Gli Elementi 2- Il Maledetto

di killian44peeta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1- guarirsi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2- Distruzione ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3- Attacco ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4- Veleno ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5- Esausti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6- Dolore ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7- Voci ***
Capitolo 9: *** capitolo 8- Volo ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9- Sfida ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10- Discussioni ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11- Schiaffo ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12- Abbraccio ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13- Pioggia ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14- Silenzio ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15- Tentativi ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16- Umori ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17- Trasporto ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18- Libri ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19- Scambio ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20- Morte? ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21- Disidratazione ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22- Illusioni ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23- Confessioni ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24- Clessidra ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25- Mostro ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26- Ghigno ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27- Maledetto ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28- Scontro ***
Capitolo 30: *** Epilogo ***
Capitolo 31: *** Ringraziamenti ***
Capitolo 32: *** CIACK! SI GIRA pt.1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





Gli Elementi - Il maledetto

Prologo - Gli Elementi - Secondo libro della prima trilogia di ''i sei predestinati'' - 

La luce sciamava appena tra le sottili mura di quella che per aspetto poteva apparire una stanza come tante, provenendo da una piccola lampada accesa e appesa alle pareti, la cui fiamma bramava ossigeno per la bassa quantità che c'era nella stanza.

I sibili e gli schiocchi delle lingue di fuoco si ripetevano a lungo, come un tabù tra quel pesante silenzio, dando a Luxor una sensazione di ripetitività insopportabile ed insostenibile.

Se ne stava lì, sul letto, le mani congiunte e chiuse in una stretta ferma e rigida, rigida come la stessa mascella del giovane, talmente tanto serrata che sembrava stesse stringendo i denti per non urlare di rabbia, per non sputare ogni emozione negativa soppressa.

I suoi occhi gelidi fissavano la porta chiusa dall'esterno con ira folle e insistenza.

Dentro stava perlopiù boccheggiando, era una settimana intera che era rinchiuso in quella stanzetta come un animale in gabbia, cercando una ragione per non iniziare rabbiosamente a sbattere il proprio corpo sull' uscita per cercare di buttarla giú.

E tutto solo perché era tornato lì, era tornato da lui immaginando un rimprovero breve e senza troppe conseguenze... ma ovviamente non era stato così.

Se avesse avuto l'intelligente idea di non tornare da loro forse non sarebbe finito in quella situazione.

Le mura lo opprimevano, si sentiva soffocare.

Udì dei passi fuori dalla porta e riconobbe immediatamente a chi appartenevano.

-Allora?- disse la voce dell'essere, incalzando il giovane Elemento.

-No- sbottò di risposta Luxor, immediatamente e con un tono secco e rabbioso.

-Come sei scontroso- ridacchiò egli, con una tale malvagità che fece partire un brivido di paura su per la schiena del Ghiaccio.

Luxor cercò di mascherarlo con del sarcasmo-Oh, beh, se tu mi facessi uscire forse sarei appena un po' meno scontroso, non ti pare?-

-Non posso farlo- ribatté.

L'Elemento si immaginava già la soddisfazione che lui provava a dirgli questo, a impedirgli di essere libero.

Provò un impeto di rabbia tale che lo fece alzare per poi avanzare verso la porta, scaraventando il tavolo a terra.

-Ti chiedo di farmi uscire. Ora-

-Pregami in ginocchio-

-Ma che ?... scherzi?! Non sono il tipo da preghiere disperate- scandì le parole, sprezzante

-Davvero? Ti credevo più servizievole-

-Aprimi, maledetto- urlò a denti stretti con un gorgoglio che gli percorreva la gola, mentre sputava un ringhio pieno d'odio.

Il suo petto si alzava e si abbassava irregolarmente, ad un ritmo quasi fuori norma.

Il Ghiaccio aveva un incontrollata voglia di staccare la testa a morsi all'essere, era un desiderio quasi impossibile però, poiché egli era fuori dalla stanza.

-Non mi sembra una preghiera questa qui- lo stuzzicò con voce cantilenante

Il giovane sibilò, sentendo i pugni che gli si congelavano.

-Se non mi fai uscire giuro che...-

-Non puoi fare niente lì dentro-

Luxor fece una smorfia, mordendosi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.

Un rivolo di liquido rosso gli percorse il mento, procedendo verso il suo collo affilato, tracciando una riga.

Luxor lo fermó, pulendosi rapidamente.

-Le tue minacce non servono a spaventarmi, non ci riescono affatto- continuò l'essere dietro la porta.

-Fammi uscire! É già fin troppo tempo che sono rinchiuso in questo posto! -

-No, puoi starci un altro po'-

-Assolutamente no!- gridó, tanto che l'eco della sua voce schizzó tra le pareti, risuonando fino a diventare un sussurro ripetuto .

-Ti ho detto di farmi uscire da qui. Subito-

-E la preghiera dov'è?-

-La preghiera non l'avrai. Non avrai nulla-

-E allora non uscirai-

-Non puoi farmi questo- ribatté ancora, cercando di apparire più tranquillo di tono.

-Oh sí che posso-

Luxor contrasse il viso in una smorfia, sentendo nel suo corpo una vibrazione.

L'Elemento spingeva, voleva scatenarsi, voleva avvolgere ogni minima parte di quella stanza.

Eppure il Ghiaccio non si mosse, non lasció andare neanche un pizzico del suo potere.

Se lo avesse fatto, sarebbe finita.

Avrebbe dovuto aspettare ancora troppo a lungo, era stanco di rimanere in quella cella noiosa e vuota.

Non gli importava più ormai degli Spettri e di quello che gli Spiriti, ma soprattutto lui gli avrebbero dato.

Se lo sarebbe preso da solo, in un modo o nell'altro...

A meno che non lo facesse uscire.

-Perché vorresti una preghiera? Vuoi sentirti potente per caso ?-

-No. Voglio la soddisfazione di averti domato-

Luxor alzó il sopracciglio, con una netta espressione di disapprovazione.

Era pentito di quello che aveva fatto.

Si era lasciato andare un po' troppo con il suo potere, tanto da rallentare il processo di trasformazione.

E tutto per via di quella voce.

Quella voce che continuava insistentemente a gridargli nella testa, ma che fortunatamente sembrava aver, al momento, smesso .

Quella voce che gli sembrava così lontana e allo stesso momento così vicina.

Non capiva chi ella fosse, né che cosa davvero volesse da lui.

-Non sono mica un cavallo- borbottó, sbuffando, nascondendo i pensieri che gli avevano completamente occupato la mente.

-Lo so. Ma voglio domarti. Voglio essere sicuro di potermi fidare di te di nuovo-

-Puoi. Tirami fuori-

-Pregami-

-No-

-Mi dispiace allora. Anche la mia risposta é no-

Non poteva non infuriarsi con lui.

E proprio per quel motivo, sapeva che se ne sarebbe andato, aveva accumulato circa il sessanta percento delle sue energie fredde.

Una volta scaturite, si sarebbe sfigurato, sarebbe stato pronto.

-Non puoi chiedermi qualcos'altro?- chiese, cercando di non sembrare sospetto nel suo improvviso silenzio.

-No, mi dispiace, se vuoi uscire c'è solo questo modo-

"Lo credi tu" pensò il Ghiaccio, indispettito, per poi mettersi le mani sui fianchi e appoggiarsi con la schiena al muro.

-La libertà per una preghiera- disse l'entità con tono suadente.

-Chi non mi assicura che dopo averti pregato, non mi lascerai qui a marcire ?-

-Su, non ti fidi di me ? Quello che ti ha allevato con costante impegno e affetto? -

-Sì, come no- disse, sbuffando, mettendosi le mani in faccia con una teatralità sarcastica -Sei stato il mio maestro, di certo non un genitore benevolo e rassicurante-

-Lo so.

Ma ti ho fatto crescere, ti ho aiutato a apprendere a pieno le tue capacità.

Ti ho mostrato la via della grandezza, ti ho fatto diventare quello che adesso sei-

-Ma che bel lavoro che hai fatto... vuoi un premio ?- sibilò, assumendo un espressione seccata.

-Sì, la tua preghiera-

Cercava di giocarsela buona, sí, ma a Luxor non lo incantava.

L'accordo con lui era durato abbastanza.

Ora era il momento di spezzarlo.

Fissò la porta, le energie fredde erano quasi al completo.

Ragionò silenziosamente su tutto.

Una volta che lui se ne fosse andato, dopo dieci minuti sarebbe arrivato uno Spettro o un Demone dei tanti a portargli la cena, aprendo quella minuscola finestra in fondo alla porta.

A quel punto sarebbe passato e con la trasformazione avrebbe cercato l'uscita.

Non ci avrebbe impiegato tanto, o almeno, un po' ci avrebbe messo, ma nessuno sarebbe riuscito a fermarlo.

Una volta fatto, si sarebbe ritrasformato, tornando nella sua forma.

-Allora? La tua preghiera dov'è?-

L' Elemento guardò verso il basso e tacque, osservò le venature del pavimento percorrere tutta la stanza.

Lo portavano al letto.

Lo sollevò, piano, per non essere sentito e guardò il punto preciso dove tutte si concludevano.

Si univano in un unica mattonella leggermente spostata rispetto alle altre.

La scostò, rimuovendo con essa un po' di polvere al di sotto, trovando una scatola color mogano delle dimensioni di una mano.

Sollevò il coperchio, altrettanto in silenzio, trovandovi dentro uno zaffiro luccicante, con inciso un fiocco di neve.

Lo prese agli angoli e dopo averlo scrutato rapidamente, lo infilò in tasca.

-Visto che non mi giunge risposta, immagino sia un no e visto che sei un mulo in certe situazioni, caro mio, ti lascio alla tua desolazione-

-Bene. Vattene- urlò, ringhiando.

L'essere girò i tacchi, iniziando ad allontanarsi dalla porta con passi regolari.

Luxor poteva sentirli risuonare tra le pareti, ne contò una trentina poi ascoltò ancora di più, cercando di udire anche solo un flebile respiro.

Niente.

Silenzio assoluto, più un nuovo inizio di ripetersi di passi in sua direzione.

Muto, percepí le proprie energie fredde al completo.

Gli attraversavano il corpo interamente, pronte ad esplodere.

Sentì la presenza del Demone dietro alla porta.

Egli si fermò e Luxor udì il frusciare quasi a intermittenza del suo corpo, il mantello che si scontrava con la superficie della porta.

"Tre..."

Il Demone avvicinò la mano alla finestrella.

"Due..."

Questa venne leggermente sollevata.

"Uno..."

Metà di essa venne tirata su, mostrando le dita nodose del Demone.

Sembravano quasi rami d'albero tatuati, con segni che si estendevano su ogni singola falange.

"Ora" pensó improvvisamente il Ghiaccio.

Luxor fece saltare ogni controllo, ogni sua particella ebbe un balzo, restringendosi.

Rapidamente attraversò lo spiraglio, proprio mentre il Demone ci infilava il piatto.

Scivolò fuori e appena gli passò accanto lo vide tramutarsi in una statua di ghiaccio che, al minimo contatto con l'aria prese a sgretolarsi pezzo per pezzo.

Trasportato dalla corrente, percorse il lungo, oscuro, corridoio deserto, che sembrava non avere conclusione.

Lo attraversò, fremendo dall'insistente attesa che persisteva.

Procedeva ormai da minuti quando lo spazio finalmente si allargò e vide il salice piangente, che simboleggiava l'imminente uscita dalla galleria.

Luxor ricordò di aver letto qualcosa al riguardo di quell'albero.

Quella antica pianta dalle radici immerse profondamente nella fontana, insieme alle altre sue simili, poteva... bloccare l' orologio.

"Bloccare l' orologio ? Erano veramente queste le parole ?"

Non ne era sicuro.

Decise di lasciar perdere e, superato l' albero, seguì un secondo viottolo.

Sentiva il suo respiro ed il suo cuore avanzare irregolarmente dalla tensione.

Era impaziente e infastidito, temeva di non riuscire ad uscire, temeva di venire ingabbiato una seconda volta.

E non aveva alcuna intenzione di esserlo di nuovo.

Sospirò, socchiudendo un attimo gli occhi, ripetendosi di rimanere calmo il più possibile, fatto che, dopo diversi minuti portó il suo frutto.

Vide della luce filtrare, leggera, principalmente tra due rocce e notò l'uscita.

Sgranò gli occhi e vi si fiondò.

La luce e la brezza lo avvolsero immediatamente, respirò a fondo, sentendosi libero e vivo.

Gli alberi, le foglie... gli sembravano ancora più brillanti, più carichi, più colorati, tanto che lui ne fu piacevolmente sorpreso.

Il grigio scuro della stanza in cui era stato fino ad ora, gli aveva quasi annullato i colori dalla mente.

E non solo...

Iniziò ad avanzare, guardandosi intorno, immaginando di poter ricoprire tutto di ghiaccio.

Sarebbe stato un peccato trasformare tutto in bianco, ma dopotutto era quello che si meritavano gli esseri umani.

Era ciò che andava fatto.

Continuò ad avanzare, imprimendo ogni minimo colore nella sua mente.

E ad un tratto sentì di nuovo urlare nella sua testa, ancora una volta.

Urla che lo fecero indietreggiare appena, per poi piegarsi in due.

Rimbombavano nella sua testa con una tale forza che se la stringeva tra le mani, mentre il suo corpo riassumeva la forma umana.

L'urlo era prolungato, straziante, distruttivo.

Sentí qualcosa colpirgli la spalla e forargliela, anche se non comprese cosa potesse essere.

Ma non gli importava, il dolore del colpo subito era meno intenso di come era quello nella sua mente.

Le grida facevano troppo male.

Gli distruggevano ogni parte cerebrale, lo attraversavano ad una tale intensità che gli sembrava di morire.

E dopotutto in parte voleva morire, desiderava non dover subire tutto quello che gli stava accadendo.

Non era solo la voce che gli faceva male... era quello che seguiva.

Lo stavano consumando.

Neanche si rendeva conto dei fiotti di sangue che gli scendevano giù dalla spalla, ad un ritmo tale che la probabilità di morire dissanguato si faceva sempre più vicina, insieme a tutto quel caos che si librava in lui.

La freccia era incastrata tra la carne e l'osso e faceva intravedere lo strato al di sotto: rossastro, tumefatto, sanguinante ed aperto.

Luxor si buttò a terra, le mani strette tra i capelli, stringendoli e tirandoli a forza, quasi per strapparseli.

Per lui, dopo pochi secondi in cui rimase agonizzante, tutto divenne improvvisamente buio.

Una ragazza dai capelli neri e dagli occhi oro, con un arco in mano, poco lontana dall'Elemento, stava seguendo la pista tracciata dalla freccia.

Il coniglio che aveva puntato o era riuscito a sfuggirle completamente o lo aveva colpito.

Quando, correndo, raggiunse il corpo del giovane, trovando la freccia conficcata nel suo corpo, le scappò un urlo.

Tremante, gli si avvicinò, girandolo per poterlo osservare meglio, ispezionando la ferita che involontariamente gli aveva inferto.

Era solo svenuto, nonostante respirasse a fatica.

Fece un sospiro di sollievo, per poi afferrargli la vita e caricarselo sulle spalle.

Aveva lasciato il cavallo poco distante.

Lo ritrovò a brucare l'erba, completamente immerso nella procedura.

La giovane sorrise, dandogli una piccola patacca sul collo.

Luxor venne messo davanti, lei si mise dietro di lui, afferrando le redini dell'animale e mandandolo al galoppo.

Cavalcò per mezz'ora, preoccupandosi di velocizzare il ritmo della corsa per tornare a casa prima che si facesse troppo buio e che non potesse salvare il ragazzo.

Dopotutto lo aveva colpito lei, non aveva intenzione di lasciarlo in quella maniera, non voleva diventare un assassina.

Certo, poteva essere un ladro... od un assassino lui stesso, ma questo le sarebbe importato dopo averlo curato, non voleva avere la coscienza sporca.

Con il costante galoppo del cavallo, vide il sole iniziare ad abbandonare il cielo.

Cavalcò ancora, fino a raggiungere la città.

Varcò le sue porte, per poi farsi strada tra tutti i passanti e arrivare casa sua.

Era piuttosto piccola, con le mura mal ridotte, con una stalla dietro.

Vi lasciò l'animale, per poi sollevare Luxor e portarlo dentro casa di soppiatto.

Appena fece un passo dentro, si trovò difronte a sua madre e a suo padre.

Uno aveva i capelli grigi, con brevi segni bianchi, dagli stessi occhi della figlia, l'altra aveva i capelli neri e gli occhi arancioni.

-Stavo... stavo cacciando e per sbaglio l' ho colpito alla spalla... é svenuto- fece subito, appena gli adulti la guardarono.

Ed i due si alzarono e aiutarono la figlia a portarlo in una camera, per poi posarlo sul letto con delicatezza.

La madre si sedette sul fianco del giaciglio mentre il padre entrava in bagno, cercando bende e erbe.

-Rhy, togli la freccia, molto delicatamente- ordinò la madre, osservando le sue stesse mani mentre tremavano a intermittenza.

-Va bene, mamma-

Rhy si avvicinò a Luxor, per poi afferrare la coda della freccia, il più dolcemente possibile, sfilandola.

Vide il sangue velocizzare la discesa, percorrendogli la maglia azzurra, macchiandola e inzuppandola.

Il padre giunse con molte fasce e un miscuglio di erbe.

Si diresse a sua volta davanti al Ghiaccio, strappandogli la maglia, ormai ridotta ad uno straccio zuppo di linfa vitale.

Si posizionò al suo fianco e sparse la medicina all' intorno della ferita.

-Tenetelo fermo- disse lui -Gli brucerà un po'-

La madre gli prese le gambe, Rhy invece si sedette affianco al suo petto, stendendosi su di esso, bloccandolo e immobilizzò le sue braccia con le proprie.

Il padre procedette nel lavoro , inserendo il composto delle erbe nella ferita, facendo spalancare gli occhi a Luxor, il quale, urlando di dolore, cercava di dimenarsi dalle prese ferree.

Si agitava, anche se era completamente bloccato, sembrava che da un momento all' altro sarebbe riuscito a liberarsi.

Rhy respinse un ondata di nausea mentre vedeva le erbe reagire al contatto del sangue e della pelle, provocando una sorta di disgustosa poltiglia verdastra che andava ad accumularsi sulle coperte.

Il giovane, dopo minuti e minuti, smise di agitarsi, anche se era comunque scosso da brividi e fremiti.

Lui fissò i tre, il suo sguardo passava da uno all' altro, talmente tanto rapidamente che sembrava quasi impazzito, gli occhi completamente sgranati dalla sorpresa e il viso coperto di sudore che scendeva sui suoi lineamenti lentamente.

Resse per diversi secondi, poi svenne ancora.

Il padre avvolse la spalla di Luxor con alcune delle bende, poi lasciò completamente la stanza.

-Devi stare più attenta quando cacci- disse la madre, ammonendola con uno sguardo carico di rimprovero.

-Lo so, mamma, ma io stavo puntando ad un coniglio... ha attraversato un cespuglio e ho provato comunque a colpire.-

-Mmmmh... -  l'espressione di rimprovero si ammorbidí un minimo -Dopo ti scuserai con lui... -

-Sí, mamma- replicó lei, convinta, prendendo poi, quando lei scomparve, a mordersi il labbro inferiore.

La madre tornò infatti in salotto, mentre Rhy sospirò e si sedette sul letto, osservando il ragazzo biondo.

Lo studiò, in silenzio, osservando quelle due labbra rosate, quel naso dritto, le ciglia lunghe e dorate.

Osservò soprattutto i capelli d'oro, quasi ricci, che scendevano a cascata verso le spalle mediamente larghe e abbastanza muscolose .

Era un ragazzo veramente bellissimo, non poteva non ammetterlo a se stessa.

Ricordava benissimo quegli occhi azzurro ghiaccio, che fissandola anche solo per un secondo, sembravano averla trapassata.

Silenziosamente,si chiese chi potesse essere, da dove provenisse e smaniava di aver un altro assaggio di quello sguardo cristallizzato.

Lo guardò riposare per diversi minuti, fino al punto in cui fu richiamata a cenare.

Pensando al coniglio di scorta che si era fatta sfuggire, le veniva un certo nervosismo, ma ...

In cambio aveva trovato lui.

Quel ragazzo.

Raggiunse la sala da pranzo, pensierosa e si sedette a tavola.

La cena era già servita.

La famiglia la consumò in silenzio, l'unico rumore che si susseguiva era quello delle posate ed il continuo masticare.

Le occhiate che i tre si lanciavano erano cariche di nervosismo e attesa.

Rhy si lasciò uscire un sospiro e finito di mangiare, si congedò, ovviamente dopo avere sparecchiato.

Uscì di casa per abbeverare il cavallo, desiderando soltanto di poter rientrare e osservare ancora il giovane che occupava il letto della stanza degli ospiti.

Si passò una mano tra i capelli, per poi afferrare una balla di fieno e spostarla verso l'interno della stalla.

Prese dunque un secchio e, aprendo la pompa, lo riempì fino all'orlo.

Arrivò in fretta all'abbeveratoio del suo stallone grigio e ve la vuotò in fretta, lasciando qualche breve grattatina tra le orecchie dell'animale che le accettò con uno sbuffo soddisfatto.

Tornando indietro abbastanza rapidamente, osservó il cielo serale che la sovrastava.

Nuvole scure lo coprivano, ma l' aria che aleggiava non mostrava segnali di tempeste imminenti.

Fissó dopodiché il bosco lontano, guardando le chiome scure e imponenti stagliarsi contro l' infinito.

Rhy si morse di nuovo la parte inferiore della bocca, in silenzio, poi rientró in casa, avviandosi verso la camera che Luxor aveva occupato.

Era immobile e avrebbe potuto tranquillamente sembrare morto se non fosse stato per l'intermittente respirare del giovane che alzava e abbassava il suo petto.

Le sue labbra erano leggermente socchiuse e le mani strette alle coperte.

Non sembrava stesse facendo sogni particolarmente agitati, ma piuttosto pesanti e confusi, tanto che la sua espressione aveva un che' di incerto.

Se soltanto Rhy avesse saputo che tipo di sogno egli stava facendo, si sarebbe sicuramente spaventata.

La giovane fissó il ragazzo aureo per parecchi altri minuti, o forse anche ore, tanto che le uscí improvvisamente uno sbadiglio di bocca.

Doveva essere abbastanza tardi

Sbadigliando una seconda volta, si diresse a passo pigro verso la propria stanza.

Appena varcó la soglia,si abbandonó sul letto, addormentandosi profondamente.

Mio dio, siamo di nuovo qui! Qui con questo libro che, Maria i parti sono più facili.
Come al solito, un capitolo a settimana... la data? Contino con i sabati ? Ditemi voi lettori! Mi scuso ancora tantissimo per avervi fatto aspettare! Datemi i vostri pareri , sono pronta ad ascoltarli.
Come al solito, non metteró spazi autrice a meno che non vi ringrazi o vi chieda l'ascolto di una canzone precisa! Se voleste fare una fanart, sono felice di accettarla e metterla in un capitolo. Ovviamente, vi taggheró. Love you

Killian44peeta - Crystaltrey

 

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Capitolo 2
*** capitolo 1- guarirsi ***


Luxor

La donna bionda dagli occhi chiari e limpidi come una pozza di un lago se ne restó in silenzio, le braccia avvolgevano con una tensione possessiva il fagotto avvolto nella stoffa che teneva tra di esse.

Sembrava davvero impaurita e stanca, tremava da capo a piedi, come una foglia lasciata in balia alle correnti invernali, il suo sguardo fissava costantemente la porta alle sue spalle.

Respirava affannosamente, le guance colorate di un rosso pallido e le labbra rosate erano aperte, quasi in cerca d'aria, come se attorno a lei non ne trovasse.

Ad un leggero scricchiolio si voltó, con atteggiamento sospettoso guardó fisso l'entrata, tacendo.

Mi sembrava di poter sentire il battito del suo cuore e riuscivo perfino ad immaginarmelo : rapido, frettoloso, pesante.

La donna si passó il palmo della mano sul viso e il suo dorso sulla fronte , togliendosi un po' di sudore che la imperversava.

Trattenendo il respiro per una manciata di secondi, si spostó verso la porta di servizio, a cui, poco prima, vi occupava spazio una piccola culla azzurra con sopra dei fiocchi di neve in vetro appesi al lampadario.

Con una lentezza incredibile, vi si trascinó, spostando i piedi senza alzarli, rimanendo nella posizione piegata in cui era stata dall' entrata in quella stanza.

Doveva avere il corpo parecchio irrigidito, si muoveva goffamente, rischiando di slanciarsi troppo e perdere l' equilibrio.

Un secondo scricchiolio si susseguí, un fruscio e il ticchettare del metallo serpeggió nel corridoio dietro l' accesso.

La donna sbiancó, afferrando la culla e appoggiandoci dentro il bambino.

Aveva un che di familiare.

Il piccolo era profondamente addormentato, le manine chiuse a pugno appoggiate al petto.

Era avvolto in una fascia viola che gli copriva i capelli.

Sembrava abbastanza tranquillo e doveva esserlo davvero, incosciente di quello che probabilmente stava succedendo.

La madre aprí la porta, ben attenta a non fare rumori e spinse la carrozzina al di fuori.

Una volta fatto, stava per sgusciarne fuori a sua volta, ma una figura dietro di lei glielo impedí.

Ci fu un solo, breve grido straziante che si diffuse tra le mura, mentre la culla scendeva per la breve parte di collina, per poi fermarsi contro una parete di una grotta, facendo sbalzare fuori il bambino.

Con l' impatto del piccolo mentre probabilmente atterrava, io mi svegliai.

Mi trovavo in un letto, le coperte bianche piú che leggermente macchiatiate di sangue e di un liquido strano.

Le pareti della stanza in cui ero, erano verdi chiare, della stessa tonalità di un prato, un colore che mi parve un po' troppo luminoso per quell'ambiente così vuoto e spoglio.

Nella camera vi era infatti, oltre al letto, solo un grosso armadio dall' aspetto imponente che aveva un materiale legnoso pieno di venature.

Era ben intagliato, abbastanza solido a vederlo.

"Dove diavolo mi trovo?..." mi chiesi, mentre una strana sensazione iniziava a percorrermi.

Una sensazione positiva, troppo positiva per i miei gusti, quasi anomala, a cui non ero abituato.

"Beh, almeno non sono più nella stupida stanzetta in cui lui mi aveva rinchiuso " pensai tra me e me

Sgusciai fuori dalle coperte, ma appena lo feci, mi scappó un sibilo.

La spalla mi faceva un dolore lancinante.

La osservai, coperta di bende e chiedendomi come mai di tutto ciò.

Feci per iniziare a toglierle quando una ragazza entró improvvisamente nella stanza.

-No! Non... toccare- balbettó, con un tono di voce sia deciso che tremolante allo stesso tempo.

La squadrai in silenzio mentre mi si avvicinava cauta, studiandomi a sua volta.

-Dove sono?-

Lei abbozzó un sorriso -Nella città di Tehren, a casa mia-

Il nome della città catturó la mia attenzione.

Ero abbastanza distante dagli Spettri, un po' a est rispetto a Tyresis, più a Nord della spiaggia di Synchrome.

Per ora ero abbastanza fuori dalla sua portata.

-Chi sei?-

-Il mio nome é Rhy...- lei arrossí lievemente

-Come mai mi trovo qui?-

Imbarazzata, lei si passó una mano tra i capelli-Beh... io... per sbaglio ti ho colpito alla spalla con una freccia.. non ti avevo visto, stavo puntando ad una preda... mi dispiace, non avevo intenzione di colpirti-

Feci un breve cenno di assenso -Quando potró togliere le bende e rimettermi in viaggio? Devo presupporre che per ripartire avró bisogno del vostro permesso-

Lei assunse un espressione desolata, tirando poi un sospiro -Non ti tratterremo dall' andartene quando guarirai... non credo che tu abbia bisogno di un permesso-

Lessi nella sua espressione una desolazione che non seppi interpretare, la fissai ancora, tacendo.

Quella umana era strana, non capivo cosa diamine avesse.

-Però ti ospiteremo molto volentieri se vorrai restare di più per rimetterti bene in forze-

Il suo volto si illuminó in un sorriso pacato.

A me appariva sempre più strana e sospetta.

-Oh... mio padre ti darà degli abiti di ricambio ... forse ti staranno un po' grandi ma purtroppo non ne abbiamo altri maschili se non quelli che portava da giovane... emh... la doccia é di lá, hai bisogno di un bagno-

La guardai agitarsi, mentre cercava qualcos'altro da dire.

-Ti offriamo tutto quello di cui hai bisogno, così magari riuscirai a perdonarmi dell' inconveniente... hai... hai fame?-

Scossi lievemente il capo, per poi vederla prendermi il polso e, anche se contro della mia volontà , trascinarmi fuori dalla porta verso il salotto.

Osservai il grazioso tavolino a cui erano seduti i suoi genitori.

Il padre aveva in bocca una pipa, la madre invece era intenta a pulire per bene il mobilio.

-Mmmh... ti chiami?- chiese il padre, dopo essersi tolto la pipa di bocca, alzando lo sguardo verso di me, mentre la donna entrava e usciva rapidamente da una stanza, portandosi dietro una manciata di abiti puliti.

Ero indeciso se dire il mio nome o inventarmene uno sul posto.

Optai per la seconda.

-Dan. Il mio nome é Dan-

L' uomo mi squadró con un occhiata che sapeva di sospetto, come se non fosse del tutto convinto dalla mia risposta, a cui però io non battei ciglio, non facendoci affatto caso, non mi diede alcun effetto.

-Da dove vieni... Dan-

-Da Tyresis signore, ma sto viaggiando per andare a visitare altre città-

Menzogne che ricamavo in altre menzogne.

Era troppo facile.

Facile come fare una trappola per topi.

Rimasi in silenzio sotto il suo continuo osservarmi.

Era pesante e aggressivo, ma mantenni la calma e risposi allo suo sguardo normalmente.

-Mmmh... e dove vorresti arrivare esattamente?-

-Penso di non essere obbligato a dirvelo, ma... abbastanza lontano, verso la Montagna sul Lago-

Lessi una certa ammirazione nello sguardo della giovane ragazza che mi era affianco.

-E come hai intenzione di arrivare in quel posto così lontano? A piedi?-

-Non ho altri mezzi-

-La sai la strada?- chiese la madre, dandomi in mano i cambi

-Sí signora-

-Bene, per scusarci del disturbo causato, nostra figlia vi accompagnerà a destinazione-

La giovane ebbe un espressione sorpresa, probabilmente non si aspettava una cosa simile.

E io probabilmente non ero da meno, era a dir poco sorprendente che due genitori lasciassero partire la propria figlia con un ragazzo che non conoscevano minimamente.

Era vero che mi dovevano qualcosa, ma nessuno sarebbe mai arrivato a tanto.

-Davvero madre?-

-Sí. Potete prendere i cavalli-

-Ah. Ehm... okay- la giovane sorrise incerta

-Non ce n'è bisogno, davvero...- tentai di convincerli, con tono piatto.

-Invece, dopo quello che é accaduto, ce n'è bisogno... partirete quando avrai intenzione di farlo-

Decisi di non insistere, lo sguardo dell' uomo si stava assottigliando, caricandosi di uno strano temperamento che mi faceva intuire che un "no" non lo avrebbe assolutamente dissuaso.

-Pensavo domani- dissi, accettando i vestiti, alzando le spalle a mo' di cenno.

-Ma... sei ancora ferito- borbottó Rhy, a bassa voce

-Guariró... e non voglio disturbare più di quanto abbia già fatto-

-Ebbene, così é deciso. Rhy...-

-Sí, madre-

Mi fece segno di seguirla e mi portó in un bagno.

Era abbastanza grande e largo, le pareti erano di un viola pastello molto delicato .

Al centro di esso vi era una sorta di buca, con acqua al suo interno.

"Strana vasca" pensai, per poi spostare lo sguardo alla doccia e a molti altri degli impianti ad acqua.

Rhy sparì dopo pochi secondi, chiudendo la porta dietro di sé.

Continuai a guardarmi attorno, cominciando a spogliarmi lentamente di ciò che prima indossavo.

Lo feci con una lentezza incredibile, sentendo un lancinante e continuo dolore alla spalla ogni qualvolta mi tendessi.

Mi tolsi perfino le bende che coprivano il colpo ricevuto dalla freccia che la ragazza, involontariamente, mi aveva scagliato contro.

Quando ogni vestito fu a terra, mi immersi nell' acqua, percependo un brivido che inizió a corrermi sulla pelle appena la sfiorai.

Era sia un qualcosa di benefico che fastidioso, terribilmente fastidioso.

E mentre mi lavavo via di dosso ogni sensazione e resistevo al fastidio, emettendo qualche smorfia, non facevo che pensare al patto stretto col Buio.

Una parte di me sapeva cosa sarebbe successo, sapeva esattamente cosa sarebbe successo.

Lo stavo manovrando come una marionetta.

Ma... l' altra parte non voleva quello che sarebbe sicuramente accaduto.

Una parte che proveniva probabilmente dalla semplice motivazione che lui mi aveva creato.

Lui aveva creato il Ghiaccio, con una piccolissima particella dell' energia dell' Acqua che gli era stata data.

Già, perché ogni Elemento, precedentemente all' incarnazione aveva una particella dell' degli altri.

Una particella che poteva utilizzare per ciò che voleva e che poteva essere racchiusa in un oggetto, in un animale, in una pianta o... una persona.

La seconda parte di me voleva essere amico del proprio creatore e... per questo, nel bosco per arrivare a Tyresis lo avevo salvato.

Non ero riuscito a resistervi.

Aveva preso il sopravvento.

E perciò, proprio per eliminare la seconda parte di me, dovevo portare a termine il mio piano.

Dovevo continuare a muovere i fili, fino a farli incastrare e annodare.

Dopodiché li avrei tirati.

E li avrei rotti.

Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro, mentre sentivo il bruciore della ferita farsi nuovamente vivo.

Non che si fosse mai interrotto ma... perso nei pensieri non l' avevo quasi sentito.

La ferita scoperta, aveva un aspetto orribile.

La fissai per diversi secondi, osservando i vari strati della pelle che si disconnettevano, mostrando il rosso del suo interno e perfino qualche vena abbastanza evidente.

Avvicinai la mano ad essa, per poi appoggiarcela.

Pensai alla struttura della pelle e mi concentrai sul dolore provato.

Quando rialzai il palmo della mano, la ferita non c'era più e il ghiaccio con cui l' avevo chiusa si stava trasformando in pelle.

Fatto ciò, cercai di concludere la doccia il più in fretta possibile.

Mi strofinai addosso il sapone, non lasciandomi uscire neanche un brivido sotto il tocco freddissimo di quel miscuglio di ingredienti.

Quando conclusi completamente, mi sporsi verso il bordo della vasca.

Ne uscii, tirandomi su, afferrando l' asciugamano.

Prima che potessi anche solo iniziare ad asciugarmi, udii un rumore strano dietro alla porta.

Mi affrettai ad avvolgermici la vita, per poi avvicinarmici.

I rumori erano piatti e soffocati, come se qualcosa stesse trattenendo un urlo, mentre iniziava un discorso quasi sottovoce.

-Vogliamo il nostro riscatto. Avete già tardato di due giorni la consegna. Dovete consegnarci ció che ci spetta. I seimila nikki-

-Non ce l' abbiamo. -

-Allora... o ci date qualcosa di altrettanto di valore... o ci prenderemo vostra figlia-

-No. Non potete prenderla. Non si merita di finire nelle vostre mani -

-Nelle nostre mani... proprio quelle che vi proteggono in cambio di qualche monetina... come siete sgarbati signori miei-

-Prendete piuttosto l'argenteria, qualsiasi cosa vi interessi. Non lei-

-Mmmh... purtroppo non c'è quasi nulla che valga la pena essere preso... o forse ci nascondete qualcosa? -

-Non vi stiamo nascondendo niente-

-Forse... o forse no. Ragazzi, studiate le stanze... e guardatevi bene attorno-

-Signorsí, capo-

Passarono pochi secondi di silenzio in cui mi sbrigai ad infilarmi i vestiti il più in fretta possibile.

-Che genere di cose pensate di trovare qui?- domandó il padre, colui che fin'ora aveva continuato a controbattere con quello dietro alla porta.

-Non so, anche qualche pietra preziosa o... una preda di caccia particolarmente buona... qualsiasi cosa che alcuni come voi potrebbero nascondere-

-Ripeto. Non nascondiamo nulla-

-Lo vedremo-

La porta del bagno venne spalancata e entrò un uomo dai capelli grigi, quasi completamente rasati, e dagli occhi scuri.

E fu davanti a me, mi osservó da capo a piedi per poi asserire un -Ma che strano bottino abbiamo qui...-

Il suo tono di voce era basso e assomigliava vagamente a quello di un serpente.

Sibilava le "S", aggiungendovi un ghigno che mostrava le mandibole abbastanza appuntite.

Lo guardai alquanto storto, disgustato sia dalla voce che da quei suoi denti irregolari.

Mi si avvicinó e prese a tirarmi il braccio per dirigermi verso il salotto.

Inizialmente opposi resistenza, percependo una voglia innata di staccarmelo di dosso, ma poi mi arresi e lo seguii.

Appena feci la mia entrata nella stanza, vidi Rhy venir spintonata per seguire il mio stesso destino, mentre si dimenava, mollando calci all' aria, sollevata da un uomo che più che un essere umano sembrava un insieme di muscoli.

Aveva la mascella storta, i capelli di un verde scuro, degli occhi piccoli, di un color panna che metteva benissimo i brividi.

Indossava una sorta di armatura composta da pettorale, cintura e una stoffa violacea che gli copriva le gambe, fino a raggiungere la cintura.

Aveva la pancia scoperta, che mostrava senza problemi, siccome ricoperta di muscoli su muscoli.

I due genitori erano immobili, davanti a quella serie di uomini dall' aspetto minaccioso.

-Costui chi sarebbe?- fece l' uomo che aveva parlato fino ad adesso.

Probabilmente il capo.

Mentre fece la domanda, si passó tragicamente la mano tra i capelli rosa.

Gli occhi gialli mi scrutarono, aggiungendo un sogghigno alla sua espressione che poco prima era stata di un disprezzo non descrivibile.

-Lo stiamo curando, nostra figlia lo ha colpito per errore-

Il tipo si avvicinó a me, con passo lento e cadenzato, quasi al rallentatore.

Quando mi fu davanti, sentii le braccia di quello che mi aveva tirato fuori dal bagno legarmisi intorno alla gola, senza però utilizzare la stretta per soffocarmi.

Lo fece per tenermi tirato all' indietro, così che fossi impossibilitato nel muovere anche solo un muscolo.

Il tipo mi sollevó la maglia davanti a tutti, cosa che mi fece ringhiare in silenzio.

"Accidenti" pensai

Vidi le espressioni dei tre accigliarsi di stupore, probabilmente vedendo che sulla mia spalla non c'era più neanche un piccolo segno.

-E ditemi... la ferita dove dovrebbe essere?-

-Su-sulla spalla- balbettó la madre, con la voce leggermente incrinata

L' uomo alzó il sopracciglio -Io non lo vedo...-

Molló giú la maglia e fece un gesto a quello che mi teneva immobilizzato.

Quello ridacchió piano, per poi gettarmi a terra e sedersi sopra di me, facendomi sentire la schiena piegarsi sotto il suo peso che era tale da spezzarmi l' aria che attraversava i miei polmoni.

Non gli diedi la soddisfazione di emettere neanche un gemito, mentre cercavo di riprendere fiato.

-Stacca il tuo gran posteriore dalla mia schiena- sibilai, arrabbiato e innervosito, lanciandogli un occhiataccia che non ammetteva repliche.

-Taci- ribatté quello, facendomi sbattere con la testa contro il pavimento, pressandola con la mano.

"Te la taglieró quella manaccia, bastardo"

-Non dubito che la vostra adorata figlia abbia ferito questo ragazzo, davvero... ma...- L' uomo si diresse verso i due, con un espressione fintamente sorridente - Non credo che le ferite spariscano in poche ore-

Smise di tenere il finto sorriso, per poi mollare un sonoro schiaffo alla madre che si piegó davvero molto sotto il colpo, tanto che quasi toccó terra con la faccia .

Rhy lanciò un grido soffocato, mentre riprendeva a dimenarsi a vuoto nella presa di colui che la teneva ferma.

Il padre invece si avvicinó alla moglie, tirandola lentamente su, senza farle fare movimenti bruschi, preoccupato e allo stesso tempo furioso.

Lo si capiva dall' odio che aleggiava nel suo sguardo.

Appena la madre rialzó la testa, fu ben evidente il segno rosso che le attraversava la guancia, una sorta di sbucciatura, da cui però il liquido vitale non scendeva.

Era solo un segno, che probabilmente sarebbe sparito in meno di due giorni, ma che comunque lasciava un senso di dolore al solo guardarlo.

-Visto? Neanche il segno di uno schiaffo svanisce così rapidamente... quindi... direi che o mi avete mentito, o costui é un praticante di magia oppure ... beh, in questi tempi si vocifera che gli Elementi si siano reincarnati... potrebbe essere uno di loro-

Contrassi la mascella, cercando di non sputare un insulto a quello che mi stava sopra, mentre percepivo il sangue iniziare a scendermi dal labbro.

-Ti do quattro, cinque secondi per dirmi quale tra queste opzioni é la corretta- disse, ad un tratto, girandosi verso di me

Mi fissò, con un interesse che mi infastidiva.

Non risposi, ma piuttosto assottigliai lo sguardo, guardando anche i due genitori e Rhy, per poi tornare a lui.

-Dunque? ...-

-Non ho intenzione di rispondere se questo idiota non stacca il suo culo dalla mia schiena- soffiai, passandomi la mano sul labbro, fermando una goccia di sangue che stava iniziando a correre lungo il mento.

Il rosso mi coloró la mano, lasciandoci una traccia, una riga che sembrava spezzasse in due la pelle, nonostante fosse solo un semplice segno.

-Piccolo moccioso...- urló il tipo sopra di me, minacciosamente .

-Alzati Boyd- disse seccato - Esegui l' ordine-

Boyd sibiló, innervosito, per poi sollevarsi dopo una decina di secondi e infine guardarmi dall' alto in basso.

Mi rialzai, un po' barcollante, facendogli un sorrisetto di sfida, cosa che parve irritarlo parecchio, tanto che chiuse i pugni di scatto.

Voltai la testa verso il capo e continuai a sorridere di sbieco, prendendolo in giro con lo sguardo.

-La risposta é... non te ne deve fregare- dissi, per poi mollare un pugno in faccia a Boyd e scaraventargliene un altro nello stomaco che lo fece piegare in due, mangiando insulti con voce rotta.

Guardai gli uomini attorno a me avvicinarsi, tirando fuori le spade dai foderi.

-Bene, chi é il prossimo?-

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Capitolo 3
*** Capitolo 2- Distruzione ***


Luxor

Uno dei diversi nemici mi si buttó addosso, la spada ben impugnata pronta ad infilzarmi e trapassarmi da un lato all' altro.

Mi avvicinai a lui alla stessa velocità, fermando la spada tra i due palmi delle mani, congelandone la lama, per poi, approfittando dello stupore provocato, distruggerla con una leggera pressione.

Pezzi di ghiaccio iniziarono a cadere verso terra, spaccandosi nuovamente, provocando un tintinnio continuo che sembrava congelare l'aria, già abbastanza sospesa di suo per poter essere definita normale.

Prima che potesse fare qualcosa, gli mollai un calcio dritto in mezzo alle gambe, facendolo contorcere dal dolore con dei ridicoli gemiti che, se avessi potuto distrarmi, mi avrebbero sicuramente trascinato in una risata divertita, cosa che mi trattenni a fatica dal fare, sapendo che non era il momento.

Avrei finito solo per distrarmi e rischiare un attacco andato a buon segno.

Rhy intanto aveva approfittato della distrazione di quello che la stava tenendo ferma per sferrargli un pugno sul naso e infliggergli così, dal rumore raccapricciante che fece, una probabile rottura di esso, correndo poi dai suoi genitori.

Degli altri uomini tentarono di attaccarmi, senza peró raggiungermi, o almeno, senza riuscirci.

No, non ci riuscirono proprio visto che sotto di loro si formó un leggero strato di ghiaccio creato da me che li fece scivolare entrambi a terra, portandoli a mollare le spade che andarono ad incastrarsi nel pavimento con un sonoro schiocco che risuonó tra le pareti tanto da provocare una serie di echi continui e un po' da ansia.

Quattro altri ebbero più o meno la stessa fine, trovandosi in men che non si dica a terra, stesi, svenuti, completamente privi di sensi e gli ultimi due rimasti non riuscirono nemmeno ad alzare i piedi, perché erano attaccati al terreno da uno strato ben poco sottile di ghiaccio, perciò mi avvicinai a loro e lanciai una gomitata dritta sulla loro testa, che li fece svenire ad uno ad uno.

Rimaneva solo il capo del gruppo, che stava lí ad osservarmi immobile.

Sogghignai appena, incrociando le braccia e guardandolo fisso con il mio solito sguardo di sfida.

-Non sei uno stregone e non fai parte dei sei Elementi ... cosa sei allora?-

"Sbagliato, sono il settimo Elemento, caro mio"

Allargai il sorriso, soddisfatto dal suo improvviso cambio di portamento.

-Ti ho già detto... che non te ne deve fregare- ridacchiai divertito, facendo uscire involontariamente quella che avevo trattenuto poco prima, cosa che portó il Capo del gruppo ad indietreggiare di un passo.

Quando smisi di ridere, vidi e lessi l'espressione inorridita dei due genitori di Rhy, ma non ci feci particolarmente caso, riponendo l' attenzione all' uomo che aveva cercato di riprendersi dall' attimo in cui, poco ma sicuro, era indietreggiato per paura.

Scrolló le spalle, assumendo un sorriso mellifluo e finto, così finto che mi faceva venire il voltastomaco.

Per un attimo trattenne il respiro, poi alzó il sopracciglio -Devo ammettere che la tua capacità di congelare qualsiasi cosa si trovi nella tua portata, mi piace, merita la mia attenzione...- inizió, ma non lo lasciai procedere

-Oh, fermo, fermo, fermo... so cosa stai facendo. 
E sappi che con me non attacca, davvero- sbottai, innervosito- Già una persona ha tentato di utilizzare il mio potere per il proprio volere e non é durata, affatto.
É durato un po', ma... non abbastanza per concludere i propri scopi, quindi ti consiglio vivamente di andartene da qui, altrimenti non ci sarà parte del tuo corpo che abbia ancora la sua normalità, sul serio, smamma che é meglio.
E non farti assolutamente più rivedere- feci un gesto con la mano, incitandogli di andarsene, assumendo nuovamente un espressione beffarda -E porta via i tuoi compagni-.

L' uomo smise di fingere di sorridere e mi parve come un gatto indispettito, che aveva cercato di fare le fusa per ingannare e che, venendo respinto, stava leccandosi il pelo, pronto a soffiare e graffiare pericolosamente l' avversario che l' aveva rifiutato, ovvero... me.

Rosso di furore e probabilmente troppo codardo per fare altro, scosse il capo, lanciando un occhiata disgustata agli stessi componenti della propria squadra e inizió a camminare, velocizzando il passo a ogni secondo che passava, quasi lo stessero prendendo a calci o avesse la coda tra le gambe.

Uscí dalla casa quasi di corsa, umiliato, ma prima che mettesse piede fuori casa, lo sentii borbottare un -Non la farai franca la prossima volta che ci vedremo-

Alzai il sopracciglio, ridacchiando ancora, mentre tra me e me la soddisfazione cresceva fino a diventare un ovvietà.

Tutti quelli che dicevano cose simili, perdevano comunque, la vendetta non andava quasi mai completamente a buon fine.

E se ci andava, se era qualcosa che ti aveva distrutto, ti rodeva l' anima.

O almeno, così capitava alle poche persone che non erano abbastanza forti o decisamente in grado di reggere.

Ero soddisfatto di me stesso, anche da solo potevo cavarmela, avrei preso tutto quello che necessitavo o desideravo.

Anche le vite altrui.

Anche la sua vita, non mi importava più di nulla di lui, gliel'avrei fatta pagare, avrebbe spezzato il nostro accordo e io ne avrei approfittato, uccidendolo.

Un ghigno leggero mi attraversó le labbra, che scomparve poco dopo, quando tirai un sospiro di sollievo e iniziai a prendere i nemici e a accatastarli alla parete, appoggiandoli uno sull' altro con ben poca grazia e se uno di loro brontolava, segno che stava riprendendo i sensi, si beccava un bel calcio in faccia, che lo faceva immediatamente ri-perdere i sensi.

Fatto ciò, tornai dove ero prima, per poi guardare i tizi sdraiati e svenuti e dire un semplice: -Tutti vostri- in direzione di quelli che mi avevano brevemente accolto, o più che altro, quelli che mi avevano salvato la vita.

Aspettai tre secondi prima di girarmi e vedere l' espressione scioccata di Rhy.

I suoi genitori invece sembravano essersi improvvisamente congelati.

Tacemmo brevemente, guardandoci, io spostai lo sguardo ad uno ad uno, sapendo cosa probabilmente pensavano.

-Penso che sia meglio che tu parta, subito- soffió il padre, serio, con un espressione illeggibile

"Ecco, appunto" asserí una voce nella mia testa, mentre continuavo a rimanere in silenzio, cercando di non finire a fissare il pavimento.

Mi costrinsi a mandare giù la saliva e evitai di mordermi il labbro, serrando la mascella

-Proprio così- continuó invece la madre, mentre rizzava meglio la schiena e le spalle -Prendi un animale a scelta, quello che vuoi, ma vattene al più presto-

Annuii semplicemente, capendo che il loro improvviso cambio di atteggiamenti era motivato dalla paura di ciò che riuscivo a fare, cosa che sapevo già dentro di me, in un certo senso.

Tutti avevano paura di ciò che non ci si riusciva a spiegare.

O almeno, tutti tranne pochi.

-E ... io...- Rhy fece un passo verso di me ma venne interrotta dalla voce autoritaria del padre

-No. Tu resti qui-

-Ma prima avevi detto...-

-Era infatti "prima", nessuna discussione-

-Ma... perché?!- sbottó lei, esasperata, dando una manata leggera alla sedia

Uscii dalla casa, talmente tanto velocemente che in un attimo fui fuori.

Non volevo ascoltare altre parole da loro, volevo solo andarmene, così da poter raggiungere finalmente il mio creatore e concludere il gioco che io stesso avevo messo in atto.

Mi guardai appena attorno, notando la stalla immediatamente.

L' odore di animale era decisamente molto accentuato e asfissiante, perciò mi sbrigai nel cercare la bestiola che mi sembrava più adatta.

Osservai tutte le bestiole disponibili ma ce ne fu solo uno che mi colpí.

Era uno stallone bianco a chiazze grigie, dal muso mediamente sottile, i suoi occhi erano scuri e rotondi, le ciglia poco evidenti glieli contornavano, rendendoli stranamente dolci.

Aveva delle linee pure e ben modellate, zampe lunghe, snelle e con i muscoli evidenti sotto lo strato di pelo ben pulito, liscio e lucido e con un torso affusolato che si muoveva appena con i respiri dello stallone.

Il suo collo, flessibile ed elegante, era inarcato, mostrandone la criniera argento che già a vista sembrava morbida.

Era abbastanza robusto e dall' aspetto appariva anche resistente e agile, perfetto per lunghe cavalcate estenuanti.

Sulle sue briglie appariva una targhetta piccola e luccicante, su cui era inciso a caratteri cubitali un nome: Abdon.

Mi ci avvicinai e lo accarezzai con una mano, al cui contatto il cavallo non si ritiró, percependone la setositá del mantello che si dimostrava tale a come la immaginavi al solo vederlo.

Afferrai l' attrezzatura adatta per cavalcarlo e abbastanza rapidamente gliela infilai, vedendo il cavallo piuttosto arrendevole sotto i miei movimenti, mentre allacciavo cinghie e gli circondavo il muso, le zampe e la schiena.

Lo accarezzai un ennesima volta prima di aprire il cancello e trascinarlo fuori da esso, per poi salirvi in groppa cautamente.

Aspettai qualche secondo, poi, dando un leggero colpetto al suo fianco, lo lanciai al galoppo, prima in modo lento, poi più veloce.

Il mio corpo seguiva i movimenti del cavallo alla perfezione e intanto il mondo correva, scivolando via insieme ai secondi che si susseguivano insieme al paesaggio erboso che veniva attraversato da aria fresca.

Il cavallo correva ad una velocità assolutamente eccezionale, così rapidamente che dovevo concentrarmi per vedere il movimento delle sue lunghe zampe.

Il cielo era coperto da nuvole a nembostrati, dalle quali, quasi unite come degli scudi, fuoriuscivano minuscoli raggi di luce che illuminavano scarse porzioni di terreno.

L'erba verde smeraldo si agitava per via di una leggera corrente che la scuoteva, facendo cantare le canne, sparse qua e lá.

Cavalcai a ritmo continuo fino a che non sentii improvvisamente una strana sensazione attanagliarmi lo stomaco.

Mi morsi il labbro, sentendomi osservato, o più che altro, seguito.

Mi voltai appena, solo per lanciare un occhiata veloce a chi mi stesse seguendo.

Qualcuno, avvolto il una mantella blu con cappuccio calato, su un Sauro color zenzero, un probabile Purosangue.

Lo avevo già visto e sapevo perfettamente anche dove.

Non rallentai, ma piuttosto ordinai al cavallo di correre ancora più rapido.

Era vero, sapevo che chi cavalcava non era una minaccia, ma poteva tranquillamente tornarsene a casa, dove doveva stare.

Cavalcai, sentendo l' aria scorrermi fluida nel corpo.

Socchiusi gli occhi, percependola tiepida e gustandola.

Più tenevo gli occhi chiusi, e più si raffreddava.

E più si raffreddava più sentivo i miei poteri salire, li sentivo che mi scorrevano addosso come una cascata.

Una cascata di neve.

Un umano probabilmente ci sarebbe morto.

E non solo, forse anche qualcun'altro.

Sogghignai, riaprendo gli occhi e voltando la testa appena all' indietro.

Era ancora lí!

Lei era ancora lí.

"Ma perché?! Perché non mi lascia in pace! "

E non solo non lo faceva, anzi! Mi stava raggiungendo con il suo cavallo, continuando a dargli calcetti per galoppare ancora più rapido.

Trattenni uno sbuffo arrabbiato mentre incitavo Abdon a fare lo stesso.

Dovevo distanziarla.

Non volevo però usare il Ghiaccio, avrei potuto non passare inosservato agli occhi altrui, sempre pronti a ficcanasare in vicende che non dovevano interessare loro.

-Yah ! Yah!- lo incitai ancora

Il cavalcare della bestiola era diventato forsennato e irregolare, il cavallo zig-zagava da destra a sinistra, sbuffando e respirando malamente, probabilmente con i polmoni che gli andavano a fuoco.

Eppure colei che era dietro di me, di noi, sembrava comunque in grado di restarci col fiato sul collo e inseguirci per ore e ore su lunghe distanze.

Era inutile, determinata com'era, provarla a distanziare non sarebbe bastato.

Sospirando amaramente, feci diminuire la velocità di corsa al cavallo, fino a fermarlo.

E con il mio, si fermò anche l'altro.

-Finalmente! Stavi scappando, eh? Non mi volevi tra i piedi- constató

-Finalmente ci sei arrivata- sbottai, guardandola male mentre si tirava giù il cappuccio, mostrando i suoi capelli neri olivastri, che le erano sparsi disordinatamente sulla faccia, i quali vennero ordinati con pochi gesti della mano-Rhy, dovevi startene a casa, dai tuoi genitori- obbiettai

-Mi dispiace Dan, ma non ho intenzione di farlo- disse seria, lo sguardo color oro che mostrava solo determinazione e testardaggine

La guardai, reprimendo la voglia di correggere il mio finto nome.

Non ero affatto abituato ad esso, ma ero più che deciso a tenermelo stretto.

Il mio nome avrebbe potuto capitare alle orecchie di qualcuno che magari mi conosceva quando ero con lui.

Soprattutto perché il mio nome non era uno di quelli più diffusi, anzi, raramente i bambini ricevevano "Luxor" come nome.

Forse in parte perché era abbastanza antico, forse perché la dinastia che il mio nome si portava a dietro era pieno di brutte fini.

Neanche cinquecento o seicento anni fa, Luxor il Grande, chiamato così per le sue fortune di guerra, era stato ucciso, tagliandogli la testa con un falcetto, per poi impalarla e utilizzarla in un campo di grano.

La sua faccia gli era stata strappata e data in pasto ai corvi, e il resto del suo corpo bruciato.

Era stata una stirpe a loro nemica, quella dei Robin, finti nobili collezionisti di specie di uccelli rari, compagni dei Falchi Azzurri.

-Come vuoi.- sbottai spazientito, capendo che tentare di ribattere sarebbe stato del tutto inutile, inutile come cercare di cavalcare più rapido di lei, facendo solo perdere forze al cavallo - Ma sappi che non faró mai niente per te, quando ho steso quei barbari, l'ho fatto per me e basta. - feci una breve pausa, assistendo alla sua espressione corrucciata - Io non alzeró un dito se non per dare ordini. 
Caccerai tu e farai tutto quello che ti ordino-

Non disse niente, ma annuí, rizzando la schiena e girandosi tra le mani le redini del cavallo in cui era in groppa con aria tanto sicura.

-Bene, da adesso andremo a galoppo medio fino all' uscita della spiaggia , oltre quella andremo a piedi, il più silenziosamente possibile e ci riposeremo solo quando lo dirò io-

Continuó a tacere contro le mie previsioni, mi sarei immaginato che brontolasse, che mi dicesse su o che sbuffasse, tralasciando almeno un po' di frustrazione che avrei potuto usare contro di lei.

Ma a quanto pareva o era più brava a nasconderlo o era la tipica figlia ubbidiente.

Anche se alla seconda ci credevo poco.

Misi in moto il cavallo, preparandolo al galoppo.

Esso rispose scrollando vivacemente la criniera con allegro nitrito, per poi eseguire la richiesta.

Abdon, avendo ripreso le forze, sembrava pronto a marciare ancora più a lungo.

Era strano che quel cavallo fosse così affabile nei miei confronti.

Nessuno lo era mai stato prima d'ora, nessuno.

E non capivo Rhy.

In effetti, c'erano fin troppe cose che non capivo, cose che davo per scontate.

Scrollai il capo, avevo passato tutti i miei anni tra gli Spettri credendo di sapere tutto, esternando le mie emozioni.

Già, ogni emozione tranne le negative.

E mi andava bene.

Ma questo mi portava a essere tentennante verso quelle positive, sia mie che altrui.

Non le capivo.

Ma non aveva importanza.

Non adesso almeno, un tempo lo aveva avuto, quando avevo solo cinque anni.

E me lo ricordavo quasi fosse una cicatrice sulla pelle.

/////////////////

Girovagando tra i sotterranei della città di Brooks, uno dei tanti covi, alla ricerca dell' uscita, quasi inciampai, trattenendo una smorfia innervosita, non tanto per il dolore ma piuttosto per il rumore che feci che si diffuse con un eco ripetuto e soffuso e che di certo non sarebbe passato inosservato.

Ma nonostante questo, mi rialzai velocemente e trovai la maniglia, fregandomene dei guai in cui sarei potuto cacciarmi, uscendo con un sospiro in parte rassegnato e in parte felice.

Già da piccolo non ero stato minimamente fatto per le regole, anzi, il mio spirito ribelle non si era mai placato.

La luce mi pizzicò gli occhi, accecandoli quasi completamente quando fui davvero fuori.

Assistetti, meravigliato, al mondo che mi circondava, quel mondo che non avevo mai visto con i miei occhi e che mi sembrava così incredibile e speciale da togliermi il fiato.

Il rumore dell' acqua giunse immediatamente alle mie orecchie con un che di inizialmente sospetto, forse proprio per il mio essere 'nuovo' in quella situazione.

Era strano, molto strano.

Nel breve tempo da cui ero nato, ero sempre stato sottoterra, in compagnia di Lui o di altri esseri tra cui Spettri, Spiriti e Demoni, che peró mi giravano alla larga e non mi toccavano neppure con un dito solo perché colui con cui ero cresciuto gliene aveva impedito anche solo il minimo tentativo... forse perché ero stato giudicato la loro arma.

Camminai nel bosco, osservando ogni particolare di quello che avevo attorno .

Solo una parola aleggiava nella mia mente... una parola con cui riassumevo ogni cosa

"Stupendo"

Perché sí, tutto quello che vedevo mi faceva brillare gli occhi, ogni albero, ogni nuvola, ogni ramo che scricchiolava sotto le scarpe emettendo dei soffocati e lunghi schiocchi secchi simili a quelli che facevano quando accendevo un fuoco per riscaldarmi il cibo.

Io ero l' unico ad averne bisogno, gli altri esseri non mangiavano, tutti tranne, ancora ed ovviamente, Lui.

Non riuscivo a capirlo sinceramente, non capivo se avesse veramente bisogno di mangiare o lo facesse per il semplice gusto di deliziarsi con la caccia, assaporandone i frutti.

Camminando a ritmo spedito, raggiunsi la città di Brooks.

Era affollatissimarumorosa e piuttosto gioiosa, forse più di quanto mi sarei aspettato.

In fondo, per uno che aveva vissuto nel terriccio e nelle gallerie sudice, una città doveva sembrare un paradiso terrestre.

Un posto dove uomini e donne procedevano per la loro strada, incrociando sconosciuti o amici, diventando amici degli sconosciuti, dove bambini andavano a fare le proprie attività sciocchine, fregando con occhi da cerbiatto qualche mela al primo fruttivendolo di buon cuore.

Mi guardai attorno, estasiato, probabilmente con la bocca spalancata dalla sorpresa e dallo stupore che continuavano ad assalirmi.

Non avevo mai immaginato cose simili quando, ogni tanto, strappavo piccole informazioni dalle bocche degli Spettri e degli Spiriti prima o dopo gli allenamenti con Lui, non lo avevo mai creduto un posto simile, con tale energia.

Ma le idee positive, a quanto pareva, non erano destinate ad essere durature, non in me, non nel riguardo del mondo umano in cui avevo appena scoperto di vivere.

Avanzai ancora, continuando a spostare lo sguardo da un edificio all' altro, un po' spaesato, non essendo capace di orientarmi per nulla, camminando da una parte all'altra, un po' a zig zag, cercando di seguire con lo sguardo gli adulti che sparivano dietro di me, ma soprattutto i bambini della mia età, a cui avrei voluto unirmi, imparare le loro attività e... come si diceva?

I demoni lo sussurravano sempre con disgusto quando chiedevo loro dei ragazzini della mia età, ma loro dicevano tutto più o meno con tono schifato, quindi non era un problema.

Giocare.

Ecco cosa volevo fare.

Volevo imparare a giocare, ad essere un bambino normale tra gente normale, anche se non lo ero.

E mentre mi fermavo a fissare dei ragazzini che tenevano in mano una palla, un uomo mi venne addosso, o più che altro, ci andammo addosso tra di noi.

Caddi a terra e egli si fermó a guardarmi insieme ad una donna vicino a lui che gli si attaccó al braccio, guardandomi obliqua.

-Guarda dove vai, pezzente... spazzatura! - sputó, proprio mentre stavo per scusarmi, pestandomi la mano con il tacco della scarpa laccata, strappandomi un gemito di dolore.

Tutti le persone si erano immobilizzate a guardarci, ma dopo qualche istante, ripresero a chiacchierare tra loro, allontanandosi.

Non uno, ma dico uno, venne a difendermi.

Non un bambino, non una madre, non un padre.

A nessuno importava.

La cattiveria della gente mi ferí la mente e mi fece realizzare che la bolla di perfezione che mi ero costruito nell' osservare ciò che avevo attorno, era piena zeppa di crepe.

Inizialmente non feci nulla, sentendo una sensazione orribile attanagliarmi lo stomaco.

Era qualcosa di più del dolore.

Era come se avessero spezzato l'unica certezza che avevo.

L'uomo mi guardó ancora, per poi spostare il piede e sputarmi addosso, sistemandosi la cravatta, con la donna affianco che si lasciava prendere da una risata.

E mentre si allontanava da me, mi sentivo completamente a pezzi.

Non dissi niente, mi alzai, pulendomi i pantaloni grigi un po' logori.

Avanzai di nuovo, cercando di trovare un posto appartato per sfogare quelle emozioni che mi albergavano dentro, riempendomi fino all' orlo.

Raggiunsi un parco con un pinco-panco, un altalena e qualche panchina.

Mi sedetti su una di quelle e piansi lacrime silenziose, che mi costrinsi ad asciugare immediatamente.

Lui non voleva che piangessi, diceva che le lacrime erano da inutili creature viziate.

Mi morsi il labbro e tirai fuori qualche pezzo di pane dalle tasche che avevo tenuto da due giorni per quella che per me sarebbe stata una "meravigliosa" uscita alla scoperta del mondo.

Tirai fuori uno dei due panini dal fazzoletto, prima di udire delle voci di dei bambini.

Una era sull'altalena, dai capelli azzurri e con i piedi nudi all' aria che rideva ed era parecchio vicina a me.

Si dondolava, salendo e scendendo, con le sue risate che le sfuggivano dalle labbra quando saliva, fissando il cielo con nuvole a sprazzi.

Gli altri erano quattro bambini dall' aria ben poco simpatica, molto più lontani, ma che arrivavano lentamente nel parco.

Non potei fare altro che cercare di non fissarli troppo, ma era impresa ben ardua visto che si avvicinavano a me, come se la panchina dove ero seduto fosse l'unica libera.

Sembravano ben poco affidabili per il semplice motivo che ghignavano, ridacchiavano e si lasciavano gomitate nei fianchi, come per incitarsi tra di loro.

Spalancai gli occhi e trattenni il respiro, trovandomeli davanti.

-Questa é la nostra panchina- disse uno dei quattro, sogghignando ancora

-E ora, scricciolo, o ti levi di torno, o ci dai i tuoi panini e tutti i soldi che hai-

Li guardai , aggrottando la fronte, inghiottendo la saliva e cercando di mostrarmi tranquillo.

-N-no- balbettai, prendendo una boccata d'aria e espirandola

-No?- disse un altro dei quattro, per poi fare un ennesimo passo verso di me, guardandosi momentaneamente le mani, per poi scaraventarla sulle mie gambe e buttare a terra il panino e infine pestarlo.

Iniziai a respirare più frequentemente e spostai lo sguardo sulla bambina dai capelli azzurri sull' altalena, ci fissava, immobile, a bocca spalancata.

La pregai con lo sguardo ma lei non si mosse ancora, anzi, nonostante all' inizio paresse aver voluto provare ad avvicinarsi, scese dall' altalena e indietreggió di qualche passo, per poi correre via in tutta fretta.

Ogni mia speranza era andata in fumo.

Spostai perciò nuovamente lo sguardo sui quattro bambini sorridenti, certo, sorridenti in maliziosa cattiveria.

Mi buttarono a terra, cominciando a frugarmi nelle tasche, prendendo tutto quello che trovavano allettante, iniziando poi a calciarmi, a picchiarmi mollandomi pugni e schiaffi mentre mi dimenavo inutilmente, contando che in uno scontro ad uno contro quattro non c'era speranza che io vincessi.

Non ero abbastanza forte.

Soffocai le lacrime, pentendomi pienamente della scelta fatta, sentendomi talmente male che a malapena respiravo.

Tutto il dolore però, dopo quei lunghi istanti che passavano con una lentezza tale da parere infiniti ed interminabili, neanche il tempo si fosse cristallizzato di colpo in quella scena, mutó in rabbia furiosa e disumana, rabbia che non avevo mai sentito prima, che non avevo mai provato.

Mi avevano sempre incitato ad odiare tutto e tutti, ma prima di quel momento non avevo mai afferrato il concetto.

Ma in quel momento... odiavo gli umani.

Li odiavo con tutto me stesso, meritavano di morire tutti! Tutti, nessuno escluso.

Meritavano di soffrire, mentre assistevano agli ultimi istanti della loro vita, ricordando tutte le scene, ma soprattutto tutte le cose sbagliate che avevano compiuto nella loro esistenza, tra cui lo stesso vivere.

Erano nati e questo era già un peccato.

Io li avrei distrutti.

Io sarei stato la causa della loro scomparsa dalla faccia della terra.

Io li avrei fatti estinguere, come un tempo il Ghiaccio aveva portato la morte di molti altri esseri indegni, facendoli cadere, uno dopo l'altro, godendo del dolore che avrebbero provato, ridendo alle loro spalle fino a che tutto non sarebbe completamente ed inesorabilmente sparito nel nulla più totale.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3- Attacco ***


Luxor

Scrollai il capo un ennesima volta, cacciando il resto dei ricordi, innervosito.

Dopo quello che era accaduto ero tornato di corsa da Lui , cercando sempre di eliminare i rimasugli delle lacrime che, nonostante tutto l' odio che provavo, non volevano smettere di scendere.

Avevo sofferto molto, troppo, ogni cosa che mi ero immaginato era andata in fumo, tutte le mie speranze di trovare persone dolci, gentili, disposte a parlarmi di tutti i posti che avevano visitato o anche solo delle loro disavventure era sparita come un fiocco di neve in una tempesta.

Mi ero vergognato moltissimo dopo aver mostrato gli occhi lucidi a Lui.

Mi aveva rimproverato a lungo, ma non mi aveva punito, dicendomi che aveva notato un cambiamento in me, una potenza nuova.

Era l' odio.

L' odio era il mio potere più grande, scatenava l' Elemento in me già scalpitante, lo faceva uscire completamente.

Lui mi aveva portato con sé ad una grotta e mi aveva fatto testare la mia potenza su di essa.

L'avevo completamente congelata dentro, avvolgendone le pareti con uno strato ben poco sottile.

Non ero mai riuscito prima di quell'istante a padroneggiarlo in tal modo, non ero mai riuscito a congelare un oggetto e quel giorno avevo tranquillamente ghiacciato tutta una grotta!

Mi ero sentito forte, avevo immaginato di poter congelare quei ragazzi e di poterli distruggere in mille pezzi.

E, dopo averli cercati, a dodici anni, l'avevo fatto davvero.

Li avevo trovati sempre nello stesso posto, seduti su quella maledetta panchina, che bevevano strane sostanze rosso scuro da delle bottigliette di plastica trasparente.

Mi ci ero avvicinato, dicendo loro la stessa frase che avevano detto a me.

Mi avevano guardato, prima ridacchiando.

-Chi ti credi di essere, mammoletta- aveva fatto uno dei quattro, con sempre un sorrisetto malizioso stampato in faccia.

A quel punto avevo sorriso io, gli avevo appoggiato la mano sulla gamba e l' avevo stritolata, facendolo gemere di dolore, mentre i sorrisetti dei quattro venivano completamente cancellati dalla paura.

Tre di loro, quelli che non stavano ricevendo il trattamento alla gamba, si alzarono dalla sedia, sobbalzando, quando videro che il quarto si stava tramutando in Ghiaccio.

Avevano tentato di scappare, ma non ci erano riusciti.

Li avevo uccisi, tutti e quattro, dal primo all' ultimo.

E la gioia mi aveva avvolto, mi aveva beato della sua intensità animalesca.

Mi ricordavo perfettamente le loro urla, mentre i rimanenti mi pregavano, mi supplicavano , di non ucciderli.

Quando li avevo eliminati, mi avevano ricordato le mie, quando urlavo loro di smetterla di prendermi a calci e di picchiarmi e mi avevano aggiunto altro odio a quello che già provavo e tutt'ora non riuscivo a cancellarle dalla testa.

Avevo fatto lo stesso con i signori che mi avevano definito una "spazzatura" .

La ragazza invece , quella dai capelli azzurri, non l'avevo cercata, non ne era valsa la pena.

Era stata una codarda, nulla di più e doveva solo ricordarlo a sé stessa.

Osservai la spaggia di Synchrome, la sabbia dorata si muoveva sotto l'andatura di Abdon, schizzando, spostandosi, finendo perfino nell' acqua.

I granelli slittavano, mischiandosi tra loro ad ogni passo del cavallo.

La mattinata, il pomeriggio... scivolarono via lentamente, nel silenzio più totale.

Ogni tanto sentivo lo sguardo di Rhy fissarmisi sulle spalle, che cercava di scrutarmi, osservandomi, credendo di non essere beccata.

Non facevo nulla per impedirglielo nonostante un po' mi infastidisse, soprattutto perché non avrebbe avuto senso come ordine.

Nervosamente, mi girai appena verso di lei -Acceleriamo- dissi, facendo una breve pausa -Facciamoli correre un po', così raggiungiamo prima la fine della spiaggia-

-D'accordo- asserí lei -Poi arriviamo a Rhenn o giriamo direttamente verso Est per raggiungere la tua destinazione il prima possibile?-

-Giriamo, non ho intenzione di perdere troppo tempo- le dissi, per poi dare un leggero colpetto al cavallo con il piede e farlo partire al galoppo.

Cavalcando a miglior ritmo, sempre e comunque zitti, quasi stessimo ad ascoltare il rumore del mare che andava contro gli scogli, provocando un leggero rumore di scontro che sembrava un sottofondo perfetto e rilassante per una mente che desiderava pace o tranquillità.

L'odore di mare mi affondava tra le narici, con quel suo tocco salato, un po' acido e allo stesso tempo dolce, quasi stesse a descrivere gli abitanti che vi abitavano dentro.

Non sapevo definire se mi piacesse o no, aveva un che di organico, di finto e falso ma contemporaneamente accomodante e vivo.

La spiaggia, in lontananza, sembrava interrompersi brevemente, sostituita da uno spiazzo piccolo e da un enorme arena.

Non volli fermarmi ad osservarla, neanche brevemente.

-Come mai c'è un arena nel centro di una spiaggia?- chiese Rhy, con aria confusa

-Non lo so, ma penso che ce l'abbiano costruita per combattimenti uomo contro uomo -

-Ma... nelle arene di solito gli uomini sono contro ai leoni o altre bestie simili-

-Beh, non sempre-

-Mmmmh...- lei aggrottó la fronte e guardó l'arena con non poca perplessità.

Sospettai che volesse darci un occhiata, era più che ovvio, si notava che fremeva per poterla osservare.

Ma io comunque rimasi della mia intenzione.

Non saremmo entrati lí, non l' avremmo proprio fatto.

Feci accelerare ancora il cavallo e -nonostante lo sguardo deluso che ella fece-, mi seguí.

Ritrovammo la spiaggia ad aspettarci e riprendemmo la cavalcata.

-Dan...- fece, prima a voce bassa, per poi ripeterlo a tono più alto

-Che cosa c'è?-

-Non é il tuo vero nome, vero?- disse, fissandomi con uno sguardo intenso che riuscí a mettermi soggezione

-Perché lo credi?- asserii, guardandola, scrutando i suoi occhi oro.

-Non credo, lo so, me lo sento dentro- sorrise dolcemente, con un aria di tranquillità e rassicurazione.

Aprii la bocca e poi la richiusi, girando la testa.

-Beh, anche se fosse così, non te lo direi se non in punto di morte- sbottai

La udii ridere.

-Perché ridi ?- esclamai, offeso, voltando il capo una seconda volta, ma stavolta verso di lei.

Rideva davvero, l'espressione serena, le guance che rilasciavano un alone di arrossatura.

Imbarazzata, divertita : queste erano le uniche due parole che mi venivano in mente a vederla così.

Ma anche qualcos'altro, che non sapevo bene tradurre.

Cercai di capirlo, scrutandola meticolosamente, ma proprio non avevo la più pallida idea di cosa fosse o cosa significasse quella risata in un momento così inopportuno.

-Rido perché... no, non importa- sorrise, mordendosi il labbro -Va bene così, ti chiameró Dan, anche se so che non é il tuo vero nome-

-Mph...- la guardai brevemente e storto, prima di fissare di nuovo difronte a me.

La spiaggia sembrava infinita mentre cavalcavamo, ma non volevo perdermi d'animo.

L'avrei percorsa tutta, anche se avrei dovuto dormire di giorno.

Non volevo rischiare intoppi, sarebbe stato troppo pericoloso, troppo rischioso.

Dovevo assolutamente tenere duro, reggere fino alla conclusione della spiaggia di Synchrome.

Presi un grosso respiro e, ancora più deciso, feci accelerare ancora il cavallo.

Eravamo già velocissimi, ma più di tanto non mi importava, dovevamo riuscire.

Sfrecciavamo nella sabbia,facendo accumulare la polvere nell' aria, scaturita dall' innalzamento degli zoccoli degli animali dal terreno.

-Non mi fai nessuna domanda, tu?- chiese ancora lei, inclinando il capo

-Che domande dovrei farti, scusa?-

-Non so... una del tipo 'perché hai deciso di seguirmi' o 'perché i tuoi all' inizio volevano che tu venissi'?-

-Sinceramente, non mi interessa né una né l'altra cosa, ma visto che smanii per dirlo, fai pure-

-Non smanio per dirlo...- ribattè, aggrottando la fronte.

-Sí... certo... parla pure, ti ascolto-

Per un istante mise il broncio, ma poi, quando le feci cenno di iniziare con la mano, prese a parlare.

-Beh, la risposta della prima é facile... ho sempre desiderato poter vedere il mondo, esplorarlo, diventare davvero parte di esso, non essere un semplice puntino che ci ha vissuto in mezzo e non ha mai avuto la giusta conoscenza su cosa la circonda- prese un lungo respiro -Ci sono vite da scoprire, la realtà é quella che incontri, non ciò che ti raccontano e l'esterno é una meraviglia che puoi condividere, ma che non può essere tuo fin in fondo- le brillarono gli occhi, cosa che dimostró in maniera fin troppo plateale quanto credesse in tale concetto.

-Io non sono affatto d'accordo- borbottai, seccato -Ti fai troppe fantasie-

-No, non sono fantasie- scosse leggermente il capo, sorridendomi ancora -Tu devi aver visto molto del mondo- fece, fissandomi con l'oro liquido dei suoi occhi, ammirati, brillanti, che per un attimo mi sembrarono eterei, quasi di un altro mondo.

Mi fece salire un brivido sulla pelle quando mi resi conto che il suo parere pareva coincidere con il mio da bambino.

-Ne ho visto un po', ma non posso definirmi totalmente un esperto- risposi frettolosamente

-Ma tu stai viaggiando... quindi anche tu vuoi vederlo, come me-

-Non é deltutto così- mi interruppi -Non stavamo parlando di te e delle domande di cui volevi che ti chiedessi?-

-Uh... ehm...- lei guardó in basso - Già. La seconda é complicata... direi. Loro volevano che me ne andassi prima che i banditi provassero a chiedermi in sposa o peggio... e questo... purtroppo stava per accadere... e sarebbe successo se tu non ci avessi aiutati-

-Come ho già detto,  non l'ho fatto per carità ma...-

-Non mi importa, non mi importa il motivo che ti abbia spinto a fare quello che hai fatto con i barbari... ma non posso non ringraziarti-

-Non ringraziarmi... piuttosto... come mai, tu, al contrario dei tuoi genitori,  non hai paura di me?-

Lei mi guardó, sorpresa dalla domanda che, al contrario delle precedenti che lei stessa aveva formulato, non si aspettava.

-Perché dovrei averne? A me sembra che il tuo potere sia meraviglioso- sorrise ancora e sentii il mio cuore perdermi un battito a tale frase, mentre sentivo uno strano calore nel petto.

Un calore che respinsi subito, giudicandolo inquietante.

-Io non ne sarei così sicuro- asserii, spostando lo sguardo.

-Solo perché non lo guardi dal lato positivo- Rhy sorrise di nuovo e entrambi rimanemmo in silenzio.

Io per l'improvvisa ansia, lei per altri strani motivi che non ero capace di decifrare.

Era calata la sera ormai, l'ambiente notturno iniziava a prendere il posto di quello pomeridiano.

Il cielo si stava scurendo, il sole iniziava a scendere e la luna era già in parte evidente, anche se non abbastanza per vederla brillare per davvero.

Sentivo il mio cuore battere, quasi sfrenato e, più procedevamo e più sentivo le palpebre abbassarsi.

Ero stanco, le mie gambe irrigidite e la mia testa mi girava.

Se avessi cavalcato ancora, ci sarebbe stata la possibilità che sarei caduto dal cavallo.

La mia ostinazione lottava contro i miei bisogni fisici, perché nonostante stessi letteralmente crollando, non volevo dovermi fermare.

Non seppi decidermi fino a che non rischiai davvero di addormentarmi a cavallo.

-Scendiamo- sussurrai -Fermiamoci qui-

-Ne sei sicuro?- chiese Rhy, la voce impastata di sonno e l'aria assonnata

-Sí-

Scesi da cavallo, attento a non cadere.

-Sono abbastanza obbedienti da stare fermi anche se non legati?-

-Ahá... non si muoveranno-

Annuii appena, sdraiandomi sulla sabbia, per poi chiudere gli occhi e addormentarmi profondamente.

-Non farlo- disse una voce nella mia mente, mentre mi sembrava di star camminando in una totale oscurità, avanzando in una strada che non portava da nessuna parte.

Era la stessa voce, quella che si era messa ad urlare nella mia testa dopo essere uscita dalla casa di Lui .

-Perché? Cosa sto facendo di male? Sto solo prendendo la mia vendetta sul mondo!- gridai alla voce, continuando a guardarmi attorno, cercando colei a cui proveniva.

-Non farlo ! Non portarmelo via!- continuó la voce, tremando brevemente prima di abbandonarsi ad un singhiozzo soffocato.

-Chi?! Chi non devo portarti via? Dimmelo e facciamola finita!- sbottai, tra il frustrato e l'angosciato.

Non ne potevo più, volevo risposte, volevo che mi dicesse chi e perché non voleva che glielo portassi via.

Ma niente, adesso vi era silenzio, ma non del tutto, vi si aggiungeva anche un leggero cigolare, come di ruote.

Ed ecco, di nuovo quelle urla strazianti, che riuscivano a colpirmi dentro come non aveva mai fatto nulla.

Avrei voluto piangere, urlare a mia volta, implorarla di smetterla, avere spiegazioni...

Tutto pur di fermare quelle grida che, ogni volta che le udivo, sembravano consumarmi dentro, come una fiamma in una stanza senza più ossigeno.

Mi contorsi, piegando la testa, scuotendomi, mentre un intenso bruciore iniziava a farsi vivo in un punto della nuca.

Desideravo che tutto quello che mi stava accadendo, la smettesse.

Faceva male, troppo, troppa intensità, troppo dolore concentrato in un unico punto.

Lacrime iniziarono a scendermi sulle guance, tracciando percorsi simili a rami d'albero.

-Basta...- la pregai, con voce soffocata, per poi prendere un respiro profondo.

-Basta!- urlai, tanto che la mia voce rimbalzó tra pareti invisibili, o più che altro, tra specchi.

Già, perché erano comparsi improvvisamente sette specchi in quel buio così intenso e oscuro.

La donna smise di gridare, permettendomi di riprendere un battito cardiaco più naturale e un respiro meno affrettato.

Sei di quelli erano interi, uno aveva invece delle crepe.

Mi avvicinai ad esso, tremante, appoggiandovi la mano, quasi indeciso sul farlo o no.

Era ruvido e potevo sentire l'incostanza che divideva i pezzi.

Mi sembrava davvero di poterlo toccare.

"Ma questo é solo un sogno"mi dissi, aggrottando la fronte, sentendo il pulsare del mio cuore anche nelle mani.

Un improvviso sapore metallico inizió a farsi vivo nel mio palato.

Era... sangue?

Perché avevo il sapore del sangue in bocca?

Mi spostai dallo specchio rotto e mi trovai di fronte a uno perfetto, non vi era nemmeno un singolo segno di rottura o un minuscolo graffio.

Fissai la mia immagine riflessa a lungo.

Ero sfocato, ma potevo vedere con chiarezza il rivolo di sangue che mi scendeva dal labbro.

E soprattutto potevo vedere il pezzo di vetro incastrato nel centro del mio torace.

Boccheggiai.

Nello specchio si cancelló la mia immagine e ne comparve un altra.

Era Guy, ma aveva delle ali nere dietro, degli occhi completamente neri al di fuori della pupilla rossa e un liquido tra nero, verde e viola che gli scendeva da quelli.

Aveva un aspetto raccapricciante, da brivido.

Sorrideva maliziosamente, con un taglio che gli percorreva la guancia, mostrando del sangue nero che colava ad una lentezza disarmante.

Indietreggiai appena, spostandomi verso un altro specchio.

Sempre la mia figura fu riflessa, inizialmente.

Non sanguinavo più, ma iniziavo a vedere delle piume azzurre, o più che piume, schegge, crescermi sul braccio, mentre anche i miei occhi facevano come quelli del Buio.

Si annerivano, con la pupilla rossa e una sorta di scudo a scaglie iniziava a formarsi attorno al mio stomaco, con vicino dei rimasugli che formavano una X.

Si mosse.

Rabbrividii, indietreggiando di un passo.

Eppure il me nello specchio continuó a camminare.

Mi si avvicinó ancora, fino al punto che uscí dallo specchio.

E prima che potessi fare un altro passo all' indietro, il secondo me mi fu davanti.

Mi abbracció e così facendo, mi trapassó con una parte della X.

Non urlai, il fiato mi si strozzó in gola.

Volevo svegliarmi.

Dovevo svegliarmi.

Perché questo era un sogno, giusto?

Il sapore di sangue riprese ad albergarmi nel palato, appiccicoso e disgustoso, metallico e caldo.

Mi svegliai di scatto, ricevendo un calcio in faccia, sentendo l'odore del sangue permearmi il naso.

Davanti a me c'era quel tizio.

Il capo della banda che aveva aggredito i genitori di Rhy.

-Sir Cadefrìn, la ragazza continua a tentare di assaltarci-

-Legatela meglio-

-Le imbavagliamo anche la bocca, signore?-

-Ovviamente, volete che vi morda il braccio o una gamba? Sbrigatevi!-

-E se non ci riusciamo?-

-Che domande sono Gravis?! Dovete riuscirci. Se oppone resistenza, datele quello che si merita-

-Sissignore- concordó Gravis, facendo per obbedire immediatamente.

Gravis era un uomo robusto dai capelli a cresta, di un viola acceso, tenuti ben fermi, le pelle rovinata da cicatrici.

-Oh. Vedo che ti sei svegliato Dan- disse fintamente allegro il capo, piegandosi leggermente su di me.

-Ohhh... ma non ti era bastata la sconfitta ricevuta?- sbottai, sputando del sangue.

-Beh, sai, sono duro di comprendonio-

-Già, lo vedo, perlopiù hai anche un intelligenza tale che quella di un primate fa invidia alla tua-

Lui mi fissò, assottigliando lo sguardo, per poi mollarmi un secondo calcio in faccia.

Ebbi un gemito, la testa che già mi girava prese a farlo ancora di più e con ancora più intensità.

Avrei voluto ribellarmi seduta stante, ma le mie mani erano completamente bloccate in delle manette che ogni tanto mi rilasciavano delle scosse elettriche che non mi aiutavano a utilizzare le mie emozioni.

Le mie gambe invece erano semplicemente legate in un laccio che sembrava essere stato annodato tre volte.

-Sai, se avessi accettato la proposta che ti avevo fatto, probabilmente non sarebbe capitato tutto questo-

-Io non accetto le proposte... dei vermi-

Un ennesimo calcio mi fu mollato in faccia.

Non gridai per non dargli la soddisfazione.

Doveva avermi rotto il labbro perché il sangue, a fiotti, mi percorreva il mento, per poi scendere verso il collo ad un ritmo troppo rapido, troppo svelto.

Cercai di rompere le corde che mi intrappolavano le gambe, ma senza ottenere risultati di alcun tipo.

Mi sentivo così impotente.

Vidi con la coda dell' occhio che alcuni dei barbari stavano infilando una siringa nel braccio di Rhy.

Innervosito, cercai di rompere le corde nuovamente.

Niente da fare.

Non ci riuscivo.

Ringhiai di rabbia e vidi Sir Cadefrìn ridere sotto i baffi, con un ghigno decisamente bastardo.

Più i secondi passavano e più volevo ucciderlo.

Detestavo la razza umana.

Dovevano morire !

Con la rabbia che mi infuriava nel petto, udii un ticchettio e ricevetti una scarica elettrica che mi fece agitare e lanciare un grido di dolore.

Chiusi gli occhi, percependo l' intensità del dolore fermarsi al petto, mentre stringevo i denti in una morsa che avrebbe sicuramente staccato un dito ad una persona.

-Bene, carichiamolo, lei puó restare qui, non durerà a molto- disse sogghignando

-No!- sussurró Rhy, a bassa voce, così bassa che alle mie orecchie parve un sibilo soffocato.

-Sí- rispose invece il capo, con un sorriso mellifluo che gli albergava sulle labbra.

Uno dei barbari mi tiró su, ma prima che potesse anche solo fare un passo, gli mollai entrambe le gambe in faccia.

Erano legate tra loro, era vero, ma questo non voleva dire che non riuscivo ad agitarle.

Rhy, anche lei legata, fece la stessa cosa, a terra, facendo lo sgambetto ad un altro di loro, per poi agitarsi e fare scivolare la fascia giú dalle gambe.

La imitai rapidamente, per poi avvolgere la catena delle manette attorno al collo del capo.

Ci fu un ennesimo ticchettio e una scossa si accese nuovamente, colpendo sia me che lui.

Dovette probabilmente fare più male a lui che a me, perché svenne.

Gli altri si guardarono tra loro e iniziarono a fuggire da tutte le parti, lasciando i due cavalli che possedevamo -e che stavano cercando di fregare- per poi salire su un carro e partire, come dei vermi striscianti.

"Codardi" pensai.

Io e Rhy, con entrambi gli animali, riprendemmo la corsa, per andarcene, via da quella spiaggia.

Cavalcammo spediti fino a che, ad un tratto, fermammo i cavalli di fronte alla fine della spiaggia.

E proprio in quel momento udii un tonfo.

Rhy era a terra, pallida come uno straccio, con un segno violastro che le percorreva il braccio  

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Capitolo 5
*** Capitolo 4- Veleno ***


Luxor

Scesi rapidamente dall' animale, rischiando di scivolarvi,cadere o incastrarmi con dei lacci e le corsi incontro.

La macchia viola nel braccio stava allargandosi e Rhy tremava come una foglia con movimenti sconnessi e discontinui, cosa che aumentava la tensione che stava iniziando a colpirmi i sensi.

Non avevo la più pallida idea di cosa le stesse accadendo, ma sentivo che non era un bene, che non lo era affatto e che probabilmente le sarebbe accaduto qualcosa di brutto, ne ero certo.

Era più di un semplice sospetto, era una convinzione che iniziava ad albergarmi nella mente come una maledizione, quasi sentissi i secondi scorrere rapidamente nella mia testa.

Una sensazione terribilmente spiacevole, orribile a dir poco, un emozione che non avevo mai provato prima d'ora, qualcosa di troppo nuovo per essere accettato sul momento.

Mi sentivo a disagio, nel posto sbagliato, in una vita sbagliata.

Volevo poter essere qualcun' altro, volevo essere utile, non una persona sbagliata come me.

Passarono diversi secondi prima che si fermasse dall' agitarsi, smettendo di muovere ogni parte del proprio corpo e che vomitasse, più e più volte, perfino del sangue.

Poi si immobilizzò del tutto, a pancia in giù e io dovetti sollevarla, cercando di capire che cosa avesse.

Sembrava faticasse a respirare, tanto che pareva un dolore anche solo tentarci.

-É Tetradossina- sussurrò lei, fissando a vuoto, l'espressione quasi spenta, gli occhi che iniziavano a perdere la propria vivacità, faticando a sbattere le palpebre.

Tetradossina ... mi sembrava di averla già sentita.

Cercai di concentrarmi per capire dove, ma non ci riuscivo, il mio cervello non riusciva a ragionare, ed era una cosa frustrante, terribilmente frustrante.

-Lo so p-perché... me ne hanno parlato i barbari prima- continuò, sempre sottovoce, per poi riprendere -É un veleno che... proviene da... da dei pesci...- la vidi inghiottire a vuoto, boccheggiando.

Spalancai la bocca, cercando di dire qualcosa, mentre lei si sforzava di parlare.

Mi sentivo male, molto male.

Era come se fossi inutile, io non ero una persona positiva, io non ero in grado di poter fare niente di positivo e di solito non volevo nemmeno farlo.

Ma perché allora stavo desiderando di poterla salvare?

Ero un Elemento negativo, non dovevo provare nulla di tutto questo.

Eppure mi veniva l'angoscia al solo sapere che stava soffrendo in tale modo.

Perché? Cosa mi stava accadendo? Avevo spento ogni altra emozione... ero più che convinto di averlo fatto.

Ero spietato, pronto a gettare catastrofi sul mondo.

Pronto a distruggerlo, come un sasso nelle mani di un gigante.

Però era così.

-U...uccide in...- si bloccó, prendendo a tossire ancora, vomitando di nuovo.

-Quattro o sei ore- completai in un sussurro, senza nemmeno rendermene conto.

-Si diffonde nel sangue lentamente e ti uccide in quattro o sei ore... - disse Lui, battendo la mano sul tavolo, cerchiando il disegno, precisamente nel punto da cui priveniva la parte più letale.

Agitó la mano con disattenzione, per poi voltarsi -Se vorrai divertirti, é già un ottimo modo per farlo-

-Potremmo cercare di raggiungere Rhenn e... farti togliere il veleno- dissi, cancellando subito il ricordo dalla mente, concentrandomi su di lei e reprimendo il resto.

Il suo sguardo però traduceva l'impossibilità della cosa -Non si può... n-non si può rimuovere-

''Forse io potrei rimuoverlo come ho fatto al Buio... forse... no, no, no! Non funzionerebbe affatto, quello era diverso, era meno naturale... ma... gli altri invece... qualcosa dovrebbero tirar fuori, qualsiasi cosa!''

-Ma... potremmo provarci, forse troveranno il modo-

-Non c'è, te l' ho detto- fece una pausa che mi sembró eterna, senza dire niente, guardandomi, aspettando che parlassi

-Ma il tuo voler vedere il mondo... avevi detto che non volevi morire sapendo di non averlo conosciuto... tu...- mi si strozzó la voce in gola

-Mi va bene così, davvero- un altra pausa, sempre lunga, ma che stavolta interruppe da sé - Moriró-

-Io...- la guardai e presi un respiro profondo

Potevo dirle qualsiasi cosa, potevo cercare di rassicurarla, potevo tentare di infonderle speranza, ma l'unica cosa che feci fu essere sincero e dire ciò che era la verità -Sí-

Una risposta che mi uscí a fatica, perché non volevo dirla.

Desideravo che non fosse reale.

Lei accennó un sorriso, o almeno ci provó, perché la sua bocca sembrava starsi paralizzando -D.. Dan-

-Sono Luxor- sussurrai, facendomi prendere da un sussulto mentre tentava di allargare il sorriso, facendo scivolare sangue giù per la bocca, mentre lacrime scendevano giù dalle sue guance ad una lentezza tale che potevo contarle.

Gliene raccolsi qualcuna, per poi cercare nella borsa di Rhy un fazzolettino per asciugare almeno un po' il sangue, ma lei mi fermó prima, facendo in modo che non potessi distaccare gli occhi dai suoi.

Nel suo sguardo lessi un' unica, implorata richiesta muta.

Mi sentivo in angoscia, non riuscivo a non percepire il nodo allo stomaco che mi si stava formando.

Sapevo cosa voleva, fin troppo bene, perché se fosse capitato a me, avrei voluto la stessa cosa.

Non desiderava che la salvassi, lei stessa sapeva che non era possibile.

Voleva che le risparmiassi ore di torture e dolore.

Voleva la uccidessi il più presto possibile.

Voleva che la finissi e che, chissà, lasciassi il suo cadavere lì, in balia agli animali e agli insetti.

Non sapevo bene cosa fare, volevo davvero risparmiarle sofferenze inutili, ma non volevo lasciare qui il cadavere.

Sarebbe stato un gesto orribile, qualcosa da fare al proprio nemico, non di certo ad una ragazza che, nonostante le avessi mostrato una delle parti peggiori di me mentre ero contro ai barbari, aveva comunque voluto aiutarmi e accompagnarmi.

Forse sarebbe stato meglio di no, forse sarebbe stato meglio se non avesse tentato, come già avevo ben pensato in precedenza.

Ma annuii appena, prendendo un enorme respiro, cercando di cancellare le emozioni sgradevoli che giocavano con la mia mente.

Appoggiai la mano alla sua fronte e sprigionai tutto il Ghiaccio che avevo accumulato con l'insieme di emozioni che mi avvolgevano, congelandole il tessuto nervoso, spegnendo i neuroni uno ad uno, quasi come una reazione a catena.

Lentamente, spostai le mani dalla sua fronte, per poi riunirle e formare una piccola spada di ghiaccio.

Aspettai qualche secondo, sentendo il mio cuore rallentare.

Faceva male.

Non volevo farlo.

-Perché dovrei averne? A me sembra che il tuo potere sia meraviglioso-

La sua frase cominció a farsi strada tra la moltitudine di pensieri che mi avvolgevano la mente.

Chiusi gli occhi e presi un respiro.

Un respiro che per un attimo mi parve incapace di concludersi, ma che finí nel momento esatto in cui gliela piantai nel petto, il più rapido possibile per non rischiare di fermare la mia mano.

"Dipende dai punti di vista, hai detto, eh?"

Quando riaprii gli occhi, lei smise completamente di muovere anche solo a scatti il petto ed un'ultima lacrima silenziosa le percorse la guancia mentre un -grazie- usciva dalle sue labbra, come un sussurro.

La guardai, cadaverica, con il sangue che aveva iniziato a scorrerle dietro la schiena, macchiandomi i pantaloni bianchi

Continuai a fissare quel sorriso dipinto sulle sue labbra, cercando di tradurre il caos che aveva preso ad affollarmi la testa.

Ricordai la sua risata quando le avevo detto che le avrei detto il mio nome solo quando sarebbe morta e continuai a non capire la sensazione che era aggiunta in essa.

Forse rassegnazione? Perché tutti morivano prima o poi ?

Non potevo esserne certo e non avrei potuto scoprirlo mai.

Un dolore sordo e acuto mi colpiva il petto, facendomi incassare ogni colpo in modo doppiamente intenso alla norma.

Non sapevo se sentirmi arrabbiato o triste.

Arrabbiato perchè volevo fare fuori ogni stramaledettissimo bastardo di quei barbari, la mia sete di sangue non si fermava e non si sarebbe fermata probabilmente mai.

Come li avevo sempre pensati, la maggioranza degli umani erano una feccia, sporchi sputi di esistenza seminati in un mondo cattivo, in un mondo in cui potevi vivere davvero solo se armato fino ai denti e privo di cuore, fino a diventare tu stesso uno schifo.

E forse lo ero, anzi, probabilmente ero nato per diventarlo, ma se essendolo allora sarebbero morti mostri come quelli, era il giusto, era quello che non poteva più cambiare.

E dio, dio se meritavano la mia rabbia.

Ed ero però anche triste.

Triste per motivi a me sconosciuti, forse per la prima vera perdita, forse per la mancanza di una persona che non mi trattava come gli altri, una persona diversa su un intero mondo di mostri e assassini.

Non piansi.

Non una lacrima mi scivolò fuori dagli occhi, ma dentro di me avrei voluto poterlo fare, non mi importava di sembrare debole.

E volevo anche chiedere vendetta fino a non avere più fiato, andare da loro, ucciderli tutti e cadere a terra, stremato.

Ogni parte della mia mente urlava, bramava condire l'odio con la voce, ma la mia bocca non eseguiva i comandi, forse più per shock che per altro o forse per altri motivi che continuavano ad essermi sconosciuti.

Tenendola in braccio brevemente, sentendola fredda e leggera come una piuma, la appoggiai alla schiena del cavallo che aveva prelevato lei dalle proprie stalle, neanche un giorno prima.

Era strano.

Non era stata con me per molto tempo, eppure mai mi ero trovato in una situazione simile.

Provavo dolore incessante, odio smisurato, delusione e ripensamento nelle mie azioni.

Forse qualcosa di lei mi era piaciuto sin da subito, ma questo non spiegava il fatto che mi stessi ammorbidendo.

Mi rimproverai mentalmente per tale fatto.

Diedi una sculacciata al cavallo dopo avergli ordinato di tornare a casa propria e aver legato il cadavere di Rhy alla schiena dell'animale, utilizzando le redini come una corda che le avvolsi addosso.

L'animale partì di corsa e mentre si allontanava, mi chiesi se il dolore che avevo provato io sarebbe stato lo stesso di quello dei genitori, se mi avrebbero maledetto per aver trascinato la vita della unica figlia che possedevano, via da le loro accoglienti cure.

Lo guardai mentre spariva, la chioma della ragazza che ondeggiava nel vento insieme alla criniera del cavallo.

Quando fu completamente fuori dalla visuale, salii su Abdon e lo feci partire.

Cavalcai a lungo nel silenzio più totale, non avevo fame, ne voglia di cacciare un qualche animale.

Avevo lo stomaco completamente serrato, bloccato dalle troppe sensazioni.

Mi fermai ad osservare mentalmente la differenza tra la spiaggia e l'ambiente che si mostrava ora.

Era iniziata la campagna.

L' erba verde smeraldo, che era alta vicino alle rocce e bassa nei sentieri tracciati era così viva rispetto alla sabbia dorata che avevo visto fino a poco prima.

Ogni tanto qualche uccello spiccava il volo da un suo nascondiglio e sempre ogni tanto uno di essi si posava sull' erba con una picchiata che avrei potuto definire artistica, rotando nell' aria, facendo giravolte o rallentando per poi appoggiarsi al terreno.

Non potei fare altro che tirare un ennesimo sospiro, scacciando ogni pensiero dalla mia testa mentre li osservavo.

Mi convinsi a non farmi prendere da troppe smancerie, stavo cadendo proprio in basso! Dovevo rimettermi in carreggiata, la strada giusta non era poi così difficile da raggiungere.

L'obbiettivo era sempre lo stesso: eliminare gli umani e il resto delle creature che popolavano Athlas, trasformarla in una landa desolata senza vita, per poi lasciarmi morire a mia volta.

Nessuno meritava la vita, la terra meritava di non essere più viva.

Forse ero un pazzo a voler eliminare ogni cosa, perfino me stesso, dopo aver desiderato per la prima volta nella mia vita di poter essere qualcun'altro per salvare una ragazza.

Ma non mi importava di esserlo, quello era il mio obbiettivo prefissato e lo avrei rispettato.

Un sorriso folle, che traspariva tutta la mia pazzia interiore affiorò dalle mie labbra.

Avrei ucciso tutti, partendo da una persona che ora non mi faceva più ne paura ne mi lasciava quell'accenno di desiderio di essere anche solo un minimo apprezzato da lui.

Avrei eliminato il mio creatore per primo.

Avrei eliminato il Buio.

E poi sarebbe toccato al resto degli Elementi.

Infine anche al resto della popolazione.

Nulla era più importante di questo.

E mentre pensavo ciò, fu come se perdessi i sensi.

Mi ritrovai nuovamente nel luogo dello scorso sogno, contornato da specchi.

Mi guardai attorno, spaesato, cercando di capire come mai fossi di nuovo in questo posto e perché però mi dasse una strana sensazione di sicurezza

-Ascoltami tesoro, ovunque tu crescerai, sappi che ti voglio bene.

Se perderai la tua strada, saró sempre in te, ricordalo- disse la voce, ancora una volta aveva parlato, nella mia testa.

Mi voltai, cercando chi poteva aver parlato.

Non c'era nessuno intorno a me, solo gli specchi.

-Chi sei?- chiesi, quasi urlando, continuando a sperare che chi parlava potesse comparire e che perciò potessi dare un senso ad ogni cosa.

-Ti voglio bene Luxor-

"Come sa il mio nome?"

-Addio-

-No . Aspett...-

Non feci in tempo a finire la frase che le urla ripresero, lasciandomi boccheggiante mentre mi piegavo e mi contorcevo.

Non ne potevo più di quella voce nella mia testa.

Sembrava riuscisse a perforarmi l' anima.

Urlai a pieni polmoni, fino a non avere più fiato in corpo da consumare e a quel punto mi lasciai tremare convulsamente prima di riscuotermi e riprendermi.

Feci qualche passo verso lo specchio, ricacciando il dolore allo stomaco che improvvisamente aveva iniziato ad avvolgermelo.

A passi lenti e cadenzati, mi trovai di nuovo davanti allo specchio scheggiato.

Non lo toccai, lo fissai solamente, prima di chiudere gli occhi e sospirare.

Li riaprii, per poi spostarmi verso ad un ennesimo specchio, non guardandolo per non vedere di nuovo cose orribili come quelle dello scorso sogno.

Eppure, dopo lunghi secondi di silenzio decisi di farlo.

Non aveva senso aspettare e basta, fino a che non avessi fatto ciò che l' incubo sembrava volere da me, non ne sarei uscito.

Fissai la piatta superficie.

Il mio riflesso era perfetto, privo di sangue.

Lo fissai sbalordito.

La mia figura non era diversa da come quella che avevo.

O forse sí ?

La macchia di sangue sui miei pantaloni non c'era.

La guardai, ancora più incerto, chiedendomi il come mai di tutto ciò.

Perché mi vedevo così? Perché ero pulito e luccicante?

Già, luccicante.

Attorno a me vi erano delle luci bianche che mi irradiavano il corpo, come quando riprendevo il mio aspetto dopo essermi trasformato in fiocco di neve.

Mi guardai ancora e appoggiai la mia mano a quella che rifletteva lo specchio.

Presi un respiro e continuai a fissarlo mentre il mio aspetto, luccicante e incredibilmente pacifico, cambiava.

Mutó, trasformandosi in Rhy.

Spalancai gli occhi dalla sorpresa, sentendo il petto perdermi un battito dalla sorpresa.

-Grazie- disse ancora, sorridendo sincera -Grazie per aver rispettato i miei desideri, grazie per tutto Luxor-

A bocca aperta, cercai di dire qualcosa, ma non una parola riusciva ad uscirne.

Volevo poterle dire qualcosa, ma non ci riuscivo.

O più che altro, quando stavo per riuscirci, lei sparí a sua volta, facendo tornare il mio riflesso.

Continuavo a fissarmi senza fiatare, con un assurdo silenzio attorno che sembrava perfino riuscire ad esaurirmi.

Il mio riflesso si sfocó appena, mostrandomi il me stesso da piccolo.

Piangeva mentre veniva preso a calci, si dimenava, ma tutti i bambini messi assieme riuscivano a impedirmi movimenti troppo bruschi mentre ricevevo un tale trattamento.

Una sola parola mi veniva in mente a guardare la scena : vile.

Continuavo a tacere e a fissare quello schermo piatto, senza reagire.

Eppure volevo urlare.

Non sapevo come mai stavo vedendo tutto questo, sentivo solo, dentro di me, che qualcuno mi stava mostrando queste immagini per farmi capire qualcosa.

Che cosa poi non lo sapevo e decisamente era una cosa problematica.

Prima le urla nella mia testa, poi questi sogni strani e scioccanti che sembravano non avere conclusioni e che sembravano fatti appositamente per farmi male.

Che cosa volevano da me? Era forse Lui a lanciarmi tali segnali? Cercava di farmi tornare a sé in ginocchio?

No.

Non poteva essere lui, non era in grado di farlo.

E anche se fosse stato lui, non sarei mai e poi mai tornato insieme a loro.

Non volevo essere controllato da nessuno, avrei fatto tutto a modo mio.

Continuai a fissare il me stesso nello specchio, sdraiato a terra, tremante, mentre i bulli si allontanavano.

Mollai un pugno allo specchio dalla rabbia, ma invece di creparlo o di farmi male, ci passai attraverso.

Fu una sensazione strana, davvero bizzarra, entrato nello specchio sembrava che fossi diventato più pesante, come se il mondo mi si fosse completamente addossato.

Feci per tornare indietro, ma alle mie spalle, lo specchio non v'era più.

Feci qualche passo in avanti, avvicinandomi al me stesso steso a terra in lacrime.

Davanti a lui, quando alzó il viso, ricevetti una scarica elettrica che mi attraversó completamente, facendomi sobbalzare.

Sembrava potesse vedermi veramente, tanto che mi squadrava, sofferente, trascinandosi verso di me.

Gli porsi la mano mentre lui la allungava ma non gliela afferrai, non lo feci alzare, indietreggiai e cominciai a correre il piú velocemente possibile senza una direzione precisa.

Un ennesimo brivido mi percorse la pelle mentre lo facevo, mentre una parte del mio cervello insisteva che lo aiutassi ad alzarsi.

Sentivo che dovevo farlo, ma allo stesso tempo non volevo.

Continuai a correre finché il rumore di uno specchio rotto si riprodusse nelle mie orecchie e mi svegliai all' improvviso.

Il mio cuore scalpitava, mentre mi mancava il fiato per poter anche solo tentare di accellerare la respirazione.

Mandai giú la saliva, abbassando appena la testa, notando il pelo di Abdon.

Il cavallo correva rapido e io, stranamente, ero ancora sulla sua groppa.

Mi guardai attorno, cercando di capire per quanto avessi probabilmente dormito.

L'aria era fresca, ma non abbastanza da pungere il mio corpo quasi fosse fatta di invisibili spilli e il sole stava calando, mischiando il cielo in sfumature rosse, arancioni e gialle.

L'orizzonte non era sporco di nuvole e tantomeno ce n'erano al di sopra della mia testa.

Eppure, dentro di me, sentivo la chiara sensazione che il cielo in realtà era sporco, in qualche modo macchiato da qualcosa.

Presi un respiro profondo e mi abbandonai al seguire i movimenti della bestiola sotto di me.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5- Esausti ***


Task

Tenni in mano la spada e la agitai, con forza, slanciandola il più possibile verso i lati.

Mentre lo facevo la osservavo con attenzione, la lama brillava come acqua attraversata da raggi di luce.

Era così semplice e affilata... da quando ero qui, avevo fatto molto lavoro con essa.

La lama si scontró con un altra, emettendo un acuto sibilo, la quale aveva il manico che sembrava fatto di tante piume argentate.

Feci resistenza contro l'altra spada e tentai di spingerla verso il mio avversario.

Lui però sembrava avermi letto nel pensiero e lo scontro tornó a sciogliersi.

Iniziammo perciò a girare, con aria circospetta.

Piede destro dopo piede sinistro.

Era una lenta danza circolare, giravamo in tondo, studiando il rispettivo atteggiamento, pronti a scattare al momento migliore, a fare la prossima mossa.

Seguendo l' istinto, mi piegai sulle ginocchia e mi preparai ad un ennesimo attacco.

Will lo scartó di lato e si preparó ad eseguirne uno a sua volta.

Lo registrai velocemente e lo schivai con facilità.

Riprendemmo a girare in tondo, poi Robin attaccó ancora.

Mi spostai prima che potesse anche solo sfiorarmi con la lama, saltai a sinistra e tornai al movimento circolare, squadrandolo.

Questo combattimento era un danzare continuo e sfrenato, senza pause, senza respiri di sollievo.

Serviva concentrazione, intelligenza e abilità.

Andammo avanti con la nostra danza per chissà quanto, quando io attaccavo, lui schivava e viceversa ad ogni tentativo.

Se avessimo continuato a lottare in questa maniera, avremmo perso entrambi, ci saremmo sicuramente arresi.

Ci leggemmo quasi nel pensiero perché entrambi attaccammo con maggiore forza, dosandola, ma senza ottenere alcun tipo di risultato.

Procedemmo nel nostro combattimento silenzioso, ruotando.

Ciascuno dei due aspettava solo che l' altro si distraesse per attaccare, bastava un centesimo di secondo, un segnale di cedimento e uno dei due avrebbe potuto sconfiggere l' altro o perdere.

Vincere o cedere contro la forza del secondo combattente?

La percentuale era la stessa, vi era il cinquanta percento in ogni caso, che venissi sconfitto o che conquistassi il vertice del combattimento.

Era una questione fin troppo semplice da definire.

Attaccai di nuovo e lui non scartó, ma rispose al colpo con ponderata forza nel dorso della spada.

Le due armi sfregavano, sibilando prepotentemente, emanendo scintillii dorati e lasciando un sapore amaro nella mente.

Percepii il sudore inzupparmi la maglia sotto all' armatura di protezione che avevo trovato ancora prima di scegliere la spada, mentre iniziava a mancarmi il fiato per la fatica.

Sentivo la forza delle sue braccia concentrata nell'arma, che premeva insistentemente contro la mia.

Mi distaccai per riprendermi un attimo, tornando in posizione di difesa, lo stesso fece lui, che indietreggió.

Respiravamo a fatica e continuavamo a non voler arrenderci.

Avevano stessa forza, pari velocità nello scartare e reprimere gli attacchi, pari velocità nell' attaccare, ma diversa mentalità.

Fece per attaccare verso destra ed io finsi di scartare, per poi reagire ed attaccare a mia volta.

Fummo arma contro arma per l' ennesima volta, ma lui non era preparato alla mia finta.

Spingevo con forza e impegno, sentivo sotto di me che stava per cedere ma ad un tratto tutto si capovolse.

Si staccó all' improvviso, eseguí un rapido movimento e attaccó con maggiore forza.

Ed io non ero preparato a questo.

Le lame si attaccavano e si distaccavano fino a che sentii la sua spada pesare sulla mia con talmente tanta forza che faticavo a resisterle, fui costretto a impennare e a indietreggiare, schivando il fendente a fatica.

Mi sentivo stanchissimo e Will non pareva essere da meno, boccheggiava, ansimando un poco, con le braccia che tremavano.

Che fosse un pareggio?

-T-time out- balbettó lui, con il petto che si alzava e si abbassava a ritmo parecchio innaturale.

-S-sí- concordai, mandando giú un groppo che mi si era formato nella gola.

Sentivo le gambe fremermi e i muscoli delle braccia bruciarmi dallo sforzo.

Sinceramente, la voglia di continuare il combattimento si era volatilizzata, ma avremmo solo rimandato ad un altra volta e sarebbe accaduto la stessa cosa, non poteva continuare così in eterno.

Tornammo in allerta, riprendendo il duello, ri-iniziando a scontrarci, anche se il fiatone ci perseguitava.

Scartai un colpo che per poco non mi centró e allo stesso tempo per un decimo di secondo non riuscii a colpire lui.

Era questione di minuti e avremmo potuto tornare ad essere sdraiati per terra dalla stanchezza.

Il mio intero corpo doleva e probabilmente avrei ceduto a breve.

"Perché no, se mi arrendo vince lui e la facciamo finita qui" mi dissi, lasciandomi sospirare, mentre paravo un ennesimo assalto.

Avrei finto un attimo di distrazione, lui avrebbe alzato la spada e mi avrebbe toccato, dopodiché avrei ammesso la mia sconfitta

-Non arrenderti- disse Will, riprendendo una posizione di difesa -Siamo qui per imparare, non per imbrogliare, non ne vale la pena-

Sbuffai -Non possiamo continuare questo combattimento all' infinito! Se uno dei due non si arrende é questo quello che accadrà e non finiremo mai.

Siamo stanchi entrambi, se perdo e basta, non dovremo rimandare la conclusione-

-Noi... dobbiamo procedere... nessuno dei due deve imbrogliare, chiaro? Se ti capitasse di dover combattere contro un nemico e foste nella situazione, se ti arrendessi, moriresti.

Per questo bisogna combattere fino allo stremo-

Sospirai frustrato, aveva ragione lui.

Quando si trattava di una obiezione utile, il Vento mi batteva trenta a zero.

Non potei fare altro che fare un cenno di assenso e riprendere il duello, ricominciando a girare in tondo, riprendendo quella danza che esauriva ogni capacità fisica.

Ci riattaccammo a vicenda, le nostre spade sibilavano, ruggivano e ringhiavano.

Sembravano due animali mentre si azzuffavano.

Gli occhi viola chiaro del mio avversario riflettevano ogni pensiero che gli attraversava la mente.

Decisi ad un tratto di cambiare modo di combattimento.

Eseguii una rapido giro su me stesso, tornando a scontrare le nostre armi, facendole sibilare nuovamente, provocando uno schiocco e un altro scontro.

E ogni incontro, ne portava ad un altro e ad un altro ancora.

Mi sembrava davvero un eternità il tempo che era passato in questo azzuffarsi.

Continuando a fronteggiarlo, per tentare di far cadere le sue difese, cercai il suo punto debole, senza peró trovarlo.

Mi lanciai all' attacco, lui mi evitó e poi ricominció gli assalti.

Improvvisamente ci fu un altro ennesimo scontro di spade che mi parve il più intenso tra tutti.

Percepii il busto della spada che lentamente mi stava scivolando dalle mani.

Opposi una fiera resistenza, stringendo sempre di più l'elsa tra di esse, provandoci fin che potevo.

Continuammo ancora, a lungo, lo scontro tra le lame si dilungava ogni secondo di più e duró un tempo indeterminato.

Alla fine però, l'arma mi scivoló completamente dalle mani, scontrandosi con il terreno e sentii la spada sfiorarmi la pelle, esattamente in un punto del collo.

Avevo perso, ma non ne facemmo un problema.

Crollammo a terra entrambi e scoppiammo a ridere.

Ridevamo perché eravamo talmente tanto esausti da faticare perfino a respirare e quelli che riuscivamo a farci uscire provocava una secchezza alle nostre gole che non avevamo mai provato.

Potevo sentire il mio stesso battito rimbombarmi nella testa e la maglia contro il mio petto.

Era sudaticcia e zuppa.

Smettemmo di ridere per riuscire a riprenderci, rimanendo in silenzio per qualche secondo

-Puzzi- fece lui, dopo un po', accompagnando la frase con un buffo grugnito

-Parli proprio tu Warmwind- ridacchiai divertito, girando la testa verso di lui

Ricominciammo a ridere a scatti, senza avere la capacità di farne una completa senza gemiti o gorgoglii.

Eravamo totalmente esausti, ma la giornata si mostrava ancora lunga, dovevamo allenarci fino all' ora di pranzo, dopo di quello avevamo fino alle tre per fare quello che volevamo e poi dalle tre di nuovo allenamento, ma stavolta con i poteri, il minimo era fino alle sei, chi voleva poteva restare anche fino a più tardi.

La domenica era l' unico giorno della settimana che si poteva fare quello che si voleva.

Era sabato oggi, quindi domani ci saremmo finalmente riposati.

Non vedevo già l'ora che arrivasse, mi sembrava di essere tornato bambino per un tale desiderio.

-Ragazzi! L'allenamento non é ancora concluso- obbiettó una voce vicina a noi.

Cercai di alzare almeno un po' la testa per poter guardare negli occhi colei che ci stava imponendo di alzarci e che ci stava guardando con un sorrisetto

-Lo sappiamo Pandora, lo sappiamo- risposi io, cedendo al tentativo di sollevare il capo per più di dieci secondi

-Ci riprendiamo e poi continuiamo-

-Okay, ma cercate di farlo al più presto, altrimenti mia madre, Elementi o no, ve ne dirá quattro-

-L'abbiamo provato sulla nostra pelle, vero Will?-

-Verissimo-

In effetti era abbastanza severa, Lyfia era completamente diversa da sua figlia che in un certo senso aveva le maniche più larghe.

Lei chiudeva un occhio, ci lasciava riprendere fiato, ma la sua generatrice non era del suo stesso stato, era particolarmente rigorosa.

Ricordavo perfettamente il terzo giorno di allenamento, ci eravamo praticamente rifiutati di continuare perché eravamo stanchissimi e perciò eravamo sgaiattolati in biblioteca -più per volere di Robin che per mio-.

La madre di Pandora ci aveva beccato in pieno e ci aveva sgridato per bene, o più che altro strigliato, ammonendoci al riguardo dei doveri che avevamo riguardo al mondo intero e... trovando un miliardo di motivi per rimproverarci, aveva continuato a sgridarci per quello che ci era sembrato un eternità, dopo di quello, io e Warmwind ci eravamo lanciati un occhiata colpevole e ci eravamo scusati, saltando comunque la cena, venendo rinchiusi dentro alla sala degli allenamenti fino a mezzanotte.

Quella sera era stata una delle più orribili della mia vita, io e Will ci eravamo sentiti malissimo.

La mattina dopo, ogni Elemento -tranne Silver nei miei riguardi- ci aveva dato qualcosa delle propria colazione, senza farsi scoprire, particolare che fortunatamente fece risalire il mio umore.

Per quella sera infatti, adesso sapevamo perfettamente che dovevamo alzarci, altrimenti sarebbe successa la stessa identica cosa.

-Su, in piedi- continuó Pandora, porgando una mano a ciascuno di noi due.

La afferrammo, sentendoci le gambe tremare appena fummo ritti e pronti ad uscire dallo spazio della spada.

-Sei proprio una femminuccia- sbottó un ennesima voce, stavolta frustrante, un po' più lontana, con tono abbastanza alto da far sentire perfettamente le sue parole.

Mi si contrasse involontariamente la mascella e strinsi i pugni con forza, cercando di non urlargli contro con tutta la volontà che avevo.

Non volevo litigare, ne tantomeno parlarle ancora per venire solo umiliato da lei, ne ero sinceramente stufo .

-Silver- ringhiai sottovoce, sentendo le dita far male per via della stretta presa in cui le chiudevo, facendole piegare in maniera a dir poco innaturale.

Percepivo perlopiù le unghie affondare nella pelle, graffiandola con segni invisibili e allo stesso tempo indelebili nei sensi, mentre continuavo a contenermi e cercavo di respirare regolarmente per non perdere la calma.

"Lei non esiste per te, non ti importa di quello che dice o pensa, non farci caso... stai calmo" mi dissi, sentendo ogni parte di me che voleva solo esplodere, mandando giú un groppo di saliva che mi si era fermato nella gola.

"Espelli le emozioni Task, respira"

Con un enorme fatica, riuscii a impormi una calma momentanea abbastanza sostenuta che mi aiutó a trattenere tutta la rabbia e il mio disprezzo.

Non le diedi alcuna soddisfazione, tacqui e la guardai male, scoccandole un occhiataccia il più acidamente possibile.

Se all' inizio... non proprio all' inizio, avevo pensato di poter diventare, non dico amico, ma almeno un po' più colloquiale e rispettoso nei suoi confronti, mi sbagliavo di grosso.

Non riuscivo a esserlo, per quanto ci provassi.

Sembrava che lei mi stuzzicasse per impedirmelo e questo atteggiamento mi offendeva e mi innervosiva davvero tanto.

Morgan aveva chiaramente richiesto la nostra collaborazione nel cercare di andare d'accordo prima che partisse.

Eppure lei continuava a insistere con quel tipo di comportamento.

Non potevo fare a meno di respingere i miei istinti, mutandola in una falsa, gelida superiorità che non era vera nei miei sentimenti.

Non lo era affatto, l' unico sentimento che mi albergava dentro era un oppressa tristezza e delusione, qualcosa che lei non poteva capire.

Fingendo che non avesse detto nulla, lanciai un ultimo sguardo all' area della spada, rogliendo l' armatura e sistemandola per bene, fissando quel pavimento metallico di quel grigio scuro per niente rassicurante, controllando che l'arma che avevo utilizzato fosse perfettamente al suo posto, dopodiché ignorai l' Acqua, seccato, prendendo a parlare con Will.

-Dove andiamo adesso?- gli chiesi mentre ci allontavamo da lei con passo spedito

-Non saprei- rispose, corrucciandosi appena, mentre i suoi occhi viola si soffermavano su ogni spazio di allenamento -Salto in lungo?-

-No, oppure finisce male- feci le spallucce

-Arco e frecce?-

-Non riuscirei a concentrarmi sulla mira-

Lui sospiró, scuotendo il capo lievemente- Proviamo i pesi?-

-Pensi che io, in questo momento, sia fisicamente idoneo a sollevare quintali o anche semplicemente una decina di chili? Mi hai guardato?-

Lui alzò il sopracciglio e poi scoppió a ridere e non riuscii a trattenere una risata a mia volta

-Dai Task, é evidente, la traduzione delle tue frasi é: non ho intenzione di fare nulla che tu dica -

-Non é colpa mia se tiri fuori cose che, al momento, non sono capace di compiere- sogghignai divertito.

-Trovane uno tu, allora-

-Mmmmmh... corriamo e basta nell'area apposita?- domandai, infilandomi una mano tra i capelli.

-Va bene- si arrese, dandomela vinta.

Sorrisi, Warmwind era riuscito a distogliermi totalmente da Silver.

Percorremmo il piccolo spazio che ci divideva dall' area di corsa e vi entrammo tranquillamente, sapendo già internamente che avremmo faticato seriamente ad uscirne.

Eravamo un po' masochisti? No, eravamo solo obbligati a lavorare fino a pranzo.

Io e Robin ci lanciammo uno sguardo e annuimmo all' unisono, poi iniziammo a correre sul percorso dopo aver svolto qualche esercizio rapido di riscaldamento.

Sentivo le mie gambe andare da sole ad un ritmo abbastanza costante.

Will mi era affianco e sembrava completamente perso in pensieri lontani anni luce.

Sorrisi appena e continuai a correre, curvando per non stamparmi contro il muro con una scemenza totale.

Andammo avanti e indietro di corsa per più di venti, trenta minuti, percependo la nostra rapidità calare vistosamente, tanto che le mie gambe, già tremanti, non sopportavano più la sofferenza che portava un tale sforzo in un caso simile ed esse infatti mi cedettero tutte in un colpo.

Scivolai a terra ad una delle tante curve, cadendo come un birillo, trascinandomi a dietro Will involontariamente.

Avevo un fiatone tale che non riuscivo a non sentire il mio accellerato battito nella testa, ogni parte del mio corpo doleva, tremando, mentre sentivo il mio stomaco brontolare rumorosamente.

Quando ci chiamarono per andare a pranzo fu un vero sollievo, purtroppo nessuno dei due sembrava riuscire a muovere un solo muscolo, tantomeno alzarci per raggiungere la sala da pranzo.

Sospirai lievemente.

Non riuscivo ad immaginare altri due mesi con un tale ritmo, sarebbe stato sicuramente sfiancante e distruttivo, già l'idea mi esasperava.

-Te la senti di alzarti?- chiesi a Will ad un tratto

-No, tu?-

-No-

-Oh beh... sappi che puzzi ancora di piú-

-Ma grazie eh?-

Scoppiammo nuovamente a ridere, era una situazione talmente tanto assurda che, appena finivamo di allenarci su qualcosa, non facevamo che ridere, anche se lo facevamo in maniera parecchio strozzata o soffocata, ma più che altro verso la fine erano spente e faticose da tirar fuori.

-Dopo lavati-

-Con piacere-

Con uno sforzo enorme che mi costarono una serie di mugolii di disapprovazione, mi alzai, portando il Vento a fare lo stesso.

Lentamente, rischiando spesso di cadere, spinti dalla fame più che dal desiderio di muoverci, ci dirigemmo verso la sala da pranzo.

Ci sembró di camminare all' infinito per poter raggiungere quella stramaledetta cucina, ogni movimento era una fatica tale da farci sibilare .

Sentivo tutto il sudore appiccicaticcio sul viso e sui vestiti e non era decisamente una bella sensazione da provare.

Raggiungendo la stanza, trovammo i rimanenti Elementi, seduti su degli sgabelli di legno dall' aspetto resistente.

Ci fiondammo su alcuni di essi, pronti a divorare qualsiasi cosa ci mettessero davanti.

Lyfia ci porse il primo piatto e sia io che Will lo divorammo come se non ci fosse un domani.

Un attimo prima era pieno fino all' orlo, quello dopo era completamente vuoto.

Subito dopo arrivó il secondo, ancora ben fornito di cibo, che fece la stessa identica fine del precedente.

Concluso il pranzo, abbastanza sollevato, mi ritrovai a fissare un punto impreciso della sala.

Non avevo intenzione di scendere dalla sedia, l' idea di rimettermi in piedi e muovermi ancora mi ammutuoliva.

-Sono l'unico che ha avuto la verdura?- chiese improvvisamente Guy.

Spostai lo sguardo, posandolo su di lui che, insieme al pranzo che tutti avevano avuto, nel suo piatto c'era un groviglio di barbabietola rossa, dall' aspetto ben poco invitante.

Il Buio la guardava, la girava, la rigirava, nettamente schifato.

-Già, l'unico- disse l'Acqua, appoggiando la testa alla mano -Forse Lyfia pensa che tu abbia bisogno di un po' di vitamina- ridacchió

-Se, certo- lui alzò gli occhi al cielo con espressione a dir poco innervosita, per poi alzarsi e lasciare il piatto sul tavolo.

-Vado a farmi una doccia- dissi a Will poco dopo, mentre lui iniziava a dirigersi verso la biblioteca, pronti ad acculturarsi.

Mi diressi verso le nostre stanze a passo pigro, entrando nella mia, spogliandomi di vestiti e boxer.

Afferrando l'accappatoio, lo spostai davanti alla doccia ed entrai in essa, aprendo il rubinetto con un getto freddo che mi fece rabbrividire e spostare la temperatura, scaldandola.

E sotto l' acqua, iniziai a singhiozzare debolmente, sedendomi sul fondo, appoggiando la schiena contro il muro.

Continuavo a pensare a lui nonostante tutto.

Continuavo a pensare a mio padre mentre veniva ucciso per colpa mia che avevo pensato di poterlo salvare da solo.

Ero stato un idiota, ero riuscito a portare alla morte l' unico componente della mia famiglia, colui che mi aveva allevato con affetto e amore.

Colui che aveva chiuso lo spazio lasciato da una madre mai avuta.

Ma, adesso, chi avrebbe chiuso lo spazio che lui aveva lasciato? Chi?

Forse nessuno, mi meritavo la sua morte sulla mia coscienza, me la meritavo perché ero stato un ingrato, uno stolto.

Avevo davvero pensato di potercela fare da solo? L'avevo portato all' inferno per questo!

Lui mi aveva curato, io lo avevo ucciso.

Lui mi aveva amato, io l'avevo condannato.

Lui mi era stato vicino, io l'avevo ripagato con la mia stupidità, non capendo l' imbroglio.

Che non avevo voluto capire.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6- Dolore ***


Task

Rimasi sotto la doccia per parecchi minuti, per poi decidermi a rialzarmi, anche se un po' tremante e chiudere il getto d'acqua, quasi accarezzando la superficie del rubinetto, gelida e liscia, che mi fece quasi rabbrividire al solo tocco.

Uscii lentamente da essa, cauto, per non scivolare per colpa dei piedi bagnati, afferrando l'accappatoio e avvolgendomelo addosso, mentre già percepivo i brividi percorrermi la pelle nuda al contatto con l' aria, prendendo un grosso respiro, cercando di tranquillizzarmi il più possibile .

Dovevo calmarmi seriamente, non potevo permettermi di esplodere in questo modo, dovevo smetterla di piangere e di pensarci, anche se in realtà il non pensarci era quasi impossibile per la mia testa, anche se spesso fin troppo affollata.

Ogni pensiero, ogni frase detta o sentita poteva portarmi a raggiungerlo con la mente, in maniera involontaria e schiacciante, pesante quando finivo per rendermene davvero conto, ricordando qualche evento all' improvviso, lasciandomi senza ossigeno, boccheggiante e con un forte, sordo e pressante dolore nel centro del petto, soffocando.

Cercai di asciugarmi velocemente, togliendo l' acqua in eccesso che ancora gocciolava, quasi tintinnando pacata al mio passaggio, sfregando la pelle contro alla ruviditá di ció che mi copriva.

Era piacevole al tatto e decisamente caldo, cosa che mi permise di frenare i fremiti che mi rizzavano i peli, lasciandomi la pelle d'oca.

Passando nella stanza affianco, aprii uno o due cassetti dell'armadio dai colori fiammanti che si abbinavano benissimo ad essa, cercando la tuta che avevamo recuperato in quella sorta di bunker nel negozio a Nirvana .

Era stata lavata, profumata e ben stirata, qualità che si notava appena la si osservava da vicino.

Vi immersi il viso, stringendola tra le mani, lasciando che l' odore profumato mi trapassasse le narici, facendomi sentire in pace, ricordandomi anche casa, un po' malinconicamente.

Visto che eravamo in un luogo protetto da barriere contro gli Spettri, gli Spiriti maligni e i Demoni, non avevamo più bisogno di gettare i vestiti che portavamo, né tantomeno indossarli per breve tempo, non avevamo più problemi al riguardo.

Spesso peró Pandora andava a prendercene di nuovi, siccome i nostri si erano praticamente dimezzati durante il viaggio, contando che i banditi probabilmente ne avevano anche venduti buona parte, insieme all' erba curativa che Morgan era andato a prendere con il Dratini.

"Morgan... chissà dov'é ora" mi chiesi mentalmente, dando le ultime strofinate, prima di iniziare a togliere l' accappatoio, calandolo dalle spalle e facendolo scivolare a terra.

Mentre facevo ciò, mi trovai a ripensare immediatamente a quel giorno, il giorno da cui tutto sembrava essere andato a rotoli, l'istante in cui avevo visto Diana e Morgan, davanti ad una delle case abbandonate della città in cui ero stato brevemente per controllare se Pyd e Ronnie stessero bene.

Sospirai, appoggiandomi al letto con i vestiti di ricambio sottomano, sbrigandomi ad infilarli, partendo dalle parti sotto, rimanendo a torso nudo durante il processo, mentre mi allacciavo la cintura attentamente attorno ai fianchi, ascoltando il cinguettio degli uccelli e lo scrosciare dell' acqua al di fuori dalla porta.

Mi infilai anche la parte di sopra, sentendo il materiale della tuta stringere le coste e lo sterno, premendo lievemente attorno al collo.

Non volevo rischiare di perdermi troppo in pensieri vaghi, per permettere all' Acqua di prendermi ancora più in giro di quanto già non facesse.

Certo che no, non ne avevo la minima intenzione di facilitarle il compito.

Già mi bastava l'atteggiamento che aveva ora, quel suo continuo rendermi lo zimbello del gruppo a cui appioppare gli insulti per noia, aiutarla a farlo sarebbe stato da perfetti imbecilli e confermare le sue ipotesi.

Che poi il motivo per cui ce l' avesse così tanto con me sembrava basarsi solo sulla nostra differenza di Elementi, o probabilmente perché non ero come lei voleva.

"Ridicolo" pensai, frustrato, stringendo il pugno dal nervosamente, per poi riprendermi e sbuffare.

Mi infilai anche gli stivali e mi alzai di scatto dal materasso, raggiungendo il corridoio immerso nella natura il più presto possibile.

Nonostante quel clima verde e solare -che sapeva di vita e gioia pura ad un solo sguardo- continuasse a piacermi da osservare, non avevo voglia di guardarmi troppo attorno in questo momento.

Avevo troppe preoccupazioni, troppi pensieri per la testa che non mi davano attimi di pausa per cercarne altri con cui occuparla.

Sentivo di dovermi concentrare il più possibile nella seconda parte dell'allenamento.

Era decisamente più importante di quello mattiniero, più necessario e utile per la nostra situazione e sicurezza.

Dentro di me sapevo che dovevo imparare ad utilizzare il mio potere al massimo della sua forza e ad abituarmici.

Non potevo semplicemente diventare forte con la rabbia, sentivo che non era un bene.

Era troppo facile scatenarsi con essa, se volevo essere davvero potente dovevo comprendere come utilizzarlo con la felicità o con altre emozioni positive che probabilmente sarebbero state molto più intense, o almeno così mi veniva da pensare.

Percorsi i perimetri delle varie stanze, superando la sala da pranzo, facendo un cenno di capo a Pandora che mi sorrideva, ricambiandolo, prima di raggiungere quella degli allenamenti dove al momento vi era solo Nemes, immobile, di cui si vedeva il profilo asciutto.

Mi avvicinai subito a lei, osservando l'espressione concentrata della castana dagli occhi bronzo.

-A cosa stai pensando?- le chiesi, incrociando le braccia dietro alla testa, osservando come quei suoi capelli le incorniciavano il viso dal colore leggermente più scuro del mio, affatto paragonabile all' abbronzatura di Silver.

Lei mi fissò con la coda dell'occhio, scostandosi un ciuffo di capelli da esso, che lo copriva -Oh... nulla di che, continuavo a chiedermi come mai le nostre postazioni, anche quando vi siamo dentro, mi sembrino così vuote... decisamente troppo.
Pare quasi che ci sia dello spazio in eccesso, o roba simile-

-Beh, non so cosa dire al riguardo, che sia solo una tua impressione o manchi davvero qualcosa non possiamo esserne certi per davvero... dovremmo chiederlo per aver risposte concrete- obiettai, vedendola annuire subito dopo e fissarmi intensamente con i suoi occhi bronzo in cui avrei decisamente potuto perdermi.

Sviai quasi subito lo sguardo, arrossendo appena, sentendo il calore del sangue che saliva permearle completamente, maledicendomi per il pallore della mia pelle, che sicuramente lo avrebbe reso più evidente.

La decisione mista alla dolcezza nei suoi occhi mi scioccava particolarmente, in un modo quasi patetico a pensarci bene.

La timidezza che perlopiù la portava a unirsi alle persone, ma a preferire ascoltare invece che parlare apertamente se non in disparte mi piaceva parecchio, era una caratteristica che la rendeva più una piacevole compagnia per i miei gusti.

Sorrideva spesso anche se in maniera un po' imbarazzata e arrossiva a sua volta ogni tre per due, ma probabilmente per il suo carattere, non per altri motivi.

Decisamente Kleo era una ragazza molto carina, ma non ero molto certo sul fatto se l' apprezzassi come amica o più come ragazza in generale, anche se la seconda ipotesi iniziava a farsi decisamente più convincente rispetto alla prima.

Rimasi immobile affianco a lei fino a che non udii dei passi avvicinarsi, girandomi, vedendo Diana, Will e gli altri due, accompagnati da Lyfia e Pandora fino alla porta, per poi dileguarsi.

Si avvicinarono a noi due abbastanza rapidi.

-Okay, iniziamo subito?- fece Nightshadow con espressione seria, guardando di sottecchi Irhina che gli sorrideva allegra.

-Io sono pronta, Tenebroso- fece lei, non evitando di mostrare la propria gioia, cosa che mi faceva quasi venire la nausea e mi fece serrare la mandibola.

-Voi?- chiese dunque Virgil, con tono annoiato, passando lo sguardo su ciascuno di noi a cui rispondemmo con un semplice annuire.

-Molto bene-

Entrammo nelle postazioni d'allenamento con i nostri Elementi scritti sopra, dividendoci per la stanza.

Appena ci mettemmo piede, le altre aree iniziarono a sprofondare nel terreno, mostrando delle grigie rotaie che ne contornavano i lati, mentre le nostre furono prese da una violenta scossa a cui ormai eravamo abituati, ma che comunque riusciva a prenderci alla sprovvista se persi nei pensieri, provocandoci un sobbalzo o un insulto soffocato.

Le nostre aree iniziarono a muoversi circolarmente, seguendo le rotaie che formavano una specie di spirale che portava ciascuna di esse a collegarsi alle altre con un ennesima scossa decisa, mentre si creava una barriera multicolore a rettangolo che copriva le nostre teste, cominciando dalle entrate e sviluppandosi da una all'altra, fino a chiudersi, così che fossimo isolati da ció che ci era attorno o che avrebbe potuto esserci.

Udii uno schiocco secco che simboleggiava la produzione completa della barriera, che si sarebbe rimossa appena avessimo voluto uscire, portando il processo inverso, fino a risistemare la stanza.

-Okay, cominciamo- sbottó lui -Vi ricordate i primi passaggi per un buon controllo del corpo? Per non rischiare di essere intralciati da noi stessi e non cadere improvvisamente per la poca concentrazione nella nostre stessa corporatura e massa ?-

-Sí- rispose immediatamente Will, quasi senza nemmeno rifletterci, con un tono altrettanto serio -Bisogna abituarsi a concentrare almeno un lato del proprio cervello, mentre utilizziamo l'Elemento, nei calcagni, nelle braccia e nella vita-

-Bene... e vi ricordate il perché, quando vi affronto, finite sempre per cadere?-

-Perché non ci riusciamo ancora, la nostra capacità di estendere l'Elemento é ancora poca e decisamente lenta- rispose dunque Nemes

-E allora, oggi, ci alleneremo ancora su quello che abbiamo fatto per praticamente una settimana intera e senza risultati- asserí con tono seccato -Iniziamo subito... -

Si avvicinó a Silver, la quale gli era davanti, dapprima lentamente, poi velocizzando il passo, lasciando uscire dalle dita un alone nero a cui Watersea cercò di rispondere con uno scudo d'acqua che resse a malapena venti o trenta secondi scarsi, facendola crollare all' indietro, con le braccia che sbattevano contro il terreno abbastanza violentemente.

Alle prime volte avevo sogghignato, provando un po' di soddisfazione a vederla cadere, ma poi, dopo quasi cinque giorni che accadeva la stessa cosa, iniziava a passarmi anche la voglia di assistere, contando soprattutto sulla fatica che si faceva a restare in piedi anche se ci impiegavi tutto te stesso per riuscirvi.

-Non ce l'hai fatta... ancora-

Lei si morse il labbro, rialzandosi -Al prossimo attacco ce la farò- disse determinata, con sguardo acceso e un sorriso che le increspava le labbra

-Vedremo...- obiettó dunque lui, avvicinandosi in ugual modo a Will che, invece di rimanere immobile come Silver, prese a scostarsi, evitando gli attacchi, provocando una leggera corrente d'aria attorno a sé, sviando qualche mossa, ma non tutte, venendo colpito all' addome, facendolo scivolare all' indietro.

Avevo inizialmente pensato che stavolta ce l' avrebbe fatta, almeno lui, per via del suo essere riuscito ad evitare gran parte dei colpi, ma a quanto pareva non bastava lo stesso.

Lui non disse nulla, ma a sua volta si rimise in piedi, aggrottando la fronte e mordendosi l' interno della guancia.

-Nemes... tocca a te- richiamó la sua attenzione il corvino dagli occhi blu notte.

Dragonearth annuí, rispondendo immediatamente agli attacchi con delle felci che iniziarono ad uscirle dalle dita, bloccando i colpi, che però iniziarono a perforare le piante, aumentando di intensità, mentre assistevo alla difficoltà che ella pareva avere al resistere.

Ben presto fece la stessa fine del Vento e dell'Acqua, sbattendo per terra, gemendo appena dal dolore istantaneo.

Era il mio turno.

Cercai di concentrare mentalmente le emozioni, sentendomele scorrere nel corpo, in modo tale da raggiungere ogni punto.

Creai velocemente delle fiamme, provocandone una scia attorno e davanti a me.

Guy attaccò in meno di quattro secondi e nel momento in cui lo fece, una forza mostruosa prese a comprimermi, cercando di buttarmi a terra.

Tentai la resistenza, reggendomi sui talloni e non sulle punte.

La forza dei suoi colpi contro la mia difesa sembrava quasi invincibile, non riuscivo a non sentire il mio corpo tremare in balia ad essi .

Strinsi i denti, ringhiando, chiudendo istintivamente gli occhi, pregando a me stesso di reggere.

Sentivo il cuore battere sfrenato nelle tempie, nel petto, pompando il sangue con un assurda velocità, mentre ogni tipo di concentrazione che potevo tentare di avere sembrava scivolare via come trascinata da una corrente, nonostante mi ci aggrappassi con tutto me stesso.

Fu una questione di una breve manciata di secondi e mi trovai a terra, sbattendo la schiena, mentre un senso di sfocatura mi avvolgeva.

Tutto, ogni cosa, sembrava tremolare, pure le mie mani che si agitavano senza volerlo, istericamente.

Non sentivo nemmeno la forza di rialzarmi, mi pareva troppo complicato, troppo fuori dalla mia portata.

Era come se il colpo assestato mi avesse stordito a tal modo da scioccare ogni parte del mio corpo.

Non mi era mai capitato prima d'ora.

Il Buio era in piedi davanti a me, con le braccia raccolte, racchiuse in una stretta morsa.

Mi fissava impassibile, ma senza la sua solita aria di superiorità, cosa che non compresi per nulla.

Di certo non ce l' avevo fatta, eppure il suo sguardo sembrava dirmi qualcosa, decisamente difficile da comprendere.

Non mi aiutó ad alzarmi, né tantomeno mi disse qualcosa, semplicemente procedette a fare lo stesso esercizio contro Diana.

Sentivo le gambe continuare a fremere incontrollate mentre mi sforzavo ad alzarmi.

Niente da fare, da solo sembravo incapace di riuscirvi.

Notai Nemes che mi porgeva una mano e io la accettai, riuscendo a rimettermi in piedi a fatica, con ogni singolo muscolo che fremeva, come ancora scosso.

Mi aspettai subito che Watersea mi prendesse in giro per non essere riuscito ad alzarmi da solo, ma a quanto pareva era troppo concentrata ad osservare dietro di me.

Mentre facevo per girarmi verso lo scontro, vidi lo sguardo preoccupato di Will e cercai di rassicurarlo con un sorriso, osservando lo scontro agli ultimi, con il semplice risultato che Diana veniva gettata al suolo, portandola a imprecare, con la testa bassa e la mascella serrata dal dolore e dalla frustrazione che probabilmente provava.

-Di nuovo- ordinò Guy, tornando alla postazione di Silver, con una totale aria distaccata, per non dire scocciata , rimanendo fermo per poco e poi asserire un -Dai, perché no- mettendosi improvvisamente le mani in tasca e tirando fuori un guanto nero, sottile, senza decori o ricami, mettendolo al polso dell' Acqua, che lo fissò incuriosita.

-Ma a che ...?- iniziò a dire, venendo immediatamente interrotta con un secco 'vedrai'

Un ennesimo attacco fu effettuato dall' Elemento contro all' azzurra, la quale non si mosse, non rilasciando lo scudo d'acqua che era solita ad utilizzare per difendersi, nonostante avesse spalancato gli occhi e paresse improvvisamente disperata.

Il colpo venne incassato, mentre Irhina finiva con il coprirsi lo stomaco con le mani, boccheggiando, guardando il corvino con aria, per la prima volta verso di lui, terrorizzata.

Eppure era in piedi, aveva ricevuto il colpo in pieno ed era lí, sulle sue gambe, disorentata.

-Pe...Perché?- balbettó, sfilandosi lentamente il guanto nero, squadrandolo e restituendolo a Virgil, il quale aveva, ancora, un espressione impassibile che per la prima volta avrei voluto prendere seriamente a pugni, non tanto per Silver, ma per il suo improvviso modo di atteggiarsi -É... magico?-

-No, non lo é- ribattè dunque lui, fissando la ragazza che gli era davanti

-Allora perché non sono riuscita a... emettere il mio potere? E come mai non sono caduta?-

Il Buio non rispose, girandosi verso l' Aria e mettendo lui il guanto, il quale non tentó di ribellarsi, ma che comunque sembrava tentennante.

Sia lui che Nemes subito dopo non riuscirono a emettere il proprio potere, ma rimasero in piedi, senza venir trascinati a terra.

Non riuscivo a capire il motivo di tutto quello che stava accadendo, se poco prima tutti crollavano a terra, respingendo il suo potere con il proprio, ora era tutto il contrario.

L' Elemento sembrava non uscire dal nostro corpo.

E tutto per un guanto ! Come poteva un semplice pezzo di stoffa rendere così opposta la situazione rispetto a prima? Perché lo aveva tirato fuori? Da dove lo aveva preso?

Il guanto giunse anche a me e lo infilai nella mano, sentendolo fare una leggera compressione alle dita, perché pareva quasi troppo stretto.

Era fastidioso, decisamente molto, tanto che mi soffocava il polso.

Sporsi la mano difronte a me, ancora prima che il Buio mi attaccasse, come per confermare la teoria formatasi dalle prove degli altri tre.

Era vero.

Non avevo la più pallida idea del motivo per cui non funzionasse l'Elemento, non lo capivo.

Non era magico, aveva detto.

Allora cosa ? Cosa ci impediva di reagire ? Perché il rimanere in equilibrio senza cadere per colpa di una pressione non sembrava andare d'accordo con l' Elemento che vi era in noi ?

L' attacco del Buio non tardó ad arrivare e io continuai a tenere la mano davanti a me, fissandola, per poi abbassarla e vedere il colpo che correva rapidamente verso la mia direzione, accellerando di velocità ogni secondo di più.

Cercai di capire dove potesse arrivare e quale parte del mio corpo volesse colpire, magari per schivarlo, sapendo che non sarebbe peró bastato.

Dovevo fare uscire il mio Elemento, ma nessun emozione, nemmeno la frustrazione, sembravano permettermi di scaricarlo.

E in più ci si metteva pure il fatto che buona parte del mio corpo tremava follemente e con un assurda stupidità che avrei voluto trattenere.

Un dolore accecante mi raggiunse il fianco, una sensazione assurda, quasi impossibile da descrivere, come se mi stessero strappando la pelle a morsi.

Un gemito mi scivolò dalle labbra, mentre mi trovavo a fissare Guy.

Mi tolsi in fretta il guanto, mollandolo, come scottato, mentre un senso di impotenza si faceva vivo nel mio stomaco.

Lui lo afferrò, alzando il sopracciglio, per infine passare lo sguardo su Diana che lo guardava, confusa.

-Se vuoi passare per la paura, sappi che basta dirlo- obiettò verso di lei.

La vidi irrigidirsi -Certo che no ! Non ho intenzione di essere l'unica a scappare-

-Eccellente-

Anche lei dunque si mise il guanto, mentre una smorfia arrabbiata gli aleggiava in volto.

La stessa consapevolezza del non percepire il proprio Elemento scorrere o difendere si fece strada nei suoi occhi appena lo indossó, non reagendo al colpo e venendo perciò assaltata da esso, colpita nel braccio, colpo che non lasciò segno, come per quelli che noi altri avevano ricevuto.

Guy le sfiló rapidamente il guanto, per poi metterselo alla mano con aria disinvolta, fissandoci, serio.

-Scommetto che ora non vedete l' ora di colpirmi con i vostri Elementi, vero ? Fate pure, non mi ritrarró, anzi, anche tutti insieme-

Vidi Diana stringere a pugno la mano, mordendosi il labbro, facendomi un cenno con la testa che elaborai in immediato come un "vado io".

Scattó in avanti, lasciando uscire dalla mano il proprio potere di luce, lanciando contro a Nightshadow una sfera.

Lui, per tutta risposta, chiuse e riaprì gli occhi, rispondendo all' attacco con una seconda, fatta da lui, esattamente dalla mano con il guanto.

Scioccato, vidi i due colpi sferrati cozzare e dissolversi.

Lui lo aveva fatto.

Aveva emesso il proprio Elemento senza problemi.

-Imparate a far uscire il vostro Elemento con il guanto... e riuscirete a rimanere in equilibrio ad ogni attacco ricevuto, debole o forte che sia- fece una pausa -Domani chiederemo a Pandora di quando potremo andare nella tipologia addestramento, speriamo il prima possibile, sono sicuro che riuscirete ad applicarvi molto meglio lí che in questo posto- si girò, mostrandoci la schiena, con la testa appena un po' inclinata -Domani rilassatevi e basta-

Fece un passo verso l' esterno, togliendosi la stoffa nera e riportandola nella tasca -Il dolore scatenato dai colpi passerà presto, ho cercato di essere il più delicato possibile, ma a quanto pare non é bastato- si passó una mano tra i capelli - e... ah, Task...- mi guardò dritto negli occhi -Vai a chiedere a Pandora se ha qualcosa di caldo da darti o un infuso, poi vai a riposare... ne hai bisogno-

Lo fissai, sorpreso, a dir poco sbalordito, sia per il semplice fatto che era stato il più delicato possibile che per il suo cambio di atteggiamento.

-L'allenamento di oggi finisce qui-

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Capitolo 8
*** Capitolo 7- Voci ***


Task

Mi gettai sul letto della camera che occupavo, stanco, facendolo sobbalzare appena e gustandomi la sensazione della scossa che questo si prendeva, sospirando appena e socchiudendo gli occhi, stringendo la coperta tra le dita, accarezzandone la morbida consistenza setosa con principalmente i polpastrelli.

Ero esausto e pieno di pensieri che mi attraversavano la mente, che si susseguivano con domande, idee, richieste e ipotesi.

Ogni pensiero si diramava in rami invisibili che si collegavano ad altri ancora, fino a quasi farmi dimenticare come ci ero arrivato.

Capitava spesso che mi scordassi la motivazione per cui un ragionamento mi era filtrato nella mente, ma non era poi così fastidioso, ormai mi ci ero abituato.

Rimasi perciò a fissare il soffitto, cercando di farle tacere una volta per tutte, quelle voci che non mi davano pace, ma senza risultati decenti a cui accedere, a cui potessi anche solo aspirare.

Mi tormentavano e non mi lasciavano dormire, anche se avevo preso una camomilla alle erbe per tranquillizzarmi sembrava non avere avuto alcun tipo di effetto.

Ogni secondo che passava sembrava ticchettare nella mia mente, quasi un rumore acustico e ripetuto che si ripeteva all' infinito, decisamente fin troppo forte per i miei gusti, ma che lentamente si abbassava, fino a portarmi ad una certa sonnolenza, sparendo, come i pensieri, che finalmente avevano iniziato a diradarsi.

Le mie palpebre scivolavano inesorabilmente verso il basso e i lunghi sbadigli che iniziavo a fare sembravano non finire proprio mai!

Aggrottai la fronte, mettendomi a pancia in giù nel letto, affondando la testa nel cuscino, stringendolo e stritolandolo.

Alla fine, nonostante i frequenti e continui sbadigli, riuscii a cedere totalmente al sonno, mentre la mia vista si faceva nera, per poi ricomparire, insieme al canto delle cicale e ad un bellissimo celo azzurro al di fuori dalla finestra.

-Task?- mi chiamò improvvisamente una voce chiara e limpida, da cui mi sembrava di poter trarre calore per come questa mostrava affetto.

Era familiare e piacevole.

Era una voce che non avevo sentito da tempo, troppo tempo.

-Papà?- chiesi, speranzoso, mentre di fronte a me si stagliavano i vecchi e ben intagliati mobili della mia stanza, tutti di legno di cedro.

-Task, alzati che farai tardi- mi ammonì

L'odore di casa, sentivo l'odore di casa diffondersi lentamente nelle mie narici, provocandomi uno strano brivido che mi saliva e mi scendeva dalla schiena.

-Orsù, sbrigati-

Mi risvegliai immediatamente da quella improvvisa sensazione di torpore che avevo provato, alzando le sopracciglia, scivolando lentamente fuori dalle coperte e schizzando via dalla mia camera, trovandomi davanti mio padre, il quale mi sorrideva, rassicurante.

-Questo é un ennesimo sogno- sussurrai, dando voce al mio pensiero, sospirando, ma continuando a guardare il viso scarno del mio genitore.
Più lo guardavo e più l'immagine di lui, morto, sdraiato al suolo, attaccavano la mia mente.

-Cosa dici Task ! Ma quale sogno!...- rispose dunque lui, allargando il sorriso -Cosa vuoi, che Pyd e Ronnie ti aspettino ancora? Lo sai che é una tua responsabilità nei loro confronti-

Il suo tono di voce era divertito, parecchio divertito, appoggiando le mani ai fianchi e inclinando il capo, come era solito a fare quando stava per ridere ma cercava di trattenersi, gesto che avevo sempre adorato.

In realtà, avevo sempre adorato tutto di mio padre, ogni singolo dettaglio, che fosse arrabbiato o meno.

-Lo so... sì... ora vado- balbettai sottovoce, sbrigandomi a rientrare in camera, rivestirmi e a sistemare la matassa disordinata che avevo come capelli, i quali non stavano fermi neanche se li avessi raccolti in una piccola coda, di quelle che molti miei amici di qui si facevano poco prima di tagliarseli.

-Non fare troppo tardi a tornare, d'accordo?- mi ammonì, ridacchiando

-Certo! Signorsi signore-

Appena fui fuori, abbracciai mio padre, gli baciai una guancia,afferrai un croissant dal tavolo che avevo intravisto poco prima, mettendomelo in bocca e uscii di casa, prendendo a correre per strada con tutta la velocità che potevo raggiungere.

Mi diressi verso la casa di quella vecchia signora, sapendo per certo che Pyd e Ronnie mi aspettavano con impazienza, vogliosi di ricevere ogni tipo di attenzione.

Come la signora, la casa era un po' antica e rovinata, con la vernice in parte scrostata sia all'interno che all'esterno, pareva a vedersi più un magazzino che una vera e propria abitazione e decisamente, se la donna l'avesse messa in vendita, nessuno avrebbe voluto comprarla.

Entrai in essa con la chiave che ella mi aveva dato, guardando la serie di scatoloni appostati alla parete opposta a cui ero davanti.

Erano tutti ammucchiati, confinati in quello spazio per probabile mancanza di voglia.

-Sono qui signora Mortie, Pyd e Ronnie sono lì con lei?-

Una donna vecchia, ricurva, con una serie di rughe sul viso e gli occhi piccoli ,infossati, contornati da profonde occhiaie si fece avanti, camminando lentamente, con il suo bastone mal intagliato a portata di mano e con le pantofole rosse nei piedi, mentre i capelli grigi erano coperti da una fascia.

-No, loro sono chiusi in quella stanza- indicò una porta, dopo ad un piccolo corridoio -Mi hanno infastidita tutta notte, facendo chiasso, perciò li ho messi là, scommetto che appena ti vedranno, ne faranno ancora di più... le mie povere orecchie-

-Non vi hanno detto ancora nulla riguardo a Bridgette?-

-No, lei è sparita, starà vagando per strada o avrà trovato una nuova casa-

-Mmmh... okay, si riposi signora Mortie, ritorni a letto o altrimenti le tornerà il mal di schiena- accennai un sorriso

La donna ricambiò, mostrando la bocca sdentata, prima di annuire e girarsi, avviandosi verso la sua camera da letto, non troppo lontana.

Percorsi brevemente il corridoio e entrai nella stanza che mi aveva indicato.

Era abbastanza luminosa, un po' spoglia, con un armadio a due ante, un letto e un comodino.

-So dove siete- asserii subito, chiudendo la porta dietro di me -Non vorrete giocare a nascondino, vero?-

Udii due versi soffocati e mi avvicinai all'armadio, aprendolo, tirando fuori un sacchetto e due ciotole pulite.

Da sotto il letto sbucò quasi subito Pyd, che zampettò verso di me, miagolando, prendendo a strusciarsi contro le mie gambe.

Non riuscii a trattenere un sorriso, osservando il pelo nero del micio e gli occhi verdi, molto simili per colore ai miei.

-Hai fame, non è vero?- feci, accarezzandolo e grattandogli sotto il collo, facendolo miagolare per tutta risposta.

Un secondo miagolare, più effeminato, giunse da sotto il letto, mentre iniziavo a riempire la ciotola del maschietto con le sue crocchette, che prontamente spazzolò via.

Una gattina dal pelo rossiccio salì sul letto, guardandomi, per poi scendere con fare insicuro e dirigersi a sua volta in mia direzione, annusando prima la ciotola vuota e poi la mia mano, protestando con un verso seccato.

La signora Mortie mi aveva incaricato di dare il cibo alle sue bestiole e a giocare con loro in cambio di delle torte di mele e una paghetta abbastanza sostenuta, siccome lei, ormai, non riusciva a piegarsi particolarmente e nemmeno a restare in piedi per troppo tempo.

Si era fatta ormai troppo anziana per riuscirci.

A breve avrebbe compiuto centocinque anni, di certo si poteva permettere di evitare gli sforzi.

Riempii anche la ciotola della micetta, mentre il maschio concludeva il suo pasto, leccandosi i baffi e riprendendo a strofinarsi contro le mie caviglie, senza interruzioni, facendo le fusa e appoggiando una delle zampe sui miei pantaloni, soddisfatto.

Mi chinai maggiormente, inostrando le dita tra il suo pelo morbido e setoso, coccolandolo per bene.

Decisi di sedermi, portandolo ad acciambellarsi sulle mie gambe.

-Sei molto coccolone oggi, eh?-

L'altra invece, quando finì di spazzolare la ciotola, non lasciando nemmeno un rimasuglio, prese a pulirsi il pelo, passandoci ripetutamente con la lingua ruvida e rosa e ad agitare insistentemente la coda.

Quando Pyd decise di scendere dalle mie gambe, sistemai gli oggetti tirati fuori nuovamente nell'armadio, osservando le cianfrusaglie rimaste.

Vi erano diversi peluche con grossi buchi, alcuni negli occhi, altri nel ventre o nella schiena, palline blu e rosse, sonagli allacciati a luccicanti nastri di stoffa viola tenue, un po' sfilacciati ai bordi inferiori.

Trovai anche una piccola torcia e qualche topolino di gomma.

Li feci giocare a lungo, osservando le loro reazioni, ascoltandoli miagolare e infilando le unghie in ogni giocattolo mentre cercavano di afferrarlo.

Non potei non ridacchiare, o almeno, così feci prima di realizzare che, per essere un sogno, si stava dilungando parecchio.

Mi girai, fissando concentrato la porta da cui ero entrato per dare da mangiare e giocare con i gatti.

Uno di essi mi si appese alla stoffa dei pantaloni, conficcandoci le unghie, facendomi scappare un gemito di sorpresa.

Questo improvviso attacco, sembrò diradarmi quei pensieri, portandomi a continuare a giocare con i due gatti, i quali sembravano fare di tutto per attirare la mia attenzione.

Volevano che giocassi con loro, sempre.

Volevano che rimanessi con loro, che, una volta invecchiati, morissi con loro.

Il micio dal pelo nero e gli occhi verdi sembrava lentamente alzarsi di dimensioni, ma inizialmente non ci feci caso, troppo preso com'ero a farli giocare ad entrambi.

Una parte di me continuava ad urlarmi nella testa, dicendomi che dovevo uscire dalla stanza il più velocemente possibile, scappare a gambe levate, svegliarmi prima che la situazione peggiorasse.

L'altra parte di me però, sembrava non sentire ciò che la prima le diceva, esattamente come quel giorno.

Quel giorno in cui mio padre era morto per uguale causa.

Con questo pensiero, finalmente riuscii a cacciare via la parte di me che voleva continuare a giocare con quei gatti.

Gatti che però iniziavano ad avere una stazza anormale e che, con le ossa che si allungavano sotto il pelo, diventavano sempre più minacciosi.

Indietreggiai istintivamente, mentre Pyd invece avanzava, con gli artigli che sembravano lame di spade.

La testa della femmina si stava corrodendo, Ronnie aveva le orbite decisamente fin troppo ingrandite, con pezzi di carne che si staccavano, lembi che rimanevano penzolanti e ossa esposte.

Continuai a fare passi indietro, sempre più velocemente, sul punto di mettermi a correre, senza staccare lo sguardo dai due mostri.

Mollai una delle palline rosse, che avevo involontariamente tenuto in mano fino a quel momento e raggiunsi la maniglia della porta, aprendola di scatto e cercando di chiuderla alle mie spalle prima che quei cosi potessero superarla a loro volta.

Mi girai, cominciando a correre a perdifiato, trovando davanti alla porta la vecchia signora, sorridente.

-Se ne deve andare! I suoi gatti... i suoi...- prima che potessi completare la frase, sentii un colpo abbattersi contro al legno, un tonfo che mi fece rabbrividire, portandomi ad afferrare la mano della vecchietta e a partire velocemente per raggiungere il più in fretta possibile la mia abitazione.

Correvo così in fretta che l'aria mi mancava e i polmoni sembravano starmi bruciando, mentre il mio cuore mi rimbombava nella cavità toracica, frequentemente, troppo frequentemente, tanto che il battere scandiva i secondi che passavano.

La signora Mortie, ricurva, riusciva benissimo a mantenere il passo, ma prima che me ne accorgessi ero già davanti a casa mia.

La donna continuava a sorridere, un sorriso finto, falso, quasi meccanico.

-Task... Pyd e Ronnie volevano solo giocare con te... c'è qualcosa che non va?- mi chiese, innocentemente.

Le mollai la mano, ma la vecchia me la afferrò prontamente, infilandoci le unghie, graffiandomi la pelle, cercando di inoltrarsi nella carne.

Mi scostai, terrorizzato, chiedendomi che cosa diavolo stava accadendo.

Se era un sogno... perché non mi svegliavo una volta per tutte?

Dopotutto non poteva durare per sempre.

Sentii il sangue uscire dal punto in cui le unghie vi si erano conficcate, scendendo ad una lentezza plateale.

Corsi in casa, bloccando la porta con una serie di mobili, accatastandoveli contro, come fosse un muro, trovandomi davanti, appena mi lasciai il lusso di guardarmi attorno, un uguale scena a quella di quel giorno, se non peggiore, siccome mi veniva mostrata in casa mia.

Mi avvicinai a lui e cercai un qualche modo di trascinarlo via con me, per nascondermi, chiudendomi infine a chiave in una qualsiasi delle stanze, sperando che nessuno potesse trovarci.

Inutile dire che fu vano il mio tentativo, perché appena lo afferrai, sembrò dissolversi nell'aria.

A questo punto, ogni idea che mi passava per la testa, mi pareva inutile.

Un rivolo di sudore mi attraversò la fronte, mentre la paura mi portava a tremare convulsamente.

Fissai l'entrata di casa mia, trattenendo il respiro, quasi soffocando, ascoltando l'accelerato ritmo del mio cuore, che galoppava sfrenato.

In silenzio, cercai di captare qualche suono che potesse simboleggiare la presenza di qualcuno fuori o dentro a casa mia.

Non udivo niente, c'era troppo silenzio, come se l'attesa fosse solo all'inizio e il peggio dovesse ancora arrivare.

Un verso.

Si riprodusse solo un verso, o più che altro, un lamento roco e gorgogliante.

Mi paralizzai anche di più di quanto già non fossi prima, serrando la mascella, mentre un altro lamento seguiva il primo.

Passai lo sguardo su ogni lato della casa, ripiombandolo infine su quella porta di legno.

Mi venne in mente l'albero che sporgeva di fronte alla finestra di camera mia, quello su cui mi ero arrampicato spesso da piccolo.

Forse salendo lì sopra, avrei potuto osservare dall'alto la situazione, senza farmi troppo notare.

Che poi, probabilmente i due gatti avevano già sfondato la porta della stanza in cui erano stati rinchiusi.

E forse anche quella dell'entrata in generale.

I lamenti erano dunque della vecchia? Probabilmente era anche lei della stessa specie.

Scossi il capo con decisione.

Ogni dettaglio di questo incubo era a dir poco orribile, mi stava confondendo.

Perché stavo sognando una cosa simile?

Non ne potevo più.

Volevo svegliarmi, preferivo mille volte l'allenamento con Will, Diana, Nemes e gli altri che questa tortura mentale.

Inghiottii la saliva a fatica, mentre mi affrettavo a muovermi e a raggiungere la mia stanza, sporgendomi verso la finestra e appoggiando la pianta del piede al ramo davanti a me.

Scorsi la figura della vecchia da lì, notando che i due gatti le erano vicini.

La vecchia li accarezzava con dolcezza, sussurrando parole sottovoce, mischiandole con i lamenti che avevo sentito poco prima.

Sembrava, per qualche attimo, che cantasse, cambiando spesso tono di voce, passando da aggressiva a passiva.

Cercai di reggermi in equilibrio sul grosso ramo, mentre avanzavo disperatamente verso la sua corteccia, mordendomi il labbro inferiore.

Potevo sentire il sangue scendere ancora dalla ferita, gocciolando silenzioso, indebolendomi.

E finalmente riuscii ad aggrapparmi al busto dell'albero, tacendo, continuando ad ascoltare quella cantilena bizzarra, mentre la vecchia sembrava miracolosamente drizzarsi di un poco.

Le ossa emisero un sonoro schiocco che mi fece sobbalzare dallo spavento, senza però emettere un suono.

Lentamente, la vecchia smise di cantare, mentre i capelli grigi cadevano, la pelle si sbiancava, rinsecchiva e scendeva a pezzi, mostrando lo scheletro completo, allungando quelle che avrebbero dovuto essere le sue mani, mostrando invece due arti coperti da fuliggine e occhi verde- gialli, come quelli dei due gatti, i quali, per l'appunto, sembravano non possederne più.

Mi tappai la bocca per non urlare, mentre mi saliva un conato di vomito e mi si restringeva lo stomaco come mai era accaduto prima d'ora.

Quella fuliggine, svolazzante, trasportata da probabili correnti d'aria, la avvolgeva quasi completamente, tanto che il resto del corpo quasi non si vedeva.

-Task... gioca con noi... Taaask, abbiamo tutta la vita davanti...- una voce femminile mi chiamava, emettendo quelle che parevano delle fusa, mentre i secondi scorrevano ad una lentezza disarmante -scendi dall'albero-

Se poco prima avevo faticato a respirare, con l'agitazione alle stelle, ora era anche peggio.

"Sanno dove sono" il pensiero mi attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno, lampante e vivo, seguito dalla consapevolezza di essere in trappola.

Di essere stato in trappola sin dall'inizio e di averlo realizzato solo ora.

Di non avere scampo.

-Task- di nuovo la voce femminile, stavolta un po' più strana, come se fosse mischiata ad un'altra

-Task, ... è pericoloso stare lassù, potresti cadere... perciò, scendi-

-No- sibilai, stringendomi maggiormente alla corteccia, cercando di recuperare un po' di lucidità mentale.

Certo, era un po' difficile, ma in qualche modo dovevo pure fare.

Non potevo rientrare in casa.

Era una mossa prevedibile e poi, una volta dentro? Cosa fare ?

Doppiamente in trappola.

Non potevo fare altro che rimanere sull'albero?

Quanto tempo potevo rimanerci sopra senza rischiare di cadere da un momento all'altro?

Presi a studiare ciò che avevo attorno, ma senza trovare vie di uscita.

-Scendi !-ordinò di nuovo la voce, intimidatoria come non mai.

Ed ecco che partirono, tante voci come quella che mi ordinavano di scendere dall'albero, di giocare con loro, di morire, mentre contemporaneamente altre chiamavano il mio nome, a basso volume.

Mi sembrava di impazzire.

Mi distaccai dalla corteccia, per mettermi la mani sulla testa e spegnere quel frastuono, ma senza volerlo, persi l'equilibrio, cadendo perciò dall'albero, pronto a schiantarmi al terreno, o peggio, venir divorato da quei mostri-gatto.

Ma né giunse l'impatto, né fui divorato.

Mi risvegliai improvvisamente nel letto della stanza nella Montagna sul Lago, intriso di sudore, boccheggiando.

-Stai bene?- la voce di Guy mi fece sobbalzare dallo spavento, portandomi a spalancare gli occhi

-Che ci fai qui nella mia...-

-Oh, tranquillo, sono solo venuto a controllarti visto che hai dormito per quasi un giorno intero- obiettò lui.

Se ne stava a braccia incrociate, con una gamba accavallata sull'altra, seduto sulla sedia affianco all'armadio

-Cos... che ore sono?-

-Mmmh... le cinque e mezza del pomeriggio, domenica- asserì, sbuffando -Hai fatto preoccupare praticamente tutti e ci siamo dati dei turni per controllarti-

Tacqui, alzando il sopracciglio e scivolando fuori dal letto.

-Probabilmente ora sono tutti in biblioteca, anche se, prima, alcuni di loro se ne stavano appostati alla porta... tra cui Diana- alzò gli occhi al cielo, sospirando -Su, andiamo, hai bisogno nettamente di mangiare qualcosa-

Feci per avanzare verso la porta, prima di bloccarmi, dando vita ad un pensiero -Perchè ora ti comporti così? Ieri con il fatto del riposare, oggi del mangiare, e se non sbaglio anche qualche giorno fa nell'impugnare la spada... non sarai mica diventato improvvisamente un empatico, vero?-

Lui fece una smorfia -Affatto- rispose, sollevandosi dalla sedia, girandosi verso la porta -Semplicemente lo so e basta-

-Perché ci sei passato anche tu?- azzardai, alzando la voce e inclinando la testa, squadrandolo.

Dal suo atteggiamento sembrava proprio quello e la risposta alla mia domanda non fu a parole.

Mi bastò vederlo irrigidirsi per capire che avevo fatto centro.

-Muoviamoci- sbottò, seccato, aprendo la porta e passando oltre, cosa che mi portò ad imitarlo, alzando le spalle e passandomi una mano tra i capelli per il nervoso.

E non potei non chiedermi se per caso anche Nemes fosse stata preoccupata.

Mi riscossi, cancellando il pensiero 

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Capitolo 9
*** capitolo 8- Volo ***


Task

Trattenni appena il respiro mentre facevo capolino con rapidi passi nella enorme biblioteca, le cui pareti erano illuminate da una luce fioca e , nonostante tutto, calda, la quale si sparpagliava per le mura, togliendo l'effetto ottenebrante delle pareti grigie e rigidamente di pietra, con piccole scavature e crepe, un tantino a disagio per quello che avevo sentito dire da Virgil, il quale mi camminava a fianco, perso nei pensieri.

Forse ero troppo sciocco ad essere così, era quasi un atteggiamento da bambini in effetti, dovevo solo stare un po' calmo, ma, davvero, non mi era possibile, non oggi, non in questo singolo istante.

Ogni passo che facevo simboleggiava un macigno sulla testa, mi sentivo sprofondare sotto terra e pestare fino ad essere ridotto polvere.

Il sapere di aver fatto preoccupare quasi tutti, Silver era da escludere ovviamente , mi metteva in soggezione e in totale disorientamento, quasi sottosopra.

Non avrei mai voluto farlo, non era mia intenzione e tutt'ora avrei voluto cancellare la cosa dalla mente di tutti.

Presi un grosso respiro, cercando di rilassarmi, svuotando la mente, così da poter evitare l'imbarazzo che m'albergava dentro, mentre vedevo Diana girarsi, mollare il volume scuro che teneva tra le mani -dall' aria abbastanza ammuffita se dovevo proprio ammetterlo-, appoggiandolo in uno degli scaffali davanti a lei e avvicinarsi a me, per poi aprire la bocca, come per dire qualcosa.

-Non tormentarlo di domande insensate, gli faresti venire un emicrania-asserì Guy poco prima che la ragazza dai capelli nivei potesse anche solo proferire parola, cosa che la portò a scoccargli una netta occhiata di rimprovero.

-Spiritoso... comunque non volevo assillarlo- borbottò seccata -Semplicemente volevo sapere se stava bene- tornò a fissarmi, con un sorriso dolce che mi portò a ricambiare.

Il Buio sospirò-Sempre la solita impicciona in pensiero per tutti, neh?- disse queste ultime parole con un tono pienamente sarcastico e non privo di disappunto, per poi mettersi le mani in tasca e allontanarsi di buon grado con aria seccata... il suo solito insomma.

Ad essere sinceri, mi sembrava strano che lei non gli fosse già attaccata, ma tanto.

La mancanza della sua presenza, sempre appiccicata al suo braccio peggio che una sanguisuga doveva essere una sorta di benedizione divina, una rarità a cui assistere, impossibile da dimenticare.

Forse non gli si era addossata perché lui era venuto a controllarmi e a lei non interessava niente del mio conto, perciò aveva preferito tenersi a distanza.

Probabile, decisamente un sí, anzi, sicuramente.

Era da lei dopotutto, siccome, a parole sue, ero il meno 'interessante' del gruppo, o, per riassumere, uno di cui fregarsene.

"Manco fossi senza cervello"

Mi limitai a scrollare il capo, rimuovendo tali pensieri dalla mia testa e dunque a tornare con l'attenzione a Diana, che pareva nuovamente raggiante.

-So che ormai ti aspetti che te lo chieda... e in un certo senso so anche la risposta, ma mi và di chiedertelo... é tutto ok?- domandò dunque lei, sorridendo ancora, premurosa.

Annuii semplicemente, osservandola inclinare il capo con un sussurrato -Meno male-

Mi prese la mano, stringendola appena, mollandola infine e incitandomi a seguirla nella biblioteca, senza fare altre domande, cosa per cui la ringraziai mentalmente.

La succedetti rapido, trovandomi a fissare scaffali su scaffali, le pile di libri tutti ammassati gli uni su gli altri, vecchi e appena un po' polverosi sulle copertine ormai mal ridotte.

-Certo che ti sei perso buona parte dell'unico giorno in cui siamo liberi di fare ciò che ci và... sei decisamente sfortunato-

-Meglio oggi che un giorno in cui Lyfia avrebbe potuto dirmi su- ribattei immediatamente

L' idea di ricevere un immediata ramanzina da quella donna che non si capiva se ci lodasse o ci odiasse , già mi seccava

-In effetti... - interruppe la frase con un attimo di finta aria pensierosa che mi portó a sorridere in modo sempre meno forzato -Devo dire che hai ragione anche tu, mister candelabro- mi fece un occhiolino, aggiungendo una 'V' di vittoria con le dita, mentre il suo tono tornava scherzoso

-Smettila, lucciola- le scompigliai rapidamente i capelli, facendola brontolare a mezza voce con un finto broncio.

Dopo aver girato appena mezza biblioteca alla ricerca di Will e Nemes, li trovai apprestati a leggere, uno con il libro in un' unica mano, l'aria persa in quelle righe e lo sguardo che brillava di gioia più si addentrava nella lettura, l'altra che appariva stressata, le sopracciglia aggrottate e una pessima aurea che sembrava circondarla.

Il libro lo teneva con entrambe le mani, le quali tremavano appena mentre girava le sottili pagine che sembravano sul punto di cedere ad ogni sfogliata.

Il suo sguardo era preoccupato, il bronzo aveva una tonalità appena più scura del solito che si oscurava man mano che girava.

Sobbalzai a realizzarlo, perplesso, bloccando il respiro istantaneamente.

Facevo davvero così tanto caso a lei da poter capire la tonalità dei suoi occhi ? Dopotutto, chiunque avrebbe detto forse che il colore era lo stesso di sempre.

Eppure io vedevo la differenza, mi sembrava così naturale volerla osservare, magari mentre lei non lo notava.

Sembrava tesa, un po' innervosita forse e tentennante.

Ma era comunque adorabile da guardare.

E io mi sarei preso a schiaffi per aver formulato un pensiero simile.

"Accidenti... ma quanto sono stupido. Se lo avessi detto a voce alta poi ... "

Ci avvicinammo fino ad essere davanti a loro e io cercai di non fissare troppo la ragazza che in questo momento, proprio mentre levavo lo sguardo da lei, mi stava guardando con aria indagatrice.

Sotto i suoi bellissimi occhi bronzo, sentivo la pelle andarmi a fuoco e le guance accaldarsi fino a diventare bollenti.

"E non di certo per colpa dell'Elemento " mi dissi mentalmente, mentre trattenevo una risata sarcastica.

A loro volta mi chiesero se stessi bene, praticamente in contemporanea e la risposta fu un sì che sembrava avessi sputato fuori con frustrazione , anche se lo dissi cercando di sembrare naturale.

Non mi ero mai, ma dico mai, sentito così a disagio, non con nessuna ragazza.

Lei era la prima a farmi questo effetto.

Conversammo un po' su vari argomenti, i quali ci venivano alla mente solo guardandoci attorno e io cercai di sentirmi il più disinvolto possibile, cosa che accadde fortunatamente dopo un paio di minuti, via via più rapidi e graditi.

In effetti, nonostante tutto, forse non ne valeva nemmeno la pena esser teso, non per Nemes, non per averli fatti preoccupare.

Mi piaceva essere insieme a loro tre, mi appariva normale, come se lo facessi da una vita.

Loro quattro contando Guy, anche se ovviamente preferiva starsene seduto ad ascoltare.

Era piacevole e dovevo ammettere che, per quanti amici mi fossi fatto nella mia città, loro li superavano alla grande.

Realizzandolo, sorpresi pure me stesso.

Ci conoscevamo da poco meno di un mese, ma nonostante tutto li preferivo davvero, forse perché, pensandoci bene, con gli altri non mi ero mai sentito del tutto a pari passo.

-Dunque? Quando potremo andare nella tipologia addestramento? Guy l'ha chiesto a Lyfia?- domandai, incuriosito

Will annuì di risposta con un rapido cenno di capo, facendosi uscire un breve sospiro che mi fece sorridere appena -Lo ha fatto e la risposta è stata semplicemente uno stizzito 'magari domani'... avresti dovuto vedere con che aria lo ha detto... sembrava che le avesse chiesto di dare fuoco ai giardini-

Ridacchiai divertito, passandomi una mano tra i capelli -Ah, beh, purtroppo non è stato così, ma probabilmente mi sarei goduto la scena-

-Per me non ti sei perso nulla- commentò assorta Nemes, alzando appena lo sguardo dalla copertina del vecchio volume che teneva tra le sue delicate, effeminate e lunghe dita, lasciando che vagasse brevemente in aria, sfiorando il mio e tornando a posarsi sul libro, apparentemente in difficoltà a reggerlo a lungo senza aggiungere un po' di impaccio.

Diana di risposta rise, sempre più luminosa di gioia.

Sprizzava felicità da tutti i pori, così tanto che proprio, al solo guardarla mi sentivo tranquillo, rilassato, forse un po' troppo contando i pensieri che ultimamente ferivano la mia mente come lame di pericolose spade.

-Comunque Task, dovresti fare una visitina a Gylnis- scherzò lei -Dopotutto aspetto ancora il momento in cui le chiederai di sposarti-

Sbuffai, scuotendo il capo -Sposatici tu e lasciami in pace- cercai di dirlo con il tono più serio possibile, ma con scarsi risultati, finendo col condire il tutto con una breve risata.

Una risata che si spense quando vidi arrivare Silver che tirava insistentemente la manica di Nightshadow, mostrandogli tutti i tomi che trovava nel giro di cinque metri attorno a lei.

-Quasi quasi ci vado, peró- finii col dire, sviando lo sguardo -Che male c'è nell'andare da Hurricane e gli altri? Dopotutto non ho voglia di leggere e non credo di avere nemmeno la concentrazione tale per poter seguire delle righe senza finire con ripeterne una almeno cinque volte... voi potete restare qui se volete continuare-

-Mmmmh- l'espressione di Cathy pareva incerta ora, con un accenno di preoccupazione -Vuoi che venga con te?-

-No, va bene così...- iniziai, prima di venire interrotto dalla Terra, la quale appoggiò la propria lettura in uno scaffale -Ti accompagno io... non va nemmeno a me di leggere... quindi...ti seguirei se posso, a meno che tu non mi voglia tra i piedi-

Questa richiesta mi sorprese abbastanza, ma decisi di non fare commenti al riguardo e ad accettare l' offerta.

-No, no, va bene...- feci una pausa mediamente lunga - ci vediamo dopo-

-Non arrivate tardi a cena, eh?-

-Assolutamente, non accadrà!-

Io e Nemes dunque ci sbrigammo ad uscire dalla biblioteca, scivolando per i corridoi, io con le mani ficcate tra i capelli, lei dietro la schiena, le dita incrociate tra di loro, quasi fossero incastrate.

Non parlammo fino a che non raggiungemmo le 'stalle' dei pegasi, anche queste ben illuminate dalle braci provenienti dalle torce appese alle mura, le quali sembravano accompagnare il nostro cammino.

Fissai gli animali nelle stalle, concentrandomi sui loro occhi scuri.

Quelli della polla erano sempre schernitori e fastidiosi.

-Quale vuoi fare?- le chiesi, afferrando una delle spazzole appoggiate ad un ripiano in legno, vicino allo spazio di Gylnis, facendo finta di niente.

-Mmmmh... io volevo occuparmi di Felix-

-Vuoi che ti dia una mano?- glielo chiesi tranquillamente, evitando il contatto visivo, appoggiandolo sulle briglie dondolanti di un marrone scuro, probabilmente intrecciate con materiali che non sapevo ben definire, legate a dei piccoli ferri lucidi attaccati al muro che scendevano verso il terreno a mo' di uncini, un po' storti e mal messi, quasi sicuramente per la vecchiaia dei pezzi.

-No, va bene così, al massimo condividiamo Gylnis- rispose, passando la mano sul muso lungo del pegaso denutrito, il quale stava mettendo su qualche chilo, il giusto per renderlo resistente.

-Anche tu vuoi che me la sposi?- feci, fintamente esasperato, alzando gli occhi al cielo.

Lei arrossí così tanto che le si colorarono anche le orecchie -In realtà non era questo... cioè... io... -

Avrei voluto scoppiare a ridere, ma mi trattenni a stento.

Non capiva proprio quando scherzavo e questo la rendeva comica e ancora più carina, mentre si sforzava di rimanere calma e di non diventare impacciata più di come già non fosse.

-Va bene, capito, non indago e ci dividiamo la polla col pelo- asserii, lanciando un occhiata storta al pegaso femmina, la quale di tutta risposta agitó la criniera, scuotendola con un accenno di fierezza che mi fece alzare il sopracciglio, un po' seccato e infastidito -Quando hai finito, dimmi qualcosa-

-D'accordo- rispose, affrettandosi ad aprire il box, ad entrarvi e a chiuderlo dietro di sé , una delle mani impegnata ad afferrare un secchio con acqua e una spugna gialla praticamente zuppa.

Le lanciai un ultimo sguardo prima di avvicinarmi ad Hurricane con la spazzola, imitando Nemes nell' aprire e richiuderla subito, per evitare che si spostasse e che tentasse di uscire, rischiando di strozzarsi per via delle corde e delle cinghie che lo obbligavano a non volare fuori dalla stalla.

Passai una mano tra le sue ali, lisce e incredibilmente soffici nella loro consistenza, le piume che mi scivolavano tra le dita, provocandomi lievi brividi sulla schiena e una pelle d'oca che spariva subito dopo.

Lo continuai ad accarezzare fino a renderlo tranquillo, facendogli smettere di strisciare gli zoccoli contro il terreno per il nervosismo.

Iniziai a spazzolare la parte più vicina all' omero, tracciando segni concentrici e continui, interrotti solo da qualche cambio di direzione, spostandomi di altezza -verso il basso- dopo una trentina di essi, raggiungendo presto le scapole della bestiola e continuando lungo tutto il suo pelo, rimuovendo quelli intrappolati nella spazzola ogni qualvolta concludessi un arto.

Quando finii lo spazzolamento, appoggiai l'oggetto sul mobile da cui l' avevo preso, scavalcando la parte inferiore del box, passando all' afferrare qualche zuccherino e porgerglielo.

-Secondo me hanno voglia di muoversi un po'... stanno fermi per troppo tempo- borbottó Nemes, sottovoce, probabilmente tra sé e sé, mentre strofinava la spugna contro il suo fianco.

-Beh, non li fanno uscire...-

-Già- il suo tono era abbastanza rassegnato, mentre scendeva dai fianchi alle lunghe ed esili zampe -Sarebbe davvero bello portarli fuori un po', il giusto per farli sgranchire-

-Ma non sappiamo se possiamo oppure no...- asserii, avvicinandomi a Gylnis non completamente volendo farlo, prendendo un secchio ed una spugna per procedere con Gylnis, la quale era più sporca rispetto ad Hurricane, cosa che si notava benissimo dal pelo opaco e intriso di polvere.

Aspettai che la castana finisse di lavorare su Felix, avvicinandomisi, per tirare fuori la spugna ed iniziare a strofinare.

Lei mi imitó dall' altra parte del pegaso.

Mentalmente mi dicevo di non fare o dire cose stupide, di cui in qualche modo mi sarei potuto pentire.

Un pensiero giunse improvviso alla mia mente.

-Tu hai paura delle altezze giusto?-

Lei rispose con un rapido cenno di capo, per poi continuare -E ho il mal di mare-

-Sfortunata-

Lei alzó le spalle con indifferenza, sospirando -La seconda me la tengo di certo, ma vorrei farmi passare la prima... ho letto che per riuscirci bisogna abituarsi al vuoto-

-Vuoi che ti aiuti a farlo? Dopotutto pure a me danno un po' fastidio le altezze, soprattutto quando si scende velocemente. Forse ci diranno su, ma é un bene per te e anche per me, siamo giustificati... se poi Lyfia ci dirá su, mi prendo le colpe io-

Lo dissi quasi involontariamente, senza rendermene conto prima che lei annuisse un po' incerta.

Avrei voluto mordermi la lingua dalla mia stupidità, saremmo finiti in guai seri e solo per colpa mia e della mia testa.

"Sono un deficiente " pensai, poco prima di vederla sorridere timidamente, sussurrando un -grazie-

E guardandola sorridere, il pensiero di aver detto una stupidata si cancelló, lasciando il posto a una vocina nella mia mente che mi diceva che ne valeva davvero la pena.

Per il suo sorriso, anche una punizione non mi avrebbe dato problemi.

Finimmo il trattamento su Gylnis, con la quale scambiavo continuamente occhiatacce ben assistite.

-Quale utilizziamo? Hurricane ci trasporterebbe tranquillamente entrambi... a meno che non vuoi stare da sola su uno di essi-

-No, non voglio morire, vada per il tuo Pegaso-

E in quattro e quattr'otto sistemammo la sella sulla sua schiena, slegandolo e sedendoci su di lui.

Sentivo i suoi muscoli sotto le gambe e le braccia di Nemes allacciate al mio petto.

-Pronta?- la guardai dritta negli occhi, sorridendole

-Sí-

Diedi un leggero calcetto al fianco del pegaso, facendolo partire, dapprima lentamente, poi accellerando fino a raggiungere gli scalini e spiccare un balzo, sbattendo le ali, mostrando l' esterno.

Il panorama era mozzafiato, il cielo coperto da nuvole bianche, candide e spumose che coprivano l' azzurro puro del cielo.

Le sue braccia si strinsero dalla tensione, mentre sentivo il suo respiro affrettarsi e diventare irregolare e disconnesso.

-Calma- glielo sussurrai , lasciando il cavallo fermo in un punto, sbattendo le ali per tenerci sollevati -Devi abituartici, non hai paura, se te ne convinci, ti passa-

Fissai il lago sotto di noi, lucido, scorrendo lo sguardo sul paesaggio, cercando di vedere la barriera che ci circondava.

-Possiamo andare?- chiesi dopo un po', sentendola tranquillizzarsi man mano che il tempo passava.

-Puoi- confermó, cosa che mi portó ad incitare il Pegaso a muoversi, saettando silenzioso nell' aria, tracciando percorsi invisibili e svolgendo curve, cercando di non farle diventare in qualche modo esagerate per non spaventarla.

L' aria sembrava trapassarci e tagliarci più i secondi passavano, facendosi fredda, mentre la luminosità diminuiva e lei si abituava, rilassandosi e stendendo ogni singolo muscolo che era stato duro e rigido in precedenza.

Sentivo il mio battito cardiaco accelerato perfino nelle tempie, ogni particella di me che si sentiva in coesione con ciò che ci era attorno.

-Non é male... funziona, credo- disse, prendendo un grosso respiro

Le sorrisi, girandomi a guardare la sua espressione, per essere sicuro che fosse così.

Aveva tutti i capelli lunghi che apparivano impazziti, erano sollevati dalla corrente che li scompigliava, li agitava in aria come se fossero vivi e glieli sbatteva in faccia, soprattutto verso la bocca, facendola ridere, portandomi ad arrossire al vederla così luminosa di gioia.

Anche i miei non erano da meno, si dimenavano , disordinati come pochi, librandosi e appoggiandosi alle mie palpebre prima di risollevarsi ancora.

Feci sfrecciare ancora il Pegaso, circumnavigando la montagna, attraversato da brividi caldi e freddi provocati dal vento.

-Scommetto che Will lo adorerebbe- asserii, accarezzando il pelo del cavallo alato, liscio e morbido.

-Lo amerebbe, sicuro-

Volammo per una decina di minuti prima di tornare verso l' entrata, scendendo a gradi e tornando alle stalle.

Ritornammo così nella stanza, facendogli percorrere tutte le scale in volo, per poi atterrare nella meta desiderata, scendendo da Hurricane appena fummo davanti al box, portandolo dentro e rilegandolo.

Ci avviammo subito verso la sala da pranzo, non potendo fare altro che accelerare il passo.

-Ti é piaciuto quindi-

-Alla fine sí, mi sono divertita, credo che almeno la paura delle altezze possa davvero passare...anche se credo che, nonostante questa volta,la prossima torneró ad esserne spaventata... C'è bisogno di più tempo e più tentativi, credo-

-É un bene peró che tu stessa voglia provarci-

-Lo credi?-

-Sí e penso anche che tu sia davvero determinata per il volerci provare-

-Oh... Grazie - la vidi sorridere appena, molto incerta

E mentre ci sbrigavamo ad arrivare, circa a metà strada, io e Nemes ci trovammo afaccia a faccia con Silver, la quale aveva un espressione così seria che capii subito che voleva parlarmi.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9- Sfida ***


Silver

Fissai lo smeraldo dei suoi occhi per una ventina di secondi, quel verde che sapeva di gioia e una felicità mai vista in lui, se non poco prima e che si era trasformata subito dopo in una forte ostilità, piena di rabbia, di nervosismo, seccatura e furia  appena si era scontrato contro i miei.

Aveva la testa leggermente inclinata, i capelli scompigliati sulla fronte e le guance un po' rosse verso il naso.

Nemes era dietro di lui, anche lei circa simile per i capelli e il rossore, la quale mi guardava con un aria agitata, un po' tentennante  e a disagio per quello che sarebbe potuto accadere da un momento all' altro.

E in effetti, forse, doveva esserlo.

Mi concentrai soprattutto su di lui, facendo diventare la ragazza della Terra un semplice dettaglio della situazione, lasciando che Task avanzasse fino ad affiancarmisi, mentre, infine, distoglieva lo sguardo, fingendosi indifferente, con un espressione  distaccata e priva di interesse e di una vera vitalità.

Storsi il labbro inferiore, cercando di reprimere il fastidio costante che mi comportava il suo modo di fare, portandomi ad esibire delle smorfie senza pari.

Non mi parló e fece per superarmi, facendo finta che non esistessi, di nuovo, come ormai si comportava ogni singolo giorno, ma lo bloccai con il braccio ancora prima che potesse riuscire nel proprio intento.

-Cosa diamine ti vuoi, Watersea?- sbottó, sottolineando il mio cognome, utilizzando un tono che avrebbe portato chiunque ad avere i nervi a fior di pelle.

La sua domanda, non solo per il tono, mi fece venir voglia di mollargli un pugno dritto in faccia, cosa che mi trattenni con tutta me stessa dal fare.

-Ma non é praticamente ovvio?- domandai, subito dopo aver buttato fuori un respiro con tutte le emozioni che stavo provando, lasciando che parte della sua freddezza cadesse, per portargli un incertezza perfettamente dipinta sul suo viso, che venne irrimediabilmente cancellata da quella maschera.

Quella maledetta e stupidissima maschera che portava ogni giorno, coprendo idioticamente quello che vi era sotto.

-Allora? Cosa sarebbe? Dimmelo e facciamola finita- Task si mise la mano sinistra sul fianco, mentre la destra si cingeva lo stomaco con un accenno di atteggiamento stizzito.

-Esatto. Facciamola finita. Ti sfido a combattere contro di me. Stasera, non un giorno di più, non un giorno di meno-

Ed eccolo, di nuovo.

Lo sguardo in fiamme, bruciante e rabbioso, ancora più vivo, sembrava cercare di lacerarmi internamente.

Quello sguardo che preferivo mille volte rispetto a quello indifferente.

-Chi ti dice che accetteró?-

-La tua espressione... ed il fatto che me lo hai chiesto-

Nemes fece per fare un passo in avanti, con aria sempre più preoccupata, mettendosi in mezzo.

-Non fatelo, non ha senso e rischiate solo di farvi del male... cercate di essere ragionevoli ! Tutti e due- mi lanciò uno sguardo di preghiere silenziose, che probabilmente fece anche a Task -Davvero, non fate scemenze-

Task tacque brevemente, appoggiando la mano alla spalla della castana che continuava ad osservarci implorante.

Per un attimo mi si strinse lo stomaco a quel gesto, ma non ci feci particolarmente caso, perché avevo di meglio nella mente.

E sapevo, sapevo cos'avrebbe risposto comunque.

-Accetto la sfida-

Le preghiere di Nemes non bastavano a convincere nessuno dei due.

Non c'era modo per farci cambiare idea.

Non a me, che non sopportavo la fase di stallo, che volevo affrontarlo in maniera seria da quando lo avevo incontrato.

Non a lui, che probabilmente era della stessa opinione e che, poco ma sicuro, mi detestava con tutto sé stesso.

-Cos... no! Siete due scemi! Avete davvero intenzione di...-

-Nemes- la zittii, interrompendola, mentre la vedevo tremare appena, come se un brivido le avesse attraversato la schiena.

-Normalmente non combatterei mai contro una donna- commentó Brandon, voltando lievemente il capo all' indietro, lo sguardo abbassato, come se stesse rimpiangendo qualcosa, per poi riscuotersi e tornare a guardarmi negli occhi -Ma per te faró un eccezione-

-Beh, meglio, così quando ti batteró sarò che ti sei impegnato e che, dopotutto, non sei così una femminuccia...-

-Non crederai di averla vinta ancora prima di iniziare... vero, principessa?- ringhió, sibilando il suo disprezzo e buttandolo fuori senza alcun problema, senza nasconderlo.

'-Principessa, vieni da papà-'

Serrai la mandibola all' ultima parola, mentre reprimevo le immagini che mi si formavano nella testa, cercando di cancellarle.

'-Ma come sei brava... principessa, oggi io e tua madre andremo al mercato... torneremo presto... tu gioca pure coi tuoi amici-'

Concentrai tutta la indisposizione e tutta la rabbia scatenata da quei ricordi contro di lui, non smuovendo i miei occhi dai suoi nemmeno di un millimetro

-Taci-

'-Fai la brava, mmmh? Ce lo prometti?-
-Sí-
-Prometti, prometti?-
-Sí, promesso, promesso-'

Senza distogliere lo sguardo l'uno dall' altra, seguiti da Kleo, la quale sembrava così tesa che la sua sola espressione riusciva a trasmettere angoscia, ansia e paura, ci dirigemmo verso la stanza degli allenamenti.

Una volta lì, non potemmo fare altro che entrare entrambi nella prima area possibile, una vuota, siccome probabilmente vi sarebbe dovuto essere il nuovo Elemento, come aveva appunto detto Diana, forse c'era e avrebbe dunque dovuto occuparlo, area che creó uno scudo trasparente intorno a noi, una barriera invisibile che si formava ogni qualvolta ognuno di noi entrasse.

La copertura mi sembrava più sottile del normale, ma forse era solo una mia impressione.

Lanciai un occhiata a Nemes che era fuori dallo spazio, che cercava di avvicinarsi di più per capire.

Un secondo sguardo lo mandai invece al portone della tipologia addestramento.

Era aperto quasi completamente, il portone oro era contro il muro e la luce multicolore al suo interno lo tingeva per sette ottavi, mentre la rimanente parte era completamente nera.

Entro mattina sarebbe stato dunque pronto e ci saremmo passati attraverso per iniziare la tipologia addestramento, la quale non ci era stata spiegata per il momento, anche se, dal nome, si prospettava un attività interessante.

-Vogliamo cominciare?- chiesi, abbassando la mano e scuotendola appena, mentre le emozioni scattavano e mi portavano a creare una bolla d'acqua che aumentava di grandezza di secondo in secondo, cosa che mi portó a dividerla in più parti, mentre Task accendeva una fiamma rossa nel centro del palmo della mano.

-La sfida consiste nel buttare l' avversario a terra per primo- feci una pausa -Chi perde sarà costretto ad eseguire un ordine del vincitore-

Task non rispose, ma la fiamma nella sua mano si ravvivó in un modo tale da farmi capire che aveva compreso pienamente il concetto.

Divisi l' acqua e le bolle con le dita, spargendo le gocce in aria, quasi dilatandole, mentre l' acqua esplodeva di getto, seguita dalla difesa ferma delle fiamme attorno a Josh.

Lo vidi farsi circondare da fiammelle rosse, le quali lo accerchiarono a mo' di orologio, come se componessero la meridiana e gli ruotavano attorno, quasi fosse il sole e loro i pianeti che avevano bisogno della sua luce, come se non potessero farne a meno e che, se non fossero state tutte attorno a lui, ci sarebbe stato uno squilibrio totale.

Lo riattaccai, facendo saettare il braccio destro verso la schiena, portando diversi spruzzi d'acqua, parecchio irregolari e a ritmo confuso e disparato contro Task, il quale si difese ancora, innalzando attorno a sé una muraglia di fiamme, la quale partiva dalla meridiana accesa, sollevando vapore acqueo a più non posso.

Sferrai un terzo colpo ma verso il basso, eppure la meridiana di fiamme riuscí a difenderlo ancora.

Il quarto colpo lo mandai sia sopra che sotto, strizzando appena lo sguardo per essere sicura della mia teoria.

Inutile dire che quel piccolo muro di fiamme riusciva perfettamente a difenderlo ovunque io tentassi di aggredirlo.

Ad ogni attacco che sferravo, però , avanzavo di uno, due passi verso di lui, mentre Fireburns rimaneva immobile, in quel posto, lo sguardo che sembrava diventare sempre più incandescente, come se volesse cambiare colore, come se diventasse giallo da un momento all' altro.

E quando fui abbastanza vicina, potei riconoscere la posizione esatta della fiammella centrale, la quale era, nel caso in cui fosse stato per davvero un orologio, il numero dodici.

Avevo seguito con lo sguardo tutto il tempo quelle lingue di fuoco rosse e scintillanti, le quali non smettevano di muoversi attorno a Josh, mentre perlopiù sembravano accellerare il proprio ritmo nel girare.

Lanciai un altra serie di colpi da vicino, i quali non raggiunsero l' obbiettivo ma servirono piuttosto a distrarlo, a fargli da diversivo per il colpo veramente necessario che ero pronta a sferrare una volta per tutte prima di passare alla seconda parte.

E lo lanciai, dritto in quel dodicesimo lume evanescente, il quale si spense, facendo scontrare i restanti tra di loro.

-Non avevi detto che avresti fatto un eccezione nel combattere contro di me?-

-Infatti é così- una scia di fuoco partì dal suo palmo e la vidi schizzare verso la mia direzione, seguita da diverse altre subito dopo, le quali sembravano all'inizio volermi colpire, ma che poi sparivano a tutt'un tratto.

Perplessa, cercavo di difendermi, ma la realtà era che proprio non serviva e senza neanche doverci provare potevo colpire a mia volta.

-E con queste finte fiamme... cosa vorresti dimostrare? Non mi hanno fatto nemmeno il solletico- sbottai sulla difensiva

-É quello che credi tu- ribattè dunque lui, l' espressione seria di chi non mentiva, di chi si stava preparando a fare qualcosa di particolare e ben meditato.

Che poi, quando lo avesse ideato, era difficile dirlo.

Sentivo lo sguardo di Nemes addosso, il quale quasi mi portava dei brividi sulla pelle per la serietà e l'attenzione con cui ci osservava combattere, senza dire nulla, senza fare stupidi e fastidiosi commenti .

Perlopiù la vidi scioccata, anche se non ne comprendevo bene il motivo.

Da cosa doveva esserlo ? Era una sfida e non qualcosa di così sorprendente come avrebbe potuto credere... non era nulla di eccezionale.

Eppure lo shock in lei era palpabile, così tanto che sarebbe stata in grado di influenzare anche le mie emozioni se non fosse stato per il fatto che avevo una sfida da finire.

Mi riscossi dunque da quei pensieri, vedendo un ennesima fiamma schizzarmi addosso e sparirmi davanti, come se non ci fosse mai stata.

"Avevi detto che avresti fatto sul serio... mi stavi prendendo in giro, neh ?" Il mio viso esibí una smorfia frustrata

"Mi hai rotto, ora tocca a me"

E quindi sferrai un colpo, cercando di intingerlo con tutta la potenza di cui ero capace, immaginando il momento in cui l' avrei colpito...

O più che altro tentai, siccome, appena spostai il braccio, mi scottai, trovandomi a spalancare gli occhi dalla sorpresa.

"Ma cosa..."

Il dolore fu lacerante, come se mi avessero infilato delle zanne nel braccio, mentre tentavano di staccarmelo.

Lo ritirai immediatamente, avvicinandolo nuovamente al fianco, serrando la mascella per non emettere alcun urlo.

E solo in quel momento lo notai.

Notai il motivo di tanto stupore da parte di Nemes, la quale continuava a fissarci, ancora più sorpresa di prima.

Ero circondata da diversi anelli di fuoco, simili alla meridiana di Task ma più uniti, tali che le fiamme di cui erano composti mi giravano attorno come impazzite, sembrando una sola scia compatta.

Anche le gambe erano nella stessa situazione, fermate da quattro di quei maledetti cerchi di fuoco che continuavano a rotare senza darsi tregua, come se mi si stringessero addosso.

-Il primo colpo é il mio- rispose dunque lui, voltandosi per avvicinarsi all' uscita, mentre gli anelli sparivano e una strana fiammata si alzava a tutt'un tratto davanti ai miei occhi, una fiammata che sembrava avere forma animale, anche se non riuscii a capire quale fosse, facendomi perdere l' equilibrio dallo spavento.

L'impatto del suolo contro il mio corpo mi strappò un gemito di protesta, mentre non potevo fare altro che accarezzarmi le parti del corpo doloranti.

-Direi che ho vinto-  commentò Task, girandosi verso di me di nuovo, tornando a fissarmi dritta negli occhi mentre spegneva l'ultimo lume, che poco prima stava facendo rotare nel suo palmo a mo' di trottola -Ti ho scottata e ti ho fatta cadere, direi che é...-

Si interruppe improvvisamente ad un sibilo proveniente da poco lontano da noi.

Mi alzai per guardare meglio, anche se un po' a fatica, sforzandomi ad avvicinarmi per guardare meglio.

All' inizio non capii, spostando continuamente lo sguardo da una direzione all' altra, poi finalmente compresi da cosa provenisse quel sibilo acuto ed imorovviso.

La tipologia addestramento era completa, una massa multicolore si agitava al suo interno.

L'area ebbe una rapida scossa, mentre sotto ad essa veniva mostrata la rotaia.

Guardai quella sorta di portale e guardai Task.

-Cosa sta succedendo?!-

-Non ne ho la più pallida idea-

E sentimmo l' area spostarsi, mentre noi cercavamo di capire, di comprendere e allo stesso tempo di uscire da quel maledetto spazio in cui ci eravamo sfidati.

Si muoveva sotto di noi, mentre Nemes correva verso il portone che avrebbe dovuto chiudere la tipologia addestramento, cercando di spostarlo inutilmente.

Più i secondi passavano, più ci avvicinavamo a quella sorta di specchio multicolore.

A metà strada, l' area si fermó.

Per un attimo pensai che eravamo 'salvi' da qualunque cosa sarebbe accaduta se avesse continuato a muoversi, ma era una speranza più che vana.

La luce multicolore avanzava in nostra direzione, come se fosse pronta ad afferrarci.

E così fece.

Attraversó la barriera, la quale si ruppe come vetro e ci avvolse.

L' ultima cosa che vidi di quel posto fu Task che si dimenava, cercando di ribellarsi e Nemes che urlava a pieni polmoni, che chiedeva aiuto fino a non aver più fiato.

Poi il vuoto, la mia pelle che diventava semitrasparente -lo stesso per quella di Fireburns - e la sensazione di cadere nel vuoto, urlando a squarciagola.

E piombare nel nulla più totale, i sensi che mi sembravano quasi sottosopra, la testa che non voleva starsene minimamente ferma.

Nemes

"Ma cosa diamine é successo?!"

Avrei voluto poter fare qualcosa, la barriera perlopiù avrebbe dovuto proteggerli, eppure quel maledetto portale li aveva inghiottiti, aveva distrutto la protezione e li aveva fatti sparire.

Mi misi a correre, spalancando la porta, cercando gli altri che, altrettanto di corsa, avevano cercato probabilmente di raggiungerci, Lyfia e Pandora dietro di loro.

-Cos'erano quelle urla ?- chiese Diana, la quale mi si affiancó, stringendomi la mano tra le sue con un accenno d'ansia, mollandola solo dopo che anche gli altri mi furono affianco.

Tutti gli sguardo erano su di me, mi fissavano insistentemente in cerca di risposte.

-Sil... Silver e Task erano qui... si sono sfidati e ... ho provato a calmarli, ad evitare che facessero cose insensate... ma non ... non mi hanno ascoltato minimamente  ... appena il portale si é attivato... li... li ha rinsucchiati... io ho cercato di chiudere il portale per evitare che accadesse... ma... ma non c'è stata storia - feci una pausa, reprimendo fremiti e balbettii che, insistenti, cercavano di farsi strada, sia nella mia voce che nel mio corpo in se, in balia al terrore -Dove sono finiti? Dove... dove possono essere, ora ? Non é successo loro nulla di grave, vero?-

-Diamine... sono dentro alla tipologia addestramento, nel posto che avevo predisposto per voi domani mattina, così sareste stati trasportati lá appena foste entrati nella vostra area e... va beh, non ha più importanza ormai, sicuramente stanno bene, signorina, la prima é la più facile da superare- rispose Lyfia, sospirando, con un atteggiamento che sembrava dire che era ovvio e che non dovevo preoccuparmi, lanciando un occhiata al portone, in cui la luce colorata sembrava danzare al suo interno, nonostante fosse più opaca rispetto a prima -Per essere riutilizzato, dovrete aspettare fino a domani sera, altrimenti rischierete che vi porti tutt'altro che dove ha trascinato loro-

Pandora appoggió una mano sulla spalla della madre -Sono nella prima tipologia d'addestramento, la foresta , i nemici che troverete là una volta entrati saranno tra il virtuale ed il reale, ovvero potranno ferirvi tranquillamente, e sfortunatamente, se non sarete abbastanza cauti, uccidervi, siccome non sono magici... per uscire dalla tipologia dovrete cercare il portale di ritorno, il quale si trova sempre in una grotta, caverna che si rappresenterà in ogni clima che affronterete in maniera identica.

Che sia dal ghiaccio freddo della quarta tipologia o dal deserto della settima, vi é sempre una grotta uguale, la quale ha dei gargoyle che la sorreggono  esternamente ed internamente vi sono dei pilastri-

-Che tipi di nemici ci dovrebbero essere?- fece Will, mentre Guy incrociava le braccia e Diana sbatteva più volte le palpebre e corrucciava la fronte, come per cercare di essere almeno un po' concentrata

-Principalmente animali aggressivi e cause della natura-

-C'è un qualche obiettivo per caso?- chiesi invece io, passandomi una mano tra una ciocca di capelli.

-Oltre all' uscire e restare vivi?-

Pandora assunse un espressione imbarazzata per via del tono utilizzato dalla madre a quella risposta così schietta, per poi continuare la sua frase in maniera meno scorbutica - No, non ci sono, però potete prendere tutto quello che volete e portarlo all' esterno.
Vi sono anche degli umanoidi, ma quelli non sono consigliati da portarli con voi, sarebbe come farli sentire sottosopra... quando vorrete uscire con il portale, verrete direttamente portati qui, anche se questo sarà chiuso o disattivo- la ragazza dai capelli viola prese un grosso respiro per sottolineare la pausa

-Per riassumere meglio, le tipologie di addestramento hanno un territorio simile ai dungeon, cambiano ogni volta che ci andate e hanno un confine che vi porterà all' inizio o alla fine del territorio, dipende ovviamente dove siete-

-Chiaro, l'unica parte che non ho compreso é quella degli ... - Diana si acciglió - Umanoidi ? Si chiamano davvero così? Comunque... perché si sentirebbero sottosopra? Non mi é chiaro-

-Il posto in cui vivono, al contrario del nostro, é molto più limitato, é proprio soltanto un ambiente, ci sono solo foreste, o solo laghi... Se venissero qui, non sarebbe una cosa buona. I cambiamenti di clima potrebbero ucciderli- Lyfia guardó la figlia dritta negli occhi mentre la giovane parlava tranquillamente -Quindi... é davvero meglio che stiano dove sono ora, a meno che non vogliano rischiare davvero grosso-

-A che ora ci andiamo, domani ?-

-Basteranno ventidue ore per il processo di riavvio... quindi... -

-Ok, dobbiamo prendere qualcosa con noi ? Magari delle armi?-

-Sì, potete prendere qualunque arma vogliate, basta che le riportiate indietro-

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Capitolo 11
*** Capitolo 10- Discussioni ***


Silver

Riuscii per un pelo ad evitare di sbattere la testa contro il terreno, reggendomi con i palmi prima che potesse anche solo minimamente accadere, sentendo le mani venire schiacciate dalla improvvisa pressione dell'impatto, la quale mi fece fare una smorfia di dolore.

Il resto del mio corpo fortunatamente incontrò l'erba e la terra rinsecchita solo dopo che mi lasciai andare, la testa che mi sembrava così pesante da apparire simile ad un macigno.

Cercai di guardarmi attorno, nonostante la incredibile fatica che mi costò il tentativo.

Ero davvero esausta, un po' per le energie utilizzate durante il combattimento svolto contro Task, un po' per questo cambiamento netto di clima, il quale pareva starmi mettendo davvero sottosopra, e per il 'viaggio' di arrivo.

Era stato davvero distruttivo: la testa mi girava e non ci andava affatto piano, facendomi sentire in subbuglio, incredibilmente persa e smarrita mentalmente.

Lasciai vagare lo sguardo sulla radura, socchiudendo spesso le palpebre.

Ero affianco ad un sempreverde, le cui radici uscivano leggermente dal terreno, provocando rialzi irregolari che si susseguivano come onde.

Tutto attorno vi erano altri alberi simili, coi fusti scuri ed i lunghi rami, i quali sembravano protendersi per toccare le nuvole ed il cielo in sé

Vi erano perlopiù dei fiori di un color indaco che mi circondavano, spuntando tra l' erba.

Cercai il Fuoco, guardando distrattamente tra tutto quel verde pieno di macchie azzurre e viola, sicura di riuscirlo ad trovare per via dei suoi capelli rossi, i quali, tra l'erba e dei fiori simili, non potevano non risaltare e lo individuai poco lontano, in posizione di decubito supino.

Per sua sfortuna, probabilmente doveva aver sbattuto con maggior forza con la schiena e chissà, forse anche col capo, cosa che probabilmente, insieme ai restanti punti, quelli che erano accatastati anche sulla mia di forma fisica, lo aveva indebolito semmai ancora di più.

Da come appariva da lontano sembrava infatti privo di sensi.

Barcollante, mettendoci tutto l' impegno che mi era possibile in quel momento, mi alzai, appoggiandomi all'albero che avevo affianco, reggendomi in piedi a malapena per una decina di secondi e finendo subito dopo di nuovo a terra, il respiro rapido e quasi mancante, la vista che sfocava e riprendeva lucentezza a tratti, lasciandomi boccheggiare come mai prima.

Mi ero appena sbucciata la gamba con la caduta, tanto che sentivo il ginocchio bruciarmi ed il sangue scorrermi sulla pelle.

E dopo la caduta, non riuscii più a muovere un solo muscolo.

Non seppi esattamente quanto rimasi sdraiata in mezzo al verde, ma dopo il tempo che probabilmente comprese un paio di ore - cosa definibile dal cielo che si era sempre più oscurato-, caddi in un sonno abbastanza pesante, tanto che fu come se non dormissi affatto.

Ed al risveglio, quasi di soprassalto, notai che tutto era completamente stravolto rispetto a prima, ma non tanto per l'aspetto della radura.

Avevo le braccia tese, le quali formicolavano in maniera così tanto fastidiosa che finii col borbottare parole biascicate che non sembravano nemmeno avere un senso.

Sentivo la testa pulsarmi e il sangue probabilmente doveva esservisi concentrato e bloccato, dettaglio che me la faceva dolere, quasi fossi stata ubriaca fradicia.

Avevo infine le gambe intorpidite, anche queste addormentate in tal modo da fremere, quasi fossero percorse da insetti invisibili.

Attorno a me vi era un vociare sconnesso e continuo, un continuo parlare a basso tono, il giusto per non farmi comprendere i discorsi.

Cercai a stento di capire almeno uno straccio di frase, ma senza risultati, cosa che mi portò a socchiudere gli occhi, infastidita.

Mi sembrava di essere tornata su quel carro, quello con i banditi, prima che arrivasse Nemes.

Decisi di provare a mettere in ordine i pensieri, per cercare di dire qualcosa di sensato, anche se, in realtà, non trovavo proprio nulla da poter dire.

-Task?- mugugnai, azzardando, tornando a riaprire gli occhi, sperando in una qualche risposta, che purtroppo non arrivò, alzando il capo, sentendomi dondolare e attraversare da una corrente d'aria, quasi fossi su un altalena e mi stessi spingendo avanti ed indietro -cosa poco probabile, soprattutto per via dei lacci che individuai subito dopo-

I miei polsi e le mie caviglie erano legate con delle corde scure, le quali erano appese ad un grosso palo di legno, ben strette.

-Ma cosa...-

Ed i miei occhi incontrarono un castano rossiccio, illuminato da una luce di curiosità ed allo stesso tempo di scherno.

Davanti a me vi era un ragazzo dai capelli marrone scuro, il naso aquilino, i capelli lunghi fino alle scapole, molto disordinati, ma meno paragonati a quelli di Task.

Teneva in mano un coltellino sottile, col manico nero e grigio, segnato da graffi.

Indossava quella che pareva un armatura.

Era di un verde bottiglia parecchio spento, con piccole scheggiature laterali, come se si abbinassero a quelle del coltello.

-Oooh! Allora avevo ragione io...- il ragazzo che mi trovai davanti, sogghignò -Avevi davvero parlato... e non nel sonno- prese una mia ciocca di capelli e la tiró appena, annodandola al proprio dito per poi fissarla.

-Che... ohi, cosa vuoi da me? Perché sono legata?-

-Magari per il divieto?- rispose ironico, lasciando il primo ciuffo per toccarmi poi la frangia, accarezzandola con fare distratto, tanto che ogni tanto sentivo le sue unghie appoggiarsi alla mia pelle invece che afferrare i capelli, cosa che faceva decisamente male.

E più lo faceva e più mi innervosivo, volevo poter essere libera e strangolarlo... magari con una bolla d'acqua.

Ma la realtà era che, a malapena ero riuscita a riprendere davvero i sensi, provare persino ad utilizzare il mio Elemento, sapendo che probabilmente non c'era solo lui, significava fare una brutta fine.

-Divieto?- domandai, aggrottando la fronte, fatto a cui lui rispose con un altro ghigno che era partito inizialmente sarcastico, diventando poi strafottente.

-Cosa fai? La finta tonta? Tu ed il tuo amico eravate in una proprietà privata! Tutti lo sanno ormai che fine fanno i ladruncoli come voi, la Setta dei Sempreverdi non si dà problemi a scaricare nel fiume chiunque superi il divieto se il Capo desidera tale sentenza -

-Cos... dov'è Task?-

-Task? Ah, il rosso? É legato ad il paletto che c'è prima di te. Abbiamo dovuto sedarlo con delle droghe- alzò il sopracciglio, con una smorfia -Deve essere molto ribelle, eh? Pur di essere liberato, ha quasi morso la mano di Kenny-  ridacchió -In cambio ha ricevuto un bel pugno sul naso e una quantità indefinita di erba- fece una pausa abbastanza lunga per farmi elaborare i dati, passando a giocherellare con due ciocche di capelli -Sai, trovare qui persone con la vostra tonalità di capelli é davvero strano- commentó, fissandomi -Credevamo che i capelli azzurri si fossero estinti da anni e i rossi sono poco frequenti...- si portó  i miei capelli alle labbra, come per baciarli-Sono davvero magnifici- commentó

-Athem! Cosa diamine combini? Flirtare con i ladri non é utile per la causa, né tanto meno per te, sapendo che il verdetto del Capo potrebbe ucciderli entrambi- intervenne una ragazza dai capelli castano ramato e dagli occhi grigi, la quale, come il ragazzo, indossava un armatura, sempre verde bottiglia.

-Non sto facendo nulla di simile- borbottó lui, alzando il sopracciglio -Solo vorrei che il sir mi permettesse di ottenere i suoi capelli...-

-Non lo farà mai! Se lo farà, se li terrà lui-

Athem assunse una smorfia-Non ne sarei tanto sicura, Catlina- depositó un bacio su uno dei tanti boccoli che prese in mano -Lui non é interessato ai capelli rari-

-No, ma potrebbe essere interessato a lei-

-Certo...- inizió, con un tono sarcastico, di chi non voleva cedere

-É così-

Catlina e Athem si lanciarono rapide occhiate che potevano definirsi come assassine per la negatività in esse.

Si guardavano in cagnesco, seccati, atteggiandosi da superiori gli uni con gli altri.

-Vedremo- ribattè il ragazzo -Ora tu tornatene dal rosso e restaci- sputò, guardando altrove

-Molto volentieri- rispose dunque lei, girando i tacchi col sopracciglio alzato e con, nonostante la finzione, un aria un po' confusa.

In un certo senso, mi ricordavano me e Task.

Poteva sembrare stupido, ma sembrava quasi che il portale mi avesse messo apposta in questo guaio insieme a Fireburns per farmi realizzare che, dopotutto, non aveva molto senso atteggiarsi in tal modo.

Certo, io e lui eravamo opposti e il mio Elemento lo detestava per questo lato, mentre io... io lo invidiavo.

Lo invidiavo, anche se non capivo il perché, qualcosa di lui , a volte, mi spingeva a volergli essere più simile.

E mi dava pienamente sui nervi l'atteggiamento da femminuccia che aveva messo su.

Solo dallo sguardo, sembrava darsi la colpa per ogni singola cosa, soprattutto quando voleva sembrare gelido.

E dandosi la colpa per cose su cui era probabilmente già stato perdonato, non si poteva vivere.

Non volevo che vivesse così.

Vidi la ragazza allontanarsi, velocizzando il passo, cosa che mi fece presumere che Fireburns dovesse essere più avanti, ma non di troppo.

-Tsk... che bastarda- commentó il ragazzo, scuotendo il capo più volte, come per cacciare un pensiero.

Ed il silenzio.

Athem si zittí, guardando altrove con aria ancora più seccata, sbuffando e tornando a fissarmi.

Il suo sguardo irritato mi studiava, in maniera quasi ossessiva, soprattutto nelle curve, portandomi a voler protestare e ad arrossire.

-Ebbene, lo ammetto, non sei affatto  male- borbottó -Credo di comprendere perché probabilmente ti vorrà con sé viva, ladra, ma probabilmente ti terrà legata ventiquattrore su ventiquattro...- distolse ancora lo sguardo e lo sentii borbottare diverse cose insensate.

Rimasi a lungo appesa a quel maledetto palo di legno, sentendo ogni spostamento, percependo la testa diventare prima pesante, poi leggera come non mai.

Il cammino sembrava durare un eternità e il fatto più assurdo era che il paesaggio era sempre lo stesso.

Sempre alberi Sempreverdi con le radici sporgenti , sempre fiori indaco che si mischiavano tra le foglie smeraldine.

Non sapevo definire se fosse irritante o soltanto anormale.

Mi riscossi da tali domande quando notai che,  come unico cambiamento che iniziava a mostrarsi, gli alberi erano man mano più alti, quasi stessero creando una scala, prima di arrivare davanti a quella che doveva essere la residenza del capo.

La radura si spalancava , trasformandosi in uno spiazzo enorme colle piante che sembravano fare un percorso preciso.

E quello che vidi, mi fece trattenere il fiato dalla sorpresa.

Era un castello, le mura percorse da radici verdi che ne seguivano il perimetro insieme agli stessi fiori, il tetto che era di un color terracotta, come tutte le finestre e le porte, alcune delle quali erano aperte, coperte da tende rosse.

Tutti si fermarono davanti ad esso appoggiando il breve palo di legno a terra in modo tale che fossi sopra e non pestata da esso.

E lo vidi davanti a me.

Task, con aria confusa, era doppiamente legato ad un secondo palo -aveva perlopiù una benda che gli copriva la bocca, probabilmente per il tentativo di morso-.

Sembrava ben poco lucido, cosa che doveva essere stata provocata dalla droga, eppure, anche sé lo era, aveva quel pizzico di determinazione che faceva capire che si sarebbe presto risvegliato da tale stato.

Vidi diversi uomini accingersi a slegarlo, tenendolo fermo allo stesso tempo, legandolo con un legaccio.

Stessa cosa fu fatta con me, cosa che mi disgustó a dir poco, siccome sentivo troppe mani intente a toccarmi.

Una volta che fummo impossibilitati a muovere le mani entrambi, ci misero perfino una sorta di collare a cui era attaccato un filo con cui ci spinsero a procedere, tirando abbastanza da farci perdere l' equilibrio al primo tentativo.

Serrai la mascella, prendendo un respiro profondo, maledicendo in silenzio quella situazione odiosa.

Fummo costretti ad entrare, cosa per cui ci volle parecchio tempo, cosa che seccó non poco la maggioranza delle persone, le quali finirono coll'urlarci contro di muoverci.

"Se ho tutto il corpo addormentato non é colpa mia, idioti " pensai, lanciando loro delle occhiate storte.

Dopo quelli che mi parvero una miriade di tentativi falliti, finalmente fummo dentro.

La stanza era molto luminosa, da cui la luce entrava attraverso gli spiragli e dalle tende, rimanendo stranamente tale .

Davanti a noi si apriva una stanza piuttosto grande, con una enorme scala al centro con un tappeto rosso che la percorreva.

La scala portava a due porte, una a sinistra, l' altra a destra, opposte.

Faticosamente iniziammo a salire gli scalini, cercando di non inciampare nel tessuto sotto di noi.

Attaccato al muro vi era un grande mosaico, le cui tessere si basavano su colori generalmente freddi, con accenni di rosso solo negli angoli.

Ci fecero passare nella stanza di sinistra, la quale era piena di statue di donne , con al centro un divanetto rosso, su cui era seduto un uomo, circondato da quelli che sembravano inizialmente cani, ma che in realtà erano lupi.

Vestiva elegante, le gambe incrociate, con un libro tra le mani, tenuto solo col pollice e con l' indice.

La seconda mano era invece appostata al dividere dei ciuffi di capelli dalla fronte, i quali erano di un marrone scuro, ben intonati col colore degli occhi.

-E questi?- chiese, alzandoli leggermente dal volume per posarli su di noi con circospezione.

Sembrava quel tipo di persona a cui non fregava niente di nessuno se non di sé stesso.

-Sono entrati nella nostra proprietà, signore - intervenne Catlina -E il ragazzo ha mostrato segni di grossa insolenza-

-Per quale motivo?-

-Nulla di troppo importante, signore, ha tentato di mordere Kenny, ma lo abbiamo fermato prima che potesse farlo e riprovarci-

Vidi il capo fissare brevemente Task, il quale ricambiava lo sguardo.

Vidi l'uomo fare un gesto con la mano, portando uno dei lupi ad alzarsi e ad avvicinarsi a me e a Brandon, ringhiando appena, mostrando la mandibola tagliente, rendendola così ben esposta che mi faceva venire i brividi al solo guardarla.

L' animale, ferocemente, si posizionó tra di noi, guardando prima me e poi lui.

-Come mai siete entrati nel nostro territorio?- chiese dunque l' uomo, alzandosi dal divanetto per avvicinarsi a Josh, togliendogli la benda dalla bocca -Volevate rubare qualcosa, nevvero?-

Il lupo ringhió ancora, mentre io cercavo in fretta qualcosa da dire.

Non potevo di certo dirgli che eravamo stati trasportati lí contro il nostro volere da uno stupido portale dentro ad una montagna... anche perché probabilmente l' avrebbe ricevuta come una menzogna o una presa per i fondelli e poco ma sicuro, la situazione sarebbe diventata peggiore.

-Non volevamo rubare niente- risposi io, notando lo sguardo d'impazienza che il signore aveva lanciato alle proprie bestiole.

-Ci siamo finiti per sbaglio e siamo svenuti, non sapevamo fosse una proprietà privata-

-E invece lo é- concluse sbrigativamente l' uomo -E per questo uno di voi riceverà una punizione. Siccome il ragazzo ha tentato di ferire Kenny, toccherà a lui- mi guardò -E tu assisterai alla punizione vicino a me, poi- venni spinta da due braccia verso il divanetto, rischiando di cadere, ma finendo dritta tra le braccia dell'uomo -Vedrò cosa fare di te-

Cercai di dimenarmi  dalla sua presa, ma fu tutto inutile, tanto che scivolai sul divano, con un suo braccio avvolto al petto e la sua mano che mi stringeva la mandibola.

Lanciai un occhiata a Fireburns, il quale mi ricambiò lo sguardo, mentre veniva circondato dai lupi che si erano messi tutt'attorno a lui, circondandolo, ringhiando.

-E quale sarebbe la punizione?- la sua domanda non giunse impaurita, ma quasi ringhiata, mentre i suoi occhi verdi smeraldini si erano fatti stranamente più chiari del solito, tali che sembravano più gialli che verdi, dettaglio che per un attimo mi spaventò, siccome li avevo già visti il giorno prima in tale stato, anche solo per un attimo.

-Oh, siamo impazienti a quanto vedo- commentò il Capo, mollandomi la mandibola ma tenendomi stretta a sé, come se fossi di sua proprietà - Lo vedrai. Tranquillo-

Solo a quel punto notai che alcuni uomini erano usciti dalla stanza e che adesso rientravano, con in mano quella che appariva una grossa scatola, coperta da un telo.

-Kenny... credo che questo trattamento possa infierirlo tu- fece dunque lui, fischiando subito dopo agli animali, i quali tornarono tranquillamente da lui, mettendoglisi affianco.

''Diamine... e adesso?'' avevo il pieno desiderio di poter fare qualcosa, ma il problema era piuttosto farlo, siccome ogni singolo arto del mio corpo non riusciva a reagire.

Vidi un uomo dai capelli castani con un accenno di viola, tanto che avrei definito la tonalità un castano prugna, prendere per il collo Josh e stringere pollice e indice sui lati, così che potesse tenerlo ben fermo.

Athem, invece, aprì la scatola, mostrandone il contenuto.

Serpenti.

Dentro a quella scatola vi erano una trentina di serpenti di diverse dimensioni, dai più piccoli e innocui a quelli particolarmente grossi e pericolosi come l'anaconda, che riuscii purtroppo ad individuare immediatamente.

-Garcia, prendi il Biacco-

Una donna di media altezza afferrò un serpente di media grandezza, colla coda che si restringeva man mano.

Era nero e giallo, le squame piccole che erano messe in maniera tale che da lontano sembrava quasi verde, la testa ovale con le narici laterali e con gli occhi piccoli, dalla pupilla rotonda che sembrava seguire gli stessi colori del suo corpo.

Garcia si avvicinò a lui, appoggiandogli la serpe sul collo.

Vidi il Fuoco restare immobile e trattenere il fiato mentre il rettile gli si muoveva attorno al collo, strisciando poi verso le braccia , scendendo verso le gambe e tornando poi a salire.

Vedevo nello sguardo di Task il desiderio di incenerirlo, ma allo stesso tempo c'era un po' di sollievo nell'aver capito che non era un pericolo tale da averne davvero paura.

-Ora il saettone-

Un altro serpente, stavolta molto più grande, fu portato su di lui.

Assomigliava più che altro ad un serpente acquatico e nonostante le grandezze, anche questo, non diede alcun segno di mostrarsi aggressivo nei confronti del rosso, dettaglio che mi  fece sospirare di sollievo.

Sentivo il cuore battermi al rallentatore ogni qualvolta che gli animali si muovevano.

Altri due serpi vennero aggiunti, sempre non pericolosi, dai colori scuri, di cui, entro pochi secondi, mi scordai il nome, forse per la troppa agitazione accumulata.

-Bene- fece dunque il capo, infilando un dito al di sotto del colletto della mia maglia, accarezzandomi la pelle, salendo verso il mento e procedendo a toccarmi le labbra -Ora possiamo passare alla Vipera della Morte-







 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11- Schiaffo ***


Silver

-Sai...- iniziò lui, mentre io mi paralizzavo al nome del serpente che Garcia aveva appena tirato fuori dalla scatola -Questi serpenti sono geneticamente modificati da erbe e esperimenti... decisamente potrebbero rimanere velenosi se lo sono già , magari aumentando il proprio effetto sulla persona... o forse potrebbero dare altri problemi molto più grossi- l' uomo mi strinse il fianco -Sarò felice di assistere-

La vipera della morte scattò appena la donna la prese per la coda, spalancando la mandibola, come se fosse letteralmente pronta a dare guerra a chiunque le capitasse a tiro, sibilando in una maniera a dir poco orribile.

E più i secondi sembravano passare, più realizzavo che non potevo non reagire, certo, ero circondata da lupi e tenuta ferma, ma dopotutto, ora che potevo dire di essermi ripresa, dovevo riuscire almeno un po' a scatenare il mio Elemento, giusto?

E se non utilizzavo l'Acqua dovevo fare comunque qualcosa.

Il problema sarebbe stato dopo, ma non aveva importanza in questo momento, non tantissima almeno.

Non volevo che Task rischiasse di morire per via di una mia incompetenza.

Garcia si avvicinò ancora di più al rosso, colla serpe che dondolava e che provava ad assaltare la mano della donna, più e più volte.

E guardando fisso il serpente, capii come dovevo comportarmi, sentendo ancora le parole della donna, Catlina, che mi tornavano alla mente.

Il tipo mi teneva stretto per il fianco e avevo le mani ammanettate, le gambe poi che erano state legate , ma questo non significava che ero impossibilitata al ferirlo.

Reagii contando tre secondi esatti, distendendo le gambe su quelle dell'uomo, il quale mi guardò stranito, ma non in maniera esagerata.

Si poteva capire piuttosto dallo sguardo, siccome il resto del suo viso era impassibile.

Lo sentii mollare appena la presa dal fianco, dettaglio che mi fece nascere un sorriso sulle labbra , spingendomi a rizzarmi il giusto per mettergli davanti al naso il seno, spostandomi appena, così che fossi seduta in orizzontale su di lui.

Tutti gli sguardi delle persone erano su di me, anche quello del Fuoco, il quale sembrava parecchio irritato, dettaglio che vidi confermato con la coda dell'occhio.

Presi con una mano il viso dell'uomo, lasciando che il suo sguardo si concentrasse poi sulla mia bocca, avvicinando leggermente il viso al suo.

-Sei davvero interessante, lo sai? Vuoi ucciderlo? Fai pure... ma non credo che assassinare con un serpente possa darti davvero soddisfazione - dissi con tono cantilenante, lasciando che le mie dita percorressero la sua guancia, abbastanza lentamente, gesto che stava affascinando probabilmente tutti gli uomini della sala, siccome era calato un silenzio assoluto, mentre altrettanto probabilmente le donne erano disgustate.

Anche Task... già,  forse lui era il più disgustato in questo momento, ma non era il momento di farci caso.

E mentre il capo continuava a fissarmi, piegai le gambe, come per accartocciarle addosso, lasciando che il collo della maglia scivolasse apposta giù.

-Facciamo qualcosa di più  interessante prima? Poi suggerirei una morte più atroce- gli sussurrai all'orecchio.

-Vuoi davvero tradire... il tuo compagno?-

-Compagno?- scoppiai a ridere- Lui? Non si può definire compagno... é solo un idiota che non capisce quando é il momento di crescere... una femminuccia da quattro soldi che se la fai fuori nessuno si farebbe dei problemi-

-Eppure... prima non sembravo di questo parere- osservó, alzando il sopracciglio

-Forse perché temevo che mi avreste fatto fare una fine simile... e poi, avere dei lupi che ti ringhiano ai piedi del divano... non é molto abituale per una come me- accennai un altro sorriso, strusciandomi appena contro di lui, quasi fossi un cane, cosa che a quanto pare ebbe molto effetto su di lui, tanto che per un breve secondo vidi brillargli gli occhi.

A questa frase, lui mosse appena la mano verso probabilmente gli animali che avevo appena nominato.

Li sentii dileguarsi lentamente dietro di me, zampettando fuori dalla stanza.

-Và meglio?-

-Direi proprio di sì- sogghignai, lasciandogli una rapida leccata sul mento - Vuoi divertirti con me, signore?-

-Fuori la gente- obiettò lui, serio, un tono che non ammetteva discussioni, con un piccolo sorriso tra le labbra, che definii più come un ghigno -Fuori tutti tranne il ragazzo. Lui deve assistere-

''Tipico maschio vanitoso'' pensai tra me e me, lasciando una seconda e una terza leccata, spostandosi verso il labbro inferiore

-Ma signore...-

-Ho detto fuori. Possiamo continuare dopo. Non azzardatevi a rientrare per nessun motivo-

Il leggero camminare alle mie spalle si alzò di volume, oltre agli animali, anche le persone iniziarono ad andarsene fuori, forse frustrate, forse un po' divertite dall'atteggiamento bizzarro del capo, forse deluse per non aver potuto assistere.

Lasciai che si tirasse un po' su per baciarmi, ma gli coprii le labbra con due dita, soffiandoci sopra.

Con la mano che fino a poco prima mi teneva fermo il fianco, mi afferrò entrambe le mie, puntando alla mia bocca per la seconda volta.

Non lo limitai e per quanto mi disgustasse, lasciai che mi baciasse e che si inoltrasse nella mia bocca.

Avevo ancora i piedi fermi tra le sue gambe e aspettavo il momento più giusto.

Feci in modo che mi girasse, così da essere dritta davanti a lui, seduta, le gambe ben piegate e i polsi non più tenuti da lui, che aveva appoggiato le dita sui miei fianchi, scendendo man mano.

Sentivo i suoi polpastrelli inoltrarsi al di sotto della stoffa, mentre prendeva a baciarmi il collo.

Lasciai che le mie mani vagassero su di lui, anche se impossibilitate a dividersi, sentendo una certa formazione di muscoli , raggiungendo man mano i fianchi, con le tasche dei pantaloni, in cui sentii la sagoma di un oggetto.

Contai in silenzio dieci secondi, poi, proprio mentre tentava di stendermi sopra al divano, prelevai l'oggetto dalla tasca e gli mollai un calcio nello stomaco con entrambi i piedi.

Lo vidi piegarsi dal dolore e non potei non sorridere.

-Nulla di personale- commentai, pestando con più forza il suo ventre, notando che cosa avevo raggiunto con la mano nella sua tasca, trovando un coltellino svizzero piuttosto interessante  -O forse sì. Qualche altra arma disponibile? Ce l'hai?-

-Maledetta...- sibilò, seccato, la voce ridotta in un tono acuto che avrebbe potuto far ridere chiunque, ma che mi limitò a sospirare

-Allora?-

-Nella... nella parte più in basso del pantalone-

-Mmmh...-

Schiacciai ancora col piede, ma con minore forza, cosa che comunque lo fece emettere dei versi abbastanza ridicoli, mentre io mettevo la mano nella parte più in basso della gamba dei suoi pantaloni, tirando fuori un arma abbastanza affilata

Presi in bocca il manico del coltello e, cercando di essere più rapida possibile, tagliai la prima corda, mettendo l'altra arma allacciata alla cintura.

Quando la prima cedette, passai a quella dei piedi, slegandomi dunque finalmente le gambe, in parte rigide, mettendo la lama al collo dell'uomo.

-Non provare a gridare o ti taglio la lingua- lo minacciai, seriamente irritata, spostandomi dalle sue gambe, facendo gesto a Task di avvicinarsi lui, così da non rischiare che l'uomo in qualche modo potesse fare stupidi scherzi.

Task si trascinò in mia direzione ed io mi sbrigai a tagliare i lacci perfino a lui, liberandolo, mostrando i segni rossi sulla sua pelle lasciati dal legaccio.

I serpenti che prima gli si erano attorcigliati addosso, ormai erano spariti.

Probabilmente dovevano essersene andati mentre distraevo l'uomo aggiornate difronte a me, piegato su se stesso.

-La seconda uscita da qui?- domandai,  facendo pressione con la lama su una vena del suo collo  dopo esserci riuscita davvero, facendolo sanguinare appena, il giusto per rendere il concetto.

-C'é... una porta finestra nell' ultima- mandó giù la saliva a stento, fissandomi.

-É la verità? Non stai mentendo, vero?-

Lui annuí così velocemente che mi fece capire chè doveva essere vero.

-Se non lo é e stai mentendo, torneró indietro e ti uccideró senza problemi.-

Annuí di nuovo, con un accenno di disgusto e seccatura nello sguardo.

-Ci sono per caso delle guardie fuori?-

-No-

E una volta ottenuta la risposta, mollai un cazzotto in faccia all'uomo, abbastanza forte da stordirlo per un po'

-Molto bene- feci una breve pausa, tirando giù la maglia rapidamente, dandogli una veloce ripulita, come se cercassi di levarmi di dosso la presenza di quel tipo -Andiamo- sbottai, lanciando un occhiata a Brandon che annuì di risposta, senza dire nulla, ma allo stesso tempo senza evitare di mostrare un leggero disappunto.

Più che leggero, fin troppo evidente per i miei gusti, ma feci finta di niente.

La cosa importante era uscire da questo posto, prima accadeva e meglio era.

Ci ritrovammo ad accelerare il passo in un modo tale da perdere quasi il fiato, correndo quasi, cercando l'uscita.

Sentivo il battito cardiaco rimbombarmi nella testa, il bisogno costante di fuggire il più lontano possibile da un posto simile.

Superammo diverse stanze, praticamente enormi, coi soffitti alti e le pareti decorate di ghirigori oro, argento e bronzo.

Erano così grandi che mi davano più che la sensazione di mania di riempirle.

Prima di raggiungere la porta finestra, superammo almeno quattro camere da letto.

-Qui- feci, lanciando un occhiata all' esterno

-Mi sembra sia stato troppo facile- commentó lui, quando fummo a tre passi dall' uscita.

-Troppo facile?- ribattei seccata, aprendo la porta finestra e passando oltre ad essa- Cosa vuoi, che i lupi siano dietro la...-

Non potei finire la frase che li vidi.

Ringhianti, rabbiosi, minacciosi come poco prima, forse anche di più per via della mancanza del padrone.

-Dicevi?- ribatté lui con tono sarcastico

-Task... taci-

I lupi ci fissavano dritti negli occhi, con i loro che luccicavano come pietre preziose.

-Siamo letteralmente con le spalle al muro- borbottai

-Invece no... i lupi hanno paura del fuoco e pochi sanno nuotare-

Alzai le spalle con un cenno d'assenso - Li stendiamo-

-Ma prima... Rimangiatelo-

-Cosa? Quello che ho detto per salvarti il didietro? Ti sembra il momento per fare l'offeso?-

-Se mi serve per alimentare le mie braci, sí, quindi rimangiatelo- inclinó la testa- Ah. E scusati-

-Mi stai prendendo per i fondelli?- sbottai esasperata

-No, sono serissimo-

Formai una bolla d'acqua con le mani, buttandosi dritta sul muso ad uno degli animali, il quale, per l'impatto, uggioló, indietreggiando codardemente, facendo lo stesso con altre due bestiole, che peró tornarono immediatamente all' attacco, senza farsi particolari problemi.

A quanto pareva, l'acqua non li spaventava molto.

Riprovai ancora, ancora ed ancora, ma nulla da fare, non ottenevo i risultati sperati e i lupi si avvicinavano sempre di più, con un camminare lento ed inquietante.

-Me le rimangio, ok? Erano solo balle che mi sono inventata sul momento per rendere la cosa più credibile...- alzai gli occhi al cielo- Scusa, d'accordo? Ora fai quello che devi-

Una fiammata brució nell' aria, facendo immediatamente correre via tutti gli animali, spaventati, che si dileguarono ad una tale velocità che mi fece spalancare gli occhi dalla sorpresa

Guardai Task, il quale ricambiata lo sguardo, come prendendomi  in giro, finendo poi coll'afferrare il mio braccio e iniziare a correre verso l'altra parte del bosco.

Mi ci vollero una decina di secondi per realizzare che avevo avuto ragione.

-Mi hai presa davvero per i fondelli! Altro che serietà! Eri già pronto a colpire, non ho ragione? - borbottai, irata, lasciando che mi trasportasse verso la radura, vogliosa di strozzarlo.

-Lo ero. Ma sono più che sicuro che se non ti avessi obbligata a dirlo, non ti saresti mai scusata- fece una breve pausa, velocizzando ancora di più il passo, fino a farlo diventare quasi impossibile da mantenere.

-Soddisfatto ora?- chiesi, dimenandomi dalla presa della sua mano sul mio polso, guardandolo più che male.

-Sinceramente? Moltissimo-

Scossi il capo, innervosita e frustrata, così tanto che quello che feci fu istintivo.

Gli andai davanti e gli mollai uno schiaffo tale da farci rimanere il segno delle mie dita.

-Non sei un idiota, sei un deficiente,  ecco cosa sei- urlai, ribollendo di rabbia, stringendo i pugni, quasi a conficcare le unghie nella pelle -Io l'ho detto per aiutarti e tu ti comporti così? Facendo in modo che dei lupi provassero ad ucciderci davvero a meno che non mi scusassi? Ebbene,  sì, sei un pieno deficiente-

Respiravo quasi a fatica dalla rabbia, così tanto che questo respirare talmente affrettato mi faceva pensare che sarei potuta svenire di nuovo, cosa che preferivo nettamente non fare.

Lo vidi coprirsi la guancia col gomito e lanciarmi una nuova occhiataccia, seguita da un secondo accelerare e dal silenzio.

Un silenzio pesante e decisamente rigido che pesava sulla mia testa come un maledetto macigno.

Volevo gridare ancora dalla frustrazione, ma mi limitai a trattenermi e a camminare.

La radura sembrava sempre uguale, pareva ripetersi, tanto che non potevo non chiedermi come ci si orientasse, cercando di sbollire almeno un po' il nervoso accumulato.

Pareva quasi stessimo girando in tondo, eppure non era così,  anche perché si poteva capire tramite il terreno, bagnaticcio, ma senza impronte di alcun genere.

Mi parve di avanzare per ore prima che ci trovassimo davanti ad un fiume che attraversava di netto la radura, scrosciando rumoroso.

Non c'era ponte per superarlo, né una barca e tantomeno sembrava attraversabile.

-Rallenta il corso dell' acqua-

-Non ordinarmi cosa fare- sbottai, cercando in tutti i modi una soluzione che non implicasse eseguire a macchinetta ciò che mi diceva.

-Sì, ok- lui voltó la testa, infilando le mani nelle tasche.

Feci un solco nell' acqua piuttosto piccolo, muovendo le mie, una da un lato, una dall' altro.

Ci passammo attraverso e io mi trattenni vivamente da non lasciarla andare per infradiciargli le gambe.

Camminammo ancora abbastanza a lungo, battibeccando ogni tanto su cose che ci venivano in mente, discutendo come bambini, tanto che buona parte erano insensate, banali e non avevano né capo né coda.

Avanzammo fino allo stremo, decidendo di fare dei turni per non rischiare di finire in un caso uguale a quello con quegli uomini, cosa che, sinceramente,  non volevamo nessuno dei due.

-Faccio io il primo turno- commentó lui

-Scommetto che ti addormenterai subito- ribattei -Lo faccio prima io e basta-

-Senti- lo vidi mordersi il labbro inferiore-Almeno su questo... non litighiamo. Se hai voglia di riposarti dillo e basta. Io al momento non me ne sento in grado, non di chiudere occhio almeno, quindi sii sincera- si strinse le gambe al petto, appoggiando la testa al ginocchio.

-Sono stanca, ma non in questo modo, non ho sonno- tirai un sospiro -Non mi reggono più le gambe, ma non credo che riusciró a dormire - mi passai una mano tra i capelli, sbuffando.

Di nuovo caló il silenzio, interrotto solo dal vento che pareva gridare tra le foglie, agitandole e trapassando ogni cosa, che fosse viva o non.

Rabbrividii quando una folata mi si addossó, stringendomi le gambe colle braccia, chiudendo appena le palpebre e sospirando amaramente.

Detestavo ammetterlo, ma da una parte anche lui aveva ragione.

Se non mi avesse obbligata, probabilmente non gli avrei mai chiesto scusa.

E non tanto perché fossi orgogliosa o altro.

Non lo facevo perché lo avevo chiesto fin troppo, all' orfanotrofio in cui ero cresciuta.

Mi ricordavo perfettamente quando mi costringevano a mettermi in ginocchio, mostrare le mani ben aperte a terra, scusarmi, per poi ricevere una frustata dritta sui palmi e due o tre sulla schiena.

E tutto perché probabilmente facevo qualcosa che gli altri trovavano sbagliato, ad esempio leggere in biblioteca... o sgaiattolare fuori, nel parco, giocando fino a sera, rimanendo scalza e stando soprattutto sull' altalena.

Non ero mai stata fatta per le costrizioni, né per le regole.

Vidi Task appoggiare la testa al fusto dell' albero, fissando il cielo, i capelli rossi che, sempre in disordine, cercavano di coprirgli gli occhi verdi.

Per un attimo mi chiesi se i momenti in cui li vedevo gialli erano solo delle mie impressioni o altro.

"Non ha importanza, lasciamo perdere che é meglio" pensai, sbuffando, giocando con una mia ciocca di capelli.

-Mi dispiace...-

-Eh?-

-Hai capito benissimo Silver, non farmelo ripetere, altrimenti mi riprendo le scuse- ribattè, continuando a fissare in alto, come se non volesse guardarmi e si vergognasse.

-So che non avrei dovuto farlo. Atteggiandomi da idiota, se non avessi fatto qualcosa per davvero, ci saremmo rimasti secchi. Se fossi stato io da solo, okay, ma non voglio che qualcun'altro muoia per colpa mia. Non di nuovo.-

-Qualcun'altro?- chiesi, aggrottando la fronte

Non capivo di cosa stesse parlando.

Chi era morto per colpa sua ?

Era forse per questo che mi pareva si odiasse già da sé?

-Non te l'ha detto proprio nessuno?- fece, con tono retorico, abbassando il capo per posare lo sguardo dritto davanti a sé

-No... di che stai parlando?-

Si rabbuió vivamente, mordendosi il labbro e chiudendo gli occhi.

A vederlo così, trattenni il respiro.

Sí, era nettamente visibile il fatto che si odiasse.

-Io... ho praticamente ucciso mio padre... per colpa mia é stato catturato, torturato ed ucciso- fece una pausa abbastanza lunga, tale che, per un attimo, mi chiesi se non avesse deciso di tacere o se fosse sul punto di piangere -Se non fossi così platealmente inutile e stupido, forse non sarebbe morto davvero-

-É per questo allora che ti offendi sempre quando ti prendo in giro, vero? Certo, forse io sono un tantino...-

-Piú che un tantino- mi interruppe, cosa che mi portó a fargli una pernacchia di risposta e che, stranamente, gli fece accennare un sorriso

-Non interrompere che é una cosa complicata da dire!... Forse io sono un tantino... pesante... però se tu te la prendi é perché lo credi vero, ed é come se te lo rinfacciassi, giusto?- lo guardai negli occhi, aspettando che ricambiasse lo sguardo.

Ci volle un po' prima che accadesse, ma una volta che successe, la risposta era evidente.

Era così, era davvero così.

-Ebbene... usalo-

-Cosa?-

- Il tuo obbligo... devi obbligarmi a fare qualcosa, no? Dopotutto hai vinto la sfida, dimmi cosa devo fare-

Lui sbatté più volte le ciglia, incerto, aggrottando la fronte.

Sembrava a disagio, come se non sapesse se dire o no la propria richiesta.

-Quindi...?- domandai, tendendomi verso di lui-  Non mi chiedi di piantarla di insultarti o cos'altro?-

-No-

-No?!- lo urlai quasi, incredula dalla risposta ottenuta, che sinceramente non mi sarei mai aspettata.

Mi sarei aspettata un 'sí, dacci un taglio' decisamente rude, o qualcosa di più delicato, come un 'sí, per favore' o in generale un semplice 'sí'

Eppure aveva detto no.

Perché aveva detto no? Se non sopportava che lo facessi, allora perché non approfittare di tale vantaggio?

Proprio non riuscivo a capirlo.

-No- confermó lui, tranquillamente, fissando altrove.

"Allora qual'é l'obbligo? Quale sarà mai?! Forse che gli chieda ancora scusa? O qualcosa di simile? Perché se no cosa mai potrebbe volere che faccia? Magari che sia una sorta di sua schiava personale o..."

-Abbracciami- mi attiró a sé con un braccio, facendomi appoggiare al suo petto -Abbracciami e sta' zitta-















 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12- Abbraccio ***


Silver

-Abbracciami- mi attiró a sé con un braccio, facendomi appoggiare al suo petto-Abbracciami e sta' zitta-

A tale frase arrossii come un pomodoro, mentre involontariamente bloccavo il mio stesso respiro, passando le braccia attorno alla sua schiena liscia, sentendone i muscoli contratti, trattenendo degli strani fremiti.

Avrei voluto poter avere un minimo diritto di protesta, ma non lo avevo e tantomeno sarei riuscita comunque a cavarmi qualcosa fuori dalla bocca così scioccata e sbalordita com'ero, da arrivare a non trovare più un minimo di senso in pensieri e parole.

Mi sentivo nettamente a disagio, più di quanto mi fossi mai sentita, mentre il cuore sembrava essermisi placcato tra la gola e la cassa toracica, continuando a sbattervi contro, fino a farmi perdere la ragione.

Sentivo la sua pelle sotto le dita, anche se coperta dalla stoffa maglia.

Sentivo il suo odore e potevo percepirmelo addosso.

Strinsi la presa, lasciando che appoggiasse la testa nell'incavo del mio collo mentre a sua volta mi stringeva le spalle.

Non avevo mai sentito il cuore battermi tanto forte prima di quel momento,ma proprio mai, pareva rimbombare, desideroso di uscire, di scattare al di fuori, pompando il sangue alla ricerca di ossigeno vero che mi sembrava di perdere ogni secondo di più.

Le mie guance erano terribilmente in fiamme, così calde da mettermi l'ansia e sentivo vivamente la sensazione che sarei potuta svenire da un momento all' altro, solo per colpa della sua presenza e del suo essere così maledettamente strano da arrivare a chiedere simili cose cosi alla sprovvista... e per il suo essermi abbracciato.

Rimasi ferma, quasi paralizzata, cercando inutilmente di recuperare almeno un po' di calma e soprattutto provando a respirare, nonostante faticassi in una maniera quasi assurda.

Non mi aspettavo affatto una richiesta del genere, non da lui, né da altri probabilmente, ma principalmente non da lui.

Avevamo sempre litigato, la maggior parte delle volte per colpa mia e del mio carattere che mi portava a dire cose senza pensarci o ad innervosirmi senza chiedere spiegazioni ... e lui voleva che lo abbracciassi?

Era davvero così.

Non mi stava prendendo in giro nonostante non fosse molto sensato.

Il suo sguardo mentre aveva fatto la propria richiesta, non era stato sarcastico o in qualche modo negativo, ma piuttosto serio e pieno di rimorso che al solo vederlo mi aveva fatta sentire oppressa.

Eppure non aveva davvero senso,questo era tutto quello che pensavo, mentre i restanti pensieri erano spariti chissà dove, usciti dalla mia testa per colpa dell' agitazione che non riuscivo affatto a scrollarmi di dosso, la quale pareva quasi averli spinti fino a rendere impossibile l'arrivo degli altri, ma neppure di un minimo.

Ogni singola osservazione o idea era sparita al contatto tra me e lui, mentre una scarica mi aveva accelerato il ritmo cardiaco fino a farlo diventare sfrenato.

Lui, al contrario mio, sembrava calmo invece, solo inizialmente era stato rigido, poi era tornato rilassato almeno un po',  come se avesse necessitato quell'abbraccio da tempo, come se tutto quello di cui aveva bisogno fosse il calore corporeo di qualcun'altro ad accompagnarlo.

Era immobile come me e potevo sentire il suo respiro sul mio collo, lento ma regolare, come se non volesse mostrarlo affrettato e lo trattenesse, cosa che mi faceva venire i brividi, sempre bollenti, che salivano e scendevano sulla schiena dandomi una sensazione di fastidio inizialmente e poi di una pace assurda.

Era come se, oltre ad aver bisogno lui del mio, a sua volta mi stesse scaldando internamente più stava abbracciato a me, rendendomi man mano più tranquilla e forse anche felice di quell' incontro, di quel gesto d'affetto non voluto da me, -sempre se si potesse definire tale- che non mi sarei mai aspettata di ricevere, non dopo mio padre e mia madre, di cui, purtroppo, non ricordavo gli abbracci, né il loro calore.

"É dunque questo che si dovrebbe provare davvero?" non potevo non chiedermelo, ma decisi di mettere da parte il pensiero, socchiudendo gli occhi con un lieve sospiro amaro.

E rimasi in silenzio, proprio come lui aveva richiesto, riprendendo stavolta per davvero un briciolo di calma che mi portò a tranquillizzarmi in poco.

Mi sentivo bene, dopotutto, fin troppo paragonando la situazione alle immediate aspettative.

Mossi appena la mano sulla sua schiena, dando accenni di carezze impacciate e imbarazzate, sentendolo inizialmente irrigidirsi, ma poi tornare allo stato precedente come se niente fosse.

-Grazie- lo sentii sussurrare, facendo accellerare nuovamente i miei battiti.

-Di niente- borbottai, ancora abbastanza confusa, cercando di non balbettare stupidamente o di non mostrarmi fin troppo incerta, continuando ad accarezzarlo e a gustarmi le sensazioni che mi avvolgeva prepotente come un laccio, quasi fossero una corrente che non poteva non scrosciarmi addosso, infradiciandomi da capo a piedi.

La stoffa della sua maglia sembrava rimanermi impressa sulle dita, insieme alla alta temperatura  di cui era immersa.

Era così liscia, scorreva sotto le mie dita con piccole pieghe poco visibili, simili a onde nella marea, che si spostavano appena ce le passavo un poco sopra.

Salii ad accarezzargli i capelli, giocando con i ciuffi rossi, lasciando scorrere le mani tra di essi, tirandoli all'indietro.

Erano incredibilmente soffici e morbidi, come li immaginavo, simili a fiamme vere, tali che non avrei mai voluto smettere di toccarli.

Erano seriamente come una droga, sia per il tatto che per lo sguardo e non potevo non darmi della malata per tale motivo.

Non era normale che adorassi così tanto i suoi capelli... mi sentivo come se mi fossi trasformata in quel tipo, quello che mi ero trovata affianco appena avevo ritrovato l'uso della parola e un po' di quella lucidità di cui avevo decisamente avuto bisogno per reagire contro il Signore.

Me li aveva perfino baciati, i capelli, come se, fossero stati una qualche strana divinità o altro.

Beh, quelli di, Task erano probabilmente ancora peggio, siccome non volevo farne minimamente a meno, sia di guardarli che di toccarli.

Ero ancora persa tra simili pensieri quando lui sciolse l'abbraccio, staccandosi da me,  cosa che mi portó a percepire improvvisamente freddo, forse perché in parte mi ero abituata al suo calore corporeo.

Guardando davanti a me però, capii che in realtà ne avevo perché era scesa la sera, difatti la volta celeste si era nettamente oscurata, diventando blu scuro, mostrando le nuvole grigie e imponenti che si muovevano spinte dal vento, cercando di raggiungere chissà quale meta.

Avrei voluto sinceramente continuare ad abbracciarlo, stessa sensazione che generalmente provavo sempre quando mi distaccavo da un abbraccio,  ma come richiesta, la mia, avrebbe avuto anche meno senso della sua, che, in fondo,  doveva essere basata sulla sua mancanza nei riguardi del padre, cosa che realizzai a mente lucida, una volta dopo che lui si staccó, girandosi un attimo a guardare il cielo, tornando poi a voltarsi, con un sopracciglio alzato.

Per un po' tacque, fissandomi dritta negli occhi, poi parlo.

-Vuoi provare ad avanzare fino a raggiungere magari un vero riparo? Non vorrei che iniziasse a piovere, che,poi saremmo completamente esposti se non per gli alberi che coprono ben poco e non avremmo modo di poterci cambiare- commentò, col naso all'aria, alzandosi, tendendomi la mano per imitarlo subito dopo.

-Sì, credo che sia meglio così- asserii, mettendomi a mia volta in piedi e dando una veloce ripulita ai pantaloni jeans che portavo e che dietro si erano sporcati appena di verde.

Ci rimettemmo in viaggio, meno stanchi e più tranquilli rispetto a poco prima, senza litigare in maniera seria e rimanendo spesso in un silenzio che non sapevo se definire pesante o sereno.

Forse più la seconda, siccome sapevo che forse avevamo fatto un passo avanti entrambi.

Io perché avevo capito cosa simboleggiasse la sua sofferenza, il suo darsi colpe e mi sentivo perlopiù meno seccata dal suo atteggiamento.

Lui perché le aveva tirate fuori, le emozioni, anche solo un poco, invece che tenerle dentro, permettendomi, in un modo o in un altro, di venirgli incontro.

"Forse andremo un po' più d'accordo " pensai, assorta, sentendomi internamente un po' sollevata, nonostante non ne capissi a pieno il motivo.

Pesante era invece l'essere troppo zitti.

Avrei voluto dire qualcosa, anche di insensato, ma stranamente non riuscivo a trovare argomenti utilizzabili e la cosa non capitava spesso, ma succedeva con lui e basta.

Con lui non sapevo cosa dire, era come se il solo guardarlo mi frenasse.

Anche per questo mi veniva spontaneo litigare, soprattutto per questo.

Com'era possibile che non sapessi mai di cosa parlare con lui? Non era normale né aveva senso e mi dava parecchio sui nervi

Cercai di cacciare via l'insistente domanda dalla mia testa, scuotendo il capo, fatto che portó Task ad osservarmi incerto.

-Tutto ok? In qualche modo ti ho innervosita con la mia richiesta inusuale?- chiese, con un accenno sarcastico all'ultima parola, che aveva peró anche del deluso

-No, no... non é colpa tua...- accennai un sorrisetto, cercando di non trasformarlo in qualcosa di troppo strano e di tranquillizzare ; cosa parecchio strana da parte mia;lui, reagendo ai miei strani istinti in maniera positiva e non distorta -Non stavolta-

-Come sarebbe a dire 'non stavolta'?- borbottó, aggrottando la fronte

Trattenni una risata a stento, mordendomi il labbro,  -Ah, sí, sarebbe a dire che la maggior parte delle volte é davvero colpa tua-lo canzonai, facendo capire che in realtà scherzavo, facendo una linguaccia a lui e tirando verso il basso una delle palpebre inferiori con due dita, appoggiando la restante mano al fianco.

-Mmmh... certo, Silver, certo, come vuoi tu- accennó un movimento della mano abbastanza strano, ma allo stesso tempo buffo.

E scoppiai davvero a ridere, non riuscendo più a trattenermi per via del tono in principale con cui aveva risposto alla mia finta provocazione che era stata fatta al solo scopo di poter interrompere quel silenzio.

Lo vidi accennare un, sorriso vero, scuotendo il capo e ricambiai con un espressione energica, smettendo di ridere e di fare la bambina, incrociando le braccia dietro la schiena, facendo tornare purtroppo il nulla che continuava ad avvolgerci, distogliendo poi lo sguardo.

Provai a concentrarmi inutilmente su qualcosa;non avevo voglia di guardarmi attorno, non mi sembrava di alcun aiuto per via della troppa similarità del paesaggio che finiva col sembrare e apparire davvero più che noioso.

L'unica cosa che era cambiata da quando avevamo superato il fiume era il colore dei fiori, precedentemente blu-viola e ora rosso sangue, che rendeva tutto alquanto inquietante, tale da mettere i brividi in una maniera assurda.

Gli alberi erano fin troppo simili tra di loro per i miei gusti, l'unica cosa che pareva differenziarli era l'altezza.

Avremmo potuto davvero perderci e sinceramente non la trovavo una buona idea e non avevo intenzione di fare in modo che accadesse.

Anche se, in realtà, potevamo già definirci come tali, non sapevamo nemmeno dove stessimo andando e non avevamo la, più pallida idea di come potessimo raggiungere un riparo per la notte.

Speravamo soltanto di trovarne almeno uno, per poi rimuginare la mattina dopo a mente lucida, perfettamente riposata, su che cosa avremmo dovuto fare per tornare indietro, da Nemes e gli altri.

Attraversammo un sentiero che serpeggiava tra le felci e l'erba alta in discesa, inoltrandosi in un percorso che ogni tanto mostrava dei ciottoli grigi ben assestati, alcuni grandi come il mio stesso pugno, altri più piccoli e lisci che ad ogni nostro passo si spostavano, avvicinandosi o allontanandosi tra di loro, schizzando a destra e manca come dei pazzi.

Vidi delle foglie cadere dagli alberi, seguiti dallo spiccare in volo di due uccelli grigi col becco piccolo e l'aspetto paffuto, con le piume ben lucenti e decorate.

Sfrecciarono nell' aria, sbattendo le ali, muovendosi aggraziati a ritmo rapido per salire verso al cielo innuvolato e ancora più scuro di prima, cosa che permetteva la visione di qualche stella nel firmamento a interromperne l'oscurità, insieme alla luna, pallida e in parte nascosta.

A guardarli sollevarsi e  sparire, trattenni il fiato.

Ma prima che potessi mostrare tutto il mio apprezzamento con pensieri espressi a voce alta, le prime gocce di pioggia iniziarono a piombare verso il terreno, scontrandosi con i miei capelli,le mie ciglia e le mie guance.

-Accidenti- feci, guardando Task con un occhiata prima di capire che ormai non avevamo tempo da perdere.

Un rifugio era l'unica cosa di cui necessitavano.

Accelerammo il passo, rimanendo tra il passo e la corsa fino a che la pioggia non parve iniziare a scendere fin troppo veloce.

E mentre quasi correvamo, si udirono ululati in lontananza, cosa che mi portò a rabbrividire.

Certo, erano lontani, ma non abbastanza da rassicurarmi che non ci fossero alle calcagna.

Ogni secondo che passava sembrava diventare sempre più pesante e agitato.

Dal semplice passo affrettato, ci ritrovammo a correre, imprecando mentalmente.

Mi tirai su il cappuccio della felpa che portavo insieme ai jeans, lanciando un rapido sguardo al Fuoco che mi imitò, correndo tra sassi e fango, con le precipitazioni che scendevano sempre più fitte, fino a bagnarci come dei calzini.

Continuammo a correre fino a non avere piú fiato, sentendo comunque i minacciosi versi delle bestie che, era confermato, ci stavano dando la caccia.

Era confermato perché, nonostante avessimo già corso un bel po', le loro voci erano troppo alte e vicine per non essere circa dietro di noi.

Attraversammo diversi sentieri senza darci tregua, rischiando spesso di scivolare per colpa del terreno troppo bagnato e scomposto per essere regolare e facile da percorrere.

In un attimo poi, per colpa di una stupidissima curva scoscesa che scendeva nella radura, inoltrandosi profondamente, così che a vista d'occhio non se ne notasse la fine, caddi davvero, rotolando giú, mentre Fireburns urlava il mio nome.

Più rotolavo e più sentivo l'intero corpo venirmi sballottato come una pezza, seguito da forti bruciori alla pelle improvvisi e degli accenni di conati che mi salivano vistosamente nella gola.

Non seppi esattamente quanto a lungo scesi, ma fu un esperienza che, lo sapevo per certo, in un modo o in un altro, avrei potuto evitare.

Completamente sporca dalla testa ai piedi, una volta raggiunto lo 'stop' a quel girare in mezzo a fango ed erbacce, trovandomi a pancia in giù, provai a rialzarmi a stento nonostante le gambe mi tremassero e avessero iniziato a farmi male, e tentai inutilmente, diverse volte di fila, mentre lui mi correva incontro, attento a non cadere a sua volta in quel percorso scivoloso e fin troppo esteso.

Per quanto impegno ci mettessi, era assolutamente impossibile per me rialzarmi da sola, cosa che mi portò a gemere di dolore e dal nervoso, dalla rabbia e dalla sofferenza che mi si accumulavano addosso come pietre da portare.

Dovevo essermi slogata la caviglia nella caduta e probabilmente anche sbucciata la pelle su ginocchio e polpaccio, siccome bruciavano come non mai. 

Facevano davvero male ed iniziavo a pensare che, qualcosa intendesse prendersi burla di me, di noi, della situazione urgente in cui eravamo e di tutto quello che stava accadendo, probabilmente ridendosela dall'alto.

-Maledizione!- strinsi la mascella - Proprio ora doveva succedere una cosa simile?!- borbottai frustrata, tremando ancora per ritentare di rimettermi al più presto in piedi, ovviamente senza risultati.

-Tutto ok? Stai bene?- domandò il Fuoco, piegandosi su di me, cercando di aiutarmi a riprovare.

-Ma proprio guarda! Benissimo, proprio- sbottai irata, facendo una smorfia, gli occhi socchiusi e i muscoli contratti per il dolore che continuava ad infiammarmi le gambe, prima di scusarmi con uno sguardo per la rispostaccia data.

E anche con il suo aiuto, non c'era davvero nulla da fare, non riuscivo a reggermi in piedi.

Riuscii solo a ruotarmi a pancia in su, notando che i jeans si erano strappati e che le mie gambe erano decisamente più che semplicemente sbucciate.

Sanguinavano, alcune parti erano aperte da graffi e non solo, la parte più bassa delle gambe era quasi tendente al nero.

-E ora?- domandai, sottovoce, quasi esasperata al ragazzo che mi era affianco e che si era improvvisamente spostato davanti a me.

Vidi Task guardarsi attorno, prima a sinistra e poi a destra, facendo divampare una fiamma nella mano, lanciandomi un occhiata, lo sguardo determinato a reagire e a fare tutto quello che gli era possibile.

-Se continuiamo a scappare, saremo come topi braccati anche nel caso trovassimo un riparo dalla pioggia- disse, il verde nei suoi occhi nuovamente ingiallito verso i lati, con quell'accenno rabbioso che sembrava renderlo pericoloso al solo guardarlo, i capelli zuppi, i vestiti circa in uguale stato -Quindi tanto vale affrontarli in un posto qualsiasi, non importa quale... andrà bene anche qui, immagino-

-Sicuramente non ci saranno solo dei lupi- ribattei -Riusciresti davvero ad uccidere delle persone senza avere rimorsi?- chiesi, fissandolo ancora, pensando alla sua reazione di poche ore prima, alla sua rivelazione e a quell'abbraccio stranamente confortante.

Lui sorrise amaramente, in modo talmente forzato che mi fece capire in meno di un attimo che, no, il rimorso lo avrebbe avuto, ma era una scelta a cui non poteva opporsi.

Anche una seconda brace divampò nella sua mano, mentre entrambi guardavamo il lungo sentiero in discesa da cui ero caduta, come una stupida, forse per la troppa frenesia, forse per il voler seminarli il prima possibile.

Continuai a tentare comunque di rialzarmi, fino al punto che mi arresi seriamente, vedendo che ad ogni tentativo di più mi sentivo sempre più incapace di riprovare una seconda ed una terza volta.

Ero decisamente più che frustrata per aver raggiunto una situazione simile.

Volevo soltanto non mostrarmi inutile almeno nel proteggere me stessa ed invece a questo punto non potevo fare altro che aspettare, in silenzio, sperando che la pioggia si fermasse, pregando silenziosamente che le persone che avevano seguito i lupi non fossero troppi.

''Perché non sono capace di far smettere di piovere?'' mi ammonii ''Perché non posso essere stata più prudente invece di cadere in questo modo?''

E mentre tali domande mi tormentavano la testa, seguiti da rimproveri senza sosta, realizzai che almeno un modo per fermare la pioggia o proteggere entrambi, c'era.

L'avevo già utilizzata, certo, con scopi dissimili, ma con più persone ed ero stata più piena di forze, quindi per due forse, un risultato lo avrei ottenuto.

Sentivo l'acqua scorrere, scendere dal cielo velocemente e pensai alle emozioni che avevo provato cercando di unirmi al pensiero di Task per comprendere meglio.

E proprio come me e lui, lentamente univo le gocce di pioggia, rendendole come uno scudo, ferme attorno a noi a creare una bolla resistente, che purtroppo però sembrava incapace di contenerci entrambi, probabilmente per il flusso del mio sangue che mi indeboliva, interrotto appena con una stoffa  che lo stesso Task si era tolto di dosso poco prima, rimanendo in canottiera, ma che mi rendeva poco affabile e resistente.

Il Fuoco, nonostante volessi proteggerlo a mia volta come lui era pronto a fare con me, uscì dalla bolla alla comparsa dei primi lupi e delle prime persone, armate di spade.

-Rientra, stupido!- gli urlai, agitata, cercando di non piangere, trattenendo infatti le lacrime nel miglior modo possibile, ovvero concentrandomi sulla barriera che, lentamente, mentre vi ero solo io, sembrava in grado di reggere.

-No- ribattè invece lui, lanciandomi una seconda occhiata che mi fece rabbrividire, siccome ormai l'intera iride era gialla, circondata  dalla congiuntiva che, lentamente, iniziava a diventare nera.


 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13- Pioggia ***


Silver

La pioggia continuava a scendere imperterrita, senza darsi limiti, scorrendo fino a segnare ogni cosa con il proprio passaggio, impossibile dargli un freno alcuno.

Ma non era la pioggia stavolta a turbarmi, non l'acqua mi preoccupava, ma piuttosto lo stesso Fuoco che vi stava sotto ed il suo sguardo, quella sua improvvisa caratterizzazione.

Osservare quegli occhi gialli, percorsi da simboli strani che non avevo mai visto e che non avevo mai creduto possibili da trovare in una iride, mi fece rabbrividire, costringendomi a mandare giù la saliva a stento.

Sembrava quasi che la pupilla stesse per saltare al di fuori e che, per questo, la retina fosse diventata nera come la notte, anormale e da terrore.

Era passata da chiara a scura in meno di pochi secondi, come dipingendosi, togliendo quella sanità e responsabilità che fino a poco prima aveva avuto nel voler proteggermi.

-Task!- gridai, cercando di attirare la sua attenzione senza ottenere davvero risultati, se non che le fiamme ne con maggiore irruenza.

Il Task che avevo davanti non pareva più se stesso,me ne rendevo perfettamente conto e non potevo evitare di notarlo. 
Non capivo cosa cavolo potesse essergli accaduto in quei pochi attimi in cui erano arrivati i nemici, davvero non mi era comprensibile.

Cosa potesse averlo scatenato e reso tale mi era davvero un mistero inconcepibile.

Un attimo prima si comportava normalmente, un attimo dopo reagiva in quella maniera.

Lo vidi allargare ancora di più le fiamme che albergavano sui suoi palmi, le quali erano diventate tendenti ad un violaceo- sanguinaccio e che sembravano volersi scatenare contro chiunque e qualunque cosa,disumanamente.

-Task!- urlai ancora con tutta l'aria che avevo nei polmoni, assistendo a ció che mi trovai davanti senza poter fermare la cosa, impotente.

Fu una scena orribile e terrificante.

In meno di due secondi, Fireburns aveva dato fuoco ai lupi, rendendoli torce viventi, le quali correvano allo sbando a destra e manca, mentre gli uomini armati, tra cui c'era anche il Signore, iniziavano a spaventarsi, cosa che si notava benissimo nella loro incredulità, nei loro sguardi che non sapevano dove posarsi, le spade e gli scudi che iniziavano a tremare nella presa di chi le teneva.

Subito dopo i lupi, le fiamme andarono ad incendiarsi su ogni singolo uomo che capitava a tiro, scatenando un fuggi-fuggi senza senso nella radura.

C'era chi urlava, chi incespicava cercando di andare via, chi cercava comunque di combattere contro Brandon e chi rimaneva immobile, troppo terrorizzato per fare qualcosa di utile.

E questo paesaggio, veniva accompagnato dallo stesso Josh, il quale, ad ogni colpo, sembrava ammucchiare potenza e voglia di distruzione senza pari.

E pioveva ancora, nonostante la pioggia non riuscisse a spegnere quelle braci indomite.

Ero terribilmente angosciata, assistevo in silenzio, coperta dalla barriera che mi proteggeva dall' acqua e che lentamente sembrava star diminuendo il flusso del mio sangue ed il dolore alle gambe, quasi guarendole, cosa di cui mi sentivo rassicurata almeno un minimo dopo tutto ció che mi era stato esposto con una simile facilità.

Ogni secondo che passava, vedevo cadaveri su cadaveri piombare al suolo, privi di vita.

Non riuscivo a farcela.

Ad ogni morto mi saliva il vomito, sapendo che probabilmente il caduto, carbonizzato, sarebbe sicuramente stato mangiato in futuro da qualche bestia o vedendoli soltanto, sanguinolenti, irriconoscibili, proprio come Task.

Avrei voluto poter davvero vomitare, o fare ancora qualcosa, ma a quanto pareva, in un giorno simile non mi era possibile.

A rimanere ancora in vita, dopo quella che parve un eternità, non c'era più nessuno, se non io ed il rosso, che peró non pareva essere ancora soddisfatto, tanto che pareva essere sul punto di mandare a ferro e fuoco perfino l'intera radura.

-Task! Basta! Fermati!-

Le mie richieste  stavolta lo fecero voltare, cosa che mi portó a vedere le fiamme che avevano preso a sgorgargli al di fuori dalle orbite, accompagnate da alcune che partivano da un suo zigomo.

Sul suo volto albergava un espressione folle, le labbra distorte in un ghigno strano, la furia leggibile nei suoi lineamenti, stravolti e contratti, tali che non mi sarei mai aspettata di vederli sul suo viso.

Fece un passo in avanti in mia direzione, le fiamme che ancora divampavano voraci e pericolose nelle sue mani, scure braci indomite che si dimenavano, schioccavano e sibilavano con linguaggi impossibili da tradurre.

-Non basta- sussurrò lui, rocamente, l'aria pazza, fuori di sé anche piú di prima, una seconda brace che partiva dal restante zigomo.

In un attimo capii che se non avessi detto o fatto qualcosa, sarebbe finita male.

Davvero molto male, sia per me che in generale per lui.

-Hai finito ora!Ritorna normale! Davvero... - lo vidi avanzare di un altro ennesimo passo e non potei non farmi prendere dall'agitazione, sempre più accesa nella mia mente e nel mio stomaco, le viscere che mi sembravano stringersi dal terrore e che mi portò ad urlare davvero, stavolta in modo ancora più intenso che in precedenza -Non ha piú senso tutto questo! Smettila o cosí ci ucciderai entrambi!-

Un altro passo.

Non sapevo che pesci pigliare, sembrava che non gli importasse minimamente più di nulla.

Reagiva per rabbia ed istinto.

Insultarlo non era un modo utile per farlo fermare.

Un ennesimo passo mi portò a cercare ancora più faticosamente una ragione per farlo riprendere, ragione che mi giunse alla mente con un altro passo nella mia direzione.

-Tuo padre non vorrebbe questo,lo sai vero?- gridai a pieni polmoni, sentendomi gli occhi inumidirsi, costringendomi a non piangere come un idiota per paura o altro.

Il solo farlo in una tale situazione mi ripugnava internamente.

Lo vidi bloccarsi ad un tratto, smettere di avanzare ed immobilizzarsi, irrigidirsi e aprire appena la bocca, come un pesce fuor d'acqua.

-No... Lui... - la sua voce giunse in un sussurro addolorato, mentre lo vedevo riprendersi, lo sguardo che tornava ad illuminarsi, il reticolo ottico che man mano si schiariva, riprendendo la tonalità candida, il giallo che tornava verde smeraldo, come doveva rimanere, le fiamme che si spegnevano, come se le avessero rimosso l'ossigeno.

Sbatté diverse volte le palpebre, quasi stesse realizzando dove si trovava e perché, come svegliandosi da un lungo sonno.

Lo vidi appoggiarsi le mani tremanti al volto sbiancato, percorrendo con esse le guance pallide e lisce, prive di graffi, salendo fino ai capelli rossi, andando a stringerli con prepotenza, l'aria disorientata.

La pioggia aveva smesso da poco di scendere, il fumo che lentamente saliva dai morti bruciati, carcasse nere a cui non avrei saputo più dare una definizione di aspetto.

-Cosa diamine é accaduto?- lo vidi guardarsi attorno, confuso più che mai -Ho davvero fatto... Tutto questo?- indicò ció che lo circondava

La risposta -Sí- mi uscì seria dalla bocca, guardando come stringeva i propri ciuffi di capelli tra le dita, tenendoli con irruenza, lo sguardo sconfortato e sconfitto.

-Ma dopotutto avresti dovuto farlo comunque... - azzardai a dire, cercando di apparire tranquilla. 

Il cielo notturno era sopra le nostre teste, ma qualcosa mi diceva che non ci sarebbe stato ancora a lungo e che presto si sarebbe rischiarato, tornando delle tonalità giornaliere.

Vidi il suo shock trasformarsi in soggezione, mentre tornava ad abbassare le braccia.

-Sí, o-ok ... Andiamo via- balbettó -Dobbiamo ancora trovare un posto in cui... In cui riposare- lo vidi mandare giù la saliva mentre non sapeva decidersi se avvicinarsi a me o allontanarsi.

Slegai con le mani la stoffa dalle mie gambe, notando che, proprio come mi era sembrato, lo scudo che mi ero formata attorno, aveva decisamente migliorato le ferite, portando le più esposte a chiudersi e le più gravi a diventarlo meno, il colore nero in fondo ad esse che era tornato ad essere tendente al rosso.

Sapevo che comunque mi sarebbero rimasti dei segni, ma poi forse, col tempo, sarebbero spariti.

-Sembrano guarite almeno un po'- commentai -Ma non so se lo siano abbastanza per poter avanzare- alzai la testa per incrociare il suo sguardo che continuava ad evitare categoricamente il mio.

Vedevo il suo chiedersi domande senza tregua, la sua incertezza e il suo tentennare.

-Quindi? Cosa vuoi fare?- domandò

-Quindi... Io niente... Hai intenzione di prendermi in braccio?- chiesi scherzosamente, cercando di far passare in secondo piano quello che poco prima era accaduto, per farlo concentrare magari sul nostro cercare un vero riparo per riposare.

Di tutta risposta, quando feci cedere lo scudo d'acqua attorno a me, tentando ancora di alzarmi; lui fece quello che avevo detto senza battere ciglio o mettere proteste, sollevandomi a mo' di sposa, cosa che mi fece avvampare in faccia,portandomi a spalancare gli occhi dalla sorpresa e a balbettare sconnessamente prima di riuscire per davvero a formare una frase decente.

-Ehi, scemo, guarda che io scherzavo! Mettimi giù!- borbottai, imbarazzata, divincolandomi parecchio mentre lui iniziava a camminare per davvero con me tra le braccia, anche se la sua aria era tutt'altro che felice e divertita, di quelli che mi avrebbero preso in braccio per farmi uno scherzo o per rendermi ridicola davanti a loro.

-Non ho intenzione di farlo- ribatté, serio, continuando ad avanzare tranquillo, guardando ovunque, attento a non rischiare a sua volta una caduta per colpa del troppo fango e del terreno decisamente irregolare.

Dopo parecchio tempo, finalmente, raggiungemmo una grotta dall'aspetto tranquillo e non così buio da spaventare, cosa che ci porto ad entrarvi.

Era più luminosa rispetto a delle normali caverne ma noi eravamo troppo stanchi per farci anche solo qualche domanda, io con le gambe ancora ferme nella stoffa che le ben tratteneva, nonostante non sanguinassero più, lui con la canottiera così zuppa che si poteva definire inutile, i capelli rossi gocciolanti solo all'interno -l'esterno si poteva definire stranamente asciutto-

-Adesso credo di aver davvero bisogno di dormire- commentò lui, sospirando amaramente, levandosi la stoffa bagnata e appoggiandola a terra, sedendosi, avvicinando le gambe al petto, accennando fremiti per il freddo.

Lo vidi addormentarsi senza provare ad accendere una fiamma per scaldarsi.

E cosí finii col tacere a lungo, sapendo che non potevo fare altro, ripensando più volte a quello che avevo visto, cercando peró di cancellare le scene dalla mia testa fin troppo affollata.

Non seppi esattamente quanto rimasi lí, immobile, col silenzio che mi accompagnava e le palpebre incredibilmente pesanti, tanto che sentivo che sarei potuta crollare dal sonno da un momento all'altro.

E all'improvviso udii delle voci alte provenire da poco lontano da noi, voci di cui realizzai la provenienza con un certo stupore, mostrato anche dallo stesso Task, il quale riprese i sensi quando lo chiamai,trascinandomi verso di lui e scuotendolo appena.

Non potevo crederci che ci avessero davvero trovati, che ci avessero seguiti in questo posto.

-Sono loro, sono davvero loro! Ci hanno seguiti nella tipologia addestramento- dissi, lanciando un occhiata al cielo che si stava rischiarando ancora di più, annunciando l'arrivo del probabile pomeriggio.

-Sí, lo sono- rispose Task in immediato, accennando assenso, alzandosi e dirigendosi lentamente fuori dalla cava.

-Non azzardarti più a muoverti- commento serio, girandosi un attimo in mia direzione.

Io sbuffai, ma decisi di obbedire, anche se parecchio contrariata.

La prima voce che avevo sentito mi aveva involontariamente fatta sorridere.

Nemes

Diverse ore prima...

-Cavolo! Ma quanto si ripete l'aspetto di questo posto? É decisamente tutto troppo uguale per essere normale!- brontoló Diana, scuotendo il capo più volte di fila con disapprovazione.

-Smettila di inveire contro a qualsiasi cosa! Fai venire il mal di testa-

-Ma non é colpa mia! É questo posto che mi fa venir il nervoso... -

-Ma almeno sapremo subito quando raggiungeremo la destinazione- ribatté ancora, innervosito dall' atteggiamento di Diana

Io e Will ci lanciammo uno sguardo rapido e lo vidi alzare le spalle con indifferenza, come per dire che non dovevo fare caso alle troppe e stupide discussioni che si sarebbero presto scatenate tra i due.

Il Vento, nonostante tutto, appariva rilassato e tranquillo, come se non ascoltasse i battibecchi ma lasciasse andare la mente altrove, probabilmente fantasticando ad occhi aperti.

Mi sarebbe piaciuto sapere a cosa pensava? No, decisamente no.

Avrei perso tempo in immaginazioni che non trovavo sensate farmi.

E poi ne avevo decisamente poca di fantasia, quindi anche a provare non avrei avuto risultati.

Mi guardavo attentamente attorno, seguendo le discussioni di Luce e Buio, le quali si basavano generalmente sul nervoso di Diana nei confronti della troppa somiglianza del paesaggio e a cui Guy reagiva cercando di farla tacere.

Era da un po' che ci eravamo messi in moto per trovare Task e Silver, sapendo che non dovevano comunque essere troppo lontani, a meno che non avessero seriamente avanzato tutta la notte del loro arrivo, cosa in cui sinceramente dubitavo e che speravo come fatto negativo, anche perché se lo avessero davvero fatto, per raggiungerli ci avremmo messo un eternità. 
Il fatto più deprimente era basato sul non avere esattamente idea di dove fossero.

Certo, Lyfia aveva detto che a chi stava dentro alla tipologia addestramento veniva istintivo raggiungere la grotta per tornare indietro, ma era davvero così? Li avremmo trovati per davvero nella grotta o avremmo dovuto aspettare? O ancora, avremmo aspettato per poi scoprire che erano già tornati indietro?

Le possibilità da valutare erano troppe per avere un idea precisa su cui potersi basare.

In un certo senso ero già esasperata.

Lyfia non era stata per nulla chiara e aveva aggiunto perfino il fatto che il tempo di quí, andava più lentamente, ciò probabilmente significava che, in quella che qui era parsa mezz'ora, ad Athlas poteva essere un oretta piena, il doppio.

Certo, questo fatto ci avantaggiava un poco, rendendoci lo scarto di tempo dall'arrivo molto minore -avevamo aspettato le ventiquattrore richieste dalla donna per via del ricaricarsi del portale, ed in teoria dovevano essere passate dodici ore prima del nostro arrivo-

-Mamma... Ma da quanto avanziamo?- domandai, dando involontariamente voce al mio pensiero, passandomi una mano tra i capelli per poterli scostare appena, evitando che si inzuppassero di sudore, non tanto per il calore ma per il continuo avanzare che sembrava non volersi concludere affatto.

-Io direi da sei o sette ore, o cosí credo per via del cielo..ma a me sembra un po' troppo ottenebrato per i miei gusti... Probabilmente sta per piovere- commentò in risposta Robin, l'aria pensierosa, cacciando una mano nello zaino che teneva con tre dita per il manico, con dentro chissà quante cose,tirando fuori una quantità indefinita di salviette, vestiti vari e cibo racchiuso in un sacchetto, così che non sporcasse le restanti cose.

Le armi le aveva invece allacciate alla cintura; erano due spade dall'aspetto affilato, lo scudo invece era legato allo stesso borsone.

Ciascuno di noi era infatti ben armato, alcuni anche doppiamente per quando avremmo dato a Task e a Silver ció che serviva loro e che decisamente necessitavano per una giusta protezione.

Avanzammo ancora, accelerando il passo sempre di più, anche quando le gambe dolevano dalla stanchezza e dallo sforzo continuo che sembrava rendermi difficile anche solo trattenermi dal mostrarlo per non farli fermare.

Sembravamo quasi in una corsa contro il tempo, il camminare saettando in quel posto cosí uguale in ogni suo lato, tra alberi e fiori, tra sentieri, discese e salite, le prime facili da percorrere, le seconde ben più faticose, abbeverandoci quando era possibile, riposando poco spesso per evitare di fermarci troppo a lungo e di perdere tempo buono da utilizzare per procedere ancora.

Era decisamente un ritmo faticoso da sostenere, ma mantenendo la determinazione, mangiando un po' delle provviste nel percorso, spezzando la fatica con un po' di energia utile che avrebbe permesso il raggiungere l'obbiettivo.

Camminammo così a lungo che a momenti mi chiedevo se per caso in realtà non stessimo procedendo al rallentatore.

Procedemmo imperterriti, io che mi guardavo attorno, Will che probabilmente aveva la testa altrove, Diana che cercava di conversare, con me, Vento e con Guy che le rispondeva seccato e a monosillabi, principalmente con dei più che innervositi -no-, il suo solito.

Come clima tra di noi non era male, ma un altro genere di clima stava peggiorando, il cielo sempre più scuro e da brividi, il vento che sembrava voler forarci la pelle, con tutta la cattiveria che gli era possibile.

Pure il Vento stesso sembrava a disagio da quest'aria così scontrosa che sapeva di umidità e pioggia imminente.

-Beh, almeno sappiamo circa dove Fuoco e Acqua si stanno dirigendo- commentò Will con tono assorto e preso da fin troppe cose in contemporanea -Poco ma sicuro stanno cercando un riparo-

-E al momento non ce ne sono molti- borbottai -Quindi si stanno davvero dirigendo alla ricerca di una grotta o qualche posto sicuro-

-Sí, credo proprio che sia cosí- rispose lui

-Il problema sarebbe sapere quanto dista e se, in un modo o nell'atro, riusciamo a raggiungerlo prima che piova, certo, se utilizziamo gli scudi come degli ombrelli possiamo evitare di inzupparci, ma loro probabilmente si bagneranno come non mai-

-Già-

E cosí, in quelle che parvero parecchie ore, la tempesta giunse davvero.

Pioveva forte, il vento si scatenava tra le foglie con la sua corrente quasi folle.

Tenevamo faticosamente gli scudi sulle nostre teste, scrutandoci attorno attentamente, superando sentieri ed incespicando nel fango che ci sporcava le scarpe e parte dei pantaloni, cercando di non avere problemi o di cadere.

Riguardo allo stare in piedi era ancora più faticoso per colpa della troppa fatica che si era accumulata in fin troppe ore di cammino.

Mi sentivo così esausta che mi tremavano tutti gli arti, la vista diminuita dalla pioggia fitta.

Procedemmo contro le intemperie a lungo, sperando in una tregua che probabilmente non sarebbe stata immediata.

Per poco non caddi per colpa di una buca nel terreno, ma riuscii ad evitarlo grazie a Diana, la quale mi prese per il braccio, lo scudo ben tenuto sopra la sua testa, l'aria determinata.

-Andiamo- fece seria e io risposi con un rapido cenno di capo, aggrappata al suo braccio libero, riprendendo convinzione in me stessa.

Proteggendoci a vicenda dal rischio caduta e dalle troppo forti interperie, avanzammo fino ad essere stremati.

E quando la pioggia smise, non potemmo non esserne più che sollevati. 






 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14- Silenzio ***


Nemes

-Queste sono... Carcasse?- domandai, incerta, guardando  quelle che non sapevo definire se non come delle  pelli bruciate, respirando a malapena, i capelli che mi si scompigliavano sulla faccia, mossi da una corrente fredda che attraversava la radura, quasi in corsa.

-Sí- rispose rapidamente Guy, accovacciato affianco ad una di esse, l'aria seria e illeggibile, passandosi la lingua sul labbro superiore, dirigendosi spesso verso gli angoli della bocca, le dita intrecciate tra di loro, lo sguardo che si spostava ad uno ad uno per poi schizzare altrove, puntando verso l'orizzonte privo di nuvole.

-Non devono essere morti da molto, o almeno credo dallo stato in cui sono- commentò invece Will, assorto, quasi stesse cercando di definire un orario, mentre l'altro si rimetteva dritto, guardando Diana e me, il sopracciglio inarcato.

L'Aria continuò ad osservare il cadavere a cui era vicino, il capo inclinato, senza toccarlo se non molto cautamente, senza mostrarsi particolarmente disgustato, con aria lucida di chi poteva essere circondato da morti dalla mattina alla sera o operare senza essere continuamente disgustato dal sangue.

Non batteva ciglio, guardava e basta, studiando con l'attenzione e la serietà di uno che generalmente avrebbe dovuto stare sempre coi piedi per terra, non di certo di uno che fantasticava e aveva sempre la testa altrove.

Questo lato di lui mi sorprendeva, ma decisi di tralasciare appena notai che aveva smesso di esaminare e che era di nuovo perso totalmente trai pensieri.

"Come non detto" pensai immediatamente, scuotendo il capo, per poi rimanere sorpresa di nuovo dalla frase che il ragazzo disse poco dopo

-Il vapore che proviene dai corpi è ancora percettibile, ma flebile, saranno passate poche ore-

-E con questo a cosa vuoi arrivare, Will?- domandai, sperando vivamente in una risposta abbastanza concisa e chiara, siccome non ero sicura su cosa volesse andare a parare.

-Sì, beh, vuol dire che chi ha dato loro fuoco non deve essere lontano, e a meno che non sia una coincidenza che Task e Silver siano finiti qui... probabilmente... sí... insomma... forse deve essere stato lui- rispose Robin,facendo pause non prive di fatica, tali che pareva lui non riuscisse a respirare, mentre mandava giù la saliva a stento.

Diana si osservava attorno, anche lei un po' a disagio e con un che di preoccupato -Tu pensi che possa essere stato lui? Davvero? Lo conosci ormai! Non è un assassino, non farebbe del male ad una mosca- lo disse con atteggiamento sinceramente sbalordito e sorpreso, con un accenno di rabbia nella voce .

-Lo so, lo conosco ed é mio amico e ci tengo a lui, siccome lo sento come un fratello ... ma bruciare così tante persone quasi tutte insieme è un talento impossibile per una persona qualsiasi, e l'unico che sappiamo possa possederlo è lui... spero vivamente di starmi sbagliando, però... non ci sono segni di spostamento dei corpi e tanto meno le braci di un falò qua attorno-

Vidi la Luce fare una smorfia, stringendo leggermente il pugno -Io so che non è stato lui per davvero, me lo sento. Non può... non è da lui. No, io non ti crederò fino a che non sarà lui stesso a confermarlo, non mi importa di prove e prove... - la vidi poi socchiudere gli occhi, lanciando un rapido sguardo ad un cadavere dei tanti, spostandolo subito, come scottata.

-E io sono pronto a darti ragione. Anche perché lui non me lo vedo a fare simili azioni, però non so a cosa pensare- Will accennò un aria imbarazzata, come se, in un modo o nell'altro, cercasse di farle capire che non voleva in alcun modo accusare il rosso e che, la sua, era solo una tesi datagli da prove che potevano essere anche incomplete -Sicuramente però, c'è una spiegazione a tutto questo-

Tacemmo per altri, lunghi secondi, lasciando a Warmwind la possibilità di continuare a studiare ciò che lo circondava, per captare altri dettagli.

Io non sapevo esattamente cosa pensare, c'erano idee, ma non conferme, tesi e antitesi che andavano scontrandosi e che si basavano decisamente sul suo carattere, sul suo modo di fare.

Il suo atteggiamento  non sembrava coincidere con un simile gesto, come non sarebbe mai coinciso con lui .

Rimanemmo ad osservare la scena per un altro periodo non ben definito prima che Will scuotesse il capo e si alzasse, la fronte aggrottata, con un sospiro silenzioso che gli usciva dalle labbra, forse di frustrazione, forse di rassegnazione.

-Null'altro?-

-No... nulla- asserí in un breve sussurro quasi impossibile da percepire per la tonalità così bassa.

Silenzio, un silenzio privo di tranquillità sembró aleggiare, spento un poco dalle parole del vento, incomprensibili e lascive.

Un silenzio che poteva ferire i timpani.

-Su, andiamo via da qui- il Buio, improvvisamente riprese ad avanzare, serio, senza aspettarci, come se sapesse che avremmo comunque obbedito, essendo praticamente costretti a farlo.

Aveva l'aria di chi aveva appena preso il peso della terra sulla schiena e immediatamente pensai al fatto che forse nemmeno lui volesse credervi alla tesi, ma che in un certo senso non potesse non pensarci.

Eppure, allo stesso tempo, sembrava che ci fosse qualcos'altro, di cui però non sapevo definire la provenienza.

E così dunque facemmo, stanchi di rimanere in un simile posto, lo seguimmo, superando i cadaveri bruciati e allo stesso tempo zuppi di pioggia, col pessimo odore dei loro corpi che aleggiava in aria, portandomi a storcere decisamente il naso. 

Sentivo tutta l'ansia calpestarmi, il disgusto confondermi e quel davvero maledetto silenzio consumar la vita di quella gente, che non poteva fare altro se non restare lì, pronta a diventare il banchetto di qualche animale o di insetti.

Mi costrinsi a coprirmi la bocca con una mano, chiudendo gli occhi e rendendo meno intenso quel fetore, procedendo in quella strada che fortunatamente non aveva nè salite dure da fare, nè distese scivolose in cui ci sarebbe potuto essere il rischio di cadere, ma piuttosto delle curve e un terreno regolare, ancora completamente bagnato di pioggia.

Gli alberi alti ogni tanto rilasciavano delle gocce dai rami, le quali, a volte, ci colpivano delicatamente un qualsiasi pezzo di pelle, facendo, o almeno a me, rabbrividire.

Il tempo che passava sembrava essere scandito dal rumore dei nostri passi che si susseguivano senza fermarsi, troppo ripetitivi per tentare di contarli.

Avanzammo perciò spediti, non dicendo quasi nulla, spiccicando parola solo per commentare dettagli di poco conto che tralasciavano pensieri e che venivano lasciate in sospeso, vedendo però, parecchio dopo, cominciare diverse orme decisamente visibili più si andava procedendo.

Il terreno dei sentieri fino a poco prima era stato composto principalmente da sassi e ghiaia, la quale era saltellata da tutte le parti ad ogni passo, minacciando di finire nei calzari, che arrivando lí era stata nuovamente sostituita da terriccio molto bagnato, il quale invece faceva affondare i piedi in essa, strattonando verso il basso ogni singola volta per immobilizzare e sporcare.

-Ci sono solo una serie di orme- commentó Diana, come per dare voce all' ovvio, non priva peró di un espressione confusa -In caso fossero veramente loro, non dovrebbero essere due paia? Oppure sono arrivati distanti ?-

-Non dovrebbero, come é capitato a noi, non dovrebbe essere capitato neppure a loro- Will buttó fuori uno sbuffo -Non riesco a capire, credo mi faró bastare ciò che ci é arrivato fin ora, procediamo seguendo le tracce, così almeno ci capiremo qualcosa in più-

Annuimmo tutti e tre di risposta, riprendendo il cammino.

Vedevo Will osservare, Diana perdersi tra i pensieri e Guy a starsene semplicemente in silenzio, le braccia sempre incrociate al petto.

Camminammo per diverso tempo, fino ad arrivare ad un tratto che avrei voluto solo lamentarmi dalla frustrazione che non potevo non sentire.

Fortunatamente prima che potessi dire qualcosa, notai che la strada si spostava e mostrava una grande grotta con quelli che sembravano dei gargoyle molto impolverati, ai lati di essa, come per accompagnarla.

-É poco ma sicuro questa la grotta di cui Lyfia parlava- commentó Guy.

-Guardate, le orme procedono proprio verso di essa... forse otterremo qualche risposta-

-Sí, meglio entrare, prima lo facciamo e prima ci capiremo qualcosa senza avere troppi punti interrogativi-

Io e gli altri dunque facemmo per muoverci in direzione della spelonca, ma ci interrompemmo nell'esatto momento in cui Task ne uscí.

Aveva i capelli fradici di pioggia, l'espressione che passava da completamente tesa a sollevata e portava solo i pantaloni, la sua carne segnata da della probabile pelle d'oca, i muscoli in bella vista.

Decisamente trovarlo a petto nudo mi fece sgranare gli occhi dalla sorpresa e mi paralizzó dalla testa ai piedi, rendendomi impossibile anche solo respirare, ma non tanto perché mi imbarazzasse vederlo così, anzi.

Nella mia testa delle immagini si riprodussero a filmato, mentre prendevo a tremare come una foglia, ogni parte del mio corpo che si scuoteva e si riscuoteva, priva di contegno.

Avrei voluto urlare, sentivo le gambe rischiare di cedermi da un momento all' altro.

Il mio petto sembrava non poter contenere il mio stesso cuore, tanto che ogni battito pareva sbattervi contro con violenza fino a fracassarlo.

-Siete voi...!- Task assunse una espressione lievemente rallegrata, girandosi quasi subito e tornando a fissarci -Silver é dentro, non può muiversi... quindi... venite dentro-

Tutti e quattro eravamo rimasti paralizzati sul posto, probabilmente per motivi diversi, ma decisamente io ero la più in difficoltà, non ero capace di muovermi.

Sentivo che se ci avessi provato sarei crollata a terra, aggiungendo poi il fatto che dentro mi sentivo morire e che mi mancava l'ossigeno.

Troppe immagini, troppo dolore, l'incapacità di movimento era solo una delle tante conseguenze.

Nessun'urlo di richiesta di aiuto, non stavolta, non c'era bisogno di gridare, farlo li poteva divertire.

Farlo, simboleggiava non avere nuovamente i vestiti addosso e venir usata come una pattumiera in cui sfogarsi, e allo stesso tempo come un oggetto che, appena si fosse rotto, invece di provare ad aggiustarlo, sarebbe stato buttato.

Farlo, poteva decisamente riportare daccapo ogni cosa.

Ogni settimana, stesso giorno, dopo l'esser tornata da quella che si poteva definire l'unica maniera per sopravvivere.

Comprare del cibo per il mio 'genitore', portargli l'alcool in grandi quantità invece che venir buttata fuori di casa e rimanere eternamente al freddo, priva di un posto in cui stare.

E dopo l'essere stata zitta, dopo il non aver gridato, arrivava il peggio a tormentarmi, a distruggermi per quell'inutilità che ero.

Cercare di non piangere era il minimo, si divertivano troppo a vedermi piangere.

E il peggio del peggio era lui, lui con i suoi capelli rossi, gli occhi color sangue, tinozze intrise, un sorriso sadico sulle labbra.

Lui mi picchiava, poi lasciava il resto agli altri, come se si divertisse della sofferenza che gli altri provavano.

Si limitava a picchiarmi e a volte, strapparmi perfino i vestiti, poi si metteva da parte e non mi toccava più nemmeno con un dito, una sigaretta in bocca da cui tirava due o tre volte prima di gettarla a terra con un accenno di stizza.

A volte ancora, poi, decisamente le più rare di tutte, dopo aver finito la prima parte di quello che per loro doveva essere un gioco, smetteva di sorridere e si paralizzava, mi fissava.

Mi fissava terrorizzato e sbalordito, con l'aria di chi si pentiva amaramente e a quel punto mi veniva in contro, sussurrando dei -Mi dispiace- sconnessi, quasi tremanti, conditi con delle lacrime amare che cercavano di uscire nonostante si notasse perfettamente che non volesse farlo, e che si asciugava con le maniche della maglia che altrettanto in fretta si toglieva di dosso, sbrigandosi a farmela indossare, rimanendo a torso nudo e correndo via in tutta fretta.

Eppure, la settimana dopo, riaccadeva la stessa cosa, come se non fosse successo nulla.

Di nuovo il sorriso pazzo che sembrava divorare ogni mia speranza di fuga.

Di nuovo le pene dell' inferno a gettarmi i sassi addosso, pesanti come poche, fatte per pestarmi fino al punto che, ogni singola mano che mi aveva toccato, rimanesse impressa anche ad occhi chiusi e non mi dasse pace.

E solo poche volte tornava a riaccadere che il ragazzo rosso mi tornasse incontro come umano e non come bestia, volte che mi confondevano e che mi facevano sperare che un giorno avrebbe smesso.

-Nemes... mi dispiace tantissimo- e dopo la terza volta che era capitato, piangeva davvero, senza darsi limiti, senza mostrare un minimo di calma, con un innocenza innaturale da paragonare alla pazzia irregolare di quello stesso ragazzo che mi fissava in simili situazioni.

-Lui... deve smetterla di farlo-

Avrei dovuto dire qualcosa come risposta, eppure l'immagine prese ad offuscarsi, il ragazzo dai capelli rossi che non smetteva di piangere un solo secondo.

-Nemes- una voce che mi chiamava, cancellando i ricordi , così affollati e dolorosi, così confusi da certi lati e così fin troppo chiari dall' altra.

Quel 'lui' si agitava nella mia mente, si scuoteva, pareva pronto a graffiarmi la mente con le sue invisibili unghie.

-Nemes...- di nuovo quella voce, un po' più alta che in precedenza

Un ronzio indistinto di frasi, sussurri indefiniti mischiati come miscele di parole.

-Nemes! Tutto ok?- Will mi stringeva la mano, preoccupato, tenendomi sorretta mentre ero quasi con le gambe a terra, scuotendomi appena, portandomi a riprendere completamente i sensi che a quanto pareva mi si erano annullati, esiliandomi da tutto il resto.

Sentivo le guance stranamente bagnate, probabilmente di lacrime che però non avevo neanche sentito scendere.

Diana aveva una mano sulla mia spalla, Guy mi guardava dall'alto, Task era immobile, poco lontano dalla grotta, lo sguardo più che scioccato dall' accaduto.

-S-sí... sto bene, credo- ripresi il controllo, rialzandomi con lo sguardo basso, fissato al suolo -Entriamo, così almeno ci riposiamo un minimo-

-Ok, bene- Con l'aiuto dell'Aria e della Luce, finalmente riuscii a muovermi senza rischiare di crollare a terra una seconda volta.

Entrammo dunque in quella grotta che immediatamente si apriva , con un enorme pilastro al centro, seguito da diversi altri.

Dentro ad essa vi era Silver, lo sguardo gioioso che sembrava quello di una bambina che aveva appena ricevuto il suo regalo di compleanno.

-Tenebroso! Nuvoletta! Stellina e Pianterella! Siete qui!-

-Ma cosa diamine ti é successo, Silver?!- Diana ridacchió, anche se non sembrava molto felice e la risata risultava forzata.

-Diciamo che potrei essere scivolata mentre pioveva... e che potrei aver fatto un bel capitombolo... ferendomi le gambe-

-Bella sfortuna- lei accennó un sorriso, scuotendo il capo -Sentite, ragazzi...- la vidi cercare mentalmente delle parole, con una certa agitazione -Noi abbiamo assistito all' arrivo... a dei cadaveri bruciati, ne sapete qualcosa?-

Immediatamente feci caso all' espressione di Josh, non priva di confusione e di dolore, accompagnata da quello che appariva pienamente un intenso senso di colpa.

-No, quali cadaveri? - rispose Silver, continuando la frase con la domanda , senza cambiare di un minimo la sua espressione

-Durante la strada c'erano parecchie persone morte, non ci siamo fermati a  contarle, siccome erano davvero tante ed erevamo più che altro presi a cercare di capire altre cose- rispose Will rapidamente, portandosi la mano ai capelli

- Non ne sappiamo assolutamente nulla- l'Acqua e l'Aria si fissarono brevemente, poi, dopo che il ragazzo annuí, lei allungó la mano, afferrando quella di Guy, riprendendo a sorridere tranquilla.

- Noi siamo passati che pioveva fortissimo e che non si vedeva nulla per colpa di parecchia  nebbia e io purtroppo sono caduta- lei alzó le spalle rapidamente  -...Mentre lui mi ha portato in braccio fino a destinazione, poi ci siamo addormentati entrambi e ci siamo risvegliati poco fa, a sentire le vostre voci-

-Ti sei fatta portare in braccio da lui? Sul serio? Tu da lui che siete cane e gatto? Fino a poco fa non vi parlavate nemmeno. Avete alzato la bandierina  di resa? - Diana apparí invece sinceramente sollevata, tanto che stavolta rise con tranquillità, senza doversi in un modo o nell' altro sforzare.

-Potremmo...Posso giurare che ho fatto di tutto per convincerlo a mettermi giù, ma non é servito a niente, sempre la solita testa calda-

Tutte e due risero, facendo arrossire il rosso come un peperone, il quale continuava ad evitare di incrociare lo sguardo, tenendolo basso.

-Beh, decisamente non eri in grado di camminare- borbottó dunque, coprendosi il petto con le braccia prima di girarsi, lanciando un ennesima occhiata all' Acqua.

Aveva decisamente un atteggiamento strano, non potevo non contestarlo e c'era qualcosa che non mi quadrava.

Lui sembrava sospetto, ma non sapevo se era per i flash che mi avevano occupato la testa in quei pochi momenti precedenti e che forse mi stavano influenzando o se invece fosse stato davvero così.

Forse lo erano entrambe o forse non era nessuna delle due, non lo sapevo, anche perché era difficile definirlo con certezza.

-Ora, l'unica cosa che voglio fare é riposare, sono assolutamente esausta- borbottó Diana, facendo per gettarsi a terra affianco a Silver, venendo però fermata da Guy.

-No, Diana, prima dobbiamo fare altro-

Lei lo guardó istintivamente obliquo -E cosa dovremmo fare di così importante?-

-Beh, prima di tutto assicurarci che ci sia il portale che probabilmente ci riporterà indietro, in seconda base, devo farvi allenare, ricordi?-

-Ma... ora?! Non potremmo aspettare domani mattina per allenarci? Siamo decisamente stanchi e l'idea non allieterebbe nessuno-

-Proprio perché siete stanchi dobbiamo allenarci- ribatté lui - Voglio vedere quanto vi ci vorrá stavolta a reagire-

L'espressione della Luce aveva un che di esasperato che avrebbe divertito chiunque, fatto che si condiva con l'espressione seccata dell' altro come risposta.

-Ma Silver...-

-Lei puó anche non farlo per oggi, rimarrà a guardare, fino a che non riuscirà ad alzarsi in piedi-

-Ma io...- la ragazza dai capelli azzurri cercó inutilmente di controbattere, finendo con l'essere zittita con un burbero -Nessuna discussione-

Non riuscivo a capire che cosa il corvino volesse arrivare a parare, ma decisi rapidamente di eseguire gli ordini senza fare storie, anche perché sarebbero state solo sprecate.

Prima peró che io decidessi di avviarmi per davvero verso il fondo della caverna, aspettai brevemente che molti si avviassero.

Partii solo poco dopo, prima di Task, il quale, a sua volta, non si era mosso, rimanendo sulla soglia, poco lontano da Irhina, impossibilitata ad alzarsi.

Prima di accelerare vivamente il passo, sapendo che lui probabilmente sarebbe partito entro poco, udii una frase unica che mi fece percorrere da un brivido.

-Dopo dobbiamo parlare-

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Capitolo 16
*** Capitolo 15- Tentativi ***


Nemes

-Oh, cavolo- udii sussurrare a Diana poco prima di realizzare ció che mi trovavo davanti. 
Ero più che meravigliata, non riuscivo a dire una singola parola.

Tutti quei colori che vedevo sembravano ruotare in quella sorta di specchio d'acqua pieno di luce, il quale splendeva, irradiando completamente la parte in fondo della grotta in cui eravamo.

Essa era divisa in due parti; la prima che pareva chiusa e buia, che verso la fine si restringeva in tal modo che passare in quella sorta di buco che vi ci si trovava era stata quasi un impresa, e la seconda che si apriva immediatamente, mostrando diverse altre colonne, pareti di pietra scura, liscia come non ne avevo mai sentite e quello che ora ci trovavamo davanti. 

Quei lunghi pilastri che sostenevano il 'tetto' della calotta, erano a stile corinzio, bianchi come la neve,  con diverse decorazioni incise su ognuno di essi che li decoravano in un modo tale da farli apparire regali e solenni, sottili e imponenti. 

Will si guardava attorno con aria ben ammirata, non riusciva a stare particolarmente fermo, avanzando senza tregua.
Si spostava dal portale, alle mura, alle colonne, guardando prima uno, poi l'altro e infine le ultime.

Diana semplicemente sorrideva, lanciando sguardi a quella marea di colori che parevano giocare tra di loro, mischiandosi e sfiorandosi, unendosi, girando attorno a loro stessi come trottole impazzite in un percorso sconnesso che, in un modo o nell' altro, era sempre simile, collegati come dal destino.

Erano paragonabili alle persone, le quali intrecciavano senza volerlo il proprio destino con quello di altre persone che forse non avrebbero mai voluto, dovuto o creduto di incontrare.

Tale pensiero mi portó ad alzare il sopracciglio, mordendomi il labbro inferiore, chiedendomi se tutto quello che avevo pensato avesse davvero un senso, fatto di cui non ero sicura.

Osservai ancora quel rincorrersi, quel muoversi di luci che mi ammaliava e mi incatenava ad esse, quasi fossi incapace di distaccarmi da quegli strani giochi di colori con lo sguardo.

Prima che mi liberassi da quella sorta di ipnosi nei confronti di quello specchio, dovetti udire dei rumori di passi dietro di me, riallertando i sensi, precedentemente quasi paralizzati da tale scontro di emozioni contrastanti, riallacciandomi a tutto, facendomi sentire in parte disorientata per essermi lasciata andare a simili pensieri.

Non mi capitava molto spesso di perdermi in ragionamenti di fantasia e mi sentivo perciò ancora sconnessa in parte, incapace di riprendermi completamente.

Stavo ricevendo fin troppe batoste in una sola e unica giornata, diverse in sostanza ma di uguale, o molto simile, effetto: una sensazione di panico e agitazione difficile da scacciare.

Vidi Task sbucare invece  solo con la testa dalla fessura da cui eravamo passati, come per accertarsi a sua volta di cosa ci fosse oltre, per poi tornare rapidamente alla seconda parte della cava, dove vi era anche Silver, frettolosamente. 

Mi sembrava davvero strano che quei due avessero smesso davvero di litigare... l'ultima immagine che avevo avuto di loro prima che sparissero e che li ritrovassimo qui era proprio un loro combattimento e non capivo come, in pochi giorni, fossero riusciti a riappacificarsi.

Forse era stato l'essere da soli, insieme, che aveva fatto loro bene e li aveva portati a chiudere quella, superficiale, se così si poteva credere, ferita inflittasi a vicenda, anche se non mi sarei sorpresa a vederli ricominciare daccapo per colpa di un ennesimo stupido litigio, nonostante non fosse affatto uno dei miei desideri, siccome quelli che facevano, azionati da frasi semplici, erano abbastanza infantili e futili,  o così sembravano almeno. 

Li guardai entrambi con la coda dell' occhio, spingendomi verso la fessura, toccandone le spaccature con i polpastrelli, poi mi dedicai a rimettere rapidamente un ordine ai miei pensieri per metterli da parte.

-Okay, c'é, é questo il portale, quando vogliamo possiamo tornare indietro- sbottó Guy, alzando il sopracciglio, guardando altrove -Contando che ad Athlas il tempo che vi é qui é raddoppiato, penso che potremmo starci al massimo due giorni e mezzo o tre, per non perdere troppo il senso delle giornate che veramente passano... io direi perciò che é meglio non sprecare ore buone e utili-

-É per questo dunque che vuoi che ci mettiamo ad allenarci fin da subito- fece Diana, sospirando lievemente -Con questi problemi di tempo raddoppiato sembra strano anche solo fare due ore di pausa - lei si passó le mani tra i capelli, tirandoli all'indietro -Ma almeno una decina di minuti... Un minimo per riprenderci... -

-No, mi servite così, voglio vedere assolutamente che reazione avrete - ribatté lui rapidamente, portandomi a guardarlo incerta

Decisamente oggi, qualsiasi cosa che mi accadeva sembrava strana e sospetta,separata da una sorta di divario dalle restanti azioni. 

O era questo posto a portarmi ad essere cosi terribilmente e maledettamente incredula nei confronti di chiunque -forse in parte era stato colpa del flashback su quello che mi era accaduto - o forse erano proprio loro ad essere diventati così sospetti e strani a tutto un tratto. 

Probabilmente erano entrambe le cose a modo loro. 

-Che reazione avremo a venire ancora palesemente sconfitti e gettati a terra?- sbottó lei, accennando nervosismo

-No, che reazione avrete e basta, che poi mi facciate vedere di nuovo il vostro venir sconfitti, non é colpa mia e neppure dell' Elemento che é in voi, il quale reagisce come può, ma solo vostra, ma non nel senso che dovete prendervene la responsabilità, siccome piuttosto che quel dovere deve essere sostituito da un cambiamento nel vostro pensiero che non avete raggiunto, ma che dovete afferrare prima che sia troppo tardi-

Mi ritrovai dunque a guardare gli altri per un breve istante, spostandomi le mani sui vestiti come per spolverarli da una polvere inesistente.

Uscimmo perciò dalla parte in fondo alla grotta, come Nightshadow aveva detto, tornando verso quella iniziale, portandomi a scrutare l'interno in maniera distaccata, esternando idee o pensieri inutili. 

Alcune pareti della grotta erano segnate da crepe e da rotture,  da cui veniva mostrata altra pietra ancora più scura di quella della seconda parte della grotta e probabilmente più solida e meno segnata di quella al di sopra. 

Task e Silver erano lí,  gli sguardi di persone tese e con uno strano collegamento che non sapevo minimamente spiegarmi, diversi da come erano prima e non solo per il cambiamento di atteggiamento che avevano improvvisamente ottenuto in quel periodo limitato.

In un certo senso, mi sentivo incapace di stare al passo con tutto quello che stava accadendo, qualunque cosa fosse. 

-Voglio provare anche io ad allenarmi- insistette lei, cambiando immediatamente espressione da quella precedente, sorridendo speranzosa a Guy che scosse la testa con un che di seccato. 

-Ti ho già detto di no-

-Dai- lo sollecitó ancora, frustrata, lo sguardo che si incupiva leggermente

-Ti ho detto no! Se sei ferita, non ho intenzione di farti alzare neppure se ci stessero attaccando, chiaro?-

-E io ti dico che ne sono in grado! Davvero! Ce la posso fare, basta che impieghi il mio potere per richiudere le mie stesse ferite e...-

-Aspetta, aspetta... cosa? Ripeti- Guy la interruppe a bruciapelo, lasciandola a bocca socchiusa, mentre lo guardava interrogativa, quasi stralunata e lui rispondeva con quell'espressione tra il contratto e il serio che si trovava sul suo viso quasi ventiquattro ore su ventiquattro.

-Ho detto... che basta che utilizzi il mio potere per chiudere le ferite- ripeté, incerta e un po' tentennante alle ultime sillabe della parola ferite, lasciando che il suo argento scalpitante, occhi generalmente allegri, venissero occupati dall'indecisione e un misto di confusione

-Ci riesci davvero? Se é sí, mostrami- ribatté lui, con una punta di flessibilità nel tono di voce

-Perché?-

-Fallo e basta-  si affrettó a rispondere lui, inginocchiandosi davanti ad Irhina -Non ti sto mica chiedendo di decapitare qualcuno o di farlo affogare- continuó

Vidi Watersea guardarlo ancora, ridendo appena, nervosamente, per poi annuire con decisione, aprendo i palmi, socchiudendo appena gli occhi, scaturendo subito una bolla attorno a lei, la quale accennava tonalità trasparenti che si mischiavano all'azzurro dei capelli di Silver.

Aveva perlopiù una sfumatura semi gialla e rosa, colori che si mischiavano e che assomigliavano vagamente a quelli del portale, con la chioma di Silver che, ogni secondo che passava, sembravano diventare un tutt'uno con la bolla, mentre le sue gambe parevano anche esse più trasparenti.

La guardai ammirata, osservando come il liquido scorresse fluidamente attorno e dentro la bolla, tracciando diagonali e semicerchi, avvicinandosi alla pelle ancora rovinata.

I segni delle ferite che vi erano, sembravano lentamente scomparire, richiudendosi con quella che inizialmente era ancora acqua e che si trasformava poi in pelle, come se fosse normale e da tutti i giorni.

Pezzo dopo pezzo, le sue gambe tornavano ad essere prive di segni e di tagli, tornando ad essere come avrebbero dovuto se fossero passate almeno una settimana o due.

Vidi poi la bolla girare dal verso opposto in cui, fino poco prima ruotava, restringendosi ogni secondo di più, dapprima di un poco, poi sempre di più, esplodendo infine con un secco schiocco che rimbombó tra le pareti in maniera inquietante.

Guy aveva continuato a guardare Silver, senza staccarle gli occhi di dosso, osservando attento ogni movimento della bolla, per poi annuire appena e porgerle la mano per alzarsi.

Lei la afferró, quasi credendo probabilmente che il Buio l'avrebbe ritirata e perciò muovendosi a dargliela.

E Virgil la tiró su in piedi, lasciandole la presa solo pochi istanti dopo, quando fu sicuro che ella sarebbe rimasta in piedi e non sarebbe caduta, come accadde.

Lei esibí infatti un sorriso vivace, dicendo un -Visto?- con un tono che aveva del fiero

-Ora posso allenarmi anche io?- chiese di nuovo, con la sua solita espressione sciocchina, incrociando le mani davanti a sé, sorridendo più allegra che in precedenza, iniziando a camminare prima da una parte e poi dall' altra per dimostrare che stava bene, cosa che più che altro mi faceva pensare fosse ubriaca.

-Sí, sí, okay, puoi, contenta? Ma ora fermati- controbatté irritato -Anche perché credo che ce la farai stavolta-

-Eh? Davvero?- L'entusiasmo dell' Acqua giunse con un tono stridulo e acuto che aveva del comico, come se avesse assunto dell' elio per renderla tale

-Sí, ma se continui ad esultare come una pazza, saró più che disbonibile a colpirti senza alcun rimorso, quindi, vedi di calmarti un po', mmmmh?-

-Grazie Tenebroso!- continuó invece lei, non ascoltando minimamente il Buio, il quale sospirò, quasi esasperato, scuotendo il capo e facendoci cenno poi con essa di uscire.

Irhina si precipitó fuori per prima, seguita da Will, Task e Diana e subito dopo da me e Guy che uscimmo per ultimi.

Lo vidi cacciare nuovamente fuori dalla tasca il guanto nero e ancora una volta non potei non chiedermi la sua provenienza e se non fosse davvero di proprietà magica, fatto che mi sembrava assurdo, siccome non permetteva ai poteri di fluire.

Appena lo vidi, percepii un brivido corrermi sulla pelle, mentre il mio stomaco mi andava in subbuglio.

Appena fummo fuori, ci mettemmo a cerchio nell'erba, disposti casualmente, se non per il fatto che Guy era al centro e che, tenendo stretto il guanto, fissava silenzioso ciascuno di noi.

Il vento soffiava abbastanza tranquillo tra le foglie e tra i rami, non finendoci addosso con rabbia ma con una delicatezza che era capace soltanto di spostare qualche mio ciuffo di capelli e rendermeli più disordinati, costringendomi a spostarli dietro alle orecchie fino a quasi incastrarli, più che altro per fastidio e non per un bisogno primario.

E lo sguardo color notte vagava, prima negli occhi di uno, poi in quelli di un altro.

Silver rispose ad esso con un sorriso felice e genuino, tale che sembrava starsi per mettere a saltare in lungo e in largo da un momento all' altro.

Task gli rispose con indifferenza, spostando però spesso lo sguardo verso il basso, tornando a ritirarlo su e riabbassarlo frequentemente.

Will invece, ad incontrarlo, quel blu, pareva calmo, rispondeva ad esso senza scostarlo, le braccia lasciate libere sui fianchi, le mani completamente aperte quasi fosse un gesto di sottomissione e di libertà in contemporanea.

Infine, Diana, prima di me, portó entrambe le braccia davanti a sé, tirate e tese verso le gambe, le labbra semiaperte.

Non appariva né troppo calma né agitata, ma piuttosto in una sorta di via di mezzo, con le sopracciglia inarcate e un mezzo sorriso che man mano si faceva strada su quella bocca socchiusa e incerta.

Nonostante tutto, però, la sua stanchezza si faceva vedere dal suo sbattere freneticamente le palpebre per prestare attenzione.

Quando guardó me, invece, mi sentii in soggezione, decisamente molto in soggezione e cercai invano di non apparirlo, mandando giù la saliva a stento dall'ansia, mordendomi il labbro inferiore, quasi torturandolo, spellandolo fino a renderlo dolorante. 
Avevo le guance in fiamme che sembravano più calde di una stufa, le dita delle mani che, dietro la mia schiena, davano leggeri strattoni alla maglia per trattenere qualche sobbalzo o sussulto che mi sarei potuta far scappare più che involontariamente.

Ero l'ultima e sentivo farsi vivo il voler sotterrarmi.

Certo, quel colore era bellissimo, avrei voluto osservarlo più che potevo, ma... essere fissata da lui mi metteva a disagio.

Quando distolse lo sguardo, cercai di non mostrare troppo evidentemente il sospiro di sollievo che mi feci uscire fuori.

-Cominciamo da... Will- fece Nightshadow, avvicinandosi all' Aria che rispose con un cenno di capo assorto, afferrando il guanto che il Buio gli aveva dato, socchiudendo appena le palpebre mentre passava le dita nella stoffa nera.

Warmwind assunse un aria concentrata appena lo mise, sporgendo il braccio in avanti, prendendo una boccata di ossigeno.

-Stavolta non voglio colpire, non per il momento... prova a fare uscire l'Elemento senza costringerti a proteggerti da un attacco-

Solo per un attimo, lo sguardo di Virgil mi parve tremolare un poco, lasciandomi di stucco, incerta poi se fosse accaduto seriamente o fosse stata soltanto un immaginazione mia.

-E se non esce proprio?- rispose Robin, tirando ancora un poco il guanto per sistemarlo meglio, così che non avesse pieghe.

-Se non ci riesci, riproverai dopo- insistette l'altro, incrociando le braccia.

Vidi Will chiudere gli occhi, la mano ben aperta, il palmo dritto e i muscoli morbidi, privi di tensione che potessero intaccarne la posizione.

Passarono diversi secondi, in cui, in un certo senso, sperai che qualcosa sarebbe cambiato, che qualche vortice d'aria avrebbe infuriato, partendo e facendo agitare gli alberi con le sue grida.

Lo vidi riaprire invece gli occhi, sospirando e scuotendo il capo lievemente.

-Niente-

-Ci riproverai dopo- rispose il corvino, aspettando che il Vento gli porgesse il guanto per porgerlo, in secondo luogo, a Diana.

-Tocca a te-

La situazione si ripeté una seconda volta, nessun raggio di luce venne acceso e tanto meno un fascio.

-Ma cos'ha questo oggetto che non và?- borbottó, frustrata, sbrigandosi a levarlo, l'espressione che si accingeva a trasformarsi da concentrata a seccata, ridandolo al padrone dell' ononimo.

-Nulla, é semplicemente un guanto più stretto del normale- lo vidi giocherellarci un poco, per poi smettere improvvisamente- Nemes... a te-

Mi si avvicinó, consegnandomelo, lasciandomelo tra le mani che avevo messo a coppa per evitare che mi cadesse scioccamente.

Lo infilai, sentendolo fare pressione sulla pelle, quella pressione che oltre all' Elemento sembrava bloccare perfino il circolo del sangue.

E la portai davanti a me, dicendomi mentalmente che forse bastava provarci fino a che, ad un certo punto, non sarebbe uscito da sé.

Eppure, mi sembrava difficile che potesse accadere in poco tempo.

Semmai in anni, o mesi come minimo... ma non di certo in pochi giorni.

Provai a calmarmi e mi spinsi lentamente a provare a radunare il mio potere per l'ennesima volta, al quale avevo, al momento, fatto ben poca affidamento e che non ero ancora capace di governare così bene da far nascere piante dal nulla.

Riprovai diverse volte, con diversi tentativi, al punto tale che mi veniva da gridare internamente per il nervosismo e per lo stress.

Lo sentivo fermo, non usciva, non si muoveva nemmeno a pregarlo.

Non cambiava assolutamente nulla.

Mi sentii parecchio sconfortata e sconfitta a togliere il guanto e a ripassarlo al ragazzo che avevo di fronte e stavolta non finsi di non essere giù di corda.

Non aveva senso farlo, ormai, non ne valeva la pena.

In cambio, sapevo di avere un altra occasione più tardi, ma allo stesso tempo ero quasi sicura che non ci sarei riuscita.

Il guanto, dopo di me, giunse a Task.

Vedevo Silver elettrizzata e tesa, sembrava non veder l'ora dell' arrivo del proprio turno e, in contemporanea, guardava Task a disagio.

Sembrava strano, ma l'avrei definita preoccupata per lui.

Eppure, questo comportamento che iniziava ad avere nei confronti del rosso, mi piaceva.

Erano molto simili a quelli che aveva con Guy, anche se meno esposti e meno ravvicinati.

C'era davvero qualcosa che doveva averle fatto cambiare idea e comportamento.

Era incapibile, ma in un certo senso, non volevo saperlo.

E vidi Task allungare il braccio, la mano coperta da quel guanto scuro, l'aria confusa ed infelice, mentre chiudeva di scatto gli occhi e strattonava via il guanto, porgendolo a Silver.

-Ma non ci hai provato abbastanza a lungo- borbottó Diana, preoccupata, avvicinandosi al Fuoco, stringendogli la mano da cui aveva tolto il guanto -Perché hai gettato quasi subito la spugna?-

-Perché non ci riuscivo e basta-

-Ah, no, candelabro, tu sei un testardo, non puoi arrenderti in questo modo- ribatté lei, prendendogli con due dita la guancia destra, tirandola, quasi fosse un pizzicotto, facendogli lanciare uno 'ahia' innervosito con un che di leggermente acuto e stridulo che fece ridere un po' tutti.

-Dopo ci riprovi e lo fai con più impegno! Se non eseguisci gli ordine, riceverai un bel frontino a persona- continuó lei, sogghignando.

-Okay, okay! Faró come dici! Per favore, nessun altro pizzicotto o frontino che sia- commentó, facendole un broncio finto a cui lei rispose con una pernacchia che lo fece ridere.

-Silver... prova tu ora- disse allora il Buio, aspettando che la ragazza dai capelli bianchi tornasse a dove era stata prima.

E l'Acqua, frettolosa, si sbrigó ad infilare il guanto, agitata, curiosa di vedere se davvero, come aveva detto Nigbtshadow, avrebbe avuto un risultato.

Ed eravamo tutti a guardarla mentre prendeva un respiro, buttando fuori il proprio nervosismo e tutta l'eccitazione e gioia accumulata.

E buttó la mano in avanti, senza rendersi conto dell' improvviso getto d'acqua che scaraventó addosso a Guy.

Quello che ne seguí, fu una risata fragorosa da parte dell' Acqua, la quale continuava a ridere senza a riuscire a smettere nonostante i tentativi, mentre il bagnato le lanciava un occhiata più che seccata mentre si spostava una ciocca di capelli bagnati dagli occhi, scuotendo la manica più e più volte.

Noi invece eravamo tra il ridere e l'essere stupefatti.

-Giuro che vorrei strozzarti... ma non lo faró, altrimenti non mi contengo e finisce male-

-Ma... quindi ce l'ho fatta?-

-Beh, siccome che sono bagnato come un calzino,  direi di sí, ma ora, lasciami il tempo per cambiarmi-






 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16- Umori ***


Nemes

Passammo diversi minuti a finire di allenarci, riprovando diverse volte a ottenere risultati che non giunsero minimamente, attizzando spesso il nostro nervosismo trasformato in imprecazioni arrabbiate e confuse, principalmente da parte della Luce che, a non ricevere ciò in cui sperava anche se ci metteva tutta se stessa, finiva coll'andare in crisi, avanzando e retrocedendo come una bestiola, per poi prendere respiri profondi e tornare tranquilla come prima.

Il fatto che ci aveva principalmente fatti scattare era che Silver non aveva capito come avesse potuto riuscire ad ottenere l'Elemento utilizzando quel maledetto guanto e per questo, noi quattro restanti avevamo continuato a risultare incapaci di scatenarci.

Ero un po' esasperata dalla situazione se dovevo ammetterlo, il non avere punti almeno da segnare per sapere dove si aveva sbagliato era frustrante a dir poco, non riuscivo a stare tranquilla, non così.

Mi innervosivo ogni volta di più, anche perché vedevo ciò che Silver stava riuscendo a fare, rispondendo ai colpi che Guy aveva preso a lanciarle senza problemi, provocando contrasti, mostrando l'acqua che saettava contro l'oscurità, impedendo qualsiasi tipo di vera sconfitta.

Noi altri eravamo affianco a lei, ansimanti, esausti, ormai privi di forza, troppo stanchi per procedere ancora, provati, quasi sul punto di gettare la spugna ogni qualvolta che notavamo la differenza tra noi e loro due, ben impegnati.

Rientrammo nella grotta verso un orario parecchio tardo, o almeno così pareva e ci lasciammo appisolare un po' tutti, non avendo neppure fame per trovare qualcosa con cui cibarci, forse per colpa della delusione momentanea che non potevamo non provare.

Ero con il corpo accovacciato addosso al quasi fondo della prima parte della grotta, alla ricerca di un calore decente anche per le spalle e non solo per il petto che si scaldava grazie ad un fuocherello acceso su una manciata di arbusti secchi.

Sentivo il silenzio rotto dallo schioccare di essi sotto le lingue delle fiamme indomite, seguite dalla inquietante sensazione di essere in un orologio, immobile, con le lancette che acceleravano ogni volta che provavo a fare un passo in avanti.

Come fatto era, non solo fastidioso, ma anche scoraggiante, logorante e deludente.

Il sapere di non muoversi mentre tutto correva era qualcosa che mi terrorizzava, il rimanere indietro e l'incapacità di reagire per riprendere in mano la propria esistenza era un tabù mentale privo di risposte e di felicità.

I desideri si cancellavano al di sotto di esse, come ombre alla scomparsa della luce, confondendosi nel miscuglio di sottofondo che le trascinava verso il basso.

Tutta la convinzione doveva riemergere, ma io non ero mai stata una persona convinta di me stessa.

Forse, realizzando di aver fatto qualcosa di buono, un poco l'avrei recuperata.

E con tale rumore che mi occupava i pensieri, sconvolgendomi la mente e tracciando quasi solchi in essa, con quel sibilare delle fiamme che consumavano ossigeno, mi addormentai, scivolando come verso il fondo dell'oceano.

Al mio risveglio, invece, istante di ripresa lenta e pacata,  vidi il fuoco spento, colle braci che mostravano un accenno ancora leggermente incandescente, forse dovevano essere state placate da poco tempo, massimo una decina di minuti,e tutti addormentati, tutti tranne due che mancavano all'appello, che probabilmente erano usciti dalla grotta o erano andati nella parte più interna di essa, magari guardandone il portale che uno dei due aveva visto solo di sfuggita e che l'altra non aveva proprio nemmeno visto.

Mi alzai, scuotendo le gambe intorpidite e passandomi una mano tra i capelli lunghi, studiando le doppie punte che si dividevano tra le dita, con un improvviso mal di testa che mi occupava fastidiosamente i sensi, mentre sbadigliavo fino a farmi lacrimare gli occhi, portandomene via poi uno che lo seguí.

''Prima o poi me li devo tagliare, i capelli lunghi non mi stanno nemmeno bene e sono solo una scocciatura'' mi dissi, strofinandomi i polsi contro le guance per togliere quel mio essere assonnata che, poco ma sicuro, mi avrebbe riportata a sdraiarmi e riaddormentarmi una seconda volta.

Cercai laddove vi era il portale, non contandoci molto ma decidendo di lanciare un ultima occhiata alla seconda parte della grotta.

Vuota, come decisamente pensavo, dovevano essere fuori, fatto che decisamente non mi sorprendeva in sè, ma che piuttosto mi prendeva alla sprovvista perchè erano loro e solo loro a starci, come già era capitato in precedenza nel corso di quei diversi istanti che erano passati prima dell'allenamento.

Tornai dunque indietro, lanciando una rapida occhiata a chi ancora dormiva.

Diana era raggomitolata a terra, le braccia che avvolgevano le gambe per stringerle al petto.

Aveva un espressione calma, serena, mentre continuava a dormire tranquillamente, i capelli candidi come la neve che si sparpagliavano disordinatamente al suolo.

Will aveva la testa gettata all' indietro.

Dormiva seduto, le braccia lasciate tra le gambe, l'aria di chi si sarebbe risvegliato con un gran torcicollo, l'espressione tranquilla, il blu dei ciuffi che scivolava sulle sue spalle sottili e prive di troppi muscoli che lo rendevano quasi esile e un poco fragile.

Mi ci avvicinai un poco, osservando semplicemente le ciglia lunghe e le sopracciglia ben curate.

Tornai quindi al posto dove ero stata in precedenza, nel centro della grotta, fissando l'ultimo

Guy  era sdraiato, con l'espressione di chi non faceva affatto sogni tranquilli, la pelle pallida percorsa da qualche rivolo di sudore provocata da il probabile incubo che stava avendo.

Si agitava un poco, tremando, le labbra semiaperte che mostravano la mandibola serrata in modo tale che se avesse avuto qualcosa da stringere, l'avrebbe sicuramente maciullata, le mani strette a pugno, la cascata nera dei capelli che venivano trascinati da una parte all'altra nel mentre che girava la testa, quasi disperatamente, con un frenetico che mi metteva ansia al solo osservarlo.

Decisamente i suoi sogni non erano dei migliori.

Mi chiesi se svegliarlo oppure no, valutando la opzione mordendomi l'interno della guancia, inizialmente puntando sul sì, magari per farlo riprendere un poco, ma cambiai idea quasi in immediato, trovandola insensata.

Li faceva ogni notte, gli incubi, di certo non lo si poteva svegliare ogni singola volta... per quanto lo si volesse.

Sarebbe servito soltanto ad aumentare la sua incapacità a dormire e a portargli via ore di sonno, per quanto tormentate queste potessero dimostrare di essere.

Una volta svegliato, poteva non addormentarsi più, restando magari sveglio ad annoiarsi, stanco e provato.

Presi perciò ad avanzare verso l'uscita, nettamente di malavoglia, completamente contro il mio stesso volere,fermandomi sulla soglia, osservando ciò che ci circondava.

Dovevano mancare poche ore all'alba, il cielo era decisamente scuro, quasi nero, privo di nuvole nella mia direzione, le quali sorgevano invece laddove il mio sguardo poteva solo assistere ad una massa uniforme.

-Ma non dovremmo comunque dirlo?- udii all' improvviso, voce un poco roca, bassa e inaspettata che mi portò via un sussulto, fatto che mi fece cercare la sua provenienza con un che di frenetico, visualizzando le due figure sedute sull'erba, una a gambe incrociate e l'altra quasi accovacciata.

Certo, avevo cercato proprio loro due, ma pensando al dolore notturno del Buio, avevo finito per distrarmi e perdere di vista il mio precedente obbiettivo.

Mi rimproverai mentalmente, guardando ancora i due, tacendo, spostandomi verso l'angolo di destra per essere più vicina e allo stesso tempo meno visibile.

-No, non sai che reazione potrebbero avere... e soprattutto non credo che ne valga la pena... non é stata davvero colpa tua- rispose rapidamente Irhina, con tono calmo, spostando lo sguardo sul rosso che invece rispose con un rapido scuotere di capo

-Non lo é stata? Ah, no? Lo credi davvero?- lui, decisamente, non era calmo, cosa che si percepiva parecchio dal tremare della sua voce, facendo una pausa in cui immaginai, essendo alle sue spalle, distante circa di quaranta metri, sentendo solo grazie al silenzio quasi totale, capendo  le parole a stento, che avesse mandato giù la saliva, guardando in basso

 -Non sei tu quella che é impazzita a tutt'un tratto e che ha dato fuoco a delle persone umane... per quanto poco umane fossero di carattere, per poi risvegliarsi dal proprio 'coma momentaneo' del cervello, manco mi avessero rapito per sostituirmi con qualcun'altro e accorgersene quando ormai era troppo tardi! Non sei tu! Quello... ero io e... Basta. - lo disse piano, ma non abbastanza per non farmelo sentire, lasciandomi più che di stucco, mentre realizzavo di cosa stessero parlando e che le tesi esposte da Will erano esatte.

Nonostante tutto, però, la cosa non mi metteva a disagio o in ansia.

Era come se, in un certo senso, la disperazione nel suo tono, il suo sentirsi già così terribilmente in colpa, mi avesse già cancellato la negatività dell'azione e il sapore delle menzogne, non sembrava valer la pena di percepirsi minacciati.

Una brezza d'aria mi portò a socchiudere gli occhi, trattenendo un fremito.

''Spiacevole'' pensai in immediato, reprimendo un sussulto.

-Lo hai detto tu stesso, renditene conto! Non eri tu, eri come qualcun'altro... quindi non ha senso, non ha assolutamente senso che ti dai la colpa per la morte di quelle persone- la ragazza inclinò il capo -Io ti ho visto, quindi, capiscimi, so perfettamente che...no, non ne vale assolutamente la pena-

Un tale discorso, da lei, non me lo sarei assolutamente aspettato.

Potevo tranquillamente dire che Irhina, oggi, mi stava riempiendo di sorprese.

-Ma...- Task fece per ribattere qualcos'altro, ma si interruppe di scatto.

E tacqui, cercando di capire, assistendo all' espressione dell' Acqua, tesa e non poco, quasi come una corda di violino sul punto di rottura mentre ella, nel secondo in cui avevo serrato le palpebre, aveva finito con l'afferrargli il volto tra le mani.

Brandon la fissava interdetto, con un che di stralunato e confuso.

-O...ok-

La vidi avvicinarsi con quell'espressione e per un attimo credetti che lo avrebbe baciato, cosa che mi fece indietreggiare di due passi, vergognandomi di essere rimasta lì a spiarli, ma, contro le mie aspettative, la ragazza fece qualcosa di totalmente diverso.

Gli schiaffeggiò le guance tre volte di fila, prima più piano e poi più forte, fatto che lasciò di stucco sia me che Fireburns stesso, le guance segnate dalle ditate e gli occhi spalancati.

-Ma che...- lo vidi accarezzarsi la faccia con un leggero mugolio -Ti sei divertita a mollarmeli, non è vero?- sbottò con tono tra il seccato e lo stupefatto,  dando una leggera gomitata alle costole di Irhina, la quale ridacchiò, come se lo avesse preso come un piccolo prezzo da pagare per quei tre schiaffi.

-Stavo solo condividendo il gesto che generalmente mi faccio da sola quando mi accorgo di star diventando scema-

-Ah?- lo vidi appoggiare le mani ai fianchi - Watersea, giuro che questa me la segno-

-Fai pure! Quando me lo vedrai fare, non essere troppo scioccato- ghignò sfacciata in quella che credeva la propria superiorità, innalzando la testa con un aria da bambina che per poco non mi strappò via una risata

Con la sua espressione venivano mostrate delle fossette che le rendevano il viso un poco paffuto e pacioccone.

-In realtà sono scioccato di non avertelo ancora visto fare, ma...- il tono con cui Task le rispose era pienamente beffardo, fatto che portò Silver ad interromperlo in immediato.

Per farlo, le ci volle veramente poco, le bastò rifilargli uno spintone che lo fece crollare sull'erba, cadendo peró a sua volta quando lui le tiró il braccio, facendola crollare su di lui.

Lei a quel punto, tra l'offeso e l'imbarazzato, gli molló un pugno sulla spalla, spostandosi da dov'era, gettandosi sul terreno erboso, strappandogli una risata viva e quasi incontrollata a cui lei rispose con una linguaccia, voltando rapidamente il capo.

-Visto che stai facendo lo scemo di nuovo, te ne meriteresti altri tre, di schiaffi!- disse lei, inclinando la testa, con un tono più che convinto nel dire tali parole

-No, grazie, ne faccio anche a meno- disse dunque, smettendo di ridere, rimettendosi seduto decentemente, passandosi le mani tra i capelli rossi fiammanti, alzandosi dopo poco, gettando le mani sui pantaloni per scuoter via l'erba, facendomi realizzare il motivo del suo improvviso mettersi in piedi quando vidi che fissava in alto, il collo quasi nascosto dalla nuca e dalla chioma.

Il cielo mostrava un alba che sgusciava lentamente fuori dall'oscura notte, dipingendola come un quadro su una tela enorme, le cui pennellate sembravano quasi dense e pastose per via delle nuvole soffici prima nascoste e lontane dallo sguardo che risaltavano con curve che sparivano, confondendosi tra altre.

Le piccole masse circolari che solcavano l'infinito andavano principalmente a sfociare in colori pastello

-Mi sta venendo da chiedermi una cosa, però- fece lui, senza abbassare o voltare la testa, mentre Silver si alzava a sua volta in piedi.

-Che tipo di cosa?-

-Beh... io... no, non fa nulla, é una cosa stupida, non ha senso che te la chieda- lo vidi infilarsi le mani nelle tasche, sospirando lievemente

-Come vuoi-

Dopo aver passato almeno due minuti a osservarli ancora in silenzio che tacevano, sperando che, da un momento all' altro, avrebbero ripreso a parlare, cosa che non accadde, mi chiesi se valesse la pena restare lì ancora un poco, girandomi e sobbalzando al notare che non ero l'unica in piedi, ma che dietro di me vi erano gli altri tre, due su tre sorridenti, il terzo serio come al suo solito.

Will mi era proprio affianco, sbucando dallo spazio che mi distanziava dalla parete.

Trattenni una risata, chiedendomi da quanto probabilmente fossero arrivati e come diamine avessi fatto a non accorgermene, soprattutto perché avevo l'Aria così vicino che era davvero impossibile che non lo avessi nemmeno percepito, eppure era così.

Certo, ero stata parecchio assorta dalla situazione, ma proprio non sentirli affatto era davvero il colmo.

Ma non più colmo di quei due, che non avevano udito tanto meno il mio, di arrivo.

"Quanto avranno sentito? Probabilmente meno, forse non abbastanza per capire..." mi dissi, lanciando nuovamente un occhiata alle loro espressioni "Ma forse hanno compreso comunque"

-Ohi- Guy interruppe improvvisamente il silenzio che era calato, facendo quasi saltare in aria Acqua e Fuoco, i quali si girarono con l'aria di chi era stato colto nel sacco a fare qualcosa di probabilmente spiacevole, ma più che altro spaventati dalla sorpresa inaspettata per loro.

-Vogliamo rimetterci al lavoro?-

Li vidi annuire, un po' incerti all' inizio, realizzando poi che non avevo più così tanto timore di continuare ciò che avevamo iniziato.

Non dovevo scoraggiarmi, a guardarli avevo capito questo.

*

Passarono in seguito poi ore, quasi metà giornata, superato tra allenamenti duri, ma meno estenuanti di quelli precedenti e quelli che eravamo costretti a fare alla montagna, più tranquilli che prima, pranzando con ciò che riuscivamo a recuperare, alcuni alimenti  prelevati dallo zaino che ci eravamo portati a dietro, altri dalla fauna ripetitiva che permetteva il ritrovamento di cose che avrebbero potuto definirsi, oltre che diverse, quasi distaccate dalla monotonia, come qualche selvaggina procacciata tramite trappole ingegnose che Will aveva preso a costruire in un momento di pausa per le gambe, insegnandone il processo anche a Diana, la quale aveva scelto volontariamente di farsi istruire per, probabilmente, rendersi utile e anche perché, con l'umore tirato su, avrebbe fatto qualunque cosa per non annoiarsi.

-Mio padre mi ha insegnato a farle prima che andasse in guerra, mi ricordo solo questo su ciò che tratta del mio genitore- spiegò lui, alzando la testa  da una retina sottile, formata da rami secchi lisciati e schiacciati con un sasso appuntito, il quale li aveva assottigliati più del normale -Era molto bravo, aveva costruito una casetta per uccelli che aveva poi appeso al cancello... generalmente vi entravano sui tre o quattro uccellini- lo vidi sorridere,  abbassando lo sguardo per tirare lievemente un nodo su cui in precedenza aveva lavorato -Mi ricordo vagamente che io e Zéin cercavamo di fare sempre i lavori uguali ai suoi, cercando poi di sorprendere la mamma... facevamo a gara per quasi qualsiasi cosa, anche le più stupide... l'unica cosa che ci distingueva era che io preferivo leggere, mentre lui adorava starsene in giardino a bazzicare o a dormire con la mamma... lui... lo preferiva-

Lo vidi mollare la rete ad un tratto, per poi scuotere la testa e riprendere -Uhm... gli uccelli che entravano nella casetta tornavano sempre, senza obbligarli, prima che venisse distrutta-

-Distrutta?- chiesi, nascondendo parte del mento tra le gambe, guardandolo incerta

-Sí, sono arrivati dei probabili vandali... quando l'abbiamo trovata era letteralmente a pezzi e...- lo vidi prendere un sospiro -Quello é stato il giorno che mio padre é partito e in cui mia madre si é ammalata seriamente... la distanza dall'amore l'ha consumata lentamente. Avevo circa tre anni ed il resto é molto confuso- fece, sospirando, stringendo un altro nodo, alzando la testa verso Diana, intenta a sua volta a intrecciare fili e a stringerli ripetutamente-Ah! Lí devi passare sopra e sotto, poi fare due nodi e lo hai concluso-

-Davvero? Ma ce n'é ancora un po' di...-

-No, concludilo, le fibre lí sono mal ridotte, meglio evitare di utilizzarle, anche solo una parte caotica può rovinare la rete e permettere alla preda, grande o piccola che sia, di scappare via-

-Ok, uhm...due nodi, hai detto-

-Esatto, così- Will fece una pausa mentre Diana concluse il secondo nodo, mostrando una rete più o meno lunga, abbastanza per definirsi utile -Perfetto-

Io avevo preferito non farlo, quel genere di lavoro, ero davvero un incapace con i lavori a mano e l'unica cosa che avevo la capacità di costruire era la ghirlanda di fiori.

Avevo un netto pollice verde, ma forse questo dipendeva dal mio Elemento, anzi, ero sicura dipendesse da questo.

Ero anche abbastanza brava con gli animali, poi nel resto... beh, non eccellevo molto.

Cacciai una mano nelle tasche dei pantaloni, guardando anche Will completare la propria, di rete, lunga il doppio di quella di Diana.

-Okay, ora posizionaci ai lati altri fili... quelli non irrigiditi, io mi occupo della girella-

Osservai il processo che portó alla conclusione della trappola di entrambi, vedendo poi l'appostamento di essa, una decina di minuti dopo, ad un albero.

-E come facciamo a sapere se abbiamo catturato qualcosa?- chiesi io

-C'é una campanella che ora metteremo... nel caso in cui non prendiamo nulla, visto che, in effetti, di tempo ce n'é poco per una caccia seria, potremmo tenerla nella prossima tipologia addestramento-

-Ma se ci cadesse una persona dentro?-

-Non é abbastanza robusta la rete per contenere una persona adulta, al massimo un bambino piccolo, ma un uomo no, la romperebbe-

-Chiaro, eviterò di caderci dentro- urlò Silver, ammiccando e mettendo la mano a di vittoria, facendo sospirare il Buio che assisteva semplicemente, le braccia incrociate.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17- Trasporto ***


Will

La sensazione del proprio corpo che scivolava, come strappato o strattonato lentamente via mi albergó nella mente nel preciso istante in cui toccai il portale, specchio sottile e freddo che, alla percezione del tatto pareva svanire, sepolto come da una nube che occupava la mente.

Nube invisibile, priva di tratti, nebbia che privava ogni tipo di descrizione possibile.

Non avevo paura di tale emozione, non mi spaventava affatto, siccome, più che altro, non potevo non chiedermi se ciò che provocava in me quello strato privo di una reale denominazione, fosse provato anche dagli altri, che lo toccavano in contemporanea.

I polpastrelli delle dita erano completamente appoggiate ad esso, quasi appese, aspirate.

Il desiderio di appoggiare l'intera mano mi fece formicolare le gambe, mentre un brivido mi percorreva la schiena, quasi fossero dita umane che ne salivano per raggiungere nuove direzioni inattese, pronte a farmi sussultare, così che sputassi al di fuori la mia sorpresa, come se fosse il loro obiettivo primario.

E appoggiai l'intero palmo, il cuore che mi saettava nel petto, sbattendo contro la cassa toracica per la probabile eccitazione che mi provocava quel momento.

Era come essere sul punto di buttarsi nel vuoto e sapere di non avere alcuna corda che ti avrebbe impedito di farlo.

La sensazione di paura, di sfrontatezza e di tentazione... si mischiava scivolandomi addosso senza permettermi di fiatare.

Tutto parve durare un attimo, uno solo, prima che una scarica elettrica mi stravolgesse la pelle e quella sorta di pellicola che sorgeva al di sopra del portale si frantumasse, portandomi a perdere completamente l'equilibrio e crollare al suo interno.

Il mio corpo venne come risucchiato, trascinato dentro ad esso, mentre un gemito strozzato mi scivolava al di fuori dalle labbra, forse per la non attesa di quella svolta, nonostante sapessi perfettamente che avrei dovuto attraversare il portale prima o poi.

Tutto ció che mi era attorno pareva avvolto da luce, brillante e radiosa, luce e colori che si susseguivano, provocando in me strane scariche di adrenalina, mentre il mio corpo vorticava, come sollevato.

Tali sensazioni mi facevano sentire euforico, percepivo il cuore battermi a mille, perfino più di quando avevo volato sul pegaso.

Ogni mia singola parte del corpo era come oltrepassata da instabili scariche, mentre il mio sangue pompava a più non posso, rimbombando anche nelle tempie, come un tamburo, l'organo centrale che pareva quasi star partecipando ad una gara di corsa.

L'aria mi sbatteva sulla faccia, i capelli sembravano aver vita propria tanto si agitavano con frequenza.

Adoravo quella sensazione, sentivo che avrei potuto iniziare ad esultare di gioia, gridando perfino.

La libertà sembrava scorrermi addosso, addirittura dentro al mio stesso sangue.

Non riuscivo a definire se fossi sdraiato, pronto a cadere dando una facciata al suolo, o se fossi dritto abbastanza da atterrare con i piedi saldi, ma non era di mio interesse al momento.

L'unica cosa a cui pensavo era il fremito che mi scuoteva la pelle, rendendomi indeciso se chiudere le palpebre per gustarlo o tenerli aperti per fissare quel gioco di colori che pareva accompagnarmi in quella discesa, di cui, altrettanto improvvisamente, persi la direzione.

Non mi fu più comprensibile comprendere se stessi salendo o scendendo o se, addirittura, non fossi fermo, lasciandomi aspettare una meta di cui forse avevo raggiunto la destinazione.

Ciò che mi era chiaro era però che quella corrente avrebbe continuato a attraversarmi.

Nessuna pressione era più percepibile, non vi era la minima spinta.

Fissai quel turbine brillante che a momenti mi appariva un tubo sottile che, girandomi, mostravano come dei rubini, diamanti e tutte le pietre preziose che potevano esistere che si scontravano e schizzavano da tutte le parti, sparendo poi all' improvviso.

Non potei non sorridere, paragonandole senza volerlo a quel gioco per nobili a cui mia madre mi aveva fatto assistere.

Non mi ricordavo esattamente come si chiamasse, ma un vago suono aleggiava nella mia testa.

"Com'era? Bil... Biliardo? "

Quando l'aria smise di sbattermi contro, interrompendo il suo solcare e sbatacchiare il mio cuoio capelluto fino a renderli una massa disordinata, una sorta di groviglio che si separava nelle posizioni più disparate, compresi che la conclusione sarebbe giunta a breve.

Vidi il panorama cambiare al di sotto ai miei occhi, facendo sparire quella sorta di universo di colori, sostituendolo con un entrata un po' vaga, le pareti di pietra, la stanza enorme ed allungata, accorta di armi e con le aree ben pulite.

Lyfia e Pandora erano davanti a noi, una che sorrideva, quasi a dire 'ben tornati' e l'altra che ci fissava con un che di arcigno ed irritato, le rughe sulla fronte che si tracciavano silenziosamente mentre la agrottava, le labbra stirate e serrate, trasformando il suo volto in un espressione seria e quasi seccata.

Mi sentii spingere in avanti, barcollando a tratti, sentendo la terra scontrarmisi contro i piedi.

Mi ressi, aggrappandomi ad un braccio della giovane dai capelli viola, legati in una pettinatura complicata, un insieme tra trecce, riccioli lasciati liberi ai lati del volto, coda di cavallo, racchiusa verso in fondo da un secondo elastico -ovviamente nella coda, siccome ne erano utilizzati parecchi altri per le treccine, accompagnate da forcine-

I suoi occhi rosa mi scrutavano con allegria, come, appunto, per salutarmi, mentre mi aiutava a rimanere in piedi.

Girandomi, vidi Diana, Nemes e Guy a terra - probabilmente non avevano avuto un appiglio- mentre Task era appoggiato all' altro braccio di Pandora.

Silver invece era scivolata dritta dritta addosso a Lyfia, la quale era quasi caduta per la probabile spinta con cui doveva essere giunta l'Acqua, la quale ridacchiava un poco, trattenendo la risata grossolana che avrebbe potuto sputare in faccia alla donna.

Si mordeva il labbro inferiore, fin troppo tese verso l'alto leggermente rossa in volto, le guance sollevate, con qualche fremito indistinto, seguito da versetti strozzati, che facevano più che capire che sarebbe esplosa a momenti.

La lieve tonalità rosea che si espandeva sulle sue guance, poi, si stava tramutando in un sempre più acceso rosso pomodoro.

A momenti sembrava stesse cercando di evitare di sputare i polmoni.

Si mise decentemente in piedi, guardando la bionda che la fissava con un che di omicida che, in un certo senso, si sciolse, nell'esatto istante in cui la figlia le diede una gomitata, portandola a guardare altrove.

-Volete continuare il percorso?- sbottó in domanda con tono stizzito, il quale mi fece paragonare per l'ennesima volta il carattere che aveva quando eravamo entrati in questo posto per la prima volta, con Morgan e quello che aveva ora.

Con il Guardiano era parsa completamente diversa, molto più dolce e solare.

Con solo noi era... un fascio di nervi e caratteraccio.

Mi venne da chiedermi se, per caso, tra Lyfia e Morgan vi fosse stato qualcosa.

Chi poteva dirlo, dopotutto? Le loro età facevano presupporre che avessero un mucchio di storia ai loro piedi, uno conoscendo gli Elementi in versione Spirituale e l'altra volendoli conoscere da... quanto?

Praticamente trecento anni.

In trecento anni di vita poteva aver incontrato chiunque, ovunque, anche un Guardiano Elementare.

-Beh, prendere una seconda tappa con più tranquillità, non sarebbe male- obiettai, lanciando un occhiata agli altri.

Diana annuiva sorridendo, Task semplicemente fece un rapido cenno di capo, Silver ancora tentava di riprendersi per evitare di strozzarsi dall' eventuale risata isterica che avrebbe potuto ghermirla fino a mandarle di traverso la saliva, Nemes guardava un po' a destra e manca, cercando di mostrarsi convinta e Guy fissava il basso, le braccia congiunte e l'espressione seccata.

Insomma, dovevano essere abbastanza d'accordo.

-Dobbiamo partire subito? Oppure per il caricamento del portale ci vuole un ennesimo spazio di tempo?-

- Vi vuole del tempo, sí- fece lei, girandosi, scuotendo la testa, una mano lanciata all' indietro, cominciando ad allontanarsi a passi svelti, fermandosi dopo aver raggiunto quasi metà della stanza.

-Ci vorrà, ancora, un giorno di caricamento, ma siccome non ho voglia di mettervi mano al momento, supponendo che siate stanchi, prenderó a farlo caricare dopodomani...- fece una pausa - Riposatevi-

E si allontanó con maggiore fretta, uscendo, facendo accelerare il proprio passo.

Il ritmo della camminata sembrava distinguere i secondi che passavano, mentre la gelida rapidità che li tingeva, mi faceva immaginare improvvise ipotesi improbabili, nelle quali si ripeteva più o meno sempre la stessa scena, con particolari piccoli che le differenziavano l'una dall' altra.

La donna si chiuse la porta dietro di sé, facendola sbattere e scontrarsi, come per bloccarla e lasciarci lí dentro per sempre, fatto improbabile, siccome non vi fu alcun rumore di serratura e catena che fosse in qualche modo inserita per impedirci l'uscita.

Il fatto era poi altrettanto impossibile siccome Pandora era insieme a noi e beh... di certo, la donna, se avesse voluto rinchiuderci seriamente, la avrebbe tirata fuori prima.

Ormai al limite, dopo qualche secondo di silenzio, Irhina scoppió a ridere, coprendosi gli occhi con il polso, gettando fuori tutti i risolini trattenuti che parevano tirarsi l'un l'altra.

La sua fonte di scarico era cosí fragorosa e ilare che in parte quasi -in una frazione non troppo indefinita- mi contagió, portandomi via un sospiro.

"É proprio una bambina" confermai mentalmente, sollevando le sopracciglia

-La... la sua faccia- sghignazzó invece lei, borbottando poi parole incomprensibili- Sembrava che... che gli occhi gli uscissero dalle orbite e... oddio!-

Le sue risate fecero rotare lo sguardo a Guy, soprattutto quando ella si appoggió con la testa al profilo della sua spalla, quasi volesse cominciare a prenderla a testate.

Non mi sarei affatto sorpreso se avesse seriamente preso a dargliele, le testate.

-Abbiamo dunque un giorno e mezzo liberi?- chiese Nemes a Pandora, sotto alle risate isteriche della giovane dai capelli azzurri, a cui sembrava star per cadere la mascella a forza di sganasciarsi.

-Come ha già detto mia madre... Pandora sorrise, dando una pacca lieve sulla testa della castana che la fece sbattere frequentemente le ciglia -É così, potete riposarvi, chiedere qualsiasi cosa da mangiare e dormire quanto vi pare, non é obbligatorio che vi alleniate o altro-

-Come mai questo cambiamento improvviso?- chiese Diana, avvicinandosi alle due, lasciando dondolare le braccia come quelle di una bambola, o altrimenti come se stesse accingendosi a stuzzicare le proprie capacità in un gioco di equilibrio.

Pandora si limitó ad alzare le spalle -Posso dire soltanto che io e mia madre abbiamo avuto un dibattito di opinioni... e sono riuscita a convincerla...-

-Deve essere stato difficile- commentó sempre l'albina, scambiando una rapida occhiata a Nemes.

Mi accorsi di averle raggiunte lentamente soltanto quando mi ritrovai affianco alla moretta, la quale sussultó appena a vedermi, distogliendo lo sguardo praticamente subito, al contrario di Diana che continuava a sorridere energicamente.

Un pensiero breve mi aleggió nella mente, pensiero che venne cacciato via nel momento esatto in cui venni distratto da un imprecazione da parte del Buio che cercava di levarsi di dosso l'azzurra che si era appiccicata al suo braccio come una colla.

Scossi leggermente la testa, facendomi scappare un sorriso involontario.

-Su, ora usciamo da qui, si é fatto piuttosto tardi, lo sapete? E ci scommetterei qualcosa sul fatto che potreste avere decisamente fame... quindi... chi ne ha, mi dica pure cosa vuole-

Di sei che eravamo, non ve ne fu nemmeno uno che non eseguí l'ordine e che non si avvió dopo di lei per raggiungere la destinazione scelta.

Raggiungemmo la stanza con un certo chiacchiericcio, conversando del piú e del meno, immaginando che tipo di prove potessero sorgere nel secondo Habitat della tipologia addestramento.

Pandora aveva solamente detto che era un luogo di montagna, non ne sapeva molto di più di noi, per concludere.

Ci sedemmo, rimanendo a mangiare per una quantità imprecisa di tempo.

---

Mi accovacciai al di sopra del parquet di canna di bambú, mordendomi il labbro, trovandomi a fissare il cielo costellato dagli astri come mi ritrovavo a fare ogni qualvolta mi fosse possibile dalla prima sera in cui avevo dormito in questo posto, con una brezza dolce e sottile, pacata, che soffiava delicatamente tra i miei capelli, un poco fresca e non sgradevole.

Fissai lo smeraldo, bagnato da gocce di pioggia, seminate quattamente, come per decorare il paesaggio, già evidenziato di suo dal chiaro di luna e dalle stelle animate e nettamente lontane.

La luminosità pareva rilassarmi al solo assistere.

Alcune stelle erano coperte da nubi grigie e opprimenti che sciamavano o si riunivano tra di loro.

Tacqui, appoggiando la testa alle gambe, lanciando uno sguardo alle mie spalle quando udii dei lenti passi, un po' tentennanti, visualizzando la figura della Terra che si dirigeva nelle sue stanze, un poco incerta, bloccata tra l'entrata e il resto.

Sembrava indecisa se andarsene a letto o fare altro.

Alzando il sopracciglio, la osservai scuotere il capo, aprendo la porta e infilandosi dentro per metà, bloccandosi ancora.

-Cosa ci trovi di così interessante da metterti ogni volta lí?- chiese in un sussurro, mantenendo la mano sullo stipite della porta -Non ti annoi dopo un po'?- concluse

Fissai come il suo sguardo cadesse sul pavimento, dandole un aria impacciata, mentre i suoi occhi guizzavano su quel marrone dorato.

-Così- risposi tranquillamente-Mi rilassa e mi calma , in generale poi mi fa chiedere cosa pensino quelli all' esterno, se ci siano persone che ci guardano dall'alto e che aspettino che facciamo qualcosa di cui sanno già la svolta... -

-L'ultima cosa la trovo un po' improbabile- commentó lei, schiettamente -E... non so, io non mi farei mai pensieri simili-

-Dici davvero? Non credi minimamente all' esistenza di una presenza maggiore sopra alle nostre teste? Dopotutto, se esistono gli Elementi, gli Angeli, Arcangeli e i Guardiani, perché no alle Divinità?-

-Proprio per questo motivo... in un modo o nell'altro, tutti i nominati da te, si sono manifestati seriamente sulla terra, lasciando tracce, indizi, prove... le Divinità sono solo credenze scaturite dal fatto che le persone vogliono e necessitano una credenza-

-Dunque per te é davvero solo e soltanto così?-

Si limitó ad annuire, rimanendo sulla soglia.

La guardai con sorpresa, indeciso se crederle oppure no su quello che stava dicendo, vedendo che la sua espressione mostrava esattamente la decisione fusa in quelle parole attente a non offendere se non mostrando il proprio esser contrariata.

Nella maggioranza delle cose, la Terra mi appariva tentennante, parecchio non sicura di sé stessa, volubile e priva di temperamento.

In questo caso, invece, si stava mostrando l'opposto.

Rimasi zitto, passando da accovacciato a seduto con le gambe incrociate, tali che se le avessi mosse avrebbero potuto sembrare le ali di una farfalla, le mani lasciatevi appoggiate, con i gomiti maggiormente vicini ai fianchi.

Tossii un poco per schiarirmi la gola, battendo la mano sul pavimento con qualche breve colpetto -Vuoi venir qua e sederti? O piuttosto scegli di entrare in camera e di riposare fin da subito?-

Spostando lo sguardo sul cielo mentre aspettavo la risposta, lo concentrai sulla luna, su quel faro bianco e lontano che mi portó in mente una frase di Zéyn senza aver la più piccola intenzione di pensare ancora a mio 'fratello', sempre di potesse definire tale, per me.

-Ma la Luna, a starsene lassù, ci protegge davvero?  Perché?  Non sono riuscito ad apprenderlo dalla fiaba della mamma... tu ci hai capito qualche cosa?-

-In teoria un po', ma non so se sia giusto, credo che dipenda da come ci comportiamo, da come la nostra vita si sviluppa. Se siamo buoni, allora lo farà, perché la Luce protegge le persone di buon cuore-

-Beh, allora...-

-No. Credo che andró a dormire, ma grazie per l'offerta, mi fa male la testa- rispose Nemes, interrompendo la frase finale, di cui non ricordavo completamente la conclusione, lasciandola in sospeso.

-Okay, buonanotte-

-Notte, Will-

Udii la porta chiudersi alle mie spalle, portandomi a sdraiarmi a terra, guardando ancora la vegetazione, sentendo una strana pressione nel petto.

Dentro di me volevo saperlo.

Volevo ricordare la conclusione di quella frase, quasi neppure iniziata, cosa che mi invitava a scervellarmi fino a perdere la ragione pur di afferrarne la fine.

Mi era inaccettabile che il resto rimanesse racchiuso chissà in che lato della mia mente.

Certo, avevo cercato tutto questo tempo di non pensare a Zéyn ma... allo stesso tempo non volevo neppure dimenticarlo.

Ed il semplice fatto che una frase qualsiasi che mi aveva detto fosse talmente sepolta nella mia memoria da essere incapace di risalire a galla, mi infastidiva.

Mi passai le mani sulla faccia più volte, cercando di concentrarmi, percependo un improvviso nodo allo stomaco.

Rendendomi conto della mia impossibilità a riavere quelle poche parole che stavo aspettando, per racchiudere nella testa quella semplice conversazione, tornai a mettermi seduto, sbuffando un poco per la frustrazione, strofinandomi gli occhi con le mani.

"Forse domani mi tornerà in mente" mi dissi, scrutando ancora quell'immenso mantello scuro che sorgeva al di sopra della mia testa, concentrandomi sull' alito di vento che si affermava nel silenzio della sera.

Rimanendo ancora lì, decisi di alzarmi, facendolo praticamente nell' esatto istante in cui la richiesta mi si affacció alla catasta di pensieri che navigavano nella mia mente come barche in un mare in tempesta, sorpassandosi tra di loro, crollando a tratti per poi rialzarsi e proseguire insieme agli altri in maniera dannatamente insistente.

E procedetti verso la mia, di stanza, salutando Guy che si stava infilando a sua volta nella propria, il quale rispose con un alzata di spalle ed un cenno di mano.

Aprendo la porta, mi infilai nella mia camera, gettandomi nelle coperte morbide e profumate poco dopo essermi spogliato e cambiato frettolosamente, inoltrandomi in quella consistenza soffice che accarezzavo quasi inconsciamente, tirando al di fuori dalla federa qualche piuma quando mi si scontravano contro le guance.

Nel giro di dieci minuti feci a tempo a rigirarmi nel letto almeno quindici volte, gustando la freschezza che mi si diffondeva contro al minimo gesto, spostandomi un poco se giudicavo che il letto iniziasse a scaldarsi un po' troppo per i miei gusti, chiudendo gli occhi e cercando di cedere al sonno.

Quando accadde, mi sembró che un velo nero si appropriasse delle mie membra, facendole calare verso il basso drasticamente, annullando la vista e in generale ogni tipo di sensazione che potesse approdare in me.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18- Libri ***


Will

Mi alzai parecchio tardi, me ne resi conto nel momento esatto in cui aprii gli occhi e vidi che il sole attraversava fin troppo la finestra della mia stanza.

Mi stropicciai gli occhi, sbrigandomi a dirigermi in bagno per sciaquarmi la faccia e per cambiarmi, piuttosto velocemente, trovando una t-shirt grigia chiara e dei pantaloni jeans molto comodi, seguiti da calzature casuali, indossate in modo rapido e frettoloso .

Quando uscii dalla stanza, trasalii al sentire l'aria piuttosto freddina scontrarmisi contro la pelle, accompagnata da un odore di uova strapazzate, il piatto con cui Nemes faceva sempre colazione dopo che, la prima volta in cui le aveva assaggiate, ne era rimasta totalmente assorbita.

Mi ricordavo perfettamente la scena... ad accompagnare la cosa vi era stata un Acqua mezza impazzita che continuava a gongolare, siccome gliele aveva fatte provare, un Task irritato da Silver, una Diana che sorrideva, rispondendo all'azzurra, un Guy a cui non fregava assolutamente niente di tutto quello e io... beh... io a momenti paragonavo la Terra a mio fratello quando finiva con lo scoprire cose anche ovvie, lo sguardo illuminato, le labbra semichiuse in un muto linguaggio di puro stupore.

Mi riscossi, facendomi tornare alla mente quella frase incompleta della sera precedente che aveva preso a punzecchiarmi tutt'ora, decidendo di metterlo da parte per il momento, tornando a quel piacevole odore che mi faceva venir fame sempre di più ad ogni istante che passava.

Era così maledettamente delizioso...! A confermare questo fatto, il mio stomaco brontolò sommessamente.

Era però parecchio strano che l'odore arrivasse fino a qui, contando poi che le due stanze erano parecchio distaccate e le porte erano tutte chiuse.

Eppure, a momenti, riusciva perfino a darmi la sensazione di avere il cibo sotto il naso, fatto che mi stuzzicò ad avviarmi.

Mi chiesi mentalmente se le mie capacità da Elemento d'Aria avessero aumentato anche questo fatto, rendendo il mio odorato non particolarmente lontano a quello di un cane.

A questo pensiero, non potei non immaginare me stesso con le orecchie e la coda che s'agitava come non mai.

Sinceramente i cani mi piacevano, ma preferivo i volatili, soprattutto i falchi, le aquile e i pettirossi.

Dopotutto la mia famiglia aveva allevato volatili per anni.

La stirpe dei Robin aveva sempre tenuto agli alati, trattandoli come i più leali compagni che potessero avere.

Scesi, facendo il solito percorso a cui ormai mi ero più che abituato, raggiungendo la sala, trovandovi appunto la Terra, Diana e Task, di cui Luce e Fuoco mi invitarono immediatamente a sedermi affianco a loro.

Lo feci, vedendo le loro espressioni e ascoltando i discorsi che porgevano anche a me, chiedendomi pareri o domande vere e proprie che ribattevo contorcendole o modificandole leggermente dopo aver già risposto, per ottenerne una a mia volta.

Era un discorsare vago a momenti, ma piacevole per passare il tempo in qualche maniera mentre facevamo colazione, con tranquillità, portandomi alla bocca il the verde e il pane con la marmellata di pesche.

La Terra non si univa a noi nei discorsi, neppure avvicinandosi di più con la sedia,  nonostante paresse volerlo, non lo faceva.

Non capivo.

Non riuscivo a comprendere questo suo atteggiamento, questo suo allontanamento a mio parere quasi inutile, neanche l'avessimo mangiata se avesse provato ad ottenere qualche risultato, che di certo non le avrebbe fatto male.

Sapendo che dirglielo sarebbe stato ben poco educato da parte mia, anche perché non é che fosse obbligatorio o altro e mi sarei dimostrato a mio parere un po' insolente, preferii tacere su questo argomento.

-E comunque, io stanotte ho dormito benissimo-udii dire da Silver, mentre Guy rispondeva con un seccato, nell'altra stanza, -Meglio per te- seguito dall'insieme di domande strane che lei inizió a porgergli, tra cui alcune sensate, altre meno, altre che si potevano definire come retoriche, siccome si rispondeva da sé.

-Tu generalmente ti ricordi dei sogni? Io no. Qualunque io faccia mi si cancella. E il fatto é che so di aver sognato, ma non ho la più pallida idea di che cosa si possa essere trattato. Perciò mi sveglio e mi torturo per arrivarci, ma niente! Assolutamente nessun risultato! Zero assoluto- fece una pausa in cui il Buio esebí uno sbuffo che fece continuare la ragazza -Certe volte mi detesto da sola- commentó, ridacchiando

-Beh, almeno sai come si sentono gli altri quando parli troppo- commentó Virgil, con un tono decisamente poco allegro, che lasció l'Acqua brevemente in silenzio, interrompendo la sua risatina e bloccandola.

-Cos'è, sei diventato una ragazza e anche tu hai le tue cose? Sai, come donna dovrei chiamarti Tenebrosa, Guya o Virgilia- rispose, con nuova allegria, probabilmente seguita da un ennesimo attaccamento di braccio.

-Sta zitta e staccati- ecco, avevo avuto la conferma che gli si era attaccata.

-É un sì od un no?-

-Ho detto stai zitta, cavolo. Ho già mal di testa, se ti ci metti pure tu é finita- sbottó seccato, comparendo dall'entrata con espressione tetra e rabbiosa, irritata a dir poco, l'azzurra che lo seguiva, lanciandogli occhiate perplesse e avanzando a passi incerti che non sapevano di nulla di buono.

Notai subito da cosa probabilmente provenisse tutta quella sensazione, anche perché vidi le occhiaie scure sotto gli occhi del Buio, il quale pareva dall'aspetto che sarebbe ceduto a rabbia e stress appena qualcuno lo avesse stuzzicato anche solo un poco.

Forse era per questo che Silver non aggiunse nulla, guardandolo andarsene per tornare in camera, ancora piú scuro in volto ed improvvisamente teso come una corda di violino, tanto che ad ogni passo pareva sempre più rigido.

Silver lo guardó preoccupata, mordendosi il labbro, sospirando infine, buttando fuori l'aria e prendendo un respiro profondo, ripetendo l'azione due volte prima di respirare normalmente.

-Che é successo?- domandó subito Diana alla ragazza che si spostó una ciocca di capelli dietro all' orecchio, sedendosi affianco a Nemes.

-Non lo so.- asserí - É da tutta la mattina che é così. Certo, é sempre perennemente seccato, ma non così... sembrava volesse...- lei crolló nel silenzio più assoluto per parecchi secondi, scuotendo la testa con smarrimento, per poi sostituire l'espressione con un altra, sorridente e quasi euforica.

-Fa nulla! Erano mie idiozie, idee stupide, nessun problema! Credo che andró a divorarmi un libro!... spero di trovarne uno intrigante!- si alzó di scatto dalla sedia su cui si era appena seduta, prendendo a camminare in direzione della biblioteca - Ah... Will!- mi chiamó prima di varcare la soglia

La guardai, alzando il sopracciglio, decisamente incuriosito da cosa potesse volere da me -Sí?-

-Hai detto che adori gli storici, no?-

-Sí, é così, perché? Ne hai trovato uno di quel genere?- mi illuminai, sollevandomi dalla sedia, con un probabile sorriso che mi correva da un lato all' altro della faccia di cui non sentivo la presenza ma che era più che ovvio che ci fosse.

Non resistevo ai libri, soprattutto gli storici, mi facevano pensare a ipotesi che senza non avrei neppure calcolato.

-Sí, é molto interessante, se vieni con me te lo mostro! Me lo sono divorato- rise, tutta contenta -Che poi in parte si collega a noi!-.

-Certamente!-

Quando si trattava di leggere, io e quella strana sorta di bambinetta troppo cresciuta andavamo piuttosto d'accordo.

Era un attività in comune che ci faceva commentare parecchie volte, per recensire quasi, praticamente, i libri.

Era qualcosa che ci veniva spontaneamente, se avevamo letto qualcosa entrambi, ci trovavamo a discutere sulla caratterizzazione del libro, sul tema, sulle descrizioni e sul linguaggio.

Ci consigliavamo appunto i libri, ci tenevamo aggiornati se quelli piacevano oppure no... e dovevo dire che nei libri i suoi gusti erano più che positivi, aggirandosi circa sui miei.

Le uniche cose che ci differenziavano, spesso erano i personaggi preferiti.

Se a me ne piaceva uno, c'erano poche possibilità che lei lo gradisse a sua volta e capitava pochissimo che coincidesse.

Solo in un libro fin'ora avevamo trovato un personaggio che piaceva ad entrambi e purtroppo era morto, come se lo facessero apposta.

La seguii in biblioteca e la vidi cercare in uno scaffale preciso, a metà del mobile, tirando fuori un volume senza la copertina, che si apriva subito in una pagina bianca che odorava di quella piacevole tonalità che la carta assumeva dopo anni e anni, portandomi ad annusarlo e guardare Silver che sorrideva intusiasta.

-Non ti dico nulla di cosa tratta. Tu leggilo e vedrai- fece ancora, portando le braccia dietro alla schiena per poi girarsi -Ho bisogno del tuo parere- sussurró, improvvisamente con tono serio e con un che di indefinito.

Prima che potessi chiederle qualcosa, la vidi avvicinarsi ad un altra parete con una raccolta diversa di libri per prelevarne uno in seguito, un volume che sembrava pesare un quintale.

Mi sedetti a terra, avvicinando le gambe al petto, guardando la scritta con la penna fatta da una probabile piuma intrisa di inchiostro, un poco sbavato, soprattutto ai lati.

Fino a quel punto, l' apparenza non era delle migliori, ma se la ragazza me l' aveva consigliato, o era meglio all' interno o era per farmi uno scherzo poco divertente ma comunque ben compiuto, perché c'ero cascato in pieno.

Girai con delicatezza la pagina, trovando una cascata di parole e numeri, scritti meglio e non piú pieni di  sbavature che le rovinavano.

Vi era un elenco con tutti i capitoli, i quali si dimostrarono sette, senza un vero e proprio titolo, ma con un numero romano.

Certo, erano sette, ma risultavano lunghi contando che erano tante le pagine e non era un volumetto da niente e che pesava...un pochino tanto.

Quando cominciai la lettura, quasi non ci credevo.

'I miei compagni di tribú mi avevano sconsigliato di attraversare il bosco, ma per quelle poche volte, non ascoltare, porta fortuna.

Ho camminato lungo i sentieri, incontrando lucciole che brillavano al sole e che vivevano nell' acqua, ho incontrato sirene, elfi, cuccioli di Yghri, ma nulla é stato sorprendente come quei cavalli dal manto argento, con il corno e gli zoccoli fatti d'oro.

Gli unicorni, gli esseri più puri che abbia mai incontrato.

Gli esseri con cui ho vissuto il resto della mia vita, insieme al loro guardiano, Heida, una donna alata.

Dovete sapere che gli unicorni nascono dalle risa e dalle prime parole dei bambini, che a seconda della sessualità del nascituro, possono determinare quella della purezza animale.

Heida diceva che gli Unicorni dovevano essere protetti, che il loro estinguersi mandava tentazioni alla terra, che il loro stesso essere vivi portava tentazioni nell'essere umano e nelle creature.

Mi disse poi che il suo compito da guardiano sarebbe presto finito, me lo annunció dopo quattro anni che ci conoscevamo.

Sí, ero rimasto  quattro anni, in parte per il mio desiderio insaziabile di conoscenza, in parte per la stessa Heida, che se ne sarebbe andata presto, che avrebbe ceduto a qualcun altro il proprio potere da guardiano, o così diceva in quei periodi.

Non le credetti e cercai di farla restare, ma i risultati non vi furono, ma di questo parleró magari in qualche prossimo capitolo.

Questo tratterá solo di ciò che ho scoperto nei precedenti quattro anni, la guardiana verrà trattata con accuratezza in altri capitoli...

Da come lei mi disse, gli Unicorni avevano più gentilezza ed intelligenza di ogni essere umano.

Non avevano minimamente bisogno di nutrirsi, la loro vita dipendeva esclusivamente dalle risate umane, dai sorrisi e dalle parole di coloro che ne permettono la nascita.

E gli umani che ne permettono la nascita, molto spesso diventano guardiani.

La stirpe dei guardiani é dunque molto collegata a quella degli unicorni, siccome si dice che gli Elementi tolsero le ali ai pegasi per darle loro.

Se state paragonando angeli e guardiani, vi sbagliate.

Gli angeli nascono con le ali, i protettori elementari con una predisposizione, che permette la crescita delle ali nel tempo esatto in cui il guardiano ride e parla, spostando le ali dall'unicorno al guardiano

Non é uno scambio da una sola parte, siccome i pegasi, senza le ali, sarebbero solo cavalli.

Mentre il bimbo ride, il corpo dell' unicorno inizia a formarsi, rimanendo come bloccato fino al periodo in cui il guardiano dirà la sua prima parola, momento in cui questa diventa il corno dell'animale.

Ci sono poi tre tappe per gli unicorni, quella di crescita, che dipende dalle prime esperienze, la scelta del territorio e quella del compagno di vita.

Gli unicorni sono incapaci di riprodursi normalmente, ma quando trovano compagna o compagno, restano con esso per tutta la vita e muoiono se l'altro perde la vita...'

Finii presto il primo capitolo, trovando ogni tipo di informazioni su quelle creature, volendo sempre di più procedere per raggiungere il capitolo in cui si sarebbe parlato di Heida e in maniera dettagliata dei guardiani.

Capii grazie al primo capitolo infatti il motivo per cui Silver mi aveva consigliato quel libro.

Si collegava davvero con noi, o più che altro, si collegava al nostro, di guardiano.

Superai quattro capitoli dopo il primo e finalmente raggiunsi quello che trattava la donna di cui il protagonista, di cui non si era citato nemmeno il nome, si era innamorato.

Il fatto che mi spingeva a leggere era che mi faceva pensare troppo a Morgan, che avrei potuto scoprire un po' di più su di lui.

In effetti tutt'ora, lui era stato un punto di domanda più che tutti gli Elementi in generale.

Avevo già saputo molto dal libro fin'ora , ma non abbastanza, non per me.

Quel capitolo trasudava di conoscenza pura, lo necessitavo come avevo bisogno di respirare per sopravvivere.

Iniziai a leggere con ansia e la sensazione di volermi acculturare fino ad essere completamente esausto, finendo peró per ripetere la frase iniziale tre volte di fila, fatto che mi infastidí e non poco.

Non sapevo quanto tempo potesse essere passato da quando lo avevo iniziato per reagire in questa maniera, perdendo completamente la capacità di concentrarmi sul paragrafo, ma lo scoprii quando vidi Silver avvicinarmisi con il libro tra le mani, con nell'altra un segnalibro che peró lei aveva già.

-É praticamente l'ora di pranzo... vogliamo andare? Il libro puoi finirlo tranquillamente dopo aver messo qualcosa sotto i denti- mi porse la mano e il ferma capitolo, che accettai subito, lasciandola aiutarmi ad alzarmi in piedi, con il volume chiuso sotto braccio.

All' inizio non avevo avuto neppure un accenno di fame, ma mi era bastato distogliere lo sguardo dal libro, non completamente volendo farlo, desideroso di leggere quel capitolo, per rendermi conto di come il mio stomaco fosse irritato e vuoto.

E avevo decisamente troppa fame per brontolare, perció imitai Irhina, raggiungendo la stanza in cui ero stato in precedenza.

La pausa duró abbastanza per rendermi lucido, senza stupidi brontolii molesti a disturbarmi, senza sentirmi sotto quella pressione malsana che mi aveva colpito con cattiveria.

Forse avevo avuto bisogno davvero di quella pausa.

Il rinfocillarmi mi permise dunque di riprendere la concentrazione, decisione, ma soprattutto di aver una tranquillità tale da ricominciare a leggere seriamente.

E dopo aver chiacchierato ancora un po' sul piú ed il meno, tornai al capitolo.

'A mio parere, i guardiani sono meglio degli angeli.

Molti di questi si fingono puri per salvare la propria facciata, per potersi reincarnare in futuro, sotto un obbligo costante e serrato, mentre in realtà, dentro, come gli Arcangeli, trasudano vanità e necessità di sovrastare gli altri per mostrare la propria superiorità.

Gli angeli nascono dalle stelle, gli Arcangeli dalle piume cadute dagli angeli.

I guardiani invece nascono in un processo normale, con una vita inizialmente normale.

Poi però muoiono da piccoli, con un età inferiore ad un mese e rinascono ancora, in cielo od in terra.

Heida era rinata sulla terra, allevata da dei contadini dei campi Mestri che la trattavano con dolcezza e delicatezza, siccome non si era mai dimostrata sfaticata o ingrata e li aveva aiutati sempre, fin da piccola, imparando a stare sotto il sole cuocente pur di raccogliere tutto il grano possibile, o di seminarne, o di sistemare lo spaventapasseri che evitava che il raccolto si rovinasse.

Essendo stata sulla terra fin da subito, aveva imparato molte attività utili e altre necessarie alla propria sopravvivenza e dopo la morte dei due che l'avevano cresciuta, si era messa in viaggio, sentendo come un richiamo che l'aveva portata molto lontano, nel bosco degli unicorni che io stesso ho attraversato.

E aveva trovato il suo unicorno, quello che lei stessa aveva fatto nascere.

Gli unicorni e i guardiani legati in un simile modo, possono conversare attraverso la mente.

E, avendolo trovato, l' unicorno, aveva saputo la sua missione.

Le missioni dei guardiani sono punti fondamentali per la loro vita.

Se non si porta a termine la missione, dopo la morte non c'è pace.

Ma il punto principale é che, eseguendo il proprio compito, il guardiano lascia libero il suo corpo e perde l'anima, che raggiunge il paradiso.

I guardiani ne raggiungono la convinzione appena saputa la missione.

Ed era per questo che quando Heida raggiunse il suo compito, non potei impedirle di lasciarmi.

Morí tra le mie braccia, dicendomi che in ogni caso non avrebbe potuto darmi nessuno, non una famiglia, siccome,proprio come gli Unicorni, non poteva riprodursi.

Il dolore della sua morte ancora mi distrugge e non so esattamente come ho fatto a rimanere vivo fino ad ora senza impazzire.

Un altro punto che i guardiani hanno é che sono costretti ad allontanarsi almeno un po' ogni volta dal proprio obbiettivo, evitando di lasciarci così una parte della propria sanità mentale e di portare conseguenze come perdita di percezione e memorialesionamento più accessibile e indebolimento, seguito da una probabile perdita d'ali.

Per quanto abbia cercato di salvarla e farla rimanere, non c'è stato un solo modo per farla sopravvivere.

Ma il compimento della propria missione non é l'unico modo per portare morte ad un guardiano.

Possono perdere la vita generalmente in ogni modo, certo, hanno più resistenza, ma se un guardiano cadesse e si rompesse il collo, non avrebbe chance per restare in vita e completare la propria missione, non ottenendo perciò la pace promessa.

Ma come distinguere dei possibili guardiani da persone normali, vi chiederete... beh, il modo per individuare i guardiani in mezzo alla gente comune si basa sull'aspetto.

Non é conosciuto il motivo, ma le persone dai capelli verdi e gli occhi arancioni, sono i più predisposti.

E per qualche strano motivo, anche i meno diffusi sulla terra.'

L'ultimo capitolo non riuscii neppure a toccarlo, troppo in ansia rispetto al normale, mi costrinsi a cercare di respirare, siccome avevo mancanza di ossigeno e mi sentivo soffocare.

Forse avevo scoperto troppo.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19- Scambio ***


Will

Non ci potevo assolutamente credere.

Tutto quello che avevo letto era così maledettamente sbagliato, così stranamente distruttivo per la mia mente, mi sentivo spiazzato e scioccato.

Come aveva fatto l'Acqua a consigliarmi quel libro sorridendo? Ma si era resa conto di chi trattava? Di che destino obbligatorio gli assegnava senza che lui ci potesse fare qualcosa?! Senza che noi potessimo provarci!

Mi aveva appena assicurato una decina di notti insonni, tra il pensiero di mio 'fratello' ed il suo che mi avrebbe torturato di sensi di colpa.

Morgan sarebbe morto.

Era un guardiano, i guardiani morivano dopo aver compiuto la propria missione o generalmente con le armi.

Perché tutto questo?

Se era il nostro guardiano, allora il suo compito era proteggere noi.

Ma questo compito si sarebbe esaurito? Sí ? No? E se era sí, quando?

Forse il suo compito era proteggerci e salvare il mondo, ma... poi sarebbe davvero morto? 
Se era così, lui lo sapeva.

E allo stesso tempo, sapeva che oltre a doverci proteggere, eravamo il suo male.

Le sue reazioni al rimanere troppo con noi non erano normali, lo facevano soffrire, lo indebolivano... e noi eravamo la sua famiglia! Tutto questo era così terribile che mi veniva voglia di piangere.

Lo facevamo soffrire, ma lui aveva sempre messo sorriso a cattivo gioco, o così si era ben capito da quella sua aria tranquilla, da quel suo voler esserci come una vera famiglia!

Lui voleva esserlo, era stato da solo praticamente per tutta la vita, in cielo.

Chiusi il libro e lo scaraventai a terra, senza voler leggere l'ultimo capitolo, mettendomi le mani tra i capelli, cercando di respirare.

Sentivo l'aria mancarmi e non era una cosa normale, non per me.

Presi un grosso respiro, cercando di calmare i pensieri che mi pizzicavano la mente senza tregua alcuna, cercando di raddrizzarli un minimo, di ordinarli e selezionare quelli su cui volevo concentrarmi per capirci seriamente qualcosa.

Peccato che la rabbia ed il terrore me li rendevano sempre più disordinati ed impossibili da raccogliere e cancellare.

Mi alzai ed afferrai il volume, mettendolo esattamente dove l'aveva preso Silver.

Ecco.

Con lei dovevo fare una bella chiacchierata a faccia a faccia.

Volevo esporre tutto, chiederle ogni singola domanda che mi impediva di mantenere la calma.

La vidi dopo un po', seduta con un quasi mattone tra le dita, l'espressione concentrata, l'argento dei suoi occhi che viaggiava silenziosamente sulla carta che si spostó  da essa solo quando probabilmente percepí la mia presenza

-Allora? Ti é piaciuto?- accennó un sorriso che mi rivoltó lo stomaco.

-No. Per nulla.- sbottai più che arrabbiato, cercando di non darlo a vedere, imponendomi di fare domande e di non lanciare accuse assurde, imposte dalla mancanza di controllo.

Mia madre me lo aveva sempre detto, lasciarsi controllare dall'ira non era la migliore delle cose da fare, se la combattevo potevo vincerla ed espormi senza fare danni stupidi capaci solo di ferire le persone che ti stavano attorno.

Lo diceva principalmente anche a Zéin, lui non era molto bravo a controllare le proprie emozioni, anzi, molto spesso si irritava così tanto da sembrare una bestia.

E ora potevo capire il perché, in fondo.

Questo pensiero aumentó il mio nervosismo di parecchio, ma lo cacciai con tutte le mie forze, anche perché era il dolore per quello che avevo letto a parlare, non di certo il controllo che cercavo.

-Eh? Ma perché? Ha una trama avvincente! A me é piaciuto un sacco- continuó entusiasta, allargando il sorriso.

Un crampo mi piegó lo stomaco, bloccandomi le braccia appoggiate ai fianchi, i pugni chiusi e stretti.

Sentivo di star per esplodere.

Come poteva apparire così insensibile? O non aveva capito davvero nulla?! Almeno un po' intelligente era, anzi, lo era molto di più di quanto dava a vedere agli altri, quindi non era possibile che non avesse collegato un ragionamento così facile, anche perché l'autore aveva esplicitato i capelli, gli occhi, le ali... sarebbe stato da idioti non arrivare ad una simile conclusione.

-Ma come diamine ragioni? Me lo dici?- cercai di non alzare la voce, ma la rabbia nel mio tono era plateale, non riuscivo a contenerla, non più.

Lei conosceva il guardiano già più di me, perché diamine reagiva in quella maniera? Perché era così poco presa? Perché non mostrava segni di agitazione? 
Che gli interessasse solo e soltanto del Buio? Era davvero così?

-Ehm... Will, solo perché il libro non finisce bene, non é che tu debba perdere la testa. Non tutti hanno un lieto fine...-

Sentii gli occhi bruciarmi, offuscarmisi fino a rendermi quasi impossibile non veder sfocato, mentre mi doleva il petto, sentendo tutto che si accatastava, che mi faceva perdere totalmente le staffe, mentre un odore strano mi raggiungeva le narici, un odore che sapeva di paura.

Proveniva da Silver? Non ne ero sicuro, ma ero troppo arrabbiato per lasciarmi prendere da questo genere di cose.

-Non stiamo parlando di una persona qualsiasi che non può avere una fine positiva, Silver! Te ne rendi conto? É... É lui! E tu lo conosci, noi lo conosciamo. Noi tutti!- mi accorsi di star alzando man mano la voce quando alle ultime parole, finii col gridarle, passandomi le mani sugli occhi per asciugare quelle poche lacrime che scorrevano lentamente per raggiungermi le goti.

-Di cosa parli? Lucris quarto non lo ho mai visto in vita mia- ribatté lei, guardandomi con perplessità di chi non capiva affatto di cosa stavo parlando.

E io, a mia volta, mi trovai a guardarla in un misto di rabbia e shock.

-Di cosa parli tu!- dissi, sbattendo più volte le palpebre, confuso e non poco.

-Lucris quarto! Il protagonista storico! Quello che ha combattuto per scacciare gli Elfi semi demoni, sacrificando la sua vita per distruggerli tutti- rispose lei tranquillamente, grattandosi il capo -Che poi a mio parere avrebbe potuto evitare, avrebbe potuto utilizzare il suo gemello traditore, dopotutto non ci avrebbe messo molto a catturarlo e a utilizzare il suo sangue... ma forse era troppo gentile per farlo-

La confusione mi sovrastó.

Iniziavo a non capire assolutamente niente, mi ero perso.

Non mi sembrava se le stesse inventando sul momento, anche perché poi mi sembrava di aver sentito accennare un poco a scuola riguardo a Lucris quarto.

Lanciai un occhiata al suo libro e vidi che era un Horror, una raccolta più che altro, che non aveva un minimo di storico.

Ancora più turbato, cercai di capirci seriamente qualcosa.

-Ma quello che mi hai dato era...- mi fermai di colpo, afferrandola per il polso e tirandomela dietro verso la libreria, odendo le sue mezze proteste, anche perché fu costretta a lasciare il proprio volume a terra, senza mettere il segnalibro.

La raggiunsi in tutta fretta, trovandomi difronte tutti i vari libri, di cui l'unico mal ridotto era proprio quello.

Tirai fuori il volume che avevo preso prima e lo aprii.

Sempre privo di copertina, sempre con l'inizio scritto male... sí, non poteva non essere quello.

Eppure, girando la pagina, il testo era diverso.

Cominciava subito con le guerre, un titolo scritto in grassetto, ogni tanto, alcune frasi erano sottolineate.

Dell'altro, quello che io avevo letto, non c'era la più minima traccia.

Sparito nel nulla.

-Ma che...- guardai l'Acqua che mi fissava ancora più perplessa, se non quasi convinta che fossi pazzo, o almeno così mi pareva.

Mi fissava con le sopracciglia alzate e le labbra ben serrate, le mani unite tra di loro davanti a sé.

-Non puó essere stata un allucinazione... aspetta un attimo-

Cominciai a guardarli di nuovo, volume per volume, per essere sicuro di non aver afferrato il libro sbagliato, di non aver visto bene o altro.

Eppure nulla da fare, non si trovava, si era volatilizzato.

Provai anche in altre, ma ancora, girando tra i vari spazi, seguito sempre dall' Acqua, non trovai quel maledetto volume.

Non sapevo cosa fare, o dire, mi pareva che ci fosse ben poco senso.

E mi ritrovai a fare i ragionamenti più assurdi pur di avere una conclusione, anche stupida.

Ragionai in silenzio, le mani alle tempie, andando avanti ed indietro senza tregua, per poi illuminarmi un poco, trovando una probabile soluzione per una simile confusione.

-Qua... qualcuno deve aver sostituito i volumi!... Qualcuno deve aver messo lí il libro che io ho letto al posto di questo e poi deve averli risistemati come erano prima nel tempo in cui sono venuto a cercarti- dissi, iniziando a sentirmi convinto della tesi ed in contemporanea ben poco certo, perché non sapevo se sembrasse sensato solo a me.

Silver tacque brevemente ed iniziai a credere che dubitasse delle mie parole e che magari sí, la mia idea non aveva senso e non era possibile, eppure dopo un po' rispose con un cenno di assenso

-Di cosa parlava quello che hai letto?- domandó, portando le braccia ad i fianchi

-Della storia degli unicorni e... dei guardiani-

La vidi spalancare le palpebre, mentre la preoccupazione nel suo sguardo si accendeva lentamente, diventando sempre più viva.

Non c'era un minimo di falsità, lo capii subito, anche perché qualcosa, nell' aria, parve cambiare, investendomi.

Paura.

La sentii sudare freddo.

-Mo...Morgan? Cosa... gli accadrà qualcosa? É per questo che mi hai praticamente urlato contro, prima?-

E mentre ci guardavamo dritti negli occhi, prima che potessi rispondere, udii la porta spalancarsi di botto e vidi Diana, Task e Nemes entrare improvvisamente.

-É tutto okay? Abbiamo sentito gridare ma la porta dell'uscita per raggiungere dopo la biblioteca era chiusa e abbiamo dovuto chiedere a Pandora di aprirla per noi, siccome Lyfia é a letto per una storta alla gamba che ha preso stamattina e che l'ha costretta a rimanere a letto- chiese immediatamente Diana con preoccupazione, guardandoci entrambi, prima lei, poi me, poi di nuovo lei e così via, fino a rilassarsi un poco.

Io non ero sicuro di essere capace di parlare a voce per spoegare subito cos'era accaduto.

Ero troppo atterrito ed agitato per riuscirci.

Porta chiusa, scambio dei libri... c'era qualcosa che non andava qua dentro, qualcosa che mi puzzava parecchio.

Chi aveva chiuso la porta? Chi aveva scambiato i libri? Perché lo aveva fatto? Era sicuramente una persona in questa Montagna, ma dubitavo parecchio che potesse essere uno degli Elementi, anche perché non avrebbe avuto senso.

Ma chi poteva essere stato? Una delle cameriere? Pandora? Lyfia?

No, Lyfia non poteva alzarsi e Pandora... dubitavo anche che fosse stata lei, che ragione avrebbe avuto?

-Sí, stiamo bene- rispose Silver per me, guardandomi fisso di nuovo, come per farmi capire che voleva una risposta, subito.

E visto che c'erano anche gli altri... potevo dirlo, ma in parte temevo di farlo.

Se lo avessi detto a voce, voleva dire che era reale, che non c'era nessun modo per evitare di confermarlo.

Ma lo dissi.

Lo dissi perché volevo liberarmi di questo peso e sapevo che Silver ormai ne aveva capito gran parte, non volevo tenere segreto un fatto così importante, ne andava di una vita.

E se ne andava di una vita, allora non potevi assolutamente tenerlo per te, era un gesto malvagio e crudele nei suoi confronti.

All'inizio non sapevo come dirlo, non avevo la più pallida idea di come ordinare le parole in una frase comprensibile, ma bastarono le prime a farmi comprendere come farlo.

Ogni parte della frase usciva dalle mie labbra come il filo di una ragnatela che incatenavano le loro attenzioni.

E mentre continuavo, vidi la loro espressione cambiare sempre più in peggio, fino al punto che le loro reazioni non erano lontane a quella che era stata la mia.

Diana aveva la mano sulla bocca, tremava appena tra gli spasmi, mentre le lacrime scivolavano  dai suoi occhi indaco per rotolare giù, dapprima lentamente, poi sempre più rapide, mentre tirava su col naso con affanno.

Task aveva la mascella contratta, gli occhi lucidi ed un aria afflitta che faceva notare perfettamente che si stava sforzando per non piangere, a malapena respirando, forse perché se ne avesse preso uno profondo non sarebbe più riuscito a reggere.

Silver era praticamente a terra, in ginocchio, le sue gambe avevano smesso di reggerle e piangeva a dirotto, accasciata.

Nemes era immobile, come paralizzata, la sorpresa che guizzava nel suo sguardo e sembrava non si accorgesse neppure di come lei stessa appariva.

Io finii col guardare a terra, sentendomi in colpa per aver fatto scoprire loro un fatto simile, rovinando quel clima in parte tranquillo, in parte scherzoso, con le solite sciocchezze e irritazioni inutili.

Prima che si calmassero, ci volle parecchio.

A riprendersi per ultime, furono Diana e Silver.

La seconda, quando smise di piangere, asciugandosi gli occhi, si alzó tremando, aggrappandosi a Nemes che la aiutó.

Le prime parole che lei disse, mi fecero sentire un brivido che mi percorreva la schiena, per qualche strano motivo.

-Dobbiamo dirlo a Guy-

*

Passarono diversi minuti prima che ci decidessimo su chi, come e con che tono avrebbe dovuto parlare.

Dopo minuti di borbottii continui, optammo sul fatto che, visto che lo avevo letto io, avrei dovuto dare ancora una volta quella notizia, rimanendo il più calmo possibile e cercando di parlare in fretta.

Non dovevo farlo irritare, già di suo lo era, chissà come avrebbe reagito se non avessi avuto un modo di fare calmo e tranquillo, ma ovviamente non troppo, esagerare mi avrebbe, oltre al farmi sentire falso, dato anche un aria di chi non aveva un minimo di interesse.

Dopotutto, Silver, non sapendo niente, mi aveva irritato parecchio con il suo modo di fare fin troppo allegro.

Avrei dovuto scusarmi, in effetti, per il fatto che le avevo urlato contro.

Ma prima preferii prepararmi psicologicamente all'aria più irritata, frustrata, innervosita, seccata e sarcastica di Nightshadow.

Insomma, non era esattamente il tipo di persona a cui era facile approcciarsi, anzi!

E ci avviammo, passando di stanza in stanza per raggiungere la parte delle nostre camere, avanzando in direzione della porta con inciso sopra il suo Elemento.

Presi un respiro profondo e mi limitai a bussare due, tre colpi.

Non eravamo più stati nella sua stanza da quando eravamo arrivati qui, forse trovandola un po' inquietante e troppo... scura? Beh, decisamente non era il massimo dell'accoglienza.

Nessuno rispose da dietro la porta e ci limitammo perció ad entrare e basta, visualizzando subito il letto, in cui vi era coricato il corvino in posizione supina.

Dormiva, o più che altro, sembrava provare a dormire.

Continuava a rigirarsi senza tregua nel letto, prima da un lato, poi dall' altro, cercando una posizione, il respiro flebile ed affrettato .

Facendo un passo all' interno, l'odore del terrore mi investí in pieno, talmente forte che quasi indietreggiai.

Attorno a lui sembrava esserci un aurea così scura che a malapena si riusciva a prendere fiato.

Quella che pariva subire meno era Diana, la quale accorse subito a scuoterlo più e più volte per svegliarlo, col risultato che appena si sveglió, aveva gli occhi sgranati ed un onda d'urto scura andó a colpire la parte inferiore dell'armadio, buttandolo a terra in avanti, verso i piedi del letto, aprendosi e seminando vestiti con un chiasso assurdo.

Aveva la fronte imperlata di sudore e a malapena respirava, sembrava sul punto di diventare pazzo, le occhiaie ancora più marcate, gli occhi arrossati.

Ci guardó dopo qualche istante, concentrando il proprio sguardo su Diana, accorgendosi di aver afferrato il suo braccio e di starlo stringendo con forza, tremando a tratti, mollandolo di fretta, portandosi una mano ai capelli e sospirando, chiudendo le palpebre con frustrazione.

"Forse non è esattamente il momento migliore per dirgli di Morgan" pensai, vedendolo alzarsi in direzione del guardaroba, tirandolo su, facendo crollare all'esterno una sacca e molti altri vestiti, tutti di colori molto scuri, tra camicie, maglie con scollo a V, a U, varie T-shirt, pantaloni jeans, di pelle, la tuta che avevamo trovato e... beh.

Percepii poi uno strano odore ed iniziai a pensare che il mio naso avesse dei seri problemi, il mio odorato era quasi folle e percepiva cose che altri decisamente non sentivano, cosa confermata da quando chiesi se anche loro percepivano qualcosa.

Guy si limitó a non rispondere ed a sistemare lentamente i vestiti, mentre io cercavo di capire da dove provenisse quella tonalità strana, un po' ammuffita, che sapeva di vecchio.

Non riuscii ad individuarla per un po', perché mischiata ad altri odori e sovrastata da quella paura assurda, da quell'insieme di profumi vari nei vestiti che non mi aiutavano.

Vidi poi il Buio afferrare la sacca e quella fragranza mi arrivó addosso.

-É li- obiettai -Cosa c'è dentro?-

Vidi Guy alzare le spalle tranquillamente -I guanti, alcuni libri che qualcuno mi ha obbligato a prendere- lanció un occhiataccia all' Acqua che prese a ridacchiare -E... dei pennelli-

-Pennelli?- Diana si avvicinó incuriosita e lui alzó le spalle, cercando i quattro sottili pennelli con le setole color sabbia ed i manici perfettamente ritagliati, lucidi, di legno, con bellissimi decori oro.

-Da dove li hai presi? Sono bellissimi-

-Lo dici per pietá, vero? In realtà non ti frega di nulla-

L'espressione di Diana si contrasse leggermente, ma non sembró voler ascoltare, o più che altro, lo ignoró -Ti piace l'idea di dipingere?-

Lo sguardo di Virgil guizzó di lato, evitando quello della ragazza a tutti i costi.

-Anche se fosse? Cambierebbe qualcosa?-

Lei tacque a lungo e infine rispose, accennando un sorriso -Forse-

Lui la guardó male e non disse nulla, sospirando.

-Volete vedere anche i libri che Silver mi ha consigliato a questo punto?- sbottó sarcastico -No, perché, sembra che io debba rendere tutto di dominio pubblico. Se ve ne andaste mi farebbe un piacere, grazie. Questa camera é fin troppo affollata per i miei gusti-

Sistemó i pennelli nella sacca, mostrando quattro libri che avevo già letto, per poi accigliarsi e guardare nella sacca con aria confusa ed assorta.

E pescó nella sacca un libro che riconobbi subito, senza copertina, rovinato.

-Non mi ricordavo di questo libro... Silver, me lo avevi portato tu?-

Io e l'Acqua ci guardammo tra di noi, un po' scioccati, un po' agitati e spaventati.

-Posso vedere?- chiesi subito io, col risultato che il Buio me lo diede subito in mano.

Lo aprii, trovando la scritta rovinata, saltando subito alla pagina dopo.

Un sospiro di sollievo mi uscí dalle labbra a scoprire che non era quello.

In parte ero deluso, perché volevo sapere il contenuto dell' ultimo capitolo, l'altra invece non poteva non rilassarsi almeno per un po'.

Un po' poco, perché ne vidi un altro identico, appoggiato in un cassetto aperto dell' armadio.

E quando lo aprii, scoprii che era quello.


 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20- Morte? ***


Will

La scena mi aleggiava ancora in testa, la confusione nello sguardo del Buio, io che andavo all' ultimo capitolo per sapere di cosa potesse trattare, se magari aveva fatto ipotesi riguardo a come avrebbe potuto salvare il guardiano, io che lo trovavo strappato, colle scritte incomprensibili.

Era stato esasperante, ed esasperanti furono i due giorni che passarono dopo a quello con il libro.

Due giorni che non sembravano finire mai.

C'era tensione ed agitazione pura nell' aria, rendendola frizzante come non era mai capitato prima, non tra di noi, una tensione tra tutti, nessuno escluso, soprattutto attorno al corvino, che finiva per allontanarsi anche da Silver, rispondendo malissimo a chiunque per qualunque cosa, anche la più stupida.

Diana pareva essersi depressa parecchio, non sorrideva e molto spesso abbassava lo sguardo, evitando quello degli altri.

Silver parlava tanto, come suo solito, forse più per cancellarsi il pensiero dalla testa che per una vera voglia di farlo, anche se riceveva soltanto il silenzio di risposta, perché proprio nessuno aveva voglia di dire qualcosa, eravamo muti come tombe.

Task andava spesso insieme a Nemes nelle scuderie per trattare i pegasi, per pulirli e dare loro da mangiare.

All' inizio credevo che, facendolo, si tirassero un po' su, ma il risultato fu il completo opposto.

Una volta ero venuto con loro per noia e anche perché cercavo di capire se potesse risultare divertente di un minimo -inutile tentativo sprecato- diventando solo un motivo in più per star male.

Li trattavano senza dire nulla di nulla e poi se ne andavano e lo stesso avevo fatto io.

Nessuno si parlava quasi quando andavamo a dormire, neanche per augurarsi di dormire bene, ed i miei sospetti su chi potesse essere stato a mettere il libro nella camera di Guy, strappando le pagine finali, erano tutti buchi nell'acqua.

Ero decisamente abbastanza sicuro che non fosse stato Virgil stesso, anche perché lo avrebbe messo nella sacca... ma in parte sospettavo di lui

Non lo sapevo bene neppure io il motivo per cui lo facessi, non riguardava il fatto della storia, era come se ci fosse in lui qualcosa che non mi convincesse... come se ci stesse nascondendo qualcosa, anche se non sapevo definire di che genere di segreto il suo si trattasse.

Ma non pensavo che lo avesse preso lui il libro... dopotutto chiunque poteva essere entrato nella biblioteca, uscito, aver chiuso a chiave la porta principale, essere sgaiattolata nella camera di Nightshadow e aver messo il libro lí.

Certo.

Per non farsi notare doveva essere qualcuno che era sempre di sfondo, di cui non ci rendevamo praticamente mai conto.

Ma in quel posto ve ne erano davvero tante di persone di quel genere, quasi tutti servi andavano avanti ed indietro senza che li notassimo molto, anche perché quando ci vedevano, scappavano via senza nemmeno dire ciao.

-Certo che manca proprio poco alla fine di Febbraio- commentó ad un tratto Silver, distruggendo i miei pensieri, rompendo quello specchio di ragionamento che mi aveva portato ad indagare sui volti di tutte le persone che avevo visto in questo posto, tra cui le addette alla pulizia, quelle della cucina, le serve di Lyfia, tra cui c'erano due gemelle alte, abbronzate, che facevano qualsiasi cosa che lei volesse di nome Cil e Ceci, la più piccola di quel posto, Halet, e una che avevo visto poco spesso, una certa Quim. - Dieci giorni scarsi-

L'acqua fissava dritto davanti a sé, guardando Lyfia zoppicante che si piegava, dando le ultime occhiate al portale, con noi ancora dentro all' area, che presto saremmo stati portati in una Tipologia addestramento diversa dalla precedente.

-E quindi? Dieci giorni là dentro saranno cinque- commentó bruscamente il Buio, alzando le spalle -Saranno sicuramente veloci a passare, fin troppo- continuó, incrociando le braccia.

-Cinque giorni pieni di problemi- ribatté poi, con un sospiro e con la netta aria di chi si stava stufando di tutto e di tutti, fatto abbastanza preoccupante se dovevo dirlo.

Nessuno rispose e ci bastó il silenzio.

Se avessimo continuato a parlare, ero quasi sicuro che non sarebbe finita affatto bene.

Non potevamo metterci a litigare.

Non ora.

Ripresi perciò con la mia selezione, pensando poi alla serva di Pandora, che più che altro, lei giudicava come una sorella.

Si chiamava Debbie, aveva i capelli corti, castani e riccioluti.

E finalmente Lyfia si giró, dicendo rapidamente un -É pronto, potete partire- prima di spostarsi ed uscire completamente dalla stanza zoppicando, lasciandoci con Pandora che sorrideva tranquillamente, impedendomi di pensare a qualcos'altro che non fosse ciò che ci aspettava.

-Vi auguro una buona avventura!... - fece la ragazza dai capelli viola, sorridendo ed appoggiandosi al muro.

Un brivido freddo mi attraversó dalla testa ai piedi, facendomi rabbrividire per colpa di esso e notai stranamente che anche gli altri ebbero un simile risultato, ma la cosa mi risultò strana, non tanto perché fosse accaduto, ma perché non c'era nessun accenno di frescura nell'aria, non la più piccola corrente fredda attraversava le pareti della montagna e soprattutto non la stanza degli allenamenti.

Sí, qualcosa qui mi puzzava alla grande.

Non ci pensai a lungo, perché dopo poco l'area ebbe uno scossone, cominciando ad avanzare verso quel portone multicolore che si avvicinava sempre di più, fino ad essere così vicino che parve accadere tutto in un attimo.

L'area si fermó a minima distanza, e come un tubo colorato, il portale ci afferró per risucchiarci.

Per un istante, mentre accadeva, mi sembró di vedere un fiocco di neve.

E in un batter di ciglia, eravamo dentro.

Al contrario del ritorno, l'andata era quasi intoccabile, rapidissima, impossibile da definire, non ci si vedeva nulla, nessun insieme di colori simili a gemme, nessuna vera e propria luce.

E se un attimo prima ero stato risucchiato, in quello dopo ero a destinazione e non in una destinazione facile.

Feci appena in tempo a visualizzare la sporgenza, le poche piante e la roccia che vi sorgevano prima che realizzassi che non l'avrei neppure toccata con un dito.

Ero troppo oltre, decisamente troppo oltre e quello che vedevo non mi piaceva affatto.

Sotto di me c'erano metri e metri di vuoto, seguiti da un lago enorme, chissà quanto profondo, in cui, poco ma sicuro, sarei finito.

E mi ritrovai a precipitare ad una velocità tale che sentivo pressione ed aria che mi scorrevano addosso senza tregua.

Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, vedendo l'acqua avvicinarsi sempre di più.

Sentii solo l'impatto gelido dell' acqua che mi stordiva, mi accecava i sensi ed un calore incredibile all'altezza della vita, mentre un liquido rosso scuro mi scendeva da essa, o più che altro saliva nell' acqua, mentre io mi sentivo sprofondare come non mai, affondare man mano, vedendo le bolle nascere dalle mie labbra quando non riuscii più a trattenere il fiato, percependo l'acqua dolce infiltrarmisi in bocca, prima di perdere lentamente la vista ed i sensi, vedendo nella mia mente l'immagine di mia madre che mi sorrideva, anche se stancamente, quello di mio fratello, vivido, talmente tanto che pareva lo stessi guardando.

Ma non era così, l'acqua scura, nera, un insieme di bolle ed alghe e pesci mi sovrastava, prima che perdessi i sensi, sentendo ogni secondo di più il freddo che si impadroniva del mio corpo e dei miei sensi che andavano via via sparendo.

Ma non era così, l'acqua scura, nera, un insieme di bolle ed alghe e pesci mi sovrastava, prima che perdessi i sensi, sentendo ogni secondo di più il freddo che si impadroniva del mio corpo e dei miei sensi che andavano via via sparendo

Nemes

Mi scontrai contro il suolo, respirando a malapena, non vedendo nessuno attorno a me, sentendo la gamba pulsare un poco di dolore per una probabile sbucciatura che ignorai, percependo però il liquido vitale gocciolare un poco..

Certo, mi ero fermata a mezz'aria prima di crollare, ma dovevo aver beccato qualcosa, non ero sicura di cosa, che mi aveva aperto la pelle nel ginocchio.

Decisi che se avessi iniziato a sentire più dolore, avrei cercato un rimedio veloce, in caso contrario avrei aspettato.

Alzandomi, faticai ad orientarmi, mi ci volle davvero parecchio per capire qualcosa.

Individuai una serie di alberi tutti uguali, molto tetri, un terreno fatto di sassi e ciottoli, qualche spruzzo di erba alta con delle canne, una sporgenza rocciosa e...

Udii un botto che mi fece spalancare gli occhi, portandomi a raggiungere l'ultima parte del posto che avevo notato, vedendo molto sotto un lago dalla superficie increspata, le onde che si agitavano formando una spuma bianca.

Dal botto non poteva essere stato qualcosa di piccolo e calcolai che forse poteva essere qualcuno che si era buttato.

Mi ci vollero tre secondi per realizzare seriamente.

Qualcuno era seriamente finito in acqua? Qualcuno era caduto dalla sporgenza prima che io atterrassi?

Cominciai a correre giú per il lungo pendio circolare ed in discesa che mi veniva mostrato, rischiando di cadere più e più volte, con il ginocchio che mi bruciava, il cuore accelerato nel petto che batteva così forte che a momenti mi sembrava potesse esplodere e che a momenti lo sentivo perfino nelle tempie.

Una caduta simile in acqua... doveva essere quasi mortale... se non mortale proprio, contando che se, chi era finito nel lago, si era messo in una posizione sbagliata, con una simile distanza, poteva rimanerci direttamente senza vita.

Sapevo di dover fare qualcosa, non sembrava ci fosse nessuno apparte me nei dintorni e nonostante non fossi affatto adatta per essere una crocerossina o una sorta di salvatrice, non potevo starmene ferma a guardare.

Corsi senza alcun attimo di pausa, respirando a malapena, barcollando nella discesa come un ubriaca, finendo col cadere agli ultimi, rialzandomi subito, trovandomi davanti il lago cristallino che rifletteva la luce solare.

Ecco, ora vi era il problema più grande.

Sapevo nuotare, sapevo di dover farlo il più velocemente possibile... ma era sparita la schiuma e non sapevo quanto in fondo potesse essere.

Gettai a terra la mia borsa e mi tolsi la felpa, rimanendo in canotta per avere dopo almeno un vestito asciutto.

E mi gettai nel lago.

L'acqua era così fredda che sentivo come se venissi forata da una decina di spilli.

Mentre agitavo disperatamente gambe e braccia, prendendo ossigeno per continuare a nuotare, mettendo la testa sott'acqua e cercando di visualizzare la figura di chi era caduto, strizzando gli occhi.

Tornai a mettere il volto in superficie per prendere aria più e più volte, avanzando fino a sentirmi distrutta, visualizzando dopo un po' qualcuno , sdraiato sul fondo del lago.

La preoccupazione mi inondó sempre di più fino a farmi sentire disperata.

Quanto tempo ci avevo messo per arrivare lí? Forse troppo.

Nuotai ancora, tirando fuori la testa per prendere il più grosso respiro che mi potesse essere possibile fare.

"Per favore, fai che sia viva o vivo" pensai subito, prima di gettarmi di nuovo al di sotto, prendendo a scalciare contro la pressione per raggiungere man mano la destinazione, sentendo l'acqua che voleva trascinarmi verso l'alto, mentre io cercavo in tutti i modi di scendere, vedendo la figura prendere forma più scendevo.

Quasi sussultai a vedere Will, ma non mi lasciai prendere dalla sorpresa.

Dovevo farcela... anzi.

Ce l'avrei fatta.

Non potevo arrendermi, l'avrei raggiunto e subito.

Scesi sempre più in basso, sentendo l'aria mancarmi e la pressione spingere sempre più, tanto che la mia decisione quasi vacilló, ma riuscii ad afferrargli un braccio, leggermente sollevato e tirai, riuscendo a sollevarlo, prendendo a salire velocemente per mancanza d'aria.

Raggiunsi la superficie boccheggiando.

Se prima lui era stato leggero come un peso piuma, ora era completamente il contrario.

Tenerlo su mi faceva affondare e mi portava a bere più acqua che mai, anche se non era esattamente una mia volontà e ne avrei fatto a meno.

Stare a galla era straordinariamente difficile, ma mi costrinsi a nuotare in fretta, vedendo un liquido rosso che saliva e macchiava quello cristallino.

Con i muscoli in fiamme ed il respiro corto, raggiunsi la riva.

Lo trascinai faticosamente, notando la ferita che sanguinava ancora un poco, ma soprattutto rendendomi conto che, sí.

Non aveva il più minimo accenno di respiro e ripresa.

Mi accovacciai al suo fianco, tirandogli su la testa in preda al panico.

Le informazioni su come far riprendere un affogato scarseggiavano un po', ma ero quasi certa di sapere cosa fare.

Presi a fargli il massaggio cardiaco, per poi tappargli le narici e soffiare nella sua bocca tutto l'ossigeno che mi era possibile dargli, staccandomi da lui per ripetere man mano l'azione, sentendomi sempre più in ansia.

L'agitazione mi pervadeva l'anima, mi rendeva impossibile smettere di tentare

"Dai" pensai frustrata, sentendo gli occhi che iniziavano a bruciarmi follemente.

Riprovai ancora, cominciando involontariamente a piangere, continuando a premere le mani contro il suo petto come una disperata.

"Dai!"

Non era più paura. Era terrore.

Terrore perfido che si insidiava nel mio petto scalpitante, tormentandomi un ennesima volta.

Di nuovo la respirazione bocca a bocca, premendo le mie labbra sulle sue e soffiando, passando di nuovo alle spinte.

Mi sentivo talmente disperata che a momenti avrei potuto urlare dalla frustrazione, ma non dovevo perdermi.

Dovevo continuare, l'avrei salvato, non importava quanto tempo ci avrei messo, ma l'avrei salvato.

Non poteva morire, non doveva, tutto stava andando già abbastanza male, la mia vita era già abbastanza schifosa contando la mia esagerata e plateale timidezza che non mi rendeva possibile di unirmi agli altri senza sentirmi ridicola, per poi aggiungerci Morgan e quel libro nel cassetto del Buio.

-Dai- urlai a gran voce, spingendo ancora con più forza di prima, facendo per continuare la respirazione bocca a bocca, vedendolo peró aprire gli occhi all' improvviso, prendendo a tossire, sputando l'acqua, girandosi di lato con un lamento ed un gemito di dolore, mentre rimaneva sdraiato a terra, finalmente respirando, con un affanno che sembrava coincidere con il mio.

Tutto lo shock e l'agitazione accumulato in quattro giorni, quattro giorni in cui avevo creduto di stare bene, illudendomene forse, sembró saltare in aria dentro di me.

Il vaso della finta calma si era travasato a terra all'ultima goccia di troppo.

Troppi sassi avevo raccolto, troppi sassi iniziavo a perdere dalle tasche.

Inizialmente feci una risata isterica, che non aveva nulla di divertimento e che duró ben poco, gettando fuori la mia irritazione nei confronti di me stessa e della mia quasi incapacità a fare qualsiasi cosa, della mia stupida fragilità, del mio continuo timore, ma poi la sostituii cominciando a piangere molto di più rispetto a prima, asciugandomi il volto con le mani ogni volta che sentivo le lacrime scendere lungo le mie goti, deglutendo la saliva che mi si era bloccata in gola.

Ero sconcertata, troppo sconvolta per dire qualcosa.

Sentivo ancora il petto che sembrava sul punto di esplodermi per quanto il cuore mi batteva forte.

Sentivo poi gli occhi viola del Vento che mi fissavano, ma non riuscivo a rispondere al suo sguardo, non riuscivo a muovermi in effetti se non per piangere ancora e strofinarmi le mani contro le palpebre più e più volte, fino a farmele bruciare.

Avevo avuto una paura enorme, mi ero sentita talmente tanto male che non riuscivo ancora a credere di avercela fatta a farlo riprendere e che era vivo nonostante le mie cadute ed il ritardo enorme con cui l'avevo recuperato.

Se non fossi corsa subito da lui, forse non sarebbe stato più qui, non sarebbe stato vivo.

Ma ce l'avevo fatta.

Ce l'avevo davvero fatta.

E piangevo anche per questo, perché per la prima volta avevo creduto in me stessa e stranamente ne ero stata ripagata.

Robin era vivo.

Come per confermarlo, sentii la sua mano afferrarmi il braccio e sussultai, smettendo di piagnucolare come una bambina, guardandolo.

-Grazie- sussurró flebile, la voce ridotta di volume e l'espressione calma.

Guardai la ferita sul suo ventre e notai che fortunatamente non era così grave... non come morire per annegamento, e c'era andato molto, molto vicino.

Però volevo chiuderla ed evitare che sanguinasse ancora.

Cercai qualcosa nella borsa, trovando delle fasce, prendendo ad applicarle attorno alla ferita, vedendolo perdere lentamente i sensi, fortunatamente respirando.

E applicai ancora le garze, sospirando di sollievo, passandomi una mano tra i capelli e tirandomeli indietro.

Mi davano troppo, troppo fastidio, mi ricordavano quella parte di me che volevo cancellare e mi finivano troppo facilmente sugli occhi o svolazzavano a destra e manca con l'aria e... io mi stavo facendo dei problemi ridicoli mentali dopo quello che era capitato, ma era l'unico pensiero nella mia testa che non sapesse di inganno e di morte.

Scossi il capo per rimuovere parte dell' acqua dalla mia chioma bagnata, girandomi a prendere la maglia precedentemente indossata, levando la canottiera e cambiandomi.

Un po' di vestiti ce li avevo anche nella borsa, ma avevo preferito non cambiarmi completamente per non sprecare subito gli abiti, contando che in cinque giorni poteva seriamente capitarne di tutti i colori, dettaglio confermato dal semplice fatto che eravamo arrivati da malapena mezz'ora e già Will aveva rischiato la morte.

Mentre gli altri... dov'erano ?

Speravo non nella nostra stessa situazione e ancora di più non peggio di noi.

Sentivo che avrei dovuto svegliare Warmwind per farlo cambiare, siccome non volevo che magari si prendesse la febbre, contando che ci avrebbe obbligati a rimanere lí per un po'.

E dopo averci pensato, lo scossi un poco, riuscendo a ottenere risultati, vedendolo aprire ancora gli occhi ametista.

-Mi dispiace disturbarti- iniziai incerta, col risultato che lui annuí, probabilmente notando la maglia asciutta che indossavo.

Si alzó faticosamente, appoggiandosi a me e mentre io mi giravo, aspettando che si cambiasse, lo udii gemere un poco di dolore.

Forse avrei dovuto cambiargli anche la fascia, ricordandomi però che non potevo sapere che reazione negativa avrei potuto avere a vederlo a petto nudo.

Con Task non era affatto finita bene, ricordandomi del ragazzo rosso dagli occhi color sangue che prima sorrideva leggermente e poi si scusava con me alla fine, con una disperazione nel tono che decisamente non aiutava.

Lo sentii cambiarsi, gettando a terra i vestiti bagnati, sostituendoli rapidamente.

Quando finii, gli sollevai pochissimo, nel giusto necessario, la T-shirt grigia che portava, per vedere come erano messe le fasce e quanto avrebbero ancora retto.

Fortunatamente la ferita non sanguinava molto, quindi la copertura non era zuppa come mi sarei immaginata.

E passai a guardare il mio ginocchio spellato, un poco sanguinante, decidendo in automatico di avvolgere anche il mio con delle garze, ricordandomi del fatto che automaticamente la tipologia addestramento ti mandava alla grotta del portale e se prendevi la strada sbagliata, avrebbe fatto di tutto per mandarti a destinazione.

Era un bel sollievo pensarci, in effetti, perció, dopo aver riposato ancora, prendemmo a camminare.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21- Disidratazione ***


 

Diana

Il silenzio era assordante, assurdo, quasi irreale.

Non mi ero neppure accorta di aver perso i sensi prima, dovevo essere svenuta sul colpo e risvegliandomi con un gran mal di testa, dubitavo di essermi addormentata tranquillamente, confermato dalla ferita che mi sorgeva ad un lato della testa, fortunatamente non troppo sanguinante.

Mi alzai, sentendo le gambe dolermi un po', per non dire parecchio, guardandomi attorno, notando la mia borsa poco distante che mi affrettai a raccogliere, trovando sfortunatamente la bottiglietta dell' acqua che mi portavo a dietro vuota, completamente vuota, senza il più piccolo rimasuglio che potesse bagnarmi la lingua.

Doveva essersi versata a terra mentre ero stata priva di sensi e questo non mi rassicurava per nulla.

Ero tra vari alberi, completamente da sola, dettaglio che non mi aiutava affatto, aggiungendoci il fatto precedente, contando che mi ricordava la scena in cui io ed il Buio ci eravamo trovati persi a causa mia, che perlopiù ero stata morsa da un serpente velenoso e lui mi aveva salvato la vita.

Sembrava essere passata una vita da quel momento, invece non era cosí e non era neppure un mese che mi distanziava da quel giorno... beh, in realtà sí, ma era comunque poco.

E sentivo che qualcosa era cambiato in me da quella volta, non sapevo definire cosa, peró sapevo che iniziavo a sentirmi strana, troppo strana, anche perché, dentro di me, non riuscivo più ad arrabbiarmi così tanto con lui, quando prima non facevo altro che dargli contro, mentalmente e non.

E dentro di me, tutt'ora, desideravo che fosse qui, anche perché ero completamente sola ed isolata, non riuscivo ad orientarmi per gli alberi troppo alti in cui non vi erano le più piccole tracce di muschio da nessuna parte che mi potessero dare anche solo il minimo suggerimento, ma soprattutto perché volevo sapere se stava bene, sapendo, in un certo senso, che se la cavava comunque meglio di me.

"Stupida, cosa pensi a lui in un momento simile! Se si dovesse fare una gara su chi rischia la morte prima, tra voi due, vinceresti tu... "

A questo pensiero peró mi saltó alla mente l'immagine di lui, sdraiato a letto con la febbre, poi quella di quando lo avevo visto in camera, neppure il giorno prima, con quelle occhiaie, con quell'aria persa, distrutta.

Scossi la testa con forza per cacciarmi via le troppe immagini che mi prendevano la mente, cercando di tornare al presente.

Dovevo seriamente concentrarmi o non ne sarei uscita viva.

Come se non bastasse, nell'insieme, un composto che faceva invidia alle maggiori sfighe esistenti, c'era un afa opprimente, non soffiava neppure il più piccolo spiffero di vento e diamine se questo mi appesantiva!

Mi rendeva le gambe simili a mattoni e questo non era esattamente il massimo per una che doveva continuare ad avanzare per raggiungere una destinazione.

Cercai di farmene un po' con le mani, un minimo di corrente che mi permettesse un attimo di respiro, inghiottendo la saliva e sentendomi la gola secca come un deserto.

Perché c'era così caldo qua dentro? Non riuscivo assolutamente a spiegarmelo.

Sembrava che fosse estate, invece eravamo solo verso la fine di Febbraio!

Teoricamente ero anche all' ombra, coperta dallo scudo di foglie degli alberi, le quali erano immobili e non accennavano ondeggiamenti.

A malapena prendevo ossigeno, sudavo come un cane e sentivo una strana sensazione allo stomaco, una tensione che si manifestava come un formicolio insidioso ed inquietante che mi faceva guardare attorno il doppio rispetto il normale, come se fossi osservata.

"Okay, Diana, calmati. Al momento non c'è nessuno qui, attorno a te, giusto? Giusto. Basta... salire su un albero ? No, i rami sono troppo in alto, non riuscirei ad arrivarvi neanche morta" pensai, innervosita dall' ultima constatazione mentale.

"Ah, bello, sto pure ordinandomi mentalmente di seguire gli ordini che mi impartisco da sola... sono proprio una causa persa"

Presi un respiro profondo, lanciando occhiate prima da una parte e poi dall' altra con una certa attenzione, individuando solo altri alberi ed odendo il silenzio più assoluto che ancora mi rendeva impossibile rimanere calma.

Era come se quel nulla innaturale fosse soltanto la calma prima della tempesta, la quale mi avrebbe colpita appena avessi abbassato anche solo di un minimo la guardia per riposare o per riprendermi mentalmente dalle mie idee sciocche.

Mi tirai una ciocca di capelli con le dita, spostandola, evitando che mi restasse sul naso e che prendessi a soffiarci sopra per spostarla.

Feci un passo in avanti, due, tre, indecisa su che strada prendere, sperando che, qualunque io decidessi di prendere, mi avrebbe portato alla giusta destinazione o magari ad una fonte di abbeveramento, o, ancora meglio, all' incontrare qualcuno.

Silver sarebbe stata più che necessaria in questo caso, ma non avevo la più pallida idea di dove la potessi trovare.

E avanzai ancora, scegliendo di andare dritto, camminando tra gli alberi con atteggiamento guardingo, facendo grossi respiri per calmare i nervi a fior di pelle che mi impedivano a momenti di pensare lucidamente o di camminare dritto senza tornare indietro, voltare da un lato o dall' altro.

Camminavo tra gli alberi a ritmo spedito, cercando di non accelerare per non stancarmi in partenza, la gola ancora più secca, non avendo la più pallida idea di dove mi potessi seriamente trovare, sperando anche come minimo di trovare un arbusto con i rami più in basso che mi avrebbero aiutata a salire e a vedere almeno dall' alto se potevo trovare una strada migliore, anche se non ero sicura che fosse possibile trovare questo genere di cose, forse per il semplice fatto che il clima era quasi tutto uguale e non c'erano grandi differenze, non tra alberi, non tra il completo paesaggio, non tra i colori.

Boccheggiavo, il calore che mi tormentava come non mai come io finivo col tormentare le mie mani dall'ansia costante che proveniva dalla sensazione di essere osservata e seguita nel silenzio più totale, la sete che non era da meno, la mia sanità mentale che stava per andare a farsi benedire da qualche parte.

Quasi crollai a terra dopo un tempo indefinito, decisamente troppo lungo per i miei gusti, di marcia.

Quei sentieri troppo uguali, quegli alberi così maledettamente innalzati, con foglie smeraldine e radici possenti infilate nel suolo...

Beh, se avessi trovato un albero in quel momento dai rami bassi, dubitavo che sarei riuscita ad arrampicarmi senza cadere come una pera matura.

La mia capacità di resistenza si era totalmente azzerata, figuriamoci se avessi tentato di appendermi ad un albero come una scimmia per fare lo stesso, scalando un albero fino in cima! Chi volevo prendere in giro? Sarei crollata ai primi tre!

Ero esausta, sentivo la gola dolere come non mai, infiammata ed arida, le gambe che mi tremavano follemente ad una frequenza tale che era un mistero come fossi riuscita a reggermi in piedi fino ad ora e che continuavo a reggermi anche in un simile momento.

Non ne potevo seriamente più, sentivo che se non mi riposavo e che se non bevevo, sarei morta di sete e di stanchezza.

Con quasi la bava alla bocca, mi sedetti contro un albero nel silenzio più totale, le palpebre chiuse, il sudore che mi percorreva la fronte, rimuovendo ogni singolo fluido che avessi ancora in corpo e la stanchezza a cui finii per abbandonarmi, restando immobile, con il respiro corto ed irregolare come non mai che era interrotto dal mio inghiottire la saliva faticosamente.

Questo posto mi stava seriamente uccidendo.

Volevo abbandonarmi alla stanchezza, non ero abbastanza capace di reggere per sopportare tutto quello.

Era come se fossi al di sotto di un macigno che mi faceva sprofondare nel suolo.

In un singolo istante mi sentii cedere, gli occhi chiusi, l'idea stancante e distruttiva di non raggiungere mai una destinazione vera, di non aggrapparmi più alla sporgenza che mi impediva di piombare nel vuoto.

E, per qualche strano motivo che non seppi assolutamente definire, siccome non capii neppure come ci arrivai, mi chiesi cosa avesse patito Morgan a stare insieme a noi, a me principalmente all' inizio, siccome ero quella che, in un certo senso, era stata più in sua compagnia, che lo aveva trovato dolce, triste ma convinto di quello che diceva, convinto di quello che voleva fare e che alla fine compieva.

C'erano state scene in cui ricordavo di essermi chiesta come mai si allontanasse da noi, altre in cui mi era parso strano, altre ancora in cui avrei voluto aprirmi con lui su ogni singola cosa, perché mi dava l'impressione di uno che sapeva ascoltare, di uno di famiglia.

Una di quelle in cui mi era parso un po' strano era stata nel momento in cui aveva preso le erbe per la febbre.

Certo, ero stata stanca, avevo avuto bisogno di riposare e sbollire un po' da quella rabbia che mi ero resa conto fosse insensata nei confronti del rosso, ma che mi ero tenuta dentro per orgoglio, ma se Morgan avesse voluto, avrei comunque potuto aiutarlo nella sua attività... e sì, era anche vero che era stato meglio così, altrimenti Task avrebbe potuto fare una brutta fine fronteggiando quell'orda di demoni, che l'avevano attaccato così all' improvviso.

Aprii gli occhi, sentendomi profondamente delusa da me stessa.

Avrei dovuto capire in qualche modo, captare anche solo il più piccolo segno di quella sua sofferenza.

Eppure io avevo sempre pensato solo a me, alla missione, al mio voler fare amicizia con gli altri senza che mi giudicassero come tutti quelli che avevo incontrato in precedenza che non fossero mia madre e Liam.

Già... i miei genitori.

Anche a loro avevo pensato ben poco.

Un moto di sensi di colpa mi avvolse.

Possibile che fossi davvero una persona così egoista? Così stupida e ceca? Così maledettamente fissata su certe cose da cancellare il resto?

Un mugolio mi uscì dalle labbra, addolorato ed arrabbiato, mentre respiravo più in fretta, facendomi prendere dal panico e dalla disperazione.

Perché ero io la Luce? Non mi sembrava di essere così al livello di un Elemento simile.

Cos'avevo io in più che gli altri ragazzi con le vite più normali non avevano? Solo due nomi al posto di uno e dei capelli bianchi, che però potevano averli tutti, contando che non ero l'unica albina esistente sulla faccia del mondo di Athlas.

E vi erano anche altri ragazzi con due nomi oltre a me.

Cos'avevo io per mettermi inizialmente al di sopra del Buio? O di chiunque altro? Cos'avevo?

Ero nata in un giorno che coincideva con quello di altri cinque, ero stata benedetta, ma poi?

Non ero pura, non avevo quella gentilezza che gli altri credevano che io avessi e che io avevo creduto di avere prima di capire la realtà, non avevo la capacità di rallegrare le persone, non ero abbastanza forte, né allegra e tanto meno una spronatrice di speranza, cosa che si vedeva da come avevo gettato la spugna al primo problema in questo posto.

Non ero neppure capace di rilasciare il mio potere indossando uno stupido guanto, né di reggermi in piedi se non lo indossavo, cosa diamine si aspettava la gente da me?

Non ero al livello del fantomatico Spirito che era in me, da cui tutti avevano delle maledettissime richieste impossibili.

Ero solo una ragazza qualsiasi che aveva avuto più di quanto si meritasse e che continuava a metter da parte gli altri per sentirsi meno triste o vuota o inutile.

"Salverete il mondo e tornerai a casa, Diana, già, dopo un anno? Due? Non vedrai nascere tuo fratello, Diana, ma che importa! A nessuno importa! E a nessuno importa se muori tu, quindi falla finita e basta"

Un sospiro flebile mi uscì dalle labbra, dicendomi che forse era un bene se stava accadendo tutto questo, certo, morire disidratata era una fine dolorosa, lenta, in cui avrei potuto raggiungere la pazzia, se non l'avevo già raggiunta...

Ma era quello che probabilmente mi meritavo.

A cosa servivo io? Il guardiano me lo aveva detto, ma non me lo ricordavo quasi, non riuscivo a toccare le sue frasi neppure con un dito.

Nessuna parola di Morgan riusciva a galleggiare nella mia mente, sprofondando nella marea di richieste senza risposta che accompagnavano la mia fine.

Inghiottii la saliva un altra volta, sentendo che la mia bocca aveva un sapore amaro ed acre, ben poco piacevole per il palato e tossii, sentendo male al petto ed un bruciare ancora più folle nel collo, come se la pelle al suo interno stesse venendo grattata via.

Guardai la borsa che mi ero portata a dietro, individuando qualche indumento, cibo normale inscatolato e poco altro.

Era la stessa che avevo preso ad inizio viaggio, me l'ero portata con me per metterci dentro i vestiti, di cui molti erano finiti dispersi per Athlas, alcuni su alberi, altri in cestini.

La guardai bene, lasciando viaggiare lo sguardo lentamente, vedendo qualcosa che vi luccicava dentro, qualcosa di molto piccolo, aggrottando la fronte, decidendo di ignorarlo per il momento.

"Perché tutto questo?" mi chiesi ancora, tirando un ennesima volta su col naso, come tutte le volte in cui mi veniva da piangere o che piangevo proprio, cosa che potevo confermare di star per fare per via degli occhi che mi bruciavano, improvvisamente lucidi.

Mia madre mi prendeva spesso in giro per questo, ma in modo dolce, scherzoso, come faceva e aveva sempre fatto nei miei confronti.

Diceva che quando tiravo su col naso mi trasformavo in una vecchia a cui cadevano i capelli e che aveva problemi di sinusite, perciò dovevo soffiarmi il naso ed asciugarmi le lacrime per tornare normale, altrimenti sarei rimasta una vecchietta per sempre, cosa che da piccola mi aveva sempre spaventato, per quanto stupida in realtà risultasse.

Questo pensiero mi strappò un sorriso incerto che repressi senza neppure rendermene conto, mentre mi appoggiavo le mani alle palpebre, cercando di spegnere quella stupida sensazione di calore che mi opprimeva sempre di più, mentre cacciavo indietro le lacrime.

Quanto tempo era passato da quando mi ero seduta qui? Fin troppo per i miei gusti, sembrava che durasse un' eternità ed iniziavo a perdere coscienza ad intermittenza, forse il segno che finalmente stavo per cedere a quell'ammasso di sofferenza.

Perché non ero ancora morta? Dovevo aspettare ancora a lungo?

Non volevo avere però tutti i flash della mia vita mentre aspettavo la fine, ero già abbastanza depressa e delusa di mio per patire anche questo.

E avevo la maglia completamente zuppa di sudore, con i sensi che mi si sfocavano, andando e venendo, pronti a lasciarmi nell'oscurità più assoluta.

"Huh. Già, ecco perché ho sempre associato il Buio alla negatività" pensai "É perché mi ricorda l'annullamento dei sensi, mi ricorda la morte... ma anche se fosse, lui é meglio di me"

Ancora la sua immagine piombò nella mia testa, lui e quel suo sguardo color cielo notturno, lui ed i suoi capelli neri che facevano invidia anche ai corvi stessi.

Perché in qualsiasi momento mi veniva in mente lui? Era qualcosa che potevo definire normale, siccome era il mio Elemento opposto?

Non ne avevo la più pallida idea e non ero sicura di volerlo scoprire.

Senza rendermene neppure conto, lanciai un secondo sguardo alla sacca, vedendo ancora l'oggetto brillare, schiacciato dagli altri.

Misi la mano nella borsa e percepii qualcosa di liscio tra le dita, di circolare e sottile.

Era un ciondolo, uno che si poteva aprire facilmente senza il minimo sforzo.

E dentro di esso vi era una foto, o più che altro, un disegno che era così realistico da sembrare vera, con me al centro, circondata da mamma e papà che sorridevano.

Era così bella... mi ricordavo perfettamente quando era stata fatta, ma non da chi.

La nostalgia prese il sopravvento su tutto il resto.

"Voglio tornare a casa" pensai subito, sentendo un desiderio folle accendermisi nel petto "Non voglio morire, voglio tornare a casa... tornerò a casa"

Mi alzai, riprendendo la borsa e camminando di nuovo, non sentendo più niente, come se fossi in una sorta di trance, cogli occhi che si aprivano e si chiudevano a tratti, i passi lenti, continui, che evitavano radici, sassi e qualunque cosa che potesse intralciare il cammino.

Avanzai nella radura ancora e ancora, non sapendo dove fosse la destinazione, non realizzando quanto a lungo avessi camminato, non capendo assolutamente nulla.

Mi sembrava di girare in tondo, ma non mi importava, procedevo, il medaglione dalla catenina argentata stretta nel pugno.

E procedetti ancora, e ancora, e ancora...

Mi muovevo nel bosco, mossa da chissà quale forza sovrannaturale che me lo permetteva, la gola pulsante, il battito cardiaco che mi rimbombava nelle tempie, il respiro affrettato e difficile da tirare su senza doverlo gettare fuori immediatamente.

La radura verde e ripetitiva era come una mantra, riuscivo a vederla anche ad occhi chiusi, riuscivo a notare i più piccoli e stupidi dettagli di differenza, tra cui qualche fungo, un ciuffo di erba di troppo, i rami che iniziavano a sorgere più bassi lungo i tronchi degli alberi, l' improvviso diminuire degli alberi, gli scoiattoli che si muovevano sugli alberi, il cielo scuro come un mantello, il sentiero che si allargava sempre di più fino ad aprirsi in uno spiazzo che si affacciava su quello che appariva un allucinazione ai miei occhi.

Un lago! Avevo davanti un lago! Acqua cristallina e trasparente, acqua dolce in cui poter bere!

Avevo una sete che quasi non ci vedevo e non ressi alla tentazione un attimo di più.

Quasi corsi per raggiungere l'acqua, sciacquandomi la faccia e mettendo anche la testa interamente sott'acqua, bevendo fino a scoppiare, colla sensazione di lucidità che si riappropriava di me.

Riempii la bottiglietta e la chiusi con il massimo di impegno, per evitare che, in caso cadesse, potesse vuotarsi di nuovo anche solo della più piccola goccia.

Ed indossai il medaglione attorno al collo, sentendomi fresca, libera dai pensieri negativi che mi avevano quasi fatto perdere la testa, ma che comunque rimanevano, inutile tentare di togliere una serie di convinzioni simili dalla mente.

Presi poi un po' di cibo e lo divorai, sentendo per la prima volta dopo settimane la sensazione di non aver niente nello stomaco se non un baratro vuoto, accompagnato da brontolii frustranti.

E mentre mi decidevo a rimettermi in cammino, prendendo ad avanzare, udii dei passi affrettati, giunti dalla direzione opposta, passi che parevano provenire da qualcuno che correva.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22- Illusioni ***


Diana

Inizialmente udii solo i passi affrettati in una corsa impazzita, poi visualizzai man mano la figura del Fuoco che correva nella mia direzione, gli occhi spalancati.

-Task?-lo chiamai incerta, vedendolo sempre più vicino, il viso contratto in un espressione di paura pura, mentre continuava a guardarsi dietro e ad accelerare.

Il suo sguardo guizzó nel mio, il verde che pareva cancellare la parte nera e la luce permessa dal riflesso.

Non rispose, ma si limitó ad afferrarmi la mano e a sussurrare un -Corri- flebile.

Non capivo di cosa stesse parlando, anche perché non aveva dietro assolutamente nessuno, ma sentendolo tirare, decisi di seguirlo fuori, almeno per permettergli di riprendersi, perché pareva avere delle allucinazioni da come si guardava attorno, sembrava quasi che avesse un nemico alle calcagna.

-Papà, corri, ti prego- il  tono di Brandon si ridusse in una supplica ed il mio petto perse un battito, mentre tutto attorno a me pareva fermarsi.

Vedeva davvero suo padre al mio posto? Che cosa gli era successo?

Mi venne in mente il fatto che l'altro bosco mi aveva fatto quasi impazzire, forse in quello che io stessa stavo per attraversare, c'era qualcosa che mandava illusioni a chi entrava.

Sembrava quasi che questo posto fosse fatto apposta per farci soffrire.

A confronto della prima Tipologia era maledettamente orribile.

Sentendo un altro scossone da parte sua, presi a correre dietro di lui verso l'uscita, tornando davanti allo specchio d'acqua che si estendeva circondato da alberi e ghiaia.

Josh tirava il mio braccio senza tregua, allontanandomi man mano dalla boscaglia, e io continuai a correre fino a che non mi resi conto che mi avrebbe portata nuovamente nell'altro che avevo percorso io stessa, quello in cui io avevo rischiati di morire senza acqua.

Mi fermai di colpo, sentendolo tirarmi ancora e ancora con del disperato, muovendosi a scatti.

-Papà, muoviti! Ci prenderà... ci...- inizió a balbettare, mentre le lacrime gli percorrevano le guance, che gliele rigavano e le solcavano fino a bagnargliele completamente.

Immediatamente mi misi difronte a lui, che mi guardava con aria sviata, confusa, persa in quella miriade di sensazioni che lo catturavano e facevano della sua mente un maledetto giocattolo.

-Task-lo chiamai, stringendogli le mani, notando per la prima volta quella fragilità che nascondeva dietro a quell'aria fintamente tranquilla, quella maschera che pareva non farsi più vincere da nulla.

Beh, in questi giorni eravamo stati sconfitti tutti a quanto pareva.

Anche questo era un punto che non avevo visto in una persona che mi era vicina.

E agli altri? A Silver, Nemes, Will e Guy? Avevo mai cercato di capire quanto e come soffrivano? Ovviamente no.

E beh, io avevo visto quanto all' inizio Fireburns stesse male.

E anche questo era qualcosa che avevo ignorato, sapendo però quanto lui tenesse al suo unico genitore.

Diamine, faceva male, molto male.

-Papà- ripeté ancora in un sibilo disperato, scuotendomi il braccio più volte.

-N...no Task, sono... sono io, Diana- risposi, sentendomi peggio ogni istante che passava, percependo la sua sofferenza, il suo dolore sovrastante.

-Papà, non andartene, ti prego- altre lacrime bagnarono senza tregua il suo volto, talmente tante che sentivo il suo dolore scorrermi dentro.

Strinsi ancora di più le sue mani, come se potessi rassicurarlo tramite un contatto simile.

-S... sono Diana- dissi ancora, stavolta con più convinzione, vedendolo fissarmi con quei suoi occhi verdi, vuoti -Sono Diana...-

Lo sussurrai, accennando un sorriso che di felicità non aveva nulla e che mi portó a rendermi conto che io stessa stavo piangendo, anche se non me ne ero accorta in precedenza, forse per i troppi sentimenti accolti.

E lo vidi tornare normale lentamente, lo sguardo che si riaccendeva, la pupilla scura al centro che si ingrandiva man mano, insieme alla sua ripresa fisica e mentale.

Mi fissó, con l'ultima lacrima che scendeva lungo la sua guancia.

-Se ne é andato... se ne é andato davvero- il suo sussurro fu lieve, prima che lo vedessi perdere i sensi.

*

Dopo aver vegliato sul Fuoco per un tempo illimitato, con gli occhi che mi scivolavano verso il basso dalla stanchezza, avevo finito coll'addormentarmi affianco a lui, troppo esausta per reggere.

Come giornata, ne avevo passate di cotte e di crude, rimanere sveglia mi era stato seriamente impossibile.

E quando mi addormentai, fu come trovarsi davanti ad un ennesimo bosco, molto più inquietante per l' aria notturna, con Luxor.

Era sdraiato contro la corteccia di un albero.

Il fatto che subito mi mise in allarme era che, dietro di lui, dall' altra parte dell' albero a cui era appoggiato, vi era Guy, la testa che penzolava in avanti, verso le proprie mani, che notai sporche di sangue, come quelle del biondo.

Non dicevano nulla, respiravano a malapena, la pianta che iniziava ad assumere un che di orribile e di tetro, mentre le foglie cadevano l'una dietro l'altra e che lentamente diventava di un grigio scuro, mentre i due venivano assorbiti con un che di vorace da essa, unendosi man mano alla corteccia, mentre questa si ingrandiva e cominciava a trasformare anche le altre in maniera uguale, radendo al suolo ogni singolo straccio di vita.

Il cielo era di un aspetto orribile, rosso, segnato da nuvole minacciose e scure simili a fumo, mentre un fulmine squarciava il cielo, portando ad una lenta pioggia.

Pioggia che non era fatta d'acqua, ma di sangue cremisi, con i corvi che svolazzavano da tutte le parti, per poi farmi svegliare di soprassalto quando vidi un uccello che entrava nella mia visuale soltanto con gli artigli, circondato da polvere e sabbia .

Urlai all' aprire gli occhi, portandomi subito le mani ai capelli, cercando di calmarmi.

Era un sogno.

Solo un sogno.

Task mi era affianco, seduto a guardarmi, con in mano un sasso liscio che rigirava tra le dita con nervosismo.

-Brutto sogno?- si limitó a chiedere, facendo fare altri due giri al sasso.

-Già- risposi dopo parecchio tempo io, vedendo come la sua espressione di plateale e finta freddezza risultasse un po' tentennante.

-Che ore saranno?- chiesi, guardando il cielo, da cui era impossibile definire quanto poteva essere passato.

-Io mi sono svegliato che era l'alba... saranno passate cinque ore da quel momento... ho preferito non svegliarti, scusa-

Scrollai il capo -va bene così, avevo bisogno di riposare- commentai subito.

-Vuoi mangiare qualcosa e poi partire?- chiese

-Per andare dove? Da una parte si impazzisce di caldo e dall' altra si impazzisce dalle illusioni da quanto ho capito-

-Mh... teoricamente fino ad un certo punto il bosco di attraversava bene... poi non mi ricordo esattamente, ho iniziato a vedere cose che non c'erano e poi...- deglutí -La situazione é peggiorata... in che senso nell'altro si impazzisce di...?-

-Caldo? Beh, é proprio così, prima ti disidrati tra caldo e sete, poi arrivano i pensieri di morte e... se non fosse per questo- sollevai la collana -Sarei morta davvero-

Lui annuí un poco, con espressione assorta e seria, per poi aggrottare la fronte -E se invece di camminare nei boschi, procedessimo su bordi del lago? Certo, ci bagneremmo, ma non avremmo la strada nel bosco-

-Non lo so, Task, qualcosa mi dice che é pieno di insidie anche lí, non ho idea del motivo...- feci una pausa- E se provassimo ad entrare in quello da dove sei uscito, ma ci concentrassimo sul fatto che sono illusioni? Dopotutto tu non lo sapevi, per questo hai reagito in una maniera simile... -

Alzó le sopracciglia, per poi guardare altrove -Io non so come potrei reagire a vedere una cosa simile per la seconda volta...non credo di potercela fare.-

-Neppure io... ma dovremmo provare, credo... prima facciamo come hai detto tu, se otteniamo risultati, okay, ma se la situazione peggiora, forse sarebbe meglio tentare l'altro-

Lo vidi annuire con maggiore conforto e tentai di calmarmi.

Non doveva essere poi così pericoloso, no? Era un lago, ci avevo anche bevuto e non ero ancora morta stecchita, era già un buon segno, no?

E ci togliemmo le scarpe, tirando su i pantaloni per evitare di bagnarli, prendendo ad avanzare nella gelida acqua di lago, con le caviglie immerse ed il resto del corpo libero.

L'idea mi parve positiva quando, a quasi un ora di cammino, fatto testimoniato dalla mia pelle ruvida e segnata da righe per essere stata troppo in acqua e lo stomaco che mi brontolava per la fame, non era successo ancora nulla di negativo.

Nessun desiderio di suicidio, nessuno shock, nessun cracken che cercava di affondarci...

O così continuai a pensare fino ad incontrare qualcosa di duro, molto resistente, che appena lo pestai fece un rumore raccapricciante.

Mi immobilizzai, vedendo Task imitarmi.

Abbassai lo sguardo, vedendo un qualcosa di bianco sotto il mio piede.

-É...-

-Un teschio- asserii, spostandomi subito dall' acqua con un salto, avvicinandomi fin troppo agli alberi, trovandomi sotto ad alcuni di essi, notando dall' alto tutta la serie di ossa di cadaveri, da cui sembrava uscire del sangue tutt'ora.

-Task...- feci, sentendo il cuore accelerare -Esci dall' acqua-

-Perché?- la sua domanda mi giunse alle orecchie con un che di strano, un tono che non avevo mai sentito utilizzare da lui e che mi serrava lo stomaco.

Man mano, ogni centimetro di acqua diventava sangue, proprio come la pioggia nel sogno.

E insieme al sangue vi erano dei serpenti, mentre, guardando i vari teschi, mi balenavano in testa le facce delle persone che conoscevo.

Tutto questo era troppo, veramente troppo... mi sentivo perdere la ragione ad ogni momento di più.

Quello a cui assistevo era così orrendo da impedirmi di pensare, non riuscivo però a staccare lo sguardo da esso ed era frustrante.

Avrei voluto urlare, ma non un minimo di voce scappó dalle mie labbra, non la più minima parola venne detta.

Ed i serpenti cominciarono a girare attorno a Task, a morderlo, facendolo gridare.

Le sue urla erano tali che per poco non mi faceva esplodere la mente, mentre i corvi volavano su di lui ed iniziavano a graffiargli il volto ed il petto,  facendolo cadere all' indietro, sanguinante come non mai, gli occhi che gli venivano strappati dalle orbite, la carcassa che crollava di botto in acqua, trasformandosi subito in uno scheletro.

Ma questo pezzo, il finale, fu l'unico che accese in me un brivido, che mi permise di muovermi e di battere le palpebre, siccome mi era sembrato anormale, sbagliato e privo di senso alcuno, anche se non sapevo da dove me ne fossi resa conto, contando che il ragionare della mia mente era diventato praticamente quasi impossibile .

Ed improvvisamente  realizzai tutto.

Fu come risvegliarmi da un altro incubo.

Compresi cosa stava accadendo, mentre l' acqua tornava acqua, gli scheletri dei sassi ed i serpenti semplici pesci, mentre Task non era uno scheletro ed era fuori dal liquido trasparente, che a sua volta mi stringeva le mani, come io avevo fatto con lui.

Lo ringraziai in un borbottio, a cui lui rispose rapidamente, dicendomi che io per prima lo avevo aiutato, per chiudere la parte di 'gratitudine scambiata'

-Credo che il bosco influisca anche sulla parte più esterna del lago- commentai piano, dopo una pausa piena di silenzio che parve non finire mai.

-Credo anche io- fece un sospiro rassegnato -E avviare un contatto conversando con i colpiti dall' illusione aiuta- concluse Fireburns con un che di più tranquillo -Possiamo rientrare nel bosco a questo punto, sappiamo come rimediare-

E superando la soglia dei primi alberi, ci addentrammo nel bosco, camminando spediti così a lungo che ci riposavamo spesso per riprendere le forze, non avendo più peró neanche un cenno di allucinazioni ne altri problemi di quel genere.

Nonostante tutto peró non ci mollammo un secondo, forse per essere sicuri che non accadesse di nuovo a nessuno dei due, fatto che fortunatamente non accadde più, anche perché, nel tempo da cui camminavamo lí in mezzo fino a quello in cui noi stavamo uscendo un ennesima volta da un bosco, trovando una nuova radura circolare e grande, che mostrava la conclusione del lago, una pianura che coincideva con esso, altri alberi dalla parte opposta e degli scalini che scendevano sotto il suolo proprio davanti al nostro naso, non era accaduto più nulla di negativo.

E fu un viaggio abbastanza lungo, pieno di ansia e timore, che si risolse nel migliore dei modi.

-Ad Athlas dovrebbero esser passati tre giorni e qualche ora- asserii, addentando un pezzo del cibo inscatolato per poi bere avidamente da una bottiglia, vedendo Task fare lo stesso e sospirare un poco.

-E per noi, qui, tra poco sará il terzo giorno... é proprio vero che il tempo vola-

-E che sbalziamo da un pericolo all' altro- conclusi -Cosa dovremmo aspettarci da quelli? Frecce che volano, trappole ad ogni gradino, i muri che si spostano...-

-Ehi, tu non portare sfiga-

Ridacchiai senza rendermene conto, guardando prima il rosso e poi gli scalini.

-Beh, ammettiamolo, un po' paura fanno- aggiunsi

-Se lo dici mi ci fai pensare, quindi zitta che é meglio- si piegó un poco, per poi fare un gesto con la mano in mia direzione, compiendo un inchino -Prima le signore-

E stavolta, guardando la sua espressione che era un misto di soddisfazione e finta galanteria, risi di più di prima.

E seguita da lui, prendemmo a scendere gli scalini, avanzando lentamente e con attenzione a dove mettevamo i piedi.

Attaccate alle pareti vi erano delle fiaccole che illuminavano abbastanza, ma era comunque meglio stare attenti se non volevamo ruzzolare giú dalle scale e spaccarci magari gambe e braccia... e forse anche il collo.

L'idea non mi ispirava per niente, perciò mi limitai a fare attenzione, vedendo gli scalini e superandoli come se fossi un soldato di guerra.

Procedendo ancora ed ancora, sentendo lo schioccare delle lingue delle braci, percepii un ennesimo brivido.

Lo avevo già sentito prima di attraversare il portale.

Era un brivido talmente freddo da togliermi il fiato e lasciarmi sospesa.

Scelsi di non farci caso, continuando a scendere, scalino dopo scalino, guardando il soffitto per essere sicura che non si spostasse seriamente.

Sarebbe stato abbastanza difficile sfuggire ad un soffitto che si muoveva, contando che gli scalini sembravano più che intenti a continuare.

-Non hai paura, vero?- commentai sorridendo e lanciando un occhiata all' espressione del Fuoco, il quale mi guardó piuttosto storto

-Se avessi paura avrei già iniziato a tremare un po' o a chiederti di tornare indietro- fece, con tono serio, ma sfoderando un espressione mezza sorridente.

-Okay, allora, avanziamo ancora- mi morsi il labbro inferiore, per trattenere un ennesima risata che sarebbe risultata oscena in un posto simile tra gli echi.

E continuammo a scendere ancora, guardando che si vedeva, dopo un bel po', una luce che si ingrandiva ad ogni passo di più, mostrando un enorme prato, con poco lontano un altro bosco, un fiume, sormontato da un ponte e la grotta, quella grotta, l' unica che vi fosse nella tipologia addestramento, con davanti i soliti gargoyle di pietra.

-Si puó definire una meta sicura, questa?- chiesi a lui, col risultato che mi guardó, sospirando un -Eh...- seguito da un -Che ne so io-

Ci avviammo dunque a grandi passi verso la grotta, non vedendo l'ora di raggiungerla, quasi sicuri che il bosco che la seguiva ci avrebbe riportato al punto di partenza, più che decisi a non volercisi minimamente avvicinare.

Insomma, quale stupido avrebbe fatto un doppio giro tra illusioni e desideri di morte? Sicuramente un pazzo parecchio fuori di testa con manie idiote.

La caverna si fece man mano più vicina, con il solito pilastro che la sorreggeva al centro, accompagnata da diversi altri.

Lanciammo un occhiata al suo interno per vedere se c'era qualcuno ed il risultato fu abbastanza scontato.

Guy e Silver erano dentro, uno a rimanere a braccia incrociate con la schiena contro il muro e l'altra che aveva ripreso il chiacchiericcio.

L'aria del Buio non era però migliorata, anzi.

Peggiorata era dire poco, sembrava a pezzi, le occhiaie scure ancora più marcate sia sopra che sotto, borse nere che lo facevano sembrare quasi un morto.

Silver si alzó di scatto, prendendo a fare domande.

Sembrava che il percorso per arrivare lí non l'avesse scalfita.

Beh, di certo la prima parte la avevano evitata alla grande, contando che lei era l'acqua, ma la seconda? L'avevano evitata? Se sí, era grazie al fatto che Silver rimaneva sempre attaccata al braccio di Guy e gli parlava quasi ventiquattro ore su ventiquattro?

Beh, se dovevo dirla tutta, lei era davvero fresca come una rosa, lui invece... tutto il contrario.

Che si fossero magari incontrati dopo il primo bosco, come era capitato a me e Task? O come prima stava solo peggiorando e basta senza un motivo specificato?

Facemmo dunque varie domande all' acqua, col risultato che confermó la prima ipotesi, ma solo a metà.

Lei e Guy si erano trovati quasi all' uscita del primo bosco, lui con la borraccia vuota ed esaurita, lei che se la riempiva tranquillamente da sola e che perciò non doveva aver subito alcun effetto.

Meglio per lei, insomma.

Mi sedetti affianco al Buio, appoggiando la testa alla parete per la stanchezza, con ogni singola parte del corpo che mi faceva male per lo sforzo, con Task che mi imitava e Silver che tornava a sedersi, con la solita chiacchiera in certi punti fastidiosa, in altri meno.

Parlava proprio di qualsiasi cosa, mi ricordava molto...

Mi rabbuiai all' istante, ripensando alla mia ex migliore amica.

Anche lei mi era passata di mente... speravo avesse trovato un minimo di felicità almeno lei... dopotutto non doveva più vedermi in giro per la città, o anche solo chiedersi dove fossi.

Non le doveva importare e forse non le importava già, contando la decisione con cui mi aveva detto che non voleva più vedermi perché si era innamorata di me e non voleva proprio vedermi.

Un sospiro seguito da uno sbadiglio assonnato mi scosse, portandomi a guardare fuori.

Il cielo era tornato ad essere scuro, era di un blu bellissimo mischiato al nero in delle sfumature che lo rendevano uno sfondo bellissimo, privo di stelle, con solo la luna ad illuminare, rotonda e lucente.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23- Confessioni ***


Diana

Il sole saliva nel cielo lentamente quando mi svegliai dopo una ennesima notte di sonno faticoso, tingendo il cielo man mano che il tempo passava di un azzurro chiarissimo, un turchese attraversato da quella sfera gialla e luminosa e da nuvole bianche e candide come neve.

Non riuscivo a capire i sogni che finivo col fare, questa notte si era basata solo su qualcosa di molto ricorrente nei miei sogni.

I corvi, o piuttosto, le piume di corvo, che cadevano lentamente verso il suolo, sporche di quello stesso sangue che avevo visto sulle mani di Luxor e Guy.

La cosa che non capivo ancora di più era proprio perché loro due.

Cosa avevano di collegato ? Perché erano stati divorati da un albero che aveva oscurato tutti gli altri arbusti presenti attorno a loro? Cosa mi stava a significare?

Guardai il Buio affianco a me, fissava il soffitto in silenzio, l'aria stanca, ma che non voleva chiudere occhio, le occhiaie scure sotto di essi semmai ancora più calcate che in precedenza.

Erano nere, completamente nere, come se gli avessero tirato un pugno nell'occhio.

Sia Task che probabilmente Silver dormivano, cosa che venne confermato dal loro agitarsi e dal, fortunatamente leggero, russare del rosso.

"Che abbia il raffreddore?" Mi dissi, quasi ridacchiando, per poi scuotere la testa e tornare al Buio con una completa attenzione.

Giocava con le sue stesse mani, girandosi i pollici tra di loro, continuando a fissare il soffitto, o più che altro le crepe che tracciavano le pareti della grotta.

-Perché non riposi anche tu?- gli chiesi, facendolo sussultare immediatamente alla domanda, prendendolo di sorpresa così tanto che per un attimo pensai che sarebbe arrossito di colpo, o cose simili, come era accaduto sui pegaso, ma non diede segno di imbarazzo, anzi, mi parve più gelido ed irritato che mai.

La scena di lui che sussultava sull' animale volante prese a riproporsi sempre più nella mia mente.

Era stato prima che mi salvasse nel bosco ed era maledettamente impressa come scena nella mia testa.

Anche lí, aveva fatto di tutto per mostrarsi illeggibile, incapibile ed impassibile.

-Che ti importa?- disse tagliente di tutta risposta, alzandosi e prendendo a camminare verso l'esterno della grotta, per poi tornare indietro di un poco, per mettersi proprio affianco alla parete fuori, toccando probabilmente con la mano un gargoyle.

Lo seguii, incrociando le braccia per imitare il suo generale modo di atteggiarsi, mettendomi davanti a lui col mento più sollevato che mi era possibile.

-Che diamine fai? Mi copi?- scattó innervosito praticamente all'istante.

-Che ti importa?- ribattei, con lo stesso tono che lui aveva utilizzato, lo stesso disprezzo, ma che almeno da parte mia era falsificato, il suo poteva esserlo quanto poteva trasformarsi in un modo per allontanarsi da chiunque, per allontanarci tutti, dal primo all' ultimo.

-Tsk- lo vidi alzare gli occhi al cielo con uno sbuffo, facendo seguire il verso da un silenzio breve, che io interruppi subito con una certa fretta, non volendo permettergli di utilizzare il nulla come un arma per abbattermi.

-Allora? Perché non riposi al posto di startene qui? Le tue occhiaie fanno paura, hai bisogno di dormire- dissi, utilizzando un che di autoritario che ricordava tantissimo il suo atteggiamento.

Volevo mettermi alla pari con il "lui" precedente, quello irritato, ma che dava consigli a tutti, che non si limitava ad arrabbiarsi, ma che lanciava sbuffi continui.

Mi guardó malissimo, ma rimase ancora in silenzio, cercando di guardare altrove, cosa che non gli permisi, siccome ripresi a parlare, attirando la sua attenzione.

-Dovresti avere più cura di te stesso, se continui così sarai troppo stanco per fare qualsiasi cosa, te ne rendi conto?-

-E tu ti rendi conto di quanto mi stai infastidendo? Sei noiosa come una mosca- agitó la mano per aggirare la questione con un che di così seccato che in parte mi irritó.

Cercai di sbollire lentamente, non dicendo nulla per qualche serie di istanti, ingoiando la voglia di strangolarlo, perché così era davvero troppo irritante.

-Capisci che non posso aiutarti se ti comporti così?- dissi, alzando leggermente la voce, senza rendermene nemmeno conto, guardandolo fisso con determinazione.

In sfondo alla nostra conversazione vi era solo il vento che soffiava senza tregua, ma con un che di sussurrato, come se parlasse, ma non volesse farsi comprendere.

L'erba verde si muoveva, si scuoteva al di sotto di quella corrente, prima da un lato e poi dall' altro, in una sequenza che seguiva tutti i movimenti del prato in generale.

-Hah! Perché dovrei volere aiuto da te?- lo disse con tono pienamente sarcastico -Non ne ho bisogno e non ti voglio tra i piedi, sei solo una ragazzina che non si fa gli affari suoi-

Trattenni la voglia di insultarlo, convincendo me stessa che lo stesse facendo piuttosto per evitare che io comprendessi, per coprirsi.

Mi insultava, così non doveva parlare della propria situazione, si fingeva resistente come roccia anche se probabilmente sarebbe crollato.

Me ne resi conto ad un tratto.

Tutti noi indossavamo un maschera qui, tutti noi, non uno non nascondeva qualcosa, non uno non aveva questo modo di fare per cancellare e offuscare la visione degli altri.

Chi il dolore per il proprio padre, ovviamente Task, chi il proprio carattere, forse Nemes, per via della propria timidezza, chi la propria vera faccia, Silver, chi i propri sentimenti, tutti, sia gioia che dolore, Guy, chi le incertezze riguardo al proprio fratello, visto che, nonostante non avessero la stessa razza, Will doveva ancora giudicare Zéin come tale.

Io nascondevo le mie insicurezze, nascondevo la mia paura, ma forse, liberandomi da qualcosa, avrei convinto il Buio a togliersi dalle spalle il proprio peso che lo stava facendo sprofondare come non mai.

Certo, poteva non funzionare, ma... dovevo essere davvero sincera.

Presi un grosso respiro, buttandolo fuori e tirandolo ancora su diverse volte prima di essere pronta.

-Beh, comunque volevo dirti che non sei l'unico a stare male- iniziai, sentendo il discorso che mi si formulava in mente, prima di essere interrotta ancora.

-Chi ti ha detto che sto male?- la sua espressione si piegó in una smorfia e per un attimo mi sembró che i suoi occhi cambiassero colore, passando da blu a rosso, un solo attimo che mi fece venire i brividi a fior di pelle.

Doveva essere stata tutta una mia impressione, giusto?

Perché cambiare così colore degli occhi mi sembrava parecchio difficile e poco naturale a dirla tutta.

-Tu soffri. E si vede, é inutile che lo nascondi- ribattei, cancellando frettolosamente il pensiero della forse mutazione, ricevendo un occhiataccia fulminante di tutta risposta -E anche noi lo facciamo. Sai perché? Perché siamo umani. Chiunque puó commettere errori... chiunque puó cedere al proprio ego per mostrarsi forte anche se non lo é per niente-

-Tu no- commentó, con tono meno incattivito ma comunque seccati e con un tocco di dolore che mi fece sentire come se quella scorza su cui stavo scavando stasse iniziando a scheggiarsi almeno un minimo, anche se di pochissimo, perché tornó all' espressione immutata che aveva avuto in precedenza.

-Non é vero. - cominciai, sentendo la voce tremarmi un po', cercando però di cancellare il più possibile quella nota tentennante-Anche io faccio errori. Tanti errori. Alcuni anche grossi nei vostri confronti, nei confronti di tutti- dissi, vedendo il suo blu guizzare nei miei occhi con una sorpresa che mi uccise internamente.

Come mi vedeva lui? Come qualcosa di perfetto o simile alla perfezione, impossibile da raggiungere? Era davvero così?

-Il mio egoismo, il mio voler pensare solo alla mia felicità... non mi permette di cercare di capirvi come vorrei- cercai di dirlo con il tono più calmo che avessi, ma fu parecchio difficile, contando che espormi a mia volta era qualcosa di necessario, ma difficilissimo.

-Per un po' non l'ho capito, poi, attraversando il bosco, lo ho realizzato- feci, guardando come la sua espressione cambiava sempre di più, passando da sorpresa a contratta, lo sguardo basso e incerto, fissato sul suolo.

-E poi... io non sono quella che credete io sia- continuai, alzando le spalle -Certo, sorrido, ma questo non vuol dire che sia sempre felice- come per confermare, gli sorrisi nel modo più dolce che potevo, sentendo gli occhi pizzicarmi, forse perché man mano mi sentivo più leggera, ad ogni parola detta.

-Sorrido, ma non perché sia sempre felice, ma perché mostrarmi triste non sarebbe da Luce, perché anche se non sembra, io vorrei farmi un immagine che non comporti alle persone di odiarmi e così facendo, mostrandomi sempre troppo positiva e priva di problemi, mi faccio invidiare dagli altri, se non odiare di più, perché la felicità che mostro non é condivisa da quelli che guardano e non riesco a cedergliela, non ne sono capace- feci una pausa, tirando ancora su col naso.

Diamine, non dovevo mettermi a piangere, non potevo, non era questo il momento per farlo.

Avevo già pianto fin troppo in questi giorni e non ero io da essere consolata, ma lui.

Lui che doveva tornare come prima, lui che doveva cancellare quelle borse scure al di sotto dei suoi occhi.

-E non sono, decisamente non sono perfetta- dissi -Quindi, per una volta, ti prego, liberati dal tuo peso, qualunque esso sia, perché io l' ho fatto con il mio e per stare bene, bisogna buttare fuori, non tenere dentro-

Lo vidi tentennare, l'aria confusa, lo sguardo che saettava ovunque, tornando peró al mio, quasi fosse una calamita, lasciandomi navigare in quel color blu notte, incredibile, tormentato e così magnetico da togliere il respiro.

Mi guardó ancora ed ancora, in silenzio, come se stesse cercando le parole per lasciare finalmente tutto, come se non avesse aspettato altro da tutto il tempo senza rendersene neppure conto, ma che comunque non riuscisse a scaricarsi, in un misto di agitazione e probabile caos mentale che doveva proprio avergli impedito di dormire fino ad arrivare a quel punto.

Non avevo la più minima idea su che cosa potesse farlo reagire così, ma stavo per scoprirlo, ero pronta ad ascoltarlo, a capirlo e a permettergli di tornare come prima.

Perché sí, preferivo mille volte lo scorbutico, sarcastico ma dolce, che quello che si comportava solo nelle prime due maniere, risultando quasi crudele nei confronti di chi si trovava ad ascoltarlo.

-Io...- inizió, puntando ancora il suo sguardo nel mio, con una tensione che si sarebbe potuta tagliare col coltello.

E proprio mentre stava iniziando a parlare, aprendo la bocca dopo aver preso un respiro enorme, udimmo delle voci in lontananza, mentre due figure scure e poco visibili se non per il contorno e la forma, sbucavano dagli scalini, non correndo nel prato come avevamo fatto io e Task, ma avanzando ad un ritmo sostenuto verso la nostra direzione.

Uno dei due era più lento, forse per il semplice fatto che era affaticato e stanco per la strada fatta .

Erano Terra e Vento, tutti e due boccheggianti ed esausti.

-Ci... ci siete tutti?- chiese Nemes, il respiro corto come non mai, e l'aria di chi stava per cadere al suolo appena avesse deciso di fare un altro passo.

-Sí- risposi rapidamente, lanciando un occhiata al corvino, che era tornato all' espressione originale.

"Maledizione" pensai subito, portandomi una mano ai capelli, passandoci le dita, osservando poi Will e notando un pezzo di garza sotto la maglia.

-Sei ferito?- domandai, vedendolo annuire.

-Ho avuto un pessimo arrivo... sono solo stato fortunato che Nemes mi ha salvato-

Vidi Dragonheart che arrossiva di botto, sbattendo le ciglia più e più volte.

-Non ho fatto nulla che nessun'altro non avrebbe fatto- borbottó, ancora rossa in faccia.

Vidi Guy staccarsi dalla parete e tornare dentro, come invitandoci ad imitarlo.

Forse c'era ancora almeno una minima speranza che dopo si decidesse a parlare.

-Beh, lo hai fatto e ci sei riuscita- concluse -Quindi sentiti almeno un po' soddisfatta invece di imbarazzarti, ti và?-

Kleo annuí, ma l'annuire non seguí affatto il color pomodoro che gli si dipingeva man mano in  faccia.

Tornai nella spelonca, seguita dai due, notando che Silver si stava lentamente svegliando sotto le leggere scosse di Guy.

-Mmmh... ancora cinque minuti- si lamentó, girandosi a pancia in giú, brontolando con dei -Mpf, dai- con le 'a' così allungate e pasticciate nel tono assonnato da fare ridere.

-Va bene, va bene, mi sveglio- fece, stropicciandosi gli occhi, portandomi a svegliare anche Task, siccome era l'unico a dormire ancora.

Appena si riprese dal mondo dei sogni, portando Robin e Nemes a sedersi, cominció un discorso da parte dell' Acqua in cui faceva domande a tutti e senza un attimo di pausa, tanto che iniziai a credere le potesse venir mal di gola a forza di parlare se non perdere direttamente la voce.

Erano le solite domande un po' sciocche, in cui lessi una strana richiesta di attenzione.

E tra richieste ed altro, ci trovammo a consumare in silenzio il pranzo.

-Dovreste provare di nuovo il guanto- commentó il Buio ad un tratto -Potrebbe riuscirvi qualcosa-

A queste parole, ci guardammo tra di noi, per poi annuire un poco e finire in fretta il cibo inscatolato.

Passó una probabile mezz'ora prima che tornassimo fuori, mettendoci in centro.

-Silver... tu non porterai più il guanto, ma dovrai rispondere al mio colpo senza cadere... voi altri sapete cosa fare, d'accordo?-

Ci limitammo ad annuire.

E subito, Guy partí a dare il guanto a Will, il quale lo infiló, portando la propria mano difronte a sé, senza però riuscirvi, fatto che si capí dal suo alzare il sopracciglio e dal dire un -No- un po' seccato.

Il guanto passó a Nemes, che lo indossó lentamente, chiudendo gli occhi, portando la mano davanti a sé.

Un imprivviso tremare del suolo scosse il terreno, in modo tale che quasi caddi, reggendomi a malapena sulle due gambe, sentendomi sbilanciare.

Due radici eruppero con un botto simile ad uno schianto fuori al terreno, innalzandosi fiere, coperte da foglie, muovendosi a spirale attorno al corvino, immobile.

-Come pensavo...- fece Virgil -Bene, Task, per te-

L'espressione di Nemes era piena di sorpresa mentre la castana si toglieva l'indumento, a bocca aperta.

Allungó il guanto nero a Brandon, cosa che portó il rosso ad afferrarlo subito.

Vidi il Buio allontanarsi leggermente, come per essere sicuro di non venire bruciato da una fiammata.

Fino a che era Acqua o Terra, non era così pericoloso, ma col Fuoco era difficile ragionare.

La mano di Josh venne spinta in avanti e contro la previsione di alcuni di noi, probabilmente che ricordavano le scorse reazioni del ragazzo con quel guanto, sapendole ben poco positive, fece una palla escandescente che finí addosso alle radici, dando loro fuoco.

I due si guardarono tra di loro con un espressione ancora più scioccata, increduli, mentre Silver si affrettava a spegnere le fiamme dalle radici.

-Ora tocca a... me?- domandai incerta, più che curiosa di sapere cosa potesse scatenare i loro poteri, che cosa fosse cambiato rispetto a prima.

Indossai il guanto e puntai la mano in avanti, senza pensare a nulla di concreto se non dopo aver preso un gran respiro, provando a far scorrere l'Elemento tra le dita.

"Ce la posso fare" pensai decisa, chiudendo gli occhi, non sentendo peró nessun cambiamento particolare, nessun liberarsi di energia.

E infatti non accadde nulla.

Io e Will ci trovammo a guardarci tra di noi.

Eravamo gli unici a non aver ottenuto un risultato... e a quanto pareva, nessuno degli altri tre era sicuro di come avesse fatto, mentre Guy probabilmente lo sapeva, ma aspettava che lo capissimo da soli.

Si susseguirono almeno una decina di tentativi che portarono pomeriggio inoltrato, prima che ci fermassimo, abbastanza stanchi.

-Bene... vado a rimettere il guanto nella borsa- commentó lui -Voi fate quello che vi pare-

Prima che Irhina potesse muoversi, mi avvicinai al Buio.

-Dobbiamo finire il discorso- commentai sottovoce, guardandolo, vedendolo annuire un poco, come aspettandosi che l'avrei detto.

-Vengo anc...-

-No, Silver, é un discorso privato- disse subito Nightshadow, spostando lo sguardo da me a lei

-Quando finite, io entro- obiettó, guardandoci, con aria nettamente preoccupata.

Non capivo cosa stesse pensando, ma qualcosa mi diceva che era gelosa, contando che aveva cercato di allontanarsi da lei ed ora, improvvisamente, sembrava, forse all' esterno, che volessi rubarglielo.

La cosa mi fece scuotere il capo mentre entravamo, anche perché se faceva pensieri simili voleva dire che era proprio possessiva.

Io volevo soltanto aiutarlo, farlo tornare come prima, in maniera positiva ovviamente.

Poi glielo avrei lasciato quanto voleva, mi bastava questo... giusto?

E lo vidi mettere il guanto nella sacca, appena fu dentro, fatto che mi portó a guardarlo mentre sospirava e ricambiava lo sguardo.

-Su? Cosa volevi dire?-

Lui si morse il labbro, chiudendo e riaprendo gli occhi.

-So qual'é il nuovo Elemento. Lo conosco-

Spalancai gli occhi, sentendo il respiro mancarmi.

Da quando lo sapeva? Come lo aveva incontrato? Perché non lo aveva detto prima? Chi era?

Quelle furono tutte le domande che mi ruotarono in testa, ma non riuscii ad esporne nemmeno una, la gola secca, con un brivido che mi percorreva la schiena.

-Lo ho incontrato due volte... la prima nel bosco, quando mi ha tolto la voce, la seconda, nel negozio, quando me l'ha ridata- fece una pausa, mentre lo sentivo parlare e a malapena collegavo.

Qualcosa, dentro di me, mi dava già la risposta, mi diceva chi era il nuovo Elemento.

Me lo aveva sempre detto, ma non mi ero mai voluta ascoltare.

E poi sentivo che non era tutto.

-Voleva che facessi un patto con lui, un patto che si basava sul tacere sul fatto che lo conoscessi fino all' ultimo giorno di Febbraio... e per un bel po' ho retto... ma non era per questo che vi evitavo tutti... ma per quello che mi aveva offerto-

Cadde il silenzio, mentre tutte le domande sembravano crollarmi in testa come una serie di macigni, uno più pesante dell' altro.

Che tipo di offerta aveva ricevuto? Perché mi sembrava che portasse qualcosa di orribile con sé?

-Il patto era basato sull'avere una nuova vita, sul non essere più un Elemento, sul non essere più il Buio e rinascere come umano, come un umano qualunque, chiedendolo alla vecchia dei desideri della Montagna sul Lago... anche l'altro Elemento vuole la stessa cosa, ma scegliendo ció, si puó avere un solo risultato, e questo é ciò che mi ha portato ad allontanarmi. Se avessi portato fino in fondo le condizioni, decidendo di tornare come prima...-

Il mio cuore prese a battere sfrenato.

Avevo capito tutto, sapevo già la conclusione della frase, sapevo già cosa avrebbe detto.

-... voi sareste morti tutti-

L'immagine di Task a cui venivano strappati gli occhi dai corvi, quella in cui vi erano tutti i corvi, quella con Guy e Luxor con le mani insanguinate, le piume, il caos... tutto mi balenó nella mente, mentre un insieme di dolore, di delusione e di disgusto mi prendeva lo stomaco.

-Ho retto fino ad oggi, perché sono una persona mille volte peggiore di quanto tu pensi, di quanto Silver possa credere, di quanto io volessi credere.
Sono io l'egoista, non tu. Io quello che arriva sempre sul precipizio, non tu-

Mi sentivo spossata, tradita e ogni singola parola che gli sentissi dire dopo quell' uccidere mi si annullava nella testa.

-Ecco il motivo per cui non dormivo la notte, ecco perché vi evitavo. Volevo che mi odiaste, non importava come, volevo sentirmi meno un bastardo al pensare che volevo una vita normale. E no, non dormiró mai bene, non più, anche se lo volessi con tutto me stesso, perché il tuo sguardo orribilato tornerà a tormentarmi per il resto della mia vita-

Tirai ancora una volta su col naso, sentendo il mio battito cardiaco accelerato, misto a rabbia, sofferenza e in un certo senso, odio, ma non feci nulla, sentendo che avrebbe chiuso il discorso.

-Il nome del nuovo Elemento... é Luxor-

Percepii la mia mano muoversi da sola ed il mio potere agitarsi, creando una catena di Luce che si attaccó alla sua caviglia.

Anche i suoi occhi erano solcati da un che di lucido, con una sola lacrima che attraversava la sua guancia destra senza tregua.

-Mi dispiace- sussurró in un filo di voce.

Ma io non sentivo nulla, tutto era sparito nella mia testa, tutta la ragione, il tentativo di capire, il tentativo di reagire alla rabbia, il tentativo di assolverlo da quello che aveva quasi fatto.

Non mi resi neppure conto di ció che dissi.

-Mostro-

Non notai il suo sguardo diventare vitreo.

-Diana...-

Non lo notai, mi limitai a girarmi

Non ascoltai la sua voce chiamarmi due, tre volte, mentre mi chiamava ancora e ancora.

Non notai neppure quando si interruppe.

Ma prima di uscire, ad un passo dalla porta, mi girai e vidi l'enorme clessidra di ghiaccio che circondava il Buio, mentre lui gli tirava dei pugni e da dietro un pilastro comparve Luxor, ghignante.

-Che i giochi comincino-

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Capitolo 25
*** Capitolo 24- Clessidra ***


Diana

Cercai immediatamente di tornare indietro , ma come se il biondo avesse capito subito le mie intenzioni, creó una sorta di muraglia di ghiaccio, abbastanza alta per non fermela superare, ma non abbastanza per non mostrarmi Virgil, il quale continuava a dare pugni alla clessidra.

Era enorme ed il ghiaccio si era perfettamente congelato attorno alla catena che avevo creato e che gli aveva impedito di muoversi, attaccata ad il pilastro centrale nella grotta.

Luxor si avvicinó alla sua creazione, dandovi due colpetti sopra con un dito.

-Mi dispiace dirtelo, ma questo ghiaccio é difficilissimo da rompere- rise con un che di sadico -Sia dall' interno, che dall' esterno... e, per favore! Smetti di agitarti, altrimenti saró costretto ad accelerare il processo- disse, indicando con altri due colpetti una tavola di ghiaccio abbastanza sottile, che impediva ad i probabili granelli di ghiaccio di scendere, così fini e brillanti da apparire come pezzi di diamanti.

-Sapevo che non avresti retto- fece, sorridendo, sempre dedicandosi a lui mentre mi dava le spalle e io prendevo a colpire la muraglia con le gambe all' inizio e poi con il mio potere subito dopo, realizzando che sfondarlo non sarebbe stato affatto facile.

-Ho sempre creduto in te, volevo solo sapere fino a dove ti saresti spinto... sei stato una bellissima bambola con cui giocare... peccato per una cosa, avevo scommesso resistessi fino a domani, invece ti sei fatto influenzare- esibí un probabile ghigno, mentre si appoggiava alla clessidra, portando Nightshadow a mollare un ennesimo pugno alla superficie trasparente.

-La parte più bella di tutto ció é avere un pubblico, lo sai? Un pubblico che, nonostante tutto, continua a tenere a te... nonostante tu li abbia quasi portati alla morte- un altra risata sadica scosse il biondo, che si giró a guardarmi con gli occhi azzurri che brillavano un poco.

-Sei proprio ridicola, ma dopotutto era ovvio che ti saresti girata agli ultimi... eh, già, anche tu sei stato una pedina perfetta-

E mentre diceva questo, vidi comparire alle mie spalle Silver, che appena entró nella grotta, spalancó gli occhi con un che di disperato, mentre passava lo sguardo dalla clessidra fino ad arrivare a Luxor, portando anche lo sguardo del biondo ad unirsi al suo.

-Tu...?- la voce dell'Acqua si riprodusse in un sibilo, prima che tornasse a guardare Guy -Cosa gli hai fatto? Liberalo subito! Lascialo... lascialo andare, bastardo!- urló poi, accalcandosi contro il muro di confine, a malapena riuscendo a vederci, cercando di scavalcarlo senza alcun risultato.

-Will, Nemes... Task! Entrate subito- urló ancora, riprovando a salire -Diana, aiutami!-

Annuii immediatamente, piegandomi per sollevarla, o almeno provandoci, perché il ghiaccio delle mura salí ancora di altezza, al punto che tutto si vedeva malissimo, sfocato e mosso.

Ad un simile momento, ci mettemmo ad utilizzare entrambe i nostri Elementi nello stesso punto, per creare anche solo il più  minimo buco nel ghiaccio.

Accorrendo per il richiamo di Silver, entrarono nella caverna anche i tre rimasti, che ci misero un po' a capire cosa stesse accadendo e a realizzare fino in fondo.

Il primo a comprendere fu Will, gli altri due quasi all' unisono, unendosi nel colpire il ghiaccio con più foga.

-Beh, il pubblico c'è ed é al completo... possiamo iniziare a spostare la tavola che toglie tutto il divertimento, non credi anche tu?-

Lo vidi avvicinarsi, anche se in maniera ben poco chiara, vidi come inizió a tirare la tavola di lato, facendo scivolare lentamente una pioggerellina di granelli, molti granelli, che presero a scendergli addosso, finendo sul fondo della clessidra o tra i suoi capelli, fatto che lo portó a sbattere il pugno contro il ghiaccio ancora con più forza, con le mani che rilasciavano fiamme nere simili a fuochi fatui.

Continuando a colpire il muro ghiacciato con i nostri poteri, invece, sentii un leggero scricchiolare, non dissimile ad una crepatura.

Già, una crepatura, dopo che avevamo cercato in tutti i modi di distruggerlo, una piccolissima e quasi invisibile linea, prese a tracciarsi sulla superficie liscia che avevamo davanti.

-Sinceramente non capisco tutta questa dedizione nei tuoi confronti- rise il Ghiaccio -Come ha detto la cara Luce, sei un mostro e come hai ammesso tu stesso, avresti sacrificato delle vite e non delle vite qualsiasi pur di tornare umano-

Con questa frase, tutti tranne me si fermarono di colpo, mentre Luxor girava un poco la testa verso di noi.

-Già, per lui non eravate e non siete altro che carne da macello, sacrifici umani in cambio della propria normalità, come avete fatto a non accorgervene?- il biondo rise sadico come non mai, sembrava divertirsi tantissimo a dire simili cose, sembrava amare distruggere le sicurezze e le idee degli altri.

Lessi nello sguardo di Silver un che di tremolante, mentre aveva perfino smesso di respirare.

La sorpresa in lei era più che visibile.

Io, continuai peró a forzare il più possibile quel muro ghiacciato, da sola, passando lo sguardo prima sugli altri, poi tornando a portarlo su quella barriera che volevo distruggere a tutti i costi.

-Diana... é... é vero?- balbettó Irhina, con un che di sconvolto -Dimmi... dimmi che sta mentendo-

La guardai, sentendomi mancare il respiro.

Non risposi, troppo presa com'ero a sferrare i miei attacchi, troppo priva della capacità di parlare per farlo seriamente.

-Ah, beh, prima non lo sapevano, ecco perché cercavano di salvarti... tutti tranne lei, ovviamente, che sinceramente non capisco per nulla- fece una smorfia Luxor, guardandomi con un ghigno che si trasformava man mano in smorfia.

-A quanto pare é impazzita dal dolore e perció continua a colpire la barriera per arrivare da te e strangolarti con le sue mani... non sei null'altro che un demone e te lo meriti, lo sai anche tu-

-Dimmi che non é vero- sussurró di nuovo l'azzurra, con un espressione che mi fece stare malissimo appena la vidi.

Tacqui ancora, per poi rispondere, abbassando la testa -Sí- dissi, cacciando lo sguardo ovunque, pur di non reincontrare quello suo.

Era di un argento pieno di dolore, lucido.

-Io...- balbettó, facendo un passo all' indietro, mentre pareva in combutta con se stessa

Nonostante nessuno mi aiutasse, continuai senza tregua a colpire, sentendo un altra crepa che si formava nel muro ghiacciato, stavolta molto più evidente.

-Ma non vogliamo dargli la soddisfazione di ucciderti, non é vero? Tu mi hai creato, io ti uccideró. Soffrirai, morirai lentamente e di freddo - tornó a ridere sadico, appoggiando anche la seconda mano alla clessidra.

-Togliamo un altro pezzo di questa bellissima tavoletta, ti và?- chiese con tono pienamente sarcastico il nuovo Elemento, sorridendo con cattiveria pura e folle, spostando ancora il pezzo di ghiaccio, facendo aumentare il cadere della neve sulla testa del Buio, il quale concentrava lo sguardo solo sul Ghiaccio, con aria vuota, le occhiaie che ne alimentavano l'aspetto sofferente, mentre le frasi che aveva detto prima che lo incatenassi tornavano alla mia testa, rimbombando ancora e ancora, soprattutto l'ultima.

-Mi dispiace-

Presi a mollare colpi con più frequenza, con più fretta, lanciando un occhiata disperata agli altri.

Nessuno sembrava volersi muovere.

-Silver...- la chiamai subito, disperata -Lo so che non é una cosa facile da perdonare- inghiottii la saliva a stento -Ma non si merita di morire in questo modo... e so che anche tu non vuoi che lui muoia-

Sentivo la stanchezza prendermi man mano, il mio Elemento venirmi a mancare.

Da sola avrei potuto continuare quanto volevo, ma non avrei mai ottenuto il minimo risultato.

L'Acqua non rispose, mi guardó solamente.

-Ti prego, cerca di pensare, lui ti ha salvato, puoi ricambiare il favore... potrai anche non scusarlo per quello che stava per fare... ma così almeno non ti sentirai più in debito- tentai ancora, vedendo peró una reazione al 'stava per farlo'

-Non lo avrebbe comunque fatto- continuai, vedendola accennare un movimento- Stava cedendo man mano, non lo avrebbe fatto. Ci sarebbe arrivato vicino, ma non ci sarebbe riuscito... e tu lo sai perché-

Dopo qualche istante, vidi Watersea riscuotersi, l'espressione che cambiava completamente, lo sguardo che guizzava da me in avanti, mollandosi poi tre interi schiaffi in faccia con tutte e due le mani, da tutti e due i lati in contemporanea, tornando ad attaccare col proprio Elemento la superficie davanti a noi.

Un altra crepa, la sentii scricchiolare e camminare lungo quel muro di difesa.

-Mmh... a quanto pare, due su sei continuano ad insistere... cos'hai fatto, le hai stregate ed accecate col tuo Elemento? Oppure é perché ti sei finto buono e gentile? Sei un ottimo ingannatore, allora, almeno per questo ti rispetto... potrei decidermi a tenerti in vita...- sogghignó, sfoggiando un aria subdola, mentre, subito dopo averlo detto, spostó ancora la tavola di ghiaccio.

La neve raggiungeva ormai i suoi fianchi e saliva verso il petto senza tregua, senza fermarsi, velocizzando anche la discesa.

Io e Silver continuavamo ad aggredire quel muro, lei con ancora le lacrime agli occhi, ma con una determinazione assurda, io che a malapena respiravo, sentendo le mie energie venirmi meno.

Anche in due, non sembrava cambiare quasi nulla.

Era una lotta contro il tempo che pareva persa in partenza, vedevo la cascata di granelli scendere a ritmo sostenuto, cadendo addosso al corvino, il quale sembrava diminuire i tentativi di liberarsi ad ogni secondo di più, mentre ogni speranza lo abbandonava.

E dopo una serie infinita di secondi, si limitó a rimanere immobile, le palpabre socchiuse, la testa sollevata verso la parte restante della tavola gelata.

Nel frattempo che un altra crepa si era formata nel ghiaccio, la neve gli aveva già raggiunto il petto, verso le spalle.

Ma un improvvisa onda d'urto di fuoco si scontró contro la muraglia, un insieme di aria e fiamme che colpirono la parete congelata che cedette spaccandosi al centro, permettendoci di passare oltre ad essa.

In quell' esatto istante, Luxor rimosse anche la parte restante che rimaneva a proteggerlo, così da rendere la discesa ancora più rapida e folle, tanto che nel tempo in cui eravamo riusciti a raggiungere la clessidra e Luxor, la 'sabbia' bianca gli aveva raggiunto il collo, mentre si vedeva benissimo che tremava come una foglia, le labbra praticamente blu, una mano appoggiata allo strumento trasparente, l'altra sepolta.

Luxor era davanti ad essa, quasi fosse un cane da guardia, pronto a mordere chiunque tentasse di mandargli il piano in fumo.

Will e Task si misero davanti e dietro a lui, uno creando una sorta di specchio d'aria e l' altro di fiamme, con Nemes che lo chiudeva da un lato e l'Acqua dall' altro, tutte pareti a cui lui rispondeva con i suoi colpi, mentre io lo incatenavo ad un altro pilastro.

Costringendolo a raggiungerlo con un modo di fare tale che lui si vedeva ravvicinato dagli angoli davanti, portandolo ad indietreggiare e a colpire più volte senza risultati di alcun tipo.

E venne davvero incatenato.

Lo osservai brevemente dimenarsi mentre mi giravo ed accorrevo alla maestria ghiacciata.

La neve raggiungeva ormai la testa al corvino, che si spingeva verso l' alto per respirare, la mano sempre fuori dalla neve, aggrappata alla parte centrale dello strumento.

-Come lo liberiamo?- chiesi agitata, guardando Will, mentre Silver aveva già preso a colpire a tutta potenza la clessidra.

Sembrava che dopo quegli istanti di shock si fosse ripresa completamente e che fosse più agguerrita che mai nel volerlo proteggere.

Will parve pensare con una rapidità distaccata, calcolando e guardando prima da un lato e poi dall' altro.

-Come dovrebbe essere stata creata?- domandó subito dopo, fissandomi e tornando a fissare la clessidra-C'è sempre un punto da cui una costruzione parte, per poi svilupparla, non importa che sia fatta da un Elemento o meno-

-Muovetevi, la neve lo ha quasi coperto del tutto- gridó l'azzurra, disperata.

-Non lo so... non ho visto... ma...- tacqui, guardando la clessidra- ma forse é partita da... dalla catena! L'avevo creata io... sí! Probabilmente é partito da lí!-

Vidi Silver spostarsi subito, prendendo a colpire frequentemente la clessidra, seguita da Aria e Fuoco.

Appena inizió a farlo, vidi la neve raggiungere il picco, non mostrando la benché minima traccia del Buio.

E lo stesso probabilmente notó Silver, che urló, lasciandosi mollare normali pugni che le fecero sanguinare le nocchie, forse priva di forza, tanto che infatti per un attimo perse l'equilibrio, riuscendo peró ad evitare di cadere, col risultato che al posto suo si mise Nemes.

Io e Silver eravamo allo stremo delle forze, non potevamo fare nulla, saremmo risultate inutili, capaci soltanto di ferirci da sole, dimostrato dalle mani dell'acqua, che non era neppure capace di guarirsi da sola per la mancanza di energia.

Senza la potenza del nostro Elemento, senza la resistenza di cui avevamo bisogno, non potevamo fare altro che assistere.

E le crepe, anche lí, aumentavano man mano.

Ogni secondo passava a lentezza frustrante, quasi al rallentatore.

Dentro di me aleggiavano emozioni contrastanti, ma soprattutto continuavo a sentire quel Mi dispiace che mi sbatteva nella testa fino a farmi sentire male, fino a torturarmi internamente e farmi perdere la ragione.

Silver mi stringeva la mano, con ancora le lacrime agli occhi, respirando a malapena per l'ansia, la stessa ansia che provavo io e che mi avvolgeva come un laccio.

Tutto pareva muoversi al rallentatore, ogni colpo, ogni nuovo assalto, ogni crepa che si formava, con una lentezza disarmante ed assurda.

Non stavano tirando i propri Elementi alla cieca, eppure la fatica plateale anche solo nello scalfire, contando che uno degli Elementi che lo colpiva era lo stesso Fuoco, era a dir poco assurda.

Udii un ennesima risata da parte di Luxor, una risata pazza, folle, che di felicità non aveva neppure un accenno, ma che lo portava a ridere ancora di più, con una malizia nello sguardo.

-Ormai sarà morto- disse, non smettendo di ridere, continuando fino a smettere all' improvviso, con una luce che inondava i suoi occhi che non compresi minimamente.

Mi era parsa non dissimile al rimorso.

-É morto- gongoló, spalancando gli occhi, sorridendo -Il mio creatore é finalmente morto-

Sentii lo stomaco rigirarsi a quella frase, prendendo a respirare fin troppo rapidamente, sentendo Silver che mi mollava la mano, con espressione infuriata, mentre il biondo riprendeva a ridere come non mai, ricevendo un pugno direttamente in faccia da parte sua.

All' azzurra non sembrava importare di quanto le sue mani fossero mal ridotte, gli molló cinque pugni dietro fila, spaccandogli naso e labbro, il cui ultimo gli fece sbattere completamente la testa e con parecchia forza contro il pilastro a cui era legato, perdendo i sensi.

A quel punto, collo svenimento di Luxor, finalmente, nella struttura della clessidra, vi fu una scheggiatura tale che, crepandosi, portó una reazione a catena di rotture continue, per nulla silenziose, mentre cedeva, aprendosi, portando la parte superiore, vuota da tutta la neve che era crollata, ad aprirsi in due, come quella sotto, mentre una cascata di granelli usciva, saltando al di fuori di essa come un ammasso uniforme che si spargeva sempre di più a terra.

Del Buio non si vide neanche l'ombra per diversi secondi, forse per via della catena che lo tratteneva, impedendogli di unirsi alla corrente.

All' inizio notai solo un ciuffo di capelli neri tra l'insieme fitto, poi visualizzai man mano il resto, trovandolo sdraiato, fatto che mi portó a rompere immediatamente la catena di luce che lo tratteneva, riuscendovi solo grazie agli ultimi rimasugli di forza che mi rimanevano, ovviamente evitando di farlo anche con quella di Luxor.

Mi meravigliai di me stessa in parte per aver creato una catena di luce non avendolo mai fatto prima.

Era stato istinto, era stato il desiderio di allontanarmi dal corvino per riflettere.

Di certo non mi sarei aspettata la serie di eventi che ne erano scaturiti dopo.

Non potevo non chiedermi da dove il biondino fosse arrivato.

Ma tutte le domande mi si cancellarono a vedere la figura del ragazzo dai capelli neri che se ne stava immobile, le labbra ancora blu.

Appoggiai la testa al suo petto.

Non aveva battito cardiaco, non il più minimo accenno di battito cardiaco, né lí né nel polso.

C'era solo un sordo e maledettissimo silenzio tombale.

Altri Mi dispiace ritornarono a tormentarmi, quasi quella breve frase formata da due parole si fosse trasformata in una mantra nella mia mente.

E l'immagine di quella lacrima, quell' unica, l' unica che avessi mai visto, quella traccia di emozione che avevo letto nelle sue espressioni...

Sembrava scorrermi davanti agli occhi, come una serie di flashback.

Mi portai una mano al petto, sentendo un intenso dolore che si appropriava di esso, seguito dal bruciore degli occhi a dalla fatica con cui deglutivo.

Anche la frase del biondo aveva preso ad aggiungersi a tutto lo sfondo.

Quegli 'É morto' e tutti gli insulti che gli aveva detto, tutte le frasi con cui aveva tentato di bloccarci...

Erano terribili, terrificanti nel loro ripetersi,

E lui non respirava, ma aveva le palpebre abbassate.

Me ne resi conto ad un tratto.

Generalmente un morto apriva gli occhi, anche se lentamente, anche se congelato, morto bruciato, affogato... apriva sempre le palpebre.

Lo presi a guardare fisso e notai che anche Will, fin da parecchio tempo prima, probabilmente, non gli aveva staccato lo sguardo di dosso.

E, a meno che non fosse una prerogativa Elementare... non era davvero morto.

Lo fissammo a lungo, io continuavo ad appoggiare la testa sul suo petto per sentire reazioni, non percependo ancora il minimo di battito.

E mentre iniziavo ad arrendermi all' evidenza, a credere che fosse morto seriamente, vidi che iniziava a sollevarsi in aria, con delle ali nere che comparivano dietro alle sue spalle, ali simili a quelle di un corvo.

Ali che si ingrandivano man mano e sbattevano nell'aria per tenerlo sollevato.

La maglia, dietro, lo constatai, aveva preso a strapparsi, con due buchi ben poco piccoli, che permettevano ai mezzi piumati che aveva attaccate alla schiena di sollevarlo in aria di muoversi.

E continuava ad avere le palpebre chiuse e le labbra blu, le quali, man mano, tornavano al colore originale, un rosso sangue acceso.

Rimase immobile, sollevato in aria per diversi secondi, con l'espressione marmorea, impassibile, morta.

Ma poi, aprí le palpebre, rivelando due occhi carmini, circondati da una retina nera, con degli strani decori nella pupilla, simili ad un piumaggio spoglio, o a piuttosto dei rami d'albero.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25- Mostro ***


 

Doppio capitolo per questo sabato così vicino a Natale!!!Festeggiamo!E voi dovete commentare muahaha

Guy

Non ebbi neanche il tempo di chiedermi dove fossi che la luce mi colpí improvvisamente gli occhi, accecandomi completamente, mentre ogni singola parte del mio corpo mi doleva un poco, per non dire che mi si era quasi annullato, al punto che non lo sentivo più, o almeno, così era inizialmente.

Subito dopo, seguendo quel nulla che pareva ricamarsi nella mia mente, mi si accese come un fuoco nella testa che mi bruciava i nervi, mentre mi sembrava che ogni parte del mio corpo venisse frequentemente dilaniato da lame gelide che mi avrebbero fatto urlare se soltanto ne avessi avuto la più minima capacità.

Le mie labbra sembravano cucite, impossibile il tentativo di aprirle, al contrario degli occhi, aggrediti dalla troppa luce accecante.

Era una tortura anche peggio della morte, tutta la sofferenza mi colpiva senza tregua, togliendomi il fiato.

Tutto il dolore si concentrava nel mio corpo, sembrava quasi che il mio essere interno stesse combattendo una guerra interna senza vincitori.

Volevo morire, volevo sparire nel nulla, cancellare tutte quelle emozioni che mi facevano sentire pazzo e che mi stravolgevano.

Volevo seriamente gridare, gridare fino a non avere più fiato, ma la mia bocca continuava a rifiutarsi di muoversi anche solo di un minimo.

La sofferenza continuava ad aumentare, insieme ad un improvviso acuto che mi inondava il cervello, alzandosi di volume.

E poi sparí tutto di nuovo, riducendosi ad un sussurrare indiscreto di parole che non comprendevo.

Un po' mi faceva ancora male la testa, ma meno, era sopportabile.

E improvvisamente un fastidio dentro alla gola mi fece tossire, e ad ogni colpo di tosse ne seguiva un altro, togliendomi il fiato.

Cercai di alzarmi, sentendo l'incessante bisogno di farlo per togliermi quel fastidio alla gola che mi impediva di respirare, mentre anche la bocca mi andava a fuoco, principalmente le labbra.

E mi alzai, anche se faticosamente, rischiando più volte di perdere l' equilibrio, soprattutto quando, sparendo l'incessante tosse, fu la schiena a bruciarmi.

Era qualcosa che superava mille volte gli altri dolori, sembrava che mi stessero strappando pezzi di pelle all' altezza delle spalle, vicino alle scapole.

Stavolta riuscii a gridare.

Urlai tutto il dolore , tutta la sofferenza, tutto.

Ogni parte della voce che buttavo fuori era un modo per gettare quella distruzione che mi avvolgeva e che mi feriva fino a farmi sentire fragile.

Odiavo sentirmi fragile.

Odiavo farmi vedere come tale.

Tutti giudicavano quello che non potevano capire, se uno si mostrava facile da inginocchiare, diventava debole, se uno era debole potevi distruggerlo, nella mente e nel corpo.

Eppure io ero fragile, così fragile che mi coprivo di bugie, che finivo per convincermi di cose che non erano reali e che pensavo lo potessero diventare, solo perché ci credevo.

Ma ero fragile, fragile come non avrei mai voluto essere, fragile come mi avevano fatto diventare.

E il mondo sembrava muoversi, tutto si muoveva, gli animali, le piante, le persone.

Tutti tranne me e quell'essere di vetro che ero realmente.

Le urla continuarono a scuotermi insieme al dolore che sapeva di sangue, spegnendosi a tutt'un tratto, lasciandomi tremante, in piedi, colle braccia strette allo stomaco.

Si spense completamente lasciandomi lí, intento ad avanzare in quello che mi sembrava il nulla più totale, bianco, vuoto, senza fine.

A dirla tutta mi sarei aspettato di trovare tutto il contrario, un area buia, chiusa, in cui non potevo muovermi, sempre circondato da quelle spire scure che venivano a tormentarmi nel miei sogni.

Mi provai a toccare ad un tratto almeno nella schiena, per vedere se era cambiato qualcosa, non sentendo altro che il nulla.

Nessun taglio, nessuna ferita che potesse spiegare quel dolore atroce che avevo provato precedentemente.

Avanzai per una bella quantità di tempo, non riuscendo a trovare null'altro che il nulla in sé, procedendo a vuoto, facendo scontrare il mio sguardo ovunque, per avere anche solo la minima sicurezza di star camminando e di non essere davvero fermo.

Ma camminavo, camminavo perché sentivo dentro di me che una meta c'era, anche se non avevo ancora compreso quale fosse.

Ed avanzavo, sentendo di nuovo il sussurrare nella mia mente, qualcuno, una serie di voci che dicevano cose incomprensibili, cose che nulla mi aiutava a tradurre, anche solo un minimo, un borbottio confuso che continuavo a sentire ad ogni passo e non sembrava volersi fermare.

Ed ecco un ennesimo bruciare, stavolta agli occhi, mentre la mia vista andava e veniva, portandomi a perdere l'equilibrio e crollare al suolo, con le costole ed il petto che si scontravano contro il terreno, togliendomi tutto l'ossigeno, mentre portavo le mani davanti alla faccia e cominciavo a rotolare improvvisamente, sentendo un assurda pressione, mentre la stanza sembrava girarsi.

E crollai nel vuoto, a lungo, sentendomi spinto verso il basso, scontrandomi di nuovo con il suolo, stavolta sentendo come se mi si fossero rotte tutte le ossa, gli occhi che continuavano a bruciarmi follemente.

La visuale mi tornó dopo tantissimo tempo, in cui mi accorsi di trovarmi all' inizio di un altro corridoio appena iniziato, senza destra e sinistra, con un tetto altissimo di cui non si vedeva esattamente la forma con precisione.

E sospirando, mi rialzai, inizialmente non riuscendo a reggermi in piedi, poi ottenendo finalmente il risultato sperato.

Ed il camminare di nuovo, con le voci sussurranti che mi facevano sentire sempre più pazzo, anche più di quanto mi sentissi tale generalmente, ed era dire tanto, se non troppo per il normale.

Il fatto principale che mi preoccupava era la sensazione di avere quella destinazione da raggiungere, che a dirla tutta, non avevo la più pallida idea di quale potesse essere.

Mi sembrava di avanzare da ore, ma non avevo il più minimo risultato in un simile percorso, procedevo e procedevo ancora, le gambe che mi accennavano fremiti, i sussurri indistinguibili di quel vociare confuso, la troppa luminosità di quelle stradine, che non avevano la benché minima traccia di un ombra.

Anche dietro di me, non ve n'era neanche un accenno e questo non mi rassicurava per nulla, sapendo che ero il Buio, ma il Buio in un mondo di luce troppo brillante che mi faceva sentire sporco.

E avanzai, guardando spesso dietro di me, per poi tornare a guardare davanti per essere sicuro di non essere seguito, che quelle persone che parlavano nella mia testa non fossero in realtà alcune che mi seguivano senza farsi vedere.

E raggiunsi finalmente quella forse meta dopo aver proceduto a lungo, trovandomi davanti ad uno specchio dai bordi che si attaccavano alla parete.

Guardandolo incerto, mi ci avvicinai, non molto sicuro che fosse davvero quella la destinazione, eppure qualcosa mi diceva insistentemente di sí e le voci si erano alzate di volume, rimanendo però comunque incomprensibili nelle loro parole sovrapposte, che per qualche strano motivo iniziavano ad inquietarmi parecchio.

Era come se stessero parlando alle mie spalle, ma non potessi comprenderle, troppo poco attento o troppo poco capace di individuarle.

Parlavano, sussurravano, si rispondevano, sparlottavano, borbottavano.

E io non riuscivo a concentrarmi su una che questa si interrompeva, sostituita da un altra che attirava la mia attenzione, portando quella ad interrompersi e l'altra a ricominciare.

Era inutile, per quanto ci provassi, scappavano via.

Scappavano via come le persone che avevo conosciuto, scappavano sempre per colpa mia, in un modo o nell'altro, forse perché le spaventavo, forse perché mi odiavano in partenza per la mia natura oscura da Elementare.

E trovai a specchiarmi davanti a quella superficie appesa alla parete, lucida, pulita, vedendo il mio riflesso.

Ci appoggiai la mano, vedendo anche quello dietro allo specchio che lo faceva, come era ovvio che accadesse, mentre le voci prendevano ad alzarsi ancora di più, rimbombando nella mia testa.

E all' inizio continuai a non capire cosa esse dicessero, rimanendo a miscuglio, per poi cambiare dopo un po', facendomele sentire e capire a sprazzi.

-Guy-

Tolsi la mano dallo specchio di scatto, sentendo un brivido che mi percorreva la pelle ed il cuore che mi batteva senza darsi tregua fino al punto tale che pareva stare per esplodere.

Avevo sentito una voce, una sola voce, quella di mia madre, che mi era rimbalzata nella testa, chiamandomi semplicemente per nome.

E di nuovo, come quando avevo avuto la febbre, il cassetto dei ricordi era stato aperto.

Lottai internamente per allontanarmi da lí, ma non potei, non ci riuscii, non riuscivo a muovere più nessun muscolo in una direzione che non fosse davanti a me.

Eppure io non volevo subire ancora quei pensieri, non volevo quei ricordi, volevo eliminarli dalla mia testa, perché sí, quelli erano i pensieri che mi rendevano fragile.

Fragile come un bambino di quattro, cinque anni che alla festa del suo compleanno, solo perché aveva chiesto di festeggiarlo, era stato gettato fuori casa sotto la pioggia battente, con i lupi che ululavano in lontananza.

Fragile come un ragazzino che veniva isolato a scuola, che si limitava perciò a tacere e a vedere le persone di sfuggita, che non volevano neppure sfiorare il suo spazio personale.

Fragile, ma freddo all'esterno, e giudicato dunque forte ed impassibile da chi guardava.

Era un compromesso che mi faceva comodo.

Soffrire e chiudermi, ma non essere guardato negativamente o in maniera tale che mi potessero spogliare della mia armatura per quello che realmente ero.

Eppure il mio corpo si mosse da solo e tornai a scontrare la mano con quella superficie che avevo già toccato.

E al posto della semplice voce di mia madre che mi chiamava con quel suo tono tra il tranquillo e l'arrabbiato, ad aggredirmi vi furono di nuovo le diverse voci, che stavolta erano più che distinguibili, talmente chiare da risultare limpide nella mia testa.

E tutte dicevano la stessa cosa, ogni persona diceva la stessa cosa.

-Mostro-

Tutte voci che si susseguivano, facendomi sentire lo stomaco che si accartocciava.

-No-sussurrai prima, sottovoce, prima di essere investito da altre voci, sempre che dicevano la stessa parola.

-No- ripetei, sentendo un fremito che mi attraversava dalla testa ai piedi.

-Mostro-

-No!- gridai, staccando la mano per portarmela alla testa, per coprirmi le orecchie.

Eppure, anche se avevo staccato la mano, le sentivo ancora, talmente tanto forte che ogni parte di me era tornata ad urlare.

"No, no, no, no! Basta, ora basta! State zitte!"

E si interruppero di colpo, portandomi cautamente a staccare le mani dalla testa, per alzare lo sguardo verso lo specchio, sussultando.

In esso non vi era più la mia normale immagine, non completamente, almeno.

Certo, ero io, ma il mio aspetto era dannatamente diverso.

Mentre io, a momenti, sentivo che sarei crollato, il mio riflesso sorrideva, per non dire ghignava.

Ma non era questa l'unica differenza.

Il mio riflesso aveva le ali, ali scure, nere, che lo circondavano.

Aveva le pupille rosse, così rosse che sembravano carboni ardenti, segnati da simboli inquietanti, mentre la retina era così scura che risaltava il rosso.

Lo guardai, orribilato, sentendo una strana sensazione allo stomaco.

-Cosa c'è? Non vorrai dirmi che ti faccio schifo, huh? Lo sai che potrei offendermi?- disse improvvisamente la persona allo specchio con un tono di finta drammaticità, mentre si portava la mano alla fronte, facendomi sgranare gli occhi.

-Su, su, risparmiami quella faccia, mio fragile piccolo Virgil... o dovrei dire, mio caro me?-

Non risposi, guardando i canini da squalo che comparivano dal suo sorriso, che aveva un che di orribile, mentre le sue ali battevano un colpo.

-Com'è starsene lí? Noioso e vuoto, non credi?- scoppió in una risata isterica e sadica

Non riuscivo a rispondergli, non ne sapevo il motivo, ma era così, o almeno, così continuó ad essere fino a che una domanda non mi aleggió nella testa, portandomi ad esporla.

-Sei il Buio stesso...-

Rise ancora -Huh? Indovinato. Tu sei la parte più chiara di te stesso, io quella vera, quella che avrebbe dovuto essere fuori fin dall'inizio, a portare distruzione, morte e paura- esebí un ghigno -Quanto mi mancano i tempi in cui ero completamente staccato dell'umanità e dalla stessa spiritualità positiva... mi piaceva essere negativo, mi é sempre piaciuto...- sorrise ancora, sadico -E sotto sotto piace anche a te, non lo pensi pure tu? Non lo ammetti a te stesso? Se ti lasciassi andare, saremmo imbattibili-

Lo guardai con una sensazione di voltastomaco che mi saliva alla gola, accendendosi.

Quella era davvero la parte più oscura di me? Perché mi parlava? Teoricamente io non mi ricordavo di aver mai avuto una conversazione con lui prima, perché lui lo faceva? Per rendermi uguale a lui? Per farmi diventare una sua copia sputata e poter fare quello che voleva senza che lo intralciassi?

-Sai, adoro sentire le grida, tu no? Non ami la loro disperazione mentre iniziano a soegnersi contro la loro stessa volontà? Per me é una sensazione afrodisiaca- i suoi occhi rossi guizzarono ancora nei miei, aspettando una risposta che non volevo dargli.

-Fai pure come ti pare, menti a te stesso, in fondo lo sai anche tu cosa sei per davvero, cosa vuoi per davvero. Sai di non essere puro e sai di non essere capace di provare a rimanere tale senza perdere il controllo- fece una pausa eterna che pareva non avere conclusione, per poi venire interrotta -Sporcarsi le mani non é tanto male, lo sai? Le stragi sono perfette, sono ció che puó farti sentire vivo-

-No... io non la penso come te-

-Ma tu sei me!- disse lui, ridendo ancora -Sei il male incarnato in un corpo dalle fattezze della tentazione... desideri ció che non puoi avere, quello che hai non ti basta, perché ogni volta, in un modo o nell'altro, finisce per crollare come un castello di carte esposte ad un vento primaverile, menti se hai uno scopo da seguire... io sono il resto, sono tutto quello che fin'ora tu non sei capace di compiere. Io stermino, tradisco, mutilo, distruggo, torturo, confondo, inganno... e, cosa migliore di tutte, non me ne pento, non ci soffro- appoggió la mano allo specchio, mentre io facevo di tutto per evitare di farlo, di dare ascolto alle sue parole -E prima o poi cederai, cederai perché é nel tuo sangue, scorre in te da quando sei nato. Prima lo realizzerai completamente e meno soffrirai-

-Tu non capisci niente, io odio le ingiustizie e ancora di più gli assassinii-

-Eppure stavi per compiere sia uno che l'altro... per essere uno che non li apprezza, ci stavi andando molto, molto vicino- rise -E io tifavo per te! Davvero! ... ma poi quella... mocciosa... ti stava troppo attaccata e la tua parte umana voleva ribellarsi... ho dato una leggera spintarella al tuo atteggiamento per togliertela di torno... e stava andando benissimo! Mancava davvero poco... ma infine l'altra ha rovinato tutto, cancellando i tuoi stimoli negativi, rimuovendo la tua tentazione... e ora mi tocca parlarti di persona per fartelo capire. Tu sei uno spirito negativo, un Elemento negativo, il caos. Non puoi ribellarti ancora, non fuggire alla tua oscurità. Abbracciala, lasciati andare ad essa, diventa un tutt'uno e non avrai più problemi-

Ogni parola che diceva viaggiava nella mia mente, cercando di farmi perdere la testa, cercando di attirarmi a lui.

Ed il fatto più orribile era che in parte, sentivo di dargli ragione.

La negatività in me c'era e c'era sempre stata, non si sarebbe mai rimossa.

Era come se fossi legato ad uno spago e lui si limitasse a tirarlo in sua direzione, pronto ad afferrarmi, rompermi in due e cancellare ogni singolo tentativo di resistenza.

E lo sentivo vincere, vincere su di me, mentre le voci riprendevano a parlare nella mia testa, insultandomi senza tregua o ripetendo le frasi che il secondo me diceva.

-No... no, non voglio tutto questo... io...- la mia voce tremava parecchio, mentre cercavo a tutti i costi un modo per reagire, un modo per evitare tutto quello che stava cercando di farmi cadere, cedere all' oscurità che mi governava, che voleva solo che mi unissi a lei.

-Non ti ascolteró- continuai

E venni investito da nuove voci che urlavano, nuove voci che sembravano distruggere le mie barriere, l'unica ennesima copertura che mi stava proteggendo.

Le loro voci presero a tormentarmi, lo facevano e sembravano più che desiderosi di riuscirvi.

-É solo un mostro, ci voleva morti fin dall' inizio-

Will.

-Se fosse crepato, sarebbe stato meglio-

Nemes

-Ma l'erba cattiva non muore mai-

Task

-Io credevo in lui... ma ... mi ha dimostrato di non essere chi sembrava-

Diana

-Lo odio-

Le parole di Silver furono quelle che più mi mutilarono internamente, quelle che più mi colpirono, come se avessi ricevuto una lama nel petto che mi avesse appena infilzato.

Ed il mio cuore pareva sanguinare per quanto male mi facesse.

Era colpa mia.

Era sempre e solo colpa mia.

Era più che ovvio che mi odiassero.

E non mi meritavo altro, non altro se non la loro derisione, non altro se non i loro insulti che mi sputavano addosso, insulti che crepavano man mano il mio scudo di difesa che iniziava a fare acqua da tutte le parti per affogarmi.

Nuovi 'mostro' presero ad aleggiarmi nella testa, gridati, accompagnati da quelle frasi.

-Mostro-

-Merita di morire-

-É solo un demone con fattezze umane, prima o poi distruggerá tutto quello che incontra-

-Meglio stargli alla larga-

E le voci vennero interrotte improvvisamente, o piuttosto, sovrastate, da una sola.

-Tenebroso...-

Sussultai un poco, mentre quella voce perdeva colore nella mia testa, facendomi dimenticare man mano a chi appartenesse, anche se la conoscevo.

La conoscevo benissimo, l' avevo sentita anche prima, ma non riuscivo a portarla a galla, non riuscivo a ricordarmela più.

Il suo nome... non mi ricordavo il suo nome, né il suo viso.

-Ti voglio bene, Tenebroso-

E mi salirono le lacrime agli occhi senza che riuscissi a controllarle, senza che riuscissi ad evitarle.

Nessuno mi aveva mai detto una cosa simile in vita mia.

Perché, perché non mi ricordavo a chi appartenesse quella voce?

Lo sentivo dentro, quella persona era stranamente importante per me, anche se probabilmente, come al mio solito, non dovevo averglielo mostrato per niente.

Eppure perché non mi ricordavo di lei?

Ad opporsi alla frase prima, aleggió nuovamente quel -Lo odio- ripetuto, che lottava quasi per avere la supremazia su quella semplice frase di affetto.

-Mostro- ripeté ancora un altra voce, come una cantilena nella mia testa.

Lo diceva come se si aggrappasse a questo, come se la sua esistenza fosse basata sulla mia sofferenza.

-Visto? Inizi a capirlo? Inizi a capire chi sei? A comprendere chi sei destinato ad essere?-

Alzai la testa, guardando ancora il mio riflesso, il quale sguardo era diventato serio, talmente serio da forarmi.

E mentre sentivo le lacrime bagnarmi le guance, non potei non rispondere nell' unico modo che mi era possibile.

In un modo che a forza di sentirmelo dire, sembrava man mano una realtà sempre più convincente.

-Allora, cosa credi di essere -

All'inizio tacqui, chiudendo le palpebre, mentre le immagini di quelli che conoscevo e probabilmente a cui tenevo, si sfocavano, diventando inguardabili.

E subito dopo quelle, c'ero di nuovo io.

Sotto alla pioggia.

Mentre bussavo piangendo disperatamente alla porta di casa per farmi entrare.

-Un mostro- risposi, riaprendo gli occhi, vedendo tutto il bianco attorno a me che iniziava a macchiarsi, a scurirsi, diventando un grigio uniforme che man mano si ottenebrava fino a diventare nero come la notte e lo specchio si rompeva, seguito dalle risate sadiche del mio riflesso.

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26- Ghigno ***


No Pov.

E lui volava sulle loro teste, lui e quelle sue pupille rosse, spalancate , mentre si guardava attorno, osservando ogni singola persona in quella grotta, sbattendo le ali ad un ritmo sostenuto che si susseguiva inesorabilmente in dei secondi interminabili, che diventavano quasi eterni ai loro occhi per come parevano scorrere lentamente.

Sembrava in una sorta di coma all' inizio, ripetendosi nel sollevarsi nell'aria e a volare guardandoli di sottecchi con un che di cauto e attento, che ricordava il giovane stesso.

Per un attimo si chiesero se fosse cambiato davvero qualcosa oltre alla crescita delle ali, al cambiamento di colore di retina e pupilla e non fosse ritornato il ragazzo che avevano conosciuto,  o almeno, così continuarono a credere che fosse fino a che, tra agitazione ed aspettativa, i cinque si trovarono ad assistere ad un sorriso che gli piegava il volto.

Era un sorriso affilato,  inquietante e pericoloso che non avevano mai visto aleggiare su quel viso, anche perché in generale non lo avevano mai visto accennarne anche solo uno, sempre così serio che non pareva avesse capacità  poterlo seriamente fare .

Tante volte, l' Acqua si era chiesta come potesse essere, ma di certo non se lo immaginava così, era qualcosa di orrbile che non riusciva a spiegarsi, con una crudeltà ed una malizia che la faceva rabbrividire, che li faceva rabbrividire ad ogni singolo componente del gruppo a dirla tutta, e che portava a ghignare anche di più quell'essere che sembrava essersi sostituito a Nightshadow.

Lo sguardo del corvino, somigliante a braci vive ed assassine, si era posato su tutti i volti dei presenti,scrutandoli silenzioso, strappando loro dei sussulti e portando loro a trattenere involontariamente il fiato.

Pareva riuscire a guardare loro dentro quando lo faceva e questo, se lo sentivano, non era una buona cosa, non lo era per nulla.

Avrebbe potuto colpire ed affondare fino dai limiti estremi del loro essere, giocare con i loro pensieri proprio come il Ghiaccio aveva fatto con lui stesso fino a distruggerli, a render di loro brandelli utilizzando senza alcun problema le loro debolezze.

Ed il silenzio continuava, li fermava e bloccava i loro ragionamenti dall'interno, sotto forma di un ansia assurda che faceva capolino nei loro petti per stravolgerli.

E il Buio, anche se non erano molto sicuri del fatto che fosse ancora lui e non magari qualcun'altro, anche perché era totalmente diverso da quello che avevano conosciuto, nonostante tutto, nonostante la sconcertante e distruttiva rivelazione, inclinó il capo, pronto a rompere quell'attesa pesante, simile ad un masso che era stato gettato sulle loro teste.

-Allora?- domandó improvvisamente lui, prendendoli tutti alla sprovvista con la sua domanda, con il tono più sarcastico e pericoloso che avessero mai sentito da parte sua, in parte allegro, come se godesse di tutto quello a cui stava assistendo.

-Qualcosa da dire prima di morire?-

Il suo sorriso sadico in un attimo divenne così ghignante che sembrava partisse da un orecchia ed arrivasse all' altra, con quelle lame che aveva al posto dei canini che andavano a risaltare, brillando, sotto quelle labbra carnose e rosse, quasi insanguinate.

Fece comparire una frusta nera nella propria mano, che prese a far schioccare contro il proprio palmo e con una crudeltà assurda nello sguardo, discendendo verso di loro, avvicinandosi alla Luce.

-Allora? Mmmh?- continuò lui, prendendola per il mento e guardandola fissa, per poi mollarle la faccia, girarsi con nonchalance e schioccare le dita, facendola sollevare da una coltre oscura che la gettò contro ad un pilastro dei tanti , facendole sbattere la schiena e quasi sputare sangue.

Diana percepì il proprio fiato mozzarsi nella sua gola di colpo, mentre ogni singola parte della propria schiena doleva allo scontro diretto con la pietra.

Rigettò un po' di saliva, sentendo il grido morirle tra le labbra, insieme a quella strana felicità che aveva provato a veder vivo il suo Elemento Opposto e che sfumava ogni attimo di più, tornando a trasformarsi in un dolore sordo al petto, mentre la sua testa si riempiva di domande.

Era davvero questo il vero Virgil? La facciata distaccata ma dolce era solo una copertura...? Luxor aveva accennato una cosa simile... aveva detto davvero la verità?

"No" si disse improvvisamente, mentre si sentiva ad un tratto come appesa a quel pilastro.

Ed era strano, siccome avrebbe già dovuto trovare il terreno a scontrarsi contro la sua pelle e a ferirla, lasciando che gli si rompesse qualcosa.

-Brutto bastardo!- urlò subito il Fuoco di tutta risposta appena la Luce venne colpita, facendo per attaccare l'altro con una brace accesa nel pugno che era puntata alle ali da corvo che continuavano a sbattere in aria, sollevando Guy, con un sorriso ancora più incattivito che gli piegava le labbra in maniera innaturale, coll'unico risultato che finì per essere sollevato a sua volta e fare la stessa fine di Cathy, venendo legato ad esso come la ragazza e Luxor, percependo i sensi sfocarsi, la vista che andava e veniva, il battito che pareva rallentare in maniera smisurata.

A seguirlo nella stessa sorta furono subito Nemes e Will, mentre Silver rimaneva davanti al Buio, a guardarlo, avvicinandosi a passi lenti, portandosi difronte a lui, guardando il sadismo che emettevano quei rubini folli che sapevano di morte.

Guy alzò il sopracciglio, ricambiando lo sguardo che lei gli lanciava, con sempre quel ghigno stampato in faccia.

-Huh? Nessun desiderio? Nessun peccato folle?- continuò, assumendo poi un aria fintamente delusa ed irritata -Dove sono le vostre ultime parole?- la stuzzicò poi, o almeno, provando a stuzzicarla e soprattutto spaventarla

Silver non rispose, avvicinandosi di un altro passo, scrutandolo senza dire ancora niente, non la più minima parola, non il minimo sussurro scappò dalle sue labbra chiuse.

Questo comportamento annullò il sorriso che il ragazzo aveva dipinto sulle labbra, portandolo ad assottigliare lo sguardo in maniera minacciosa, uno sguardo assassino.

-Cosa diavolo ti avvicini a me, mocciosa?- chiese con aria sinistra lui, prendendo lentamente a tirarsi le dita, facendo risuonare le sue ossa in modo orribilmente realistico.

L'Acqua continuò a non rispondere, ancora, con quel mutismo, quell'oblio che mai prima aveva dimostrato nei confronti di qualcuno.

Il suo silenzio era strano ed in parte pareva mettere a disagio l'Elemento, disagio che cancellò subito, sostituendolo con una nuova ilarità ed un che di beffardo.

-Se muori dalla voglia di avere la stessa identica sorte degli altri ed accelerare la rapidità della tua fine al punto di avvicinarti così tanto a me, chi sono io per negartela?- rise istericamente il corvino, con un altro ghigno sempre più acceso e sempre più folle che gli fece brillare gli occhi carmini, portando la mano davanti al collo dell' azzurra che lo guardava con una calma remissiva e taciturna, innaturale da parte sua .

E Nightshadow avvolse la mano attorno al suo collo, o più che altro, creò un laccio che fece scorrere attorno ad esso, stringendolo lentamente, sollevandola, mentre lei boccheggiava senza fiato, soffocando ma non dibattendosi,  continuando a guardarlo con quell'espressione indecifrabile.

E tacque, le gambe lasciate quasi molli, le braccia ai lati, appoggiate ai fianchi, aprendo ad un tratto la bocca, come per dire qualcosa.

-Tenebroso...- lo chiamò, in un filo di voce, talmente soffocato da risultare incomprensibile.

E mimò tre parole, che non uscirono dalle sue labbra.

Il suo sorridere sadicamente, tornò a trasformarsi di nuovo, diventando un espressione disgustata, mentre stringeva ancora di più la presa del laccio scuro attorno alla sua gola, il quale si muoveva come le spire di un serpente, strappandole diversi ansati e gemiti di dolore.

E proprio quando la ragazza aveva mancanza di ossigeno, la sbatté contro il penultimo pilastro rimasto, legandola ad esso, mentre lei tossiva, riprendendo l'ossigeno sia colla bocca che col naso, ansimando convulsamente, sul punto di perdere i sensi.

Irhina si sentì guardata con la rabbia e l'odio più totale e più disumano che avrebbe potuto ricevere, ma invece di iniziare a tremare, a temerlo e a desiderare pienamente di fuggire il più lontano possibile, come fosse impazzita a sua volta, increspò le labbra verso l'alto a sua volta, chiudendo le palpebre e sorridendo ancora.

Tutti la guardarono sbalorditi, non riuscendo minimamente a capire quel sorriso, trovandolo strano, perché nessuno, assolutamente nessuno avrebbe sorriso dopo esser stato quasi soffocato.

-Huh. Siamo solo all'inizio e già una é partita di testa- commentó il Buio, alzando le sopracciglia, sbattendo ancora ed ancora le ali.

-Bene- il tono del corvino aveva del soddisfatto e dello spietato -Per uccidervi ad uno ad uno, passerò dai meno fastidiosi, ai più, così agli ultimi potrò finalmente divertirmi-

Indicò Silver, con uno sguardo privo di emozioni -Tu sarai la penultima-

Passò lentamente davanti a Will -Non é  ancora il tuo momento, sei al secondo posto- sussurrò, ghignando malefico.

Procedette, mettendosi davanti a Nemes, la quale lo guardava con un espressione che aveva del sofferente per la botta che ancora le doleva dietro la schiena.

-Tu sarai la prima- sibilò, inclinando ancora il capo, con ancora quell'espressione pazza stampata in faccia ed un che di cinico.

-Ovviamente, prima mi divertirò un po', ma preparati a gridare... e non limitarti... le urla sono ciò per cui vivo-

Si passò la lingua lentamente sulle labbra, con un che di sensuale e malizioso, di feroce ed animale, facendo guizzare il suo sguardo prima dappertutto e poi, in conseguenza, guardandola come un predatore con la sua innocente vittima, chiusa in un vicolo cieco.

E la Terra si sentì ancora come quella volta, quell'ultima volta, con quel desiderio pieno di essere salvata, di essere liberata da tutto ciò che l'avrebbe ben presto colpita .

Il fatto era che quella volta, qualcuno l'aveva protetta... ed era più che sicura che fosse stato proprio il Buio, anche se lo aveva sentito negarlo.

Quella volta invece era proprio lui a voler farle del male.

Era lui, quindi il salvataggio non ci sarebbe sicuramente stato.

Stava per morire.

Buffo.

Neppure due giorni prima si era ritrovata a salvare la vita del Vento, e in quel momento invece sarebbe morta prima di lui.

Certo, come idea non le piaceva per nulla e altrettanto per nulla si sarebbe messa a ridere per la situazione, ma sembrava il colmo.

E lo vide camminare davanti a Luxor, il quale ancora non sembrava aver ripreso affatto i sensi e che se ne stava immobile, talmente tanto che pareva essersi trasformato di marmo, se non una scultura di ghiaccio.

-Lui sarà l'ultimo- sussurró, assumendo un aria inizialmente tranquilla ed assorta, come se stasse pensando qualcosa di molto particolare, tornando poi a quell'atteggiamento semplicemente crudele ed assolutamente uscito di testa.

-Ci divertiremo un sacco... o piuttosto, io lo faró... nel guardare la sua testa staccata dal resto del suo corpo- i suoi occhi luccicarono ancora, tra malizia e una gioia insana e malata.

-Ma ovviamente lo voglio sveglio, altrimenti che divertimento c'è?- gli diede due, tre colpetti sulla guancia, sorridendo ancora.

Giunse poi davanti a Task, trovandosi ad avanzare ancora col dito puntato su di lui, fermandosi di profilo.

-Tu sei dopo Will, insomma, puoi definirti morto a metà, non ti pare?- rise ancora, giungendo davanti all'albina.

-E tu sei dopo Task, prima di Silver... potrete sentirvi gridare tra di voi e così impazzire fino a pregarmi di portarvi la morte... sarete voi a cercarla... ed io la persona intelligente e buona che accetterà le vostre richieste, dando fine alle vostre sofferenze-

-Tu non sei buono- replicò arrabbiata la Luce, rimasta zitta in precedenza, ma che era finita col rispondere a quel commento finale di troppo, portandolo a guardarla con espressione divertita.

-In effetti no, per nulla! Come di certo... lui non lo era! Più che altro era debole-

-Lui...- immediatamente la conferma che non fosse il vero Guy a parlare, giunse alle orecchie e alla mente degli altri.

Diana sentì uno sguardo gettarlesi addosso, o più che altro, tutti gli sguardi dei presenti che avessero ancora un minimo di lucidità.

Sembravano dirle di continuare a parlare, di prendere tempo, soprattutto quello di Will fu in grado di comunicarglielo, portandole la ragione, viva e piena di speranza.

Dopotutto, se era diventato così, c'era un modo per farlo tornare indietro... giusto? Il ragazzo che avevano conosciuto in quei pochi mesi, non poteva essere sparito nel nulla.

Doveva essere ancora lì, da qualche parte, sepolto da quella neve invisibile e gelida che sembrava esser entrata in lui ed aver sepolto il suo essere.

-Guy non è cattivo, non lo è, sei tu ad averlo macchiato, chiunque tu sia-

Di nuovo, l'Elemento oscuro, prese a ridere, portandosi la mano allo stomaco e tenendosi stretto, ridendo talmente tanto da farsi lacrimare gli occhi.

E contro le sue aspettative, la Luce si trovò ad assistere a delle sostanze tra il nero, il verde ed  il viola scuro che prendevano a bagnargli le guance e a segnarle, disegnando percorsi scuri.

-Tu e lui avete poche cose in comune, ma nessuno di voi due ha raggiunto il dettaglio fondamentale, non prima che io lo dicessi e non prima che io lo dica ora- si portò il pollice alle guance,  togliendo parte del colore, mettendolo lentamente sulle sue stesse labbra.

-Io sono lui, lui è me! E' la parte più debole, più umana e più torturata di me! Io sono ciò che esce quando lui crolla completamente, lasciandosi sopraffare dal dolore inutile che si ostina a provare non mettendo da parte la sua coscienza- rise ancora, portando altre lacrime a percorrergli i lineamenti come trucco sbavato.

-Ed è cattivo... lo sarebbe anche più di me se si lasciasse andare... mentre io...- un altro sorriso, ancora più orribile dei precedenti, forse per via della convinzione nel suo atteggiamento -Io non provo niente se non la voglia di far soffrire chiunque viva... che siano buoni o cattivi non ha importanza, non ne ha mai avuta- a momenti, mentre parlava, i suoi occhi gli uscivano dalle orbite per come li sgranava, a malapena sbattendo le ciglia -E le morti più belle, sono quelle che fanno soffrire gli altri fino a portarli al suicidio, senza che io debba alzare un dito, che perlopiù si mostrano dei plateali deficienti, ma se non esistessero, non potrei godermela-

Una smorfia si dipinse sul viso del rosso mentre lo ascoltava parlare, pensando a tutte le volte che aveva immaginato di sparire dalla faccia della terra per non soffrire più per tutto ciò che lo tormentava, per tutti i ricordi assillanti che comparivano a qualunque cosa decidesse di fare.

Sembrava che quella freccia avvelenata fosse stata puntata appositamente contro di lui per ferirlo, una ferita che poteva apparire superficiale, ma che in realtà si allargava ogni secondo un po' di più per ucciderlo in silenzio, in silenzio all'esterno, perché dentro urlava di rabbia.

-E sarò un mostro io, ma anche se non ve ne rendete conto, anche voi, sotto sotto, avete una parte che è molto simile a me... una parte pazza, che aspetta solo di uscire quando abbasserete la guardia... ma purtroppo, visto che morirete... vi toglierò il modo di incontrarla-

-Noi non siamo e non saremo mai come te- ribatté Will -Non faremmo mai una cosa simile-

Ed un occhiata giunse dall'Acqua al Fuoco, che lo guardava, sentendo la scena della morte di tutte quelle persone che si trascinava nella sua testa.

-Oh, no... ti sbagli- Guy ridacchiò -Nessuno è santo e dei 'santi' ci si dovrebbe preoccupare, non dei mostri. I mostri sai che ti attaccheranno, i santi, se attaccano, lo faranno sempre in un modo tale da ucciderti al primo colpo, che sia mentale o fisico- ed il Buio guardò la Luce con il solito ghigno crudele.

-Allora... cos'altro vuoi dirmi per cercare di risvegliare la mia... umanità? Si può definire tale, qualcosa che non esiste?- fece schioccare ancora la propria frusta sulle mani

-Guy- la voce dell'albina si riprodusse con un fremito -So che sei lì dentro... se mi senti... cerca di uscire da lì, d'accordo? Lo so, io non ti ho ascoltato come avrei dovuto, proprio nel momento in cui ne avevi bisogno, non avevo realizzato che se no avevi parlato  era per il desiderio folle di voler cambiare davvero vita, di non sentirti come un tempo io stessa ti avevo giudicato e non perché trovassi la idea davvero voluta, per buttarci via ed eliminarci tutti. Il tuo desiderare c'era fin da subito, non è vero? Dopotutto stavi viaggiando fin da subito, la tua destinazione... era cambiare le idee che avevi di te stesso... sei tu a credere di essere un mostro, sei tu a dirtelo, da te-

-Eppure tu stessa lo hai detto- ribatté subito con tono di ripicca -Tu hai dato del mostro a lui... tu glielo hai fatto capire abbastanza con quegli innocenti occhi da cerbiatta che ti ritrovi- ridacchiò -E tu sei la 'santa' che lo ha colpito alle spalle, mentre lui aveva gettato lo scudo-

-Non lo sono!...non lo sono e mai lo sarò. Lo ho già detto, ricordi? Faccio errori, sbaglio come chiunque, dopotutto, sotto all'Elemento, sono umana come lo è lui, come lo sei tu-

-Io?- soffocò una risata con un colpo di tosse, serrando le labbra -Ti ricordo che sono la parte più oscura di lui, la parte più buia di me, non c'è nulla che mi trafigga... e poco fa non avevi detto che ero cattivo? Ti contraddici-

La Luce non ascoltó minimamente l'ultima obiezione -Questo lo dici tu- la convinzione nel tono della ragazza aumentava, portando Nightshadow ad inclinare dal lato opposto delle precedenti il capo, ruotando lo sguardo.

-Se un raggio di luce c'era dalla mia parte, è morto da un bel po', come sta morendo quella di lui ... dovresti vedere il possesso che ha iniziato a nuotargli contro come uno squalo... una volta che tutto sarà finito, non avrà più rimpianti, neppure il più piccolo- chiuse lentamente le palpebre, prendendo un respiro, innalzandosi in aria più che prima, muovendo appena le palpebre verso l'alto.

Appena lo fece, un'onda scura aggredì i loro petti, provenendo dagli stessi lacci che li legavano, provocando una sensazione di sofferenza indescrivibile, come se il proprio corpo si stesse scomponendo, pezzo dopo pezzo, colpendo le ferite aperte, le paure, alimentandole come legna tra le fiamme, stordendoli.

A Nemes lacrimarono gli occhi, sentendo il proprio sguardo che perdeva di lucidità, colpendola con un immagine precisa.

Un immagine dove vedeva una schiena, dei capelli scuri come la notte più buia.

E lo vide girare il volto, mostrando il viso del corvino, inizialmente naturale, che si trasformava in quello che era lì, davanti a lei, in quel momento.



 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27- Maledetto ***


Guy

Un oscurità folle, i sussurri e le urla.

Ero immobile, immerso in una sorta di melma scura che, al minimo movimento sembrava inghiottirmi.

E rimanendo fermo, guardai verso l' alto, osservando in silenzio quel nulla che nei miei sogni cercava di raggiungermi, ma che stavolta mi afferrava e mi toglieva il fiato, lasciandomi a metá tra il cosciente ed il non, mentre le mie palpebre cadevano verso il basso, troppo pesanti per esser sostenute.

E sentivo il mio cuore battere lento come non mai, che sembrava poi rallentare più i secondi passavano.

Che l' oscurità mi stesse uccidendo? Non sapevo dirlo.

Continuai a rimanere immobile, così immobile che persi la condizione del tempo.

Da quanto ero qui? La quantità di tempo era indefinibile, non raggiungibile affatto con la mente.

Scorreva lento, inesorabilmente, infinito come quel buio che mi copriva.

Ma il fatto peggiore era che non riuscivo a definire nulla di me, mi sembrava di star dimenticando tutto, ogni cosa di me.

Chi ero, chi conoscevo.

Tutto sostituito con uno strano vuoto, un niente disperato ed uniforme in cui sarei ben presto sprofondato, annegandovi dentro e diventando parte di esso.

Dischiusi le labbra, provando a parlare, solo per sentirmi capace di farlo, non ricevendo null'altro se non un mugugno dalle mie labbra.

Ed il filo che mi legava, quello che l'oscurità sembrava tirare a sé, mi soffocava quasi.

Ma perché l' idea di unirmi a quel nulla mi faceva così paura? Non lo capivo.

Una parte del mio cervello insisteva per evitare che potesse accadere, lo faceva disperatamente.

L' altra invece, voleva solo abbandonarsi, lasciarsi sprofondare , concludere lí tutto, anche se quel 'tutto' non riuscivo più a definire cosa fosse.

Era la mia vita a doversi concludere? Se sí, perché? Chi ero?

"Cos'è, mi sto rimbambendo? Fino a poco fa ne ero più che sicuro... io... io sono..."

Mi portai le mani alla faccia, mentre smettevo di respirare.

"Un mostro... ma... perché? Cosa ho fatto? Perché non me lo ricordo?"

Trascinai le mani nere ai capelli, guardando il mio corpo improvvisamente nudo, segnato da quella poltiglia scura, intrappolato come un topo in gabbia.

"Ho fatto soffrire delle persone... chi? E perché?"

Di nuovo il mio battito cardiaco, lento e rimbombante nella testa, nel petto, in tutte le parti del mio corpo sembrava ricordarmi del fatto che esistevo.

Ma non sapevo dire se era una cosa buona o negativa.

Guardai tutta la melma scura in silenzio, cercando di vederci il mio riflesso, o di trovarvi anche solo la più minima traccia di un fondo, che nonostante fossi in piedi, fermo, mancava, per il semplice motivo che lentamente il mio corpo continuava ad affondare.

Lo sentivo scivolare lentamente, senza potermi fermare.

Era qualcosa di inspiegabile, immutabile, quasi come il corso di una cascata che scendeva senza tregua verso la propria meta, io mi inoltravo verso il totale annullamento del mio corpo, per la coesione che il mio Spirito avrebbe avuto con quell'ottenebrante oscurità.

E chiusi gli occhi, sentendo sempre le due opzioni nella mia testa che andavano a premere nella mia mente per ottenere risultati, cozzando l'una contro l'altra come due spade che cercavano di vincersi tra di loro, scintillando, emettendo rumori rabbiosi, stridii e  i boati.

Il loro clangore mi suonava appena un poco nella testa, come un eco, mentre la mia decisione era sempre più incerta.

Cosa dovevo fare? Sfuggire alla situazione? Lottare? O lasciarmi andare nel nulla, perdermi come il maledetto che ero, che mi sentivo, che non ero sicuro di voler essere?

Entrambe le opzioni avevano punti forza e punti deboli, ma non riuscivo neanche più ad individuarli.

Sbiancavano le idee nella mia testa come il cielo in mezzo alla nebbia, come le strade innevate ed i vivi che, morendo, lasciavano il proprio luogo terreno per andarsene chissà dove.

Io dove sarei finito nel caso mi fossi lasciato andare? Non lo sapevo, non ne avevo neanche la più piccola, neanche il minore degli stracci delle idee.

Mi sarebbe potuto accadere qualsiasi cosa.

Ma poi il desiderio di non farmi abbattere, mi prese di nuovo, tornando a far infuriare quella battaglia, affatto priva di colpi, che si lasciavano scontrarsi per la decisione finale.

Nessuna delle due voleva farsi battere.

Il desiderio di sfuggire a tutto era un baluardo da difendere o da mollare? E l'altro? Quello di unirsi, di gettare tutto ed arrendersi, neanche quello sembrava da rifiutare.

Era come se le due scelte fossero due strade.

Io dovevo percorrerne una, ma non ero più sicuro da tempo quale fosse l'adatta a me.

-Se sceglierai di mollare, non soffrirai più- bisbigliava una -Non guarderai più nessuno, sapendo di deluderla, non avrai amici, ma ti basteremo noi, siamo un ottima compagnia-

Delle risate, varie, crudeli, risate, seguite dal sussurrare di più voci.

-Non ascoltarlo! Non riceverai altro che il disprezzo da parte di chi ti guarderà- rispose l'altra -Ti perderai in un mondo fatto di odio e sofferenza-

-Soffrirai di più dal'altro lato- dissero in contemporanea le voci, strappandomi una smorfia, mentre le mie mani tremavano.

-Tacete. Entrambe- dissi in un fil di voce, talmente basso che a momenti non sembrava neppure avessi parlato, senza neppure rendermene conto.

-Tacete- ripetei, sentendo nuovamente del dolore, fortunatamente lieve, alle nocchie, poi a vari punti del corpo, ma non abbastanza dolorosi da farmi urlare come... quando? Quando avevo urlato? Non ero rimasto da qui sempre, ne ero sicuro.

Oppure no? Come ero arrivato qui? Non ricordavo più neppure questo.

Stavo dimenticando parecchie cose, me lo sentivo.

Cose fondamentali, che sparivano come impronte sulla sabbia trascinate via da un onda, cose necessarie a farmi decidere che scelta prendere.

Uscire? Entrare? Ero fatto per una scelta o per l'altra?

La voce che mi aveva chiesto di non arrendermi, di non scegliere ciò che mi trovavo davanti, aveva detto che c'era qualcuno che teneva a me.

Era davvero così? Oppure no? Non aveva mentito, forse? 

Tutte e due le voci mi avevano assicurato che, nella scelta che avrei fatto, che fosse da un lato o dall'altro, avrei sofferto comunque.

Non era a questo punto meglio sceglierne una e basta? Non importava quale, giusto? Bastava che ne decidessi una, mettendo da parte l'altra.

Eppure risultava maledettamente difficile, era come essere una corda, una fune precisamente e che mi tirassero, prima da un lato e poi dall'altro.

E poi, anche in questo caso, una delle voci poteva aver mentito, poteva aver detto qualcosa di completamente sbagliato, contando che io stavo perdendo di vista ogni singola cosa che in precedenza avevo inscritta nella testa.

Mi portai la mano alla maglia, prendendo un respiro profondo.

-Bene, allora ditemi, cosa mi accadrà davvero da un lato e cosa dall'altro, spiegatemi chi e perché  dovrei scegliere, in ordine-

Lo dissi con voce roca, forse per essere stato zitto per quasi tutto il tempo fino a quel momento.

-Dunque?-

Di nuovo il sussurrare si riaccese nella mia testa, diverse voci confuse che parlottavano.

-Dalla parte scura potrai vivere senza il rimpianto, senza che tu debba essere stretto in un legaccio che possa impedirti di volare, senza che nessuno possa strapparti via qualcosa, perché non avrai bisogno di nulla- disse la prima voce, seguita da un ridacchiare scostante -Ti divertirai ad agire secondo le tue idee, nessuno ti governerà più-

-Se resisterai loro- iniziò la seconda voce -Avrai la tua umanità, certo, potrai soffrire, ma sarai umano, tutti gli umani soffrono, chi più chi meno, ma hanno la felicità... e l'oscurità non proverà mai la felicità che cerchi tu. Tu stesso volevi essere normale... beh, puoi esserlo con le persone a cui tieni, le persone che tengono a te-

Aggrottai la fronte un poco, sentendo il cuore perdermi un colpo -Le persone che tengono a me e a cui io stesso tengo...- ripetei

-Se ti concentri bene, potrai ricordarle-

-Non farlo- rispose improvvisamente la seconda voce, non interrompendo l'altra come io stesso avevo richiesto, ma ribattendo prima che io decidessi se provarci oppure no -Se lo farai, vedrai ciò che hai fatto a loro-

-Cosa...-

-Li hai feriti- disse subito la prima

-Ma puoi rimediare- intervenne la seconda

-Non sono in grado di perdonarti e di capirti, non lo sono mai stati e mai lo saranno-

-Lo saranno se darai loro un occasione-

-No. Lo hai già fatto e non hanno compreso-

-Solo perché non hai dato loro del tempo- rispose dolcemente l'altra voce, facendomi percepire un brivido per la schiena, mentre portavo una mano al petto, sentendo un sentimento strano al petto che non sapevo definire quale fosse -Nessuno non è in grado di perdonare... c'è bisogno di tempo...-

-Troppo tempo- lo stoppò intromettendosi la prima con un tono cattivo e rabbioso -Anche perché al minimo errore ti sputeranno in faccia-

-Lo hai fermato- dissi, serrando le labbra di tutta risposta -Ho detto nessuna interruzione, tutti e due dovete finire di parlare-

Cadde il silenzio, mentre i bisbigli soffocati tornavano a conversare nella mia testa come non mai, prima che la seconda riprendesse da dove era stata bloccata.

-C'è bisogno di tempo... e prima di ricevere, devi dare, non puoi aspettarti che una ferita si chiuda se non cerchi di curarla- iniziai a sentire dentro alla mente e al petto un che di piacevole, come un calore che si espandeva, mentre sulla mia testa  si accendeva un flebile raggio che sembrava spaccare quell'oscurità tale che anche solo quel piccolo accenno luminoso mi infastidì un poco gli occhi.

-No, come ho già detto io, al primo errore faranno di tutto per incolparti, metteranno ammenda a tutte le cose sbagliate che vedono in te, spiattellandotele addosso una dietro l'altra fino a renderti sepolto dai sensi di colpa. E da noi non ne avrai, non uno, non dovrai sentirti inferiore a tutti solo per i peccati e gli errori che gli altri trovano in te-

-Ma non avendo sensi di colpa, non potrai renderti conto di cosa ti perderai, non vedrai, sarai cieco sotto alla convinzione di avere tutto a portata di mano allo strapparlo via... se certe cose le vuoi, bisogna guadagnarsele e per quanto sia faticoso, alla fine ne sarai soddisfatto-

-Soddisfatto? Soddisfatto?! La fatica che fai per conoscere qualcuno e legarti a quel qualcuno, rimanendo te stesso diventa solo sudore e lacrime sprecate se poi al primo obbiettivo mancato te lo ritorcerà contro...! Non esistono veri amici, non esistono persone che non ti deludano-

-Esistono- rispose invece - Devi solo renderti conto che sono davanti a te... e tu ce li hai, ti basterà cercarli con la mente, li potrai trovare-

Ancora calore, una luce più intensa nacque, attraversando quella nube notturna e buia, tornando ai miei occhi, ma stavolta senza ferirmi, come se avesse piuttosto iniziato a darmi sollievo.

-Ti colpiranno alle spalle, di nuovo, al primo momento in cui ti mostrerai per quello che sei davvero-

-No, ti accetteranno, vorranno conoscerti per quello che copri, perché anche loro hanno debolezze, non solo tu, non sei solo tu ad essere colpito, non sei il maledetto che credi di essere, non lo sei mai stato, loro lo sanno,  nessuno di quelli a cui tieni cercherà di...-

-Mente! Non ascoltarla! Cerca di attirarti a lei per buttarti giù in un precipizio, come fai a non rendertene conto?- urlò la prima voce, sovrapponendosi alla prima con rabbia e furia che mi fece muovere un passo all'indietro dallo spavento, sentendo la gamba scendere furiosamente verso il basso, al punto  che mi si vedeva a malapena la vita.

Non mi ero reso conto di essere già sprofondato così tanto, ma mi resi conto dell'ennesimo strattone che giunse, mentre qualcosa o qualcuno sembrava afferrarmi le caviglie.

-No! Aspetta! Non voglio! Lasciami andare!- gridai subito, vedendo poi la luce al di sopra della mia testa che si allargava ogni secondo di più, mostrando una mano semitrasparente che correva verso la mia direzione per afferrarmi.

-Aiutami!- urlai ancora, sentendo la forza sotto che stringeva con più convinzione che in precedenza.

E mentre lo gridavo, diverse immagini presero a scorrere nella mia mente come un filmino, visi, frasi, scene inizialmente confuse che presi ad identificare ogni secondo di più.

Scene che mi sembrava si fossero annullate completamente dalla mia testa.

E li vidi tutti, alcuni che sorridevano, altri meno, ma che comunque si comportavano in una maniera che non avevo mai visto in altre persone prima.

  -Portami via da qui- pregai ancora quel fantasma di luce, dove vidi, spalancando gli occhi, Diana, che mi sorrideva. 

Un ennesimo brivido mi percorse la schiena, con un che di dolce, di caldo, mentre mi si fermava il respiro.

-Voglio...- cominciai, faticosamente, tirandomi sempre più in su, cercando di sfuggire alla presa che quel qualcosa aveva sulle mie caviglie.

-Dimmelo, su- sorrise, incitandomi a parlare -Dai, dimmelo-

-Voglio tornare da loro- risposi in un sussurro, sentendo le lacrime prendere improvvisamente a bagnarmi le guance, mentre la disperazione mi avvolgeva, mentre mi sforzavo ad allungare la mano il più possibile.

Sentivo il mio cuore scalpitarmi nel petto, mentre il raggio di luce brillava sempre di più per tirarmi fuori, per salvarmi davvero, per portarmi via da quel posto che era diventato e che era sempre stato il mio incubo personale.

Sapevo chi ero, sapevo tutto, sapevo di aver fatto soffrire le persone a cui avevo seriamente iniziato a temere e tutto per una stupida richiesta che non avevo capito affondo, non facendomi bastare quello che aveva preso a circondarmi.

Loro avevano preso a circondarmi, loro, nessuno lo aveva mai fatto, ma loro sì.

E la mano trasparente mi afferrò dolcemente, con un tocco delicato, che sapeva di gentilezza ed affetto, di ciò che avevo bisogno da tempo.

E prese a tirarmi su, facendomi man mano uscire da quelle sabbie mobili così scure che mi consumavano e mi macchiavano con cattiveria, con ciò che non volevo avere.

Non volevo essere oscuro, non così tanto da rovinare tutto quello che avevo costruito.

Non volevo essere trascinato in quel nulla, dopo essermi reso conto che non avevo mai dimostrato nulla a nessuno, non avevo mai cercato di smentire le voci che erano aleggiate su di me, non mi ero mai difeso e non ci avevo mai provato.

Avevo difeso altri, ma non me, neppure da me stesso.

E la sensazione di essere sollevato da lei, uscendo man mano, aveva un che di bellissimo, di così bello che quasi mi esplodeva il cuore nel petto per quanto forte mi batteva.

Ma prima che riuscissi anche solo a sfuggire completamente a quella palude nera e tetra, tantissime altre mani, non più solo una, mi afferrarono, tirando con così tanta forza che persi la presa dalla mano, la quale, mentre tornavo a crollare, tentò disperatamente di aiutarmi ancora e ancora, cercando di agganciarmi e tirarmi completamente su, non riuscendovi.

Urlai a pieni pomoni il suo nome, senza poter reagire, guardando quello spiraglio che si annullava sempre di più, rendendo la mano uno sfarfallio ottuso.

E tutto il mio corpo sprofondò con un botto in quelle sabbie putride e oscure, mentre tutte le mani mi spingevano verso il basso, diventando lacci scuri, mentre lo strato che mi distanziava dalla luce si sembrava compattare.

E soffocavo, sentendo il mio corpo scivolare sempre di più verso il basso, con un enorme pressione addosso che sfiorava il folle, quasi avessi un masso addosso.

-Tu sei il maledetto... e sempre lo sarai, perditi tra noi- disse di nuovo la prima voce, con tono cantilenante, mentre mi sentivo sanguinare all'interno, sanguinare come non mai, la mia lucidità che svaniva insieme al mio desiderio di ribellione.

L'unica cosa che avrebbe potuto salvarmi, non c'era riuscita.

Non aveva senso provare a risalire a galla.

E quella luce, quella piacevole luce che avevo visto, sarebbe sparita eternamente, non ce ne sarebbe stata più traccia.

Non avrei più urlato, non avrei più avuto un motivo per farlo, sarei rimasto perso, ferito e solo, fino a non sentire più nulla.

"Dopotutto sapevo che sarebbe finita così" pensai, vedendo le lacrime che ancora mi scorrevano le guance sollevarsi verso la superficie, mentre il mio corpo sembrava venir sciolto in quell'oscurità.

Pezzo per pezzo, ogni parte di me spariva, diventando quel nulla, mentre la mia mente si spegneva in un black out totale.

*

No Pov     

No Pov

E lui agitò la frusta in aria, ridendo, mentre guardava gli altri urlare sotto il dolore del quarto colpo che aveva lanciato loro, che li scuotevano e li facevano agitare dalla sofferenza.

Ogni colpo di più li consumava, mandando immagini chiare e che alimentavano la loro sofferenza senza che potessero avere neanche tempo di riprendersi.

Per lui che li guardava era così divertente! Sentiva il loro patire, vedeva le immagini che ricevevano.

Non importava di chi fossero, loro che si agitavano, che urlavano, che sentivano il mondo spezzarsi sotto di loro per farli cadere mentre cercavano di scappare con la loro plateale richiesta di fermare tutto, beh... era così divertente che non smetteva di ridere, non ci riusciva.

Ovviamente non le mandava a tutti tutti, siccome il Ghiaccio, ancora privo di sensi, non avrebbe urlato a sua volta se lo avesse colpito.

Finché non fosse stato sveglio, non avrebbe potuto.

Cavolo però se ce ne metteva di tempo! Non aveva mai visto nessuno impiegarci così tanto, se continuava a rimanere così, avrebbe potuto perdere la pazienza.

Voleva vedere se anche lui si sarebbe appellato alla sua umanità , se invece avrebbe cercato di combattere.

La seconda gli ispirava tantissimo, adorava l'idea di portarlo ad essere esausto, quasi tremante, mentre avrebbe ricevuto la plateale sconfitta che ne sarebbe seguita.

E con questo pensiero, smise di ridere, ghignando, lanciando un quinto assalto ancora più pesante dei precedenti, colpendo precisamente i nervi scoperti.

Bellissime le scene della loro sofferenza.

Bellissima la loro agitazione, che sembrava alzarsi ad ogni colpo di più, tormentandoli come mai prima, gettando a terra le loro speranze, spaccando i loro sogni, infierendo sulle ferite già aperte, per non dire spalancate e grondanti di sangue misto a paura, rimorso e molte, molte altre emozioni che si susseguivano con il loro carattere così piacevole a vista sua.

-Fer...fermo!- pregò Diana -Per favore, fermati, tu non vuoi...-

-Fare questo? Oh, sì, voglio eccome...- si scatenó in un ennesima risata inquietante -Sei testarda ragazza, renditi conto che non ha senso dire tutto questo-

-Già, non ne ha- rispose improvvisamente un altra voce, che portó sia Guy sia Diana che gli altri in generale, sentendo un minimo di sollievo per quella pausa dalle ondate oscure, portarono lo sguardo in un unico punto.

Il Buio sorrise leggermente, vedendo finalmente sveglio il ragazzo, il quale aveva un che di strano.

Un che di molto strano, contando che prese in mano la catena di Diana, stritolandola con le mani che, oltre alla pressione, scaricavano energia fredda da tutti i pori.

Ma la cosa peggiore, quando egli la ruppe, fu l'assistere alla sua retina che a sua volta si anneriva, mentre pezzi di ghiaccio iniziavano ad uscire dalla maglia, strappandone pezzi.

Anche la sua pupilla era rossa sangue, la mandibola che aveva preso a far diventare i denti simili a rasoi, di una forma esagonale, mentre davanti e dietro si formavano pezzi di ghiaccio, davanti simili ad una x, molto affilati e tutt'altro che fragili.

Dietro non si sembrava definire cosa avesse.

Non parevano ali, non complete almeno.

Erano più un inizio, un accenno, che avrebbe impedito lui di spiccare il volo e raggiungere il Buio per combatterlo dall'alto.

E i rimasugli della sua maglia caddero al suolo, sfilacciati e impossibili da sistemare.

-Vuoi divertirti con me?- chiese il corvino, ghignando

-Volentieri!- fece un accenno di inchino, con un che da pagliaccio, mentre dai suoi occhi uscivano cristalli di ghiaccio.

-Ma sappi una cosa... - continuó -Morirai-

-É una minaccia? Huh? Perché non credo che andrá in questo modo, davvero! Ma saró felice del tuo sforzo!- rise sguaiato, muovendo la frusta di tre colpetti verso il basso.

-Ed ora... iniziamo-














 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28- Scontro ***


No pov

Il combattimento cominció praticamente subito dopo quel discorso.

Erano l'uno contro l'altro, a distanza per il semplice fatto che uno dei due volava, mentre l'altro no.

Guy fece subito saltare la frusta in direzione dell'altro, il quale paró l'attacco formando uno scudo di ghiaccio che portó nella stanza un rumore non dissimile ad un iniziale sibilo, che poi diventava un vero e proprio schiocco che fece tremare le pareti della caverna, provocando una continua serie di echi che si ripetevano fino a far venire il mal di testa.

Di tutta risposta a questo colpo, Luxor lanció un raggio di ghiaccio che il corvino schivó, creando attorno a sé un aurea scura e pericolosa, quasi velenosa.

Un secondo colpo giunse da parte del biondo, che, ancora proteggendosi con quello scudo che non aveva neanche bisogno di tenere in mano, siccome appariva più una barriera che altro, lui colpí in maniera non dissimile alla precedente, dividendo peró l'arma in tre, portando il Buio a schivarli ancora tutti.

Essendo nell'aria, aveva la supremazia, nonostante non potesse salire così in alto per permettersi di definirsi veramente distante dal proprio nemico, ostinato e rabbioso, che iniziava soltanto a scaldarsi un po' per dare il meglio di sé e vincere.

E ogni colpo che si lanciavano, lo sfidante si difendeva, ricambiando con un altro.

Un fuoco fatuo nero uscí dalla mano del Buio, guizzando prima da una parte e poi dall' altra, portandone una decina a seguirlo, scioltesi dalla frusta che probabilmente Guy iniziava a trovare inutile in quell' incontro, mentre si spostava prima da un lato e poi dall'altro per trovare un punto più idoneo da attaccare.

Ma Luxor sembrava seguirlo con lo sguardo quanto col corpo.

Se Virgil si muoveva da un lato, si poteva essere certi che nonostante tutto, si sarebbe trovato davanti a lui, costantemente davanti a lui, a fissarlo con la intensità di un predatore.

Ma Nightshadow non era da meno, sembrava pronto a reagire a qualsiasi mossa di quell'invisibile scacchiera, di cui lui era una delle pedine principali, se non lo stesso re, mentre scagliava all'attacco i propri pedoni per studiare le mosse del nemico.

E Luxor non era da meno, non lo era affatto, anche se era già partito fin dall' inizio mettendo in mostra quello scudo che pareva impenetrabile, nonostante sapesse di essere solo all' inizio delle proprie risorse e che di tempo ne aveva tantissimo a disposizione per far saltare le sue difese, proprio come stavano saltando quelle dell'umanità del proprietario del suo corpo.

Le sentiva calare, mentre l'oscurità dentro di lui ribolliva con una gioia insana.

E colpí di nuovo, rispondendo ad un assalto da parte del biondo, di cui vide i pezzi di ghiaccio sulle sue spalle muoversi, aprendosi e chiudendosi tra di loro, muovendosi a mo' di stella marina, nonostante decisamente non lo fossero.

Altri colpi, altri tonfi, nessun risultato, se non un minuscolo taglio di striscio sulla guancia del corvino, così piccolo e poco profondo che decisamente non rallegró l'umore dell'altro, non che ne avesse davvero uno, ma decisamente non ne era soddisfatto ed uno sulla mano del Ghiaccio, che pareva tagliargli la pelle e farla vibrare.

A Task ricordava molto il combattimento che aveva fatto contro Will.

Il fatto principale poi era che lí, al contrario suo, nessuno avrebbe tentato di arrendersi.

Il loro era un vero combattimento, di quelli che potevano soltanto portare alla morte di qualcuno, di quelli che mai si sarebbe immaginato di poter assistere prima che fosse stato praticamente costretto a partecipare ad un simile viaggio, con una così complicata missione da compiere.

Un moto di nervosismo gli afferró lo stomaco, mentre il pensiero di quello che era quasi sicuro che sarebbe successo, gli aleggiava nella mente.

Chi avesse prevalso non aveva importanza, una volta che uno fosse morto dei due, sarebbero stati spacciati tutti in ogni caso, siccome dubitava che, vincendo, Luxor li avrebbe lasciati in vita.

E decisamente Guy poi aveva dimostrato di volerli uccidere tutti, ma almeno stavano ottenendo qualche attimo, non sapeva quanto sarebbe durato, in più di vita.

E decisamente vedeva che gli altri Elementi stavano tentando di tutto per liberarsi a loro volta da quei lacci che li legavano, terribilmente stretti e crudeli quando venivano messi in atto.

La frase di Morgan gli tornó alla testa immediatamente.

Se anche solo uno di loro fosse morto, il loro Elemento sarebbe sparito da Athlas.

Un altro botto susseguí, con un leggero fumo grigiastro, scuro come non mai, che si sollevava a vista d'occhio, mentre il colpo di Guy sembrava portare lo scudo di Luxor a scheggiarsi un po', senza però riuscirvi, o così parve, siccome, mentre l'Elemento cozzava con quella superficie, non accadde praticamente nulla, nessun rumore particolare, nulla di evidente  .

Eppure per un attimo gli parve ci fosse una rottura, non seppe neppure lui definire perché.

Della sua stessa opinione era Will, che aveva alzato di poco la testa per controllare, rigettandola verso il laccio.

Non sapeva come liberarsi.

Ci aveva provato in tantissimi modi, usando l'Aria per tagliarlo, premendolo verso l'esterno, cercando di sollevarlo almeno un po'... ogni tentativo che mise in atto risultó inutile.

E si ritrovó ad alzare di nuovo la testa e a sgranare gli occhi quando vide che una piccolissima parte delle ali da corvo del Buio era stata congelata.

Ma soprattutto lo fece quando lo vide staccarsi le piume gelate da sé, sporcandosi le mani di un liquido nerastro che, nonostante il colore, risultava sangue per la densità della composizione.

Sangue simile ad inchiostro che gocciolava, portando Luxor a ghignare, riattaccandolo subito con una decina di altri colpi, uno dopo l'altro.

E tutti vennero evitati, mentre il corvino prendeva a ridere sguaiato, portando una mano dietro di sé e strappandosi altre piume, facendole girare tra le dita brevemente, come un pazzo, autolesionandosi da sé.

Robin non si accorse inizialmente di come stessero diventando affilate e lunghe, ma lo realizzó quando una piuma uscí dalle dimensioni della sua mano, ingrandendosi fino a diventare della lunghezza di una freccia.

E prese a lanciarle tutte, come in un tiro al bersaglio, la cui mira decisamente non mancava.

Le piume schizzavano fuori dalla sua mano contro la barriera ad una velocità che non aveva mai visto.

Era impossibile riuscire a seguire la loro rapidità con lo sguardo, nel momento stesso in cui gli sembrava di vederne una, la perdeva già.

Lo scudo prendeva colpi su colpi, ad ogni piuma di più sembrava diventare sempre meno resistente.

Will lo vide strapparsi altre parti di ali, facendo gocciolare ancora di più e ancora più rapidamente il suo sangue, che procedeva lugubre verso il suolo, mentre il suo gocciolare provocava echi continui nella caverna.

E Luxor, di tutta risposta, prese a cercare di colpirlo di nuovo con varie schegge ghiacciate, anche queste evitate, una dopo l'altra, muovendosi semplicemente nell'aria, spostandosi, anche se non gli sembrava importare del fatto che potesse essere colpito ancora.

E il nuovo piumaggio che lui stesso si era raccolto man mano tra le dita, divenne una sorta di fulmine oscuro che ruggiva, sibilava e sembrava muoversi da sé.

Un fulmine oscuro che il ragazzo gettó contro lo scudo con una forza che fece tremare tutto.

Pareti, terreno, perfino l'aria stessa che si gettó di corsa verso il fondo della caverna, facendo svolazzare i capelli del biondo in aria, scompigliandosi da tutte le parti con un che di sbarazzino, per poi tornare come in precedenza, mentre la barriera crollava ed il colpo centrasse un fianco a Luxor, facendolo indietreggiare e rischiare di cadere a terra.

Il Ghiaccio fece una smorfia di dolore, portandovi la mano e strappando lo strumento ancora ringhiante al di fuori delle sue carni, vedendola diventare polvere e svanire, mordendosi il labbro ed evitando di emettere anche solo un fiato.

E una riga rossa gli scivoló al di fuori dalla ferita, schizzando incostante come un vulcano.

Ogni goccia del suo liquido vitale, appena toccava terra, diventava ghiaccio.

Quando se ne rese conto, il biondo alzó il sopracciglio dalla sorpresa, ma non diede alcun momento di distrazione nei confronti dell'altro per lasciarsi colpire ancora, prendendo a muovere la mano sinistra in maniera bizzarra, quasi cercasse di attirare qualcosa, risultando aver un polso simile ad un serpente che muoveva la testa avanti ed indietro aprendo la bocca.

La seconda mano andó invece ad appoggiarsi alle pareti, come se fosse stanco, guardando di sottecchi l'altro e, dopo qualche secondo, di botto, ogni singola parte di quella pietra divenne sepolta da uno strato parecchio resistente di ghiaccio puro.

E sia a Diana che a Task venne in mente quella caverna in cui erano stati una notte per ripararsi e riposare.

Un brivido di freddo percorse la schiena del rosso, mentre la Luce osservava tutto, assorta, passando lo sguardo dal corvino al biondo in una maniera assolutamente agitata.

-L'atmosfera si é fatta un po' troppo fredda per i miei gusti - commentó Nightshadow ridacchiando -Cosa pensi di fare? Infilzarmi con una stalattite? Ibernarmi? Ah- si portó la mano al petto con una drammaticità sarcastica mentre alzava le sopracciglia -Ti sto dando idee forse? Beh! Non dureranno a lungo-

Luxor sorrise, non facendosi prendere od irritare dal tono cantilenante del proprio cratore -Questo lo pensi tu-

Ed ogni singolo pezzo di ghiaccio presente in quella montagna prese a muoversi, sia dall' alto che dal basso, con un che di mostruoso, quasi fossero i denti di un mostro che prendeva a masticare qualsiasi cosa che si trovasse davanti.

-E anche se fosse... un solo stalattite non mi basta-

E mentre il Buio svolazzava in aria, evitando ogni tentativo che il nuovo Elemento stava facendo per colpirlo, mentre ogni parte di parete in cui andava sembrava reagire al suo avvicinarsi, sembró agli altri che fosse spacciato.

Ovunque cercasse di andare, c'erano le schegge di ghiaccio, affilate e pericolose, ad accoglierlo, schegge che lo rincorrevano, quasi lui fosse un gatto ed esse il cane che gli abbaiava contro, facendogli rizzare il pelo.

E non si capiva se Virgil avesse paura o altro.

Aveva smesso di sorridere, questo sí, ma non sembrava spaventato dall'idea di venir colpito, piuttosto sembrava improvvisamente disorientato, probabilmente non si sarebbe aspettato la messa in gioco di una carta simile in quel momento.

E infatti era così, non avrebbe mai creduto che sarebbe bastato così poco per fargli perdere la pazienza ed arrivare già a scoprire un colpo molto, molto forte, che decisamente poteva assicurare la vittoria.

Perció, sí, il Buio era parecchio disorientato.

E dall' esterno, Diana lo vedeva così, riusciva a leggere l'ansia , sentendo il proprio stomaco piegarsi all'idea che comunque, nonostante avesse voluto ucciderli, venisse centrato da uno di essi.

Avrebbe dovuto odiarlo, aver un certo ribrezzo almeno nei suoi confronti.

Eppure lei voleva che si salvasse, che riuscisse a scampare a tutto quell'enorme ammasso di ghiaccio che cercava di impalarlo ovunque andasse, portandolo ad agitarsi alla rinfusa.

"Ti prego" pensó subito, chiudendo gli occhi senza nemmeno rendersene conto per non assistere alla scena.

E mentre lei chiudeva per un attimo gli occhi, sentendo il terreno tremare ogni volta che una di quelle armi nasceva dal terreno, gli altri lo videro saettare ancora nell'aria, gettando lo sguardo di lato, sgranandoli un poco, per poi accelerare in volo e buttarsi, per non dire fiondarsi, addosso all'altro, facendolo cadere e sbattere la schiena contro il suolo, con tutte le schegge di ghiaccio che aveva sulla schiena che si conficcavano nel suolo, strappandogli il respiro, mentre ogni singola lama gelida si ritirava nel terreno come una molla.

Guy respirava a malapena in maniera flebile, il corpo scosso da fremiti leggeri, mandando giù a stento la saliva, inghiottendola, sentendola che si bloccava nella gola per quanto faticava a riuscirvi seriamente.

La Luce tornó ad aprire gli occhi, non sentendo più alcuno scossone, chiedendosi cosa potesse essere successo, se magari non era stato colpito od altro.

La prima ipotesi non le piaceva per nulla, ma ad occhi chiusi, circondata dal silenzio più assoluto ed improvviso che avesse mai captato in tutta la sua vita... beh, non aveva la più pallida idea di che cosa credere.

E vide la scena, sentendo il proprio cuore perdergli un battito intero.

Il Buio si teneva a dovuta distanza dalla X che sorgeva sul ventre del biondo e che sporgeva pericolosamente, placcandogli una mano contro la gola per soffocarlo, il sudore che gli percorreva la fronte e che gliela solcava fino a raggiungere le spalle e a bagnargli la maglia.

Lo afferrava ben stretto, il pugno avvolto parecchio forte attorno alla sua gola, che stringeva la presa sempre di più, facendo mancare l'aria al biondo già da subito, pronto a tirarla verso l'alto per staccargliela dal resto del corpo ed avere dunque la sua testa in mano.

Già il corvino si immaginava la scena, sarebbe stato decisamente divertente! Avrebbe accompagnato in precedenza quelle degli altri... ma siccome era partito dal più fastidioso, forse avrebbe dovuto andare nell' ordine inverso a quello che aveva inizialmente prestabilito.

E premeva con intensità, facendo ben capire il significato del suo gesto a chi lo guardava.

L'Acqua era sgomenta, sembrava essersi persa in un coma silenzioso in cui il suo sguardo navigava in emozioni miste a dolore e qualcos'altro che era impossibile spiegare, sentendo una strana sensazione di vomito che si impadroniva di lei all'assistere a tutto quel sangue, un po' che scendeva ancora dalle ali di Virgil, un po' che gocciolava da Luxor.

Will guardava con un che di resa, aspettandosi la conclusione che era più che sicuro sarebbe giunta a momenti.

Nessuno lo avrebbe potuto fermare... o così pensava fino a che non udí di nuovo la voce che, da quando il Buio era diventato così, aveva continuato a cercare di farlo tornare come prima.

-Basta! Fermati, Guy! Non ucciderlo!- urló infatti improvvisamente Diana, portando all'Elemento vittorioso a roteare gli occhi, facendoli guizzare in quelli indaco della ragazza, la cui espressione aveva del disperato, dell'implorante, un impeto di richieste che si avvicinavano a lui e si avviluppavano attorno al suo corpo come una giacca a vento.

Avrebbe voluto ribatterle di darci un taglio di togliergli tutto il divertimento, di fare la maledetta guastafeste, contando che stava per gustare la propria piena vincita, dopo aver rischiato di esser infilzato da stupide rocce appuntite di ghiaccio.

Avrebbe voluto, ma non ci riuscí, perché appena incontró il suo sguardo percepí diversi brividi che gli percorrevano la schiena come un calore.

"No" pensó subito, spalancando le palpebre, sentendo qualcosa... o qualcuno che premeva per uscire, per farsi strada tra l'oscurità di cui era fatto e farlo tornare nel profondo della sua anima, dove avrebbe potuto solo tentarlo, non potendo uscire poi per chissà quanto tempo.

Era capitato una volta che vi riuscisse, ma appena dopo aver combinato qualche guaio, aprendo le strade ai Demoni, agli Spiriti e agli Spettri, era stato nuovamente rinchiuso.

Per poco poi non era uscito ancora quando Nightshadow aveva quasi ucciso suo padre per i suoi poteri che ancora non controllava abbastanza per poter avere una resistenza maggiore ad esso, ma essendo piccolo, la sua innocenza aveva prevalso contro di lui.

Non gli avrebbe permesso di intromettersi e togliergli quello che aveva ottenuto.

E di tutta risposta a questo pensiero, mentre i rubini si incastonavano tra di loro di nuovo, quelli del Buio, proprio mentre stava per dichiarare la propria vittoria, ebbero un fremito.

Molló l'altro, il quale era ancora stordito dal colpo e che tossí per la lunga mancanza di fiato e che non riusciva a muoversi, spostandosi di qualche passo all' indietro, le mani alla testa, mentre un grido disumano spezzava quel silenzio gelido, portandolo a crollare a terra ed agitarsi come mai prima, gli occhi che continuavano a saettare da rossi a blu, come lottando per la prevalenza.

Rotoló di lato, portandosi ad incontrare il muro ghiacciato con la schiena.

In un attimo, tutti i legati realizzarono cosa stava accadendo, nel preciso istante in cui lo videro sputare sangue carminio e non più nero, mentre si trascinava in avanti come un serpente, strisciando faticosamente, il gomito che si trascinava in avanti prima del resto del corpo.

Lo guardarono tutti, stralunati, mentre continuava ad agitarsi senza tregua come un indemoniato, prendendo a vomitare sempre più sangue, come svuotandosi.

La scena era orribile e pietosa, il blu ed il rosso che continuavano a distinguersi, fino a che, trascinandosi e vomitando altro liquido vitale, avanzava verso la direzione del portale.

Il blu, rispetto al rosso carminio e fiammante, pareva molto più morto ed opaco, ma lottava comunque.

Lottava, si allungava faticosamente e furiosamente cercava di mettersi in piedi.

Inutile provarci anche solo per respirare, non sotto quello sforzo enorme che nasceva da tentativi folli, che si facevano sempre più accesi, fino al punto che, mentre avanzava verso l' altra parte della grotta con decisione.

Ed entrandovi, molto vicino al portale, si giró, gli occhi blu notte la cui resistenza all' oscurità reggeva almeno un minimo, sempre di più rispetto al tempo in precedenza, in cui andava e tornava come il fulminare ed il rimbombare dei tuoni nel cielo .

I lacci cedettero proprio in quel momento, facendoli crollare tutti al suolo, mentre il rosso riprendeva a sbattere frequentemente con il colore più freddo, cercando di cacciarlo con cattiveria.

I cinque riuscirono a malapena ad alzarsi prima di assistere a ció che ne seguí.

Mentre questo accadeva, mentre il rosso vinceva sul blu riuscendo a far scomparire l'ultima resistenza del vero Guy, era troppo tardi per esso per cercare di combattere ed uccidere una volta per tutte il proprio nemico.

Guy aveva allungato la mano e l'aveva immersa completamente nel portale, facendo in modo che anche il resto del suo corpo venisse trascinato lá dentro, scomparendo completamente dentro di esso, lasciando gli altri in silenzio ad assistere, sentendo improvvisamente la pioggia prendere a scrosciare.

E si girarono verso il Ghiaccio, ancora intento a cercare di ribellarsi e liberarsi dal fatto che era incastrato nel suolo ed era comunque ancora troppo stanco per riprendersi e dichiarare battaglia ai restanti.

Non aveva neppure la forza di trasformarsi in un fiocco di neve...

Ma gli bastó guardare le occhiate torve che gli venivano lanciate per essere più che sicuro che non sarebbe finita bene.

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Capitolo 30
*** Epilogo ***


Scorpius

L'acqua gocciolava un po' dalle tettoie, mischiando l'aria con un che di umido che mi faceva far venire voglia di starnutire per quanto mi infastidiva.

Alzai gli occhi al cielo, contento del fatto che sarei presto tornato nel negozio, al caldo, indossando e possibilmente bevendo qualcosa di più caldo, mi sarei tolto quella frescura di dosso.

Un po' deluso però ero, per non dire tantissimo.

Giocelyn, Phoebe e la loro sorella maggiore erano sparite da casa da un mese praticamente, non le avevo più viste da quando avevo portato loro dei fiori, dei quali erano state anche entusiaste, non avendo la minima aria di chi voleva scappare e non farsi più vedere.

Le indagini sembravano esser state completamente interrotte, le polizie dicevano che c'erano milioni di casi simili, tutti principalmente di bambini e ragazzi che sparivano, dai cinque ai ventiquattro anni, in tutte le città.

Non si sapeva dove sparissero, ma una volta dopo essere scomparsi, non ricomparivano più, di loro non vi era la più piccola traccia, neppure un segno.

Mi ritrovai a sospirare, sentendo il campanello suonare come ogni giornata, come ogni volta che entravo od uscivo dal negozio, vedendo mia madre alle prese con un cliente.

Era un ragazzo dai capelli grigi argentati e ben ordinati, alto, gli occhi violetti, una tonalità tra chiara e scura che lo risaltava parecchio ed il viso adulto.

Indossava una felpa nera, con sotto una maglia segnata da scritte, il cappuccio calato all'indietro e non sulla sua testa, come doveva essere stato fino a poco prima, siccome era più bagnato quello che i capelli stessi.

-Ah! Scorpius! Servi il ragazzo, io ho una questione urgente da sistemare che riguarda...- fece una pausa, facendosi intendere

-Va bene, mamma. Faccio io, tu sbrigati però, abbiamo poco tempo- risposi rapidamente, prendendo il posto della donna.

Il ragazzo dai capelli argentati doveva essere appena arrivato, perché non ci fece una piega e per un attimo mi chiesi se non si fosse messo lí, davanti al bancone, per aspettare che la pioggia smettesse e non per comprare qualcosa.

Vidi la mia genitrice accelerare il passo, prendendo i vari vasi vuoti per portarli su.

Avevamo ricevuto una richiesta molto importante, troppo per risultare normale agli occhi di persone come noi.

La richiesta era stata di piantare duemila rose rosse in vasi per il capo dei politici che le avrebbe sistemate ad Elder, la città creata da poco in onore dell'Incarnazione degli Elementi.

Ovviamente, gli stessi politici più importanti e i loro figli ci vivevano e decisamente era la meta turistica più ricercata, contando la strada formata da un ponte sopra l'oceano e che distanziava comunque parecchio da dove al momento eravamo noi.

Forse lo avevano richiesto a noi per il semplice fatto che volevano rendere una sorpresa quella festa, forse perché costavamo meno... beh, di certo dubitavo che fossimo così famosi, quindi era sicuramente una delle due precedenti e sospettavo fosse la seconda.

-Cosa desidera?- chiesi tranquillamente al ragazzo, il quale si stava guardando attorno con un che di curioso, ma che non sembrava voler dare a vedere.

-Cercavo un ipotetico fiore desertico... - obiettó, rimanendo parecchio sul vago, saettando lo sguardo a destra e manca di nuovo.

Sí, iniziavo a credere fosse entrato solo per evitare la pioggia.

-Saprebbe descrivermelo?- provai tranquillamente, cercando comunque di ripescare i vari aspetti dei fiori che mia madre aveva preso dal deserto del Menhir, tenendoli in una stanza col maggiore calore possibile, alimentato dal camino, lasciando tutte le piante alla luce, con sempre il fuoco acceso e le finestre chiuse.

Quando vi si entrava, c'era un calore che, anche solo a starci una decina di minuti, ti faceva sudare anche l'anima.

Tacque, alzando le spalle -Era viola, un po' nero, più simile ad un insieme di mazzetti... come questo- tiró fuori un fiorellino, che sembrava davvero l'insieme di più fiori, ma che era tutto attaccato, con un unico gambo, l'interno che si scuriva man mano.

-É il Dyastrav primati- commentai subito, sollevato, vedendo il ragazzo che annuiva leggermente.

-Non é una pianta facile da trovare- dissi subito, guardandolo.

L'argentino si limitó ad alzare le spalle -Sono pronto a pagare il suo prezzo, qualunque esso sia-

La frase finale mi fece decisamente rimanere di stucco, per non dire che quasi mi paralizzai sul posto.

Annuii a stento prima di decidermi a rispondere con un -Aspetta qui- e di dirigermi verso la stanza riscaldata.

Di fiori veri, desertici, ce n'erano pochi.

La maggioranza era costituita da cactus e piante velenose di cui era meglio evitare di cibarsi, contando che poi c'erano le piante carnivore e se trovavi qualcosa ed evitavi di raccoglierlo sarebbe stato meglio.

Cercai con lo sguardo la pianta che mi aveva descritto e ne trovai una sola rimasta, perlopiù piuttosto bella, dentro ad un vaso di color terracotta.

Uscii con totale tranquillità con il vaso tra le mani, lanciando un occhiata al giovane e lanciandone una al mal tempo.

Era peggiorato, la pioggia scendeva senza tregua, come una cascata.

-Glielo incarto?- gli chiesi subito, tornando al balcone, vedendolo scuotere il capo

-Piuttosto, ha qualcosa che puó evitare che si bagni? Non vorrei che muoia subito-

-Purtroppo li abbiamo finiti- mi ricordai di tutte le protezioni che avevamo dato alle persone per metterle sopra alle aiuole per pgroteggerle sia dalla pioggia che dalla grandine - Se vuole aspettare qui intanto che piove così...?-

Lui alzó ancora le spalle, in silenzio.

Era decisamente uno di poche parole, ma si capí che era un sí appena io presi uno sgabello dei due che c'erano dietro al balcone e lui mi ringrazió rapidamente.

-Quanto le devo?- chiese ad un tratto, prendendo tra le mani la pianta e fissandola con un aria che appariva quasi triste ai miei occhi, anche se non sapevo definire se fosse vero oppure no

-Cinquanta nikki- risposi, vedendo come sbatteva le ciglia con un che di incerto e come infine annuiva, tirando fuori le monete che mi lasció sul balcone, risultando esatte.

Di nuovo il silenzio mentre se ne stava seduto, girando leggermente sullo sgabello a destra e manca.

Non ero sicuro di cosa dire, la pioggia portava un aria parecchio pesante e mi zittiva.

Avrei dovuto chiedere il suo nome ? Sarei parso un impiccione, meglio di no.

Chiedere se i fiori erano per una sua probabile fidanzata ? Doppiamente irritante, no.

Domandargli se era stato nel deserto per conoscere l'aspetto di un fiore e non il nome? Beh, anche questo non era qualcosa che mi rendesse meno impiccione ai suoi occhi.

Cavolo, detestavo apparirlo, ma non sapevo davvero come far passarlo quel tempo così maledettamente lungo da sembrare eterno.

-A chi sono dedicati?- chiesi incerto -Vuole magari un biglietto se é un regalo?-

-No... é per mia sorella- interruppe aggrottando la fronte e mordendosi la parte inferiore del labbro con aria assorta.

-Mmh-

Sí, dentro di me lo confermavo, doveva essere uno di quei tipi di poche parole che preferiva mille volte starsene sdraiato in casa che tra la gente comune.

Non male e né troppo bene, insomma.

Mi ricordava un po' Phoebe per certi versi.

A questo pensiero, non potei non darmi dello stupido, sospirando lievemente.

Non dovevo distrarmi e soprattutto non dovevo continuare a pensare alla loro scomparsa.

Valutai perciò mentalmente se chiedergli o meno come si chiamasse ed optai infine per il sí.

-Diarmid- rispose solo, gettando un occhiata dietro di sé, in direzione del paesaggio bagnato, laddove la pioggia pareva iniziare a rallentare almeno un minimo, abbastanza per apparire meno simile ad una cascata continua ed insopportabile quando non avevi niente da fare di decente se non essere costretti ad ascoltarla scendere, come se necessitasse di attenzioni.

-Tu invece sei...Scorpius, giusto?-

-Lo hai sentito dire quando sono entrato- conclusi rapidamente

-Non solo- ribatté

-Come?- dire che sgranai gli occhi non fu abbastanza, probabilmente al ragazzo dovetti parere piuttosto stupido, perché la mia espressione perplessa si basava principalmente nel sembrare stralunato.

-Ce lo hai scritto sulla maglia.... il... cartellino- fece un verso che mi ricordava il trattenere una risata, ma non diede segni di voler ridere come espressione, cosa che mi lasció semmai ancora più di stucco.

-Ah- sospirai, scuotendo il capo, sorridendo un po'-Non ci sono ancora abituato a questo affare- commentai, passandomi una mano tra i capelli, mentre la seconda viaggiava verso il cartellino e lo teneva in una mano, girandolo e rigirandolo ancora con nervosismo.

E poco dopo aver detto questo, la pioggia si placó, anche se ero quasi sicuro sarebbe ricominciata entro poco tempo.

Il tempaccio non faceva che andare e venire, se si schiariva, neanche un ora dopo tornava ad esserci nuvoloso, accompagnato da precipitazioni di tutti i tipi, da semplice acqua a neve, da neve a grandine, accompagnati da vento che poteva essere capace di sradicare alberi.

-Credo che tu debba sbrigarti a tornare da tua sorella allora- feci di tutta risposta, portandolo ad annuire, tenendo il vaso ben stretto tra le dita, per poi alzarsi, ringraziando ancora ed allontanarsi, uscendo poi dal negozio, portando di nuovo il tintinnare della porta, con un semplice saluto educato, a cui risposi, accompagnandolo con un sospiro.

-Ma'- mi avvicinai alle scale -Vengo ad aiutarti-

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Capitolo 31
*** Ringraziamenti ***


Dio, qui i ringraziamenti ci vogliono ancora di più che nel due.
Perché? 
Perché siete fantastiche/ci
Avete aspettato tanto tempo per il due, ma lo avete letto comunque.
E sinceramente, spero vi sia piaciuto ^^

E sinceramente, spero vi sia piaciuto ^^

Una dedica speciale a

ludoc24 la mia gemellina
ClarissXD il mio angioletto preferito
mendingmysoul la mia shippatrice preferita di Destiel
KuudPierrot la "Ok" time
amalfifangirl01 la mia Ammy
ZoePinzuti la mia Yaoista preferita 
LittleTeaCup_Deimos l'adorabile ed entusiasta 
e_musix la mia Coccoli :3
Seriz12 la lottatrice per i diritti di Topo Gigio e le Polpette.

Tutti gli altri ricevono un bacio ed un abbraccio. Grazie. Grazie a tutti per continuare a sostenermi. I love you.

Se volete, fatemi pure domande in generale qui sotto, nel prossimo capitolo risponderò e farò anche domande a voi

Se volete, fatemi pure domande in generale qui sotto, nel prossimo capitolo risponderò e farò anche domande a voi

Pronti ad aspettare (poco spero ) il tre,ma ancora prima la OS e i Ciack si gira  ?

Questo Tre spero che sia più facile da scrivere rispetto al due, quindi preghiamo insieme che io riesca a concluderlo il prima possibile!

E consiglio il tenere questa storia in biblioteca! 

Thank you sooooo much

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Capitolo 32
*** CIACK! SI GIRA pt.1 ***


Lui: Davvero? Ti credevo più servizievole

Luxor:...

Luxor: Dimmi che questa era fatta apposta.

Me: Giuro, é stata completamente involontaria xD

Luxor: OH, ANDIAMO! E CHE CAVOLO

Me: R.I.P. Luxor xD

***

Luxor:Non puoi chiedermi qualcos'altro?

Lui: mmmmmh... Ho sempre immaginato che ti mettessi a cantare una canzone dei Backstreet Boys

Luxor: ma wtf

***

Narratore: Sollevò il coperchio, altrettanto in silenzio, trovandovi dentro uno zaffiro luccicante, con inciso un fiocco di neve

Luxor: LET IT GOOO, LET IT GOOOO

Lui: avevo detto i Backstreet Boys, non Frozen

Luxor: I DON'T WANT THIS ANYMOOORE

Lui : *facepalm*

***

Luxor *pensando* "Tre..."

Narratore: Il Demone avvicinò la mano alla finestrella.

Luxor *pensando* :"Due..."

Narratore: Questa venne leggermente sollevata.

Luxor *pensando* :"Uno..."

Lui & Luxor : BUON ANNOOOOOO

Me: MACCHECCAZZ...

***

Padre Rhy: Tenetelo fermo...

Luxor *alzando la testa*: mi ricorda l'inizio di uno stupro

Rhy: ...

Padre Rhy: WUT

Me: non farci caso *agita la mano* lui é così

***

Narratore: Ne uscii, tirandomi su, afferrando l' asciugamano

Luxor: fanservice, ragazze. Fanservice

Me: :'D per il cinquanta percento è vero

Luxor: bene. Ora scappo prima che qualcuno cerchi di fare cose sporche con me uwu *espressione da 'sono irresistibile'*

Me: *ride*

***

Luxor: Stacca il tuo gran posteriore dalla mia schiena *irritato*

Tizio: Taci

Me:...

Me: pffffff

Luxor: ma ... Che cavolo... Smettila di ridere, scrittrice ! *Ancora più irritato*

Me: BUAHAHAHAHAHAHAHA SUMIMASEN XD

***

Narratore: Prima che potesse fare qualcosa, gli mollai un calcio dritto in mezzo alle gambe

*Espressioni doloranti dall'intero cast maschile*

Me: oh, andiamo! Non fate le femminucce!!

Luxor: prova a riceverlo tu un calcio lì *seccato*

Me: e prova tu ad avere il ciclo

Silver: HAHAHAHAHA CHIUSOOOOO

***

Luxor *accarezza il cavallo prima di salirvi in groppa*

Fangirl: Vorrei essere quel cavallo

Lui: Ma non avevi detto di voler essere tu domato ? *Ghignando*

Luxor: ... Ti uccido

***

Rhy: Dan... *prima a voce bassa, per poi ripeterlo a tono più alto*

Luxor: Che cosa c'è?

Rhy: Non é il tuo vero nome, vero?

Luxor: Perché lo credi?- *asserisce, guardandola*

Rhy: Non credo, lo so, me lo sento dentro *sorride dolcemente, con un aria di tranquillità e rassicurazione*

Luxor *Apre la bocca e poi la richiusi, girando la testa*

Luxor : Beh, anche se fosse così, non te lo direi se non in punto di morte

Narratore: La udii ridere.

Luxor : Perché ridi ? *  offeso, voltando il capo una seconda volta, ma stavolta verso di lei*

Narratore: Rideva davvero, l'espressione serena, le guance che rilasciavano un alone di arrossatura.

Me: ehehe. Momento ship Number One *mastica popcorn*

Rhy & Luxor : ...

Me: Che c'è? Io amo la Luxhy. XD

***

Luxor: Non ringraziarmi... piuttosto... come mai, tu, al contrario dei tuoi genitori,  non hai paura di me?

Narratore: Lei mi guardó, sorpresa dalla domanda che, al contrario delle precedenti che lei stessa aveva formulato, non si aspettava.

Rhy: Perché dovrei averne? A me sembra che il tuo potere sia meraviglioso

Gente in sala: aaaaaw

Me: *applaude* this. This was beautiful. Now Kiss

Luxor: ma non c'è un bacio nel...

Me: SSHHHHHH

Luxor: ... WUT

Me: SSSSSSSSSSSSHHHHH

Rhy: *sospira* andiamo via

Luxor: sono pienamente d'accordo

Me: Ma :/

***

Narratore: Un respiro che per un attimo mi parve incapace di concludersi, ma che finí nel momento esatto in cui gliela piantai nel petto, il più rapido possibile per non rischiare di fermare la mia mano

Tutti: ...

Tutti: ...

Tutti: Quando la smetterai di mettere personaggi e ucciderli a caso? Soprattutto se ci rimani male tu stessa?

Me: *si soffia il naso* Mai

***
Narratore : Potevo sentire il mio stesso battito rimbombarmi nella testa e la maglia contro il mio petto.
Era sudaticcia e zuppa.
Smettemmo di ridere per riuscire a riprenderci, rimanendo in silenzio per qualche secondo

Will: Puzzi

Me: ...

Me: ... Hai cambiato la battuta?

Will: Beh, sì. Anche perché non me la ricordavo, scusami. E poi mi è venuta istintiva

Me: Nessun problema xD. É perfetta *rotola*

***

Task: Beh, non so cosa dire al riguardo, che sia solo una tua impressione o manchi davvero qualcosa non possiamo esserne certi per davvero... dovremmo chiederlo per aver risposte concrete

Nemes: ...

Nemes: ... Scusatemi. Rifacciamola. Non mi ricordo più cosa dovevo dire *ride*

Task: *ride anche lui* okay, no problem

***

Task: Beh, non so cosa dire al riguardo, che sia solo una tua impressione o manchi davvero qualcosa non possiamo esserne certi per davvero... dovremmo chiederlo per aver risposte concrete

Nemes: ...

Nemes: Ma NON È POSSIBILE *Facepalm*

Nemes: é colpa tua TwT

Task: ma perché? XD

Nemes: perché la tua bella voce mi sconvolge *agita la mano*

Task: eh, modestamente

Me: ... Sto morendo dal ridere, ragazzi xD

***

Task: Beh, non so cosa dire al riguardo, che sia solo una tua impressione o manchi davvero qualcosa non possiamo esserne certi per davvero... dovremmo chiederlo per aver risposte concrete

Nemes: ... Posso limitarmi ad annuire? Anche perché non mi ricorderò mai 'a mio modesto parere é cosi' anche perché mi sembra abbastanza stupida come cosa . Sorry

Me: no problem. In effetti potevo evitare

***

Will: Bisogna abituarsi a concentrare almeno un lato del proprio cervello, mentre utilizziamo l'Elemento, nei calcagni, nelle braccia e nella vita

Guy: Bene... e vi ricordate il perché, quando vi affronto, finite sempre per cadere?

Diana: Perché siamo imbranati quasi quanto Scorpius :'D

Scorpius: *compare sul set*  Guarda che ti ho sentito

Diana: zumimazen but iz true xD

Scorpius: passerò alla storia come quello che sussurrava al terreno

Diana: exactly

***

Diana: Devo dire che hai ragione anche tu, mister candelabro * fa un occhiolino, aggiungendo una 'V' di vittoria con le dita*

Task: Smettila, lucciola

Firelight shipper: aw

L'intero fandom: aww

Me: é una Brotp troppo coccolosaaaa *compra altri lampadari, candelabri e cerca delle lucciole*

***

Nemes: No, va bene così, al massimo condividiamo Gylnis *passa la mano sul muso lungo del pegaso denutrito*

Task: Anche tu vuoi che me la sposi?

Nemes: ovvio. La Task x Gylnis é la mia otp xD

Task: MADDAI NOOO

Nemes *ride*

Task: *facepalm*

***

Task: La sfida consiste nel buttare l' avversario a terra per primo

Diana: Volete davvero copiare Scorpius, eh

Silver *ride*

Scorpius: OH, ANDIAMO

Pandora: LOL.

***

Il resto alla parte due... E tre?...

Vabbè, anyway. Probabilmente inizierò a pubblicare il tre anche se non completo molto presto. Questo perché sono già a ventidue- ventitré capitoli pronti e ventitré x sette equivale a centosessantuno giorni. Credo che riuscirò a finire mo' sto secondo libro in centosessantuno giorni, non credete? Se noto che la situazione peggiora pubblico una volta ogni due settimane.
Si nota che sono impaziente? Lolz

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