Due destini segnati

di satakyoya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo (mini) ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: qualcosa di sconcertante ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: discorso con la madre.. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto: il Natale ***
Capitolo 10: *** capitolo dieci: piccole spiegazioni ***
Capitolo 11: *** Capitolo nove: una nuotata in piscina ***
Capitolo 12: *** capitolo undici: compleanno di Ebe ***
Capitolo 13: *** capitolo dodici: compleanno di Pan ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici: ali bianche ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici: ospedale e delle lettere ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici: S. Valentino ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici: Ebe in PARADISO (parte 1) ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciasette: Ebe in PARADISO (parte 2) ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto: Ebe in PARADISO ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannove: Ebe conosce Eracle ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti: Una uscita con Eracle ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventuno: L'incontro con Imeneo ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitré: la sala del trono ***
Capitolo 25: *** capitolo ventiquattro: il Natale (parte 1) ***
Capitolo 26: *** capitolo venticinque: il Natale (parte 2) ***
Capitolo 27: *** capitolo ventisei: dispositivo luogo-persona ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventisette: confidazione ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventotto ***
Capitolo 30: *** Capitolo ventinove: qualcosa di inaspettato parte 1 ***
Capitolo 31: *** Capitolo trenta: qualcosa di inaspettato parte 2 ***
Capitolo 32: *** Capitolo trentuno: piccola discussione tra Zeto ed Eracle ***
Capitolo 33: *** Capitolo trentadue: un compleanno divertente ***
Capitolo 34: *** Capitolo trentatré: le Verità e le Origini parte 1 ***
Capitolo 35: *** Capitolo trentaquattro: le Verità e le Origini parte 2 ***
Capitolo 36: *** Capitolo trentacinque: Ebe all'INFERNO ***
Capitolo 37: *** Capitolo trentasei: Nella Cella ***
Capitolo 38: *** Capitolo trentasette: un sogno sul passato parte 1 ***
Capitolo 39: *** Capitolo trentotto: un sogno sul passato parte 2 ***
Capitolo 40: *** Capitolo trentanove: Eracle, Pan e i miei fratelli ***
Capitolo 41: *** Capitolo quaranta: la maledizione parte 1 ***
Capitolo 42: *** Capitolo quaranta: la maledizione parte 2 ***
Capitolo 43: *** Capitolo quarantuno: Macaria e Zeus ***
Capitolo 44: *** Capitolo quarantadue: l'arrivo da Ade ***
Capitolo 45: *** Capitolo quarantatré: l'incontro con Zeus e l'arrivo di qualcosa o qualcuno ***
Capitolo 46: *** Capitolo quarantaquattro: l'enorme creatura e l'inizio della Guerra di Ribellione ***
Capitolo 47: *** Capitolo quarantacinque: Eracle Vs il Cerbero ***
Capitolo 48: *** Capitolo quarantasei: la morte di Macaria ***
Capitolo 49: *** Capitolo quarantasette: il passato di Ade ***
Capitolo 50: *** Capitolo quarantotto: l'ira di Zeus e la mia speranza ***
Capitolo 51: *** Capitolo quarantanove: morte e disperazione ***
Capitolo 52: *** Capitolo cinquanta: il nostro futuro insieme ***



Capitolo 1
*** prologo (mini) ***


Quella che sto per raccontarti è una storia. Ma non una qualunque: la mia storia. Io mi chiamo Ebe e ho 17 anni. Beh… sì, è vero è un nome stupido, ma me lo hanno dato i miei genitori prima di darmi in cura ad un’altra famiglia. Una famiglia umana. Questa famiglia era molto felice di adottare una bambina. Le cancellarono la memoria e ogni singolo ricordo riguardante la sua vera natura e la sua vera famiglia fu rimosso. Ero appena nata quando successe. Sono nata nella famiglia sovrana del regno del PARADISO, formata dai sovrani del regno, e dai loro 6 figli, io, mio fratello di 17 anni, uno di sedici, due di 18 e un ultimo di 20 anni.
Nel mio stesso periodo, è nato anche un bambino, il suo nome è Pan, figlio di demoni, venuto alla luce però dalla parte opposta, l’INFERNO. Era, rispetto a me, figlio unico. Lui è stato cresciuto dalla sua famiglia nell’INFERNO….
 
Ebe e Pan crebbero bene pur non sapendo di essere destinati ad incontrarsi. Come andrà a finire la loro storia?

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Sono all’ultimo anno delle superiori all’istituto Hyounkoku. Sono alta, bionda, magra e ho gli occhi verdi. Mi chiamo Ebe. Ho visto camminare in strada un ragazzo di cui non conosco il nome. È carino, ma non ne sono attratta perché non mi sono mai stati simpatici i maschi, o forse solo perché non li sopporto. Non lo so con precisione, ma di certo ero sicura di una cosa: non sarei mai andata d’accordo con nessun maschio. Almeno fino a quel momento.
Era il primo giorno di scuola, ci doveva essere il saluto del preside alle 11:00. Arrivai a scuola in anticipo. Mi misi a sedere su una sedia e incominciai a leggere il mio libro di leggende. Una tra quelle mi incuriosiva particolarmente. Ma non ero riuscita ad arrivare alla terza riga che la mia attenzione venne attirata da dei passi che si avvicinavano e una voce che mi parlava.
“Scusa è libero qui?” disse lui.
Io lo guardai e gli risposi: “Sì, certo.”
“Posso sedermi?” mi chiese.
“Sì.” risposi io. Si chiamava Pan, aveva i capelli castani, era alto, magro e i suoi occhi erano attraenti e di color marrone. Non ne ero sicura ma, ebbi il presentimento che fosse lui il ragazzo visto per strada. Ripresi a leggere il mio libro e lui se ne andò  via lasciando lì i suoi oggetti. Tornò poco dopo e incominciò a parlarmi.
“Ciao io sono Pan. Mi sembra di averti già visto, credo l’altro giorno per strada. Sono certo che fossi tu. Vuoi diventare mia amica?”
Io lo guardai con aria un po’ seria mentre lui mi parlava. Feci finta di niente e tornai a leggere.
“Ehi! Sto parlando con te! Ti ripeto la domanda: vuoi diventare mia amica?”
 A quel punto era ovvio che sarei stata obbligata e rispondergli, quindi ci pensai un attimo e gli risposi di sì. Durante la lezione di matematica io ero seduta in prima fila e lui un po’ più lontano. Finite le lezioni io preparai la mia roba e andai via senza degnarlo di uno sguardo.
Il giorno dopo, mentre facevo le scale per andare in classe, una voce dietro di me mi disse: “Ehi! Buongiorno! Come stai?”
Era Pan che stava salendo le scale dietro di me in compagnia con un amico. Non gli risposi e a un certo punto mi prese la maglia ma, io mi arrabbiai e girandomi gli diedi un pugno in faccia così forte che cadde dalle scale. ci guardammo dritto negli occhi, poi mi girai e io salii le scale nel più completo silenzio.
Lui insistette e si mise davanti a me bloccandomi l’entrata.
“Fammi passare, per favore!” gli dissi con tono serio e gli occhi chiusi.
“No, se prima non mi saluti!” disse lui.
“Ciao. Ora lasciami passare.” gli dissi sempre con tono serio.
Sussurrò qualcosa all’amico e poi mi guardò: “Bene. Visto che mi hai salutato, ti lascerò passare.” Ma appena finii di pronunciare la frase, il suo amico si mise vicino alla porta, l’aprì di qualche centimetro, io feci un passo in avanti ma non riuscì ad entrare. A quel punto il suo amico mi prese per la maglietta e Pan si piazzò davanti a me e mi disse: “Esci con me oggi pomeriggio? Vorrei farti alcune domande.”
“Non posso! Ho già altre cose da fare! Devo andare a casa a prendere alcune cose e…” non feci in tempo a finire la frase.
“Ti accompagno io a casa!”
“No, grazie! Se faccio tardi sono guai.”
“Eddai!!”
“E va bene! Ma non oltre!!”dissi io solo per potermelo togliere di torno al più presto.
Finita la scuola Pan mi accompagnò a casa e camminai per strada con lui al mio fianco. Non mi andava di averlo con me e il mio atteggiamento con lui risultò freddo e distaccato, ma io feci finta di nulla.
Lui iniziò a farmi domande e cercai di rispondere senza dire poi molto su di me.
“Ti vedo distaccata. Non vai molto d’accordo con  i maschi, eh?”
“Esatto. Nessuno. A parte mio padre.”
“Com’è tuo padre? Che lavoro fa?”
“Pasticcere.”
Un po di silenzio e poi riprese: “E io ti sto simpatico?”
“Eh? No! Cioè.. ovviamente no!”
“Stai mentendo!”
“Non mento! Certo, sei simpatico… ma non il mio tipo! Questo è poco ma sicuro.”
“Ma un po lo ammetti. Oh.. beh! Comunque io invece te lo voglio dire. Tu mi piaci, non solo come amica.”
“Eh? Ma cosa ti passa per la mente? Hai la febbre per caso? Oh, beh… comunque io sono arrivata. Ci vediamo a scuola.” Ero contenta di essere arrivata a casa
Lui mi guardò cercando qualche altro argomento del quale parlare ma alla fine mi disse: “Ok. Ci vediamo.”

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Capitolo 3
*** Capitolo due: qualcosa di sconcertante ***


Ero in classe e come mi aspettavo sentii dei passi arrivare dietro di me. Era di nuovo lui. Questa volta non mi disse niente. Appena arrivò, mi prese il polso con un po’ di forza e mi trascinò fuori dall’aula. Si fermò di scatto, mi spinse contro il muro e bloccandomi mi guardò fisso negli occhi.
“senti tu mi piaci. Molto. Anzi posso dirti con sicurezza che ti amo.”
“Eh? Ma cosa ti prende stamattina?” gli dissi con un’espressione un po sconvolta. Lui continuò a fissarmi negli occhi e mi diede un bacio sulla guancia.
Iniziava a piacermi. Non so per quale ragione ma riuscii a inserire anche lui (oltre a mio padre) nella categoria maschile a me conosciuta e da me sopportata. Ne rimasi molto stupita e arrossii un pochino. Dopo avermi baciato mi guardò con dolcezza, mi prese la mano e uscimmo per arrivare al parco a fianco alla scuola.
Io mi sedetti su un gioco e lui si mise in piedi a fianco a me. Attesi che iniziasse a parlare anche di una cosa stupida ma sarebbe comunque servita a interrompere quel silenzio imbarazzante, dopo un paio di minuti che aspettavo pan aveva già attaccato gancio con ben tre ragazze e per non dare nell’occhio tirai fuori dalla mia borsa il mio libro di leggende e iniziai a leggerle. Lui se ne accorse e curioso, si mise dietro di me per vedere cosa stessi facendo. Fui attratta dalla stessa leggenda che non riuscii a leggere la volta scorsa. Iniziai a leggere, ma mi dovetti fermare subito perché Pan cominciò a parlare :“Vedo che ti piacciono molto le leggende. Allora chiudi il libro e ti racconto la mia storia.”
Io lo chiusi e lo guardai anche lui mi guardò per pochi secondi, poi si sedette su un gioco  vicino a me e iniziò:
“Bene. Come ti avevo già detto prima io sono Pan. Sono un ragazzo che viene dall’oltretomba, più precisamente  dal regno dell’INFERNO. Sono figlio unico e sono il legittimo erede al trono dell’oscurità. Sono nato e cresciuto lì fino all’età di 16 anni.”
“Ma se tu sei del regno dell’inferno…  perché allora sei qui sulla Terra?”
“Lasciami finire e capirai. Al compimento del mio 16° anno di vita i miei genitori mi comunicarono che avevo oramai raggiunto la maggiore età ed era arrivata l’ora per me di  andare in superfice. Anche adesso non riesco a capire che intenzioni avevano.” Fece un breve momento di silenzio e poi si rivolse a me chiedendomi: “E tu invece?”
“Io? Io sono una comune mortale non c’è niente di particolare in me..”
“Non ci credo.. non puoi essere una semplice ragazza c’è di più in te ne sono sicuro!”
Forse poteva essere vero, non assomigliavo né come fisionomia né come carattere a nessuno dei miei genitori ma adesso che ci pensavo Pan non aveva poi tutti i torti c’era qualcosa di più in me, qualcosa che mi avevano sempre tenuto nascosto..
“Hai ragione Pan, ci deve essere qualcosa in più.. gli unici che lo possono sapere sono i miei genitori.”
“Che ne dici di chiederglielo? In fin dei conti abbiamo il diritto di sapere!”
Non ci avrei mai creduto ma ero d’accordo con Pan, decidemmo di chiederlo ai miei genitori il giorno stesso ma prima tornammo a scuola. Appena in tempo per l’inizio della lezione di inglese. Avevo una prof.ssa giovane, alta. Era bravissima in inglese e la sua pronuncia era perfetta. Appena finì la lezione vidi la prof. uscire dall’aula e andare nei bagni. Presi la mia tracolla e la seguii. Mi nascosi e vidi l’insegnante stare male e piegarsi su se stessa da dolore. Volevo aiutarla ma non ci andai per non farmi scoprire. La vidi soffrire e a un certo punto vidi delle piume di color nero acceso sparpagliarsi e cadere intorno a lei. L’insegnante si affrettò a bere una fialetta con una sostanza rosso chiaro che aveva nascosto dentro la borsa. Tornò normale e bella come sempre e come se nulla fosse successo ritornò nel corridoio. Io chiusi la porta del bagno, mi appoggiai al muro e rimasi lì qualche minuto con un’espressione scandalizzata. Poi uscii e comunicai l’accaduto a Pan.

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Capitolo 4
*** Capitolo tre: discorso con la madre.. ***


Guardai l’orologio. Segnalava le 5 di sera e fuori c’era già buio. Parlai con Pan e mi disse che era ora di andare a casa mia a parlare con i miei genitori. Gli dissi che avrebbe dovuto aspettare un attimo fuori dalla porta e lui mi disse di sì. Entrai in casa e vidi mia madre. Era alta, capelli neri e occhi verdi. Si stava preparando una tazza di caffè dalla macchinetta. Iniziai a parlare con lei.
“Mamma, avrei una cosa da chiederti.”
 “Dimmi. Ti ascolto.” Si sedette sulla sedia davanti alla mia e appoggiò la tazza sul tavolo rettangolare. In famiglia eravamo in quattro. La mia sorellina fa l’asilo e per fortuna in quel momento non c’era.
“Mi sono innamorata di un ragazzo. È carino.”
“Temevo sarebbe successo…” mi disse con espressione molto triste.
“Perché fai quella faccia? Comunque io sono qui per presentartelo.”
 “Fallo entrare allora!” mi diressi verso la porta e invitai Pan ad entrare. Entrammo insieme. Gli indicai dov’era la cucina, poi dissi a mia madre:
“Mamma, questo è Pan. Pan, questa è mia madre.” Lui si sedette a tra me e mia madre.
“Mamma, io e Pan vorremmo chiederti una cosa di grande importanza. Vorremmo sapere tutta la storia della mia vita, perché non vi assomigli? Sia fisicamente che caratterialmente?.”
 “Sapevo che presto te ne saresti accorta ed ora sei abbastanza grande per sapere. Bene allora inizio. Tu sei nata il 5 febbraio di 16 anni fa. In realtà non ti ho partorito io ma accadde questo. Il 5 febbraio di 16 anni fa, era sera, sentii bussare alla porta. Andai ad aprire, ma non trovai nessuno se non un cesto con una bambina appena nata nascosta dentro e ben coperta. La portai dentro e la crebbi come se fosse mia figlia. Tu eri felice e noi ti accontentavamo in tutto. C’è una leggenda che parla di due persone con i vostri nomi. Questa leggenda narra di due mondi completamente divisi: PARADISO e INFERNO. I due regnanti erano fratelli. Si narra che nel regno del paradiso nacquero due gemelli, un maschio e una femmina. Il re e la regina del regno degli inferi. Non riuscirono mai ad avere figli. Una notte, per rabbia si pensa, il re del regno degli inferi rapì il maschio e lo crebbe come se fosse suo. Loro due crebbero bene anche se divisi. Il maschio si chiamava Pan e la femmina Ebe. La femmina a due mesi venne adottata da una famiglia di umani. Il bimbo all’età di 16 anni venne mandato sulla Terra. Si dice che loro siano destinati a stare insieme, in un qualche modo. Quando il re degli inferi rapì il bimbo, con il potere conferitogli dall'oscurità, lanciò una maledizione in cui a diciassette anni la bambina vivrebbe con una mutazione. Non si è però tramandato il modo in cui la maledizione possa essere sciolta. La leggenda finisce così.”
“Quel bambino sono io. La mia vita è proprio come viene descritta nella leggenda.”
“Ma allora la leggenda è vera! Ma se tu sei il bambino, la bimba… sei tu. E la famiglia… siamo noi.”
“Aspetta. Secondo ciò che hai detto noi siamo destinati a stare insieme. Lei, signora, mi consente di fidanzarmi con sua figlia? Io la amo moltissimo.” disse lui.
“E tu, Ebe, vorresti fidanzarti con me?” continuò lui dopo averci guardate attentamente.
“Accetto!” gli dissi io. Poi ripresi: “a condizione che non mi stai troppo attaccato e che mi starai sempre vicino nel momento del bisogno.”
“Ok. Come desideri.” rispose lui con espressione molto felice.
“Grazie mille, mamma.” Dissi io.
Ci avviammo insieme alla porta e nello stesso momento entrò mio padre, poi richiusi la porta alle mie spalle e mi appoggia contro di essa verso Pan.
“Allora ci vediamo domani a scuola, Amore mio.” Mi disse.
Mi guardò dritta negli occhi e mi baciò per la prima volta sulla bocca. Subito non riuscii a spingerlo via, poi appena si staccò da me. Lo allontanai con tutta la forza che avevo. Lui uscii dal cancello e mi salutò di nuovo.

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


Il giorno seguente andai a scuola. Vicino alla porta trovai Pan che chiacchierava con un amico. Il suo amico si chiamava Imeneo. Era alto, capelli neri e occhi azzurri. Era carino pure lui. Appena Pan mi vide mi salutò e fece segno di avvicinarmi e io lo feci.
“Ehi, Ebe, amore mio!” io lo guardai male, ma dopo poco tornai normale. “Tesoro ti presento un mio amico e un dio del rito nuziale, del regno del PARADISO. Pensa che ha un cugino che è del regno dell’INFERNO. Avrebbe detto a lui di dirmi che mio padre, il re degli inferi, desidera vedermi. Ho persino ricevuto una lettera stamattina da lui. Guarda qui.” mi disse felice. Tirò fuori un foglio in cui in fondo c’era scritto: - Desidero che tu ritorni per comunicarmi tutto. Inoltre, sei il prossimo erede al trono, quindi ti chiediamo di tornare per la sicurezza del regno.-.
“Se volete chiedo a mio cugino di portarvi. State attenti perché per arrivare da tuo padre dovrai attraversare dei pericoli che solo chi vive e lavora lì sa come attraversarli.” Disse Imeneo.
“Ok. Grazie. Accettiamo volentieri.” disse Pan.
“Se è così importante, visto come lo annuncia, dovresti partire subito.” Gli dissi io.
“E lasciarti qui da sola? Non ci penso neanche.”
“Non sono sola!” ribattei io. Ci fu un attimo di silenzio e poi Pan riprese a parlare.
“Ho un’idea! Vieni con me, da mio padre. Così avrò modo di presentarti.”
“Va bene. Ma non in questo momento.”
“Ma io non parto subito.” Disse Pan. Fece ancora un secondo di riflessione, prese la borsa che aveva appoggiato a terra e ci disse:
“Ragazzi e ragazze, scusatemi ma devo andare via. Ci vediamo domani.”
“Ok. A domani.” Dicemmo noi in coro. Poi se ne andò. Successivamente ci salutammo tra di noi e andammo a casa.

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


Era il 23 novembre (mancava un mese alle vacanze di Natale) e io arrivai a scuola. Mi fermai davanti alla porta della classe dove trovai Imeneo e Pan chiacchierare con una ragazza. Si chiamava Talia. Aveva i capelli neri, era alta, magra e occhi grandi e azzurri. Lei, a differenza di noi che avevamo 16 anni, aveva 17 anni. Arrivò l’insegnante poco dopo e facemmo due ore di italiano. Come compito ci diede da studiare la formazione della Divina Commedia (paradiso, purgatorio e inferno). E così decisi di andare a casa, salutai tutti e iniziai ad incamminarmi, ma non feci in tempo a fare il primo passo che mi sentii tirare la maglia. Era Pan che me la teneva.
“Pan che fai? Perché mi stai …” non riuscii a finire la domanda che lui mi baciò di nuovo sulla bocca. “Ehi, cosa mi avevi promesso!”
“Scusami ma non ce l’ho fatta a resistere. Ti amo e questo tu lo sai. Ti accompagno  a casa.”
“no grazie. (espressione arrabbiata) E ora, lasciami la maglia e lasciami andare.”
“Desolato, ma non voglio.” Io mi arrabbiai e gli schiacciai il piede destro. “Ahia!!!” in quel momento mi lasciò la maglia e io iniziai a correre. Giusto un paio di metri riuscii a fare prima che mi raggiungesse. Continuai a correre, ma un po più lentamente rispetto a prima. “Dove credi di scappare? Voglio venire con te.” mi disse quando mi raggiunse e si mise a correre a fianco a me. Mi fermai di scatto, lo fece anche lui, e un po affranta gli dissi: “Oh… E va bene! Ma solo per questa volta.”
E così camminai con lui fino a casa. Vidi mia madre davanti alla porta e noi ci fermammo su cancello. “Signora possiamo venire, io e i nostri amici, a casa di Ebe a festeggiare il Natale?”
“CERTO! Nessun problema!”
Si avvicinò a mia madre e le sussurrò: “Noi verremo a fare i preparativi nel pomeriggio, quindi mandi fuori casa Ebe.”, “Ok.” Disse mia madre con espressione felice. Poi lui si avvicinò a me, mi abbraccio e mi baciò.
“Buonanotte amore.” mi disse.
“Buonanotte.” Gli dissi io. E così ci lasciammo in vista di un altro giorno.

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Il 23 Dicembre arrivò. Finalmente. L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze. Arrivai davanti alla porta delle scale e non vidi nessuno. Strano… di solito arrivano prima di me. Comunque mi guardai intorno e aprii la porta, salii le scale e mi girai per imboccare il corridoio che portava alla mia classe. Riuscii a fare tre o quattro passi prima di bloccarmi. Avevo lo sguardo fisso in avanti e vidi che stavano arrivando Imeneo, Talia e un’altra ragazza. Non vidi però il mio ragazzo, Pan. Che fine aveva fatto?
Imeneo mi stava salutando con la mano e un sorriso stampato in faccia. Lo guardai, lo salutai e d’improvviso mi venne oscurata la vista. Provai a toccarmi gli occhi ma erano coperte da due mani lunghe, sottili e delicate. Le presi, girai la testa di 90 gradi a destra e lui le tirò via guardandomi e baciandomi. Ormai mi ero rassegnata all’idea che lui non mi baciasse in pubblico. Io avevo gli occhi sbarrati, li chiusi e continuammo a baciarci.
La ragazza nuova che era con loro si chiamava Clio. Era alta, magra, castana e occhi marroni. Facemmo amicizia subito. Nel gruppo iniziammo a presentarci a lei e a parlare del Natale.
“Allora Clio, io sono Imeneo, lui è Pan, lei è la ragazza di Pan, Ebe del regno del PARADISO, lei invece è Talia.”
“Piacere di conoscerti!” dicemmo noi, uno alla volta e le stringemmo la mano.
“Raga, voi come lo passate il Natale?” chiese Pan, ci fu un po di casino perché parlammo tutti insieme. Lui disse: “Ho un’idea! Visto che quest’anno il Natale è di sabato, perché non lo andiamo a festeggiare tutti a casa di Ebe?”
Tutti iniziarono a dire: “Io ci sto. Perché no!”
“Coosa? Ma che vi passa per la testa! Io lo dovrei chiedere prima a mia madre, e poi pensavo di passarlo a casa con la mia famiglia…”
“Per quello ci penserò io! Bene, allora è deciso. Ci incontreremo qui, davanti alla scuola alle 18. Poi vi condurrò io a casa sua. Ah!!! Ebe, tu non venire qui davanti, aspettaci direttamente a casa tua.”
“Ma, ma, ma…. Oh…e va bene.” dissi io con la mia solita espressione un po affranta e rassegnata.
“Bene ragazzi e ragazze, buona vigilia e ci vedremo qui alle 18 del giorno di Natale. Non scordatevi i regali!!!!”
Pan non rinunciò a portarmi a casa anche quel giorno, ormai ci avevo fatto l’abitudine e mi piaceva tornare da scuola con lui. Mi fermai insieme a lui davanti alla porta, mi abbracciò e mi baciò sulla guancia.
“Ci vediamo.”
“Domani vieni a casa mia alle 10. Dobbiamo parlare di alcune cose.”
“Ok. A domani amore. “
“A domani.”
Andai in camera, presi il libro delle leggende e misi un appunto sulla leggenda che mi attirava di più. Poi lo misi sotto il letto e mi addormentai.

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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


La mattina seguente mi svegliai alle 8:00. Non riuscivo a dormire ero troppo felice e ansiosa che arrivassero le 18. Feci la doccia e ci impiegai circa quaranta minuti. Ero un continuo canticchiare. Una volta uscita mi vestii e aprii la porta con tutta calma. Appena aprii la porta vidi mia madre tutta indaffarata.
“Ma che fai ancora lì, tutta tranquilla! guarda che c’è Pan che ti aspetta giù!”
“Ma che ore sono?” gli dissi con tutta calma.
“Le 9:00. E smettila di essere così tranquilla!!!! Sbrigati e vai a salutarlo!”
“Grazie di avermi avvisato.” Feci un attimo di silenzio e poi dissi: “Ah, una cosa: lui resta a casa nostra tutta la giornata.” Corsi il più velocemente possibile alla mia camera, aprii la porta, tirai fuori il libro delle leggende da sotto il letto e lo appoggiai sul letto. Poi corsi con tutta fretta per il corridoio, feci le scale e arrivai in soggiorno. Era una stanza molto larga con un mobile e sopra il televisore, un divano e due scaffali pieni di libri di varia cultura. Lui era lì sul divano, ancora non mi aveva visto. Io ero vestita con la tuta e le ciabatte. Feci appena in tempo a fare due passi prima che lui si girasse verso di me e mi dicesse qualcosa:
“Buongiorno amore, buona Vigilia.” Io mi misi una mano fra i capelli e con un sorriso gli dissi: “Buongiorno, come mai sei venuto cosi in anticipo?”
Lui si avvicinò a me in silenzio e poi mi disse: “Perché non ce la facevo più ad aspettare.”
Io diventai tutta rossa. Lui mi prese la mano e me la baciò. A quel punto io gli presi il polso sinistro e lo tirai fino alla mia camera.
“Che fai! Dove mi porti? Perché tutta questa fretta?”                                                                          
“Tu seguimi  e stai zitto! Ti porto in camera mia, dobbiamo parlare di una cosa importantissima!!!”
“Ok. Ma… Di cosa si tratta?” aprii la porta e lo feci sedere sulla parte in fondo al mio letto. Io mio sedetti dall’altra parte.
“Ora ascoltami attentamente. Ieri sera prima di addormentarmi ho appuntato su questo libro una storia che voglio assolutamente che tu guardassi. Apri il libro e leggi le cose che ho sottolineato.” gli ordinai io. Si intitolava ‘IL REGNO DEL PARADISO E DELL’INFERNO’ Lui aprì il libro e lesse la prima riga che era stata sottolineata.
Diceva così: ‘Questa storia narra del regno del PARADISO e dell’INFERNO, una volta uniti ma ora divisi. Ci fu una guerra nel tredicesimo secolo che divise i due regni.’ Si fermò un attimo guardandomi.
“Vai avanti.” Gli dissi io.
“Qui dice: ‘Ci fu una città chiamata Lato, aveva pochi abitanti. Una sera un’abitazione venne incendiata all’interno vi era una famiglia composta da cinque persone più due bebè. I bambini più grandi riuscirono a salvarsi e saltarono giù dalla finestra cadendo a terra sani, salvi e vivi grazie a due ali di colore bianco apparse loro sulla schiena. I due bebè che la madre aveva in braccio si chiamavano Pan e Ebe.’ Fantastico. Ma cosa c’entra questa cosa adesso?“
“Cosa c’entra? Cosa c’entra? leggi attentamente: ‘Ebe e Pan’. Non capisci che siamo noi! La leggenda parla di noi.”
Ci fu un attimo di silenzio poi. Mamma urlò: “Ehi, piccioncini! A tavola!!”
Andammo giù in cucina e ci trovammo davanti una tavola apparecchiata per cinque con 4 piatti pieni di spaghetti e un piattino di spaghetti per la mia sorellina. Mia madre mise mia sorella su un affare attaccato al tavolo, poi si sedette anche lei e mangiammo tutti. C’era anche mio papà.
“Buon appetito!!!” Disse Pan. E mamma rispose: “Anche a te!”
Quando finimmo mia madre tirò fuori il dolce dal frigo. Era una torta al cioccolato. Ne tagliò qualche pezzo e la distribuì.
“io no grazie. Sono già piena mamma.” dissi io.
“Allora ragazzo, cosa ti piace fare di solito? Da dove vieni esattamente?” chiese mio padre.
“Mi piace uscire con gli amici e viaggiare. Io abito qui vicino da due anni, ma in realtà io sono Pan degli Inferi.”
 Papà lo guardò in modo un tantino strano. Ci fu un po’ di silenzio. Poi io mi alzai da tavola.
“Scusate ma devo andare in camera. Non sto molto bene.” dissi io. Pan mi guardò poi si alzò anche lui.
“Ti ci porto io. Tranquilli signori, veglierò su di lei.” Disse lui. Poi mi mise un braccio dietro la schiena e con l’altro sollevò le gambe. Mi portò così in camera, accese la luce e mi fece coricare su una parte del letto. Lui prese una sedia e si mise vicino a me. Io dopo un po’ mi addormentai, o almeno feci finta. Sentii lui togliersi le scarpe, girare intorno al letto e coricarsi vicino a me. Io ero tutta rossa. Rimase lì un pochino, poi si alzò a prendere il libro delle leggende e si ricoricò a fianco a me.
Mi svegliai che erano le 16:00. E lo vidi che continuava a leggere attratto dalla leggenda.
“Hai ragione, siamo proprio noi. Qui dice che una volta ogni mille anni vicino ad un lago viene aperto un varco per cui se lo si attraversa si arriva nel regno dell’INFERNO. E il lago si chiama Lago Oscuro.” Disse Pan.
“Beh, che aspetti ad andare da tuo padre che non vede l’ora di vederti!”
“Beh, allora vuol dire che verrò con te e il cugino di Imeneo. Però vorrei che venisse anche Clio con noi.”
“Sì! Così si ragiona! :) Non vedo l’ora di partire! Ok, allora verrà anche Clio.” Disse lui con espressione estremamente felice.
Arrivarono le 7 di sera ed era l’ora di cena. Arrivò mia madre in camera mia e disse: “Ehi, ragazzi è ora di cena! Venite giù!”
“Arriviamo mamma!!” esclamai io con tutta la voce che avevo.
Misi il libro delle leggende sotto il letto, presi per mano Pan e poi andammo giù insieme.
Arrivammo in cucina e c’era il pollo con patatine. Sbuffai una volta prima di iniziare a mangiare. Non avevo molta voglia di pollo ma lo mangiai lo stesso per non litigare con mamma.
Dopo cena andai all’entrata insieme a Pan, lui si mise le scarpe, mi baciò, mi salutò e se ne andò chiudendo il cancello dietro di lui.

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Capitolo 9
*** Capitolo otto: il Natale ***


E così arrivò Natale. Indovinate come mi svegliò mia madre!! Esatto! Buttandomi giù dal letto! “Mamma! Si svegliano così le persone? Un po di garbo, per favore!”
“Bene, meno male che ti sei svegliata! Su, forza pigrona, in piedi! È ora di fare le pulizie!!”
“Oooooh!!!!! Mamma!! Proprio a quest’ora, sono le 9 di mattina. La gente a quest’ora dorme e tu mi spieghi perché noi dobbiamo disturbarli facendo le pulizie!”
“Perché sì! E ora fai silenzio e lavora!!! Dai che oggi pomeriggio devi andare a fare spesa!”
“Va bene, va bene…” risposi io. Andai in bagno, vicino a camera mia, mi tolsi il pigiama e misi pantaloni grigi e maglia grigia con una piccola scritta da una parte. Mi guardai allo specchio, feci l’occhiolino, uscii dal bagno, presi uno straccetto e iniziai a strofinare sui mobili di camera mia. ci impiegai una decina di minuti prima di finire e  lo scossi sulla finestra aperta. Appena ebbi finito presi l’aspirapolvere e la passai per le stanze e per il corridoio.
“A tavola, Ebe!!!” disse mia madre. Appena lo disse io mi stavo passando la mano sulla fronte.
“Arrivo! J ”risposi io molto affamata. Andai verso la cucina saltellando felice. Appena aprii la porta e vidi i piatti pronti. Era un piatto di pennette rigate. C’eravamo tutti e quattro come sempre. Mamma tagliò la pasta a mia sorella mentre io mangiai la pasta con tutta fretta. Avevo tantissima fame e fare le pulizie mi aveva un po’ esaurito. Fui la prima a finire restai lì ad aspettare e dopo poco anche gli altri finirono. Poi mangiamo la frutta e io presi un pezzo di mela tagliata da mio padre mentre mia madre e mia sorella non mangiarono niente. Mentre mia mamma iniziò a mettere a posto la roba io andai in camera e mi coricai sul letto a pancia in su. Rimasi lì un po’ poi mi vestii con jeans, maglia e camicia.
“Ebe, vieni giù che è ora di andare a fare spesa!!!” mi disse mamma mentre stava scrivendo la lista della spesa.
“Arrivo mamma!” le risposi io. Finì la lista e io la guardai.
“Mamma mia quanto è lunga. Vado a prendere il giubbino. Intanto prepara i soldi che devo usare per pagare.” dissi io.
Presi il giubbino che era a fianco alla porta sull’appendiabiti.
“Ecco. Questi dovrebbero bastare. Ricordati di portarmi il resto!” disse lei.
“Certo. Tornerò tra un paio d’ore.” Dissi io dirigendomi verso porta.
Uscii di casa e chiusi il cancello. andai avanti per la strada e girai l’angolo.
“Ci siamo tutti? Bene! Avrò bisogno del vostro aiuto. Seguitemi che vi porto a fare i preparativi per stasera.” Disse Pan. Girarono a sinistra, andarono avanti un po’ e poi ancora a destra. Arrivarono davanti al cancello di casa mia e videro mia madre sulla soglia della porta. Loro avevano delle borse in mano. Li fece entrare e li diresse verso la mia camera. Appena entrarono si misero subito a tirare fuori le cose e ad appenderne qualcuno. Gonfiarono dei palloncini e li nascosero dentro il mio armadio. Appena ebbero finito se ne andarono.
“Signora, vorrei chiederle un favore. Potrebbe fare in modo che Ebe non vada per nessun motivo in camera sua? Vorrei fare una sorpresa da parte mia.” Chiese Pan.
“Certamente. Farò in modo che non lo scopra.” Disse mia mamma.
Io ero in centro, in mezzo a tante bancarelle.
“Bene, è ora che torni a casa. Mamma si starà preoccupando. Sono già le quattro e mezza.“ dissi il guardando l’orologio. Tornai a casa con le borse in mano. Aprii la porta e trovai mia mamma davanti alla porta della cucina.
Le diedi le borse, mi tolsi le scarpe e feci il primo scalino.
“Ferma! Non andare su! Piuttosto, dammi una mano a mettere a posto la spesa che hai fatto.” mi ordinò mia madre.
“Va bene. Però prima fammi andare a mettere la tuta.” Dissi io.
“Ti ho portato giù io la tuta.”
“Ok, grazie.” Presi la tuta e feci un attimo di pausa. “Vado in camera a riposarmi. Più tardi verranno i miei amici a festeggiare il Natale con me.” Dissi io.
“No! Non andarci! Te lo vado a prendere io tu mettiti comoda che arrivo tra poco.”
“Va bene. È sotto il mio letto.” dissi io tranquillamente. Mentre mi cambiai lei uscì, andò in camera mia, si coricò sul pavimento, prese il libro e tornò da me. Io avevo già la tuta, presi il libro e mi sedetti a leggerlo.
Lessi un po’ poi suonò il campanello e mamma andò ad aprire.
“Chi è? Ah, sei tu prego accomodati.” disse mia madre.
“Grazie signora. Gli altri arrivano tra poco. Dov’è Ebe?” chiese una voce che mi sembrava familiare.
“In cucina che legge. Ebe c’è Pan!” disse mia madre.
Poco dopo suonò il campanello due volte.
“Questi sono gli altri.” Disse Pan.
“Vado io.” Ribattei.
Andai alla porta e li feci entrare. “Entrate! Benvenuti a casa mia.”
“Ciao a tutti.” Disse Pan sulla porta della cucina.
“Venite ci vi accompagno nella mia stanza.” Dissi io con espressione felice.
Facemmo le scale e quando fummo davanti alla porta Pan mi tirò la maglietta.
“Aspetta Ebe. Avrei una cosa da dirti. Mentre tu sei andata via io e gli altri siamo venuti qui. Presumo che tua madre non ti abbia fatto salire tutto il pomeriggio.”
“Sì. Aspetta ma come lo sai tu questo?”
“beh, ecco… sono stato io a chiederglielo. Vedi, quando siamo venuti oggi pomeriggio, io e gli altri ti abbiamo fatto una sorpresa spero possa piacerti. Ora puoi aprire la porta.”
Aprii la porta e vidi la camera piena di oggetti appesi. Ero felicissima. Abbracciai e ringraziai tutti.
“Questi sono per te.” Dissero tutti in coro allungandomi i loro regali. Tutti a parte Pan. Lui mi disse di aspettare che tutti se ne fossero andati.
“Grazie a tutti ragazzi. Grazie di cuore.” Dissi io. Poi presi i regali e li misi intorno a me.
Presi il primo regalo, quello di Imeneo, strappai la carta e aprii la scatola. Dentro c’era una bellissima sciarpa rosa.
“Uao! Che bella! Grazie mille.” Dissi io super felice. La misi da una parte e aprii il secondo regalo, di Talia. Era un paio si scalda orecchie bianco.
“Uao! Grazie mille, ne avevo proprio bisogno. Grazie ancora.” Dissi io. Infine aprii l’ultimo regalo. Era di Clio. Era una collana con una perlina rotonda blu scuro.
“Che bella la collana! Grazie mille!!!” dissi io felice. La misi subito al collo e fu Pan a mettermela. Appena si spostò essa cominciò a brillare di una luce quasi accecante ci mettemmo le mani negli occhi. Dopo poco la luce improvvisamente svanì.
“Ma cos’è successo? Perché  questo ciondolo si è illuminato?” chiesi io incuriosita.
“E’ un amuleto che ti permette di passare dal PARADISO all’INFERNO o alla Terra, in base a ciò che tu desideri. Pan mi aveva accennato qualcosa sul vostro viaggio.”
“Grazie ancora!” dissi io felice. Subito dopo iniziai a sentirmi male e pensai che fosse a causa di quell’amuleto. Inizia a urlare  ea piegarmi dal dolore. Pan preoccupato mi prese e mi coricò sul letto il più velocemente possibile. mi tolse subito la collana che continuava a lampeggiare e la mise sul comodino a fianco al letto. Mi ripresi poco a poco e Pan mi rimase sempre vicino cercando di aiutarmi.
“Ebe, abbiamo preparato tanti palloncini, tutti per te, ma attenta a cosa possono contenere! Noi tutti vorremmo aprirli con te.” Dissi Clio mentre Imeneo tirò fuori i palloncini dall’armadio. Mi sentii benissimo e accettai di farlo.
Pan si mise insieme a loro e presero tutti un palloncino, poi li misero sopra la mia testa e li fecero scoppiare uno alla volta. Il primo giro di palloncini conteneva dei coriandoli mentre il secondo conteneva dell’acqua. Per fortuna che mi sedetti per terra nel secondo giro.
Appena finimmo io andai in bagno per un po e quando tornai trovai tutti addormentati per terra. Tutti a parte Pan che li guardava seduto sula sedia vicino alla scrivania. Lui mi guardò, si avvicinò, mi prese il polso e mi portò fuori. Aveva in mano il mio regalo.
“Ebe, scusa il ritardo ma questo è il tuo regalo. Mi dispiace per il ritardo ma non volevo che nessuno lo vedesse.” Disse lui
Io presi il regalo e lo aprii. All’interno c’era un cellulare nuovo. Era touch screen. Non ne avevo mai avuto uno.
“Oh grazie mille! Mi piace molto, ma…. Non so come funziona.” Dissi io con espressione gentile.
“Tranquilla che te lo insegnerò io. Guarda ce lo abbiamo quasi uguale.” Mi disse lui mostrandomi il suo. In effetti ce l’avevamo dello stesso modello, cambiava solo il colore visto che io ce l’avevo bianco e lui blu.
“Portalo appena torniamo e scuola. Ti faccio vedere una cosa.” Si mise vicino a me, lo accese e mi fece vedere prima lo sfondo (aveva messo una sua foto) poi andò sulla rubrica e mi disse: “guarda ti ho salvato il mio numero di telefono e quello di casa. Chiamami quando vuoi.”
“grazie ancora.” Dissi io. Tornai in camera, tirai fuori dal cassetto dei braccialetti e ne misi  in tasca dei miei amici. Poi uscii e ne diedi due di colori diversi a Pan.
“ecco questo sarebbe il mio regalo. Te ne ho presi due: una ha il significato della nostra amicizia e l’altro rappresenta il mio amore per te.” Glieli diedi mentre spiegai. io glieli misi subito e poi lui avvicinò il braccio alla bocca e li baciò. Misi il cellulare in tasca e rientra in camera con lui. Ci coricammo sul letto, mi baciò e ci addormentammo con le mani unite.

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Capitolo 10
*** capitolo dieci: piccole spiegazioni ***


Oggi era il primo giorno del ritorna a scuola dell’anno nuovo.
Mi suonò la sveglia. Mi svegliai con fatica andai giù a fare colazione (già vestita).
Presi la borsa e corsi il più velocemente possibile a scuola. Arrivai con il fiatone e trovai tutti i mei amici riuniti.
“Pan,  puoi venire via con me.”
“Ma così saltiamo le lezioni! Ma che ti prende?” mi chiese lui.
“Questo non è importante! Forza, andiamo al parco. Devo dirti una cosa importante.” Dissi io.
 “Ehi Ebe, che ti succede? Mi spieghi che ti prende?” disse lui quando fummo al parco e mentre lo tiravo.
Lo feci sedere su una panca. Poi mi sedetti vicino a lui.
“Pan, adesso ascoltami attentamente. È una cosa molto importante.” Dissi io guardandolo con espressione convinta di quello che stavo per dire. Feci un attimo di pausa poi ripresi.
“Stanotte ho fatto uno strano sogno. Ero davanti a un grande e bellissimo castello di cristallo. Mi trovavo davanti alla porta principale del castello. Essa si aprì improvvisamente ma non c’era nessuno dall’altra parte che la stesse aprendo. Entrai, la stanza era grande e tutto fatto di cristallo e c’erano delle bellissime scale. Nel sogno feci le scale, si aprì un’altra porta davanti a me e nella stanza c’erano delle persone, 6 per la precisione. Nel sogno le conoscevo ma in realtà non so nulla di loro e non li conosco. Loro si girarono, mi guardavamo e poi uno di loro mi invitava ad avvicinare chiamandomi.”
“interessante… ma questo cosa c’entra con me? E poi, com’è che ti chiamavano?”
“Mi chiamavano Principessa Ebe, figlia dei regnanti del PARADISO. Comunque tu c’entri perché dopo che mi avevano chiamata un bambino mi venne incontro e si presentò con il nome Pan. Presumo che quel bambino sia tu.” dissi io. Rimanemmo in silenzio per un po’.
“Ebe, anch’io ho una cosa da dirti ma non posso dirtela qui. Andiamo a casa tua.” Disse lui con espressione seria.
Arrivammo in camera mia e ci sedemmo per terra.
“Ebe, ciò che sto per mostrarti non ne devi fare parola con nessuno. Capito?”
“Si, certo.” Dissi io.
Appena lui udì quelle parole, lui chiuse gli occhi il più possibile, strinse i pugni stringendoli verso il petto, e improvvisamente….
“AAAAAAAAH!!!!!!” disse lui con tono dal basso verso l’alto. Iniziò a piegarsi verso di sé. Poi aprì le braccia e alzò la testa urlando di nuovo la stessa cosa.
“No! Ti prego fermati Pan! Non farlo!” dissi io. Ma lui non si fermò.
“AAAAAAAAAAAAH!!!!!!!!!!!!!” urlò lui. Appena finì di urlare, iniziarono a cadere delle piume nere. Io alzai la testa e lo guardai era nella stessa posizione di prima ma stavolta non urlava. Gli occhi gli diventarono rossi. Vidi che sulla sua schiena apparvero delle grosse ali che si aprirono. GROSSE ALI NERE. Ritornò a sedersi per terra e le ali si piegarono.
“Ecco che cosa sono realmente. Un demone dell’ INFERNO dalle ali nere, il potere di volare e la capacità di diventare una nuvola nera e poter volare.” Disse lui.
Io mi avvicinai, gli presi la mano e gli dissi: “tranquillo, io ti sosterrò comunque.” Mi girai. “E comunque la cosa resterà un segreto.”
“Non sei terrorizzata, sconvolta o preoccupata? Comunque io volevo fartelo vedere prima che partissimo.”
“Ah… ok. Comunque sono proprio belle quelle ali sono finte?” dissi il toccandole.
“No, sono vere.”
“Devo dirti un’altra cosa. Forse non dovrei rivelartela, ma lo farò lo stesso.”
“Dimmi, ti ascolto.” Dissi io prestando molta attenzione a ciò che diceva.
“Ecco, vedi, in realtà i miei genitori mi hanno messo sulla Terra per 3 ragioni:  scoprire com’ è vivere qui, prelevare e guidare le persone prossime alla morte e, cosa più importante, cercare un luogo in cui i due regni possono farsi la guerra.”
“Eh? Guidare le persone? Fare una guerra? Spiegati meglio.” dissi io incuriosita e con la testa inclinata da una parte.
“Vedi, alle persone che muoiono gli viene fatto il funerale. Il corpo viene messo in cimitero mentre la sua anima per alcuni resta a vagare per il mondo terreno, altri invece vanno in cielo. Quelli che vanno in cielo vengono accompagnati in uno dei due regni in base al comportamento avuto da vivo. Riesco a vedere le anime dei morti vagare senza meta. Io avevo quel compito, almeno fino a qualche giorno dopo l’essere rimasto sulla Terra. I miei genitori per un una settimana mi osservavano e cercavano di capire il motivo per cui  io non continuassi il mio lavoro. Capirono che fu perché mi si erano indeboliti i poteri e allora decisero di rimpiazzarmi. Per questo ne sono felice, ma essendo il principe del regno e il futuro re, dovrei trovare una regina per poter regnare e assicurare un altro erede.”
“Interessante. Tu hai detto che i due regni stanno cercando un luogo per fare la guerra tra di loro. Chi sono questi due regni? A che scopo farsi la guerra? Che luogo stanno cercando?” chiesi io.
“Beh, vedi… I due regni sono PARADISO e INFERNO (detto anche Regno Yomi). Nel 13° secolo, come ben sai, ci fu una grande guerra tra questi due regni. Ne uscì vittorioso il re, un tuo antenato, del PARADISO. L’altro re, un mio antenato, non essendo contento, promise che si sarebbe ribellato e che avrebbe avuto questa rivincita. La promessa la tramandò di generazione in generazione fino ai giorni d’oggi. Mio padre vuole realizzare questo desiderio e per questo mi aveva mandato sulla Terra a cercare un luogo in cui fare la guerra. Vogliono farla qui sulla terra per dare dimostrazione della loro forza. Chi vince potrà aggiudicarsi il potere su tutto il pianeta e diventare un simbolo per tutti i greci  potendo essere considerati come Dèi Supremi.” Disse lui.
Ci fu un po’ di silenzio. Lui mi guardava e io lo guadavo.
“Ebe, un po’ di tempo fa tu hai detto che hai visto l’insegnante di inglese con le ali nere e un liquido rosso contenuto in una fialetta.” Disse lui.
“Sì esatto.  In realtà stavo per chiedertelo. Ma questo cosa c’entra con te?” chiesi io incuriosita.
“Lei è un angelo appartenente al regno degli inferi. Come puoi ben notare, io ho le ali nere perché faccio parte dell’INFERNO. Tu invece dovresti avere le ali bianche perché fai parte del PARADISO.”
“Ali bianche? Ma no!! Ti ho detto tempo fa e ti ripeto adesso che io sono solo una comune mortale.”
“io invece ti dico che secondo me sei un angelo. Forse sei un angelo ma tu non lo hai mai saputo. Sai che ti dico? Scopriamolo insieme.”
“Ci sto.” Dissi io facendo ok con la mano e sorridendo. Feci un attimo di pausa, presi il libro delle leggende e poi ripresi: “ la data che riporta qui è il 20 febbraio e dice anche che bisogna segnare questo timbro con un dito perché vi sia accesso al Regno Yomi.”
Facemmo ancora un attimo di pausa.
“Pan, lo sai, fra una settimana è il mio compleanno! Vorrei fare qualcosa di bello con te.”
“Ah si? Questo non lo sapevo! Allora ti farò una sorpresa.” Disse lui
“Davvero? Che bello!” dissi io felice.
“Bene, è ora che vada.”
“Devi andartene proprio adesso?” dissi io guardando prima l’orologio (segnava le 7 di sera) e poi lui.
“Già…”
Arrivammo davanti al cancello (separava noi due) poi mi disse di avvicinarmi. io lo feci e lui mi baciò.
“Buonanotte, amore mio.” disse lui.
“Buonanotte.” Dissi io. Lui si girò e se ne andò.

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Capitolo 11
*** Capitolo nove: una nuotata in piscina ***


Mi risvegliai e trovai solo Pan entrare in camera a petto nudo e con dei pantaloncini. Ne rimasi impressionata e girai la testa a destra all’istante.
“Buongiorno amore mio.” Disse lui
“Buongiorno.” Risposi io.
“La colazione giù è pronta ma io ancora non ci sono andato. Aspettavo di andarci con te.” Disse lui. Io arrossii. “Beh, io vado in bagno a vestirmi.” Andò io bagno e poco dopo tornò.
Io mi ero appena vestita. Avevo indosso calze, jeans e maglia pesante.
Andammo giù e lui mi teneva per mano.
“Buongiorno piccioncini.”
“Buongiorno mamma.”, “Buongiorno signora” dicemmo noi.
Ci sedemmo, io bevvi mezza tazza di latte mentre lui mangiò una mela.
“Ebe, puoi venire un attimo fuori dalla porta con me?” , “Va bene.”
Andammo in corridoio.
“EBE, sai che ore sono?”
“Sono le 10.”
“Sai che cosa dovrai fare tra un quarto d’ora?”
“No mamma, non mi ricordo.”
“Sveglia! Tra un quarto d’ora hai la lezione di nuoto!”
“Oh, cavolo. E adesso come faccio? Come farò ad arrivare in tempo?”
“tranquilla, ti ci porto io.” Disse lui a appoggiato a una parte della porta. “Vai a prepararti.”
“Ok, grazie mille. Farò alla svelta.” Dissi io. Corsi il più velocemente a in camera e mi misi la tuta grigia. Poi presi la borsa di scuola, buttai per terra le cose che c’erano dentro, ci misi dentro un asciugamano, il costume, la cuffia e gli occhialini. Poi chiusi la borsa, la misi su una spalla e corsi il più veloce possibile per le scale e arrivai al cancello dove mi aspettava Pan. Diedi la borsa a lui che se la mise in spalla e corse con me il più velocemente possibile.
Arrivammo davanti all’entrata delle piscine ed entrammo. Presi la mia borsa e andai negli spogliatoi a cambiarmi. Feci in tempo solo a togliermi i vestiti che avevo addosso prima di sentire il rumore di una porta. Io mi nascosi subito e dal mio nascondiglio vidi che era pan che stava cambiando.
“Ehi Pan, che fai qui! Non sei iscritto alle lezioni.” Dissi io con espressione seria e puntandogli il dito.
“Da oggi lo sono. Ho deciso di iscrivermi anch’io, così mi è più facile starti vicino e proteggerti.” Disse lui. io lo guardai con espressione scandalizzata.
“Come vuoi.” Dissi io. Avevo il costume e improvvisamente me lo ritrovai sulla porta nelle stesse condizioni di stamattina, solo che adesso aveva un costume.
“Pronta ad andare?” disse lui.
“Sì, andiamo.” Risposi io.
Lui mi aprì la porta e ci trovammo in un grande spazio con una piscina divisa in parti da dei galleggianti, almeno così li ho sempre definiti io. Io mi misi in una delle corsie e feci qualche vasca mentre Pan si mise nella corsia a fianco alla mia e fece qualche vasca anche lui. Riuscì a stare alla mia velocità un po’, poi lui accelerò. A parere mio lo faceva solo per farsi notare. Dopo un po’ io non ce la facevo più. Mi fermai a metà vasca, rimasi lì un attimo poi trattenni il fiato e stetti sott’acqua per un po’. Pan uscì dalla piscina, ma quando mi vide sul fondo si preoccupò e si gettò per tirarmi fuori.
“Ehi, ma che ti è saltato in testa! Lo sai che così rischi di morire.”
“Lasciami andare! Diamine, lasciami andare! Non ho chiesto il tuo aiuto!” dissi io. Lui sbarrò gli occhi e la bocca un pochino aperta.
“MA stai bene? Non ti sei fatta male?”
“No, sto benissimo. E adesso per favore lasciami che esco dalla piscina!” gli urlai io. Lui mi lasciò  ancora un po sconcertato, arrivai al bordo e salii. Però non mi accorsi che dall’altra parte del bordo c’era Talia con degli amici che scherzavano. Io urlai per fermarli ma non ci riuscii. Talia con una piccola spinta spinse dei suoi amici in acqua, uno di loro urtò Pan. Io appena me ne accorsi buttai l’asciugamano a terra e risaltai in acqua per andare a prendere Pan. Lo tirai fuori dalla piscina, gli aprii le braccia e provai la respirazione bocca a bocca. Non riuscii a rianimarlo. C’era un po di gente intorno a me. Mi misi ad urlare.
“Paaaaan! Pan ti prego svegliati! Non lasciarmi!” dissi io con le lacrime e con tutta la voce che avevo. Appoggiai l’orecchio al petto.
In quel momento arrivò un medico che mi rincuorò un pochino.
“Okay, respira. Sarebbe meglio portarlo in infermeria.” Mi disse il medico.
NON TOCCARLO!” gli urlai io. “Lui non deve essere spostato. Lui è MIO! Nessun’altro lo tocchi!” urlai di nuovo io.
In quel momento lui si svegliò.
“Pan, perché te ne sei andato!” dissi io piangendo.
“Mmh! Ebe. Ebe dove sei?” disse lui. io, sentendo la sua voce, lo guardai, mi spostai da una parte e presi la sua faccia con le mani.
“Pan! Ma allora sei vivo! Grazie al cielo!” dissi io prendendo il suo petto e lo avvicinai a me.
“Ebe, mi strozzi. Ebe non respiro.” Disse lui. Quando lo disse io mi staccai cercando di reggerlo.
“scusa.” Dissi io. Poi mi voltai verso il medico  che era lì. “Signor medico, mi dica dove si trova l’infermeria. Ce lo porto io.”
“Certo, da questa parte.” Disse lui. Io misi un braccio solleva le sue gambe e l’altro braccio dietro la schiena. Con noi venne anche Talia.
“Con te risolverò le cose la volta prossima.” Le dissi guardandola in maniera molto arrabbiata.
Quando arrivammo in infermeria coricai Pan sul lettino. Mi addormentai sulla sedia vicino a lui.
Mi risvegliai dopo un po’ e lui mi guardava seduto sul lettino con espressione sorridente.
“Buon risveglio pigrona. Dormito bene?” Chiese lui.
“Eh? Oh sì! Tu stai bene?”
“si certo. Ora sto meglio grazie. Andiamo a casa.”
“certo. Andiamo.” Disse lui alzandosi da lì. Uscimmo dall’edificio e arrivammo davanti a casa mia.
“bene ci vediamo. Grazie di avermi accompagnata.”
“non c’è di che. Bene ci vediamo.” Disse lui girandosi.
“ci vediamo. Mi dispiace ancora per quello che è successo.”
Lui si girò e mi disse: “Non dispiacerti. Non è colpa tua. Ora me ne devo andare.”
Si girò e se ne andò.

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Capitolo 12
*** capitolo undici: compleanno di Ebe ***


La settimana passò senza problemi. E finalmente arrivò il giorno del mio compleanno, il 5 febbraio, finalmente io compivo 18 anni. Il fatidico giorno in cui acquisivo la maggiore età. Era domenica. Quel giorno mi svegliai alle 8:00. Andai in bagno a fare la doccia. Appoggiai il cellulare sul mobiletto.
Appena iniziai a svestirmi ricevetti un messaggino. Era di Pan. C’era scritto –Cara Ebe auguri di buon compleanno. Ti verrò a prendere, ti porto in un posto speciale. Per il momento sarà una sorpresa. Alle 9:30 sarò li da te. A presto.-. io chiusi il telefono e ne fui felice.
Feci la doccia il più velocemente possibile lavandomi per bene i capelli. Poi andai giù e bevvi solo un bicchiere di latte. Guardai l’orologio erano le 9:15.
“AUGURI EBE!!!!!!!” disse la mamma entrando.
“Grazie mamma. (appoggio il bicchiere sul tavolo). Volevo dirti che tra un po arriva Pan a prendermi. Andremo in un posto speciale, quindi non ci sarò tutto il giorno. Vado su in camera a prepararmi.” dissi io.
“Va bene. Io oggi pomeriggio andrò a dare una mano nella pasticceria di tuo padre. Avrà di certo bisogno di me.” Disse lei.
“Certo, certo.” Dissi io. Poi aggiunsi: “Avvisami appena arriva.”
Appena arrivai su per le scale sentii il campanello suonare, andai in camera aprii il mobile e tirai fuori il più bel vestito che avevo. Era un vestito azzurro, aveva un unica spallina e arrivava fino a metà gamba. Mi truccai per la prima volta.
Sentii mamma far accomodare in salotto Pan.
“Ebe!!! Pan è arrivato ed è in salotto che aspetta.” Disse lei.
“Sì, arrivo. ” dissi io. Scesi le scale e arrivai in salotto.
Vidi come al solito Pan seduto sulla poltrona.
“Pan sono arrivata scusa il ritardo.” Dissi io. Lui si alzò in piedi e mi guardò con espressione stupita e con la bocca leggermente aperta.
Lo guardai. Lui era in giacca e cravatta. Era bellissimo!!!!!!!!
“Stai benissimo.” Dissi io con un sorrisetto.
Lui mi si avvicinò, si mise dietro di me e mi disse:
“ora chiudi gli occhi.” Disse lui. io lo feci e lui mi coprì gli occhi con una benda. Poi mi prese la mano e uscimmo di casa (riconobbi il rumore della porta). Poi uscimmo dal cancello (riconobbi il rumore del cancello). mi fece salire su una macchina, la sua macchina.
“ehi, ma perché siamo su una macchina? E tu da quant’è che sai guidare?”
“Ho preso la patente da poco, questa è la mia nuova macchina arrivata direttamente dall’INFERNO come regalo dai miei genitori.”
“Regalo? Ma allora compi anche tu gli anni oggi!”
“In realtà li compio tra 5 giorni, ma visto che il regalo mi è arrivato in anticipo… volevo iniziare ad usarla con te.”
“Ah, capisco. Ma dove mi stai portando?” chiesi io.
Lo scoprirai. Improvvisamente l’auto si fermò e iniziai a sentire delle voci di gente a me non conosciute. mi prese per mano e facemmo pochi passi. Ci fermammo, aspettai un attimo e poi ripartimmo. Altri pochi passi e poi ci fermammo.
“bene, sei pronta a scoprire la sorpresa?”
“Sì certo.” Dissi io
“ok, ora puoi alzare la benda.”
La alzai e vidi che intorno a me c’erano dei giochi, ma non quello del solito parco. Eravamo in un parco divertimenti. Ero felicissima. Lo ringraziai tante volte. Vidi che in mano aveva due cartine del parco, ne presi una e la guardai.
“Visto che oggi è il tuo compleanno, ti lascio scegliere tutti i giochi che vuoi fare.”
“Davvero? Oh grazie, grazie, grazie, grazie!!!!!!!!” dissi io guardando attentamente prima lui, poi aprii il foglio e scelsi.
“Dunque vediamo… per prima cosa faremo le montagne russe, poi un giro sul canotto, poi… vedremo!!”
“Bene, adesso che hai scelto la prima tappa, andiamo sulle montagne russe!” disse facendo qualche passo. Poi si girò e disse:
“Ah… un’altra cosa. Oggi pago tutto io. Farai senza ridarmi i soldi.” Disse lui.
Arrivammo davanti all’entrata delle montagne russe e avevamo solo un paio di persone davanti. Quando finalmente arrivò il nostro turno, io aro così felice che quando aprì la barriera di sicurezza mi precipitai di tutta fretta dentro mi sedetti e mi preparai. Peccato che quando iniziò la corsa io passai da felice a spaventata, anzi terrorizzata.
Io lo guardai per un po’ e, mentre la corsa andava, lui era felice e sorridente. Appena scendemmo dalla giostra il tremavo come una foglia, se non peggio.
“Uao!!!! È stato bellissimo e divertentissimo!” disse lui.
“S-s-s-sì, b-b-b-bellissimo.” Poi camminammo un po’ vicino a delle bancarelle e a un certo punto ci fermammo (lui era un po più avanti di me).
“Oh Pan, guarda che bello quel gioco!” dissi io guardando il canotto nell’acqua. Poi ripresi: “Ti va di andare là?? A me piacerebbe tantissimo!!!”
“Bene, allora andiamo là.” Disse lui.
“Davvero? Che bello! Andiamo!” dissi io felicissima. Ci sedemmo su un canotto che sembrava fatto di legno (ma in realtà non lo era). Eravamo tutti e due felici.
Appena finimmo con il giro sul canotto io ero affamata e decisi di sedermi su una panchina che trovai poco distante.
“Oh che stanchezza! (passo la mano sulla fronte)”
“Hai fame? Vuoi qualcosa? Ho portato dei tramezzini e dei sushi fatti in casa.” Disse lui aprendo la borsa.
“ecco tieni. Buon appetito!!”disse lui dandomi un tramezzino. Io lo ringraziai e lo mangia con espressione felice e sguardo basso. Appena alzai lo sguardo per chiedere un altro tramezzino vidi un po’ lontano da noi e davanti ad una bancarella di dolciumi.
“Pan, scusa se te lo chiedo, ma quelli lì per caso sono i nostri amici Imeneo, Talia e Clio?” dissi io indicando davanti a me.
“Eh? Ma dove?” disse lui. poi girò la testa e li vide davanti a noi. “Ah si!! Sono proprio loro. Andiamo a parlare con loro.”
“No! Io non vengo!” dissi io con le mani che coprivano la faccia.
“allora li chiamo qui. Imeneo! Talia! Clio! Ragazzi venite!” urlò lui. Tutti quelli che c’erano intorno si fermarono e guardavano noi. Io ero così terrorizzata che mi alzai e me ne andai. Feci un solo passo e lui mi prese per la mano. Mi tirò verso di lui, mi prese con l’altra sua mano per l’altro polso. I ragazzi si avvicinarono a noi e ci salutarono. Poi mi lasciò un polso.
“ciao ragazzi! Che bello rivedervi! Come state?” disse pan.
“Noi bene. voi piccioncini vi trovo in forma. Che ci fate qui?” chiese Imeneo.
“Noi siamo venuti per festeggiare il compleanno di Ebe. Gli avevo promesso che saremmo andati in un posto bellissimo… ed eccoci qui!”
“I-il compleanno di Ebe?” dissero in coro. “Allora auguroni Ebe!”
“Grazie ragazzi. Grazie molte.” Dissi io. Imeneo si avvicinò.
“Scusaci Ebe se non abbiamo nessun regalo per te. È solo che non lo sapevamo.”
“Fa lo stesso ragazzi. L’importante è il pensiero non il regalo, giusto?”
“Giusto. E voi che ci fate qui?” chiese Pan incuriosito.
“Oggi è giovedì. Ci siamo presi la giornata libera dagli impegni quotidiani e dallo studio per divertirci un po’ insieme. Eravamo passati a casa tua, Ebe, quando tua madre stava uscendo e ci ha detto che eravate andati via.” Disse Talia.
Ci fu un po’ di silenzio. Poi il silenzio venne interrotto con un’esclamazione estremamente felice di Clio.
“Ehi, Imeneo guarda quel gioco andiamo a provarlo!” disse indicando la macchinetta con i pupazzetti.
“Sì arrivo. (tono triste) bene, ragazzi, credo sia il momento di lasciarci. Ci vediamo a scuola.” Disse Imeneo. Mentre lo diceva, Pan era intento a guardarlo. invece io guardavo Talia che aveva lo sguardo da ragazza divertita e con un sorrisetto per niente positivo. Talia tornò però a sorridere appena Imeneo finì di parlare.
“Ok, ci vediamo.” Disse Pan con espressione felice. ”E adesso dove vuoi andare?”
“Mmh… là!!!!” dissi io indicando la giostra dei cavalli.
“Bene! andiamo a prendere i biglietti e facciamoci un giro.” Disse lui. per fortuna non era molto lontano e ci andammo insieme. Io lo presi per mano. Lui prese i biglietti e la corsa precedente alla nostra era finita.
“Io intanto vado a sedermi.” Dissi io e mi andai a sedermi dentro la carrozza. Lui quando arrivo si sedette sul cavammo che era di fianco al mio gioco. Rimanemmo un po’ li poi la giostra si fermò. Lui (come un cavaliere) scese da cavallo, si avvicinò a me, mi chiese la mano, io gliela diedi e io uscii dalla carrozza per poi scendere dalla giostra.
“Pan che ore sono?” chiesi io. Lui guardò l’orologio e disse che erano le 17 e disse che facevamo in tempo a fare un altro gioco prima di andare sul suo preferito.
“Sono stanca! Riposiamoci un po’!! (seduti e dopo poco) ho sete!!”dissi io.
“ti vado a prendere qualcosa! Cosa vuoi da bere?”
“una bottiglietta di acqua.”
“bene. Tu una bottiglia di acqua e io una lattina. Vado e torno.” disse lui.
Riuscii a vederlo mentre pagava le bibite e ritornava da me. Mi allungò l’acqua e bevemmo un sorso insieme. Mi alzai in piedi pimpante e pronta per andare.
“Bene, sono pronta ad andare. Dimmi, qual è il gioco che dici sia il tuo preferito?”
“La ruota panoramica. Andiamo!!” disse lui felicissimo.
“Certo, andiamo.” Dissi io con espressione felice.
Arrivammo davanti alla cabina della ruota panoramica ed entrammo mettendoci uno davanti all’altro. Guardammo fuori per un po’ poi lui mi guardò con una mano su una guancia e il appoggiato a una coscia. Me ne accorsi solo dal riflesso del vetro.
“Ebe.”
“Sì?”
“oggi è il giorno del tuo compleanno, ti ho portato qui, e spero ti sia divertita.”
“sì, mi è piaciuto molto. Grazie mille.(sorriso più grande che potevo) questo è il giorno di compleanno più bello di tutta la mia vita!” dissi io.
“però io vorrei fare una cosa in questo momento con te.” Disse lui mettendosi a fianco a me. Si avvicinò sempre di più fino a che non ci baciammo. Dicono che un bacio con il proprio innamorato nella cabina di una ruta panoramica sia il bacio del vero amore e che la coppia non si separerà mai. Beh, io in quel momento ci credevo. Mi lascia travolgere da quel bacio. Mi sembrava che il tempo non passasse mai ma invece era passato troppo in fretta che quando finimmo uscimmo dalla cabina. Poi uscimmo dal parco e lui mi riaccompagnò a casa. Erano tutti a letto, quindi mi tolsi le scarpe. Arrivai in camera, guardai l’orologio che segnava le 10 di sera e mi buttai sul letto senza neanche pensarci addormentandomi all’istante.

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Capitolo 13
*** capitolo dodici: compleanno di Pan ***


Arrivò il giorno di compleanno di Pan, il giorno 10 febbraio. Come tutte le mattine mi svegliai alle 6, feci colazione già vestita e truccata  e uscii di casa per andare a scuola.
Entrai a scuola e vidi come al solito i miei amici tutti insieme davanti alla porta della scuola. Il primo a notarmi fu Pan, il mio quasi ragazzo non essendo ancora ufficiale.
“Ehi, Ebe! Vieni qui!” disse lui. Io mi avvicinai e mi disse che parlavano di una serata fuori in gruppo.
“Bella l’idea di un’uscita insieme, ma dove volete andare di preciso?”
“stiamo pensando di andare al cinema o in discoteca.” Disse Imeneo. Pan mise una mano a forma di pugno nel giubbino che avevo indosso. Dentro il pugno c’era un biglietto. Poi tirò via la mano e vidi che ce l’aveva aperta. L’altra mano ce l’aveva in tasca. Vidi arrivare la prof di inglese, anche imeneo la vide (lo capii dal suo sguardo) poi vidi Imeneo prendere Talia e Clio e portarle dentro (noi due rimanemmo fermi per un po’). Pan fece un solo passo in avanti, si girò verso di me e disse: “guardalo appena avremo finito inglese.”
Aspettai la fine delle lezioni e andai a casa a posare il mio zaino e mi vestii con lo stesso vestito che avevo nel giorno del mio compleanno. Poi presi il biglietto e lessi ciò c’era scritto davanti. C’era scritto: ‘Ti aspetto nel mio appartamento. Qui trovi le indicazioni.’ la aprii e guardai dentro. Seguii le indicazioni e mi trovai davanti a un grande edificio. Presi l’ascensore che vi era all’interno e andai ai 4° piano. Feci qualche passo e mi trovai davanti alla porta della stanza numero 105 e bussai. attesi qualche secondo e mi aprì la porta Pan. Lui era, come suo solito, con una camicia che mostrava il petto, un asciugamano al collo e dei pantaloncini azzurri.
“Ben arrivata. Prego accomodati.” Disse lui. io ero un po arrossita ma annuì ed entrai. La stanza in cui entrai subito era grande e spaziosa ma con poche cose all’interno. Vi erano un televisore, un mobile, un divano, una finestra e un tavolo con dei libri di scuola sopra. Io in mano avevo una scatolina rettangolare impacchettata
“scusa se ti ho interrotto. Ecco, io ero venuta a darti questo.” Dissi io allungandogli il regalo. “Auguri di buon compleanno.”
“Ah, grazie mille. Fai come se fossi a casa tua.” Disse lui con un sorriso e prendendo il regalo. Lo aprì e dentro ci trovò un orologio bellissimo con qualcosa di luccicoso simile a dei diamanti sparsi sull’orologio. Poi io mi tolsi il giubbino e lo appoggia sul divano.
“Vieni in camera mia, devo parlarti.” Disse lui aprendo una porta. arrivammo in camera e lui disse:
“aspettami qui, vado un attimo in bagno.”
Girai per la stanza e vidi dei libri sparsi per terra, degli auricolari sulla scrivania e il computer acceso sulla schermata desktop. C’erano varie cartelle che come nomi avevano delle iniziali. Non ci feci tanto caso. Poi la mia attenzione venne catturata da un quadro situato sul comodino a fianco al letto. Esso ritraeva lui e un essere incappucciato. In quel preciso momento entrò nella stanza Pan che mi vide. Mentre guardavo la foto iniziai a sentirmi male, la riappoggiai dov’era e mi sentii cadere all’indietro, come se stessi per svenire. Sentii i passi di Pan avvicinarsi a me. Fece in tempo a prendermi e mi coricò sul suo letto (lo capii perché era qualcosa di morbido).
Ad un tratto mi sentii come se stessi volando, come se qualcosa di dolce e leggero si fosse posato su di me e non se ne volesse andare. Qualcosa di perfetto e di magico. Aprì gli occhi e vidi Pan che mi stava baciando, ecco cos’era quella sensazione. Qualcosa che nessun’altro mi avrebbe saputo dare in modo così perfetto come lui. Sì, lui mi stava baciando, ma era messo in una posizione imbarazzante. Aveva la mano destra vicino a un fianco, la mano sinistra  appoggiata vicino all’altro fianco, la camicia un po’ aperta e il suo petto in buona vista. Lui aprì gli occhi e quando vide che io mi ero ripresa si staccò da me e mi abbracciò il più forte possibile.
“meno male che ti sei ripresa! come stai?”
“sto bene.” Dissi io alzandomi e mettendomi da una parte del letto. Poi ripresi: “di cosa volevi parlarmi?”
Lui si sedette a fianco a me.
“beh… ecco, ti ricordi quando io ti ho detto dell’insegnante con le ali nere che fa parte dell’INFERNO?”
“si, ma perché?” chiesi io incuriosita.
“Vedi, noi angeli dalle ali nere quando decidiamo di non mostrare le ali, abbiamo due possibilità per farlo: possiamo prendere delle pastiglie, come faccio io e sono queste (me le mostra avendo la scatola in mano), oppure si può prendere una fialetta con una sostanza rossa ed è quella che hai visto nella mano dell’insegnante quella volta. La differenza tra le due è che con la fiala senti più dolore se non la prendi in tempo, mentre con le pastiglie non senti dolore. Entrambe durano circa 5 ore. E ti ricordi quando eravamo in camera tua e ho fatto quelle strane urla?”
“Si, mi ricordo.” Dissi io.
“Beh, ecco, quel giorno avevo inghiottito troppe pastiglie e l’effetto aveva durato tutta la giornata. Ho fatto quelle urla perché dovevo togliere l’effetto delle pastiglie dal mio corpo per poterti mostrare le ali.” Disse lui.
“ah… adesso capisco. Anch’io devo dirti una cosa riguardo al mio passato. Questa cosa non la sa nessuno a parte me, i miei genitori e da oggi anche tu. ti chiedo però di non farne parola a nessuno.”
“Certo, dimmi di che si tratta.”
“vedi, il mio passato non è stato perfetto. Fino a prima di entrare in questa scuola tutti mi chiamavano ragazza-codino. Ero molto brava a scuola, ma non mi facevano entrare nei gruppi perché dicevano che avevo quei voti solo per il fatto di aiutare gli insegnanti. Loro in realtà ero solo gentile, ma loro continuavano. Andai avanti per la mia strada e non badavo alle chiacchiere dei compagni. Per fortuna sono entrata in questa scuola e non ho nessuno dei compagni degli anno passati.” Dissi io finendo con un’espressione felice.
Ci fu un attimo di pausa poi una grossa nube nera iniziò ad invadere la stanza. Io mi coprì gli occhi. Quando essa si dissolse vidi un essere  incappucciato di rosso scuro.
“Padre? Ma che ci fai qui?” disse Pan.
“Ciao figliolo. Sono venuto a trovarti ed ad augurarti un buon compleanno. Oggi compi 5000 anni.”
“5000 anni? Ma come! Tu ne hai diciassette, proprio come me.” dissi io. Lui girò la testa dalla parte opposta a me.
“in realtà io compio 5000 anni, ma ne dimostro solo 17. Quando avevo veramente 17 anni, lui e mia madre mi fermarono la crescita ma continuai a vivere. (guardando me) Ma quando ho incontrato te ho capito cosa volevo fare,(guardò suo padre con espressione arrabbiata) e questa volta non me la farò sfuggire.” Disse Pan. Suo padre indietreggiò appena un po’ con il petto.
“ah! (tornò normale) Comunque, io sono venuto qui per portarti al palazzo del regno. C’è bisogno di te proprio là in questo momento.”
“NO!! Io non vengo se non viene anche lei, Ebe, la mia ragazza. Quindi puoi scordartelo, io non mi sposto.”
“ah si? Lei è la tua ragazza? Beh, devi separartene subito perché ho trovato una sposa perfetta per te e sarà migliore di lei.”
“Ma tu che ne sai com’è lei!! Comunque io non vengo lo stesso.“
“È cosi che la metti?! Allora vedrai soffrire la tua ragazza, come la chiami tu.” disse lui. dopo aver detto quelle parole, il padre di Pan mi guardò, alzò un braccio  e uscì la mano con l’indice che indicava me. Dietro il mio collo apparve il segno dell’infinito, o meglio il segno della maledizione, illuminato. Sentii come delle forti fitte al petto, talmente forti che mi costrinsero a buttarmi per terra in ginocchio. Poi mi spostai da un lato del corpo e il dolore peggiorava.
“Ebe!! Ti prego resisti! Ma che ti succede? Padre, ti ordino di fermarti!” disse lui piegandosi verso di me.
“tu mi ordini di fermarmi? Sai che ti dico, non smetterò fino a che tu non verrai con me. Ormai questa è la maledizione che ho inferto su di lei quando era nata e sarebbe iniziata alla sua maggiore età.” Disse il padre. Lui parlò tra sé queste parole: “maledizione… ma certo, quella della leggenda!” Appena finì guardò suo padre.
“(risata) HA, HA, HA, HA. Maledizione, certo certo! (espressione seria) e come hai chiamato questa maledizione? Cosa comporta?”
“L’ho chiamata… maledizione Amore-Odio. Consiste che la persona che odia l’altra persona inizia ad amarla, invece la persona che ama l’altra persona finisce per odiarlo al punto tale che, se non viene controllato in tempo, rischia di uccidere l’altro.”
“uccidere. NO! Non voglio!” disse Pan. Fece un attimo di silenzio poi riprese: “E va bene, verrò da voi fra dieci giorni terrestri.”
Suo padre aprì la mano in maniera diritta. Il dolore mi sparì, ma rimasi ancora nella stessa posizione di prima (coricata da un lato del corpo rannicchiata su me stessa).
“Bene, allora, ti aspetterò tra 10 giorni terrestri. ” disse suo padre. E mentre diceva queste parole lui svanì in una massa nera. Appena se ne andò io improvvisamente mi ripresi, come se non fosse successo niente.
Un istante dopo Pan ricevette un messaggio.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici: ali bianche ***



Pan ricevette un messaggio. Era da parte di tutti nostri amici e diceva: ‘Ehi voi! Noi vi aspettiamo alle ore 20:00 davanti alla discoteca Nanaho.’
“sono le 18. Se vai a casa e a un quarto alle 8 davanti a casa mia. Ci andremo insieme visto che è qui vicino. Ti aspetto davanti all’edificio.” Disse lui davanti alla porta.
“Bene allora a dopo.” Dissi io. Un’ora e mezzo dopo arrivai davanti al suo edificio. Io ero in maglia a maniche corte e jeans. Lui si presentò poco dopo ed era in jeans e maglia bianca. Facemmo pochi passi, girammo l’angolo, altri pochi passi ed ecco la discoteca Nanaho.
Li davanti trovammo i nostri amici che ci salutarono.
“Ciao ragazzi, come state? Noi bene.” Disse Talia.
“Noi stiamo… bene. Vogliamo entrare?” disse Pan.
“Certo!!” disse Imeneo.
Ed entrammo insieme. Io e pan ci sedemmo su delle poltroncine mentre gli altri iniziarono a scatenarsi.
“Ebe, io vado un attimo ai bagni, vuoi venire?” chiese Talia.
“Ah, no, grazie.” Dissi io.
Aspettai un po’ poi Pan si girò verso di me.
“Allora Ebe, ti piace la discoteca?”
“Eh? Non riesco a capirti a causa del volume alto.” gli dissi io.
Lui guardò in avanti e anch’io lo feci. Poi improvvisamente sentii un’ odore strano. Era odore di fumo. Diedi una gomitata a Pan.
“Pan, non senti odore di fumo?”
“eh? Cosa? (annusò in giro.) ah sì, hai ragione. E si fa sempre più intenso.”
Io lo guardai con espressione scandalizzata. Mi guardai intorno e vidi che tutti quelli che erano lì si stavano dirigendo verso l’uscita e scapparono. Il fuoco iniziò a divamparsi nella stanza dove eravamo noi. Io mi nascosi dietro Pan, ma ci trovammo circondati di fuoco anche dietro.  Lui mi ordinò di stare e ferma, io o feci e lui fece qualche passo avanti, ma… iniziò a cadere qualche pezzo di legno dal soffitto. Uno di quei pezzi lo aveva colpito in testa, lo aveva fatto cadere e non si riprese.
“Paaaaan! Resisti! Vengo a salvarti!” urlai io.  Non feci in tempo a fare il secondo passo che una figura nera si avvicinava verso di me. Pensai che fosse di nuovo il padre di Pan, ma non fu così.
“Bene bene bene. Guarda chi si rivede, la grande Principessa Ebe, la prediletta di Zeus. Da quant’è che non vi vedete? 5000 anni?” la figura nera che facendosi avanti si rivelò essere Talia.
Talia aveva gli occhi rossi e sottili e non come al solito (occhi grandi e azzurri).
“Principessa Ebe? Zeus? Ma di cosa state parlando?”
“Ah… capisco. Non lo sai perché tu hai vissuto una vita da normale ragazza fino ad adesso e perché ti cancellarono la memoria quando tu avevi due mesi di vita. ma non importa più. Oggi io metterò fine alla tua vita!!” disse lei.
“Prima con l’incidente quella volta in piscina e adesso qui in discoteca. Mettere fine, ma perché?”
“Da quando tu sei viva e io sono in collegamento ogni tanto con tuo padre Zeus… sento solo preoccupazioni da parte sua per te. Se io mettessi fine alla tua vita, finalmente avrò la possibilità di avere tutte le attenzioni da lui. Ecco perché lo faccio.” Disse lei con espressione seria.
“Se è solo per invidia, allora non te lo permetterò!” dissi con tono serio e minaccioso.
“Mh, astuta la ragazza! Tranquilla non avrai tante possibilità di sopravvivenza con questa intensità di fuoco. Voglio proprio vedere come riuscirai ad uscirne!” disse lei. Dopo quelle parole lei svanì e riapparve fuori davanti alla porta, fingendo che non fosse stata lei a creare tutta questa situazione.
Io mi girai di scatto e corsi da Pan. Gli tirai via l’asse di legno sopra il suo corpo e lo presi per le braccia. Essendo le porte d’uscita tutte bloccate dal fumo, cercai un modo per ripararci.
Improvvisamente due GROSSE ALI BIANCHE e ben resistenti mi apparvero sulla schiena. Erano grandi e belle e le guardai. Si aprirono e sbattevano così forte che alzarono me e Pan insieme.ci alzarono e continuarono a piegarsi e ad aprirsi. Appena arrivai vocino al soffitto, io guardai in alto, le ali si piegarono e vidi che le punte sfondarono il tetto e noi due uscimmo intatti.  Mi trovavo sopra la discoteca con delle ali bianche e tenevo lui per le braccia. Le ali bianche però potevano essere viste sol da chi fa parte dell’INFERNO o del PARADISO, quindi solo dal nostro gruppo. Io scesi fino a toccare terra e lì vi era un’ambulanza che portò Pan subito all’ospedale e dei vigili del fuoco che tentavano di spegnere il fuoco.
Io invece ordinai a Talia di rendere quel fuoco spegnibile (e lo fece), le ali sparirono e io svenni. Dormii per tutto il tempo e per il resto della nottata.

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici: ospedale e delle lettere ***


La sveglia suonò e un nuovo giorno era iniziato. Io bevvi un bicchiere di latte e mi misi le scarpe. Arrivai a scuola e feci le lezioni di matematica e di inglese. Appena finì presi il sacchetto del pranzo, lo aprii e mi misi a mangiare il contenuto. Arrivò Pan che si mise a mangiare con me.
“Iddekimasu (buon appetito in giapponese) Ebe!”
“Ah, grazie.” Dissi io. Presi gli stecchini e li staccai. Feci in tempo a fare solo quello quando mi suonò il telefono e alzai la cornetta.
“pronto?”
“Pronto, qui è l’ospedale Sugimoto. Lei è la signorina Ebe, la figlia di Claire Scarlatta (nome della madre)?”
“Sì, esatto.”
“Ah, bene. Le chiederei gentilmente di raggiungerci all’ospedale il più in fretta possibile.”
“si certo. (chiusi la telefonata) Pan, devo chiederti un favore, potresti portarmi all’ospedale Sugimoto? Si trova dall’altra parte della città.” Chiesi io.
“sì certo. Ma mi spieghi perché?” Disse lui
Arrivammo un lungo salone e noi due eravamo seduti davanti a una porta. La porta si aprì e uscì un medico.
“Lei è la signorina Ebe?”
“Si esatto.”
“Mi dispiace signorina, ho una brutta notizia da dare. Purtroppo sua madre è in coma ed è stata investita da un’auto. Siamo riusciti ad arrivare in tempo e portarla qui.” Io rimasi sconvolta, non sapevo cosa fare.  Mi misi a piangere appoggiandomi a Pan che era in piedi leggermente indietro di me.
“Fortunatamente inizia adesso il momento delle visite. Entra pure.” disse il medico mentre io smisi di piangere. Mi trovai davanti e crollai in lacrime. Pan mise una mano sulla mia spalla e io smisi di piangere.
Cercai di parlargli nella speranza di ricevere una risposta, ma nulla.
“Mamma, so che non puoi rispondermi, ma io to ho sempre voluto bene. Ma com’è possibile che tu sia finita in questo posto? Voglio dirti che resterò qui vicino a te fino a che non ti riprendi. Farò capire a questi medici che io e papà non conosciamo orari per non stare vicino a te e ci daremo il cambio.” Dissi io. Guardo le braccia di mamma distese, un braccio ha una flebo. Nella mano si vedeva un biglietto. Lo presi e lo aprii. Diceva:
‘Cara Ebe,/se stai leggendo questa vuol dire che la mia anima è andata da un’altra parte. Comunque, mentre leggi questo fai ciò che c’è scritto. Vai a casa, entra in casa e arriva in cucina./ Sul tavolo troverai una lettera chiusa, ce l’ho messa io per fare in modo che tu la vedessi. Quella in realtà è tua ma te l’ho tenuta nascosta da quando eri nata./ spero di riprendermi presto e… buona lettura!!/ Tua Mamma.’ Seguii le indicazioni. Quando lessi la seconda frase ero in macchina con Pan che mi portava a casa e quando ci arrivai, uscii e lui andò verso casa. Con la lettera in mano mi trovai davanti alla cartella della posta. Dentro c’era una lettera, ed era del PARADISO. Entrai in cucina e la numerai come seconda.
“ne ho ricevuta una anch’io. La mia viene dall’INFERNO, da mio padre. Me lo ha portato prima un corvo nero con gli rossi controllato da mio padre.” Disse pan davanti alla porta di cucina.
“E tu come sei entrato?”
“Sono diventato una nuvola e sono passato sotto la porta.” disse lui.
“Mh. Cosa dice la lettera?” dissi io. Lui aprì la lettera e la lesse. Lanciò il foglio sul tavolo e si mise a braccia incrociate.
“ah, nulla di speciale. Dice solo che, visto che tra un paio di giorni sarà San Valentino, questo sarà il nostro ultimo giorno insieme visto ha intenzione di impossessarti della tua mente e uccidermi. Dice anche che una volta che mi avrà ucciso ucciderà te davanti a tuo padre Zeus nella guerra tra i due mondi. Infine dice che ha deciso che la guerra si farà in campagna vicino alla nostra città Lato. Vedo che tu invece ne hai due, cosa dicono?”
“non lo so, non le ho ancora guardate.”
“Leggi la prima.”
“Sì. (apro la busta numero 1) ‘Cara signora, mi fa piacere che lei abbia accettato di prendersi cura di nostra figlia. Coloro che parlano sono gli dèi Zeus ed Era. Il 5 febbraio di cinquemila anni fa diedi alla luce la bambina che vedi in questa cesta. Non potevamo venire di persona, però due mesi dopo la sua nascita, abbiamo tristemente deciso di cancellarle la memoria e ordinato a uno dei nostri angeli più fidati di portarla da voi in quella cesta. Le chiediamo gentilmente di tenere nascosto tutto questo alla bambina fino a che non ha diciotto anni. Al compimento del diciottesimo dovrà dire che i suoi veri genitori la aspettano nel regno del PARADISO. Le è la principessa del Paradiso e per proteggerla la diamo in cura a lei. A presto,/ Zeus ed Era.’” (immaginarsi la scena)
“Una lettera molto strana.”
“Già…” dissi io a testa un po’ bassa. Aprii la seconda lettera.
“questa invece l’ho ricevuta oggi. La leggo. ‘salve signora, siamo ancora noi. Volevamo ringraziarla per tutto quello che ha fatto. Ci dispiace ma abbiamo prelevato la sua anima per poter parlarle di persona e per fare in modo che Ebe potesse accorgersene. Stia tranquilla, non le faremo alcun male in nessun modo. Però desidero tanto che nostra figlia venga da noi, ecco perché l’abbiamo presa. A presto.’
“Questa è ancora più sconcertante.” Disse lui. ci fu un attimo di silenzio e poi disse: “ti preparo la cena.”
Si alzò e andò a preparare due panini per ciascuno. Apparecchiò anche la tavola. Io rimasi ferma a guardarlo.
“Buon appetito.” Disse lui.
“Anche a te.” dissi io. Mangiammo, arrivammo fuori dalla porta e poi lui si ritrasformò in nuvola e se ne andò. Io andai in bagno a lavarmi i denti e poi andai a dormire.

Angolo autrice:
Ciao a tutti. Ecco a voi uno dei due capitoli. Spero vi piaccia'.
Beh... intanto BUONA LETTURA e mi raccomando commentate, per favore! mi fa sempre piacere sapere la vostra opinione su come pensate volete il seguito della storia.

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici: S. Valentino ***


Arrivò il giorno di S. Valentino. Il giorno in cui le coppie si scambiano qualcosa di speciale in segno di amore. ma questi saranno i nostri ultimi 5 giorni sulla Terra a partire da oggi. Arrivai davanti alla scuola e rimasi lì ferma ad aspettare gli altri. C’erano altri ragazzi (giovani) davanti alla scuola quando improvvisamente… arrivarono dei giovani in divisa scolastica e molto seri che si avvicinavano verso di me.
Erano in tre e quando furono vicino a me uno di loro mi disse: “lei è la signorina Ebe?”
“Si, sono io.”
“signorina, ci segua per favore.”
“Certo.” Mi bendarono e mi portarono in un luogo che non riuscivo a riconoscere essendo bendata. Poi mi fecero sedere su un qualcosa di morbido, simile ai sedili della macchina di Pan. Erano proprio i sedili della sua macchina, lo capii toccando intorno a me. Sentii il motore accendersi e la macchina andare in avanti. Girò a destra, a sinistra e poi improvvisamente l’auto si fermò. Sentì una portella (veniva da destra) aprirsi, poi chiudersi e dei passi avvicinarsi verso di me. Si aprì la portella e io scesi dalla macchina ancora bendata. Feci qualche passo ma poi mi ordinarono di fermarmi. Aspettai un po’ poi mi fecero fare qualche passo e mi fermai all’improvviso. Sentii una porta aprirsi davanti a me e mi ordinarono di fare 4 passi avanti. Io li feci e chiusero la porta.
Mi trovavo nella stanza da sola e bendata.
“Tieni gli occhi chiusi.” Disse una voce maschile che assomigliava a quella di Pan. Io tenni gli occhi chiusi e mi venne tolta la benda. Qualcuno mi alzò la testa e poi sentii qualcuno che mi baciò.
“Okay, ora apri gli occhi.” Disse la voce maschile che scoprì essere Pan (aprii gli occhi).lui mi si avvicinò all’orecchio e disse: “buon San valentino amore mio. (si raddrizzò) Okay ragazzi, ora potete togliervi la divisa.”
Io mi girai e ne rimasi stupita. Sotto la divisa di carabinieri c’erano i miei amici.
“Ciao Ebe! Ti è piaciuto il nostro scherzetto?!” disse Imeneo con espressione divertente.
“Buon San Valentino Ebe!” disse Clio.
“Grazie ragazzi! Grazie di cuore! Ma c’è una cosa che non capisco… perché avete fatto tutto questo?”
“Ce lo ha chiesto l’altro giorno Pan. Ha detto che voleva fare qualcosa di speciale per te… e così ce lo ha chiesto.” Disse Clio guardando Pan e sorridendo. Io lo guadai e  poi ci fu un attimo di silenzio.
“Bene allora noi andiamo.” Disse imeneo guardando le ragazze.
“Aspettate!” dissi io
“EEEH???” dissero loro tre in coro.
“avrei una cosa da darvi fatta con le mie mani ieri sera.” Dissi io e tirai fuori da una busta tre scatoline e dissi loro: “questo è per voi tre. Mentre per te, Pan…”
“io cosa?” chiese lui. tirai fuori dalla borsa una scatola più grande, ma non di tanto.
“Ecco, questa è per te. È della cioccolata che ho fatto per tutti voi. Ora potete andare.”
“Ok, ragazzi, divertitevi.” Disse Pan.
Le ragazze si incamminarono, Imeneo invece fece due passi (contati) poi girò la testa e disse: “Ci vediamo a scuola e divertitevi.” Imeneo si avvicinò agli altri e chiusero la porta. mi guardai intorno.
“Pan, scusa se te lo chiedo, ma dove ci troviamo?”
“ieri sera ho prenotato una camera in questo Hotel Lato. Ah, aspettami qui, ti ho portato una cosa.” Disse lui. io mi sedetti per terra e lui andò nella stanza accanto (il bagno). Tornò pochi secondi dopo e si presentò a me con un mazzo di tulipani.
“Uao! Che belli, grazie! Vediamo… 5, 10, 15, 16, 17! Esattamente come i miei anni. Ma come facevi a sapere che mi piacevano i tulipani?”
“Beh (una mano sulla testa), sono in segno del mio amore verso di te. Questi sono anche in segno di perdono da parte tua.”
“perdono? Ma perché?” chiesi io incuriosita.
“si, perdono, perché prima di andare via dovrò chiederti di dimenticarti di me. sia per il nostro amore, sia per mio padre.”
“No, non voglio farlo! Non lo farò mai!”
“Invece dovrai farlo sennò sarò costretto a cancellarti la memoria io stesso.” Disse Pan con tono un po’ triste.
“cancellarmi la memoria? Da quando avresti questo potere di cancellare la memoria?” dissi io di nuovo incuriosita.
“In realtà ho questo potere dalla nascita, ma nessuno a parte te conosce questa cosa, nemmeno mio padre stesso.” Disse lui e poi ci fu un attimo di silenzio assoluto.
“Ebe tu lo sai che mio padre ha anche trovato una ragazza con cui io mi dovrei sposare per garantire continuità al regno. Secondo l’ultima lettera che mio padre, di nome Ade, mi ha mandato dice che lei è bella e si chiama Macaria. È una dea della morte.” Disse lui seduto davanti a me.
“si, lo so. Ma questo cosa c’entra adesso?”
“Beh.. io gli ho mandato una lettera di risposta in cui dicevo che io sarei andato nel regno INFERNO e tu nel regno PARADISO. Vorrei sapere di più su noi due e capire se la leggenda riguardo noi è vera oppure è tutta una finzione. Quindi tu andrai là, scoprirai il più possibile e verrai da me a dirmelo. Spero però che tu ne sia d’accordo.”
“Certo che sono d’accordo!!” esclamai io.
“l’unico problema è che mio padre il giorno stesso è venuto da me infuriato e abbiamo fatto una discussione perché non era molto d’accordo. Alla fine però ha dovuto accettare, ma ha attivato il vero potere della maledizione.” Disse lui con un espressione un po’ triste.
“Due domande: quando partiamo? E come ci arrivo nel regno PARADISO?” chiesi io.
“Partiremo alla mattina presto tra quattro giorni. Ti farai guidare da Clio, lei è una musa che viene dal PARADISO.”
“Ma come fai a dire questo?”
“me lo ha detto lei di persona. Spero che per te va bene, andiamo prima in PARADISO e poi andremo a trovare mio padre.”
“Ok, va bene. Oh, sono già la sei. (mi alzai) Devo andare a casa a cenare.” Dissi io e lui si alzò.
“resta. ti invito  a cena. Guarda sulla terrazza davanti alla finestra.” disse lui. Lo ringraziai e andai a vedere. sulla terrazza vidi un tavolo apparecchiato per due, due sedie, una candela illuminata. Sentii lui al telefono che faceva un’ordinazione dicendo: ‘due piatti di riso e due Strawberry Sundae’. Io aprii la finestra e mi sedetti, lui andò alla porta, prese un carrello e lo portò da me.
“Ecco, questo è per te, invece questo è per me.” disse lui dando un piatto di riso per uno.
“grazie.” Dissi io. Lui si sedette davanti e me e mangiammo un pochino di riso. Finii prima io di lui.
“Questo è per te e questo è per me.” disse lui posando due coppe di gelato e si sedette di nuovo.
Diedi due cucchiaiate al gelato visto che mi sentii piena. Lui rimise sul carrello i due gelati.
“Ebe ho una cosa da darti in memoria di me.” disse lui. mi mise davanti una scatolina molto carina. La aprii e dentro ci trovai due anelli semplici ma a me piacevano tanto.
“Oh, grazie Pan! Facevi senza sforzarti così tanto! Scusa se te lo chiedo, ma… cosa vogliono dire questi anelli? E come mai ce ne sono due?” chiesi io curiosa. lui mi infilò l’anello nel dito medio.
“Accettali, questi rappresentano l’amore l’uno per l’altro. Ci ho fatto incidere all’interno ‘da Ebe per Pan’ nel mio e nel tuo ‘da Pan per Ebe’. Essendo questa la festa degli innamorati e la nostra ultima festa insieme, ho pensato di comprare questo in segno dell’amore che ciascuno di noi prova per l’altra persona. Non dobbiamo separarcene mai, per nessun motivo.” Mi disse lui.
“Oggi sei un insieme di sorprese! Lo accetto. Però avrei una cosa anch’io da confessarti.”
“Allora dimmi.” Disse lui. stavolta era lui incuriosito e io guardavo il basso seduta davanti a lui con i pugni stretti.
“Io… io ti… ti… io ti amo!!”gli dissi ad alta voce e guardandolo negli occhi. Lui mi guardò poi si mise a ridere.
“Eh? Ma cos’hai da ridere! Guarda che io sono seria!”
“Lo so che sei seria. Mi stupisce il fatto che ci sia voluto così tanto tempo prima di confessarmelo.”
“In realtà ho iniziato a scoprirlo solo quando eravamo in piscina. Da quel giorno io non ho avuto il coraggio di dirtelo perché sono molto timida. Adesso che ci sono riuscita, sono felice di avertelo detto. Ti amo.”
“Anche io ti amo.” Disse lui cercando di avvicinarsi. Io però guardai l’orologio sul polso e segnava le 8 di sera.
“cavolo, sono già le 8. Devo andare a casa a preparami per domani.” Dissi io alzandomi dirigendomi verso la porta. appena arrivai davanti alla porta, lui mi si parò davanti e mi bloccò il passaggio.
“No, non puoi andare. Non puoi andare se non mi baci.” Mi disse lui. ci baciammo intensamente nello stesso tempo aprì la porta e lui fece un passo indietro e io un passo avanti. Ci staccammo e me ne andai.
“Buonanotte amore.” Mi disse lui.
Arrivai a casa e preparai la borsa. Poi mi misi il pigiama e andai a dormire. È stata una giornata bellissima che non dimenticherò mai.

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici: Ebe in PARADISO (parte 1) ***


Oggi è una nuova giornata, il 20 febbraio per la precisione.
Sono davanti alla scuola e sono felice di esserci arrivata con Pan.
“Sai Pan, stavo pensando chi può portarmi fino al regno PARADISO.” Dissi io fermandomi davanti ai ragazzi che erano davanti alla porta della scuola.
“Lo faccio io.” Disse Clio alzando il braccio (fino al gomito).
“ne sei sicura?” chiese Pan.
“Sì certo. D’altronde devo andare a trovare le mie amiche Muse.” Disse lei
“Amiche… Muse?”
“Si amiche Muse. Non te lo posso raccontare, ma  ti  porto nel PARADISO.”
“Va bene.” Dissi io. Poi mi girai verso Pan e gli chiesi: “Allora, a che ora si parte?”
“Mmh… partiamo adesso.” Disse Pan.
“Adesso?” dissi io.
“Io ci sto.” Disse Clio.
“Sei pronta Ebe?” mi chiese Pan. Guardai Imeneo, poi Talia e poi Clio che mi sorrideva.
“Sono pronta.” Dissi io mentre guardai Pan.
“Bene! Dimmi Clio, come faccio per andare in PARADISO?” chiese Pan.
“Ebe, ce l’hai ancora il ciondolo che ti ha regalato Talia?” Disse Clio.
“si, ce l’ho a casa, ma… perché?” chiesi io.
“bene. Allora utilizzeremo quello per andare nel PARADISO.” Disse lei.
Quando fummo in camera mia Pan unì le mani davanti al petto tenendo chiusi gli occhi. Li aprì guardando le sue mani che si aprirono di qualche centimetro. Tra le mani vi era una strana palla nera, Pan la gettò a terra e si aprì un varco di colore nero. Lui si avvicinò a me, mi baciò e vicino all’orecchio mi disse: “ti aspetterò con ansia. Non dimenticarti mai di me.” Poi entrò nel varco ed esso si richiuse.
“Bene, ora tocca a noi. Pronuncia le parole ‘portami nel regno PARADISO’.” Disse Clio. Io le pronunciai con il ciondolo in mano ed esso si illuminò. Quando la luce che faceva il ciondolo diminuì entrambe ci ritrovammo in uno strano posto. Il cielo era tutto azzurro e non c’era nemmeno una nuvola, davanti a noi vi era un castello fatto con un qualcosa simile al cristallo (però azzurro) ed i miei piedi erano appoggiati su dell’erba verde. Pensai subito che era molto soffice Anche i nostri vestiti erano cambiati. Clio la divisa scolastica si trasformò in  un bellissimo vestito di color bianco puro. Io invece dai jeans, maglia classica e scarpe da ginnastica a vestito color rosso e tacchi non tanto alti. Devo ammetterlo, ero un po’ scomoda non avendo mai provato nulla del genere.
E facevo persino fatica a stare in equilibrio!!
“Forza, andiamo!!” mi disse Clio facendo avanzando verso il castello che avevamo davanti e io la seguii. Pochi passi dopo ci fermammo davanti a un fossato. La porta del castello era un ponte per entrate e permetteva di passare sopra il fossato. Il ponte si formava davanti a noi, si formava con dei pezzi fatti con la stessa materia con cui sembrava fatto il castello. Pezzi separati da poco spazio.
“Saltaci sopra e ti porterà davanti alla porta d’ingresso.” Mi disse lei. Insieme saltammo i pezzi che in totale erano 7 (le stavo contando).
“Otto.” dissi io saltando insieme a Clio. Ci trovammo davanti alla porta.
Io provai a mettere la mia mano sulla maniglia ma Clio mi fermò appena alzai il braccio.
Una strana voce mai sentita prima disse: “NOME DI IDENTIFICAZIONE” e Clio disse: “Clio, musa della storia” “ACCESSO CONSENTITO”. La porta si aprì. Io ero appena un po’ spaventata. Facemmo due passi e fummo dentro il castello.
Pensai che era strano. Mi guardai intorno e vidi che le mura interne erano costituite dai mattoni usati per costruire il castello. mi guardai intorno e vidi che c’erano pochi arredamenti: un divano color bianco, un tavolo di azzurro chiaro, due scale azzurre collegate da una terrazza.
“Vieni, sediamoci sul divano.” Disse Clio. Ci sedemmo e rimanemmo lì per un po’.
Improvvisamente Clio si alzò, mi chiedevo il motivo e la ragione.
“beh, adesso però devo andare dalle mie amiche. Ti ho portato qui e mi ha fatto piacere stare con te (sorriso) ma adesso devo proprio andare. Se vuoi puoi intanto visitare il castello.” disse lei.
“No, aspetta!” Le dissi io. Però lei se ne era già andata.
Rimasi seduta lì ancora qualche secondo. Da un lato delle scale sentii dei passi.
“Padre, sei tornato? Ci sarebbe Poseidone che avrebbe bisogno di te sull’Olimpo.” Disse un ragazzo di cui appartenevano i passi. lui stava guardando avanti, nella direzione della porta. Poi girò la testa e vide me seduta sul divano bianco.
“uh? Ma tu non sei Zeus. Ma chi sei? Che ci fai qui? E come ci sei arrivata?” disse di nuovo lui.
“io sono la Principessa Ebe, sono arrivata qui con Clio, la musa della storia. Sono venuta qui per conoscere il mio vero padre, Zeus. Ma tu chi saresti?” chiesi io.
“Io sono Eaco, uno dei tanti figli di Zeus, anche uno dei più importanti secondo lui. Ho il potere di manipolare la materia delle cose. Comunque Zeus dovrebbe tornare da una visita fatta ad Ade, il dio dell’INFERNO. A quanto pare però ci sta impiegando più del previsto, forse avranno litigato e si sono dichiarati guerra.” Disse il ragazzo. Lui era alto, magro, occhi azzurri, capelli rossi e vestito con una giacca bianca, scalzo e jeans. Ero un po’ più spaventata di prima.
“Guerra? Ma di che cosa stai parlando?” chiesi io.
“La Guerra della Ribellione. La guerra definitiva che verrà combattuta nella campagna di una città di nome Lato. Comunque adesso devo andare, ci si rivede!” disse il ragazzo scendendo dalle scale. Lui sparì per un corridoio e io rimasi in piedi per un paio di secondi guardandomi intorno. Vidi che da un lato della stanza c’era un corridoio. La situazione mi incuriosiva e così decisi di camminare nel corridoio. Mi chiesi subito dove potesse portare questo corridoio ma non riuscii a darmi una spiegazione. Mentre camminai mi chiesi anche a che scopo fare una guerra.
Cammina fino a che a un paio di metri di distanza da me vidi dalla parte destra una porta fatta però in legno. arrivai davanti e bussai (TOC TOC TOC). Non mi rispose nessuno e aprii un po’ la porta in modo da vedere dentro. Non c’era nessuno, la stanza era grande e vuota, le pareti erano di un azzurro molto chiaro. Entrai.
 “Scusate, c’è qualcuno?” nessuna risposta, strano pensai. Ero ancora un po’ spaventata, ma mi feci forza e intorno non vidi nulla. Girai la testa a desta, poi a sinistra, poi rigirai la testa a destra e vidi una statua che non c’era prima.  Mi avvicinai, e vidi che era di poco più alto di me ed era colorato (non grigio come dovrebbero essere le statue). Pensavo chi mai potesse essere e se lo avessi visto.
Nella stanza in cui mi trovavo vi era solo un trono di colore rosso acceso e una statua non grigia. Io ero vicino alla statua. Era alta come me, aveva gli occhi marroni, era alto, magro e i capelli arancio. Vidi gli occhi spostarsi e guardare me.
Io gli girai intorno, in modo da andarci dietro, ero molto curiosa. era vestito con dei jeans fino a sotto le ginocchia, una maglia bianca e aveva indosso delle ciabatte.
“scusa ma tu chi saresti?” disse il ragazzo guardandomi e dopo aver girato la testa. Io mi spaventai e facendo due passi indietro.
“AAAAAAAAAH!!!!!!!!!!!!!” urlai io e poi caddi all’indietro svenuta. …


Angolo autrice:
Eccomi qua, scusate il ritardo ma ho avuto un po' di problemi con l'università. Ma adesso è tutto a posto.
Spero che vi piaccia questa parte del capitolo perché mi sono sforzta tantisimo!! Buona lettura a voi e buon èesce d'Apriile, anche se un po' in ritardo.

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Capitolo 18
*** Capitolo diciasette: Ebe in PARADISO (parte 2) ***


… “Ebe, Ebe torna da me. Voglio rivederti. Mi manchi Ebe. Ti amo, ti prego torna da me.” disse Pan.
“Arrivo!” dissi io però non vedendomi.
Aprii gli occhi e vidi che ero coperta da un lenzuolo color rosa pelle. Mi sentii più tranquilla. Stavo sognando prima? Evidentemente si. Comunque era proprio bello. Pensai io mentre mi alzai. La stanza era diversa da quella di prima. Come arredamento oltre al letto vi erano un comodino, un comò con lo specchio, un lettore cd per terra. Essa aveva le pareti dipinte di verde chiaro. Vidi che per terra vi erano delle ciabatte color giallo ocra  con sopra la scritta ‘Princess’ (principessa) verde. Me le misi e uscii dalla stanza (porta color legno). Vidi che il corridoio era azzurro chiaro con delle piccole macchie dove si vedevano i mattoni  del castello. Il corridoio portava sia a destra che a sinistra.
“Oh, finalmente ti sei svegliata!! Ma lo sai che hai dormito per un giorno e mezzo ininterrottamente?” disse il ragazzo di prima che si trovava in mezzo al corridoio di destra.
“Scusa ma tu chi sei?” chiesi io girandomi verso di lui.
“Oh, giusto, non mi sono ancora presentato. Io sono Zeto, primo re della città Ragante, figlio di Zeus e Antiope, vendicatore della morte di mio zio Lico insieme a mio fratello. Ho il potere di sapere che cosa pensano le persone e il potere di riconoscerle. Riesco a percepire tutto di loro.” Disse lui con una mano sul petto e l’altra poco distante da un suo fianco. Poi aggiunse: “Permettimi di usare il mio potere su di te per riconoscerti.”
“V-va bene.” Dissi io. Zeto si avvicinò e mise la mani che aveva prima sul petto sopra la mia testa.
“Mmh… dunque vediamo…” disse lui e poi fece una espressione da persona stupita.
Principessa Ebe, dea della giovinezza, data a una famiglia umana a soli due mesi dalla nascita e scoperto recentemente di essere una dea. Una delle mie 6 sorelle importanti.” continuò lui.
“Le cose che hai detto su di me sono vere, io non ti ho mai visto prima di adesso, ma…”
“Sssh!!! Fai silenzio, non ho ancora finito. Tu sei fidanzata con un certo Pan che, guarda caso, è nato nel tuo stesso giorno e lui fa parte del regno INFERNO. All’età di 14 anni circa è venuto sulla terra e lì ha fatto la scuola regolare tenendo nascosto la verità su di lui e si è innamorato di te. Ma ora è a casa sua  che sta facendo una piccola lite con suo padre parlando di te. A quanto pare nostro padre sta tornando, gli parlerò io un po’ di te.” Disse lui
“ok, grazie. Ora vado a riposare un po’.” Dissi io e aprii la porta. c’erano un buon numero di domande cui non mi sapevo dare risposte, ad esempio come faceva a sapere tutto quelle cose su di me e su Pan, come faceva a sapere che ero fidanzata con lui e che lui era del regno INFERNO.
Chiusi la porta della camera e mi sedette sul letto quando improvvisamente sentii qualcuno che faceva due passi in avanti.
“Allora tu sei quella ragazza nuova di cui Eaco mi ha parlato. Ebe ti chiami, giusto?” disse una voce.
“Si. ma scusi lei chi è?” chiesi io alzando lo sguardo. Davanti a me avevo una ragazza magra capelli neri raccolti in una coda, occhi color verde chiaro, magli a maniche corte che gli arrivava fino a sotto il seno, portava una terza secondo me. Non portava dei pantaloni o cose simili, era con le mutande ben visibili e non portava niente ai piedi.
“Io sono Atena, la dea della sapienza e della saggezza. Ho il potere di capirlo e provare gli stessi sentimenti degli altri. So come ti senti. Sei preoccupata per ciò che ti ha detto Zeto, preoccupata per Pan, per il pensiero di non rivederlo più. Lo sarei anch’io al posto tuo.” Disse lei.
“Scusa ma come fai a sapere tutto questo anche tu?” chiesi io.
“Prima vi ho sentito parlare. Ero di passaggio perché dovevo venire in camera mia che è a fianco alla tua stanza.” Disse lei, poi aggiunse: “Aspetta, ma tu eri venuta per fare un po’ di riposo. Se è così ti lascio riposare. Ci vediamo domani.” disse lei.
“Aspetta! Vorrei chiederti una chiederti una cosa: mi sapresti dire chi sono i figli e le figlie importanti di questo regno?” chiesi io cercando di fermarla, visto che lei era già girata.
“beh, come figli ci sono Mirtilo, Ares il dio della Guerra, Ares, Eaco, Zeto uccisore di suo zio e infine il più forte tra tutti, Eracle, tuo futuro sposo. Come figlie ci sono io, Afrodite dea dell’amore e della fertilità, Eris dea della discordia e del caos, Clio musa della Storia, Talia musa della commedia e Afrodite regina dell’oltretomba ma anche della purezza, dipende dove si trova.” disse Atena.
“Eracle mio futuro sposo? Ma… ma io sono fidanzata con Pan.”
“Pan, dio dei pastori e dell’INFERNO, figlio illegittimo del dio Ade? Comunque Zeus ha deciso di unire in matrimonio voi con Eracle, figlio di Efesto. Oramai tutto il regno lo sa già da quindici anni. Tutti aspettano con ansia il ritorno della dea della giovinezza. Ora che sei arrivata tutto può compiersi.”
“Compiersi, cosa vuoi dire per compiersi?”
“Non posso dirti nulla più. E ora riposa che domani incontrerai tuo padre Zeus. A lui puoi rivolgere tutte le domande che vuoi poiché solo lui ha le risposte.” Disse lei. Poi io abbassai gli occhi per guardare verso terra e lei sparì. Mi coricai sul letto e mi addormentai profondamente.

Angolo autrice: Ciao a tutti di nuovo!! spero vi sia piaciuta la prima parte del capitolo, vi lascio la seconda parte da leggere. Vorrei ringraziare tutti i lettori silenziosi e tutti quelli a cui piace la mia storia! Voglio ringraziare BloodChocolate e runami_lu99, ma in maniera infinitesimale lenina blu.
Ricordo e avviso tutti: VIETATO PUBBLICARE O VENDERE QUESTA STORIA A NOME VOSTRO.

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Capitolo 19
*** Capitolo diciotto: Ebe in PARADISO ***


“Ebe, Ebe torna da me. Voglio rivederti. Mi manchi Ebe. Ti amo, ti prego torna da me.” disse Pan.
“Arrivo!” dissi io però non vedendomi.
Mi svegliai coricata sulla schiena. Ancora questo sogno, ancora la stessa persona, ancora io invisibile. Che cosa vorrà dire? Che sia un avvertimento? Ma a cosa?  Questi erano i miei pensieri appena mi svegliai. Guardai sul comodino a fianco al letto. Un orologio digitale segnava le 9 di mattina. Non avevo più sonno e così uscii dalla stanza per conoscere di più su questo castello e su ciò che conteneva. Mi guardai intorno e vidi che non c’era nessuno. Allora presi il corridoio che vi era a destra e vidi che vi erano delle porte da entrambe le parti. Vidi passarmi a fianco tre o quattro porte da entrambi i lati e arrivai a un bivio: un corridoio collegato a questo corridoio, almeno credo.
“E ora da che parte vado? Destra o sinistra? Proviamo con sinistra.” Dissi io, così girai a sinistra. Passa davanti a due porte quando alla terza non riuscii a resistere dalla curiosità. Aprii la porta e vidi che vi era una libreria. Vi erano degli scaffali, la stanza era grande e vi erano dei libri sparsi per terra. Non capisco come mai ma c’era un bel po’ di casino. Feci un passo, mi inchina e iniziai a raccoglierne qualcuno e li misi nel braccio destro. Poi andai nello scaffale che avevo più vicino e iniziai ad appoggiarli. Li contai mentre li appoggiavo, da sinistra a destra.
“uno, due, tre, quattro… uh?” dissi io. A pochi passi da me mia destra vidi un giovane ragazzo che stava prendendo un libro preso da terra e lo appoggiò sullo scaffale dietro di me. Prese quello a fianco e lo iniziò a leggere. Io non ci feci molto caso mi girai a sinistra, feci un paio di passi e ricominciai a prendere altri libri che erano a terra. Quando iniziai a farlo sentii dei passi dietro di me. Alzai la testa e pensai che fosse Eaco o Zeto.
“Eaco, sei tu? Oppure sei tu, Zeto?” chiesi io.
Appena finii di chiederlo i passi che sentivo da dietro finirono e sentii il rumore di porta chiusa.
‘Mi chiedo proprio chi potesse essere. Come mai non mi ha risposto.’ pensai io.
Quel ragazzo che era prima dietro di me, vidi che era in camicia aperta e aveva i capelli che gli copriva l’occhio sinistro.
Misi giù i libri che avevo preso da poco e uscii dalla stanza. Quando chiusi la porta dietro di me vidi davanti Eaco che veniva dalla mia destra. Lo fermai e gli feci una domanda.
“Scusami Eaco, possi farti una domanda?”
“Uh?”
“Per caso eri tu quello che poco fa era in questa stanza dove mi trovavo anch’io?” chiesi io
“Hm! Ovviamente no, sennò non sarei arrivato da là!” disse indicando dietro di lui.
“Ah, okay. Perché ho visto un ragazzo qui dentro poco fa e dopo poco se n’è andato.”
“Beh, di certo non ero io (testa girata dalla parte opposta alla mia). Comunque adesso devo andare alla riunione di famiglia quindi con permesso.” Disse lui finendo passandomi davanti.
“P-posso venire anch’io?”
“(arrabbiato) NO! (calmo) Non puoi venire, non ancora. E ora, di nuovo, con permesso.” disse lui.
Fece qualche passo più avanti, poi io ero curiosa e decisi di seguirlo.
Feci un paio di passi girai a sinistra, vidi che lui aveva allungato il passo girai per un corridoio di destra come fece lui, ma quando lo feci io lui era sparito.
Mi sentivo persa.
‘E adesso cosa faccio? Dove mi trovo di preciso?’
“Sarà meglio che torno indietro.” Mi dissi io.
“Ehi, tu, che ci fai qui! Lo sai che per te è ancora vietato!” disse un ragazzo dietro di me. io mi girai e vidi che era Zeto.
“Ma io non volevo fare nulla di ciò che pensi. Ho solo seguito Eaco che è arrivato qui e poi sparito. Ma adesso non so dove mi trovo.” Dissi io.
“te lo dico io dove ti trovi, sei nel corridoio sbagliato. E ora fammi passare, sono di fretta.” Disse lui con espressione seria. ma con voce un po’ arrabbiata.
“Aspetta! Volevo sapere se per caso eri tu quello che poco fa era in biblioteca.”
“Io no di certo! Prima ero impegnato ad ascoltare musica e ballare in una stanza dove lo si può fare.”
“ok, certo, capisco. Non sapevo che esistesse una stanza di quel genere, comunque grazie e ci vediamo.” Dissi io.
“Mi era sembrato di aver visto qualcuno in biblioteca che assomigliava a Pan. Che sia stata solo un’illusione?” pensai io.
Arrivò l’ora di cena e io mi trovai in un corridoio (in alcuni punti della stanza c’erano delle macchie che facevano vedere i mattoni con cui presumo era stato costruito l’edificio) davanti a una porta. stranamente fuori c’era ancora luce. Io entrai e vidi la stanza arredata con un caminetto e un tappeto dove sopra vi era un tavolo apparecchiato per otto persone.
“Sette? Perché è apparecchiato per sette persone?” dissi io un po’ stupita. Nella stanza oltre a me vi erano Eaco, Zeto, Atena e un’altra ragazza  mai vista fino ad adesso.
Era bella, alta, magra, portava delle paperine ai piedi. Aveva i capelli biondi e raccolti in modo perfetto. Poi indossava un vestito bellissimo (colore chiaro a scelta) molto scollato, delineava i fianchi ed era bellissimo. L’unico problema è che non la conoscevo.
“Da quel che ho capito, tu ti stai chiedendo chi sia questa ragazza. E stai anche pensando che è bellissimo quel vestito.” Disse Zeto a fianco alla ragazza descritta prima.
“Stavo esattamente pensando a quello.” Dissi io.
“Mi presento, io sono Afrodite la dea della bellezza, della generazione e della fertilità. Ho il potere di controllare i sogni altrui e posso assumere le sembianze di qualcun altro. In camera tua ho lasciato una mappa del castello fatta da me.” disse lei.
Quando eravamo tutti seduti, vi erano tre posti liberi in fondo al tavolo (due erano a ‘capotavola’). L’ordine era pressappoco così: io, davanti a me vi era Eaco, a fianco avevo Atena, a fianco a Eaco vi era Zeto, Afrodite era a fianco ad Atena. Quindi vi erano i due capotavola e il posto a fianco a Zeto vuoti.
Improvvisamente entrò un ragazzo dalla porta. Non sapevo ancora il suo nome ma vidi che aveva i capelli castano chiaro, era alto, magro e i suoi occhi erano verde chiaro. Si vedeva sgocciolare sul viso un po’ di sudore. Aveva dei pantaloni lunghi bianchi e dei bei pettorali con la camicia aperta.
“Oh, sei tornato! Vieni dai, mangia con noi. Nostro padre e la regina Era hanno detto che arriveranno un po’ più tardi.” Disse Eaco girando la testa verso di lui.
Lui si sedette vicino a Zeto. Davanti a ognuno di noi vi era un piatto con sopra della carne e della roba verde che presumevo fossero degli spinaci. Io ne mangiai solo un boccone per ognuno perché non avevo molta fame.
Atena mi guardò e poi disse: “Ebe!”
Io però non risposi.
“Ehi, Ebe, perché non mangi? Non hai fame per caso?” disse di nuovo lei.
“Non è per quello…” dissi io.
“Vediamo… sei preoccupata per il tuo ragazzo Pan. Da quando lui ti ha detto che ha una pretendente di nome Macaria hai paura che lui possa facilmente dimenticarti.” Disse Zeto. Io lo guardai con uno sguardo come se fossi stata sconvolta dalla sua affermazione.
Guardai in basso e pensai: ‘sto pensando a lui e a come deve essere questa ragazza. Di certo sarà bella e ben vestita, forse di nero per simboleggiare che dea è. Fatto sta questa cosa mi preoccupa, un po’ mi manca anche.’ Quei due posti rimasero vuoti tutto il tempo.
Attraversai il corridoio insieme ad Atena. Eravamo vicine di camera così feci la strada insieme a lei. Mentre camminavamo gli feci una domanda.
“Atena, mi sapresti dire chi era il ragazzo che è entrato quando noi eravamo tutti seduti?”
“Ma come, non lo sai? Lui è il tuo futuro sposo, Eracle!”
Poi girammo l’angolo e gli feci un’altra domanda.
“Per caso sai anche chi sono i suoi genitori e chi ha deciso questo matrimonio?” chiesi io.
“So che suo padre è Efesto ma non so il nome di sua madre, presumo che lui sia un semidio dai comportamenti che tiene sempre. Purtroppo però non posso risponderti riguardo a chi ha deciso il matrimonio, l’unico che può risponderti è Zeus stesso.”
“quando potrò incontrare Zeus? Perché deve essere proprio lui il mio futuro sposo?” chiesi io quasi davanti alle due porte delle camere.
“Sono tutte domande a cui solo Zeus in persona conosce le risposte.” Disse lei.
“beh, però ora devo lasciarti. Ci vediamo domani.” Disse lei chiudendo la porta della camera.
“va bene, grazie per l’informazione. A domani.” Dissi io.
Appena entrai in camera mi tolsi la maglia (ma tenni indosso i jeans), mi coricai sul letto e dormii.

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Capitolo 20
*** Capitolo diciannove: Ebe conosce Eracle ***


Appena svegliai mi sedetti su un lato del letto e guardai l’anello che mi aveva regalato Pan nel giorno di San Valentino. Pensai a quando me lo aveva messo e iniziò a scendermi una lacrima dagli occhi.
“Come mi manca! Chissà se mi starà pensando. E chissà cosa starà facendo…” pensai  con la sua immaginandomi lui davanti a me.
Improvvisamente nella stanza entrò come per magia Atena.
“che succede qui? Perché ho sentito un’aura di qualcuno che piange nella mia stanza? Ah, ma sei tu! che ti è successo come mai quella faccia triste!” disse lei venendomi davanti.
“Beh, si! Sto pensando al mio ragazzo, Pan. Sto pensando a cosa stia facendo adesso. Tutte le notti da quando sono qui sogno lui che mi chiama, mi prega di ritornare da lui e io gli rispondo ma non mi vedo. Spero e prego tutte le volte che posso con la mente di rincontrarlo.” Dissi io a testa bassa pugni stretti e piangendo.
“Su, su non fare così. Adesso mettiti questo e vieni con me, ti faccio vedere una cosa.” Disse lei.
Mi misi un vestito bellissimo color giallo fosforescente. Non aveva le spalline, mi avvolgeva il corpo dal seno fino a sopra i fianchi pio si allargava un po’ fino a toccare terra. Non avevo niente ai piedi. Avevo però i capelli che si erano magicamente legati in una coda da un lega capelli colorato come il vestito.
Uscimmo dalla stanza (lei mi aspettava davanti)  e attraversammo il corridoio. Imboccammo una strada a destra pochi passi dopo una a sinistra. Io mi fermai mentre Atena fece un passo avanti e poi si fermò, si girò e mi guardò. Mi fermai proprio davanti a una porta leggermente aperta. Mi misi una mano sul petto per la paura, mi avvicinai alla porta e la aprii leggermente. Entrai e vidi che dentro vi era Afrodite che stava ballando con una musica leggera (sembrava quella di un pianoforte). Sembrava danza classica ma non era così.
Si stava muovendo intorno a se con gli occhi aperti e le mani davanti. Aveva già fatto un giro quando si accorse di me e si fermò. Quando si fermò lei la musica smise di suonare.
“Ebe, che cos’è successo? Hai bisogno?” disse lei.
Mi scese una lacrima sul mio viso ed essa toccò terra. Mi misi in ginocchio le mani davanti agli occhi e iniziai a piangere. Atena e Afrodite si avvicinarono a me e Afrodite mi mise una mano sulla spalla.
“Ebe, tranquilla. Se ti va dimmi cosa ti turba così tanto.” Disse lei.
Provai a smettere di piangere e di spiegargli le mie preoccupazioni ma le lacrime uscivano da sole.
“A dire la verità sto pensando a Pan e mi chiedo se si sarà già dimenticato di me. tutte le notti lo sogno e tutte le mattine il mio primo pensiero va a lui mentre il mio ultimo pensiero va solo e soltanto a lui. Sto pensando a cosa lui stia facendo in questo momento. So che lui è nel suo regno con la sua futura sposa, ma a me piacerebbe rincontrarlo un’altra volta. Quando sono con lui mi sento felice e sicura ma se lui non c’è mi sento disperata e mi sembra come se un sasso gigante schiacciasse il mio cuore con tutti i sentimenti al suo interno.” Dissi io poi deglutii.
“Se me lo descrivi e se vuoi posso prendere le sue sembianze. In questo modo avrai modo di esprimere un po’ le tue emozioni.” Disse Afrodite
“No grazie. Ora provo a tranquillizzarmi e a non piangere più.” Dissi io asciugandomi le lacrime.
Poi ripresi: “Ditemi ragazze, per caso voi conoscete un modo per non sposare Eracle? Sì è carino ma non fa per me, mi dispiace.”
“Eh? Ma cosa stai dicendo! Tu devi sposare Eracle! Sono gli ordini di …” disse Atena.
“Esisterebbe un modo ma non sono sicura che poi funzioni. Sai, Eracle ha il potere di capire se le cose che gli avvengono davanti sono reali o sono una finzione.” Disse Afrodite.
“Reale… o finzione… dimmi, ti prego, come posso fare per non sposarlo!” replicai io mettendo le mani sul pavimento.
“Quello che sto per darti è un consiglio. Dunque, dovresti fingere che ti piaccia così tanto che non ce la fai a stare senza di lui. Devi esaudire quasi tutti i suoi desideri cercando il più possibile di non far capire ciò che in realtà stai pensando o ricordando. Quando sarà il momento giusto e te lo sentirai, potrai rivelare tutto a Eracle, a meno che lui non lo scopra prima del previsto.” Disse Afrodite.
“Okay, grazie. Ci proverò.” dissi io dopo essermi alzata in piedi. Uscii dalla stanze e ripercorsi il corridoio girando a destra. Lì davanti vi era una finestra.
Riuscii a fare pochi passi che arrivai alla fine del corridoio. Dovevo girare a sinistra ma mi fermai sul posto perché davanti a me trovai Eracle con gli occhiali da sole.
“Ciao io sono Eracle, tu chi sei?”
“Sono la principessa Ebe, dea della giovinezza. Almeno cosi mi ha definito Zeto.”
“Allora sei tu Ebe, la mia promessa sposa! Mi fa piacere conoscerti.” Disse lui poi si tolse gli occhiali e riuscii a vedere i suoi occhi verde chiaro.
“Dunque, cosa ti va di fare? Oggi sono a tua completa disposizione.” disse lui.
“Prima ho un paio di domande da farle, se non le dispiace.”
“Va bene, ma non qui. Vieni con me.” disse lui avvicinandosi a me.
Si mise a fianco a me, mise la sua mano destra sulla mia spalla destra e il braccio appoggiata alla schiena. Facemmo pressappoco 5-6 passi poi mi aprii la porta. Entrai e ci sedemmo per terra lasciando la porta aperta. La stanza aveva poche cose all’interno. Vi erano uno stereo un po’ vecchio e grande, una parete quasi del tutto coperta di specchi, una sedia che non riesco a descrivere e dei dischi per terra e sulla sedia.
“Bene, ora fammi tutte le domande che vuoi. Dammi pure del tu, sennò mi sento un po’ a disagio.” Disse Eracle.
“Oh, certo. Mi chiedevo chi sono i tuoi genitori.”
“Allora io sono un semidio, mio fratello si chiama Ificlo, mia madre umana Alcmena e mio padre il dio Efesto. In realtà il mio vero padre è Zeus ma mi ha cresciuto mia madre dicendomi sempre che mio padre era il dio Efesto.” Disse lui.
“Dimmi, cosa ti piace fare?”
“Oh, beh, a me piace coltivare piante,  mi piacciono gli animali, leggere libri e curarmi delle persone a me care. (si avvicina a me) Se poi si tratta della mia ragazza faccio ancora più attenzione a non ferirla in alcun modo.” Disse lui.
“Allora eri tu quel ragazzo che avevo visto qualche giorno fa in biblioteca.” Dissi io. Poi fingendomi interessata dissi: “e dimmi che generi di libri ti piacciono?” ero seduta a gambe incrociate con i gomiti appoggiati su di esse.
“Esatto, ero io. A me piacciono i libri romantici e sovrannaturali.”
“Anche a me piacciono i romantici!” dissi io sempre fingendomi interessata.
Ci fu un attimo di silenzio e io guardai in basso. Il pavimento era così lucido che riuscii a vedere un po’ il suo riflesso. Vidi il suo viso che da bassa si alzò e mi guardò.
“Ehi Ebe, che ne dici se domani trascorriamo una giornata insieme?”
“Si, sarebbe bellissimo.” Dissi io con un finto sorriso.
“perfetto, allora domani mattina ti verrò a prendere davanti alla tua stanza.” Disse lui.
Dopo esserci alzati in piedi entrambi lui disse: “Permettimi di accompagnarti fino alla tua camera.”
“Io? Oh, beh, grazie.” Dissi io.
Arrivammo davanti alla mia camera, mi prese la mia mano e la baciò.
“A domani amore. Va bene se ti chiamo cosi?”
“Ah, s-sì, va bene.” Dissi io con una mano poco distante (ma davanti) dalla bocca.
“perfetto! Allora a domani.” Disse lui ed entrai nella stanza.
Feci solo in tempo ad entrare che vidi apparirmi davanti Afrodite.
“Allora, sorellina, com’è andata con Eracle?”
“Sorellina? Beh, comunque credo sia andata bene.” Chiesi io.
“beh, tu sei la nostra sorella minore, la più giovane tra tutti.” Disse lei. Però le scese una ciocca dei suoi capelli davanti alla faccia e con la mano la tirò su.
Mentre lo fece lei disse: “Comunque complimenti, se è come mi dici sei stata molto brava. Ricordati che davanti a Eracle devi fingere di essere una ragazza single, devi fingere di non essere innamorata di Pan.”
“NO, non posso Farlo! Non ci riesco a dimenticarlo.” Gli urlai io e delle lacrime mi segnarono il viso.
“Per favore Ebe cerca di controllarti e ragiona. Almeno fallo per lui, Pan.”
“È difficile lo so ma, ce la puoi fare. Ebe, io mi fido di te.” Disse Atena apparsa anche lei nella stanza. Io ne rimasi stupita, nessuno mi aveva mai detto qualcosa di simile se non mia madre quando ero piccola.
Meno male che non c’era Eracle, ma mi dispiaceva moltissimo che non c’era Pan, lui avrebbe trovato subito un modo per sostenermi.
Mi avvicinai verso Atena e mi misi a piangere davanti a lei. Fortunatamente non ero truccata.
“MI farò forza e ci proverò.” Dissi io guardandola.
“Brava, così si fa.” disse lei.
Loro sparirono e io mi coricai sul letto. Prima di sparire Atena mi fece un sorriso e Afrodite mi disse: “Ricordati, noi saremo sempre con te, ovunque andrai.”
Mi sentii rallegrata e mi addormentai con un sorriso.

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Capitolo 21
*** Capitolo venti: Una uscita con Eracle ***


Arrivò una nuova mattinata. Io mi svegliai coricata sul letto e con un panno bianco in fronte. Mi sedetti, me lo tolsi e lo guardai. Era bagnato.
‘chi può avermelo messo sulla fronte? Ma quanto ho dormito?’ mi chiesi io.
La prima cosa che notai subito era una sedia messa nella mia direzione con un vestito verde appoggiato sopra. Me lo misi e mi guardai allo specchio. Mi stava abbastanza bene, a parere mio. Il vestito era verde chiaro, con le spalline verdi, mi arrivava fino ai piedi ma ero scalza.
Uscii dalla stanza e vidi che davanti alla porta che vi era di fronte mi aspettava Atena in piedi con le mani incrociate. Lei aveva un bel vestito azzurro ed era scalza (esso non copriva i piedi). Aveva anche i capelli sciolti, una ciocca di essi davanti su entrambe le parti. I capelli gli arrivava fino al seno.
“”ben risvegliata sorellina. Lo sai che hai dormito per due giorni interi!” disse lei.
“due giorni? Scusami Atena, ma che giorno è oggi?”
“oggi? (risata con la mano davanti alla bocca) HA HA HA HA! Non te lo abbiamo detto prima?”
“che cosa?” chiesi io incuriosita.
“Nei regni PARADISO e INFERNO il tempo non esiste qui. È come se il tempo fosse fermo. Però, sulla Terra, è come se fosse il 1° dicembre.” Disse lei.
‘Primo dicembre… è già passato un anno da quando ho conosciuto Pan, com’è volato il tempo. pensare che lui adesso è nell’INFERNO e io invece sono qui… mi chiedo sempre che cosa lui stia facendo. Spero anche che lui mi pensi tanto quanto lo faccio io..’ pensai io. Io avevo la testa bassa visto che stavo pensando.
“Come stai? Cosa ti prende?” mi chiese lei.
“Eh? Oh, stavo solo pensando.” Dissi dopo aver alzato la testa. Ripresi dicendo: “Beh, che programmi ci sono per oggi?”
“Oggi devi uscire con Eracle. Mi ha detto di dirti che quando sei pronta lo devi aspettare nella sala grande davanti alle scale principali, dove c’è l’entrata principale.”
“Ah, okay, capito.” Dissi io.
Arrivai nella sala grande ma alla prima occhiata non vidi nessuno se non i soliti arredamenti. Mi misi davanti alla porta ad aspettare.
Apparve Eracle seduto sugli scalini con la testa appoggiata al palmo della sua mano destra.
“sei arrivata, bene! Stai benissimo con quel vestito.” Disse lui, poi scomparve.
Me lo ritrovai a fianco a me, mi alzò la mano e me la baciò. gli apparvero due ali bellissime di colore bianco, come le mie.
“oh, ma ti manca una cosa prima di venire via con me.” disse di nuovo lui. Mi si avvicinò ma io avevo paura che mi facesse qualcosa e quindi chiusi gli occhi.
“Ecco fatto, ora sei pronta, mia adorata.” Disse di nuovo lui. io aprii gli occhi e sentii un rumore dietro di me (FFUUUUOOOOOOOOSSSHHHHH!).
Girai la testa e vidi che mi erano apparse per la seconda volta le mie ali bianche.
“Bene, ora sei pronta.” disse lui. Mi prese per mano, gettò a terra una pallina bianca (simile a quella che usò Pan) e si aprì un varco davanti a noi. Entrammo nel varco e arrivammo davanti una casa fatta di legno con le pareti movibili.
“E’ già sera…” pensai io. Avevo un po’ paura stare da sola con lui.
“Non avere paura, nella città dove siamo adesso tutti possono mostrare la loro vera natura. Questa è la città in cui regna Zeto, gli ho chiesto io il consenso e lui ha accettato. Oggi noi siamo gli unici che hanno le ali bianche in questa città. Stasera vi è una festa, ecco perché ti ho portato qui. Vorrei vederlo con te.” Disse lui.
“Va bene. Forza andiamo!!” dissi io facendo un sorriso.
Arrivammo dopo poco davanti a un banchetto. Il banchetto vendeva dolciumi e io andai subito a vedere.
“Uoahhh!! Ma che belli questi dolci! E sono anche molto invitanti!”
“ti piacciono? se te ne piace qualcuno posso comprarteli!”
“davvero? Però ne prendo pochi. Dunque, vediamo… prendo un lecca lecca e quattro di questi biscotti rotondi con i cuori.” Dissi io.
“ecco a voi signorina.” Disse il signore (che era pelato).
Tenni fuori il lecca lecca e lo leccai mentre camminai con lui.
“Ti piace? Di che gusto è? Aspetta non dirmelo.” Disse lui. si mise davanti a me, io mi fermai e lui lo leccò.
“Alla fragola, buono!” disse lui.
“In effetti a me piace molto il gusto fragola.” Dissi io con un sorriso che in realtà era finto.
‘In realtà a me piaceva di più il limone più che la fragola’ pensai subito io.
Riprendemmo a camminare e arrivammo in una zona in cui vi era tanta gente ferma che guardava il cielo.
“Eh? Ma che succede?” chiesi io. Improvvisamente vennero lanciati in cielo dei fuochi d’artificio molto belli e io ne ero estasiata dalla bellezza di quei colori. Mi cadde per terra il lecca lecca, improvvisamente mi sentii prendere per i fianchi e portare un po’ indietro. Insieme a me venne anche Eracle, era lui che lo faceva. Mi aveva allontanato un po’ dalla folla.
“Hey, Eracle, ma che ti prende? Che cosa hai …” dissi io, ma non finì di parlare che lui si mise davanti a me di nuovo e mi baciò sulla bocca (io con gli occhi aperti e lui con gli occhi chiusi).
Questo non me lo aspettavo da lui. Mi ero promessa di non baciare nessuno a parte Pan, eppure… appena lui si staccò da me disse: “Lo sai Ebe, tu mi piaci molto. Non me lo saprei mai aspettato di innamorarmi e amare qualcuno così tanto.” Disse lui finendo con espressione felice.
 “Eracle, guarda che bello! È a forma di cuore, che carino!” dissi io indicando un fuoco d’artificio a forma di cuore.
‘Ho detto quelle parole soprattutto per evitare il suo discorso.’ Pensai io.
“beh, che ne dici se torniamo a casa?”
“Ci sto, prima possiamo tornare indietro un attimo? Ho visto qualcosa di carino che mi ha attirato.”
“Oh, si certo.” disse lui e così camminammo ancora un po’. A un certo punto io non mi trovai più vicino Eracle, era rimasto indietro perché fermato da alcune ragazze. Se ne liberò subito. Mentre lui era con delle ragazze, io sentii le voci di un gruppo di tre ragazze che parlavano di Eracle e di me. erano vestite in kimono e avevano l’aspetto di ragazze normali. dicevano qualcosa simile a questo:
“Hey, ma quello non è Eracle?” disse la prima
“si, è lui! com’è carino con le sue ali!!” disse la seconda.
“E’ proprio lui, ma perché sta tenendo la mano a quella ragazza?” disse la terza ragazza. Lui mi prese per mano e camminammo.
“Non fare caso a loro, sono solo invidiose (mi guardò con un sorriso poi girò la testa). Il fatto è che qui noi siamo i fratelli di Zeto e siamo visti come persone molto importanti. Loro all’apparenza sembrano ragazze ma in realtà vengono dal regno dell’INFERNO e nascondendo le loro ali e la loro vera natura possono spostarsi da un luogo a un altro con tranquillità.” disse lui finendo con un’espressione seria. Io guardai lui, poi guardai verso il basso, mi misi al pari di lui e continuammo a camminare.
Quando fumma abbastanza lontani, nascosti in una stradina dove non passava nessuno, lui mi lasciò la mano, aprì un varco e poi si mise dietro di me e mi diede una spinta così forte che mi buttai in avanti andando a finire nel varco. Quando lo attraversai tornai nel PARADISO, proprio davanti alla mia camera, lui arrivò subito dopo di me. il varco poi si chiuse, lui aveva lo sguardo fisso verso il basso. Sopra di noi passò un’aquila. Io la guardai ma lui non ci fece molto caso.
“Beh, buonanotte amore mio.” Disse lui. Poi girò a destra e se ne andò.
Io entrai in camera e andai a dormire.

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Capitolo 22
*** Capitolo ventuno: L'incontro con Imeneo ***


Oggi è un nuovo giorno e come sempre mi svegliai. Mi alzai dal letto e andai alla finestra che avevo in camera. Rimasi lì a guardare fuori.
Senti la porta della mia camera aprirsi. Io non feci neanche un movimento, rimasi ferma a guardare fuori.
“chi c’è? Chi è entrato in camera mia?” dissi io e mi girai.
Vidi che davanti alla porta si era appoggiato alla porta e mi guardava. In mano aveva un vassoio con sopra due scodelle, dei biscotti e un po’ di zucchero e miele in bustine.
Lo appoggiò a terra e si sedette nel più totale silenzio. A un certo punto questo silenzio si interruppe con una serie di parole.
“Buongiorno, ti ho portato la colazione. La facciamo insieme, ti va?” fece lui.
“Buongiorno e grazie mille.” Dissi io. Mi sedetti davanti a lui, lui divise le due scodelle. Mi guardai dietro e vidi che c’era del latte solidificato, e anche nel suo.
“oh, aspetta!” disse lui guardando prima nel mio e poi nella sua scodella. Vidi che il latte da solido divenne liquido.
“Okay, ora va meglio. Buon appetito!” disse di nuovo lui.
Io mangiai solo due o tre biscotti. Lui invece bevve solo il latte.
Lui mi prese la mano, ci alzammo e lui si diresse verso la porta. mi portò in una grande stanza dove vi era una serie di fiori e piante piccole disposta su due file in entrambi i lati.
“UOAHHHH! Fantastici!” dissi io avvicinandomi ai fiori che avevo a sinistra. Mi avvicinai ad un fiore che era esattamente dall’altra parte della stanza.
“Questo qui è un fiore bellissimo!” dissi io guardando una piantina che non conoscevo. Lui si mise a fianco a e mi disse che era un ciliegio con i petali rosa. Aveva il mio nome e l’aveva comprata un po’ di tempo prima del mio arrivo. Ha detto anche che anche se lui non mi conosceva quando l’ha comprata, gli ha dato il mio nome perché mi immaginava bella e forte.
Io uscii dalla stanza e davanti a me stava passando Imeneo, lo riconobbi subito. Gli andai dietro (con la testa bassa e la faccia coperta dai capelli e cercando di farmi sentire il meno possibile), lo presi per la maglia e lui si fermò. Si girò e mi guardò.
“Ebe, Ebe sei tu?” disse lui e io alzai la testa.
“Oh, grandioso! Stavo proprio venendo a cercarti.” disse di nuovo lui.
Mi guardai davanti e dietro per vedere se Eracle ci stesse ascoltando. Sembrava di no, quindi gli feci una serie di domande con un’espressione speranzosa di notizie nuove e positive.
“Forza, dimmi, come sta Pan? Cosa sta facendo? Pensa a me? Ti chiede di me? Dimmi, com’è Macaria? Che cosa è successo, in succo ovviamente, in tutto questo tempo?” chiesi io.
“Ehi, ehi, vacci piano! Ti racconto tutto, tranquilla!” disse lui.
“Prima vieni con me!” dissi io e andammo in una stanza appartata poco distante da dove ci trovammo.
Io guardai alla porta e non vidi nessuno quindi chiusi la porta e mi misi davanti a lui.
“Bene, ora raccontami tutto.” Dissi io.
“Beh, Pan sta benissimo. Pensa sempre a te e mi chiede continuamente di te. Macaria è… molto bella! Lei è alta, magra, capelli biondi, occhi tondi e azzurri, capelli corti e sempre raccolti in due codini con dei grandi riccioli e porta anche dei bei vestiti, ma mai se li indossassi tu.”
“Grazie per il complimento, ma spiegami che cosa sta facendo, com’è il palazzo, insomma tutto.” Dissi io.
“mi dispiace ma non posso dirti tutto perché me lo ha ordinato Pan. Mi ha detto di non dirti molto perché ti vorrebbe dire tutto lui. Piuttosto vuole sapere se sai qualcosa, come stai e se ti trovi bene. Gli manchi moltissimo.” Disse di nuovo lui.
“oh, beh, in questo periodo sto trascorrendo le mie giornate con Eracle, cercando di capire com’è lui. Ho scoperto che ognuno dei miei fratelli e sorelle hanno dei poteri, ma io ancora non ho capito  se ce ne ho anch’io e quali sarebbero i miei. Ma comunque qui per ora sto bene, il posto è molto bello e mi trattano molto bene. Sfortunatamente non sono ancora riuscita a vedere mio padre Zeus. Vieni, camminiamo un po’.”dissi io.
Uscimmo dalla stanza e parlai ancora un po’ con Imeneo.
“Qualche giorno fa, quando rientravo con Eracle da un giro in una città, ci è passato sopra un’aquila. Non sono ancora riuscita a capire cosa ci faceva in giro un’aquila.” Dissi io.
Ci fermammo un attimo nel corridoio e vidi di nuovo l’aquila lontana venire versi di noi.
“Guarda!” dissi io a Imeneo indiando l’aquila. Essa ci passò sopra e poi girò l’angolo.
“Ebe, il problema grande per Pan è Macaria sta cercando di sedurlo in tutti i modi. Lui cerca di svincolarsi ma lei va in qualsiasi posti vada lui e fa qualsiasi cosa faccia lui. Così lui mi ha detto. Onestamente lei non fa proprio per lui. Scusa ma chi sono i tuoi fratelli e sorelle?” disse lui.
“Eaco, Zeto, Afrodite e…” non feci in tempo a finire che vidi Atena arrivare.
“Atena! Ehi come stai? Ho proprio bisogno di te!”
“Ciao Ebe, io sto bene ma chi è lui? E di cosa hai bisogno?” chiese lei prima indicando lui e poi guardandomi.
“Io sono Imeneo, dio del rito nuziale, del PARADISO, un amico suo e del suo ragazzo. Piacere di conoscerti. Zeus mi aveva dato il permesso e mi ha dato il modo per andare all’INFERNO e così sono andato a trovare Pan.” disse lui.
“Atena, ho visto che voi tutti avete dei poteri. (guardo in basso) Beh, tutti a parte me.(guardo di nuovo lei) così mi chiedevo se potevi aiutarmi a capire quali sono i miei poteri.”
“Beh, ovviamente noi li conosciamo ma non possiamo rivelarteli ancora. Dovrai scoprirli da sola. Uno lo dovresti aver capito.” Disse lei guardandomi.
“Averlo già capito… non capisco a cosa ti riferisci.” Dissi io incuriosita.
“Beh, ovviamente quello della giovinezza eterna. Grazie a te noi possiamo rimanere giovani per sempre. Almeno finché non ti accade qualcosa di grave, ma spero che questo non accada mai.” Disse lei poi si girò.
“Ah, e un’altra cosa. (girò la testa) Eaco mi ha detto di dirti che molto presto avrai un incontro con nostro padre Zeus. Ti ci porterà lui e ti presenterà.” Disse di nuovo Atena poi si allontanò.
“Okay, grazie.” Le dissi io. Poi parlai con Imeneo e gli dissi: “Quello con cui stavo prima era Eracle. Lui è gentile, bravo, si prende cura delle persone e delle piante, però io sono sempre innamorata di Pan.”
“tranquilla prima o poi rincontrerai il tuo Pan. Lui è là che ti aspetta e che non vede l’ora che tu arrivi. L’unico pericolo per te sarà suo padre Ade, ma tu sei coraggiosa e lo affronterai con l’unica cosa che avete in comune tu e Pan: l’amore. Beh, ora devo andare. Ci vediamo.” Disse lui
“Certo, grazie di tutto.” Risposi io con un sorriso.
Arrivò Eracle e disse che era ora di cena. questa volta avevo una scodella di riso con delle bacchette e un piatto con carne e spinaci. Io però mangiai solo la scodella di riso usando le bacchette. Poi rientrai in camera e mi riaddormentai.

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Capitolo 23
*** Capitolo ventidue ***


Oggi è un’altra giornata, spero piena di emozioni. Mi sentivo bene anche se ero un po’ stanca e affaticata. Mi sono alzata dal letto e mi sono vestita con un paio di jeans e una maglia che tiro fuori dal mobiletto con lo specchio.
Sul mobiletto vidi un biglietto con il mio cellulare touch screen sopra. Guardai il biglietto e vidi che vi era scritto: ‘Cara Ebe, ti ho riportato il telefono che avevi lasciato in camera tua. L’ho portato con me prima nel regno INFERNO e Pan ti ha lasciato qualche sua foto e un messaggio nei promemoria. A presto. Tuo, Imeneo.’ Misi il biglietto nella tasca e il telefono nell’altra poi uscii dalla stanza.
Arrivai davanti alla porta della biblioteca ed entrai. Andai tra uno degli scaffali vicino e guardai i libri. Lessi alcuni nomi ad alta voce.
‘La Spada dei Regni, Il Controllo della Forza, La Ragazza della citta Ghiacciata, Gli Innamorati, Le forze della Natura, Il Libro delle Leggende.’ Ve ne erano altri più altri ma io mi fermai davanti all’ultimo titolo letto. vidi che aveva dei segna pagine e capii che questo era proprio il mio libro delle leggende, quello in cui io e Pan pensavamo che una leggenda che parlava di noi.
“Il Libro delle Leggende? Aspetta, ma questo…è il mio libro delle leggende. Cosa ci fa qui?” dissi io ad alta voce.
Tirai fuori il libro, mi sedetti su una sedia e mi misi a leggerlo.
“quel libro lo ha portato Imeneo. Quando è arrivato me lo ha consegnato ma voleva darlo a te. Lo conosci?” disse Afrodite.
“E’ il libro delle leggende che leggevamo io e Pan.” Dissi io guardando il libro.
“Oh beh, cambiando argomento, presto sarà Natale. Dimmi Ebe, che cosa facevi quando hai fatto il compleanno con Pan?”
“beh, ecco… abbiamo invitato i nostri amici Imeneo, Clio e Talia, ci siamo scambiato i regali e poi abbiamo festeggiato con i palloncini.”
“Sembra bello. Noi invece non facciamo nulla di speciale. Lo scoprirai quando sarà il momento. Ora devo andare, a più tardi.” Disse lei.
“Si, va bene.” Dissi io. Subito dopo udii qualcuno chiamarmi e io risposi affermando: ”Sono qui, chi c’è?” nessuno rispose, ma poi sbucò da uno degli scaffali un ragazzo.
“Eaco? Ciao, che ci fai qui?”
“Sto cercando Eracle, ma non l’ho trovato ancora.” Disse lui.
Poi spuntò da un altro scaffale Zeto che disse: “Io so dove si trova. In questo momento è impegnato a parlare con Atena in una stanza poco distante da qui. Meglio non disturbarlo.” Disse lui. io uscii dalla stanza e camminai per il corridoio quando mi fermai (a fianco avevo una finestra) e vidi Eracle uscire da una porta dicendo: “Comunque tieni bene a mente ciò che ti ho detto. Ora vado.”
Si girò e quando mi notò disse: “Oh, Ebe, stavo proprio per venire a cercarti. Hai sentito la conversazione?”
“No, ecco io ero in biblioteca e quando sono uscita ho visto te. È successo qualcosa?” dissi io prima con sguardo basso e poi fissandolo negli occhi ma pur sempre con espressione finta.
“Oh, no, niente. Meglio se tu non lo hai sentito. Avevi bisogno?” disse lui. da dietro di lui vidi Atena uscire dalla stanza e in silenzio.
“No… aspetta un attimo…” gli dissi e corsi da Atena.
“Atena, ehi, come stai? Cos’hai!” dissi io un po’ preoccupata. Lei mi rispose con un “Nulla, tranquilla.” per poi allontanarsi da me tenendo alta la testa come se non fosse successo niente. Poi mi girai verso Eracle.
“Eracle, ho bisogno di farti una domanda importante.”
“Dimmi pure, ti ascolto.” Disse lui.
“Beh, ecco… Tu conosci il potere e il punto debole del dio Ade?”
“Non conosco il punto debole ma come potere ha quello di vedere cosa gli succede ovunque lui vuole e quello di manipolare la gente. Manipolare al punto tale di controllare i movimenti e i pensieri di chiunque lui voglia. Per quanto riguarda il suo punto debole, quello devi chiederlo ai ragazzi.” Disse lui.
“Capisco, grazie.” Dissi io. Gli passai a fianco e tirai dritto, ma non feci in tempo a fare il terzo passo che lui mi prese il polso che mi trascinò in avanti (per lui).
“Ehi, Eracle dove mi stai portando!” gli dissi io. Arrivammo davanti a una porta, entrammo e lui mi spinse con le mani in maniera forte al punto che io caddi per terra.
“Ahi! (lo guardai) Eracle mi spieghi cosa ti prende!” gli dissi io. Riuscii in tempo a rialzarmi quando mi si avvicinò mi spinse contro il muro e mi si parò davanti (come fece la prima volta Pan a scuola). A quel punto mi baciò ma io non sentii niente. Il bacio durò poco.
“Tu appartieni a me e farò in modo che non ti accada niente. Ficcatelo bene in testa!” disse lui appena smise di baciarmi. Lui se ne andò e io ero spaventata e un po’ tremavo.
Tornai in camera mia, misi la lettera di Imeneo dove l’avevo trovata.
“Ebe, posso farti una domanda?” disse Afrodite prima seduta sul letto e poi in piedi.
“Si.” Dissi io.
“Come mai ti piace così tanto Pan al punto di non riuscire ad avvicinarti a Eracle nello stesso modo?”
“beh, ecco, questo non te lo posso ancora rivelare, ma se ci sarai anche tu ad accompagnarmi da Zeus, rimarrai lì e mi sosterrai scoprirai la risposta.” Dissi io.
“Certo che ci sarò.”
“Bene! Ora ti faccio io una domanda: ho visto Atena uscire da una stanza in cui prima litigava con Eracle, è successo qualcosa di grave?”
“No, non ne so niente. Comunque adesso sarà meglio che vada.” Disse lei per poi sparire.
“certo. A presto.” Dissi io.
Misi in un cassetto del comodino il mio telefono e mi addormentai.

Angolo autrice:
Ciao e buongiorno a tutti! Vi lascio questo capitolo dove ci ho lavorato con tanta immaginazione. Voglio ringraziare coloro che leggono i capitoli della mia storia fino a qui e ringraziare chi lo legge per la prima volta.
Spero vi sia piaciuto. Lasciate un commento e continuate a seguirmi.

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Capitolo 24
*** Capitolo ventitré: la sala del trono ***


“Oggi è un nuovo giorno, vero Pan?” dissi io guardando il telefono.
Indosso avevo un vestito color rosso. Ero davanti al solito comodino, lo rimisi al suo posto e poi uscii dalla stanza. Appena mi girai vidi un piede sbattere per terra e quando alzai lo sguardo vidi Eracle. Era vestito con una giacchetta leggera, dei jeans che arrivavano al ginocchio e del gel che tirava indietro i suoi capelli.
“Buongiorno.” disse lui.
“Buongiorno a te.” Dissi io.
“Vieni con me, devo mostrarti un posto.” Disse lui prendendomi e alzandomi il polso.
“Eracle aspetta! Aspetta! Aspetta! Mi stai ascoltando?” dissi io.
“Sta zitta e vieni con me.” mi disse lui trascinandomi.
Entrammo nella stanza. Vidi subito che era grande ed era la stessa della prima volta un cui ho conosciuto Zeto con l’unica differenza che in fondo di fronte all’entrata vi era un trono, credo. Non era come la sedia che si trovava in camera, era più sfarzosa.
“Questa, cara Ebe, è la stanza principale, dove nostro padre regna. Si chiama LA STANZA DEL TRONO.” disse lui.
Poi si mise a fianco al trono e con una mano sopra ad esso mi disse: “questo è il luogo in cui molto probabilmente incontrerai tuo padre e il luogo in cui di certo faremo il nostro matrimonio.”
“A-A-A-A-Aspetta. Come fai ad essere così sicuro che io ti voglio sposare. Insomma, non me l’hai neanche chiesto!” dissi io tra l’incuriosita e terrorizzata.
Lui si avvicinò a me e disse: “Beh, io ti amo. Tu credi davvero che io devo farti una proposta di matrimonio per sposarti? Beh, ti sbagli cara mia.” Era molto sicuro di sé.
A quel punto uscii dalla stanza.
“Ehi, Ebe, lo sai che non puoi sfuggire da me.” disse Eracle trovandomelo davanti.
Si avvicinò a me e io andai a sbattere la schiena contro il muro. si avvicinò ancora di più al punto che mi trovai la sua faccia proprio di fronte a me.
“Ah, ecco dov’eri Ebe!” disse una voce vicino a noi che interruppe la situazione e lui si raddrizzò. Era Atena che mi chiamava.
“Volevo riferirti che Afrodite ti sta cercando, ha bisogno di parlarti.” Disse lei.
Io mi allontanai un paio di passi quando mi fermai e vidi Atena che parlava con Eracle. Lei era un po’ arrabbiata mentre lui era abbastanza tranquillo, o almeno così mi sembrava.
“Ma cosa ti è saltato in mente! Vuoi usare i tuoi poteri su di lei?” disse Atena.
“in realtà volevo vedere se l’attenzione che uso sulle altre ragazze funziona anche su di lei.” Disse lui. io mi girai e non feci più caso alla loro conversazione. Quando mi girai mi trovai davanti Eaco.
“Ciao, fratello Eaco! Come stai?” dissi io.
“Bene dai! e tu?” disse lui
“Bene. Posso farti una domanda?” dissi io
“si.” mi disse lui. in quel momento arrivava verso di noi l’aquila. Eaco si inchinò e lui ci passò sopra.
“quando sono arrivata tu mi hai parlato della Guerra della Ribellione. Ecco… potresti darmi qualche informazione su di essa?”
“Adesso non posso, devo andare a parlare con Zeus. A presto.” Disse lui e se ne andò in direzione delle mie spalle. Guardai davanti a me e vidi poco distante Afrodite con una maglia, dei jeans/leggins e a piedi scalzi.
“Ciao, Ebe, come stai?”
“Bene e tu? Avevi bisogno?” dissi io.
“Io sto bene. Si volevo farti qualche domanda. Però non te li posso chiedere qui. Vieni con me.” disse lei
Andammo in una delle stanze vicino. Essa non aveva nulla se non degli specchi al muro, uno stereo, due o tre sedie vicino al muro della porta e due tavoli.
“Afrodite, cosa volevi dirmi?”
“Volevo sapere cosa ti piace di Pan, il tuo ragazzo.”
“Mi dispiace non te lo posso ancora dire.”
“Beh, allora ti dico io una cosa. Lo sai che sono in pochissimi, tra umani e coloro che vivono qui, a sopravvivere all’INFERNO e a tornare. (io avevo una faccia spaventata) Tranquilla non ti voglio spaventare, volevo solo avvisare del rischio che correte tu e il tuo ragazzo, se lo è davvero.”
“Certo che lo è. Adesso te lo dimostro.” Gli dissi io e poi gli mostrai l’anello che mi aveva regalato Pan.
“Va bene. Prossima domanda: come ti sembra Eracle?”
“Diciamo che me lo aspettavo un po’ diverso, tipo occhi marroni e capelli neri, ma va bene cosi.”
“Non intendo quello ma per quanto riguarda il carattere.” Disse lei
“Onestamente, il suo comportamento a volte mi terrorizza altre volte mi stupisce. Certamente mi ha fatto piacere conoscerlo, ma non sono molto felice all’idea che devo sposare lui. Ora, potresti spiegarmi cosa intendi per ?” dissi io.
“Coloro che vivono qui, nel PARADISO, vengono chiamati angeli mentre coloro che vivono all’INFERNO sono definiti demoni. La differenza è che noi abbiamo delle ali bianche e abbiamo dei poteri speciali, loro invece sono demoni dalle ali nere e con la capacità di trasformarsi. Loro hanno diversi livelli di demoni, sfortunatamente non li conosciamo visto che nostro padre non ce lo ha detto. Anche noi abbiamo diversi livelli ma è come se non ci fossero perché la maggioranza sono angeli mescolati tra i comuni cittadini, gli altri siamo noi, figli di Zeus e delle sue varie mogli e quelli dell’Olimpo.” Disse Afrodite.
“Varie mogli? Quelli dell’Olimpo?” dissi io poi guardai in basso.
“Scusa ma non posso dirti di più perché Zeus ti spiegherà tutto.” Disse lei.
“Però domani ti farò vedere una cosa che ti piacerà”. Riprese lei, appena finii io alzai la testa e la guardai.
“Non puoi farmelo vedere adesso? Mi hai incuriosita.”
“Oh, no adesso è troppo presto.” Disse Afrodite.
“Ecco dove ti eri nascosta! Adesso non mi sfuggi.” Disse Eracle trasformandosi da nuvola a persona vicino a noi.
“Vi lascio.” Disse Afrodite.
“No, non andare!” dissi io. Lui mi ordinò di andare avanti mettendomi una mano sulla spalla.
“Senti Eracle io sono un po’ stanca di starti a dietro. Scusa ma ora non ne ho voglia.”
“mi dispiace ma tu devi fare un’intera giornata con me.”
“e chi lo ha detto questo?” chiesi io.
“Mmh… fammi pensare. L’ho deciso io. Visto che domani è Natale, che regalo vuoi?” chiese lui.
“Natale? Non lo so… però, una giornata condivisa con voi a scambiarci i regali mi piacerebbe. Comunque adesso sono un po’ stanca.” disse lui.
“Allora dammi un bacio prima di andare via.” Disse lui avvicinandosi. A me non piaceva farlo ma non avevo altra scelta.
‘In realtà non volevo andare a dormire, volevo solo avere un po’ di tempo per me oggi.’ Pensai io appena arrivai in camera. Mi coricai sul letto senza neanche pensarci.

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Capitolo 25
*** capitolo ventiquattro: il Natale (parte 1) ***


Una nuova giornata, il Natale. Un Natale con una famiglia che non sapevo di conoscere e adesso la festeggio con loro. Uscii dalla stanza con un vestito rosso, scalza e i capelli sciolti. Davanti a me trovai Eracle che mi disse: “Buongiorno, mia dormigliona. Ho il dovere di accompagnare la mia ragazza a colazione e poi a una festa a cui partecipa la nostra famiglia.”
“V-va bene.” dissi io.
Andammo a fare colazione nella stessa stanza in cui avevamo fatto la cena un po’ di tempo prima. Come colazione vi era davanti a ognuno una tazza di latte e tre o quattro biscotti. A fianco a me vi erano Atena e Afrodite, Eracle davanti a me, Eaco e Zeto ai due fianchi di Eracle. Ovviamente i due posti capotavola Io fui la prima a finire, ma bevvi solo il latte.
Si alzarono tutti, anche se non avevano finito, e uscirono dalla stanza. Rimanemmo lì solo io e Eracle. Me lo ritrovai a fianco a me che mi stava dando il suo braccio. Io ci misi la mano.
‘Ma cosa diavolo gli prende? Perché così galante da un momento a un altro? Perché lui non mi aveva ancora mostrato le sue ali mentre io lo avevo fatto quando eravamo usciti?’ pensai io mentre lui mi faceva la cosa del braccio.
Arrivammo davanti a una grande porta uguale a quella che c’era nella sala grande.
‘Okay questa porta è quella della sala grande.’ Pensai io appena arrivata. La porta si aprì e vidi Eaco, Atena, Afrodite e Zeto che mi aspettavano. I ragazzi erano vestiti in giacca e cravatta, Atena aveva un vestito azzurro e Afrodite ce l’aveva verde. Scesi le scale.
“Bene, è ora di andare. Apro io il varco.“ disse Eaco.
Appena il varco si aprì vidi la stessa la stessa aquila delle volte scorse passarci sopra ed entrare nel varco. Poi Atena mise la mano sotto il braccio di Eaco mentre Afrodite fece la stessa cosa con Zeto. Passammo il varco.
Dopo averlo passato io ed Eracle eravamo divisi dagli altri. Nella stanza c’eravamo solo noi due, nessun arredamento se non una porta davanti a noi che si aprì. Camminammo in avanti e una voce disse: “ecco a voi i due futuri sposi, Eracle e Ebe.” Quando entrammo vidi che non c’era tanta gente. Quella che c’era faceva dei sussurri che però io non riuscivo a capire cosa dicevano. Mi trovavo su un pianerottolo con delle scale a fianco.
“Ancora scale!” pensai io.
“più che una cosa di famiglia mi sembra una riunione dei grandi dei dell’Olimpo e dei loro figli.” disse Eracle.
Appena finimmo le scale venne davanti a me Atena che disse:
“Vieni Ebe, devo presentarti un altro fratello.”
Arrivammo davanti a un ragazzo che aveva i capelli neri, alto e magro e occhi verdi.
“Lui è Ares, dio della guerra. Ha diciotto anni come te e come Eaco.” Disse lei.
“piacere” disse lui.
“Quindi io, Eaco e lui, Ares, abbiamo la stessa età.”
“esatto” disse di nuovo lei.
“Sembri un po’ spaesata. Stai tranquilla passerò qualche giorno lì e avrai modo di vedermi in giro.” Disse lui.
“okay. Posso avere qualche…” no feci in tempo a finire la frase che mi vennero bendati gli occhi e trascinata via per qualche metro. Mi vennero coperte le orecchie per poco tempo. in quel breve lasso di tempo sentii la voce di Eracle dire: “Buongiorno padre.”
“Questa è la mia promessa sposa, Ebe. Ebe lui è mio padre Efesto.” Disse lui dopo aver tirato via le mani dalle orecchie.
“Salve, piacere di conoscerla.” dissi io.
Vidi suo padre, Efesto. Era girato di spalle, era vestito in giacca e cravatta. Poi si girò e vidi un uomo alto, un po’ muscoloso,  il viso tondo, la barba, capelli neri e occhi marroni.
“Piacere di conoscerti anche per me. Eracle mi ha parlato molto di te. Sei proprio una bella ragazza. Quindi tu sei la promessa sposa di mio figlio e anche la figlia de Zeus data in affidamento ad una famiglia umana. Sei proprio cresciuta bene.” disse lui.
“La ringrazio per il complimento. Io sono Ebe e ho 18 anni umani.” Dissi io con un finto sorriso.
‘Okay, da adesso fino a sera devo riuscire a fingere il più possibile di essere felice con Eracle.’ questo è quello che pensai io dopo aver detto quella frase al padre di Eracle.
“Padre, sai per caso quando arriva Zeus? Gli ho parlato qualche giorno fa e mi ha detto che sarebbe stato in famiglia per Natale.” Disse Eracle
“Mmh… adesso che mi ci fai pensare aveva detto che veniva verso sera. È andato via con la regina, Era, ma non mi ha detto dove sarebbe andato.” Disse Efesto.
Improvvisamente si aprì una porta esattamente sotto il luogo da dove io e lui siamo entrati. Entrarono tre o quattro carrelli pieni di strano cibo, fortunatamente ce n’era anche di quello che ne ho sempre mangiato, guidato da delle cameriere che non avevo mai visto ma tutte avevano i capelli raccolti in una coda.
Misero due carrelli da una parte e gli altri due dall’altra parte della stanza poi le cameriere se ne andarono. nel frattempo che le cameriere misero a posto i carrelli, un uomo che era davanti alla porta disse: “Il pranzo è servito.” Sopra i carrelli apparvero il cibo come per magia. Su uno dei carrelli a destra apparve un piatto con delle fette (un po’ sottili) di cocomera, un vassoio a vari tre piani con dei dolci, dei tramezzini su un altro piatto, un piattino di takoyaki. Sull’altro carrello (sempre a destra) vi era un pentolone lungo e basso con della pasta italiana dentro, un piattino con sopra dei pezzi di pizza, un piatto con salame messo a forma di cerchio e in mezzo delle mozzarelline mentre come frutta vi erano delle fragole e delle fette di mela tagliata.
Io mi misi su un piattino dei takoyaki, dei tramezzini, qualche fetta di mela.
“Che cos’è questa cosa rossa e bianca con dei semi?” mi chiese Atena che era a fianco a me.
“Queste sono fette di cocomera. Mai vista?” chiesi io
“sì, una volta. Ma non l’ho mai assaggiata. Com’è?”
“molto buona, diciamo che ti tira via la sete.” Le dissi io.
“Allora ne prendo una fetta.” disse lei.
“Vieni, andiamo a prendere posto lungo quel tavolo.” disse lei indicando un tavolo lungo.
Prendemmo posto, da una parte (alla destra) si mise Eaco, poi Eracle e Zeto. Dall’altra parte (alla sinistra) avevo Atena e Afrodite.
Eaco si era preso della roba che veniva dai carrelli di sinistra. Vi era un hot dog, qualche patatina fritta e un dolce con sopra una fragola. Da bere avevamo tutti dell’acqua fresca. Vidi che il padre di Eracle si sedette a fianco a Zeto. Eracle e Zeto presero un po’ di spinaci e un pezzo di carne. Afrodite invece prese una tazza di tè e a fianco aveva due zollette di zucchero. Eracle finì alla svelta il suo pranzo. Io mangiai dei takoyaki quando improvvisamente sentii della musica  provenire da delle casse disposte sugli angoli davanti a noi, in alto, della stanza.
Vidi Eracle e Zeto alzarsi e venire di fronte a me e ad Afrodite.
“Afrodite, vuoi fare un ballo con me?” disse Zeto ad Afrodite.
“Ebe posso avere l’onore di un ballo con te?” mi disse Eracle.
“C-certo!” gli risposi io.

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Capitolo 26
*** capitolo venticinque: il Natale (parte 2) ***



Io girai intorno al tavolo e quando fui davanti a Eracle, mi portò verso il centro della stanza e facemmo un ballo. Nello stesso tempo che io feci queste cose anche Afrodite le fece. Infatti fece un ballo con Zeto.
‘Uao, lui è bravo a muoversi. Ma come è possibile che abbia un comportamento così gentile! Insomma, fino alla volta scorsa lui non era così.’ Pensai io mentre ballavo. Lui guardava sempre me.
“Eracle, posso chiederti com’è possibile che balli cosi bene?” gli chiesi io incuriosita. Lui alzò lo sguardo (verso Atena), poi guardò di nuovo me.
“Beh, mi ha insegnato Atena. Ma anche tu ti muovi bene. Per caso conosci i passi?” mi chiese lui dopo aver fatto un sorriso.
“No, è la prima volta che sento questa musica. No conosco nemmeno i passi quindi mi faccio guidare da te.” Dissi con un bel finto sorriso. Appena finii di parlare smise anche la musica. Lui mi tolse le mano di dosso e vidi il padre di Eracle applaudirci. Atena mi passò a fianco e mi disse: “complimenti, sei stata bravissima.” Io avevo una faccia che sembrava dicesse: ‘chi? io?’
Poi il tavolo scomparve e si alzarono tutti. Efesto si avvicinò a noi applaudendo le mani.
“I miei complimenti, siete stati bravissimi. Figlio mio, non sapevo che sapessi ballare così, dove hai imparato!” disse Efesto.
“Atena mi ha dato delle indicazioni un po’ di tempo fa e ho provato a metterlo in pratica.”
“beh, sei stato bravo. Anche tu Ebe sei bravissima, complimenti!!” mi disse lui molto felice.
“La ringrazio.” Dissi io con un sorriso. Onestamente non sapevo cos’altro dire.
“Avrei una domanda da farti, Ebe, se non ti dispiace. Ti piace mio figlio, Eracle?” mi disse lui.
Subito non sapevo cosa rispondere, infatti guardai prima da una parte poi dall’altra. Poi abbassai lo sguardo, presi la sua mano e poi guardai suo padre con uno dei miei sorrisetti finti.
“Certo! Anzi, lo amo moltissimo.” Gli dissi io sorridendo. Eracle rimase  molto stupito dicendo: “Ebe…”.
“MI fa piacere sentirlo. E dimmi, ti ha fatto la proposta? Di fidanzamento, intendo!” mi chiese lui incuriosito.
“Non ancora, padre.” Disse lui guardando in basso. Secondo me si sentiva un tantino umiliato.
“In realtà me l’ha fatta, ma io non sono ancora riuscita a dargli risposta. Me l’ha fatta pochi giorni fa. Però appena posso gli darò la mia risposta. Ho solo chiesto un po’ di tempo per pensarci…” dissi io cercando di fare una espressione felice e sperando di rimediare all’affermazione fatta.
‘Quante bugie sto dicendo oggi! Spero che tutto fili liscio e di non rovinare niente. Certo che è una giornata intensa! Non mi aspettavo di ballare con lui prima. va beh, spero almeno di vedere mio padre Zeus e la regina Era.’ Pensai subito io. Mi guardai intorno per cercarli mentre Eracle e suo padre farfugliavano qualcosa sottovoce. Atena mi si avvicinò e improvvisamente venne annunciata l’entrata della regina con queste parole:
“Si annuncia l’entrata della regina Era.” Lo disse lo stesso uomo che aveva annunciato me e Eracle.
Era una donna bella, alta, bionda, magra, occhi verdi. Era come me. Indossava anche un bel vestito verde, partiva dalla spalla e arrivava al fianco, poi si allargava un pochino facendo vedere solo le scarpette.
Tutti intorno a me si inchinarono tenendo bassa la testa, lo feci anch’io. Io però tenni la testa alta e vidi lei fare qualche passo verso di noi. Poi alzai di più la testa e vidi l’aquila appollaiata sul pianerottolo quadrato vicino alle scale fatte all’inizio. Era là che mi fissava.
‘Perché ovunque vado quell’animale è sempre dove sono io!’ pensai istantaneamente.
“Alzatevi, miei cari. Efesto, Eracle, è bello rivedervi. Ares, bentornato a casa.” Disse lei salutando tutti. “oh, e tu chi saresti?” disse davanti a me.
“Lei, madre, è Ebe, la figlia scomparsa anni fa. Ora è tra noi. Ti chiediamo di non farne parola con Zeus, del suo arrivo.” Disse Atena che era a fianco a me. aveva gli occhi sbarrati quando Atena le disse il mio nome. Si riprese alla svelta dal leggero shock.
“Certo, capisco… beh, piacere di conoscerti.” mi disse Era.
“Ebe, questa è la regina, tua madre, Era.”
“P-Piacere di conoscerla!” Esclamai io.
“Beh? Che state lì fermi! Tornate pure a fare quello che facevate.” Esclamò lei. A quel punto Eracle, Efesto e Zeto chiacchierarono, Afrodite si spostò con Eaco, mentre io rimasi con Atena a parlare. Era, invece, si andò a sedere al mio posto e rimase lì.
“Atena, posso chiederti com’è possibile che ovunque vado, vedo sempre quell’aquila?” esclamai io indicandola.
“Non lo so, mi dispiace.” Disse lei.
“va beh, Grazie lo stesso.” dissi io. Vidi Eracle uscire dalla stanza. Poi ripresi: “Atena dov’è il bagno?”
“Appena esci a sinistra avanti un po’ e ce l’hai a destra.” Mi disse lei.
Appena uscii girai a sinistra e vidi Eracle uscire da una porta a destra.
‘Veramente non ne ho bisogno. Dunque, credo che quello sia il bagno.’ Pensai io.
“Eracle? Ma che ci fai qui?” chiesi io. Lui non rispose, mi guardò e si avvicinò a me sempre in silenzio. Vidi in lui qualcosa di diverso da prima. Lui si era bagnato i capelli davanti e se li era mandati in dietro.
“ti sta bene il modo in cui ti sei messo indietro i capelli.” Dissi io sorridendogli appena. Lui non mi rispose e continuò ad avanzare.
Quando si trovò davanti a me, lui mi bloccò con la schiena contro il muro e mi disse: “allora lo hai ammesso di essere innamorata di me. Sembra che tu la voglia davvero una proposta di fidanzamento. Non capisco perché abbia detto a mio padre una tale bugia.”
“scusami, Eracle ma devo andare.” Esclamai io.
“Vuoi che ti accompagni e ti dia una mano in qualcosa?” mi chiese lui. Io spaventata lo spinsi via dicendogli: “NO!!!!”
“Senti, Eracle, volevo chiederti il motivo per cui mi hai bendata prima.” Chiesi io incuriosita.
“Beh, non c’è un motivo vero e proprio. l’ho fatto solo per vedere la tua reazione. Devo ammettere che mi è piaciuta parecchio. Di due cose ne sono felice: che tu abbia detto che sei innamorata di me e che vuoi il fidanzamento.” Disse lui prima serio poi felice. Con l’ultima affermazione io feci una faccia spaventata.
‘Oh signore, adesso come me ne libero di lui. non ho praticamente idea di quanto dovrò stare ancora con lui, già non ne posso più!’ pensai io.
Improvvisamente sentii Atena chiamarmi.
“Ecco dov’eri finita Ebe! Forza, vieni dentro, vieni a divertirti!” disse lei davanti alla porta.
“Eccomi! Arrivo!” esclamai io. prima di mollarmi Eracle mi disse: “Ricordati che fino a che tu non sarai mia moglie, io ti ripeterò che ti amo e proverò a corteggiarti. Voglio che tu diventi mia e di nessun altro.” Disse lui ma io non mi volsi a guardarlo.
‘che stupido che sei, tu non lo sai ma io sono già fidanzata con un altro.’ pensai io.
Quando rientrai nella stanza vidi Era che diceva: “ragazzi scusatemi ma devo andare. Spero di rivedervi presto. Auguro a tutti un buon Natale.” disse lei venendo nella mia direzione.
“A presto!” disse Afrodite salutando. Quando Era fu a fianco a me, si fermò e disse: “mi ha fatto piacere conoscerti. Non rivelerò nulla a Zeus. Spero di rincontrarti presto.” Poi lei se ne andò e la porta si chiuse.
“Ebe, forza, vieni a mangiare!” mi disse Afrodite. Vidi Eracle già seduto al suo posto, il piatto di Efesto vuoto con delle briciole e l’aquila appollaiata su un angolo della mia sedia. Mi sedetti al mio posto e mangiai i tramezzini che avevo preso in precedenza.
“Bene, a quanto pare la festa e la giornata è finita. Buon Natale a tutti. Direi che è ora di tornare ognuno nelle proprie stanze.” Disse Afrodite.
“hai ragione.” Disse Eaco.
Ci ricomponemmo di nuovo in coppie, Atena con Eaco, Afrodite con Zeto e infine io ed Eracle. Lui mi portò fino a davanti alla mia camera.
“Ebe.” Mi chiamò e io mi girai. A quel punto mi diede un bacio veloce e poi mi diede la buona notte.
Appena entrai in camera mi avvicinai al comò con lo specchio pensando:
‘Finalmente in camera. Posso dire che mi sono divertita. Certo che però Eracle aveva un comportamento diverso dal solito. Oh, beh, almeno ho conosciuto gente nuova. Oh? Cos’è questo?’ Vidi che lì sopra vi era un biglietto. Girai il biglietto e vidi che vi era scritto qualcosa.
Ecco cosa vidi: ‘Cara Ebe, ti auguro buon Natale. Mi dispiace di non aver partecipato alla festa del Natale. Spero di conoscerti presto./Tuo padre Zeus.’
Dopo aver letto il biglietto di mio padre lo rimisi al suo posto e mi coricai sul letto.

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Capitolo 27
*** capitolo ventisei: dispositivo luogo-persona ***


È notte, mi svegliai girata da una parte del letto (credo fosse il sinistro) e senza cuscino.
‘Ma questo non è il mio letto! Dove mi trovo?’ pensai io. Mi girai  e vidi che a fianco avevo Eracle che dormiva. Rimasi lì a guardarlo in silenzio e vidi che aveva le braccia sotto il cuscino e la testa sopra di esso. Vidi in un orologio che erano solo le 10 di mattina. Lui si svegliò, ma io, cercando di farmi sentii il meno possibile, chiusi la porta dall’esterno e girai a sinistra.
Quando entrai nella biblioteca vidi Eaco leggere seduto su una sedia un po’ distante dal tavolo.
“Buongiorno Eaco.” Dissi io ma non ricevetti risposta.
Mi sposta su uno degli scaffali a fianco e  presi un libro. Feci in tempo solo a toccarlo che vidi che qualcun altro aveva messo la sua mano sopra la mia. Girai la testa a destra e vidi che era Eracle.
“Ecco dov’eri finita! Buongiorno!” mi disse lui. uscii dalla stanza lasciando il libro dov’era. Camminai per il corridoio quando sentii uno strano rumore provenire da una porta lì vicino, credo venisse da destra. Aprii la porta e vidi dei dispositivi per terra, piccoli e di forma rotonda. Erano tre e non emettevano nessuna luce. Mi avvicinai e improvvisamente se ne illuminarono due.
“Vedo che sei arrivata prima di me.” disse Afrodite con le mani dietro la schiena ed era a fianco a me. Lei aveva i capelli raccolti dietro, ma non in una coda.
“Afrodite, cosa sono questi? Non li ho mai visti.” chiesi io. Ero molto curiosa.
“questi dispositivi sono oggetti che ci permettono di vedere in posti diversi, in base a cosa noi vogliamo vedere. si chiamano Dispositivi Luogo-Persona.” mi disse lei. La porta dietro di noi si chiuse.
“Come mai ce ne sono tre? Che cosa possiamo vedere?” chiesi io sempre più curiosa.
“Puoi vedere qualunque cosa tu desideri. Di solito vengono usati da nostro padre, ma lui ne usa sempre e solo uno. Li usa per vedere cosa succede nell’altro mondo e per vedere a chi è permesso accedere dal mondo terreno al PARADISO. È stato grazie a questo che tuo padre ha avuto la possibilità di capire che stavi per arrivare. Ognuno di noi ha a disposizione due di questi oggetti e hanno sempre la batteria carica, non si esaurisce mai. Qui ne trovi tre per disposizione di Zeus. Il primo (quello di sinistra, lei lo indica) adesso mostra le persone che hanno accesso al nostro regno. A loro non è permesso entrare nel castello, ma vengono mandati in un villaggio controllato da Zeus.” disse lei.
“E a cosa servono gli altri?” chiesi io.
“Quello di destra ti fa vedere chi ha accesso al mondo dell’INFERNO. Di solito quelle persone, in base a ciò che compiono da vivi, hanno varie punizioni. La maggior parte viene uccisa o si brucia prima di accedervi all’interno. Si dice che nessuno ne esce vivo per raccontarlo e nessuno può dirlo a nessuno. Quello centrale varia in base alla persona che si trova davanti. In pratica ti mostra tutto ciò che desidera la persona davanti. In base alla richiesta fatta. Il dispositivo ha in memoria ogni singola persona di tutti i mondi, sia terreno che ultraterreno. Prova a dirgli qualcosa.” Disse lei.
“Mostrami Pan del regno INFERNO.” Dissi io. Improvvisamente esso si mise a mostrare Pan seduto su una sedia e una ragazza dietro di lui che gli stava appiccicato.
“Allora quello è Pan! Proprio carino!” disse lei.
“Afrodite chi è quella ragazza?” le chiesi io incuriosita e guardandola.
“Non la conosci? Quella è Macaria,  la dea della morte!” mi disse lei. Lei era esattamente come me l’aveva descritta Imeneo.
“No, non può essere. Non ci credo che sia lei.” Dissi io.
“NOOOOO!!!!!” urlai io. Due dei tre oggetti si spensero.
“Ebe, calmati!” disse lei. Io uscii dalla stanza di fretta e corsi senza neanche vedere dove andavo.
Presi contro una persona, alzai lo sguardo e vidi che era Atena.
“Ehi, Ebe, cos’è successo!? Lascia stare, forza, vieni con me.” Mi disse lei. mi portò dentro una stanza tutta buia. Era una stanza che non aveva finestre e niente arredamento, da quello che potevo vedere.
“Atena, perché mi hai portata qui? È tutto buio.” Chiesi io prima di entrare.
“Ti ho portata qui perché voglio scoprire un altro tuo potere. Questa stanza la usiamo noi per allenarci e per potenziare i nostri poteri. Voglio scoprire di più su di te.” Disse lei.
Entrammo nella stanza, le mi disse di aspettare un attimo. Sentii un ‘Tic’ e poi mi disse:
“Ecco fatto. Adesso le senti delle voci?”
“Sì” risposi io. Sentii davvero delle voci, ma sembravano dei sussurri.
“Cosa dicono?”
“Non le sento molto bene, ma sembrano che parlino male di me.” risposi io.
“Ecco, adesso capisco qualcosa. Oh, no, basta. Falle smettere Atena, falle smettere!” continuai io sentendo varie voci parlare male di me. io ero un po’ terrorizzata. Ad un certo punto urlai: “NOOOOOO!!!” e un cerchio bianco partì da me e si allargò nella stanza al punto tale da accendere il lampadario sopra di noi. Le voci nello stesso momento smisero di parlare.
“Wow!!! Sei stata grandiosa!”
“Ma cosa è stato! Cos’era quel cerchio bianco?” chiesi io.
“Quello, sorellina, è il potere della luce. Oltre al potere della giovinezza, hai quello della luce, bellissimo!”
“Ovvero?”
“Non so molto ma sono sicura che quello è un potere che ti permette di fare luce sull’oscurità, anche la più profonda. Praticamente fa in modo di concentrare tutte le energie della persona che possiede il potere vicino al cuore per poi sprigionarle tutte in una volta. Per sprigionarle crea un cerchio intorno alla persona.” Disse lei. uscimmo dalla stanza chiudendo la porta.
Era interessante la spiegazione ma in quel momento mi sentii un forte dolore dietro al collo. Era la maledizione che stava iniziando a farsi sentire, per la seconda volta.
“Ebe! Ebe, cosa ti succede!” chiese lei non capendo. Nessuno di loro era a conoscenza della maledizione.
“Tranquilla non è niente di che. Vedi? Sto bene. Forza, andiamo in camera mia.” Dissi io facendo finta di non avere dolore. Mentre ci incamminammo vidi Eaco e Zeto in lontananza parlare tra di loro. Mentre camminammo mi venne una fitta tremenda vicino al cuore. Era così forte che mi buttai a terra piegata dalla parte destra.
“Ebe!”
“Dannazione, proprio adesso dovevi risvegliarti, dannata maledizione!” dissi tra me e me. stavo così male che mi piegai da una parte per terra. A un certo punto, non so come, svenni.

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Capitolo 28
*** Capitolo ventisette: confidazione ***


Quando mi risvegliai ero in camera mia. Mi sedetti e vidi che nella stanza vi erano Eaco, Zeto e Atena. Eaco era appoggiato alla porta chiusa, Zeto che era appoggiato a una parete mentre Atena era seduta su un lato del letto.
“Ah, bene, ti sei ripresa! Ma cosa ti è successo prima?” chiese lei.
Io guardai in basso e rimasi in silenzio un po’. Poi dissi: “E’ a causa di una maledizione lanciatami da Ade.”
“Sospettavo che tu fossi venuta per una ragione!” disse Eaco.
“Eaco, insomma!” disse Atena arrabbiata. “Eaco, fammi un favore. Vai insieme a Zeto a tenere occupato il più possibile Eracle.”
“Eh?? Perché devo andare con lui!” disse Zeto.
“Fatelo e basta!” disse Atena sempre con espressione arrabbiata. Zeto si diresse verso la porta mentre Eaco la apriva.
“Complimenti per averla fatta arrabbiare!” disse Zeto chiudendo la porta. Nella stanza rimanemmo solo io e Atena.
“Bene, Ebe. Ti andrebbe di dirmi il motivo per cui sei qui?”
“Prima mi prometti di non dire niente a nessuno? Vorrei dirglielo mentre sono con nostro padre.” Risposi io.
“Sì. Promesso.” Disse lei disse lei con il palmo di una mano rivolto verso di me. poi lo abbassò
“Beh, in realtà sono venuta qui in PARADISO per varie ragioni: conoscere la mia vera famiglia e mio padre, conoscere la verità sul mio passato, ma soprattutto avere l’approvazione di Zeus e di Ade per il matrimonio tra me e Pan.” Dissi io.
“Capisco, ma perché prima parlavi di una maledizione? Come si chiama e in cosa consiste?” mi chiese lei.
“Beh, la maledizione si chiama Amore-Odio. Me l’ha lanciata Ade, per il giorno di compleanno di Pan, suo figlio. Non ne so la ragione per cui l’ha fatto, però tutte le volte che la maledizione si attiva, mi viene un segno dietro al collo e dei forti dolori al petto. L’unica cosa che so è che la maledizione consiste che la persona che odia l’altra persona inizia ad amarla, invece la persona che ama l’altra persona finisce per odiarlo.” Dissi io.
“Ma è terribile! Che cattiveria! Beh, tranquilla non lo dirò a nessuno, sarà un segreto tra noi due.” Mi disse lei con un sorriso alla fine.
“Beh, ora vado. Tu riprenditi. A presto.” Disse lei.
“Certo, grazie.” Dissi io con un sorriso. Poi lei se ne andò, dalla porta naturalmente.

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Capitolo 29
*** Capitolo ventotto ***


È mattina e sono in giro per i corridoi. Incontrai Eaco che veniva verso di me.
“Oh Ebe, ho proprio bisogno di te. Poco fa ho incontrato Zeus e mi ha detto che potrà incontrarti intorno al 10 febbraio.” Mi disse lui.
‘proprio nel giorno del compleanno di Pan!’ pensai io.
“C-certo. Grazie per avermelo detto.” Io dissi questo e lui se ne andò.
 Camminai in avanti pensando:
‘chissà come mai Zeus ha deciso di incontrarmi proprio quel giorno..  che strana famiglia che è questa. Se è la mia famiglia biologica, beh preferisco quella che mi ha allevato. Hanno dei poteri strani e certe volte appaiono per magia. Che strani…’ pensai io. Davanti a me vidi Zeto fermo fuori davanti a una porta.
Lui mi guardò e poi disse: ”non è vero che noi siamo strani. Certo per una che viene da fuori come te può sembrare strano, ma invece è normalissimo.”
Non sapevo cosa dire. Dopo poco pensai e ricordai che lui ha il potere di leggere nella mente.
“Ehi, Zeto, mi sai dire da quanto tempo è che sono qui?” chiesi io.
“Mmh…direi che sono circa mille anni per noi. Non so in valori umani.” Rispose lui.
“Ebe, devo confessarti una cosa.” disse di nuovo lui.
“Dimmi.”
“Forse tu non lo sai, ma se tu non fossi la futura moglie di Eracle, te lo avrei chiesto io di diventare mia.” Mi confessò lui. io non sapevo cosa dire ed avevo una espressione da spaventata.
“Invece lei è mia e non permetto a nessuno di toccarla o di farle del male.”
“E-ERACLE!!” dissi io girandomi indietro. Aveva una mano appoggiata alla mia spalla.
“Beh, ora vi lascio, piccioncini.”
“EH? Ehi!!!!! A-aspetta!” era ormai troppo tardi visto che lui se ne era già andato. Nello stesso tempo Eracle disse: ” certo, certo, vai pure!”. Lo disse sorridendo.
Io lo guardai e pensai: ‘Ma da quali cavolo di problemi sei afflitto? Sta cercando di guadagnare sempre più tempo con me. (sguardo basso) devo escogitare un modo per togliermelo di dosso…’
Camminai per il corridoio cercando di ignorarlo. Mi rimase lontano solo di qualche passo per poi raggiungermi.
“Non ti lascio.” Disse lui.
‘Uff, quanto è insopportabile.’ Pensai io continuando a camminare. Senza volere mi trovai di fronte alla porta dove si trovavano i Dispositivi Luogo-Persona. La guardai e andai avanti senza pensarci. Improvvisamente lui si fermò.
“Atena, Afrodite, so che siete lì e nascoste. Forza, venite fuori.” Disse lui e da una porta vennero fuori insieme.
“Ehi Ebe, come stai?” rispose Atena.
“Ebe, Atena mi ha raccontato cosa ti è successo. Ma non mi ha detto di cosa si trattava. Me lo sai dire?” chiese Afrodite.
 Io dissi che non posso dire niente perché non ne conoscevo la causa. Dissi anche che stavo bene.
“Ecco dove eravate. Forza, venite è ora di cena.” urlò Zeto essendo un po’ tanto lontano. Tornai nella solita stanza dove per cena avevamo tutti un piatto di pasta.
“questa è… pasta italiana?” chiesi io che ancora non avevo toccato niente.
“Certo! Cosa credi che sia!” mi rispose Eaco.
“Diamine! Su questa roba non ha alcun effetto il mio potere!!!” Disse di nuovo lui.
“Eaco, smettila!” disse Afrodite. Io non toccai niente, non avevo molta fame.
“Ebe, quand’è il tuo compleanno?” mi chiese Atena.
“Il 5  febbraio, perché?” dissi io.
“Solo per sapere.” Disse di nuovo lei mentre guardava la pasta.
“E cosa ti piacerebbe ricevere come regalo?” mi chiese Eracle sorridendo.
“Non lo so…” dissi io, ma pensai ‘l’unica cosa che vorrei sarebbe andare dove si trova Pan.’
“In realtà so quello che vuoi. Ricordati che non puoi ottenerlo senza  il permesso di Zeus. E anche se ci riuscissi alcuni di noi non ti permetterebbero di andare.” Disse Zeto.
“Che cosa?” disse Eracle.
“NON DIRGLIELO!! NON OSARE FARLO!!” gli ordinai a Zeto.
“Va bene, va bene! Calmati!” mi disse lui. Io lo feci e poi dissi che dovevo andare.
Appena fui fuori dalla porta sentii di nuovo quel dolore allucinante al petto. Era più forte delle volte scorse. Cercai di resistere, con una mano al petto e una al muro mi rialzai e arrivai davanti alla mia camera. Non aprii la porta perché mi accasciai a terra rannicchiata a terra da una parte del corpo.
Rimasi così per un po’, poi mi fuoriuscirono le ali da dietro che mi avvolsero tutta. Poco dopo il dolore mi sparì improvvisamente, riaprì le ali e vidi che davanti a me vi era Atena in piedi.
“Ebe cosa ci fai lì? Va tutto bene?” mi chiese lei.
“Oh, si, sto benissimo. Avevo solo bisogno di riflettere. Ci vediamo.” Dissi io dicendo una bugia.
Prima lei mi guardò con un ciglio più in alto rispetto all’altro come per dire ‘ne sei sicura?’, poi mi disse: “Okay, come vuoi. Allora ci vediamo domani.”
Così si concluse la mia giornata, visto che non mi ricordo altro.


Angolo autrice:
Tra la scuola e altro sono riuscita appena in tempo a finire questo capitolo. E...
Nella speranza che questo capitolo vi piaccia, vi auguro Buon Natale e un felice anno nuovo!!!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 30
*** Capitolo ventinove: qualcosa di inaspettato parte 1 ***


Stamattina ero in giro per il corridoio principale insieme a Eaco. Ridevo insieme a lui.
“E così sei una buona amica di Pan degli inferi, di Imeneo, Clio e Talia. Certo che ne conosci di persone strane. E sei strana pure tu!” disse lui.
“beh.. li ho conosciuti a scuola e sono fantastici!” gli raccontai io con espressione felice. Ovviamente non gli potevo rivelare la verità tra me e Pan, così ho inventato questa bugia.
Ad un certo punto vidi Eracle venire proprio verso di noi.
“Buongiorno. Buon anno!” mi disse lui. Io non risposi e tirai dritto. Quando però fummo uno a fianco all’altro lui mi fermò mettendomi il braccio davanti a me, si girò verso di me e si avvicinò al mio orecchio.
“Non è da persone belle come te non salutare.” Lui raddrizzò la schiena poi mise la sua mano davanti a me e la aprì. Vi era un biglietto di forma quadrata. Mi disse: “Leggilo appena io me ne sarò andato e fatti accompagnare.” Io lo presi poi lui se ne andò.
“Tutto a posto?” mi chiese lui.
“Eh? oh, si certo.” Risposo io. Dalla parte del corridoio dove lui dava le spalle vidi Zeto e Atena arrivare.
“Ebeeeeeeeee!!!!” stava urlando Atena mentre correvano. Arrivarono con un po’ di fiatone.
“Ebe, avrei bisogno di far fare a te e Zeto una commissione. Ehi, aspetta… ma cos’è quel biglietto?” mi disse lei. Io aprii e lessi il biglietto ad alta voce.
‘Ti aspetto stasera nel parco della città di nostro fratello.
Ti aspetto là. Fatti accompagnare.
A presto, il tuo amato Eracle.’
“Uaoooo! Che bello, un appuntamento! Ohi, ma è proprio in quella città che voi due dovrete andare a fare spesa.” Disse lei.
“Spesa?” chiesi io.
“Adesso che ci penso, ecco a voi la lista.” Disse lei allungando un foglio abbastanza pieno di scritte. Lei continuò: “oh, mi raccomando, non tralasciate niente. E tu, Eaco, vieni con me.”
“Sì, sì.” Disse lui con espressione un po’ scocciata poi loro due si allontanarono. Poco dopo Atena girò la testa a mi fece l’occhiolino, poi riprese a camminare.
Tornando a me e Zeto…
“Beh, ora sarà meglio che ti vai a preparare. mettiti questo (mi allungò una borsa). Appena sarai pronta mettiti davanti alla porta della tua camera e aspettami lì. Sempre se riesci a finire di preparati prima di me.” mi disse lui sorridendo alla fine.
“oh… sì.” Risposi io.
Appena arrivai in camera guardai nella borsa che mi aveva dato lui. tirai fuori il contenuto. Vi era un vestito bianco ed era carino.
‘Bianco?’ pensai io.
Aveva le spalline, era sbracciato e mi delineava un po’ i fianchi. Tutto sommato era carino, ma… pochi secondi dopo mi venne di nuovo una fitta al petto ancora più forte delle altre volte. Mi faceva un male tremendo.
Io mi inginocchiai, ma non mi rannicchiai a terra come la volta scorsa. Cercai anche di non parlare perché avevo paura che Zeto potesse sentirmi nel caso fosse stato lì fuori.
Il dolore durò un po’, poi sentii la voce di Zeto dall’esterno dirmi: “Ebe, tutto a posto? Spero che ti piaccia il vestito. Sono qui fuori che ti aspetto.”
Ho avuto male al petto ancora per un po’ poi il dolore mi sparì. Riaprì gli occhi e mi alzai in piedi. mi misi il vestito ed uscii dalla stanza. Me lo trovai esattamente davanti alla porta. lui indossava dei jeans e una maglia con la scritta VITA.
“Oh, bene! Ti sta benissimo, meno male che era la taglia giusta.” Disse lui.
“A-a-anche tu stai bene.” Dissi io un po’ arrossita e lui sorrise.
“grazie!! Beh, credo sia ora di andare.” Disse lui.
“S-si.” Dissi io. Lui intanto aprì il varco. poi mi prese la mano e andammo dentro insieme.
Finimmo in una strada abbastanza popolata.
“Tranquilla, ci sono qua io. Vieni.” mi disse lui e andammo avanti.
Appena arrivammo in fondo alla strada vidi che vi erano delle bancarelle. Le persone che vendevano erano tutti di spalle, almeno dalla mia direzione.
“Bene, è ora di iniziare. Andiamo.” Disse lui. io lo seguii dicendo solo un semplice si.
Andammo in mezzo alla folla e ci fermammo davanti a una bancarella di frutta. Io  girai la testa un attimo.
“Ebe.” Mi disse lui ma io non risposi. Avevo l’attenzione fissata su una bancarella di peluches.
“Ebe!” disse di nuovo lui.
“Eh?” dissi io guardandolo. Aveva in mano una borsa rettangolare con dentro tanta di quella frutta che se ne vedeva un po’ fuoriuscire.
“Oh, dei peluches! Che carini!!! Ne vuoi uno? Se vuoi te lo regalo da parte mia!” disse lui avvicinandosi alla bancarella, poi mi girai e la guardai anch’io. Era molto felice, aveva un sorriso stampato in faccia.
“Eh? Oh, no grazie.”
“oh, allora… continuiamo?” mi disse lui prendendomi la mano. Ci fermammo davanti a una bancarella di cioccolata e dolci.
“Woooah! Che bontà! E che buon profumo.” Esclamai io.
“Ne vuoi qualcuno? Hai ragione, hanno veramente un buon profumo.” Disse Zeto.
“Oh no, non posso!” dissi io muovendo da destra a sinistra le mani in segno di ‘no’.
“A proposito, presto sarà San Valentino. Vuoi comprare qualche dolcetto o cioccolatino? Che tipo di cioccolata ti piace?” mi disse lui. io non sapevo cosa rispondere quindi feci un attimo di silenzio pensando.
“Ecco… se deve essere in una scatola va bene la cioccolata al latte, ma preferisco quella fatta a mano.” Dissi io finendo con un sorriso. Lui mi rispose con un sorriso che io ritenevo fantastico.
A un certo punto notai che lui non stava più guardando me ma guardava qualcosa dietro di me. la sua espressione si trasformò da felice a seria, poi mi prese il polso e mi disse: “Andiamo.”
“Eh? Zeto, ma cosa…” esclamai io cercando di capire.
“Sta zitta e seguimi, per favore.” Mi disse lui, io intanto girai la testa ma lui mi vide farlo.
“NON GIRARTI! Andiamo a comprare altro, forza.” mi disse lui prima con tono serio e poi con un sorriso. Passammo qui attraverso una strada secondaria dove c’era solo qualche bancarella poi ci fermammo.
“bene, per ora siamo al sicuro. Dunque vediamo…” disse lui guardando la lista che aveva lui. poi continuò: “oh, certo, ecco cosa manca! Il pesce! (gira la testa su una bancarella di pesce) Bene, ce l’abbiamo proprio qui a fianco, aspettami.”
Lui si allontanò, prese una borsa da un tizio che vendeva pesce e tornò da me.
“Oh cielo, è già tardi. E tu devi andare nel parco a incontrare Eracle. Vieni, ti accompagno.” Mi disse lui prima guardando l’orologio e poi indicandomi di andare avanti.
Arrivati dentro al parco verde dove vi era la strada segnata e una fontana nel bel mezzo del parco, noi camminammo dentro.
Io mi guardai intorno quando all’improvviso notai qualcuno simile ad Eracle circondato da alcune ragazze. Tutte loro chiedevano un bacio con lui.
“Ehi, ehi, ragazze andateci piano. Ho ancora un po’ di tempo da dedicarvi. Dunque, chi vuole essere la prima?” disse il ragazzi di spalle che assomigliava ad Eracle.
“IO! IO! IO!” dissero le ragazze una dopo l’altra.
‘Aspetta: voce simile ad Eracle, corporatura simile ad Eracle. Non dirmi che…’ pensai io. era proprio lui!
“Ebe, Ebe cosa c’è? Cos’è successo?” mi disse lui.
Io corsi il più veloce che potevo verso destra fino a che non arrivai davanti alla fontana (era solo qualche decina di metri quella che ho fatto). Arrivai con il fiatone e mi sedetti sul bordo della fontana.
‘Ma come, come è possibile!! proprio lui doveva fare una cosa del genere!’ pensai io in lacrime. Poco dopo arrivò Zeto che mi vide in quello stato e si sedette a fianco a me.
“Ebe, mi… mi dispiace. Non sapevo che Eracle…”disse lui.
Io lo interruppi dicendo: “Io stavo iniziando a fidarmi di lui, volevo conoscerlo meglio… lui sarebbe il mio promesso sposo, ma adesso non lo voglio vedere. E poi… e poi…” dissi io stringendo le mani.
L’aria era un po’ fredda. Si vedevano le nuvolette di fumo quando parlava.
“Ebe…” mi disse Zeto.
“Ebe!” disse Eracle arrivando con il fiatone.

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Capitolo 31
*** Capitolo trenta: qualcosa di inaspettato parte 2 ***



“Ebe!” disse Eracle arrivando con il fiatone.
Io lo guardai, non sapevo cosa pensare. Non sapevo cosa dire. Non sapevo cosa fare, l’unica cosa che volevo era scappare. Ma perché? Perché non potevo? Perché non riuscivo a muovere un passo? Ero lì seduta insieme a Zeto mentre ci fu un silenzio assoluto. Io continuavo a guardarlo e lui a guardarmi.
A un certo punto Eracle ruppe il silenzio dicendo: “Ebe, mi dispiace. Non sapevo saresti arrivata così presto.” Io abbassai lo sguardo mentre lui mi diceva: “sai, mentre ero in giro oggi pomeriggio…”
“CHIUDI QUELLA BOCCA!!” gli urlai io.
“Non voglio sentirti. Io stavo iniziando ad affezionarmi a te e a considerarti una buona persona, io che mi dovrei sposare con te. Stavi iniziando guadagnarti la mia fiducia, ma adesso l’hai persa. Non voglio più stare qui. Il nostro incontro è annullato. (mi girai verso Zeto) vieni Zeto, andiamo.” Dissi. Presi Zeto per mano e me ne andai con lui. ma poco dopo lui ci fermò.
“Ebe, aspetta!” disse Eracle.
“Ti ho detto di non seguirmi! E ora scusami.” gli dissi. Poi mi girai e io e Zeto ci allontanammo da lui senza girare la testa.
Mi fermai poco distante da lì e chiesi a Zeto di riportarmi nel corridoio. Chiusi gli occhi e quando li riaprì mi ritrovai nel corridoio proprio di fronte a camera mia.
“Grazie Zeto. Scusami per prima, non mi sarei mai aspettata qualcosa di simile.” Dissi io.
“no, scusami tu, dovevo saperlo cosa stava per succedere. Ma dimmi una cosa, tu sei ancora innamorata del figlio di Ade, Pan?” mi chiese lui.
“Si, tanto.” dissi io. lo sentii aprire la porta della mia camera. In quel momento stava arrivando qualcuno, quindi lui mi spinse verso di lui poi la porta si chiuse.
“Scusami, colpa mia. Ti sei fatto male?” gli chiesi io guardandolo. Lui non aprì bocca e si avvicinò a me lentamente. Si avvicinò al punto tale che mi baciò.
‘Ma cosa diavolo gli prende?’ pensai subito io.
Lui si allontanò da me e mi disse: “Scusa, ero geloso. Vado a consegnare queste ad Atena. Grazie dell’aiuto.” Poi se ne andò.
A quel punto rimasi immobile (per qualche secondo) ancora esterrefatta da cosa era appena successo. Poi mi stesi sul letto e cercai di dormire.

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Capitolo 32
*** Capitolo trentuno: piccola discussione tra Zeto ed Eracle ***


Buongiorno! Eccomi di nuovo davanti alla porta della biblioteca del regno PARADISO.
Aprii la porta e proprio davanti a me trovai Ares leggere un libro intitolati ‘Il Controllo Della Forza’.
“Ciao sorella, come stai?” mi disse lui ma io non risposi. Mi spostai nello scaffale di sinistra  e presi il mio libro delle leggende, poi tornai dov’era Ares.
“Ehi! Non hai risposto alla mia domanda. Come stai?”
“Oh, scusa, io sto benissimo. Cos’hai sei di pessimo umore?” chiesi io.
“Si, beh Eracle ne ha combinata una delle sue con me. Ma non preoccuparti, d’altronde lo fa spesso quando è di pessimo umore.” Mi disse lui, ma a quel punto sentii qualcosa venire da fuori così andai alla porta a vedere. Vidi Zeto ed Eaco passare di li.
Erano già passati, ma io li seguii fino a quando non girarono a sinistra per poi sbucare in fondo al corridoio.
Io mi avvicinai e di nascosto vidi loro fermarsi mente dall’altra parte stava arrivando Eracle con due o tre ragazze della città. Io mi nascosi e ascoltai la loro conversazione.
“guarda, Eaco! Guarda chi c’è, il traditore di nostra sorella!” disse Zeto.
“già, già, me lo hai raccontato. Sei veramente una pessima persona, Eracle.” Disse Eaco.
“mi dispiace, forse ho esagerato. Ma sapete, un po’ mi sono divertito.” Rispose Eracle divertito.
“Maledetto tu!” disse Zeto parecchio arrabbiato.
“Zeto calmati, non è il momento adesso.” Disse Eaco.
“Come osi mostrarti in giro con quelle ragazze demoni! Lo sai che loro non possono entrare qui!” disse Zeto.
“Oh! oh! Avverto la presenza di un qualcuno innamorato della mia Ebe. Se non te lo ricordi io e lei siamo destinati a stare insieme per volontà di Zeus. Quando l’avrò tutta per me, farò tutto ciò che voglio di lei.” disse Eracle.
Io sbarrai gli occhi a sentirlo. Non ci credevo.
“Percepisco una presenza. Sei tu, Ebe?” disse Eracle.
‘oh no, mi ha scoperta! Che faccio? Meglio scappare.’ Pensai io. Corsi via. Corsi via fino a che non presi contro a Zeto.
“Ehi, Ebe, calmati.” Mi disse lui. io lo guardai poi tirai dritto senza aprire bocca.
Arrivata in camera mia, con la porta chiusa e ancora sconvolta per ciò che avevo sentito, mi sedetti per terra.
“Ebe. Ebe, sei qui? Sono io, Atena. Ho bisogno di parlarti, mi apri?” mi disse Atena ma io non mi spostai. Me la trovai di fronte e appena mi vide si sedette di fronte a me.
“Ebe, che- che cosa è successo? Perché quell’espressione sconvolta?” mi chiese.
“beh, vedi… ho sentito Zeto ed Eaco litigare con Eracle. Parlavano di me e poi…” Gli dissi io.
“ohi, tranquilla! Adesso non pensarci più! Zeus mi ha chiesto di aiutarti a prepararti per il giorno in cui lo incontrerai, quindi dovremo prepararci.” Mi disse Atena. Mi alzai in piedi.
“prepararci? E come?” Dissi io.
“Beh… non lo so ancora però...” disse lei ma non fece in tempo a finire che sentimmo bussare alla porta (TOC TOC TOC).
“Ebe, potresti aprire? Siamo Eaco e Zeto, abbiamo fatto un bel discorsetto al tuo sposo e siamo venuti a dirtelo.” Sentii provenire dall’esterno, la voce era quella di Eaco.
Aprii la porta e ci trovai Eaco e Zeto. Solo Zeto aveva un’espressione sorridente.
“siete  proprio voi.”
“Certo! E chi pensavi ci fosse?” disse Zeto.
“Non guardare me. è stato lui a trascinarmi qui. E chissà cos’altro ha in mente!” disse Eaco con lo sguardo spostato da una parte mentre lo diceva.
“cosa stavate facendo?” disse Zeto.
“stavamo pensando come prepararci per l’incontro tra Ebe e Zeus.”
“oh, giusto! Visto che sono cose femminili non mi intrometto, ma te la devo portare via. Vieni Ebe, facciamo un giro per il castello.” Esclamò Atena.
“Eh? Ma… cosa?” dissi io mentre lui mi portava via. Solo noi due.
Arrivati all’interno vidi che vi era la stanza in cui vi erano i dispositivi luogo-persona aveva la porta completamente. Dentro non c’erano tre dispositivi, come la volta scorsa, ma ce n’era uno solo. Quel dispositivo era acceso.
“Zeto aspetta.” Disi io fermandomi davanti alla porta appena descritta.
“Che succede?” mi chiese. Noi ci avvicinammo, il dispositivo trasmetteva una luce che però non aveva immagine. Dall’altra parte vidi un volto. Mi misi la mano davanti alla bocca con gli occhi spalancati e dritti davanti a me. avevo riconosciuto la persona.
“Ebe, che succede?” mi disse Zeto. Io non risposi.
“Forza, Ebe, sono curioso di sapere la risposta. che succede, sei stupita di trovare me?” disse l’altra persona.
“Ehi, stai  lontano da lei. Ne abbiamo già parlato prima, Eracle. Sei tu, non è così?” disse Zeto.
“Bravo, ci sei arrivato.” Disse Eracle. Lui scomparve da lì per ritrovarmelo dietro.
Avvicinò la sua bocca al mio orecchio (non so quale, probabilmente il destro).
“Adesso, ascoltami molto attentamente. Vuoi diventare mia moglie e sottometterti per sempre a me? Se accetti ti darò l’anello che ho comprato per te, se rifiuti…” disse lui, ma io lo fermai.
Gli aprii le braccia e dissi: “Mi dispiace ma devo rifiutare.”
Appena finii sentii la mano di Eracle spingere e io caddi a terra. Mi ritrovai coricata sul pavimento ed Eracle esattamente sopra di me.
“Ripetilo ancora una volta, se ne hai il coraggio.” Disse lui. io feci in tempo solo ad aprire bocca che improvvisamente la porta si aprì e tutte le candele che circondavano la stanza si accesero.
“Che sta succedendo qui?” disse Afrodite.
“Afrodite!” dissi io. Eracle si alzò.
“Tsk. Arriva sempre qualcuno a disturbare.” Disse lui.
Io sentii il petto rimbombare e scappai fuori dalla stanza. Mi fermai a un certo punto e mi sedetti per terra.
Sentii un grande dolore al petto quindi strinsi i denti e cercai di resistere.
“Ebe! Ebe, come stai?” mi disse Afrodite.
“S-sto bene.” Dissi io.
“Afrodite, presto! Vai a chiamare Atena, lei sa cosa fare.”
“T-te l’ho detto, s-sto bene.” Dissi io immobile. Il dolore non mi sparì, era maggiore rispetto alla volta scorsa, anche se di poco. Sparì appena arrivò Atena.
“Ebe! Che è successo?” mi chiese.
Aveva le ali spiegate, era la prima volta che la vedevo così. Le sue ali erano di colore bianco come le mie. Era bellissima!
“Oh, non è niente. Solo un gran mal di testa.” Dissi io.
“ti porto in camera tua.” Mi disse lei.
Arrivata in camera mia lei mi disse: “deve essere stata una giornata dura. Riposa e riprenditi che presto dovrai incontrare tuo padre.”
“Afrodite, dimmi, quanto manca al giorno del matrimonio con Eracle? E quanto all’incontro con Zeus?” dissi io.
“Mmh… se non mi sbaglio mancano al massimo due mesi al tuo matrimonio e pochissimo tempo all’incontro con tuo padre.” Mi disse lei
“Posso chiedervi di accompagnarmi, tutti voi a parte Eracle, da Zeus?” chiesi io.
“C-certo. Ne parliamo con gli altri e decidiamo cosa fare. Ma adesso è meglio che ti riposi. Allora, a domani.”
“certo.” Dissi io. poi lei sparì e io sentii una fitta molto forte al petto. Soffrivo molto dal dolore. Il segno dell’infinito che avevo sul collo si illuminò.
Io pensai: ‘resiti, resisti, resisti, resisti, resisti.’ e poi uno strano rumore che non saprei descrivere.
Il dolore mi rimase  ma  io, sfinita, mi addormentai per terra.


Angolo Autrice:
Nella speranza che questo capitolo vi piaccia, vi auguro Buona Pasqua!!!

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 33
*** Capitolo trentadue: un compleanno divertente ***


Appena mi svegliai vidi che ero coricata sul divano della sala grande.
‘Cavolo, mi fa ancora male la testa.’ Dissi io mettendomi una mano appoggiata alla testa.
“Oh, finalmente ti sei svegliata!” mi disse Zeto seduto sulle scale. Io lo vedevo di profilo e a fianco aveva Eaco. Erano entrambi sulle scale.
“Tsk, ci mancava solo questa. Stare qui con Zeto ad aspettare che ti svegliassi.” Disse Eaco con sguardo arrabbiato.
“Eaco, non fare così.” Disse Zeto.
“uhm… perché mi trovo qui? Mi ricordo di essermi addormentata in camera mia.” Dissi io.
Atena mi apparve davanti e mi chiese: “Buongiorno sorellina, come stai oggi?”
“sto bene, credo…” risposi io senza pensarci
“Diciamo che mi fa ancora un po’ male la testa dall’altra sera, ma non è nulla di serio.” Dissi io.
“Beh, meglio. A proposito…” mi disse Atena
“Mh?”
“Sai che giorno è oggi?”
“No, non direi.” esclamai io.
“Oggi è il tuo compleanno! complimenti!!!” mi disse le felice.
“Eeeh? Davvero? Allora complimenti!” mi disse Zeto con espressione felice.
“Tsk, non che me ne importi molto.” Disse Eaco
“Eddai, Eaco, sii un po’ gentile!” disse Atena.
“Tch.” Disse lui guardando da una parte. Poi continuò: “Beh, io me ne vado.”
“Hey, aspettami! Vengo anch’io! Ebe, Atena, noi andiamo a sistemare un paio di cose. Tra due ore andate in camera di Ebe.” Finì Zeto facendo l’occhiolino.
“Eh? Perché? che succede?” dissi io.
“Lo scoprirai.” Disse Zeto. Poi loro due se ne andarono.
“Bene, ora mettiti questo.” Mi disse lei buttandomi a fianco un vestito bianco.
“Perfetto. E adesso… vieni in città con me.” Disse lei appena io finii di vestirmi.
“In città?” esclamai io
“Certo, voglio farti vedere una cosa.” Disse lei.
Attraversammo il varco e arrivammo davanti ad una casa simile a casa mia ma in legno e bruciata.
“Perché mi hai portata qui, davanti a questa casa?” chiesi io.
“Beh, vedi…. Questa è una casa bruciata.”
“Questo lo vedo. Ma perché?”
“Questa casa è stata bruciata da un incendio ed è sotto la nostra protezione. In questa casa una volta vivevamo noi fratelli con il re e la regina ma poi arrivò un incendio e la casa andò in rovina.”
“Mi dispiace per voi… ma io non capisco cosa c’entro.” Dissi io.
“Beh, vedi forse tu non ricordi, ma sei nata qui esattamente due mesi prima dell’incendio. Non ti posso raccontare di più perché non so altro, ma vorrei venire con te quando Zeus te lo racconterà.” Disse lei.
“Certo!” dissi io. Poi lei disse che era ora di rientrare e tornammo davanti a camera mia.
Sentii la voce di Zeto lamentarsi. La sua voce era vicina a me. Credo fosse dall’altra parte della porta.
“Forza Eaco, dammi una mano a mettere le ultime cose. Secondo me è quasi l’ora del loro ritorno. Forza Eaco, forza. Vado a vedere se Ebe ed Atena sono tornate.” disse lui. Poi aprì la porta.
“Oh, Ebe. Sei già arrivata, è ancora un po’ prestino… forza vieni con me a cercare Ares. Atena, per favore, sostituiscimi.” Disse di nuovo lui.
“S-si…” disse lei.
Noi due camminammo e ci fu un po’ di silenzio.
“Zeto, che ti succede?” chiesi io.
“Eh? Oh… no, niente di che.” Mi rispose lui.
“Non ci credo. Ti comporti in modo strano.” Risposi io.
“Non è vero! Non sono strano!”
“Stai mentendo.” dissi io. Zeto si mise a guardare da un’altra parte.
Continuammo a camminare ma a un certo punto vidi Ares dentro una stanza dirigersi verso di noi.
“Oh, ciao Ebe, ciao Zeto. Avevate bisogno di me? cosa succede?” disse Ares.
Zeto si avvicinò ad Ares e gli mise un braccio intorno al collo.
“Ho proprio bisogno di te. Vieni subito con me. ” disse lui.
“che succede?” disse Ares.
“Tu vieni, ti racconto strada facendo.” Disse Zeto. Loro se ne andarono lasciandomi da sola.
“Ehi, ragazzi…”
“Oh, giusto. Ebe raggiungici quando vuoi. Ti aspettiamo in camera tua.” Disse Zeto.
‘Okay, lui ha uno strano comportamento. Voglio proprio capire cosa mi sta nascondendo.’ Pensai io.
Arrivai davanti alla porta della mia camera e sentii la voce di Eaco ed Atena.
“Eccola la percepisco proprio davanti alla porta.” disse Atena
“Tch! Perché devo per forza partecipare? Odio questo genere di cose.” Disse Eaco.
“Eddai comportati bene almeno per il compleanno di nostra sorella.” Disse Atena.
“Uff…” disse Eaco.
Atena aprì la porta e la prima cosa che vidi erano dei sacchi a pelo invece del mio letto.
“Che fine ha fatto il mio letto!?” chiesi io. In quel momento mi vidi indosso il pigiama, ma io non mi ero cambiata.
“Lo abbiamo spostato. Abbiamo pensato di rifare una festa che hai fatto con i tuoi amici.” Mi disse Atena.
“io avevo proposto di andare al parco divertimenti come quella volta in cui ci sei andata con Pan, ma loro l’hanno bocciata. ” disse Afrodite indicando Eaco e Zeto che erano vicini.
Erano tutti seduti per terra (in cerchio) in quest’ordine (da destra a sinistra): Ares, Atena, Zeto, Eaco ed Afrodite. L’unico che mancava era Eracle. Mi sedetti anch’io tra di loro.
“AUGURI DI BUON COMPLEANNO!” mi dissero tutti insieme.
“Grazie mille.” Dissi io con espressione felice.
“Ehi Ebe, ma lo sai quanti anni compi oggi?” mi disse Atena.
“19.” Dissi io.
“No, no. Tu ne fai 24. Proprio 24.” Disse Afrodite.
“Dicci Ebe, che cosa hai fatto l’ultima volta in giorni come questo?” mi chiese Atena.
“Beh, per il mio compleanno Pan mi ha portato al parco divertimenti.” Dissi io.
“Esattamente ciò che ho proposto io.” Disse Afrodite.
“Bello!” disse Zeto.
“Aspetta Ebe, guarda cosa ti abbiamo preparato.” Disse Atena.
Tutti tirarono fuori il loro regalo e lo appoggiarono a terra davanti a me.
“Grazie a tutti.” Dissi io.
Presi uno dei regali e lo aprì. Era una scatolina piccola. Dentro vi era una pallina nera.
“Quello è mio!” disse Zeto.
“Che cos’è?” chiesi io.
“Questa pallina, cara Ebe, è una sfera che serve per creare un varco. Noi lo usiamo per andare in città o in qualunque altro luogo noi vogliamo. Qui ne hai uno, ma nel caso te ne servono di più, te li posso dare io.” disse Zeto.
“Grazie.” Dissi io.
All’improvviso sentii la porta bussare. Si aprì e si presentò Eracle che mi chiamava.
“Ebe! Ebe, per favore, puoi uscire un attimo?” mi disse lui.
“E perché dovrei! Te l’ho detto, io non voglio avere niente a che fare con te.” dissi io.
“Se vuoi fare di testa tua fai pure, ma prima vieni con me.” mi disse lui prendendomi per il polso e trascinandomi fuori.
“Ma che ti prende? Che vuoi da me?” dissi io.
“Ho sentito che è il tuo compleanno, quindi tanti auguri.” Mi disse lui.
“E’ un po’ insolito da parte tua, comunque grazie.” Risposi io.
“Sono venuto per dirti che molto presto incontrerai Zeus e sono venuto per chiederti di nuovo di sposarmi.” Disse lui.
“Così che io diventi la tua schiava? No, grazie. E ora, se non ti dispiace, torno dalle persone che mi vogliono bene.” Gli dissi io.
Appena tornai dentro vidi i sei sacchi a pelo distesi per terra e loro seduti sopra i loro. Non erano disposti a cerchio. Mi sedetti anch’io con loro e iniziammo a chiacchierare.
“forza Ebe, raccontaci un po’ di te.” Mi chiese Atena.
“Beh, vediamo… sono una ragazza delle superiori, mi piacciono i libri romantici, stare con gli amici e le vacanze.” Risposi io.
“Interessante.” Disse Ares.
“Questo lo avevo già capito…” disse Zeto.
“Ehi, adesso facciamo il gioco delle domande!” disse Atena.
“il gioco delle domande?” chiese Ares.
“io non partecipo.” Disse Eaco.
“beh, in pratica dobbiamo farti una domanda a testa e tu dovrai risponderci nel modo più sincero possibile. Questo ci aiuta a conoscerti meglio.” disse Atena.
“Che? Sincera?” dissi io.
“Esatto. Chi inizia?” disse Atena.
“Parto io per prima. Dunque, qual è la tua bevanda preferita?” Disse Afrodite.
“Cioccolata calda.” Risposi.
“Ora tocca a me. qual è il tuo cibo preferito?” disse Ares.
“Mmh… credo l’onigiri e il sushi.” Dissi io.
“ora ti faccio una domanda io.
“Qual è la tua materia preferita e quella che non ti piace?” disse Atena.
“non mi piace educazione fisica, ma mi piace la scienza.” Risposi io.
“Adesso tocca a te Zeto.”
“Mmh… ok. Chi te l’ha regalato quell’anello?” indicando la mia mano.
“Questo? Me lo ha regalato Pan per San Valentino. Dentro ci ha fatto scrivere i nostri nomi.” Risposi io.
“bello. Adesso apri un regalo a tua scelta” disse. Aprii una scatola impacchettata, dentro c’era un profumo.
“Bellissimo, grazie.” Dissi io.
“Certo che tu devi essere molto legata a quel ragazzo.” Disse Afrodite tra sé e sé, io arrossi appena un po’.
“S-si, m-ma solo un po’…”risposi io.
Poi aprii un altro regalo. Era un po’ più grande rispetto agli altri. Lo aprii e dentro trovai un vestito.
“Questo è da parte mia e di Afrodite! È un vestito molto difficile da spezzare o da rompere. È molto resistente.” Disse Atena.
“Grazie mille.” Dissi io.
“Oh, giusto! Eaco manchi solo tu.” disse Afrodite.
“Io ho detto che non partecipo.” Disse lui.                                            
“Eddai Eaco, almeno fai una domanda!” disse Ares.
“Uff! Quanto siete noiosi! Faccio solo la domanda però! Perché sei venuta qui?” disse Eaco.
“Bella domanda! Io sono curiosa.” disse Atena.
“beh, per scoprire il mio passato e poi… c’è un’altra cosa ma non posso dirvela. Lo capirete solo in presenza di Zeus.” Risposi io.
“Questo è ingiusto!!” disse Zeto.
“A proposito… Eracle prima mi ha detto che molto presto incontrerò Zeus.” Dissi io.
“Oh, sì. Beh, a lui puoi fare tutte le domande che vorresti fare a noi.” Mi disse Atena.
“Un ultima cosa. Nostro padre ci ha detto di darti questo, un dispositivo luogo-persona. Visto che tu non ne hai uno, lui te lo ne regala uno.” Disse Afrodite mostrando e tenendo in mano un dispositivo luogo-persona.
“Capisco.” Dissi io.
Ci fu un attimo di silenzio.
“Bene, adesso direi che è ora di dormire.” Disse Atena.
“Va bene.” Disse Zeto.
“Grazie ancora ragazzi.” Dissi io. li guardai e vidi che alcuni dormivano di profilo e altri a pancia in su.

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Capitolo 34
*** Capitolo trentatré: le Verità e le Origini parte 1 ***


Il giorno dopo ero in camera quando sentii bussare alla porta. La porta si aprì e ad entrare era Afrodite.
“Buongiorno sorellina. Sei pronta per incontrare tuo padre?” disse lei.
“Incontrarlo, oggi?” chiesi io.
“Certo! Gli altri ci stanno aspettando qui fuori. Andiamo?” disse lei.
“S-sì.” Dissi io davanti alla porta.
Appena siamo usciti ho visto Atena, Eaco e Zeto uno a fianco all’altro e mi diedero il buongiorno insieme.
‘Eracle non c’è. Tanto meglio per me.’ pensai io.
“Ebe sei pronta? Andiamo?” disse Atena.
“Andiamo dove?” chiesi io.
“Nella sala del trono. Nostro padre ed Eracle ci aspettano là.” Disse Atena.
‘Peccato, speravo che Eracle non ci fosse…’ pensai io guardando da una parte.
Camminammo insieme nei corridoi per un po’ poi arrivammo davanti alla porta della sala del trono.
All’interno della sala vi era il trono la regina Era, Eracle e un uomo dalla faccia un po’ squadrata e con un po’ di barba, la struttura robusta e alto poco più di me.
Quell’uomo non l’ho mai visto prima. Aveva i capelli scuri e corti ed era girato di schiena.
Appena eravamo dentro Eracle e quell’uomo guardarono me e gli altri. Eracle fece un’espressione felice e mi abbracciò. Io rimasi ferma.
“Ben arrivati! State bene?” disse l’uomo.
“Sì, stiamo bene.” Disse Atena.
“Uhm… chi è quella ragazza?” disse l’uomo guardandomi.
“Lei è tua figlia Ebe. Non la riconosci?” disse Zeto.
“Oh! Così tu sei Ebe! Piacere di conoscerti!” disse lui.
“A-anche per me…” Gli dissi io.
“Ehi Ebe. È passato un po’.” Mi disse Era.
“Non essere così timida.” Disse quell’uomo.
“Zeto, ma questo signore chi sarebbe?” chiesi io.
“Io sono Zeus, il sovrano degli dei dio del cielo e del tuono, il sovrano degli dei, sovrano del PARADISO e padre di numerosi figli tra cui te. Puoi semplicemente chiamarmi Zeus. Atena mi ha detto che tu hai delle domande da farmi.” Disse lui.
“Ah, si giusto.” Dissi io. Continuai: “Volevo sapere qualcosa sulla Guerra della Ribellione.”
“Domanda interessante. La Guerra di ribellione è un guerra che verrà combattuta appena fuori dalla città Lato. La città dove sei nata e cresciuta. È una guerra voluta da mio fratello Ade, dio dell’INFERNO, servirà per decidere chi sarà il prossimo re dei due mondi e si aggiudicherà il controllo di quella città, fulcro dell’intero universo umano.”
“Perché proprio vicino alla mia città?” chiesi io.
“Ade è ossessionato all’idea di voler prendere il mio posto nel controllo del PARADISO e così di poter controllare entrambi i regni. Vedi, molto tempo fa i due regni erano uniti sotto un unico controllo, quello di mio padre. Poco prima della sua morte, decise di dividere i due regni e di assegnare a me il PARADISO e a lui l’INFERNO. Lui non era d’accordo ma dovette accettare la scelta. Così lui adesso controlla l’INFERNO e volendo ancora vendicarsi dell’azione di nostro padre vuole fare guerra contro di me. Per questo la città Lato è stata scelta da Ade. la sua decisione è un po’ più recente rispetto agli altri fatti che ti ho appena raccontato.” Disse lui inizialmente mi diede le spalle e poi mi guardò.
“E dove la farete?” dissi io.
“Il luogo fissato è in un campo appena fuori dalla città.” Disse Zeus.
“Avrei un’altra domanda. Poco tempo fa io ho compiuto gli anni e Atena mi ha detto che invece di farne 19 ne ho compiuti 24. Com’è possibile?” chiesi io.
“Provo a spiegartelo in termini semplici. Ogni anno che passa nel mondo umano per noi rappresenta due millenni. Con la morte di mio padre Crono, dominatore del tempo e della fertilità, il tempo si è fermato e il potere della fertilità ora ce l’ha Afrodite. (la guardai e vidi che lei stava sorridendo) Vedi, Crono è morto che aveva 600.000 anni e tra qualche millennio morirò anch’io. Ma prima di allora, spero di avere te come erede, Ebe.”
“Io? Perché proprio io?” esclamai.
“Vedi, in questi 18 anni che tu hai passato nel mondo umano io ti ho sempre sorvegliato. Sfortunatamente a un certo punto non riuscivo a vedere il volto del ragazzo con cui ti sei messa a parlare. Comunque, dopo che tu sei venuta qui, io sono sempre riuscito a sorvegliarti e vederti anche se non direttamente. Tutto questo lo riuscivo a fare attraverso il dispositivo luogo-persona. Vedendo il tuo animo puro sto pensando di dare il mio posto come regnante proprio a te.” Disse lui.
“Però mi domando: perché proprio io? E perché mi devo sposare con Eracle? E poi, cosa vuol dire ‘compiersi’?” chiesi io.
“Tempo fa, io e Ade una volta abbiamo deciso che per avere un minimo di pace tra i due regni. Ma per fare questo una persona dell’INFERNO doveva sposare una del PARADISO. Per l’INFERNO si è offerto Eracle pur non sapendo chi ci sarebbe stato. Per il regno PARADISO inizialmente era stato deciso per Afrodite, ma poi ho deciso te. Ade però disse che non era abbastanza e decise che tutto si sarebbe stabilito solo dopo la guerra.”
“Ma quindi io cosa c’entro?” chiesi.
“Lui ha bisogno di una persona da sacrificare così lui decise di usare Atena.” Disse Zeus.
“Padre, perché? Perché proprio io!” disse Atena.
“Mi dispiace ma non avevo altra scelta.” Disse lui.
“Questa è una cosa ingiusta, mi offro io al posto suo!” esclamai io.
“Ebe, ma perché? Tu devi sposare me e poi io ti amo. E tu ami me. Vero? Così, per favore, ritira…” mi disse Eracle. Ma io lo fermai.
“Io non ti amo e non ti ho mai amato. Senti, all’inizio sembravi una brava e gentile persona, ma poi ti sei dimostrato l’opposto.” Dissi io.
“ma… ma come…” disse lui.
“Mi dispiace, ma io amo un’altra persona. Il suo nome è…”
“Pan del regno degli INFERI. Non è così Ebe?” disse Ares entrando nella stanza dalla porta.
“Esatto… Comunque io gli ho promesso prima di venire prima che ci saremmo riuniti e che non lo avrei mai dimenticato.” Dissi io.
“E con questo cosa vuoi dire?” Mi chiese Eracle.
Che non voglio sposarmi con te perché ho intenzione di sposare Pan. (lui ha un’espressione scioccata) Oltretutto io sono fidanzata con lui (io arrossisco). Oh, ma il matrimonio si farà solo se sia Zeus sia Ade lo permetteranno.” Dissi io.
Ci fu un po’ di silenzio.
“Ne sono un po’ stupito. Io potrei permettere il matrimonio ma ho paura che Ade non ti darà mai il consenso. Comunque, mi fa piacere rivederti Ares.” Disse Zeus.
“Ma come fai ad essere sicura che sposerai lui! Almeno te l’ha chiesto?” chiese Zeto.
“Veramente ancora no… Ma so che un giorno lo farà! Mi fido di lui.” dissi io.
“Ecco… avrei altre due domande da porti. Una riguarda esattamente Pan. Mentre io sono stata qui, ho visto un paio di volte il suo volto.” ripresi io.
“Non dirmi che…” disse Afrodite.
“Impossibile!” disse Atena.
“Non capisco. Che succede?” dissi io.
“C’è la possibilità che tu abbia il potere di prevedere un piccolo lasso di tempo del futuro o del passato per quanto riguarda le persone. È una cosa che nessuno ha mai avuto in passato.” disse Zeus.
“Non capisco, ma questo che significa?” dissi io.
“Significa che sei riuscita a capire che Pan ha bisogno del tuo aiuto. Ne ha bisogno il prima possibile.”
“Ma io… cosa posso fare?” domandai.
“Non te lo so dire. Ma lui ha bisogno di te.”
“Aspetta, ma come ci arrivo nel regno INFERNO?”
“Usando l’oggetto che ti ho regalato per il compleanno.” Disse Zeto.
“Ho capito. Grazie Zeto. Avrei un altro paio domande da porti, Zeus. Ma prima, Vorrei che mi dicessi se la leggenda che riguarda me e Pan è  la verità oppure è tutto inventato.” Dissi io.
“In parte è reale e in parte non lo è.”
“Che vuol dire? Noi due facciamo parte della leggenda oppure è tutta una finzione?”
“Voi due siete davvero i protagonisti della leggenda e quella è una storia vera. Ma ci sono alcune cose non vere. Provo a raccontarti meglio ciò che accadde.” Disse Zeus.

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Capitolo 35
*** Capitolo trentaquattro: le Verità e le Origini parte 2 ***



Era una giornata normale ed io ed Era vivevamo in una casa insieme ad Eaco, Zeto, Atena e Afrodite. Vivevamo nella città chiamata Lato che aveva pochi abitanti. Era in quel momento lavorava in cucina ed io ero seduto sul divano.
Nella stanza a fianco si trovavano due culle: una tua e una di Pan.
Improvvisamente sentii voi due bambini piangere così sono andato a prendervi e vi ho portato da Era che ha preso in braccio Pan. Lui si è tranquillizzato subito. Quindi hai smesso anche tu. Tu in braccio a me e Pan in braccio ad Era ci siamo seduti sulla poltrona della stanza a fianco in attesa che si cuocia la cena.
Davanti a noi si erano sedute Atena e Afrodite. Atena mi ha chiesto di darti in braccio a lei così io ho fatto. Lei era contenta anche se me l’ha ridata indietro poco dopo. Improvvisamente ho sentito uno strano odore così ho chiesto ad Era di andare a vedere. lei lo fece ma quando tornò disse che non c’era niente di insolito e che la cena era quasi pronta. Allora io mi sono chiesta da dove proveniva quello strano odore.
Sono andato a vedere. in effetti non proveniva dalla cucina. Sono andato a vedere nella stanza dove voi dormivate e l’odore proveniva proprio da lì. Era arrivato vicino a me ed entrambi avete ripreso a piangere. Lei ha provato a calmarvi ma non è servito a nulla. Mi continuavo a chiedere perché stavate piangendo. Il fumo aumentò un po’ ed Atena aprì la finestra ma io non vi vedevo perché si era intensificato il fumo. Mi accorsi che le pareti stavano bruciando. Anche quelle delle altre stanze. Mi accorsi che il fumo non usciva dalla stanza.
Dissi a tutti di spostarsi vicino alla finestra. Io fui l’ultimo ad arrivarci. Appena fui lì guardai alla finestra e vidi che stava arrivando da lontano una nuvola nera. Quando si avvicinò a noi riconobbi subito che era mio fratello Ade.
“Ade, meno male che sei qui. Per favore aiutaci ad uscire e a spegnere il fuoco.”
“Padre, il fuoco sta aumentando!” ha detto Zeto.
“Ha! Non ti aiuterò mai. Sono io che ho acceso e sviluppato il fuoco con l’aiuto di Efesto.” Ha detto Ade.
“Ma perché stai facendo questo? Che cosa ti abbiamo fatto di male? E chi lo ha fatto?” ho detto io.
“Sei stato tu stesso! Pochi secoli fa mi hai dato Persefone come moglie. Lei però non  riesce ad avere figli. Sono venuto a ribellarmi da ciò che ti mi ha fatto.” Ha detto lui.
“Ma io non lo sapevo. Lei stessa si è offerta.”
“FAI SILENZIO!! Tu mi hai dato una persona inutile.”
“Padre, ormai il fuoco ci ha raggiunti. Che facciamo?” ha detto Atena.
Io conoscevo un solo modo per salvarsi.
“Diamine, non c’è altra scelta. Ragazzi dovete saltare dalla finestra.”
“EH??” hanno detto Afrodite ed Eaco.
“Saltare? Ma te e la mamma? E loro due?”
C’era solo qualche persona che stava assistendo alla scena.
“voi fatelo usando le ali. Tranquilli, nessun umano qui riesce a vederli. Noi in un qualche modo ce la caveremo.”
Loro atterrarono sani e salvi, invece io ed Era siamo rimasti con te e Pan.
“Dimmi Ade, che cosa hai intenzione di fare.”
“Io voglio avere a tutti i costi un figlio e visto che non lo posso avere con Persefone, mi prendo uno dei tuoi figli e lo crescerò come se fosse mio.”
“No, non puoi farmi questo!” dice Era.
“STAI ZITTA, DONNA!! Non hai il diritto di parlarmi. Oh, ma che bella cosa, esattamente due bambini. Bene, ho deciso, mi prenderò il maschio. Intanto la femmina mi sarebbe inutile.” Ha detto Ade.
“Non te lo permetto.”
“E sentiamo, come faresti a fermarmi? Intanto non ci riusciresti. Bene, è il momento che mi prendo il maschio.” Dice Ade. Noi eravamo immobili. Improvvisamente io ho visto formarsi una piccola nuvola nera sotto le braccia di Era. Pan si alzò e si spostò fino a raggiungere mio fratello. Lui lo prese in braccio e sparì in una nuvola nera.
Uscimmo dalla casa intatti noi tre. (Mi trovai davanti alla casa bruciata della volta scorsa. Con me c’era Atena e Zeus che spiegò ancora.) Vidi il fuoco spegnersi e la casa andare a pezzi.
A quel punto ho usato più della metà del mio potere per rendere invisibile la casa ad occhi umani e in un qualche modo riuscii a spostarla nella città che controlla tuo fratello.
Tornai qui e cercai in tutti i modi possibili una maniera per salvarti. Sfortunatamente l’unico luogo che ti garantiva protezione era in una famiglia della città Lato. Così ho cercato per varie case fino a che non ti ho lasciato davanti alla porta della famiglia in cui sei cresciuta. Se tu fossi cresciuta qui tu saresti stata in continuo e in estremo rischio da parte di mio fratello. Avresti rischiato la tua stessa vita. Disse Zeus.
“In realtà io ce l’ho già a rischio.” Dissi io appena lui finì di raccontare.
“Che cosa vuoi dire?” disse lui.
“Vedi, lui mi ha maledetto tempo fa. Ogni tanto si attiva la maledizione facendomi sentire un forte dolore al petto. Lui l’ha chiamata maledizione Amore-Odio. Si manifesta con un segno a forma di infinito. La mia preoccupazione è che stando qui, il mio ragazzo Pan possa diventarne vittima anche lui. questo io non lo voglio.”
“Che tenera!” disse Era.
“Grazie.” Dissi io.
“Hm! Le solite sdolcinatezze.” Disse Eaco.
“Giusto per sapere, ma Pan cosa c’entra in tutta questa storia?”
“Mio fratello ha mandato Pan sulla Terra con il compito di scegliere un luogo in cui fare la Guerra della Ribellione. Gli aveva mandato un limite di tempo. Quando però questo tempo finì lui non tornò indietro e non riferì nulla. Ade si arrabbiò e così decise lui stesso il luogo in cui fare lo scontro.”
“E quale sarebbe?” chiesi io.
“La campagna appena fuori dalla città Lato.” Mi rispose lui.
“Ho un’ultima domanda: chi è Macaria?” chiesi io.
“Macaria è un ragazza, dea della morte e molto abile nel ferire le persone. Le piace dominare la persona che ha davanti creandogli tristezza. Una cosa che non le piace è vedere qualcuno che possiede delle cose che dovrebbero essere sue. È la ragazza che è stata decisa da Ade per sposare Pan a tutti i costi, anche contro la sua volontà. Io l’ho vista solo una volta e devo dire che lei e non mi piace. Ade stesso è il solo che riesce a controllarla quando esagera.” Mi disse Zeus.
“Com’è lei? E come posso fermarla per non farla sposare con Pan?” chiesi io.
“Lei è alta, capelli biondi e molto brava a creare discorsi che feriscono le persone. L’unica idea che mi viene in mente per fermarla sarebbe quella di cercare un accordo o di prendere il suo posto nel matrimonio, anche se è molto difficile. Se non mi sbaglio Ade vuole fare il matrimonio nello stesso giorno in cui lo fate voi due in modo da impedire qualunque situazione.”
“Ma io vi ho già detto prima che non voglio sposarmi con Eracle!” dissi io.
“Beh, la cosa positiva è che tu oramai non puoi evitarla. Anzi, sarò io a obbligarti con la forza.” Disse Eracle avvicinandosi a me. io mi spostai indietro fino ad arrivare contro il muro.
“E come faresti?” chiesi io.
“Eracle smettila!” disse Ares. Eracle mi era già davanti. Lui fece un sorriso.
“E perché? Lei ormai è diventata il mio giocattolo.” Disse Eracle.
“Rispondi. Come faresti ad obbligarmi?”
“beh, potrei prima legarti il corpo e poi uso la forza per fare tutto ciò che voglio con te.” Disse lui. io ne rimasi scioccata perché non pensavo volesse farmi questo.
“ORA BASTA, ERACLE!” disse Ares.
“oh oh! Qui si mette male.” Disse Eaco.
“Allora io partirò prima di quel giorno.” Dissi io.
“Non farlo! Non voglio perdere anche te.” Disse Zeus.
“Allora portami tu davanti ad Ade e digli che mi sono offerta in sacrificio.”
“Ma…”
“Segui il mio piano.” Dissi io.
“Va bene. Io ed Era aspetteremo che tu sia pronta.”
“Bene, gra-…” dissi io, ma mi fermai prima di finire la frase. Mi sentii un’altra fitta al petto.
“diamine, non ora.”
“Ebe! Ebe, che ti succede?” disse Zeus. Eracle fece un passo indietro.
“Ebe resisti!” disse Atena avvicinandosi a me.
“State lontani!” dissi io. il dolore era molto forte.
‘Le gambe non mi reggono. Fa male. Fa tanto male.’ Pensai io. le gambe mi cedettero e mi ritrovai con una mano appoggiata al muro e l’altra sul petto.
“Brava Ebe, così si devono mettere le persone davanti a me, soprattutto le femmine.” Disse Eracle.
“Eracle, non mi sembra questo il momento di dire queste cose.” Disse Zeto.
“Ma che ti sta succedendo Ebe!” chiese Zeus.
“L-la… maledizione… questo è quello che mi succede… quando mi si attiva…”
“Sento una pessima presenza.” Disse Zeus.
Apparve una grossa massa nera in cui apparve Ade avvolto da un mantello nero e un cappuccio nero. Io non riuscivo a vederlo bene perché mi si era offuscata la vista.
“Ma che bello, c’è un’unione di famiglia dopo secoli.”
“Ade, che cosa sei venuto a fare qui?” disse Zeus.
“Ma che scortese da parte tua non invitarmi. E per di più mi saluti così! Sono venuto per dirti che durante la Guerra, io mi divertirò a usare la persona che tu mi darai come sacrificio.”
“Ma quanto sei perfido!!” disse Zeto.
”Già.” disse Eaco.
“È vero, sono molto cattivo. Ma, sai, io adoro essere così.” Disse Ade.
“Che cosa stai facendo a Ebe? Sei tu che la controlli?” disse Zeus.
“Uh? Ah, lei? Ogni tanto mi diverto a vederla soffrire in questo modo con la maledizione che le ho inflitto. Mi diverto un po’, che c’è di male. Sai, dopotutto lei non è male. Voglio dire che lei è davvero brava a sopportare il dolore. Non ho mai visto nessuno resistere come lei.” Disse Ade. Non vedevo bene, ma riconobbi vagamente Zeus con un’espressione arrabbiata.
“Cosa sei venuto a fare?” disse Zeus.
“Oh, ti sei arrabbiato. Che meravigliosa espressione la tua. Adesso che mi ricordo sono venuto a riprendermi Eracle e per ricordarti di venire da me appena avrai deciso che donna accetti di sacrificare.” Disse Ade.
“Eracle, tu sei sempre stato dalla sua parte?” Disse Zeto.
 Io riuscii un pochino a rialzarmi. Vidi Eracle immobile e con uno sguardo scioccato che guardava me.
“Io… io…” disse Eracle.
“Io… riesco a resistere… a così tanto dolore…” dissi io mentre cercavo di rialzarmi. Tremavo e stavo male, ma cercavo di rialzarmi.
“Uh? Non ne hai avuto ancora abbastanza? (lui sorrise) vedo che sei ben resistente. Beh, ecco a te un altro po’ di dolore, poi vediamo se riesci a resistere ancora.” Disse Ade. Lui alzò un dito della mano destra verso di me e io sentii ancora più dolore.
‘Diamine, non ce la faccio più. Fa troppo male.’ Pensai io.
“Bene, tu per un po’ sei a posto. Ora, vieni Eracle, torniamo a casa.” disse Ade.
“Io…” disse Eracle.
“Che c’è? Adesso non vuoi tornare?”
“Mi dispiace ragazze ma vado con lui. Comunque, se volete inchinarvi a me, sentitevi libere di farlo in qualsiasi momento. Anzi no, aspetta, questo non mi dispiace affatto. D’altronde mi è piaciuto tanto giocare con i vostri sentimenti e le vostre idee su di me. Bene, ora vado. Ci vedremo presto.” Disse Eracle con in sorriso in faccia. Poi lui andò a fianco ad Ade.
“Zeus, ti aspetto con la figlia da sacrificare. Ebe, scommetto che tu sia preoccupata per Pan. Tranquilla, sta bene. Presto si sposa con Macaria e anche a lui ho inflitto il tuo stesso dolore.” Disse Ade.
“Cosa… cosa vuoi dire?” chiesi io.
“Vieni a scoprirlo tu stessa.” Disse lui. poi entrambi svanirono in una nuvola nera, così come Ade era arrivato.
Quando se ne andarono io iniziai a sentirmi meglio. Così mi rialzai.
“Ebe, come stai?” chiese Atena.
“Sto meglio.” Dissi io.
“Tch. Io ho fatto bene a non fidarmi di lui. Non mi è mai sembrato una persona normale come noi.” Disse Eaco.
“Lui c’ha ragione. Non ci dovevamo fidare di lui fin dall’inizio.” Disse Afrodite.
Ci fu un attimo di silenzio.
“E adesso come facciamo? Ade verrà a saperlo da Eracle che la persona che vuole sacrificarsi sarai tu e non Atena.” Disse Afrodite.
“Mmh… dovremo lo stesso attuare la cosa. Atena, dovremo usare un po’ del tuo potere tenuto segreto fino ad ora ad altri.” Disse Zeus.
“Va bene.” Disse Atena.
“Eh? E quale sarebbe?” chiesi io.
“Vedi, lei ha il potere di fare in modo che chi vuole assuma le sembianze di altri all’esterno.” Disse Zeus.
“Oh… Beh, ora sarà meglio che torno in camera.” dissi io.
“Aspetta vengo con te.” Disse Zeus.
“Eh? Perché”
“Vorrei vedere se davvero ti è stata inflitta la maledizione.” Disse lui.
Appena arrivammo in camera Zeus mi chiese di mettermi davanti a uno specchio grande. Io non mi vedevo, ero di profilo.
“Ah, esattamente come pensavo.”
“Cosa?”
“Guardati.” Disse lui. Mi girai e quello che vidi era il mio riflesso con una metà del corpo segnata da strane cose simili a scaglie di colore nero.
‘Scaglie nere?’ pensai io.
“Che – che cosa sono?”
“Sono i segni che sono stati creati dalla maledizione. Più quella viene attivata, più queste scaglie si propagano nel corpo. Non esistono altri specchi capaci di mostrarlo se non questo e uno simile che ha Ade.”
“No…”
“Mi dispiace davvero tanto. Deve essere stato difficile quando mio fratello ti ha detto che anche Pan sta avendo il tuo stesso dolore.”
“A-ancora non ci credo…”
“Comunque, ora è il momento che io torni indietro. Mi ha fatto piacere conoscerti, parlare con te e chiarire alcune tue domande. Appena sei pronta per partire, fammelo sapere.”
“Ah! Si, grazie.” Dissi io. Poi lui se ne andò.

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Capitolo 36
*** Capitolo trentacinque: Ebe all'INFERNO ***


Ero in piedi a fianco al letto che guardavo il telefono. Sul letto avevo messo uno zaino.
‘Bene, sono quasi pronta per partire.’ pensai io.
“Ancora poco e potrò rincontrarti, mio Pan. Ho tante cose da raccontarti.” Dissi io.
“Che stai facendo?” chiese Atena.
“Eh? Ah, mi sto preparando per partire.”
“partire… EH? E per dove?”
“Per l’INFERNO. Mi dispiace ma non posso più aspettare. Ho molta voglia di rincontrare Pan. Voglio raccontargli tutto ciò che mi è successo mentre sono stata qui.” Dissi io.
“Capisco, ma… non è un po’ troppo presto?”
“Spero di no. Per favore, vai a chiamare Zeus.”
“Va bene” disse lei, poi io mi girai e lei se ne andò. Io guardai un borsa quando sentii una voce.
“Ebe, deve esserci un modo per non farti partire. Non devi per forza andare, resta ancora un po’ qui. È troppo presto. Non voglio lasciarti andare non voglio che ti succeda nulla di male. E poi…” disse Zeto.
“Zeto tranquillo, non mi succederà nulla. Te lo prometto. Comunque mi dispiace non averti detto prima della maledizione ma avevo paura di spaventarti.” Dissi io.
“Non è questo il problema! Il problema e che tu vuoi andare là subito. Ma ci tieni così tanto a lui?” mi chiese.
“Beh sai, da quando sono qui ho capito che mi sono innamorata di lui e che non ne posso più vivere senza. Poi lui mi manca. Così vorrei vederlo e raccontargli tutto.” Dissi io.
“Capisco, ma prometti che quando tornerete lo farai conoscere a tutti.”
“Ci proverò.” Dissi io con un sorriso.
“Io non voglio che tu vada.” Disse Eaco.
“Mi dispiace tanto ma non posso evitarlo. Adesso lui ha bisogno di me e devo andare ad aiutarlo. Comunque, voglio proteggere la mia vera famiglia, quella da cui sono nata.” Dissi io.
“Tch, non vedo l’ora di dare un bel pugno in faccia ad Ade.” Disse Eaco.
“strano detto da te, ma stai tranquillo.” dissi io.
In quel momento Atena, Zeus ed Era.
“Eccoci qua siamo pronti. Ma… cos’è quella cosa sul letto?” disse Zeus.
“è una borsa. Ci ho messo dentro tutto quello che voglio portare con me e far vedere a Pan.”
“Non hai bisogno di niente. Devi lasciarla qui, mi dispiace.” Disse Zeus.
“Sì, ma… Afrodite?” dissi io.
“Non ha il coraggio di venire. Non vuole lasciarti andare ma si sente triste e si è chiusa in camera contro la porta così che nessuno entri.” Disse Era.
“bene Atena. Ora applica il tuo potere su di lei.” disse Zeus
“Sì.” Disse lei. poi tracciò una linea verticale con la mano e poi dice:
“Ecco fatto. Ora sembri esattamente come me.”
“Woah!!! Fortissimo!! Adesso sembri davvero lei.” disse Zeto.
“si, sembra  me. eccetto per la forma fisica.” Disse Atena.
“Grazie Atena.” Dissi io.
“Ebe, ti ricordo che devi comportarti il più possibile simile ad Atena. Altrimenti Ade ti scoprirà. Ora mettiti questo mantello bianco e cerca di non mostrare la faccia.” Disse Zeus.
“Bene, fatto.” Dissi io.
“E se Ade attiva la maledizione? La scoprirà ancora prima! Ma questo NON deve accadere. Sennò è la fine!!” disse Zeto.
“Zeto, te l’ho detto, stai tranquillo. Non mi succederà nulla.” Dissi io.
“C’è una cosa che non ti ho detto riguardo ad Ade. Il suo cuore e quello di Macaria. Se li uccidi insieme sarà tutto finito, se ne uccidi uno solo il suo cuore si rigenererà e non ci sarà molto che riusciremo a fare. Devi anche sapere che Ade ha cresciuto Macaria di nascosto e vuole considerare lei come sua figlia.” Disse Zeus.
“Oh…”
“Bene, è ora di andare.”
“sì. Beh, ragazzi, ci vediamo durante la battaglia.” Dissi io.
“Stai attenta.” Disse Zeto.
Zeus aprì un varco ed arrivammo di fronte ad un castello gigantesco. Sembrava composto da tanti piccoli coni capovolti e appuntiti con al centro una grande torre.
“Quello deve essere il luogo in cui ci sta aspettando. È un po’ tetro. Forza e coraggio. Pan sto arrivando da te.” Pensai.
“In questo posto non possiamo usare le ali. Vieni, andiamo dentro. Non passeremo per l’entrata principale.” Disse Zeus.
“Perché?” chiesi io.
“Sarebbe troppo facile entrare in una delle trappole del luogo.” Disse Zeus.
“E come entriamo?”
“Chiudi gli occhi.” Disse lui e io lo feci.
“Ora aprili.” Disse lui. Vi era un corridoio scuro illuminato da torce con il fuoco.
“come facciamo a trovare Ade?” chiesi.
“Ci ha già trovati lui. Lo percepisco. Tieni il volto coperto. Mi sta dicendo di andare in una stanza grande. Ci aspetta là.” Disse Zeus.
“Sì.” dissi io. spostai in avanti il cappuccio. Non vedevo niente ma sentivo e riconoscevo un po’ le voci.
“Oh, siete arrivati finalmente. Non vedevo l’ora. Dimmi, chi mi hai portato questa volta?” chiese Ade.
“Prima di dirtelo non ne potemmo parlare da persone gentili?” chiese Zeus.
“NO!! Ne ho avuto già abbastanza di tempo e di discorsi fatti con te! Mi stai stancando.”
“Non ti fai scrupoli ad usare e manipolare ciò che è di altri.” Disse Era.
“Ora capisco da chi ha preso Macaria…” Disse Zeus.
“Esatto. Che gioia vedervi soffrire. Mi diverto molto sai? Bene, ora dimmi, chi posso sacrificare con grande felicità?”
“Lei è Atena.” Disse Zeus.
“Fammi vedere.” disse Ade. Mi spostò indietro il cappuccio e io tenni gli occhi chiusi. Lui mise la sua mano sotto il mio mento. Almeno così credetti.
“Mmh. Devo dire che questa sembra essere la più debole delle tue figlie. Di certo saprà farmi divertire. Dimmi, hai davvero intenzione di sacrificarti di tua volontà?” disse lui.
“C-Certo.” Dissi io aprendo un po’ uno degli occhi. Lui era avvolto dal suo mantello e aveva il cappuccio che gli copriva ina parte della faccia.
“Bene. Ora posso divertirmi. Per prima cosa…” disse lui.
“Ade per favore calmati. Non c’è bisogno di esser così. In cambio tu ci devi dare qualcosa.” Disse Zeus.
“Qualcosa? Ha ha ha ha ha ha!!!! NON VI DARO’ NIENTE! NULLA! ” disse Ade. Poi tolse la sua mano.
“Ma questo non è giusto! Noi stiamo sacrificando una delle nostre figlie per tua richiesta. Non mi sembra giusto.” Disse Era.
“NO! NON VI DARO’ NIENTE! NIENTE CHIARO?” Disse lui alzando il tono della voce.
A quel punto la porta dietro di noi si aprì ed entrò Pan.
“Padre, ma che succede?” chiese lui.
“Oh, guarda chi è arrivato. Quello stupido di un figlio che mi sono preso millenni fa.” Disse Ade.
“Ehi, stupido a chi! E poi, chi sono loro?”
Una cosa che notai era un angolo della stanza non illuminata.
“Se posso chiederti, che cosa c’è là?” chiesi io indicando la zona oscura.
“Oh, ecco. Giusto! Ecco a voi cosa vi rendo. Ormai non mi serve più.” Disse Ade.
A quel punto dall’angolo oscuro vidi piegata a una parte e distesa a terra una ragazza.
“Persefone!” disse Era con le mani davanti alla bocca.
“Avete chiesto qualcosa ed ecco a voi la mia risposta.” Continuò lui.
 “Ma come, tu non sei mio padre?”
“Moccioso, io non sono tuo padre. Te l’ho già detto. Lui è il tuo vero padre. Non lo sapevi? Certo che sei stupido a non averlo capito!”
‘Mi fa arrabbiare. Non dovrei dire niente ma non ce la faccio più. Così però mi scoprirà. Scomparirà l’effetto che mi ha fatto Atena e capirà subito che in realtà sono io, Ebe. Non posso lasciare le cose come sono.’ Pensai io con li sguardo verso il basso.
“Mi dispiace Zeus.” Dissi io.
“Eh?” mi disse Zeus.
“Ade, non ti permettere di trattare così Pan.” Dissi io.
“Uh? Che gli prende a questa adesso?” disse Ade.
“Eh? Come fai a sapere il mio nome? E chi sei?” disse Pan.
“Non osare trattare così le persone. Soprattutto Pan. Non trattare così l’unica persona che io amo.” Dissi io.
Il potere di Atena aveva smesso di fare effetto. Io alzai la testa e mostrai a tutti chi ero veramente.
“Oh! Guarda chi c’è. Che meraviglia, mi stai offrendo l’apice delle tue figlie deboli. La più inutile.” Disse Ade.
Io ero arrabbiata. Molto arrabbiata.
“Sì, la più inutile. Colei che non riesce nemmeno a difendere se stessa. Come pensi di potermi sconfiggere? (ci fu un attimo di silenzio) Ebe, giusto? Ti ricordi la madre che ti ha cresciuta sulla Terra? Ora è in ospedale. Beh, guarda qua.” disse Ade.
In una delle due mani aveva un cuore.
“Vedi, mi basterebbe un attimo e tua madre non si sveglierebbe mai più.”
“Mamma!” dissi io.
“Se non vuoi che succeda fatti imprigionare fino al giorno della battaglia tra noi due fratelli. Chi vince si aggiudica l’intero dominio della Terra e la sorte di tua madre. Bene, Zeus ed Era andate via, terrò io Pan e questa stupida fino alla giorno della Guerra. Voglio divertirmi un po’ con lei.” Disse Ade.
Così io andai a finirei in una cella illuminata solo da due torce accese. La porta era formata da sbarre.
‘Ah… allora è qui che sono destinata a restare. Il posto certo non mi piace.’ Pensai.
“Mi dispiace Zeus. Non ti ho dato ascolto.” Dissi io.
Mi misi io una zona illuminata, mi sedetti per terra avvicinai le gambe al corpo.

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Capitolo 37
*** Capitolo trentasei: Nella Cella ***


Ho fame. Ho sete. Ma soprattutto ho freddo.
Sono in un angolo della cella da sola.
‘Ho tanto freddo. Se solo ci fosse qualcuno…’ pensai.
‘Oh… è stata illuminata la stanza.’ Pensai io guardando in alto.
“Apri la porta per favore.” Disse qualcuno.
“Non posso farlo se non vi identificate.” Disse un uomo.
“Sono Pan. Mi è stato chiesto di andare dalla ragazza e convincerla a collaborare.” Disse il primo.
‘Pan? Che cosa…’ pensai.
Si aprì la porta ed entrò un uomo. Poi la porta si chiuse.
“Pan, sei tu?” dissi io.
“Sì, sono io. Ebe? Ehi, ma cosa ti è saltato in mente!” disse lui avvicinandosi.
“Ah, per fortuna stai bene. Ero così preoccupata.” Dissi io e lui di sedette davanti a me.
“Beh, ora sto bene, ma ho passato dei momenti brutti.” Disse lui.
“Momenti butti? Non dirmi che…” dissi io.
“Tranquilla, ora sto bene. Diciamo che ho Macaria sempre appiccicata a me e non mi lascia mai. E poi c’è mio padre che non mi lascia andare se non sono sempre favorevole con le sue scelte.” Disse lui.
Ci fu un attimo di pausa.
“Ehi, Pan… per caso ti è stata inflitta la stessa maledizione che ho io?” chiesi.
“Beh, sì, ma questo cosa c’entra? E soprattutto, chi te lo ha detto?”
“Ade, quando è venuto da Zeus a ritrovare ciò che voleva. Io sono venuta a sacrificarmi al posto di Atena.”
“Atena? E chi sarebbe?”
“Una delle figlie di Zeus, nostra sorella. Una persona molto gentile.” Dissi io.
Io lo guardai. lui mi guardò. Poi lo baciai. Così, senza neanche pensarci.
“Hey, ma che ti succede? Che cosa…” disse lui. ma io lo ferma con un altro bacio.
“Hey, che ti prende?” mi disse di nuovo lui.
“Mi sei mancato. Sai, da quando ci siamo divisi ho coperto di essere innamorata di te.”
“Ooooooooh…” disse lui facendo un’espressione da ebete.
“Perché fai quella faccia? Lo sai che non mi piace.”
“Oh, niente.”
“Ho una domanda da farti. Com’è questa Macaria?”
“Diciamo che è parecchio fissata sulle sue idee. È bella ma per me non è nulla equiparato a te. Come carattere sembra la copia di mio padre.” disse lui.
“Oh…” dissi io.
“E poi… ci sarebbe un’altra cosa. Non so se dirtelo.”
“Cosa?”
“Ehm… Macaria… mi ha baciato una volta.”
“EEEEEEEEH?”
“Sì, ma solo una volta. Ero obbligato visto che davanti a me c’era mio padre. Ma poi non l’ho fatto più.”
“Capisco, così adesso ti piace lei.” dissi io guardando verso il basso.
“No no no! Io preferisco mille volte te rispetto a lei. ma non ha la minima idea di cosa significhi essere innamorati di qualcuno.”
“E la questione del matrimonio con lei? come farai? Secondo ciò che dicono Zeus e Ade, tu dovresti…”
“… sposare Macaria? Non voglio, assolutamente no! Devo inventarmi qualcosa, ma non so come fare. Tu che mi dici di Eracle?”
“Una persona con cui non voglio avere niente a che fare. Secondo Zeus devo sposarlo per garantire loro un erede. Ma io non voglio lui! Assolutamente no! Io preferisco te rispetto a lui. io amo solo te.” Dissi io. poi lui mi baciò.
“Cosa sei venuta a fare qui. Lo sai che è estremamente pericoloso!”
“Lo so ma non ce la facevo più ad aspettare. Avevo una gran voglia di vederti. Mi mancava la tua presenza, la tua voce. Ho anche voglia di raccontarti tutto ciò che mi è successo.”
“Capisco. Anche tu mi sei mancata tantissimo. Ti amo.”
“Ti amo anch’io.” dissi io. sentii una voce in lontananza.
“Sento qualcuno.”
“Ah. Sarà sicuramente Macaria. Te l’ho detto, lei non si allontana mai da me. Non ne posso più di lei.”
“oh, ecco dov’eri finito. Forza andiamo. Mi serve il tuo parere su una decina di cose per il matrimonio. E poi voglio farti vedere il vestito! Oh, giusto. Prima dobbiamo riprendere da dove ci siamo fermati la volta scorsa. Quindi andiamo in camera tua. Aspetta, ma che ci fai qui con la prigioniera?” disse una ragazza alta, bionda con un po’ più di seno di me.
“Sono venuto per cercare di convincerla a collaborare durante la Guerra.” Disse Pan.
“E ci sei riuscito? Sei riuscito a farla collaborare?” disse Lei.
“Non ancora. Credo che dovrò tornare qui per cercare di convincerla.”
“Oh, capisco. Bene, ora torniamo in camera tua. Forza, forza!” disse lei prendendogli la mano e tirandolo.
Io lo guardai e sorrisi. Lui uscì dalla stanza. Lei invece mi guardò con un’espressione seria.
“Non osare ad avvicinarti più al mio futuro marito. Lui non sarà mai tuo. Ora lui è e sarà mio.” Disse lei.
“Macaria smettila!” disse lui.
Lei si girò e se ne andò. Così rimasi di nuovo da sola.
‘Eccomi di nuovo sola. Se quella è Macaria allora non mi piace. Secondo io non devo più avvicinarmi a Pan. Ma io non lo farò.’ pensai io.
“Pan un giorno tornerà a stare con me. io non mi arrendo. Ti farò vedere io di cosa sono capace.” Dissi io con espressione arrabbiata.
‘Si è spenta la luce.’ Dissi io guardando in alto. Vidi che solo le due torce illuminavano due zone della stanza.
“Oh, ma c’he belle parole.” Disse qualcuno dietro di me. Girai la testa e vidi che era Eracle.
“Cosa vuoi? E cosa sei venuto a fare qui, Eracle?” dissi io.
“Ma che maniere! Beh, sono venuto a parlare con te. Sei felice di vedermi?”
“No, affatto. Di cosa hai bisogno?” chiesi io. lui si avvicinò e si sedette davanti ame senza chiedermelo.
“Beh, non sei molto gentile. Ad ogni modo, devo dirti due cose: la prima è che vorrei davvero sposarmi con te. Sei davvero una brava persona, quindi per favore togliti dalla mente Pan e viviamo insieme. Ti prometto che non ti farò mancare nulla.” Disse lui.
Mai! Non voglio, io amo solo Pan e nessun altro. A proposito, sei felice di vedere il tuo giocattolo rinchiuso qui?”
“Se devo essere sincero no. Infatti volevo scusarmi per il modo in cui ho parlato  la volta scorsa. Sono stato pessimo lo ammetto. Seconda cosa, voglio sapere se davvero c’è una maledizione su si te.”
“Sì. E con questo?”
“Potevi dirmelo prima! Lo sai che io mi preoccupo per te.”
“Certo, come no. Cos’è questa, un’altra delle tue finzioni sentimentali?”
“non sei affatto carina. Inizi a piacermi sempre meno.” Disse lui. iniziò ad avvicinarsi sempre di più a me. Capii che stava provando a baciarmi gli misi la mano davanti alla bocca e dissi:
“No, non provarci. Se non hai altro da dire te ne puoi andare.”
“Non me ne vado.” disse lui. Ci fu un attimo di silenzio.
“Hai intenzione di andare fino in fondo?” riprese.
“Cosa intendi? E a cosa ti riferisci?”
“A te e alla decisione di  sacrificarti. Hai davvero intenzione di continuare?”
“Certo! Voglio riprendermi Pan ma soprattutto la vita di mia madre, quella che mi ha cresciuto.” Dissi io.
“Davvero, mi dispiace per il comportamento della volta scorsa.”
“Non ti credo e non ti perdono.”
“C’è un qualche modo in cui ti posso aiutare?”
“Non lo so ancora. Di certo adesso non mi serve il tuo aiuto. Te ne puoi andare?”
“Va bene, va bene! Comunque ritornerò appena mi sarà possibile. Ora vado che devo parlare con mio padre.” Disse lui. Eracle se ne andò.
‘Sono senza forze eppure non ho fatto molto.’ Pensai.
Così mi distesi per terra e mi addormentai.

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Capitolo 38
*** Capitolo trentasette: un sogno sul passato parte 1 ***


Nel momento stesso in cui mi addormentai feci uno strano sogno. Se così lo si può definire.
Vedrò di spiegarmi meglio.
Mi trovavo davanti a una casa che mi era già familiare. All’esterno aveva un giardino molto bello e ben tenuto. Aveva persino una fontana con l’acqua che usciva.
La prima cosa che vidi era una persona dal volto un po’ squadrato e i capelli un po’ ricci e scuri. Lui stava camminando verso la fontana.
‘Quest’uomo ha qualcosa di familiare. Mi sembra di averlo già visto da qualche parte. Ma chi è?’ pensai io.
Poi tre bambini andavano correndo verso l’uomo. Secondo me avevano 6 o 8 anni. Un bambino teneva per mano un altro.
Solo in quel momento realizzai che quella era la casa che Zeus mi aveva fatto vedere. Quella era la casa andata in fiamme per colpa di Ade qualche millennio fa.
‘Ora la riconosco! Questa casa è dove loro sono cresciuti e dove io e Pan siamo nati.’ Pensai guardando la casa.
“Papà guarda cosa sono arrivate. Delle lettere per ognuna di noi. Tieni, questa è per te. Questa è per Efesto. Questa è per me e quest’altra …” disse uno dei tre bambini distribuendo le lettere che aveva in mano.
“Non dargliela! Ade non ha bisogno di quella!” disse l’uomo strappando di mano la lettera al bambino e guardando l’altro.
‘Aspetta, ma quello è Zeus? Se è davvero lui allora quel bambino, non dirmi che… è Ade! Ma loro sono giovani. Non me li immaginavo così. Ma quel terzo ragazzino? Efesto, giusto? Quel nome mi sembra già famigliare…’ Pensai io guardandoli uno per volta.
Ade, aveva lo sguardo rivolto verso il basso.
“Perché? La lettera però è indirizzata a lui.”
“Lo so. Ma non gli serve. Mettila via.” Disse l’uomo.
“Sì.” Disse Zeus.
“Vostra maestà Crono, sono arrivati dei documenti da firmare dall’Olimpo.” Disse un uomo magro che si trovava davanti alla porta di casa.
“Arrivo.” Disse l’uomo.
‘Così lui è Crono. Lui è il padre di questi due ragazzi. Uno di loro è mio padre. Ma questo significa che lui è mio nonno!’ pensai io. Ne rimasi un po’ sconvolta alla fine.
“Forza ragazzi, andate a giocare.” Disse Crono.
“Siiiiiiiii!!!!” dissero in coro.
“Assomiglia molto a Zeus da adulto. Ma loro non mi sentono…”dissi io.
I ragazzi corsero per il giardino mentre Crono andò dentro.
“Ehi, Ade, papà non vuole che te la do ma tieni. Questa è la lettera indirizzata a te.” Disse Zeus.
“Ah, grazie.” Disse Ade prendendo in mano la lettera.
“C’e anche una lettera per la mamma. Ma dov’è lei adesso?” Chiese Zeus.
“Non lo so.” Disse Ade.
“Non credo sia ancora tornata…” disse Efesto.
Poi i ragazzi si misero a giocare nell’acqua della fontana. Si gettavano gli spruzzi l’uno con l’altro. Ridevano tanto.
‘Ma Ade non ha il mantello con il cappuccio. Non pensavo lui potesse avere questo aspetto da giovane e questo colore di capelli. Nero scuro.’ Pensai.
Vidi che vi era una finestra  della casa che si affacciava proprio dove vi era la fontana in giardino. Guardai dalla finestra e vidi Crono in piedi nella stanza in cui si trovava. Non feci molta attenzione agli arredamenti della stanza.
Stava guardando proprio verso i ragazzi. Anche verso di me.
‘Efesto… Efesto… ora ricordo, lui è il padre di Eracle adesso.’ Pensai.
Io li guardai meglio.
Zeus aveva i capelli chiari e gli occhi chiari. Sembrava essere il più grande dei tre. Infatti era leggermente più alto, ma solo di pochi centimetri. Efesto aveva gli occhi chiari e i capelli un pochino scuri. Ade aveva i capelli scuri (più scuri di tutti) e gli occhi chiari.
Improvvisamente Crono aprì la finestra e chiamò Zeus. Lui si avvicinò correndo e io lo seguii in modo da poter sentire.
“Zeus vieni dentro.” Disse lui.
“Perché? Non mi va. Io voglio giocare ancora con loro.” Disse Zeus.
“Vieni dentro. Non discutere.”
“Ma…”
“Ade, Efesto, venite qui un attimo.” Disse lui dopo aver alzato la testa.
Entrambi arrivarono e si misero vicino a Zeus.
“Zeus, entra in casa e vieni qui. Efesto, tu vai in camera e resta lì per favore. Ade tu…” disse Crono.
“Ma perché? Non possiamo a giocare ancora?” Disse Efesto.
“No. E adesso eseguite i miei ordini senza discutere.” Disse Crono.
“Ma…” disse Zeus.
“Niente storie. Forza, muovetevi.”
“E io papà?” chiese Ade.
“Tu… non sei degno di una risposta. Ora muoviti e vai in camera tua anche tu.” disse Crono.
Ade ci rimase così male che lo guardò e si mise a piangere.
“Che hai da guardare? Non hai sentito il mio ordine? Muoviti ad andare.” Disse Crono.
Ade stava piangendo ma Crono aveva un’espressione seria.
Ade lo guadò ancora per un po’ e poi corse verso la porta di casa. Efesto lo seguì dicendo: “Ade! ehi Ade, aspetta.”
Zeus invece guardò suo padre. Anche lui lo guardò.
“Che c’è? Io non sono gentile come vostra madre. Io voglio che gli ordini che io faccio vengano eseguiti.”
“E’ vero, tu non sei la mamma.” Disse Zeus. Poi anche lui corse verso la porta di casa.
Crono chiuse la finestra.
“Bravo. Vieni qui che ti insegno alcune cose sul mio lavoro.” Disse Crono che lo aspettava.
Il tempo passò ma la porta ancora non si aprì. Zeus non sembrava arrivare.
Io entrai in casa passando per il muro. Intanto nessuno mi poteva vedere o sentire. Crono, che si trovava di fronte al tavolo, incrociò le braccia.
“Ma che diavolo starà facendo Zeus. Perché non arriva!” Disse lui. Improvvisamente si vede la porta aprirsi.
“Ah, eccolo.” Disse Zeus.
“Vostra Maestà,” disse l’uomo magro di prima. Poi continuò: “il dio Oceano ha bisogno di parlare con voi. Ha chiesto se potete chiamarlo appena siete libera.”
L’espressione di Crono era buffa. Sembrava che stesse pensando a qualcosa di simile a questo: ‘ma che… non è Zeus.’
“Ah… certo. Grazie.” Disse Crono. Poi l’uomo se ne andò chiudendo la porta. Subito dopo la porta venne aperta di nuovo. Questa volta è Zeus.
“Eccomi papà.” Disse Zeus.
“Ah, così sei arrivato. Sei in ritardo. Dove sei andato?” disse Crono.
“Ecco… a bere e …”
“Poco importa. Ora chiudi la porta e vieni qui.” Disse Crono. Zeus fece ciò che gli venne detto e poi si avvicinò al tavolo.
Guardai meglio l’arredamento della stanza. Era un studio. L’arredamento è composto da un tavolo e una sedia di fronte alla finestra.
‘Un tavolo in legno… carino.’ Pensai io guardando il tavolo.
Nella stanza vi era anche un mobile pieno di libri sulla parete vicino alla porta. vi era un altro mobile non del tutto pieno di libri anche nella parete a fianco. Infatti aveva degli spazi in qualche scaffale.
“Forza, siediti e ascolta. Devi capire e conoscere il mestiere di tuo padre.”
“Ma perché?”
“Stai fermo e ascolta. Ah, sta arrivando un uomo che ha bisogno di parlarmi. Tu sta zitto e ascolta.” Disse Crono.
Entrò un uomo nella stanza. È un uomo basso, ha gli occhi piccoli e scuri e ha i capelli solo ai fianchi della testa. Io mi misi poco distante dalla porta e non dissi niente. Ascoltai soltanto.
“Ben arrivato, signor Saito. Prego, si avvicini.” Disse Crono.
“Salve, vostra maestà. Sono venuto per mostrarle il lavoro che sto eseguendo per la sua nuova abitazione.” Disse l’uomo con il sorriso.
“Ah si, certo.” Disse Crono.
L’uomo aveva in mano un foglio grosso e arrotolato. Appena lui si avvicinò al tavolo, aprì il foglio ma non lo appoggiò. Da dove ero potevo vedere bene cosa c’era rappresentato.
‘il disegno rappresenta qualcosa di familiare… ma certo! È la facciata del castello in cui adesso vivono Zeus e gli altri. Ma aspetta, la sta facendo costruire?’ pensai.
Zeus si alzò dalla sedia in cui era seduto che si trovava vicino al tavolo. Pensavo fosse curioso. Crono non si accorse di nulla.
“Allora, come lei può notare, questa sarà la facciata principale. Abbiamo iniziato da poco e stiamo lavorando sul materiale in modo che sia resistente a molte più cose rispetto al normale. Come richiesto da lei.” disse il signore.
“Mi fa piacere. Ho fatto bene a fare affidamento su di lei.” Disse Crono.
Crono si accorse che dall’altra parte del signore vi era Zeus. La sua espressione da felice diventò seria. Andò in tutte le furie.
“Zeus cosa ci fai in piedi?”
“Sto guardando come lavori con il signore.”
“Chi ti ha detto che ti puoi alzare. Torna a sedere dove ti ho detto.” Disse Crono.
“No. Non voglio.” Disse Zeus.
“Mi scusi.” Disse Crono rivolgendosi all’uomo. Poi continuò guardando Zeus: “Cosa?”
“Ho detto no. Tutti i giorni mi fai venire qui a vedere il tuo lavoro. Sono stanco.”
“Non osare parlare così.” disse Crono. Poi sospirò e tornò a guardare Zeus continuando: “Che figlio. Forza, vai in camera tua e restaci per punizione. Scenderai solo se vorrai chiedermi scusa, chiaro?”
“Sì. Sempre meglio che stare fermi qui.” Disse Zeus. Lui si fermò alla porta e guardò suo padre.
“Mi dispiace per il disagio. Continui pure.”
“Allora, dicevo…” disse il signore. Zeus uscì dalla stanza e salì le scale che si trovavano di fronte alla porta. Io lo seguii.
Entrammo in camera e vidi Ade ed Efesto seduti sui letti uno di fronte all’altro.
“Allora, com’è andata?” chiese Efesto.
“Ah, niente. Mi ha fatto stare seduto tutto il tempo. non voleva che mi spostassi.” Disse Zeus avvicinandosi agli altri.
“Strano questo suo comportamento. Che cosa gli è preso? Non si è mai comportato così.” disse Efesto.
“In realtà è da qualche millennio che lo fa. Ma ultimamente è diventato più serio.” Disse Ade.
“Già…” disse Zeus.
Ci fu un po’ di silenzio. Poi Efesto si alza e si sposta verso la finestra.
“Beh, ad ogni modo io vado a fare un giro in città. Sono stanco  di stare qui.” Disse Efesto.
“Ma papà ha detto che non possiamo uscire!” disse Zeus.
“Possiamo uscire senza però farci scoprire.” Disse Efesto facendo l’occhiolino. Poi saltò dalla finestra e se ne andò.
“Ah, sempre il solito.” Disse Zeus con un sorriso. Poi lui si distese sul letto dove prima si trovava Efesto.
“Comunque papà sta lavorando troppo ultimamente.” Disse Zeus.
“Perché dici così?” chiese Ade.
“Da ciò che ho capito sta facendo una casa imponente, resistente ma non tecnologica. Ho sentito la mamma lamentarsi qualche secolo fa.” Disse Zeus.
“Zeus lo sai che non ci è permesso ascoltare le conversazioni! Lo ha ordinato papà.”
“Lo so, ma io sono riuscito a non farmi sentire.” Disse Zeus.
Poi entrambi si misero a ridere. Ci furono un paio di secondi di silenzio. Anche Ade si coricò sul letto in cui si trovava.
“Chissà quando tornerà la mamma…” disse Ade.
“anche io vorrei saperlo. Ehi, domani giochiamo con l’acqua della fontana come oggi? Mi sono divertito tantissimo.” Disse Zeus.
“Va bene. Ma chiamiamo anche Efesto?”
“Mmmh… okay.” disse Zeus. Zeus voltò lo sguardo verso la finestra e vide Efesto entrare nella stanza.
“Ehi Efesto, come mai sei tornato così presto?” chiese Zeus.
“Ci sono solo degli adulti in giro. Una vera noia. C’è anche un strano signore che stava andando via dalla porta poco fa. Chi era?” disse Efesto.
“L’uomo che ci sta costruendo la seconda casa. ne parlavo prima con Ade.”
Ade poi si mise alla porta e disse: “Ragazzi io ho sete. Se anche qualcun altro ha sete venga con me in cucina.”
“Vengo io disse Zeus.” Disse Zeus spostandosi.
“Io sono a posto ma vengo lo stesso con voi.” Disse Efesto.
Così uscirono dalla scala e fecero le scale. La cucina si trovava di fianco allo studio di Crono. Ma a poca distanza dallo studio, Zeus sentì delle voci e fermò gli altri stendendo le braccia.
“Che succede?” chiese Efesto.
Vidi che nello studio vi era Crono seduto sulla sedia e vi era un uomo magro. Era lo stesso uomo vestito di nero che all’inizio si trovava davanti alla porta.
“Sono stanco e affamato.” Disse Crono.
 “Vostra Maestà, volete che vi porti qualcosa da mangiare?” disse l’uomo magro.
“Sì grazie. Vorrei qualcosa di succulento.” Disse Crono.
“Come desiderate.” Disse l’uomo.
“Che facciamo?” Chiese Ade.
“Non lo so.” Disse Zeus.
L’uomo vidi che uscì dalla stanza per entrare nella cucina. Poco dopo uscì con un vassoio in mano e tornò nella stanza. Il cibo rimase coperto fino a che non arrivò vicino a Crono.
“Ecco a voi, Maestà.”
“Ah sì. Meno male che ho voi.” Gli rispose Crono.
Poi prese qualcosa e lo conficcò nel contenuto del vassoio. Non ne ero sicura ma nel piatto ci era della carne. Conficcò il cibo e se lo mise in bocca. La porta era spalancata e i ragazzi si misero a sbirciare.
“Delizioso. Ma questo non basta. Voglio qualcosa di più succulento. Aspetta.” Disse Crono.
“Che succede? Qualcosa vi turba?” disse l’uomo magro. Crono girò la sedia e vide i ragazzini davanti alla porta che guardavano. Subito dopo i tre si nascosero.
“Zeus, Ade, Efesto, fatevi vedere.” disse Crono. Loro si misero davanti alla porta, io invece mi trovai dentro lo studio di nuovo poco distante dalla porta. dietro di me vi era lo scaffale con i libri.
“Puoi lasciarci soli?” chiese Crono.
“Come desiderate.” Disse l’uomo. Poi se ne andò. Io ragazzi entrarono nella stanza e l’uomo se ne andò.
“E ora torniamo a noi. Che cosa ci fate qui?” disse Crono.
“Beh, ecco…” disse Ade.
“State zitti! Non voglio sentire nulla da voi. Vi avevo ordinato di stare in camera vostra e non ci siete sati. Meritate una bella punizione.”
“Ma… ” disse Zeus.
“HO DETTO STATE ZITTI!! Mi è venuta più fame di prima. Mmh… vediamo…” Disse Crono pensando. Poi riprese: “Ci sono! Per saziarmi bene mi mangerò due di voi tre.”
‘Mangiare? Ma cos’è, un carnivoro?  Non è possibile!’ pensai io. Avevo uno sguardo scioccato.
“Non è possibile…” disse Efesto. Crono riuscì a sentirlo.
“Bene. Visto che sei stato il primo a lamentarti inizierò con te. Forza, vieni Efesto.” Disse Crono avvicinandosi ai tre ragazzi. Aveva il corpo e la testa tesi in avanti.
Era circondato da un fumo nero. Lo stesso strano fumo nero che apparve ad Ade un po’ di tempo fa.
“No… no…” disse Efesto andando indietro. Crono vece andò piano piano verso Efesto che aveva un’espressione sconvolta.
Guardai meglio Crono e notai due cose.
‘A Crono è cambiata la forma della pupilla e il colore dell’iride. È un buono o un cattivo segno? E poi quel rosso negli occhi, è un buono o cattivo segno?’ pensai.
Infatti i suoi occhi sono cambiati. La pupilla cambiò e diventò più sottile e a forma ovale. L’iride diventò di colore rosso invece di nero.
“Credo che papà sia in preda all’ira. Che facciamo?” disse Ade a Zeus.
“Non lo so, ma almeno dobbiamo cercare di calmarlo.” Disse Zeus.
“La mamma una volta ha detto che la sua ira sta diventando più frequente ed era anche preoccupata. Provo a fare qualcosa io.” Disse Ade. poi fece un passo in avanti.
“Papà, ti prego, calmati. non puoi mangiarci.” Disse Ade. intanto Crono aveva fatto tre passi avanti da dove si trovava mentre Efesto solo due.
“Papà, fermati!” disse Efesto.
“Niente, non mi ascolta. Non c’è modo che possa farlo. Lui mi odia, ti ricordi?” disse Ade dopo aver fatto un passo indietro.
“Beh, voglio provarci io adesso.” disse Zeus, poi fece un passo avanti. Crono fece un passo avanti mentre Efesto un passo indietro.
“Papà fermati! Sei in preda all’ira! Ah, giusto, la mamma. Ade chiama…” disse Zeus, ma venne interrotto da Efesto.
“Papà basta, ti prego.” Disse Efesto. Lui si guardò intorno poi passò per la porta e andò in giardino.
“Certo, certo. Scappa pure quanto vuoi, ma intanto io ti prendo ovunque. Stai andando in giardino, eh? (aveva un’espressione sorridente) Beh, tanto meglio, così posso mostrare a voi tre la mia capacità di Titano e la mia gran fame.” Disse Crono.
Poco dopo Crono raggiunse Efesto. Mi spostai alla finestra così  riuscii a vederli meglio.

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Capitolo 39
*** Capitolo trentotto: un sogno sul passato parte 2 ***



Angolo autrice: Ciao a tutti! È da un po’ che non lascio un commento.
Beh, insomma, siamo quasi arrivati alla fine, all’apice di questa avventura. Presto ci sarà la Guerra della Ribellione. Lo scontro finale. Mi sto impegnando molto a mantenere attiva e aggiornata questa storia. Viglio Ringraziare tutti, in particolare ringrazio le mie amiche runamilu99 , Boodchocolate e leninablu.
Detto questo, vi lascio alla lettura della storia e… al prossimo capitolo!
Mi raccomando lasciatemi recensioni (sono sempre ben accette)!
Fine angolo autrice.


Poco dopo Crono raggiunse Efesto. Mi spostai alla finestra così riuscii a vederli meglio. Davanti a me vi era la finestra, a destra vidi  Efesto mentre dall’altra parte vi era Crono che si avvicinava. I due ragazzi guardavano dalla finestra con espressione scioccata.
‘Il mio sogno sta diventando un incubo?’ pensai.
Mentre lui si avvicinava alla fontana, poco per volta diventa sempre più grande. Sempre di più, sembrava diventare un gigante. Poi improvvisamente smise di crescere.
“Ecco, vedete figli miei, questa è la mia grandezza. E ora vi mangerò. Forza Efesto, vieni qui, fai il bravo figlio.” Disse Crono.
Efesto arretrò un po’ ma venne preso dalla mano grossa di Crono.
‘poverino, non ha scampo. Vorrei poter fare qualcosa…’ Pensai.
Efesto venne portato in aria, avvicinato alla bocca e poi venne inghiottito. Così, senza esprimere nulla, in un totale silenzio. Io non sapevo cosa fare, cosa pensare e come reagire. La stessa cosa gli altri due. Eravamo tutti e tre immobili, esterrefatti da ciò che era appena successo.
“Mmmh… delizioso. Bene, adesso il prossimo. Vediamo, adesso tocca… ad Ade. Sì, Ade va benissimo. Ma dov’è?” Chiese Crono guardandosi intorno.
Vidi lo sguardo di Crono verso la mia direzione. Non stava guardando me, bensì Ade e Zeus.
“Trovato! Certo che sei piccolo. Forza, vieni fuori, cosi riesco a prenderti e a vederti bene.” disse Crono.
“Non voglio!!”disse Ade.
“dicci prima cosa è successo alla mamma. Dov’è?” disse Zeus.
“Ah, giusto. Beh, vostra madre non tornerà mai a casa. Perché? Beh, è semplice. Me la sono mangiata. Proprio come ho fatto con Efesto.” Disse Crono finendo con un’espressione felice.
A quel punto sia io che i ragazzi rimanemmo completamente scioccati dalla sua affermazione. Non riuscivamo a credere a ciò che aveva detto.
“Non è possibile.” disse Ade.
“Eh? Avete detto qualcosa?” chiese Crono.
“Ho chiesto perché vuoi mangiare Ade? che ti ha fatto di male!” disse Zeus.
“Beh, come prima cosa lui  il figlio che detesto. Poi voglio lui perché ho fame e voglio di qualcosa di vivo e succulento. Lui è perfetto.” Disse Crono.
“ma…” disse Zeus.
“lascia stare. Va bene così.” Disse Ade.
“No che non va bene! Tu sei mio fratello! Non voglio che ti venga fatto qualcosa come questo! Dev’esserci un modo per evitarlo!” disse Zeus.
“Zeus ho detto che va bene così.” Disse Ade mettendo una mano su una spalla di Zeus. Poi continuò: “Lascia perdere. È destino. Non possiamo farci niente.”
Zeus arretrò solo di un paio di passi.
“Aspetta. Ade tu resta qui e aspettami. Io tornerò appena possibile.” Disse Zeus poi corse verso la porta e uscì di casa andando in strada. Ade lo segui con lo sguardo. Rimase solo lui nella strada in quel momento.
“Ehi Ade!! dove sei! Vieni fuori!” disse Crono. Ade guardò Crono ma non parlò e non si spostò. Neanche di un centimetro.
“Ohi! Ade! dove ti sei cacciato! Vieni fuori, forza!” Disse ancora Crono.
Niente. Neanche adesso lui si spostò. Zeus non sembrava arrivare.
“Che cosa sarà successo a Zeus? Perché non torna?” disse Ade. Crono non sentì, il che questo era un vantaggio.
“Ehi Ade!! allora, dove sei finito! Forza, vieni fuori! Mi stai facendo perdere la pazienza. Se non esci subito distruggo la casa con un solo pugno e poi ti vengo a cercare. Forza, esci!!” disse Crono con espressione arrabbiata. Ade non rispose ma guardò la porta con la speranza di vedere Zeus. Ma lui non arrivava.
“Zeus, dove sei finito... spero tu stia bene…” disse lui. poi Guardò Crono e disse: “mi spiace fratello, no posso più aspettare. Devo andare da lui.” disse Ade poi saltò dalla finestra e atterrò sul giardino. Io andai subito alla finestra per vedere cosa sarebbe successo.
“Eccoti finalmente. Perché ti ho dovuto chiamare tre volte? Ah, non voglio neanche sentire la tua risposta. Tch, sei sempre quello che mi fa perdere la pazienza.” Disse Crono. Ade aveva lo sguardo puntato a terra.
“Beh, fa lo stesso. Forza, avvicinati.” Continuò Crono. Ade si avvicinò a lui camminando fino ad arrivargli al ginocchio.
Il gigante Crono si sedette per terra ma spaccò la fontana. La prese con la mano e la lanciò lontana. Dopo averla lanciata disse: “Dannata fontana. Sempre d’intralcio.” Ade arrivò al ginocchio di Crono.
“Bravo bambino. Adesso in silenzio lasciati divorare.” Disse Crono. Ade in quel momento stava guardando in basso con gli occhi ma su di lui vidi uno sguardo scioccato. Vidi Crono che lentamente allungò il braccio verso Ade e aveva un sorriso in faccia. quest’ultimo alzò la testa guardando la mano avvicinarsi.
“Addio fratelli.” Disse Ade poi chiuse gli occhi e venne preso dalla mano di Crono.
Nono poteva fare nulla. Non poteva muoversi perché era bloccato e non poteva parlare perché Crono si sarebbe arrabbiato. L’unica cosa possibile era l’arrivo di Zeus che ancora non sembrava arrivare.
Ade aveva ormai raggiunto la bocca di Crono e in un istante venne divorato.
“Mmmh, delizioso anche lui!! bene, per ora mi sento pieno. La volta prossima mi mangerò Zeus. Adesso però sono stanco.” disse Crono. Vidi lui girarsi da una parte, coricarsi per terra sul giardino e addormentarsi.
Era talmente grande che occupò quasi tutta la parte di giardino in cui si trovava. Mentre lui dormiva le sue dimensioni tornarono quelle di una persona normale. Crono stava dormendo e aveva il sonno pesante. Infatti non si accorse che poco dopo arrivò Zeus.
Arrivò correndo. Con sé aveva un piccolo carretto con le ruote. Dentro  vi erano un insieme di sassi di dimensioni medio-grandi. Erano attaccati tra loro e avevano circa l’altezza di Ade.
“Ade sono tornato! Scusa se ci ho messo tanto. Guarda, con questi possiamo facilmente ingannare papà. Me lo aveva detto la mamma e mi ha detto che non sa se potrebbe funzionare. Eh, ma dove sei?” disse Zeus guardandosi intorno. Il suo sguardo si fermò su Crono.
“Ade… non è possibile. Ade è … stato mangiato… da papà. ” disse Zeus. La sua espressione cambiò da sconvolto ad arrabbiato. Poi continuò: “Stupido Ade. Non hai aspettato il mio ritorno. Papà come ti sei permesso si mangiarlo.”
‘Zeus, non fare qualcosa avventato. Calmati.’ pensai io.
Dentro il carretto che si era portato vidi che vi era un piccolo coltello. Xeus in quel momento aveva lo sguardo rivolto verso il basso e le mani strette a pugno. Rimase così un paio di secondi poi prese il piccolo coltello e si avvicinò a Crono.
“Papà, tu hai mangiato mio fratello Efesto. Tu hai mangiato mio fratello Ade. ti sei comportato in modo serio con me e hai odiato Ade. Ma noi non ti abbiamo fatto nulla.” Disse Zeus. Impugnò il coltello con entrambe le mani.
“RIDAMMI I MIEI FRATELLI!!!!” urlò Zeus infilando il coltello nel corpo di Crono e poi lo spostò.
Gli fece un taglio grosso. Uscì molto sangue, ma soprattutto vennero liberati Ade ed Efesto. Io rimasi immobile scioccato da ciò che aveva fatto. Ade ed Efesto erano coricati per terra. Pochi secondi dopo si svegliarono.
“Sono vivo… ma cosa è successo?” chiese Ade.
“È una lunga storia. Meglio però che non vi voltate.” disse Zeus.
“Perché?” disse Efesto girando la testa e vedendo cosa era successo a Crono.
“Ma adesso che cosa facciamo?” chiese Ade. vidi che Efesto aveva lo sguardo fisso a terra raddrizzando la testa. Era completamente sconvolto.
“io… non lo so. Però di certo voglio andarmene da qui.” Disse Zeus.
“Sì giusto. Me ne vado anch’io.” disse Efesto.
“Eh? Ma abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Io ho bisogno di voi. Non possiamo dividerci. Non adesso. Quindi… restiamo insieme.” Disse Ade.
“Io per adesso non ho bisogno di aiuto. E poi voglio andarmene prima che arrivi qualcuno.” Disse Zeus.
“Ma…” disse Ade.
“Zeus ha ragione. Anche io voglio andarmene. ” Disse Efesto.
“Ma…” disse Ade.
Poi Zeus si allontanò e andò verso l’entrata della casa dicendo: “io me ne vado.”. Efesto lo seguì poco dopo.
Improvvisamente non vidi più nulla. Diventò tutto nero con una scritta bianca. Essa diceva:
“QUALCHE MILLENNIO DOPO L’ACCADUTO. IL MOMENTO DEL TESTAMENTO…”
Subito dopo tornai a vedere qualcosa. Mi trovavo nello studio della casa. nella stanza, oltre a me, vi era Ade, Zeus, Efesto, il signor Saito, il signore vestito di nero e un uomo pelato con una barba bianca. i tre fratelli sembravano avere 11-12 anni ed erano insieme a parlare.
“Alla fine lo hanno trovato.” Disse Zeus.
“Che cosa?” chiese Efesto.
“Il corpo di nostro padre.” Disse Zeus.
“Già…” disse Ade guardando in basso.
“Io sono tanto curioso di sapere che cosa ha lasciato ad ognuno di noi. Papà ha lasciato un testamento, vero?” disse Efesto.
“Certo che non sei affatto cambiato. Certo che c’è, sennò non saremmo riuniti qui.” Disse Zeus.
Ci fu un attimo di silenzio tra i tre poi Zeus lo interruppe.
“Ragazzi, devo dirvi una cosa. Dopo la morte di papà mi sono messo con quindici ragazze ma mi sono sposato solo con 6 di loro. Adesso ne ho un’altra.” Disse Zeus.
“Eh??” disse Efesto.
“Zeus, non ti sembra di esagerare?” chiese Ade.
“Beh… in realtà…” disse Zeus ma venne interrotto dall’uomo con la barba bianca.
“Ehm… un attimo di attenzione per favore. Comunico ciò che c’è scritto nel testamento del signor Crono.” Disse l’uomo.
Quell’uomo si trovava dall’altra parte del tavolo rispetto a dov’eravamo noi.
“Ah, inizia finalmente.” Disse Zeus.
“Hm…” disse Ade.
“Beh, dopo un’attenta lettura sono arrivato a questa conclusione. Al signor Saito chiedo di finire il castello sotto indicazioni e ordini di Zeus. Poi i tre fratelli. A Efesto lascio il controllo di tutto ciò che deriva dal fuoco e del suo utilizzo. Un giorno gli sarà utile. A Zeus lascio tutto il mio patrimonio, compresa questa casa, la costruzione del castello e il controllo del PARADISO. Ad Ade invece affido solo il controllo dell’INFERNO. Non gli lascio nient’altro visto che è il figlio meno desiderato e meno affidabile. Come ultima cosa chiedo a Zeus di pagare maggiordomo (uomo magro vestito di nero). Con questo ho concluso.” Disse l’uomo.
‘Ora capisco chi è quell’uomo.’ Pensai io.
“No… non è possibile. papà non mi ha lasciato niente.” Disse Ade dopo essere arretrato un paio di passi rispetto agli altri due.
“Mi dispiace tanto Ade.” disse Zeus guardandolo.
“anche a me dispiace molto. Papà è stato un po’ ingiusto però…”
“Va bene. Intanto ero odiato da lui. a me no ha lasciato nulla mentre a voi ha lasciato qualcosa.” Disse Ade. Era diventato serio, anzi arrabbiato. Molto arrabbiato, sembrava desiderasse vendetta in quel momento. Poi alzò il braccio e puntò il dito verso gli altri due.
“Questa volta ve la farò pagare. (fece un’espressione sorridente) Ehi Zeus, mi rivolgo a te. Ascoltami bene. Tu e papà mi avete privato tutto. TUTTO! Per questo io un giorno tornerò e ti sfiderò. Preparati perché quando arriverà quel giorno non avrò alcuna pietà e tu non avrai alcuna possibilità di scappare. Mi hai capito bene?” Continuò Ade.
Mentre Ade parlava Efesto disse: “Ade, calmati. Non c’è bisogno di essere così.” Ma lui non venne ascoltato. Appena finì Ade se ne andò dalla stanza.
“Che cosa avrà intenzione di fare?” disse Zeus.
“Non lo so…” disse Efesto.
Poi non vidi più nulla. Di nuovo.
Diventò di nuovo tutto nero con una scritta bianca che diceva:
“VARI MILLENNI DOPO…”
Quando tornai a vedere guardai subito dov’ero. Mi trovavo dietro ad Ade. lui era cresciuto un po’. Sembrava una persona di 16 anni. Anche gli altri sembravano avere la stessa età. Vidi Zeus camminare verso di noi e si fermò proprio davanti.
“Ade ho una grande notizia da darti. Ho deciso di sposarmi con la mia ragazza. Abbiamo deciso di farlo a breve. Io e lei non riusciamo più ad aspettare. Noi abbiamo grandi progetti e poi…” disse Zeus.
“No… questo non è possibile. Ma… cosa significa questo? Perché?” disse Ade a tono molto basso che Zeus non riuscì a sentire. Io però ci riuscii.
“Eh? Ma Zeus, facendo così questa diventerebbe al tua trecento cinquantesima moglie e novecentesima ragazza con cui sta da quando è morto papà. Lo sa che questa cosa è completamente vietata.” Disse Ade. questa volta Zeus riuscì a sentire ciò che Ade aveva detto. Almeno così io pensavo.
“Lo so,  ma vedi, io non posso farne senza. L’ho chiesto anche a Efesto e lui mi ha detto che ci viene. E dai, per favore, vieni anche tu.” disse Zeus.
Ade sospirò e poi disse: “E va bene.”
“Ah! Che bello!! Grazie mille Ade. Vedrai che non ti pentirai di essere venuto.” Disse Zeus.
Poi lui se ne andò correndo e nello stesso momento vi era Efesto che stava venendo da noi correndo. Si fermò davanti a noi con un sorriso in faccia.
“Efesto, perché sei così felice?” chiese Ade.
“Ho una grande notizia da darti. Prova ad indovinare.” disse Efesto.
“Hm… ti diplomi?” disse Ade.
“Per quello manca poco. La cosa è diversa. Prova ad indovinare!” disse Efesto.
“Sei stato premiato in qualcosa? O hai trovato lavoro?” chiese Ade.
“No. di meglio. Ho deciso di sposarmi.” Disse Efesto.
Ade ne rimase completamente scioccato visto che non aprì bocca.
“Vedi, tempo fa ho conosciuto una ragazza, mi sono messo con lei e  adesso progettiamo in grande. Vogliamo sposarci presto. Tu verresti al nostro matrimonio? Zeus ha accettato subito.” Disse Efesto. Ade non disse nulla, rimase zitto.
“Beh, visto questo silenzio, io li considero un sì. Fantastico!!!! Allora conto sulla tua presenza.” Disse Efesto per poi andarsene.
Pochi istanti dopo tutto sparì e io mi risvegliai dal sonno che stavo facendo.

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Capitolo 40
*** Capitolo trentanove: Eracle, Pan e i miei fratelli ***


‘Che strano sogno che ho fatto. Ah giusto… sono ancora in prigione.’ Pensa io appena mi svegliai. Ero coricata per terra.
Avevo un leggero mal di testa ma mi sparì quasi subito. Appena sveglia mi alzai e misi le gambe vicino al corpo. Avevo freddo. Molto freddo.
“oh, si è accesa la luce.” Dissi io tra me e me. sentii una voce venire dall’esterno.
“Sono Eracle, voglio andare a parlare con la ragazza. Mi puoi aprire?”
“Eh? Ah… e-ehm… s-sì, subito.” Disse una voce maschile.
‘Eracle? Che cosa è venuto a fare adesso? E che vuole questa volta?’ pensai io nell’istante dopo aver alzato la testa. La porta si aprì ed entrò Eracle.
“Yoh!” disse lui.
“Ah, sei tu. che cosa vuoi?” dissi io.
“Come sei fredda. Come stai?”
“Non te lo dico. Che cosa sei venuto a fare qui?”
“A parlare con te. Non posso?” disse lui.
Me l’aspettavo. Mi aspettavo che fosse venuto per quel motivo, ma io non avevo voglia di parlare con lui. mentre io pensavo a questo, Eracle si sedette davanti a me.
“Sai, volevo dirti che non ho intenzione di stare dalla parte di Ade durante la Guerra.” Disse lui.
“Ma che dici. Tu hai il suo stesso comportamento. Perché non dovresti stare con lui?”
“Ma che cavolo stai dicendo! Che cosa…”
“Lo sai come lui vuole agire?”
“Come?” chiesi io.
“Vuole fare uno scontro  diretto con Zeus con un esercito. Nell’ipotesi l’intero esercito venisse ucciso utilizzerebbe noi per poter vincere e ottenere il controllo di entrambi i mondi. Nel caso in cui non riusciamo a distruggervi lui ha detti che vuole dimostrare la sua vera forma e risolverà da solo mettendosi contro tutti noi.” Disse lui.
“Cosa? E tu per caso hai visto…” dissi io ma venni interrotta di nuovo da lui.
“Com’è sotto il mantello che ha sempre indosso? No mai, ma penso che sia una persona normale con le ali nere.” Disse lui.
Poi si avvicinò a me e disse: “Piuttosto…”
“C-che c’è?” dissi io.
Lui si avvicinò a me sempre di più fino a che io dovetti spostare il mio corpo all’indietro. Arrivò proprio sopra di me.  poi mi si avvicinò all’orecchio e mi disse:
“Lascia stare Pan e mettiti con me. io sono un semidio ma posso esaudire ogni tuo desiderio.” .
Poi si alzò e continuò: “Posso anche trovare un modo in cui tu non sia costretta a sacrificarti.”
“Eh?” dissi io.
Lui tornò a sedersi come era prima. Anche io mi rialzai dalla posizione in cui mi trovavo. Ero un tantino scomoda, lo ammetto.
“Insomma, farti sostituire nel sacrificio da qualcun altro non sarebbe una pessima cosa. E poi Pan non fa neanche per te.” Disse lui.
“NO MAI. Non lo lascerò mai per te. Io lo amo e non voglio assolutamente rinunciare a lui.” dissi io con espressione seria.
Lui fece un’espressione seria dicendo: “Ah, e così? Allora non sai una cosa. Il tuo ragazzo ha baciato Macaria più di una volta. 5 volte per essere precisi.”
Io ne rimasi molto stupita ma comunque non credevo a una sola delle sue parole.
“Non ti credo affatto.” Dissi io.
“Allora prova a chiederglielo tu stessa.” Disse lui seguito da una decina di secondi di silenzio.
“Ad ogni modo sono venuto qui anche per parlare di un’altra cosa.”
“E quale sarebbe?” chiesi io.
“Hai davvero intenzione di continuare a restare qui?”
“Perché me lo chiedi.” Dissi io.
In quell’istante non capii il motivo per cui mi fece quella domanda. Ma quello che mi disse poco dopo mi scioccò un po’.
“Ho pensato a ciò che stai facendo. Per me sei un po’ stupida. Hai idea a cosa stai andando incontro?”
“io non sono stupida. E poi sono completamente consapevole di ciò che faccio e ho intenzione di fare.”
‘prima parla della mia famiglia e poi parla di me. ma quali sono le sue intenzioni?’ pensai io.
“Eh? Ma cosa stai…” dissi io appena finii di pensare quelle cose, ma venni interrotta dalla sua affermazione.
“Ecco, lo sapevo. Per questo ti ho detto che sei stupida.”
“Cosa vuole farmi Ade. Parla se lo sai!” dissi io.
“ma che maniere! Ade vuole usarti nel momento finale dello scontro subito dopo essersi mostrato. Non ho idea di cosa farà di preciso però sono sicura che non sarà qualcosa di piacevole. In questo luogo girano moltissime voci. Alcuni dicono che ti mangerà nel momento finale davanti ai tuoi genitori. Altri dicono che ti farà sentire sempre più dolore fino a che tu non morirai. Altri ancora dicono che il dolore che fini ad ora hai provatolo farà provare anche ai cittadini di Lato sotto i tuoi occhi per poi espanderlo poco a poco a tutto il mondo intero.”
“no…” dissi io. mi sentivo molto spaventata in quel momento perché non volevo che niente di ciò che ha detto accadesse. Soprattutto alla mia città natale.
“Crudele, vero? Questo non è niente rispetto a ciò che è in grado di fare in momenti di ira.” Disse lui mantenendo un sorriso in faccia.
Ci fu un po’ di silenzio. Durante quel silenzio lui mi guardò negli occhi ma spostò subito lo sguardo. Guardò di nuovo me e poi tornò a guardare in basso. Subito dopo fece di nuovo questa cosa.
“Ah, cavolo! Non ce la faccio più!” disse lui.
Si spostò di nuovo verso di me e intanto disse: “Ebe, permettimi di…”
A quel punto mi trovai con la schiena appoggiata a terra e lui sopra di me. si avvicinò sempre di più con il corpo al punto che mi chiedevo che cosa diavolo gli era saltato in mente di fare. Mi trovai il suo volto sempre più vicino a me quando improvvisamente sentii una voce e il lui bloccò.
Vidi Pan fermo vicino alla porta e con espressione felice.
“”Ebe, sono tornato. Non sai quanto mi sei mancato. Ho voglia di stare un po’ con te. Che cosa…” disse lui.
Si fermo a metà domanda alla visione di Eracle sopra di me ed io in quella posizione. Lui ne rimase colpito.
“Pan…” dissi io con le lacrime agli occhi. Ero felice di vederlo.
Eracle si alzò dalla posizione in cui era e lo feci anche io. Lui corse e si mise davanti a me.
“Ohi Eracle, lascia stare la mia ragazza. Che cosa avevi intenzione di farle! Ebe come ti senti?” disse lui.
Avevo paura. Un po’ per quello che ha detto e un po’ per ciò che aveva fatto, Eracle mi aveva spaventato.
“Oh, sei arrivato al momento giusto. Stavo giusto cercando di convincerla a mollarti e mettersi con me. Ma lei ha rifiutato.” Disse Eracle.
“E perché mai dovrebbe farlo?” disse Pan.
“Perché io posso soddisfarla molto più di quanto tu riusciresti a fare. A proposito, perché non gli dici quante volte tu e Macaria vi siete baciati. Tranquillo, ci ho pensato io a dargli un piccolo suggerimento.” Disse Eracle.
“Non hai il diritto di immischiarti negli affari degli altri. Pensa a te stesso, semidio.” Disse Pan.
Eracle se la prese un po’. Infatti fece: “Tch.” per poi alzarsi e girarsi.
“Ad ogni modo, io me ne vado. questo discorso mi ha già stancato. Pan ti avviso che un giorno lei diventerà la mia ragazza. E molto probabilmente anche mia moglie. Ci vediamo presto Ebe.” Continuò Eracle seguito da una camminata verso la porta.
“Ebe, come stai? Va tutto bene?” mi chiese lui.
“Io sto bene, ma Eracle mi ha spaventato con i suoi discorsi. Mi ha detto cose orribili.” Dissi io guardando in basso.
“Che cosa ti ha detto? Dimmelo se ti va.”
“Beh, mi ha parlato di come vuole agire Ade e mi ha detto che se fossi diventata la sua ragazza avrebbe facilmente trovato un modo per farmi sostituire nella Guerra. Mi ha anche detto che tu hai baciato Macaria 5 volte. È vero?”
“dannazione a quel semidio. Non si fa mai gli affari suoi.”
“Pan, è vero?”
“Beh, è vero che chi siamo baciati 5 o 6 volte. Ma è sempre stata lei a prendere l’iniziativa anche quando io non volevo! Davvero!”
‘allora non è stato una volta sola…’ pensai.
“Va bene. Io ti credo.” Dissi io.
Improvvisamente lui avvicinò la mia testa al suo petto mettendo una mano sulla schiena e l’altra sui miei capelli.
“Ehi, tutto questo è già passato. Tranquilla.” Disse lui.
Pochi istanti dopo mi staccai da lui, alzai la testa e lo guardai dritto negli occhi e ponendogli una domanda.
“Ehi Pan, se mi dovesse succedere qualcosa, tu cosa faresti?”
“Eh? Ma che domanda mi fai, ti starei accanto e ti aiuterei in qualunque modo io posso. Ma perché fai questa domanda?”
“Dopo ciò che ha detto Eracle ho un po’ paura a cosa può succedere.”
“Ebe, te l’ho detto. Finché ci sono qua io non ti potrà succedere nulla di male. Ci sono io che ti sto vicino. Va bene?” mi disse lui.
“Mh.” Dissi io sorridendo e tornai con la testa appoggiata al suo petto.
In quel momento tutte le mie paure svanirono. Mi sentivo benissimo tutte le volte che lui era accanto a me. rimanemmo così per poco. Poi ci staccammo e ci guardammo. Io guardai lui e lui guardò me. Avvicinammo poco per volta i nostri volti fino al punto di baciarci.
Ci baciammo per un bel po’, poi ci staccammo per un istante e tornammo a baciarci. Questo secondo bacio durò poco perché a un certo punto sentii due voci a me molto conosciute. erano molto vicine a noi.
“Che belli che sono.” Disse il primo.
“Hm.” Disse il secondo.
In quel momento aprii gli occhi e vidi Pan che mi baciava con gli occhi chiusi. Poi spostai lo sguardo da un lato e vidi Atena e Zeto che ci guardavano immobili. Loro mi spaventarono.
“Che succede?” disse Pan. Atena si alzò in piedi mentre Zeto rimase in quella posizione.
“Atena, Zeto. Mi avete spaventato. E voi che ci fate qui.” Dissi io guardandoli.
“Ebe  chi sono loro?” chiese Pan.
“Mmh… tu devi essere Pan dell’ INFERNO. Almeno in maniera apparente.” Disse Zeto.
“Eh?” disse Pan.
“Tu sei nato nella nostra famiglia ma due mesi dopo la tua nascita tu sei stato preso dalla nostra famiglia e hai iniziato a vivere qui. All’età di 6 anni ti à stato affidato il ruolo di guardiano di anime. A 16 anni sei sceso sulla Terra per svolgere il tuo lavoro di guardiano quando un giorno hai incontrato Ebe, ti sei subito innamorato di lei e dopo un periodo da amici avete iniziato a stare insieme.” Disse Zeto.
“Ecco…” disse Pan ma venne fermato subito.
“Però dopo alcuni mesi che siete stati insieme, vi siete dovuti separare. Lei è venuto da noi mentre tu sei tornato qui. È vero?” disse Zeto.
“Tu chi sei? Come fai a sapere tutto questo?” disse Pan.
“Io sono Zeto. Piacere di conoscerti.” Disse Zeto sorridendo e inclinando leggermente la testa.
“Io invece sono Atena!” Disse lei. Zeto si alzò in piedi e si mise a fianco ad Atena.
“Ma che ci fate qui!” dissi io.
“Siamo venuti a vedere le tue condizioni di salute. Come stai?” disse Atena.
“Io sto bene. Ma perché siete qui? Perché siete venuti?” esclamai io.
“Papà ci ha detto che Ade ti ha imprigionato qui e che ti ha ricattato. Questo ci ha terribilmente spaventati e abbiamo subito pensato come potevi sentirti.” Disse Zeto.
“Esatto. Eravamo tutti preoccupati. Afrodite è pure andata in panico! Ecco perché siamo venuti.” Disse Atena.
“Grazie ragazzi. Con il vostro aiuto e il suo sono sicura che riusciremo a sconfiggere Ade.” dissi io.
Mi sentivo sollevata perché sapevo che potevo credere in loro. Vidi Atena e Zeto che fecero un’espressione sorridente.
“Beh, qual è il tuo piano?” chiese Zeto.
“Eh?” dissi io.
“Che cosa hai intenzione di fare durante la Guerra?” disse Atena. Rimasi un attimo in silenzio pensando alla risposta.
“Io non posso fare niente, ma vorrei chiedervi una cosa. Qualcuno per caso ha il potere di fermare il tempo?” dissi io. Atena e Zeto si guardarono con sguardi stupiti.
“Ce l’hai lui. è un altro dei suoi poteri.” Disse Atena indicando Zeto con il dito che si trovava a fianco a lei.
“Ma perché fai questa domanda?” Disse Atena.
“Zeto, posso chiederti un favore?” dissi io.
“Dimmi.” Dissi io.
“Ebe che cosa hai in mente di fare?” disse Pan.
“Vorrei chiederti se puoi sviluppare molto di più questo potere.” Dissi io.
“Vedrò quanto posso fare nel poco tempo che mi rimane. Alcuni dei nostri fratelli lo stanno facendo anche adesso. Ma a che ti serve?” Disse Zeto.
“Beh vedi, mi è venuta un’idea su come posso usarlo. Però non so se funziona.” Dissi io poi rimasi un attimo a pensare.
“Atena, che poteri hanno Eaco e Afrodite?”
“Mmmh… Eaco ha il potere di materializzare le cose. Afrodite ha il potere di controllare il sogno altrui e può assumere le sembianze di qualcun altro. Ah, Eaco ha da poco imparato a materializzare oggetti molto pesanti e di grandi dimensioni in altri luoghi. Ma ci sta ancora lavorando sopra.” Rispose lei.
“Hm…” dissi io. ci fu di nuovo un paio di secondi di silenzio interrotto poco dopo da Zeto.
“Ebe a che ti serve fermare il tempo? durante lo scontro soprattutto.”
“Mmmh… penso che potrebbe essere utile per cambiare la situazione.”
“Che vuoi dire?” chiese Pan.
“Non ho ancora un’idea precisa a vorrei usarla per fare alcune modifiche al momento giusto.”
“Quando sarebbe il momento giusto?” disse Zeto.
“Mmh… urlo il tuo nome e tu attivi il tuo potere. Potrebbe andare bene?”
“lascia fare a me. ma sei sicura che funzioni?”
“No, ma io mi fido di te.” Dissi io.
“Conta pure su di me.” disse lui.
“Se ho capito bene dobbiamo tutti combattere nella Guerra di Ribellione a fianco a Zeus quando a un certo punto tu lo chiamerai urlando e lui dovrà attivare il suo potere.” Disse Atena.
“Esatto.” Dissi io.
“La cosa è interessante… oh cavolo, è già ora di andare. Forza Zeto, torniamo indietro.” disse lei.
“Hm. Ah Pan, tratta bene mia sorella.” Disse Zeto. Poi si girò ed entrò in un varco che no sapevo fosse stato aperto. Infatti fino a poco fa esso non c’era.
Prima che entrasse, Atena disse: “È carino vero?” . poi se ne andò.
“Che strane persone…” disse Pan.
Io avevo lo sguardo puntato in basso. Stavo pensando al sogno che avevo fatto. Ma il mio volto esprimeva come mi sentivo. Lo esprimeva al punto che lui se ne accorse.
“Ebe, che cosa c’è? È successo qualcosa?”
“Ah, no. non è niente.”
“Sei sicura?”
“certo.”
“Okay,  se è così allora io posso andarmene. Devo tornare prima che…” disse lui alzandosi in piedi.
“Aspetta!” dissi io prendendolo per i pantaloni. Lui girò la testa e mi fissò. Non volevo che se ne andasse.
“Cosa c’è?” chiese lui.
“Ecco… resta qui con me.” dissi io.
“Ma devo andare prima che Ade si arrabbia. E va bene, resto qui un altro pochino.” Disse lui tornando a sedersi. Io tornai ad avere lo sguardo basso.
“Ehi, che cos’hai?”
“… sono un po’ preoccupata.”
“Di cosa?”
“Continuo a chiedermi… e se Ade ed Eracle lo capissero? Che cosa potrebbe succedermi? Che succederà alla mia famiglia?” dissi io.
Lui mi alzò la testa con una mano e io lo guardai. mi tranquillizzai subito appena ascoltai le sue parole.
“Ehi, tranquilla. Fino a che io sarò qui non devi preoccuparti di nulla. Resterò con te e ti proteggerò da qualunque cosa o persona. Per Eracle e Ade non devi pensarci. Da me non sapranno nulla. Non rivelerò neanche una parola anche se ne dovessero parlare loro. Promesso.” Disse lui.
“Hm.” Dissi io.
“Beh, ora devo andare. Tornerò presto.” Disse lui.
Poi si avvicinò a me, mi baciò sulla fronte seguito dalla frase: “Ti amo.” . Si alzò in piedi, se ne andò e la luce della cella si spense.
Così tornai a rimanere senza nessuno in quella fredda stanza. Mi salì un po’ di paura. Era per caso la paura di stare sola? Non lo so. Sapevo solo che quella stanza senza di lui mi sembrava troppo fredda e vuota.
Cercai di non pensare a niente. Mi sdraiai per terra da una parte del corpo e cerca di dormire. O almeno ci provai.

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Capitolo 41
*** Capitolo quaranta: la maledizione parte 1 ***


Rimasi coricata per terra con la schiena appoggiata al pavimento. Quella notte cercai di addormentarmi ma dormii pochissimo. Ogni volta che chiudevo gli occhi e riuscivo ad addormentarmi vi erano delle immagini che continuavano a svegliarmi. Riguardavano il sogno che avevo fatto un po’ di tempo fa.
Crono che dice ad Ade di andare in camera sua con espressione seria, Crono che diventa enorme dicendo di essere un Titano, poi i momenti in cui si divora Efesto e Ade. Ma soprattutto l’immagine dei due ragazzi usciti dal corpo di Crono e Zeus con in mano il piccolo coltello.
Continuai a pensare a quei momenti mentre il tempo passava.
“Diamine, qui dentro c’è troppo freddo! E poi la stanza è troppo buia! Mi mette paura.” Dissi tra me e me.
Infatti no riuscivo neanche a vedere a un palmo dal naso. Questa volta però non mi trovavo in una posizione illuminata. Ero distante un paio di metri, non di più. Però non mi piaceva stare lì, così mi spostai in uno dei luoghi in cui puntavano le torce appoggiate al muro.
‘Si sono accese le luci. E la porta si è aperta. Chi sta arrivando?’ mi chiesi io.
Infatti il porta si aprì. Ad entrare fu Pan. Appena entrò la porta si chiuse subito. Ero felicissima di vederlo.
“Ebe, sono io. Sono tornato. Ti sono mancato?” disse lui che si trovava davanti alla porta.
“Pan…” dissi io facendo un norme sorriso.
Mi alzai in piedi e gli corsi incontro fino ad arrivare ad abbracciarlo. Ho sentito troppo la sua mancanza. Talmente tanto che quando lo abbracciai mi scesero delle lacrime dagli occhi. Quelle lacrime si asciugarono poco dopo. Ero sicurissima che quelle erano lacrime di gioia. Una gioia immensa.
“Ehi, te l’ho detto che sarei venuto. Come stai? Ti sei riposata?” mi chiese lui. poco prima della sua domanda io mi spostai dal suo petto e guardai da un’altra parte.
“E-ecco…” dissi io. Avevo la strana sensazione di essere osservata, ma non dissi nulla.
“Si?”
“Veramente non molto. Ci sono state delle cose che mi hanno tormentato.”
“Cose? che genere di cose?” mi chiede lui.
“È solo che ho fatto uno strano sogno. Riguarda qualcosa successo molto tempo fa. Almeno credo.” Dissi io. dopo di che tornai a guardarlo.
“Ti va di dirmelo?” mi chiese lui.
“Va bene. Provo a spiegartelo brevemente. Allora…” dissi io. Così iniziai a raccontargli il mio sogno dal principio.
[Nel frattempo:
“Accidenti, farmi venire qui urgentemente. Che cosa vuole questa volta mio fratello!” Disse Zeus camminando per un corridoio quasi tutto buio. Era illuminato solo da delle torce grosse appese al muro.
“Spero solo che non mi abbia chiamato per un’altra delle sue solite lamentele.” Continuò Zeus arrivando a trovarsi proprio davanti ad una porta di una stanza. Essa era illuminata ai fianchi.
Entrò nella stanza e vide Ade con un mantello indosso in piedi dietro ad un tavolo. La stanza era illuminata e anche quella aveva pochi mobili. Vi erano solo un tavolo con dietro una sedia, un mobile su cui vi erano dei libri e al centro della stanza vi era una poltroncina di colore scuro. Sul tavolo vi era uno un oggetto rettangolare con lo schermo illuminato. Nient’altro.
“Eccomi Ade. perché hai voluto che venissi con tanta urgenza?” disse Zeus.
“Lo dovresti sapere. Sai a cosa mi riferisco.” Disse Ade.
“Di che si tratta stavolta?”
La mia impressione era quella che Ade stesse guardando sullo schermo illuminato. Dallo schermo lui guardava me e Pan parlare. Non ne ero sicura ma la mia impressione era proprio quella. Ade prese in mano lo schermo e lo rivolse verso Zeus.
“Guarda qua. Guarda cosa sta facendo quella tua dannata figlia.” Disse Ade.
“Sta parlando con una persona. E con questo?” Disse Zeus.
“Non hai intenzione di andarla a fermare?”
“No. D’altronde non sta facendo niente di male. Ti da fastidio vederli insieme?” Disse Zeus. Ade rimase in completo silenzio. Però credo che si stesse irritando.
“Non dirmi che sei geloso! Oh sì, sei estremamente geloso. Ho capito, visto che tu non sei mai stato con qualcuno che ti ama, non vuoi vederli così e non vuoi ammettere che loro sono una bella coppia. Vero?” disse Zeus con una bella espressione sorridente.
“Smettila.” Disse Ade.
“Ad ogni modo non mi hai detto il motivo per cui mi hai chiamato. Se è solo questo, allora lo potevi evitare. Lo sai che hai ben altre cose da fare.” Disse lui finendo per girarsi e facendo un passo avanti.
“Ovviamente non è solo per questo.” Disse Ade. Zeus, dopo aver ascoltato, si fermò e lo guardò.
“Allora che cosa vuoi.”
“Volere? Mmh… ah, lo so. Voglio tutto ciò che hai. Tutto ciò che ti appartiene.” Disse Ade.
“Cosa?”
“Hai sentito bene. Tu mi devi dare tutto all’sitante.” Disse Ade.
Zeus sbuffò e poi disse: “Di nuovo questa storia. Me lo dici tutte le volte che vengo qui.”
“Smettila di lamentarti e dammi tutto all’istante.” Disse Ade con tolo forte.
“Ade  lo sai che non posso farlo. Se lo facessi andrei contro le scelte di papà. Ti ricordi del testamento?” disse Zeus. Ade sembrava essersi calmato…
“Ah, già… me lo ricordo bene. Sembrava essere un momento bellissimo. Andavamo tutti e tre molto d’accordo.” Disse Ade.
… ma non si era calmato affatto. Anzi, sembrava essersi arrabbiato ancor più di prima.
“Ma poi è cambiato. Papà non mi ha lasciato nulla. NULLA!! MI AVETE PRIVATO DI OGNI SINGOLA COSA! TU E PAPA’!
“Guarda che ti stai lamentando di una cosa inutile. Io non ci posso fare niente. Non sono stato io a decidere tutto questo.” Disse Zeus. Il suo tono era molto tranquillo. Completamente l’opposto di Ade.
“FA’ SILENZIO ED ESEGUI IL MIO ORDINE!”
“Ma io ti ho detto…”
“DAMMI TUTTO CIO’ CHE HAI. MI PRENDERO’ LE COSE CON LA FORZA SE NON LO FARAI ALL’ISTANTE!” Gridò Ade. ci furono un paio di secondi di silenzio.
“Oh, è ora che vado a divertirmi un po’. Anzi, credo che mi divertirò un sacco.” Disse Ade smettendo di guardare lo schermo appoggiato al tavolo. O così credevo.
“Ma di che parli?” chiese Zeus.
“Oh giusto. Zeus ti chiedo un favore. Ti chiedo di restare qui a guardare ciò che succederà tra poco.” Disse Ade.
“Cosa… Ohi, che hai intenzione di fare! Non dirmi che…” disse Zeus. Ade in quell’istante si trovava a fianco al fratello.
“Tu goditi la scena. Ah, un’ultima cosa. Ti sarei grato se tu non uscissi da qui di tua spontanea volontà.” Disse Ade andandosene.
“Ehi, aspetta!!” disse Zeus, ma era troppo tardi. Ormai Ade se ne era andato via. Poi si avvicinò al tavolo e prese in mano lo schermo.
“Accidenti a te. Lasciarmi senza neanche una spiegazione. Mi piacerebbe sapere cosa devo vedere.” continuò. Così Zeus rimase da solo nella stanza.]
“… Poi tutto sparisce e io mi risveglio.” Dissi io.
In quel momento non stavo più abbracciando Pan. Ero davanti a lui ma non lo abbracciavo più. Io mi sentii scendere una lacrima da entrambi gli occhi.
“Ebe che succede?? Perché stai piangendo?” mi chiese.
‘Eh? Ma cosa… Perché piango?’ pensai. Quelle non erano lacrime di felicità, ne ero certa. Ma allora come mai? stranamente ancora non sapevo dare risposta.
“Ehi, che hai?” disse lui.
“Io…” dissi guardando in basso. Poi lui mi prese e mi appoggiò di nuovo al suo petto.
“Ehi, ora calmati. Non hai nulla di cui aver paura. Ci sono io qui con te.” Mi disse lui.
Quelle parole mi calmarono. Non mi sentivo più scendere lacrime dagli occhi e nemmeno mi sentivo preoccupata di qualcosa. Mi sentivo bene in quel momento perché lui era lì con me. Peccato però che quella sensazione durò pochissimo. Infatti improvvisamente sentii come se le mie gambe avessero smesso di reggermi in piedi. Prima mi tremarono e poi crollai a terra. Mi ritrovai con un dolore allucinante ad entrambe le gambe e non ne sapevo il motivo.
“Ohi, che cos’hai?” mi chiese lui dopo essersi abbassato.
“Le gambe… mi fanno male. Non… non mi reggono più. Perché?…” dissi io.
“Esiste solo una spiegazione.”
“Eh?”
“Solo una persona sarebbe capace di farti questo.” Disse lui.
“Oh, ma che bravo. Mi hai scoperto. E pensare che credevo di essere stato capace di non farmi sentire.” Disse una voce dietro di me.
Pan stava guardando dritto davanti a lui. Mi ero fatta un’idea di chi fosse, ma non ero certa. Per esserne davvero certa girai la testa e lo guardai. Era esattamente chi pensavo. Era Ade.
Indossava un grosso mantello nero che gli copriva tutto il corpo.
“Perché sei qui?”
“Perché, tu chiedi. Per divertirmi con quella ragazza. Non ti sembra una cosa bellissima?”
“Niente affatto. Ora per favore lascia stare la mia ragazza.”
“Ragazza? Prima di tutto lei è la nostra prigioniera e va trattata come tale. Secondo, quella che devi considerare la tua ragazza è Macaria, non lei.”
“Questo lo decido io.” disse Pan.
Ade rimase zitto un attimo. La mia impressione era quella che lui si fosse irritato parecchio. In quell’istante accadde qualcosa che mi sconvolse. Ade sembrava talmente irritato che decise di sfogarsi proprio sul mio Pan. Lo vidi gettarsi a terra davanti a me.
“Pan… non… lasciarmi…” dissi io.
Lui mi guardò e disse: “Ehi… ci vuole ben altro… per fermarmi. Te… te l’ho promesso… e io mantengo le promesse.” Si fermò alcune volte a causa del dolore.
“Magnifico! La mocciosa e il suo ragazzo per terra inginocchiati proprio davanti a me. Ahhhh… che magnifica soddisfazione.” Disse Ade con tono molto contento.
“Dannazione a te.” Disse Pan. Lo disse in tono talmente basso che Ade non lo sentì. Riuscii a sentirlo soltanto io. Il dolore sparì un po’. Stavo ancora male ma era un livello di sopportazione a cui io riuscivo a resistere, invece Pan… sembrava stare bene.
“il dolore… si è affievolito.” Disse lui alzandosi. Il dolore mi sembrava davvero sparito. Ciò di cui ero certa era che per un paio di minuti non soffrì più. Né al petto né alle gambe. Durante quel tempo vi fu un breve dialogo tra Pan e Ade.
“Ohi, hai detto qualcosa?” chiese Ade.
In quell’istante mi stavo chiedendo fino a che punto lui sarebbe stato capace di resistere. Lui è staio colpito dalla maledizione molto tempo dopo di me, eppure per amore mio stava resistendo.
“Ho detto che non puoi trattarci in questo modo! Perché sei venuto qui.” disse lui con espressione seria.
“Te l’ho detto, sono qui per divertirmi. Voglio farlo per bene.” Disse Ade.
“Beh, io non te lo permetto. E non te lo permetterò mai.”
“Cosa ha o intenzione di fare? Fermarmi?”
“Esattamente. Ti fermerò in qualunque modo. Non voglio che tu la tocchi neanche per un secondo!” disse Pan.
“Ha ha ha ha ha (risata)!! Bella questa. Lo sai, io sono molto più potente di te e voi due messi insieme. Forza, adesso fammi giocare con te un altro po’.”disse Ade.
Quell’ultima frase non mi piaceva affatto. Sembrava prevedere qualcosa di negativo. Infatti subito dopo Ade alzò il braccio destro e puntò un dito verso di me. Io ero spaventata. Appena lo fece Pan, che si trovava a fianco a me, si spostò e mi si mise davanti. Voleva proteggermi ed evitare che io subissi gli effetti della maledizione. Io però non volevo che questo accadesse di nuovo. Ma ormai non potevo più fermarlo. Pan mise le braccia contro il petto per poi spostare quest’ultimo appoggiato alle gambe.
Non lo avevo mai visto in quelle condizioni. E non avrei mai voluto vederlo così.
“No… non è possibile… PAN! Ehi Pan, resisti! Resisti, ti prego! Non… lasciarmi…” dissi io finendo in lacrime.
“Ehi… non lo farò. … Non… Non ti voglio lasciare…” mi rispose lui.
Beh, più il tempo passava più odiavo Ade e la situazione in cui mi trovavo. Mi sentivo nello stesso tempo molto preoccupata per Pan e molto arrabbiata con Ade per quello che stava facendo. Guardai dietro il collo di Pan e notai una cosa che riguardava il simbolo del marchio della maledizione.
‘Il marchio… è più grande di un paio di centimetri rispetto al mio. Ed è persino illuminato. Ma che significa questo?’ pensai.
“Ohi Pan, la senti questa situazione? Ti piace? Forza, soffri ancora un po’. Lasciami vedere quel volto disperato e sofferente ancora per un po’. Forza, fai il bravo e sottomettiti a me.” disse Ade.
“Ade, smettila, ti prego! Smettila di farlo soffrire! Non vedi come sta male! Non ce la faccio più a vederlo così!” dissi io. Ormai ero disperata, ma Ade non diede retta a neanche una delle mie parole.
“Ohi, mocciosa, fa silenzio! Lasciami divertire un po’. Aspetta, questo non è abbastanza divertente.”
“Ti prego smettila! Lascialo stare!” dissi io.
“FA’ SILENZIO!! Se non stai zitta sarai tu a…” disse Ade.
“Se ti fa stare meglio usa me!”
“uh?”
“Esatto, usa me al posto suo! Farò tutto quello che vuoi ma non mettere di mezzo lui! ti prego, lascialo stare.” Dissi io.
“Ebe no! non devi!” disse Pan.
“Mmmh… come cosa non mi dispiace affatto. Beh, una proposta come questa non mi capita spesso, quindi è meglio che ne approfitto.” Disse Ade.
Subito dopo Alzò un pochino il dito con cui stava puntando Pan e lo dirette nuovamente dritto verso di me. mi tornò una fitta al petto allucinante. Al contrario Pan non stava più soffrendo. Era tornato in piena forma. Oltre al dolore al petto, anche le gambe e il braccio destro non riuscivo più a controllarli.
“Ehi, ma che cosa ti è preso! Eh… aspetta, che cos’hai?” mi chiese Pan.
“Ha ha ha ha ha (risata)!! Ecco che cosa succede a volermi sfidare. Cos’hai? Ti senti male? So io come farti stare meglio!” disse Ade.
“Eh? Ma allora esiste…” disse Pan ma venne interrotto nell’istante stesso.
“Fa’ silenzio! Quanto sei idiota. Non esiste e non funziona niente contro di me. Dunque, dov’ero rimasto? Oh giusto! Il mio rimedio è quello di farti soffrire ancora di più. Ha, prevedo un grandioso momento.” Disse Ade. dopo quelle parole il dolore mi aumentò ancora e ancora di più.
‘Diamine, mi sta facendo molto male. Molto di più di quanto riesca a sopportare. Fa troppo male. Io…’ pensai.
“Ebe, fatti forza! Resisti! Tutto sparirà presto, okay? Ci sono io al tuo fianco! Resisti, ti prego!” disse Pan finendo per mettere una mano sopra la mia. Non mi ricordo di preciso quale fosse, ma credo fosse la sinistra.
“S-sì.” Dissi io. ci fu un attimo di silenzio.
Mentre io soffrivo, avevo la strana impressione che lui, sotto quel cappuccio, stesse facendo un grosso sorriso.
“Credo non ne abbia abbastanza…” disse Pan in tono molto basso.
‘Dannazione, fa troppo male. Andando avanti così non so se resisterò a lungo. Ma devo farcela. Devo farcela. Devo farcela. Devo farcela. Devo…’ pensai io continuando a ripetermelo. Però venni interrotta.
“Ooooooh, sì. Esattamente quella è l’espressione che voglio vedere! sofferenza, sofferenza, sofferenza allo stato puro! Meraviglioso! Meraviglioso il modo in cui riesco ad ucciderti poco per volta!” disse Ade.
“Non… mi lascerò controllare… così facilmente…” dissi io.
“Sei ostinata, eh? Beh, tanto meglio. Vuol dire che devo farti soffrire fino allo sfinimento. Forza… soffri. Soffri. Soffri. So…” disse Ade continuando a ripetere quella parola. Lo fece finché non venne fermato da una voce.
...

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Capitolo 42
*** Capitolo quaranta: la maledizione parte 2 ***


...
Lo fece finché non venne fermato da una voce.
“FALLA FINITA ADE!!!” disse Zeus. Era in piedi vicino a me e aveva uno sguardo serio. Appena lui disse quelle parole non so come ma tutto il dolore mi sparì improvvisamente.
“Accidenti, ti sembra il modo di comportarti davanti a dei ragazzi. Dovresti vergognarti del tuo comportamento. Ragazzi, vi sentite bene?” disse Zeus.
“S-sì… almeno credo.” Disse Pan rivolgendosi a lui. Poi mi guardo e disse: “Ebe, come stai? Come ti senti?”
‘il dolore… mi è sparito. Ma cosa… Zeus? Beh, meno male che è venuto. Non so quanto avrei resistito ancora.’ pensai io guardandolo.
“Hm? Oh, guarda chi è arrivato. Non ti avevo ordinato di rimanere in quella stanza e di non spostarti?” chiese Ade.
“Con te che ti comporti in questo modo non posso assolutamente pensare di starmene tranquillo. E poi decido da solo cosa fare.” Disse Zeus.
“Tch. Beh, che cosa hai intenzione di fare? Che cosa sei venuto a fare?” disse Ade.
“Voglio farti smettere questo comportamento! Sei patetico. Per favore smettila.” Disse Zeus.
“FA’ SILENZIO!! NON HO CHIESTO IL TUO PARERE!” disse Ade.
“Io sto zitto se tu la fai finita con questa cosa.” disse Zeus.
“NO! se continuerai a dirmelo sfogherò la mia ira contro quella ragazza.” Disse Ade urlando inizialmente.
In quel momento vi furono alcune domande che mi passarono per la mente ma che non riuscivo a rispondere.
‘Ma… di cosa sta parlando? Che cosa ha intenzione di farmi? e Zeus come ha intenzione di agire? Ho paura. Ho tanta paura.’ Pensai. Dalla paura che avevo mi aggrappai stretta a Pan.
“Ehi…” mi disse Pan ma io non risposi.
“Beh, che cosa vuoi adesso?” chiese Zeus.
“Lo sai. Ne abbiamo parlato anche prima.” Disse Ade. Zeus, con espressione un po’ rassegnata, utilizzò una mano per coprirsi il volto.
“Aaaah… di nuovo la solita storia. Ogni tanto dovresti cambiare argomento. Sei troppo ripetitivo. E comunque conosci la mia risposta.” Disse Zeus togliendosi poi la mano.
HO DETTO DI FARE SILENZIO!! Oh beh, sei venuto nel momento giusto.” Disse Ade.
“Che vuol dire?” disse Zeus.
“Il momento in cui inizia il vero divertimento. Forza mocciosa, mostrami quell’espressione divertente che fate voi umani.” Disse Ade.
Ade puntò nuovamente il dito verso di me ed iniziai a sentire un leggero dolore. Lo stesso dito e lo stesso dolore al petto. Ma va tutto bene. in quel momento riuscivo a resistere.
“Fermo! Che cosa hai intenzione di fare? Che cosa vuoi esattamente! Che ti serve tutto ciò che ho io?” chiese Zeus.
“Non sono affari tuoi! Ora muoviti a darmi ciò che deve essere mio! Dammi ciò che mi appartiene!” disse Ade.
“Appartiene? Mmh… non mi ricordo quando tutto questo era tuo...”
“Fa’ silenzio e datti una mossa!  Lo sai cosa succede se non lo fai.” Disse Ade con tono sempre più arrabbiato e impaziente.
“Ade, te l’ho già detto un milione di volte. No posso darti ciò che vuoi. Mi dispiace. Ma non serve che ti arrabbi.” Disse Zeus.
“Vedo che non mi vuoi obbedire. Beh, tanto peggio. Adesso stai zitto e guarda una la tua insulsa figlia soffrire fino allo sfinimento.” Disse Ade. poi girò la testa (almeno credevo) e il dolore iniziò a farsi sentire ancora di più. Riprese a farsi sentire in modo talmente forte che ripresi a non sentire le gambe. Misi una mano su una  gamba e rimasi così per un paio di minuti.
“Ha ha ha ha ha ha ha ha!!!!!!” Disse Ade.
“Che cos’hai da ridere! Smettila di comportarti così! Smettila di farla soffrire!” disse Pan.
“E’ davvero divertente ed interessante! Potrei andare così per ore che mi divertirei sempre di più!” disse Ade.
“Fratello vedi di smetterla perché  non mi piace ciò che stai facendo.” Disse Zeus.
“Se tu non mi dai ciò che voglio… la farò giocare ancora di più a modo mio. Allora, che cosa decidi di fare?” Disse Ade.
“Uffa, ancora! Non arrabbiarti con me. ti ho già detto che non sono stata io a decidere, ma nostro padre.” Disse Zeus.
“Fa silenzio! Fa silenzio, fa silenzio, fa silenzio, FA SILENZIO DANNAZIONE!! Tu non stai partecipando al mio gioco! Bene mocciosa, visto che tuo padre non ascolta, che ne dicci se giochiamo ancora di più?” disse Ade.
Il dolore aumentò ancora di più per la terza volta.
‘Diamine, sto tanto male. Che ha intenzione di fare? Vuole uccidermi?’ pensai.
“Tranquilli, io non ho intenzione di ucciderla prima della Guerra. Non mi divertirei abbastanza altrimenti.” Disse Ade.
“Cosa? aspetta, ma tu… non può essere. Non dirmi che…” disse Pan.
“Certo che sei lento per esserci arrivato adesso.” Disse Ade trovandosi improvvisamente davanti al mio ragazzo.
“Che ti prende adesso? Oh capisco. Sei riuscito a capire il motivo per cui voglio fare lo scontro. Non è così? E quindi?” continuò Ade.
“Eh?” disse Pan.
“Ohi Ade, non mi piace il fatto che tu li stai mettendo in mezzo a questa faccenda! Loro…” disse Zeus ma non finì di parlare.
“Ovviamente non lo sai. Sei troppo idiota per arrivarci! Non ci arriveresti neanche tra secoli. Beh, ti dico una cosa: io e tuo padre, quell’uomo, siamo fratelli. Io voglio tutto ciò che è suo perché vedi, ciò che controlla lui una volta era di nostro padre. Lui mi aveva promesso che tutto sarebbe stato mio, ma invece non è andata così!” disse Ade.
“Promesso… Ade ti stai sbagliando! Nostro padre non… ”
“TACI! Sei ostinato proprio come da piccolo.” Disse Ade.
“Ehi, che ti prende adesso! Che cosa c’entra questo?”
“Oh, ora fai finta di niente. Mi fai proprio schifo come fratello.  Piuttosto, datti una mossa a darmi tutto ciò che hai.” Disse Ade in modo insistente.
“Smettila con questo discorso. Ti ho già detto che non posso per decisione di nostro padre.” Disse Zeus.
“Bene. Allora, se la metti così…” disse Ade. Il dolore al petto e alle gambe mi aumentò tantissimo tanto che temevo seriamente per la mia vita.
Oltre al dolore c’erano due cose che mi terrorizzarono: una era il non più controllo del mio corpo e l’altro sono le azione che accaddero durante quel periodo di non controllo. Esatto, il non più controllo del corpo. No so dire di preciso quanto tempo rimasi in quelle condizioni.
Io e Pan ci alzammo in piedi. girai il corpo in modo da mettermi dritto davanti a lui e io inizia ad avanzare lentamente un passo alla volta. Tra un passo e l’altro però rimasi ferma qualche istante. Io avanzavo e lui arretrava.
“Ebe, che ti prende? Che stai facendo? I tuoi occhi… ma che cos’hai adesso? …” disse Pan. Mi fece altre domande ma io non le sentii. Sentivo e riuscivo a distinguere tutte le voci tranne la sua.
‘Eh? Che sto facendo? Che mi sta succedendo? Come dici, i miei occhi? Che cos’hanno i miei occhi? Il mio corpo… non lo riesco più a controllare. Perché sto camminando davanti a lui?  e perché lui sta andando indietro?’ pensai.
“Ebe! Ebe smettila! Tutto questo non ha senso! Padre, perché stai facendo questo?!” disse Pan.
“Come? Facile, mi metto a giocare con il mio giocattolo preferito. Come i bambini. Solamente che il mio giocattolo è quella mocciosa e io mi sto divertendo tantissimo. Ora, mocciosa, soffri e uccidi il tuo ragazzo.” Disse Ade.
“Che… Ade che stai facendo! Sei impazzito!” disse Zeus.
“Non sono impazzito. Mi sto semplicemente divertendo e ti sto mostrando cosa succede se tu no obbedisci alla mia richiesta.” disse Ade.
“Che stai facendo! TI PREGO SMETTILA CON QUESTO! Ebe, ma che ti prende? Non è da te fare questo. Ebe smettila! Non avvicinarti!” disse pan. O così pensavo, visto che faceva strani gesti.
Intanto io avevo fatto quattro passi avanti e lui quattro indietro. Mi faceva tanto male il corpo. Talmente tanto male che non riuscivo a respirare. Però fui in grado di dire soltanto:
“Pan… Pan… aiutami… salvami…”
“Esatto. Così! Soffri, Soffri, Soffri per bene! Fammi gioire del mio trionfo su di lui! Aaaaah, che magnifica sensazione! Non è meraviglioso?” disse Ade.
‘Pan, io non voglio questo. Io non voglio farti del male. Ehi, riesci a sentire la mia voce? Perché non riesco a pronunciare nemmeno una parola? Pan, ti prego, dimmi che riesci a sentirmi. Dimmi qualcosa. Eh, perché non riesco a sentire la tua voce? Comunque io non voglio che ti accada nulla. Io ti amo. Quindi ti prego, aiutami. Salvami. Salvami.’ Pensai io.
Mentre pensavo questo stava cercando di dirmi qualcosa, ma io non potevo sentire nulla, né, io dissi  controllare il mio corpo.
“Oh no! Ade smettila subito, per favore! Non fare ciò che stai pensando!” disse Zeus.
“E perché mai! Io sto giocando, non ricordi? Lo sai, io voglio mostrarti un’altra cosa. Solo… aspetta e guarda.” Disse Ade.
Io intanto continuai ad avanzare verso Pan con delle lacrime agli occhi. Non so dire quanti passi avevo fatto fino a quel momento ma volevo soltanto che tutto questo finisse alla svelta.
Invece che smettere la situazione peggiorò perché dopo che Ade disse quelle parole, io mi ferma e alzai la mano destra. Aprii il palmo e sopra mi apparve un coltello.
‘Cos’è questo? Un coltello? Ma che significa? Non dirmi che… no! non lo voglio! Ma perché no riesco a togliermelo dalla mano?’ pensai io.
Poi qualcosa mi forzò a chiudere la mano. E ci riuscì anche se io non volevo. Fui forzata a impugnare meglio il coltello e avvicinai la mano alla spada con la punta verso Pan. Ricominciai a muovermi verso di lui, ma lui non parlò, né muoveva la bocca o le mani.
“Ehi mocciosa, che ti prende? Datti una mossa! Che aspetti ad ucciderlo? Sbrigati!” disse Ade.
Feci due passi avanti ma lui rimase fermo. Immobile. Feci un altro passi e lo vidi venire verso di me. si fermò davanti a me, mise una sua mano sulla mia mano in cui avevo il coltello e l’altra sotto il mio mento poi mi baciò. Rimanemmo fermi così per un bel po’ di tempo. il coltello nella mano sparì.
“Ehi… eh? Non è possibile. Non ci credo… Tu devi ucciderlo! Perché non lo fai! Ti ho ordinato di farlo e tu…” disse Ade ma venne fermato.
Io mi nascosi dietro Pan. Le sue parole mi facevano paura. Ciò che mi stavo chiedendo era quale espressione de che tipo di faccia stesse facendo sotto quel cappuccio.
“Non lo farà! Noi due ti fermeremo. Perché insieme supereremo ogni cosa. Sia te sia la maledizione! Vero?” disse Pan finendo per guardarmi.
“s-sì.” Dissi io. Zeus fece un sorriso.
“Oh, meno male. Sei tornata come prima. Hai visto Ade? Adesso calmati e parliamo con tranquillità come facevamo una volta.” Disse Zeus.
“NO! NON MI CALMO AFFATTO! Ohi, mocciosa, ricordati che io controllo la vita di tua madre. E presto controllerò anche la tua. Oh, devo andare a finire i preparativi. Ah, un’altra cosa. Zeus, questa è un’altra delle cose che potrò ottenere una volta che avrò vinta la Guerra.” Disse Ade. poi si incamminò verso la porta.
“Aspetta! Che ti prende adesso! Ade dove stai andando! Ehi torna qui!” disse Zeus. Ma penso non venne ascoltato.
Ade si fermò davanti alla porta aperta e  senza fare neanche un movimento gridò: “PAN! DATTI UNA MOSSA E VIENI CON ME!”
Pan guardò me, poi Ade e disse: “No. non ci vengo con te.”
“Tch. Buono a nulla di un figlio.” Disse Ade e poi se ne andò.
Dopodiché io rilassai i muscoli. Mi sentivo sollevata da tutte le preoccupazioni che mi erano passate per la mente fino a poco fa. Soprattutto dal pensiero di non dover più subire la maledizione.
Ma aspetta. Adesso che ci penso, Pan aveva subito la maledizione al posto mio. Guarda in basso  e iniziai a dare dei leggeri pugni sulla schiena. Ma a lui faceva male.
“Ahia, ahia, ahia, ahia, ahia. Ehi, che ti prende?” disse lui.
“Stupido. Stupido stupido stupido stupido! Che cavolo hai fatto prima! Perché hai voluto subire la maledizione al posto mio?”
“Guarda che mi hai fatto male! Io l’ho fatto perché voglio proteggerti. Te l’ho promesso ricordi? E poi che ti è preso prima?”
“Eh? Non capisco di che parli.”
“Non fare finta di niente. Prima mi stavi per uccidere! Mi hai spaventato.”
“mi dispiace di averlo fatto. Non era mia intenzione.” dissi io.
Poi ci abbracciammo forte e lui mi disse: “Lo so.”
“Che carini che siete! Ebe, come ti senti?” disse Zeus.
“Eh? Io sto bene, ma per fortuna sei venuto. Ma come facevi a sapere che eravamo in pericolo?” dissi io.
“Beh… è una lunga storia. Però l’importante è che tu stai bene.” disse Zeus.
“Tesoro, chi è  lui?” disse Pan.
“Ci siamo già incontrati ma… chi è lui?” disse Zeus. Finirono per dire l’ultima frase insieme.
“Pan, lui è nostro padre. Zeus, lui è Pan, il mio ragazzo. E tu non chiamarmi così! Non mi piace!” dissi io.
“Eh? Cosa? Quello è mio padre? Quando pensavi di dirmelo?” Disse Pan.
“Ecco… volevo farlo sin dall’inizio ma non ci sono riuscita.” Dissi io.
“Sono passati cinquemila anni dall’ultima volta che sono venuto e ti capita tutto questo. Beh, adesso per fortuna stai bene. Non so cosa avrei fatto se ti fosse successo qualcosa di grave. Zeus, giusto?  Vorrei chiederti una cosa.” disse Pan.
“Ah sì. Che c’è?” disse Zeus.
“Ecco… che cosa succede se lei venisse colpita di nuovo dalla maledizione?” chiese Pan.
“Beh… conoscendo mio fratello di certo non si fermerà con poco. La mia preoccupazione è che preso ancora più rabbia possa far peggiorare la situazione e il suo stato. Potrebbe imporle di ucciderti e poi di uccidersi da sola. Potrebbe fare anche di peggio, non so cosa di preciso. Lui quasi sempre mette in atto cose peggiori rispetto a ciò che ti potresti immaginare. Ma temo che la prossima volta non ci sarà alcun modo per fermarlo.” Disse Zeus. Io e Pan ne rimanemmo letteralmente sconvolti.
“no… non è possibile. Non può fare questo! Non glielo permetterò! Aaaaah, non riesco più a trattenermi! Voglio andare da lui e dirgliene quattro! E poi…” disse Pan ma venne fermato.
“Questo non servirebbe a niente. Peggiora solo le cose.” disse Zeus.
“Però lui sta giocando con la vita della mia ragazza! E questo io non lo sopporto! Ebe, ascolta. Tu dovrai stare sempre al mio fianco. Io ti proteggerò ed eviterò che ti venga fatto del male. Lo faccio per il tuo bene, capito?” mi disse Pan.
“S-si. Anche io ti amo, ma non voglio che tu ne resti coinvolto.” Dissi io.
“Ebe, capisco come ti senti, ma io sono d’accordo lui.” disse Zeus.
“Capito! Zeus, ci deve essere un modo lo stesso per fermare Ade! Provi a pensarci.” Disse Pan.
“Te l’ho detto prima non c’è alcun modo.” Disse Zeus.
Vidi Pan guardare in basso. Mi sembrava preoccupato e triste dalla risposta ricevuta da Zeus. Non sapevo cosa dirgli per tirarlo su.
“Beh, io devo andare. Mi dispiace per avervi detto quelle parole, ma so come vi sentite. Pan, mi ha fatto piacere sapere che sei tu l’altro mio figlio non visto per millenni. Ah Ebe, non racconterò nulla ai ragazzi, ma tornerò presto.” Disse Zeus dopo aver aperto un varco.
‘E questo quando lo ha aperto?’ pensai.
Si incamminò verso di esso ma io lo fermai dicendogli: “Aspetta!”
“Hm?” disse Zeus girando la testa.
“Beh… ecco… grazie di tutto.” Dissi io. Poi lui mi sorrise, se ne andò e il varco sparì.
“Dei fratelli mai conosciuti, un padre che credevo fosse un altro e un essere che sta rovinando la mia vita e quella della mia ragazza. Io… non so cosa fare.” Disse Pan. Girai la sua testa e lo forzai a guardare me.
“Ehi, guardami. Adesso calmati. Non hai detto che noi due supereremo ogni cosa?” dissi io.
“L’ho detto, però…” disse lui. Ci fu un attimo di silenzio e poi disse: “Hai ragione.”
“Oh, adesso devo andare. Ci vediamo presto, okay?” mi disse di nuovo lui.
Ci baciammo per un istante e poi se ne andò rimanendo da sola nella stanza. appena se ne andò tutto intorno a me tornò buio a parte dove ero io che era illuminato. Mi stavo preoccupando per Pan. Era appena uscito da lì sconvolto da tutto ciò che era accaduto. Mi chiedevo che cosa stesse facendo, che cosa stava pensando, come si potesse sentire. Lo sapevo, ci eravamo lasciati da pochissimo. Però lui mi mancava più di ogni altra cosa al mondo. Volevo rivederlo. Volevo tanto avere dei momenti felici con lui. Volevo tanto che questa Guerra non si fosse messa in mezzo tra di noi. Mi sarebbe piaciuto sapere lui che cosa farebbe al posto mio. La Guerra… giusto! Dovevo trovare un modo per riuscire a vincere.
Un piano ce l’avevo già in mente ma non ero certa di alcune cose. Mi sedetti per terra da una parte del corpo e iniziai a fare dei segni per terra. Non segnai il pavimento, feci solo dei segni col dito iniziando a pensare e perfezionare il piano che mi ero fatta nella mente. Pensavo che quando verrà Zeus potrei spiegargli del mio piano per lo scontro. Ma rimasi talmente concentrata a pensare che non mi accorsi del tempo che passava intorno a me.

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Capitolo 43
*** Capitolo quarantuno: Macaria e Zeus ***


Continuavo a fare dei segni per terra con una mano e con l’altra a contare. Contavo nella speranza  di trovare un modo per cui il piano che avevo in mente potesse funzionare.
‘Dunque questi due sono a posto. Se poi metto questo adesso… no no no no, non va affatto bene.’ pensai io.
“Uffa, perché continuo a sbagliare! Questa è la ventottesima volta che ci provo! Sono sicura di aver sbagliato qualcosa… ma che cosa! adesso lo rifaccio dall’inizio.” Dissi io.
Subito dopo ripresi a contare con le dita, ma non feci alcun segno per terra. Quando arrivai a segnare il secondo dito mi fermai perché sentii una strana sensazione. Come se qualcuno mi stesse osservando… ma chi?
“Beh, la parte iniziale è perfetta. Però… se io faccio in questo modo…” dissi tra me e me.
“Che cosa stai facendo?” disse una voce.
“Vorrei aiutare Zeus in un qualche modo. Così mi è venuta un’idea in mente e la sto elaborando. Anche se in realtà c’è qualcosa che non mi quadra…” dissi io.
“Eeeeeeeh…?” disse una voce. Io alzai la testa e vidi una ragazza.
‘!!??’ pensai. Guardai meglio quella ragazza. Era alta, magra, occhi azzurri e carnagione molto pallida. Si trovava in piedi davanti al me e con il corpo inclinato in avanti. Aveva i capelli biondi, con una riga in mezzo alla testa e degli enormi riccioli ai fianchi. Sembrava alta tanto quanto me. Aveva indosso un vestito con una scollatura a ‘V’ sul petto, gli stava aderente al corpo dal seno alla vita e poi dalla vita a sopra le caviglie il vestito si allargava un po’.
‘La sua pelle… è bianca. Ma com’è possibile?’ pensai mentre la guardavo.
“Tu mi hai spaventato… chi sei?” chiesi io.
“Sembra che tu stai facendo qualcosa di piuttosto interessante…” disse lei.
“Eh?” dissi io.
“Oh, scusa. Continua pure dove sei rimasta.” Disse lei.
“Ecco… ma tu… chi sei?” chiesi.
“Tu assomigli molto ad una persona che mi è stata descritta. Che strano… in questo momento non ricordo il nome.” Disse lei.
“Ohi, ma tu chi sei?” chiesi.
“Oh giusto, non mi sono ancora presentata. Io sono Macaria, dea della morte.” Disse lei.
Macaria… dovevo aver già sentito da qualche parte quel nome. Mentre cercavo di ricordare lei mi pose una domanda:
“Senti, ma tu per caso lo conosci Pan?”
“Certo che lo conosco. Ma perché mi fai questa domanda?”
“Perché anche io lo conosco. Dimmi, che cosa ne pensi di lui?” Disse lei.
“Eh?” dissi io. Poi lei si sedette sulle gambe davanti a me.
“Io lo considero un bellissimo ragazzo, gentile e molto intelligente. Una persona con molti amici. Lui ha una persona che lo ama e a sua volta lui ama qualcuno. Io penso questo anche se lo conosco da poco tempo. In più lui si è messo in testa l’idea di voler partecipare allo scontro tra Zeus e Ade e di voler ‘distruggere il nemico’. Tu cosa ne pensi?” disse lei.
Improvvisamente mi venne in mente dove avevo sentito quel nome. Eracle, Zeus e Pan me ne avevano parlato.
“Ah, adesso ricordo. Tu sei Macaria, colei che è stata decisa da Ade per sposare Pan. Beh, perché sei venuta qui?” continuai io.
“Mi fa piacere che tu sia riuscita a capire chi sono io. Comunque, mi trovavo nei dintorni e così ho deciso di venire a vedere chi fosse la ragazza che Ade sta tenendo chiusa in una di queste prigioni.” Mi disse Macaria.
“Eh? Una di queste?”
“Esatto, questa è una delle tante. Ce n’è un corridoio pieno. Alcune sono occupate da cose completamente sconosciute a tutti, altre invece non lo sono. Beh, la cosa poco importa. Probabilmente ho sbagliato luogo… scusami tanto.” Disse lei alzandosi e iniziando ad andarsene.
“Può anche essere che tu non abbia sbagliato.” Dissi io.
“Eh? Che vuoi dire? Aspetta, ma tu… chi sei?” disse lei fermandosi nell’esatto punto in cui era.
“Voglio dire che c’è la probabilità che io possa essere quella persona. Comunque io sono…” dissi io ma inaspettatamente venni fermata da lei. Aveva uno sguardo  molto serio. D’improvviso la sua espressione sembrava essere diventata seria e scocciata.
“Non ci tengo a sapere chi sei per il momento. (l’espressione diventò felice) Piuttosto, sono felice che tu sappia del matrimonio tra me e Pan.” Disse lei finendo con un enorme sorriso. Come se un attimo fa non fosse successo niente.
‘Aspetta, ma cosa… cos’era quell’espressione? È stata un’allucinazione?’ pensai.
Poi si avvicinò a me e disse: “Senti, voglio rivelarti un piccolo segreto. Io sono innamorata di Pan.”
“Eh?” dissi io.
Non capivo dove volesse arrivare con questo discorso. Certamente era strano il fatto che ancora non volesse sapere il mio nome. Mi dava la sensazione che mi volesse comunicare qualcosa, ma nel modo in cui parlava non riuscivo a capirlo.
“Vedi, io sono innamorata di lui e sono felice del fatto che presto lo sposerò. Scommetto che anche per lui…” disse lei.
“Per lui non è così.” Dissi io fermandola nel suo discorso.
“Cosa?”
“Sono certa del fatto che lui non prova nulla per te.” Dissi io.
“Come fai a dire questo.” disse lei diventando seria. Sembrava l’avessi irritata con quella affermazione. Ma io mi sentivo tranquilla perché ero certa di ciò che stavo dicendo.
“Lo dico perché lui sta già con un’altra persona.” Dissi io.
“Ohi, come ti permetti di dire queste cose a me! Ti rendi conto con chi stai parlando?” disse lei.
“Certo, me lo hai detto tu.”
“Allora non affermare cose che sono il contrario di ciò che io dico!” disse lei in modo molto arrabbiato. Poi lei in maniera molto tranquilla mi disse: “Dimmi, chi ti ha dato questa affermazione?”
“Eracle e Zeus me lo hanno detto. Quando però mi hanno detto che lui deve stare con una persona che non ha conosciuto fino a poco tempo fa, ne sono rimasta sconvolta. Ah, anche Pan in persona me lo ha detto. In più mi dispiace per il fatto che tu ti sia innamorata di una persona che non prova proprio niente per te.”
“Ohi, come osi dire queste cose! Stai cercando di farmi innervosire?” disse lei seguito da un secondo di pausa.
“Aspetta, ma tu…” riprese lei.
“?”
“Non dirmi che… che tu sei una spia di Zeus.”
“Eh?” dissi io.
‘Io, una spia? Prima si mette a parlare in modo strano e poi si mette anche a pensare queste cose. Ma che diavolo gli è preso a questa?’ pensai io.
“Una spia? No, io…” dissi io, ma venni fermata da lei.
“Mmmh… che strano però. Ancora non riesco a capire chi tu sia.”
“Io non sono…” dissi io.
“Eppure tu assomigli a qualcuno…” disse lei. In quel momento non ne potevo più di non avere la possibilità di parlare e di essere ascoltata da lei. Così decisi di alzarmi e le dissi: “Falla finita, io non sono una spia! Smettila anche con questo tuo modo di parlare e dimmi subito quali sono le tue intenzioni e il motivo per cui sei venuta qui!”
“Oh scusami, ti ho fatto un tantino arrabbiare.ma vedi, ma risposta alle tue domande sono facilissime. Sono venuta in mezzo a queste luride prigioni per parlare con quella marmocchia che Ade sta tenendo prigioniera. E poi sono venuta a divertirmi ad umiliarla.”
“Eh?”
“Sai, ho sentito che quella marmocchia ha una madre umana e una del PARADISO. La madre umana adesso si trova in uno strano e orrendo posto che gli altri umani chiamano ‘ospedale’. O qualcosa di simile. Potrei sentirmi dispiaciuta per la sua situazione, ma in realtà non è così.”
‘mamma…’ pensai io immobilizzata alle sue parole.
“Ah, mi stavo dimenticando del fatto che con lei avrei detto anche che deve essere un vero peccato sentirsi traditi dalla persona che si è amato. La persona a cui si tiene di più ti viene a dire che deve sposare un’altra persona. Un amore andato male. Dev’essere un vero peccato per quella persona…” disse Macaria.
‘Pan… Pan…’ pensai io mentre lei parlava.
Poi fece un sorriso e disse: “… ma per me no! d’altronde non sono io quella che è stata ferita.”
‘Basta… come si permette di parlare così. basta… non ce la faccio più a sentire quelle parole non ce la faccio più.’ Pensai a testa bassa.
Infatti non ne potevo davvero più. Ero al limite della sopportazione. Così alzai la testa e con una mano diedi un forte schiaffo sulla faccia di Macaria. Subito dopo presi con entrambe le mani il suo vestito e la avvicinai a me.
Con espressione arrabbiata le dissi: “Senti, non permetterti di dire queste cose su mia madre e su Pan! Io lo conosco da molto più tempo di te e ti assicuro che a lui non piaci affatto! Lui preferisce circondarsi di amici o di persone che gli vogliono bene piuttosto di qualcuno che gli sta continuamente vicino. E poi non osare parlare male di mia madre. Lei sta rischiando di morire per colpa di Ade! lei è gentile, forte e…  insomma non parlare più male di loro.”
“aspetta, non dirmi che tu…” disse lei.
“Ebe, sono tornato. Come stai? Aspetta, ma che ci fa qui Macaria!” disse una voce dietro di me. io le lasciai la presa che avevo il vestito.
“Oh, guarda chi è arrivato. Zeus. Mmmh… credo che qui siamo in troppi. Ed essere in troppi è un bel problema. Quindi me ne vado.”
“Ferma lì, aspetta. Dimmi perché sei venuta qui.” disse Zeus con voce seria.
“Sai, ero nei dintorni.”
“Non ti credo.”
“Mmmh… sono venuta per distruggere tutte le idee e la mentalità di quella persona. Volevo soltanto divertirmi. Contento adesso?”
“Esattamente come pensavo.” Disse Zeus a bassa voce.
“bene, ora che lo sai tolgo il disturbo.” Disse le girandosi.
“Aspetta! Tu… non osare mettere un dito su Pan o te la farò pagare.” Dissi io.
“Ebe… Ma certo! Tu sei la ragazza di cui il mio adorato Pan mi ha parlato. Che nome orribile che hai.” disse lei. soltanto a sentire quelle parole mi stava venendo voglia di darle un altro schiaffo. Avrei davvero voluto darglielo più forte di prima ma Zeus mi fermò prendendomi per il polso.
“Ebe non farlo! Fa parte del suo obiettivo.” Mi disse lui.
“Ah Ebe, è proprio un peccato che non siamo potute chiacchierare ancora un po’. Sai, avrei potuto rivelarti una parte delle intenzioni di Ade.” disse lei.
“Ah?” disse Zeus.
“Inoltre ti avrei potuto spiegare il fatto che io e lui siamo collegati.”
“Eh? C-cosa?” dissi io.
“Semplicemente se io muoio, lui sarà ucciso per metà, ma se uccidi lui, moriamo insieme. Morirebbe anche tua madre, lo sai?” disse lei sorridendo.
“Ohi, ma che cosa…” disse Zeus.
“Non mi credi, vero? Allora lascerò a te il compito di verificare se questa è la verità o una bugia. Mah, a me poco importa.”
“Tch. Maledetta…”
“Oh giusto, un’ultima cosa prima che me ne vada. Presumo che tu sia preoccupata per tua madre. Lo vedi questo?” disse lei alzando la mano. Sopra c’era il cuore di mia madre. Lei chiuse la mano e mi apparve l’immagine di mia madre nella mente. Iniziai a terrorizzarmi. Credevo che lei fosse morta, che non l’avrei più rivista e che non ci sarebbe stato più alcun modo per salvarla. Zeus mi prese le braccia mentre io, con le lacrime agli occhi, urlai: “no… no… MAMMAAAAA!!!!!!”
Guardai nella sua mano e vidi che quello che era lì fino a poco fa era sparito.
‘Ma cosa… è sparito. Com’è possibile…’ pensai io mentre lei sorrise.
“Scherzavo! Questo non è quello reale, quello vero lo controlla Ade. però vedi, quell’espressione mi piace tantissimo. Potrei stare ore a vederti con quell’espressione che mi divertirei sempre di più. Quindi vedi di farla anche la prossima volta che ci vediamo, okay? Bene, adesso tolgo il disturbo e… ci vediamo presto.” Disse lei con un’espressione felice e andandosene.
“Ehi, non osare mettere le mani su Pan o su mia madre! Se succedesse qualcosa tu la pagherai molto cara! Mi hai capito?” dissi io ma lei se ne era già andata. Cercai di non pensare a ciò che lei mi aveva detto e mi sedetti per terra.
“Ebe, come stai? Mi dispiace di essere arrivato in ritardo.” Disse Zeus.
“Sto bene… Dannazione a lei, come si permette di farmi queste cose! La volta prossima gliela farò pagare cara. Comunque, perché sei venuto qui?”
“Dobbiamo parlare, non ricordi? Dobbiamo progettare un piano per come vogliamo agire. A me è venuta una buona idea, ma tu…”
“Ah, giusto, il piano!” dissi io.
“il piano? Ohi ma di che stai parlando?” chiese lui.
“Puoi avere solo un altro po’ di pazienza? Dopo ti spiegherò tutto.” Dissi io.
Poi ripresi a contare con le dita di una mano mentre con l’altra a segnare per terra. Era la trentesima volta che lo ripetevo. Speravo che almeno questa volta mi venisse bene e che dopo Zeus fosse d’accordo. Passarono un paio di minuti e poi…
“Si, ce l’ho fatta!” dissi io.
“?” disse lui.
“Dopo trenta volte che lo ripeto questa volta mi è venuto bene. Meno male.” Dissi io.
“Ecco… Ebe… io continuo a non capire. Di che stai parlando? E cos’erano quei segni che facevi?” disse lui.
“? Beh, dall’ultima volta che sei andato via ho cercato di creare un piano per la Guerra in cui ci siamo tutti. Mi ci è voluto un bel po’ ma alla fine sono riuscita a trovare un modo per poter vincere. O almeno credo. Questo in un qualche modo potrebbe funzionare contro Ade.” Dissi io.
Lui ne rimase un po’ sorpreso, così si sedette per terra davanti a me e mi disse: “Sono curioso. forza, racconta.”
“Allora…”
[Nello stesso tempo, in un corridoio illuminato vi era Ade con il suo solito mantello e cappuccio nero indosso che camminava.
“Dannazione, non riesco ancora a controllare a pieno il cuore e i movimenti di quella mocciosa. Devo sbrigarmi ad agire e fare in modo che  diventi mia.” Disse Ade.
Si fermò davanti ad una porta. dall’altra parte era tutto scuro ma si riusciva a vedere poco distante da lì delle forti sbarre verticali.
Ade si mise davanti alle sbarre e disse: “Aaaaah, guarda come sei ridotto. Poverino, non ti sei ancora ripreso del tutto. Aspetta solo un istante. (Allungò la mano destra in avanti) Bene, adesso tu sei una parte di me. (ritirò indietro la mano) Ti ho accelerato la guarigione così a breve tu sarai pronto per lavorare al mio fianco.”
L’unica cosa che si sentiva era un rumore forte e molto, molto cupo. Sembrava un ruggito ma non potrei esserne sicura. Non saprei dire cosa ci fosse dietro quelle sbarre, ma di certo non poteva essere qualcosa di positivo.
“Sono tornata come mi avevi chiesto.” Disse Macaria davanti alla porta.
“Bene. Come sono le condizioni della mocciosa? Come ti è sembrata.” Disse Ade.
“Buone condizioni per il momento. È una ragazza piuttosto attenta ai discorsi e ancora dell’idea che riuscirà a salvare sua madre e a proteggere il suo ragazzo. Certo che potevi dirmelo che si trattava di Ebe, figlia di Zeus.” Disse lei.
“Questo non avrebbe cambiato le cose. Piuttosto dimmi, cosa c’entra lui?”
“Mah, per colpa sua sono dovuta venire via prima del previsto.  Appena è arrivato ha assunto un’espressione seria e ha protetto quella ragazza.” Disse Macaria.
“Tch.” Disse Ade.
“Ma chi è lui?”
“Oh, semplicemente un mio vecchio amico. Lui mi ha aiutato in passato, però ho ancora bisogno di lui e così ho deciso di chiedergli di nuovo aiuto. Tu da ora in poi dovrai considerarlo tuo fratello. Capito?”
“Certo certo. Però è bello grosso.”
“Questo non è importante. Mi interessa che tu lo consideri tuo fratello. E poi ci sarà molto utile nello scontro.”
“E come? Già sarà un problema con le sue dimensioni. E poi anche il suo aspetto, è orrendo. Non credo che ci sarà utile. Insomma, sarà anche…” disse Macaria ma venne fermata da un rumore che proveniva da dietro le sbarre.
“Adesso anche ‘sto coso osa rispondermi? Come si permette! Se non te ne stai zitto ti uccido con il mio potere.”
“Tu osa farlo e io ti tolgo la vita in un istante. Da adesso dovrete stare con me e collaborare con me ogni volta che ne avrò bisogno capito.” Disse Ade in modo serio.
“Sì sì. Questo l’ho capito.” Disse Macaria con espressione scocciata.
“Macaria, hai un compito da svolgere. Vai ed eseguilo.” Disse Ade.
“Certo certo.” Disse lei andandosene.
“Tranquillo, non dare granché importanza alle sue parole. L’importante è che ti concentri sul compito che ti ho detto di svolgere al momento giusto. Se tu fai esattamente come ti ho detto avremo la vittoria in pugno. In pochi minuti potrò vedere quell’adorata espressione da disperato sul volto del mio caro fratello.” Disse Ade.
Nel corridoio invece vi era Macaria che si lamentava dicendo: “Ma guarda te. Ade che risveglia un suo amico e che mi dice di considerarlo un fratello. Piuttosto insolito da lui. che Abbia cambiato i piani e che non si fidi più di me? non ne ho idea. Di certo sento un enorme odio dentro di lui per i suoi due fratelli, per suo padre e per tutto ciò che li riguarda. Ah, sono arrivata.”]
“Beh, è piuttosto semplice ma questo il modo in cui dobbiamo agire. Che cosa ne pensi?” dissi io.
“Mmmh… mi piace. È anche meglio della mia idea. Ma c’è un piccolo problema.” Disse Zeus.
“Quale? Ho dimenticato qualcosa o qualcuno?” chiesi.
“no, non è quello. È solo che…”
“Che?”
“Che tu non sei coinvolta in tutto questo. È successo qualcosa?” mi chiese lui. io feci un attimo di silenzio e ci pensai.
“Beh, ci sono due cose di cui ho paura. Una è Macaria mentre l’altro riguarda ciò che Ade vuole farmi. Io ho paura di come vuole utilizzarmi.” Dissi io.
Questa volta fu Zeus a fare un po’ di silenzio. Aveva lo sguardo puntato in basso e la cosa mi preoccupava un po’. Forse ho detto qualcosa di sbagliato? Forse ho aggiunto troppe cose al mio piano? O forse avevo dimenticato qualcosa. Una persona? Un potere? Lui mi aveva detto di no, ma allora… perché continuava a fare silenzio! Improvvisamente lui alzò la testa e mi guardò dritto negli occhi.
Ebe, c’è una cosa che non ti ho detto durante il nostro primo incontro.” Disse lui.
“Cosa? di che si tratta?”
“è giusto che te lo dica, ma tu devi promettermi di non farne parola con nessuno che conosci. Nemmeno a coloro che tieni di più. Sarà una cosa che sapremo solo noi due.” Disse lui con espressione seria.
“Sì, lo prometto. Di cosa si tratta?”
“Bene. allora tu sai che io sono la persona che adesso controlla il PARADISO.”
“Sì.”
“Devi sapere che la maggior parte del mio potere deriva dal Tridente che mi è stato dato quando ho assunto il potere. Il qualche secolo prima invitai i miei fratelli, ma quando fu il momento si presentò solo Efesto. Ade arrivò con molto ritardo e rimase davanti alla porta con uno sguardo terrorizzato e scioccato. Rimase lì pochi istanti e poi se ne andò via correndo. Da quel momento in poi passarono molti secoli e lui ogni tanto mi chiamava. Ogni volta che lo faceva succedevano sempre gli stessi discorsi. Però…” disse lui andando avanti con il discorso.
Rimasi a parlare con lui per un bel po’ di tempo. Mi disse delle cose molto interessanti su di lui e Ade. Però c’erano delle cose nel suo discorso che mi sarebbero piaciute sapere, ma si rifiutò mettendo una mano davanti a sé e rimanendo in silenzio per un paio di secondi.
“Perché non me le vuoi spiegare?” chiesi io ma lui guardò in basso e non disse nulla.
“Vorrei chiederti una cosa. Ma cosa mi è successo la volta scorsa?”
“Eri sotto il controllo di Ade che ti ha ordinato di uccidere Pan. Ti ha persino fatto apparire un coltello in mano per poterlo fare. Ma Pan ti ha fermato.” Disse lui. Io rimasi sconvolta sin dalla parola ‘uccidere’.
“No… dimmi questo potrà succedere ancora? Non è così?”
“è probabile.”
“Ma… ma in quel caso…ci cosa succedere? Che succederà se sarò ancora così?”
“Aspetta che devo guardare una cosa.” disse lui. Tirò fuori da una tasca un paio di occhiali e se li mise indosso.
“Per tutti i fulmini!”
“Cosa? che c’è?”
“Non mi aspettavo qualcosa del genere.” Disse lui.
“Cosa! Dillo anche a me!” dissi io. Lui si tolse gli occhiali.
“Ho una brutta notizia da darti. Il tuo corpo è segnato dalla maledizione per il 90%.” Disse lui.
“Ma questa cosa significa?” disse lui.
Poi mi diede una bruttissima notizia. Parlammo ancora per poco su quell’argomento. Ne rimasi scioccata alla sua affermazione.
“Mi dispiace di non poter fare niente per questo e mi dispiace di non poterti dare dei dettagli. Capirai meglio quando sarà il momento.” Disse lui.
“S-sì…” dissi io a testa bassa.
“Non fare così. Piuttosto, Atena mi ha detto di dirti che devi indossare questi vestiti prima che inizi la Guerra di Ribellione.” Disse lui alzandosi in piedi e allungandomi il vestito resistente che mi aveva regalato Atena e un altro vestito per cambiare quello che avevo.
“Ah grazie.” Dissi io.
“Ah, Zeto mi avrebbe detto di darti anche questo, ma non so quanto sia utile.” Disse lui allungandomi un portafortuna. Io gli sorridi.
“Poi c’è Eaco che sembra indifferente ad ogni cosa ed Afrodite che è estremamente preoccupata per te. Ma in fondo tutti e quattro si stanno impegnando per aumentare i loro poteri in modo da aiutarti.” Disse lui finendo per sorridere.
“Beh, per me è ora di tornare dai ragazzi. Appena arrivo riferirò tutto ai ragazzi  e con l’attuazione del piano vinceremo sicuramente.” Continuerò lui.
“Sì, okay.” Dissi io. la lui se ne era già andato.
Rimasi ferma per qualche istante a pensare e mi vennero in mente le facce di Zeto, Atena, Afrodite ed Eaco. Però mi apparve anche la faccia di Eracle nella mente.
“Ma perché proprio lui adesso! Stupido, stupido Eracle!  Proprio adesso mi è venuta in mente la tua faccia. Basta pensarci, mi viene solo ancora più rabbia.” Dissi io.
Decisi di no concentrarmi più su quello. Non sapevo quando sarebbe arrivato il momento di inizio dello scontro così mi cambiai. Quando finii m i coricai per terra da un lato del corpo e cercai di dormire.

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Capitolo 44
*** Capitolo quarantadue: l'arrivo da Ade ***


Quella notte cercai di dormire, ma non ci riuscì perché l’unica cosa che vedevo quando chiudevo gli occhi erano delle immagini terrificanti. Ogni volta, ogni volta quelle immagini mi venivano alla testa.
‘Non capisco… che cosa sono quelle immagini? Perché vedo quelle cose? Non sarà che… questi riguardano eventi futuri?’ pensai io coricata per terra.
Alzai la schiena da terra ma l’unica immagine che non riuscivo a togliermi dalla mente era l’espressione arrabbiata di Pan. Ma perché? Cosa stava facendo? Contro chi ce l’aveva? Contro chi ce l’aveva? Non ne avevo idea, ma quell’espressione mi preoccupava un po’. Improvvisamente la stanza si illuminò e sentii una voce in lontananza che mi chiamava.
“…Ebe…”
‘Cos’è stato? Cos’era quella voce? Sembra molto quella…’ pensai io.
“Ebe! Ebe, ci sei?” disse di nuovo quella voce. Era proprio simile quella di qualcuno che conosco. Vidi la porta aprirsi e qualcuno fare un passo avanti.
“Ebe, sono io! ci sei?”
“Pan? Sei tu?” dissi io un po’ incerta.
“Certo che sono io. Hai visto? Sono ritornato da te.” Disse lui.
Era vestito con una maglia e dei jeans. Io, senza aprire bocca, mi alzai in piedi e gli corsi incontro fino ad abbracciarlo. Avevo voglia di vederlo.
“Ehi, non così forte. Dimmi ti sono mancato?”
“Sì, tanto. Ma come mai sei venuto qui?”
“Beh, avevo voglia di vederti. Mi sei mancata molto.”
“Ma quindi adesso tu resterai con me?”
“Certo! L’ho fatto anche per scappare da Macaria perché non ne posso più di lei! mi sta attaccato tutto il tempo. Non posso nemmeno muovermi che lei mi segue ovunque. Ti fa impazzire!”
Io, non appena sentii quel nome cambiai espressione. Passai da felice a triste in un istante.
“Ohi, che ti prende? Perché fai quella faccia? È successo qualcosa?” chiese lui.
“Beh…  riguarda Macaria. Lei…”
“Macaria? Che cosa ti ha fatto? Ti ha detto qualcosa?” disse lui preoccupato.
“Inizialmente si è messa a farmi delle domande e a parlarmi bene di te. Ma poi…”
“Ma poi? Che cosa ha fatto! Dimmelo!!” mi disse lui. Io feci un istante di silenzio e guardai in basso.
“Ma poi ha parlato male di mia madre e di te. Questo… questo mi ha fatto stare male… e anche arrabbiare!” dissi io guardandolo dritto negli occhi.
Lui mi guardò con uno sguardo leggermente scioccato. Rimanemmo così per una decina di secondi quando improvvisamente lui alzo lo sguardo, mi spostò e si girò verso la porta. Iniziò a fare un passo dopo l’altro.
‘Eh? Che sta facendo? Se ne sta andando? Ma perché?’ pensai io. io non volevo che se ne andasse così lo fermai prendendolo per un polso.
“Che vuoi fare?” dissi io.
“Voglio andare da lei e dirgliene quattro! Non voglio che ti tratti così.”
“Non farlo! Non andartene… Resta qui…” dissi io.
Lui mise una mano sulla mia testa e con l’altra mi abbracciò e mi disse: “Resterò qui finché non ti sarai calmata.”
“S - sì…” dissi io abbracciandolo.
Improvvisamente sentii una strana sensazione. Subito non ci diedi granché importanza, ma la sensazione era molto forte. Come se qualcuno mi stesse osservando…
“Ehi, Pan.” Disse una voce.
“Hm? Che c’è?” disse lui.
“Puoi toglierle le mani di dosso?” disse la voce.
Io e Pan girammo la testa e a fianco a noi trovammo Eracle. Era in piedi a fianco a noi, le braccia incrociate e lo sguardo dritto su di noi. I capelli che coprivano l’occhio sinistro erano tirati all’indietro.
“Eracle?” dissi io.
“Esatto! Ti sono mancato?”
“Neanche un po’!” risposi io. poi io e Pan ci smettemmo di abbracciarci tenendoci soltanto per mano.
‘Stupido.’ Pensai io.
“Ma che cosa ci fai qui? Non dovei andare da qualche parte?” disse Pan.
“Beh, sì… dovevo andare a Ragante, la città controllata da nostro fratello Zeto, ma sono stato fermato da Ade. Mi aveva ordinato di venire a chiamarti e che insieme saremmo dovuti andare a prendere lei. Per poi portarla davanti ad Ade. Carino da parte sua, vero?” disse Eracle.
“Dannazione a lui…” disse Pan.
“Ehi, calmati.” dissi io.
“Ohi, ma davvero non lo sapevi?” disse Eracle.
“E come diavolo facevo a saperlo! Io devo sempre essere  d’accordo nelle sue scelte anche quando non so niente! Questo mi fa davvero arrabbiare.” Disse Pan in modo arrabbiato.
“Ehi, calmati. calmati adesso.” Gli dissi io.
“Ma tu Ebe, veramente non vuoi vedermi?” disse Eracle.
“Assolutamente no. piuttosto dovresti vergognarti di come lo stai facendo sentire. Pan, rilassati adesso, okay?” dissi io.
“Che… guarda che sono io il tuo futuro marito, non lui! Lui è…”
“Io non voglio sposarti e non lo farò mai! Neanche tra millenni! Lui è il mio fidanzato e adesso devi scusarti con lui.”
“Ma… ma… e va bene. Scusami tanto Pan se ti ho fatto sentire così.” Disse Eracle girandosi da una parte. Come se la cosa non gli interessava.
Pan intanto si era un po’ calmato, non de tutto ma almeno non scattò ad ogni informazione di Eracle. O così mi era sembrato.
“Aaaaah! Uffa, non ce la faccio più a restare così! Senti Pan, non credi sia meglio che sia ora di andare nella stanza in cui Ade ci aspetta?” disse Eracle. Inizialmente aveva le mani fra i capelli, ma poi se li tolse e mise una mano su un fianco mentre con l’altra faceva dei gesti.
“Ah… ehm… giusto. Andiamo, Ebe?” mi disse Pan.
“S – sì…” risposi.
Uscimmo dalla porta e attraversammo un lungo corridoio illuminato. Vicino a me c’era Pan a destra ed Eracle a sinistra. In poco tempo arrivammo in fondo a corridoio, dove girammo a destra e dopo pochi passi girammo a sinistra.
Quel corridoio mi sembrava infinito. A fianco a noi c’erano tantissime porte una a fianco all’altra. Mi chiedevo cosa ci fosse dietro ad alcune di quelle porte, ma non lo chiesi mai.
Stavo camminando normalmente quando improvvisamente sentii Pan prendermi la mano. Io non dissi nulla e continuai a camminare. Se era solo lui, potevo accettarlo. Ma la cosa no si fermò lì perché poco dopo Eracle mi diede la mano.
‘Aspetta. Ma… ma cosa sta succedendo? Tutti e due mi tengono una mano? Che faccio adesso? Che faccio!‘ pensai io continuando a camminare.
“Ohi, Ebe.” Disse Eracle.
“Hm?” dissi io.
“Cerca di…” disse Eracle.
“Eracle, cosa hai intenzione di farle?” chiese Pan facendo fermare tutti.
“Proprio niente. Voglio solo parlarle.” Disse Eracle
“Allora potresti parlarle senza tenerle la mano?” disse Pan. Entrambi mi lasciarono le mani e si misero a discutere.
“Che cosa temi che io faccia?”
“Che tu metta le mani su di lei come ti ho beccato di fare la volta scorsa.”
“Ragazzi…” dissi io ma non venni considerata.
“Stupido, non ho intenzione di farlo.” Disse Eracle.
“Bugiardo. So che tu vuoi farle qualcosa.”
“Mmmh… beh, si forse. Ma di certo quando tu non ci sei.”
“Ehi, Come osi! Giuro che questa volta io…” disse Pan con tono arrabbiato.
“Perché ti ricordo che io sono la persona che dovrà stare con lei tutta la vita. Al contrario di te, che si mette a fare il dolce e carino ogni volta che la vedi.” Disse Eracle subito dopo essersi precipitato a fianco a me. Poi anche Pan  si mise a fianco a me tenendomi il braccio.
“Si da il casi che io sia il suo ragazzo.” Disse Pan.
“Ragazzi…” dissi io ma non venni considerata.
“Io invece il suo futuro marito.” Disse Eracle. Loro due si guardarono con espressione arrabbiata.
“RAGAZZI! Insomma smettetela. Non c’è bisogno di litigare.” Esclamai io.
“Dimmi Ebe, tra me e Pan, chi preferisci?” disse Eracle.
Feci un attimo di pausa, il tempo per pensarci. Pan diventò rosso in faccia, ma io gli presi il braccio e dissi: “Sicuramente lui.”
“EEEEEEH? Ma… Perché dici questo?”
“Non voglio assolutamente mettermi con una persona che prima è gentile verso di me, ma poi in realtà è l’opposto. Ancora meno mi viene in mente di sposarlo.” Dissi io.
“Che? E pensare che io ero venuto per te per informarti di alcune cose che sono successe ultimamente.” Dissi io.
“Che cosa sono queste cose?” disse Pan.
“Mi dispiace, ma non sono tenuto a dirlo anche a te. Voglio dirlo soltanto a lei.” disse Eracle con le mani incrociate.
“Allora se devi dire qualcosa dillo anche a me! Da solo con lei non ti lascio.” Disse Pan arrabbiato.
“Che? Ebe, ma seriamente, come fai a stare con lui! E perché mai dovrei dirlo anche a te! Tu no c’entri niente in questa faccenda. E poi…” disse Eracle.
“Eracle, che cos’hai intenzione di dirmi?” chiesi io. Lui esitò un attimo, ma poi si calmò.
“Va bene… un po’ di secoli fa ho sentito Ade parlare. Non so dirti con chi o cosa, ma avevo un tono di voce molto simile, se non uguale, a quello di una persona molto divertita.” Disse Eracle.
“Che cosa diceva?”
“diceva frasi tipo: “Con lui tutto andrà bene.”, “Questo mio fratello non se l’aspetterà mai.” oppure “Non vedo l’ora di veder mio fratello quando vedrà tutto ciò che ho in servo per lui. in questo modo no avrà altra scelta che arrendersi e  darmi tutto.” Cose di questo genere.” Disse Eracle in maniera molto divertita. Mentre lui parlava io avevo così paura che mi nascosi dietro Pan alla seconda affermazione.
“Guarda che cosa hai fatto, l’hai spaventata!” disse Pan.
“Oh, ma questo non è niente.” Disse Eracle.
“C – che cosa vuoi dire?” chiesi io.
“Beh, il suo piano verso di te e tutti gli altri pare essere completamente cambiato. Pare che voglia divertirsi con loro più di quanto tu possa immaginarti. In più sai, dopo quelle parole che ha detto Ade, ho sentito qualcosa.” Disse Eracle.
“Che cosa?” dissi io spostandomi da Pan.
“Com’è questo rumore?” dissi io.
“Non saprei dire molto ma ciò che ho sentito sembrava un ruggito. No, era qualcosa di molto peggio, molto più oscuro e forte. Non l’ho sentito chiaramente perché ero lontano, ma se fossi in te da adesso in poi starei molto attenta.” Disse Eracle.
Ciò che disse mi fece venire ancora più paura e, proprio come prima, mi nascosi dietro Pan.
“Ah… Idiota, guarda che l’hai terrorizzata ancora di più!” disse Pan.
“Ehi, non prendertela con me! Ti sto riportando soltanto ciò che ho sentito.” Disse Eracle in modo tranquillo.
“Stai zitto! Dovresti soltanto scusarti con lei adesso!” disse Pan.
Improvvisamente Eracle mi prese con una mano per un polso e mi spinse verso di lui. quando toccai il suo petto lui mise l’altra mano sulla mia schiena.
“C’e un’altra cosa che voglio proporti. Vedi, se tu cambiassi la tua decisione in questo istante e ti mettessi con me, tu non avrai più da preoccuparti. Sai, io , anche se sono un semidio, sono in grado di proteggerti molto, molto di più rispetto a lui.” disse Eracle.
Poi venni presa per un polso Da Pan e spostata verso di lui.
“Cavolo, perché non ti entra nel cervello che lei è la mia ragazza e vuole stare con me?” disse lui.
“Ah, non capisco proprio come fai ad essere innamorata di lui.” Disse Eracle in modo scocciato.
“Piuttosto Ebe, hai davvero intenzione di andare? Cioè, vuoi davvero partecipare alla Guerra?” mi chiese Pan.
“Sì, beh… voglio mettere fine a questa cosa e salvare mia madre.” Gli risposi io.
“Ma davvero vuoi proseguire? Non sei obbligata a sacrificarti. non puoi farlo…” disse lui.
“Ehi, Pan, calmati. Non ho scelta se voglio proteggere tutti.” Dissi io.
“Ma… ma deve esserci un modo per evitarlo. Io non voglio che tu fai questo. Non te lo permetto.”
“Calmati. Ho solo due scelte: o mi sacrifico io per il bene di tutti, oppure tutti muoiono perché io mi sono rifiutata di fare qualcosa.”
“Si, ma questo è sbagliato.  Non può essere così. Beh, certamente Ade deve essere fermato, però… Però io non gli permetterò di farti niente.” Disse Pan.
“ohi, non sarà meglio che ci incamminiamo? Ade si arrabbierà moltissimo se capisce che noi siamo in tremendo ritardo.” Disse Eracle guardando in alto.
In silenzio iniziammo ad incamminarci. Andammo avanti una ventina di metri, ma per me quel corridoio sembrava lunghissimo. Ogni passo che facevo, sentivo una strana sensazione. Il mio petto sembrava diventato più pesante. Non ci diedi granché caso perché era molto più leggero rispetto a tutte le altre volte passate, così non dissi niente a nessuno dei due. Inaspettatamente Eracle, che era davanti a me, fece fermare entrambi.
“Che ti prende adesso?” Disse Pan.
“Siamo quasi arrivati. Dall’altra parte di quella porta c’è Ade che ci aspetta.” Disse Eracle. Pan si mise a fianco a me e mi prese la mano.
“Pan.” Dissi io.
“Hm?” chiese lui.
“Io… io ho paura. Ho tantissima paura.” Dissi io.
“Ehi, rilassati. Ti ho detto che io sarò al tuo fianco. Senti, ho una proposta da farti.” Disse lui.
“Che c’è?” chiesi io.
“Vorresti… ecco… sposarti con me  quando tutto questo sarà finito?”
“SÌ!!” dissi io con un sorriso grande.
“Ohi, voi due.” Disse Eracle.
“Ma solo quando tutto questo sarà finito. Perché finirà tutto bene, non è vero?”
“Spero di sì.” Dissi io.
‘se tutto va secondo il mio piano…’ pensai io.
“Ohi, volete finirla? Mi state dando sui nervi.” Disse Eracle.
“Ebe, dimmi qual è il mio ruolo? Cioè, cos’è che devo fare io? Posso esserti utile in un qualche modo?” disse Pan.
“Non te lo so dire.” Dissi io.
“E io? Io che cosa devo fare?”
“Non te lo dico finché prima non capisco con chi vuoi stare.” Gli risposi io. Eracle fece il broncio per un po’.
“Beh, direi che dobbiamo andare.” Disse Eracle. Andammo avanti un paio di metri e ci trovammo davanti ad una porta grossa. Forse anche spessa. Eracle aprì la porta ed in fondo alla sala trovammo Ade in piedi.
“Ade, come mi hai ordinato, noi due ti abbiamo portato la ragazza.” Disse Eracle.
“Siete in tremendo ritardo. Quanto vi ci è voluto per portarmela?” disse Ade.
“Sì, scusaci, ma…” disse Pan, ma venne fermato subito.
“Non voglio sentire una parola da te! Hm? Ohi, cos’è quella ‘mano nella mano’ che vedo lì?” chiese Ade.
Guardai. infatti eravamo ancora con le mani unite. Ma come ha fatto a vederlo da così distante? Non ne avevo idea, ma Pan tolse subito la mano dalla mia.
“Che cosa hai intenzione di fare a Zeus e agli altri della mia famiglia?” chiesi io.
“Questo lo scoprirai presto. Ma prima tu devi scegliere.” Disse Ade.
“Scegliere cosa?”
“Devi decidere se vuoi uccidere adesso Eracle e Pan oppure farti bendare ed entrare là.” Disse Ade indicando con la mano destra una gabbia fatta d’acciaio. O meglio, sembrava d’acciaio e sembrava una gabbia visto che era composte da sbarre verticali.
‘Quando è apparsa quella cosa? Ed è d’acciaio? Ma come posso scegliere?’ pensai io. ero completamente scioccato da quella situazione.
“Ade, ma sei completamente impazzito? Come puoi chiederle questo?” disse Pan. Io avevo lo sguardo fisso sulla gabbia.
“Stai zitto! Mocciosa, non hai altra scelta se non decidere. Ah, no, aspetta. Un’altra scelta ce l’hai. Quella di farti uccidere adesso da me. allora, cosa scegli?” disse Ade. Io rimasi in silenzio.
“Ebe…” disse Eracle.
“Ebe non rispondere. Puoi anche rifiutare ogni scelta. Sei tu a…” disse Pan ma venne fermato.
“Allora?” disse Ade.
“Voglio farti una domanda prima. Che… che cosa hai intenzione di farmi durante la Guerra?” dissi io.
“Tch, sei una scocciatrice proprio come Zeus. Qual è la tua risposta?” disse Zeus.
“Scusami Pan, ma devo andare.” Dissi io a bassa voce poi feci un passo avanti.
“Eh? No… non puoi andare. Non voglio.” Mi disse pan fermandomi per il polso.
“Lasciami. Mi dispiace ma non ho scelta.” Dissi io. subito dopo mi diressi verso la ‘gabbia’. Appena mi sedetti dentro mi vennero coperti gli occhi.
“Brava, inutile mocciosa. E voi due, andate a prepararvi. Avrete de lavoro da fare anche voi due.” Disse Ade con tono molto divertito.
“Bene, ora siamo pronti per andare. Non vedo l’ora di giocare con mio fratello…” continuò Ade. poi sentii che la ‘gabbia’ in cui mi trovavo si stava muovendo. Sentivo anche dei passi. che fosse Ade che si stesse spostando? Probabilmente sì. E che fisse Ade a spostare la gabbia? Questo non saprei dirlo, ma mi sentivo così stanca che mi addormentai.

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Capitolo 45
*** Capitolo quarantatré: l'incontro con Zeus e l'arrivo di qualcosa o qualcuno ***


Erano passati vari millenni da quando io ero stata chiusa in gabbia da Ade. Di quei millenni non potrei raccontare niente perché ero rimasta addormentata.
‘Eh?... Ma che mi è successo? L’ultima cosa che ricordo è di essere stata messa dentro una gabbia e di aver sentito qualcosa di strano. Ma adesso… perché non sento più niente? Nessun odore. Nessun profumo. Ma dove mi trovo?’ pensai io appena sveglia.
In quell’istante provai una strana sensazione di leggerezza. Non sapevo come fosse possibile ma mi sembrava di volare. O che qualcuno facesse in modo che io provassi quella sensazione. Fino a quel momento non mi ero mai sentita in quel modo.
Però aspetta. Pan? Ed Eracle? Che cosa ne era stato di loro? Che cosa era successo dopo che mi  ero addormentata?
“Ebe…” sentii io in maniera non molto chiara. La voce sembrava essere quella di Pan. Ma doveva essere una mia allucinazione.
“Ebe…” disse di nuovo la stessa voce. Questa volta la sentii in modo ben preciso. Sembrava davvero quella di Pan. Ed era molto vicina.
“Ehi, Ebe. Sei sveglia? Mi senti? Ehi, dimmi come stai!” disse per la terza volta quella voce.
“Io sto bene, ma… Aspetta, Pan? Sei tu?” dissi io.
“Certo che sono io.” disse Pan. La voce proveniva dalla mia destra.
“Dove mi trovo? Cosa mi è successo? E perché non vedo niente?” chiesi io.
Infatti è da quando mi sono svegliata che non vedevo nulla. Né davanti, né dietro di me.
“Hai gli occhi bendati. Non so per quale ragione sei così però sono felice che tu stia bene.” mi disse Pan.
“Pan… ho paura. Ho tanta paura. Quindi spiegami cosa mi è successo.” Dissi io.
“Tranquilla, ci sono io con te. Ti starò vicino qualunque cosa succeda. Quindi stai tranquilla, okay?” disse lui.
“Sì.” Dissi io sorridendo.
“Oh, sei sveglia. E per fortuna stai bene.” disse una seconda voce proveniente dalla parte opposta di Pan e molto simile a quella di Eracle.
“Eracle? Sei tu?” chiesi.
“Certo che sono io. Ma non alzare troppo la voce.” Disse Eracle.
“Perché? Uno di voi due può spiegarmi cosa sta succedendo e dove mi trovo?” chiesi io.
“Ohi, essere rinchiuso. Fai silenzio.” Disse una voce un po’ oscura e mai sentita dietro di me.
Nello stesso momento sentii qualcosa di piccolo e rotondo toccarmi un fianco un paio di volte.
‘Ahia, fa male. Ma cosa è stato?’ Pensai io facendo una smorfia di dolore.
“Ohi, tu! Cosa hai fatto alla mia ragazza? Se osi di nuovo farle qualcosa, la pagherai molto cara. Mi hai capito?” disse Pan in tono arrabbiato.
“Oh, sì. Certo, vostra maestà.” Disse di nuovo la voce oscura dietro di me.
Dentro di me mi facevo tante domande che sembravano non avere una risposta. O meglio, le risposte c’erano ma io non riuscivo a darle. Di scatto, senza che me lo aspettassi, sentii il mio corpo appesantirsi e udii uno strano rumore. Sembrava molto come se delle grandi ruote in legno si fossero appoggiate per terra.
“Tch, siete diventati irritanti come dei moscerini. Oh beh, intanto siamo arrivati.” Disse Ade. Riuscii a riconoscere la voce. Dal tono sembrava molto vicino a me e arrabbiato.
‘Eh?’ pensai io.
“Arrivati? Arrivati dove? Dove siamo? Perché sono bendata? Che sta succedendo? Ohi Ade, rispondimi!” dissi io.
“Fate uscire la mocciosa e portatela qui.” Disse Ade.
Passarono una decina di secondi quando sentii qualcosa da dietro di me spingermi in avanti costringendomi a fare due o tre passi. Venni girata a destra e spinta in avanti per 5 o 6 passi. Mentre camminai sentii un leggero dolore al petto e le mani legate dietro la schiena.
Mi venne anche tolta la benda ma quando aprii gli occhi vidi tutto intorno a me in modo fosco. Non riuscivo a vedere chiaramente le persone ma potevo riconoscerle dalle voci. Davanti a me c’era Zeus, i miei fratelli e sorelle e tante, tante altre persone dietro di loro. Ma aspetta un attimo. Là in mezzo non c’era mia madre Era. Com’era possibile? Perché lei non c’era? E chi erano tutte quelle persone? Non ditemi che… le era successo qualcosa durante la mia assenza!
“Finalmente ci rivediamo, fratello.” Disse Ade.
“Ade…” disse Zeus.
‘Dove mi trovo?’ pensai io guardandomi intorno.
Davanti a me c’erano Eaco, Afrodite con espressione molto preoccupata e le unghie delle mani tra i denti, Atena e Zeto con sguardi scioccati puntati su di me. Ai fianchi avevo Pan ed Eracle mentre davanti c’era Ade con il cappuccio e il mantello nero indosso puntare dritto davanti a lui.
In più il luogo dove mi trovavo era diverso da quello che avevo visto finora. Camminavo su una terra un po’ arida dove non c’era niente intorno a tutti noi. Niente piante, né cespugli, né edifici.
Poi improvvisamente mi ricordai una cosa. Una volta, da piccola mia madre mi aveva descritto un posto simile. Diceva che era un grande posto arido all’apparenza senza alcuna cosa intorno e senza alcuna abitazione. Chiunque poteva andare a coltivarci là perché il pezzo di terreno usato apparteneva alla persona che ne faceva uso finché ne aveva bisogno.
Quest’ambiente corrispondeva esattamente a come mia madre l’aveva descritto. Questo vuol dire… che ero nella campagna della mia città.
“Ne sono passati di millenni dall’ultima volta che ti ho visto.” Disse Ade.
“Già… ma noto che tu non hai intenzione di cambiare opinione.” Disse Zeus.
‘Perché Atena e Zeto hanno degli sguardi scioccati? E perché Afrodite sembra così preoccupata?’ pensai io.
“Che cosa le hai fatto?” disse Afrodite.
“Sapete, ultimamente ho elaborato una sostanza che fa perdere i sensi e addormentare alla persona che lo annusa. L’ho provato su di lei e devo dire che ha funzionato a meraviglia. Esattamente come mi aspettavo. È stato il metodo migliore per portarla qui.” Disse Ade.
“Come hai potuto fare questo.” Disse Zeus.
“Mi stai sottovalutando fratello? Eppure dovresti conoscermi bene. Beh, voglio dirvi che ormai controllo quasi tutta questa nullità. Anche adesso sapete?” disse Ade.
“No… non può essere così.” disse Zeto.
“Ade, …” disse Eaco.
“Hm?” disse Ade.
“… come ti sei permesso fare questo a mia sorella?” continuò Eaco con tono serio.
“Vedi, la cosa più divertente è proprio questa. Io posso fare qualunque cosa a chiunque io voglio.” disse Ade.
“Ebe, come ti senti? Ehi, che cos’hai? Perché i tuoi occhi sono così scuri? Ohi, perché non mi rispondi! Ebe, puoi sentirmi? Dimmi qualcosa!” disse Zeto.
“Ragazzi allontanatevi da lui! è pericoloso restare dove siete! Se non ve ne andate adesso potreste rimanere colpiti dalla maledizione! Eh… ma cosa? Perché non riesco a parlare? Perché non esce neanche una parola dalla mia bocca? Ma com’è possibile?” cercai di dire io. Ma sfortunatamente non potei avvisarli in alcuno modo.
Mi sentii il petto farmi ancora più male di prima e percepii uno strano dolore nella mia testa. Un dolore che ad ogni minuto che passava si sentiva sempre più forte. Mi sentivo come se la mia anima e il mio corpo fossero due cose separate. Come se la mia anima cercasse di comunicare con gli altri, mentre il mio corpo era bloccato. Ero completamente incapace di muovermi. Avevo la sensazione di essere controllata da altri. Ma chi poteva essere?
“Ha ha ha! Che stolti che siete. Lei non può rispondervi.” Disse Ade.
“Cosa?” disse Atena.
“Può solo sentirvi. Le ho reso impossibile qualunque movimento e può dire solo ciò che gli ordino io. E sapete una cosa? Voi non potete fare niente per farla tornare come prima. Né adesso, né in futuro. Meraviglioso, non è così?” disse Ade.
“Cosa? Ma come… Ade fammi tornare normale subito! Te lo ordino!” dissi io, ma inutilmente.
“Ma quale meraviglioso.” Disse Eaco.
“Esatto! Fai tornare normale nostra sorella all’istante!” disse Zeto molto arrabbiato.
“Oooooh, che bellissima espressione! Sapete, io sono un dio che qualche volta ha voglia di divertirsi. Inoltre, io sono vostro zio, dovreste avere un minimo di rispetto per me.” disse Ade.
“Ragazzi ma non capite che restare qui rischiate la vita! Dovete andarvene all’istante! Non voglio che voi moriate. Questo… Questo non lo voglio! Ohi Ade! Non so che cosa tu mi abbia fatto ma ti ordino di liberarmi all’istante da questa situazione! Mi hai capito? Hey, mi stai ascoltando?” dissi io prima in maniera disperata, poi arrabbiata. Ma tutto questo era stato inutile perché come prima neanche una parola li aveva raggiunti e Ade sembrava non considerarmi.
“Che tu sia mio zio o qualcun altro a me non importa! Per colpa tua in passato sono state fatte cinque guerre come questa! Per colpa tua nostro padre ha dovuto subire la conseguenze delle tue azioni! Non ti importa niente di tutto quello che hai causato?” disse Zeto.
‘Ma di cosa sta parlando?’ pensai io.
“No, perché ogni volta va a finire esattamente come io pianifico. Ogni volta voi siete quelli deboli ed io quello più forte. Io sono sempre il vincitore.” Disse Ade con tono felice.
“Ohi, come osi…” disse Zeto ma venne interrotto da Zeus che gli mise un braccio davanti al suo petto. Anche se non ci vedevo bene mi era sembrato di vedere questo.
“Calmatevi ragazzi. Ricordatevi ciò che vi ho detto.” disse Zeus.
“Si, ma…” disse Zeto.
“Aaaaah, è un peccato che tu lo abbia fermato. Stavo iniziando a divertirmi. Beh, poco importa. Direi che è il momento di iniziare, vero, fratello?” disse Ade girandosi dalla parte opposta.
“Fermo!” disse Pan.
“hm? Che c’è adesso?”
“Cosa hai fatto alla mia ragazza?” disse Pan.
‘Pan…’ pensai io.
“Eh? Quell’essere? L’ho già detto, lei è sotto il mio controllo. Sai, lei sembra essere molto più brava ed ubbidiente di certi che conosco. Beh, presto verrà mangiata da me. Davanti a tutti voi.” Disse Ade.
“Cosa?… Sappi che io non te lo permetterò!” disse Pan.
“E nemmeno io!” disse Eracle.
“Zeto, riesci  a percepire qualcosa?” chiese Atena a voce bassa.
“Soltanto una sensazione di sicurezza di vittoria da parte di Ade, di rabbia e preoccupazione da parte di papà e puro silenzio dietro di noi.” Disse Zeto.
“Voi che avete intenzione di fare qualcosa? Contro chi? Me? Stolti. Non riuscireste a farmi nemmeno un graffio. Siete troppo deboli. Oh, ho capito. Volete provare ciò che sta provando lei in questo momento. Se è così posso accontentarvi anche subito.” Disse Ade  rivolto verso di noi. Pan ne rimase terrorizzato dalle sue parole.
‘Cavolo. Mi fa molto male il petto. Anche la testa fa male. Mi sento come se mi stessero martellando ovunque. Ma ogni minuto che passa sento sempre più dolore. Non so per quanto riuscirò a resistere.’ Pensai io continuando a resistere.
“Afrodite, riesci a fare qualcosa per attirare l’attenzione di Ade?” Disse Zeto.
“Beh, posso provare.” Disse Afrodite.
Di scatto Ade girò il cappuccio verso di loro e Zeto e Afrodite si bloccarono come paralizzati. Avevano uno sguardo scioccato.
“Ragazzi ma che vi prende? Cos’è quell’espressione? Che succede?” cercai di dire io. Ma ero ancora sotto il controllo di Ade.
“Voi volete usare il vostro potere su di me? ha ha ha ha ha!!!! (risata) Siete ancora più stolti di quei due. Oh, a proposito. Zeus è inutile nascondere la tua mano destra.” Disse Ade.
“Eh?”
“Non fare il finto tonto. So che ce l’hai a forma di pugno. Forza, mostra ciò che nascondi.” Disse Ade. Improvvisamente la vista mi tornò normale, ma non riuscii ancora a muovermi.
‘Ma che… che cos’è quell’oggetto? Non l’ho mai visto prima d’ora…’ pensai io stupita.
Quando Zeus mise in avanti la mano, nel suo pugno apparve un oggetto che sembrava alto una decina di centimetri in più rispetto a lui. Era tutto in oro e in alto aveva tre punte, anche quelle in oro.
“Tu dici questo Ade?” disse Zeus.
“Esatto. Ora vi dimostrerò una cosa. Dammelo.” Disse Ade girandosi completamente verso di loro e con tono serio.
‘Dimostrare? Dimostrare cosa? Che cos’è quell’oggetto oro?’ pensai.
“Non posso. … Non posso farlo.” Disse Zeus.
“Tch. Ho detto dammelo.” Disse Ade.
“Ade cerca di ragionare. Io non posso dartelo perché come ti ho già detto migliaia di volte questo è un oggetto che mi è stato dato da nostro padre.” Disse Zeus.
“Io non cerco di ragionare! Farlo sarebbe solo uno spreco di tempo. Ora dammelo e basta!” disse Ade in tono arrabbiato e allungando la mano destra.
“Ade calmati e cerca di capire. Io non posso darti il tridente.” Disse Zeus.
“Ah, è così? Allora guarda tua figlia soffrire molto più di quanto hai visto fino ad ora.” Disse Ade.
Poi si girò verso di me, alzò il braccio e puntò l’indice della mano destra verso di me. La vista mi tornò sfocata e mi aumentò di molto il dolore al petto e alla testa. Il dolore al petto era molto più forte delle altre volte tanto che avevo paura di non riuscire a resistere a lungo. Il corpo non riuscivo a muoverlo ma con estrema fatica trovai la forza e riuscii ad avvicinare lentamente le mie mani al petto, metterle a forma di pugno e di inclinare di poco il corpo in avanti.
“No…” disse Atena.
“Ade smettila! Non vedi quanto lei sta soffrendo?” disse Zeto.
“Ohi, falla finita. Questo non è divertente.” Disse Eaco.
“Ora basta! Ho capito. Ecco.” Disse Zeus allungando il tridente.
Ade spostò la mano con cui mi stava indicando e prese il tridente. Anche dopo aver tolto la mano io continuai a provare molto dolore.
“Perfetto! Ed ora ammirate il nuovo sovrano del cielo e della terra! Adesso, come prima cosa, ucciderò Zeus con il potere del tridente.” Disse Ade finendo per puntarlo verso Zeus.
Tutti erano scioccati.
Passarono una decina di secondi ma tutto rimase in silenzio.
“Eh? Ma come? Com’è possibile che non succeda niente? Efesto! EFESTO!” urlò Ade.
Dalla mia destra arrivò Efesto camminando.
“Toh, prendi!” Disse Ade lanciandogli il tridente. Lui era davanti a me, Eracle e Pan, ma dalla parte opposta ad Ade. Riuscì a prenderlo al volo ma, dopo aver fatto passare una decina di secondi, non successe ancora niente.
Non capivo, che cosa doveva succedere? Perché quel silenzio?
“Nemmeno con lui funziona. Ma come è possibile?” Disse Ade fermandosi a pensare.
Voltò di scatto lo sguardo verso di me e disse: “Non dirmi che… Date il tridente alla mocciosa!”
“Si, vostra maestà.” Disse la stessa voce oscura di un po’ di tempo fa.
Si avvicinò a Efesto una strana creatura, bassa, con la pelle marrone scuro, la schiena curva in avanti e lo stesso tono di voce di prima. Al posto delle mani aveva delle zampe con 4 dita e dei piedi con 3 dita.
‘Che cos’è quell’essere? E perché ha una pelle così scura? Però aspetta. Non dirmi che… è stato quell’essere a toccarmi prima. Ma con cosa? E che avrà intenzione di fare adesso?’ Pensai io.
Vidi la strana creatura fare qualcosa verso se stesso mentre Efesto lo stava facendo verso di sé. O almeno così riuscii a vedere. L’oggetto sembrava essere finito nelle mani della strana creatura che si spostò e si diresse verso di me.
‘Eh? E adesso che cosa vuole fare? Perché viene verso di me? Non vorrà mica farmi del male. E poi che cos’ha preso dalle mani di Efesto? Che questa è un’idea di Ade?’ mi chiesi io mentre l’essere continuava a venire verso di me.
Quando la strana creatura mi arrivò davanti, il braccio destro mi si alzò da solo e mi venne messo in mano il tridente. Cercai con tutta la forza che avevo di oppormi, ma proprio non ci riuscì. Il mio corpo era completamente bloccato da Ade. Ma allora com’era possibile che il mio braccio si era sollevato da solo?
Un istante dopo che avevo in mano il tridente, questo si mise a luccicare. Non vedevo bene quindi non saprei descrivere con precisione però ero certa che in quel momento luccicasse tantissimo. Rimasi per cinque o sei secondi in quella posizione poi mi venne di scatto tolto il tridente e quello smise di luccicare. Andò nelle mani di qualcuno che si trovava alla mia destra ma non fece la stessa cosa che fece con me.
“Con lui non funziona ma con la mocciosa sì. … Zeus! Che cosa hai fatto al tridente!” disse Ade.
“Eh? Io non ho fatto proprio niente.” Disse Zeus.
“BUGIARDO! TU LO HAI MODIFICATO!” urlò Ade.
“Ma che stai dicendo? Non è possibile che…”
“Fa’ silenzio!” disse Ade. poi si girò di scatto in indietro e urlò: “Tutti ai vostri posti per iniziare le Guerra!”
Sentii del rumore provenire da dietro di noi. Rumore che assomigliava a tanti piedi e degli oggetti in movimento.
“Ade aspetta! Che cosa…” disse Atena.
“No! Non aspetto più! ho passato anche troppo tempo ad ascoltarvi. Non intendo più restare fermo.” Disse Ade.
“Ade cerca di capire. È impossibile che io lo abbia modificato. C’è un motivo per cui non è possibile farci niente. Lo capisci?” disse Zeus. Ade non diede nemmeno ascolto alle sue parole, così si girò verso di noi e camminò in avanti.
“Ohi, che hai intenzione di fare? E perché non…” disse Pan ma venne fermato.
“Ohi, fermati! Tu non hai il diritto di parlare così a nostro padre! E ti ordino subito di liberare nostra sorella!” disse Zeto.
“Ade può fare qualunque in cosa e può parlare qualunque maniera lui preferisce. Perché lui è il sovrano degli Inferi. “disse una voce dietro di me.
“Macaria, non mettertici anche tu.” disse Eracle.
‘Eh? Macaria? Ma che ci fa lei qui? Anche lei combatterà nella Guerra di Ribellione? Però il suo modo di parlare non è carino nemmeno qui. Che sia un’altra idea di Ade? Non lo so… però cavolo, non riesco ancora a comunicare con gli altri. Questo a causa di… Ohi, Ade! Liberami subito! Liberami subito da questa situazione. E perché mi hai legato le mani? Ohi, esigo una risposta all’istante! Hey, mi stai ascoltando? Sto parlando con te! …” dissi io continuando a parlargli arrabbiata. Ma proprio come prima nessuno riusciva a sentirmi, Ade continuava ad ignorarmi ed io avevo ancora la vista offuscata e il corpo bloccato.
“Che bella quella vostra espressione arrabbiata nei miei confronti. Però state diventando fastidiosi come moscerini, esattamente come loro tre.” Disse Ade.
“Come ti permetti!” disse Atena.
“Percepisco qualcosa di strano…. Proviene da Ebe.” disse Zeto in tono basso.
“Anch’io…” disse Atena in tono basso.
“Cosa? e che cos’è?” disse Zeus.
“Qualcosa simile a rabbia… disperazione… no, paura… non so dirlo di preciso. Ma è un gran insieme di emozioni.” Disse Atena in tono basso.
“Rabbia verso Ade e preoccupazione verso di noi. Questo è quello che prova Ebe.” Disse Zeto in tono  basso.
“Anche lei continua a fare casino cercando di fermarmi. Lo sta facendo da quando abbiamo iniziato a parlare. Continua a farlo e mi da sempre più fastidio. Lei crede di essere in grado di fermare me, il dio dell’INFERNO. Ma non è così. Eracle, Pan, rimettete la mocciosa in cella.” Disse Ade.
“Cosa hai intenzione di fare con lei?” disse Zeus.
“Lo vedrai.” Disse Ade.
Io venni girata indietro, feci alcuni passi e poi fui costretta ad avanzare ancora un paio di passi con la testa bassa. Mi bloccai proprio davanti alla porta della gabbia e improvvisamente sentii una strana sensazione in tutto il corpo. Il dolore alla testa sparì in quel momento, così come la vista mi tornò limpida. Sentii anche come se il mio corpo e la mia anima fossero tornati ad essere unici.
“… Ohi, ma mi stai ascoltando? Io ti odio! Ti odio, hai capito? Adesso Ade, liberami subito da questa situazione! E slegami le mani! Slegamiiiii!!! E voi ragazzi non potete restare qui! Dovete andarvene! Non voglio che voi ne veniate coinvolti.” Dissi io.
‘Eh? Ma cosa… adesso riesco a parlare e a farmi sentire. Vuol dire che adesso sono libera e che questo non accadrà più? non lo so. Ma lo spero.’ Pensai io.
“Ebe…” disse Afrodite.
“No! noi non ce ne andremo! Non prima di averti liberato e dato una bella lezione ad Ade.” disse Atena.
Da dove ero riuscivo a vedere Macaria davanti a me. Era vestita con un abito aderente fino a sopra le ginocchia, delle scarpe sottili, una mano dietro la schiena e l’altra mano quasi davanti alla bocca.
“Convinti che ci riuscirete.”  Disse Macaria con tono divertito e un sorriso sulle labbra.
“Basta. Ho perso troppo tempo con voi. Forza mettetela dentro. E voi, siete pronti?” Disse Ade girandosi indietro e poi avanzò per cinque o sei passi con quel mantello nero indosso. Continuò a camminare ignaro del fatto che noi eravamo lì.
Anche Zeus si girò indietro e urlò di prepararsi a tutta la gente che era dietro di lui e dei miei fratelli e sorelle.
“Ohi, fermati!” disse Pan.
“Ehi, ma cosa…” dissi io.
“Cos’altro c’è adesso.” Disse Ade fermandosi e girandosi verso di noi.
“Gente come te… io proprio la odio.” disse Pan.
“Mi fa piacere sentirlo. E quindi, che vuoi adesso?” disse Ade.
“Rispondi alle mie domande. Che intendi fare adesso? Che intendi fare con noi? Perché ci hai portati qui? Che vuoi fare a lei? E cos’era quello strano rumore che ho sentito nel castello?” Chiese Pan.
“Ohi, che stai dicendo?” dissi io.
“Oh, quello. Giusto. Quella è una cosa che ho preparato per voi. E per loro. Ma credo che mio fratello se lo ricorda.” Disse Ade.
“Eh?” disse Eaco.
“Siete curiosi di conoscerlo?” disse Macaria.
“Portatelo qui!” disse Ade.
Quello che seguirono furono dei forti e pesanti rumori di piedi che si muovevano uno ad uno. Quel rumore si faceva sempre più forte ogni minuto che passava ed incuteva paura. Tremava persino il terreno. Subito pensai che quello doveva essere qualcosa dalle dimensioni enormi. E probabilmente non era né un umano né un dio. Ma allora cosa poteva essere? E com’era possibile che poteva esistere qualcosa di simile?
Girai a destra la testa e quello che vidi, oltre a un gran numero di particolari persone di diversa età anche da questa parte, vi era qualcosa in lontananza. Lo si vedeva appena ma in quel momento e da molto lontano sembrava la struttura di un essere umano. Ma che dico, non è possibile che lo sia. Le persone e, per quel che ne so, nemmeno gli dèi fanno rumori del genere quando camminano.

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Capitolo 46
*** Capitolo quarantaquattro: l'enorme creatura e l'inizio della Guerra di Ribellione ***


Una strana creatura veniva verso di noi. Una creatura che non era umana e che faceva tremare il terreno continuamente e sempre più forte. Quell’essere si stava avvicinando ma dalla distanza in cui era rispetto a noi si potevano vedere due cose spuntare ai lati del collo.
“Pan, ho tanta paura.” Dissi io.
“Anch’io. Ma farò in modo di proteggerti. A qualunque costo.” Disse Pan.
“Anch’io ti proteggerò.” Disse Eracle.
“N-non può essere.” Disse Zeus.
Più quella creatura era vicina a noi, più riuscii a vedere con precisione che cos’era. I miei fratelli e sorelle, come me, non riuscivano a muoversi. Una creatura enorme arrivò e si mise a fianco a me, Eracle e Pan. Appena lo guardai il mio corpo non si muoveva più. Sembrava essere tornata paralizzata come prima. Iniziai a provare anche una sensazione di terrore. Quella creatura assomigliava a un cane dalle dimensioni gigantesche. Aveva tre teste, al posto delle mani e dei piedi c’erano delle zampe enormi, gli occhi erano grandi e rossi, le orecchie dritte e puntate verso l’alto e la bocca leggermente aperta con qualcosa simile a fuoco all’interno. I denti erano molto affilati e intorno al collo vi erano quattro o sei serpenti che da vedere sembravano innocui. Aveva gli occhi puntati verso Zeus e gli altri, o così mi sembrava. Io tentai di togliere lo sguardo da quella creatura, ma non ci riuscii.
‘Non può essere… Di nuovo… il mio corpo… non si muove. Ma cos’è quest’essere? È enorme. Però… Mi sembra di averlo già visto da qualche parte.’ pensai io.
“Non ci credo.” Disse Zeus.
“Ehi, fratello, che succede? Non lo riconosci più?” disse Ade.
“Ma cosa… Com’è possibile? Io credevo di averlo ucciso nello scontro precedente.” Disse Zeus.
“Ucciso? Ah, sì. Mi ci è voluto un po’ per farlo tornare in vita, ma adesso è molto meglio di prima.” Disse Ade.
“Cosa?” disse Zeus.
“Bello, vero? Bene,  direi che è il momento di iniziare a giocare per me.” Disse Ade.
“Eh?” disse Zeus.
CERBERO! BATTITI CONTRO MIO FRATELLO! urlò Ade con un dito della mano destra rivolto verso Zeus.
‘Q… questo è il Cerbero? Lo stesso Cerbero che ho visto nei libri di storia? Fa paura! E poi è troppo grande! Non c’è possibilità. Nessuno di noi avrebbe la forza e sarebbe abbastanza coraggioso da sfidarlo e distruggerlo. È troppo grande e potente.’ Pensai io.
L’animale fece due passi in avanti e Zeus due passi indietro.
“Huh? Ehi, Ade, ma che stai facendo! Che ti passa per la testa! È ridicolo. Ferma questa cosa! Fermalo prima che …” disse Zeus.
“Fermo!” disse Eracle.
“Che diavolo c’è adesso. Sono stufo di essere fermato ogni volta.” Disse Ade.
Io ripresi la capacità di muovermi e mi girai subito verso Eracle. Le sue parole e la sua espressione seria mi fecero pensare. Non può essere che…
“No… Eracle che hai intenzione di fare! Fermati! Togliti dalla mente ciò che stai pensando! È una follia!” dissi io. ma lui non mi diede ascolto.
“Combatterò io al posto suo!” disse Eracle.
“No! Non farlo, morirai! Ritira ciò che hai detto! Se tu vai… se vai potresti morire. Quindi dammi ascolto e non andare!” dissi io.
Lui mi guardò dicendo: “Non voglio restare fermo mentre tutti voi agite. E poi mi serve proprio un avversario contro cui provare la mia nuova forza. Quindi stai tranquilla, non morirò. Non voglio morire. Lo ucciderò e poi verrò qui ad aiutare tutti. Inoltre… Ohi, Zeus! Voglio chiederti una cosa. Nel caso io tornassi vivo, tu mi potrai considerare come uno dei tuoi figli in futuro?”
Zeus gli sorrise, ma anche quello mi preoccupò. Insomma, come poteva Zeus permettere una cosa del genere! Lasciare che Eracle combatta contro il Cerbero se nemmeno lui, era riuscito a sconfiggerlo.
“Interessante. Bene, allora accetto la tua sfida. CERBERO, CONBATTI CONTRO ERACLE INVECE DI ZEUS.” Disse Ade. il Cerbero spostò lo sguardo su Eracle ed emise un forte  rumore simile a ruggito tenendo la testa verso l’alto.
Eracle fece un sorriso e poi si mise a correre da sinistra verso destra urlando: “Forza Cerbero! Che stai aspettando? Vieni a prendermi se ne hai il coraggio!”
“Eracle fermati! Non farlo! Non andare, torna indietro! ERACLEEEEEEEE!” gli dissi io mentre lui correva. Ma lui non era in grado di sentirmi a causa della distanza e continuò a correre anche se io non lo vedevo più.
“Ah, basta! Non ne posso più di aspettare! Diamo inizio al MIO momento di gioia nel massacrarvi tutti.” Disse Ade.
“Eh?” disse Atena.
Zeus mi guardo negli occhi con un’espressione triste e con tono basso mi disse: “Mi dispiace Ebe. I ragazzi hanno deciso di non dare retta al tuo piano.”
Ade puntò l’indice della mano destra verso il cielo.
ESERCITO, ALL’ATTACCOOOOO!” disse Ade spostando il dito dritto davanti a lui.
“Tch. Ecco che ricomincia. Esattamente come la volta scorsa. Però questa è una cosa che proprio mi scoccia. Così cerchiamo di finire alla svelta.” Disse Eaco con una mano sui capelli, l’altra su un fianco e un’espressione scocciata.
Dopo quelle parole tutte le persone che si trovavano dietro a Zeus e agli altri iniziarono ad indietreggiare mentre tutti quelli dietro di me e Pan iniziarono ad avanzare. Ma c’era qualcosa di strano in tutto ciò. Coloro che erano dietro Zeus avevano l’aspetto di esseri umani mentre dietro di noi c’erano degli esseri piccoli dalla pelle scura e degli scheletri che si muovevano. Esatto, scheletri di persone! Ciò che ognuno di loro aveva in mano erano degli oggetti metallici lunghi e appuntiti che assomigliavano a lance. Sembravano essercene tantissimi, non finivano mai. Mi facevano schifo e paura soltanto a vederli tanto che strinsi le mani nella maglia di Pan.
Eravamo circondati di scheletri che camminavano.
Quegli scheletri ci passavano ai fianchi senza neanche considerarci, poi si divisero in grandi file e iniziarono a correre verso Zeto, Atena e gli altri che indietreggiavano. Fecero soltanto 5 o 6 passi quando si fermarono e lasciarono avanzare gli scheletri. Quando arrivarono l’uno davanti agli altri, i miei fratelli tirarono fuori delle spade ed iniziarono ad ucciderli o a spezzarli in due per cercare di ridurne il numero. Anche Zeus, mio padre, si mise a combattere con una spada che aveva in un fianco. Tutti a parte Eaco. Lui li fece avanzare mentre teneva gli occhi chiusi. Dopo pochi istanti aprì gli occhi e fissò il maggior numero di scheletri e di oggetti metallici. Quando guardò gli oggetti, quelli iniziarono a sciogliersi e a raccogliersi in aria formando un enorme cerchio intorno agli scheletri stessi. Un istante dopo Eaco lasciò cadere a terra l’oggetto rotondo di metallico che aveva creato e tutti gli scheletri che c’erano sotto si erano distrutti. Ma il problema non finiva lì perché ne arrivarono altri e altri ancora, così Eaco esegui questa operazione varie volte.
Eaco, Zeto, Atena ed Afrodite continuarono a combattere allontanandosi gli uni dagli altri.
Nello stesso momento una di quelle strane creature basse e dalla pelle marrone si avvicinò ad Ade e chiese: “Vostra maestà, cosa facciamo con vostro fratello Zeus? Continuiamo a combatterlo?”
“Per il momento sì. Voglio vederlo così ancora per un po’. Però si muove con gran velocità e bravura.” Rispose Ade.
“Smettila.” Dissi io in tono basso e guardando per terra.
Una serie di immagini e di ricordi mi tornarono alla mente in quel momento. L’espressione sorridente di mia madre, di mio padre, Di Zeus quando mi aveva visto la prima volta. Anche il ricordo di quando i miei fratelli e le mie sorelle nel giorno del mio compleanno mi allungarono i loro regali con le facce sorridenti.
“Vedo che ha una spada con sé. Ed è molto bravo ad utilizzarla. Deve essersi allenato per bene rispetto alla volta scorsa.” Disse Ade.
“Smettila.” Dissi io di nuovo con tono basso.
Però lui non mi ascoltò e continuò a guardare Zeus e a parlare. Io non sentii quello che stava dicendo perché ero immersa in un ricordo. Quello in cui Pan era in casa mia, mi prese in braccio e mi portò dalla cucina alla mia stanza.
“Beh, da mio fratello me lo aspettavo. Ha sempre avuto la mania di essere il più bravo in ogni cosa che imparava. Però c’è dell’altro. Qualcosa che lo riguarda e che non riesco a percepire. Non dirmi che si tratta di …” disse Ade.
“TACI!!!!” dissi io guardandolo in modo molto arrabbiato e serio. Ade girò il cappuccio verso di me.
“Idiota! Non osare dire altro. Non dire più nulla e non parlare più in quel modo nei confronti ella mia famiglia. Tu… Non osare toccare Zeus con quelle tue sudicie mani! Per colpa tua… per colpa tua io sto per perdere mia madre, i miei amici e casa mia. SOLO A CAUSA TUA!” dissi io.
“Beh, sì, è vero. Devo dire che è stato molto più che meraviglioso vederti in quelle condizioni tutte le volte. Averti visto soffrire in quel modo è stata la mia gioia più grande. E quella tua espressione da disperata mi ha fatto godere ancora di più ogni momento. Ogni volta tutto quello poco a poco accresceva la mia forza.” Disse Ade.
‘Ho bisogno di un qualcosa. Qualcosa per cui posso vendicarmi. Pensa Ebe.’ Pensai io guardandomi intorno.
‘Eh? Ma cosa… com’è possibile? Il tridente… è nelle mani di Pan. Giusto. Con quello in mano potrei vendicarmi di tutto quanto. Potrei riavere la vita di mia madre e uccidere Ade.’ pensai io prima guardando una delle mani di Pan e poi guardando Ade.
Poi presi io tridente prima con una mano e poi con l’altra e mi preparai ad andargli incontro ad ucciderlo. Feci un passo in avanti, poi un altro e un altro ancora. Stavo per fare il quarto quando Pan mi fermò prendendomi per un gomito.
“Ohi Ebe, Fermati! Che cosa hai intenzione di fare!” disse Pan.
“Lasciami andare! Lasciami andare ho detto! Non ho intenzione di perdere contro di lui, cosi lasciami andare!” dissi io.
“No, calmati e cerca di ragionare! Così non risolvi niente e l’odio che hai per lui non ti aiuterà a sconfiggerlo.” Disse Pan.
“Ho detto lasciami andare, Pan! Voglio uccidere Ade con le mie mani! Io lo odio quell’essere!” dissi io dimenandomi.
“No Ebe, non farlo!” disse Zeus.
Mi agitai da una parte all’altra fino a che non fui in grado di liberarmi, ripresi con entrambe le mani il tridente e mi misi a correre il più veloce che potevo verso Ade. Mentre io correvo lui non si mosse di un millimetro. Che volesse farsi uccidere da me?
Quando gli arrivai davanti, gli puntai contro il tridente ma non toccò neanche la pelle.
“E’ tutto inutile.” Disse Ade. con quelle parole e con la mia pressione sul tridente, questo si ridusse in pezzi.
Io ne rimasi letteralmente scioccata e terrorizzata. Feci due o tre passi indietro mentre continuai a dirmi che tutto ciò non era possibile.
“Non importa quant’è la tua vendetta nei miei confronti. Non importa con che oggetto e con quanta forza tu mi colpisci. Non importa nemmeno se usi il tridente. Ah… guarda che fine ha fatto uno degli oggetti più importanti per nostro padre.” Disse Ade.
“Huh?” dissi io e poco dopo disse Zeus.
“Sai, lui ci teneva tantissimo. E tu l’hai ridotto così. È un vero peccato, ma questo segna il poco potere e l’inutilità di quell’oggetto.” Disse Ade.
“No… non ci posso credere… Non è possibile questo… Maledizione a te.” Dissi io arretrando.
“Deve essere un peccato venire a scoprire anche del tradimento della persona più cara.” Disse Ade.
“Ebe no! Non dare ascolto alle sue parole! Sta solo cercando di confonderti e possederti!” urlò Zeus.
“Non può essere. È impossibile che qualcuno lo abbia fatto. Dopotutto nessuno tra tutti quelli che conosco potrebbe…” dissi io arretrando ancora.
“Questo perché non li conosci affatto. C’è una persona che ti è vicinissima che ha compiuto una cosa del genere. Eppure tu non te ne sei accorta.” Disse Ade.
“Dannazione a te Ade! ma di che stai parlando?!” dissi io.
“Ebe non dargli retta, ti prego! Sta cercando di condizionare le tue azioni! Allontanati subito da lui!” disse Zeus ma io non ero in grado di ascoltarlo.
“Della persona che definisci il tuo ragazzo.” Disse Ade.
“Eh? Pan, ma che sta dicendo?” dissi io.
“È grazie a lui che sono stato in grado di conoscere la madre che ti ha cresciuta e sono riuscita ad impossessarmi della sua anima. Sono anche stato in grado di far credere a tutti che lei abbia avuto un incidente. Persino tu ci hai creduto. Tutto grazie a Pan che è sceso sulla Terra e che mi ha avvisato di te e di tua madre.” Disse Ade girandosi verso di me.
“È una bugia, vero? Io ti conosco bene e so che tu non avresti mai fatto qualcosa del genere. Però… Pan, questa è la verità?” dissi io ma lui rimase in silenzio.
“Pan rispondi! Tu mi ha voluto conoscere solo per compiere questo su mia madre?”
“Sì, però…”
“Hai davvero finto che fosse un incidente? Hai progettato tutto… sin dall’inizio.” Dissi io mettendomi a piangere. Questo voleva dire che io ero diventata sola. Senza nessuno con cui appoggiarmi.
‘Ma com’è possibile tutto questo? Adesso non posso fidarmi nemmeno di Pan. Di colui che amo.’ Pensai io scioccata della situazione.
“Hai visto? Che ti avevo detto. Anche la persona che ti è più vicina ha portato in fin di vita la tua cara mamma. Deve aver ucciso tua madre con grande felicità. E questo lo porta ad essere definito come una cattiva persona. Forza adesso fai la brava, guarda la tua famiglia di dèi morire poco a poco e vai dentro quella gabbia.” Disse Ade.
“Oh… s-sì.” Dissi io e senza esitazione entrai nella gabbia rivolgendo sia il corpo sia la testa verso Zeus e gli altri.
“Ottimo. Brava mocciosa.” Disse Ade.
Ero troppo sotto shock. L’idea che Pan si sia avvicinato a me prendendo di mira mia madre che non c’entra niente in tutto questo, mi ha impressionato. Lei, che si è sempre presa cura di me, è stata ridotta in quelle condizioni.
“Ebe! Ebe ascoltami! Non è possibile che io abbia fatto tutto quello. Ebe, dammi retta! …” disse Pan continuando a parlare.
Io però non lo stavo ascoltando perché tra la scoperta che avevo fatto e la mia famiglia che combatteva davanti a me non vi era modo che io fossi in grado di rendermi conto della situazione.
“… EBE! Oh, insomma! Ebe cerca di ascoltarmi e di capire che io non ho fatto niente di tutto ciò! Io non conoscevo tua madre prima di conoscere te. Ebe, ti prego, ascoltami. Torna in te. Io non ho fatto niente.” Disse Pan. Io lo ascoltavo ma non potevo rispondere.
Lui esitò un attimo e poi disse: “Ebe, mi dispiace. Voglio tentare in tutti i modi di farti tornare normale.” . Dopo quelle parole lui mise le sue mani sulle mie guance e mi baciò.
Con quel gesto riuscii a tornare com’ero prima. Anche se ero terrorizzata per la notizia, odiavo profondamente Ade, ma non potevo fare niente per Zeus e gli altri. Loro erano ancora a combattere con le loro forze e a cercare di ridurre il numero di scheletri e di creature che avevano intorno.
[“Cavolo, sembrano non finire mai.” Disse Afrodite.
“Già. Però dobbiamo ridurne il più possibile il numero.” Disse Zeto.
“Io odio fare queste cose. è uno spreco di tempo e di energie.” Disse Eaco.
“Hai ragione Eaco, ma non ci si può fare niente.” Disse Zeto.
“Il nostro dovere adesso è quello di salvare Ebe, non dimenticatevelo.” Disse Atena.
“Certo certo. Però mi sto scocciando a stare qui a combattere contro degli scheletri.” Disse Eaco.
“Ragazzi, però in alcuni di loro percepisco dei sentimenti umani.” Disse Atena.
“Cosa?” dissero Afrodite e Zeto.
“Ma com’è possibile se nessuno di loro ma un cuore e della pelle?” disse Zeto.
“Non ne ho idea. ma in alcuni istanti sento provenire dei lamenti di disperazione, di grida, oppure sento delle urla. Insomma percepisco varie emozioni da loro.” Dissi Atena.
“Scheletri con emozioni umane. Questa cosa la odio sempre di più. Ho solo voglia di finire alla svelta e tornare a casa per farmi gli affari miei.” Disse Eaco.
“Anche a noi non piace, ma porta pazienza e aiutaci a liberare nostra sorella.” Disse Zeto.
“Quanto sei diventato permaloso.” Afrodite.
“Beh, credo sia giunto il momento di darci dentro e dimostrare ad Ebe i nostri veri poteri e sterminare l’esercito di Ade.” disse Atena.
“Lo credo anch’io. anche perché mi sono stufato di distruggerli con tecniche così semplici.” Disse Zeto continuando a muovere la spada che aveva in mano.
“Non ancora ragazzi. Cercate di calmarvi e di concentrarvi sugli scheletri.” Disse Zeus.
“Sì certo!” dissero tutti insieme.]
‘Deve esserci qualcosa: Un qualcosa che io posso fare per poter aiutarli. Ma cosa? rinchiusa qui non posso avvicinarmi e non posso nemmeno comunicare con loro.’ Pensai io.
“Ehi mocciosa, ti andrebbe di farmi divertire ancora un po’? Sei una persona molto coraggiosa, lo devo ammettere. Ma questo non è abbastanza per uccidermi.” Disse Ade.
“Huh?” dissi io.
“In quella città c’è una persona che sta soffrendo molto.” Disse Ade indicando la città Lato. Io guadai la città e quello che mi venne in mente fu i volti di alcuni miei compagni di classe e… i miei amici. Al cosa mi spaventò.
“No… fermo! Che cosa vuoi fare!” dissi io.
“Là, in ospedale, si trovano tua madre e tuo padre. Sai, sto pensando di fargli un salutino.” Disse Ade.
“Non vorrai fare qualcosa a mia madre? Se lo fai giuro che ti uccido con le mie stesse mani in questo istante!” dissi io.
“Oh, ma io non voglio fare niente a tua madre. Ciò che farò sarà espandere la maledizione e far soffrire tutti gli abitanti della tua città. Dal primo all’ultimo.” Disse Ade.
‘No… ma così verranno coinvolti i mie compagni di classe, le loro famiglie e tanti altri innocenti. E anche…mio padre.’ Pensai io. Ade alzò le braccia in posizione orizzontale e puntò tutte le dita della mano destra verso la mia città.
“Fermati! Fermati assolutamente! Ti ammazzerò! Lo farò di sicuro!” gridai io cercando di fermarlo. Ma era tutto inutile perché dopo che io avevo detto quelle parole, Ade spostò le braccia in avanti e una strana luce rotonda si creò tra le sue mani.
“Fermati Ade! FERMATI!” dissi io. Ade puntò quella strana luce rotonda verso la città. Rimase così per uno o due minuti poi abbassò le mani. Io ne rimasi terrorizzata.
“Che piacevole sensazione.” Disse Ade.
“Papà…” dissi io.
“Questo è solo l’inizio del dolore che patiranno. Bene bene, vediamo com’è messo il mio caro fratello.” Disse Ade girandosi a guardare Zeus.
“Ah…. Ah… non è possibile. tutte quelle persone… colpite da Ade… in un istante.” Dissi io scioccata.
Improvvisamente ricordai un momento di quando ero nella cella dell’INFERNO con Zeus durante la spiegazione del piano che avevo escogitato. Secondo il piano le ragazze avrebbero dovuto unire le loro forze, i ragazzi avrebbero dovuto combattere contro l’esercito, mentre Zeus…
“Capisco. Bene, è ora che anche io faccia la mia parte. Allontanate tutti da Zeus. Con lui voglio pensarci io da adesso in poi.” Disse Ade ad una creatura bassa e dalla pelle marrone a fianco a lui.
“Sì, subito. Vostra maestà.” Disse la creatura.
Poi Ade si incamminò in avanti tirando fuori la mano destra dove c’era un pugnale piccolo. E all’apparenza sembrava ben affilato. Zeus si fermò di scatto di combattere, le piccole creature e gli scheletri arretrarono mentre Ade continuò a camminare in avanti. Vidi Zeus muovere la bocca, ma data la distanza, non ero in grado di sentire ciò che Ade e Zeus si stavano dicendo.
[Le creature che circondavano Zeus smisero di combatterlo e iniziarono ad arretrare.
“Eh? Ma cosa  succede? Perché stanno arretrando?” chiese Zeus guardandosi intorno.
Appena guardò in avanti vide Ade andare verso di lui.
“Oh, sei tu Ade. Per fortuna sei venuto. Forza, dammi una mano a sistemare questi esseri.” Disse Zeus. Ma Ade non rispose e continuò ad avanzare.
“Ehi, che ti prende? Perché non rispondi? Forza aiutami, qui ce n’è un numero troppo grande e mi serve il tuo aiuto.” Disse Zeus. Ma ancora nessuna risposta. Zeus di scatto notò il pugnale che aveva Ade in mano.
“Mh? Che cos’è quel pugnale? Che cosa ci fai con quello? Ohi, questo silenzio non mi piace, lo sai. Almeno dì qualcosa.” Disse Zeus.
“… ucciderti.” Disse Ade in lontananza. Si sentì a fatica in mezzo al rumore delle spade che circondavano Zeus.
“Hm?” disse Zeus.
“Io ho intenzione di ucciderti. Con le mie stesse mani. In questo momento.” Disse Ade.
“Non starai facendo sul serio. Questo non è possibile. Io ho sempre pensato che tu stessi scherzando quando me lo dicevi in passato. Non puoi farmi questo perché noi siamo fratelli.” Disse Zeus.
Il pugnale che aveva in mano Ade si allungò fino a diventare una spada affilata. Dopo una decina di passi Ade e Zeus si trovarono uno davanti all’altro e Ade puntò la spada contro di lui.
Tutti si fermarono un attimo scioccati dall’azione di Ade. Furono però costretti a riprendere subito perché stavano tutti rischiando di essere colpiti ai fianchi o alle spalle dalle creature di Ade.
“Tu. Sei un fratello traditore. Proprio come nostro padre. COMBATTI CONTRO DI ME SE SEI UN DIO E UN UOMO!!!” disse Ade. iniziando a sferrare il primo attacco da sinistra a destra.
“Non capisco a che ti riferisci.” Disse Zeus rispondendo al suo attacco e difendendosi.
“Non fare il finto tonto. Lo sai benissimo. Mi hai dato il tridente che però non ha fatto niente con me. Hai sempre detto che una parte del tuo potere risiede in te e in parte in quell’oggetto.”
“Beh, questo è vero.”  Disse Zeus.
A quelle parole Ade si arrabbiò e iniziò a muovere velocemente la spada da una parte all’altra senza considerare ciò che gli stava intorno.
“BUGIARDO!”
“È la verità Ade. Quello è un prezioso oggetto di nostro padre, lo hai detto anche tu.”
“Non è la verità perché se lo fosse quell’oggetto avrebbe funzionato con me! E anche con Efesto!”
“Ci deve essere un motivo per…” disse Zeus.
“FA’ SILENZIO TRADITORE! SEI SOLO UN TRADITORE. TE E PAPA’. Voi due avete architettato qualcosa alle mie spalle. Avete progettato qualcosa fin dal principio poi papà ordinò di creare il Tridente. E tu eri sempre con lui. In tutto!” Disse Ade.
“Ade devi aver capito male o frainteso qualcosa. È impossibile che io abbia fatto questo con papà perché lui non voleva che uno di noi si intromettesse nei suoi affari. A volte nemmeno la mamma poteva intromettersi. In più io non avevo la minima idea del fatto che papà avesse fatto creare quell’oggetto.” Disse Zeus appena ci fu un attimo di tregua.
“Allora tu come la giustifichi la questione del testamento?”
“Testamento?”
“Le volontà che papà ha scritto e deciso per noi. La divisione dei regni, l’affido degli oggetti a lui cari e l’assegnazione del potere al trono. Ti ricordi a chi sono andate queste cose e cosa lui mi ha lasciato? E cosa ne è successo del maggiordomo di nostro padre?” chiese Ade.
“Beh, è passato molto tempo da allora. Quindi non ricordo in maniera perfetta.” Disse Zeus.
Ade si arrabbiò ancora di più e riprese a sferrargli colpi con la spada. Uno di quelli ha sfiorato l’orecchio sinistro di Zeus, anche se lui riuscì a proteggersi ogni volta e ad attaccarlo.
“Ade, ti rendi conto di quello che stai facendo e di quello che dici? Tutto è basato su cose infondate. Dei semplici malintesi di avvenimenti passati.” Disse Zeus.
“Abbiamo fatto cinque guerre in passato. Con questa fanno sei e ogni volta tu dici sempre le stesse cose. Continui a definirti un esterno a questi avvenimenti eppure tu eri sempre là. A guardare tutto. ti ricordi?”
“ma che stai dicendo? E cosa c’entra questo?”
“Visto che sembra tu non lo sappia te lo faccio ricordare io.” disse Ade.
Lui cercò di pugnalarlo al petto ma non ci riuscì perché venne fermato dalla spada di Zeus. Gli lanciò altri due o tre colpi ai fianchi ma vennero tutti evitati. Poi alcuni colpi mirati al petto. Uno tra questi costrinse Zeus ad arretrare di qualche passo, ma lui non si arrese e si mise ad attaccarlo con tantissimi colpi in ogni parte del corpo. Nessuno di questi però riuscì a toccare la pelle e il mantello di Ade.
“Una barriera protettiva? Come mi aspettavo.” Disse Zeus.
“Ci fu un giorno di tempi addietro in cui tutti e tre eravamo stati richiamati nella casa in cui vivevamo da piccoli. Era qualche secolo dopo la morte di nostro padre. Siamo stati tutti riuniti nella studio dove lavorava nostro padre. Quando arrivammo c’erano già il maggiordomo e un signore seduto sulla sedia di papà.” Disse Ade.
“Ricordo bene quel giorno.” Disse Zeus continuando a ricevere attacchi da Ade.
Ci fu un breve momento in cui le facce di entrambi si avvicinarono e proprio lì Ade disse: “Allora dovresti ricordare bene che cosa successe dopo e che cosa disse l’uomo seduto che leggeva il testamento.”
“Quello non lo ricordo.” Disse Zeus poi si allontanarono.
“Al signor Saito ha lasciato la fine della costruzione del castello, a te ha lasciato il controllo del PARADISO e il castello stesso. A Efesto il controllo di tutto ciò che fa parte del fuoco e del suo utilizzo. A me invece che cosa ha lasciato? Eh?” disse Ade.
“Non ne ho idea. Non me lo ricordo più.”
“ALLORA CERCA DI RICORDARE! E FALLO ADESSO! Perché mi stai dando sui nervi!” urlò Ade più arrabbiato di prima.
Improvvisamente si sentì un forte rumore simile al ruggito del Cerbero.
“ohi ohi, pare che il Cerbero si stia divertendo parecchio contro Eracle. Beh, credo che di andrò leggero ancora un po’ con te prima di darti il colpo di grazia.” disse Ade. poi gli lanciò alcuni colpi di spada che fecero soltanto un graffio a un braccio di Zeus.
“Stai scherzando vero? Come puoi uccidere tuo fratello?” disse Zeus.
“Io non scherzo su queste cose. Come non scherzavi tu quando hai ucciso papà con un coltello.” Disse Ade.
“Ma quello l’avevo fatto per salvare la vita a te e a Efesto. Perché io vi voglio bene e volevo che voi continuaste a vivere, esattamente come me. Adesso, per favore, pensa a ciò che stai facendo e ritira ciò che hai appena detto.” disse Zeus in modo tranquillo e cercando di calmarlo.
“NO! IO NON FARÒ MAI UNA COSA DEL GENERE FINCHÉ NON AVRÒ OTTENUTO CIÒ CHE VOGLIO!” disse Ade con tono arrabbiato.
“E che cos’è che vuoi? La casa che papà mi ha lasciato, i giochi che usavamo da piccoli, oppure il piccolo coltello che io avevo usato per uccidere papà e farvi uscire vivi?” chiese Zeus.
A quelle ultime parole Ade si arrabbiò e iniziò a colpirlo varie volte in modo consecutivo. Zeus era costretto ad arretrare perché rischiava di essere ferito, ma ci furono due volte in cui lui rimase ferito. Una ad un fianco e l’altra in faccia, sotto l’occhio sinistro. Entrambe sanguinanti.
“Quello che io voglio non è solo il coltello che hai usato, non è la casa e nemmeno i giochi del passato. CIO’ CHE VOGLIO È TUTTO CIO’ CHE POSSIEDI TU. Il Tridente, il castello, il posto sull’Olimpo, ma soprattutto la tua vita e il tuo potere.” Disse Ade.
“Questo però non porta alla felicità. Non ti soddisferà una volta che mi avrai ucciso.” Disse Zeus.
“Fa’ silenzio e dammi tutto ciò che hai!” disse Ade.
“Ade, io non posso farlo perché così morirei e perché questo andrebbe contro le scelte di papà. E io no voglio morire. Mi dispiace, ma sii ragionevole. Cerchiamo un alternativa insieme. Torniamo a comunicare come una volta.” Disse Zeus.
“IO NON VOGLIO TORNARE A COME ERA UNA VOLTA! Ti devo ricordare il trattamento che io ho avuto rispetto a te e a Efesto, alla considerazione che aveva papà di me e al fatto che dopo il testamento ci siamo separati e non siamo più andati d’accordo?” disse Ade continuando a colpirlo.
Ci furono un gran numero di colpi da parte di Ade e questo dopo un po’ esaurì le energie di Zeus costringendolo ad andare in indietro.
D’un tratto Zeus sparì dalla posizione in cui era e apparve esattamente dietro ad Ade. A quel punto Zeus lo attaccò cinque o sei volte ma all’improvviso uno di quei colpi incastrò la spada in mezzo al mantello nero e sembrava non uscire più.
“Eh? Ma cosa…” disse Zeus con la mano sulla spada e cercandola di muovere.
Ade si fermò e Zeus riuscì a tirarla via ma insieme alla spada venne via un pezzo del mantello.
“Maledetto traditore,  come hai osato fare questo!” disse Ade.
Girandosi verso di lui e andandogli incontro muovendo continuamente e velocemente la spada da una parte all’altra. Poi si sentii un ruggito lontano molto potente, probabilmente veniva da dove erano Eracle e il Cerbero.
Ade non si risparmiò e colpì ancora di più Zeus. Lo ferì in tutto il corpo fino a cadere a terra.
“Direi che è ora per te di arrenderti e di darmi ciò che hai. Intanto te e la tua famiglia non avete altra scelta se non quella di lasciarvi uccidere per mano mia e del mio esercito.”
“No, Ade. Questo io non lo farò. E non lo faranno nemmeno loro.” Disse Zeus rialzandosi.
“Ah si? Allora guarda le condizioni dei tuoi figli. Guarda come sono ridotti e come vengono colpiti dalle creature del mio esercito.” Disse Ade.
Infatti tutti loro erano feriti, esausti e alcuni stavano combattendo un pochino più lento rispetto a prima. Ma nonostante tutto si misero a combattere con forza. In più quasi tutto l’esercito di Zeus e una parte di quella di Ade erano distesi al suolo, non si muovevano più.
“No… il mio esercito… la mia famiglia…” disse Zeus scioccato nel guardarsi intorno.
Zeus si arrabbiò e andandogli incontro con la spada puntata verso Ade disse: “Ade, come ti sei azzardato a fare questo.”
“Beh, io posso fare di tutto, no? E poi e l’ho già detto che voglio massacrare te e la tua famiglia.” Disse Ade.
“Non ti rendi conto che quello per cui ti stai lamentando è insensato?” disse Zeus.
“NON E’ INSENSATO! NON E’ PER NIENTE INSENSATO! PER COLPA TUA E DI PAPA’ IO HO DOVUTO SUBIRE UN INFANZIA ORRENDA E SONO STATO PRIVATO DI OGNI COSA!” disse Ade arrabbiato e andandogli contro.
“Ed io ti ripeto che io non c’entro nulla. Non sono stato io a decidere tutto questo. Quindi non prendertela con me.” disse Zeus.
“Come se io potessi credere alle tue parole!” disse Ade. poi continuarono A combattere l’uno contro l’altro. …]
Intanto io rimanevo rinchiusa nella gabbia a guardare loro combattere. Mi sentivo incapace di agire e di aiutarli.
‘Tch. Se solo potessi fare qualcosa…’ pensai io. Poi, di scatto, mi venne un’idea.
“Pan, ti chiedo solo un favore. Appena ti do il segnale puoi liberarmi da qui?” chiesi io.
“Eh?”
“Ho chiesto se puoi liberarmi da qui quando te lo dico.”
“Sì, posso farlo. Ma perché me lo chiedi? Che cosa hai intenzione di fare?”
“Non lo so ancora. Ma voglio vendicarmi di Ade.”
“Eh?” mi chiese Pan.
“Ohi, cerca di stare zitta.” Disse Macaria. Io rimasi a guardare Zeus e gli altri cercando di non considerarla.
“Però chissà che cosa sta facendo e come se la sta cavando Eracle.” Mi chiesi io a voce bassa.

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Capitolo 47
*** Capitolo quarantacinque: Eracle Vs il Cerbero ***


[Contemporaneamente Eracle stava continuando a correre con il Cerbero che lo seguiva.
“Ehi, Cerbero, che ti succede? Sei stanco di seguirmi? Non hai più intenzione di battermi? Eppure ti credevo una bestia molto più forte.” Urlò Eracle. L’animale si arrabbiò e corse più veloce.
“Bene, vedo che ti sei deciso a fare sul serio. Hm, a questa distanza direi che va benissimo. Oramai non vedo nessuno. È ora di creare la foresta per il combattimento.” Disse Eracle. Distese le braccia davanti a sé, le spostò ai lati del corpo e in quella maniera iniziarono a crescere dal terreno un gran numero di piante.
Dopo un paio di metri Eracle rallentò la corsa fino a fermarsi e la stessa cosa lo fece il Cerbero.
“Ho fatto bene seguirti fino a qui. In questo modo ho la possibilità di ammazzarti per benino.” Disse la testa centrale del Cerbero.
“Oh, ma allora sai parlare. Beh, tanto meglio. In questo modo posso parlare nella tua stessa maniera.” Disse Eracle.
“E tu finalmente ti sei fermato. Devo dire che hai un’aria alquanto appetitosa. Lasciati divorare in silenzio da me.” disse il Cerbero.
“Maledetto tu... Provaci se ne hai il coraggio!” Disse Eracle. Dopo quelle parole l’animale alzò una delle zampe davanti, la mise sopra la testa di Eracle e la appoggiò al terreno con tutta la forza che aveva pensando di riuscire ad uccidere Eracle. Ma lui riuscì a schivarla rotolando con il corpo nella direzione dell’altra zampa.
“Sai, non sarà così facile per te uccidermi.” Disse lui.
“Tch.” Disse Il cerbero. Subito dopo alzò l’altra zampa e la spostò da una parte all’altra. Facendo questo lui era riuscito a colpire Eracle e a buttare giù il tronco di una pianta. Eracle aveva subito una forte botta alla spalla ma si rialzò e lo fissò negli occhi sorridendo.
“Sei davvero ottimo come avversario. Molto meglio di Zeus la volta scorsa.” Disse il Cerbero.
“Cosa?” disse Eracle.
“Ohi ohi, hai abbassato la guardia.” Disse il Cerbero. Poi lanciò una fiamma di fuoco dalla bocca. Eracle lo schivò nascondendosi dietro un albero, peccato che il fuoco era talmente potente da distruggere quasi tutto il tronco. Appena il fuoco finì Eracle corse ai piedi dell’animale e gli ferì una zampa davanti e una dietro. Dal dolore il Cerbero si mise a fare un verso fortissimo, forse peggio di prima.
“Maledetto. Come ti sei permesso di fare questo a me.” disse il Cerbero.
“Questo è niente rispetto a tutto ciò che so fare. Dovresti ringraziarmi per esserci andato piano ed aver colpito solo in superficie. La prossima volta farò peggio.” Disse Eracle.
“Perché tu credi che ci sia una volta prossima? Io ti ucciderò ancora prima che questo possa succedere.” Disse il Cerbero.
“Certo che lo credo. E non vedo l’ora.” Disse Eracle.
L’animale si infuriò molto al punto che diresse due serpenti che erano sul collo contro Eracle. Lui li schivò entrambi e subito dopo li schivò e li fece finire contro un albero. Questi si ritirarono verso il corpo del Cerbero ma un istante dopo le teste si ripresero e tornarono normali.
“Eh? Ma cosa… com’è possibile?” disse Eracle.
“Te l’ho detto, no? Io sono immenso, indistruttibile e molto più forte di prima.” Disse il Cerbero.
“Questo non è abbastanza, eh? Ohi, Cerbero, va bene da adesso in poi ti chiamerò mostro? Credo che ti si addice di più.” Disse Eracle.
“IO NON VOGLIO ESSERE CHIAMATO MOSTRO!” Urlò il Cerbero con tono arrabbiato.
“Però, quello è ciò che tu sei.” Disse Eracle.
“IO NON SONO UN MOSTRO! NON SONO AFFATTO UN MOSTRO!” disse il Cerbero infuriato. Mentre lo diceva spostò la zampa destra da sinistra verso destra e poi la zampa sinistra da destra a sinistra. Eracle riuscì a schivare il colpo della prima ma venne colpito sul braccio e sulla testa dal movimento dell’altra zampa. Venne scaraventato a terra con forza e gli usciva appena un po’ di sangue dalla bocca. Ma Eracle non si scoraggiò e sorrise.
“Ahia. Tch.” Disse Eracle.
“Fa male vero? Vedi, grazie alla benevolenza di Ade io sono stato in grado di venire qui ad assistere alla disfatta di Zeus. Tutto iniziò circa 500 mila anni fa. Allora io ero semplicemente una possente creatura che dominava e regolava una parte dell’INFERNO. Certo, avevo enormi poteri, come molte altre creature, ma questo non era abbastanza. Ade una volta capì la mia grandezza e la mia enorme differenza rispetto a tutti gli altri. Così decise di farmi salire di importanza e di valore, con l’onore di servirlo. L’ho sempre fatto fedelmente e lui mi ha sempre portato nelle sue battaglie. Poi nella scorsa battaglia ho avuto l’onore di battermi contro Zeus. All’inizio mi sembrava estremamene forte, ma si è rivelato essere un debole. Un inutile dio che controlla il PARADISO in maniera frivola. È sempre stato debole, circondato da molte donne e con molti figli. Zeus non riesce a controllare bene e a dominare un mondo così vasto, ecco perché Ade dovrebbe prendere il suo posto.”
“Tch. Tu sai solo dire parole al vento e offendere gli altri di cose non vere!”
“Questa è la sesta battaglia che lui fa e per il bene di Ade io ti ucciderò. Poi tornerò là e farò la stessa cosa con tutti gli altri. Quindi ora stai fermo e lasciati uccidere. Ti avviso che non sentirai alcun dolore.” Disse il Cerbero.
“Come se te lo lasciassi fare.” disse Eracle sorridendo. Lui si rialzò appena un po’ e appoggiò le mani a terra.
“Che hai da ridere adesso?” disse il Cerbero.
“Guarda, Cerbero. A quanto pare era solo per quello. È evidente che tu non hai il coraggio di affrontare Zeus e gli altri da solo e non hai nemmeno un obiettivo personale. Così hai deciso di fare tutto per il bene di Ade.”
“Esatto. Infatti io sono in grado di fare tutto e di distruggere ogni cosa”
“Ha ha ha ha ha ha ha!!!!!! Tu vuoi far credere a tutti di essere la più grande e la più potente creatura di tutti i tempi quando in realtà non lo sei. Mi viene da ridere solo a dirlo. Però vedi, questo non funziona con me.” disse Eracle.
“Huh? Che cosa vorresti dire?” chiese il Cerbero.
“Dimmi Cerbero, in tutto questo tempo non ti sei accorto di qualcosa?” disse Eracle con le mani ancora appoggiate a terra.
Infatti guardando attentamente vi erano delle piante che crescevano dal terreno e che avvolgevano le zampe dietro e la zampa sinistra davanti del Cerbero.
“Cosa? E queste da dove spuntano? Quand’è che sono apparse?” disse il Cerbero tenendo in alto la zampa destra. Probabilmente aveva paura che gli venisse bloccata anche quella.
“Ti piace il mio trattamento, Cerbero? Te l’avevo detto che la volta prossima avrei fatto di peggio. Bene, adesso è arrivato il momento di fare sul serio.” Disse Eracle. Il Cerbero appoggiò a terra la zampa destra.
Poi Eracle si alzò in piedi e iniziò a correre verso le sue zampe riuscendo a ferirgli quelle dietro con un pugnale che ha tenuto nascosto per tutto questo tempo in una delle cosce.
“E – E quello da dove spunta?!” disse il Cerbero.
Pugnalò le zampe dietro ma quando corse verso quelle davanti gli vennero incontro dei serpenti che cercarono di fermarlo. Quando quelli furono a poca distanza, lui tagliò le teste e procedette verso la zampa. Una volta arrivatoci, ci girò intorno e con il pugnale gli tagliò intorno senza però essere andato a fondo. Poi si spostò davanti all’animale dove lui fece un fortissimo rumore, probabilmente dal dolore. Un rumore molto più potente di quello di prima.
“Maledetto! Come ti sei permesso!” disse il Cerbero.
“Ohi, guarda che non ho ancora finito.” Disse Eracle che dopo quelle parole tornò ad attaccare le due zampe davanti. Mentre correva però il Cerbero gli lanciò contro una fiamma di fuoco ma lui la schivò, poi di nuovo dei serpenti e Eracle schivò anche quelli.
“Di nuovo i serpenti. Sei piuttosto ripetitivo.” Disse Eracle.
Il Cerbero gli lanciò un’altra fiammata, ma lo fece troppo tardi perché ormai Eracle era arrivato alle zampe davanti. A quel punto lui continuò a girare intorno prima ad una zampa e poi all’altra ferendoli a vicenda. Il Cerbero fece di nuovo un fortissimo rumore ma Eracle continuò a ferirlo. Questo avvenne per due o tre volte quando di scatto tutti i serpenti che erano al collo puntarono il loro sguardo verso Eracle.
“Mi stai facendo proprio arrabbiare.” Disse il Cerbero infuriato.
“Sì, esattamene questo io volevo. Forza, fatti sotto!” Disse Eracle.
I serpenti andarono verso Eracle e lui andava verso di loro. E non sembrava preoccuparlo. Lo faceva sorridendo, come se stesse andando incontro alla morte. Quando si trovarono a poca distanza, tagliò sia la testa sia una parte del corpo dei serpenti. Lo fece per tutti a parte per uno in cui spezzò la testa e poi si attaccò con il pugnale al collo mentre questo si ritirava.
“Ohi, che stai facendo? Sparisci! Mi stai dando fastidio!” disse il Cerbero dimenando il collo della testa centrale. Dopodiché con le altre due teste sparò fuoco proprio su collo centrale dove Eracle si trovava. Riuscì a schivarlo per fortuna e così due dei serpenti vennero bruciati.
“Ahia! Scotta! E fa male! Maledizione, adesso te la faccio pagare cara!” disse il Cerbero e mandò altri due serpenti contro Eracle.
“Di nuovo. Beh, a quelli ci penso dopo. Ora vediamo se la mia ipotesi è giusta.” Disse Eracle tra se e se.
“Sei poco sveglio e ripetitivo. Mi aspettavo di meglio da te, sai? E direi che ti ritieni diverso dagli altri.” Disse Eracle all’animale.
“Tch.” Disse il Cerbero.
Eracle a quel punto gli percorse tutto il collo fino ad arrivare sulla schiena, proprio dove si trovava il cuore. Peccato che era inseguito dai serpenti attaccati al collo dell’animale. Con una mano si attaccò al pelo del Cerbero mentre con l’altra combatteva i serpenti.
“Diamine, con una mano non posso farcela. Ma se lavoro con entrambe rischio di cadere a terra e farmi male. Che faccio… Che posso fare…” disse Eracle.
Di scatto gli venne una idea. Si alzò in piedi, aspettò un minuto o due in modo che le teste si allinearono davanti a lui e poi lanciò il pugnale contro di loro. Attraversò le teste e finì per conficcarsi sul collo del Cerbero.
In quel momento Eracle si diresse verso il cuore e quando ci fu sopra lo pugnalò con tutta la forza che aveva. Quella pugnalata fece così male che il Cerbero emise un forte lamento, simile a quello dei cani e così forte da sentirsi a grandi distanze. Poi alzò le zampe davanti per reggersi su quelle dietro ma così Eracle venne scaraventato a terra con una forte botta sulla schiena e chiuse gli occhi dal dolore. Rimase in quella posizione per un paio di minuti e intanto il Cerbero appoggiò a terra le zampe davanti. Nel farlo stava per mettere una zampa addosso ad Eracle quando lui aprì gli occhi e rotolò il corpo alla sua destra. Eracle si rialzò in piedi coraggiosamente.
“Maledetto! QUESTA VOLTA TI AMMAZZO!” disse la testa centrale del Cerbero mentre le altre due lanciarono fuoco in continuazione contro Eracle. Lui correndo prima a destra e poi a sinistra riuscì a schivare tutti i suoi attacchi. Eracle, continuando a spostarsi a zig zag, arrivò sotto la pancia del Cerbero e di nuovo a livello del cuore, lanciò in alto il pugnale andando a colpire esattamente il cuore.
Il Cerbero iniziò a non reggersi più sulle zampe davanti e a tremolare quelle dietro, quindi Eracle uscì dal lato sinistro dell’animale. Un istante dopo Crollarono a terra anche quelle dietro.
“Dannato, ecco dove ti eri cacciato!” disse il Cerbero girando la testa.
“Diamine! E adesso?” disse Eracle prima guardando lui e poi guardandosi intorno. si mise a corrergli davanti e poi il più lontano possibile mentre il Cerbero gli lanciò delle fiamme di fuoco. Eracle si ferma a una ventina di metri di distanza dietro un albero e appoggiò le mani a terra. Si mise a parlare, soltanto che la voce sembrava rimbombare intorno all’animale.
“Cerbero, a quanto pare sei conciato male.” Disse Eracle.
“Eh? Ma dove… dove sei? VIENI FUORI!!” disse la testa centrale del cerbero mentre le altre due lanciarono fuoco ovunque.
“Eh sì, sei proprio ridotto male. Che ti prende, non riesci più a uccidermi? Che farai adesso?” disse Eracle.
“Eh?”
“Hai intenzione di presentarti adesso davanti ad Ade? E che gli dici? ‘Mi dispiace vostra maestà ma sono stato sconfitto da un semidio.’?”
“Ma che stai dicendo! E come osi dire queste cose! Forza, vieni fuori! Vieni fuori che ti uccido in questo istante!”
“Ah… a quanto pare sei di nuovo caduto nel tranello del mio potere.” Disse Eracle.
“Eh? Ah, ma cosa…” disse lui guardandosi le zampe.
Infatti quelle ce le aveva bloccate da delle piante, sia quelle davanti che quelle dietro. C’erano anche delle piante che crescevano dal terreno e che lo stavano avvolgendo attorno al collo delle due teste laterali e strinse fino a che quelle non toccarono il collo al centro. Dopo un paio di secondi quelle piante iniziarono a stringere sempre di più.
“Ma cosa… che sta succedendo? Ohi, semidio, che diavolo stai facendo! Cavolo… fa male.”
“Non osare chiamarmi semidio. Non voglio sentirlo pronunciare da te.” Disse lui in tono serio e stringendo ancora di più le piante attorno al collo del Cerbero.
“Ahia, ahia, ahia. Fa male. Faccio fatica… a respirare…” disse il Cerbero facendo un ghigno sofferente.
Le piante continuarono a continuarono a stringere mentre Eracle alzò le mani da terra, prese il pugnale e si mise a correre verso di lui.
“Ah… ecco… dove ti eri nascosto…” disse il Cerbero.
Eracle non diede retta alle sue parole e una volta arrivato al collo, prese il pugnale, girò intorno ad esso e tagliò ben in profondità. Ci girò due o tre volte e ogni volta uscì un’enorme quantità di sangue. Poi finalmente le teste si staccarono.
“Non osare parlare in questo modo di Zeus. Lui è mio padre e devi portargli rispetto.” Disse Eracle.
Camminò all’indietro un po’ traballante a causa delle ferite fino ad appoggiarsi contro un albero. Si sedette e rimase lì un paio di minuti mentre distese il braccio destro e con la mano tracciò una linea orizzontale. Subito dopo la Foresta che lo circondava sparì.
“Me ne resto un po’ qui a riprendere le forze. Li raggiungerò più tardi. Credo che loro se la caveranno.” Disse Eracle e si addormentò.]

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Capitolo 48
*** Capitolo quarantasei: la morte di Macaria ***


[…
“Ade, ti ripeto che io non c’entro nulla. Non sono stato io a decidere tutto questo. Quindi non prendertela con me.” disse Zeus.
“Come se io potessi credere alle tue parole!” disse Ade.
 Passò de tempo, ma Zeus e Ade continuarono a combattere l’uno contro l’altro. Sembravano entrambi molto forti e intenzionati a non arrendersi.
“A quanto pare non intendi arrenderti. Beh, allora prendi questo!” disse Ade stendendo la mano destra (dove c’era la spada) contro Zeus. Iniziò a fare dei piccoli cerchi e questo portò vari colpi su tutto il corpo di Zeus, ma lui resistette.
“Certo che non mi arrendo.” disse Zeus. Rimase in piedi finché non smise di essere colpito poi prese con entrambe le mani la spada ed andò incontro ad Ade cercando di colpirlo al corpo. Ma nemmeno stavolta ci riuscì.
“Hai una barriera protettiva bella forte a quanto sembra.” Disse Zeus.
“Sei proprio convinto di vincere e di essere in grado di proteggere tutti.” Disse Ade.
“Io proteggerò tutti. E tu non mi fermerai. Anche a costo della mia vita.” Disse Zeus.
“Protettivo come sempre. Anche da bambino eri così.” Disse Ade.
Loro continuarono a combattere e a sferrare colpi di spada. A un certo punto si avvicinarono e rimasero così per un po’ di tempo.
“Infatti io ti ho sempre aiutato e sostenuto. Sempre. Quindi perché fai così?” disse Zeus.
“Perché? Perché? PERCHÉ TU SEI SEMPRE STATO NELLE ATTENZIONI DI PAPÀ! TU SEI QUELLO CHE È STATO CONSIDERATO MIGLIORE DI TUTTI E TRE! E PAPÀ TI HA INSEGNATO OGNI COSA DEL SUO LAVORO. MENTRE A NOI NON HA INSEGNATO NULLA!” disse Ade in tono arrabbiato.
“Questo non è vero. Aveva insegnato delle cose anche a te. Siete venuti entrambi a scuola insieme a me quindi avete avuto la mia stessa istruzione.” disse Zeus. Subito dopo si allontanarono, ma Ade non voleva farla passare liscia a Zeus, così andò verso di lui.
“Bugiardo! Noi ci siamo andati l’anno dopo!” disse Ade.
“Allora dimmi, chi è colui che vi ha aiutati e portati a scuola tutte le volte quando eravamo piccoli?” disse Zeus.
“È STATO PAPÀ! SOLO PAPA’!” urlò Ade. Quelle parole erano così forti e potenti che riuscii a percepirlo.
“Ti sbagli. Sono stato io. Sono io che vi ho aiutato perché papà non poteva entrare. Lo ricordi?” Disse Zeus.
NO! NON E’ VERO! TU SEI SOLO UN TRADITORE! UNO SPORCO TRADITORE! Beh, visto che non ti arrendi, direi che faccio un altro bel salutino alla città di quella mocciosa. Proprio sotto i tuoi occhi.” Disse Ade.
“Ehi, ma che fai! Non vorrai di nuovo…” disse Zeus, ma Ade non lo aveva mica in considerazione.
Così lui si girò alla sua sinistra e iniziò a creare con le mani una strana luce rotonda e verde. Inizialmente era piccola un paio di centimetri, ma poi questa diventò più grande.]
Io a quella distanza vidi inizialmente un puntino tra le mani di Ade. Non capivo cosa fosse ma sembrava diventare leggermente più grande.
“Eh? Ma che cos’è quello? … Non dirmi che…” dissi io.
“Ehi, Ebe, che succede? Che cos’hai adesso?” disse Pan a fianco a me.
“Pan, presto, liberami subito! Non c’è un minuto da perdere.”
“Eh? Ma che succede?”
“Tu sbrigati a farmi uscire da qui!” dissi io.
“Ma perché? Che cosa intendi…”
“Non capisci cosa sta succedendo? Quel maledetto di Ade sta per fare un’altra volta quello che ha fatto prima! Ha intenzione di far soffrire di nuovo tutti quelli della mia città! Così sbrigati a liberarmi!” dissi io girandomi verso di lui e con tono serio.
Non volevo assolutamente che qualcosa succedesse ai miei amici, alla gente della città, ma soprattutto di nuovo a mio padre. Se fosse successo io assolutamente non lo avrei perdonato. Per nulla al mondo volevo che colpisse di nuovo degli innocenti.
“Ebe ma non capisci che non possiamo fare niente contro di lui? Ade è troppo potente per noi. Solo qualcuno come Zeus o Efesto possono…”
“Quindi mi stai dicendo di rinunciare e di stare a guardare mentre quelli a cui tengo vengono colpiti dalla maledizione e i più deboli portati alla morte?” dissi io. Pan ne rimase completamente sconvolto da queste parole. Ma rimase in silenzio.
“Beh, se è così, allora mi dispiace, ma io non voglio permetterlo.” Dissi io guardando Ade con quella cosa in mano.
[La luce rotonda creata da Ade smise di ingrandirsi quando diventò di 10 centimetri di dimensioni. Sembrava essere più grossa e potente di prima.
“Ade, fermati. Hai davvero intenzione di colpire degli innocenti?” disse Zeus, ma lui sembrava non dargli retta.
“Ade, fermati! Ti prego, fermati! Quello che vuoi fare è una follia.” Disse Zeus di nuovo. Ma Ade di nuovo non diede ascolto alle sue parole.]
“Intanto è inutile che vuoi uscire da lì. Pan non può farlo perché non ne è in grado. E poi, devi guardare quello che fa Ade.” disse Macaria alla mia sinistra con un sorriso in faccia. Io la guardai per un attimo con espressione molto seria.
“Macaria non mi sottovalutare” disse Pan.
“Tch.” Dissi io con tono basso.
“Ade fermati! Fermati o ti uccido! Ti uccido con le mie mani! FERMATIIIIIIII!” Gli urlai io concentrata a guardare Ade e con le mani ai lati della bocca. Peccato che non era abbastanza forte da arrivare a lui.
Vidi Ade mettere le maniche del mantello e quella cosa verde rivolto verso di me. O meglio, puntato verso la mia città, alle mie spalle. Quella strana e piccola luce che vedevo prima, veniva nella mia direzione. Veniva a grande velocità e si allargava sempre di più. Era diventato un enorme fascio di luce che poco distante da me spariva.
“No… no… Fermati! Non puoi fare questo!” dissi io.
“Ehi, goditi il gesto.” Disse Macaria.
Rimanemmo così per un paio di minuti. Io, Zeus e Pan eravamo completamente sconvolti, Macaria sembrava godere quel momento con quel sorriso stampato sulla faccia, i miei fratelli e sorelle anche loro sconvolti.
“No… N - non è possibile…” dissi io scioccata.
In quell’istante la mia mente si svuotò. Non riuscì a pensare a niente. Non potevo credere che lo avesse fatto di nuovo. Aveva di nuovo lanciato quella strana sfera creata con quelle mani contro la mia città. Contro le persone a cui volevo bene.
[“Ade, ma… ma cosa hai fatto? Ohi, ti rendi conto di cosa hai appena commesso!” disse Zeus.
“Hai visto che meraviglia? E la percepisci questa sensazione? La sofferenza delle persone di questa città è meravigliosamente deliziosa.” Disse Ade dopo aver infilzato per terra davanti a lui la spada che usava.
“Ma che stai dicendo! Ti si è marcito il cervello a stare là?” disse Zeus.
“Lo senti, vero? La debolezza e il panico che si è diffuso tra le persone di questa città. Sento che adesso ho il pieno controllo di quella città.”
“Ma che cavolo stai dicendo!” disse Zeus andando incontro ad Ade con la spada.
“Allora non capisci la bellezza di questa cosa. Beh, ti serve proprio un’altra lezione.”
“Non mi serve nessuna lezione! Voglio che fermi questa cosa perché tu non capisci che non puoi ferire degli innocenti!” disse Zeus.
“Ma vedi, il panico e la debolezza sono le cose che mi rendono forti. Oh, giusto, già che ci sono potrei ampliare la mia forza estendendola in tutto il mondo. Sarebbe grandioso.” Disse Ade fermandosi per un attimo mentre le spade erano l’uno contro l’altro.
“Ade non fare pazzie! Non puoi estenderlo a tutto il mondo! Riesci a renderti conto che cosa succederebbe se tu lo facessi?”
“Lo so benissimo. Io diventerei potentissimo mentre tu invece perderesti.” Disse Ade aprendo le braccia appena un po’.
“Non quello! Ma il fatto che stai colpendo e uccidendo degli innocenti! Non ti importa niente delle loro vite?” disse Zeus fermandosi per un attimo.
“E perché dovrebbe. Loro sono tutti deboli e inutili. E come ho detto prima, la loro sofferenza e il panico che provano, insieme a quello della mocciosa, mi rendono soltanto più potente.” Disse Ade.
A sentir pronunciare quelle parole Zeus si arrabbiò e corse verso Ade colpendolo da una parte all’altra. Ma non gli fece niente. Neanche un graffio al mantello che lo copriva.
“Ade, te lo chiedo per favore. Ti prego, fermati. Se c’è qualcosa che desideri io te lo darò, ma per favore non fare del male a degli innocenti.” Disse Zeus.
ALLORA DAMMI TUTTO QUELLO CHE HAI! IL TUO CASTELLO, LA TUA FORZA, IL TUO POTERE. E ANCHE LA TUA VITA. OGNI SINGOLA COSA!” disse Ade.
“Te l’ho detto prima che non posso farlo. Andrei contro le volontà di papà. E lo sai che io questo non lo voglio.” Disse Zeus.
“Allora è un peccato. Perché pare proprio che i tuoi figli siano messi male.” Disse Ade quando per la secondo volta avevano le spade l’uno contro l’altro.
“Eh?” disse Zeus girandosi a guardare i miei fratelli e sorelle.
Erano messi male, molto più di prima. Erano tutti pieni di graffi e con i vestiti un pochino strappati. Tutti a parte Eaco che era poco ferito. Ma erano tutti stremati, con le spade in mano, il fiatone della fatica e gli scheletri che camminavano verso di loro.
“Cavolo… non ce la faccio più… sono stremata…” disse Afrodite.
“Cerca di resistere.” Disse Zeto.
Eaco si girò verso Zeus e disse: “Ohi, papà, quand’è che possiamo dare sfogo a noi stessi e usare i nostri veri poteri?”
Ci fu un attimo di silenzio dove Zeus strinse i denti e usò molta forza sulla spada per allontanare Ade. Riuscì a distanziarlo, anche se per poco tempo, ma in quel lasso di tempo riuscì a dire qualcosa ai miei fratelli.
“ADESSO RAGAZZI!!!!” urlò Zeus.
Zeto ed Eaco fecero un sorriso poi Eaco disse: “Era ora.” Così diedero dimostrazione di altri loro poteri.]
In contemporanea, da dove mi trovavo io, vidi Eaco e Zeto sorridere e Zeus combattere contro di Ade. Ma il motivo di quei sorrisi lo capii soltanto poco dopo. Tutti e quattro iniziarono a comportarsi diversamente dal solito.
Eaco vidi che stava riunendo tutti i cerchi metallici creati dagli oggetti che gli scheletri avevano. Ce ne aveva quattro o cinque davanti a lui così li sciolse con il suo potere e ne creò uno dalle dimensioni enormi, il più grande che si poteva immaginare. Dopo averlo creato, Eracle lo mise sopra le teste degli scheletri che andavano verso di lui e lo fece cadere. In quel modo sia le piccole creature sia gli scheletri crollarono a terra e gli oggetti metallici che avevano in mano quegli stessi scheletri finirono per terra e si amalgamarono con il cerchio metallico di prima facendolo diventare più spesso, più pesante e più grosso di prima.
Afrodite vidi che chiuse gli occhi, un braccio in avanti e con la mano fece un cerchio. Quel cerchio apparì sotto i piedi delle prime due file di scheletri che andavano verso di lei.
“Forte.” Dissi io guardandola.
Quelle prime due file di scheletri si raddrizzarono, si avvicinarono a lei, crearono un cerchio intorno a lei e le fecero come da scudo protettivo. Il cerchio creato era a 5 o 6 centimetri di distanza da lei.
Ma Afrodite aveva ancora gli occhi chiusi, e questo voleva dire che c’era dell’altro. Infatti gli scheletri che le erano intorno erano in grado di uccidere e colpire solo gli altri scheletri, mentre le piccole creature di pelle marrone si stavano avvicinando sempre di più a lei. Afrodite li fece avanzare un po’ poi, al momento giusto, lei aprì gli occhi e si mise a danzare. Ballava nello stesso modo di quella volta che era nella stanza in cui ballava con la musica classica. E la musica era la stessa. Appena la musica partì alle creature caddero le teste e iniziarono a cadere a terra, una dopo l’altra, mentre lei continuò a ballare nello spazio che si era creata intorno.
“Fantastico… Ma com’è possibile qualcosa come questo?” dissi io.
Zeto continuò a combattere per una decina di secondi poi di scatto si fermò. Si fermarono anche tutti gli scheletri e le creature davanti a lui. Più correttamente paralizzò tutti quelli che erano distanti da lui fino a 2-3 metri. Un istante dopo averli paralizzati lui si mosse di scatto intorno a loro e li uccise tutti. Poi quelli che erano dietro di lui camminarono verso di lui e lui fece la stessa cosa. Poi di nuovo ai fianchi e così via per molte volte. Riuscì a sterminare un gran numero di esseri, ma tutti quelli che erano lontani si misero a correre facendo la stessa fine di quelli di prima.
Anche Atena chiuse gli occhi per un breve istante. Quando li aprì però distese le braccia prima in avanti e poi le spostò ai lati del corpo tracciando una linea davanti a lei. Questa linea portò a un rallentamento della corsa sia delle creature alla pelle marrone sia dagli scheletri. Solo in quel momento lei ci andò incontro uccidendone uno ad uno con la spada che aveva in mano. Fece la stessa cosa dietro di lei e ai suoi fianchi.
[“Guarda Ade, cosa sono in grado di fare i miei figli.” Disse Zeus.
Ma Ade sembrava non accettare questa cosa e così sferrò una raffica di colpi di spada contro Zeus.
“Tch. Voi non siete altro che un insieme di esseri deboli e di poco valore! POCO VALORE, HAI CAPITO ZEUS?” disse Ade in modo arrabbiato.
“Ade, non comportarti così. Te lo avevo detto anche altre volte in passato che se da soli non riusciamo a sconfiggerti, allora lo faremo tutti insieme.” Disse Zeus.
“FA’ SILENZIO! FA’ SILENZIO DANNAZIONE! TU SEI SOLO UN TRADITORE!” disse Ade in modo arrabbiato. Poi rivolgendosi verso il suo esercito, si vide che la mano destra e le maniche del mantello spostarsi dall’alto al basso.
“Alzatevi, creature del mio esercito. Alzatevi e combattete di nuovo. Tornate più forti di prima.” Disse Ade mentre muoveva le mani. In quello stesso istante tutte le creature e gli scheletri caduti per terra tornarono in piedi e andarono contro i miei fratelli e sorelle. Loro ripresero a combattere nello stesso modo di prima, ma alcuni riuscirono a rialzarsi e a riprendere il combattimento.]
Ade si girò verso di me e lo sentii urlare chiaramente queste parole: “Macaria! È il tuo turno. Fai quello che ti ho detto!”
Lei fece un sorriso e poi ordinò che io venni liberata. Un qualcosa alle mie spalle fece un po’ di rumore e aprì la gabbia in cui ero. Ma mentre accadeva questo io fui distratta da un fortissimo rumore che sembrava provenire dal Cerbero. Veniva dalla mia sinistra e dopo quel rumore ne sentii un altro in modo molto lieve.
Nello stesso momento in cui si sentiva il primo rumore notai una cosa davanti a me, cioè il fatto che Ade spostò il corpo in avanti e rimase in quella posizione per un paio di minuti.
[Zeus e Ade stavano ancora combattendo quando all’improvviso si distanziarono l’uno dall’altro, Ade spostò il corpo in avanti tenendo la mano sul petto ed iniziò a tossire.
“Ohi, Ade, che ti prende adesso? Sei già stanco?” disse Zeus.
“Tch, dannazione a te. Che mi sta succedendo adesso? Perché mi sento così strano?” disse Ade.
Subito dopo Ade si rialzò e riprese a combattere dicendo: “Io non soni stanco. Io voglio ucciderti in modo da ottenere tutto ciò che hai tu!” disse Ade tossendo altre due o tre volte. Questa volta però uscirono due o tre gocce di sangue.
“Ohi, ma ti esce del sangue dalla bocca! Non conviene che ci fermiamo qui? Non vorrei che tu stessi ancora più male di adesso.” Disse Zeus.
“NO! Io voglio continuare. E continuerò finché non avrò ucciso te, mangiato quella mocciosa e portato alla disperazione e sotto il mio controllo tutto questo Pianeta!” disse Ade continuando a combattere contro Ade.
“Ma prova a riconsiderare la cosa e a guardarti intorno. Ormai il tuo esercito sta venendo distrutto dai miei figli.” Disse Zeus.]
Vidi Ade guardare il suo esercito distruggersi e diminuire sempre di più.
 “Macaria! LASCIO LA MOCCIOSA NELLE TUE MANI! Ma stai attenta a non ucciderla, altrimenti morirai tu.” Urlò Ade. Quelle parole riuscii a sentirle a grande distanza, e mi misero paura. Subito dopo aver detto quelle parole Ade riprese a combattere contro Zeus sferrando colpi continuazione.
“Bene, bene, bene. Adesso posso dare sfogo a tutto ciò che voglio su di te.” Disse Macaria sorridendo.
Io mi trovai fuori dalla gabbia metallica, ma il mio sguardo era rivolto verso Ade e il mio corpo mi sembrava immobilizzato. Mi sentivo come se il mio corpo non potesse più muoversi, il petto e la testa facevano di nuovo molto male, la voce non usciva più dalla mia bocca. Ero sotto il controllo di Macaria ma con il potere di Ade. In più iniziai a non vedere più chiaramente, tutti intorno a me era sfocato. Le persone, gli oggetti, insomma tutto.
‘Eh? ma cosa… che mi sta succedendo? Perché non vedo più come prima?’ pensai io.
Iniziai a camminare in avanti contro la mia volontà, mentre dietro avevo Macaria che mi parlava.
“Aaaaah… Che brutta sensazione deve essere sentirsi così. Legati ad Ade dalla maledizione ed impossibilitati a muoversi di propria volontà. Proprio come dei burattini. Perché tu sei un burattino nelle mie mani, sai?” disse Macaria. Nel frattempo io avevo già fatto 5 passi in avanti. Dopo il sesto passo mi fermai e mi girai indietro in modo che davanti avevo Pan.
“Stai zitta Macaria e dimmi cosa vuoi farmi.” Dissi io. Ma non riuscii a parlare.
Lei si mise a fianco a me, mi si avvicinò a un orecchio (non saprei dire quale con precisione) e mi disse: “Tu lo sai vero che cosa devi fare adesso, non è così? Guarda nella tua mano.”
Il mio sguardo si spostò sulla mia mano e, come per magia, mi apparve sul palmo un pugnale.
“Eh? Continuo a non capire. Cosa devo fare con questo oggetto? E da dove spunta?” mi chiesi io.
“Ucciderlo. Devo ucciderlo. Per il bene del mio padrone.” Dissi io. questa volta si sentiva la mia voce ma lo facevo contro la mia volontà. Perché io non volevo dire quelle parole. non volevo ucciderlo.
“Ma che… no, io non posso farlo. Pan scappa! Non puoi restare! Vattene da qui!” dissi io, ma inutilmente. Iniziai a camminare, uno passo alla volta e fermandomi ad ogni passo. Quando mi trovai a due o tre passi da lui presi meglio in mano il pugnale e me lo misi davanti al petto con la lama verso di lui.
“Ebe, che cosa stai facendo? Fermati. Ebe fermati. I tuoi occhi…” Disse Pan iniziando ad arretrare.
‘Cosa? cosa c’è adesso? Cos’hanno i miei occhi? E perché non riesco più a controllare il mio corpo se fino ad un attimo mi sentivo benissimo? Non dirmi che…’ pensai io continuando ad avanzare e lui ad arretrare.
“Ah, è un peccato che io non sia stata in grado di capire prima che eri tu quella che si trovava in cella. Avrei potuto iniziare a divertirmi già allora. Beh, fortunatamente faccio ancora in tempo.” Disse lei allontanandosi da me. Io e pan ci fermammo e Macaria si avvicinò a lui.
Lei strinse le sue braccia al braccio sinistro di Pan e mi disse: “Ebe, ti chiami, giusto? Forse lo sai già ma al termine di questo scontro, dove sicuramente Ade vincerà, io e lui ci sposeremo.”
“O - Ohi! ma che stai dicendo!” disse Pan.
“Lo ha deciso Ade prima che tutto questo iniziasse. Io la trovo un’ottima decisione. D’altronde credo che noi due insieme siamo un’ottima coppia, non lo credi anche tu?” disse li.
“Ehi!” disse Pan.
“Tu non puoi fare niente per fermarci e per spezzare il nostro legame. Perché ormai lui appartiene a me e a nessun altro. Questo lo sai, vero?” disse Macaria.
“Macaria smettila! Non devi dire questo!” disse Pan.
“Che sto facendo di male! Sto solo seguendo l’ordine di Ade. E poi voglio solo divertirmi un po’. Oh, a proposito, ho sentito che tu hai due madri. Una è una dea, mentre l’altra è un’umana e che adesso è ricoverata in ospedale in fin di vita.” Disse lei.
“Smettila.” Cerai di dire io, ma inutilmente.
“Certo che devi sentirti male per la situazione che hai. Insomma, tua madre in ospedale, tuo padre e i tuoi amici colpiti da Ade. per non parlare di ciò che ti ha fatto Pan. Imperdonabile ed incredibile. non trovi?” Disse lei spostandosi da una parte. Intanto io avanzavo in avanti. Pan mi permise di fare solo due o tre passi verso di lui quando all’improvviso si trasformò in una nuvola e, volando in aria, si spostò dietro di me, ma molto distante. Poi tornò ad essere una persona normale.
“Ebe, smettila!! Quello che stai facendo non ha senso! Per favore fermati e cerca di tornare normale! I tuoi occhi… sono diventati rossi… Ebe, cosa ti sta succedendo?” disse Pan mettendo le mani in avanti e facendo un’espressione terrorizzata.
Io mi girai di fronte a lui, ma Macaria si mise dietro di me e mi disse: “Noto che hai davvero molto coraggio ad andare avanti nelle tue convinzioni. Eh certo, sei convinta che semplicemente  uccidendo Ade tua madre tornerà normale. Ma vedi, tutto questo non  è un bene e non la salverà sicuramente. Ormai devi arrenderti. L’hai persa. Non tornerà più da te.”
“Ohi, ma come ti permetti! Adesso mi hai fatto arrabbiare! Non devi dire queste cose. Perché mia madre tornerà in vita! Adesso ti faccio vedere io di cosa sono capace!” cercai di dire io con tono arrabbiato e cercando di girarmi verso di lei per farle del male.
Non poteva dire quelle cose. non glielo permettevo. Non volevo nemmeno credere a una parola tra tutte quelle che aveva detto perché ero certa che mia madre sarebbe sopravvissuta. Sarebbe tornata in vita.
Io volevo crederci. Volevo continuare a credere a questo.
“Beh, che tua madre sia in fin di vita è triste per te ma una gioia per me. Del resto io sono un po’ come Ade. Collegata a lui con il cuore e divento più potente sulla base della quantità di persone che soffrono. Nessuno meglio di te, potrebbe soffrire sempre e sempre di più.”
“Smettila.” Dissi io, ma senza risultato. Lei continuò a parlare e ad insultarmi.
“Ebe, ti prego, falla finita. Non mi piace come scherzo, se per te è uno scherzo. Ebe, riesci a sentirmi? Riesci a capire quello che ti dico.” Disse Pan.
‘Pan, io non voglio farti del male. Ehi, riesci a sentire la mia voce?  Pan,  ti  prego,  dimmi  che  riesci  a  sentirmi.  Dimmi qualcosa. Eh, perché adesso non riesco a sentire la tua voce? Comunque io non voglio che ti accada nulla. Mi sento male. E non capisco che cos’ho.  Quindi ti prego, aiutami. Salvami.’ Pensai io.
“Ti ricordi tutti i bei momenti che hai passato da persona normale? Beh, ormai puoi dimenticarteli. Ade è quasi sul punto di uccidere Zeus e quando l’avrà ucciso, mi ha rivelato qualche millennio fa, ti divorerà. Ti mangerà per bene e poco a poco in modo da assaporarti fino alla fine.”
“Smettila.” Cercai di dire io mentre camminavo in avanti.
“Ah, quando ha finito con te ha detto che vuole fare la stessa cosa con tutta la tua famiglia di dèi. Poi, quando avrà finito anche con loro, si metterà a divorare tutti gli abitanti di questo mondo. Uno ad uno.” Disse Macaria.
“Ora smettila. Macaria smettila!” provai a dire io e cercando di girarmi verso di lei. Ma non ci riuscii perché il mio corpo non si muoveva sulla base di quello che gli diceva il mio cervello, ma di ciò che Macaria mi ordinava.
“Sai, forse Eracle sarà colui che verrà salvato dalla strage di Ade. il solo ed unico a cui potrebbe essere permesso una cosa del genere. Beh, questo dipenderà ovviamente se lui ne sarà in grado di tornare vivo dallo scontro contro il Cerbero. oh, giusto, lui in teoria dovrebbe sposare te. Aspetta.” Disse Macaria spostandosi e fissando Ade. rimase così solo un paio di minuti ed io in quel tempo ero arrivata davanti a Pan. Così alzai il braccio in cui avevo in mano il pugnale e lo spinsi con forza verso il basso.
‘Fermati! Ebe fermati!’ continuai a pensare e ad ordinare al mio braccio.
Pan fece appena in tempo a trasformarsi in nuvola e a trasportarsi di nuovo dietro di me.
“ohi ohi ohi, che stai facendo! Cerca di non ammazzare il mio Pan. E ritiro ciò che ti ho detto prima. Perché pare che anche Eracle verrà mangiato da Ade. … Ma questa è una cosa poco importante adesso. Torniamo alle questioni importanti, cioè quelle di tua madre e di tuo padre. Non hai paura di quello che potrebbe succedere a tuo padre dopo ciò che è successo a tua madre? No? è un peccato perché io sono in grado di far provare la stessa cosa a tuo padre. Vuoi vedere?” disse lei prima preoccupata e poi con un sorriso stampato in faccia.
Ci fu un paio di secondi di silenzio.
“Meglio di no per adesso. Eppure mi chiedo che cosa ci sia di speciale in voi umani rispetto a noi dèi. … Mah, siete così inutili e senza speranza che non capisco a quanto voi possiate essere importanti per noi. Siete semplici creature che continuano a sperare in un qualcosa di positivo anche se di positivo non c’è niente a questo mondo.” Disse lei. Io mi fermai di scatto, distesi le braccia in basso e strinsi le mani a pugno. Feci un’estrema fatica a farlo, ma lentamente ci riuscii.
“Basta! Smettila!” cercai di dire io.
“Per non parlare della vostra durata di vita. Voi vivete una vita media di 80 anni mentre noi dèi abbiamo una vita media di 5-600000 anni. Vivono pochissimo e alcuni di loro faticano a godersi la vita che hanno pur sapendo che alla fine tutti arrivano alla morte. Alcuni muoiono prima, per svariati motivi, altri vivono la vita commettendo delle brutte azioni verso gli altri, altri ancora si disperano per gli altri o per i parenti morti. Le loro vite per me non hanno valore. Tutti loro sono insignificanti e deboli fino al midollo.” Disse lei camminando per un po’ e guardando il cielo.
Poi di scatto si girò e disse: “Sei compresa anche tu. Tu, che ti ritieni forte e coraggiosa ma in realtà sei debole ed insignificante. Eppure sei stata bloccata e giostrata a mio piacimento. Nello stesso modo dei burattini.” Disse Macaria.
“Ehi, Macaria, fermati. Non ti conviene…” disse Pan che venne fermato da me.
“ORA BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!” dissi io. con quest’urlo riuscii a tornare normale e a liberarmi dalla situazione in cui ero. Ero capace di parlare e di muovermi come volevo. Mentre lo dicevo venne a crearsi un cerchio ai miei piedi che si allargò finché io non fui più in grado di vederlo.
Tutti intorno a me si fermarono a guardarmi con occhi sconvolti. Persino Zeus e Macaria. Ed anche Ade.
“Macaria, hai ragione. Noi siamo persone che vivono molto meno degli dèi. Ed è anche vero che alla fine tutti moriamo. Ma sai, anche se abbiamo comportamenti diversi, se ci disperiamo, se siamo preoccupati, questo vuol dire che possiamo vedere le cose da aspetti completamente diversi e ci permette di confrontarci. Eracle è una persona strana, a volte esagera su certe cose, però in fondo lui è una persona brava e gentile. E sono sicura che tornerà qui e aiuterà tutti noi. Come sono sicura che riuscirò salvare mia madre da Ade e dai suoi complotti. Quindi non ti permettere mai più di parlarle male.” Dissi io.
Mentre io dicevo questo vidi Pan avvicinarsi a me, prendere il pugnale che avevo in mano, trasformarsi in nuvola e trasportarsi dietro Macaria mettendogli il pugnale alla gola. Appena io finii di parlare vidi Pan tagliargli la gola con il pugnale.
“È finita.” Disse lui guardando il suo corpo per terra. Aveva la maglia con chiazze di sangue. Poi guardò me e disse: “Ebe, è finita. Vieni. Vieni ad abbracciarmi.”
Ma io non lo feci, anzi arretrai di qualche passo, perché mi vennero in mente le parole che disse Ade che riguardavano il tradimento di Pan nei miei confronti. Mi girai verso Ade che aveva uno sguardo scioccato. Un istante dopo si mise a tossire di nuovo e a chinarsi con il corpo.
[Ade era scioccato.
“Ma cosa…” disse Ade.
“Hai visto fratello? Macaria è morta.” Disse Zeus.
 “No… non è possibile…” disse Ade. subito dopo spostò il corpo in avanti e tossì tre o quattro volte. Quella volta uscì un po’ più sangue di prima.
“Ade, va tutto bene?” chiese Zeus
Ade rimase per un attimo immobile poi riprese a combattere conto di lui con tutta la forza che aveva.
“Ade, calmati e cerca di riprenderti.” Disse Zeus.
Lui non lo stava ad ascoltare e dopo una raffica di colpi ne fece uno molto forte dove spinse con forza indietro Zeus. Poi si mise di nuovo a guardare noi.]
Sembrava avere un’espressione strana, quasi arrabbiato, così puntò il cappuccio verso il cielo e urlò a squarciagola: “CERBEROOOOOOOOOOOO!!!!
“Eh? Ma che… No, non adesso! Perché lo sta chiamando adesso?” dissi io.
Aspettammo un minuto o due dove gli unici rumori che si sentivano erano quelli che facevano i miei fratelli e sorelle visto che avevano ripreso il combattimento. Però il Cerbero sembrava non arrivare.
In quel momento Ade probabilmente impazzì e forse si infuriò molto, non ne ero certa, ma nell’istante dopo lui avvicinò il cappuccio al suo corpo. Poi fece due cose abbastanza sconvolgenti: la prima era togliersi di dosso il mantello che stava indossando e così mostrò come lui era veramente.
Il suo aspetto terrorizzò tutti. Era per la metà di destra con un corpo umano, quindi con ossa, organi e pelle, mentre dalla parte di sinistra si vedevano soltanto le ossa che costituivano il suo corpo. Aveva la faccia un po’ quadrata, l’occhio era piccolo e rosso e i suoi capelli erano color marrone e un pochino ricci. In più nella parte di destra si poteva notare che il suo braccio era un pochino muscoloso e con una struttura corporea molto forte.
Questo potevo dirlo con certezza perché, anche se ero molto distante da lui, ma la seconda cosa che mi sconvolse era proprio legato a quello. Ovvero che lui, dopo essersi tolto il mantello, iniziò ad alzarsi di altezza e di dimensione. Questo mi spaventò molto perché diventò sempre più alto fino ad arrivare ad essere come le dimensioni di un Titano, come quelle di Crono molto tempo fa. Mentre lui diventava enorme gli scheletri si allontanavano un po’ da Ade, ma continuarono a combattere contro i miei fratelli e sorelle. non so in che maniera fosse possibile, ma mentre cresceva iniziò a formarsi la pelle, forse anche gli organi interni, in tutta la parte di sinistra del suo corpo.
Quando arrivò alle dimensioni di un Titano, lui alzò la testa e si mise ad urlare in modo molto, molto potente per circa un minuto.
“A quanto pare mi avete fatto arrabbiare. E mi avete addirittura siete riusciti a farmi togliere il mantello e rivelare la mia vera forma. Beh, tanto meglio, intanto prima o poi avevo intenzione di farlo.” disse Ade.
Rimanemmo tutti letteralmente sconvolti. Non potevamo credere né a cosa c’era sotto quella cosa che lo copriva, né alle dimensioni in cui era diventato. Mi sembrava di vivere di nuovo in un incubo. Un orrendo incubo che sembrava non finire e non migliorare affatto.
“Ade… Ma cosa…” disse Zeus.
“Scioccati, vero? E questo non è niente. FORZA ESERCITO! COMBATTETE CONTRO DI LORO SENZA PIETÀ!” disse Ade. Così tutti gli scheletri e le creature iniziarono a correre da dietro i miei fratelli e sorelle. Loro ripresero a combattere anche se molto stanchi, mentre io mi avvicinai e a loro e pensai un modo per poter essere di aiuto.
“Ade, perché non lo capisci che è ora di smetterla? Non ha senso continuare in questi modo.” Disse Zeus.
“Lo farò solo quando tu mi darai tutto ciò che possiedi.”
“Smettila con questa storia. Te l’ho già detto migliaia di volte e anche poco tempo fa che non lo posso fare.” Disse Zeus.
“Bene. se questa è la tua decisione allora mi divoro quella mocciosa. Sotto tutti i vostri occhi.” Disse Ade.
“No!” disse Atena.
“Papà non permetterlo!” disse Zeto.
“L’hai sentita anche tu ciò che ha detto Macaria prima, non è così? Si crede forte e coraggiosa, ma in realtà è una vera nullità. Non è stata nemmeno in grado di proteggere sua madre, figurati se riesce a proteggere la sua città o se stessa. È inutile. Ecco perché c’è bisogno di liberarsi di lei. E a farlo sono io.” disse Ade.
“Ma che cosa stai dicendo!” disse Zeus.
“Allora fallo se ne hai il coraggio! Fallo! È vero, non posso proteggere tutti.  Ma anche se fosse, perché dovrei arrendermi? Se sacrificando me… riesco a salvare molte vite… allora sono disposta a sacrificarmi.” Dissi io.
“Vuoi farlo pur sapendo di morire?” disse Ade.
“Lo farò! Perché io non mi sento sola! Io sono con loro! Con la mia famiglia!” dissi io.
“Non Ebe! Non farlo! Ti prego!” disse Zeus.
“Ebe no! Non farlo!” disse Pan stendendo una mano in avanti.
“Sei davvero interessante. Va bene, lo farò.  È da molto  che aspetto di mangiarti.” Disse Ade. dopo aver detto quelle parole lui distese la mano destra fino a toccare terra. Le proporzioni erano enormi! Sembrava alto due volte l’altezza di una persona normale.
Quando la mano tocco terra, la spostò a sinistra muovendo moltissima aria, mi prese con il pollice e l’indice, e lentamente mi alzò in aria.
Pan mi corse incontro urlandomi cose simili a: “No Ebe! Ebe non andare! Non farlo! Ebe fermati! EBEEEEEEEE!!” Lui però non fece in tempo ad arrivare che venni sollevata ad una altezza che non era possibile raggiungermi.
Io però non gli diedi grande importanza e gli sorrisi continuando a pensare varie cose.
‘Mi dispiace Pan. Avevo tante cose da dirti. Tanto da raccontarti. Mi sarebbe piaciuto spiegarti tutto ciò che è successo in tua assenza. Avrei voluto spiegarti come li ho incontrati, che cosa abbiamo fatto e quanto mi sono divertita. Persino gli strani comportamenti di Eracle. Oh, anche le rivelazioni che ha fatto Zeus! Ha detto tante cose interessanti che riguardavano sia me sia noi due. Peccato che tu mi abbia tradito. Io mi fidavo di te e non credevo che tu fossi capace di farmi una cosa del genere. Peccato che non potrò dirti nulla. Ma a questo punto, addio.’ Dissi io raggiungendo il mento di Ade.
Lui continuò ad alzarmi ed aprì la bocca. Quando arrivai più in alto della bocca, io chiusi gli occhi, lui lasciò la presa ed io venni divorata. …

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Capitolo 49
*** Capitolo quarantasette: il passato di Ade ***


Io continuai ad andare sempre più all’interno del corpo di Ade.
‘Ah… ho perso contro Ade. Io ormai… non posso più fare nulla. Ma che… che succede? Dove mi trovo? Sto sognando?’ pensai io.
All’improvviso mi trovai in una stanza tutta bianca dove oltre a me erano presenti Crono, una persona coricata a letto e un bebè nelle braccia di Crono. Come rumori c’erano dei continui tac-tac-tac di una macchina collegata a un braccio della donna coricata. Di quella donna però riuscii a vedere tutto il corpo e solo da sotto il naso in giù della testa. Era una donna magra, con la pelle chiara e i capelli marroni e sciolti.
“Guarda Rea, il nostro terzo figlio! Guarda quant’è bello e paffuto! Sembra proprio uguale a te! Lo vizieremo tanto come gli altri due figli. Non è così, Rea?” disse Crono senza però avere risposta.
“Rea? Rea? Rea rispondi!” disse di nuovo lui senza avere risposta.
Il rumore di sottofondo che si sentiva prima si trasformò in un suono unico e continuo. Crono rimase con lo sguardo fisso su di lei e le lacrime che iniziarono a uscirgli dagli occhi. Sembrava sconvolto dall’accaduto. Ma dopo pochi secondi la sua espressione cambiò, da sconvolto a serio.
Si mise a guardare il bambino in braccio e disse: “Da ora in poi ti chiamerò Ade. Tu sei la causa della morte di Rea, di questo triste avvenimento, così riceverai questo nome. Un nome che porta odio, terrore e allontanamento di tutti coloro che ti saranno intorno. Spero però che con il passare del tempo tu mi  riesca a convincere di essere una brava persona.”
Dopo quelle parole lui uscì dalla stanza ed andò a casa sua con Zeus, Efesto ed Ade bebè. Appena arrivato affidò i tre bambini ad un uomo magro vestito di nero che era davanti alla porta e gli disse: “Li Lascio nelle tue mani fino a che non torno. Per favore prenditene cura.”
Crono si rinchiuse nel suo studio la cui porta era poco distante dalla porta principale e rimase lì per molto tempo. Io lo seguii ma quando fui dentro vidi Crono fissare tre schermi illuminati. Uno era attaccato alla scrivania mentre altri erano messi in obliquo sopra la scrivania erano così sottili che si poteva vedere dall’altra parte.
Mi misi dietro Crono perché ero curiosa di vedere che cosa stava facendo e scoprii che lui stava guardando tre cose completamente diverse nei tre diversi schermi. In quello di sinistra vi erano cose di lavoro con una finestrella in cui apparivano delle scritte sulla popolazione mondiale degli esseri umani, un’altra piccola in cui faceva vedere dei dati statistici di tutto il mondo terreno e come ultima una finestra in cui si vedeva l’Olimpo e che succedeva all’interno di esso. Nello schermo di destra si vedeva una foto che rappresentava Crono e la dea Rea, ma che come prima non si poteva vedere il suo volto. Infine nella schermata centrale c’era una cartella che aveva come nome -POTENZIALI DONNE-. Lui ci cliccò sopra e apparvero un gran numero di immagini di donne belle, alcune più giovani di altre e con acconciature di capelli bellissimi. Sfogliò le immagini una ad una, le analizzò e probabilmente ci pensò sopra.
Mentre le sfogliava disse: “Questa no, questa no, nemmeno questa. Questa potrebbe andare, ma non mi convince. Questa mi sembra troppo aggressiva, questa troppo alta, quest’altra con il collo troppo lungo, quest’altra ancora con il corpo troppo magro. Com’è possibile che non ce ne sia una decente! Sono più quelle che scarto che quelle con probabilità che vadano bene. Aspetta. Questa potrebbe andare. Sì, questa è perfetta. Mi convince molto.”
Era passato un anno circa da quando era entrato e quando uscì dalla stanza si trovò il maggiordomo ad aspettarlo. Lui aveva un’espressione molto felice.
“Vostra maestà è successo qualcosa? Avete un’espressione così felice.” disse il maggiordomo.
“Grande notizia. Domani arriverà una donna molto giovane. Quando arriverà tu falla entrare e poi chiamami. Mi troverai qui. A proposito dove sono i bambini?” disse Crono.
“Sono sul tavolo in cucina, vostra maestà.” Disse il maggiordomo.
“Bene. Beh, per ora lasciali là e se viene la donna chiamami.” Disse Crono.
Il giorno dopo la donna si presentò davanti alla porta. Era alta, magra, capelli biondi e raccolti dietro la testa, e occhi azzurri. Aveva un vestito aderente al corpo, con una scollatura e i tacchi alti 5 o 6 centimetri.
“Salve sono Gea. Sono stata chiamata da Crono. Posso entrare e vederlo?” chiese la donna.
“Sì. Entri e aspetti qui.” Disse il maggiordomo.
La donna e il maggiordomo entrarono in casa e lui andò alla porta dello studio e chiamò Crono. Intanto nella stanza si sentirono delle urla. La donna incuriosita si mise a camminare nel corridoio della casa ma venne fermato dopo pochi passi dal maggiordomo.
“Signora può entrare.”
“Grazie.” Disse la donna entrando nella stanza.
Entrai anch’io nella stanza e ciò che vidi era Crono alla finestra.
“Vostra maestà Crono, sono arrivata.” Disse la donna.
“Oh, Perfetto! Ben arrivata Gea. Porta qua i bambini.” Disse Crono. Il maggiordomo se ne andò e tornò un paio di minuti dopo.
“Posso chiedere perché mi ha chiamato? Ha bisogno di qualcosa?” disse Gea.
“Ti ho chiamata perché da oggi in poi tu sarai la madre di questi tre bambini e mia moglie.” Disse Crono.
“Certo. Ma questi bimbi… chi sono?”
“Ah, loro sono della mia precedente moglie. È morta dando alla luce lui.” disse Crono indicando Ade.
“Mi dispiace.” Disse Gea.
“Comunque lui è Zeus, lui è Efesto, e lui…” disse Crono.
“Lui è Ade, giusto?” disse Gea. Ci fu un attimo di silenzio.
“Va bene, ho capito. Io resterò a vivere qui?” disse Gea.
“E-ehm sì. Certo. Ti farò preparare una camera.” Disse Crono.
“Bene. Allora me ne vado.” disse Gea uscendo poi dalla porta. Il maggiordomo gliela aprì e la accompagnò fuori.
“Tienila d’occhio. Non riesco a fidarmi di lei.” disse Crono al maggiordomo.
“Sì, vostra maestà.” Disse lui inchinandosi.
Poi improvvisamente vidi tutto nero con una scritta bianca venire verso di me in cui si leggeva:
“DUE ANNI UMANI DOPO”
Crono stava entrando dalla porta un po’ stanco, con dei fogli sotto un braccio. Gea gli andò incontro e lo accompagnò in cucina.
“Crono sei tornato tardi!” disse Gea.
“Sì, lo so. Mezz’ora dopo rispetto al solito, ma nell’Olimpo dovevo risolvere delle faccende. Ma adesso è tutto a posto.” Disse Crono.
“Mi fa piacere. Adesso riposati un po’.” Disse Gea passandogli un bicchiere d’acqua.
“NON LA VOGLIO!” disse Crono arrabbiato e buttando a terra il bicchiere. Crono si alzò in piedi.
“Lasciami stare e lasciami andare a dormire! Mi hai capito?” continuò Crono.
Lui si spostò verso le scale ma poi cambiò idea e andò nel suo studio, buttò sulla scrivania i fogli che aveva, si sedette sulla sedia, tenne le mani tra i capelli e rimase così per un po’ di tempo.
“Cavolo, sempre a sistemare i problemi altrui. Non c’è mai fine. Beh, per adesso faccio solo le questioni più semplici.” Disse Crono. Ma passò l’intera nottata a lavorare.
La mattina seguente Crono era coricato sulla sua scrivania e i bambini stavano dormento nelle loro camere. Crono si svegliò, si alzò ed andò a fare un giro per la casa.
“Buongiorno, vostra maestà. State bene?” disse il maggiordomo che si trovava alla porta.
“Buongiorno. Sì, sto bene.” disse Crono.
“Avete mangiato la colazione che vi ho portato?”
“No, non l’ho fatto. Dove sono Zeus ed Efesto?” chiese Crono.
“I bambini stanno ancora dormendo, vostra maestà. E la signora Gea è in camera sua a mettere a posto delle cose.” disse il maggiordomo.
“Bene. Ricordati che io voglio mangiare senza i bambini a tavola. Quindi farai in due momenti separati.” Disse Crono salendo le scale che aveva davanti.
Si trovava poco distante dalla porta della stanza di Gea dove si senti suonare un telefono.
‘Ma che succede qui dentro?’ mi chiesi io davanti alla porta.
 Appena Crono arrivò davanti alla porta vide l’armadio della stanza aperta, i cassetti di un comodino aperti, il cellulare che squillava e una scatolina aperta sul letto.
“Gea ma che stai facendo?” chiese Crono.
“Eh? Ah, sto mettendo a posto i gioielli che mi hanno regalato.” disse Gea ma venne distratta dalla vibrazione del cellulare.
Lo avvicinò all’orecchio e disse: “Pronto? Oh, sei tu. Dimmi, che c’è?”
Ci fu un secondo di silenzio poi Crono se ne andò quando però, dopo essersi allontanato dalla porta, la sentì dire strane parole che gli rimasero impresse nella mente.
“Sì. Sì, mi ricordo. Ci penso io. Avverrà a breve, fidati di me. Farò in modo che lui mi dia tutto. Ti ho detto che è una questione che voglio fare io, so già come fare. Non avrà altra scelta che dare tutto a me. Intanto i suoi figli sono troppo piccoli. Sì, intanto sua moglie è morta, quindi tanto meglio. Adesso devo lasciarti, ci sentiamo.” Disse Gea.
Crono tornò indietro e disse a Gea che loro due dovevano andarono a pranzo. Ma quando pranzarono si udì soltanto la voce di Crono dire che dopo pranzo la aspettava nel suo studio ma lei non disse niente. Il maggiordomo servì a loro due un piatto di pasta bello abbondante.
Dopo pranzo Crono si postò nello studio davanti alla finestra e rimase lì. Fermo, a fissare l’esterno. Passarono un paio di minuti e arrivò Gea. Io invece mi trovavo a fianco alla porta.
“Sono venuta Crono. Esattamente come mi hai chiesto. Dimmi, di cosa hai bisogno?” disse Gea.
“Ti ho sentita al telefono prima. Con chi stavi parlando?” Disse Crono.
“Con un amico. Perché lo chiedi?”
“E di cosa parlavi?”
“Di questioni di lavoro. Sai, lui è stato un mio collega di lavoro un po’ di tempo fa.”
“Quali questioni di lavoro.”
“Nulla di importante. Ma perché queste domande?” disse Gea guardando da un’altra parte.
“QUALI QUESTIONI DI LAVORO!” disse Crono con tono serio. Gea rimase in silenzio.
“Papà.” Disse Ade alla porta.
“Ade, cosa ci fai qui. Vattene.” Disse Crono.
“Papà, chi è questa donna?” disse Ade.
“Ti ho detto di andartene. Maggiordomo!” disse Crono.
“Sì, vostra maestà?” Disse il maggiordomo.
“Porta via quel bambino. Non voglio vederlo e non sono argomenti che lui deve ascoltare.” Disse Crono. Così il maggiordomo si spostò in cucina mano nella mano con Ade.
“Dicevo? Ah, sì. A chi ti riferivi nella conversazione che hai avuto prima?” disse Crono in tono serio. Molto serio.
“Te l’ho detto prima, non è nulla. Devi credermi.”
“Ah sì? Eppure tutto ciò che hai detto sembrava riferirsi a me.”
“Scusa? Non capisco a cosa ti riferisci.”
“Figli troppo piccoli, moglie morta, solo questione di tempo. Tutto questo si riferisce a me, giusto?” disse Crono. Ma Gea non disse niente.
Crono sbatté il pugno sul tavolo e disse: “Non stare in silenzio! Riguardava me, non è così?”. Ma Crono non ottenne risposta e lei guardò in basso.
“Capisco. C’è un’altra cosa per cui ti ho chiamata.”
Lei alzò lo sguardo sbalordita e disse: “Dimmi.”
“Tu sei una persona che io ho scelto tra le tante possibili per badare ai miei figli. Ma a quanto pare non è stato così. Tu hai complottato alle mie spalle per questi due anni e hai pensato per quasi tutto il tempo al lavoro. Non hai mai dedicato tempo a loro e hai lasciato fare tutto il lavoro al mio maggiordomo.” Disse Crono.
“Beh, li ho trascurati appena un po’, ma…” Disse Gea. Crono sembrava parecchio irritato.
“Non ho finito. Questa è una cosa non accettabile nei miei confronti. Ho letto che tu sei una donna brava, onesta, leale, coraggiosa e hai un’ottima agilità nei movimenti che ti permettono di essere molto brava nel tuo lavoro.” Disse Crono.
“Infatti è così.” Disse Gea.
“FALSO!! Tutto quello che dice è falso!” disse Crono con tono molto arrabbiato e urlando.
Dopo uno o due secondi si calmò e disse: “Oh, un’altra cosa. Nei tuoi dati c’è scritto ‘capacità di ingrandirmi o rimpicciolirmi a mio piacimento’. Questo è il tuo potere, giusto?”
“Sì, esatto.” disse lei.
“Me lo puoi dimostrare?” chiese Crono.
“Eh? Adesso?”
“Sì.”
“ohi ohi, prevedo qualcosa di brutto. Per favore, fa che questo sogno non diventi un incubo come quello precedente.” Dissi io. Ero sicura che loro non potessero sentirmi. D’un tratto girai la testa e vidi che da un lato della porta c’erano Ade, Efesto e Zeus che stavano sbirciando.
Gea esitò un attimo ma poi chiuse gli occhi e all’improvviso la vidi rimpicciolire. Io ero sconvolta da ciò che avevo visto ma le sue dimensioni erano diventate di quattro o cinque centimetri. Nel senso letterale!
“Complimenti davvero un bel potere. Ma vedi questo non ti salverà dalla punizione che ti spetta.” Disse Crono prendendola e sollevandola con due dita.
“No, aspetta, che vuoi dire con questo? Che vuoi farmi?” disse Gea. A quel punto Crono la alzò fino alla bocca e poi se la divorò. In un istante. I bambini, che stavano guardando, erano sconvolti, tanto quanto me.
Dopo quell’azione Crono raddrizzò il corpo e guardando alla porta vide i bambini. Lui non si mosse, ma loro tre, terrorizzati, iniziarono a camminare all’indietro. Prima un passo, poi un altro, poi corsero per le scale e si chiusero in camera con la schiena contro il muro per molto tempo.
Non saprei definire quanto perché un istante dopo vidi di nuovo tutto nero e di nuovo la scritta bianca. questa volta diceva:
“VARI MILLENNI DOPO, ALL’ETA’ DI SEI ANNI.”
L’ambiente in cui mi trovavo era diverso da prima. Non assomigliava ad una stanza di una casa, perché questa aveva molti bambini della stessa età di loro tre. Era grande, aveva dei banchi, una lavagna al muro e una cattedra.
‘Sono in una scuola. Ma perché? E come ci sono finita qui?’ mi chiesi io.
Notai tra tutti i bambini Ade seduto su una sedia al suo posto vicino alla finestra, Efesto che  comunicava con altri bambini e Zeus in un angolo della stanza circondato da delle bambine. C’erano anche dei bambini che si divertivano a scrivere strane cose alla lavagna, ma essendo in fondo non mi era chiaro ciò che scrivevano.
Di scatto Efesto si allontanò da dove si trovava e si avvicinò ad Ade.
“Tutto a posto fratellino?” chiese Efesto.
“Sì, perché?” disse Ade.
“E’ da un po’ che hai lo sguardo fisso su Zeus. Quindi volevo capirne il motivo.”
“Mi chiedevo soltanto dov’è la mamma e perché Zeus viene sempre circondato dalle femmine mentre io no.” disse Ade. Efesto si mise a ridere.
“Cosa c’è da ridere?” chiese Ade.
“Scusa. Ma lo sai com’è fatto lui, sempre l’attrazione di tutti.” Disse Efesto. Ma Ade rimase in silenzio.
“Però vedrai, mamma verrà a casa presto. Ehi, ti propongo una cosa!” continuò Efesto.
“Hm?” disse Ade un po’ scocciato e un po’ incuriosito.
“Non farmi quella faccia scocciata! Ascolta. Che ne dici se facciamo tutti e tre una sorpresa alla mamma quando torna?”
“Che genere di sorpresa? E poi sei sicuro che Zeus accetti?”
“Accetterà. Ne sono certo.”
“Allora dimmi. Quale sarebbe la sorpresa che vuoi fare alla mamma?”
“Tra poco ci saranno quattro verifiche, no?”
“Sì, e con questo?”
“Che ne dici se studiamo insieme e cerchiamo tutti e tre di prendere i voti più alti? Facciamo vedere a mamma che noi siamo bravi anche in sua assenza.” Disse Efesto tutto contento.
“Ne sarei felice però papà mi ha ordinato di andare da lui quando è finita la scuola. Ha detto che vuole insegnarmi qualcosa del suo lavoro.” Disse Ade.
“Capisco… Ma questo ti impegna solo il pomeriggio no? che ne dici della sera? Io e Zeus ti aspetteremo e poi staremo svegli il più possibile per poter studiare.” Disse Efesto.
“Però …” disse Ade.
“Va bene, ho capito. Ti aspetteremo. Vai tu a dirlo a Zeus.” Disse Efesto.
“Eh? Io? ma perché? Lo sai che se io mi avvicino a qualcuno tutti gli altri si allontanano da me.”
“Ma io non ci credo. Sono solo storie create per spaventarti. Forza, vai.” Disse Efesto.
“Uff…” disse Ade alzandosi dalla sedia e andando verso Zeus.
Zeus si stava intanto divertendo a comunicare con le bambine che lo circondavano. Mentre Ade camminava riuscii a sentire quelli che erano i suoi pensieri.
‘Cavolo, perché lo ha chiesto di fare a me? Lo sai benissimo Efesto che io adesso non ho voglia. E sa anche che tutti si allontanano da me quando provo ad avvicinarmi. Però in fin dei conti devo ammettere che mi piace la sua idea quindi direi che parteciperò.’ Pensò Ade mentre camminava.
Quando si trovò a due o tre passi da Zeus, le bambine che lo circondavano iniziarono ad allontanarsi e a sparpagliarsi per l’aula e Zeus lo notò. Rimasero solo due bambine che si nascosero dietro Zeus con le mani attaccate alla maglia.
“Oh, Ade sei tu! dimmi, cosa c’è?” disse Zeus.
“Ecco… Efesto avrebbe proposto una cosa per tutti e tre.” Disse Ade.
“Che cosa?” disse Zeus. Dopo quelle parole però non riuscii a sentire niente. Vidi soltanto loro due comunicare e Zeus fare espressioni felici per un paio di minuti. Pensai che lui fosse d’accordo visto che sorrideva.
Alla fine della conversazione Zeus spostò leggermente la testa dalla parte destra, sorrise e disse: “Si, mi va benissimo.” Ade fece un grande sorriso, sembrava venisse dal cuore, e poi tornò da Efesto tutto contento.
“Ade che ti prende? Perché quel sorriso? Che ti ha detto Zeus?” disse Efesto.
“Partecipiamo sia lui che io.” disse Ade.
“Bene! Iniziamo già da stasera!” Disse Efesto sorridendo.
Passarono le lezioni e arrivò il momento di arrivare a casa. Efesto aveva il banco dietro Ade. Il primo tra i tre ad aver finito di mettere via le cose in uno zainetto era Zeus.
Lui si avvicinò agli altri due e disse: “ Ragazzi andiamo a casa insieme. Siete pronti?”
“Sì.” Dissero in coro Efesto e Ade con degli zainetti sulle spalle.
Arrivarono a casa e ad aspettarli dentro c’era il maggiordomo.
“Bentornati padroncini.” Disse il maggiordomo mentre raccoglieva le cose dei bambini.
“Siamo tornati! Puoi portarci qualcosa in camera? Siamo affamati!” disse Efesto.
“Ah, aspetta! Gli zaini ci servono più tardi. Dobbiamo fare i compiti.” Disse Zeus. Dalla porta dello studio si vedeva Crono arrivare mentre loro tre si avviavano verso le scale.
“Ade fermati!” disse Crono. Loro tre si fermarono sulle scale.
“Ti ricordi che cosa devi fare vero?” disse Crono. Ade guardò in basso.
“Sì. Devo venire nel tuo studio perché mi devi insegnare alcune cose del tuo lavoro.” Disse Ade.
“Esatto.”
“Però prima posso andare a cambiarmi i vestiti?” disse Ade.
“No. E adesso muoviti a venire.” Disse Crono.
“Sì… papà.” Disse Ade triste e con la testa bassa.
“Ade, non essere triste.” Disse Zeus.
“Hm. Ragazzi andate pure, io vi raggiungo più tardi.” Disse Ade.
“Okay. Ma non iniziamo senza di te.” Disse Efesto. Così Ade andò nello studio da suo padre mentre gli altri due andarono in camera dove il maggiordomo gli portò degli snack.
Nello studio c’era Crono con le mani in mezzo a dei fogli sulla scrivania e una sedia poco distante dal tavolo in cui Ade si sedette. Fuori stava piovendo e la finestra era aperta, ma a Crono non importava. Qualche spiffero d’aria entrò dentro e uno di questi venne percepito da Ade che tremò per un po’.
“Papà, c’è dell’aria che entra. Tu non la senti?” disse Ade. ma non ottenne risposta.
“Papà non ti da fastidio il vento che entra? E la pioggia?” chiese Ade. ma senza risultato.
“Papà posso chiudere la finestra? Mi da un pochino fastidio e mi impaurisce.”
“A tuo padre il vento e la pioggia non danno fastidio perché è concentrato sul lavoro. Piuttosto sono infastidito dalle tue domande perché mi deconcentrano.” Disse Crono con tono serio.
Ade cosi rimase seduto a testa bassa. Ma stette fermo per poco, perché continuava a guardare terra e guardare suo padre. Una volta restò con lo sguardo fisso su suo padre per più del solito poi scese dalla sedia, la prese e la spostò vicino a suo padre. Lui rimase a guardarlo mentre faceva queste azioni, ma sembrava scocciato. Facendo questo Ade era in grado di arrivare all’altezza del tavolo. Infatti salì sulla sedia, appoggiò le mani al bordo del tavolo e si mise a guardare suo padre lavorare.
“Mi spieghi che cosa vuoi fare?” chiese Crono.
“Prima ero troppo lontano per vedere cosa facevi. Così posso imparare meglio il tuo lavoro. Non va bene?” disse Ade.
“No che non va bene! Ora muoviti a tornare dov’eri prima.”
“Ma così non posso imparare!”
“Ti ho ordinato di tornare là.” Disse Crono con tono serio.
“Uffa. A questo punto era meglio se me ne stavo in giardino a giocare o se stavo in camera con i miei fratelli.” Disse Ade prendendo la sedia e tornando dov’era prima. Ci si sedette sopra, spostò le gambe vicino al petto e guardò in basso.
“Tch. Creatore solo di disturbo.” Disse Crono. Ade sentì chiaramente quelle parole e ne rimase colpito al punto che scese dalla sedia e si mise a correre in camera e quando ci arrivò si buttò sul letto e si mise a piangere.
“Ade che cosa è successo?” chiese Zeus.
“Ehi, calmati e dicci perché stai piangendo.” Disse Efesto.
“Papà. È colpa di papà.” Disse Ade.
“Che cosa ha fatto papà? Dicci!” disse Efesto.
Ade si sedette e disse: “ho provato ad avvicinarmi a papà per vedere che lavoro faceva ma lui mi ha rifiutato e ha detto che gli creo disturbo.”. Zeus si arrabbiò, si girò e si diresse verso la porta.
“Zeus, ma dove stai andando!” chiese Efesto.
“Vado da papà.” Disse Zeus.
“Che cosa intendi fare!” disse Efesto.
“Vado a dirgliene quattro. Non può permettersi di parlare così al mio fratellino! Non glielo permetto.” Disse Zeus.
“No, Zeus! Non andare! Così non concluderai niente. Lo sai che papà è sempre stato severo con noi. Torna qui e non farlo arrabbiare ancora di più. Zeus!” disse Efesto ma ormai lui se ne era già andato.
“Forza, Ade. Non piangere, okay?” disse Efesto con la testa di Ade appoggiata al petto.
Intanto Zeus era arrivato nello studio di Crono che stava ancora scrivendo su dei fogli.
“Papà, cos’hai fatto ad Ade!” disse Zeus arrabbiato.
“Oh, Zeus, sei tu. Tempismo perfetto. Stavo per venire a chiamarti. È il turno di lezioni. Forza vieni qui, vicino a me e vieni ad imparare quello che faccio.”
“Non sono venuto per quello. Voglio sapere che cosa hai fatto al mio fratellino.”
“Io? A chi? Ad Ade? Non ho fato niente.”
“Bugiardo! Allora perché è in camera che piange?”
“Non lo so. E non mi interessa. Ma lo sai com’è fatto, se la prende con niente.”
“Non è vero! Tu gli hai detto che ti crea disturbo. Ma questo non…” disse Zeus. Si fermò di parlare quando Crono abbassò la biro che aveva in mano e si avvicinò di scatto a Zeus fino ad arrivare faccia a faccia pochi centimetri l’uno dall’altro.
“Senti, questa è casa mia e voi siete figli miei. Quindi fate ciò che vi dico ed eseguite i miei ordini. Capito?” Disse Crono. Zeus era terrorizzato, ma dopo quelle parole si fece coraggio e tornò in camera.
Crono tornò alla sua scrivania, attivò lo schermo di destra (dove c’era l’immagine di lui e Rea) e disse: “Dannazione a quei tre. Sempre a cercare di disobbedire. È un vero peccato che tu non sia tra noi. Se tu fossi qui forse loro mi darebbero più ascolto.”
Intanto nella stanza dei bambini era arrivato Zeus.
“Zeus tutto a posto? È successo qualcosa?” chiese Efesto.
“tutto a posto. Papà voleva farmi stare sulla sedia al posto di Ade ma io mi sono rifiutato e sono venuto qui.” Disse Zeus.
“urca… papà deve essere arrabbiato…” disse Efesto.
“E adesso che facciamo? ”
“Ci mettiamo a studiare come avevamo deciso, no?”
Ade e Zeus si guardarono poi guardarono Efesto e dissero: “Sì!!”. Avevano un sorriso stampato in faccia.
“Dunque le materie sono Matematica, Inglese, Storia ed Economia.” Disse Efesto.
“Io non sono bravo con matematica e storia.” disse Zeus.
“Io invece con storia e inglese.” Disse Ade.
“Io me la cavo bene con tutte quindi vi do una mano in storia ed economia.” Disse Efesto.
“Io do una mano in inglese.” disse Zeus.
“Ed io in matematica!” disse Ade.
“Bene, al lavoro!” disse Efesto. Così passarono quasi tutta la notte a studiare ed aiutarsi per una settimana. Le mattine dopo si presentarono a scuola con le occhiaie sotto gli occhi sempre più visibili.
La terza giornata Ade si addormentò sul banco e per svegliarlo l’insegnante lo chiamò e si svegliò. Il quarto giorno Ade si riaddormentò e l’insegnante lo chiamò, ma senza risposta, quindi si avvicinò a lui e iniziò a picchiettargli in testa il quaderno che aveva in mano. In quel modo riuscì ad a svegliarsi.
Il settimo e l’ottavo giorno loro tre fecero le verifiche delle materie. Quando finirono erano letteralmente esausti e appena arrivarono a casa si precipitarono in camera loro e si addormentarono sui letti.
Crono da giù provò a chiamarli ma senza riposta. Allora andò in camera loro e non appena vide che loro stavano dormendo lui si precipitò tra di loro e urlò i loro nomi.
“ADE! ZEUS! EFESTO!” disse Crono.
“Hmm…” disse Zeus alzandosi.
“Che diavolo state facendo qui! Andate fuori a giocare che c’è bel tempo.” disse Crono.
“Davvero?” disse Efesto tutto contento.
“Sì.” Disse Crono.
“Che bello!!! Forza ragazzi andiamo!” disse Efesto scendendo dal letto e correndo verso la porta. Venne seguito anche dagli altri due molto felici.
“ADE!” disse Crono. Ade si fermò di scatto e si girò verso di lui.
“Dove stai pensando di andare?”
“Beh, a giocare con loro.”
“Tu non ci vai. Vieni con me nel mio studio e impari il mio lavoro.” Disse Crono con tono serio.
“Sì…” disse Ade in modo triste.
Così loro due andarono nello studio. Crono era in piedi davanti alla scrivania a scrivere con una pila di fogli in un angolo mentre Ade era seduto come prima su una sedia e con le gambe vicino al petto poco distante da Crono. Ade rimase lì, fermo, ma non stava guardando Crono. Aveva lo sguardo fisso sulla finestra. Ogni tanto si vedevano passare Zeus ed Efesto che correvano in giardino. Anche Ade voleva andarci. Lo voleva tanto, ma non poteva.
“Vedo che fissi la finestra. Scordati di andarci, tu non puoi andare a giocare con loro. Hai un dovere, ricordatelo.” Disse Crono senza distogliere lo sguardo da ciò che faceva. Ade lo guardò mentre parlava ma diventò ancora più triste di prima.
Loro due passarono l’intero pomeriggio così. Fermi nella stessa posizione per tutto il tempo e senza nemmeno rivolgersi una parola.
“Ehi Ade, vieni con noi in camera?” chiese Zeus davanti alla porta.
“Sì, eccomi.” Disse Ade scendendo dalla sedia e correndo verso di lui.
“Fermati Ade!” disse Crono.
“Che c’è?” Chiese Ade.
“Dove pensi di andare.” Disse Crono.
“In camera mia. È già sera e non ho voglia di cenare.” Rispose Ade.
“Tch.” Disse Crono tornando al suo lavoro. Così Ade uscì dallo studio e a fianco si trovò il maggiordomo vestito di nero.
“Ah, tempismo perfetto. Volevo dirti che non ho fame quindi stasera non ceno.” Disse Ade.
“Certo padroncino.” Rispose il maggiordomo. Ma quando lo disse Ade e Zeus erano già sulle scale. Quando arrivarono in camera tutti e tre su sedettero sui loro letti e iniziarono a conversare.
“Chissà se mamma sarà felice di quello che abbiamo fatto.” Disse Efesto.
“per cosa?” disse Zeus.
“Per il nostro lavoro di gruppo per le verifiche!” disse Efesto.
“Presumo ne sarà felice.” Disse Ade. ci fu un attimo di silenzio.
“Siamo stati bravi, vero? nello studio.” Chiese Zeus.
“Sì. E scommetto che abbiamo preso tutti e tre dei buoni voti!” rispose Ade.
Il giorno dopo tutti e tre andarono a scuola e l’insegnante di matematica consegnò le verifiche corrette. Rimasero in silenzio fino alla fine della consegna ma poi alcuni bambini iniziarono a chiacchierare con quelli davanti, quelli dietro o a fianco. Altri invece erano fermi  a guardare altro. Loro tre però rimasero fermi, immobili, con gli occhi fissi sui fogli.
‘Eh? Ma che succede. Perché loro non si comportano come gli altri? Non è che per caso hanno preso un brutto voto?’ pensai io. Zeus si avvicinò agli altri due e cercarono di conversare.
“Ehi, Efesto, com’è andata?” chiese Zeus.
Lui come risposta mise sul banco la sua verifica. Il risultato era positivo e piuttosto alto. Anche Zeus lo fece e anche lui aveva un voto positivo.
“Grandioso! Anche tu alto! E tu, Ade? com’è andata?” chiese Zeus.
Anche lui mise la verifica sul banco e l’esito era positivo.
‘Strano. Perché loro sono così giù di morale? Eppure tutti e tre hanno voti positivi…’ cercai di capire io.
“Grandioso! Bravo fratellino! E adesso vediamo come vanno le altre che abbiamo fatto. Okay? E tu Efesto, non fare quella faccia.” Disse  Zeus.
“Quinto.” Disse Efesto.
“Eh?” Disse  Zeus.
“Il quinto voto più alto della classe. E tu sei secondo.” Disse Efesto.
“E con questo che vuoi dire? Sono voti molto alti lo stesso. Dai, vedremo gli altri.” Disse  Zeus sorridendo. L’insegnante poco dopo disse che li potevano portare a casa in modo da poter farli vedere ai genitori.
Infatti appena arrivarono a casa c’era Crono alla porta e il maggiordomo dietro di lui, davanti alla  cucina. Crono sembrava avere un’espressione molto seria e non riuscivo a capire il motivo di questa cosa.
“Siete in ritardo.” Disse Crono.
“Scusa papà. Ma vedi, l’insegnante ci ha dato il risultato di una delle verifiche.” Disse  Zeus.
“Ah sì? Beh tiratele fuori e fatemele vedere.” disse Crono.
“Adesso? Ma prima non …” disse Efesto.
“Adesso.” Disse Crono. I bambini si guardarono per un attimo poi misero a terra gli zaini e tirarono fuori le verifiche.
“Mmh… Zeus positivo, bravo. Efesto positivo, bravo anche tu. Ade positivo. Bravi ragazzi.” Disse Crono felice. Così loro tre sorrisero, presero in spalla lo zaino e andarono in camera.
“Siamo stati grandiosi ragazzi! Continuiamo così.” Disse  Zeus.
“Certo! Anche papà ne era felice!” disse Ade. tutti e tre sorrisero, entusiasti dei risultati.
“Chissà che cosa dirà mamma. Non vedo l’ora di vedere la sua espressione.” Disse Ade.
“No, aspetta. Facciamoglieli vedere insieme!” Disse  Zeus.
“giusto.” Disse Efesto.
Il giorno dopo vennero consegnate le verifiche di storia e inglese. Di nuovo silenzio fino alla fine delle consegne poi di nuovo le voci di alcuni compagni. Altri di nuovo in silenzio e loro erano tra quelli.
Non me lo sapevo spiegare, ma era strano il loro comportamento. Sembrava non volessero mostrare i loro sentimenti e i loro voti a nessuno. Ma perché lo facevano?
Zeus si avvicinò di nuovo a loro due e misero sul banco di Efesto le loro verifiche.
“Bene ragazzi. Come vi è andata con inglese?” disse Zeus. Si guardarono prima negli occhi e poi guardarono gli esiti di ognuno. Tutti e tre esiti positivo.
“Ottimo!” disse Ade.
“Sì, fantastico. Adesso guardiamo storia.” Disse Zeus. Efesto e Zeus esito positivo, mentre Ade negativo. Era al di sotto della sufficienza.
“Mi dispiace, Ade.” disse Efesto con tono triste.
“B-beh… sicuramente sarà solo un caso. Vedrai che la prossima andrà meglio.” Disse Zeus.
“Ah… s-sì…” disse Ade.
Arrivarono a casa e trovarono Crono alla porta che li aspettava.
“Allora, come sono i voti oggi? Qualcuno ha preso un voto negativo? Nessuno spero.” Disse Crono.
L’unico che aveva uno sguardo a terra era Ade. Crono appena lo capì la sua espressione diventò da seria a molto arrabbiata. Talmente arrabbiato che tirò uno schiaffo molto forte in faccia ad Ade. Lui dalla forza dovette girare la testa da una parte.
“Papà ma cosa hai fatto!” disse Efesto.
“Dannato di un figlio. Come ti sei permesso di prendere un brutto voto!” disse Crono. Ade non sbatté ciglio e non uscì neanche una lacrima. Aveva soltanto una mano sulla botta e lo sguardo basso.
“Osi ancora girarti verso di me?” disse Crono che dopo quelle parole diede un altro schiaffo molto forte.
“Cercate tutti e tre di non prendere altri brutti voti. Sennò conoscete le conseguenze. Mi avete capito? E adesso andatevene dalla mia vista.” Disse Crono con tono molto serio. Così i bambini andarono su per le scale con lo zaino in spalla e gli occhi che guardavano le scale.
Poco dopo mi appare una scritta in un angolo della mia visuale che diceva: “Ma il giorno dopo fu la stessa cosa il giorno dopo con Economia.”
Infatti il giorno dopo l’insegnante consegnò le verifiche e tutti rimasero in silenzio fino alla fine. Anche dopo che aveva finito però ci fu silenzio. In pochissimi parlavano e quelli che lo facevano comunicavano con quelli davanti o dietro.
Ade, Zeus ed Efesto rimasero fermi ai loro posti in silenzio e con la testa china. Non capivo cosa volesse dire così mi avvicinai a loro e vidi che Efesto e Zeus avevano dei voti altissimi ed erano arrivati primi nella classe, mentre Ade invece stava guardando il suo fogli con delle lacrime che gli segnavano il viso. Quando Zeus lo notò subito si preoccupò ma nel momento stesso suonò la campanella di fine lezione.
“Ade perché stai  piangendo?” chiese Zeus.
“Che ti è successo?” chiese Efesto.
Quello che aveva sul banco Ade era la sua verifica. Sfortunatamente un altro voto negativo, ma più basso di quello della volta scorsa.
“Oh, ma guarda, il figlio del Titano più potente del mondo ha preso un altro voto negativo.” Disse uno dei compagni avvicinandosi a loro.
“Ohi, che cos’hai detto? Stai cercando di ferire il mio fratellino?” disse Zeus.
“Beh, lui è idiota, prende dei brutti voti. Quindi non capisco …” disse il bambino ma Zeus gli diede uno schiaffo mentre Efesto tappò le orecchie ad Ade in modo che non sentisse.
“Ehi! Ma cosa hai fatto!”
“Questo è per aver parlato male del mio fratellino.” Disse Zeus con espressione e tono molto seria. Sembrava quasi incazzato.
Poi Zeus si avvicinò agli altri due e gli ordinò di andare a casa insieme a lui. in questo modo Zeus venne sospeso da scuola per la settimana successiva. Quando furono a casa ad aspettarli c’erano Crono e il maggiordomo. Crono aveva un’espressione arrabbiata.
“Allora, com’è andata a scuola? I voti, come sono?” chiese Crono. Tutti e tre guardarono in basso.
“Zeus?” chiese Crono.
“Positivi.” disse Zeus.
“Efesto?” chiese Crono
“Positivi.” Disse Efesto.
“Ade?” chiese Crono. Ma lui non rispose.
“Ade?” disse di nuovo Crono.
“Negativo…” disse Ade. Crono si arrabbiò di nuovo, lo prese per un orecchio e andarono loro due nello studio di Crono dove iniziò a dargli vari schiaffi. Prima in faccia poi sulla schiena e sul sedere. Efesto e Zeus rimasero da una parte della porta a guardare.
Dopo quattro o cinque minuti Crono smise di fare quello che stava facendo e Ade se ne andò via correndo in camera. Poco dopo arrivarono anche Zeus ed Efesto e uno dei due aveva in mano in kit per curarlo un po’.
Passò una settimana e ogni volta che Ade veniva a casa e diceva qualcosa di non vero prendeva degli schiaffi da suo padre. Efesto non poteva fare niente e rimase al suo fianco a guardarlo. Quei pomeriggio sembravano terrificanti per lui perché non si mosse dalla sua camera per tutto il tempo se non per andare a scuola.
Una volta arrivò a casa insieme ad Efesto e, come sempre, davanti alla porta c’era Crono. Zeus scese le scale fino a vedere Ade e Crono. Ma la scena seguente non fu positiva perché Crono prese Ade per un orecchio e lo portò nel suo studio dove gli fece una serie domande.
“Ade che cosa hai combinato a scuola?” disse Crono arrabbiato e  senza ottenere risposta.
“Che cosa hai combinato a scuola!” disse Crono picchiando contro il tavolo.
“Io… non ho fatto niente...” disse Ade impaurito.
“Ah sì? E allora com’è possibile che la tua insegnante mi abbia chiamato?” disse Crono.
“Papà, ma che cos’è successo?” chiese Zeus.
“Ma come non lo sai? Ah giusto, tu sei stato sospeso questa settimana. Lascia che te lo dico. Il tuo fratellino ha preso un altro brutto voto e ha commesso delle azioni sbagliate ai suoi compagni.” Disse Crono.
“Cosa?” disse Zeus.
“Papà, io non ho fatto niente ai miei compagni. Davvero!”
“ZITTO!!” disse Crono schiaffeggiandolo in faccia varie volte.
“Questo non è vero. lui non ha fatto niente. Sono stati gli altri a fare tutto e poi a dargli la colpa.” Disse Efesto in tono basso in modo che sentisse solo Zeus.
“Papà fermati!” disse Zeus ma venne fermati ad un polso da Efesto.
“No, fermati tu. non puoi andare da papà o verrai picchiato al posto suo.” Disse Efesto.
“E devo lasciare che lui venga picchiato per qualcosa di non vero?” disse Zeus.
“per il momento sì.” Disse Efesto.
Zeus però non rimase fermo, si mise davanti alla porta e disse: “PAPA’ fermati! Per favore…”
‘Ah… ecco che cosa subisco ogni volta. Papà fa male così ma io non posso dirgli niente.’ Pensò Ade. ogni volta che veniva picchiato si piegava poco a poco in avanti ma Crono non glielo permetteva e lo rialzava tirandogli in alto i capelli. Ade aveva lo sguardo rivolto verso gli altri due e loro impressionati rimasero a guardare.
“Papà smettila! Ti prego… non fargli più male…” disse Zeus con le lacrime agli occhi.
Crono si girò e gli disse: “Allora vuoi venire tu al posto suo? visto che sei stato sospeso ti meriteresti una bella lezione.”
Zeus si spaventò a quelle parole e se ne andò non saprei dire dove. Crono finì pochi minuti dopo di picchiarlo e la prima cosa che Ade fece era andare in cucina a farsi medicare dal maggiordomo. Ade si tolse la maglietta perché lo aveva picchiato anche sulla schiena e tremava tutto. Efesto gli stette accanto ma era spaventato anche lui.
Di scatto mi apparvero delle scritte e una voce che dicevano la stessa cosa. Dicevano:
“DUE MILLENNI DOPO LA SCUOLA FINÌ. CONTINUAMMO AD ALTERNARCI IO E ZEUS PER IMPARARE IL LAVORO DI PAPÀ. MA ERO SEMPRE IO AD ESSERE PICCHIATO DA LUI. IO LE PRENDEVO DA LUI MENTRE ZEUS ED EFESTO GUARDAVANO DALLA PORTA. MA QUELLO CHE AVEVO APPRESO IO ERA IL FATTO CHE PAPA’ ODIAVA IL GENERE UMANO. QUALCHE SECOLO DOPO IO ED EFESTO SIAMO STATI DIVORATI DA PAPÀ MA POI SALVATI DA ZEUS. INFATTI LUI AVEVA UCCISO PAPÀ PER POTERCI TIRARE FUORI VIVI DAL SUO CORPO. MA NEL GIORNO DEL TESTAMENTO…”
Un istante dopo tornai a vedere e mi ritrovai all’interno dell’ufficio di Crono. Ma la situazione era diversa.
‘Eh? sono di nuovo nell’ufficio di Crono… Ma com’è possibile? Ade, Zeus, Efesto, il signor Saito… Ma che cosa ci fanno qui?’ mi chiesi io.
“Ehm… un attimo di attenzione per favore. Comunico ciò che c’è scritto nel testamento del signor
Crono.” Disse un uomo con una barba bianca. lui si trovava dall’altra parte del tavolo e tutte le persone lo stavano guardando.
“Ah, inizia finalmente.” Disse Zeus.
“Hm…” disse Ade.
‘Chissà che cosa mi avrà lasciato papà. Non vedo l’ora di scoprirlo.’ Pensò Ade.
“Beh, dopo un’attenta lettura sono arrivato a questa conclusione. Al signor Saito chiedo di finire il
castello sotto indicazioni e ordini di Zeus. Poi i tre fratelli. A Efesto lascio il controllo di tutto ciò
che  deriva  dal  fuoco  e  del  suo  utilizzo.  Un  giorno  gli  sarà  utile.  A  Zeus  lascio  tutto  il  mio
patrimonio, compresa questa casa, la costruzione del castello e il controllo del PARADISO. Ad Ade
invece  affido  solo  il  controllo  dell’INFERNO.  Non  gli  lascio  nient’altro  visto  che  è  il  figlio  meno desiderato  e  meno  affidabile. Come ultima cosa chiedo a Zeus di pagare maggiordomo (uomo magro vestito di nero). Con questo ho concluso.” Disse l’uomo.
“No… non è possibile. papà non mi ha lasciato niente.” Disse Ade dopo essere arretrato un paio di
passi rispetto agli altri due.
‘Non ci credo… non ho nulla da papà. Perché? Perché? Perché?’ si chiese Ade.
“Mi dispiace tanto Ade.” disse Zeus guardandolo.
“Anche a me dispiace molto. Papà è stato un po’ ingiusto però…”  disse Efesto.
“Va bene. Intanto ero odiato da lui. a me no ha lasciato nulla mentre a voi ha lasciato qualcosa.”
Disse Ade. Era diventato serio, anzi arrabbiato.
“IL NON AVER OTTENUTO NIENT’ALTRO CHE UN LUOGO ORRENDO DA PAPÀ MI FECE ARRABBIARE MOLTISSIMO. COSÌ GIURAI VENDETTA NEI CONFRONTI DEI MIEI FRATELLI. QUANDO EBBI 16 ANNI ZEUS VENNE DA ME PER INVITARMI AL SUO MATRIMONIO, MA NON CI ANDAI. Ciò CHE VOLEVO ERA SOLO VENDETTA VERSO DI LUI PER TUTTO IL TEMPO PER CUI HO SOFFERTO. ANCHE EFESTO SI SPOSÒ MA NON ANDAI NEMMENO AL SUO.”
Questo era quello che c’era scritto quando mi venne nuovamente oscurata la vista. Poi improvvisamente intravidi una luce che da lontano veniva nella mia direzione.
‘Adesso dove mi trovo? Com’è possibile che sia tutto nero intorno a me? Quello è Ade, giusto? Che cosa ci fa lì?’ mi chiesi io guardando in quello spazio illuminato davanti a me.
Un mezzo alla luce riuscii a intravedere la sagoma di Ade. Era seduto su una sporgenza di qualcosa con una mano davanti alla bocca e un ghigno irritato.
“Ormai sono rimasto senza nessuno. Mamma è morta, la donna dopo di lei anche e Zeus ed Efesto si sono sposati. Così sono rimasto solo. A loro due non posso più chiedere aiuto perché non me lo darebbero. In più Zeus ha ucciso papà. È tutta colpa sua.” Disse Ade. In quel momento qualcosa in lui stava iniziando a cambiare. Nel suo aspetto stava iniziando a succedere qualcosa ma non si vedeva bene.
“È colpa sua se papà è morto. Colpa sua se nessuna ragazza si avvicinava a me. Tutta colpa sua. Devo fare qualcosa. Qualcosa che gli crei dolore e gli faccia provare le stesse cose che ho provato io. Giusto, anzitutto posso mangiarmi qualcuno.” Disse Ade.
In quell’istate Ade gli occhi gli erano diventati rossi e le unghie diventarono lunghe e nere. Subito dopo si alzò in piedi e guardando alla mia città iniziò a puntare le sue dita verso le persone. Queste caddero a terra nell’istante stesso in cui vennero indicate da Ade. Morirono un gran numero di persone e questo mi spaventò molto. Per nutrirsi Adeguatamene lui prese le persone con due dita delle mani (gli esseri umani non potevano vedere le dita), l’avvicinò alla bocca e mangiò tutti. Ne divorò una ventina.
“Ottimo, ora sono sazio. Erano secoli che non mettevo qualcosa sotto i denti. Però a quanto pare non basta. Così non è abbastanza per far soffrire mio fratello.” Disse Ade. Poi iniziò a camminare lungo un corridoio buio, illuminato solo da delle torce con il fuoco.
Fece solo una decina di metri quando si fermò di scatto e disse: “A proposito, Zeus recentemente mi ha dato una donna, una certa Persefone. Non serve dire che lei è inutile, non mi serve a nulla. Non è nemmeno capace di avere figli. Eppure anch’io voglio un erede, esattamente come loro. Tch, se quella donna non può darmene uno allora non mi resta che andarlo a prendere per conto mio. Se non mi sbaglio Zeus recentemente ha avuto dei figli. Sarebbe l’occasione perfetta per prendergliene uno e farlo mio erede. In questo modo sarò in grado di vendicarmi per la morte di papà e di mamma. Ma prima devo fare una cosa.” Disse Ade.
Si diresse a casa di Efesto e quando fu là entrò in casa e riuscì ad andare in una stanza con lui soltanto.
“Ade, da quanto tempo che non ci si vede! Come stai e come te la passi?” disse Efesto ma lui non diede retta alle sue parole.
Ade chiuse la porta dietro di sé e assunse un’espressione molto seria. Quasi arrabbiata.
“Bene Efesto, voglio chiederti un favore.” Disse Ade,
“Certo che non sei gentile a non darmi ascolto! Beh, fa lo stesso. Dimmi, di cosa hai bisogno da me?” chiese Efesto.
“Ho bisogno che mi presti un po’ del tuo potere.”
“Eh? ma ti rendi conto di quello che dici?” disse Efesto con gli occhi un po’ sbarrati.
“Tu controlli ancora il fuoco, non è così?”
“Si, lo controllo ancora. Ma questo non vuol dire che posso dartelo liberamente. Lo sai che ti ci vorrebbe del tempo per controllarlo e per essere certi che questi non ti crei problemi al corpo?”
“Lo so. Ma è proprio perché ne ho bisogno che te lo chiedo.” Disse Ade con un finto sorriso in volto.
“Allora dovresti capire anche tu che non sono tenuto a dartelo senza prima controllare che tu ne abbia la capacità di usarlo non ferendo nessuno. Quindi mi dispiace, ma no.” disse Efesto.
Mentre lui diceva questo Ade abbassò lo sguardo e la sua espressione cambio radicalmente da felice a serio.
“Con questo non vuol dire che non ne sono in grado. Soltanto che mi ci sono voluti diecimila anni solo per capire come usarlo al meglio, a te ci vorrebbe altrettanto.” Disse di nuovo Efesto.
Ci fu un istante di silenzio e poi: “Efesto.”
“Si?”
“Dammi un po’ del tuo potere. Subito.”
“Ehi, ma hai ascoltato ciò che ti ho detto? Non po-” disse Efesto ma si bloccò allo sguardo rigido, freddo e molto serio di Ade.
“Dammelo subito. O me lo prenderò con la forza.” Disse Ade. Efesto ne rimase paralizzato per un paio di secondi poi sbuffò.
“Uff. ho capito, però io non mi assumerò alcuna responsabilità per ciò che fai. Capito?” disse Efesto.
Ade non rispose ma sorrise soltanto e pochi istanti dopo vidi Efesto fare una cosa mai vista prima. Efesto mise le mani davanti a sé, una sopra l’altra con le dita spostate l’una dalle altre, distanziò le mani lentamente per qualche centimetro creando tra le mani una piccola sfera di dimensioni due o tre centimetri. Appena finì di crearla la fece fluttuare in aria e la fece arrivare davanti a Ade che poi gli entrò nel petto.
‘Ma che cosa è successo? Che cos’era quel coso in aria?’ mi chiesi io.
Dopo che la sfera entrò nel petto Ade alzò la testa sorridendo e dicendo: “Grazie Efesto.” Per poi girarsi e assumendo un’espressione seria mentre camminava.
“Cavolo, sempre a voler fare a modo suo. Però era da un bel po’ che non lo vedevo sorridere.” Disse Efesto.
Ade dopo essere uscito dalla stanza pensò: “Bene, adesso è il momento di far vedere a mio fratello ciò di cui sono capace e di ottenere la mia vendetta su di lui.”.
Quando tornò nel luogo buio in cui si trovava prima iniziò a fare degli esperimenti e a provare ad utilizzare il potere del fuoco che aveva ottenuto da Efesto. Fece molti tentativi ma con il solo risultato di essersi bruciato le mani e la parte sinistra della testa e del corpo.
“PASSÒ SOLO QUALCHE MILLENNIO QUANDO VENNI A SAPERE CHE ZEUS AVEVA AVUTO  ALTRI DUE FIGLI DI RECENTE E QUESTA ERA UNA ENORME INFORMAZIONE PER ME. RIUSCII ANCHE A SCOPRIRE DOVE LUI E LA SUA NUOVA FAMIGLIA ABITAVANO. COSÌ…”
Ade come prima cosa si creò una nuvola tutta nera su cui poteva stare e muoversi liberamente. Poi ci andò sopra e iniziò a farla  volare in aria fino ad arrivare davanti alla casa in cui Zeus e la famiglia stavano.
“Qui è dove risiede mio fratello, eh? Certo che è una casa da poco per il sovrano del PARADISO. Mah, è meglio che io inizi la mia vendetta contro di lui.” Disse Ade con espressione e tono sorridente. Lui alzò entrambe le mani e diresse i palmi verso la stanza dove io e Pan eravamo. Questa iniziò a prendere fuoco mentre io e Pan iniziammo a piangere.
“Ops, ho fatto un po’ troppo rumore. Beh, allora tanto meglio. … oh, Zeus sta arrivando davanti alla finestra.” Disse Ade avvicinandosi poi alla stanza.
“Ade, meno male che sei qui. Per favore aiutaci ad uscire e a spegnere il fuoco.” Disse Ade.
“Ha! Non ti aiuterò mai. Sono io che ho acceso e sviluppato il fuoco con l’aiuto di Efesto.” disse
Ade.
“Ma perché stai facendo questo? Che cosa ti abbiamo fatto di male? E chi lo ha fatto?” disse Zeus.
“Sei  stato  tu  stesso! Pochi  secoli fa mi hai dato Persefone come moglie. Lei però non riesce  ad avere figli. Sono venuto a ribellarmi da ciò che tu mi hai fatto.” disse lui. 
‘Eh? ma questa scena mi è già familiare. Stessa casa, stesse persone e stesso tono di parlare di Ade. com’è possibile che lo stia rivedendo sotto il profilo di Ade?’ mi chiesi io.
“Ma io non lo sapevo. Lei stessa si è offerta.” Disse Zeus.
‘Tch, ora fingi di non saperlo. Forse fingerebbe anche di non sapere della morte di papà. E questo mi darebbe sui nervi.’ Pensò Ade.
“FAI SILENZIO!! Tu mi hai dato una persona inutile.” Disse Ade.
“Diamine, non c’è altra scelta. Ragazzi dovete saltare dalla finestra.”
“EH??” hanno detto Afrodite ed Eaco.
“Saltare? Ma te e la mamma? E loro due?” disse Atena.
‘Ha, ormai non hanno scelta. Nessuno di loro avrà scampo. Ormai non possono più sfuggirmi ed io gli darò il colpo di grazia. Così potranno provare tutti ciò che ho provato io un tempo.’ Pensò Ade mentre Zeus parlò.
“Dimmi Ade, che cosa hai intenzione di fare.”
“Io voglio avere a tutti i costi un figlio e visto che non lo posso avere con Persefone, mi prendo uno
dei tuoi figli e lo crescerò come se fosse mio.”
‘E mi vendicherò anche per papà e la mamma.’ Pensò Ade.
“No, non puoi farmi questo!” disse Era.
“STAI  ZITTA,  DONNA!!  Non  hai  il  diritto  di  parlarmi.  Oh,  ma  che  bella  cosa,  esattamente  due bambini.  Bene,  ho  deciso,  mi  prenderò  il  maschio.  Intanto  la  femmina  mi  sarebbe  inutile.” disse Ade.
“Non te lo permetto.”
“E  sentiamo,  come  faresti  a  fermarmi?  Intanto  non  ci  riusciresti.  Bene,  è  il  momento  che  mi prendo  il  maschio.”  Disse  Ade. Loro rimasero immobili mentre sotto Pan venne a crearsi una nuvola. Pan si alzò e si spostò fino a raggiungere mio fratello. Lui lo prese in braccio e sparì in una nuvola nera. Si ritrovò nella stessa stanza di tempo fa.
“Bene, da adesso in poi ti crescerò come se fossi mio figlio. E in futuro non permetterò che mi si dica contro alle scelte che farò.” Disse Ade guardando il bambino con occhi di sfida.
“Cavolo, per colpa sua adesso non ho più la parte sinistra del mio corpo e ho esaurito del tutto il potere che Efesto mi ha dato. Quell’inutile fratello me ne ha dato troppo poco.” Disse Ade.
Ade guardò meglio Pan e vide che era avvolto con qualcosa e aveva un dispositivo luogo-persona appoggiato a sé.
“Hm? Che cos’è questo oggetto? A che diavolo serve?” disse Ade mentre ce lo aveva in mano.
“Tch, deve sicuramente essere un altro di quegli oggetti che Zeus ha fatto costruire. Ad ogni modo è completamente inutile e sicuramente non serve a niente.” Continuò Ade gettandolo poi a terra.
Appena il dispositivo toccò terra si illuminò e iniziò a mostrare tutto ciò che Zeus stava facendo.
“Huh? Che cosa succede? Oooooh, questo sembra interessante. Molto interessante. (si vedeva Zeus prima confortare Era e poi fare delle ricerche su un gande schermo) … Così Zeus sta facendo ricerche…? Beh, questo gli sarà completamente inutile visto che ho messo una maledizione su quella bambina e non c’è altro modo per togliergliela se non lo faccio io stesso. Beh, per ora restiamo a guardare cosa succede.” Disse Ade.
“DA ALLORA LO CHIAMAI E RICHIAMAI CON L’INTENZIONE OGNI VOLTA DI AVERE DELLE SCUSE DA LUI. MA QUESTO NON SUCCESSE MAI.
PER QUESTO CONTINUAI A VOLERE LA MIA RIVINCITA  E VENDETTA SU DI LUI. NON VOLEVO FARGLIELA PASSARE LISCIA PER TUTTO CIÒ CHE HA FATTO.
I SECOLI COMUNQUE PASSARONO E FINO AD ORA ABBIAMO FATTO CINQUE GUERRE, TUTTE PERÒ CON ESITO DI VITTORIA PER LUI. UN GIORNO PERÒ RITORNERÒ E FARÒ UN’ALTRA GUERRA CONTRO DI LUI CON LA CERTEZZA DI VINCERE.”
Dopo quelle parole io non vidi più niente e mi svegliai.

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Capitolo 50
*** Capitolo quarantotto: l'ira di Zeus e la mia speranza ***



[Lui continuò ad alzarmi ed aprì la bocca. Quando arrivai più in alto della bocca, io chiusi gli occhi, lui lasciò la presa ed io venni divorata. In un solo boccone io entrai nel corpo di Ade.
Tutti erano completamente sconvolti e scioccati da quello che era successo. Più di tutti erano Pan e Zeus. Sembravano non credere a quello che avevano visto e sembravano essersi immobilizzati. In quel momento non erano in grado di fare nemmeno un movimento. Erano come paralizzai.
Una cosa sola cambiò nel momento stesso che io venni mangiata: il cielo che da limpido diventò grigio scuro, come se dovesse piovere molto. Ma nessuno se ne era accorto in quel momento.
Ade dopo avermi mangiato tenne la testa rivolta verso l’alto e gli occhi chiusi per una decina di secondi poi la rivolse verso terra.
“Ah… davvero delizioso. Sento già il mio potere diventare sempre più grande. Di questo passo riuscirò a superare mio fratello in poco tempo.” disse Ade.
“La… la mia… Ebe…” disse Pan con tono sconvolto e ancora immobile.
Zeus si riprese dalle condizioni in cui era e disse: “Ade, ma… ma cosa hai fatto!”
“Hm? Ah, me la sono mangiata.” Disse Ade. Zeus non riusciva  a crede a quelle parole.
“Che hai adesso? Cos’è quell’espressione? Non credi alle mie parole? eppure lo hai visto con i tuoi occhi.” disse Ade.
“Non è quello! È solo che…che… Come hai potuto fare una cosa del genere! Mangiare una delle mie figlie!”
“Ma questo te lo avevo detto anche tempo fa. Mi sarei mangiata la mocciosa, ti avrei ucciso e avrei devastato il mondo intero con il mio potere.” Disse Ade.
“Eh? Ma a che si riferisce?” disse Zeto.
“Cavolo, certo che quella mocciosa era proprio idiota pensare di riuscire a sconfiggermi semplicemente in questo modo. A quanto pare non sapeva di quanto vi siete sforzati nelle guerre fatte in passato. Beh, almeno mi sono sbarazzato di lei. Adesso è il vostro turno e quello della città Lato. Poi del mondo intero.” disse Ade.
“O-o-ohi! aspetta! Che intendi fare?” Urlò Zeus in modo che Ade lo sentisse. Ma lui non lo stava ascoltando.
“Bene, anzitutto faccio un altro salutino a quella città.” Disse Ade puntando alla mia città.
Dopo quelle parole lui mise le mani davanti a sé e iniziò a creare una piccola sfera verde esattamente come quella di tempo fa.
“Ade, ma che ti è preso! Perché vuoi coinvolgere degli innocenti che on hanno  fatto nulla? Fermati Ade! ADEEEEEEEEE!” Disse Zeus.
Quella sfera stava diventando di dimensioni sempre più grandi fino a superare quella della volta scorsa. Arrivò ad essere il doppio… il triplo… il quadruplo… fino ad ingrandirsi di 10 o 15 volte.
“Ade fermati!!! Non farlo Ade! FERMATIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!” Urlò Zeus con tutto il fiato che aveva.
Spostò il corpo, le mani e la sfera creata verso destra, alzò le dita e la lanciò verso la mia città creando un enorme raggio luminoso. Rimase fermo soltanto cinque o sei secondi poi spostò il raggio verso sinistra e passò sulla mia città tre o quattro volte.
Quei colpi portarono enormi dolori alle persone giovani e di mezza età, ma sfortunatamente più della metà degli anziani presenti morirono al primo colpo. Inoltre anche gli edifici vennero colpiti e buona parte di quelli che c’erano vennero letteralmente spezzati in due. Era impossibile descrivere il modo in cui lui si stesse divertendo con quell’enorme sorriso stampato in faccia, del modo in cui tutta la popolazione era disperata e la città intera era ridotta.
Pan, come tutti gli altri, guardarono a città sconvolti da ciò che stava succedendo.
“No… non è possibile… La città che Ebe stava cercando di proteggere…” disse Pan con tono molto basso.
“ADE! MA RAGIONI QUANDO COMMETTI QUESTE COSE? PERCHE’ LO HAI FATTO! PERCHE’ HAI COINVOLTO E UCCISO TUTTE QUELLE PERSONE! ADE RISPONDIMI!” Urlò Zeus con tutta la voce che aveva.
“Uff, ancora a scocciarmi. Beh, è arrivato il momento che mi occupi di voi.”
“Eh? ma cosa intende farci? Papà che cosa ci succederà?” chiese Zeto.
“Non ne ho idea.” disse Zeus.
“Adesso, da bravi dèi, lasciatevi uccidere senza storie da me e dal mio esercito.” Disse Ade.
“Eh?” disse Atena.
“Ma… ma che…” disse Zeus.
“Forza, mio esercito. Adesso  è il momento in cui vi rialziate e combattiate contro tutti loro fino ad ucciderli. Voglio vedere il loro sangue sparso per terra.” Disse Ade. A quelle parole tutti gli scheletri una volta distrutti  dai miei fratelli e sorelle tornarono in vita capaci di nuovo di muoversi e tornarono ad attaccarli come se non fosse successo niente. Anche loro ripresero a combattere utilizzando le stesse tecniche di prima.
“Certo che sono proprio ostinati questi esseri a continuare.” Disse Zeto.
“Già. Ma noi dobbiamo continuare per il bene di Ebe e di tutto il mondo.” Disse Atena.
“ragazzi, cercate di resistere il più possibile.” disse Zeus.
“sì però…” disse Atena.
“Resistete il più possibile e basta. Ho bisogno di un po’ di tempo per riflettere su cosa fare.” Disse Zeus continuando a combattere.
“Huh? Hai ancora intenzione di continuare? Bene, divertiamoci ancora un po’.” Disse Ade puntando il dito su di lui.
In quel modo moltissime creature e scheletri si mossero dritti verso Zeus. Lui cercò in tutti i modo di ucciderli, ma con il solo risultato di aver fatto avvicinarne altri.
“Oh, Zeus, non mi sarei mai aspettato da te una cosa del genere. Tu sei la sola persona che sarebbe capace di uccidermi eppure vederti in quelle condizioni mi fa divertire moltissimo.” Disse Ade con una mano puntata verso la mia città e l’altra verso i miei fratelli. Seguì un periodo di silenzio in cui si sentivano soltanto i rumori di scheletri distruggersi e il fiatone che avevano tutti dalle fatiche.
“Zeus non è carino da parte tua non dire nemmeno una parola. Beh, se non vuoi dire niente poco importa.” Disse Ade spostando lo sguardo verso la mia città e togliendo la mano che puntava su di loro.
“E ora umani osservatemi. Osservatemi e temetemi. La paura che voi avete nei miei confronti l’assorbirò e diventerò sempre più potente. Poiché da oggi in poi sarò io il nuovo dio di questa città e dell’intero pianeta!” disse Ade.
Zeus riuscì a resistere più che poteva ma poi si trovò con alcune creature troppo vicino a quanto poteva a sopportare. Venne bloccato dalle creature davanti mentre tutte quelle dietro gli saltarono addosso fino a coprirlo del tutto. Sembrava non avere alcuna possibilità di salvarsi.
I miei fratelli e sorelle sembravano essere molto stremati visto che quello che facevano comportava molto sforzo e concentrazione. Infatti i loro sforzi durarono troppo poco e presto vennero assaliti e ricoperti dalle creature e dagli scheletri.
“Cavolo, fatico a respirare.” Disse Zeto.
“A-anch’io…” disse Atena. Poi vennero completamente coperti dalla montagna di esseri creatasi.
Ade stava sorridendo mentre guardava tutto questo. Era un grosso sorriso di felicità e di godimento di gloria.
“ha ha ha ha ha!!! Guardate come siete conciati voialtri. Soprattutto te Zeus, sembri essere in enorme difficoltà. Che ti succede? Non ti ribelli come fai sempre? Non provi a scappare? … ohi creature, cercate di non esagerare nel ferire mio fratello. Voglio giocare ancora per un po’ prima del definitivo colpo di grazia.” Disse Ade.
In tutto questo tempo l’unico che rimase immobile e che non venne attaccato da nessuno fu Pan. Lui era rimasto completamente paralizzato ed era incapace di agire da quando io ero stata divorata.
“non è possibile… la mia ragazza… mangiata da Ade.” continuò a dire tra sé e sé in tono basso.
Ade tornò con lo sguardo fisso su Zeus e disse: “Ah… davvero non vi credevo così deboli e creduloni. Tutti voi avete riposto la vostra speranza su una persona che non meritava nemmeno di vivere. Era fin troppo debole.”
Quelle parole scossero un pochino Pan, ma non sembravano sufficienti per smuoverlo dalla condizione in cui era. Anche Zeus sentì ciò che lui aveva detto, ma non potendo muoversi con tutti quegli scheletri addosso non era in grado di reagire.
“Mah, ad ogni modo lei era una creatura impertinente e di infimo livello. L’ho usata soltanto come cavia per la maledizione. Devo anche ammettere che lei è stata in grado di resistermi per molto anche se non voleva farlo notare.” Disse Ade di nuovo.
Anche quelle parole scossero Pan, ma un po’ più delle precedenti. Lui chiuse le mani formando dei pugni e disse: “stai zitto… stai zitto…”
“Già, proprio una dea impertinente ed insolente. Comunque, visto che lei non c’è più e che voi siete impotenti rispetto a me, posso dare sfogo al controllo dell’intero pianeta.” Disse Ade sorridendo e voltando lo sguardo al cielo.
Dopo ciò Ade avvicinò di nuovo le mani e ricreò per la terza volta quella sfera verde di prima. Le dimensioni di quella sfera questa volta raggiunsero i 24-25 centimetri. Era molto grossa e la diresse inizialmente verso la mia città uccidendo in questo modo tutti gli anziani e qualche adulto iniziò a sentire sempre più dolore. Poi allargò le mani lentamente e in quel modo anche la sfera diventò grande per poi puntarla in aria dove, attraverso le molecole di ossigeno, questa si diffuse in maniera sproporzionata in tutto il mondo uccidendo altri anziani.
Pan rivolse lo sguardo verso Ade e rimase molto più che sconvolto da ciò che stava facendo. Non si aspettava che qualcosa del genere potesse accadere.
Pan sembrava aver ricordato qualcosa visto che rimase immobile. Qualcosa di importante per lui, che non avrebbe mai dimenticato. Infatti nei suoi occhi sembrava avere impresso il sorriso che io gli feci mentre venni sollevata un po’ di tempo fa. Un sorriso e un volto che sembrava essere stato ricordato anche da Zeus.
Nell’aver ricordato quel momento, Pan sembrava arrabbiarsi sempre di più al punto che con i denti stretti e le mani a pugno iniziò a correre verso Ade il più veloce che poteva. Prese un’arma da terra e al quarto o quinto passo si trasformò in una nuvola nera volando dritto verso di lui. Una volta arrivato al ginocchio della gamba destra di Ade, Pan prese bene l’arma raccolta, gliela infilzò nella coscia e gli girò intorno fino a toccare terra con i piedi. Ripeté questa azione molte volte andando sempre più in profondità.
Nello stesso tempo che Pan fece questo di scatto si videro quasi tutte le creature lanciarsi in aria per poi cadere e rompersi in mille pezzi. Sia quelli che erano addosso a Zeus sia ai miei fratelli e sorelle. Mentre tutti questi erano sospesi nell’aria si vide Zeus con un’arma presa da uno di loro, l’altro braccio e l’altra mano distesi da un lato del corpo e il corpo di Zeus leggermente spostato in avanti. Rimase in quella posizione per una decina di secondi poi si raddrizzò e con voce ed espressione molto arrabbiata disse: “Ade, adesso hai oltrepassato il mio limite di sopportazione.”
“Huh? Oh, sei tornato a ribellarti! Mi fa piacere, ma prima di questo…” disse Ade.
Si fermò un attimo di parlare mentre Pan continuava a fare quello che stava facendo andando sempre più in profondità con l’oggetto che aveva in mano.
Improvvisamente Pan sentii che l’oggetto non andava più in profondità.
“Eh? Ma come…” si chiese Pan.
“Ahi…” disse Ade in tono basso.
“Ma cosa… Com’è possibile? che succede?” disse Pan.
Ade si mise a fissarlo con sguardo molto serio e Pan rivolse lo sguardo verso l’alto per una decina di secondi. Poi gli occhi pieni di rabbia mise ancora più forza nelle braccia e nell’oggetto che aveva in mano e scese vero il basso toccando terra.
Tutte le volte i segni sembravano rimarginarsi velocemente, ma questa volta ci impiegò di più e ci lasciò il segno sulla gamba.
“Ohi, moccioso. Falla finita con quello che stai facendo.” Disse Ade.
“No. Non finché non mi ridai la mia ragazza.” Disse Pan continuando a fare ciò che stava facendo.
“Uff… voialtri siete proprio stupidi. Rischiare le vostre vite per qualcuno di così idiota come quella ragazza.” Disse Ade.
Questo fece nascere due cose: la prima era Pan che prese altre due o tre oggetti che c’erano per terra e, insieme a quello di prima, li scagliò contro Ade e poi li trascinò verso terra in modo da lasciare ancora più segni sul corpo di Ade. Ma non ne rimase nessuno se non quello di poco tempo fa e Pan fece questo quante più volte riuscì.
La seconda riguardava l’ira di Zeus, che non potendone più, fece circa dieci passi in avanti nella direzione opposta a dove si trovava Ade.
Si fermò di scatto, si girò verso Ade e disse a tutti: “Ragazzi voi continuate a resistere e a sistemare qui. Io penserò a lui.”
“Eh? Papà ma cosa…” disse Afrodite.
“Papà ma cosa stai dicendo! Non vorrai mica…” disse Zeto fermandosi a guardarlo.
Zeus iniziò a diventare sempre più grande e imponente. Crebbe fino a diventare grande come Ade.
“Papà ma perché sei diventato un Titano! Adesso non potrai più tornare alle nostre dimensioni!” disse Zeto.
“Ragazzi ho detto di non preoccuparvi per me. Troverò un modo per sistemare tutto. Bene fratello, adesso a noi due.” Disse Zeus.
“Hm? Ti vedo più motivato del solito. Che ti prende? Ti sei risvegliato da un incubo? Oppure ho toccato un qualcosa di sensibile? Ad ogni modo sarà un piacere assecondarti fino al momento della tua morte.” Disse Ade.
“Ohi, ma vuoi piantarla! Mi stai dando molto fastidio!” disse Ade voltandosi verso Pan. Pan però non lo stava minimamente ascoltando.
“Ho capito. Beh, te la sei cercata.” Disse Ade prendendolo per la maglia e sollevandolo.
“Lasciami! Lasciami andare! Lasciami ho detto!” disse Pan ma ormai era stato sollevato all’altezza della testa di Ade.
“Ohi, Zeus, sai cosa sto per fare a questo moccioso, vero?” chiese Ade. Zeus ci impiegò un po’ a capire, ma poi il suo volto cambiò da serio a sconvolto. Ade fece un grosso sorriso per un paio di minuti.
Poi lui mangiò Pan, in un solo boccone. Esattamente come aveva fatto con me.
“Mh, davvero delizioso anche lui. Grazie a lui mi sento ancora più potente di prima. E adesso  un altro intralcio che non mi darà più fastidio. Ehi, fratello che ne pensi di questo adesso?” disse Ade.
Zeus cambiò subito espressione e divenne una via di mezzo tra l’arrabbiato e l’irritato. Molto irritato.
“Dopo questo… non  pensare che la passerai liscia.” Disse Zeus.
“Oh giusto, dove eravamo rimasti prima?” si chiese Ade con una mano vicino alla bocca.
NON IGNORARMI!!! Adesso fatti sotto fratello!!!!” urlò Zeus.
“Oh, ma allora ho proprio toccato un punto molto sensibile. Poco importa, perché…” disse Ade ma venne interrotto da Zeus.
FA’ SILENZIO!! A forza di stare chiuso in quel posto ti si è marcito troppo il cervello! Ti sei già dimenticato chi ti ha aiutato a scuola quando eravamo piccoli e chi ti ha ferito moltissime volte nelle scorse battaglie? Sono stato proprio io!” disse Zeus.
“Perché uno come te si ostina a credere di riuscire a ferirmi ed uccidermi? Un attimo. Tu… tu sei arrabbiato, non è cosi? Sei arrabbiato perché mi sono mangiato due tuoi figli.” Disse Ade.
TACI!! Visto che non  vieni allora vengo io per primo!” disse Zeus che dopo quelle parole gli scagliò addosso la spada che aveva in mano (anche lei di grosse dimensioni) con più e più colpi.
Ma nessuno toccò mai il corpo di Ade, nemmeno di un millimetro, perché era ancora avvolto da una barriera protettiva.
Tutti loro continuarono a combattere incessantemente e con tutte le forze che avevano. Anche se stremati loro continuarono con la speranza di sconfiggerli. Ma da lontano c’era qualcosa che stava andando verso di loro. Inizialmente sembrava un puntino piccolo e non si capiva bene cosa fosse. Zeto fu il primo a vederlo.
“Eh? ma che succede adesso? Che sta arrivando?” disse Zeto.
“Non dire scemenze e concentrati a distruggere questi cosi insopportabili. Voglio solo finire presto.” Disse Eaco con il suo tono scocciato.
“Ma che dici Zeto. Adesso non è il momento per discorsi come questi.” disse Atena.
“guardate là.” Disse Zeto indicando il puntino in avvicinamento. ...]
Quando io mi risvegliai dal sogno che avevo fatto sentii una sensazione di leggerezza all’inizio.
“Huh? ma cosa mi è successo? … oh, giusto sono nel corpo di Ade. ma perché sono in questa posizione?” mi chiesi io guardandomi prima attorno e poi la posizione in cui ero.
Avevo le braccia stese in avanti che però riuscivo appena a percepire. il corpo ce l’avevo rilassato e le gambe in avanti inclinate in avanti a 45 gradi.
Mi ci vollero alcuni minuti prima che riuscissi a sentire tutto il corpo e in quei minuti mi guardai meglio intorno e vidi qualcosa di terrificante. Tutti gli organi umani del corpo di Ade. mi faceva senso un pochino perché non mi sarei mai aspettata di vedere una cosa cosi orrenda da così vicino. Ma ciò che mi fece rabbrividire ancora di più in quell’istante era il fatto che tutti gli organi sembravano tagliati a metà visto che potevo vedere dentro e si vedevano molto bene la membrava che lo componeva. Membrana che era segnata da qualcosa simile a bruciature.
‘Bleah, che schifo. Tutto questo mi fa parecchio senso.’ Pensai io. Guardai meglio e continuai a pensare: ‘ma questi sembrano provocati da bruciature, o qualcosa di simile. Ma com’è possibile? qui non c’è niente che brucia. Però aspetta. Com’è possibile che riesco a vedere ciò che c’è dentro? Non dirmi che…’
Iniziò a venirmi qualche piccolo sospetto. Qualcosa di strano doveva essere successo.
‘Huh? Ma anche gli altri sono identici! Che orrore. Ma un attimo. Se quello lì sotto è l’intestino, allora questo qui davanti a me è lo stomaco. Questo vuol dire che io sono nel fianco sinistro del corpo di Ade.’ pensai tra me e me.
Rimasi in silenzio per un paio di secondi con lo sguardo basso.
‘Che brutto sogno che ho fatto. E che orrenda decisione che ho preso. Farmi mangiare da lui. Un po’ mi dispiace per Pan. E per tutti gli altri. Vorrei tanto sapere che cosa stanno facendo tutti e come stanno. E la mia città? Chissà in che condizioni è adesso. Spero non subisca niente. Mi dispiacerebbe tanto per tutti gli abitanti. Però, più di tutto, spero che Pan non se la sia presa della mia decisione e spero che non gli sia successo niente di grave. Lui è una brava persona, non meriterebbe niente di tutto questo. Avrei tanto voluto rivederlo. Ma forse sono fortunata che non mi veda in queste condizioni e in questo luogo.’ Pensai io.
Improvvisamente, senza che me lo aspettassi, venni colpita da qualcosa alle spalle. Era un tocco leggero ma sufficiente per farmi girare la testa e sbarrare gli occhi alla vista di ciò che vidi. Era il corpo di Pan che mi dava le spalle.
“Eh? Pan? Pan, sei tu?” dissi io. misi le mani sulle sue spalle e lo girai verso di me. lui aveva gli occhi chiusi e aveva il corpo rannicchiato su se stesso.
“Pan? Ma che ci fai qui? E perché sei rannicchiato? Non eri ad aiutare i miei fratelli e sorelle? Com’è possibile che tu sia stato mangiato!” dissi io ma non ottenni risposta.
Iniziai a preoccuparmi: e se gli fosse successo qualcosa prima di essere stato mangiato? Tipo fosse stato ferito? No, non è possibile perché non ha segni sul corpo. E se lo avesse fatto addormentare, come aveva fatto con me, per poi mangiarselo? No, non mi sembra plausibile come idea. ma allora cosa era successo?
“Pan! Pan svegliati! Devi dirmi cosa sta succedendo là fuori e cosa è successo a te. E dai, svegliati!” dissi io.
Di nuovo nessuna risposta. Avvicinai un orecchio al suo petto per vedere se era ancora vivo.
“sì, è vivo. Meno male. … Ma allora che sia solo addormentato?” mi chiesi io guardandolo.
‘Comunque devo trovare un modo per uscire da qui. Non so cosa succederà, ma devo trovare un modo per andarmene. Eh, che cos’è quella cosa là?’ pensai guardandomi intorno.
Notai una strano e piccola fiammella rotonda e nella stessa parte del corpo in cui ero io. Era sopra di me e sembrava trovarsi all’altezza dei polmoni.
‘Che ci fa qui una fiammella di fuoco? È molto in alto… è alla stessa altezza e posizione dei polmoni? Se è così allora quello a fianco deve essere il cuore di Ade. E se quello è il cuore allora quelle là sono le vene. Ah, ce n’è un’altra dietro lo stomaco.’ Pensai io. …
[ …
“La tua ostinazione non ha davvero limiti, vero Zeus?” disse Ade.
“Questo dovrei dirlo io che sono cinquecentomila anni che continui con questa storia. Perché non la finiamo qui?” disse Zeus.
“NO! Non mi fermerò finché non avrò ottenuto ciò che voglio!” disse Ade quando si allontanarono l’uno dall’altro durante lo scontro.
“Cavolo. Com’è possibile che non riesco a ferirlo nemmeno un po’ quando io sento tutti i suoi colpi?” disse Zeus in tono basso e pieno di segni sul corpo.
“Sai, sto apprezzando sempre di più quella tua espressione.” Disse Ade.
“eh?” disse Zeus non riuscendo a capire bene.
“Oh, andiamo, non fingere di non capire. Mi riferisco alla tua faccia arrabbiata. È così bello vederla. Ora dai, torna come eri prima e lasciami godere quell’espressione.” Disse Ade.
Zeus venne irritato sempre di più e attaccò continuamente Ade con sempre più forza ad ogni colpo. Continuarono a combattere con vigore e a volte tremava il terreno. Nello stesso momento si avvicinò sempre di più quel puntino che Zeto aveva visto. Sembrava essere diventata una figura umana, ma era ancora troppo lontana per dire chi fosse.
“Aspetta, quello non è un essere di Ade.” disse Zeto.
“E  allora chi è?” disse Atena.
“Non riesco né a capirlo né a concentrarmi a causa di questi scheletri.” Disse Zeto tornando a combattere gli scheletri.
“Già… nemmeno io.” disse Atena.
“Cavolo, ma questi esseri sembrano non finire davvero più. Sono esausto.” Disse Zeto.
“Lo siamo tutti, ma no abbiamo altra scelta che resistere e combattere. Ti ricordi ciò che ci ha detto papà de piano, vero?” disse Zeto.
“Che dobbiamo combattere l’esercito di Ade e lasciare fare tutto in mani sue e di Ebe. Non importa cosa succede. Lo so molto bene.” disse Zeto.
Eaco distrusse alcuni scheletri con il suo potere e appena li ebbe distanziati a sufficienza per prendere un attimo di fiato, si girò verso gli altri e con tono arrabbiato disse: “Ma mi spiegate come facciamo a fidarci di nostra sorella se poco tempo fa è stata mangiata e di nostro padre se è diventato un Titano con il rischio che non torni più alle nostre dimensioni?!”
“Beh… per quello non hai torto…” Disse Atena.
“Aaaaah!!!!!! La mia sorellina! la nostra Ebe. Ho paura al solo pensiero di cosa le stia succedendo! Uffaaaa! Ebe ti prego torna da noi sana e salva!” disse Afrodite in pieno panico mentale e girando su se stessa con le mani tra i capelli.
“Afrodite sei una seccatura quando sei così.” Disse Eaco.
“Eaco, la gentilezza! E tu Afrodite, calmati e cerca di capire che così non aiuti.” Disse Atena.
“Beh, non ha tutti i torti però.” Disse Zeto.
“Zeto, anche tu! Io, al contrario di voi, voglio credere in loro due.” Disse Atena.
“Sei troppo ingenua e gentile Atena.” Disse Eaco.
“Può darsi. Ma sono la mia famiglia. E io voglio crederci.” Disse Atena.
“Tch. Che seccatura. Vorrei andare a casa ma invece sono fermo qui ad aiutarvi.” Disse Eaco con tono scocciato.
“Ebe, ti prego resisti!” disse Afrodite in panico.
Lei fece solo in tempo a dire quelle parole che Atena cadde all’indietro e l’esercito davanti a lei continuava ad avanzare.
“ATENA!!” disse Zeto guardandosi indietro. Lui allontanò tutti quelli che aveva davanti con una spinta e mentre gli scheletri caddero lui si girò e iniziò a correre.
“Atena, tutto a posto?” Chiese Zeto.
“ah, sì… non preoccuparti.” Disse Atena.
“Cavolo. Così siamo ancora più in difficoltà.” Disse Zeto
“Huh?” disse Atena alzando lo sguardo da terra.
“Attenta!” Disse Zeto alzandosi e distruggendo degli scheletri passando da sinistra a destra la spada che aveva in mano.
“Forza, rialzati e aiutami a distruggerli.” Disse di nuovo Zeto dopo un attimo di pausa.
“Ma Zeto, sono troppi! Non ce la faremo mai!” disse Atena.
“Può darsi… ma dobbiamo continuare.” Disse Zeto con un po’ di fiatone.
“Cosa? e adesso che succede?” disse Zeto guardando per terra.
Improvvisamente si vide la sagoma lontana fermarsi d scatto mentre dai miei fratelli si videro delle piante sbucare fuori da terreno e arrotolarsi sulle gambe delle creature e attorno alle ossa degli scheletri. Si arrotolarono fino ad arrivare all’altezza dei fianchi di ognuno di loro in modo da bloccare i loro movimenti.
“Eracle!!” disse Zeto girandosi verso di lui.
“Eh? ma cosa…” disse Afrodite.
Eracle da lontano si rialzò in piedi e si mise a correre il più veloce che poteva. Quando si trovò di fronte l’esercito di Ade, fece un sorriso sulla faccia, tirò fuori il pugnale e ne uccise quanti più possibile. in circa 3 minuti arrivò vicino ai mei fratelli  e sorelle e disse: “Scusate il ritardo, ho impiegato più del previsto. È successo qualcosa? Che mi sono perso?”
“Sei in ritardo!” disse Zeto leggermente arrabbiato.
“Ha ha ha ha (risata), lo so. Infatti mi sono scusato. Ma piuttosto che è successo qui? Dov’è Ebe?” chiese Eracle guardandosi intorno.
“Sono successe tantissime cose, ma adesso non posso spiegarti nei dettagli. Sappi solo che Ebe è stata mangiata da Ade, così come un certo Pan.” Disse Zeto.
“Eh?” disse Eracle che rimase sconvolto da quelle parole.
“Ebe… Ebe… Ebe… la mia sorellina….” disse Afrodite girando in tondo e tagliando continuamente le teste a quelle creature.
“Ma tu che cosa ci fai qui! Non eri occupato con il Cerbero?” chiese Atena.
“Quell’essere l’ho già fatto fuori e sono venuto il prima possibile ad aiutarvi. Lo avevo promesso a Ebe.” Disse Eracle ripetendo le azioni di prima.
“Beh, un aiuto è sempre ben voluto in questi casi.” Disse Zeto.
Così tutti ripresero a combattere con tutte le forze che avevano. Ma inaspettatamente si videro tutti i pezzi in cui il Tridente era stato ridotto e si scagliarono tutti addosso al corpo di Ade per poi entrargli nel corpo.
“Ma cosa…” disse Zeus completamente incredulo.
“Ha ha ha ha!!!! Guarda Zeus, a quanto pare il Tridente ha scelto me come suo nuovo proprietario. Che ne pensi adesso?” Disse Ade.
“Penso che tu sia solo un idiota di fratello! Pensi che te la faccio passare liscia per tutto questo!? Aver giocato e ucciso innumerevoli vite umane!” Disse Zeus sempre più arrabbiato.
“Ah, sì, vite umane! Semplici, deboli e inutili creature che costruiscono templi per noi e ci venerano senza sapere nemmeno chi siamo o come siamo per le più semplici delle cose. Noi due siamo uguali. E ora guardati intorno e ammira tutto ciò che tuo fratello sta facendo.” Disse Ade.
“TI SBAGLI! IO NON VOGLIO AMMIRARE NIENTE! In te… in te vedo solo un mostro. Cose del genere… io… IO NON LE COMPIEREI MAI!!” disse Zeus continuando a sferrare colpi di spada. E Ade continuò a schivarli, come se li prevedesse tutti. …]
‘Più mi guardo intorno e più questo posto non mi piace. Devo sbrigarmi ad uscire. Ma come posso fare? Tagliare la pelle? no, troppo difficile. Forse è anche spessa, non ci riuscirei. Tagliargli un organo? Ma con cosa che non ho niente! Usare un pezzo del vestito che mi ha dato Atena? No, non mi servirebbe. … Cavolo, devo poter fare qualcosa.’ Pensai io guardandomi intorno.
Pochi istanti dopo io girai la testa e vidi Pan che era ancora con un volto rilassato e con gli occhi chiusi. Era bellissimo vederlo così, con quel suo volto rilassato, avrei anche voluto che noi due rimanessimo così per molto tempo, ma non in questo posto e in un momento come questo.
“Pan, tu sei estremamente importante per me, ma non voglio vederti ridotto male o in questo stato. Quindi non preoccuparti, troverò il modo per portarci fuori di qui. Già, ma come posso fare? Pensa Ebe, pensa.” Dissi io.
Inaspettatamente vidi una serie di piccoli pezzi luminosi venire dritto verso di me attraversando la pelle di Ade. Venivano a grande velocità verso di me, erano tantissimi e sembravano esser fatti della stessa materia del Tridente.
‘Eh? Che cosa sono quelli? E perché stanno venendo verso di me? Non vorranno mica uccidermi. Non dirmi che…’ pensai io rannicchiandomi poi su me stessa con la paura di essere colpita da uno di quelli e di venire uccisa.
Ma un paio di secondi dopo alzai la testa e notai che tutti i pezzi si fermarono a pochi centimetri da me. Non ne sapevo la ragione ma non venni uccisa e questo mi sembrò molto strano. Inizialmente credetti che quelli erano stati mandati da Ade ma non sembrava così. Non avevo idea del perché quegli oggetti vennero da me, sapevo soltanto che quei pezzi si unirono tutti insieme per creare un piccolo pugnale con una impugnatura. Era molto leggera ed era delle giuste dimensioni per poter essere tenuta in mano facilmente. Ma inizia a temere qualcosa.
‘E adesso che cosa dovrei fare con questo? … Non dirmi che…’ pensai io girandomi verso Pan. Avevo paura, tanta paura. Temetti il peggio. Temetti che Ade mi desse l’ordine da un momento all’altro di ucciderlo. Iniziai a tremare e a preoccuparmi che questo potesse succedere. Così decisi di stare ferma e aspettare un po’ per vedere se fosse successo qualcosa.
Ma nulla. Dopo circa due minuti di attesa in cui non sentii niente e non mi fu ordinato per fortuna niente. Smisi di tremare e riflettei.
‘A quanto pare Ade non mi sta ordinando niente. Meno male, ho temuto il peggio. … ma se non devo usare il pugnale per degli scopi di Ade, allora a che mi serve?’ mi chiesi. Per un istante un ricordo mi venne in mente.
‘Giusto, potrei mettere in atto il piano che avevo progettato. No sono sicura che possa funzionare, ma voglio provare a metterlo in atto. Pan tu aspettami qui.’ Pensai di nuovo io.
Mi guardai intorno e dandomi una piccola spinta in avanti arrivai allo stomaco. Non osai toccarlo per paura che mi potesse succedere qualcosa così ci girai intorno e notai che c’era una vena che era messa in verticale ed era molto grossa. Notai anche un gran numero di strani cosi verticali e sottili poco distanti dal nervo appena visto.
‘Questo deve essere la vena collegata al cuore. È molto simili a quello che ho studiato a scuola. Ma quelli lì invece che sono? Sembrano muscoli…’ pensai io.
Rimasi un attimo ferma a guardare ciò che avevo davanti ma subito dopo scossi la testa e mi dissi: “No no no Ebe, concentrati. È il momento che fai ciò che hai deciso di fare insieme a Zeus.”
Mi spostai in avanti fino ad arrivare ai muscoli. Vidi che erano molto tirati e che erano una decina uno attaccato all’altro.
“Ade deve essere un po’ nervoso. Sono molto tirati. …  Ad ogni modo è il momento di farlo. Non posso più aspettare.” Mi dissi io.
Impugnai bene il pugnale che avevo in mano e lo avvicinai a uno dei tanti muscoli che avevo di fronte. Non riuscii a toccarlo poiché iniziò a tremarmi la mano. Non sapevo spiegarmi il motivo ma mi sentivo nervosa. Che fosse la paura? Oppure il terrore di sentirmi colpevole per aver ucciso un essere vivente? Non ne avevo idea, ma mi fece coraggio e con espressione seria tagliai i muscoli che avevo davanti. Dovetti trattenere il fiato perché dovevo usare molta forza e perché usciva una grande quantità di sangue da ognuno di essi.
Una volta tagliati tutti mi girai e mi misi davanti alla vena grossa collegata al cuore. Provai a tagliare anche quello ma era molto resistente.
“Cavolo, faccio fatica a tagliarlo. Eppure deve esserci un modo.” Mi dissi io.
Guardai sopra di me e notai che una piccola parte del nervo era più chiara rispetto a tutto il resto. Pensai che in quella parte lì forse scorreva meno sangue o era successo qualcosa in passato che lo aveva reso così. Decisi quindi ad avvicinarmi per capire meglio e quando fui lì  riuscii finalmente e facilmente ad infilzarci il pugnale.
“Bene, a quanto pare ci sono riuscita. Ora non mi resta che continuare.” Dissi io.
Trattenendo ancora il fiato spostai l’arma verso il basso facendo venire fuori una grande quantità di sangue, forse più di quella dei muscoli che ho spezzato.
“Bene, ora non mi resta altro che un altro colpo.” Pensai io.
Mi guardai intorno cercando un luogo dove potevo ferire di nuovo Ade. mi accorsi soltanto dopo che tutto il fuoco che usciva si stava spargendo in tutto il corpo con gran velocità. Ormai aveva coperto quasi tutta la parte destra del corpo di Ade ricoprendo anche tutti gli organi.
‘Cavolo, devo spostarmi da qui il prima possibile.’ pensai io.
Notai subito dopo che nella parte più bassa del corpo il sangue si stava diffondendo anche dove c’era Pan.
‘Oh no, Pan. Devo fare subito qualcosa.’ Pensai io. così mi spostai il più veloce che potevo e arrivai da lui abbracciandolo forte.
“Pan! Pan svegliati! Ehi, non è il momento di dormire. Forza svegliati.” Gli dissi io ma non ottenni risposta. Lui continuava a dormire.
Così lo baciai sulla bocca con la speranza che lui si risvegliasse. Ma quando staccai le mie labbra dalle sue, notai che lui non si era svegliato. Guardai prima in basso e poi in alto e vidi che da entrambe le direzioni il sangue ci aveva circondati. Rimaneva soltanto il punto del corpo dove eravamo noi due. Tornai con gli occhi su Pan e vidi che lui aveva la bocca leggermente aperta.
Oramai non avevo il tempo di chiudergliela con le mani perché sentii il sangue toccare la mia schiena e lentamente venire in avanti. A quel punto, sapendo di non avere più scampo, chiusi gli occhi, avvicinai a me il corpo di Pan e lasciai che il sangue si propagasse.
Un attimo dopo percepii una strana sensazione alla bocca. Sentii come se uno strano liquido si diffondesse dentro la mia bocca.
“Non riesco… a respirare… Qualcuno mi aiuti…” dissi io senza però ricevere alcun aiuto.
Non arrivando più a respirare fui costretta a ingerire una piccola quantità di quella sostanza e questo mi fece addormentare arrivando in pochi secondi a non sentire il mio corpo.
...




Angolo Autrice: colgo l'occasione per tutti coloro che leggono questa storia e questo capitolo per augurare una Buona Vigilia (anche se un po' in ritardo), un Buon Natale, un Buon Santo Stefano e un Buon Anno Nuovo. Nella speranza che vi piaccia e che mi lasciaste qualche recensione, vi saluto e auguro buona lettura.

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Capitolo 51
*** Capitolo quarantanove: morte e disperazione ***


[ … Ade nel frattempo era ancora a combattere suo fratello Zeus con la spada. Ma non appena loro due si fermarono per alcuni minuti, Zeus riprese fiato e Ade iniziò a sentire uno strano dolore al fianco destro. Proprio in quel punto si creò un taglietto lungo un paio di centimetri.
Inizialmente non ci diede granché importanza ma quando ripresero Ade sentì  che il dolore diventò sempre più forte fino a che non si diffuse in tutta la parte destra del suo corpo.
“Cosa… ma che mi sta succedendo? Cos’è questo taglio?” disse Ade.
Furono entrambi costretti a fermarsi e mentre Zeus con il fiatone si riprendeva di energie, Ade fu costretto a piegarsi in avanti.
Zeus, che sentì soltanto la parte iniziale di ciò che aveva detto, si raddrizzò in piedi e con espressione arrabbiata disse: “Ohi, fratello, che ti succede? Guarda che io non ho ancora finito. Quindi fatti sotto.”
“Stai zitto!” Urlò Ade.
Zeus, arrabbiato da prima, non riuscì a trattenersi così alzò in aria la mano con la spada per poi muoverla in basso in un solo istante segnando così il corpo di Ade con un taglio che partiva dalla parte in alto a destra fino al fianco sinistro.
Ade dovette piegarsi di nuovo in avanti mentre gli usciva del sangue dal taglio. Rimase fermo una decina di secondi, poi tossì e raddrizzò la schiena.
“Questo non mi ha fatto male. Se davvero volevi uccidermi avresti dovuto usare più forza.” Disse Ade.
“Almeno la tua barriera protettiva è sparita e adesso sono in grado di ferirti con la mia spada.” Disse Zeus.
“Come no. La mia barriera è impossibile da distruggere. Beh, almeno devo complimentarmi con te per essere stato in grado di farmi questa ferita. Ora finalmente è arrivato il momento di darti il colpo di grazia che ti ucciderà, fratello.” Disse Ade.
Quella volta Ade tossì ancora e uscì una grossa quantità di sangue dalla sua bocca che si vedeva nella mano a pugno che Ade mise davanti per cercare di coprirsi. Anche il taglio lungo un paio di centimetri iniziò a diventare sempre più lunga e sempre più sangue usciva da lì toccando terra.
Questo sconvolse un pochino Zeus che iniziò a preoccuparsi.
“Ohi fratello, ma ti esce del sangue dalla bocca e dai fianchi.” Disse Zeus.
“Questo non è niente che possa interessarti. Forza, fatti sotto che così ti posso uccidere e posso godermi il tuo volto straziante di dolore.” Disse Ade.
Zeus a quelle parole non ci pensò su e così decise di andargli incontro. Gli sferrò tre attacchi ma Ade, con la vista leggermente offuscata e la mano tremolante, riuscì a difendersi.
Zeus lanciò altri colpi ma nessuno di quelli sembravano essere in grado di ferirlo. Vi fu però un istante in cui Ade aveva il fiatone, gli occhi leggermente chiusi e la sua barriera sembrava essere sparita e, approfittandone dell’occasione, Zeus riuscì con un colpo a tagliare via la mano sinistra di Ade. Lui urlò di dolore tenendo le braccia spalancate mentre la parte più grossa di sangue usciva dalla ferita più in basso del suo corpo.
Nel frattempo i miei fratelli e sorelle notarono che grosse gocce di sangue cadevano a terra e che un terzo dell’esercito iniziò a cadere a terra sgretolandosi e diventando cenere.
“Eh? Ma che sta succedendo?” disse Atena raddrizzando la schiena dalla posizione di  combattimento in cui era.
“Non lo so, ma questo è molto strano.” Disse Afrodite.
“Oh beh,  comunque il lato positivo è che così abbiamo meno esseri da sconfiggere.” Disse Eaco.
“Però solo gli scheletri si stanno scomparendo. Perché?” chiese Zeto.
“Ehi, guardate là.” Disse Atena indicando Ade e Zeus. Tutti si fermarono un attimo a guardarli combattere. Sembrava una cosa mai vista prima e sembrava che la vittoria fosse in mano a Zeus, se non fosse per il fatto che Ade ogni volta era in grado di difendersi dai colpi ricevuti nonostante la vista offuscata.
“Spettacolare…  Ma visto qualcosa del genere.” Disse Zeto l’istante prima di riprendere a uccidere le  piccole creature dell’esercito di Ade.
Ormai la ferita che Ade aveva nel fianco si era aperta molto, fino ad arrivare all’altro fianco e il sangue continuava ad uscire. In un momento in cui loro due si fermarono, Ade sembrava essere senza energie ma improvvisamente dal fianco sinistro io e Pan addormentati ed abbracciati l’uno all’altro.
“Eh? Ma cos’è quella cosa che sta candendo?” chiese Atena.
Dopo un attimo di silenzio Eracle disse: “Non dirmi che…” e iniziò a correre verso di me.
“O-Ohi Eracle, ma dove stai andando! Che ti prende! Eracle!” disse Zeto appena lo vide correre. Ma le sue parole non lo raggiusero perché ormai era troppo lontano.
Sfortunatamente però non arrivò in tempo e quando io e Pan toccammo terra, le mie mani si staccarono da lui e ci allontanammo alcuni metri. Zeus tenendo la lama della spada puntata a terra spostò lo sguardo verso i miei fratelli e sorelle per alcuni secondi, ma loro erano concentrati a combattere.
“Ragazzi, ho una strana sensazione.” Disse Zeto.
“Eh? ma che stai dicendo?” disse Atena.
“Evita i discorsi simili e concentrati nello scontro.” Disse Eaco tutto sudato in faccia.
“Ragazzi, perché papà ci sta guardando?” disse Atena.
“Huh?” disse Zeto fermandosi e guardando Zeus. Lo fece anche Atena ma fissandolo per una decina di secondi sembrava aver capito qualcosa.
“Cosa? Ma non è possibile. Adesso non è il momento. Papà...” disse Atena.
“Atena che succede? Ehi!” urlò Zeto.
“Ragazzi, mettetevi in posizione e preparatevi!” Urlò Atena.
“Ma che ti prende?” disse Eaco.
“State zitti e fatelo! Dobbiamo attuare la mossa finale ideata da Ebe! Quindi sbrigatevi.” Disse Atena. Nello stesso momento Ade e Zeus ripresero a scontrarsi, ma questa volta la barriera che avrebbe dovuto proteggere Ade non c’era.
“Va bene, ma che dobbiamo fare?” disse Zeto.
“Preparatevi ad attaccare Ade. un attacco mortale e molto rischioso.” Disse Atena.
“Beh, questo si fa interessante.” Disse Eaco sorridendo.
Zeus in quel momento stava combattendo contro Ade con addosso un gran numero di ferite in tutto il corpo.
“Ade, ancora non capisco perché ti ostini a continuare a scontrarti con me. con tutte quelle ferite poi.” Disse Zeus.
“Stai zitto! Io nonostante tutto questo posso ancora muovermi e combattere. Quindi non sottovalutarmi come hai sempre fatto!” disse Ade arrabbiato.
“Ma guardati, sei tutto tremolante e fatichi a tenere in mano la spada. Ormai sei completamente esausto, come me. Non ti converrebbe smetterla?” disse Zeus.
“HO DETTO STAI ZITTO! Tu non… non vincerai mai contro di me.” disse Ade fermandosi e appoggiando la mano sul ginocchio e prendendo fiato.
Ade fece uno sguardo talmente arrabbiato e minaccioso che Zeus  sentì una strana sensazione. La sensazione di non aver concluso lo scontro e aveva paura che Ade volesse peggiorare ancora di più la situazione. Ripresero i colpi di spada e solo dopo due di essi Zeus urlò con tutta la voce che aveva: “RAGAZZI, ADESSO è IL MOMENTO! ATTACCATELO!”
“Ha! Come se ve lo lasciassi fare.” Disse Ade.
Ade riprese ancora una volta a lanciare dei colpi di spada contro suo fratello in maniera sempre più forte lasciando dei segni ancora più profondi sul corpo di Zeus. Lui dolorante e sanguinante riuscì a resistere e a stare in piedi.
Alle parole di Zeus, Atena disse: “Ragazzi, è il momento. Andiamo!”
“Sì!” dissero tutti in coro.
Così Atena iniziò a correre verso Ade il più veloce possibile. subito dopo la seguirono Eaco, Afrodite e per ultimo Zeto. Durante la corsa sulla schiena di tutti e quattro apparvero delle grandi e bellissime ali bianche. Erano molto veloci a correre ma sembravano terribilmente distanti dal loro obiettivo.
Durante la corsa si avvicinarono e uccisero con colpi di spada tutte le piccole creature dalla pelle scura che li intralciavano. A volte uccisero anche degli scheletri che non si erano sgretolati.
“Toglietevi di mezzo!” disse Zeto mentre correva.
“Questi esseri sono d’intralcio. Mi danno sui nervi.” Disse Eaco. Lui si fermò e chiudendo gli occhi utilizzò il suo potere per creare un cerchio e uccidere più esseri possibile, ma non ci riuscì perché venne fermato da Zeto pochi istanti dopo che si era fermato.
“Eaco non farlo! Non abbiamo tempo adesso, limitati a colpirli e ucciderli con le spada esattamente come noi.” Disse Zeto per fermarlo.
“Tch, che scocciatura.” Disse Eaco.
“Lo so, ma non abbiamo scelta. C’è solo una cosa che adesso conta, ed è una priorità assoluta.” Disse Zeto rivolgendo lo sguardo verso Ade per qualche secondo. Poi ripresero entrambi a correre raggiungendo subito Atena ed Afrodite.
Zeus e Ade combattevano con grande forza. Entrambi sanguinavano molto, ma quello che sanguinava di più era Ade. Tra un colpo e l’altro erano sempre costretti a fermarsi a causa delle fatiche, del sangue che perdevano e della vista che era fosca.
Zeus ormai aveva capito che non gli restavano più molte energie e che aveva poco tempo a disposizione, così ogni volta cercava di dare il colpo di grazia ad Ade. Ma anche lui l’ aveva capito e quindi cercò di schivare i colpi che riceveva e cercava di uccidere suo fratello. Dopo vari colpi  Zeus notò che i miei fratelli e sorelle erano  quasi arrivati ai piedi di Ade.
“Ce ne hanno messo di tempo. Beh, a beve dovremmo essere in grado di concludere.” Disse Zeus tra sé e sé.
“Ragazzi al mio segnale agiamo tutti insieme.” disse Atena.
“OKAY.” Dissero tutti in coro mentre correvano.
“Io che devo fare Atena? Come posso aiutarvi?” chiese Eracle poco distante da loro.
“Non te lo ha detto Ebe cosa devi fare?” disse Zeto.
“No.” disse Eracle
“Beh, allora tu trovati un posto sicuro dove stare e proteggi Ebe e Pan con il tuo scudo di piante. Fai in modo che loro due non vengano toccati e infettati dal sangue più di quanto non lo sono adesso.” Disse Atena.
“Bene, ho capito.” Disse Eracle. Poi si mise a un centinaio di metri di distanza davanti ad Ade, appoggiò le mani a terra, chiuse gli occhi e improvvisamente dai nostri fianchi apparvero dei rami verde chiaro di piante che mi passarono sopra toccando la terra dall’altra parte.
La stessa cosa successe anche a Pan. Quei rami però non ci toccarono né ci sfiorarono, formarono soltanto uno scudo protettivo sopra di noi.
Appena furono tutti davanti alle gambe, Eaco e Zeto si misero dietro le gambe di Ade mentre Afrodite ed Atena erano  davanti.
“Cavolo, è di dimensioni enormi!” Disse Zeto.
“Ovviamente, è di un Titano.” Disse Eaco.
Zeus si accorse in quell’istante che tutti erano pronti all’attacco finale. Mancava solo lui, che però aveva il fiatone. Ade aveva più fiatone di Zeus ed era un continuo fermarsi dopo i colpi che dava e riceveva.
Zeus aveva uno sguardo che sembrava dire: “È il momento. Adesso o mai più.”
“Vedo che sei molto testardo.” Disse Ade.
“anche tu lo sei.” disse Zeus. Si fermarono di combattere e Ade fece un lungo silenzio.
“Perché… perché ti ostini a continuare?” chiese Zeus.
“Siete tutti deboli e insignificanti. Pensate in questo modo di potermi sconfiggere? Potreste non aver capito che contro di me non vincerete mai data la vostra enorme debolezza. In questo caso tutte le guerre fatte in passato non assumono alcun significato.” Disse Ade.
“Cosa?” disse Zeus.
“Nessuno di voi vuole ammettere di essere debole… e così avete deciso di ribellarvi contro di me. perché… perché avete creduto alle parole di quella mocciosa? Lei è soltanto un’umana, un inutile essere vivente che non ha possibilità di vivere a lungo. Eppure voi avete avuto il coraggio di fidarvi di lei. Perché?” disse Ade.
“Non importa quanto uno si impegni, si sapeva fin dal principio che non si può salvare tutti. Ma proprio per questo, dovremmo forse arrenderci?” Disse Zeus.
“Eh?” disse Ade.
“Quella ragazza… sta rischiando se stessa per proteggere gli abitanti di quella città e tutti noi. Quella ragazza ha sperato in qualcosa che noi non avevamo tenuto in considerazione… È l’amore e la fiducia verso gli altri. Lei è stata in grado di farsi degli amici, di innamorarsi e di conoscere al realtà. Quella ragazza è diversa per molte cose alle persone che ho conosciuto finora. Ma quella ragazza… quella ragazza non è un’umana qualunque. È mia figlia, la dea Ebe. Futura regina di questo regno.” Disse Zeus.
“che belle parole, davvero. E voi… volete ancora combattere… pur sapendo… di dover perdere?” disse Ade con il fiatone.
“VINCEREMO! Il tuo momento di gloria finisce qui. Perché non sto combattendo più da solo. Lo sto facendo insieme a loro.” Disse Zeus puntando un dito in basso.
“Cosa? Ma che…” disse Ade.
“Ora hai capito la situazione in cui ti trovi?” chiese Zeus.
“Tch, come se io vi permessi di vincere. Voi siete solo inutili esseri che possono essere facilmente schiacciati da me.” disse Ade irritato e continuando a scuotere da una parte all’altra la spada senza fermarsi. Ogni volta Zeus era in grado di difendersi dai suoi colpi ma sembrava non avere il tempo di attaccarlo.
Durante lo scontro però ci fu un istante in cui Zeus si accorse che Ade stava per trafiggerlo al petto. Accorgendosene riuscì a prepararsi e decise fare la stessa cosa di suo fratello. Zeus guardò per solo un secondo tutti e mosse la testa leggermente in basso, poi la alzò e tornò a guardare Ade.
Quando le lame di entrambi toccarono la pelle dell’altro, diedero più forza dove avevano le mani e così  la lama entrò in profondità trafiggendo il cuore. Zeus però aveva inclinato leggermente la spada verso la sua destra in modo da colpire la parte destra del cuore di Ade.
“Adesso ragazzi!” disse Atena.
A quelle parole tutti iniziarono a volare in alto fino ad infilzare la spada che avevano nel punto più alto della coscia in cui riuscirono ad arrivare. Zeto ed Eaco erano in grado di volare molto più in alto rispetto alle mie sorelle.
Appena infilarono la lama nella coscia di Ade, Zeto disse: “Prendi questo dannato Ade. In segno del nostro odio per te e per rivendicare ciò che hai fatto ad Ebe.”
Poi con il peso dei loro corpi volarono verso destra andando in basso e girando intorno alle gambe di Ade. Zeto però non riuscì a contenersi dalla rabbia e anche dopo aver toccato terra come tutti gli altri volò di nuovo in aria fino al ginocchio e iniziò a fargli un grande numero di tagli su tutto il polpaccio. Erano talmente tanti che non si riuscivano nemmeno a contare.
“Zeto, ma che fai! Zeto calmati!” disse Atena ma lui non ascoltò.
“non ti perdonerò, non ti perdonerò, non ti perdonerò, NON TI PERDONERÒ MAI!!!” disse Zeto.
“Sempre il solito ad esagerare. Com’è possibile che tu non riesca mai a fermarti?” disse Eaco. Atena però non ce la faceva più a vederlo in quello stato, così volò dritto da lui, gli andò alle spalle e mettendo le sue braccia attorno a quelle di Zeto riuscì a fermarlo.
“Ohi Zeto, Datti una calmata! Ragazzi aiutatemi per favore!” disse Atena.
“Lasciami! Lasciami andare Atena! Lasciami andare ti ho detto!!” disse Zeto scuotendosi.
Eaco, guardando il suo comportamento, sbuffò e poi volò davanti a lui. Gli diede uno schiaffo e disse: “Datti una calmata. Hai fatto così anche quando abbiamo ucciso nostro zio. Forza, cerca di controllarti.”
“Hm, va bene… Piuttosto come sta andando a Zeus?” disse Zeto. A quelle parole tutti avevano appoggiato i piedi a terra e guardarono in alto, ma ciò che videro li sconvolse moltissimo. Anzi, ne rimasero completamente scioccati.
Zeus appena venne colpito al cuore aprì la bocca e tossì sputando sangue. La sua vista si offuscò ancora un po’ ma riuscì lo stesso a vederci, i suoi vestiti iniziarono a sporcarsi e perse del sangue dal taglio. Anche Ade tossì, ma sputò molto più sangue di Zeus e perse quasi del tutto la vista. Perse sangue sia dalla bocca, sia dalle gambe, sia dal polso sinistro.
Zeus riuscì a reggersi in piedi anche se aveva la spada conficcata nel petto ed era tutto tremolante, mentre Ade fu costretto ad appoggiare le gambe e la mano destra a terra visto che non riusciva più a reggersi in piedi.
“Perché… Perché io sono sempre stato il meno considerato? Perché papà non mi ha mai considerato come te? Perché io devo stuzzicarti per avere le tue attenzioni? … ma io non mi farò sottomettere da te. E nemmeno da tutti loro.” Disse Ade  cercando di rialzarsi. Ma non ci riuscì perché erano talmente grandi e profonde che sputò di nuovo sangue dalla bocca e dal polso sinistro quindi fu costretto a restare in quella posizione.
“Impossibile. Io dovrei essere invincibile. Dovreste inchinarvi a me. Finché tutti voi avete odio per me e vi ricorderete di me, io non potrò mai scomparire. Dannato… te…” Disse Ade finendo per accasciarsi a terra.
Zeto e tutti gli altri si allontanarono il più possibile cercando di non essere schiacciati dal corpo di Ade.
“Mi dispiace, ma io non potrò mai odiarti. Ho imparato che l’odio non porta da nessuna parte. E comunque io sono tuo fratello.” Disse Zeus.
Ade aveva lo sguardo puntato su Zeus, il corpo tutto segnato ed appoggiato da una parte. Era da un po’ di tempo che non si muoveva più. Ormai era morto.
Zeus dopo aver notato che lui non si muoveva, si mise a piangere e disse: “Mi dispiace fratello.”
A lui ci vollero un paio minuti prima di calmarsi, ma non appena si calmò del tutto la spada che aveva nel corpo  si ridusse e il suo corpo tornò ad essere alto come un normale essere umano.
I miei fratelli e sorelle videro tutto e ne rimasero letteralmente sconvolti. Atena improvvisamente si ricordò di me e Pan.
“Oh no, Ebe! Eracle, togli i rami delle tue piante, svelto!” disse Atena correndo verso di me.
“Eh?” chiese Eracle.
“Ehi, Atena, dove stai… oh cavolo, mi stavo dimenticando.” Disse Zeto.
Sia lui sia tutti gli altri iniziarono a correre verso noi due fermandosi dopo un paio di minuti in mezzo a noi. Zeus ed Eracle li raggiunsero poco dopo e ai loro piedi c’era una grande quantità di sangue sparsa ovunque.
“ah, guarda quanto sangue che c’è qui.” Disse Eracle.
“Che schifo, mi sta venendo male solo a guardare.” Disse Afrodite.
“Allora non guardare.” Disse Eaco.
“Non posso! È mia sorella dopo tutto! Ah, non oso immaginare che cosa le sia successo da quando è stata divorata da Ade. potrebbe aver fatto un brutto sogno, o le è stato iniettato qualcosa che le può aver provocato una qualche allucinazione. Oppure…” disse Afrodite con la voce da preoccupata e le unghie delle mani tra i denti.
“Afrodite smettila con queste cose. sono solo tue fantasie.” Disse Atena.
“Ha ragione Atena.” Disse Zeto.
“Comunque un po’ se l’è cercata tutto questo.” Disse Eaco.
“Eaco! Ma che dici!” disse Afrodite.
“Tch.” Disse Eaco. Zeus in tutto questo tempo continuava a spostare gli occhi su di me e su Pan.
“Certo che ci abbiamo impiegato parecchio tempo a sconfiggere Ade e il suo esercito.” Disse Atena.
“è vero… ma almeno è finita con la nostra vittoria.” Disse Zeto.
“Ad ogni modo Ade è bello grosso anche se è un Titano.” Disse Eaco. Tutti rimasero in silenzio per un minuto circa con gli occhi fissi su di me.
“Beh, si sa che i Titani sono creature enormi…” disse Atena.
“Piuttosto… papà com’è possibile che tu sia stato in grado di diventare un Titano e  poi tornare alle nostre dimensioni?” chiese Zeto.
“Beh, io non ne ho mai fatto un uso scorretto come Ade e come mio padre.” Disse Zeus.
“Eh?” dissero tutti insieme.
“Vedete, ci sono due modi per utilizzare questo potere: il primo è quello usato da Ade, ovvero si serve di quel potere quando ha fame, è arrabbiato, nervoso, spazientito e cose simili.  Con persone come quelle molto difficilmente si riesce a ragionare e ogni cosa deve essere fatta e vista nello stesso modo che lo vedono loro. ecco perché non sono andato granché d’accordo con mio fratello. Il secondo modo invece è l’opposto, quello che ho fatto io. Io, pur essendo un dio e il figlio di Crono come Ade ed Efesto, non ho mai voluto abusato di questo potere.” Disse Zeus.
“Eh?” dissero tutti insieme.
“non mi è molto chiaro come sia possibile tutto questo.” Disse Atena.
“Nostro padre ci allenò e ci insegnò quando e come usare questo potere del Titano quando eravamo tutti e tre piccoli. Di solito lo faceva al pomeriggio perché lo considerava un momento in cui nel giardino c’era la migliore luminosità. Durante gli insegnamenti ce la mettemmo tutta per fare del nostro meglio. Beh, tutti a parte Ade.” disse Zeus finendo con lo sguardo puntato verso Pan.
“A parte Ade? Scusa ma… che significa?” chiese Zeto.
“Tutti e tre volevamo bene a papà, ma a causa della morte di nostra madre e della nascita di Ade,  Crono cambiò radicalmente. Iniziò ad odiare tutti e tre, soprattutto Ade. La morte di Crono avvenne per mano mia e in Ade scattò qualcosa ma non se ne accorse nessuno. Solo dopo qualche millennio mi accorsi che lui iniziava ad odiarmi e soltanto da allora iniziò a fare un uso scorretto del potere di diventare Titani che abbiamo ereditato da nostro padre.” Disse Ade.
“Ora capisco!” disse Zeto.
“Eh? ma che sta succedendo?” disse Eaco.
Ade improvvisamente scomparve e su trasformò un tantissime piccole luci che volarono in aria. Anche la spada che lo aveva conficcato nel cuore sparì. Zeus tirò un sospirò di sollievo.
In tutto questo tempo c’era Afrodite che camminava da una parte all’altra con un’espressione disperata e continuando a borbottare qualcosa che nessuno riusciva a capire e c’era Atena che aveva lo sguardo che si alternava tra me e Pan. Sembrava perplessa su qualcosa.
“Mmmh…”  disse Atena.
“Huh? Che ti prende Atena?” disse Eaco.
“C’è qualcosa di strano…” disse Atena.
“Ovvero?” disse Zeto.
“Non vi sembra strano che è da quando sono usciti dal corpo di Ade che nessuno dei due si sia mosso?” Chiese Atena.
“Questo è vero…” disse Zeto. Eaco rimase in silenzio mentre Afrodite smise di camminare.
“Non percepisco nulla da nessuno dei due, quindi questo mi sembra strano.” Disse Atena.
“Nemmeno io percepisco nulla.” Disse Zeto.
“Ma cosa può essergli successo? Anzi non lo voglio sapere, i farebbe soltanto paura! Ma lo voglio sentire!” disse Afrodite.
“Uffa, deciditi una buona volta! E calmati!” disse Eaco un pochino irritato.
Zeus si avvicinò a Pan e gli toccò con una mano il petto. Rimase così per una decina di secondi, si rialzò in piedi e poi venne da me e fece la stessa cosa.
“Niente, non sento battito. In nessuno dei due.” Disse Zeus. Atena  e Afrodite si misero a piangere mentre Zeto aveva un espressione molto triste.
“Mmmh… Devono aver bevuto un po’ del sangue velenoso di Ade.” disse Zeus.
“Sangue velenoso?” chiese Zeto.
“Sì, beh, è uno degli effetti collaterali dell’aver esagerato con il potere del Titano.” Disse Zeus.
“Ma che ne sarà di loro due? Moriranno?” chiese Atena.
“Probabilmente sono già morti.” Disse Zeus.
Tutti ne rimasero sconvolti, persino Eaco. Atena e Afrodite corsero verso di me, si appoggiarono a terra e piansero sul mio corpo. Erano disperati, più di quanto ci si poteva immaginare in quel momento. Tutti loro si sentivano come se qualcosa gli avesse trafitto il cuore. Qualcosa che andava molto in profondità dal gran che la mia morte li aveva colpiti nel cuore. Nessuno di loro si sarebbe aspettato comunque che io morissi in quella maniera, soprattutto Zeus.
Il mio corpo e quello di Pan erano completamente freddi e sembrava che per noi non ci fosse alcuna possibilità di tornare in vita. Nessuno sapeva cosa fare e nemmeno si muovevano da dove si trovavano dal gran che erano disperati. Tutti piansero ancora di più quando vennero dei ricordi alla mente. Ricordi che sembravano impressi nella mente di tutti.
Zeus era da un po’ tempo che aveva un’aria perplessa.
“Credo che esista un modo per riportarli in vita.” Disse Zeus.
“Cosa?” dissero tutti insieme.
“Davvero?” chiese Atena.
“Sì. Però è estremamente rischiosa.” Disse Zeus.
“Dicci qual è! Forza, sbrigati!” disse Atena. Zeus sospirò.
“Ecco… beh… si dovrebbe sacrificare la vita di qualcuno per portare in vita loro due.” Disse Zeus.
“Eh?” disse Eaco. Ci fu un minuto di silenzio dove tutti si guardarono.
“Lo farò io. Sacrifico io la mia vita per loro.” disse Zeto.
“No, lo farò io.” disse Afrodite.
“No, io lo voglio fare.” Disse Atena.
“Devo ammetterlo, sacrificherei anche io la mia vita per lei. Anche se non mi sembra una buona scelta.” Disse Eaco.
“Voglio farlo io! io sono adatta per questo.” disse Atena.
“Qui non si tratta se si è adatti o no. Ciò che importa è che io darò la mia vita per loro.” disse Zeto.
“Ho detto che voglio farlo io! lei è mia sorella ed è la sorella che voglio far tornare in vita.” Disse Atena.
“Se per questo lei è sorella di tutti noi.” Disse Afrodite.
“No. È meglio che io lo faccia io per tutti.” Disse Zeus.
“Eh?” disse Atena.
“No, non puoi farlo tu.” disse Zeto.
“Giusto!” disse Atena.
“Ragazzi, va bene così.” Disse Zeus.
“Non va bene! non va bene affatto!” disse Zeto piangendo.
“Esatto! Non devi farlo per forza tu! voglio dire, ognuno di noi è disposto a farlo.” Disse Atena.
“No ragazzi. Lo devo fare io.” disse Zeus.
“Ma perché!” disse Zeto.
“Tch, che scocciatura.” Disse Eaco.
“A breve farò 600.000 anni e orami non ha più senso continuare a vivere. Ho vissuto troppo a lungo e non ho rimpianti per tutto ciò che ho fatto.” Disse Zeus.
“No… non puoi fare questo. Non puoi farlo.” Disse Zeto.
“Non fare così. Non posso continuare a vivere anche se mi togliessi questa spada.” Disse Zeus. Improvvisamente e lentamente vi furono delle piccole luci verde chiaro che fuoriuscivano dal taglio sulla schiena che gli aveva fatto la spada.
“Mi resta poco tempo. Ora devo estrarre la mia anima e il mio potere, dividerlo in due e metterlo nei loro corpi.” Disse Zeus.
“No… non puoi fare questo… Papà fermati! Smettila!” disse Zeto ma non venne ascoltato. Zeus fece uscire dal suo corpo una sfera azzurra e bianca grande 4 o 5 centimetri.
“Solo io posso fare questo. Ragazzi, vorrei che voi diceste a Ebe una cosa.” disse Zeus.
“Hm?” dissero Afrodite ed Eaco.
Lui disse qualcosa che non era possibile ascoltare. Poi divise la sfera in due parti perfettamente identiche e la fece volare con il poco potere rimasto fino a penetrare nel mio petto e in quello di Pan.
“Addio… vi voglio bene.” disse Zeus dissolvendosi completamente nell’aria. La spada cadde a terra senza  dissolversi e tutto il sangue che c’era sopra sparì.
“No.. non è possibile. Papà non andartene! Noi abbiamo ancora bisogno di te. Lei ha bisogno  di te! PAPÀÀÀÀÀÀÀÀÀ!!!!!!!” disse Zeto urlando, piangendo e agitandosi molto. A tenerlo fermo c’era Eaco che gli prese le braccia.
Tutti si misero a piangere moltissimo, come dei disperati. Non riuscivano a smettere anche se ci provavano.
“Bene, abbiamo perso un altro della famiglia in poco tempo.” disse Eaco. Nessuno rispose e ci fu un lungo silenzio. Un lunghissimo silenzio.
“Beh, adesso che si fa?” chiese Eaco.
“Huh?” disse Zeto.
“Voglio dire, Zeus si è sacrificato per riportarli in vita ma non succede nulla.” Disse Eaco.
Tutti rimasero in silenzio con le lacrime agli occhi. Dopo un po’ Zeto prese coraggio e si spostò  da Pan, si appoggiò a terra e mise il suo orecchio sul petto.
“Sento qualcosa.” Disse Zeto.
“Eh?” chiese Afrodite.
“Che cosa?” disse Atena.
Zeto infatti aveva sentito i battiti del suo cuore farsi sentire sempre di più. Zeto tolse il suo orecchio da lui.
Di scatto Pan mosse le mani, poi gli occhi poi li aprì lentamente. Tutti loro ne rimasero sconvolti. Non credevano ai loro occhi.
“Ebe…” disse Pan coricato per terra.
“Oh, ti sei svegliato. Grazie al cielo.” Disse Zeto.
“ma che è successo? L’ultima cosa che ricordo è di essere stato divorato da Ade.” disse Pan.
“Esatto, ma adesso sei tornato in vita.” Disse Atena.
“Che peccato.” Disse Eracle.
“si ma che cos’è successo? Dov’è Ade?” chiese Zeto.
“Ade è morto trafitto da Zeus.” Disse Atena con espressione triste. Pan ne rimase sorpreso.
“E Zeus?” disse Pan.
“Morto sacrificando se stesso per riportare in vita tu ed Ebe.” Disse Eracle.
“Eracle, un po’ di gentilezza quando dici le cose!” disse Zeto.
“Eppure è la verità.” Disse Eaco. Atena ed Afrodite erano ancora vicine al mio corpo che stavano piangendo.
“Ed Ebe? Ebe come sta? Dov’è?” chiese Pan. Tutti, compreso Eracle, spostarono la testa e lo sguardo verso di me. ma quando Pan mi vide ne rimase completamente sconvolto. Lui si avvicinò a me e Atena e Afrodite si allontanarono.
“No Ebe… Ebe! Ma cosa gli è successo?” disse Pan.
“Beh… ecco…” disse Afrodite.
“Non si è mossa da quando voi due siete usciti dal corpo di Ade.” disse Atena.
“Ebe! Ebe svegliati, forza! Svegliati dai!” disse Pan.
“Ohi, guarda che non avrai risposta, è morta.” disse Eaco.
“Eaco!” disse Atena in modo cattivo.
“Ebe svegliati! Non fare finta. Svegliati ti prego! Svegliati!” disse Pan iniziando a piangere. Rimase per una decina di secondi in silenzio in attesa di una mia risposta. Ma non ottenne nulla.
“No…. non è possibile… NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!” disse Pan finendo per urlare. Tutti piansero ancora di più, persino Eracle ed Eaco.]
...

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Capitolo 52
*** Capitolo cinquanta: il nostro futuro insieme ***


… [Pan era disperato, seduto a fianco a me e con la testa e le braccia su di me che continuava a piangere. Piangeva moltissimo e non riusciva a smettere.
“Ebe… Ebe… Ebe… Ebe…” continuò a ripetere Pan tra le lacrime.
“Se non sbaglio tu sei Pan, giusto?” chiese Atena.
“Hm? Ah, sì. Esatto.” disse Pan.
Atena guardò Afrodite e disse: “Beh, ecco… ci dispiace per la perdita di Ebe. Siamo tutti tristi quanto te.”
“Nemmeno noi volevamo questo.” Disse Afrodite. Ma pan ascoltò soltanto una parte di ciò che loro due avevano detto.
“Perché… Perché soltanto lei è in queste condizioni? Perché è questo il risultato della Guerra? Perché siamo arrivati a questo? Perché io sono vivo e lei no? Perché!! Lei… era da poco diventata la mia ragazza prima che tutto questo accadesse.”
“Clamati Pan.” Disse Zeto disperato.
“NO!” disse Pan.
“Ormai non c’è più niente da fare.” Disse Eracle.
“L’unica cosa che rimane è farle un degno funerale non appena torniamo nel castello del PARADISO e…” disse Atena con le lacrime agli occhi.
“No…. mi rifiuto di crederci… Mi rifiuto! Deve pur esserci qualcosa che posso fare. Qualcosa….” Disse Pan.
“Ohi, cerca di capire che non si può fare niente. Abbiamo fatto tutto il possibile e Zeus ha dato la sua vita per voi.” Disse Eaco. Ma lui non ascoltava perché si era messo a premere con entrambe le mani sul mio petto sperando di riportarmi in vita.
“Ti prego Ebe… ti prego, torna in vita. Torna da me. Noi due ci siamo promessi che ci saremmo sposati… avremmo avuto dei figli… avremmo vissuto insieme. Ti prego non lasciarmi. Forza… forza… svegliati!” disse Pan piangendo e continuando a premere sul mio petto.
Ma quando si fermò e notò che io non mi ero mossa, lui si mise a piangere. Pianse per molto tempo continuando a ripetere: “Ti prego… torna da me. ti prego… ti prego… torna da me… Ebe…”
Ci fu un minuto di silenzio dove tutti avevano lo sguardo basso e pieno di lacrime.
“ragazzi dobbiamo andare. Forza.” Disse Atena.
“si…” dissero Eracle e Zeto.
Atena si avvicinò a Pan, gli mise una mano sulla spalla e disse: “Noi ce ne andiamo. Vieni con noi. Ci penserà Zeto a portarla.”
Zeto si avvicinò a me e si mise dalla parte opposta a Pan e mentre lui si rialzava, Zeto avvicinò le mani. Pan però gliele fermò prendendogli i polsi.
“Voglio farlo io.” disse Pan. Avvicinò le mani ma dovette fermarsi perché gli tremavano.
Zeto aspettò qualche secondo, guardò le mani di Pan e disse: “È meglio che la porti io, non credi?”
Eracle in quel momento aveva un’espressione scocciata. Non saprei dire il motivo per cui era così ma sbuffò un paio di volte e sembrava che ci fosse qualcosa che non sopportava. Tutti iniziarono ad incamminarsi e ad allontanarsi da me.
Non appena Pan si alzò io aprii gli occhi lentamente.]
“Pan…” dissi io con voce bassa. La mia voce era troppo bassa e nessuno riuscì a sentirmi. Solo dopo un paio di secondi Zeto, che stava guardando Atena ed Afrodite, spostò lo sguardo verso di me e si accorse che io ero tornata in vita.
“Pan…” dissi io con un tono un pochino più alto.
“Ah, Ebe! Ragazzi, Ebe è viva!” disse Zeto tutto contento.
Pan e gli altri avevano fatto soltanto un paio di passi quando Pan si girò verso di me e stupito di vedermi sveglia, mi venne a un fianco, mi sollevò la schiena con una mano e ricominciò a versare lacrime
“Pan…” dissi io sorridendo. Lui non mi diede ascolto dato che mi stava fissando con due occhi ricolmi di gioia.
“Ehi… perché piangi?” chiesi io. Capii pochi secondi dopo che quelli erano lacrime di felicità. Poi mi prese con entrambe le braccia e mi strinse a sé ripetendo il mio nome. Poco dopo arrivarono anche Atena, Afrodite ed Eaco che insieme a Zeto mi abbracciarono forte.
“Bentornata Ebe!” disse Afrodite.
“Meno male che sei viva.” Disse Atena.
“Beh… io di solito non abbraccio le persone, ma questa è un’eccezione perché tu sei mia sorella e perché sei tornata in vita.” Disse Eaco.
“Ebe, ci sei mancata.” Disse Zeto.
“Ragazzi, mi fa piacere rivedervi. Ma mi state stritolando.” Dissi io. tutti allora si allontanarono, a parte Pan, che non riusciva a contenersi dalla gioia, ed Afrodite, che era estremamente preoccupata per me. Le loro lacrime non smettevano di uscire.
“Ebe, per fortuna sei tornata in vita. Non fare mai più una cosa del genere, mi hai capito? Mai più! Tu non devi assolutamente rischiare la tua vita se poi va a finire così. Io non voglio più perderti.” Disse Pan dopo essersi staccato da me.
“Ehi, Ebe.” Disse Eracle.
“Hm?” dissi io.
“Grazie al cielo sei viva.” Disse Eracle sorridendo.
“Beh, c’è da dire che ci hai dato parecchio da fare.” Disse Eaco.
“Guarda un po’ quanto ci fai stare in pensiero.” Disse Zeto.
“Ohi, cercate di darvi poche arie! Che maleducati.” Disse Atena.
“Già. Lei è tornata in vita da poco e voi vi comportate in questo modo. Ebe non farci caso e lasciati abbracciare da me.” disse Afrodite che mi era vicino.
“Ma che ho detto!” disse Zeto.
Afrodite per una qualche ragione iniziò a comportarsi strana. La cosa durò poco, ma sembrava che stesse piangendo, trattenendo le lacrime, e nello stesso tempo cercava di sorridere come se non fosse niente. Ma il suo modo di comportarsi mi sconvolse e mi fece preoccupare un po’.
“Afrodite, ma che ti succede? Come mai sei così?”
“Beh, devi capirla. Tra tutti noi lei è quella che si è preoccupata di più per te. Lei era preoccupata e in pensiero per te anche nei momenti critici e più importanti.” Disse Zeto.
“Ehi Ebe, come stai? Come ti senti adesso?” chiese Atena un pochino preoccupata.
“Mi sento il corpo un po’ leggero e il cuore un po’ pesante. Ma del resto sto bene.” dissi io mettendomi una mano sul petto.
In quel momento del vento venne dalla mia sinistra. Era così forte che riuscì a spostare i miei capelli dalla parte opposta da cui veniva. Pan mi guardò il collo e rimase colpito di una cosa.
“Ma Ebe, non hai più il segno a forma di infinito della maledizione dietro il collo.” Disse Pan.
“Eh? Davvero?” dissi io.
“Già, è vero.” disse Afrodite.
Eracle chiuse gli occhi per qualche secondo e quando li aprì mi guardò e disse: “Ebe.”
“Hm?” risposi io.
Lui mi prese un polso con una mano e mi spinse verso di lui. Finii per appoggiare la testa sul suo petto e mi strinse forte con entrambe le mani chiudendo gli occhi.
“Sono molto felice che tu sia viva.” Disse lui.
Rimanemmo in quella posizione per una decina di secondi.
“Ora che tu sei viva possiamo finalmente sposarci e stare insieme per sempre. Non è così?” disse Eracle.
Questo però non sembrava piacere a Pan che mi prese per il gomito, mi spinse verso di lui facendomi toccare con la schiena il suo corpo.
Pan mi prese la mano e guardando Eracle disse: “Togli le mani dalla mia ragazza. E usa un po’ di riguardo, lei dovrebbe avere il corpo ancora irrigidito. E tu Ebe, non dargli ascolto.”
Tutti si misero a ridere anche se cercavano di non farlo notare.
“Beh, cosa avete da fare quelle facce? E perché ridete?” chiese Eracle.
“Oh no, niente.” Disse Atena.
“Proprio nulla.” disse Afrodite.
Improvvisamente le mie gambe non riuscirono più a reggermi e caddi a terra. Iniziai a provare una strana sensazione, come se mi mancasse qualcosa. Ma che cos’era? Che cosa poteva farmi sentire in quel modo? Mi guardai intorno e ci pensai.
Intorno a me vidi il terreno in cui stavamo combattendo contro Ade, i miei fratelli, le mie sorelle ed Eracle e una spada ben piantata a terra poco distante da me. Ma non vedevo né Zeus né Ade e non mi sapevo spiegare il perché non ci fossero. Così decisi di chiederglielo.
“Ragazzi ma dove sono Ade e Zeus? Non li vedo da nessuna parte…” chiesi io mentre mi guardai attorno.
Loro però non risposero. Non dissero nemmeno una parola. L’unica cosa che fecero era assumere un’espressione triste e volgere lo sguardo a terra.
“Perché fate quelle facce? Che cosa succede?” chiesi io incuriosita. Ma la mia curiosità purtroppo finì molto presto.
Atena con un’espressione triste disse: “Ade è morto ucciso da papà e papà…”
“Lui è morto dividendo il suo potere in due parti e mettendolo nei vostri corpi in modo da farvi tornare entrambi in vita.” Disse Zeto finendo ciò che Atena non riusciva a dire.
Mentre io ascoltai quelle parole ne rimasi sconvolta ed involontariamente mi uscirono le lacrime dagli occhi. Lacrime che non smettevano di scendere. A un certo punto mi misi le mani davanti alla faccia e mi appoggiai a Pan.
“Forza, fatti coraggio.” Disse Pan stringendomi.
“L’unica cosa rimasta di loro due è la spada di papà trafitta là.” Disse Eaco.
Ci fu un minuto di silenzio.
“Oh, giusto. Zeus ha lasciato un messaggio per te prima di lasciarci.” Disse Atena.
“Un messaggio?” chiesi io.
“Esatto. Ha detto questo: ‘Ebe, ti dichiaro la nuova regina del PARADISO. Prenditi cura di tutto al posto mio, Era ti farà da sostegno. E devo ringraziarti per avermi fatto ricordare quanto è importante l’amore, il sacrificio e la famiglia. Addio e grazie di tutto.’ ” disse Afrodite.
Intanto che lei diceva questo io guarda in basso ricolma di tristezza.
La mia mente pensava che non poteva essere possibile qualcosa come questo. Che doveva essere tutto una bugia inventata sul momento da loro. Che lui si doveva essere nascosto da qualche parte o che se ne era andato via per sbrigare delle faccende. Ed invece non era così. La sola cosa di Zeus presente era la sua spada, esattamente come aveva appena detto Eaco.
“Comunque siano adesso le cose, nulla ormai può cambiare. Ma Ebe, tu sei ancora la mia ragazza e futura sposa. Per questo ti chiedo di dimenticarti di lui e di fare ciò che Zeus aveva stabilito per noi, ovvero sposarci e vivere insieme.” Disse Eracle prendendomi un polso e spingendomi verso di lui.
“Eh no, sono io il suo ragazzo. Quindi mi dispiace, ma lei resterà con me. Noi due dobbiamo stare insieme e vivere una vita felice. Non è così Ebe?” disse Pan tirandomi per il braccio opposto ad Eracle.
“Dai ragazzi, calmatevi. Ciò che importa adesso è tornare al castello e fare in modo che Ebe si senta meglio.” Disse Atena. Ma nessuno dei due le diede ascolto.
Entrambi mi fissarono negli occhi e Pan esclamò: “Ebe, per favore, scegli con chi vorresti stare tra noi due.” Loro sembravano pendere dalle mie parole e dalla mia decisione, ma io in quel momento non sapevo cosa dire.
“Ragazzi, dobbiamo andare. Cercate di calmarvi. Pan, tu aiuterai Ebe a camminare fino al castello mentre Eracle prenderà la spada di papà. Ma prima tu prendi questo.” Disse Atena allungando una mano con dentro una pallina rotonda nera grande un paio di centimetri.
“Che cos’è? E a che serve?” disse Pan che la ingoiò subito dopo in un boccone.
“E’ una pastiglia che permette a quelli che non sono del PARADISO di entrarci.” Disse Afrodite.
“Quando arriverai al castello ti faremo riposare e poi ti chiediamo di permetterci di farti un piccolo intervento sul tuo corpo in modo che diventerai come noi.” Disse Eaco.
“Se non lo fai non potrai stare né con noi né con lei.” disse Eaco.
“Voi?” chiese Pan.
“Certo. Tu sei nostro fratello. Colui che molto tempo fa era stato preso da Ade quando eri ancora un neonato e poi sei stato cresciuto da lui.” disse Zeto.
“Oh… Comunque sia accetterò di fare qualunque cosa pur di stare vicino a lei.” disse Pan.
“Ottimo. Però adesso dobbiamo per forza andare.” Disse Atena.
Pan mise il suo braccio sinistro intorno al mio collo e il suo braccio destro sui miei fianchi. Mentre lui fece questo, Zeto tirò fuori dalla tasca una pallina nera che gettò a terra aprendo così un varco per il PARADISO.
“Ebe, vorrei dirti una cosa prima di andare. Per quella cosa che aveva detto Ade riguardo tua madre, ecco…  nulla di ciò che ha detto è vera. Io non l’avevo mai vista né conosciuta prima di conoscerti e poi innamorarmi di te. Credimi.” Disse Pan.
“Davvero?” Chiesi io.
“Sì, davvero. Non sapevo che lei fosse tua madre.” Disse lui.
“Va bene. Ma lei non è la mia vera madre.” Dissi io.
“Eh?” Chiese lui.
“Scoprirai chi è quando saremo dentro al castello e sentirai loro chiamarla così.” Dissi io.
Intanto che noi parlavamo Zeto, Afrodite ed Eaco (con in mano la spada di Zeus) avevano attraversato il varco creato da Zeto. Atena mi guardò un attimo, mi sorrise e poi attraversò il varco.
Eracle invece si avvicinò a me, mi diede un bacio sulla guancia e mi disse: “pensa a ciò che ti ho detto e scegli con chi vuoi vivere tra noi due.”
Questo suo gesto fece però irritare Pan che sembrava sopportare cose del genere da parte di altri. Eracle poi se ne andò facendo il sorriso di una persona soddisfatta.
“Cavolo quanto mi stava facendo incavolare! Se osa farti ancora qualcosa in mia presenza non lo perdonerò mai.” Disse Pan molto irritato.
Dopo qualche secondo lui si calmò e attraversammo insieme il varco finendo per trovarci di fronte all’entrata principale. Ad aspettarci c’erano tutti sorridenti e con sguardi puntati su di noi.
“Finalmente siete arrivati. Non ne potevo più di stare fermo ad aspettarvi.” Disse Eaco.
“Eaco, ma che modi sono questi!” disse Zeto.
“Tch. Beh, fate come vi pare. Io me ne vado in camera a riposare.” Disse Eaco con tono scocciato. Lo disse ma non ci andò veramente. Preferì restare con tutti.
“Bene Pan, ti presento la tua nuova casa. da ora in poi vivrai con noi.” Disse Afrodite.
Subito dopo Era scese dalle scale che erano dietro di noi.
“Finalmente siete tornati! Non ce la facevo più ad aspettarvi. Ditemi, com’è andata? Come state?” disse Era.
“Siamo tornati mamma. La battaglia è finita e l’abbiamo vinta noi.” Disse Atena. Era intanto ci aveva raggiuti e si era messa vicino a me.
“Stiamo più o meno tutti bene. Siamo in po’ stanchi e affaticati, ma tutto bene.” disse Afrodite.
Era iniziò a guardarci tutti ed all’improvviso assunse uno sguardo preoccupato e incuriosito nello stesso moment mando si fissò su di me e su Pan.
“Ebe, ma cosa ti è successo? Perché sei messa in quella maniera? E chi è lui?” chiese Era.
“Lui è Pan, il fratello che millenni fa Ade si era preso quando era un neonato. Ti ricordi?” disse Atena.
Era si ricordò molto bene di quel momento. Lo capii perché quando Atena aveva finito di parlare, Era si commosse.
“Ciao mamma.” Dissi io.
“Quella è tua madre?” mi chiese Pan con tono basso e incredulo.
“Sì, ed è anche la tua.” Dissi io.
“Cavolo non me l’aspettavo così giovane. Ed è così bella…” disse lui.
“Già…” dissi io in tono basso.
“Benvenuto a casa, Pan.” Disse Era.
“Grazie.” Disse lui.
“Ragazzi ma dov’è Zeus?” chiese Era guardandosi intorno.
“Ecco… lui non c’è più.” disse Zeto.
“Cosa vuoi dire?” chiese Era.
“Beh… l’unica cosa rimasta di lui è la sua spada (indicò la spada che Eracle aveva in mano con lo sguardo), del suo corpo però non è rimasto nulla. Si è dissolto nell’aria esattamente come Ade.” disse Zeto.
Era a quelle parole ne rimase sconvolta per poi avere un’espressione triste. Da quel momento in poi non disse neanche una parola e se ne andò senza nemmeno salutare.
“Bene ragazzi, adesso io mi vado a riposare in camera mia. Dato che io ed Ebe abbiamo le camere vicine, la aiuterò ad arrivarci. Pan posso sorreggerla io?” disse Atena.
“Ah sì, certo…” disse Pan.
“Pan, tu verrai con noi che ti faremo vedere la tua stanza.” disse Zeto.
“Eh? non è vicina a lei?” chiese Pan.
Atena si avvicinò a me, mise una mano sotto il mio braccio sinistro mentre Pan allontanò il suo.
“Sfortunatamente no. Ma non è nemmeno molto lontano.” Disse Zeto.
“Ci vediamo presto.” Mi disse Pan staccando la sua mano dalla mia.
Io appoggiai il mio peso su di lei e ci incamminammo per un corridoio. Soltanto un paio di minuti dopo io e Atena ci trovammo davanti alla mia stanza. Entrammo e mi coricai subito sul letto.
“Beh, io vado. Se hai bisogno chiamami e arrivo subito.” Disse Atena.
“Sì, grazie.” Dissi io.
Lei se ne andò e io per la stanchezza mi addormentai subito.
Al mio risveglio mi ritrovai a pancia bassa, le mani sotto il cuscino, il corpo coperto con un lenzuolo leggero e la testa rivolta a sinistra. Davanti a me c’era Pan che mi guardava e sorrideva.
“Buongiorno.” mi disse lui dandomi un bacio sulla fronte.
“Giorno.” Dissi io.
“Hai dormito bene? Come ti senti?” mi chiese lui.
“Dormito benissimo e sto bene.” dissi io.
“Mi fa piacere. Lo sai che sono passati cinquemila anni da quando ti sei addormentata?” disse Pan alzandosi in piedi.
“Ah si? Ma tu come sei arrivato qui?” chiesi io alzandomi in piedi e dandoci entrambi le spalle.
“Beh, mi ci è voluto un po’. Ma quando da lontano ho visto Atena uscire dalla stanza e venire verso di me, l’ho fermata e gli ho chiesto dov’era la tua stanza. Lei me lo ha indicato e mi ha detto che in teoria non dovevo entrare dato che tu stavi dormento o se volevo farlo dovevo avvicinarmi a te in punta dei piedi. Ed ecco come ho fatto.” Disse lui.
Intanto che lui mi diceva io mi cambiai mettendomi un vestito bianco con una scollatura a V sotto il collo, non aveva né maniche né qualcosa sulle spalle ed era lungo fin sopra la caviglia. Il vestito era appoggiato su una schiena e sotto di essa c’erano un paio di scarpe con qualche centimetro di tacco.
Quando mi girai mi chiese se ero pronta ad uscire. Non gli risposi ma lui si avvicinò a me e io a lui arrivando quasi a baciarci. Non riuscimmo a farlo perché a poca distanza l’uno dall’altro qualcuno bussò alla porta, ma dato che noi non dicemmo nulla la porta si aprì e vedemmo Atena.
“Oh, sei sveglia Ebe. Questa è una buona notizia.” Disse Atena.
“Sì…” risposi io.
“Scusa se te lo chiedo ma potrei portare via Pan con me? È il momento dell’intervento per farti diventare come noi.” Disse Atena.
“Oh sì, giusto. Ma di preciso, in cosa consiste questo intervento?” chiese Pan incuriosito.
“Riguarda la purificazione delle cellule che ci sono nelle tue ali in modo da fartele tornare bianche. Prima erano state avvolte dall’oscurità di Ade, ma grazie a noi puoi tornare normale. In più qualche leggero intervento che non so descriverti, ma farà appena un pochino male.” Disse Atena.
“Okay, arrivo.” Disse Pan.
Poi lui si girò verso di me e mi disse: “Tornerò presto. Non preoccuparti, dopo che l’avrò fatto starò con te e non ti lascerò più. Promesso.”
Dopo quelle parole io e lui ci baciammo sulla bocca e poi se ne andò insieme ad Atena. Io avevo paura a lasciarlo ma mi feci coraggio e poco dopo di lui anche io uscii dalla stanza. Appena uscita ci trovai Zeto che stava passando.
“Oh Ebe, sei sveglia! Come stai?” mi chiese Zeto.
“Ciao Zeto. Sto bene adesso, grazie.” Risposi io.
“Mi fa piacere.” Disse lui sorridendo.
“Ehm… Zeto, posso chiederti un favore?” chiesi io dopo un attimo di riposo.
“Certo. Di che si tratta?” chiese lui.
“Dovrei andare da una persona a me molto importante. Mi potresti dare un qualcosa che mi permetta di andare e di tornare dalla Terra?” dissi io.
“Certo. Tieni.” Disse lui aprendosi davanti una mano con due palline nere usate come la volta scorsa per aprire un varco per i mondi.
“Grazie.” Dissi io.
“Ma dove devi andare?” chiese lui, ma io non ascoltai.
Tornai subito in camera e mettendo una delle due palline nere che mi aveva dato in una piccola tasca del vestito, tenni in mano l’altra e dissi: “Fammi andare nella casa dove sono cresciuta sulla Terra.”
Subito dopo la gettai a terra e si aprii il varco che attraversai senza nemmeno pensarci o guardarmi indietro.
Mi ritrovai in camera e le prime cose che sentii furono dei rumori proveniente dalla camera di mia madre. Così uscii subito dalla stanza e andai nella sua camera trovandoci lei a letto con la schiena dritta che stava mettendo a posto dei libri caduti dal comodino. Lei li appoggiò e si mise a leggere il libro che aveva sul letto.
“Mamma…” dissi io.
Lei alzò lo sguardo e io ne rimasi scioccata a vedere che lei era viva. L’ultimo ricordo che avevo di lei era coricata su un letto d’ospedale con dei sensori di macchinari attaccati al corpo, ma trovarla in camera e in salute non me lo sarei mai aspettata.
Le andai incontro dicendole: “mamma… mamma!” e arrivai ad abbracciarla.
“Ebe, mi sei mancata! Ma cosa ci fai qui?” chiese lei.
“Sono venuta a vedere come stavi. Ero molto preoccupata per te. Avevo paura che tu non tornassi più in vita.” Dissi io.
“Io sto bene. Tu invece come stai? E come va con Pan?” disse lei.
“Abbastanza bene… abbiamo vinto la guerra contro Ade ma Zeus, il mio vero padre, è morto.” dissi io guardando da un’altra parte.
“Come abbastanza bene! Che cos’è successo? E di che stai parlando?” chiese lei.
“Oh, giusto. Tu non sai nulla.” Dissi io.
“Ma di che parli?” disse lei.
“E’ una storia piuttosto lunga ma te la racconterò tutta. Così puoi capire.” Dissi io.
“Dimmi tutto. Ti ascolto.” Disse lei.
Così iniziai a raccontargli tutto ciò che mi era successo iniziando quando io e Pan ci eravamo separati per andare uno nell’ INFERNO e l’altro nel PARADISO fino a quel momento. Restai lì con lei e le spiegai per tre giorni di fila riposandomi solo un po’ la notte. Sempre vicino a lei e a papà che mi abbracciò molto forte non appena mi vide la sera stessa.
Quando finii di raccontargli ormai era diventata sera del terzo giorno. Durante tutto il tempo non mi accorsi neanche un po’ del tempo che passava e nemmeno del fatto che me ne ero andata senza dire nulla a nessuno.
“Beh, questo è tutto ciò che è successo.” Dissi io.
“E’ stata una grande prova di coraggio. È stato molto rischioso ma per fortuna sei viva.” Disse lei con espressione felice.
“Già… aspetta, ma da quant’è che sono qui? Quanto tempo è passato?” chiesi io.
“oggi è il quarto giorno. Perché?” chiese lei.
“Cavolo, così tanto? Devo tornare il prima possibile al castello.” Dissi io alzandomi dal letto dove mi ero seduta.
Quando fui alla porta mi girai vero di lei e le dissi: “Mi dispiace non poter restare ma adesso devo andare via. Verrò a trovarti presto e ti aggiornerò, promesso.”
Poi mi diressi di corsa in camera. Una volta entrata gettai a terra la pallina nera che mi aveva dato Zeto e si aprì un varco davanti a me. lo attraversai velocemente e mi trovai in un corridoio nel castello del PARADISO. Proprio nel corridoio, da lontano notai due figure venire verso di me e dall’altra parte ci vidi Pan completamente sfinito e appoggiato al muro venire verso di me.
Ciò che feci era quindi correre il più veloce che potevo da lui perché non riuscivo a vederlo in quelle condizioni.
“Pan! Pan che ti è successo! Perché sei ridotto così? Non dirmi che…” dissi io.
“Oh, ciao Ebe. Mi sei mancata. Dove sei stata?” chiese lui.
“Sono appena tornata da una visita alla mia madre umana. Quella che mi ha cresciuta. Ma piuttosto, dimmi perché se in queste condizioni.” Dissi io preoccupata.
“Atena mi ha appena finito di fare quell’intervento di cui aveva parlato e mi ha detto che devo riposare in modo che il mio corpo si adatti alle modifiche fatte.” Disse lui.
“Se è così ti porto subito in camera mia. Lì potrai dormire e potrò starti vicino se hai bisogno.” Dissi io.
“EBEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!” urlò Afrodite che correva venendo verso di me.
Insieme a lei c’era Eracle che aveva le mani in tasca e camminava molto tranquillamente fino a raggiungerci.
“Meno male che sei qui. Ti hi cercato dappertutto ma non ti trovavo. Dove eri andata?” chiese Afrodite.
“Io ecco… ero andata a trovare una persona molto importante per me.” dissi io.
“Oh capisco… comunque adesso sei pronta?” chiese Afrodite.
“Per cosa? Di che parli?” chiese Pan.
“Per l’incoronazione ovviamente! Il regno non può stare senza qualcuno che lo governi e dato che papà ha espresso la volontà di affidare a te il ruolo di prossimo regnante, io, Atena e Zeto stiamo lavorando duramente per preparare tutto nel più breve tempo possibile. Era invece ci da le indicazioni per fare per bene tutti i preparativi.” disse lei.
“Oh…” dissi io.
“E quindi? Ti senti pronta?” chiese lei.
“Ehm… credo di sì.” Risposi io.
“Ottimo, mi fa piacere sapere questo. Adesso devo andare che gli altri mi aspettano. Gli riferirò la tua risposta e a presto.” Disse lei andandosene via.
“Sì…” risposi io. Ma lei se ne era già andata. Rimase lì Eracle che la guardò andare via.
“Ohi, perché tu sei ancora qui. Hai bisogno di qualcosa?” chiese Pan un po’ irritato.
“Hm? Oh sì, giusto. Sono venuto qui perché voglio parlare con Ebe. In privato. Solo io e lei.” disse Eracle.
“Ah sì? Beh, sappi che non te lo permetto. Ovunque vada e qualunque cosa faccia lei, io sarò al suo fianco.” Disse Pan mettendosi un passo davanti a me e mi stese un suo braccio proprio davanti. Come se fosse in segno di protezione.
“Pan, stai tremando.” Dissi io guardandolo e preoccupandomi più di prima.
“Non è niente. Se devi dire qualcosa a lei allora dillo davanti a me.” disse Pan.
“Tch. E va bene. Volevo chiederle se aveva preso una decisione sulla scelta tra noi due.” Disse Eracle.
“Sì, l’ho presa.” Dissi io.
Feci un attimo di pausa e guardai entrambi negli occhi. Anche loro mi stavano guardando con occhi incuriositi e colmi di speranza nell’essere scelti.
“Ecco… da quando ho conosciuto Pan, ho capito che c’era qualcosa di speciale in lui. All’inizio non volevo credergli e nemmeno fidarmi di lui, ma poi con il passare del tempo abbiamo fatto delle esperienze insieme e ci siamo innamorati l’uno dell’altro. Grazie a lui ho capito che cos’è l’amore e nonostante siamo stati separati per molto tempo, io sono riuscita a capire quanto tenessi a lui e quanto mi fosse mancato. Quindi ho deciso che voglio stare con Pan e vivere insieme a lui. Mi dispiace Eracle, ma io non ti ho mai amato e non potrò mai amarti. Sono innamorata di lui e non potrei farne senza.” Dissi io.
“Ebe… ” disse Pan un po’ sconvolto. Lui sembrava felice della mia risposta.
“Peccato, con me avresti avuto molto più di ciò che potresti avere con lui. Ma sai, in tutto il tempo in cui tu hai dormito, io ci ho riflettuto.” Disse Eracle.
“Eh? Che cosa vorresti dire?” chiesi io non capendo cosa significasse quell’affermazione.
“Beh, che indipendentemente dalla tua risposta io ti avrei detto che ti avrei lasciata libera di decidere. Ho capito che non ha senso forzare le persone sulle scelte. Quindi se il nostro amore non è corrisposto non ha senso continuare.” Disse lui.
“Quindi sarei potuta stare con lui lo stesso?” chiesi io.
“Mi duole ammetterlo ma sì. La tua mente e il tuo modo di fare è così elaborato che io faccio fatica ad accettarlo.” Dissi io.
“Il tuo cervello è tornato tra noi e finalmente l’hai capito.” Disse Pan un po’ irritato.
“Però sappi che io un giorno la farò mia perché io non mi arrenderò mai e perché io sono ancora innamorato di lei.” disse Eracle.
“Tu provaci e vedremo chi avrà la meglio.” Disse Pan.
“Comunque adesso devo andare. Ho alcuni impegni che mi aspettano.” Disse Eracle che poi si mise a camminare nel corridoio dietro di me.
Quando non fummo più in grado di vederlo, Pan si gettò a terra tremando un pochino.
“Pan!” dissi io.
“Sto bene.” disse lui.
“Tu non stai bene! Forza, appoggiati a me che ti porto in camera mia. Non è molto lontano da qui.” Dissi io.
“Oh… va bene.” disse lui.
Ci alzammo in piedi e solo un paio di minuti dopo arrivammo in camera.
“Sono molto felice che Eracle abbia deciso di lasciarti stare e abbia detto che noi due possiamo stare insieme.” Disse lui.
“Già… anch’io sono felice di questo.” Risposi io.
Pan si sedette sul letto ed improvvisamente le sue guance diventarono rosse.
“Ehi, ti senti bene?” chiesi io iniziando a preoccuparmi per le sue condizioni.
Anche la sua faccia iniziò a diventare rossa, quasi come un pomodoro. Il suo sguardo continuò a spostarsi, prima guardava me e poi un punto qualsiasi da una parte della stanza, poi di nuovo me e di nuovo lo stesso punto della stanza. Fece questa cosa per due o tre volte fino a che la faccia non diventò del tutto rossa.
Io lo guardai mentre lo faceva non capendo come mai. Iniziai a preoccuparmi perché non l’avevo mai visto così. Misi una mano sulla sua fronte e l’altra sulla mia. Temevo che potesse avere il raffreddore o la febbre o qualcosa di simile.
“Non hai la febbre e nemmeno il raffreddore. Per sicurezza vado a prenderti qualcosa per farti stare meglio. Tu resta fermo qui che io tornerò presto.” Dissi io alzandomi in piedi.
Mi girai e stavo per fare il primo passo quando lui mi fermò prendendomi per il polso con una mano.
“Aspetta Ebe.” Disse Pan con nell’altra mano una scatolina bianca mai vista prima.
“Sì?” chiesi io guardandolo.
“Ecco…” disse lui.
Poi prese la scatolina con entrambe le mani, la aprì e indirizzandola verso di me disse: “Ebe vuoi sposarmi?”
Io rimasi incredula. Non potevo credere a ciò che lui aveva appena detto. Non mi sembrava vero. Il mio cuore iniziò a battere molto forte che sembrava dovesse uscirmi fuori dal corpo.
Esitai un attimo, ma con un tono felicissimo e sorridendo gli dissi: “Assolutamente sì! Certo che lo voglio!”
Lui si alzò in piedi, il suo volto da rosso tornò normale, si avvicinò a me e con espressione felice, mi abbracciò forte. Eravamo entrambi felicissimi e io ancora non riuscivo a crederci. Rimanemmo ad abbracciarci per circa un minuto e poi ci baciammo intensamente. Fortunatamente nessuno ci venne a disturbare.
Era da molto tempo che io non lo sentivo così vicino e non sentivo il suo tocco. Mi era mancata quella sensazione di tranquillità e di affetto che lui riusciva a trasmettermi. In quel bacio riuscii a percepire quanto io gli fossi mancata e quanto lui avesse bisogno di me. Anche io cercai di tramettergli il fatto che la sua assenza mi aveva fatto stare male e che avevo bisogno di lui. Ci allontanammo però soltanto un paio di minuti dopo.
“Adesso andiamo a dormire. Qui, insieme. Okay?” mi chiese lui.
“Hm.” Mi disse lui scuotendo la testa come un sì.
Lui si sedette sul letto e io andai dall’altra parte. Ci coricammo rivolgendoci l’uno verso l’altro sorridendo.
“Come mai prima eri diventato tutto rosso?” chiesi io.
“Avevo paura della tua risposta e avevo paura a chiedertelo. Ma per fortuna hai accettato e mi hai reso la persona più felice del mondo. Grazie.” Disse lui.
“No, grazie a te.” Risposi io.
“Ti amo.” Mi disse lui sorridendo..
“Anch’io ti amo.” Risposi io.
Ci baciammo sulla bocca solo per un istante e poi mi disse: “Buonanotte.”
“Buonanotte.” Gli dissi io.
Lui si addormentò subito mentre io rimasi per un bel po’ di tempo a guardarlo dormire con quell’espressione rilassata che non vedevo da tempo. In quel momento io cercai di calmare il mio cuore e la mia mente perché erano ancora molto agitati.
Al mio risveglio, diversi secoli dopo, ritrovai Pan coricato a fianco a me nella stessa posizione di quando ci eravamo addormentati.
“Buongiorno amore. Come stai?” disse lui.
“Buongiorno. Io sto bene, e tu?” chiesi io.
“Sto benissimo.” Mi disse lui. Poi mi baciò sulla fronte.
Ci alzammo entrambi dal letto e la prima cosa che sentii erano dei rumori di passi lontani e vicini provenire dal corridoio. Sembravano passi di diverse persone.
“Ma che sta succedendo?” chiesi io.
“Non ne ho idea. È da un po’ che senti questi rumori.” mi disse lui.
Presa dalla curiosità andai alla porta e la aprii. Vidi Zeto e Afrodite correre per il corridoio ed Atena ed Eaco camminare. Tutti quanti avevano degli oggetti in mano.
“Che state facendo?” chiesi io ad Atena che mi era vicino.
“Oh, ti sei svegliata Ebe. Futura regina. E buongiorno a te, Pan.” Disse Atena.
“Futura regina? Ma che…” dissi io non capendo a cosa si riferisse.
“Certo tutto ciò che stiamo facendo è preparare la stanza del trono per la tua incoronazione come nuova regina del PARADISO.” Disse Atena.
Proprio in quel momento passò lì vicino Zeto che era a mani vuote.
“Oh, eccoti Atena. Noi abbiamo quasi finito di fare i preparativi e siamo quasi pronti. Buongiorno Ebe.” Disse Zeto avvicinandosi a noi.
“Buongiorno Ebe.” Disse Afrodite trovandosi anche lei vicino a noi.
“Buongiorno Zeto, buongiorno Afrodite.” Dissi io.
“Ehm… Atena, vorrei chiederti una cosa.” dissi io dopo un attimo di pausa.
“Dimmi pure.” Disse lei.
“Ecco… dato che io e Pan stiamo insieme… vorrei incoronarlo re insieme a me. Si può fare?” dissi io un po’ insicura. Non sapevo se una cosa come quella fosse possibile farla e se fosse successo in passato, ma io avrei tanto voluto che lui stesse con me in momenti come quelli.
“Si certo! In realtà era già stato stabilito che con chiunque tu avessi scelto di stare, lui sarebbe diventato il nuovo re. Ma la notizia che ci hai appena dato rende tutti noi molto felici.” Disse Atena.
“In questo caso… Pan potresti lasciare che ci occupiamo per un po’ di lei? E tu Zeto, vai ad aiutare Eaco ed Era con i preparativi.” Disse Afrodite mettendo lo scatolone che aveva in mano sopra le braccia di Zeto.
“Anche questo” disse Atena facendo la stessa cosa che aveva fatto Afrodite.
“Ehi, ma che fate! Perché proprio io!” disse Zeto.
“Perché tu sei qui e perché tu sei comodo. Adesso vai che noi due li prepariamo.” Disse Atena.
Zeto se ne andò via lamentandosi a bassa voce.
“Ebe, tu resta qui che ci pensa lei a te mente io mi prenderò cura di Pan nella stanza qui di fronte.” Disse Afrodite.
“Eh? Non possiamo farlo nella stessa stanza?” chiesi io.
“No, voi due non dovete vedervi finché non sarete entrambi pronti. E ora andiamo.” Disse Afrodite.
“Ci impiegherò poco. Promesso.” Disse Pan baciandomi sulla fronte.
“Sì, ma fai presto.” Dissi io.
“Anche tu.” disse lui.
Poi si incamminò e se ne andò nella stanza di fonte. Io lo guardai fino a quando lui non chiuse la porta e dopo di lui la chiusi anch’io. Atena era già dentro la camera che mi aspettava.
“Bene, e ora per favore spogliati e lasciati mettere questo.” Disse Atena tenendo nelle mani un corpetto color pelle e un vestito. Il vestito non aveva niente sulle spalle e sulle braccia, di colore verde acceso dal seno fino ai fianchi, mentre dai fianchi a terra si allargava un pochino ed era di un verde molto chiaro e bello.
“Adesso girati che da dietro ti metto il corpetto e te lo stringo bene.” disse Atena.
Io mi girai, lei mi mise il corpetto e lo strinse di un paio di centimetri. Poi prese il vestito e lo appoggiò a terra.
“Bene, e ora metti i piedi qui per favore.” Disse lei tenendo il busto del vestito sollevato  da terra.
“ah sì…” dissi io.
Posizionai i piedi esattamente nel modo in cui lei mi aveva detto e poi lei tirò su il vestito fino alla giusta posizione.
“Che succede? Perché fai quella faccia?” chiese lei iniziando a mettermi a posto il vestito.
“Oh niente. Mi chiedo solo se io sarò in grado di governare un regno.” Dissi io preoccupata.
“Tranquilla, andrà tutto bene. Ti aiuteremo noi ed Era nel caso di bisogno. Ora per favore stai ferma che ti metto a posto il vestito.” Disse lei.
[Nell’altra stanza, invece, c’era Pan che si stava preparando con l’aiuto di Afrodite. Lei era appoggiata a terra.
“Lo sai, tu sei davvero una brava persona. Trasmetti molta serenità.” Disse lei.
“Oh, grazie.” Disse lui.
“Posso chiederti una cosa? Tu ami davvero Ebe, non è così?” disse Afrodite.
“Sì certo. Con tutto me stesso. Anzi, lei è più importante della mia vita.” Rispose lui.
“Mi a piacere sentirlo.” Disse lei.
“Ma come mai questa domanda?”
“Beh, Atena e Zeto avevano percepito una sensazione positivo su di te, ma io non ne ero sicura all’inizio. Vedendo però quanto Ebe ci tiene e si fida di te, ho iniziato di fidarmi e sono arrivata a fidarmi anch’io.” disse Afrodite.
“Grazie.” Disse Pan.
“Vorrei tanto che qualcuno si prendesse cura e trattasse bene Ebe, nonostante tutto ciò che le è successo. Qualcuno che le stesse a fianco e la trattasse con tutto l’amore di cui ha bisogno per essere felice. Vorrei che fossi tu ad occupartene.” disse Afrodite dopo un attimo di silenzio.
“Io la amo e non potrei mai lasciarla. Non dopo tutto ciò che è successo e dopo che l’ho ritrovata e stretta a me. Per questo ho deciso che non la lascerò mai più a nessuno e le starò accanto.” Disse Pan.
Improvvisamente lui arrossì e volse lo sguardo da un’altra parte.
“Ecco… le ho anche chiesto di sposarmi e lei ha accettato.” Continuò Pan.
Afrodite si fermò dal fare ciò che aveva indosso Pan e, per qualche secondo, guardandolo negli occhi fece un’espressione sconvolta. Poi riprese a rimettere a posti i vestiti che Pan indossava.
“Uao! E quando pensate di farlo?”
“Ehm… questo ancora non gliel’ho chiesto ma vorrei farlo subito dopo l’incoronazione.” Disse Pan.
“Fantastico! In questo caso dovrò…”
“No! Per favore non dirlo a nessuno. Vorrei chiederglielo io stesso.” Dissi Pan un pochino allarmato e preoccupato.
“Oh… capisco. Allora lascio Ebe nelle tue mani.” Disse Afrodite.
Lui si rilassò e sorridendo disse: “Sì, certo.”
Subito dopo Afrodite si alzò da terra e si allontanò da lui soltanto di uno o due passi.
“Bene, sei quasi pronto. Devo solo appoggiarti questo sulle spalle e sei pronto.” Disse lei con in mano uno strano mantello rosso.]
“Perfetto Ebe, sei pronta. Puoi guardarti allo specchio adesso.” Disse Atena.
“Sì.” Esclamai io.
Mi girai a sinistra e andai nell’angolo dove c’era lo specchio in cui Zeus mi aveva mostrato le mie condizioni quando avevo ancora addosso la maledizione di Ade.
Mi vidi e indossavo il vestito verde di prima che mi arrivava fino alle caviglie e dietro avevo anche un mantello rosso lunghissimo che toccava terra. Atena, senza che me ne accorgessi, mi aveva truccato sugli occhi, sulle guance  e aveva applicato un rossetto sulle labbra.
“Vieni che usciamo. Ormai dovrebbe essere pronto anche Pan.” Disse Atena.
“Oh sì.” Dissi io.
In quel momento ero stupita da quanto Atena mi avesse reso bella e non ce la facevo più ad aspettare di vederlo. Volevo tanto sapere come lui era stato vestito. Aprii la porta con ansia ed Atena era dietro di me. Mi trovai davanti Pan e iniziammo a guardarci.
Lui era bellissimo. Indossava dei pantaloni neri quasi aderenti alle gambe, una camicia bianca chiusa con sopra una giacca aderente e chiusa con bottoni in oro sia a destra sia a sinistra collegate a due a due da una piccola catena in oro. Sulle spalle aveva un mantello rosso che toccava terra esattamente come quello che avevo io. e aveva delle scarpe eleganti che non facevano alcun rumore al movimento. Per qualche istante rimanemmo fermi a guardarci.
“Sei… sei bellissima.” Mi disse Pan.
“Grazie… anche tu.” dissi io arrossendo.
“Bene. adesso che siete pronti possiamo andare alla sala del trono dove ci aspettano gli altri.” Disse Afrodite.
“Oh, sì.” Dissi io. Noi due fummo i primi ad incamminarci, dove io mostravo la strada a Pan, e dopo alcuni passi iniziarono a camminare anche Atena e Afrodite.
“Ebe ho una cosa da chiederti.” Disse lui arrossendo  un pochino. Poi continuò e mi chiese: “Ebe dopo l’incoronazione vorresti sposarmi?”
Io mi fermai e rimasi stupita da quella domanda. Lui andò avanti un paio di passi e poi si girò verso di me.
“Sì, certamente!” dissi io sorridendogli e con tono molto felice. Anche lui sorrise.  Mi avvicinai a lui e una volta raggiunto ci baciammo, ci tenemmo per mano e continuammo a camminare. In un paio di minuti arrivammo davanti alla sala del trono. Ci fermammo, Atena ed Afrodite si misero ai nostri fianchi e dopo qualche secondo aprirono la porta.
Quello che vidi erano due troni sopra un scalino di qualche centimetro e poi vidi tutti quelli che conoscevo in piedi davanti ai due troni formando una mezzaluna. Tra di loro c’erano anche Clio, Talia, Imeneo, Efesto e Ares, che non vedevo da molto tempo. Quando la porta venne aperta e noi siamo entrati, tutti si girarono e ne rimasero letteralmente stupiti nel vederci.
La sala era bellissima e con degli striscioni color oro lungo tutte  e tre le pareti che avevo davanti, un tappeto lungo rosso proprio per terra e ad ogni parete c’erano quattro lampadari accesi attaccati al muro e tutti alla stessa distanza. Zeto e Ares che erano sopra il tappeto rosso si spostarono in modo da lasciarlo libero. Era si trovava da un lato dei troni, ma non insieme a tutti gli altri. A fianco a lei c’era un tavolo di piccole dimensioni e alto quanto lei in cui sopra c’erano due corone molto belle, elaborate e quasi sicuramente fatte in oro puro.
Io e Pan attraversammo tutta la sala fino ad arrivare davanti allo scalino dove c’erano i due troni. Ci inchinammo lì davanti. Poi Era prese in mano una corona mentre l’altra la prese Afrodite che le era sempre a fianco.
Era si avvicinò a me e disse: “Ebe, sei pronta a governare e a rappresentare questo regno come regina, mantenendo la pace e proteggendola nel bene e nel male in qualsiasi momento, rischiando anche la tua vita se necessario?”
“Sì, lo sono.” Dissi io.
Mi appoggiò la corona in testa e poi prese quella che Afrodite aveva in mano e si avvicinò a Pan.
“Pan, sei pronto a governare e a rappresentare questo regno come re, mantenendo la pace e proteggendola nel bene e nel male in qualsiasi momento, rischiando anche la tua vita se necessario?” Chiese Era.
“Lo sono.” Disse Pan con voce sicura.
Era allora fece due passi indietro e mettendo una mano sulla mia testa e l’altra sopra quella di Pan (non ci toccò), disse: “È con onore e con il valore di regina che io possiedo che io vi nomino nuovi re e regina del regno PARADISO.”
Lei abbassò le mani e poi continuò: “Adesso dovreste alzarvi e andarvi a sedere sui due troni dietro di me.”
“oh…” risposi io dopo aver alzato la testa. Quindi entrambi ci alzammo ed andammo a sederci sui due troni davanti a noi.
Dopo esseri seduti tutti gridarono in coro: “Lunga vita a Ebe! Lunga vita a Pan!”
Pan resto fermo per poco tempo perché improvvisamente si alzò in piedi e andò da Atena e Afrodite, che erano vicine, e comunicò qualcosa a voce molto bassa. Io non praticamente sentii nulla ma ero molto curiosa di capire ciò che si erano detti.
Pochi istanti dopo Pan si allontanò da loro due e Atena disse: ”Davvero? Allora lascia che ci pensiamo noi.”
“Grazie.” Disse lui.
Poi indietreggiò di due passi e Atena e Afrodite si avvicinarono a me tenendomi stretta per le braccia.
“Ebe scusaci, ma adesso devi venire con noi.” Disse Atena.
“Ehi, ma che succede? Che volete fare? E che vi prende? Fermatevi!” dissi io mentre venni trascinata in avanti.
Io cercavo di liberarmi da quella situazione perché vedevo Pan dietro di me allontanarsi sempre di più e non dire nulla. Ma questo mi faceva sentire male.
“No ragazze, ferme. Lasciatemi, c’è il mio Pan là. Non posso lasciarlo! Ragazze per favore lasciatemi!” dissi io scuotendo da una parte all’altra e guardando lui che però non fece nessun movimento.
“Ebe mi dispiace ma devi venire con noi adesso. A Pan ci penseranno gli altri. Tu non ti devi preoccupare.” Disse Afrodite.
Un attimo dopo smisi di muovermi e mi guardai indietro. Notai che improvvisamente Pan venne circondato da Zeto ed Eaco, un po’ meno motivato di Zeto, e anche loro si misero a fare la mia stessa strada.
“Mi dispiace ma io mi rifiuto di aiutarvi. Preferisco restare qui ad aspettare insieme ad Era.” disse Eracle con le mani incrociate e con tono di voce serio.
Sia io che Pan attraversammo la porta della sala e ci dividemmo girando io a sinistra e lui a destra del corridoio. Mentre camminammo, ci guardammo l’un l’altro ma io mi preoccupavo ad ogni passo. Non potevo sopportare di essere allontanata da lui di nuovo.
“No Pan! Non mi lasciare! PAAAAAAAAAN!!” dissi io. Ma lui non disse nulla e continuò a camminare.
“Ebe calmati e vieni con noi.” Disse Afrodite.
“Ebe rilassati. È una cosa che durerà pochissimo.” Disse Atena.
Dopo pochi passi io entrai in una stanza alla mia destra ma non riuscii a vedere cosa gli fosse successo. Una volta entrata Afrodite chiuse la porta mentre io venni bendata sugli occhi da Atena. Poi sentii come se mi fossi alleggerita il corpo. In più non mi sentii più i fianchi stretti dal corpetto. Non sapevo cosa stesse succedendo ma pensai che era qualcosa di simile al cambiarmi i vestiti.
“Ebe, fai un passo avanti per favore.” disse Afrodite.
“Sì. Ma che sta succedendo? Che cosa mi state facendo?” chiesi io facendo un passo in avanti.
“Non te lo possiamo dire adesso. Lo vedrai non appena avremo finito. Resisti ancora un pochino.” Disse Afrodite.
“Adesso per favore fai un passo indietro.” Disse Atena.
“hm…” dissi io facendo un passo indietro.
Percepii una sensazione, come se qualcosa mi attraversasse il corpo, partendo dal basso e fermandosi sul petto. Poi qualcosa sulle mani e braccia.
Mi venne tolta la benda dagli occhi e Afrodite mi disse: “Benissimo. Ebe sei pronta adesso. Vai a vederti in quello specchio là.”
Lei indicò un mobile che era appoggiato a una parete e che prima non avevo notato. Andai a vedere e notai di essere bellissima, ancor più di prima. Rimasi stupita sia per come ero diventata bella sia per ciò che indossavo.
Portavo dei guanti bianchi che partivano dalle dita e arrivavano ai gomiti, delle scarpe bianche con quattro o cinque centimetri di tacco e un vestito bianco aderente a petto e alla vita e che poi si allargava dalla vita in giù fino a toccare terra.
“Ma… ma questo… è un vestito da sposa. Ma perché ce l’ho indosso?” chiesi io stupita.
“Beh… Pan ci ha chiesto se noi potevamo portarti via e prepararti in una stanza e noi abbiamo accettato.” Disse Afrodite.
“Voleva sposarti subito dopo l’incoronazione e così noi abbiamo deciso di aiutarlo. Ora andiamo, forza che lui ci aspetta.” Disse Atena.
Ci incamminammo tutte e tre per il corridoio nella direzione della sala del trono, ma di Pan non c’era traccia. Non lo vedevo da nessuna parte e iniziai a preoccuparmi. Camminai per il corridoio fino ad arrivare davanti alla porta.
Ancora una volta Atena e Afrodite la aprirono e non appena si aprì notai che qualcosa era cambiato. Ciò che era diverso era il fatto che tutti erano seduti su delle sedie e che Ares era in piedi davanti ai due troni. Pan era al suo fianco che mi guardava scioccato. Il vederlo là mi aveva risollevato il morale perché potevo tornare di nuovo al suo fianco.
Lui indossava una camicia bianca e abbottonata, una giacca nera, i pantaloni e le scarpe nere. Arrivai fino in fondo e con enorme gioia entrambi giurammo di stare insieme per sempre nel bene e nel male. Giurammo che ci saremmo amati e rispettati per sempre, che nulla ci avrebbe più diviso, in quel momento e nel futuro.
Dopo ciò io e Pan ci demmo un bacio molto intenso che durò a lungo. Poi entrambi ringraziammo Ares e tutti gli altri e ce ne andammo mano nella mano per i corridoi del castello.
 
FINE
 
 
 
 
 
Bene bene. E così si conclude la lunghissima storia di come io e Pan siamo diventati re e regina di questo regno e di cosa abbiamo affrontato. Eh? come dite? La morte di Zeus è triste? Volete dirmi che la scomparsa degli dèi e delle persone sia triste? Ha ha ha ha!! (risata).
Ascoltatemi bene. Gli esseri umani certamente muoiono, ma questo non significa che saranno dimenticati. Finché restano nei ricordi di coloro che vivono, loro non svaniranno mai. E chissà, probabilmente si sono trasformati in dèi e sono al vostro fianco senza che voi li percepiate.
Perciò… perciò può essere che un giorno noi ritorneremo e vi racconteremo altre avventure.

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