Champagne

di _niallsbreath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dicono che quando si viaggia, non si ritorna mai come quando si è partiti.
Si è diversi, più nuovi e più ricchi.
E io speravo che questo viaggio mi avrebbe cambiata radicalmente.
Stavo per partire e intraprendere la mia prima esperienza di lavoro, a Londra, la città che ho sempre sognato e che sarebbe stata piena di sorprese per me.

"Si mamma, ho già sistemato la valigia.
Si, ho messo dentro anche le lenzuola nuove che mi ha regalato la nonna e, si, ti chiamerò appena atterro.
Ora ti prego, lasciami sistemare le ultime cose o perderò il volo.
Ti voglio bene anche io. A dopo."

Sbuffai rumorosamente lanciando il telefono sul morbido materasso del letto, prima di inginocchiarmi davanti alla mia valigia, nel disperato tentativo di chiudere la lampo.
Mi misi le mani nei capelli, appoggiando successivamente i gomiti sul bagaglio che avevo di fronte.

"Serve una mano?" Sentii alle mie spalle la voce maschile e subito ci scambiammo un sorriso divertito.
Senza darmi il tempo di rispondergli, appoggió la tazza di tè caldo che teneva in mano sul comodino affianco alla porta, raggiungendomi sul pavimento.
Iniziò ad armeggiare con la cerniera della mia valigia mentre io vi facevo pressione con entrambe le mani per facilitare l'impresa.
Dopo un paio di tentativi, la valigia si chiuse e tirai un sospiro di sollievo.
Mi alzai dalla mia posizione per accasciarmi sul materasso, portandomi entrambe le mani sul viso.

"Non so proprio come te la caverai senza di me per questi 6 lunghissimi mesi." 
Rispose di tutto punto Jared stendendosi accanto a me.
Stiamo insieme da ormai due anni e mezzo, ma non ha mai perso il vizio di vantarsi ogni volta che riesce a fare qualcosa meglio di me.
Anche se devo ammettere che molte volte il suo aiuto mi ha tirato fuori da situazioni parecchio scomode.

Mi scostò le mani dal viso, prendendolo con le dita per farmi voltare verso di lui.
In quel preciso istante incrociai i suoi scurissimi occhi marroni che mi guardavano con aria triste e malinconica.
Jared non era mai stato entusiasta di questa mia partenza, ma allo stesso tempo sapeva quanto fosse importante per me questa occasione.
Quando tre mesi fa mi contattarono dall'agenzia che avevo passato il concorso di giornalismo non potevo crederci.
Sapevo che l'attività di tirocinio che avevo svolto durante il periodo scolastico mi sarebbe servita per avere punti di vantaggio sui gli altri candidati, ma non avevo grandi aspettative.
E invece, per una volta, il mio istinto pessimista si sbagliava. Il mio impegno finalmente era stato ripagato e non potevo buttare all'aria questa opportunità.

"Mi mancherai." Sussurrai sorridendo, spostando lo sguardo verso le sue labbra sottili.
Appoggiò dolcemente le sua labbra sulle mie facendo scorrere la sua mano lungo il mio fianco, sfiorando appena la pelle scoperta dalla mia t-shirt.
Appena la mia lingua entrò in contatto con la sua, sentii subito il sapore zuccherato del tè che stava bevendo poco prima. Ormai era diventata abitudine per me avere quel sapore sulle labbra ogni volta che alla mattina ci scambiavamo qualche bacio. Anche questo mi sarebbe mancato di lui.

"Anche tu mi mancherai" rispose una volta staccatosi dalle mie labbra "prometti che chiamerai almeno due volte al giorno e che appena puoi mi scriverai qualche messaggio."
Roteai gli occhi sospirando, rivolgendogli poi un sorriso sincero: "Sai che lo farò. E poi ne ho già abbastanza di mia madre con le raccomandazioni, non metterciti anche tu". Una leggera risata uscì dalle sue labbra, quando voltò leggermente lo sguardo dalla parte opposta alla mia sedendosi sul letto.
Mi alzai a mia volta, accarezzandogli un braccio per attirare di nuovo la sua attenzione.
"Hey..." Non si voltò. "Saranno solo 6 mesi. Non sarà per sempre. Poi tornerò appena posso, nei fine settimana. Te l'ho promesso."

Sospirò sfregandosi gli occhi con una mano "No Bella, non è detto che saranno solo sei mesi. 
Sarai sicuramente abbastanza brava che ti confermeranno."
Nel momento in cui cercai di ribattere, mi precedette "Comunque basta, ormai è fatta e devi partire."
Abbassai lo sguardo sui miei piedi non sapendo esattamente cosa dire.
Era difficile per lui quanto per me, speravo solo che nei mesi successivi saremmo riusciti a gestire questa situazione.
Decisi così di alzarmi io per prima, sollevando la mia valigia dal pavimento.

Diedi una veloce occhiata al display del mio cellulare, nel momento in cui lo raccolsi esattamente dove lo avevo lanciato poco prima. Erano già le 10:05.
"È ora di andare" dissi di nuovo "Londra mi aspetta."

Jared mi prese la valigia dalle mani e scese le scale.
Sfiló le chiavi della sua Audi dalle tasche dei pantaloni aprendo il bagagliaio, dove ripose con cura la mia valigia e lo zainetto che mi sarebbe servito da bagaglio a mano per il volo.
Lo abbracciai nel momento in cui richiuse il baule, appoggiandomi al suo petto.
Volevo solo scaricare la tensione, non volevo partire sapendo che era arrabbiato con me. 
Lo amavo, ma sognavo davvero questo lavoro.
Socchiusi gli occhi quando sentii le sue labbra appoggiarsi sulla mia fronte. 
Rimasi in quella posizione una decina di secondi prima che lui mi fece mollare la presa, per farmi salire in macchina.
"Ti farei volentieri perdere il volo" confessó una volta entrato in macchina, mentre si allacciava la cintura "ma alla fine sono buono e non voglio farmi odiare per il resto dei miei giorni."
Scoppiammo entrambi in una risata, poi accese il motore e ci immettemmo nella strada.
Stavo davvero per andare a Londra.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


"Ti chiamo appena atterro, ricordati che ti amo."

Digitai quel messaggio sulla chat di Jared prima di attivare la modalità aereo del mio cellulare.
I voli mi mettevano terribilmente in ansia, avevo sempre il terrore che qualcuno dimenticasse di spegnerlo e che potesse succedere qualcosa di terribile, facendoci andare in contro a morte certa.
Il signore seduto accanto a me continuava a navigare su internet, scorrendo con estrema calma la home della sua casella di posta elettronica.
Era un uomo di mezza età, con gli occhiali appoggiati sulla punta del naso. Indossava un completo scuro con la cravatta abbinata, era molto professionale. Sicuramente viaggiava spesso per lavoro.
Con la coda dell'occhio sbirciavo di tanto in tanto per controllare che disattivasse i dati, ma non lo fece.
"Mi scusi?" chiesi dopo essermi schiarita la gola.
L'uomo si voltò nella mia direzione, corrugando la fronte.
"Deve spegnerlo" gli dissi indicando il tablet che aveva in mano.
"Si, ora lo faccio" rispose. Ma non sembrava importagliene granché, dato che continuò col dito a scorrere le sue mail.
Tirai un sospiro di sollievo quando lo vidi riporre il tablet nella tasca davanti della sua valigetta, e finalmente potei tornare a rilassarmi guardando fuori dal finestrino.

Sobbalzai nel momento in cui sentii scuotermi ripetutamente il braccio: era la hostess che mi risvegliava. Mi ero addormentata non appena l'aereo prese il volo e da allora non avevo mai aperto gli occhi, se non per sistemarmi e mettermi più comoda sul seggiolino.
"Signorina, deve allacciare la cintura di sicurezza, stiamo atterrando."
Risposi con un sorriso ringraziandola, mentre facevo quello che mi aveva ordinato.
Mi appoggiai nuovamente con la schiena al mio seggiolino, costretta dallo sbalzo di pressione dovuto all'atterraggio mentre le gambe mi tremavano dall'emozione di entrare nella grande Londra.

Appena scesa dall'aereo, entrai a passo svelto nell'enorme aeroporto di London Gatwick, rendendomi conto che in realtà non avevo idea di dove dovessi andare.
Decisi così di seguire l'ammasso di persone che scendevano dal mio aereo, quando finalmente raggiunsi l'area di ritiro bagagli.
Scorsi nel monitor il numero del mio volo, così mi posizionai il più vicino possibile al rullo trasportatore nell'attesa della mia valigia, mentre l'ansia mi stava già divorando.
Vidi immediatamente la mia grande valigia rossa (ancora mi chiedevo come avessi fatto a rientrare nel peso previsto) e non appena raggiunse la mia posizione la sollevai dal rullo, appoggiandola a terra.
Con i documenti ancora in mano, alzai il manico del mio trolley e mi trascinai la valigia fino all'uscita.
Appena si aprirono le porte scorrevoli, vidi un grande cartellone bianco con scritto il mio nome con un pennarello nero: "Bella Adams".
Che scema, pensai.
Sapevo subito chi si nascondesse dietro quello striscione, così scoppiai a ridere quando raggiunsi Jessica con una corsetta, gettandomi fra le sue braccia.
Jessica fu costretta a fare un passo indietro per non perdere l'equilibrio, mentre ricambió il mio gesto avvolgendomi fra le sue braccia.
"Mi sei mancata tanto" sussurrai fra i suoi capelli.

Jessica era mia cugina.
Da piccole siamo sempre cresciute insieme, avevamo un rapporto strettissimo.
Quando dovetti affrontare le separazione dei miei genitori, all'età di 12 anni, passavo gran parte dei miei pomeriggi a casa di mia zia Ellen, dove appunto abitava Jessica.
Da lì diventammo inseparabili, come sorelle.

"Dio mio quanto sei cambiata. E cosa hai fatto ai capelli? Sei stupenda!"
Sorrisi imbarazzata al suo complimento.
Ormai era passato un anno e mezzo dall'ultima volta che ci eravamo viste, e da quella volta avevo schiarito i capelli di un biondo più chiaro rispetto al mio colore naturale, e li avevo accorciati fino sotto al seno.
Anche in lei notai diversi cambiamenti. In particolare non potei fare a meno di notare il tatuaggio sulla sua clavicola, con la data di nascita di sua madre, e la scritta "Heaven" sul polso.
"Forza andiamo, ho un sacco di cose da raccontarti."

Tutto il tragitto in macchina lo passammo ad aggiornarci sulle novità della sua famiglia, e io della mia e a parlare dei nostri fidanzati.
Jessica si frequentava con un ragazzo di Londra da qualche mese, ma ancora non sapevo se era una cosa ufficiale, sta di fatto che parlava di lui come se ci tenesse davvero, quindi aveva l'aria di essere una cosa seria.
Jessica rallentò non appena entrammo in una piccola via con delle villette a schiera, classico di queste zone, e accostò davanti a una porta beige. Cercai di prenderlo come punto di riferimento.

"Ti chiedo scusa per la confusione, non farci caso" disse mentre infilava la chiave nella serratura.
Ero già preparata psicologicamente alla sua confusione, ormai avevo imparato a conoscerla.
"Mi sarei stupita del contrario" scherzai, e lei rise a sua volta in risposta.

Non appena si aprì, la porta rivelò una grande stanza. 
Un divano di pelle bianco posto a sinistra della grande stanza, di fronte a una grande TV al plasma fissata alla parete.
Di fronte all'ingresso vi era uno stretto corridoio che portava a quattro stanze, due per ogni lato, mentre sulla destra vi era un'altra stanza divisa dal salotto da un grande arco.

"Jess? Sono già finite le birre, ne avevo preso un pacco sabato sera!"
Urlò una voce maschile proveniente proprio da quella stanza.
Fu in quel momento che dietro all'arco comparve un ragazzo alto, con i capelli scuri e un accenno di barba che ricopriva il suo mento.
I capelli erano bagnati e ricadevano sulla fronte, ed era coperto solo dall'asciugamano legato alla vita, che lasciava intravedere la linea V sul suo bacino.
In più, le sue braccia e il petto erano ricoperti da tatuaggi.
Nella mano destra teneva una fetta di pizza margherita, mentre con l'altra si sistemó il nodo dell'asciugamano.

"Merda" disse vedendomi, e per un attimo mi sembró di vedere i suoi zigomi tingersi di rosso.
"Oh cristo, Liam, ti avevo detto di essere pronto per quando saremmo tornate!" disse Jess disperata, stringendosi fra indice e pollice la radice del naso.
Mi portai una mano sulla bocca per trattenere una risata, mente cercavo in tutti i modi di distaccare lo sguardo sul suo corpo seminudo.

"Mi dispiace Jess" disse fissandomi "Comunque piacere, io sono Liam".
Afferrò la pizza con la mano sinistra, pulendosi la destra sull'asciugamano bianco, sporcandolo di pomodoro.
Una volta pulita, mi porse la sua mano, che strinsi: "Sono Bella, piacere mio."
"Beh, diciamo che ero sicura che sarebbe successa una cosa simile,  ma non il primo giorno" disse Jessica fulminando il ragazzo con lo sguardo. 
"Meglio se ti accompagno nella tua stanza" disse poi rivolgendosi a me.
Soffocai una risata nel vedere la sua reazione, poi la seguii in una delle stanze del corridoio.

Aprí la seconda porta sulla destra, e accese la luce.
Anche questa stanza era piuttosto grande.
Il letto matrimoniale era grande e posto al centro della stanza, la scrivania era sulla destra della stanza.
L'armadio era grande e spazioso, e non potei che esserne felice.
Vi era anche un grande specchio in una delle ante. 
"Questa è la tua camera, qui puoi farci quello che vuoi. È casa tua ora!'
"Non so come ringraziarti Jess" dissi voltandomi verso di lei. "Non solo per questo... ma per tutto! Voglio dire..."
"Non devi infatti" mi interruppe sorridendomi "Pizza stasera?".
In tutta risposta annuii felice. Questo mi riportava alle nostre serate da adolescenti.
Mi mancava questa tranquillità. 
Ora ero a Londra, ed era come ricominciare tutto da zero.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Aprii gli occhi sbuffando rumorosamente, quando i raggi del sole mi accecarono del tutto.
Mi portai un cuscino sulla faccia nel tentativo di farmi ombra, poi mi sedetti di scatto sul letto.

"Ma che ore sono?" Pensai.
Subito frugai fra le lenzuola alla ricerca del mio telefono. Quando lo trovai era scarico.
Premetti più volte il pulsante di accensione del mio iPhone, ma non c'era nulla da fare.
Il segnale rosso con il simbolo del caricatore lampeggiava più volte sullo schermo. 
Spostai così le lenzuola, scendendo dal letto. Rabbrividii appena al contatto dei miei piedi nudi con il pavimento freddo.
Entrai in cucina, quando lessi l'ora sull'orologio appeso alla parete.
Le 08:05.
Sbarrai gli occhi e feci subito marcia indietro verso la mia stanza.
Ero in ritardo il mio primo giorno di lavoro.
Ottimo lavoro Bella.
Dovevo essere in ufficio per le 08:30.

Non appena uscii dal bagno dopo la doccia, mi affrettai a cercare i vestiti che avevo ripiegato con cura nella valigia appositamente per questo giorno.

Mi maledissi internamente per essere crollata subito la sera prima.
Dopo la pizza, io, Jess e Liam ci piazzammo sul divano davanti al TV.
Tutto sommato, Liam si era rivelato un buonissimo ragazzo e con un ottimo senso dell'umorismo, e constatai che saremmo anche potuti andare d'accordo, nonostante la gaffe del giorno prima.
Dopo il film, Liam tornò a casa sua per lasciarci la nostra intimità, ma già sapevo che lo avrei rivisto spesso gironzolare per casa.
Mentre io, senza nemmeno struccarmi, mi gettai sul letto cadendo in letargo.
Mi ricordai solo ora che dal mio arrivo non avevo ancora avvisato nessuno.
Jared sarà furioso con me.
Così decisi di attaccare il telefono al caricatore, e al mio ritorno lo avrei chiamato per scusarmi.

Bevvi in fretta il caffè caldo che mi ero appena fatta, prima di correre fuori senza nemmeno avvisare Jessica, che ancora dormiva.
Ero già una pessima coinquilina, e una pessima dipendente.

Controllai numerose volte le indicazioni che mi ero segnata sull'agenda per raggiungere l'ufficio, quando finalmente scorsi la porta e entrai spingendola energicamente.
La porta non si aprì, e solo a quel punto mi accorsi della scritta "tirare" sul vetro.
Classico.

Una volta all'interno, mi guardai spaesata nel grande atrio, reggendo saldamente sotto al mio braccio l'agenda con i miei documenti sparsi all'interno.
"Signorina, la posso aiutare?" chiese la ragazza della reception attirando la mia attenzione verso il grande bancone di mogano.
"Sono la nuova dipendente, sono qui..." mi interruppe.
"Ah, ma certo la ragazza del concorso" disse con tono ovvio e la sua voce squillante "Al secondo piano, il signor Styles la sta aspettando nel suo ufficio. L'ascensore è in fondo, sulla sinistra." 
La ringraziai con un sorriso, riprendendo a passo svelto verso l'ascensore.
Mi guardai intorno, notando gli occhi degli altri dipendenti che si stavano domandando chi fossi, notando il mio sguardo perso e i miei movimenti impacciati.

Controllai l'orario sul mio orologio da polso. Le 08:40.
Accelerai così il passo, quando mi scontrai distrattamente contro qualcuno, urtandolo e facendo cadere atterra la mia agenda. I miei fogli cominciarono a spargersi ovunque sul pavimento.

Solo all'ora mi accorsi delle due persone, o meglio, dei due ragazzi che stavano parlando al distributore delle bevande calde.
"Sono così dispiaciuta, davvero non so come scusarmi." Dissi rialzandomi dopo aver raccolto la mia agenda, aiutata dai due ragazzi, notando inoltre di aver macchiato la camicia bianca di uno dei ragazzi con il caffè che teneva in mano. Che imbarazzo.

Il ragazzo non rispose, mentre io cercavo nella mia borsa un fazzoletto per cercare di rimediare al disastro appena combinato.
Posai lo sguardo sul ragazzo e notai che teneva in mano uno dei fogli che mi erano appena caduti, leggendolo attentamente.

"Così lei è la Signorina Adams" rispose abbassando il foglio, inchiodando le sue iridi verdi nei miei occhi azzurri.
"Io sono il Signor Styles, e lei è in ritardo."

 


WRITER SPACE
Ciao a tutte ragazze!
Ho deciso di aspettare un paio di capitoli prima di dire qualcosa anche io in prima persona.
Innanzitutto vi ringrazio per aver speso 5 minuti del vostro tempo per leggere la mia storia.
E' da tantissimo che non scrivo, e ora che ho un attimo di tempo e la giusta ispirazione ho deciso di pubblicare questa storia.
Vi chiedo semplicemente di farmi sapere cosa ve ne pare, perchè ho davvero tante idee per questa storia e spero davvero che possa piacerv e coinvolgervi.
Un bacio a tutte e buona lettura, ma soprattutto... buon proseguimento di vacanze!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


"E lei è un antipatico".
Mi trattenni dal pronunciare quella frase.
Sapevo benissimo di essere in ritardo e lui aveva capito benissimo che quello che era appena successo era proprio perché ne ero consapevole.
Tirai un respiro profondo socchiudendo gli occhi così da scacciare tutti i pensieri negativi nei confronti del ragazzo.
Aveva conosciuto da poco più di 30 secondi il mio capo, e già lo odiavo.

"Lo so, mi dispiace" mi limitai a rispondere stampandomi un finto sorriso dispiaciuto sulle labbra.
"Belle Adams" aggiunge con un sorriso compiaciuto continuando a leggere i miei dati sul foglio che teneva fra le mani.
"Cos'è? Spagnolo?" 
"Francese" puntualizzai "E io preferisco Bella".

Odiavo le mie origini francesi. Mi riportavano a mio padre, dal quale avrei teoricamente dovuto ereditarne il cognome, ma appena compiuti 18 anni riuscii a farmi dare il cognome inglese di mia madre. Per fortuna.

"D'accordo, Belle" continuó stuzzicandomi. Quel suo atteggiamento da superiore mi stava letteralmente dando i nervi.
Anche se non avrebbe dovuto, alla fine era il mio capo, e, purtroppo, quello il mio vero nome.
"La aspetto nel mio ufficio fra 5 minuti, sempre se non vuole tardare di nuovo."
Arrossii. Un misto di rabbia e imbarazzo. 
Mi feci spazio fra il mio capo e l'altro ragazzo, e prosegui dritto davanti a me, verso l'ascensore.
"Ah, dimenticavo" disse poi richiamando la mia attenzione. Mi voltai. "È in debito con me di una camicia".

"Mi stai dicendo che sei arrivata in ritardo e hai sporcato di caffè la camicia del tuo capo il tuo primo giorno di lavoro?
Non posso crederci!" disse Jessica sgranando gli occhi, sorseggiando un può sorso di cioccolata calda dalla sua tazza fumante.
Continuai a girare il cucchiaino nella mia tazza.

Quel pomeriggio, appena libera dal lavoro, decisi di andare al centro commerciale con lei, così ne approfittai per raccontarle della terribile giornata che avevo appena avuto.
Subito dopo quello spiacevole incidente, mi recai nell'ufficio del ragazzo, nonché mio capo, per parlare del mio incarico.
Ero addetta all'area di marketing e dovevo trovare nuovi modi per far parlare del giornale. 
Avrei di gran lunga preferito scrivere io dei veri e propri articoli, ma direi che come punto di partenza non era niente male.
Peccato non poter dire lo stesso del ragazzo, che dalla mattina non aveva fatto altro che stuzzicarmi con la sua pronuncia francese e aria di sfida, che avrei sicuramente finito per detestare.

"Ti prego, non ricordarmelo" sussurrai coprendomi il viso con le mani, scuotendo la testa "È stato troppo imbarazzante".
Soffiai delicatamente sulla mia tazza di tè caldo, prima di portarmela alle labbra.
"Che poi avrà un paio di anni in più di me, tre al massimo, ed è assurdo che io debba dargli del 'lei' solo perché si trova sopra di me nella scala gerarchica."
"È il tuo capo Bella, è tenuto a comportarsi così" rispose Jessica pulendosi la bocca con il suo tovagliolo di carta "magari fuori da quell'ufficio è anche una persona simpatica" scherzò.
"Non credo, e se anche mi dovessi sbagliare non mi interessa scoprirlo".
Non appena bevvi quell'ultimo sorso di tè mi leccai le labbra.
Subito quel sapore mi fece tornare in mente Jared. Non gli avevo ancora telefonato ed erano passate quasi 24 ore dal mio arrivo.
Mi alzai così di scatto prendendo la mia borsa, ricordandomi che il cellulare era rimasto a casa in carica.
Sbuffai roteando gli occhi e alzando il viso verso l'alto. Me ne ero dimenticata di nuovo.
Non appena riportai lo sguardo sulla mia amica sgranai gli occhi. 
"Jess dobbiamo uscire. Adesso."
"Perché?" rispose confusa.
"Ti supplico, non fare domande ed usciamo da qui."

Non me lo sarei mai immaginato un tipo da questi posti, e per il suo abbigliamento sembrava oltretutto fuori luogo.
Era ancora vestito da ufficio, in questo locale frequentato per lo più da studenti, e teenager... insomma, da persone alla mano, un po' come noi. 
Non da uno come lui, così ben vestito ed elegante.
Presi rapidamente la mano di Jessica, sgattaiolando fuori dal locale.
Con la coda dell'occhio cercai di guardare se mi aveva notato. Vorrei non averlo mai fatto.
Sentivo i suoi occhi puntati su di me, così presi a camminare più velocemente verso l'uscita, sperando che il giorno non mi avrebbe rivolto la parola.
Ora sapevo anche dove il mio capo amasse venire a prendere il caffè dopo il lavoro.

***

10 chiamate perse da Mamma.
5 chiamate perse da Jared.
3 chiamate perse da Charlotte.
29 nuovi messaggi.

Il mio telefono vibró ininterrottamente per 5 minuti buoni, nel momento in cui lo accesi per la prima volta dopo 24 ore.
Presa dai sensi di colpa, aprii le chiamate recenti e cliccai sul nome di Jared.
Il telefono squillava.
"Allora ti sei ricordata di avere un ragazzo" esordì, freddo.
"Mi dispiace tantissimo Jared, ma davvero sono state ore pesantissime" mi fermai quando lo sentii sospirare.
Tutte queste scuse e giustificazioni non facevano altro che irritarlo di più.
Non disse nulla per un po', poi ripresi con il tono più dolce e dispiaciuto possibile: "Allora, come è stata questa prima notte senza di me?"
"Sei seria Bella? Sei fottutamente seria?" rispose alterato.
Silenzio.
"Siamo 640 km di distanza, non ti fai sentire per un giorno intero, anzi mi correggo, per il primo giorno, e mi chiede come ho passato la notte senza di te?
Beh, se proprio ti interessa saperlo, da schifo."
Non seppi cosa dire, anche se mi aspettavo, ed era comprensibile, che avrebbe avuto una reazione del genere.
"Anche tu mi manchi, amore" sussurrai.
Fu l'unica cosa che riuscii a dire.
"Si infatti. Lo vedo." disse con riluttanza.
Sospirai.
"Senti, so che questa nostra relazione a distanza è partita con il piede sbagliato ancora prima che cominciasse, ma ti prego, puoi almeno provare a tentare di farla funzionare...? Ti prego."
Lo supplicai, perché era vero che sarebbe stato difficile, ma avevo bisogno del suo supporto. Avevo bisogno di lui al mio fianco.
"D'accordo" si arrese. Ma sapevo che non era convinto. Lo percepivo. 
"Adesso devo scappare, mia madre mi ha chiesto una mano per una cosa che devo montare. Non ho ben capito cosa." aggiunse "ci sentiamo fra altre 24 ore o questa sera mi dai la buonanotte?".
Feci una piccola risata prima di rispondere "Stasera te la do la buonanotte."
"Allora a più tardi... e Bella?"
Avevo già allontanato il telefono dal mio orecchio, quando mi sentii richiamare.
"Si?" 
"Ti amo anche a 640 km di distanza".

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Mi potete trovare anche su Wattpad per qualsiasi chiarimento o consiglio.
Sono @/deargubler 
Non vi rubo altro tempo, buona lettura!


La mattina seguente mi svegliai in perfetto orario. 
Mi ero ripromessa che non sarei mai e poi mai arrivata in ritardo un'altra volta, o sarei diventata la preda preferita di Mr. Styles.
Quel ragazzo mi avevo già messo in grandissima soggezione.

Mi alzai dal letto e mi diedi una veloce occhiata allo specchio prima di dirigermi verso il bagno.
I miei lunghi capelli biondi erano in condizioni a dir poco pietose: erano arruffati e pieni di nodi. Alcune ciocche si ripiegavano verso l'alto e altre invece mi si erano appiccicate al viso.
Certo non era stata una grande idea quella di raccogliere i capelli ancora umidi prima di coricarmi dato che, oltre ad essere annodati, avevano preso una piega orrenda e si erano tutti arricciati.
Li spazzolai energicamente prima di darci un paio di passate con la piastra, per poi raccoglierli in una coda di cavallo alta, fermando alcun ciuffi con le forcine.

Dopo aver applicato un trucco leggero sul mio viso, uscii dal bagno per dirigermi in cucina.
Lì trovai Jessica al tavolo, ancora in pigiama, intenta a fare zapping mentre sorseggiava la sua tazza di caffè.
"Hey, buongiorno! Caffè?" disse, senza però staccare gli occhi dalla televisione di fronte a sè "Se ne vuoi è ancora caldo, l'ho appena fatto."
"No, grazie" risposi dirigendomi al lavandino "Preferisco il tè alla mattina".
Ormai da quando abitavo con Jared mi ero abituata a bere solo tè a colazione, anche se ogni tanto quando ero da sola, mi concedevo una tazza di caffè amaro.
"Oggi non ti posso venire a prendere al lavoro" continuò poi la ragazza "Stasera devo andare a cena dalla mamma di Liam. Ormai ci vado tutti i martedì sera." 
"Ma quindi è una cosa seria?" le chiesi.
Non avevo mai capito se la loro fosse una storia ufficiale, ma a quanto pare le cose stavano procedendo in maniera molto formale.
"Diciamo di sì" rispose sorridendomi, portandosi nuovamente la tazza alla bocca con entrambe le mani.
La vidi arrossire da dietro la tazza, forse per il calore del caffè che stava bevendo, ma sapevo che non era così. Questa volta si stava innamorando per davvero.
"Comunque puoi prendere la mia macchina, per oggi" aggiunse per sviare il discorso, sottolineando quelle ultime due parole "A me passa a prendere Liam".
Accettai, perchè sapevo che, se non volevo perdermi utilizzando i mezzi pubblici o arrivare tardi un'altra volta, mi sarebbe convenuto prendere la sua macchina e uscire di casa il prima possibile.
Così, una volta sistemate le tazzine e lavati quei pochi piatti che erano rimasti nel lavabo, presi le chiavi dal mobiletto affianco alla porta d'ingresso e mi preparai per uscire.
"Sei sicura che posso prendere la tua macchina?" domandai di nuovo a voce abbastanza alta, in modo da farmi sentire fino alla sua camera.
"Vai, prima che ci ripensi." 
Ridacchiai alla sua risposta, poi uscii di casa e la ringraziai nuovamente, dirigendomi verso quello che da pochi giorni era diventato il mio nuovo posto di lavoro.

Arrivai in ufficio con ben 10 minuti di anticipo.
Questa volta il saccente e presuntuoso Signor Styles non aveva nulla di cui rimproverarmi.
Salutai con un sorriso sincero la ragazza della reception, che avevo scoperto ieri si chiamasse Sophie, e mi diressi nuovamente verso l'ascensore.

Il corridoio profumava di caffè e cioccolata calda, a causa del distributore sempre affollato di dipendenti che si prendevano qualcosa di caldo, e come la mattina precedente, alla stessa ora, mi imbattei nuovamente nel mio capo. Non mi voltai.
Strinsi maggiormente al mio petto la mia cartellina e la mia agenda, tenendole ben salde per evitare la figura della scorsa mattina e proseguii dritto a passo svelto.
"Bonjour Madame". Mi bloccai.
Sentivo il suo sguardo su di me, nonostante fossi ancora di spalle. 
"Buongiorno, Signor Styles" risposi voltandomi, cercando di rivolgergli uno dei miei sorrisi più falsi. 
Al suo fianco c'era lo stesso ragazzo con cui era la mattina precedente.
Madison, la ragazza con cui divido l'ufficio, mi ha detto chiamarsi Michael Evans, per gli amici Mich, e ha origini italiane. Un altro buon motivo per essere odiata qui dentro. Tra francesi e italiani non scorre buon sangue, lo ricordo da come ne parlava mio padre, di certo nulla di personale. 
Sul suo viso viso si stampò un ghigno divertito nel vedere la mia reazione. Probabilmente aveva percepito il mio nervosismo nella risposta. 
Mi voltai rapidamente, e mi avviai di nuovo verso l'ascensore.
Una volta chiuse le porte, e al sicuro dallo sguardo penetrante del mio capo, chiusi gli occhi e sospirai. Ormai mi ero arresa al fatto che la mia permanenza qui sarebbe stata difficile.

Un lato positivo in questi due giorni, oltre al fatto di aver finalmente passato di nuovo del tempo con Jessica, era la mia collega Madison.
Madison era una ragazza giovane, ma con qualche anno in più di me. Per questo mi avevano affiancato a lei in questi miei mesi di lavoro.
Lavorava per il giornale da più di 5 anni, quando ancora la gestione dell'ufficio era nelle mani di Robin Styles, il padre dell'attuale direttore. Il mio capo. Poi la gestione è passata al figlio, Harry appunto, ma lei sembra non avere sentito troppa differenza.
Mi aveva rivelato diversi "trucchi del mestiere" e di quanto fossero antipatiche e snob le dipendenti del 4° piano.
Era una ragazza per bene e alla mano, da quanto avevo potuto vedere nei miei primi giorni di lavoro, e sicuramente aveva ridato un po' di speranza e di luce alle mie intense giornate di lavoro.

Quel giorno, infatti, decidemmo di pranzare insieme alla mensa del giornale.
Ci sedemmo a un tavolo in fondo alla mensa, mentre aspettavamo che arrivassero le nostre ordinazioni. 
Madison aveva capito le mie difficoltà a reggere gli sguardi dei dipendenti che mi scrutavano dalla testa ai piedi, per questo cercavamo sempre di metterci in un angolo per non farci notare.
Purtroppo però, quando le persone sono nate per esserti sempre attorno, nemmeno il mantello dell'invisibilità sarebbe sufficiente.

In quel momento, nella mensa entrò Styles accompagnato da Michael Evans. Ormai sembravano essere una coppia inseparabile.
Feci lo sbaglio di voltarmi, e fu così che incrociai il suo sguardo.
Con il suo solito sorriso, si diresse verso il nostro tavolo.
"Già in pausa, Adams?" disse sedendosi di fronte a noi.
"Gliel'ho chiesto io di accompagnarmi per pranzo" mi difese Madison. Mi guardò, sorridendomi per rassicurarmi. "E poi la pausa è un diritto di ogni lavoratore, no?" 
"Si, indubbiamente. Era solo una domanda" rispose lui.
Nel frattempo arrivò il nostro pranzo.
Presi così il mio trancio di pizza margherita che avevo ordinato e Madison il suo risotto ai funghi.
"Questi francesi" esordì poi Michael, che si era seduto affianco al ragazzo. 
"Prima ci rubano le opere d'arte, e ora persino il nostro cibo".
'Questo è troppo' pensai.
Sbuffai sonoramente afferrando saldamente il mio vassoio per spostarmi nel tavolo affianco.
Se non fosse perchè non mi interessa particolarmente rimanere coinvolta in inutili dibattiti culturali e perchè è solo il mio secondo giorno di lavoro, avrei sicuramente risposto.
Ma il mio briciolo di buon senso mi aveva fermata in tempo, e mi limitai ad andarmene. Questa storia della "francesina" stava iniziando a infastidirmi parecchio.
Madison mi raggiunse subito dopo aver detto qualcosa al ragazzo. Probabilmente aveva risposto al posto mio.
Poi tornammo alle nostre normali conversazioni e ci fiondammo sul nostro pranzo.

***

"Ti prego parti, per favore, parti" sussurrai a denti stretti, all'ennesimo tentativo di mettere in moto la macchina.
Sbuffai appoggiandomi con la testa al volante.
Niente. Era completamente morta e non dava segni di vita. 
Jessica mi avrebbe uccisa.
In quell'istante, sentii bussare al mio finestrino e sentii lo sportello della macchina aprirsi. Mi girai.
Styles.
"Serve una mano?" mi chiese.
Questa volta in tono serio, e non sembrava esserci alcuna punta di malizia nella sua richiesta.
Forse perchè era solo e non in compagnia del suo 'amico'.
Mi arresi e scesi dalla macchina. "Si, per favore."
Prese così il mio posto, e cercò di rimettere in moto l'auto. Anche lui con scarsi successi.
"Sicuramente è un problema di batteria. Non ci si può fare molto." disse. 
"Qui ci sarà sicuramente bisogno di un carro attrezzi." 
"Mia cugina mi ucciderà" mi portai nuovamente la mani sul volto, scuotendo la testa "è sua la macchina" spiegai.
"Facciamo così" disse. Rialzai lo sguardo e lo fissai con aria interrogativa.
"Prima ti offro un caffè, poi magari posso provvedere anche per un passaggio". Ora mi stava dando anche del tu?
Tirò fuori le chiavi dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni e mi guardò sorridendo in attesa di una mia risposta.
Aggrottai la fronte un attimo confusa, poi alzai le spalle e sospirai in segno di arresa.
"D'accordo". Accettai. Non avevo nulla da perdere.
Potevano le cose andare peggio di così?

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Incredibile a dirsi, ma stavo davvero andando a prendere un caffè con l'unica persona che, in nemmeno due giorni, era riuscita a far uscire allo scoperto tutte le mie più grandi insicurezze e debolezze.
Eppure stavamo viaggiando sulla stessa auto, in direzione del bar più vicino al nostro ufficio.

Mi lasciò entrare per prima all'interno del bar, mantenendo la porta con la mano. Lo ringraziai con un timido e imbarazzato sorriso.

Come il giorno prima, mi aspettavo che Styles frequentasse solo bar sofisticati, con camerieri in smoking e servizio esclusivamente al tavolo. O semplicemente pensavo che mi portasse in uno di quei posti solo per non sfigurare di fronte a una dei suoi dipendenti.
Ma anche questa volta mi sbagliavo.

Subito mi assalì un odore asfissiante di tabacco e di caffè. Una combinazione micidiale per il mio naso, che mi portó a stringere gli occhi in un'espressione leggermente disgustata.
Ma fu una questione di pochi secondi e i miei organi di senso si abituarono a quegli odori.

Ci sedemmo in un tavolo appartato, nell'angolo del locale, subito dopo aver ordinato al bancone una tazza di caffè amaro per lui e una tazza di tè al limone per me. 
La situazione era decisamente strana e inusuale. 
Il pomeriggio prima mi ritrovavo nella stessa situazione con mia cugina a parlare di quanto fosse pesante e presuntuoso il mio capo. 
Ed eccomi qua, esattamente 24 ore dopo, a bere tè e biscotti proprio con lui.
Non sapevo in realtà di cosa si parlava in situazioni simili, così tacei mentre tamburellavo le ginocchia sotto al tavolo, in attesa delle nostre bevande.

Fu lui, in quell'istante a rompere il ghiaccio: "Siamo partiti con il piede sbagliato".
Mi voltai a fissarlo senza dire nulla, nonostante sapessi benissimo a cosa si riferiva.
"Le battute sul nome, il francese... Insomma, può essere simpatica una, due volte, poi alla terza basta. No?"
Non avrei mai pensato che lo avrebbe ammesso. 
"Glielo ha detto Madison di scusarsi con me?" 
"Dammi del tu, per favore. Non siamo più in ufficio, giusto?" mi sorrise.
Stava davvero cercando di mettermi a mio agio, così lo ascoltai.
"D'accordo... Quindi, è stata Madison a dirti di scusarti per questa cosa? Sai, prima alla mensa..."
"No, lei non mi ha detto niente" mi interruppe "Ha solo detto ad Evans di evitare di prendere tutto sul personale. Ma io sto parlando solo per me. E mi dispiace davvero che ci sia questa sorta di conflitto tra noi. Alla fine dovremmo lavorare insieme per sei mesi, no?"
Gli sorrisi sollevata nel sentire questa sua confessione. Sicuramente ripartire da zero ignorando questo conflitto avrebbe reso tutto molto più semplice.
"Quindi niente più battute sul mio nome e sulla Francia?"
"Niente più battute sul nome e sulla Francia" acconsentì il ragazzo, porgendomi la mano.
La strinsi in segno di "pace" per porre fine a queste frecciatine prive di senso.

Nello stesso momento arrivarono al tavolo le nostre ordinazioni, ma quando ritrasse la mano non potei fare a meno di notare la fede che luccicava nel suo anulare.

"Sei sposato?"

Le parole mi uscirono di bocca senza che neanche me ne rendessi conto. Era come se avessi pensato a voce alta e me ne vergognai da morire.
Il suo sguardo si spostò nuovamente su di me, poi sul suo anello, che prese fra pollice e indice della mano, rigirandoselo attorno al dito.
"Scusa... non volevo essere indiscreta, l'ho detto senza pensare" tentai di giustificarmi, ma lui mi precedette.
"Non preoccuparti" mi sorrise "So che può sembrare strano, in tanti si stupiscono quando lo racconto... o quando lo vedono, appunto" aggiunse subito dopo.
Si portò poi la tazza alla bocca mantenendo lo sguardo fisso sulle sue mani.
"Sono sposato da un anno e mezzo, ormai sono abituato a queste reazioni. La gente non se lo aspetta, è strano al giorno d'oggi vedere una coppia già a sposata a venticinque anni."

Venticinque anni ed essere già sposati.

Lo ascoltai senza dire nulla, quasi incredula di quello che stavo sentendo.
In effetti aveva ragione, nessuno alla sua età si sposa oggigiorno, eppure lui si.
Io, seppure il mio sentimento per Jared sia forte, non mi immaginavo sposata con lui. Non ancora per lo meno.
Mi stavo chiedendo cosa lo avesse portato a fare una scelta simile per un ragazzo così giovane, ma non volevo sembrare ulteriormente invadente. Avevo già fatto abbastanza figuracce con lui.

"E tu?" mi chiese, interrompendo il mio stato di trance.
Solo quando mi interpellò di nuovo mi accorsi che non avevo ancora detto nulla.
"Sei fidanzata?"
"Beh, si" risposi con voce ancora un po' tremante dall'imbarazzo "Con un ragazzo, da circa 2 anni. Ma non credo che, ora come ora, sarei pronta a un passo così importante."
"Certo" rispose, quasi sussurrando. 
Aggrottai la fronte nel vedere il suo sguardo perso e un po' incupito, mentre continuava a torturarsi il dito in cui portava la fede.
Forse avevo toccato un tasto dolente, e non avrei dovuto.

***

"Grazie per il passaggio" dissi scendendo dalla macchina del ragazzo, non appena arrivammo di fronte all'appartamento. "Poi vedrò di farmi coraggio e di dire a mia cugina di quella cosa".
Aveva capito che mi riferivo alla macchina, così sorrise divertito e si portò gli occhiali da sole sul naso.
"Nessun problema. Allora buona fortuna!" rispose alzando la mano per salutarmi.
"Ne avrò bisogno, a domani!" chiusi lo sportello della sua auto, e mi voltai per raggiungere la porta di casa.
Non appena richiusi lo sportello, lo sentii ripartire e immettersi nel viale ritornando verso casa.
Tutto sommato, era meno peggio di quanto credessi.

Non appena varcai la soglia di casa, mi buttai in velocità sotto la doccia.
Ma in realtà erano già passati quaranta minuti, ed io ero ancora in accappatoio.
Mi avviai verso la mia stanza per staccare il telefono dal caricatore e approfittare dell'assenza di Jessica per chiamare Jared, quando sullo schermo mi apparve un messaggio da un numero sconosciuto.

"Il vantaggio di essere il capo è avere il numero dei propri dipendenti senza nemmeno doverlo chiedere.
Grazie per il pomeriggio, spero di poter ricominciare tutto da capo.
Buonanotte Adams.
H. Styles"

Sorrisi nel leggere quelle poche righe.
Alla fine questo lavoro non sarebbe stato poi così disastroso.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Erano passate ormai 3 settimane dal mio arrivo qui a Londra, e le cose stavano iniziando a prendere la giusta piega.
Niente più battute, niente più frecciatine sul mio nome o sulle mie origini.
Il mio capo aveva mantenuto la sua promessa, e avevamo ripreso ad avere dei rapporti civili l'uno con l'altra.
In realtà, non ne avevamo mai avuti.
Era stato semplicemente un nuovo inizio.

Anche il mio lavoro stava iniziando a piacermi.
Nonostante la mia aspirazione principale fosse quella di scrivere dei veri e propri articoli di giornale, le mie mansioni non mi dispiacevano.
In un breve periodo, ero riuscita a legare più o meno con tutti i miei colleghi ed avevamo instaurato un bellissimo rapporto.
Non avrei mai pensato che in sole tre settimane, le cose si sarebbero ribaltate completamente.
Inoltre, non ero mai più arrivata in ritardo in ufficio dopo quel famoso giorno.
Alla mattina mi alzavo abbastanza presto, e quando ero da sola a casa, facevo colazione nel bar affianco al mio ufficio, che era frequentato da più o meno tutti i miei colleghi.
Anche da Styles, ma non avevamo mai fatto colazione insieme.
Ci scambiavamo solo qualche occhiata di sfuggita, quando capitava.

Quella mattina era uno di quei giorni.
Jessica aveva passato la notte a casa di Liam e pioveva a dirotto, ma io avevo deciso ugualmente di piastrare i capelli.
Non ci volle molto quando uscii di casa perché si arricciassero nuovamente.
L'umidità aveva già disfatto la piega per la quale avevo impiegato la maggior parte del mio tempo.
Sbuffai. La giornata non prometteva nulla di buono.

Una volta raggiunto il bar, richiusi rapidamente il mio piccolo ombrello prima di entrare.
Subito la temperatura calda del locale mi riscaldó le guance. Era novembre, e incominciava a fare davvero tanto freddo.
Mi recai così al bancone, salutando Ashton, il ragazzo del bar.
Ormai mi vedeva sempre e aveva iniziato a conoscermi.
"Il solito per favore" chiesi mentre frugavo nella mia borsa alla ricerca del portafoglio.
"Oggi non serve" disse lui porgendomi il mio cornetto alla crema e iniziando a preparare il mio tè al limone.
Aggrottai la fronte, continuando a non capire.
"A quanto pare qualcuno che conosce bene i tuoi gusti ha già provveduto al posto tuo" spiegó facendomi un cenno con la testa verso il fondo del locale. Così mi voltai in quella direzione.
Quel qualcuno era di nuovo il mio capo.
Non appena mi girai incrociai il suo sguardo.
Anche lui mi stava guardando, così gli sorrisi, mentre lui continuava a sorseggiare dalla sua tazza.
Più tardi lo avrei ringraziato.
Mi voltai nuovamente per riprendere la mia colazione, arrossendo. 
Poi, con il cornetto in una mano e la tazza nell'altra, mi diressi verso il primo tavolino libero affianco alla grande finestra.

La pioggia continuava a scendere ininterrottamente sulle strade di Londra, e mi persi a fissare il via vai delle persone al di là del vetro.
"Buongiorno Bella".
Sobbalzai leggermente nel sentirmi chiamare.
Il ragazzo si era seduto sulla sedia di fronte alla mia. Gli sorrisi.
"Buongiorno Harry" risposi.
Ancora mi faceva strano chiamarlo per nome nonostante fossimo fuori dal lavoro.
Mi sarei dovuta abituare anche a quello.
Mi ricordai subito che avrei dovuto ringraziarlo per avermi offerto la colazione, così arrossii nuovamente.
"Grazie" dissi semplicemente subito dopo.
Aggrottò la fronte senza dire nulla, ma sapevo che aveva capito di cosa stessi parlando.
"Per la colazione intendo. Come facevi a sapere che sarei venuta?" 
"È mercoledì" rispose tranquillo alzando le spalle "al mercoledì vieni sempre".
Rimasi un attimo spiazzata dalla sua risposta. Se lo ricordava?
Non seppi cosa rispondere, e rimasi a fissarlo con le labbra dischiuse pensando a cosa dire.
Come sempre, se ne accorse.
"Comunque figurati, per me è stato un piacere" mi sorrise, e io abbassai lo sguardo sulla mia tazza per non fargli notare il rossore che si stava tingendo sulle mie guance. 
"Io adesso devo andare" aggiunse alzandosi, controllando l'ora sul suo orologio da polso. 
"A più tardi, Adams".
"A dopo, Styles" lo salutai, seguendolo con  lo sguardo fino a che non lo vidi sparire dietro alla porta.
Finii poi la mia colazione e uscii dal locale in direzione dell'ufficio, sotto la pioggia e il freddo di quei primi mesi di inverno.

 

Arrivai a casa nel tardo pomeriggio.
Fuori era già buio, ma non appena entrai in casa venni travolta da un buonissimo odore di biscotti.
Tolsi la sciarpa e il cappotto pesante, appendendoli con cura all'attaccapanni e mi diressi in cucina.
"Sei arrivata giusto in tempo per assegnare i miei biscotti al cioccolato e amaretti" disse entusiasta Jessica porgendomi un piattino.
Al suo interno vi erano quattro biscotti di forma circolare, dal profumo e dall'aspetto invitante.
Ne addentai uno, che era ancora tiepido, ma davvero buonissimo. Le gocce di cioccolato mi si sciolsero in bocca.
"Sono buonissimi Jess" dissi con la bocca ancora piena "Come mai sei così di buon umore oggi?".
Sorrisi e le feci l'occhiolino.
Scherzavamo sempre così, abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto e parlavamo apertamente di tutto.
"Scema!" rispose lanciandomi addosso uno strofinaccio da cucina "Avevo solo voglia di cucinare qualcosa di dolce".
Si sedette sulla sedia affianco alla mia e prese dal piatto un biscotto.
"Come è andata oggi?"
"Bene direi! A parte la pioggia" sbuffai "Stamattina avevo anche la colazione pagata" dissi arrossendo di nuovo.
Non mi spiegavo ancora quel gesto, ma preferivo non farmi troppe domande.
"Ah Bella Bella, sapevo che avresti fatto colpo. E sono passate solo tre settimane!"
"Smettila, era solo il mio capo!"
"Il tuo capo? Quello della camicia?" sgranò gli occhi e scoppió a ridere "Ah, è sempre stato il mio sogno intraprendere una relazione con il mio capo!" Scherzó.
"Dacci un taglio Jess, è sposato! E anche io sono fidanzata, nel caso te lo fossi dimenticato" diedi l'ultimo morso al biscotto e alzai lo sguardo sul l'orologio appeso alla parete della cucina "A proposito, devo chiamarlo" aggiunsi.
La ragazza annuì, così abbandonai quella conversazione, dirigendomi verso la mia camera, mentre Jessica si alzò per iniziare a sistemare la cucina.
Con Jared le cose stavano andando abbastanza bene. 
Spesso mi rimproverava che non ci sentivamo molto, insisteva perché ci sentissimo più di una volta al giorno, ma mi era impossibile dato che tornavo a casa sempre al pomeriggio o per ora di cena.
Per fortuna si rassegnò e aveva lasciato perdere questo discorso dopo la prima settimana.
Accesi così il computer, e decisi di videochiamarlo con Skype.
Mi mancava, e avevo un sacco di cose da raccontargli.

Magari avrei tralasciato la parte in cui il mio capo mi aveva offerto la colazione, o avrei complicato ulteriormente le cose.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La mattina seguente mi svegliai prima del solito.
A causa della pioggia del giorno prima, avevo scordato di abbassare le tapparelle della finestra, così i primi raggi del sole mi si puntarono negli occhi, non appena decisi di aprirli.
Ancora troppo assonnata per alzarmi, presi il cuscino affianco a me e me lo portai sul viso, voltandomi a pancia in giù sul letto cercando di recuperare qualche minuto di sonno. Niente da fare. 
Mi rivoltai più e più volte fra le lenzuola, senza riuscire a riaddormentarmi, così mi alzai piano per non svegliare la mia coinquilina e mi diressi verso il bagno.

Al mio ritorno, andai in cucina ancora in accappatoio, convinta di essere sola, ma mi sbagliavo. Trovai Jessica davanti ai fornelli intenta a preparare un porzione di pancakes. Mi avvicinai per aiutarla, ma la presi alla sprovvista, e la ragazza sobbalzò dallo spavento.
"Mi hai terrorizzata, sei una stupida!" disse portandosi una mano sul petto.
"Scusami davvero! Volevo solo darti una mano" risposi ridendo nel vedere la sua reazione.
Spostò di nuovo la sua attenzione sulla piastra dove stava cuocendo l'ultimo pancakes, così ne approfittai per preparare il mio solito tè e un caffè per lei.
Non appena fu tutto pronto ci mettemmo a tavola.
"Oggi hai da fare?" mi chiese a bocca piena.
"Jess, io non ho mai nulla da fare qui. Ricordati che sono arrivata nemmeno un mese fa e sono qui per lavorare, non in vacanza" dissi ridacchiando. 
Era vero.
In quelle tre settimane non avevo ancora avuto il tempo di fare un vero giro per la città e non mi ero ancora addentrata nel vero centro caotico e affollato della capitale. 
Ma d'altronde ero felice così, ero qui per lavorare e la compagnia di Jessica mi faceva più che piacere.
"Allora ti va un po' di shopping? Liam mi ha chiesto di andare fuori città per il fine settimana e non ho nulla di carino da mettermi. Ti prego, è da un sacco che non facciamo queste cose." mi supplicò.
"Perchè no" dissi alzando le spalle. Avevo il pomeriggio libero e mi avrebbe fatto piacere passarlo con lei.
"Aspetta" mi interruppe "A te non dispiace rimanere a casa da sola vero? Voglio dire..."
"Jess, stai tranquilla... puoi andare. Non è un problema, davvero!"
Sembrò sollevata a quella mia risposta, così mi fece un sorriso sincero e mi accarezzò la mano da sopra il tavolo. 
"Grazie Bella. Davvero." Le sorrisi a mia volta. 
Ero io a doverla ringraziare per tutto quello che stava facendo per me. Per tutto quello che, negli anni, aveva fatto per me.

Arrivai in ufficio puntuale, come succedeva da tre settimane a quella parte.
Ormai una volta dentro era diventata sempre la solita routine: salutare Sophie, svoltare nel corridoio, salutare Harry ed entrare nell'ascensore.
Quella mattina, però, quella routine si interruppe.
Styles non era alla macchinetta.
Per scrupolo ricontrollai l'orario, ma questa volta non ero io ad aver sbagliato.
Forse oggi era il suo giorno di riposo, o semplicemente era già nel suo ufficio.
Non ci diedi molto peso, e proseguii dritta per la mia strada.

Arrivata in ufficio, trovai Madison già al lavoro di fronte al suo computer.
Non si staccava mai da lì, se non per la pausa pranzo.
Di tanto in tanto spostava lo sguardo dal monitor solo per prendere la tazza e bere il suo caffè, poi tornava fissa sul suo lavoro.
Diedi un leggero colpo di tosse per attirare la sua attenzione, ma nemmeno allora si accorse di me.
Soffocai così una risata e presi posto alla mia scrivania, appoggiando la borsa e la mia agenda.
"Oh, buongiorno Bella! Scusami tanto, non ti ho sentita entrare.
Il sig. Styles ti ha già appoggiato il materiale sulla scrivania. Ha detto che glielo devi consegnare entro mezzogiorno."
Mi voltai, e trovai un piccolo pacco di documenti avvolti da un grande elastico verde.
Appiccicato c'era un post-it:

Per Adams
da recapitare nel mio ufficio entro le 12.00
H.S.

"Beh" dissi sedendomi subito dopo alla mia scrivania "Allora incominciamo".
Accesi così il mio computer, inserii la mia matricola e iniziai a lavorare.

Mi spostai dal mio ufficio solo verso metà mattina per concedermi una pausa e un caffè.
Quella era una delle rare volte che mi concedevo una tazza di caffè bollente.
Era in via eccezionale, solo per riprendere la concentrazione e tornare al lavoro.
Così facendo, finii il lavoro prima del previsto.
Guardai l'ora. Le 11:45.
Aspettai un paio di minuti prima di dirigermi verso l'ufficio del mio capo con le pratiche sottobraccio, piuttosto soddisfatta del mio lavoro.
Magari lo avrei addirittura impressionato consegnando il lavoro prima del tempo stabilito.

Raggiunsi la porta, e con la mano libera feci per bussare, quando mi bloccai nel sentire un'acuta voce femminile provenire dall'interno.
"Quante volte te lo devo ripetere Harry che sei qui dentro nelle vesti di assistente di mio padre?
Non puoi fare quello che ti pare, sei il capo di uno dei settori più importanti di questo giornale e hai delle responsabilità".
Mi avvicinai maggiormente alla porta per cercare di sentire meglio. Ora sembrava non provenire più nulla dall'interno della stanza.
"Lo sai che mi fa schifo partecipare a quelle stupide cene di lavoro insieme a tuo padre e ai suoi amici insulsi e ignoranti. Non l'ho mai fatto e mai lo farò."
"Cristo Harry, ne vale la nostra reputazione. Come devo fare io con te?"
Ora le voci erano più chiare e si potevano sentire anche i rumori dei tacchi, probabilmente delle scarpe della donna.
"La nostra reputazione, o la tua, Jennifer?"
Di nuovo silenzio.
Poi forti e pesanti passi si facevano sempre più vicini alla mia direzione.
La donna riprese a parlare. La voce era più chiara e il tono freddo e deciso.
"Se il tuo culo è ancora qui dentro è solo merito mio, Harry. Ricordatelo questo." 
Questa fu l'ultima frase che sentii, poi la porta si aprì di scatto facendomi arretrare di qualche passo per lo spavento.
Dalla porta uscì una donna alta, con i capelli neri e lunghi fino a sotto il seno.
Era ben vestita, con una camicetta bianca (quasi trasparente) con le maniche a tre quarti e una gonna corta e attillata. Ai piedi aveva un paio di scarpe con il tacco alto a spillo, che non faceva altro che slanciare la sua figura.
"E tu cosa fai qui? Forza, ti pago per lavorare non per fare la bella statuina." mi squadrò dalla testa ai piedi, con fare superiore, poi si voltò nuovamente in direzione dell'ascensore per raggiungere l'uscita.
Nello stesso istante, anche Harry uscì dal suo ufficio bloccandosi nel vedermi ancora lì, immobile, davanti alla sua porta.
"Scusa" mi sussurrò prima di scattare anche lui nel corridoio, rincorrendo la donna.
Mi fece un veloce gesto, e capii che forse sarei dovuta ripassare più tardi.

Mi girai per ritornare nel mio ufficio, quando mi accorsi di Michael Evans appoggiato allo stipite della porta del suo ufficio, che come me aveva assistito a tutta la scena.

"Ti presento la Signora Styles" disse con tono ironico "Se la chiamiamo Strega puoi benissimo capire il perchè".
 

WRITER SPACE
Ciao ragazze!
Eccoci finalmente arrivati all'ottavo capitolo.
La storia di Harry sta iniziando a farsi più chiara e anche il rapporto con Bella sta diventando sempre più stretto.
Ma non posso ancora anticiparvi nulla, nei prossimi capitoli capirete il perchè.
Prima di lasciarvi, volevo semplicmente di chiedervi di lasciarmi una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate.
Siamo solo all'inizio, ma mi piacerebbe sapere l'idea che vi siete fatti di questa FF.
Vi lascio anche il mio Twitter, così che possiate contattarmi per qualsiasi consiglio o altro, sono @ deargubler .
Grazie mille per la vostra attenzione.
Buona domenica e al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Venerdì sera.

Finalmente anche un'altra lunga settimana di lavoro era terminata.
Stavo comodamente seduta sul divano, con una ciotola di popcorn fatti in casa a cercare qualcosa da poter guardare in televisione.

Jessica finiva di sistemare la sua valigia per il suo weekend romantico fuori Londra, e faceva un continuo via vai per le stanze controllando di non essersi dimenticata nulla.

Dopo essersi data pace, si sedette sul divano affianco a me, stringendomi in un caloroso abbraccio.

"Mi dispiace lasciarti a casa da sola" sussurrò fra le mie braccia.
"Jessica davvero non preoccuparti, me la passerò" risposi tranquillizzandola "E poi ho un sacco di cose fare, a partire dalla spesa. Abbiamo il frigo vuoto!"
Sciolse l'abbraccio e alzò le mani in segno di arresa. In quei giorni avevamo mangiato tantissime schifezze e per lo più avevamo ordinato cibo da asporto. Nessuna delle due aveva troppa voglia di cucinare.

Scoppiammo a ridere e Jessica mi ringraziò nuovamente, poi si diresse verso la camera da letto.

Quando mi svegliai il mattino seguente avevo perso totalmente la cognizione del tempo.
Le tapparelle non erano del tutto abbassate, ma non c'era nessuna traccia del sole. 
Di malavoglia, scostai le lenzuola e mi alzai dal letto per prendere il cellulare dal comodino.

Erano poco più delle 9.

Ero stanchissima. La sera prima ero stata fino a tarda notte in videochiamata con Jared a parlare del più e del meno. Si era preso una bella influenza, ma aveva comunque trovato il tempo di parlare con me fino a crollare completamente davanti allo schermo.
Presi così il cellulare, e controllai il suo ultimo accesso di WhatsApp: le 02:05.
Gli mandai il messaggio del buongiorno, poi riappoggiai il cellulare sul letto e mi alzai per vestirmi.
Nello stesso momento, il telefono cominciò a squillare.
Così, risposi velocemente mettendo il vivavoce, mentre mi infilavo i pantaloni.

"Scusami tesoro, non volevo svegliarti con il messaggio, scusami davvero" dissi immediatamente.
"Ehm... credo proprio che tu abbia sbagliato persona, perchè non mi hai mandato nessun messaggio" dissi la voce dall'altro capo del telefono, ridacchiando.
Realizzai in quel momento che non era affatto la voce di Jared.

Afferrai in velocità il telefono leggendo il nome sul display, ma non avevo il numero salvato.
La voce era di Harry. 
Cazzo mimai con le labbra. Non avevo salvato il numero.

"Oddio Harry, mi dispiace non ho guardato prima di rispondere, pensavo fosse il mio ragazzo dato che..."
Lui scoppiò a ridere di nuovo.

"Tranquilla Bella, lo avevo capito. Non è un problema, figurati" disse.
Nel frattempo, in sottofondo sentii un rumore. Probabilmente lo sportello della macchina chiudersi.
"Senti, mi stavo chiedendo: hai già fatto colazione?"
Aggrottai la fronte, anche se sapevo che non poteva vedermi. "In realtà... no" risposi.
"Bene" disse poi lui dall'altro capo del telefono "Perchè sto proprio passando a casa tua per venirti a prendere. E non accetto un no come risposta".
"Harry, davvero, non ce n'è bisogno. Posso farla anche qui"

In realtà non è che non avessi voglia di andarci, ma semplicemente quella situazione mi imbarazzava un po'.
"Dai Bella, 10 minuti. E poi volevo parlarti di giovedì mattina".
Già, di sua moglie.
Sospirai. "D'accordo, sarò pronta fra 10 minuti."
"Fantastico! A dopo allora, non farmi scherzi" disse, e poi riattaccò.
Se anche avessi voluto, non avrei nemmeno avuto il tempo di ribattere. Ma ormai mi ero arresa, dovevo solo finire di prepararmi.

Andammo nello stesso bar in cui ci incontrammo mercoledì mattina, quello affianco al nostro ufficio. Ci sedemmo poi ad un tavolo in fondo al locale, subito dopo aver ordinato il solito.

L'attesa delle nostro ordinazione aveva un'atmosfera leggermente imbarazzata.
Nessuno dei due aveva ancora parlato di quell'argomento, così decisi di farmi avanti io per prima.
"Che cosa volevi dirmi riguardo a quella cosa?"

Lui alzò lo sguardo, che aveva tenuto tutto il tempo fisso sulle sue mani. Sembrava... strano.
"Volevo chiederti scusa" incominciò "Hai sentito tutto, vero?"
Annuii un po' in imbarazzo. Avevo origliato praticamente tutto, sin dall'inizio.
Lui tirò un lungo sospiro.
"Jennifer è mia moglie. Suo padre è il direttore del giornale, lo ha praticamente fondato.
Lui e mio padre collaborarono sin dall'inizio, avevano progettato tutto insieme. Poi litigarono e mio padre decise di recedere dal contratto. 
Mio padre nel frattempo mi aveva già inserito nella sua attività. Non appena mi diplomai mi fece assumere, e quando si licenziò stavano per mettere sulla strada anche me."

Si interruppe nel momento in cui il cameriere ci portò le nostre ordinazioni.
Lo congedammo con un sorriso e non appena fu lontano, riprese a parlare.

"Se non fosse stato per Jennifer, io non avrei mai mantenuto il mio lavoro lì.
Suo padre non mi avrebbe mai rinnovato il contratto, se non fosse stato per..."
"Il matrimonio" aggiunsi.
Lo avevo intuito. Dal discorso che mi stava facendo, era chiaro che la motivazione poteva essere solo una.
Non sapevo esattamente cosa potevo dirgli.
Non sapevo se essere dispiaciuta per lui, semplicemente lo assecondai del discorso e lui continuò.
Mi sorrise prima di riprendere. Sapeva che avevo capito.
"Non dico che è stato un matrimonio combinato, nemmeno forzato. C'era stato qualcosa tra noi ma io... non ero pronto a tutto questo".

Si accasciò sulla sedia e sbattè i pugni sul tavolo. Poi riprese a guardarmi. Sul suo viso ora si dipinse un'espressione mortificata.
"Non so neanche perchè ti sto raccontando tutto questo. Avevo solo bisogno di parlarne e... scusarmi con te".

Gli sorrisi e allungai un mano poggiandola sulla sua da sopra al tavolo.
"Hey, non preoccuparti... davvero. Mi ha fatto piacere ascoltarti e se hai bisogno di sfogarti..."
"Grazie" mi interruppe senza lasciarmi finire la frase "Ora mangiamo, sennò diventa tutto freddo" mi sorrise di nuovo e afferrò il suo cornetto iniziando a mangiare.
Feci lo stesso incominciando a girare il cucchiaino nella mia tazza.
Capii che non era il caso di prolungare quella conversazione.
Aveva solo bisogno di sfogarsi. E aveva deciso di farlo con me.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Il sabato era il mio giorno preferito della settimana, ma non quando ero costretta a passarlo da sola.

Essendo già metà novembre, il sole era calato prestissimo.
Quel pomeriggio, dopo che Harry mi ebbe riaccompagnato a casa, avevo preso la metro, mi ero recata in centro e avevo fatto la spesa, come avevo programmato il giorno prima.
Ciò nonostante, non avevo per nulla voglia di cucinare, così ordinai una pizza, che mangiai comodamente sul divano.
Nel frattempo, ne approfittai per telefonare a Charlotte, la mia migliore amica.
Ci eravamo sentite davvero pochissimo dalla mia partenza, così la aggiornai su tutte le cose che mi erano successe in quelle settimane.
Poi, all'improvviso, sentii un rumore fuori dalla porta, come se qualcuno stesse cercando di forzare la serratura.
"Charl, senti, devo staccare.
Ti richiamo dopo" riattaccai in preda al panico senza nemmeno darle il tempo di rispondere, ma ancor prima che potessi avvicinarmi, la porta si aprì ed entrò Jessica in preda ad un pianto isterico. 
Lasciò scivolare a terra il suo trolley e si gettò fra le mie braccia senza nemmeno richiudere la porta alla sue spalle.
"Jess! Mi hai spaventata a morte, che hai fatto?" 
Affondò il viso nell'incavo del mio collo, stringendosi maggiormente a me, continuando a singhiozzare.
La feci sedere sul divano e andai a chiudere la porta. 
"Quello stronzo, bastardo..." incominciò a dire fra i singhiozzi con il fazzoletto che aveva in mano.
"Lui.. lui era andato in bagno e avevo sentito la suoneria di un cellulare. 
Pensavo fosse il mio, invece era di Liam... quello stronzo mi tradisce, capisci?" continuò fra le lacrime lanciando uno dei cuscini del divano sul pavimento.
"Aveva detto che era sua cugina, invece i messaggi alludevano a ben altro.
Ho letto tutto, si sono visti tre volte questa settimana ed io qui, come una stupida, ad aspettare che arrivasse questo schifo di fine settimane per stare con lui".
Si stese sul divano, così mi avvicinai e la lasciai sfogare, le accarezzai un braccio e rimasi lì senza dire niente. Ormai lo conoscevo, dovevo lasciare uscire la sua rabbia e non dire nulla, o avrei peggiorato le cose.
Mi guardò per un momento.
Aveva gli occhi gonfi dal pianto, così le sorrisi per farla stare meglio.
Si gettò di nuovo fra le mie braccia.
"Sono un disastro come coinquilina, ti sto facendo passare settimane orrende".
"Non dirlo nemmeno per scherzo! Era da tanto tempo che non mi divertivo così con qualcuno"
Era vero. Mi era mancato passare del tempo con lei, e le nostre giornate, se pur semplici, mi facevano divertire.
"Brad Pitt e cioccolata calda?" chiesi ammiccando.
Lei annuì, asciugandosi le lacrime e trattenendo quelle che stavano cercando di uscire.
Poi mi diressi in cucina, a preparare due tazze bollenti di cioccolato.

***

Era ormai passata una settimana.
Jessica aveva passato i primi giorni a disperarsi, non era nemmeno tornata all'università per paura di incrociarlo nei corridoi.
Poi si fece coraggio, lo chiamò a casa per venirsi a riprendere le cose che aveva lasciato qui. Poi si lasciarono definitivamente.

Un altro fine settimana era arrivato e Jessica aveva ricevuto un invito da alcune sue compagne di corso per andare ad una festa in uno dei locali più in di Londra, e ovviamente mi aveva chiesto di accompagnarla.
Non amavo troppo le feste movimentate, non ero per nulla un tipo da discoteca, ma sopratutto Jared non voleva che io facessi questo tipo di cose. Era molto geloso e iperprotettivo.
Ma Jessica mi aveva supplicato, e alla fine decisi di andare anche io. Naturalmente non avrei detto nulla a Jared.
"Come sto con questo?" chiesi guardandomi allo specchio.
Portavo un semplice tubino nero, con uno scollo sulla schiena, e si piedi un paio di tacchi neri. Ero semplice, perché non mi piaceva molto apparire.
"Bella sei elegante, forse troppo... è una discoteca".
Quando uscì dal bagno, capii che forse ero davvero troppo elegante.
Lei indossava un top corto e una minigonna di pelle. Sapevo benissimo che stava attraversando la fase "alcool e divertimento", così cercai di farglielo notare.
"Jess, non sei un po' troppo... nuda?"
"Dai Bella, stai diventando per caso come il tuo ragazzo? È una festa, lasciami divertire per una sera".
Incrociai le braccia e la guardai storto. 
Sapevo che tanto avrebbe comunque fatto di testa sua, così mi arresi e sbuffai.
"Le mie compagne sono già qui fuori, forza sbrigati che usciamo".
Feci per prendere il cappotto, fuori era freddissimo. Jessica mi fulminò con lo sguardo.
Dimenticavo che era una discoteca e che se avessi portato il cappotto avremmo dovuto pagare il guardaroba.
Uscii così solo con il mio abito e sgattaiolai in macchina, e dopo essere stata avvolta da una nuvola di fumo già all'interno della macchina, partimmo in direzione del locale.

Al nostro arrivo, la festa era già in pieno svolgimento, e la musica si poteva sentire già da fuori il locale.
Rimasi per buona parte della serata seduta sul divanetto, sorseggiando semplicemente un calice di prosecco che ci avevano offerto all'ingresso.
Tutte le ragazze si stavano divertendo, e Jessica aveva già trovato una compagnia maschile con la quale stava ballando sulla pista, sorseggiando il suo cocktail.
Mi stavo decisamente annoiando e la musica mi stava rimbombando nella testa.
"Non ti facevo un tipo da questo genere di feste" . Mi voltai spaventata nel sentire la voce al mio fianco.
Con mia grande sorpresa trovai Harry, che si stava sedendo sul divanetto insieme a me.
"Potrei dire la stessa cosa di te" dissi alzando la voce, a causa della grande musica.
"Touchè" mi sorrise.
"Mi sto annoiando un sacco" ammisi "ho accompagnato mia cugina solo perché ha avuto una settimana pesante, ma a quanto pare si sta divertendo anche senza di me" dissi indicando con la testa nella sua direzione.
"Se vuoi possiamo uscire da qui, non mi sto divertendo nemmeno io".
Mi guardai intorno. Non sapevo se sarebbe stata una buona idea lasciare Jessica da sola, sapevo che avrebbe combinato qualche disastro.
D'altronde era in compagnia e sarebbe tornata a casa con le sue compagne di corso.
Così annuii.
"Vieni" mi prese la mano, e si fece spazio fra le persone che affollavano la mano.
Una volta fuori, rabbrividii.
Lo sbalzo di temperatura era notevole, e io non avevo il cappotto con me.
"Vuoi venire con me in un posto?" mi chiese voltandosi verso di me.
"Harry, è quasi l'una di notte, ci sbattono fuori a quest'ora" 
"Non nei posti che conosco io. Allora, ti fidi?" 
Mi fidavo? 
Era strano a dirsi.
Fino a un mese fa lo odiavo. Ma ora che lo conoscevo meglio, forse lo vedevo diversamente.
Annuii e salii in macchina con lui.

Scesi dalla macchina, e di nuovo i brividi percorsero tutto il mio corpo.
"Sei uscita solo così?" Mi chiese il ragazzo raggiungendomi dall'altra parte dell'auto.
"Sai, non volevamo pagare il guardaroba e.." scoppiò a ridere.
Si avviò verso il bagagliaio della sua macchina e ne tirò fuori una giacca nera elegante. La sua.
"Tieni" disse mettendola sulle spalle.
Sorrisi per ringrazialo, e cominciammo a camminare.

Percorremmo una ripida stradina. In fondo vi era una piccola scala, che portava ad una grande terrazza, appartenente ad un locale.
Mi porse il suo braccio, vedendomi abbastanza instabile con i miei tacchi. Così lo afferrai saldamente e salimmo le scale.
La vista qui era spettacolare.
Dava sul Tamigi, che rifletteva la luna piena in quella notte. 
Mi appoggiai così sul bordo di quella terrazza, e  mi ci si sedetti sopra.
Rimasi in silenzio ad ammirarne la bellezza e la tranquillità di quel luogo.
In quel momento, Harry, che era entrato nel locale, mi si avvicinò con due calici di vetro in mano e una bottiglia... non sembrava prosecco, così corrugai la fronte.
"È Champagne" sorrise porgendomi i calici.
Stappò la bottiglia e iniziò a versarne il liquido nei due bicchieri.
Li fece scontrare e se lo portò alle labbra, continuando a fissarmi.
Annusai il bicchiere prima di portarmelo alla labbra, facendo un piccolo sorso.
Era un sapore forte, ma allo stesso tempo... delicato. Deglutendo, avvertii un lieve pizzicore al palato, che mi portò a strizzare gli occhi.
Il ragazzo ridacchiò.
"Non lo avevo mai bevuto" ammisi arrossendo "ma è buono".
Appoggiò il suo bicchiere al bordo della terrazza avvicinandosi a me.
"Sei stata l'unica ad ascoltarmi senza giudicarmi per quello che sono, Bella" sussurrò fissando un punto vuoto nel paesaggio di fronte a noi.
"È brutto essere legati ad una persona, senza avere un sentimento sincero che vi unisce".
Cercai di rassicurarlo accarezzandogli la mano con la punta delle dita.
In quel momento era sincero e quasi vulnerabile.
Posò lo sguardo su di me, portando una mano nei miei capelli.
Deglutii a quel suo gesto, senza smettere di fissare il suo viso illuminato dal chiaro della luna.
Appoggiò l'altra mano sul mio fianco e lentamente avvicinò il suo viso al mio fino ad annullare completamente quei pochi centimetri che ci dividevano.
Sfiorò leggermente le sue labbra sulle mie, prima di appoggiarle e unirle in un bacio dolce e semplice.
Cominciò a muoverle lentamente sulle mie, così portai la mia mano dietro al suo collo, mentre le gambe presero a tremare.
Forse non eravamo totalmente in noi.
Doveva essere l'effetto dello champagne che circolava nel nostro sangue.
Si, sicuramente era così.

WRITER SPACE
Salve a tutte ragazze!
Eccomi di nuovo, grazie a tutte per aver dato un'occhiata.
Finalmente in questo capitoo Harry e Bella si sono baciati e la loro storia sta iniziando ad avere senso... ma chi sa se durerà.
Vedremo cosa accadrà nei prossimi capitoli.
Come sempre, vi invito a recensire per dirmi cosa ne pensate.
Vi lascio e vi auguro nuovamente buone vacanze!
Un abbraccio

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Quando tornai a casa erano le 3 passate.

Harry mi diede un passaggio fino a casa.
Il viaggio fu piuttosto silenzioso, nessuno aveva parlato di quello che era appena successo.
Entrambi eravamo abbastanza confusi.
Lo salutai e ringraziai prima di rientrare in casa.

Una volta varcata la soglia di casa, mi appoggiai alla porta e la chiusi appoggiandomici sopra.
Chiusi gli occhi e mi lasciai scivolare a terra.
Mi ero appena lasciata baciare dal mio capo, e non avevo fatto nulla per impedirglielo. Di fatto, si poteva definire un tradimento.
Mi portai entrambe la mani sugli occhi.
Mi bruciavano.
Cercavo di impedire con tutte le mie forze che le lacrime scendessero, non volevo piangere. Odiavo piangere.
Mi sollevai dal pavimento, tolsi i tacchi e a piedi nudi raggiunsi la mia stanza.
Presi il mio cellulare dalla borsetta per metterlo in carica.

3 chiamate perse da Jared

Leggere il suo nome sullo schermo mi aveva letteralmente fatto perdere un battito. Non avrei mai più avuto il coraggio di richiamarlo.
Non solo gli avevo mentito su dove avrei passato la serata. Lo avevo addirittura tradito.
In più, non ero semplicemente una traditrice. Ma anche l'amante. 
Perché si, lui è sposato.
Ero una persona orribile.

Mi spogliai in fretta, e prima di dirigermi verso il bagno, decisi di controllare la camera di Jessica.
La porta era socchiusa, così entrai senza fare troppo rumore.
Era collassata sul cuscino, ancora vestita e truccata.
Puzzava di alcol atrocemente, ma decisi di non svegliarla.
Si sarebbe sorbita tutti i postumi al suo risveglio l'indomani.
Di certo non ero nella posizione per farle la predica.
La coprii con la coperta e tornai nella mia camera.
Speravo anche io di riuscire a prendere sonno, ma temevo che non sarebbe stato così semplice.

Il mattino seguente verso le 7 mi arresi al fatto che non avrei dormito molto quella notte.
Avevo dormito poco più due ore, svegliandomi circa ogni mezz'ora, così ci rinunciai e decisi di andarmi a fare una doccia calda.
Mi buttai in velocità sotto il getto, e rimasi lì, immobile contro la parete fredda della doccia, a pensare.
Come avevo potuto lasciare che tutto ciò accadesse? Non eravamo nemmeno ubriachi, eppure non mi ero tirata indietro.
Non avrei mai voluto che accadesse, non lo avrei mai permesso. Eppure è successo, e non potevo fare nulla per cambiarlo.
Venni riportata alla realtà dal bussare alla porta del bagno.
"Bella? Bella, ho bisogno del bagno... urgente" sentii dall'altra parte della porta.
"Arrivo, solo un secondo" sciacquai velocemente il corpo dal sapone, e uscii avvolgendomi nel mio accappatoio.
Non appena aprii la porta, Jessica si chinò sul gabinetto incominciando a rimettere.
Mi inginocchiai dietro di lei e la aiutai a mantenere i capelli.
"Jess..." sussurrai accarezzandole la schiena.
Rimase qualche secondo china sul wc, e quando fu sicura di non aver altro di rigettare, si alzò ancora un po' barcollante e si sciacquò la bocca nel lavandino.
"Sono una cretina..." sussurrò.
'Non quanto me, credimi' pensai.
Ma non risposi. 
"Anche tu non hai una bella faccia, sembri sconvolta. Tutto bene?"
"Sto bene, davvero" cercai di sorridere nel modo più credibile possibile "non ho dormito molto stanotte".
Era troppo presa dai postumi per potersi accorgere del mio reale stato d'animo e la sera prima era troppo ubriaca per ricordarsi della mia assenza, così sembrò credermi.
Non ne avrei parlato con lei, per ora.
Era appena uscita da una relazione proprio a causa di un tradimento, e sarebbe stata un ulteriore pugnalata al cuore.
Subito dopo, lei se ne ritornò in camera, dove passò buona parte della mattinata.
Io feci lo stesso, pensando sul da farsi.
Sapevo che prima o poi avrei dovuto chiamare Jared e affrontare questa situazione.
Ma ero certa che non avrei detto nulla di quello che era successo. Avrei finto che stava andando tutto bene, nella speranza che ciò che era accaduto poche ore prima fosse solo un incidente, e non sarebbe dovuto ricapitare di nuovo.

Quando rientrai nella mia stanza, presi in mano il mio cellulare.
Non lo avevo toccato dalla sera prima.
Lo riaccesi, e dentro di me speravo di trovare un messaggio di scuse o di chiarimento da parte di Harry. Ma non trovai nulla di simile.
Semplicemente un'altra chiamata persa da Jared e alcuni messaggi da parte di Charlotte.
Sospirai, e mi feci coraggio.
Cliccai sul nome di Jared nelle chiamate recenti e gli telefonai. Dovevo fingere che andasse tutto bene. 
"Bella, finalmente! Dove sei sparita ieri sera? Non hai mai risposto alle mie chiamate".
"Scusa Jared, ma sono stata di nuovo con Jessica... ancora non sta bene". Il cuore mi batteva fortissimo, la voce mi tremava.
Non riuscivo a reggere la sua voce squillante e ignara di tutto. Mi sentivo terribilmente in colpa.
"Ancora per quella storia eh... dai su, le passerà, è questione di tempo e troverà sicuramente qualcun altro"
"Si, lo spero"
Silenzio.
"Amore?"
"Si?"
"Stai bene?" sospirai.
"Si, sono solo un po' stanca" socchiusi gli occhi.
Non gli avevo mai mentito, non avrei retto per molto.
Non appena chiuso gli occhi, una lacrima scivolò lungo le mie guance.
"Allora vai a riposarti, hai ancora un paio d'ore per dormire. È domenica" disse in tono dolce e premuroso.
"D'accordo. Allora, ci sentiamo stasera?"
"Si, a stasera. Bella?" un attimo di silenzio e poi riprese "Ti amo".
"Anche io" sussurrai in modo quasi impercettibile. Poi riattaccai.
Mi feci scivolare sul letto e scoppiai a piangere.
Non ero capace di mentire, non volevo, ma non avevo altra scelta.
Così capii che dovevo assolutamente sfogarmi con l'unica persona che mi avrebbe sicuramente capita e aiutata a chiarirmi le idee.
Charlotte.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Lunedì.

Con il lunedì si dava inizio ad una nuova settimana.
Si ricominciava la solita vita, si riprendeva a lavorare... e questo, per me, significava rivedere per la prima volta Harry dopo il nostro bacio.

Dopo la chiaccherata con Charlotte la mattina prima, capii che era il caso di chiarire con Harry.
Affrontare la situazione a testa alta e chiedergli delle spiegazioni.
Anche io, d'altra parte, avrei dovuto fare mente locale e chiarire i miei sentimenti.
Non lo avevo respinto, non avevo cercato di fermarlo.
Mi sono lasciata coinvolgere e trascinare dal suo lieve tocco e dai suoi movimenti, assecondandolo.
Eravamo colpevoli entrambi.

Arrivai in un ufficio, come sempre con la mia agenda sotto il braccio.
Solita routine: salutai Sophie alla reception e mi diressi a passo svelto verso il corridoio che portava all'ascensore.
Lo stesso dove Harry tutte le mattine a quell'ora si fermava a bere il caffè.
Me ne ricordai immediatamente, e il mio stomaco andò in subbuglio. Un groppo mi si era formato in gola. Ero nervosa, solo a pensare di vederlo.

Svoltai l'angolo, e come immaginavo lui era lì.
Stava appoggiato alla macchinetta a parlare con Evans e un altro ragazzo, forse di un paio di anni più grande, che non avevo mai visto.
Era troppo affollato, sapevo che avrei dovuto aspettare che alcune persone si allontanassero.
Ma fu lui, che appena mi vide, mi salutò come al solito con il suo splendido sorriso, come se nulla fosse. Come se tutto fosse normale.
Ricambiai imbarazzata e a passo spedito mi infilai all'interno dell'ascensore, per non prolungare ancora quello scambio di sguardi. Ero una codarda.

Quella mattina ero sola in ufficio.

Madison aveva lasciato un biglietto sulla scrivania dicendo che si era presa una giornata di ferie.
Così rimasi tutto il tempo sola in ufficio a lavorare sulle pratiche e a rispondere alle mail delle varie agenzie che erano arrivate quella mattina e durante il fine settimana. Il lunedì era una giornata pesante.
Mi era impossibile concentrarmi con quel pensiero perenne in testa. Era una tortura e avevo davvero bisogno di chiarirmi le idee.
Verso metà mattina, infatti, mi arresi al fatto che non sarei riuscita a concludere molto.

Mi avviai decisa verso l'ufficio del ragazzo.
Questa volta dovevo farmi coraggio e parlare apertamente.
Bussai un paio di volte prima di sentire la sua voce darmi il permesso di entrare.
Ora era solo, per fortuna.
Mi avvicinai lentamente, dimenticandomi però di chiudere la porta.
"Harry" dissi avvicinandomi.
Lui arretrò di qualche centimetro restando seduto sulla sua sedia e mi guardò confuso.
"Dobbiamo parlare".
Lui sospirò, poi si alzò dalla sua sedia e si diresse verso la porta, chiudendola.
"Non qui, Bella, ti prego" mi posò le mani sulle spalle e mi fissò dritto negli occhi.
"Ho bisogno di capire..." ma subito mi interruppe.
"Bella, non posso davvero qui... capisci che potrei finire nei casini?"
Feci per ribattere, ma aveva capito che non mi sarei arresa tanto facilmente. Sospirò.
"Alle 14 al bar qui di fronte" disse alla fine.
Poi mi accompagnò alla porta, posando la mano sulla mia schiena, per paura che potessi insistere nuovamente. "Ora, ti prego, vai".
Disse quasi supplicandomi.
Rimasi per un istante a guardarlo, poi feci come mi aveva chiesto e uscii dalla porta senza dire nulla.
Non avevo ottenuto esattamente quello che volevo, ma almeno ero un po più sollevata nel sapere che anche lui avrebbe avuto qualcosa da dirmi.

 

Passai l'ultima mezz'ora a controllare l'orologio.
Il tempo non passava e io avevo bisogno di risposte.
Quando finalmente arrivarono le 14, sistemai le ultime cose e la scrivania e uscii fuori dal mio ufficio, passando appositamente davanti alla porta di Harry.
Con mio grande piacere, la trovai aperta e ciò voleva solo dire che lui era già andato via.
Uscii dal palazzo quasi di corsa, dirigendomi verso il bar. Il nostro bar.
Passando affianco alla finestra, sbirciai all'interno del locale e subito lo vidi lì. Nel nostro solito posto affianco alla finestra.
Feci un respiro profondo prima di dare una spinta alla porta ed entrare.
Salutai con un veloce gesto della mano Ashton, da dietro al bancone, e presi posto proprio dove ora era seduto il ragazzo.
Era talmente preso dal suo cellulare che non si accorse della mia presenza.
Infatti, sobbalzò quando spostai la sedia per sedermi di fronte a lui.
"Hey!" esordì immediatamente con un sorriso.
Era così calmo e disinvolto, ed io ero così tesa ed emozionata che iniziai a chiedermi se non fossi io quella ad essersi fatta solo un viaggio o inutili paranoie.
Magari lui si era già trovato in situazioni simili.
Scacciai immediatamente quei pensieri dalla testa e dovevo concentrarmi sul mio unico obiettivo.
"Ciao Harry" risposi, iniziando a torturarmi lo smalti sulle unghie.
Non sapevo da dove iniziare, e da un alto speravo che lo facesse lui, come tutte le volte in cui mi trovavo in difficoltà. Ma non lo fece.
Sospirai nuovamente e incominciai.
"Eri ubriaco l'altra sera?". Ottimo inizio Bella, complimenti.
Lui corrugò la fronte e fece una piccola risata. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si avvicino di poco a me con il busto.
"Ti sembravo forse ubriaco? Perchè non lo ero".
Abbassai lo sguardo sulle mie mani, socchiudendo appena gli occhi.
"Se è successa quella cosa è stato solo perchè ero sicuro di quello che stavo facendo" aggiunse, ma questa volta il suo tono era più freddo e spento. "Sei già pentita di avermi baciato, non è vero?".
Alzai lo sguardo, e trovai sui occhi verdi a scrutare il mio sguardo e tentare di percepire le mie emozioni.
"Non sono pentita di averlo fatto Harry, non è questo il punto. E' solo che mi sembra tutto così sbagliato... io non ho mai tradito Jared, non gli avevo nemmeno mai detto una bugia".
"Nemmeno io ho mai tradito Jennifer, nel caso te lo fossi chiesto".
Prese le mie mani da sopra il tavolo e ne accarezzò i palmi con i pollici.
"Non l'ho mai fatto perchè, sinceramente, non ne ho mai sentito il bisogno nonostante la nostra storia sia arrivata a non aver alcun senso" sussurrò mantenendo fisso il suo sguardo sul mio.
"Ti ho baciato perchè avevo bisogno di farlo, perchè volevo farlo e non perchè non avessi altro da fare. Chiaro?"
Annuii completamente spiazzata dalle sue parole. Mi si era seccata la gola e non avevo idea di cosa rispondere. Ero pietrificata.
"E, sempre se ti interessa saperlo, se dovessi tornare indietro, lo rifarei altre cento volte ancora. Sono un ragazzo sincero Bella, non farti ingannare dalla persona che devo fingere di essere. Mi sono confidato con te".
Lasciò le mie mani e ritornò seduto sulla sua sedia, lasciandomi lì, di fronte a lui, senza parole. Ero completamente muta.
Harry si alzò dalla sua sedia e si infilò il cappotto.
"Adesso devo andare " disse "Quando anche tu avrai capito che cosa avresti fatto se avessi avuto l'occasione di tornare indietro, sai dove trovarmi e sai qual è la mia posizione a riguardo" si chinò verso di me e mi lasciò un veloce bacio sulla guancia. "Ci vediamo domani, Bella".

Ora sapevo che tutto quello non era successo per caso. Ne avevo la certezza.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


*Harry's pov*

Controllai l'orario sul mio orologio da polso, era tardi e dovevo uscire di lì il prima possibile.
Era lunedì, e tutti i lunedì pomeriggio Jennifer e le sue amiche si incontravano per fare shopping. Quel giorno l'avrei dovuta accompagnare anche io.

Uscii dal locale e mi sentii un po' in colpa a lasciare Bella da sola.
Ma in realtà non avevo altro da dirle. Ero stato sincero e schietto, non avevo paura a mostrare il mio interesse verso di lei.
Speravo solo che lei, con il tempo, sarebbe riuscita ad accettare la situazione.
Perchè qualcosa era successo, e io sentivo che non la avrei lasciata andare facilmente.

Accostai la macchina nel viale di casa, ma Jennifer era già in piedi, fuori dal cancello ad aspettarmi.
Salì rapidamente in macchina, richiudendo lo sportello facendolo sbattere.
"Cristo Jennifer, non devi sbattere quel fottuto sportello!" 
"Harry rilassati! E' solo uno sportello" sbuffò mentre si allacciava la cintura.
Si avvicinò alla mia guancia lasciandoci sopra un bacio e aprì il cruscotto della mia macchina per tirare fuori gli occhiali da sole.

Era novembre e il sole era pallido, ma indossarli evidentemente la faceva sentire più importante. Ai miei occhi era solo ridicola.
Non ci diedi importanza e fissai la strada.
"Tu piuttosto, sei in ritardo. Dove sei stato fino a quest'ora?"
"Ho lavorato e mi ero intrattenuto per finire delle cose" risposi freddo senza dare altre spiegazioni. Naturalmente non era vero.
Da un lato mi dispiaceva mentirle, ma ormai era tutta questione di business e non smetterò mai di rimpiangere il giorno in cui riuscii a farmi abbindolare solo per mantenere quel lavoro.

Era ormai da due ore che le ragazze camminavano ed entravano in ogni tipo di negozio, mentre io mi limitai a seguirle, aspettarle fuori dai vari negozi (ovviamente solo di grandi marche della moda) e a portare le sporte di Jennifer.
Finalmente decisero di fermarsi per bere qualcosa di fresco.
Ordinarono una bottiglia di vino in un locale, chiaccherando e aggiornandosi sui nuovi pettegolezzi.
Le tre amiche di Jennifer erano tutte sue coetanee, avevano ventisette anni.
Provenivano tutte da famiglie che, economicamente, stavano bene.
Figlie di imprenditori, mogli e fidanzate di banchieri o medici.
Mentre loro continuavano con i loro soliti discorsi, io decisi di non bere, dato che dovevo guidare e ormai le multe anche per un minimo tasso di alcol erano diventate salatissime. Rimasi seduto su uno dei divanetti con il mio iPhone in mano affianco a Jennifer, che di tanto in tanto mi accarezzava il ginocchio alla ricerca delle mie attenzioni.
Avevo imparato a conoscerla e sapevo che lo faceva solo per farsi invidiare facendosi coccolare da suo marito. Come sempre dovevamo fingere di essere la coppia perfetta. 
Ma ero solo il direttore del settore di marketing del giornale di suo padre, non un attore.

Continuai a guardare il mio cellulare e a controllare le notifiche, ignorando lei e le sue effusioni e ancor di più le loro insulse conversazioni, quando però venni interpellato nel discorso.
"Io e Harry quest'estate andremo alle Maldive. E' un posto così romantico. Andremo verso la metà di luglio" disse Jennifer con il suo solito tono da superiore e il suo fare teatrale.
In realtà non avevamo deciso insieme. Come sempre, aveva deciso lei.
"Beh, non andrete in vacanza proprio il giorno del mio matrimonio!"
"Ovviamente no Emily, sai che non potrei mai mancare! A proposito, avete già deciso dove andare in luna di miele?"
"Non so, io e David siamo ancora molto indecisi, ma sicuramente da qualche parte in Europa" disse la ragazze.

"Io e Harry siamo stati a Parigi" aggiunse di nuovo lei.
Quando faceva così era insopportabile, voleva eccellere sempre sugli altri, era una cosa che non tolleravo. Come facevano le sue amiche a sopportarla?
Mi voltai verso di lei e le lanciai un'occhiataccia.

Lei mi sorrise, ignorando completamente il mio sguardo e mi si avvicinò stampandomi un bacio a fior di labbra.
Feci finta di nulla. Ormai quei suoi gesti mi lasciavano impassibile.

Tornai fisso sul mio cellulare, e digitai un messaggio sulla chat di Bella.
Parlare della Francia mi aveva fatto venire in mente lei.

"Nella mia vita non ho mai preso molte decisioni e ho fatto tanti casini.
Ma di tutti gli sbagli, il nostro è sicuramente quello a cui non vorrei rimediare.
Pensaci.
Harry"

*Bella's pov*

Ero in videochiamata Skype con Charlotte.
Quel pomeriggio Jessica era uscita per andare a studiare, aveva un esame a breve e si sarebbe dovuta preparare, così ne approfittai per raccontare alla mia amica quello che mi ero detta con Harry.
Avevamo appena chiuso quel discorso, perché sapevo che avevo bisogno di riflettere.
In quel momento mi arrivò un messaggio.
Harry.
"È lui" sussurrai.

"Nella mia vita non ho mai preso molte decisioni e ho fatto tanti casini.
Ma di tutti gli sbagli, il nostro è sicuramente quello a cui non vorrei rimediare.
Pensaci.
Harry"

Lo lessi a voce alta.
Sorrisi. E Charlotte se ne accorse.

"Bella..." 
"Lo so, non dire nulla.. ti prego. Sono solo confusa... non so cosa fare"
"Ti conosco da tanto tempo, devo farti quella domanda?" disse lei.
Io non dissi nulla e bloccai il telefono, riponendolo sul materasso.
"Provi qualcosa per lui, Bella?"
Sospirai. Provavo qualcosa per lui?
"Non baci una persona se non provi nulla di nulla" sospirai.
Mi portai le mani su entrambi gli occhi e sbuffai.
Lei ridacchiò "conosco questa espressione".
"È che non so cosa fare Charl".
Lei stesse un attimo in silenzio, poi riprese.
"Non posso dirti cosa devi fare, ma se vuoi un consiglio, non prenderti in giro."
Sospirai.
Dovevo prendere una decisione e non mentire più, nemmeno a me stessa.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Quella sera, subito dopo la chiaccherata con Charlotte, ricevetti un messaggio da parte di Jessica che non sarebbe rientrata per cena.
Non mi disse il perché, mi avrebbe detto tutto quando sarebbe rientrata.

Dopo cena, mi sedetti sul divano e presi il mio cellulare.
Era dal giorno prima che non sentivo Jared, così decisi di chiamarlo. Anche se non appena sentii la sua voce dall'altro capo del telefono, come sempre, mi si aggrovigliò lo stomaco.
"Bella" esordì lui freddo.
"Hey amore... tutto bene?"
"Si certo, una meraviglia" sputò acido. Di nuovo.
Sospirai perché davvero non capivo il motivo della sua reazione.
"Jared smettila, cosa è successo?"
"Cosa è successo, Bella? Beh, dovresti dirmelo tu".
Persi un battito. Lo sapeva? 
"In che senso?" farfugliai.
"Che giorno era ieri, Bella?"
"Il 20 Novembre, ma non..." poi mi fermai. 
Ieri era il giorno del nostro anniversario e mi ero dimenticata di fargli gli auguri.
"Jared, tesoro... oddio mi dispiace tanto io..."
"Eri molto impegnata, era una giornata pesante. Si, ormai l'ho imparata a memoria questa filastrocca è quella che mi racconti ormai da un mese e mezzo" rispose, interrompendomi.
Stetti in silenzio, perché davvero non sapevo come giustificarmi.
Come avevo fatto a dimenticarmi del nostro anniversario?
Poi, lui riprese a parlare.
"Ho aspettato tutto il giorno che trovassi il tempo di chiamarmi o di mandarmi anche solo un messaggio. Nulla di nulla Bella. Lo zero assoluto.
Non ho più parole."
Ero davvero dispiaciuta. Ero dispiaciuta non solo di essermi dimenticata del nostro anniversario, ma anche perché sapevo che, se me ne ero dimenticata, era perché ero troppo occupata a pensare ad Harry e a quello che era successo sabato sera.
Non avevo più scuse. Ero imperdonabile.
Tentai di parlare, ma un groppo mi si formò in gola e impedì alle parole di uscire. Lui lo sentì, sospirò e poi riprese a parlare.
"Meglio che io vada. Ci sentiamo quando avrai il tempo di pensare anche a me" e riattaccò.
Lasciai scivolare il telefono sul divano e portai le gambe al petto.
Ero un disastro. Avevo combinato un casino. Stavo sbagliando tutto.

Decisi che sarei andata nell'unico posto in cui forse sarei riuscita a ritrovare un attimo di pace e tranquillità. 
L'unico luogo in cui ero stata veramente bene in questi mesi. 
La locanda sul Tamigi.

 

*Harry's pov*

Ero in camera mia. O meglio, nella camera mia e di Jennifer.
Mi disfai il nodo della camicia davanti allo specchio e lo appoggiai sulla sedia affianco alla portafinestra.
Iniziai a slacciare i bottoni delle maniche della camicia e successivamente passai al collo, quando entrò Jennifer, avvolta in un accappatoio bianco.
Si avvicinò al mio fianco e si fece spazio fra le mie braccia, rimanendo a fissare il nostro riflesso nello specchio.
Sospirai quando lei iniziò ad aprire maggiormente il collo della camicia.
Poi lei prese a parlare.

"Domani devi andare alla cena con mio padre" disse, accarezzandomi una guancia "Ti prego, vacci Harry... lo sai che ci tiene".

"Lo so bene che ci tiene alla sua azienda, ma lo sai che io non andrò"

"Harry..."

"Jennifer, basta! Mi sono stufato che tutte le settimane mi fai la stessa domanda. Non andrò e basta. Quante volte te lo devo ripetere prima che tu lo capisca"

"Dio santo Harry, sei mio marito! Devi andarci, porti il nome di mio padre sulle spalle!" disse alzando la voce.
Poi si sedette sul letto, e io mi voltai.

"Ti importa più del tuo nome del fatto che io sia tuo marito, non è vero?"

La donna non rispose. Abbassò lo sguardo sul pavimento, ma non aveva il coraggio di ribattere.

"Che schifo" presi la mia giacca e mi avviai verso la porta "Sei proprio uguale a tuo padre" poi uscii di casa, sbattendomi la porta alle spalle.

Dalla tasca posteriore dei pantaloni estrassi la chiave della macchina.
La aprii e rapidamente salii in macchina.
Avevo il sangue che mi ribolliva nelle vene.
Ero legato ad una donna solo per una stupida questione di affari. Una donna che era più legata al suo nome, che al valore della famiglia ed era la cosa più egoista che io abbia mai visto.

Chiusi le mani in due pugni, e in preda a uno scatto di ira, tirai un pugno al volante.
Sospirai e accesi il motore.
Dovevo sfogarmi e sapevo benissimo dove sarei andato.

Arrivai alla grande terrazza.
Accostai la macchina proprio di fronte alla gradinata, e raggiunsi l'interno del locale che vi era in cima.
Invece della solita bottiglia di vino pregiato, questa volta ordinai due birre con limone.
Avevo bisogno di sfogarmi e avevo bisogno di farlo a modo mio.

Afferrai il mio bicchiere e uscii dalla locanda, dirigendomi verso la terrazza.
Notai che non ero solo.

Mi portai il bicchiere alle labbra e mi avvicinai ugualmente al bordo della terrazza.
Quando mi avvicinai, notai la lunga chioma bionda svolazzare insieme al vento freddo dell'inverno. Appoggiai la birra sul bordo e la ragazza, colta di sorpresa, si voltò.

"Bella?" sussurrai.
Solo a quel punto mi accorsi che stava piangendo.

*Bella's pov*

"Bella?" disse nel vedermi lì.

Mi asciugai in fretta le lacrime, sperando vivamente che lui non se ne fosse accorto.
Ma era troppo tardi, perché lui mi si avvicinò e mi posò un mano sulla spalla.

"Perché stai piangendo?" mi chiese sedendosi anche lui sulla terrazza, facendo penzolare fuori le gambe.

"Ho litigato con Jared" tirai su con il naso avvicinandomi alla figura del ragazzo "Avevo bisogno di un posto dove stare tranquilla".

"Hai fatto bene a venire" sussurrò lui portandosi il bicchiere alle labbra, poi aggiunse "Anche io ho litigato con Jennifer, ma ormai ci sono abituato" mi confessò.

Per un paio di minuti nessuno disse nulla.
Eravamo solo noi due. Ognuno con i propri pensieri.

Harry riprese a parlare e interruppe quegli attimi di silenzio.

"Sai qual è la cosa che più odio di tutta questa merda?" feci segno di no con la testa.

"Che, alla fine dei conti, non sono mai stato io prendere le decisioni per me e per la mia vita.
Hanno sempre concluso gli altri al mio posto, e io finora non ne ho tratto alcun beneficio".

Posò lo sguardo sulle sue mani e afferrò la fede che portava al dito.

"Sono sposato con una persona alla quale non importa nulla, se non di lei e della sua reputazione.
La mia vita è basata sul successo, sul business, sulla carriera.
Non l'ho scelto io e non posso farci più nulla" gettò a terra il bicchiere e il liquido si rovesciò sul pavimento.

"Sono sposato, ma non sono mai stato innamorata di quella donna.
E non esiste fallimento più grande per un uomo".

Afferrai la sua mano, che era appoggiata sulla sua coscia e intrecciai le sue dita con le mie.

"La vita non è fatta solo di scelte giuste, Harry" dissi "Si è sempre in tempo per ricominciare, ma devi capire che cosa desideri veramente".

Si girò verso di me e accavallò le gambe al bordo della terrazza.
Poi mi fissò in silenzio.

"In questo momento desidero solo baciarti di nuovo".

Mi mancò il fiato a quella sua frase e le mie guance si tinsero di rosso.
Fortunatamente, il buio della notte nascondeva quella mia lieve punta di imbarazzo.

Ma in quel momento, finalmente capii che era quello che volevo anche io.

Mi feci coraggio, e mi avvicinai lentamente alle sue labbra e le unii in un lungo e dolce bacio, accarezzandogli la guancia con la punta delle dita.
Lui mi prese il viso fra le mani e assecondò i miei movimenti.
Cominciò a muoversi dolcemente sulle mie labbra, così le dischiusi appena per permettere il contatto della nostre lingue.
A quel punto mi posò le mani sui fianchi e mi avvicinai completamente a lui, allacciando le braccia al suo collo.

Eravamo solo noi due sotto quelle stelle.
Era tutto sbagliato, ma eravamo legati dal bisogno e dalla necessità di stare insieme.
Come se l'uno fosse la soluzione dell'altro. Come se lui fosse il mio rimedio. Il rimedio.

WRITER SPACE
Salve a tutte ragazze!
Scusate se negli ultimi capitoli non ho scritto nulla, ma la vicenda si stava svolgendo proprio in quei capitoli e volevo lasciare a voi le conclusioni.
Sono molto contenta di come si sta sviluppando la mia FF, credo che sia una cosa originaa, non la solita trama già vista.
Ma magari mi sbaglio.
Comunque i prossimi capitoli saranno sempre incentrati sulla loro storia e succederano diverse cose... spero di avervi incuriosite almeno un po'.
Lasciatemi qualche recensione e fatemi sapere se vi sta piacendo questa storia.
Buona serata a tutte e buona lettura!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


PERDONATEMI.
In questi giorni sono stata impegnata e ho avuto parenti a casa.
Per scusarmi, ho deciso di pubblicare 2 capitoli in una volta questa sera.
Quindi, non appena avete finito correte a leggere il Capitolo 16!
Non vi rubo altro tempo, buona lettura!

 


Il mattino seguente mi alzai presto, come sempre.

Quando rientrai la sera prima Jessica non era ancora tornata, così feci una doccia veloce e mi infilai sotto le coperte, ma ci misi un po' ad addormentarmi.

Avevo controllato se avessi ricevuto dei messaggi o delle chiamate da parte di Jared, ma nulla.
Ero dispiaciuta della nostra lite e di quello che gli stavo facendo.
Avevo trovato conforto nelle braccia di un'altra persona, e piano piano stavo accettando il fatto che forse anche io cominciavo a provare qualcosa per lui.
Era sbagliato e prima o poi avrei dovuto affrontare la realtà delle cose. Ma per ora, mi andava bene così.

In ufficio quel giorno c'era un po' di confusione.
C'erano diverse riunioni fra i vari settori, ma noi dipendenti non eravamo coinvolte.
Harry forse sì, pensai.
Madison quel giorno era tornata, e la giornata passò più in fretta, ma a metà mattina, ricevette una telefonata e dovette uscire prima.
Sembrava un cosa serie e sul suo volto si dipinse un'aria preoccupata.

Senza Madison fui costretta a pranzare da sola, così mi recai verso mezzogiorno in mensa. 
Non appena afferrai il mio vassoio mi sedetti al mio solito tavolo e vidi Harry varcare le porte, che quando mi vide da sola mi sorrise e si sedette di fronte a me.
"Sei da sola oggi?"
Annuii mettendo in bocca una forchettata di maccheroni. 
"Oggi è una giornataccia" aggiunse aprendo la sua bottiglietta d'acqua versandosela nel bicchiere.
Come faceva ad essere così serio e disinvolto nonostante quello che stava succedendo fra noi? 
"Hanno fatto una riunione, dobbiamo andare a Manchester per discutere del nuovo progetto e hanno ingaggiato me, ma nessuno è disposto a venire" poi si fermò e mi guardò serio.
"Vieni tu con me Bella!" 
Lo guardai sgranando gli occhi.

"Io? Ma non so niente di quel progetto"

"Non importa! Tanto sarà il padre di Jennifer a presentare tutto"

"Harry non so se è il caso che venga io" sussurrai continuando a mangiare.

"Saranno solo tre giorni Bella, vedrai sarà una bella esperienza e poi è una cosa nuova"

"È una pessima idea Harry" sussurrai guardandomi intorno, controllando che nessuno notasse com'era cambiato nei giorni il nostro rapporto.

"Lo so" rispose ridacchiando, poi si avvicinò a me "ma io vorrei che tu venissi con me e non so se posso accettare un no come risposta".
Sospirai.
Lui si portò di nuovo il suo bicchiere alle labbra e mi guardava.

"E va bene, partirò".

Ci stavamo cacciando in un bel guaio.
Lui sorrise in risposta.

"Partiremo la prossima settimana" disse "sapevo che avrei potuto contare su di te" poi si guardò intorno per controllare che nessuno ci stesse guardando, si avvicinò e mi stampò un bacio all'angolo della bocca.
Poi si alzò dalla sedia e se ne andò.

Entrambi eravamo consapevoli che stavamo sbagliando, ma nessuno dei due poteva farne a meno.

Quando rientrai dal lavoro, Jessica era sul divano che studiava.
Aveva i suoi occhiali da vista, teneva il computer affianco a lei e sottolineava sul suo libro.

"Ciao Jess" dissi mentre richiudevo la porta alle mie spalle.
Lei si voltò e ricambiò il saluto.
Mi tolsi il cappotto, lo appesi all'appendiabiti e mi sedetti affianco a lei.
"Cosa stai studiando?" mi misi il computer sulle gambe per vedere a quale materia si stesse dedicando, quando in realtà mi accorsi che era sulla chat Facebook di un ragazzo.
"Bella no! Lascia stare" quando capì però che era troppo tardi e che avevo letto tutto, si portò le mani sulla faccia per coprisi e scosse la testa.
"Jess! E non mi dici nulla?" 
Si era decisamente ripresa dalla storia con Liam, ma non mi aspettavo che si aprisse così liberamente e senza problemi ad un'altra relazione.
"Non è nulla di serio Bella... l'ho conosciuto in discoteca, ma non ci stiamo impegnando... è solo..."
"Ho capito, ho capito non aggiungere altro" mi alzai agitando le mani. Non mi interessavano i dettagli, ma non ero tranquilla di quello che stava facendo.
"Jess, solo... sai quello a cui potresti andare in contro, vero?"
"Bella, ti prego fidati di me..." rispose lei guardandomi con aria seria "So quello che sto facendo".
"Come vuoi" sospirai e alzai le spalle.
Mi avviai verso la mia camera e decisi che forse era arrivato il momento di cercare di chiarire le cose con Jared.
Anche se la mia testa ora era altrove, dovevo fingere che con lui fosse tutto normale.
Dovevo fingere che tutte fosse come prima di conoscere Harry.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Come promesso, ecco il capitolo.
Nei prossimi giorni mi impegnerò ad aggiornare regolarmente, ora sono decisamente meno impegnata.
Grazie per la vostra pazienza e ancora scusate.
Buon proseguimento.


Quella settimana era passata in fretta, e l'avevo dedicata interamente ai preparativi per la partenza.

Era un semplicissimo viaggio di lavoro, ma innanzitutto non sapevo come ci si comportava in quelle occasioni e in più sarei partita con Harry, il che rendeva tutto diverso.

A Jessica ancora non avevo raccontato nulla.
Sebbene si fosse ripresa dal tradimento, ancora non me la sentivo di parlarle di Harry, quindi le spiegai solo che sarei partita tre giorni per una questione di lavoro.

Con Jared, invece, ero riuscita a chiarire.
Dopo un paio di giorni in cui mi aveva tenuto il broncio, finalmente era riuscito a perdonare la la dimenticanza.
Quando gli parlai di questo viaggio non era molto entusiasta, ma finse di essere felice per me perché era contento che io stessi facendo progressi.
Non poteva sapere che ero lì solo per il feeling che si era creato con il capo, ed era meglio così. Per ora.

Non ci impiegammo molto ad arrivare a Manchester, nonostante il traffico di quel lunedì mattina.
Al nostro arrivo scoprii, con mia sorpresa, che oltre a noi e al suocero di Harry, c'era anche un altro ragazzo, David Tomson, conoscente del padre di Jennifer che si occupava del progetto del nostro giornale.
Harry mi aiutò a scaricare la valigia e, una volta nella hall, ci consegnarono le chiavi.
Inutile dire che solo la hall era enorme e lussuosissima.
Aveva grandi finestre con lunghe tende che toccavano il pavimento.
In più, era in una posizione strategica nel pieno centro di Manchester.

Giunti nelle nostre stanze, che erano tutte allo stesso piano, io ne approfittai per videochiamare Charlotte.
Le feci fare un tour della mia stanza e le mostrai l'enorme bagno con vasca idromassaggio, vantandomene spudoratamente.
"Vedi quali sono i vantaggi di sposare un imprenditore?" rispose ammiccando.
Mi sedetti sul letto appoggiandomi con la schiena all'altiera del letto e presi un cuscino fra le gambe.
"Dimentichi che io sono una semplice dipendente e questo lusso potrò permettermelo solo per tre giorni" sbuffai.
Lei ridacchiò, poi riprese con tono più serio.
"Bella, stai attenta a quello che fai... ci tengo tanto a te, non farti del male".
Avevo capito a cosa si riferiva.
In questi tre giorni, secondo lei, avrei dovuto approfittarne per chiarire i miei sentimenti e la mia situazione con Harry.
Ma per ironia della sorte, eravamo proprio insieme a suo suocero.
Io, l'amante, lui e suo suocero.
Mi veniva da ridere, ma in realtà volevo solo piangere.
Mi accorsi che Charlotte era ancora lì, in attesa di una mia risposta, così sviai l'argomento e decisi di andarmi a preparare.
La presentazione sarebbe stata fra due ore.
"Adesso ti devo lasciare Charl, ci sentiamo prossimamente, d'accordo?"
"D'accordo Bella, ci sentiamo presto. Solo mi raccomando, divertiti... e stai attenta".
Annuii roteando gli occhi alle sue continue raccomandazioni, quando poi la salutai definitivamente chiudendo la conversazione.

Dal mio beauty-case estrassi tutto ciò che mi serviva per la doccia e per il make up.
Non volevo sfigurare, sarebbero stati tutti così eleganti.
Dopo essermi acconciata e truccata per bene, passai all'abbigliamento.
Mi ero portata un tubino nero, che avevo comprato in questi giorni insieme a Jessica apposta per questa occasione.
Quando lo indossai, era proprio come me lo ricordavo: era aderente, ma valorizzava le mie forme al punto giusto.
Aveva un semplice scollo a cuore che metteva in risalto il mio décolleté e un profondo spacco sulla gamba sinistra che dava un tocco di eleganza al mio abbigliamento, senza farmi risultare volgare.
Indossati i miei soliti bracciali e orecchini, mi guardai allo specchio.
Ero pronta ed ero soddisfatta. Mi piacevo davvero.

Quando presi il cellulare per controllare l'ora erano le 18:35.
In cinque minuti dovevamo essere pronti nella hall dell'hotel, dove avrebbero tenuto la conferenza.
Decisi di scattare in velocità una foto e la mandai a Jessica per mostrarle come ero vestita e ringraziarla per avermi convinta a prendere quel vestito.
Non l'avrei mai indossato se non fosse stato per lei.

In quel momento bussarono alla mia porta e capii che erano i miei colleghi che mi chiamavano per scendere.
Quando andai ad aprire trovai Harry, in uno smoking nero.
La camicia sotto era bianca, ma lasciava intravedere i suoi tatuaggi.
In più l'aveva lasciata volutamente aperta di qualche bottone in più.
Ed era semplicemente perfetto.
Mi accorsi di essermi persa a fissarlo, ma quando lo guardai nuovamente in faccia, capii che anche lui stava facendo lo stesso con il mio corpo. E la cosa mi stava mettendo leggermente a disagio, così diedi un lieve colpo di tosse che lo riportò alla realtà e mi sorrise.
"Diciamo che ti sei calata perfettamente nella parte di imprenditrice".
Riposi ridendo, un po' imbarazzata.
Poi afferrai la mia pochette, infilai la chiave della stanza a varcai la soglia della porta.
"Andiamo?"
Lui annuì, insieme prendemmo l'ascensore e scendemmo al piano terra.

La conferenza era durata all'incirca due ore.
Il padre di Jennifer aveva illustrato perfettamente i nuovi obiettivi della sua azienda, e Harry venne interpellato nel momento in cui dovette presentare le nuove strategie di marketing per promuovere al meglio la loro attività.
Harry non amava il suo lavoro, lo avevo capito, ma il suo impegno lo ripagava sempre, e sono sicura che ad averlo portato fino a qui non è stato solo merito di Jennifer, ma anche suo.

Al termine della presentazione, l'hotel ci aveva preparato un buffet sul quale io e Harry ci gettammo immediatamente.
Io presi qualche stuzzichino e un aperitivo alcolico, che erano davvero squisiti.
"Ti è piaciuta?" chiese Harry avvicinandosi.
Annuii ancora a bocca piena. Poi gli risposi.
"Sei stato molto bravo Harry. Si vede che sai fare il tuo lavoro".
Lui fece una piccola smorfia e non rispose.
Con la coda dell'occhio controllai che il padre di Jennifer fosse lontano, e mi avvicinai di più a lui.
"Devi credere in quello che fai. Hai una bella presenza qui Harry. So che per te è difficile, ma tu vali".
Sorseggiò il vino dal suo bicchiere, mantenendo lo sguardo fisso in fondo alla sala, evitando di rispondermi.
Non avevo toccato un buon argomento, così stetti zitta per un attimo.
Fu lui che riprese a parlare subito dopo aver appoggiato il calice di vetro sul tavolo.
"Ora arriva la parte più noiosa di tutte" aggrottai la fronte, dato che non sapevo a cosa si stesse riferendo.
"La cena".
Effettivamente non aveva tutti i torti.
Una cena di lavoro, nello stesso tavolo con due imprenditori non dava l'idea di essere il massimo del divertimento.
Sopratutto se poi uno dei due era il suocero del tuo amante. Quello sì che sarebbe stato complicato.

Come previsto, la cena era durata parecchio.
I due uomini non avevano fatto altro che parlare in continuazione di lavoro mentre io e Harry di tanto in tanto ci lanciavamo qualche occhiata.
In più, ero entrambi dei gran bevitori.
Continuavano a riempire in continuazione il mio bicchiere di vino. Credevo di non aver mai bevuto così tanto fino ad allora, e mi stupii che non mi stesse girando la testa.
Finalmente, dopo più di due ore, ci alzammo da tavola.
I due uomini uscirono a fumare una sigaretta, mentre io e Harry andammo insieme verso le nostre stanze.

Chiamammo l'ascensore e salimmo insieme fino al sesto piano.
"Sto scoppiando, credo di non avrei mai mangiato così tanto come questa sera" disse il ragazzo.
"A chi lo dici" risposi.
Si stava creando tensione fra di noi.
Eravamo finalmente solo noi due, lontano da occhi indiscreti. E ne ero felice.
Le porte dell'ascensore si aprirono.
Harry mi fece uscire per prima.
Raggiunsi così la mia porta, e stetti lì davanti, in attesa senza aprirla.
Lui mi si avvicinò e mi sorrise.
Non volevo ammetterlo, ma non ero entrata perché aspettavo che mi baciasse, ora che poteva. Speravo che mi baciasse.
Lui sospirò e si allontanò subito dopo.
"Beh, allora ci vediamo domani" sussurrò.
Si avvicinò alla sua porta e estrasse la chiave per aprirla. "Buonanotte Bella" disse sorridendomi, prima di sparire all'interno della sua stanza.
"Buonanotte" risposi io, in modo impercettibile.

Mi appoggiai alla porta e portai leggermente la testa all'indietro.
Sospirai.
Che cosa mi aspettavo?

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Vi avevo promesso che sarei tornata ad aggiornare regolarmente, ed eccomi qua.
Grazie a tutte per la pazienza e lasciatemi qualche recensione per farmi sapere se vi piace la mia storia.
Buona lettura!


La mattina seguente mi svegliai presto per andare a fare colazione.

Eravamo seduti alla stesso tavolo della sera prima.
Avevamo ordinato una bevanda calda. Io stranamente non avevo ordinato il mio solito thè con limone, ma decisi di prendere un caffè.

Mentre i due uomini discutevano dei programmi di quella giornata, io continuavo a rigirare il cucchiaino nella mia tazza mantenendo lo sguardo basso.
Quello che era successo la sera mi aveva lasciato confusa.
Perché non mi aveva baciato?
Ne aveva l'occasione, eravamo soli.
Speravo che si fosse avvicinato per farlo, e invece mi sbagliavo.
Harry si accorse che ero giù di morale, e di tanto in tanto mi lanciava delle occhiate confuse.
Ricambiai il suo sguardo sorridendo per rassicurarlo e scossi la testa.

Quel giorno, per me ed Harry non c'era nulla da fare.
Harry così, mi propose di fare un giro per il centro della città.
Era stato parecchie volte qui, e io accettai, nonostante durante la giornata non avessimo parlato molto. Sia perché non ne avevamo ancora avuto l'occasione, ma anche perché io ero ancora un po' frustrata dal comportamento della sera prima.
Non avrei dovuto, e cercavo di ripetere a me stessa che ero fidanzata.

Visitammo il centro della città e mi portò a fare shopping in una delle vie più rinomate di quella zona.
Non ero una grande amante dello shopping, quindi passeggiavamo solo per le vie e mi limitavo a guardare qualche articolo dalla vetrina.
Per fortuna, era anche una giornata di sole che contrastava con il freddo di inizio dicembre.

"Sai, è strano per me non dover aspettare ore ed ore fuori dai negozi" scherzò notando che ancora non avevo comprato nulla "quando accompagno Jennifer mi sembra di fare una maratona".

"A dire la verità, non sono una grande amante dello shopping" feci spallucce e gli sorrisi continuando a camminare.

"Il tuo ragazzo è proprio fortunato allora" disse lui. 
Mi voltai. Ma lui non ricambiò il mio sguardo e guardava fisso davanti a sè.
Era chiaro che si riferiva solo allo shopping, ovviamente.

Poco dopo lui si fermò davanti alla vetrina del negozio di Prada.
"Posso entrare un secondo?" disse "Ho bisogno di una camicia da lavoro".
Annuii senza problemi. Non c'era fretta.
Andò a passo spedito alla ricerca della camicia. 
Ne cercava una su una tonalità di azzurro chiaro, ma quando ne scelse una che gli piaceva, non c'era la sua misura. 
I prezzi erano da capogiro, non mi sarei mai potuta permettere una cifra simile io. Ma evidentemente lui si.
"Tornerò un'altra volta" disse uscendo dal negozio "a Londra sicuramente avranno la mia misura".

Dopo aver passeggiato per tutto il pomeriggio, guardammo l'ora ed erano quasi le sei.
Siccome sarebbe stata la nostra ultima serata fuori, mi propose di andare a cena con lui.
Inizialmente ero un po' titubante, uscire da soli avrebbe destato qualche sospetto, ma quando Harry ricevette il messaggio che anche Tomson e il padre di Jennifer avrebbero cenato fuori, acconsentii.
Così tornammo in hotel e mi preparai.

Avevamo deciso per una semplice pizza, quindi non avevo bisogno di vestirmi così elegante come la sera prima, ma indossai comunque un paio di pantaloni eleganti e una camicia , per non sfigurare affianco a lui.
Nel frattempo, telefonai a Jared, al quale però mentii.
Gli dissi che sarei andata a cena con i miei colleghi.
Ormai fingere era diventata un'abitudine.
Avevo quasi smesso di sentirmi in colpa, ma sapevo che prima poi avrei dovuto affrontare la realtà.

Quando uscimmo erano quasi le 8, e come la sera prima fu lui a bussare alla porta della mia stanza, e io uscii.

Il ristorante era carino e accogliente.
Era pieno di coppie che passavano una serata insieme, ma anche di famiglie con i loro bambini.
Mi trovavo bene e mi sentivo a mio agio.
Stavo bene con lui, stavo bene davvero.

Durante la cena parlavamo del più e del meno, quando trattammo il discorso delle nostre famiglie.
Scoprii che aveva una sorella, e i suoi genitori abitavano nei pressi di Manchester.
"E i tuoi genitori? Dove abitano?"
Deglutii con fatica quando mi fece quella domanda.
"I miei genitori sono separati" spiegai "Mamma vive ad Edimburgo mentre mio padre a Nizza con la sua nuova moglie".
Quando pronunciai il nome di mio padre mi si aggrovigliò lo stomaco, posai le posate e bevvi un goccio d'acqua nel tentativo di mandare in giù il groppo che mi si era formato in gola.

"Bella, tutto bene? Se non vuoi parlarne per me è ok non pensavo che..." ma lo interruppi.

"Mio padre e mia madre divorziarono quando io ero molto piccola.
Ho pochissimi ricordi di lui, e gli unici che ho sono di quando lui tornò dalla Francia per riprendere le sue cose e ritornare dalla sua nuova famiglia" strinsi appena gli occhi in una fessura per respingere le lacrime che minacciavano di uscire.
Non avrei mai più pianto per lui. Me lo ero promessa.
Mi ripresi e continuai.
"Mia madre lavorava in un negozio di fiori accanto a casa nostra.
Mio padre era il proprietario di una catena di supermercati, e viaggiava spesso per lavoro.
Un anno dovette tornare Francia, dove appunto era nato, e conobbe Cecile. La sua nuova moglie. E lì scoprì un mondo nuovo. 
Lei lavorava nel settore della moda, aveva un negozio di abiti da sposa di sua proprietà. Era più ricca di mia madre, più bella, più brava di lei che conduceva una vita umile.
Così scelse Cecile. Perché quella era la strada più facile. E ci abbandonò.
Ha avuto persino la faccia tosta di invitarmi al suo matrimonio con la sua nuova moglie. Capisci?" sospirai.
"Non ho mai avuto il coraggio di perdonarlo. Lo odio. Ma non perché si è rifatto una vita.
Lo odio perché ha rovinato quella di mia madre, che è caduta in una fase di depressione dalla quale si è ripresa solo da pochi anni. Ho passato mesi a casa di mia zia perché lei doveva fare delle terapie per riprendersi. Odiavo vederla soffrire
Ora lei sta bene, ha un nuovo compagno.
Ma lui l'ha fatta soffrire, e per questo odio..."
"Per questo odi essere chiamata con il tuo vero nome" sussurrò il ragazzo.
Annuii e ripresi a mangiare. Anche se non avevo più molta fame.
"Mi dispiace Bella, se avessi saputo..." 
"Non importa" lo interruppi "appartiene al passato ormai".
Gli sorrisi, e lo rassicurai. 
Apparteneva al passato e il passato deve rimanere tale.

Quando uscimmo dal ristorante ormai si erano fatte le dieci di sera, e si era alzato un vento freddo che mi fece rabbrividire.
Così, rinunciammo alla passeggiata che avevamo progettato di fare e tornammo in albergo.
Il mattino seguente saremmo dovuti partire subito.

In ascensore nessuno dei due parlò.
Forse la conversazione lo aveva spiazzato, non si aspettava che anche io avessi avuto un passato difficile.
Non amavo parlarne. Ma con lui potevo farlo. Anche lui si era confidato con me.

Arrivata davanti alla porta della mia camera, estrassi la chiave dalla mia borsetta e la aprii.
"Bella?" disse il ragazzo che era ancora dietro di me. 
Mi voltai mantenendo la porta.
"Grazie per esserti fidata di me".
Gli sorrisi.
"Io mi sono sempre fidata di te, Harry" sussurrai.
Non feci neanche in tempo ad accorgermene che il ragazzo si fondò sulle mie labbra e prese a baciarmi, con la sua solita dolcezza.
Appoggiò entrambe le mani sul mio viso, e le miei le appoggiai sul suo petto.
Arretrai di qualche passo, entrando nella stanza seguita dal ragazzo, senza mai interrompere quel bacio.
Posò una mano sul mio fianco, mentre con l'altra sfilò le mollette dai miei capelli disfando l'acconciatura. 
La porta si richiuse, mentre noi continuavamo a baciarci. Come se per tutto questo tempo non avessimo avuto bisogno di altro.

Mi fece svicolare sul materasso staccandosi dalle mie labbra per guardarmi negli occhi, come alla ricerca di una mia risposta, di una mia reazione.
L'unica cosa che fui in grado di fare fu quella di prendere la sua mano e intrecciare le nostre dita.
Afferrai poi la sua fede, sfilandola dal suo dito. La appoggiai sul comodino e ripresi a baciarlo.
Era come se, così facendo, potessi sentirmi meno in colpa.
Come se in questo modo, fosse tutto meno sbagliato.
Ma eravamo entrambi presi dalla nostra notte d'amore per pensare a tutto quello che ci circondava.

Perché insieme eravamo un errore, ma l'uno era il rimedio dell'altro.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


La mattina, quando aprii gli occhi, trovai il ragazzo appoggiato al mio petto, che ancora dormiva.
Il suo braccio avvolgeva la mia vita da sopra le lenzuola e i suoi ricci mi pizzicavano la guancia. 
Scostai con le dita alcune ciocche che gli ricadevano sulla fronte.
Il suo respiro era pesante e regolare per via del sonno in cui era immerso, così rimasi lì per un po' ad accarezzare il suo braccio con la punta delle dita, senza dire nulla.
Ero felice che fosse rimasto con me tutta la notte e che non fosse ritornato nella sua stanza.
In quel momento stavo bene, stavo bene davvero.
Non c'era spazio per i sensi di colpa.
Quando afferrai il cellulare dal mio comodino e controllai l'ora, mancavano pochi minuti alle 7.
Saremmo dovuti partire tra qualche ora, così gli stampai un piccolo bacio sulla fronte, spostai attentamente il corpo del ragazzo dal mio senza svegliarlo, e mi diressi verso il bagno per farmi una doccia fresca.

Uscii dal bagno con solo l'asciugamano allacciato all'altezza del seno.
Al mio ritorno nella stanza, Harry si era svegliato.
Era steso su un fianco con il suo cellulare fra le mani.
"Hey buongiorno" sussurrai sciogliendo la coda nella quale avevo raccolto i capelli.
Lui si voltò, e si sedette sul letto sorridendomi.
"Buongiorno" farfugliò con la voce ancora impastata dal sonno.
Mi fece posto affianco a lui sul letto facendomi segno di sedermi, e mi circondò con le sue braccia, stampandomi un bacio sulle labbra.
"Sono stato benissimo ieri sera" sussurrò e mi baciò di nuovo "sono stato bene come non succedeva da tanto tempo".
Sorrisi e accarezzai la sua guancia appoggiando la fronte contro la sua.
"Anche io" sussurrai.
Perché era vero.

Quel momento, però, venne interrotto dalla suoneria del mio cellulare.
Quando mi avvicinai, era Jared in videochiamata.
"Devo rispondere" sussurrai dispiaciuta.
Lui annuì e si alzò dal letto, dirigendosi verso il bagno, in modo da non farsi vedere una volta risposto. Ne approfittò intanto per farsi la doccia anche lui.
Mi sedetti sul letto appoggiandomi all'altiera del letto e risposi. 
"Hey Jared"
"Buongiorno amore" borbottò lui.
Era ancora a letto.
Lo capii perché era a petto nudo avvolto solo dal lenzuolo.
Poi sbadigliò e si sfregò gli occhi con una mano.
"Sono stanchissimo" 
"Lo vedo" dissi ridacchiando.
"Come sono andati questi giorni di lusso?"
"Molto bene. La conferenza è stata molto interessante, mi è piaciuta".
"Sono felice che tu ti stia trovando bene"
Io annuii e abbassai lo sguardo.
Un po' mi sentivo in colpa perché in fondo ero lì solo per Harry. 
Sospirai.
Nel frattempo il ragazzo, uscì dal bagno, ma rimase di fronte a me per non apparire nell'inquadratura, e iniziò a prepararsi.
"Ora devo iniziare a vestirmi, tra poco torniamo" 
"Bella puoi farlo anche adesso, non è la prima volta che ti vedo senza vestiti".
Arrossii di colpo e lanciai un'occhiataccia a Harry, che stava per scoppiare a ridere.
"Jared!" 
"Va bene, va bene scusa timidona".
Se solo sapesse quello che era appena successo, cambierebbe idea immediatamente.
"Ora devo davvero andare" dissi.
"D'accordo, chiama quando arrivi, ok?"
"Ok" poi lo salutai per l'ultima volta e riattaccai.
Appoggiai il telefono sul letto e sospirai.
Harry fece lo stesso guardandomi, mentre dal comodino afferrò la sua fede infilandosela al dito.
"Troveremo una soluzione Bella" sussurrò, baciandomi la testa.
Ma dal suo tono, non ci credeva molto nemmeno lui.

Quando uscimmo dalla stanza, Harry mi aiutò a portare fuori i miei bagagli, e dopo aver controllato di non aver dimenticato nulla, chiusi la porta e tornammo alla hall del nostro albergo.
Quando tutti arrivarono, caricammo le nostre valige ed eravamo pronti per tornare a Londra.

Al nostro arrivo in città, Harry si offrì di riaccompagnarmi a casa lui stesso.
Come al solito, stava piovendo.
Harry accese la radio per rendere più piacevole l'atmosfera in macchina, poiché nessuno dei due aveva nulla da dire.
Io ero stanchissima, sia fisicamente sia psicologicamente.
Non volevo più mentire.
Volevo bene a Jared, ma in questo momento ero davvero presa da Harry.
Mi stava dando le attenzioni che nell'ultimo periodo mi mancavano, ma soprattutto mi incoraggiava, cosa che invece Jared non aveva mai fatto, stando al fatto che era sempre stato contrario alla mia partenza.
Harry si accorse che ero persa nei miei pensieri, così mi appoggiò una mano sulla coscia.
Gli sorrisi per rassicurarlo e appoggiai la mia mano sulla sua.
Non era colpa sua se ero triste, non volevo che lo pensasse.
"Vorrei che le cose fossero più semplici" sussurrai riprendendo a guardare fuori dal finestrino seguendo la scia che lasciavano le gocce di pioggia sul finestrino.
Lui non disse niente, perché dentro di me sapevo che anche lui pensava la stessa cosa.

Quando arrivai a casa, ringraziai Harry con un veloce bacio sulle labbra prima di scendere, poi scaricai la mia valigia e entrai in casa.
Jessica era sul divano con il suo computer fra le gambe, e nel sentire la porta aprirsi si voltò per salutarmi.
"Hey, la mia giornalista preferita è tornata!".
Scoppia a ridere e mi avvicinai a lei per lasciarle un bacio sulla guancia.
Poi mi sedetti sul divano, mi tolsi le scarpe e incrociai le gambe.
Non dissi nulla per un po' e lei se ne accorse.
"Che cosa è successo?" Mi chiese subito.
Capii che forse quello era il momento giusto per parlarne con lei, che ancora non sapeva nulla.
Feci un respiro profondo e mi misi composta sul divano di fronte a lei.
"Devo dirti una cosa" aggiunsi poi.
Dalla mia espressione capì che era una cosa seria, così richiuse il computer e si preparò per ascoltare cosa avevo da dire.

Se volevo smettere di mentire riguardo a questa storia, quel momento poteva essere un primo passo.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


*Harry's pov*

Appena tornai a casa, Jennifer mi venne subito incontro tartassandomi di domande.
Tutte finalizzate a sapere come era andata la conferenza, ovviamente.
Non che mi importasse più di tanto avere le sue attenzioni, ma almeno avrebbe potuto evitare di rendere il tutto ancora più insensato e finto.
Non mi chiedeva nemmeno se stavo bene, tanto per capire.
Ma anche se me lo avesse chiesto le avrei detto di sì. Stavo molto bene, ma non per merito suo.
Evitai così le sue insulse domande buttandomi sotto la doccia calda.
Avevo bisogno di stare da solo.
Bella era stata bene, ed ero contento che non si fosse pentita della nostra scelta.
Ma era pesante per lei come per me il fatto di doversi nascondere e mentire costantemente alle persone che avevamo intorno.
La capivo.
Ma io ero abituato, lei no. E non volevo che mollasse tutto proprio adesso.

Uscito dalla doccia, mi vestii e ritornai in cucina per ora di cena.
Agata, la nostra domestica, al mio arrivo servì il polpettone ad entrambi e poi ci lasciò da soli.
Io non dissi una parola. Fu Jennifer a rompere il silenzio.
"Domani sera parto e starò via tutto il fine settimana. Vado con le mia amiche alla SPA" disse "torniamo lunedì, se per te va bene".
Io la guardai e fece un cenno di approvazione con la testa.
Sorrisi immediatamente, perché non avere Jennifer in casa per quattro giorni significava avere più tempo da passare con Bella.

*Bella's pov*

Quando raccontai tutta la storia a Jessica, per la prima volta scoppiai in lacrime.
Ero crollata per lo stress, per le responsabilità che mi stavano ricadendo addosso. Perché Jared aveva mille difetti, ma mi amava davvero.
Io provavo qualcosa per Harry, e non potevo più nasconderlo.
"Bella, non sono nessuno per poterti giudicare, ma ammetto che non me lo sarei mai aspettato da te" sussurrò.
Io abbassai lo sguardo, perché aveva ragione e lo sapevo.
"Jess è successo, non so davvero cosa fare" sussurrai soffiandomi il naso.
"Tu provi qualcosa per lui?"
Sospirai, perché stavo per ammettere quello che in tutte queste settimane non avevo mai avuto il coraggio di dire.
"Voglio bene a Jared, ma credo di essere innamorata di Harry".
Jessica sospirò e si appoggiò con la schiena al divano.
"Solo tu sai quello che devi fare. Non puoi mentire fino a quando non torni a casa, Bella".
"Lo so" sussurrai.
Ma non ero così coraggiosa da dire la verità proprio a tutti.

Il giorno seguente, quando tornai al lavoro ero abbastanza tranquilla.
La chiacchierata della sera mi aveva fatto bene e per la prima volta ero riuscita a sfogarmi del tutto.
Ancora non ero pronta a dire tutta la verità, ma sicuramente sapevo che mi piaceva stare con Harry e che non avrei rinunciato alla sua compagnia molto facilmente.
Quando passai per il corridoio speravo di incontrare Harry e di incrociare il sguardo, scambiarci i nostri soliti sorrisi lontani dagli occhi di tutti, ma lui non era lì.
Così andai nel mio ufficio, dove trovai Madison già immersa nel suo lavoro.
Dopo non molto, anche io feci lo stesso.

A metà mattina mi arrivò un messaggio da parte di Harry.
"Fai una pausa con me?" 
Ovviamente se fosse venuto a chiamarmi di persona nel mio ufficio, quasi sicuramente avremmo destato sospetti, così risposi accettando volentieri la sua offerta.
Quando lo raggiunsi, decidemmo di andare a prendere qualcosa da bere nel bar qui di fronte, come nostro solito.

Il nostro posto era sempre libero, ma questa volta non ordinai il thè, ma anche io una tazza di caffè caldo.
Ero stanca di quell'abitudine che avevo adottato vivendo con Jared, volevo cambiare un po'.
E forse non mi riferivo solo alla bevanda che tenevo in mano.
Con Harry era tutto normale.
Quello che era successo non aveva creato tensione nel nostro rapporto.
Era tutto come sempre. Sbagliato come sempre.
"Harry" aggiunsi poi interrompendo il suo discorso.
Appoggiai la mia tazza e lo guardai negli occhi.
Tutte le volte che li inchiodava nei miei perdevo un battito.
"Cosa siamo noi?" 
Lui non disse nulla e guardò fisso sul tavolo.
"Non lo so, Bella. Siamo un casino" sussurrò lui.
Aveva ragione, ma quella sua affermazione mi fece sorridere.
"Sto parlando seriamente Harry. Vuoi continuare a fingere per sempre?"
Lui si appoggiò con la schiena alla sedia.
"Smetteremo di farlo quando sarà il momento, ora non siamo pronti"
"E quando lo saremo?" sussurrai portandomi le mani sul viso "Non so se ce la faccio".
Lui si avvicinò a me con la sedia, mi fece scostare le mani del viso e le strinse fra le sue.
"Bella lo so che è difficile, anche per me lo è, credimi... ma anche tu lo sai che non è semplice mollare tutto quello che abbiamo intorno a noi" 
Sapevo che aveva ragione.
Smettere di mentire significava dire tutta la verità a Jared, e con lui alla mia famiglia e alla sua, ed era un passo difficile da affrontare.
E forse aveva ragione. Era troppo presto.
"Non mollare adesso, ti prego. Solo... diamoci tempo" aggiunse dato che non avevo ancora risposto.
Sospirai e gli sorrisi, accettando quella situazione.
"Quindi siamo... amanti?"
Lui alzò le spalle.
"Se proprio vogliamo definirci così..."

Quando uscii dalla doccia, asciugai in velocità i capelli e li raccolsi in una coda disordinata.
Poi mi gettai sul divano cercando qualcosa di interessante da guardare, mentre addentavo la pizza.
Ero da sola in casa, Jessica era rimasta in biblioteca.
Almeno così mi aveva detto.
Il telefono iniziò a squillare. Era Harry.
Così risposi.
"Buonasera, ragazza super impegnata" scherzò lui.
"Buonasera, signor Styles"
Era da tanto che non lo chiamavo così. Avevo perso l'abitudine, ormai anche in ufficio ci davamo entrambi del tu.
"Mi stavo chiedendo, domani è sabato"
"Si..." risposi con tono confuso
"Che cos'hai in programma per domani sera?"
"Fammi controllare nella mia agenda" dissi scherzando "direi nulla di nulla, come mai questa domanda?"
"Si dà il caso che anche io non abbia nulla da fare e che la mia compagna sia partita per tutto il fine settimana. Ceniamo insieme?" Chiese.
"E dove mi porteresti?"
"A casa mia" aggiunse alla fine.
"Davvero?" Sussurrai incredula.
"Allora, ci sei?"
Io accettai subito. 
"Allora ci vediamo domani sera. Ah, e non dimenticarti di vestirti elegante" disse scherzando.
"Sarò all'altezza della tua dimora" risposi io con tono altezzoso.
Poi lo salutai e riattaccammo.
In quel momento non avrei potuto chiedere di meglio.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Sabato.

Il sabato mi metteva sempre di buon umore perché arrivava il tanto atteso fine settimana, ma questa volta non si trattava solo di relax.
Quella sera avrei cenato con Harry e ancora una volta saremmo rimasti soli.

Avevo passato l'intero pomeriggio a cercare un vestito da mettermi. Un bel vestito.
Avevo portato solo abiti da lavoro, e gli unici eleganti che avevo con me li avevo già messi insieme a lui.
Per fortuna nella mia stanza entrò Jessica ad aiutarmi, e alla fine mi convinse a farmi provare alcuni dei suoi vestiti.
L'idea non mi allettava molto, nell'armadio lei aveva abiti succinti e striminziti, decisamente poco adatti a me, che nonostante fossi magra, odiavo indossare abiti trasparenti o minigonne inguinali.
Ma dal fondo del suo armadio notai un vestito su una tonalità di rosso accesso.
Arrivava sopra al ginocchio, aveva le maniche lunghe ma lasciava scoperte le spalle. In più, aveva dei fiocchetti sul retro del vestito.
"Oddio Jess, e questo?"
"In effetti non l'ho mai messo" disse lei "ma a te starebbe perfettamente".
Ed aveva ragione.
Aderiva perfettamente al mio corpo, non era volgare nè troppo corto. Era perfetto.
Avvolsi le braccia intorno al suo collo per ringraziarla ancora una volta di avermi salvato. Ero un disastro, non avevo gusti eccezionali nel vestire.

Quando mi arrivò il messaggio di Harry, ero già pronta da una decina di minuti.
Se c'era una cosa che avevo imparato a stare con lui era la puntualità. Dal nostro primo incontro, non avevo più ritardato.
Salutai Jennifer con un ennesimo abbraccio prima di afferrare la mia borsetta.
"Bella, sai quello che fai vero?"
Purtroppo lo sapevo fin troppo bene.
"Si Jess, non ti preoccupare per me" sussurrai.
Poi le lasciai un ultimo bacio e uscii di casa 
Era il 10 di dicembre e il freddo pungente della città mi colpì immediatamente la schiena nuda. In velocità entrai nella sua macchina.
Il ragazzo aveva posato gli occhi sul mio abito, il chè mi metteva un po' a disagio, ma la sua espressione mi faceva sperare in una reazione positiva.
"Sei stupenda, Bella" sussurrò lui guardandomi negli occhi.
"Lo sai che non mi piace sfigurare" scherzai "e poi anche tu sei molto elegante" aggiunsi riferendomi al suo abbigliamento.
Aveva una camicia bianca semitrasparente, che aveva aperto lasciando intravedere il suo petto.
Afferrai delicatamente il suo colletto fra le dita, e mi sporsi per baciarlo.
Ormai non mi vergognavo più a farlo così spesso.

Quando arrivammo di fronte a casa sua, accosto la macchina di fronte a un grande cancello, che si aprì in automatico.
Fece manovra per parcheggiarla perfettamente all'interno del grande giardino, poi mi venne ad aprire lo sportello, facendomi il baciamano una volta scesa.
Scoppiai a ridere scuotendo la testa e lui fece lo stesso.
Mentre aspettavo che lui aprisse la porta, non potei fare a meno di notare i nomi incisi sul campanello.

Styles/Jonson

Poi, finalmente aprì la porta, facendomi entrare in casa.
L'ingresso dava su un enorme salotto, all'interno del quale vi era un grazioso caminetto posizionato di fronte a due divani di pelle bianchi.
Sopra al caminetto, vi era una grande TV di ultima generazione.
Era davvero bellissima.
"Wow" sussurrai vedendola.
Mi aspettavo di vedere del lusso, sapevo che aveva una bella casa, ma era davvero enorme.
Mi sentivo così piccola e fuori luogo io lì.
"Questa è tutta opera di Jennifer, io ho scelto solo la TV" scherzò.
"Vieni con me".
Afferrò la mia mano e mi condusse nella sala da pranzo, dove tutto era apparecchiato alla perfezione.
Il tavolo era rotondo, ma apparecchiato per due. E affianco ad uno dei due piatti c'era una rosa rossa.
Così mi avvicinai e la presi in mano, rigirandomela fra le dita.
Lui diede un piccolo colpo di tosse, e mi raggiunse al tavolo.
"È per te... ti piace?" Chiese arrossendo appena.
Lo vedevo chiaramente.
"Styles, ti stai imbarazzando! Non l'avrei mai detto" scherzai pizzicandogli appena la guancia.
Poi, sistemai la rosa al suo posto.
"Comunque mi piace moltissimo. Grazie" sussurrai accarezzandogli una guancia.
In quel momento, mi afferrò per i fianchi e fece per avvicinarsi alle mie labbra quando il suono di una sveglia risuonava da una delle stanze vicine.
"Il risotto!" disse poi il ragazzo, scattando in cucina.
Così decisi di seguirlo, ritrovandomi nella grande cucina insieme al ragazzo che era intento a mescolare il risotto.
"Risotto alle fragole" disse spegnendo il fornello.
Probabilmente era già pronto.
Poi lo vidi dirigersi verso il suo frigo, aprendo la piccola cella frigorifera al suo interno e ne estrasse una bottiglia.
Prese due calici di vetro dalla credenza e, dopo aver stappato la bottiglia, ne versò il liquido all'interno.
Quando si avvicinò di nuovo a me per offrirmi il bicchiere, non appena lo portai alle labbra riconobbi il delicato sapore.
"Champagne" sussurrai.
"Ormai sei diventata esperta" sussurrò finendo in un paio di sorsi il liquido nel suo bicchiere.
Si avvicinò poi a me, spingendo appena il mio corpo contro il bancone della cucina.
In mano avevo ancora il mio calice, così feci la stessa cosa del ragazzo, bevendone tutto il contenuto in un paio di sorsi.
Strizzai appena gli occhi, e quando li riprai trovai quelli del ragazzo puntati nei miei.
Si avvicinò con le labbra al mio collo, incominciando a sbaciucchiare la parte sensibile sotto al mio orecchio.
"Resta con me stanotte Bella" mi disse con tono quasi supplicante.
Istinitivamente portai una mano fra i suoi morbidi ricci, stringendoli appena.
Quando poi incrociai di nuovo il suo sguardo, gli sorrisi.
"Certo che rimango con te".
Lui riprese di nuovo a baciarmi le labbra, prima dolcemente, poi si lasciò trasportare dalla foga e dalla passione di quel momento.
Mi prese in braccio, facendomi allacciare le gambe alla sua vita, dirigendomi fino alla sua stanza, dove, quasi per caso, trovò la zip del mio abito e la slacciò. L'abito cadde ai miei piedi.
"Ti fidi di me?" Mi chiese.
"Mi fido" sussurrai.
"Allora chiudi gli occhi".
Feci come mi aveva chiesto, e mi prese le mani, conducendomi in un'altra stanza.
Quando mi disse di riaprirli eravamo nel grande bagno della sua camera, e lui iniziò ad armeggiare le manopole della vasca idromassaggio, aggiungendo il sapone per fare maggiore schiuma.
Subito dopo, iniziò a slacciarsi la cravatta senza mai staccare gli occhi dai miei.

Fu così, che insieme ci immergemmo in quella vasca, circondati solo dal nostro sentimento.
Eravamo in una vasca tutta nostra, senza pensieri, senza distrazioni.
Solo io e lui, e il sentimento che ci legava. Qualunque cosa fosse.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Quella mattina mi svegliai in una stanza che non era la mia, tra le coperte di un letto che non era mio, insieme ad un uomo che, purtroppo, non era mio, ma che per quella notte mi apparteneva completamente.
Non avevo idea di che ore fossero.
La lunga tenda era tirata completamente, ma fuori sembrava essere nuvoloso. 
Allungai un braccio, ma al mio fianco il ragazzo non c'era più.
Mi sedetti così sul letto, coprendomi il seno con le lenzuola bianche. In quel momento, la testa mi pulsava e sembrava volermi scoppiare.
Mi infilai la camicia del ragazzo e uscii dalla stanza per cercarlo.
Sentii il getto dell'acqua provenire dalla cucina, così lo raggiunsi.
E infatti era lì, con indosso una t-shirt bianca che ripuliva quello che la sera prima non avevamo mangiato e stava preparando una porzione di pancakes.
Quando mi sentì arrivare, si voltò verso di me e mi sorrise.
Il suo sguardo e il suo sorriso mi avevano già migliorato la giornata.
"Ehi! Buongiorno" sussurrò rigirando il pancake sulla piastra.
Mi avvicinai a lui e gli stampai un bacio sulla guancia.
Mi stropicciai gli occhi e sbadigliai di nuovo. Ero stanchissima.
"Che ore sono?" farfugliai.
"Le 11 passate" ridacchiò "hai dormito un sacco".
Poi posò l'ultimo pancake nel piatto e lo servì in tavola. Così iniziammo a mangiare.
In quei momenti invidiavo Jennifer. 
Lei poteva avere tutto questo ogni giorno, svegliarsi insieme a lui e incontrare quel magnifico sorriso tutte le volte che apriva gli occhi.
Tutto questo le spettava, le era dovuto.
Ero io quella che, in realtà, non poteva permetterselo.

Solo dopo aver finito di mangiare e dopo aver bevuto il mio ultimo sorso di caffè dalla tazza, mi accorsi che ancora avevo addosso la camicia del ragazzo.
In realtà non avevo nulla con me, solo l'abito che avevo indossato ieri sera.
"Non ho altro da mettermi" sussurrai con un velo di imbarazzo nella mia voce.
Harry mi guardò e poi ci pensò un attimo.
"Puoi metterti qualcosa di Jennifer, non se ne accorgerebbe nemmeno".
Sospirai, e non dissi nulla. 
Non ne ero troppo convinta,ma il ragazzo si alzò e mi chiese di seguirlo.
Mi portò nella sua stanza aprendo la porta della cabina armadio di Jennifer, che mi fece rimanere a bocca aperta.
Era piena di vestiti, scarpe e borse.
Era tutto ordinato alla perfezione. Così tanti abiti pensavo esistessero solo nei film.
"Puoi mettere quello che vuoi, poi ci penserò io".
Lo guardai un po' contrariata, poi mi feci convincere. Avevo altra scelta?
Non li stavo rubando, li avrei restituiti immediatamente.
Entrai così nella cabina armadio, cercando un semplice paio di pantaloni e una felpa abbastanza pesante da potermi mettere.
Fu difficile trovarne alcuni, la maggior parte erano solo abiti eleganti, ma alla fine trovai un paio di pantaloni neri aderenti e una maglia a maniche lunghe color beige.
In fondo alla cabina poi, trovai un abito avvolto nel cellofan.
Per curiosità mi avvicinai, e vidi quello che forse non avrei mai voluto vedere.

Il suo abito da sposa.

Mi avvicinai piano, e sollevai appena il cellofan per guardarlo meglio.
Era un abito ampio e pieno di lustrini.
Aveva diversi strati di tulle, bianco panna con un profondo scollo a cuore e aperto nella schiena.
Era stupendo.
Mi fermai a fissarlo e toccai appena il tessuto della gonna, quando Harry mi si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla.
"Credo che questo abito costi più della mia casa" sussurrai.
Il ragazzo scoppiò a ridere. 
Sospirai e mi voltai di nuovo verso di lui.
Lui mi strinse forte, baciandomi la fronte.
Non so quanto avrei resistito ancora, ma lo avrei fatto solo per lui.

Dopo aver passato tutto il pomeriggio a casa di Harry, alla sera mi riaccompagnò a casa.
Jessica mi aveva scritto che non sarebbe tornata quella sera, così decisi di farlo entrare.
Non mi sentivo molto bene, in realtà.
Da quella mattina il mal di testa non mi era mai passato, forse era solo un grande accumulo di stress.

Harry era seduto sul divano di fronte alla TV, mentre io rovistavo nel frigo per vedere cosa era rimasto da poter cucinare.
Di certo non avevo lo champagne come lui, e nemmeno la mia casa era all'altezza della sua.
Ancora mi chiedevo come lui potesse preferire una come me, con tutto ciò che quella ragazza aveva da offrirgli.

Dopo qualche minuto di ricerca, alla fine optai per dei semplici spaghetti al pomodoro.
Di certo era scadente rispetto al suo risotto della sera prima, ma era meglio di nulla.

Quando la pasta fu pronta, tornai in salotto per chiamare il ragazzo, e lo trovai addormentato sul divano.
Era appoggiato allo schienale con le labbra appena dischiuse.
Mi sedetti così affianco a lui, e gli accarezzai i capelli, proseguendo poi fino alla guancia.
Era davvero paradisiaco.
Quel mio leggero contatto lo fece sobbalzare.
Probabilmente non si era nemmeno accorto di essersi addormentato, quindi mi sorride lievemente in imbarazzo.
"Volevo solo dirti che ho già preparato la cena" sussurrai.
Lui annuì stirandosi appena sul divano, poi si alzò dal divano e insieme andammo in cucina.

"Credevo che fossi una cuoca peggiore, devo essere sincero" disse il ragazzo finendo l'ultima forchettata di spaghetti.
Gli tirai un leggero calcio da sotto il tavolo.
"Hey, almeno stasera abbiamo cenato per davvero!" Scherzai alludendo al risotto di ieri sera, che per quanto fosse invitante, l'abbiamo ignorato completamente dedicandoci ad altro.
Il ragazzo ridacchiò, poi insieme sparecchiammo e mi aiutò a sistemare la cucina.

Feci la doccia prima di andare a dormire.
Harry era già crollato sul mio materasso, mente io mi infilai il pigiama preparandomi per andare a dormire.
Mi tolsi i gioielli, quando mi accorsi che ne mancava uno.
Avevo perso il bracciale con la mia iniziale che mia madre mi aveva regalato per il mio diciottesimo compleanno.
Mi misi a cercarlo per tutta la camera.
Non era nel beauty-case, nè nella valigia del viaggio a Manchester.
Lo avevo sicuramente perso da qualche parte, non l'avevo mai tolto.
Sospirai per calmarmi. Ci tenevo a quel bracciale.
Mi rassegnai. Lo avevo sicuramente perso.
Quando riuscii a calmarmi mi infilai sotto le coperte insieme al ragazzo, al quale lasciai un veloce bacio prima di addormentarmi anche io abbracciata al ragazzo.

Mi svegliai con il ragazzo che mi stava lasciando una scia di baci a partire dal mio collo fino alle labbra.
I suoi capelli mi solleticavano il viso, così ridacchiai spostandomi appena.
"Harry, mi stai facendo il solletico!"
Lui immediatamente si fermò.
"Ben svegliata, finalmente".
Afferrai il mio cellulare e controllai l'ora. Erano le 5:30 del mattino.
"Harry, ma sei impazzito? Sono le cinque del mattino!" farfugliai girandomi a pancia in giù infilando il viso nel cuscino.
Il ragazzo rise in tutta risposta e prese a farmi il solletico. Cosa che io odiavo.
Così incominciai a dimenarmi fra le lenzuola. Ma quando incrociai nuovamente i suoi occhi, lui si fermò a guardarmi. Allacciai le braccia al suo collo e mi avvicinai alle sue labbra.
Non sapevamo perché, ma ogni volta che ci sfioravamo ci veniva impossibile separarci.
E di nuovo, come era successo in quei giorni appena passati insieme, ci lasciammo travolgere dal nostro sentimento.

Purtroppo però, era lunedì.
Quel giorno sarebbe tornata Jennifer, ed io ed Harry saremmo dovuti andare al lavoro.
Così, quando Harry uscì dalla mia stanza si avviò in bagno a fare la doccia.
Io iniziai a sistemare la stanza per aspettare il mio turno in bagno, quando suonarono al campanello.
A quell'ora poteva solo essere Jessica. Sicuramente si era scordata le chiavi.
Mi infilai in velocità la maglietta di Harry e corsi ad aprire la porta.
"Jess, prima o poi imparerai a mettere le chiavi in..." mi interruppi quando mi accorsi che in realtà dietro a quella porta non c'era Jessica. No di certo.

Le parole mi morirono in gola, e dopo aver deglutito un paio di volte finalmente riuscii a parlare.

"Jared..."

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


"Jared..."

Non era possibile, non poteva essere davvero qui.
Sbattei più volte le palpebre per assicurarmi che fosse reale.
Era il peggior incubo che si potesse realizzare.

"Amore mio!" disse lui.
Era entusiasta di vedermi. 
Mi sarebbe piaciuto poter dire lo stesso.
Varcò la soglia della porta e mi corse incontro, avvolgendomi fra le sue braccia.
Mi strinse forte al suo petto, poi posò dolcemente le labbra sulle mie.
Non ero più abituata ad avere il suo sapore dolce sulle labbra. Ora avevo sempre l'amaro della caffè della bocca di Harry.
Era così strano essere fra le sue braccia.

Ero ancora incredula.
Il mio cuore batteva all'impazzata sperando che Harry non uscisse mai da quel bagno. 
In quel momento ero sbiancata completamente.
"Ti ho voluto fare una sorpresa. In realtà sarei dovuto partire ieri sera, ma ho perso il volo" poi, con la mano che aveva tenuto per tutto il tempo dietro la schiena, mi porse una rosa "Questa è per te".
"Grazie, ma non dovevi" balbettai, ancora incredula di quello che stava succedendo.
Appoggiai il fiore sul tavolino affianco all'ingresso, poi il ragazzo mi abbracciò di nuovo, posando il viso nell'incavo del mio collo. 
"Mi sei mancata così tanto" sussurrò, lasciandomi intanto una scia di baci in quel punto sensibile.
Il suo contatto era strano per me, adesso.
Ero abituata alle braccia di Harry, al tocco di Harry, tanto che l'istinto mi portò a posargli le mani sul petto per allontanarlo da me.

"Bella, credo di aver lasciato..."
In quel momento Harry uscì dal bagno, avvolto semplicemente dal grande asciugamano bianco allacciato intorno alla vita che gli avevo prestato per potersi asciugare.
I capelli erano ancora bagnati, e le gocce gli scivolano lungo i suoi pettorali.
Fu allora che Jared si staccò da me, notando la figura maschile subito dietro di noi.
Quando i due si guardarono, Harry si era pietrificato. Aveva capito tutto e cercava il mio sguardo per capire che cosa avremmo dovuto fare.
Ma non lo sapevo nemmeno io.
"E tu saresti?" disse Jared in tono freddo e provocatorio.
A quel punto, non sapevo se mentire come avevo fatto in quei giorni.
Era la cosa che mi riusciva meglio. 
Gli avrei potuto dire che era il ragazzo di Jessica, un cugino, un amico.
Ma quando posò lo sguardo su di me, coperta solo dalla maglietta del ragazzo e dal mio intimo, non ci fu bisogno di altra spiegazione.
Eravamo stati colti in fragrante, nel modo peggiore che ci potesse essere.
Jared arretrò di un passo da me, squadrandomi dalla testa ai piedi con gli occhiali serrati in una fessura.
Stavo per scoppiare a piangere.
Alternò poi lo sguardo da me al ragazzo, e dopo qualche secondo si avvicinò ad Harry con passo svelto, strattonandolo per le spalle. Gli diede uno spintone che gli fece perdere l'equilibrio, ma Harry rispose facendo lo stesso.
Jared fu il primo a perdere il controllo, e subito gli sferrò un pugno in pieno volto.
Lui subito si portò una mano sullo zigomo dove era stato colpito, poi fece lo stesso colpendolo all'altezza dell'addome.
Jared si aggomitolò su stesso, appoggiandosi al mobiletto dal quale fece cadere un vaso di vetro, che si ruppe in mille pezzi, ma non appena si riprese si avventò nuovamente sull'altro ragazzo.
A quel punto, mi feci coraggio e cercai di intervenire, separandoli.
Ma ovviamente loro erano più forti, e nel tentativo di allontanare Jared da Harry, che lo stava schiacciando contro il muro, mi strattonò facendomi cadere sul pavimento.
"Guarda che cazzo hai fatto, coglione!" rispose Harry dandogli un ultima pacca per spostarlo, e mi venne subito in contro.
"Stai bene?" mi chiese, io annuii. Avevo solo sbattuto la schiena, ma stavo bene.

Proprio in quel momento, entrò Jessica.
La porta era rimasta aperta, e quando notò la confusione si precipitò dentro casa.
Non appena vide me e i due ragazzi insieme, capì tutto.
"'Ma che cosa sta succedendo qui? Si sentono le vostra urla da qui fuori!" disse la ragazza, che quando mi vide sul pavimento si precipitò verso di me. 
La rassicurai, dicendo ancora una volta che stavo bene.
Poi le si avvicinò a Jared, che continuava a guardarmi furioso, e lo accompagnò a sedersi in cucina, cercando di farlo calmare.
"Forse è meglio se vai, Harry" sussurrai dispiaciuta, guardandolo negli occhi.
Notai che il suo zigomo era ancora arrossato, lo accarezzai appena con la punta delle dita.
Fece una piccola smorfia di dolore, poi lo accompagnai nella mia stanza, dove gli restituii la sua maglietta, e mi rivestii.
Quando il ragazzo uscì, sentii la porta di ingresso sbattere. Mi sedetti sul materasso e sospirai.
Mi sarei dovuta preparare psicologicamente a dire tutta la verità a Jared.

*Harry's pov*

"Sei proprio un coglione, Styles" disse il ragazzo facendosi scappare una leggera risata, mentre con una garza e un po' di disinfettante, mi stava medicando il graffio che avevo sul viso per evitare che si infettasse.
Ero corso subito in ufficio.
Con quell'umore, non avrei di certo potuto tornare a casa con il rischio che Jennifer fosse già tornata.
Andai al lavoro sapendo che li avrei trovato l'unica persona con la quale mi sarei potuto sfogare e al quale raccontai tutto.
Evans.

Non risposi a quella sua affermazione, perché sapevo che aveva ragione da vendere. Ero un coglione.

"Cosa pensi di fare ora?" chiese sistemando i falconi e le garze.
Io mi alzai dalla sedia e sospirai.
"Non ne ho idea" dissi, esasperato.
Uscii dalla porta del suo ufficio, per entrare nel mio, dove rimasi fino alla fine del mio turno.

Quando tornai a casa era pomeriggio inoltrato.
Bella non era venuta al lavoro, come immaginavo.
Mi avviai verso casa che fuori era già buio, quando arrivai le luci del salotto erano tutte accese.
Jennifer era già tornata.
Mi accolse subito con un bacio a stampo, che nemmeno ricambiai. Solo poi si accorse del mio graffio.
"Oddio tesoro, cosa hai combinato alla faccia?" sussurrò scrutandomi il viso.
"Mi sono fatto male andando in palestra" mentii.
"Harry lo sai che non mi piace quel posto, dovresti smetterla di andare.
Ne faremo installare una qui a casa, che ne dici?"
"Si, fantastico" dissi freddo, staccandomi poi da lei.
Andai dritto in camera mia, dove mi svestii e mi buttai sul letto.
Avevo la testa che mi scoppiava, avevo bisogno di riposare.

Quando anche Jennifer incominciò a prepararsi per venire a dormire, continuava a parlare di quanto, in questi giorni, si fosse rilassata e continuando a ripetere che ci sarebbe voluta tornare con me.
Era ferma davanti al suo comò mentre si toglieva i suoi orecchini, quando iniziò a sbraitare.
"Oh santo cielo, quante volte ho detto ad Agata di non toccare i miei gioielli. Questo bracciale non è mio!" disse ad alta voce.
"Jennifer smettila, non ti ricordi nemmeno quello che compri. Sicuramente l'avrai lasciato in giro e lei l'ha rimesso al suo posto. Ora piantala e vieni a dormire".
Dopo aver scrutato quell'insulso bracciale per più di qualche minuto, si decise a venire a letto.
Rimase dalla sua parte, con aria stizzita.
Spense la luce e non disse più una parola.
Finalmente aveva chiuso il becco.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


*Bella's pov*

Quando uscii dalla mia stanza, presi un respiro profondo.
Mi asciugai le lacrime, che non ero riuscita a trattenere, con il bordo della mia felpa.
Infilai le mani nelle tasche e tornai in cucina, dove trovai Jared ancora furioso.
Jessica era rimasta a parlare con lui per cercare di calmarlo, intanto le aveva offerto un bicchier d'acqua, che stava bevendo mantenendo gli occhi fissi sulla parete, senza mai staccarli da lì nemmeno quando entrai nella cucina.
Mi sedetti di fronte a lui sulla sedia. Jessica ci lasciò soli.

Mi lanciò un breve sguardo furioso, che mi sforzai con tutte le mie forze di sostenere. 
Non ce la facevo.
Aveva la fronte corrugata, la vena sul collo si era leggermente gonfiata ed era in rilievo sulla sua pelle.
Abbassai la sguardo sulle mie mani incrociate sul tavolo, e lasciai scivolare nuovamente le lacrime dai miei occhi.
Lui stava in silenzio, guardandomi inorridito quando fece sbattere il suo bicchiere vuoto sul tavolo.
"Jared ti prego, parlami" sussurrai singhiozzando.
"E che cosa ti dovrei dire?" sputò freddo.
Io rimasi in silenzio. Non sapevo nemmeno io cosa avevo da dirgli.
"Da quanto va avanti questa cosa?" mi chiese alla fine.
Io tirai su con il naso, poi lo guardai di nuovo. 
"Due mesi".
Due mesi che gli mentivo spudoratamente.
Lui di nuovo mi guardò, e si alzò dalla sedia iniziando a fare avanti e indietro per la stanza scuotendo la testa.
Ormai le lacrime erano incontrollabili, se ne uscivano da sole.
"Due mesi" ripeté lui.
Si avvicinò a me, appoggiandosi con entrambe le mani allo schienale della mia sedia, inchiodando i suoi occhi nei miei.
"Due mesi che fai la puttana di quello, e questa è la vita che vuoi fare? Ti faccio i miei complimenti. Mi fai schifo, sei proprio uguale a tuo padre
Si allontanò bruscamente da me, continuando a girare per la stanza.
Mi coprii la bocca con la mano per non far uscire un singhiozzo. Non potevo credere a quello che mi aveva appena detto.
Mi aveva profondamente ferita.

Prese dalla sua sedia il suo cappotto e poi si diresse verso la porta.
"Non ho altro tempo da perdere qui" poi uscì sbattendola violentemente.
In quel momento scoppiai a piangere, e Jessica, che aveva sentito tutto, mi corse ad abbracciare accarezzandomi i capelli.
Sapeva che mio padre era la mia debolezza più grande, ed essere paragonata a lui era come sentire tutto il peso delle mie azioni sulle mie spalle.

Mi chiusi in camera, dove piansi fino ad addormentarmi e non uscii fino al giorno dopo.

Quando mi alzai la mattina seguente avevo un aspetto orribile.
Avevo gli occhi ancora gonfi dalla sera prima. In più non avevo chiuso occhio quella notte e avevo due occhiaie terribili.
Ero spaventosa, ma dovevo per forza andare al lavoro.
Così cercai di rendermi il più presentabile possibile sistemandomi con un po' di trucco, e dopo aver cercato di mangiare qualcosa, uscii di casa per andare in ufficio.
Speravo vivamente di non incontrare Harry per i corridoi. Non sarei stata capace di reggere il suo sguardo.

Per fortuna non fu così, nel corridoio non c'era nessuno così proseguii dritta nel mio ufficio.
Nemmeno Madison c'era quel giorno.
Tutto sommato ne ero felice, avrei evitato di rispondere sicuramente alle domande sul mio aspetto terribile.
Quando mi sedetti alla mia scrivania, trovai un biglietto da parte di Harry, nel quale era scritto di incontrarci alle 10 nel suo ufficio.
Strano, dato che di solito mi mandava sempre un messaggio.
Non ci pensai troppo, dato che non ne avevo le forze, così iniziai a lavorare.

Alle 10, con il cuore in gola e le gambe tremanti, mi avviai nel suo ufficio.
Ormai ero sicura che avrebbe voluto parlare di ciò che era successo il giorno prima.
Così bussai, e non appena sentii la sua voce darmi il permesso di entrare, aprii la porta.
Lui sembrava quasi sorpreso di vedermi, tanto che si alzò dalla sedia venendomi incontro.
"Bella! Non pensavo saresti venuta oggi" disse.
Non riuscivo a capire, mi aveva chiamata lui, sapeva che sarei venuta.
"In che senso? Mi hai detto tu di venire" risposi.
"Veramente... no" aggrottò la fronte, confuso "io non ho fatto nulla di simile, in realtà".
È proprio in quel momento si spalancò la porta.
"Sapevo che ti avrei trovata qui" disse la voce femminile alle nostre spalle.
Quella voce troppo familiare, che mi fece rabbrividire.
Io ed Harry eravamo immobili, senza dire nulla, mentre lei richiuse la porta alle sue spalle.
Eravamo noi due, nella stessa stanza con Jennifer.

"Jennifer, cosa ci fai qui?" sussurrò il ragazzo.
Per un attimo mi sembrava quasi di sentire un leggero tremolio nella sua voce.
"Cosa ci fa lei qui" rispose lei in tono freddo, fissandomi a braccia conserte. "O forse lo so".
Io ed Harry ci guardammo. Dove voleva arrivare?
Dalla borsa che teneva al braccio, tirò fuori un biglietto e me lo porse.
Era lo stesso biglietto che avevo sulla scrivania del mio ufficio. Me lo aveva mandato lei per farmi venire qui, e io ci ero cascata in pieno.
"Ero sicura che se te lo avessi lasciata ti avrei trovato qui, speravi che ti avesse chiamata lui, non è così?"
Rimasi in silenzio.
Poi lei spostò lo sguardo sul ragazzo, che anche lui, incredulo, non diceva niente.
"Non sono così stupida come credi Harry" riprese "Lo stupido sei tu. Dovresti stare attento a raccontare certe cose qui in ufficio.
È facile abbindolare le persone qui dentro per quattro soldi in più".
Lui strinse i pugni, e si avvicinò alla sua scrivania appoggiandoci poi le mani sopra.
"Non è stato difficile capire cosa stava succedendo.
A casa manca l'unica bottiglia di Champagne che era rimasta in cella, mancano alcuni dei miei vestiti dall'armadio e tu, Harry, eri costantemente in ritardo dal lavoro.
Mio padre mi ha raccontato della ragazza nuova che vi ha accompagnato alla conferenza, e mi è stato sufficiente per capire e far parlare chi sapeva più di me".
Poi si avvicinò di più a me, e sempre dalla sua borsa estrasse qualcosa.
Mi batteva il cuore fortissimo. 
Ci avevano scoperto tutti, eravamo in trappola ormai.
"Non lo rivuoi il tuo braccialetto, Belle?" sussurrò lasciandomelo fra le mani.
Come avevo fatto a non pensarci. L'avevo perso quella sera a casa di Harry.
"Di certo non poteva essere mio. Non è oro puro e non ha nemmeno uno Swarovski".
Poi avvicinò al mio orecchio.
Ormai ero di nuovo sul punto di scoppiare in lacrime.
"Hai giocato fino adesso alla principessa, ma non sempre le favole hanno un lieto fine".
Poi, con un sorriso soddisfatto stampato sul suo viso, si diresse verso la porta.
"Con te, Harry, faremo i conti fuori da qui".
Poi se ne andò sbattendo la porta.
Mi ero quasi dimenticata della presenza del ragazzo, ero completamente presa e spaventata dalla presenza della ragazza.
Mi voltai verso di lui, che si era accasciato sulla sedia sfregandosi il viso con entrambe le mani.
Lo sentii singhiozzare e mi avvicinai a lui sedendomi sul bordo della sua sedia.

Tutto quello che avevamo costruito ci stava crollando addosso in meno di ventiquattro ore.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Tornai a casa quel pomeriggio completamente distrutta.
Sia fisicamente, sia emotivamente.
In questi due giorni si erano realizzati i miei incubi peggiori, tutto quello che ho sempre sperato non succedesse.
Prima o poi l'avremmo dovuto fare io ed Harry, ma in questo momento non eravamo pronti.

A Jessica raccontai di tutto ciò che era successo in ufficio, e lei rimase incredula quanto me.
Com'era possibile che in due giorni il mondo ti potesse crollare addosso?

Avevo saputo da mia cugina che Jared era rimasto in città.
Alloggiava in un albergo nella zona di Paddington Station.
Forse nemmeno lui era pronto ad affrontare questa situazione.
Di una cosa ero sicura: non volevo chiudere la faccenda in questo modo.
Sebbene lui mi avesse ferita, dicendomi la cosa peggiore che avesse potuto fare, si meritava una spiegazione.
Gli avrei parlato prima della sua partenza.

Passai l'intero pomeriggio in videochiamata con Charlotte, alla quale raccontai l'accaduto.
Anche lei a stento ci credeva che tutto potesse succedere così in fretta.
Non avevo le forze di piangere ancora, non avevo più lacrime in corpo.
"Bella, tesoro, mi dispiace così tanto... è un bel casino"
"Lo so Charl, lo so" sospirai. Lei non disse nulla.
"Io voglio decidere" dissi.
Avevo bisogno di prendere una decisione, non potevo sostenere ancora questa situazione. Ora era il momento di scegliere.
"Se non lo faccio ora, non penso di riuscire a farlo un'altra volta".
La ragazza, dall'altra parte, sospirò.
"Bella, sei sicura di essere pronta?" 
No, per niente. Ma sapevo che doveva farlo. 
"Si Charl, è diventato insostenibile. È giusto che prenda la decisione più giusta per tutti".

Alla sera cercai di mangiare qualcosa.
Erano due giorni che non toccavo cibo, avevo bevuto il caffè quella mattina, ma non avevo mangiato nulla.
Così, Jessica mi costrinse a mangiare insieme a lei la pizza che aveva ordinato.
Non mi andava proprio, così ne mangiai un trancio sottile.
Ma già dopo qualche boccone avevo uno strano e fastidioso senso di nausea.

Suonarono al campanello, e Jessica andò ad aprire.
Sapevo che stava aspettando qualcuno, quindi non mi preoccupai più di tanto.
Dalla cucina sentii delle voci parlare piano, a bassa voce.
Non riuscivo a capire chi fosse, così scesi dalla mia sedia, e dopo essermi pulita la bocca con il mio tovagliolo, mi avviai verso l'ingresso.

Jessica mi stava venendo incontro nello stesso istante insieme a Jared.
Quindi era lui che stava aspettando?
Il mio cuore si fermò all'improvviso quando incrociai i suoi occhi.
Ora sembrava più rilassato, e nei suoi occhi si celava solo un'aria delusa e dispiaciuta.
E tutto questo per colpa mia.
"Bella" sussurrò il ragazzo.
Io non dissi nulla, non ero nemmeno capace di pronunciare il suo nome.
"Possiamo parlare? Questa volta con calma".
Io lanciai un rapido sguardo nella direzione di Jessica, che mi sorrise per incoraggiarmi.
Io annuii, e a quel punto la ragazza se andò in camera sua lasciandoci soli in salotto.

Seguii il ragazzo sul divano, sedendomi dalla parte opposta alla sua, quando lui prese a parlare.
"Ho sbagliato a mettere in mezzo tuo padre. Ti chiedo scusa Bella" sussurrò.
Era lui che stava chiedendo scusa a me.
Quando in realtà sarebbe dovuto essere il contrario.
"Solo... perché l'hai fatto? Io non capisco. Ti ho fatto stare male? Ti ho trascurato? Ho fatto qualcosa che non andava bene?"
"No Jared, no!" Lo interruppi.
"Non è nulla di tutto questo. Io... non saprei nemmeno darti un motivo. È successo e basta".
Lui non disse nulla.
Avevo detto la verità. Non c'era un vero e proprio motivo, era andata così.
Harry è entrato nella mia vita, stravolgendola completamente.
Mi ha capita, mi ha completamente stravolta.

"Io sono deluso Bella, non posso nasconderlo. Ma ci ho provato, e non sono riuscito a stare nemmeno un giorno senza di te. Per me è stato difficile lasciarti andare via, non credo di essere pronto a chiuderla definitivamente, nonostante tu mi abbia fatto tanto male".
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa dire.
Lui era davvero innamorato, e io l'avevo ripagato così.
Mi dispiaceva vederlo in quello stato, ma il mio cuore mi diceva tutt'altro, purtroppo.
"Ricominciamo Bella"
"Cosa?" Sussurrai.
"Facciamo finta che tutto questo non sia mai successo. Torna a casa con me... non so stare senza di te Bella". 
Si avvicinò poi a me, prendendomi le mani.
Abbassai lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.
Non sapevo cosa fare.
"Jared, io ci devo pensare. Io qui ho trovato un lavoro che mi piace, io qui... sto bene"
Io qui con Harry sto bene. Pensai. Ma non potevo dirglielo.
Lui si alzò dal divano guardando l'orario sul suo orologio da polso.
"Io adesso devo andare.
Parto venerdì sera. Pensaci Bella."
Si chinò su di me lasciandomi un bacio sulla fronte, uscendo poi dalla casa chiudendosi la porta alle spalle.
Io mi lasciai scivolare sul divano, mi portai le mani sulla faccia e tirai un profondo respiro.

Dovevo decidere, una volta per tutte.
E forse non ero pronta ad intraprendere ancora la strada più difficile.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Aprii le ante dell'armadio finendo di preparare le ultime cose che erano rimaste.
Presi gli abiti e li staccai dalla gruccia, poi li piegai e li riposi ordinatamente nella mia valigia.

Avevo ormai sistemato tutto, così richiusi la valigia e la appoggiai sul pavimento.
Avevo deciso che sarei partita e l'indomani sarei tornata a casa con Jared.

Non avevo fatto una scelta di cuore.
In quel caso sarei tornata da Harry.
Avevo preso le decisione che avrebbe giovato a tutti.
A me perché potevo ricominciare da zero insieme a Jared, che aveva deciso di dimenticare e perdonare il mio tradimento.
E per Harry, perché qui lui aveva la sua vita.
Aveva una moglie che gli avrebbe potuto dare tutto quello di cui aveva bisogno, la sua famiglia, la sua carriera e un lavoro rispettabile che gli permetteva di condurre una vita dignitosa.
Io qui ero troppo. Ero di troppo e non potevo fare parte della sua vita. Non più.

Dopo essermi assicurata di aver vuotato tutti i cassetti, mi diressi in cucina per bere un bicchiere d'acqua.
Mi sedetti sulla sedia affianco al tavolo e presi il cellulare.
Avevo diverse chiamate perse da Harry, che stavo ignorando da quella mattina.
Ero andata al lavoro per consegnare le mie dimissioni, ma non ero passata per il suo ufficio.
Nessuno mi aveva fatto domande, nemmeno Sophie, ma avevo immaginato che le voci su ciò che era accaduto fra me ed Harry fossero girate velocemente.
Tutti mi squadravano dall'alto al basso, sentivo i loro occhi puntati su di me esattamente come il primo giorno. Al contrario, questa volta era l'ultimo.

Mi alzai dalla sedia per risciacquare il bicchiere e sistemare i piatti nel lavello, ancora lí dal pranzo.
Non avevo mangiato molto nemmeno quel giorno. Erano diversi giorni che il mio appetito mi aveva abbandonato.
Fui immediatamente distratta dal campanello che suonò ripetutamente. 
Mentre mi asciugavo le mani, controllai l'orologio per vedere che ore fossero chiedendomi chi potesse essere.
Quando mi avvicinai alla porta, dallo spioncino riconobbi immediatamente la chioma riccia di Harry che, spazientito, stava suonando nuovamente il campanello.
Il cuore si fermò per un attimo quando lo vidi lí, al di là del mio ingresso.
Tirai un profondo respiro prima di aprire.

"Bella, ma che cazzo stai facendo? Dimmi che è uno scherzo ti prego"

Non feci in tempo a spostarmi dalla porta che il ragazzo venne verso di me, superandomi ed entrando rapidamente nel salotto.
Incominciò a girare intorno alla stanza portandosi nervosamente le mani fra i capelli.
Io mi appoggiai alla porta e sospirai.
"Di cosa stai parlando, Harry?"
Feci finta di non capire a cosa si riferisse, quando in realtà aveva capito benissimo.
"Per favore Bella, non fingere con me" disse venendomi incontro.
Io sospirai, staccandomi dalla porta alla quale mi stavo reggendo, poi presi a parlare.
"Harry, io non posso più stare qui. 
Jennifer ci ha scoperti, siamo andati nei casini. Io qui sono di troppo, non posso restare. Ti prego, cerca di capirmi".
Ma il ragazzo mi interruppe immediatamente.
"È proprio questo il punto, Bella! Ora lo sanno tutti. Non abbiamo più bisogno di fingere. Ci basta affrontare questa situazione insieme, ma poi potremmo stare insieme. Dio mio, ti scongiuro Bella, non puoi mollare adesso".
Harry si avvicinò maggiormente a me prendendomi il viso fra le mani.
Inchiodò i suoi grandi occhi verdi nei miei, che erano lucidi e quasi sul punto di scoppiare in lacrime.
Stavo crollando anche io.
"Io domani torno a Edimburgo, Harry" sussurrai mantenendo il suo sguardo.
A quelle mie parole il ragazzo fece scivolare le mani dal mio viso, dischiudendo le labbra.
"Cosa?" Sussurrò, in modo quasi impercettibile.
Poi lasciò che le lacrime gli rigassero le guance e indietreggiò da me.
"Harry ti prego, ascoltami" dissi riavvicinandomi.
Afferrai le sue mani, mentre una la posai sulla sua guancia, accarezzandola.
Le sue lacrime avevano preso a scendere. 
"Io non posso restare qui.
Tu qui hai tutto: una famiglia, una moglie che ti può dare molto di più di quello che potrei fare io, un lavoro nel quale vali molto.
Qui hai la tua vita Harry, ma io non posso più farne parte. Credimi, lo vorrei. Lo vorrei tanto. Ma non posso più" .
Lui distolse lo sguardo dal mio, continuando a far scendere le lacrime.
Avevo preso la decisione più semplice.
Quella che avrebbe reso le cose più facili a entrambi.
Ma non potevo dirglielo, lui non avrebbe capito.
"Non è giusto" sussurrò alla fine.
"Lo so" risposi "ma non avevo altra scelta".
Poi lui mi guardò di nuovo.
"Io avrei scelto te in ogni caso".

Sussurrò.
Mi dispiaceva così tanto vederlo stare male a causa mia.
Lasciai che anche le mi lacrime iniziassero a scendere.
Avevamo sofferto tanto, e con questa decisione ci eravamo dati il colpo di grazia.
Presi poi nuovamente il suo volto fra le mani, e lo avvicinai al mio.
Feci sfiorare le nostre labbra prima di posarle delicatamente sulle mie.
Lo baciai dolcemente, consapevole che quello poteva essere il nostro ultimo bacio.
Lui allungò le mani sui miei fianchi quando io allacciai le mie mani dietro al suo collo, approfondendo maggiormente quel bacio.
Ancora non mi ero resa conto che presto non avrei più potuto sentire il suo respiro sulla pelle, il sapore delle sue labbra, il suo profumo e il solletico dei suoi capelli.
Cercai di autoconvincermi che avrei superato la sua mancanza passando tempo con Jared, proprio come era successo con lui non appena arrivai a Londra. Ma Jared non era Harry.

Ci staccammo solo quando entrambi rimanemmo senza fiato.
Avevo bisogno ancora di lui, ma non potevo più averlo.
Mi appoggiai così al suo petto cercando di far cessare i singhiozzi del ragazzo e nel tentativo di sopprimere i miei.
"Io ti amo Bella" sussurrò lui, con tono talmente basso che sembrava quasi volerselo tenere per sè.
Ma io lo sapevo e lo avevo sentito.
"Ti amo anche io Harry" singhiozzai "ti prego perdonami". 
Lui mi lasciò un bacio sulla fronte, poi si voltò non riuscendo più a sostenere il mio sguardo e si diresse verso la porta.
Mi guardò un'ultima volta, in silenzio. Nessuno disse nulla.
Poi accompagnò delicatamente la porta alle sue spalle, e uscì di casa mia. 
E forse per sempre, dalla mia vita.
Non ci eravamo nemmeno detti addio.

Quando mi alzai il mattino seguente, avevo ancora quel fastidioso senso di nausea.
Forse perché di tornare a casa proprio non ne avevo voglia.
Mi alzai dal letto svogliata, dirigendomi verso il bagno dove iniziai a prepararmi.
Jared sarebbe passato a prendermi fra un paio d'ore.

Quando uscii dal bagno, infatti, Jessica e Jared già mi stavano aspettando in salotto.
Così, tornai in camera per prendere il mio cellulare e la valigia trascinandola nella stanza affianco.
Non appena si accorsero della mia presenza Jared si avvicinò lasciandomi un piccolo bacio a stampo.
Jessica si alzò dal divano, appoggiando sul tavolino la tazza di caffè che stava bevendo e mi venne incontro per abbracciarmi.
"Mi mancherai un sacco" sussurrò "sei sicura che non vuoi un caffè prima di partire?"
"Assolutamente no, ultimamente mi viene la nausea solo a sentirlo nominare".
La ragazza ridacchiò in risposta. 
"Sai che se hai bisogno io sono sempre qui" disse infine.
Poi la abbracciai di nuovo. Mi sarebbe mancata davvero tanto.
Come tutto il resto qui.

Dopo qualche minuto, mi arrivò un messaggio.
Era da parte di Harry.
Jared stava caricando la mia valigia sul taxi che avevamo chiamato per scortarci fino all'aeroporto, così mi spostai di poco e lo aprii.

Non sono molto bravo con gli addii, 
o forse sono solo un ingenuo, ma mi piace sperare che per questa volta sia solo un arrivederci.
Grazie per avermi insegnato cos'è l'amore, quello vero.
Harry

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Edimburgo.

Avevo lasciato la caotica Londra per ritornare nella mia città.
La città in cui ero nata, cresciuta e dove avevo vissuto tutte le mie prime esperienze.
Ero a casa.
3 mesi fa avrei aggiunto "finalmente".
Ora quella non mi sembrava nemmeno più casa mia.

Avevo appoggiato la valigia sul letto matrimoniale iniziando a sistemare di nuovo tutte le mie cose nei miei vecchi cassetti.
Jared fece lo stesso con il suo zaino che gli era bastato per trascorrere i tre giorni a Londra.
Non potei fare a meno di pensare ad Harry e a chiedermi cosa stesse facendo, perché sebbene questa situazione ci tenesse già abbastanza lontani, la distanza complicava tutto.
L'unico lato positivo di tutta questa situazione era che il giorno dopo avrei finalmente rivisto Charlotte.

Sistemai la valigia nel piccolo sgabuzzino affianco al bagno una volta disfatte tutte le mie cose.
Jared si avvicinò a me abbracciandomi forte. 
"Sono felice che tu sia tornata da me" sussurrò "hai fatto la scelta giusta"
Poi mi stampò un bacio sulla guancia.
Avevo fatto la scelta più ovvia e più facile.
Come avevo detto ad Harry la sera del nostro primo bacio, la vita non sempre è fatta di scelte giuste.

Mi sedetti sul divano, insieme al telecomando della TV e al mio cellulare.
Rilessi più volte nell'arco della giornata il messaggio di Harry, ma in quel momento ero fissa sulla chat di Charlotte.
Le stavo scrivendo per informarla che ero già a casa e che poteva passare quando voleva, quando la notifica del promemoria del ciclo apparve sullo schermo.
Ci strisciai sopra con il dito eliminandola dato che questo mese il ciclo stava ritardando.
L'accumulo eccessivo di stress di quegli ultimi giorni mi aveva devastata e ne stava risentendo anche il mio organismo.

Con Charlotte ci eravamo accordate per vederci la mattina seguente.
Quando avvisai mia madre del mio ritorno mi aveva chiesto, o meglio obbligata, di passare a cena a casa sua e me ne stavo quasi per dimenticare.
Fu Jared a ricordarmelo, così, dopo aver passato quasi l'intero pomeriggio a guardare la TV sul divano, iniziai a prepararmi.

Quando arrivammo a casa della mamma aveva incominciato a piovere.
Jared aveva accostato la macchina affianco a quella di Robert, l'attuale compagno di mia madre.
Jared tirò fuori dal bagagliaio una sporta con una bottiglia di spumante. Non ci presentavamo mai a mani vuote a casa della mamma, e sapevamo che Robert apprezzava molto quando gli si portavano liquori. Con quelli si andava sempre sul sicuro.

Ad aprire la porta fu subito la mamma, con il suo grembiule bianco legato alla vita, che ci accolse con il suo sorriso radioso e splendente.
Mi abbracciò immediatamente stampandomi un bacio sulla guancia, ripetendomi che le ero mancata un sacco.
Dietro di lei trovai subito Robert, che fece lo stesso della mamma.
Quando Jared entrò, estrasse immediatamente la bottiglia dalla busta e si ritirò insieme all'uomo per parlare di liquori e della partita di football che stavano dando alla TV.
Io invece seguii mia mamma in cucina per aiutarla con gli ultimi preparativi.
Aveva infornato il polpettone con le patate, così io finii di apparecchiare e sistemare la tavola.
Avevamo apparecchiato nella grande sala da pranzo, che solitamente utilizzava per il pranzo di Natale e le occasioni speciali.
Mancavano ormai 3 settimane a Natale e la mamma aveva già decorato l'albero affianco alla porta che portava in salotto.

Durante la cena, come era ovvio, la mamma mi riempì di domande sui miei tre mesi a Londra e sul mio nuovo lavoro.
Io ovviamente parlai di quanto ero stata bene in quella città e nell'ambiente in cui mi trovavo, tralasciando la parte di Harry.
Jared, in tutto questo stava in silenzio, con aria un po' incupita. Per quanto si stesse sforzando di dimenticare, gli era difficile sapere che fino a poco fa ero tra le braccia di un altro uomo.
D'altra parte, anche per me era difficile dimenticarmi di Harry o smettere di pensare a lui.
Anzi, mi era proprio impossibile.
Quando finalmente cambiammo discorso, Robert stappò la bottiglia di vino che avevamo portato, e iniziò a versarlo nei bicchieri.
Io avvicinai il mio e tutti quanti mi guardarono sorpresi. Non ero una gran bevitrice.
"Da quando ti piace il vino, Bella?"
Io arrossii imbarazzata, riprendendo il bicchiere.
"Londra ha cambiato diverse cose" sussurrai a bassa voce.
Perché si, in realtà Harry mi aveva fatto assaggiare diverse cose e stavo iniziando ad apprezzare alcuni liquori.
Quando mi portai il bicchiere alla bocca cercai di ricordare il sapore dello Champagne che avevo bevuto con Harry, ma ciò che stavo bevendo non ci si avvicinava minimamente.
Harry me lo aveva detto una volta: tutti gli Champagne sono spumanti, ma nessuno spumante è come lo Champagne.

I due uomini, non appena servito il dolce ci abbandonarono per andare in salotto fiondandosi davanti alla TV.
Io tornai in cucina con la mamma e la aiutai a sparecchiare, mentre lei intanto lavava i piatti.
Nel frattempo, scambiammo quattro chiacchiere.
"Tesoro, non hai toccato quasi nulla" disse riponendo gli avanzi del mio piatto in una striscia di alluminio.
Era vero, non avevo mangiato molto.
Non mi andava e avevo ancora quello strano senso di nausea e un sapore orribile in bocca.
"Mamma non mi andava, scusami. Non sto tanto bene in questi giorni"
"Bella, posso farti una domanda?" disse la mamma improvvisamente, cambiando discorso, mentre si asciugava le mani nel suo grembiule.
Io mi sedetti sul bancone e annuii.
"Sei sicura di stare bene? Eri così silenziosa stasera"
Le avrei tanto voluto dire di no, che stavo uno schifo.
Volevo raccontarle di Harry e tutto quello che era successo, ma non sarebbe stato giusto nei suoi confronti dopo tutto quello che anche lei aveva dovuto passare in questi anni.
"Mamma, sto bene, sul serio. Ho solo un po' di nausea, te l'ho già detto".
Dissi rassicurandola.
Lei sospirò, ma sapevo che non mi credeva. D'altronde lei era mia madre, e le mamme sanno sempre tutto.

Il mattino seguente mi svegliai insieme a Jared.
Avevamo fatto colazione insieme, poi lui uscì per andare al lavoro mentre io, dopo aver lavato le tazze e sistemato la cucina, andai in bagno a prepararmi.
Avevo fatto una doccia veloce, per rendermi almeno presentabile per l'arrivo di Charlotte.
Quando uscii dalla doccia, mi avvolsi nel mio asciugamano.
Il vapore della doccia e il caldo che si era creato nel bagno mi fece un attimo girare la testa. In più, la pancia aveva iniziando improvvisamente a brontolare.
Mi sedetti sul bordo della vasca subito dopo aver aperto la finestra, cercando di cambiare aria. Ma non stava funzionando, il brontolamento di stomaco continuava.
Mi inginocchiai davanti al gabinetto e iniziai a rigettare.
Mi rialzai solo una volta essermi assicurata di non avere più nulla da rimettere.
Poi mi avvicinai al lavandino sciacquai la bocca e la faccia. Avevo un aspetto davvero orribile ed ero pallidissima.
Presi dalla specchiera il mio cellulare controllando se Charlotte mi avesse mandato qualche messaggio, quando sullo schermo apparve la stessa notifica del giorno prima.

Non dimenticarti di registrare il tuo ciclo.

Aprii rapidamente l'applicazione, con le mani tremanti, e aspettai che caricasse la schermata.
Quando finalmente si aprì, mi appoggiai al lavandino chiedendomi come avevo fatto a non pensarci prima.
Avevo un ritardo di 13 giorni.

Avevo appena finito di vestirmi, quando suonarono alla porta.
Mi ero infilata rapidamente un maglione grigio e dei leggins neri, poi aprii la porta.
Non appena la ragazza mi riconobbe, si gettò fra le mie braccia.
Io ricambiai debolmente il suo abbraccio.

"Grazie mille per l'accoglienza, no sul serio" disse scherzando, poi entrò nella casa sedendosi immediatamente sul divano. Ormai quella era come se fosse casa sua.

Mi sedetti affianco a lei, appoggiandomi al bracciolo del divano, socchiudendo gli occhi.
La ragazza mi guardò.
"Bella, scusa se te lo dico, ma hai un aspetto terribile. Stai bene?" sussurrò la ragazza.
Io mi voltai verso di lei scostandomi i capelli da una parte.
"Charl, te lo dico direttamente perché non saprei come dirtelo, quindi lo farò e basta".
Poi feci un respiro profondo.
"Ho un ritardo".

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Quando pronunciai quella frase, negli occhi della mia amica apparve un'espressione preoccupata.

"Dio mio Bella" sussurrò avvicinandosi a me "pensi di..."
"Sono giorni che mi manca l'appetito, questa mattina ho vomitato e non mi sento tanto bene" dissi, interrompendola.
Sospirai, e abbassai gli occhi sulle mie mani.
Il cuore mi stava scoppiando nel petto, avevo davvero paura in questo momento.
"Cazzo Bella, e ora cosa pensi di fare?".
"Non lo so Charl, e poi non ne sono certa, potrebbe essere solo lo stress di questi ultimi giorni".
Non lo dicevo per tranquillizzare lei, ma più per me stessa.
Non volevo credere che ci fosse anche solo una minima possibilità che io fossi incinta.
Avrei complicato tutte le cose, con Jared, con la mia famiglia... e soprattutto con Harry.
Come potevo pensare che si sarebbe preso una simile responsabilità dopo tutto quello che mi ha raccontato? Dopo il peso che già doveva sostenere con il suo lavoro e la sua famiglia?
Io, onestamente, avevo paura di poter rimanere da sola.
"Lo stai dicendo perché lo pensi, o perché ti fa comodo pensare così, Bella?"
Io la guardai.
Come faceva a capire ogni cosa solamente guardandomi?
Io mi appoggiai allo sua spalla, facendomi avvolgere in un suo abbraccio. 
"Facciamo così" sussurrò sciogliendo il nostro abbraccio "frappuccino da Starbucks e poi una bella passeggiata in centro?" 
Io annuii con un piccolo segno della testa. Sapeva sempre come farmi cambiare idea e come distrarmi. 
"Ma prima è meglio se vai a truccarti un po'" scherzò "hai un aspetto spaventoso".

Stavamo passeggiando da circa mezz'ora per il centro della città.
Ormai il freddo era pungente, ma le decorazioni e le luci natalizie ridavano alla città più calore. 
In più, i bambini erano entusiasti di tutti i Babbo Natale e pupazzi di neve attaccati alle vetrine. Mettevano davvero tanta allegria.
Quella passeggiata in centro e per i negozi mi faceva ricordare il pomeriggio passato a Manchester insieme ad Harry.
Lei, al contrario di me, adorava fare shopping, e dopo aver bevuto un frappuccino ed io una cioccolata calda con una spruzzata di panna montata, avevamo passato le due ore successive nel grande centro commerciale.

Charlotte stava provando un abito grigio a maniche lunghe molto aderente. 
Le donava davvero molto ma era indecisa fra altri due abiti che aveva provato prima.
Io ero rimasta seduta sui divanetti di fronte ai camerini, persa nei miei pensieri e limitandomi a darle dei consigli e la mia opinione.
"Bella, perché non ti provi qualcosa anche tu? Fra poco arrivano le vacanze e non hai nulla di nuovo da mettere" disse la ragazza, togliendosi il vestito che aveva appena provato. 
"Sai che non mi piace provarmi abiti in continuazione" sbuffai alzandomi da dove ero seduto fino ad allora "e poi i vestiti che ho andranno benissimo".
"I vestiti vecchi non vanno mai bene, non si ricicla nulla per le feste importanti" mi rimproverò la ragazza, lanciandomi un'occhiataccia a braccia conserte.
"Vieni con me" disse poi prendendomi per un braccio e trascinandomi nel reparto donna, alla ricerca di qualche vestito da farmi provare.
In meno di due minuti mi porse tre abiti tutti diversi, e mi ordinò di andarli a provare.
Non ne ero molto entusiasta, ma dopo innumerevoli suppliche da parte della mia amica decisi di accontentarla.
Mi spogliai, e indossai il primo abito: un abito corto fino a metà coscia, non era troppo aderente ma valorizzava il mio seno.
Mi voltai di profilo, rendendomi subito conto che quell'abito era decisamente troppo stretto. La gonna mi segnava i fianchi in più mi era stretto sotto il seno e sulla pancia.
Quel piccolo difetto mi mandò subito nel panico più totale. 
Mi girai nuovamente di profilo accarezzandomi il basso ventre.
E se mi fosse stretto per via della pancia?
Non volevo pensarci e non volevo crearmi paranoie inutili, sarà stata sicuramente una mia impressione.
Quella situazione mi stava già mandando fuori di testa, così abbassai la zip e mi sfilai l'abito. Volevo uscire di lì il prima possibile.
Decisi di non provarne altri, e uscii dalla cabina riponendo tutti gli abiti da dove li avevamo presi supplicando alla ragazza di uscire.
Lei si avviò verso la cassa per pagare il suo abito, e poi continuammo il nostro giro nel grande centro commerciale.

Avevamo deciso di passare per il supermercato. Ero appena rientrata e avevo il frigo quasi vuoto e dovevo rifornirmi delle cose essenziali.
Charlotte mi aiutava a scegliere cosa comprare sulla base della dieta che stava facendo per mantenersi in forma, a base di soli prodotti biologici.
Eravamo passati nel reparto della parafarmacia alla ricerca di una maschera per il viso per la ragazza.
Charlotte andava avanti e indietro fra gli scaffali, alla ricerca del prodotto migliore e che più la convincesse, mentre io mi guardavo un po' intorno.
Mi avvicinai strisciando il cestino dietro di me, quando nello scaffale affianco a me trovai ciò che, per ironia della sorte, avrebbe potuto mettere fine alla mia preoccupazione e alle mie paranoie.
Il test di gravidanza.
Mi assicurai che la ragazza fosse ancora presa dalla sua ricerca, quando ne afferrai due completamente a caso e li gettai nel mio cestino.
Forse mi sbagliavo, speravo di sbagliarmi, ma mi ero già torturata abbastanza in questi ultimi mesi e avevo preso in giro troppe persone. Era ora di mettere le cose in chiaro principalmente con me stessa, e questa era una di quelle volte.

Charlotte mi riaccompagnò a casa nel tardo pomeriggio.
Erano quasi le sette, e la macchina di Jared era già parcheggiata nel nostro viale.
"Grazie mille per il passaggio" dissi scendendo dalla macchina.
"Non c'è problema, e Bella?" Mi voltai "chiamami per qualsiasi cosa".
Io annuii, e la ringraziai di nuovo.
Poi con le buste della spesa in mano aprii la porta ed entrai in casa.
"Bella, sei tu?" chiese il ragazzo dalla cucina.
Entrai nella stessa stanza del ragazzo appoggiando le sporte sul tavolo. Il ragazzo si avvicinò a me stampandomi un bacio sulle labbra.
In cucina mi avvolse un buonismo profumo di pollo. 
"Cosa stai cucinando?" dissi avvicinandomi a fornelli.
"È una sorpresa" sussurrò il ragazzo dietro di me avvolgendomi con un braccio la mia vita, appoggiandosi al mio corpo.
Mi lasciò un bacio sul mio collo che mi fece rabbrividire.
Gli rivolsi un sorriso forzato scostandomi da lui.
Mi era impossibile sciogliermi con tutto quello che avevo per la testa e quello che stava succedendo.
Così, iniziai a sistemare la spesa.

Quella sera fui la prima ad andare a letto.
Come gli altri giorni, avevo lasciato la cena a metà, così ne approfittai per prepararmi mentre Jared sparecchiava a lavava i piatti.
Senza farmi vedere, presi dalla borsa i test che avevo comprato quel pomeriggio e andai in bagno, chiudendo a chiave la porta.
Mi appoggiai al lavandino, non molto convinta di quello che stavo per fare.
Mi tremavano le gambe mentre continuavo a fissare, totalmente nel panico, l'oggetto che tenevo tra le mani.
Mi sciacquai la faccia cercando di tranquillizzarmi.
"Bella?" sentii dall'altro capo della porta.
Sobbalzai dallo spavento.
"Si, adesso esco" dissi balbettando.
Presi i due test e li nascosi nel mio cassetto del bagno.
Poi uscii.
Ma il ragazzo, notando la mia espressione preoccupata mi fermò.
"Bella, tutto ok?" chiese appoggiandomi le mani sulle spalle.
"Si, scusami" sussurrai "dovevo finire di lavarmi i denti".
Poi mi liberai della sua presa e tornai in camera da letto.

Prima o poi avrei dovuto fare quel test e affrontare la realtà.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Il mattino seguente mi alzai più tardi del solito.
Avevo sentito Jared alzarsi e andare in cucina, ma non avevo per niente voglia di parlare con lui, così rimasi fra le lenzuola e quando il ragazzo riaprì la porta per controllare se fossi ancora a letto, feci finta di dormire.
Gli stavo mentendo troppo spesso ultimamente.
Quando sentii la sua macchina accendersi, decisi di alzarmi finalmente dal letto.
Scostai le coperte e dopo essermi infilata le pantofole mi avviai in cucina per fare colazione.
Sul tavolo Jared mi aveva lasciato la brioche e la tazza con il the caldo, affianco c'era un bigliettino.

Spero tu possa passare una bella giornata.
Ti amo

Mi sedetti sulla sedia sorridendo a quel biglietto, ma non potevo fare a meno di provare solo sensi di colpa nei confronti di quel ragazzo, che nonostante tutto era disposto a dimenticare per potermi riavere finalmente sua e amarmi come prima.
Ripiegai il bigliettino e lo appoggiai al suo posto, affianco alla tazzina e mi avviai verso il bagno.
Non potevo vivere con questo pensiero, non potevo prendermi in giro ancora.
Questa volta ero decisa a farlo. Se non lo avessi fatto ora, ero sicura che non avrei mai più trovato il coraggio.

Appena entrai nel bagno, aprii immediatamente il cassetto e tirai fuori una delle due scatoline.
La aprii e dopo aver letto attentamente il foglietto al suo interno, seguii le istruzioni.
Perché, sinceramente, non sapevo da dove cominciare.
C'era scritto di attendere per circa 5 minuti.
Già sapevo che sarebbero stati i 5 minuti più lunghi della mia vita.
Appoggiai il test affianco al lavandino, poi incominciai a camminare avanti e indietro per il bagno torturandomi le unghie.
Non avevo nemmeno portato con me il cellulare, ed ero troppo nel panico per tornare in camera a prenderlo.
Mi sedetti sul bordo della vasca, tamburellando le dita sulle mie ginocchia.
Non mi ero accorta di quanto potessero essere lunghi cinque minuti. Sembrava un tempo interminabile.

Alla fine, dopo aver fatto passare all'incirca un altro minuto mi feci coraggio e decisi di andare a vedere.
Con lo stomaco sottosopra e il cuore che mi batteva all'impazzata mi avvicinai al lavandino.
Afferrai il test ad occhi chiusi. Poi feci un respiro profondo prima di aprirli.

II. Positivo.
E il mondo intorno sembrava crollarmi addosso.

Ero rimasta chiusa nel bagno, rannicchiata ai piedi della vasca, mentre la ragazza dall'altra parte della porta continuava a bussare chiedendo di aprirle.
"Bella, non puoi rimanere chiusa lì dentro per sempre".
Non appena lessi il risultato del test ero entrata nel panico più totale.
Ero corsa in camera mia, telefonai a Charlotte che corse subito da me, ma io ero chiusa dentro il bagno.
Non volevo più uscire da lì.
Avrei tanto voluto fare in modo che quel momento finisse, era tutto un disastro.
Mi alzai dal pavimento ancora singhiozzando e con le lacrime agli occhi quando mi decisi di andarle ad aprire.
La ragazza era rimasta davanti alla mia porta tutto il tempo, aspettando un mio cedimento.
Quando aprii, la ragazza mi sorrise tristemente e io mi gettai disperata fra le sue braccia.
Stavo piangendo da una ventina di minuti. Ero davvero nel panico più totale.
"Bella, calmati troveremo una soluzione".
Mi staccai da lei asciugandomi le lacrime, poi mi andai a sedere sul bordo del mio letto incrociando le gambe.
"È tutto un casino, proprio ora che potevo ricominciare" sussurrai "Jared questa volta mi ucciderà".
La ragazza non disse nulla, e si limitò a sedersi sul letto accanto a me, prendendo un cuscino e sistemandoselo fra le gambe.
"Beh, un bambino è sempre una gioia, ma posso capire che in queste situazioni non è la prima cosa che si pensi".
Io annuii, guardando verso il basso.
"Tu lo terrai... vero Bella?" 
"Assolutamente si! A costo di crescerlo da sola" sussurrai.
Quello. Quello era ciò che mi spaventava di più di tutta quella situazione.
Il fatto di poter rimanere da sola, con la paura di dover affrontare qualcosa di troppo grande per me. Io senza nessuno.
Se Jared non avesse voluto accettare questa cosa e Harry nemmeno, sarei stata da sola. E mi terrorizzava pensarlo.
Ma di una cosa ero sicura: non avrei abortito.
"Non sarai mai sola Bella! Mai. Di questo puoi starne certa" sussurrò la ragazza accarezzandomi una guancia.
Io la guardai, poi tirai su con il naso.
Le sorrisi per ringraziarla, perché senza di lei non avrei mai saputo affrontare tutto questo.

Charlotte aveva passato tutto il pomeriggio insieme a me.
Non avevo mangiato molto, come al solito, ma solo la sua compagnia mi aveva fatto sentire meglio.
Non bene, perché con quello che avevo appena scoperto non potevo di certo stare bene. Però avevo passato quella giornata, il che non era poco.

Eravamo sul divano, stavamo guardando un film, di cui avevo dimenticato il titolo e la trama non era molto interessante.
Ma a Charlotte piaceva e l'avevo lasciata fare.
Verso sera, quando finì il film, Charlotte prese la sua borsa e iniziò a vestirsi.
Doveva tornare a casa.
"Bella, glielo dirai stasera. Vero?" disse la ragazza, riferendosi a Jared.
Io sospirai, ma dovevo assolutamente togliermi quel peso.
"Credo proprio di sì".
"Bella, per qualsiasi cosa, qualunque cosa, chiamami" disse poi.
Io annuii e la abbracciai di nuovo, prima di lasciarla andare.
Tornai in cucina incominciando a preparare la cena mentre pensavo a cosa dire e a come dirglielo.
In quale modo si poteva dire al proprio ragazzo di aspettare un bambino da un altro uomo?

Sentii la porta aprirsi, e io ero ancora in cucina.
Stavo infornando la pasta al forno, e continuavo a cucinare cercando di ignorare la presenza del ragazzo fino al momento in cui lui non sarebbe entrato nella stanza.
Il ragazzo non disse nulla fino a quando non entrò e si sedette sulla sedia, prendendosi un goccio d'acqua da bere.
Non aveva nemmeno salutato, forse era già nervoso. Non poteva sapere che avrei solo peggiorato le cose.
"Non si usa più salutare?" sussurrai.
La voce mi tremava, non riuscivo proprio a fare finta che andasse tutto bene.
Eppure gli avevo mentito per così tanto tempo.
"Ho avuto una giornata di merda al lavoro, non dire niente" disse a denti stretti, finendo di bere l'acqua che aveva nel bicchiere.
Mi asciugai le mani nel grembiule, poi mi sedetti di fronte a lui.
"Vuoi parlarne?" 
Cercavo di essere il più normale possibile, per cercare di calmarlo prima di dirgli ciò che dovevo dire.
"No, non adesso. Vado a farmi una doccia" disse poi, lasciando la cucina.
Io sospirai, esasperata.
Incominciavo a pensare che non mi sarei mai tolta quel peso.

Quando il timer del forno suonò, sfornai la pasta che avevo cucinato.
Aprii il forno e con i guanti tirai fuori la pirofila, appoggiandola sul bancone.
Poi la porta si aprì violentemente, sbattendo contro il muro, il che mi fece spaventare.
Poi, il ragazzo si avviò verso di me con la scatola del test fra le mani.
Lo avevo sicuramente lasciato in bagno e non l'avevo rimesso al suo posto.
"Che cazzo significa questo?" 
Lanciò la scatolina sul tavolo e io mi impietrii.
Tutto d'un tratto non sapevo più cosa dire.
"Jared, io..."
"Tu cosa, Bella? Cosa hai da dire ancora?" 
Non volevo piangere, non di nuovo.
Ma dalla mia bocca uscì solo un singhiozzo, nient'altro.
Ero così dispiaciuta, perché Jared non se lo meritava. Non si meritava il tradimento, nè questo.
"Devo dedurre che il bambino non è mio, non è così?"
Non riuscii a dire nulla. Così, scossi la testa in segno di negazione.
"Cristo..." sussurrò il ragazzo sbattendo i pugni sul tavolo "ti avevo dato un'ultima possibilità, una cazzo. E tu mi ripaghi così? Sei una persona di merda Bella, fai schifo".
Mi appoggiai con le mani al bancone, lasciando scivolare le lacrime dai miei occhi accompagnati da numerosi singhiozzi.
"Jared, mi dispiace... io te lo avrei detto" ma lui mi interruppe immediatamente.
"Fuori di qui, Bella" sussurrò mantenendo i pugni chiusi sul tavolo e lo sguardo basso.
"Fuori da questa casa, non voglio rivederti mai più".

Non avevo il coraggio di dire altro.
Ero sconvolta da ciò che avevo appena sentito.
Rimasi immobile per qualche minuto, ma lui non disse nulla, e rimaneva li, con gli occhi bassi.
Non mi degnava di uno sguardo.
In quel momento, capii che diceva sul serio e continuando a piangere mi avviai verso la mia camera, sistemando le mie cose.
Quando richiusi la porta della mia stanza, mi ci appoggiai sopra lasciandomi scivolare per terra.
Mi appoggiai una mano sul basso ventre e l'altra sulla mia bocca, reprimendo i miei singhiozzi.
Poi mi accarezzai la pancia.

Ero riuscita a rendere un disastro anche l'arrivo di un bambino. Avevo rovinato tutto.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


*Harry's pov*

Anche quella sera ero rimasto in ufficio fino a tardi.
Jennifer aveva parlato di quello che era successo tra di noi con suo padre, il quale mi aveva minacciato di farmi perdere il posto se non avessi migliorato il mio rendimento in azienda.
A casa, la situazione era diventata insostenibile: ad ogni mio ritardo, la ragazza ne approfittava per sbraitare e dare vita a scenate di gelosia infinite. Mi accusava costantemente di essere cambiato e di non essere più quello di prima.
Beh, se n'era accorta finalmente. Meglio tardi che mai.

Da quando Bella era partita non l'avevo più sentita. Non aveva nemmeno risposto al mio messaggio e stavo iniziando a pensare che forse mi aveva già dimenticato e che fosse già ritornata alla sua vita. 
Alla mattina, senza il suo sguardo e il suo sorriso che mi accoglievano, l'ufficio sembrava più vuoto e più spento.
Prendere il caffè in quel corridoio era ormai solo una stupida abitudine, e non avevo nessun pretesto per restare lì più del dovuto.
In più, dopo quello che aveva fatto Evans, non avevo più nessuno con cui chiacchierare.
Dovevo imparare a guardarmi le spalle anche da chi sembrava essere il migliore degli amici.

Erano le sette e mezza di sera.
Staccai un attimo lo sguardo dal monitor sfregandomi gli occhi, che iniziavano a bruciare.
Così, salvai gli ultimi file e incominciai a spegnere il computer.
Sistemai la scrivania, poi raccolsi le mie cose e uscii dal mio ufficio.
Quando uscii dalla porta mi sentii chiamare.
"Styles!" disse il ragazzo alle mie spalle.
Era Evans.
Avevo riconosciuto la voce, così feci finta di nulla e continuai a camminare, quando lui accelerò il passo e mi raggiunse, fermandomi e mettendomi una mano sulla spalla.
"Harry, ti prego fammi spiegare".
"Non abbiamo nulla da dirci Michael, lasciami in pace" dissi proseguendo per la mia strada.
"Oh, andiamo. Non puoi prendertela davvero con me, ormai l'avevano capito tutti che te la facevi con quella nuova".
A quel punto mi fermai di scatto, e mi voltai verso di lui.
"Quella nuova si chiamava Bella" dissi a denti stretti "e se non te ne fossi accorto, non lavora più qui, testa di cazzo".
Poi ripresi a camminare verso l'ascensore.
Volevo uscire di lì il prima possibile.
"Il punto è che lo sarebbe venuto a sapere da qualsiasi altra persona qui in ufficio anche senza che me lo venisse a chiedere, credimi. Tutti lo avevano notato".
"Non preoccuparti, non mi vedranno ancora per molto da queste parti" dissi alla fine.
Poi chiamai l'ascensore.
Lanciai un ultima occhiata al ragazzo e alla porta, chiusa, del mio ufficio.
"Fai come ti pare, ti fai dei problemi per nulla".
"Vaffanculo Evans" dissi, poi entrai nell'ascensore e le porte si chiusero, lasciando il ragazzo lì fermo, vedendomi sparire dietro le porte, senza nemmeno il tempo di ribattere.

Entrai in macchina, richiudendo attentamente lo sportello.
Mi appoggiai al sedile con la schiena e socchiusi gli occhi. 
La conversazione che avevo appena avuto mi aveva rovinato ancora di più, per quanto possibile, la giornata.
Mi dispiaceva che vedessero Bella solo come la mia amante. Lei era l'unica persona capace di capirmi e che, per la prima volta, mi aveva fatto innamorare.
Sbattei i pugni contro il volante, cercando di sfogarmi.
Ero stanco di quella situazione. E dovevo prendere una decisione il prima possibile.
Accesi così la macchina, ma invece di dirigermi verso casa, svoltai e cambiai direzione.
Volevo tornare a casa mia, e parlare con mia mamma. Avevo bisogno di sfogarmi, e se non potevo farlo con Bella, lo avrei fatto con lei.

Scesi dalla macchina, assicurandomi di averla chiusa.
Quando bussai alla porta, fu mia sorella Gemma ad aprirmi, entusiasta.
"Harry!" disse abbracciandomi.
Ricambiai il suo gesto, avvolgendola fra le mie braccia. Era da tanto tempo che non la vedevo, e mi era mancata tanto.
Jennifer non aveva mai permesso che lei o mia madre venissero a casa mia. 
"Entra, come mai sei qui? È successo qualcosa?"
La ragazza si scostò per farmi entrare, poi richiuse la porta dietro di sè.
"A dire il vero si" ammisi "ma ho bisogno di parlarne con tutti voi".
Lei aggrottò la fronte confusa, notando evidentemente la mia espressione preoccupata.
Più che preoccupata, esasperata.
Entrai in cucina, e salutai mia madre che fu sorpresa nel vedermi.
"Harry, come mai da queste parti?" 
Mi avvicinai a lei e le lasciai un bacio sulla guancia.
Avevo un bellissimo rapporto con mia madre.
Lei era una persona dolce e comprensiva.
Era sempre disponibile e altruista, cercava sempre di aiutare tutti. 
Quando le comunicai che avevo intenzione di sposare Jennifer, lei sapeva che, nonostante fosse la mia ragazza da un po' di tempo, non ne ero veramente innamorato.
Aveva cercato di convincermi a lasciare perdere, ma non l'avevo fatto per mantenere alto il valore della mia famiglia e di quella che stavo andando a costruire.

"Sono passato a salutare e poi devo parlarvi di una cosa" dissi poi.
Gemma si era già seduta attorno al tavolo, e mia mamma ed io facemmo lo stesso sedendoci di fronte a lei.
"Voglio divorziare da Jennifer" sputai tutto d'un fiato.
Le due donne si guardarono sconvolte.
Capii che era il momento di parlare anche con loro di ciò che era successo.

01:35

Non ero tornato a casa per cena.
Quella sera avevo deciso che sarei rimasto a dormire a casa di mia madre, dopo la lunga chiacchierato che avevamo fatto poco prima.
Ovviamente, Jennifer non sapeva nulla e stavo ignorando ogni suo messaggio e telefonata.

Avevo parlato con mia madre e Gemma di Bella, di ciò che riguardava noi e, purtroppo, degli altri spiacevoli dettagli che ci avevano reso impossibile portare avanti la nostra relazione.
In un primo momento, mamma e Gemma rimasero stupite da quello che stavo raccontando.
Poi capirono che la questione era seria, e che questa volta non si trattava solo di una delle mie solite crisi di nervi, ma che c'era un motivo vero se volevo il divorzio.
Non riuscii esattamente a capire se le due donne erano d'accordo su questa mia decisione. Mia madre continuava a ripetere che avevo venticinque anni e che dovevo decidere io per la mia vita e per il mio futuro.
Il problema è che non era mai successo finora, e lei lo sapeva benissimo.
Devi fare ciò che ti rende felice, mi aveva detto.
E se avessi dovuto scegliere la mia felicità, sarei senza dubbio tornato da Bella.

Mi rigirai per l'ennesima volta nel letto, quando venni distratto da qualcuno che stava bussando alla mia porta.
Subito dopo, la porta si aprì ed entrò Gemma, nel suo pigiama rosa di pile con gli unicorni, che si era infiltrata nella mia stanza facendo attenzione a non fare rumore, proprio come facevamo da bambini.
"Hey, cosa stai facendo?" Sussurrai.
Lei non disse nulla e si infilò ridacchiando sotto le mie coperte.
Io le feci posto nel materasso, poi le si stese su un fianco rimanendo a fissarmi.
"Che c'è?" Chiesi, incominciando a sentirmi in imbarazzo.
"Harry, sei sicuro di quello che stai facendo? Voglio dire, non è come al solito, che poi ritorna tutto come prima"
"No Gemma, questa volta sono serio. Domani andrò dall'avvocato. È deciso, io non ne posso più".
La ragazza sospirò, mettendosi seduta affianco a me sul materasso.
Io rimasi steso e appoggiai le braccia dietro la mia testa, guardando la ragazza che mi scrutava con occhi curiosi.
"Ti sei innamorato di quella ragazza, vero?"
Io sospirai, poi sorrisi arrossendo.
"Com'è lei?" mi chiese poi.
Non sapevo esattamente da dove iniziare.
Lei era così tante cose.
"Beh, lei è una ragazza speciale" incominciai.
Poi sorrisi, mentre iniziavo a pensare a cosa dire di lei, cercando di ripercorrere mentalmente ogni nostro momento.
Dal primo giorno in cui la incontrai, all'ultimo passato insieme.
"È una ragazza timida. Non le piace apparire, è così riservata. Quando la si mette al centro dell'attenzione si imbarazza, arrossisce e diventa adorabilmente impacciata.
Poi i suoi occhi. Dio santo, quegli occhi ti ci perdi dentro.
Sono di un azzurro così limpido che ti sembra di nuotarci dentro.
Tutte le mattine nei corridoi ci guardavamo e ci sorridevamo. Non c'era un motivo, ma quando la vedevo sorridevo perché stavo bene. La sua presenza, la sua persona mi faceva stare bene.
Quando stavo con lei, era come se tutto il resto non ci fosse. Come se per un attimo fosse possibile dimenticarmi dei casini, delle responsabilità, dei problemi.
Lei mi ascoltava e mi capiva.
Sapeva sempre cosa dire e dimostrava di tenerci a me".
Avrei parlato di lei per ore, descrivere ogni singola cosa di lei.
"Lei è... bellissima ed è la cosa migliore che mi sia capitata".
La ragazza era rimasta ad ascoltarmi, senza mai dire nulla.
Era strano parlare con una ragazza di queste cose, di sentimenti e relazioni. Ma con Gemma era diverso, con lei potevo parlare di tutto.
"Harry" disse lei.
Mi voltai.
"Segui il tuo cuore. Non devi restare per sempre con una persona che non ami solo perché c'è una stupida firma su un pezzo di carta".
Io la guardai nuovamente. 
Lei mi sorrise, appoggiandosi a me per abbracciarmi.
Io la avvolsi con un braccio e la strinsi al mio petto.
Quanto avrei voluto cancellare per sempre quella firma da quello stupido documento.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Scusate per il ritardo.
Questi saranno gli ultimi capitoli e sono un po' più lunghi da scrivere.
Grazie per la vostra pazienza, buona lettura!
 

*Bella's pov*

Ero andata a casa di mia madre, dopo che Jared mi aveva definitivamente cacciata di casa.
Avevo aperto la valigia infilandovi più vestiti possibili.
Ero devastata e sconvolta, nonostante fossi psicologicamente preparata a una reazione simile, e non trovai il tempo di fare mente locale per capire se avevo preso tutto. Ma era chiaro che sarei dovuta ritornare a prendere tutte le altre cose in un altro momento.
Anche Jared era fuori di sè, e questa volta lo capivo.
Non avrebbe mai potuto accettare questa situazione, né tantomeno assumersi una responsabilità così grande.
Avevo complicato le cose e distrutto ogni possibilità di poter ricominciare e fingere che tutto questo non fosse mai accaduto.

Jared era rimasto in cucina, e quando scesi le scale per uscire di casa, lui non mi aveva parlato e né rivolto mezzo sguardo.
Lo sentivo dalla stanza di sopra rompere qualche piatto e qualche bicchiere, così mi affrettai ad andarmene il più velocemente possibile.

Quando bussai alla porta di mia madre, senza spiegare, senza nemmeno salutare, mi gettai fra le sua braccia ancora piangendo.
"Bella, tesoro. Cos'è successo?" 
Rimasi lì, immobile tra le sue braccia, continuando a singhiozzare, incapace di fare uscire alcuna frase di senso compiuto.
Robert accorse subito per vedere cosa stava succedendo, e quando mi trovò abbracciata alla donna le rivolse uno sguardo preoccupato e senza dire altro prese la mia valigia, la portò all'interno della casa e richiuse la porta.
"Mamma" farfugliai cercando di calmarmi.
Mi staccai un attimo, continuando ad ansimare, mentre mi asciugai le lacrime con la manica del mio giubbotto pesante.
Poi, la guardai.
"Devo dirti una cosa".
Abbassai lo sguardo sui miei piedi.
Dopo quello che aveva passato in questi anni, ero consapevole che per lei sarebbe stato un colpo al cuore sapere che anche la figlia aveva fatto la stessa cosa dell'uomo che le aveva rovinato la vita, ed avevo una paura terribile che anche lei potesse cacciarmi.
Ma in quel momento, sembrava solo preoccupata per me e mi condusse nella sua camera da letto, dove, dopo qualche istante di silenzio, incominciai a parlare e a spiegarle del disastro che avevo combinato.
"Sono incinta" incominciai "ma il bambino non è di Jared".

Mi aveva lasciato parlare, senza interrompermi nemmeno una volta.
Aveva ascoltato tutto quello che avevo da dire e ogni mia spiegazione.
Mi era difficile cercare di capire cosa stesse pensando di me in questo momento, ma sapevo di averla delusa, anche se non lo aveva detto esplicitamente.
Io rimasi lì, seduta sul letto con le gambe incrociate soffiandomi il naso nel mio fazzoletto di tanto in tanto, mentre mia madre si era alzata dal grande materasso cominciando a girare in tondo per tutta la stanza.
Si massaggiò le tempie con le mani, sospirando.
"Dio mio Bella" sussurrò alla fine.
"Mamma mi dispiace così tanto. Ti prego, non odiarmi"
Lei si avvicinò, sedendosi al mio fianco.
Poi mi accarezzò una guancia, avvolgendomi di nuovo in un abbraccio.
In un attimo, il mio cuore riprese a battere.
"Tesoro, non potrei mai odiarti" 
Mi accarezzò la schiena, continuando a cullarmi fra le sue braccia.
"Ho combinato un casino"
"Si Bella, l'hai fatta proprio grossa" poi riprese "ma quello che è fatto è fatto. So che non volevi far soffrire Jared, ma hai sbagliato e questa situazione ha complicato tutto".
Io annuii, e non dissi nulla.
"In questo momento bisogna pensare alla tua salute e a quella del bambino.
Al resto penseremo poi".
In realtà, proprio non riuscivo a non pensarci.
Questa situazione sembrava surreale, mi sentivo tremendamente sola, ma soprattutto l'idea di aver fatto soffrire una persona che mi amava mi distruggeva.
"Lui lo sa?" 
Mi voltai di nuovo verso la donna seduta al mio fianco.
Harry ancora era ignaro di tutto e con questa notizia avrei incasinato nuovamente la sua vita.
"No" ammisi "non ancora".
Come avrei fatto a dirglielo?
Per telefono? Un messaggio?
Come avrebbe reagito? Mi avrebbe abbandonato anche lui?
Non potevo sapere se fosse già ritornato alla sua vita di tutti i giorni. Magari le cose con Jennifer erano già ritornate come prima del mio arrivo.
Ed io, come sempre, sarei stata di troppo.
"Diglielo Bella" disse di nuovo la donna, alzandosi poi dirigendosi verso la porta della stanza. 
"Prima lo farai, prima riuscirai a sistemare le cose".
Poi mi sorrise, e uscì dalla camera lasciandomi lì, sul letto, da sola.
Mi lasciai cadere sul materasso appoggiando la testa sul cuscino.
Stavo bene lì, al buio. L'unico spiraglio di luce era quello leggero della luna, che entrava dalla finestra.
Socchiusi gli occhi, nel tentativo di rilassarmi un attimo.
Volevo che i miei pensieri svanissero da un momento all'altro. Volevo liberare la mente da ogni cosa e dimenticare tutto, anche solo per un attimo.
E solamente quando mi addormentai, riuscii a trovare un attimo di pace con me stessa.

Mi svegliai un po' scombussolata, con gli occhi gonfi e la testa pesante.
Mi resi conto poco dopo di essermi addormentata sul letto di mia madre, dopo essere rimasta sola.
Mi alzai così dal letto, con la testa che stava iniziando a girare e lo stomaco sottosopra.
Fuori era buio pesto, probabilmente era notte fonda, ma quando giunsi in corridoio, notai il grande orologio appeso alla parete che non segnava nemmeno la mezzanotte.
Così, scesi le scale e raggiunsi la mamma e Robert in salotto.
Lui aveva un braccio intorno alle spalle di mia madre mentre con l'altra reggeva una bottiglia piccola di birra, lei era appoggiata sul suo petto e insieme guardavano la televisione.
Quando mi sentirono scendere le scale, entrambi si voltarono verso la mia direzione. La mamma si alzò venendomi in contro.
"Bella, ti sei svegliata" disse lei.
Era visibilmente più tranquilla. Forse mi avrebbe fatto bene averla vicino in questo periodo.
"Hai fame, tesoro? Ti abbiamo tenuto un po' di carne per te".
"Non ho molta fame in realtà, ho solo voglia di un po' d'acqua" la interruppi io.
Lei mi guardò, un po' contrariata.
Erano giorni che non mangiavo molto, ma sapevo che nelle mie condizioni avrei dovuto sforzarmi.
Mia madre decise, stranamente, di non insistere.
"D'accordo" sussurrò "la tua stanza è già pronta, se vuoi andare a coricarti. Ho fatto il letto poco fa".
"Grazie mamma" risposi, lasciandole un bacio sulla guancia.
"Bentornata a casa tesoro mio" sussurrò al mio orecchio.
Poi mi diressi in cucina dopo averle sorriso. 
Senza di lei e Charlotte, probabilmente non avrei mai potuto superare tutto questo.

Da quando ero uscita di casa, non avevo considerato il telefono. Lo avevo infilato nella tasca del mio cappotto, e lo avevo lasciato lì. Non avevo voglia di parlare con nessuno, ma sentivo la necessità di scrivere a Charlotte per avvisarla di quello che era successo.
Così, una volta uscita dalla cucina, prima di salire di nuovo le scale mi avvicinai al mio giubbotto appeso all'attaccapanni estraendo il mio cellulare.
Infatti, avevo una chiamata persa da parte di Jessica e un messaggio di Charlotte.

Hey tesoro, come è andata?

Salendo le scale, iniziai a digitare una risposta.

Sei ancora sveglia? 
Ti chiamo e ti spiego.

Ma il suo ultimo accesso risaliva a qualche ora prima. Conoscendola, mi avrebbe risposto il mattino seguente.

Quando entrai nella mia stanza, mi fece quasi strano ritrovarla tutta sistemata.
Da quando abitavo con Jared, non avevo mai passato la notte qui.
La mamma aveva preparato il mio letto con le mie lenzuola rosa a fiori, che erano le mie preferite.
I miei due cuscini erano posti uno sopra l'altro, proprio come facevo sempre io e la coperta di pile era ripiegata perfettamente ai piedi del letto. Quanto mi mancava stare qui.
Il comò era stato sistemato esattamente come l'avevo lasciato prima di trasferirmi, ed ogni fotografia era al suo posto.
Presi in mano una delle cornici.
Quella foto raffigurava mia madre che mi teneva in braccia in salotto, abbracciata a mio padre.
Io ero piccola, avevo un cappellino rosa e una tutina bianca di ciniglia, con delle piccole calzettine a fiori.
Avevo le guance e le labbra arrossate e i miei genitori mi stringevano teneramente fra le loro braccia, con un sorriso felice e orgoglioso di quello che avevano costruito.
Sembravo così piccola e fragile fra le braccia di mia madre.
Prima di rimetterla al suo posto, accarezzai il vetro che la ricopriva, e istintivamente mi portai l'altra mano sul ventre.
Non potei fare a meno di pensare che anche io, fra non molto, mi sarei ritrovata nella stessa situazione.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Buongiorno a tutti, come vi ho detto in precedenza scusate il ritardo di questi giorni.
Tra impegni e la lunghezza dei capitoli ci impiegherò un po' di più.
Comunque, come sarebbe a dire che siamo già a settembre?
Ma chi l'ha deciso?
Bah, sono senza parole!
Buon proseguimento e, come sempre, buona lettura!

La settimana successiva, mia madre mi accompagnò dalla sua ginecologa per fare il primo controllo.
Ero davvero tesa dato che non ero mai andata dalla ginecologa e l'idea mi metteva leggermente a disagio e un po' in imbarazzo.

Ero seduta su una delle seggioline blu nella sala d'attesa, con mia madre seduta da un lato e Charlotte dall'altro, intenta a digitare sullo schermo del suo cellulare.
Nella sala, non eravamo da sole.
C'erano altre due donne, più grandi di me accompagnate dai rispettivi compagni.
Ogni tanto mi guardavano, il che mi faceva sentire strana.
Avranno sicuramente pensato che io fossi lì da sola perché il padre mi aveva lasciata. Mi scrutavano, tentando di capire la mia storia, ma probabilmente le loro ipotesi erano lontane dalla vera realtà delle cose.
Quando la porta dell'ambulatorio si aprì, una donna uscì. Era più giovane di quelle sedute di fronte a me. 
Teneva sotto braccio una cartellina, probabilmente con tutti i suoi documenti.
Il suo rigonfiamento si notava molto da sotto la sua maglietta. Anche io tra qualche mese sarei stata nella stessa situazione.
Poi, l'infermiera sbucò da dietro la porta, e con voce squillante e un sorriso radioso dipinto sulle labbra, chiamò il mio nome.
Mi feci coraggio e mi alzai dalla sedia, lanciando uno sguardo a mia madre.
Lei ricambiò con un sorriso, e io cercai di stare tranquilla il più possibile.

Le due infermiere all'interno della stanza avevano fatto di tutto per mettermi a mio agio durante la visita.
Avevano capito che era la mia prima volta, così, prima di iniziare con il controllo mi fecero diverse domande.
Quando mi stesi sul lettino, la donna, la più vecchia fra le due, iniziò a spalmarmi il gel sul mio ventre. La temperatura fredda del liquido a contatto con la mia pelle mi fece rabbrividire.
Ero ancora un po' tesa, così socchiusi gli occhi e sospirai.

Le immagini sul monitor, in realtà, non erano molto chiare.
Sullo schermo si vedevano solo delle strisce bianche e nere, se non fosse stato per la dottoressa, non avrei mai capito che quello che, per ora, era un piccolo puntino nero, era il mio bambino.
Si sentiva il rimbombo del battito del suo cuore.
Anche il mio cuore prese a battere più forte, ero emozionata, anche se quella situazione era decisamente diversa da quella che mi ero sempre immaginata.
Avrei tanto voluto avere Harry al mio fianco, in quel momento. Ma purtroppo non potevo averlo.
Ritornai alla realtà, quando l'infermiera mi porse della carta per ripulirmi dal gel.
"Sei già alla quinta settimana" disse sedendosi alla scrivania, compilando poi dei documenti.
"Possiamo già iniziare a fissare il calendario delle prossime ecografie, ma è necessario che la prossima volta tu venga con il tuo compagno, se non è possibile bastano i suoi documenti e gli esami del sangue".
Io mi sedetti sulla sedia di fronte a lei, annuendo.
Ma subito la donna notò la mia espressione non troppo convinta.
Ormai lo avevano capito tutto che ero sola.
"È solo per una questione di sicurezza, è importante verificare le condizioni salute di entrambi i genitori".
"Si, non c'è problema, la prossima volta li porterò" dissi, cercando di assumere il tono più deciso possibile.
Prima o poi, sarebbe arrivato questo momento.
Dopo avermi dato alcune raccomandazione sull'alimentazione e qualche consiglio su come affrontare i problemi di questi primi mesi, mi consegnò le foto dell'ecografia e mi lasciò andare.
Quando uscii, la mamma e Charlotte mi raggiunsero immediatamente.
La ragazza fu subito curiosa di vedere le fotografie e di sapere tutto quello che mi avevano detto.
Così, le raccontai tutto mentre la mamma si avviò per prendere la macchina.
"Hanno detto che è importante che anche Harry faccia degli esami" sussurrai "devo dirglielo il prima possibile".
Ormai era arrivato il momento.
Non so come l'avrei fatto, ma glielo avrei dovuto dire.

"Tesoro, sei proprio sicura che non vuoi che ti accompagni? Non devi sforzarti troppo nelle tue condizioni" disse mia madre giungendo nella stanza.
Stavo preparando il mio piccolo bagaglio a mano. Stavo tornando a Londra, decisa ad incontrare Harry.
Glielo dovevo dire, ed era giusto farlo di persona.
"Mamma stai tranquilla, saranno solo tre giorni e poi Jessica ha detto che mi verrà a prendere in aeroporto" risposi, esasperata.
Mia mamma era diventata iperprotettiva più di quanto non lo fosse già.
Era preoccupata per me e per la mia salute, e potevo capirlo, ma era un viaggio breve e sarei tornata dopo qualche giorno.
"Dio Bella, sei proprio pazza" poi uscì dalla stanza scuotendo la testa.
Erano passati cinque giorni da quando avevo fatto la visita, e dopo averci pensato bene, avevo capito che era arrivato il momento di affrontare il ragazzo, e la sua famiglia.
Non ero sicura di come avrebbe reagito, anzi, quasi sicuramente avrei solo complicato le cose fra lui e Jennifer, ma era giusto che lui lo sapesse.

Mia madre mi aveva accompagnato all'aeroporto, e prima di lasciarmi andare per raggiungere il gate del mio volo, era rimasta con me per tutto il tempo, riempiendomi di raccomandazioni.
Più che incinta, sembravo malata.
Trascinai il bagaglio a mano prima di porgere i documenti e raggiungere l'aereo, ma poco più avanti la fila si fermò.
L'aereo era troppo pieno, e furono costretti a riporre i bagagli a mano che erano rimasti all'interno della stiva.
Da un lato era una fortuna, per lo meno non avrei dovuto sollevarlo e portarlo con me.
Presi il portafoglio e il cellulare dalla tasca anteriore del mio trolley, e lo infilai in tasca.
Poi, dopo aver consegnato i miei bagagli, mi avviai verso l'aereo.
Quando raggiunsi il mio posto, come al solito mi infilai le cuffiette e inizia ad ascoltare la musica.
Stava iniziando a piovere.
Mi appoggiai al finestrino, socchiudendo gli occhi. Mi lasciai cullare dal rumore della pioggia contro al vetro del finestrino, mentre dentro di me speravo con tutto il cuore che il volo procedesse tranquillo. Odiavo le turbolenze.
Lasciai un messaggio a mia madre prima di mettere il cellulare in modalità aereo, e di azionare la musica appoggiandomi al seggiolino.
Dovevo godermi quegli ultimi attimi di tranquillità prima di affrontare questo casino.

Se prima ero felice di aver lasciato la valigia in stiva, ora avrei di gran lunga preferito averla con me.
Erano ormai 15 minuti che aspettavo, quando finalmente il rullo iniziò a girare.
Mi avvicinai non appena scorsi la mia valigia, e quando raggiunse la mia posizione la afferrai saldamenti facendola scivolare sul pavimento.
La trascinai dietro di me fino all'uscita, ma tra la folla di gente non riuscii a vedere Jessica.
Quando disattivai la modalità aereo, trovai un messaggio della ragazza. Mi avvisò che avrebbe fatto un po' tardi, così mi avviai verso il parcheggio rispondendo al suo messaggio che l'avrei aspettata lì fuori.
Ma non aspettai molto, prima che accostasse subito di fronte a me.
Poi scese dalla macchina correndo ad abbracciarmi, anche se in realtà erano passate solo 4 settimane dall'ultima volta che mi aveva vista.
Mi aiutò a caricare la valigia, poi anche io salii in macchina dove la ragazza mi riempì di domande.

Nonostante fossero state solo un paio di ore di volo, il viaggio mi aveva devastata.
Avevamo cenato presto quella sera, poi subito dopo la doccia mi buttai sotto le coperte.
Ne avevo già parlato con Jessica, e la mattina seguente la prima cosa che avrei fatto sarebbe stato andare a casa di Harry.

Fu così, che il mattino seguente, fra la nausea e un po' di mal di testa mi diressi in cucina.
La ragazza aveva già preparato la colazione.
"Buongiorno Bella" disse vedendomi arrivare "come sei mattiniera oggi".
Io ridacchiai, e addentai la fetta di pane tostato che aveva posato sul piatto.
"L'ansia mi sta divorando" ammisi.
Lei si sedette di fronte a me, con la tazza di caffè fra le mani.
Il solo odore mi fece aumentare il senso di nausea.
"E se non lo volesse tenere?" chiesi.
"Dio Bella, non incominciare. Se inizi a metterti nella testa questa cosa, accumuli solo un sacco di stress inutile. Lo scoprirai solo parlandone con lui".
Io sospirai, portandomi le mani nei capelli.
Stavo morendo dalla paura.

Quando finalmente fummo pronte, entrammo in macchina.
Allacciai la cintura e la ragazza mi accompagnò di fronte a casa del ragazzo, dopo averle dato l'indirizzo e alcune indicazioni.
Le gambe mi tremavano, una volta arrivata di fronte al viale di casa sua. Non avrei mai trovato il coraggio di scendere da quelle macchina. 
"Bella" mi incitò la ragazza, poggiandomi una mano sulla spalla.
"Vado, vado" sussurrai.
Poi aprii la porta, e stringendomi nel mio cappotto con la borsa sulla spalla, mi avviai verso la porta e suonai il campanello.
Mi portai le mani alla bocca, incominciando a mordicchiarmi le unghie e a dondolare sui miei piedi per via dell'ansia.
Stavo tremando, un misto fra il vento freddo e la paura.
Mi voltavo ogni tanto verso la macchina della ragazza, che mi stava aspettando parcheggiata qualche metro più avanti.
Sobbalzai nel momento in cui la porta si aprì.
Ma invece del ragazzo, mi trovai davanti Jennifer, con i capelli legati, il trucco sbavato e avvolta in una vestaglia color panna.
"Guarda chi è venuto a trovarmi" disse lei incrociando le braccia al petto.
Non aveva un bell'aspetto, ma lei sembrava non curarsene di farsi vedere da me in quelle condizioni.
Io, al contrario, ero sorpresa perché non avrei mai pensato di vederla in quello stato.
"Ciao Jennifer" poi feci una piccola pausa, e fissandomi i piedi sussurrai "devo parlare con Harry, se posso".
Lei scoppiò in una fragorosa risata.
Cosa c'era tanto da ridere?
"Mi stai prendendo in giro spero".
Io la guardai confusa.
"Jennifer, so che mi odi e che lui è tuo marito e non dovrei più vederlo ma..."
"Lui non è più mio marito" sputò lei, fulminandomi con lo sguardo "non per molto".
Io mi impietrii. Avevo sicuramente capito male.
"Non dirmi che non lo sapevi. Harry ha avviato le pratiche per il divorzio e non abita più qui da tre settimane ormai. Sarai contenta adesso".
"Jennifer io davvero non ne sapevo nulla" ero sorpresa quanto lei, stavo dicendo la verità.
"Non mi interessa più ormai" poi si staccò dallo stipite della porta al quale era rimasta appoggiata per tutto il tempo.
"Devi cercarlo da un'altra parte, e ora sparisci e non farti più vedere" afferrò la porta e la chiuse sbattendola davanti a me.

Io feci qualche passo indietro. Rimasi davanti a quella porta per qualche minuto, spaesata.
Ero confusa. Se Harry non era lì, ero tornata al punto di partenza.
Non avevo idea di dove potesse essere.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


"Quindi ora cosa pensi di fare?" chiese la ragazza sorseggiando la sua seconda tazza di caffè di quella mattina.
Io non avevo preso nulla, rimasi lì seduta sulla sedia e fissare il tavolino sul quale eravamo appoggiate.
Non avevo proprio idea di cosa fare.
"Credimi, non lo so" Sussurrai.
Eravamo al bar dove io e Harry facevamo sempre colazione.
Eravamo venute lì per puro caso, anche se dentro di me nutrivo la speranza che lui fosse lì in quel momento prima di entrare al lavoro.
Harry non c'era, purtroppo, ma nel bar, entrò Michael Evans.
Con la coda dell'occhio guardava nella mia direzione. Di certo mi aveva riconosciuta, ma non aveva il coraggio di avvicinarsi dopo quello che mi aveva fatto.
Che ci aveva fatto.
Mi alzai dal tavolo, lasciando sola la ragazza per un momento, e mi avvicinai al ragazzo fermo al bancone.
"Adams!" disse lui, fingendosi entusiasta "pensavo non fossi più a Londra".
"Infatti non sono qui per rimanere" risposi fredda "Harry è al lavoro oggi?".
Non avevo nemmeno riguardo di essere educata nei suoi confronti, perché di certo lui non lo era stato con me.
"Come, non lo sai?"
"Cosa?"
Cos'altro avrei dovuto sapere ancora?
"Harry non lavora più per noi, si è licenziato poco tempo fa".
Si portò la tazzina alla bocca, e in un sorso finì il caffè che gli avevano appena servito.
"Non ne sapevo nulla" sussurrai.
Poi mi portai le mani sulla fronte. Mi scoppiava la testa.
Quante cose erano cambiate a mia insaputa.
"Beh, comunque non lo biasimo" disse poi, pulendosi la bocca con un tovagliolo di carta. Si avvicinò al mio orecchio "una più giovane e figa ce la saremmo scopata tutti" disse poi facendomi l'occhiolino.
Roteai gli occhi al cielo, fulminandolo con lo sguardo.
"Fate tutti così schifo" sputai.
Poi mi voltai, e sul bancone affianco alla sua tazzina gli avevano servito un bicchierino con un goccio d'acqua accompagnato al caffè.
Senza pensarci due volte, lo presi in mano e glielo lanciai addosso, rovesciandone tutto il liquido in faccia e sulla camicia.
Poi appoggiai il bicchierino sbattendolo sul bancone.
Lui imprecò, ma io lo ignorai, mentre tentava di asciugarsi.
Tornai a passo svelto al mio posto, raggiungendo la ragazza che mi fissava a bocca a parte trattenendosi dal ridere.
"Ma ti è dato di volta il cervello?"
Io mi sedetti sbattendo i pugni sul tavolo.
"È uno stronzo schifoso" sputai "andiamocene di qui".
Non vedevo l'ora di uscire di lì, per non dover respirare la stessa aria di quella persona orribile. Avevo gli occhi che mi pungevano, non avrei mai pensato che innamorarmi di una persona avrebbe fatto così male. 
Non avrei pianto di nuovo, ero davvero stanca di stare male. Ma forse quello era il prezzo da pagare per essermi innamorata di chi non avrei dovuto.
Incominciai a vestirmi, avvolgendomi nella grande sciarpa di lana.
Ne avevo abbastanza di quel posto di merda.

Quando arrivai in quella che per tre mesi era stata anche casa mia, ne fui più che felice.
Quella giornata stava andando di male in peggio e non sapevo più cosa aspettarmi.
Mi ero infilata un paio di leggins neri e una felpa pesante, buttandomi poi sul divano senza fare nulla.
Quella giornata e soprattutto l'incontro con Evans mi aveva disgustata. Come poteva una persona essere così cafona e maleducata?
Sapevo che Harry non mi frequentava perché ero più giovane di Jennifer, di questo ne ero certa. Ma solo il fatto che qualcun altro potesse pensarlo mi faceva ribollire il sangue nelle vene.

Jessica mi raggiunse in salotto porgendomi la tazza di the caldo che le avevo chiesto. Era l'unica cosa che riuscivo a bere, tutto il resto non faceva che alimentare la mia nausea, che oggi, probabilmente a causa dello stress che stavo accumulando, non mi aveva mai dato tregua.
Appoggiai il cellulare sul tavolino ai piedi del divano, e iniziai a bere.
La ragazza si sedette di fronte a me, guardandomi rattristita.
"Mi dispiace per come sono andate le cose" disse lei.
"Jess, non ti preoccupare, non potevamo saperlo" risposi, sorridendole per rassicurarla "Comunque credo che chiamerò Harry e gli chiedo dove si trova. Spero non lontano da qui"
"Quindi glielo dirai comunque?"
"Non sono venuta fino a qui per poi tornare a casa senza aver concluso nulla" risposi "e poi come minimo mia mamma mi ucciderebbe".
Entrambe scoppiammo a ridere nello stesso momento, perché sapevamo com'era fatta mia madre.
Ero felice di essere tornata qui, perché con Jessica sembra tutto un po' più facile.

Mentre la ragazza preparava la cena, io mi ero chiusa in camera.
Prima avevo telefonato a Charlotte, aggiornandola su quello che era successo quella mattina. Poi, dopo essermi documentata sulla gravidanza leggendomi alcuni articoli sul mio computer, mi feci coraggio.
Sapevo che dovevo chiamare Harry. Ero venuta fino a qui per lui e ora non potevo più tirarmi indietro. Non me lo sarei mai perdonata.
Così, cercando di non pensarci troppo, cominciai a scorrere la rubrica fino al suo contatto.
Rimasi sul letto, fissa sul suo nome per qualche secondo.
Non ero psicologicamente pronta a sentirlo di nuovo, lo avevo abbandonato, lo avevo praticamente lasciato nonostante fosse la persona di cui mi sono innamorata. Probabilmente non mi avrebbe nemmeno risposto.
"Non potrai mai saperlo se non lo fai" così mi avevano detto all'incirca tutti.
Di solito non seguivo le indicazioni degli altri, ma ultimamente avevo combinato troppi casini per continuare a seguire il mio istinto.
E finalmente, dopo minuti interminabili, cliccai su quel maledetto nome portandomi il telefono all'orecchio.
Il telefono squillò un paio di volte, prima di sentire la sua voce dall'altro capo del telefono.
"Bella?!" 
La sua voce era tremante, quasi incredula.
"H-Harry" risposi "sono io".
Certo che ero io, l'aveva già letto. 
Solo nel momento in cui presi a parlare mi accorsi che avevo trattenuto il respiro per tutto il tempo.
"Dio mio Bella, non ci speravo più che mi chiamassi. Come stai?"
Ma la mia non era una telefonata di cortesia. Quindi decisi di non girarci troppo intorno.
"Harry, io ho bisogno di parlarti, ma a casa non ci sei. Ho trovato Jennifer e mi ha raccontato tutto..." ma lui subito mi interruppe.
"Un momento, sei a Londra?"
"Si" risposi. Era normale che non riuscissi a concepire di star realmente parlando con lui?
"E dove sei esattamente? Possiamo vederci anche subito, io sono fuori città ma dammi un paio di ore e sono lì".
Quanta tenerezza mi faceva quel ragazzo, non riuscivo a capire perché, dopo tutto quello che gli avevo fatto, non mi odiasse e non avesse ancora riattaccato.
"Sono a casa di mia cugina, puoi venire anche qui. Ma davvero, è importante"
"Ci sarò, tu solo... aspettami"
"D'accordo, ti aspetterò" risposi.
Nella sua voce percepii il terrore che io potessi andarmene di nuovo. Non sapeva che in realtà tutto dipendeva dalla sua decisione.
"Grandioso, allora a più tardi" poi riattaccò.
Io mi lasciai scivolare sul materasso, rimanendo immobile.
Dio solo sa cosa sarebbe successo più tardi.

Incominciai a girare intorno al divano del salotto, torturando nervosamente le unghie.
Jessica era rimasta sul divano in salotto insieme a me, ma mi aveva promesso che ci avrebbe lasciati soli al momento del suo arrivo.
"Bella, se continui a girare intorno va a finire che buchi il pavimento"
Io la fulminai con lo sguardo a quella battuta pessima. Stavo letteralmente morendo, e sentivo come il bisogno di vomitare da un momento all'altro.
Quando sentii una macchina entrare nel viale, mi affacciai alla finestra scostando la tenda.
In realtà, era quello che avevo fatto ad ogni macchina che sentivo arrivare.
Ma questa volta era lui, non avrei mai confuso la sua camminata nemmeno fra un milione.
"È lui" sussurrai, terrorizzata.
"Bella, calmati" disse lei.
Poi sparì rapidamente nella sua stanza.
Quando suonò il campanello io ero già davanti alla porta, feci un respiro profondo prima di aprire.
Il ragazzo si impietrì vedendomi lì, davanti a lui. A me fece lo stesso effetto, rimasi per qualche secondo a fissarlo.
Ma inevitabilmente i miei occhi incominciarono a farsi più lucidi.
"Bella" sussurrò lui in modo impercettibile.
Poi si gettò fra le mie braccia, come se in quel momento fosse l'unica cosa di cui avesse bisogno. 
Incastrò il viso nell'incavo del mio collo, fra i miei capelli, quando io ricambiai l'abbraccio stringendolo più forte a me.
"Dio, mi sei mancata così tanto" 
Le sue lacrime incominciarono a scendere, bagnando il mio maglione e la mia pelle.
Infilai le mani nei suoi capelli, facendomi piccola tra le sue braccia.
Poi lui si staccò da me, guardandomi negli occhi, rimanendo a pochi centimetri di distanza dal mio viso.
Anche lui come me si stava domandando se fosse così inopportuno baciarsi?
Avrei tanto voluto riassaporare quelle sue labbra, che in quel momento erano arrossate per via del freddo e del pianto.
Mi limitai a portargli una mano sulla guancia, accarezzandola dolcemente.
"Potrei rimanere qui per ore a dirti quanto mi sei mancato, ma ho una cosa più importante da dirti".
L'attimo di pace che avevo appena trovato fra le sue braccia era già finito, e odiavo dover essere io farlo terminare ogni volta. Ma era giunto il momento di affrontare la realtà, quell'ultimo passo che avrebbe definito il futuro di entrambi.

Il ragazzo incominciò a spogliarsi del suo cappotto, appendendolo all'attaccapanni mentre io, dalla mia borsa, presi la cartellina azzurra all'interno della quale avevo riposto tutti i documenti della visita.
Mi sedetti sul divano, facendogli posto accanto a me.
In quel momento, il cuore stava battendo all'impazzata e non sapevo nemmeno da dove cominciare. Rimpiansi di non aver fatto mente locale su cosa avrei potuto dirgli, così fui costretta a dire tutto in quel momento. 
"Harry" sussurrai, ma la voce mi si ruppe in gola e nuovamente ripresi a tremare.
Feci un lungo respiro socchiudendo gli occhi. 
"Io, non so davvero da dove incominciare, voglio dirtelo e basta".
Lui mi guardava, immobile senza dire una parola. Era terrorizzato quanto me.
"Aspetto un bambino".
Aprii gli occhi per incontrare il suo sguardo. Come mi aspettavo, il suo sguardo era perso nel mio ed era letteralmente sbiancato.
Poi ripresi.
"Il tuo bambino".
E lì ogni cosa, ogni parola, ogni gesto sembrava essere sempre più concreto.

Il ragazzo continuava a fissarmi, con lo sguardo perso.
Mi avvicinai a lui, appoggiando una mano sul suo ginocchio, quando lui si scansò.
Lo guardai, terrorizzata.
"Harry... ti prego, dimmi qualcosa" sussurrai, in preda al panico.
Perché non mi parlava? 
Ogni mia paura incominciò a trasformarsi in realtà e a prendere forma.
Sapevo che anche lui mi avrebbe lasciata, me lo sentivo.
Il suo silenzio non poteva avere altra spiegazione.
Lui si portò una mano fra i capelli e mi guardò di nuovo.
"Non so cosa dire Bella" sussurrò lui "sono solo sconvolto".
"Tu non vuoi questo bambino, vero?" dissi.
Ormai stavo piangendo, avevo le lacrime agli occhi. 
Non poteva abbandonarmi anche lui.
"Dio Bella, ti prego non puoi chiedermelo adesso" rispose il ragazzo.
Poi mi prese le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi.
"Devi darmi il tempo di realizzare, sono spaventato, come credo lo sia anche tu" disse lui.
Ma io ero completamente su un altro pianeta, avevo davvero paura che anche lui mi potesse lasciare.
"Ti prego non lasciarmi sola" dissi con l'unico filo di voce che mi era rimasto, prima di lasciarmi andare in un pianto isterico.
Mi gettai fra le sue braccia, quando lui mi posò una mano sulla schiena accarezzandomi, poi mi lasciò un bacio fra i capelli.
"Certo che non ti lascerò sola Bella" rispose lui "sei la cosa più bella che mi sia capitata nella vita, ho bisogno di un attimo di tempo".
Io annuii, rimanendo comunque fra le sue braccia.
Non volevo staccarmi da lui, le sue braccia erano il mio posto nel mondo, il mio posto di pace.
Mi sarei lasciata cullare per ore, ma lui mi fece scostare.
"Quando torni?"
"Domani sera" risposi, asciugandomi le lacrime.
"Io ho bisogno di dormirci su, voglio pensare un attimo a... tutto" disse lui.
"Puoi restare qui, se vuoi"
"Non credo sarei capace di pensare avendoti al mio fianco"
Sorrisi a quella sua frase. Nessuno mi aveva mai detto nulla di simile. O almeno credevo.
Ormai tutto ciò che riguardava Jared era solo un ricordo sbiadito.
Mi avvicinai al suo viso. La voglia di baciarlo in quel momento era tanta, ma avevo così paura di poter condizionare la sua decisione. Così, gliene lasciai uno sulla guancia, accarezzandola successivamente.
Avevo una grande paura della sua scelta, ma da un lato sapevo che avrebbe preso la soluzione migliore.
Così lui si alzò dal divano, dirigendosi verso la porta.
Mi voltai, rimanendo però seduta, quando lui si girò per sorridermi.
"Non sarai mai da sola, te lo giuro" sussurrò lui, prima di chiudere la porta e uscire.
Mi domandavo solo se fosse vero.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


*Harry's pov*

Guardavo fuori dalla finestra steso sul mio letto.
Avevo il braccio appoggiato dietro alla testa, mentre fuori guardavo le stelle che risplendevano nel cielo sereno di quella notte di dicembre.
Mancava poco più di una settimana a Natale, ma con tutto quello che era successo non avevo per nulla sentito l'atmosfera natalizia di quei giorni.
Mi misi su un fianco, continuando a guardare fisso fuori da quel vetro.
Non avevo mai smesso di pensare a quello che Bella mi aveva detto poco prima.
Aspettava un bambino da me.

Tutte le responsabilità da cui stavo tentando di fuggire separandomi da Jennifer mi si stavano ripresentando tutte insieme, forse più grandi.
Con l'unica differenza che Bella la amavo, e per quanto quella situazione mi spaventasse tremendamente, dentro di me ero felice di sapere che il figlio che stava per arrivare lo avrei avuto da un amore vero. Complicato, difficoltoso, ma vero.
Avevo solo bisogno di capire come sistemare le cose.
Non lo avrei potuto fare quella notte, ci sarebbe voluto un po' più di tempo, ma avevo bisogno di pensare e capire cosa volevo davvero.
E in tutto questo, ciò che mi era più chiaro era che io volevo lei.
Sia che fossimo stati solamente noi due, o in tre come stava per accadere.

Mi alzai dal letto non appena sentii il rumore dei piatti provenire dal piano di sotto.
A quell'ora, poteva solo essere Gemma che si preparava per andare a studiare.
Scesi così le scale ed entrai nella cucina strofinandomi gli occhi, che sentivo pesanti dato che praticamente non avevo mai dormito.
La ragazza, infatti, si sorprese di vedermi così mattiniera.
"Ma buongiorno" disse la ragazza versando i cereali nella tazza, sedendosi al tavolo.
Io sbadigliai in sua risposta, versandomi una tazza di caffè. Mi sedetti sulla sedia di fronte a quella della ragazza e iniziai a bere.
Dato che non ero riuscito a prendere sonno, almeno mi sarei svegliato.
"Non hai per niente una bella faccia" disse lei "hai dormito questa notte?".
"No" ammisi "per nulla".
Poi mi sfregai le tempie con la punta delle dita, dato che la testa mi stava letteralmente scoppiando.
"C'è qualcosa che non va?" 
Gemma cercava di approfondire la mia situazione. Da quando ero tornato sapevo che non stavo bene, e ad ogni mio cedimento lei cercava sempre di tirarmi su di morale.
"In realtà non saprei bene come dirlo, è solo un altro casino" sbuffai.
"Jennifer?" chiese, portandosi alla bocca un'altra cucchiaiata di cereali.
"No" poi la guardai.
A lei potevo dirlo, mi avrebbe saputo aiutare.
"La ragazza di Edimburgo".
"Bella?" Rispose.
"Si" sospirai, e dopo un attimo di silenzio ripresi a parlare "è incinta, di me".
Il cucchiaio le scivolò di mano, cadendo sul tavolo schizzando alcune gocce di latte sulla sua superficie.
Mi stava fissando con occhi sgranati a labbra dischiuse.
Più o meno, aveva avuto la mia stessa reazione.

"Mamma lo sa?" disse Gemma successivamente.
"Non ancora, l'ho saputo ieri sera" sussurrai.
Le avevo spiegato che Bella era tornata appositamente per dirmi questo e che tutta la notta mi ero tormentato con questo pensiero.
"Dio Harry, sei proprio un coglione" sbottò lei.
Io abbassai lo sguardo.
Non capivo come fosse potuto accadere, ma io Bella la amavo e non l'avrei mai lasciata sola dopo tutto quello che avevamo passato insieme.
Quando rialzai lo sguardo su quello delle ragazze, lei mi rivolse un sorriso rassicurante. Poi allungò una mano, appoggiandola sulle mie intrecciate sul tavolo.
"Tu cosa vuoi fare?"
"Io voglio stare con lei" sussurrai "mi sono messo contro tutti per lei, e di certo non la lascerò sola proprio adesso".
"Qualunque cosa tu decida di fare, Harry, noi ci saremo" disse lei "però fai le cose con la testa".
Io annuii, ma ero sicuro che per questa volta avrei seguito il mio cuore.

*Bella's pov*

Da dieci minuti ero china sul gabinetto, a vomitare.
Quella serata mi aveva scombussolata parecchio, e questo accumulo di stress mi aveva messo lo stomaco sottosopra.
Jessica, sentendo che non stavo troppo bene, mi aveva raggiunta in bagno.
Si era inginocchiata dietro di me, mantenendomi i capelli.
Mi pulii la bocca con la carta igienica, e dopo essermi sciacquata nel lavandino, abbassai il coperchio e mi sedetti sul gabinetto.
Guardai disperata la ragazza, non ne potevo davvero più.
"Ti chiedo scusa" sussurrai.
"Oh non ti preoccupare, Bella" disse lei "è la prima volta che mi capita di vedere qualcuno vomitare anche l'anima non a causa di una sbronza".
Scoppiai a ridere, lanciandole un'occhiataccia.
Poi appoggiai i gomiti sulle mie ginocchia, sfregandomi il viso con entrambe le mani.
"Non ne posso più, mi sento uno schifo".
Solo il pensiero di essere solo all'inizio mi faceva disperare.
Non potevo immaginare cosa sarebbe successo nei mesi successivi.

Erano già le sei del pomeriggio, e da poco avevo finito di sistemare la mia valigia.
Ero già pronta per partire.
D'altronde non avevo portato molto con me, quindi dovetti solo ripiegare i vestiti che avevo usato in quei giorni.
Jessica mi avrebbe riaccompagnato dopo poco all'aeroporto.
Potevo dire che sarei tornata a casa soddisfatta.
Avevo incontrato Harry, gli avevo detto ciò che avevo da dirgli.
Ora toccava a lui scegliere.

Quando mi infilai il cappotto, prima di uscire di casa controllai il mio cellulare. 
Non avevo ricevuto nessuna chiamata, nessun messaggio da parte sua.
Speravo che almeno mi dicesse se ci aveva pensato, cosa aveva pensato.
Magari non l'aveva nemmeno fatto, ma io credevo di essere in dovere di sapere le sue intenzioni.

Uscii di casa, guardandomi intorno ripensando a quanto fosse strana la vita.
Poco più di due mesi fa uscivo da quella porta accompagnata da una persona che ora non faceva nemmeno più parte della mia vita.
Era così strano il destino.
Jessica caricò nel bagagliaio il mio piccolo trolley, poi si avviò verso la porta di casa per controllare se l'avesse chiusa.
Io feci per entrare in macchina, quando, in quel preciso istante mi sentii chiamare.
"Bella!" sentii dietro di me.
Mi voltai immediatamente.
Harry.
Era venuto.
Forse aveva qualcosa da dirmi.

Io scambiai una rapida occhiata alla mia amica, poi mi diressi verso il ragazzo.
Lui mia appoggiò le mani sulle spalle.
Aveva il fiatone. Aveva corso?
"Harry, stai bene?"
"No, cioè si" disse lui "mi si è fermata la macchina a due isolati da qui. L'ho dovuta fare di corsa perché temevo fossi già partita". 
Si fermò poi riprendendo fiato.
Mi scappò una leggera risata, così gli scostai le ciocche di capelli che gli si erano appiccicate sulla fronte.
"Non andare via da me Bella" aggiunse poi.
"Abbiamo costruito tutto questo, ora non possiamo tirarci indietro.
Io ho capito che senza di te non posso starci perché ti amo. Mi sono innamorato di te".
Mi si illuminarono gli occhi nel sentire le sue parole.
Gli posai una mano sul viso, accarezzandogli una guancia.
"Harry, io ho già deciso cosa fare di questo bambino" sussurrò "ma ho bisogno che anche tu prenda una decisione".
"Non ho mai preso una decisione nella mia vita. E tu lo sai.
Ma ora tocca a me scegliere, e io scelgo te. Scelgo di stare con te e di costruire questa famiglia insieme".

Per un momento, era come se tutto il mondo intorno non esistesse.
Le lacrime iniziarono a scorrere lungo le mie guance.
La paura di rimanere sola piano piano stava iniziando a sparire.
Mi fiondai così sulle sue labbra, baciandolo come se fosse l'ultima cosa che potessi fare prima di partire.
Lui ricambiò il mio gesto, appoggiando le mani sui miei fianchi.
Una sensazione che per due mesi mi era mancata terribilmente e mi sembrava quasi un sogno essere di nuovo fra le sue braccia.
Avevo quasi paura di aver dimenticato i brividi che scorrevano lungo la mia schiena al suo tocco e il sapore delle sue labbra sulle mie.
Non avrei mai più potuto fare a meno di lui.
Sorrise sulle mie labbra quando ci staccammo.
Fece poi scivolare la mano sulla mia pancia, accarezzando dolcemente il mio basso ventre.
Posai così la mia mano sulla sua, intrecciando le nostre dita.
Appoggiai la mia fronte sulla sua, abbassando lo sguardo sulle nostre mani. 
Con lui insieme a me, tutto quello a cui andavo incontro mi faceva meno paura.

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


*1 anno dopo*

25 Dicembre

Avevo finito di apparecchiare la grande tavola rotonda.
Avevo addobbato tutto perfettamente di rosso e di bianco per riprendere il tema natalizio, e dopo essermi assicurata che tutto fosse sistemato come volevo andai nella mia camera ed iniziai a prepararmi.

Per il pranzo di Natale, mamma e Robert sarebbero venuti a casa nostra.
Avevo invitato anche Charlotte, ma da lei Natale era l'unico giorno per potersi riunire con la sua famiglia, ma mi aveva promesso che sarebbe passata nel pomeriggio.
Ma quel giorno anche per noi sarebbe stata una festa in grande, perché anche Harry aveva invitato sua madre e sua sorella Gemma.
Era un'occasione speciale da passare tutti insieme.
Il primo Natale tutti insieme con la piccola Abigail.

Io e Harry, pochi mesi prima della nascita della bambina avevamo deciso di andare a vivere insieme.
Dopo essere ritornata a casa, io e Harry avevamo mantenuto comunque i contatti.
Per lui era difficile aiutarmi e starmi vicino vivendo così distanti, ma tutti i giorni ci sentivamo in videochiamata, fino a quando non decidemmo di trasferirci.
Harry aveva lasciato definitivamente Londra e mi raggiunse qui, ad Edimburgo, dove affittammo una piccola villetta a pochi isolati da casa di mia madre.
Avevamo così l'opportunità di costruire finalmente la nostra famiglia e di stare insieme, ma di poter contare ugualmente sull'aiuto di mia madre e della mia famiglia, al momento della nascita della bambina.

Finalmente, la nostra vita aveva preso una piega normale.
Eravamo una famiglia come tutte le altre, non eravamo più qualcosa di sbagliato.
Jared aveva lasciato Edimburgo e la nostra vecchia casa era stata venduta ad un'altra famiglia.
Harry, invece, impiegò più di sei mesi per divorziare definitivamente da Jennifer.
Lei si era rivolta agli avvocati per la separazione dei beni e per un risarcimento, che riuscì ad ottenere.

Io e Harry, così, potevamo ricominciare tutto da capo.
Lui aveva trovato lavoro in una agenzia di viaggi dove, grazie alla sua esperienza passata, occupava il ruolo di direttore di marketing.
Mentre io facevo la commessa nella biblioteca in centro di Edimburgo.
Certo era un lavoro umile e poco redditizio, ma mi dava la possibilità di rimanere a contatto con la mia passione, la scrittura e i libri.
La biblioteca, inoltre, aveva approvato il mio progetto ed ogni mercoledì sera, mi intrattenevo per condurre un corso di scrittura aperto a chiunque.
Era bello vedere come le persone trovavano il modo di esprimere i propri sentimenti usando le parole.
C'era chi si esprimeva con poesie, racconti, storie. Chi semplicemente si fermava ad ascoltare.
Mi piaceva dare la possibilità a chiunque di sfogarsi, e mi rendeva orgogliosa vedere come il gruppo si allargasse di settimana in settimana.
Ero così fiera di me e di quello che avevo costruito.
Finalmente ero realmente felice, con la persona che amavo davvero e, nonostante l'arrivo della piccola Abby non fosse programmato, lei rendeva più piacevoli le mie giornate ed ogni suo sorriso mi dava la gioia e la forza di vivere la mia vita giorno dopo giorno con il sorriso sulle labbra.

Alzai la zip laterale del vestito che avevo comprato appositamente per quella giornata.
Era un semplice ed anonimo tubino nero, con una cintura di lustrini sotto il seno.
Non era per nulla particolare, ma volevo essere elegante per quella giornata così importante. Non vedevo l'ora.
Stavo indossando i miei soliti bracciali e un paio di orecchini di perle davanti al comò, quando il ragazzo mi raggiunse nella stanza, chiudendo la porta alle spalle.
"È già arrivata tua mamma" disse lui avvicinandosi a me.
Si posizionò dietro di me rimanendo a fissare il mio riflesso nello specchio.
Mi allacciò le braccia attorno alla vita e mi stampò un bacio sulla guancia.
"Sei molto bella vestita così" sussurrò lui.
Io sorrisi imbarazzata.
Non mi ero ancora abituata ai suoi complimenti. 
Mi voltai verso di lui, notando il suo completo nero abbinato ad una camicia bianca, che aveva lasciato aperta nei primi due bottoni.
Mi avvicinai alle sue labbra stampandovi un piccolo bacio mentre gli allacciai quel bottone che lasciava intravedere troppo il suo petto.
"Sei troppo sbottonato per i mie gusti" sussurrai ridendo sulle sue labbra.
Lui alzò gli occhi al cielo sbuffando, poi rise insieme a me.

Mi prese per mano, e insieme tornammo in salotto, dove la mamma stava già coccolando la piccola Abby.
Non appena mi vide mi venne subito incontro, abbracciandomi.
"Mamma ci siamo viste due giorni fa, sembra che tu non mi veda da secoli" scherzai.
Poi mi lasciò fra le braccia la bambina, che subito allungò le braccia verso di me.
Inutile dire che era adorabile.
Poche settimane prima le avevo comprato insieme a Charlotte un bellissimo vestitino rosso a maniche lunghe, con una renna a Babbo Natale stampato sul davanti.
Era davvero carina vestita così.

Harry subito si avvicinò, accarezzando la testa della bambina stampandole poi un bacio sulla fronte.
Era la sua fotocopia.
Aveva preso tutto da lui: gli occhi verdi, il colore dei capelli e i primi ciuffetti che le stavano crescendo erano già dei bellissimi ricciolini come quelli del ragazzo.
L'unica cosa che aveva preso da me era il piccolo naso all'insù, che purtroppo era un tipico tratto delle mie origini francesi.

Mia madre, in quel momento, tirò fuori dalla borsetta la macchina fotografica.
"Come siete carini! Mettetevi lì, affianco all'albero di Natale che vi faccio una bella foto" disse la donna, entusiasta.
Io ed Harry ci guardammo un po' esasperati. Poi scoppiammo a ridere.
Ogni volta che mia madre veniva a casa nostra doveva scattare una fotografia.
Così, ci mettemmo in posa davanti all'albero.
Harry mi attirò a se mettendomi un braccio dietro alla schiena, mentre io reggevo la bambina.
Ma non aveva molta pazienza di stare ferma immobile, così iniziò a dimenarsi e mia madre riuscì a scattare solo una fotografia.
Ma quando ci sedemmo sul divano mentre aspettavamo la madre di Harry, lei continuò a scattare foto.
"Mamma, mi hai fatto più foto in questi 4 mesi che in 24 anni di vita" scherzai.
"Non è assolutamente vero! A casa sono piena di album di tue fotografie di quando eri piccola così" rispose lei.
Ma quando suonarono al campanello, presi di nuovo in braccio la piccola, che avevo messo seduta affianco a me sul divano, e andai ad aprire la porta, dietro la quale trovai Gemma ed Anne, che mi salutarono con un bacio prima di farle entrare in casa nostra.
In meno di un minuto, entrambe si gettarono sulla bambina, che immediatamente allungò le braccia verso la nonna. Così, gliela lasciai, lasciando che anche la loro la coccolassero come aveva fatto mia madre poco prima.
Finalmente eravamo tutti.
Così, andai in cucina iniziando a servire le prime portate.

Non erano nemmeno le otto, ma la piccola Abigail era già crollata da una ventina di minuti.
Quel giorno tutti l'avevano tenuta sveglia, scartando i regali e giocando insieme, e quando tutti se ne andarono lei crollò definitivamente fra le braccia del papà dopo averle dato il biberon, mentre io sistemavo la cucina.
Anche io ed Harry eravamo sfiniti.
Quella giornata era stata davvero stancante ed era una fortuna che la bambina si fosse addormentata così presto.
Così, dopo averle infilato il pigiama e messa nella sua culla, ci sedemmo insieme sul divano con una tazza di latte caldo fra le mani.
Harry aveva il braccio attorno alle mie spalle, quando si alzò dal divano lasciandomi lì.
"Aspetta un attimo" disse poi andando in camera.
Io mi sedetti a gambe incrociate sul divano, rimanendo lì come mi aveva chiesto, ma ero un attimo confusa.
Poi lui tornò con una piccola busta in mano, porgendomela.
"Aspettavo di essere da soli per darti il mio regalo".
Si sedette di nuovo davanti a me, ed io iniziai a scartare il mio regalo sciogliendo il fiocco della bustina.
Curiosa, tirai fuori la piccola scatola al suo interno, e quando la aprii trovai un bellissimo bracciale con un cuore d'argento.
"Giralo" mi disse poi.
Dietro erano incisi i loro nomi in corsivo.

Harry & Abigail

Sorrisi dolcemente, accarezzandolo con la punta delle dita.
Poi lo infilai, facendolo scivolare lungo il mio polso.
"Mi piace tantissimo" ammisi, arrossendo ancora una volta.
Poi mi avvicinai a lui stampandogli un bacio sulle labbra "grazie" sussurrai.
Poi mi alzai dal divano, e dietro all'albero tirai fuori un'altra scatola.
"Anche io ho un regalo per te" dissi ritornando al mio posto di fronte a lui.
Appoggiai il pacco sulle sue ginocchia e lasciai che lo aprisse.
Quando aprì la scatola al suo interno e tirò fuori la camicia rimase quasi senza parole, e io sorrisi soddisfatta.
"Ma sei pazza, veramente Bella?" 
Ridacchiai alla sua reazione.
Gli avevo preso da Prada una camicia azzurra, come quella che l'anno prima stava cercando a Manchester.
Certo, non era lo stesso modello ed era sicuramente meno elegante, ma sapevo che gli sarebbe potuta piacere.
"Ti piace? So che non è come quella che hai visto, ma ho pensato che..."
"Mi piace molto" disse interrompendomi.
Poi accarezzò la mia guancia.
"È un regalo magnifico, ma il regalo più bello di questo Natale sei tu" sussurrò.

Mi sciolsi letteralmente alle sue parole.
Mi gettai così di nuovo fra le sue braccia, avvicinandomi piano alle sue labbra.
Lui sorrise quando le unii, muovendole dolcemente sulle sue.

Ero così felice che ora quei baci, quelle carezze potessero essere dedicate solo a me.
Che tutto quello che avevo fosse finalmente mio e che mi appartenesse.
Ero così felice di aver ritrovato dopo tanto tempo la pace e la tranquillità, quella vera.

È proprio vero che i viaggi cambiano le persone.
Sono partita come una semplice ragazza ambiziosa, e sono tornata insieme alla mia anima gemella.
Non avrei potuto chiedere di meglio.

Fine

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