì, tutte le ragazze impazzirono per te Akashicchi ~ », Kise voltò la pagina dell'album mostrando gli altre due scatti, «DAIKICCHI INVECE ERA COSÌ », non riuscì a terminare per le troppe risate.
«NON SFOTTERE RYOUTA! Dovevi farla tu la donna e lo sai benissimo, solo che poi hai fatto comunella con Satsuki!», sbottò ai limiti dell'imbarazzo.
«Eri così sexy ~ », in risposta il biondo ricevette una cuscinata in faccia.
«Mido-chin ci ha messo tre anni per infilare quel kimono ~ ».
«Non ricordarmelo Murasakibara, non ho mai provato tanta umiliazione in vita mia.».
«Mh ~ Secondo me ti stava molto bene Mido-chin.».
«Non dire sciocchezze!».

Tra l'allegria generale continuarono a sfogliare l'album, commentarono quasi tutti gli scatti, ricordando le sensazioni che avevano provato. Erano tutti bei momenti, i ritiri sportivi, le feste di compleanno, i diversi festival scolastici e le gite, i giorni passati a Kyōto, le loro uscite, i natali passati insieme, il karaoke. Tutti attimi preziosi che erano riusciti a catturare attraverso l'obiettivo di un cellulare o di una macchina fotografica.
Kuroko era così rilassato, così immerso nel passato, da non rendersi nemmeno conto di aver poggiato il volto sulla spalla dell'ex compagno, che quest'ultimo gli stesse carezzando piano i capelli e di trovarsi tremendamente a proprio agio.

«A proposito Aomine-kun, Kise-kun, voi come siete finiti insieme?», chiese curioso senza accennare minimamente a cambiare posizione.
«Grazie per averlo chiesto Kurokocchi! Era una notte di luna piena e Daikicchi ».
«Stavamo vedendo un film al cinema e Ryouta continuava a parlare, quindi per zittirlo l'ho baciato.».
«Mou ~ Non rovinare sempre tutto ~ », rise Kise abbracciandolo, «Invece la prima volta che mi ha detto ʻti amoʼ, in realtà non l'ha detto, l'ha scritto su una palla da basket e per farmelo leggere mi ha proposto di fare un uno contro uno ~ », lo baciò dolcemente sul naso.
«Molto romantico Aomine-kun.».
«Sta' zitto Tetsu.», borbottò guardandolo, «Invece tu come hai conosciuto... Kagami?».
«Sei un disastro come sempre con i nomi Aomine-kun, comunque io cercavo lavoro e sono entrato in un ristorante giapponese, lui è il figlio dei proprietari e li aiuta con il locale, così, niente di particolarmente speciale immagino.».
«Beh sempre meglio di Akashi. Ha conosciuto Mayuzumi in un pub e poi se l'è », no, Aomine aveva capito quanto tenesse alla propria vita, gli occhi azzurri lo guardavano impassibili, freddi glaciali, meglio cambiare argomento, in fretta « — Poi se l'è filata perché non gli piace la birra.».
«Sei un idiota come sempre Aomine.», Midorima si alzò da terra guardandoli, «Andiamo a sistemare le borse nelle stanze, abbiamo ancora tante cose da fare, giusto Akashi?».
«Non avrei potuto dirlo meglio Shintarou.».

Arrivati in camera, che avrebbe condiviso con il suo migliore amico, Kuroko iniziò a mettere a posto le proprie cose, in silenzio.

«Oi Tetsu, mi dispiace per aver detto quella cosa.».
«Non so di cosa tu stia parlando Aomine-kun.».
«Di averti detto come Akashi e Mayuzumi si siano conosciuti, avevi uno sguardo che ».
«Non avevo nessuno ʻsguardoʼ e poi lo so già. Me l'ha raccontato Akashi-kun la sera della cena.».

L'indaco lo guardò perplesso. Davvero, a che gioco stavano giocando? — Li trovava abbastanza simili quei due, sopratutto quando erano offesi o arrabbiati. Aomine aveva sempre pensato che se mai fosse esistito un regno chiamato ʻpassivo aggressivoʼ, loro ne sarebbero stati i sovrani indiscussi – ovviamente entrambi negavano di esserlo, personalmente – .
La gelosia era l'interruttore principale, comunque c'erano anche altri bottoncini che potevano farli passare da teneri piccioncini in amore a il gelo più totale, altro che guerra fredda. Aomine ricordava una discussione in particolare: si stavano allenando in palestra, i dolci fidanzatini erano in lite – molto probabilmente per un motivo infantile – , Akashi disse qualcosa di simile ʻTetsuya smettila di fare il passivo aggressivo, sono due giorni che non mi parli.ʼ e l'amico di tutta risposta aveva negato ʻAomine-kun, puoi riferire ad Akashi-kun di smettere di dire idiozie?ʼ, Aomine era semplicemente scoppiato a ridere e fu così che non gli venne più rivolta la parola per due settimane.

«Va bene come vuoi tu.», sospirò scompigliagli i capelli, «Tetsu questi li metto nel tuo comodino. So che non hai programmi di quel tipo okay? — Dico solo che se dovesse succedere qualcosa sai dove trovarli.».
«Perché sei così convinto che succederà qualcosa tra me e Akashi-kun questa notte?», chiese leggermente scocciato.
«Fammi pensare, forse perché Akashi ti spoglia con gli occhi ogni volta che ti guarda, o forse è perché prima ti facevi accarezzare i capelli così rilassato?», ironicamente alzò un sopracciglio riponendo i profilattici dalla sua parte del futon.
«Non mi stavo facendo accarezzare i capelli Aomine-kun.».
«Sì che lo stavi facendo, ti sei poggiato sulla sua spalla con un'aria imbambolata.».

Questa volta il cuscino volò dritto in faccia a lui.

 

*


Dopo che i ragazzi terminarono di sistemarsi decisero di uscire, visitarono la città, giocarono a basket come quando erano degli adolescenti – anche se forse non erano più tanto allenati – e la sera tornarono a casa, fecero una doccia veloce e uscirono di nuovo per godersi il matsuri.
Le strade chiuse al traffico erano tutte illuminate dalle tradizionali lanterne, gremite di gente e bancarelle.
Kuroko si guardava intorno meravigliato, gli mancava celebrare le loro festività, gli mancava vedere i kimono colorati, i bambini che correvano con le mele caramellate in mano — Gli era mancato il suo paese.

«Non me lo ricordavo così bello.», sussurrò a se stesso quasi stordito.

Gli occhi erano avidi, volevano ricordare ogni singolo dettaglio e conservare tutto gelosamente. Non sarebbe più tornato in Giappone, era questa la sua decisione; terminato il lavoro con Mayuzumi sarebbe partito con Kagami, avrebbe ripreso la vita di tutti i giorni a Los Angeles, avrebbero iniziato a cercare un appartamento in cui andare a stare insieme, perché no? — Il compagno glielo aveva proposto diverse volte, ma Kuroko ancora non si sentiva sicuro, invece adesso avrebbero potuto farlo, vivendo quello che potevano vivere come una coppia a tutti gli effetti. Sarebbe stato bello, andare avanti, costruire altri ricordi, con altre persone, ricominciare da zero, gli sarebbe piaciuto — Se non fosse che il momento, il presente in cui stava vivendo ai suoi occhi era perfetto, la vita che avrebbe voluto e che non poteva avere, perché aveva cercato la verità e la verità era fredda, cattiva, lo aveva costretto a privarsi di tutto: dell'amore, degli amici, della sua casa, della sua città, del suo paese. La verità lo aveva costretto a lasciare indietro tutto ciò che aveva di più caro, ferendo se stesso e gli altri.
Non era giusto. Kuroko osservava la sua famiglia: Aomine e Kise camminavano vicini tenendosi ogni tanto per mano, facendosi qualche dolce dispetto; Murasakibara aveva comprato e mangiato tanto di quel cibo che aveva perso il conto, eppure non contendo guardava orgoglioso l'enorme zucchero filato che avrebbe finito da lì a breve; Midorima parlava con Akashi del più e del meno. Non era giusto lasciare tutta quella perfezione alle spalle, però sapeva che avrebbe dovuto farlo, per lui.
I suoi piedi si fermarono senza un apparente motivo e gli occhi color cielo osservarono le schiene dei suoi amici allontanarsi, fino a vederle scomparire tra la folla; non doveva preoccuparsi, le cose non sarebbero potute cambiare, ma non era da solo, c'era Kagami con lui, non era Akashi, andava bene comunque giusto? — Amava il suo compagno, non era da solo, Kagami sarebbe rimasto con lui, avrebbe capito, non lo avrebbe lasciato, non era da solo, non era da solo, non era da solo.
Le mani avevano ripreso a tremare e non per colpa dell'aria fredda di febbraio, il respiro era affannato, a ogni boccata d'aria sentiva il petto fargli male, gli ricordò il dolore che provava quando aveva le costole rotte — No non doveva pensare all'incidente, avrebbe solo peggiorato la situazione. Dalla tasca della giacca estrasse le medicine che gli aveva prescritto il medico e le mandò giù, pregò che si sbrigassero a fare effetto, odiava non avere il controllo del proprio corpo, trovava quel tremore estremamente fastidioso.
Si sedette su una panchina libera e quando si sentì meglio riprese a camminare stordito, confuso, senza una meta, voleva solo trovare la sua famiglia e stare con loro, per il tempo che rimaneva.

Stava parlando serenamente con l'amico dai capelli verdi, quando Akashi si era voltato e non lo aveva visto più, poteva vedere colori di tutti i tipi e di tutte le sfumature, tutto tranne l'azzurro che tanto gli piaceva.
Akashi non seppe spiegare perché, eppure la sensazione che si fece strada dentro di sé fu panico. Puro e vero panico. Intuizione, sesto senso, sapeva semplicemente che qualcosa non andava e quella sensazione non gli piaceva affatto.

«Oi Tetsu dove sei? Ti sei perso?».

Le iridi eterocrome erano fisse su Aomine, attente, sollevate perché aveva risposto al telefono, conferma che stesse bene.

«Dimmi la via, così ti veniamo incontro — Okay, resta lì adesso arriviamo.».

Stava bene e comunque la brutta sensazione non se ne andò «Allora?», chiese con pacatezza una volta che vide l'amico chiudere la chiamata.
«Ah sì, dice che stava aiutando un bambino che si era perso e per farlo ha perso di vista noi.».
«Tipico di Kurokocchi ~ ».

Sì, era da lui fare una cosa del genere, eppure il sesto senso di Akashi semplicemente non ci credeva.
Non ci misero molto a raggiungerlo, una volta insieme lo prese per mano e l'azzurro glielo permise riprendendo a guardare le bancarelle.

«Sei-kun non posso mangiare con una mano sola, potresti ».
«No, non posso Tetsuya. Come minimo ti perderesti di nuovo.».
«Ho comprato i takoyaki per mangiarli però.».
«E lo farai, tra poco inizieranno i fuochi d'artificio, una volta seduti potrai mangiare tutti i takoyaki che desideri.».

Sbuffando appena Kuroko continuò a camminare al suo fianco, non potendo negare il gentile e rassicurante calore che sentiva stando così vicino a lui.
Quando arrivarono a destinazione si sedettero sul prato freddo. C'era davvero tanta gente ciononostante riuscirono comunque a trovare un bel posto da dove poter ammirare lo spettacolo pirotecnico – e mangiare finalmente le polpette di polpo – .

«Alla fine il bambino ha ritrovato la madre?»
«Sì, scusa se vi ho fatti preoccupare, era così spaventato che non ho potuto fare a meno di aiutarlo.».
Akashi si voltò per guardarlo notando gli occhi azzurri ricambiare l'attenzione — «Te l'ho già detto, sei un pessimo bugiardo Tetsuya.».

I fuochi d'artificio iniziarono provocando un gran frastuono, erano belli, pieni di colore, illuminando il cielo scuro. Le scintille danzavano a tempo di musica creando una poesia visiva da poter ascoltare allo stesso tempo. Raccontavano una storia che ognuno avrebbe potuto interpretare a proprio piacimento.
Kise e Aomine seduti vicini si scambiavano tenerezze, Midorima e Murasakibara ammiravano lo spettacolo – chi con fare fintamente disinteressato, chi continuando a mangiucchiare qualche dolcetto – .

Akashi e Kuroko invece rimasero semplicemente in silenzio, cercando delle risposte, a specchiarsi l'uno negli occhi dell'altro, uno specchio che non rifletteva mai la stessa immagine: Seijuurou era cresciuto a Kyōto in una grande casa in stile tradizionale, Tetsuya era cresciuto a Tōkyō in un grande appartamento in stile occidentale; Seijuurou suonava il pianoforte, Tetsuya il violino; nonostante entrambi fossero nati in due famiglie importanti, Seijuurou doveva attenersi alle rigide regole di suo padre, mentre Tetsuya era libero di esprimersi come più preferiva.

«Lo so.».

Seijuurou voleva la verità, Tetsuya continuava a negargliela.










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del diciassettesimo capitolo. E ABBIAMO TANTE COSE DA DIRE!

Scopriamo subito che Aomine riesce a sopravvivere all'ira di Akahi, più Bokushi in questa parte ma dai ci stava no? — Devo ammettere che è stato divertente andare un po' sopra le righe con Akashi, insomma mi dovevo togliere questo sfizio xD
Continuando a parlare di Akashi capiamo quanto sia felice di vedere Kuroko contento e sorridere, infatti qui vi arriva la mazzata di angst potente con il flashback (o almeno quello era l'intento uvu). Ho cercato di informarmi il più possibile sui vari traumi e spero di aver descritto tutto nel modo giusto, se così non fosse vi chiedo scusa xD Il flashback fa intendere quanto siano realmente legati, Akashi e Kuroko, insieme a tutta la Kiseki, per questo sono così spontanei tra di loro e non si fanno problemi.
Scopriamo anche che fine abbia fatto Satsuki, è sposata con bambini in Australia ma ha pianto per mezz'ora al telefono con Aomine sapendo del ritorno di Kuroko, tutto regolare insomma xD
Tornando di nuovo alla Kiseki, li vediamo fare quello che più gli piace ed infine arriva il matsuri (per chi non lo sapesse una specie di fiera per festività specifiche). Kuroko riassapora tutta quella che è la sua cultura, tutti i colori, vuole vivere la perfezione del momento, anche se alla fine rimane indietro ed ha un'altra crisi. Tutti credono alla bugia di Kuroko tranne Akashi, e beh Akashi è Akashi perciò capisce sempre tutto.... più o meno. Kuroko comunque si ostina a non dirgli la verità, però ammette di star mentendo, quel piccolo “lo so” è una breccia nel muro insormontabile.

Domandina: riuscirà a tappare il buco o crollerà tutto? — A voi la risposta ~

Passando alle curiosità: l'evento che ho citato al periodo della Teikou è realmente accaduto, ovvero è canon, qui sotto troverete l'immagine di cui parlo e vi linko anche tutta la conversazione che la Kiseki ha avuto (a cui partecipa anche Kagami), ma sappiate che è in inglese.


 

https://grimmfeather.wordpress.com/2015/04/01/translation-kuroko-no-basuke-mirai-he-no-kizuna-game-dlc-events/



È vero che Kise prende in giro Aomine dicendogli che era sexy ed è anche vero, se non erro, che Mukkun ha fatto i complimenti a Midorin per il kimono che indossava, lamentandosi però che ci avesse messo una vita per infilarlo (tra l'altro lo trovava comodo per infilarci gli snack); altro fatto canon è che le ragazze sono impazzite per Akashi Cappuccetto Rosso (E COME SI FA A NON IMPAZZIRE???? IO PERSONALMENTE NON SAREI RIUSCITA A TRATTENERMI*^*)/ )

Bene, penso di aver detto tutto, spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

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Capitolo 19
*** 18 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. 









 

«Allora tesoro com'è andata oggi a scuola?».
«Bene mamma, anche se gli allenamenti sono sempre stancanti.».
«Però ti piace tanto il basket Tetsuya, non mollare mi raccomando.».
«Non ho alcuna intenzione di farlo papà.».

La famiglia era riunita a cena, una loro piccola regola, nonostante i vari impegni si sarebbero sempre ritrovati a cena insieme per discutere della propria giornata: Kenji avrebbe smesso di esercitarsi con il violino, Miyako avrebbe messo giù la matita che utilizzava per disegnare i preziosi gioielli e Tetsuya avrebbe preso una pausa dallo studio; la televisione restava spenta e qualche volta accompagnavano il pasto con un po' di musica come sottofondo.
Miyako era un ottima cuoca e il tavolo era sempre imbandito di cibo, il problema era suo figlio, Tetsuya mangiava sempre poco, ultimamente ancora di meno. Non era preoccupata, aveva delle ipotesi in mente, ma avrebbe aspettato finché Tetsuya non avesse deciso di parlare con loro Magari una piccola spinta lo avrebbe aiutato però.

«Ultimamente stai tornando più tardi a casa, come mai?», chiese con fare disinvolto mangiando il curry che aveva preparato con tanto amore.
«Spesso mi fermo a parlare con Akashi-kun, discutiamo di diverse cose.».
«Sai, ho notato che lo nomini spesso da diversi mesi, c'è forse qualcosa che non sappiamo? ~ », cinguettò guardando il figlio divertita ed ecco la spinta che voleva dargli.

Tetsuya odiava dire le bugie, non ne era capace, al mentire preferiva semplicemente stare in silenzio. Solo che gli era stata posta una domanda e avrebbe dovuto per forza dire qualcosa.
Era da diverso tempo che frequentava Akashi, stavano insieme da qualche mese; era bello stare con lui e non solo per i baci, il tenersi per mano e cose del genere, gli piaceva frequentare Akashi perché avevano gli stessi interessi, insieme andavano a vedere delle mostre, discutevano di letteratura e di romanzi, di musica, di quali brani trovassero più difficili e quali fossero più interessanti da suonare.
L'azzurro doveva rispondere alla domanda che gli era stata posta, lo avrebbe fatto dicendo la verità «Io e Akashi-kun stiamo uscendo insieme, come coppia.».

Kenji e Miyako si guardarono per niente sorpresi. Il figlio non aveva mai mostrato un particolare interesse o inclinazione verso il sesso femminile nemmeno verso quello maschile a dire il vero . Tetsuya era particolare rispetto ai ragazzi della sua età: preferiva leggere piuttosto che divertirsi con i videogame, disegnare gioielli, esercitarsi con il violino anziché il calcio, a lui piaceva giocare a basket con i suoi amici e non era intenzionato a farsene di nuovi.
Avevano avuto modo di conoscere i cinque ragazzi dai colori dell'arcobaleno ed entrambi li trovavano simpatici, un gruppo particolare, comunque senz'altro gradevoli ed educati; con loro c'era spesso una ragazza molto carina ed avevano subito capito che avesse una cotta per il loro amato bambino, ma Tetsuya non l'aveva mai degnata di uno sguardo in senso romantico – , non era un semplice ʻscusa, non sei il mio tipoʼ, il figlio non era proprio interessato. Fare due più due fu facile a quel punto.

«Sarebbe il caso di invitarlo a cena, che ne pensi cara?».
«Ottima idea Kenji, Tetsuya chiedi al tuo fidanzato di scegliere un giorno.».
Tetsuya li guardò impassibile, chiedendosi come fossero arrivati a quel punto, «Avete già conosciuto Akashi-kun.».
«Lo sappiamo, comunque pensiamo che sia giusto invitarlo, per fargli sapere che per noi non c'è alcun problema.».
«Ben detto Kenji! Ah Ora capisco perché stessi facendo tanti schizzi con il rubino tesoro.».
L'azzurro annuì, «Akashi-kun me lo ricorda molto, forse perché ha il suo colore.».
Miyako sorrise teneramente davanti alla sensibilità del figlio, si alzò da tavola chinandosi su di lui per abbracciarlo con amore «Lo sai Tetsuya? Il Rubino è da sempre una pietra legata alla nobiltà, tanto da essere considerata la più magnificente di tutte le gemme. Gli antichi credevano fosse più prezioso rispetto agli altri minerali, persino più del diamante, ed è sempre stato visto come un talismano di passione, protezione e prosperità. Simboleggia il sole e il suo colore brillante è simile a una fiamma inestinguibile. È stato a lungo usato come amuleto per tenere lontane piaghe e pestilenze, indossato metteva in guardia da pericoli imminenti, proteggeva la salute e bandiva tristezza e pensieri negativi. Si pensava portasse serenità e allontanasse gli incubi.» Con altrettanta dolcezza lo baciò sulla guancia «Spero davvero che tu abbia trovato il tuo Rubino, Tetsuya.».


Sì, Kuroko non era bravo a mentire, non gli piaceva, eppure soltanto le persone con un attento spirito d'osservazione, si rendevano conto quando stesse dicendo una bugia e oltre ai suoi genitori, c'era solo un ragazzo in grado di percepire le sue menzogne, ovvero Akashi.
Alla fine aveva ceduto. Con il suo ʻlo soʼ, aveva dato la conferma all'ex compagno che gli stesse effettivamente nascondendo qualcosa; Kuroko non era stupido, sapeva che il rubino, così prezioso ai suoi occhi, aveva intuito che gli stesse nascondendo un segreto, però ora, grazie a lui, grazie alla sua ammissione, a quel ʻlo soʼ, Akashi ne aveva avuto la conferma e la situazione si sarebbe ulteriormente complicata.
Kuroko era arrabbiato con se stesso, perché non era riuscito a mantenere i nervi saldi, a lasciarlo definitivamente; era furioso con se stesso perché era un debole, un debole incapace di mantenere le sue decisioni, un debole che aveva ceduto ricambiando i baci carichi di passione e amore, esasperazione e mancanza.

Lo spettacolo pirotecnico era terminato e l'azzurro arrivò alla conclusione che non voleva più pensare, per lo meno non a quanto fosse irrisoluto, sarebbe stato più forte, aveva commesso degli errori, comunque non sarebbe stato impossibile mettersi di nuovo sulla retta via. Con questo nuovo spirito combattivo, costrinse Akashi a lasciargli la mano e percorse la strada del ritorno scherzando con Aomine e Kise, accettando le caramelle che Murasakibara gli offriva di tanto in tanto.
Tornati a casa nessuno aveva particolarmente sonno, nonostante fosse passata la mezzanotte decisero di chiacchierare ancora un po' bevendo qualcosa per rilassarsi, fino a quando Kise non se ne uscì con una proposta alquanto insolita

«Visto che ci siamo perché non giochiamo ad obbligo o verità? ~ ».
«Ci giocavamo quando eravamo dei bambini Kise-kun.».
«Tetsu ha ragione Ryouta, visto che abbiamo tutti l'età per bere giochiamo a ʻio non ho maiʼ.».
«Non credo che ci sia molta differenza Aomine-kun.».
«Invece sì, è molto più divertente Tetsu!», rise entusiasta passandogli un braccio sulle spalle per poi alzarsi, contento di fare quel gioco tutti insieme prese sei bicchierini e il sake di alta qualità tornando dagli amici, «Queste sono le regole, una persona dice una cosa che non ha mai fatto, e se qualcuno del gruppo l'ha fatta deve bere per punizione.», concluse sorridente dopo aver distribuito il necessario e versato a tutti la bevanda estremamente alcolica.
«Mh ~ Quindi se ho capito bene dovrebbe essere qualcosa tipo ʻio non sono mai stato con una donnaʼ e Mine-chin dovrebbe bere giusto? — Visto che è stato con diverse ragazze e insieme a Sa-chin per tre anni ~ ».
«Esatto Murasakibaracchi! ~ ».
«Che sciocchezze, siamo più vicini ai trenta che ai venti, non dovremmo impiegare il nostro tempo in questo modo.», Midorima incrociò le braccia al petto guardandoli, «Ma se proprio volete farlo allora non ho scelta, parteciperò.».

Kuroko era fermamente convinto che fare quel tipo di giochi da adulti avrebbe portato solo guai, già quando erano dei ragazzini e si divertivano con ʻobbligo o veritàʼ alla fine scoppiavano sempre delle piccole discussioni, figuriamoci cosa sarebbe successo con uno stupido passatempo alcolico.


«È deciso, se non vi spiace inizierei io.», Akashi fece finta di pensarci su guardando poi l'azzurro, «Io non ho mai lasciato il mio ragazzo partendo all'improvviso, senza avvertire e senza lasciare un biglietto.».
Per l'appunto — «Akashi-kun... ».
«Le regole vanno rispettate, devi bere Tetsuya.».
E Kuroko lo fece solo per farlo tacere, «Adesso tocca a me giusto? — Io non ho mai baciato una ragazza.» — Con sua grande sorpresa bevvero tutti.
Aveva fatto quell'affermazione convinto che solo Aomine e Kise avrebbero dovuto pagare la penitenza, quindi fu parecchio sorpreso quando vide anche gli altri bere, «Chi avreste baciato voi tre?».
«Mia sorella quando eravamo bambini non faceva altro, adesso è solo antipatica ~ ».
«Lo stesso vale per me, tranne che Megumi non è antipatica.».
Murasakibare e Midorima si erano spiegati – infondo Kuroko non aveva precisato la natura del bacio – , mancava solo una persona ed era veramente curioso, «E tu Akashi-kun? — Non hai sorelle da quel che ricordo.».
«Corretto Tetsuya, il mio primo bacio lo ha rubato una tenera bambina quando frequentavo l'asilo, se non ricordo male la chiamavo Ai-chan, molto carina, aveva deciso che ci saremmo sposati.».
Oh, ma tu pensa — «Aspettiamo l'invito allora Akashi-kun.».
«Geloso di una bambina innocente Tetsuya?».
«Tu lo sei stato di una felpa e di una sciarpa.».
«E tu di un cavallo.».
«Almeno sono esseri viventi Akashi-kun.».
Aomine sbadigliò rumorosamente interrompendo la tensione che si era venuta a creare, davvero, perché non si rimettevano insieme e basta? — «Ah, uno a zero, palla al centro.».
«Ricominciamo! Ora tocca a me ~ », Kise ci pensò su per poi sogghignare, «Io non ho mai indossato abiti femminili ~ ».
«Considerati single Ryouta, quando torneremo a casa ti lascerò con il culo per strada.», borbottò l'indaco bevendo un'altra volta.
«Come se potessi farlo Aomine-kun.».
«Tu sei l'ultimo che può parlare Tetsu!».

Come previsto il gioco si trasformò in una baraonda, l'unico sobrio sembrava essere Akashi.
Il primo a capitolare fu Murasakibara – Aomine e Kise, come due bambini delle elementari, si divertirono a disegnargli in faccia il muso di un gattino, baffi compresi – , dopo numerosi tentativi Midorima riuscì a svegliarlo e a metterlo nel futon, non fece ritorno in salotto, decise che un buon sonno sarebbe stato più salutare.

«Tocca di nuovo a me... Io non ho mai... mangiato... un tostapane ~ ».
«Ryota... Sei completamente andato e anche io.», barcollando Aomine si tirò su caricandosi il compagno sulla spalla, «Andiamo, ti porto a letto.».
I due rimasti lo videro avviarsi instabile verso la camera — «AHIA! FA' ATTENZIONE ALLA MIA TESTA ~ » — facendo sbattere Kise un po' ovunque, in risposta lo sentirono borbottare ʻmagari così diventi più intelligenteʼ.

«Non credo proprio che riuscirai a dormire con Daiki, spiacente per te Testuya.», divertito si versò da bere, perfettamente lucido, «E temo ti sveglierai con un gran mal di testa.».
Tetsuya sapeva che non avrebbe dovuto bere, non così tanto. Sentiva la testa girare e forse c'erano due Akashi nella stanza, non ne era sicuro — «Sei, come fai a bere ancora quella roba.», biascicò disgustato poggiandosi a lui, provò a chiudere gli occhi ma la stanza si muoveva, trovando fastidiosa la sensazione decise di riaprirli e si ritrovò Seijuurou a pochi centimetri dalle sue labbra. No. Non doveva succedere di nuovo — «Non farlo.».
Fu un sussurro, una supplica, molto probabilmente più rivolta a se stesso che all'altro, per farsi forza, per ritrovare le capacità motorie, la volontà di allontanarsi da quella situazione. Si alzò incerto sulle gambe mettendo una distanza di sicurezza, decidendo di fare qualche altro passo indietro quando lo vide alzarsi a sua volta — «Perché? — Dammi un buon motivo per non farlo.».
«Hai la minima idea di come mi senta quando fai così? Hai la minima idea di cosa provi quando ti vedo con Mayuzumi-kun? Quando penso che dormite insieme in quel letto?» — Non sapeva se volesse piangere o semplicemente urlargli in faccia, la sua parte più razionale gli consigliava di starsene zitto e buono, ma quando mai l'avrebbe ascoltata.
Seijuurou dal canto suo stava semplicemente fermo ad ascoltarlo, «Testuya sei stato tu a lasciarmi, tu hai scelto di vivere senza di me e io mi sono rimesso in piedi come ho potuto. Non ho la minima intenzione di scusarmi per aver riparato qualcosa che tu hai rotto.».
«E TU CREDI CHE MI SIA DIVERTITO A LASCIARTI COSÌ?» — ed eccola l'esplosione che tanto temeva — «Tu non sai cosa ho provato quando sono salito su quell'aereo, sapevo che non ti avrei più rivisto, che non sarei più stato con te ed ero terrorizzato! E sono ancora terrorizzato Seijuurou e vuoi sapere perché? — Perché so che quando tutto questo finirà, nessun altro al mondo sarà mai capace di farmi provare le stesse cose che mi fai provare tu! E per questo devi starmi lontano!».
Come? — Seijuurou continuava a chiedersi come avrebbe potuto stargli lontano, dopo tutto quello che aveva detto era praticamente impossibile, coprì la distanza che li separava stringendolo forte a sé — «Tetsuya, perché te ne sei andato? — Ti prego, dimmelo.».
E l'azzurro ricambiò l'abbraccio sentendosi al sicuro, gli strinse le braccia attorno al collo spostando le labbra vicino al suo orecchio, «Quando stavo male a causa dell'incidente mi hai detto una cosa, ricordi?», sciolse l'abbraccio controvoglia con il desiderio di guardarlo negli occhi, un sorriso malinconico si dipinse sul suo volto, era così bello, «Questa volta sono io a dire a te le stesse parole, non puoi nemmeno immaginare quanto amore io provi per te.», non resistendo prese gli il viso fra le mani gentilmente, senza interrompere il contatto visivo — «Penso di essermi innamorato di te dal primo momento in cui ti ho visto, non avrei mai creduto che una cosa così bella potesse accadere a me. Tu... », si morse appena il labbro sentendo la voce tremare appena e gli occhi inumidirsi, non voleva piangere, solo che tutte quelle emozioni erano troppo forti e incontrollabili, «Tu sei tutta la mia vita, tutto quello che ho fatto l'ho fatto per te Seijuurou, non c'è niente che non farei per te, perché ti amo così tanto, non hai la minima idea di quanto io ti ami.».

Senza pensarci più di tanto l'azzurro, per colpa dell'ubriachezza, posò delicatamente le labbra sulle sue, dando vita ad un bacio salato e malinconico, lento e nostalgico. Seijuurou gli percorreva la schiena con le dita, Tetsuya continuava ad accarezzargli il volto.
Entrambi avevano le loro domande, ma non era quello il momento di porsele, dovevano vivere il presente così perfetto, sentirsi uniti come lo erano sempre stati.
Il bacio casto pieno di buoni sentimenti, presto si ritrovò ad assumere una carica diversa, senza rendersene conto i due si ritrovarono sul divano, Tetsuya seduto a cavalcioni sull'altro, Seijuurou con la camicia mezza sbottonata; le mani di entrambi affondavano nelle rispettive chiome arruffando i capelli, stringendoli, tirandoli appena; le labbra mordevano e assaporavano ogni lembo di pelle scoperta; i respiri mozzati e i lamenti piacevoli erano gli unici suoni che rompevano il silenzio della notte.

«Mi manchi.», mormorò affannato sulle sue labbra, con riluttanza si allontanò quanto bastava per potersi sfilare la maglietta tornando poi a baciarlo con passione.
«Mi manchi anche tu, ma sei ubriaco Tetsuya, non credo che sia affatto una buona idea.», eppure non poté fare altro che osservare quella visione celestiale e carezzare la pelle chiara, mentre l'altro finiva di slacciargli la camicia con urgenza.
«Non sono ubriaco.».
«Se non lo fossi davvero non saremmo a questo punto Tetsuya.».
«Seijuurou ».
«Ti amo, non voglio approfittarmi di te.», ciononostante il suo corpo si mosse da solo tirando a sé l'azzurro, impossessandosi nuovamente delle sue labbra.
«Dillo di nuovo... ».
«Non voglio approfittarmi — ».
«No, non quella parte, prima.».
«Mh.», annuì cospargendo il collo candido di baci e di morsi facendo attenzione a non lasciare nessun segno permanente, «Ti amo Tetsuya, te e soltanto te. La sola idea che qualcuno ti abbia visto così...».
«Questo è impossibile, perché solo tu mi fai sentire così.».

Mandando a quel paese i buoni propositi da bravo gentleman quale era, Sejuurou si alzò tenendo saldamente l'amante in braccio che continuava a dargli dolci attenzioni.
Gli era mancato così tanto, l'unica cosa che il rosso desiderava era di poter ammirare l'esibizione che solo Tetsuya sapeva eseguire alla perfezione.
Non era semplice voglia di andare a letto con lui, non era il sesso che bramavano con tanta impazienza, bensì lo stare insieme, il sentirsi reciprocamente, il viversi, diventare una sola cosa, fondersi, dirsi ʻti amoʼ tante di quelle volte sapendo che non sarebbero mai bastate.

«Danza con me Tetsuya. Danza solo per me.».

 

*


Armato di forbicine tagliò un filo che spuntava dalla manica di uno dei tanti completi, doveva essere tutto perfetto; per l'ultima volta li controllò uno ad uno, segnò e corresse gli eventuali difetti per poi guardare l'ora, era mezzanotte passata quando Mayuzumi decise di aver lavorato abbastanza, soffocò uno sbadiglio radunando i suoi effetti personali.
Visto che il compagno era divertirsi da qualche parte a Kyōto, Mayuzumi ne aveva approfittato per fermarsi in atelier fino a tardi. Aveva provato a chiamarlo ma rispondeva la segreteria telefonica, non era da Seijuurou spegnere il cellulare, perciò pensò che evidentemente non ci fosse campo.
Scese al piano di sotto rialzando la saracinesca per poter uscire e infilarsi in macchina, il ritorno a casa gli sembrò eccessivamente lungo, forse perché era assorto nelle proprie preoccupazioni.
Seijuurou era a Kyōto e lui si sentiva turbato. Kuroko gli aveva detto che la persona con cui stava otto anni prima fosse il ragazzone alto e muscoloso, dalla pelle abbronzata e i capelli indaco, Mayuzumi ci aveva creduto, aveva fatto finta di crederci, ne aveva bisogno. Voleva davvero pensare che Aomine e Kuroko avessero avuto una storia, perché l'alternativa era semplicemente spaventosa ai suoi occhi. La vocina dentro di sé, portatrice di verità, continuava a ripetergli che non era così, stava andando fuori strada e Mayuzumi lo sapeva, era impossibile che quei due fossero stati insieme, per carità tutto era fattibile, comunque non giustificava affatto il comportamento del compagno.
Mayuzumi era agitato, davanti ai suoi occhi si ripeteva la solita scena: li vedeva uscire dall'ascensore con l'aria sconvolta; gli avevano detto di essersi incontrati per caso, Seijuurou voleva fargli vedere l'ufficio, avevano preso un caffè e poi si erano salutati, così erano rimasti chiusi nell'ascensore. Aveva senso, tutta quella maledettissima storia aveva il suo senso, come poteva essere giustificato il fatto che fossero tanto in disordine, allora perché? Perché? Dannazione perché non credeva nemmeno ad una singola parola di quella storia così perfetta? Perché doveva sentirsi tanto insicuro? Tra l'altro di cosa? — Kuroko era impegnato con Kagami, Seijuurou stava con lui da quattro anni e convivevano da tre. Quella era la situazione.

Frenò bruscamente notando tardi il semaforo rosso, chiuse gli occhi sbuffando appena. Doveva calmarsi, tutte le sue paranoie mentali per poco non gli fecero causare un incidente. Non doveva preoccuparsi, era solo una brutta sensazione, sarebbe passata; Seijuurou lo amava, poteva non dirlo apertamente, ma era così, altrimenti non sarebbero stati quattro anni insieme. Mayuzumi si sentiva amato da lui nelle piccole e nelle grandi cose, spesso il compagno lo viziava portandolo nel suo ristorante preferito e proprio durante una di queste uscite gli fece una sorpresa, gli propose di andare a vivere nel suo appartamento, ovviamente aveva accettato ed era diventata casa loro adesso.
Il ragazzo dai capelli argentati si sentiva estremamente amato, specialmente quando Seijuurou buttava nel cestino le proposte di matrimonio che il padre inviava a casa loro, senza nemmeno aprirle. Si sentiva amato quando l'altro notava il suo disappunto, allora lo abbracciava sussurrandogli all'orecchio di ignorarlo, che non avrebbe mai sposato una di quelle donne.
Mayuzumi lo amava e sentiva di essere ricambiato, non era importante che non gli avesse mai detto ʻti amoʼ, lo avrebbe aspettato e nel frattempo glielo avrebbe detto lui, tutte le volte che desiderava.

Sentendosi più sereno parcheggiò la macchina nel garage, voleva solo andare a casa, farsi una doccia e mettersi a letto, se lo meritava dopo la giornata impegnativa.
Stava per raggiungere il suo obiettivo quando il telefono di casa iniziò a squillare, pensando che solo il compagno potesse chiamare a quell'ora della notte si affrettò a rispondere — «Mibuchi-san è quasi l'una.» — rimanendo deluso.
Pazientemente ascoltò il segretario scusarsi mille e mille volte, ma aveva bisogno di sapere se Seijuurou avesse portato a casa un importante documento, «Vado a controllare, aspetti qualche secondo.».
Sospirando scese al piano di sotto entrando nello studio del compagno iniziando a cercare tra le carte sulla scrivania e nel cassetto, niente.
«Mi può dire come è fatto? Come lo riconosco?» — Decise di passare all'altro cassetto e quando provò ad aprirlo rimase sorpreso nel trovarlo chiuso a chiave. Lo trovò insolito, comunque alla fine era lo studio del compagno, magari lì teneva i documenti più importanti.
Dopo una ricerca impegnativa riuscì a trovare la chiave e riprese a cercare, la sua ipotesi si rivelò corretta, finalmente riuscì a trovare il documento richiesto, «Glielo devo portare domani mattina in ufficio? — Va bene, a domani Mibuchi-san.».
Chiuse la chiamata sistemando come poteva i fogli di carta, notando poi che uno era caduto a terra «Se Sei sapesse che ho messo le mani nel suo cassetto mi ammazzerebbe, altro che amore.».
Sospirando lo raccolse e si fermò a guardarlo, non si trattava di un documento, bensì di un disegno molto bello: rappresentava un bracciale, il cinturino doveva essere morbido, la placca rigida era leggermente curvata per adattarsi al polso e al centro c'era incastonata una piccola gemma rossa, probabilmente un rubino; all'interno del bracciare era scritta un'incisione e quando la lesse il foglio cadde di nuovo per terra. ʻTetsuyaʼ.

Mayuzumi aveva visto quel bracciale almeno un migliaio di volte, Seijuurou lo portava al polso da sempre, non lo toglieva mai, spesso quando era sovrappensiero lo aveva sorpreso ad accarezzarlo distrattamente. Non capendo cosa stesse succedendo raccolse per la seconda volta il disegno, doveva mantenere la calma, con lo sguardo cercò la firma dell'autore, ʻKuroko Tetsuyaʼ.
Kuroko non era un orafo, inoltre la data riportata indicava che fossero ancora degli adolescenti, allora perché Seijuurou indossava il bracciale identico al disegno? — Perché la madre dell'azzurro, Sora Miyako, al contrario era una famosa designer di gioielli nonché un'abile orafo.
Stranamente Mayuzumi non rimase sorpreso, un'inquietante tranquillità si fece largo dentro di sé, avrebbe potuto cercare mille scuse, infondo anche a lui era capitato di disegnare dei modelli per i suoi amici, eppure sapeva che non era così semplice.
Dopo quattro anni insieme un minimo aveva imparato a conoscerlo ed era sicuro di una cosa, Seijuurou non l'aveva mai guardato in quel modo, non come guardava Kuroko — Ogni volta che si incontravano Mayuzumi poteva leggere un'emozione diversa: rabbia, la sera dell'aperitivo; adorazione, quando li aveva sorpresi vicini nel suo studio; divertimento, la sera della cena. Era tutto così palese che non voleva crederci, l'amico e il compagno avevano avuto una relazione, una storia che Kuroko aveva interrotto bruscamente.
Perché non glielo avevano detto? Se realmente stavano in quel modo le cose, perché tenerlo nascosto? — Era acqua passata, ecco cosa continuava a ripetersi Mayuzumi. Il passato è passato. Le circostanze erano diverse adesso. Seijuurou lo amava, altrimenti perché mai sarebbe stato con lui per quattro anni? Perché chiedergli di andare a vivere insieme? —

Certo delle sue sicurezze mise il foglio nel cassetto chiudendolo nuovamente a chiave. Per avere delle risposte avrebbe dovuto parlare con il compagno, lo sapeva bene, eppure tra saperlo e avere il coraggio di farlo, Mayuzumi scoprì che c'era una differenza abissale.


*


Nonostante fosse febbraio l'aria nella stanza era calda, tanto da imperlare i corpi nudi di sudore, e da fuori si potevano sentire sospiri d'apprezzamento e grida piacevoli.
Ed eccolo lì, Tetsuya era con lui e danzava sul suo corpo, chiamava il suo nome, con il respiro rotto dal piacere continuava a dirgli di amarlo e Seijuurou rispondeva allo stesso modo — «Ti amo.».
Un ʻti amoʼ esasperato, eccitato, desideroso di esprimersi, era da troppo tempo che non pronunciava le parole così cariche di significato, Tetsuya non era al suo fianco, non avrebbe potuto dirle a nessun altro.
Avido di lui, Seijuurou carezzava ogni centimetro di pelle chiara, voleva disperatamente cancellare ogni possibile traccia di chiunque altro avesse osato toccarlo; gli diede piacere come poteva, come sapeva che gli sarebbe piaciuto, e ne ricevette altrettanto, perché Tetsuya sapeva esattamente cosa gli piacesse.
E ora sdraiato sul futon, sotto di lui, non poteva fare altro se non ammirare il cielo azzurro esprimersi nella danza dell'amore. Tutto dell'amante lo ipnotizzava in quei momenti, la sua voce, i suoi movimenti, i suoi occhi lucidi, il volto arrossato, il corpo accaldato e sensibile.
Se si trattava di un sogno Seijuurou non avrebbe voluto svegliarsi, per nessuna ragione al mondo. Era tutto così perfetto. Stare di nuovo insieme, amarsi come solo loro potevano fare, creando una sinfonia di emozioni simili e contrastanti, con piccole stonature che rendevano la melodia più particolare, unica. Solo loro ne erano in grado.

«Seijuurou... ».

Era così bello il suo nome pronunciato da lui, era così bello vederlo perdere il controllo, vederlo libero di esprimersi.
Passandogli un braccio intorno ai fianchi per sorreggerlo, Seijuurou si tirò su a sedere catturando di nuovo le labbra leggermente gonfie a causa dei baci e dei morsi, la danza stava per raggiungere il culmine lo capì da come Tetsuya si muoveva e poteva sentirlo da sé e l'avrebbero conclusa insieme, come sempre.

La mano carezzava gentilmente i capelli dell'amato, lo osservava dormire stretto a lui, si chiese se stesse facendo un bel sogno, era così rilassato da fargli quasi invidia.
Seijuurou era felice, eppure qualcosa non andava; Tetsuya aveva ammesso di amarlo, lo aveva fatto con tanto trasporto da lasciarlo senza parole, la cosa che lo preoccupava era l'altra ammissione, oltre al suo amore sconfinato, aveva anche detto di essersi sentito terrorizzato e non capiva perché, cosa potesse essere accaduto di tanto grave, tanto da farlo scappare in quel modo.

«Cosa ti è successo Tetsuya?», mormorò senza smettere di contemplarlo.

Seijuurou aveva bisogno di risposte e le avrebbe trovate in un modo o nell'altro, doveva mettere insieme i pezzi, doveva riuscirci ad ogni costo perché non voleva perderlo un'altra volta, non poteva permettergli di andare via, di lasciarlo da solo, di nuovo.
Non si sentiva completo senza di lui, Seijuurou non voleva rivivere la terribile sensazione di mancanza e smarrimento; suo padre diceva sempre ʻun Akashi ottiene sempre quello che vuoleʼ, Seijuurou voleva Tetsuya e se lo sarebbe ripreso.

Baciò l'azzurro un'ultima volta e chiuse gli occhi convinto della sua decisione, sarebbe andato tutto bene.










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del diciottesimo capitolo. EEEEEEEEEEEE AKASHI E KUROKO FANNO ZUMZUM *sparate i coriandoli*

ANDIAMO CON ORDINE!!!!!

Troviamo subito il flashback, siamo agli inizi della loro storia, capiamo meglio come funzioni la famiglia di Kuroko, e capiamo meglio i genitori che sono molto aperti, affettuosi e disponibili nei confronti del figlio. Alla fine del flashback si continua con le riflessioni di Kuroko che in cuor suo pensa di poter sistemare la situazione. E credetemi che ci sarebbe riuscito, se solo quel genio di Aomine non avesse tirato fuori dal cappello l'idea geniale di ingannare il tempo con un gioco alcolico (HAI TUTTA LA NOSTRA GRATITUDINE AOMINE <3). Kuroko è ubriaco a questo punto, pesantemente ubriaco e si lascia andare ad una sfuriata e a “““““piccole””””” confessioni. So che può risultare OOC ma appunto, lo giustifico con l'alcool perdonatemi xD
Kuroko ammette apertamente i propri sentimenti, confessa di essersene andato per per lui, per non fargli del male, comunque non dice il vero motivo, non racconta cosa lo abbia costretto ad andarsene. Sta talmente fuori che come ai vecchi tempi è lui a prendere l'iniziativa e Akashi ci prova ad essere un gentiluomo, ma alla fine cede :v Sei-chan vecchio marpione ~
Passiamo a Mayuzumi, scopriamo che ha fatto finta di credere alla storia tra Kuroko e Aomine, per proteggere se stesso e la sua relazione.
Spesso mi avete chiesto come mai Mayuzmi non si fosse posto due domande davanti al fatto che Akashi non abbia mai detto apertamente di amarlo, beh in questo capitolo trovate la risposta. Mayuzumi si sente amato da Akashi, è davvero così semplice. Mayuzumi nota i gesti cortesi, le attenzioni che gli vengono rivolte, il fatto di vivere insieme, per lui sono tutti indice di amore, mi fa quasi pena... quasi...
Grazie a Reo ha la conferma dei suoi sospetti, ormai Mayuzumi sa con esattezza che Kuroko e Akashi sono stati insieme e mette ogni pezzo al giusto posto. Si pone domande a cui solo Akashi avrebbe potuto rispondere, ma non è semplice come sembra... non lo è mai :v

EEEE SI RITORNA AL ZUMZUM <3 dove vediamo quanto sia determinato Akashi. Nel prossimo capitolo siamo ancora a Kyōto, chissà che tipo di risveglio attenderà il povero Kuroko ~


Bene, penso di aver detto tutto, spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 20
*** 19 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. 









 

Il ragazzo color cielo era immerso in un disturbante dormiveglia, avrebbe voluto aprire gli occhi se non fosse che questi si rifiutavano di collaborare, odiava i postumi: la nausea e il mal di testa non gli stavano dando un attimo di tregua, aveva così tanta sete che si sarebbe bevuto un litro d'acqua senza battere ciglio, in più si sentiva il corpo terribilmente pesante, come se qualcuno gli stesse dormendo addosso. Perché doveva prendersi sempre tutto lo spazio?
Sbuffando si rigirò nel futon – in realtà non aveva nessuno sopra di sé, troppo intontito per rendersene conto, senza contare che era stato lui ad invadere l'altra parte del futon – .
«Aomine-kun... fatti più in là.», non sapeva nemmeno come fosse riuscito a formulare una frase di senso compiuto, «Aomine-kun... per favore... », finalmente si decise ad aprire gli occhi e rimase paralizzato. Perché Akashi era nel suo letto? Cosa cavolo aveva combinato? — Oh mio Dio, quello non era stato affatto un buon risveglio.


Al contrario di quello che si potesse pensare, tra i due, il ragazzo che faceva più fatica a svegliarsi non era Tetsuya, bensì Seijuurou.
Ebbene sì, Akashi Seijuurou, unico erede dell'importante famiglia, cresciuto tra obblighi e pressioni, sempre elegante, estremamente educato e colto, era di fatto un dormiglione; prima di addormentarsi era costretto a mettere un numero indefinito di sveglie, invece se la mattina seguente non avevano nessun impegno, avrebbe dormito più che volentieri fino a tardi se solo Tetsuya glielo avesse concesso – .

«Sei-kun è ora di svegliarsi.», con poca delicatezza tolse il piumone vedendo il compagno rannicchiarsi su se stesso.
Pigramente si mise il cuscino in faccia per evitare la luce del giorno, «Cinque minuti.».
«No, alzati, abbiamo appuntamento con gli altri ricordi?», ignorando la sua richiesta aprì la finestra per cambiare l'aria viziata.
Ancora con il volto coperto dal cuscino, Seijuurou si rannicchiò ulteriormente sentendo l'aria gelida colpirlo in pieno, «Tetsuya, luce dei miei occhi, unica ragione per cui il mio cuore batte, lo sai che siamo in pieno gennaio?».
«E tu lo sai che ore sono? Le undici, se non ti sbrighi arriveremo in ritardo.».

Tetsuya al contrario era mattiniero, appena sentiva la sveglia apriva gli occhi e iniziava la giornata, sinceramente dormire così tanto per lui era uno spreco di tempo. Gli piaceva sopratutto godere delle ore del giorno, non c'era un motivo preciso, semplicemente adorava vedere la città svegliarsi e fare parte di essa.

«Ho avuto una splendida idea, annulliamo tutto e restiamo a casa, al caldo, sotto al piumone di cui mi hai così gentilmente privato.».
L'azzurro inarcò un sopracciglio divertito, «Se non ti alzi ti priverò anche del cuscino.».
«E tu dovresti amarmi eh?», borbottò spostando il guanciale per poi guardarlo dolcemente, «Hai vinto tu, a patto che mi dia un bacio.».


Si tirò su a sedere di scatto guardando l'altro dormire beatamente. Kuroko era nel panico e Akashi dormiva più sereno di un bambino innocente, ai limiti dell'irritante.
Doveva stare calmo, per prima cosa si assicurò che entrambi avessero i boxer addosso, non significava niente, però era una piccola speranza, gli serviva per tornare a credere di non aver commesso l'errore più grande della sua vita; si guardò intorno alla ricerca di indizi e quelli lo fecero di nuovo precipitare nell'oblio, i vestiti erano sparsi per terra e non vedeva la maglia che aveva indossato la sera prima, dove diavolo era finita la sua stramaledetta maglietta? Fece un respiro profondo concentrandosi, doveva assolutamente ricordare cosa fosse realmente successo quella notte: ricordava perfettamente Midorima portare a letto Murasakibara, Kise parlava di un tostapane e quella era un'informazione inutile – , poi non li aveva più visti, da questo ne dedusse che lui e Akashi erano rimasti da soli – Aomine avrebbe pagato per averlo lasciato in una situazione simile – . Doveva concentrarsi di più, non era il momento di arrabbiarsi, doveva riuscire a ricordare e quando gli sovvennero pezzi di discorsi, baci e altro, avrebbe voluto sparire dalla faccia della terra. Sapeva esattamente dove fosse la sua maglietta, in salotto, perché se l'era tolta, proprio la mossa giusta da fare — «Questo è un incubo.», borbottò afflitto, rassegnato portò le ginocchia al petto abbracciandole, posandovi poi sopra la fronte.

No. No. No — Non era successo davvero, aveva un piano, perché non riusciva mai a rispettarlo? — Finché si fosse trattato solo di baci avrebbe potuto ancora sistemare le cose, negare tutto, a se stesso e ad Akashi, invece adesso era tutto rovinato. La sua mente venne invasa di scene della notte scorsa, frammenti in mezzo al buio più totale, e grazie a quei frammenti aveva capito di avergli dichiarato apertamente i propri sentimenti.
Kuroko era preoccupato, sperava di non aver detto niente, di non aver fatto come con Kagami; se avesse di nuovo straparlato non se lo sarebbe mai perdonato, tutti i sacrifici che aveva fatto, tutta la sofferenza che aveva provato e che ancora provava, tutto sarebbe sarebbe stato invano e non voleva questo, voleva solo proteggere la persona che amava dalla verità. Sapeva che Akashi aveva ogni diritto di sapere la realtà dei fatti, ma era tanto brutta che l'azzurro non riusciva nemmeno a dirlo ad alta voce, se lo avesse fatto sarebbe diventato semplicemente ancora più reale e non voleva questo; sapeva che se gli avesse spiegato il motivo della sua partenza, sarebbe andato tutto in frantumi, anche il suo sorriso che tanto amava.
La sola idea gli fece pizzicare gli occhi, eppure non pianse, infondo c'era ancora una possibilità, se avesse davvero detto la verità, Akashi non avrebbe mai potuto dormire così serenamente, anzi non avrebbe dormito affatto.
Doveva stare tranquillo, aveva fatto un casino, sì, ma non era ancora finita. Poteva rimettersi in piedi, avrebbe trovato il modo di farcela, per forza.

Sentì la porta scorrevole aprirsi, non vi badò rimanendo in quella posizione, non voleva nemmeno sapere chi fosse a ficcanasare in giro, sopratutto se si trattava del suo migliore amico.


«Ehi Tetsu tutto bene?».
Ovviamente la sua ipotesi era corretta — «Muori Aomine-kun.».
«Ah, sei in fase di negazione vedo.».
A tentoni cercò qualcosa da tirargli e, una volta trovato, lo scagliò contro la direzione del ronzio fastidioso, «Muori.».

Non seppe se lo centrò o meno – sperò con tutto il cuore di sì – , comunque ottenne il risultato sperato, lo sentì uscire e chiudere di nuovo la porta.

«Vedo che non hai perso il vizio di svegliarmi bruscamente Tetsuya, era davvero necessario tirargli il mio cuscino?».

Kuroko sentì i battiti accelerare in preda all'agitazione, ecco aveva disturbato il bel addormentato prima che potesse uscire dalla stanza. Stupido Aomine, tutta colpa sua — «Buon giorno Akashi-kun.», decise di voltarsi guardandolo impassibile.
«Mh siamo passati di nuovo al cognome vedo. Peccato.», del tutto a suo agio si passò una mano tra i capelli magenta, mettendosi a sedere accanto a lui, «Ieri notte non facevi altro che chiamarmi per nome, ʻmi manchi Seijuurouʼ, ʻti voglio Seijuurouʼ, ʻti amo così tanto Seijuurouʼ e ».
«Ho capito Akashi-kun, con questo dove vorresti arrivare?», sbuffò accigliato.
Scrollò le spalle con un leggero divertimento, «Niente, solo per dirti che mi ci stavo abituando.».
«Quello che è successo, è stato un errore Akashi-kun, non capiterà più.».
«Potrà anche non capitare una seconda volta, per ora, eppure sai meglio di me quanto non sia stato un errore Tetsuya.», aggiunse con voce dolce, «Hai ammesso chiaramente di provare dei sentimenti molto forti nei miei confronti, nemmeno quando stavamo insieme sei mai stato così appassionato nell'esprimerti.».
«Se ti riferisci al fatto di aver detto ʻti amoʼ... — Guardati intorno Akashi-kun.», distolse lo sguardo osservando la camera, «Noi dormivamo sempre in questa stanza, perché è l'unica che dà sul giardino interno e ci piaceva. Siamo qui tutti insieme e questo viaggio ci ha riportati tutti indietro, ero ubriaco, è ovvio che mi sia lasciato andare ai ricordi e a te, visto che a quei tempi noi due ».
«Tralasciamo per un attimo che io possa credere, anche solo lontanamente, a questo tuo patetico tentativo di giustificarti, Tetsuya, tu davvero pensi che mi riferissi ai tuoi svariati ʻti amoʼ?».
Kuroko lo guardò confuso, che altro aveva detto di tanto compromettente? «Allora... ».
«Lascia che ti rinfreschi la memoria ti va?», accennò un sorriso sfiorandogli la guancia con un dito, «Mi hai definito come tutta la tua vita, hai continuato dicendo che ogni tua azione è sempre stata per il mio bene, che non c'è niente che non faresti per me. Anche scappare è stato per il mio bene, Tetsuya?».
Le gemme azzurre non ressero il confronto con il rubino e l'oro fuso, persero disastrosamente, «Gli altri sono svegli, andiamo a mangiare.».
«No, non ho finito.», Akashi lo mantenne seduto stringendogli il polso, «Mi hai raccontato di quanto ti sentissi terrorizzato sull'aereo che ti avrebbe portato via da me, hai ammesso anche quanto tu sia ancora terrorizzato, perché sai che nessuno potrà mai farti provare quello che provi quando siamo insieme. Infine, non per questo meno importante, hai concluso dicendo che io non posso nemmeno immaginare quanto tu mi ami.».
Kuroko giurò a se stesso che da quel giorno avrebbe bevuto solo acqua, «Ora possiamo andare?».
«No.», sorrise sarcastico allentando la presa, «Partendo dal presupposto che mi ami a tal punto da sparire dalla mia vita, sapendo quanto sarei stato male, sono arrivato alla conclusione che deve esserti successo qualcosa di brutto Tetsuya, così tanto da farti andare via e non sono intenzionato a lasciar perdere, quindi puoi dirmelo qui, adesso, oppure puoi far passare altro tempo, non cambia il fatto che lo scoprirò presto o tardi. A te la scelta.».
Kuroko era consapevole che non sarebbe riuscito a venirne a capo, gli unici a saperlo erano lui, ovviamente, e Kagami, tra i due non correva buon sangue, ad Akashi non sarebbe mai venuto in mente di parlare con il compagno, tanto meno era a conoscenza che Kagami sapesse il segreto che custodiva così gelosamente, di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
«Akashi-kun, te l'ho detto ero ubriaco. Non ero ».
«Non era il te adolescente a parlare Tetsuya, davanti a me c'era solo un bellissimo uomo e i suoi sentimenti, non tirare fuori questa scusa con me.».
«Non mi sto giustificando Akashi-kun, sto esponendo la realtà dei fatti, ovvero che non ero in me, tu sei libero di credere quello che preferisci.».
Kuroko si alzò dal futon, la testa faceva male, la nausea era forte, comunque riuscì ad infilarsi qualcosa di comodo e s'irrigidì quando sentì l'altro abbracciarlo alle spalle, «Akashi-kun. Per favore ».
«Voglio davvero stare con te Tetsuya.», sospirò poggiando la fronte sulla sua spalla, «Possiamo sistemare le cose, qualunque sia il problema, possiamo riuscirci insieme lo sai, abbiamo superato tante difficoltà, risolveremo anche questo.».

Kuroko si tolse dall'abbraccio uscendo dalla stanza senza dire una parola. No, era diverso questa volta, non avrebbero potuto risolvere il problema, nessuno avrebbe mai potuto farlo; aveva pensato diverse volte di provare a rifare l'esame, poi rinunciava, a che pro farsi così male? — Tanto il risultato sarebbe stato lo stesso.
Si affacciò in salotto guardando i suoi amici, evidentemente non si erano accorti della sua presenza.


«MI ESPLODE LA TESTA ~ », si lagnò Kise poggiandosi al compagno.
Aomine invece non aveva nemmeno le forze per insultarlo, «Ryouta non urlare.».
«Mido-chin io ho fame ~ ».
«È quasi pronto Murasakibara, smettila di mangiare snack.», pazientemente Midorima iniziò a distribuire bicchieri d'acqua e aspirine, «Dovresti anche lavarti meglio il viso, sei ancora sporco di pennarello.».

L'azzurro sorrise spontaneamente, era bello vedere che non fossero cambiati e che fossero ancora legati, uniti, come se li ricordava. Nonostante gli impegni e le diverse carriere, Kuroko era certo che riuscissero a trovare dei piccoli momenti, anche se fosse stato il tempo di un caffè.
Non doveva pensare ai suoi problemi, voleva semplicemente godere del tempo che gli restava con loro.

«Buon giorno.», come previsto si ritrovò tutti gli occhi addosso, non ci fece caso andando a sedersi vicino a Murasakibara.
«Buon giorno Kuro-chin ~ I tuoi capelli sono assurdi come sempre la mattina ~ », con la mano tentò di sistemarglieli, anche se l'azzurro lo allontanò, «Ah è vero, ti da fastidio ~ ».
«Certe cose non cambiano mai Murasakibaracchi ~ », cinguettò il biondo con aria soddisfatta, «Anche se credo che questa volta sia merito di Aka Kurokocchi perché mi guardi come se volessi uccidermi?», chiese preoccupato per la sua incolumità.
Aomine sbadigliò sdraiandosi sul tatami, con le mani dietro a testa a mo' di cuscino, «Non farci troppo caso Ryouta, Tetsu è in fase di negazione.».
«Murasakibara-kun, potresti dire ad Aomine-kun di farsi gli affari suoi?».
«Mine-chin, Kuro-chin è arrabbiato con te ~ », riferì il messaggio mangiando un biscotto.
L'indaco si alzò di scatto guardando l'amico, «Oi Tetsu!».
«Smettetela di fare i bambini, tutti e due.», Midorima tornò in sala sistemando sul tavolo diverse cose da mangiare, «Qualcuno vada a chiamare Akashi prima che si freddi tutto.».
«Non ce n'è bisogno Shintarou, Tetsuya mi ha svegliato in modo singolare.», il rosso si fece strada con il volto sogghignante e si accomodò sul tatami intorno al tavolo basso.
«Per sbaglio ho tirato ad Aomine-kun il suo cuscino, tutto qui.».
«La prossima volta saresti così cortese da lanciargli il tuo Tetsuya?».

Non ci sarebbe stata una ʻprossima voltaʼ, comunque Kuroko decise di non cogliere la provocazione e ignorò le proteste rumorose di Aomine, gli faceva troppo male la testa per starlo ad ascoltare.
In silenzio si servì da mangiare, non aveva fame, anzi era convinto che se avesse mangiato sarebbe dovuto correre in bagno, la speranza era che ingerendo qualcosa magari si sarebbe sentito un po' meglio.

«Allora Kurokocchi, in che consiste il tuo lavoro con Mayuzumi?».
Oh davvero non voleva sentirlo nominare in quel momento, mandando giù il boccone guardò il biondo in attesa di spiegazioni, «Devo dipingergli dei set di gioielli su tela, per fortuna me la cavo, altrimenti sarebbe stato un problema.».
«Non mi ricordo che ai tempi della scuola dipingessi Kuroko.».
«No, un amico di Taiga-kun mi ha dato qualche lezione Midorima-kun.».
«KUROKOCCHI HA ALTRI AMICI ADESSO ~ », Kise era pronto a lanciarsi su di lui, un tavolo non gli avrebbe di certo impedito di raggiungerlo, solo che qualcosa lo stava trattenendo, o meglio qualcuno.
Aomine avendo previsto le intenzioni del compagno lo acchiappò al volo per il collo della maglietta, prima che potesse fare qualche danno, «È ovvio che li abbia Ryouta, Tetsu ormai vive lì da anni, che pretendi?».
«Che tipi sono i tuoi nuovi amici Kuro-chin? ~ ».
Kuroko si strinse nelle spalle, «Non saperei dire Murasakibara-kun, per lo più sono amici di Taiga-kun, sono simpatici, anche se non sono abituato ad essere chiamato per nome come se niente fosse, nonostante siano passati otto anni. Voi invece? Continuate a frequentarvi?».
«Kise-chin viene spesso a compare i miei dolci ~ ».
«Perché sono i più buoni del mondo Murasakibaracchi ~ ».
«Invece io e Shintarou ci vediamo spesso, usciamo a bere o per fare una partita a shogi.».
«Sì anche se non accade poi così spesso Akashi.», borbottò pulendo gli occhiali distrattamente.

La sala venne avvolta da una pacifica e singolare tranquillità, tutti smisero di parlare, l'unico rumore erano le bacchette che si scontravano con le ciotole ripiene di cibo.
L'azzurro li guardò uno ad uno, gli sarebbe piaciuto sapere cosa stessero pensando in quel momento. Una cosa strana che Kuroko aveva notato, era che Midorima non faceva altro che guardarlo, lo trovava insolito e non capiva perché; non era uno sguardo di rimprovero o di curiosità, sembrava quasi che l'altro lo stesse studiando o forse era solo la sua immaginazione a giocargli brutti scherzi. In compenso Akashi non lo stava più assillando, era già un buon risultato.
Kuroko aveva tanti pensieri che gli vorticavano in testa ma li scacciò via, aveva deciso che si sarebbe goduto la compagnia degli amici e così avrebbe fatto, senza preoccupazioni o ansie, avrebbe voluto davvero farlo, solo che non si sentiva affatto bene.


«Sei pallido.», il ragazzo dai capelli verdi si alzò sentendo la fronte, «No, non hai la febbre.».
«Credo di dover andare », non fece in tempo a terminare la frase che corse al bagno più vicino per poter rimettere il pranzo; lo sapeva che non avrebbe dovuto mangiare, stupidi postumi, i conati inoltre non fecero altro che aggravare il mal di testa. Ripulì tutto con cura e si sciacquò la bocca con dell'acqua fresca dopo essersi lavato i denti, pronto per tornare dagli altri.

«Scusate.».
«Ah non preoccuparti Tetsu, ieri notte Ryouta non ha fatto altro che vomitare.».
Come sarebbe a dire? Erano svegli? «Aomine-kun, questo significa che ».
«Tranquillo Tetsu, avevamo i tappi!», esclamò orgoglioso di se stesso.
Kuroko giurò a se stesso che prima o poi lo avrebbe ammazzato sul serio, altro che migliori amici «Che programmi avete?».
«Non credo di essere in grado di fare qualcosa oggi, perché non restiamo a casa a rilassarci? ~ ».
«Per me va bene Kise-kun.».

L'idea parve piacere a tutti, si divisero i compiti per le faccende domestiche sistemando le varie stanze, poi si divisero: c'era chi guardava la tv, chi dormiva per riprendersi dalla sbornia e chi giocava a shogi.

«Hai perso Shintarou.».
«E la cosa non mi sorprende Akashi.», Midorima storse il naso, non aveva mai vinto una partita contro di lui, «Vogliamo continuare?».
«No, sarebbe triste umiliarti nuovamente.», si alzò da terra con aria soddisfatta, «Credo che andrò a trovare il mio cavallo, Tetsuya vuoi venire anche tu? Sicuramente anche Yukimaru ha sentito la tua mancanza.».
A sentire quel nome Kuroko gli scoccò un'occhiataccia, «No grazie, preferisco andare a leggere in veranda.».

E lo fece, girò i tacchi andando nella stanza che avevano condiviso, l'unica che dava sul giardino interno curato nei minimi dettagli. Era bello poter leggere immerso nella natura, il problema fu che non riuscì nemmeno ad aprire il libro che si era portato dietro. Osservava i fiori e non poteva fare altro se non chiedersi come avrebbe affrontato la situazione, sia con Kagami che Mayuzumi.
Aveva commesso un errore definirlo ʻerroreʼ era riduttivo – e grazie a lui diverse persone avrebbero sofferto, aveva ferito Akashi, l'amico che aveva conosciuto a Los Angeles, Kagami e se stesso.
Come avrebbe potuto continuare a stare con Kagami? — Poteva già vederlo alla stazione ad aspettarlo, gli avrebbe scompigliato i capelli con un gran sorriso e infine gli avrebbe chiesto ʻti sei divertito?ʼ, arrivati a quel punto come avrebbe dovuto rispondergli? — Kuroko non sapeva che fare, non sapeva come avrebbe potuto ricambiare i suoi baci senza sentirsi terribilmente in colpa, figuriamoci per le attività più intime; e poi c'era Mayuzumi, come sarebbe riuscito a continuare a lavorare con lui? — In quel piccolo ufficio disordinato, fianco a fianco, chiacchierando del più del meno, bevendo un tè caldo tra una pausa e l'altra, sarebbe stato impossibile fingersi tanto disinvolti, almeno per lui.
Tutta quella situazione gli fece tornare la nausea, si sentiva uno schifo, perché aveva tradito la fiducia di così tante persone. Kuroko non era quel tipo di ragazzo: era onesto, fedele, di sani principi, non gli sarebbe mai venuto in mente di tradire Akashi, di far un torto ai suoi amici, ed era proprio questo il problema, nel suo cuore Kagami non era allo stesso livello del prezioso rubino, Mayuzumi non era più importante della sua famiglia.
Alla fine era davvero una brutta persona eh? — Non poteva fare a meno di pensarlo, perché non avrebbe raccontato a nessuno della notte d'amore passata con Akashi, lo amava, non poteva farci niente se non accettare quei sentimenti e andare avanti. Li avrebbe messi da parte, in un cassetto chiuso a chiave, ma a quel punto come poteva considerare Kagami il suo compagno e Mayuzumi un amico? — Riconoscendo la brutta sensazione decise di prendere le medicine prima che fosse troppo tardi, infilandole in tasca giusto in tempo.

«Kuroko. Ti disturbo?».
L'azzurro sobbalzò sorpreso voltandosi, «No Midorima-kun, accomodati pure, anche se forse dovresti mettere la giacca, fa freddo.».
Il ragazzo dai capelli verdi accennò un movimento con il braccio, facendogli notare che l'avesse già portata con sé, decidendo comunque di non indossarla. Si sedette vicino al più piccolo guardando il panorama, «È sempre ben curato, che sia inverno o estate.».
«Sì, immagino che il padre di Akashi-kun ci tenga particolarmente.», lo assecondò non capendo dove volesse arrivare.

Tra tutti Midorima era quello con cui Kuroko aveva meno confidenza, se proprio avesse dovuto scegliere, e questo per colpa del suo carattere che non faceva trapelare molto, ovviamente con il tempo imparò a conoscerlo e ad apprezzarlo – senza contare la cura che il padre ebbe nei suoi confronti, durante e dopo l'incidente in auto – . Midorima aveva sempre diverse attenzioni, piccole e discrete, per esempio aveva preparato lui il pranzo quella mattina ed era stato previdente nel portare dei medicinali. Era un fissato degli oroscopi che si fasciava le dita per proteggerle, che credeva nella sfortuna e la combatteva con i suoi stravaganti oggetti fortunati, ciononostante l'azzurro gli voleva bene, come voleva bene a tutti gli altri.

«Akashi-kun mi ha detto che convivi con Takao-kun, sono felice per voi.».
S'irrigidì appena sistemandosi gli occhiali sul naso, «Voleva venire a salutarti in stazione, ma aveva il turno in ospedale, è diventato un infermiere.».
«Il chirurgo e l'infermiere eh? Suona bene.», divertito notò le orecchie dell'altro tingersi di rosso.
«Taci Kuroko.».

E Kuroko lo accontentò. Restarono così, in silenzio, a guardare i fiori per minuti o forse per un'ora. Il più piccolo poteva sentire gli occhi verdi indugiare sulla sua persona, non se l'era immaginato, e ancora non ne capiva il motivo; decise di lasciarlo fare, quando se la sarebbe sentita di parlare lo avrebbe fatto, come tutti anche Midorima aveva i suoi tempi.

«Come ti trovi a Los Angeles? Non che mi interessi, è solo che con Kazunari pensavamo di fare un bel viaggio questa estate.».
Sorrise comprensivo, in realtà gli stava chiedendo se si trovasse bene a vivere lì, «È una bella città, anche se non è casa.».
«Puoi sempre tornare a casa, lo sai Kuroko.».
No, non poteva — «Un giorno magari, chissà.».
«Abbiamo scoperto che eri partito quando siamo andati a controllare casa tua, era tutto normale, tranne per il fatto che il tuo armadio fosse vuoto, a quel punto fu facile capire la situazione. Akashi non ebbe reazioni esagerate, molto probabilmente era sotto shock, in compenso il crollo nervoso che tutti ci aspettavamo lo colpì una settimana dopo, il tempo di realizzare che non saresti tornato.».
Non voleva sapere, faceva troppo male anche solo pensarlo in quello stato, «Midorima-kun, so che è stato difficile per Akashi-kun.».
«No Kuroko, non lo sai, e hai il dovere di sentire tutta la storia.», gli occhi verdi, estremamente severi, fissarono gli azzurri, «Siamo stati con lui per un mese, la sera stessa della tua scomparsa era relativamente tranquillo, mangiò con noi in silenzio, fece le sue cose e poi andò a dormire. La mattina seguente iniziarono i primi problemi, ti chiamava costantemente al telefono, nonostante continuassimo a dirgli che te ne fossi andato non voleva crederci, andò avanti così per una settimana. Un giorno non vedendolo rientrare ci siamo preoccupati e abbiamo iniziato a cercarlo, lo trovammo a casa tua, seduto sul letto che fissava il tuo armadio vuoto, lì capimmo che aveva realizzato cosa fosse realmente successo. Da quella sera non ci rivolse più la parola, non ci ascoltò più, per quanto provassimo a rassicurarlo cercando di giustificare il tuo gesto, niente sembrava funzionare. Non potevamo essere preoccupati per te, perché Akashi stava troppo male, non mangiava più e se lo faceva si concedeva giusto un paio di bocconi, tanto per mantenersi in forze, non voleva più uscire, se non per andare all'università, fu un brutto periodo per tutti.
 Fortunatamente questa fase andò avanti solo per il mese in cui ci trasferimmo da lui, poi ne arrivò un'altra, iniziò a portarsi a casa il primo che capitava, ogni sera uno diverso, non c'è bisogno che ti spieghi come ingannassero il tempo.».
Kuroko inspirò profondamente per mantenersi calmo, «No, non ce n'è bisogno.».
Midorima annuì silenziosamente riprendendo la sua storia, «Con gli anni, piano piano, iniziò a diminuire il numero degli uomini con cui andava a letto, comunque è stato così che ha conosciuto Mayuzmi. Un giorno, durante una cena, ci disse di aver trovato una persona, eravamo felici per lui ovviamente, eravamo anche curiosi di conoscere il ragazzo che era riuscito a rimetterlo in piedi, sulla retta via, e quando lo incontrammo risultò chiaro a tutti che Akashi non era andato avanti, per niente. Forse non te ne rendi conto Kuroko, ma tu e Mayuzumi siete molto simili, vi piacciono le stesse cose, avete gli stessi interessi, come la lettura per esempio, non a caso sei riuscito a farci amicizia giusto? — Quello che voglio Kuroko, è che tu capisca che per Akashi, Mayuzumi, non è altro che un tuo sostituto, certo ha imparato a volergli bene, non è tanto insensibile, eppure restava un rimpiazzo da impiegare nell'attesa che tu tornassi e adesso sei qui, adesso sa che provi ancora qualcosa nei suoi confronti e non si arrenderà finché non ti riavrà al suo fianco, lo consci bene. Nessuno di noi vuole vederlo di nuovo ridotto in quello stato, perciò Kuroko se non sei intenzionato a tornare insieme ad Akashi, diglielo subito, diglielo prima che rovini quel poco di felicità che è riuscito a costruire senza di te.».
Kuroko cacciò via le lacrime che avevano iniziato a scendere da sole, «È quello che ho intenzione di fare Midorima-kun, semplicemente non mi ascolta.».
«Io non ti capisco Kuroko, non capisco perché tu sia partito con così tanta fretta e non capisco perché preferisci stare con quel tizio, mentre sei qui a piangere per Akashi.».
«Chi lo sa.», accennò un sorriso malinconico, «Akashi-kun è andato avanti cercando qualcuno che mi somigliasse, io ho fatto l'opposto immagino, ho scelto una persona che non me lo ricordi affatto.».
«Capisco, alla fine entrambi avete scelto percorsi diversi e simili allo stesso tempo.», con disinvoltura gli passò un fazzoletto, «La domanda è perché hai costretto entrambi a vivere degli anni tanto miserabili. Mio padre dice di averti visto in ospedale, poco prima che partissi, e che avevi una cartella clinica in mano Per caso c'entra qualcosa con la tua partenza improvvisa?».

Le gemme azzurre si spalancarono sorprese e in preda al panico. No. Non poteva essere possibile. Nessuno doveva sapere. Nessuno.

«Lo prendo come un sì.», sospirò guardandolo con apprensione, «Mio padre ha aggiunto anche che non eri in splendida forma per così dire... Kuroko, sinceramente, sono preoccupato per te.» Non era da Midorima esternare i propri sentimenti così apertamente, ma non era quello il momento per rifugiarsi dietro le sue barriere, «Sono un medico lo sai, perché non passi in ospedale? Facciamo degli accertamenti e ».
«Non è una cosa che può cambiare Midorima-kun, non ho bisogno di accertamenti.», ammise con un filo di voce.
«Kuroko la medicina è sempre in evoluzione, qualsiasi cosa tu abbia possiamo ».
«No, tu non capisci.», si alzò non volendo più portare avanti la conversazione, scappando di nuovo dalla verità, «Nessuno può fare niente per cambiare la situazione, però c'è una cosa che tu potresti fare per me, per il bene di Akashi-kun, non dirglielo.».
«Come posso non farlo Kuroko?», Midorima lo guardò confuso; davvero si aspettava che non avrebbe riferito all'amico un'informazione tanto importante? Però la decisione che lesse negli occhi dell'azzurro lo lasciò spiazzato, «Kuroko... — ».
«Fidati di me Midorima-kun, gli faresti più male che bene.», gli voltò le spalle rientrando nella stanza, «Ed entrambi vogliamo che Akashi-kun sia felice.».

Midorima restò seduto in veranda da solo, sapeva che avrebbe dovuto informare Akashi, eppure decise di optare per il silenzio. Kuroko non era così stupido da buttare la sua vita al vento, giusto?










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u

Eccoci alla fine del diciannovesimo capitolo. EEEEEEEEEEEE MACARENA! No okay torniamo seri xD

Il risveglio di Kuroko non è tra i più dolci, proprio no. Era talmente ubriaco da non ricordarsi di essere finito a fare zum zum con Akashi, poi piano piano inizia a ricordare eeeee panico!
Visto che nella seconda parte del capitolo abbiamo un clima un po' più pesante, ho voluto rendere il risveglio leggermente tragicomico(?), spero di esserci riuscita (nella mia testa Akashi può essere sia un dormiglione pazzesco, sia un mattiniero, per questa fic ho preferito il dormiglione perché ammettiamo è tanto carino :v)
Vediamo Kuroko preso come sempre dai suoi momenti di autoflagellazioni e crisi di morale, ammette che non avrebbe mai tradito Akashi o i suoi amici, e capisce che se lo ha fatto è perché Kagami e Mayuzumi non sono al loro livello, per quanto possa fare male e per quanto ingiusto possa essere è comunque così che stanno le cose.
Nella seconda parte del capitolo, per l'appunto, troviamo un incontro tra Kuroko e Midorima, ed è proprio quest'ultimo a raccontargli di quanto Akashi sia stato male in realtà, di come avesse tentato di sollevarsi senza mai riuscirci del tutto.... Sì Akashi si è zumzummato tutta Tōkyō e dintorni ma questi sono dettagli :v In sintesi, Akashi ha pensato bene di dimenticare Kuroko con Mayuzumi, molto simile a lui; Kuroko al contrario ha trovato Kagami, totalmente all'opposto di Akashi. Ah che bimbi malefici <3
Infine Midorima sgancia la bomba, tenta di convincere Kuroko a farsi visitare, eppure Kuroko è categorico, senza contare che riesce a persuadere Midorima di tenere la cosa per sé............ Oh sì posso percepire la vostra disperazione, musica per le mie orecchie ~
Personalmente mi è piaciuto scrivere di Midorima e Kuroko, anche se nella storia originale non vanno molto d'accordo in realtà sono amici. Midorima lo stima e proprio per questo non riesce ad accettare che Kuroko vada al Seirin invece di impiagare al meglio la sua abilità... Comunque sto andando fuori tema uvu Spero che il loro momento vi sia piaciuto proprio come è piaciuto a me <3

Bene, penso di aver detto tutto, spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 21
*** 20 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. 









 

«Kuroko-san, può venire un attimo per favore?».

Sentendosi chiamare l'azzurro si diresse verso l'allestitore della passerella – uno dei tanti – e cordialmente gli fornì le indicazioni richieste.
La ʻBelle Salle Shibuya Gardenʼ, era un'ampia sala che aveva ospitato diversi eventi di moda; il soffitto costellato di fari per l'illuminazione facevano risplendere l'ambiente, il pavimento ecru e le pareti tendevano più al beige, classica ed elegante. Anche se in quel momento somigliava più ad un campo di battaglia, cavi elettrici ovunque e gremita di persone: addetti al suono, alle luci, allestitori, gente continuava a portare sedie sistemandole intorno alla passerella. Il caos.
Erano passate due settimane, forse qualche giorno in più, dal loro rientro a Tōkyō. Kuroko era riuscito a reggere la pressione, non sapeva nemmeno lui come, eppure lo aveva fatto: sceso dal treno aveva salutato il compagno, gli amici ed era tornato al ryokan insieme a Kagami. Da quel giorno Kuroko si era tenuto impegnato, un paio di sere era uscito con Aomine e Kise, con il compagno andavano ogni giorno al locale di Himuro e Murasakibara; l'unico che non vide più fu Midorima e ovviamente aveva evitato ogni tentativo di riavvicinamento da parte di Akashi, impresa non facile da portare a termine. Akashi era insistente, chiamava, mandava messaggi, si presentava a lavoro con il pretesto di fare una sorpresa a Mayuzumi, e Kuroko sgattaiolava sempre via prima che l'altro potesse emettere un fiato.
Sì, ogni occasione era buona per Akashi Seijuurou, quindi l'azzurro non fu affatto sorpreso quando lo vide entrare nella sala e avvicinare Mayuzumi; Kuroko chiese spiegazioni ed in effetti, per una volta, la presenza del rosso era giustificata, visto che era stato lui in persona a prendere accordi per ottenere lo spazio.
Kuroko non era sorpreso del comportamento dell'ex compagno, affatto, ma dell'atteggiamento del suo datore di lavoro, ebbene sì, molto sorpreso; da quando era tornato Mayuzumi non faceva altro che porgli domande inusuali e l'azzurro percepiva una certa ostilità, sottile, velata, comunque sempre presente Non che non avesse tutti i torti ad avercela con lui, pensò Kuroko, però conoscendo Akashi era certo che non gli avesse detto niente, perciò da dove veniva fuori tutta quella tensione? Per quale motivo? — Alla fine arrivò alla conclusione che non poteva preoccuparsi anche per gli umori di Mayuzumi.

«Kuroko-san, a questa altezza va bene?».
«No, lo abbassi ancora un po' per favore.».

Sul serio che ci faceva lì? A dare indicazione su come avrebbero dovuto appendere i dipinti, a lavorare con lo sguardo di Akashi piantato sulla schiena? — Per fortuna la sfilata si sarebbe tenuta il giorno dopo e l'indomani successivo sarebbe tornato a Los Angels.
Leggermente a disagio si voltò incrociando lo sguardo con le iridi eterocrome, erano distanti da lui e lo stesso riuscirono ad incantarlo. Sì, sarebbe partito, perché Kuroko aveva un piano ben delineato in mente: andare via, non tornare più e lasciare che Akashi si dimenticasse di lui, fino a quando non sarebbe diventato semplicemente un bel ricordo, forse un po' nostalgico, comunque piacevole; poteva aver fatto qualche errore di calcolo, questa volta non avrebbe sbagliato.



Era solo a casa, solo e in preda alla paura, velocemente lesse il referto e quando realizzò cosa ci fosse realmente scritto lo lasciò cadere a terra.

«No ».

La supplica non venne ascoltata, le gemme azzurre si riempirono di lacrime e la disperazione prese il sopravvento su tutte le altre emozioniTetsuya piangeva, singhiozzava incapace di smettere. Il dolore arrivava ad ondate togliendogli il respiro, si strinse da solo tentando di sfogarsi ma era impossibile.

«Ti prego... No ti prego... Per favore... no... ».

Pregare sarebbe stato inutile, lo sapeva bene, solo che doveva pur aggrapparsi a qualcosa, a una piccola speranza che si fossero sbagliati, che non fosse quello l'esito giustoTetsuya pregava, chiedeva ʻper favoreʼ, piangeva, pensava a Seijuurou, implorava di far smettere quella sofferenza. Non aveva più niente, aveva perso tutto. Questa volta per davvero.

«Non posso... Non posso fargli questo... Non ».

Non seppe per quanto tempo rimase sul divano a disperarsi, a tentare di trovare una soluzioneAvrebbe potuto dirlo a Seijuurou, infondo aveva tutto il diritto di sapere, , e poi? Cosa avrebbero fatto? No, dirlo a Seijuurou era fuori questione e lui non poteva restare lì, non sarebbe riuscito a far finta di niente, non più... Non c'erano molte altre alternative.
Sconvolto raccolse il foglio da terra andando in camera sua, doveva andare via, lontano. Dal computer prenotò un biglietto di sola andata per Los Angeles la prima opzione che aveva notato e diverse notti in un albergo, sarebbe partito la mattina seguente; esitante mise tutti i vestiti in valigia, infine prese il foglio rinchiudendolo in una scatola insieme agli altri documenti, che nascose a sua volta nel doppio fondo dell'armadio. Per un momento pensò di portarlo con sé, eppure decise di lasciarlo lì, magari i suoi amici l'avrebbero trovato un giorno e avrebbero compreso il perché del suo gesto, questa era la speranza. Ora restava solo una cosa da fare, la più difficile, andare a salutare il ragazzo che amava, più di se stesso.
Arrivò da Seijuurou intorno alla mezzanotte, probabilmente stava già dormendo, ma che importanza aveva? Sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe svegliato, non lo avrebbe più scoperto a tradimento, non avrebbe più aperto la finestra, non gli avrebbe più tolto il cuscino pur di farlo alzare. Ecco gli veniva di nuovo da piangere, per fortuna riuscì a controllarsi e si decise a suonare un numero infinito di volte il campanello.

«Tetsuya? È tardi che... », assonnato lo esaminò meglio, «Sei tutto bagnato, si può sapere che succede? Stai bene?».

Era così bello, così bello e perfetto, non voleva fargli del male, non voleva vederlo distrutto «Fuori piove, ho dimenticato l'ombrello a casa e mi mancavi, posso entrare?».
Seijuurou si fece da parte lasciandolo passare, poi chiuse la porta alle sue spalle, «Vado a prenderti dei vestiti asciutti, perché intanto non vai a fare una doccia calda?».
«Per domani c'è un cambio di piani Sei-kun, ci vediamo direttamente alla festa, ci sono problemi per te?», chiese tentando di risultare normale ai suoi occhi, non sapendo se ci stesse realmente riuscendo.
In risposta il rosso lo guardò confuso, «No, nessun problema, che devi fare di tanto urgente?».
«Pensavo di andare a trovare mamma e papà, inoltre ho diverse commissioni da sbrigare.».
«Come preferisci Tetsuya, se vuoi ti accompagno.».
«Vado la mattina presto Sei-kun, dubito che ti sveglierai.», sorrise abbracciandolo.
«Tetsuya, sicuro che va tutto bene?».
L'azzurro annuì concentrandosi sulle sensazioni che provava nello stare vicino a lui, tutte belle, tutte estremamente positive, calde «Sei-kun, fa' l'amore con me.».

Lasciò indietro il resto della frase, il fatidico ʻper l'ultima voltaʼ, non lo disse a Seijuurou e nemmeno a se stesso. Voleva semplicemente viverlo e una volta finito, stare tra le sue braccia fino all'ultimo momento.
Gli disse di amarlo, Seijuurou gli chiese di fargli una promessa, ʻprometti che non mi lascerai maiʼ e Tetsuya gli rispose che non l'avrebbe mai lasciato, glielo promise.
Il fidanzato aveva intuito che c'era qualcosa di strano, qualcosa di sbagliato, perché Tetsuya non sapeva mentire, perché Seijuurou non era stupido, solo non aveva la certezza di cosa fosse e andava bene così.
Le gemme azzurre lo osservarono scivolare nel sonno e dormire placidamente; non poteva smettere di guardarlo, voleva ricordarsi ogni cosa, ogni tratto del suo volto, i suoi occhi, il suo naso, le sue labbra. Passò più e più volte le dita tra i capelli magenta, morbidi, profumati e scompigliati in quel momento; vi affondò il volto stringendolo a sé «Mi dispiace... ».
Erano le quattro di mattina quando decise di alzarsi dal letto, altrimenti non sarebbe mai andato via, non ne avrebbe avuto il coraggio. Si rivestì e passò un'altra ora a tentare di mettere nero su bianco i suoi sentimenti, più ci provava più le lacrime scendevano da sole, alla fine scrisse la lettera, ma la portò via con sé.
Tentando di non pensare, Tetsuya prese il primo treno della giornata con una meta precisa, andò al cimitero a salutare i suoi genitori, non sapendo quando avrebbe potuto rifarlo.

L'azzurro non prestò attenzione alle classiche indicazioni prima del decollo, sinceramente non gliene poteva importare di meno; voleva solo partire e lasciarsi tutto le spalle, anche se non poté impedirsi di piangere, ancora una volta, quando dall'oblò vide la sua città farsi sempre più piccola, sempre più piccola fino a sparire, come la sua famiglia, come Seijuurou
.


«Kuroko-kun? Mi stai ascoltando?».
Si destò dal sogno ad occhi aperti guardando il suo interlocutore, «Scusa Mayuzumi-kun, ero distratto. Dicevi?».
«Dovresti andare a controllare la sala dove si terrà la festa dopo la sfilata, qui ormai è quasi tutto pronto, presto inizieremo le prove.».
«Ma le sedie sono ancora da mettere tutte a posto e — ».
«Kuroko-kun.», forse era stato brusco, «Davvero mi servi di là.», decise che non aveva importanza.
«Come preferisci.».

Mayuzumi osservò l'amico, o meglio la persona che credeva essere suo amico, allontanarsi e lo seguì con lo sguardo finché non lo vide uscire dalla sala.
Non voleva che si trovassero nella stessa stanza, Kuroko e il suo compagno non dovevano stare nella stessa stanza, perciò quando aveva visto Akashi entrare si era affrettato a trovare una scusa per far allontanare Kuroko.
Intuito? Sesto senso? — No questa volta era qualcosa di più realistico, semplicemente aveva capito che tra quei due ci fosse qualcosa di incompiuto, che ancora non volesse crederci però era una sua decisione, si limitava a prendere solo le dovute precauzioni.
Mayuzumi era convinto che il compagno lo amasse, era questa la sua forza e non voleva farla vacillare, nemmeno per un secondo. Si sarebbe battuto per Akashi, il problema era non sapere contro cosa Mayuzumi stesse combattendo: si trattava semplicemente di gelosia ingiustificata? Un vecchio ritorno di fiamma? Una sbadata? Una sconfitta totale? — Non ne aveva la minima idea, gli eventi cambiavano in fretta e lui doveva stargli dietro, a tutti i costi.
Il ragazzo dai capelli argentati aveva notato nel compagno un diverso comportamento nei suoi confronti, usciva la mattina presto e tornava a casa quando ormai Mayuzumi era nel mondo dei sogni già da un bel pezzo; quelle poche volte che Akashi usciva dal suo studio per accontentarlo e guardare un film insieme, si sedeva sempre distante, non troppo, con una manciata di documenti su cui continuava a lavorare. Visto che stava fuori tutto il giorno anche la loro vita intima aveva subito una frenata improvvisa, Mayuzumi provava a prendere l'iniziativa ad ogni occasione possibile, ricevendo in cambio continuamente la stessa educata risposta, ʻperdonami Chihiro, è un periodo stressante in ufficioʼ per poi scansarsi, o lo allontanava, sempre con molto tatto ed accurata gentilezza. Nonostante tutto, se a casa le cose non andavano poi così bene, le sorprese del compagno non facevano altro che aumentare, per esempio, appena poteva, Akashi andava a trovarlo in atelier, s'interessava molto di più all'organizzazione della sfilata, era molto aperto al dialogo — e chiedeva di Kuroko, con disinvoltura, leggerezza, estrema naturalezza, comunque voleva informazioni su di lui.
Più Mayuzumi sentiva il compagno nominare ʻTetsuyaʼ, più la gelosia, la sua insicurezza, cresceva. Non è che Akashi dicesse chissà cosa di particolare, anzi, erano domande di cortesia, ʻcosa avete fatto tu e Tetsuya oggi?ʼ oppure, ʻTestuya è riuscito a finire il set d'ambra? — Ieri mi avevi riferito che si trovava piuttosto indietro, sarebbe un peccato per la tua sfilata, non trovi anche tu Chihiro?ʼ. Odiava che il compagno chiamasse l'azzurro per nome, così liberamente, anche se doveva fare i conti con la realtà, ovvero che il rosso non amava rivolgersi alle persone per cognome, se ne aveva la possibilità.
Mayuzumi ricordava la sera in cui si erano conosciuti, era stato Akashi ad andare da lui e l'aveva sedotto, con il suo sguardo, il piccolo ghigno di chi sapeva molte cose, il suo modo di fare charmant, la sua eleganza e quel pizzico di presunzione, mista arroganza. Quando lo sentì per la prima volta chiamarlo ʻChihiroʼ, pensò che non potesse esserci suono più bello, ricordava che provò un briciolo di delusione quando capì di non essere speciale ai suoi occhi, che il privilegio di essere chiamato per nome non fosse riservato solo a lui, ma non fu mai geloso, mai — fino a quel ʻTetsuyaʼ di troppo.

Lo raggiunse stringendogli la mano, «Sei, sta venendo bene non trovi?».
«Sarà un successo Chihiro, ne sono convinto. Con tuoi abiti e i disegni di Tetsuya gli ospiti resteranno incantati.».

Akashi e Kuroko avevano avuto una storia, che quest'ultimo aveva interrotto bruscamente, questo era tutto quello che sapeva il ragazzo dai capelli argentati.

«Mi merito un bacio d'incoraggiamento non trovi?», sorrise posandogli le mani sul petto e ricevette quello che aveva chiesto, più o meno.
Akashi lo baciò poggiando leggermente le labbra su quelle del compagno, quando all'improvviso si sentì chiamare, «Scusa Chihiro, credo che la mia attenzione sia richiesta altrove.».

Mayuzumi era convinto che il compagno lo amasse, era questa la sua forza e non voleva farla vacillare, nemmeno per un secondo, eppure si ritrovò a chiedersi se fosse realmente così. Non lo aveva baciato, gli aveva appena dato un contentino.

 

*


Midorima era preoccupato e lo aveva detto apertamente all'azzurro. Era in apprensione per entrambi in realtà, anche se in modo diverso: non voleva che Akashi buttasse via tutto per inseguire un vecchio amore, seppur ancora così forte, voleva che fosse felice e Midorima sapeva bene che Kuroko non era intenzionato a tornare con lui, ed ecco la sua seconda preoccupazione, la più incalzante.


ʻNessuno può fare niente per cambiare la situazione, però c'è una cosa che tu potresti fare per me, per il bene di Akashi-kun, non dirglielo


Quella frase continuava a girargli per la testa, non gli dava pace. Non avrebbe dovuto dire all'amico di aver visto Kuroko prendere furtivamente delle medicine, che evidentemente si era sottoposto a degli esami prima di partire e che questi centrassero con la sua scomparsa. Midorima era pronto a dire di no, che non poteva tenere un'informazione tanto grande solo per sé, eppure quando le giade verdi e brillanti si erano scontrate con l'acqua marina, rimasero stupite da quanta determinazione mostrasse l'altro; ostinazione, caparbietà, era sempre stato così tremendamente testardo — E fu proprio la decisione che lesse negli occhi dell'amico a farlo desistere, ad acconsentire a mantenere il segreto, però almeno voleva tentare di capire cosa stesse effettivamente nascondendo l'azzurro. Se fosse stato qualcosa di grave, Midorima non se lo sarebbe mai perdonato.
Tornato dal weekend a Kyōto, ogni momento libero lo impiegava a sfogliare i pesanti tomi di medicina che aveva studiato per tutta la durata dell'università. Non sapeva nemmeno cosa cercare in realtà, però un tentativo doveva farlo.

«Shin-chan così ti perderai tutto il film, per una volta che entrambi non siamo di turno in ospedale ~ ».
«Scusa Kazunari, ma devo prima capire che sta succedendo.».


Takao si alzò comprensivo abbracciando da dietro il compagno immerso in una pesante lettura; ʻShin-chanʼ si era sfogato con lui, raccontandogli come mai fosse tanto teso, anche se ci volle un po' per convincerlo a parlare.
In silenzio il moro aveva ascoltato le sue preoccupazioni non sapendo come poterlo aiutare; al ritorno dalla piccola vacanza era andato a prenderlo in stazione per salutare il vecchio amico, gli sembrò che Kuroko stesse bene, da infermiere assisteva persone malate tutti i giorni, in confronto l'azzurro ai suoi occhi era sano come un pesce, eppure tutta quella storia non convinceva nemmeno Takao.

«Hai fatto qualche progresso?», chiese sedendosi in braccio al compagno con naturalezza. Midorima con altrettanta naturalezza glielo permise — «No.», ammise desolato, «Non faccio altro che passare da un argomento all'altro, ho controllato le patologie autoimmuni, genetiche, autosomiche... Ma sono troppe, se non si fa visitare non riuscirò mai a capire cosa abbia, l'unica certezza è che non è visibile dall'esterno, altrimenti Akashi se ne sarebbe accorto. Non che così sia più semplice comunque.», sospirò chiudendo il libro davanti a sé, da sotto gli occhiali si stropicciò gli occhi, segno di stanchezza.
«Quindi niente rush, dermatiti, edemi o ecchimosi e mille altre cose, beh è un passo avanti.», sorrise per tirarlo su di morale poggiando la testa sulla sua spalla, «Shin-chan hai bisogno di riposare, lo hai detto tu, è impossibile capire cosa abbia se non — ».
«E se fosse qualcosa di grave Kazunari? Se fosse qualcosa di grave e io non sono riuscito a capirlo per tempo? — Non posso arrendermi in questo modo.».
«Tu hai fatto quello che potevi Shin-chan e poi è una scelta di Kuroko-kun, credo che vada rispettata la sua decisione.».

Midorima iniziò a pulire le lenti distrattamente, si chiese come si sarebbe comportato se Takao fosse scomparso dalla sua vita, francamente non riusciva ad immaginarselo, anche perché il compagno gli stava sempre appiccicato; allora provò a fare il ragionamento inverso, si chiese come avrebbe reagito Takao se lui se ne fosse andato all'improvviso, curiosamente non riuscì a focalizzare nessuna straziante immagine nella sua mente, forse perché trovava impossibile il fatto di lasciarlo e la cosa lo fece arrossire.

«Shin-chan? ~ ».

Midorima amava l'insopportabile koala, o adorabile pitone, con cui condivideva il letto da anni, non glielo diceva troppo spesso, ne era consapevole, però era altrettanto certo che l'altro percepisse tutto l'amore che provasse nei suoi confronti, nonostante fosse burbero e brusco alle volte.
Separarsi da Takao? — No, era semplicemente impossibile. Non lo avrebbe mai ammesso apertamente – o comunque non senza un notevolesforzo – , ma in realtà avrebbe fatto qualsiasi cosa per il compagno, qualsiasi pur di vederlo sorridere: mangiava i suoi bentou infantili, aveva acconsentito ad indossare delle ridicole pantofole a forma di panda – perché le aveva comprate per entrambi – , aveva accettato di far entrare in casa loro un'orribile abat-jour a forma di ballerina hawaiana – stupido Takao e i suoi acquisti compulsivi – e sapeva che, molto presto, avrebbe acconsentito anche a prendere un gatto. Era da un po' di tempo che Takao continuava ad ossessionarlo con quella storia; non è che a Midorima non piacessero gli animali, solo che preferiva di gran lunga il suo appartamento, pulito e disinfettato — Scrollò appena le spalle, avrebbe semplicemente dovuto pulire di più, lo avrebbe fatto e Takao sarebbe stato felice.
Midorima sapeva che avrebbe condiviso e affrontato ogni possibile difficoltà, con il compagno al suo fianco, rendendolo sempre partecipe, erano una coppia.
Akashi e Kuroko invece erano diversi, si ritrovò a pensare quasi stupito, stavano sempre insieme, al limite del simbiotico, ed entrambi avevano questa urgenza di proteggere l'altro dalle brutte cose, per quanto possibile. Midorima lo trovava strano, non è che non uscissero mai da soli, non era quel tipo di rapporto, sia Akashi che Kuroko avevano la loro vita, i loro impegni e non sempre combaciavano, ovviamente; no, non era semplice ʻmorbositàʼ, pensò Midorima, era qualcosa di più sottile: una connessione mentale, necessità, bisogno di stare insieme, di accertarsi che l'altro stesse bene, di sentirsi vicini, quasi un istinto primordiale — Ai tempi delle scuole non ci aveva prestato particolare attenzione, forse perché ormai Midorima si era abituato a vederli così uniti, eppure adesso era chiaro ai suoi occhi che il rapporto tra Akashi e Kuroko non era affatto normale. Perché ritrovarsi a desiderare la stessa persona, dopo otto anni di silenzio, non poteva essere considerato normale.
Midorima e Takao litigavano, in dieci anni di relazione avevano avuto piccole crisi e le avevano superate, alcune con serenità, altre si erano rivelate un po' più difficoltose; proprio come Aomine e Kise, oh quando quei due iniziavano era meglio tenersi a distanza: Kise era la reginetta del dramma e Aomine il re del menefreghismo; Akashi e Kuroko? — Mai una lite in sei anni, tolti i piccoli bisticci infantili – quelli accadevano anche troppo spesso per i suoi gusti – .
Midorima aveva un suo limite di sopportazione nei riguardi dell'esuberanza di Takao proprio come Aomine lo aveva nei confronti di Kise – . Se lo avessero chiuso a chiave in una stanza con il compagno, probabilmente avrebbe resistito mezz'ora, poi lo avrebbe ammazzato – con tutto l'amore del mondo – ; Akashi e Kuroko chiusi a chiave in una stanza? — Avrebbero iniziato a parlare, a lasciarsi andare a dolci effusioni, magari sarebbero stati anche in silenzio tenendosi per mano, scocciati per essere rinchiusi, eppure felici di esserlo insieme, per quanto tempo non avrebbe avuto importanza.
No, non poteva essere normale avere un rapporto del genere.

«Terra chiama Shin-chan ~ ».
Midorima si destò dai suoi pensieri guardando il compagno, «Scusa, stavo pensando ad una cosa.».
«Mh cosa? ~ ».
«A cosa avrebbe fatto Akashi se Kuroko fosse rimasto chiuso da qualche parte.».
«Che domande ~ », rise divertito, «Avrebbe buttato giù la porta a calci ~ ».
«E se fosse stato Akashi? Secondo te che avrebbe fatto Kuroko?».
«Probabilmente avrebbe costretto qualcuno a prendere a calci la porta al posto suo? ~ », chiese retoricamente guardando gli occhi verdi, «Come mai questa domanda Shin-chan?».
«Niente, mi sono reso solo conto che la loro relazione è sempre stata particolare.».

Takao sorrise per poi tirare fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni, «Guarda Shin-chan, sono i cuccioli della gatta di Fujita-san, ora hanno tre mesi, prendiamone uno ~ ».
Ecco che ricominciava con la storia del gatto, sbuffando lasciò passare le dita fasciate tra i capelli corvini, «Va bene, prendiamone uno, però te ne occuperai tu.».
Il moro lo abbracciò di slancio ignorando le proteste dell'altro, forse con troppo slancio visto che caddero a terra con tutta la sedia – ovviamente questo non gli impedì di continuare ad abbracciarlo – «Non preoccuparti! Shin-chan sarà super educato! ~ ».
Oh no — «Kazunari non chiamerai il gatto ʻShin-chanʼ, sai la confusione che si verrebbe a creare?».
Ovviamente Takao lo ignorò, «Invece sì, non ci sono abbastanza ʻShin-chanʼ per me in questo mondo ~ » — lo baciò sulla guancia vedendolo arrossire vistosamente, «Però stavo pensando una cosa, quando entrambi saremo in ospedale Shin-chan si sentirà solo, prendiamo due gattini ~ ».
«Col cavolo Kazunari! Fattene bastare uno!».

Il ragazzo dai capelli verdi ancora non sapeva che avrebbe perso anche quella battaglia, alla fine si sarebbero ritrovati in quattro nel curato e ordinato appartamento: Midorima Shintarou, Takao Kazunari, Shin-chan e Kazu-chan — Perché fondamentalmente il suo compagno era un cretino.

 

*


«Mayuzumi-kun, scusa ma devo assentarmi per un paio d'ore. Taiga-kun sta venendo per mangiare qualcosa insieme.».
«È già ora di pranzo? — Il tempo vola quando ci si diverte.», sospirò spuntando di mano in mano le cose già fatte e quelle da ultimare, «Sì certo, vai pure Kuroko-kun, tra qualche secondo prendo una pausa anche io.».
«Va bene, ci vediamo più tardi.».

L'azzurro si congedò educatamente per poi uscire dalla sala, aveva un gran mal di testa, colpa della gente, del caos e dei rumori, sperò che un analgesico avrebbe aiutato.
Non aveva più visto Akashi in giro, probabilmente era tornato nel suo bell'ufficio, meglio così. Si stava avviando verso l'uscita quando andò a sbattere contro qualcuno, educatamente chinò il capo, «Mi scusi, ero distratto.».
«Tetsuya, che piacevole coincidenza. Vai da qualche parte?».
Sorpreso? — No, ormai ci aveva fatto l'abitudine, Kuroko e la dea bendata non andavano d'accordo, «A mangiare un panino. Se non ti dispiace.».
Akashi lo vide superarlo con determinazione, purtroppo per lui non l'avrebbe lasciato scappare tanto facilmente, non ora che finalmente erano soli e potevano parlare.
Insieme all'azzurro uscì dall'edificio per poi trattenerlo per un polso, «Tetsuya ho la vaga sensazione che tu mi stia evitando. Non è carino non rispondere al telefono, né ai messaggi.» — Tetsuya stava facendo di tutto per non ritrovarsi solo con lui, non ci voleva un genio per capirlo, e dire che questo lo infastidisse era un eufemismo.
«Perché stai diventando assillante Akashi-kun.», borbottò di rimando tentando di liberarsi dalla presa.
«Dobbiamo parlare Tetsuya e tu lo sai.».
«Io non ho altro da dirti, se non che dopodomani tornerò a Los Angeles.».
«Tetsuya ».
«Ora lasciami andare, Taiga-kun e Mayuzumi-kun arriveranno a momenti.».

Akashi sentì distintamente la rabbia scorrere attraverso le vene, poteva quasi avvertirne il sapore in bocca. Odiava sentirlo chiamare per nome un altro uomo che non fosse lui, odiava sapere che sarebbero andati insieme da qualche parte, odiava il fatto che condividessero il letto, che quel Taiga lo avesse anche semplicemente sfiorato; otto anni senza Tetsuya, senza sapere se stesse bene, se stesse male, se si sentisse solo Otto anni a cercare qualcuno che gli somigliasse, per andare avanti in qualche modo, nella speranza che sarebbe tornato un giorno, e adesso avrebbe dovuto lasciarlo partire? — Non ci pensava nemmeno.

«Sai di amarmi Tetsuya, me e non quel palestrato dall'intelligenza limitata.», inconsapevolmente gli bloccò i polsi dietro la schiena predominando sull'azzurro, «Dimmi, dopo aver fatto l'amore con me a Kyōto, sei più riuscito ad essere intimo con il tuo ʻcompagnoʼ? È stato altrettanto appagante?».
Kuroko si mosse appena evitando di guardarlo, no, non c'era più riuscito, «Questi non sono affari che ti riguardano Akashi-kun.».
«Oh invece tutto ciò che ti riguarda ha a che fare con me.», mantenne salda la presa, prestando comunque attenzione, non voleva fargli male, «Compresa la tua partenza improvvisa.».
«Akashi-kun, la gente ci sta guardan ».
«Ti amo Tetsuya, nonostante tutto il male che mi hai fatto, ti amo come se fosse il primo giorno. Cosa devo fare per fartelo capire? Cosa devo fare per impedirti di lasciarmi di nuovo?».
«Per favore, Mayuzumi-kun ha detto che sarebbe salito a momenti. Lasciami andare.».

Akashi Seijuurou era sempre stato un ragazzo rispettoso, non aveva importanza chi si trovasse da vanti, la sua educazione gli imponeva di essere corretto; aveva tutte le intenzioni di riprendersi l'amore che credeva perduto e per giustizia avrebbe dovuto lasciare Mayuzumi, Akashi lo sapeva bene e lo avrebbe fatto. Il suo piano era di interrompere la relazione quando il progetto su cui Mayuzumi stava lavorando da anni sarebbe finito. Aveva stabilito che il momento giusto sarebbe stato il giorno seguente alla sfilata, solo che a quel punto Kuroko sarebbe partito e questo Akashi non lo aveva messo in conto. Non aveva più tempo.
I due si guardarono rimanendo in silenzio, specchiandosi come erano soliti fare, per leggere cosa stessero provando in quel momento... E Akashi prese la sua decisione.

«Chihiro non è un tuo problema, semmai è il mio.».

Con sicurezza, poca grazia, rabbia e frustrazione, il rosso fece scontrare le labbra con quelle dell'amato, lo lasciò andare solo per un attimo, per stringerlo a sé, impedendogli di scappare.
Non c'era più nessuno, solo loro due, persi nel loro piccolo mondo, in tutto quello che erano insieme e che potevano ancora essere fino a quando Kuroko non lo spinse via bruscamente, allontanandosi senza aggiungere una parola e Akashi prese la direzione opposta alla sua.

Sì, era bello chiudersi nel proprio universo personale e se per loro il tempo sembrò fermarsi, in realtà non fu così: la gente continuava a camminare per strada, le macchine impazienti erano ferme al semaforo; un paio di occhi spenti e grigi avevano assistito a quel bacio rubato rifiutato solo in parte – , non furono sorpresi di assistere alla scena piena di pathos, si sentivano semplicemente feriti e delusi — Infondo dentro di sé Mayuzumi l'aveva sempre saputo, adesso ne aveva avuto semplicemente la conferma.

 

 






 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del ventesimo capitolo! Più conosciuto come “il capitolo dell'altalena emotiva”(?), perché affrontiamo diverse situazioni, passando dall'agst (come sempre) nel flash back (scusate se Kuroko è forse leggermente
OOC – anche se nel Teikou Arc viene realmente mostrato disperato perciò boh – ma è realmente sconvolto) alla preoccupazione di Midorima, al fluff con Takao, alla rabbia di Akashi e alla delusione/tristezza di Mayuzumi. Evviva!
Kuroko continua a chiedersi perché ha accettato di tornare a Tōkyō, percepisce la tensione, non è sincero con Kagami, avverte l'ostilità di Mayuzumi e la pressione di Akashi (ma poraccio davvero xD).
C'è Midorin con le sue riflessioni, che cerca di capire quale sia esattamente il problema, senza riuscirci ovviamente, e ci permette di conoscere meglio l'AkaKuro, com'erano quando stavano insieme, arrivando alla conclusione che il loro rapporto non era normale. Perché si litiga nella vita, si discute, a volte ci si lascia e poi ci si riprende, Midorima ci permette di capire che Akashi e Kuroko non erano così, anzi, tutti cuori e fiori.
Troviamo anche le riflessioni di Mayuzumi, il suo rapporto con Akashi, come è nato e come si è trasformato nel corso del tempo. Mayuzumi vuole combattere per la sua relazione, non sa contro che situazione sta andando in contro, ma alla fine capisce che non c'è molto da fare, o da poter salvare. Non si può più rimandare l'inevitabile a quanto pare......................
Akashi non ha intenzione di mantenere un piede in due scarpe, non vuole la botte piena e la moglie ubriaca come si suol dire xD Più la certezza di riavere Tetsuya si fa forte, più sa di dover lasciare Mayuzumi, il che è un immenso sforzo e sacrificio se vogliamo. Non ha la certezza che Tetsuya torni da lui, è un adulto che si è costruito una vita decente, insomma le cose che abbiamo detto diverse volte. Comunque dopo il weekend prendere la decisione di lasciare Mayuzumi il giorno dopo la sfilata, giorno in cui Kuroko sarebbe partito. Per questo si “frega” con le sue stesse mani, seguendo il suo istinto e i suoi sentimenti. Lo bacia e Mayuzumi vede tutto.
OOOOOOPS.

AH IO VE LO DICO!! DI CERTO NON VOLETE PERDERVI IL CAPITOLO DI MERCOLEDÌ! FANGIRL AVVISATE MEZZE SALVATE!!


Spero che i personaggi siano
IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 22
*** 21 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. 










 

Poggiato allo stipite della porta, braccia conserte e sguardo apatico, Mayuzumi osservava quello che ancora per poco sarebbe stato il suo compagno: era in piedi, con un asciugamano legato in vita, intento ad asciugarsi i capelli con il phon; il prezioso bracciale si ergeva sul suo polso, quasi a sfidarlo, ʻguarda, guarda quanto sono importanteʼ.
Non aveva detto niente, non aveva riferito al presunto compagno di averlo sorpreso a baciare un altro uomo, prima aveva bisogno di incassare il colpo, di realizzare che il grande Akashi Seijuurou o era molto stupido in realtà, o semplicemente non gliene importava niente di lui, altrimenti perché mai lasciarsi andare in quel modo sapendo di poter essere scoperto?
Mayuzumi si sentiva tradito e ferito, pensava che Seijuurou lo amasse, che Kuroko fosse suo amico, evidentemente si era sbagliato. Nonostante avesse visto l'azzurro respingerlo, era palese agli occhi di Mayuzumi quanto non volesse farlo, quanto fosse felice di ricevere quel tipo di attenzioni. Che ipocrita, pensò arrabbiato, se vuoi una persona perché fingere? — Dannazione, se desideravano tanto stare insieme davvero non sarebbe stato lui ad impedirglielo.


«Chihiro, se non ti sbrighi farai tardi, sono sicuro che ti stanno aspettando per iniziare le prove.», non si voltò per guardarlo, poteva benissimo vederlo riflesso nello specchio.
«Sì, ora vado, stavo solo ammirando il tuo bracciale, è davvero molto bello.», rispose senza lasciar trasparire nessuna emozione, «D'altronde è opera di Kuroko-kun, se era già così bravo da adolescente non mi sorprende che adesso crei tali capolavori.».
Seijuurou spense l'asciugacapelli decidendosi a girarsi per poter guardare il compagno, non era possibile che Chihiro conoscesse il significato di quel gioiello, aveva chiuso il disegno a chiave nel cassetto della sua scrivania, quindi c'era una sola soluzione, «Chihiro, per caso hai ».
«Possiamo saltare la parte dove tu mi chiedi se ho frugato nel tuo cassetto, io ti dico di sì e tu ti arrabbi tentando di cambiare argomento?», sospirò staccandosi pigramente dallo stipite della porta, «Vorrei arrivare direttamente al punto dove io dico di averti visto baciare Kuroko, io mi arrabbio e tu stai zitto ad ascoltare.».
«Chihiro ».
«No, il tuo ruolo adesso è quello di stare in silenzio.», non distolse lo sguardo e un sorriso ironico si dipinse sul suo volto, «Devo farti i miei complimenti, davvero una bella scena straziante, così coinvolgente, tu che lo trattenevi e lui che si dimenava per allontanarti — Wow... È stato davvero emozionante, ho ancora la pelle d'oca ripensandoci.».
Seijuurou da parte sua lasciò correre l'irritante ironia, solo perché sapeva di aver commesso un errore nei suoi confronti, «Sei arrabbiato, hai tutto il diritto di esserlo.».
«Perché non mi hai detto subito che avevi avuto una storia con lui? Per poter fare le vostre cose in tranquillità? Da quanto va avanti la tresca?».
«Tetsuya non ha voluto dirtelo per non creare imbarazzo a lavoro, tutto questo non era programmato Chihiro, non si tratta di una ʻtrescaʼ, come l'hai definita tu.», solo pensare a Tetsuya in quel modo lo fece innervosire, il sentimento che provava nei suoi non era così volgare e carnale, così infimo da rilegarlo nel ruolo di amante — «Se non ti spiace vorrei affrontare questa discussione con dei vestiti addosso, anziché mezzo nudo.».
Myuzumi lo seguì in camera osservandolo scegliere il completo da indossare, «Cosa è successo quando siete rimasti chiusi nell'ascensore.».
L'incriminato smise di abbottonare la camicia guardandolo, «Immagino che tu sappia cosa sia accaduto Chihiro.».
«Voglio sentirtelo dire Seijuurou.».
«Ci siamo baciati, è stata la prima volta.».
«Sei stato tu o ti ha baciato lui?».
Perché voleva farsi tanto male? — Seijuurou non riusciva proprio a capirlo, «Non ha importanza.».
Mayuzumi in risposta alzò un sopracciglio scettico, «Sì che ne ha, rispondi, tu o lui?».
«Io, sono stato io a baciarlo.», ammise finendo di vestirsi.
«Ci sei andato a letto vero? — Durante la vostra bella luna di miele a Kyōto intendo.».
In tutta sincerità il rosso avrebbe risposto di no, stare con Tetsuya non era solo un misero ʻandarci a lettoʼ, stare con lui significava sentire ogni sensazione che provava fluire direttamente nel proprio corpo, due metà diventare un unico corpo e un'unica mente; comunque aveva perfettamente intuito cosa l'altro volesse intendere, «Mi dispiace Chihiro.».
Il ragazzo dai capelli argentati strinse i pugni, infondo lo sapeva, lo aveva sempre saputo, «Tu o — ?».
«Tetsuya era ubriaco, se non lo fosse stato — ».
Incapace di trattenersi ulteriormente Mayuzumi esplose, «NON OSARE GIUSTIFICARLO! NON DAVANTI A ME!», inspirò profondamente tentando di riprendere il controllo, non sapendo quanto potesse riuscirci — «MALEDIZIONE SEI! — Maledizione, ti importa così poco di me? Dovevi per forza baciarlo lì davanti? Sapevi che avrei potuto vederti, lo sapevi benissimo, quindi perché?», stanco si mise a sedere sul letto passandosi le mani sul volto frustrato, «Io non capisco, ho sempre dato per scontato che tu mi amassi, che ci tenessi a me.».
Fu a quel punto che Seijuurou decise di non poter più evitare di dirgli cosa provasse nei suoi confronti, perché era giusto così, dopo anni passati insieme glielo doveva. Seijuurou aveva un piano, chiudere la storia dopo che Chihiro avesse portato a termine il lavoro a cui teneva tanto, ma arrivati a quel punto non poteva più rimandare. Non si sedette accanto a lui, tanto meno cercò un minimo contatto fisico – sapeva che lo avrebbe solo ferito di più – , rimase semplicemente in piedi davanti a lui — «Io tengo a te Chihiro, solo che tra me e Tetsuya c'è tanta storia, siamo cresciuti insieme, abbiamo affrontato situazioni difficili — Ci siamo amati tanto Chihiro e io credo proprio di non aver mai smesso, credo che Tetsuya sia l'unica persona che io possa amare, mi dispiace.».
Mayuzumi ascoltò il discorso resistendo alla tentazione di alzarsi e prenderlo a pugni, «Allora perché sei stato con me per quattro anni? Perché andare a vivere insieme sapendo che non mi avresti mai amato?».
«Posso non aver provato amore, questo non significa che non stessi bene con te, non sai nemmeno quanto tu mi abbia aiutato e — ».

Quando Mayuzumi lo sentì per la prima volta chiamarlo ʻChihiroʼ, pensò che non potesse esserci suono più bello, «Ho capito. Adesso taci per favore.», ma evidentemente, per Seijuurou, ʻTestuyaʼ risultava una melodia molto più dolce.

«Non vi permetterò di rovinare il giorno più importante della mia vita, ho lavorato tanto per arrivare fin qui, quindi ecco quello che faremo.», si alzò dal letto guardandolo deciso negli occhi, non capendo nemmeno perché si fosse innamorato perdutamente di una persona simile, aveva perso solo anni stando con lui — «Per quanto ora il solo guardarti mi faccia venire la nausea, tu parteciperai alla sfilata e alla festa, farai il bravo fidanzato, tanto abbiamo capito che non hai difficoltà ad immergerti nel ruolo.», continuò imperturbabile, «Dopodiché io prenderò tutte le mie cose e me ne andrò da questa casa, infondo è tua, io sono solo stato un ospite di passaggio.».

Seijuurou acconsentì silenziosamente, vide l'ormai ex compagno uscire dalla stanza e nel momento in cui sentì la porta sbattere capì di essere rimasto solo, in un appartamento troppo grande, eppure non avvertì la familiare sensazione di smarrimento, la stessa che fu costretto a provare otto anni prima.


Nonostante Tetsuya l'avesse avvertito che sarebbe uscito presto, quando Seijuurou si svegliò, non trovandolo al proprio fianco, venne sopraffatto da uno strano senso di inquietudine.
L'azzurro era piombato a casa sua a mezzanotte passata, comportandosi in modo decisamente insolito; gli chiese di vedersi direttamente alla festa e il rosso aveva acconsentito, anche se a malincuore, per loro era consuetudine passare quel giorno insieme per poi festeggiare con i loro amici la sera.
Aveva aspettato, aspettato e aspettato, mentre la sua ansia non faceva altro che crescere; gli aveva assicurato che si sarebbero visti direttamente alla festa, eppure erano passate ore e di lui nemmeno l'ombra, non una chiamata né un messaggio, per tutto il dannatissimo giorno.
Seijuurou aveva continuato a sperare, per una lunghissima settimana non fece altro che provare a mettersi in contatto con il ragazzo, senza riuscirci.

Un giorno uscì di casa e con le doppie chiavi si fece strada nell'appartamento buio e vuoto del compagno, non poteva essere come dicevano loro giusto? I suoi amici sbagliavano, Tetsuya non poteva essersene andato, eppure, ora seduto sul letto da una piazza e mezza, non riusciva a distogliere lo sguardo dall'armadio vuoto, lo aveva già visto la sera della festa, solo che in quel momento gli sembrò diverso. Tetsuya se ne era andato.
Dal piano di sotto avvertì una serie di passi e di voci, lo stavano chiamando, non aveva importanza rispondere. Tetsuya se ne era andato. Dove? Perché?

«Lo avevi promesso.», si ritrovò a mormorare incredulo tra sé e sé.

Presto si ritrovò circondato da un arcobaleno di colori spenti, rimasero tutti in silenzio e lui continuò a contemplare il vuoto davanti ai suoi occhi, incapace di parlare, incapace di muoversi.

«Akashi, andiamo a casa.».

Tetsuya se ne era andato. Lo aveva lasciato da solo. Tetsuya se ne era andato. Lo aveva lasciato da solo. Tetsuya se ne era andato. Lo aveva lasciato da solo.

Seijuurou non seppe per quanto tempo continuò a ripetersi quelle tristi certezze, probabilmente diversi giorni Vorticavano nella sua mente senza dargli un attimo di tregua, senza mai riuscire a dirle ad alta voce.

«Akashicchi devi mangiare qualcosa.».

Perché? Tetsuya se ne era andato. Lo aveva lasciato da solo. Che senso aveva mangiare?

«Oi Akashi deve esserci per forza un motivo, Tetsu non ti farebbe mai una cosa del genere, quindi mangia, altrimenti quando tornerà e ti troverà morto di fame ci ucciderà a tutti.».

Sarebbe tornato? No, Tetsuya se ne era andato. Lo aveva lasciato da solo.


Seijuurou si svegliò dal brutto sogno ad occhi aperti, non aveva senso ricordare episodi spiacevoli; finì di prepararsi assicurando i preziosi gemelli ai polsini della camicia e mandò un messaggio all'azzurro per informarlo della situazione. Sarebbe stata una giornata impegnativa, pensò osservandosi allo specchio.

 

*


Sì, sarebbe stata una giornata impegnativa, Kuroko lo capì quando lesse il messaggio, abbastanza inquietante, da parte di Akashi: ʻChihiro sa tutto, abbiamo parlato e ci siamo lasciatiʼ; questo spiegava diverse cose, come mai Mayuzumi fosse in ritardo e sopratutto il fatto che, una volta arrivato, camminò dritto verso di lui con un'espressione tutt'altro che amichevole. Come poteva dargli torto?

«Tu ed io dobbiamo parlare. Seguimi.».

Kuroko non si azzardò nemmeno a rispondergli, si limitò a camminare dietro la figura dell'altro, scivolando tra le gente in silenzio.
La Belle Salle Shibuya Garden era talmente ampia che avevano potuto permettersi di scarificarne un discreto spazio riservato ai camerini, in modo che i modelli potessero cambiarsi, ed era proprio lì che si trovavano.

«Fuori tutti, io e il mio caro amico abbiamo delle confidenze da scambiarci.».

Lentamente vide il camerino svuotarsi, un po' alla volta, fino a quando non rimasero soli. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non riuscì a formulare un pensiero concreto; Akashi gli aveva scritto che Mayuzumi sapeva tutto, bene, cosa includeva quel ʻtuttoʼ di preciso?

«Sarò breve e coinciso, quindi ascoltami bene.», lentamente camminò verso l'altro inchiodandolo minacciosamente tra il muro e il proprio corpo, «Ti sei portato a letto il mio uomo, puoi considerare la nostra amicizia finita.».
Colpevole sì, eppure Kuroko non distolse lo sguardo, «È stato Akashi-kun a dirtelo?».
«Sì e no, gli ho raccontato quanto trovassi struggente il bacio a cui sono stato costretto ad assistere, una chiacchiera tira l'altra, sai com'è.», decidendo di dargli un po' di spazio, il ragazzo dai capelli argentati staccò la mano dal muro facendo un passo indietro, «Ha anche tentato di giustificarti sai? — Se tu non fossi stato ubriaco secondo lui non sarebbe successo niente.».
Non era una giustificazione, pensò l'azzurro, era semplicemente la verità, se non avesse bevuto quella sera sarebbe andato tutto diversamente, «Mayuzumi-kun mi dispiace, è stato uno stupido errore, non sarebbe mai dovuto accadere.».
«E ti dispiace anche di sapere che ci siamo lasciati? — No, non credo.».
No, non gli dispiaceva, però era preoccupato, non voleva lasciarlo da solo un'altra volta, «Akashi-kun ha commesso un errore, è vero, ma sai bene che non accadrà di nuovo. Ho già fatto le valige e domani tornerò a Los Angeles, so che non puoi perdonare me, non ti chiedo questo, ti chiedo di provare a ».
«Hai idea di quanto tu sia ridicolo Kuroko?», Mayuzumi rise non riuscendo a credere alle proprie orecchie, «Perché mai dovrei stare con una persona che ha ammesso apertamente di non avermi mai amato? Pensi davvero che sia così disperato da voler stare ancora con lui?».
«Mayuzmi-kun ».
«Non ho bisogno dei tuoi avanzi Kuroko.».

Avanzo: qualcosa che resta, un residuo; l'avanzo della cena che la sera finisce puntualmente nella pattumiera; l'avanzo di un pezzo di stoffa con cui non si sa che fare; il favore che fai ad un amico se ti avanza del tempo, altrimenti non è importante.

Nonostante Mayuzumi fosse più alto di lui, Kuroko lo afferrò per il bavero della giacca elegante in preda ad una rabbia incontrollabile, intrappolandolo contro il muro — «Non permetterti mai più.».

Le gemme azzurre erano fredde, glaciali, nessuno si sarebbe dovuto prendere la libertà di definire Seijuurou, la persona più importante della sua vita, un avanzo, in nessun caso al mondo avrebbe tollerato un affronto simile.

«Non osare mai più ripetere una cosa del genere davanti a me, intesi?», continuò gelido per poi lasciarlo andare bruscamente; senza aggiungere una parola, in silenzio, uscì dalla stanza lasciando l'altro dietro di sé. Non era un avanzo che gli aveva appena offerto con estrema sofferenza, bensì la sua felicità e l'avrebbe difesa a tutti i costi.
Mayuzumi invece rimase lì incredulo, non aveva mai visto Kuroko perdere la calma, era sempre stato una persona pacifica e tranquilla, eppure era certo che se avesse aperto bocca sicuramente gli sarebbe arrivato un pugno dritto in faccia; fatto sta che non era quello il momento di pensare certe stupidaggini, la sfilata si sarebbe tenuta la sera stessa e avevano ancora molte cose da sistemare.
Kuroko e Mayuzumi lavorarono insieme, rivolgendosi la parola quando dovevano, rimanendo professionali, nessuno dei due avrebbe permesso alla propria vita privata di interferire rovinando tutto, si trattava di un'occasione troppo importante per entrambi.
Il tempo iniziò a correre e presto la sala venne ghermita da giornalisti, fotografi, ospiti e altre persone illustri; nei camerini, al contrario, il caos regnava sovrano: Mayuzumi controllava ogni singolo modello accertandosi che fosse perfetto, parrucchieri e truccatori davano gli ultimi tocchi, nonostante la confusione Kuroko riuscì ad assentarsi per un attimo, giusto il tempo di vedere Seijuurou parlare con un giornalista – del tutto a proprio agio – e di andare a salutare il compagno.

«Ehi sei arrivato.», sorrise con discrezione, «Vieni ti accompagno al tuo posto.».
Kagami si guardava intorno come un bambino in un negozio di giocattoli, non era mai stato ad un evento del genere — «Quelli sarebbero i gioielli che hai fatto tu?», chiese indicando i dipinti appesi a diverse altezze.
«Sì ti piacciono?».
«Sono pazzeschi, non credevo fossi così bravo!».
«Sarebbe un complimento o un'offesa Taiga-kun?», accennò una risata facendolo poi accomodare, «Goditi la serata, non capita tutti i giorni di poter assistere ad uno spettacolo simile, ora devo andare, di là serve il mio aiuto. Ci vediamo dopo.».
«Sì, certo vai.».


La sfilata fu un successo, avevano studiato ogni singolo dettaglio e ne era valsa la pena. Mayuzumi voleva far intendere che seppur trattandosi di completi maschili, in realtà erano stati pensati anche per essere indossati da donne più intraprendenti: i modelli, tutti uomini dalle fattezze androgine, sfilarono sulla passerella ben truccati e con dei tacchi molto alti; le tracce musicali tendevano al rock e i gioielli di Kuroko avevano ultimato il tocco di femminilità. Tutto si incastrava alla perfezione, gli elementi contrastanti trovavano il loro posto con naturalezza, creando armonia.
Al termine della sfilata, come consuetudine, lo stilista percorse la passerella accogliendo gli applausi per cui aveva tanto lavorato e ringraziò il pubblico con un inchino; prese il microfono esprimendo ancora riconoscenza verso ogni membro del suo staff e sapeva di dover includere il creatore di quelle splendide tele, anche se non voleva «Vorrei invitare accanto a me una persona senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile, un caro amico arrivato direttamente da Los Angeles, nonché figlio di Sora Miyako, la designer che ha disegnato e creato gioielli per i marchi più noti, Kuroko Tetsuya.».
Ecco quello non era in programma, Kuroko odiava avere l'attenzione su di sé, ma era lavoro, doveva farlo per forza, altrimenti perché accettare l'incarico? — Facendosi coraggio lo raggiunse, ringraziò a sua volta, terminando così la sfilata.

Le hostess e gli steward accompagnarono gli ospiti nella sala dove si sarebbe tenuta la festa, mentre i due artisti vennero trattenuti per poter rispondere a qualche domanda dei giornalisti: l'argento parlò dei suoi completi e dei prossimi programmi lavorativi, l'azzurro dei suoi gioielli e alla fine furono liberi di poter andare a rilassarsi.
Mayuzumi perse di vista Kuroko tra la folla – sinceramente non gliene poteva importare di meno di dove fosse andato – , però notò l'ex compagno; prese due bicchieri di prosecco raggiungendolo.
Akashi poggiato al muro lo guardò per un istante, «Pensavo che il solo guardarmi ti provocasse la nausea.».
«Ed è così infatti, però hai recitato in modo eccellente la tua parte fino ad ora... Sarebbe un peccato se fossi io a rovinare tutto non credi? Tieni, ne ho preso uno anche per te.», gli passò il flȗte poggiandosi alla parete accanto a lui, «Chi stai fissando tanto intensamente?», chiese curioso intercettando la sua prospettiva e capì subito, Kuroko e Kagami erano distanti, ma non troppo, non abbastanza, potevano vederli chiaramente ridere e scherzare insieme — «Fa male vero? — Amare una persona che non ti ricambia.», continuò cantilenante.
«Chihiro, non parlare di cose che non sai.».
«Giusto, allora parliamo delle cose che vedo, che ne dici? — Io vedo una bella coppietta di innamorati, vedo che domani Kuroko parte e tu rimarrai solo Seijuurou, colpa della tua stupidità.», divertito si concesse un sorso di prosecco, «Tu sei stato un errore per lui, anche se tiene molto a te, devo ammetterlo. Pensa che ha provato addirittura a convincermi di perdonarti, come se volessi uno come te al mio fianco, comunque quando gli ho detto che non volevo i suoi avanzi per poco non mi prendeva a pugni, era così arrabbiato.», ridacchiò vuotando il bicchiere.
Akashi si fece scivolare addosso ogni sorta di provocazione, sì aveva sbagliato, però il suo errore non lo avrebbe costretto ad abbassarsi ad livello tanto basso, comunque decise di starlo ad ascoltare, rendendosi conto di aver fatto la scelta giusta; sapeva che Tetsuya lo amava, allora perché aveva chiesto a Mayuzumi di perdonarlo? — E perché aveva reagito in modo tanto innaturale, addirittura da arrivare ad essere violento? — Infondo conosceva la risposta, anche troppo bene, Tetsuya aveva reagito in quel modo spinto dal suo istinto di protezione. Una caratteristica che li accomunava.

«Taci Chihiro.» — Senza perdere altro tempo si diresse verso l'azzurro prendendolo per un braccio senza fermarsi, «Perdonami Taiga, io e Tetsuya dobbiamo scambiare due parole, te lo riporto subito.».
Non diede tempo a Kagami di rispondere, non diede tempo a Tetsuya di protestare, Seijuurou si limitò semplicemente a trascinarlo fuori dalla stanza, solo a quel punto lo lasciò andare.
«Akashi-kun, ti sei impazzito per caso?».
«Questo dovrei chiederlo io a te Tetsuya, da dove ti è venuta la splendida idea di suggerire a Chihiro di perdonarmi?».
«Ah, te l'ha detto.», borbottò contrariato guardandolo.
In risposta Seijuurou incrociò le braccia al petto scettico, «Direi che non vedeva l'ora di riferirmelo, inoltre ha aggiunto che ti sei molto arrabbiato.».
Giusto, aveva perso il controllo, se l'era quasi dimenticato visto la giornata caotica, «Non poi così tanto.».
Seijuurou non poté impedirsi di sorridere, un sorriso malinconico, mentre con il dorso della mano gli carezzava la guancia, «Perché gli hai chiesto una cosa simile?».
Arreso, l'azzurro permise al suo corpo di muoversi da solo, chiuse gli occhi abbracciandolo, un'attenzione delicata, che non chiedeva niente in cambio — «Domani parto. Non volevo che stessi da solo.».
Il rosso non ricambiò l'abbraccio, non perché fosse arrabbiato o altro, voleva solo lasciargli il suo spazio e i suoi tempi, «Da cosa stai tentando di proteggermi Tetsuya?».
«Dalla verità.», bisbigliò piano, la testa girava, non si sentiva bene, le gambe erano instabili, «Mi dispiace Sei-kun, non posso proprio » — E alla fine il suo corpo non resse più.
Seijuurou riuscì giusto in tempo ad avvolgere le braccia intorno al corpo dell'azzurro, prima che cadesse rovinosamente a terra privo di sensi, «Tetsuya?» — Senza lasciarsi prendere dal panico lo fece sedere sul pavimento accucciandosi davanti a lui; non trovando un modo migliore per fargli riprendere conoscenza iniziò a scuoterlo – senza essere troppo brusco – , per fortuna lo vide riaprire gli occhi dopo una manciata di secondi, «Mi hai fatto spaventare, come ti senti?».
Le iridi color cielo tornarono a mostrare il loro splendore non capendo cosa fosse successo, Kuroko arrivò alla conclusione che probabilmente aveva subito un piccolo svenimento, troppo stress, troppe cose tutte insieme — «Bene, sono solo un po' stanco.».
Il rosso tirò un sospiro di sollievo stringendogli la mano, «Ricordi Tetsuya? — Ringraziavo sempre tua madre per averti dato degli occhi così belli.».
«Sì, certo che lo ricordo.».
«Quando hai il volo?».
«Domani sera, per le sei.».
«Possiamo passare a salutarti? — Anche agli altri farebbe piacere.».
«Credo che sia meglio di no Sei-kun.».

Rimasero seduti per terra a tenersi per mano, in silenzio, non c'erano parole per poter descrivere le emozioni che stessero provando. Potevano sentire la musica e il chiacchiericcio delle persone provenire dalla stanza chiusa alle loro spalle, eppure nessuno dei due vi badò.
Erano nella loro bolla ovattata, consapevoli del fatto che prima o poi avrebbero dovuta farla scoppiare, solo che al posto loro ci pensò una terza persona; le mani si lasciarono e Akashi si alzò in piedi, «Non si è sentito bene, ha avuto un piccolo mancamento.».
Kagami lo raggiunse a passo sostenuto aiutandolo ad alzarsi, «Mi stavo chiedendo perché non tornassi, potevi chiamarmi razza di stupido.».
«Non è stato niente di che Taiga-kun, davvero. Posso chiederti un favore?».
«Certo, dimmi.».
«Visto che è l'ultima notte a Tōkyō mi piacerebbe passarla a mia se non ti spiace.».
Kagami sorrise arruffandogli i capelli, «Certo che no scemo.».
Guardando la scena, Akashi mandò giù il boccone amaro, non c'era nient'altro che potesse fare, «Allora ci salutiamo qui. Tetsuya, Taiga fate buon viaggio.».

Avrebbe voluto abbracciarlo, salutarlo come si deve, invece fu costretto a separarsi dall'amato con un vago cenno del capo, voltarsi e andare via.

 

*


«Ma che ».

Assonnato l'azzurro prese il telefono guardando l'ora, le due del mattino e non capiva perché il suo citofono suonasse con così tanta insistenza.
Ancora vestito e confuso Kuroko scese di sotto visto che non avevano le valige dietro, Kuroko e Kagami si erano semplicemente sdraiati sul letto della camera degli ospiti – ; nonostante fossero tanti anni che non abitava più lì, non ebbe alcun problema ad orientarsi nel buio, infondo era casa sua, e chiunque fosse ad aver disturbato il suo sonno non accennava minimamente a smettere.

«Sì... Chi è?».

L'unica risposta che ricevette fu un secco ʻio, aprimiʼ, il citofono poteva aver alterato un po' la voce, ma capì subito di chi si trattasse. Perché era lì? —
Sapendo che non se ne sarebbe mai andato, gli permise di entrare nell'edificio mentre Kuroko piano piano sprofondava di nuovo nel panico. Si erano salutati, pensava che finalmente avesse compreso e che lo avrebbe lasciato andare senza ulteriori scenate, evidentemente no.
Prima che l'ospite inaspettato potesse attaccarsi al campanello, Kuroko aprì la porta riluttante lasciandolo passare — «Akashi-kun, sono le due, che ci fai qui?».
«Non ti suona familiare Tetsuya? — È così che è iniziata la nostra ultima notte insieme.».

Dopo essere tornato alla festa Akashi aveva iniziato a pensare. Sarebbe stato di nuovo costretto a vivere senza Tetsuya, sarebbe partito e non avrebbe potuto impedirlo, non aveva più alcuna speranza, non c'era nient'altro che potesse fare ; poi si era destato dal vortice di pensieri negativi, non si sarebbe arreso in quel modo patetico, non sarebbe stato da lui, avrebbe tentanto fino all'ultimo secondo, perché niente era più importante di Tetsuya, non avrebbe mai lasciato perdere. Senza avvertire nessuno aveva lasciato la festa e guidato come un pazzo parcheggiando davanti all'imponente grattacielo, sapeva che lo avrebbe trovato lì.

«Ricordi Tetsuya? — Era mezzanotte passata, mi hai svegliato ed eri sconvolto, avrei dovuto farti più domande, ma ero così preoccupato per te... Solo sapere che stessi bene mi bastò per far finta di niente. Adesso non ho la minima intenzione di voltarmi dall'altra parte, quindi smettila di proteggermi e dimmi perché te ne sei andato.».
Le gemme azzurre s'inumidirono e distolsero lo sguardo, «Non posso dirtelo.».
Akashi lo afferrò saldamente per le spalle, no, non si sarebbe arreso, «Tetsuya, hai idea di quello che mi hai fatto passare? — In tutti questi anni, non c'è stato un solo giorno che io non abbia pensato a te, hai la vaga idea di cosa significhi?» — Con impeto lo attirò a sé baciandolo.
Kuroko lo respinse non riuscendo più a trattenere le lacrime — «BASTA SMETTILA! TU DOVEVI DIMENTICARTI DI ME!».
Imperturbabile il rosso restò fermo ad ascoltarlo, «Se non mi dai un valido motivo, non potrò mai dimenticarmi di te Tetsuya. Dimmi perché, non me ne andrò da qui finché non lo farai, perciò se desideri così tanto liberarti di me, ti consiglio di farlo in fretta.».

Kagami non aveva sentito il citofono, erano state le urla del compagno a svegliarlo, in silenzio aveva ascoltato la conversazione e alla fine decise di non poter ignorare la situazione; con aria trasandata scese le scale annunciando la sua presenza «Lo fa per te e se può consolarti non voleva dirlo nemmeno a me, è stato un incidente che io sia a conoscenza di questa cosa.», sospirando affiancò l'azzurro.
Akashi strinse i pugni voltandosi poi per guardare il ragazzo in lacrime, «Tetsuya.» — Eppure Kuroko non aveva occhi se non per il compagno, lo stava implorando.

«Taiga-kun, ti prego, non dirgli niente... ti prego... ».
«Lo sai che ».
«Kagami-kun, per favore... per favore... fallo per me... ».
«Non puoi ignorare questa situazione per sempre, e lo sai!».
«Ti giuro, se gli dici qualcosa non ».
«Non mi perdonerai mai? Non tornerai a Los Angeles con me? Non saremmo comunque tornati insieme Kuroko, non dopo tutto questo, non se prima non risolvi il problema.», sospirò guardandolo, «Sappiamo entrambi che non c'è altra soluzione, tu vuoi ricominciare giusto? Non puoi farlo se non accetti la verità e se non glielo dici.».
«Per favore... Per favore, no... ».
Consapevole del fatto che lo avrebbe perso, Kagami si voltò per fronteggiare la causa di tutta la disperazione del compagno, «Non è che lui non voglia stare con te, è che... è complicato.».
Akashi lo guardò spaesato, «E questo cosa vorrebbe significare?».

Kagami tentò di mantenere la calma, trovandolo estremamente difficile, sentiva Kuroko piangere, ʻno ti prego, per favore... ti supplico... non dirgli niente, ti supplicoʼ. Kagami lo amava e proprio per il sentimento che provava nei suoi confronti, non poteva sopportare di vederlo in quello stato e sapeva che se non avesse detto la verità, nulla sarebbe mai cambiato. Sapeva che per il suo bene, per il bene di una loro possibile vera relazione, senza fantasmi di mezzo, si sarebbe dovuto accollare l'ingrato compito e lo avrebbe fatto, doveva solo trovare il modo di zittire i singhiozzi e le suppliche, ogni ʻti pregoʼ era una coltellata dritta al cuore.
Kagami doveva trovare un modo. Doveva trovare un modo. Doveva trovare un modo.

«Non può stare con te perché... PERCHÉ SIETE FRATELLI DANNAZIONE!».

L'appartamento venne immerso in un pesante silenzio, interrotto solo dai forti singhiozzi dell'azzurro accucciato per terra, con la fronte sulle ginocchia.
Akashi invece si sentiva stordito, che storia assurda, non potevano essere fratelli.

«Gemelli per l'esattezza.», continuò Kagami notando smarrimento nelle iridi eterocrome, «Siete nati lo stesso anno, lo stesso mese e lo stesso giorno no? Il venti dicembre.».

No, non era possibile, per Akashi tutta la situazione era ai limiti del credibile, Tetsuya sarebbe stato il suo fratello gemello? — Che razza di assurdità... — Sì, era assurdo e ridicolo, allora perché Tetsuya non diceva niente? Perché stava lì immobile a singhiozzare senza darsi pace? — Doveva alzarsi e dirgli che si trattava solo di uno scherzo di cattivo gusto, perché non diceva niente? —

«Tetsuya, guardami per favore.», non ottenne nessuna risposta, «Tetsuya ti prego di' qualcosa.» — Seijuurou si inginocchiò davanti all'azzurro e lo costrinse a sollevare la testa, quello che vide non gli piacque e quello che sentì ancora di meno.

«Mi dispiace... Sei, mi dispiace... tanto... ».










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del ventunesimo capitolo! SAPPIATE CHE IO POSSO LETTERALMENTE VEDERE LE VOSTRE FACCIE E LE BOCCHE SPALANCATE PER IL PLOT TWIST!! LE VEDO CHIARAMENTE!! Non ve lo aspettavate vero??? Ma quando mai ho confermato una possibile malattia di Kuroko????? Questo è il tipico caso dove il malefico, in questo caso malefica autrice, vuole farvi inciampare in una piccola e simpatica trappola *^*)/ Quanto sono carina vero :v

ANDIAMO CON ORDINE CHE È MEGLIO!!!

Mayuzumi è tornato IC (almeno lo spero), ha tutti i motivi del mondo per essere tanto biiiiiiiip but è giustificato diciamolo, spero di averlo reso antipatico come è in realtà. S'impone su Akashi e Akashi glielo lascia fare perché capisce la situazione, capisce che è arrabbiato ed è giusto che lo sia. Poi arriva il flashback che ti uccide la vita ma questi sono dettagli <3
Assistiamo ad un confronto molto acceso tra Mayuzumi e Kuroko. Ora, potreste trovare Kuroko leggermente OOC per essere addirittura arrivato alle mani (più o meno), ma ricordatevi che ha tirato un pugno a Kagami per una partita di basket, quindi è capace pure lui (sempre più o meno) di fare a botte; figuriamoci se Kuroko non fa niente quando Mayuzumi offende e denigra Akashi davanti a lui............ Kuroko che vorrebbe stare disperatamente con Akashi e che non può, si trova davanti Mayuzumi che praticamente sputa addosso alla persona che ama, la sua felicità...... E il ragazzo non c'ha visto più ovviamente xDD
Andando avanti troviamo un altro piccolo confronto tra l'amabile Mayuzumi e Akashi (e lì avrei voluto prenderlo a pugni io), lì Akashi invece gli tiene testa, sa che ha sbagliato per carità, ma quando è troppo è troppo.
Akashi tenta per l'ennesima volta di convincere Kuroko a parlare con lui, senza riuscirci, e stava quasi per arrendersi.... quasi, fino a quando non piomba a casa di Kuroko in piena notte eeeee KAGAMI SGANCIA LA BOMBA *^* VOI DUE SIETE FRATELLI GEMELLI SBAM!!!--- Purtroppo ancora non mi posso soffermare a lungo su questa cosa, lo farò nel prossimo capitolo dove verrà spiegato tutto :v Comunque se nella testa la domanda che vi frulla è: Kuroko glielo avrebbe mai detto?--- La risposta è no, non lo avrebbe fatto, perché avrebbe letteralmente distrutto la vita di Akashi, tutte le certezze che aveva. Lungo la via della fic vi ho lasciato qualche indizio, tipo Midorima che riflette sul rapporto dell'AkaKuro, oppure Takao che dice di aver visto Kuroko sano come un pesce.... Allora perché stava tanto male?--- Credo che possiate arrivare alla risposta, nel caso non la troviate lo scoprirete lunedì :v


Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere. Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 23
*** 22 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. 










 

«Tetsuya... per favore, dimmi che non è vero.».

Ma Tetsuya continuava a piangere, a bisbigliare ʻmi dispiaceʼ, a chiedergli scusa tra i singhiozzi e in quel momento Seijuurou si rese conto che non si trattava di uno stupido scherzo; improvvisamente sentì il proprio corpo gelarsi, la mente affollata di pensieri e di domande, incapace di reagire. Sentì Kagami biascicare qualcosa del tipo ʻvi lascio soliʼ, se ne era andato? — Immaginò di sì. Non era importante.
Seijuurou pensò a tutta la sua vita, a suo padre, a sua madre, a Tetsuya; com'era possibile? Come potevano essere gemelli? — Avrebbe voluto abbracciare l'azzurro, solo che non riusciva a muoversi. Avrebbe voluto dirgli che sarebbe andato tutto bene, proteggerlo, consolarlo, solo che non riusciva a parlare.



Il giorno in cui avrebbero compiuto diciassette anni cadde di venerdì, Seijuurou e Tetsuya erano andati a scuola, avevano partecipato agli allenamenti di basket e terminati tutti gli impegni, con piacere, iniziarono a passeggiare per le strade di Tōkyō, come erano soliti fare.
Seijuurou viziava il fidanzato comprandogli ogni cosa che catturasse la sua attenzione e Testuya, dal canto suo, cercava disperatamente di non osservare oggetti troppo costosi; era diventata una loro piccola tradizione.

«Per fortuna stasera la cena la facciamo a casa mia, mi hai regalato troppe cose Sei-kun, peggiori di anno in anno.», divertito e contrariato gli mostrò le mani piene di buste.
«Per te niente è troppo Tetsuya e poi se non posso coccolarti in questo giorno speciale, quando mai potrei farlo?».
«Dovresti dare più valore alle cifre che spendi sai?».
«Ma io gli do valore Tetsuya, ti rendono felice no? Non c'è niente che abbia più importanza.».
L'azzurro arrossì leggermente, il suo ragazzo sapeva essere davvero imbarazzante alle volte «È impossibile parlare con te Sei-kun.».

Seijuurou amava sorprendere il compagno, proprio per questo aveva affidato la sua copia delle chiavi a Momoil'attuale fidanzata di Aomine, nonché manager del club di basket – , lasciando agli amici il compito di organizzare la festicciola; altra piccola tradizione, dopo aver sommerso Tetsuya di regali la sera festeggiavano sempre tutti insieme.

«SORPRESA!».

Gli occhi color cielo si sgranarono stupiti, non si aspettavano di vedere l'appartamento invaso da decorazioni di ogni tipo, il tavolo imbandito di cibo e i suoi amici lì che gridavano entusiastichi più, chi meno, a seconda dei diversi caratteri – .

Il rosso lo baciò con affetto sulla guancia, «Beh è triste organizzarsi il compleanno da soli no?».

Superato il momento di piacevole smarrimento, entrambi si aggregarono alla rumorosa combriccola ringraziandoli per gli auguri e i diversi regali.

«Certo che è strano, siete nati lo stesso giorno ~ », con un sorriso sornione e soddisfatto, Kise continuava a guardarli, «Vi assomigliate anche un po' ora che ci faccio caso ~ ».
«Vero, Aka-chin e Kuro-chin sono entrambi bassi ~ », sentenziò Murasakibara senza smettere di mangiare, non sapendo quanto potessero sentirsi ʻoffesiʼ i due festeggiati.
«Tanta gente nasce lo stesso giorno Kise-kun e non è vero che ci somigliamo.», ribatté serenamente l'azzurro.
«Un po' sì Tetsu.», curioso anche Aomine iniziò ad osservarli, «Se non foste così diversi in un certo senso, potrebbero anche scambiarvi per fratelli.».
«Non dire sciocchezze Aomine-kun.», arreso alla stupidità dei suoi amici, Tetsuya si alzò dando poi al compagno il regalo che aveva pensato appositamente per lui, «Auguri Sei-kun.».
Seijuurou curioso scartò il pacchetto rivelando un bellissimo libro in pelle, stranamente sulla copertina non c'era scritto niente, «Sono sicuro che sarà una splendida lettura, posso sapere il titolo?».
«Sono le tue poesie preferite Sei-kun, le ho selezionate e le ho fatte rilegare.».
Oh, ecco perché lo amava tanto, «E io non vedo l'ora di dedicartele, dalla prima all'ultima
.».


Erano stati così felici, il solo stare insieme bastava per farli sorridere; invece adesso uno piangeva tutte le lacrime che aveva custodito per anni e l'altro si sentiva a pezzi.

«Tu... Tu dovevi dimenticarti... ».

Il bisbiglio rotto dal pianto lo fece tornare in sé, il corpo di Seijuurou riprese a muoversi, le mani si protesero attirando Tetsuya a sé; lo strinse forte per tentare di calmarlo e affondò il volto nella chioma azzurra respirandone il profumo, per tentare di calmare se stesso.

«Dovevi... dimenticarti di... me... ».
«Lo so.».
«Dovevi odiarmi... e... ».
«Lo so.».
« — e andare avanti... e essere... felice... — dispiace... mi... ».
«Va tutto bene.».

Seduti sul pavimento, ad occhi chiusi continuò a tenerlo tra le braccia, senza rendersene conto avevano iniziato a dondolare sul posto. Tetsuya si aggrappava a lui con tanta forza, tirando e stringendo la camicia che aderiva sulla schiena, Seijuurou voleva davvero tentare di tranquillizzarlo, solo sembrava essere dannatamente difficile; il fiume che scorreva tranquillo aveva rotto gli argini e contenerlo era pressoché impossibile.

«Volevo... proteggerti solo... quello... — Sono stato così... Lì era tutto diverso e tu... non c'eri... VOLEVO TORNARE MA — ... Stavo così male... ».

Tetsuya si sentì stringere ancora di più e non poté fare altro se non aggrapparsi disperatamente all'altro; i sentimenti che aveva trattenuto per otto anni ormai erano liberi e lo stavano travolgendo, trascinandolo giù, senza lasciargli la possibilità di provare a spiegarsi, facendogli solo dire frasi rotte a metà, prive di un senso logico. Seijuurou gli stava parlando, ma i suoi pensieri e le sue emozioni erano più rumorose, tanto da coprire le rassicurazioni che gli bisbigliava piano all'orecchio. Non sapendo come si ritrovò seduto su qualcosa di morbido, probabilmente lo aveva sollevato di peso facendo sedere entrambi sul divano.

«Sei... ».
«Sono qui Tetsuya, sono qui.».

Avrebbe voluto dire a Seijuurou quante lettere gli avesse scritto, che ogni volta arrivava alla cassetta postale più vicina e le imbucava, solo che non sapeva a quale indirizzo inviarle, così le lasciava in bianco; eppure continuava solo a piangere. Avrebbe voluto dirgli che da quando era partito, ogni anno, per il loro compleanno si regalava un biglietto di sola andata per Tōkyō e a che a fine giornata finiva puntualmente nel cestino, ridotto in mille pezzi; eppure continuava solo a piangere. Avrebbe voluto dirgli che sentiva la sua mancanza ogni giorno e che lo sognava ogni notte, erano bei sogni, erano insieme; eppure non riusciva a fare altro se non permettere ai sentimenti spietati, insensibili, di continuare a dilaniarlo.
Doveva calmarsi. Doveva calmarsi, lo sapeva bene, ma era difficile e non sapeva dove avesse messo le medicine, le aveva portate con sé di questo era certo, si sarebbe dovuto alzare per andarle a cercare, solo che stava bene abbracciato a Seijuurou, sentiva di aver ritrovato il suo posto nel mondo, il posto più bello e sbagliato che potesse esistere.
Non seppe per quanto pianse, comunque alla fine Tetsuya riuscì a smettere, forse perché aveva terminato le lacrime, o forse era grazie alle dita abili che passavano dolcemente fra i suoi capelli, che gli frizionavano la schiena, o magari il merito era tutto della voce rassicurante e spaventata allo stesso tempo, ʻsono con te, andrà tutto bene vedraiʼ.
Tetsuya avrebbe voluto chiedergli come potesse esserne tanto sicuro, non lo fece, perché sapeva che anche Seijuurou non ne aveva la minima idea in realtà: poteva aver scoperto la verità, comunque non cambiava il fatto che fossero gemelli e i gemelli non posso stare insieme, non come piaceva a loro; tanto meno sarebbero riusciti a tramutare tutto quell'amore in semplice affetto fraterno, per questo Testuya se n'era andato, per questo non voleva che Seijuurou scoprisse il suo segreto – senza contare che venire a conoscenza di una notizia del genere gli avrebbe completamente destabilizzato la vita – .

Tetsuya si asciugò le lacrime interrompendo l'abbraccio, con dolcezza prese fra le mani il viso dai lineamenti delicati perdendosi negli occhi che tanto amava, «Non c'è niente che non farei per te Sei, volevo solo saperti al sicuro, proteggerti da tutto questo, alla fine non ci sono riuscito.» — Sì, aveva fallito e la prova era lo sguardo di Seijuurou: distrutto, perso, affranto, impotente; lo stesso che il rosso aveva cercato di nascondergli la notte dell'incidente, lo stesso che, si era giurato l'azzurro, non avrebbe mai più rivisto, non per colpa sua — «Non si può tornare indietro adesso e tu avrai tante domande, ti darò tutte le risposte, perciò aspettami qui.», lo baciò sulla guancia e si alzò dal divano per andare di sopra, nella camera degli ospiti trovò le sue medicine e una volta nella sua stanza disseppellì la scatola dall'armadio, non credeva che sarebbe mai arrivato quel momento.
Facendosi forza tornò in salotto, prese le medicine e posò tutto sul tavolino di fronte al divano, infine si sedette vicino al ragazzo che non poteva amare, stringendogli la mano.


«È tutto lì dentro?».
«Sì.».
«La scatola è sempre stata qui? Avrei potuto trovarla?».
«Avevo pensato di portarla via, però ho deciso di lasciarla a casa. Forse perché una parte di me sperava che la trovaste e che, non so, poteste capire.».
«Dove la tenevi nascosta?».
«Il mio armadio ha un doppiofondo, era lì sotto.».
Seijuurou strinse la mano libera a pugno, «Il giorno in cui ho capito che non saresti più tornato, sono stato ore a guardare il tuo armadio, ero convinto che mi stesse sfuggendo qualcosa, comunque alla fine mi hanno portato via perciò... », sospirò guardando poi i flaconi di medicinali, «Quelle pasticche a che ti servono? Stai male?», chiese preoccupato.
«Quando lasciai Tōkyō iniziai a soffrire di attacchi di panico e attacchi d'ansia, andai da uno psichiatra che mi prescrisse dei medicinali per aiutarmi e funzionarono, era da diversi anni che non ne avevo più, poi Mayuzumi-kun mi ha contattato per offrirmi il lavoro e sono ricominciati, vedere te e gli altri li hanno fatti peggiorare.».
«Non mi piace che prendi questa roba Tetsuya.», contrariato iniziò ad esaminare le boccette, «Come si chiama questo presunto psichiatra?».
«Dottor Wilson, lo puoi trovare nell'albo dei medici di Los Angeles.».
«Ne hai altre dietro? — Vorrei che Shintarou le vedesse.».
«Midorima-kun è un chirurgo, non uno psichiatra.».
«Perdonami Tetsuya, ma sono decisamente più incline a fidarmi di Shintarou, piuttosto che lasciarti alle cure di un dottor Wilson qualunque, che nemmeno conosco.».
«Va bene, come preferisci Sei-kun.» L'azzurro sospirò comprensivo stringendogli la mano, entrambi sapevano di star semplicemente rimandando l'inevitabile, la strana chiacchierata appena conclusasi ne era la prova «Allora, sei pronto?».
Il rosso annuì, decise di ignorare il fastidio che lo aveva preso alla bocca dello stomaco, si concentrò sulle mani di Tetsuya che incerte scoperchiavano il vaso di pandora; lo vide tirare fuori diversi documenti mettendoli in ordine sul tavolo, invece tenne per sé una foto — «Da quanto sai che io e te siamo fratelli?».
Tetsuya trasalì appena nel sentire di nuovo quella parola, detta ad alta voce, così chiaramente, ci si sarebbe dovuto abituare prima o poi, lo sapeva anche fin troppo bene — «Ho scoperto di essere stato adottato per caso, pochi mesi dopo la morte dei miei genitori.», allungò il braccio prendendo una serie di documenti, con un piccolo sorriso li passò all'altro «Stavo mettendo in ordine le loro carte e li ho trovati.».
Seijuurou iniziò a sfogliarli leggendo qualcosa distrattamente, «Perché non me lo hai detto?».
«Ero sotto shock immagino. Avevo perso la mia famiglia e poco tempo dopo salta fuori che non fossero i miei genitori biologici, sentivo il bisogno di tenerlo per me.», scrollò le spalle non sapendo cos'altro dire per giustificare la piccola mancanza, «Ci ho pensato su un paio di giorni e poi decisi di provare a cercare i miei — nostri, genitori biologici, ti ricordi di Kagetora-san? — Era un vecchio amico di mamma e papà, faceva, fa ancora credo, l'investigatore privato.».
«Ah sì, si vestiva sempre in modo eccentrico.», ancora non capiva come potesse passare inosservato.
«L'ho contattato, gli ho raccontato della recente scoperta e delle mie intenzioni, all'inizio non volle aiutarmi perché ero minorenne, comunque per l'affetto che lo legava ai miei genitori mi accontentò, non accettò nemmeno di prendere i soldi che gli dovevo, gli promisi che una volta ottenuta l'emancipazione glieli avrei resi.».
«Se mi avessi detto di essere alla ricerca della tua famiglia biologica lo sai che ti sarei stato vicino Tetsuya, non abbiamo mai avuto segreti noi due.».
«Volevo farlo, solo che poi ho pensato che sarebbe stato inutile sobbarcarti anche di quel peso, magari non avrei trovato niente e la cosa sarebbe finita lì, volevo solo essere sicuro del risultato, poi ti avrei informato.», si allungò di nuovo consegnandogli altri documenti.
Seijuurou li prese iniziando a leggere con più attenzione, «Atto e dichiarazione di nascita?».
«Sì.», annuì confermando la sua risposta, «La prima cosa che fece Kagetora-san, fu richiedere tutte le informazioni possibili riguardo la mia nascita.».
«Il tuo nome è lo stesso che risulta nei documenti dell'adozione, solo che il cognome non appare mai, non c'è nemmeno una minima traccia dei tuoi — nostri, genitori biologici.».
Si guardarono un istante capendo subito uno i pensieri dell'altro e fu Tetsuya a spezzare il silenzio, «Adozione in caso di abbandono, così la definì Kagetora-san, comunque decisi di non arrendermi, volevo poter dire a me stesso di aver fatto tutto il possibile, forse invece sarebbe stato meglio fermarmi, finché ero ancora in tempo.», le iridi color cielo si chiusero rievocando momenti di paura, era meglio raccontare piuttosto che rivivere tutto, per questo riprese a parlare, «Trascorsero due anni e ancora non avevo ricevuto notizie, stavo veramente per arrendermi, quando pochi giorni dopo il nostro diciassettesimo compleanno, Kagetora-san mi chiamò emozionato, ʻTetsuya-kun finalmente ci siamo, ho trovato qualcosaʼ, era così entusiasta e lo ero anch'io, dopo una lunga attesa finalmente venivo premiato Lo invitai a casa, mi disse che era stato difficile, quasi impossibile ma era felice di poter annunciare di aver scoperto l'esistenza di un fratello gemello.», bruscamente cacciò via le lacrime non volendo ricominciare a piangere, «Io ero così contento, certo non sapevo dove vivesse, in che modo contattarlo, però almeno sapevo che esisteva e come uno stupido... come uno stupido non facevo altro che pensare ʻche bello, devo dirlo a Sei, sarà così felice per meʼ.», asciugò di nuovo gli occhi e tirò appena su con il naso riacquistando il controllo de sé, «Kagetora-san mi disse di essere riuscito a trovare persino una fotografia e me la mostrò, tutta la gioia che provai in quel momento svanì — Ho visto diverse foto di quando eri piccolo, perciò non fu difficile per me... Riconobbi immediatamente l'altro neonato.».
Seijuurou accettò lo scatto che Tetsuya gli stava offrendo, arrendendosi all'evidenza, non riuscendo a dire una parola: quel bambino era lui; il ritratto mostrava due neonati infagottati nella stessa coperta, dormivano sereni, azzurro contro magenta.
«Capii subito, il gemello che ero tanto impaziente di conoscere, era lo stesso ragazzo che mi amava da cinque anni, che mi rendeva felice, non mi lasciava mai solo e che amavo a mia volta con tutto il cuore.», lo guardò con occhi lucidi e accennò un sorriso malinconico, senza lasciare andare la sua mano, anzi la strinse di più, «N-Non volevo accettare la verità, non potevo perdere anche te, decisi di fare finta di niente, infondo c'era sempre la possibilità che mi fossi sbagliato, non ne avevo la certezza, non al cento per cento.».
«E quando ne hai avuto la conferma?», chiese esitante e l'azzurro gli passò la cartella clinica; Seijuurou riconobbe diversi esami risalenti al periodo dell'incidente, eppure la sua attenzione si focalizzò su un singolo foglio di carta, trattenendo il respiro lesse attentamente il referto: ʻtest DNA positivo – riscontro genetico pari al ʼ una percentuale esageratamente alta a suo parere ʻgrado di parentela: fratelliʼ.
«Ho resistito più che ho potuto, avevo davvero bisogno di te, non volevo lasciarti, comunque una settimana prima di compiere diciannove anni mi sono deciso, non è stato difficile prelevare i tuoi campioni e li ho portati in ospedale per farli analizzare. La notte che sono piombato a casa tua è stato il giorno in cui ho letto il risultato, l'indomani sarebbe stato il nostro compleanno e io non sapevo che fare.».
«Così te ne sei andato.».

L'azzurro annuì sofferente senza guardarlo, «Tu sei stato il mio primo pensiero, come potevo dirti una cosa del genere? Farti tanto male? — Tu avevi la tua vita qui, tuo padre, il tuo futuro lavoro; io invece avevo perso tutto, te compreso, non avevo niente da perdere se non i nostri amici, un prezzo da pagare per saperti al sicuro e decisi di pagarlo, perché sapevo che ti avrebbero aiutato a rimetterti in piedi. Sapevo che saresti stato male, preferii comunque darti un ʻpiccoloʼ dolore, lo avresti superato con il tempo, magari mi avresti odiato, saresti andato avanti con la tua vita e io sarei diventato un ricordo.».

«Davvero un bel piano Tetsuya.», Seijuurou era arrabbiato, così tanto da afferrare l'altro per la camicia bruscamente, «TU NON HAI LA MINIMA IDEA DI COME SONO STATO! SE ME LO AVESSI DETTO AVREMMO POTUTO — ».
«ʻAVREMMO POTUTOʼ COSA SEIJUUROU?», si liberò dalla presa alzandosi dal divano insieme a lui, «GUARDAMI! GUARDAMI BENE NEGLI OCCHI E DIMMI CHE RIUSCIRAI A VEDERMI COME IL TUO GEMELLO UN GIORNO!».
«TESTUYA TU — ».
«NO! — PERCHÉ IO SO CHE PER QUANTO MI RIGUARDA È IMPOSSIBILE, DOPO TUTTO QUELLO CHE SIAMO STATI, SO CHE NON POTRÒ MAI E DICO MAI VEDERTI NEL MODO IN CUI DOVREI!».
«HO PASSATO ANNI A CHIEDERMI SE FOSSI VIVO O MORTO TETSUYA, COME PUOI NON CAPIRLO?».
«E TU COME PUOI NON CAPIRE? — NON SEI STATO L'UNICO A STARE MALE!», urlò frustrato, nonostante i suoi occhi fossero ricolmi d'amore, «VUOI SAPERE COSA HO PASSATO IO? — VUOI SAPERE CHE PER IL NOSTRO COMPLEANNO COMPRAVO SEMPRE UN BIGLIETTO PER TORNARE DA TE? CHE TI HO SCRITTO COSÌ TANTE LETTERE DA PERDERNE IL CONTO E CHE LE INVIAVO A VUOTO? CHE A CASA HO UNA TUA FELPA E CHEDAVVERO SEIJUUROU, SE VUOI SAPERE TUTTO QUESTO NON DEVI FARE ALTRO CHE CHIEDERE!».

In silenzio, ancora affannati per aver urlato, rimasero a guardarsi, percependo il disagio e la sofferenza che la maledetta situazione aveva trascinato con sé.
Non era da loro, alzare le mani o urlare, anzi era un atteggiamento fastidioso per entrambi, di solito così pacati, sempre educati; Seijuurou e Tetsuya non amavano alzare la voce, solo che era l'unico modo che trovarono per potersi sfogare, per descrivere il dolore di otto anni passati senza la metà che li rendeva completi, per respingere la verità e la consapevolezza di non poter stare insieme, di dover ignorare l'attrazione che li avrebbe spinti l'uno tra le braccia dell'altro.

«Ho lasciato la mia casa, i miei amici, la mia città per te Sei-kun e lo farei altre mille volte.».
«E io sto morendo dalla voglia di baciarti in questo momento, posso Tetsuya?».
«No.».
«No?».
«No.».

Seijuurou capì che quel ʻnoʼ, fosse un ʻsìʼ mal nascosto in realtà, lo ignorò sapendo che l'azzurro non lo avrebbe respinto. Non avrebbe dovuto farlo, Seijuurou lo sapeva, però mentre posava le labbra sulle sue dando vita ad un bacio carico di sentimenti puri e caldi, si chiese come potesse essere sbagliato provare tanto amore nei suoi confronti; le dita delicate di Tetsuya passavano fra i suoi capelli trovando il proprio posto, facendolo rilassare.
Si baciarono con amore, con tristezza, a lungo e alla fine si sedettero sul divano, godendo della pace della notte. Tetsuya si addormentò, Seijuurou rimase sveglio a pensare, senza smettere di carezzare la chioma azzurra.
Era impossibile numerare tutte le domande irrisolte che affollavano la sua mente, l'unico desiderio di Seijuurou era trovare tutte le risposte e sapeva che solo una persona avrebbe potuto farlo — «È ora di andare a far una visita al caro papà, eh?», si chiese retorico.
Da quello che sapeva il grande Akashi Masaomi era tornato dal suo viaggio di lavoro; Seijuurou non voleva affrontare il padre, però sentiva l'urgenza di parlare con lui, era stanco, sarebbero sicuramente finiti a litigare, con la differenza che questa volta non l'avrebbe lasciato vincere.

«Tetsuya.», lo scosse piano vedendolo svegliarsi, «Devo andare a Kyōto per risolvere una questione, vai a dormire nel tuo letto.».
«Sei... », borbottò tirandosi su a sedere assonnato, «Vuoi che ti accompagni?».
«No, non preoccuparti, voglio che riposi. Tornerò presto va bene? — Abbiamo ancora tante cose da dirci.».
«Okay.», senza riflettere lo baciò a stampo come erano soliti fare e seguì il suo consiglio, andò in camera sua riprendendo a dormire.
Rimasto solo Seijuurou fece un giro di telefonate e presto tre ragazzi si presentarono a casa preoccupati: Kise era ancora in pigiama nonostante facesse freddo, Aomine si era vestito di corsa – testimone la maglia al contrario – , Midorima sembrava il più composto di tutti, eppure fu il primo a chiedergli di poter parlare in privato.

«Scusate se vi ho chiamati a quest'ora, ho bisogno che stiate con Tetsuya fino al mio ritorno.».
«Oi Akashi si può sapere che succede? Ci hai fatto prendere un infarto!», con poca grazia Aomine si lasciò cadere sul divano, sentiva di aver perso anni di vita grazie a quella chiamata.
«Kuroko sta bene? Akashi devo proprio parlarti, per favore è urgente.».
«Per prima cosa cosa Shintarou, vorrei che tu mi dicessi cosa sono questi.», gli passò i due flaconi contenenti le medicine aspettando una risposta.
Midorima si sentiva confuso, erano le stesse pasticche che gli aveva visto prendere a Kyōto, lesse curioso le etichette sentendosi ancora più smarrito — «Sono semplici... ansiolitici?».
«Ti vedo deluso Shintarou, ti aspettavi qualcos'altro per caso? — Comunque, hanno effetti collaterali?».
«Il lorazepam da quanto so viene impiegato per gli attacchi di panico, potrebbe causare senso di instabilità, vertigini, atassia, stanchezza e — ».
«L'altro invece?», chiese forse un po' troppo bruscamente, non avrebbe mai permesso a Tetsuya di continuare a prendere quelle pasticche.
«Il buspirone invece viene impiegato per gli ansiolitici di ultima generazione, per quanto ne so può provocare nausea, mal di testa e vertigini.».
«Piuttosto perché Tetsu dovrebbe assumere ansiolitici?».
«Perché il tuo caro amico, Daiki, va da psichiatri incompetenti.», sospirando Seijuurou si alzò, «Chi prescriverebbe dei farmaci ad un ragazzino di diciannove anni?» e nervoso decise di andare a vuotare i flaconi nel lavandino della cucina, per poi tornare dagli amici.

«Da quando soffre di attacchi di panico, mi sembra questa la domanda corretta Aomine.», borbottò Midorima aggiustandosi gli occhiali sul naso.
«Tetsuya mi ha raccontato che sono iniziati poco dopo la partenza, il suo ritorno a Tōkyō li ha fatti comparire nuovamente.».
«AH QUINDI FINALMENTE TI HA DETTO PERCHÉ SE NE È ANDATO!».
«Abbassa la voce Daiki, Tetsuya è di sopra che dorme.».
Kise non stava prestando troppa attenzione alla conversazione, una volta saputo che ʻKurokocchiʼ era sano e salvo si sentì tranquillo e permise a se stesso di distrarsi; la sua curiosità era stata risvegliata alla vista di tanti fogli sparsi sul tavolino davanti al divano, non si permise di toccarli, però non resistette alla tentazione di girare la fotografia e sorrise spontaneamente — «OH ~ KUROKOCCHI E AKASHICCHI DA BAMBINI! COME SIETE CARINI, HO SEMPRE DETTO CHE VI SOMIGLIAVATE! ~ » — Una volta resosi conto di cosa avesse appena pronunciato il sorriso si spense.
«Non dire cavolate Ryouta, Tetsu e Akashi si sono conosciuti alle medie.», bruscamente Aomine gli strappò la foto dalle mani e Midorima, con più cortesia, la tolse a lui.
I tre si ritrovarono a fissare l'amico, eppure Seijuurou non dava segni di voler smentire il pensiero che si era venuto a formulare nelle loro menti: Akashi e Kuroko si erano conosciuti alle scuole medie eppure erano insieme nella foto, Akashi e Kuroko erano nati lo stesso giorno, Akashi e Kuroko si somigliavano.

«Separati alla nascita.» Fu l'unica cosa che Seijuurou si sentì di dire.

Aomine e Kise rimasero a bocca aperta, senza dire una parola, ancora increduli; Midorima stranamente si sentiva sollevato in un certo senso, almeno Kuroko non stava male come pensava.

«Questo significa che tu e Kurokocchi siete ».
« — gemelli Kise, sono gemelli.», sospirò il ragazzo dai capelli verdi, «Tu come stai Akashi?».
«Immagino che il termine giusto sia distrutto, Tetsuya non voleva dirmelo, fino all'ultimo non desiderava che lo sapessi e non posso dargli torto.».
«Se non è stato Tetsu a dirtelo, allora chi?».
«Kagami Taiga. Lo avete conosciuti anche voi giusto? — Aveva accompagnato Tetsuya in stazione.».
«Ah sì quel tizio. Tetsu come sta?».
«Distrutto anche lui suppongo, ha pianto per ore, sono felice che almeno riesca a dormire.».
«Akashicchi ci hai chiesto di restare qui con Kurokocchi fino al tuo ritorno, non c'è problema per noi ma tu dove devi andare?», chiese il biondo preoccupato.
Seijuurou si alzò da divano infilando il cappotto, «Devo andare a Kyōto, a parlare con mio padre di tutta questa storia assurda.».
«Akashi hai bisogno di dormire anche tu.».
«Lo farò in treno Shintarou. Preoccupatevi semplicemente di non lasciare Tetsuya da solo.».

 

*


Seduto sul treno, con lo sguardo rivolto verso il finestrino, Seijuurou osservava il paesaggio cambiare, tutto pur di zittire i ricordi, non che quella distrazione servisse a molto.


«E io devo vomitare.».
«DAI-CHAN NON ESSERE SCORTESE !».

Le gemme azzurre catturarono un bel momento: videro la ragazza del suo migliore amico tirargli uno sano e meritato scappellotto, «Aomine-kun dovresti veramente imparare ad avere più tatto.».
«E anche più romanticismo Daiki, dedicare poesie è la più alta forma d'amore.», Seijuurou sorrise prendendo la mano del compagno, «Sono sicuro che Momoi apprezzerebbe qualche galanteria da parte tua.».
«Oi Akashi non iniziare a metterle in testa strane idee, che poi me la devo vedere io con lei!».

Per tutto il salotto risuonarono piacevoli risate e una volta rimasti soli i due festeggiati decisero di guardare un film insieme sul divano: Tetsuya guardava il film, Sejuurou era perso a guardare il compagno.
Sentendosi osservato l'azzurro si voltò per guardarlo, «Ho qualcosa di strano in faccia?».
«Assolutamente no.», sorrise continuando ad ammirarlo, «Pensavo solo di dover ringraziare tua madre per averti dato degli occhi tanto splendidi.».


Ecco, la spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco era tornata, la provava spesso da piccolo ma no ʻun Akashi non piange, ricordalo Seijuurouʼ, questo gli disse suo padre quando lo sorprese a singhiozzare con discrezione al funerale di sua madre. Era solo un bambino.
Un Akashi non piange, eppure quando Seijuurou si chiese chi avrebbe dovuto ringraziare per aver donato a Tetsuya lo sguardo color del cielo che tanto amava, non poté far a meno di permettere a qualche lacrima silenziosa di rigargli il volto.









 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del ventiduesimo capitolo! TADADADAAAAAAAAAAN Vi avevo promesso tante risposte e spero di avervi accontentato *^*)/

Scopriamo che nessuna delle due mamme è in realtà anche la mamma dell'altro, Akashi e Kuroko sono stati separati alla nascita e dati in adozione a due famiglie diverse.
Scopriamo che tutti i sintomi di Tetsuya sono in realtà attacchi di panico e di ansia, e penso che ci foste arrivati ormai, uno di voi lo aveva ipotizzato anche all'inizio della fic se non erro :v
Sia Kuroko che Akashi sono leggermente OOC ma tentate di capire la situazione pls, si trovano in una situazione difficile (è dire poco) e non credo che nessuno dei due potesse mantenere la calma o ragionare lucidamente, per questo alla fine finiscono ad urlare... Perché sono arrabbiati e frustrati e devono sfogarsi in qualche modo.
Scopriamo anche che Tetsuya non ha mai dimenticato Seijuurou, non che non lo sapessimo già, solo che ne abbiamo avuto la conferma: scrive lettere indirizzandole a vuoto, compra biglietti per tornare a Tōkyō, ma alla fine vince la ragione, per questo non lo ha mai contattato o non è mai tornato a casa, fino a quando Mayuzumi non lo ha “costretto”. Tetsuya pur di proteggere Seijuurou decide di sacrificare l'unica cosa che gli è rimasta, ovvero i suoi amici, la sua famiglia, perché sa che loro avrebbero aiutato Seijuurou a rimettersi in piedi e così è stato.
Se vogliamo pensare che la scelta di Kuroko sia giusta, quella di voler andar via, allora il suo ragionamento è corretto: “perché distruggere la vita della persona che amo? La mia è già andata a quel paese ancor prima di scoprire che fossimo fratelli, io non ho niente da perdere, lui sì. Io posso ricominciare una vita in un altro paese, non ho obblighi né restrizioni, lui non può farlo”.
Non dico che scappare sia la soluzione, assolutamente, in realtà non credo di sapere come io personalmente potrei comportarmi (sicuramente non scapperei perché non ho le possibilità di Kuroko xD); però provate a mettervi nei suoi panni per un attimo, a Kuroko ne sono successe di cotte e di crude: aveva la sua bella vita con la sua famiglia, poi resta coinvolto in un incidente d'auto dove perde i genitori; suo zio arriva decidendo il bello e il brutto tempo, mette sotto il microscopio la sua sessualità che Kuroko aveva sempre vissuto con serenità, invece era un grande problema per lo zio; affronta una “battaglia” legale per ottenere l'emancipazione e in tutte queste situazioni Seijuurou era presente, era l'unico motivo che lo spingeva ad andare avanti, l'unica persona che gli restava (tolta la Kiseki); scopre di essere stato adottato, certo ama i suoi genitori ma mi sembra ovvio che, giustamente, si senta ferito per la “menzogna” e non può chiedere risposte visto che sono morti; infine, non contento, scopre anche che la sua ragione di vita è suo fratello in realtà....
Semplicemente tutto quello che Kuroko era riuscito a ricostruire crolla di nuovo e questa volta non ce la fa a mantenere la “calma”, perché non può avere Akashi accanto e per tutta questa situazione, per tutti i traumi che ha subito e molto probabilmente non elaborato a dovere, scappa. Io magari non sarei scappata ma come minimo mi sarebbe preso un esaurimento nervoso xD

Passando alla Kiseki, vediamo come tutti rispondano alla chiamata (tranne Mukkun perché dorme e non sente il telefono ve lo dico io xD), tutti in preda all'ansia specialmente Midorin che ha la vostra stessa reazione quando scopre che le medicine non sono altro che psicofarmaci xD
Il segreto viene rivelato subito grazie a Kise, comunque il loro primo pensiero è sapere come stiano entrambi e accettano di buon grado di fare da babysitter a Kuroko.
Oh sì Akashi andrà a trovare papà Akashi e vedremo come si metteranno le cose ~

Un ultima cosa e vi lascio, chiedo scusa per eventuali errori nel campo medico, ho cercato su internet e ho messo spero le terminilogie corrette, sono andata anche a cercare un facsimile del test del DNA ma purtroppo mi uscivano solo in inglese e relativi al test di paternità, quindi ho improvvisato xD

Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere. Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 24
*** 23 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. PAUSA ESTIVA! Più informazioni nel mio angolino non odiatemi <3










 

Seijuurou aveva assicurato all'amico che avrebbe dormito in treno, ovviamente non ci riuscì. Troppi pensieri, troppe domande, persino stare seduto gli risultò insopportabile: i vestiti costosi, adesso stropicciati e sporchi a causa del pianto disperato dell'azzurro, erano scomodi, si sarebbe tolto più che volentieri le scarpe raffinate, invece rimase composto, seduto al suo posto per tre ore, continuando a guardare fuori dal finestrino.
L'orologio segnava le sette di mattina quando si presentò davanti all'imponente costruzione tradizionale, senza attendere si fece strada notando il maggiordomo di casa andargli incontro.

«Akashi-sama, non l'aspettavamo.».
Oh non aveva proprio tempo per delle stupide formalità, «Devo parlare con mio padre, se non erro dovrebbe essere tornato.».
«Sì, solo che Akashi-dono non è presentabile al momento.».
E che suo padre fosse presentabile o meno non gli riguardava, «Kobayashi-san può portarmi da lui o posso andarci da solo, anche se sono sicuro che mio padre gradirebbe che tu svolgessi il lavoro per cui sei pagato.» — Non voleva essere scortese ma era stanco e sinceramente aveva una certa urgenza. Fissò l'uomo con ostinazione finché non lo vide arrendersi con un educato ʻprego, da questa parteʼ, e il rosso si rifiutò di aspettare pazientemente davanti alla porta scorrevole, mentre veniva annunciato; irritato fece scorrere le ante in carta di riso — «Dobbiamo parlare.».


Akashi Masaomi non si mosse, continuò a fare colazione dandogli le spalle, per niente turbato dall'interruzione; si prese il suo tempo sorseggiando la zuppa di miso.

«Akashi-dono, Akashi-sama è — ».
«Sì, riconosco la voce di mio figlio, grazie.», ribatté con voce austera, «Accompagnalo nel mio ufficio, vorrei terminare la colazione e indossare abiti più idonei.».
Seijuurou strinse i pugni, «Devo parlarti, adesso.».
«Riguarda il lavoro?».
«No.».
«Allora può attendere.», Masaomi si voltò solo per un istante tornando poi alla sua colazione, «Kobayashi nell'attesa procuragli dei vestiti puliti, non intendo dialogare con una persona tanto sciatta.».
Il ragazzo si morse la lingua pur di non rispondere, non voleva indisporlo ancor prima di potersi confrontare con lui; furente uscì dalla stanza assecondandolo e indossò il completo che gli venne offerto.
Solo dopo un'ora e mezza suo padre si decise finalmente a raggiungerlo, posizionandosi dall'altro lato della scrivania, «Non ti ho cresciuto perché tu possa fare irruzione nelle case altrui senza avvisare, per di più conciato in quello stato Seijuurou.».
«Come ho già — ».
«È irrilevante, piuttosto, hai ricevuto le ultime proposte?».
«Se ti riferisci al lavoro no.».
«Mi riferisco ai rireshiko che ti ho spedito.».
Seijuurou sogghignò appena, «Sì li ho ricevuti e li ho buttati, spero almeno che fossero carine.».
«Ne deduco che non li hai nemmeno letti.».
«Perspicace.».
Sospirando Masaomi estrasse dal cassetto la scheda di una ragazza dandola al figlio, «Maruyama Suzanne.».
Annoiato il rosso iniziò a leggere le informazioni e vide la foto restando sorpreso, i capelli biondi e gli occhi verdi indicavano chiaramente che non fosse del tutto giapponese, «Sei passato alle straniere adesso?», chiese non riuscendo a trattenere una nota di divertimento.
«Suzanne è la figlia di Maruyama Rokuro, un grande imprenditore che ha creato la sua fortuna in Inghilterra, avrà sposato una straniera, comunque resta un uomo dai sani principi giapponesi, ho avuto il piacere di lavorare con lui e posso confermarlo. Suzanne è in età da matrimonio, come te del resto, e Rokuro vuole assicurarsi che sposi l'uomo giusto.».
Pigramente gli restituì il rireshiko incrociando le braccia al petto, «Illuminami papà, in che modo questo avrebbe a che fare con me?».
«Pensi che si tratti di uno scherzo Seijuurou?», Masaomi assottigliò lo sguardo severo, «Se tu sposassi Suzanne, hai idea di quanto altro prestigio godrebbe il nostro nome? — Non solo in Giappone, anche all'estero.».
«Me ne rendo conto, c'è solo un piccolo dettaglio papà.», sorrise innocentemente, «A me non piacciono le donne, credo proprio che tu debba tenere in considerazione lo stato dei fatti.».
«Adesso basta con queste assurdità!», l'uomo si alzò di scatto battendo la mano sulla scrivania in mogano, «Che hai intenzione di fare? — Sposare lo stilista da quattro soldi che ti scalda il letto?».
Impassibile Seijuurou rimase seduto, «No, io e Chihiro ci siamo lasciati.».
«Bene, finalmente una scelta intelligente.», sentendosi più tranquillo, Masaomi tornò a sedersi passando una mano fra i capelli castani, «Stasera chiamerò Rokuro e lo informerò che hai accettato.».
«Io non ho detto niente del genere, ti ho solo riferito che io e il mio compagno ci siamo lasciati, questo non implica che io sposerò Suzanne o qualunque ragazza sceglierai per me.», lo guardò deciso, «Perché, come ho già puntualizzato, io sono — ».
«Le tue abitudini sessuali non sono affar mio, sai al contrario cosa è affar mio? — Assicurarmi che il nome della famiglia vada avanti Seijuurou, per questo tu sposerai Suzanne, proprio come io ho sposato tua madre Shiori, e porterai avanti il nostro nome, i tuoi figli lo faranno dopo di te, questo significa essere un Akashi.», affermò con orgoglio, «Detto ciò, se provi ancora il desiderio di dilettarti nelle tue discutibili preferenze sei libero di farlo, anche se vorrei che la smettessi, hai già messo la famiglia in imbarazzo troppe volte con le tue pessime abitudini.».
«Lo riconosco è un bel discorso, di nuovo, hai tralasciato un elemento fondamentale, non è da te papà, inizio a preoccuparmi.», ribatté sarcastico, «Ovvero che io non sono un ʻAkashiʼ come ti piace tanto ostentare, e non sarà il mio orientamento sessuale a far estinguere il nome della nostra famiglia. Ci hai già pensato tu, non riuscendo ad avere un figlio biologicamente tuo, o sbaglio forse?», chiese retorico osservando il padre.
Il volto severo e rigido dell'uomo per la prima volta cambiò espressione, tentava di nascondere lo stupore non riuscendoci del tutto, per Seijuurou fu una piccola soddisfazione, «No, non ti interessa sapere come l'ho scoperto, invece a me interessa molto sapere come sono andate le cose, perciò, se non ti è di troppo disturbo, ti pregherei di iniziare a spiegare.».

Masaomi capì di non avere altra scelta, nonostante fosse furibondo, nessuno avrebbe mai dovuto saperlo, tanto meno il figlio, impegnato a gongolare in modo così arrogante davanti ai suoi occhi; aveva educato e cresciuto il bambino secondo gli standard previsti dalla sua famiglia, come l'uomo era stato educato a sua volta dal padre, eppure ogni volta che guardava il figlio negli occhi non vedeva altro, se non un insuccesso: Seijuurou era il suo più grande fallimento, il promemoria vivente della propria sterilità, di non essere riuscito a portare avanti il cognome tanto importante.

«Io e Shiori non riuscivamo ad avere figli, iniziò tutto così, ovviamente.», sospirò contrariato, «Tua madre era una filantropa, odiava gli eventi mondani, preferiva andare a trovare i bambini e sostenere economicamente le strutture che li ospitavano. Fu così che ti incontrò, eri piccolo, non avrai avuto nemmeno un mese. Tua madre mi convinse, entrambi volevamo un figlio, forse per motivi diversi, comunque facendo pressione, grazie al nostro cognome, riuscimmo ad avere il tuo affidamento e in seguito l'adozione definitiva. Tuo nonno all'epoca stava fuori anche diversi mesi a causa del lavoro, non fu difficile convincerlo che Shiori fosse incinta, né che fossi nostro figlio biologico, i capelli di tua madre erano forse di un colore più spento, comunque abbastanza simile al tuo.».
Seijuurou inarcò un sopracciglio scettico, «Che stratagemma hai usato per non farlo sapere a tuo padre? Le mettevi un cuscino sotto il vestito per caso?».
«Attento a come parli.», Masaomi gli lanciò un'occhiata più affilata di una katana, «Inventammo semplici scuse, ovvero che era andata a trovare la famiglia, oppure che non si sentiva bene e comunque tuo nonno non era troppo interessato a lei.».
«Ora capisco da chi hai preso.», aggiunse sarcasticamente, «Dei miei genitori biologici non sai niente? — Non credo proprio che tu non abbia voluto indagare.».
«Corretto.», l'uomo annuì confermando la sua risposta, «Shiori era preoccupata che potessero farsi vivi, io invece ero convinto che non sarebbe successo, alla fine decisi di assecondarla. Purtroppo non scoprimmo niente su di te, né su di loro, lo trovai strano, come trovai strana l'unica condizione che ci venne imposta per poter diventare legislativamente i tuoi genitori.».
«Sarebbe?», chiese incuriosito.
«ʻSeijuurouʼ è il nome scelto di tuoi genitori biologici, presumo che sia stata tua madre, un sentimentalismo tipico delle donne.», sospirò Masaomi mostrando una vena di noia data dal discorso, «Comunque sia è l'unica cosa che ti hanno lasciato, il tuo nome intendo, non ci venne concesso cambiarlo e noi accettammo quella condizione.».

Senza distogliere lo sguardo, Seijuurou lasciò entrare dentro di sé le nuove informazioni fornitegli dal padre; una strana calma s'impossessò di lui, non credeva che se fosse stato realmente figlio di Masaomi sarebbe cambiato qualcosa, ma almeno poteva capire adesso come mai negli occhi di suo padre ci fosse sempre tanta delusione nei suoi confronti, perché dovesse fare sempre di più per compiacerlo, perché non era mai abbastanza.

«Sai cosa penso?», iniziò placidamente, «Che tu sia un grande ipocrita.».
«Non osare Seijuurou.».
«Oh invece oso, oso eccome.», si alzò in piedi pronto a fronteggiarlo, «Al tuo ennesimo tentativo di farmi sposare una delle tue scelte, ti spiegai con estrema cordialità che di questi tempi anche due uomini possono adottare, persino una sola persona può farlo, ricordi quale fu la tua risposta?», non gli diede il tempo di rispondere, «No? — Bene, ti sei espresso in questi termini, ʻnon dire assurdità Seijuurou, solo il sangue degli Akashi può portare avanti la famiglia, non voglio più sentire niente al riguardoʼ, ti sei mai chiesto di cosa volessi io invece? — Ovvio che no, per te non è mai stata importante la mia volontà, comunque adesso le cose cambieranno.», posò le mani sulla scrivania sporgendosi leggermente verso il padre, poteve vedere quanto fosse livido di rabbia, «Io non mi sposerò, non avrò figli e non incolperai me per la scomparsa del nostro cognome. Mi costruirò una mia vita, se tu vorrai esserci o meno non sono affari che mi riguardano, inoltre ti lascerò del tempo affinché possa assumere un altro Dirigente Amministrativo per la sede a Tōkyō, ti sfido a trovare qualcuno che sia più bravo di me, perché io sono molto bravo e tu lo sai, dopodiché smetterò di lavorare per te.».
Masaomi si alzò a sua volta in preda alla collera «NON DIRE IDIOZIE SEIJUUROU! TUTTO QUELLO PER CUI ABBIAMO LAVORATO, NON PUOI BUTTARE AL VENTO ».
«Oh invece lo sto facendo.», soddisfatto di se stesso infilò il cappotto pronto per andare via.
«PER COSA? PERCHÉ HAI SCOPERTO CHE TUA MADRE MOLTO PROBABILMENTE ERA UNA POVERA TOSSICA INCAPACE DI PRENDERSI CURA DI TE?».
Il rosso ignorò le offese con eleganza, «Tu non sai chi sia e ciononostante, anche se fosse come sostieni tu, questo non cambia il fatto che una povera tossica incapace è riuscita ad essere comunque un genitore migliore di te papà, almeno lei ci ha pensato al mio bene.».
«Sono stato io a darti tutto questo, posso levartelo quando voglio e tu lo sai.».
«Fallo.».
«TU SEI UN AKASHI!».
Seijuurou si voltò dall'altra parte iniziando ad incamminarsi, stanco di stare a discutere — «No, non lo sono, sei stato tu a rendermi tale.».

Senza aggiungere altro uscì dallo studio e i suoi piedi trovano subito la via per andarsene dalla maledetta abitazione in stile tradizionale.
Seijuurou si sentiva leggero, come se si fosse tolto un peso enorme dalle spalle. Non sapendo nemmeno lui come ci fosse arrivato, si ritrovò al cimitero: ʻAkashi Shioriʼ.

«Perdonami, non ho pensato a prendere dei fiori per te mamma, è stato scortese da parte mia.», con grazia bagnò la lapide con l'acqua, per poi chiudere gli occhi.
Aveva deciso di non dire al padre che avesse un gemello, tanto meno che fosse Tetsuya, avrebbe creato solo più guai.


«Akashi-kun quali erano i suoi preferiti?».
«Non credo sia fondamentale sai Tetsuya?».
«È la prima volta che vengo con te a trovarla, mi piacerebbe portarle i fiori che le piacevano.».

Era da almeno mezz'ora che si trovavano in quel fioraio e Tetsuya non riusciva proprio a decidersi, Seijuurou lo trovò estremamente tenero e appagante, vedere come pensasse alle più piccole attenzioni lo rendeva felice.

«I gigli bianchi erano i suoi preferiti.».
«Abbiamo risolto allora.».

Armati di bouquet, i due ragazzi salirono nuovamente sull'auto che li avrebbe portati a destinazione; una volta arrivati si presero cura della lapide con il sorriso sulle labbra, la lavarono con l'acqua, accesero l'incenso e l'azzurro sistemò i fiori per bene osservando la fotografia «Era davvero molto bella sai? E sembra molto gentile.».
Il rosso lo abbracciò da dietro e rilassato posò il mento sulla sua spalla, «Perché era sia bella che gentile.», lo baciò sulla guancia ammirando anche lui la piccola immagine, «Mamma, voglio presentarti Tetsuya, anche se stiamo insieme da soli sei mesi, so già che diventerà una persona molto importante per me.».


Le iridi eterocrome tornarono a mostrare il loro colore, con un piccolo sorriso malinconico allungò la mano sfiorando appena la foto — «La prossima volta ti porterò i gigli bianchi più belli che ci siano per farmi perdonare.».


Se non aveva mai percepito un segno d'affetto da parte del padre, sua madre al contrario lo amava davvero, Seijuurou lo aveva sempre sentito. Lei, l'unica che si fosse mai schierata dalla sua parte, a concedergli dei momenti di divertimento; era stata sua madre ad incoraggiarlo a giocare a basket, lei che se era andata troppo presto, lasciandolo solo.
Improvvisamente il rosso riconobbe una diversa sensazione di calore farsi strada dentro di sé, la donna che aveva messo al mondo sia lui che Tetsuya molto probabilmente aveva scelto i loro nomi, gli piaceva credere che fosse così. Non seppe perché, forse la spiegazione era semplice, l'idea che la madre biologica si fosse tanto adoperata pur di lasciare qualcosa ai suoi figli, fece sentire Seijuurou amato, fece viaggiare quel calore avvolgente dal cuore fino ad arrivare ai suoi occhi — Un Akashi non piange, ricordalo Seijuurou.

Un Akashi non piange, eppure più continuava a ripetersi la severa imposizione, più poteva vedere l'immagine di sua madre sfocata, divenire meno chiara.
Un Akashi non piange, eppure Seijuurou lo fece, forse per la prima volta in vita sua, pianse. Non cacciò via le lacrime, non tentò di soffocare le emozioni, al contrario lasciò che lo invadessero, che prendessero il totale controllo. Insieme al pianto fece scivolare via la tensione, i rimproveri di Masaomi, il costante disappunto, la costante delusione. Le lacrime lasciate libere portarono via il brutto che Seijuurou non aveva potuto vivere appieno: il lutto della madre, la pressione, i voti perfetti, il comportamento perfetto. La perdita dei genitori di Tetsuya, la sua partenza... — Pianse per tutte le volte in cui non aveva potuto farlo, perché un Akashi non piange, solo che lui non era più un Akashi e questo fece sentire Seijuurou libero. Finalmente libero.

 

*


Un'altra persona aveva passato la notte in bianco, poteva essere riuscito a sonnecchiare per un paio d'ore, comunque non fu sufficiente per farlo sentire riposato.
Kagami sapeva di aver preso la decisione giusta, dire tutto ad Akashi, aveva il diritto di essere informato e Kuroko doveva ammettere la verità a se stesso per poter continuare la propria vita, avrebbe potuto anche tenersi in contatto con i suoi amici in questo modo; lo aveva fatto per lui e per se stesso, una piccola parte di Kagami sperava che vuotando il sacco, l'azzurro si sarebbe deciso ad accantonare l'amore impossibile, così sentito, nei confronti del fratello.
Kagami ricordava bene la notte a Los Angeles, un'uscita tra amici, Kuroko era tanto ubriaco da confessargli il suo segreto, non aveva mai visto tanta disperazione in vita sua. Non era una disperazione fatta di lacrime e pianti isterici, era una calma e rassegnata afflizione: il condannato a morte sa di dover morire, Kuroko sapeva di non poter amare il proprio fratello gemello. Era così semplice da far paura.
Kagami ricordava bene il loro terzo appuntamento, la prima volta in cui si unirono sotto le lenzuola, Kuroko era perfetto, in ogni sua forma, in ogni suo movimento; pensò che non potesse esserci niente di più piacevole, passionale ed eccitante, se non fosse per il fatto che non fu il suo nome a scappare dalle labbra dell'azzurro, bensì un altro. Non fecero mai più l'amore con così tanto ardore, forse perché Kuroko non sbagliò più, riempiendo la stanza di svariati ʻKagami-kunʼ, non altrettanto sentiti.
Sì, Kagami combatteva contro il fantasma di Akashi da molto, molto tempo, lo faceva accettando ogni ʻti amoʼ sussurrato all'orecchio, ogni abbraccio, ogni bacio; lo contrastava in silenzio, a testa bassa, mordendosi la lingua ogni volta che si trovava sul punto di esplodere. Avrebbe voluto davvero affrontare la questione apertamente, parlare con il compagno, dirgli che era a conoscenza dei fatti e andare avanti, se non fosse che il timore di perderlo lo faceva desistere. Non era da lui nascondersi dietro ad un dito, solo che Kagami non aveva fatto i conti con una realtà molto semplice — l'amore cambia le persone, le plasma, le modella, le fa comportare da stupidi e porta a compiere atti idioti: l'amore aveva portato Kuroko a scappare e aveva costretto Kagami a chiudere gli occhi davanti all'evidenza.
Non ci fu bisogno di chiedere a Kuroko se fosse successo qualcosa durante il breve soggiorno a Kyōto, conosceva già la risposta.
Non ci fu bisogno di chiedere a Kuroko se lo amasse realmente, conosceva già la risposta.
Era così bello non vedere, ma alla fine Kagami si era ritrovato forzato ad affrontare la famosa evidenza, che tanto a lungo aveva ignorato.
La calma e rassegnata disperazione del compagno era esplosa prendendo corpo, Kagami aveva ascoltato le sue suppliche, i singhiozzi — L'azzurro era letteralmente terrorizzato ed era anche la prima volta che Kagami lo aveva visto ridotto in quello stato, perché l'amore ti cambia e ti fa proteggere le persone che ami, ad ogni costo.
Sospirando il ragazzo gettò uno sguardo alle valige e ai biglietti aerei, sapeva che sarebbe stato da solo sul velivolo che lo avrebbe riportato a Los Angeles, però voleva concedersi un ultimo, disperato, tentativo.
Le dieci del mattino. Kagami decise che avrebbe chiesto a Kuroko di tornare a casa insieme, anche se conosceva già la risposta.

Caricò sul taxi il bagaglio del compagno non sapendo cosa aspettarsi, non sapendo nemmeno se fosse realmente riuscito a farsi aprire, beh forse sì, infondo aveva portato la valigia con sé.
Che situazione avrebbe trovato? Akashi sarebbe stato ancora nell'appartamento? Kuroko era da solo? — I quesiti senza risposta lo accompagnarono per tutta la durata della corsa, pagò il tassista e citofonò — «Kuroko ti ho portato la valigia.».
Il piano parve funzionare, si addentrò nell'edificio e addirittura trovò la porta dell'appartamento aperta, pronto ad accoglierlo, o forse no.
Kagami aveva pensato a qualsiasi tipo di congettura, purtroppo non aveva minimamente pensato che gli strambi amici del compagno potessero essere con lui, tanto meno aveva messo in conto l'ovvia ostilità.

Midorima fece una smorfia lasciandolo entrare, «È tutto?».
«Ah — Sì, ha solo questo, credo di non aver dimenticato niente.», curioso si guardò intorno, oltre al ragazzo dai capelli verdi, sembrava che non ci fosse nessuno in casa.
«Sei da solo?».
«No, Kise e Aomine sono andati a fare la spesa, torneranno a momenti.».
La spesa? — Senza farlo apposta la porta venne nuovamente aperta, rivelando la presenza dei due ragazzi appena nominati carichi di buste.
«Per fortuna che il supermercato è qui vicino, altrimenti non ce l'avremmo mai fatta ~ », esausto il biondo posò tutto sul tavolo, chiavi comprese.
«E questo che ci fa qui?», chiese Aomine scocciato imitando il compagno.
Kagami assottigliò lo sguardo nervoso, «ʻquestoʼ ha un nome, usalo.».
«Il nome di uno che non sa farsi i ca — ».
Midorima pensò che non fosse proprio il caso di generare altra tensione, perciò decise di far morire tutto sul nascere, «Se ne stava giusto andando Aomine, è passato solo per portare il bagaglio di Kuroko.».
No, non se ne sarebbe andato — «Veramente vorrei parlare con lui, dov'è?».
«Kurokocchi sta dormendo.».
«E poi hai incasinato Tetsu già abbastanza. Vattene.».
Kagami poteva sentire la frustrazione crescere, quindi adesso era colpa sua se quei due erano fratelli? Sul serio? — «Sapete anche voi che era la cosa giusta, se foste stati al mio posto avreste fatto lo stesso!».
«Se noi fossimo stati nella tua posizione sarebbe stato tutto molto diverso, avremmo parlato con Kuroko, gestito la cosa e li avremmo aiutati. Tu invece cosa hai fatto?», chiese Midorima aggiustandosi gli occhiali, «Ti sei arrogato il diritto di rivelare un'informazione tanto importante senza il minimo tatto, o la minima comprensione, non preoccupandoti del dopo — Chi rompe i cocci è lo stesso che poi li raccoglie, tu li hai rotti, eppure mi sembra che ci siamo noi qui a fare pulizia.».

Kagami rimase in silenzio stringendo i pugni, guardando i tre a turno; sapeva di non essere stato delicato, però come potevano puntargli il dito contro? — Desiderava semplicemente che Kuroko potesse essere libero dal fardello che si trascinava dietro da anni, come poteva aver sbagliato? —


«Ho capito, fatto sta che devo parlare con lui perciò — », non fece in tempo a fare un passo che il biondo gli si piazzò davanti, il volto terribilmente serioso.
«Ti ho detto che Kurokocchi sta dormendo, va' via.».
Non riflettendo troppo a lungo sulle proprie azioni, Kagami lo fece spostare spintonandolo con forza e nell'istante seguente si ritrovò attaccato al muro; l'indaco stringeva il collo della sua maglietta, sollevandolo leggermente da terra.
Aomine era furioso, vedendo il compagno venir scansato tanto bruscamente, non riuscì a controllarsi: lo afferrò e gli sferrò un pugno dritto in faccia, facendo cadere l'altro per terra — «METTIGLI LE MANI ADDOSSO UN'ALTRA VOLTA FORZA!».
Accogliendo la provocazione, Kagami si alzò da terra pronto a restituirgli il favore quando vide l'azzurro scendere le scale; sembrava uno zombie, piccolo, con profonde occhiaie e gli occhi arrossati, «Kuroko devo parlarti, per favore.».
Kuroko, al contrario, decise di ignorarlo e perplesso andò verso i suoi amici, «Cos'è tutta questa confusione? — Piuttosto, Midorima-kun che ci fate qui?».
«Ci ha chiamati Akashi, non voleva lasciarti a casa da solo, per quanto riguarda il rumore era semplicemente Aomine nel ruolo di fidanzato protettivo.».
«C'è anche Murasakibara-kun?».
«No, Akashi ci ha contattati in piena notte, non ha sentito il telefono, comunque passerà più tardi.».
All'azzurro bastò uno sguardo per capire, il segreto che lo legava ad Akashi era stato svelato anche a loro, almeno non avrebbe dovuto raccontare la storia un'altra volta; sospirando si voltò verso l'ex compagno dalla guancia arrossata, «Tu invece?».
«Kuroko, dobbiamo parlare, per favore.».
«Non ho niente da dirti Kagami-kun.».
«Per favore, mi sono preso un pugno in faccia pur di poter — ».
«Quando ero io a chiederti ʻper favoreʼ non mi sembrava che ti importasse particolarmente, per fortuna io non sono te Kagami-kun, se ci tieni tanto parliamo.».

Allontanandosi dal gruppo, i due salirono al piano di sopra e, per avere la giusta privacy, entrarono in una stanza dai colori pastello, il letto era disfatto, l'aria un po' viziata, nell'insieme sembrava la camera di un adolescente.

«Questa era — ».
«Camera mia? — Sì e lo sai benissimo. Se vuoi davvero parlare questa è la tua occasione Kagami-kun, non sprecarla tentando di prendere tempo.».

E Kagami voleva farlo, solo che le parole gli morivano in gola, la sensazione di non saper cosa dire, come poter fargli capire quanto lo amasse, che non voleva fargli del male, non voleva ferirlo; voleva semplicemente andare via da quella dannata città, tornare a casa insieme a lui, liberi da ogni segreto, finalmente liberi senza fantasmi.
Voleva aprire la bocca e parlare, esprimere tutti i suoi sentimenti, raccontare che non era stato facile, per niente facile dire la verità, che aveva sbagliato ad esplodere in quel modo, che se fosse stato possibile tornare indietro nel tempo, si sarebbe costretto a mantenere la calma.
Kagami voleva parlare ma non ci riusciva, così lasciò che il suo corpo lo facesse per lui. Abbracciò forte l'azzurro, anche se Kuroko era impassibile, non avendo intenzione di ricambiare il segno d'affetto, continuò a tenerlo stretto, non seppe per quanto tempo.

«Mi dispiace, so di averti ferito, solo che... dovevo farlo.».

Stanco l'azzurro decise di mettere fine all'abbraccio, si allontanò catturando però il suo sguardo, «Perché mi hai fatto una cosa simile? — Eri lì con me, potevi vedere quanto stessi male, e tu hai deciso lo stesso di rovinare tutto.».
«Sai cosa significa amare una persona, amarla tanto e vedere, sentire, che non sarà mai completamente tua?», chiese Kagami carezzandogli la mano, «Ho passato così questi tre anni con te, ad osservarti. Ogni volta che vedevo un sorriso diverso non potevo fare altro che chiedermi ʻstarà pensando a lui o a me?ʼ, alla fine credo semplicemente di aver ceduto.».
Kuroko ritrasse la mano nervoso, «Non dovresti amarmi in questo modo.».
«E tu non dovresti amare tuo fratello, eppure lo fai.», i pugni tornarono a stringersi, «Quello che voglio dirti è che a volte si fanno delle scelte sbagliate — Io ti amo Kuroko, davvero, volevo aiutarti a superare questa cosa, volevo farti aprire gli occhi una volta per tutte, così che anche tu fossi libero di poter ricambiare i miei sentimenti, l'ho fatto per — ».
«No, tu non l'hai fatto per me, tanto meno per un senso di giustizia, stai tentando di giustificare il tuo egoismo Kagami-kun.», gli occhi color cielo, freddi quanto una giornata invernale, continuarono a fissare le iridi cremisi, erano calde, chiedevano scusa; Kuroko non lo avrebbe mai perdonato, «Tu l'hai fatto per te stesso. Non ti importava né di me, né di Seijuurou, ti importava solamente di te, senza pensare a cosa stessi dicendo in realtà.».
«Kuroko io — ».
«Ti avevo chiesto solo una cosa, di non dire niente. Potevamo avere tutto Kagami-kun.».
«Sì certo, compreso te che fingi di amarmi? — Vivere costantemente con il dubbio se vuoi stare realmente con me o se sono un semplice ripiego?».
«Non ho mai finto di amarti e se ti sentivi tanto infelice potevi semplicemente lasciarmi.».
«Vedi qual è il problema Kuroko?», sbottò frustrato, «Io non mi sono mai sentito infelice con te, io amo stare con te, amo lavorare con te e amo te!», si sedette sul letto con poca grazia passandosi una mano tra i capelli, perché non riusciva a capire? — «A tal punto da convincermi del fatto che a Kyōto non sia successo nulla tra voi due, a tal punto che faccio finta di niente, faccio finta di non vedere i tuoi occhi illuminarsi quando gli parli. Ho pensato di lasciarti tante volte, ho pensato di mandarti al diavolo, ma sono ancora qui, a dirti che ti amo, che voglio stare con te!», con calma respirò lentamente sentendosi più tranquillo, «Lo sai che non potete stare insieme, adesso lo sa che Akashi, torniamo a casa Kuroko. Torniamo insieme a Los Angeles, possiamo ricominciare da capo e avere finalmente il tutto di cui parlavi, con la differenza che sarà reale.».
Kuroko rimase in silenzio, ascoltò le belle parole, doveva essere stato difficile per lui riuscire ad esprimersi in modo tanto esplicito, eppure l'appassionata dichiarazione non avrebbe cambiato la situazione — «Io tornerò a Los Angeles Kagami-kun, solo non oggi, tanto meno con te.».
«Quindi finisce così?».
«Era già finita ieri notte, comunque sì, finisce così.».

Riconoscendo la sconfitta più totale, Kagami si alzò dal letto uscendo dalla stanza; ignorò gli altri ragazzi, ignorò la loro ostilità, dovevano semplicemente andarsene tutti all'inferno. Tutti, dal primo all'ultimo.
Uscito dall'edificio respirò a pieni polmoni l'aria fredda, si sentiva troppo arrabbiato per piangere, troppo deluso e gli faceva male la guancia. Sfilò il telefono dalla tasca dei pantaloni chiamando il vecchio amico, Tatsuya, l'unica persona con cui volesse stare prima di tornare a Los Angeles.









 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del ventitreesimo capitolo! PARLIAMO SUBITO DELLA PAUSA ESTIVA! Allora io starò fuori dal 12 al 20, mi porterò un piccolo pc dietro ma è mezzo scassato e di una lentezza unica, se riesco aggiornerò come al solito solo non sperateci troppo!! E non perché non mi vada, ci metto due secondi ad aggiornare, è perché il pc proprio non va. Detto questo io ci proverò sicuramente <3

TORNIAMO AL CAPITOLO!

C'è un confronto molto intenso tra papà Akashi e Akashi che porta inevitabilmente alla rottura del rapporto padre-figlio, non che prima fosse presente. Scopriamo che Seijuurou è stato adottato perché papà Masaomi ha i girini che non vanno.... ma che peccato :v Una cosa che mi infastidisce diciamo(?) è che quando accade di non poter avere figli si pensa che siano sempre le donne ad essere il “problema” (ovviamente non faccio di tutta l'erba un fascio), proprio per questo ho voluto che fosse Masaomi ad essere sterile. Per lui è un fallimento, ferito nel profondo anche perché Masaomi ha dovuto affrontare lo stesso percorso di Seijuurou, e lo ha imposto al figlio sapendo che comunque non è suo perché lui non può procreare. Insomma papà Akashi non se la vive bene, ma ci ha provato, sicuramente nel modo sbagliato, comunque ci ha provato e non è da sottovalutare (almeno in questa fic).
Vediamo come Akashi mantenga il controllo, fino a quando non si trova da solo e finalmente lascia andare tutto, tutto il brutto che ha vissuto. Quando ho scritto che non è un Akashi intendevo nel profondo, Seijuurou comunque non cambierà cognome, ci avevo pensato ma sarei andata fuori tema.... inoltre Akashi è Akashi e non si tocca amen :v

Nella seconda parte troviamo la Kiseki squad all'attacco (quanto sono belli <3) e un altro tipo di confronto, tra Kuroko e Kagami. Kuroko è un pezzo di marmo e ha ragione, nel senso che Kagami non ha pensato che la vita di Akashi sarebbe stata completamente sottosopra, è sbottato, è esploso e se ne è andato, e non lo ha fatto per i “giusti” motivi tanto meno era in confidenza con Akashi per rivelargli un informazione simile.
Con questo non voglio dire che Kagami non abbia fatto bene a dirlo e che Kuroko fosse nel giusto nel mantenere il segreto, è solo complicato perché in parte hanno ragione entrambi.

Per concludere i rireshiko sono praticamente delle schede, foto compresa, fatte proprio per proposte matrimoniali... Ah Masaomi rassegnati tuo figlio è molto Tetsuyasessuale... che vuoi farci :v

Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere. Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

Spero davvero di riuscire ad aggiornare la fic, se così non fosse ci vediamo lunedì 21 agosto con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

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Capitolo 25
*** 24 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. 









 

Seduto sul letto, Kuroko si prese del tempo per sé, per permettere alla propria mente di registrare gli ultimi avvenimenti, riassumendoli in silenzio: Seijuurou sapeva tutto ed era andato a Kyōto; la storia con Kagami aveva raggiunto il capolinea.
Al contrario di quello che si potesse pensare, Kagami per lui non era mai stato un ripiego, anzi, voleva che fosse un nuovo inizio, se solo non avesse detto niente — No, non era così, Kuroko lo sapeva bene, dopo tutti gli avvenimenti e i trascorsi con Seijuurou, non sarebbero riusciti a rimettere in piedi la loro relazione.


ʻSai cosa significa amare una persona, amarla tanto e vedere, sentire, che non sarà mai completamente tua?ʼ.
 

Certo che lo sapeva, insomma, non era forse per colpa dell'amore impossibile che provava nei confronti del fratello se si era ritrovato in quella situazione? —
Kuroko si perse nei pensieri e nei ricordi. La prima volta che lo vide – all'inizio della scuola media – fu durante le selezioni di basket, per decidere in quale fascia sarebbero stati smistati: lui finì nella terza squadra; invece cinque ragazzi talentuosi, si rivelarono talmente bravi e capaci da essere ammessi subito nella prima squadra, ancora non poteva sapere che i suddetti ragazzi sarebbero diventati la sua famiglia, che Seijuurou sarebbe stato l'amore della sua vita — Perché è così che funziona, quando un qualcosa inizia, non si può mai sapere come andrà a finire; fu grazie ad Aomine che riuscì a parlare con Seijuurou – per puro caso – , che poté giocare a basket insieme a loro; fu grazie a lui che trovò una splendida famiglia su cui poter fare sempre affidamento.
L'azzurro non sapeva spiegare le emozioni che provò quel giorno, si stava allenando con Aomine quando l'arcobaleno illuminò la palestra desolata, incuriosito aveva voltato lo sguardo e lui era lì: ʻAkashi Seijuurouʼ, già vice capitano della squadra di basket, nonostante fosse al primo anno; rimasti soli discuterono prettamente di basket, eppure Kuroko non riusciva ad ignorare la strana sensazione, come se lo avesse sempre conosciuto, provava una specie di inspiegabile attrazione nei suoi confronti. Il rapporto che li legava mutò in fretta, sembrò naturale per entrambi e in poco tempo, troppo poco tempo, Seijuurou divenne la sua casa, la sua scuola, conoscerlo aveva cambiato la sua vita, divenne tutta la sua vita. Stare senza di lui era una cosa a cui non voleva minimamente pensare, fino a quando Kuroko non fu costretto a farlo, a lasciarlo da solo.

«Oi Tetsu è pronta la colazione.».

La porta della sua stanza venne aperta di botto facendolo sobbalzare internamente, mentre dall'esterno appariva impassibile come sempre — «Aomine-kun, impara a bussare per favore.».
«Sì sì come vuoi.», comprensivo l'indaco si sedette sul letto accanto all'amico, «Ryouta ha preparato il milkshake alla vaniglia, il tuo preferito, anche se ha ridotto la cucina ad uno schifo.».
«Ringrazialo, ma non ho molta fame ora come ora, scusa.».
«Sai, non dobbiamo parlarne per forza se non vuoi, però stare chiuso qui dentro a deprimerti non ti aiuta Tetsu.», impaziente Aomine si alzò, forzando l'altro a fare lo stesso, «Non ti serve pensare in questo momento, devi mangiare e stare in compagnia, quello stupido ha fatto tutto un programma per la giornata, attaccherebbe un piagnisteo infinito se ti rifiutassi.».
Un piccolo sorriso divertito si fece strada sul suo volto, «Aomine-kun, non è carino insultare così apertamente il proprio fidanzato.».
«È Ryouta che se le cerca, non dare la colpa a me.», ridendo gli scompigliò la chioma azzurra sapendo quanto gli desse fastidio, «Adesso andiamo o ce lo ritroveremo qui tra tre secondi.».

Sospirando Kuroko acconsentì; si sentiva agitato, con quali occhi l'avrebbero guardato i suoi amici? Sarebbero stati diversi nei suoi confronti? — Aomine sembrava essere sempre lo stesso, ma gli altri? Lo avrebbero giudicato? —

«KUROKOCCHI ~ ».
«Kise-kun, un giorno i tuoi abbracci finiranno con l'uccidermi.», riuscì a bofonchiare senza fiato; il biondo lo stava stringendo ancora una volta con troppa energia, forse alla fine niente era cambiato, si sentì sollevato e grato per questo.
«Scusa ~ », Kise sorrise lasciandolo andare, «Ho preparato il tuo milkshake preferito!», prese per mano l'amico facendolo sedere davanti alla tavola imbandita.
Le gemme azzurre osservarono ogni tipo di pietanza, spaziava dalla tradizionale colazione giapponese a quella occidentale, «Sembra ottimo.».
«Grazie Kurokocchi, ho preparato tutto io sai? — Tranne i croissant ovviamente ~ ».
«Midorima-kun, se dovessi sentirmi male mi affido a te.».
«Nessun problema.».
«PERCHÉ SIETE SEMPRE COSÌ CATTIVI CON ME ~ ».
«Hai quasi trent'anni Kise-kun, potresti anche evitare di dire ʻcattiviʼ, comunque Aomine-kun ha detto che hai fatto un programma, di che si tratta?».

Non lo avesse mai chiesto. Il famoso ʻprogrammaʼ era stato scritto su un grande cartellone, rosa, decorato con lustrini, brillantini e stelline, cuoricini e probabilmente le foto più ridicole che avessero scattato ai tempi della scuola.
Perplesso guardò il migliore amico dal volto affranto, «Aomine-kun?».
«Non chiedere Tetsu, la notte è lunga, i konbini sempre aperti e dovevo tenerlo impegnato.».
Con la luce negli occhi Kise iniziò a spiegare la sua opera d'arte, «Per adesso faremo colazione, poi Kurokocchi si farà una bella doccia e metterà dei vestiti comodi. Midorimacchi tra poco deve andare a lavoro, perciò saremo solo noi tre e andremo a fare un sacco di shopping ~ », disse contento indicando la voce ʻshoppingʼ – rigorosamente glitterata – sul cartellone, «Dopodiché pranzeremo al Maji Burger come ai vecchi tempi, sentiremo Akashicchi per farci dire verso che ora ha intenzione di tornare e, se ci avanza ancora del tempo, andremo alla tua libreria preferita Kurokocchi ~ Infine, ma non meno importante, stasera ceneremo tutti insieme! Allora? Che ne dici? ~ ».

Midorima ringraziò di avere il turno in ospedale, Aomine e Kuroko invece non ebbero scampo. Kise rispettò ogni punto sulla lista, sopratutto lo shopping: saltellava da un negozio all'altro uscendo sempre carico di buste; Aomine decise di dargli un freno quando vide il compagno particolarmente interessato ad un tavolo di design, ʻrazza di idiota una cosa del genere nemmeno ci entra nel nostro appartamentoʼ e lo trascinò fuori dalla struttura.
Come promesso mangiarono al fast-food dove erano soliti andare da adolescenti, non ci fu bisogno di chiamare Akashi perché li anticipò mandando un messaggio a tutti, informandoli che avrebbe preso il treno delle quattro e sarebbe arrivato intorno alle sette di sera; quindi avendo ancora diverse ore, i tre ragazzi andarono in libreria – e lì a lasciarsi andare a spese pazze fu l'azzurro – .
Terminato il tour de force tornarono a casa, il primo ospite ad arrivare fu Murasakibara, gli venne spiegata tutta la situazione mentre Kuroko era in bagno. In realtà non aveva bisogno di farsi un'altra doccia, ma sapeva che l'amico andava informato e non voleva essere presente, perciò la utilizzò come una scusa per farli parlare; Midorima fu il secondo a presentarsi.
Il citofono suonò di nuovo e l'azzurro si tese come una corda di violino, poteva solo essere lui e Kuroko non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi, era tutto così surreale.

«Tetsu rilassati, è solo una cena okay?».

Annuendo si fece coraggio e andò ad aprire la porta trovandoselo davanti, trattenne il respiro per qualche istante, iniziò a studiarlo: portava dei vestiti diversi e aveva gli occhi leggermente arrossati e gonfi, segno che avesse pianto, forse era quel dettaglio a renderlo perfetto al suo sguardo indagatore.
Come avrebbe dovuto salutarlo? Cosa avrebbe dovuto dirgli? — Avrebbe voluto abbracciarlo, poteva farlo? Sarebbe stato un abbraccio diverso? Fin dove poteva spingersi? — Troppe domande, troppa confusione.

«Sei tornato.».
«Te l'avevo detto che l'avrei fatto Tetsuya, posso entrare?».

Gli stessi quesiti che passavano per la testa dell'azzurro, avevano invaso anche la mente di Akashi; entrambi si chiedevano quale fosse la linea di confine, se sarebbero mai riusciti a rispettare i limiti, se ci fossero effettivamente dei limiti da non dover superare.
La cena risultò piacevole, eppure nonostante nessuno tirò fuori l'argomento che aveva portato tanto scompiglio, i due fratelli non riuscirono a godersela fino in fondo, per ovvi motivi; si sedettero vicini ma non si parlarono, tanto meno incrociarono lo sguardo. Tetsuya resistette alla tentazione di poggiare la testa sulla sua spalla, Seijuurou soffocò il suo bisogno di cercare un contatto fisico, entrambi si accontentarono di piccoli sfioramenti casuali, quasi casuali.
Un po' alla volta gli amici tornarono ai loro appartamenti e alla propria vita, fino a quando il rosso e l'azzurro non rimasero da soli, facendo cadere la casa nel silenzio, non poteva andare avanti così.

«Ti serve una mano per sistemare Tetsuya?».
Avrebbe voluto dire ʻsì, grazieʼ, ovviamente rispose il contrario, «No, non preoccuparti Aka— Sei-kun, se vuoi puoi andare.» — Andiamo, chi chiamava il proprio fratello per cognome? —
Seijuurou lo guardò interdetto, possibile che non se ne fosse accorto? — «Non vado da nessuna parte, non stanotte, non hai notato la borsa quando sono arrivato?».
No, no che non l'aveva notata, «Ah va bene.».


Alla fine si ritrovarono a pulire i piatti insieme, Tetsuya lavava e Seijuurou asciugava, avrebbero potuto usare la lavastoviglie, ma fondamentalmente cercavano solo una scusa per poter stare più vicini.

«Com'è andata a Kyōto?».
«Bene direi, ho parlato con mio padre. Vuole che sposi una certa Suzanne.».
Il bicchiere che Tetsuya teneva in mano gli scivolò dalle dita per la sorpresa, senza guardarlo iniziò a raccogliere i frammenti sparsi nel lavandino, «Immagino che c'era da aspettarlo... ».
Al contrario Seijuurou non riusciva a staccare gli occhi dal cielo che amava, «Ovviamente ho risposto che non intendo sposare nessuna delle sue proposte.».
«Dovresti iniziare a pensare al tuo — Ahi... », d'istinto si portò il dito alle labbra, era riuscito a tagliarsi grazie ad un piccolo frammento di vetro.
«Ti sei fatto male, fammi vedere.», ignorò i suoi ʻnon è niente di cheʼ osservando la piccola ferita, «Sì, non è niente di grave.».
«Te l'avevo detto Sei-kun.», ribatté quasi offeso, «Piuttosto, avete parlato solo di matrimoni?».
«Ovviamente no, abbiamo discusso dell'adozione, anche se non gli ho detto di te.», piegò appena le labbra in un sorriso per poi continuare, «Sostiene di non aver trovato niente riguardo i nostri genitori biologici, sa soltanto che con molta probabilità sono stati loro a darci i nostri rispettivi nomi.».
Le gemme azzurre si fecero curiose, «Come fa ad esserne sicuro?».
«L'adozione aveva una clausola se così la si può definire.», sospirò finendo di asciugare l'ultima stoviglia, «Il nostro nome non poteva essere cambiato.».
Tetsuya annuì decidendo alla fine di cedere, da quando l'aveva visto ogni fibra del suo corpo lo spingeva ad abbracciarlo, a sentirlo vicino, a stare con lui, quindi decise di assecondare il proprio istinto; lo strinse a sé gentilmente sentendo l'altro ricambiare, «Cosa facciamo adesso?».
Seijuurou non conosceva la risposta, sapeva solo che averlo tra le braccia fosse la cosa più bella e rilassante che potesse esistere sulla faccia della terra, «Tu cosa vuoi fare Tetsuya?».
«Voglio guardare un film con te, poggiare la testa sulle tue gambe mentre mi accarezzi i capelli.», ammise a bassa voce.
«Ricordo che lo facevamo spesso e che ti addormentavi sempre.».
«Non è vero.».
«Sì che è vero, hai già scelto il film?».
«Per me va bene tutto, lascio a te l'onore.».

Nessuno dei due prestò realmente attenzione alla televisione, Tetsuya era concentrato sulle abili dita che scorrevano senza intoppi fra la chioma azzurra, Seijuurou era concentrato sui suoi pensieri e non si rese conto di averne espresso uno ad alta voce — «Non posso vivere senza di te.».
Sentendo l'affermazione piena di verità, Tetsuya si alzò decidendo di cambiare posizione, si sedette su di lui accoccolandosi sul suo petto, posando la testa sulla sua spalla, mentre distrattamente, con un dito, iniziò a disegnare svariati ghirigori lungo il collo dell'altro — «Mi sono informato.», soffiò piano con rassegnazione, «Questa cosa che ci è successa ha un nome, si chiama ʻattrazione sessuale geneticaʼ, può capitare tra parenti che non si vedono da molto tempo o che proprio non si conoscono, come noi due.», sospirò chiudendo gli occhi rilassato «Inconsciamente hai riconosciuto in me delle caratteristiche fisiche che vedi in te stesso, io ho fatto la stessa cosa, per questo siamo così attratti l'uno — ».
«Io non sono attratto da te perché mi somigli Tetsuya, non mi importa che ci sia una definizione per descrivere la nostra situazione.», continuò pacato, «Io ti amo, non c'è un'altra spiegazione, è solo questo.».
«Anche io ti amo.», ammise con sicurezza, «Per questo tornerò a Los Angeles, sappiamo entrambi che non saremo in grado di trasformare il nostro rapporto.».
Con la morte nel cuore, Seijuurou annuì, lo avrebbe lasciato andare, dovevano almeno provare a far andare bene le cose, «Ho una condizione però, poi potrai recarti ovunque vorrai.».
Tetsuya riaprì gli occhi guardandolo confuso, «Quale condizione?».
«Voglio rifare il test del DNA, voglio scoprirne con te il risultato e finché non sarà pronto staremo insieme.», gli carezzò dolcemente la guancia senza distogliere lo sguardo, «Per qualche giorno ci dimenticheremo di tutta questa storia, torneremo indietro, a prima che tu partissi, che ne pensi Tetsuya?».
In risposta Seijuurou vide solo il ragazzo farsi più vicino, sentì le punte dei nasi sfiorarsi, fino a quando le labbra dell'altro non trovarono il giusto posto, sulle sue — «Va bene, Sei-kun.».

Si meritavano un attimo di tregua. Una piccola tregua in mezzo a quell'enorme disastro, se l'erano meritata.

 

*


Entrambi mantennero la promessa fatta, andarono in ospedale consegnando i campioni in laboratorio e Seijuurou si trasferì a casa dell'amato.
Era bello vivere con Tetsuya, era bello poter stare di nuovo insieme, senza alcuna preoccupazione. I risultati sarebbero stati pronti in cinque giorni e non ne sprecarono nemmeno uno, facendo quello che più gli piaceva fare, semplicemente amarsi e prendersi cura l'uno dell'altro. Mentre era a lavoro, Tetsuya impiegava il tempo sistemando casa – non che ci fosse molto da fare, l'azzurro l'aveva tenuta attiva per tutto il tempo, Seijuurou non voleva nemmeno sapere quanto gli fosse costata un'impresa del genere – e al suo ritorno lo accoglieva con un bacio accompagnato da un gran sorriso; insieme preparavano la cena il rosso si scoprì piacevolmente compiaciuto di quanto Tetsuya fosse migliorato ai fornelli – , per poi rilassarsi insieme con un bagno caldo di fine giornata. Alcune notti le passavano avvolti dalla passione, altre a leggere un buon libro o a vedere un film, altre ancora Seijuurou conduceva Tetsuya nel sonno più profondo leggendogli le poesie che più amava, lasciandolo in seguito alle cure di Morfeo.
Era la vita che avevano sempre voluto, avrebbero potuta averla, avrebbero potuto avere tutto, vivere realmente il loro sogno se non fosse per quel piccolo dettaglio — Se non fosse per il fatto di essere stati messi al mondo dalla stessa donna.
Seijuurou non si permise di sperare in un risultato di verso, intento a guardare il panorama dall'ampia vetrata del suo ufficio pensò che sarebbe stato inutile illudersi, avrebbe fatto solo più male.

«Forse ho veramente sbagliato tutto questa volta.», mormorò tra sé e sé, con evidente amarezza, ammettendo la sconfitta.

Era stato lui a proporre a Tetsuya di vivere i pochi giorni a disposizione insieme, di fuggire dalla realtà e nascondersi nella loro bolla di perfezione, perché voleva sentirlo, voleva sentirsi nuovamente completo, ma a che pro? — Il risultato non sarebbe stato differente e Tetsuya sarebbe tornato a Los Angeles, come se non bastasse Seijuurou glielo avrebbe permesso, perché era giusto così. Poi il dubbio lo assalì, infondo era davvero giusto così? —


«Sei-chan, una visita per te ~ ».

Tornando alla realtà si voltò verso il segretario, anche se la sua attenzione fu catturata da quello che l'amico dai capelli verdi teneva in mano, «Shintarou, che sorpresa trovarti qui, Reo lasciaci soli per favore.».

Rimasti soli Seijuurou fece segno all'altro di sedersi, accomodandosi a sua volta al proprio lato della scrivania, «Sei portatore di buone notizie vedo.».
Midorima si aggiustò sulla poltrona consegnandogli il referto sigillato che aveva con sé, «Non so se siano buone o meno, comunque i risultati erano pronti e mi sono permesso di portateli.».
«E di questo ti ringrazio.», rispose educatamente mettendo la busta nella sua ventiquattrore, «Stasera leggerò il verdetto con Tetsuya.», aggiunse con velata ironia.
«Non voglio che ti illuda Akashi, la percentuale del test precedente era alta, temo non cambierà.».
«Nessuno dei due sta facendo questo grave errore Shintarou, posso assicurartelo, Tetsuya ha già comprato il biglietto.».
Midorima annuì silenziosamente, «Lo so, ci ha chiesto di accompagnarlo in aeroporto, tu verrai?».
«No, non credo di poter sostenere una situazione del genere.», ammise senza vergogna, «E sono sicuro che Tetsuya la pensi allo stesso modo, altrimenti lo avrebbe proposto anche a me.».
«Kise, Aomine e Murasakibara sono preoccupati per te Akashi.».
«Oh, tu no Shintarou?», chiese con una nota di divertimento.
«Io confido nella tua intelligenza.», sospirò aggiustandosi gli occhiali sul naso, «Non sei più un adolescente, hai delle responsabilità che non puoi trascurare, sicuramente adesso potrai analizzare meglio il contesto e riuscirai a prendere la tua decisione.».
«Sì, con la differenza che non c'è una decisione da prendere.».
«Quello che è successo a te e Kuroko non è tanto insolito quanto pensi Akashi, diverse coppie hanno anche avuto dei figli e — ».
«Tetsuya vuole fare le cose in maniera corretta e ha tutte le ragioni, non può stare qui, entrambi non riusciremmo a gestire la situazione.».
Midorima si lasciò scappare un sospiro incrociando le braccia al petto, «Voglio solo che tu sappia questo, nessuno di noi vi giudicherebbe se doveste decidere diversamente... Comunque se siete sicuri della vostra scelta immagino che vada bene.», terminato il motivo della sua visita si alzò, ricordandosi di prendere con sé l'oggetto fortunato del giorno – una sveglia – , «Ora devo tornare in ospedale, ci vediamo Akashi.».
«Sicuro, sono tenuto a concederti la possibilità di rivendicare il tuo onore a shogi.».
Con una smorfia contrariata Midorima lasciò l'ufficio dell'amico, prima o poi sarebbe riuscito a vincere una partita e gli avrebbe cancellato dalla faccia quel ghigno irritante.

La giornata lavorativa continuò tranquilla, senza intoppi e per l'ora di cena Seijuurou riuscì ad essere a casa, venendo accolto con lo stesso calore di sempre.
«Ben tornato Sei-kun.», Tetsuya lo baciò e gli sorrise, «Com'è andata a lavoro?».
«Il solito direi.», con una mano allentò la cravatta e posò la ventiquattrore per terra, «La tua giornata invece?».
«Sono andato a trovare mamma e papà, poi sono stato con Kise-kun e Aomine-kun.».
«Sei andato al cimitero ogni giorno vedo.».
«Beh non ho potuto farlo per otto anni e poi — », si bloccò, i patti erano che non avrebbero parlato di partenze imminenti, sarebbero semplicemente tornati indietro nel tempo, restandoci il più possibile.
«Puoi dirlo, che partirai a breve.», nostalgico gli carezzò il volto, si accomodò sul divano e l'azzurro lo raggiunse poggiandosi a lui, «Shintarou mi ha portato i risultati.».
«Beh, non dobbiamo leggerli proprio adesso no? — Ho preso gli ingredienti per una cena speciale stasera.».
Divertito Seijuurou posò le labbra sulla fronte dell'amato, «Una cena speciale? — Mi fai incuriosire Tetsuya, di che si tratta?».
«Del tuo piatto preferito, yudofu.» — Tetsuya sapeva quanto Seijuurou amasse la zuppa di tofu, per questo quella mattina si era alzato e aveva deciso che l'avrebbe preparata apposta per lui.

Insieme cenarono conversando piacevolmente, fecero il bagno e si rilassarono guardando un film, entrambi avrebbero voluto rimandare all'infinito il triste momento, con la consapevolezza di non poterlo fare.

«Non sei da solo Tetsuya, ora ci sono io con te.», per infondergli coraggio, il rosso gli strinse la mano riflettendosi nel suo sguardo limpido, «Non aver paura, siamo pronti, lo sappiamo già.».
L'azzurro annuì leggendo i risultati ad alta voce e ovviamente non fu diverso dal responso di otto anni prima; nonostante tutto nessuno pianse, anche se non smisero di stringersi la mano, con forza.
«C'è qualcosa che avresti voluto fare in questi giorni e non ci è stato possibile realizzarla, Tetsuya?».
«Mi sarebbe piaciuto suonare con te, solo che il pianoforte è scordato e il mio violino è inutilizzabile.».
«Sì, lo stavo pensando anche io.», con il pollice gli carezzò il dorso della mano specchiandosi poi nelle iridi color cielo, «Shintarou mi ha riferito che hai chiesto ai nostri amici di accompagnarti all'aeroporto, quando hai il volo?».
«Ho considerato i tempi delle analisi, parto domani mattina.».
«Ti dispiace se non ci sarò?».
«Non voglio che tu ci sia Sei-kun.», chiuse gli occhi raggomitolandosi di più contro il rosso, «Non sono così masochista.».
«Lo so che non lo sei, tanto meno lo sono io, andrò via stanotte se per te va bene.».
Tetsuya annuì, «Va bene.».

Non volevano salutarsi, non per cattiveria, non per non accettazione, semplicemente sarebbe stato estremamente doloroso per entrambi, non sapevano nemmeno come avrebbero dovuto dirsi addio; Tetsuya non avrebbe sopportato vedere Seijuurou varcare la porta di casa per non tornare più, Seijuurou non avrebbe sopportato vedere Tetsuya sparire dietro la dogana. Era semplicemente un peso troppo grande da sostenere, per lo stesso motivo quella sera non fecero l'amore; si misero a letto tenendosi stretti, il rosso accompagnò per mano l'azzurro nei meandri di un piacevole sonno e lo affidò a Morfeo.
Prima di lasciare l'appartamento però, Seijuurou non resistette alla tentazione di lasciargli un biglietto, eppure gli occhi color cielo decisero di non leggere cosa ci fosse scritto, non in quel momento, si mise in tasca il pezzo di carta e insieme agli amici raggiunse l'aeroporto.


«Dove è diretto?».
Le gemme azzurre guardarono sorprese il tassista, giusto stava partendo «All'aeroporto di Narita, per favore.».
«Per le vacanze invernali vai a fare un viaggio con i tuoi amici? Dove andate di bello?».
«In un posto che non conosco.», si limitò a dire chiudendo la conversazione.
Non era mai stato a Los Angeles, non sapeva se gli piacesse o meno, se si sarebbe trovato bene o meno, comunque di una cosa era certo, lì avrebbe ricostruito la sua vita, partendo da zero l'unico vantaggio che avesse era la sua buona conoscenza dell'inglese – .
Arrivato a destinazione pagò la corsa e una volta dentro la struttura si sentì perso. Non era la prima volta che prendeva l'aereo, sapeva cosa dovesse fare o cercare, solo che in quel momento sembrò che la sua mente avesse deciso di non svolgere il proprio lavoro.
Inspirò profondamente riordinando le idee, poteva farcela, doveva farcela; sicuro di sé imbarcò il bagaglio e una volta alla dogana iniziò a guardarsi intorno, quella era la linea di non ritorno e non solo per l'azzurro: poteva vedere persone dirsi arrivederci con un grande abbraccio, ʻdivertitevi mi raccomandoʼ; una coppia scambiarsi effusioni, ʻtorna prestoʼ; tante persone si stavano salutando e Tetsuya si rese conto di essere solo, nessuno l'avrebbe abbracciato, nessuno era lì per lui ed era stata una sua scelta, avrebbe dovuto farci i conti prima o poi, che gli piacesse o no
.


«Mi raccomando Kurokocchi, fa buon viaggio okay? ~ », Kise strinse l'amico non riuscendo a trattenere le lacrime, «Ogni volta che passerò per Los Angeles verrò a trovarti, quindi tieni il letto pronto ~ ».
«Ryouta non sta andando in guerra sai?».
«Solo perché tu sei un insensibile Daikicchi!».
Invece adesso era diverso, i suoi amici erano lì, non avrebbe più dovuto fare a meno di loro; sorrise ricambiando l'abbraccio del biondo, «Ti ospiterò volentieri Kise-kun, ognuno di voi, sarete sempre graditi ospiti.» — Finalmente riuscì a liberarsi della stretta e guardò tutti i suoi amici, «Grazie per avermi accompagnato.».
«Non dire sciocchezze Tetsu! Piuttosto sta' certo che io e Ryouta questa estate verremo di sicuro.», Aomine chiuse la mano a pugno tendendo il braccio e sorrise quando il migliore amico rispose al loro personale saluto.
«Kuroko questo è il tuo Lucky Item del giorno, non perderlo.».
L'azzurro accettò l'oggetto fortunato e per fortuna questa volta non si rivelò niente di imbarazzante, un semplice accendino, «Grazie Midorima-kun.».
«Kuro-chin questa è per te ~ », gli passò una busta piena di snack che aveva preparato appositamente per lui, «In aereo si mangia di schifo, questi sono più buoni ~ ».
«Grazie Murasakibara-kun, grazie davvero a tutti voi, avrei solo una richiesta da farvi.», li guardò con un piccolo sorriso per poi prostrarsi in un inchino, non troppo rigido, né troppo formale: la schiena piegata leggermente in vanti, le mani s'incontravano al centro del proprio corpo e il capo basso — «Per favore, prendetevi cura di Sei-kun.».
«Alza la testa Tetsu prima che ti meni.», borbottò Aomine guardandolo, «So che vuoi essere un bravo fratello per Akashi, ma così esageri.», rise prendendolo in giro, poi il suo volto assunse un'espressione dolorosa, senza esitare Kuroko l'aveva colpito sul fianco — «Okay, capito, troppo presto per scherzarci su.».
«Mine-chin è stupido ~ ».
«Ahomine.», Midorima sospirò, era davvero senza speranza, «Comunque non preoccuparti Kuroko, Akashi non è un bambino, sa prendersi cura di sé adesso.», lo rassicurò come poté quando venne interrotto dall'altoparlante, «È il tuo volo giusto?».
«Ah sì.», raccolse tutte le sue cose e li salutò per l'ultima volta prima di valicare nuovamente la linea di non ritorno, questa volta però era diverso. Si sentiva più sereno.

In aereo non prestò attenzione alle hostess, come suo solito. Non voleva essere scortese nei loro confronti, solo che aveva sempre qualcosa di più importante per la testa, questa volta il biglietto che Seijuurou gli aveva lasciato.
Voleva davvero leggerlo, eppure decise di aspettare che l'aereo decollasse non sapendo quale sarebbe potuta essere la sua reazione.
Aspettò. Aspettò. Aspettò. Arrivò alla conclusione che il maledetto aereo non volesse proprio accontentarlo.

«Signore stiamo per decollare, per favore allacci la cintura di sicurezza.».

Cordialmente Tetsuya rispose al sorriso cortese della ragazza e fece quanto gli era stato chiesto; dopo poco finalmente partirono e il segnale delle cinture si spense una volta raggiunta la giusta quota.
Timoroso estrasse il pezzo di carta dalla tasca e gli occhi azzurri si riempirono di lacrime silenziose — «Sei proprio uno stupido Sei-kun.».


 

ʻSe leggi questi versi dimentica la mano che li scrisse: t'amo a tal punto che non vorrei restar nei tuoi dolci pensieri,
se il pensare a me ti facesse soffrire. — William Shakespeare.

Ti auguro buon viaggio, Tetsuya.ʼ.










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine del ventiquattresimo capitolo! SONO TORNATAAAAAAA YAY!! Allora io ci ho provato ad aggiornare ma come previsto il pc che ho portato ha deciso di morire perciò mi è stato impossibile, comunque adesso sono qui e come promesso ho aggiornato <3

TORNIAMO AL CAPITOLO!

Possiamo notare come questo sia un falso calmo capitolo, o meglio spero vi sia arrivata tutta la tensione e l'incertezza che provano sia Akashi che Kuroko. Non sanno che fare né come comportarsi. È come se si studiassero cercando di capire chi sia realmente l'altro e fin dove ci si possa spingere.
La mia adorata Kiseki si mette all'opera per accompagnare i due amici in questo arduo percorso, li tranquillizza come può (vedi Midorin con Akashi), si rende disponibile e regala ad entrambi piccole certezze, rassicurando Kuroko che non sarà più solo, ma che andranno a trovarlo.
Kuroko è più che deciso a partire (e infatti lo fa) mentre Akashi chiede un compromesso, della serie “okay vai dove vuoi ahdare ma prima stai con me perché ne ho bisogno” e Kuroko acconsente perché anche lui avverte questa necessità. Infatti stanno insieme, fanno quello che amano fare, si godono il tempo che gli rimane e insieme leggono il secondo verdetto. Nessuno dei due aveva sperato troppo in un diverso risultato, ma sicuramente c'è un pizzico di delusione da parte di entrambi.
Perciò questa è la situazione al momento: Kuroko è partito portando con sé il biglietto che gli aveva scritto Akashi (trovatemi un uomo così vi prego); Akashi è rimasto a Tōkyō a vivere la sua vita. E voi mi state odiando io lo so :v

Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere. Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3


Ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

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Capitolo 26
*** 25 ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. 







 

Le giade verdi e brillanti osservarono le varie pedine, non c'era modo di potersi salvare e Midorima lo sapeva bene, sospirò per poi guardare l'amico che ghignava trionfante, aveva vinto anche quella volta.

«Mi arrendo.».
«Ottima scelta Shintarou, sarebbe una vergogna se mi permettessi di catturare il tuo Re.».
«Sta' zitto Akashi.».

Senza toccare la scacchiera, i due si alzarono andando ad accomodarsi in salotto. Midorima si sfilò gli occhiali massaggiandosi il ponte nasale, i turni in ospedali erano davvero stancanti e in più si era dovuto concentrare al massimo per non perdere a shogi, ovviamente senza un risultato soddisfacente; Akashi era sempre stato bravo a quel gioco e non faceva che migliorare.

«Posso offrirti qualcosa da bere Shintarou?».
«No grazie, piuttosto mi hai fatto perdere l'ultimo treno Akashi.».
Nonostante avesse rifiutato, Seijuurou decise di versare lo stesso dell'ottimo whisky per entrambi passandogli il bicchiere, «Puoi fermarti qui, altrimenti ci sono le mie macchine, sentiti libero di prenderne una in prestito.».
«Te la riporto domani sera, grazie.», si concesse un sorso di liquore assaporandone il gusto, «È davvero molto buono, te lo ha regalato uno dei tuoi clienti?».
«Oh no, questo è un mio investimento, mi fa piacere che ne sia valsa la pena.», sorrise agitando piano il bicchiere, «Piuttosto, Daiki e Ryouta quando tornano da Los Angeles?».
«Tra qualche ora.», per sicurezza guardò l'orologio, le due di notte — «Il loro aereo dovrebbe atterrare alle sei del mattino, perciò direi che il più è fatto.».
«Quanto sono stati? Se non erro una settimana corretto?».
«È uno spreco fare un viaggio così lungo per così pochi giorni, avrebbero potuto organizzarsi e accumulare le ferie, ma sono degli idioti perciò.».
«Vero, tu ti sei fermato un mese la scorsa estate giusto?».
Midorima annuì, «Kazunari voleva fare da tanto tempo un viaggio simile, non che volessi vedere Kuroko o robe del genere.», aggiunse borbottando portando nuovamente il bicchiere alle labbra, «Piuttosto, tra poco è il tuo compleanno Akashi, vuoi fare qualcosa in particolare? — Te lo chiedo solo perché Aomine, Kise e Murasakibara non fanno altro che assillarmi con questa storia.».
«Saranno trenta mh.», sospirò fingendosi afflitto «Sono troppo vecchio per avere certe velleità.».

Erano passati tre anni dall'ultima volta che aveva visto Tetsuya, forse qualche mese in più, l'aria fredda di dicembre era tornata a pervadere la città di Tōkyō.
Tre lunghi anni e non c'era stato un singolo giorno che non avesse pensato a lui, eppure il tempo non smette di scorrere, costringendo le persone ad andare avanti in qualche modo.
Seijuurou mantenne la sua promessa, appena si presentò l'occasione smise di lavorare per il padre – di cui non ebbe più notizie – . Fu una piccola rivincita quando un uccellino di nome Reo, cinguettò al suo orecchio che la sede di Tōkyō iniziò ad avere qualche problema dopo le sue dimissioni, molti clienti decisero di andarsene, compreso il suo segretario con cui si teneva in contatto; ritrovandosi senza lavoro, Seijuurou decise di far fruttare le proprie fortune in investimenti e azioni promettenti, risultò essere la mossa giusta e questo gli permise di dedicarsi alla passione dello shogi, continuando a mantenere il tenore di vita a cui era abituato. Tre lunghi anni passati a rimettersi in piedi, tentando di non pensare a Tetsuya.
Seijuurou non permise a sé stesso di lasciarsi andare, impresa ardua, comunque grazie ai suoi amici riuscì a contenere i danni della separazione dall'azzurro; lo tenevano costantemente impegnato, come e quando potevano – ai limiti della sopportazione – , Aomine e Kise, in diverse occasioni, rischiarono di rimetterci la pelle nel tentativo, una volta in particolare: lo avevano invitato a cena a casa loro, fin qui niente di strano, solo che la cena si rivelò essere un appuntamento al buio, così iniziarono i problemi, per loro – il biondo e l'indaco si sarebbero ricordati per sempre l'occhiata tagliente e glaciale che inviò nella loro direzione – . Il suo appuntamento combinato aveva un nome ovviamente, Nijimura Shuuzou, ed era un collega di Aomine, per carità, sicuramente non era brutto, alto, moro, occhi grigi, ma anche se non avesse avuto la testa piena di Tetsuya, il rosso non si sarebbe interessato al ragazzo.
Seijuurou aveva capito che, più o meno, la piccola task force si era assunta diverse mansioni: Midorima passava il tempo con lui giocando a shogi, oppure invitandolo per cena, o a bere qualcosa dopo il lavoro; Murasakibara gli portava tutte le mattine dei cornetti appena fatti – solo ultimamente aveva allentato la presa – ; Kise e Aomine invece desideravano la morte, doveva essere per forza così visto che si erano assunti l'ingrato compito di presentargli nuove persone, perché ʻè passato un anno Akashi, dovrai pur sco — ʼ e Seijuurou lo aveva interrotto prima che Aomine si potesse azzardare a terminare la frase.

«Lo sai che alla fine organizzeranno qualcosa Akashi, quindi se non vuoi essere coinvolto in situazioni strane ti suggerisco di decidere.», sospirò Midorima, «Ti dico solo che Kise ha proposto il karaoke e Aomine uno strip club.».
«Hanno sempre delle idee così... vivaci.», vuotò il bicchiere scuotendo la testa, «Direi che una semplice cena sia più che adatta e chiarisci bene a Daiki di non portare nessuno.».
«Sono più di tre anni che non ti relazioni con qualcuno.», iniziò l'altro cauto, sapeva di star camminando su un campo minato, «Perché non provi ad uscire, solo un appuntamento.».
«Shintarou ti sarei grato se ti astenessi dal parlare della mia vita sentimentale, grazie.».


Sdraiati sul letto, sotto le coperte, l'azzurro e il rosso erano teneramente abbracciati. Tetsuya poggiato sul suo petto ascoltava i battiti del suo cuore, Seijuurou continuava a passare le mani tra i suoi capelli facendolo rilassare.
L'ultima notte che avrebbero passato insieme, l'ultima, non ce ne sarebbero state altre. Una volta che Tetsuya si fosse addormentato, Seijuurou se ne sarebbe dovuto andare aveva giurato a se stesso che lo avrebbe fatto.

«Sei... », borbottò assonnato, «Mi leggi una poesia?».
«Tutto quello che desideri.», allungò il braccio prendendo la raccolta di poesie che Tetsuya gli aveva regalato per il loro diciassettesimo compleanno e lo aprì a caso, «Prontolo sentì annuire sul suo petto, allora si schiarì la voce iniziando a recitare il testo con delicatezza, «ʻSarei già andato lontano, tanto lontano quanto è grande il mondo, se non mi trattenessero le stelle che hanno legato il mio al tuo destino, così che solo in te posso conoscermi. E la poesia, i sogni, il desiderio, tutto mi spinge a te, alla tua natura, e dalla tua dipende la mia vita.ʼ Goethe.».
«È veramente molto bella.».
Lo baciò dolcemente sulla fronte posando il libro sul comodino, «Sì lo è, adesso dormi.».
«Non voglio.», nascose uno sbadiglio stringendolo, «Se mi addormento tu andrai via.».
«Non per questo puoi privarti del sonno.».

Si guardarono per un momento leggendo negli occhi lo stesso pensiero, meglio andar via fingendo di aver una mattinata impegnativa a lavoro e di non voler svegliare l'altro, era meglio svegliarsi e credere che il compagno non ci fosse perché avevano finito il latte, che sarebbe rientrato a momenti. Anche la più stupida bugia sarebbe stata migliore della verità, ovvero che non si sarebbero più rivisti Si sporsero in contemporanea per scambiarsi un bacio delicato, uno dei tanti, senza pensare che non ce ne sarebbero stati altri.

«Buona notte Sei-kun.».
«Buona notte Tetsuya
.».


Come poteva pensare ad altri uomini se dopo tre anni non riusciva nemmeno a dimenticare l'ultima notte che passarono insieme? Come potevano i suoi amici non capire il semplice concetto? — Seijuurou sapeva che avrebbe dovuto rifarsi una vita, lo avrebbe fatto, con i suoi tempi.
Aveva ricevuto notizie di Tetsuya, faceva domande vaghe alle persone che avevano avuto modo di vederlo, estrapolava ogni dettaglio da ogni singola risposta che gli veniva data: Tetsuya stava bene, aveva degli amici simpatici secondo Kise, non troppo secondo Aomine, Murasakibara non li aveva conosciuti – non era particolarmente interessato – , Midorima li aveva definiti ʻdecentiʼ — Seijuurou arrivò alla conclusione che non gli sarebbero piaciuti. Era venuto a conoscenza del fatto che Tetsuya condivideva l'appartamento con un altro ragazzo, un dolce e simpatico coinquilino, Cole Scott, Murasakibara aveva tentanto di rassicurarlo a modo suo, affermando che questo Cole avesse una ragazza — Seijuurou si calmò, un po', poi si chiese come mai Tetsuya avesse scelto di vivere con un'altra persona, con le sue possibilità di certo avrebbe potuto permettersi un bell'appartamento tutto per sé. Seijuurou faceva sempre tante domande, eppure non ebbe mai il coraggio di chiedere quello che realmente risvegliasse il suo interesse, ʻTetsuya si vede con qualcuno al momento?ʼ. Non voleva proprio saperlo.

«Adesso devo andare.», Midorima si alzò vuotando a sua volta il bicchiere, «Mi daresti le chiavi della macchina?».
«Certamente, ti dispiace prendere la Porsche sportiva?», gli tirò il mazzo di chiavi con telecomando annesso, «L'altra mi serve.».
«Perché? Vai da qualche parte per caso?», chiese perplesso, «Sono quasi le tre del mattino.».
«Pensavo di andare a fare una passeggiata all'aeroporto.», rispose con semplicità iniziando a coprirsi per bene, «Non ho particolarmente sonno, guidare mi aiuterà.».
Decise di non dare ulteriori informazioni e dopo aver indossato gli eleganti guanti in pelle nera, scese con l'amico nel garage, lo salutò e continuarono ognuno per la propria strada.
Seijuurou amava guidare di notte, la città cambiava, invasa di luci e di silenzio, era piacevole, per questo non gli diede fastidio stare al volante per oltre un'ora, il traffico era praticamente inesistente e lui poteva rilassarsi, prese addirittura la strada più lunga, tanto avrebbe comunque dovuto aspettare.
Avvolto nel suo cappotto di cachemire si diresse agli arrivi e aspettò pazientemente, solo due ore di attesa se il volo sarebbe stato puntuale. Per fortuna i tempi vennero rispettati e dopo una mezz'oretta vide apparire il biondo e l'indaco, assonnati e stupiti al contempo.

«Akashicchi che bella sorpresa, che ci fai qui? ~ ».
«Sono venuto per informarvi che il venti dicembre faremo una semplice cena.», rispose una volta che si trovò davanti ai due, «Niente kararoke e niente strip club Daiki.».
«Mh e non potevi dircelo domani?», borbottò Aomine sbadigliando apertamente.
«Se volete viaggiare su una scomoda navetta accomodatevi pure.».
«No! Veniamo in macchina con te Akashicchi! ~ », piagnucolò Kise, «Non voglio più stare scomodo e Daikicchi ha russato per tutto il tempo ~ ».
«Ti ho già detto che non russo Ryouta!».
Seijuurou li ignorò, li lasciò bisticciare fin quando non salirono in macchina, guidare doveva essere rilassante, missione impossibile con loro due che si insultavano a vicenda; non capiva nemmeno da dove prendessero tutta quell'energia, ma infondo, come aveva detto a Midorima, erano entrambi persone molto vivaci — «Adesso basta, se non la smettete accosto e vi abbandono nel bel mezzo del nulla.».
Finalmente il silenzio, sapeva che lo avrebbero preso sul serio e così doveva essere, fiero di sé osservò l'alba sorgere poco a poco, «Allora? Vi siete divertiti?».
Aomine sbuffò, «Tetsu sta bene Akashi, ti saluta.».
«Grazie per avermelo riferito Daiki, avrei una domanda.», aggiunse senza distogliere gli occhi dalla strada, «Voi sapete il motivo per cui Tetsuya ha scelto di avere un coinquilino?».
«E te ne esci dopo tre anni Akashi?».
«Daiki ci metto poco ad inchiodare e farti volare fuori dal parabrezza, non tentarmi.», sospirò leggermente annoiato, ma la minaccia era ben chiara nella sua voce, «Allora?».
«Se non ricordo male Kurokocchi ci ha detto che un anno dopo il suo arrivo a Los Angeles gli sono entrati i ladri in casa, quindi decise di fare un annuncio o una cosa del genere, si sentiva più sicuro con un coinquilino, a quanto pare si sono trovati molto bene e non hanno pensato di andare a vivere da soli.», terminò con uno sbadiglio portando la mano davanti alla bocca, «Anche se non mi abituerò mai al modo in cui lo chiamano i suoi amici ~ ».
«Tetsu aveva pensato di cambiare casa quando stava con quel... Coso... Avanti, come si chiamava?».
«Kagami Taiga?», chiese retorico permettendo ai neuroni dell'amico di riposarsi.
«Ah sì lui!», esclamò vittorioso, «Comunque credo che Cole andrà via presto, ha chiesto alla ragazza di provare a convivere perciò... ».
Seijuurou sorrise sereno, «Che bella notizia, porgetegli i miei migliori auguri.».
«Akashi tu sei — Lasciamo perdere va.», mimò la frase con un vago cenno della mano e roteò gli occhi, non ci voleva un genio per capire come mai fosse tanto contento.
«Piuttosto Akashicchi, sicuro di non voler festeggiare al karaoke? — Sarà super divertente ~ ».
«Idiota compie trent'anni non dieci, ci vogliono cose da uomini!».
«E da quando uno strip club sarebbe una cosa da uomini Daikicchi!».
«Dalla notte dei tempi! E poi Akashi è a secco da anni, ha bisogno di stimoli per — ».
Approfittando del semaforo rosso Seijuurou frenò bruscamente facendo sbattere la testa ad entrambi, beh lui li aveva avvertiti — «Come vi ho già riferito faremo una semplice cena, solo perché ci tenete tanto. Ringraziatemi.».
Aomine si massaggiò la fronte dolorante, «Almeno possiamo ».
«No.».
«Ma Akashicchi non sai nemmeno che », tentò Kise speranzoso.
«No, non potete, qualsiasi cosa abbiate in mente non avete il mio permesso per farla.».

Davvero, Seijuurou non aveva nessuna voglia di festeggiare, aveva deciso di accontentarli perché erano i suoi amici più cari, ma non dovevano spingersi troppo oltre. Non avrebbe autorizzato un comportamento simile.

«Akashi, hai mai pensato che magari Tetsu si vede con qualcuno?».
«Ovviamente.».
«Allora perché non ».
«Taci.».

Seijuurou sapeva di dover andare avanti, lo avrebbe fatto, con i suoi tempi; magari si sarebbe sposato, magari avrebbe avuto dei figli, magari sarebbe stato di nuovo felice, tutte ipotesi troppo lontane nel futuro, voleva pensare al presente, alla cena con i suoi amici e compiere un passo alla volta, senza sapere dove questa serie di passi lo avrebbero portato e questo, forse, lo spaventava un po'.

 

*


La prima volta che aveva messo piede sul suolo americano Kuroko si era sentito spaesato, se non fosse per la conoscenza dell'inglese e per il fatto che avesse prenotato l'hotel, non avrebbe avuto la minima idea su cosa fare, di dove andare. Los Angeles non era la sua città, ma avrebbe fatto sì che ciò accadesse.
Era stato difficile abituarsi al loro stile di vita, lì tutto era grande, un gallone di latte gli sarebbe bastato per un mese, come i succhi di frutta; le porzioni erano esageratamente abbondanti e ovunque si voltasse poteva vedere diversi fast-food, ristoranti di tutti i tipi e di tutte le etnie, persino dei furgoncini adibiti a cucina, senza contare i classici banchetti di hot dog ambulanti. Decise di non farsi spaventare, andando avanti nel tempo riuscì ad ottenere i diversi visti che gli occorrevano per poter restare e si costruì una vita.
Ora eccolo lì, che guidava senza alcun problema per le strade di Los Angeles, diretto verso casa e sui sedili posteriori erano poggiate le buste della spesa – fortunatamente aveva trovato un negozio che vendeva articoli di cucina giapponese, non riusciva proprio ad abituarsi al gusto forte dei cibi americani – .

«Scott-kun, sono tornato.».
«Oh eccoti Yuya, ti serve una mano?».

Cole Scott era una ragazzo semplice, solare, alto e massiccio, leggermente pasciuto, capelli biondi e occhi scuri; condividevano l'appartamento ormai da anni, entrambi rispettavano la privacy dell'altro e rispettavano i desideri reciproci. Per esempio Kuroko non amava troppo la confusione, Cole invece sembrava adorarla, per questo spesso le feste venivano organizzate a casa di qualcun altro, oppure l'azzurro – quando proprio non poteva dire di no – passava la notte in un albergo economico, visto che poteva permetterselo.
Incontrò il coinquilino il giorno dopo aver affisso l'annuncio sulla bacheca di un'università, i ladri gli avevano svaligiato casa – non che ci fosse chissà cosa da prendere – e si sentiva più sicuro a vivere con un altro ragazzo, infondo ai tempi era solo ventenne spaurito che soffriva di attacchi di panico e d'ansia. Il periodo di prova andò bene, decisero di continuare la convivenza. Era tutto perfetto, se non fosse che il coinquilino non riusciva a pronunciare correttamente il suo nome, non era difficile dire ʻTetsuyaʼ, eppure il ragazzo continuava a sbagliare e a chiamarlo ʻTetiyaʼ, con il tempo divenne ʻYuyaʼ e arrivati a quel punto fu troppo tardi, tutti gli amici di Cole iniziarono ad adoperare lo stesso soprannome. Kuroko invece continuò a chiamare le persone per cognome, come era solito fare, aggiungendo l'onorifico ʻ-kunʼ.

«No, ce la faccio, grazie.», sistemò la spesa sui suoi scompartimenti per poi guardare l'amico intento a chiudere scatoloni, «Ne hai ancora tanti Scott-kun?».
«Una marea direi, come mi è venuto in mente di traslocare?».
«Perché è il momento che tu vada a vivere con la tua fidanzata.», rispose spiegando il motivo al posto dell'altro con naturalezza.
Cole rise divertito, «Yuya ancora non riconosci il mio sarcasmo vedo.».
«E tu continui ancora a chiamarmi ʻYuyaʼ, direi che siamo pari.», impassibile, forse leggermente offeso, l'azzurro iniziò a sigillare gli scatoloni per dargli una mano.
«Che ha che non va? — È un soprannome carino.».
«Non è il mio nome, anzi è un cognome giapponese.».

«Beh almeno non è del tutto sbagliato no?», rise per poi accendere lo stereo, «Con la musica di sottofondo si lavora sempre meglio.», riprese a chiudere gli scatoloni per poi battersi una mano sulla coscia, «Ah! Ecco cosa dovevo dirti! — Ho incontrato per caso il tuo ex, stava con un tizio.».
«Kagami-kun?», Kuroko alzò lo sguardo curioso, «Beh mi fa piacere che abbia trovato qualcuno.».
«Mi hai detto che vi siete lasciati per ʻdivergenze di opinioniʼ, ma in che senso esattamente?».
«Io non volevo che dicesse una cosa e lui l'ha detta, molto semplice.».
«Deve essere davvero impegnativo stare con te eh?», ridacchiò divertito, «Piuttosto i tuoi amici sono arrivati sani e salvi?».
Ci pensò un attimo per poi scrollare le spalle, «Non era Kise-kun a pilotare perciò sì, mi hanno inviato un messaggio appena atterrati un paio di giorni fa.».
«Avete tutti dei nomi così strani, è normale che uno non riesca a pronunciarli.».
«ʻKiseʼ è il cognome Scott-kun.».
«Ah.», Cole lo guardò stupito, «Da quanto vi conoscete scusa? — Sembrate molto uniti.».
«Dalle scuole medie.».
«E VI CHIAMATE ANCORA PER COGNOME?», non voleva urlare, solo che era rimasto decisamente sconvolto dalla rivelazione, «Certo che siete strani voi giapponesi.».
«Non siamo strani.».

Los Angeles non era la sua città, ma avrebbe fatto sì che ciò accadesse e ci era riuscito, eppure in quegli otto anni non si era mai sentito a casa, perché solo Tōkyō poteva dargli quella sensazione di calore e accoglienza, però da quando i suoi amici andavano a trovarlo avvertì un cambiamento importante, sentì di non essere più tanto solo.
Aomine mantenne la promessa fatta davanti alla dogana dell'aeroporto di Narita tre anni fa, la stessa estate lui e Kise si fermarono a Los Angeles per due settimane, l'appartamento non era grande, per fortuna Kuroko aveva in camera un divano letto e li sistemò lì; l'estate successiva arrivò Midorima insieme a Takao, restarono un mese, Kuroko li aiutò con l'organizzazione trovandogli una casa vacanza sulla spiaggia e gli fece visitare ogni cosa possibile; il terzo anno invece ricevette la visita di Murasakibara e Himuro – aveva accompagnato il compagno per salutare Kagami ovviamente – , anche loro stettero un paio di settimane.
Los Angeles non era casa, eppure grazie ai suoi amici iniziava ad assomigliargli un po' di più, si divertiva a portarli in giro, a fargli conoscere le persone con cui usciva; tutti fecero una faccia perplessa quando videro il suo coinquilino e accusarono l'azzurro di non avergli detto niente. Non lo aveva fatto apposta, solo non pensava che fosse necessario.
Kuroko sorrise spontaneamente nel ricordare le espressioni disgustate dei suoi amici quando sentirono Cole pronunciare per la prima volta il soprannome orribile, Aomine provò a giocarci su rimediandosi l'ormai famosa e sana gomitata nel fianco, a quel punto smise di prenderlo in giro.

«Stavo pensando, se vi conoscete da così tanto tempo, come mai ti fanno visita solo da tre anni Yuya?».
«È una storia lunga Scott-kun, non mi va molto di parlarne.».
«Okay, come preferisci.».

In silenzio riprese ad imballare gli scatoloni immergendosi nei suoi problemi.
Era difficile non pensare a Seijuurou, sopratutto il giorno del loro compleanno, però per la terza volta non buttò i soldi nel comprare un biglietto aereo che avrebbe ridotto a pezzi. Forse era questa la rassegnazione? Sapere di non poter fare niente e accettarlo di conseguenza? — Eppure l'azzurro ci aveva sperato, fino all'ultimo aveva sperato di vederlo davanti alla dogana per salutarlo, sapeva che non l'avrebbe fatto, lui stesso non voleva che l'altro compiesse un'azione a tanto stupida, però un minimo dentro di sé lo aveva desiderato.
Una volta tornato a Los Angeles aveva dato le dimissioni dal ristorante giapponese, era giusto così infondo, non voleva vedere Kagami tutti i giorni e lo stesso valeva per l'ex compagno; Kuroko trovò presto un altro lavoretto e iniziò a portare gli schizzi dei suoi gioielli a chi di dovere, concluse diversi affari e riuscì a lavorare anche su quel fronte, stava andando tutto bene... — Se non fosse per il fatto che non poteva separarsi dalla felpa rubata a Seijuurou tanti anni prima, gli stava piccola, ma continuava portarla o ad abbracciarla nel sonno e non contento, prima di andare a dormire, leggeva sempre il biglietto che lo aveva fatto piangere sull'aereo tre anni fa.
Si sentiva senza speranza, voleva davvero dimenticarlo, solo che era semplicemente impossibile, non sarebbe mai riuscito a cancellare dai suoi ricordi la persona più importante di tutta la sua vita. Doveva accettare la sconfitta e andare avanti, rassegnarsi.

«Comunque che vuoi fare stasera Yuya?».
«Niente di particolare, credo che starò a casa, perché?».
«È il tuo compleanno! Non puoi stare a casa a deprimerti, te lo proibisco.».
«Scott-kun, davvero non — ».
«C'è una fantastica festa in spiaggia stasera, andiamo, ci saranno anche gli altri.».
«Siamo a dicembre.».
«Vorrà dire che ti coprirai meglio, dai! Un po' di spirito americano ti farà solo che bene!».
«Mi dispiace, il mio spirito è tutto giapponese.».
«E voi giapponesi non vi divertite? Come festeggiavi con i tuoi amici?».

Come festeggiavano? — Seijuurou lo viziava sommergendolo di regali, mentre lui gliene faceva uno solo, però iniziava a pensare a cosa regalargli mesi prima, per concludere la sera avrebbero festeggiato tutti insieme. Era bello il giorno del loro compleanno. Era sempre stato bello e perfetto.

«Niente di che, una semplice cena.».

La giornata proseguì tranquilla, entrambi stettero a casa, Kuroko non aveva voglia di fare qualsiasi cosa che comprendesse muoversi e Cole era troppo impegnato ad organizzare il trasloco.
Chiuso nella sua stanza, sdraiato sul letto, Kuroko pensò che il contratto d'affitto sarebbe scaduto a giorni, ecco un'altra decisione da prendere, magari avrebbe potuto cambiare appartamento, cercarne uno più piccolo per stare solo, infondo non era più un bambino spaventato adesso.
Sentì il campanello suonare, non gli diede importanza, infondo l'amico sarebbe comunque uscito senza di lui, guardò l'ora, le dieci di sera, sicuramente gli altri erano passati a prenderlo.
Pigramente prese un libro che aveva iniziato a leggere da poco ma venne interrotto immediatamente dal leggero bussare alla porta, «Dimmi Scott-kun.».
Cole si affacciò senza entrare completamente, nonostante tutto quello bastò per impregnare la camera di profumo — «Scusa se ti disturbo Yuya, volevo dirti che sto andando e che c'è un tuo amico di là.».
«Mh? Un mio amico? — Non dovrei incontrarmi con nessuno oggi.».
«Credo che sia un tuo amico giapponese, ti direi il nome solo che non ho capito nemmeno mezza parola.».

Curioso si alzò dal letto avviandosi per scoprire chi fosse, Kise e Aomine erano andati via da pochi giorni, inoltre da quello che aveva capito dai vari messaggi che si mandavano, sia Murasakibara che Midorima erano occupati con il lavoro, quindi chi... —
L'azzurro si rese conto di aver inconsapevolmente portato il libro con sé, nel momento in cui lo lasciò cadere a terra con un tonfo.

«Yuya tutto bene?».

Appena entrato in salotto, anche se di spalle gli occhi color cielo aveva subito riconosciuto l'inaspettato ospite, non avrebbe confuso il suo rubino con nessun altro al mondo; il rumore l'aveva fatto voltare permettendogli di specchiarsi nelle iridi dal colore diverso, lui era lì, nel suo appartamento, a Los Angeles.

«Seiju — Io non... Che ci fai qui?».
«Buona sera, Tetsuya.».

Educatamente Seijuurou si voltò a guardare il ragazzo alto e imponente, «Tu saresti il coinquilino di Tetsuya, corretto?», chiese in perfetto inglese.
«Ah sì, Cole piacere, ora scusate ma devo scappare.», sorrise affabile per poi guardare l'amico, «Ci vediamo più tardi se sei sveglio Yuya, divertitevi».

Tetsuya non registrò nemmeno una parola, era troppo sconvolto per poter pensare o dire qualcosa, sentì la porta sbattere e vide il rosso chinarsi davanti a lui per raccogliere il libro.
Rimasti soli, il rosso riprese a parlare in giapponese guardando l'altro, era evidentemente pietrificato, «Come mai ti chiama il quel modo?» — Non riuscì a nascondere una punta di fastidio, nessuno aveva dato a quel tizio il permesso di prendersi tanta confidenza.
Non seppe cosa gli prese, il proprio corpo si mosse da solo e Tetsuya si ritrovò ad abbracciarlo con forza, «Sei davvero tu?», mormorò incredulo.
Seijuurou non si aspettava una reazione tanto plateale, ma non per questo la rifiutò, anzi, lo strinse a sé a sua volta, «Certo che sono io Tetsuya.».

In silenzio rimasero uno tra le braccia dell'altro, tenendo per loro lo stesso pensiero, ʻcredevo che non ti avrei più rivistoʼ, percependo nell'abbraccio il sollievo di entrambi, si erano rivisti. Non seppero per quanto tempo, comunque alla fine si sciolsero guardandosi negli occhi; l'azzurro gli fece fare il tour dell'appartamento e poi si accomodarono sul divano.

«Scusa per il disordine, Scott-kun sta traslocando e — Vuoi qualcosa da bere?».
Il rosso sorrise scuotendo la testa, era buffo vederlo tanto agitato, davvero non si aspettava una visita da parte sua, «Quindi ora saresti Yuya eh?».
«Non iniziare anche tu, strano che gli altri non ti abbiano detto niente.».
«Incredibile ma vero, pagheranno per avermi omesso questo dettaglio, te lo assicuro.».
«Scott-kun non riusciva a pronunciare il mio nome, alla fine ha deciso di chiamarmi così.», sospirò non riuscendo a distogliere lo sguardo, era così bello averlo lì, «Tu piuttosto, perché sei qui? Non avresti dovuto, lo sai.».
«Perché mi manchi troppo Tetsuya.», Seijuurou intrecciò le dita alle sue carezzandole piano, «Questi tre anni sono stati uno strazio, te l'ho detto, non posso vivere senza di te.».
«Sei tu non ».
«Non lavoro più con mio padre, in questi anni mi sono rimesso in piedi, ho costruito altre cose, ho messo ordine nella mia vita, ma se non ho te al mio fianco allora è tutto inutile.», ammise guardandolo negli occhi, «È vero, siamo fratelli Tetsuya, impara ad accettarlo e superiamolo insieme, perché io non ho intenzione di arrendermi con te.».

Seijuurou quel giorno si era svegliato ed eseguito la classica routine mattutina, la sera avrebbe festeggiato con gli amici, sarebbe andato a dormire e l'indomani niente sarebbe cambiato, avrebbe ricominciato da capo, senza nessuna emozione, senza una persona a sostenerlo, senza qualcuno da amare. Si era fermato ad immaginare la sua vita tra vent'anni, sarebbe stata grigia, incredibilmente spenta, monotona e lui si rifiutò di permettere che potesse accadere una cosa del genere. Poteva essere felice. Poteva avere di più. Senza nemmeno rendersene conto aveva comprato un biglietto online ed era tornato all'aeroporto di Narita, l'opzione di tornare da solo non era minimamente contemplata.
Non aveva avvertito nessuno della partenza imminente e sapeva che gli altri lo avrebbero aspettato per festeggiare, eppure Seijuurou rise nel pensare che, evidentemente, sparire il giorno del compleanno fosse un difetto di famiglia, comunque si sarebbe scusato una volta tornato a Tōkyō. Non era il momento di pensare a loro, era il momento di stare con Tetsuya, di parlare con lui, con il cuore in mano.
Si alzò dal divano incitando l'altro a fare lo stesso, di nuovo faccia a faccia Seijuurou poté leggere la sua preoccupazione «Non voglio mentirti Tetsuya, non sarà facile, tutto l'opposto, sarà molto difficile, dovremo lavorare sul nostro rapporto ogni singolo giorno, ma io voglio farlo perché voglio te, voglio stare con te, io e te per tutta quella che sarà la nostra vita insieme.».
«Sei-kun, che ».
«Ti ho detto cosa voglio Tetsuya, tu invece? Dimmi, cosa vuoi?».
L'azzurro sprofondò nel caos più totale, si sentiva euforico e confuso allo stesso tempo, stava accadendo tutto così velocemente tanto da non riuscire a tenere il passo, «Io non lo so... ».
«Smetti di pensare ai problemi che potremmo incontrare Tetsuya, guardarmi.», dolcemente gli sollevò il mento in modo che potesse ammirare le iridi azzurre, «Vuoi andare al cinema? Lo faremo. Vuoi andare in un posto sperduto nel mondo? Per me va bene. Vuoi andare in un luogo dove il nostro rapporto sia accettato dalla legge? Lo troveremo, ci andremo Tetsuya, ma devi dirmi cosa vuoi.».

La nebbiolina confusa e fastidiosa che aveva avvolto la sua mente, come per magia si dissipò, perché Tetsuya sapeva benissimo quale fosse il suo desiderio più recondito.

«Allora? La tua risposta?».

Non trattenendo il dolce, tranquillo, pianto lo abbracciò di nuovo e lo baciò con amore stando stretto a lui, sentendosi finalmente felice.

«Voglio stare con te — Portami a casa Seijuurou.».
«Sì, sì torniamo a casa, Tetsuya.».

È vero erano nati lo stesso giorno, stesso mese, dello stesso anno, eppure non era questo l'importante. Forse avevano solo bisogno di accettare un concetto che andava oltre i legami familiari, oltre il sangue e le somiglianze che li accomunavano.
Era complicato e semplice allo stesso tempo, sbagliato e giusto, la verità era una sola: Seijuurou e Tetsuya non erano nati semplicemente insieme, erano nati per trovarsi, amarsi e stare insieme.

«Questo è il più bel regalo che potessi farmi, buon compleanno Sei-kun.».
«Buon compleanno a te, Tetsuya.».










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine DELL'ULTIMO CAPITOLO! MAMMA VOGLIO PIANGERE AIUTATEMI QWQ MA NON TEMETE CHE VI RESTA ANCORA L'EPILOGO!

Come avrete capito c'è un salto temporale di tre anni, tre anni dove Akashi e Kuroko non si sono né visti né sentiti. Akashi si è concentrato sulla sua vita, ha ricominciato da zero e Kuroko ha fatto più o meno lo stesso, con la differenza che ora può sentire e vedere i suoi amici.
Penso che ci sia una sottile vena d'ansia in questo capitolo, della serie “Akashi che fai? Parti non parti... CHE FAI??????”, ebbene alla fine lo raggiunge e hanno il loro happy ending :”)
Mi è piaciuto scrivere di Akashi e Kuroko separati, sopratutto di Kuroko a Los Angeles visto che la sua storia non è stata molto approfondita e trovavo simpatica l'idea che avesse un coinquilino decisamente opposto rispetto a sé, ma che comunque riuscissero a trovare un equilibrio nella convinvenze. Per quanto riguarda l'Akashi situation mi è piaciuto scrivere della Kiseki squad (come sempre), sopratutto dell'ingrato compito di Kise e Aomine (come sempre xD)


Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere. Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

Ci vediamo lunedì con l'epilogo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

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Capitolo 27
*** Epilogo ***


Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia. PRIMA DI LASCIARVI ALL'EPILOGO VI ANNUNCIO SUBITO CHE CI SARÀ UN AGGIORNAMENTO MERCOLEDÌ!! Ci vediamo nel mio angolino, buona lettura ~









 

«Sono tornato, Sei potresti aiutarmi per favore?», borbottò con le mani cariche di buste della spesa, chiudendo la porta con un piede.
Seijuurou si alzò dal divano andandogli incontro, «Non avrai preso troppa roba Tetsuya?».
«Siamo dieci in tutto e poi parliamo del pranzo di Natale, è normale che ci siano tante cose da mangiare no?».
«Prevedo che mangeremo avanzi per molto tempo.», rise portando quello che poteva in cucina, «E poi siamo otto adulti, hai contato anche le gemelle di Shintarou e Kazunari vero? ».
L'azzurro lo guardò leggermente contrariato, «Ora che hanno tre anni sicuramente potranno assaggiare il mio fantastico tacchino Sei-kun.».
«Perché non ammetti semplicemente di aver esagerato?».
«Perché non è così, Aomine-kun mangia per otto da solo, l'hai forse dimenticato?».
Il rosso alzò le mani in segno di resa, «Sempre testardo il mio Tetsuya.», sorrise baciandolo sulla guancia, «Ti lascio cucinare.».

Tanto tempo era passato dalla sera a Los Angeles, tanti compleanni, tanti San Valentino, tanta felicità e quella non sarebbe mai passata.
Seijuurou si era ripromesso che sarebbe andato avanti, con i suoi tempi, facendo un passo alla volta e adesso ringraziava gli stessi passi che, tanti anni prima, lo avevano portato sul giusto percorso, all'aeroporto per prendere un aereo, per averlo fatto tornare da Tetsuya.
Lasciarono Los Angeles una settimana dopo, per permette all'azzurro di organizzarsi e per visitare la città insieme; Seijuurou ricordava le facce stupite e contente, emozionate, dei loro amici quando videro che non era solo, quando capirono che Tetsuya non sarebbe più andato via.
Il prossimo passo fu vendere entrambi gli appartamenti, scrigni di ricordi, sia belli che brutti e ognuno di essi era importante. Avrebbero conservato gelosamente ogni frammento di memoria nei loro cuori, ma entrambi volevano un nuovo inizio e per farlo era necessario azzerare tutto.



«Tu sei bravo Sei-kun, riesci sempre in tutto quello che fai, ti impegni tanto e i risultati si vedono.», chiuse gli occhi continuando a cullarlo, «Tu puoi fare tutto quello che vuoi, sei tanto intelligente da poterci riuscire. E io ho dei grandi piani per noi sai? Un giorno andremo a vivere insieme in una bella casa, né troppo grande né troppo piccola e realizzeremo tutti i nostri sogni. Faremo quello che vorremo fare e andremo dove vorremo andare. Te lo prometto.».


Le iridi eterocrome sorrisero osservando il cielo azzurro armeggiare in cucina, Tetsuya aveva mantenuto tutte le sue promesse.
Vivevano in una bella casa, né troppo grande né troppo piccola, calda e accogliente; avevano ricominciato da capo, inseguendo i propri sogni: Seijuurou era diventato un famoso giocatore di shogi professionista; Tetsuya, usando gran parte della fortuna lasciatagli dai genitori, creò un brillante orfanotrofio di cui era il responsabile, pieno di colore e di amore. Si era occupato di ogni singola assunzione, entrava in contatto con ogni singola famiglia che avrebbe preso un bambino in adozione, affiancato ovviamente dai più esperti assistenti sociali — ʻGioielliʼ, questo era il nome della struttura, perché non ci sarebbero mai potuti essere dei gioielli più belli, più preziosi e più importanti di bambini bisognosi d'amore. Non importava l'età, la razza, la religione, Testuya accoglieva ogni neonato, bambino o ragazzo, c'era solo una regola fondamentale da rispettare: i fratelli non sarebbero stati divisi.
Tra i loro amici, gli unici ad adottare presso la struttura dell'azzurro, fino a quel momento, erano stati Midorima e Takao, diventando genitori di due bellissime gemelle identiche dai capelli lisci e neri, gli occhi azzurri come un mare cristallino – Takao se ne era talmente tanto innamorato da lasciare il lavoro, fiero di essere un mammo a tempo pieno – .

«Sicuro di non voler una mano Tetsuya?», chiese notando che l'altro aveva appena fatto cadere una serie di pentole.
«No, va tutto bene.».

Sorridendo Seijuurou lo lasciò in pace e si mise ad osservare le foto sulla comode. Avevano viaggiato molto, visto tanti posti nuovi, semplicemente facevano quello che volevano fare, andavano dove volevano andare. Finalmente lo specchio rifletteva la stessa immagine.

«Sono distrutto.», stanco l'azzurro si lasciò cadere sul divano buttandosi addosso all'amato.
Il rosso sorrise coprendo entrambi con il plaid, «Lo credo, hai cucinato tutto il giorno.».
«Troppo, non ho nemmeno fame.».
«Se vuoi posso prepararti qualcosa di leggero.».
«No grazie, ho lo stomaco chiuso.», sospirò poggiando la testa sulle sue gambe, «A che stavi pensando? — Sembravi così preso... ».
«Come al solito non ti si può nascondere niente Tetsuya.», sorride intrecciando le dita con quelle dell'altro osservando le fedi scintillanti, «Pensavo al giorno più bello della nostra vita immagino.».

Tetsuya aveva mantenuto tutte le promesse fatte e insieme ne fecero di nuove.
Fu un matrimonio molto intimo, vennero invitati solo gli amici più stretti, la loro famiglia. Ci avevano pensato bene prima di sposarsi, si erano confrontati tra di loro e con gli altri, nessuno era a conoscenza della verità e le persone che lo sapevano di certo non li avrebbero denunciati. Seijuurou e Tetsuya decisero di fare il grande passo, eppure non lo sentirono poi tanto ʻgrandeʼ. Era l'unico passo possibile per andare avanti, il più desiderato, finalmente concreto.

«Arrenditi Sei, sei mio marito e dubito che ti lascerò andare da qualche parte.».
«Questo non dovrei dirlo io a te?», rise carezzandogli i capelli, «Tranquillo, non ho nessuna intenzione di andarmene.».

In silenzio ascoltarono il crepitio del fuoco che danzava allegro nel caminetto, chiedendosi se fosse possibile provare tanta gioia semplicemente stando vicini.
Si sentivano completi, amati, soddisfatti delle proprie carriere, della propria vita; si domandarono se tutta quella felicità sarebbe svanita un giorno e si risposero di no, finché sarebbero stati insieme non ci sarebbe stata nessuna tempesta in grado di ferirli, o separarli.

«Prendiamo un cane?».
«Non abbiamo tempo per un cane.».
L'azzurro lo guardò leggermente accigliato, «Veramente tu stai tutto il giorno a casa.».
«Perché mi alleno a giocare shogi e controllo i miei investimenti, Tetsuya.», ribatté sicuro No, un cane no, «Posso concederti un gatto.».
«Va bene.», acconsentì vittorioso, «Seijuurou, mi leggi una poesia?».
«Ne vuoi una in particolare?».
«No, la prima che trovi.».
«Come desideri.», Seijuurou prese il libro aprendolo a caso come richiesto, si schiarì la voce e senza smettere di accarezzare la chioma del marito iniziò a leggere «ʻBellezza é l'eternità che si contempla in uno specchio; e noi siamo l'eternità, e noi siamo lo specchio.ʼ Kahlil Gibran.».










 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci alla fine di questa fanfiction, anche se non è proprio la fine. Come ho detto mercoledì farò un nuovo aggiornamento, consideratelo un piccolo bonus. Non posso anticiparvi molto ma spero che vi piacerà <3

TORNIAMO ALL'EPILOGO

Akashi e Kuroko hanno avuto il loro lieto fine, stanno insieme, si sono sposati e continuano le loro vite insieme alla loro famiglia (ovviamente alla fine prenderanno un cane :v dove lo lasciamo Nigou eh? xD). Hanno ricominciato da capo, si sono rimboccati le maniche e hanno dato un senso alla loro storia, sopratutto Kuroko mettendo su l'orfanotrofio. Inoltre quei due piccioncini di Midorin e Takao sono diventati genitori e niente, mi piaceva l'idea e pensavo che fosse giusto far avere dei figli a loro per primi, come equilibrio della coppia(?). Non so se abbia senso ma è così nella mia testa xD

“Mirror”, spero che l'epilogo vi abbia fatto capire il significatolo del titolo e la costruzione di tutta questa storia. Non so se ci avete fatto caso, ma tutti i flashback, presenti in ogni capitolo, sono completamente all'opposto del presente. Se nel presente c'era una situazione allegra e pimpante (tipo il weekend a Kyōto), allora il flashback sarà stato terribilmente angst. E' uno specchio che cerca di mettere insieme i pezzi e i ricordi; uno specchio che Akashi ha sempre avvertito nelle differenze tra lui e Tetsuya, nel modo in cui sono stati cresciuti, simile e allo stesso tempo completamente all'opposto. Sentire che erano due facce della stessa medaglia e non capirne il perché.
Andando avanti nella loro storia e accettando quello che sono, Akashi e Kuroko hanno aggiustato lo specchio e finalmente riflette la stessa immagine, sia nel passato che nel presente.
Chi mi conosce sa che scrivo sempre ispirata da qualche canzone, e possiamo dire che la “colonna sonora” di questa ff è per l'appunto Mirrors di Justin Timberlake, ma vi metto qui sotto il link del video con testo, cover di Madily Bailey che io trovo fantastica.


https://www.youtube.com/watch?v=LE-fqs6tV0Q

Vorrei davvero ringraziarvi di cuore, tutti quanti, per aver seguito questa fic. Grazie a chi l'ha seguita in silenzio, chi l'ha inserita tra le preferite/seguite/ricordate e grazie a chi ha partecipato attivamente recensendo ogni capitolo o anche solo uno o qualcuno. DAVVERO GRAZIE DI CUORE. Spero che questa fic vi abbia fatto emozionare e che vi abbia coinvolto come ha coinvolto ed emozionato me mentre la scrivevo <3


Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere. Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va <3

Ci vediamo mercoledì con il vostro piccolo bonus se vi va ~


Ja ne ^_^

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Capitolo 28
*** Mirror ***


 









 

Non disobbedire o causare problemi ai tuoi superiori;
Non tradire il gruppo o i tuoi compagni;
Non lottare con i tuoi compagni o non rompere l'armonia dell'organizzazione;
Non sprecare i fondi dell'organizzazione;
Non toccare alcuna donna dei membri dell'organizzazione.

Questo recitava il wakamono no kokoroe, il codice d'onore della Yakuza.



 

L'uomo aveva prestato fedeltà alla famiglia Takeda tanti anni fa; alle spalle dell'altare shintoista si ergevano gli stendardi con il nome di Amaterasu – divinità del sole – e di Hachiman – dio patrono dei guerrieri – era tutto pronto per il rito di inizializzazione.
L'uomo, adesso rinchiuso nella sua cella, ricordava bene il proprio sakazuki, per quanto l'idea di appartenere alla criminalità organizzata giapponese lo disgustasse, trovò quel momento quasi magico: immerso nel silenzio assoluto, l'oyabun si era seduto di fronte a lui mentre gli azukarinin – servitori di livello inferiore – preparavano il saké mischiandolo con il sale, una volta servita la bevanda ne bevve un po' e condivise la tazza con l'oyabun, questo fece di lui un kobun, un nuovo membro della famiglia. Si apprestò a giurare fedeltà e in cambio gli venne consegnata la spilla con l'emblema della ikka di appartenenza da portare con orgoglio – , e ricevette anche un documento con tutte le informazioni necessarie.
Dal quel giorno Kouno Seiji dedicò anima e corpo alla famiglia Takeda, apparentemente.
Seiji, un giovane uomo dai capelli magenta e gli occhi dorati, era un sognatore che credeva nel bene, in un mondo più giusto; fin da bambino prendeva sempre le difese del più debole, non importava chi si trovasse davanti e per questo si era cacciato spesso nei guai. Crescendo aveva iniziato ad interessarsi al mondo criminale e decise di entrare nei corpi speciali di polizia, c'era un motivo per cui aveva deciso di unirsi al gruppo Yakuza più violento della storia: per smantellarlo dall'interno, sotto copertura, protetto dal falso nome fornitogli dai suoi colleghi, ʻTakaki Ichiroʼ.
Avrebbe fatto di tutto per riuscire nel suo intento, compreso finire in carcere per un crimine commesso da un suo superiore. Grazie alla sua intelligenza Seiji aveva fatto ʻcarrieraʼ in fretta, ma non era ancora abbastanza, doveva trovare un modo per affermarsi ulteriormente e arrivò alla conclusione che con quel gesto avrebbe avrebbe conquistato la totale fiducia del suo oyabun, sarebbe stato promosso e avrebbe ricevuto una grande cifra di denaro, avrebbe potuto infiltrarsi ancora di più. Prendersi le colpe di un superiore e venire arrestato per lo stesso motivo, era visto come un atto di grande coraggio, per questo veniva tanto premiato.
Il secondino aprì la cella facendogli segno di uscire, gli ridiedero i propri effetti personali e ad accoglierlo trovò il capofamiglia insieme al suo vice.

«Ichiro, hai tutta la mia gratitudine.».
«Ho fatto solo quello che ritenevo più giusto.».
«Andiamo, sono tutti qui fuori ad aspettarti.».

Uscito dal carcere trovò i membri della ikka e delle organizzazioni amiche, il rituale aveva un termine preciso, demukai, una cerimonia pubblica, volta a sfidare lo Stato nella riabilitazione del detenuto: la famiglia e i loro alleati partivano dai propri quartieri generali sfoggiando macchine lussuose, l'ordine di arrivo dei mezzi e la posizione occupata al loro interno rispettava la gerarchia del gruppo; scambiati i convenevoli di dovere, si sarebbero disposti in ordine piramidale di fronte alle mura del carcere, indicando il loro posto nella famiglia.
Infatti fu proprio quella la scena proposta agli occhi dorati, Seiji accettò i diversi doni e le diverse lodi, tornando poi a casa.
Il quartiere generale della famiglia Takeda era lontana dal chiasso della città di Kobe, una grande costruzione tradizionale ospitava i membri più importanti e, prima di finire in prigione, Seiji abitava lì. Grazie al suo gesto ricevette una camera più spaziosa, il futon matrimoniale non sfuggì al suo sguardo e questo gli fece sorgere ulteriori domande.

«Ichiro, parliamo da uomo a uomo, vieni.».
Annuì seguendo il capofamiglia, inginocchiandosi poi davanti a lui sul tatami, «Sono qui per servirla.».
«E lo fai molto bene, sei un membro importante, per questo ho deciso di farti dono di mia figlia.», senza distaccare gli occhi dal colore diverso – marrone scuro e azzurro – dall'uomo, incrociò solennemente le braccia al petto, «Tetsuna, puoi entrare.».
Seiji osservò le ante in carta di riso scorrere e vide una ragazza avvolta in un costoso, pregiato, kimono farsi avanti; l'aveva già notata qualche volta, di solito passeggiava in giardino scortata dalla cameriera, in verità la casa era talmente grande che le donne avevano un'area tutta per loro.
«Tetsuna, il tuo futuro marito ha fatto un grande atto di coraggio, sii meritevole di divenire sua moglie, non metterlo in imbarazzo.».
Prima che la ragazza potesse rispondere Seiji si prostrò ai piedi dell'oyabun, «Signore, sono io a non essere meritevole di tale onore, sposare sua figlia è un privilegio che non mi è concesso.» — In realtà non sapeva se si fosse potuto sposare, era sotto copertura, non uno di loro, sposare la donna avrebbe portato solo guai, doveva prendere tempo, abbastanza da poter contattare i suoi colleghi e avere il permesso di procedere con l'operazione.
«Adesso lo hai, ti sto offrendo io stesso il privilegio.».
«E io le sono grato, solo credo che dovrebbe scegliere un uomo più adatto per ».
«Tu sei l'uomo adatto e se non dovesse dimostrarsi così credimi che pagherai.».
Seiji riconobbe il tono, non avrebbe accettato altre repliche, se lo avesse fatto si sarebbe messo nei casini con le proprie mani «Accolgo umilmente la richiesta, sua figlia non rimarrà delusa, tanto meno lei.».
«Celebreremo le nozze tra un mese, pote impiegare questo tempo per conoscervi meglio. Ho solo una condizione, la cameriera di Tetsuna sarà sempre con voi, fino al giorno del matrimonio.».
«Come desidera.» — Magari sposandola sarebbe riuscito ad ottenere informazioni importanti.

 

*


Takeda Tetsuna era una giovane donna avvolta da un'aria di malinconia, ecco la sensazione che percepì Seiji stando insieme a lei. Il matrimonio era stato annunciato e i due futuri coniugi avevano preso l'abitudine di passeggiare per un'ora nel pomeriggio, quando il sole iniziava a dare il suo saluto alla città; erano passate due settimane e nonostante tutto la ragazza continuava a rifiutarsi di parlare, non importa quante domande le porgesse.
Seiji pensò che doveva essere arrabbiata per le nozze forzate, parlando in tutta onestà il rosso lo era, perciò Tetsuna aveva tutto il diritto di infuriarsi in silenzio. Una cosa però non poteva negarla, Tetsuna era bella, molto bella, i capelli color del cielo estivo, l'eterocromia dei suoi occhi, azzurro e rosso rubino, affascinanti, ipnotici, uno sguardo affilato seppur apatico allo stesso tempo.
Ed ora erano lì, nel solito giardino a passeggiare con la cameriera qualche passo indietro, Seiji sospirò iniziando a parlare, «Tuo padre mi ha fatto un bellissimo dono permettendomi di sposarti, sei una creatura celestiale.» — E forse pensò che sarebbe stato meglio starsene zitto, faceva pena a corteggiare le ragazze.
«Mio padre ti ha fatto dono dei miei occhi, non della mia persona.».
Sorpreso indirizzò lo sguardo dorato su di lei, finalmente gli aveva rivolto la parola, «I tuoi occhi sono senz'altro splendidi, ma non credo che ».
«No, tu non capisci.», continuò Tetsuna pacata senza fermarsi, «Ogni membro della famiglia che nasce con l'eterocromia è automaticamente il successore, il prossimo oyabun.».
Si appuntò l'informazione mentalmente, aveva senso: Takeda Eichi aveva un occhio marrone e uno azzurro, mentre quelli del fratello erano entrambi scuri. Sapeva che avrebbe potuto scoprire qualcosa, anche il più piccolo dettaglio insignificante andava bene, «Quindi questo fa di te la prossima oyabun giusto?».
«Sbagliato.», lo corresse senza rimprovero nella voce, «Sono poche le donne che hanno un ruolo nella Yakuza e mio padre è di vecchio stampo, non permetterebbe mai una cosa del genere.».
«Allora chi?» Nel momento in cui pose la domanda la realtà lo colpì come un treno in corsa, stava per sposare Tetsuna, lei aveva ereditato l'eterocromia, lei l'avrebbe passata ad eventuali figli. I doveri del matrimonio. Figli. Seiji non aveva pensato a questo. Maledizione.
«Tu non hai fratelli?», l'ansia era appena percettibile, comunque presente — «Non per offenderti, solo che non ho mai pensato a mettere su famiglia, diciamo.».
«Pensi che il mio desiderio più grande sia fare figli con un uomo che non conosco?», chiese retorica, «Avevo un fratello, è morto durante una guerra tra famiglie. Mio padre mi ha sempre disprezzata, sia me che lui, ma almeno uno dei due aveva gli occhi dal colore diverso, la figlia sbagliata, comunque avrebbe potuto usarli un giorno.».
«E se nessuno dovesse nascere con quella caratteristica?».
«In quel caso si sceglierà la persona più idonea, fino a quando la genetica non farà il proprio corso.», accennò un sorriso guardandolo, «Mio padre pensa che in questo momento la persona più idonea sia tu, per questo ti ha fatto dono dei miei occhi.».
«E se non dovessi mostrarmi all'altezza?».
«Mi renderebbe vedova e mi farebbe maritare un'altra volta.».
In sintesi lo avrebbe ucciso e l'avrebbe costretta a sposare un altro uomo, corretto? — Non sarebbe successo, ci teneva alla vita dopo tutto, eppure furono altre parole a scappargli dalle labbra, «Non permetterò che ti accada niente di male, te lo prometto.».
Tetsuna sorrise e il cuore di Seiji iniziò a martellargli nel petto, improvvisamente si sentì invaso da un piacevole calore. Non andava bene. Non andava affatto bene.
«Allora direi di essere fortunata a dover sposare te, Ichiro.».

I giorno passarono in fretta e presto l'uomo si ritrovò ad assecondare gli umori della giovane donna, alle volte Tetsuna era la ragazza più gioiosa che avesse mai incontrato, altre la più malinconica, la più triste e non capiva perché; un brutto pensiero iniziò ad insinuarsi nella sua mente, ʻvoglio che sia sempre sorridente, voglio poterla rendere feliceʼ, forse per colpa delle passeggiate al tramonto, forse per colpa della mano di Tetsuna che stringeva la sua — Non poteva permettersi di innamorarsi di lei, Seiji lo sapeva bene, dovette riportare a galla la sua determinazione: era un agente sotto copertura; il compito era di distruggere la famiglia Takeda dall'interno; detestava il mondo della Yakuza e Tetsuna ne faceva parte, volente o nolente. Ecco le parole che Seiji si ripeteva ogni volta davanti allo specchio, chiare, semplici, lineari, la realtà dei fatti. Eppure quando la vide in abito da sposa camminare verso di lui, capì di essere perdutamente innamorato di lei, di tutto quello che era, amava i suoi momenti di gioia, la risata cristallina, ancora di più i suoi silenzi e il suo sguardo triste.
La cerimonia si tenne nel corso della giornata dell'hanami, ovvero quando i boccioli di ciliegio sono in piena fioritura, Seiji poté confermare che nessun altro giorno al mondo sarebbe stato più bello, nessun'altra notte.
Vedendola dormire serenamente accanto a sé, lo sposo decise di alzarsi e tirò fuori dal nascondiglio il telefono prepagato, la stanza matrimoniale dava sulla veranda, fece scorrere le porte in carta di riso e avviò la chiamata. Non seppe per quanto tempo continuò a confrontarsi con i colleghi, l'unica cosa certa era che, una volta terminata la telefonata, Tetsuna lo aveva immobilizzato puntandogli un taglia carte alla gola — «Posso spiegare.».
«Ho sentito tutto, non c'è niente da spiegare, traditore.».
«Tetsuna... », chiuse gli occhi respirando affondo; sì era un traditore, la sua copertura era saltata, eppure l'amore sbocciato nel giro di un mese era reale, purtroppo — «Ascoltami, per favore.».
La donna premette ancora di più sulla pelle delicata e fragile, «Tu vuoi distruggere mio padre, la mia famiglia.».
«Sì.», ammise senza rimorsi, «Sì è proprio quello che voglio fare e non mi limiterò a questo, vuoi sapere qual è il mio sogno? — Estirpare la Yakuza fino alle radici e lo vuoi anche tu.».
«Non dire assurdità, perché mai dovrei desiderare una cosa tanto assurda? — Io ci sono nata e cresciuta in tutto questo, tu non sai niente.».
Sentendo la presa farsi più incerta, Seiji ribaltò la situazione buttando l'arma sul tatami e la strinse a sé, «Proprio perché ci sei nata, desideri di non averlo mai fatto Tetsuna.».
«Tu sei pazzo.».
La sentì combattere per liberarsi dall'abbraccio, l'uomo aumentò la stretta, «È vero, ti conosco solo da un mese, ma per tutto questo tempo ti ho osservata, non dire che non so niente su di te, perché è l'esatto contrario.», posò un bacio deciso sulla chioma azzurra, «La tua stagione preferita è la primavera, perché i primi fiori iniziano a sbocciare nonostante le avversità dell'inverno; poi ti piacciono le farfalle, le loro ali sono delicate, eppure sono abbastanza forti da volare, da poter scappare dalla casa dove tu sei rinchiusa da quando sei nata.», parve calmarsi, così sciolse l'abbraccio guardandola negli occhi illuminati dalla luna, «Tu puoi uscire Tetsuna, puoi farlo devi solo credere — ».
«Chi ti ha detto queste cose?».
«Sono vere?».
«Chi è stato?», ripeté con più fermezza.
«Te l'ho detto, ti ho semplicemente osservata.», in risposta alla minaccia, Seiji le accarezzò la guancia, «Solo una cosa ancora non mi è chiara, perché ogni volta che ti specchi nel laghetto diventi tanto infelice?».
Sentendosi sconfitta si aggrappò alla t-shirt bianca del marito, la fronte sul suo petto e gli occhi stretti, per non piangere, «Perché non mi piace quello che riflette, ogni volta che mi guardo allo specchio mi sento così... — Come puoi amarmi?».
«Forse perché quando io ti guardo vedo una bellissima donna, delicata come una farfalla, qualcuno ti ha stropicciato le ali, io sono qui per metterle a posto, ma sei tu a dover trovare la forza di volare, Tetsuna.».
La donna si lasciò andare al pianto discreto e composto, «Ichiro io — ».
«Seiji... — Chiamami Seiji.», sospirò posando la guancia sui capelli della moglie.

 

*


«Ichiro vieni, accomodati a prendere un tè con me.».

Takeda Eichi, oyabun della famiglia Takeda, incuteva timore, anche se non avesse avuto gli occhi dal colore diverso il risultato non sarebbe cambiato; l'unico che non si era mai fatto intimorire da lui era proprio il genero, per questo aveva scelto di dargli in sposa Tetsuna, sarebbe stato un capofamiglia forte un giorno.

Seiji si accomodò davanti a lui notando la tazza ancora fumante, «Signore, mi ha fatto chiamare?».
«Sì.», guardò il ragazzo negli occhi sicuro di sé, «Come procede il matrimonio con mia figlia?».
«Bene, sono quattro anni ormai, amo Tetsuna con tutto me stesso, posso assicurarglielo.».
«Non vi siete divertiti abbastanza?», chiese serio, «La famiglia deve andare avanti Ichiro, mi auguro che tu capisca.».
«Capisco, spero di poterle dare un nipote quanto prima.».
Seiji sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, avrebbe voluto dei figli da Tetsuna? — Oh sì, con tutto il cuore, sarebbe stato l'uomo più felice del mondo, però non avrebbe mai permesso che accadesse; coperto dalla moglie, Seiji continuava ad inviare rapporti sulla famiglia, solo che non trovava mai informazioni realmente rilevanti e questo impediva loro di poter scappare lontano.
«Bene, è tutto.», soddisfatto di se stesso Echi riprese a sorseggiare la bevanda calda, «Avete programmi per oggi pomeriggio?».
«Pensavo di portare Tetsuna in città, le piace molto.».
«Fa' che non le accada niente, puoi andare adesso.».

Seiji si alzò celando la rabbia in un garbato, rispettoso, inchino ed uscì dalla stanza lasciando calare la maschera. Che uomo piccolo e meschino era il grande capofamiglia, non si preoccupava della possibilità che potesse accadere qualcosa di brutto alla figlia, il suo unico pensiero era assicurarsi che i suoi occhi fossero al sicuro.


«Oh eccoti, io sono pronta vogliamo andare?».
Bastò vedere la moglie in abiti occidentali, il sorriso sulle labbra, per fargli passare l'arrabbiatura, «Sei splendida.».

Tetsuna amava andare in città e non era stato facile convincere suo padre, gli ci vollero due anni di matrimonio affinché Seiji ottenesse il permesso, inoltre gli ci volle un altro anno per far sì che la moglie potesse indossare degli abiti occidentali; per quello era dovuto ricorrere ad un piccolo inganno, ʻi kimono di questi tempi sono rari, potrebbero riconoscerla e approfittarneʼ, l'importante era che avesse funzionato – anche se in casa avrebbe dovuto continuare ad indossare il kimono – .
Il volto di Tetsuna si era illuminato la prima volta che erano usciti insieme, per Seiji non poteva esserci visione più bella e la cosa che lo rendeva ancora più felice, se possibile, è che non smetteva mai di avere quell'aria ingenua e curiosa, come se vedesse sempre tutto per la prima volta.
Era bello poter passeggiare liberamente tenendosi per mano, dimenticandosi del resto, avrebbero mai avuto una vita così? — Sì, le avrebbe dato la libertà, glielo aveva promesso durante la loro prima caotica notte di nozze, Seiji manteneva sempre le promesse.
Seduti in un bar osservava la moglie bere un grande milkshake alla vaniglia, il suo preferito, non avrebbe voluto guastare il suo buon umore, comunque non aveva scelta.
«Ho parlato con tuo padre, vuole un nipotino.», sarebbe stato inutile perdesi in vuoti giri di parole, perciò decise di strappare il cerotto, «Ha immaginato che stessimo usando delle precauzioni, ci ha cordialmente chiesto di smettere.».
«Quindi cosa facciamo?», chiese Tetsuna restando tranquilla, «Non possiamo ingannarlo ancora a lungo, e tu ».
«Lo so! Lo so che non sono minimamente vicino al mio scopo.», borbottò nervoso, «Scusa, non volevo arrabbiarmi con te, per il momento prendi queste.», da sotto il tavolo le passò una scatoletta.
La donna la mise subito nella borsa senza nemmeno guardarla, «Di che si tratta?».
«Pillola anticoncezionale.», bisbigliò in modo che solo lei potesse sentirlo, anche i muri avevano orecchie nella loro situazione, «Prendila tutti i giorni alla stessa ora, quando la confezione finisce devi fare una pausa di una settimana, okay? — Mi raccomando, tienila sempre con te, non lasciarla in giro, puoi nasconderla facilmente nel kimono.».
«Non preoccuparti, ho capito.», sorrise carezzandogli la mano per rassicurarlo.

Tetsuna aveva realmente capito cosa dovesse fare, poteva anche non essere mai uscita di casa fino a quando Seiji non entrò a far parte della sua vita, questo però non faceva di lei una stupida; aveva letto con attenzione le istruzioni e le aveva rispettate, mai tardato di un secondo, mai saltato un giorno, ma alla fine se il destino decide di remarti contro, beh non ci sarebbe stato modo di fermarlo.
Dopo un anno dal cambio di anticoncezionale, una mattina Tetsuna si svegliò in preda ad una forte nausea mattutina e purtroppo non fu l'ultima volta; era sempre stanca, non faceva altro che dormire, poteva vedere la preoccupazione negli occhi del marito e lei lo rassicurava.

«Mi scusi se la disturbo Takeda-sama, sono venuta per riordinare la camera.».
Pigramente aprì un occhio guardando la cameriera, «Non ora per favore, ho sonno.».
«Takeda-sama, stavo pensando, scusi ancora se mi permetto, non è che è incinta?».
La donna sentì il proprio corpo gelarsi, non era possibile, prendeva la pillola tutti i giorni alla stessa ora, non era possibile — «Dov'è Ichiro?».
«A lavoro Takeda-sama.».
Doveva averne la conferma, solo che non poteva uscire da sola e non poteva nemmeno chiamare Seiji, non le era concesso avere un cellulare; non ebbe il tempo di esprimere tutti i pensieri che le stavano affollando la mente che un'altra cameriera entrò in camera sua.
«Takeda-sama mi scusi, c'è il dottore di famiglia.».
«Yamasaki-sensei? Come mai è qui?», chiese ad un passo dal farsi prendere una crisi emotiva.
«Takeda-dono, suo padre, era preoccupato per lei, così lo ha chiamato.», la cameriera si avvicinò aiutandola a rendersi presentabile, mentre l'altra iniziava a sistemare la stanza.
Tetsuna le lasciò fare sentendosi pervadere dal caos, voleva suo marito, sentiva la sua privacy venir violata con poco tatto. Non si era nemmeno resa conto che il dottore la stesse visitando, avrebbe voluto, no, avrebbe dovuto vivere il momento prezioso insieme a Seiji, eppure eccola lì, circondata da stupide cameriere e da uno stupido dottore che sarebbe andato a riferire tutto a suo padre. Non era giusto.

«Congratulazioni Tetsuna-sama, suo padre sarà felice per lei, a breve diventerà mamma.».

No. No. No.
Pianse e tutti pensarono che si trattassero di lacrime di gioia, gli ormoni e altre storie simili, glielo lasciò credere.
Passò la giornata rannicchiata nel futon aspettando che Seiji tornasse e quando lo fece fu abbastanza plateale; l'anta in carta di riso venne aperta violentemente e subito si ritrovò fra le sue braccia, non ci fu bisogno di parlare, sentiva che in qualche modo il marito era già stato informato, suo pare l'aveva privata anche quel diritto.

«Mi dispiace, io non so come... — Ho fatto tutto nel modo giusto, mi dispiace... », singhiozzò stanca stringendolo forte.
«Va tutto bene Tetsuna, troveremo una soluzione okay?», cercò di tranquillizzarla carezzandole la nuca, «C'è sempre una soluzione.».
«Forse dovremmo crescere il bambino qui, forse ».
«No, non esiste, mio figlio non crescerà in questo posto.».
«Beh che altre soluzioni abbiamo?», chiese frustrata, «Non vorrai mica insinuare di », solo il pensiero di abortire la fece stare male.
«Cosa? No, ovvio che no, è nostro figlio non farei mai una cosa del genere, non te lo chiederei mai.», la baciò dolcemente rassicurandola, «Ma tu davvero vuoi che faccia parte di tutto questo schifo? Hai perso un fratello in una guerra tra famiglie, potrebbe succedere lo stesso a nostro figlio, in più se prendesse da te, se ereditasse l'eterocromia, vuoi davvero che diventi il prossimo oyabun? È questo che vuoi Tetsuna?».
«No, ovvio che no, darei la mia vita se servisse a qualcosa, solo... Che altra scelta ci resta?!».
«Troverò un modo, te lo prometto.».

 

*


Seiji manteneva sempre le sue promesse, lo fece anche quella volta, a costo di sacrificare anni di lavoro, i suoi principi, era disposto a tutto pur di proteggere la sua di famiglia.
Due sere dopo dalla scoperta della gravidanza, aveva contattato i colleghi, gli chiese di poter entrare nel programma protezione testimoni insieme alla moglie, l'avrebbero ottenuta solo se avessero sporto formalmente una denuncia e consegnato tutti i rapporti, senza esitazione i due fuggitivi fecero quanto richiesto.
Scapparono di notte, sotto scorta, prendendo contanti e pochi vestiti, quando furono abbastanza lontani da Kobe li costrinsero a tingere i capelli di nero nel bagno di uno squallido autogrill, diedero il tempo alla tinta di far effetto e risciacquarono, asciugarsi o cambiarsi non era un lusso che potevano permettersi, dovevano mettere più distanza possibile tra loro e Kobe entro l'alba.
Furono costretti a tenersi sempre in movimento per un totale di tre mesi, esibendo i documenti falsi a chiunque chiedesse informazioni; Tetsuna non era abituata alla vita frenetica, come poteva? Lei, che aveva passato la vita in una gabbia dorata. Seiji era preoccupato per il bambino, la futura mamma non aveva fatto nemmeno una visita da quando erano scappati e aveva paura che tutto quello stress potesse fargli male, eppure la moglie guardava rapita ogni paesaggio che incontravano, ogni scadente motel, ogni paesino, ogni città nuova che incontravano sul loro percorso. Paradossalmente Seiji poteva vedere Tetsuna felice, come probabilmente non era mai stata, forse perché aveva appena iniziato a vivere.
Quando la scorta decise di potersi fermare per qualche mese, finalmente Seiji portò la moglie a fare una visita ginecologica e quasi non svennero entrambi, lo stupido dottore di Kobe non aveva capito che aspettasse due gemelli.
Si abbracciarono pieni di felicità anche se durò poco, dopo solo un mese riuscirono a trovarli e furono costretti a partire di corsa, cambiando di nuovo identità.
Approdarono in Hokkaidō e si trasferirono a nella città portuale di Wakkanai, capoluogo della sottoprefettura di Sōya; una volta che si furono sistemati la scorta gli parlò con molta franchezza: la Yakuza non si sarebbe arresa, molto probabilmente li avrebbero rintracciati, sarebbero stati costretti a ricominciare tutto da capo e con due bambini a seguito sarebbe stato ancora più difficile; infine gli posero una domanda specifica, ʻvolete davvero coinvolgere i vostri figli in questa storia? Se trovano voi troveranno anche loro.ʼ.
Sia Seiji che Tetsuna, in silenzio, per conto loro, ci avevano già riflettuto, però nessuno dei due aveva detto niente per non dover leggere la paura e il dispiacere negli occhi dell'altro. Erano consapevoli del fatto che, separandosi dai gemelli, gli avrebbero permesso di vivere una bella vita, era il loro desiderio più grande, questo nonostante tutto non appagò il dolore quando entrambi acconsentirono all'adozione. L'importante era proteggerli, anche se nel farlo potevano sentire la loro anima dilaniarsi.

«Ho una richiesta.», iniziò Tetsuna guardando il poliziotto negli occhi con estrema determinazione, «Mio padre mi ha privato di ogni gioia, per favore, potete fare in modo di non permettere a nessuno di cambiare i nomi che sceglieremo per loro?».
Il poliziotto annuì in risposta, «Lasci fare a noi.».

Nonostante i bambini non fossero ancora nati, iniziarono a compilare i documenti necessari per rinunciare alla paternità e alla maternità dei gemelli, stavano facendo la cosa giusta.
Ora al settimo mese, Tetsuna era pigramente sdraiata a letto, un milkshake alla vaniglia in mano e la pancia sembrava di essere sul punto di esplodere.

«Lo sai che non dovresti bere o mangiare cose dolci prima di andare a dormire.», ridacchiò Seiji raggiungendola, «Poi ti lamenti che scalciano tutta la notte.».
«Veramente è solo Tetsuya a scalciare, Seijuurou non pare subire il fascino della vaniglia.», rispose sorridendo.
«Vedo che hai deciso i nomi, mi piacciono.», dolcemente iniziò ad accarezzare il ventre sporgente della donna, «Scritti in che modo?».
«ʻTetsuyaʼ come me, in katakana visto che è il maggiore, invece ʻSeijuurouʼ in kanji, come te.».
«Lo sai che sei più grande di me di un mese vero?», chiese ironico.
«Tetsuya lo sarà di qualche minuto, eppure sempre il maggiore resta mio caro.».
«Ogni battaglia è persa con te perfida donna.», rise divertito, «Non vedo l'ora di vedervi sapete?» Oh adorava parlare con loro, a volte si sentiva stupido, eppure continuava a farlo ogni sera, «Sarete splendidi e avete dei nomi splendidi, Seijuurou e Tetsuya.».

Seiji si godette la felicità di quel momento, non sapendo che sarebbe finito tutto anche troppo presto.
Una mattina di diversi mesi dopo, Tetsuna si alzò e si vestì, parte della scorta l'avrebbe accompagnata a fare l'ultima visita ginecologica, ormai era giunta al termine della gravidanza e si sentiva sempre più emozionata. Avrebbe voluto che il marito potesse essere presente, purtroppo era impegnato con il lavoro, pazienza, gli avrebbe mostrato le ultime ecografie.

«Controlliamo l'appartamento come al solito, aspetti qui per favore.».

La donna annuì spensierata restando sul pianerottolo, ogni volta che uscivano poi la casa andava ispezionata da cima a fondo a loro ritorno, eppure Tetsuna notò qualcosa di strano, ci stavano mettendo decisamente troppo tempo.
Facendosi coraggio aprì la porta e per poco non scivolò su qualcosa di viscido, guardò a terra: sangue.

«No.».

Vide due poliziotti a terra, morti, erano morti. Gli avevano sparato tante di quelle volte che potevano essere solo che morti.

«Seiji... ».

Come un automa iniziò a controllare le diverse stanze, finché non individuò gli altri poliziotti radunati nella camera matrimoniale. Cosa avevano da guardare?
Si fece largo e un urlo animalesco espresse tutta la disperazione quando vide il padre dei suoi figli per terra, ricoperto di sangue.

«PORTATELA FUORI DI QUI!».

Si districò dalla presa sul suo braccio, nessuno sarebbe riuscito a fermarla, non avrebbe risposto delle proprie azioni se qualcuno ci avesse minimamente provato.
Goffamente si lasciò cadere in ginocchio accanto a lui scrollandolo più forte che poté — «SEIJI! SEIJI SVEGIATI! SEIJI DEVI — Devi conoscere i gemelli ricordi? — I bambini... Tetsuya e... Seiji ti prego.», con gli occhi appannati dalle lacrime che scorrevano copiose osservò il volto del marito, era deturpato e livido; tastò il corpo incurante di sporcarsi, gli avevano sparato diverse volte, «Che cosa ti hanno fatto... » — Lo strinse a sé affondando il volto nella chioma magenta che odorava di ruggine piangendo tutto l'amore che provava nei suoi confronti, il dolore di averlo perso per sempre.
L'agente provò a staccarla dal corpo morto, senza riuscirci, «Tetsuna dobbiamo andare via.».
«Non toccarmi.», lo scansò bruscamente.
«Tetsuna dobbiamo ».
«NON TOCCARMI HO DETTO!», lo guardò furente, «VOI DOVEVATE PROTEGGERLO!».
«SÌ E ABBIAMO FALLITO, ORA DOBBIAMO PENSARE A PROTEGGERE TE E I TUOI FIGLI!», tirò su la donna di peso, non voleva essere brusco, però aveva bisogno che riacquistasse il controllo, «Dobbiamo andare via da qui, Seiji lo avrebbe voluto, avrebbe voluto sapere te al sicuro okay?».
«Non possiamo lasciarlo qui.», realizzò tutto ad un tratto, «Non possiamo lasciarlo da solo.».
Il poliziotto ignorò i vaneggiamenti della donna provocati dallo shock, concentrò l'attenzione sui suoi colleghi, «Pensateci voi, io devo portarla fuori da qui.».
«NO! NO IO DEVO STARE CON LUI!», iniziò a gridare di nuovo sentendosi trascinare via, «SEIJI APRI GLI OCCHI TI PREGO! APRI GLI OCCHI!».
Si aggrappò a porte e a mobili pur di opporre resistenza, due volte cadde per terra, eppure non bastò a fermare l'uomo che la stava allontanando da suo marito, era di nuovo sul maledetto pianerottolo «SPOSTATI! LASCIAMI PASSARE! QUESTO È UN ORDINE!».
Furiosa, senza controllo, iniziò a battere i pugni sul petto dell'agente fino a quando il dolore fisico non prese il sopravvento su quello mentale, facendola accasciare a terra.
«Che succede, ti senti male?», chiese con apprensione inchinandosi per stare alla sua altezza.
Si carezzò il ventre scuotendo la testa, «Credo di essere entrata in travaglio.», rispose distrutta singhiozzando sommessamente.
L'uomo imprecò tra i denti, dovevano allontanarsi da Wakkanai al più presto e sarebbe stato impossibile farlo in quelle condizioni, quanto poteva portare lontano una donna in travaglio? — Si sarebbe inventato qualcosa.
L'aiutò ad alzarsi e la caricò in macchina, scelse l'ospedale più distante dall'appartamento, sapeva che sarebbe stato rischioso, ma era meglio che ritrovarsi la Yakuza davanti; arrivarono giusto in tempo e il medico gli spiegò che sarebbe stato necessario praticare un cesareo d'urgenza, questo significava altri giorni in ospedale, altri giorni fermi nella stessa città.

Tetsuna riaprì gli occhi sentendosi stordita e vuota, nonostante la pancia fosse ancora gonfia non sentiva i bambini muoversi come loro solito, cosa era successo? — Allarmata si tirò su a sedere sentendo il ventre farle male, qualcosa tirava.

«Devi stare tranquilla.», l'uomo la guardò comprensivo, «Sei entrata in travaglio, i gemelli erano in sofferenza, hanno dovuto praticare un cesareo d'urgenza.».
«Come — ».
«Stanno bene, più che bene, sono forti, proprio come i loro genitori.».
«Dove sono? Posso vederli?».
«Stanno facendo gli esami di routine, non preoccuparti tra poco te li porteranno, riposa adesso.».

Tetsuna non voleva dormire, voleva vedere i suoi figli, comunque la stanchezza prese il sopravvento, o forse era colpa dell'anestesia; fatto sta che gli occhi si chiusero da soli e sprofondò in un sonno agitato, rosso, viscido, dello stesso odore del ferro e della ruggine, pieno di incubi.
Si svegliò di soprassalto quando sentì bussare alla porta, sentì il terrore invaderla, non potevano aver già trovato anche lei; con il cuore martellante in gola, rimase ferma nell'osservare la porta aprirsi piano e tutto il panico passò quando vide un'infermeria spingere una culla ospedaliera.

«Oh bei ragazzi la vostra mamma è sveglia finalmente ~ ».
Facendo uno sforzo si mise a sedere impaziente allungando le braccia, «Me li dia per favore... ».
«Ecco qui.», con maestria l'infermiera accomodò i due fagotti tra le braccia della madre, «Vi lascio da soli, per qualsiasi problema prema il bottone.», in silenzio lasciò la stanza.
«Siete perfetti.», bisbigliò piano stringendoli a sé facendo attenzione, «Siete assolutamente perfetti.», scansò le maniche delle tutine leggendo i nomi, «Seijuurou, somigli così tanto a tuo padre.», le lacrime ripresero a scendere da sole, «Vi amiamo così tanto... così... tanto.».
Durante i giorni di permanenza in ospedale diversi agenti si diedero il cambio, Tetsuna poteva percepire la loro tensione, eppure non gli diede importanza, voleva solo godersi il tempo che le restava con i suoi bambini: li accudiva, li allattava, giocava con loro, gli cantava dolci ninnananne e continuava a ripetergli quanto fossero amati, quanto fosse splendido Seji, quanto avrebbe voluto conoscerli.
La porta si aprì di botto e Tetsuna lanciò al poliziotto uno sguardo glaciale, «Grazie, ero appena riuscita a farli addormentare.», gettò un occhio nella culla riconoscendo l'espressione da pre-pianto del maggiore, «Tetsuya no, non ricominciare, lo sai che se inizi tu poi comincia anche », non fece in tempo a finire la frase che la stanza venne riempita dai vagiti dei due neonati, dai polmoni forti, molto forti «Non è successo niente ~ ».
«Mi dispiace, devo parlarle con urgenza.».
«Beh in questo momento mi è un po' difficile se non si fosse notato.».
I gemelli riuscirono a calmarsi nel giro di una mezz'ora, solo allora Tetsuna prestò attenzione all'uomo dalla faccia contrita, non potava buone notizie — «Di cosa vuoi parlare? — Dillo in fretta per favore.».
«I suoi figli stanno bene, possono uscire dall'ospedale, per questo domani mattina gli assistenti sociali verranno a prelevarli, li porteranno al sicuro, lontano da qui.».
«C'è altro vero?».
«Per la loro sicurezza verranno divisi, anche se la Yakuza dovesse cercarli non saprebbero nemmeno da dove iniziare, mi dispiace, però è la scelta migliore.».
«Sì lo è.», ammise guardandoli dormire, «È stata aggiunta la clausola di cui abbiamo parlato?».
«Sì, nessuno potrà cambiargli il nome e tutti i documenti risalenti a voi quattro sono inaccessibili o stati distrutti.».
«Bene.».

Tetsuna rimase sveglia fino a quando non vide il sole sorgere, non voleva sprecare nemmeno un secondo, avrebbe potuto dormire il pomeriggio.

«Tra poco vi porteranno via.», bisbigliò piano per non svegliarli, «Andrete in città diverse, altre gente si prenderà cura di voi, crescerete e farete tante belle cose, questo è sempre stato il desiderio dei vostri genitori.», con amore accarezzò i capelli azzurri e magenta, «Nessuno è più importante di voi due e non permetterò mai a nessuno di farvi del male, se per far sì che questo accada devo lasciarvi andare, allora è quello che farò.», li baciò a turno sulla fronte chiudendo gli occhi, profumavano di innocenza, di latte, di vita, «Siate forti, non permettete a nessun ostacolo di fermarvi, non fatevi spaventare da niente, non fatevi mettere i piedi in testa, siate sempre fieri di voi stessi, qualsiasi cosa facciate — È il nostro sangue che vi scorre nelle vene, un sangue forte, non dimenticatelo e non dimenticate mai quanto vi amiamo.».

 

*


«Dimmi dov'è il bambino.».
Sono due, sono due e tu non lo saprai mai, pensò trionfante — «È morto.».
«Non mentirmi Tetsuna!», si allungò afferrando la figlia per i capelli tinti di nero, «Il dottore ha detto che ti hanno fatto un taglio cesareo.».
Sono vivi e tu non lo saprai mai «È morto dopo il parto.», rispose senza battere ciglio.
«Bugiarda!», le tirò uno schiaffo.
Tetsuna cadde all'indietro per l'impatto, eppure non poté cancellare il sorriso soddisfatto.
«Non ha importanza, sei ancora in età fertile.», la guardò con disgusto, «Sposerai un altro uomo e mi darai un altro nipote.».

Suo padre, l'oyabun tanto amorevole, lasciò la stanza, mentre Tetsuna si ritirò nei suoi alloggi restando sveglia fino a notte fonda.
Aveva sempre odiato guardarsi allo specchio, perché provava vergogna, non le piaceva il riflesso che mostrava, la sua stessa immagine, eppure adesso era proprio davanti ad un grande specchio, avvolta in un prezioso kimono e sorrideva.
La famiglia alla fine era riuscita a trovarla, l'avevano drogata per tutto il viaggio e riportata a casa, nella galera dorata e questa volta buttarono via la chiave per non permetterle di fuggire nuovamente.
Avrebbe dovuto sposare un altro uomo? — No, non sarebbe mai successo; Seiji le aveva insegnato finalmente cosa significasse essere liberi di poter scegliere, di poter decidere.
Allungò la mano, poteva vedere il marito, poteva vedere i suoi figli, avrebbero compiuto sei anni di lì a poco — «Siete diventati così grandi.», sorrise nostalgicamente, «Non c'è un giorno che io non vi pensi... Seijuurou, Tetsuya, i miei amati bambini.».
Poté vedere se stessa nello specchio, le piaceva il riflesso che mostrava, la sua stessa immagine: la testa alta, lo sguardo fiero, finalmente libera.
Non avrebbe buttato al vento il dono prezioso che Seiji le aveva regalato. Non avrebbe insultato la sua memoria, il suo amore, sposando qualcun altro, non avrebbe permesso al padre di privarla di un altro figlio, era una persona diversa adesso. Non avrebbe passato un secondo di più in quella prigione.

Con sicurezza estrasse la katana corta dal fodero, non aveva rimpianti, aveva vissuto e voleva davvero riabbracciare il marito, «Ci vedremo presto.».
Conficcò la lama provocandosi un grave taglio orizzontale all'altezza dell'addome, il corpo si accasciò sul tatami, per riflesso premette la mano contro la ferita mentre sentiva il sangue caldo fluire dal suo corpo.

Finalmente il vuoto.

E poi sorrise felice — «Seiji... ».


 


Ero solita a guardarmi allo specchio e provare vergogna
Oggi mi guardo allo specchio e amo ciò che sono Drew Barrymore









 

 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci, quante persone sono il lacrime? Su le mani che inizia la conta... No okay faccio la seria.
Questa fanfiction non mi sembrava completa senza questa straziante(?) OneShot, per me era importante descrivere come fossero finiti Kuroko e Akashi in quella situazione, quale fosse la loro storia e le loro origini. Ecco perché ho deciso di raccontare la storia di Seiji e Tetsuna. Ho scelto questi nomi per facilitare un po' la vita a tutti(?), sono nomi che vengono usati molto in altre ff perciò ho seguito lo stesso schema. Spero che vi sia piaciuta e che vi abbia coinvolti.

Vi metto qui sotto due canzoni che mi hanno accompagnata durante tutta la stesura della OS


"The Way it Ends" di Landon Pigg

https://www.youtube.com/watch?v=iZXvyHrad5k

E "All Again" di Ella Henderson

https://www.youtube.com/watch?v=z49tvEHC31A


Che dire... ci siamo, è il momento dei saluti. Vi ringrazio ancora di cuore, tutti voi che avete seguito questa fanfiction. Spero che per voi i miei aggiornamenti siano stati un piacevole appuntamento che vi abbia fatto distrarre ed emozionare detto questo piangiamo tutti insieme(?) qwq
Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere <3


Ci vediamo con la prossima fanfic, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

 

 

 


 

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