Letters

di _Winter_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1- La prima lettera ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Protesta ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Fianco a fianco ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Nuova scuola ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1- La prima lettera ***


CAPITOLO 1 - La prima lettera


Periferia di New Orleans, 1955...

Un bambino dai capelli rosso fuoco tornava a casa dopo una lunga giornata di scuola, deve percorrere un miglio di strada ogni mattina per andare in classe e uno ogni pomeriggio per tornare.
Era primavera e faceva caldo, a dir la verità anche durante l'inverno il tempo era mite e non si pativa il freddo.
Arrivò a casa, una semplice villetta di due piani verniciata di bianco e con un ampio giardino, tipica del suo tempo.
Salutò la madre con la quale viveva, il padre era un pilota della US Navy e non lo vedeva da cinque anni, da quando era parito per la Corea nel 1950. La madre non faceva altro che dire al proprio figlio che il suo papà doveva rimanere lì per lavoro.
La semplice casa era rallegrata da gioioso ritmo jazz tipico di New Orleans che proveniva da un giradischi, un brano leggero e spensierato ma che scaldava l'atmosfera di quella casa.
Il ragazzino si piombò subito nella propria camera da letto e prese carta e penna. 
Il compito che gli era stato assegnato era di scrivere una lettera per un ragazzo della sua età che viveva a New York. 
La sua maestra di fatto aveva instaurato un rapporto di amicizia con alcuni insegnanti di una scuola elementare a Manhattan e da questa amicizia era nato un progetto. L'aveva soprannominato con non troppa fantasia "Amici di penna" ed era proprio questo ciò su cui si basava il progetto.
Agli studenti era dato un indirizzo di un loro coetaneo e dovevano scambiarsi delle lettere imparando a scrivere bene e per poter confrontare la vita degli stati del nord con quella degli stati del sud.
Dopo un attimo di esitazione su cosa scrivere intinse il pennino nel calamaio e iniziò a tracciare delle lettere grandi e infantili:

"29 marzo 1955
Caro Bryce Withingale,
che nome buffo che hai! Io mi chiamo Claude Beacons ho dieci anni e ho capelli rossi che non riesco a pettinarmi e occhi gialli.
Tu quanti anni hai? La maestra mi ha solo detto come ti chiami e dove vivi.
Io vivo a New Orleans ma fuori dalla città, sono vicino alla campagna e alla palude del Bayou. Mi piace vivere, fa sempre caldo anche se piove molto, anche il Bayou è bello, una volta ci sono andato con mio padre con una barca. Lì nella palude l'acqua non è mossa perché è la fine del fiume Mississipi ma ci sono gli alligatori! 
Tu cosa mi racconti? Com'è New York? E' vero che ci sono palazzi che così alti che non si vede il tetto?
Ti saluto, con affetto
Claude Beacons

P.S. spero diventeremo buoni amici!"


Era la prima volta che il giovane Claude scriveva una lettera e per di più ad uno sconosciuto.
Imbustò la lettera e ci appiccicò un francobollo scrivendo poi a lettere chiare l'indirizzo di New York.
La imbucò il giorno stesso.
La lettera viaggiò per centinaia di miglia fino a giungere nella ben più grande e caotica Manhattan tra i colossali grattacieli e i taxi che corrono sulle strade carichi di passeggieri.
Venne consegnata di prima mattina nella cassetta delle lettere di un condominio in centro. Il palazzo si affacciava su uno dei simboli della città, il Chrysler Building il tempio dell'Art Dèco e dei "ruggenti anni 20" ormai passatti da oltre vent'anni.
Era passata una settimana esatta da quando era stata imbucata la lettera. 
Era martedì cinque aprile, Bryce era appena tornato da casa e ascoltava le notizie alla televisione accanto al padre, Witihngale Senior, squalo della finanza e imprenditore di grande successo. Egli teneva all'istruzione del ragazzo tanto da fargli ascoltare quotidianamente il notiziario televisivo. 
Quel giorno il notiziario era estremamente noioso, si parlava solo delle dimissioni di Winston Churchill come Primo ministro della Gran Bretagna e lo schermo della TV era tappezzato di fotografie dell'ex ministro.
La signora Witihngale arrivò con una busta in mano a rompere la noia.
-Bryce, c'è una lettera per te... viene da New Orleans?- domandò stupita la signora Witihngale leggendo il destinatario della busta.
-Sì è mia, te ne avevo parlato del progetto organizzato dalla scuola...- rispose il figlio prendendo la busta.
-New Orleans? Piuttosto lontano, probabilmente sarà il figlio di qualche coltivatore di riso e fagioli rossi, fossi in te non manterrei lo scambio di lettere più a lungo del necessario- intervenne il padre mentre accendeva una sigaretta.
-Da quello che ne sappiamo potrebbe essere il figlio di un jazzista famoso quanto Louis Armstrong o del proprietario dei campi di riso e fagioli rossi che dicevi...- disse la moglie.
-Touché... in ogni caso è meglio che tu risponda quanto prima, non è buona educazione far aspettare qualcuno e soprattutto se è un compito della scuola- concluse il padre.
Il ragazzo aprì la busta e lentamente lesse il contenuto della lettera.
-E' un tipo curioso, in effetti c'è da aspettarselo per uno che adora stare in una palude e sembra... simpatico...- pensò.
Bryce non era noto per la sua allegria e di fatto non aveva molti amici. Anche lui prese un foglio e una stilografica che usava a scuola. 
La sua calligrafia era più elegante rispetto a quella sgraziata e infantile di Claude e iniziò a presentarsi nel modo più cortese tuttavia cercando di non far trasparire quel gelido velo di distacco che lo caratterizzava.

" 5 aprile 1955,
E' un piacere conoscerti, Claude, devo dire che anche il tuo è un nome un po' strano... è un nome francese... comunque anche io ho dieci anni come te. Ho i capelli bianchi e gli occhi azzurro ghiaccio, gli stessi di mia madre. I miei genitori sono i proprietari del gruppo Witihingale e quindi possono permettersi di vivere a Manhattan in uno di quei grattacieli che hai detto tu. Non abbiamo paludi ma strade affollatissime e trafficate. 
Tra le cose che preferisco di più qui sono la Statua della Libertà e Central Park, l'unico luogo tranquillo di questa città.
Purtroppo non ho molto tempo per scrivere ma mi auguro anche io che noi possiamo diventare buoni amici.
Un saluto,
tuo Bryce Witihngale"


Il ragazzino lesse più volte la lettera, era tentato di stracciare il foglio e riscrivere tutto dall'inizio. Non sembrava per niente la lettera di un bambino e forse Claude l'avrebbe preso per uno di quei ragazzini snob e figli di papà che devono mettersi in mostra dimostrando quanto sono bravi.
Dietro quel foglio Bryce poteva essere chiunque tuttavia decise che sarebbe stato sè stesso anche sulla carta, abbastanza distaccato anche se ciò era un rischio. Lo scambio di lettere sarebbe potuta essere l'occasione di farsi un vero amico anche se a distanza.
Parlandoci insieme il ragazzo poteva risultare antipatico, ma forse con le parole scritte su un semplice foglio bianco poteva sembrare un ragazzo migliore e più socievole.
Alla fine prese una busta e richiuse la lettera proprio come fece Claude una settimana prima.
Chissà che cosa ne avrebbe pensato il ragazzino del Bayou della sua lettera...

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Protesta ***


CAPITOLO 2 - Protesta

 
La risposta da New York arrivò puntualmente una settimana dopo, lo stesso tempo che ci impiegò la lettera di Claude ad arrivare nella "Grande Mela".
Il bambino rimaneva con lo sguardo fisso alla cassatta della posta in attesa del postino osservando quella scatola di latta con occhi sognanti.
-Chissà che tipo è questo Bryce...- pensava.
Ogni volta che vedeva la figura turchina del postino consegnare delle buste, il piccolo Claude si precipitava a ritirarle attraversando il giardino di corsa.
Tuttavia erano quasi sempre delle raccomandate per la madre o lettere da parenti sconosciuti che non aveva mai visto in volto, altre volte dei volantini propagandistici di ogni sorta.
Ma un giorno arrivò la tanto agognata busta che portava sul davanti scritto in caratteri eleganti "Claude Beacons, New Orleans...".
Il ragazzino si sentiva al settimo cielo!
Non perse tempo a tagliare la busta e leggere la lettera.
Si stupì per come era scritta, non sembrava una lettara di un bambino, pareva più quella di un adulto, con quella grafia così seria e ordinata.
Provava un po' di imbarazzo misto a interesse nei confronti di quel ragazzo di Manhattan. 
-Claude, forza devi andare a scuola e sei in ritardo!- urlò la madre dalla stanza affianco.
Solo il richiamo di sua madre riuscì a destarlo dai suoi pensieri e visto l'orario prese i libri e uscì correndo per arrivare puntuale a scuola.
A metà strada incontrò il suo migliore amico, Xavier Foster, un ragazzo che aveva gli stessi capelli rosso fuoco. 
Visti uno affianco all'altro si poteva scambiarli quasi per fratelli, se non fosse per gli occhi verde acqua di Xavier che contrastavano quelli dorati di Claude.
-Ciao Claude!- lo salutò il ragazzo.
-Xavier ho ricevuto la risposta! Ho douto aspettare ma alla fine è arrivata!- 
-E che tipo è?-
-Non so... non mi ha detto molto, ha scritto che ha la nostra età e ha i capelli bianchi e gli occhi azzurri come il ghiaccio!-
-Wow, pensavo che i capelli bianchi li avessero soltanti gli adulti!- scherzò Xavier.
-Tu invece hai ricevuto la risposta da... come si chiamava?- disse Claude che rideva ancora sotto i baffi per la battuta dell'amico.
-Jordan, Jordan Greenway. No non mi è ancora arrivata alcuna risposta, aspetterò con pazienza-
Continuarono a parlare per tutto il tempo fino a che non arrivarono a scuola.
Essa non era molto grande, un semplice edificio di mattoni rossi su due piani. Le finestre erano contornate di bianco e davanti all'ingresso un prato ben curato che rendeva più gradevole il tutto.
Tuttavia davanti al prato vi erano numerose persone recanti bandiere a stelle e strisce che protestavano. Uomini e donne che urlavano.
-Via i neri dalle nostre scuole!- gridava uno.
-Prima i bianchi!- rispondeva un secondo.
La folla si presentava almeno una volta a settimana per protestare contro una sentenza dell'anno prima.
Nel 1954 la Corte Suprema stabilì che la segregazione razziale nelle scuole andava contro la costituzione e quindi fu abolita, di conseguenza vennero chiuse le scuole "per soli neri" e i figli di genitori afroamericani potevano essere ammessi nelle classi insieme agli altri bambini.
In Luisiana e in tutti gli stati del sud la sentenza non venne vista positivamente. 
I due bambini, si fecero largo tra la folla infuriata per andare in classe. 
La giornata non finiva più, Claude pareva addormentarsi sul banco.
Non riusciva a digerire per nulla la lezione di aritmetica, rimaneva fermo come una statua con lo sguardo che fissava il vuoto.
-Signorino Beacons? Le ricordo che è in classe- gli ripeteva l'insegnante ogni tanto, allora Claude si risvegliava ma dopo pochi minuti ritornava in uno stato quasi catatonico.
La campanella della pausa pranzo sembrava il suono della salvezza.
Claude pagò il suo pranzo, verdura carne arrostita servita con del riso, e si sedette affianco a Xavier.
-Dopo la scuola ti va di andare al parco?- domandò.
-Va bene... ma devo anche rispondere a Bryce...- 
-Puoi rispondergli questa sera- 
-E va bene... alle 15 al parco!- rispose Claude ridendo.
La pausa pranzo voleva dire che la mattinata a scuola era quasi finita, di fatto alle 14.30 i ragazzi erano liberi di andari a casa.
I manifestanti erano ancora fuori dalla scuola reggendo le bandiere americane come per dire che difendevano il paese da una non meglio specificata minaccia dei neri.
Trascorsero tutto il pomeriggio giocando nel parco non poco lontano dalla casa di Claude.
Tornarono a casa entrambi verso sera quando venne e chiamarli Mrs Beacon, una donna alta e bruna dagli occhi azzurri, completamente diversa dal figlio Claude. Era meglio non aggirarsi per le strade da soli, soprattutto se bambini, quando iniziava a tramontare il sole.
Arrivato a casa l'occhio di Claude si posò sul tavolino del salotto e vide la lettera aperta. Solo ora si ricordava che doveva rispondere a Bryce.
Approfittò del fatto che la madre stesse preparando la cena, quindi filò nella sua cameretta e come due settimane prima ricominciò a scrivere:

" 13 aprile 1955
Che bello, finalmente ho ricevuto la tua risposta!
Ho aspettato la lettera con ansia e ogni mattina prima di andare a scuola aspettavo il postino.
Da quello che ho capito sei ricco! Ho chiesto a mia madre cosa è il gruppo Withingale e mi ha risposto che è un grande insieme di fabbriche sparse negli Stati Uniti e forse in Europa... quindi tuo padre deve essere per forza una persona importante!
Il mio invece non lo vedo da anni, mia madre dice che si trova in Corea per lavoro. E' un pilota di aerei da caccia e ha vinto la Silver Star combattando nelle Midway abbattendo cinque aerei giapponesi!
Quindi sono fiero di essere su figlio!
Vorrei chiederti una cosa, la tua scuola com'è? 
Questa mattina all'ingresso della mia c'era molta gente che manifestava perché non vuole che i figli dei neri vadano nelle stesse scuole dei bianchi.
Non ho ancora capito perché c'è questo odio, tutti devono andare a scuola e la scuola è uguale per tutti. 
In città ci sono anche scontri violenti tra bianchi e neri, anche perché buona parte delle persone qui ha la pelle scura.
Ora sarà meglio che concluda la lettera, 
spero di avere presto una tua risposta!

Claude Beacons"


Per la seconda volta imbustò la lettera, ma ormai era tardi, l'avrebbe imbucata la mattina dopo prima di andare a scuola e così fece.
Si svegliò prima del solito per spedire la lettera e arrivò anche in anticipo a scuola!
Tuttavia quella mattina venne accompagnato per tutto il tragitto dalla madre, fino al portone della scuola. 
-Perché non posso andare a scuola con Xavier come tutti gli altri giorni?- chiedeva Claude che stringeva la mano della madre. 
-Oggi non è sicuro che tu vada da solo- continuava a ripetere senza sosta la mamma. 
Il ragazzino non capiva ma più chiedeva spiegazioni più la madre sviava il discorso, alle volte parlando di scuola, altre volte sviava il discorso su un giovane cantante di appena vent'anni che aveva conquistato i cuori dell'Alabama e stava iniziando a farsi conoscere bene anche in Luisiana, un bianco che cantava la musica dei neri.
Fuori non c'era la folla del giorno prima ma alcuni agenti di polizia, probabilmente per evitare le proteste del giorno prima o almeno così pensava Claude. 
La madre stette con il figlio fino a che non aprirono il portone per gli studenti, solo allora baciò sulla fronte Claude e se ne andò velocemente.
-Oggi non è sicuro piccolo Claude, oggi non è per niente sicuro...- 
La signorina Beacons era fin troppo premurosa per il figlio, tuttavia era più che comprensibile, dopo quello che era successo quella notte.
New Orleans era una bella città, un intreccio di culture; americana, francese, afroamericana, creola e caraibica, era la culla dello sfrenato e gioioso ritmo del jazz, di Louis Armstrong, Jelly Roll Morton, Buddy Bolden, una cittadina allegra e spensierata. 
Di giorno tutti sono felici, tutti lavorano, studiano, cantano e ballano. 
Tutti sono amici di tutti, di stranieri e no, il caldo è sempre presente e porta gioia e serenità, gli uragani che vengono dall'oceano Atlantico ormai non spaventano più nessuno.
Eppure di notte si trasforma, il crimine è presente più che in altre città, forse per la presenza di "ghetti" in cui si riuniscono persone della stessa cultura a volte per dichiarare guerra agli altri territori. Il porto è uno dei più grandi di tutta l'America, navi cariche di ogni bene possibile e immaginabile giungono da ogni dove. Di giorno scaricano cibo, farmaci, turisti... di notte scaricano oppio, armi, e ogni sorta di droga possibile che venga dai Caraibi. 
Di notte le strade si animano di gente ubriaca, criminali e streghe vudù che minacciano di lanciare chissà quale maledizione a meno che non si elemosini un dollaro. 
Il vudù è famoso a New Orleans, tutti ci credono un po', almeno nel fondo del loro cuore, dopotutto nel cimitero vi è la tomba di Marie Laveau la più grande sacerdotessa di tutti i tempi.
Ma non è il vudù il nemico numero uno delle notti di New Orleans, la signorina Beacons questo lo sa bene, la notte precedente è successo un fatto piuttosto comune negli ultimi tempi ma pur sempre raccapricciante. Ma forse c'è veramente qualcosa di soprannaturale nell'accaduto, i fantasmi, colpiscono sempre di notte quando le uniche luci che rischiarano il buio sono la luna e il fuoco.
La signorina Beacons nel primo pomeriggio andò a prendere il figlio da scuola.
-Mamma, oggi posso andare al parco con Xavier?- domandò Claude.
-No, oggi no... però quando finirai i compiti potremmo invitare Xavier e la signora Foster a trascorrere il pomeriggio a casa nostra!- esclamò con un sorriso ricambiato dal figlio che strizzò un occhio per dire che andava bene.
Mrs Beacons solitamente lasciava andare il figlio a giocare al parco quando finiva i compiti, tuttavia non oggi.
-Sai Claude, non voglio essere cattiva, ma oggi non è sicuro andare al parco-

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Fianco a fianco ***


CAPITOLO 3 - Fianco a fianco

-Non è ancora stato identificato l'uomo trovato impiccato ad un albero di un parco di New Orleans, stando alla polizia è certo che la vittima è stata il bersaglio del Klan, in un atto di aperta protesta contro la sentenza Brown v. Board of Education del maggio scorso. Tale sentenza ricordiamo che dichiara l'illegalità della segregazione razziale in ambito scolastico negli Stati, supportata da una seconda sentenza pubblicata lo stesso giorno, la Bolling v. Sharpe, che estende l'obbligo della precedente sentenza al governo federale. Accettata di buon grado negli Stati del nord, la sentenza ha trovato una ferma e violenta opposizione nel sud degli Stati Uniti.
Stando alle testimonianze degli abitanti del luogo, verso tarda notte si sono viste bruciare delle croci nei pressi della scena del delitto. La polizia è intervenuta solo nella mattinata nonostante le insistenze da parte della comunità nera di New Orleans e di una minoranza della comunità bianca e creola indignati per l'accaduto.
Questo è ormai il decimo omicidio, perpetuato da esponenti del Klan e dai segregazionisti, dall'inizio dell'anno e il secondo avvenuto in Luisiana.
Ciò permette di comprendere la diffusione delle violenze a sfondo razziale negli Stati meridionali...-
Il notiziario passò poi ad argomenti di altro genere come la politica di Nikita Chruščëv, in Europa orientale.
-Cose da matti, i segregazionisti assissinano i neri perché i loro figli hanno la possibilità di andare nelle stesse scuole dei bianchi- sbuffò il signore Withingale.
La notizia del fatto di New Orleans era arrivata fino a New York, piuttosto velocemente
-Tendono a guardare solo dal punto di vista della loro "morale", voglio dire considerano moralmente inaccettabile le classi miste tra bambini bianchi e neri. Tuttavia direi che bisognerebbe osservare i benefici che porta sia umanamente che economicamente- rispose un secondo uomo.
-Ovvero?-
-Dal punto di vista umano l'integrazione delle minoranze nella società, gli Stati Uniti si vantano di essere il paese della libertà, tuttavia non possiamo accettare una segregazione razziale al giorno d'oggi. Per quanto riguarda l'economia, si chiuderebbero delle scuole inutili diminuendo le spese contribuendo quindi al bilancio dei singoli Stati e indirettamente al governo federale-
-Interessante osservazione, Frost-
Il signor Frost non era altro che il cognato di Withingale. 
Aveva due figli dell'età di Bryce, due gemelli, Shawn e Aiden. Gemelli ma diversi di aspetto. Shawn aveva ereditato l'albinismo tipico della famiglia Frost, di fatto aveva i capelli argentati e gli occhi grigi, un po' come Bryce. Al contrario Aiden aveva i capelli rosati ma gli stessi occhi del fratello.
Si trovavano tutti in un piccolo bar di Manhattan, un locale moderno pensato anche per i più piccoli. Alcolici per gli adulti e bevande per i bambini. 
I due adulti, i signori Withingale e Frost, erano soci in affari, la società aveva come nome completo Withingale & Frost industrial group, tuttavia in America era conosciuta semplicemente come gruppo Withingale, dato che il cognato aveva i centri di produzione e quote di mercato in Europa.
Di fatto ogni volta che si incontravano, quindi piuttosto spesso, i due soci finivano irrimediabilmente per parlare di finanza e politica estera e come dimostrato prima riuscivano a trovare un riscontro economico ovunque, dall'illegalità della segregazione negli Stati del sud al trucco delle proprie moglie.
I tre bambini  avevano la stessa età, tutti dieci anni ma a scuola erano in classi differenti tutti e tre. Solo la classe di Bryce partecipava al progetto "Amici di penna".
Stavano tutti e tre seduti di fronte ai padri mentre sorseggivano una Coca Cola servita da una cameriera dal sorriso smagliante.
-Ehi Bryce, a New Orleans non vive il ragazzo con cui scambi delle lettere?- domandò Shawn.
-Sì, ma non abita in centro... la sua casa è vicina alle paludi- rispose l'altro.
-In ogni caso potresti chiedergli se sa qualcosa di quello che è successo... è su tutti i giornali e i notiziari- esordì Aiden.
-Non so... non mi sembra il caso di chiedere queste cose- 
-Ha ragione Bryce, forse è troppo domandare a un ragazzino come noi cosa è successo, forse non lo sa bene neanche lui- continuò Shawn.
-Dai sempre ragione a Bryce ma mai a me fratellino...-
-Forse è perché ci assomigliamo molto!- scherzò il fratello provocando l'ilarità anche del gemello.
-Forse, ma comunque sia sei mio fratello dovresti aiutarmi!- sbuffò Aiden.
-Suvvia Aiden, sai bene che tuo fratello sarà sempre al tuo fianco come tu sarai al suo- lo rimproverò il padre.
-Come credo che lo sarà anche mio figlio... al vostro fianco e voi al suo- aggiunse il signor Withingale.
I tre bambini annuirono. 
Rimasero nel locale ancora qualche minuto e poi si avviarono verso casa. 
I Frost e Withingale vivevano nello stesso edificio, si può dire che le porte delle loro abitazioni si trovano una di fronte all'altra.
I tre ragazzini erano più avanti dei genitori e ridevano e scherzavano.
Allora padre di Bryce diede un colpetto col gomito al fianco del cognato e sussurrò
-Quel discorso fatto ai tuoi figli cosa sta a significare?- 
-Semplice, hai visto in Corea? Trentaseimila soldati americani morti e altri novantamila feriti senza contare smarriti e prigionieri... e tutto si è risolto con nulla, la Corea rimane divisa. L'anno scorso il Vietnam si è reso indipendente dalla Francia e ora si ritrova nella stessa condizione della Corea. Chi ti dice che non succeda una cosa simile... i comunisti da nord potrebbero attaccare il sud nostro alleato da un momento all'altro, pensi che gli Stati Uniti non interveranno? E' ovvio... e chi manderà? Di sicuro non noi, abbiamo già combattutto abbastanza anni fa, tu in Francia contro i nazisti e io invece a Saipan, Iwo Jima e Okinawa contro i giapponesi. Saranno i nostri figli a pagarne le conseguenze è per questo che ci tengo che i miei due ragazzi si supportino in ogni momento- rispose il signor Frost.
-E' certo che manderanno i giovani... spera solo che Ho Chi Min abbia più raziocinio di Kim il Sung ed eviti di provocare un conflitto solo per aver il dominio su tutto il Vietnam- 
-Spera che il nostro caro presidente Eisenhower faccia lo stesso, finché l'America si fa gli affari suoi non ci saranno guerre- concluse il signor Frost.
Era un inquietante profezia, tuttavia dopo la guerra di Corea che era finita solo due anni prima, erano aumentate le tensioni tra gli Stati Uniti e i paesi con un governo comunista, o meglio tra nazioni filo-americane e filo-sovietiche.
I ragazzi non sentirono la conversazione tra i padre e continuavano a parlare tra loro, soprattutto riguardo l'amico di penna di Bryce.
-Un giorno dovrai dirci com'è questo Claude- disse Aiden.
-Da come ce ne hai parlato sembra simpatico- aggiunse Shawn.
-Sì, o almeno pare... ho inviato solo una lettera e non so neanche se è arrivata. Dovrete aspettare del tempo affinché lo possa conoscere bene, per ora so solo che abita a New Orleans e ha i capelli rossi!
La prossima volta che ricevo una lettera, vi chiamerò così potrete leggerla con me!- rispose Bryce.
I due gemelli annuirono.
La lettera da New Orleans arrivò durante la pausa primaverile delle scuole, in un giorno in cui il cielo era grigio di nuvole e con molta probabilità avrebbe piovuto, non sembrava per nulla un giorno di primavera! Come promesso Bryce chiamo i suoi due cuginetti. 
Erano andati nella camera di Bryce e seduti tutti quanti sul suo letto iniziarono a leggere con curiosita.
-Wow suo padre ha combattutto nelle Midway contro i giapponesi! Forse ha incontrato papà!- esclamò Aiden.
-Non credo... papà non era un pilota in guerra- rispose Shawn rompendo i sogni del fratello.
-Ehi leggete qui, le ultime righe... dice che davanti alla sua scuola molta gente manifesta contro i neri nelle scuole...-
-E' scritta il giorno prima di quando hanno ritrovato il morto nel parco... la cosa è molto seria- mormorò Shawn.
-Qui non ho mai visto gente protestare... chissà il perché lo fanno- concluse il fratello.
-Potremmo provare a domandarglielo, Aiden passami un foglio di carta per favore-
Il bambino prese il foglio e lo passò a Bryce che andò a sedersi alla scrivania con una penna in mano.
-Pensavo di scrivere anche di voi... dopotutto siete qui- disse Bryce che iniziò a scrivere la data sul foglio.

"21 aprile 1955
Caro Claude, finalmente ho ricevuto la tua lettera, è quasi un mese che scriviamo, eppure il tempo è passato molto in fretta.
Oggi ti scrivo aiutato da due miei amici, Shawn e Aiden Frost, sono gemelli e vivono nella mia stessa palazzina. Anche se sono gemelli sono diversi, Aiden è un ragazzo molto vivace mentre il fratello è più calmo e pacato.
Non ho molti amici, ma loro sono più che degli amici, sono quasi dei fratelli..."


-Di fatto siamo cugini! Quindi è ovvio che siamo più che amici!- intervenne Aiden che venne zittito quasi subito dal fratello

"... in realtà come mi sta dicendo ora Aiden con tutta ragione siamo cugini quindi è normale essere anche più che amici..."

-Vedi Shawn che avevo ragione- esordì Aiden fiero di sé.
-Aiden, sta un po' zitto, lasciagli finire di scrivere in pace!- lo rimproverò il fratello.

"...mi hanno detto che vorrebbero conoscerti e che secondo loro sei simpatico, forse un giorno potremo incontrarci veramente.
Qui da noi a scuola non ci sono i problemi che avete voi, da noi nessuno protesta per le classi miste. Secondo molti sono una cosa positiva.
Posso farti una domanda? Perché da te molta gente protesta per le classi miste?
Secondo me e anche secondo i miei amici non ha senso.
Abbiamo anche sentito di ciò che è successo a New Orleans qualche giorno fa e dobbiamo dire che è una cosa disgustosa quello che è successo. Secondo i notiziari è colpa di quei manifestanti di cui mi hai parlato ma in realtà neanche i giornali sanno bene chi sia l'assassino..."


Ad un tratto si sentì il rombo di un tuono così forte da far scarabocchiare Bryce sul foglio, una lunga linea nera era stata tirata verso il basso, tuttavia il ragazzino riprese subito a scrivere.

"...Com'è il tempo lì? Qui da noi si sta avvicinando un temporale e se vedi questo orribile scarabocchio è dovuto ad un tuono inaspettato e talmente forte che mi ha fatto scivolare la mano. Si dice che li ci sia sempre bel tempo, è vero?
Spero, anzi speriamo, di ricevere una tua risposta il prima possibile.
Con affetto
Bryce, Aiden e Shawn"


-Che ne pensate ragazzi?- domandò Bryce.
-Credo vada bene, secondo me puoi inviargliela- rispose Shawn.
-Forse sarà meglio farlo domani, è scoppiato il diluvio- osservò Aiden spostando la tenda della finestra per far vedere anche agli altri l'acqua che cadeva dal cielo.
Un temporale primaverile, l'acqua scendeva dall'alto e si schiantava sugli aguzzi grattacieli e si riversava poi per le strade.
Non durò molto, meno di un ora e poi il cielo si rischiarò mostrandosi azzurro come sempre. 
Bryce allora uscì accompagnato dai gemelli Frost e come sempre inviò la lettera verso New Orleans.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Nuova scuola ***


CAPITOLO 4 - Nuova scuola


New Orleans, settembre 1955.
 
L’estate era volata in fretta e in breve la pausa estiva lasciò posto al ritorno a scuola.
Nonostante Claude non andasse più alla scuola elementare, era rimasto in contatto con Bryce per tutto il periodo di vacanza. Erano riusciti anche scambiarsi delle foto in bianco e nero di loro stessi. In particolare ne ricevette una in cui si vedeva il ragazzo di New York e affianco a lui i gemelli Frost.
Anche se la fotografia era priva di colori, si poteva capire chiaramente che Bryce non scherzava sul colore dei suoi capelli, erano bianchi proprio come quelli del cugino Shawn.
Che buffo, Claude non aveva mai visto un ragazzino della sua età con i capelli così, pensava che solo gli anziani avessero i capelli bianchi.
 
Era arrivato il primo giorno di scuola media, il ragazzo del Bayou era stato fortunato, il suo amico Xavier sarebbe andato nella sua stessa classe e non si sarebbero quindi separati. Tuttavia la scuola era piuttosto distante da casa, avrebbero dovuto prendere l’autobus per raggiungere il centro della città.
Era la prima volta che prendevano un mezzo pubblico, quando arrivò il bus, colorato completamente di bianco, i due ragazzini salirono per sedersi nei primi posti che trovarono.
Il mezzo era quasi del tutto vuoto, ogni tanto alle fermate salivano dei neri, ma curiosamente non si sedevano mai sui posti liberi nelle prime file. Si spostavano sempre verso il fondo.
Poco prima di arrivare alla scuola, salì sul bus l’ennesima persona afroamericana, una donna, e vedendola Claude gli domandò candidamente:
-Vuole sedersi qui al nostro posto? Noi dobbiamo scendere tra poco- 
La donna rifiutò con un cenno del capo.
-Ragazzino, i neri non si siedono davanti. Devono andare in fondo come è giusto che sia- disse un uomo sulla quarantina seduto accanto ai ragazzi.
-Perché?- chiese Xavier.
-Perché?! E’ la legge che lo dice, non vorrai mica che un nero si sieda con noi bianchi. Che se ne stiano là lontano da noi- rispose lanciando un’occhiataccia verso gli ultimi posti.
 
Entrambi i ragazzi scesero alla fermata successiva e si incamminarono per poter arrivare al cancello della scuola. Fortunatamente avevano percorso la stessa strada qualche giorno prima in compagnia della madre di Claude.
Pochi minuti dopo raggiunsero la nuova scuola.
Era un edificio imponente tinteggiato di bianco con un giardino sul davanti. Una bandiera americana spiccava sul pennone sopra l’ingresso.
Con un sospiro i due amici si avviarono all’interno.
La classe era molto più grande di quella della loro scuola precedente e vi erano più studenti provenienti da diverse parti della città.
Con l’arrivo dell’insegnante iniziò ufficialmente il primo giorno di scuola media.
La mattinata fu come al solito estremamente noiosa, la monotonia fu interrotta da un colpetto sul braccio di Claude dal suo compagno di banco, ovviamente Xavier.
Gli passò un biglietto con scritto:
 
“Come sempre al parco dopo scuola?”
 
Il ragazzo non ci pensò due volte e con una matita scrisse un semplice “Sì” sullo stesso foglietto e lo restituì al mittente con un sorriso.
 
Con il suono dell’ultima campanella gli studenti poterono alzarsi dai loro banchi e tornare a casa.
 
I due amici presero l’autobus e una volta seduti iniziarono a discutere della nuova scuola, dei compagni di classe e anche dei nuovi insegnanti. Tuttavia dopo un po’ che viaggiavano si accorsero che qualcosa non andava.
 
-Ehi Claude, credo che abbiamo sbagliato bus… prima non siamo passati per questa strada, anzi mi pare di non essere mai passato per di qui-
-Non me ne ero accorto… scusi signora, sa per caso dove è diretto questo autobus?- domandò Claude alla signora seduta nei posti affianco.
-Questo è il numero dieci, quindi se non erro si va alla periferia sud della città- rispose ella.
-Xavier dobbiamo scendere, subito, il dieci non è quello che dovevamo prendere!-
-Se scendete adesso dovrete aspettare quasi un’ora per poter tornare in centro ragazzi- disse la signora accanto.
I due non se lo fecero ripetere due volte e scesero immediatamente alla fermata più vicina.
 
Erano capitati in un quartiere sconosciuto, tante piccole casette bianche, gialle, alcune non erano che delle baracche di legno.
Un quartiere povero, probabilmente abitato dagli emarginati della società come i neri o dalle famiglie disoccupate che non possono permettersi di vivere in altri posti.
Seduti su una panchina i ragazzini attesero il bus che permetteva loro di tornare a casa. Ad un tratto si avvicinò un uomo, di carnagione scura come anche i capelli e gli occhi, vestito soprattutto di stracci che odoravano di rum e fumo di sigaretta.
-Ah dei bambini! Che ci fate qui tutti da soli?- chiese con un vago accento francese l’individuo.
-Aspettiamo- rispose Claude cercando di non entrare in confidenza con lo sconosciuto.
-E cosa aspettate? Sentiamo!- continuò l’uomo.
-L’autobus per tornare in città- disse Xavier.
-Allora posso aiutarvi, sì, lasciate che io Emile vi aiuti. Vi posso accompagnare io se volete…-
-No grazie preferiamo aspettare…- Claude non finì la frase che venne interrotto prontamente.
-Assolutamente no! Insisto, venite con me!-
I due ragazzini si strinsero l’un l’altro. La situazione si stava facendo particolarmente difficile e i loro genitori li avevano sempre raccomandato di non parlare con gli stranieri, figurarsi seguirli!
-No, signore, non vogliamo- risposero entrambi
Sul volto di Emile comparve una smorfia di disdegno, sbuffò e si avvicinò ai due ragazzi quando ad un tratto una voce iniziò a urlare qualcosa in una lingua che pareva francese.
La voce proveniva da una corpulenta signora sulla cinquantina, anch’ella creola, che abitava nella casa di fronte alla fermata del bus. Aveva un turbante rosso in testa e un vestito bianco che arrivava fino alle ginocchia e urlava fortemente contro l’individuo.
Alla fine l’uomo se ne andò lasciando in pace i due ragazzi.
-Poveri ragazzi, avete fatto bene a non seguire quell’uomo. Emile è un poco di buono qui tutti lo sanno. Non oso immaginare cosa avrebbe fatto con due ragazzini come voi!- esordì la donna.
-Grazie signora per quello che ha fatto- disse Xavier arrossendo.
-Sì, grazie per averci salvato da quell’uomo- continuò Claude.
-Non ho fatto nulla di eccezionale se non cacciare via un bruto da questo quartiere. Ho sentito dalla finestra che dovete prendere il bus per tornare in centro vero?-
I due annuirono.
-Beh dovete aspettare ancora un po’, vi sembrerò impulsiva ma vi invito nella mia casa a prendere un tè mentre aspettate, delle volte qui attorno gira gente poco affidabile come Emile. Non vorrei che vi capitasse nulla di male-
I due amici si guardarono negli occhi e poi annuirono nuovamente. Dopotutto quella signora non sembrava per nulla una cattiva persona. Anzi li aveva salvati nel momento del bisogno.
 
La casa di quella donna non era particolarmente grande né ben arredata, una umile casupola più che sufficiente per una donna sola.
Nella spoglia cucina la signora mise dell’acqua in una teiera che pareva piuttosto antiquata e che sicuramente aveva visto tempi migliori, lo stesso valeva per il tavolo e le sedie su cui erano seduti tutti e tre.
-Che ci fate da queste parti?- domandò la donna.
-Ci siamo persi e stiamo cercando di tornare a casa signora- rispose Claude.
-Suvvia non chiamatemi signora, mi fate sentire ben più vecchia di quello che sono, mi chiamo Desiree, ma tutti qui mi conoscono come zia Desiree, se volete potete chiamarmi così anche voi-
La donna versò il tè in tre tazze e insieme iniziarono a parlare in attesa del bus.
Si scoprì presto che zia Desiree aveva un emporio in centro dove vendeva ingredienti per il voodoo, ed ella stessa era sacerdotessa.
Spiegò che il voodoo in sé non era una cosa malvagia come molti, soprattutto come tanti bianchi credevano, tutto dipende dall’uso che se ne fa.
-E’ un po’ come il fuoco, puoi usarlo per scaldarti o per cucinare e questa è una cosa buona, tuttavia come c’è gente che usa il fuoco per fare del male o distruggere, così ci sono persone che sfruttano il voodoo per il loro scopi-
Era la prima volta che i due sentivano parlare di voodoo in modo positivo. La mamma di Claude pensava addirittura che fosse una credenza usata per controllare le menti delle persone!
Il tempo passò in fretta e i due ragazzi dovettero sbrigarsi a uscire per prendere il bus che suonava il clacson da tempo per avvertire le persone del suo arrivo.
-Se passate di qui e per il mio negozio venite a farmi visita- lì salutò zia Desiree.
I due amici arrivarono quindi in centro e dopo poco tempo presero il mezzo giusto per poter tornare finalmente a casa.
 
Arrivarono che era quasi sera e decisero quindi di non andare al parchetto. Avevano avuto già abbastanza avventure per quel giorno.
Quando Claude entrò nella propria casa, la madre corse ad abbracciarlo quasi in lacrime.
-Si può sapere dove sei stato tutto il pomeriggio? Ero così preoccupata! Anche la mamma di Xavier non sapeva dove foste!-
-Ci eravamo persi… avevamo preso il bus sbagliato, ma non siamo stati da soli! Abbiamo incontrato una signora che ci ha aiutato!- rispose il figlio, aveva deliberatamente omesso da chi li aveva aiutati zia Desiree per non far preoccupare ancora di più la madre.
La donna diede un bacio sulla testa del figlio.
-Dai, vai in camera, credo che tu voglia raccontare al tuo amichetto di New York com’è stato il primo giorno di scuola, no?- gli sorrise la madre.
Con un cenno Claude corse nella sua stanza. Come al solito prese carta e penna, pronto a raccontare l’avventura di quel giorno.
 
15 settembre 1955
Purtroppo è ricominciata la scuola… era così bello correre per i prati lungo il fiume e giocare tutto il giorno! Ma oggi è stato un giorno fantastico! La mattina a scuola è stata piuttosto noiosa, come sempre, i nuovi professori si sono presentati e hanno già iniziato a spiegare cosa faremo in questo anno. La nuova scuola è lontano, mezzora di bus e poi bisogna camminare per ancora un po’. 
La tua scuola com’è? Io me la immagino molto grande, circondata da tutti quei palazzi che ho visto nelle fotografie che mia hai mandato due settimane fa.
Ma il bello arriva ora, io e Xavier abbiamo sbagliato a prendere l’autobus e ci siamo ritrovati nel quartiere dei poveri. Lì una brutta persona aveva cercato di portarci via con lui ma ad aiutarci è stata una sacerdotessa voodoo, zia Desiree.
Avevi mai sentito parlare del voodoo? Io non se molto ma qui da me se ne parla spesso e si dice che sia una brutta cosa, ma zia Desiree ha detto che dipende da come lo si usa.
Alla fine siamo riusciti a tornare a casa anche se in ritardo, un po’ mi sento male perché ho fatto preoccupare la mamma.
Spero di ricevere presto una lettera con le tue risposte!
 
Claude Beacons
 
P.S. Non te l’ho chiesto prima perché me ne sono dimenticato, come è andato il tuo primo giorno di scuola media?”
 
Ormai era troppo tardi per andare a imbucare la lettera, decise quindi che l’avrebbe fatto il giorno dopo prima di andare a scuola.
Dopotutto quel giorno aveva fatto già preoccupare abbastanza la madre.
Non fece in tempo a posare la penna sulla scrivania che la madre lo chiamò, era pronta la cena.
Si era quindi concluso finalmente il primo, avventuroso, giorno di scuola media.
 

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