Inaspettatamente

di elleonora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If We Ever Meet Again ***
Capitolo 2: *** One Way Or Another ***
Capitolo 3: *** Again Again ***
Capitolo 4: *** Never Say Never ***
Capitolo 5: *** Sweet Dreams ***
Capitolo 6: *** Stay ***
Capitolo 7: *** I'm Yours ***
Capitolo 8: *** Non più ***
Capitolo 9: *** You're Not Alone ***
Capitolo 10: *** You've Got The Love ***
Capitolo 11: *** Telefonate & Incubi ***
Capitolo 12: *** Vivere ***
Capitolo 13: *** Look After You ***
Capitolo 14: *** Film, citofoni e WhatsApp ***
Capitolo 15: *** All The Right Moves ***
Capitolo 16: *** Suocere & Fiabe ***
Capitolo 17: *** Principi, medicine & ricette ***
Capitolo 18: *** Dubbi & Zucchero ***
Capitolo 19: *** Telefonate & Esami ***
Capitolo 20: *** Pranzi & Incontri ***



Capitolo 1
*** If We Ever Meet Again ***


INASPETTATAMENTE_ cap.1

 

 

If We Ever Meet Again – Capitolo 1

 

 

12 Agosto.
 
 
V’s POV.
 
Luci, colori, musica assordante, martellante, gente che balla, si dimena, sudore, calore, alcol, fumo… Sono in una discoteca, che alla fine non è che un infuso di tutto ciò. Le discoteche non sono mai state al primo posto tra le mie cose preferite, però per gli amici si tende a fare questo e molto molto altro. Finalmente dopo un lungo inverno pieno di libri, di buio, di ore infinite di lezioni universitarie, di freddo gelido e di studio, sono in vacanza con loro, i miei amici di sempre, quelli che conosco ormai da ventidue anni; siamo cresciuti insieme nel corso degli anni e ogni estate ritrovarmi con loro è sempre stata una gioia. Tra noi esiste un’amicizia che, nonostante le distanze, si rinforza di anno in anno e soprattutto di estate in estate. Sembra una banalità, lo so, ma devo ammettere che il rapporto con loro è quella meravigliosa eccezione che conferma la regola. Questa serata è stata ideata solo ed esclusivamente per celebrare un evento molto importante: il ventesimo compleanno di Cristian. Cristian è uno dei più cari amici che ho da sempre, una sorta di fratellone, nonostante abbia due anni in meno di me. La nostra amicizia non è iniziata nel più roseo dei modi: a quattro anni aveva deciso di rubarmi l’innaffiatoio dell’acqua sulla spiaggia, dopo averlo rotto ed essere tornato in lacrime circa un quarto d’ora dopo, la nonna di Cristian aveva deciso che entrambi dovevamo utilizzare il suo per tutto il pomeriggio. Il giorno dopo, un sorridente Cristian era apparso in spiaggia con un regalino per la sottoscritta: uno sfavillante innaffiatoio verde evidenziatore. Dall’innaffiatoio in avanti, si è instaurato un bellissimo legame che ogni estate diventava sempre più profondo e per me, è sempre stato “il mio fratellone” perché sì, è spaventosamente alto nonostante i due anni in meno, ha un fisico indiscutibilmente muscoloso ed è decisamente un bellissimo ragazzo.
 
La serata è iniziata da un bel po’, le persone sono probabilmente parecchio brille da tempo e io anche. Per una volta ho provato ad applicare la teoria del “b&b”, bevi&balla, altrimenti non mi sarei mai e poi mai alzata da questo meraviglioso divanetto in pelle nera, sono troppo timida per dimenarmi in mezzo alla pista e danzare come una matta come se mi avesse punto una tarantola, non ne sono capace e soprattutto non l’ho mai fatto. Mi sono sempre vergognata. Per questo motivo evidentemente ho «davvero davvero bisogno di una spintarella, tesoro» ha detto così quella simpaticona di Paola, evidenziando con la sua voce stridula la parola “davvero” e “tesoro” riferendosi chiaramente a un cocktail. O più di uno. Paola ormai è solo una conoscente, una semplice conoscente, non più una vera e propria “amica per la pelle” come lo era più di dieci anni fa, la rivedo ogni anno e ogni anno è sempre peggio: sempre svariati ragazzi o veri e propri uomini che le girano intorno, se ne frega di tutto e di tutti, niente università e soprattutto niente lavoro. «Scherzi? Quando ho uno o più di uno che mi mantengono? Perché dovrei scomodarmi?» era la frase che spesso ripeteva quando erano in gruppo. Certo, con la sua situazione famigliare le era tutto possibile e tutto a disposizione venendo da una famiglia molto benestante, inoltre la cerchia di ragazzi o uomini che le vorticavano intorno come dei piccoli satelliti non le facevano mai mancare nulla. Chissà, forse faceva bene a fregarsene di tutto e di tutti e a fare ciò che meglio preferiva, il fatto era che se lo poteva permettere essendo praticamente una Barbie: bellissima, con un corpo da favola, biondissima e con gli occhi azzurri.
 
«Vi, prendiamo ancora da bere e poi balliamo, vieni con noi?» la domanda è stata posta dal super festeggiato della serata, Cristian, che allunga una sua mano verso di me, intimandomi di scollare il mio derrière dal meraviglioso divanetto nero in maniera davvero cavalleresca. E anche con un’occhiata eloquente che non ammette repliche “o ti alzi, o ti faccio alzare” dice il suo sguardo.
«Sì sì, arrivo» gli rispondo con un mezzo sorriso. Devo proprio alzarmi? Mi sa di sì. Cerco di farmi forza e gli chiedo «Però balli con me, vero?». Ho sempre avuto dei problemi a ballare, soprattutto se si tratta di ballare da sola in discoteca e lui lo sa molto bene.
Cristian dal canto suo, sorride. E quando sorride a me fa sempre un certo effetto, nonostante il sorriso sia spontaneo. Mi risponde «Certamente mia signora, altrimenti non ti lasci andare!» si avvicina al mio orecchio e sussurra «Vederti ballare fa parte del mio regalo di compleanno». Sorrido facendo una smorfia, afferro la sua mano e per una volta, decido di buttarmi e lo seguo.
 
Tra Cristian e me c’è sempre stata un’amicizia profonda ma negli ultimi anni è sfociata anche nel “molto strana”, sfiorando spesso il “io piaccio a te e tu piaci a me ma non ce lo diciamo che è meglio”. Per me va più che bene così, senza etichette, senza coinvolgimenti, senza spiegazioni, senza chiarimenti. Ci conosciamo da troppo e per come siamo fatti entrambi non potremmo mai stare insieme. La cosa molto bella e particolare però è che entrambi lo sappiamo, ne siamo consapevoli e ci scherziamo su. Ogni tanto facciamo addirittura i finti fidanzatini, soprattutto se c’è in giro Paola.
 
Dato che mi hanno trascinato qui controvoglia ma è il suo ventesimo compleanno, credo che la scelta migliore che io possa fare sia quella di divertirmi, o almeno mi impegno nel divertimi. Lo so, sono restia alle discoteche e soprattutto al loro rumore assordante e rimbombante, so già che domani potrei avere una splendida emicrania, per questo mi sono attrezzata per tempo, ho messo la mia solita pastiglietta placa-emicrania nella pochette. Prevenire è meglio che curare, diceva così un vecchio detto e a me piace essere previdente.
 
Riemergo dai pensieri e mi ritrovo con un bicchiere in mano che mi è appena stato passato dal festeggiato, annuso e sento l’odore amaro del rum miscelato con della Coca-Cola, il ragazzo mi conosce bene e sa quanto io abbia una predilezione verso il Cuba Libre. Uno a zero per lui. La cosa che però mi crea un leggero fastidio è il ritrovarmi in mezzo alla pista con centinaia di corpi che ballano al ritmo martellante e incessante della musica, non sono la musica e il rumore che mi creano questa insofferenza, ma sono tutte queste persone che si strusciano e mi sfiorano. Mi hanno sempre dato l’idea di un qualcosa di viscido, come un branco di serpenti. Sia chiaro, non è che non apprezzi il contatto con le persone, quello lo trovo fondamentale, ma in discoteca, con tutto questo sudore, questo spingersi, questo contatto forzato, quando mani di persone estranee ti toccano, ecco, questo mi urta molto.
 
Dopo il primo cocktail, finisco anche il secondo drink della serata e mi sento più libera, la testa è effettivamente più leggera, la sensazione è quella dell’ovattamento, percepisco le cose in maniera leggermente differente, ed è come se sentissi il bisogno di lasciarmi andare. Dopotutto è nei miei diritti divertirmi, è una serata di festa, con i miei amici di sempre e non vedo perché non dovrei farlo.
 
Cerco con lo sguardo Cristian, adesso avrei voglia di ballare con lui dato che me l’aveva promesso e fino a qualche minuto fa era accanto a me, ma ora lo ritrovo in dolce compagnia. Dolce non direi proprio, si può dire “Barbie compagnia”? Lui sta ballando con Paola, una Paola trionfante e raggiante di felicità che si sta strusciando molto animatamente su di lui. Il mio primo pensiero? Amen. Che ci posso fare? Finalmente Paola ha ottenuto una conquista in più. Ed ecco a voi la solita Virginia che accantona l’idea di ballare e divertirsi un po’ con l’opzione di ritornare sul meraviglioso divanetto nero. Cerco di fare mente locale su abbiamo lasciato alcuni dei nostri amici e lì trovo in fondo, erano in cinque ma ora sono un paio di più… tre in più? Peccato che non riesca a vedere bene. Maledetto buio della discoteca. E maledetto alcol che mi fa vedere le cose un po’ annebbiate. Mi giro in direzione amici e prima di compiere il primo passo, una mano si posa sul mio fianco e mi blocca.
 
«Vi, non tornare là, balla con me» il mio sguardo si posa su quello di Cristian, un Cristian parecchio brillo, con gli occhi leggermente appannati, che mi sorride. E’ uno di quei sorrisi che promettono notti sfrenate e sudate bellissime.
«Cri, c’è già Paola che balla con te, non ti preoccup» mi interrompe, spinge da qualche parte Miss Barbie e mi fa girare come una trottola. Me lo ritrovo dietro, con entrambe le mani poggiate sui miei fianchi, con la mia schiena appoggiata perfettamente al suo addome scolpito e la mia testa al suo torace solido, ed è una situazione nuova per me, così nuova e così strana che mi piace. Molto.  
«Sei meravigliosa stasera» sussurra all’orecchio facendomi venire un brivido lungo tutta la colonna vertebrale, l’alcol stasera mi ha fatta diventare molto sensibile.
«Smettila dai!» cerco di sdrammatizzare un po’ ma sono molto compiaciuta della sua affermazione.
«Ora esigo il mio regalo di compleanno! Scatenati!» ecco che ritorna il vero Cristian, quello che scherza sempre e che ottiene sempre ciò che vuole. Voleva il suo regalo di compleanno, e l’ha ottenuto.
Ormai stiamo danzando da un po’, la mia testa è su una nuvoletta alcolica. Devo smettere di bere così tanto rum, l’alcol mi fa diventare disinibita e ballo. Ballo come una matta, liberando tutte le mie energie e fregandomene di quello che le persone potrebbero pensare o fare vedendomi ballare così. So solo che c’è Cristian dietro di me che mi fa sentire protetta e tutto va bene.
«Lo so che ti stanno fissando, ma ci sono io» mi sussurra Cristian all’orecchio. Lo ringrazio in un muto silenzio, annuendo semplicemente e continuo a ballare.
 
Inizio ad essere stanca, i tacchi fanno male soprattutto dopo due ore che saltello e ballo come una scema con Cristian. Ma mi sto divertendo, questo è un bene, anzi è un’ottima cosa perché ne sentivo il bisogno.
 
Sto per fermare il mio ballo improvvisato quando scorgo due meravigliosi occhi verdi che mi stanno guardando. Un verde smeraldo, meraviglioso, che non avevo mai visto in vita mia. Guardano me? Sono sicura? Guardano proprio me? Mi guardo intorno e noto che poco distante c’è Paola che sta dando spettacolo con un nostro amico. Non sta ballando, sta avendo una sorta di rapporto molto intimo al centro della pista da ballo. Faccio mente locale, lui sta guardando lo spettacolo, quindi no, non sta guardando me. Quel ragazzo alto, meraviglioso, con un viso d’angelo e due occhi da infarto sta ovviamente guardando lei, Miss Barbie.
Con una sensazione strana come un peso sullo stomaco, data da un’amara consapevolezza, avvicino la mia bocca all’orecchio di Cristian e gli dico «Cri, vado a sedermi, i tacchi mi stanno uccidendo!».
«Non ti preoccupare, vai che sei stata una compagna di danze perfetta! Io vado a cercare una pollastrella che ho intravisto prima» tipico e solito Cristian.
Sorrido e gli dò un bacio sulla guancia augurandogli mentalmente buona fortuna. Si merita qualcuno migliore di me per trascorrere la notte del suo compleanno.
 
Finalmente cerco di avviarmi verso il “mio” adorato divanetto nero dove ritrovo tre dei cinque amici che avevamo lasciato all’inizio serata, ma poco prima di mettermi seduta il mio cuore decide di perdere un battito. Inizialmente lo perde, successivamente i battiti si fanno doppi o anche tripli. Il mio cuore martella incessantemente e pompa sangue nelle vene. Gli stessi occhi verdi che prima stavano fissando Paola, ora fissano me. Questa volta, forse, ne ho la certezza. In realtà mi piacerebbe averla, ma tendo sempre a essere pessimista, se si aggiunge inoltre che in discoteca c’è sempre troppo buio ed è piuttosto difficoltoso riuscire a capire dove guardano le persone. Il pessimismo per questa volta, vince a mani bassi così decido di togliermi immediatamente l’idea dalla testa che lui stia osservando me. Non è plausibile, starà cercando chiaramente delle altre persone. Non me.  
 
“I’ll never be the same... If we ever meet again...”
 
Arriva dagli altoparlanti della discoteca questo bellissimo brano. Può una canzone essere così azzeccata? Così giusta? Ovvio che non sarà più lo stesso se mai ci dovessimo incontrare un’altra volta. Anche perché se mai dovesse capitare, credo che avrei l’encefalogramma completamente piatto. Ora che ci penso, ho avuto una sorta di colpo di fulmine con uno sconosciuto che non stava guardando me. Ottimo inizio, davvero ottimo. Virginia, renditi conto che non ci hai neanche parlato, ma neanche ti sei avvicinata al soggetto in questione, zero assoluto proprio. Magari sta veramente guardando me ora? Mi volto bene e oh cavolo, sì. Guarda ancora verso di me, nella mia direzione, è possibile? No, come no? Sta guardando almeno nella tua direzione Virginia, svegliati! E sta anche sorridendo. Sorride. Dio mio che bel sorriso. Può un sorriso farti capire la dolcezza e la gentilezza di una persona? Sì, può. Quel ragazzo sembra davvero meraviglioso.
 
Alzo un’altra volta lo sguardo verso di lui, per accettarmi che sia veramente vero e che soprattutto io non mi stia sognando nulla. Attenzione attenzione, il ragazzo dagli occhi verdi si sta avvicinando. Passo dopo passo, è sempre più vicino. Sta arrivando qua. Sta venendo verso di me con un sorriso da infarto. Stava, ecco. Mai parlare, mai pensare, mai fare supposizioni. Si è fermato quando un altro ragazzo gli si è avvicinato piuttosto allarmato, gli ha detto qualcosa nell’orecchio e si è voltato verso l’uscita. Ecco, la mia solita fortuna. Sono la personificazione della Legge di Murphy. Sono senza alcun dubbio della personificazione di “Se qualcosa può andare male, lo farà”. Prima di uscire dalla discoteca però, quel bellissimo ragazzo si volta, e per questa volta, solo per questa, sono sicura e certa che stia guardando me. Mi guarda, sorride, alza una mano in segno di saluto, come per dirmi “Ehi ciao” e se ne va con aria triste. Triste? Sei sicura che abbia l’aria triste? Me lo sono immaginata, sicuro come l’oro. Ho un sorriso da ebete sulla faccia, sono rimasta ferma, immobile, paralizzata e bloccata e così, prima di poter alzare la mano per ricambiare il saluto lui non c’è già più, è già uscito. Bravissima Virginia, hai appena vinto il “premio ebete” dell’anno. “La vincitrice per il premio annuale per l’essere più ebete della serata e della vacanza va a… Virginia!” Ebbene sì, me lo sono meritata, anche perché non hai la certezza che stesse realmente guardando te e figuriamoci se salutava te! L’alcol mi fa diventare ancora più ebete del solito, parlo anche da sola. Un’ultima folle idea mi passa per la mente. Chissà se mai lo rivedrò, le possibilità sono praticamente pericolosamente vicine allo zero. Chissà, sarebbe stata una bella cosa avere la possibilità e l’opportunità di poter conoscere un ragazzo così bello. Sono certa che sarebbe potuto essere bellissimo. Peccato. Anche se nella vita, mai dire mai. Anche se ci credo davvero poco.
 
 
M’s POV
 
Maledico Andrea. Lo maledico e lo stramaledico. Maledico lui e il suo maledetto cugino che sta male, che ha deciso di bere fino allo sfinimento questa sera per dimenticare una delusione amorosa e che mi ha costretto ad uscire da questa discoteca per tornare a casa. Non poteva stare male, che ne so, tra quattro ore? Oppure imparare a reggere gli alcolici a una certa età? O imparare che l’alcol, dopo una chiara ed evidentissima delusione amorosa nella quale la pollastra di turno se la fa con altri due, non serve a niente e a nessuno? Serviva a me questa serata! Per una volta in vita mia che trovo finalmente qualcosa di bello in una discoteca, vengo obbligato ad andare via. Devo calmarmi un attimo e fare il punto della situazione.
 
Credo di aver avuto una visione. Ho visto una ragazza che ballava. Non era una semplice ragazza, era uno splendore di ragazza, l’unica pecca era che stava ballando con un ragazzo, che molto presumibilmente era il suo fidanzato e che quindi non l’avrei mai dovuta guardare in quel modo. Non mi era mai capitato di bramare una ragazza così, in quel modo, non mi era mai capitato di vedere una ragazza così, l’ho osservata in un modo così possessivo, volevo che ballasse con me, volevo che fosse mia. Ho avuto un attacco di possessione verso una ragazza che non conosco e che ho visto una mezza volta. E soprattutto che è fidanzata. Questa serata si è dimostrata un fallimento su tutti i fronti. Lei però era proprio bella, aveva un vestitino nero corto sopra al ginocchio, tacchi che le slanciavano due gambe toniche e lunghe, curve al posto giusto, capelli castani lunghi sotto le spalle, delle labbra meravigliose e carnose e occhi molto espressivi e scurissimi. L’ho guardata in un modo totalmente nuovo per me, come se avessi avuto una sorta di visione, non mi era mai capitato in ventiquattro anni della mia esistenza e soprattutto non mi era mai capitato con nessuna delle mie ex; figuriamoci se non mi capitava una sera in discoteca con una sconosciuta che ballava con il suo ragazzo! La casualità della vita! L’ho vista voltare il capo, cercare l’orecchio del suo fidanzato, sorridere e poi andare via. Ma quale fidanzato sano di mente lascia andare a sedere una visione del genere? Per di più da sola. Mai, io non l’avrei mai fatto.
 
Si è accomodata su un divanetto nero, non molto lontano da dove mi trovavo io all’inizio della serata, ho cercato i suoi occhi, ho pregato che mi guardasse a sua volta e dato che mi stava osservando mi sono fatto forza e ho compiuto un passo verso di lei. Ebbene sì, io, che prendo l’iniziativa. Cose da non credere, eppure l’ho fatto! Peccato che qualcuno di nome Andrea mi abbia bloccato un attimo dopo che ho finalmente preso l’iniziativa. «Guarda che Alberto non sta bene, deve tornare a casa. Al momento c’è Marco con lui». Alberto è il cugino di Andrea, appena stato mollato e in cerca di super divertimento alcolico che evidentemente ha trovato, esagerando come suo solito. All’inizio ero molto restio nel farci raggiungere solo “per un weekend” dal cugino, ma alla fine, capendo la situazione sia Marco che io abbiamo deciso di dare il semaforo verde. Peccato che adesso la situazione sia precipitata drasticamente. Ho insultato mentalmente Alberto e ho annuito a malincuore, mai una volta che qualcosa vada per il lato giusto. Ma dato che ero in vena di cose totalmente nuove in una serata del genere, ho deciso comunque di agire: ho alzato una mano e l’ho salutata, mi sono chiesto cosa avessi da perdere e la mia risposta è stata “nulla, assolutamente nulla”. Quindi l’ho salutata giusto un attimo prima che Andrea mi trascinasse via e lei stava sorridendo. Sorrideva a me e non a quel ragazzo con il quale stava ballando prima. Un sorriso che mi ha mozzato il fiato. E ha continuato a guardami con uno sguardo che mi ha fatto quasi venire un coccolone. Quegli occhi... Degli occhi così profondi ed espressivi, così scuri, così pieni di vita, così meravigliosi, non avevo mai visto degli occhi così.
 
Cerco di togliermi dalla testa quelle due perle e torno alla realtà. Salgo in macchina e mi metto alla guida senza dire una parola.
«Ehi Teo! Tutto a posto?» mi domanda Andrea.
No.
«Sei sicuro di stare bene?» mi chiede Marco posizionandosi nel posto da passeggero.
No.
«Sì certo. Stavo solo pensando. Torniamo a casa, ok?» la mia risposta appare molto seccata e suona anche molto falsa, la cosa che in realtà vorrei fare ora è entrare direttamente con la macchina in discoteca e fare salire in auto quella meravigliosa ragazza.
«Sì, torniamo. Credo che Alberto farà un secondo round a casa.» mi risponde colui che ha bloccato la mia azione.
«Teo, scu... Scusami ma… Non… Non sto molto... B-bene.» mi dice un Alberto pallidissimo in volto. La cosa importante è che non vomiti in macchina. Domani subirà l’ira funesta mia, quella di Marco che è chiaramente scocciato e quella di Andrea.
«Non ti preoccupare, facciamo presto a tornare così poi stai meglio» gli rispondo con aria rassicurante. Che cos’altro avrei dovuto fare? Insultarlo? Quello, domani e parecchio. Ho cercato di spiegargli che sfondarsi di alcol non avrebbe lenito il suo dolore, anzi, l’avrebbe solo attenuato per una sera, ma evidentemente non mi ha prestato ascolto. Anche se è grazie a lui che siamo venuti in discoteca. O meglio, è Alberto che ha insistito e quasi costretto Marco a farci imbucare alla festa di compleanno di un certo Cristian, suo vecchissimo amico d’infanzia e che purtroppo non ho potuto conoscere perché mentre Marco parlava con lui io e i due cugini siamo andati a prendere da bere. Peccato mi avrebbe fatto piacere conoscere un suo caro e vecchio amico.
 
Giro che chiavi nel cruscotto, schiaccio la frizione, accendo il motore e parto. La mia mente vaga e ripenso a lei, a quello splendore di ragazza, che senza saperlo è stata una ventata d’aria fresca per me. Aria
Ok, ora metti che ste frecce veramente è sto Cupido che le tira, ecco ha sbagliato mira.
Ha colpito me e lei no, lei stanotte dorme con qualcuno che non so, io non dormirò.
Succede o almeno dicono, in un film lo troverebbero poetico, romantico una cotta a senso unico.”
La radio sta passando questa canzone degli Articolo 31. Una più indicata non ci potrebbe essere. “Lei stanotte dorme con qualcuno che non so...” e mi sale un po’ di rabbia. Una leggera rabbia. Possibile che io sia geloso di una sconosciuta? Non sono mai stato un ragazzo geloso, ma di quello splendore lo sarei.
 
Chissà se mai la rivedrò e soprattutto chissà se riuscirò a dormire stanotte. 
 
 
**
 
 
Buona sera a tutti! Ebbene sì, incredibile ma vero sono tornata, come già preannunciato editando e sistemando al meglio la one-shot “Sguardi e supermercati”. Sono tornata con la mia prima storia, il primissimo capitolo che ho pubblicato quasi sei anni fa. Ho deciso di dare a “Inaspettatamente” una ventata di freschezza e novità, ho inserito delle parti, tolte delle altre, aggiunto un personaggio in questo primo capitolo, sistemato praticamente tutto e riscritto quasi tutto perché chi mi conosce sa che quando provo a leggermi cerco di cambiare tutto e non sono mai pienamente soddisfatta del lavoro eseguito. Però qui, adesso… Mi piace com’è venuto questo primo capitolo. Mi piace un pochino e spero che sia piaciuto soprattutto a voi. Sono tornata con “Schiffy”, come chiamo io questa prima mia storia, e ne sono contenta soprattutto perché mi sta aiutando molto e mi sono decisamente divertita nel farlo. Qualche piccolo riferimento per le canzoni citate nel testo: la prima è “If We Ever Meet Again” di Timbaland ft. Katy Perry che dà il titolo a questo primo capitolo e la seconda è la bellissima “Aria” degli Articolo 31. Lavoro e impegni a parte, dovrei riuscire a pubblicare (o meglio ri-pubblicare) anche su WATTPAD questa storia entro breve e soprattutto cercherò di postare un capitolo a settimana, con la speranza di riuscire a editare almeno un capitolo a settimana! Vi prometto che mi ci applico e che avrete almeno un capitolo a settimana. Spero che questi nuovi Virginia e Matteo e tutti i loro amici vi piacciano in questa “versione 2016”! Un’ultima cosa, ci tenevo davvero tantissimo a ringraziare chiunque abbia dedicato un po’ del suo tempo e abbia deciso di leggermi. Grazie, grazie davvero tanto.
 
A presto!
E.
 
PS: Come ben avete potuto notare, la versione “originale” della storia è stata cancellata da EFP, questo perché sarà completamente nuova. E presto sistemerò anche “E poi all’improvviso”. Vi preannuncio già, che tutto questo lavoro che faccio è per dare anche una continuità e soprattutto una fine anche all’altra storia, visto che ero bloccatissima da anni.

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Capitolo 2
*** One Way Or Another ***


INASPETTATAMENTE_ cap.2


One Way Or Another – Capitolo 2

 

14 Agosto.
 
 
V’s POV.
 
Le primi luci del mattino passano attraverso le persiane della finestra aperta e raggiungono i miei occhi chiusi. Dovrei svegliarmi, è vero, dovrei farlo, ma per compiere questa faticosissima azione di sveglia, dovrei aprire gli occhi. Però al momento non ne ho voglia, non mi va, mi sento particolarmente stanca, è come se fossi andata a dormire tardissimo. Con le palpebre ancora socchiuse decido di girarmi su un fianco, se la luce del sole non mi colpisce direttamente magari potrei addirittura avere l’opportunità di riaddormentarmi. Mezza addormentata e tremendamente sonnecchiosa, provo a rotolare con estrema calma anche se la mia pigrizia mattutina è impressionante. Sto per concludere il difficoltoso ed impacciato movimento, quando poco prima di essere completamente girata sul fianco percepisco la presenza di un corpo caldo di fianco al mio. No, un attimo. Oh cavolo… E’ il corpo di un maschio, palesemente data la dimensione del suo torace ampio dove le mie spalle sono finite voltandomi, un torace caldo e calmo, respira regolarmente, sembra quasi che dorma ancora. Spalle molto larghe e muscolose che sono appoggiate contro le mie e non è la prima volta che sono così vicino a me, quindi le riconosco senza problemi e come un fulmine a ciel sereno mi ricordo ciò che era accaduto la notte precedente…
 
«Vi, dormi con me.» non era una domanda, non era una proposta, era semplicemente una richiesta.
«Cosa Cri?» ho chiesto io.
«Rimani con me stanotte, dai, dormi con me... Per favore.» erano un dolce sussurro le sue parole.
«Sicuro?» ho dovuto chiederglielo. Per forza. Anche se è stato come se mi fossi tirata la zappa sui piedi. Gliel’ho chiesto nonostante l’attrazione che il dormire da sola con lui mi poteva suscitare.
«Mai stato più sicuro...» e quando lo diceva così, non potevo che accettare.
 
Ed è stato così che mi aveva convinto a rimanere a dormire in sala, con lui. Chiaramente non era la prima volta che dormivamo insieme, generalmente ci addormentavamo e basta, senza chiederci nulla, come facevamo in spiaggia sullo stesso lettino una decina di anni fa. Ma questa volta è stato diverso. Decisamente diverso. Inoltre ci faceva compagnia una presenza sul divano, addormentata ormai da tempo, che si faceva compagnia: Paola, che avendo passato le ultime ventiquattro ore rinchiusa in una camera d’albergo con il ragazzo con il quale aveva ballato alla festa di Cristian, era crollata stanca morta sul divano con un’aria decisamente soddisfatta. Quella ragazza non si è mai fatta dei problemi, soprattutto al suo compleanno, perché dovrei farmeli io ora? Già, il compleanno di Cristian, una serata memorabile, soprattutto se ripenso a quei meravigliosi occhi verde smeraldo di quello sconosciuto. Però mi sono detta: Virginia, non è il momento di pensare a lui, soprattutto perché è un completo sconosciuto e soprattutto perché dopo tanti anni puoi avere la tua occasione con Cristian, anche se sarà solo per una notte… Anche se c’era la Barbie Paola addormentata sul divano, era inevitabile che qualcuno fosse nei paraggi, ma almeno con lei avevo la certezza che fosse profondamente addormentata e decisamente in fase REM dato il russare della ragazza. Tre mesi prima dell’estate, avevamo deciso di prendere una casa in affitto tutti e otto, era inutile spendere dei soldi in camere di un albergo, quando avremmo comunque dormito tutti insieme e fatto degli orari improponibili. Dato che avevamo adottato quella stessa strategia l’anno precedente ed eravamo tutti rimasti soddisfatti, senza troppe lamentele e soprattutto senza litigi furibondi per incomprensioni, avevamo prenotato la stessa casa anche quest’anno, stessa casa e stesse otto persone.
 
Dopo vari minuti di immobilità dopo il fato che fosse così sicuro, Cristian si è avvicinato e mi ha abbracciato da dietro. Ho sussultato, sospirato e respirato il suo profumo. Un profumo che mi è sempre, sempre piaciuto.
«Posso, vero?» mi ha chiesto e non ho potuto fare altro che annuire, non poteva chiedermelo con quella voce da cagnolino bastonato. Mi ha stretto forte e mi ha sussurrato «Lo sai che domani sarà tutto come prima, vero?»
Ecco il motivo per il quale prima gli avevo chiesto fosse davvero sicuro, tra di noi il problema è sempre stato il “dopo”, ma i miei sentimenti per lui, che anni fa sfioravano sempre il “cotto abbrustolito ma non dirlo a nessuno e soprattutto non farlo capire”, li avevo rinchiusi nel fondo più fondo possibile del mio cuore già da parecchio tempo e così la mia risposta non è potuta essere altro che «Certo che sì, ti conosco fin troppo bene.»
«Vi, non mi va di perdere l’unica…» non mi andava di ascoltarlo, non volevo ascoltarlo, almeno, non ora. Lo conosco molto bene da sempre e quindi sapevo che quella sarebbe stata la “nostra” notte. L’unica notte. E non mi andava di sprecarla finalmente con delle parole, ora, inutili.
«Cristian, non mi devi spiegazioni, lo so, vieni qui.» Ho detto questo con un filo di voce e subito dopo l’ho abbracciato.
Dopo più di vent’anni che ci conoscevamo, finalmente le nostre labbra si sono unite, inizialmente in modo molto casto, come per tastare il terreno, come in punta di piedi di notte quando non vuoi far rumore, come per poter tornare comunque indietro, poi in un modo decisamente più passionale, come sempre avevo immaginato.
«Finalmente, Virginia...» ha detto lui ad un certo punto guardandomi negli occhi tra un bacio e l’altro «Sei davvero una meraviglia.»
Non mi erano mai piaciuti i complimenti, soprattutto se fatti per secondi fini, soprattutto in questi casi e in questi momenti. «Cristian, shhh, smettila. Sono una ragazza normalissima e...» un bacio mi ha chiuso la bocca, impedendomi di proseguire.
Stavo per riprendere il discorso quando guardandomi negli occhi, ha detto «Smettila tu, se fossi un ragazzo con un minimo di testa sulle spalle, non esiterei un attimo a stare con te, sei la ragazza perfetta, ma purtroppo…»
«Purtroppo sei un ragazzaccio!» ho concluso con un sorriso. Abbiamo sempre scherzato su questo fatto del ragazzaccio e della ragazza perfetta, ma entrambi abbiamo sempre saputo che non sarebbe mai potuto esserci qualcosa di veramente serio tra noi due, nonostante le sue parole mi abbiano sorpreso in pieno anche perché non credevo che fosse un ragazzo così profondo, so benissimo che non potevo né volevo pretendere nient’altro oltre alla notte insieme.
 
Ci siamo baciati a lungo, scoprendo con le mani posti nuovi per entrambi sui nostri corpi e quando la situazione si è fatta, come dire, più calda abbiamo sentito Paola rigirarsi sul divano e mugugnare qualcosa.
«Facciamo piano! Ti ricordo che abbiamo ospiti!» ho sussurrato a Cristian baciandogli una guancia. «Vi, non ti preoccupare, non voglio fare tutto con te. Voglio solo coccolarti un po’» la sua risposta molto semplice e senza malizia mi ha decisamente spiazzata, dato che lui generalmente andava sempre fino in fondo con tutte le ragazze conosciute e che sono passate dal suo letto. Lo sapevano tutti, lo sapevo benissimo anche io, dato che mi ha sempre raccontato tutto.
«Va bene.» ho sussurrato la mia risposta.
«Vi, ascoltami. Tu non sei come tutte le altre ragazze, non ho intenzione di usarti come faccio di solito con le altre, non ho intenzione di farlo e non lo farò. Meriti di meglio, e per quanto sia possibile il mio meglio, soprattutto in questo campo, non è quanto meriteresti...» mi ha risposto molto serio.
Alla fine devo ammettere che non è andata così male, anzi, è stato di parola il signor Cristian e mi ha senza alcun dubbio regalato il suo meglio. Non che io abbia chissà quale esperienza, ma il ragazzo sa davvero il fatto suo in campo “letto” e le voci che spesso circolano su di lui sono tutte vere; la cosa che mi ha lasciata leggermente stupefatta è stato quando verso la fine mi ha sussurrato un «Sei brava, cavolo. Notte Vi, e grazie.» e poi si è addormentato al mio fianco in tempo zero come se nulla fosse.  
Ho voluto dare un’occhiata allo schermo del telefono per capire che ore fossero e mi è quasi preso un colpo: l’orologio segnava 5.27 ed io ero stanca sì, ma dopo tanti anni, un bello sfizio me l’ero tolta.
Però, poco prima di cadere in un sonno ristoratore, mi sono tornati in mente due occhi verdi e soprattutto il detentore di quegli occhi che salutava nel buio della discoteca, chissà se stava davvero salutando me e chissà se almeno lui è diverso da tutti... Sì, Virginia, pensa ancora a lui, brava, è proprio un bel comportamento da persona matura che non crede assolutamente nelle fiabe. Mi sono maledetta mentalmente due secondi e con quei pensieri in testa mi sono addormentata.
 
Oh… merda? E’ la prima esclamazione dopo aver ripercorso nella mia testa gli eventi della sera prima. Virginia, ora, fai il punto della situazione, so che puoi farcela: allora, ho passato una meravigliosa nottata-mattinata, mi sono finalmente tolta un grosso sfizio che avevo da una vita e, soprattutto signori e signore, sono libera! Tre a zero per me. La cosa che più mi fa piacere però è la sensazione di libertà, perché non mi piacciono i legami basati solo sul sesso o sullo pseudo-sesso, conosco Cristian da una vita e so che quanto successo rimarrà tra noi, e poi è stata una cosa solo di una notte, come avevamo già chiarito ancor prima di iniziare. Quindi ritorno a respirare normalmente, mi stiracchio un po’ e mi allungo e sento indolenzite un po’ tutte le articolazioni, è quell’indolenzimento che piace e che soprattutto ricorda le belle azioni della notte passata. Cavolo però, è bravo, il signor Cristian... Mi è appena tornata in mente una cosa decisamente da censurare che però mi farà compagnia per il resto della giornata e soprattutto che mi terrà di buon umore per tutto il giorno. E’ bravo sì, ora capisco anche tutto l’attaccamento di Paola che prova a farlo capitolare da anni senza riuscirci, deve aver sentito anche lei le voce di corridoio. A proposito di lei, spero abbia dormito profondamente tutta la notte dato che aveva da recuperare un po’ di ore di sonno.
Riprendo contatto con la realtà, decido quindi di aprire definitivamente gli occhi e di mettermi a sedere sul letto, certi pensieri fanno svegliare meglio e di buon’umore più di una tazza gigante di caffè.
Cristian si sta svegliando proprio in questo momento «Bu… Bu... Buongiooorno» dice sbadigliando.
«Buon giorno a lei, cos’è il risveglio dell’orso bruno?» chiedo io e in tempo zero mi afferra per i fianchi, mi atterra e inizia con la solita tortura del solletico. La storia dell’orso bruno va avanti ormai da una decina d’anni e lui reagisce sempre allo stesso modo: solletico.
«Cris! Per favore basta! Mi arrendo!» affermo io senza fiato.
Dopo svariati minuti di solletico e risate, Cristian si blocca improvvisamente, mi guarda fisso negli occhi e sussurra «Buon giorno, Vi.» e deposita un bacio su una mia guancia che ovviamente di tinge di rosso.
«Buon giorno a te.» chissà come mai le parole risultano un po’ più basse e strascicate di quello che in realtà volevo far sembrare. Credo che per entrambi sia stato, almeno in piccola parte, strano risvegliarsi insieme dopo che è effettivamente successo qualcosa tra di noi dopo tutto quel tempo.
 
Dalla cucina arriva un solito e molto familiare frastuono, che da un paio di settimane a questa parte accompagna la sveglia di tutti gli abitanti della casa e che a me fa sorridere molto, evidentemente qualche anima pia, molto probabilmente Carlotta, sta preparando con la sua solita meticolosità latte, caffè, the, succhi di frutta, brioches, fette biscottate e biscotti per la colazione in maniera impeccabile, alla Pinterest per intenderci. E ogni mattina Carlotta, una volta completata la sua opera, postava innumerevoli foto su Instagram dove riceveva moltissimi “like”.
Come un tornado Mirko apre la porta della sala esclamando un «Buon gioooorno dormiglioni! Forza belli addormentati, è ora di fare colazione! Forza, forza!»
Carlotta e Mirko, sono una coppia meravigliosa, e sono entrambi davvero adorabili. Carlotta è dolcissima, calmissima e si preoccupa sempre per tutti, Mirko invece è una sorta di uragano, sempre allegro e riesce a far sorridere tutti alla mattina, e non tutti sono particolarmente inclini ad essere felici e vivaci alla mattina. Sono una coppia davvero molto tenera e dopo tanti anni di amore platonico, due anni fa si sono finalmente dichiarati, prima avevano paura della distanza ma ora, frequentando la stessa università, vivono nella stessa città e sono felicissimi.
Mirko entra completamente in sala, scruta bene tutti e si accorge della presenza di Paola sul divano.
Guarda con aria mista tra il curioso, l’enigmatico e il super divertito me e Cristian e dice facendo cenno a Paola «Ma, lei che cosa ci fa qui che non c’entra nulla?»
Cristian lo guarda, alza gli occhi al cielo e borbotta un «Bho, sai che mi tiene d’occhio.»
Decido io di rispondere dando una spiegazione più concreta ed esaustiva «Si è addormentata qui dopo le magnifiche ventiquattro ore che ha passato in hotel!»
Adesso sia Cristian che Mirko ridono quasi sguaiatamente pensando a una Paola mezza nuda che ci dà dentro con quello sconosciuto, come fosse una cosa assolutamente normale per tutti, o almeno, è una cosa molto normale nell’universo di Paola.
Ogni volta che dico o penso alla parola “sconosciuto” mi tornano in mente due occhi verdi. Chissà se si è accorto di me, però era proprio un bel sogno a occhi aperti.
Ritorno alla realtà subito dopo e mi alzo dal letto condiviso con Cristian per una notte, mi fa cenno di andare e trascinare via dalla sala Mirko, poco prima mi aveva sussurrato «Sono completamente nudo sotto il lenzuolo. Mi sistemo e arrivo.» E subito l’immagine di un Cristian come mamma l’ha fatto mi è balenata in testa. Virginia, sai come continuare ad avere un bel sorriso in faccia tutto il giorno: pensando e avendo in testa certe cose.
«Iniziamo ad andare di là, ma non svegliamo Paola che sarà stravolta, conoscendola» dico a Mirko molto divertito, dirigendolo verso la cucina.
Il profumo di caffè che aleggia in cucina mi fa sentire proprio a casa, vedo Carlotta che ormai è una specie di mamma che si prende cura di noi e dico «Carlotta, adoro quando prepari tu il caffè. Ha un qualcosa in più.”
Lei sorride, dà un bacio veloce a Mirko e mi risponde «Vi, lo so che vivresti solo a caffè, l’ho preparato come piace a te, ma promettimi che mangi anche qualche biscottino o uno yogurt. La colazione è il pasto che dà più energia, mi raccomando, lo sai.»
«Va bene, mamma.» le rispondo io con una smorfia.
«Sì, ricordati che poi con ‘mamma’ ci fai una bella chiacchieratina.» risponde facendo l’occhiolino. Che abbia già intuito tutto? Anche se non penso che sia così palese. Ma conoscendomi può sospettare qualcosa dal mio strano sorriso mattutino pre-caffè.
«Dopo il caffè.» borbotto affondando il naso nella gigantesca tazza fumante del mio liquido preferito. Credo proprio che mi servirà per affrontare al meglio la giornata. Quello più i pensieri colorati della notte passata.
 
Cristian sta arrivando in cucina, Paola dorme beata sul divano, Carlotta e Mirko sono qui… Mancano ben tre persone all’appello: Valeria, Giorgio e Alessandro, due fratelli patiti per il calcio più la ragazza del primo.
«Ma i bros e Vale dove sono?» chiedo poco dopo a Carlotta che sicuramente ne è al corrente.
«A correre, ovviamente! I bros tra un po’ inizieranno la preparazione atletica e vogliono già essere allenati per non sfigurare. E Vale non può fare altro che fare da coach!»
«Che bravi ragazzi! Dovrei proprio andare con loro qualche volta.» dico io con un sospiro. Dovrei proprio iniziare a correre con loro, in tempo zero sarei in super forma ma la mia costante pigrizia me lo continua a impedire.
Fa il suo ingresso in cucina a petto nudo Cristian ispirando il profumo di caffè e chiedendo «Facciamo colazione o aspettiamo gli altri?»
«No no, colazioniamo pure. Vi ha già iniziato a drogarsi di caffè, come puoi ben vedere, e poi ci sono tutte le tue scandalose foto del compleanno da vedere sul pc!» risponde prontamente Mirko con un sorriso sornione.
«Ottima idea Mirko! Io non le ho ancora viste!» prendo subito la palla al balzo e soprattutto sono decisamente curiosa di vederle tutte. Ma proprio tutte. Chissà se trovo il ragazzo sconosciuto in qualche foto… Basta Virginia però, basta illudersi. Lui è praticamente scomparso e con molta probabilità non stava né guardando né salutando te, l’alcol fa brutti scherzi lo sai. Ok, devo anche smettere di parlare con me stessa.
 
Con la pancia piena e il caffè che finalmente mi scorre nelle vene sono decisamente pronta per affrontare la missione “foto”. Siamo tutti e quattro davanti allo schermo del portatile di Mirko, Paola dorme ancora e gli altri tre non sono ancora tornati dalla corsa. Sono un po’ irrequieta, e non posso non esserlo. Ti prego, ti prego, ti prego… Fai che non mi sono immaginata niente, fai che ci sia lui almeno in una foto. Ma anche di sfuggita. Un pezzo di lui. Muta preghiera la mia, inutile a dire il vero dato che siamo già alla cinquantesima foto della serata e di lui non c’è alcuna traccia. Mi sono persino messa gli occhiali da vista per osservare meglio ogni singola immagine, ogni singolo frammento, ma è inutile, semplicemente inutile, la fortuna non è dalla mia.
«Vi, tesoro, ma stai ascoltando?» oh cavolo, di che cosa mi stava parlando Carlotta?
«Mmm. No. Scusatemi, ero soprappensiero» dico togliendomi gli occhiali.
«Mirko ti ha chiesto se hai riconosciuto Marco nelle foto.» dice tranquillamente Cristian.
«Marco? Ma il Marco nostro? Marco era alla festa di Cristian?» chiedo con aria piacevolmente stupita, non ci avevo proprio fatto caso della sua presenza al compleanno di Cristian e nelle foto ho guardato tutto tranne che facce conosciute.
«Dai Vi, non ti sei accorta che stavamo parlando con dei ragazzi? E poi c’era il nostro Ale che stava parlando con uno...» lascia la frase a metà Carlotta con una faccia speranzosa. Allora non mi ero immaginata dei ragazzi vicino ai divanetti dove erano loro. Prosegue il discorso con «…ecco, c’era Marco con dei suoi amici, Andrea, Alberto e Matteo.» Toh, che bel nome Matteo. Mi è sempre piaciuto. «E poi Marco e Ale si sono finalmente parlati a lungo» sospira infine lei.
«Tu stavi ballando con me.» ammette Cristian sorridendo.
Guardo Cristian negli occhi, mi volto verso gli altri e cerco di sdrammatizzare alzando le mani in alto in senso di resa e dico «Ero giustificata!» Ci guardiamo e scoppiamo subito a ridere. Che peccato non aver rivisto Marco, era da tantissimo tempo che non tornava al mare.
 
Ore 02:48
 
Sospetto che sia molto tardi. Ma davvero molto tardi. Continuo a girarmi e rigirarmi nel letto. Do un’occhiata allo schermo del cellulare e segna le 02:48. Merda, stasera non riesco proprio a prendere sonno. Questa notte ha deciso di dormire con me Carlotta, anche se forse con Cristian sarei riuscita ad addormentarmi subito. Ma dopo la chiacchierata pomeridiana sulla spiaggia con Carlotta, nella quale si è complimentata a lungo per la mia notte precedente «Vi, finalmente, cavolo! Erano… anni che te lo dicevo? Ti sei tolta uno di quegli sfizi enormi, brava!» mi ha anche chiesto del perché ultimamente rimango troppo spesso immersa nei miei pensieri e così le ho raccontato di quel ragazzo della discoteca e dei suoi occhi verde smeraldo. «Vi, ma sei sicura che non stesse guardando proprio te? Io la guarderei una come te in discoteca, e anche fuori, ad essere molto sincera. Non ti valorizzi abbastanza, tesoro.» e prima che potessi ribattere qualcosa mi ha fermato con uno «Stanotte per togliere i brutti pensieri dormo con te. E te lo dico io, lo rivedrai, vedrai...» non ho potuto fare altro che abbracciare stretta stretta Carlotta e le ho risposto con una smorfia divertita «Sì, certo. Nei miei sogni!»
Dopo quella frase, il karma ha deciso di punirmi. Il presupposto per sognare una persona sarebbe quello di addormentarsi e addentrarsi nella fase REM o quinta fase del sonno. Ma stanotte ha deciso per me l’insonnia e i pensieri. Questa notte c’è il vuoto dentro di me, neanche la presenza di Carlotta può alleviare questo strano senso di solitudine.
La mia mente decide quindi di tornare a quella sera, ai tratti del suo viso, al suo sorriso, al suo collo, alle sue spalle larghe, alla sua altezza, e poi al suo viso e ai suoi capelli mori mezzi spettinati e infine loro… La parte migliore: gli occhi, quegli occhi così verdi che mi hanno decisamente sconvolta e scombussolata. Fin troppo, Virginia, non puoi continuare così. La mia razionalità torna a galla rapidamente. Dovrei proprio smetterla di pensare alle cose più strampalate e soprattutto impossibili. Non posso pretendere che una persona così sconosciuta in discoteca mi possa quasi togliere il sonno. Devo però cercare di essere il più realista possibile e soprattutto convincermi che lui non stesse guardando me. I miei sentimenti questa volta volevano uscire, volevano provare a prendere una boccata d’aria, volevo fare un qualcosa di diverso. E invece no, non posso permetterlo. Basta illusioni e basta sognare Virginia, o forse non proprio basta sognare, cerca di sognare cose fattibili e realizzabili.
E con questo pensiero, chiudo gli occhi e decido di dormire.
 
 
M’s POV.
 
Ore 2:51
 
Mi sveglio di quasi soprassalto con una strana sensazione addosso, qualcosa non va. Non va questo senso di vuoto che sento alla bocca dello stomaco, non va questo senso di solitudine e di tristezza che aleggia dentro di me questa notte.
Per cercare di calmarmi il più possibile e mandare via quella sensazione, ripenso a lei. Occhi meravigliosi, corpo da favola e sorriso da infarto. Sorrido a me stesso e mi maledico perché avrei potuto osare di più quella sera e non un semplice mezzo saluto da perfetto idiota con una mano a mezz’aria. Matteo, sei proprio un cretino. L’unica occasione che mi capita dopo molto tempo, l’ho praticamente buttata via in tempo zero. Anche se lei era chiaramente fidanzata. Che poi, chissenefrega dell’essere fidanzata, mi sarei impegnato con ogni singola molecola del mio essere per poterla conquistare e provare a renderla felice.
 
 One way. Or Another. I’m gonna find ya.
“One way. Or Another. I'm gonna see ya.”
 
Mi tornano in mente le parole di una vecchia canzone che ho sentito questa notte in un pub, sorseggiando una birra con Marco e Andrea e parlando di tutto quello che ci aspetta nei prossimi mesi. Alberto è finalmente tornato a casa super mortificato per le figure da cioccolataio che ha fatto grazie all’alcol durante questo folle weekend.
Spero di poterti trovare e rivedere con tutto me stesso, ragazza sconosciuta. Negli ultimi giorni non ho fatto altro che pensare a lei, ai suoi occhi scuri, alle sue labbra e al suo corpo. E ogni volta che capitava, il respiro e il calore del mio corpo aumentavano. Mi sto veramente rincoglionendo come un cretino per una ragazza che non ho neanche conosciuto. Andiamo alla grande, insomma. Forse sarebbe ora di dormire, così chiudo gli occhi e ripenso a lei, e mi calmo anche.
Sì, in un modo o in un altro, ti rivedrò. Dico a me stesso in maniera molto determinata prima di cadere in un sonno profondo.
 
 
 
**
 
Buona sera a tutti! Come promesso, sono tornata dopo una settimana con il secondo capitolo di “Inaspettatamente” o meglio ribattezzata “Schiffy”. E niente, abbiamo avuto un capitolo strano, lo so. Virginia con Cristian che si toglie “un piccolo sfizio” e Matteo che beve birra e ascolta musica strana al pub che gli fa avere pensieri strani. A proposito di musica, il titolo del capitolo e una piccola parte di canzone è “One Way Or Another” di Blondie. (E sì, lo so che c’è anche in versione One Direction, ma quella di Blondie rimane la classica. Oltre a quella cantata da Veronica Mars.) Spero che questo secondo capitolo sia di vostro gradimento. Grazie per essere passati di qui e aver letto questo capitolo. Come sempre, lavoro e impegni vari a parte (la settimana prossima parto per i Campionati Italiani di Nuoto Master a Riccione) dovrei riuscire a pubblicare il prossimo capitolo tra una settimana. Spero che questi Matteo e Virginia in “versione 2016” vi piacciano come piacciono a me perché, devo ammettere, riscrivere di loro mi sta piacendo troppo! Grazie mille ancora, dal profondo del mio cuore.
 
Un abbraccio e a presto!
E.

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Capitolo 3
*** Again Again ***


INASPETTATAMENTE_ cap 3



Again Again - Capitolo 3

 

31 Agosto.
 
Ore 11:02.
 
 
M’s POV.
 
Spesso l’ultimo giorno di agosto viene percepito da tutte le persone con estrema diffidenza, forse perché è proprio l’ultimo o forse perché simboleggia la fine del mese delle vacanze, però a me è sempre piaciuto. Questo sarà l’ultimo giorno della mia permanenza qui, il mio ultimo giorno di “vacanza”, il mio ultimo giorno di mare.
Ho passato una ventina di giorni in vacanza in compagnia di due pazzi, i miei migliori amici, i miei “fratelli non di sangue” come li chiamo io. Due pazzi, più uno, che si è aggiunto solo un weekend portando e creando scompiglio a sufficienza. I due matti sono Marco e Andrea, che hanno deciso di trascinarmi al mare dopo un inverno passato sui libri a studiare e, soprattutto, dopo che in primavera la mia ex Barbara, mi aveva lasciato per stare con Lucio, nostro ex amico. La storia con Barbara è durata poco, anche perché dopo quattro mesi che stavamo insieme, ho scoperto solo in seguito, che da cinque, l’ex amico nostro Lucio e la mia ex Barbara si vedevano molto spesso, soprattutto durante l’orario notturno. Evidentemente io ero troppo preso dai miei esami e dai miei libri per accorgermi di tutto. Ad essere molto sincero, devo ammettere che di lei non m’importava più di tanto, è brutto da dire lo so, ma Barbara era una sorta di passatempo per alcuni weekend, non ci vedevamo molto e quindi non mi sono subito reso conto di com’era realmente la situazione e di quello che lei faceva di notte con Lucio. Barbara evidentemente aveva bisogno di più attenzioni, che io, in quel momento non potevo né volevo dedicarle. Certo, non era una brutta ragazza, aveva i capelli lunghi e biondi e gli occhi azzurri, ma mi sono accorto dopo qualche tempo che in realtà era solo un’oca. Ero rimasto infatuato dal suo aspetto, certamente, e mi andava bene così. La cosa che mi ha dato più fastidio è stato il “tradimento” di Lucio, ha litigato animatamente sia con Marco che con Andrea e in seguito non si è più fatto vedere, ha preso la sua strada con Barbara che, dopo che stava con lui mi ha chiesto se potevamo vederci di notte perché aveva bisogno di qualcuno con cui fare attività fisica “da letto”, chiaramente ho declinato l’invito, conoscendo ormai la ragazza.
 
Questi venti giorni sono stati indimenticabili e soprattutto terapeutici: mi sono rilassato, mi sono divertito, mi sono gettato alle spalle i brutti pensieri, ho riacquistato le energie perdute, ho creato un legame ancora più profondo con i miei compagni di viaggio e soprattutto, inaspettatamente, il mio cuore ha ripreso a battere e si è riempito di speranza. Lo so, sono consapevole di essere un inguaribile romantico e cretino e che lei sia un’emerita sconosciuta ma, è successo e basta. Il mio cuore ora non è solamente un muscolo nella cassa toracica. Lo so, sembro un perfetto idiota tredicenne in piena cotta pieno di ormoni che volano per un’attrice famosa che non conosce. La cosa positiva per il tredicenne è che può cercarla su internet, guardare e riguardare infinite volte i suoi film e farsi milioni di castelli in aria. Sì, lo so, fa molto Hugh Grant che osserva completamente rapito Julia Roberts in “Notting Hill”. Peccato però, che la mia lei, non abbia un nome che possa cercare sui vari social network. Non posso neanche inventarmelo anche perché alla fine, è solo una sconosciuta.
 
“Una sconosciuta che però hai cercato ovunque” mi ricorda amaramente la voce della conoscenza. E’ vero, l’ho cercata praticamente ovunque. Ho chiesto a Marco e Andrea se l’avessero vista quella sera in discoteca, ho provato a descriverla minuziosamente ai due, ma mi hanno risposto scuotendo la testa e chiedendomi se per caso me la fossi immaginata. Ho persino cercato tra le tutte le foto ufficiali della serata sul sito del fotografo ma il risultato è stato sempre il medesimo: nulla. Infine, per non darmi completamente per vinto, ho deciso di vagare da solo per la città, sono andati in alcuni locali dove lei avrebbe potuto esserci, ma mai una volta che la ruota sia girata per il mio senso giusto. Caro karma, che cosa ti ho fatto di male? So di essermi completamente rincoglionito, anche perché non mi era mai successa una cosa del genere. Voler conoscere così tanto una ragazza? Mai nella vita! Eppure, quanto mi piacerebbe rivederla o anche parlarle, quanto mi piacerebbe… Sì, siamo onesti Matteo, ti piacerebbe fare qualsiasi cosa con lei.
 
Le mie valigie sono già pronte, i miei adorati libri già nello zaino, invece quei due casinisti di Marco e Andrea devono ancora iniziare tutto e stanno girando per la casa come due uragani. Spostano qualsiasi cosa, raccolgono vestiti, mutande e magliette che avevano abbandonato ovunque. Li guardo, e con un sorriso divertito scrollando la testa dico «Certo che non cambierete mai voi due!» si fermano per un momento, mi guardano e scoppiano a ridere. In anni e anni di vacanze o weekend avventurosi insieme, io sono sempre stato quello mediamente ordinato, loro mai. Perdono costantemente rasoi per la barba, costumi da bagno, asciugamani, creme solari, shampoo e sì, anche misteriose pinzette delle sopracciglia di Marco, in giro per casa durante i giorni di permanenza, e alla fine setacciano casa come degli speleologi nelle grotte.
 
Marco è moro con occhi scuri mentre Andrea è biondo con gli occhi chiari, si compensano molto fisicamente. Caratterialmente sono identici, due vivacissimi uragani che ti stravolgono la vita con un’unica differenza: uno è attratto dagli uomini e l’altro dalle donne. Ci conosciamo da una vita, eravamo nella stessa classe alle elementari ma da allora siamo cresciuti molto, tante cose sono cambiate, soprattutto a causa dei vari trasferimenti, la cosa bella è che siamo rimasti sempre in contatto e abbiamo deciso di trascorrere le vacanze insieme. Settembre porterà con sé, oltre all’aria fresca preautunnale, molti cambiamenti: Andrea, che prima abitava poco distante da casa mia, proverà a convivere con la sua ragazza storica andando molto lontano dalla sua attuale abitazione, invece Marco tornerà nella stessa città in cui abito perché i suoi hanno finalmente deciso di far ritorno nella vecchia casa. Un amico che prova a realizzare il suo sogno di creare una famiglia stabile che se ne va, e un altro amico che ritorna…
 
Quest’anno avrò quindi la possibilità di vedere Marco quasi ogni giorno. Ci siamo entrambi laureati in lettere e ora stiamo facendo la laurea magistrale: ho scelto letterature europee e americane per la grande passione che nutro verso di esse, mentre Marco ha scelto lettere classiche e storia antica, manca ad entrambi l’ultimo anno e siamo molto elettrizzati. Con Andrea, nonostante abitassimo nella stessa città, non ci vedevamo spesso anche perché lui era al Politecnico a studiare ingegneria meccanica che si trova giusto dalla parte opposta della città rispetto alla mia università.
 
«Matte, facci un bel favore, dato che sei qui e non sei di aiuto per noi, fatti un giro e poi torna che così partiamo» dice un concentratissimo Andrea lanciando capi d’abbigliamento nella sua valigia.
«Ultimamente sei pensieroso, sembri quasi una ragazzina» aggiunge Marco con un sorriso sornione.
«Dici? Andiamo a fare shopping insieme allora?» chiedo io cercando di sdrammatizzare. So benissimo di essere leggermente più pensieroso del solito negli ultimi giorni.
«Quando vuoi, tesoro. Fatti un giro e poi torna che devi guidare» dice Marco continuando a sghignazzare.
«Chiamatemi quando avete finito di trovare tutte le cose che avete lasciato in giro!» e così dicendo esco di casa.
 
Decido quindi di godermi le ultime ore di “aria buona” del mare, conscio che mi attenderà un anno davvero molto pesante e pieno di impegni. Marco e Andrea volevano partire per l’orario di pranzo, «Dobbiamo fare una partenza intelligente, cari i miei ragazzi!» aveva esclamato Marco qualche giorno prima e così dovremmo fare, se i due terremoti si muovessero con le valigie e soprattutto se riuscissero a sistemare tutto senza distruggere o radere al suolo la casa. Do un’occhiata all’orologio al polso e leggo 12.27, decido di dirigermi verso uno dei viali pieni di bar e tavole fredde e calde che sono sempre invasi da persone che fanno l’aperitivo a tutte le ore del giorno. E il bello è proprio questo, il motto delle persone in vacanza che fanno aperitivo sempre è che “da qualche parte nel mondo è già ora di fare aperitivo!”. Inoltre, una cosa che adoro fare è osservare la gente per la strada, in giro, nei bar, e cercare di capire la storia, quello che pensano e soprattutto i segreti che ognuno di loro cerca di nascondere. Lo so, è una di quelle cosa che chi ha letto decisamente troppi libri fa, ma non mi stanco mai...
 
 
V’s POV.
 
«Viiii svegliatiiii» la voce di Carlotta rimbomba nelle mie orecchie e mi sveglia all’improvviso. Cavolo, stavo sognando qualcosa di molto interessante. Apro gli occhi, la fulmino leggermente e prima di andarsene mi sussurra un «Scusami tesoro, ma ho dovuto! Il caffè è pronto!» la perdono mentalmente, soprattutto per il caffè, ma perché è così attiva? Ah sì, oggi è l’ultimo giorno qui al mare e Carlotta è una di quelle persone che sono perennemente elettrizzate gli ultimi giorni di qualsiasi cosa, basa che siano gli ultimi.
 
Socchiudo gli occhi, mi giro e vado involontariamente contro dei pettorali. «Persona meravigliosa, svegliati! C’è il caffè e dobbiamo sistemare le ultime cose. Inoltre c’è il rito dell’ultimo aperitivo». Ok, punto primo Cristian deve smetterla di chiamarmi in quei modi così gentili, non ci sono abituata, per lui sono diventata “meraviglia” dopo quella nottata passata insieme e mi chiama così quando siamo soli e la cosa non va poi così bene, soprattutto per la mia sanità mentale, e soprattutto perché è stata solo una notte come è stato più volte ribadito da Cristian stesso; punto secondo se continua ad accarezzarmi i capelli mi fa riaddormentare al posto di rendermi attiva.
Apro gli occhi, lo guardo e gli sussurro un «Buon giorno. Ma tu che ci fai qui? Perché non mi ricordo che abbiamo dormito insieme?», Cristian sorride e mi risponde «Sei crollata sul matrimoniale di Carlotta e Mirko dopo aver preparato le valigie, sai, loro avevano altro da fare... Così ti ho presa in braccio e ho dormito con te!». Apro la bocca in una O muta di stupore appena prosegue «Sembravi così in pace addormentata che nessuno ha trovato il coraggio di svegliarti».
Oh che tenerezza. «Grazie allora, Cri. Ero stavolta!» gli rispondo con un sorriso piuttosto imbarazzato.
«Mi mancherai Vi. Grazie a te la mia estate è stata meravigliosa» dice Cristian abbracciandomi di slancio.
Non posso fare altro che contraccambiare l’abbraccio e stringerlo forte. Quest’inverno aveva vissuto davvero molto male il divorzio dei suoi che è stato davvero complicato e non sapeva neanche se ce l’avrebbe fatta a fare le vacanze con tutti noi al mare. Per quanto mi è stato possibile l’ho aiutato, nonostante la distanza e nonostante i nostri impegni universitari. Ma per lui è stato un duro colpo. I suoi si sono separati dopo anni di tradimenti da ambedue le parti, lui qualcosa aveva sempre sospettato ma quando ne ha avuto la certezza, e soprattutto è stato certo che la scelta di entrambi era divorziare è letteralmente crollato. Caratterialmente, appare il classico maschio alfa dominante sempre perennemente sicuro di sé, ma se una persona riesce a conoscerlo bene fino in fondo, capisce che il suo essere così insicuro e il non volersi mettere in gioco completamente in “amore” è dettato da questo, spero che possa trovare qualcuno che sia perfetto per lui.
Mi dà un bacio sulla guancia e una lacrima decide di fare capolino nei miei occhi. Non mi sono mai piaciuti gli addii e quest’estate è stata per tanti motivi molto più intensa di tutte quelle passate, in aggiunta dire addio, non sono a lui ma a metà dei miei coinquilini “estivi” che ritorneranno lontano, non è facile.
 
«Qui si piange già! Sono solo le undici del mattino, e Virginia piange! Si inizia proprio bene!» dice Mirko entrando in sala.
«Zitto tu! Che piangi sempre anche tu!» gli rispondo io prendendolo in giro, dentro il tornado di ragazzo che è si nasconde un animo sensibilissimo.
«Ragazzi forza! Alzatevi tutti che ci aspetta l’ultimo aperitivo!» dice Carlotta che passa saltellando dalla cucina alla sala.
 
L’“ultimo aperitivo”, che detto così sembra piuttosto tragico lo so, è un rito che ogni anno organizziamo l’ultimo giorno prima della partenza di tutti da circa sei anni. A turno, uno alla volta, si brinda a un qualcosa che deve per forza andare bene durante quell’anno durante il quale non ci si può vedere tutti insieme. Ovviamente con chi è vicino è più semplice continuare la frequentazione, ma purtroppo non è per tutti possibile. L’anno scorso io ho brindato alla possibilità di laurearmi giusta e perfetta alla mia laurea triennale in psicologia, e così è stato. E’ un rito scaramantico a cui tutti teniamo e spesso scende anche qualche lacrima. Non è facile dire a voce alta un desiderio tuo personale così intimo, che speri che vada bene, ecco perché ogni tanto scende qualche lacrima e soprattutto ci teniamo tutti moltissimo.
 
..
 
Ore 12:09
 
Casa chiusa e pulita, valigie già stipate nelle varie macchine, sono pronta, un po’ meno per partire, vestita e profumata per l’ultimo aperitivo nel solito bar.
 
Durante il tragitto prende la parola Alessandro esordendo con un «Ma lo sapete torna a casa Marco?».
«In che senso?» chiede Mirko.
«Sai alla festa di Cristian? Quando abbiamo parlato, mi ha detto che tornava nella vecchia casa con i suoi, quindi, magari quest’anno si potrebbe organizzare una pizzata con tutti!» continua Alessandro pieno d’iniziativa. Posso capirlo, e lo capiamo tutti, per lui Marco è stato il suo primo grande amore. Erano inseparabili quando erano più piccoli, ma la distanza data dal trasferimento di Marco li ha divisi e separati e la situazione non era della più semplici.
«Splendida idea! Ho intenzione di vedervi tutti durante l’inverno almeno una volta!» dice Carlotta super entusiasta.
«Ci sto anche io! Vedrò tutti voi e poi è da una vita che non vedo Marco!» rispondo io sorridendo.
«Ehi, Vi, guarda che sono geloso...» ribatte un Alessandro tutto sognante ed euforico.
 
..
 
Ore 12:23
 
Finalmente tutti e otto siamo seduti al solito tavolo che è sempre quello da sei anni, stiamo mangiando patatine e noccioline mentre attendiamo i soliti cocktail della casa.
«Allora vogliamo iniziare?» chiede tutta contenta Carlotta non appena il cameriere deposita l’ordinazione sul tavolo.
«Inizio io! Inizio io!» ecco la solita frase di Paola, che come ogni anno, vuole sempre iniziare lei. Da tradizione è così, e io di certo non ho intenzione di cambiare i rituali.
Scoppiamo tutti a ridere, conosciamo perfettamente la passione di Paola e sappiamo qual è il suo desiderio per quell’anno, forse perché non ha parlato di altro durante i giorni della vacanza.
«Voglio sfondare in tv e voglio avere una carriera perfetta come modella» dice lei tutta orgogliosa tutto d’un fiato. Come desiderio a mio parere non è un gran che, ma sua madre è stata una famosa modella e suo padre è un produttore televisivo, quindi prima o poi sfonderà in tv. La carriera da modella l’ha già iniziata da svariati anni e ha tutte le carte in regola per proseguire sulla stessa strada.
«Come sempre Pa!» le dice Alessandro, il nostro futuro calciatore omosessuale più sexy del mondo, così lo chiama suo fratello Giorgio. Dopo Paola è proprio il suo turno, e spera di non farsi male giocando a calcio quest’anno; poi è il turno di Giorgio che si volta verso Valeria, la sua ragazza e dice «Ecco Vale, io credo che sia il momento giusto per chiedertelo. Visto che bisogna dire un proprio desiderio, ecco io… Vorrei convivere con te!», la risposta da parte di Valeria arriva subito e non si fa attendere: «Visto che tocca a me, vorrei tanto andare a convivere con Giorgio. Quindi sì, conviviamo!» e dopo questo si danno un dolcissimo bacio, felicissimi ed emozionati.
Poi è il turno di Mirko che spera di avere sempre vicino «In tutti sensi sia chiaro, non sopporto più le distanze» la sua Carlotta, e lei dopo essersi commossa per le parole del suo ragazzo, spera di laurearsi quest’anno in tempo senza andare fuori corso. Capisco il desiderio di Carlotta, laurearsi è una grande soddisfazione personale e poi per quanto riguarda il discorso “amore” ci ha già pensato Mirko!
Ora, come ogni anno, manchiamo solo io e Cristian.
«Dai Cri! Tocca a te!» gli sussurro con un sorriso incoraggiante.
«Ecco, io spero... Che tutto possa andare bene.» dice un Cristian nettamente in imbarazzo. Scende un’altra lacrima sul mio viso alle sue parole, spero davvero che per lui possa andare tutto bene. Ma davvero tutto. E chissà, forse il mio fratellone sta davvero crescendo! Dopotutto lo scorso anno aveva desiderato di farsi tutte le ragazze possibili e inimmaginabili!
«Dai geniaccio, asciugati quella lacrimuccia e manca solo il tuo!» mi dice un’altrettanta commossa dalle parole di Cristian, Carlotta.
«Allora, io vado sul semplice! Spero che questo primo anno di laurea magistrale vada davvero molto bene!», dopo i tre anni di psicologia ho scelto la specializzazione in “psicologia clinica”. Ho deciso un desiderio realistico, semplice, in più l’anno prima aveva portato molto bene! Contemporaneamente a quelle parole, mi è tornato in mente uno sconosciuto. Così prima del brindisi collettivo, aggiungo mentalmente «Spero tanto di rivederti…»
 
Ma quelle parole di speranza, rimangono come un groppo in gola. Sai che non è possibile Virginia, dice una vocina dentro di me.
 
Oppure chissà, forse sì.
 
 
M’s POV.
 
Tutta questa gente che siede ai tavoli e fa l’aperitivo mi piace. Mi creano allegria nonostante sia una giornata di fine estate, non solo per me, ma anche per molti di loro. Credo che oggi poi la maggior parte delle persone tornerà a casa. Ma quanta gente c’è? Tantissima, davvero tantissima! Sto maledicendo mentalmente Andrea e Marco e la loro disorganizzazione nel fare le valigie, maledico persino l’idea di Marco della sua partenza intelligente, avremmo potuto passare l’orario aperitivo pre-pranzo insieme a tutte queste persone bevendo magari dell’ottima sangria e godendoci questo ultimo giorno d’agosto. Ci sono davvero moltissime persone che quasi quasi mi chiedo, visto che c’è tutta questa gente, lei non è che per uno strano caso del destino sia qui?
 
Decido di sedermi su una panchina all’ombra, il sole di mezzogiorno e mezza batte davvero forte e io sorseggio una Coca Cola ghiacciata per rinfrescarmi un po’. Da un negozio alle mie spalle arriva la melodia di una canzone carina e che soprattutto non avevo mai sentito.
 
Forse qualcuno dall’alto mi ha ascoltato? Mi sembra di scorgere seduta a un tavolo nel bar di fronte, con altre sette persone lei. O meglio, mi sembra lei. Non è che è un sogno?
 
And I can't have you, it isn't fair...
 
E pensa, non posso averti no. E non è giusto.
Ma sei davvero tu?
Credo che la riconoscerei in mezzo a un milione di persone, solo che non mi sembra vero.
Capelli sciolti che si muovono grazie a un venticello fresco che preannuncia settembre, una mano sposta delicatamente e dolcemente una ciocca che le era scivolata sul viso. E che viso...
 
When you're 'round, I lose myself inside your mouth...”
 
Le sue labbra meravigliose si distendono in un sorriso.
Mi perdo nelle sue labbra carnose che vorrei baciare.
Sarà che le canzoni fanno parte della vita e che riescono a capirti in ogni momento, ma questa è decisamente azzeccatissima.
E poi, lei si volta verso di me…
 
You've got brown eyes... Like no one else...
 
Tu non hai due occhi normali, tu, cara la mia ragazza sconosciuta, hai una specie di arma di distruzione di massa…
Non ho mai visto in tutti i miei miseri quasi ventiquattro anni di vita degli occhi così.
Ok, Matteo dati una calmata.
Non sei un ragazzino dodicenne in preda agli ormoni.
No, non posso calmarmi... Lei è lì.
Decido di alzarmi da quella panchina, voglio raggiungerla, voglio avvicinarmi a lei, voglio capire cosa mi ha fatto, voglio almeno chiederle come si chiama.
 
Again again... Again.”
 
Ti vorrei vedere ancora, ti vorrei parlare, vorrei poterti dire che da quella serata d’agosto non faccio altro che pensare a un’emerita sconosciuta...
 
Mi sto avvicinando rapidamente al bar, sto per varcare l’entrata e in un attimo... Lei non c’è più.
Controllo il tavolo dove l’avevo vista ma non c’è. Non c’è proprio. Di lei nessuna traccia. Evidentemente non c’è mai stata.
 
Me la sono immaginata?
Sì, l’hai decisamente immaginata.
 
Merda, merda e ancora merda.
 
Maledetto caldo, maledetti raggi solari e maledetta canzone in sottofondo.
 
 
V’s POV.
 
C’è un’aria fresca che è come se segnasse la svolta di qualcosa, sarà forse colpa della fine di agosto? Un’aria di svolta, sì. Sarà l’aperitivo o l’aria di iniziare qualcosa di nuovo, ma è proprio bello. Decido di voltami e guardare un po’ la gente intorno a me, mi affascina da “brava futura psicologa” osservare le persone. Improvvisamente il mio sguardo si ferma su una persona su una panchina.
Oh cavolo.
Lo vedo.
Vedo due meravigliosi occhi verdi che mi stanno osservando. Vedo un meraviglioso ragazzo che è ancora più meraviglioso di quanto ricordassi.
E’ lui, cavolo, è lui!
Virginia, calmati.
«Carlotta chiama Vi, Vi ci sei? Sei fra noi?» chiede Carlotta sventolando la mano davanti ai miei occhi.
«Mi assento un attimo, vado e torno. Giuro, in frettissima. Aspettatemi.» dico ai miei sette amici che mi guardano con aria divertita.
Mi alzo di scatto, strofino gli occhi come per accertarmi che lui sia ancora lì e vedo che è ancora lì, passo di corsa dentro il bar, esco fuori...
Lui non c’è più.
Dura e cruda realtà.
Lui non c’è.
 
 
M’s POV
 
«Allora pensi di muoverti? Ho una ragazza dalla quale tornare, Matte!» mi dice Andrea dall’altro capo del telefono.
«Matteo, non dargli ascolto, è solo frustrato perché è da un po’ che non consuma...» sento la voce di Marco.
«Sì, arrivo!» dico a entrambi, chiudo la telefonata e mi incammino verso casa.
 
Merda, il telefono squilla nei momenti meno opportuni. Sarei potuto entrare in quel bar per accertarmi pienamente ed essere sicuro di essermela immaginata al cento per cento ma la telefonata di quei due pazzi me l’ha impedito. Per una volta che il destino sembrava sorridermi il cervello fa inutili schermi e proietta immagini olografiche e mi fa immaginare lei.
Certo che era proprio bella eh.
E te la sei immaginata bene Matteo, bravo!
Stanotte la sognerò, già lo so. E con questo pensiero, quasi arrivato a casa, mi torna in mente quella canzone di prima “Again again… Again.”.
 
Sì, vorrei assolutamente vederti ancora.
 
 
**
 
 
Buona sera a tutti, chiedo umilmente venia per non essere riuscita a pubblicare la scorsa settimana ma ero via a fare i Campionati Italiani di Nuoto Master a Riccione e, purtroppo, tra lavoro e impegni vari, sono riuscita solo questa sera a editare questo terzo capitolo di “passaggio” e di chiusura dell’estate. Il destino ha deciso di confondere le idee a Matteo e Virginia, e chissà se il karma sarà meno stronzetto e riuscirà a farli finalmente conoscere e incontrare. Voi che ne pensate? Un’ultima cosa, la canzone del capitolo è “Again again” di Lady Gaga che è proprio bella e adatta al capitolo, secondo me. Come sempre, grazie se c’è qualcuno che mi legge ed è tornato a leggere Virginia e Matteo in versione 2016, io mi sto divertendo moltissimo a scrivere e sistemare ed editare di loro! Grazie, come sempre.
 
Un abbraccio e a presto!
E.

 

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Capitolo 4
*** Never Say Never ***


INASPETTATAMENTE_ cap.4


Perché ogni tanto, è proprio quando meno te l’aspetti…

 

 

Never Say Never – Capitolo 4

 

19 Gennaio.
 
Ore 11:32
 
 
V’s POV.
 
Ritardo. Sono in ritardo, sono in netto ritardo, sono in un maledetto ritardo. E’ mai possibile che quando ho una qualsiasi cosa da fare io sia sempre in ritardo? Evidentemente sì, è colpa del karma o della Legge di Murphy rivisitata in “Se puoi essere in ritardo, allora lo sarai sempre”. Alla fine, però, non credo che la colpa sia mia dato che la lezione di Psicodiagnostica si è protratta a lungo e l’autobus non è arrivato e ho dovuto fare la strada a piedi. Normalmente, mi scoccia molto arrivare tardi e per di più quando non è colpa mia mi dà fastidio il triplo. Sono in ritardo per il mio “appuntamento” con Marco. Chiaramente, non è un appuntamento “vero” inteso come un primo appuntamento romantico con un ragazzo, il massimo che potremmo fare entrambi è commentare con acidità o benevolenza tutti i ragazzi che ci passano vicino, inoltre gli voglio un gran bene e dato che abbiamo gli stessi gusti in campo sessuale, la nostra storia può solo avere vita breve, anzi brevissima.
 
Da quando si è trasferito ed è tornato nella vecchia casa ci vediamo spesso, le nostre facoltà sono solo a un quarto d’ora di strada a piedi, o a quattro minuti di autobus quando passa, e quindi abbiamo sfruttato la poca distanza per riprendere i contatti dopo quella meravigliosa cena che avevamo fatto tutti insieme ai ragazzi del mare a novembre. E’ stata una serata magica: Carlotta e Mirko sono sempre più felici insieme e cerchiamo di vederci una o due volte al mese, Paola è la solita Barbie ed era esaltatissima per una piccola comparsa in una fiction, la convivenza di Giorgio e Valeria procede benissimo, Cristian l’ho visto leggermente più sereno e Alessandro era nervosissimo perché avrebbe visto Marco.
 
Da dicembre, Marco e Alessandro sono ufficialmente una coppia. Io sono diventata la psicologa-amica-consigliera soprattutto del primo della coppia. Ieri sera ho ricevuto un suo messaggio su WhastApp con scritto “Mia psicologa, domani avresti voglia di prendere un caffè e poi magari anche pranzare con un fidanzato preoccupato?” non ho saputo dirgli di no anche perché mi ha offerto caffè e pranzo, che sono delle cose che adoro fare con gli amici più fidati, inoltre so che per lui ultimamente non è un buon periodo, tra lo studio in università che è super tosto e i compagni di squadra di Alessandro che, secondo Marco, ci provano spaventosamente con lui praticamente durante ogni allenamento, come potrebbe il povero fidanzato non essere preoccupato?
 
Durante i nostri incontri Marco ed io parliamo molto, è un migliore amico speciale, un confidente davvero sincero e onesto che però ti dice che sei sexy e che fa scandalosi apprezzamenti su di te, ovviamente non fondati e puramente inventati, e che sai che non ci proverà mai. Quindi, uscire con Marco fa anche alzare la mia autostima e soprattutto mi fa morire dal ridere. Mi ha sempre ripetuto un milione di volte che mi vorrebbe presentare un suo amico che sarebbe perfetto per me, ma purtroppo il ragazzo in questione è occupato da un paio di mesi. Scherzando, gli ho risposto una volta «Ma non sono gelosa io, lo sai!», si è messo a ridere e mi ha detto «Fidati Vi, vorrei che tu fossi felice e te lo meriti. Se solo lui non stesse con quella là!». Sono ovviamente parole che scaldano il cuore. E’ anche per questo che, per quanto ci è possibile e università permettendo, Marco ed io riusciamo a vederci anche solo per un caffè di sfuggita, basta che ci vediamo. Ma oggi sono in ritardo, cavolo. Odio esserlo perché mi dispiace fare aspettare l’altra persona.
 
Vi, pensa a sbrigarti! mi dico inserendo le cuffiette dell’i-Pod nelle orecchie.
 
Some things we don't talk about
better do without
and just hold a smile
falling in and out of love
a scene their proud of
together all the while
 
Oggi, nonostante sia gennaio inoltrato, c’è un bel sole pallido nel cielo, tra una leggera aria fresca nei capelli e il sole che mi riscaldava il volto, non mi è pesato minimante camminare per arrivare fin qua, inoltre un po’ di attività fisica ogni tanto fa bene, quindi per fortuna che non sia passato l’autobus! Eccomi finalmente arrivata alla “Facoltà di Lettere”. Ci sono. Sono arrivata con un po’ di ritardo, ma ci sono. Guardo l’orologio al mio polso e leggo 11.48. Ops, sono in ritardo di venti minuti.
 
Recupero il telefono dalla borsa e scrivo a Marco “Marco sono riuscita finalmente ad arrivare, dimmi dove sei che ti raggiungo!”, povero fidanzato disperato, almeno l’avevo avvisato per tempo del mio ritardo. La sua risposta non tarda ad arrivare “Sono nel giardino interno, dove ci sono tutte le colonne romane, ti ricordi dov’è? Io arrivo verso di te e tu verso di me e poi finalmente CAFFE’!”, ecco un degno “collega” drogato di caffè. Ok, Virginia cerca di non perderti e fai mente locale: portico con le colonne, portico con le colonne, mmm, il portico con le colonne è di là a destra! Penso trionfante e mi incammino verso il corridoio che porta al giardino.
 
 
M’s POV.
 
Amoruccio buon giorno ancora un'altra volta. Come stai? Dove sei? Hai finito la lezione? Ci vediamo? Ti ricordi il nostro appuntamento? Vedo che non mi hai ancora risposto né hai letto!” sento le ennesime notifiche di WhastApp, sono messaggi tutti da parte di Monica, ringrazio mentalmente chi ha inventato la doppia spunta blu che così la ragazza nota che non ho ancora letto, ringrazio la possibilità di poter togliere l’ultimo accesso, ma ringrazio soprattutto chi ha creato le notifiche sullo schermo in modo che io possa leggere in anteprima e soprattutto decidere di non rispondere. Sa benissimo quanto mi diano fastidio gli ottomila messaggi al minuto, e nonostante ciò e i litigi, Monica continua a farlo.
 
Le avevo comunicato già ieri che avremmo pranzato insieme, dato che il mio compagno di pranzi nonché amico e collega universitario Marco oggi doveva uscire con una sua amica; ebbene, mi ha scaricato per una donna dicendomi «E’ la mia psicologa, devo assolutamente bermi un caffè e poi pranzare con lei. E tu, caro bell’imbusto, non sei invitato», così avevo colto l’occasione per pranzare con Monica, e magari anche lasciarla...  E’ da due mesi che più o meno ci frequentiamo, lei studia filosofia, è alta, magrissima, bionda con gli occhi azzurri, ma è troppo appiccicosa, è gelosissima, inoltre non provo un grande interesse per lei, quindi la mia decisione sarebbe quella di lasciarla. Lo so, sono uno stronzo, mi sono divertito in questi due mesi durante le poche volte che ci siamo visti, però... Però è come se fossi in gabbia “Dove vai? Perché esci? Con chi esci?”, non mi chiede più mia madre dove vado, con chi e quando torno, e me lo deve chiedere una ragazza? Ho decisamente bisogno di altro. Lei non è “quella giusta”. Quindi avrei deciso di pranzare con Monica, cercare di parlarle tranquillamente ed entrare nel discorso “coppia”, fare l’uomo diretto e dirle esattamente come stanno le cose, è come se fosse un peso da portare in giro, non va bene una storia così, non è sana e soprattutto non è adatta a me e alle mie esigenze. Inoltre c’è il piccolo dettaglio che ogni tanto, sogno quella sconosciuta. Me la sogno e la mattina mi sveglio molto felice. E non solo tu… Dato che i sogni sono decisamente bollenti e ad alto contenuto erotico. In più l’altro giorno mentre stavo avendo un amplesso con Monica mi sono apparsi quegli occhi scurissimi, quindi sì. Devo lasciarla. Dovrei anche smettere di parlare con me stesso prima o poi, non è una cosa molto salutare, forse avrei bisogno anche io della psicologa di Marco. Quasi quasi gli chiedo il numero. Potrebbe aiutarmi davvero.
 
A proposito di Marco, per la serie “si parla del diavolo e spuntano le corna”, esco dall’aula magna dove è appena terminata la lezione di “storia del teatro americano” e lo vedo seduto su una panchina, più che seduto è praticamente spaparanzato al poco sole che c’è oggi.
 
«Ciao Marco!» dico sorridendo e avvicinandomi alla panchina.
«Ciao Matte!» mi risponde con un sorriso sventolando la mano.
«Senti ma… Non venivi a pranzo con me perché avevi bisogno di stare con una psicologa?» gli chiedo con aria da finto offeso.
«Sei solo invidioso! E’ in ritardo, povera ragazza, ha perso l’autobus!» dice tirando fuori il telefono.
«Invidioso sì, a me tocca il pranzo con Monica...» gli rispondo.
«Ma scusa, non è la tua ragazza?» mi chiede Marco con un’aria scherzosa, digitando qualcosa sul telefono e rimettendolo via poco dopo.
«Dai, lo sai com’è! E’ un po’...» dico sedendomi affianco a lui.
«Appiccicosa? Morbosa? Gelosa? Pazza?» mi chiede ridendo di gusto.
«Esatto. Per questo avrei intenzione di lasciarla. Del resto, non mi dà nulla, è una ragazza come tante altre…» mi confesso in tono afflitto.
«Dai su, il mare è pieno di pesci per un bel manzo come te!» mi dice alzandosi dalla panchina «Che fai, mi accompagni? Devo andare all’uscita principale che ci incontriamo a metà strada.»
«Sì, tanto devo andare anche io in quella direzione.» dico con aria piuttosto abbattuta «Invece tu... Con Ale? Come va tra di voi?»
«Ah, il mio tasto dolente...» mi risponde arrossendo «Va benissimo tra di noi, la colpa è solo mia! Che, vedi, sono geloso! Ecco perché necessito della psicologa!»
Gli sorrido e gli dico «Ma dai! Non l’avrei mai detto! Stai tranquillo, amico mio!» concluso sorridendo.
 
Facciamo due passi e vedo Marco che si apre in un sorriso quando...
 
 
V’s POV.
 
“You can never say never
while we don't know it
time and time again”
 
Stacco le cuffiette dell’iPod. Per oggi, basta con questo “Never Say Never”.
 
Oh cavolo, è possibile che proprio adesso mi debba arrivare un altro messaggio? Preferisco controllare che magari è di Marco che mi dà per dispersa. Apro il telefono e leggo il mittente: è di Carlotta, ok quindi, lo leggo intanto che cammino. Alzo lo sguardo per vedere eventuali colonne o persone o cose in mezzo, ma il corridoio è libero e posso quindi leggere “Cara, carissima amica mia. Questa notte ti ho sognata, e tu sai cosa succede quando sogno qualcuno. Al fortunato o alla fortunata, in questo caso tu, cara amica, succederà qualcosa di bellissimo ed entusiasmante. Credici Vi, oggi succederà qualcosa di bello per te, me lo sento, pensa che è pure uscito il sole!”. Sorrido mentalmente, adoro Carlotta, ma è possibile che io stia ancora dietro alle idee di una pazza? O meglio, a quello che sogna lei?
 
Non faccio praticamente in tempo a pensare “Sì certo Carl...
Oh cazzo.
 
Sono andata a sbattere contro qualcuno. Ma il corridoio non era libero? Sono certa che sia qualcuno e non una colonna anche perché altrimenti mi sarei fatta decisamente più male! Mi affretto a mettere via il cellulare, fare un passo indietro, accennare un «Scu... Scu... Scusami ma...» che alzo lo sguardo verso un viso che mi è molto familiare.
Non riesco a continuare a parlare.
Non riesco più a parlare.
Non ho più parole.
Rimango con la bocca aperta davanti a LUI.
Ve lo ricordate lui?
Lui, lui?
Lui con quegli occhi meravigliosi.
Lui con quegli occhi così verdi.
Lui che sta sorridendo.
Lui che sembra avere un’aria stupita.
Lui che sta guardando me.
Lui che ci fa qui?
Cavolo, Vi, sei andata in loop.
Riprenditi.
Quanto tempo è passato?
Devo però chiudere la bocca che è rimasta aperta e assumere per lo meno un’espressione intelligente.
Sì certo, è facile.
Ok, prima cosa: smetti di parlare con te stessa.
Continuo però a perdermi in quegli occhi verdi, e a rimanere ferma imbambolata quasi fossi una bimba di cinque anni e mi avessero regalato un castello rosa pieno di unicorni in stile principessa.
 
 
M’s POV.
 
«Scu... Scu... Scusami ma...» sento una voce pacata che proviene dalla ragazza che si è appena lanciata scontrandosi su di me.
Ma la gente non può stare attenta quando cammina? Sempre attaccati ai cellulari questi giovani d’oggi… Penso prima di alzare lo sguardo verso di un viso sorprendentemente conosciuto.
LEI.
Ti prego, scontrati ancora.
Fallo un’altra volta.
Vai in giro giocando a mosca cieca e continua a sbattere contro di me.
Ok.
Matteo calmati.
Respira.
Respira profondamente.
Tranquillizzati.
E’ lei ed è qui.
Siamo sicuri?
Sì.
Due occhi scurissimi e meravigliosi, due labbra da infarto, un fisico splendido.
Sì, è lei.
E non è una visione.
E’ reale perché si è scontrata contro di te, quindi Matteo calmati.
Lei ha un viso meraviglioso ed è quasi sorpresa quanto me.
Ma mai quanto me.
Ha le labbra semi aperte per lo stupore e si è bloccata.
Non posso fare altro che continuare a guardarla negli occhi.
E’ una cosa disarmante.
 
Ti prego, prendimi, portami da qualche parte, andiamo, fammi tuo, ora.
Ora, subito, all’istante, immediatamente.
Ti prego.
 
«Ehiiii, voi dueeee. Belli addormentati. Vi sto parlando da tre minuti!» sento Marco che mi risveglia dalla catalessi.
«Scusa Marco, è che…» dico tentando di non prolungar la figura di merda. Che, cosa, poi? Mi sono rincoglionito.
«Che, ti capisco anche se sono gay, fidati.» dice Marco sogghignando. Ah, il bastardo se la ride! E di gusto!
Lei sorride, e che sorriso signori.
Posso anche morire felice ora.
«Scusami se ti sono venuta addosso, non volevo ma...» si volta verso Marco «Tutta colpa di Carlotta e dei suoi messaggi!»
Merda, ma allora si conoscono.
Aspetta aspetta, è lei la psicologa?
Marco, ho bisogno del suo numero di telefono per parlare dei miei problemi esistenziali. E anche se non li ho, me li creo. Ho sicuramente qualche problema legato all’infanzia che vorrei risolvere. Incubi notturni. Sogni strani. Potrebbe farmi internare, magari? Con lei?
«In realtà stavo tentando di fare delle presentazioni decenti, ma eravate praticamente sotto shock entrambi. Vi conoscete già per caso?» chiede Marco con aria indagatoria.
No che non la conosco, se no ora non starei qui ma nella mia camera con lei. E rimarrei barricato giorni e mesi e anni con lei.
Matteo contieniti, per favore.
«N... No.» dice lei con una voce titubante.
Io non posso fare altro che scuotere la testa per rispondere in modo negativo, non mi fido della mia voce.
Bravo Matteo, continua la figura di merda dell’idiota.
«Allora...» inizia Marco guardando verso di me «Matteo ti presento Virginia» e ora guarda lei «Virginia ti presento Matteo».
Allungo la mano destra verso di lei, sorrido, e mezzo imbarazzato dico «Piacere.»
Lei mi stringe la mano destra, una bella stretta di mano, mi piace, alza lo sguardo verso di me, sorride e dice «Il piacere è tutto mio.» Ha una mano morbidissima e delicata, è un mezzo shock stringere quella mano e soprattutto constatare che non mi ero mai soffermato su quanto una pelle potesse essere delicata. Dio mio, che rincoglionito che sono. Però ho deciso, non gliela lascio più quella mano.
 
 
V’s POV.
 
«Ehiiii, voi dueeee. Belli addormentati. Vi sto parlando da tre minuti!»  dannatissima voce di Marco che mi sveglia dal mio sogno.
Ehi, ma non è un sogno.
No. Lui è qui ed è reale.
«Scusa Marco, è che…» dice lui con una voce davvero bella, profonda e melodiosa insieme. Forse ho usato troppi aggettivi, ma ha davvero una voce da infarto.
«Che, ti capisco anche se sono gay, fidati.» risponde Marco con un sorrisetto strano.
Cosa faccio io?
Sorrido.
Virginia rilassati, sorridi e magari dì qualcosa d’intelligente.
Ok, sono calma, sono molto e soprattutto calma.
Training autogeno vieni a me.
Trova magari anche qualcosa da dire.
Forza, ce la puoi fare...
Pensa che sia un ipotetico paziente Virginia, apri la bocca e scusati.
«Scusami se ti sono venuta addosso, non volevo ma...» mi volto verso Marco e dico tutto d’un fiato «Tutta colpa di Carlotta e dei suoi messaggi!»
Maledetta Carlotta, gliela faccio pagare.
Anzi no, se i suoi messaggi fanno questi effetti... Dovrebbe sognare più spesso di me!
«In realtà stavo tentando di fare delle presentazioni decenti, ma eravate praticamente sotto shock entrambi. Vi conoscete già per caso?» chiede Marco guardandoci curiosi.
No che non lo conosco, ci sono andata a sbattere contro, ma lo conoscerei molto volentieri.
Con l’aria più innocente del mondo dico un «N... No.»
E lui scuote la testa in un segno negativo.
«Allora...» inizia Marco guardando verso di lui «Matteo ti presento Virginia» e ora guarda me «Virginia ti presento Matteo».
Ah Matteo, Matteo, Matteo.
E’ un nome che mi è sempre piaciuto!
Oddio, si sta avvicinando.
Che fa?
Mi porti via?
Dimmi di sì ti prego…
Allunga la mano destra verso di me, sorride, io perdo anche alcuni battiti cardiaci e dice «Piacere.»
Cosa devo fare?
Ah sì, stringo la mano, lo guardo, sorrido anche e dico «Il piacere è tutto mio.»
Brava Virginia, hai appena vinto il premio battuta di merdissima del secolo.
Rimarrei con la sua mano tra la mia molto volentieri ma un telefono sta squillando e no, non è il mio. Sento che Matteo s’irrigidisce e sembra essere anche molto scocciato, credo che sia il suo.
Non rispondere, ti prego, stiamo qui così.
Evidentemente deve rispondere per forza, almeno ci togliamo da questa posa imbarazzantissima con le mani e in aggiunta c’è un Marco che ci sta osservano con un’aria da “tu dopo mi racconti tutto ciò che sai”.
Che cosa vorrebbe sapere?
Io non so nulla.
O forse sì.
Ho appena conosciuto Matteo.
 
 
M’s POV.
 
Ah, fanculo.
Fanculo al telefono che squilla, non ho voglia di rispondere.
Lo lascio squillare, ho deciso.
Ha finito, finalmente.
Meno male.
Continuo ad osservarla, se potessi la porterei via da qui e… E metti un freno ai tuoi pensieri, sei in pieno giorno in un corridoio dell’università.
Ah, fanculo ancora. Il telefono ha ripreso a suonare.
Mi irrigidisco, devo per forza rispondere.
Ho anche una mezza idea su chi potrebbe essere.
Accetto la chiamata scorrendo con il dito sullo schermo.
«Amoruccio tesorucciooo miooo»
Oh. Cazzo.
Sfilo delicatamente la mia mano da quella di Virginia e mi allontano un attimo anche se non vorrei. Soprattutto non voglio far sentire la voce molto squillante trapassa-timpani di chi mi sta chiamando.
«Dimmi.» rispondo brusco. Bentornato alla realtà Matteo è chiaramente Monica al telefono.
«Amoruccio tesoruccio miiiio perché non sei ancora qua?» chiede lei con aria indagatoria.
Cosa le dico? La verità.
«Mi sono fermato a chiacchierare con Marco.» Ho omesso un particolare, un piccolo particolare, lo so.
«Dai arriva presto mi raccomando.» dice lei.
«Sì certo» concludo io la chiamata rimettendo il telefono in tasca.
Dopo circa mezzo minuto, suona ancora il mio cellulare.
Ancora?
Basta ti prego.
«Amoruccio tesoruuuuuuuccio» ancora lei, cosa vuole?
«Dimmi» ormai il suicidio sociale l’ho avuto rispondendo inizialmente alla prima telefonata.
«Lo sai che sei in ritardo?» chiede facendo quasi sicuramente il broncio che normalmente ha funzionato con ogni essere di sesso maschile.
«No?»
«Allora sappilo e arriva presto.» e mi chiude il telefono in faccia.
Mi dà pure gli ordini adesso?
Ho fatto lo stronzo? Può essere.
Ma è appiccicosa. Decisamente troppo.
Posso arrabbiarmi? Sì. Inoltre mi ha sbattuto il telefono in faccia, posso ritenermi autorizzato.
 
Con un sorriso tirato torno da Marco e dalla ragazza meravigliosa che c’è lì con lui. Non voglio andare via. Ma devi, lo sai anche tu.
«Ragazzi... Scusate, ma devo andare.» dico io stringendomi nelle spalle. Come se non avessi altra alternativa.
Lei ha una espressione triste in volto, è possibile o me la sto immaginando?
«Sì sì, vai pure...» mi dice Marco che sa benissimo dove sono diretto. E sa anche molto bene che non ho voglia di andarci.
Grazie Marco eh, bell’amico, che tatto.
Mi volto verso di lei, cerco di fare il mio miglior sorriso possibile e le dico un semplice «Ciao.»
«Allora... Ciao Matteo. Buona giornata!» dice lei con un sorriso che trasmette un po’ di tristezza.  
Ok, allora rimango qua ho deciso. Non voglio andarmene via.
 
Non so bene come ci sia riuscito o come ho potuto farlo, ma mi sono girato e sono andato a prendere l’autobus con direzione pranzo con Monica.
L’unico mio pensiero è un semplice nome.
 
Virginia.
 
 
V’s POV.
 
Matteo ha sfilato la mano dalla mia. Avrei voluto fare un po’ di resistenza ma non sarebbe stato carino.
Scusa sai, mi si è incastrata la mano come con gli esperimenti del Mago Silvan. Avrei potuto optare per questa soluzione, effettivamente.
Si allontana da me e ho una brutta sensazione.
Perché mai?
E’ come se non avessi quasi più ossigeno.
E’ possibile? Sì.
Magari ho la febbre e sto male.
Cerco di leggere il labiale di quello che sta dicendo lui al telefono.
Sei da internare, Virginia.
Sì, magari. Perché no. Con lui, molto volentieri.
 
Si avvicina Marco e con un’aria strana da super detective inizia con un «Allora?»
Mi giro verso di lui rinunciando alla lettura del labiale dicendo un «Allora, che?»
Ribatte subito molto concitato «Signorina, che cos’era quello che ho appena visto? Una specie di bomba atomica?»
“Sì, hai ragione” gli vorrei rispondere se fossi una persona sincera e onesta, invece cerco di sdrammatizzare con un semplice «Ma che dici, Ma’?»
«Tutta quella chimica, quell’alchimia tra di voi...» dice sospirando.
Ma va? Lo so anche io. Mi si è risvegliato qualcosa dentro di me e se avessi potuto gli avrei tolto tutti i vestiti nel giro di cinque secondi e… Bhe, sì.
Virginia contieniti.
«Scherzi?» dico a Marco sdrammatizzando alla grande buttandola sul ridere.
«Comunque, lui si sta arrabbiando al telefono...» dice titubante Marco indicando con la testa Matteo.
«Perché mai?» chiedo eccessivamente curiosa. Io, interessata? Macché.
«Colpa di una fidanzata inutile e gelosa…» dice cauto quasi scusandosi.
 
Ecco. Eccolo qua. Il macigno.
E’ come se mi avessero appena depositato uno scoglio del mare sullo stomaco.
Lo aspettavo.
Ciao legge di Murphy, ciao.
Se qualcosa può andare storto, ci andrà?
Eccola qui la prova.
Lui, fidanzato.
Era tutto troppo bello per essere vero.
 
Bhe. Merda.
 
Devo cercare di mascherare in qualche modo la mia delusione, perché sì, è decisamente una bella delusione aver saputo che lui è fidanzato e sviare il discorso in qualche modo. L’ultima parola che Marco ha detto è stata “gelosa”. E soprattutto “inutile”. Molto bene.
«A proposito di gelosia, caro il mio Marco, non dovevi parlarmi di Ale?» chiedo a un Marco rimasto sorpreso dalla mia domanda. Colpito e affondato.
«Oh, Vi. Sì, sono geloso. Sono enormemente geloso.» afferma facendo una faccia tristissima.
«Ne parliamo dopo che ora sta tornando…» dico a Marco sottovoce accennando con la testa a Matteo.
«Ragazzi... Scusate, ma devo andare.» dice lui stringendosi nelle spalle.
Ma come? Deve andare…? Ma no…
«Sì sì, vai pure...» dice Marco con poco tatto, il suo essere estremamente diretto ogni tanto gioca a suo sfavore.
Matteo si volta verso di me e con un sorriso da infarto dice «Ciao.»
Che cosa gli rispondo? Una risposta veloce e carina, ce la puoi fare Virginia.
«Allora... Ciao Matteo. Buona giornata!» gli dico cercando di sorridere.
E con quelle parole, se ne va.
 
..
 
«Senti, Vi, prima che tu inizi ad analizzarmi…» inizia Marco non appena ci siamo seduti al tavolo con un mega cappuccino davanti a noi.
«Dimmi tutto.» gli rispondo.
«Ma tu e Matteo vi eravate già visti?» chiede con aria estremamente curiosa. Io stessa, se avessi visto una scena del genere dello scontro con Matteo, mi sarei chiesta non solo se ci eravamo già visti. E’ stato un qualcosa di molto particolare, per lo meno, dalla mia parte.
E adesso che cosa gli rispondo? «Mh, no. Forse mi ha scambiata per qualcun’altra.» Rispondo cercando di passare il più impassibile possibile.
Sì certo, bella mossa, come se Marco non ti conoscesse.
«C’era un’alchimia così pazzesca tra di voi! Eravate così… Così…» dice lui sospirando.
«Così?» chiedo aprendomi in un bel sorriso per stemperare la tensione.
«Non so che parola scegliere. Forse meravigliosi? Ecco. E’ impossibile che non vi siate mai visti e soprattutto mai conosciuti. Lui era con me alla festa di Cristian ad agosto, ti ricordi?» chiede lui.
Ecco spiegato tutto.
«Oh, merda…» dico senza pensare «Allora è lì che l’ho visto… Non l’ho immaginato!»
«Mia piccola meraviglia, mi sa di proprio di no. Sbaglio o ti sei presa una bella batosta per lui?»
B 7.
Colpita e affondata.
«Ma no Marco, poi ha la ragazza…»
Signori e signore, ecco a voi Virginia la psicologa che si abbatte.
«Bhe, vedremo…» dice lui con un’aria di chi la sa estremamente lunga.
«Bene, parliamo di Alessandro ora…» e così dicendo inizio un nuovo argomento che si protrarrà per tutto il tempo del cappuccino e del pranzo.
 
 
M’s POV.
 
Sto camminando veloce da un paio di minuti, do un’occhiata al telefono e leggo 12:39, ottimo, sono in ritardo di trentanove minuti. Avevo detto a Monica già in mattinata che forse avrei tardato a causa della lezione di questa mattina, dopo la telefonata sa che sono in ritardo quindi rallento il passo. Anche perché, per quale motivo stavo camminando così veloce? Ah sì, giusto, per non tornare indietro.
 
Matteo è ora che tu faccia un po’ di pulizia nella tua testa, anche se al momento c’è solamente un nome: Virginia. Analizziamo bene tutto come al solito, punti a sfavore: magari ha un moroso, dopotutto stava ballando con qualcuno quando l’ho vista ad agosto. Anche se ora è gennaio e non agosto, però può sempre frequentarsi con qualcuno. Bella com’è, figurati se non ha qualcuno… In aggiunta Marco non mi ha mai detto che la sua psicologa fosse single. Quindi? Quindi nulla. Non si può. Però… C’è un enorme però. E’ meravigliosa, ha due occhi che mi fanno stare male, una voce dolcissima, insomma potrebbe essere quella giusta, ammettilo Matteo, almeno a te stesso. Potrebbe essere quella giusta.
Poi c’è un enorme punto a mio sfavore: Monica. Già avevo voglia di lasciarla prima di questo meraviglioso diciannove gennaio, ora la voglia è triplicata. Terminare una storia per una persona che hai visto tre volte in vita tua, Matteo? Sei sicuro? E se lei ha già qualcuno? L’ho vista tre volte ma ce l’ho in testa come un pensiero fisso sempre presente da agosto. Il ricordo che avevo di lei non le rendeva giustizia, è ancora più bella, cavolo. E Monica?
 
Facciamo così Matteo, anche perché al momento ti sei confuso ancora di più, vedi come va questo pranzo e poi decidi.
Ok, e finisco anche di parlare con me stesso perché mi sento ridicolo.
 
Entro nella solita pizzeria e vedo Monica seduta al tavolo, chiaramente arrabbiata, sono mentalmente pronto per la discussione.
«Ti sembra questa l’ora di arrivare? Guarda che io lo so che ti sei fermato a parlare con una sciacquetta cessa e col tuo amico gay. Io lo so perché la mia amica Mara, che tra l’altro poi viene qui, me l’ha scritto! Hai fatto tardi per stare con loro! E io? Io qui come una pazza!» dice quasi urlando, vomitandomi addosso parole. No, non iniziamo bene per niente. Devo tentare di calmarla, almeno quello.
«Monica, per favore calmati. Sono qua ora. Stai tranquilla.» dico tentando di essere il più gentile possibile, la cosa che vorrei fare è alzarmi e andarmene soprattutto dopo l’accoglienza che mi ha riservato.
«Ok amorucciiiiio bello, ordiniamo che ho fame» dice lei ora tranquilla come l’acqua cheta. Un secondo prima è arrabbiata e l’altro no, chi la capisce è bravo.
 
..
 
Sto mangiando una pizza e credo che Monica stia continuando imperterrita a parlare di cose relativamente inutili Parla, parla, parla… Non tace mai. Chissà se respira quando parla.
Lei invece, eh cavolo, lei non è così. Anche se l’ho vista per poco.
Monica continua a parlare e io annuisco, non riesco a starle dietro e non riesco a capire i suoi discorsi insensati. Non presto abbastanza attenzione a lei anche perché nella mia testa continua a vorticare un nome che è sempre lo stesso: Virginia. Che poi è un nome così particolare, le si addice in pieno, un nome quasi poetico. Era meravigliosa anche con la giacca, i jeans e le converse invernali. Semplice ma stupenda. Monica continua a blaterare cose senza senso, non l’ascolto, non m’interessa praticamente più. Io continuo pensare a lei. Ai suoi occhi, alle sue labbra, al suo viso, al suo sorriso, alla sua voce…
«Amoruccio mio sei stanco?» mi chiede irritata. Ma non era tranquilla?
«Cosa?» gli rispondo con l’aria più innocente possibile. Oh no, so già dove vuole andare a parare.
«Sei distratto, amoruccio bello. Ti stressano troppo!» Forse tu mi stressi troppo? «O magari hai un’altra? Lo so… Magari quella sciacquetta castana che è pure brutta? Eh? E’ così?» mi chiede con un’aria estremamente accusatoria.
«Magari…» dico sospirando con un filo di voce. Oh cazzo, non l’ho solo pensato, l’ho davvero detto. Ti sei completamente rincoglionito Matteo. Ora mi aspetto grida e urla isteriche tra tre, due, uno… Invece nulla. Nulla?
Vedo Monica che si alza di scatto e corre ad abbracciare una specie di sua fotocopia in versione mora dicendo «Tesooooro, finalmente! Mara, ti devo assolutamente presentare amoruccio beeeello.»
 
Oddio no.
 
..
 
Ora non c’è solo Monica che parla. Sono in due che parlano di cose insensate.
Nella mia mente, però, continua ad esserci una sola persona. Lei.
Come un pensiero ossessionante, martellante, incessante.
Virginia.
Basta, non ce la faccio più.
Due ochette che parlano a vanvera è davvero troppo.
Ma chi me l’ha fatto fare?
Perché sono qui?
Perché sto ancora con Monica?
Sorrido con un sorriso fintissimo e tiratissimo, mi alzo dalla sedia e dico «Signore, vi saluto. Torno a casa che ho da fare.»
Mi risponde Monica «Sì amoruccio, ti chiamo doooopo lo shopping sfrenatissimo che farò con Mara e poi ovviamente prima e dopo l’ape.»
E con queste parole sue, me ne vado.
Sono stato sgarbato e stronzo, lo so, ne sono consapevole, ma la situazione era diventata eccessivamente insopportabile per me. Finalmente esco dal locale e cerco le cuffiette del mio iPod.
Seleziono “tutti i brani”, “riproduzione casuale” e inizia “Aria.
Casualità? O no, non credo. Io credo sia solo destino. E oggi, è stata una ventata d’aria fresca. Meglio dell’aria invernale al mattino quando sei sotto il piumone. E’ un’aria che mi ha stravolto.
 
E con le note in sottofondo degli Articolo 31, mi dirigo a casa con due decisioni prese.
 
 
V’s POV.
 
Ore 18:47
 
E’ da un’ora e mezza che cerco di prendere una decisione.
Cioè da quando sono arrivata a casa dopo aver passato il pomeriggio con Marco.
Ogni tanto, il signorino, mi ripeteva «Chissà come procede il pranzo di Matteo.», dopo la terza volta che insisteva, gli ho risposto secca dicendo «Basta mettere il coltello nella piaga Marco» e così ha smesso sorridendo. Ma l’ha capito pure lui. Chiaramente. Nella mia testa c’era lui. Matteo.
 
Sto cercando di decidere se mandare o meno un WhastApp a Marco per chiedergli di Matteo.
Sì, come le bambine di dodici anni.
Una cretina sono. Ecco cosa sono.
Dopotutto lui ha la ragazza...
Chissenefrega?
Hai fatto la figura della perfetta idiota ebete di fronte a uno sconosciuto.
Che poi ora tanto sconosciuto non è. Si chiama Matteo, ed è… Perfetto.
Dillo che è perfetto.
Oh cavolo, potrebbe davvero essere quello perfetto.
Ma ha la ragazza.
«Vedremo…» mi tornano in mente le parole di Marco.
Quindi vediamo?
Tentiamo?
Rischiamo?
Proviamo?
 
Virginia, che cos’hai da perdere?
Nulla.
 
Infatti.
Nulla.
 
 
 
**
 
Buona sera a tutti, non so se c’è qualche buon’anima che non sta guardando la finale degli Europei tra Portogallo e Francia e che sta leggendo me… In ogni caso, grazie! Ce l’ho fatta a concludere l’editing di questo quarto capitolo e devo ammettere che mi è piaciuto un sacco! Finalmente, dopo ben tre capitoli di “niente”, il destino ha deciso di far incontrare i nostri due protagonisti. Abbiamo conosciuto un po’ meglio Marco, attraverso il rapporto che ha sia con Virginia che con Matteo. Abbiamo scoperto che Matteo ha una fidanzata da ben due mesi, che chiaramente non sopporta. Che cosa avrà deciso a riguardo? E soprattutto quali due decisioni ha preso? Siamo entrati nella testa della povera Virginia che è piena di dubbi. Secondo voi che farà? Lo chiederà il numero o eventualmente delle informazioni su Matteo al nostro Marco? Vi attendo alla prossima settimana con il nuovo capitolo! Grazie mille per aver letto questo capitolo, davvero grazie.
 
A presto e un abbraccio!
E.
 
PS: La canzone che dà il titolo e che sta ascoltando Virginia è “Never Say Never” dei The Fray.

 

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Capitolo 5
*** Sweet Dreams ***


INASPETTATAMENTE_ cap.5

 



Sweet Dreams – Capitolo 5

 

 

19 Gennaio.
 
Ore 18:51
 
 
V’s POV.
 
Nulla? O forse tutto?
Virginia sii realista, almeno quello.
Scommettiamo?
Puoi farcela Virginia.
Prendi questa maledetta e benedetta decisione.
 
 
Ore 01:17
 
Every night I rush to my bed
With hopes that maybe I'll get a chance to see you when I close my eyes
I'm going outta my head
Lost in a fairytale
Can you hold my hands and be my guide?
Clouds filled with stars cover your skies
And I hope it rains
You're the perfect lullaby
What kind of dream is this?
 
Tolgo le cuffiette dell’iPod dalle orecchie e lo spengo, questa giornata mi ha letteralmente sfiancata sono senza alcun dubbio esausta. Sono sdraiata su un fianco, quasi rannicchiata sul mio letto, la mia posizione preferita, la camera è buia anche se un lieve bagliore penetra dai lampioni attraverso le fessure della tapparella, nella loro camera i miei dormono già da un po’. Io invece sono talmente stanca che mi dà persino fastidio la musica, anche se forse, non è la musica che mi reca disturbo ma i troppi pensieri che affollano la mia testa, che non mi fanno prendere sonno tranquillamente. Ma ci devo assolutamente riuscire, o meglio, ci devo almeno provare anche perché domani mattina devo svegliarmi all’alba.
 
Mi giro, allungo una mano verso il comodino e accendo l’abatjour. Ok, bene, ho deciso. Camomilla. Mi alzo cercando di non fare rumore e vado in cucina. Accendo la luce sopra ai fornelli e mi muovo lenta e cauta nella cucina. Prendo una tazza, la riempio con dell’acqua e la metto nel microonde, tiro fuori la tazza e immergo una bustina di camomilla. Aggiungo un po’ di limone e un goccio di miele, infine spengo la luce in cucina e porto la tazza in camera.
 
Ah, Virginia, dovresti prendere una decisione. Lo sai, vero?
Lo so. Ma perché ho così paura? Non voglio provarci per davvero, impegnarmi fino in fondo e poi essere rifiutata, non mi va proprio, non voglio un’ennesima delusione e soprattutto non voglio soffrire più.
Che brava… Ora stai prendendo la strada più facile.
Evito direttamente gli ostacoli, non ci provo neanche, non mi ci metto per nulla, così se dovesse andare male non soffrirei o starei male.
Che brutti i condizionali. Basta parlare con condizionali.
Anche perché ti stai chiaramente nascondendo. Non avevi detto “basta nascondersi”?
Non ho nulla da perdere, giusto?
Giusto, Virginia.
 
Con un sorriso soddisfatto e quasi convinta dalla conversazione che ho avuto con me stessa, bevo la mia camomilla stando attenta a non scottarmi la lingua o le mani, la finisco, appoggio la tazza sul comodino, spengo la luce, mi sdraio, mi rannicchio sul fianco destro e mi torna in mente una sola frase dell’ultima canzone che ho ascoltato.
 
With hopes that maybe I'll get a chance to see you when I close my eyes”
 
Sì, caro Matteo, avrei una mezza intenzione di sognarti questa notte.
 
 
 
20 Gennaio.
 
Ore 8:38
 
 
M’s POV.
 
Lei.
E’ proprio lei.
Bella, anzi, bellissima.
Meravigliosa, stupenda, splendida.
Qualcosa che va oltre la bellezza umana.
Soprattutto perché è nuda.
Completamente senza vestiti.
Come mamma l’ha fatta.
E Dio mio, se l’ha fatta bene.
E’ sopra di me.
Pelle contro pelle.
Potrei morire.
Il suo respiro accelerato fa eco al mio.
Il battito del suo cuore è come impazzito e il mio lo segue a ruota.
«Mmm…» si ferma, mi guarda negli occhi e vedo chiaramente le sue pupille dilatate e mi bacia.
Un bacio che mi fa girare la testa.
«Matteo…» il mio nome tra le sue labbra è devastante.
La bacio ancora.
Labbra carnose che rispondono al mio bacio con un’attenzione e una passione devastanti.
Mi fermo un attimo, solo per poterla sfiorare sul viso con una mano.
La guardo fissa negli occhi.
E mi ci perdo in quegli occhi.
«Dio, sei meravigliosa…»
 
Bzzz, bzzz, bzzz…
 
Merda, proprio adesso deve suonare il telefono?
Lo so, non suona ma vibra.
E’ lo stesso.
Prima o poi lo lancio da qualche parte.
Apro gli occhi.
Cerco il telefono.
Chiudo gli occhi.
Indirizzo il braccio verso dove sento la vibrazione.
Riapro gli occhi di scatto.
Manca qualcosa.
Manca letteralmente qualcosa.
Anzi, manca qualcuno.
Merda.
Lei dov’è?
Non era qua con me?
Mi guardo intorno come un perfetto idiota ma non la trovo.
La realtà mi piomba addosso come un mattone.
Stavi sognando, Matteo.
E che sogno.
Era così reale. Così vivo il sogno.
Era talmente vivo che qualcuno nella metà inferire del mio corpo si è messo sull’attenti e desiderava anche lui un trattamento speciale da pare di quella ragazza così speciale.
Hai ragione amico, la realtà fa proprio schifo. Torniamo al sogno?
 
Finalmente dopo l’ennesimo tentativo a vuoto sul comodino, riesco a trovare il telefono e rispondo senza guardare chi mi sta chiamando.
Ti prego, fai che sia un buon giorno.
 
«Amoruccio tesoruuuuuuuuccio miooo».
No, non è decisamente un buon giorno, non dopo quel sogno, non dopo aver risposto a questa telefonata.
«Si, pronto?» rispondo con una tranquillità che mi sorprende.
«Senti, amoruccio tesoruccio mioooo, non mi hai mandato il buon giorno né la buona notte e soprattutto ieri non ci siamo sentiti. Io invece ti ho mandato un paio di messaggini, proprio pochini pochini…» scosto leggermente il telefono dall’orecchio, schiaccio il tasto per controllare le notifiche e vedo: 6 chiamate perse, 27 WhatsApp e 8 sms. Meno male che erano “pochini pochini” e soprattutto, c’è ancora gente che manda gli sms oggigiorno?
«Non li ho visti.» cerco di giustificarmi in un pessimo modo, anche perché ha visto anche lei che quelle spunte blu non sono mai apparse. Pessimo Matteo. Stavi dormendo. No, non stavo solo dormento, stavo facendo un sogno dal quale avrei preferito non svegliarmi.
«Perché non li hai visti? Perché non mi rispondi mai? Perché non mi scrivi mai?» e in tre, due, uno… diamo il via all’attacco isterico di gelosia.
«Ascoltami Monica, avevo bisogno di spazio per riflettere…» dico a lei scandendo bene le parole. E’ arrivato il momento.
«Riflettere? Tu? Riflettere su cosa? Perché hai bisogno di riflettere?» chiede Monica che inizia ad alzare la voce in maniera piuttosto preoccupante.
Forza Matteo, tira fuori le palle, hai preso la tua decisione ora devi portarla fino in fondo.
«Monica, credo sia meglio…»
Ma mi interrompe, odio quando la gente mi interrompe mentre parlo di cose così importanti. E lei lo sa. Lo sa ma mi interrompe comunque. «Lo so che dobbiamo parlare, certo che sì. Lo so che ti sei sentito escluso ieri a pranzo perché c’era la mia carissima amica. Poi io non so più che cosa fare con te. Non ti interessi più, non mi ascolti più, arrivi in ritardo agli appuntamenti, non rispondi alle telefonate, ai Whatsapp e ai messaggi. Cosa devo fare con te?»
«Monica, lasciami finire di parlare e ascoltami, almeno per una volta in vita tua, ascoltami» le dico leggermente spazientito. Non è da me, lo so. Ma non ce la faccio più. «Io non riesco a starti dietro, non credo di essere quello giusto per te, vedi io…» e mi interrompe un’altra volta.
«Ah, finalmente te ne sei accorto. Finalmente! Finalmente l’hai capito che non sei abbastanza per una come me! Quindi? Vorresti lasciarmi?» e sembra quasi che stia gridando.
Bhe, almeno l’ha capito. Matteo smettila subito di fare battute poco educate e fini. «Credo sia meglio di sì?» Rapido, indolore, l’ho detto quasi come fosse una domanda. Ho fatto la figura del coglione? Probabile.
«Tanto un’altra come me non la trovi neanche se piangi in giapponese. Scordati di me, cancella il mio numero e non tornare mai più. Ciao e addio.» e con queste parole Monica chiude la telefonata.
 
Credevo fosse un pessimo inizio di giornata ma mi devo ricredere.
Sono finalmente libero. Oh mio Dio che bella sensazione.
Non mi seno più un peso sul cuore e sulle spalle.
Era come se fossi in una gabbia.
Libero di non dover stare attento a cosa dire, con chi uscire, rendere conto a qualcuno.
Libero di vivere la mia vita come meglio credo e di essere semplicemente Matteo e non “Amoruccio tesoruccio mio”. Devo essere onesto però, la parte del fidanzato completamente disinteressato non mi piaceva con Monica. Non era una parte adatta a me. Non me ne fregava nulla. Era uno spreco di tempo. Detto così può sembrare piuttosto brutto, lo riconosco. Ma non era e non è la persona adatta a me.
Mi sento un pochino in colpa. Ecco. Una minuscola parte del mio cervello mi dice che forse avrei potuto essere più accondiscendente con lei, darle un’altra chance, essere più presente. Ma... C’è un enorme ma. Si chiama Virginia.
Lancio da qualche parte sul letto il telefono. Mi lascio cadere all’indietro e faccio in modo che la testa arrivi direttamente sul cuscino. Chiudo gli occhi un’altra volta. Ripenso a quello che ho appena fatto. Alle parole, forse un po’ troppo crude. Non è la ragazza adatta a te Matteo. Punto e basta. Smettila di sentirti in colpa.
 
Bzzzzzzz.
 
Ormai la vibrazione del cellulare non la sopporto più la devo assolutamente togliere.
Almeno è un WhatsApp e non la sveglia.
Stiamo migliorando.
 
Che faccio? Lo leggo? Aspetto?
Odio questa mezza indecisione.
In aggiunta sono anche irritato.
Ma sì. Può aspettare anche cinque minuti.
Se è Monica non rispondo. Basta. Deve uscire dalla mia vita.
E invece se fosse lei?
Sì Matteo, certo.
Svegliati.
Le fiabe non esistono e di certo lei come potrebbe mai avere il tuo numero?
Con il cuore leggermente accelerato cerco nel letto il telefono che avevo lanciato prima, lo apro e leggo il mittente: Marco.
Matteo dato che non abbiamo pranzato insieme ieri, che ne dici di domani?”.
Sono molto tentato di chiedergli di Virginia.
Bhe?
Lo faccio, chissenfrega.
Prendo il telefono e digito: “Domani niente pranzo con la psicologa?”.
La psicologa. Ah, la psicologa. La cosa buffa è che la conosco nemmeno. L’ho vista tre volte e in tre volte mi ha scombussolato parecchio. Già dopo la prima volta che l’avevo vista mi aveva devastato, ammettiamolo. Non è mai successo con nessuna. Matteo non sai neanche se è libera. Risposta sicuramente negativa. Come potrebbe essere single una persona del genere? Una ragazza che bacia da dea. Matteo, vorrei ricordarti che era solo un sogno e tu non te la sei baciata. Proprio per niente. Non era la realtà. Sto impazzendo, la causa è solamente una: Virginia.
Invio il messaggio a Marco e circa cinque minuti dopo sento ancora il fastidiosissimo bzzz bzzz bzzz.
Oh, una chiamata in arrivo.
Stamattina mi sento un call center. Almeno la telefonata è di Marco, decido di rispondere con un semplice «Pronto?»
«Matteo, Matteo, Matteo… Cosa dovrei fare con te?» mi chiede uno sghignazzante Marco dall’altro capo del telefono.
«Che cosa avrei fatto?» chiedo stupito, di che cosa sta parlando?
«Noto un pizzico di gelosia nei confronti della mia meravigliosa psicologa…»
Ah, Marco, amico mio, non avresti potuto utilizzare aggettivo migliore: meravigliosa. Lei lo è.
«…teo? Ma mi stai ascoltando?» Merda, ultimamente perdo pezzi di discorsi pensando a lei. Sempre più coglione. Sempre più idiota.
«No scusami, potresti ripetere?» chiedo gentilmente a Marco.
«Ti stavo chiedendo, al posto di pensare alla mia psicologa, l’inutile e gelosa Monica dove l’hai lasciata?» chiede.
«Capiti proprio a fagiolo, sei il primo a saperlo perché è appena successo: non stiamo più insieme!» dico forse con troppo entusiasmo.
«Io te l’avevo detto, dovevi lasciarla prima, anzi, non ti ci dovevi proprio mettere!» dice Marco ridendo.
«Lo so, dovrei darti ascolto più spesso.» gli dico con aria rassegnata stringendomi nelle spalle.
«Ecco, dato che mi dai ascolto, domani a pranzo?» chiede lui calmo.
«Aggiudicato, così almeno chiacchieriamo un po’» rispondo con un sorriso.
«Tu non hai idea di quante parole dirai domani a pranzo!» dice lui con aria enigmatica. Il senso di questa frase, dov’era?
«A che ora facciamo?» chiedo.
«Mezzogiorno e mezza dove c’è la scritta della facoltà?» propone.
«Va benissimo, tanto ho lezione fino a mezzogiorno e un quarto» almeno faccio tutto con calma.
«Dai allora a domani!» dice con enfasi Marco.
«A domani Marco!» dico.
E la conversazione si chiude.
 
Non c’è niente di meglio che un pranzo con un amico!
Matteo, per lo meno, sii realista. Il sogno era nettamente più piacevole.
Ma in assenza di lei, del sogno o di altro, dovrò pur accontentarmi in qualche modo!
 
 
Ore 15:48
 
Biblioteca. Quanto adoro questo posto, forse perché è stracolmo di libri e li trovo tutti così meravigliosi. Fin da piccolo l’ho sempre adorata. Ho sempre saputo che loro, i libri, sarebbero stati i miei compagni di vita. Forse anche per questo ho scelto lettere. E’ stata una passione e una vocazione che ho avuto fin da piccolo. La biblioteca mi dà un senso di tranquillità impressionante. E’ come se sapessi che questo è il posto giusto per me. E lo è.
Oggi dopo la telefonata di Marco, per concludere la mia mattinata in puro stile call center, mi ha telefonato Gabriele. Gabriele ha ventisei anni ed è un mio compagno di corso, mi ha chiesto se potevamo vederci in biblioteca nel pomeriggio per riguardare gli appunti delle ultime lezioni di “storia della cultura inglese” e studiare un po’ insieme.
 
Sto confrontando gli ultimi appunti di Gabriele quando sento qualcuno che mi picchietta sulla spalla, mi volto e vedo lei.
Lei.
Non lei lei.
Lei Monica.
Oh merda.
Perché è qua? Cosa vuole? Come ha fatto a sapere che ero qui? E’ forse una stalker?
Mi volto verso il mio amico e vedo Gabriele dall’altra parte del grande tavolo in legno che sgrana gli occhi sorpreso da lei, e la guarda come se la volesse mangiare. Un altro ragazzo rimasto ammaliato dalla bella copertina di un libro. Pessima idea, a me non basta. Non basta più. Io voglio una trama intrigante e un finale meraviglioso, non posso né voglio fermarmi alla copertina.
«Matteeeeeo per favore possiamo parlaaare?» chiede Monica con un sorriso. Almeno non ha usato il “tesoruccio amoruccio” o altri diminuitivi imbarazzanti.
«Sì certo, non qui però. Usciamo» le dico piuttosto freddo, voglio evitare scenate imbarazzanti nel mio luogo preferito. Mi alzo e l’accompagno all’esterno della biblioteca. Sono scocciato ma anche curioso del motivo della sua presenza in questo mio luogo prediletto, data la fine della telefonata di questa mattina e soprattutto del contenuto di tale telefonata.
«Dimmi tutto» le dico.
«Matteeuccio ti preeego torniamo insieme? Dai! Ti prego ti prego ti prego! Io non so stare da sola!» dice facendo una sorta di smorfia triste con il labbro inferiore in fuori come se fosse una bambina.
Oh ti prego no. Matteo, rimani fermo sulla tua decisione. Sai che non è quella giusta per te. Non fa per te. Le dico tranquillo «Monica, mi spiace, fidati, è meglio così.»
«Ma sei sicuro? Io posso essere divertente eh! Anche sotto le lenzuola! Io non ci so stare da sola. I prego Matteuccccio! Dai! Al massimo possiamo essere un coppia aperta! Eh? Ti piace l’idea?»
E’ forse impazzita? «No, per niente» le dico quasi spazientito.
«Ma sei sicuro? E se… Matteuccio almeno possiamo essere amici? Almeno amici ti prego! Io ho bisogno qualcuno con cui parlare lo sai!» ribatte lei.
So che non sa stare da sola, ha bisogno di qualcuno con cui passare il tuo tempo e non pensare a sé stessa. Mi sento fin troppo stronzo, quindi le dico «Lo so. Amici mi va bene, ma solo amici, senza benefici né altro.»
Un sorriso torna sul suo volto e saltellando dice «Grazie Matteuccio. Ora dovrei proprio trovarmi un altro passatempo…»
In quell’istante mi è balenata un’idea in testa. Soprattutto perché mi è venuta in mente l’espressione trasognata di Gabriele poco prima. «Monica, che ne dici del ragazzo che c’era seduto con me poco fa?»
«Uhm sì! Mi piace! Deve essere un po’ addestrato a dovere eh! Ma mi piace! Almeno lui è etero?» chiede sorpresa.
«Certo! Se gli dessi il tuo numero?» chiedo titubante. Almeno non chiama più me.
«Siii! Ti pregooo! Mi piace l’idea. Grazie Matteuccio. Sai che più che un fidanzato sei stato una sorta di fratello per me?» dice lei strappandomi un sorriso anche perché non mi aspettavo quelle parole da lei.
«Vai a fare un po’ di shopping dai! Torno dentro e do il tuo numero a Gabriele!»
«Grazie Matteuccio! Ma mi fai chiamare subito? Subito subito? O magari stasera? Mi fai chiamare però? Sei un angelo, grazie, buono studiooo!» conclude in fine Monica uscendo dall’edificio sprizzando gioia da tutti i pori.
Bene, è andata bene. Nessuna scenata. Nessun tentennamento da parte mia. Non mi è dispiaciuto rivederla per mettere in chiaro quelle poche cose rimaste irrisolte. Non mi sono sentito in colpa per averla lasciata. Lei ha bisogno una sorta di “padre” che vegli su di lei. E Gabriele forse può fare al caso suo dato che è sempre stato il classico “ragazzo zerbino”. Io, dal canto mio, non sarei tornato con lei anche se mi avesse pagato.
 
Io ho le idee molto chiare.
Voglio un’altra ragazza meravigliosa e splendida.
Voglio Virginia.
 
..
 
Ore 1:08
 
“Lady Bracknell - Nipote mio, mi sembra che tu stia dando segni eccessivi di leggerezza.”
“JACK - Al contrario, zia Augusta, mi sono reso conto ora per la prima volta in vita mia, dell'essenziale Importanza di Essere un Serio Ernesto.”
 
Finisco “The Importance of Being Earnest” e dò un’occhiata all’orario. E’ l’una passata ed è una meravigliosa notte per leggere. Come tutte le notti, del resto. Ma ce ne sono alcune particolari. Come quella di oggi.
Oggi alla fine è stata una giornata imprevedibile sotto molti punti di vista. Domani devo assolutamente raccontare tutti questi gossip a Marco durante il nostro pranzo. Chissà cosa ne pensa della futura coppia “Gabriele e Monica”. Questa sera Monica mi ha scritto dicendomi che domani mattina ha un appuntamento a colazione con lui e poi magari andranno anche a cena insieme. Chissà, magari si metteranno davvero insieme!
Chiudo la copia del libro e l’appoggio sulla scrivania.
Sii onesto con te stesso Matteo.
Onesto? Ernesto? Il libro mi ha contagiato.
Matteo, sii onesto con te stesso e domani a Marco chiedi tutte le informazioni che vuoi su di lei.
E’ inutile stare a rimuginare su qualcosa tipo “magari è lei che mi chiama la mattina”.
Sii onesto e domani fatti avanti.
Bisogna farsi avanti nella vita.
Buttarsi.
Tirar fuori le palle.
Non hai nulla da perdere.
Tutto da guadagnare.
Rischia tutto, Matteo.
Oh sì.
Lo farò.
Sì, sono certo che domani sarà una meravigliosa giornata! E con questo pensiero mi addormento.
 
 
 
21 Gennaio.
 
Ore 7:03
 
 
V’s POV.
 
Sono già sveglia. Stropiccio un occhio e mi rotolo verso il bordo del letto. Che ore saranno?
Do un’occhiata alla sveglia sul comodino: sette e tre. Bhe, almeno non sono le quattro o le cinque. Come dice sempre mio padre “Il mattino ha l’oro in bocca” quindi è giusto che io mi svegli presto. Anche se la finestra è chiusa e la tapparella è abbassata riesco a percepire le gocce di pioggia che insistentemente stanno cadendo sul tetto sopra la mia stanza. Oh, piove. Mi piacerebbe restare a letto ancora un po’ soprattutto perché amo farlo quando fuori piove, ma sento lo stomaco che brontola prontamente. In più ho decisamente bisogno di caffè per svegliarmi bene e iniziare al meglio la mia giornata. Direi che è arrivato il momento di alzarsi, fare colazione e studiare un po’ “psicologia sociale della salute”.
 
..
 
Borsa, jeans, maglietta a maniche lunghe, maglione pesante, converse, sciarpa, giubbotto e ombrello. Ho preso tutto? Sì? Sbaglio o fino a un quarto d’ora fa non pioveva più? Meno male che ho sempre con me il piccolo ombrello portatile. Chiudo casa, metto le chiavi in borsa, recupero l’ombrello e schiaccio il pulsantino per aprire il cancello.
 
Ma quanto sta piovendo? Speriamo che non sia così tutto il resto della giornata altrimenti potrei noleggiare un gommone per tornare a casa stasera! Apro l’ombrello, e sotto un diluvio allucinante mi dirigo alla fermata dell’autobus.
 
Già, pessima giornata per andare a pranzo con Marco oggi.

 

 

 

**

 
Buona sera a tutti, puntuale come sempre, ecco a voi il quinto capitolo di “Inaspettatamente” in versione rivisitata 2016. Forse molti di voi speravano che sia Virginia che Matteo chiedessero informazioni a Marco, ma ahimè, così non è stato e loro non si sono nemmeno rivisti. Poveri ragazzi, li faccio soffrire e soffro anche io con loro. Questo è stato un capitolo di transizione, soprattutto per quanto riguarda la storia tra Matteo e Monica. Per fortuna Matteo è riuscito a prendere una decisione molto importante tirando fuori le palle. Sapete, non è poi una cosa così scontata! O almeno, io non lo do per scontato, trovo che sia una dimostrazione di grande coraggio prendere quel tipo di decisioni. Ma, torniamo a noi! La canzone che Virginia ascoltava è “Sweet Dreams” di Beyoncé. E ora…? Vediamo che succederà ai nostri protagonisti! Voi che idee avete? Grazie a tutti voi che mi leggete, per me significa moltissimo.
Grazie.
 
A presto e un abbraccio.
E.

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Capitolo 6
*** Stay ***


INASPETTATAMENTE_ cap.6



Stay – Capitolo 6

 

 

21 Gennaio.
 
Ore 7:33
 
 
M’s POV.
 
E’ lei.
Ancora lei.
Sempre e solo lei.
Una camera buia illuminata solo dalla luce soffusa di candele bianche.
Una camera con un letto bianco enorme e seduta sul bordo c’è lei.
Proprio lei.
Dire che è bella è dire veramente molto poco.
E’ davvero bellissima, soprattutto così, lo è persino di più.
Indossa un completino intimo nero che quasi mi fa venire un mezzo infarto.
Ha un corpo meraviglioso.
E’ sexy.
E’ divina.
Attenta alla mia salute mentale, soprattutto quella fisica.
Il mio fisico non regge.
Ho la salivazione a zero.
Zero.
Nulla.
Nada.
Non pervenuta.
Respira Matteo, respira.
Il cuore è un martello pneumatico nella gabbia toracica.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
Lei è tutto quello che desidero.
Dio mio.
Quello che voglio ora è solo prenderla, baciarla fino allo sfinimento e fare quello che ogni uomo sano di mente farebbe.
Essere dentro di lei.
Subito.
Matteo, sei un mezzo pervertito.
Bhe sì, forse…
Però prima, le buone maniere Matteo. Sei un bravo ragazzo e prima di tutto bisognerebbe preparare il terreno.
Oh sì.
Alza il viso verso di me, mi guarda con le pupille chiaramente dilatate, segno che anche lei mi desidera.
E’ possibile?
Quegli occhi riescono a stordirmi in una maniera impressionante.
Mi toccano l’anima. Solo lei ci riesce.
«Ehi…» mi sussurra con una voce che è sensuale e dolce allo stesso tempo.
La guardo e come per magia i nostri occhi si incatenano, non lasciandosi più andare. Una cosa positiva c’è, se ha gli occhi fissi nei miei, non può vedere quell’eccessivo rigonfiamento sotto la patta dei jeans.
«Ciao splendore.» le dico il più dolce possibile.
Le prendo una mano, la faccio alzare, l’avvicino a me, l’abbraccio e…
 
Bip bip biiip.
Bip bip biip.
 
Come?
Cosa?
Quando?
Merda, merda e ancora merda.
Mi ritrovo nel mio letto, da solo.
Da solo e con una imbarazzante erezione che proviene dalla parte più superiore dei miei arti inferiori.
Quella ragazza riesce a sconvolgermi anche nei sogni.
Devo smettere di sognare queste cose.
Ciao subconscio, non è che la potresti smettere?
Soprattutto perché poi per tutta la giornata ho dei pensieri non molto “puri”, se vogliamo chiamarli così. 
Tanto ormai ho deciso. Ho deciso perché non si può andare avanti così. O meglio, non ho proprio intenzione di andare avanti così. Oggi durante il pranzo con Marco chiedo di lei. Voglio assolutamente provarci. Non ho nulla, davvero nulla, da perdere. Tutto da guadagnare. Quindi, oggi a pranzo le chiedo il numero, e avere quello e scriverle è un qualcosa di stra guadagnato.
Ok Matteo.
Una cosa per volta.
Che ore sono? Cosa ci faccio già sveglio? Perché il mio sogno splendido ed eccitante si è interrotto così bruscamente proprio sul più bello?
Allungo il braccio sinistro e cerco l’interruttore della luce sul comodino. Accendo la luce, apro gli occhi e leggo 7.36. Perché la sveglia è suonata? Cerco di fare mente locale. Ho il pranzo con Marco ma è decisamente presto per andare a mangiare, ho lezione ma è dalle undici. Quindi è presto. Troppo presto.
Quindi la sveglia è suonata solo per interrompere il mio sogno.
Benissimo.
Maledetto me che ho lasciato attiva la sveglia delle sette e mezza.
 
Bene, ora dato che sono attivo, un po’ in tutti i sensi, devo trovare qualcosa di utile da fare. Mi sento fin troppo iperattivo. Soprattutto qualcosa di me è iperattivo, diamocelo chiaramente. Avrei bisogno… Sì. Avrei decisamente bisogno di fare qualcosa per qualcuno qua sotto. Ci sarebbe un’ottima cosa che si potrebbe fare, ma sono solo. In due sarebbe molto, molto meglio, molto più divertente. Con Virginia, poi, sarebbe decisamente il massimo.
Matteo, sei diventato un pervertito totale, non puoi pensare a lei praticamente sempre, soprattutto quando mi viene a “trovare” nei sogni. In quel tipo di sogni, soprattutto.
Dio mio. Che sogno.
Dio mio, lei.
Lei in intimo nero, illuminata dalla luce delle candele.
Vediamo di calmarci un po’ entrambi, io e lui.
Proviamoci, forza.
Devo respirare profondamente.
Devo concentrarmi su altro.
 
Tic tic, tic tic.
Tic tic, tic tic.
 
Il rumore è quello delle gocce che toccano il terreno e la strada fuori e riescono a calmarmi in qualche modo.
Che strano effetto che mi fai Virginia. E ti ho vista solo tre volte.
Tre volte in totale e ti ho parlato solo una di queste volte.
Mi piacerebbe uscire con te, almeno una volta.
Portarti in un semplice posto come può essere un parco o una caffetteria e rimanere a parlare con te delle ore.
Parlarti, conoscerti, scoprirti.
Anche se quelle ore, ad essere totalmente onesto con me stesso, le passerei ad abbracciarti, a baciarti, a fare… A fare tutto quello che potrei fare con te. E ovviamente che tu mi lasceresti fare se vorrai.
Ma come siamo romantici Matteo… Che ti succede? Dov’è finita la tua stronzaggine?
Ti stai facendo delle enormi ed inutili illusioni sull’amica di Marco. Lei potrebbe benissimo avere un fidanzato, anzi, quasi sicuramente ne ha uno oppure semplicemente potrebbe non essere interessata.
E quindi?
Quindi la voglio. La voglio conquistare. Punto e basta.
Anche se ha un fidanzato, anche se ha un amante, anche se non mi vuole.
Ma chissenefrega.
Farò di tutto, cercherò di fare il possibile per conquistarla ed averla per me.
Non ho mai dovuto fare questi pensieri astrusi per avere una ragazza, generalmente non mi interessavo più di tanto a loro. Lo so, sotto questo punto di vista sono parecchio stronzo. Ma mi andava bene così. Non mi sono mai donato a qualcuna, sono sempre rimasto sul piano superficiale dell’ipotetica “relazione” che avevo con la ragazza di turno e basta, non volevo che mi ferisse, non volevo mettermi in gioco, avevi paura a metterti in gioco Matteo. Forse, probabile, anzi sicuramente. Bastava semplicemente che la ragazza fosse carina, disponibile e che non mi stressasse l’anima. Forse ho fatto una leggera eccezione per Monica sul fatto dello stress, ma ormai è acqua passata.
Non mi è mai capitato di volere e soprattutto sognare per parecchie notti una completa estranea. Non proprio completa, dai, ammettilo.
Mi piacerebbe passare del tempo con lei, stare con lei.
Matteo, ti sei proprio rammollito eh.
Per una ragazza sconosciuta ti stai tappetizzando. No non è vero. E’ solo la prima volta che mi impegno a fare qualcosa, e credo che se mi sto comportando in questo modo è perché ne vale la pena. Decisamente ne vale la pena.
 
Ritorno alla realtà, butto un occhio alla sveglia sul comodino e segna le 7 e 43. Mi piacerebbe rimanere ancora un po’ a letto ma ho decisamente fame. Desidero mettere qualcosa sotto i denti e bere un buon caffè, il modo migliore per iniziare una giornata.
 
Dopo aver bevuto un tazzone pieno di caffeina e latte, aver mangiato un paio di biscotti, essermi fatto una doccia e vestito, decido di andare nella biblioteca dell’università a studiare e a rilassarmi un po’. L’esame di “storia della cultura inglese” è alle porte e devo soltanto riguardare alcuni appunti. Quale posto migliore se non la biblioteca? Poi sono anche avvantaggiato per andare subito dopo a lezione di letteratura anglo-canadese alle undici, così sono direttamente lì anche poi per il pranzo.
 
Prima di uscire, do un’occhiata fuori dalla finestra e vedo che non piove più. Peccato quelle gocce prima mi hanno tranquillizzato. In ogni caso, meglio portarsi dietro un ombrello, il cielo minaccia pioggia ed è pieno di nuvoloni grigi.
 
 
Ore 12:17
 
 
«Bene ragazzi, ci vediamo settimana prossima. Riguardate i capitoli per eventuali chiarimenti e domande.»
Dopo un’ora e un quarto di lezione con uno dei docenti che preferisco di più, perché si vede proprio che ama insegnare e ama moltissimo la cultura inglese, e dopo lo studio/ripasso fatto precedentemente in biblioteca, lo stomaco inizia a farsi sentire brontolando sonoramente. Sono decisamente affamato e devo ammettere che il tempo è volato dopo questa mattina. Spero che Marco sia almeno in orario. Ho fame e sento un bisogno viscerale di mangiare una pizza, magari con prosciutto e funghi oppure una margherita, ma ho proprio voglia di pizza.
 
Sistemo il quaderno per gli appunti, il libro, la Moleskine e il piccolo astuccio nello zaino quasi vuoto. Mi infilo il giubbotto e mi dirigo verso l’uscita. Apro la porta dell’aula e mi guardo intorno. Chissà, magari trovo Marco qui intorno. Anche se di lui, al momento, nessuna traccia. Mi dirigo verso il cartello della “Facoltà di Lettere” aprendo l’ombrello, il diluvio si sta abbattendo sull’università. Sicuro come l’oro, nonostante il tempo pessimo, dopo aver mangiato Marco vorrà fare un giro per negozi. Inizierà col dirmi qualcosa come «Lo sai che avresti bisogno di nuovi abiti? Ad esempio, che ne so, nuovi jeans che mettono in risalto il tuo bel fondoschiena, Matte!» Ormai ci sono abituato e mi piace averlo come personal shopper ogni tanto, anche se la mia carta di credito piange.
 
Sono quasi arrivato al punto d’incontro, quando sento un picchiettio sulla mia spalla che richiama la mia attenzione.
 
 
 
Ore 12:07
 
V’s POV.
 
 
Ho passato tutto il viaggio per andare all’appuntamento con Marco seduta sul bus, con la musica nelle orecchie, guardando le gocce di pioggia che scivolano sul vetro, completamente assorta nei miei pensieri.
Ho pensato, ci ho pensato davvero tanto.
A lui.
A Matteo.
E’ diventato il mio pensiero fisso degli ultimi giorni e sono anche quasi sicura di averlo sognato la notte scorsa.
E quasi sicuramente era un sogno a sfondo erotico.
Tutta colpa del mio subconscio.
Forse sotto questo aspetto sono un po’ arrugginita ma non ho intenzione si aprirmi con ogni essere maschile che trovo, ho una dignità e soprattutto ci tengo al mio corpo e non ho intenzione di buttarmi via con ogni “primo” che passa.
Tutto questo sfocia in sogni pseudo-erotici con un ragazzo che ho visto due o tre volte in tutta la mia vita, e che ragazzo, che fisico, che meraviglia…
Il sogno era talmente reale che… Virginia, ammettilo a te stessa. Era talmente reale che mi sentivo eccitata e già umida in un posto dove ultimamente non c’era stato nessuno.
Ok, ora però non ci devo pensare, sento già una sorta di calore dentro di me.
Virginia basta, pensa ad altro, per favore.
Concentrati su altro.
Musica, mi concentro su di lei.
 
“And I hope, I hope that you will find your way.
And I hope, I hope there will be better days…”
 
Musica e parole riescono a calmarmi.
Chissà se davvero saranno dei giorni migliori.
Chissà se dopo la mia conversazione con Marco riusciranno ad essere dei bei giorni.
Chissà se Marco mi darà il numero di Matteo.
 
Eh sì. Signori e signore, mi sono finalmente decisa.
Oggi è il giorno predestinato per chiedere informazioni di Matteo a Marco.
Sarò spudorata, sarò invadente, ma non me ne frega nulla.
Voglio sapere tutto su di lui.
Voglio avere sue informazioni.
Voglio avere il suo numero.
Tartasserò Marco durante tutto il pranzo e durante tutto il pomeriggio. Conoscendolo, vorrà andare a fare shopping anche se c’è il diluvio universale, e per sua fortuna non ho lezioni nel pomeriggio. Arriverò a casa e mi sentirò come una se fossi rimasta su una giostra troppo a lungo. Dentro e fuori da ogni negozio possibile e immaginabile.
Un’altra certezza del mio pomeriggio è che proverò moltissime scarpe. Marco si diverte a farmi indossare ottomila scarpe altissime. La cosa preoccupante è che ogni volta, dopo il dentro-fuori dai vari negozi, torno a casa con un nuovo paio di scarpe con tacchi vertiginosi in un sacchetto colorato.
Mi fanno sentire donna, un po’ come quando compro un completino intimo nuovo, e mi lascio sempre convincere da Marco che ripete sempre «Tu, Vi, sei come un fiore che deve sbocciare, hai un potenziale inespresso impressionante, quasi allarmante e preoccupante. Sentiti donna, sentiti bella!» e poi la psicologa sarei io! Marco, in una vita passata doveva essere stato un grande oratore.
 
Riemergo dai miei pensieri e noto di essere quasi arrivata alla facoltà di Marco. Suono il campanellino per prenotare la fermata, recupero la borsa che metto sulla spalla e il mio ombrello blu.
Il bus si ferma, apro l’ombrello e scendo prima che riparta, controllo l’orologio che segnala le dodici e diciotto. Perfetto orario, anzi quasi in anticipo.
Mi dirigo verso il cartello della facoltà di lettere e vedo moltissima gente in giro. Chissà se Marco è già qua, però io sono in anticipo e lui sarà sicuramente in ritardo. Di Marco e del suo ombrellino verde evidenziatore con i pois nessuna traccia, è facilmente riconoscibile.
 
Giunta al cartello mi volto verso il cortile dell’università. Se non erro Marco mi aveva detto che aveva lezione fino alle dodici e un quarto. Sicuramente la lezione si sarà protratta per un po’ e poi lui sarà andato in bagno a farsi bello sistemandosi l’acconciatura.
Dopo cinque minuti di Marco non si vede neanche l’ombra. O l’ombrello.
Decido di guardare meglio verso l’uscita della facoltà.
 
E così…
Oh cavolo.
Merda.
Virginia calma, tranquilla, rilassati.
Guarda bene, controlla meglio.
Sotto a un ombrello scuro e avvolto in un giubbotto altrettanto scuro c’è la persona che ha popolato i miei sogni.
C’è lui.
Matteo.
Bellissimo, meraviglioso, fin troppo bello da togliere il fiato.
Eh bhe Virginia, che ti aspetti?
Anche lui viene qua in università e le probabilità di incontrarlo sono alte.
Davvero sono così alte?
Dovrei venire qui più spesso.
Magari accamparmi qua per vederlo che cammina ogni giorno tutti i giorni.
Perché no?
Un nuovo sport: lo stalking.
Virginia, basta!
Ritorna in te.
Poi parte direttamente l’ordinanza restrittiva, se ti va bene, fortunata come sei.
 
Torniamo al problema.
Non è solo un problema, è un enorme problema.
Di adesso.
Lui, l’uomo dei tuoi sogni, in tutti i sensi, e forse quello che potrebbe essere quello giusto per te, sta venendo verso di te a grandi passi.
 
Però pensa, guarda bene, osserva meglio.
Lui non sta guardando te.
Vero.
Atroce verità.
Magari sta andando verso qualcuno, o meglio qualcuna, il termine femminile è decisamente più adatto.
Sicuramente la sua ragazza.
Ecco.
Bastava dirlo.
O solo pensarlo.
Una bionda da paura, altissima, magrissima e ovviamente bellissima, lo chiama appoggiando la mano sulla sua spalla, lui si gira verso e lei si getta tra le sue braccia.
Peeeerfetto.
Sembra un dannatissimo film.
Io mi sento una spettatrice alla quale hanno appena portato via il suo attore preferito.
Cos’è questa sensazione?
E’ tristezza.
Un qualcosa si è spezzato in me e si è diviso in mille piccole parti.
Virginia, che ti aspettavi?
Lo sapevi benissimo che lui aveva la ragazza.
Sì, certo. Una ragazza, non una pseudo modella da infarto.
Pensavi forse che saresti potuta essere bella come o di più della sua attuale ragazza?
Sì, no, forse?
Ti sei illusa Virginia.
Illusa. Bravissima.
Avevi promesso a te stessa che non ti saresti più creata delle illusioni.
Ma ora basta.
Durante il pranzo con Marco non ho più intenzione di chiedergli qualcosa riguardo a lui.
Non c’è competizione, non è una cosa plausibile.
Cavolo, ho quasi gli occhi lucidi e vorrei piangere.
Virginia sei proprio una bambina.
Smettila subito.
A proposito di pranzo.
Dov’è finito Marco?
Spero solo che arrivi presto.
Do un’ultima occhiata alla mia non più illusione tra le braccia di una bionda e mi giro dalla parte opposta.
 
Marco, dove cavolo sei finito?
 
 
 
M’s POV.
 
Mi volto quasi di scatto insultando Marco.
Peccato che non sia Marco quello che mi ritrovo tra le braccia ma Monica.
«Matteucccccio mio» no, lei no.
Cosa ci fa qui? Perché è qui? Perché mi abbraccia?
«Ciao Monica.» dico con scarso entusiasmo.
«Matteuccio io devo e volevo ringraziarti.» Perché? Cos’ho fatto?
«Come mai?» chiedo cauto.
«Per avermi fatto conoscere Gabrieeele mio! E’ meraviglioso per davvero! Sono super felicissima sai?»
Strano, non l’avrei mai detto... Matteo piantala con il sarcasmo, congratulati con lei. Subito.
«Benissimo Monica» le dico. Qualche metro dietro di lei vedo Gabriele con un mazzo di rose nascosto con scarsi risultati dietro la schiena. Lo saluto con la mano, Monica si gira, si apre in un sorriso, mi dice «Ciao Matteuccio, passa una buona giornata! Vado dal mio super tesoruccio!» ride e corre da Gabriele. Che carini. Mi sento un po’ Cupido.
 
La pseudo chiacchierata con Monica mi ha portato via cinque minuti del mio tempo ma non mi sembra di vedere in lontananza Marco e il suo ombrello verde evidenziatore.
Mi avvicino al cartello della facoltà e aspetto.
Dò un’occhiata all’orologio sul mio polso sinistro e segna le dodici e trentasei.
Strano.
Dove si sarà cacciato Marco? Aspetto ancora un po’ prima di contattarlo.
Può avere fatto tardi, può succedere, dopotutto sono solo sei minuti di ritardo.
Inizio a passeggiare intorno al cartello, stare fermo e aspettare mi rende un po’ insofferente, in più fa freddino.
 
Gente che chiacchiera, gente che parla, gambe di persone…
Noto un paio di gambe molto belle, fasciate da dei jeans stretti, sotto un paio di Converse, risalgo con lo sguardo e il lato b è decisamente buono… Oh sì, molto molto buono.
Matteo a cosa stai pensando?
Sono pur sempre un uomo.
Sì, un uomo diventato totalmente un pervertito!
Proseguo la mia camminata, ma devo assolutamente dare un volto a questa ragazza perché è come se avessi sentito un brivido lungo la schiena.
Da quando sei diventato così?
 
L’istinto è una brutta bestia…
 
Cazzo.
Grazie istinto, grazie.
Meno male che ho guardato quel bel paio di gambe!
E quel lato b!
Grazie davvero.
Non ci credo.
Non so come sia possibile.
E’ lei!
E’ Virginia.
E’ lei ed è qua.
Ferma sotto al suo ombrello blu mi sta guardando con aria interrogativa.
Devo avere un’aria da totale cretino, mi sono praticamente bloccato a due metri da lei, da quell’angelo, con la bocca quasi aperta.
Riprenditi Matteo.
Assumi un’espressione intelligente e sorridi.
Ma sto già sorridendo come un ebete.
E’ un riflesso automatico ogni volta che penso a lei.
Dio mio. E’ proprio bella.
E’ ancora più bella di quanto ricordassi.
Diventa sempre più bella ogni volta che la vedo.
Mi avvicino a lei.
Grazie Marco e al tuo meraviglioso ritardo.
Grazie!
Matteo cosa fai?
Vado da lei.
La saluto.
Siamo soli.
Da soli senza terze o quarte persone.
 
E’ la mia occasione.
 
Se lei stesse aspettando il suo ragazzo?
Chissenenfrega.
Faccio un altro passo, le sorriso e lei mi sorride.
Bell’inizio, ci piace.
«Ehi!»
Ma che bel modo in iniziare un discorso Matteo, bravo, complimenti.
Hai perso il punticino che avevi guadagnato col sorriso.
«Ciao Matteo.» Il mio nome tra le sue labbra è un qualcosa di... eccitante e sensuale?
Purtroppo sì.
Sensuale, eccitante ed estremamente dolce.
Parla Matteo, chiedile qualcosa, qualsiasi cosa, perché lei è lì…
«Ciao Virginia!» iniziamo dalle cose basilari, forza Matteo!
«Chiamami pure Vi, se vuoi…» dice lei sorridendo e guardandomi intensamente.
Ok, la rapisco e la porto via.
«Ok allora... Anche se il tuo nome intero è molto bello!» Matteo ti stai suicidando? «Cosa ci fai qui di bello?» Ma che domanda intelligente, Matteo. Bravo, continua così.
«Stavo… Stavo aspettando il tuo amico Marco!» dice lei. Chi? Che cosa ha detto? «Dovevamo andare a pranzo insieme oggi…» aggiunge.
Io faccio una statua a Marco appena lo vedo.
Cosa cavolo ha ideato, Marco?
Ha notato un qualcosa l’altro giorno?
Ha ideato un pranzo a tre?
Chissenefrega.
Ma lui dov’è?
Meglio però se siamo da soli io e lei!
Ora Matteo, devi trovare una risposta intelligente.
O la va o la spacca.
Decido di tirare fuori le palle e provarci.
 
«Che strano…» inizio a dire e lei assume un’espressione interrogativa «...dovevo andare a pranzo anche io con Marco!»
 
 
V’s POV.
 
Cosa? Che cosa ha appena detto?
Anche il ragazzo più meraviglioso del mondo doveva andare a pranzo con Marco?
Perché allora Marco non me l’ha detto?
Perché Marco non c’è?
Che cosa significa tutto ciò?
Può rivelare che… Devo andare a pranzo con Matteo da sola?
Siamo seri?
Per davvero?
Oh. Cavolo.
Afferro in mano il mio cellulare dalla tasca dei jeans e scrivo velocemente su WhatsApp “Ti uccido appena ti vedo, Marco”.
Dopo circa un minuto sia il mio, che il cellulare di Matteo suonano contemporaneamente.
Ci guardiamo mezzi sorridenti e lui mi dice «Ho una mezza idea su chi potrebbe essere! Lo leggiamo insieme?»
Matteo, facciamo qualunque cosa insieme, qualsiasi cosa.
Ti prego.
Virginia, fai la brava.
«Leggiamolo...» gli dico sorridendo.
Apro l’applicazione e il messaggio dice semplicemente “Divertitevi insieme”.
Io lo uccido davvero.
Uccido Marco.
Le cose sono due.
O lo uccido o lo ringrazio a vita.
Matteo ride divertito ed esclama «Prima o poi devo fare un discorsetto a Marco...»
Eh già. Come minimo gli dirà di non fargli più questo “tipo di sorprese” visto che era prima con la modella e adesso è qui incastrato con me. Ed è anche giusto che gli faccia in discorsetto, dopotutto ha una vita sua e ha una fidanzata strafiga. A proposito, dov’è finita? Si è volatilizzata? Non ci ho fatto proprio caso.
 
Niente allora, io torno a casa.
Ma tu, cara Virginia, non vuoi.
Lo so.
Ma non posso obbligarlo a venire a pranzo con me.
Dì qualcosa di sensato Virginia, forza.
«Dato che il pranzo con Marco non c’è, se tu hai da fare io tornerei a casa…» dico tutto d’un fiato stringendomi nelle spalle.
Lui mi guarda con aria triste.
Triste? E’ possibile?
E’ solo una tua impressione Virginia.
«Virginia…» inizia chiamandomi per nome, Dio mio come lo dice bene «se per te va bene io andrei a pranzo comunque.»
E beh, certo, dovrà pur mangiare, magari va con la super biondona.
Non ha incluso me nel discorso quindi me ne torno a casa a mangiare.
Da sola.
Peccato che non abbia fame.
Stomaco chiuso, completamente chiuso, dopo queste “rivelazioni”.
Gli devo rispondere.
«Ah…» bel colpo Vi, le frasi intelligenti sono il tuo forte. Devo terminare la frase. «Si certo. Vai pure. Io…» Io cosa? Io voglio venire a pranzo con te? Io mi sono persa nei tuoi occhi? Nel tuo sorriso? Io mi sono persa in te?
Lui mi guarda con una luce nuova negli occhi, abbassando la voce impercettibilmente dice «Rimani, non andare a casa. Resta con me. Vieni a pranzo con me…»
L’ha detto?
O è un sogno?
Svegliatemi ora o non svegliatemi mai più se è un dannatissimo sogno.
Mi sento come a Natale quando da piccola scarti tutti i regali e trovi tutto quello che avevi chiesto. Anzi, trovi anche dei regali in più.
Stessa identica sensazione.
Soddisfazione e felicità pura.
 
“Please stay.. Just stay..”
Come la canzone…
Rimani. Rimani con me.
Due parole che continuano a rimbombarmi nella testa.
Che cos’hai da perdere Virginia?
Nulla, giusto?
Alzo gli occhi verso di lui, mi apro in un sorriso e con la voce più dolce possibile dico «Va bene, andiamo!»
 
Sì, andiamo.
 
 
**
 
Buona sera a tutti, eccomi finalmente con il mio aggiornamento settimanale della storia tra Virginia e Matteo in versione 2016. Sarà, ma essendo la loro storia e la primissima che ho scritto (e che adesso edito felice come un orsetto) ci tengo particolarmente tanto. Lo so, tutti che magari vi aspettavate questo super pranzo, e invece… Invece no. Ci sono stati i pensieri, ho provato a farvi capire quello che loro due sentono. Le loro insicurezze, i loro pensieri, i loro sogni… Spero di non essere stata troppo scontata o banale e spero soprattutto che vi sia piaciuto “Stay”. La canzone è quella di Elisa, e mi è sempre piaciuta e la reputo adatta a Virginia e a Matteo. “I hope there will be better days” per loro due, giorni meravigliosi, giorni pieni di sorprese. Per loro, e anche per voi. E per me. Ci meritiamo tanto bene. Spero che vi sia piaciuto questo nuovo capitolo e volevo ringraziare tutte quelle persone che hanno scoperto da poco “Inaspettatamente” o altre che la stanno rileggendo, grazie!
 
A presto e un abbraccio!
E.

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Capitolo 7
*** I'm Yours ***


INASPETTATAMENTE_cap7


I’m Yours – Capitolo 7

 

 

21 Gennaio.
 
Ore 12:41
 
 
M’s POV.
 
 
«Dato che il pranzo con Marco non c’è, se tu hai da fare io tornerei a casa…» dice tutta d’un fiato quella meravigliosa creatura.
Quella voce non può dire davvero che vuole andarsene via.
No, ti prego no.
Per favore, no.
Non adesso, non ora.
E’ sbagliato se te ne vai.
Non può, ma soprattutto, non deve andarsene.
Devo trovare un qualsiasi futile pretesto per farla rimanere qui. Qui con me. Magari il riscaldamento globale, la religione, un consulto psichiatrico, qualunque cosa. Basta che lei rimanga qui.
«Virginia…» la chiamo con il suo nome anche se ho il permesso di chiamarla Vi. Preferisco di gran lunga il suo nome intero, è decisamente perfetto e non mi va di toglierne la grazia e la dolcezza abbreviandolo. E poi, diciamocelo, l’effetto della frase è decisamente da figo con il suo nome intero. «Se per te va bene io andrei a pranzo comunque.»
Mi guarda, interrompendomi e sussurra un «Ah…» prima di una brevissima pausa. «Si certo. Vai pure. Io…»
Non deve terminare quella frase, non deve.
O meglio, non voglio che la termini.
Io so già come potrebbe proseguire quella frase: “Io ho un fidanzato che mi aspetta per il pranzo”, oppure “Io non ho intenzione di andare a pranzo con uno sconosciuto”. E a favore suo, ha anche ragione. Cavolo se ha ragione.
Devo trovare un modo per fermarla.
Una scusa qualsiasi.
Un futile pretesto.
Bene, è arrivato il tuo momento Matteo. Tento il tutto per tutto, non ho intenzione di lasciare che lei scappi via, corra via, oppure sparisca. E’ già sparita dalla mia vita troppe volte senza che io potessi fare mai un qualcosa di “attivo” per farla rimanere.
Ti prego rimani con me.
Resta con me.
Rimani qui.
Con me.
Matteo, devi parlare però.
Ah, sì, giusto.
Parla.
«Rimani, non andare a casa. Resta con me. Vieni a pranzo con me…»
 
Gliel’ho detto.
Cazzo, se gliel’ho detto.
Gliel’ho detto cercando di essere il più dolce possibile. Cercando anche di non sembrare troppo disperato. Anche se lo sono. Dio mio, ho una voglia irresistibile di rimanere qui con lei. Virginia, facciamo così, anche se non vuoi andare a pranzo, rimaniamo qui lo stesso, ti va? Se vuoi posso tenere la borsa e il tuo ombrello blu per tutto il pomeriggio. Così, giusto per fare un po’ di sport. Ma rimani qua con me. Non andartene.
 
Matteo, finiscila di comportarti come un bambino.
Sii realista.
Ora arriva la parte difficile, accettare il suo rifiuto e tornare a casa.
Ecco.
Posso accettare un no?
Certo che sì.
Potrei accettare un no da lei?
Non saprei.
Potrei sopportare il suo no?
Non vorrei.
Ecco, ci siamo.
Alza quei due meravigliosi occhi verso di me e sorride. Sta sorridendo. E, signori, che sorriso spettacolare. Schiude le labbra e dice con una voce che sfiora l’estrema dolcezza «Andiamo!»
Fermi tutti.
Ha detto “Andiamo”?
Ha davvero detto “Andiamo”?
Forse non dovevo obbligarla e insistere così tanto per farla venire a pranzo con me, però…
Dio che sensazione.
E’ stato proprio meraviglioso.
 
Quanto le parole possono rendere felici le persone?
Soprattutto quali parole.
A me ne è bastata solo una.
Una semplice parola, un verbo coniugato.
Andiamo.
E allora andiamo, Virginia.
Ma dove ti porto?
A casa tua.
Coscienza non è il momento di scherzare.
Ma ti piacerebbe.
E anche se fosse?
Ammettilo, ti piacerebbe eccome.
Colpito e affondato.
Devo trovare una soluzione che non sia passare tutto il pomeriggio con un ombrello sotto la pioggia al freddo e al gelo oppure mangiare qualcosa di corsa o direttamente non mangiare e andare a casa mia. Toglietelo dalla testa Matteo, subito.
 
Ok, ormai il tutto per tutto l’ho tentato poco fa e mi è andata bene.
Lei ha accettato di venire a pranzo con me.
Chissà, forse è il mio giorno fortunato?
Ma ora dove la porto?
Dove?
Inventati qualcosa Matteo, immediatamente.
Non puoi permetterti di sprecare altro tempo fantasticando.
 
La guardo, mi perdo per un istante in quegli occhi meravigliosi e le dico cercando di ostentare almeno un minimo di sicurezza: «Allora, dove… Dove ti piacerebbe andare?» meravigliosa creatura, continuo nella mia testa.
Matteo, non riesci neanche a parlare eh? Un minimo di sicurezza “un bel par de balle”. Dai Matteo, che finito il pranzo ti porti a casa il premio per l’idiota dell’anno oltre a uno splendido due di picche. Ma quello è già contemplato nel pacchetto “pranzo con uno splendore”!
Ricordatelo Matteo, ha un fidanzato.
O potrebbe avere un fidanzato?
Bhe, chissenefrega.
Voglio che lei mi conosca oggi.
Voglio solo passare qualche ora con lei.
Qualche ora può bastare.
Forse.
 
Sorride, e quando sorride il mio cuore decide di accelerare, mi dice «In realtà, non… Non saprei proprio. Tu non conosci un posticino carino?»
Casa mia? Quella può andare?
Oh, Matteo, smettila.
Ritorno lucido, o meglio, provo a tornare padrone di me stesso anche perché devo esserlo almeno un po’.
«Sicura che per te vada bene se scelgo io?» chiedo io, insomma meglio essere sicuri, no? Cosa potrei scegliere? Un qualcosa di semplice... Il mio primo pensiero scatta subito alla pizza. Avevo già voglia di pizza prima. Ma… Non so neanche se a lei piace, o se preferisce mangiare cinese, o giapponese, o… un’insalata? Meglio schiarirsi i dubbi, alla svelta. «Ad esempio, pizza?»
«Io adoro la pizza!» e io adoro lei che adora la pizza. Si può essere più cretini? Basta Matteo, basta.
«Allora andiamo. Conosco un’ottima pizzeria qui vicino!» dico facendo mente locale. Ho intenzione di portarla nel posto più carino della zona dove la pizza è davvero ottima. Ho deciso, la porto da Mario.
 
Abbiamo camminato per un quarto d’ora circa. Ma il tempo è decisamente volato. Lei mi ha guardato spesso e ogni volta che lo faceva, io sorridevo e lei poi sorrideva.
«Mi spiace averti fatto camminare sotto la pioggia per così tanto.» mi sono scusato svariate volte.
«Ma va figurati!» mi ha sorriso e ha aggiunto «In ogni caso avrei passato il pomeriggio vagando per negozi con Marco!»
“Avrebbe passato il pomeriggio…” Bene. Molto molto bene. Forse dopo il pranzo non scapperà via e potremmo addirittura passare il pomeriggio insieme… Matteo non farti illusioni.
«Ma non mi dire! Ti costringe a pomeriggi di shopping full immersion?» le chiedo con un sorriso.
E ride, ride ed è come se tutto il mondo si fermasse.
Per lei.
Tutto il mio mondo si ferma, non sento nient’altro oltre alla sua risata bellissima e coinvolgente.
«Esatto! Mi hai decisamente salvata!» mi dice.
L’ho salvata? Davvero?
E’ una cosa meravigliosa.
«Eccoci arrivati…» le dico fermandomi davanti alla pizzeria dove vado spesso. «Prego, prima le signore…» le dico aprendo la porta da vero gentleman, ringrazio mentalmente mia madre che mi ha insegnato le buone maniere per pura educazione e anche un po’ per impressionare le ragazze.
«Uh, grazie…» dice arrossendo. Signori e signore, le buone maniere e Matteo segnano un piccolo punticino! Le guance rosse sul suo viso chiaro la rendono ancora più bella. Sì, mi sono decisamente rincoglionito.
 
Dio mio, che cosa mi hai fatto Virginia?
 
 
 
V’s POV.
 
«Esatto! Mi hai decisamente salvata!» brava Virginia, prosegui questa strada verso l’autodistruzione.
 
Mi ha salvata dal pomeriggio di shopping con Marco.
Inventa un’altra bugia, Virginia.
Mi ha salvata. Salvata… In tutti i sensi.
Ogni volta che lui mi guarda, io sorrido.
Non ci posso fare nulla.
Sorrido.
Sorrido come una perfetta idiota.
Mi fa sentire al sicuro.
Mi fa sentire serena.
Mi fa sentire leggera.
Basta.
Lui ha la ragazza.
Una ragazza che è molto, molto bella.
L’hai vista anche tu, cara Virginia, è bellissima.
Però
C’è un grosso però.
Ammettilo a te stessa Virginia, almeno a te stessa.
E’ qui con te.
Con te, Virginia.
Non con la super bionda.
Magari non è la sua ragazza?
Sì certo, credici Virginia.
Si sono abbracciati…
Li hai anche visti.
Toglietelo dalla testa, subito.
Lui non potrà essere tuo.
Ok, non potrà essere mio, ma è a pranzo con me.
Con me.
Passeremo del tempo insieme.
Spero che staremo bene, ma già lo posso immaginare.
Anche se è per poco tempo, anche se è solo un pranzo, un semplice pranzo.
Virginia, devi essere il più naturale possibile.
Lascia che lui ti conosca per quella che sei davvero e non con “la psicologa amica di Marco”.
 
«Eccoci arrivati…» dice Matteo riportandomi alla realtà fermandosi davanti a una porta in legno con i vetri vecchio stile, sembra di essere in un castello. Come prima impressione il posto mi sembra davvero bello. «Prego, prima le signore…»
Mi sta tenendo la porta?
Dio mio.
Mi tiene la porta e dice come nelle fiabe “prima le signore”.
E’ un gentiluomo. Un perfetto gentiluomo.
Potrebbe davvero essere quello giusto.
Arrossisco, non posso fare altro che arrossire.
Merda Virginia, arrossisci?
Magari non se n’è accorto… Spero, almeno.
«Uh, grazie…» gli dico quasi sussurrando in un imbarazzo allucinante.
Entriamo in questo posto molto bello e vengo subito invasa dal profumo di pizza. Lasciamo gli ombrelli all’ingresso e vedo che ci aspetta sorridendo un uomo di mezz’età, con tutta probabilità il proprietario di questa pizzeria.
«Siete solo in due?» chiede il signore con un largo sorriso.
Matteo lo guarda e gli sorride «Esatto, siamo solo in due Mario!»
Credo proprio che lo conosca, dato che ha chiamato il ristoratore per nome. Chissà se viene qui spesso e chissà se avrà portato anche…
Eh no, Virginia. No, no e ancora no.
Non ci pensare ora.
Pensa come ha detto “solo in due”.
Il modo, il tono, la voce calma e calda allo stesso tempo.
Virginia, forse stai fantasticando tutto.
Sì ma il fatto che lui sia voluto venire a pranzo con te, non cambia.
Vocina speranzosa smettila di saltare fuori inutilmente.
 
«Prego allora, seguitemi» dice Mario.
 
Ci porta nella sala da pranzo che si trova subito dopo il corridoio d’ingresso. Ed è... Cavolo, è come piace a me. Non è uno di quei posti enormi e asettici, dove la gente parla ad altissima voce e c’è trambusto. E’ una saletta molto carina, intima mi verrebbe da dire. Molto intima.
 
Sembra una vecchia stanza di un castello medievale, con le pareti color crema miste a vecchi muri con mattoni scuri, ampie volte e travi in legno a fare da soffitto. Quattro ampie finestre danno su un giardino meraviglioso che ha nel centro un bellissimo pozzo. Che meraviglia! Mi affascina molto questo posto. Ha un non so che di romantico e antico. I miei occhi tornano alla sala, su ogni tavolino c’è una meravigliosa tovaglia bianca lunga ed è accesa una candela. Non è una di quelle sale illuminate da mille luci al neon, la stanza è comunque illuminata da luci soffuse e fissate alle pareti color crema. Evidentemente hanno preferito lasciare che la luce naturale entrasse dalle finestre. E’ così bello qui... E Matteo ha avuto un ottimo gusto nel portarmi qui. Non che un semplice trancio di pizza seduta sul ciglio della strada con lui mi sarebbe dispiaciuto, sia chiaro, ma qui… Bhe, è tutta un’altra storia. Forse dovrei tornare alla realtà e smetterla di sorridere come una perfetta cretina.
«Sceglie la signorina dove preferisce sedersi.» dice un sorridente Matteo al proprietario con un cenno del capo.
Credo di essermi persa la domanda precedente. Mi fa scegliere dove mi voglio sedere nella sala quasi vuota… I miei occhi vagano in quella meravigliosa sala e decido in tempo zero. Indico un tavolo vicino alla vecchia parete del castello che è quasi davanti a una delle grosse finestre.
«Lì può andare?» chiedo sorridendo a Matteo.
Lui si apre in un sorriso che mi fa cercare altro ossigeno, altra aria da incanalare nei polmoni. «Certamente.» e poi si gira verso Mario e dice «Ci sediamo là.»
«Certo Matteo, passo dopo con le liste e per le ordinazioni» risponde Mario.
Cavolo, ma allora si conoscono davvero.
Ci avviciniamo al tavolo prescelto, Matteo toglie il suo giubbotto, mi tolgo il mio ma lui aspetta a sedersi. Prima che io possa anche solo realizzare cosa, o meglio chi, stia aspettando, sposta la sedia da sotto il tavolo, la mia sedia, mi fa segno di sedermi sorridendo e mi avvicina al tavolo.
Oh mio Dio.
E’ la prima volta che mi succede una cosa del genere con un ragazzo.
E’ come se fossi in una fiaba.
Allora la cavalleria non è morta e sepolta.
Virginia, dì qualcosa.
E’ l’uomo più galante e attraente che tu abbia mai incontrato.
Voglio conoscerlo, voglio capirlo, voglio…
Lo voglio per me.
Voglio che sia mio.
Dio mio, è l’uomo della mia vita.
Così…
Così tutto quello che vorrei.
 
«Gr.., Grazie Matteo.» non so che altro dirgli, e soprattutto lo dico balbettando e arrossendo. Bingo!
«Non mi ringraziare Virginia. Non è nulla e l’ho fatto con molto piacere.» mi dice lui.
«Bhe non è una cosa da tutti i giorni.» mi escono queste parole spontaneamente senza collegare la mia area della parola con il resto del cervello.
Stupide sinapsi! Dovreste lavorare efficientemente.
E lui sorride.
Non fa altro che sorridere e guardami negli occhi per un tempo che mi sembra infinito.
Possibile che riesca a farmi stare bene ogni suo sorriso?
E’ possibile sì.
Lui ne è capace.
Mi scalda il cuore.
E’ dotato di qualche potere soprannaturale, ne sono sicura.
 
Completamente sicura.
 
 
M’s POV.
 
Credo di essermi comportato da perfetto idiota. O come qualcuno potrebbe obbiettare “all’antica” o meglio “da vecchio”. Che ci posso fare? Assolutamente nulla. Mi piacciono queste galanterie e con lei, con questo splendore che siede di fronte a me in questo momento, viene tutto così spontaneo. Mi è venuto istintivo l’averle aperto la porta all’ingresso, il fare scegliere a lei il posto dove si voleva sedere, tra l’altro ha scelto uno dei miei posti preferiti del ristorante di Mario, un punto in più per lei, ed è stato naturale farla sedere sulla sedia e poi avvicinarla al tavolo. E’ tutto così naturale e spontaneo con lei. E’ fatta per essere amata, adorata, e persino venerata. Dio mio Matteo, che ti succede? Non ne ho idea. Non ne ho proprio idea ma va benissimo così. Non me ne frega nulla.
 
Mi guarda e le sue guance diventano più rosee «Gr.., Grazie Matteo.» dice.
Forse l’ho messa in imbarazzo, forse ho osato troppo, forse non dovevo portarla in questo posto... Ma questo è un posto a me caro dove ogni tanto la mia famiglia ed io veniamo a festeggiare i vari compleanni o le varie feste tutti insieme, i proprietari mi hanno visto crescere e sono anche amici dei miei genitori. Mi tranquillizza questo posto. E volevo che lei lo vedesse, voglio che lei passi il miglior pranzo di sempre.
«Non mi ringraziare Virginia. Non è nulla e l’ho fatto con molto piacere.» le dico.
«Bhe non è una cosa da tutti i giorni.» mi risponde al volo.
E io sorrido. Chissà, forse sono riuscito a sorprenderla almeno un po’. Matteo, non essere così stupido o scontato.
Virginia, non è una cosa da tutti i giorni incontrare te per puro caso… Matteo, per lo meno hai avuto il buon gusto di non dirglielo. Sei ancora dotato di un filtro nel tuo cervello. Come minimo si sarebbe alzata e sarebbe andata via. Non hai alcun diritto di pensare certe cose. Quindi smettila e contieniti. Ti è solo andata bene, per il momento almeno.
«Ecco a voi le liste. Ripasso tra poco.» Dice Mario consegnando il menù a Virginia e a me, infine si allontana sorridendo verso gli altri tavoli ancora pieni.
Vedo Virginia intenta a sfogliare il menù e si ferma alla pagine delle pizze.
Alzo gli occhi verso di lei e le chiedo «Che pizza prendi?»
Mi guarda fisso negli occhi «Non lo so. Forse una prosciutto e funghi.»
Abbiamo anche gli stessi gusti? Per lo meno non prende un’ “insalatina senza formaggio o tonno, possibilmente vegan con tanti semini” come prendeva Monica. E’ il momento adatto per fare dei paragoni, Matteo? Non credo proprio, anche perché non c’è paragone, Virginia batte Monica mille a zero. Punto e basta.
«E tu? Hai già scelto?” mi chiede con occhi curiosi.
«Credo proprio che ti copierò. Qui è davvero molto buona quella pizza.» dico il più sincero possibile.
«Conosci da tanto questo posto?» chiede lei sempre più curiosa. Come si dice spesso la curiosità è donna. E il fatto che queste domande non m’infastidiscano è quasi preoccupante. Anzi, mi preoccupo e basta.
«Sì, ci vengo spesso, soprattutto con i miei» ma è la prima volta che porto una ragazza qui, aggiungo mentalmente. Ma questo lei non lo deve sapere. Almeno, non ora e non così.
Veniamo interrotti da Mario che non facendosi vedere da Virginia mi fa l’occhiolino.
«Avete già scelto?» chiede lui con la solita voce accomodante.
«Si certo…» gli rispondo io «…prima la signorina però.»
«Allora…» inizia lei con aria seria e decisa «per me una pizza prosciutto e funghi e una coca cola.»
«E per me, lo stesso!» concludo infine.
Sorridiamo entrambi con aria complice. Posso dire “complice”? Non lo so, però mi piace.
Sarà interessante vederla mangiare… Generalmente dicono che chi mangia con gusto, faccia anche “altro” con molto gusto.
Matteo, ti sembra il momento adatto pensare a queste cose? Sì, ovviamente lei in un letto è sempre un’immagine invitante. Smettila Matteo, subito.
 
Le due pizze prosciutto e funghi sono arrivate, avevano un aspetto davvero ottimo ed erano buonissime come sempre, oggi persino di più. La mia l’ho mangiata tutta, avevo una fame allucinante. Virginia ed io tra un boccone e l’altro abbiamo parlato di alcune cose, soprattutto di come abbiamo conosciuto Marco, di Alessandro, di come loro siano una coppia fantastica ed entrambi siamo molto felici per loro. Siamo entrati in sintonia, come se ci conoscessimo da tempo e questa non fosse la prima volta che pranziamo insieme. Non le ho chiesto molto di lei, non mi va di passare per l’invadente cafone che le fa il terzo grado su ogni singola cosa anche se sono curioso, molto curioso. Ho così voglia di conoscerla…
E’ come se fossimo entrati in confidenza, l’aria che si respira è quasi elettrica. Elettrica ed eccitante. A proposito di eccitante, Virginia è veramente troppo sensuale mentre mangia, come sta mangiando ora…
Merda.
Non ti risvegliare ora… Per favore.
Troppo tardi.
E’ possibile che io sia messo così male?
Eccitarmi per come mangia.
E pensa se…
Matteo contieniti, contieniti per favore.
Pensa ad altro.
Sì certo, come se fosse facile.
«Matteo, mi stai ascoltando?» torno alla dolcissima realtà nel giro di un secondo con le sue parole.  Merda.
«No, scusami. Ero un attimo assorto nei miei pensieri» le confesso in imbarazzo. In pensieri sconci e zozzi. Che figura di merda. Sembro un ragazzino.
«Ho notato...» dice quasi divertita. Ovvio, è psicologa. «Mi spiace disturbarti dal mondo dei pensieri.» Si scusa lei? E perché mai?
«No scusami tu. Sono stato davvero maleducato. Non me ne sono accorto.»
«Non fa nulla. Si vede che era qualcosa di importante» mi dice. Tu, nuda? Molto importante ma non come averti qui, ora.
«Scusa ancora. Stavi dicendo?»
«Spero che tu non ti offenda…» ecco, signori e signore ci siamo «... ma preferirei…» non terminare la frase, ti prego non farlo perché proseguirebbe con “scappare via da questo pranzo” «...non continuare a mangiare la pizza ma assaggiare un dolce.»
Sbam.
Il mio cuore è diventato leggero in un secondo.
Mi ha sorpreso. Davvero molto.
Matteo, riprenditi subito.
Parla.
«Spiegami una cosa… Ti stai scusando per non aver finito la pizza, perché vuoi mangiare un dolce?» chiedo con aria mista tra l’incredulo e il divertito.
«Bhe, sì. Non vorrei che tu pensassi che non mi sia piaciuta» mi risponde concentratissima.
«Stai scherzando, vero?» chiedo ancora più incredulo.
«No no!» dice lei convinta.
E rido, rido di gusto perché riesce a sorprendermi per cose così banali. Lei si unisce a me nella risata, si ferma e con aria titubante chiede tutto d’un fiato «Senti, ma fai metà dolce con me? La pizza era davvero ottima ma non l’ho finita. E il dolce lo vorrei solo assaggiare, non riuscirei a mangiarlo tutto…»
Oh, che bellezza. Vuole che dividiamo il dolce. Posso essere eccitato da questa cosa? Lo sei Matteo, sei un uomo e come uomo ti ecciti anche a dividere un dessert con una bellissima ragazza. Sai cosa sei anche? Un completo e patentato cretino, questo pranzo ti sta sfuggendo di mano.
La guardo in quegli occhi scurissimi e meravigliosi e le dico «Tutto quello che vuoi. Scegli tu o scelgo io?»
«Scegli tu dai! Già ti obbligo a mangiarne metà.» risponde lei con un timido sorriso. Ah, fossero così tutti gli obblighi.
E ora? Cosa scelgo?
Mi salva un sorridente Mario che arriva e toglie i piatti delle pizze e le posate, e prima che io dica qualcosa mi anticipa con «Il solito, Matteo?» ci penso su un secondo ed annuisco.
Si rivolge successivamente a Virginia e chiede «Uno o due del solito?»
Lei sorride e risponde trionfante «Uno solo, ma con due cucchiaini!»
Aspettate un attimo. Si è davvero fidata del “mio solito” senza chiedere cosa fosse? Sono felicemente sorpreso, ad ogni azione e parola che lei dice. Mi piace molto questa audacia. Soprattutto se si parla di dolci.
 
«Ecco a voi il dessert!» dice Mario qualche minuto dopo portando un piatto gigante. Virginia si apre in un sorriso vedendo la porzione extra del buonissimo tiramisù di questo posto.
«Spero… Spero proprio che ti piaccia!» le dico con una lievissima ansia da prestazione.
«Scherzi? E’ uno dei miei dolci preferiti!» risponde sorridendo.
«Allora a te l’onore del primo morso!» concludo spostando leggermente verso di lei il piatto.
Prende un cucchiaino, lo avvicina al dolce in mezzo al tavolo, se lo porta alla bocca, apre le labbra e…
«Mmmh…»
Cazzo.
E no.
Non si può.
Sì che si può.
La mia mente bacata in tempo zero pensa chiaramente ad altro mentre lei esegue quel leggero gemito. Mi piacerebbe che fossi io a farle fare quell’ “Mmmh”.
Credo di essere rimasto a bocca semiaperta godendomi questo spettacolo.
Un perfetto idiota, sì, se ve lo state chiedendo.
«Scusami… Io… Ecco… Io adoro i dolci e questo è davvero buonissimo.»
Si sta scusando un’altra volta. Si scusa per cose che non capisco, che sia un’abitudine delle psicologhe?
«Ma va, figurati. Mi fa solo piacere che ti piaccia» le dico tentando di togliermi dalla mente quel “Mmmh”.
Tra un sorriso e un altro finiamo il dolce. E adesso? Dovrei obbligarla o trovare qualche pretesto per farla rimanere con me? Passerà con me il pomeriggio?
 
Prima di farle qualche proposta o solo pensare a qualcosa sento una dolce melodia che proviene da un cellulare, dal cellulare di Virginia. Guarda il nome sul display e accenna a un mezzo sorriso.
«Puoi scusarmi due minuti? Faccio in fretta!» mi dice.
Puff. Ed ecco che la magia è finita. Con la suoneria di un cellulare. Matteo devi tornare alla realtà.
«Sì certo, non ti preoccupare» le rispondo.
Afferra il cellulare e risponde «Pronto?», lo so che non è buona educazione ascoltare le telefonate altrui ma…
«Ciao Ma! Dimmi tutto.» Ecco, “Ma” sarà il nome del suo fidanzato, Manuel o Emanuele o Manuele o Marco… Il “Ma” potrebbe essere anche di Matteo? Basta Matteo, smettila subito.
«Sì, ora ho da fare…» ha da fare con me, sorriso ebete vattene subito dalla mia faccia.
«Sono impegnata ancora un po’» mi piace quell’ “ancora un po’”.
«Ma no, non con Marco…» non con Marco, prevedo una sfuriata.
«No, non ti preoccupare!» di cosa si dovrebbe preoccupare?
«Quando poi torno a casa ci prendiamo un the o una cioccolata se ti va…» geloso, sono geloso, anzi gelosissimo.
«Ci vediamo dopo allora. Ciao mamma!» Cazzo. Matteo quanto sei stupido da uno a dieci? Ottanta? Era sua madre, non Manuel, Emanuele o Manuele! Anche se sembrava che stesse parlando con un’amica o il suo ragazzo.
Mi guarda con un’aria divertita e si scusa ancora «Scusami, mia madre si preoccupa se non mi sente.»
«Non ti preoccupare, Virginia.» cerco di rassicurarla il più possibile.
«Dimmi Matteo, hai da fare nel pomeriggio?» mi chiede prendendomi completamente alla sprovvista, sorprendendomi totalmente.
«Nulla signorina Virginia, la seguirò per tutti i negozi…» le dico osando molto e scherzando un po’ su uno degli argomenti che abbiamo trattato durante il pranzo come se dovessi essere io il sostituto di Marco per lo shopping pomeridiano.
Lei ride e mi chiede «Allora andiamo?»
Vuole andare via? La seguirei ovunque.
«Certo che sì, andiamo! Spero che il pranzo sia stato di tuo gradimento.»
«Scherzi? Era tutto buonissimo! Prima di uscire ti spiacerebbe se andassi un attimo in bagno?»
«Ma va figurati, è lì a sinistra. Ti aspetto all’entrata.»
Sorridendo va in bagno, la seguo con lo sguardo ammirando le sue anche e il suo lato b che si muovono in modo molto sexy fino alla porta della toilette.
 
Prendo il mio giubbotto e vado da Mario che mi aspetta davanti alla cassa.
«Finalmente ti fai vedere qua con una ragazza!» esordisce così il mio ristoratore di fiducia.
«Magari fosse la mia!» rispondo quasi sospirando.
«Dipende tutto da te, lo sai questo?»
«Sempre, Mario. Tutto da me. Quanto ti devo per il pranzo?»
«Aspetta che vado a chiedere alla moglie...» e strizzandomi l’occhio va alla ricerca della sua metà.
 
Mentre aspetto, le noti dolci di una canzone risuonano nell’ingresso del castello/ristorante.
 
Well open up your mind
and see like me
Open up your plans
and damn, you're free
Look into your heart
and you'll find love love love love


So I won't hesitate
no more, no more
It cannot wait I'm sure

There's no need to complicate
Our time is short
This is our fate, I'm yours
 
Cara Virginia, non esiterò più, sono tuo. Non so come tu ci sia riuscita ma mi hai ammaliato, stregato completamente in tempo zero. Mi sono letteralmente rincoglionito, non c’è altra spiegazione.
 
Dato che non voglio più esitare ma voglio osare, un’idea mi passa per la mente.
E se stessi più vicino a lei nel pomeriggio?
Voglio stare in contatto con lei…
 
Prendo il mio ombrello già asciutto, lo piego e lo metto dentro allo zaino.
 
 
V’s POV.
 
Bagno, bagno, bagno, devo assolutamente fare pipì. Entro nel bagno e mi specchio.
Dio mio, guance rosse e occhi lucidi.
Che mi è successo?
Nulla, sono solo una perfetta idiota.
 
Un pranzo così emozionante, credo sia la parola che meglio descriva il pasto che c’è stato tra me e Matteo, non mi era mai capitato. Non sono riuscita a finire la pizza, lui continuava a guardarmi e il mio stomaco faceva la capriole. Mai successo di non riuscire a finire una pizza ad un appuntamento. E poi abbiamo mangiato il tiramisù. Era così buono… Mi è anche uscito involontariamente un “Mmmh.” E poi, ci siamo addirittura divisi a metà il dolce come fanno le coppiette innamorate.
Forza Virginia, è il momento di sfoderare la parte migliore di te, diamoci una bella sistemata e torniamo di là. C’è Matteo che ti aspetta e certamente devi essere al tuo meglio per “conquistarlo”.
Non so neanche come ho fatto ad essere così spudorata e chiedergli “Dimmi Matteo, hai da fare nel pomeriggio?”. Ma mi sono buttata e per una volta mi è andata bene.
 
Esco dal bagno, percorro la stessa strada e arrivo all’ingresso dove Matteo parla con Mario, si volta verso di me e sorride.
«Quanto ti devo Matteo?» chiedo avvicinandomi a quel bellissimo ragazzo che è davanti a me.
«Stai scherzando vero?» mi chiede divertito alzando un sopracciglio.
Uff, per lui scherzo sempre.
«Assolutamente no! Quanto ti devo?» insisto.
Non può essere, non può offrirmi il pranzo.
«Sei stata mia ospite Virginia! Tu volevi andare a casa e io ti ho praticamente obbligata a rimanere! Il pranzo offerto è il minimo che potessi fare.»
Non ci credo, deve essere impazzito.
Provo ad insistere ancora con un «Ma…»
«Ma, nulla!» mi dice lui fermo e irremovibile sulla sua posizione «Offro io e non si discute. Però c’è un qualcosa che potresti fare…»
Che cosa? Sono decisamente curiosissima.
«Dimmi tutto!» affermo con un sorriso.
«Non trovo più il mio ombrello, dovresti quindi ospitarmi sotto al tuo per tutto il pomeriggio.» afferma con aria dispiaciuta.
Aspettate, ha detto tutto il pomeriggio?
Il mio cuore accelera di qualche battito, quasi impazzito.
«Nessun problema.» gli dico sorridendo.
 
Passare il pomeriggio con lui sotto al mio piccolo piccolissimo ombrello?
Insieme, sotto al mio ombrello?
Che viaggi mentali ti stai facendo Virginia?
Non lo so, ma l’idea di stare così vicino a lui mi piace troppo!
 
Afferro il mio ombrello blu, mi apre la porta come da gentilissimo e perfetto gentleman, apro l’ombrello e lo aspetto sotto l’acqua scosciante.
Lo fisso negli occhi verdi che all’aperto sono ancora più belli e brillanti; «Allora che si fa?» gli chiedo.
I suoi occhi continuano ad essere fissi nei miei e io quasi quasi mi perdo in tutto quel verde. «Shopping?» chiede scherzando e successivamente abbassa impercettibilmente la voce «Tanto il pomeriggio è lungo…»
 
Ed è tutto nostro, aggiungo nella mia mente.
 
Oh sì, nostro.
 
 
 
**
 
Buona sera e buon agosto! Mi dovete davvero perdonare per non essere riuscita a pubblicare prima ma sono stata davvero super impegnata (chi mi segue su instagram su citty_ o su twitter o su snapchat su eleonorcitterio già sa dei miei milioni di kg di marmellate e poi la partenza e poi mille altre cose, in caso contrario, siete obbligati a seguirmi). Eccomi qui in questa vigilia di Ferragosto che io sto passando solo a un piumone a Selva di Val Gardena sorseggiando una tisana. Ebbene, non si sa bene come, ma sono arrivata al capitolo sette di “Schiffy”. Capitolo sette, il pranzo. Finalmente questo pranzo ha preso forma, ho scritto davvero tanto, quindi come primissima cosa vi ringrazio per la pazienza e anche per l’attesa. Vi ringrazio perché perdete un po’ del vostro tempo (e questa volta vi ringrazio il doppio) per leggere questa storia. Spero di non essere stata banale, di avervi raccontato la maggior parte del loro pranzo, le loro emozioni, e soprattutto i loro pensieri... Spero che tutto questo sia arrivato a voi. La canzone che Matteo sente mentre sta aspettando Mario è “I’m Yours” di Jason Mraz, che è bellissima davvero e mi fa battere tanto il cuoricino.
 
Grazie a chi legge, e a chi legge me. Per me è un po’ come mettersi a nudo, ed è una cosa difficilissima da fare. Buon ferragosto a tutti, passatelo nel migliori dei modi possibili. Amando chi vi sta affianco e soprattutto, noi stesse, che ce lo meritiamo.
 
Un abbraccio e a presto!
E.

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Capitolo 8
*** Non più ***


INASPETTATAMENTE_ cap.8

 



Non più – Capitolo 8

 

 

21 Gennaio.
 
Ore 15:34
 
 
V’s POV.
 
 
Matteo è vicino.
Così vicino.
Troppo vicino.
Troppo vicino da troppo tempo.
Troppo tempo perché io rimanga calma e tranquilla sotto il mio ombrellino blu.
Troppo tempo perché io non ci speri almeno un pochino.
Dovresti andare in autoanalisi Virginia, ti servirebbe.
Oh sì, lo so benissimo.
Matteo è qui ed è sotto al mio ombrellino blu, con me.
Per lo meno non c’è il diluvio di questa mattina. Anche se lui è talmente gentile e premuroso da lasciarmi più di metà spazio sotto l’ombrellino per rimanere all’asciutto e in aggiunta lo tiene lui.
E’ così dolce, così carino, così gentile, mi fa ridere e poi profuma di buono.
Non l’ho annusato ancora, ma lo so.
Insomma, certe cose si sanno e basta.
Matteo riesce a estrapolare quella sana e bella risata che arriva direttamente dal cuore, e la sensazione è triplicata quando ride lui, mi fa bene al cuore.
Virginia, cosa stai dicendo?
La verità, la triste e meravigliosa verità.
Riesce a farmi ridere, riesce a farmi sentire a mio agio, riesco ad essere me stessa quando sono con lui. E al suo fianco è come se tutto fosse così giusto.
Riesce a farmi sentire bene. E mettermi a mio agio. Non è una cosa da tutti, ne sono consapevole, soprattutto quando ti capitano delle cose inaspettate. Soprattutto se non sei preparato ad uscire con una persona che hai visto mezza volta e te la ritrovi lì così inaspettamente, all’improvviso, e sei praticamente obbligato da Marco ad uscire e portarla a pranzo.
Pensa Virginia, potrebbe addirittura avergli fatto piacere averti portata a pranzo.
Sì, giusto perché è una persona buona di cuore e adora fare beneficienza.
Grazie piccola vocina, tu sì che aiuti la mia autostima.
Anche se… Non mi ha fatto pesare nulla, è stato così perfetto lui. Poteva anche andare a pranzo per i fatti suoi, o con qualcun’altra. Eppure è rimasto con te.
Virginia lo sai che stai fantasticando?
Soprattutto sai che è qui a quasi venti centimetri da te?
Oh sì, ne sono davvero consapevole, soprattutto anche il mio corpo lo è.
E’ così vicino…
Ogni volta che mi guarda è come se mi scaldasse l’anima, o meglio è che mi scalda l’anima, mi fa proprio andare a fuoco. Anzi, le mie guance vanno a fuoco quasi ogni volta che i suoi meravigliosi occhi verde smeraldo incontrano i miei.
E io non ci posso fare nulla.
 
Per lo meno posso dare la colpa all’aria fredda sulla mia pelle bianca che rende più rosee le guance e il naso.
Magra, anzi magrissima consolazione, lo so.
Ma spero che lui non se ne accorga più di molto e che la reputi una cosa senza degna di nota.
Ormai è da più di mezz’ora che passeggiamo, chiacchieriamo, e ridiamo…
Sono davvero tentata ad afferrare l’ombrello dove lui lo impugna, prendere la sua mano, stringerla e intrecciare le sue dita così affusolate alle mie. Sarebbe una sensazione davvero fantastica. Solo al pensiero il mio stomaco fa le capriole!
E poi… Chissà cosa accadrebbe se mi abbracciasse, se mi stringesse a sé, se mi baciasse, se fossi in un letto sola con lui… Dio mio. Dev’essere davvero bravissimo in tutto quello che fa e io gli regalerei volentieri tutta me stessa. Virginia, ammetti che è il primo ragazzo che riesce a farti pensare a certe cose solo avendolo affianco sotto la pioggia. Oh sì, sotto la pioggia, sotto a un piumone, con lui…
 
Torno alla realtà in tempo zero quando due occhi meravigliosi si uniscono ai miei, Matteo arresta la sua tranquilla camminata e si ferma davanti a una delle librerie del centro, una delle mie librerie preferite.
Quasi imbarazzato mi chiede «Ti spiace se entriamo qui?»
Lo guardo e con un sorriso rispondo «Assolutamente no. Io adoro le librerie.» Non ho ancora ben capito da dove mi escano certe risposte con lui, ma rispondo in modo totalmente automatico. Non ho alcun filtro nel cervello e soprattutto mi sento audace. Audace nelle risposte perché nelle azioni, con i fatti, non potrei fare nulla. Non ne sarei davvero capace. Non riuscirei proprio.
Anche perché una buona fetta del mio cervello sa che lui ha una ragazza e io non posso mettermi in mezzo così improvvisamente. E soprattutto non c’entro nulla.
Perché no?
Perché ha una ragazza e non la tradirebbe mai.
Tu che ne sai?
Lo so e basta. Anche perché ti piacerebbe se fossi tu nei panni della super bionda e il tuo ragazzo portasse a pranzo un’altra ragazza?
Eh. No. Decisamente no.
Quindi contieniti, Virginia.
Oltre a contenerti, potresti addirittura iniziare a pensare positivo cercando delle possibili condizioni favorevoli per te stessa.
Come se ad esempio se la biondona e Matteo si lasciassero?
Oppure se non fossero più insieme?
Bhe, così sì che si ragione. In questo modo potrei anche avere la mia opportunità.
Chissà se si lascerebbe conquistare da me…
Forse.
Posso aggrapparmi solo a questo, a una semplice e piccola possibilità.
 
Già, forse.
 
 
M’s POV.
 
 
«Ti spiace se entriamo qui?»
 
Matteo, che immenso errore da dilettante, ti sei forse rincoglionito tutto d’un tratto? Possibile che appena vedi una libreria non capisci più nulla? Proprio a Virginia dovevi chiedere di entrare nel tuo tempio personale? Non ha mai portato nessuna ragazza in libreria e porti lei? Devo smetterla di fare le cose senza pensare. Magari non sopporta i libri, oppure non legge, non è affascinata dalle pagine dei libri come lo può essere uno studente di lettere. Oppure, potrebbe essere come il resto delle ragazze con le quali sei uscito precedentemente? Anche se… Il tuo istinto ti dice di no, vero Matteo?
Parli anche da solo, andiamo proprio bene. Però, almeno, ammetti a te stesso che ultimamente le ragazze te le cercavi col lanternino, soprattutto quelle che facevano parte della categoria “io non leggo”, “scherzi, leggere? Siamo forse nel XIX secolo?”, “al massimo potrei ascoltare un audiobook ma solo ed esclusivamente per addormentarmi”.
 
Lei mi guarda divertita e con una bellissima luce negli occhi dice «Assolutamente no. Io adoro le librerie.» Non sta scherzando, vero? Sto forse sognando? Per una volta forse il mio istinto non ha sbagliato, anzi ci ha preso in pieno! Non ci credo neanche io. Dio mio, questa ragazza è davvero perfetta! Matteo, forse sei tu che le hai sempre trovate strane tutte le altre? Come dire, un po’ superficiali, forse? Bhe sì, è possibile.
 
Mi apro automaticamente in un sorriso e le dico «Entriamo!» La faccio entrare per prima in quello che per me è un luogo sacro e chiudo il suo ombrello con delicatezza. Mh, meglio non romperlo, altrimenti c’è il rischio che io non stia ancora così vicino a lei… Una cosa strana che ho notato è che la sua presenza mi tranquillizza molto, è meraviglioso anche solo rimanere al suo fianco mentre sorride e soprattutto quando ride. Ogni volta che le sue labbra formano un sorriso, un qualcosa di meraviglioso succede ai suoi occhi, si illuminano, è un po’ come se lei sorridesse anche con gli occhi. Dio mio, se fosse mia.
«Devi comprare qualcosa in particolare oppure vuoi solo fare un giro?» chiede Virginia con aria curiosa.
«Ti dirò, avevo già in mente qualcosa…» oltre ovviamente al baciarti, prenderti, rapirti e portarti a casa mia per il resto dei tuoi giorni. Questo è comunque un qualcosa che voglio fare dalla prima volta che ti ho vista... Ma non credo che tu lo verrai mai a sapere. Chissà se si ricorda quella prima volta… Del resto, come potrebbe? Stava ballando con il suo ragazzo! Anche se… Magari prima che se ne vada riesco a chiederle se è occupata, se va tutto bene con lui oppure se le serve un fidanzato di riserva. Matteo ma ti senti? Sei quasi ridicolo. Ti stai persino proponendo come amante! Perché no? Potrei farle anche da cavia, se volesse, oppure propormi ad ore? Quando ha bisogno di me? Sei davvero patetico.
 
«Possiamo fare un giretto comunque, ti va?» mi chiede lei con un sorriso. Io di rimando posso solo annuire e sorridere come un perfetto ebete.
Virginia scorre con occhi attenti ogni scaffale, ogni mensola, ogni ripiano, ogni pigna di libri, cammina lentamente e con grazia, si ferma, sfiora i libri con la punta del dito indice ed è così delicata nei movimenti, così aggraziata e ha un’aria decisamente raggiante. E’ una ragazza che sorride spesso ed è anche simpatica, anzi, vi dirò, molto simpatica. Riesce a farmi ridere con naturalezza ed è una bellissima sensazione. Riesce a mettermi completamente a mio agio e con le altre ragazze non è mai successo; generalmente ero sempre sulle spine, sempre come se loro mi dovessero dimostrare di essere perfette. Ma lei… Lei non deve dimostrare nulla. E’ semplicemente così come si fa vedere. Un dubbio attraversa l’anticamera del mio cervello: forse è perché lei è psicologa? Merda, non ci avevi pensato, vero Matteo? E’ senza alcun dubbio portata per fare la psicologa, mi farei persino analizzare da lei… Ti faresti fare qualsiasi cosa da lei. Ehm, sì, è vero anche questo. Però ha senza alcun dubbio un dono, riesco a percepire che ama quello che fa.
Tornando alla piacevolissima realtà, è pura poesia poterla ammirare tra i libri di una libreria. E sì, è una mia pura fantasia e piacere personale. Ora smettila Matteo, cerca quel dannato libro prima che tu ti metta ulteriormente in ridicolo.
 
Usciamo dalla libreria, apro il suo ombrellino blu, l’aspetto fuori ed eccola vicino a me. E’ così giusto che sia qui al mio fianco. Vorrei che fosse addirittura più vicina, che si stringesse a me, che si scaldasse con un mio abbraccio… Ha le guance e quel meraviglioso naso lievemente arrossati, lo sbalzo climatico dal caldo del negozio al freddo dell’esterno le ha provocato questo; le dona un aspetto delizioso. Abbiamo comprato un libro ciascuno, avrei voluto regalarglielo io ma, mi sembrava decisamente eccessivo, dopotutto non sono nessuno per comprarle un libro, avrei potuto lo so. Matteo per favore, basta farti pippe mentali: le hai offerto il pranzo, magari le offri anche il caffè dopo quindi, basta preoccupazioni!
 
«Allora dimmi Matteo, che cosa studi di preciso alla facoltà di lettere?» mi chiede Virginia poco dopo. Posso essere più cretino? Non le ho chiesto neanche di parlarmi dei suoi studi e della sua università anche perché so molto bene quello che fa, peccato che lei non lo sappia.
«Sono all’ultimo anno della specialistica in lettere. Sto facendo letterature europee e americane.» dico con aria molto fiera.
«Interessante…» dice lei con aria lievemente assorta.
«Tu invece? So che sei psicologa.» bravo Matteo, fai anche la figura dello stalker oltre a quella di Capitan Ovvio.
«Sì? Davvero?» chiede Virginia con aria stupita, annuisco con un cenno e lei prosegue «Ho iniziato quest’anno la magistrale in psicologia clinica.»
Cavolo. Internami, psicoanalizzami, ti prego, ti prego, ti prego. Fammi qualsiasi cosa. Matteo, respira e calmati.
«Devi essere davvero bravissima!» esclamo io con un sorriso.
«Assolutamente no! Sono una studentessa normale!» dice lei ridendo.
Tu? Normale? No, al massimo puoi essere meravigliosamente normale.
«Chissà perché, ma non ti credo!» le dico prendendola in giro.
 
Passiamo altro tempo passeggiando per le vie del centro, parlando molto e guardando le vetrine dei negozi. Ogni volta che lei sorride mi piacerebbe stringerla, abbracciarla, baciarla. Questi istinti li ho praticamente sempre, anche quando cammina o respira, ma devo cercare di contenermi. Sembro un tredicenne in preda a scompensi ormonali.
 
«Non mi è mai capitato di parlare così tanto, sono davvero logorroico, scusami.» le dico così, dal nulla. A volte vorrei poter avere un filtro nell’encefalo che mi evita di parlare a sproposito.
«Ma va, figurati!» dice lei sorridendo con quelle labbra che vorrei baciare.
«Sei così brava ad ascoltare!» bravo Matteo, scavati una bella fossa con le tue mani, soprattutto continua a dire ovvietà a una psicologa.
«Bhe, vedi…» inizia lei quasi imbarazzata «E’ quello che faccio, sarà il mio lavoro e mi piace ascoltare le persone.»
Vedi Matteo? Non c’è nulla di speciale nel trattamento che sta riservando a te. E’ gentile e ti ascolta solo perché è fatta così. Smettila di farti viaggi mentali inutili.
 
Di nuovo quella dolce melodia che proviene dal cellulare di Virginia richiama la mia attenzione.
«Scusami ancora un attimo…» dice lei.
 
Ecco, ci siamo. Sarà sicuramente il suo ragazzo. Dubito che sua madre la richiami un’altra volta.
Posso essere in ansia per una telefonata?
Posso esserlo sì.
Merda, un completo cretino, ecco cosa sono.
 
 
 
V’s POV.
 
 
Il mio telefono squilla ancora.
Davvero mortificata guardo Matteo e dico «Scusami ancora un attimo…»
Dovranno fargli un’aureola a quel ragazzo.
Forza Virginia, rispondi.
Al tre. Uno. Due. Tre.
«Pronto?»
«Tesoro ciao, mi sono ricordata solo ora che devo andare in palestra tra mezz’ora» mia madre che mi chiama e inizia a dire cose senza respirare, tipico di lei. «Stai fuori con Matteo e divertiti.» Come? Cosa? Un attimo. Lei come fa a sapere certe cose? Come fa a sapere che sono fuori con Matteo?
Sconvolta le chiedo «Mamma? Come fai a sapere questo?»
Chiaramente orgogliosa risponde con aria misteriosa «Ho i miei informatori!»
«Non scherzare.» le dico cercando di essere il più seria possibile.
«Uffa non ti si può nascondere nulla, Vi.» ogni tanto sembro io la madre e lei la figlia.
«Mamma…» le dico quasi spazientita.
«Prima ha chiamato Marco a casa chiedendo se fossi già rientrata oppure se eri ancora fuori con quel bel ragazzo…» spiega lei tranquilla.
«Rose…» adoro chiamarla così, con questo nomignolo, Rossella non le piace molto.
«Tesoro, fai bene ad uscire e passare finalmente un po’ di tempo con i ragazzi. Vado ora, ciao tesoro.» Su quel “finalmente” c’era molta enfasi, troppa.
«Ciao mamma» e chiude la conversazione.
 
Mia madre prima o poi mi farà impazzire, in più, ci si mette Marco, come ciliegina sulla torta, che chiama a casa rivelando particolari sulle mie “uscite non programmate”. A casa mi aspetterà il terzo grado, come minimo.
Guardo sconsolata Matteo che ha un’aria mista tra quella soddisfatta e quella decisamente divertita.
«Scusami ancora. Quella donna mi farà impazzire.» dico stringendomi nelle spalle. Lui ride ma non dice nulla. Mi avrà preso per pazza, quasi sicuramente.
Dato che non sono più impegnata con l’appuntamento con mia madre, forse potrei passare ancora un po’ di tempo con lui…
Senza pensarci gli comunico con una smorfia divertita «Niente cioccolata con mamma, se ne va in palestra!»
Mi perdo in quegli occhi verdi e lui dice «Vuoi…?» pausa, perché fa una pausa? Voglio cosa? «Che ne dici se la cioccolata la prendi con me? Sai, avrei ancora un po’ di fame…» Che cosa ha detto? Mi porta anche a prendere la cioccolata? Quasi quasi, io me lo sposo!
«Se non hai da fare…» gli dico sorridendo e pregustandomi già il tempo in sua compagnia.
«Non ora.» sussurra lui quasi impercettibilmente.
Ovviamente avrà pur una vita, per un giorno si possono fare delle eccezioni e va bene, ma avrà delle cose da fare, e soprattutto avrà una ragazza che l’aspetta a braccia aperte.
Sorridente come se non avessi pensieri, lo guardo e gli chiedo «Allora, dove mi porti?»
Merda, mi pento un nanosecondo dopo aver pronunciato queste parole. Sempre una frase troppo personale, quasi come se fossi la sua ragazza.
Ma tu vorresti essere la sua ragazza.
Vorrei davvero, ma non posso.
Lui mi sorride e risponde «In un posto da favola, signorina.»
Casa tua? Virginia, le due paroline per fortuna non hanno raggiunto le corde vocali, un punto per te.
Dio mio, mi sembra di conoscerlo così bene, sembra che questa non sia la prima volta che usciamo insieme ed è tutto così… Perfetto?
Lui sarebbe davvero perfetto per me.
Peccato che io non lo sia per lui.
 
«Che cosa vi porto di buono ragazzi?» chiede la giovane cameriera di una bellissima e antichissima pasticceria del centro. Tutti i bei posti li conosce lui? Ha un dono particolare di conoscere ogni luogo splendido? Questa parte della città per me è un mistero, la conosco a grandi linee ma ammetto che non è per niente male scoprirla sotto la pioggia, soprattutto con Matteo.
Prima che io possa dire qualcosa Matteo prende la parola «Due delle vostre cioccolate con panna, grazie.»
La cameriera si è leggermente incantata a guardare gli occhi di Matteo, e la sua voce evidentemente riesce ad infatuare anche le altre ragazze, non solo me. Per lo meno, mi consolo, non sono l’unica.
La ragazza impiega una frazione di secondo a ricomporsi e dire con enfasi un «Arrivano subito!» e mi lancia un’occhiata della serie “perché questo schifo è qua con lui?” e se ne va. Eh, non so perché lo schifo in questione, quindi me stessa, sia qui con uno splendore con gli occhi verde smeraldo. L’unica motivazione plausibile che mi viene in mente è la fame.
«Scusami.» dice Matteo «Non ti ho neanche chiesto se ti piace la panna, ho ordinato e basta.»
Oh sì, tu non puoi capire quanto mi piaccia,
Avrei in mente anche altro… Virginia contieniti. Per favore.
«Sì, va benissimo.» gli rispondo tentando di non arrossire.
 
La cioccolata con panna era da infarto. Letteralmente da infarto. Cioccolato ottimo, densità perfetta, e la panna era così buona… Non quella solita panna spray che fanno in certi posti, questa era quella della pasticceria che mettono nelle torte.
Una favola... L’aveva detto Matteo. O meglio, forse dovrei dire fiaba.
Una fiaba averla mangiata con lui, una fiaba che lui successivamente abbia ordinato dei pasticcini meravigliosi e davvero buonissimi per noi due, una fiaba lui. Lui è la mia fiaba per oggi.
Siamo usciti dalla pasticceria e mi ha tenuto un’altra volta la porta d’ingresso, anche se il diluvio è terminato e ora c’è solo una fine pioggerellina lui ha aperto comunque il mio ombrello. E’ davvero un gentiluomo, nulla da obbiettare.
Se una sconosciuta la tratta in questo modo non oso immaginare quanto possa essere fortunata la sua ragazza, deve farla sentire una regina.
A proposito di ragazza, non ha accennato a nulla.
Abbiamo parlato sì di tantissime cose, ma non di storie d’amore e fidanzate o ragazzi vari. Ci fermiamo davanti a una vetrina piena di fiori e orchidee bellissime.
Matteo dà un’occhiata all’orologio al suo polso…
Ecco, signore e signori, il viaggio siamo arrivati a destinazione.
Ci siamo.
Deve andare via, deve andare dalla sua ragazza.
E’ tutto il pomeriggio che non la sente, non una chiamata né un messaggio. Devono avere per forza un appuntamento.
 
Mi guarda negli occhi e con un’aria imbarazzata inizia il discorso «Virginia, scusami…» Bene, ora che faccio? Lo incateno qui e me lo porto a casa? Lo tengo prigioniero per il resto della notte? Mi metto a piangere davanti a lui?
So quello che sta per dire, lo so già. «Dimmi tutto.» è l’unica cosa che riesco a pronunciare.
«Ecco, io, avrei un impegno tra poco e... Devo scappare.» furbo il ragazzo, lo chiama impegno, non “appuntamento con la fidanzata”. Lo lascio proseguire senza dire nulla, continuando però a perdermi in quegli occhi. «Mi dispiace, così tanto. Poco distante da qui c’è una fermata dell’autobus che devo prendere…» e lascia morire il discorso così. E io mi sento un po’ morire. 
Devo rispondergli qualcosa, cero di non farmi venire gli occhi lucidi ma è un’ardua impresa. Simula Virginia, simula. «Nessun problema.» dico con un mezzo sorriso «Ti accompagno, almeno non prendi l’acqua...»
Almeno questo posso farlo, lo posso accompagnare e stare con lui ancora per qualche minuto.
Peccato, il tempo è davvero volato e lui sembra quasi dispiaciuto.
Sì certo, come no.
Credici.
 
Virginia raccogli quei piccoli pezzi di te stessa, hai presente quei pochi che avevano un po’ di speranza e mettili insieme.
Ma poi, speranza di cosa? Che passasse altro tempo con me?
Dio mio, ha trascorso molto, troppo tempo con una sconosciuta e ora dovrà pur andare da qualche parte. Con qualcuna.
 
Quindi Virginia conserva nel tuo cuore questa meravigliosa giornata, anche se è solo un pomeriggio e basta.
Richiudi il tuo cuore, perché l’hai aperto durante queste ore.
Riesci persino a rendertene conto del male che fa il fatto che lui se ne debba andare.
Anche se fa più male sapere che non lo rivedrai mai più
Chiudi bene il tuo cuore.
Non voglio più farmi male.
Non ne ho più voglia.
Non voglio più illudermi.
Non voglio più aprire il mio cuore.
 
Non più dopo oggi.
Non più.
 
 
 
**

Buona sera a tutti e spero che abbiate trascorso delle ottime vacanze. Chiedo venia per gli aggiornamenti sporadici dell’ultimo periodo, ma le vacanze sono proprio così. Un po’ frenetiche. Spero, d’ora in avanti di essere più costante nell’editing.
 
Avevo in mente mille idee per questo capitolo, doveva terminare in un modo, ma è terminato in un altro. Il primo capitolo che non ha una canzone come titolo e non ha una canzone al suo interno, tutto questo perché il capitolo otto doveva terminare con la fine del 21 di gennaio. Ma non è finito, quindi il capitolo otto si intitola “Non più”. E credo che leggendo e arrivando alla fine si possa capire il suo significato. Virginia ha aperto il suo cuore, volente o nolente, a questo magnifico gentiluomo che è Matteo. Matteo dal canto suo è affascinato in un modo allucinante da Virginia. Come sempre io scrivo e descrivo molto i loro pensieri, le loro sensazioni… Spero che siano arrivate. Lo spero tanto. E’ stato un po’ difficile riscrivere questo capitolo perché è proprio difficile aprire il cuore dopo tante delusioni e tante cose che succedono. Chissà come andrà a finire!
 
Altro da dire? Sì, volevo ringraziavi, tutti tuttissimi perché leggete questa storia. Per me vuole dire davvero tantissimo. Grazie davvero perché sprecate un po’ del vostro tempo leggendo la loro storia. Grazie mille e ancora grazie. Non smetterò mai di ringraziarvi. Grazie davvero a tutti. Vi lascio in attesa del capitolo nove e vi abbraccio!
 
E.

 

 

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Capitolo 9
*** You're Not Alone ***


INASPETTATAMENTE_ cap.9



You’re Not Alone – Capitolo 9

 

 

21 Gennaio.
 
 
 
M’s POV.
 
 
Come faccio? Come posso?
Nessun ragazzo sano di mente lo farebbe.
In che modo le potrei dire che ho l’allenamento di calcetto?
Perché dovrei lasciarla qui da sola?
Perché devo andare via?
Maledetto allenamento, maledetti amici che programmano il calcetto alla sera, maledetto me che mi faccio coinvolgere in queste cose.
 
La guardo in quegli occhi che mi fanno dimenticare anche come mi chiamo e provo a parlare, ci provo almeno. «Virginia, scusami…» ti prego interrompimi e chiedimi qualcosa, ti prego parla tu, non fare parlare me.
«Dimmi tutto.» dice lei. Ha capito qualcosa? Merda.
«Ecco, io, avrei un impegno tra poco e...» lo chiamo impegno, non appuntamento. Spero che lei riesca a capire la differenza di quella parola. «Devo scappare.» continuo tutto d’un fiato. Devo andare via ma non voglio. Cerco di farle capire tutto il mio disappunto. «Mi dispiace, così tanto.» tu non sai e non puoi immaginare quanto, Virginia. «Poco distante da qui c’è una fermata dell’autobus che devo prendere…» Merda, merda, merda e ancora merda, mi sono totalmente scavato la fossa con le mie mani, mi devo complimentare con me stesso e soprattutto con il mio poco tatto nel dire le cose. Per una volta che puoi passare del tempo con una ragazza bellissima, che desideri, tu, caro il mio Matteo, te ne devi andare. Sei un coglione, complimenti vivissimi Matteo. Non riesco neanche a continuare la frase.
«Nessun problema.» dice lei con un mezzo sorriso sulle labbra «Ti accompagno, almeno non prendi l’acqua...» Può davvero esistere una ragazza così? Mi accompagna anche per evitare che mi bagni.
Dio mio. Sono davvero dispiaciuto, e sono davvero un coglione, mi si stringe il cuore a lasciarla qui. Vorrei abbracciarla, ringraziala, baciala, sentirla mia…
Non voglio andarmene, non voglio ma sono quasi in ritardo. Spero almeno che l’autobus ci metta una vita ad arrivare e a portarmi a casa, generalmente quando il tempo è brutto i mezzi sono perennemente in ritardo. Ho tentato di salvare il salvabile, arrampicandomi sugli specchi, non potevo certo dirle “Bene, devo andare a giocare a calcetto con gli amici, ciao baby.” Ma che cosa ti salta in testa Matteo?
Spero di non essere stato troppo stronzo, anche se generalmente non me ne frega nulla di sembrare o apparire stronzo. Già, peccato che con lei non lo sia e non voglia esserlo.
Eppure l’hai appena fatto.
 
Circa tre minuti dopo arriviamo alla fermata, stranamente affollata di gente. Virginia ed io non abbiamo praticamente parlato ed è come se ci fosse un bel po’ di tensione. Quella sorta di tensione un po’ strana che non sai perché c’è, eppure c’è e si sente. Che profondità Matteo, bravo, ti sei appena accorto dell’ovvio. Però ripensandoci bene, oggi c’è stata tensione tra di noi? Era solo elettricità per un qualcosa di totalmente nuovo, c’era tanta curiosità. E’ possibile? Forse ti stai inventando tutto Matteo, sei tu che ti senti teso e soprattutto in colpa perché te ne devi andare. Mi sto facendo dei castelli in aria? Chi? Io? Non sono solo castelli, sono proprio dei regni medievali fatti e finiti. Sono proprio messo malissimo. Tornando alla realtà, sono solo io che sembro dispiaciuto, o forse no? Dopo averle detto che avevo un impegno, e sottolineo impegno, le è venuto uno sguardo un po’ strano negli occhi, forse un qualcosa che tendeva alla tristezza. Ok, ha sorriso, ma non era il sorriso che aveva oggi, quel sorriso che ti scalda il cuore. Era un sorriso di convenienza quasi, era come se non fosse più allegra e vivace.
Merda e merdissima.
Sento in lontananza il bus che si ferma al semaforo in fondo alla via,
Merda.
Matteo devi parlare, devi parlarle, so che ce la puoi fare.
Anzi devi proprio farcela.
Ma cosa le dico?
Qualcosa di carino e affascinante Matteo, ce la puoi fare.
O forse no?
Ringraziala.
Ok Mattteo.
Contiamo fino a tre e poi parli e dici una di quelle frasi stile Bacio perugina che si ricorderà per tutta la sua esistenza e sarà l’inizio della vostra storia d’amore come nei film.
Che qualcuno mi aiuti. Non penso di farcela. Sono un cagasotto, ecco quello che sono.
Forza.
Uno.
Due.
Due e un quarto.
Matteo sei peggio di un bambino.
Posso perdere l’autobus?
No.
Dai? Posso? Tanto ne passerà un altro.
No. Non puoi Matteo, lo sai che non puoi.
Due e mezzo.
Tre.
 
In piedi di fronte a me sotto all’ombrello che ormai non serve quasi più, c’è lei. La ragazza più bella che io abbia mai visto. Ed è qui. E io me ne devo andare.
Matteo, scusa, non dovevi parlare e dire qualcosa di intelligente?
Ah, giusto.
La guardo negli occhi e dico con sguardo fermo e voce calma «Grazie per la bellissima giornata, Virginia. Sai, Marco dovrebbe organizzare più spesso questi incontri!»
Mi sono scoperto troppo? Ma chissenefrega. Ti preoccupi di quello che hai finalmente detto?
Lei sorride, ma non è un sorriso allegro.
E’ comunque un suo sorriso.
E’ triste? Le dispiace che io me ne stia andando?
Chissà.
«Già, lo ringrazierò per questo diversivo!» dice sorridendo, quasi scherzando. Non mi avevano mai dato del diversivo nella vita, si sa, c’è sempre una prima volta.
Non so se intenderlo in modo positivo oppure no.
Merda.
Spero sia almeno un complimento.
Sì, no, forse?
Dio mio, sto impazzendo.
Lei mi guarda.
E ora?
Ora cosa faccio?
La abbraccio?
La bacio?
E se la baciassi… Dove dovrei o potrei baciarla?
Io la bacerei molto volentieri con tanta dolcezza e altrettanta passione, le mordicchierei persino quelle labbra così piene che si ritrova. Se solo lei me lo permettesse…
Matteo muoviti, l’autobus non può stare fermo al semaforo rosso per tutta la giornata.
Ah, no? Non possiamo fermare il tempo in un qualsiasi modo?
Deciditi, prendi una decisione Matteo.
Prima che io possa anche solo pensare a una soluzione ai miei pensieri ingarbugliati tra baci, abbracci o altro, provare a muovere un dito o prendere una dannatissima decisione istintiva, vedo Virginia che si avvicina e i suoi meravigliosi occhi sono più vicini a me e mi sto perdendo in quegli oceani scuri e profondi.
Merda, merda e ancora merda.
E’ un cazzo di sogno, vero?
No, non lo è.
Con una voce sensuale mi dice un semplice «Grazie, Matteo.» si avvicina ancora di più, si alza sulle punte dei piedi e mi dà un bacio sulla guancia.
Ecco, ora posso morire felice.
Anche subito. Anzi, fatemi proprio morire così. Felice e adesso.
Quelle labbra erano sulla mia guancia, quelle morbide e calda labbra.
Mi hanno riscaldato il cuore e lo stomaco si sta praticamente ribaltando, se queste sono le fantomatiche farfalle, credo proprio di essere fregato.
Può un semplice gesto disarmarmi completamente?
Lei può, solo lei ne è in grado.
Nessun’altra.
Dio mio, cosa le farei a quelle labbra…
«Alla prossima!» continua Virginia con una dolcezza impressionante nel tono di voce.
Ecco, ora, in che modo posso andare via? Andarmene dopo aver avuto le sue labbra per due secondi sulla mia guancia? Inoltre, se questo è il modo di salutare di Virginia, ti prego, salutami per il resto della tua vita. Matteo ti prego dì qualcosa, non puoi fare ulteriormente la figura del coglione. Già, sei stato immobile, non ti sei neanche mosso o accennato a un qualsiasi movimento muscolare. Mi ha fatto dimenticare dov’ero, cos’ero, praticamente ogni cosa con un semplicissimo bacio sulla guancia? Oh, andiamo decisamente malissimo. Ok il bus è vicino, troppo vicino, lo riesco a sentire come un brusio di sottofondo. Devo parlare, ringraziarla e afferrare quel “Alla prossima” e farlo mio, non voglio che ci sia solo una sola prossima volta, ne voglio altre mille di prossime volte.
Parla Matteo, parla.
Con la gola praticamente secca cerco di avere una voce dolce ma non riesco. «Certo Virginia, alla prossima.»
E i suoi occhi hanno una luce che posso quasi classificare come strana. Un bagliore di speranza, forse?
Chissà se il suo fidanzato scoprisse che è stata fuori per tutto il pomeriggio con uno sconosciuto… Io sarei gelosissimo di avere una ragazza così. Chissà, magari litigherebbero e si lascerebbero se lui lo scoprisse. Solo per una semplice uscita non programmata, Matteo? Ci credi davvero? Tu la lasceresti per così poco? No, io non la lascerei mai e poi mai, per nessun motivo.
Virginia mi riporta alla realtà dicendo «Oh, il tuo autobus…» con aria triste. Ha davvero un’aria triste? Merda, non salire su quel dannato mezzo pubblico, Matteo. Rimani qua. O forse potrei prenderla in braccio e rapirla, metterla sul bus con me… No? Non si può.
«Allora vado.» le dico incerto e con il cuore in gola e quasi corro verso la porta aperta del bus.
Ma non dovevi rimanere lì Matteo?
Merda.
Non volevi andartene eppure l’hai fatto.
Bravo pirla, hai appena vinto il tuo premio quotidiano in “scelte pessime”.
Le porte dell’autobus si chiudono e mi volto verso Virginia che è rimasta ferma dove l’ho lasciata, alzo la mano destra e la saluto ancora dal mezzo pubblico in partenza.
Merda.
 
Chissà se ci sarà una prossima volta.
Matteo sei davvero convinto che la rivedrai ancora? E soprattutto tu e lei, da soli?
Chissenefrega.
Piuttosto pedino Marco per il resto della sua esistenza, prima o poi dovrà pur rivedere Virginia, giusto?
Quanto ho fatto la figura del cretino oggi? Troppo.
Eppure, le ho fatto conoscere il vero Matteo.
Quello che non ho mai fatto vedere a nessuna ragazza con cui sono uscito anche solo per un caffè.
Quindi credo di essere a posto con la mia coscienza.
O forse no?
Mi sembra di aver dimenticato qualcosa.
Non capisco bene ora come ora cosa sia, ma lo so, ne sono certo.
C’è qualcosa che non ho fatto.
Ripenso al contatto delle labbra di Virginia sulla mia guancia, istintivamente porto la mia mano sinistra su dove lei mi ha dato quel semplice bacio. Matteo stai quasi impazzendo per un bacio sulla guancia? Sei forse all’asilo?
 
In un lampo, mi viene in mente quello che avrei dovuto fare.
Porca merda, datemi il premio per il “cretino dell’anno” per favore.
 
 
 
V’s POV.
 
 
Dio mio, posso essere più stupida?
Da dove mi è venuta l’idea?
Da dove?
Il mio cervello è davvero malato in certe situazioni.
Perché l’ho fatto? Perché?
Non avevi detto di aver chiuso il cuore Virginia?
Infatti, l’ho chiuso.
Ma l’ho fatto istintivamente.
Gli ho dato un bacio sulla guancia e gli ho detto “Alla prossima”?
Da dove viene questa audacia?
Forse lo sei sempre stata Virginia.
Hai una parte di te che è audace, ma questa parte la tieni rinchiusa in una parte nascosta del tuo essere.
Perché tirarla fuori? Perché proprio ora?
Perché ho visto come la bionda si è lanciata tra le braccia di Matteo prima del pranzo.
Poi Virginia da dove ti è uscito quell’ “Alla prossima”?
Sai benissimo anche tu che non ci sarà mai una prossima volta.
Ecco perché l’ho baciato, sulla guancia ma pur sempre baciato.
L’ho baciato perché tanto non ci sarà una prossima volta e non voglio avere rimpianti.
E se invece ci sarà una prossima volta?
Impossibile.
Però Virginia, ammetti almeno una cosa.
Cosa?
Che ci speri, dai, almeno un pochino ci speri.
Lui sembrava così dispiaciuto…
Non puoi pensarci Virginia, smettila.
Eppure sembra giusto, davvero così giusto, così semplice.
Smettila Virginia, smettila.
Sii realista.
Matteo non ha un impegno. Un “impegno” è la classica parola paraculata per dire che non vuoi stare più con quella persona lì o comunque un modo carino per dirlo. Ha un appuntamento, un appuntamento con la sua fidanzata bionda ed era anche in ritardo. Non l’ha detto chiaramente ma ha guardato spesso l’orologio, sembrava quasi in ansia ma nello stesso tempo anche dispiaciuto.
E’ talmente affabile che non ha minimamente accennato al ritardo… E’ stato carino, così gentile, un così perfetto gentiluomo. Un ragazzo così… perfetto? Ultimamente ci anche sto credendo, lo so, ma devo smetterla.
Virginia sii realista, non ti ha nemmeno chiesto il numero di telefono.
Come pensi che ci possa essere “una prossima” volta? Con la telepatia?
Non ha accennato né a un numero di telefono né a una mail… A nulla.
Quindi trai le tue conclusioni.
Basta pensarci Virginia.
Basta così.
Basta illusioni, basta stare male, basta soffrire.
Raccogli quei piccoli pezzi di te stessa e torna a casa con questa meravigliosa giornata nel tuo cuore e con la speranza di rivederlo.
Chissà se lo rivedrò...
Una cosa sicura è che questa notte mi verrà a fare visita, nei miei sogni.
Lì dentro, lui, ci sarà sicuramente.
 
E con un brivido nella schiena chiudo l’ombrello blu e vado da Rose in palestra.
 
 
 
M’s POV.
 
 
In a way it’s all matter of time
I will not worry for you
You’ll be just fine
Take my thoughts with you
And when you look behind
You will surely see a face you recognize
 
You’re not alone
I’ll wait till the end of time
Open your mind
Surely it’s plain to see
 
You’re not alone
I’ll wait till the end of time
For you
Open your mind
Surely there’s time to be with me
 
Ti aspetterò per quanto tempo sarà possibile, Virginia.
E non sarai sola.
Non voglio che tu sia triste, non voglio più vederti con quell’aria malinconica in quegli occhi meravigliosi. Voglio vederti felice Virginia, voglio renderti felice io.
Tolgo le cuffie dell’iPod dalle orecchie scendendo alla mia fermata e mi avvio verso casa.
Ripenso alla giornata trascorsa con lei e istintivamente un sorriso ebete e rilassato mi si stampa in faccia.
Non sono mai tornato a casa così rilassato, così a posto con la mia coscienza, così contento.
Neanche dopo del gran buon sesso.
Cioè, ero rilassato fisicamente ma non in altri modi.
 
Matteo, sai di esserti dimenticato di una cosa importante, vero?
Molto importante.
Come pensi che ci possa essere una “prossima” volta se non le hai neanche chiesto il numero di telefono?
Posso essere così coglione?
Generalmente è una cosa che si chiede subito. Ma io…
Io sono talmente pirla da essermene dimenticato!
Come posso rivederla? In che modo posso ricontattarla?
Soltanto un nome lampeggia nella mia testa vuota da perfetto coglione.
Marco.
 
Apro la porta di casa con le mie chiavi, do un’occhiata all’orologio sul polso che segna le 18.04.
Bhe, solo un lieve ritardo. Tanto conoscendo i miei carissimi “compagni di squadra” saranno anche loro in ritardo. E non di quattro minuti. Sì, ma tu odi il ritardo Matteo. Questa volta è per una buona causa.
 
Entro in casa di fretta, stampo un bacio sulla guancia alla splendida ragazza bionda mezza sdraiata sul divano che legge un libro dall’aria molto familiare…
No, dai, non ci credo. Può il destino essere così imprevisto? E’ lo stesso libro che ha comprato Virginia!
Un sorriso automatico accende il mio viso.
Chiaramente il sorriso è da perfetto ebete.
Ogni cosa si collega a lei, anche qui a casa.
 
Lei mi abbraccia da dietro interrompendo la sua lettura e appoggiando il libro sull’addome.
«Siamo di buon’umore oggi!» dice lei sorridendo.
«Ebbene sì. L’hai notato?» dico allontanandomi da lei.
«Forse… Sai che mi piace capire le persone.» risponde con un sorriso sul viso radioso.
«Lo so!» le grido quasi correndo in camera mia.
«Ti prego, dimmi che ti sei liberato di Monica!» chiede lei sporgendo la testa dal divano.
«Sì, da qualche giorno. Ma non ci incrociamo mai quando siamo a casa e non ti posso praticamente più parlare!» mi giustifico stringendomi nelle spalle, non voglio che si senta esclusa dalla mia vita.
«Lo so Matte, mi spiace. Hai tempo ora?» chiede speranzosa.
«No, Stellina. Devo andare a giocare a calcetto e sono già in ritardo» dico io con una smorfia.
«Come mai? Tu non sei mai in ritardo... Eri? Uh! Tu sì. Eri fuori con qualcuna, vero?» chiede quasi con aria trionfale.
«Sì.» ammetto secco, non ha senso mentire, non con lei.
«Dimmi tutto, ti prego, ti prego, ti prego, dimmi soprattutto che non è come le altre… Ti prego Matte, non puoi trovarti sempre delle pseudo bambole!» che ragazza saggia che sta diventando.
«Non ho tempo di raccontarti ora ma, posso solo dire che non è come le altre…» ed è vero. Non lo è, ha un qualcosa di assolutamente diverso da tutte le altre ragazze.
«Presentamela, ti prego!» le sorridono gli occhi verdi al solo pensiero.
«Non è così semplice. Io sono un coglione, lei forse ha un ragazzo e…»
«Facciamo così…» mi interrompe lei «...vai a calcetto, torni a casa e studiamo un piano d’attacco, anche se per l’essere un po’ coglione, la tua meravigliosa sorellina non può farci molto!»
«Meravigliosa, e anche molto modesta.» dico quasi ridendo.
«Ora vai, Matte. Sappi che mi piace vederti sorridente!»
«Ciao Stellina! Poi devi raccontarmi anche di quel ragazzo là, io non me lo dimentico!» dico uscendo di casa ridendo.
 
E’ quasi liberatorio aver raccontato a mia sorella Stella di Virginia. Stava anche leggendo il suo stesso libro, quasi quasi le chiedo se me lo presta così mi documento sulle letture di Virginia. Inoltre, necessito il sostegno di mia sorella e soprattutto un consiglio femminile per questa faccenda. Sorridendo mi avvio verso il campo di calcetto.
 
Già, serviva proprio un qualcosa di inaspettato trasformatosi in una psicologa per cambiarmi la giornata…
Ne avevo decisamente bisogno.
 
 
Ore 22:41
 
Marco’s POV.
 
 
Dlin dlon.
 
Oh, finalmente!
Finalmente è qui.
Apro la porta di casa e abbraccio il mio ragazzo dandogli un bacio sulla guancia.
 
«Ciao. Come mai quell’aria soddisfatta?» chiede subito entrando in casa.
«Si vede?» chiedo io con l’aria più innocente possibile guidandolo in tempo zero verso camera mia.
«Che cosa ha tramato il tuo meraviglioso cervello?» chiede Alessandro curioso.
«Io? Nulla di nulla!» dico io con aria candida e pura.
«Dai, lo sai che mi piace pregarti solo in certe situazioni…» risponde lui appoggiando una mano sul mio petto. Un brivido parte dal mio stomaco e va decisamente più in basso dopo le sue parole.
«Che cosa mi dai in cambio?» chiedo aprendo gli occhi e sbattendo le ciglia pregustando già la sua risposta.
«Un bacio?» chiede Alessandro avvicinandosi pericolosamente.
«Solo uno?» ribatto con le pulsazioni del mio cuore che salgono rapidamente.
«Non ti preoccupare. Non ti ho detto dove.» risponde lui prima di farmi dimenticare il mio nome.
 
..
 
«Allora, non sei curioso su che cosa ho fatto?» chiedo io molto tempo dopo a un Alessandro abbracciato a me.
«Oltre ad avermi fatto impazzire?» chiede lui guardandomi negli occhi con uno sguardo chiaramente malizioso.
«Non scherzare, Ale…» dico io, anche se la lusinga mi ha colpito ed affondato alla grande «Ti ricordi di Matteo, vero?»
«Università con te, molto carino e molto etero?» chiede lui.
«Esatto, lui. Ecco, io, l’ho fatto incontrare con la nostra meravigliosa Virginia tramite un ingegnoso stratagemma. Ho inventato un finto pranzo e ho dato appuntamento in un posto sia a Virginia, che a con Matteo, solamente che io non mi sono presentato. Ho fatto uscire così quella che diventerà la mia coppia preferita! Ovviamente loro si muoiono dietro ancora ma nessuno lo sa!» racconto io esaltato come un bambino che sta per scartare una montagna di regali sotto l’albero di Natale.
Lui scoppia a ridere e risponde con un semplice «Sai che Vi, ti odierà?»
«Oh no, assolutamente no, nessuno può odiare il Dio dell’Amore! Ora, sto solo aspettando che qualcuno dei due si decida a tirar fuori il coraggio e buttarsi!» dico io praticamente sogghignando. Non mi odierà Vi, non può.
 
Do un’occhiata al mio telefono che ho dimenticato da un’ora e mezza abbondante, chissà se qualcuno ha deciso di uscire dal suo guscio e vivere intensamente un qualcosa che potrebbe riservare solo tanta felicità.
Tra le varie notifiche, scorgo finalmente un messaggio WhatsApp da Matteo che dice: “Necessito un numero di telefono, Marco.” Ma va? Chi l’avrebbe mai detto? Sogghigno felice che il mio piano sia andato a buon fine.
Decido di tenerlo un po’ sulle spine, ci ha messo troppo per scrivermi, inoltre quei due mi devono raccontare del pranzo in maniera molto dettagliata.
Com’è andata con la mia meravigliosa psicologa? E’ rimasta o l’hai fatta scappare?” invio.
Non essere stupido. Penso che tu lo possa immaginare...” leggo la sua risposta che arriva praticamente subito.
Hai intenzione di trattarmela bene? Ti interessa davvero?” rispondo.
Domanda finale. Vediamo che cosa mi risponde. Che le interessasse l’avevo capito subito, la loro espressione era impressionante quando si sono scontrati in università, soprattutto Matteo, non l’ho mai visto così!
Marco, lei mi interessa anche se ha un ragazzo. Ora dammi quel numero, per favore.” Finalmente ce l’ho fatta!
Non gliel’hai chiesto? Matteo mi deludi!” scherzo io ma sono assolutamente sorpreso. Anche se devo ammettere che non chiedere il numero di telefono è davvero pessimo. Perché non gliel’ha chiesto? Poi, cavolo, che cosa hanno fatto nel pomeriggio? Ho telefonato a casa di Virginia ma lei non c’era, e non l’ho ancora sentita. Davvero molto strano… Che si sia davvero arrabbiata?
Vibra il telefono. “Dimmi anche che è sprovvista di fidanzato.” Dovrò poi dirlo io a Virginia, mi ucciderà tra atroci sofferenze, ma ne vale la pena, è ora che apra il suo cuore e pensi un po’ a se stessa.
E’ molto single…” scrivo e aggiungo un numero di telefono “…fanne buon uso, Matte.” Premo invio, appoggio il cellulare sul comodino e do un bacio ad Alessandro.
 
«Allora?» chiede lui curioso.
«Puoi ufficialmente chiamarmi Cupido d’ora in poi, amore mio.» dico sorridendo e baciando il mio meraviglioso fidanzato.
 
Usa bene quel numero Matteo, non te ne pentirai se riuscirai a fare aprire il cuore a Virginia.
 
 
**
 
 
Buona sera a tutti, finalmente siamo giunti all’editing del nono capitolo. Gioia e tripudio. Finalmente si è concluso il 21 Gennaio! La canzone che dà il titolo al capitolo e che suona nell’iPod di Matteo è “You’re Not Alone” di Mads Langer, non so voi, ma io adoro.
 
Forse un capitolo diverso dagli altri, c’è stata una super new entry: la sorellina di Matteo, Stella. Spero che vi sia piaciuto anche l’ultimo POV, quello di Marco con l’arrivo di Alessandro a casa sua. Mi è sembrato giusto inserirli e dare a loro una piccola parte e, devo ammettere che mi sono divertita moltissimo a scrivere di loro due. Mi sono divertita un po’ meno con il POV di Virginia, povera cucciola, lei non ha ben capito la storia dell’impegno e se ovviamente lui non si spiega bene lei non ha poteri telepatici. Ho maledetto Matteo per il numero di telefono, continuavo a dirgli “Chiediglielo Matteo, dai! Ce la puoi fare!” ma poi non ce l’ha fatta. Suvvia, diciamocelo, è pur sempre un uomo, non possiamo chiedergli troppo. (In caso, nella vita vera, chiedete i numeri, e scrivete, cavolo!) E quindi ora Matteo è in possesso del numero di Virginia. Chissà se ne farà buon uso. Voi che ne dite?
 
Spero anche che vi sia piaciuto questo capitolo numero nove. Ringrazio sempre voi perché perdere il vostro tempo prezioso nel leggermi. Ringrazio i “nuovi” lettori che si sono appassionati a Virginia e a Matteo, ringrazio i lettori di sempre, ringrazio anche tutti coloro che hanno messo “Inaspettatamente” nelle storie preferite, in quelle seguite e in quelle da ricordare, a chi stellina e mi lascia un commento, grazie davvero. Voi non sapete il mio cuoricino come si inzucchera ogni volta che vede un lettore in più.
 
Con questo capitolo vi auguro un meraviglioso inizio di settimana con il primo lunedì di settembre, e se avete voglia, rischiate. Con un po’ di coraggio di va ovunque!
 
Vi abbraccio tutti.
Grazie.
 
E.

 

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Capitolo 10
*** You've Got The Love ***


INASPETTATAMENTE_ cap.10



You’ve Got The Love – Capitolo 10

 

 

21 Gennaio.
 
Ore 23:03
 
 
M’s POV.
 
 
Entro in casa cercando di fare il minor rumore possibile, non voglio svegliare i miei o mia sorella in caso dormano. Trovo Stella sveglia sul divano, nella medesima posizione in cui l’avevo lasciata prima della partitella, mi guarda e sorride.
«Stellina, sei rimasta sul divano tutto questo tempo?» chiedo.
«No Matte, pensa, ho anche mangiato, ma ho voluto finire il libro.» quello stesso libro di Virginia.
«Bello?» mi informo, chissà se Virginia lo sta già leggendo.
«Molto!» risponde Stella stiracchiandosi.
«Me lo presti?» chiedo al volo.
«Dipende da come ti comporti…» dice lei ridendo sonoramente. Da quando mia sorella mi ricatta?
«Sistemo le cose e arrivo!» dico dirigendomi in bagno a svuotare il borsone.
«Hai fame?» chiede Stella seguendomi in bagno.
«Un po’ tanto.» ammetto mentre il mio stomaco brontola sonoramente.
«Latte, biscotti e chiacchiere tra fratelli?» propone andando già in cucina.
«Andata!» rispondo con un sorriso.
 
«Allora? Hai deciso?» chiede Stella quasi sbuffando e passandomi un biscotto una ventina di minuti dopo.
Siamo entrambi a gambe incrociate sul divano bianco della sala, con una tazza di latte in mano e i biscotti al centro. Come facevamo da piccoli. Come facciamo spesso.
«Sì, gli scrivo su WhastApp!» dico afferrando il biscotto.
«Non ti conviene chiamarlo?» chiede lei dubbiosa.
«No, preferirei di no. Come minimo mi farebbe il terzo grado e poi dovrebbe essere impegnato con Alessandro!»
«Hai anche intenzione di scoprire se lei ha o meno un fidanzato?» dice Stella mangiando sonoramente un biscotto.
«Sì, ma indipendentemente da questo lei sarà mia.» dico serio, sembro un antico generale che ha in mente di conquistare il mondo.
«Benissimo, partiamo ottimisti e soprattutto presuntuosi!» dice prendendomi in giro.
Recupero il telefono che avevo appoggiato all’ingresso e scrivo “Necessito un numero di telefono, Marco.” sicuro e deciso, premo invio.
«Inviato?» chiede Stella.
«Sì, ora aspettiamo la risposta. Intanto, mi passi un biscotto?»
 
Finalmente dopo un sacco di tempo che mi è sembrato seriamente tantissimo, quasi una vita, vibra il mio telefono. Chissà perché il tempo quando vuoi che passi velocemente, non passa mai? La relatività del tempo, credo sia quello.
Stella mi guarda e curiosa chiede «Allora?»
Apro la conversazione aperta su WhatsApp e leggo ad alta voce “Com’è andata con la mia meravigliosa psicologa? E’ rimasta o l’hai fatta scappare?” Lo uccido, giuro che lo uccido tra atroci sofferenze. Come può anche solo dubitare di una cosa come questa?
Non essere stupido. Penso che tu lo possa immaginare...” bella risposta da stronzo permaloso, ne sono consapevole. Conoscendo Marco, credo che lui abbia già chiamato Virginia da tempo e si sia fatto raccontare nel dettaglio minuto per minuto tutte le mie meravigliose figure di merda tra pranzo e pomeriggio.
Hai intenzione di trattarmela bene? Ti interessa davvero?” quando la risposta di Marco arriva, un sorriso piuttosto ebete fa capolino sul mio viso. Che domande scontate, che banalità, ma nelle risposte sincere alle domande semplici si può costruire tanto.
La mia risposta arriva decisa precisa e sicura. Anche un po’ da spavaldo. Ma chissenefrega. Voglio quel numero. “ Marco, lei mi interessa anche se ha un ragazzo. Ora dammi quel numero, per favore.
Non gliel’hai chiesto? Matteo mi deludi!” Tu, caro Marco, non puoi minimamente immaginare quanto io possa essere deluso da me stesso. Chiedo il numero di Virginia a te, cavolo! E’ la primissima volta in vita mia che chiedo il numero di una persona a terzi e la cosa mi dà parecchio fastidio.
Una piccola speranza si apre nella mia testa rileggendo il messaggio “Dimmi anche che è sprovvista di fidanzato.” scrivo al volo e premo invio.
E’ molto single…” il suo numero di telefono e “…fanne buon uso, Matte.
Oh, merda. Devo assolutamente pensare a un regalo per Marco. Mi sento un completo rincoglionito.
Ho fatto praticamente bingo. Ho il numero di Virginia e soprattutto lei è single. Ripeto altre mille volte nella mia testa senza sosta. Potrei mettermi a saltellare sul divano ma non mi sembra il caso. Stella potrebbe pensare che ha un fratello totalmente pazzo.
A proposito di Stella, mi sta guardando piuttosto male da qualche minuto. «Allora? Pensi di condividere le informazioni o hai intenzione di avere quel sorriso ebete a lungo?» chiede la mia adorata sorellina.
«Ho il numero di cellulare e soprattutto lei è single!» dico trionfante.
«Paranoie per niente. Però dovevi tirar fuori le palle tu! Ti dirò, sono contenta. Me la devi assolutamente presentare a questo punto! Fai così, portala qua!» dice con un sorriso Stella.
Tu, cara sorellina, non puoi sapere quanto vorrei poterla portare qui e soprattutto oggi sono andato vicino al rapirla, prenderla, portarla a casa e rinchiuderla nella mia camera. Per il resto della sua vita.
«Vedremo!» dico sogghignando.
«Vedremo? Sei forse pazzo? Che cosa aspetti? Chiamala ora!» praticamente impone lei.
«No Stellina è troppo tardi, poi passo davvero per stalker…» le rispondo tranquillo.
«Allora domani mattina non appena ti svegli?» propone con un super sorriso. Ma tutta questa iniziativa lei dove la trova? Vorrei vedere lei se dovesse telefonare all’equivalente maschile di Virginia!
«E domani sia.» dico deciso, anche se non credo che la chiamerò di mattina, anche se avere il numero e non usarlo è davvero frustrante.
«Bene!» dice con un gridolino «Ora vado a dormire che domani ho la simulazione della terza prova.»
«In bocca al lupo Stellina. Spacca tutto!» dico abbracciandola.
«In bocca al lupo anche a te fratellone. Buona notte!» dice avvicinandosi e dandomi un bacio sulla guancia.
«Notte Stellina!» le dico io.
 
Ora posso davvero sorridere come un ebete. Eppure non ho tredici anni e non sono in completa balia degli ormoni come un bimbo, ma sorrido comunque. Finalmente ho il suo numero! Faccio un programma mentale su quello che devo fare domani: in mattinata studierò un po’ per l’esame di settimana prossima ma nel pomeriggio… Oh sì, nel pomeriggio chiamerò Virginia.
E con questo pensiero mi alzo dal divano, raggiungo camera mia e penso stranamente a lei. Spero che mi venga a trovare nei sogni. Sì, Matteo. Sei uno stupido tredicenne. Però so già che sognerò diversamente da un tredicenne.
Questi sogni saranno sicuramente poco casti, ma sono solo dei piccoli dettagli.
 
 
 
22 Gennaio.
 
Ore 00:23
 
 
Alessandro’s POV.
 
 
Esco da casa di Marco dopo il bellissimo fine serata in sua compagnia. Sta finalmente capendo quanto io tenga a lui e soprattutto è molto meno geloso di tutti i miei compagni di squadra. Tutto questo è chiaramente merito della bella Virginia. Aiuta sempre gli altri, soprattutto in questioni di cuore. E’ dolce e generosa. Marco l’ha fatta andare apposta a pranzo con Matteo, e a mio avviso ha fatto benissimo a vestire i panni di Cupido.
Devo ammettere che gli si addice molto quel ruolo… Cupido generalmente è sempre nudo e Marco, bhe, Marco anche. E’ spesso senza vestiti ed è davvero un bello spettacolo, un vero Dio. Va bene, basta pensarci, altrimenti non torno a casa.
Provo a chiamare Virginia con il cellulare ma «L’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile.» Il telefono è spento. Che strano. Che sia davvero arrabbiata con il mio Marco? Quasi quasi mi conviene chiamarlo, così gli comunico questa ultima scoperta e sento che ne pensa.
 
«Sì?» risponde lui serio.
«Parla il Dio dell’amore?» chiedo io scherzando.
«Dipende da che amore…» risponde a voce bassa quasi provocando lui. Oh, bene.
«Mmm. Credo sia il mio Dio personale!» comunico io con un sorriso idiota in viso. E lo lusingo, adoro farlo, e lui adora quando lo faccio.
«Allora sì, parli con la persona giusta! Tesoro, dimmi tutto.» Mi dice lui con voce serena e tranquilla.
«Ho provato a chiamare Vi.» gli dico serio.
«Hai chiamato lei prima di me?»
«Geloso?» chiedo quasi intimorito.
«Ma no, tesoro. Mi domandavo solo per quale motivo…» dice Marco curioso.
«Bhe, tu eri preoccupato.» gli rispondo sincero.
«Ma che tenerezza. Sei decisamente il migliore.» mi dice con un sussurro.
«Oh, lo so.» dico scherzando.
«Allora? Che ha detto la psicologa?» chiede lui.
«In verità nulla!» gli dico triste.
«Come nulla?» chiede curioso.
«Eh, aveva il telefono spento…» gli comunico un po’ sconsolato.
«Che peccato…» è dispiaciuto, si sente.
«Cavolo, sì. Volevo solo dirtelo e volevo un po’ di compagnia nel ritornare a casa…» gli spiego con un sussurro.
«Ti mancavo già?» chiede molto compiaciuto. So dove vuole arrivare. Mi istiga, ma io non mollo.
«Non c’è bisogno che te lo dica.» rispondo abbassando la voce.
«Invece sì.» risponde lui.
«Io preferisco dimostrartele certe cose…» abbasso ancora di più la voce.
«Mmmh...?» provoca chiaramente.
«Non fare così…» dico quasi insofferente.
«Così come? Mmmh…?» e no, non può provocarmi così e passarla liscia.
«Cupido, senti, sono appena arrivato a casa mia ma potrei benissimo fare inversione e tornare lì.» Gli comunico chiaro e deciso.
«Che cosa aspetti?» chiede lui con la voce ancora più bassa provocandomi ancora di più.
«Nulla, sto già facendo inversione.» e metto giù il telefono.
 
Sarà una nottata davvero lunga…
 
 
Ore 5:36
 
V’s POV.
 
 
Mi sveglio di soprassalto con il cuore a mille.
 
Perché ho il cuore a mille?
Che cosa ho sognato?
Perché sono sveglia?
Perché non ricordo il sogno?
Che ore sono?
Cerco di rallentare il battito cardiaco respirando profondamente e cercando di calmarmi.
Virginia calmati, inspira ed espira, inspira ed espira, un’altra volta, forza.
Mi giro nel letto, cerco con la mano destra l’interruttore della luce sul comodino e l’accendo.
La sveglia segna le 5.38.
Merda.
Com’è possibile che io sia già sveglia?
Perché non riesco a ricordarmi il sogno?
Data la tachicardia era sicuramente un sogno “forte” ma… Non riesco bene a capire.
Odio non ricordare i sogni.
Ok, proviamo a pensare e fare qualcos’altro, magari mi ritorna in mente.
Recupero il telefono che era spento e in carica e lo accendo.
Credevi di trovare qualcosa, Virginia?
No.
Ma ci speri, vero?
Oh sì, ovvio.
Mi rendo perfettamente conto che avere notizie da Matteo sarebbe un qualcosa di impossibile dato che non ha il mio numero.
Ripetilo bene Virginia: non ti ha chiesto il numero.
Ma anche una qualsiasi notizia da Marco mi andrebbe bene.
Solo per rendere il mio pomeriggio con Matteo davvero reale.
Oh cavolo, non gli ho neanche telefonato ieri sera... Sono stata sgarbata, lo so, ma ero un attimo triste.
Posso essere triste? Sono triste e demoralizzata.
In più non volevo disturbare Marco, mi aveva detto che avrebbe passato la serata con Alessandro e non potevo né volevo disturbare la loro serata.
 
La mia è stata lievemente diversa.
Ho parlato con Rose, le ho raccontato tutto, ogni cosa e si è quasi commossa. Mia madre vede le cose in maniera molto romantica e soprattutto ha una visione positiva su «Quel bel ragazzo che mi devi presentare quando non avrà più la biondina al suo fianco.» Mi ha fatto sorridere e ho riacquistato un po’ di buon’umore. Quella donna è una carica di ottimismo puro.
Sono finalmente riuscita anche a chiacchierare un po’ con Carlotta; è tornata qualche giorno fa dal suo viaggio a Siviglia che Mirko le aveva regalato per il suo compleanno. Mi ha fatto un resoconto completo dell’ultimo periodo: Mirko, università, famiglia, amici del mare, viaggio in Spagna e tutto il resto. Insomma, una bella chiacchierata tra amiche. Si è accorta del mio tono forse un po’ triste e mi ha estorto con le pinze il motivo.
 
Le ho raccontato tutto: ero come un fiume in piena e non riuscivo a fermarmi. Le ho dovuto raccontare di Matteo, della ragazza bionda, del suo invito, del pranzo e del pomeriggio.
Dio mio, ma è successo davvero? Ho fatto davvero tutto questo?
Eh sì, è tutto reale.
L’unica cosa che ho detto a Carlotta come conclusione del racconto dopo un minuto di silenzio è stato un «Sticazzi.»
E lei ha risposto «Sticazzi sì, Vi.»
Mi ha detto che esige essere informata in caso succedesse qualcosa «Vi, tesoro, qualunque cosa, sai che mi puoi chiamare sempre. Per te questo ed altro!» L’ho ringraziata e l’ho lasciata finalmente andare dal suo Mirko che era già parecchio in ritardo.
 
Torno alla realtà quando lo schermo del telefono si illumina, compongo il pin e aspetto.
Vibra.
Oh, cavolo.
Cuore non accelerare per favore, non ora.
Guardo lo schermo con la bustina di un messaggio da leggere.
Lo apro?
Non lo apro?
Aspetto?
Tentando di non aspettarmi nulla, magari solo un messaggio dell’operatore, apro la bustina chiusa ed è l’avviso della telefonata di Alessandro di questa notte.
Alessandro?
Ti aspettavi forse qualcuno che inizia con la M?
Bhe, forse sì.
Quasi sicuramente Marco lo avrà obbligato a telefonare per scoprire qualcosa dell’uscita con Matteo.
Sono curiosi ed entrambi pretendono dei racconti dettagliati sulle mie uscite o sui miei sporadici ed inutili appuntamenti. Sono comunque due tesori. Questa volta però, nonostante io abbia passato una giornata meravigliosa non so quanto Marco abbia fatto bene a farmi passare del tempo con Matteo, lui ha una dannatissima ragazza!
Però Virginia, potrebbe essere l’inizio di una buona amicizia.
Amicizia?
Magari potresti stargli affianco finché non si lasciano.
Potrei trovare il modo per farli lasciare…
Potrebbe essere un’idea!
Amicizia?
Uhm.
Potresti sopportarlo Vi?
Ci potrei sempre provare.
Non costa nulla provare.
Forse ne risentirebbe solo il mio cuore.
Chissà, forse.
 
Sorridendo mando un messaggio su WhatsApp ad Alessandro per rassicurarlo “Ciao Ale, posso immaginare perché hai chiamato. Sto bene, non ti/vi preoccuparti/tevi. Però potrei sempre uccidere il tuo fidanzato!” premo invio, appoggio il telefono sul letto, mi giro dall’altra parte e chiudo gli occhi.
 
 
Ore 8:21
 
Mi sveglio, mi stiracchio, mi giro nel letto, abbraccio il cuscino.
Sono riuscita a dormire ancora qualche ora dopo il risveglio traumatico di qualche ora fa.
Ho un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia.
 
Ho sognato Matteo.
Ho sognato Matteo che mi baciava.
Ho sognato Matteo che mi baciava e ora sorrido.
Perché il mio subconscio vuole Matteo?
Perché lo vuoi tu, Virginia.
Cerco di accantonare il sogno con quel ragazzo meraviglioso.
Ho bisogno di latte e caffè.
Subito, colazione.
Sì, latte e caffè e poi studio.
Basta Matteo.
Studio cercando di concentrarmi sulla psicologia e non pensare a lui.
Facile dirlo, un po’ meno farlo.
Mi devo dedicare a qualcosa di utile.
Basta Matteo.
E’ inutile Virginia.
Smetti di pensarci.
Marco ha per caso telefonato o scritto qualcosa?
No.
Alessandro?
Neanche.
Credi davvero che Matteo abbia parlato di te a Marco?
Magari gli ha raccontato delle meravigliose figure di merda che ho fatto nel pomeriggio e si sarà fatto due belle risate.
Marco non si è fatto sentire con te, figuriamoci se ha sentito lui.
Quindi basta Matteo.
Te lo devi dimenticare Virginia.
Il massimo che puoi permetterti è un’amicizia.
Che brutta parola.
Amicizia e basta.
I miracoli generalmente non accadono.
O forse sì?
Maledetta me che ci credo ancora.
 
 
Ore 14:23
 
M’s POV.
 
 
Ho passato tutta la mattinata tentando di studiare.
Ogni cosa che studiavo mi ricordava lei.
Assurdo.
Irreale.
Eppure è stato così.
Sarà stato il pensiero costante di Virginia oppure il fatto che ero in possesso del suo numero, ma ho trovato davvero molto interessante storia della cultura inglese.
Super impaziente, recupero il cellulare e scrivo a Stella su WhatsApp “Stellina com’è andata la terza prova? Che dici, chiamo Virginia?”, la sua risposta non si fa attendere “Stordito, non l’hai ancora chiamata?” Bhe, gentile da parte sua chiamarmi “stordito”. “Adesso lo faccio.” digito e invio.
Adesso. Ora.
 
Mi sento un tredicenne alle prese con la sua prima cotta.
Matteo, tu sei un tredicenne.
Fatti forza, ce la puoi fare.
Soprattutto ce la devi fare.
Sei grande e grosso e hai paura di fare una telefonata?
No.
Ma non è una semplice telefonata.
E’ la telefonata.
Ho solo paura di un suo rifiuto.
Il grande Matteo che ha paura di un rifiuto?
No. Forza.
Se il numero è sbagliato?
Ucciderò Marco.
E se non rispondesse?
Non puoi saperlo Matteo, non puoi saperlo finché non telefoni.
Scorro la rubrica fino alla V.
Ecco.
Virginia.
Premo il tasto verde.
Ci siamo.
Uno squillo.
Cazzo è acceso ed è libero.
Due squilli.
Respira Matteo, respira.
Tre squilli.
Non risponde?
 
«Pronto?»
Oh, merda.
Muoio.
E’ lei.
E’ proprio lei.
Marco si è salvato.
Dio, come mi era mancata la sua voce.
Matteo, svegliati, ti rendi conto che devi parlare?
«Ciao Virginia!» dico io tutto d’un fiato facendomi forza.
«...» dall’altra parte del telefono non sento alcuna risposta.
Non risponde, magari ha riattaccato.
Non parlo.
Magari ho la fortuna di sentirla anche respirare.
«… Ma? Matteo?» chiede lei chiaramente sorpresa.
«Esatto! Ciao Virginia!»
Matteo hai ripetuto due volte i saluti, ti rendi conto?
Gran bel modo di iniziare una telefonata.
Per lo meno mi ha riconosciuto.
«Ciao…» dice lei.
Come un semplice ciao può diventare super sexy.
Ho deciso, ora localizzo il segnale GPS del suo cellulare e vado a casa sua.
Smettila di parlare con te stesso.
Devi parlare con lei, Matteo.
«Come stai?» chiedo io.
Andiamo sempre meglio Matteo.
Avrai un premio come il “Migliore Oratore del 2016”.
«Ora bene…» risponde lei. Ha detto ora? Ha davvero detto “ora bene”? «E tu?» prosegue Virginia.
«Bene, grazie.» sto solo morendo al telefono ma non ti preoccupare. «Non ti ho neanche chiesto se disturbavo, scusami.» Ora finalmente hai iniziato a ragionare e essere un pochino uomo, Matteo, bravo.
«Ma va, figurati. Tu non disturbi. Stavo facendo una pausa dallo studio!» siamo pure sincronizzati.
«Anche io.» ammetto con un sorriso.
«Ah, sì?» chiede lei.
«Settimana prossima ho un esame di storia della cultura inglese.» e secondo te a lei interessa? No.
«Allora fai bene a studiare! Guarda che poi ti interrogo!» dice lei scherzando.
Ho già in mente l’immagine di lei che mi interroga.
Oh merda.
Mi farei interrogare per davvero molto, moltissimo tempo.
«Quando vuoi!» Merda. L’ho detto davvero.
E lei ride. Dio mio quanto mi piacerebbe vederla ridere.
Sei già a questi livelli, Matteo?
Ricomponiti.
«Mi sono permesso di chiedere il tuo numero a Marco…» ammetto.
«Uh, Marco. Non l’ho ancora sentito.» sembra assorta nei suoi pensieri.
«Bhe, hai fatto bene!» Davvero? Se lo dice lei, allora posso essere contenta.
Sembra allegra e disponibile al dialogo, ora che cosa faccio? Dovrò pur dare un senso alla telefonata. Non posso fare le telefonate senza uno scopo reale. Bhe, soltanto sentire la sua voce è un motivo più che valido.
Smettila Matteo.
Devi chiederle una cosa, devi scusarti, devi fare qualcosa, forza, Matteo parla.
Per favore, parla.
Altrimenti che cosa racconti a Stella? Che sei stato muto tutta la telefonata?
Che faccio?
Ci provo?
Matteo, hai fatto trenta, fai anche trentuno.
«Spero non sia un problema.» dico deciso abbassando involontariamente la voce.
«Se non lo è per te… Per me di certo non lo è.» usa una dolce, dolcissima voce per questo gioco strano di parole.
Me la sposo, prima o poi io la sposo.
Ok, ora parla e scusati.
«Mi devo assolutamente scusare per la mia maleducazione di ieri. Me ne sono andato via all’improvviso.» Matteo sei partito in quarta. Che cosa stai dicendo? Stai farfugliando?
«Ma va, figurati.» inizia lei titubante «Avrai avuto sicuramente qualcosa di importante da fare!»
«Sai, giocare a calcetto non è un qualcosa di così importante!» la butto lì così, senza pensarci troppo. Alla fine sono andato via per quello ieri e di certo non è più importante di poter passare del tempo con lei.
«Una partita di calcetto?» chiede lei.
«Sì.» rispondo prima di ascoltare la sua magnifica risata. Ride lei e mi si scalda il cuore.
«Credevo… Credevo avessi un appuntamento!» di che cosa sta parlando? Io ho detto “impegno”, non appuntamento.
«Appuntamento?» chiedo.
«Sì, con la tua ragazza.» dice lei con un’incrinatura nella voce.
Ragazza? Quale ragazza?
«Io non ho una ragazza!» dico convinto.
«Come no?» chiede e prosegue «Quella ragazza bionda ieri, sai prima del pranzo?»  
Merda.
Ha visto Monica prima del nostro incontro al cartello della facoltà.
Merda, non ci avevo pensato.
Non mi sono neanche posto il problema se lei ci avesse visto oppure no.
Credevo aspettasse Marco e basta…
Sì ma gli occhi per vedere ce li ha.
Le devi rispondere Matteo «Si chiama Monica e non è più la mia ragazza!»
«Ah.» dice lei con un voce che sembra decisamente più rilassata.
Me la sto immaginando oppure è così?
«Per fortuna non lo è più! Mi stava solo salutando.» Sembri un latin lover che cambia le ragazze manco fossero delle magliette. Bella figura Matteo, complimenti.
«Quindi...» inizia lei titubante.
Quindi, cara Virginia, mi butto.
Tieniti pronta e sappilo.
«Quindi potrei invitarti fuori per un caffè o per altro?»
«...» non risponde, devo aggiungere qualcos’altro alla proposta di uscita.
«Per scusarmi di quanto io sia stato sgarbato a lasciarti alla fermata da sola.»
Uhm, si certo Matteo, è proprio quello il motivo.
«E’…» ah, ma è ancora viva e non ha riattaccato, posso già considerarlo un gran successo. «E’ un appuntamento?»
Sì che lo è. Ovvio. Chiaro e limpido come l’acqua.
«Se non hai un ragazzo…» accenno io, anche se la risposta la so già, a meno che Marco non mi abbia raccontato una stronzata...
«No, nessun ragazzo.» mi interrompe.
«Quindi credo che tu lo possa considerare un appuntamento, se a te fa piacere.» le ho appena chiesto di uscire? Ho appena proposto un appuntamento a Virginia?
Cazzo sì.
L’ho fatto.
Manca ancora una cosa fondamentale.
La sua risposta.
Faccio i conti senza l’oste.
Merda, ora mi dice di no.
«Bhe…» inizia lei. Bhe che cosa? Dio mio, come sono impaziente! «A me fa piacere.»
Cazzo è un sì?
Mi ha detto che le farebbe piacere?
Un sorriso mi si stampa in faccia. Mi sento come un bambino che ha ricevuto il regalo di compleanno che desiderava da una vita.
Mi sento talmente stupido che le chiedo «Davvero?»
E lei ride. «Sì, davvero!» dice convinta.
«Hai qualche preferenza?» chiedo io.
«Scegli tu Matteo, mi affido a te.»
Oh merda. Santa merda. Lei non può dire queste cose.
«Mi hai detto di sì a scatola chiusa senza sapere cosa ti aspetta?» dico tutto d’un fiato. Sembro quasi un maniaco con quel “cosa ti aspetta”.
«Certo!»” dice lei ridendo.
Dio mio, che voglia che ho di vedere quelle labbra sorridere.
«Allora ci penso e poi ti faccio sapere.» le dico convinto e tranquillo.
«Ok, a dopo Matteo.» dice lei con una voce dolcissima.
«A dopo Virginia.» e chiudo la telefonata.
Mi sento leggero e felice. Potrei benissimo iniziare a saltellare per la camera e cantilenare “Mi ha detto di sì. Mi ha detto di sì. Mi ha detto di sì.”
Sono proprio messo male.
 
Merda.
Qualche minuto dopo mi rendo conto di un super epic fail che ho fatto: mi sono dimenticato di chiederle il giorno per l’appuntamento!
Puoi essere così coglione Matteo?
Prima il numero, poi il giorno… Ti dimentichi le cose fondamentali. Le basi Matteo, le basi.
Cosa faccio? La chiamo? Le mando un messaggio? Le scrivo su WhatsApp?
Vada per il messaggio su WhatsApp, magari sta studiando e non voglio disturbarla.
Sono un coglione ma la tua voce mi destabilizza...” Matteo, così non va bene. Per niente proprio.
Scrivi qualcosa di intelligente: “Mi sono dimenticato di chiederti una cosa. Domani per te va bene?” premo invio e un messaggio di risposta arriva subito “Domani va benissimo. Attendo altre informazioni!
Ho i muscoli del volto praticamente paralizzati in un sorriso ebete.
 
Dopo qualche ora, è arrivato finalmente di momento di fare una pausa dallo studio.
Mi manca solo un capitolo da sistemare e poi sono a posto.
Ho bisogno di un caffè.
Entro in cucina e accendo la radio:
 
“Sometimes it seems that the going is just too rough
And things go wrong no matter what I do
Now and then it seems that life is just too much
But you've got the love I need to see me through”
 
Ma tu hai l’amore di cui io ho bisogno per guardarmi dentro
E penso a te, Virginia.
Tu, Virginia.
Sei decisamente tu.
Tu hai l’amore di cui io ho bisogno.
Ho bisogno di te.
Non sono mai stato così rincoglionito per una ragazza.
Ma ormai, chissenefrega.
Ho capito cosa voglio e voglio lei.
 
Sorrido e mi preparo il caffè.
 
Spero solo che Stella arrivi a casa presto.
Ho un piano da illustrarle per domani e ho bisogno della sua approvazione!
 
 
 
**
 
 
Buona sera e buonissima domenica a tutti! Come sempre grazie mille a tutti coloro che mi seguono, che leggono, che decidono di perdere un po’ del loro tempo leggendo me, per me è tantissimo. Ma veniamo a noi e a questo capitolo dieci.
Allora, la canzone che ho scelto per questo decimo capitolo si intitola “You’ve Got The Love” di Florence + The Machine, che come sempre io adoro. L’ho trovata adatta a Matteo, adatta a lui che sta “scoprendo” un mondo che non è fatto solo di ragazze oche e di niente. Sta scoprendo un mondo e sta scoprendo un qualcosa. Molto spesso si domanda perché dice o fa certe cose, non lo sa neanche lui e gli vengono spontanee. Quindi qualcosa vorrà pur dire. Una cosa negativa è che, lo so che vi avevo detto che il 21 gennaio era finalmente finito (tra gioia collettiva e fuochi artificiali) ma non è stato così. Ho trovato giusto mettere quella parte di Matteo che torna a casa dal calcetto e trova Stella.
Poi c’è il POV di Alessandro. Trovo lui e Marco di una dolcezza infinita e dato che si è preoccupato per Marco, ha provato a chiamare Virginia.
 
Poi c’è Virginia. Povera cucciola. Ho quasi sofferto con lei. Sa che Matteo potrebbe avere qualcosa di speciale, qualcosa di diverso dagli altri maschi. E’ per questo che accetterebbe persino una sorta di amicizia con lui. Ma poi le carte in tavola cambiano, grazie a una telefonata.
E passiamo infine a Matteo. Finalmente ha usato quel numero! Ha chiamato Virginia, si è fatto forza e le ha chiesto un appuntamento. Si sono finalmente capiti e chiariti e hanno scoperto di essere entrambi single. Forse sono stata un po’ sadica nel non far chiedere a loro se fossero o meno impegnati… Però credo che la vita sia fatta anche di fraintendimenti e filmoni mentali, di osservazioni di gesti e di colpi di fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista.) Diciamo che entrambi hanno deciso di rischiare un po’: Virginia ha chiesto della “ragazza bionda” e Matteo ha chiesto conferma a lei direttamente se avesse o meno il ragazzo. Si sono buttati e il risultato è stato più che ottimo, no? Alla fine cosa avevano da perdere entrambi? Nulla! E hanno lasciato in un angolino preoccupazioni e dubbi e si sono buttati. (Una cosa che bisognerebbe sempre fare nella vita reale, anche se a volte non è così semplice!)
 
Con questo capitolo vi auguro di passare una meravigliosa serata, un dolcissimo inizio di settimana con la scuola che riprende e buon inizio di qualsiasi cosa!
Vi ringrazio come sempre per aver dedicato un po’ del vostro tempo a me e alla mia storiella.
Grazie, davvero grazie a tutti voi.
 
Vi abbraccio tutti.
E grazie ancora.
A presto.
 
E.

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Capitolo 11
*** Telefonate & Incubi ***


INASPETTATAMENTE_ cap.11



Telefonate & Incubi – Capitolo 11

 

 

22 Gennaio.
 
Ore 14:27
 
 
V’s POV.
 
 
Bzzz bzzz bzzz.
 
Chi osa disturbare la mia adorata pausa studio?
Chi si permette di interrompere la lettura del libro che ho preso con lui ieri durante il più bel pomeriggio degli ultimi anni?
Devo ammettere che quella maledetta vibrazione è davvero fastidiosa quando ci si mette, però almeno mi permette di capire se qualcuno mi cerca; in realtà odio di più la suoneria quando sono a casa, ecco perché è perennemente in modalità silenziosa e raramente con la vibrazione, come ora. Spero solo che sia una telefonata importante. Anche se sinceramente dubito fortemente perché sarà quasi sicuramente Rose. Sa quanto mi dà fastidio essere disturbata nei miei pomeriggio di studio matto e disperato, soprattutto durante le mie amate pause, che sono senza alcun dubbio le mie preferite.
Magari è solo uno squillo? Ma cavolo, chi fa ancora gli squilli in questi giorni? L’ultimo squillo credo di averlo ricevuto dieci anni fa! Adesso hanno tutta un’altra valenza, magari se qualcuno deve venirmi a prendere gli dico «Fammi uno squillo che scendo» ma ora non aspetto nessuno per uscire e nessuno deve venirmi a prendere per andare da qualche parte. Quindi opterei per abbandonare drasticamente questa possibilità.
 
Bzzz bzzz bzzz.
 
Merda, però non è uno squillo se continua a suonare.
Qualcuno mi sta chiamando e io devo rispondere.
Appoggio il libro aperto a metà sul mio petto, allungo il braccio sinistro alla ricerca della fonte della vibrazione. Possibile che non riesca mai a trovare nulla sul mio letto? Allungo ancora un po’ il braccio e finalmente riesco ad afferrare il cellulare.
Sbuffando lo avvicino al mio volto e guardo lo schermo. Lampeggia un numero sconosciuto. Sconosciuto.
Negli ultimi tempi la parola “sconosciuto” mi faceva pensare sempre e solo a Matteo.
Quante possibilità ci sono che sia lui?
Merda, perché io penso subito a Matteo?
Perché vorresti che lui ti chiamasse.
Magari non è lui.
Anzi, quasi sicuramente non è lui.
Sarà la solita persona che dice «Gianni sei tu?» oppure «Cercavo Maria.» Quindi sarà sicuramente qualcuno che ha sbagliato numero.
Calmati Virginia.
Cerca di calmarti e far rallentare il tuo cuore che sembra impazzito.
Impazzito per un numero sconosciuto che ti sa chiamando di pomeriggio.
Sei decisamente impazzita tu, Vi.
E se invece fosse davvero lui?
Perché, Virginia, dovrebbe essere lui?
Perché vorresti, perché ti piacerebbe che lui non avesse una fidanzata biondissima e che avesse chiesto il tuo numero a qualcuno, cara Virginia, perché lui non te l’ha chiesto ieri.
Ok, calmati ora.
Non è lui quindi stai calma.
 
Bzzz bzzz bzzz.
 
Terzo squillo.
Ci siamo.
Rispondo?
Devo rispondere.
Non mi illudo ma spero che dall’altro capo del telefono ci sia una voce calda e dolce, e che quella voce sia maschile. Una voce maschile che io conosco molto bene. Insomma, spero che ci sia Matteo.
Cuore, basta accelerare ti prego.
Basta aumentare le pulsazioni del ventricolo sinistro ogni volta che pensi a Matteo.
Sembri una dodicenne che impazzisce per i Backstreet Boys durante un loro concerto.
Virginia contieniti perché tanto non è lui.
Basta film mentali perché ora è arrivato il momento di rispondere.
Faccio un respiro profondo, afferro il cellulare, premo il tasto verde e lo avvino all’orecchio.
 
Con il cuore che ormai ha vita propria e un sorriso spuntato in faccia senza motivo alcuno, mormoro un «Pronto?» e ora è arrivato il momento di scoprire chi è che ha telefonato.
Virginia non andare in apnea, respira tranquillamente.
Chiunque tu sia parla, ora.
Parla perché non posso rimanere in ansia.
Sento un respiro dall’altra parte del telefono e la risposta è «Ciao Virginia!»
No. Non ci credo.
Oh cazzo.
E’ lui.
E’ davvero lui.
E’ lui per davvero davvero.
Matteo che mi ha chiamata?
Siamo seri?
Siamo sicuri?
Come ha fatto ad avere il mio numero?
Chissenefrega!
Chiunque sia stato ha fatto bene, anzi benissimo!
«...» Non rispondo, mi sono quasi immobilizzata sul letto.
Ma è davvero lui?
Non è qualcuno che forse ha la voce simile alla sua?
Virginia, stai pensando a ogni possibilità.
Una volta in vita tua, credi nel tuo istinto.
E’ Matteo, credici.
C’è Matteo al telefono e tu, cara Virginia, non stai parlando.
«… Ma? Matteo?» ora balbetto pure. Andiamo proprio benissimo.
Però almeno chiedo, così per sicurezza.
Potrò pur avere i miei dubbi, no?
Magari Marco ha registrato quella voce e me la fa ascoltare per prendermi in giro.
Virginia, possibile che la tua mente sia così contorta?
Non sei la protagonista di un film d’azione!
Quindi è lui? Sì?
Devo aspettare la sua conferma però
Potrei aspettarmi qualcosa tipo «No, ti ho fregato!» e lì potrei diventare davvero triste.
«Esatto! Ciao Virginia!» dice la voce al telefono.
Ho indovinato, voglio un premio!
Il premio è la telefonata, quindi stai buona e tranquilla Virginia.
Non ho ben capito perché il mio nome suona così sexy detto dalla sua voce.
Lui è sexy.
Virginia, ricomponiti.
A cosa pensi?
Magari vuole sapere se il libro che ho comprato ieri è bello e se lo può regalare alla sua ragazza.
In ogni caso io sono contenta lo stesso, soprattutto perché sento la sua voce!
E soprattutto, attenzione attenzione, lui ha il mio numero!
E ovviamente io ho il suo!
Ogni tanto capitano delle cose bellissime nella vita.
«Ciao…» rispondo io impacciatissima, per la serie “evviva i dialoghi”.
Risponde lui subito con un «Come stai?»
Vuole davvero saperlo? O è come tutte quelle persone che chiedono “Come stai?” e vogliono sentirsi rispondere “Bene, benissimo, va tutto alla grande” anche se dentro si perdono dei grossi pezzi della propria esistenza.
Però io ora sto bene, sto davvero bene perché mi fa piacere che abbia telefonato.
Merda, perché sto così bene?
Devi rispondere Virginia, lo sai? «Ora bene…» mormoro, spero che non abbia sentito quell’ “ora” che mi è sfuggito. «E tu?» chiedo con interesse sviando l’attenzione sul mio scivolone.
Magari mi ha telefonato per avere un consulto psicologico, magari non sta bene lui o un suo familiare e ha bisogno di una semplice consulenza professionale.
«Bene, grazie.» risponde Matteo.
Ottimo, almeno lui sta bene, forse il consulto psicologico serve alla sua ragazza?
«Non ti ho neanche chiesto se disturbavo, scusami.» prosegue poco dopo.
Si è preoccupato in caso disturbasse il mio pomeriggio, che bravo ragazzo. Generalmente, se fosse qualsiasi altro essere umano risponderei con un “Sì, sono in pausa studio e sto leggendo” con aria scocciata, ma ora dico «Ma va, figurati. Tu non disturbi. Stavo facendo una pausa dallo studio!» anche con enfasi. Bhe, dopotutto, non disturba perché sono in pausa studio, sì certo Virginia, l’importante è crederci. Lui non disturberebbe neanche se fossi in cucina con la torta nel forno che sta bruciando, e sai quanto tieni alla buona riuscita di una torta. Perché le torte non vanno mai allo stomaco, ma direttamente al cuore.
«Anche io.» risponde lui.
«Ah, sì?» chiedo io spudoratamente curiosa.
«Settimana prossima ho un esame di storia della cultura inglese.» oh che bravo, studia per un esame.
Cerco di buttarla sul ridere ed essere divertente dicendo «Allora fai bene a studiare! Guarda che poi ti interrogo!» ma chiaramente mi accorgo solo troppo tardi di aver esagerato. Ormai quel che detto è detto, non ci si può fare un granché.  
«Quando vuoi!»
Oh cazzo, l’ha detto davvero? Sta sicuramente scherzando.
«Mi sono permesso di chiedere il tuo numero a Marco…» prosegue lui.
«Uh, Marco. Non l’ho ancora sentito.» e appena lo sento al posto di ucciderlo potrei quasi ringraziarlo, mi piacciono queste telefonate a sorpresa. Fanno bene all’umore! «Bhe, hai fatto bene!» proseguo io.
«Spero non sia un problema.» dice lui abbassando la voce.
Eh però, Matteo, non puoi fare così, se i problemi fossero tutti così gioirei ogni volta che da lontano ne vedo uno.
«Se non lo è per te… Per me di certo non lo è.» Dopotutto quello che ha la ragazza e sta chiamando un’altra, non sono io.
«Mi devo assolutamente scusare per la mia maleducazione di ieri. Me ne sono andato via all’improvviso.» ma di quale maleducazione sta parlando? Forse non ha ben presente come sono le persone maleducate.
«Ma va, figurati.» dico molto titubante «Avrai avuto sicuramente qualcosa di importante da fare!» tento di rassicurarlo così, non si può scusare perché aveva da fare.
«Sai, giocare a calcetto non è un qualcosa di così importante!» e la sua risposta mi spiazza completamente.
«Una partita di calcetto?» chiede io piuttosto incredula.
«Sì.» e non appeno sento la sua risposta scoppio a ridere.
Signori e signore, quindi io mi sono fatta un sacco di paturnie mentali solo ed esclusivamente per una partita di calcetto?
Ok, dato che non posso continuare a vivere nel dubbio mi devo lanciare.
E’ il mio momento.
Sfrutto questa occasione.
Che cosa ho da perdere?
Nulla.
«Credevo… Credevo avessi un appuntamento!» Diretta, rapida, indolore.
Dolorosa sarà però la risposta.
«Appuntamento?» ora quello incredulo è lui.
«Sì, con la tua ragazza.» dico con la voce che mi muore un pochino in gola.
«Io non ho una ragazza!»
Sta scherzando vero? Crede che io sia stupida?
«Come no? Quella ragazza bionda ieri, sai prima del pranzo?» cerca di stare calma Virginia anche se il tuo cuoricino è quasi a pezzi.
«Si chiama Monica e non è più la mia ragazza!» dice lui.
Come? Cosa?
«Ah.» è la mia risposta degna di un discorso da premio Nobel.
Quindi generalmente le sue ex si lanciano tra le sue braccia così? Per affetto? Un po’ a caso?
«Per fortuna non lo è più! Mi stava solo salutando.»
Dovrei salutarlo anche io così la prossima volta che lo vedo, tanto è abituato.
Sì ma tu, Virginia, hai dimenticato un piccolo particolare: non ne saresti in grado.
«Quindi...» inizio io. Quindi cosa Virginia? Cosa gli vuoi dire?
«Quindi potrei invitarti fuori per un caffè o per altro?» Eh? Che cosa? Che ha detto?
«...» ora allora muoio.
No, davvero.
Mi viene uno scompenso cardiaco e ci rimango.
Vedo già i titoli sul giornale locale di domani “Giovane neo-psicologa trovata morta a causa di una telefonata”.
Ha davvero detto un caffè o per altro?
«Per scusarmi di quanto io sia stato sgarbato a lasciarti alla fermata da sola.»
Bene, Marco ha tirato fuori Matteo dal cilindro magico come fanno i maghi con i conigli bianchi. Non credo sia davvero reale.
Ma quel caffè o altro, che poi altro mi piace già di più, può considerarsi un appuntamento?
Forse è meglio chiederglielo. Tanto ormai ho fatto trenta, faccio anche trentuno.
«E’…» gola non diventare secca proprio ora! «E’ un appuntamento?» Ce l’ho fatta a dire tre parole, evviva.
«Se non hai un ragazzo…» inizia lui ma io lo interrompo subito.
«No, nessun ragazzo.» dico convinta.
«Quindi credo che tu lo possa considerare un appuntamento, se a te fa piacere.» dice lui tranquillo e pacato con una voce che mi fa quasi venire i brividi.
Oh sì, decisamente sì.
«Bhe… A me fa piacere.» Ecco, gliel’ho detto.
«Davvero?» chiede lui. Vuole anche che accenda e confermi la risposta in puro stile “Chi vuol essere milionario”?
E rido.
Rido almeno scarico la tensione.
Rido perché se ci fossimo “chiariti” subito, forse quello di ieri poteva essere già un appuntamento.
Forse.
Ma forse è stato comunque meglio così.
«Sì, davvero!» dico convinta.
«Hai qualche preferenza?» chiede. Bhe, l’importante è che ci sia lui.
«Scegli tu Matteo, mi affido a te.» E niente, ormai sto esagerando, ma fa nulla. Sono molto curiosa di scoprire quella che ha in mente.
«Mi hai detto di sì a scatola chiusa senza sapere cosa ti aspetta?»
Oh mio Dio, ha davvero detto “Cosa ti aspetta”?
Posso avere dei pensieri mezzi erotici ora?
Sì che posso.
Andate via, forza.
«Certo!» gli dico ridendo forse con troppa enfasi.
«Allora ci penso e poi ti faccio sapere.» mi dice.
Molto molto carino. Non ha ancora un’idea precisa e non si è programmato già tutto stile partita a scacchi.
Sorridendo silenziosamente gli dico «Ok, a dopo Matteo.»
«A dopo Virginia.» e mette giù il telefono.
Bene, ora potrei benissimo iniziare a ridere da sola come una perfetta pazza e idiota oppure potrei saltellare sul letto.
Virginia, tu hai un appuntamento.
Ripetitelo in testa.
Un appuntamento.
Cazzo, un appuntamento!
Un appuntamento con Matteo.
Ok, mi devo calmare.
Respira Virginia, respira che devi ossigenare il cervello e rallentare il battito del tuo cuore.
 
Dopo circa una decina di minuti, il mio telefono vibra ancora e questa volta la vibrazione non è un problema, anzi, non vedevo l’ora di sentire la vibrazione perché ora aspetto lui.
Ricevo su WhatsApp un messaggio, lo apro e dice “Mi sono dimenticato di chiederti una cosa. Domani per te va bene?” Ha per caso intenzione di attentare alla mia vita quel ragazzo? Non mi ero accorta che non avevamo parlato di una data.
Mi sono affidata a uno sconosciuto.
Non è più uno sconosciuto.
Ormai so molte cose su di lui e soprattutto so che è single.
Mi fido.
Posso fidarmi?
Mi viene naturale.
Clicco sotto e digito in fretta con un sorriso idiota “Domani va benissimo. Attendo altre informazioni!
Ripetitelo Virginia.
Tu domani hai un appuntamento.
Domani.
Appuntamento.
Matteo.
Per fortuna che ho studiato tutta mattina perché ora non ne sono più in grado.
I neuroni del mio cervello sono elettrizzati ed emozionati quanto lo sono io.
Devo dirlo a qualcuno, in questo modo diventerebbe ancora più reale.
Più reale di quanto non lo sia ora.
La prima persona che mi viene in mente è Carlotta.
La devo aggiornare e devo condividere anche questa esperienza con lei.
“Calotta, domani ho un appuntamento. Un appuntamento con il ragazzo single più bello che io abbia mai visto. Matteo!” scrivo e invio su WhastApp.
La sua risposta non si fa attendere, un minuto dopo mi arriva un “Questa sera ti chiamo e mi racconti ogni minima cosa. Te l’avevo detto!” finisco di leggerlo e scoppio a ridere.
Carlotta ha il dono della chiaroveggenza, ora ne sono certa!
 
«Tu hai l’aria di una persona felice.» Dice una testa che sbuca dalla porta di camera mia parecchie ore dopo la telefonata e i vari messaggini su WhatsApp.
«Ciao mamma.» le dico mandandole un bacio.
Se n’è già accorta? Non ho né parlato, né nulla!
«Successo qualcosa di bello?» chiede entrando in camera.
«Uhm.» la guardo nei suoi occhi così simili ai miei e rispondo «Forse?»
«Questa sera tuo padre ed io siamo fuori a cena con quei suoi colleghi, sono in ritardo e mi devo preparare però poi parliamo!» dice lei guardandomi negli occhi.
«Vai a prepararti Rose!» dico sgridandola bonariamente.
«Consigli su cosa mettere?» chiede lei facendo una faccina triste.
«Inizia a fare la doccia, poi arrivo!» dico ridendo a quella pazza di mia madre.
 
«Ciao piccola!» ecco un’altra testa che sbuca dalla porta di camera mia dopo una mezz’ora.
«Ciao papà!» gli rispondo sorridendo.
Mi guarda con quegli occhi azzurrissimi e con aria divertita mi chiede «Rose è pronta?»
«Secondo te?» gli chiedo divertita a mia volta.
«Ovviamente no!» dice spostandosi nella loro camera dall’altra parte della casa.
 
Poco tempo dopo vedo due teste che sbucano dalla mia porta.
Ormai hanno preso questo vizio da anni e da anni sono troppo buffi!
Sembrano due investigatori che tentano di non farsi scoprire.
«Visto? Hai visto Lorenzo? La nostra bambina è felice!» dice mia madre dando un bacio sulla guancia a mio padre.
«Piccola perché sei così felice? Puoi dirlo al tuo papà…»
«...e anche alla tua mamma.» Prosegue Rose.
Che devo fare io con loro due?
Li adoro entrambi ma mi fanno davvero disperare a volte!
«Se ve lo dico mi lasciate in pace?» chiedo quasi ridendo.
Annuiscono contemporaneamente.
«Domani ho un appuntamento.» Già lo so, a breve si aprirà una voragine nella mia stanza e mi inghiottirà, spero avvenga in tempo zero perché temo il terzo grado dei miei genitori.
«Chi è lui?» chiede mio padre.
Ma Rose risponde subito con aria sognante «Quello che l’ha portata a pranzo e a mangiare la cioccolata ieri.» E lei come fa a saperlo? Semplice, è pur sempre mia madre e le madri hanno un sesto senso su certe cose. O meglio, hanno un sesto senso su tutto quello che capita alle loro figlie.
«Uh, allora mi sta simpatico. E’ bello almeno la metà del tuo meraviglioso padre?» chiede Lorenzo.
Scoppio a ridere e annuisco «E’ molto bello, sì.»
«Mi raccomando piccola, non lasciare che ti spezzi il cuore, sai come la penso. Però se è un bravo ragazzo, tienitelo stretto. Anzi, tienitelo stretto solo se è il migliore!» quasi mi commuovo alle parole di mio padre.
«Tesoro però ce lo presenti prima o poi?» mia madre è impaziente e soprattutto sono certa che sia impazzita.
«Un passo alla volta, no eh? Devo ancora uscirci!» dico io ridendo. Non oso immaginare il povero Matteo alle prese con Rose e Lorenzo in un colpo solo. Anche perché, prima di farmi viaggi mentali su Matteo e i miei, devo ancora sopravvivere al mio primo appuntamento con lui!
«Tesoro noi andiamo, ti ho ordinato la cena dal tuo cino-jappo preferito da asporto. Finisci di leggere, mangia e riposati Virginia.» aggiunge mia madre. E’ senza alcun dubbio la mamma più brava del mondo, non c’è altra spiegazione. Certo, dopo anni di contrasti costanti soprattutto durante l’adolescenza, abbiamo trovato un bellissimo equilibrio, ed è solo con l’equilibrio che si mandano avanti i rapporti personali. Soprattutto quelli in famiglia. Noi siamo una famiglia un po’ pazza e strana, soprattutto ad occhi esterni, ma stiamo benissimo così.
«Buona serata, divertitevi!» dico accennando un saluto con la mano.
«Ciao piccola!» dice mio padre prendendo Rose per mano e rivolgendosi a lei «Andiamo che siamo ovviamente in ritardo!»
«Riposati bambina mia!» prosegue mia madre mandandomi un bacio uscendo dalla mia camera e dirigendosi alla porta d’ingresso, lasciando me i miei pensieri da soli.
 
..
 
Bzzz bzzz.
Drin drin.
Dlin dlon.
 
Sono sempre fortunata, vero?
Per la serie “succede sempre tutto insieme”.
Mai una cosa per volta, sarebbe troppo bello.
Tutto insieme è più divertente.
Una perfetta sincronia.
 
Vibrazione sul cellulare, suono del telefono di casa e citofono.
Devo stabilire un ordine di priorità.
Afferro il cordless, rispondendo alla telefonata con «Chiunque tu sia, attendi due minuti per favore!» e afferro il citofono avvicinandolo all’orecchio «Sì?» chiedo e il telefono lo abbandono da qualche parte in giro per casa.
«Servizio take away, scende signorina?» dice una voce maschile.
«Arrivo subito» rispondo in tempo zero.
Prima di uscire da casa e recuperare il cibo, riprendo in mano il telefono di casa e chiedo «Sì?»
«Vi, tesoro, porta su la cena e poi parliamo.» sento la voce di Carlotta dall’altra parte del telefono e sorridendo e le dico «Hai una pazienza infinita, arrivo!» e la sento ridere.
 
Dopo aver mangiato dei meravigliosi yaki-udon e dei buonissimi tiger roll chiacchierando con una Carlotta super emozionata per il mio appuntamento di domani, supponendo a che ora Matteo mi avrebbe detto qualcosa, le ho proposto «Carlotta, magari si è dimenticato!», la sua risposta? «Mi faccio dare indirizzo e numero civico da Marco e poi glielo ricordo io, fidati!», e dopo svariate risate abbiamo concluso la chiacchierata al telefono di casa.
 
Poco dopo, un certo Marco che quasi sicuramente si è sentito chiamato in causa, mi chiama sul telefono di casa, il ragazzo si è scusato per non essersi fatto sentire prima con la sua psicologa preferita ma ha avuto «da fare con Alessandro durante tutta la notte e abbiamo dormito abbracciati come una felice coppia di sposini» e poi «avevo paura che tu volessi psicoanalizzarmi torturandomi», mi ha gentilmente obbligata a raccontargli ogni minima cosa del pranzo e del pomeriggio di ieri, mi ha ascoltata sospirando di tanto in tanto e dicendo «Lo sapevo che si sarebbe dato una mossa!», alla fine ha fatto una fatidica domanda «L’hai sentito?» così gli ho dovuto raccontare la telefonata e la proposta dell’appuntamento.
In tempo zero Marco ha chiesto incuriosito «Vi, poi tu mi racconti tutto! Sai già dove ha intenzione di portarti?»
«In realtà non l’ho più sentito…» dico rendendomene veramente conto solo ora.
«Vi, hai controllato il telefono? Perché prima di provare a chiamarti a casa, ti avrò chiamata almeno un cinque o sette volte sul cellulare!» dice lui.
«Sì, fino a prima…» cazzo! «...fino a prima nulla poi è suonato il citofono, il telefono di casa e il cellulare tutto insieme e credo che mi sia arrivato qualcosa, solo che non l’ho più controllato!» Che cosa ho detto? O farfugliato? «Me lo sono completamente dimenticata!» proseguo senza respirare cercando il cellulare.
«Tu ora cerchi il telefono e leggi ad alta voce qualsiasi cosa ti sia arrivata, soprattutto se è di Matteo!» perché è convinto che ci sia qualcosa di Matteo? E perché io vorrei davvero che fosse così?
«Aspetta un attimo!» dico sconsolata con un mezzo sorriso.
Dopo svariate ricerche, trovo il telefono in mezzo al divano e vedo lampeggiare l’indicatore luminoso. Sblocco lo schermo: sette chiamate perse e una decina di messaggi WhatsApp.
Apro l’applicazione e il mio cuore accelera, come se fosse impazzito.
E se non fosse lui?
E invece no. E’ lui. Lo vedo. C’è un meraviglioso uno vicino alla sua foto.
E se lui avesse da fare?
E se non volesse più uscire con me?
Virginia apri quel messaggio.
Subito.
Virginia scusa il ritardo. Domani, ore 16.00 ti aspetto in piazza Cavour. Spero tu non abbia altri impegni durante tutto il pomeriggio.
Ok.
Calo di zuccheri.
Svengo.
Muoio.
Picchio violentemente la testa per terra e non mi alzo più.
Matteo vuole per caso farmi morire giovane tra una telefonata e i vari WhastApp?
 
«Vi, tesoro, sei ancora viva?» chiede un Marco piuttosto allarmato.
Uh, è vero, ero al telefono.
«Forse?» gli rispondo cercando di riacquistare un po’ di voce.
«Allora?» chiede lui.
«Eh, niente, domani pomeriggio ho da fare.» rispondo io completamente inebetita.
«Ti ha chiesto di uscire al pomeriggio?» chiede lui ridendo quasi sguaiatamente.
«Sì?» potrei avere paura.
«Ecco, vedi, lui… Non so se potrei dirtelo, Vi.» inizia un po’ titubante.
Lui che cosa? Il pomeriggio uccide? Ha hobby particolari? E’ forse pazzo?
«Parla, ora!» maledetto Marco.
«Non so se dovrei…» sembra quasi impaurito.
«Parla, subito.» insisto.
«Va bene, ma tu non sai nulla.»
Si inizia a ragionare, bene.
«Ovviamente, parla.» dico seria.
«Generalmente i suoi appuntamenti sono “vediamoci a casa sua, trombiamo e poi addio”. O comunque molto simile a questo paradigma mettendoci in mezzo un pranzo. Trovo davvero molto strano che finalmente porti fuori qualcuna… Fuori all’aria aperta. Per di più al pomeriggio!» dice lui tutto d’un fiato.
«Merda.» è la mia unica risposta.
Fine, precisa e decisa.
Da scaricatrice di porto.
«No merda, Vi!» risponde lui divertito.
«Sì! Mi hai appena detto che andava a casa di tutte le ragazze che invitata fuori!» ribadisco io.
«Tesoro, lo sai come sono gli uomini.» dice Marco con aria sconsolata.
«Non credevo che lui fosse una sorta di trombamico universale!» rispondo sarcastica.
«Sì ma a te ha chiesto un appuntamento.»
Cerca di farmi ragionare? Maledetto.
«Già.» ammetto.
«E lui non chiede mai appuntamenti.»
«Ah.»
«Al pomeriggio.» ribadisce un’altra volta.
Maledetto ancora di più.
«Vero.» ammetto una seconda volta.
«Quindi che io sappia è la prima volta in assoluto che lui propone un appuntamento in piena regola!» esclama contento.
«Oh cazzo.»
Sempre risposte fini, le mie.
«Vi, stai tranquilla. E’ solo un appuntamento!»
«Solo un appuntamento?» scandisco piano.
«Stai tranquilla.» cerca di calmarmi.
«No, non lo sono né ci rimango! Come posso stare calma?» chiedo quasi in panico.
«Semplice, pensa che tu di appuntamenti ne hai avuti e lui no!» dice soddisfatto.
«Uh, magra consolazione.» dico ironica considerando i miei vecchi appuntamenti.
«Tesoro andrà tutto bene!» esclama Marco.
«Sì, come no.» rispondo.
«Basta vedere il mondo così negativo!» sento una voce diversa provenire dall’altro capo del telefono.
«Ciao Ale! Da quanto sono in vivavoce?» chiedo quasi preoccupata e divertita.
«Credo da trombamico universale, Vi!» dice ridendo Alesando.
E rido anche io.
Rido per sciogliere la mia tensione che si è accumulata sulla parola “appuntamento”.
Mi vengono quasi i brividi.
«Dai su, vi lascio tranquilli!» dico io.
«Virginia, lo sai che non staremo molto tranquilli…» dice ridendo Alessandro, alludendo al post-telefonata.
«Ragazzi vi saluto e fate i bravi!» dico io sorridendo e piacevolmente sorpresa che siano così sereni e uniti.
«E tu poi raccontaci dell’appuntamento. Vogliamo ogni dettaglio!» dice Marco.
«Ciao tesoro!» conclude Alessandro prima di chiudere la telefonata.
 
..
 
Ore 1:07
 
Mi sveglio di soprassalto e con il cuore a mille.
Ancora.
Due volte in due notti.
Non è un buon segno.
La cosa positiva è che ora ricordo il sogno, o meglio, l’incubo.
Due cose.
Semplici.
Un incidente in macchina e Cristian.
Allungo il braccio verso l’interruttore della luce e cerco il telefono sul comodino.
Bhe, è solo l’una passata da qualche minuto.
Cristian è sicuramente sveglio se non ha avuto un incidente.
Incidente.
No, non può.
Calmati Virginia.
Non posso.
Hi bisogno di sapere che lui sta bene.
Odio fare questi incubi così reali.
Mi mettono l’ansia.
 
Cristian, il mio fratellone, non può avere avuto un incidente.
Non può.
Mi rifiuto di pensarlo.
So che è da tanto che non lo sento ma devo sapere se sta bene.
Calmati Virginia, sta bene.
Spero, almeno.
Cerco su WhastApp ma chiaramente lui è la classica persona da togliere l’ultimo accesso, così digito veloce un “Cri stai bene? E’ tutto a posto? Sei a casa? Un abbraccio.” Lo so, sembra un terzo grado e non ne ho nessun diritto però sono preoccupata. Ora aspetto solo una sua risposta.
Vi, sono appena rientrato a casa, tutto bene. Tu? Cosa ci fai sveglia ora?” sorrido, sapendolo al sicuro, il mio cuore rallenta e l’ansia sparisce.
“Solo un brutto sogno, grazie Cri. Non ti preoccupare” invio.
Arriva subito una sua risposta “Se mi hai scritto dopo tutto questo tempo un motivo ci sarà. Mi preoccupo, mia cara.” Tenerezza Cristian, nonostante il cuore di ghiaccio, con le poche persone fidate non cambia mai.
Ti preoccupi sempre, grazie.” Lo ringrazio perché alla fine lui c’è sempre: nonostante non ci sentiamo spesso, cosa che comunque non facciamo mai, e nonostante la distanza lui c’è sempre.
Mi preoccupo perché tu non sei come le altre. A proposito sono appena tornato a casa da una di loro, avevo bisogno di rimanere un po’ in allenamento… Sai il mio fisico ne ha bisogno…” quel ragazzo non cambierà mai. Mai.
Rido divertita e scrivo “Sei il solito! Possibile che tu sia sempre circondato da ragazze?”. E’ sempre stato così, da quando lo conosco. Ha uno stuolo perenne di ragazze che lo seguono e circondano.
Ragazze e sogni brutti a parte, hai qualcosa di succulento da raccontarmi?” Soprattutto rimane sempre il solito pettegolo.
Oh, merda. Ora cosa faccio?
L’unica cosa da raccontargli sarebbe l’appuntamento con Matteo.
Ma posso raccontarlo a lui?
Sì posso.
Mi vanto un po’!
 
Prima di rispondere al messaggio, vedo lo schermo che si illumina.
Cristian che chiama?
E’ un evento.
Rispondo a voce bassa, non voglio svegliare Rose e Lorenzo.
«Pronto?»
«Così facciamo prima, raccontami. Hai anche il mal di gola che parli così?» chiede lui divertito. E’ bello sentire la sua voce allegra.
«Non voglio svegliare i miei, Cri!» rispondo.
«Come stanno loro?»
«Bene!» so che lui li adora, entrambi.
«E tu, Vi?»
«Io bene, ho un appuntamento domani! Sono solo un po’ in ansia.» a lui posso ammetterlo.
«Ecco perché fai sogni brutti!» dice divertito.
«Ma va! Sono solo un po’ in ansia.» ammetto un’altra volta.
«Ansia, perché lui ti piace, vero?»
«Bhe, sì.» ammetto ancora. E’ la serata delle ammissioni.
«Stai tranquilla e vedrai che andrà benissimo, mia cara. Sappi che se ti fa soffrire come minimo vengo lì e lo picchio.» è la prima volta che gli sento dire una cosa del genere.
«Chi sei tu e cosa hai fatto del mio Cristian?» chiedo io ridendo a bassa voce.
«Oh, fidati. Sono sempre io, sai che non cambierò mai. Però sai che tu sei diversa e nessuno può farti soffrire.» Belle parole che mi dicono che è maturato. Molto. Sono felicissima di scoprirlo.
«Grazie Cri…» dico io quasi commossa.
«Comunque sono un po’ geloso.» prima fa le confessioni strappalacrime e poi è geloso.
«Perché mai?» chiedo io sorridendo.
«Non puoi abbandonarmi per… per…»
«Per?»
«Com’è che si chiama?»
«Matteo.» e la mia voce si fa leggermente incerta.
«Ecco Matteo!» Silenzio, sta pensando a qualcosa. «Oh! Mi è venuto un flash! Si chiama come l’amico di Marco che non ho conosciuto al mio compleanno quest’estate! O almeno, credo.»
Oh merda. «Ehm.»
«Cosa?» chiede curioso.
«Lui è quell’amico di Marco!» ammetto con un sorriso.
«Cazzo! Mi ha detto Alessandro che è più bello di me! Sono ancora più geloso!» E fa finta di essere arrabbiato.
«Ma smettila!»
«Se ti fa soffrire glielo taglio!» dice lui deciso.
«Cri!» lo rimprovero.
«Ok la smetto. Sento sotto la telefonata altre linee. Mi stanno cercando due tizie alle quali non ho nessuna intenzione di regalare il mio corpo, quindi ora chiudo la telefonata e spengo il telefono.»
«Tipico di te!» lo rimprovero ridendo.
«Si ma se tu hai bisogno chiama! E non mi hai parlato del brutto sogno.»
«Nulla, l’importante è che tu stia bene.» gli dico cercando di rassicurarlo, ma forse ha capito qualcosa. Sa che raramente mi succede di sognare cose brutte o molte vivide. Credo che se ne sia accorto quest’estate o l’estate precedente.
«Vi, dormi tranquilla e in bocca al lupo. Stendilo come io generalmente stendo le ragazze. Magari non in quel senso e non subito!» mi dice lui.
«Grazie e notte Cri!» gli sussurro sorridendo.
«Notte cara» e riaggancia.
E’ bello sapere che certe cose, non cambiano mai.
E con la tranquillità nell’animo, sapendo che Cristian sta bene e ho pure la sua, come dire, benedizione, chiudo gli occhi.
Sono certa che non farò più brutti sogni, almeno non per questa notte.
 
Penso all’imminente appuntamento con Matteo e con un super sorriso e mi addormento.
 
 
**
 
 
Buona sera a tutti! Perdonate l’assenza di due settimane e la non pubblicazione di questo capitolo la scorsa settimana, ma ahimè, non ce l’ho proprio fatta! Benvenuti all’undicesimo capitolo di “Schiffy”.
Siamo arrivati finalmente alla fine di questo capitolo, dico finalmente perché inizialmente avevo progettato che fosse un capitolo corto, ma mai programmare qualcosa. Ho scritto molto, moltissimo. Credo di non aver mai scritto un capitolo così lungo. Quindi ben arrivati alla fine. Ne avete avuto del coraggio, eh? Quindi potrei ringraziarvi il doppio per essere arrivati alla fine. O forse magari non ci siete arrivati, avete chiuso prima questa pagina e siete sprofondati in un sonno pesante come la “nostra” Virginia alla fine del capitolo. Vi ringrazio per essere arrivati alla fine di questo capitolo. Forse questa volta è stata più ardua delle altre a causa della lunghezza ma non volevo tagliare nulla né perdere delle sfumature, è tutto un V POV della sua giornata. (E spero che vi sia piaciuta l’idea e anche il capitolo, ecco.) Questa giornata è stata sicuramente segnata dalle telefonate. Alla fine alcune telefonate possono segnare e sconvolgere la vita, sia in senso positivo che negativo ovviamente. Mi sono divertita moltissimo scrivendo la parte della telefonata con Marco, lo ammetto! Avete fatto la conoscenza di Lorenzo, il padre di Virginia... Lui e Rose formano un cocktail esplosivo. Li adoro e adoro il modo in cui supportano la figlia. E’ difficile creare questo legame con i genitori, ma Virginia ha la fortuna di averlo. E’ tornato Cristian, oddio “tornato” credo sia un parolone, credo sia più giusto dire “aver fatto la sua comparsa”. Questa comparsa non è stata inizialmente positiva per Virginia che poverina ha fatto un incubo, ma poi è stata decisamente più piacevole. Come avrete notato in questo capitolo non ci sono canzoni che fanno da sfondo alla vicenda. Non ne ho trovata una perfettamente adatta e credo che tutto sommato vada bene così. Avrebbe appesantito molto e poi il capitolo sarebbe diventato ancora più lungo quindi meglio di no.
Ringrazio ancora una volta tu, lettore o lettrice, che sei arrivato/a fino a qui e che continui a sognare con Virginia e Matteo. Grazie, davvero.
Grazie che hai usato un po’ del tuo tempo leggendo me.
Ringrazio inoltre tutte le persone che hanno messo “Schiffy” tra le storie preferite, seguite e da ricordare. Ogni volta che c’è un numerino in più per me è una soddisfazione allucinante.
Con questo capitolo l’ansia per l’appuntamento con Matteo sale… Chissà perché la vuole portare fuori al pomeriggio? Chissà cos’ha progettato con Stella, chissà! Avete delle idee? Vi aspetto al prossimo capitolo!
 
Inoltre vi auguro una buonissima e dolcissima serata e un buonissimo inizio di settimana.
Non appena il prossimo capitolo sarà pronto lo posterò, mi scuso per gli aggiornamenti non frequentissimi ma purtroppo non ho moltissimo tempo e cerco di fare tutto. In ogni caso appena sarà pronto lo saprete!
 
Vi abbraccio tutti tuttissimi.
Grazie ancora un’altra volta.
 
E.

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Capitolo 12
*** Vivere ***


INASPETTATAMENTE_ cap.12



Vivere – Capitolo 12

 

 

23 Gennaio.
 
Ore 14:02
 
 
V’s POV.
 
 
«Virginia pensi di calmarti?» chiede un’esasperata Rose sbucando dalla porta di camera mia.
Le sorrido, nego chiaramente l’evidenza scandendo un «Rose, sono calmissima.» e tentando di convincere soprattutto me stessa piuttosto che lei.
Sbuffa sonoramente dicendo «E io dovrei crederti?»
Annuisco con aria innocente.
«Sei una pessima bugiarda, tesoro.» mi rimprovera lei.
«Ma…» inizio a ribattere.
«Niente ma. Hai un appuntamento, uno di quelli seri e sei lì impalata in camera tua non sapendo più cosa inventarti per placare l’ansia. Prima ti sei perfino fatta una tisana al posto del solito caffè!» e niente mi sa che quella donna ha effettivamente ragione. Prosegue imperterrita con un «Ti ho preparato un bagno caldo. Vai, forza, rilassati. C’è tutto il tempo del mondo, tesoro.»
Ma ho il tempo anche per diventare bella per lui?
Eh no, per quello servirebbe una sorta di miracolo!
«Grazie mamma!» le dico con un sorriso. Ogni tanto è bello essere coccolate e calmate dalla propria madre.
«Forza! Ti ho messo anche gli oli essenziali!» aggiunge Rose.
La guardo fingendomi allarmata e scherzando le chiedo «Quelli che puzzano?»
«Ovviamente no, sciocchina, profumerai solo di te stessa!» Ok, prima o poi quella donna verrà psicoanalizzata da me. O forse è meglio di no. Anzi, no. Decisamente no. Non è possibile psicoanalizzare la propria madre. «Bambina vai in bagno ora che l’acqua è calda!» prosegue lei uscendo da camera mia con un super sorriso sul volto.
 
Poco dopo seguo il consiglio di mia madre ed entro in bagno, una fragranza di muschio bianco invade tutto il mio essere. Ha scelto un buon profumo per l’appuntamento. Oh, l’appuntamento. Basta quella semplice parola e un sorriso ebete mi spunta immediatamente sul viso.
Tolgo i pantaloni della tuta, felpa, maglietta e intimo e mi immergo in quell’acqua profumata e meravigliosa. Mi lascio coccolare e avvolgere da quella sensazione di tepore sul mio corpo.
Sì, ne avevo decisamente bisogno.
Ascoltare sempre, o meglio quasi, i consigli di Rose.
Devo ricordarmelo più spesso.
Sciolgo i capelli che erano racchiusi in uno chignon morbido e immergo anche la testa nell’acqua calda.
Svuoto la mente il più possibile e cerco di rilassarmi.
Cerco di far scivolare via tutto.
Piano piano, tutto l’affollamento che avevo in testa sparisce.
Rimane solo una persona.
Con il suo sorriso.
La sua gentilezza.
I suoi occhi così verdi.
Lui.
Solo Matteo.
E’ il primo ragazzo che dopo parecchio tempo sia riuscito e riesce a sorprendermi.
Non sto solo parlando da un punto di vista puramente di aspetto fisico, che devo ammettere è davvero molto notevole, ma anche e soprattutto dal suo modo di fare.
Il pomeriggio e il pranzo di due giorni fa con lui continuano a tornarmi in mente.
Immagini, gesti, profumi, parole…
E poi la telefonata e i messaggi su WhastApp.
Mi sembra che sia così diverso dagli altri.
Credo sia davvero un ragazzo speciale.
Riesce a farmi sentire una ragazzina che saltellerebbe in giro cantilenando «Io ho un appuntamento e tu no-o, io ho un appuntamento e tu no-o», il che è piuttosto preoccupante, ne sono pienamente consapevole. Ma è così, e c’è davvero poco da fare.
Virginia, non avevi detto a te stessa che non volevi aprire il cuore a nessuno?
Sì, però….
Però lui c’è riuscito.
E non ha fatto nulla.
E’ riuscito a forzare alcune catene che ora stanno cedendo lentamente.
E se ti illude e basta?
Ho pensato anche a questa eventualità e voglio chiarezze e un’assoluta trasparenza con lui, direi che di fraintendimenti ce ne sono stati abbastanza a lungo. Ok, non avrà più una fidanzata bionda che si chiama Monica, ma ha i suoi istinti, dopotutto è pur sempre un uomo! E dato che “andava a casa di tutte” potrei quasi scommettere che ha, come dire, delle amichette che possano provvedere ai suoi istinti quando e come vuole, sono certa che qualcuna la avrà sicuramente. E se invece non le ha e facesse sul serio con te? Oh cazzo. Allora sì che la faccenda si fa interessante. Nessuna fidanzata, niente amichette… Che sia in cerca di una ragazza con la R maiuscola? Virginia, come sempre il tuo cervello sta lavorando troppo di fantasia e corre in posti che non conosci neanche tu.
E quindi, durante l’appuntamento…
Oh sì, ecco, ho un appuntamento con Matteo, che non è più il ragazzo dagli occhi verdi che ho visto casualmente al mare, ora ho addirittura un appuntamento con lui.
Virginia, però, termina il discorso con te stessa, almeno quello.
Ecco, quindi durante l’appuntamento, con calma e senza affrettare i tempi gli chiedi se si frequenta con qualcuna.
Dopotutto inizialmente era un “caffè per farsi perdonare”, magari davvero mi vuole solo offrire un caffè. E “appuntamento” può benissimo essere inteso come appuntamento con la psicologa, che sarei io. Avrà davvero bisogno di un consulto e/o di un supporto psicologico?
Virginia, dai, smettila.
Accetta semplicemente il fatto che lui voglia uscire con te e come andrà Lo scopriremo solo vivendo” come dice la canzone di Battisti.
Ti metti pure a fare le citazioni?
Sì, tutti i cattivi pensieri sono andati via.
Ho un appuntamento con lui.
E sono particolarmente ispirata ed euforica.
E se l’appuntamento fosse una sorta di flop?
Non lo è stato il pranzo, il pomeriggio con lui e la telefonata…
Proprio l’appuntamento deve andare male?
Certo, spero vada bene, ma…
Alla fine non ne posso essere sicura al cento per cento.
Mai essere sicuri di qualcosa al cento per cento.
Anche perché poi arriva giusto quell’eccezione che ti fa cambiare idea.
Se sarà un totale disastro, evidentemente, era destino così.
Questo pomeriggio sarò me stessa.
Matteo conoscerà ancora una volta la vera Virginia.
Quella Virginia che conoscono le persone vere della mia vita: i miei veri amici, le mie vere amiche e soprattutto i miei familiari.
Virginia, vorresti aprirti totalmente con lui, vero?
Vorrei, sì.
Ma forse un po’ di paura rimane.
Un po’ di titubanza c’è, insomma, la paura di soffrire ancora non scompare così improvvisamente.
Anche perché, a me piacerebbe aprire il mio cuore a qualcuno, ma quel qualcuno se lo deve meritare.
Matteo, tu puoi?
Soprattutto, vuoi?
Oggi lasciati scoprire da me.
 
«Virginia, tesoro, io vado.» riemergo dalla vasca con la voce di mia mamma che proviene giusto dalla porta del bagno.
«Ciao mamma!» la saluto io.
«Dalla voce ti sento già più rilassata…» e ha ragione «...ma, torni per cena?»
«Ci sentiamo più tardi, Rose! Non so nulla per il pomeriggio!» ammetto.
«Uh, sorprese. Io le adoro!» dice ridendo Rose. «Ciao bambina, in bocca al lupo!»
«Crepi, ciao mamma!» le dico sorridendo e immergendomi ancora nella vasca.
 
Ormai l’idea di questo appuntamento è fissa nel mio cervello.
Nonostante sia cosciente che è un qualcosa di veramente reale, non mi sembra ancora vero. Lo percepisco come un qualcosa che non so come potrà andare, non so quello che farò, dove andrò… Se qualcuno dovesse chiedermi «Dove andrai alle quattro?» la mia risposta sarebbe un secchissimo e sincero «Non ne ho la minima idea!» perché davvero non lo so, e per quanto possa apprezzare questo genere di sorprese, sono comunque spaventata e un po’ a disagio.
Non so quello che mi aspetta.
So chi mi aspetta.
Matteo.
Non so cosa aspettarmi.
Da lui.
Da me.
Dall’appuntamento.
 
Per fortuna ieri sera, dopo la telefonata di Marco e prima di quella notturna di Cristian, mi sono ricordata di rispondere al suo WhastApp. Forse sono stata un po’ troppo audace con quel “Piazza Cavour, ore 16.00, ci sarò!” o forse anche fredda, ma mi sono trattenuta dall’aggiungere “Hai intenzione di rapirmi per il resto della giornata? Se così fosse, per me non c’è alcun problema”.
Mi sono sentita anche un pochino idiota, devo ammetterlo.
Cosa c’entra il rapimento con un appuntamento?
Assolutamente nulla.
Alla fine è “Solo un appuntamento”, giusto?
E allora perché l’idea mi fa venire una strana sensazione allo stomaco?
Perché questo appuntamento mi sembra così importante.
Perché è il primo appuntamento vero.
Per me e per lui.
Forse un po’ più per lui, se le sue storie, a detta di Marco, comprendevano il sesso e poi l’addio, le mie… Ammettilo Virginia, le tue tante volte arrivavano direttamente alla fase addio. Alcune, molto poche a dire la verità, avrebbero potuto comprendere anche il sesso ma: punto uno non avevo, né ho, intenzione di “regalare il mio corpo” a tutti quelli che passano, utilizzo questa citazione di Cristian per rendere l’idea. Punto due: il sesso, il coinvolgimento fisico, al primo appuntamento così subito, non piace. Mi sento in dovere di conoscere una persona prima di donargli una parte di me. Poi chiaramente, tutto è possibile nella vita e potrà accadere, ma al momento ho questa linea d’azione. Infine c’è anche un terzo punto che mi martella in testa già da un po’ ed è quello che mi piacerebbe davvero avere una storia vera.
Storia. Non storiella passeggera. Voglio innamorarmi, innamorarmi davvero di qualcuno che se lo meriti. Sono una completa romantica, disillusa a volte, ma lo sono. Ho voglia di regalare me stessa a qualcuno che farebbe di tutto per me.
 
Tornando al punto due.
Oh, il sesso.
Il sesso e Matteo.
Effettivamente con Matteo ci finirei a letto più che volentieri, dopotutto non è la prima volta che lo vedo.
Però, ammetto questo: ho intenzione di fare le cose fatte bene.
Virginia ti stai comportando come una sottospecie di femme fatale e tu non sei la classica ragazza sexy che tutti si mettono a guardare per le movenze, la camminata o il tono di voce.
Quindi smettila.
Non riusciresti ad essere sexy nemmeno se ti impegnassi.
Audace, sì.
Forse, per lo meno.
Sexy, uhm, no.
Virginia tu sei assolutamente una ragazza normale, anzi normalissima che sfiora la banalità.
Comunque, ogni ragazza normale e sana di mente entrerebbe più che volentieri nel letto di Matteo.
Lo farei anche io, senza pensarci due volte.
Ecco spiegata la semplicità dei suoi rapporti?
Per il suo essere irresistibile?
Forse.
Ok, le posso capire, molto bene.
Forse lui non si è mai posto il problema, da quanto posso dedurre da Marco forse, e ripeto forse, non si è mai innamorato.
Forse non voleva avere una relazione stabile con le sue compagne di letto?
Magari glielo chiedo.
Sì, e ci fai pure una bella figura di merda.
Smettila su.
Smettila anche di fare congetture e pianificazioni varie su un appuntamento in cui ti sei fidata ciecamente di lui.
Smettila anche di stare a mollo nella vasca, non sei un pesciolino e ti devi preparare, non puoi stare tutto il pomeriggio qui.
No? Non posso?
Devi andare a un appuntamento.
E’ da troppo tempo che non vado a un appuntamento.
Un appuntamento che ti cambierà la vita, forse.
Forse, con calma.
O forse la tua teoria del “maschio pseudo principe azzurro super hot inesistente” verrà ancora una volta riconfermata.
Questa volta però, c’è da dire un qualcosa di positivo su di lui ed è che mi ha già sorpreso, non solo una volta, quindi si aggiungono punti in più a lui. Oltre ad essere bello da far impazzire chiunque e dolcissimo. In aggiunta tu, cara Virginia, non sai cosa aspettarti da lui, e quindi, è tutto a suo favore. Merda.
Basta pensare.
Devo prepararmi.
Basta elucubrazioni mentali.
Virginia, preparati, diventa carina per quanto ti sia possibile e poi…
Il resto “Lo scopriremo solo vivendo”, giusto?
Oh sì.
E ho tutta l’intenzione di viverlo nella sua totalità questo appuntamento.
Con i suoi aspetti positivi e negativi.
 
Vivere.
E’ questo quello che farò durante l’appuntamento.
 
 
Ore 14:05
 
M’s POV.
 
 
Mh, magari uccido Stella.
Toglitelo dalla testa Matteo, non puoi uccidere tua sorella.
La tua dolcissima e carinissima sorella.
Però magari la uccido.
O forse mi uccido io.
Non posso essere preso dall’ansia perché non ho idee sul pomeriggio.
Non so dove portare Virginia.
Non so dove fare l’appuntamento.
Non so cosa fare all’appuntamento.
Non so fare un appuntamento.
Non so nulla.
E’ mai possibile?
Un ragazzo di quasi venticinque anni non sa dove portare una meravigliosa ragazza per un appuntamento.
Forse perché tu non hai mai avuto un appuntamento?
Come no?
A quindici anni ho portato fuori una mia compagna di classe…
Matteo, sii serio per favore.
Ok, lo ammetto.
E’ da una vita che non ho un appuntamento serio.
Ecco perché ho proposto come orario le quattro del pomeriggio.
Perché l’avrei invitata volentieri a cena ma… Ecco quello lo voglio riservare per un prossimo appuntamento con lei, per quello ho già in mente tutto.
Chiaramente anche il dopo cena a casa mia.
Per quello i sogni hanno aiutato molto.
Matteo ti sembra il momento adatto per immaginarti Virginia nuda tra le tue braccia?
Bhe sì, ad essere molto sincero.
Sembra così giusto.
E nei sogni è davvero piacevole.
Dal vivo deve essere...
Cazzo.
Bhe, dal vivo, dev’essere davvero un qualcosa di straordinario.
Matteo riprenditi, stai sorridendo come un idiota all’aria da circa dieci minuti.
E sei nel piazzale di un liceo classico ad aspettare tua sorella.
Esce da scuola e la uccido.
L’idea è allettante.
Ma…
La porterò solo a pranzo e pagherà lei.
Perché deve espiare le sue “colpe”.
Tanto alla fine so già che pagherò io, sono molto protettivo nei suoi confronti e non posso far pagare mia sorella liceale.
Non è colpa sua se ieri pomeriggio è uscita con le sue amiche e alla sera doveva studiare con me. Ed è chiaramente tornata tardi senza avvisare, così io sono stato alzato fino a tardi per interrogarla. Ecco perché per frasi perdonare mi ha proposto «Un pranzo, Matte! Ti aiuto a mettere il cuore in pace senza ansia da appuntamento e a rifinire le ultime cose. Potrei stupirti con effetti speciali. Andata?» Mi ha comprato con poco e io ho decisamente ceduto, del resto, come potevo dirle di no?
Mia sorella aveva già il chiaro sentore che sarei stato in panico per un semplice, che non tanto “semplice” non è quando vuoi fare bella impressione, appuntamento. Inoltre lei sa che è la prima volta che chiedo il suo consiglio per un appuntamento, forse perché prima non mi importava più di tanto.
Proprio perché è il mio primo appuntamento non potevo di certo esordire con un «Ehy baby, domani vengo a casa tua.»
Non posso farlo.
E’ contro natura.
E’ contro l’entità che rappresenta Virginia.
Con le altre ragazze le parole non sono state proprio quelle perché alla fine mi chiedevano di “Andarle a trovare” o “Passare per un salutino veloce”, quindi era decisamente più semplice. Gli appuntamenti sono stati davvero sporadici, l’unica con cui andavo a pranzo era Monica, credo che i pranzi con lei siano stati tre in totale.
Dio mio, sembro davvero un latin lover.
Alla fine di ragazze “di letto” ce ne sono state parecchie ma…
Virginia non è così.
Non può essere così.
Non voglio che sia così.
Voglio un coinvolgimento fisico con lei, e lo voglio davvero, la desidero davvero molto ma prima, prima voglio conoscerla, sento proprio la necessità di conoscerla a fondo prima di passare allo step successivo.
Voglio conoscerla anima e corpo.
Voglio che con lei sia speciale.
Perché lei è speciale.
Voglio che lei conosca quel Matteo che conosce Stella, quel Matteo che non ho permesso a nessuna delle altre di conoscere.
Perché?
Me lo dice il mio istinto.
Me l’ha detto la prima volta che l’ho vista in quella discoteca e ne ho avuto la certezza durante lo scontro, il pranzo, il pomeriggio e la telefonata.
Sì, lei è speciale.
E fa sentire me speciale.
Sei pirla Matteo, te ne rendi conto?
Sì.
Sei pienamente consapevole che sta uscendo quel lato romantico in te che non sapevi neanche di avere?
Purtroppo, o per fortuna, è così.
 
«Matte!» sento la voce di mia sorella in lontananza, mi volto verso la fonte del richiamo e le sorrido.
Prima di girarsi verso il gruppetto di sue amiche alza il dito di una mano e mima con le labbra «Un attimo e arrivo» e annuisco silenziosamente.
Mentre aspetto Stellina sento dei mormorii alle mie spalle di ragazze che passano accanto a me, acutizzo l’udito solo perché sono estremamente curioso.
«Ma quello chi è?»
«Il nuovo ragazzo di Stella?»
«Però, è così figo!»
«Sssh, guarda che ti sente!»
«Ma Stella non stava con Diego?»
Attenzione, chi è Diego? Dopo faccio un bel terzo grado a mia sorella.
«Mmm, ma quel bocconcino succulento chi è?»
Mi hanno davvero dato del bocconcino succulento?
Stanno scherzando, vero?
«Matteo, fratello di Stella. Possibile che in quella famiglia siano tutti usciti bene?”»
Oddio ma quante sono?
Quanto parlano?
Mi sento come Mel Gibson in “What Women Want”.
Eppure non ho preso nessuna scossa.
«Ha proprio un bel culo!»
Non ci credo.
C’è per caso nascosto Marco da qualche parte?
Stella muoviti, ti prego.
Ok gli apprezzamenti, fanno bene e servono a tirare su l’autostima vista la giornata, ma così inizio ad esserne inquietato.
Non credevo potesse mai accadere una cosa del genere.
Lo ammetto.
Voglio capire se anche Stella fa degli apprezzamenti del genere sui nuovi personaggi” che appaiono nel piazzale del liceo.
E poi, chi sarebbe Diego?
 
«Eccomi Matte!» si avvicina, si alza sulle punte degli stivali e mi dà un bacio sulla guancia.
«Ciao Stellina, per fortuna ci hai messo poco!» le dico con un mezzo sorriso di sollievo.
«Stavano commentando pesantemente, vero?» chiede chiaramente divertita.
«Eh già!» ammetto.
«Dovresti venire più spesso a prendermi, sai?» scherza dandomi una finta spinta.
«Appena sono in carenza d’autostima vengo, fidati!» le dico sorridendo.
Sgrana gli occhi e dice «No, davvero? Ti sei anche tagliato i capelli!»
«Sì, li ho accorciati.» ammetto in imbarazzo.
«Bhe, fratello, lasciatelo dire, stai proprio bene!» risponde.
«Smettila su! Andiamo o hai intenzione di farmi arrivare tardi all’appuntamento?»
«L’appuntamento: una questione di vita e/o di morte. Dov’è la macchina?» chiede curiosa.
«L’ho parcheggiata nella via in fondo.»
«Quindi hai intenzione di portarla a fare un giro in macchina?» le si sono appena illuminati gli occhi? Intanto iniziamo a camminare in direzione del parcheggio.
«A dire la verità non lo so, non ne ho idea. Di certo non un giro in macchina al pomeriggio.» dico certo della cosa.
«Benissimo. Hai fatto bene a prendere la macchina, sai? Almeno se fate tardi la puoi accompagnare a casa.» commenta tutta emozionata quasi saltellando.
Già, ci avevo pensato anche io. Decisamente meglio l’opzione macchina rispetto all’opzione mezzi pubblici. Così potrei addirittura scoprire dove abita.
«Vedremo che cosa accadrà.» dico io con un mezzo sorriso.
«Vedremo proprio nulla, io non vedrò nulla! Quando hai intenzione di portarla a casa?» chiede lei mettendo quasi il broncio.
«Stellina, è il primo appuntamento e tu vuoi che io la porti a casa?»
«Sì, mamma sarebbe contenta di vederti con qualcuna a casa!»
«Povera ragazza se la porto al cospetto di mamma al primo appuntamento!» e rido.
«Tanto lo farai…» cantilena lei.
«Sai, non è detto che vada così bene!» No, ma ci spero.
«Voglio vedere chi oserebbe far andare male un appuntamento con te.»
«Sei troppo fiduciosa!» siamo arrivati alla macchina, la apro e dico a Stella prima di entrare nella vettura «Sali dai, ho in mente un posticino molto carino.»
Apre la portiera e mi raggiunge chiedendo «Pizza o piadina?»
«Cosa preferisci?» chiedo io.
«Piadina! Matte, mi porti a mangiare quella piadina buonissima?»
«Direi di sì!»
«Sei il fratello più bravo del mondo!» sta facendo la ruffiana?
«Tanto paghi tu!» le dico ridendo.
«Me lo merito, sarei potuta rientrare prima a casa…» dice con aria triste.
«Non ti preoccupare Stellina. Io in mente qualcosa ce l’ho già, anche se ho paura che l’idea sia orrenda.» ammetto.
«Tu non hai mai idee orrende! Matteo, basta che fai vedere il vero te stesso ed è fatta! Crollerà ai tuoi piedi!» dice lei convinta.
«Mi fai quasi paura!» le dico.
«No, sei tu che devi essere più determinato. La vuoi?» chiede.
Annuisco.
«Bene, allora devi conquistarla, come se fosse uno stato del Risiko!» continua lei.
«Stai davvero paragonando Virginia alla Kamchatka?» chiedo incredulo.
«Ovviamente no, però, il tuo obiettivo deve essere quello della conquista suprema del mondo!»
Ora sì, mi fa davvero paura.
«Ci proverò…» ed è quello che farò.
«Bravo Matte!» risponde con un sorriso soddisfatto.
«Siamo arrivati! Parcheggio e poi finalmente si mangia!» comunico sorridendo a mia sorella.
 
«Allora, è buona?» chiedo a mia sorella che sta praticamente divorando la sua piadina.
«Oh sì, deliziosa. Tu, fratello, conosci i posti giusti.» risponde lei con un sorriso.
«Ovviamente.» dico con finta modestia addentando la mia piadina.
«Ora parliamo di Virginia, dell’appuntamento e di tutto!» mi comunica lei.
Certo, sì, ne parlerò con lei, ma prima…
«Stellina, aspetta un attimo…»
«Cosa?» chiede lei.
«Senti, ma chi è Diego?» chiedo curioso.
«Nessuno…»
«Mh, ci credo poco, sputa il rospo!»
«No, davvero! Non c’è nessun Diego, almeno non nella mia vita.» ha un’aria innocente quando lo dice.
«E allora perché le tue compagne di scuola hanno detto qualcosa a tal proposito?»
«Allora, Diego è quello che è innamorato perso di Elisa! La mia compagna di classe!»
«E allora perché loro credevano che tu stessi con lui?» Le sto facendo il terzo il grado? Amen. Voglio sapere se questo qua ha iniziato a gironzolare intorno a mia sorella.
«Perché settimana scorsa c’era lui che mi aspettava fuori da scuola e lui va a scuola qui vicino. Poi, abbiamo stabilito un piano d’attacco per lui ed Elisa! Infatti domani sera escono insieme! Non sono una piccola Cupida?»
«Mh, quindi non è uscito con te?»
«Matte, no. Sono libera e felice e attendo con ansia il principe sul cavallo bianco.»
«Prima di uscire con te dovrà passare sotto le mie grinfie, lo sai?»
«E la stessa cosa dovrebbe fare Virginia con me… Anche se mi sembra molto tenerezza. Senti, non è che la posso conoscere oggi?»
«No.» ribadisco.
«Ma dai, non è giusto!» cantilena lei.
«Stellina, la vita è ingiusta. Se andrà tutto bene, la potrai conoscere!»
«Quindi vedi di far andare bene l’appuntamento. Falla innamorare di te!» mi comunica lei decisa.
«Ci proverò Stellina…»
 
Ci proverò davvero tanto.
 
 
Ore 15:58
 
V’s POV.
 
 
Ok, ci siamo.
Ci siamo per davvero.
Non sono in ritardo.
Sono puntualissima.
Sono anche in anticipo.
Guardo l’orologio.
Di ben due minuti.
Non saranno moltissimi, ma almeno non sono in ritardo.
E spero che anche lui non lo sia.
Se no partiamo già male.
Virginia, stampati un sorriso sul viso.
Stai andando a un appuntamento, non al patibolo.
Ecco appunto.
Sorridi.
Prendo un respiro profondo.
Abbasso le spalle.
Sciolgo tutti i muscoli vicino al collo.
Rilasso i muscoli della faccia.
Sorrido.
 
Il mio sorriso si allarga naturalmente ancora di più quando lo vedo.
Lui.
Matteo.
Appoggiato a un muro di piazza Cavour.
Con lo sguardo rivolto verso il basso.
Matteo.
Lui.
Allora non è in ritardo.
No, non lo è.
Ed è lì per te, Virginia.
Per me?
Sì.
Allora è venuto davvero.
Dubitavi che ti avesse fatto uno scherzo?
Sì.
Lui.
Matteo.
Lo guardo meglio.
Sì è anche tagliato i capelli.
Per me?
Scordatelo Virginia.
Sembra, teso?
Sembra rigido, appoggiato al muro, non sorride.
Tesa come sei tu, Virginia?
No, io non sono tesa.
Ma ogni passo che compio per raggiungere lui, il cuore accelera.
Matteo.
Lui.
Ed aspetta te, Virginia.
Non ti ha vista?
No, non ancora.
Continua a guardare verso il basso.
Merda.
Devo smettere di pensare.
Ti ha vista.
I suoi meravigliosi occhi verdi sono puntati verso di me.
E sorride.
Merda.
Non può sorridere così.
Che qualcuno lo denunci.
Non può sorridere e farmi dimenticare dove sono, cosa sono, dove sto andando.
Quello lo sai.
Stai andando verso di lui.
Come minimo ora scivolo, cado, mi faccio del male serio.
I battiti accelerano.
Le guance diventano più rosse.
Il cuore sembra impazzito.
Respira, Virginia, respira.
Vado verso di lui.
Lo raggiungo.
Lo devo raggiungere.
E lui continua a sorridere.
Dio, non puoi fare così.
Sono già da lui.
Come ho fatto?
Lui si è avvicinato.
Ecco spiegato tutto.
 
Prima che i miei neuroni si cerchino e facciano qualche sinapsi collegando il tutto, Matteo è vicino a me, davanti a me e prende la parola.
«Ciao Virginia.» lui però non può dire il mio nome in quel modo.
«Ciao Matteo.» gli rispondo sorridendo.
Le mie guance sono totalmente rosse.
Merda.
Anzi, merdissima.
«Sei in perfetto orario!» dice lui guardando l’orologio che ha al suo polso spostando il giubbotto.
Mai perfetto quanto lo sei tu Matteo.
Virginia stai zitta.
«Avevo scritto che alle quattro ci sarei stata, ed eccomi qui!» dico io.
Ecco che la Fiera dell’Ovvietà ha inizio.
Virginia, potevi rispondere meglio, no?
«Allora dimmi, dove preferiresti andare?» dice sorridendo Matteo.
Puoi smettere di sorridere?
Grazie.
Altrimenti i miei neuroni non lavorano correttamente.
«Credevo avessi un programma… O un qualcosa di simile!» ammetto il più sinceramente possibile senza calibrare le parole.
«Infatti ce l’ho! Ma volevo che tu scegliessi dove andare per prima. Magari avevi qualcosa da fare qui in centro. Così non ho stabilito un vero e proprio programma stile gita turistica.» mi risponde lui tutto d’un fiato.
E’ imbarazzato?
E’ imbarazzato e ha un’immensa ragione.
Volevi davvero che avesse programmato ogni piccolo detaglio?
Oh, no.
Così è decisamente meglio.
Me lo sposo questo ragazzo.
Sì, nei tuoi sogni Virginia.
Nei miei sogni fa altro.
E lo fa molto bene.
Virginia non ora.
«Uh…» sono sorpresa. «Molto… Carino da parte tua, grazie.» guance non diventate rosse ora.
«Attendo signorina, dove vogliamo andare?» dice sorridendo e allargando il braccio flesso nella mia direzione.
Oh cazzo.
Mi vuole portare sotto braccio?
Battiti rallentate ora.
Dopotutto è un appuntamento.
E come inizio è…
Sti cazzi.
E’ meraviglioso!
«Facciamo una passeggiata dai, qualcosa da fare la troveremo…» rispondo a Matteo aggrappandomi al suo braccio.
 
Mi sento al sicuro.
Merda.
Molto al sicuro.
Matteo.
Dio mio.
Come puoi essere così perfetto?
Puoi.
Eccome se puoi.
Ho deciso.
Matteo, ho deciso di scommettere su di te.
Sto scommettendo molto, però, ti prego di non fare solo una cosa.
Un’unica cosa.
Non farmi pentire delle mie scelte.
“Lui non lo farà” dice una piccola voce dentro di me.
Speriamo.
Lo spero davvero tanto.
“Lo scopriremo solo vivendo…”
 
Viviti questo appuntamento, Virginia, vivitelo davvero.
 
 
 
**
 
Buona sera e ben trovati carissime lettrici di “Inaspettatamente” aka “Schiffy”. Siamo giunti al dodicesimo capitolo. Chiedo perdono per il ritardo nell’editing ma ultimamente la vita vera prende il sopravvento e non riesco a trovare la tranquillità adatta e soprattutto il tempo per fare tutto.
 
Parliamo di cose riguardanti questo capitolo e quindi “Dov’è l’appuntamento?”. Ebbene sì, non ci sono ancora arrivata a questo appuntamento. Ho preferito spiegare e raccontare dell’ansia ansiosa di Virginia, delle sue domande, delle sue insicurezze, della sua preparazione all’appuntamento. Ho preferito così perché era come se mi mancasse qualcosa nella storia. Non potevo passare direttamente dalla fine della telefonata con Cristian all’appuntamento. Ripeto, spero che vi sia piaciuto in ogni modo. Parlando poi del POV di Matteo, ecco. Mi sono divertita come una pazza a scriverlo! In questo capitolo sono comparse di nuovo Rose e Stella e devo ammettere che sono due personaggi che mi piacciono molto. Costituiscono un supporto grande per Virginia e per Matteo, quindi mi sembrava giusto farle comparire. Un’altra cosa è che in questo capitolo, come nell’undicesimo, non compare la musica… Ma tornerà presto, ve l’assicuro!
 
Vi volevo ringraziare infinitamente per leggere Schiffy e per aver letto questo dodicesimo capitolo.
State accompagnando Virginia e Matteo nel loro viaggio e spero che vi abbiano fatto sorridere ed emozionare come fanno fare a me sempre... Mi fanno inzuccherare il cuoricino, anche quello.
 
Grazie davvero.
Grazie a te che leggi.
(Te, si, ogni te che in questo momento ti stai chiedendo se sto parlando con te. La risposta è sì! Tu, tu tu e ancora tu! Tu significa ogni persona che legge, quindi grazie. Grazie a te.)
 
Vi abbraccio forte tutti.
Grazie ancora.
 
E

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Capitolo 13
*** Look After You ***


INASPETTATAMENTE_ cap.13



Look After You – Capitolo 13

 

 

23 Gennaio.
 
Ore 15:48
 
 
M’s POV.
 
 
«Allora la porti a cena?» chiede per l’ennesima volta mia sorella.
«Stellina, smettila. Me l’hai già chiesto prima.» dico quasi esasperato.
«Sì, ma io verrei a cena con te se avessimo un appuntamento!» ribadisce lei.
«Sì, ma tu non sei lei.» ribatto io.
«Questa non è una risposta.» sta diventando petulante, lei e la sua vocina dolce.
«Stella, la porterei più che volentieri a cena ma è troppo presto!» le dico per l’ennesima volta.
«Tu e i tuoi bla bla bla, la portavi direttamente a cena e basta! Anzi, portala, dai!»
«La prossima volta, sempre se ci sarà una prossima volta.» dico il più tranquillo possibile.
«E allora dove la porti?» chiede ancora una volta. Un martello pneumatico è meno insistente. Io la uccido se continua in questo modo.
«Credo di avertelo già detto.» rispondo piuttosto contrito.
«Matteo, è una sottospecie di appuntamento tra due ragazzi con più di vent’anni o di due bambini dell’asilo?»
Niente, io allora la uccido, ok?
«Stella ti ho già spiegato che...» inizio.
«Sì, che vuoi fare tutte le cose con calma almeno per una volta nella vita. Evviva.» dice con aria quasi di sfida.
«Brava, vedo che hai finalmente capito!» sospiro sollevato.
«Fossi in te, comunque, la porterei lo stesso a cena.» niente, è definitivo, a breve la dipartita della mia adorata sorella.
«Mi piacerebbe, lo sai. Ma non so come andrà questo pomeriggio…» cerco di giustificarmi.
«Oooh, attenzione attenzione, il signorino Matteo inizia ad essere agitato!» osserva lei con aria stupita.
«Sì, Stella. Sì.» che altro potrei dire se non ammettere?
«Non l’avevo notato, sai?» conclude lei con un’aria furbissima sul volto.
«Smettila di prendermi in giro, Stellina!» dico sorridendo.
«Sciolgo le tue tensioni in questo modo, caro fratello, è l’unico modo in cui riesco.»
«Sì, certo. Facendomi esasperare, grazie, cara sorella.»
«Ah, cosa fareste voi uomini senza noi donne!» sospira lei.
«Vivremmo più calmi?» rispondo io improvvisamente.
«Ok, ma senti, a proposito di essere calmi. Sono le quattro meno pochi minuti, pensi di andare all’appuntamento o preferisci rimanere in macchina con me?» brava sorella che ricorda gli orari.
«Giusto, credo che allora, andrò. Tanto ci metto cinque minuti.» le comunico.
«Ok, vai e torna vittorioso. Ci vediamo dopo se non fai troppo tardi…» dice lei con un sorriso furbastro lanciandomi il giubbotto.
«Buon pomeriggio, Stellina.»
«Buon pomeriggio a te!» dice lei chiaramente enfatizzando il “te” e chiudendo la porta di casa nostra praticamente in faccia.
 
Sì. Magari la uccido prima o poi.
No, non è vero, non potrei mai.
Sorrido a me stesso, apro la macchina, la accendo, metto la prima e parto.
Direzione piazza Cavour.
 
Ore 15:56
 
 
Sono in anticipo, o meglio direi in perfetto orario.
Stranamente ho trovato subito parcheggio qui vicino.
Chissà lei com’è arrivata fin qui.
Magari dopo glielo chiedo.
Se magari ha preso i mezzi poi la dovrei accompagnare a casa.
Oh no, un vero peccato…
Accompagnare a casa lei dopo un appuntamento.
Il nostro primo appuntamento.
La porterei a casa sua, accompagnerei qualcuno a casa e non scapperei da casa di qualcuno.
Sarebbe un ottimo progresso rispetto al solito “va bene, addio, scappo dal tuo letto e non ci vedremo mai più”.
Ormai sono totalmente rincoglionito, lo so.
Lei mi ha rincoglionito.
Merda.
Dovrei rilassarmi un po’.
Come faccio a rilassarmi appoggiato a un muro?
Inizio a rilasciare i muscoli tesi della mandibola.
Sono teso?
Matteo sei davvero così teso per un appuntamento?
Sì, dopotutto è il mio primo appuntamento.
Ho tutto il diritto di essere un po’ contratto.
Matteo, in ogni caso sei un pirla.
Sei arrivato in perfetto orario, quasi in anticipo e ti aspetti che lei, donna, sia in orario?
Generalmente Monica mi faceva aspettare un minimo quindici minuti prima di inviare un messaggio su WhtasApp con un “Amoruccio mio sono in ritardo!! Perdonamiii!!!”.
Virginia magari è una persona puntuale che in orario, anzi in perfetto orario.
Chissà. Magari.
Oggi ho avuto il terrore di vedere apparire sullo smartphone delle notifiche. Soprattutto notifiche di WhatsApp.
Magari non viene.
Magari non vuole uscire con me.
Merda.
Magari la mia unica possibilità è sfumata…
O forse no?
Oh, cazzo.
No.
Assolutamente no.
Il mio sguardo si incatena al suo.
Ai suoi meravigliosi occhi scuri.
I muscoli del mio viso si detengono automaticamente e si aprono in un sorriso.
E’ lì.
Sta venendo verso di me.
E’ davvero in orario.
E’ davvero venuta.
Oh cazzo.
Abbiamo un appuntamento vero!
Credo di avere un perfetto sorriso da ebete stampato sulla faccia.
Chi mi vede dall’esterno può benissimo pensare che sono un perfetto idiota.
Cosa che sei, effettivamente, Matteo.
Avvicinati a lei.
Passo dopo passo, il mio respiro si accorcia.
Si fa più affannoso.
Il cuore accelera…
Credevo che queste cose succedessero solo grazie all’attività fisica.
Ah sì, soprattutto grazie a del buon sesso.
Non andando incontro a Virginia in una piazza piena di persone.
Patetico Matteo, ecco cosa sei.
Sono a due passi da lei.
Due miseri e insignificanti passi da Virginia.
La voglia di avventarmi su quelle meravigliose labbra carnose è decisamente eccessiva.
Matteo non puoi farlo, non ora.
Come no?
Posso prenderla, portarla in macchina e…
Oh sì.
Potrei.
Matteo stai tranquillo, ora.
Come posso stare tranquillo con una visione di questo genere?
Ha un cappottino nero che le sta d’incanto, dei jeans scuri e scarpe nere.
Da quanto ti intendi di abbigliamento Matteo? O meglio, da quando ci fai caso?
Da quando ho una sorella e amici gay.
Dettagli.
Oh sì.
Sono vicino a lei.
Non le ho lasciato gli occhi un secondo.
Anzi.
Forse sì.
Quando le ho guardato le labbra.
Ed è ancora più bella di quanto ricordassi.
 
Ok Matteo, fai l’uomo e prendi in mano la situazione.
Parlale.
Ma voglio baciarla.
No, quello, dopo.
Parlale e basta.
Dì qualcosa.
 
«Ciao Virginia.»
Dio mio, quanto sei bella?
«Ciao Matteo.» e sorride. Un meraviglioso sorriso le rende il viso ancora più bello e luminoso. In aggiunta le sue guance sono diventate più rosee.
Matteo, sembri davvero un idiota a notare anche le più piccole cose.
Ora puoi dire qualcosa d’intelligente.
Do un’occhiata all’orologio «Sei in perfetto orario!»
Che astuta osservazione Matteo!
La prossima domanda potrebbe addirittura essere: Hai visto che bel sole che c’è?
«Avevo scritto che alle quattro ci sarei stata, ed eccomi qui!»
Eccoti qui sì. Potrei iniziare a saltellare in questo preciso momento ma ringrazio caldamente i miei motoneuroni che non inviano stimoli e rimango fermo.
Una figura di merda in meno, almeno quello.
«Allora dimmi, dove preferiresti andare?» le chiedo con un bel sorriso ebete in viso.
«Credevo avessi un programma…» cazzo cazzo cazzo «O un qualcosa di simile!»
Sì, certo. Il programma ce l’ho molto chiaro in testa. Ma come faccio a dirle che la voglio portare a casa mia e passare delle ore intere a baciare le sue meravigliose labbra?
Ok sì.
Ho vagliato tutte le ipotesi e ho deciso di non avere un programma dettagliato. Perché non volevo che fosse una visita turistica, volevo semplicemente fare un giro con lei.
«Infatti ce l’ho! Ma volevo che tu scegliessi dove andare per prima. Magari avevi qualcosa da fare qui in centro. Così non ho stabilito un vero e proprio programma stile gita turistica.» l’ho detto tutto d’un fiato e sono imbarazzato come non mai.
Odio programmare certe cose perché poi non vanno mai come ti aspetti tu.
La guardo negli occhi e vedo che è sorpresa.
O per lo meno a me sembra.
«Uh… Molto… Carino da parte tua, grazie.»
Mi ringrazia per non aver fatto un programma?
Io dovrei ringraziare lei per essere qui.
Soprattutto perché lei è qui con me.
Ora è il momento di alleggerire la tensione.
«Attendo signorina, dove vogliamo andare?» le dico sorridendo e allargando un braccio piegato verso di lei.
Merda, sono abituato con Stella a fare così.
Mi è venuto spontaneo.
Bene, sono totalmente fottuto e mio agio con lei. Contemporaneamente. Ma oserei dire quasi più fottuto che altro. Che è una cosa negativa perché lei potrebbe fare del male a me conoscendo quella parte da “non macho”. Ora come minimo mi tira un pugno o scappa via correndo.
Invece no.
Questa ragazza riesce sempre a smentirmi.
Si avvicina, prende il mio braccio e lo avvolge al suo e dice «Facciamo una passeggiata dai, qualcosa da fare la troveremo…»
Parliamone, dai.
Come fa ad essere così?
L’ha detto con una dolcezza disarmante.
Ma la presa che ha sul mio avambraccio non è molle, è ben salda e sicura.
Lei è una ragazza dal carattere forte.
E’ forte ma anche dolce.
Questa ragazza mi farà impazzire.
Come minimo.
 
«Davvero credevi avessi fatto un programma stile evento?» chiedo quasi scioccato dopo più di un’ora che passeggiamo, vagando per il centro della città.
Lei è rimasta attaccata al mio braccio tutto il tempo.
Camminiamo con calma, senza fretta, guardiamo le vetrine e le commentiamo.
Ha dei gusti molto simili a quelli di Stella.
Credo che potrebbero andare molto d’accordo.
Matteo ti rendi conto che è la prima volta che vorresti far conoscere una tua “amica” a tua sorella?
Dettagli.
Solo piccoli e insignificanti dettagli.
Abbiamo parlato tanto, tantissimo a dire la verità.
Di Marco, di Alessandro, dell’università, degli esami imminenti.
Abbiamo parlato tranquillamente di ogni cosa.
Inizialmente c’è stato un po’ di imbarazzo, come è normale che sia, ma davvero per poco tempo.
Tra una risata e l’altra è passato tutto.
Lei è meravigliosa.
Ride.
Scherza.
E’ addirittura autoironica!
A Stella piacerebbe molto.
Molto, come piace a me.
 
Torno alla realtà con la sua risposta «Sai generalmente non vado a molti appuntamenti pomeridiani…»
«E’ un sì, quindi?» le chiedo.
«Credevo avessi almeno qualcosa in mente!»
Oh sì. Qualcosa in mente ce l’ho.
Ma è senza alcun dubbio meglio metterlo in pratica.
Cambio discorso che è meglio.
«Quindi, generalmente, vai ad appuntamenti dove tutto è programmato?» le chiedo curioso.
«No, ecco, in realtà era da molto che non uscivo con qualcuno…» sussurra lei un po’ imbarazzata.
Perché questa notizia mi rende felice?
Bentornato sorriso ebete sulla mia faccia, era da circa mezzo minuto che non sbucavi fuori.
«Guarda, se ti tranquillizza saperlo, questo…»” glielo dico? Sì, dai, ho fatto trenta, faccio anche trentuno. «Questo è il mio primo appuntamento.» affermo serio e deciso.
Lei inizia a ridere. Una risata cristallina e piacevole come una brezza fresca durante una calda sera d’estate.
«E io dovrei crederti, Matteo?» chiede lei ancora ridendo.
«Perché? Non sono credibile?» dico io allarmato.
«Ma assolutamente no! Non ci credo che non hai mai avuto un appuntamento!»
«Bhe, uno così, no. Erano altri gli appuntamenti a cui andavo. Ma non si possono chiamare così.» ammetto sorridendo anche se non so bene se si capisce quello che voglio dire.
«Facciamo così, ora tranquillizzo io, te. Non sei il solo che è al primo appuntamento pomeridiano…»
Dio mio, ora vorrei baciarla.
E lo vorrei davvero.
Vorrei unire le sue labbra alle mie.
Ora.
Perdermi in quelle labbra.
Occhi negli occhi.
Respiro nel respiro.
Corpo nel corpo.
 
Matteo, lo sai che sei vicino alla creperia, non puoi pensare a fare l’amore con lei ora.
Ah, no?
Ci penso dopo, allora.
Mentre ci avviciniamo al negozio il mio stomaco brontola sonoramente e lei se ne accorge.
«Hai fame?» chiede sorridendo.
«Sì, si era sentito? Lì poi fanno delle ottime crepes.»
«Andata, ho fame anche io!»
Semplice, diretta e le piacciono le crepes.
Io me la sposo.
Altro che mangiare l’insalatina o niente dolci.
La guardo e ormai siamo arrivati.
«Entriamo?» le chiedo.
«Mh mh» risponde lei annuendo.
Apro la porta e toglie il braccio da sotto il mio.
Non poteva mangiare la crepes sotto al mio braccio?
Anche sopra, non c’è problema.
Volevo solo che rimanesse vicino a me.
Ok, sì. Devo entrare anche io nel negozio.
La guardo e chiedo «Ci sediamo, ti va?»
«Sì, se non devi tornare a casa subito…» accenna lei.
E’ forse pazza? Sta scherzando? Io a casa non ci torno.
«No no, scegli tu il posto che preferisci!»
 
Le crepes, entrambe alla Nutella, sono arrivate da poco.
E’ un piacere vedere Virginia mangiare.
E’ puro piacere vedere quelle labbra che si muovono.
Ora, oltre ai suoi occhi, le sue labbra mi fanno morire.
«Ti piace?» le chiedo.
«Sì, è buonissima! Spero solo di non fare qualche danno tirandomela addosso…» ammette lei sorridendo.
Torniamo a mangiare, e dopo un po’ la sento canticchiare a bocca chiusa.
«Ti piace?» mi chiede lei andando avanti a canticchiare.
Annuisco e presto più attenzione alla musica che c’è come sottofondo nel negozio.
 
It's always have and never hold 
You've begun to feel like home 
What's mine is yours to leave or take 
What's mine is yours to make your own 

Oh, oh 
Be my baby 
Ohhhhh 
Oh, oh 
Be my baby 
I'll look after you 
 
La guardo negli occhi all’ultimo “I’ll look after you” e le sue guance diventano più rosse.
Credo che a volte, le parole non dette, ma canticchiate a bocca chiusa a volte valgano molto di più di intere frasi inutili.
Virginia se me lo permetterai, mi prenderò cura di te.
Così come non ho mai fatto con nessun’altra.
 
 
V’s POV.
 
 
Credo di non averci mai messo così tanto in tutta la mia vita a mangiare una maledetta crepes alla Nutella.
Mi sono persa ripetutamente nei discorsi e negli occhi verdi di Matteo.
Mi sono anche persa ad ascoltare quella canzone.
Merda.
E non mi sono mai trovata così bene con un essere maschile che non fosse omosessuale.
Oh cazzo.
Magari lo è.
Ok, devo riuscire a scoprirlo.
Usciti dal negozio delle crepes mi sono rifugiata ancora sotto il suo braccio.
Vicino a lui.
Mi sento davvero protetta vicino a lui.
 
«Tornando al discorso appuntamento programmato…» inizia lui tranquillo e io devo ammettere che ho quasi paura.
«Dimmi tutto!» mi sforzo di sorridere.
«Com’è andato fino ad ora?»
Vuole davvero un feedback?
«Molto bene, direi. Anche se non era nulla di programmato, sai.» gli dico scherzando.
«Sai, avrei voluto portarti fuori a cena, se avevi tempo o se magari avevi fame, ma alla fine abbiamo mangiato la crepes poco fa…»
Vuole farmi morire?
«Vuoi farmi mangiare ancora?» gli chiedo sorridendo.
«Uhm, no, effettivamente no. Io non ho più fame, ora.»
Io però ho fame di te, Matteo.
«Prossima volta…» sussurro quasi impercettibilmente. Chissà, magari non l’ha sentito.
Lo distraggo con un’altra domanda. «Passeggiamo ancora un po’, ti va?» chiedo.
«Certo.» risponde lui sorridendo.
 
«Come sei qui?» chiede lui ad un certo punto dopo un po’ che passeggiamo senza meta.
«Coi mezzi.» rispondo io in automatico dandomi della stupida perché non avevo pensato di venire in macchina.
«Vuoi un passaggio fino a casa?» chiede lui improvvisamente.
«Ma va, figurati! Prendo i mezzi…» dico io a mezza voce. Perché non hai accettato, Virginia? Sei forse stupida? Mandi all’aria un’opportunità del genere? Stupida io.
«No, dai, ti porto a casa io. Non ti preoccupare.» afferma lui deciso e tranquillo.
«Ma…» provo un’ultima volta a controbattere o meglio, a far finta di controbattere.
«Niente ma. Se la psicologa di Marco non torna a casa sana e salva poi lui uccide me!»
Dio mio, è troppo bello per essere vero.
«Allora, grazie.» rispondo io con un sorriso.
 
 
Ok.
Allora.
Siamo sotto casa mia.
Nella macchina di Matteo.
Con lui al mio fianco.
Morirò per la tachicardia che ho al momento.
O per un arresto miocardio improvviso.
Il mio cuore ha aumentato i battiti da quando lui ha iniziato a rallentare la macchina.
Ora siamo fermi.
Merda.
Ora?
Ora che accade?
Che si fa?
Mi bacia?
Lo bacio io?
Gli do un bacio sulla guancia come l’ultima volta e via?
Dio mio, odio questa indecisione.
Odio questa parte.
E’ andato tutto magnificamente e ora?
Ora cosa accade?
Perché sono in ansia?
Perché non so che cosa fare?
Perché il silenzio regna sovrano dopo l’ultimo “svolta qui e ci siamo”?
Ok.
Mi calmo ed esco da questa macchina.
Mi affliggerò più tardi in camera mia.
 
Al momento adotto la regola del “via il dente, via il dolore”.
Mi giro verso di lui e lo guardo negli occhi.
«Grazie di tutto, Matteo…»
«Figurati…» è la sua risposta.
«Ci sentiamo presto, ok?» chiedo in un tono davvero monotono.
Lui annuisce e gli do un semplice bacio sulla guancia.
Dio quanto avrei voluto approfondire quel bacio.
Ok, Virginia.
Scendi da questa macchina ora.
«Ciao Matteo…» e chiudo la portiera.
 
Mi avvio verso il cancello di casa.
Sempre di spalle.
Mi fermo e cerco le chiavi di casa nella borsa.
Ovviamente non le trovo subito.
Le cerco ancora.
Non oso girarmi.
Non voglio.
Non ha detto nulla.
Non mi ha baciata.
Non ha provato a fare nulla.
L’unica cosa certa che so è una.
Non gli piaccio.
Per niente.
E’ stato un appuntamento tra amici.
Solo quello.
 
Basta pensarci Virginia.
Ora basta.
 
 
M’s POV.
 
 
E’ scesa dalla macchina.
E scesa e mi ha salutato.
Dopo un pomeriggio in sua compagnia, lei non c’è.
Non è più qui con me.
Merda.
Quanto sei stato stupido Matteo?
Un puro idiota.
Coglione, forse è meglio.
Forse però si può rimediare.
Forse?
Non ti dovevi prendere cura di lei?
I’ll look after you…
 
Lei è ancora lì.
Davanti al cancello.
Di spalle.
Fuori dalla casa.
 
Ok.
Scendo dalla macchina.
Chiudo la portiera.
 
Lei è lì.
E’ ancora lì.
Non è scomparsa.
 
Muoviti Matteo, cazzo.
 
Le prendo con gentilezza il braccio destro.
La chiamo.
«Virginia…»
E la faccio voltare.
 
Lei è spaventata.
Ha negli occhi una tristezza impressionante.
Non voglio che lei sia triste.
Soprattutto a causa mia.
Sono un coglione, lo so.
Lo so e ora ho tutta l’intenzione di rimediare.
 
Mi guarda negli occhi ed è sorpresa.
«Matteo...?» e accenna a un debole sorriso ma negli occhi c’è ancora tristezza.
«Vedi perché preferisco non programmare gli appuntamenti? Sono una frana totale nel programmare le cose…»” dico io liberandomi di un bel peso che ho sul cuore.
Lei continua a sorridere, forse un po’ di tristezza si attenua.
Forse.
«Questo è un qualcosa che avrei voluto fare fin da subito, Virginia.»
Le alzo il mento, abbasso il mio viso su di lei, avvicino le sue labbra alle mie.
Sento calore.
Un calore impressionante che mi pervade il corpo.
E’ una di quelle sensazioni meravigliose che si fanno fatica a provare.
Provare, capire e comprendere.
Un bacio semplice.
Solo labbra.
Niente lingua.
Mi stacco e la guardo.
Sembra emozionata quanto lo posso essere io ora.
«Allora non programmare più nulla…» sussurra lei aprendosi in un sorriso.
 
Dio mio, quanto è meravigliosa questa ragazza.
Non dico nulla.
Avvicino ancora una volta la mia testa alla sua.
Avvolgo un mio braccio stretto alla sua vita.
Un braccio suo scivola in alto sulla mia nuca.
 
E questo è un bacio diverso.
C’è necessità.
C’è bisogno.
Entrambi vogliamo…
Un bacio più intenso.
Non ci fermiamo alle labbra.
Questa volta vogliamo entrambi di più.
Dischiudiamo le labbra contemporaneamente.
La sua lingua danza con la mia dolcemente.
Una dolcissima tortura.
Una meravigliosa tortura.
E’ una di quelle sensazioni per le quali potrei morire.
Fammi restare qui, così, Virginia.
Ci stacchiamo insieme.
Non prima di averle mordicchiato quel suo labbro inferiore meraviglioso.
Quasi boccheggiamo per la carenza d’aria.
Dio mio.
Quanto è meraviglioso?
Il suo viso è uno spettacolo.
Arrossato, con le labbra leggermente più gonfie.
E’ davvero sorprendente.
 
Mi sorride, io sorrido a lei.
L’unica cosa che riesco a dire è «Prossima volta, cena.»
Lei mi risponde solo «Non programmare nulla, Matteo.»
E l’istante dopo torna a baciarmi.
 
 
**
 
Buona sera a tutti! Sono tornata! Perdonatemi l’assenza per due buoni mesi ma ho avuto da fare da un punto di vista lavorativo e di incasinamenti vari. Ma ora, bando alle ciance, ben ritrovati a tutti, in poche parole. Siamo arrivati a questo capitolo tredici, finalmente.
Prima di maledirmi, spero abbiate letto anche l’ultimo POV. L’ultima parte del POV di Virginia è stata una sofferenza pura. Poi Matteo ha finalmente tirato fuori le palle e ha fatto la scelta che riteneva più opportuna. Spero che vi siate emozionati come mi sono emozionata io scrivendolo. In questo capitolo è tornata la musica, finalmente, e la canzone è “Look After You” dei The Fray che secondo me dona la tenerezza e la dolcezza a questo capitolo.
 
Grazie davvero a voi che siete arrivati fin qui.
Con me.
Con Virginia.
Con Matteo.
 
Grazie davvero.
 
Vi abbraccio tutti e vi auguro una buonissima settimana pre-natalizia.
 
E.

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Capitolo 14
*** Film, citofoni e WhatsApp ***


INASPETTATAMENTE_ cap.14



Film, citofoni e WhatsApp – Capitolo 14

 

 

23 Gennaio.
 
Ore 21:14
 
 
M’s POV.
 
 
«Tu, cosa fai tu già a casa?» una voce femminile e chiaramente indagatoria spunta dal divano di casa un nanosecondo dopo essere entrato dalla porta.
Sapevo di non poter passare inosservato.
A Natale avrei dovuto chiedere il dono dell’invisibilità. O magari il Mantello dell’Invisibilità me lo potevo far prestare dal Signor Potter.
Potrei comunque sempre uccidere Stella, lei e le sue domande fuori luogo.
Il tono di voce non era eccessivamente alto, quindi mamma potrebbe non aver sentito la domanda.
«Giusto, hai ragione Stella. Perché sei già a casa, Matteo?»
Come non detto.
Mamma è lì sul divano di fianco a Stella.
Invisibilità, a me.
Oppure se proprio non posso essere invisibile…
Voragine.
Una voragine potrebbe essermi d’aiuto.
Voragine, apriti ora nel salotto di casa e inghiottimi, almeno non dovrò rispondere a domande imbarazzanti da parte delle due donne della mia famiglia.
Si dovevano interessare della mia vita sentimentale proprio ora?
Matteo, si sono sempre interessate. Solo che prima non ti vedevano tornare a casa alle nove e un quarto. Ti vedevano uscire a quest’ora e tornare mai perché dormivano già da tempo.
Giusto.
«Visto mamma? Te l’avevo detto!» dice Stella sottovoce a mamma Gabriella.
«Tu sei come tua madre, bella e intelligente.» le risponde mamma.
«E anche molto modesta!» aggiungo io scherzando.
«Tu invece, signorino, sei un orso tale e quale a tuo padre.» ribatte lei facendo l’offesa.
«Oh sì, ha proprio ragione mamma, caro fratello.” risponde Stella tutta seria.
«Io mi schiererò sempre con il mio figliolo, care le mie donne. Quindi io sto dalla parte di Matteo.» con queste parole fa la sua entrata in scena mio padre arrivando dalla cucina, e aggiunge con un sorriso «Ti unisci a noi figliolo? Latte e biscotti e ci guardiamo un film?»
Le famiglie sono tutte molto particolari, ma ho la fortuna di averne una un po’ strana ma bellissima. E soprattutto li adoro tutti. Latte, biscotti e film è un’usanza che abbiamo da quando siamo piccoli. E sì, chiaramente la parte dell’adolescenza mia e quella di Stella non è stata una semplice passeggiata con latte e biscotti… Lì era più una guerra aperta su tutti i fronti. Ma si sa, si cresce, e se si vuole, si cerca di instaurare un buon rapporto famigliare nonostante le discussioni e i litigi.
«Certo che sì, Mauro, si unirà a noi, ma prima ci deve raccontare una cosa!» risponde mia madre.
«Non devo raccontarvi proprio nulla!» dico raggiungendo camera mia con un sorriso.
«E dai Matte, lo sai che siamo curiose!» grida Stella dalla sala ridendo come una matta.
«Mmm, forse!» rispondo togliendo jeans e maglione e mettendo il pigiama.
«Matte, ma lo sai che io e mamma abbiamo cucinato i biscotti prima di cena?» chiede Stella sempre gridando.
Oh, le donne.
Le donne sono manipolatrici.
Manipolatrici, ecco cosa sono.
Autentiche manipolatrici quando vogliono sapere qualcosa.
Ho sempre raccontato senza problemi le mie inutili uscite prima di quella di questo pomeriggio. Anche perché non c’era davvero nulla da raccontare. Nulla di nulla.
Le uniche raccomandazioni che mi hanno sempre fatto i miei sono state «Indossa sempre l’impermeabile figliolo, sempre soprattutto se non la conosci ed è per una volta. Sempre.» le parole di mio padre, e «Matte, mi raccomando. Non spezzarle il cuore. Metti fin da subito le cose in chiaro.» quelle di mia madre.
Ma ora…
Ora è diverso.
Virginia mi ha reso diverso?
No, Matteo no.
Stai scoprendo nuovi lati di te.
E’ come se…
Volessi proteggerla.
Non è una cosa leggera da raccontare così.
Dio mio, non mi sembra neanche vero di averla baciata.
Stella fa capolino nella mia stanza «I tuoi biscotti preferiti fatti da noi!» dice sorridendo prima di scappare via ridendo.
«Mi arrendo a voi due. Non siete donne, siete due streghe!» dico io con un sorriso.
«Dai vieni di qua, Matte!» dice mia mamma dalla sala.
«Arrivo!» dico infilandomi una felpa e raggiungendo la famiglia schierata sul divano.
«Fratello, papà ha scelto “I Pirati Dei Carabi – La Maledizione della Prima Luna”. Tu che ne dici?» chiede Stella qualche minuto dopo.
«Dico che va bene.» rispondo io annuendo in direzione di mio padre.
«Ok, siamo d’accordo allora. Film e poi ci racconti del tuo appuntamento?» chiede mia mamma sorridendo.
«Vedremo.» rispondo con aria un po’ misteriosa e anche un po’ rassegnata. Alla fine non è che sia successo chissà cosa, non ho ucciso o maltrattato nessuno, è stata una bella uscita, quindi perché non raccontarla?
«Figliolo, avevi un appuntamento? Cosa ci fai già a casa?» chiede mio padre mentre mia madre e Stella iniziano a ridere.
«Hai visto? Se la stanno ponendo tutti questa domanda!» risponde mamma.
«Allora, ve lo racconto subito così tagliamo la testa al toro.» rispondo io. Meglio attuare il metodo “via il dente, via il dolore” in questi casi, e soprattutto con i miei, altrimenti e no non ne esco più.
«Raccontaci, perché sei a casa così presto? E’ andato bene l’appuntamento?» chiede Stella.
«Certo che sì. Molto bene, direi. Solo che…» rispondo io.
«Solo che?» incalza mamma.
«Questa volta ho intenzione di fare le cose con calma e poi, lei è… Diversa.» ammetto quasi imbarazzato e con un sussurro nella voce.
«Oooh.» dicono Stella e mamma insieme.
«Finalmente inizi a pensare da uomo. Bravo figliolo!» dice mio padre con un filo di orgoglio nella voce.
«Ora possiamo guardare il film?» chiedo speranzoso di non subire ulteriormente un terzo grado.
«Ora sì. Tieni un biscotto fratello!» aggiunge Stella prima di far partire il DVD.
 
«Non è romanticissimo Will Turner?» dice sospirando Stella alla fine del film.
«Sì tesoro, ma lo sai già, è solo un film. Nella vita vera bisogna solo trovare l’uomo giusto!» dice mia mamma facendo l’occhiolino a suo marito.
«O la donna giusta!» continua mio padre avvicinandosi a Gabriella.
«Bene, vi abbandoniamo vostri amoreggiamenti. Fratello, tu vieni con me e mi racconti dettagliatamente il tutto!» dice Stella afferrandomi per la felpa e trascinandomi in camera sua.
E io che credevo di essere salvo!
Perché io devo sempre raccontare tutto a lei?
Perché è tua sorella e si preoccupa per te.
Ah, ok, se la mettiamo così.
«Chiudi la porta, Matte. Ora mi devi raccontare tutto!» dice lanciandosi sul letto.
«Stellina cosa vuoi sapere ancora?» le chiedo avvicinandomi.
«Ti metti qui, proprio qui.» dice appoggiando una mano sul materasso vicino a lei «E mi racconti quando hai intenzione di portarla a cena.»
«Cosa ti fa pensare che io la voglia portare a cena?» le chiedo sulla difensiva.
«Il fatto che hai un sorriso ebete da quando hai aperto la porta di casa?» spiega lei con semplicità.
«Si vede così tanto?» le chiedo imbarazzato.
«Sì, credo che al momento io possa affermare con estrema facilità che tu sia cotto come una pera.»
«Merda.» affermo con un sussurro.
«Merda sì, Matte. Ma era anche ora.»
«Per fare cosa?» chiedo curioso.
«Nulla, lascia perdere, erano dei discorsi con mamma. Ma ora dimmi, quando il prossimo appuntamento?»
Stella quando non vuole rispondere direttamente a qualcosa, svia il discorso e trascina la tua attenzione verso altro. Ha preso l’abitudine da me. Doti tramandate da fratello a sorella. Maledetta Stellina. E’ sempre stata sveglia e attentissima ad imparare i piccoli trucchi “del mestiere”.
«Non saprei. Ho anche l’esame tra pochi giorni…» ammetto stringendomi nelle spalle.
«Ma che ragazzo coscienzioso! Tanto sarai bravissimo, già lo so!»
«Spero Stellina, spero davvero. Magari se l’esame va bene la potrei portare a cena fuori per festeggiare!»
Effettivamente potrebbe essere una buona idea. Io la porterei a cena anche domani sera ma potrebbe effettivamente essere troppo presto, nonostante abbia voglia di vederla anche adesso e anche abbia una voglia matta di baciarla. Però ci siamo salutati con un “Ci sentiamo presto.” non un “Ci vediamo domani.”. Essere indecisi e insicuri a volte è difficile.
«Uh, mi piace come idea!» dice Stella sfoderando un super sorriso.
«Piace anche a me…» le rivelo alzandomi dal suo letto.
«Mi abbandoni già?» chiede lei facendomi gli occhi dolci.
«Sì, è stata una lunga serata. Meglio dormirci su, non credi?»
«Certo, ma prima…»
«Libro?» chiedo io facendole l’occhiolino e sorridendo.
«Le buone abitudini non dovrebbero mai essere perse. Sai, dovrebbero farne altri di ragazzi come te, Matte.»
Signori e signore, ecco a voi perché non posso ucciderla. Perché alla fine è mia sorella, le voglio un bene dell’anima e dice queste cose.
«Vedrai Stellina, prima o poi il ragazzo giusto arriverà.»
«Certo.» dice lei sorridendo.
«Prima dovrà solo passare sotto il mio attento esame, poi potrà uscire con te.»
«Non cambi mai, eh?»
«Mai su questo, Stellina. Buona notte e fai bei sogni.» le dico mandandole un bacio.
«Notte Matte, anche tu.» dice lei prendendo e aprendo il libro che aveva sul comodino.
 
E’ da mezz’ora che sono a letto e penso a qualcosa di decente da scrivere a Virginia, è da mezz’ora che ho in mano il mio telefono aperto sulla meravigliosa applicazione di WhatsApp, è da mezz’ora che come un pirla scrivo o meglio, cerco di scrivere qualcosa di sensato che poi cancello regolarmente. Ho pensato di scriverle qualcosa per ringraziarla del pomeriggio/serata, un qualcosa di carino e anche divertente. Ma ovviamente, quando servono le parole giuste, non si trovano mai. Quindi mi sento piuttosto idiota a digitare tastini e successivamente cancellare lettere stupide che ho scritto tre secondi prima. Anche perché lei vedrà pur il “sta scrivendo…” e poi nulla.
Sì, ok, sono un coglione.
Era da un po’ che non mi davo del coglione, effettivamente, serve una rinfrescata una volta ogni tanto. Coglione perché ho una strana euforia addosso. E questa euforia strana ce l’ho da quando ho baciato Virginia.
Euforia e farfalle nello stomaco?
Quella strana sensazione tipo di galleggiamento strano.
Merda.
Lei mi ha reso così.
Il fatto è che…
Nonostante questa sensazione sia totalmente nuova e mai provata non mi dispiace.
Mi sento bene.
Sto bene.
Non mi sono mai sentito così.
E proprio perché non mi sono mai sentito così, sono un coglione e devo mandarle un messaggio, è il minimo che io possa fare.
Una frase semplice semplice con la buona notte.
Con un semplice ringraziamento.
Con lei è tutto così semplice.
Allora perché non è anche semplice scriverle?
Devo augurarle buona notte nonostante gliel’abbia data già tre volte tra un meraviglioso bacio e l’altro.
E se ripenso a quei baci…
Altro che farfalle. Mi potrei precipitare a casa sua di corsa.
Quella ragazza è impressionante.
Quella ragazza sa baciare.
Quella ragazza sa esattamente come baciare.
Altro che sogni erotici pre-baci.
Ora ogni notte sarà una dolce tortura.
Matteo, sei un quindicenne in astinenza.
Lo so.
Smettila e pensa a qualcosa di sensato.
Cosa diamine si scrive post primo appuntamento con una meravigliosa ragazza?
Cazzo Matteo, studi pure lettere…
Sei proprio imbranato.
Preferisco coglione. Esprime meglio il concetto.
 
Quando eri piccolo e non riuscivi a trovare le parole per i temi cosa facevi Matteo?
Chiudevo gli occhi e cercavo di liberale la mente.
Fallo Matteo.
Chiudo gli occhi.
Respiro a fondo.
Libero le mente.
Eccole.
Ben trovate, parole giuste.
O almeno, spero che siate giuste.
 
 
Ore 21:02
 
 
V’s POV.
 
 
Respira.
No.
Respira Virginia.
No, non posso.
Respira Virginia.
No, non riesco.
Respira Virginia.
E se ci provassi?
Virginia respira, non puoi andare avanti così.
Ci provo.
Respira.
 
Il cuore deve rallentare.
Il cuore dovrà pur rallentare in qualche modo.
Dopo…
Dopo quello che è successo.
Sti cazzi.
Ho baciato Matteo.
Lui ha baciato te per prima.
Oh, già.
Giusto.
Quindi non è omosessuale.
Non è assolutamente omosessuale.
Come diamine hai potuto minimamente pensarlo?
E bacia…
Dio mio come bacia.
Bacia da Dio.
Altro che farfalle nello stomaco.
I suoi baci fanno entrare in uno stato di semi incoscienza.
Dolcezza e passione insieme.
Un mix meraviglioso.
Lui è fantastico.
Sti cazzi.
Sti cazzi, sì.
 
Ok Virginia.
Ora respira e continua a salire i gradini per arrivare a casa.
Respira profondamente una, due, tre volte.
Chiavi di casa entrate nella fessura su.
Mano non puoi tremare in questo modo.
Perché sono in queste condizioni?
Virginia, ricordati quello che hai fatto.
E’ colpa dei baci?
Sono messa proprio male.
 
Giro le chiavi nella fessura due volte e apro la porta.
Vengo subito investita da Rose che mi abbraccia forte dicendo «Bambina, che bello che sei tornata!»
«Credevi forse che sarei scappata con lui?» chiedo sorridendo.
«Bhe, non credo ci sia nulla di male. Inoltre dev’essere davvero molto carino dato che hai labbra gonfie e guance arrossate.»
Merda.
Merdissima.
Se n’è accorta.
E tu Virginia non sai neanche in che condizioni sei, dato che hai fatto i due piani di scale a piedi.
«Come guance e labbra...?» faccio finta di non capire.
«Ti ha baciata, vero?» chiede lei puntando un dito verso di me.
«Hai una sfera magica che prevede le cose, Rose?» le chiedo.
«Questo è un sì! Lorenzo? Lorenzo dove sei? La nostra bambina è tornata, viene a vedere come le brillano gli occhi!»
«Sei sempre più bella, Virginia.» mi accoglie così mio padre.
«La volete finire tutti e due?» chiedo ridendo.
«Siamo felici quando tu sei felice, bambina. Questo lo sai.» dice mia madre sedendosi sul divano.
«Lo so, lo so. Ho passato un bellissimo pomeriggio!» ammetto affiancandomi a lei.
«Siamo felici di saperlo. Finalmente sei uscita con qualcuno che ti piace. Perché lui ti piace, vero?» chiede mio padre.
«Certo che sì.» ammetto subito annuendo.
«Hai fame? Ti preparo qualcosa da mangiare, Vi?» chiede Rose quasi allarmata.
«No no, sono a posto. Siamo andati a mangiare una crepes in centro.» racconto.
«Che cosa romantica! Anche io portavo sempre tua madre a mangiare le crepes!» dice mio padre.
Non sapevo questa cosa Pa!» gli rispondo.
«Uh bambina, tu non sai tante cose di noi due.» dice mia madre con aria maliziosa.
«I minuziosi particolari di quando e come sono stata concepita non vorrei saperli, grazie!» dico ridendo e contagiando Rose e Lorenzo.
«Ah tesoro, prima ha chiamato Marco e ha detto di “Avvisare la mia meravigliosa psicologa che attendo un racconto dettagliato dell’appuntamento, grazie” testuali parole, credo.» dice Rose.
«Oh, cavolo.» esclamo ricordandomi di Marco e del terzo grado che mi farà non appena lo sentirò al telefono.
«Lo sai che ti adora quel ragazzo!» continua lei.
«Lo so mamma, lo so.» ammetto sorridendo.
 
Drin driiiiiiin.
 
«Citofono. Vado io.» comunica mio padre.
«Aspettavate qualcuno?» chiedo a Rose.
«No, che io sappia no.» risponde lei. «Chi sarà mai?»
Non credo proprio che possa essere Matteo, è andato via prima, ho sentito il rumore della sua macchina mentre stavo facendo i gradini. Io non aspetto nessuno, magari è un amico dei miei.
«Mh mh, c’è la porta aperta.» sento che dice e riaggancia il citofono.
Mio padre torna con un sorriso stampato in faccia.
«Si parlava del diavolo.» comunica.
No, non può essere Matteo.
Nonostante la cosa mi piacerebbe più del dovuto.
Ma presentarsi a casa così all’improvviso mi sembra un po’ troppo eccessivo e audace, quasi da kamikaze. Non penso proprio sia lui.
«Eccoci qua!» la voce di Marco risuona dopo aver sentito il rumore della porta di casa aperta.
Oh, merda.
«Sorpresa!» dice Alessandro entrando in casa.
Mi alzo e vado ad abbracciarli.
«Che cosa ci fate qui?» chiedo sorpresa.
«Volevamo semplicemente farti il terzo grado!» dice con un sorriso Marco togliendosi il cappotto.
«Volevi tu, tesoro. Non mettere il plurale. Io volevo semplicemente vedere la splendida Vi.» ribatte Alessandro.
«E secondo te lei dovrebbe crederti?» chiede Marco al suo fidanzato mentre si spostano in salotto.
«Ho la faccia da angioletto più di te.» risponde Alessandro dando un bacio sulla guancia a Marco.
Quei due solo davvero adorabili.
«Rose, sei sempre splendida!» Marco saluta sempre galantemente mia madre, sa come farsi volere bene.
«Grazie caro, voi due invece siete sempre più sexy, state divinamente insieme!» risponde lei.
«Tutto merito suo.» dice Alessandro abbracciandola.
«Non è vero, tesoro. Merito tuo.» risponde Marco tubando.
«Ciao ragazzi!» saluta Lorenzo sbucando dalla cucina.
«Ma buona sera signor padre di Virginia!» dicono insieme i due ospiti. Non riescono ancora a chiamarlo Lorenzo. Alessandro mi ha confessato che da piccolino quasi tutti erano cotti di mia madre, tranne lui, a lui è sempre piaciuto Lorenzo!
«Quante volte ve lo devo dire? Chiamatemi Lorenzo, non fatemi sentire vecchio.» risponde lui stringendo la mano prima a uno e poi all’altro.
«Dov’è colui che è uscito con la mia bambina? Perché non è qui?» chiede mia madre improvvisamente.
«Vuoi già conoscerlo Rose?» chiede Marco sorridendo.
«Ovvio! Tu non hai idea di come è entrata Vi in casa! Sembrava avesse avuto un’illuminazione celeste!» dice Rose. E io non posso fare altro che arrossire.
«Fidati Rose, Matteo è davvero un ragazzo celestiale.» dice ridendo Alessandro.
«Smettetela subito, forza! Altrimenti non vi racconto nulla!» dico io.
«Tanto lo sai già che dire queste cose non servirà a nulla. Noi lo scopriremo lo stesso!» dice Marco ridendo.
«Ragazzi, prima di tormentare la mia bellissima bambina. Avete fame? Vi preparo qualcosa?» chiede Rose.
«Rose, non è che hai un pezzo della tua buonissima torta?» chiede Alessandro.
«Certo che sì! Ve la porto subito! L’ho sfornata da poco!» dice con un sorriso mia madre.
 
 
Quei due ragazzi mi sfiniscono.
Mi hanno fatto il terzo grado, hanno voluto sapere ogni minima cosa del mio appuntamento con Matteo e ogni tanto si guardavano e annuivano con aria divertita.
Se non fosse che li adoro, li avrei già soppressi.
Soprattutto se non fosse che è proprio grazie a loro che ci siamo conosciuti.
 
Dopo questa giornata so che forse potrei sopravvivere a ogni evento.
Forse, ecco.
Matteo ed io ci eravamo salutati con un “Ci sentiamo presto.”
Sentirsi in che senso?
Al telefono?
A voce?
Con un WhatsApp?
Con un sms?
Via mail?
Via piccione viaggiatore?
Io gli scriverei anche un messaggino su WhatsApp se solo trovassi il telefono.
Quando sono soprappensiero non so mai dove lascio le cose.
Merda.
Lo cerco, è l’unica soluzione.
In borsa? Non c’è.
Nel giubbotto? Non c’è.
Nei pantaloni? Non c’è.
In sala? Non c’è.
Nel divano? Non c’è.
Dove l’ho messo?
Uh, eccolo!
Trovato! Era sul letto, nascosto dal cuscino.
Sblocco la tastiera e vedo l’applicazione di WhastApp con un simbolino rosso da leggere.
Sarà lui?
Cuore, non iniziare a battere troppo velocemente.
Magari non è niente.
E soprattutto non è lui.
Lo apro e tolgo subito il dubbio.
Ho deciso.
E’ lui.
Matteo.
Lo so che non dovrei più programmare nulla, quindi scrivo la prima cosa che penso. Domani mattina, colazione?”
Rispondo subito sorridendo come una perfetta idiota “Fai bene a non programmare nulla, ottieni sempre degli ottimi risultati. Colazione assolutamente sì! Dimmi ora e luogo e ci sarò!”
Quel ragazzo potrebbe viziarmi.
Non me ne frega assolutamente nulla.
Voglio essere viziata da lui.
Anzi, stra viziata.
Sospiro mettendomi a letto.
Sarà sicuramente una colazione meravigliosa.
 
Oh sì, meravigliosa.
 
 
**
 
Buona sera e ben trovati a tutti! Siamo finalmente arrivati a questo capitolo quattordici! Spero come sempre che questo capitolo vi sia piaciuto. E’ il post-appuntamento di Matteo e Virginia che tornano a casa. Matteo trova tutta la sua famiglia riunita: c’è Stella e facciamo la conoscenza di Gabriella e di Mauro, rispettivamente mamma e papà del nostro bel protagonista. Per quanto riguarda Virginia e il suo POV, si svolgerebbe leggermente prima di quello di Matteo, torna a casa e anche lì ci sono i suoi. Si aggiungono successivamente due ospiti: Marco e Alessandro. Mi mancavano e ho deciso di farli tornare!
 
Come sempre vi ringrazio perché leggete sempre.
Davvero davvero grazie perché per me significa tanto.
 
Infine, credo che questo sarà l’ultimo capitolo pre-natalizio e quindi colgo l’occasione per augurarvi un meraviglioso Natale. Passatelo nel migliore dei modi, con le persone che vi stanno più a cuore e siate felici. Anche se non per tutti il periodo natalizio è un periodo piacevole. Cercate di renderlo tale!
Tantissimi auguri di cuore a tutti voi!
 
Un abbraccio.
E.

 

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Capitolo 15
*** All The Right Moves ***


INASPETTATAMENTE_ cap.15



All The Right Moves – Capitolo 15

 

 

24 Gennaio.
 
Ore 7:17
 
 
V’s POV.
 
 
Merda.
Odio svegliarmi così.
Io odio questa sensazione.
Tempie che pulsano.
Testa contemporaneamente vuota e pesante.
So che cos’è.
Lo so benissimo.
Conosco questa sensazione.
Ed è lei.
E’ il mio tallone d’Achille.
E’ quel qualcosa che riesce a rovinare, a volte, le mie giornate.
Quel qualcosa che mi fa stare male.
Molto male.
Benvenuto mal di testa.
Benvenuta maledetta emicrania.
Non provo neanche a girarmi dall’altra parte del letto perché so già che è peggio.
Se mi giro l’intensità potrebbe aumentare.
E non voglio che aumenti, già così è più che sufficiente.
Dovrei comunque accendere la luce per vedere che ore sono.
Magari sono già in ritardo.
Non è bello essere in ritardo per un appuntamento.
L’unica cosa al momento positiva è il mio appuntamento a cui devo andare.
Una sorta di appuntamento fatto a forma di colazione con lui.
Con Matteo.
Non posso avere la mia emicrania proprio oggi.
Non oggi.
Non sono Virginia quando ho il mal di testa.
Cioè sì, lo sono, ma lo sono al quaranta percento.
Merda.
Spero solo di riuscirmi ad alzare da questo letto.
 
Ok Virginia, una cosa per volta.
Un passettino alla volta.
Posso fare tutto.
Forse.
Posso provare a fare tutto.
 
Respira Virginia.
Mi porto l’indice e il medio di entrambe le mani fredde alle tempie, le massaggio facendo dei movimenti circolari e faccio entrare ancora un po’ di aria nelle mie narici e respiro più profondamente che posso.
Ok, ci sono.
Forse.
Cerco con una mano l’interruttore della luce e l’accendo.
Merda.
Mi dà fastidio la luce.
Era prevedibile, però non va bene.
No, non va bene per nulla.
Cerco di far abituare gli occhi alla luce.
Faccio cadere lo sguardo sulla sveglia: 7.19.
Ottimo, per lo meno non sono in ritardo.
Se la memoria non si prende gioco di me, Matteo ha detto che sarebbe passato per le otto e avemmo preso i mezzi insieme per andare a fare colazione in una caffetteria di sua conoscenza in centro.
Oh cavolo no.
Solo a pensare a un posto più o meno affollato di persone, il bus, il caldo sui mezzi pubblici, la strada, gli odori, il caffè, le brioche…
Non posso avere anche la solita nausea.
Cara emicrania, sei proprio una pessima compagna di avventure.
Era da un po’ che non succedeva. Dato che ogni tanto mi capita, sia in concomitanza del ciclo che durante i periodi molto stressanti. Ma le ultime due settimane sono state un po’ surreali e movimentate, credo di aver subito troppi sbalzi e ho anche perso la cognizione del tempo.
Posso essere così stupida? Evidentemente sì Virginia, ma non potevi programmare che ti venisse questa mattina la tua emicrania, quindi mettiti tranquilla e cerca di fartelo passare.
Mh, fosse facile!
Ok, ho circa una mezz’ora abbondante per cercare di alzarmi dal letto, prendere un farmaco, rendermi presentabile e andare a fare colazione con Matteo.
Uhm. Ma ieri sera ci siamo baciati!
Te ne sei accorta solo ora Virginia?
No, ma me ne sono appena resa conto.
Ti stai preoccupando per nulla.
Non è così.
Mi preoccupo solamente del “giorno dopo”.
Non avete fatto chissà cosa, era solo un bacio…
Questa mattina cosa dovrò fare appena lo vedo?
Lo saluto come?
Lo abbraccio?
Lo bacio?
Mi bacia?
E poi dove?
Guancia?
Bocca?
Non ti preoccupare Virginia, farai ciò che sentirai giusto di fare.
Mi sta salendo maggiormente il mal di testa.
Basta pensare Virginia.
Farai ciò che sentirai giusto.
Cioè lo bacio?
Al momento giusto vedrò.
Basta pensare Virginia.
Cerca di alzarti dal letto e di rimanere in piedi.
Ok, al tre mi alzo.
No, aspetta.
Prima le dita sulle tempie, ancora.
Ringrazio di avere le mani fredde, a volte mi servono.
Mal di testa per favore, vai via dai.
Ora provo ad alzarmi.
 
Ok, sono seduta sul letto e la situazione non è delle migliori.
L’unica cose che vorrei fare al momento è ritornare a letto o sbattere la testa contro il muro.
Ma non posso fare né la prima né la seconda delle opzioni.
Non posso tornare a letto, in realtà potrei ma non voglio.
Non voglio perché ho voglia di vedere Matteo.
Sei piuttosto stupida, lo sai Virginia?
Lo so.
So anche che il mal di testa potrebbe aumentare ma ho voglia di vedere lui.
Ho voglia di vederlo, di abbracciarlo, di baciarlo, di ridere con lui o di parlare con lui, anche solo semplicemente parlare…
Credo di essere patetica, lo so, ma Matteo mi piace.
Mi piace come non mi è mai piaciuto nessun’altro.
Mi piace e in realtà non mi dovrebbe piacere così tanto.
Ok, basta parlare di piacere e di Matteo che il mio cuore accelera e aumentano anche le pulsazioni sulle mie tempie.
Mi devo alzare da questo letto.
Devo alzarmi in piedi.
Ok, sono in piedi.
Vai via giramento di testa.
Riesco a stare in piedi, un punto per me.
Vado in bagno e poi mi dirigo in cucina. Dovrei mangiare un biscotto, almeno uno e poi prendere la mia solita medicina per il mal di testa. So benissimo che sarà un’impresa ardua farmelo passare con solo una pastiglietta ma se almeno rimanesse di questa intensità riuscirei ad uscire senza problemi. Quasi, senza problemi. Ma devo assolutamente uscire. Voglio assolutamente uscire.
 
In cucina trovo mia madre con un tazzone di caffè in mano, sì, ho ereditato da lei la passione per il caffè.
«Buon giorno bambina.» dice lei mandandomi un bacio.
«Ciao mamma.» le rispondo.
«Cos’è quel faccino bianco? Hai dormito male per caso?» chiede.
Possibile che le madri si accorgano sempre quando c’è qualcosa che non va?
«Non ho dormito male, Rose. Ho solo un po’ di…»
«Mal di testa?» conclude lei.
«Già, mangio un biscotto e prendo qualcosa.» mugugno io.
«Niente caffè?» domanda alzando un sopracciglio.
«No, lo prendo fuori. Cioè, vado fuori, con… Con Matteo.» dico imbarazzata.
«Oh! Ma che bella notizia! Non so bene perché, ma mi piace quel ragazzo, bambina mia.»
«Piace anche a me.» ammetto con un sussurro.
«Si vede che hai il mal di testa. Normalmente non ti sbilanci così tanto.»
Merda.
Devo stare attenta a quello che dico.
Il mal di testa non mi fa pensare lucidamente.
«Che deduzione, Sherlock.» rispondo con un sorriso.
«Mangia, prendi qualcosa e poi preparati. Vai solo se te la senti e se non è troppo forte. Se aumenta fatti portare a casa, non tornare a casa da sola. Non voglio che ti succeda nulla.»
Rose è in modalità “mamma preoccupata”, però bisogna ammettere che ha ragione.
«Sì, certo.» è la mia risposta.
«Bambina, non mi dire sì certo se poi torni tutta sola. Non farmi arrabbiare.» afferma lei seria.
«Va bene.» le rispondo con un sospiro.
«Promettimelo Virginia.»
«Prometto tutto, mamma.»
«Molto bene. Tesoro, ora scappo a lavoro, Lorenzo questa sera mi porta a cena fuori, festeggiamo il giorno in cui ci siamo incontrati…» dice così e gli occhi le brillano.
«Sì mamma, immaginavo. Mi troverete a letto, distrutta dal mal di testa se aumenta.» rispondo con un sorriso prendendo in mano un biscotto.
«Chiama se hai bisogno.»
«Vai mamma, non ti preoccupare.» le dico con un’aria super seriosa.
«Fosse facile.» risponde stampandomi un bacio sulla guancia. «Ciao tesoro.»
«Ciao Rose, buona giornata.»
Bene, biscotto a noi due.
Ti devo mangiare, devo prendere un farmaco e andare fuori con Matteo.
A proposito dell’uscita, non è che mi ha scritto per disdire il tutto?
E’ probabile, dopotutto gli imprevisti succedono e possono succedere. O semplicemente è rinsavito e ha deciso di non volere più a che fare con me.
Mangio il biscotto, prendo la pastiglietta e cerco il telefono.
 
Biscotto mangiato nonostante la nausea, potrebbero darmi addirittura un premio. Ora è arrivato il momento del farmaco. Prendo un bicchiere d’acqua e mando giù la pastiglietta. Sì, ora devo stare bene. Mi alzo con calma dalla sedia sulla quale mi ero seduta prima e torno in camera. La tempie pulsano comunque ancora un po’, forse ho fatto i movimenti troppo in fretta. Devo stare bene, ce la posso fare. Testa, collabora per favore. Il telefono è sul comodino, lo accendo e aspetto aprendo l’armadio.
 
Bzzz bzzz.
Bzzz bzzz.
 
Torno vicino al comodino e recupero il telefono.
C’è l’icona di WhatsApp che segnala diverse conversazioni da leggere.
Che faccio, mi preoccupo?
No, non mi preoccupo.
Da quando sei diventata così ottimista?
E’ colpa del mal di testa.
 
La prima chat aperta è di una certezza quasi sconvolgente: quella con Marco e Alessandro. Sospiro di sollievo. O forse no? Leggo i vari messaggi “Mia psicologa, ho dato il tuo indirizzo preciso al principe azzurro. Spero non sia un problema. Vi vedete ancora? Avete un altro appuntamento e noi non lo sappiamo? Rispondi appena puoi che siamo curiosi.” Sorridendo rispondo “Buon giorno splendori. Grazie per aver mandato l’indirizzo. Non è un altro appuntamento è solo una colazione!
Non è un appuntamento, giusto?
Una colazione non può essere un appuntamento.
Basta pensare Virginia, ti aumenta il mal di testa
E una chat è stata archiviata.
Ne manca una importante.
La conversazione con Matteo. Come minimo mi dice che non può venire. E invece, ogni tanto, adoro sbagliarmi leggendo un “Buon giorno! Non avendo un programma mi sono dimenticato precisamente dove abiti. Ho chiesto a Marco, se mi ha dato l’indirizzo giusto dovrei essere puntuale, mezzi permettendo. A dopo!
Questo ragazzo è decisamente diverso.
Diverso in senso più che positivo.
Almeno non mi ha dato buca.
Hanno avuto difficoltà anche Marco ed Alessandro le prime volte ad arrivare qui, quindi posso capire Matteo.
Lo capiresti in ogni caso, Virginia.
Sono psicologa non per nulla.
Basta Virginia, preparati.
Devo rispondere al messaggio?
Magari dopo, se non arriva.
Ora il problema è come vestirsi.
Guardo il mio armadio con aria di sfida.
Devo trovare qualcosa da mettere.
I miei occhi scorrono sui vari capi scegliendo cosa indossare.
Jeans scuri, maglioncino a collo alto, Converse e via.
Certo che potresti anche vestirti in maniera più femminile Virginia.
No, non oggi.
E’ solo che mettere un vestitino per una colazione è un po’ eccessivo.
Insomma, mi vestirei carina se mi portasse a cena.
Ma, non dovevamo andare a cena io e lui?
Una colazione va più che bene.
Almeno, per oggi.
 
 
Drin driiin.
 
Merda.
Merdissima.
E’ lui?
E’ lui.
Sono pronta?
Sì.
Cuore, non puoi fare così.
Devi rispondere Virginia.
Alzo il citofono e chiedo «Sì?»
«Buon giorno signorina! Scende?» un voce dolce, sensuale e squillante contemporaneamente mi risponde.
Mi apro in un sorriso.
Ora svengo qui.
Quel ragazzo non può fare così.
«Arrivo subito.» rispondo io con il cuore a mille.
Ok Virginia, metti il cappotto, recupera la borsa e scendi.
E’ il momento di fare colazione.
Già.
Col mal di testa e la nausea.
Ma c’è Matteo.
La cosa importante è proprio questa.
 
 
M’s POV.
 
 
Suono il citofono.
Se non mi risponde ho solo due opzioni: o scavarmi una fossa qui stile voragine di ieri sera a casa mia, oppure, idea decisamente più divertente, uccidere Marco.
«Sì?»
Allora è lei.
Marco ultimamente si sta salvando molto spesso, molto bene.
Devi rispondere Matteo, questo lo sai?
«Buon giorno signorina! Scende?»
Matteo, da dove ti è uscito? Dimmelo, perché io che sono la tua coscienza non lo so.
Ora come minimo si mette a ridere e non scende sicuramente.
Addio colazione!
«Arrivo subito.» mi risponde.
Riesco a prendere un bel po’ d’aria facendo un bel respirone e sorrido.
Anche a me sta andando bene troppe volte.
Meglio così.
Chissà, forse è la volta buona.
 
Sento il rumore del cancello che si apre e mi giro.
Eccola.
Virginia.
Possibile che sia sempre bellissima?
Ogni volta che la vedo è sempre più bella.
Un sorrido ebete è ovviamente stampato sulla mia faccia ma vedo che sorride anche lei.
Questo mi provoca una strana sensazione allo stomaco.
Matteo ti stai rincoglionendo sempre di più, non c’è altra soluzione.
«Buon giorno Matteo!» dice lei aprendo il cancello con un sorriso che mi rende ancora più idiota.
«Buon giorno a lei signorina.» e mi avvicino inconsciamente.
Merda, cosa devo fare?
Matteo, sei un uomo senza palle.
Smettila di rifugiarti in inutili parole, pensieri e indecisioni.
Decisione, ci vuole quella.
Decisione e un po’ di coraggio.
Faccio l’unica cosa che mi viene da fare.
Spontanea.
Senza pensarci troppo.
Mi avvicino ulteriormente a Virginia e l’abbraccio.
Un semplice abbraccio.
E lei ricambia.
Sento le sue mani che mi stringono.
Mi aspettavo un pugno o una denuncia per molestie.
Non posso semplicemente abbracciarla.
Avvicino le mie labbra a lei.
Le do un bacio sulla guancia.
Un innocente bacio sulla guancia.
Innocente?
Matteo, tu sei tutto fuorché innocente.
Ok, ci provo.
Devo assolutamente baciarla.
E pensare che non mi erano mai piaciute queste cose dolciose o troppi baci.
Preferivo altro, ai baci.
Matteo sei un pervertito.
Ma io voglio baciarla.
Io devo baciarla.
Lei mi fa questo effetto.
Cosa mi hai fatto Virginia?
Rimane tra le mie braccia, mi guarda negli occhi e mi sorride.
Avvicino il mio volto al suo e le do un semplice bacio sulla punta delle labbra.
Un piccolo e dolce bacio che mi viene così naturale.
E’ poi è innegabile che sia così giusto.
Dio starei ore a baciare quelle labbra così morbide.
Virginia ricambio il bacio, poi mi guarda e sorride.
Questa ragazza è meravigliosa.
«Ora è un buon giorno.» dico senza avere un filtro tra cervello e bocca. Niente, con lei le mie sinapsi non funzionano.
«Dici?» chiede lei sorridendo e staccandosi dalle mie braccia.
«Sì, direi proprio di sì.» le rispondo con estrema naturalezza.
«Dove andiamo?» chiede lei curiosa anche se, sembra avere un’aria stanca. Magari ha dormito male. Dopo glielo chiedo.
Da quando ti preoccupi così tanto Matteo?
Non lo so.
Ma mi viene naturale.
Con lei viene tutto naturale.
«A fare colazione?» chiedo a lei allungando il braccio piegato. «Prego signorina, andiamo a pendere i mezzi.»
«Non dovresti avere un tuo destriero?» risponde lei sorridendo e aggrappandosi al mio braccio.
«L’ho lasciato a casa. La prossima volta mi attrezzerò meglio.» ammetto sorridendo.
«Va bene.» mi guarda e ci avviamo verso la fermata del bus.
 
«Dimmi Virginia, ma stai bene?» le chiedo dopo essere saliti sul bus e aver fatto qualche fermata.
«Sì, più o meno…» dice lei sorridendo e togliendosi le mani dalle tempie.
No, non sta bene...
Sembra Stella quando cerca di fare finta di stare bene quando poi tanto bene non sta.
Eh, queste donne!
«Che succede?» le chiedo incatenandomi ai suoi occhi.
«Nulla di che.» risponde con aria innocente.
Sì, sembra decisamente Stella quando finge di stare bene.
«Sembri stanca.» azzardo con un sorriso.
«No, non sono stanca. Ho solo un po’ di mal di testa ma sto bene, davvero.»
«Sicura?» le chiedo e lei annuisce. «Facciamo così, se aumenta dimmelo che torniamo a casa. O insomma, ti riporto a casa.»
«Affare fatto.» risponde lei con un sorriso.
«Basta che mi avvisi.» le dico accarezzandole il viso con gli occhi.
«Mh mh.» risponde lei.
«Uh, siamo arrivati, scendiamo alla prossima!» dico premendo il pulsante per prenotare la fermata.
 
«Eccoci!» dico a Virginia aprendole la porta della caffetteria.
«Possibile che tu conosca tutti questi posti carini?» chiede lei entrando.
«Ma va! Sono posti normali!» dico seguendola all’interno del locale. «Che cosa prendi?»
«Un cappuccino, grazie.» risponde lei sorridendo.
«Solo un cappuccino?»
«Sì, non mangio quasi nulla quando sto così.» risponde chiudendosi nelle spalle.
Proprio come Stella.
«Ricevuto! Siediti dove preferisci, arrivo in un attimo.» le dico sorridendo e avvicinandomi al bancone per ordinare.
 
«Cosa prendi?» chiede il barista.
«Due cappuccini e una brioche alla crema, grazie.» rispondo io.
«Arrivano subito.»
«Mi dai anche un vassoio? Te lo riporto dopo.»
«Ecco a te.» dice lui passandomi il vassoio con i due cappuccini e la brioche.
«Grazie mille.»
«Figurati.» risponde sorridendo.
 
«Eccoci.» dico appoggiando il vassoio sul tavolo che ha scelto Virginia.
«Uh, eccoti.» dice lei alzando lo sguardo dal tavolo.
No, non mi piace il suo sguardo.
Credo stia male…
Merda, mi sento in colpa.
E’ fuori con me nonostante stia male.
Ok, dopo aver bevuto il cappuccino le chiedo ancora come sta.
«Mi piace il posto che hai scelto.» dico togliendomi il cappotto e sedendomi di fronte a lei.
«Sì, è un po’ isolato. Meno rumore, meno tutto. Non mi piace stare troppo tra la gente…» ammette lei diventando un po’ rossa in volto.
«Ti è aumentato, vero?» chiedo di getto versando la bustina di zucchero nel cappuccino.
«Uhm.» è la sua risposta.
«Dimmelo dai, non ti preoccupare.»
Tanto mi sento già tremendamente in colpa.
Fanculo me e le mie idee inutili.
Posso sentirmi in colpa?
Sì, che posso, devo sentirmi in colpa.
«Sì, un pochino.» mi risponde diventando rossa in viso.
«Dopo allora ti accompagno a casa. Anzi, andiamo subito!»
Subito è giusto, non dopo.
«Ma no, dai. Aspetta. Facciamo prima colazione, poi vediamo.» dice lei con una voce dolcissima.
Perché lei, con la sua voce dolce cerca di farmi cambiare idea?
Matteo, non puoi permetterti di cambiare idea.
Giusto.
«Ti porto a casa però.» le dico convinto.
«No ma…» insiste ancora.
Donne, chi le capisce è bravo.
Ma bravo davvero.
«Niente ma.» dico deciso.
«Ma… Non devi fare nulla? Non hai lezione?» chiede lei.
«Non ti preoccupare, la biblioteca può aspettare! Non ti lascio tornare a casa sola.» di certo Gabriele in biblioteca non può competere con te, Virginia. E quasi sicuramente con Gabriele c’è Monica, quindi meglio tardare un po’. Poi di certo non posso lasciarla sola se sta così. Assolutamente è mio compito portarla a casa sana e salva.
«Sicuro?» chiede ancora.
«Sicurissimo.» rispondo io aprendomi nel solito sorriso da ebete.
 
«Arrivati…» sussurro a Virginia mentre siamo davanti a casa sua.
La situazione è lievemente peggiorata in breve tempo. I cambi d’aria caldo-freddo-caldo e poi ancora freddo della caffetteria calda, aria fredda, caldo assurdo sull’autobus e freddo gelido dell’aria non hanno per nulla aiutato il mal di testa della povera Virginia. Non ha detto molto da quando siamo usciti dal bar, ripeteva ogni tanto solo qualche «Grazie» o «Sei davvero sicuro?»
E la colpa è tutta mia…
Matteo, riesci solo a combinare casini o guai.
Merda.
«Grazie Matteo. Davvero grazie.» dice lei con la testa appoggiata alla mia spalla.
Ha attuato questa posizione da quando siamo saliti sul bus.
L’ho trovata molto tenera, così appoggiata alla mia spalla…
E di certo un suo contatto fisico, anche se solo con la testa, non mi dispiace.
«Non ti preoccupare. Dove sono le chiavi?» chiedo io con un filo di voce.
«Nella borsa. Ma non devi salire per forza. La biblioteca. Lo studio.» sussurra lei.
Mi sa che sta proprio male.
E la colpa è mia.
«La biblioteca può aspettare, non posso lasciarti qui…» dico convinto.
«Rose sarebbe felice di saperlo.» commenta lei a bassa voce.
Rose?
Sua madre?
Per lo meno porto solo “in salvo” sua figlia.
Le altre volte facevo molto altro...
Matteo, non pensare alle altre volte.
Giusto, perché Virginia non è come le altre.
«Posso prendere le chiavi?» le sussurro.
«Sì certo, ecco. Cerca pure. Io sto qui appoggiata. La testa fa meno male così.»
Io ora la prendo in braccio, la porto a letto e la obbligo a dormire finché non sta meglio.
Il senso di colpa è una brutta bestia...
Anche il senso di protezione per questa meravigliosa ragazza.
«Mi spiace...» ripete lei per l’ennesima volta.
«Non ti preoccupare. Ora, basta che mi dici a che piano andare e qual è la porta di casa tua e va tutto bene.»
«Dio mio, potresti anche essere un ladro. Ma un ladro troppo gentile… E poi ti conosco... Ecco. Abito al secondo piano.» sussurra appoggiando ancora la testa sulla mia spalla.
Povera Virginia.
 
Secondo piano, secondo piano.
Arriviamoci in fretta.
Ascensore arriva, forza.
 
Arrivati al secondo piano.
«La porta?»
«Quella a destra…»
«Ottimo.»
«Eccoci…» dico aprendo la porta di casa di Virginia, fermandomi all’esterno e facendo entrare lei.
 
«Scusa ma, non entri?» chiede lei.
«Non sapevo se tu volessi…» dico mezzo imbarazzato.
«Entra pure… E’ il minimo.»
«Permesso.» dico facendo un passo ed entrando in casa.
Che bella casa.
Elegante e moderna.
A Stella piacerebbe un sacco questo stile.
Oh cazzo.
In tempo zero realizzo una cosa sconcertante.
Sono a casa sua.
Sono a casa di Virginia.
Matteo vuoi metterti a saltellare?
No.
Contieniti.
Ok.
«Come stai?» le chiedo.
Uhm, domanda intelligente Matteo.
Forse era meglio un «Come ti senti.»
«Mi metto una tuta e poi prendo qualcosa…» dice lei avviandosi da qualche parte.
Vuoi una mano?
Potrei benissimo spogliarti…
Matteo, per fortuna sei stato zitto.
Sei decisamente fuori luogo e lei sta male…
Giusto, basta pensare a lei nuda in questa casa che si spoglia.
Come se fosse semplice…
«Posso sedermi sul divano?» chiedo a nessuno come un imbecille, dato che Virginia è sparita e io sono in piedi come un palo della luce.
«Sì certo. Scusa la tuta ma…» riappare stringendosi nelle spalle.
«Non ti preoccupare.» dico io serio.
Dio mio, è incantevole anche con la tuta blu.
Com’è possibile?
E’ bellissima anche con una semplice tuta larghissima.
«Vuoi vedere un film?» chiede lei sedendosi accanto a me.
«No, leggo uno dei miei libri.» poi il rumore della tv è meglio di no dato il suo mal di testa.
«Merda…» sussurra lei quasi impercettibilmente.  
Quella ragazza riesce ad essere adorabile anche dicendo le parolacce.
«Che c’è?» le chiedo mezzo divertito.
«Uh, scusa.» Diventa rossa come un peperone.
«Dimmi pure.»
«Ho lasciato la pastiglia e il bicchiere d’acqua in cucina...» ammette lei cercando di alzarsi.
«Vado a prenderli io!» dico scattando in piedi come se mi avessero caricato con una molla.
«Ma…»
«Niente ma.»
Forse dovrebbe averlo capito che non tollero i ma quando una persona sta male.
Soprattutto se si tratta di lei…
«Grazie, davvero io non so come ringraziarti.»
«Di nulla.» dico sorridendole.
 
Torno in sala e trovo Virginia mezza sdraiata sul divano con sopra un plaid bianco.
«Scusami. Mi alzo subito.» sussurra lei.
«No, rimani giù. Alzati solo per prendere questa.» le dico avvicinandomi e allungandole la pastiglia e il bicchiere.
«Grazie.»
Ringrazia davvero troppo…
«Mi sono permesso di cercare il bagno e sono andato almeno a lavare le mani.» le dico imbarazzato.
«Sì, hai fatto bene. Io… Io non te l’ho neanche chiesto. Scusami davvero.» dice lei tornando con la testa sul divano.
«Non ti preoccupare. Non stai bene. Dormi un po’.»
Quando Stella non sta bene, lei dorme.
Magari funziona anche per lei.
«Tu… Rimani?» chiede lei arrossendo un po’ con aria quasi incredula.
Mi ha chiesto di rimanere…
«Se tu vuoi, sì.»
«Sì. Vieni qui?» dice facendomi spazio sul divano.
«Recupero un libro e arrivo.»
 
 
Credo sia una delle sensazioni migliori del mondo.
 
Ho un libro nella mano sinistra che non ho minimamente aperto e con la mano desta accarezzo i capelli di Virginia che si è addormentata da poco sulle mie gambe.
Sì, non sto sognando.
Mi son tirato un paio di pizzicotti ma credo sia proprio la realtà.
Anche se la situazione è una delle più surreali mai vissute. La colazione, il ritorno in bus, l’invito. Eppure, questa è la realtà. E’ successo tutto per davvero.
E questa realtà è davvero bellissima.
Bellissima come la ragazza che ha appoggiato la testa alle mie gambe con un «Posso?» e poi ha chiuso gli occhi.
 
Una ragazza davvero meravigliosa.
 
E’ una visione.
La mia visione.
La mia Virginia.
 
Hai detto mia, Matteo?
Sì.
Voglio che lei sia mia.
 
La mia Virginia.
Suona anche bene.
 
Continuo a guardarla e ad accarezzarle i capelli.
Appoggio il libro di lato.
Non posso perdermi questo spettacolo.
Altro che biblioteca…
Ho scritto su WhatsApp a Gabriele avvertendolo di un imprevisto e non potevo esserci oggi. Non credo che sia stato un problema per lui.
Preferisco milioni di volte lei alla biblioteca.
Lei... Io non so cosa mi ha fatto.
 
So solo che è una sensazione meravigliosa.
Mai provata prima d’ora.
 
E continuo a guardarla ed accarezzarle i capelli.
Mi sento quasi stupido ma è così giusto…
Matteo ma tu sei stupido.
Più che stupido, rincoglionito.
 
Dovevo ascoltare Stella questa mattina che prima di uscire ha voluto sapere tutto e mi ha detto «Vedrai, sarà una meravigliosa mattina, fratello. Comportati normalmente e andrà tutto bene.»
 
Sì Stella, avevi decisamente ragione.
Al suo compleanno dovrò ricordarmi di farle un bel regalo.
Non so se mi sono comportato normalmente, ma è andato tutto meravigliosamente.
 
Meravigliosa come la ragazza che dorme sulle mie gambe ora.
 
 
**
 
Buona sera a tutti e buon anno! Finalmente sono riuscita ad aggiornare e mi scuso infinitamente per il ritardo. Spero di riuscire ad aggiornare il prima possibile. Vi ringrazio per la pazienza e anche il solo fatto che leggiate di Virginia e Matteo. Magari vi aspettavate una colazione “vera” con molta sostanza. E invece… E’ stata una mattinata strana per Virginia, ma nonostante tutto e nonostante la sua emicrania, Virginia è uscita. E Matteo credo sia stato la persona più adorabile del mondo. Voi che ne pensate?
Infine, la canzone del titolo è una delle mie preferite in assoluto. “All the right moves” degli One Republic. E vi dirò, secondo me, con questo capitolo è davvero perfetta. Matteo ha fatto davvero tutte le “mosse” giuste.
 
Un abbraccio.
E.

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Capitolo 16
*** Suocere & Fiabe ***


INASPETTATAMENTE_ cap.16



Suocere & Fiabe – Capitolo 16

 

 

24 Gennaio.
 
Ore 9:17
 
 
V’s POV.
 
 
«Arrivati…» un sussurro di una voce calma e dolce mi riporta alla realtà.
Alla dura realtà.
Alla realtà della mia emicrania.
Non è possibile stare così male.
Non è possibile che il mio mal di testa sia aumentato così tanto e così improvvisamente, anche perché avevo preso una pastiglia prima di uscire.
E in un momento siamo arrivati a casa. A casa mia.
Ma come ho fatto ad arrivare fin qui?
Forse hanno sperimentato il teletrasporto con me quest’oggi, anche se, non credo sia possibile.
Non ricordo il tragitto sull’autobus, ricordo solo di aver ringraziato quel meraviglioso ragazzo, gli ho anche chiesto se era effettivamente sicuro di portarmi a casa. Ce l’avrei sicuramente fatta ad arrivare fin qui da sola, ma non saprei dire quando e soprattutto in che stato. Ma… Giusto, c’è un enorme ma.
Qualcuno mi ha portata a casa.
Una sorta di angelo che ora è qui con me.
Virginia hai appena dato dell’angelo a Matteo.
Sì, forse sarebbe meglio santo.
Santo Matteo, suona anche bene e gli si addice perfettamente.
Mai nessun ragazzo si è prodigato in questo modo per me.
Mai nessuno ha fatto quello che lui ha fatto per me ora.
Virginia devi ammettere che quando hai mal di testa non è che ti diverti ad andare in giro...
Piccoli dettagli.
Ma per lui questo ed altro, soprattutto per come si sta comportando e si è comportato fino ad adesso.
Un ragazzo d’oro.
Davvero.
Marco l’ha tenuto nascosto troppo a lungo, prima o poi mi arrabbierò con lui.
 
Ok Virginia, basta pensare.
Alza la testa e dì qualcosa.
No, non voglio alzare la mia testa che è comodamente appoggiata alla spalla di Matteo.
Provo almeno, magari è passato.
No, pessima idea.
Rimango appoggiata qui che è meglio.
Stai sfruttando Matteo come se fosse una sorta di divano, lo sai vero?
 
«Grazie Matteo. Davvero grazie.» dico questo.
Non so che altro dire. O sto sognando o è tutto reale e questo ragazzo me lo sposo prima o poi.
«Non ti preoccupare. Dove sono le chiavi?» chiede lui con una voce morbida.
«Nella borsa. Ma non devi salire per forza. La biblioteca. Lo studio.»
Cosa diamine ho detto?
O forse farfugliato?
Odio il mal di testa, lo odio con tutta me stessa.
Cos’ho vaneggiato?
Non ricordo neanche quello che ho detto.
A parte cose sconnesse, ovviamente.
«La biblioteca può aspettare, non posso lasciarti qui…» dice lui serio.
Me lo sposo, posso?
Tipo adesso?
Sì?
«Rose sarebbe felice di saperlo.» biascico ancora, a voce bassa.
Sono decisamente convinta che mia madre appezzerebbe molto la galanteria di Matteo, anche l’aspetto fisico e il carattere, insomma è davvero meraviglioso questo ragazzo.
Devo sembrare piuttosto patetica…
Ma qui con lui sto bene, mal di testa a parte, sto davvero bene con lui.
Bene come mai non sano stata in vita mia.
Mettiamola così: è la prima volta che sto bene con il mal di testa, solo perché c’è lui.
 
«Posso prendere le chiavi?» sussurra lui al mio orecchio con una voce gentilissima.
«Sì certo, ecco.» dico facendo scendere la borsa dalla mia spalle «Cerca pure. Io sto qui appoggiata. La testa fa meno male così.» Il che è vero. A parte il mio farfugliamento inutile e sconclusionato. Da quando ho appoggiato la testa alla sua spalla sto leggermente meglio, ma non la devo muovere. Inoltre, sto anche rovinando la mattinata a questo povero santo.
«Mi spiace...» proseguo poco dopo. Sembro un disco rotto con la solita frase ripetuta ogni tanto.
«Non ti preoccupare. Ora, basta che mi dici a che piano andare e qual è la porta di casa tua e va tutto bene.» afferma con una voce molto rassicurante.
«Dio mio, potresti anche essere un ladro.» Merda, cos’ho detto? Gli ho dato del ladro? Quando mi passerà il mal di testa dovrò assolutamente cercare di chiedere perdono in ogni modo possibile. Ho addirittura alzato la testa dalla spalla e una fitta molto forte mi ha colpita, come se mi volesse punire per la cavolata appena uscita dalla mia bocca. «Ma un ladro troppo gentile… E poi ti conosco... Ecco. Abito al secondo piano.» Ok, forse ho recuperato per la figura di merda di prima, forse, almeno spero. Credo che potrei vincere senza alcun dubbio il premio “Goffaggine” dell’anno, oltre al premio “Stupida”.
Matteo ha cercato delicatamente le chiavi nella mia borsa, è stato davvero molto gentile. Forse aveva paura di invadere la mia privacy, o era semplicemente spaventato da quello che avrebbe potuto trovare nella mia borsa. Insomma, si sa che nella borsa di una donna ci sono delle cose molto personali e private, ed è una sorta di piccolo mondo. Ma lui è entrato pacificamente e dolcemente in questo piccolo mondo, e cosa più importante, è entrato anche nel mio di mondo, molto serenamente, in un modo così naturale e semplice che mi ha praticamente sconvolta.
 
Abbiamo preso l’ascensore e siamo saliti fino al piano del mio appartamento e io non ho più spostato la testa dalla sua spalla. Il contatto con lui mi ha rassicurata e tranquillizzata, credo che senza di lui non so come sarei potuta tornare a casa sana e salva, perché sì, un’emicrania così è davvero debilitante.
«La porta?» chiede piano.
«Quella a destra…» sussurro.
«Ottimo.» risponde lui dirigendosi alla porta di casa e mettendo le chiavi nella serratura.
«Eccoci…» dice aprendo la porta e bloccandosi fuori. Alzo la testa dalla spalla di Matteo ed entro in casa.
«Scusa ma, non entri?» chiedo io cercando di stare tranquilla. Chiaramente, tranquilla non sono. Chissà se accetterà di entrare, chissà se ha voglia di venire fisicamente a casa mia. Sarò pur all’antica, lo so, ma l’invito in casa è un qualcosa di speciale, sicuramente anche di strano. Ma questa volta non c’è nessun problema, è accaduto tutto in un modo così naturale e tranquillo, complice il mio mal di testa. Desidero molto che lui entri in casa. Voglio che entri e basta. Non ho intenzione di fare nulla di spettacolare tipo fuochi d’artificio o scintille sotto le lenzuola, desidero solo rimanere un po’ con lui.
«Non sapevo se tu volessi…» mi risponde lui e sembra quasi imbarazzato.
«Entra pure… E’ il minimo.» dico io cercando di dimostrare una sicurezza che non ho. Anche perché entrare in casa è il minimo sì, il minimo anche per rendermi la ragazza con il mal di testa più felice del mondo.
«Permesso.» dice lui facendo un passo in avanti ed entrando in casa mia.
Ok, Matteo è in casa mia.
E’ la realtà e non un sogno.
Lui è qui.
E’ fisicamente con tutte le sue molecole qui.
Datti una calmata Virginia, così fai aumentare il tuo mal di testa per nulla.
«Come stai?» chiede lui con aria preoccupata togliendosi il giubbotto.
Quasi vado in apnea trovandomelo così vicino, così bello, così irreale, così qui a casa mia.
«Mi metto una tuta e poi prendo qualcosa…» gli rispondo andando in camera mia.
Virginia hai tentato di sviare il discorso non rispondendo alla domanda di Matteo dicendo la prima cosa che ti viene in mente che è “mi metto una tuta”, ma sei seria? Ma davvero? Mi metto una tuta? Una tuta? Insomma il massimo dell’essere sexy con un ragazzo del suo calibro. Non potevo dirgli qualcosa tipo “Mi metto comoda?” e presentarti direttamente nuda? Sì certo, ci manca solo, con lui, nuda io, sono messa male con questo mal di testa. Ora però questa tuta me la devo mettere per forza, per lo meno è larga e blu, mi nasconde e sto comoda per davvero.
Ok Virginia, spogliati e mettiti la tuta, fai un respiro e torni di là. Da Matteo.
Matteo è di là.
Capitan Ovvio Virginia, muoviti.
Recupero il telefono e lo metto nella tasca della tuta.
«Posso sedermi sul divano?» chiede lui di là, per fortuna sono pronta e riappaio subito in sala.
«Sì certo. Scusa la tuta ma…» tento di spiegare stringendomi nelle spalle ma lui mi interrompe.
«Non ti preoccupare.» dice serio.
Davvero non mi devo preoccupare?
Dice davvero?
Evidentemente no. Fai una domanda intelligente ora.
«Vuoi vedere un film?» chiedo raggiungendolo sul divano e mi siedo vicino a lui.
Ultimamente hai delle idee pessime Virginia.
Lo so, lo so.
«No, leggo uno dei miei libri.» mi risponde lui tranquillo e facendo un sorriso da infarto.
«Merda…» sussurro quasi impercettibilmente. Ma ho davvero detto Merda. Non l’ho pensato vero? L’ho detto davvero. Insomma, come continuare ad essere una ragazza fine ed educata. Tuta e parolacce.
«Che c’è?» mi chiede quasi divertito.
L’ho detto davvero allora.
«Uh, scusa.» e diventa rossa come un’aragosta.
«Dimmi pure.» dice lui con una voce troppo armonica, troppo dolce, gli potrei dire qualsiasi cosa.
«Ho lasciato la pastiglia e il bicchiere d’acqua in cucina...» gli rispondo cercando di alzarmi dal divano per andare nella stanza a lato.
«Vado a prenderli io!» dice lui scattando in piedi.
Ok, ora scappa davvero dalla porta.
«Ma…»
«Niente ma.» dice tranquillo.
«Grazie, davvero io non so come ringraziarti.» dico sincera.
«Di nulla.» mi risponde sorridendo.
 
Matteo è sparito già da qualche minuto. L’idea che forse è scappato si fa ogni secondo più viva nella mia testa. Però… Ha lasciato qui il suo zaino. Sorrido da sola come un’ebete quando sento dei passi che stanno raggiungendo il divano. E sì, è lui per davvero e non è neanche scappato. Io nel mentre mi sono quasi sdraiata sul divano avvolta come un baco da seta da una copertina bianca.
«Scusami. Mi alzo subito.» sussurro io.
«No, rimani giù. Alzati solo per prendere questa.» dice avvicinandosi e mettendomi davanti pastiglia e bicchiere.
«Grazie.» sussurro ancora una volta. E sì, ringrazio, perché davvero, come è possibile tanta gentilezza e premura in una sola persona?
«Mi sono permesso di cercare il bagno e sono andato almeno a lavare le mani.» ammette quasi imbarazzato.
«Sì, hai fatto bene. Io… Io non te l’ho neanche chiesto. Scusami davvero.» gli rispondo mettendo la testa sul divano.
«Non ti preoccupare. Non stai bene. Dormi un po’.» consiglia lui.
Dormire? Adesso? Però, se io dormo lui se ne va, e io non voglio che se ne vada, anche se dormire al momento è la cosa che mi gioverebbe di più.
La cosa migliore da fare è chiedere direttamente a lui. «Tu… Rimani?»
«Se tu vuoi, sì.» risponde serio.
«Sì. Vieni qui?» dico spostandomi sul divano.
«Recupero un libro e arrivo.» dice tranquillo.
 
Dopo aver recuperato il libro, ho lasciato un po’ di spazio sul divano a Matteo. Lui si è seduto, sorridendo, sembrava la persona più tranquilla del mondo, e soprattutto sembrava per lui la cosa più naturale del mondo rimanere con me. Il fatto è che io sto davvero molto bene con lui, anche se non lo conosco ancora bene, avrà sicuramente degli scheletri nell’armadio come tutti.
Voglio stare con lui.
Mi piacerebbe davvero aprirmi come mai ho fatto prima con una persona.
Voglio essere felice.
Voglio stare con lui ora, adesso, sempre.
Chissà lui cosa ne pensa…
Anche se ora come ora è troppo presto, forse un po’ troppo prematuro avere queste idee con lui.
Dovrò fare tutto un passo alla volta, tranquillamente.
Subito dopo che Matteo si è accomodato sul divano, io ho sentito proprio la necessità di avvicinarmi a lui, come una sorta di cozza allo scoglio.
Imbarazzatissima e audace come non mai ho guardato Matteo negli occhi e gli ho chiesto «Posso appoggiare la testa lì?» indicando con una mano le sue cosce.
Credo di aver perso un paio di battiti cardiaci quando ha sorriso e mi ha risposto «E me lo chiedi anche?»
«Sì? Non voglio disturbare o essere un peso più di quanto io…»
Ma lui mi ha interrotto dicendo «Non sei nessun peso e non mi hai minimamente disturbato. Anzi, è un piacere essere qui, con te.»
«Da… Davvero?» ho biascicato inebetita più del normale.
«Vieni qui e riposati, non ti preoccupare. Veglierò io su di te, Virginia.» mi ha comunicato con un sorriso che mi ha fatto davvero sognare.
Mi sono chiesta perché avrei dovuto dormire anche se il mio sogno era lì, sveglio, vicino a me, ma ho preferito avvicinarmi ulteriormente a lui, sorridere, appoggiare la testa sulle sue gambe e chiudere gli occhi.
«Dimmi se ti do fastidio» ho sussurrato io.
«Riposati e basta.» ha risposto lui con un soffio.
 
Gli occhi alla fine si sono chiusi e ho cercato di rilassarmi completamente sulle gambe di Matteo. Prima di addormentarmi ho sentito una mano sfiorare i miei capelli e accarezzarli. Ho sorriso ad occhi chiusi e mi sono goduta quel dolcissimo contatto. Credo di non aver mai trovato un ragazzo con una tenerezza così infinita.
 
Sì, sono certa che veglierà lui su di me… E poco dopo sono sprofondata in un bellissimo sogno.
 
 
M’s POV.
 
 
Occhi chiusi, respiro lento e regolare, Virginia si è addormentata da un po’ sulle mie cosce. Non mi sono mosso di un centimetro da un po’ di tempo a questa parte, non volevo che si svegliasse proprio adesso che si era finalmente addormentata. Spero solo che con questo riposo il mal di testa le sia passato e che stia meglio.
Il libro che mi serviva per ripassare l’ho appoggiato al bracciolo del divano una ventina di minuti fa. Ho fatto solo finta di ripassare, lo so benissimo, ma avere Virginia qui vicino e addormentata mi provoca troppa distrazione. E’ una follia averla qui, così vicina e sfogliare un banale libro, è una follia non prestare attenzione a lei anche se sta dormendo. Non credevo di poter mai dire che una persona è interessante anche mentre dorme, eppure lei lo è.
 
Ho continuato come un perfetto idiota ad accarezzarle i capelli che sono incredibilmente morbidi.
Lei è così morbida, così bella, così… Perfetta?
Ed è la prima volta che io mi sento così. Così vulnerabile e chiaramente così pirla.
 
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
 
Merda, merda e merda.
C’è un qualcosa che vibra.
Il mio telefono, forse.
Controllo la tasca dei jeans ma la vibrazione non proviene da lì, assolutamente no.
Non è il mio telefono. Quindi, dovrebbe essere il suo cellulare?
Oh merda.
 
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
 
E’ il suo di telefono. Il cellulare di Virginia.
Dove ce l’ha? Posso rispondere? Devo rispondere?
Magari è solo uno squillo?
Ok Matteo, tranquillizzati e pensa a tutte le ipotesi.
Posso io, persona sconosciuta, rispondere al telefono di Virginia?
Posso permettermi di rispondere al suo telefono?
Dio mio, ovviamente no. Non posso.
Quindi? Faccio finta di nulla? Posso solo sperare che lei non si svegli.
 
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
 
Virginia si è mossa leggermente sulle mie gambe.
Non voglio che si svegli.
Basta, io rispondo al telefono.
Poi può insultarmi e non volermi vedere più ma non voglio che si svegli ora.
Sta male e ha bisogno di riposo.
Matteo, stai infrangendo la sua privacy.
Lo so e sono una brutta persona per questo ma non voglio che si svegli.
Nella tasca della sua tuta c’è un cellulare che continua a vibrare.
Cerco di muovermi pianissimo e con la mano sinistra afferro il telefono.
Virginia è tornata immobile sulle mie gambe.
Avvicino il telefono che continua a vibrare e leggo il mittente della telefonata: Madre.
Come invadere la sua privacy alla grande, in poche parole.
Parti subito alla grande Matteo, con la madre.
Un ottimo modo di merda per essere una persona orribile.
 
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
 
Ok, mi faccio forza e rispondo a questo benedetto telefono.
Sarà la mia rovina, già lo so.
Con una voce bassissima avvicino il cellulare al mio orecchio e sussurro un «Pronto?»
«Virginia? Tesoro?» una voce squillante mi risponde dall’altro capo del telefono.
Super merda, non solo merda.
«Signora. Non sono… Virginia.»
Silenzio dall’altra parte della cornetta.
Matteo sai dire solo cose ovvie?
A meno che Virginia si sia trasformata in un uomo nelle ultime due ore, è ovvio che al telefono non fosse sua figlia.
Merda.
«Uh, allora devi assolutamente essere Matteo!» risponde lei.
«Ehm. Sì, sono io.» le rispondo sinceramente stupito e con la voce bassa.
«Allora forse puoi spiegarmi dov’è finita mia figlia e perché tu sussurri?»
«Signora…» inizio io ma vengo prontamente interrotto.
«Chiamami Rose, mi fai sentire vecchia!»
«Va bene, allora, Rose, vede, Virginia si è addormentata e aveva il mal di testa…» cerco di spiegare con voce calma. Ma non sono calmo, per niente, come minimo mi insulta, sono in casa sua, con sua figlia che dorme, e l’aggravante è che ho risposto al suo telefono come un completo imbecille violatore di privacy.
«Oh, molto bene. Aveva bisogno di dormire? Siete in casa?» chiede pratica.
«Sì sign... Rose. In casa vostra, l’ho accompagnata in casa e…» mi interrompe.
«Molto bene, Matteo. Hai fatto bene. Quella testona di Virginia per una volta mi ha ascoltata e si è fatta accompagnare a casa.»
«Alla fine sì.» ammetto sorridendo lievemente.
«Non vuole disturbare mai nessuno. Ma sono felice che tu ti sia imposto. Posso chiederti un favore Matteo?» aggiunge.
«Mi dica.» Adesso parte il cazziatone, me lo sento. E soprattutto sento di meritarmelo.
«Innanzitutto dammi del tu, te l’ho detto. Seconda cosa, potresti stare un po’ con Virginia questa mattina? Almeno finché dorme e si riprende. Io non posso proprio tornare a casa ora e non mi va di lasciare Virginia da sola…»
«Nessun problema.» dico io subito. Un favore che fa la madre di Virginia a me, non io a lei.
«Per ringraziarti verrai a cena da noi una volta. Magari anche con Marco e Alessandro.» propone lei.
«Non si disturbi, davvero. Rimango qui più che volentieri.» ammetto semplicemente. Ed è davvero così. Rimango qui finché Virginia vuole e ne ha bisogno.
«Va bene allora, ma ricordati il tu. Inoltre quei due verranno prima o poi. Puoi solo dire a Vi che l’ho chiamata per sapere come stava e che tu hai fatto solo bene a portarla a casa?»
«Sarà fatto.» e poi Virginia mi caccerà via di casa per invasione della privacy.
«Bravo ragazzo, a presto!»
«Buona giornata.» dico io prima di sentire il clic di chiusura della telefonata.
 
Oh, cazzo.
Respira Matteo.
Puoi respirare ora.
E’ stato peggio di scalare l’Everest con Messner.
Ho perso dei chili.
Smettila Matteo, hai solo chiacchierato con la tua futura suocera.
Futura suocera?
Sì, non mi dispiacerebbe avere la signora Rose come suocera.
Non mi sembra il caso di parlare di suocere ora.
Non sto ancora ufficialmente con Virginia e non so se mai mi vorrà, ma ho già messo in cantiere l’idea del matrimonio, però ho fatto i conti senza l’oste. Dopo che saprà che ho invaso la sua privacy mi ucciderà ed occulterà il mio cadavere.
Matteo, guarda le cose da un altro aspetto: hai appena parlato con la madre di Virginia ed è andata piuttosto bene, ti ha pure invitato a cena, con Marco e Alessandro, ma è pur sempre un invito.
Mah, vedremo.
Chissà come reagirà lei quando saprà della telefonata di sua madre. Glielo comunicherò per forza. Ma prima, innanzitutto spero che il mal di testa le sia passato, ho intenzione di farle il terzo grado a riguardo, di coccolarla ancora un po’, di parlarle, e di baciarla, ho bisogno di sentire le sue labbra sulle mie.
Inconsciamente avvicino la mia testa alla sua, inspiro a pieni polmoni il suo meraviglioso profumo, che è ossigeno puro e le deposito un bacio sulla nuca.
Torno con la schiena appoggiata sul divano, continuo ad accarezzare questa meraviglia addormentata.
Ho bisogno di sentirla vicino, ancora più vicino…
Abbasso la mia testa e mi porto vicino a lei.
Inspiro profondamente il suo profumo che mi inebria totalmente.
Deposito un altro bacio sulla sua nuca.
Ma la nuca non mi basta.
Voglio sentirla più vicina.
Voglio che sia mia.
Anche se sta dormendo e non lo può sapere.
Mia.
 
Avvicino le mie labbra alle sue e le lascio un bacio tra la guancia e la rima delle labbra.
Quanto è morbida e meravigliosa.
Prima di tornare nella mia posizione iniziale scorgo un meraviglioso occhio color cioccolato scuro che mi guarda e un sorriso sul suo volto…
 
Merda, ho appena svegliato Virginia.
 
E l’ho svegliata con un bacio.
Come il principe ne “La Bella Addormentata”.
 
Però devo ammettere che qui, l’addormentata non era solo bella, è semplicemente bellissima.
 
 
**
 
Buona sera e ben tornati a tutti, lettrici e lettori di “Inaspettatamente”. Eccomi qui finalmente, perdonate la lunga assenza ma purtroppo la vita vera ogni tanto si mette in mezzo e non ho tempo a sufficienza da dedicare alla scrittura. Cercherò per il futuro di essere più puntuale e non farvi aspettare troppo.
 
Spero che questo sedicesimo capitolo vi sia piaciuto, lo so, forse è piuttosto banale ma ci tenevo molto che si vedesse il punto di vista di Virginia, quello che lei pensa, quello che sente e com’è con Matteo. Credo sia stato un passo piuttosto fondamentale e piuttosto semplice per Virginia l’aver fatto entrare in casa sua e nella sua vita il meraviglioso Matteo. Ci tenevo e spero di aver trasmesso il tutto... Virginia si è completamente fidata ed affidata a Matteo.
 
Poi passo al secondo POV, quello di Matteo. Lui non ha voluto che Virginia si svegliasse, quindi ha risposto alla telefonata di Rose ed è stata anche una buona telefonata. Ha “conosciuto” anche se indirettamente la madre di Virginia e la vuole come suocera. Che ne dite? Vorreste anche voi avere una suocera come Rose? E poi… Virginia alla fine si è svegliata grazie a un suo bacio. Come se fosse una fiaba… Chissà come reagirà? Avete delle idee? Soprattutto chissà come reagirà dopo che Matteo le dirà della telefonata.
 
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui, grazie davvero.
Vi auguro una buonissima serata.
Un abbraccio.
 
E.

 

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Capitolo 17
*** Principi, medicine & ricette ***


INASPETTATAMENTE_ cap.17



Principi, medicine & ricette – Capitolo 17

 

 

24 Gennaio.
 
Ore 11:12
 
 
V’s POV.
 
 
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
 
No.
Dai.
No dai.
Non voglio.
 
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
 
Non voglio svegliarmi.
Non ora.
La sveglia deve smettere di vibrare.
 
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
 
No, non voglio aprire gli occhi.
 
Ok.
Ha smesso.
Meglio così, torno nel mio sonno.
 
Dolci movimenti nei capelli continuano a cullarmi da qualche tempo.
No, non voglio svegliarmi.
Mani forti che mi accarezzano dolcemente, che si intrecciano nei miei capelli, che mi sfiorano dolcemente la nuca.
Dovrei proprio sognare più spesso queste cose belle.
 
Sento un respiro più deciso che si avvicina alla mia testa e qualcuno deposita un tenero bacio tra i miei capelli.
Matteo?
Virginia è impossibile, è solo un sogno.
Matteo non può essere qui.
Una mano torna tra i miei capelli, mi beo di questo contatto, di tutta questa gentilezza.
Matteo per davvero?
No, non è possibile.
Virginia vedi di svegliarti e smetterla di sognare.
 
Il respiro alle mie spalle si fa più energico, è come se si avvicinasse e un buonissimo profumo invade il mio volto.
Ma io questo profumo lo conosco, e lo conosco davvero molto bene.
Anche se lo conosco da poco, questo profumo è entrato perfettamente in testa, catalogato come “qualcosa di estremamente buono” ed è proprio bello.
E’ bello proprio perché sa di lui. Di Matteo.
Com’è possibile che sia qui?
Non voglio aprire gli occhi perché so che tutto questo potrebbe finire.
Sento un altro bacio sulla testa, tra i miei capelli…
Quanta dolcezza.
E poi.
Quello che credo che sia Matteo è fermo sopra di me.
Il respiro lento e regolare.
Il profumo che sa di buono.
E’ proprio un bel sogno.
 
Sento un tenero bacio tra le labbra e la guancia.
Un sorriso mi si allarga spontaneamente sul mio volto.
E’ istantaneo: un bacio di Matteo provoca questo.
Un bacio di Matteo?
 
Apro un occhio e… Oh.
Non ci credo. Dai, non so se posso credere che Matteo sia realmente qui.
Mi guarda dolcemente stupito, stranamente tranquillo, bello come il sole, mentre sta appoggiando la schiena al mio divano, in casa mia.
Il mio divano.
A casa mia.
Matteo sul mio divano, a casa mia?
Devo smetterla di sognare ad occhi aperti.
Devo smetterla di avere queste sottospecie di allucinazioni date dall’emicrania.
 
A proposito di mal di testa. Che meraviglia. Non è più presente, non c’è più. O almeno, non è più così forte come lo era prima. Oppure mi sono semplicemente rimbambita del tutto ed è forte e ho pure le allucinazioni, quindi non posso neanche rendermene conto. Bene, ma non benissimo.
Apro anche l’altro occhio ma non cambia nulla.
Lui è sempre qui e mi guarda.
Ora con aria chiaramente divertita.
 
No, non può essere qui.
Non è possibile.
 
«Oh, cavolo. Ora la mia emicrania mi provoca anche le allucinazioni!» dico sospirando.
Matteo, o almeno, la presenza ologrammatica ed eterea di Matteo, mi guarda e sorride.
Non è possibile davvero.
«No, non è possibile. Allucinazioni.» dico alzando e premendo il mio indice sul volto divertito di Matteo.
Sulla sua guancia.
Oh merda.
«Ehi, ma tu. Tu non sei una allucinazione.» dico chiaramente imbarazzata.
«Eh, no.» risponde lui con un sorriso da infarto.
«Sei qui…» brava Virginia, renditi ancora più ridicola.
«Non me ne sono andato. Sono contento che tu ti sia svegliata!» dice lui prendendo con la sua mano il mio dito che era rimasto fermo sulla sua guancia, avvicinando la mia mano alle sue labbra e depositando un bacio lì.
Oh mio dio.
Altro che farfalle nello stomaco, infarti multipli con scompensi cardiaci a gogo.
Rimango inebetita con le guance in fiamme, con gli occhi fissi nei suoi.
Vorrei sprofondare.
Virginia dì qualcosa.
O fai qualcosa.
«Ho… Ho fatto qualcosa di sbagliato?» chiede Matteo anticipando qualsiasi parola che potessi proferire.
«No no, figurati. Sono cose che… Vedi, mi lasciano, anzi no, tu mi lasci senza parole.» ammetto arrossendo.
«Mi vengono così naturali, con te. Quindi, dimmi se faccio qualcosa che non va bene.» mi risponde quasi in imbarazzo.
Annuisco semplicemente.
Avevo già detto che l’avrei sposato!?
Ora necessito sposarlo davvero, magari gli propongo un viaggio a Las Vegas tipo domani.
“Matteo hai il passaporto pronto? Andiamo a Las Vegas subito!”
Virginia smettila.
 
La mia mano rimane tra quella di Matteo.
Non l’ho più spostata dopo il bacio.
Tranquillamente inizia ad incrociare le sue dita con le mie.
Il mio stomaco fa proprio le capriole, come se avessi dodici anni.
Ora sì, ci sono le farfalle. Magari anche le libellule o altri animaletti primaverili.
Alla fine dell’incrocio ci ritroviamo palmo contro palmo.
Mani tra le mani.
Dita tra le dita.
Le sue dite si stringono alle mie e mi infondono calore, tranquillità e protezione.
Virginia è solo una mano.
Solo una mano?
No, è un qualcosa di erotico.
Bisognerebbe denunciarlo alle autorità!
Non sapevo che due mani unite potessero dare sensazioni così lussuriose.
Semplici sensazioni che mi scaldano il corpo e l’anima.
Sensazioni mai provate fino ad ora con qualcuno.
Mai.
L’altra mano di Matteo è sempre rimasta tra i miei capelli. Non l’ha mai spostata.
Si accorge di qualcosa perché inizia dicendo «Posso lasciarla…»
«Resta. Se i capelli non ti si annodano alle mani! A me piace, mi rilassa tanto.» lo interrompo e lui sorride.
 
«Oddio.» dico io poco dopo mentre Matteo mi accarezza la mano e la testa contemporaneamente.
«Cosa c’è?» chiede lui con una voce calda e tranquilla. Potrebbe farmi qualsiasi domanda e io mi scioglierei nel giro di mezzo secondo.
«Mi sono addormentata su di te!»
Virginia, te ne sei accorta tardi, anzi tardissimo. E continui a renderti ridicola e a dire ovvietà.
«Certo.»
«Potevi spostarmi!»
«Perché avrei dovuto?» chiede lui quasi divertito.
«Non so, magari avevi altre cose da fare! Non dovevi studiare?»
«Non ti preoccupare. Ho letto qualcosina prima.»
«Ma hai un esame da preparare! Devi studiare!» ribadisco io.
«Non ti preoccupare Virginia. Sono prontissimo.» dice lui con voce seria.
«Faccio fatica a non crederti, sai?»
Brava Virginia, renditi sempre più ridicola.
«E’ solo un esame. Cambiamo discorso, su. Come stai? Il mal di testa? Sembri meno sofferente.»
«Va.» cerco di fare mente locale sulla mia attuale situazione, mi sento in una bolla in questo istante, e il mal di testa non c’entra nulla, c’entra solo lui. «Va bene. Il mal di testa è diminuito molto.»
Mi interrompe lui sussurrando «Scusa il terzo grado. Ma, ecco, ero preoccupato per te.»
Un’altra volta sono frastornata. Questo ragazzo riesce a spiazzarmi semplicemente con le parole o con dei gesti apparentemente normalissimi.
«Non ti preoccupare. E’ grazie a te se sto meglio!»
«Addirittura?» chiede lui divertito.
«Sì, davvero. Non sarei tornata a casa subito. A proposito di mattina, ho rovinato completamente i tuoi programmi per la mattinata!»
«Non dire così. Ho passato una mattina a vegliare su una principessa. Proprio come nelle fiabe.» dice lui malizioso.
Fiaba?
Fiaba!
Lui mi ha dato un bacio come nelle fiabe!
E io mi sono svegliata grazie al suo bacio.
Va bene, sto al gioco.
«E i principi svegliano le principesse addormentate con un bacio. Come hai fatto tu!»
«Io?» chiede lui con aria innocente.
«Oh sì, tu!» faccio forza sui gomiti e mi avvicino al suo viso «Grazie.» gli dico depositando un casto bacio a fior di labbra e tornando successivamente accoccolata sulle sue gambe.
 
 
«Virginia, ascolta.» inizia lui dopo qualche momento.
Il tono non mi piace, è il classico da “ti devo dire un qualcosa di brutto, preparati” oppure “ho un’amante tagliata a pezzi nascosta nell’armadio”.
Oh sì, lo sapevo che ci saremmo arrivati.
Era tutto troppo perfetto per essere vero…
«Dimmi tutto.» rispondo guardando nei suoi occhi verdi.
«Prima, quando stavi dormendo è suonato il tuo telefono.»
«Ho sentito qualcosa infatti, mi sa che mi sono riaddormentata subito.»
«Non smetteva di suonare e non volevo che ti svegliassi, perché avevi proprio bisogno di riposare e dormire. Quindi, ecco, ho risposto io alla telefonata.»
«Uh.» che pensiero dolce.
Posso sposarmelo? Dai!
Allora, tiriamo le somme. Per ora tutto bene, la parte durante la quale mi confessa che ha ucciso qualcuno quando arriva? Non mi piace sentirlo parlare così, è così, incerto.
«Ed era tua madre.»
«Oddio.» Eccola qui la bomba, di tutte le persone che potrebbero chiamarmi, lui ha risposto quando mi chiamava Rose.
«Spero di non farti arrabbiare, dato che ho invaso la tua privacy.»
«Stai scherzando, vero?»
«Sono serissimo. E ho la netta sensazione che mi manderai fuori casa nel giro di due secondi.» mi risponde tutto d’un fiato.
Scoppio a ridere con una di quelle risate che mi piacciono tanto, non forzata, non idiota. Solo una risata. Vera. Come Matteo.
Lui mi guarda un po’ titubante, forse aspettandosi davvero di essere eiettato fuori da casa mia.
«Eri preoccupato per questo?» chiedo io con la voce più dolce che posso avere.
«Sì. Ecco. Non sapevo. Non.»
«Sssh.» porto un mio dito della mano libera vicino alle sue labbra. «Non ti preoccupare tu. Hai fatto benissimo. Sei stato gentilissimo, davvero. Grazie.»
«Grazie a te.» dice sussurrando.
«Ora però sono curiosa…»
«Di cosa?» chiede lui sorridendo con una voce molto più distesa di prima.
«Cosa ti ha detto Rose?» chiedo io curiosa.
«Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti. E non mi va proprio.» risponde.
«Scherza pure, signor principe, ma me lo deve dire.»
«Vuoi saperlo davvero?»
«Mi devo preoccupare? Forse sì, dopotutto è mia madre. Dimmi, forza, sono pronta a tutto.» gli rispondo cercando di apparire il più coraggiosa possibile.
«Mi ha chiesto di rimanere qui finché tu non ti fossi sentita meglio. Le ho dato la mia parola che non mi sarei mosso da qui.»
«Cosa?» Mi lascia a bocca aperta. Io uccido mia madre appena la vedo.
«Non fare quella faccia Virginia. Era preoccupata per te.»
«Lo so, lo so. Non le sono mai piaciuti i miei mal di testa.»
«Lo so. Poi…» prosegue quasi assorto nei suoi pensieri.
«Lo sai? Poi? C’è dell’altro?» sembro una pazza invasata.
«Uhm. Si, mi ha invitato a cena.»
«Sei il primo che viene qui invitato da Rose.» sono incredula e lui sorride beffardo. «A cena?» chiedo ancora più sospettosa. Mia madre che invita qualcuno a cena che esce con la sua bambina? Qualcuno deve aver ipnotizzato Rose durante la telefonata.
«Si, ma non ti preoccupare. Ha detto che sarebbero venuti anche Marco e Alessandro.»
«Cospirano tutti alle nostre spalle!» dico io scrollando la testa e sorridendo.
«Ti dirò, mi piacciono tutte queste cospirazioni.» risponde Matteo avvicinandosi pericolosamente alla mia testa.
Con un sospiro avvicina le sua labbra alle mie.
Labbra contro labbra.
Un sorriso e poi dischiudiamo le labbra insieme, finalmente le nostre lingue si ritrovano dopo del tempo che mi è sembrato infinito.
Lingue che si accarezzano, lingue che giocano, lingue che esplorano.
Con dolcezza e passione insieme, le nostre lingue continuano a danzare per un periodo di tempo indefinito.
Quando ci stacchiamo gli stringo la mano che ha lasciato incatenata alla mia.
L’altra mia mano è sulla sua nuca e me lo tengo vicino. Non voglio che si stacchi.
Il suo profumo è meglio di una droga. E i suoi baci, beh, i suoi baci anche.
«Mh, sì. Piacciono anche a me queste cospirazioni.» dico io dopo aver preso un po’ di ossigeno e lui mi regala un sorriso splendido.
«Ne sono contento.» mi risponde a fior di labbra prima di approfondire un’altra volta un suo meraviglioso bacio.
 
«Quindi, ricapitolando, abbiamo in programma due cene.» dice Matteo sorridendo dopo una lunghissima serie di baci.
«Come due?» chiedo io. Da quando sono due? In ogni caso, se anche dovessero essere dieci, cento, mille, non sarebbe un problema. Anzi.
«Sì certo! Una devo assolutamente portarti fuori io. Un’altra con tua madre, Marco e Ale.» ribadisce lui.
«A proposito.» chiedo io curiosa «Ti ha detto di darle del tu?»
«Sì! Mi ha praticamente obbligato a darle del tu e a chiamarla Rose.» Tipico di lei.
«I miei sospetti sono fondati allora.» affermo seria.
«Mi rendi partecipe dei tuoi sospetti?» chiede lui dandomi un bacio sulla guancia.
«Cerchi forse di compromettermi così? Dato che sei tu e dato che oggi mi sento particolarmente buona, ti renderò partecipe.» rispondo io ridacchiando.
«Molto bene.» dice lui continuando a depositare dei dolcissimi baci sulla guancia.
«Le stai simpatico.»
«Davvero?»
«Oh sì. In più Marco e Ale hanno parlato bene di te a Rose.» si Virginia, brava, vai avanti e raccontagli anche che lo sogni in situazioni poco caste e via. Smettila di aprirti così tanto con lui.
«Com’è possibile?» chiede lui.
«Spero non sia… Come dire, un problema per te. Ma, ieri sera sono piombati qui Ale e Marco senza preavviso e hanno indagato.» Come fanno sempre del resto.
La sua risposta arriva con un sorriso «Nessun problema. Conosco molto bene quei due, quindi immaginavo che chiedessero informazioni a te. Anche se ora potrei essere quasi geloso… Preferiscono una donna a me.» afferma con un sorriso.
«Stai attento sai. Hanno dalla loro parte una psicologa, ovvio che preferiscano me!» Tutta questa sicurezza da dove ti esce Virginia?
«Lo so benissimo. Mi minacciano costantemente.»
Mi piacciono queste informazioni con minacce. Dovrò congratularmi con Marco o con Alessandro.
«Sarà una cena sofferta. Vedrai!» dico io scherzando.
«Immagino. Non sono molto abituato a questo genere di cose.» ammette lui quasi imbarazzato.
«Io neanche, se ti fa piacere saperlo.» affermo con un sorriso imbarazzato.
«Molto, sì.» dice lui guardandomi intensamente con quegli occhi verdissimi.
«Forse… Ti senti a disagio? Stiamo, come dire, correndo troppo?» chiedo piuttosto preoccupata. Non vorrei essere precipitosa, andare troppo veloce, non voglio affrettare il corso delle cose, già l’averlo qui è… Tanto.
«Assolutamente no. Le situazioni imbarazzanti e a disagio sono altre, fidati! Però se mette te a disagio non vengo.» dice lui rassicurandomi.
«No no. Voglio che tu venga. Non volevo che magari…»
«Non ti preoccupare Virginia. Poi, non sarò solo. Sarà un qualcosa di nuovo e divertente.»
«Soprattutto per la presenza di Marco e Ale.» gli rispondo sorridendo.
«Vedrai, andrà benissimo.» dice lui serioso.
«Ma almeno una data prevista?» chiedo.
«No.» ammette lui.
«Uh, non ti preoccupare allora. Vedrai, Rose è piena di eventi da organizzare ma appena avrà un venerdì o un sabato sera libero, inizierà a pensare a ogni minima cosa.» sicuro come l’oro avrà già controllato la sua agenda.
«Mi fa quasi paura.»
«Te l’avevo detto!» rispondo sorridendo.
«Poi magari non ti farà più uscire con me.»
«Ma io sono una ragazza ribelle. Uscirei lo stesso, sai?»
«Davvero?»
«Chissà, forse.»
«Potrei quasi esserne onorato.» mi risponde aprendosi in un meraviglioso sorriso. «Poi quando vuoi vieni a cena con me.»
«Quando voglio?» Posso dire sempre?
«Certo. Quando vuoi tu.»
«Presto allora.» Questa sera?
«Va bene. Magari dopo l’esame.»
«Cavolo sì, scusa. L’esame… Quando sarà?»
«Mercoledì prossimo.»
«Allora hai ancora un po’ di tempo.»
Lui annuisce sorridendo e baciandomi con una tranquillità devastante.
 
Svariati minuti e baci dopo.
 
«Senti ma, quel rumore veniva dalla tua pancia?» chiedo stupita a Matteo.
«Ebbene sì, il mio stomaco ha appena brontolato.»
Alzo la manica della felpa per vedere che ore sono.
Oh cavolo.
«Ovvio che il tuo stomaco brontoli! Avrà anche fame! E’ quasi mezzogiorno e mezzo!»
«Decisamente. Il tempo è volato!»
«Devi… Andare via?» chiedo titubante.
«Più tardi sì. Devo andare a prendere mia sorella a scuola e non so dove la devo portare...» sembra che si stia giustificando.
«Oh.» è anche un bravo fratello. La sorella, non l’ha nominata molto. Ma si vede da come ne parla che la adora. Avrà qualche difetto nascosto da qualche parte?! Dubito. «A che ora?» chiedo.
«Alle due e mezza.»
Ho appena avuto un’idea. Un’idea di quelle belle. Una di quelle cose che decidi al volo e che ti devi buttare per forza. «Beh, dovrai pur mangiare qualcosa, vero?»
«Sì?» è una domanda.
«Rimani qui. Cucino qualcosa e poi vai. Il tuo stomaco mi ringrazierà!» Non so da dove mi sia usci
«Cucini tu?» chiede sorpreso.
«Certo!»
«Cosa preferisci?»
«Qualsiasi cosa va bene.»
«Una pasta può andare?»
«Va più che bene.» risponde abbassandosi su di me. «Grazie.» mi stampa un bacio a fior di labbra e torna con la schiena appoggiata al divano.
«Grazie a te per essere rimasto. Rose ti ha fatto rimanere senza neanche sapere se avessi avuto da fare o meno. Mangi qui e poi vai da tua sorella, va bene?»
«Sorella è un eufemismo, è una sottospecie di tornado!» dice lui sorridendo.
«Mi alzo da qui così preparo.»
«Alzati piano eh.» si preoccupa anche. Dove l’hanno costruito un ragazzo così?
«Certo.» mi metto seduta e la testa gira lievemente, ma non pulsa più.
Ho la testa libera e leggera, soprattutto non fa più male. Ho trovato la mia medicina perfetta per il mal di testa: pastiglia, sonno e Matteo.
 
Mi alzo in piedi con calma e Matteo continua a stringermi la mano, non l’ha mai lasciata.
Cucinare per lui non sarà facile.
Mi distrae e l’unico pensiero che ho non è rendere orgoglioso Carlo Cracco o Joe Bastianich con le loro ricette, ma quello di riappropriarmi delle sue labbra, di abbraccialo, di ringraziarlo per essere rimasto. Ma soprattutto di regalargli una buona motivazione per rimanere.
 
Cucinare sarà assolutamente un qualcosa di estremamente difficile.
 
 
***
 
Sono tornata! Chiedo perdono, un immenso immenso perdono. Non mi sono dimenticata di questa storia! Ma la mia vita ha preso una strada particolare e gli ultimi mesi sono davvero stati intensi. Intanto, buona sera e ben ritrovate a tutti voi lettrici meravigliose, oppure per chi non ha mai letto nulla benvenutissimi. Siamo arrivati, giuro, non so come, al diciassettesimo capitolo. Ci tenevo a ringraziarvi per essere arrivati fin qui, con me. State sognando, sorridendo e scoprendo Virginia e Matteo così come faccio io capitolo per capitolo. State viaggiando anche con me.
 
La bella addormentata si sveglia e trova lì un meraviglioso principe che la aspetta. Parlano molto in questo capitolo, è un capitolo molto molto diretto, ne sono consapevole. Ho lasciato spazio più che altro ai dialoghi e non a tutti i pensieri di Virginia. Avevano bisogno di parlare, di conoscersi meglio, di scoprirsi. E così hanno fatto. Matteo e Virginia hanno lasciato libero sfogo ai pensieri, ai dubbi, alle insicurezze e hanno anche agito. Com’è giusto che sia! Piccoli passi alla volta. Io li ho trovati davvero teneri. Ora ci attende un pranzo e ben due cene. Idee? Dubbi? Perplessità? Prometto che aggiornerò molto presto.
 
Grazie ancora.
Per me significa tantissimo, davvero.
 
Una buonissima serata a voi e al prossimo capitolo!
 
Un abbraccio.
E.

 

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Capitolo 18
*** Dubbi & Zucchero ***


INASPETTATAMENTE_ cap.18



Dubbi & Zucchero – Capitolo 18

 

 

24 Gennaio.
 
Ore 12:28
 
 
M’s POV.
 
 
«Senti ma, quel rumore veniva dalla tua pancia?» chiede sorpresa Virginia staccandosi dalle mie labbra dopo aver sentito uno strano brontolio.
«Ebbene sì, il mio stomaco ha appena brontolato.» ammetto sorridendo. Ho fame, chiaramente, ma preferisco di gran lunga baciare e coccolare lei.
Virginia alza la manica della sua felpa per controllare l’orario e poi esclama «Ovvio che il tuo stomaco brontoli! Avrà anche fame! E’ quasi mezzogiorno e mezzo!»
Come sarebbe a dire quasi mezzogiorno e mezzo? «Decisamente. Il tempo è volato!» Il tempo vola quando lo trascorri con persone che ti piacciono.
«Devi… Andare via?» chiede lei un po’ titubante e sembra che la luce nei suoi occhi si spenga lievemente.
«Più tardi sì. Devo andare a prendere mia sorella a scuola e non so dove la devo portare...» Matteo ti stai giustificando? E’ la prima volta in vita tua che lo fai. E sì, voglio rimanere qui con lei.
«Oh.» risponde lei sorpresa. Le ho parlato poco di Stella, poco è meglio del nulla che ho fatto di solito con le altre ragazze. «A che ora?» chiede di slancio.
«Alle due e mezza.»
«Beh, dovrai pur mangiare qualcosa, vero?» chiede.
«Sì?» suona come una domanda titubante.
«Rimani qui. Cucino qualcosa e poi vai. Il tuo stomaco mi ringrazierà!»
Immagino non solo il mio stomaco. Ma tutti gli organi interni miei.
«Cucini tu?» chiedo sorpreso. Ma che domande fai, Matteo?
«Certo! Cosa preferisci?» chiede lei.
«Qualsiasi cosa va bene.» Come ad esempio tu, ora, nuda, sul divano.
«Una pasta può andare?»
«Va più che bene.» rispondo abbassando la mia testa su di lei. «Grazie.» Le dico il più dolce possibile. Le do un dolce bacio a fior di labbra e subito dopo torno con la schiena appoggiata al divano. Le sue labbra sono letteralmente magnetiche per me. Potrei non staccarmi più.
«Grazie a te per essere rimasto. Rose ti ha fatto rimanere senza neanche sapere se avessi avuto da fare o meno. Mangi qui e poi vai da tua sorella, va bene?»
Potrei anche non andare da Stella e rimanere qui tutto il pomeriggio. Perché no? Cosa mi impedisce di restare qui con Virginia mezza ammalata? Magari dopo scrivo su WhatsApp a Stella scrivendo che riesco arrivare solo dopo. Perfetta idea, rimango qui con lei. Dovrei anche riuscire a non saltarle addosso. Forse.
«Sorella è un eufemismo, è una sottospecie di tornado!» dico io sorridendo. Più che sorella, la definirei proprio “tornado”.
«Mi alzo da qui così preparo.»
«Alzati piano eh.» dico pateticamente, anche se egoisticamente non voglio che si alzi. Non può rimanere qui? Su di me? Posso sempre cucinare io.
«Certo.» cerca di alzarsi e si mette seduta.
Chissà se sta bene e se il suo mal di testa è passato. Spero proprio di sì.
Si alza in piedi con la dovuta calma e io continuo a fare l’unica cosa per restare in contatto con lei: tenerle la mano.
Non ho intenzione di lasciagliela. Anche se forse… Dovrei. Cucinare potrebbe non essere semplice se lei dovesse avere libera solo una mano. Non voglio distrarla, poi potrebbe scottarsi.
Per quanto riguarda me, posso anche scottarmi senza alcun timore. Anzi, proprio per quanto riguarda lo scottarsi… Io però sono già cotto.
Matteo? Cosa stai dicendo?
Nulla, assolutamente nulla.
Si, certo.
 
«Hai bisogno di una mano?» le chiedo alzandomi dal divano.
La mia, magari?
Mi guarda con aria strana, sorridendo.
«Hai intenzione di tenere in ostaggio la mia tutto il tempo?» chiede divertita.
Merda.
«No no, te la lascio subito.» le rispondo mesto.
Provo a lasciare la mano dalla sua ma lei mi impedisce il movimento, anzi, la stringe forte.
«Cuciniamo insieme. Tu con una mano e io con l’altra.» propone lei avvicinandosi.
«Scherzi?» chiedo divertito.
«No, potremmo provarci.»
Proviamo anche altre cose, magari anche a stare insieme.
Matteo, cosa cavolo ti prende?
Nulla, assolutamente nulla.
«Proviamoci allora.» dico mettendo la mia mano libera sulla sua guancia.
E questo “proviamoci” ha un significato strano, molto particolare, almeno, per me.
Un sorriso le distende il volto.
Porto la mano intrecciata alla sua dietro la sua vita.
La avvolgo.
La stringo a me.
E’ una specie di abbraccio, un intenso e bellissimo abbraccio.
Avvicino il mio volto al suo e le do un piccolo bacio a fior di labbra.
Emozioni.
Strane sensazioni.
Strane cose che succedono alla mia bocca dello stomaco.
«Sei pronto?» mi chiede guardandomi negli occhi.
«Certo. Solo… Una cosa.» le dico con un sussurro.
Prima di sciogliere quello strano abbraccio mi riavvicino a lei.
Il mio volto è pericolosamente vicino al suo collo.
Il suo collo è molto invitante.
Decisamente troppo invitante.
Le deposito un bacio lì, sul collo.
Non riesco neanche a controllarmi.
Dio mio, anche un tredicenne in crisi ormonale si sarebbe controllato di più.
Mi scosto leggermente e vedo che lei sorride.
Non può sorridere in quel modo però.
«Vieni qui.» le sussurro.
«Ma sono qui.» mi risponde sorridendo.
Non posso fare altro che avventarmi sulle sue labbra che sono diventate una sorta di calamita per me. Una calamita allucinante che mi attrae come nessuno mai mi aveva attratto nella mia vita. E’ un qualcosa di allucinante.
E’ come la gravità, impossibile resisterle.
Le mie labbra sono sulle sue.
Le dischiudiamo insieme, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Un qualcosa di normale.
Come se fossimo abituati da sempre.
Ma magari!
Ho deciso, al posto di pranzare continuo a baciarla.
Lingue che danzano insieme.
Lingue che si accarezzano.
Dolci movimenti di lingua circolari che mi smuovono qualcosa dentro.
Che riescono arrivare in punti che non sapevo di avere.
Cosa cavolo mi sta facendo Virginia?
Nuove sensazioni.
Nuove emozioni.
Nuove sorprese.
Lei è una sorpresa continua.
Il mio stomaco fa un’altra volta quello strano rumore e Virginia si stacca sorridendo.
«Ancora?» dice ridendo.
«Ehm, sì, scusa!» rispondo io sorridendole.
«Hai fame, vero?»
Sì, ma fame di te.
Annuisco leggermente e le rispondo «Sì. Ma preferivo stare qui.»
«Poi il tuo stomaco non mi ringrazia più.»
Ma altri organi e me stesso sì. Non ti stanno solo ringraziando, ma chiaramente venerando.
«Giusto.» le rispondo.
«Andiamo in cucina, forza. Mi serve l’altra mano!»
«Andiamo.» le dico seguendola in cucina.
 
 
«Sai, non so quanto sarà semplice cucinare.» dice Virginia più di quindici minuti dopo.
«Perché?» le chiedo continuando ad andare su e giù col naso sul suo collo.
Cosa che sto facendo da un paio di minuti e ogni tanto deposito un bacio sul suo collo, in un modo più dolce possibile.
Siamo arrivati in cucina e abbiamo scoperto che cucinare una mano per ciascuno è parecchio difficile, difficile ma non impossibile. Quindi io ho optato per apparecchiare la tavola e lei ha messo in una pentola l’acqua per la pasta.
E’ rimasta lì, ferma davanti ai fornelli e io non sono riuscito a resisterle.
Mi sono avvicinato, ho preso la sua mano destra che era lungo il suo fianco con la mia mano destra e l’ho stretta.
L’ho stretta cercando di trasmetterle tranquillità e calore.
La mia mano sinistra è finita sul suo fianco sinistro.
Ho avvolto con la mia mano il suo osso iliaco e un brivido caldo mi ha percorso la colonna vertebrale.
Ho eseguito questi movimenti il più tranquillamente possibile, cercando di scorgere un eventuale rifiuto proveniente dal suo corpo o dalla sua voce.
Ho visto i suoi occhi chiudersi quando ho appoggiato la mano al suo fianco e una sensazione di pura soddisfazione ha fatto capolino nel mio petto.
Sono rimasto fermo a inspirare il suo profumo.
Il profumo di Virginia.
Un profumo dolcissimo, sensuale e inebriante.
Il suo profumo.
Non ho resistito e ho avvicinato il mio viso al suo collo.
Ho iniziato ad accarezzarle il collo con la mia punta del naso.
Credo sia stato uno dei movimenti più erotici che io abbia mai fatto.
La mia mente ha iniziato a viaggiare.
Oltre al suo collo mi piacerebbe esplorare altri posti.
Dio mio.
Sarebbe così morbida.
Così dolce.
Così perfetta.
Così sexy.
Matteo, togliti dalla testa quell’immagine.
Virginia non sta bene, e tu non puoi pensare a questo genere di approccio.
Come no?
Sarebbe bellissimo anche solo prenderla qui, sul bancone della cucina.
Smettila, stupido tredicenne eccitato.
«Mh, mi distrai.» sussurra Virginia.
«Ma se non sto facendo niente!» dico il più innocente possibile.
Niente a lei, ma a me lei qualcosa lo fa.
La sua voce è eccessivamente eccitante.
Bancone della cucina.
Dentro di lei.
Matteo smettila, subito.
«Tu stai mentendo.» dice sorridendo.
«Non mi sembra.» e la faccio voltare.
«E’ difficile cucinare.» dice mentre si arresta di fronte a me «Così, soprattutto.» aggiunge mentre io sorrido compiaciuto.
La bacio tranquillamente prima sulla punta del naso e poi a fior di labbra.
E’ bello stare qui con lei.
Sento il rumore dell’acqua che bolle e le sorrido.
«Virginia?» chiedo.
«Sì?»
«Hai già salato l’acqua?»
«No, non ancora.»
«Mi dai il sale? E poi scegli la pasta che vuoi mangiare?»
Si allontana da me e apre un’anta della cucina «Ecco qui il sale.» mi dice allungando un barattolo trasparente pieno di sale grosso.
«Salo io?»
«Oh sì, sei tu l’uomo.»
«Non dovevi cucinare tu?» le chiedo.
«Ho… Cambiato idea?» risponde con un’aria furba.
«Vuoi che cucini io?» le chiedo serio.
«Scherzi vero?»
«No, assolutamente no.»
«Cucino io, stavo solo scherzando.» ammette lei arrossendo un po’.
«Sicura?»
«Mettiti lì seduto e aspetta il pranzo. Anzi, decidi che pasta vuoi e come la vuoi.»
«Sono per caso al ristornate?» chiedo.
«Shhh, Matteo. Dimmi cosa vuoi.»
Davvero?
Te?
Nuda?
Ora?
Sul bancone?
Dio mio, sì.
«Gli spaghetti vanno bene?» chiede lei aprendo il cassettone in basso che mi permette di dare un’occhiata involontaria al suo lato b.
Dio mio.
Matteo recupera un po’ di salivazione e anche la dignità, grazie.
«Spaghetti, sì.»
«Al pesto?» chiede aprendo il frigorifero.
«Aggiudicato.» rispondo io e lei sorride. «Posso fare qualcosa?»
«No no, devo sdebitarmi in qualche modo per averti rovinato la mattinata.»
Non l’hai rovinata, ma migliorata.
Anzi, l’hai resa molto bella.
«Non ti preoccupare, Virginia.» le rispondo.
 
«Ma è buonissima!» le dico dopo aver assaggiato gli spaghetti al pesto nel mio piatto.
«Davvero?» chiede lei.
«Davvero sì. Sei brava!»
«Ma è solo una pasta.» dice lei accigliandosi.
«Mia sorella potrebbe fare esplodere la cucina preparando una semplice pasta!» Virginia si mette a ridere. «Fidati, una volta ci è quasi riuscita! Devo ammettere che sta migliorando, fa degli ottimi biscotti!»
«Siete molto legati, vero?» chiede improvvisamente.
«Credo di sì. Molti non hanno un buon rapporto con i propri fratelli, io con lei ho un buon rapporto. Anche se molte volte vorrei ucciderla.»
«Poverina!»
«Povero me! Me ne combina sempre di tutti i colori! Riesce sempre a corrompermi e a fare quello che lei ha in mente.» Mi corrompe chiaramente con i biscotti, maledetta Stella.
«Avete decisamente un bellissimo rapporto!» esclama lei sorridendo.
«Tu dici?» chiedo avvolgendo gli spaghetti sulla forchetta.
«Dico, dico. Dopotutto, sono una psicologa!»
«Giusto, ogni tanto me lo dimentico. Poi ci sono sempre Marco e Alessandro che me lo ricordano.» ammetto guardandola negli occhi.
«Sono curiosa, sai?» chiede lei dopo un attimo di pausa tra un boccone e l’altro.
«Di cosa, signorina?»
«Di come sarà la cena.»
«Quella con me?»
«Mh, anche.»
«Tutte e due?»
«Esatto.»
«Andranno benissimo tutte e due, vedrai.» Cerco di rassicurarla con la voce più tranquilla del mondo. Io per lo meno, lo spero, cercherò di essere me stesso il più possibile e soprattutto cercherò di essere al mio meglio.
«La cena… Come dire, “nostra”, la consideriamo un altro appuntamento?»
«Beh, direi di sì, se tu non hai intenzione di uscire con altri ragazzi a breve… Sì, mi piacerebbe che tu lo considerassi un altro appuntamento.»
Dal patetico al super patetico, il passo è breve. Soprattutto dopo una frase del genere, a proposito Matteo, come ti è uscita? Da dove? E perché? Patetico all’ennesimo livello. Mi è uscita addirittura una nota acida nella voce ad “altri ragazzi”. Ho deciso, lei non deve uscire con altri.
«Non so.» Non sa cosa? La guardo stranamente. «Marco e Alessandro, valgono?»
Un sospirone di sollievo si apre nel petto. «No, loro non valgono.»
«Allora sì, vada per l’appuntamento! Mi piace avere un altro appuntamento con te.»
«Piace molte anche a me.» la guardo e sorrido.
 
Finiamo di mangiare tranquillamente, tra una chiacchiera e l’altra, la aiuto a sparecchiare e mettere i piatti in lavastoviglie.
Quando chiude lo sportello della lavastoviglie, si avvicina e dice «Ora, devi andare?»
Controllo l’orario sul mio polso e ammetto «Sì, purtroppo devo scappare.»
«Uh, beh, hai perso fin troppo tempo oggi con me! Devi anche preparare l’esame!»
«Lo so, Virginia. Recupero il giubbotto e lo zaino e ti lascio riposare un po’.»
«Dovrei studiare anche io, almeno un po’.» ammette lei.
«Ti lascio riposare e studiare allora.» le dico sorridendo.
Non voglio andarmene via. Ma… Stella mi aspetta e potrebbe uccidermi violentemente se arrivo in ritardo, non so neanche dove la devo portare.
Mi metto il giubbotto e mi avvicino a lei.
Le sposto una ciocca di capelli e le appoggio una mano sulla guancia.
«Grazie Virginia.» le dico avvicinandomi e baciandola sulle labbra.
«Grazie a te, Matteo.» mi dice sorridendo e rispondo al bacio a sua volta.
«Ci sentiamo presto.» le sussurro dandole un altro bacio.
«Certo, buon pomeriggio.» mi sorride, mi ribacia e apre la porta di casa.
«A te Virginia. A presto.» dico oltrepassando la porta.
Esco da quella porta e mi sento quasi svuotato.
Cosa cavolo mi ha fatto quella ragazza?
Non so cosa sia, non so come sia possibile.
Cosa diamine mi ha fatto?
Non so bene perché io stia provando queste strane sensazioni.
Ora sì che mi serve uno psicologo.
Anzi, una psicologa.
Mi serve lei.
Solo lei.
E potrei anche stare bene, per sempre?
Ci potrei sempre provare.
 
Arrivo all’uscita del liceo classico di Stella giusto in tempo.
Sta oltrepassando il cancello proprio ora.
Si guarda intorno, alzo un braccio verso l’alto e mi vede.
Corre verso di me e mi butta le braccia al collo.
«Fratello!» esclama.
«A cosa devo tutto questo entusiasmo?»
«Un evento, un evento più unico che raro!»
«Sputa il rospo, forza.»
«Ho preso nove e mezzo in latino!»
«Brava Stellina, mamma sarà molto contenta.»
«Tu anche devi assolutamente essere contento, felice, urrà! Dovrai potarmi a fare shopping, dall’estetista e a mangiare qualcosa. Non precisamente in questo ordine.»
«Intanto avviamoci. Ti porto a mangiare.»
«Perché mi? Tu non mangi? Stai forse male? Perché?»
«Già mangiato.» spiego alzando leggermente le spalle.
«Perché? Maledetto, me la pagherai.» Mi minaccerà e proverà a non cucinare più biscotti, già lo so.
«Avevo fame, e…»
«Cosa?» insiste.
«E quindi…»
«Oh mio dio. Matteo io lo so.» Sa cosa? «Hai copulato tutta la mattina! Altro che “colazione” con quella poveretta. Lo so, ti conosco. Non avrai resistito. Vero? Non hai resistito e sei stato tu il biscotto e lei la tazza di latte! Giusto per stare in tema colazione.»
«Pensi proprio male su di me, vero?» chiedo ridendo.
«No, ti conosco. So come sei fatto. So come ti comporti. So quello che fai. E ci avrai dato dentro tutta la mattinata, fratello porco!»
«Ti sbagli.» le dico serio.
«Oh no, non mi sbaglio.»
«Si invece.»
«Allora sputalo tu il rospo! Raccontami ogni cosa, dettagli sessuali esclusi, grazie.»
«Non abbiamo fatto niente.»
«E io dovrei crederti?» fa una smorfia.
«Sì, ovvio. Non è che devo sempre scoparmi tutte così, senza distinzione, per il bene dell’umanità.»
«L’hai sempre fatto, Matteo.»
«Lo so anche io.»
«Vedi? Mi dai ragione! Quindi dimmi che è successo!»
«Allora ti racconto che facciamo prima.»
«Bravo, non ti azzardare ad omettere qualcosa.»
«Siamo andati a fare colazione in quel posto carino vicino al cinema.»
«Uh, sì. Fanno un cappuccino da urlo.»
«Appunto. Siamo andati lì, ma prima, ho visto Virginia che non stava molto bene…»
«Oh povera, ecco perché ha accettato di uscire con te, non stava bene!»
«Smettila! Insomma, aveva il mal di testa.»
«Un punto per Virginia, sa anche lei quanto si soffre.»
«Esatto, stava parecchio male, quindi dopo il cappuccio l’ho riportata a casa.»
«Bravo.»
«Ho dovuto insistere, non voleva farsi riaccompagnare ma stava davvero male e alla fine ha ceduto. Ho visto quanto stai male tu, e lei era sofferente quasi quanto te.»
«Prosegui.»
«L’ho portata su in casa e poi si è addormentata, quindi sono rimasto con lei. Poi si è svegliata e abbiamo mangiato.» Racconto promettente, omettendo un paio di cose come la telefonata con Rose e la voglia di farmela lì, sul bancone della cucina.
«Chi sei tu e cosa ne hai fatto di mio fratello?» chiede Stella stupita dopo un attimo di silenzio.
«Non lo so. Mi sembrava giusto fare così.»
«E hai fatto bene! Le ragazze stravedono per il principe azzurro! Ma non hai fatto proprio nulla nulla nulla? Neanche un bacio? Dai, non ci credo.»
«Stella…» dico quasi rimproverandola.
«Oh sì! Almeno la lingua è sempre la stessa, bravo fratello. Ma almeno dimmi questo…»
«Chiedi pure, tanto, ormai!»
«Ti sei chiesto perché ti sei così rincoglionito per una ragazza?»
«Non lo so Stella, davvero non lo so.»
«Io e la mamma lo sappiamo.»
«Mah, sbaglierete sicuramente.»
«Siamo donne, non sbagliamo mai.»
«Vedremo.»
«Sei cotto come una pera, fratello.»
«Non saprei Stellina. Non la conosco ancora bene, non so nulla, non so.»
«Invece tu sai!» risponde lei dandomi una manata sulla spalla.
«Forse.»
 
Forse non rende giustizia.
Nonostante tutte quelle cose che non so, qualcosa so.
Sono dannatamente cotto.
Credo sia quello, per lo meno.
Non mi è mai capitato niente di simile.
Magari è solo un’infatuazione momentanea.
Forse.
O forse sono davvero cotto.
E non va bene, lei non può farmi questo effetto dopo così poco tempo.
 
O forse può.
 
 
***
 
Buona sera e ben ritrovati a tutti. Quanta insulina vi siete iniettati per superare il diabete che vi è venuto leggendo questo capitolo? Tanta vero? Non so cosa mi sia successo oggi ma, dovevo dar sfogo a un po’ di dolcezza repressa e allora ho scritto. Primissimo capitolo solo ed esclusivamente dal punto di vista di Matteo. Poverino! Ha anche lui i suoi istinti e viene gentilmente insultato dalla sua “sorellina”. Ma ha rivelato bene le sue intenzioni con Virginia, chissà cosa accadrà nel prossimo capitolo. Avete idee?
 
Vi ringrazio di essere arrivati con me fino a questo capitolo.
Per aver viaggiato con me, e con Virginia e Matteo.
 
Un abbraccio a tutti.
E grazie, davvero.
A presto.
 
E.

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Capitolo 19
*** Telefonate & Esami ***


INASPETTATAMENTE_ cap.19



Telefonate & Esami – Capitolo 19

 

 

24 Gennaio.
 
Ore 17:19
 
 
V’s POV.
 
 
Bzzz bzzz bzzz
Bzzz bzzz bzzz
 
Sento il rumore della vibrazione che arriva da qualche parte, non so bene da dove provenga però. Sì, chiaramente è il mio telefono che sta vibrando ma non so bene dove sia finito. «Telefono? Telefono dove sei?», lo cerco, ci provo, chissà, magari mi risponde. Anche perché non so dove l’abbia appoggiato Matteo dopo aver parlato con Rose questa mattina; e dopo che lui se n’è andato, sinceramente non ho pensato a dove avrebbe potuto metterlo ma sono rimasta imbambolata sul divano come una perfetta dodicenne, il sorriso ebete più stupido del mondo ce l’ho stampato io sul volto da un bel po’ di tempo.
Pessima cosa.
Non è vero che è una pessima cosa, Virginia, è solo un qualcosa di tutto nuovo per te.
Zitta voce inutile.
Devi ammettere però, che è la migliore medicina per il mal di testa.
Su questo ti devo dare ragione.
Chissà, magari sarà in grado di far passare i tuoi incubi che ogni tanto ti fanno svegliare di notte.
Chi lo può sapere?
Tu, Virginia. Prova a dormire con lui, chissà, magari…
Magari niente, ci farei altro prima di dormire con lui.
Appunto.
Appunto cosa? Meglio di no.
Ci perdi solo tu.
Chi lo può sapere.
Un tentativo fallo, per lo meno.
 
Bzzz bzzz bzzz
Bzzz bzzz bzzz
 
«Telefono? Dove ti ha appoggiato Matteo?» chiedo ad alta voce provando a seguire il rumore dell’intensità della telefonata.
Almeno ora parlo con il telefono e non con me stessa.
Oh. Eccolo lì. Sul tavolino davanti al divano.
Lo afferro e guardo il mittente della telefonata.
Rose.
Quella donna inizia a preoccuparmi seriamente.
 
«Pronto?» rispondo tranquillamente.
«Bambina mia, sei tu?» sembra quasi che abbia la voce dispiaciuta.
«No mamma, è la voce registrata.» le rispondo quasi divertita.
«E io che speravo che mi rispondesse quell’altra voce così carina!»
«Rose? Cosa stai dicendo?»
«Semplice! Approvo la scelta di Matteo. A proposito dov’è?»
«E’ andato.»
«Ma non doveva rimanere lì con te finché non ti passava il mal di testa?»
«Infatti è passato!» le rispondo tranquillamente.
«Ma ti devo insegnare proprio tutto io, bambina mia? Dovevi fingere!»
«Ma mamma!» la rimprovero.
«Sono un pessimo esempio, lo so. A proposito, stai bene?»
«Sì.»
«Quindi posso entrare in casa senza alcun problema, giusto? Non ti trovo nuda sul divano con anche lui nudo.»
«Mamma!» la rimprovero un’altra volta.
«Che cosa ho fatto?» chiede innocentemente.
«Nulla, lascia stare e puoi entrare tranquillamente in casa, mamma.» dico scuotendo la testa.
«Bene.» mette giù il telefono prima che io riesca anche a risponderle qualcosa.
Dopo due minuti sento le chiavi nella serratura della porta che girano e successivamente la porta aprirsi.
«Eccomi!» e con questa fase Rose fa il suo ingresso in casa.
La guardo tra il divertita e lo stranita.
«Mamma?»
«Sì, bambina?» mi guarda e inclina la testa di lato.
«Se per qualche motivo fossi stata nuda con lui saresti entrata comunque?» chiedo.
«Beh, sarebbe stato un bello spettacolo, non c’è che dire!» commenta lei.
«Mamma!» dico diventando rossa.
«Cosa c’è? Uff, non si può neanche scherzare con te!» si toglie il cappottino e lo appoggia sul divano.
«Sì, peccato che tu non stessi scherzando.»
«Forse. Comunque, fatti abbracciare bambina mia, ti devo far vedere il vestito che ho comprato per questa sera!» si avvicina e mi abbraccia.
«Giusto! Tu e papà festeggiate!» commento con un sorriso.
«Oh sì! Però non mi ha ancora detto dove mi porta, tu per caso sai qualcosa?» mi chiede.
Fingo indifferenza perché io lo so benissimo. «Io? No no.»
«Non sai proprio mentire, eh.» commenta lei stampandomi un bacio sulla guancia.
«No, lo so. Quindi non chiedermi altro.» le rispondo con un sorriso tirato sul viso.
«Va bene, vuoi vedere l’abito?» dice avviandosi verso il corridoio.
«Oh sì!» le rispondo seguendola.
«Vieni in camera e ammira il buonissimo gusto di tua madre!» dice appoggiando la borsa con il vestito sul letto.
«Sono pronta.» le dico con un cenno.
«Eccolo qui!» dice estraendo un meraviglioso abito nero lungo.
«Molto bello, brava Rose. Hai anche i tacchi giusti da abbinarci!» commento.
«Lo so!» dice facendo un urletto «Ora mi faccio una doccia, poi mi preparo così sono già pronta quando torna tuo padre e poi andiamo da qualche parte.»
«Brava, preparati. Se hai bisogno sono di là, chiama e io arrivo.» mi avvio verso il corridoio.
«Ok, senti, un’unica cosa…» come non detto.
«Dimmi.» mi volto verso di lei.
«Sappi che non vedo l’ora di conoscere Matteo!» dice con un sorriso furbo.
«Oh.» Cazzo, aggiungo mentalmente.
«Ho già pensato a tutto e credo che la cena con Marco e Alessandro si farà sicuramente, ma, dopo San Valentino, prima proprio non posso.» dice tranquillamente come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Molto bene.» commento uscendo dalla camera.
«Non mi sembri molto convinta.»
«E’ solo strano, Rose.»
«Mh, sarà, ma sicuramente è una cosa positiva. Ora mi preparo.» dice andando in bagno ad aprire l’acqua nella vasca.
«Sarà…» rispondo con un sussurro tornando in sala e aprendo il libro di psicologia.
 
Psicologa, com’è andata la colazione? Mi devi un caffè o un the o me o un caffelatte o un latte e Nesquik, dipende da cosa mi gira questa settimana, perché ho dato l’indirizzo giusto a Matteo e me lo merito!” leggo il messaggio su WhatsApp di Marco con un sorriso.
Da quando mi ricatti? Mal di testa a parte è andata molto bene. Dove lo tenevi nascosto Matteo?” chiedo curiosa e divertita. E’ una domanda che spesso mi sono posta. Perché non prima? L’aveva nascosto in cantina?
Lo tenevo nascosto perché lui non era ancora maturo. Ora va quasi bene.  Comunque ho intenzione di ricattarti a vita, solo perché mi piace, cara la mia psicologa! Shopping e caffè in centro lunedì pomeriggio?
L’ha tenuto apposta nascosto? Perché? Inoltre ha scelto il lunedì, quindi sa anche i giorni in cui non ho lezione, questo ragazzo inizia a farmi sempre più paura.
Andata! Fammi sapere poi l’orario così vedo se studiare in biblioteca dell’università oppure no. Baci.” invio con un sorriso.
Ti aspetto alle 15 in centro, solito posto, solito tutto! Preparati a sopportare le mie paranoie! Un bacio mia psicologa!”.
Sempre sorridendo sposto il telefono di lato appena Rose piomba in sala pronta per la serata.
«Bambina, come sto?» chiede facendo un giro su se stessa.
«Molto bene mamma, davvero molto bene.» commento annuendo con la testa.
«Grazie!» risponde con un sorriso «Lorenzo dovrebbe arrivare a minuti. Mi batte il cuore!»
«Mamma, lo conosci da una vita!»
«Sì ma il cuore mi batte sempre quando usciamo solo io e lui. L’amore, l’amore…» commenta sparendo dalla sala.
Queste apparizioni mi inquietano parecchio, Rose è una forza della natura, soprattutto quando si tratta di mio padre. Sembrano due ragazzini e li adoro, adoro anche il loro amore ed è proprio quello che entrambi mi hanno insegnato: non è sempre rose e fiori, un matrimonio, ma esistono anche litigi e discussioni, ma l’importante è amarsi sempre e percorrere sempre la stessa strada.
Chissà se con Matteo andrà così bene.
«Vi, tesoro, io vado. Tuo padre è appena arrivato e mi aspetta giù.» dice Rose tornando in sala e infilandosi il cappottino nero.
«Buona serata mamma, divertitevi e non fate tardi.»
«Uh, faremo sicuramente tardi! Buona serata, bambina mia!» risponde mia madre uscendo dalla porta e mandandomi un bacio.
 
E’ stata una giornata piena ma davvero stancante, ma almeno sono riuscita ad uscire, nonostante il mal di testa iniziale, ho visto Matteo, è venuto a casa mia, mi ha portato a casa, si è preoccupato per me, mi sono addormentata su di lui, abbiamo mangiato insieme…
 Matteo.
Un sospiro si accompagna sempre al suo nome.
Dio mio, cosa mi sta succedendo?
Che sia davvero lui quello giusto?
Non lo puoi sapere, Virginia.
Sai poco o nulla su di lui.
Devi conoscerlo di più.
Devi sapere cose in più.
Devi fare in modo che lui si apra con te.
Devi farlo innamorare di te.
Cos’ho pensato?
Quello sarebbe un sogno.
Virginia, la prossima volta che lo vedi, devi sapere più cose su di lui.
Potrei sempre chiedere a Marco.
No, assolutamente no.
Deve dirmele lui.
Ok, è deciso.
La prossima volta gli faccio il terzo grado.
Poi può benissimo mandarmi a quel paese o dove vuole lui.
Ma almeno so più cose su di lui.
Bene, brava Virginia.
 
Con un sorriso trionfante porto la mia tazzona con la tisana rilassante in camera, apro il pc portatile, lo posiziono sulle mie gambe e decido di guardarmi un telefilm. Non ho mai tempo di seguire tutti quelli che voglio e sono perennemente indietro con ogni cosa. Quindi per una sera decido di guardarmene uno a caso. Premo “Play” e mi immergo nel mondo di “White Collar” con Matt Bomer che è uno degli attori più belli che io abbia mai visto. Poco conta che nella realtà non è etero ma omosessuale, però è davvero molto bello. Però pensandoci bene, Matteo è meglio, è reale, non un personaggio della tv. Finita la puntata, do un’occhiata al cellulare e vedo una notifica, apro WhatsApp e scopro che è di Matteo. Respira Virginia, respira.
“Buona sera Vi, come va il mal di testa? Sei riuscita a studiare? Grazie ancora per il pranzo, sei un’ottima cuoca. Un bacio.”
Matteo è quello giusto?
Dopo questo WhatsApp ci credo un pochino di più.
Con un sorriso idiota gli rispondo tranquillamente e sorrido.
La prossima volta che lo vedo, però, gli farò un bel terzo grado.
Magari con lingua e mani.
Lo conosco più da vicino. Più approfonditamente.
 
Terzo grado, ripetitelo Virginia, terzo grado.
 
 
Cinque giorni dopo.
29 Gennaio.
 
 
M’s POV.
 
 
«Fratello, spacca tutto mi raccomando!» Stella sbuca con la testa in camera mia mentre sto mettendo i jeans.
«Buon giorno, Stellina.»
«Giorno fratello e in bocca al lupo per l’esame!» esce da camera mia prima che io possa risponderle.
«Crepi.» sussurro ormai a una sorella inesistente.
«Ah.» risbuca ancora in camera mia «Che esame è?»
«Quello di storia delle cultura inglese.» rispondo infilando la camicia.
«Uh, allora good luck bro!» sorride e scappa via gridando un «Sono in ritardo!»
Oggi è il giorno dell’esame di storia della cultura inglese. Generalmente non sono mai agitato prima di un esame ma mi sono ripromesso che se fosse andato bene avrei chiamato Virginia e l’avrei invitata fuori a pranzo.
Ho fatto una scommessa con me stesso.
L’esame deve andare bene per forza.
Voglio vedere Virginia, oggi.
E’ da cinque giorni che non la vedo e… E non è una bella sensazione.
E’ una strana sensazione.
E’ come se mi mancasse.
Mancare? Bah.
Non mi dispiacerebbe vederla ogni giorno, passare anche dieci minuti ridendo e scherzando con lei, chiaramente li passerei meglio baciandola.
Le sue labbra mi mancano molto.
Matteo, pensi sempre a quello, ammettilo.
Non è colpa mia se faccio sogni ad alto contenuto erotico con Virginia.
Smettila, stupido tredicenne in calore.
Non l’ho vista, dal vivo, perché nei sogni sì.
 
Ma l’ho sentita.
L’ho sentita la sera stessa che l’ho vista e poi le altre sere.
Prima è stato un semplice messaggio, poi ci siamo parlati.
Non mille ore al telefono, giusto una decina di minuti.
La sua voce ha un qualcosa di straordinario.
Mi eccita, mi calma, mi fa ridere, mi mette di buon umore, mi tranquillizza.
Ed è la primissima volta che capita.
Merda.
Per la prima volta in vita mia ho sentito una ragazza, o meglio, volevo sentire una ragazza, solo per il gusto di sentirla, senza secondi fini.
Volevo sapere come stava, cosa faceva durante la giornata, come andava lo studio, le sue lezioni.
Patetico Matteo, semplicemente patetico.
Non le ho chiesto di uscire in questi cinque giorni perché io dovevo studiare e lei aveva lezione.
Da quanto mi ha detto l’altra sera, lunedì è uscita con Marco.
Il mio istinto era quello di andare da Marco e fargli il terzo grado.
Ma non l’ho fatto anche se ero curioso.
Sono anche geloso!
Sì, geloso.
Un pochino, solo un po’.
Sei poco geloso ma davvero molto patetico, lo sai questo?
Perché lui l’ha vista e io no.
E’ uscito con lei.
Per fortuna conosco il soggetto e conosco anche le sue tendenze sessuali.
Nonostante tutto, rimango po’ geloso.
Anche perché lui la conosce da una vita, si conoscono bene.
Io voglio conoscerla.
Voglio conoscerla bene.
Voglio conoscere il suo corpo, la sua anima.
Voglio conoscerla tutta.
Voglio conoscere questa ragazza che si definisce “normalissima”, anche perché lei di normale non ha proprio nulla.
Davvero, nulla.
E’ il mio vento fresco che riesce ad ossigenarmi i polmoni.
Dio mio, il mio essere patetico non conosce limiti.
Matteo, ora devi pensare all’esame.
Recupero lo zaino, il giubbotto, il libro ed esco di casa.
Storia della cultura inglese a noi due.
 
 
29
Ventinove.
Venti-nove.
V-e-n-t-i-n-o-v-e.
Ho preso ventinove.
Ho preso ventinove.
Ho preso ventinove.
Oh sì!
Devo scommettere più spesso con me stesso se questo è il risultato.
Sono felice come una Pasqua.
Non solo per il voto dell’esame di per sé.
Ma per quello che mi sono riproposto.
Ora chiamo Virginia.
 
Oh sì, la chiamo e la invito da qualche parte.
E’ giusto l’ora di pranzo.
E io ho fame.
 
Recupero il cellulare dalla tasca dello zaino e noto l’icona di WhatsApp con due notifiche. Strano, non aspettavo nulla.
Apro l’applicazione e vedo che la prima notifica è di Stella: “Brother, fammi sapere, tengo i diti incrociati per te!”. Sa benissimo che in italiano corretto sarebbe “le dita” ma lei li chiama sempre “i diti”, sempre fatto e sempre far, che ci vuoi fare.
Il secondo invece è di Virginia. Ok, Matteo, calmo. Molto molto calmo. Aprilo, è solo un messaggino su WhatsApp. “Tu non me l’hai detto ma so che oggi hai un esame... In bocca al lupo Matte! Un bacio. Vi.
Ok, ora la devo assolutamente chiamare.
Clicco sul suo nome e premo il tastino verde.
Primo squillo.
Magari non mi risponde.
Secondo squillo.
Rispondimi, dai che devo portarti a pranzo.
Terzo squillo.
«Pronto?» una voce dolce e tranquilla risponde al telefono.
«Signorina Virginia?» chiedo sedendomi su una panchina della facoltà.
«Signor Matteo, a cosa devo l’onore?» risponde stando al gioco.
«A un bel ventinove in storia della cultura inglese.» commento deciso.
«Ma sei bravissimo!»
«Ma grazie! Sai, mi sono impegnato.» faccio il finto modesto.
«Prego. Però, non me l’avevi detto!»
«Solo per scaramanzia! Infatti, stavo giusto pensando…»
«Sì?» chiede lei con la solita voce sexy che mi stende al tappeto.
«Che dobbiamo assolutamente festeggiare!» E poi devo assolutamente vederti. Festeggiare vedendoti è la miglior cosa che possa fare!
«Ottima idea.» commenta lei.
«Dove sei in questo momento?» chiedo curioso.
«A casa, ho studiato tutta mattina.» Che brava ragazza.
«Va bene se ti porto a pranzo?» chiedo di impulso.
«Oggi?»
«Certo che sì!»
«Ma dove e a che ora?» chiede lei.
«Tra un’oretta? In centro? Riesci ad esserci?» e sorrido come un idiota.
«Direi proprio di sì. A tra poco allora!»
«A tra pochissimo signorina Virginia. Non vedo l’ora di vederla!» Merda, mi è scappato, ogni tanto dovrei avere un filtro tra cervello e bocca.
«Lo stesso vale per me, signor Matteo. A dopo!» e chiude la telefonata.
 
Con un sorriso ebete che ormai fa parte di me, mi avvio verso il centro della città.
Questo pranzo non è la cena che avevamo programmato, vero?
No Matteo, un pranzo non è una cena.
Molto bene, così ho la scusa di vederla ancora un paio di volte.
Molto bene sì.
 
Pranzo, aspettami che arrivo.
Anzi, Virginia aspettami che non vedo l’ora di baciarti.
 
 
***
 
Buona sera a tutti! Eccomi dopo circa una settimana con un nuovo capitolo! Sono in vacanza, e al fresco e al gelo dell’Alto Adige eccovi il nuovo capitolo di Virginia e Matteo. Abbiamo esami dati, telefonate… che si stia finalmente muovendo qualcosa per i nostri due protagonisti? Sicuramente Matteo post esame è super fiducioso e quindi si butta. Buttatevi sempre, perché a volte ne vale davvero la pena. Avete idee per il pranzo? Chissà cosa accadrà! Inoltre ho trovato davvero bellissimo il rapporto mamma-figlia e soprattutto il rapporto tra i due genitori di Virginia. Credo sia più unico che raro, ma anche lì, se si guarda nella stessa direzione, se si percorre la stessa strada insieme, tutto è possibile.
 
A presto. E un abbraccio.
E.

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Capitolo 20
*** Pranzi & Incontri ***


INASPETTATAMENTE_ cap.20



Pranzi & Incontri – Capitolo 20

 

 

29 Gennaio.
 
Ore 12:19
 
 
V’s POV.
 
 
Virginia ammettilo, dai.
Sì, va bene, lo ammetto.
Mi sono totalmente rincoglionita.
Non c’è altra spiegazione.
Non è possibile che ogni volta che mi appare sul cellulare il nome “Matteo” lampeggiante, cioè mentre mi chiama, io mi agiti, il cuore decide di battere più forte e il cervello va a farsi un giro da qualche parte.
Virginia sembri una bambina di dodici anni.
Sì, va bene.
Lo ammetto.
Mi si sono quasi dimezzati gli anni.
Dopo cinque giorni che non lo vedo, ebbene sì, ho contato i giorni e sono cinque, cinque giorni come quelli di Zarrillo, solo che io non l’ho perso, vedrò Matteo.
Ansiosa?
Chi, io?
No.
Non poco, ecco.
Mi ha telefonato dopo l’esame di qualcosa che non ricordo, del quale lui non mi aveva detto nulla, e mi ha invitata fuori a pranzo.
Se l’essere invitata fuori è il risultato, spero faccia degli altri esami al più presto.
Smettila Virginia, forza.
Marco mi ha comunicato dell’imminente esame di Matteo lunedì pomeriggio durante il caffè pre-shopping, noncurante di tutto ha iniziato il suo discorso, che forse dovrei chiamare monologo, senza che nessuno gliel’avesse chiesto.
 
«Sai, cara psicologa, posso capire che ultimamente stai perdendo colpi, eh, te lo si legge dagli occhi, Matteo ti fa proprio quell’effetto, sai quell’effetto bello bello? Ecco quello! Vedi? Ho ragione, vero?» mi ha detto tutto d’un fiato Marco con un sorriso sornione sul viso.
Mi sono quasi strozzata con il caffè.
Ho negato, ovviamente. «Marco, non dire fesserie, dai. Mi conosci, non posso capitolare dopo qualche giorno di conoscenza con uno sconosciuto.»
«Uno sconosciuto dannatamente sexy.»
«Questo non lo nego.»
«E’ innegabile, Vi, è uno dei dogmi del mondo. L’essere incredibilmente sexy di Matteo. In ogni caso, se ti stavi chiedendo dove fosse finito in questi giorni…»
«In realtà no.» Ho mentito, ancora. O meglio, ci ho provato. Certo che me lo sono chiesta.
«Ha un esame tra due giorni e quel secchione assurdo starà studiando come un dannato.»
«Sapevo che stesse studiando.» ho ammesso senza problemi, ma dell’esame non me ne aveva parlato, l’aveva gentilmente omesso, chissà forse per scaramanzia, forse perché non me lo voleva dire, o forse perché non sono fatti miei.
«In ogni caso, sappi che voglio fare il testimone tra un paio d’anni quando vi sposerete. Non l’ho mai visto così sulle nuvole quel ragazzo…» dice lui sospirando come un ragazzino innamorato.
«Smettila Marco.»
«Oh no, no, no, cara la mia Virginia, sarò il tuo tormento. A proposito di tormento e di essere innamorati...»
«Dimmi tutto.» Per lo meno ha cambiato argomento.
«Ecco, lo so che siamo ancora molto molto lontani, ma per San Valentino vorrei chiedere un qualcosa di importante ad Alessandro.»
«Oh.»
«Smettila di fare oh, vedremo. Dipende se sarò ispirato e se lui si comporterà bene. Tu invece?»
«Secondo te io ho un programma per San Valentino?» ho chiesto scioccata.
«Per una volta potresti anche addolcirti un po’ e iniziare a pensare al giorno degli innamorati.»
«Prima ho una cena alla quale andare, poi vedremo. Matteo ed io non stiamo insieme, non siamo esclusivi per nessuno, io potrei uscire con chi mi pare e lui anche. Non ne abbiamo mai parlato quindi non ci penso neanche, ci siamo visti solo poche volte, è giusto fare piccoli passi.»
«Il tempo dirà tutto.» ha detto Marco finendo il caffè con un sorso. «E ora andiamo, lo shopping ci aspetta!»
 
Alla fine è proprio così. Matteo e io non ne abbiamo mai parlato apertamente, lo so, ci siamo e ci stiamo solo sentendo senza alcuna esclusività al momento, ma lui è liberissimo di fare ciò che vuole e soprattutto con chi vuole. Niente e nessuno poteva impedire a lui di uscire e andare a casa di una delle sue “amiche”. E sì, sembrerò gelosa, ma preferisco tenere bene i piedi ancorati a terra, dopotutto non mi sono mai dimenticata di quello che aveva detto Marco su di lui e cioè che aveva molte “amichette”. Marco sostiene che “Il tempo dirà tutto” e solo il tempo potrà dire qualcosa, io al momento aspetto e spero. Insomma, vedremo che cosa ci riserverà il tempo. Vedremo ma soprattutto io vedrò di parlare con lui, parlare e conoscerlo meglio. Come primo passo direi che va più che bene, ho proprio voglia di conoscere Matteo.
Virginia, fine elucubrazioni mentali, ti devi vestire e andare a pranzo con lui. Giusto.
Armadio, dimmi cosa mi devo mettere, per favore, il tempo è nuvoloso, grigio, con una nebbiolina strana. In giorni del genere, serve un tocco di colore, basta nero e grigio, oggi… Oggi mi vestirò di blu. Che botta di colore, Virginia. Mi piace il blu, e poi mi porta anche fortuna. E blu sia.
 
Sono in perfetto orario, mi faccio quasi paura da sola. Brava Virginia, brava. Scendo dal bus e mi incammino verso il centro della città, ho dato per scontato che “centro” fosse lo stesso luogo in cui mi incontro quando mi vedo con Marco. Girovago per la piazza principale e vedo Matteo appoggiato al muro con il cellulare in mano, lo guarda fisso senza digitare o fare nulla. E’ lo stesso posto di quando siamo usciti il pomeriggio dell’altra settimana. Mi godo un po’ lo spettacolo, perché Matteo può benissimo sembrare un modello di una pubblicità in quella posa. Dio mio, è proprio bello. E pensare che non me lo ricordavo così bello. In cinque giorni una persona può diventare più bella? Evidentemente sì. Mi avvicino e vedo che solleva la testa e dà un’occhiata in giro. Mi vede? Sì, mi vede, sorride, mette il cellulare nella tasta dei jeans e si avvicina, io proseguo la mia camminata verso di lui sorridendo.
Cervello?
Nessuna risposta.
Cervello ti sembra il momento adatto per avere un blackout?
Evidentemente sì.
Ho la testa vuota e leggera, non so cosa diamine dire o fare quando mi trovo davanti Matteo. Lui fa un altro passo per mettersi perfettamente davanti a me, alzo lo sguardo e incontro i suoi meravigliosi occhi verdi.
E’ troppo vicino.
Mi sorride.
Denunciate quel dannato sorriso.
Mi abbraccia mettendo la mano sinistra dietro la mia vita e la destra la lascia sulla mia guancia.
Si avvicina.
E’ sempre più vicino.
«Buon giorno signorina» sussurra al mio orecchio e deposita un bacio sulla guancia.
Brividi.
Virginia fai qualcosa.
Dì qualcosa.
Fatti forza, su.
«Buon giorno a lei, signor Matteo.» mi alzo sulle punte dei piedi e avvicino le mie labbra alla sua guancia.
Deposito un bacio lì.
Che guancia morbida.
Che bella sensazione rimanere qui.
Con lui.
Avvolta da lui.
Con il suo profumo su di me.
Però, la guancia non mi basta.
E’ troppo poco.
Voglio risentirlo.
Rimango lì vicina.
Viso quasi contro viso e lui mi sorride.
«Complimenti per l’esame!» sussurro e gli do un bacio a fior di labbra.
Labbra su labbra.
Questa sensazione mi era senza alcun dubbio mancata.
Un po’ stupito, mi guarda e dice «Grazie.»
«Cosa c’è?» chiedo mordendomi la lingua un secondo dopo, filtro cervello-bocca non pervenuto.
Mi guarda un po’ stranito e risponde sorridendo «Nulla, solo sorpreso. Dovrei fare gli esami più spesso!»
Sorrido.
Sì, è la stessa cosa che ho pensato anche io. Penso ma non lo dico.
«Che facciamo?» chiedo guardando Matteo negli occhi.
Avevo una mezza intenzione di andare a pranzo con lui prima di vederlo. Ma… Altro che mangiare, potrei bacialo per tutto il pomeriggio senza pensare al cibo, senza pensare ad altro, solo a lui.
Virginia, smettila su. Non volevi fargli il terzo grado?
Sì, il terzo grado al suo corpo.
«Andiamo a pranzo?» chiede con un sorriso.
Andiamo dove vuoi.
«Certo, dove andiamo?»
«Preferisci una pizza, una pasta o una piadina?»
«Uhm, tutto?» E Matteo si apre in una risata «Non ho preferenze. Dopotutto tu hai fatto un ottimo esame e devi scegliere tu!»
«Va bene, allora, scelgo la piadina. E ora andiamo signorina Virginia, il locale è nel vicoletto dietro la chiesa.» risponde allungando un braccio piegato all’altezza del gomito. «Vieni qui sotto?»
Sotto, sopra, ovunque… Virginia smettila sembri una stupida ragazzina alle prese di un attacco ormonale.
«Certo.» mi avvicino sorridendo e mi aggrappo al suo braccio.
Bella sensazione, sì.
Anzi no, meravigliosa.
 
 
 
«Allora, raccontami!» rompo il ghiaccio io addentando una piadina speck e brie.
«Cosa vuoi sapere?» chiede lui sorridendo e aprendo una Coca-Cola Zero.
«Tante cose, ad essere sincera.» Il suo sorriso si allarga «Quindi, partiamo dalla più semplice.» Annuisce «Com’è andato l’esame?»
Stupida Virginia, ha preso ventinove come vuoi che sia andato l’esame, male?
«Beh, bene dai. Era orale, il docente mi ha fatto tre domande, ho risposto a tutte e mi ha dato ventinove, mi va benissimo così!»
«Immagino.» commento sorridendo.
«Poi? Altre domande? Che cosa vuoi sapere ancora?» chiede lui sorridendo.
«Posso farti un terzo grado?» chiedo assottigliando gli occhi.
«Certo che sì. Poi però tu rispondi alle mie di domande.» commenta lui furbo prima di addentare un pezzo di piadina.
«Affare fatto! Allora…» E ora? Cosa cavolo gli chiedo? Da dove inizio? So già molte cose, dato che in quei cinque giorni abbiamo parlato, ma non di storie passate, né di fidanzati o fidanzate. E’ questo il momento giusto? No. Anzi sì. Ormai credo sia arrivato il momento. Siamo in ballo, balliamo. Mi butto e via, tolgo il pensiero alla più grande delle domande. «Esci con qualcuna?» «Intendi…?» chiede quasi titubante.
«Oltre me, sì, insomma, non so se tu stai uscendo con me…» farfuglio chiaramente un qualcosa senza senso.
«Come non lo sai?» il signorino si sta chiaramente divertendo e io sto diventando sempre più rossa.
«Non hai risposto alla mia domanda. E il tuo turno arriva dopo!» commento con aria seria.
«Hai ragione. Oltre te, no. Non esco con nessuna a parte mia sorella, ma non credo che lei conti.» risponde a bassa voce.
«No, direi che non conta.» Commento trionfante, sorridendo come un’idiota. «Quindi?»
«Cosa?» chiede prima di bere un sorso di Coca-Cola.
«Sono l’unica con cui esci al momento, non ci solo altre…» doveva essere una domanda, ma non suona così. Sembra più un’affermazione. E io sto facendo la figura di una mezza psicopatica che fa il terzo grado e vuole essere “esclusiva” dopo un’ora che si vede con un ragazzo. Meraviglioso Virginia, decisamente meraviglioso.
«No, altre ragazze no.» quando risponde sembra quasi imbarazzato.
«Ne sono onorata.» dico sorridendo e provando una sensazione di leggerezza molto importante.
«Io sono contento di uscire con te.»
«Usciremo alte volte?» chiedo interrompendolo.
«Sì, direi di sì. Se a te va…» risponde guardandomi negli occhi.
«Certo.» sorriso ebete, vattene dalla mia faccia, magari subito, sono già ridicola da sola. «E le tue vecchie storie?»
E’ un’altra domanda da psicopatica e anche molto molto scomoda. Matteo quasi si strozza con il pezzo di piadina. Pessimo tempismo per fare quella domanda. «Quali vecchie storie?» chiede lui.
«Le tue ex. Avrai pure delle ex, no?» chiedo cercando di sembrare più sicura di quanto io non sia in realtà.
«Sì, ehm, non è che io sia stato, come posso dire? Seriamente, ecco, con qualcuna di loro…» e sembra quasi imbarazzato. Sono molto contenta che lui mi stia parlando di queste cose, anche se io sapevo già tutto dato che quel pettegolo di Marco mi aveva aggiornato accuratamente; anche se, devo ammettere, che sentire questa frase da lui mi dà un senso di onnipotenza.
«Oh.» è la mia risposta senza senso.
«Erano più, amiche speciali, se le vogliamo chiamare così anche se suona davvero male. Lo so.» continua a sembrare un po’ a disagio.
«Oh.» Virginia, certo che potresti dire qualcosa di più interessante.
«Sì, lo so…» inizia ma subito dopo si ferma.
«Cosa sai?» chiedo curiosa.
«In ventiquattro anni della mia vita non ho mai avuto una storia seria.» dice stringendosi nelle spalle.
«Beh, evidentemente non hai mai trovato una ragazza giusta.» lo guardo fisso negli occhi. Vorrei essere io quella ragazza.
«Può essere.» commenta fissando i suoi occhi nei miei.
Quegli occhi…Hanno una strana luce ora.
«Chissà.» commento con un filo di voce sorridendo.
«Posso? Posso iniziare io con le domande?» chiede lui.
E’ bravo il signorino a cambiare discorso.
«No. Proseguo?» chiedo cercando di spuntarla.
«Prosegui.»
«La prima volta che ci siamo visti…» devo chiederglielo.
«Sì?»
«Stavi salutando me, quella sera, in discoteca?»
«Ehm, sì, ti avevo vista e…»
«Volete ordinare altro ragazzi?» tizio che fai le piadine, hai scelto un pessimo, anzi orrendo istante per venire qui.
«Vuoi qualcos’altro?» mi chiede Matteo.
«No, al momento sono a posto, grazie.»
«Sono a posto anche io, grazie.» dice rivolgendosi all’inutile tizio delle piadine che avrà il mio odio per il resto della sua esistenza. Virginia, ma come siamo vendicative. No, odio essere interrotta, è diverso.
«Mi stavi chiedendo?» Matteo rivolge la sua attenzione verso di me.
«Sai che non ricordo?» andiamo benissimo, oltre agli istinti omicidi ora abbiamo anche perdita di memoria a breve termine.
«Posso farti io qualche domanda?» chiede contento.
«Va bene, sono pronta.» mi raddrizzo sulla sedia e lo guardo.
«Quella sera là…»
«Sì?» chiedo interessata.
«Eri con un ragazzo.»
«Chi? Cristian?» chiedo. Virginia, come se lui conoscesse Cristian.
«Il ragazzo che compiva gli anni?»
«Esatto!» dico annuendo sorpresa.
«Non ho fatto in tempo a conoscerlo, Marco me ne aveva parlato ma poi è stato male e siamo andati via. Comunque, stavate insieme?»
Uh, diretto il ragazzo. Mi piace la schiettezza.
«No, lo conosco da una vita e non potrei mai averlo come fidanzato!» commento.
«Bene, allora, esci con qualcuno?» mi ribalta la domanda che gli ho fatto all’inizio.
«Certo.» rispondo io calma e sicura e Matteo sembra un attimino più pallido. «Ci sei tu, c’è Marco e poi c’è Alessandro.» dico sorridendo.
«Che simpatica!»
«Dai su, stavo scherzando!» gli dico sorridendo e lui sorride a sua volta.
«I tuoi ex?» chiede lui smettendo di sorridere.
«Uhm, pessimo argomento. Ho avuto qualche storia, ma nulla di serio.» commento il più sincera possibile.
«In che senso nulla di serio?»
«Mai nulla di importante, diciamo così. Qualche invaghimento e basta.»
Sembra soddisfatto e sorride. «Andiamo?» chiede.
«Sì dai. Dobbiamo anche passare a pagare.» rispondo alzandomi.
«No, ho già fatto io.» commenta lui tutto soddisfatto.
«Ma.»
«Niente ma, sei mia ospite.» si avvicina e mi deposita un bacio sulla guancia.
«E ora, dove andiamo?»
«A fare un giro, ti va? O devi studiare?» chiede aprendo la porta della piadineria e allungando il solito braccio flesso.
«Andiamo in giro.» dico uscendo dal locale e abbracciando il braccio di Matteo.
«E ora ti tocca la seconda parte del terzo grado.» afferma con un sorriso furbo.
«Non hai ancora finito?» chiedo con un sospiro.
«Oh no, voglio sapere tutto sui tuoi ex!»
Oh, merda.
 
Mi piace passeggiare con Matteo.
Mi dà un senso di tranquillità e pace.
Mi piace quando si ferma davanti alle vetrine dei negozi e fa qualche battutina divertente.
Mai volgare, mai di pessimo gusto, solo divertente.
E’ dolce, bello, simpatico, ha un fisico da urlo e bacia da Dio.
Ogni tanto, quando ci fermiamo da qualche parte o io o lui ci avviciniamo e ci baciamo.
Così, come due adolescenti-
Io, chiaramente una perfetta idiota.
Una ragazzina di dodici anni che si esalta per queste cose.
Ma bacia davvero da Dio.
Cosa volere di più?
Nulla.
Forse, diventare la sua ragazza?
Mi torna in mente la frase di Marco.
«Il tempo dirà tutto.»
Speriamo.
 
«Matteo!» una voce squillante alle nostre spalle fa arrestare improvvisamente Matteo.
Ha una faccia strana.
Una faccia che non mi piace molto.
Una faccia, quasi colpevole?
«Oh, merda.» commenta a bassa voce.
Ecco, mai parlare o pensare.
Questa come minimo sarà una delle sue “amichette” super fighe, bellissime e Dee del sesso.
Io con loro non posso competere.
 
Una bellissima ragazza ci raggiunge nel giro di due secondi e lancia le sue braccia al collo di Matteo.
Si lancia praticamente su di lui.
E’ una scena che ho già visto.
Con Monica.
E non mi piace per nulla.
Virginia sei gelosa?
Oh sì.
Sono rimasta ferma e immobile, ho paura a disturbare questo quadro idilliaco.
«Allora? Allora?» chiede questa sottospecie di folletto.
«Non hai visto nulla su WhatsApp?» chiede Matteo staccando le braccia delle ragazza dal suo collo.
WhatsApp? Che gli avrà mai scritto?
Virginia sei pessima e gelosa.
«Uhm, no. Mi son dimenticata di guardare il telefono!» fa una faccia buffa e sposta il suo sguardo su di me.
Ha gli occhi verdi e i capelli chiari.
E’ alta, le forme perfette e un viso dolcissimo.
E’ proprio bella.
Con lei non si può sicuramente competere.
 
«E lei? Lei, oddio, lei! E’…?» chiede a Matteo tutta concitata.
«Sì, lei è Virginia.» lui si gira verso di me. «Virginia lei è Stella, Stella lei è Virginia.»
Allungo la mano verso la ragazza e lei mi sorride.
«Piacere.» le dico imbarazzatissima.
«Fidati, l’enorme piacere è il mio.» risponde sorridendo.
«Cosa ci fai in giro?» chiede Matteo a Stella.
«Shopping!» risponde Stella alzando le spalle e rimando con gli occhi puntati nei miei.
«Finalmente ti conosco Virginia! Sono così contenta! Finalmente!» Perché? Che cosa ho fatto di male? «Pensa che meraviglia! Un domani potrei essere tua cognata!» aggiunge sorridendo.
Matteo quasi si soffoca con il suo stesso respiro e io vorrei sotterrarmi.
Faccio uno più uno.
«Sei…?» chiedo ma lei mi interrompe.
«Oh sì, assolutamente sì, sua sorella. Non ti ha mai parlato di me, vero? Magari ha accennato a una sorella ma mai il nome, chissà perché. O Magari neanche quello. Bah! Fratello, prima o poi me la pagherai!» dà un pugno alla spalla di Matteo e si mette a ridere.
«Devi andare a casa?» chiede Matteo cercando di arginare il fiume in piena di parole che è Stella.
«Oh no, assolutamente no, passerò il pomeriggio con voi due!» risponde indicandoci «Voglio conoscere meglio la mia futura cognata! Quale migliore momento se non oggi? E’ pomeriggio! Nessuna cena di famiglia o pranzo imbarazzante, solo noi tre!» risponde sorridendo innocentemente.
«E’ un problema per te, Virginia?» mi chiede un Matteo molto sconsolato. Credo che sua sorella sia una tosta, una che quando si mette in testa qualcosa riesce sempre a ottenerla. In effetti le sue argomentazioni non fanno una piega.
«Certo che no.» rispondo divertita.
Si prospetta davvero un bel pomeriggio. Non appena la mia mente decide di avere questo pensiero, si rende automaticamente conto di una cosa.
 
Passerò il pomeriggio con Matteo e sua sorella.
Oh cazzo.
 
 
***
 
Buona sera e ben ritrovati a tutti! Spero abbiate trascorso delle meravigliose vacanze! Ridendo e scherzando siamo arrivati al ventesimo capitolo di “Inaspettatamente” e venti è un numero importante, come importante è questo capitolo. Mi sono divertita molto scrivendolo e spero vi abbia inzuccherato e divertito anche a voi.
Matteo e Virginia si sono conosciuti meglio, si stanno conoscendo meglio e ogni capitolo fanno sempre dei passettini in più. E poi fanno un incontro abbastanza inaspettato: Stella. Chissà che cosa ha in mente la nostra Stella? Cosa accadrà nel pomeriggio? Vi ricordo che Stella tutte le altre “ragazze” con cui usciva Matteo non le andavano a genio. Chissà, forse questa volta andrà diversamente…
Anche in questo capitolo non ho messo una canzone, credo che senza canzone fosse più realistico e non troppo “forzato”. Ma forse, e ripeto forse, torneranno. Per quanto riguarda la parte di flashback di Marco e Virginia, quello che Marco accenna è San Valentino. Vi ricordo che c’è una piccola One Shot su Marco&Alessandro e sul loro San Valentino, la trovate qui. (Lo so, non è editata a dovere ed è vecchia, vedrò di sistemare anche lei appena ho un attimino di tempo!)
 
Note corte, vi lascio subito. Rapida e indolore senza troppi divagamenti.
Alla prossima!
 
Un abbraccio.
E.

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