Dopoguerra 1: Noveria Corps

di Uptrand
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scommessa Piazzata. (Tenus Etiam) ***
Capitolo 2: *** Ciao mamma... (Naomi Takara) ***
Capitolo 3: *** Vita da studente ***
Capitolo 4: *** Diana Weaver ***
Capitolo 5: *** L'imperatrice Alexya Weaver ***
Capitolo 6: *** Signora di Noveria: Dasha Weaver ***
Capitolo 7: *** Vicepresidente Isabella Noveria. ***
Capitolo 8: *** Galba, medico edonista ***
Capitolo 9: *** Tetrius Bellitus, dolce pensione ***
Capitolo 10: *** Sunt Quis, un professionista al lavoro. ***
Capitolo 11: *** Quod Mores: passione formato krogan ***
Capitolo 12: *** Multan Neque: pilota professionista. ***



Capitolo 1
*** Scommessa Piazzata. (Tenus Etiam) ***


Ringrazio la pagina web "I power up stocastici” per avermi permesso di usare il suo materiale.

Tenus Etiam, in quell'istante era un drell soddisfatto che sorrideva alla vita. Non aveva nessun tratto fisico particolare, come molti altri della sua razza aveva un aspetto rettiliforme, la pelle verdastra a scaglie e grandi occhi neri.
Giusto il viso era leggermente più ovale ed allungato rispetto ad altri drell, ma la cosa passava inosservata.
La sua vita non era stata niente di particolare, era orfano ma non era stato infelice. Raggiunta l’età giusta aveva accettato “Il Contratto”,  i drell onoravano la riconoscenza verso gli hanar affrontando quei compiti che essi trovavano difficili come il combattimento. Qualunque drell poteva rifiutarsi di servire, ma poiché la richiesta era considerata un grande onore pochi la declinavano.
Quelli che accettavano il contratto erano divisi in due categorie: gli specialisti di guerra, giovani drell addestrati come spie, sabotatori e assassini come lui; gli scienziati, quelli di cui coltivare e usare l'intelligenza.
Passato il periodo necessario a soddisfare il Contratto, i drell potevano scegliere se rimanere o no al servizio del hanar presso cui si erano addestrati.
Quei pochi che avevano lasciato il servizio degli hanar tendevano a diventare degli avventurieri,  anche se alcuni servivano nell'organizzazione per la sicurezza multi-specie Agenzia N7.
Tenus, appena finito il suo addestramento, aveva ucciso a sangue freddo hanar con cui aveva stretto “Il Contratto “.
Non lo fece per nessun motivo in particolare, semplicemente era stato pagato molto bene per farlo. In fin dei conti, aveva messo in pratica quello che gli era stato insegnato. 
Fu un crimine orrendo che per tutta la società Hanar-Drell, tanto da essere considerata una blasfemia. Il peggior esempio di empietà possibile, non poteva esserci perdono.
Per questo era l’unico ad essere ancora ricercato, tra gli stretti collaboratori di Dasha. Non che la cosa gli importasse, si era nascosto per anni e adesso che era il “tuttofare” della Noveria Corps aveva infinite risorse per celarsi.
Tenus si adagiò con piacere sul lettino da mare, indossava dei boxer da bagno di un arancione psichedelico, la temperatura e la luce di quell'ambiente tropicale erano semplicemente perfetti. Raccolse da terra una manciata di sabbia bianchissima, talmente fine che gli scorreva tra le dita anche se le serrava a pugno.
Davanti a lui il piacevole paesaggio di un mare artificiale, grande come un piccolo lago, le cui onde lambivano quella spiaggia altrettanto innaturale.
Guardò in alto, una cupola di vetro copriva e proteggeva quel luogo dalle basse temperature di Noveria. Dando in più la possibilità di ammirare il clima locale.
Come sempre vi era una tempesta di neve, non che su quel pianeta ghiacciato ci potesse essere altro. Esistevano solo due condizioni meteorologiche:mortale tempesta di neve e bella giornata. In genere le belle giornate non erano più di cinque in un anno.
In compenso le tempeste erano affascinanti, ammirarne la ferocia in costume da bagno da dietro una vetrata o mentre si nuotava in un mare riscaldato artificialmente era piacevole.
Alcuni “pazzi”, almeno secondo la sua opinione, si divertivano a buttarsi in costume in un mucchio di neve, uscendo in mezzo alla tempesta, per ritornare di corsa dentro alla cupola e gettarsi nelle acque calde marine.
Sfidare i -50°C di Noveria per lui era solo stupidità, questa simpatica caratteristica del pianeta era anche all’origine del detto: “ Su Noveria c’è posto per tutti, perché Noveria odia tutti indistintamente. “
Quella cupola ambientale, a tema estate terrestre tropicale, era stata costruita su ordine di Dasha dopo la fine della guerra con i grigi. Qualcuno dei piani alti aveva protestato che era una spesa inutile, ma come sempre si era fatto come voleva la Signora di Noveria.
Noveria, l’intero pianeta, apparteneva alla Noveria Corps e questa era diretta e gestita da Dasha Weaver. Il suo capo era la donna più ricca della galassia, da questo lui era ben felice di trarne tutti i vantaggi possibili.
Sebbene soddisfatto di quel clima tropicale, i drell erano originari di un pianeta desertico che loro stessi avevano distrutto consumandone le risorse, non era quello a renderlo allegro ma l’attesa di incontrare una persona.
« Ciao Naomi.» Disse voltandosi, udendo il rumore di passi in avvicinamento.
Naomi Takara, una donna umana originaria del Giappone, soldato esperto e attualmente capo di Divisione N: la forza militare privata che si occupava della sicurezza nella Noveria Corps e braccio armato della compagnia.
Aveva capelli mori e corti, alcune frange le scendevano verso l’occhio sinistro. Nel complesso un aspetto giovanile, un atteggiamento calmo e un sorriso pigro.
Lei, pur non facendo parte del quadro dirigenziale, era la terza persona più importante della compagnia. Gestire diecimila soldati sparsi nella galassia, non era un lavoro da poco.
Si conoscevano ormai da più di un decennio, reclutati da Dasha avevano fatto squadra fin da subito. Avevano in comune il senso dell’umorismo e a entrambi piaceva scommettere con l’altro sull'incarico appena ricevuto.
L’ultima scommessa l’aveva vinta Tenus, come premio aveva chiesto la sua presenza per qualche ora in quel paradiso tropicale con indosso qualcosa di sexy.
La scommessa consisteva nel far fuori un ex dipendente della compagnia, il tizio aveva avuto un'improvvisa crisi di coscienza. Venuto, per sbaglio, a conoscenza di informazioni riservate aveva deciso di “fare la cosa giusta”.
La compagnia trattava benissimo tutti i suoi dipendenti, ma questo aveva un prezzo. Saper tacere sugli affari sporchi era una dote molto importante.
Alcuni avevano difficoltà a capire il significato del detto: “ Non ci sono santi su Noveria.”
Quella parte della richiesta poteva dire che era stata accettata, lei era lì con indosso un bikini viola con puntini bianchi e un mini micro perizoma triangolare.
Lasciava poco alla fantasia e forse non era indicato che un personaggio così importante fosse vestita in quel modo, in un luogo dove tutti i frequentatori erano dipendenti della compagnia e lei poteva trovarci anche suoi sottoposti.
Naomi però lo portava senza il minimo imbarazzo, sicura di cosa offriva agli occhi di chi vedeva. Aveva superato i trenta, era di una bellezza comune ma ogni uomo le dedicava almeno un paio di sguardi. I suoi sottoposti preferivano avere fantasie sessuali sul grande capo, piuttosto che su di lei. Divisione N adorava la Weaver, più di quanto la Signora di Noveria se ne rendesse conto.
In più, data la circostanza, non aveva potuto evitare qualcosa di provocante come quel costume. Poteva, ma Tenus avrebbe riso di lei e questo era anche peggio.
Il drell rifletté un attimo su cosa dire, dei complimenti erano la cosa più ovvia ma non era sicuro fossero saggi.
Da un anno il loro rapporto si era fatto più teso, su alcuni argomenti come l’aspetto fisico.
Nella recente guerra, Naomi era sopravvissuta per miracolo a un attentato da parte di una spia nemica. Aveva subito la perdita del braccio sinistro, tutto quel lato del suo corpo e del volto erano stati gravemente ustionati.
Se adesso era ritornata al suo vecchio aspetto lo si doveva alla copertura sanitaria della compagnia, Dasha Weaver pagava e offriva davvero meglio di chiunque.
Ma prima che lei guarisse, lui l’aveva vista ferita e con indosso protesi metalliche. Involontariamente aveva fatto una smorfia a quella vista, lei se ne accorse e rimase offesa.
In quell'occasione capì il detto umano “ Non esiste furia peggiore di quella di una donna offesa. “
Nonostante alcuni avvicinamenti, Naomi manteneva una certa distanza nei loro incontri fatti di battute, ammiccamenti e doppi sensi.
Tenus poteva anche essere un assassino professionista e uno spergiuro per il suo popolo, ma non era mai stato un tipo asociale ma l’esatto contrario. La persona con cui riusciva meglio a stare a suo agio era proprio Naomi.
« Animale che saluta in inglese? » Disse a un tratto il drell.
Lei non fece una piega a quella strana domanda, ci rifletté un istante e rispose il « Camm-Hello! »
Lui rise di gusto, anche Naomi ebbe una risatina.
Tenus trasse fuori da una borsa, accanto al lettino, una rivista di giochi intitolata “I power up stocastici”. In essa erano presenti i soliti giochi da spiaggia tipici della Terra, di cui la rivista era originaria ma modificati in chiave umoristica per dare origine a delle battute.
Lui andò a una pagina con un cruciverba e vi scrisse la soluzione, si inseriva perfettamente nello spazio.
Per risolverlo non sarebbe basato il semplice sapere, ma serviva una certa vena umoristica con cui incrociarlo per avere la risposta esatta.
« Ti và? È da un po’ che non ci giochiamo. » Chiese neutrale lui.
Lei si sedette nel lettino di fianco al suo « Sentiamo la prossima? »
Incentiva da quella reazione positiva Tenus proseguì, sorridente lesse la prossima definizione.
« Non può studiare giurisprudenza? »
« Il gobbo! » Dichiarò lei.
Lui fu perplesso « Cosa? Perché? »
« Perché non può studiare diritto. » Spiegò Naomi, concedendogli un sorriso.
Con una certa sorpresa scoprì che ci stava « Chi crea sto gioco deve essere mezzo pazzo. » Borbottò tra se.
Lei allungò un braccio verso di lui « Passamela, voglio leggere anch'io un paio di definizioni. »
Una volta che ebbe la rivista « Questa è facile. Coppia di statue ubriche? »
«Gli sbronzi! » Affermò lui.
Lei gli fece cenno che era giusto.
Il gioco andò avanti tra risate e sorrisi, a un certo punto lui afferrò il lettino di Naomi, con lei sopra, e lo tirò verso il proprio. Erano più vicini e comodi.
Questa vicinanza ricordò a Tenus un dettaglio che aveva dimenticato, Naomi sapeva sempre di un buon odore.
Per anni vi erano stati ammiccamenti, inviti a cena, si erano stuzzicati a vicenda un'infinità di volte ma non era mai successo niente.
Difficile dire a causa di cosa, non si erano mai scambiati neanche un bacio. Lui decise che gli sarebbe piaciuto baciare Naomi. Una volta, in punto di morte, pensò che il suo più grande rammarico era non averci mai fatto sesso.
Sempre sorridente e con la solita disinvoltura disse « Tra un paio d’anni potrei dimettermi. »
Lei lo guardò stupefatta « Starai scherzando?! »
« Perché? In questi anni con Dasha ho guadagnato abbastanza. Tetrius è andato in pensione e tu hai preso il suo posto. Io potrei fare altrettanto, gli anni passano anche per i super assassini sexy come il sottoscritto. Ci sono un sacco di nuove leve in gamba per la galassia, un giorno sarò vecchio e mi farò uccidere. Preferisco smettere prima, Dasha dovrò solo cercarsi un nuovo “tuttofare”. Inseguito potrei dedicarmi a qualche hobby stimolante, il gigolo ad esempio…» Disse sfoderando il suo miglior sorriso.
Lei si fece seria e fissò la rivista per scegliere la prossima definizione, invece disse « Credo che sarai abbastanza ricco per fare lo schizzinoso, per andare solo con chi ti piace. Credo che la maggior parte dei gigolo si debba accontentare di brutte vecchie o donne con il corpo rovinato. »
« Ho scoperto che non mi dispiacciono le umane versione asiatiche, la loro pelle “gialla” s’intona bene con il verde delle mie squame. » Disse sapendo di rischiare, ma in fondo era quello che faceva da tutta una vita.
Lui percepì una specie di vibrazione da Naomi, non capì se era stata reale o un prodotto della sua mente.
« Fintanto che non hanno una gran brutta ferita. » Pronunciò la frase con calma, ma la rabbia in essa era evidente.
« Ti hanno mai detto che sei una vera stronza! » Lei si voltò di scatto, furente e stupefatta era pronta a litigare.
Quello che voleva, Tenus le fu addosso e la baciò. Si staccò subito, perdeva sangue dal labbro inferiore a causa di un morso.
Naomi si alzò senza dire una parola, senza voltarsi cominciò a fare degli esercizi di stiramento per riscaldarsi i muscoli.
Si voltò appena verso lui che non poté evitare di sorridere eccitato a quella vista. Naomi era incazzata, lo sguardo era stato una sfida che non poteva rifiutare.
Prese posizione a qualche metro da lei « Tutto è permesso, anche i poteri biotici. » Dichiarò, tra i due lui era il solo biotico.
Veloce, Naomi lo assalì pressoché all’istante con un diretto al volto. Lui evitò senza problemi il pugno, bloccandogli il braccio all'altezza del gomito in una presa.
Lei aprì la bocca, soffiandogli in faccia la manciata di sabbia presa mentre faceva gli esercizi.
Tenus mollò la presa. Naomi si allontanò dolorante, mentre la lasciava l’aveva colpita con un calcio al fianco sinistro. Qualche passo indietro e attaccò.
Il drell vedeva male, gli occhi erano un punto molto sensibile per la sua razza. La sabbia gli creava molti più problemi di quanto un umano immaginasse.
La sola differenza era che Naomi lo sapeva benissimo.
Parò l’attacco senza problemi, la vista era annebbiata ma una sagoma sbiadita era più che sufficiente. L’aggressione era una sequenza di calci e pugni, un'esecuzione perfetta ma prevedibile.
Naomi era un soldato addestrato e sapeva incassare meglio di lui. Era allenata, abituata a uno stile misto di armi da fuoco e combattimento ravvicinato anche corpo a corpo. Costringerla a usare l’uno o l’altro era per lei svantaggioso, forse nemmeno si rendeva conto che in quei casi la sua capacità d’improvvisazione calava.
Tenus era invece un assassino nato, uccideva sempre e solo con un colpo preciso. Sapeva fare una rapida valutazione di tutto quello che lo circondava e sul suo potere offensivo. Un sacco di cose di uso comune erano ottime armi, se si sapeva coglierne le potenzialità.
Scartò a sinistra evitando Naomi, arrivandogli alle spalle, le tolse il reggiseno del bikini e glielo mise al collo. Strinse con forza. « Peccato non vedere questa magnifica pianura. »
“Pianura!”  Pensò furiosa Naomi, senza fiato e immobilizzata. Era un'orgogliosa seconda quella che mostrava.
Il colpo successivo, le fece buttare fuori la poca aria che aveva nei polmoni. Tenus l’aveva colpita poggiandole un palmo sulla schiena e usando un'onda d’urto ridotta.
Un attacco biotico così a brucia pelo le provocò un insieme di dolore e sensazioni paragonabili a quelle di venir colpiti con una spranga di metallo arroventata.
Il drell la sentì cedere, il suo corpo divenire un peso morto. Certo che avesse perso conoscenza la lasciò andare. Naomi cadde sulla sabbia.
Tenus, finalmente, approfittò della fine di quel combattimento per pulirsi gli occhi. Gli ci volle un minuto buono.
Osservando Naomi svenuta, decise che era il caso di metterla sul lettino. Sorrise. Si chinò in avanti per osservarla meglio. La trovava davvero attraente. Guardandole il seno e i capezzoli al vento « Oh!Oh! Pare che abbiamo delle orgogliose colline. »
« Lo sono! » Gli gridò Naomi mentre il calcio lo prendeva proprio sul collo. I suoi occhi si allargarono per lo stupore, notò un particolare che gli era sfuggito. Una goccia di sangue che le colava da un angolo della bocca.
Intuì che si era volutamente morsa a sangue per non perdere conoscenza, pensò che forse l’avrebbe capito se non fosse stato distratto dal seno di lei.
“ Ho commesso un errore, non ho riconosciuto la minaccia di queste belle tette. “ Pensò un istante prima di svenire.
 
Quando si riebbe scoprì due cose: aveva un torcicollo terrificante e pensare di muovere il collo era pura fantasia; era sdraiato sul lettino.
« Come va? » Chiese Naomi, era seduta sul lettino a fianco.
« Ma che bella visione. A cosa la devo? » Disse col solito tono divertito. Lei era ancora senza la parte superiore del costume.
« Mi hai rotto il costume, non sta più attaccato. »
« Non sembri imbarazzata? »
« Per avere le tette in mostra? Non sono una ragazzina. Al massimo faccio contento qualche segaiolo.»
« La schiena? » Domandò lui.
« Dolorante, mi ha colpito per bene. Per qualche giorno avrò difficoltà a muovermi. »
« Posso dire altrettanto. » -  Sospirò -« Adesso spiegami, cosa fanno i vostri maschi per farsi perdonare dai voi femmine umane. »
Naomi gli sorrise . « Questo è il più grande segreto dell’umanità. Pensò che dovrai capirlo da solo come ogni maschio. »
Tenus sorrise a sua volta « Scommessa accettata. Ti avverto fin da subito, se vinco faremmo sesso. Non una botta via, niente roba da cinque minuti. Voglio una notte intera, un servizio completo di tutto quello che sai fare. »
« Aspetta, chi diavolo ha parlato di scommessa? Inoltre qual è la posta se non vinci? »
« Per un mese sarò il tuo schiavo, farò tutto quello che mi dici. » Dichiarò divertito dalla sua stessa affermazione.
Lo sguardo di Naomi divenne carico di ambizione, quasi feroce. Voleva vincere. « Va bene. » - Affermò - «Una notte di sesso con me contro un mese da schiavo della tua vita. Direi d’impostare la durata della scommessa a sei mesi da oggi. »
Il drell aveva la stessa espressione sorridente e determinazione. La scommessa era piazzata.

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Capitolo 2
*** Ciao mamma... (Naomi Takara) ***


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Naomi Takara disegnata da Carla Elle.


Naomi Takara, una donna che da poco aveva superato i trentacinque anni, dai tratti asiatici, capelli mori e corti,  con alcune frange le scendevano verso l’occhio sinistro. Mostrava in genere un atteggiamento calmo e un sorriso pigro.
Era quanto mai sommersa di lavoro adesso che era alla guida della sicurezza della Noveria Corps. Tetrius Bellitus era andato in pensione e lei gli era succeduta.
Terminata la guerra contro i grigi, aveva da rimettere in piedi Divisione N che come tutti i corpi militare che avevano partecipano alla guerra aveva subito perdite non trascurabili.
Reclutare il personale adatto non era facile, si cercava professionisti e non pistoleri da far west. Una buona testa in grado di pensare era più apprezzata di una buona mira.
Fortunatamente i poveri tra cui reclutare la base non mancavano mai, avrebbero lavorato per la Noveria Corps ottenendo in cambio tutte quelle cose che permettevano una vita agiata ma che erano oltre le loro possibilità.  L’azienda da parte sua ci guadagnava una fedeltà incondizionata.
Saper giocare sporco era indispensabile, non si voleva che qualcuno avesse un improvvisa crisi morale e la tentazione di dichiarare qualche segreto inconfessabile della compagnia.
Questo rendeva difficile la selezione.
Per questo era felice della piccola pausa di tre giorni di ferie che si era presa e che avrebbe trascorso in Giappone. Stranamente, nel viaggio di andata aveva avuto Isabella come compagna. Il phantom l’aveva come al solito ignorata, all’arrivo se ne era poi andata per i fatti suoi.
Cosa che a lei non dispiacque. Nonostante i cambiamenti nella vita del phantom, da assassina a modella immagine della Noveria Corps e soldato volontario nel I° regg I.D.G.,  Isabella rimaneva la più pericolosa psicopatica che fosse possibile incontrare.

*****


Il monte Hiei era un luogo sacro per la moltitudine di tempi di cui era costellato. Naomi stava salendo un'ampia scalinata con in mano un secchio di legno contenente acqua benedetta e una bacchetta per dispensarlo.
Sembrava una turista come tante altre, i vestiti erano ordinari e sobri come si addicevano a quel luogo e appena si vedeva il rigonfiamento di un arma nei pantaloni.
Uscì dal percorso delle scale, inoltrandosi in un piccolo sentiero boscoso. Un luogo ombreggiato dove la calura dell’esatte nipponica si sentiva meno.
Davanti a lei si aprì uno spiazzò, sorrise nel rivedere un albero appena più grande degli altri « Eccomi qua mamma. »
La tomba di sua madre si trovava sul lato del tronco che non vedeva, da li si aveva una splendida vista panoramica. Per questo l’aveva collocata li, un luogo che proprio sua madre le aveva presentato e che piaceva ad entrambe.
Lo stupore durò un secondo, la rabbia lo sostituì subito. Urlò sconvolta da quello che vedi: la lapide era in frantumi, il terreno scavato e non vi era traccia del cadavere.
Era evidente che non poteva trattarsi dell’opera di un animale e sul monte Hiei non ve ne erano che avrebbero potuto far quello.

*****


Isabella con indosso solo un accappatoio si avvicinò alla fonte di acqua cristallina. Si chinò, abbassò l’indumento fino alle spalle, si mise distesa di schiena immergendo i lunghi capelli biondi nell’acqua che galleggiarono come fili d’oro.
Rimase così fino a quando non si sentì tranquilla, serena. Si alzò dirigendosi verso il portico in legno della casa che dava sul giardino, tanto antica da sembrare fuori posto.
Lei si sdraiò adagiando la testa su un ripiano imbottito, raccolse i capelli esponendo il collo.
Un uomo anziano le si avvicinò da dietro, in mano reggeva una spada. Alzò l’arma abbassandola di colpo.

*****


« Vecchio! Vecchio di merda! » Urlava Naomi percorrendo i lussuosi corridoi della villa in stile antico « Dove sei? Dove hai messo mia madre? Vecchio!! »
Da quando era entrata non aveva ancora visto nessuno, ma di questo non era stupita. I servi venivano sempre fatti allontanare quando succedeva  qualcosa che coinvolgeva i padroni.
Aprì violentemente una porta, un uomo anziano in kimono, dal volto estremamente pallido e rugoso, stava sorseggiando del the. Senza fare una piega si limitò a dire « Che visita sgradita. »
« Mi prendi per il culo! Dove hai messo mia madre? »
« Quell’ingrata di mia figlia, ne ho fatto seppellire il cadavere all’ingresso di questa casa, in una tomba non segnalata, sotto la prima pietra del selciato. Così chiunque entra o esca la calpesterà disonorandone il corpo e la memoria. Visto che sei qui, devi averlo fatto anche tu. »
Naomi caricò a testa bassa, intenzionata ad uccidere. Quel vecchio aveva osato troppo.
Vide solo un lampo di luce dato dal riflesso di luce sulla lama. La evitò appena, grazie all’esperienza di anni.
Una giovane donna, sui 25 anni, si era intromessa e ora la minacciava con una spada. Tra le due c’era una certa somiglianza.
« Mocciosa, devo uccidere questo vecchio. Levati o quella cosa la userò per sviscerarti. »
« Tutto bene nobile Konoe? » Chiese la ragazza all’anziano.
« Certo, Yui. Questa è al persona che ti diceva sarebbe giunta e che tu devi affrontare. »
« Hey! Vecchio stronzo! Che significa? » Domandò Naomi, ritrovando un minimo di calma
« Questa è Yui, appartiene al ramo cadetto della famiglia. Vi si potrebbe definire cugine. Dopo il scellerato comportamento di mia figlia Machiyo, ho trovato un erede adatto. Yui riprenderà da dove lei ha abbandonato, correggeremo l’errore della tua nascita. Avrei potuto evitare di coinvolgerti, ma il mio onore ferito mi impone che tu debba morire. Dopo che questa giustizia divina sarà adempiuta, potrò guardare al futuro con serenità grazie a Yui. » Disse lui con una parvenza di sorriso.
« Giustizia? »
« Qui l’unica vera criminale è tua madre, tu sei il suo crimine, mentre io, tutta la famiglia Takara e il nostro onore sono le vere vittime. » Dichiarò puntandole contro un dito.
« Mia madre una…criminale. » Mormorò Naomi mortalmente seria. Menzionare il clan Takara era diventato sinonimo di Yakuza, la nota mafia giapponese. Sua madre, Machiyo Takara, aveva odiato ogni cosa fosse legata a suo padre e alla sua attività mafiosa.
In casa vigevano regole da medioevo, Machiyo avrebbe dovuto accettare qualsiasi destino le venisse proposto.
Invece era diventata un soldato dell’Alleanza per sfuggire al clan, ma la mafia tramite i politici in qualche modo riusciva a raggiungerla. A farle sentire la sua pressione.
Per questo, proprio quando erano riusciti a riottenere il suo ritorno in Giappone sua madre si era vendicata nel modo più subdolo che potesse trovare.
Quella sera, al bancone di un bar, grazie agli infiniti intrecci del destino, incontrò e riconobbe Zaeed Massani. Un vecchio mercenario e leggenda vivente della SR2.
Senza nessuna fatica lo coinvolse in una notte di sesso. Quando ritornò in famiglia, lei era già gravida e in attesa di Naomi. Una donna non più pura, non era di nessuna utilità.
La scacciarono, privandola di ogni cosa. Per lei fu solo un motivo di piacere. Le tolsero tutto, ma non le poterono impedire di essere un soldato.
Naomi nacque e crebbe, sotto una disciplina severa ma amorevole. Quando fu abbastanza grande perché potesse capire su madre le confidò « Sono un soldato, ho fatto tante cose brutte. A volte essere cattivi è l’unico modo per proteggere quel po’ di felicità che c’è in questa galassia. »
Seguendo l’esempio di lei entrò nell'esercito, divenne uno dei migliori ufficiali. Si qualificò come N7, era nell’elite militare, cosa che neanche sua madre era riuscita a fare.
Come lei si occupava di faccende sporche e l’Alleanza né aveva come ogni grande potenza. Non le importava, a volte essere cattivi era necessario.
Sua madre morì o per meglio dire venne assassinata, la famiglia Takara non poteva tollerare questa figlia che sopravviveva felice al di fuori di essa. Il capo clan suo padre la odiava per l’affronto subito.
Organizzarono il suo omicidio, inscenandolo come un operazione militare andata male. Un incidente.
Le impedirono di partecipare al suo funerale che semplicemente non si tenne, il padre nascose il cadavere della figlia per impedire a quella nipote non voluta di renderle omaggio.
In quelle circostanze, per la prima volta nonno e nipote si incontrarono e fu subito odio.
Lei scoprì abbastanza facilmente come stavano le cose, disgustata, abbandonò l’Alleanza non potendo fidarsi di quell'ambiente.
Odiandosi di non poter recuperare il cadavere di sua madre, di poterle dare una degna sepoltura. Passarono un paio d’anni, si fece un nome tra i mercenari. Le piaceva l’onesta vita da criminale.
Poi una donna l’avvicinò, si chiamava Dasha Weaver « Quell’è la cosa che desideri di più? » Le chiese nel bel mezzo di una discussione per un nuovo lavoro, mentre lei pensava a quanto sarebbe stata la paga.
Con il suo aiuto recuperò il cadavere di sua madre, non chiese neanche di vendicarsi. Sua madre giaceva sul monte sacro Hiei, lontana da sguardi.
Della famiglia Takara non le interessava e sapeva solo quello che le aveva raccontato sua madre.
« Ti costava così tanto lasciare in pace me e mia madre? » Chiese  Naomi inferocita.
« Si! »
Naomi attaccò, Yui si mosse, lei estrasse l’arma ma la ragazza la pressava da vicino impedendole di usare la pistola. Ci sapeva fare.
Lei sparò in basso e per un soffio non la ferì a un piede « Una mossa vile! » Commentò Yui.
« Hai davvero tante stronzate in quella testa, se pensi questo. Tipico delle ragazzine ignoranti. »
« Riavrai il corpo di tua madre, se affronterai Yui in un duello mortale di spade. » Dichiarò il vecchio.
Quello parve calmare Naomi « Hai una logica contorca e marcia quanto te, vecchio. Accetto. »

*****


Affondi, parate, colpi di taglio. Le due donne si stavano affrontando su un quadrato di sabbia, l’irregolarità e l’instabilità del terreno era un ulteriore difficoltà per entrambe, in un giardino all'aperto nell'elegante villa.
Le lame continuavano a cozzare, ma Naomi era in svantaggio. Aveva smesso di praticare l’arte della spada quando aveva lasciato l’Alleanza, solo da qualche anno aveva ripreso e occasionalmente, non sapeva neanche lei bene perché.
Un po’ per non dimenticarla e perché Isabella ogni tanto la sfidava, non poteva dire di no al phantom.
Yui era dannatamente abile, da come si muoveva si capiva benissimo che doveva essersi esercita ogni giorno con costanza e proprio in quel recinto di sabbia.
Era sicuro che il terreno non fosse stato scelto a caso, era lei quella maggiormente svantaggiata.
Parata, parata, taglio, parasta, parata, taglio, taglio… Naomi era incalzata dall'attacco della giovane, resisteva grazie a tutta l’esperienza maturata negli anni, allo stile pulito della ragazza.
L’aveva messa in difficoltà quando aveva giocato sporco, con mosse che non appartenevano a nessuna scuola di scherma. Ma certi trucchi funzionano solo una volta, dopo la prima ginocchiata allo stomaco, dopo la quale stava per tagliarle al collo aveva imparato a essere prudente con un avversaria abile a tendere tranelli.
Un'altra parata, la spada le si ruppe. Prese rapidamente le distanze, sul moncone attaccato all'impugnatura che aveva in mano vide una linea nera tutta interna alla lama. Una crepa, la spada che le avevano dato era difettosa. Il vecchio voleva la sua morte e la vittoria di Yui a ogni costo.
Schivò un paio di attacchi, usò mani e gambe conoscendo bene le tecniche di combattimento del corpo  a corpo, ma doveva fare attenzione. Un movimento falso e si sarebbe trovata amputata di qualcosa.
Un fischio nell'aria, una spada arrivò roteando dall'alto e conficcandosi nella sabbia. Naomi non perse tempo, l’afferrò difendendosi dall'attacco.
Cadde in ginocchio, non tanto per l’attacco ma a causa della spada stessa che stava usando. Aveva avvertito una torsione feroce su entrambi i polsi quando l’aveva usata.
Incrociarono le spade ancora un paio di volte, prima di allontanarsi. Naomi non capiva che diavolo avesse quella spada, era se come se mentre la usasse l’arma lottasse per sfuggirle di mano.
In più avrebbe voluto guardarsi attorno per capire da dov'era arrivata, ma non poteva distrarre lo sguardo da Yui.
« Chi sei? » Gridò il vecchio, guardando verso il tetto. Fu troppo, ed entrambe le avversario guardarono.
Isabella li fissava, in silenzio, uno sguardo severo in volto. Un combattimento era una cosa seria, di spade lo era anche di più. Usare trucchi come una spada danneggiata non le piaceva, il nemico doveva lottare con ogni suo mezzo. Solo una volta fatto, lo si poteva distruggere nell'anima e nel corpo. Così aveva fatto per molti che aveva ucciso.
Naomi era sorpresa della sua presenza, non capiva come l’avesse trovata e solo distrattamente notò che i lunghi capelli di Isabella adesso erano corti.
Per il phantom forti o deboli non contavano, l’importante era distruggerli e che se ne rendessero conto.
In più quel combattimento le piaceva, le aveva viste combattere quasi dall'inizio, si era eccitata a guardarle. Non faceva il tifo per nessuna in particolare, semplicemente avrebbe vinto il più forte.
Per quello non gradiva quello che era successo, decidendo di lanciare nell'arena una delle sue preziose spade. Quella corta: Haka no hi, il nome significava “Fuoco della distruzione”.
Come quella lunga era stata fatta su personale richiesta di Dasha Weaver come regalo per lei. Entrambi erano pezzi unici, in più era stato eseguito un rituale religioso su entrambe che avrebbe imprigionato in ciascuna un demone. Quello in Haka no hi si chiamava Abaddon.
Questa leggenda era alimentata dal suono che quelle spade producevano in certe situazioni, muovendole oltre una certa velocità, originato dalla loro affilatura che tagliava l’aria.
Un suono che Isabella sapeva far variare in più modi, in base al diverso utilizzo.
Infine, stando alla leggenda, le spade avrebbero ucciso che non avrebbe saputo usarle.
Naomi sapeva tutto questo ma al momento la sua preoccupazione era capire come usare quella spada, non delle stupide maledizione inventate.
Quella dannata lama non si muoveva come voleva, tenerla le costava fatica pur usando entrambe le mani. Eppure Isabella la usava senza problemi con una sola mano.
Ogni volta che cambiava o interrompeva un movimento subiva un forte contraccolpo che avvertiva sulle spalle.
Ci fu attimo di pausa, in cui le due avversarie si studiarono. Lei spostò un attimo lo sguardo su Isabella, la fissava senza mostrare emozioni.
Naomi passò un pollice sul lato della spada, incredibilmente sentì che non era liscio ma costellato da microscopiche increspature. Non erano imperfezioni, troppo regolari nella loro disposizioni, lisce e uniformi tra loro.
Sorrise, era davvero una spada adatta a Isabella che usava una tecnica altamente offensiva.
Naomi ruotò la spada, mostrando il lato alla sua avversaria che non comprese quella posizione. Alzò la spada verso Yui che pensò che l’avrebbe attaccata, invece la sua avversaria si diede una forte spinta e ruotò su se stessa.
Isabella sorrise.
Yui attaccò nel momento stesso in cui Naomi le mostrò la schiena, qualsiasi fosse la sua mossa sembrava stupida e infantile. Riuscì a difendersi all'ultimo dalla spada che arrivò incredibilmente rapida dalla sua sinistra. Costringendola a indietreggiare di qualche passo.
Davanti a lei Naomi continuava piroettare, apparentemente senza nessun controllo. Decise che doveva essersi trattato di un colpo di fortuna.
Attaccò più volte di seguito, aiutata dal fatto che la sua spada era più lunga. Si trovò invece a subire gli attacchi di Naomi oltre a vedere i suoi costantemente bloccati.
Non capiva cosa stava succedendo, gli attacchi che le venivano portati erano sempre più veloci e da direzioni molto difficili.
Naomi stava sudando per la fatica, il dolore che dai polsi arrivava fino alle spalle estenuante. Quella spada era davvero demoniaca.
Quelle increspature che aveva tastato, erano microscopici canali per far passare l’aria. Se la spada veniva mossa abbastanza velocemente, l’aria passava attraverso quegli ugelli come un getto d’aria dandole una spinta aggiuntiva.
Più veloce la si muoveva, più la spinta aumentava. All'aumentare della velocità aumentava il rischio che l’arma le scappasse di mano, però cresceva anche il suo controllo su di essa. Un movimento continuo e fluido era il modo giusto di usarla, se si fosse fermata all'improvviso avrebbe avvertito come prima un violento contraccolpo.
A impugnare quella spada le sembrò di guidare un auto ad altissima velocità in una strada di montagna piena di curve.
Era davvero un'arma pensata a scopo puramente offensivo, adatta veramente alle capacità olimpioniche di Isabella.
Dalla spada si diffuse una dolce e singola nota.
Un'altra parata, un altro attacco che Yui riuscì a deviare e la sua spada si spezzò.
Finì nella sabbia, era sconfitta ma non sarebbe morta. Alzò la mano gridando « Stasi! »
Naomi fu colpita dal potere biotico che la bloccò nella posizione assunta in quell'istante.
Haka no hi le sfuggì di mano, lasciando un taglio sulla guancia sinistra di Yui quando la sfiorò.
Lei rimase un attimo incredula alla possibilità che aveva davvero rischiato di morire in quel modo. Appena un centimetro più in la e quella spada le avrebbe trapassato la testa.
Naomi imprigionata dal potere era delusa e arrabbiata oltre ogni dire. Nessuno le aveva detto che Yui era una biotica, nessuno aveva parlato di usare poteri biotici.
Si maledisse, pensando che da quell'orribile vecchio potesse mai venire qualcosa di onesto.
Mamma – pensò sul punto di mettersi a piangere.
Isabella osservava scontenta, un incontro di spade era una cosa seria per lei. Usare dei poteri biotici in quella situazione era qualcosa che condannava, lei non lo avrebbe mai fatto neanche ne fosse andato della sua vita. Non era come uccidere qualcuno in missione per compiace Dasha o torturare qualche mercenario come tante volte aveva fatto.
« Hai fatto la tua scelto Haka no hi? » Mormorò fra se.
Yui era arrabbiata, era viva solo per caso. Si alzò di scatto afferrando la spada della sua avversaria e alzandola al cielo. Avrebbe ucciso Naomi con quella.
L’elsa di Haka no hi era un concentrato di tecnologia di superconduttori, per facilitare al massimo la trasmissione di energia biotica dal biotico all'oggetto.
Entrambe le spade di Isabella erano un concentrato di tecnologia e di tradizioni secolari nell'arte della forgiatura.
Yui si sentì mancare, i suoi poteri biotici erano già attivi per questo essi fluirono senza controllo nella spada. Dei cinque livelli in cui si poteva classificare un biotico, lei era di terzo livello e per questo al di sopra della media.
Ma quella spada era fatta per gestire i poteri di Isabella, il primo e ancora unico biotico di livello sei.
Quella sensazione di debolezza la colpì mentre alzava la spada in aria, questa le sfuggì di mano a causa di un violento contraccolpo quando aveva cercato di fermarsi.
La spada volò in aria irradiata di energia biotica che la faceva brillare. Piccole fiammelle blu apparvero lungo i suoi lati, dagli ugelli dove passava l’aria adesso usciva energia biotica. Yui crollò in ginocchio sulla sabbia, davanti a Nomi, esausta per tutto quel potere biotico che le era stato preso.
Haka no hi cominciò a ricadere, girando su se stessa. Naomi ancora immobile ne venne sfiorata ma non ferita. Per un istante, per un esatto secondo le sembrò di avvertire una nota simile a una risata. La spada le ricordò una bocca aperta in un ghigno maligno, i cui denti erano delimitati dalla fiammelle.
Haka no hi cadde, tranciò e tagliò mentre Naomi si liberava e il sangue bagnava la sabbia.
Yui urlava dal terrore, il braccio sinistro le era stato mozzato all'altezza della spalla quando la spada le era caduta addosso.
Naomi osservava non meno stupita, l’osso avrebbe dovuto fermare la lama che avrebbe dovuto al massimo provocare una profondo ferita.
- Possibile che… -Lasciò perdere quei pensieri, scavalcò Yui dirigendosi a grandi passi verso Konoe. Lui fece per estrarre una spada, una di ornamento, che portava alla cintura quando il pugno gli ridusse la faccia a una maschera di sangue lasciandolo svenuto. Lo prese per il collo e lo trascinò.
Lei si sentiva meglio, camminando tranquillamente estrasse una sigaretta. Tirò giusto un paio di boccate prima di arrivare da Yui. Si abbassò su di lei, il fatto che era ancora cosciente era da sola la prova del suo carattere deciso.
Le mise la sigaretta in bocca « Addio cugina, usala e forse potresti vivere. »
Yui non fece niente, tranne che guardarla con odio.
Naomi si alzò voltandosi verso Isabella ma era sparita e con lei la spada. Il duello era finito, non vi era più niente che le interessasse.
Arrivò davanti all'ingresso della casa, sul terreno la prima pietra del selciato. Era larga quanto una persona e mettendoci tutta la forza di cui era capace la smosse. « Ciao mamma. » Disse osservando lo scheletro di sua madre, nella piccola fossa.
Raccolse le ossa nel kimono di Konoe, buttando il vecchio nella fossa che appena lo conteneva. Vi rimise sopra la pietra sorridendo maligna.
Se si fosse ripreso in tempo avrebbe scoperto l’orribile sorte di essere seppellito vivo. In ogni caso, secondo le tradizioni, sarebbe stato il suo spirito a essere dannato per l’eternità e ogni volta che qualcuno avesse calpestato quella pietra lui la sua anima sarebbe stata torturata.
S’incamminò con quello strano e improvvisato sacco sulle spalle. « Direttore Balestrieri, credo di averle creato del lavoro in più in Giappone. Mi dispiace. Ora mandi qualcuno a prendermi. » Disse al comunicatore

*****


Appena quattro ore dopo si trovava ad Avalon, a Toronto, la sede centrale della Noveria Corps sulla Terra. In olo-conferenza con Dasha Weaver, oltre a loro due erano presenti il direttore Cristina Balestrieri e Isabella.
Naomi aveva un'aria rassegnata, sapeva che quello che aveva fatto avrebbe avuto ripercussioni se così si poteva definire entrare in guerra con la yakuza. Quando ne uccidevi il capo, era qualcosa che poteva succedere.
Lo sguardo di Dasha era duro e freddo, come fosse stato intagliato nel ghiaccio di Noveria. « Cristina riassumi la situazione. » Ordinò.
« Quanto accaduto a Kanoe, riteniamo sia morto nonostante la signora Naomi Takara non abbia voluto fornire spiegazioni, ha aperto le ostilità con la mafia giapponese. Abbiamo probabilità di vittoria, tuttavia vi saranno perdite economiche non trascurabili. Esiste ancora una soluzione diplomatica: i membri della yakuza sono disposti a considerare quanto accaduto come qualcosa di interno. La Noveria Corps non dovrà aiutare in nessun modo la signora Naomi, di fatto ci chiedono di abbandonarla. Come ulteriore incentivo, hanno promesso la ricompensa di un milione di crediti. »
Naomi chinò la testa a quelle parole, con un milione che le pendeva sulla testa era morta. Non pensò neanche di scappare, alla mafia poteva anche fuggire ma a Dasha? Essere inseguiti da Isabella era davvero un brutto modo di morire.
Senza la forza per alzare anche solo lo sguardo disse « Se posso avere un ultimo desiderio, vorrei che i corpi mio e di mia madre non fossero consegnati alla yakuza e seppelliti l’uno accanto all'altro, dove nessuno ci possa trovare. »
« Ho rifiutato la loro richiesta. » Dichiarò Dasha, Naomi alzò lo sguardo incredula. Era ammutolita.
« Dimmi Cristina, il tuo piano è andato come pensavi? » Chiese la Weaver alla sua dipendente.
« All'incirca presidente, con piacere vedo che anche questa volta era informata in precedenza di tutto. » - Disse la donna esibendosi in un lieve inchino che mostrava il suo rispetto. - « Se mi è permesso spiegherei a Naomi come stanno realmente le cose, visto il suo sguardo confuso. »
Ebbe un semplice cenno d’assenso e voltandosi verso Naomi « Sapendo data del suo arrivo sulla Terra e scopo, ho fatto giungere queste notizie alla yakuza insieme a dove era seppellita vostra madre. »
Naomi saltò dalla sedia afferrando quella donna per il colletto del vestito, voleva ucciderla per tutti i guai che le aveva fatto passare.
Cristina non si scompose ma sorrise crudelmente « Vedo sul vostro volto che non capite. Siete appena assunta a una delle posizioni più importanti della Noveria Corps, farvi fuori e sostituirvi con un mio uomo era il piano. »
« Brutta pazza! » - Gridò Naomi- « Voglio vedere come urlerai quando sarai consegnata a Isabella e … »
« Non succederà. » Dichiarò Cristina, tranquilla.
« Infatti. » Confermò Dasha. Naomi non capiva, la competizione per il potere all'interno della Noveria Corps era serrata. Questo grazie a un clima di rivalità creato dalla stessa Dasha, voleva che i suoi direttore si impegnassero il più possibile per sostituirla nel suo ruolo.
Lei rimaneva il presidente perché nessuno aveva mai fatto meglio di lei, il fatto che sapesse già tutto del piano della Balestrieri era solo un ulteriore prova.
I complimenti del suo direttore erano d'altronde sinceri.
Ma nella Noveria Corps esistevano regole non scritte ben precise, ad esempio Divisione N non poteva essere impiegate in queste cose, fintanto che qualcuno lavorava per la compagnia non poteva essere ucciso minacciato o altro.
A queste condizioni, l’unico modo era mettere il rivale in cattiva luce e ottenerne il licenziamento. Una volta fatto, ogni divieto su di lui decadeva, se necessario si poteva usare Divisione N per ottenerne l’uccisione.
Questo era lo scopo di Cristina Balestrieri.
« Cristina non ha diffuso nessuna informazione segreta, che tu fossi in ferie e il luogo di sepoltura di tua madre non erano dati confidenziali. Tu ti sei recata dal signor Kanoe, quando avresti potuto semplicemente fare niente. Non hai nemmeno cercato supporto. Cristina ha solo creato le basi per una situazione che non riguarda minimamente la Noveria Corps, il resto è stato tutto una tua scelta. » - Commentò Dasha. - « Questa era almeno la prima parte del piano. »
« Prima parte ? » Borbottò Naomi senza mollare Cristina.
Cristina sbadigliò, gli antidolorifici stavano raggiungendo la massima efficacia e sentiva le palpebre pesanti. Presto avrebbe dormito, dimenticandosi del terribile dolore che la cicatrice sulla schiena le infliggeva. « È da un po’ di tempo che vorrei rafforzare la posizione della Noveria Corps in quella zona, ma la yakuza era troppo ben ramificata nel territorio. Il presidente Weaver non mi ha mai concesso i mezzi necessari. Serviva qualcosa che smuovesse le acque, dopo avrei potuto ottenere qualcosa usando la diplomazia, la forza o entrambe. Se invece lei fosse stata eliminata, avrei avuto l’occasione di mettere qualcuno di fidato per me al suo posto. » Spiegò la donna impassibile, priva di qualunque segno di timore.
Dasha annuì « In pratica mi ha forzato la mano Cristina, davvero un ottimo piano e senza infrangere nessuna regola della società. Meriti tutte le mie lodi. »
« La ringrazio presidente ma lei come sempre mi ha superato, la presenza del vicepresidente e sua consorte ne è la prova. »
Dasha sorrise, il suo viso si addolcì « Isabella aveva in mente un viaggio in Giappone da tempo, riguarda qualcosa sull'educazione come phantom delle mie figlie. Ho approfittato della cosa per unire l’utile e il dilettevole. I miei ordini erano semplicemente “ Osserva Naomi e decidi come meglio credi.”»
« Quindi…? » Domandò Naomi che voleva veder chiarita la sua posizione.
« Era sicura che avremmo ricevuto un offerta di natura economica per la tua testa, ho deciso che tu vali di più di qualsiasi loro offerta ma… » - Naomi si sentì emozionata a quelle parole - « Ora voi due dovrete risolvere la situazione. Se questa “guerra” dovesse durare più di una settimana, qualsiasi guadagno sarà vano rispetto alle perdite. Concludetela in questo lasso di tempo, altrimenti potrei rivedere alcune delle mie considerazioni su di voi. Naomi, Rumia verrà da Palaven e ti sostituirà per questa settimana alla sede centrale. Anche Isabella rimarrà sulla Terra, sta aspettando qualcosa e inoltre ha scoperto che i nostri nemici hanno un'unità scelta chiamata “ Lucertola Nera”, li vuole affrontare. Per il resto non fate affidamento su di lei. Sapete come mi piace siano gestite queste cose ?»
« Con discrezione. » Rispose le due donne.
Dasha annuì e rivolgendosi un'ultima volta a Isabella « Quando torni mi dici cosa hai fatto ai capelli. »
Il phantom sorrise passandosi una mano sui capelli adesso corti, arrivavano giusti a coprirle il collo.
Naomi lasciò andare Cristina « Dunque? »
La direttrice attivò il suo omnitool e inviò alcuni dati a quello di Naomi che mandò un “bip” quando lo ricevette. « Quelle sono tutte le nostre informazioni sulla mafia giapponese e i suoi capi. Sono certa che le troverà complete ed esauriente. » Disse mostrando un sorriso cordiale e sincero.
Cristina Balestrieri, italiana, originaria della Sicilia proveniva da una famiglia mafiosa decaduta dopo l’omicidio dei suoi genitori. Aveva sempre un'aria stanca e debole, d'altronde era evidente che non aveva nessuna esperienza nel combattimento, forse per questo il suo responsabile della sicurezza era quel gigante russo tutto muscoli di Makarov, ma un carattere indecifrabile, una mente pericolosa e un intuito acuto l’avevano fatta diventare uno dei quattro grandi direttori.
Cristina non si sentiva in colpa verso Naomi o altro, lei aveva fatto solo il suo lavoro nel rispetto delle regole del presidente. Non aveva nessun risentimento verso di lei o altro, ed era sinceramente pronta ad aiutarla.
Naomi lo comprese e questo la fece calmare, a modo loro erano entrambe delle professioniste e si rispettavano a vicenda.
« Dovrò sostituire la lapide di mia madre, inoltre penso vi saranno delle pratiche e altre cerimonie da fare per far seppellire il corpo in modo adeguato. »
« Sarà mia premura occuparmene. » Assicurò Cristina. Pace era fatta.
Il rumore della porta che si apriva fece voltare Naomi che ringraziò dell’aiuto Isabella che stava uscendo dalla stanza. Il phantom non rispose, niente di quel discorso le interessava.

*****


Naomi era inginocchiata davanti alla tomba di sua madre, sul monte Hiei, a pregare. Era stata una settimana intensa. Si era occupata da sola del lavoro da svolgere, sentiva che aveva bisogno di dimostrare nuovamente a tutti di cosa era capace.
Senza nessuna squadra ma con a disposizione l’immenso catalogo di armi di un'industria militare vi era riuscita giusto in tempo. Doveva solo scegliere l’arma giusta per la situazione.
Omicidi silenziosi, nessun morto accidentale, niente esplosioni o sparatorie. Tutto avveniva senza perturbare la pace quotidiana della gente comune. Un tipo di violenza controllata a cui i criminali non erano abituati.
Lei aveva eliminato i vertici, del resto si era occupata Cristina. Al terzo giorno la direttrice ricevette una chiamata « Trattiamo. » Disse la persona all'altro capo della comunicazione. Lei mise giù senza dire niente.
Al quinto giorno una seconda chiamata « Cosa volete? ». Avevano vinto.
La “Lucertola nera” non diede problemi a Naomi, neanche si fece vedere. Isabella era sparita per tre giorni, non sapeva cosa avesse fatto o dove ma aveva un'aria troppo soddisfatta quando riapparve il quarto solo per ripartire per Noveria.
L’unico pensiero di Naomi era che tre giorni erano parecchio tempo per infierire su qualcuno, il phantom doveva essersela goduta come piaceva a lei.
Un rumore di passi accompagnato da quello di un bastone di legno risuonò tra gli alberi, in direzione del luogo dove si trovava Naomi. Lei lo sentì avvicinarsi e sedersi rumorosamente vicino a lei, nel farlo borbottò qualche imprecazione sul fatto di star seduto per terra, sulla sua vecchiaia e maledisse le sue ginocchia.
Nomi non disse niente, impegnata a finire la preghiera. « Sei venuto vecchio. »
« Taci sciocca di una figlia. » Rispose Zaeed Massani
« Non sono tua figlia, mia madre ti ha solo scopato per ripicca verso la sua famiglia. »
« Ma guarda, io credevo che quello fosse il motivo della tua esistenza. »
« Hai portato quello che ti ho chiesto, vecchia cariatide. »
« Non sono ancor rincoglionito, stupida ragazzina. » Ed estrasse una bottiglia di pregiato liquore, da una busta che aveva portato con se.
Naomi la prese, si alzò e ne versò buona parte sulla tomba. Il resto se lo divisero loro due.
« Bel posto. » Commentò l’anziano mercenario da tempo in pensione.
« Una volta mi hai raccontato che Olivia ha preso a calci in culo Dasha. Vorrei sentire quella storia. »
Zaeed sorrise « Era l’anno 2212 e un cargo si avvicinava alla stazione spaziale “La Guardia”… »

*****


I servi erano tornati nella villa, terminati gli scontri a loro non sarebbe rimasto che mettere tutto a posto.  Servi e villa rimanevano, solo i padroni cambiavano. Kanoe, nessuno si diede pena di cercalo.
I servi tenevano in ordine la villa e badavano ai suoi occupanti, non interferivano con quello che succedeva in loro assenza. Yui invece riposava o almeno avrebbe dovuto farlo in una delle stanze della villa, rabbiosa ma troppe debole per fare qualcosa. Era sopravvissuta a stento, aveva usato la sigaretta datele da Naomi per bruciare la carne della ferita e ridurre la perdita di sangue.
Questo le aveva permesso di farcela fino al ritorno della servitù, era stata medicata ma nessuno le aveva detto qualcosa sul suo destino. La yakuza aveva perso quella breve guerra, ma di quello non le importava veramente.
« Lei chi è? » Chiese ferocemente alla donna di colore che era appena entrata, che tranquillamente le sedette accanto porgendole un biglietto da visita.
« Una persona che lavora per le industrie Amalgama Groups. »
« È la prima volta che sento questo nome. »
La donna di colore non disse niente limitandosi a sorridere.

*****


Isabella era soddisfatta di quello che vedeva davanti se, tre splendide spade di qualità non inferiore alle sue. Era andata da quei pochi individui che ancora conoscevano le tecniche segrete per forgiare una katana giapponese, gli stessi che avevano forgiato le sue e trattati dal governo locale come dei tesori viventi.
In un mese di lavoro avevano prodotto quelle tre magnifiche spade usando le più avanzate leghe di metallo, assieme a tecnologie studiate solo a quello scopo che non dimenticavano l’importanza delle tradizioni.
Una di queste parlava di un sacrifico di sangue, lo aveva svolto senza problemi. Sorrise. Gli individui che avevano formato "La lucertola nera" erano stati degli ottimi sacrifici.
Adesso i loro corpi erano abbandonati a marcire in un tempio dimenticato.
Ma lei aveva offerto anche altro. Aveva dato i suoi capelli in sacrificio, si diceva che i capelli di una donna potessero rendere una spada indistruttibile, che la sua lama sarebbe stata sempre affilata.
Gli aveva offerti con piacere ma anche per un altro motivi. I capelli erano una cosa strana, assorbivano tutto quello che il corpo assimilava.
Lei era un biotico, come tale non era difficile trovare microscopiche tracce del suo eezo 19 in essi. Adesso questo risiedeva in quelle spade.
Presto le avrebbe date ad Alexya, Trish e Diana, ormai erano davvero cresciute e i loro poteri si erano sviluppati anche se dovevano affinarne le tecniche.
Avevano diritto ad avere ciascuna una vera spada, non solo quelle prodotte dalla Noveria Corps.
Isabella sorrise contenta del regalo che presto avrebbe fatto.

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Capitolo 3
*** Vita da studente ***


Parte delle descrizioni sono state prese dal codex del gioco.

Era una classica bella giornata a Talat, la capitale del pianeta Sur’kesh e patria dei salarian. Di aspetto lussureggiante, ricco di forme di vita, dalle condizioni sfavorevoli e pericoloso per gli incauti. Il clima era particolarmente umido, grazie anche ai vasti oceani e a una generale abbondanza d’acqua. Non per niente i salarian erano una specie anfibia.
Con corpi alti e slanciati, ben adattati al loro elevato metabolismo e con scheletri più cartilaginei rispetto ad altre specie come quella degli umani. Le teste dei Salarian erano lunghe e sottili ed avevano un paio di corna sporgenti che si protendevano verso l'alto dalla parte superiore del cranio. Il colore della pelle variava dal rosso brillante e il verde a sfumature più comuni di blu o grigio. Il loro sangue era di colore verdastro. Gli occhi dei salarian erano enormi e di forma ovale ed avevano membrane sottili al posto delle palpebre. Le pupille avevano grosse fessure orizzontali e il colore dell'iride poteva essere verde scuro, viola, rosso, blu o marrone.
I salarian chiudevano gli occhi verso l'alto anziché verso il basso come gli umani, ed erano noti per avere un metabolismo estremamente veloce. Le loro menti e i loro corpi erano più rapidi rispetto a quelli della gran parte delle specie senzienti, e per questo sembravano irrequieti e iperattivi. I salarian erano quasi sempre vigili e riposano all'incirca un'ora al giorno. Tutto questo a discapito della loro aspettativa di vita, che in genere non superava i 40 anni terrestri.
I Salarian erano anfibi apo-diploidi ovovivipari. Le uova non fecondate producevano maschi e quelle fecondate esemplari femminili. Le femmine salarian deponevano una dozzina di uova alla volta all'anno, ma le convenzioni sociali consentono di fecondare solo una piccola parte delle uova. Di conseguenza, circa il 90% dei Salarian era di sesso maschile.
Tutte le loro città, la capitale in particolare, erano state accuratamente progettate e tenute ancora oggi in perfette condizioni, sia per assicurarsi che la luce solare giunga fino al livello del suolo, sia per garantire il traffico di veicoli nei passaggi aperti nel folto della giungla.
La scuola Zisaf Obeno, intitolata al salarian ideatore della teoria dell’evoluzione, era una delle più prestigiose di Talat, frequentata da un numero elevato di alieni che erano quasi la metà degli studenti.
La ragazza entrò nella scuola attirando ogni attenzione su di se.
Vi erano tutte le razze in quei corridori e tutti fissavano solo lei. I motivi per farlo erano innumerevoli. Colei che stava passando era Trish Weaver, sulla carta aveva sedici anni, umana.
Era passato più di un anno da quando lei e le sue sorelle si erano confessate in un’intervista alla galassia, avevano scelto di non nascondersi dopo che vi fu una notevole fuga di notizie.
Senza dire niente nemmeno alla donna che le aveva adottate, che a conoscere le loro intenzioni le avrebbe fermate.
Prive di esitazioni, sicure di se stesse, si erano svelate al pubblico. Erano cloni di una persona esistente, la donna che tutti conoscevano come Isabella Noveria, sposa di Dasha Weaver.
Erano un nuovo tipo di biotici, il loro eezo era il raro isotopo 19, erano addestrate a uccidere come phantom e lo avevano fatto più volte.
Dei loro omicidi dissero solo che li avevano commessi quando erano sotto il controllo dell’asari estremista che le aveva create. Da li in poi avevano smesso, dopo essere state liberate da Dasha, Isabella e da altre persone che definivano i loro amici.
Spiegarono che erano state indottrinate da neonate, non avevano mai avuto o esercitato il libero arbitrio, il programma phantom le obbligava a ubbidire qualsiasi ordine della loro creatrice.
Una verità parziale, dopo che erano state liberate una parte dell’indottrinamento era stato rimosso, come Isabella avevano difficoltà a comunicare o a creare legami, essendo in una situazione simile a lei che da anni aveva un programma phantom solo parziale installato in testa.
Uccidere a loro piaceva e lo avevano fatto per scelta, seguendo Isabella che le addestrava.
Non uccidevano di certo a caso, i giochi biotici clandestini includevano anche incontri all’ultimo sangue. Per loro partecipare fu incredibilmente divertente, ma anche snervante essendo Isabella severa quando si trattava di combattere.
In giro per la galassia non mancavano individui la cui morte sarebbe stata un sollievo, poterono divertirsi con loro quanto volevano.
Se queste notizie da sole non bastavano per avere l’attenzione, allora un altro motivo sarebbe stato il loro aspetto fisico.
Isabella era da sempre una donna di incredibile bellezza, se qualcuno avesse voluto dare un volto al concetto stesso di bellezza non avrebbe trovato di meglio.
Alta, bionda, occhi di un azzurro che non aveva eguali se non tra loro, un corpo perfetto privo di ogni difetto estetico o fisico. Un patrimonio genetico quasi privo di errori.
Doti atletiche pari o superiori a quelle di atleti sportivi, con in più un istinto da predatore per niente inferiore a quello di un animale.
Loro tre erano state create da tre filamenti distinti ottenuti dai suoi ovuli, erano uguali a lei per il 99%. Trish continuava a portare i capelli in una magnifica coda di cavallo.
I loro geni erano stati dominanti perché le loro caratteristiche fossero tutte dominanti, se avessero avuto figli questi avrebbero inesorabilmente ereditato i loro attributi fisici diventando possibili portatori di eezo 19.
Questo rientrava nei piani di uno scienziato che lavorava per sostenitori di Cerberus, l’idea era di sostituire in modo pacifico la razza umana con una sua versione migliorata per semplice introduzione, immettendo nella società umana un gran numero di individui come le ragazze.
Ma il resto delle persone favorevoli a Cerberus voleva soldati, ma prima che queste dispute interne fossero rivolte l’Alleanza li fermò. Nel corso dell’operazione lo scienziato morì.
Una fazione dell’Alleanza nota come “i nazionalisti” fece arrivare quel materiale all’estremista asari che le creò. Per loro esporsi direttamente sarebbe stato rischioso, così rimasero a vedere quali risultati avrebbe condotto l’esperimento.
Questa fu l’origine di Alexya, Diana e Trish Weaver. Anche se la parte sul loro genoma era sconosciuta al pubblico, ve ne era abbastanza perché attirassero l’attenzione per un motivo o l’altro.
Trish si fermò davanti a un tabellone, erano i risultati semestrali di tutti gli studenti del corso. Cerco i propri  scoprendo di essere poco al di sopra della sufficienza.
Aveva un fisico perfetto, ma l’intelligenza era nella norma. Qualsiasi cosa avessero fatto al suo corpo, non riguardava la mente.
In ogni caso poteva dirsi soddisfatta. Quando erano state liberate non sapevano niente tranne uccidere, in base a degli accordi furono assegnate come studentesse all’accademia Grissom dove rimasero fino alla sua distruzione.
Operata come attacco iniziale ad opera di un’antica razza aliena, i grigi, che avevano tentato di riprendersi la galassia dopo che erano scappati per eoni nello spazio oscuro dai razziatori, tornando dopo che questi erano stati distrutti.
In quella struttura incontrarono la psicologa Kelly Chambers, aveva lo scopo di aiutarle perché si comportassero in modo più normale e umano. Fu grazie al suo aiuto e di altre persone che si liberarono del programma phantom.
Questo era ancora attivo nelle loro menti ma non influenzava più il loro pensiero. Questo avveniva neanche un anno e mezzo fa, da quando lei aveva espresso a sua madre il desidero di continuare gli studi, affermando che lei avrebbe ereditato il suo ruolo di Presidente della Noveria Corps.
Da allora si era gettata animo e corpo nello studio, ma era ancora troppo indietro.
Entrò in classe, era un ambiente estremamente moderno sia come struttura che per il supporto didattico che forniva, sedendosi davanti a un asari che considerava sua amica.
Questa anticipò i suoi saluti e disse « Non serve che mi saluti, ignoriamoci reciprocamente, questo renderà la mia giornata migliore. Della tua francamente non importa. »
Trish si portò una mano alla bocca, per non mettersi a ridere sguaiatamente. Le piacevano il modo di fare di quell’asari e la sua persona, proprio per questo si era seduta vicino a lei fin dal primo giorno.
Si chiamava Moay Thatora, era un’asari dalla pelle viola, dall'età approssimativa di 65 anni, ancora una bambina secondo il metodo di giudizio delle asari che vivevano fino a mille anni, ed era cieca dalla nascita. Una malformazione aveva fatto si che cristalli di eezo, essendo le asari biotiche di natura, si formassero sui nervi oculari atrofizzandoli. Riusciva ad orientarsi grazie alla tecnica biotica Calios, questa insegnava alle asari a generare una sorte di sonar biotico con cui orientarsi.
Lei pareva aver deciso di trascorrere tutta la sua vita nell'istituto, era li da decenni anche se nessuno si ricordava bene da quanto. Chi avrebbe saputo dirlo era semplicemente morto di vecchiaia.
Gli studenti andavano e venivano, i professori erano tutti salarian e la loro vita media era di 40 anni.
I Thatora erano una delle famiglie asari più influenti e ricche su Thessia, il loro nome era molto antico anche per una specie i cui membri vivevano fino a 1000 anni.
Questa ricchezza aveva permesso a Moay di frequentare l’istituto, ma per il resto sembrava che lei e la sua famiglia si ignorassero a vicenda.
Era anche un’abilissima scultrice biotica, usava il materiale scelto impastato con eezo, lo modellava senza toccarlo ma usando i suoi poteri.
Il fatto che fosse cieca e il continuo esercizio in questa l’aveva resa molto sensibile e abile. Aveva un tocco accurato che si vedeva nelle sue scultore, molte astratte altre che riproducevano modelli.
Aveva anche realizzato delle mostre, ed era considerata una professionista.
Nonostante l’accoglienza Trish la salutò lo stesso, allegramente e si sedette. Trovava la sua presenza piacevole, perché non vi era traccia di ipocrisia.
Altra dote loro e di Isabella era la lettura del corpo. Non era un’abilità data dall'indottrinamento, ma naturale anche se vi era la possibilità che il loro DNA fosse stato manipolato perché la possedessero e che qualcuno avesse giocato col cervello di Isabella perché l’apprendesse.
Della maggior parte degli studenti aveva la più bassa stima possibile, anche se si comportava con ognuno in modo civile comprendendone l’importanza.
In quella scuola si trovavano molti studenti figli di famiglie o persone influenti, assieme ad altri di origini più umili.
I primi non si mischiavano con i secondi che erano oggetto del loro bullismo. Di fronte alla sopraffazione del più debole, la differenza tra razze cadeva accomunandole tutte.
Non che lei fosse contraria a questo, il forte approfittava del debole. Questa era una legge di natura, lei stessa aveva ucciso quando non era necessario ma solo per divertimento, perché poteva essendo la più forte.
Quella che l’infastidiva era essere associata a individui privi di talento. Facevano i prepotenti grazie ai risultati di altri, delle loro famiglie senza aver concluso essi stessi qualcosa degno di merito.
Con la lettura del corpo lei vedeva oltre le apparenze, erano un concentrato di frustrazione, annoiati dalla vita per il fatto che si potevano permettere tutto.
Si sentivano sicuri, intoccabili, sempre alla ricerca di nuove emozioni forti.
Lei aveva ucciso, partecipato all'ultima guerra, aveva visto i suoi nemici morire terrorizzati da lei, dalle sua sorelle e da Isabella. Erano stati combattimenti “onesti”, avevano ucciso grazie alle proprie abilità e forze.
Che fossero delle Weaver non contava, sul campo di battaglia o in un arena il proiettile o il pugnale non facevano distinzione.
Quegli individui erano niente ma si comportavano come se fossero davvero importanti, quello era ciò che le dava profondamente fastidio. Non riuscivano a valutare se stessi e non lo facevano nemmeno.
Secondo quello schema lei avrebbe dovuto bullizzare loro ritenendosi ovviamente superiore, ma un predatore cacciava sempre le prede giuste nel territorio opportuno.
Terminarono le lezioni, Trish salutò Moay dirigendosi al suo secondo impegno della giornata.
Essendo phantom erano addestrate all'uso di armi bianche, ma a parte questo adoravano tutte la scherma. Tra loro la più abile era sicuramente Alexya, lei era andata in una scuola militare dell’Alleanza e sognava di battere Isabella.
Lei aveva trovato nella scuola un club di scherma, aveva fatto conoscenza con Valenia Bonamus, una turian con delle pitture facciali blu sopra gli occhi e un mento tinteggiato di bianco.
Queste erano il simbolo della città turian da cui provenivano, tutti i turian li portavano e solo chi si era macchiato di qualche grave crimine ne era privo.
“Faccia pulita” per un turian era uno degli insulti peggiori, significava che aveva perso le proprie pitture.
Oltre a Valenia che lo gestiva vi erano altre cinque iscritte tutte turian e femmine. Non vi era un vero motivo per quello, semplicemente era successo. Vista la situazione praticavano esclusivamente scherma turian.
Quando lei richiese di entrarne a farne parte furono sorprese, cosa ne poteva sapere un’umana di scherma turian.
La misero alla prova e vinse, ma Valenia non la ammise « Sei brava, migliore di noi, dei nostri abituali avversari e di chiunque conosca, proprio per questo non ti posso accettare. I risultati raggiunti fino adesso sono stati il risultato del nostro lavoro, con te vincere diventerebbe una certezza. A queste condizioni tenere anche solo il club aperto sarebbe inutile, come anche la presenza di altri iscritti perché tu da sola rischi di vanificare tutto il nostro lavoro. Mi dispiace. »
Triste e sconsolata ne parlò con Moay, a l’asari non importava niente di quella storia desiderando solo che l’umana andasse a lamentarsi altrove. Spazientita e arrabbiata disse « Basta! Ti aiuto! Se scocci Valenia, forse smetterai di infastidirmi. »
Andarono al club di scherma « Valenia prenditi questa fastidiosa umana, nel tuo inutile club! »
« No. Mi sembrava di aver dato motivazioni ragionevoli. » Impassibile e seria come sempre, sembrava che niente facesse presa su di lei.
« Stupida turian ragionevole, prendila come istruttrice o aiutante se è così abile, vi farà di certo bene allenarvi con lei. Basta che non partecipi ai vostri incontri! »
Valenia ci pensò, rivolgendosi a Trish « Ti andrebbe bene lo stesso? Anche non potendo partecipare a nessun incontro ufficiale. »
«Certo! » Rispose lei, quando provò a ringraziare Moay che già si era voltata per andarsene si sentì rispondere « Vuoi ringraziarmi? Ignorami! »
Dopo quell'aiuto Trish considerò l’asari sua amica.
Fu così che cominciò ad aiutare quelle turian nei loro allenamenti, i combattimenti erano pessimi per la facilità con cui vinceva ma insegnare e dare consigli era interessante.
Soprattutto poteva parlare di scherma con qualcuno, Valenia poi sembrava essere un enciclopedia vivente al riguardo. Le piaceva ascoltare le sue spiegazioni.
Terminati i compiti andò a casa, su Sur’kesh risiedeva nella sede principale della Noveria Corps. Un grattacielo imponente, vi arrivò comodamente su un'auto riservata e scortata che la conduceva a scuola o dove avesse bisogno.
Le due ore successive passarono velocemente, le spese come al solito studiando e facendo i compiti, cenò e uscì. Tre sere ogni nove giorni, un mese aveva settimane da nove giorni avendo il pianeta in un anno 438 giorni, usciva da sola rifiutando ogni scorta e protezione.
Non aveva pensato che Sly, il direttore della Noveria Corps in loco e una delle sue figure più importanti si sarebbe fatta convincere così facilmente.
Era una dalatrass, il vero nome era Wasly Zolano ma tutti la chiamavano col suo diminutivo Sly, una femmina salarian che per tradizioni sono al centro della società della loro specie. Gestendo il potere politico e dinastico dell'intera specie, negoziando tra loro per determinare il futuro delle regioni che governano.
Preferendo non fidarsi lo stesso, attuava tutto il necessario per sfuggire a un eventuale pedinamento.
Ogni tanto le sembrava ugualmente di essere seguita. Durante il giorno aveva contato almeno dieci presenze che la seguivano, erano abili e lei non era mai riuscita a vederli da vicino ma l’istinto non sbagliava.
Arrivò a una tavola calda turian, vi entrò salutando i dipendenti, dirigendosi sul retro. Quando ritornò indossava un grembiule a vita in tessuto antimacchia, rosso cangiante e con pratico tascone ventrale, abbinato a cravatta in tinta e camicia bianca. Le gambe erano scoperte.
Il locale era in un quartiere con un'alta percentuale di razze aliene, per questo serviva piatti molto diversi fra loro e aveva tre cameriere: una turian, un’umana e un’asari.
Trish aveva deciso per quel lavoro dopo aver scoperto, semplicemente parlando, che Valenia ci lavorava. La turian non ne avrebbe avuto bisogno, i suoi genitori erano uno stimati botanici e esperti nella coltivazione dell’erba ardente, una pianta nativa di Sur’kesh e molto richiesta nei progetti di terraformazione..
Quando le chiese il motivo della sua scelta, seria come sempre rispose « Per non perdere il contatto con la realtà, a essere benestanti vi sono cose che non si possono capire. Inoltre non mi dispiace avere soldi miei, è un buon modo per capire qual è il modo migliore per impiegarli.»
Quel ragionamento l’aveva affascinata, Trish aveva detto a sua madre che lei sarebbe stata la futura presidente della Noveria Corps. Studiava per quello, ma si rese conto che del mondo del lavoro sapeva poco e in fondo Dasha Weaver aveva fondato la Noveria Corps pur non avendo nessun titolo di studio. Decise di provare.
Scoprì di cavarsela, portare i piatti e tenere a mente le ordinazioni era facile. Riusciva a portare fino sei piatti assieme senza il minimo problema.
La prima paga fu per lei motivo di riflessione. La confrontò con quella che avrebbe preso a fare quel lavoro per la Noveria Corps e scoprì che avrebbe preso settecento crediti netti in più.
Aveva sempre saputo che l’azienda di sua madre, praticamente casa loro, pagava più di altri. Più volte Dasha aveva spiegato l’importanza di pagare bene e non solo pagare il giusto o quello che si doveva.
Rifletté che se con quello stipendio si fosse dovuta mantenere da sola, lavorando a tempo pieno, sarebbe riuscita a arrivare a fine mese ma senza permettersi nessuna distrazione.
Cominciava a capire la lealtà che molti dipendenti dimostravano alla compagnia, non solo per i soldi ma anche per i sostanziosi benefit che forniva.
Prendendo ad esempio se stessa, se avesse ricevuto un’offerta migliore non avrebbe avuto motivo per rimanere dov'era. A quel punto non c’era la minima lealtà, ma solo una caccia al lavoro con la paga più alta per ottenere una prospettiva di vita migliore.
Il risultato era che nessuna azienda, in particolare quelle veramente importanti e quindi con segreti aziendali, avrebbe mai potuto fidarsi ciecamente dei suoi dipendenti.
Invece la Noveria Corps poteva ragionevolmente fidarsi, aveva superato i quindici milioni di dipendenti. Questi sapevano che difficilmente avrebbero potuto trovare un lavoro migliore, la compagnia non solo li faceva lavorare ma in qualche modo si prendeva veramente cura di chiunque ne facesse parte.
Capì l’importanza che i dipendenti non erano una risorsa solo da sfruttare, ma qualcosa che bisogna cercare di legare a se, da coltivare.
Istruita da questo decise che avrebbe continuato a lavorare lì, per accumulare esperienza.
« Pronta per le valutazioni? » Chiese Valenia, quando staccarono dal lavoro.
« Non vedo l’ora, vedrò mia madre dal vivo dopo mesi! » Disse entusiasta Trish.
« Non ci contare troppo, generalmente le persone importanti inviano qualcuno, hanno sempre un qualche impegno troppo importante per dedicarsi al rendimento scolastico dei figli. »
« Mi ha detto che sarebbe venuta. » Disse lei imbronciata.
Valenia si limitò ad annuire « Lo spero per te. »
 
Moay aveva un problema, mentre usciva dalla stanza che il dormitorio della scuola le aveva messo a disposizione. Quel giorno avrebbe dovuto cominciare a lavorare su una nuova scultura, per consegnarla in tempo per la data prevista. Non aveva però nessuna ispirazione, nessun soggetto che aveva preso in considerazione l’aveva invogliata.
Si sedette in aula, controvoglia e nervosa. La percepì prima di sentirla. Essere cieca dalla nascita non le aveva solo insegnato a percepire cosa la circondava con gli altri sensi, ma perfino usando i suoi poteri biotici.
La prima volta che l’aveva incontrata, credeva di essersi sbagliata ma presto capì che non era così. Era come se le altre presenze sparissero, facendone rimanere solo una.
Semplicemente esistendo schiacciava ogni altra esistenza nelle sue vicinanze, tale era la sua presenza rispetto a chi la circondava.
Questa fu la prima impressione quando incontrò Trish Weaver.
La sentì sedersi, ancora una volta fu come se gli altri in classe sparissero. Rimaneva solo questa forte presenza. « Ciao. » Si sentì dire.
« Taci! Sono impegnata, devo trovare un modello. »
« Posso farlo io, se serve. »
Assorta nei suoi pensieri e allo stesso tempo sorpresa, Moay fece passare qualche istante prima di rispondere. Se avesse potuto vedere, avrebbe rivolto a Trish uno sguardo dubbioso.
« Solo perché tutti dicono che sei bella, non significa che tu lo sia veramente. Non sapevo fossi anche una smorfiosa vanitosa, se ti dicessi che sei troppo brutta per poterti usare scommetto che andresti a lamentarti con qualcuno. Poi dovrei toccarti con le mie mani ovunque, scommetto che non lo sopporteresti! »
« Va bene! »
La risposta affermativa spiazzò totalmente l’asari  « Viene nel laboratorio di arte, dopo che hai concluso con Valenia. Portati un costume. »
Trish annuì felice, mentre Moay pensava tra se “ Dopo che le avrò detto che non va bene, forse comincerà ad evitarmi come fanno tutti. “ Quell’idea la fece sorridere.
Nonostante la lettura del corpo, Trish non capì perché la sua amica sorridesse.
 
Era ormai pomeriggio inoltrato, il pianeta aveva giornate di solo vetun’ore. La sera giungeva molto prima rispetto alla Terra.
« Sto per toccarti, nessuna obiezione? » Chiese Moay, erano nel laboratorio di arte. Una normale stanza al secondo piano, finestre alle pareti, con in più gli strumenti per lavorare il materiale o dipingere.
« Nessuna! » Rispose Trish.
Le prese il volto tra le mani, sentì chiaramente la forma del viso, la morbidezza della pelle e la consistenza dei muscoli. Sentì la forma del naso e lo spessore delle labbra.  Prese a scendere.
Tastò il colo, le spalle e …
« Il costume? » Chiese un attimo incerta.
« Non l’ho messo, ho pensato che per te sarebbe stato più comodo. Però l’ho portato con me. »
Quelle parole la spiazzarono « Vorresti dirmi che sei nuda? »
« Certo! »
« Quindi, io cosa sto toccando adesso? »
« Il mio seno, per essere precisi i capezzoli. »
« Ti rendi conto che figura, se qualcuno dovesse vederci? »
« Suvvia, è solo un corpo nudo. Non penso di aver niente di cui dovermi vergognare. »
Moay non sapeva cosa rispondere, la sicurezza in quelle parole era spiazzante. Solitamente le ragazzine terresti erano molto timide o delle puttane se si comportavano in quel modo.
Tuttavia Trish non sembrava nessuno dei due tipi. « Allora procedo, se qualcuno ti vede non venire a lamentarti con me. »
La ragazza emise un suono d’assenso. Due ore dopo Moay aveva finito, le sembrava che le mani le andassero a fuoco e non solo quelle. Mai aveva toccato qualcosa di tanto armonioso e ben proporzionato.
Sentiva il cuore che le batteva a mille, nonostante avesse già toccato dei corpi, questa era la prima volta che si sentiva eccitata nel profondo.
« Va tutto bene? » Le chiese Trish.
« Si, grazie. » La ragazza umana non disse niente, stupita da quella prima risposta gentile dell’asari « Adesso puoi rivestirti. »
« Se ti senti nervosa perché ti sei eccitata, non c’è motivo di essere imbarazzati. È una reazione normale, si tratta di stimoli naturali che non dipendono dalla nostra volontà, anch'io mi sono eccitata quando mi hai toccata. » Disse Trish, il tono era serio ma cordiale e privo di ogni traccia di malizia. Sperava che Moay si sarebbe sentita meglio ad affrontare direttamente la questione.
Lei e le sue sorelle, come anche Isabella da cui avevano imparato, sembravano immuni a qualsiasi tipo d’imbarazzo. 
Moay non rispose, a quella parole si era sentita ancora più accaldata. Con uno strano sorriso si diresse a un tavolino rotondo alto la metà di lei, si sedette su una sedia posta li vicino.
Sul tavolino era presente argilla mischiata ad eezo. Un bagliore blu avvolse l’asari quando usò i suoi poteri, l’argilla prese a muoversi senza nessuno la toccasse.
Trish, rivestita, osservava meravigliata, percepiva chiaramente l’estrema precisione che ogni mossa richiedeva. Quella era un’abilità degna del massimo rispetto.
Tra se e se sorrideva, sentiva i suoi nuclei di eezo 19 vibrare leggermente percependo l’energia che veniva irradiata. Moay possedeva davvero dell’eezo di prima qualità.
Poteva dirlo senza problemi per l’estrema sensibilità dell’isotopo 19 all’energia biotica. Il 19 convertiva ogni atomo di eezo nell’isotopo 19, se non fosse stato instabile in natura si sarebbero trovati enormi giacimenti.
La stessa cosa valeva per l’energia, ogni biotico possedeva una propria traccia energetica. Normalmente due tracce biotiche si sarebbero scontrate non potendo fare altro,  ma il 19 diciannove nel suo stadio normale annullava ogni altra energia biotica avendo cariche invertite rispetto alla sua forma più comune.
Esisteva anche una versione di esso, lo stadio rosso, in cui si aveva una sovreccitazione del 19 che permetteva di convertire energia e eezo altri in propri.
Raggiungerlo era una più una questione mentale, a riuscirci per adesso erano Isabella e Alexya.
Sua sorella però era ancora agli inizi.
I poteri di Trish ormai si erano completamente maturati, tutto l’eezo nel suo corpo era stato convertito in 19. A differenza delle sue sorelle i suoi nuclei si erano formate nei muscoli e non nel sistema nervoso.
Questi erano più lenti da attivare, ma sapeva gestire molta più energia delle sue sorelle. In termini di pura potenza superava perfino Isabella, ma era l’abilità nell'usarli e nella scherma che per loro erano veramente importanti.
Tuttavia percepire l’energia biotica come stava facendo aveva anche degli effetti sul corpo, le sfuggì un lamento e si distese sul pavimento.
Sentire i propri nuclei che si eccitavano era piacevole, come un massaggio in tutte le parti del corpo. Moay preso da quello che stava facendo, non parve accorgercene,
Simile a un gatto che si godeva il caldo, Trish si godeva quella piacevole sensazione.
Due ore dopo Moay aveva finito solo l’abbozzo di una forma umanoide, doveva interrompersi ogni tanto per la fatica di usare i propri poteri.
Si fermò davanti a Trish, che la guardò dal basso con aria assonnata.
« Che stai facendo? » Chiese l’asari.
Lei ci pensò un attimo « Non saprei come risponderti. »
Fuori, era calata la sera. Quella parte dell’istituto ormai era deserta.
Mentre si alzava l’asari le poggiò una mano sulla spalla, lei si girò di scattò, spaventata.
Moay, se avesse potuto vederla si sarebbe sicuramente spaventata a sua volta. Invece rimase ferma con la mano su di lei, mentre Trish passava dallo spavento allo stupore.
La fissò un istante non sapendo cosa dire, infine chiese « Sicura di essere una normale asari? »
Questa volta fu Moay a mostrarsi spaventata, infinite volte più di Trish.
Da parte sua era certa della paura o addirittura terrore che l’altra mostrava. Fece un passo avanti, l’altra arretrò. Quando l’asari si trovò spalle al muro, dovettero fermarsi.
Moay era disperata, non capiva come l’umana l’avesse scoperto. Per un attimo ebbe l’idea di una reazione violenta, avrebbe preso un oggetto a portata di mano, l’avrebbe colpita, cogliendola di sorpresa poteva farcela.
« Non ci pensare neanche.» La ammonì seria Trish, aveva colto i segni che il corpo dell’asari si preparava a un combattimento, come la contrazione di determinati muscoli, con la lettura del corpo.
Moay si sentì schiacciare da un senso di soffocamento, da una pressione. Cadde in ginocchio.
Si sentiva stanca e spossata, non aveva più voglia di lottare. « Cosa è stato? » Domandò.
« Solo uno stupido trucco, utile per suggestionare persone e animali. » Spiegò Trish che non smetteva di osservarla « Il tuo è eezo normale, di questo sono sicura. Prima mi hai toccata mentre avevo i miei nuclei eccitati, avresti dovuto lanciare un qualche grido di dolore o avvertire qualche tipo di sofferenza. Invece niente. »
Lei rifletté, se l’eezo non era differente non rimaneva che il biotico e trattandosi di un asari…« Sei una Ardat-Yakshi? »
Il termine  significava"Demone dei venti notturni" in un antico dialetto asari, era una rara disfunzione genetica nelle asari, che colpiva in particolare il loro sistema nervoso. Sebbene la condizione non danneggiasse l'asari, durante l'accoppiamento il sistema nervoso dell'Ardat-Yakshi soverchia e domina completamente quello del suo partner, provocando un'emorragia cerebrale nella vittima, e portando alla morte nei casi estremi. Come conseguenza, l'Ardat-Yakshi diventa più intelligente, più forte, e più letale dopo ogni incontro. Avevano anche l'abilità innata di dominare le menti altrui
La condizione non era identificabile finché l'asari non raggiungeva la maturità, quando era ormai troppo tardi per correggere il difetto. Quando veniva diagnosticata, alle asari afflitte veniva data una scelta: vivere in isolamento o essere giustiziate. Le asari facevano questo alle Ardat-Yakshi perché era una condizione di dipendenza; erano spinte ad accoppiarsi, e l'impulso diventa più forte ad ogni successo.
Le Ardat-Yakshi erano una vergogna per la cultura asari. Si sospettava che questa condizione fosse alla radice del pregiudizio delle asari contro le purosangue, un termine che si riferisce alla figlia di due asari. Tale condizione pare sia vecchia quanto la specie asari stessa e che appaia solo tra le purosangue.
« Si. » Fu la risposta.
Questo rese Trish pensierosa. Lo sviluppo di biotici a eezo 19 era proibito, non era un segreto che se una potenza del Consiglio fosse riuscita a ottenere una consistente forza militare di essi, gli equilibri di potere sarebbero potuti cambiare in modo imprevedibile.
Che le Ardat-Yakshi possedessero una qualche forma di resistenza al 19 era per lei un’assoluta novità. Ma passando tutta la loro vita in un monastero, non ne aveva mai incontrata o uccisa una prima.
Se aveva ragione, questa notizia era problematica. Ne avrebbe parlato a sua madre, era la scelta migliore.
« Su, adesso alzati. Non è successo niente. Terrò il tuo segreto. »
« Come potresti? Adesso, che sai che sono un mostro. »
La risata era di puro gusto, sincera « Un mostro che sta rannicchiato in ginocchio è ben poco temibile. In ogni caso, ricorda con chi stai parlando. » Disse chinandosi su di lei.
Il suo sorriso assunse un che di feroce.
« Asari o Ardat-Yakshi per me non c’è differenza. Il 19 mi rende un predatore di biotici, ne ho uccisi più di quelli che posso ricordare, di ogni razza. L’unica differenza che riconosco è quella tra prede e predatori, per me voi asari siete tutte prede, senza nessuna distinzione. Dovessi dare retta ai miei istinti, passerei giornate intere a uccidervi fermandomi solo per la stanchezza. Quindi non mi parlare di mostri, sono una di loro e ne ho visto ben peggiori ben inseriti nella nostra società. »
Moay aveva ascoltato impaurita quella sorta di auto-celebrazione, a ogni parola il terrore aumentava.
Trish si alzò, allontanandosi da lei. « In ogni caso come ha fatto una Ardat-Yakshi a finire qui? »
« La famiglia Thatora è talmente influente su Thessia che le normali leggi non si applicano a lei. I suoi membri sono tutti sostenitori della purezza della razza asari, siamo tutte delle purosangue. La famiglia è molto numerosa, ma i membri che si mostrano sono solo coloro che sono nati senza questa mutazione, un numero esiguo rispetto al totale. Due membri su tre che nascono sono Ardat-Yakshi, nascono in cliniche segrete e rimangono sotto stretta sorveglianza fino a quando la loro condizioni non è appurata. Se sono normali entrano a far parte della famiglia, se non lo sono entrano a far parte di un gruppo segreto di guerriere che agisce per il suo interesse. Io, essendo cieca, sono stata ritenuta inutile e mandata in questo istituto che da secoli i Thatora finanziano. Sarei potuta rimanere qui per sempre, sorvegliata, dedicandomi all’arte a condizione che nessuno scoprisse mai la mia vera natura. Se fosse successo sarei stata eliminata, il volere della famiglia è che nessun Thatora sia catturato da una Justicar. »
« Questo spiega molte cose, soprattutto le tre asari nascoste qui vicino che ci osservano? »
« Sono già qui? » Disse terrorizzata l’asari.
Trish annuì « Sono brave a nascondere la loro presenza, ma i miei nuclei di eezo stanno vibrando. »
Una folata di vento fece capire a Moay che qualcuno era entrato. Il rumore di diversi piedi che battevano sul pavimento tutti assieme, non riuscì a capire il numero dei nuovi venuti. Poi tutto svanì.
L’unica cosa che rimase ai suoi sensi fu Trish Weaver, era l’unica presenza che percepiva. Soffocante, enorme e pericolosa.
Le tre asari erano entrate usando uno spostamento di fase, di fatto i loro poteri le avevano teletrasportate in quella stanza, portavano dei vestiti neri, senza segni distintivi. Il volto era perfettamente celato. Ognuna aveva due coltelli con impugnatura.
Trish si mosse verso di loro, gesti precisi e sicuri, un ghigno in volto che le dava nel contempo un espressione beffarda e soddisfatta. Le fissava senza timore, il suo sguardo tradiva la sua eccitazione. Le pupille erano completamente dilatate. Due buchi neri senza fondo, circondati da un iride di un azzurro senza eguali. Anche se era scesa la sera, non era per lei un problema.
Gli altri sensi e il suo istinto sopperivano egregiamente alle mancanze della vista.
Il suo nemico si era preparato per uno scontro facile e veloce, non prevedevano resistenza.
Quello era un istituto scolastico, che problemi avrebbe potuto dare chi lo frequentava?
L’asari in testa e in mezzo attacco veloce, un pugnale per mano. Trish si limitò a un passo indietro, senza problemi evitò due attacchi in rapida successione, da direzioni differenti.
Per un attimo l’attaccante si trovò con le braccia incrociate.
“Esitazione, paure e credere che qualcosa non sia  possibile sono solo limitazioni che noi ci poniamo.” Su questo insegnamento Isabella insistette particolarmente, con ognuna di loro tre.
Trish scattò avanti, afferrò con forza le mani dell’avversaria immobilizzandola in quella scomoda posizione. Concentrò l’energia biotica su mascella e mandibola. Aprì la bocca, per chiuderla di scattò.
L’asari urlò di dolore cadendo all'indietro e a terra, parte della maschera e la guancia sinistra le erano stati strappati.
Trish sputò tutto a terra, mentre rivoli di sangue blu le imbrattavano bocca e mento. Era soddisfatta, da tempo non aveva occasione di uccidere qualcosa di decente.  
« Ardat-Yakshi, è la prima volta che ho l’occasione di ucciderne,. Neanche Isabella ha mai avuto questa possibilità.» Disse mostrando un sorrise deformato dalla sua eccitazione per la lotta.
L’avversaria ferita si era intanto rimessa in piedi, senza un lamento.
Quel dettaglio stupì Trish, erano preparate a resistere al dolore.
Attaccarono assieme, frontalmente e di lato. Potenziando la velocità dell’attacco con i propri poteri, eseguendo ognuna un breve salto biotico, l’impatto, anche se minimo, era sufficiente a buttare a terra qualsiasi individuo.
Il suono delle lame che si incrociavano risuonò nella stanza. Trish aveva parato l’attacco ai fianchi con i pugnali rubati, mentre la Ardat-Yakshi ferita che l’aveva attaccata frontalmente era piegata in due dopo un violento calcio allo stomaco.
Gli aggressori ebbero un attimo di esitazione, non erano preparate che qualcuno, ameno che non si trattasse di un krogan, potesse resistere a quell'attacco.
Trish non conosceva l’esitazione nei combattimenti, la sua azione non era ancora termina. Con un calcio aveva fermato l’attacco frontale, puntellandosi sulla gamba destra. Li aveva concentrato i suoi poteri, come nell'altra gamba, nelle braccia e mani.
Dopo aver colpito alla stomaco, non ritrasse la gamba, la piegò un attimo per alzarla di scatto verso l’alto. La calò con forza, il rumore dell’osso del collo che si rompeva preso tra il piedi dall'alto e il pavimento contro cui era stato schianto risuonò con forza.
I due restanti aggressori si ritirarono velocemente, sfondarono una finestra e rallentando la caduta con i propri poteri, scapparono. Non avevano abbastanza energia biotica, per  un altro spostamento di fase.
Trish, esaltata, le seguì. L’oscurità della sera aveva ormai invaso il parco dell’istituto.  Si inoltrò tra gli alberi, dove il buio era più fitto. Parendo dissolversi in mezzo alle tenebre.
 
Le due Ardat-Yakshi correvano verso l’uscita dell’istituto, silenziose e protette dall'oscurità.
La lama che perforò il cranio di una delle due, penetrandole in fronte, sbucò da dietro un albero, quella indenne ebbe la visione di Trish che cordialmente la salutava con la mano.
Decise di non fermarsi, l’operazione era stata un insuccesso totale, doveva riferirlo al più presto.
Avrebbe dovuto essere un compito semplice.
Sbucò in uno spazio vuoto, la recinzione era proprio davanti a lei, superarla non era un problema.
Sembrò che l’oscurità stessa prendesse forma, si solidificasse quando una mano emerse dal buio afferrandola alla nuca con tale forza da immobilizzarla.
Sentì come il fiato di una bestia feroce alle sue spalle, un’ansimare selvaggio prima di essere violentemente strattonata dentro le tenebre.
.
Trish emerse dagli alberi di buon umore, si era propria divertita. Si passò la lingua sulle labbra, queste erano sporche di blu. L’eezo dell’ultima Ardat-Yakshi era particolarmente puro, come quello di Moay, l’aveva divorato con piacere.
Era soddisfacente sentire i propri nuclei eccitarsi mentre reagivano a quell’eezo estraneo, fermo nel proprio stomaco.
Si fermò cercando qualcosa in tasca, con fastidio si accorse di non avere niente per pulirsi. Non poteva certo tornare da Moay in quello stato pietoso.
In più doveva far sparire i cadaveri, poteva fare in fretta ma francamente non ne aveva voglia. Si voltò verso il buio e gridò « Mi potete dare una mano? Dai, lo so che siete li, dovete sorvegliarmi. Scommetto che è stata Sly ad assumervi. Siete in dieci. »
Delle figure emersero apparentemente dal nulla, erano salarian, indossavano un’armatura tipica della loro specie, ed erano armati a dovere.
Uno di loro si fece avanti, il volto nascosto dal casco, quando le fu vicino trasse un fazzoletto da una tasca esterna e glielo porse dicendo « Prego. »
« Molte grazie. » Rispose Trish che si pulì la faccia e al termine « Come sto? »
« Pulita. »
« Voi di certo non fate parte di Divisione N, ma forse siete persino meglio. Il fatto di aver assunto degli esterni per proteggermi è abbastanza insolito. Mia madre lo sa? »
« Il nostro contratto è con il direttore Sly, non so dirle cosa che la signora Weaver sappia. Abbiamo il compito di proteggerla, il resto sono solo dettagli fin tanto che veniamo pagati. »
« Come posso chiamarla? »
«  Neg, va bene. »
Lei annuì « Neg, non è che mi dareste una mano? Solo per questa volta. »
Il salarian sospirò « Per questa volta, non ci piace pulire dove altri “sporcano”. »
« Mi dispiace molto! Le mie scuse! » Disse Trish chinando leggermene la testa, era dispiaciuta di dargli quel lavoro extra. Dopotutto non lavoravano per lei, se si fossero risentiti ne avrebbero avuto tutte le ragioni.
« Comunque ha fatto una sbaglio? »
« Quale? »
« Non siamo dieci, ma dodici. »
Lei incredula si mise a contarli, avendo conferma che erano effettivamente dodici. Questo la stupì profondamente, erano talmente bravi che erano riusciti a non farle capire il loro numero reale. Dei veri professionisti, degni del massimo rispetto. Si sentì ancora più in colpa per quel lavoro da becchini che gli aveva chiesto.
Poi quella cifra, il fatto che fossero salarian le fece ricordare qualcosa « Voi…non sarete “La lega degli eletti?” »
La Lega degli Eletti era uno dei servizi dell'intelligence salarian risalente al tempo in cui i salarian scoprirono la Cittadella. Duemila anni fa. Il loro addestramento primario verteva sulle attività di spionaggio e assassinio. Formata da non più di dodici elementi, la squadra era in grado di superare qualsiasi difesa eliminando tutti gli eventuali ostacoli.
Solo alcuni membri di spicco del governo e delle gerarchie militari Salarian conoscevano la loro identità. I membri della Lega non indossavano uniformi distintive e non avevano gradi. L'unica prova del loro ingresso nella Lega era un piccolo medaglione che veniva fornito a ogni nuova recluta. L'esistenza della Lega restò segreta fino alla formazione del Consiglio.
Nel tentativo di smentire insinuazioni sempre più preoccupanti e rassicurare il nuovo alleato asari, l'Unione Salarian rese pubblici tutti i documenti relativi alla Lega, decisione che mise in pericolo tutti i suoi ex-agenti. Ma prima che i nemici dei Salarian riuscissero a rintracciarli, i membri della squadra svanirono nel nulla. Molti pensarono che la loro presunta sparizione fu solo un espediente per mascherare le loro identità, se non fosse che alcuni mesi dopo l'intero stato maggiore dell'esercito venne assassinato.
Rendendosi conto della grave minaccia, la Squadra Operazioni Speciali inviò una squadra di cacciatori di taglie, che non fece mai ritorno. A quel punto vennero incaricati i migliori dieci agenti della SOS, con ampi poteri decisionali. Ne tornarono solo due, ma senza alcuna prova della distruzione della Lega.
Tuttavia si credeva che essa non fosse più operativa, ma il suo coinvolgimento nell’incidente al portale Caronte, quello che conduceva al sistema solare,  aveva dimostrato il contrario.
Inoltre alcuni documenti segreti avanzano l'ipotesi che la Lega avesse un tredicesimo membro, a totale insaputa dei vertici politici e militari dell'Unione. Il cui scopo era reclutare nuovi membri, quando veniva a mancare quelli attuali.
« Piacere. »
Trish era esultante, aveva davanti a se delle vere leggende viventi. La risposta del salarian gli ricordò che non si era ancora presentata, anche se sapevano chi era « Lasciate che mi presenti, Trish Weaver, lieta di fare la vostra conoscenza e del vostro aiuto. »
« Troppe cerimonie per dei mercenari. »
« Non credo, è importante trattare ben chi da prova di competenza. Grazie anche per non essere intervenuti. »
« Dalle nostre analisi, lei avrebbe vinto facilmente. Ammetto che quelle tre avevano quasi sorpreso anche noi. Avevamo pensato di intervenire, ma sembrava che lei si stesse divertendo e non le servisse aiuto. »
« Non lo nego, ancora grazie per tutto. Come potrei contattarvi? »
Quella domanda stupì il salarian « Perché dovrebbe farlo? Ci faremo noi avanti, se sarà il caso.»
« Perché un giorno vorrò assumervi. »
« Davvero, è per quale compito? »
« Per uccidere l’Ombra, prendere il controllo della sua rete informativa e diventare la signora di Noveria al posto di mia madre. »
Nonostante il volto celato, quelle parole sorpresero il salarian « Lei ha solo sedici anni e sta progettando di affrontare l’Ombra? Il più grande mercante d’informazioni della galassia, la cui identità è un assoluto mistero per tutti. L’Ombra è uno dei poteri nascosti, negli infiniti giochi di potere della politica. Non le sembra di correre troppo? »
« Tra cinque anni diventerò direttore al posto di Sly, fatto darò la caccia all’Ombra. Una volta fatto, mia madre dovrà cedermi il posto davanti a questo risultato. »
« Dalle nostre informazioni, credevo che le volesse bene? »
« Certo, è la mia mamma! »
« Non capisco? »
« Quando prenderò il suo posto, sarà perché ho fatto meglio di lei. Allora mi abbraccerà e dirà che è orgogliosa di me. »
« Umani, i vostri comportamenti affettivi sono aldilà della mia compressione. Cosa farebbe se io passassi queste informazioni all’Ombra?»
« Sarebbe indifferente, questo sarà il risultato che raggiungerò. »
La sicurezza con cui lo aveva detto avrebbe davvero convinto chiunque a crederci. Il salarian preferì cambiare discorso « Torni dalla sua amica, è priva di sensi grazie al nostro intervento ma sta bene. Domani mattina sarà come se niente di questo fosse successo. »
« Ancora una domanda, avete detto a Sly che ho trovato un lavoro? »
« Certo! »
Quella risposta la fece preoccupare « La mia mamma…? »
« Ignoro cosa il direttore abbia comunicato. »
Trish non sapeva se essere preoccupata o no da quella notizia, anche perché non sapeva davvero come avrebbe reagito sua madre.
Salutò e andò a prendere Moay, effettivamente svenuta ma stava bene. Ora però non sapeva bene che fare.
 
L’asari si svegliò, si sentiva intontita ma la piacevole sensazione che avvertì su tutto il corpo non lasciava dubbi. Era in letto. Solo allora si chiese come si fosse arrivata.
Si mosse appena, non sapendo dov’era per lei vi erano problemi ovunque.
« Sei in camera mia. » Si sentì dire.
« Trish? »
« Esatto. »
« Cosa è successo? »
« Quelle Ardat-Yakshi sono morte, ho fatto degli incontri interessanti, mi ha contattato un rappresentante della tua famiglia…»
« Cosa? »
« È stata una chiamata interessante, Sly mi ha aiutato a mediare, hanno accettato di versarmi 50 milioni di crediti senza batter ciglio. In cambio negherò che sia mai accaduto qualcosa, non vogliano entrare in conflitto con la Noveria Corps, ovviamente il tuo segreto sarà mantenuto. Io non dirò niente a mia madre, in compenso Sly inventerà una motivazione valida su come sia a conoscenza che le Ardat-Yakshi possano avere una sorta di resistenza al 19. Questa è una notizia che di sicuro mia madre vorrà sapere. Tranquilla, tu non sarai citata.»
Moay era ammutolita « 50 milioni? » La cifra l’allibiva.
« Non fare quella faccia, lo hai detto tu stessa: i Thatora sono molto influenti. Quella cifra per loro deve essere stata insignificante, da come hanno pagato senza problemi. »
« Ma perché dei soldi? Sei una Weaver…»
« Quelli sono soldi della compagnia, di mia madre. Voglio avere successo con i miei mezzi. »
« Cosa vorresti farci? »
« Ho già fatto, li ho dati tutti in anticipo a dei mercenari che stimo. »
Moay era ancora più sorpresa, pensava veramente di parlare con una pazza. La sentì salire sul letto, mettersi sulle sue gambe
« Quelle tre che hanno mandato per ucciderti, spero non fossero il meglio che hanno? »
« Hanno molto di meglio, Ardat-Yakshi con centinaia di anni alle spalle. Anni in cui hanno assorbito decine di menti. »
« Bene, sarà divertente. » Dicendo questo alzò lo sguardo su una spada appesa al muro, era una magnifica spada. Era un dono che Isabella aveva fatto a ciascuno di loro, finora non l’aveva mai usata. Una spada superba come quella richiedeva qualcosa di degno da uccidere. Per adesso non aveva ancora deciso il suo vero nome, ogni vera spada ne aveva uno, ebbe un intuizione. L’avrebbe chiamata Yakshi, vento notturno in lingua asari, visto che le sue prima vittime sarebbero state Ardat-Yakshi le sembrava appropriato.
« Come puoi dirlo? Cosa pensi di fare? » Chiese Moay.
« Tra cinque anni prenderò il posto di Sly, serviranno fondi, molti di più di cinquanta milioni. Ucciderò tutti i membri dei Thatora, tranne te. Quindi legalmente erediterai tutto, a quel punto passerai ogni cosa a me e io alla Noveria Corps. In cambio lavorerai per me, sarai una dipendente della Noveria Corps, potrai andare ovunque andrai protetta dalla compagnia. Non dovrai limitarti a una ridicola scuola, ti fornirò un vitalizio, in cambio della fortuna che mi passerai. Sarai libera. »
« Perché una persona così importante ti appoggia? Dovrà avere un tornaconto. »
« Sly è la più vecchia salarian in vita, non crede neanche lei che le rimanga molto. Ma è anche uno dei quattro direttori più importanti della Noveria Corps, gli altri sono: Cristina Balestrieri sulla Terra, Osim Sikobio su Palaven e Myr Vatis su Thessia. Ognuno di loro è più vicino ad altri a poter sostituire mia madre, un nuovo direttore su Sur’kesh non avrebbe la possibilità contro loro tre. Ma con una Weaver come direttore sarebbe tutto diverso. Sarà il suo ultimo dispetto, l’ultimo scherzo che farà ai suoi rivali. Per questo mi sta già istruendo. L’unico problema è se dovesse morire prima. »
« Quindi, tutto questo piano nasce dal caso che il tuo desiderio e quello di Sly di prendersi un‘ultima rivincita contro i suoi rivali coincidono. La famiglia Thatora, l’idea del suo sterminio, tutto questo per caso. Non è tutto un po’ stupido, a cominciare dalle motivazioni. »
« La stupidità è la cosa più diffusa nell’universo, niente di strano. Mi limito a sfruttare le occasioni che mi capitano.»
Lei aveva ascoltato tutto quanto estasiata, la prospettiva era incredibile « Come sai che non ti tradirò in qualche modo? »
« Perché non hai scelta, questa sarà una lotta tra un predatore, la sottoscritta, e prede, qualsiasi altro ruolo in questa storia. Hai solo queste scelte: prede o predatore? Cosa preferisci? »
« Ucciderai i miei genitori? »
« È inevitabile. » Ci fu un attimo di silenzio, Moay era assorta nei suoi pensieri.
« Bene. » Dichiarò l’asari.
Trish si chinò su di lei, baciandole il collo.
« Cosa stai facendo? »
« Quelle uccisioni mi hanno eccitata ma non soddisfatta del tutto. » Le passo un dito sulle labbra « Hai un eezo magnifico, mi viene voglia di divorarlo. »
« È un modo per dire che hai voglia di fare sesso. »
Trish sbatté un paio di volte le palpebre, quasi sorpresa da quell'affermazione. Sorrise « Significa anche quello. »
Moay allungò prima le mani trovando la faccia, scese sul collo e infine gli strinse il seno con forza, Trish sibilò di piacere.  « Sono un Ardat-Yakshi. »
« Per me sei solo un asari. »
« Se ti dovessi uccidere? »
« La colpa sarebbe solo mia, dare la colpa a qualcuno se una persona muore è ridicolo. Chi muore può accusare solo la propria debolezza, il resto sono solo scuse. Il sesso e l’età sono solo scuse della nostra società. Il debole morirà sempre, il grande sbaglio della società civile è stato interferire con la selezione naturale. »
Una spinta e Trish cadde sul lato del letto, vedeva Moay rivestita di un bagliore blu. « Allora voglio essere un predatore. » La bacio con foga, un bagliore rivestì Trish e quello di Moay scomparve, quando si staccarono anche lei tornò a brillare.
« Ti avverto, puttanella umana, questa è la mia prima volta. Se non ti piace è un tuo problema, tu mi hai messo in questa situazione a te il compito di soddisfarmi. »
Trish sorrise davanti a quel temperamento « Anch'io sono vergine, ammetto di non sapere bene dove mettere le mani. Ma sono curiosa. »
Tornarono a baciarsi.
 
Il mattino dopo tutto era normale all'istituto, nessun segno di lotta e la finestra era come nuova. Trish ammirava tutto quello meravigliata. Di sicuro la Lega degli eletti valeva tutti i 50 milioni che aveva versato.
Stavano percorrendo il corridoio tenendosi per mano, cosa che imbarazzava solo Moay, quando incrociarono Valenia, già di prima mattina aveva la solita espressione seria.
Quando le vide, le fissò un attimo « Congratulazioni, credo. »
« Grazie. » Rispose Trish, mentre Moay non osava proferire parola.


*****


Neg e altri undici salarian fissavano i cinquanta milioni di crediti riportati sul creditometro davanti a loro, li avevano ricevuti da Trish con l’indicazione che era solo un anticipo.
Sorrise, solo una pazza avrebbe lasciato una simile cifra per un lavoro futuro a dei mercenari.
« Ragazzi, il nostro futuro capo sembra proprio una tipa interessante. »
Gli altri annuirono.

*****


La vita in istituto aveva per tutti ripreso il suo normale corso, dopo una nove giorni venne il momento delle valutazioni.
Dasha Weaver, capelli di un nero intenso a caschetto che le arrivavano fino alle guance e aveva gli occhi dello stesso colore, era seduta all’esterno della classe, si sentiva stranamente agiata, era abituata a trattare con capi di stato e politici, quella situazione era del tutto nuova per lei.
Si chiese se l’abito che aveva scelto andasse bene, ponendosi anche altri piccoli dubbi. Lei d’altronde non era mai andata a scuola, l’unica istruzione che aveva avuto era stata quella fornitale dal programma nemesis che dei sostenitori di Cerberus le avevano messo in testa.
« Complimenti per la somiglianza. » Disse un uomo che si sedette accanto a lei, per l’occasione aveva lasciato fuori anche la sua scorta. Le era sembrato brutto presentarsi scortata.
« Grazie, ma a chi dovrei assomigliare? »
« A quella Dasha Weaver. »
« Ah! Le assomiglio molto? » Chiese divertita.
« Più o meno. Lei per conto di chi viene? »
« Mi scusi ma non la capisco. »
« Quasi nessuno di quelli che vede qui oggi sono i genitori di questi studenti, sono tutte persone troppo importanti. Così mandano noi, “i galoppini” a fare le loro veci.»
« In questo caso, io vengo per mia figlia. Evidentemente non sono così importante se ho trovato il tempo. »
L’uomo rise « Forse, ma si rassereni, grazie a questo sua figlia potrebbe non diventare uno dei tanti stronzi figli di papà che tocca a noi accudire.»
Una porta si aprì « Trish Weaver! Gli accompagnatori di Trish Weaver possono entrare. » Annunciò un salarian. Lei si alzò, lasciando l’uomo perplesso a rimuginare su cosa aveva sentito.
 
Sei professori seduti da una parte, dall’altra Dasha con Trish che le sedeva accanto. La figlia era già dentro alla classe con gli altri studenti.
« Dunque…» Esordì uno dei professori.
Mezz’ora dopo uscivano, Dasha Weaver si sentiva soddisfatta. I risultati di sua figlia erano appena sopra la sufficienza ma considerando il passato difficoltoso della ragazza era comprensibile.
In ogni caso i voti erano tutti in salita, nessuna insufficienza.
Aveva il massimo in educazione fisica, ma quello era scontato.
Trish invece era leggermente abbattuta, sua madre sarebbe dovuta ripartire fin da subito. Aveva sperato di poter passare almeno un giorno al completo e non solo qualche ora.
Furono lo stesso momenti piacevoli, Dasha era soddisfatta perché sua figlia sembrava contenta.
L’aveva mandata in quella scuola su richiesta dei salarian, era in pratica un ostaggio politico. Lei aveva intenzione di andare in una scuola sulla Terra, vicino a quella militare frequentata da sua sorella Alexya.
Trish aveva accettato senza problemi vista la situazione, era interessata alla Terra solo per via di sua sorella.
Ma sarebbe bastato un suo lamento e Dasha Weaver l’avrebbe trascinata via da li mandando al diavolo qualsiasi accordo con i salarian. Per questo vederla contenta la faceva felice e sentiva di meno i sensi di colpa.
Erano sedute al tavolino di un bar, una discreta scorta attorno a loro, quando la madre chiese « Cos’è che non mi stai dicendo? Non saprò leggere il linguaggio del corpo, ma sono abituata a trattare e ti conosco. »
« Non ti arrabbierai? »
« Dipende… »
Dasha Weaver aveva un terribile mal di testa « Così hai trovato un lavoro…» Disse sfregandosi le tempie « Trish la tua sicurezza…»
« Ma sono al sicuro! So badare a me. Non mi sono ficcata nemmeno nella metà dei guai in cui finisce Diana. Questo non mi sembra nemmeno un guaio. Posso continuare? »
« Vedremo… è davvero tutto? »
« No, ma riguarda la mia sfera privata. Non ti mentirò se vuoi sapere, ma preferirei davvero non raccontarti niente. »
Dasha si fece seria, i cambiamenti di quelle ragazze da quando si erano liberate del controllo esercitato dal programma phantom su di loro erano incredibili.
« Delle tre sei sempre stata quella più moderata, mi fiderò del tuo giudizio. Gestisci questi affari privati come vuoi, però ricorda: una chiamata e corro. »


*****


Atlantic Codex si alzò in volo, portando Dasha Weaver alla sua prossima destinazione. Lei non badò alla partenza, intenta a fissare una foto che le aveva regalato sua figlia.
Questa ritraeva Trish con indosso la sua divisa da lavoro, non riusciva a smettere di fissarla pensando a quanto la ragazza fosse carina in quella divisa.
Riguardo a quello che lei non le aveva detto, aveva chiesto a Sly.
La vecchia salarian sembrava una morta a cui qualcuno avesse messo una pipa accesa in bocca. Aveva quasi cinquant'anni che per un salarian era un record, era la più vecchia salarian in vita.
Quando fosse morta nessuno si sarebbe sorpreso. Invece il presunto cadavere tirò due soffiate.
« Non sono qui a fare la badante, la ragazza ha risolto egregiamente i suoi guai da sola. Se fosse stato importante ti avrei avvisata, se non l’ho fatto non era una cosa importante. Vuoi occupare il poco tempo che mi rimane da vivere in questioni inutili? »
Dasha dovette trattenersi dal tirale un pugno, era così ogni volta che l’incontrava. Se solo non fosse stata terribilmente utile… guardò la foto.
« Ho davvero una splendida figlia. » Disse sorridente.

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Capitolo 4
*** Diana Weaver ***


Era una bella mattinata di un giorno d’estate su Thessia, la notte prima aveva piovuto rinfrescando piacevolmente la città di Armali.
Il pianeta aveva caratteristiche abbastanza simili alla Terra, si differenziava per un anno più breve di una durata di nove mesi terrestri e per un giorno che durava ventisette ore.
Era inoltre la patria delle asari, si trattava di una razza mono-sesso capace di accoppiarsi con qualsiasi altre specie ma di dare alla luce sempre un asari.
Loro e gli umani erano le sole razze con cinque dita per mano, al posto dei capelli le asari possedevano delle creste rigide cutanee di cartilagine semi-flessibili.
La loro carnagione va dal blu al viola, più rara quella color verde acqua, ma soprattutto erano l’unica razza biotica naturale attualmente conosciuta.
Thessia era incredibilmente ricco di eezo o elemento zero, indispensabile per viaggiare nello spazio. La presenza di questo minerale nell’ambiente era talmente alta che era stato assimilato dalla flora e dalla fauna locale.
Tracce di eezo si potevano ritrovare nel cibo e nella carne, inoltre anche gli animali avevano dimostrato di possedere poteri biotici, molto meno sviluppati, come le asari.
La biotica era la capacità per alcune forme di vita di usare l’energia oscura dell’universo utilizzando i noduli di elemento zero o eezo incorporati nei tessuti del corpo. Poteri acquisiti o aumentati tramite l’utilizzo di amplificatori biotici.
I biotici potevano colpire i nemici sulla distanza, sollevarli in aria,  generare vortici gravitazionali e molto altro. Per questo erano fortemente ricercati da tutti gli eserciti. L’unica razza di biotici naturali conosciuta era quella delle asari, che non necessita di amplificatori o altro sebbene utilizzati per migliorare le prestazioni.
La concentrazione di eezo nel cibo era di norma troppo bassa per essere un problema per individui adulti di altre razze, ma non era consigliato farlo consumare a bambini e non andava assunto da femmine di altre razze in cinta.
I nuclei di eezo si formavano durante la gravidanza, se il feto veniva a contatto con questo elemento poteva portare a mutazioni o morte.
Tuttavia c’era a chi il gusto dell’eezo piaceva, quasi fosse una spezia. In fin dei conti un biotico di qualsiasi razza non correva nessun rischio, ad assumere delle microscopiche quantità di eezo in più.
Una persona particolarmente ghiotta di quel sapore, era la giovane umana che stava correndo per piacere e per tenersi in forma. La sua persona sembrava incarnare il concetto stesso di giovinezza e spensieratezza.
Indossava un capellino bianco con visiera in testa, questo copriva  in parte una folta e lunga chioma di capelli biondi come l’oro. Anche se probabilmente, sarebbe stato il prezioso minerale a perdere in un confronto su chi luccicava di più alla vista del sole.
Il viso era un concentrato di armoniosità, ogni parte esaltava l’altra e il risultato complessivo era una bellezza più unica che rara. Tutto perfettamente proporzionato e come doveva essere.
Gli occhi erano di un azzurro limpidissimo, chi li osservava aveva difficoltà a fare paragoni perché un azzurro come quello solitamente non lo si vedeva.
In volto, un espressione allegra e soddisfatta. Di qualcuno che si stava godendo la giornata appena iniziata.
Il corpo era tonico, più che adatto al viso e ad una ragazza di diciassette anni ma osservando bene si vedeva che c’era anche altro. Appena sotto la pelle s’intravedevano le linee dei muscoli, non era solo un corpo giovane ma uno perfettamente allenato.
Un risultato che si raggiungeva solo con un allenamento costante.
Indossava una tuta da ginnastica a due pezzi: un top bianco nella parte superiore e dei pantaloncini corti del medesimo colore.
« Forza! Forza! » Gridò all’asari dietro di lei che la seguiva con passo decisamente meno sicuro, se quello da solo non fosse bastato il fiato corto e spezzato indicava chiaramente che era al limite.
Però non era un asari qualsiasi, indosso aveva la divisa delle forze dell’ordine di quartiere.
Il suo compito era vigilare tra quelle vie che adesso la vedevano senza fiato, china in avanti con le mani sulle ginocchia. Grondando sudore.
Era stato un incarico facile, in uno dei quartieri migliori della città, mai un’emergenza. Il massimo del lavoro per lei era stato fare multe e riportare a casa ragazzini che si divertivano a usare in modo improprio i poteri biotici, violando il codice di comportamento.
Tutto era cambiato un anno fa, quando era arrivata Diana Weaver, per lei era l’esagerazione e la sfrontatezza messe assieme e incarnate in un unico essere.
Aveva perso il conto di tutte le volte che l’aveva inseguita, proprio come faceva adesso, per uso improprio dei poteri biotici. Se non si faceva attenzione ad usarli, si rischiava facilmente di fare male a se stessi e ad altri senza volerlo.
Qualsiasi ostacolo architettonico sembrava essere messo li solo per divertirla: scavalcava muri, correva in equilibrio su di essi, si arrampicava sulle case e saltava sui tetti.
Dannata biotica umana”pensò ormai senza fiato, che poi Diana riusciva a fare alcune di quelle cose senza il minimo uso dei poteri, dimostrando di essere veramente più allenata della norma.
Certamente è più in forma di me. Questo lavoro mi ha impigrita. Troppi dolci mentre sto seduta nel mio gabbiotto. “
« Tutto bene, Saez? » Sentendo la domanda e il proprio nome l’asari si rialzò eretta, quella pausa le aveva fatto bene. Non pensava neanche di rimettersi a correre, ma almeno adesso poteva avere un aspetto leggermente più dignitoso.
Chi le aveva posto il quesito era più avanti di lei di una decina di metri, correva sul posto e non sembrava per niente stanca.
«Diana ! Tu…seguimi…sei in arresto! » Disse, mettendo ampie pause per respirare in mezzo alla frase.
« Esagerata! Per una corsetta! »
« Hai turbato la quiete pubblica! La matriarca Mytis ti ha visto entrare nella sua proprietà per rubarle la biancheria. »
« Primo: non mi interessa la biancheria di una vecchia asari. Secondo: era solo una scorciatoia, ho saltato il muro della sua proprietà per fare prima. Non lo sapevo che lei sarebbe stata proprio dietro al muro che ho saltato, a stendere il bucato. Le ho anche chiesto scusa! »
« Tu… adesso vieni con me. » Borbottò Saez.
« C’è una cosa che non capisco. » Affermò Diana, aveva smesso di correre sul posto incominciando a camminare all’indietro. Alle sue spalle, la strada si divideva in un incrocio a T.
« Sai dove abito, perché mi insegui ogni volta? Portami la multa a casa.»
A quella frase gli occhi di Saez sembrarono uscire dalle orbite « Sono un agente della sicurezza! Intervengo quando vedo un crimine! Non porto multe a domicilio! “ Scusi il disturbo signor criminale, le ho portato la sua multa di oggi” ! Che stai facendo…? » Domandò dubbiosa osservando l’umana che si era seduta  sul guardavia che limitava il lato della strada che dava sul nulla.
Lei la stava salutando agitando una mano « Quando torno ti porto qualcosa, voglio mantenere i miei tempi di percorrenza. » Detto questo e senza lasciarle il tempo di rispondere, Diana si lasciò cadere all’indietro, oltre la barriera di protezione, mentre sotto di lei la strada distava a una trentina di metri.
Saez non ebbe la forza di dire niente, lo stupore fu troppo. Rimase immobile, a bocca aperta a fissare lei che scompariva dietro il bordo del precipizio facendole l’occhiolino.

La sensazione della velocità e il vento tra i capelli erano qualcosa che Diana amava, tanto da farla sorridere mentre vedeva la strada sottostante farsi sempre più vicina.
Si ricordò di tenere il capellino con una mano, per non perderlo.
A cinque metri un‘aurea blu l’avvolse, rallentandone la caduta al punto di farle toccare dolcemente il suolo sottostante.
Riprese a correre, voltandosi un’ultima volta verso Saez che ferma al guardavia le gridava qualcosa che a causa della distanza non capiva. La salutò inviandole un bacio con due dita.

Due ore dopo Diana era sulla via del ritorno, entrò in una gelateria di cui era cliente abituale. Una simpatica commessa di nome Alis le porse il suo solito pacchetto « Ecco qua, due ghiaccioli all’edasi, come sempre segnati sul tuo conto. Ne ho aggiunto un terzo, omaggio della casa. »
« Grazie! » Disse lei, che si sporse in avanti sorprendendo Alis e baciandola su una guancia.
L’asari rimase imbambolata mentre Diana, senza neanche voltarsi indietro, era uscita riprendendo a correre.
Sarebbe riuscita a consumare quei ghiaccioli prima che si sciogliessero? Era una sfida che a volte vinceva e altre volte no.
Anche quelli, come qualsiasi altra cosa su Thessia, contenevano eezo. Prese il primo e se lo mise in bocca staccandone di netto un pezzo, provando un doppio brivido di piacere. Uno per il freddo e l’altro per l’eezo.
Un biotico normale avrebbe solo notato questo minerale che per il sapore, Diana invece lo avvertiva quanto tale. I suoi nuclei reagivano ad esso, questo stimolava alcuni recettori del cervello dandole un effetto di piacere paragonabile a quello che qualsiasi umano avrebbe provato per della cioccolata.
Ma questi erano concentrazioni molto basse, più questa aumentava più lo stimolo di piacere cresceva andando a costituire anche un impulso sessuale.
D’altronde, Diana non era un biotico normale né la sua esistenza lo era. Era una dei soli quattro, tutte donne umane, biotici ad eezo 19.
Era uno dei tre cloni di quello che al tempo era l’unico biotico a eezo 19: Isabella, all’anagrafe galattica Isabella Noveria.
Erano state progettate in laboratorio e fate crescere in provetta, costruite per essere usate come armi contro Isabella e provate di ogni libertà da un programma di indottrinamento che nel contempo le aveva addestrate a combattere come phantom.
Unità specializzate nell’uso di poteri biotici, nell’infiltrazione e assassinio.
Isabella, le aveva battute tutte e tre ma risparmiandole anche la vita e prendendole con se. La prima cosa che fece fu dare ad ognuna un nome: Alexya, Trish e Diana.
Stando con lei, avevano conosciuta un’altra donna: Dasha Weaver, attualmente la donna più ricca della galassia e dell’ultimo decennio. Sposa di Isabella, presidente della Noveria Corps e loro madre adottiva. Da lei avevano preso il cognome Weaver.
Come dire che a Diana bastava scioccare le dita per ottenere tutto quello che voleva, ma ne lei o le sorelle avevano mai abusato di questo.
Come Isabella, la cosa che per anni avevano desiderato al di sopra di tutto era combattere e uccidere. Perché loro amavano uccidere e se anche non sembrava, ognuna di loro aveva alle spalle più cadaveri di quanto chiunque potesse immaginare.
Ma le tre ragazze, grazie all’intervento del fato, si erano liberate del controllo del programma di indottrinamento che le spingeva a uccidere e ognuna aveva preso strade diverse.
Questo però non cambiava la loro natura: combattere, provocare terrore nell’avversario, distruggerne sicurezza e infine uccidere a loro piaceva.
Semplicemente, ora, questi desideri non erano più condizionati sebbene sempre presenti.
Diana, era giunta su Thessia dopo un accordo tra la famosa Aria T’Loak, la regina pirata asari che governava quel centro di traffici criminali che era Omega, e sua madre Dasha.
La decisione non le era stata imposta in nessun modo, lei aveva ascoltato di nascosto e aveva deciso da sola di accettare. Le sue sorelle avevano già deciso cosa fare nella vita, lei no.
Era quindi giunta come ostaggio su Thessia, accolta in una casa dall’aspetto signorile e antico dove incontrò la sua precettrice e che in passato lo era stata per Aria: Niran Jado.
Era un asari con più di ottocento anni sulle spalle. La sua epidermide era di color verde acqua, in volto non portava nessun tipo di disegno. Era anziana, quelle cose andavano bene per i giovani. Lei non sarebbe sembrata più bella usandoli. Queste erano le sue ragioni.
Negli ultimi cinquecento anni aveva svolto sempre lo stesso lavoro, quello di tutrice. Era stata lei a educare una giovane Aria T’Loak.
Per poi rimanere in quella casa di proprietà della famiglia della sua allieva, di cui ne divenne la custode.
Indipendentemente da chi fosse Diana Weaver, Niran sentiva su di sé il compito di educarla.
Prima problema era un’umana, vivevano circa un secolo. Il suo programma di studio era pensato per un asari, con una vita media di mille anni il tempo non mancava. Ridusse il suo programma di studio all’osso. Pensando però che ai giovani di tutte le razze, piacevano le stesse cose iniziò con qualcosa che anche a Diana piacesse.
La prima lezione durò due ore, aveva come argomento l’uso delle armi da fuoco. Tutte le asari da giovani si lanciavano in avventure pericolose, saper usare le armi in maniera adeguata era fondamentale. Anche Niran ci era passata, come mostravano le ventidue medaglie per atti di valore in diverse imprese militari.
A queste lezioni se ne affiancavano altre più classiche come storia, geografica, danza ecc… il tutto accompagnato da numerose uscite. Se si trattava di un luogo storico lo andavano a visitare, optando eventualmente per qualche museo.
Niran si accorse fin da subito che Diana era un’allieva straordinaria, finché rimaneva interessata non c’era cosa che non riuscisse ad apprendere. Decisione e carattere non le mancavano, era un po’ carente di pazienza ma presto avrebbe dovuto insegnarle anche quella.
« Ciao Saez! » Urlò Diana, facendo capolino nel minuscolo edificio costituito da una sola stanza e sede di una pattuglia locale di un solo agente della sicurezza.
« Diana ! Sai quanto è pericoloso quello che hai fatto stamattina? » Disse gridando mentre si alzava da un tavolo, unico mobile insieme a due sedie, dove stava svolgendo lavoro d’ufficio.
« Ti ho portato un ghiacciolo! »
Nilan la guardò un attimo senza sapere cosa rispondere «Chi se ne importa del ghiacciolo? Cos’è un tentativo di corruzione? »
« No, è un ghiacciolo. Sono stata anche brava, sono tornata indietro prima che si sciogliesse! »
L’asari lanciò un urlo esasperata « Basta! Vai a casa e non uscirne più! Così forse avrò il resto della giornata tranquilla! »
« Credo che non ti faccia bene urlare così tanto. Secondo me accumuli troppo stress con questo lavoro. »
« Fuori! Prendi anche questo datapad, visto che ci sei! »
La ragazza uscì praticamente spintonata, per niente abbattuta dalla vicenda diede un morso al ghiacciolo che aveva in mano e guardò il piccolo congegno palmare che aveva nell’altra.
« 300 crediti di multa! » Esclamò esterrefatta, si sentì meno sicura di prima all’idea di come avrebbe spiegato quella multa.
Va bene essere miliardari, ma sua madre si arrabbiava come chiunque altro per queste cose.
Ritornò alla villa dove alloggiava, mise da parte la faccenda della multa. Quel giorno aveva qualcosa d’importante da discutere.
La casa era come sempre in perfetto ordine, trovò l’anziana tutrice asari nella biblioteca intenta a tenersi aggiornata, come sempre, su un qualche argomento.
Lei la salutò affettuosamente, le sedette davanti dicendo « Ho bisogno dei tuoi consigli. »
« Sono qui per istruirti Diana, in che modo posso esserti utile oltre le normali lezioni? »
« Vorrei parlare di sesso. »
Niran si fece seria ma la richiesta non sembrò turbarla minimamente « A soli diciassette anni, a volte appartenere a una razza che vive mille anni rende difficile capire la percezione del tempo di altri con una vita più breve. Vivendo solo cento anni, inevitabilmente per voi umane questo momento arriva prima. Ho istruito le alunne che ti hanno preceduta anche su questo momento, perché fossero preparate anche a quel momento. Il sesso, in fondo, è una materia di studio come un’altra. Trovo che nella società ci sia trappa reticenza a parlarne. »
Diana annuì vigorosamente a quell’ultima affermazione « Sono pienamente d’accordo. »
«Però…» - aggiunse Niran « Non sono sicura che una vecchia asari sia adatta a spiegare il sesso umano a un'umana. La vostra specie si è unita alla comunità galattica quando ero già vecchia e non avevo più interesse sull’argomento. Ho studiato la vostra biologia, ma quello che saprei dirti io potrebbe dirtelo qualunque libro. »
A quelle parole la ragazza si rabbuiò « Io volevo qualche consiglio pratico, mia madre mi ha già spiegato quelle cose e ho letto su extranet quello che c’era. Desideravo consigli pratici su come rendere stupenda la prima volta. »
« Capisco, posso sapere il motivo di questo interesse? »
« Certo, ho chiamato il mio ragazzo. Dovrebbe arrivare col primo permesso disponibile, essendo un militare non può fare diversamente. Ho deciso che è un esperienza che voglio provare, mi sono stancata di aspettare. Presso tutte i popoli, sembra che il sesso sia un'esperienza grandiosa. »
« Ritengo, sulla base si esperienze passate, sia molto importante anche quello che vuole il partner. Questo è un tratto in comune che hanno tutti i popoli delle galassie. Ti sei informata su cosa lui desideri?»
Diana dovette pensarci un attimo prima di rispondere « Non saprei, l’ho chiamato per invitarlo e gli ho detto che avremmo avuto un rapporto sessuale completo quando fosse arrivato. Dopo la conversazione si è fatta un po’ strana…sembrava teso, ma non credo ne avesse il motivo. »
Niran  le dedicò una lunga occhiata prima di rispondere « Credo che la tua sicurezza, questo vale anche per le tue sorelle, spesso possa essere scambiata per aggressività. Normalmente gli individui sono più indecisi, e quando qualcuno con un carattere più forte si fa avanti può scatenare reazioni non volute. La signora Weaver, non ti ha ma dato nessun consiglio di tipo sessuale?»
La ragazza fece una smorfia « Io ci ho provato, in passato, ma non è mai andata molto bene…»

TENTETIVO 1- Appartamenti privati di Dasha Weaver, mattina presto.
Diana « Mamma, che ne pensi del sesso orale? »
Dasha sputò il caffelatte che stava bevendo, la domanda glielo aveva fatto andare per traverso. 

TENTATIVO 2- Appartamenti privati di Dasha Weaver, sera.
Diana « Mamma, hai mai usato lubrificanti vaginali?»
Dasha si ricordò che aveva del lavoro da fare, corse in ufficio.

TENTATIVO 3 –
Diana « Mamma? Mamma!... C’è nessuno? »
Dasha era in infermeria a cercare di far passare una crisi d’ansia che le domande di sua figlia le avevano procurato. Si era macchiata di tanti crimini, ma davvero non riusciva ad accettare che una delle sue figlie, probabilmente anche le altre due, potessero già avere certi impulsi. Quell’idea l’aveva tenuta sveglia tutta la notte.

« I genitori spesso hanno problemi a parlare di queste cose con i figli, è un altro tratto in comune che ho notato tra le culture che hanno il concetto di famiglia. Penserò a qualche consiglio da darti, adesso però è ora di proseguire con le lezioni come da programma. »
Ufficialmente Diana era iscritta alla prestigiosa università di Armali, ma un deprecabile atto di razzismo contro di lei, da parte delle altre studentesse asari, le aveva fatto preferire di studiare a casa. Non che la ragazza non se la fosse cavata.
Era accaduto durante una prestigiosa festa dell’istituto, ma grazie all’aiuto di amici e famigliari lei era stata fantastica nello spettacolo che avevano improvvisato.
Aveva dominato.
Lezioni di quella mattina comprendevano: una di politica galattica, geografia spaziale e tiro al bersaglio con la pistola.
A queste seguì il pranzo e l’inevitabile riposo.
Nel pomeriggio Diana uscì per andare al tempio Justicar, per seguire lezioni sull’uso dei poteri biotici.
Normalmente era impossibile che un esterno seguisse le lezioni del rispettato ordine delle asari combattenti. Ma come sempre, la ragazza aveva messo in moto una serie di eventi totalmente imprevisti. 

La visita al tempio inizialmente le fu vietata, ma prima che lei lo sapesse la risposta fu cambiata in un assenso. Sua madre era intervenuta.
Tutti avevano bisogno di andare, anche le Justicar per i loro tempi e monasteri.
Diana era molto interessata alle tecniche di combattimento delle asari, non solo perché erano le biotiche più potenti ma anche per il loro passato.
Tutti i biotici nella galassia avevano eezo normale, ormai si sapeva cosa poteva o non poteva fare. Ma il 19? Si sapeva ancora molto poco.
Secondo le tradizioni asari, lo stato emotivo influenzava molto lo sviluppo dei poteri e su questo lei era pienamente d’accordo. Lo aveva visto di persona.
Isabella era il più potente biotico della galassia, il primo di livello sei. Lei usava i suoi poteri in combinazione con un fortissimo istinto da combattimento.
Tra le tante cose che era stata per lei e le sorelle, era anche stata la loro prima maestra nell’uso dei poteri. La cosa più importante che le aveva insegnato, qualcosa su cui aveva sempre insistito, era quella di non porsi limiti. Di non credere che qualcosa fosse impossibile.
I poteri biotici avevano i limiti che la mente imponeva, ma se questa non aveva limiti a loro volta essi non ne avrebbero avuti. Per questo dovevano liberarsi di qualsiasi preconcetto della civiltà.
Isabella era stata molto vicino a essere pazza. Il suo passato da cavia per un’organizzazione terroristica xenofoba umana, che le aveva impianto il programma phantom e l’aveva tratta come un’arma per anni, non aveva aiutato la formazione di una mente sana.
Anche Dasha era stata prigioniera della medesima organizzazione, quando vennero liberate da soldati dell’Alleanza fu l’inizio della loro avventura assieme.
Alla fine Isabella era riuscita a sviluppare appieno i suoi poteri, “stadio rosso” veniva chiamato quello sviluppo per via del cambiamento dell’aurea biotica che dal blu virava al rosso.
Non solo si aveva un aumento drastico dei poteri, ma anche di quello che si percepiva. Se coscientemente il cervello umana percepiva meno del 10% delle informazioni provenienti dall’ambiente, il rosso sovreccitava ogni neurone e questa percentuale aumentava di molto.
Solo sua sorella Alexya era stata la sola in grado di raggiungerlo per il momento, quando le chiese cosa provasse lei disse « È come vedere la realtà andare al rallentatore. »
Un fattore essenziale per raggiungerlo era l’assenza di ogni dubbio, vivere in uno stato di assoluta certezza.
Anche i suoi poteri e quelli di Trish si erano sviluppati, quando l’eezo dei loro nuclei era stato pienamente convertito nel 19. Era servito quasi un ventennio, perché il processo si completasse del tutto.
Da quando era successo i suoi poteri erano aumentati di molto, emanava una sorta di scariche di energia biotica da spalle e braccia che stava imparando a usare a suo vantaggio.
Era un effetto visivo bella a vedersi, ma Isabella era stata chiara. Quelle scariche erano dovute ad un controllo insufficiente dei suoi poteri, quando fossero sparite lei avrebbe avuto la padronanza completa di essi.
Riteneva che i suoi dubbi derivassero dal fatto che non aveva ancora deciso cosa fare nella vita. Non c’era nessun lavoro che l’attirasse veramente, le piaceva solo viaggiare e la sensazione di libertà che questo dava.
Era anche vero che Trish, nonostante avesse già deciso che avrebbe lavorato nella Noveria Corps, era nella sua stessa situazione.
Per trovare delle risposte andò a visitare il tempio.
Diana provò a consultare dei testi trovati al suo interno, non ci capì niente. Tutti scritti sotto forma di prosa e poesie, non erano di facile lettura.
Senza rendersene conto, finì per disturbare delle allieve justicar.
Diana era orgogliosa, le Justicar anche.
Pochi minuti dopo Diana era in un'arena, non era venuta per quello ma l’idea la divertiva e la consolava che almeno non avrebbe sprecato del tutto quel tempo.
Erano dentro a una sala da combattimento, nel tempio. Il ring era un rettangolo in pietra, circondato da in pavimento in legno dove una cinquanta  di allieve Justicar la osservavano.
Isabella era riuscita a vincere un combattimento contro centoquarantanove biotici, lei non avrebbe voluto essere da meno, a gran voce disse « Tutte e cinquanta, avanti! Vediamo se riuscite a farmi sudare! » Pronunciò quella frase nel modo più provocatorio che poteva.
Sorridendo compiaciuta all’aspettativa di quella lotta impari.
« Che succede? » Chiese una voce molto autoritaria, quando una porta si aprì e le asari si fecero da parte per farne passare un’altra al cui passaggio chinavano la testa e chiamavano maestra.
La domanda non ebbe risposta, le allieve non parlavano. La maestra si guardò un attimo in giro e fissò Diana.
« Credo di aver capito la situazione. » e stupendo la ragazza disse « Diana Weaver, ti posso essere utile? »
« Sai chi sono? » Disse lei sorpresa.
« Se ti ho riconosciuto, hai già la tua risposta. Come mai se in questo tempio? »
« Fatti miei, ma non ho trovato quello che cercavo. Adesso speravo in una bella lotta, per rifarmi del tempo perso ma sei arrivata tu. »
Quel tono privo di qualunque formalità fece borbottare le allieve, ma l’asari che avevano chiamato maestra le zittì alzando una mano.
« In questo caso sono arrivata al momento giusto, impedendo che le mie allieve si facessero male inutilmente. »
La ragazza la fissò stranamente, ma l’asari rimase tranquilla e impassibile sotto quello sguardo intenso.
« Sei una veterana, una guerriera esperta. Puoi anche cercare di nascondere la tua natura, ma il linguaggio del tuo corpo non può mentire. Sei molto al di sopra della media. » Affermò Diana sorridendo, l’idea di combatterla la eccitava.
Ma non si faceva illusione, se sapeva chi era avrebbe rifiutato. Un biotico normale perdeva sempre contro uno col 19.
« Prima di qualunque decisione, gradirei sapere perché sei qui? » Ribadì l’asari.
Lei si grattò un attimo la nuca prima di rispondere, non aveva una gran voglia di condividere quell’argomento col primo che capitava « Era qui per cercare qualche informazioni o consiglio, su come migliorare il controllo dei miei  poteri. »
L’asari mostrò un espressione di lieve sorpresa « Capisco, ti affronterò io ma alle mie regole. Secondo un antico esercizio per il controllo dei poteri che si pratica in questo tempio. »
« Eehh… » Si lamentò Diana, voleva un combattimento vero.
Loro due erano in piedi ai lati opposti dell’arena, in mezzo ad essa erano state posizionate delle pietre.
L’asari prese la parola « È tutto molto semplice, non ci possiamo muovere dalla nostra posizione. Neanche abbassarci per schivare, sia per attaccare o difenderci possiamo solo usare i poteri biotici. Tutto è valido purché sia fatto usando solo i poteri biotici. »
Diana aveva ascoltato interessata e divertita, era la prima volta che si sentiva di un esercizio come quello. Aveva capito al volo come funzionava, la psicocinesi era una delle abilità basilari dei poteri biotici. Niente di straordinario, si raccoglieva energia biotica attorno a un corpo e lo si faceva muovere.
« Se siamo pronte…mi servo per prima! » Disse trionfante senza aspettare un qualche segnale d’inizio.
Quattro pietre schizzarono contro l’asari. Questa diede quella che in gergo veniva chiamata una “sbuffata”, ovvero rilasciò i propri poteri tutto attorno a se senza nessun controllo.
Le quattro pietre caddero inerti in un tonfo a terra, senza arrecare nessun danno.
Diana inizialmente fu sconcertata. L’asari non aveva fatto assolutamente niente, continuando semplicemente a emanare energia biotica attorno a se.
Dopo un attimo di riflessione, capì cosa fosse successo. L'energia del 19 annullava l'energia prodotta dall'eezo normale, in un rapporto di 1:1. Ma i colpi biotici del 19, essendo molto più carichi di energia, dopo un parziale indebolimento per la perdita di energia riuscivano a colpire il bersaglio. Ma l'energia attorno alle pietre, era molto inferiore a quella che l'asari aveva raccolto attorno a se.
Divertita pensò che quello non sarebbe stato un problema per un biotico normale.
Stavolta la ragazza si aiutò con un ampio movimento delle braccia, per esercitare un controllo migliore. Altre pietre fluttuarono in aria dal mucchio, si disposero appena davanti a Diana, un movimento rapido con le braccia e queste schizzarono contro l’avversaria.
Perché le pietre, lanciate a quella folle velocità, avrebbero proseguire per semplice inerzia. Sorrise maligna e compiaciuta.
Nuovamente, il potere che avvolgeva le pietre scomparve ma queste proseguirono. Rimbalzarono inutilmente contro lo scuso biotico eretto dall’asari.
« Mi avevo riferito che eravate dotate di grande inventiva, quando si trattava di combattimenti. Credo che la conoscenza che abbiamo in comune, abbia esagerato le vostre lodi. »
Quelle parole sorpresero Diana, non aveva idea di quale conoscenza in comune potessero mai avere « Chi… »
« Non ti distrarre! » Gridò l’asari. Era passata improvvisamente all’attacco, ma l’onda d’urto che lanciò non era attacco contro Diana ma era diretta al mucchi di pietre, che colpite volarono in aria tutte assieme e totalmente a casaccio contro di lei.
La ragazza era allibita, si era salvata solo grazie a uno scudo biotico che aveva alzato in fretta e in malo modo. Il 19 aveva anche dei difetti, una cupola o scudo biotico non erano i poteri biotici da usare con esso. Era possibile usarli, ma con più fatica rispetto al normale.
Il loro stile era altamente offensivo, questo si rispecchiava nel modo in cui si manifestavano i poteri. Tale regola era ancora più evidente col 19, che in misura ancora maggiore risentiva delle condizioni mentali del suo portatore.
« Quello per te è uno scudo? Hai bisogno di lezioni! » Una pietra si librò in aria, colpendo violentemente Diana allo stomaco. Il suo scudo era stato infranto senza problemi.
« È impossibile. » Mormorò china, dolorante e senza fiato. Lei era un 19! Non esisteva che potesse essere in svantaggio contro un normale.
« Basta così! » Dichiarò l’asari.
« No! » Gridò la ragazza furiosa. Una presenza minacciosa invase la stanza, era opprimente al punto da togliere il fiato, un reale senso di pericolo si era diffuso tra le allieve.
Molte corsero via spaventate, altri ebbero agitazione accompagnata da palpitazioni. Tutte si allontanarono di diversi metri.
Solo la loro maestra rimase impassibile, apparentemente. Ricorrendo a tecniche di concentrazione asari controllava i propri istinti, anche nella sua testa una vocina le urlava di scappare da quella ragazza.
Diana la fissava, leggermente china in avanti per il dolore, i suoi occhi erano due punture di spillo. Era concentrata in maniera assoluta solo su di lei, piccole scariche bluastre apparvero su spalle e braccia.
La maglia che indossava venne strappata, rivelando un top argenteo, un autentico fulmine percorse la sala. L’asari aveva l’avambraccio sinistro ustionato. Sorrise.
Quell’attacco era stato un autentico e piccolo fulmine di energia biotica a cariche invertite o energia bianca, troppo concentrata perché il semplice trucchetto che aveva usato per disperdere l’energia degli attacchi di prima potesse funzionare.
« Direi che ho vinto. » Disse a un tratto Diana.
Per tutta risposta, la sua avversaria mosse il braccio sano. Una pietra vicino a Diana cominciò a fluttuare quando una piccola scarica dal corpo di Diana la colpì.
La pietra ricadde immobile, mentre la ragazza non parve essersi accorta di niente.
« Oh, per così poco. Mi avevano detto che voi col 19 avevate una grande indole combattiva, evidentemente si sono sbagliati. » Affermò l’asari seria ma con tono che aveva una sfumatura ironica che alla ragazza non sfuggì. « Posso dire di essere delusa, non ho visto niente di spettacolare. » Disse mentendo.
Forse Diana se ne sarebbe accorta, se furiosa non avesse attaccato in maniera irresponsabile. Caricare un fulmine le richiedeva qualche istante, un istante prima che lo lanciasse tutte le pietre attorno a lei volteggiavano in aria avvolte da energia biotica.
Non ebbe tempo di urlare, di mutare espressione o altro sebbene il suo cervello sapesse perfettamente cosa stava per accadere.
L’asari aveva capito due cose fondamentali: il fulmine biotico colpiva in base alla differenza di energia come un autentico fulmine, la ragazza non ne aveva il completo controllo.
Fece librare le pietre in aria, usandole come parafulmini.
Il fulmine si scaricò con forza, praticamente a ridosso di Diana, che non poteva difendersi dai suoi stessi poteri. Cadde al suolo priva di sensi.

Il dolore la costrinse a svegliarsi, aprì gli occhi scorgendo un magnifico giardino pieno di piante a basso fusto. Il tramonto con la sua intensa luce viola, dava al luogo un tocco surreale pieno di calma.
Il rumore di chi sorseggiava qualcosa provenne da dietro di lei, alzò gli occhi per guardare indietro. Vide la sua avversaria, inginocchiata, intenta a bere qualcosa mentre fissava il panorama del giardino davanti a se.
Lentamente, lei si mise a sedere.
«Perdonami. » Disse l’asari « Sono stava avventata, hai corso il rischio di farti male. »
Diana la guardò sottecchi, per poi ridere a bocca di gusto. Non poté andare avanti tanto, ogni risata le causava una piccola fitta di dolore.
Si osservò un attimo, vide che era stata medica in più punti. « Avrei diverse cose da chiederti, prima fra tutte quando vuoi terminare il nostro incontro? »
« Ti interessa questo, fra tutto? »
« Ovvio un incontro deve terminare sempre con un vincitore e uno sconfitto, il pareggio non è qualcosa che mi hanno insegnato ad accettare. »
« Avevo l’impressione che foste pessime perdenti. »
« Perdenti? » Diana sorrise allegra « Si perde quando si muore, finché sono viva posso vincere. Se non la pensassi così, sarei una delle tante “prede” che vivono in questa galassia. Adesso mi vuoi dire chi sei e quale conoscenza abbiamo in comune?»
« Direi l’intera famiglia Shepard, so che sei in buoni rapporti in particolare con Steve. »
Adesso Diana era veramente confusa, come faceva a esserci un collegamento con lui.
« Riguardo a me, sono la justicar Samara … » Non finì la frase che la ragazza lanciò un urlo per la sorpresa, rimanendo a bocca aperta e con gli occhi spalancati.
Per quanto fosse una coincidenza impossibile, aveva davanti a se la justicar Samara, una delle leggende della Normandy SR2, uno dei compagni del grande eroe della galassia John Shepard.
Nulla di strano che conoscesse i suoi figli.
Improvvisamente si ricordò anche dell'avvertimento che le aveva dato sua madre « Non affrontate nessuno della Normandy SR2 o 3. Porterebbe guai, su questa sono seria, non provate a disubbidirmi! »
Se la mamma lo scopre, mi fa il culo a strisce. Non è colpa mia, non sapevo chi stavo affrontando.”  Penso sconsolata, per una volta veramente preoccupata delle conseguenze di un suo gesto.
Poi le balenò in mente l’idea che ormai doveva essersi fatto tardi « Grazie dello scontro, tornerò per finirlo, adesso devo… »
« Tu, non ti muovi di qui! » Annunciò pacatamente l’asari, spiazzando la ragazza.
Samara mosse una mano, i suoi poteri fecero scorrere una porta rilevando una stanza attigua.
Due asari, una di fronte all’altra, erano sedute a un tavolino sorseggiando qualcosa.
« Deliziosa questa tisana di forxiga. » Dichiarò Niran.
« Si sente che è fresca, sono state usate foglie appena colte dalle piante che adornano il tempio. » Asserì Irixa.
« Voi due! Che ci fate qui? » Esclamò Diana, stupefatta di vedere la sua tutrice e il capo della sicurezza del direttore Myr.
« Sembra che tu ti senta meglio, ne sono felice. » Disse la prima.
« Ehilà “principessa”, ci siamo fatte male questa volta. » Affermò la seconda, chiamandola col nome in codice con cui Divisione N si riferiva alle tre ragazze.
« Le ho chiamate io. » - spiegò Samara - « Era inutile farle preoccupare, vista la situazione ho detto che avresti riposato al tempio fino a domani. Loro due si sono volute fermare. »
Irixa si alzò, avvicinandosi a Diana « Prin-ci-pes-sa lo sa che mi ha dato parecchio lavoro extra? Su ordine del direttore mi sono precipitata qui con una squadra medica al completo e due d’assalto, eravamo pronte ad attaccare il tempio. Invece arrivo e scopro una ragazzina che si è fatta male da sola. Ho mandato tutti a casa e sono rimasta solo io »
Orgogliosamente Diana fece una smorfia e voltò la testa da un’altra parte, come se quello che avesse detto non le interessasse.
« Chissà se il presidente Weaver, gradirà sapere che sua figlia ha interferito con i normali compiti dei suoi dipendenti. »
Per Diana fu una doccia fredda, altra cosa su cui la loro madre le aveva avvertite più volte. “Non interferite con il lavoro degli impiegati della compagnia, non lavorano per voi e non sono ai vostri ordini.”
« Aspetta! Parliamone…» Disse lei, ma questa volta fu Irixa a voltarsi facendo finta di non ascoltarla. Sorrise divertita, non aveva certo intenzione di fare rapporto per quella stupidaggine. Ogni tanto, però era bello vedere Diana Weaver preoccupata.
« Vorrei discutere di alcune cose. » Affermò Samara, richiamando l’attenzione di tutti.
« La ragazza ha enormi poteri e talento… » A quelle parole lei si gonfiò come un pallone « ma è ben lontana da averne il pieno controllo. È stato abbastanza facile capire quali fossero i suoi punti deboli, allo stato attuale è facile che faccia male a se stessa e ad altri che le siano vicini. » Disse terminando il discorso, facendo sparire tutta la vanagloria della ragazza che adesso sembrava arrabbiata.
« Vuoi dire che sarei debole? » Quella domanda fu pronunciata carica di tensione.
« No, sei più forte di me e di chiunque in questo tempio. Se ti affrontassi in un combattimento, dove sei libera di agire come sai fare non avrei possibilità di vincere. Ma quando ti impegni, perdi il controllo di una parte dei tuoi poteri. Questa è una debolezza enorme. Cosa sei venuta a cercare in questo tempio? »
Un filo luminoso fluttuava in aria dal dorso di una delle mani di Irixa, fuoriuscendo da una piccola apertura, con i bordi in metallo, sui guanti militari.
Mosso dal potere dell’asari, era di un materiale superconduttore dove l’energia biotica scorreva ad altissima concentrazione.
L’allegria era scomparsa da Irixa « Justicar, ti prego di non insistere. Quello che vuoi sapere è classificato come materiale riservato della compagnia. »
« Va bene Irixa, risponderò. » Affermò Diana.
« Serve l’autorizzazione di sua madre, per ogni cosa che riguarda le sue figlie. »
« Io sono d’accordo, sono pur sempre una Weaver, si tratta di me e decido io. Se ho sbagliato, mia madre dovrà solo venire a dirmelo in faccia. » Dichiarò sicura, ma senza alcuna traccia di arroganza.
« Non… » L’asari non finì la frase, Diana la fissava fredda e decisa. C’era qualcosa di animalesco e primitivo in quello sguardo. Irixa, abbassò il capo e i fili si riavvolsero.
A volte, era facile dimenticare la natura nascosta di quelle ragazze.
Diana si inginocchiò mettendosi alla stessa altezza di Samara, per poterla guardare bene in faccia.
« Sia io che le mie sorelle, abbiamo una grande sensibilità verso l’eezo e l’energia biotica che ci è data dal 19. Quando i nostri poteri sono giunti a completo sviluppo, ovvero tutto il nostro eezo era stato mutato da quello normale al 19, questa sensibilità è ancora aumentata. Non ti parlerò delle mie sorelle, sarebbe sconveniente parlare dei poteri altrui. Secondo alcune scuole di pensiero asari, la condizione mentale influisce sui poteri biotici molto di più di quello che si crede. I nostri poteri si sono manifestati in ognuna di noi in modo diverso, penso che il motivo di questo sia di ricercare in questa teoria. Sono venuta qui per cercare qualche informazione al riguardo, e per scoprire qualcosa su una strana abilità che pare appartenere solo a me. » Gli occhi di Diana brillavano appena, la sua iride era di un blu elettrico « Vedo le correnti di energia biotica al loro stato naturale, normalmente dovrebbe essere impossibile. L’energia oscura dovrebbe diventare visibile solo quando il biotico la concentra, richiamandola con i suoi nuclei di eezo. Invece io, in questo momento, vedo l’energia biotica muoversi tutta attorno a noi nel suo stato naturale. Vedo quella che circonda il tuo corpo, quello che viene richiamata da un biotico, posso vedere i nuclei di eezo dentro al tuo corpo justicar. So che su Thessia anche alcuni animali hanno un abilità analoga, anche altrove non mancano esempi di occhi capaci di vedere l’invisibile. Tuttavia, da nessuna parte ho trovato una qualche indicazione su un potere simile e su come svilupparlo. Neanche Isabella ha saputo consigliarmi, mi ha solo ribadito il solito concetto di non avere dubbi e di lasciare che il mio potere si sviluppi su questa base. »
« Ho già letto di qualcosa di simile. » Dichiaro Samara stupendo tutti.
« Dove? » Chiese gioiosa Diana, il suo volto era a dir poco entusiasta e tutta la serietà di prima era sparita.
« Nel mito della Regina delle ossa. »
Irixa sbuffò ironica « Per la dea! È una storia per bambini!»
La ragazza non ci aveva capito molto e rivolse uno sguardo a Niran, fino adesso in silenzio non essendoci niente che richiedesse i suoi servizi.
La tutrice come sempre soddisfò la curiosità della sua allieva « La Regina delle Ossa è un personaggio della mitologia asari, seconda la tradizione risale a un epoca veramente antica della nostra storia. Non ci sono riferimenti scritti di quell'epoca ma solo successivi, quando il sapere cominciò a essere trasmesso solo per via orale. A differenza di quello che pensa Irixa, non è una storia adatta ai bambini. Quelle attuali sono frutto di riadattamenti, anche se tutte le asari da piccole si sono sentite dire almeno una volta “ Fai la brava o la Regina delle Ossa ti verrà a prendere.”. La storia originale è un dramma, parla di una delle epoche più buie delle asari e di infiniti orrori. È qualcosa a cui non farei mai avvicinare un bambino. Non ricordo però di aver letto di un'abilità simile, nonostante le diverse versione che ho avuto il piacere di consultare. »
« Le justicar hanno in custodia diversi testi di quel periodo, non accessibili al pubblico. » Affermò Samara, che fece sorgere un dubbio a Diana.
« Perché l’ordine delle justicar è interessata a un personaggio della mitologia asari? » Chiese la ragazza.
Ma fu Irixa a risponderle « Presto detto, anche questo fa parte delle storie raccontate ai bambini, per tutte le asari la Regina delle Ossa fu la prima ardat-yakshi e coloro che ci salvarono da lei furono le prime Justicar. Insomma, senza la Regina delle Ossa non sarebbe esistito nessun ordine delle Justicar. »
Niran a questo punto si sentì in dovere di puntualizzare, data la superficialità della spiegazione « Se così fosse stato le justicar non sarebbero arrivate fino a noi. La tradizione vera, non quella dell’industria ludica, vuole che la Regina delle Ossa avesse moltissime figlie che alla sua morte si sparsero ovunque nascondendosi. Le justicar si assunsero il compito di trovarle e ucciderle, perché esse erano considerate un pericolo per tutte le asari essendo anche loro ardat-yakshi. Nonostante tutti i loro sforzi, però non le rintracciarono mai tutte e quelle che fuggirono ebbero figlie che a loro volta ne ebbero altre mescolandosi alle normali asari. Questa fu l’origine delle ardat-yakshi, secondo la nostro cultura. »
« Proprio per questo è tutto falso! » - affermò Irixa -« Le ardat yakshi non possono avere figlie, quindi è impossibile che si siano riprodotte. È solo una condizione data da un difetto genetico, non c’è niente di sopranaturale o mitologico. Semplicemente alle justicar, piace vantarsi delle loro tradizioni. »
Samara rimase impassibile a quell’affermazione « In ogni caso questo non risolve il problema. È troppo pericoloso lasciare che Diana usi i suoi poteri senza averne il pieno controllo. Non sarà la soluzione perfetta, ma ti offro di diventare un‘allieva di questo tempio. »
Irixa e Niran non credettero alle loro orecchie, era qualcosa di totalmente inaudito anche solo per il fatto che Diana era un’aliena. L’ordine non era assolutamente aperto ad altre razze.
« Calma, calma, non ho nessuna intenzione di diventare una justicar. Non sopporto le regole, figuriamoci quelle di un ordine monastico ultra severo. No,no,no! » Rispose la ragazza scuotendo la testa.
« Non ti allenerai come Justicar, semplicemente frequenterai questo tempio sotto la mia responsabilità e supervisione. »
Niran era davvero colpito da quella proposta, avere un simile personaggio che si offriva come maestra per l’uso dei poteri era un autentico onore.
Irixa era pensierosa e preoccupata all’idea di come avrebbe fatto a spiegare tutto quello al direttore, del lavoro extra che quello avrebbe potuto comportarle.
Diana, dubbiosa, chiese « Dove sta la fregatura? »
Per la prima volta vide su Samara un accenno di sorriso « Semplicemente dovrai ubbidirmi, impegnandoti a frequentare questo tempio per cinque anni. Non si può avere il controllo di un potere come il tuo, dall’oggi al domani. In più, come pegno che rispetterai questa promessa, mi dovrai consegnare una spada a cui so che sei particolarmente legata sapendo che la perderai se dovessi venir meno a questo patto. Me ne ha parlato Steve, per questo so di quanto tu ne sia legata. »
Steve, ma statene zitto!” Pensò infastidita la ragazza. Quella spada era davvero importante per lei, ognuna di loro tre ne aveva ricevuta una da Isabella. Nella loro forgiatura, Isabella aveva sacrificato i suoi capelli. Secondo una tradizione dei fabbri giapponesi, i capelli di donna sapevano rendere una spada indistruttibile. Che fosse vero o no non aveva importanza, erano spade magnifiche che lei a aveva consegnato a ciascuna di loro quando i loro poteri erano stati pienamente risvegliati. Un segno della loro maturità.
« Grazie dell’ospitalità, un giorno tornerò per finire il nostro incontro. » Disse la ragazza alzandosi e rivolgendosi a Irixa « Voglio andare a casa. »
« Certo principessa. »
Il giorno dopo Diana si presentò direttamente nelle stanze di Samara, evitando ogni procedura e poggiando la spada su un ripiano che ritenne adatto. Quindi si voltò verso l’asari, era seduta a leggere quando lei era entrata e non si era minimamente mossa, « Adesso? »
« Ti siedi e aspetti. »
Lei lo fece ma chiese « Aspetto…cosa? »
« Semplicemente aspetti. La pazienza è qualcosa che devi acquisire, un tratto su cui penso ci sarà molto da lavorare. »
Diana, seppur imbronciata si sedette. Scoprì che restare fermi era complicato, dannatamente.
Da allora era passato un anno, la sua era diventata una presenza abituale al tempio ed era leggermente invidiata dalle altre allieve per avere un rapporto quasi paritario con la loro maestra.
Non mostrava la minima esitazione con lei, non la trattava in maniera ossequiosa ma non le mancava neanche di rispetto. Senza mancare di dirle come la pensava, se qualche idea non le piaceva.
Come predetto da Samara, fin da subito fu superiore a qualsiasi discepola. Imparava istantaneamente qualsiasi nuova tecnica di combattimento. Tralasciando i vantaggi che le dava il 19, in un combattimento senza poteri biotici teneva testa alle justicar più esperte e alla stessa Samara.
Con più difficoltà quelle legate alla meditazione e all’auto controllo, le lezioni teoriche di filosofia e simili la annoiavano. Fortunatamente era esentata dall’imparare a memoria il codice dell’ordine. 
Però la sera di quel giorno, a un anno esatto da quando frequentava il tempio, mentre erano sole nella camera di lei le chiese, tremendamente seria « Perché fai questo? Ho ucciso parecchia gente, nel farlo mi sono anche divertita. Secondo il tuo prezioso codice, sarei qualcuno da uccidere. »
« Ero presente alla guerra di Omega. » Affermò Samara. Quella frase scioccò Diana.
Quell’evento aveva segnato la sua vita e quella delle sue sorelle. Fu allora che l’asari estremista che le aveva create le usò per combattere Isabella, per far si che Aria e Dasha si scontrassero uccidendosi a vicenda. Ma non poteva dire di avere dei veri ricordi di quella situazione, lei e le sue sorelle erano totalmente prive di volontà. Sotto il completo controllo del programma phantom che le costringeva a ubbidire.
La domanda che la ragazza non aveva ancora formulato, era ben visibile sul suo volto. Non fu necessario formularla, perché l’asari rispondesse « Anche Isabella era stata catturata e posta sotto il controllo di Mythra, sono stata io a liberarla unendomi alla sua mente. Lo stesso l’ho fatto con voi, mi dispiace di non essere riuscita a liberarvi totalmente. In quelle occasioni vidi immagini, ricordi delle vostre vite. Provai tristezza per quello che una del mio popolo vi aveva fatto, decisi che meritavate una possibilità. So che avete ucciso e molto, alcune volte è stato indispensabile. Adesso però siete libere, qualsiasi vostra azione e le sue conseguenze sarà solo vostra e non più imputabile all’indottrinamento. Voglio sapere che non ho fatto la scelta sbagliata, ma sappi Diana: se alla fine voi tre vi rilevaste dei mostri vi abbatterei senza esitazione, nonostante i piacevoli momenti che condividiamo. »
Diana sorrise sincera « Mi sta bene… lo dico anche a nome delle mie sorelle, grazie di averci liberato anche solo in parte. »
Alzò lo sguardo verso il cielo serale che si vedeva dal lato aperto della camera che dava sul giardino, le prime stelle stavano comparendo e osservandole disse « É da un po' che ci penso, vorrei diventare un personaggio come la Regina delle Ossa. »
« Vorresti diventare come lei? » Chiese Samara allarmata.
« Non come lei in senso stretto, diventare un personaggio da leggenda. Qualcuno le cui gesta sono raccontate da tutti, in cui onore hanno chiamato stelle e costellazioni. Voglio che la galassia intera, guardando quel punto dica “Quella è Diana Weaver!”. Essere la stella più splendete del firmamento celeste. »
« Un progetto ambizioso, hai qualche idea da dove iniziare? » Chiese Samara.
« Assolutamente nessuna! Questo però è il bello, un'avventura totalmente sconosciuta, qualcosa che nessuno ha mai osato prima. Come l'iniziativa Andromeda, mollare tutto per raggiungere una galassia sconosciuta lontana seicento anni. »
Euforica corse in giardino e gridò al cielo « Stelle e costellazioni con i grandi nomi di eroi! Io sono Diana Weaver, un giorno metteranno il mio nome fra di voi. La mia sarà la stella più splendete e invidiata, quel giorno mi cederete il vostro spazio per farmi posto. » Disse euforica e seria, mentre chiunque a sentirla avrebbe riso a quell'idea infantile.
Ma Samara, dietro di lei, non rideva ma anzi aveva ascoltato con attenzione e la fissava seria mentre lei guardava le stelle quasi a sfidarle.
Quando la ragazza si voltò verso di lei, per una frazione di secondo, le sembrò che le sue iridi fossero diventare rosse ma quando le si avvicinò vide che erano normali.
Non disse niente, pensando di essersi sbagliata.
Diana si sentiva veramente bene, mai si era sentita più sicura e decisa di se ora che aveva un obiettivo. Il suo omnitool si illuminò, segnalando una chiamata in arrivo che accettò quando vide che era di sua madre. 
« Ciao Mamma! »
« 300 crediti di multa? Voglio una spiegazione, signorina. » Pretese Dasha. 
Diana sussultò a quella richiesta, si era completamente dimenticata della multa. 
 « Ti posso spiegare...credo...ti ho già detto che ti voglio bene? »
Il tentativo di addolcimento non ebbe successo, a capo chino dovette ascoltare tutti i rimproveri che sua madre ebbe da fargli. 

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Capitolo 5
*** L'imperatrice Alexya Weaver ***


La spada, in mano alla ragazza, volteggiava nell'aria con la massima grazia possibile. Erano mosse di base, eseguite un'infinità di volte e destinate a ripetersi altrettante volte .
Stoccata, parata, affondo, raddoppio, finta e molte altre si susseguivano a una velocità impressionate, un risultato dall'esperienza di anni di esercizi.
Lei non si sarebbe mai accontentata di niente di meno della perfezione. Aveva le doti di una professionista a soli 17 anni, avrebbe potuto partecipare a qualsiasi grande evento sportivo di scherma ma non lo aveva mai fatto.
Non le interessavano, si allenava per un suo obiettivo personale da raggiungere che non aveva bisogno di condividere.
Un ultimo guizzo della spada e con un movimento fluido la rinfoderò. Fece respiri profondi e lenti, mentre sentiva il battito del cuore che lentamente diminuiva tornando alla sua frequenza normale.
Afferrò un asciugamano li vicino, passandoselo sul collo e poi in testa, tra i corti capelli biondi, asciugandosi dal sudore.
La porta della palestra si aprì « Alexya! La colazione, la stanno servendo. » La chiamò una ragazza dall'aspetto minuto, filiforme, aveva capelli marroni col medesimo taglio corto.
« Arrivo, Taiga! » Rispose la bionda.
Le differenze fra loro non potevano essere più accentuate. Alexya era una bella ragazza con un fisico scultoreo, occhi di un azzurro incredibile e capelli di un biondo più luminoso dell'oro.
Taiga aveva la sua stessa età, però non superava i 148 cm, il suo seno non era prosperoso come quello dell'amica. Per prenderla in giro, più volte si era sentita dire che la sua misura era una retromarcia.
Non che questo l'avesse scoraggiata in qualche modo, la ragazza aveva un carattere forte e non le mancava il coraggio. Si accomodarono in sala mensa, come sempre attiravano diverse occhiate degli altri cadetti della scuola militare Alfonse Larke.
Era situata nel Costa Rica, nella sua capitale San José, la nazione vantava una vasta e lussureggiante giungla tropicale spesso usata per esercitazione dagli allievi. Questa ricopriva il più del 30% del suo territorio nazionale ed era considerata patrimonio nazionale e dell'umanità. Sebbene lo stato non avesse un esercito dal 1983, aveva lo stesso aderito all'Alleanza e i suoi cittadini potevano arruolarsi in essa.
Per un maggior contato con la popolazione, quest'ultima, negli ultimi anni aveva anche costruito una serie di scuole, licei e accademie militari sovranazionali a cui far iscrivere i giovani che volessero avere giusto un accenno di disciplina militare.
La Alfonse Larke, rientrava appunto in questo vasto piano che aveva nell'accademia per ufficiali superiori Hackett la sua punta di diamante. La scuola era dedicata a un ufficiale dell'Alleanza che nella guerra contro i Razziatori aveva contribuito a salvare innumerevoli vite, guidando la fuga della popolazione nella foresta.
Alexya Weaver, in cerca di uno scopo nella vita, aveva deciso di frequentarla una volta saputo che era stata frequentata anche da Olivia Williams Shepard. Una delle poche persone verso cui nutrisse un'ammirazione anche solo vicina a quella che aveva per Dasha Weaver, sua madre adottiva, e Isabella.
Una volta libera di pensare, con la mente non più influenzata dal programmata di indottrinamento phantom, era rimasta affascinata dall'infinità di opinione contrastanti che esistevano nell'universo.
Due verità opposte potevano coesistere ed essere vere allo stesso tempo.
Le decisioni che lei aveva preso erano sempre state fatte con assoluta certezza, l'incertezza non l'aveva mai toccata. Però si rendeva conto che la sua poteva essere una visione limitata, non sbagliata solo ristretta.
Per questo aveva optato per una scuola militare. Un militare doveva avere un'etica e un codice di comportamento sia in pace che in tempi di guerra, ma la verità era che in azione si combatteva per non morire dimenticandosi di ogni moralità.
L'istinto di sopravvivenza diventava dominante, per non morire si facevano cose che non si sarebbero mai fatte. Così nascevano gli eroi per una fazione, feroci assassini per i nemici.
Due figure opposte che convivevano in un individuo. Un dualismo che la affascinava. Anche per motivi privati, per lei sua madre era un esempio da seguire ma in passato era stata una criminale e per difendere gli interessi della multiplanetaria Noveria Corps, da lei fondata e gestita, aveva infranto leggi senza nessuna remora. Un'eroina per lei, una criminale arricchita per chi conosceva il suo passato. Chi aveva ragione?
Aveva deciso che doveva fare autentiche esperienze di vita, per trovare una risposta a questo quesito etico. Sapendo che qualunque risposta avesse trovato sarebbe stata solo per se stessa. Le verità assolute non esistevano.
Tra le due ragazze lei era stata la prima a frequentare l'istituto, attirando per varie ragione l'attenzione di tutti. Non solo per la sua bellezza mozzafiato e figlia adottiva della ricchissima e potentissima Dasha Weaver.
Ancora tutti avevano ben in mente l'intervista che lei e le sue sorelle, Diana e Trish, avevano tenuto di loro iniziativa al termine della guerra contro i grigi. Era stata una sua idea iniziale.
Una fuga di notizie, mai del tutto chiarita, avevano svelato all'opinione pubblica che loro erano cloni di quella che il pubblico conosceva come Isabella Noveria. Rivelando che erano un nuovo tipo di biotici, dotati dell'isotopo 19 dell'eezo.
Mentre tutti cercavano di per nascondere la verità, loro tre, all'insaputa di tutti, organizzarono un'intervista.
Dei loro omicidi dissero solo che li avevano commessi quando erano sotto il controllo dell’asari estremista che le aveva create. Da li in poi avevano smesso, dopo essere state liberate da Dasha, Isabella e da altre persone che definivano i loro amici.
Spiegarono che erano state indottrinate da neonate, non avevano mai avuto o esercitato il libero arbitrio, il programma phantom le obbligava a ubbidire qualsiasi ordine della loro creatrice.
Un'ammissione parziale: dopo che erano state liberate una parte dell’indottrinamento era stato rimosso, come Isabella avevano difficoltà a comunicare o a creare legami, essendo in una situazione simile a lei che da anni aveva un programma phantom solo parziale installato in testa.
Ma seguendo la donna avevano continuando ad uccidere in diverse occasione, in particolare in combattimenti biotici all'ultimo sangue. Senza nessun movente, se non il mero divertimento.
La verità era che a loro uccidere piaceva, lo facevano senza alcun rimorso e l'unica differenza era che adesso i loro istinti gusti non erano più influenzati dall'indottrinamento.
Sebbene ancora attivo, era presente solo a livello subconscio non più in grado di esercitare lo stesso controllo di prima.
Inizialmente a scuola andò tutto bene, Alexya si dimostrava un'alunna modello, seria e diligente ma poi cominciarono i primi problemi con gli altri alunni.
La scuola possedeva corsi di nuoto, sollevamento pesi, atletica leggera, di lotta e squadre ufficiali per ognuno di essi che rappresentavano l'istituto in competizioni sportive.
Lei non si limitò ad arrivare prima ovunque, ma fu la migliore in tutte superando ogni record scolastico. Tuttavia essi non la entusiasmavano, anzi, era infastidita dalle richieste che le facevano di unirsi a ciascuna di quelle squadre.
La svogliatezza e il senso di superiorità che mostrava verso queste attività, ben presto la resero antipatica agli l studenti ma il punto di rottura fu quando affermò che collaborare con dei dilettanti non le interessava. Anche se rispettava le regole, il suo comportamento non mostrava il minimo rispetto per l'avversario.
Snobbò tutti nel peggior modo possibile.
La sfidarono più volte in ognuna di quelle discipline, ma il risultato era sempre il medesimo: la sua vittoria. Venne ripresa anche dai maestri per questo, inutilmente. I loro tentativi di farle capire che doveva cambiare atteggiamento furono ignorati.
Non solo, lei fu tanto sfrontata da sfidare apertamente e spudoratamente gli insegnanti che la sgridarono. Incitati dagli altri studenti, finirono tutti per accettare trascinati da quell'entusiasmo.
Vinse, mostrando verso tutti un atteggiamento stizzito. Il fatto più eclatante fu contro l'insegnate di nuoto, vinse con ampio vantaggio ed uscì dalla piscina senza attendere la sua avversaria, prima che la gara terminasse con l'arrivo della sua sfidante.
Lei se ne andò mentre tutti la guardavano ammutoliti, umiliati e pesantemente offesi.
Compresa l'insegnate, arrivata a fondo della corsia di nuoto solo per scoprire che la sua allieva/sfidante se n'era andata senza una parola o un gesto di cortesia che spesso si usavano tra avversari.
Col tempo l'insoddisfazione della ragazza cominciò a farsi più marcata il mese successivo, cominciando a riversarsi anche verso i professori.
Chi ci aveva a che fare non riusciva a evitare una sensazione di essere trattato come inferiore.
Quando le spiegarono che avrebbe dovuto mostrare del rispetto verso gli altri, disse la verità su come la pensava « Mi rifiuto di mostrare del rispetto verso chi lo non merita, avere sorrisi di circostanza o cose simili. Questo problema è solo vostro, perché io non ho intenzione di cambiare. »
Venne mandata via senza che le fosse assegnato nessun castigo. La sicurezza della ragazza era disarmante, non era nemmeno arroganza che almeno sarebbe stata più facile da gestire, i professori non sapevano come affrontarla.
Al terzo mese tutti la evitavano, ma il suo comportamento rimaneva inalterato. Presto, quel senso di continua inferiorità divenne troppo per continuare a sopportarlo.
Alcuni alunni, in parte membri anziani di gruppi sportivi, la attirarono in una trappola per spaventarla. Erano giunti a quella situazione esasperati dal suo atteggiamento, lei da sola umiliava e derideva qualsiasi loro sforzo e progresso per cui si erano impegnati per anni. L'avrebbero costretta ad andarsene.
La porta si aprì e Alexya uscì dall'aula in cui era stata attirata, per una trappola che aveva intuito da subito. Era illesa e lo erano anche le persone all'interno della stanza, ma tutte erano sotto shock.
Lei non gli aveva toccati con un dito, aveva solo mostrato che “volto” aveva un'assassina professionista. Il solo senso di pericolo li aveva sopraffatti.
Uscendo, in tono deluso, borbottò « È solo uno stupido trucco.» Per niente soddisfatta dell'ennesima sfida senza senso.
Il clima nella scuola divenne difficile, Alexya da una parte e chi rimaneva dall'altra. Ormai la situazione era bloccata, la ragazza non aveva nessuna intenzione di fare un passo indietro sulle sue decisioni.
Lei aveva deciso di provare quella strada per dare una svolta alla sua vita, trovare uno scopo e raggiungere un obiettivo.
Partecipando alla recente guerra aveva scoperto le proprie lacune, una guerra era diversa da un omicidio e lei non era preparata ad essa. Per esserlo serviva altro.
Decise di apprende i valori essenziali del lavoro di squadra: la cooperazione, la competizione, la capacità di agire con e per i compagni, la comprensione delle esigenze altrui. Con le sorelle si muoveva alla perfezione.
Ma il problema, era che chiunque altro le era talmente inferiore da rendere impossibile lavorare in gruppo. Da parte sua, far squadra con quelli che reputava dilettanti la riteneva un'idea inutile.
Voleva indagare e consolidare le proprie virtù e ragioni, che a detta di molti rendono le persone più forti dentro: il rispetto, la lealtà, la fiducia e il rigore etico.
Aveva letto molto su ognuno di questi aspetti e si era interrogata su cosa rappresentassero per lei.
Il rispetto era per lei il coraggio di affrontare la conseguenza di qualsiasi propria azione, senza la minima paura. Prima si decideva, poi si agiva e nel mezzo nessun ripensamento o dubbio.
Il pentimento nasceva dalla debolezza di carattere.
Non poteva esserci rispetto per chi tentennava nel dubbio o paura.
Se si decide di compiere un'azione bisogna essere fiera di essa e sostenere il proprio operato fino alla fine, anche se questo si ritorceva contro di te. Questo era il suo credo.
Sulla lealtà, lei era leale unicamente a se stessa. Non era egoismo e voleva davvero bene alle sue sorelle, a Isabella e a sua madre. Per difenderle e aiutarle avrebbe fatto di tutto, ma se per seguire le sue decisioni si fosse dovuta scontrare con loro lo avrebbe fatto.
Le sue sorelle si sarebbero comportate allo stesso modo, il contrario sarebbe stato un insulto. Per non parlare di Isabella: se lei non avesse avuto il coraggio di affrontare, fino in fondo, la conseguenza delle sue azioni la donna sarebbe stata delusa da lei.
Sulla fiducia, si fidava delle proprie capacità. Non era una fiducia cieca, sapeva cosa poteva e non poteva fare e riconosceva i propri limiti. Proprio per questo sapeva dove agire per migliorarsi, sebbene servisse tempo per vedere risultati ma era paziente. Il suo modello di confronto era Isabella, il più potente biotico esistente ma sopratutto, almeno per lei, la miglior schermitrice possibile.
Il suo obiettivo era batterla.
I suoi poteri si sarebbero rafforzati, tanto più la sua sicurezza nel suo scopo sarebbe stata forte e priva di dubbi e esitazioni. Questo era stato un altro prezioso insegnamento di Isabella alle ragazze.
Sul rigore etico, quel concetto infantile la faceva sorridere. Credere in esso era come credere in una favola. Era un'idea astratta piuttosto carina, molto dicevano di comportarsi secondo un'etica ma non era vero. Le persone seguivano i propri interessi personali, difendendosi dietro ad opportuni concetti. I primi a farlo erano proprio i politici, quelli che avrebbero dovuto guidare i popoli. Quanti ne aveva visti strisciare davanti a sua madre. Riuscivano a disgustarla.
Non era forse meglio sua madre, Dasha Weaver, che con ferocia e intelligenza si era imposta tra i poteri forti della galassia? Aveva commesso dei crimini, vero, e allora? Alzasse la mano, chi per occupare la propria posizione di potere non l'aveva mai fatto.
Alla fine quegli atti avevano anche avuto effetti positivi, quanti posti di lavoro aveva creato la Noveria Corps? La compagnia non si era forse schierata in prima linea, a sostegno di tutta la galassia nella guerra contro i grigi?
Osavano farsi delle opinioni su di lei forti dei loro principi etici, positive o negative non importava, quando non erano neanche degni di essere calpestati dalle sue scarpe. Aveva scoperto questo frequentando dei social network, ma aveva smesso subito dalla superficialità che aveva incontrato. Lei era dell'idea che andassero chiusi o limitati, c'era troppa stupidità raggruppata tutta assieme.
Criticavano l'operato di sua madre dall'alto di astratti concetti etici, erano forse ciechi a non riconoscere che concetti come l'onesta servivano solo a nascondere l'egoismo che muoveva gli individui ad agire?
Aveva ragione sua madre quando, per la prima volta, le aveva detto “il popolo è bue. “ Mai aveva sentito frase più veritiera.
Quando le sorelle Weaver avevano ammesso, nell'intervista pubblica, di essere dei cloni di Isabella erano scoppiate le voci e le dicerie più assurde. Qualcuno aveva asserito che loro tre fossero state create dalle due donne come giocattoli sessuali, quando la relazione che le univa era divenuta pubblica e il relativo matrimonio.
Era questa la democrazia? Permettere agli stupidi di parlare? Vedere masse di persone rumoreggiare su argomenti che neanche capivano? Se la risposta era “si”, allora lei sarebbe stata dalla parte dei regimi totalitari.

In sala mensa si sedettero a un tavolo a parte, nessuno osava avvicinarsi ad Alexya. Solo Taiga, che era anche sua compagna di stanza, le stava vicino senza problemi.
« Vorrei che gli altri non ci stessero alla larga. » Borbottò Taiga.
« Non ho nulla in contrario. » Dichiarò tranquillamente l'amica.
« Essere più amichevole? »
« Non cerco la simpatia di nessuno, mi limito ad essere onestamente me stessa. »
Taiga non sapeva come rispondere, Alexya in parte aveva ragione, ma al tempo stesso era problematica.
Chiunque le stesse vicino era messo in ombra, lei faceva sentire chiunque fuori posto e inutile.
Quando arrivò Taiga, per Alexya fu una bellissima sorpresa. La ragazza capì che qualcosa che non andava, appena pochi minuti dopo averla incontrato. Le occhiatacce che le arrivavano erano un indizio abbastanza sospetto.
Si fece raccontare ogni cosa.
« In pratica hai umiliato chiunque frequenti questa scuola, insegnanti inclusi, e non sanno cosa fare con te. » Esordì Taiga, al termine del riassunto delle vicende.
Lei sospirò « È stato talmente facile da essere noioso. Nessuno di loro ha un pizzico di spirito combattivo. » Nonostante la sua insoddisfazione sorrise nel dire quella frase, Taiga immaginò che invece un minimo di piacere l'avesse provato nel farlo. Lo stesso che provava un gatto con un topo, certi aspetti sadici erano intrinsechi nelle sorelle Weaver. Mettere paura era tra questi e in fondo ancora accettabile.
« Infatti non hanno necessità di averlo, sono ragazzi e ragazze che frequentano una scuola che da a loro un assaggio di vita militare.» - si avvicinò ad Alexya mettendole le mani sulle spalle - « Il problema è che tu sei troppo al di sopra della media. Sei tu che sei eccezionale e fuori posto. »
Taiga ebbe il piacere di vederla mettere il broncio, non credeva che lei non ci avesse pensato ma forse aveva sperato nell'appoggio incondizionato dell'amica « Cosa dovrei fare? »
« Affrontami, seriamente in uno qualsiasi di questi sport. »
« A cosa dovrebbe servire? »
« È una scommessa, se ti colpisco anche solo una volta tu perdi e dovrei chiedere scusa. In più, se vedono che anche tu puoi perdere, forse non si sentiranno più così umiliati. »
« Sono nel giusto, non ho motivo di scusarmi. »
« Proprio per questo tuo modo di fare non ti ho detto solo di chiedere scusa, ma so che non verresti mai meno alle regole di un combattimento. »
Alexya mise il broncio « Se proprio vuoi ti farò vincere, visto che ci tieni. »
« Grazie, ma no. Non voglio avere vantaggi. So che voi sorelle Weaver rispettate solo i caratteri forti, diciamo che vorrei guadagnarmi quel rispetto e non quello dovuto al fatto che siamo amiche. Affrontami con lo stesso impegno con cui ti misuri con le tue sorelle. »
« Ti farai male. Rinuncia. »
« No. » Il modo in cui le rispose fece provare un brivido di piace ad Alexya. Rispettarla? Quello lo faceva già, ma non glielo disse per paura di rovinare il suo spirito combattivo.
Scelsero lotta libera. Due mesi c'erano valuti a Taiga per mettere a segno un solo colpo, però tanto bastava. In un attimo di distrazione di Alexya, sicura di aver immobilizzato Taiga, lei le aveva dato una testata spaccandole il labbro superiore.
Alexya Weaver chiese scusa a ogni singola persona, ma la situazione non si sbloccò. Poteva anche aver chiesto scusa ma lo fece nel modo sbagliato. Guardando quelle persone che aveva sconfitto dall'alto in basso, perfino in quella situazione riusciva a far sentire gli altri inferiori.
Quello che preoccupava Taiga era che l'amica, anche se cercava di nasconderlo, dava segni d'insofferenza.
Un pomeriggio, mentre tornava in camera, sentì dire da qualcuno una frase che la bloccò sul posto « Quel maledetto phantom! »
Sorpresa, si sporse da dietro un angolo per dare un'occhiata. Due insegnanti stavano parlando tra loro, uno dei due disse « Perché dobbiamo insegnare a Cerberus? Non è nemmeno un vero essere umano, sta mettendo in ombra tutti i nostri studenti e qualsiasi risultato raggiunto da questo istituto. I suoi risultati, li deve solo a qualsiasi manipolazione genetica le abbiano fatto. Lei non ha nessun merito. Da qui entrano ragazzi per uscire uomini, coloro che decideranno di continuare con il servizio militare saranno i futuri ufficiali dell'Alleanza dei Sistemi. Ma lei da sola, sta scoraggiando molti di loro. »
Senza far rumore, Taiga corse via. Quando aprì la porta della stanza, trovò Alexya seduta alla propria scrivania intenta a studiare. Il locale era molto semplice e comprendeva: due letti, due scrivanie, due armadi e un bagno.
Sul mobile di Alexya, in bella vista e ordinatamente disposti facevano bella vista una serie di datapad contenenti numerosi trattati filosofici, religiosi, politici e militari.
Allarmata da quello che aveva sentito, Taiga le riferì tutto. Lei non ebbe la minima reazione.
« Dunque? » Chiese, vista la totale mancanza di una reazione.
« Cosa? » Rispose incerta.
« Abbiamo scoperto che gli insegnanti pensano cose orribili su di te. Cosa pensiamo di fare? »
« Non vedo perché dovrei fare qualcosa. So qual è la loro opinione da tempo. Io sono quella che sono, non ho certo intenzione di cambiare o fingere di essere qualcos'altro. Non posso nemmeno imporre agli altri di accettami, il massimo a cui posso aspirare è un comportamento civile da ambo le parti mentre si cerca di ignorarsi a vicenda il più possibile. Non sono venuta qui per fare amicizie, quindi farne o meno mi lascia indifferente. Però sono contenta che tu sia venuta qui, adesso che ho un'amica mi sembra davvero di fare vita quella vita da studente che esiste nell'immaginazione. »
Taiga aveva ascoltato solo la prima fase del discorso « Come sarebbe che sapevi cosa pensavano di te? » Sbottò lei. Era indignata lei per l'amica, al suo posto lei non sarebbe riuscita a rimanere calma.
Indicando se stessa, Alexya disse « Ti ricordi cosa so fare? Linguaggio del corpo. Se una persona ci piace o meno, le posture e i gesti che assumiamo presentano differenze. Sapevo di non piacere, anche se ovviamente non conoscevo i loro pensieri. »
« Ok, però tu non hai mai fatto parte di Cerberus! Voglio dire, nessuna di noi nemmeno esisteva a quel tempo. È un'accusa assurda! »
« Concordo, ma i phantom sono stati ideati da Cerberus. Erano i loro migliori soldati, esperti in infiltrazione, spionaggio e assassinio. È normale, che mi colleghino a quella che è stata la più pericoloso organizzazione pro umani dell'ultimo secolo. I phantom hanno eliminato diverso personale dell'Alleanza durante la guerra. Non mi stupirei se qualcuno avesse il “dente avvelenato” anche per quello. » - la ragazza sospirò, dando per un attimo l'impressione di essere delusa - « Quando ancora avevo il programma phantom a incasinarmi la testa, ero veramente orgogliosa di esserlo. Scoprire che per tutti i phantom sono criminali, è stato un boccone abbastanza amaro da digerire. Non che questo mi abbia fermata. Fino all'ultimo, sarò fiera di essere un phantom. »
Taiga aveva ascoltato tutto quello con attenzione, non poté fare a meno di notare qualcosa che le era già saltato all'occhio in passato. Liberata dal programma phantom, Alexya si era dimostrata sempre incredibilmente matura.
Lei pensava che dietro a quello, al fatto che leggeva noiosissimi trattati etici ci fosse un vecchio indicente che la coinvolgeva. Quando Alexya, non volendo, aveva quasi ucciso Kelly Chambers.
Era stato un incidente, la psicologa le si era avvicinata da dietro in un momento in cui la ragazza era fortemente agitata. Senza che lei lo volesse, il programma phantom aveva agito ed eseguendo un attacco all'indietro aveva trafitto Kelly con la propria spada.
Riteneva fosse per quello che la sua amica era interessata al concetto di “giusto”, secondo quali principi era bene decidere di agire.
Era sicura che se glielo avesse chiesto lei avrebbe risposto senza problemi, ma temendo di essere lo stesso troppo impicciona non aveva mai fatto quella domanda.
Ma c'era anche dell'altro in Alexya, un dettaglio che stava emergendo solo di recente. Nel suo camminare, nella postura c'era qualcosa in più. Qualcosa che mancava ad Isabella e alla sorelle, nonostante ognuna avesse una forte personalità a modo proprio.
“Un re guarda sempre dall'alto in basso” si diceva, con Alexya si aveva sempre questa sensazione. Non era superbia, spocchiosa o altro, semplicemente intorno a lei c'era una sorta di aurea che spingeva a tenere la testa bassa. Come dei servitori.
In qualche modo si avvertiva di non essere alla sua altezza.
Forse aiutata dal fatto che aveva conosciuto la ragazza quando era stata appena liberata, anche se solo parzialmente, dal controllo mentale si era sempre confrontata con lei in un rapporto paritario.
Ancora ricordava bene il suo viso di stupore quando, per la prima volta, assaggiò un budino. A quel tempo Alexya e sorelle avevano sui dodici anni, l'età esatta non era mai stata possibile determinarla ma per praticità sui documenti era riportata quella cifra.
Alexya si chinò verso di lei attirando la sua attenzione e disse « Oggi, mi sono allenata a mantenere i miei poteri biotici allo stadio rosso. »
Taiga scattò vero la porta, per guadagnare l'uscita ma riuscì appena ad aprirla che questa venne richiusa con forza da Alexya.
La mora indietreggiò leggermente, mentre la bionda si avvicinò a lei e in tono sensuale « Dai fallo! » L'altra fece “no” con la testa.
« Lo sai che mi piace, solo se sei tu a farlo. »
« Le tue pastiglie? »
« Tu sei meglio di qualsiasi pastiglia. »

Distesa sul letto ad Alexya sfuggivano continui gridolini di piacere, soffocati dal cuscino contro cui premeva con forza la faccia.
Il viso era arrossato e il respiro corto.
Taiga, seduta sul proprio letto e leggermente seccata dalla situazione, teneva gli occhi chiusi per l'imbarazzo che sentiva anche solo a udire l'amica che gemeva. Attorno a lei un alone bluastro appena accentuato.
Era una biotica del misero livello 1, il più basso possibile. La sua compagna di stanza era invece un livello 5, il più alto possibile. Almeno lo era stato prima di Isabella, lei era stata catalogata come un 6. Attualmente primo e unico biotico di questo nuovo livello, ancora ufficialmente non riconosciuto ma che permetteva in qualche modo di catalogarla.
Uno dei tanti vantaggi di possedere l'eezo 19, era un enorme quantità di energia rispetto al normale ma quello era solo l'aspetto più trascurabile della vicenda.
Questo isotopo dell'eezo normale, risentiva enormemente della condizione mentale del suo portatore. Una mente sicura di se permetteva di accedere a quello che era definito “ lo stadio rosso”.
L'alone bluastro che circondava il biotico virava al rosso, permettendo prestazioni ancora più elevate. Isabella, pur nella sua pazzia, aveva sviluppato tale livello.
Forse bisognava essere pazzi, per vivere senza alcun tipo di esitazione.
Alexya, affrontando una spia del nemico durante la guerra, aveva forzato tale sviluppo quando il suo corpo non era ancora pronto. Questo le causava, quando tornava alla normalità, diversi squilibri ormonali che lei teneva sotto controllo ingurgitando pastiglie di eezo 19.
Letali per un qualsiasi essere umano, non lo erano per lei che poteva permettersele senza problemi. La produzione di eezo 19 era costosissima, in più quello contenuto nelle pastiglie era incredibilmente puro. Ma se il tuo cognome è Weaver, i soldi sono l'ultimo dei tuoi problemi soprattutto quando la ditta di tua madre è l'unica legalmente autorizzata a compiere studi sull'eezo 19 e sulla sua produzione.
L'uso del 19 come fonte di energia al posto dell'eezo normale era ancora lontana. Per una dose di 19 servivano venti dosi di quello normale da lavorare. A queste condizioni la sua produzione non era conveniente, solo le necessità di guerra avevano spinto a crearlo in massa ma adesso che essa era terminata la sua produzione era quasi azzerata.
Non per questo il 19 era stato dimenticato, chi fosse riuscito a ottenere la tecnologia necessaria si sarebbe messo in vantaggio sugli avversari. Per questo il suo studio era strettamente esaminato dal Consiglio della Cittadella. Impedirlo non sarebbe stato credibile, tanto valeva controllarlo.
Se si riusciva a ottenere eezo 19, in teoria sarebbe stato possibile creare biotici col 19, sempre se le radiazioni dell'isotopo non uccidevano il portatore, questo vantaggio avrebbe potuto rompere gli equilibri di potere e portare a una guerra.
Per questo Isabella e i suoi cloni erano tanto unici, il loro corpo sopportava il 19 avendo un fattore di riparazione del DNA più forte del normale di almeno cento volte. Questo non spiegava tutto, ma almeno era un inizio. Lei sapeva tutto questo, da confidenze che proprio le sorelle Weaver le avevano fatto. Poche informazioni ma ambite da tutti i governi, su cui però loro non ci vedevano niente di straordinario.
« T-A-I-G-A...» Lei si sentì chiamare, ma non osò aprire gli occhi. Non sapeva mai come affrontare quel momento. Gli sbalzi ormonali di cui soffriva Alexya, fortunatamente tutti i medici dicevano che sarebbero passati crescendo, di fatto la mandavano in calore. Praticamente l'uso del “rosso” le faceva venir voglia di far sesso. Per questo era importante che la ragazza prendesse le pastiglie.
A volte, in alternativa ad esse, la ragazza aveva voglia di fare quello che definiva “ divorare dell'eezo”. Lei non sapeva bene in cosa consistesse, centravano qualcosa le lunghezze d'onda emesse da ogni biotico, sempre diverse fra loro, e la proprietà del 19 di convertire qualsiasi energia legata all'eezo in propria.
Per questo Taiga si era seduta sul letto ad ammettere energia a casaccio, questa era percepita dai nuclei di eezo di Alexya dando una sensazione di piacere alla ragazza.
A volte si chiedeva se lei non avesse una specie di funzione da vibratore biotico per l'amica, quell'idea non le piaceva per niente.
Per questo aveva sperato di riuscire a scappare dalla stanza. Non che poi Alexya sarebbe andata con un altro biotico, le sorelle Weaver erano molto schizzinose quando “ divoravano eezo”. Questo doveva essere della miglior qualità possibile.
La sua speranza era che riuscendo a fuggire, l'amica si sarebbe decisa a prendere quelle dannate pastiglie.
Certo, era praticamente un complimento che Alexya volesse solo il suo eezo. Più volte le aveva detto quanto fosse di qualità, anche se lei avrebbe preferito una minor qualità e una maggior quantità. Avrebbe voluto essere almeno un biotico nella media e non un infimo livello 1. Anche la purezza dell'eezo aveva la sua importanza, nella quantità di energia biotica che si riusciva a gestire ma lei era nata con veramente pochissimo eezo in corpo.
La cosa era ancora più frustante perché sua madre era un biotico di livello 5. Non riusciva a capire come avesse potuto prendere così poco eezo da lei.
« T-A-I-G-A...» Si sentì nuovamente chiamare, questa volta aprì gli occhi. Alexya la fissava, tenendo metà del volto nascosto premendolo sul cuscino. Ma intuiva lo stesso il sorriso ammiccante, il suo sguardo era dolce.
Lei si sentì accaldata, se tramite il linguaggio del corpo Alexya poteva capire i pensieri non detti sapeva anche usarlo per mandare messaggi.
Quelli che Taiga stava captando la stavano facendo arrossire. L'amica mosse una mano, portandola all'altezza del viso e con l'indice le fece il segno di avvicinarsi.
Fu troppo per lei, si alzò di scatto dicendo « Sono sudata! Faccio una doccia! »
« Vuoi che... »
« No! » Rispose lei senza darle modo di finire la frase e chiudendosi in bagno.
Trovava la situazione assurda, oltre a questo, da quando l'aveva sconfitta, riuscendo a colpirla quella singola volta, lei si divertiva ad abbracciarla anche nei momenti più sconvenienti. Ad esempio quando dovevano usare le docce comuni dell'istituto come dopo le ore di nuoto e vi erano altre persone presenti. Quella dannata sicurezza, che tutte loro possedevano, sembravano renderla immune a qualsiasi forma d'imbarazzo.
Aveva sempre saputo, a partire da Isabella, che possedevano tutte un forte istinto predatorio e ora che certi istinti erano risvegliati questo si rifletteva anche in quell'aspetto. Solo che non aveva mai pensato di poter esserne lei il bersaglio.
Isabella e Dasha erano due donne, erano sposate, avevano una relazione omosessuale. Niente di strano che Alexya potesse essere più incline verso un quel genere di relazione.
Il problema era che lei non ci aveva mai pensato seriamente, quali erano i suoi gusti? Cos'era Alexya per lei? Ogni volta che lei ammiccava sentiva di avere il batticuore. Ma era un trucco dalla conoscenza di lei di utilizzare il linguaggio del corpo o era reale?
« Tutta colpa dello stramaledettissimo effetto ponte! » Esclamò scocciata, se almeno Alexya non fosse stata una super figa sotto qualsiasi punto di vista, forse sarebbe stato più facile capire qualcosa su quello che provava.
Per quanto non la sopportassero, in istituto praticamente tutti sognavano di farsela. La sua era solo attrazione sessuale, senza nessun sentimento o c'era dell'altro? Alexya era solo interessata al semplice atto carnale o voleva altro?
Più confusa che mai, con la testa che quasi le girava tra tutti quei pensieri entrò nella doccia.

Alexya era divertita, per come l'amica si era defilata infilandosi sotto la doccia. Guardò verso la propria scrivania e vide improvvisamente un oggetto insolito: un libro di carta. Ormai tutto si faceva sui datapad. Ricordò subito dove l'aveva preso e il perché, dimenticandosi poi di restituirlo. Si alzò, l'aveva ottenuto in prestito dall'unico posto nella scuola militare in cui le era proibito ufficialmente andare: la chiesa.
L'avrebbe riportato subito, non aveva niente di particolare da fare. Aveva letto quel libro per documentarsi sulla religione umana, ormai era giunta a una conclusione.
Quindi non le era più utile.
Si avviò all'entrata della cappella militare, in mano teneva la bibbia.
Per qualche ragione che non aveva capito, la versione che si trovava nelle chiese continuava a essere stampata su carta invece che essere comodamente disponibile in olo-versione.
Questa esisteva e si poteva trovare senza problemi in commercio, ma per essere sicura di documentarsi in modo corretto ne aveva presa una in prestito chiedendola dal reverendo militare Isai Godel. Un uomo di colore, aveva sui sessant'anni e molte rughe in viso. Molte di più, di quello che ci si sarebbe potuti aspettare a quell'età.
Lei aveva scoperto che non poteva partecipare alla messa, non avendo ricevuto i sacramenti. In più, data la sua natura di clone la chiesa rifiutava di vedere in lei un essere umano non essendo opera di Dio.
La risposta non la turbò minimamente, in un certo senso apprezzava il netto rifiuto che le era stato dato. Il reverendo le avevo detto tutto questo in maniera diretta, senza tentamenti o nascondersi dietro a frasi di rito.
Allora chiese di avere una copia della bibbia che usava durante le cerimonie, lui la guardò un attimo sorpreso ma infine annuì e gliela diede.
« Buongiorno reverendo. » Disse lei, incontrandolo per caso sulla soglia mentre stava uscendo.
« Buongiorno cadetta. » Rispose lui, altrettanto gentile mettendosi davanti a lei e bloccandone il passo. Il modo più educato che conosceva per fermarla e assicurarsi che non varcasse la sacra soglia.
« Le riporto questo. » Disse lei porgendo il libro.
« È stata una lettura piacevole? »
« Interessante, mi ha aiutato a prendere una decisone. »
« Davvero, cosa ha deciso? Se posso chiedere? »
Alexya alzò lo sguardo e fissò il crocefisso che si intrevedeva in fondo alla navata, dove lei non sarebbe ai potuta andare.
« Non mi serve un dio. Le divinità è qualcosa di cui sono i deboli ad aver bisogno. Io basto a me stessa, se poi così non fosse ho i miei amici e la mia famiglia. »
Lui ebbe bisogno di un istante per riprendersi « Non pecchi di presunzione! La superbia è il peccato capitale che può trascinare ogni cosa con se! »
La ragazza lo fissò. Isai non seppe descrivere la sensazione che provò davanti a quegli occhi di un azzurro celestiale, ma non poteva reggerne ulteriormente la visione. Quasi vergognandosi, abbassò lo sguardo.
« Ricordi reverendo, che per la sua chiesa io non godo della benevolenza di questo dio. La sua preoccupazione che io possa peccare è semplicemente fuori luogo. Io e Dio siamo come due persone che si sono incontrate e che non si sono piaciute, adesso ognuna proseguirà per la propria strada indifferente all'altro. Non è superbia, semplicemente non necessito di un dio. Mi stia bene. »
Lei uscì, lasciando il prete spiazzato e confuso. Troppi concetti delle infinite varietà di religione che costellavano la galassia non le piacevano.

Quella notte Taiga non riusciva a dormire, le faceva rabbia il comportamento passivo dell'amica. Da un lato era anche rassicurante, chissà cosa sarebbe potuto succedere se Alexya avesse perso il controllo? Rimaneva però dell'idea che bisognava fare qualcosa.
Quella mattina si alzò molto presto, dovendo tener presente i diversi fusi orari, uscì dalla stanza e andò a fare delle chiamate.
La prima chiamata fu per Trish Weaver, le fece un riassunto della situazione.
« Alexya prende le cose sempre troppo seriamente, era quella che si allenava di più e che di meno chiedeva consiglio e aiuto. È sempre stata troppo orgogliosa di essere un phantom, il suo orgoglio è quello che non riesce a mettere da parte. »
La seconda fu per Diana Weaver.
« Stupida sorella! Un calcio in culo, quella è la soluzione! Le ho sempre detto che dovrebbe cercare di divertirsi di più, come faccio io. Al diavolo gli allenamenti, gioventù vuol dire sregolatezza. Potrà allenarsi quando sarà vecchia, la cosa migliore che puoi fare e farla incazzare di brutto. Dopo si sentirà meglio. »
Decise di non seguire il consiglio di Diana, che poteva tener testa ad Alexya senza problemi. Se l'amica “s'incazzava di brutto” poteva uccidere tutti in quella scuola.
La terza e ultima chiamata fu per sua madre Jack
« Che situazione schifosa, purtroppo esistono anche insegnati così e c'è poco da fare. Su Alexya ti posso dire che l'ultima cosa di qui ha bisogno sono altri allenamenti. Quello che mi preoccupa è l'insofferenza che sta mostrando. Queste ragazze si sono riprese a dodici anni, non hanno avuto un'infanzia. Adesso che sono totalmente in loro, hanno bisogno di una vita quanto più normale. Alexya Weaver non ha bisogno di altro allenamento, ma di essere una ragazza. Prova a farla interessare a qualcosa di totalmente differente. Che non centri niente con i suoi poteri, ma la faccia a stare a contatto con le persone. Deve imparare a non imporsi sempre.»
Taiga annui, aveva avuto dei consigli ma nessuna soluzione. Pensierosa si diresse per prepararsi per prendere parte alle lezioni della mattina, la prima prevedeva due ore di ginnastica.
Tre ragazzi le bloccarono il passo, uno era grasso, l'altro smilzo e l'ultimo le ricordava un topo. Tre bulli troppo stupidi per capire quando era il caso di finirla.
Erano tra quelli che avevano teso la trappola ad Alexya e che lei aveva fatto pisciare sotto. La storia si era risaputa, ancora tutti ridevano di loro alle spalle per evitare problemi.
Era evidente che cercavano guai, li conosceva di vista ma ignorava i loro nomi, per niente intimorita disse « Fatemi indovinare, volete rifarvi su di me per vendicarvi di Alexya. » Borbottò quasi annoiata.
Lo smilzo fece un passo avanti, le mani chiuse a pugno. Taiga assunse un'espressione spaventata e gridò « Non farlo! »
I tre parvero sorpresi, ma non era a loro che si rivolgeva. Fu l'equivalente biotico di uno schiaffo dato da dietro. Il colpo prese lo smilzo sul lato destro della faccia, mandandolo addosso al grassone e facendoli cadere malamente a terra, il tizio con la faccia da topo cadde sulle ginocchia e li rimase, troppo impaurito per reagire.
« Tutto bene? » Chiese Alexya all'amica.
« Stupida, non ti rendi conto delle conseguenze! » Le urlò contro lei, arrabbiata per quello che aveva fatto.
Alexya Weaver fu sospesa per due settimane, poteva rimanere e utilizzare i dormitori ma nessun altro luogo della scuola.
Non le dispiacque troppo, ma la sua soddisfazione si incrinò quando di seppe conto che sarebbe rimasta sola dovendo Taiga continuare a seguire le lezioni.
Durante i primi tre giorni non successe niente, dal quarto Alexya fu vista gironzolare attorno ai luoghi dove l'amica aveva lezione. All'inizio della seconda settimana, l'aspettava sempre all'uscita.
Cominciarono a circolare voci, dicevano che sembravano proprio una coppia.
Scoprì da subito di non poterci fare niente, anche se era una voce senza nessun fondamento.
Verso la fine della seconda settimana, quando le lezioni della giornata finirono, Alexya stava aspettando Taiga quando la vide avvicinarsi accompagnata da un paio di ragazze
« Ti presento Nanci Aldred... » disse indicando una mora con i capelli a caschetto, aveva un viso piuttosto carino e un paio di labbra carnose « e Janelle Peel, ti volevano ringraziare. » La seconda era una rossa, con tanto di lentiggini in viso. Un'autentica pel di carota.
« Già, grazie per aver dato una lezione a quei tre. Tormentavano tutti, nessuno è mai riuscito a far niente. » Dichiarò Nanci.
« Adesso per un po' staremo tutti meglio, peccato che torneranno quando la loro punizione avrà termine. » Asserì Janelle.
Boriosi, spacconi, gradassi, bulli, altezzosi, presuntuosi... quanto li odiava. Per lei quei tre erano questo. Deboli quanto quelli che infastidivano, erano ancora peggio perché incapaci di riconoscere la loro debolezza. Non c'era niente di male a tormentare gli altri, a condizione di essere veramente migliore di loro. Quello era diritto e privilegio del forte.
Però verso i deboli che si atteggiavano come tali, provava un'antipatia a pelle.
« Mi disgustate quanto loro. » Si sentirono dire Nanci e Janelle. Lei era intervenuta per Taiga, non di certo per ricevere i ringraziamenti da due nullità.
Docilità, fragilità, inanità, accidia, irresolutezza, inconcludenza, vacuità, indolenza, insicurezza, cedevolezza, inconsistenza e viltà erano qualcosa che non poteva perdonare.
La debolezza era per lei il peccato capitale della sua personale scala di valore. Essere più deboli di un altro era normale, ma il comportarsi da debole era inaccettabile.
Taiga si mise in mezzo, frettolosamente allontanò le due ragazze e scusandosi in maniera improvvisata. Quandosi furono allontanate fece una sfuriata ad Alexya, per il suo comportmento lasciandola sola quando ebbe terminato.
Vedere l'amica arrabbiata fece ripensare al Alexya alle parole del cappellano militare. Forse lei si era macchiata del peccato di superbia secondo, ma la sua forza era reale e con essa il suo diritto di esserlo.
Non vi era peccato, se vi era la forza per sostenerlo. Tuttavia sentì una crepa nelle sue convinzioni, valeva la pena di litigare con un'amica per esse?
Ore dopo Taiga stava cercando di pensare mentre sbolliva la rabbia, si presentava l'occasione di fare una bella figura, di iniziare forse un'amicizia e Alexya rovinava tutto in quel modo.
L'inflessibilità di lei era esasperante.
Seria, determinata e il solo altro biotico a saper usare il livello rosso a parte Isabella.
Era sicuramente forte, ma la severità con cui trattava le altre persone e in particolare quelle che che considerava “deboli” la preoccupava.
« Buongiorno cadetta! » La salutò Isai Godel facendola sobbalzare. Era talmente persa nei suoi pensieri che neanche si era accorta della sua presenza.
Lui era seduto in mezzo al cortile, vicino alla chiesa e stava scrivendo qualcosa.
« Cosa sta facendo? » Chiese lei.
« Scrivo una poesia. Il mio hobby. »
Taiga ci pensò un secondo e decise di provarci. Sapeva che Alexya provava un minimo di rispetto per lui, nonostante il prete non potesse essere dalla parte della ragazza.
« Reverendo Godel, potrei chiederle dei consigli per la cadetta Weaver? »
« Certamente. » Rispose Isai cordialmente, mostrando un sorriso benevolo. Tanta disponibilità fece dubitare la ragazza che preferì specificare « Parlo di Alexya Weaver. »
Lui si fece serio e spiegò « L'ho capito, se lei ha dei dubbi per le mie idee sulla cadetta queste riguardano il mio ruolo e la sua natura. Come persona non ho niente contro di lei, sono disposto ad aiutare se non devo andare contro a quello che credo o gli insegnamenti della chiesa. »
« Io...ci sarebbe questo problema. »
Isai ascoltò tutto con la massima attenzione, in silenzio e alla fine si prese qualche secondo per riflettere « In pratica, la cadetta tratta il mondo con estrema durezza e questo le rende difficile aprirsi con altri o che lo facciano con lei. Sempre che non sia qualcuno che lei rispetti.»
« Esatto. »
« L'ho sempre trovata estremamente seria, nonostante i suoi modi educati. Sorride, ma non con gli occhi. Lei la conosce meglio di me, è sempre così? »
« Assolutamente no, con la sua famiglia è veramente felice. Basta vederla in quei momenti per capirlo. »
« Con la sua famiglia e... con lei. Da quello che mi ha detto, lei deve godere de suo rispetto e non pare qualcosa di facile. »
Taiga si limitò a un segno d'assenso, leggermente imbarazzata da quelle parole.
Isai tornò a riflettere, massaggiandosi il mento come se questo lo aiutasse a pensare « Credo che la cadetta Weaver dovrebbe scoprire cos'è questa “debolezza” che lei non sopporta. Come la forza, anche di debolezza ne esistono tanti tipi e non tutti negativi. » - e aggiunse - « Io gestisco una mensa per poveri, siamo sempre a corto di personale. Forse, stare a contatto con quelle persone potrebbe aiutarla. »
« Ne è davvero convinto? »
« È un tentativo, nel peggiore dei casi avrò guadagnato un paio di mani in più. Pensa che la sua amica accetterà? »
« Di questo non si preoccupi. »
Alla prima occasione utile, quando si senti pronta a far pace Taiga espose la sua idea.
« Non mi interessa. » Rispose seccamente Alexya.
« Fai questo e ti permetterò di “divorare” il mio eezo tutte le volte che vuoi. » Dichiarò Taiga che ebbe il piacere di stupirla.
Alexya sbarrò gli occhi per la sorpresa, arrossì leggermente mentre si asciugava un angolo della bocca da una goccia di saliva. « Va bene. »

Ogni giorno, la mensa dei poveri del reverendo Godel metteva a disposizione novantatré posti distribuiti tra diversi tavolini. I volontari si muovevano in mezzo ad essi, portando pasti caldi e scambiando qualche parola. Tra gli avventori era possibile trovare di tutto: drogati, ubriachi, semplici poveri, persone che semplicemente erano state sfortunate.
Sguardi offuscati dal dolore, spalle piegate da forte delusione che trasmettevano forti emozioni a chi li aiutava.
Alexya si sentiva confusa, per una volta non avrebbe voluto saper interpretate il linguaggio del corpo in modo istantaneo. Quello che le parole non dicevano, lei lo capiva ugualmente.
Non erano deboli o almeno non del tipo che conosceva, alcuni avevano lottato con tutte le loro forze per uscire da quella situazione e ancora lo facevano, ma semplicemente avevano fallito e continuavano a fallire.
Altri, semplicemente non erano più in grado di farlo. Alcuni erano stati sconfitti da una malattia, che li aveva gettati in quella condizione. Questo le fece comprendere perché la Noveria Corps garantiva una copertura sanitaria totale.
Alcuni erano stati vittime di pregiudizi, qualcosa che non dipendeva da loro. La cosa più sensata sarebbe stata abbandonare la Terra e cercare fortuna nello spazio, ma alcuni non volevano farlo e altri non potevano farlo non avendo i crediti necessari.
In un modo o nell'altro erano bloccati in una realtà che li teneva ai margini, i più nascosti possibili.
Erano individui che non servivano a nessuno, questa era la cosa peggiore di tutte.
Si trovò a formulare un pensiero mai fatto prima: cose sarebbe stato di lei e sorelle, se Isabella non avesse deciso di prenderle con se?
Si vide in una situazione simile ma cento volte peggiore, con un programma phantom da cui ancora prendeva ordini e magari trattata come un oggetto.
Perché lei non era una persona autentica ma un clone. Sarebbe stata bloccata in una realtà da cui non sarebbe mai potuta emergere. La sua forza sarebbe stata inutile, questa non l'avrebbe resa “debole”?
Improvvisamente si accorse di una cosa, era stato un gesto di gentilezza da parte di Isabella a salvarla, a darle l'occasione di cambiare e diventare quello che era.
Non credeva di essere in torto, ma...poteva essere meno severa con il prossimo a priori.
Prese un vassoio con quattro pasti per un tavolo, si avvicinò ai suoi occupanti e mentre li serviva provò a scambiarci qualche parola.
Taiga non sapeva niente di lettura del corpo, ma aveva la netta sensazione che fosse cambiato qualcosa nell'amica.
Alexya fu anche incredibilmente utile in un'altra situazione, abbastanza frequente in quei posti. Le liti fra poveri, a volte per cose ridicole per altri, erano abbastanza frequenti e per i volontari erano sempre un problema non da poco.
Lei gli faceva smettere all'istante, in quelle occasioni si imponeva solo con la sua presenza. Non servivano parole, li fissava e sotto quello sguardo si zittivano forse un po' impauriti.
Il giorno dopo, mentre Alexya e Taiga erano in sala mensa per l'ora di pranzo la prima disse all'altra « Potremmo, sederci con loro? » e indicò un tavolo dove erano sedute Nanci e Janelle.
« Certo! » Rispose l'amica, veramente sorpresa. Stava pensando a come iniziare, come scusarsi ma Alexya sapeva già cosa fare.
« Mi sono comportata male nei vostri confronti, chiedo scusa e ammetto di aver sbagliato. Detto questo vorrei avere una seconda occasione. »
Le due ragazze annuirono, leggermente intimorite. Taiga si sedette con loro, aveva trovato la scena divertente. Perfino quando si scusava Alexya metteva soggezione.
Decise di approfittare della situazione
« Tra qualche mese si saranno le prove di gruppo, avete già deciso qualcosa? »
Continuarono ad aiutare alla mensa del reverendo Godel tre giorni alla settimana.
In un occasione Alexya si presentò con la spada al fianco, spiegò che l'allenamento era finito tardi e non aveva avuto il tempo per riporla in camera.
Quella sera le capitò di osservare a un tavolo un vecchio dall'aspetto veramente abbattuto.
La pelle talmente rugosa da sembrare carta vetro, occhi rossi e una tristezza che sembrava infinita, qualcosa che lei “lesse”. Troppo profonda, perfino in mezzo a quelle persone che avevano perso tutto.
A una certa distanza lei e il vecchio si voltarono l'uno verso l'altra, quasi si fossero chiamati, entrambi non avrebbero potuto essere più sorpresi.
Alexya, a livello mentale, aveva ricevuto un messaggio dal suo programma phantom:
- Unità alleata rilevata: Dragoon -
Al vecchio era arrivato un testo molto simile
- Unità alleata rilevata: Phantom -
Lui sembrò sul punto di scappare, anche se tremava così tanto che le gambe lo reggevano appena.
« Si calmi, la prego. » Disse lei sporgendosi verso l'uomo « Per favore, non se ne vada. Torno subito. » Dichiarò Alexya allontanandosi, tornendo praticamente all'istante dopo aver avvisato che aveva avuto un impegno improvviso.
« Chi sei? Non puoi essere un Cerberus... » Mormorò basito l'uomo.
« Niente Cerberus, direi quello che molti conoscevano come Neo-Cerberus. »
L'uomo parve infuriarsi un attimo, ma sembrava che anche solo per arrabbiarsi non ne avesse le forze « Quello non era Cerberus...niente lo era.» Borbottò estremamente deluso.
« Vorrei chiederle qualcosa, di quel periodo. »
« Lascia stare ragazza, non voglio ricordare. Tu sei uno di quelli, un clone di quella modella di cui spesso si vedono i cartelloni. »
« Si, sono uno di loro. » Dichiarò Alexya e mise sul tavolo un chip di credito. Gli omnitool erano troppo costosi per i poveri e oggetto di furti, i chip erano la “valuta” più diffusa tra di loro. « Questo chip contiene cinquecento crediti, mi conceda solo un'ora e sono suoi. Altrettanti per ogni ora in più. Ha capito chi sono, sa che i soldi sono l'ultimo dei miei problemi.»
L'uomo si inumidì le labbra con la punta della lingua, temeva una fregatura ma la tentazione era molto forte. Alexya gli mise il chip in mano, quando lo sentì nel suo pugno annuì.
« Cosa speri di ottenere? »
« Non lo so, ma sono un phantom. Mi piace esserlo e non potrei mai smettere, ma i phantom sono stati creati da Cerberus. Cercando sui libri trovo solo crimini di guerra, era davvero questa la natura dei phantom, dragoon, guardiani, nemesi, centurioni, ingegneri e delle truppe d'assalto? Siamo nati per questo? »
« No...» Mormorò il vecchio, le prime lacrime gli rigarono il volto. Alexya aspettò paziente che terminasse, perché quello era un pianto sincero.
Qualche istante dopo parve riprendersi e rivolgendosi a lei « Ho bisogno di questi soldi, ormai questa storia non interessa più nessuno. Il tempo ha ucciso quasi tutti, di quelli sopravvissuti alla guerra. »
La fissò dritto negli occhi « Cerberus ha tradito tutti compreso se stesso, sapevamo che quello che facevamo era illegale ma eravamo davvero convinti che fosse per il bene della razza umana. La volevamo forte e indipendente, capaci di ergersi da sola contro tutte le minacce aliene. Dovevamo essere la lama nascosta dell'umanità. L'Alleanza la spada scintillante da mostrare contro il nemico, noi il pugnale tenuto nella manica e usato per colpire di soppiatto. Quando arrivarono i Razziatori noi eravamo pronti, volevamo schierarci insieme all'Alleanza, respingere assieme questa minaccia. Ma quel maledetto “uomo misterioso”... lui aveva altri piani, voleva controllare i Razziatori ma prima di questo aveva bisogno di un esercito fedele. Molti avevano accettato di farsi indottrinare, dicevano che avrebbe aumentato le capacità dei singoli soldati. Era vero, le mie prestazioni aumentarono. Io fui tra quelli, noi eravamo la prima generazione di soldati indottrinati e il risultato non piacque del tutto. Osavamo criticare le azioni di Cerberus. A me e ad altri non piaceva l'idea di combattere contro l'Alleanza, il vero nemico erano i Razziatori. Un giorno i miei compagni si rivoltarono contro di me, fu il giorno in cui Razziatori giunsero sulla Terra, il nostro capo aveva deciso di accelerare i tempi epurando Cerberus da ogni possibile ostacolo interno. Io mi salvai, altri no. Terminata la guerra, alcuni sopravvissuti di Cerberus tentarono di riorganizzarsi in Neo- Cerberus, altri come me volevano solo sparire. I governi della Terra ci aiutarono in questo, processi a insignificanti soldati non interessavano. Ci permisero di fuggire, ma rimanemmo tagliati fuori da tutto. Niente pensione o qualche tipo di assistenza per chi ha fatto parte di Cerberus. Ho fatto di tutto per vivere, ma alla fine il tempo ha avuto la meglio. Sono troppo vecchio per qualsiasi cosa, se non fosse per la carità di questi posti sarei già morto di fame. Vuoi sapere perché sono stati creati i phantom? Per aiutare l'umanità, era questa l'intenzione originaria dietro la loro creazione. Dietro a quella di tutto noi, invece l'abbiamo solo tradita.»
« Per favore, mi racconti altro. » Alexya era divorata dalla curiosità, dopo tre ore il vecchio a cui non aveva chiesto il nome, lui non l'aveva detto, se ne andò con millecinquecento crediti.
Si sentiva strana, quei racconti di storia vissuti in prima persona l'avevano colpita.
« Ehi, phantom... » Lei si voltò, l'uomo si era fermato « Gira una voce per le strade, probabilmente falsa come tante altre, qualcuno sta dando la caccia a chiunque abbia un programma d'indottrinamento di Cerberus. Fai attenzione. »
Alexya annuì e questa volta lui se ne andò.
« Tutto bene? » Chiese Taiga avvicinandola, l'aveva vista parlare intensamente e non aveva osato intromettersi. Per una volta le sembrò turbata.
« Si. » Disse lei mettendosi in piedi.
*****
Cinque individui come tanti, banali criminali da strada con il volto segnato da cicatrici, dall'abuso di alcool e droga erano riuniti in circolo intorno alla loro vittima.
Uno di loro teneva in mano un palmare, sul cui schermo appariva la scritta “Dragoon”. Sorrise, fece un cenno d'assenso e gli altri si chinarono per afferrare e trascinare un anziano senza tetto.
« Questo vecchio inutile ci farà guadagnare bene, i dragoon sono rari e questo significa qualche premio extra. » Spiegò un biondino platino.
« Magnifico! » Disse un altro balordo.
Il palmare emise un segnale, il suo utilizzatore ne fu veramente sorpreso. Cominciò a muoverlo, orientandolo nella direzione in cui il segnale era più forte.
Era euforico, non credeva di aver avuto un simile colpo di fortuna. In lontananza, vide due ragazze salutare, sulla soglia di una porta, quello che sembrava un prete.
Mise via il palmare, sul cui schermo era apparsa la scritta “Phantom”.
Il loro programma d'indottrinamento valeva una fortuna. Non si sarebbe mai aspettato di trovarne uno che faceva il prete.
Non prestò attenzione alle due ragazze che si allontanarono nella direzione opposta a dove si trovava lui, erano troppo giovani per aver aver avuto a che fare con Cerberus.
« Che botta di culo! Sarà incredibilmente facile. » E rise di gusto.
*****
« Vai avanti senza di me, ti raggiungo dopo. Devo tornare un attimo indietro, voglio dire una cosa al reverendo. » Dichiarò Taiga, senza aspettare una risposta dall'amica corse via. Aveva deciso che avrebbe parlato a Isai del divieto imposto ad Alexya di partecipare ai riti religiosi che si tenevano, in alcune date, a scuola. Quella era l'ultima barriera da abbattere, per la sua amica.
Alexya rimase immobile a fissarla mentre spariva nell'oscurità della sera. Non aveva problemi a stare sola, ma non le piaceva. Indecisa non sapeva se raggiungerla o tornare all'accademia, temeva che seguendola l'amica l'avrebbe accusata di essere un'impicciona.
Mossa quasi inconsapevolmente dalla ragazza, la spada al suo fianco cominciò a tintinnare impaziente.
Lei odiava quando non giungeva a una decisione immediata.
*****
Isai venne buttato a terra. Qualcuno aveva bussato alla porta della mensa dei poveri, pensando a qualche ritardatario affamato aveva aperto.
Il biondino puntò contro di lui il palmare che non diede nessun segnale « Eh, beh...che gli prende a quest'affare? » Si domandò perplesso.
In quell'istante la porta si aprì. Taiga e i cinque balordi che attorniavano Isai al suolo si guardarono per un istante sorpresi.
« Prendetela! » Ordinò a squarcia gola il biondino. Lei reagì prontamente, tirando un pugno a quello che le si avvicinò per prima.
Il rumore del colpo fu secco e preciso, l'uomo venne buttato sul pavimento. Ma qualcuno riuscì ad afferrarla da dietro e senza troppo sforzo, la sollevò in aria per bloccarla.
La testa di lei scattò all'indietro rompendo il naso del suo aggressore che perse la presa. Nuovamente libera si girò verso di lui tirandogli un calcio nelle palle, mettendolo fuori gioco. Voltandosi subito dopo per fronteggiare il resto degli aggressori, era pronta a continuare e sapeva giocar sporco.
« Fermati o il prete muore. » Si sentì dire da un biondino, puntava una pistola alla nuca di Isai.
« Tu chi cazzo saresti? » Urlò il malvivente. La ragazza si fermò
« Qualcuno con un cazzo più grande del tuo e sono una ragazza, impotente sfigato! » Gli urlò contro lei minacciosa, per niente intimidita.
« Puttanella! » Gridò arrabbiato lui, dirigendosi verso di lei e lasciando il prete ai propri uomini. Colpì Taiga in faccia con un pugno diretto.
La ragazza non cadde puntellandosi con i piedi, perdeva sangue dal naso. « Che pugno di merda, io il naso te l'avrei rotto. Impotente sfigato rammollito di merda. »
Il criminale sembrava sul punto di perdere la pazienza, ma la sua espressione arrabbiata improvvisamente sparì. Tirò fuori il palmare che non diede nessun segnale.
« Quindi era la tua amica, la bionda, il phantom. »
« Che cazzo volete da lei? Non sapete di chi state parlando. Teste di cazzo. »
Spazientito da quelle parole, il biondino l'afferrò con forza gettandola a terra. Quattro dei criminali la immobilizzarono afferrandola per gambe e braccia, mentre solo uno rimase a bloccare Isai.
Il biondino si mise a cavalcioni su di lei, bloccandola sotto il suo peso. Sorrideva in un modo che a lei non piaceva.
Da una tasca interna della propria giacca rosa, tirò fuori una siringa con un liquido viola al suo interno. « Questa è la droga “Lingua della verità”, ti sballa a punto che non riesci più a mentire. » Lui allungò una mano palpandole il seno e scatenando da parte di Taiga una serie di insulti a cui non fece caso.
« Mi piacciono le tipe piatte. Credo che approfitterò di te, mentre sarai troppo sballata dalla droga. » Detto questo avvicinò la siringa al collo della ragazza.
Taiga brillò di un blu elettrico, il biondino esclamò « Eh? Sei biotica... »
« Alexya! » Gridò con foga la ragazza, i presenti si guardarono attorno allarmati. Non c'era nessuno.
Lei era spaventata anche se cercava di non darlo a vedere, si era aggrappata ad una possibilità ridicola. Se ne rendeva conto, Isabella appariva sempre quando Dasha anche solo mormorava il suo nome.
Alexya ormai doveva essere distante, nei dormitori dell'accademia.
Una sfolgorante, abbagliante e improvvisa luce rossa si originò sopra di loro, in alto, accecando i presenti.
"Dio ha detto: Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato.”
Quelle parole, anche se solo pensate, imparate dal libro dei Salmi vennero spontanea a padre Isai davanti a quella che credette fosse una visione celeste.
Era una figura umana, stupenda a vedersi, dotata di ali, armata di un spada fiammeggiante e attorno ad essa si espandeva il potere divino.
Questa era piombata sui criminali, la sua spada li abbatté il pochi secondi impartendo quella che credette la punizione divina. Quando la luce si attenuò, poté realmente vedere: Alexya Weaver era in piedi davanti a lui, teneva Taiga al sicuro stringendola accanto a se con un braccio attorno alla vita.
In mano la spada con cui quella sera si era presentata, non era fiammeggiante ma la sua lama era di un colore rosso carnino. Gli sembrava un'arma terribile solo a vedersi.
Quelle che aveva scambiato per ali, erano in realtà dodici cristalli disposti in orizzontale e sei per lato alle spalle della ragazza. Erano sospesi in aria e seguivano i movimenti della ragazza.
La bellezza, la perfezione dei lineamenti e la maestosità della sua persona brillarono in tutta la loro potenza, attorniata da maestose ondate di potere biotico.
I suoi capelli biondi, brillavano mossi da quel potere biotico sembrando la più lucente delle corone.
Lo sguardo era vivo, lucente e penetrante. Li teneva leggermente socchiusi, fissando minacciosa i criminali. Li aveva solo colpiti violentemente, ma limitandosi a questo per timore di ferire anche Taiga.
Non era concentrata su nessuno, ma sembrava che al suo sguardo nulla potesse sfuggire.
Aveva un sorriso crudele e seducente, l'espressione in viso era di piacere.
Stava sfogando il suo potere, dopo molto tempo. Non poteva evitare di sentirsi bene.
Tutti la osservarono ammutoliti.
Mosse appena il piede destro, schiacciando una siringa li accanto. Sentì provenire da essa la traccia energetica tipica delle droghe biotiche. Mischiare il magnifico eezo di Taiga con quella robaccia?Ringhiò furiosa, emise un verso bestiale.
I criminali parvero riprendersi e scapparono via.
Con la loro fuga Taiga sentì la presa dell'amica venir meno, la sua spada tornò normale e i cristalli alle sue spalle sparirono.
Alexya trasse alcune sospiri profondi, era stanca per tutta quella energia biotica usata. Lo sforzo fisico non era stato indifferente, avendo manifestando i suoi poteri al massimo.
Fece un passo avanti. Taiga l'afferrò con forza per una mano « Alexya Weaver non uccide a caso, non è preda dei suoi istinti. »
Lei guardò l'uscita davanti a se « Ti ho messo paura? »
« Da quando si ha paura degli amici? Adesso fai ciò che vuoi, nessuno potrebbe trattenerti. » Disse lei, intuiva cosa l'altra volesse fare.
Lei si diresse verso la porta, appena oltre la soglia, dove la luce non arrivava a rischiarare il buio della sera Alexya sparì.
Taiga si guardò la mano con cui l'aveva afferrata, tremava. Non aveva paura di lei, aveva detto il vero, ma non poteva evitare che il suo corpo tremasse percependo la pericolosità che si irradiava da lei come da una qualunque delle tre sorelle Weaver.
« Sarà meglio chiamare la polizia. » Disse Isai affiancandola, ancora confuso per tutto quello che era successo non aveva osato farsi avanti. « Avrei molte domande sulla cadetta Weaver, ma credo che farò bene a tenerle per me. »
« Scelta saggia. »
« Vorrei però sapere cosa farà adesso la sua amica? »
« È a caccia, riporterà quei criminali anche se non so in che condizioni. »
« Perché non l'ha fermata? » Chiese preoccupato il prete da quell'ammissione.
« Nessuno ferma una Weaver quando caccia. »
« Cadetta, è tutta rossa in viso. » Disse lui, a quelle parole Taiga provò un senso di vergogna che non seppe spiegarsi e il prete aggiunse, quasi parlasse a se stesso « È bello essere giovani e innamorati, quanti ricordi. »
« Non è vero! È solo che Alexya è sempre una super-figa, non sono innamorata, è solo il maledetto effetto ponte! »
Il prete si limitò ad allontanarsi dicendo « Chiamo la polizia. »
*****
Uno a uno gli altri erano spariti, afferrati da qualcosa, il biondino correva per le strade buie e deserte in preda al panico. Era rimasto da solo, qualcosa dal buio li stava seguendo.
Non lo vedeva, ma sapeva che era appena dietro di lui a volte così vicino da sentirne il fiato sul collo. Una luce. Era una banchina dei bus illuminata.
Alla luce sarebbe stato al sicuro, questo era il suo pensiero. Un'idea primordiale che lo stato di terrore in cui si trovava non gli permetteva di valutare.
Si appoggiò tremante e senza fiato sulla panca illuminata, quando alzò la testa, una mano gli afferrò con forza inumana la faccia. Fece appena in tempo a guardare tra gli spazi delle dita, per vedere un viso da ragazza ma con l'espressione più spaventosa che avesse mai visto.
Era quella di una bestia feroce, dopo tutto si fece buio.
*****
La polizia non tardò ad arrivare, trovando i cinque criminali feriti ma vivi e svenuti.
Il giorno dopo la notizia si diffuse su qualunque canale informativo, Alexya Weaver era descritta come un'eroina. La notizia di per se non era sensazionale, ma era il coinvolgimento di uno dei cloni Weaver a renderla tale e ghiotta alla curiosità delle persone.
Volubile come sempre, l'opinione pubblica su di lei e sorelle cominciò a cambiare in meglio.
La sua non mutò minimamente, qualcosa di così incostante non meritava considerazione.
Quest'impresa, il suo nuovo modo di fare più amichevole e sapere che prestava aiuto volontario alla mensa dei poveri del reverendo Godel, sembrarono cancellare il timore che gli altri studenti avevano di lei.
Attirava sempre l'attenzione su di se, ma non più per paura ma bensì per quell'ammirazione, rispetto e invidia che si prova per persone dotate.
« Che te ne pare del sopranome che ti hanno dato? Imperatrice! Suona anche bene, imperatrice Alexya Weaver! » Disse Taiga prendendola in giro.
Qualcuno aveva lascito una breve poesia amatoriale su di lei, nella pagina extranet della scuola:

 
Acclamate, acclamate, acclamate.
Prostratevi a terra e acclamate. Volgete lo sguardo al cielo e acclamate.
Chinate il capo al suo passaggio e acclamate.
L'imperatrice Alexya Weaver passa in mezzo a voi.
Acclamate, acclamate, acclamate
fulgida nella propria gloria
avanza a passo sicuro
con ali lucenti raggiunge il campo di battaglia
affronta il nemico con spada infuocata
lo mette in fuga, le person son salve.
L'imperatrice vi ha salvato
Acclamate Alexya Weaver, acclamate

« Mi spiegheresti come, ieri, hai fatto ad "apparire" proprio quando ti ho chiamata? » Domandò Taiga curiosa.
« Non avevo voglia di ritornare da sola, così mi sono decisa a seguirti. Non ero tanto distante dalla mensa quando ho sentito il tuo eezo. Li ho sentito che eri in pericolo, il mio nome proprio non l'ho sentito. Va bene che ho il miglior udito umano possibile, ma ci sono dei limiti. Il resto è stato solo una sequenza di salti biotici e spostamenti di fase allo stadio rosso, facili ma stancanti. »
- Facili per te! – Fu il pensiero dell'altra che chiese « Come hai fatto a capire che ero in pericolo dall'eezo? »
« La lunghezza d'onda di un biotico varia di poco, a seconda delle situazione. Possiamo dire che i sentimenti la influenzano. »
« Te lo inventi adesso! Non ci credo! »
Alexya le porse un datapad, il titolo del testo sul display era: I sentimenti e l'eezo.
« Ma questa non è una di quelle teorie da quattro soldi, che seguono la moda del momento. »
« Si, quasi tutto quello che c'è scritto è immondizia, ma alcuni concetti secondo me sono esatti anche se sviluppati mali. Sto elaborando una mia teoria, forse un giorno potrei anche presentarla ufficialmente. Ammetto che formulare e magari insegnare una nuova teoria sull'uso dei poteri biotici è piuttosto interessante.»
« Ti piacerebbe insegnare? Insegnare ad usare poteri biotici, intendo. »
Alexya ci rifletté qualche secondo « Non mi dispiacerebbe insegnare quella materia, ma per farlo dovrei arruolarmi nell'Alleanza, cosa che di per se non mi crea problemi, e forse cercare di risultare meno spaventosa a chi mi sta intono. »
Approfittando del fatto che era stata lei a menzionare l'argomento, Taiga le chiese « Contenta che non abbiano più paura di te? »
« Non mi dispiace, ma non mi importa neanche troppo. Devo migliorare come phantom... » sospirò infelice « Credo che mi vorranno altri cinque anni, per poter affrontare Isabella alla pari. Sempre se lei non migliora ulteriormente. »
« Ci riuscirai, ti aiuterò io. Non ti farò certo “divorare” il mio eezo per i prossimi cinque anni, per vederti fallire. » Affermò Taiga.
Alexya non disse niente, si limitò a un sorriso luminoso e sincero. Lei si sentì a disagio.
« Sapevo di aver scelto bene, quando ho deciso di darle il tuo nome. » Dichiarò l'amica.
Lei la guardò senza capire « Di che parli? »
« La mia spada. » Disse lei indicandola, era appesa a dei sostegni al muro « Le ho dato il tuo nome: Taiga. »
« Perché? » Chiese sbalordita.
« Ti rispetto, sei mia amica e affidabile. Non è abbastanza? »
Lei si sentì arrossire, per qualsiasi delle sorelle Weaver quella spada era preziosa quanto la loro vita.
Averle dato il suo nome era un riconoscimento non da poco, ma...poteva indicare anche altro?
« Sai... » borbottò Alexya « Con quello che è successo ieri, non mi hai ancora fatto “divorare” il tuo eezo e in più...sono anche andato in “rosso”, ho preso le mie pastiglie ma certe voglie rimangono. » Disse ammiccante lei.
« Va bene...» Dichiarò Taiga facendosi coraggio, alzandosi e mettendosi difronte a lei « Finiamola con questa storia, non si può andare avanti così! »
Alexya non aveva capito cosa intendesse ma prima che potesse dire qualcosa, lei le prese il viso tra le mani e la baciò.
La ragazza era totalmente spiazzata, immobile.
« Forza Alexya, credo che tu sappia far di meglio. Così mi sembra di baciare una statua, partecipa un po'. »
« Ma... » Il bacio di Taiga e la sua lingua che le entrava in bocca la zittirono. Dopo una decina di secondi lei si staccò, battendo un paio di pacche sulle spalle di Alexya « Si, senza dubbio effetto ponte. Mi dispiace, sei una cara amica, sicuramente attraente ma non mi sento il batticuore. Non mi va neanche che diveniamo trombo-amiche, mi parrebbe di svilire il nostro rapporto. Però, potrai sempre “divorare” il mio eezo tutte le volte che vuoi e fare affidamento su di me. » Osservandola poi meglio chiese « Ti senti bene? »
Alexya non si era minimamente mossa, pareva essersi congelata « Io...»
« Era questo che volevi? »
« Io...ecco...era per provocati, non pensavo che...avresti osato, era un gioco... »
« Ah! » Si osservarono in silenzio, rendendosi conto che per uno scherzo frainteso e mal riuscito si erano baciate.
Taiga si infilò veloce sotto le coperte, Alexya si mise china sulla scrivania nascondendo la faccia tra le braccia.
Non si rivolsero la parola fino al mattino dopo, entrambe erano troppo imbarazzante ma non riuscivano a non pensare alla sensazione di quel bacio.
Una parte di loro, era curiosa di ripetere.
*****
Quello che non venne reso pubblico, fu che i criminali confusero il prete con lei. Non sapendo inoltre chi avrebbero affrontato.
I programmi di indottrinamento erano vietati ovunque, ma questo non impediva che fosse possibile trovarne al mercato nero.
Era merce costosa, ma poco richiesta perché solo specialisti sapevano adoperarla. Inoltre si rischiava sempre di attirare l'attenzione di qualche s.p.e.t.t.r.o del Consiglio, a commerciare con essi.
Quelli sviluppati dopo la guerra non reggevano però il confronto con quelli di Cerberus, nonostante i decenni passati, che rimanevano il meglio che si poteva trovare.
I programmi più recenti, economici e di qualità inferiore erano denominati “Idea Fissa”. Una volta nella mente della persona, questa sviluppata un idea fissa o un ossessione per un data funzione a seconda dei parametri del programma.
Avrebbe dato tutto se stessa, praticamente ignorando qualsiasi cosa le accodasse intorno. Ma il limite è che non avrebbe potuto fare altro, mai più. Uno schiavo perfetto, che traeva una completa felicità da svolgere quel compito a cui si sarebbe dedicato fino alla morte.
Tale limite però non riguardava i programmi Cerberus, in cui il soggetto colpito era condizionato ad ubbidire ma senza sviluppare un ossessione e avrebbe potuto svolgere qualsiasi ordine le venisse impartito secondo le proprie possibilità.
Per questo erano molto ricercati, ma non rimanendo molti degli indottrinati di Cerberus in vita da cui ottenerli erano rari.
Questo costringeva ad usare apparecchiature in grado di tracciare il segnale di questi programmi, come il palmare usato dal biondino.
Tuttavia essi erano molto più sofisticati del normale e si si stavano diffondendo in certi ambienti illegali.
Una volta ottenuto il programma Cerberus, la fase successiva era cercare di duplicarlo in modo da avere più coppie di esso da vendere.
Da breve tempo un cartello della droga operante in centroamericana aveva cominciato una tratta di persone, questi rapivano gli ex indottrinati di Cerberus per ottenere dalle loro menti i programmi causando enormi danni neuronali o la morte del soggetto.
Questa era un'informazione che sapevano in pochi, i criminali e i poliziotti che indagavano su di loro.
Ma aver avvicinato Alexya Weaver faceva entrare in gioco personalità di ben altro livello.
Lei non poteva tollerare che sua figlia fosse stata presa di mira.
La “signora di Noveria” era furiosa.
*****
Nella fitta giungla costaricana era facile nascondere cose enormi, anche un palazzo.
Un esempio di questo era la vasta villa che sorgeva in mezzo al nulla, solo una stradina sterrata conduceva fino ad essa.
Ma la costruzione in stile coloniale era più simile a una fortezza, uomini armati ne sorvegliano il perimetro e un paio di navette era parcheggiate e garantivano una rapida fuga.
Attorno ad essa vi erano intere piantaggini coltivate a droga, a occuparsi di esse delle persone ridotte a schiave da programmi Idea Fissa.
La donna era asiatica, il suo braccio sinistro una protesi com'era evidente dal fatto che fosse di metallo. Indossava scarponi militari, pantaloni di una mimetica e una semplice maglietta nera.
L'espressione in volto non lasciava dubbi sul suo umore, era arrabbiata.
Si fermò davanti a un elegante porta intarsiata, sorvegliata ai lati da due sentinella armate.
« Devo parlare con Don Garro. » Dichiarò, un attimo di attesa in cui le guardie consultarono qualcuno e venne fatta accedere allo studio privato di Jose Garro, un importante trafficante di droghe e molto altro.
« Mi aspettavo una sua visita. » Ammise l'uomo, aveva un fisico molto asciutto e un paio di baffetti. Solo guardandolo si capiva che pietà e carità non erano tra le sue virtù. Era seduto comodamente su una poltrona, nonostante ve ne fosse un'altra libera non fece segno alla sua ospite di accomodarsi.
« Sa cos'hanno fatto i suoi uomini? »
« Lo sa il mondo, ma non ha importanza. Sono elementi privi di valore che non sanno niente, polizia o altri non mi troveranno. Neanche la Noveria Corps, sono sicuro che è qui perché teme questo. »
« I miei capi hanno deciso di recidere l'accordo che avevano con lei. »
Don Garro la guardò duramente « I suoi capi si sono fatti prendere dal panico, adesso hanno paura... ma in questa giungla io sono il re! Quindi lei mi ubbidirà e dirà i suoi capi che è tutto sotto controllo, solo ieri vi abbiano inviato un programma di indottrinamento dragoon, questo prova che il nostro affare non corre rischi e loro dovranno continuare a pagarmi...se vuole uscire viva da qui. »
Il colpo fu secco e deciso, il collo del narcotrafficante venne spezzato con un sol colpo di karate dato con l'arto di metallo.
Don Jose Garro morì senza un suono, mentre la sua assassina si dirigeva verso l'uscita ancor prima che il suo corpo toccasse il pavimento. Sicura del suo operato, non aveva bisogno di voltarsi a controllare.
Idioti, non si rendono conto di chi hanno provocato.” Pensò seccata al pensiero del tutto il lavoro in più che le sarebbe toccato per cancellare qualsiasi cosa potesse condurre a lei.
Un'ora dopo la località venne invasa dai soldati in grigio roccia di Divisione N. Non trovarono nessuno, solo cadaveri. Tutti erano stati uccisi a mani nude, nonostante sembrasse esserci stata una violenta sparatoria.
Makarov frugò il cadavere di Don Garro, in una delle tasche trovò un biglietto da visita.
*****
Su Noveria, nel suo ufficio dentro Caninea, Dasha aveva finito di leggere il rapporto di Cristina balestrieri, il direttore degli affari della Noveria Corps sulla Terra.
Nella villa era stato trovato un gran numero di cadaveri, tutti morti inseguito a un'aggressione a mani nude nonostante i segni di un sparatoria piuttosto violenta.
Nella tasche del boss era stato rinvenuto un biglietto con la scritta Amalgama groups.
« Amalgama groups. » Mormorò Dasha, qualcosa in quel nome le suonava familiare. Si mise al lavoro sul suo computer, digitò il termine e diede il comando “Trova”.
Quindi si mise ad aspettare, non era neanche sicura di ricordare bene e il suo terminale era pieno di contratti. Questo voleva dire decine di pagine per ognuno.
Però le sembrava di aver letto quel nome di recente, se aveva ragione il documento non doveva essere troppo vecchio né la ricerca particolarmente lunga.
Un paio di minuti dopo, un avviso acquisto segnalò che era stato trovato qualcosa. Adesso ricordava, era un e-mail ricevuta da Olivia.
Niente di strano che Cristina non avesse trovato niente tra i documenti ufficiali.
La sua “vicina di casa” chiedeva: Hai mai sentito nominare qualcosa chiamata Amalgama Groups?
Lei si era limitata a rispondere: Mai sentito.
Meditò sulla questione solo un paio di secondi, quando le venne segnalato un secondo risultato. Anche questo non rientrava tra i documenti ufficiali, in più era ancora segnalato come “non letto” sebbene vecchio di qualche mese.
Era un breve messaggio cifrato di Tenus. Il suo significato era che qualcuno, dai dati era un operaio di basso livello, aveva cercato di tradire la Noveria Corps quando era entrato in possesso di informazioni confidenziali.
Quindi avevano aveva cercato di fare la cosa giusta, consegnando quelle prove alla legge.
L'assassino drell si era occupato del suo “licenziamento”. Tra le varie cose che aveva raccolto, per non lasciare indietro nessun collegamento alla Noveria Corps, vi era la lista di contatti che il morto aveva nel suo omnitool. Nella sua rubrica era memorizzata la voce “Amalgama Groups” con relativo numero.
La faccenda risultava però di scarsa importanza, in una visione più ampia.
Quelle informazioni avrebbero causato al massimo una brutta figura con relativa multa, era molto più preoccupante che qualcuno tentasse di tradire la Noveria Corps. Per questo lei aveva autorizzato il suo “licenziamento”, limitandosi a un cenno d'assenso quando seppe che la situazione era risolta. Evitando di perdere tempo a leggere un rapporto inutile o almeno lo riteneva così a quel tempo.
Compose il numero riportato ma risultò inattivo.
Meditabonda si dondolò per alcuni minuti sulla sedia: pareva che la Noveria Corps e questa Amalgama Groups si fossero già incrociate anche se a sua insaputa, Olivia non perdeva tempo in questioni inutili e se lei stava indagando forse sarebbe stato utile fare altrettanto.
Premette un pulsante sulla scrivania « Signora? » Disse una voce, era quella della segretaria di turno appena al di fuori dell'ufficio.
« Contatti l'ammiraglio Olivia Shepard, mi fissi un colloquio. »
« Come desidera, signora. » La comunicazione si chiuse.
Effettuò una seconda chiamata, questa rivolta alla sezione informatica della compagnia che oltre a quei compiti abituali svolgeva anche una funzione di spionaggio e controspionaggio, essendo i segreti industriali sempre ambiti.
Un oloschermo le mostrò l'immagine di Sunt, il suo volus hacker e responsabile della parte informatica della Noveria Corps.
« Lancia una ricerca per questi termini “Amalgama groups”, priorità alta. »
Lui annuì e rispose « Agli ordini.» Quindi chiuse la comunicazione, accorgendosi che non serviva altro.
Dasha ritornò al suo lavoro ordinario, in attesa degli sviluppi dei suoi ordini.

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Capitolo 6
*** Signora di Noveria: Dasha Weaver ***


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Dasha Weaver disegnata da Sara Frirry Beltrame

La porta degli appartamenti di casa Weaver, nel gigantesco complesso industriale di Caninea, sul pianeta Noveria, si aprì e Dasha Weaver ne uscì sorseggiando caffè caldo e amaro in una tazza. 
Le guardie sull'uscio scattarono sull'attenti, lei ci passò in mezzo senza degnarle di uno sguardo.
Era una pessima giornata per la “Signora di Noveria”, anche se era appena iniziata. 
Si semplicemente svegliata e le sue prime parole di quel giorno furono « Che giornata di merda. »
Era solo una sensazione ma a quel punto la giornata le parve rovinata. Il fatto che il tempo, fatto raro, quel giorno tendesse al sereno la scocciò ulteriormente. 
Entrava troppa luce, essendo dopo tutto pomeriggio sul pianeta. 
Noveria aveva un giorno da 52 ore. Per motivi pratici, si seguivano un calendario in cui un giorno era composto da 26 ore ma rispettando la regola delle 8 lavorative. Questo significava che un giorno su due, ci si alzava dal letto che sul pianeta era pomeriggio secondo il calendario solare. Tali giorni erano detti giorni di mezza giornata. 
Lei odiava ammetterlo anche con se stessa ma ogni tanto si faceva prendere dalla nostalgia. Le sue tre figlie adottive erano distanti su altri mondi, a modo proprio ognuna aveva deciso di prendere una strada diversa per il futuro. 
“ Più o meno, Diana per adesso pensa a divertirsi e a fare sesso con Henry. La mia...bambina...fa sesso. “
Bevve un lungo sorso di caffè, mentre qualsiasi rimasuglio di buonumore era brutalmente distrutto da questo pensiero. 
“ Come diavolo fanno i genitori tipici ad abituarsi a quest'idea? Mah...finirà che mi trasformerò in una patetica donna di famiglia. A volte mi chiedo se non ho perso il mio approccio, il mio stile... mi sto rammollendo. “
Entrò a passò deciso nella sala conferenza dove quindici individui di ogni sesso, razza e specie erano seduti attorno a un tavolo in attesa di lei. 
Erano il C.d.A. della Noveria Corps, la terza entità più autorevole all'interno della multiplanetaria. Al di sotto della presidentessa Dasha Weaver e del vice Isabella Noveria, ma al di sopra dei direttori locali. Questo diceva l'organigramma della compagnia. 
Lei sorrise diabolica, la divertivano per quanto erano corrotti. Il precedente C.d.A. era rimasto ucciso in un attacco che aveva quasi distrutto Caninea nella guerra contro i grigi. Si era trovata costretta a ricostruirlo, per farlo si era fatta mandare delle persone da ogni direttore. Aveva quindi selezionato le migliori tra di esse, utilizzando infine le capacità di lettura del corpo di Isabella per identificare i più corrotti.
Quindici individui assetati di potere, desiderosi di eliminarla e prenderne il posto. Avrebbero fatto di tutto per il denaro e potere. Per questo li aveva scelti, per guidare la Noveria Corps servivano ferocia, iniziativa e inventiva. I traditori avevano queste doti molto di più che gli onesti. 
Inoltre la divertiva misurarsi con quelle persone, sapeva che avrebbe dovuto lottare contro di loro per mantenere il suo ruolo. Questo la stimolava. 
Le sue prime parole a questo gruppo furono « Volete di più? Desiderate prender il mio posto? Provateci, impegnatevi quanto vi pare, accordatevi con i direttori e tra voi. Questi giochi di potere non mi interessano, perché sarò sempre io a determinarne il risultato. Ma attenti, sbagliate e siete morti. »
Erano passati due anni da quelle parole e tutti occupavano ancora i propri ruoli, il nuovo C.d.A. Aveva presto compreso perché nessuno dei direttori si era anche solo dimostrato interessato. Lavorare a stretto contatto con Dasha Weaver metteva in ombra chiunque. 
I direttori erano molto più rispettati di loro e la Weaver era solita dire che erano lì “solo per alleggerirle il lavoro. “ 
« Signori, problemi? » domandò Dasha sarcastica. Era una domanda retorica, sapeva che ogni giorno ve ne sarebbero stati.
« Considerando quello che sta succedendo su Thessia direi che è un eufemismo. Aver protetto quelle Ardat-Yakshi, dire che la Noveria Corps sta cercando una cura per tale sindrome genetica ha gettato la compagnia al centro di uno scandalo. Come se non bastasse Myr Vatis si è candidata al governo di Thessia, un'azione assolutamente senza senso. Non ha possibilità di vittoria. I risultati sono stati un enorme danno d'immagine, l'opinione pubblica divisa e confusa, siamo in rapporti a dir poco ostili con il governo di Thessia, di fatto abbiamo sfidato i Thatora. L'unico vantaggio in tutto questo è che le Ardat-Yakshi hanno raggiunto Rakhana come lei ha chiesto, qualsiasi cosa significhi visto che è la sola in questa sala che sa cosa succede in quel posto. » affermò Lial T'davo, un asari dall'epidermide color verde acqua.
Dasha aveva ascoltato in silenzio quel resoconto, velate accuse per com'era stata gestita la situazione. « Avete anche qualche soluzione da propormi? Non credo di pagarvi per sentire le vostre banali lagne. » disse con un mezzo sorriso in volto, ricordando a tutti perché sul lavoro sapeva essere una vera stronza. 
« Cercare accordi, crearsi un'apertura per un ritiro “onorevole” e salvare i rapporti con il governo asari e i Thatora. » propose Tarnar Femore, un salarian. Era appassionato di cruciverba. 
« Come ci vedono le altre razze? » chiese freddamente lei. 
« Non comprendono il comportamento delle asari, l'opinione pubblica è neutrale verso di noi perché non si interessa alla vicenda o positiva, perché ritiene che stiamo facendo la cosa giusta. Il nostro indice di gradimento è in salita. Solo presso le asari sta calando, la motivazione principale è che ci siamo impicciati di qualcosa che era affar loro. » spiegò Alfonso Hayer, un uomo di quarantanni. Un tempo lavorava nelle assicurazioni.  
« Considerando l'importanza strategica del mercato asari, è un problema non trascurabile. » affermò Visia Brulus, una turian col vizio del gioco.
« Invece è esattamente quello che faremo. » commentò Dasha.
« Presidentessa? » chiese Mirana Gadeava, asari ma del classico blu. Era interessata al sesso, lo condivideva con chi capitava. 
« Le cause perse, le lotte per le minoranze, la difesa dei diritti di qualche sparuto gruppo di idioti disperso nel culo di questa galassia è qualcosa che la gente ama. Noi non faremo niente, tanto più il governo centrale e quelli locali ci criticheranno, tanto più l'opinione pubblica delle altre specie si metterà dalla nostra parte. Preparate dei comunicati stampa, toni pacati, chiederemo semplicemente scusa ma affermeremo di essere nel giusto. Se nonostante questo ci dovessero “schiaffeggiare sulla guancia destra, porgeremo anche l'altra”. Non possono toglierci niente di quello che possediamo, possono solo fare tanto rumore. Se ci provassero avremmo tutte le ragioni per trascinare in tribunale il governo stesso, con una causa miliardaria. Stiamo fermi e la tempesta passerà da sola. » 
Molti annuirono o sospirarono d'angoscia, “incrociare le armi” con il governo di Thessia non piacevano a nessuno dei presenti. Solo alla Weaver quell'idea non faceva né caldo ne freddo. 
Ma erano stati scelti perché avevano un'anima nera.
« Il problema è che ci manca una figura abbastanza forte sul posto, Myr non è sufficentemente popolare. Serve un simbolo più forte o un rafforzamento della sua figura. » commentò Vipius Tremogatus, un turian. Quando era indipendente guadagnava facendo fallire le aziende. 
« Organizziamo un finto attentato. Inventiamoci un gruppo di esaltati contrari alla cura. » propose Agnese Atwood, una donna umana con la passione dei gioielli, come mostravano le sue dita.
« Un gruppo? Troppo complicato. Meglio azione singola, opera di folle, più facile da spiegare. Un gesto di qualche ex-militare asari. Suggerisco di cercare tra asari i cui parenti siano stati uccisi da una Ardat-Yakshi, movente perfettamente plausibile. » consigliò Limip Liluse, una salarian. Sempre scattante, attenta ai dettagli ed ex-avvocato della malavita. 
« Mantenere il segreto sarà essenziale. » commentò Canius Petaso, turian, il suo passatempo era cercare di convincere Visia a fare sesso con lui. 
« Divisione N sa come fare, potremmo anche non cercare personale esterno. Ex-assasini non mancano tra le sue file. Trovare un tiratore scelto o un esperto in esplosivi non sarà un problema. » commentò Caamma Teerrel, una quarian con un'espressione arrabbia. Non aveva mai dimostrato di possederne altre.
« Questi sono aspetti che dovremmo far decidere al direttore Vatis, conosce la situazione meglio di noi. Far sparire ogni prova sarà un suo compito. Affidiamoci alle sua capacità...se lei è d'accordo presidente? » disse Opiter Hablianus, un turian con una protesi al posto della mano destra. 
« Mi piace, ma non diremo niente a Myr. Informate di questa decisione solo il suo capo della sicurezza e ditele di metterla in pratica. Si è più credibili, se davvero non si sa niente. Sarà informata solo dopo.»
« Così facendo il direttore Vatis potrebbe rimanere ferita o peggio? » chiese Jostarth Furajii, una salarian coinvolta in alcuni accidentali disastri ambientali. Nessuno aveva mai provato niente al riguardo. 
Dasha sorrise in maniera raggelante « In tal caso piangeremo in diretta galattica la morte di questa grande personalità che ha combattuto per una così nobile causa. »
Tutti sorrisero a quella scelta, un eroe morto era uno scudo perfetto da ogni accusa. 
« Non teme che il direttore Vatis possa avere da ridere, una volta informata della cosa? » domandò Vico Soden, un uomo di colore ed ex spia dell'Alleanza. Aveva il vizio di abbandonare il proprio datore di lavoro, per chiunque pagasse meglio.  
Dasha fece un gesto con la mano, come a liquidare l'argomento « Myr mi deluderebbe, se mi dicesse qualcosa da diverso di “ Eccellente piano, presidente. “ » 
La riunione proseguì senza particolari problemi, a metà mattinata venne annunciata come al solito una pausa. Tutti si alzarono, lasciando la stanza. Solo Dasha rimase. 
Ruotò la sedia. Un olofinestra trasmetteva sulla parete, in tempo reale, quello che avveniva all'esterno. Per una volta il meteo del pianeta sembrava fare il bravo. C'era il sole e non la classica tempesta di neve. 
Dasha, in quei momenti non sapeva mai bene che fare, tutte le persone a lei care erano distanti. 
Si sarebbe sparata a un piede piuttosto che ammetterlo, ma si sentiva sola e ogni tanto questo la faceva star male. 
Era ricca, ma negli ultimi sei mesi la sua vita si era divisa tra i suoi alloggi spesso vuoti e il lavoro. 
Sembrava ridicolo ma per lei era diventato problematico muoversi su Noveria, al di fuori di Caninea. “Non posso entrare in un bar, senza che le guardie facciano uscire tutti. Se prendermi un caffè solleva un casino, mi passa anche la voglia. Che mi debba trovare un hobby? Non saprei a cosa dedicarmi.” 
Qualcuno bussò alla porta, lei si voltò e vide la Naomi fare capolino. 
« Ciao! » le scappò. Un po' troppo cordiale e allegra, al punto che anche il comandate di Divisione N inarcò un sopracciglio. 
« Problemi? » chiese col solito tono gelido. 
« Olivia è qui, pare che voglia discutete con te. » spiegò lei osservandola sospettosa. Conosceva la Weaver da anni. 
« Esatto. » si limitò a dire Dasha, odiandosi. Olivia era per lei l'incarnazione stessa del concetto di problema. Come se non bastasse la ex consigliera Tevos, “dannata bastarda”, aveva dato a lei il comando della neonata forza militare multispecie I.D.G., assegnandole come QG Noveria.
In pratica lei era obbligata a condividere lo stesso piante con Olivia. 
Quindi perché si sentiva allegra all'idea di incontrarla? Perché la sensazione di noia spariva? Non è che si divertisse a ogni loro incontro, trasformandolo in un confronto di arguzia e forza di volontà. 
Non succedeva e lei non si divertiva... “Perché cavolo mi sento così allegra è impaziente?” pensò, quasi scocciata con se stessa. 

 
*****
 « Cosa stai combinando su Rakhana? » chiese la rossa.
« Lo sai benissimo, i rapporti che invio all'ammiraglio delle forze I.D.G. non credo vadano a un'altra persona. »
« Ah,ah, certo...studi sull'eezo 19 e tecnologia dei razziatori. Non ci credo neanche per un'istante che sia tutto lì. »
« Hai accesso alla struttura, come anche gli s.p.e.t.t.r.i. del Consiglio. Sapete tutto quello che accade. » obiettò la Weaver. Il tono lievemente strafottente che aveva usato fece venir voglia ad Olivia di tirarle un pugno. 
« Non ho dimenticato le tua parole a quella festa ad Armali, due anni fa, “Indovina cos'ho in mente. “ »
Dasha non riuscì a trattenere un sorriso « Quella era una semplice battuta. »
« Col cavolo! »
« Quindi? Hai una risposta? » 
« Non ancora, ma ti assicurò che l'avrò prima che qualsiasi cosa tu stia elaborando riesca. »
Si fissarono qualche istante in silenzio, in una muta sfida. 
Olivia riprese quindi la parola « Per l'altra questione, la realizzazione di armamenti anti-eezo 19?»
Entrambe le donne volevano una cosa, impedire la realizzazione di biotici a eezo 19. Vi erano troppi interessi al riguardo, nonostante i divieti del Consiglio. 
L'unico modo era dimostrare che l'eezo 19 non era così eccezionale. Il modo migliore era presentare armi capaci di neutralizzare qualsiasi tipo di vantaggio potesse dare. 
« I tecnici mi danno una stima i cinque anni, per ottenere qualcosa di veramente commerciabile. Però, da un lato siamo a un punto morto. » commentò Dasha.
« Perché? » chiese sorpresa Olivia. 
« L'armamento conta fino a un certo punto, dopo dipende dalle doti del soldato. Entrambe sappiamo, mi è costato accettarlo, che la via più facile per raggiungere il nostro scopo è che Isabella perda in un combattimento dimostrativo. La sconfitta del primo e più potente biotico a 19 non potrebbe non avere conseguenze. »
« Ma...? »
« Dai test fatti per adesso, anche senza poteri Isabella vince. »
La notizia non sconvolse Olivia,  pensare che fosse l'energia biotica a rendere il phantom pericoloso era un errore che molti avevano pagato con la vita. Lei era letale di per se. « Se Isabella vince, anche senza usare i suoi poteri, il pubblico penserà sempre e comunque che sono stati quelli a farla vincere. Ogni nostro sforzo alla fine sarebbe vanificato. »
« Già . » ammise la Weaver. 
« Non puoi chiederle di perdere? Volontariamente? » 
Dasha fece una smorfia « Le posso chiedere di non vincere, ma non di perdere. Ci ho pensato, ma vi sono due problemi: 1) non so se sarebbe disposta a perdere volutamente, nemmeno se glielo chiedo io. 2) Temo che il pubblico si accorgerebbe della finzione. In tal caso i nostri problemi aumenterebbero in modo sensibile. »
Olivia sospirò dalla frustrazione, le preoccupazione della Weaver erano fondate. 
« Proverò a cercare tra gli ufficiali qualche candidato adatto. » e aggiunse « Mal che vada potrei affrontarla io? » 
La proposta riuscì a meravigliare Dasha, l'idea non era stupida e Olivia era uno dei migliori soldati in circolazione « Mi stai dicendo che potrei dover tifare per te...contro Isabella? Ho mal di testa solo a pensarci. » 
Dopo quell'ultima frase l'incontro ebbe fine.

 
***** 

Mancava un'ora buona a l'ora di pranzo e il C.d.A. si era riunito. 
« Non pensate che rimuovere Olivia W. Shepard sarebbe un vantaggio per noi? Potessimo mettere qualcuno di meno...onesto... non sarebbe male. » dichiarò Vico. Non faceva sul serio, lo si capiva ma era un argomento accattivante. 
« Fosse per me, farei ritrasmettere nei telegiornali la sua storia di come ha avuto un aborto e sofferto di depressione per mesi. » propose Lial.
« Perché? La gente si metterebbe sicuramente dalla parte di lei. » rispose Weller Bebb, un esperto di  leggi. 
« Ma non sarebbe un'accusa, ma solo un ricordare un evento passato. Sono convinto che con la giusta spinta “miss onesta” potrebbe crollare nuovamente. » commentò l'asari.
« Interessante. » ammise Sasany Moraios, un asari di colore viola abbastanza sicura di se da rivolgere a Dasha occhiate maliziose. Il sesso era un mezzo come un altro per raggiungere certi scopi.  
« Fate...silenzio. » era stato appena mormorato, ma con tale decisione che i presenti si bloccarono nella posizione che avevano in quel momento. 
Non avevano idea di cosa fosse successo, tranne che Dasha Weaver era nervosa o addirittura arrabbiata. 
« Nessuno di voi farà niente, non ne saresti minimamente capaci, neanche la più piccola mossa contro l'ammiraglio degli I.D.G. Ora, se avete finito di fantasticare, andiamo avanti. » disse ma nella sua mente “Perché cazzo sono intervenuta? L'idea non era male. Se crollasse psicologicamente non potrei certo esserne incolpata.”
Le ore passarono, il pranzo anche che come gli altri giorni fu solitario. 
Al pomeriggio non vi erano riunioni, Dasha si metteva nel suo ufficio a sbrigare il lavoro. Firmare e leggere documenti.
Sospirò e si guardò in giro, le mancava Isabella. Adesso che l'altra donna aveva un lavoro capitava che si assentasse. 
« Che palle! » borbottò e si mise a girovagare su extranet. 
Senza un motivo apparente, andò a controllare il rendimento scolastico di Trish. Tutto bene, sulla pagine virtuale non erano segnate note o altro. 
Un'inserzione a lato attirò la sua curiosità, aprì la pagine e ne lesse il contenuto. 
« Che assurdità! Come se nella vita servisse a qualcosa. » dichiarò ma non sapendo bene a chi. Era sola e di certo non aveva bisogno di esternare ad alta voce le proprie idee per convincersi. 
« Un test...» mormorò incuriosita, aprendo la pagina.

Quel pomeriggio...

Dasha si stava godendo la tranquillità del pomeriggio e la forzata solitudine.
Il lavoro poteva aspettare.
Datapad in mano, sdraiata sul divano e snack a portata. 
Il campanello di casa suonò, quasi spaventandola e lasciandola perplessa. Poche persone potevano suonare a quella porta. Andò ad aprire.
« Che vuoi? » disse bruscamente, non si era aspettata Olivia. 
« Mi serve un favore. »
« No! » e fece per chiudere la porta, ma l'altra mise il piede in mezzo. 
« Senti, non impazzisco neanch'io a chiedertelo ma francamente sei abbastanza in debito con me da non poterti rifiutare. »
« Io...in debito con te? »
« Vuoi che facciamo il conto da quando, purtroppo, ci conosciamo? » 
Vi fu un attimo di silenzio « Entra. » disse infine, senza nascondere un certo disappunto. Per quanto criminale, la Weaver non era una donna tale da non riconoscere dei debiti e non pagarli. 
Olivia si guardò in giro incuriosita « È la prima volta che entro a casa tua. » 
« Che gioia, se non accadeva ero più contenta. » 
« Non so, mi aspettavo qualcosa...da ricchi...invece è normale. » dichiarò osservando l'ambiente che la circondava. Esso era moderno, pulito e luminoso. 
L'arredamento era stato attentamente curato, studiato per usare al meglio gli spazi. I migliori arredatori d'interni avevano lavorato per soddisfare i gusti della loro cliente. 
Per quanto ricca, Dasha odiava l'inutile e il superfluo. 
« Come mura d'oro o qualche stronzata simile? » commentò la padrona di casa. 
« Appunto! Come a volte si vede nelle case dei ricchi in televisione.»
« Se sono ricca più dei ricchi è per che non faccio simili stronzate. Ora che vuoi? » 
Olivia gli porse un datapad « Dovresti dare un'occhiata a questo. » disse lei con un sorriso complice. 
Lei lo fece  e … « La tua dichiarazione dei redditi? » chiese esterrefatta.
« Avrei un problemino... » affermò, ricevendo in cambio lo sguardo più incredulo che la Weaver potesse rivolgerle. 
Dopo una decina di minuti le aveva fatto un resoconto della situazione. 
« Vi siete persi i contributi degli I.D.G. degli ultimi due anni? Sul serio? »
« Ehi! Non abbiamo fatto niente, è stato qualcuno dell'amministrazione. » 
« Magnifico, ma che vuoi da me? » 
« C'è un indagine in corso, però avrei davvero bisogno che quei soldi saltino fuori al più presto. Non è che tu...potresti darci un'occhiata? » 
« Prego? »
« Ci sai fare con questo genere di cose. »
« Assumi un ragioniere. »
« Oh senti! Vuoi farti adulare o cosa? Ho bisogno di qualcuno che mi dia una risposta immediata, non chissà quando. » 
« Non so nemmeno perché lo faccio. » borbottò la Weaver, dirigendosi verso il proprio ufficio con la dichiarazione di lei in mano. 
Non sapendo che fare Olivia si sedette sul divano, sentendo qualcosa sotto al sedere lo prese in mano e vide un datapad. 
“ Ma che...? Un test di matematica? Se sono ancora a questo punto, le figlie di Dasha sono indietro negli studi” pensò fra se. 
Così, senza pensarci, incominciò a svolgerle. A suo tempo aveva avuto il massimo dei voti in matematica, come in qualsiasi materia. Motivo per cui aveva sempre avuto problemi con i compagni di scuola, causa l'invidia. 
Una ventina di minuti dopo poteva dire di aver finito.
« Che stai facendo? » la domanda che le era stata rivolta conteneva una tale nota di sorpresa da spiazzarla. Per un attimo si guardò confusa in giro, non capendo cosa potesse aver fatto. Poi guardò il datapad e solo allora si concentrò sui particolari dello schermo. 
In alto, l'utente registrato a quella pagina era segnato come D.W. 
Le cadde la mandibola dallo stupore. 
Dasha le strappò letteralmente il datapad di mano, urlando « Fuori! » 
Olivia scatto in piedi mentre prendeva in mano, quasi nello stomaco, il proprio datapad. 
Indietreggiò incerta, verso l'uscita ma sempre guardando Dasha. Era allibita da quello che vedeva e non di certo perché la Weaver era arrabbiata, a quello oramai non ci faceva caso tanto era normale, ma da quello che aveva intuito. 
Le stava letteralmente ringhiando addosso, le urlava di uscire, la minacciava con una mano indicandole nel contempo l'uscita ma era sicura di una cosa, tutta quella rabbia era solo apparente. 
Dasha Weaver era imbarazzata, proprio questo la lasciava incapace di reagire.
Era una situazione talmente imprevista e nuova che non sapeva come affrontarla. 
In men che non si dica si trovò a fissare la porta di casa Weaver dall'esterno.
Rimanendo interdetta e sentendosi leggermente in colpa. 

Dentro casa, Dasha fissò con rabbia crescente il datapad al punto da avere gli occhi lucidi. 
Lo fracassò lanciandolo al suolo.
« Non mi serve, non mi è mai servito. Non le darò l'occasione di ridere di me! Sono stata una stupida! » dichiarò, facendo respiri profondi e lenti. 
Aveva ottenuto tutto quello che una persona avrebbe potuto chiedere. Non aveva bisogno di fare quello stupido test, quell'idea era stata solo un capriccio senza pretese. 
Iscriversi a un corso di studio online? Che idea sciocca era stata. 
Mettersi alla prova? Non aveva bisogno di provare niente a nessuno.
Studiare e imparare, provare quelle cose che le erano state tolte quando qualcuno aveva fatto di lei una cavia per neo-Cerberus? Una sciocca visione romantica. 
Non aveva mai avuto bisogno di un titolo di studio, non lo aveva mai nemmeno desiderato. 
« È stato solo un momento di debolezza. » mormorò, sentiva la necessità di una boccata d'aria. 
Si alzò scattante e nervosa, aprì un armadio, prese una bomboletta spray fra le cinque presenti e si spruzzò il contenuto sui capelli. Si guardò allo specchio, emise un sospiro di frustrazione « Sembro la sorella di Olivia! » 
Si era spruzzata una colorazione istantanea per capelli, questa le aveva fatto diventare i capelli di un bel colore ramato. 
Aveva messo quegli spray tempo fa in quell'armadio, insieme a tutto il resto. Non ricordava nemmeno che colorazioni aveva scelto, al momento si era limitata a prendere la prima bomboletta che le era capitata in mano. 
Prese un ID della Noveria Corps, anche quello creato tempo fa, si cambiò d'abiti e come nel più classico dei film premette un pulsane per svelare un passaggio segreto dal salotto. 
« Andiamo a cazzeggiare in santa pace! Niente Divisione N e altri rompipalle attorno.»
*****

« Vogliamo Dasha, fatela entrare! » gridò un uomo, un operaio, dal proprio tavolo.
Rumorosi colpi di tosse fecero voltare il barista, verso la donna dai capelli rossicci che lentamente stava assaggiando il wisky.
« Tutto bene? » chiese lui gentilmente
« Si, grazie. » per un attimo pensò di essere stata scoperta. Si voltò verso chi aveva parlato, ma l'attenzione di tutti era rivolta al piccolo palco del locale. 
Quando la donna apparve, lei aggrottò la fronte incredula. Una “Dasha” con un sexy vestito da lavoro, era apparsa incominciando subito a muoversi seducente attorno a un palo e a spogliarsi. 
« Appena assunta? » domandò il barista. 
« Si. » disse, senza smettere di guardare il palco. « Non temete di avere problemi con questa parodia? » 
L'uomo ridacchio « No, se po dovessimo averne credo sarebbe per le puttane che per far contenti i clienti imitano la Weaver. » 
“Ma vah!” e incuriosita chiese « È così popolare? »
«  È una donna piacente, potente, pericolosa ed è il capo di tutti. Molto uomini non potrebbero pensare a qualcosa di più sexy neanche volendo. Immaginarsi di fottersi il capo è una delle fantasie più vecchie dell'universo, sopratutto quando è una donna. »
Lei annuì e chiese « In ogni caso è sempre il capo, viene davvero accetto tutto quanto senza problemi? » 
« La Weaver non ha mai dato l'impressione di offendersi per queste cose, in ogni caso le basterebbe comunicarlo e toglieremo tutto. Con molto dispiacere dei nostri clienti e suoi dipendenti. » 
Annuì e sorrise a quella risposta, il barista aveva ragione. Non le importava francamente niente, anzi, era quasi piacevole sapere di essere sexy per molti. Non era male per la sua autostima. Lei non si era mai soffermata a pensare su come la vedessero i suoi dipendenti da quel punto di vista. 
Quindi il barista le rivolse una profonda occhiata « Mai pensato di imitarla anche tu? Credo che piaceresti molto ai clienti nei panni della Weaver. Non ti andrebbe un secondo lavoro? »
A quella proposta dovette trattenersi dal ridere, le stava offrendo di imitare se stessa per far eccitare i suoi dipendenti. Non aveva mai pensato di trovarsi coinvolta in una discussione tanto assurda. 
In modo piuttosto pesante un biondo si sedette accanto a lei, aveva decisamente un fisico atletico. 
Lui non la degnò di uno sguardo e rivolgendosi al barista « Matt, qualcosa di adatto a scacciare i pensieri. »
« Ok amico, preoccupato per la finale di questa sera? » 
« Quale partita? » domandò lei incuriosita. I due la fissarono un attimo interdetti. 
« Scusala amico, lei è appena stata assunta. Non ha ancora scelto una squadra per tifare. Donna, questo che hai davanti è il miglior giocatore di hockey di tutta Noveria: Garret Watton. Il capitano della squadra della cupola abitativa 47, ovvero questa, e favorita nella finale che si giocherà oggi. »
« Già, beh, ha fatto lui tutte le presentazioni. Dove sei stata assunta? » chiese Garret.
« Sicurezza. » rispose, quello era quanto riportato sull'ID falso che aveva con se. 
Watton annuì sorpreso « Divisione N? Devi essere tosta per farne parte, in effetti hai l'aria in gamba. Io sono un caposquadra “blu”, lavoro a Caninea nello scarico e carico merci. Dirigo una trentina di uomini e in più piloto una di quelle enormi gru che vedi negli hangar. » 
« Un lavoro eccitante? »
« Non è male, se penso che se sbaglio tonnellate di merce potrebbero cadere uccidendo molte persone e causando un danno rilevante per la Noveria Corps. » 
« Spero non sia mai successo! » 
« Fortunatamente mai. » 
Dasha si tranquillizzò, l'ultima cosa di cui pensava di aver bisogno al momento era scoprire di non essere stata informata di un disastro simile. 
« È un grande lavoratore il nostro Garret, ed è forse l'unica brava persona su tutto il pianeta. I.D.G. a parte. » 
Dasha sorrise « Una brava persona su Noveria? “ Non ci sono...”»
« … Santi su Noveria” » disse il barista, finendo la frase insieme a lei e sembrando che l'avessero detta in coro. « Fidati, lui lo è. Ha anche ripreso a studiare. »
« Perché? » 
« Un giorno non mi dispiacerebbe entrare in dirigenza, fare il lavoro del mio capo. » 
« Studiare ti dovrebbe servire? Sai, credo che se ti informi sul presidente Weaver vedrai che lei non è neanche diplomata. Non ha nessun titolo di studio.» 
Lui si fece serio « Male non mi farà, se poi dovessi dare delle motivazioni più personali posso dire che non mi piace sentirmi ignorante in mezzo agli altri. Odio quando succede. » 
Quelle parole ricordarono a Dasha alcuni episodi del recente passato, le sue figlie studiavano e  ad alcune loro domande aveva dovuto ammettere la propria ignoranza. 
Odiava riconoscerlo, ma quegli episodi si stavano facendo sempre più frequenti. Per qualche istante aveva provato vergogna per se stessa. Almeno così credeva.
Osservandolo meglio era sicura che fosse angustiato da qualcosa. « Preoccupazione per la partita? » 
« Più o meno. So che è strano, ma voglio chiedertelo, hai qualche aggancio sicuro nella sicurezza? Qualcuno di abbastanza in alto. »
« In alto quanto? » chiese incuriosita.
« Almeno da parlare con il comandante Takara. »
« Molto in alto, già che ci sei potresti chiedere un incontro con la Weaver? » propose sarcastica.
« Quello sarebbe ancora meglio. » annunciò con sguardo preoccupato.
« Faresti meglio a dirmi tutto. » 
In quell'istante Garret pensò di aver fatto un errore, ma il fatto che la partita si sarebbe giocata tra qualche ora l'aveva fatto cadere nel panico. Si guardò in giro quasi spaventato e disse « Non posso. »
Lei si alzò « Matt, quanto vuoi per una camera? » 
« Dipende dall'uso? » disse il barista avvicinandosi. 
« Mi voglio scopare il tuo amico, è da un po' che non faccio sesso decente. Consideralo del “sesso di buon auspicio”. »
Lui strabuzzò un attimo gli occhi, quindi allargò le braccia e con un sorriso complice « Tutto gratis. »  
« Andiamo! » disse lei e si avviò.
Garret guardò incredulo il suo bicchiere di wisky, fece per potarselo alla bocca ma Matt lo bloccò « Basta alcool. Quella, credi a me, è una mangiatrice di uomini. Ricorda solo di tenere qualche energia per la partita. » disse amicante.
Seccato si alzò, chiedendosi di quanto poteva essere peggiorata la sua posizione a domandare a quella donna. 
Si chiusero in camera e fu lei a chiedere per prima « Quindi? » 
« Ho avuto ordine dal presidente Weaver di truccare l'incontro, facendo perdere apposta la mia squadra. » 
Lo sguardo della donna fu di pura meraviglia, mai avrebbe sospettato quella risposta.
« Sorpresa? » disse lui, non potendo indovinare i reali motivi di quello stupore. 
“Cosa diavolo significa?” pensò tra se Dasha. 

Hockey era uno sport amato su Noveria, pur partecipando solo squadre amatoriali la gente ne era infervorata. Anche la gestione del torneo era tale, affidata a chi era interessato. 
La Noveria Corps si limitava a gestire il palazzetto del ghiaccio dove giocavano e le scommesse. 
Gli incontri però erano sempre avvenuti con la massima onestà, imbrogliare i suoi dipendenti non era una linea di condotta che la Weaver approvasse. 
C'era tutto il resto della galassia su cui poterlo fare. 
Quella sera la folla era eccitata, era la finale dell'attuale torneo. 
Poi un brusio percorse gli spettatori, dalla cabina VIP Dasha Weaver assisteva ad una partita per la prima volta. Molti rimasero sorpresi e incuriositi per la sua presenza. 
Nessuno fece caso a una figura più minuta, seduta leggermente all'indietro. 
Era un'asari dalla cute verde acqua.  
« Spero di assistere a una bella e onesta partita. » commentò la Weaver.
« È anche la mia speranza, presidente. » dichiarò Lial T'davo, cercando di nascondere il nervosismo.
« Spero non sia un problema, se prima di inizio partita ho provveduto a sbrogliare quel giro di bugie che avevi diffuso a mio nome. »
Lei provò come la sensazione che le avessero strappato a forza tutta l'aria dai polmoni, poté solo rimanere a bocca aperta. Il terrore la immobilizzava. 
« Ho mandato in giro alcune persone a riferire un messaggio da parte mia, a spiegare che non ero solo coinvolta in certe affermazioni ma anche contrariata da esse. Fortunatamente è stato tutto chiarito all'istante. »
L'asari poteva sentire le gocce di sudore nate dal terrore bagnarle la schiena. 
« Bell'idea, devo ammetterlo. Usare lo sport oltre sia per fare soldi che per creare del malcontento verso di me. Quando si tratta di sport, è incredibile cosa possono fare le persone se qualcosa intralcia la loro passione. Avrebbe fatto trapelare che gli incontri erano truccati, per giunta facendo il mio nome. Ovviamente i giocatori coinvolti si sentivano obbligati a farlo, visto che per loro era un ordine del presidente. Non avevano motivo di dubitare, a ordinarglielo era un membro del C.d.A. Dopotutto io non mi sono interessata a questo sport, neanche la sicurezza, non c'era pericolo che ne venissi informata. Alcuni scherzi del destino sono proprio incredibili, avrei anch'io degli aneddoti da raccontare al riguardo. Certo, era solo l'inizio di un piano per crearsi un proprio seguito, ma potenzialmente era valido e anche molto ben gestito. Non avevo proprio pensato che la passione del hockey sarebbe potuta essere usata contro di me. Le faccio i miei sinceri complimenti. »
L'asari riuscì a deglutire a vuoto « I... »
« Eviti spiegazioni inutili, non servirebbero e spero che lei si ricordi le mie parole di due anni fa “Ma attenti, sbagliate e siete morti.” Lei ha sbagliato. Qui su Noveria, agire contro il presidente della Noveria Corps è come rendersi responsabile di lesa maestà o di un colpo di stato. Come disse una volta il direttore Osmin “La Noveria Corps è quasi uno stato. “ Ma voglio essere generosa, la compagnia si è presa il suo denaro come risarcimento. Le do queste ultime ore, prima del nuovo giorno, per abbandonare il pianeta. » disse questo, senza neanche voltarsi.
Se lo avesse fatto, la sua interlocutrice avrebbe visto sulla sul volto di lei un sorriso di autocompiacimento. 
L'asari si alzò è corse via, terrorizzata. Non poteva credere che fosse successo veramente. 
Dasha non ci fece neanche caso, guardava la sua prima partita di hockey cercando di capirci qualcosa. 
« Chissà se potrei formare una squadra professionista? » mormorò tra se, domandandosi se le sarebbe stata di una qualche utilità. 
Il giorno dopo, alla riunione del C.d.A.  mancava una persona.
Dasha diede la seguente comunicazione « Lial T'davo ha tentato e sbagliato. È stata trovata morta impiccata nel suo alloggio. È stato un suicidio. Se ne sentite il bisogno, possiamo tenere un minuto di silenzio in sua memoria. » 
Un istante di silenzio a cui seguì il rumore di risate allegre e feroci. 
Risa a cui si unì la stessa Dasha. 
« Mi ha sorpreso presidente, non credevo avesse senso dell'umorismo. » affermò divertita Agnese.
« Sento il bisogno di andare in bagno, se volete possiamo tenere un minuto di silenzio anche su questo. » disse Vipius sollevando altre brevi risate. 
« Contenta di avervi divertito, adesso al lavoro. » dichiarò Dasha, liquidando la situazione. 
Dall'inizio sapeva cosa sarebbe successo, compresa la reazione di quelle persone. 
Non per niente aveva già scelto chi l'avrebbe sostituita riempiendo il vuoto nel C.d.A.,  il suo successore era già in viaggio. 
Quegli individui erano l'esempio perfetto di quell'egoismo su cui faceva leva per assicurarsi la lealtà delle persone. 
Ma nel loro caso era un sentimento talmente estremo da finire per danneggiare se stesso, era conscia che privando Lial del suo denaro l'avrebbe spinta al suicidio. 
Era il crimine perfetto e non aveva nemmeno il bisogno di nasconderlo. 
Gli individui seduti a quel tavolo erano dei mostri, qualsiasi cosa avessero ottenuto avrebbero sempre puntato ad avere di più. Niente poteva soddisfarli. 
Proprio questo li rendeva miopi.
Rientrando a casa Dasha trovò un pacchetto per lei, vi lesse il biglietto allegato:
A me non servono più, tienili pure, in ogni caso ho copiato i file. Non ho detto a nessuno cosa ho visto, è stato un incidente e non volevo curiosare. Buono studio. Non è un gesto di gentilezza nei tuoi confronti, puoi andare all'inferno per me, però con questo mi sdebito per l'aiuto che mi hai dato. Con le tue indicazioni abbiamo trovato i contributi persi.  
Saluti.
Olivia W. Shepard.
p.s. Avevo la media del dieci, scommetto che non riuscirai nemmeno ad avere quella del sette. Se hai bisogno di aiuto chiedi pure, intanto sappiamo chi è la più intelligente...adesso.
 
Lei aprì il pacco, vi trovò sei datapad, al loro interno appunti scolastici di Olivia quando andava a scuola. Contenevano tutte le materie che aveva studiato per diversi anni.
La vena sulla fronte di Dasha pulsava ferocemente « Brutta stronzetta scopa turian...stai vedere... » e si mise seduta a leggere.

*****

Olivia per poco non si strozzò col boccone, mentre era intenta a cenare. Non era riuscita a trattenere una risatina mentre mangiava. 
« Allora tesoro, è tutta la sera che hai un'espressione divertita. Io e i ragazzi siamo curiosi. » disse il consorte turian dall'altro capo del tavolo. 
« Ecco...diciamo che ho fatto un piccolo scherzo. » rispose lei. 
« A chi? » chiese Dante, il bambino umano che avevano adottato. 
« Questo è un segreto tesoro. » 
« Perché l'avresti fatto? » domandò Decunia, la bambina turian sempre adottata dalla coppia. 
« Direi a fin di bene, per motivare una certa persona. » 
« E in cosa consisterebbe? » chiese il marito Arturus.
« Niente di particolare, credo di aver fatto prendere una decisione a una persona che forse non avrebbe mai presa. » disse divertita, immaginando la reazione di Dasha a quella frase volutamente provocatoria. 
Alla fine, non riuscendo a trattenersi, rise di gusto.

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Capitolo 7
*** Vicepresidente Isabella Noveria. ***


Isabella poteva dire di non capire il lavoro di modella, le sembrava senza senso per non parlare della gente che seguiva la moda che considerava come idioti. 
Tutti dicevano che era bella, lo erano i suoi capelli biondi, gli occhi di un azzurro profondo e cristallino e il suo corpo perfetto. Lei non capiva perché sarebbe dovuto importare ad altri?
Il lavoro da assassina le sembrava molto più razionale. 
Non comprendeva come il fatto che lei indossasse un vestito, potesse interessare ad altre persone. Perché avrebbero dovuto comprarlo per la sola ragione che lei l'aveva indossato, per un paio di minuti in una sfilata? 
Ma la cosa che davvero non riusciva a comprendere era il concetto di “moda”. Perché qualcuno si sarebbe dovuto adeguare, anche solo per il vestire, a quello che dicevano dei tizi da qualche parte?
Almeno il lavoro non era difficile, le avevano spiegato che avrebbe dovuto atteggiarsi o portare i vestiti in un certo modo. Sarebbero servite diverse ore di lezioni. 
Lei imparò tutto in pochi minuti. Lettura del corpo, con questa sua abilità innata imitò all'istante il modo di camminare delle modelle professioniste.
Fortunatamente per lei tutto era organizzato e gestito dalla Noveria Corps, ben consapevoli di non poter trattarla come qualunque altra modella. 
Non potevano “ gettarla via”, in caso di controversie sui contratti o problemi di qualsiasi natura. 
Il primo dei quali fu che Isabella risaltava troppo. 
Quando saliva sulla passerella tutti guardavano lei, non il vestito. 
Era troppo appariscente, questo era il problema. 
Dasha venne informata dell'inconveniente, la sua risposta « Lasciate che sfoggi tutto il fascino di cui è capace, le “pecore” seguiranno. » 
Ancora una volta il fiuto economico della signora di Noveria si era dimostrato esatto, tra modelle anonime prive di personalità Isabella spiccava come un diamante nel carbone.
Calcava le passerelle con ferocia, il pubblico era intimorito e per tale ragione attratto da lei. 
Nessuno parlava della linea di vestiti della Noveria Corps? Non importava perché tutti parlavano di Isabella. Come sempre in questi casi nacquero imitatori e fan che spesso erano la medesima cosa.
La vendita dei capi di moda aumentò, quello che avrebbe dovuto essere fondamentale divenne un semplice riflesso. 
Per gli stilisti era abbastanza frustante, ma tacevano. Bastava far indossare un indumento a Isabella e questo sarebbe stato venduto a migliaia. 
Il lavoro per lei non risultò particolarmente duro da un punto di vista fisico, allenata per combattere e uccidere il suo corpo poteva sopportare ben altro, ma da un punto di vista mentale fu estenuante. Aveva pensato che qualsiasi cosa dovesse fare l'avrebbe fatta su Noveria, vicino a Dasha, ma la realtà fu che per fare la modella doveva viaggiare di continuo.
Questo voleva dire stare distante da Dasha Weaver. 
Poteva anche accettare di non uccidere più liberamente come prima, non essendo più anonima, ma la lontananza dalla sola persona che non l'aveva fatta sprofondare nella pazzia fu dura. 
Ma i soldi possono risolvere molto problemi, una nave veloce poteva arrivare da Noveria in uno qualsiasi dei mondi del Consiglio in meno di quindici ore. 
Isabella incominciò a fare la pendolare ritornando su Noveria in media ogni quattro giorni.
Un funzionario zelante fece notare alla Weaver che quella spesa era superflua.
« Ha ragione, si tratta solo di un capriccio della donna che amo e da me permesso. Ma un suo capriccio vale più di lei, se vuole risparmiare posso cominciare a licenziare. » rispose freddamente la Weaver, senza neanche il disturbo di guardare in faccia chi le parlava. 
Il suo interlocutore si limitò ad abbassare la testa e ad uscire, senza neanche un saluto. 
La ferocia di Dasha negli affari era paragonabile a quella di Isabella nel combattere, niente di strano che tra le due donne fosse nata una profonda intesa. 
Per il resto Isabella non aveva problemi particolari, tenere sotto controllo la sua alimentazione per un fisico perfetto era l'ultimo dei suoi problemi. Essere biotici implicava un consumo energetico nettamente superiore, la sua normale attività sportiva smaltiva qualsiasi eccedenza. 
Le gare di scherma biotica e no le interessavano appena. Per qualcuno abituato a rischiare la vita, quegli incontri sportivi davano ben poca soddisfazione. 
Riguardo a qualsiasi altra limitazione, semplicemente non ne aveva. 
Tranne comportamenti violenti o altri socialmente non adatti, Isabella doveva solo apparire e attirare le enormi masse di gente insignificante. 
Lei reagì alla popolarità in un unico modo, l'indifferenza più totale. Quando le dissero qualcosa in merito lei non comprese perché le sarebbe dovuto interessare, allora Dasha le accarezzò la testa dicendo « Ben fatto. » solo allora sorrise, arrossendo leggermente mentre si gongolava nel piacere di averla fatta felice. 
Forte di questo cercò di impegnarsi al massimo, sopportando anche alcune stramberie di quei strani tizi chiamati fotografi. 
Una volta le chiesero di salire su un Kakilosauro, un grosso rettile usato dai krogan come cavalcatura, con un abito elegante per farsi fotografare. 
Lei guardò l'animale mentre nella sua mente si formulava la domanda su cosa potesse centrare quell'enorme lucertola con un vestito? Perché inserirlo nella foto avrebbe dovuto aiutare a vendere di più? Quanto potevano essere stupide gli individui per farsi influenzare da qualcosa di simile? 
Trasse un profondo respiro, doveva fare la brava come promesso a Dasha. Ma quando la rivide sbottò facendo ridere di gusto la Weaver. 
« Tesoro mio, questa si chiama mediocrità e insieme all'egoismo è la qualità più diffusa della galassia. Tutti vogliono qualcosa che non hanno e questo si chiama egoismo, la mediocrità è quando  di fronte qualcosa di bello ci si sente inferiori. Unisci queste due cose è otterrai che l'unica cosa che vogliono tutti è qualcosa di superiore a loro per rovinarlo o sentirsi superiore. Con te gli facciamo vedere qualcosa di bello, con la moda gli diamo modo la convinzione falsa di possedere qualcosa di superiore. Soddisfiamo il loro ego, ma alla fine è tutta un'enorme truffa le-ga-le. » 
Erano passati due anni da quel momento, la carriera di Isabella era più che mai all'apice sia come modella che campionessa di scherma normale e biotica. 
Un periodo di tempo tranquillo che donò alla donna una vita stabile, il programma phantom non poteva più infliggerle dolore.
Adesso era libera di comportarsi e parlare come voleva, se solo avesse saputo cosa farci. 
Stava imparando quello che un bambino apprende negli anni, ed era quello che cercava di fare seduta nel bar di un sontuoso grattacielo. Pavimento e pareti erano rivestiti con eleganti mosaici bianchi e neri, una musicista suonava uno strumento simile a un piano terrestre. 
Si sedette chiedendo « Due dita di whisky...e lascia la bottiglia. » la barista asari le lanciò un'occhiata in tralice ma ubbidì.
Lei non aveva la minima idea se il whisky le piacesse o quanto fossero due dita. In molti film umani era una frase ricorrente, aveva pensato che fosse normale chiederlo e di imitarli. 
Ricordava di averlo già assaggiata una volta in compagnia di Steve, ma non che sapore avesse perché era subito crollata ubriaca. 
Quella sera era decisa ad imparare a bere come qualsiasi altro adulto, era stufa di bere succhi di frutta come i bambini. 
Anche Dasha beveva affermando che l'alcool era perfetto per far riposare la mente, da adesso avrebbero potuto farlo assieme. 
Dentro di se portava un isotopo radioattivo e mortale di eezo, era ridicolo che non potesse sopportare del semplice alcool. 
In una visita medica Galba, medico privato della famiglia Weaver, le aveva spiegato che essendo i suoi sensi molto più sviluppati  reagivano in maniera decisamente violenta all'introduzione di tossine o alimenti estranei. In pratica, una soluzione era abituare il corpo all'alcool. 
Prese il piccolo bicchiere con il liquido ambrato al suo interno, l'osservo curiosa e attenta. 
Quindi...ingoiò.
Bruciore, un insopportabile senso di calore la invase mentre sentiva il viso avvampare. 
Tossicchiò perché le mancava l'aria, sentì il proprio corpo irrigidirsi a causa di quei continui colpi di tosse.
Addetti alla sua sicurezza in borghese, una decina,  si mossero incerti sul da fare.
Fu allora che una donna non più giovane si accostò a Isabella, chiedendo alla barista un bicchiere d'acqua mentre dava colpetti con la mano sulla schiena di lei per aiutarla. 
Le porse il bicchiere dicendole « Bevi, starai meglio. »
Lei ubbidì, nel bere sollevò la testa e vide il viso di chi la stava aiutando.
Capelli bianchi e lunghi in una chioma ancora folta, un bel viso che ormai aveva superato i sessant'anni. Uno sguardo attento e vispo.
Ma cosa più importante di tutte lei la conosceva. Era Ashley Williams, la madre di Steve e Olivia e ovviamente la moglie dell'eroe John Shepard.
« Si può sapere cosa stavi cercando di fare? Non si beve il whisky o altro in quel modo. » la riprese lei.
Finita l'acqua, ancora un po' stordita Isabella la fissò. L'aveva incontrata un paio di volte, decisamente una persona sopra la media. 
Il suo corpo diceva tutto della sua personalità, decisamente era qualcuno di carattere. Quella non era una “preda”.
« Bevo. » fu l'unica risposta, si voltò verso la bottiglia determinata a riprovarci. 
Ashely gliela allontanò con la mano.
Isabella la guardò feroce, sbriluccicando di una leggera luce biotica. 
Lo schiaffò, anche se per niente forte, la colse impreparata bloccandola per lo stupore. Non era così che sarebbe dovuta andare. A quel punto, la persona intimorita sarebbe dovuta scappare. 
Invece Ashley la guardo seriamente « Non ci pensare neanche bellezza, ho affrontato macchine senzienti alte due chilometri che volevano sterminarci. Non mi metto paura perché una “bambina viziata” mi fa uno sguardo cattivo. »
La bionda sgranò gli occhi, ancora stupita di star ricevendo un rimprovero. 
« Inoltre dovresti ringraziare chi ti aiuta. » dichiarò a braccia conserte sui fianchi. La sicurezza si era intanto avvicinata dopo lo schiaffo, ma non perse tempo a preoccuparsi di loro.
« Io... » Isabella inclinò la testa « Grazie. » disse dubbiosa. A quel punto le guardie del corpo si allontanarono. 
Ashley annuì, si voltò per andar via ma venne trattenuta per un braccio.
« Bere...insegnami? »
« Cosa? » ma l'unica risposta fu lo sguardo interrogativo di lei. « John sarà impegnato per le prossime due ore. Ok, fammi capire cosa vuoi fare? »
« Bere. » 
Lei la scrutò attenta « Prima di tutto impara a parlare, so dei tuoi problemi passati come anche che adesso puoi parlare liberamente se vuoi farlo. Quindi fallo! »
Nuovamente la guardò severa, ma Ashley non si scompose « Ti avverto, se vuoi fare la “bambina” ci metto poco a insegnarti le buone maniere a ceffoni o preferisci delle sculacciate? » disse seria senza senza abbassare lo sguardo. 
« Io... »
« Adesso chiedi scusa. »
« Ma... »
« Chiedi scusa, ora. »
Isabella l'osservò senza capire, non riusciva davvero ad impressionare quella persona. Solo Dasha aveva osato sgridarla e per questioni di lavoro. Non aveva idea di che fare.
« Scusa. » disse.
« Io ti chiedo scusa. Ripeti. » ordinò Ashley.
« Io ti chiedo scusa. » 
L'anziana donna sorrise « Brava. »
« Grazie...? » rispose, la sua confusione era tale da far sorridere Ashley. 
« Sono la maggiore di quattro sorelle, so riconoscere una bambina capricciosa. »
« No bambina! » 
« Certo, certo. Dunque, adesso spiegami bene cosa vuoi? »
« Voglio riuscire a bere alcool, per farlo assieme a Dasha. Come qualunque adulto. »
Ashley non poté far a meno di sorridere « In pratica vuoi imitare gli adulti. Vuoi fare quello che fanno i grandi? »
« Si! » dichiarò gioiosa. 
L'anziana dovette lottare per non ridere.
« Va bene, prima di tutto non si tracanna l'alcool come hai fatto tu prima. »
« Nei film lo fanno. »
« Nei film è finzione. » disse sorridendo a tanta ingenuità, quindi chiese un altro bicchiere e si versò da bere « Guarda me, piccoli sorsi, a volte anche solo per bagnarsi le labbra. Ti devi gustare il piacere di averlo in bocca, farlo durare. Quello vuol dire bere, quello che fai tu è solo buttarsi alcool nello stomaco. Adesso prova tu, col primo sorso bagnati solo le labbra. »
Lei ubbidì.
« Com'è? »
« Amaro. » disse con voce non troppo convinta. 
« Da qualche parte bisogna iniziare, col tempo capirai cosa ti piace e no. Adesso qualche trucco dell'esercito: olio. »
« Olio? »
Fu così che Isabella passò tre quarti d'ora ad ascoltare le avventure alcoliche di Ashley, ma a un tratto lei si interruppe osservandola. Aveva un espressione sonnolente, leggermente nauseata.
Chiamò la barista « Del caffè, un caffettiera intera e un limone o qualche frutto col sapore acido se non avete prodotti della Terra. »
« Perché? » chiese Isabella.
« A giudicare dalla tua faccia, il whisky di prima sta facendo effetto. Se vuoi bere, devi anche sapere qualche rimedio per il dopo. » 
Dopo un paio di minuti Ashley ebbe quanto richiesto. Verso il caffè in una tazza e poi il succo di limone, non credeva ne avrebbe trovato, spremuto direttamente dal frutto. 
Lo passò a Isabella dicendo « Bevi, stari meglio. »
« No. » rispose con un'espressione disgustata ma dolorante, sentiva la testa pesante. 
« Bevi! » ordinò perentoria l'anziana.
Pur facendo smorfie dopo ogni sorso Isabella ubbidì. Con suo stupore almeno in parte funzionò, sul mal di testa non tanto ma fu di enorme aiuto con la nausea.
« Cos'hai mangiato prima di venire qui? »
« Mangiato? »
L'anziana si portò le mani in viso « Signore, dammi la forza. Prima regola in assoluto sul bere, mai e dico mai bere a stomaco vuoto! »
La vide annuire, mentre si abbandonava a riflessioni su chi aveva davanti. Non era il loro primo incontro, a osservarla le sembrò estremamente dolce. 
A guardarla veniva da dimenticare quanto fosse pericolosa. Da ex-spettro Ashley sapeva ogni informazione su di lei. 
Il numero di omicidi era sconosciuto ma sicuramente elevato.
Era un mostro? Sicuro. 
Eppure lei era stata fondamentale per salvare la galassia. 
Questo giustificava quelle morti? Probabilmente no, ma non riusciva a pensare che parte della colpa fosse sua. 
Isabella era stata cavia di Neo- Cerberus, questa era stata segretamente finanziata e sostenuta da alcuni “rami” estremisti dell'Alleanza dei Sistemi. 
Lei e John avevano estirpato quest'ultimo rimasuglio della vecchio Cerberus, ma non in tempo per evitare che Dasha e Isabella subissero parte dell'indottrinamento. 
Non era nata come assassina, ma era stata resa tale. Se quella volta fossero stati più rapidi Isabella sarebbe rimasta una bambina normale. 
Adesso però la situazione era cambiata, l'indottrinamento anche se presente non infliggeva più dolore a Isabella. Non c'era più nessuna vocina che le sussurrava nell'orecchio “Uccidi, uccidi...” dando dolore quando esitava e benessere nel togliere una vita.
Isabella rimaneva la più letale assassina in circolazione, ma adesso la sua mente era in grado di concentrasi anche su altro. 
Come adesso, seduta fianco a lei per imparare a bere.
Isabella si voltò verso Ashley, ma guardando alle sue spalle cosa che spinse la donna a voltarsi proprio mentre una voce le diceva. 
« Vi divertite? » chiese il marito.
John Shepard, capelli e barba bianca, nella mano destra un elegante bastone di passeggio. Con l'età le ferite della guerra si erano fatte sentire, ma come aveva dichiarato una volta si era comprato un raffinato bastone che lo aiutava a sorreggersi. 
Avrebbe potuto farsi operare, ma non ne poteva più di farsi tagliare e ricucire. 
Il fisico di una volta era stato sostituito da una pancetta, con ai lati le maniglie dell'amore. 
« Cosa ti hanno detto? » domandò Ashley.
« Il solito film sulle “mie imprese”, giuro, la storia della mia vita sta cominciando a darmi la nausea. Ho firmato il contratto per i diritti e sono venuto via. »
« Con i tuoi nipoti non mi sembri nauseato dai tuoi racconti. »
« Quello è semplice lavoro da nonno. » e volgendosi verso Isabella « Salve. »
Lei inclinò la testa di lato, fissandolo, sollevandola appena subito dopo.
« Phantom! » annunciò a gran voce. 
« Cosa? »
« Storie di phantom in guerra, Steve ha spiegato. »
« Tesoro, hai un'altra fan. » disse scherzosamente Ashley. 
« Vuoi sentire qualche storia, dei tempi della guerra, con protagonisti i phatom di Cerberus? »
Lei annuì con decisione. 
Non altrettanto convinto lui disse « Però... io ci combattevo contro. Ne ho ucciso molti. »
Isabella annuì con maggior convinzione di prima. 
Dubbioso lui chiese « Non ti crea problemi che io ho contribuito alla morte di cosi tanti phantom? »
Ma lei rispose subito « Debole perde sempre. Io sono il phantom di Dasha, loro phantom di Cerburs. C'è phantom e phantom. »
« Come dire che tu sei di tutt'altra razza? » 
Annuì nuovamente con vigore. 
« Ok, ma soddisfa una mia curiosità. Sapevo che adesso poteva parlare normalmente. Invece ti esprimi ancora con frasi mangiate. »
Isabella fece una smorfia « Parlare è faticoso, lento. »
« Non è né faticoso o lento, il problema è che tu sei viziata. Dasha ti tratta troppo bene, hai bisogno di qualche sberla. » dichiarò decisa Ashley, accorgendosi della pessima occhiata che le stava arrivando. « Non ci pensare neanche ragazzina, se mi alzo da questa sedia ti spolvero il sedere a pedate. »
Nuovamente i propositi minacciosi di Isabella furono stroncati. Non riusciva a capire quella donna, questo la disorientava e non sapeva come reagire. 
« È quasi ora di cena, ci prendiamo un tavolo per tre e ceniamo qua? » domandò John.
Ashley fu d'accordo, quindi fissarono Isabella per sapere la sua opinione. 
Lei si comportò come prima, inclinando la testa. 
« Vuoi cenare con noi? Ti stiamo invitando. » spiegò John.
« Invitando...io...cosa dovrei fare? » 
« Niente. » disse Ashley alzandosi, prendendola sotto braccio e conducendola a un tavolo. « Ti siedi, parli, mangi e ti diverti. »
« Dasha fa queste cose, io...mangio, non parlo. »
« Sbagliato, sei tu che non vuoi parlare. »
« Non ho niente da dire o non so cosa dire. »
Ashley la guardo un po' sgomenta, possibile che in mezzo a quella personalità da bestia feroce trovasse posto anche della timidezza?
« Non ti preoccupare di queste cose. » disse sedendosi con lei al tavolo.
Fu una cena molto piacevole, iniziò con John che bisticciava con la moglie su cosa ordinare. Lui avrebbe voluto una bella bistecca con tanto di contorno, ma le venne vietata.
Tra problemi di pressione, l'aumento del peso, il colesterolo alto e un inizio di diabete John era costretto a riguardarsi. 
« Ash... sono vecchio, relativamente in buona salute e ricco quindi fammi mangiare quello che voglio! Non sarà il cibo a mandarmi al cimitero prima, se poi ci devo andare almeno avrò la pancia piena. » 
Gli venne servita un abbondante insalata poco condita. 
Le sue argomentazioni avevano fallito. 
Oltre alla storie sui phantom, Isabella stava facendo una cosa che la stava sbalordendo. Parlava di moda. Non sapeva il perché, ma parlare con quella donna di argomento da lei sempre ritenuto stupido era piacevole.
Tra se ammise che poche persone dimostravano un linguaggio del corpo altrettanto interessante.  
Dopotutto quelle persone erano “predatori” come lei, era evidente da chi avessero preso Olivia e Steve. 
Al termine della serata ci fu un'altra sorpresa per Isabella « Ci fermeremo qui per altri tre giorni, ti va di cenare con noi queste sere? Se non hai altro impegni. »
« Accetto. » rispose subito Isabella, provando una strana sensazione. 
Il suo cuore...batteva più forte e non capiva il perché.

 
*****
 

Dasha stava sbrigando del lavoro nel suo ufficio, quando la segretaria entrò annunciando una comunicazione da Isabella. 
« Il vicepresidente ci ha fatto sapere che tarderà il suo rientro di tre giorni. »
Lei la guardò allibita « Si può sapere il perché? »
« Non ha fornito spiegazioni. »
« Allora chiedeteli alla sicurezza! Subito! »
La segretaria chinò la testa e uscì. 
Una volta sola « Isabella... da buca a me? » mormorò stupefatta la Weaver. Intanto, nella sua mente erano partite mille storie diverse al riguardo. 
Il tarlo della gelosia era un nemico temibile anche per la potente signora di Noveria. 
Non ci volle molte per avere una risposta « Con chi ha un appuntamento a cena?... Cosa sta succedendo? Preparatemi subito la nave! Parto! » ordinò.
A quel punto la segretaria assunse un'aria contrita « Ecco... domani ha l'incontro con i ministri economici delle potenze del Consiglio, non è rimandabile. » 
Le vene sulle tempie di Dasha cominciarono a pulsare, era intrappolata e lo sapeva.

 
***** 
 

Isabella era allegra in quell'ultima serata che avrebbe passato con i coniugi Shepard, le era davvero piaciuto parlare con loro, nonostante le sgridate di Ashley. 
C'era qualcosa di strano in esse, anche quando si dimostrava arrabbiata il linguaggio del suo corpo esprimeva affetto. In qualche modo la faceva sentir bene. 
Era strano. Anche Dasha la sgridava a volte, ma lasciava dietro di se una sensazione differente. 
Seduti al tavolo, aspettavano il cameriere per ordinare. 
Si avvicinò un batarian. 
Le narici di Isabella fremettero impercettibilmente, un odore familiare le giunse alle narici.
Si guardò in giro, c'erano altri batarian tra i tavoli. 
La solita barista asari era sparita. 
Sorrise, una breve scarica d'eccitazione la pervase. 
Il cameriere tirò fuori il taccuino, prese gli ordini e salutò.
La serata trascorse normalmente, quando John chiese il conto il medesimo cameriere gli si avvicinò portando in una mano un vassoio. 
Si chinò porgendogli il conto. 
Il vassoio cadde, mentre il coltello celato sotto si esso si fermava a pochi millimetri dalla gola dell'eroe. 
A bloccarlo due dita di una mano femminile. 
Nessuno si mosse, tutto era successo così in fretta da non realizzare ancora l'accaduto. 
Tranne Isabella, con due dita e l'uso dei propri poteri aveva bloccato al volo l'arma. 
Forse non avrebbe fatto in tempo, se non avesse odorato quel flebile odore di sangue fresco.
Quel secondo parve un eternità, ma come sempre il tempo avanzò. 
Gli occhi del batarian ruotarono appena verso la donna bionda. 
John si mosse per alzarsi e reagire a quella minaccia che la sua mente stava registrando come tale. 
Lo stesso stava facendo Ashley. 
Il coltello affondò nella gola del batarian. Con una mossa che sfuggiva agli occhi, Isabella si era appropriata dell'arma usandola contro il suo possessore. 
In piedi, davanti ai coniugi Shepard dava loro le spalle con la chiara intenzione di proteggerli, fissava i quattro batarian armati alla leggera. 
Per tutta la sera aveva percepito la loro intenzione omicida.
Scattarono in piedi, estraendo delle pistole da sotto i vestiti.
A quel punto fu il caos. 
Intervenne la sicurezza di Isabella, come gli aggressori si erano mischiati ai clienti del locale. 
Ma lo scontro divenne a tre, quando dei misteriosi drell aggredirono i batarian.
A rendere ancora tutto più confusionario i normali clienti urlavano, si gettavano a terra o cercavano di correre via. 
Pochi minuti e tutto si concluse. I batarian erano morti e non vi furono altre perdite.
Solo allora John e Ashley uscirono dal riparo improvvisato, ottenuto gettando il tavolo al suolo. 
« Cosa diavolo è successo? » domandò John, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
« Capitano Shepard. » lo chiamò uno dei drell. Come molti dei suoi simili le sue scaglie erano verdi. « Ci manda il dio degli hanar Javik, avevamo l'ordine di vigilare su di lei con discrezione. » 
« Javik? » disse sorpreso, sentendo nominare l'ultimo prothean. Su lui era coinvolto, Liara doveva saperne sicuramente qualcosa. 
Sarebbe stata una ben scarsa venditrice d'informazione, se proprio le mosse del marito le fossero sfuggite.  
« Voglio una spiegazione! » ordinò con un tono che non usava più da quando era in pensione. 
« Estremisti batarian, signore. Posso dirle questo e che sono in cerca di vendetta su di lei. Per altre informazioni dovrà chiedere ad altri. » spiegò il drell. 
« Lo farò certamente. » e rivolgendosi verso ad Isabella « Grazie, questa volta sarei morto. »
Isabella inclinò la testa, provava una strana ma piacevole sensazione. 

Due giorni dopo la situazione si era chiarita per modo di dire. Dei “nativi” batarian, ovvero i discendenti dei batarian sopravvissuti ai razziatori e rimasti isolati sul loro pianeta dove la loro civiltà era regredita a livelli da medioevo umano, avevano lasciato il pianeta in modo ancora sconosciuto. 
La riapertura del portale per Khar'shan aveva permesso il ritorno al loro mondo dei batarian sparsi su altri mondi o nello spazio, questi avevano mantenuto un livello tecnologico pari alle altre razze e riorganizzandosi nel governo della Nuova Egemonia.   
Adesso tra i nativi e ultimi arrivati su Khar'shan c'era non poca tensione. A mediare tra questi due gruppi vi era il IV reggimento I.D.G. a cui si erano aggregati Areno, figlio dell'attuale capo della Nuova Egemonia, e Asiria figlia di Javik e Liara.
Era stata proprio lei a richiedere ai genitori una sorveglianza discreta del capitano John Shepard, dopo che da alcune indagini, volute dopo che un misterioso batarian si era introdotto nella base del I reggimento I.D.G., era emersa la possibilità non confermata che dei nativi avessero lasciato il pianeta con lui come bersaglio. Aiutati in questo da persone ancora ignote. 
Nella cultura dei nativi era rimasto il ricordo del demone Shervp che aveva chiamato i razziatori, dopo che i batarian si erano ribellati al Consiglio per salvaguardare la propria libertà.
La realtà era ben diversa, ma negli anni i nativi crearono nuovi miti e leggende. 

Isabella era tornata a casa propria, subito dopo l'incidente, su ordine di Dasha. Il suo lavoro da modella poteva aspettare, fin tanto che la situazione non si fosse chiarita. 
Almeno in parte poteva continuare a svolgerlo da Noveria. 
Si svegliò godendosi il tepore del letto avendolo tutto per se, Dasha si era già alzata. 
Era allegra, forse persino qualcosina di più. 
Tante persone le avevano fatto i complimenti per aver salvato il capitano Shepard.
L'unico parere che contava veramente era quello di Dasha, ma perché non godersi anche la piacevole sensazione di essere ringraziata da Steve, Olivia e altri?
Per farlo quale momento migliore di una bella bevuta? Ieri sera era uscita con Dasha, non ricordava però bene come si fosse conclusa la serata, e avevano bevuto assieme. 
Era rimasta con lei un'ora, con la vista che lentamente si annebbiava e il sonno la schiacciava, prima di addormentarsi. 
Un piacevole odore di caffè le solleticò il naso, si alzò.
Seduta al tavolo della cucina Dasha guardava seriamente dei rapporti, la compagna le arrivò di spalle cingendole la vita. 
« Problemi? » chiese Isabella, non era sua abitudine affrontare il lavoro già alla colazione. 
« Non ne ho idea, è questo il dilemma. L'attento al vecchio Shepard può essere uno svantaggio o un vantaggio, a seconda di come sarà gestito. Per adesso attenderò. »
« Per poi colpire? »
« Per poi colpire. »
Spensieratamente Isabella le saltellò davanti « Chiedilo e rimuoverò qualsiasi ostacolo sulla tua strada. »
« Ogni cosa a suo tempo, se sarò necessario potrai fare come preferisci. »
Abbracciò forte Dasha, amava come non mancava mai di pensare a lei. Sperava solo che presto accadesse qualcosa. Da tanto non massacrava.
Una parte di lei era chiamata a quella violenza. 
Dasha la guardò dritta negli occhi « So che è solo mattina, ma ho ancora due ore libere. Ci prendiamo qualche momento a letto per noi due? » 
Isabella la seguì verso la camera da cui era appena uscita.
La violenza avrebbe aspettato, c'era una chiamata molto più urgente a cui rispondere.

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Capitolo 8
*** Galba, medico edonista ***


Il giorno di meta giornata iniziò come tanti altri per Galba: sveglia, doccia e una tazza di caffè bollente corretta per un quarto con alcool ma senza zucchero.
Studiando medicina aveva scoperto quanto l'eccesso di zucchero poteva essere dannoso per il corpo umano, da quel momento l'aveva ridotto al minimo. 
Strano comportamento per un uomo conosciuto da tutti per i vizi. Arrivato a dirigere un ospedale sulla Terra in tempi brevissimi, la sua caduta fu altrettanto rapida. 
Era un edonista nato, un drogato e alcolizzato senza speranza. Se andava a dormire fatto di droghe si alzava che stava benissimo. Non certo merito del suo fisico che era quello di un comune essere umano, al massimo del suo cervello. 
Si faceva le droghe in casa, per uso esclusivo uso personale e per essere sicuro della qualità del prodotto. Da un punto di vista tecnico il piccolo laboratorio in cantina era perfetto, le regole igieniche rispettate e i composti preparati assolutamente a norma se solo le singole componenti fossero state legali. 
Per ogni dose che creava realizzava quella che chiamava anti-dose. 
Se una pillola lo sballava, l'altra lo riportava alla realtà in breve tempo. 
Come amava dire a quei tempi, era come premere un pulsante. Con una pillola schiacciava un bottone, con quella successiva lo faceva risalire. 
Era un uomo con il perfetto controllo dei suoi vizi, riuscendo a presentarsi al lavoro come sempre impeccabile e profumato. 
Nessuno avrebbe potuto dire che la sera precedente stava vomitando in un vicolo, con la braghe calate mentre qualcuno gli dava piacere da dietro. 
Ma tutto fini quando i suoi vizi vennero denunciati, l'ospedale fu costretto a licenziarlo e perse la sua licenza di medico. 
A togliergli tutto fu suo fratello minore. Da sempre astioso nei suoi confronti. 
Non cercò vendetta, l'unica cosa che voleva era allontanarsi e cambiare nome.
Si fece chiamare semplicemente Galba. 
Come ogni altro rifiuto della società finì ad Omega, la stazione spaziale nei Sistemi Terminus. Capitale non dichiarata di una zona di spazio senza legge che era metà della galassia. 
Aprì una clinica e il suo valore di medico lo rese ben presto prezioso e intoccabile. 
Un medico capace era una risorsa per tutti, unica condizione: non doveva schierarsi. 
A prendere le parti di qualcuno non ci pensò mai.  
Scoprì che quella vita non gli dispiaceva, era importante che facesse bene il suo lavoro non come si presentava. 
La sua immagine di dottore perfetto era un ricordo, adesso puzzava, era trasandato e la barba un cespuglio incolto. Ma era rilassato. Nei suoi cinquant'anni non ricordava di essersela mai goduta tanto. 
Nel vicinato era ben voluto, perché permetteva a tutti di pagarlo come potevano. 
Il denaro non era l'unica merce. 
Se una puttana voleva pagarlo col suo corpo, il sesso gli andava bene. 
In genere finiva la giornata con una busta di cibo che diversi suoi pazienti gli avevano portato, un paio di rapporti sessuali e qualche credito in più. 
Quindi ben felice se ne tornava a casa. 
Era un individuo libero da ogni tipo di pressione. 
Tutto cambiò il giorno in cui due donne umane, una bionda e una mora, si presentarono alla sua clinica. La bionda, una vera bellezza da mozzare il fiato, aveva chiaramente la nausea. 
Bastava guardarle la faccia per capire. 
« I casi sono due: è in cinta o è una biotica ed è stata intossicata dal nium. Qualcosa di alimentare lo escludo, ma potrei sempre sbagliare. » disse così a vista, senza nemmeno essersi seduto per visitarla.  « Allora, mi date qualche dettaglio o cosa? »
La mora si fece avanti, capelli a caschetto e armatura da nemesis « Nium e lei è biotica, un batarian ha cercato di violentarci. » 
Senza scomporsi per quelle parole, uno stupro su Omega era normale, si mise davanti alla bionda che invece lo stupì. Si chino verso di lei e sentì che lo annusava. 
« Sai, questo potrebbe anche eccitare un uomo. » 
Non ebbe neanche risposta, la bionda ritornò eretta e lo lasciò fare. 
Lui si mise al lavoro. 
« Se ha domande chieda a me, la mia amica...non ama parlare. »  spiegò la mora.
« Ok.» aveva visto cose più strane. « Lei ha detto “cercato” significa che non avete bisogno di un anticoncezionale. Eravate a una festa a tema Cerberus? Queste armature non si vedono più da quasi mezzo secolo. » 
« Le sembriamo puttane? » 
Per un istante il suo respiro fu il solo rumore « No. »
“Attento Galba, queste due sono pericolose.”  pensò « Non volevo offendere era solo per parlare. » 
La bruna rimase in silenzio e la bionda non disse una parola per tutto il tempo che rimase lì. 
« Di più non possa fare, ora resta da aspettare che il suo organismo espella il nium. Se volete pagare, lasciate pure quello che vi sembra giusto. » 
Un chip di credito gli venne posto davanti, lui lo prese senza controllare quanto contenesse.
« Una domanda: il nium è ancora poco conosciuto, come è riuscito a indovinare? » chiese la mora.
Mostrando quel minimo di orgoglio lavorativo e personale che ancora aveva « Indovinare? Sono forse da un indovino? Ho diagnosticato! Un pezzo di carta ha detto che ero un medico, quello dopo che non lo ero più. Fanculo i pezzi di carta, la mia esperienza a più valore e se anche siamo ad Omega da extranet non è difficile essere aggiornati. » 
Per la prima volta la vide sorridere, aveva come la sensazione di averla stupita. 
Infine, sorreggendo una bionda ancora nauseata, le vide uscire dalla clinica. 
Le sorprese non erano ancora finite, quando aprì il chip vi trovò mille crediti. Su Omega era una piccola fortuna, i primi tempi ebbe anche paura ad usare quel denaro pensando a un qualche errore e che le due donne tornassero per riprenderselo. Quando, due mesi dopo, questo non successe decise di usarlo.
Non poteva sapere che la bruna si sarebbe ripresentata quattro mesi dopo, questa volta da sola, ma con la solita armatura proprio mentre apriva la clinica. 
« Mi serve un medico sulla mia nave. » dichiarò. 
« Buona fortuna nella tua ricerca. » 
« Isabella sembra tollerarti. »
« Isa-chi? Aah la tua amica bionda, si chiama così allora. Mi dispiace sono un depravato, drogato, alcolizzato, ho usato i miei orifizi corporali per far sesso con maschie e femmine di ogni razza. Perfino le narici, sai... i salarian sono sensibili sulle punte dei loro cornini, se le infilano nelle narici si eccitano da morire.» disse intenzionato a disgustarla. 
Lei però non fece una piega « Le fornirò le attrezzature, le migliori, lei si limiti a essere un buon medico. Nel tempo restante potrà usare le mie risorse per farsi della roba migliore che troverà sul mercato, dovrebbe aver visto che pago bene. »
« Io... »
Lei si allontanò mentre gli diceva « Se è interessato mi segua. » 
Lui non seppe mai cosa lo convinse, forse il suo egoismo personale che lo spingeva a cercare sempre nuovi piaceri. Quelli che poteva offrire Omega stavano perdendo il loro fascino. 
« Come dovrei chiamarti? » 
« Dasha Weaver. » per la prima volta sentì un nome che presto sarebbe diventato famoso in tutta la galassia. 

 
 ***** 
 
La porta si aprì e Galba entrò nella sua piccola clinica privata. L'intera infermeria era a uso esclusivo di Dasha Weaver e della sua famiglia: cinque persone in totale. Questo lasciava al medico molto tempo libero, che si alternava a momenti in cui doveva cercare di tenere assieme le viscere di qualcuno. Sopratutto adesso che le tre figlie erano andate a studiare su pianeti diversi, occupandosi di loro solo occasionalmente quando si facevano male nelle visite a casa. Oltre a lui vi erano cinque infermiere a gestirla, se fosse servito altro personale vi era quello dell'infermeria centrale. 
Si era appena accomodato sulla poltrona che la porta si spalancò.
« Galba! » urlò Dasha dolorante in viso, in pigiama e con una mano all'altezza dei genitali, facendolo balzare in piedi. Ancor più sorprendente era che Isabella fosse con lei e nelle stesse condizioni. 
« Che succede? » 
« Mi va a fuoco, dai un'occhiata, ho provato un nuovo prodotto ieri sera. Questa mattina, appena mi sono svegliata, ho sentito un bruciore incredibile. » spiegò dolorante. 
« Va bene, ho capito, stenditi sul lettino e abbassa l'intimo. » le disse mentre lui si voltava per dirigersi a prendere un paio di guanti. 
« Di che prodotto parlavi? Se ha fatto reazione mi serve saperlo. » 
« Un nuovo gel stimolante per il sesso, non ancora in commercio. I tizi dei laboratori lo stavano ancora testando, ma avevano detto che era sicuro. »
A tale spiegazione si voltò verso di lei « Non mi dire che l'hai usato... OH MIO DIO! Non ho mai visto una vagina più irritata di quella, le grandi labbra sono due grandi cannotti! » gridò senza riuscire a nascondere una nota comica. 
« Smettila di perdere tempo, al lavoro! » sbraitò lei.
« Se vuoi, prendo il bisturi e asporto tutto. » 
La vide puntellarsi sui gomiti e rivolgerle uno di quegli sguardi che avrebbero fatto tremare il diavolo in persona. Era come essere in un oceano e guardare negli occhi lo squalo che ti girava attorno.
« Brutta battuta, mi metto al lavoro. » borbottò lui e rivolgendosi a Isabella « Forse è il caso che ti spogli e stendi anche tu sul lettino, se la sotto sei nelle stesse condizioni. »
Galba  trattenne un sorriso, era in una situazione che molti uomini forse avrebbero invidiato ma che al momento gli pareva solo comica. 
« Diamoci da fare. » 
La vita di Galba procedeva con questa alternanza di tempo libero e dover medicare Dasha che si era storta una caviglia perché un tacco le si era rotto sulle scale, Isabella che si era quasi rotta il pollice in allenamento, Alexya che per mettersi alla prova aveva tirato una craniata contro un ostacolo, Diana perché essendo lei trovava sempre un modo originale per farsi male in ogni sua visita su Noveria e Trish che gli portava dei souvenir perché la ragazza era troppo impegnata nello studio per farsi male. 
Da un paio d'anni ormai le ferite da incidenti casalinghi erano la sola cosa di cui si occupasse, con sua enorme soddisfazione. Era contento di non aver più dovuto operare Dasha e Isabella, due volte la prima e una sola volta la seconda ma alla testa per farla uscire dal coma.
 
**** 
 
Galba camminava diretto all'infermeria centrale, anche se era un autentico ospedale con i suoi duemila posti letto, sale operatorie e tutto il resto. Ma qualche legge voleva che fosse denominata infermeria e così era. 
Andava per dare una mano, quando nessuno della famiglia Weaver aveva bisogno dei suoi servizi e lui non doveva smaltire gli effetti della sera prima. 
« Che succede? » domandò a una infermiera asari che andava di corsa.
« Trenta pazienti, razze diverse, hanno avvertito tutti un malore del medesimo istante, causa sconosciuta, per adesso c'è solo la comparsa di sintomi generici. » 
« Erano assieme? Stesse mansioni? » le chiese andandole dietro. 
« Negativo, abbiamo personale della sicurezza, di terra e dei trasporti, molti erano in settori diversi di Caninea. » 
« Cosa? » prese una cartella clinica “È assurdo” pensò tra se. 
Si guardò spaesato attorno, alla ricerca di una spiegazione quando la porta si aprì e altre dieci pazienti furono ricoverati con i medesimi sintomi. 

« Ti chiedo di chiudere Caninea. » al medico stesso non sembrò che fosse lui a parlare. Non credeva alla richiesta che aveva fatto a Dasha entrando nel suo ufficio. 
« Chiudere Caninea per un'ora causa una perdita di una decina di miliardi, quaranta persone non valgono una simile cifre. » 
« Possono aumentare in qualsiasi momento, è un epidemia. Caninea è ammalata, bisogna chiudere i settori e fare una pulizia approfondita. »
« No. »
Galba la guardò spazientito, sapeva dall'inizio come le avrebbe risposto. Se Dasha aveva un lato buono, di certo non si estendeva al di fuori della sua famiglia. Ma il medico aveva ancora un asso nella manica. 
« Ok, speriamo solo che Alexya, Trish e Diana non si ammaliano la prossima volta che vengono qui o e non dimentichiamoci di Isabella. » 
Quando la guardò fu sicuro di avere tutta la sua attenzione.
« Avrei letto le loro cartelle, il loro sistema immunitario è “impreparato” non ammalandosi mai. Le radiazioni dei loro nuclei di eezo 19 uccidono qualsiasi organismo unicellulare entri nel loro sangue, proprio per questo i loro anticorpi sono più deboli rispetto a quelli di una persona normale. Speriamo che riesca a uccidere anche questo pericoloso nemico, perché fossero ricoverate ti dico fin da ora che non saprei come curarle. » solo a fine discorso percepì la sensazione delle goccioline di sudare che scendevano lungo la schiena. 
Usare le figlie di Dasha come argomento contro di lei, era come far annusare il proprio sangue a un lupo e chiedergli che non ti mordesse.
La voce di lei sembrava il rumore di due lastroni di ghiaccio che scorrevano l'uno sull'altro. « Tra due ore la borsa galattica chiuderà, Caninea resterà chiusa fino alla sua apertura. Hai sei ore. »
« Grazie. » borbottò chinandosi e correndo fuori. 
Era passata un'ora e mezza, Galba e tutto il personale medico che aveva raccolto aveva passato quel tempo a ricontrollare i dati dei pazienti. Non c'era niente che avessero in comune.
Gray, un cardiologo, tirò fuori la scatola di un farmaco da una tasca del camice « Un cardiologo con problemi di cuore, sembra una pessima battuta. » disse estraendo il blistex argentato con le pillole. 
« Quello non è dei nostri. » obiettò Galba che aveva osservato distrattamente il medico. 
« Cosa? Certo che è della Noveria Corps, figurati se dalla direzione ci fanno usare farmaci di una marca diversa. » 
« No, non quello, il blistex... è diverso. » 
« Dici? Non ci ho mai fatto caso, quelli delle vendite avranno modificato come al solito qualcosa. Lo sai, non riescono a tenere forma o colore di una scatola per sei mesi senza sentire l'impulso di cambiare qualcosa. »
« Va bene, ma dov'è il logo della compagnia? Dovrebbe lo stesso esserci per legge. » 
Solo allora Gray osservò con attenzione il contenitore « Vero, non c'è. » disse dubbioso. 
Prese una compressa, la mise tra due dita e questa si sbriciolò senza il minimo sforzo. 
« Questo non dovrebbe succedere. » commentò il cardiologo.
« Forse abbiamo una causa. » ammise Galba. Chiamarono la sicurezza, i reparti di farmacologia furono occupati e chi vi lavorava messo sotto controllo. Dai reparti di produzione alla vendita, ogni settore fu ispezionato. 
Alla fine la causa fu trovata. In uno dei magazzini di stoccaggio, sparsi per la galassia, dei dipendenti avevano messo su una truffa ai danni della compagnia, sostituendo i farmaci da essa prodotta con altri scadenti che dei complici esterni procuravano. 
Non fu necessario chiudere Caninea, ma costrinse lo stesso la Weaver e sicurezza a del notevole lavoro in più. Ognuna di quelle scatole andava recuperata, prima di un possibile scandalo. C'era anche la questione di recuperare la propria merce. 

« Ben fatto. » si sentì dire Galba da Dasha, vedendola entrare in infermeria. « Però non ti consiglio di usare più la mia famiglia per forzarmi la mano. » 
Lui non seppe mai dove gli venne quell'idea o il coraggio di attuarla. Si girò, aprì un cassetto e prese la scatoletta di un farmaco. 
« Questo è Reexly. Lo conosci? »
« Dovrei? »
« È un farmaco per biotici umani, credo che riesci a capire a chi potenzialmente era destinato trovandosi in questa infermeria privata. Quando sei entrata avevamo appena iniziato a fare l'inventario, come da altre parti bisogna controllare i lotti dei farmaci coinvolti. » 
Lei non disse niente osservandolo attenta. 
« Questo è uno dei farmaci contraffatti, ha una concentrazione di residuo da nium dieci volte superiore alla soglia consentita. Non ho mai avuto motivo di somministrarlo quindi possiamo stare tranquilli, ma sai anche tu quanto le tue figlie e Isabella siano sensibili al nium proprio a causa del 19. Come vedi non è stata una forzatura, avevo ragione. »
« Questo sembra un molto un “ Te l'avevo detto. “ » osservò Dasha con una nota d'irritazione. 
« Sono semplicemente i fatti. » 
Senza aggiungere altro la Signora di Noveria uscì lasciando finalmente al povero medico la possibilità di sospirare. Ancora non credeva di essere riuscito a mentirle, quel farmaco era più che mai a posto. Dubitava che Dasha si fosse presa la briga di andar a leggere i nomi di tutti i farmaci coinvolti. Non aveva resistito alla tentazione di aver lui l'ultima parola. 
Si lasciò cadere sulla sedia, ancora non credeva di esserci riuscito. 

Dasha camminava innervosita verso il suo ufficio, azionò l'omnitol attivando la chiamata « Isabella, Naomi ha l'incarico di recuperare alcune farmaci che mi sono stati rubati. Incontrati con lei, trova chi è coinvolto e ...”divertiti”. » 
Quando chiuse la chiamata si sentì meglio, tranquillizzata di aver fatto il proprio dovere di genitore. 

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Capitolo 9
*** Tetrius Bellitus, dolce pensione ***


L'ormai pensionato, ex-generale della gerarchia turian, ex- comandante di Divisione N Tetrius Bellitus, passò la carta magnetica nella parta di casa chiudendola. 
Si girò pronto per la sua classica passeggiata mattutina nella cupola ambientale 46, vi si era stabilito perché la popolazione era per la maggior parte turian. 
Passeggiava soddisfatto ma non senza scopo ricambiando i saluti che i passanti gli rivolgevano.
“Generale, Saluti generale, Generale Tetrius ecc...”
Non era mai stato tipo vanaglorioso ma da quando era in pensione era cambiato. Il rigore militare di una volta si era affievolito, adesso non era nemmeno più un soldato. 
Quei saluti e il rispetto che quelle parole portavano erano quanto di meglio potesse chiedere contro l'ingiusta punizione che la Gerarchia Turian gli aveva inflitto. 
Per aver giustiziato dei pirati era stato dichiarato colpevole di crimini di guerra e incarcerato. 
Proprio quel evento gli aveva fatto incontrare Dasha Weaver. 
Mentre lei fondava e dirigeva la Noveria Corps, lui veniva posto al comando di Divisione N. Il braccio armato della compagnia, un vero esercito formato dagli scarti della galassia pronto a rimuovere ogni ostacolo che la multiplanetaria incontrasse sul suo cammino. 
Le guardie o i sistemi di sicurezza di cui disponevano le altre grandi industrie, non si potevano neanche avvicinare a questa forza militare.
Adesso che era in pensione e aveva passato il testimone del comando a Noami Takara, quei saluti erano la prova che si era guadagnato quel rispetto che la Gerarchia Turian aveva provato a toglierli.  
Si fermò ad ammirare la propria immagine nella vetrina di un bar. Indossava un signorile abito turian di colore blu, l'aveva pagata parecchio ma a vedersi con indosso quello faceva un bel effetto. Entrò nel locale a consumare un'ordinazione, gli giunse ai condotti uditivi una discussione che lo fece sorridere. Un asari e due turian seduti allo stesso tavolo stavano parlando: 
« La Weaver è la più sensuale di Noveria. Ha i fianchi migliori. »
« Non essere ridicolo, Isabella non si batte. L'aria ti disprezzo con cui ti guarda è troppo eccitante. » 
« Naomi Takara lei è una donna e in più ha il fascino della divisa. » 
L'unica cosa su cui parte della popolazione fosse divisa era chi tra le tre donne fosse la più desiderabile. 
Lui rimaneva fuori dalla questione, non aveva più l'età per certi interessi.
Si gustò una crema calda di mocion con biscotti leggendo le ultime notizie. 
Rilassato guardò fuori dalla vetrina, pensando a quanto sciocche erano state le sue paure sulla  pensione. Aveva sentito da sempre storie di come vecchi soldati non trovassero niente da fare, alcuni arrivando al suicidio. 
“Forse non avevano tutti i miei soldi.” pensò gustandosi la sensazione di vivere senza problemi. 
Quando si era ritirato Dasha l'aveva pagato non solo per il suo lavoro come capo della sicurezza, ma gli aveva versato anche quello che gli doveva quando erano criminali. 
La sua parte del bottino, come quella degli altri, era stata spesa per la Noveria Corps. 
Con la crescita della multiplanetria questa investimento aveva dato i suoi frutti. 
Oltre a questo c'era la pensione che gli passava la Gerarchia Turian, poteva essere stato un criminale  ma l'amnistia ottenuta gli dava il diritto di versare contributi e ottenere quanto doveva. 
Essere un pensionato a carico del suo governo davvero gli piaceva, gli sembrava la beffa definitiva nei loro confronti. 
La prima cosa che aveva fatto dopo esser stato pagato e aver ricevuto la possibilità di vivere gratuitamente nella casa che aveva sempre usato, quella come tutto sul pianeta era di proprietà della Noveria Corps che dava in usufrutto gratuito, era stata recarsi presso uno sportello finanziario della compagnia dove una sorridente asari lo accolse. 
« Buongiorno, sono Benrio Daza, come posso aiutarla? »
Lui si sedette severo « Evitiamo i convenevoli, sono Tetrius Bellitus, fino a un'ora fa ero la terza persona più importante di questo pianeta, adesso sono un pensionato ma ho sempre i miei contatti. Voglio affidarvi i miei soldi, se però mi fregate: io vengo qui, vi ammazzo e lei per prima, dopo vado dalla presidentessa Weaver a spiegargli che fregavate il resto dei dipendenti. Ha domande? »
Il sorriso dell'asari era sparito, diventando una smorfia di preoccupazione « Io...forse dovrebbe parlare con il direttore. Una persona del suo calibro merita risposte più dettagliate. Lo vado a chiamare. » disse riuscendo ad accennare ad un ultimo sorriso di circostanza. 
Da quel giorno non aveva mai dovuto sparare a nessuno, le azioni della Noveria Corps gli fruttavano una descritta somma ogni mese. 
Tetrius era anziano e benestante. Amava crogiolarsi in quel tepore, si diceva non fosse mai un bene farlo sugli onori passati ma ormai a lui cos'altro rimaneva da fare?
« Generale, potrei sedermi al suo tavolo? » si sentì chiedere e alzando lo sguardo vide un altro turian, indossava abiti formali ma nessuna divisa e un cartellino gli pendeva dal lato destro. 
« Lei... è un burocrate? » 
« Arrius Ignascus e si, sono impiegato nell'amministrazione. Per la precisione nell'amministrazione di questa cupola abitativa. Avrei bisogno di parlarle. » 
Con un gesto del capo gli fece cenno di sedersi. 
« I turian su Noveria stanno affrontando un problema culturale, vorremo portare la cosa all'attenzione della presidentessa Weaver. I normali canali però non ce lo consentono. Essendo una faccenda di solo nostra pertinenza dovremmo risolverla fra noi. » 
« Quale problema culturale? » chiese incuriosito, non intuendo di cosa parlasse l'altro. 
« Vede... » Tetrius annuì ad ogni parola e solo alla fine si ricordò come lui e molti suoi simili fossero dei “faccia pulita”. Ai turian, in seguito a crimini gravi, venivano cancellate le pitture facciali che indicavano l'appartenenza a una colonia. 
Arrius era tra quelli e si chiese come potesse aver fatto prima di approdare alla Noveria Corps. 
“Non ci sono santi su Noveria” pensò tra se Tetrius, ricordando quello che era ormai diventato un monito per tutti. 
« Voi burocrati avreste dovuto pensare che sarebbe potuto succedere. La vita va avanti, in ogni caso quale sarebbe il problema? Non credo che per la multiplanetaria dovrebbe comportare dei costi. »
« Nessun costo aggiuntivo, il fatto è che per la legge turian serve la firma del capo della comunità. Noveria risulta essere di proprietà della Noveria Corps, quindi la sola firma accettabile è quella della presidentessa Weaver. » 
« Portatele i documenti e fateglieli firmare. » 
« Non è così semplice, il tempo della Signora di Noveria è sempre occupato. Il primo incontro possibile sarebbe tra otto mesi, ho pensato che lei avrebbe potuto avvicinarla e … »
« Farvi risparmiare tempo. » 
« L'idea è quella, signore. » 
Signore...Tetrius dovette trattenersi dal sorridere. Ci rifletté sopra, per lui non era difficile quello che gli chiedevano. « Sbaglio o la signora di Noveria non è nemmeno sul pianeta al momento? » 
« Si trova su Sur'Kesh, nella capitale del pianeta. » affermò Arrius dandogli ragione. 
Quell'ultima frase fece riflettere l'ex-militare“È una questione che ho rimandato da molto tempo, pensavo di farlo mentre era lei ad essere in visita a Noveria ma potrebbe essere un segno degli spiriti. “
« Vi aiuterò. » dichiarò infine.
***** 

La porta della tavola calda suonò quando l'ennesimo cliente ne varcò la soglia. 
Un'umana bionda si voltò verso il nuovo venuto per accoglierlo.
« Tetrius, cosa fa su Sur'Kesh? » esclamò Trish Weaver vedendo il vecchio turian.
« Mi sono concesso una vacanza di una settimana, in uno dei migliori alberghi di questa città. »
« Generale, con me le bugie hanno le gambe corte. La sua mimica corporea mi dice che sta mentendo sulla vacanza, anche se la parte dell'albergo era vera. » si accostò e prendendolo gentilmente per un braccio « Venga, la conduco al suo tavolo. »
« Quando è possibile vorrei parlarti. » 
La ragazza lo guardò pensierosa « Mamma è qui e anche lei, mi devo preoccupare? »
« Assolutamente no! »
« Questa parte è vera, meno male. Le porto subito il menu. » 
Il cibo era buono ma niente di particolare, osservò incuriosito Trish lavorare in quel locale. 
Trovava fosse strano, non sbagliato.  
« Perché lavori? » gli domandò il generale. 
« È il modo migliore per imparare come funziona l'economia reale, quello che ci insegnano a scuola è solo una presa in giro. Ci spiegano le leggi dell'economia galattica solo per aggirarle meglio, ma poco sulla percezione del denaro. » 
« Percezione del denaro? » 
« Se lei perdesse un credito, cosa farebbe generale? »
« Per un credito? Niente. » 
« Esatto ma se quel credito lo trovasse un poveraccio, quanto sarebbe importante per lui? » 
« Molto. » disse osservando Trish con attenzione. La ragazza o meglio la bambina che conosceva non sarebbe mai stata capace di pensieri tanto profondi « Perché credi che ti serva saperlo? » 
« Se voglio manipolare le persone come mia madre devo sapere cosa può farle muovere. Lei è sempre stata brava a far leva sull'egoismo del singolo, se ne avrò l'occasione mi piacerebbe far meglio. Una scuola queste cose non le insegna. Manipolare è sbagliato ci dicono, ipocriti. »
« Visto che l'hai citata, dovrei parlare con lei. Spero mi farai guadagnare un appuntamento, non ho più i permessi di una volta. » 
« Sarò lieto di accompagnarla. » disse sorridente. 
« C'è anche un'altra cosa che ti riguarda, su cui ho riflettuto a lungo. »
« Sembra una cosa seria, posso riprendere il lavoro e ne parliamo con calma dopo? »
« Sinceramente no. Iniziato il discorso voglio finirlo. » dichiarò lui tirando fuori per un attimo il freddo carattere da militare, ottenendo un'occhiata critica da parte della ragazza.
« Sai di cosa abbiamo parlato io e Dasha, nel nostro ultimo incontro ufficiale? »
« No. » 
« Non sapevo se Dasha avrebbe accettato le mie richieste, pensavo anche che avrebbe potuto farmi fuori visti i segreti che conosco. Per prepararmi ho raccolto tutte quelle informazioni compromettenti su cui il mio lavoro mi ha fatto arrivare. Però Dasha, da vera professionista, ha accettato senza bisogno di nessuna minaccia riconoscendo semplicemente il mio impegno. Ho menzionato queste informazioni solo alla fine, nel cosa avessi avuto un “fatale incidente” in futuro. Ma come puoi vedere non è mai successo e ormai è passato troppo tempo perché questo vecchio possa preoccupare la Signora di Noveria. »
« Sono arrabbiata con lei, generale. » borbottò Trish « Non si ricatta mia madre. » 
« Arrabbiata? Tua madre mi ha stretto la mano dicendomi “Generale, come sempre la sua professionalità mi piace. Ci sono troppi idioti fiduciosi in giro per la galassia. È stato bello lavorare con lei.” »
« Ha detto così? Non era furiosa? »
« Perché? Alla fine non vi è stato nessun ricatto, quando ho menzionato le informazioni alla fine era solo per far sapere che non rappresento nessun pericolo, se non vengo provocato. Ci siamo salutati da professionisti che si rispettano a vicenda. »
Trish lo fissò meditabonda certa che il generale stesse dicendo la verità, chiedendosi se qualcuno avrebbe potuto nutrire per lei lo stesso tipo di rispetto. 
Col proprio omnitool il generale fece apparire un documento olografico « Questo è il mio testamento, firmalo è sarai tu il mio erede. Informazioni comprese. » 
« COSA? » gridò sbalordita Trish, attirando gli sguardi degli altri avventori e affrettandosi a scusarsi. 
« Non credo che il mio denaro ti interessi, ma così anche quelle andranno a te. In ogni caso non preoccuparti, non dovrai per forza aspettare che sia morto per averle. Quando sarai pronta a scalare la cima della Noveria Corps, dovessi essere in vita, viene a bussare alla mia porta. Con quelle informazioni in mano vincerai. » 
« Io...wow...che dovrei dire? » la ragazza era a dir poco confusa da tutte quelle notizie.
« Dire niente, firma! » 
Le caddero le braccia lunghi i fianchi « Generale, sul serio, deve imparare a leggere tra le righe. Ascolti, firmerò a fine turno, mi dia solo il tempo di pensarci. » dichiarò lei allontanandosi. 
Tetrius la guardò scocciato, non capiva quale fosse il problema. 
Decise di fermarsi ad aspettarla, vi erano diversi tavoli vuoti quindi il suo rimanere non sarebbe stato un problema. Ordinò da bere. 
Circa tre quarti d'ora dopo entrarono tre turian adolescenti, si scelsero da soli un tavolo senza mai smettere di parlare in un modo da disturbare anche gli altri.  
Tetrius nel frattempo stava maledicendo loro, la società moderna, borbottando che i sani rigori della gerarchia erano andati persi e molti altri discorsi simili si affacciavano alla sua mente mentre guardava fuori da una finestra per ignorarli il più possibile.  
« Bionda ci fai compagnia? »
Lui si girò di scatto, stavano importunando Trish.
Uno di loro arrivò a chiedere « Quelle cose che hai davanti, sono tette? Vorrei quella cosa chiamata latte ottenuta spremendole. »
Gli altri due compari risero, mentre chi aveva parlato assumeva un ghigno divertito. 
« Ripasso. » fu l'unica risposta di Trish. Clienti simili non mancavano, cercava di mantenere la calma pensando che era un buon allenamento per future trattative difficili.
Tetrius era scandalizzato, sia alzò dirigendosi al loro tavolo « Voi tre! » disse con il tono che usava a richiamare soldati indisciplinati. 
Quello che aveva rivolto a Trish la domanda indecente « Ho visto che ci osservavi. Dì, ti fai la biondina e le succhi le tette? » 

« Vi ordino di rilasciarmi! » gridò Tetrius agli agenti salarian corsi sul posto a causa della rissa che aveva scatenato. « Sono il generale Tetrius Bellitus! »
« Certo, in auto. » fu il secco commento dell'agente che dopo averlo spinto dentro gli chiuse la portiera in faccia. 
« No aspettate, io...» la portiera si chiuse portandosi via il resto della frase. L'auto si alzò in volo allontanandosi. Trish osservò la scena e l'unica domanda che gli veniva in mente era “Adesso come lo dico a mamma?”

 
***** 

Il rumore dei tacchi sul pavimento cessò davanti alla cella dove un turian cercava di riposare sdraiato su un lettino. 
Tetrius si alzò a sedere « Dasha. » disse salutandola. 
« Generale, questa situazione non gliene ricorda un'altra analoga? » 
« Non posso negare certe similitudini col nostro primo incontro. » disse notando solo ora la guardia salarian che scortava Dasha « Spero che i mezzi per il mio rilascio siano stati meno estremi. » 
« Questa volta è bastato pagare. » e rivolgendosi alla guardia « Apra. »
Dieci minuti dopo erano fuori.
« Quando Trish mi ha raccontato l'accaduto stentavo a crederci. Ho riso come poche volte. » 
Lui rimase impassibile, non apprezzava l'umorismo in generale e sopratutto quello diretto contro di lui. 
« Generale... » questa volta il tono di Dasha fu totalmente diverso « Vorrei delle spiegazioni. »
« Sono qui per due motivi, il primo riguarda un problema dei turian che vivono su Noveria. Si tratta di una questione culturale che per essere risolta necessita solo della sua firma. Nessun costo per l'azienda. » 
« Il problema? » fu la secca domanda di lei. 
« Pitture facciali turian. »
« Prego? »
« Su Noveria sono nati alcuni turian, quando non nascono in una colonia turian prendono le pitture della colonia dove la nascita viene registrata o al massimo le stesse di uno dei genitori. Nel nostro caso abbiamo diverse coppie di “faccia pulita” che non possono trasmettere le loro pitture ai figli ma non vogliono nemmeno registrarli presso una colonia turian, per questini di pregiudizi. Vorrebbero registrarli come nati su Noveria, per questo serve che l'ufficio culturale a Palaven accetti i documenti per l'uso della nuova pittura. Hanno già studiato la cosa, manca solo la sua firma. » 
« Se è solo questo, mi porti gli incartamenti quando rientrerà a Noveria. » 
« Sissignore, se posso, Trish le ha detto altro? » 
«  Ad esempio? »
« Questo è il secondo motivo, voglio nominare Trish mia erede questo significa che avrà anche quelle famose informazioni. » 
Le sopracciglia di Dasha si aggrottarono un istante « Sta aiutando mia figlia contro di me? » 
« Non dovrei? Trish sa pensare, ho deciso di facilitarle il compito sapendo che lei non l'avrebbe mai fatto. Credo che il piano originale non sia mai cambiato, in tutti questi anni. » 
Dasha sorrise, ma era un sorriso crudele. 
« Sparire mentre la società sprofonda nella più devastante e organizzata crisi economica della storia. Sarebbe stato il mio modo di salutare la galassia al mio ritiro, “alzando il dito medio” verso di essa. Se conosce questa espressione. »
Lui fece cenno di si. La Weaver non aveva mai preso provvedimenti riguardo a chi sarebbe dovuto succederle, nonostante elementi validi non mancassero. La ragione segreta era che fin da dubito aveva deciso che non ci sarebbe stata nessuna Noveria Corps dopo di lei. 
« Ci sono stati alcuni imprevisti. » commentò il turian. Tale decisione era stata ben presa ben prima che Alexya, Diana e Trish entrassero nelle sue vite. 
Dasha annuì « Uno in particolare, avere delle figlie ti fa venire voglia di essere in grado di dar loro tutto e di proteggerle. Di far si che ereditano qualcosa te. »
« Ma questo non le ha fatto cambiare decisione. Il suo timore era che se impreparate si trovassero a capo della multiplanetaria potrebbero farsi molto male. Quindi ha mantenuto il piano originale, aggiungendovi la motivazione che fosse meglio distruggere la Noveria Corps che lasciarla come qualcosa che potrebbe nuocere gravemente alle ragazze se gestita male. Su questo concordo, sarebbe come lasciare un'arma a un bambino. »
« Quando dovrò dimettermi farò in modo che la Noveria Corps imploda su se stessa. Per allora le ragazze saranno già delle donne adulte non più bisognose di nessuna protezione. »
« Così potrà fare il dito medio alla galassia... se... »
« Se...?»
« Se Trish non riesce a succederle, Divisione N e Isabella sarebbero inutili contro sua figlia. Non potrebbe mai dare gli ordini necessari a neutralizzarla. Sareste solo voi due, sapendo del piano i direttori non potrebbero che votare Trish. Perderebbe per certo. »
« Eccellente generale, come sempre. »
Lui chinò la testa, accettando il complimento. « Ma vi è anche un'altra ragione: Olivia W. Shepard. »
« Che centra “miss onestà”? » chiese infastidita.
Sul volto del turian un sorriso « Non rinuncerebbe mai alla Noveria Corps prima di aver avuto la meglio... sulla sua rivale. »
« Sta lavorando di immaginazione, Generale. Olivia è solo una seccatura per me, misurarmi contro di lei non mi porterebbe nessun vantaggio economico.»
« Se non soddisfare il suo orgoglio. »
La schiena di Dasha si fece più dritta, sapevano entrambi che lui aveva ragione ma quello era qualcosa che la Weaver non avrebbe mai ammesso. 
« Generale... » questa volta la parola conteneva una nota di rimprovero.
« Potrei aver osato troppo, la vecchiaia. » commentò ma rimanendo impassibile.
Lei sospirò calmandosi « Salga in macchina, sarà portato al suo albergo. » disse indicando la sontuosa auto blindata dai vetri oscurati con autista. 
Tetrius vi salì senza problemi, era un ambiente per lui familiare. Nel farlo gettò un occhio anche alla sicurezza, le guardie erano ai loro posti. Rimase soddisfatto di quello che vide. 
« Grazie del passaggio. » disse montando nei sedili posteriori della vettura, accanto alla Weaver. Un vetro li separava dall'autista, garantendo la riservatezza dei discorsi. 
« Se posso, avrei una curiosità da chiedere. » domandò il turian. 
« Saremo al suo albergo in quindici minuti, sfrutti questo tempo. » 
« Gli Yagh, il loro arrivo non influenzerà il piano “ Saldi al 50%” ? »
« S'interessa al suo vecchio lavoro? »
« Deformazione professionale, era stato avviato sotto al mio comando. »
« Non si preoccupi generale, gli yagh sono un'utile distrazione. Per quanto il loro intervento non fosse previsto.»
« Tuttavia il fatto che l'avvio del progetto sia totalmente imprevedibile e sconosciuto anche a lei è un enorme pericolo. » 
« Se ricordo bene, aveva già protestato all'inizio sulla casualità del piano? »
« Infatti, come dissi allora: “ Un'arma che non si può controllare è inutile. “ »
« Sfortunatamente sarà indispensabile ingannare tutti sulle responsabilità della Noveria Corps, per questo obiettivo dovremmo farci colpire come chiunque. Vi sarà solo una differenza, noi resteremo in piedi mentre gli altri saranno agonizzanti o morti. » 
« Una domanda ancora, perché attuare questo piano se alla fine farà fallire la Noveria Corps? »
Lei gli rivolse un sorriso divertito « Sono una donna d'affari e fin che avrò questo ruolo lo svolgerò al meglio per mera soddisfazione personale. Dopotutto devo pur far qualcosa nella vita per tenermi impegnata fino alla vecchiaia. »
In quel momento l'auto si fermò, erano arrivati. 
« Signore, spero di non essere stato invadente? »
Dasha gli sorrise « È una di quei pochi individui la cui opinione mi è sempre gradita, fa piacere confrontarsi con qualcuno che ha un quadro complessivo della situazione come il tuo. Passi una buona serata e vada a trovare mia figlia prima di ripartire. Desidera passare del tempo con lei. Ho solo una domanda: perché decidere di appoggiare Trish? » 
« Ritengo sia l'impiego migliore delle risorse a mia disposizione, da morto non ne avrò bisogno e non sono abbastanza per essere significative per lei ma possono fare la differenza per sua figlia. Inoltre credo che le farà piacere sapere che quando Trish si farà avanti avrà una maggior possibilità di vittoria. Desidera rendere le cose difficili a sua figlia per prepararla, non per ostacolarla. Se dovesse superare ogni difficoltà credo che questo la renderebbe soddisfatta... non sono sicuro  si possa dire che parteggio per Trish se il risultato ultimo delle mie azioni sarà anche la sua soddisfazione, presidente Dasha Weaver. » 
« Generale, lei non mi delude mai. Passi una buona serata. »
« Signore, sarò fatto! » disse lui scendendo dal mezzo e permettendo all'auto di ripartire.  

***** 
Un movimento veloce dell'indice destro sullo schermo olografico e la firma di Trish fu apposta. 
Da adesso era l'erede di Tetrius Bellitus. 
In via precauzionale, questo volta si trovarono nella sede locale della Noveria Corps. Questa comprendeva anche alloggio in cui si trovavano, dove normalmente soggiornava la famiglia Weaver e che ospitava Trish durante l'anno scolastico. 
La ragazza gli concesse un sorriso, era felice e nervosa.
« Come le ha ripetuto più volte mia madre “ Eccellente generale. “ »
« Signora. » rispose solerte lui, con tanto di saluto militare. 
« Signora? » mormorò incredula lei, arrossendo leggermente. Nessuno le si era mai rivolta con quel titolo. 
« Preferisce “presidentessa”? »
« Generale la smetta, così mi mette pressione. » protesto imbronciata lei. 
Tetrius la fissò divertito dalla sua reazione. Com'era desiderio della ragazza avrebbero passato quel pomeriggio assieme. Lui aveva un'unica domanda a cui però sapeva non esserci risposta. Gli rimaneva abbastanza da vivere per vedere madre e figlia affrontarsi? 
Ammise che non assistere all'inizio e al finale di quel confronto sarebbe stato il suo unico rimpianto.

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Capitolo 10
*** Sunt Quis, un professionista al lavoro. ***


Sunt Quis si lasciò cadere sulla piccola poltrona che sembrava fatta per un bambino di dieci anni, ma perfetta per lui. 
I grassocci volus, nelle loro tute pressurizzate, incontravano spesso difficoltà legate alle proprie dimensioni sotto misura rispetto al resto della galassia. 
Oltre a quelle ambientali date dal fatto di essere originari di un pianeta ad alta pressione e con un atmosfera a base di ammoniaca. I pianeti abitati dalla maggior parte delle specie perché ricchi di ossigeno erano per loro velenosi, mentre quei pochi ricchi di ammoniaca avevano un’atmosfera troppo rarefatta che ne avrebbe sfaldato i corpi. 
Nessun altro mondo era stato scoperto che avesse le stesse caratteristiche di Irune, il loro pianeta d'origine, per questo i volus erano sempre stati visti con solo le loro tutte a pressione anche nelle colonie. 
« hhhh...Devo andare su Irune...hhh>> mormorò tra sè, iniziando e finendo la frase con il solito sospiro affannoso tipico dei volus. 
Dasha gli aveva dato un compito, scoprire qualcosa sul Amalgama Industries. 
Non aveva trovato niente, su extranet non c'era la minima notizia. Le poche cose che aveva appreso era che anche gli I.D.G. stavano indagando su di loro, in qualche modo sembrava stessero facendo affari con il Dominio Yagh. 
Ma il nome Amalgama saltava fuori in due episodi legati alla Noveria Corps: nel primo un impiegato era stato corrotto, Tenus si era occupato della sua eliminazione. Cercando di scoprire chi l'aveva pagato, aveva scovato un biglietto da visita con sopra tale nome. 
La cosa non aveva però destato nessun allarme, le informazioni sottratte erano i codici delle cupole ambientali. Assolutamente non fondamentali e cambiati abitualmente ogni mese. 
Ovviamente, data la situazione il cambio avvenne subito. Cosa che lo coinvolgeva in prima persona, essendo lui il creatore e il responsabile di tutto il reparto informatico della Multiplanetaria. Solo su Noveria aveva cinquecento tecnici informati alle sue dipendenze. 
Nel secondo episodio dei balordi si erano avvicinati ad Alexya Weaver, erano cacciatori di programmi di indottrinamento e facevano riferimento a un signore della droga in sud America. 
I programmi sviluppati da Cerberus rimanevano i migliori, quelli attuali e detti “Idea fissa” non erano nemmeno avvicinabili come qualità. 
Un programma phantom come quello nella mente della ragazza poteva valere veramente molto, anche solo per la possibilità di studiarlo e replicarlo. 
Dasha Weaver non prese l'accaduto e quando reparti dell'esercito privato della multiplanetaria, Divisione N, furono inviati trovarono solo morti. 
In quel caso, nelle tasche del signore della droga, fu trovato il medesimo biglietto. Fu allora che Dasha gli diede l'incarico di trovare notizie su questa Amalgama Industries.
Niente. 
Adesso però il caso sembrava avergli dato una mano. Su Rannoch una quarian aveva denunciato strani movimenti di soldi. Non erano stati fatti nomi ma sembravano coinvolti individui importanti dell'economia, ma soprattutto il denaro spariva entrando nei Sistemi Terminus. 
Era sicuro che quell'indagine non avrebbe portato a niente. Di cosa potevano accusarli, di aver spostato troppe volte e in modo insensato il PROPRIO denaro? Di aver fatto versamenti in banche dei Sistemi Terminus? Al massimo avrebbero potuto accusarli di evasione fiscale. 
Sapeva però due cose: se il denaro veniva speso era per ottenere qualcosa, da qualche parte esisteva un file su cui era scritta la motivazione, anche falsa, di quei movimenti. 
Dopotutto quel denaro apparentava a qualche multiplanetaria, per forza dovevano aver messo una causale dietro a quei movimenti per giustificarli. 
Anche se falsa la motivazione avrebbe potuto dare un indizio. Non aveva garanzie che ci fosse un qualche riferimento all'Amalgama Industries, ma trattandosi di due stranezze forse, a un certo punto, si incrociavano.
C'era solo un problema, il segreto bancario del Protettorato Volus. Nessun popolo era esperto di economia più del suo, l'attuale sistema bancario usato nell'economia galattica, la gestione dei crediti e il loro impiego erano state tutte cose introdotte dai Volus. 
Non erano una delle sei potenze maggiori, sul piano militare erano trascurabili e Irune non aveva risorse che lo mettessero in evidenza. 
Ma quando si trattava di commercio e maneggiare i soldi, specialmente altrui, i Volus non avevano rivali. Irune era la banca della galassia. 
Quei movimenti di denaro erano sicuramente passati di lì. 

Le città dei volus erano quelle che risultavano maggiormente “strane” a qualsiasi razza, costruite per una popolazione che non superava i novanta cm di altezza e con un girovita di centoquaranta cm.
In duemila anni di comunità galattica si era però riusciti a costruire edifici su misura per tutti. Visitatori alieni potevano trovare alloggio in alberghi adatti a loro, dotati di atmosfere che potevano respirare. 
Questi edifici spiccavano nel profilo urbano della capitale Lenos per la loro maggior altezza, ma a dominare su tutti con la sua mole era la sede della Banca per l'Industria e il Commercio del Protettorato Volus e Galattico.
Un complesso di oltre una trentina di palazzi, ma quello che si vedeva era solo la punta. Sotto di esso vi erano depositi sotterranei che occupavano un'area dieci volte maggiore di quella in superficie. 
Rivestendo contemporaneamente il ruolo di sede del governo, della banca centrale di Irune e della suddetta banca. Quest'ultima era la diretta interessata nel gestire i capitali esteri e nell'investimento al di fuori del pianeta. 
La carica di presidente di questo ente era talmente importante da essere eletta dal capo del governo.
Nel corso della storia alcune volte le due cariche erano state associate al medesimo individuo o tale persona era riuscita a farsi eleggere al governo partendo da tale ruolo.

Sunt camminò fino al balcone della camera dell'albergo dove pernottava, a spese della Noveria Corps, fermandosi davanti alla ringhiera di pietra su cui poggiò la rosacea mano glabra a tre dita. 
Come tutti i suoi simili il suo volto appuntito, ma grassoccio ai lati, senza peli e sulla cui estremità due piccoli fori funzionavano da narici. 
I suoi piccoli occhietti grigi si fecero ancora più sottili, mentre osservava in lontananza il complesso di palazzi che presto avrebbe dovuto raggiungere. 
Irune, uno dei pochi pianeti dove la Noveria Corps non aveva interessi. 
Dasha aveva sempre preferito tenersi lontana dalla patria di volus. Poteva sfidare il Protettorato, come più volte aveva dimostrato, ma non aveva mai osato uno scontro aperto. Questo aveva spesso portato a rapporti altalenanti, ma che al momento erano più che positivi.
Dopotutto la stessa Noveria Corps si avvaleva dei servizi delle banche volus.
Il settore bancario era il meno proficuo della multiplanetaria, aveva delle partecipazioni ma niente di più. Dasha era sempre stata dell'idea che gestire il denaro altrui era il modo migliore per farsi odiare. Meglio affidarsi a terzi, a cui eventualmente poter dare tutta la colpa.
Sospirò inalando con piacere il sottile odore di ammoniaca, era talmente abituato a indossare una tuta ambientale che il contatto diretto con l'aria gli sembra strano, mostrando una bocca con pochi denti ma grossi. Questi erano disposti in due arcate ed erano disposti alternativamente fra loro. 
Da qualche parte, in quegli inaccessibili cavò, erano depositato l'eezo 19 prelevato dal nucleo del razziatore noto come il Leviatano di Dis. Dato come garanzia per un enorme prestito alla Noveria Corps. 
Ma c'era anche dell'altro, un accordo segreto e non scritto. Dasha aveva dato il permesso ai volus di studiare l'eezo 19 depositato.
Qualcosa di severamente vietato dal Consiglio della Cittadella, ma per il suo popolo era un'occasione troppo ghiotta. 
La realizzazione di un reattore a eezo19 puro avrebbe comportato una rivoluzione energetica.
Il patto era molto semplice, in cambio del denaro Dasha avrebbe fatto finta di non sapere cosa facevano. In caso di problemi i volus si sarebbero presi la colpa, oltre a perdere la faccia davanti a tutta la galassia per aver violato il loro stesso segreto bancario. 
Se però avessero avuto successo, i rapporti di potere sarebbero cambiati e tutti in favore del Protettorato. 
Ma lui ricordava ancora bene quel giorno, quando Dasha incontrò l'inviato da Irune a Caninea. 
Ne vedeva bene il volto dalle telecamere della sicurezza, dalla centrale operativa del reparto informatico.
Lavorava per lei da anni e questo faceva si che fosse sicuro della sua opinione, Dasha stava sorridendo sinceramente al suo interlocutore appena arrivato. 
Non era un sorriso di circostanza, la Signora di Noveria stava caldamente sorridendo all'ambasciatore mentre gli faceva cenno di proseguire verso un ufficio.
“Era il sorriso di chi sta scavando la fossa del proprio nemico.” pensò, ma erano passati anni senza che succedesse niente. Ormai credeva di essersi sbagliato, ma quel sorriso gli metteva ansia. 
“Nemmeno Dasha può minare la stabilità delle banche volus.” e scacciò quel pensiero borbottando fra se « Adesso al lavoro! »

Superare le difese informatiche del sistema bancario volus sarebbe stata un'impresa difficoltosa anche per lui, quando era ancora un ricercato era tra i migliori cinque hacker della galassia.
Ma era arrivato preparato, la prima cosa che aveva fatto era stata entrare nella sicurezza I.D.G. e recuperare tutte le informazioni che la quarian aveva denunciato. 
Gli servivano i numeri di movimentazioni di quelle transazioni, da lì fu un lavoro a ritroso fino a trovare lo spostamento dal sistema bancario volus a uno esterno. 
Ora aveva i codici con cui quelle operazioni erano registrate su Irune. 

Salì su un astroauto, in una decina di minuti e, qualche insulto per l'assenza di parcheggi, dopo entrava nell'imponente edificio bancario. 
Numerosi volus erano in coda a una cinquantina di sportelli, ma lui si diresse verso una zona molto più tranquilla. 
Dietro al bancone una femmina volus, della stessa altezza dei maschi ma più larga, lo accolse con un sorriso volgendo verso di lui il suo viso a punta. 
« Salve, sono Sunt Quis, lavoro per la Noveria Corps, mi serve un terminale privato. Queste sono le mie credenziali. » mentre disse l'ultima frase porgendole un ID. 
« Mi segua, per favore. » e si ritrovò in una stanzetta privata con giusta l'essenziale. Una sedia comoda, un tavolo e un computer. Da quel terminale le operazioni che si potevano fare erano limitate, era solo possibile consultare i dati più accessibili ma niente di più. Anche l'accesso a extranet era bloccato. 
Dopo qualche istante di ricerca gli apparve l'elenco numerico, aggiornato in tempo reale, delle operazioni che venivano svolte. 
File non consultabili da esterni ma che davano lo stesso qualche indizio utile, nella funzione di ricerca mise i codici che aveva recuperato e in brave i suddetti file gli apparvero sullo schermo. 
Non poteva conoscerne il contenuto, ma dicevano quando erano stati effettuati, da che sportello e chi se ne era occupato. 
La data non gli diceva niente, ma era segnata secondo il calendario volus. Avrebbe dovuto fare un confronto con quella galattica con cui aveva maggior abitudine, forse in quel giorno e da qualche parte nella galassia era successo qualcosa che poteva interessargli.

Sera nella città di Lenos. 
Qualcuno suonò al campanello della porta, il proprietario di casa corse ad aprire e nel mentre le luci si spensero. Nemmeno vide la spranga di metallo che lo lasciò tramortito a terra.
Con un sospiro di soddisfazione Sunt abbassò il manganello, questo scatto richiudendosi su sè stesso e lo infilò comodamente in tasca. 
Scavalcò il volus svenuto, avendo cura di chiudere la porta dietro di sè e mettendosi al computer di quest'ultimo. Era stato quanto mai facile rintracciare l'abitazione dell'operatore che aveva eseguito quelle transazioni ed aveva quindi manomesso l'impianto elettrico perché saltasse al suo comando. 
Come l'aveva tolta fece ritornare l'energia elettrica, davanti a lui il terminale si avviò.
L'era informatica aveva fatto nascere nei banchieri una bruttissima abitudine, quella di svolgere il lavoro a casa. Questo lo sapeva bene, all'inizio lo era stato anche lui. 
Non poteva hackerare un terminale della banca, ma poteva farlo con quello privato di uno dei suoi operatori, recuperare i suoi codici di accesso e spacciarsi per lui. 
Un appunto appeso al computer attirò la sua attenzione, vi era scritto:
Lavoro: Doustroug Hillmace
Mise il primo come ID e il secondo come password, era dentro. 
Lui si voltò verso il suo simile svenuto a terra con uno sguardo di disappunto « Fossi il tuo capo ti licenzierei. » disse seccato. 
La facilità con cui era entrato lo aveva irritato. Non quel corpo di fortuna in sè, ma da professionista odiava gli idioti sul lavoro. 
Entrò, aveva accesso a tutti i file su cui il volus svenuto aveva lavorato. 
“ Eccoli qua... Aenima Armony, Theonray, Norgrum, Gemic Dyneral, C.D.W, Orion Fabrications, Alfa Centauri Supplies...multiplanetarie di primo piano e dirette rivali della Noveria Corps. Qualsiasi cosa stiano facendo, è preoccupante non sapere cosa, hanno versato ingenti somme sullo stesso conto e una volta fatto il denaro è stato trasferito nei Sistemi Terminus. Questo è stato fatto più volte. A tentare di seguirne gli spostamenti, il problema è che ogni banca in quella parte dello spazio usa un proprio sistema di registro. Bisognerebbe ispezionarle una alla volta. In ogni caso Dasha va avvertita, la Noveria Corps rimane più grande di tutte loro messe assieme ma possono senz'altro dare problemi se si sono alleate. Che vogliano iniziare una guerra con noi? Mi sembra assurdo. Dove non arriva la legge e soprattutto l'opinione pubblica, sono solite assoldare mercenari per danneggiare i rivali e rubare risorse ma, più volte, Divisione N ha dimostrato di poterli fare a pezzi. Ormai anche i maggiori gruppi mercenari evitano di crearci problemi, anche perché sanno che siamo quelli con più soldi. Certo, rimane qualche pirata ma quelli sono ancora meno affidabili dei mercenari. Niente di più facile che prendano i soldi e scappino. Sono tutti versamenti registrati come spese di sviluppo. Sviluppo di cosa? Puoi acquisire i diritti minerari di un pianeta per simili cifre, non ci sono investimenti simili in corso da nessuna parte. I campanelli d'allarme della Borsa Galattica non smetterebbero di suonare, sempre...se il denaro non fosse stato solo depositato. Ma affidare simili cifre a una banca nei Sistemi Terminus sarebbe sconsiderato, un imprevisto colpo di stato e si fa presto a perdere tutto. I Quarian? Sono in quella parte dello spazio, ma usano il sistema del Consiglio facendone parte. Se il denaro fosse lì, a quest'ora sarebbe già stato trovato. Chi rimane di abbastanza organizzato? Gli yagh? Assurdo, non si sa nemmeno che moneta usino e in ogni caso non è riconosciuta dal sistema bancario. Se convertissi cento crediti in qualsiasi cosa utilizzino, mi sarebbe impossibile riottenere la stessa cifra in crediti prima di tutto. 
Se poi venisse fissato un valore di scambio dopo il versamento correrei il rischio che sia troppo basso, ottenendo magari cinquanta crediti invece dei cento dati. Dovunque sia il denaro non può essere su Parnack, davvero non avrebbe senso. Non ho trovato niente su questa Amalgama Industries, ma ho lo stesso ottenuto qualcosa d'interessante.

Quindi si alzò, avendo cura di cancellare tutte le possibili tracce che poteva aver lasciato. 
Come prima scavalcò il corpo svenuto del padrone di casa e uscì.

Dasha si dimostrò davvero molto interessata quando la rivide e informò di quanto appreso.
« hhhh...Cosa pensi di fare?...hhhh » chiese Sunt con il classico sibilo che contraddistingueva la sua specie, a inizio e fine di ogni frase, quando fuori da Irune respiravano tramite le tute ambientali.
Nuovamente lo rivide, più inquietante che mai, quel sorriso che a lui dava più pensieri che vedere a Signora di Noveria furiosa. 
Fu solo per un attimo, quasi fosse stata una distrazione e la Weaver tornò a mostrare la solita espressione serena ma non soddisfatta. Un sorriso anonimo, comune. Quello di chi era soddisfatto del proprio lavoro, ma aveva sempre un qualche problema da risolvere.
« Per adesso non farò niente, non bisogna far capire che siamo a conoscenza di queste informazioni. Aspettiamo e vediamo. Davvero un ottimo lavoro, anche se non è quello che cercavo. Su questa Amalgama Industries proprio niente? »
« hhh...Niente...hhh. » 
« Mmh...D'accordo, torna al lavoro normale ma tieni un occhio aperto nel caso dovesse comparire qualcosa. » 
« Sarà fatto. » disse accomiatandosi, diretto al suo posto di capo informatico della Noveria Corps. Ben felice di tornare a fare un lavoro da tavolino. 
Mentalmente si annottò di mandare una nota scritta a tutti gli addetti informatici della multiplanetaria, meglio essere previdenti. 
Vietato tenere biglietti con scritto i dati di accesso, soprattutto in luoghi facilmente accessibili e sotto agli occhi di tutti. Se lo scopro vi licenzio seduta stante. 
- S. Quis -

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Capitolo 11
*** Quod Mores: passione formato krogan ***


Il locale era abbastanza spazioso con i suoi centoventi metri quadrati, ben illuminato da luci sul soffitto e interamente rivestito da bianche pareti di metallo. 
Era il proprio laboratorio privato quello in cui Mores del clan Quod si stava muovendo, sebbene chiunque avrebbe pensato più a un magazzino di ciarpame per l'enorme grado di disordine. Non solo per quello presenti sui tavoli, ma per tutti i fili e componenti elettriche buttate a terra.
Alcune fatte a pezzi da lui, dopo esserci saltato sopra adirato per aver fallito un qualche esperimento. Solo su una piattaforma e attorno a essa non vi era il minimo disordine, dove ora si trovava lui.  
Il krogan indugiò a osservare la propria creazione, amava quella soddisfazione che provava al termine di un lavoro. Un esemplare adulto come lui, come si poteva intuire da segni gialli sul epidermide e tendenti al marrone, aveva avuto molte occasione per provarne ma solo da quando lavorava per Dasha Weaver poteva dirsi soddisfatto. 
Era stato per secoli un armaiolo, un esperto di armi, piuttosto che un guerriero anche se come ogni vero krogan non aveva mai rifiutato un campo di battaglia.
La sua esperienza su di esse era interamente pratica, non avrebbe mai programmato un IV di puntamento nel modo migliore ma le parti meccaniche ed elettriche non avevano segreti per lui. 
Questo gli era valso il ruolo di capo del settore “Sviluppo Armamenti” della Noveria Corps, sapeva cosa desiderava chi cercava un'arma. 
Generalmente erano sviluppate ricercatori che non avevano idea di cosa volesse dire combattere. Gente che ascoltava distrattamente i consigli dei militari chiamati a sottolineare pregi e difetti di quello che creavano. Il risultato era sempre un'arma di cui sarebbero uscite continue versione corrette. Non capivano che i test erano validi fino a un certo punto.  
Lui trovava questo estenuante. Era così difficile mettere in commercio un'arma fatta e finita?
Per questo una donna Dasha Weaver lo aveva apprezzato, mettendolo a dirigere uno dei reparti più importanti. 
Era vera passione quella che sentiva nell'animo quando assemblava, sosteneva che tanto più rumore faceva l'arma maggiore era la passione che vi aveva messo a crearla. 
Su ordine della Weaver e su richiesta delle figlie adottive della donna, era il solo ad occuparsi di una faccenda per loro assolutamente personale. 
Proprio perché vi era una differenza enorme se qualcosa veniva creato per passione o per denaro. 
Era appunto tale mansione che aveva appena portato al termine: le realizzazione e messa appunto delle nuove armature phantom. Un lavoro che per lui, mosso dalla pura passione del proprio mestiere, era un stato vero piacere non avendo per esso limiti di risorse o tempo.
Queste facevano bella mostra di se, indosso a dei manichini.
Era infatti l'armatura di Isabella che stava osservando soddisfatto di se stesso. Un pezzo raro di cui esistevano solo altri tre esemplari.
Principalmente di colore bianco, con chiazze di nero e giallo. I colori erano quelli originali di Cerberus, sebbene nessuno dei phantom sostenesse le idee di quella vecchia organizzazione terroristica avevano voluto mantenere la medesima colorazione. 
La prima era già stata usata di recente in combattimento e aveva permesso di ottenere dati importanti, in particolare con gli yagh l'occultamento non era sufficiente date le loro capacità visive. 
Aveva lavorato settimane per rimediare. 
Le altre tre erano ancora “vergini”, in attesa di essere consegnate per il diciottesimo compleanno delle ragazze. Conducevano attualmente tutte uno stile di vita abbastanza tranquillo, non c'era quindi esigenza che avessero a disposizione delle simili dotazioni. 
Ma vi era molto altro al di sotto della leggera corazza che si vedeva, l'esempio più lampante al riguardo era il loro costo. 
Se mediamente per una corazza di alto livello si spendevano diecimila crediti, se con ventimila si aveva un prodotto di lusso, una sola di quelle corazze phantom costava sessantadue milioni di crediti.
Il costo di un moderno caccia stellare. La tecnologia contenuta in essa non era niente di straordinario, lo era il processo di miniaturizzazione che aveva permesso di condensare nello spazio di una corazza così tante e diverse tecnologie. 
Guardandole si sentiva davvero orgoglioso, quel sentimento gli riportò alla mente un antico ricordo di quando ancora lavorava su Tuchanka.  
La battaglia tra clan era appena finita, le distese di Pagaru erano ricoperte di nemici sconfitti, il capo clan Gerax lo ringraziava per il funzionamento perfetto della sua arma.
Un vecchio, classico e consumato fucile a pompa che sparava solo un colpo su tre, prima che ci pensasse lui a ripararlo. Quello fu il primo riconoscimento ricevuto da un capo clan. 
« Non ho mai chiesto a Gerax perché non cambiava quel rottame...deve essere stato quattrocento o quattrocentocinquanta anni fa. » mormorò fra se. 
Aveva fatto molta strada da quei giorni, anche se la sua vita aveva avuto un'accelerata solo dopo aver incontrato Dasha Weaver. Era passato quasi un decennio da quel giorno.
Successe su Omega, lui tirava avanti avendo allestito un'armeria. Era arrivato su quella stazione dopo essere scappato da un gruppo di mercenari che aveva truffato. 
Il giorno dopo aveva trovato un locale abbandonato, vi si era piazzato con tutta la sua roba. 
Così aveva aperto la sua attività. 
Niente affitto da pagare o altro, su Omega se sopravvivi significa che hai ragione. 
« Il mio fucile di precisione è danneggiato, riparalo. » fu l'ordine tassativo di quella umana in armatura nera da nemesis. Il grande oculare rosso puntato su di lui. Un phantom gli premeva una spada alla gola, anche solo tagliare la gola a un krogan non era facile ma aveva la sensazione che avrebbe perso la testa all'istante.
« Se non la faccio? » chiese per niente intimidito.
« Muori. »
« Non lavoro gratis. » disse rudemente.
« Se il lavoro sarà ben fatto, la paga sarà generosa. » 
Quella dichiarazione lo stupì, aveva parlato per provocare e far capire che non avrebbe semplicemente ubbidito.
« Se c'è una paga, si può fare. » prese il fucile tra le mani e cominciò a esaminarlo, ma appena qualche minuto dopo esclamò « Mi prendi per il culo? Questo fucile non ha difetti! »
« Invece ne ha! » ribadì seccamente la nemesis.
Lui sia alzò in piedi adirato « Allora il problema è la tua stupida testa, ora prendi la tua arma e andatevene prima che ti stacchi la testa a morsi pensando che potrebbe essere uno spuntino gustoso. » 
« Quest'arma è difettosa. » fu la ferrea e semplice risposta di lei. 
« No! È perfetta. » ribadì più deciso che mai e ignorando il phantom. La morte non era un problema, mettere in discussione il suo parere sulle armi sì. 
La reazione successiva della nemesis fu gettare un chip da mille crediti sul tavolo « Questo per pagare il disturbo. Mi serve un esperto di armi, qualcuno che lavori per me in esclusiva. » 
« Se hai il denaro, tutto questo non serviva. » rispose, afferrando e mettendo via il chip. Ancora dubbioso e non capendo ancora bene la situazione, ma il denaro era sempre tale. Non importava da chi arrivasse.
« Mi piace accertarmi delle doti di chi assumo. Se ho torto voglio che mi venga detto.» 
« Sentiamo, quanto mi pagheresti? Ti conviene essere generosa, se mi vuoi in “esclusiva” è perché sai che valgo. » affermò mettendo ben in chiaro la sua posizione. Se quell'umana pensava di forzarlo si sbagliava, avrebbe fatto la scelta che più gli conveniva. 
« Per cominciare salvandoti da qui mercenari che ti cercano per averli truffati, mezz'ora al massimo saranno qui. Hanno saputo da me dove trovarti. Adesso puoi solo seguirmi sulla mia nave o aspettarli? »
La sua risposta fu un ringhiare rabbioso « Cosa avresti fatto se non avessi soddisfatto le tue aspettative? » 
« Me ne sarei andata lasciandoti a loro, non perdo tempo con chi non mi serve. Sarebbe stato anche il comportamento più onesto, visto che mi hanno pagato per sapere dov'eri. » 
L'espressione del krogan fu di puro stupore, rise fragorosamente subito dopo. 
« Quanto gli hai preso? » domandò diverto.
« Tremila crediti. » 
« Sai umana, quelli come te noi li chiamiamo Guyasa. »
« Stronza, credo sia questa la versione umana del termine che hai usato. » 
« Non sembri offesa? » lui non poteva saperlo, ma era certo che sotto il casco quella donna stesse sorridendo.  
« Sono abbastanza onesta da riconoscerlo con me stessa, dopotutto, sono pronta a passare sui cadaveri di tutti i miei sottoposti se mi fosse utile. Anche il tuo, questo farai bene a ricordarlo. Non credo ci sia altro modo per definire una persona così. » 
« Allora...come dovrei chiamarti? Almeno questo credo di aver bisogno di saperlo. »
« Dasha Weaver, il phantom è Isabella. »
Quello fu il suo colloquio di assunzione, istintivamente si portò una mano alla cresta dove il segno più scuro di una cicatrice dava bella mostra di se. 
Solo in un occasione aveva provato a mollare Dasha, forzandole la mano, quando aveva deciso che allearsi con Olivia W. Shepard per salvare la galassia non faceva per lui. Si era ritrovato con un coltello da guerra piantato in testa, nella placca frontale, vivo non certo per caso. 
Gli era ancora utile, solo per questo non aveva raggiunto il vuoto dove riposano le anime dei guerrieri morti.
« Se Dasha fosse una femmina krogan ogni maschio lotterebbe per avere un figlio da una simile guerriera..ehm...certo che i maschi umani devono essere messi male se lei si è unita a un'altra femmina. Ecco cosa capita ad avere due testicoli invece di quattro. » 
Ma quel pensiero ne richiamò un altro e sbuffò divertito « Quelle tre sono diventate delle vere guerriere, non potrei chiedere mani migliori per le mie creazioni. » 
Ripensò a quando rivide Alexya, Diana e Trish mentre tutta la galassia credeva che Dasha Weaver fosse morta, ragazzine quindicenni che usavano i miliardi della madre per organizzare una rivolta armata su Noveria e riprendersi il pianeta occupato dai mercenari ingaggiati da una spia dei grigi. 
Anche quella volta aveva deciso che non avrebbe partecipato, lavorava per la Weaver non per delle mocciose. Per tutta risposta gli sfondarono la porta del laboratorio, gettandolo al suolo e premendogli le lame alla gola. Gli davano una scelta: vivere e aiutarle o morire lì dov'era?
« Come si dice in questi casi: “l'uovo si vede dalla femmina.” » disse recitando un vecchio adagio del suo popolo.
Per un esperto armaiolo krogan il massimo dell'onore era sapere che una propria creazione sarebbe passata alla storia.
Ma con il clima di pace che si era instaurato quell'epoca di sangue sembrava essersi chiusa per la sua razza. La sua era una scommessa su quelle tre: sarebbero diventate famose, con esse anche il loro equipaggiamento e tutti avrebbero un giorno ammirato e parlato di Mores del clan Quod che con insuperabile perizia aveva forgiato qualcosa di unico. 
Per la progettazione di quelle corazze era partito da qualcosa di totalmente diverso. Siccome i poteri delle ragazze, a differenza di un biotico normale, non si scaricavano mai aveva iniziato studiando la progettazione dei reattori a eezo. 
Non avrebbero solo protetto ma realmente facilitato e potenziato l'uso di energia biotica. Invece di batterie collocate nell'armatura, essa stessa sarebbe stata un'enorme batteria con una durata di tre giorni galattici. Questo aveva permesso di eliminare tutta la parte dell'alimentazione, risparmiando su peso e volume. Nella parte più interna, quella a contatto con il biotico, circuiti stampati trasmettevano l'energia all'esterno senza il minimo spreco o il bisogno di cavi.
Aveva copiato le tute ambientali dei quarian, anche se era passata una generazione da quando erano un popolo nomade rimanevano i maggiori esperti di quel settore. 
Non esisteva condizione ambientale che potesse metterle in pericolo, persino nel vuoto dello spazio la persona al suo interno sarebbe potuta rimanere in vita per giorni. I sistemi di supporto vitale avrebbero riciclato l'aria e depurato le urine ottenendo acqua, fintanto che c'era energia fornita dal biotico stesso. 
Infine aveva appreso dalla natura imitando la fisiologia krogan, biologicamente progettati per combattere, la sua razza possedeva organi secondari che entravano in funzione quando il principale veniva danneggiato. Lo stesso valeva per quelle armature, per un qualsiasi sistema in caso di danno ve ne erano altri due a sostituirlo. 
L'armatura era su più strati, qualcosa di mai tentato prima su scala così piccola essendo la tecnica usata per le corazzate spaziali. A questa si aggiungevano gli scudi biotici. 
 mantenendo un peso ridicolmente basso per tutto quello che vi era installato: dodici chili e novecento grammi.
Altre a questo si aggiungeva una connessione totale a qualsiasi rete di comunicazione, una scansione tattica in tempo reale del campo di battaglia, il sistema d'occultamento e uno di hackeraggio per superare difese informatiche e automatiche. Come sistema offensivo, sebbene le ragazze preferissero l'uso di spade e poteri biotici, aveva ripreso e aggiornato l'idea del canone biotico di Cerberus.
Invece di una lente sul palmo sinistro che permetteva di usare con la sola mano destra la spada, l'uso dei circuiti stampati integrati nell'armatura  aveva rimosso tale limitazione. Non vi era nessuna lente o qualcosa di riconducibile a una bocca da fuoco. Avrebbero solo dovuto puntare la mano aperta contro il bersaglio e il colpo sarebbe partito.
Si fece i complimenti da solo per quel trucco, se per qualche motivo fossero state disarmante nessuno avrebbe pensato che nascondevano un'ultima arma proprio nel palmo delle loro mani. 
Provando a immaginare Alexya, Diana e Trish con indosso quelle creazioni si sentì eccitato.
Questo gli ricordò una curiosità che aveva sentito sulla storia umana, un tizio che aveva partecipato alla realizzazione della prima arma nucleare disse “Ora siamo tutti figli di puttana.”
Sembrava quasi che fosse dispiaciuto del risultato, eppure non ci sarebbe stato niente di meglio di vedere che una propria invenzione uccidere a milioni i nemici del proprio clan. 
Se quelle tre ragazze avessero coperto ogni mondo della galassia con i cadaveri dei loro nemici usando le sue creazioni, lui non avrebbe potuto che esserne orgoglioso. 
Sbuffò, quindi si voltò lasciando perdere qualsiasi indugio e ricordo del passato. Aveva altro lavoro da fare, le nuove armi per il mercato galattico non sarebbero apparse da sole.
Doveva controllare che quegli idioti dei suoi sottoposti non producessero qualche cosa di difettoso, se non voleva trovarsi a dare spiegazioni a una Dasha incazzata. 
Nel laboratorio ormai vuoto le luci si spensero automaticamente una alla volta, facendo rimanere nell'oscurità quei preziosi regali di compleanno. 

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Capitolo 12
*** Multan Neque: pilota professionista. ***



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Foto generica di un batarian che compare nel gioco, presa da internet.

Multan Neque si svegliò da una magnifica nottata di sonno, poche volte riusciva a svegliarsi con quel senso di riposo non solo fisico ma anche mentale. 
Senza fretta il batarian cominciò a prepararsi la colazione, occupava un appartamento nella prestigiosa cupola ambientale 1. 
Era il pilota personale di Dasha Weaver, quel centro abitato era il più vicino al complesso industriale di Caninea dove la Signora di Noveria aveva la residenza.
Per aver casa lì, bisogna contare e il suo lavoro gli garantiva proprio questo. Oltre a un appartamento di trecento metriquadrati  che non sapeva mai bene come impiegare. 
Era abituato alle cuccette delle astronavi, tutto quello spazio non capiva nemmeno in che modo avrebbe dovuto occuparlo. Non aveva idee al riguardo. 
Ripassò mentalmente le occupazioni della giornata, per due giorni non si sarebbe mosso dal pianeta.  Il terzo sarebbe salpato per portare Dasha su Tuchanka. 
Il progetto di terraformazione del pianeta krogan stava venendo bene o almeno così gli era stato detto. 
Avrebbe solo dovuto chiedere ai meccanici se avevano fatto la manutenzione prevista, ma era giusto un proforma. Avrebbero dovuto essere idioti per rimandare il lavoro sul Atlantic Codex. 
Decisi di vestirsi per andare gironzolare, godendosi alcuni dei piacerei della cupola 1. 
Quando aprì la porta... « Ciao Multan. » lo salutò Diana Weaver, era in abbigliamento sportivo e aveva la solita aria energica. 
La fissò interdetto con tutti i suoi quattro occhi, una vocina nel suo cervello gli diceva che era tutto sbagliato. Ma la coscienza non aveva ancora collegato l'idea con quello che vedeva. 
« Mmh...Diana perché qui? » chiese mettendo assieme la frase più complessa di cui era capace in quel momento. Da qualche parte nella mente gli sembro di udire il suono di un tubo di metallo che cadeva, decise che doveva essere un buon segno. Forse adesso il suo cervello si sarebbe sbloccato.
« Multan mi aiuti a prendere la patente di guida? » domandò la bionda diciassettenne.
“D'accordo, non sono un genio ma qui è meglio rifiutare a priori.” « No! » fu la secca risposta.
Lei assunse un'aria imbronciata « Non mi hai nemmeno chiesto perché la voglio? » 
Si portò una mano in viso per farsi forza « Perché vuoi la patente? »
« Per fare un lavoro fighissimo che ho scoperto ad un appuntamento con Henry, andando a un circuito di rally su Thessia »
« No, ti prego, non dirmelo. » tentò di bloccarla lui, non voleva sentire quelle fatidiche parole. 
« Voglio pilotare un auto da rally. » per il batarian fu come riceve una secchiata di acqua gelata.
Gli caddero le braccia a quelle parole « Non so come l'hai scoperto ma non piloto auto da rally da oltre un ventennio, sono fuori dal giro. Chiedi ad altri o cambia proprio idea. » 
« Scontroso, comunque lo scoperto per caso visitando quel posto al termine della gara. » 
« Devi aver visto il muro delle vecchie glorie. »
« Sono rimasta allibita quando ho visto la tua foto. Pensavo avessi sempre e solo pilotato noiose navi mercantili. »  
« Già, beh no...la mia risposta rimane no. » Inizialmente lui era stato un pilota militare della vecchia Egemonia Batarian, poi stufo delle regole e di quel soffocante regime si era congedato trovando poi occupazione come pilota professionista. Arrivando in prima categoria, appena al di sotto dei veri professionisti. Poi la guerra dei Razziatori aveva sconvolto ogni cosa e si era trovato a pilotare navi cargo, finché una certa donna non l'aveva assunto per faccende illegali. Lui aveva accettato sopratutto per il senso di pericolo e l'eccitazione. Ma quelli erano altri tempi, adesso fare tranquilli viaggi scarrozzando il grande capo da un pianeta all'altro non gli dispiaceva. 
« Posso pagarti! » affermò la ragazza. 
« Per i sacri pilastri, non è una questione di soldi e...» fissò un attimo Diana « Tua madre lo sa? Hai informato Dasha? » 
Da come abbassò gli occhi la risposta era sicuramente no « Non pensare neanche che agisca alle spalle di Dasha, ci tengo a rimanere vivo. » 
« Cosa potrebbe mai accadere? »
« La cosa più ovvia: ti fai male e lei chiede spiegazioni a me. » 
« Voglio la patente di guida! »
« Non ti serve, oggigiorno quasi nessuno la possiede. Fanno tutti i computer, serve solo per sbloccare la guida manuale. » 
« Che è quella che si usa nelle corse di rally. » 
« Parlane con Dasha! » ribadì nella speranza di togliersi di dosso quel fastidio. 
« Non posso, voglio che sia una sorpresa. » dichiarò furente.
« Senti, a tua madre non importa che tu abbia la patente o meno. » come disse quella frase si bloccò. Doveva aver detto qualcosa di troppo, perché Diana adesso sembrava prossima al pianto.
« Non è vero, a mamma importa di me... » disse terminando la frase con un singhiozzo. 
« Si, certo, Dasha ti vuole bene...non importa che tu abbia la patente o meno... » affermò cercando di disinnescare sul nascere quel problema. 
Una Diana incazzata forse la poteva gestire, una in lacrime no.
« Non sono da meno di Alexya e Trish, l'ho sentita dire che è contenta di quello che fanno... di me non ha parlato... »
Lui sbatte più volte le due paia d'occhi, non aveva ancora un'idea precisa di cosa fosse accaduto ma adesso cominciava a capirci qualcosa. 
Diana non aveva ancora deciso cosa fare nella vita, questo doveva star cominciando a pesare alla ragazza. Guardando alle sorelle che invece avevano un obiettivo, le doveva sembrare di essere rimasta indietro agli occhi della madre. 
“Bene, adesso che faccio? “ pensò tra se.

Avendo una propria flotta commerciale, la Noveria Corps aveva anche strutture e mezzi per far allenare i propri piloti. Essendo praticamente di casa in quel posto, Multan ne prenotò uno per l'intera giornata. Dovette solo cambiare la simulazione da nave spaziale a mezzo terrestre. 
« Devo fare un videogioco in pratica? » commentò sarcastica lei.
« Molto più realistico di qualsiasi cosa tu abbia provato. Per renderti le cose più semplici ho messo le marce automatiche, ti dico da subito che non puoi vincere anche se ho messo livello di difficoltà semplice. » 
Diana rimise il broncio « Pensi che perderò? » 
« Ovviamente. Ci puoi rimanere fino a quando non ti stanchi. Torna da me quando vincerai, anche se non succederà » quindi se ne andò lasciando che la ragazza prendesse posto. Era pur sempre il suo giorno di riposo.  
Se la ritrovò in casa due ore dopo « Ti sei stufata? » chiese speranzoso.
« Di vincere... a volte mi capita. » dichiarò lei.
« I test sono registrati, non puoi mentire. » 
« Ho vinto! » dichiarò perentoria, tanto da convincere il batarian a tornare indietro. 
Su diciassette gare le ultime cinque erano tutte state vinte dalla ragazza, nelle precedenti sei aveva perso piazzandosi al secondo o terzo posto. Sono in quelle iniziali era arrivata ultima. 
« Come ci sei riuscita? » chiese allibito.
« Non era così difficile, dopo le prime simulazioni ho memorizzato il percorso e i rumori dei motori delle altre auto. Sapevo sempre dov'erano. » 
Lui era d'accordo, l'udito era fondamentale per intuire le condizioni della propria auto e un valido aiuto per capire quanto distavano le auto più vicine alla propria. 
Fecero alcune prove, selezionando gli altri modelli di auto e avviando la riproduzione audio dei loro motori. 
« Questa è l'auto arancione. » affermò la ragazza.
Il batarian dovette pensarci un attimo prima di capire la risposta, la carrozzeria dell'auto era di quel colore. Si accorse che Diana non doveva conoscere nessuno di quei modelli di autovettura.
« Esatto. » 
Riuscì a indovinarle tutte. Sapeva che le ragazze Weaver aveva sensi sviluppati al limite della loro razza, ma vederle all'opera era comunque una sorpresa. Incuriosito prese posto lui sul simulatore. 
« Ok, una breve lezione, adesso guardarmi perché dopo dovrai imitarmi e ascolta bene le mie spiegazioni. » mentre lo diceva non riuscì a evitare di pensare “Spero di ricordarmi come si fa, sai che figura se perdo”.
Tirò un sospiro di sollievo quando scese, aveva vinto ma faticando molto di più di quanto ricordasse. Aveva le spalle distrutte dalla tensione, inoltre aveva sentito su di se lo sguardo di Diana per tutto il tempo. Era quello che gli aveva chiesto, ma lei e sorelle riuscivano a fare certi sguardi da metterti profondamente a disagio.
“Non che Dasha si da meno in questo. “
Diana prese il suo posto dentro al simulatore, ma la fermò a metà simulazione.
« Ho sbagliato qualcosa? » chiese lei sorpresa.
« No anzi... mi stavi imitando alla perfezione. Come? »
« È stato semplice: lettura del corpo. Osservo, memorizzo e riproduco in modo più fedele possibile ogni tuo movimento. Rispetto a quando lo faccio con tecniche di scherma o biotiche quella da guida sono molto più semplici. Nessun movimento del busto, quelli di gambe e braccia sono ridotti al minimo. »
« Ma capisci anche quando farli? » 
« Ho visto quello che facevi quando il motore faceva certi rumori, mi sono basata su questo. »
Lui la guardò dubbiosa « Quei rumori, sai cosa indicano? A cosa sono dovuti? » 
Lei fece spallucce « Ehi guarda che si tratta semplicemente di imitare qualcuno, non mi rende onnisciente. »
“Peccato che di semplice non abbia un bel niente come abilità, ma lasciamo perdere. “ e tornando a rivolgersi a lei « Credo che non avrai problemi con il test pratico, per quello teorico come sei messa? » 
La smorfia sul viso di lei fu la più eloquente delle risposte. 
« Non hai neanche aperto i file di testo. » fu il suo commento a quella vista.
« Già. » fu la sincera risposta della ragazza. 
Lui non era neanche stupito, sapevano tutti che mettere Diana su un libro era un'impresa. 
« Adesso ascoltami, per la patente da rally è indispensabile avere quella base. Puoi ottenerla da un qualsiasi governo facente parte del Consiglio della Cittadella. Una volta fatto puoi accedere alle gare dopo aver realizzato almeno un centinaio di ore di prova su pista nei circuiti di prova. I piloti sono classificati in sei categorie di cui la più alta è quella dei professionisti, le altre sono indicate con i numeri dal uno al cinque. Nel caso che tu riesca a iniziare a fare gare partirai dalla quinta categoria, la più bassa. »
Diana annuì, facendo capire che aveva seguito ogni parola.
« In ogni caso scordati di mantenerlo segreto. »
« Perché? »
« Potrei darti un'infinità di ragione, tra le prime la necessità che tua madre dovrà mettere la propria firma. Non so come funziona tra gli umani, ma so che secondo i vostri usi non sei ancora adulta. Poi c'è la questione della sicurezza, credi davvero di poter fare tutto questo senza che nessuno della sicurezza avvisi tua madre? » 
La ragazza si fece mogia « Volevo farle una sorpresa. » 
« Non funzionerà. » 
« Credi possa farcela? » 
Lui meditò un attimo su quella risposta: perfetta coordinazione mente corpo, udito fino, riflessi pronti e coraggio che sconfinava nella spacconeria.
« Se otterrai il permesso di tua madre, supererai i test orali e otterrai un auto direi di si. »
La ragazza saltellò raggiante, felice anche lui di poter forse tornale alla solita routine anche se aveva trovato quel salto nel passato interessante. 
Quella sera stessa le sue aspettative furono disilluse, Dasha Weaver gli si era presentata in casa.
Inchiodandolo su una poltrona con lo sguardo. 
« Io... »
« Zitto! » dichiarò perentoria alzando un dito « Pilota di rally, seriamente? »
Lui allargò le braccia, facendosi scappare un profondo respiro come a dire “Ma che centro io?” 
« Alla fine ho dovuto cedere, quello che non riesce a fare nessun governo ci riesce mia figlia. Ma dovrà fare tutto lei, ho messo in chiaro che non ho intenzione di pagarle nessun auto da rally o cose simili. Se vuole prendere la patente va bene, ma per tutte le spese dovrà fare da sola. Adesso rispondimi, potrebbe davvero riuscirci? » chiese la Weaver.
Multan si massaggiò la testa « Sicuramente ha le capacità necessarie, sul riuscirci...c'è qualcosa nell'universo che può bloccare Diana, se non ci riesce la Signora di Noveria? » 
Le sopracciglia della donna vibrarono per un attimo a quella frase.
« Ok, non è il momento di battute di spirito. Ma almeno adesso ha un obiettivo preciso.» commentò Multan, cercando di alleggerire l'atmosfera.
« Voglio che mi porti per domani un rapporto su tutto quello che concerne il mondo del rally, se hai ancora contatti attivi in questo settore e su tutto il resto. » fu il tassativo ordine di lei.
« Cosa? No! »
Lo sguardo di Dasha fu un'autentica fucilata che lo zittì. « Tu hai messo mia figlia su questa strada , tu te ne fai carico. » e prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa lei uscì con la stessa furia di com'era entrata. 
« Pilastri della forza...aiutatemi. » mormorò sconsolato.
 
*****

Qualche giorno dopo, Diana era ritornata su Thessia. Il locale in cui si trovava era male illuminato, pieno di gente per niente raccomandabile e tra tutti i maleodoranti odori che si percepivano quello del sangue era facilmente percepibile. 
Era uno dei tanti posti dove si svolgevano incontri biotici clandestini.
Diana si fermò davanti a uno sportello col vetro blindato, dietro al quale un'asari con lo sguardo annoiato le chiese « Che vuoi? »
« Piazzare una scommessa. »
« Su cosa vuoi scommettere e quanto? » 
« Dieci crediti, sulla mia vittoria. »

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