Shenanigans

di Lory221B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Out of School ***
Capitolo 2: *** Shopping for bathing suit ***
Capitolo 3: *** Meeting on an online game ***
Capitolo 4: *** Sunburn ***
Capitolo 5: *** Broken air conditioning ***
Capitolo 6: *** Ice Cream ***
Capitolo 7: *** Pool party ***
Capitolo 8: *** Beach towel ***
Capitolo 9: *** Lost in museum ***
Capitolo 10: *** Fireworks ***
Capitolo 11: *** At the park ***



Capitolo 1
*** Out of School ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento e spero che non ne ricordi altre, in tal caso non sarebbe voluto, ma fatemelo sapere!


Prompt: Out of school
Rating: Verde


Sherlock spostò con fastidio una ciocca di capelli dalla fronte, non voleva ammettere di dover dare ragione al fratello e accorciare i suoi ricci ribelli che ormai gli arrivavano agli occhi. Si guardò attorno, alla ricerca di una testa bionda che non era del tutto sicuro di voler vedere, soprattutto dopo l’ultima discussione.

Era ancora ferito dalle parole di John, gli occhi pizzicavano e la voglia di andarsene velocemente e sparire per tutta l’estate senza farsi sentire si fece molto forte, al punto che si ritrovò a stringere le mani a pugno quando notò il ragazzo nel mezzo di un gruppetto della sua classe.

Mycroft era sempre stato convinto che se Sherlock si fosse perso in sentimenti romantici per qualcuno, quel qualcuno sarebbe stato eccentrico e straordinario, non l’ordinario giocatore di rugby con cui aveva iniziato a passare i pomeriggi per aiutarlo con le lezioni di matematica. All’inizio il fratello lo aveva studiato con diffidenza, poi aveva capito cosa rendeva John così diverso da tutti gli altri: non era ordinario, forse non era intelligente come Sherlock ma era in grado di capirlo per davvero, in tutti i suoi pregi e difetti.

A Sherlock sfuggì un profondo respiro, prima di dileguarsi all’interno della scuola e nascondersi al sicuro nella sua classe; non era pronto ad affrontare John, anche se sapeva che era l’ultimo giorno di scuola e che se non si fossero parlati entro la fine della mattinata le cose non si sarebbero più ricucite.

Non capisci, sei sempre il solito”. La voce di John continuava a riecheggiargli nella mente. Forse non avrebbe dovuto scendere dalla macchina sbattendo teatralmente la portiera, né continuare a rifiutare le chiamate di John finché non si era chiuso in camera a suonare il violino ignorando ogni tentativo del fratello di parlargli.

« Sherlock, tutto bene? » fece Molly, prendendo posto accanto al ragazzo che con fare assente fissava la lavagna davanti a sé.
« Problemi con John? » incalzò.

Sherlock si voltò di scatto, non aveva voluto parlarne a casa, nonostante il malumore fosse evidente, ma ad un’amica - almeno così aveva cominciato a considerarla da qualche tempo - avrebbe potuto chiedere un’opinione.

« Non vuole dirlo ai suoi amici. Nemmeno ai suoi genitori, ma quello in questo momento è meno rilevante »

« Scusa? »

« La scuola è finita, lui il prossimo anno andrà all’Università, gli ho proposto di passare l’estate in vacanza assieme ma lui non vuole dire di noi ai suoi amici, quindi non sa come “sganciarsi” dalla loro proposta di andare con loro in Grecia o come portare me con loro »

« Noi? » Molly si morse il labbro, per tanto tempo aveva fantasticato su di lui per poi scoprire che le ragazze non erano assolutamente la sua area. Non poteva sapere che Sherlock qualche giorno prima era riuscito timidamente a dichiararsi al suo migliore ed apparentemente etero amico, rimanendo totalmente sconvolto dal ricevere un bacio in cambio del suo coraggio.

« Vedrai che cambierà idea, dagli solo un po’ di tempo »

« Perché deve essere sempre tutto così difficile? » sbottò a voce alta, ricevendo un rimprovero dalla professoressa Hudson anche l’ultimo giorno di scuola.

« Forse ha solo cambiato idea su di me » mormorò con un velo di tristezza, ritenendo più probabile che John si fosse già stancato di lui e non che semplicemente dovesse farsi coraggio e dire a tutti quanto fosse completamente perso del suo migliore amico.

Sherlock uscì da scuola trascinando i piedi mentre l’aria frizzante di giugno gli scompigliava i capelli donandogli un aspetto meno ribelle e più da poeta romantico, o almeno erano quelli i commenti di molte ragazze che nel cortile si attardavano in abbracci e saluti.

Superò sconsolato il gruppetto di compagne di scuola quando una mano apparve dal nulla e lo prese per il braccio facendolo voltare. Sherlock si trovò davanti il proprietario della mano con tutto il resto del corpo; non ebbe molto tempo per studiare l’espressione e comprendere esattamente cosa stesse per succedere.
Se avesse potuto farlo avrebbe notato le occhiaie di uno che non aveva dormito ma aveva passato la notte a parlare con la sorella proprio della loro litigata; avrebbe notato gli abiti scelti quasi a caso perché si era vestito di fretta ed era corso fuori casa nella speranza di incontrare fuori scuola il suo offeso ragazzo; avrebbe notato che aveva appena masticato una gomma alla menta in preparazione di quello che aveva in mente di fare, ma non era riuscito a capire niente di tutto questo perché appena si era voltato le labbra di John si erano posate delicatamente sulle sue.

Aveva ricevuto un altro bacio importante, sta volta non come “premio” per il coraggio di essersi dichiarato ma per rassicurarlo che non aveva alcuna intenzione di nasconderlo.

« Scusa Sherlock » mormorò, prima di prenderlo per mano e trascinarlo dai suoi amici per presentarlo come il suo ragazzo.


**** * ****
Angolo autrice:
Salve a tutti, per accompagnarmi e accompagnare (spero) tutti voi alla fine di Agosto che per me corrisponde alla fine delle ferie e anche a una sorta di nuovo inizio (trovo molto più "capodanno" il primo settembre con tutti i suoi buoni propositi e la ripresa di lavoro/scuola/università che il primo gennaio), ho deciso di prendere questa lista di prompt e scrivere (spero) una flash al giorno. Non ho mai fatto una cosa del genere quindi confido ne esca qualcosa di carino.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e buona continuazione dell'estate.

Summer Prompts presi da questa pagina a lancio di dadi: http://fanficy-prompts.tumblr.com/
1) Out of School
2) Shopping for bathing suit
3) Meeting on an online game
4) Sunburn
5) Broken air conditioning
6) Ice Cream
7) Pool Party
8) Met at comic con
9) Beach Towel
10) Lost in museum
11) Fireworks
12) At the Park
13) At a playground
14) Pizza delivery
15) Vacation/Trip

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Capitolo 2
*** Shopping for bathing suit ***



Prompt: Shopping for bathing suit

Rating: verde




Un’impresa impossibile, una missione così ardua non gli era mai capitata.

Sherlock sentiva attorno a sé l’ansia, la frenesia e anche una certa aggressività che mai avrebbe pensato potesse liberarsi in un'assolata domenica d’estate.  I cartelli con la scritta sconti e la percentuale applicata strillavano l’inizio del periodo dei saldi e il detective si trovava nel bel mezzo di un centro commerciale ridotto a campo di battaglia per la lotta all’ultimo affare.
 
Sherlock si diresse prudentemente verso un angolo apparentemente meno frequentato del negozio di abbigliamento dove John lo aveva trascinato per comprare l’occorrente per l’imminente vacanza al mare. A quanto sembrava il buon dottore si era lamentato che la loro vita aveva bisogno di una pausa dallo stress metropolitano e senza nemmeno rendersene conto Sherlock si era trovato davanti la prenotazione per una crociera attorno al mondo.

Quando entrambi avevano setacciato il loro armadio scoprendo di non avere né costumi da bagno né abbigliamento leggero, John aveva preso il detective di peso e lo aveva caricato in auto per un po’ di “sano” - come lo aveva definito John - shopping.

Dopo dieci minuti di clienti irritanti e commessi che continuavano a chiedergli cosa cercasse, la pace dell’angolo che Sherlock aveva trovato, gli concedette un momento per raccogliere i pensieri e ricordarsi che John valeva una giornata in mezzo alla gente.

« Scusi » fece una voce calda maschile alle sue spalle « Questi li avete anche in nero? »

Sherlock si voltò sconsolato dall'essere disturbato, per trovarsi davanti un uomo sui trentacinque anni, biondo, abbronzato con in mano un paio di boxer grigi.

« Non credo di aver capito »

« Ho chiesto solo se avete questi boxer anche in nero » ripeté il biondo sorridendo: evidentemente doveva aver scambiato il detective per un elegante commesso.

« Credo siano lì » rispose Sherlock senza battere ciglio ed indicando un espositore « Americano? » aggiunse, una delle tante volte che le parole gli uscivano prima che avesse il tempo di bloccarle.

« Sì, si sente tanto l’accento? »

« Biondo, abbronzato, atteggiamento molto diverso dall’inglese medio…  Non mi serviva sentire l’accento che comunque non è così marcato. Madre inglese? » fece il detective, senza rendersi conto che agli occhi di chiunque sembrava stesse flirtando più che esercitando le sue facoltà intellettive.

« Esatto » rispose l’uomo illuminandosi « Posso offrirti un caffè quando stacchi? Ma forse non lavori qui, vero? »

Finalmente l’informazione arrivò al cervello di Sherlock che quando si rese conto quanto era accaduto, spalancò la bocca per lo stupore.

« Io non, cioè… »

« Sherlock? » John raggiunse il reparto intimo, passando in rassegna quella specie di Matthew McConaughey che già sentiva di odiare, fino alla faccia paonazza del detective che con tutta la sua intelligenza non aveva ancora imparato a destreggiarsi in simili situazioni, soprattutto da quando stava con John. Il fatto era comico, prima di essere "impegnato" non aveva mai dato peso a quante persone potessero trovarlo attraente o se ci stessero provando con lui ma ora stava con John gli sembrava assurdo che accadesse, come se dovesse essere evidente per tutti che ora aveva John e non fosse possibile avvinarsi con intenti romantici. Sherlock aveva uno strano modo di concepire i rapporti umani.

« Vieni Sherlock, dobbiamo comprare quel perizoma di pelle che volevi » fece John a voce più alta del normale prendendolo per un braccio e trattenendo a fatica una risata mentre guardava l’espressione oltraggiata del detective che nemmeno per scherzo avrebbe voluto essere associato a una cosa tanto kitch.

Il biondo americano era velocemente evaporato dopo che John gli aveva lanciato uno dei testati sguardi “giù le mani dal mio ragazzo” e per riprendere fiato dopo la corsa ai saldi il detective aveva proposto un bar perché sentiva l’impellente bisogno di un muffin.

« Ti ho preso due costumi, ho scelto io visto che sei sparito per farti rimorchiare » fece il dottore esibendo un improbabile paio di boxer lilla e verde fluorescente e uno fortunatamente  più anonimo azzurro.

« Non metterò mai quel costume! »

« Allora girerai nudo » rispose John, che stava cercando di vendicarsi in tutti i modi per gli ultimi pezzi di cadavere che aveva trovato in frigorifero, vicino le pappette per Rosie, ma Sherlock non lo stava più ascoltando, distratto da due bionde che stavano chiacchierando allegre osservando John. In particolare, una delle due continuava a guardarlo sorridendo in maniera che Sherlock avrebbe definito "ebete" e poco dopo si alzò puntando dritta al loro tavolo. Quando era arrivata circa a un passo da loro, Sherlock si schiarì la voce e incurante di quanto stesse dicendo John, probabilmente qualcosa riguardante la crociera, commentò in modo da poter essere sentito dalla bionda anche sopra il normale rumore del bar « Non mi sembra una grande idea una sveltina in bagno, John. Quando andremo a casa, se vuoi, potremo usare le manette »

John sbatté più volte le palpebre, non capendo il perché di quella assurda uscita finché non notò una persona immobile accanto a lor. Alzò la testa rilasciando un respiro frustrato prima di diventare un tutt’uno con il colore rosso del tavolo.

« Margaret, salve » fece John, cercando di sembrare naturale « Sherlock, ti presento la dottoressa Margaret O’Neil, la mia nuova collega » fece sottolineando la parola collega.

La bionda si congedò presto, ripetendo che non voleva disturbare e anche lei come l’americano evaporò velocemente, ma solo per non scoppiare a ridere in faccia al nuovo collega e al suo improbabile ragazzo.

« Emh, direi 1 a 1, ora possiamo smetterla con questo gioco puerile? » fece Sherlock, nascondendosi dietro la sua tazza di caffè.

« Non credo signor detective, raccontami un po’ la storia delle manette » rispose sornione, prima di scoppiare entrambi a ridere.


**** * *****
Angolo autrice
Scrivere una storia al giorno seguendo un prompt è più difficile di quanto pensassi ma eccomi qui con la seconda OS.
Ammetto che questo prompt era più nelle mie corde del primo, o almeno quello che mi ha ispirato è uscito più nel mio stile.
Grazie a chi sta leggendo, un abbraccio e grazie Mikimac per esserti subito buttata a recensire :))

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Capitolo 3
*** Meeting on an online game ***



Prompt: Meeting on an online game

Rating: verde prato inglese



Sherlock non aspettò nemmeno di aver finito l’ultimo boccone della cena che sparì in camera sua, sotto lo sguardo rassegnato dei genitori, fermamente convinti che presto la fase “giochi online” sarebbe presto passata, come tutte le altre fissazioni del figlio. Notoriamente il piccolo di casa tendeva ad annoiarsi facilmente, soprattutto nel periodo estivo quando non c’erano la scuola ed i compiti a tenerlo apparentemente impegnato e i giochi di ruolo era soltanto l’ultima delle distrazioni.

Mycroft non era così tranquillo come i genitori, sapeva che Sherlock aveva un’insolita propensione a cacciarsi nei guai e anche un innocuo gioco online poteva diventare qualcosa di pericoloso; l’unica cosa che un po’ lo rasserenava era che anche se virtualment , Sherlock era costretto a interagire con altre persone e presto avrebbe finito per insultare tutti con la conseguenza di dover abbandonare il gioco per mancanza di giocatori.

Dall’altra parte di Londra, nella zona più popolare, un altro adolescente stava cercando un gioco on line con cui distrarsi dalla rottura definitiva con la sua ragazza. Dopo aver scartato quelli a pagamento e alcuni giochi di vampiri, l’attenzione gli cadde su un gioco di investigatori e criminali ambientato in epoca Vittoriana; non ne aveva mai sentito parlare ma la grafica era accattivante e senza accorgersene stava già completano l’iscrizione.

Lesse velocemente il regolamento, in sostanza doveva scegliere tra investigatori e criminali e poi entrare in una squadra con un capogruppo da aiutare nelle indagini o nei crimini, che lo avrebbe guidato fino ad accumulare abbastanza punti per diventare capo squadra a sua volta.

Subito apparve la domanda di presentazione >>Scegli da che parte stare_

« Detective, ovviamente » fece John, andando subito a controllare cosa comprendeva il suo “set da battaglia”: una lente di ingrandimento, un taccuino, una pistola. « Come set base potevano sforzarsi di più » commentò passando a selezionare l’abbigliamento per il suo personaggio ed individuando subito una bombetta che sarebbe stata perfetta con il completo di tweed che aveva scelto.

La schermata passò alla domanda successiva >>Scegli un nome_

« Dr. John H.W. »

>> Benvenuto nella squadra Baker Street_

L’atmosfera era davvero suggestiva, avevano perfettamente ricreato l’ambientazione Vittoriana. Si trovava all’interno di un salotto di quello che era indicato essere l’appartamento 221B e John fu subito rapito dalla luce fioca delle candele, i libri impolverati e uno dei personaggi che sembrava stesse fissando proprio il suo Dr. John.  Il personaggio chiamato “Sherlock” era vestito elegantemente con cappotto e uno di quei  strani cappelli da caccia con la doppia visiera e stava fumando una pipa, evidentemente doveva aver raccolto molti punti per avere tanti accessori.

Nemmeno il tempo di curiosare attorno e verificare se
fosse possibile prendere in mano il teschio appoggiato sulla libreria, che subito nella chat gli arrivò un messaggio

>> Benvenuto Dr. John, meno male che sei arrivato, non c’era nessuno online per i detective di Baker Street

>> E’ stato il gioco ad assegnarmi a Baker Street a dir la verità

>> Lo immaginavo, gli altri preferiscono giocare a Scotland Yard, Greg è più amichevole

>> Adesso cosa si fa?

>> Aspettiamo che entri il primo cliente. Eccola, the game is on

Nel salotto virtuale di Baker Street fece la sua comparsa il personaggio di una donna all’apparenza molto scossa che iniziò subito ad esporre il suo caso. John fu talmente preso dal gioco e dalla rapidità con cui l’altro giocatore risolveva gli enigmi che si fecero  presto le quattro del mattino.

>> Devo andare, Sherlock. Domani ho partita di rugby, non vorrei addormentarmi in campo
>> Sherlock?

>> Scusa, stavo controllando un cosa

>> ??? ok, ci rivediamo a Baker Street? Giocherai ancora?

>> Certo, non credo mi annoierò presto di questo gioco

John chiuse il pc e si buttò a dormire così com’era vestito, con ancora le immagini di una romantica ricostruzione della Londra Vittoriana nella mente e le battute argute dell’altro giocatore che lo facevano ridere nel sonno.

Non mise piede fuori dal letto prima dell’ora di pranzo, fu il suono delle pentole che venivano sbattute dalla sorella Harriet che lo costrinsero ad alzarsi. Buttò un occhio al pc, avrebbe tanto voluto continuare a giocare e chattare con Sherlock, ma probabilmente non si sarebbe collegato prima di sera.

Scese in cucina e la sorella iniziò a punzecchiarlo dicendogli che ormai era diventato uno di quei posh delle scuole private che fanno il brunch, ma John aveva troppa fame per ascoltarla e un po’ di nervosismo per una partita importante in cui molto probabilmente non avrebbe dato il meglio di sé.

« Ancora triste per la rottura con Mary, fratellino? Ho sentito che eri sveglio fino a tardi »

« Stavo risolvendo enigmi con Sherlock »

« Con chi? »

« E’ il nome del suo personaggio, non so dove lo abbia pescato » rispose facendo spallucce e imburrando un’altra fetta di pane in attesa del pranzo.

La partita, in effetti, si rivelò un fiasco e John preferì sparire dalla vista di tutti i suoi compagni di squadra prima di venir accusato di averli fatti perdere: stanchezza e nervosismo accumulati nei giorni precedenti non lo avevano aiutato a concentrarsi.

Si sedette su una panchina molto lontano dal parco ma i suoi pensieri insoddisfatti furono presto interrotti dall’arrivo di un ragazzo che senza tante cerimonie si accomodò accanto a lui. John lo osservò un attimo, se Harriet lo avesse visto avrebbe sicuramente pensato che ora si era anche messo a frequentare ragazzi posh perché quel sedicenne dai capelli neri e l’abbigliamento curato sembrava appena uscito da una scuola privata.

« Credo che Wilde avesse ragione, il rugby è una buona occasione per tenere trenta energumeni fuori dal centro città » commentò il nuovo arrivato con un sorrisetto indisponente.

« Scusa, parli con me? »

« Sì, John. Ero troppo curioso di vedere che faccia avessi. Molto simile al tuo personaggio in effetti » rispose godendosi lo stupore sul volto di John.

« Sei Sherlock? Come? Non capisco »

« Sei entrato nel gioco in inglese per cui era più probabile che fossi inglese madrelingua, fatto confermato dalla tua perfetta proprietà di linguaggio in chat. Non hai utilizzato alcun orribile slang americano o australiano, anzi sei stato molto british nell’usare “pants” per "mutande" e non per "pantaloni" per cui dovevi per forza essere un suddito di Sua Maestà. Ti destreggiavi perfettamente nel gioco, come se conoscessi bene Londra, infatti non hai mai guardato la piantina, cosa che avrebbe fatto anche il turista più esperto per cui non potevi essere di altre parti del Regno Unito, dovevi per forza essere di qui. Hai accennato alla partita di rugby e ho guardato il calendario delle squadre locali e poi la fortuna ha voluto che trovassi un John H. W. nella formazione dei Lions, l’unico con questa combinazione di lettere »

John non aveva mai sentito nessuno parlare così velocemente ma aveva già avuto modo di rimanerne affascinato del suo
ragionamento vivace in diverse occasioni durante il gioco.

« Straordinario »

John scoprì presto che Sherlock tendeva ad arrossire leggermente quando riceveva dei complimenti, giusto un po’ di rosso sulle gote solitamente bianchissime; ci avrebbe messo qualche mese prima di scoprire che arrossiva soltanto per i suoi complimenti e qualche mese ancora per baciarlo dopo essere caduti entrambi in un laghetto nel tentativo di bloccare un ladro che Sherlock aveva individuato a Regent’s Park durante una passeggiata; ma ora erano soltanto John e quello che non sapeva ancora chiamarsi effettivamente Sherlock come il personaggio del suo gioco, che stavano amichevolmente dirigendosi a Baker Street per bere un caffè da Speedy’s e discutere della prossima avventura online.

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Capitolo 4
*** Sunburn ***



Prompt: Sunburn

Rating: Verde


Sherlock si specchiava superbo e solitario in un laghetto di montagna, uno specchio d’acqua ricavato tra due colline, distante da ogni centro abitato.

Adorava l’aria frizzante della notte ma ancora di più amava il suo isolamento, non comprendendo le miserie umane e il perché gli uomini si affannassero dietro a desideri irrealizzabili. Ascoltava indifferente le odi che poeti e amanti di una notte gli rivolgevano speranzosi quando affidavano i loro pensieri e i loro segreti a lui, alla Luna.

Sapeva che tutto era diverso quando si coricava e John Watson sorgeva. Non gli aveva mai parlato, gli era capitato di vederlo di sfuggita all’alba e al crepuscolo ma non si era mai soffermato a guardarlo, non aveva mai indugiato a comprendere perché fosse così splendente e felice quel Sole che illuminava la vita degli esseri umani.

Un giorno non tanto diverso dagli altri, la curiosità aveva spinto Sherlock ad osservare le meraviglie di una città del Nord Europa, all’apparenza fredda ma molto affascinante. Notò le complesse architetture, la sinuosità del fiume che attraversava la città ed ammirato si distrasse al punto da perdere la cognizione del tempo, finché il rintocco dell’orologio che sovrastava elegantemente la metropoli lo fece sobbalzare e ricordare che era tempo di fare ritorno nel suo comodo giaciglio.

Il ritardo lo portò inevitabilmente ad incontrarsi con John Watson, che raggiante si preparava ad iniziare la giornata.

« Non c’è motivo di correre  » esclamò il Sole, rivolgendo un sorriso amabile nei confronti della Luna.

« Non mi interessa parlarti » rispose Sherlock, con la ritrosia che lo caratterizzava. Si era già attardato, una volta quando il Sole era ancora addormentato. Era rimasto rapito dalla sensazione di calore e comprensione che John emanava ma quando aveva provato a toccarlo era rimasto bruciato, scottato, una striscia scura sulla sua pelle d’avorio.

« Peccato, impareresti molte cose. Tutto è diverso alla mia luce » fece John dolcemente, perché a differenza di Sherlock, lui aveva passato molto tempo ad osservarlo, rapito e incantato e sapeva quanta sete avesse di conoscenza.

« Non ho alcun interesse nelle vicende umane » lo liquidò Sherlock ritirandosi, senza ascoltare quello che aveva aggiunto il Sole, appena si era voltato per fuggire nel suo isolamento.

Passò una giornata infelice, qualcosa lo aveva turbato ma non riusciva a capire cosa fosse e nemmeno il mantello stellato attorno a sé riusciva a dargli qualche gioia. Si ripromise che la notte sarebbe di nuovo tornato a visitare quella città e sarebbe stato più splendente che mai, perché quella metropoli lo meritava. Non c’era bisogno del Sole ad illuminare il Mondo, tutto era bello anche quando c’era soltanto la Luna.

Fu la volta del Sole di attardarsi e si incrociarono di nuovo, con non poco stupore di Sherlock che mal aveva digerito la superiorità con cui apparentemente John lo aveva trattato.

« Mi hai frainteso » esordì John, tendendo una mano verso Sherlock « Quello che intendevo è che sarebbe bello conoscersi meglio, mi piacerebbe vedere come sono le cose la notte  e credevo ti potesse fare piacere vedere la differenza con il giorno »
Sherlock soppesò la richiesta, ma voltò il palmo per fargli vedere la sua bruciatura. Il Sole, mortificato, allungò la mano « Mi dispiace, capita quando non sto attento ma non voglio farti del male, fidati di me »

La Luna prese coraggio e timidamente toccò le dita calde di John, mentre gli abitanti della Terra osservavano il crepuscolo più colorato e vivido che avessero mai visto.

« Solo qualche minuto, poi puoi tornare ad essere il Re della notte » insistette John.

« D’accordo » rispose Sherlock avvicinandosi al Sole. Non aveva mai avvertito quell’incredibile calore che emanava John, era qualcosa che lo scombussolava nel profondo, lui così abituato al silenzio e all’oscurità.

Passeggiarono assieme, leggiadri e curiosi, contemplando il Mondo sotto di loro e a Sherlock sembrò che null’altro importasse, che tutto si riduceva a loro due, felici, raggianti e non più soli. Quando fu il momento di separarsi, John non voleva lasciare la mano della luna, aveva aspettato troppo tempo per conoscerlo e con coraggio lo tirò delicatamente verso di sé « Tranquillo, non ti brucerò » e solo quando fu certo che anche lui stesse pensando alla stessa cosa posò le labbra calde sulle sue.

Da allora, alba e tramonto si protraggono più a lungo sui cieli terrestri e anche durante il giorno, se aguzzate la vista, potrete notare che la Luna raramente torna nel suo giaciglio: non sparisce mai dal Cielo, resta sempre attorno al suo Sole.



Angolo autrice:
So che ho preso il prompt e ho fatto una variazione sul tema, ma altrimenti si sarebbe ridotta ad uno scambio di battute su Sherlock che non ha messo la crema 50 e sembra un gambero :-D
L’autrice dell’immagine qui sopra è la bravissima Kelley, vi lascio la sua pagina twitter: https://twitter.com/awellkeptsecret
Alla prossima

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Capitolo 5
*** Broken air conditioning ***



Prompt: Broken air conditioning

Rating: verde lime



John aprì la finestra, inutilmente perché l’aria calda non faceva che aumentare l’afa della stanza.

« Scendo di nuovo a chiedere se possono ripararla » fece diretto a Sherlock, che come un leone in gabbia stava passeggiando avanti e indietro, incurante del fatto che avrebbe avuto ancora più caldo.

« D’accordo, John. Faccio un’altra doccia e poi mi rimetto sul caso »

“Il caso”, John era già stufo di sentire parlare di quel caso. Quando Sherlock aveva proposto un week end lontano dalla metropoli, si era illuso fosse per rilassarsi e anche per parlare della loro situazione nuovamente “strana”, non avrebbe trovato altro vocabolo per definirlo. Vivevano di nuovo assieme, crescevano una figlia assieme ma no, non erano una coppia. Invece, ovviamente, si trattava di un caso, quando mai Sherlock Holmes avrebbe proposto qualcosa di diverso?

Scese le scale fino alla reception, nella speranza che avessero trovato di domenica un tecnico capace di riparare l’aria condizionata in modo da evitare che Sherlock andasse ulteriormente fuori di testa. La risposta, purtroppo, fu negativa: niente aria fino al giorno dopo.

Ritornò alla sua camera, sconsolato e aprì la porta pronto a spiegare che avrebbero passato le successive ore a cercare di non svenire per il caldo mentre controllavano le carte che il loro cliente gli aveva lasciato; Sherlock, seduto a terra a gambe incrociate, aveva già sparso tutto il materiale per la piccola stanza e dopo avergli lanciato una rapida occhiata sbuffò insoddisfatto « Non abbiamo tempo per discutere sull’aria, questo caso è decisamente rinfrescante »

John si fece strada fino ad arrivare al suo letto, dove giacevano altre carte e cercò di trovare almeno un minuscolo posto dove sedersi. Caldo eccezionale, stanza piccolissima invasa dalle carte di Sherlock: quello era tutto fuorché un week end riposante.

Pensò di chiamare la signora Hudson per sapere come stava Rosie, quando Sherlock, pur mantenendo lo sguardo fisso sulle carte, iniziò lentamente a sbottonare la camicia lasciandola aperta e fuori dai pantaloni.

John deglutì, sentendosi un idiota totale; non era la prima volta che lo vedeva svestito viste le abitudini bohèmien del detective di girare nudo per casa, eppure la temperatura, se possibile, gli sembrò ancora più alta.

Sherlock aveva un fisico invidiabile, asciutto e muscoloso: nella posizione in cui si trovava poteva vedere ogni singolo muscolo ben definito, ogni piccolo neo che gli faceva amare ancora di più il torace candido del detective.

Sei un uomo di quarantacinque anni, sei un uomo di quarantacinque anni” continuava a ripetersi, cercando di evitare lo sguardo di Sherlock, che sicuramente avrebbe notato l’improvviso colorito paonazzo del dottore.

Il detective, invece, sembrava ignorarlo, troppo preso dalle carte e con rapido gesto si sfilò completamente anche la camicia. Ora era a torso nudo. John prese a guardare il fascicolo che aveve davanti, ma non riusciva a sbirciare con la coda dell’occhio quanto fosse sexy Sherlock, che lo era già da vestito ma senza camicia era ancora più scop… “Smettila, stupido cervello!!!” .

Un altro movimento e Sherlock era in piedi; per un attimo John pensò che stesse per dirgli qualcosa, prenderlo palesemente in giro per il suo “trasporto”, come amava definirlo il detective, perché John era sicuro che se Sherlock se ne fosse accorto avrebbe fatto commenti sprezzanti di quel tipo. Invece, il detective, non solo non accennava a guardare in direzione di John ma aveva iniziato con altrettanta lentezza a sfilarsi la cintura.

« Sherlock, cosa stai facendo? » chiese con voce malferma.

« Non è evidente? Si muore di caldo, non ho intenzione di finire lesso »

« E quindi resterai nudo? »

Sherlock alzò lo sguardo, tra lo sbigottito e il divertito e questa volta con mossa molto più rapida fece cadere a terra anche i calzoni. Ora era soltanto in boxer.

« Problemi, John? »

« Sherlock, cortesemente potresti rivestirti? »

« Perché? » chiese, sbattendo volutamente più volte le ciglia con fare innocente.

John sentì invaderlo un’ondata di rabbia, quasi una furia omicida. Era evidente che lo stava prendendo in giro, che aveva capito il suo disagio, il suo imbarazzo e visto che era l’uomo più deduttivo del mondo aveva anche capito che l’oggetto del suo desiderio era lui. Ora che John finalmente aveva fatto pace con il passato non aveva alcun limite nell’ammetterlo con se stesso: voleva Sherlock in tutti i modi possibili e gli sarebbe tanto piaciuto sapere cosa passasse nella testa del detective, se davvero non gli importasse niente di relazioni, amore, sesso.

« Sherlock, te lo chiedo da amico, non comportarti da stronzo! »

« Non lo sto facendo » ripose piccato.

John, esasperato, non vide altra soluzione che superarlo rabbioso e uscire dalla stanza, prima di fare o dire cose di cui si sarebbe pentito. Ma non poteva sperare che semplicemente Sherlock lo lasciasse in pace. Era appena uscito sbattendo la porta, quando sentì il rumore della stessa porta che veniva aperta. Corse velocemente giù dalle scale, sperando che Sherlock non proseguisse l’inseguimento, ma arrivato alla reception sentì alcuni degli impiegati dell’hotel gridare che quello era un posto rispettabile.

John si girò per vedere che Sherlock lo aveva inseguito in boxer, nemmeno la decenza di rimettersi i pantaloni. Per un po’ fu indeciso se lasciare che il detective si facesse arrestare o portarlo nuovamente in camera di peso; prevalse la seconda per cui tornò sui suoi passi e prendendolo per un braccio lo costrinse a ritornare in camera.

« Sei un idiota » gridò John, sbattendo nuovamente la porta.

« Perché ho caldo? »

« No, perché ti diverti a provocarmi come nemmeno un ragazzino di quindici anni, che probabilmente è la tua età mentale per molte cose. Non so nemmeno perché mi stupisco dopo tutto questo tempo »

Sorprendentemente Sherlock rimase in silenzio, si diresse verso il telecomando dell’aria condizionata, aprì il vano porta-batterie e mostrò che era vuoto.

« Aspetta, cosa? »

« Tu ti sei fidato di me e gli addetti dell’albergo sono degli idioti. In effetti, perché dovrebbero pensare che uno toglierebbe le batterie dal telecomando? »

« Perché, Sherlock? »

« Se non ci arrivi da solo, direi che non abbiamo speranze » E si voltò per cercare nel cassetto le due batterie che aveva nascosto quella mattina. Non ebbe il tempo di sistemarle nel telecomando che si ritrovò buttato di peso sul letto con John a carponi sopra di lui.

« Dovresti stare attento a giocare con il fuoco, mister Holmes » fece, iniziando a spogliarsi a sua volta.

« Non sto più giocando da tempo, John » rispose serio, prima di ricevere un bacio profondo che avevano aspettato fin troppo per scambiarsi.

Il giorno dopo John si svegliò nel letto del detective, che sonnecchiava dolcemente tra le sue braccia. Ci mise un po’ a rendersi conto che erano rimasti a dormire in un letto singolo e che in un momento imprecisato della notte Sherlock doveva essersi svegliato e aver acceso l’aria condizionata. Sorrise, più rilassato, quasi scoppiò a ridere nel ripensare alla tecnica di seduzione adottata da Sherlock per risolvere l’empasse in cui erano rimasti bloccati da troppo tempo.

« Sei  un adorabile idiota » sussurrò, prima di rimettersi a dormire.


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Capitolo 6
*** Ice Cream ***



Prompt: Ice Cream

Rating: (Serpe)verde


« Sherlock, promettimi che non ti metterai nei guai quest’anno. Sono stanco di vedere le facce angosciate dei nostri genitori quando ricevono un gufo » Mycroft tratteneva appena l’espressione infastidita nel dover passeggiare in mezzo alla gente per una affollata Diagon Alley. Erano i giorni che precedevano il ritorno a scuola dei ragazzi e ovunque era un vociare e un correre di ragazzi con i loro libri, le uniformi nuove e pesanti calderoni.

« Secondo me sei più preoccupato per la tua carriera al Ministero della magia che per i nostri genitori, come se davvero un quattordicenne potesse metterti in imbarazzo » rispose il fratello, già stufo di quella conversazione. Era molto più interessato ai ragazzi attorno a lui e infatti stava occhieggiando in giro alla ricerca di qualcuno, un qualcuno molto specifico dai capelli chiari e dai modi gentili.

« Oh, no figurati. Leggere che hai accusato un professore di rubare ingredienti per le pozioni, salvo poi scoprire che era colpa di un gatto troppo astuto è stato per nulla imbarazzante » rispose Mycroft, mentre evitava di venir travolto da un gruppetto di Grifondoro che correva in direzione del negozio di accessori per il Quidditch.

«E’ stato un errore di valutazione, non si ripeterà » rispose sovrappensiero. Ancora gli bruciava essersi messo in ridicolo davanti ai professori e non avrebbe superato tanto facilmente la cosa se quel Grifondoro di tre anni più grande di lui e dai buffi maglioni cuciti dalla madre babbana non gli avesse detto che era stato comunque geniale.

« Sono contento di sentirtelo dire, perché vedi… Sherlock, mi stai ascoltando? »

« Torno subito » Fece il Corvonero, prendendo a camminare molto velocemente dietro al gruppetto di Grifondoro. Era comunque certo che presto il fratello si sarebbe messo a chiacchierare con alcuni membri del Ministero che stavano uscendo dalla Gringott e non si sarebbe occupato di lui per un po'.

Svoltò nel vicolo e sgattaiolò dentro il negozio di accessori per il Quidditch, luogo in cui non aveva praticamente mai messo piede, se non per comprare una scopa. Gli piaceva molto volare e sentire il vento tra i capelli gli dava un enorme senso di libertà ma non capiva lo scopo del lanciarsi una palla e inseguire un boccino.

Prese in mano alcuni accessori, mostrando un finto interesse nella speranza di veder apparire il ragazzo che aspettava e non aveva risposto ai suoi gufi durante l’estate.

Una del gruppetto di Grifondoro si staccò dai compagni e con fare altezzoso si avvicinò a Sherlock, che continuava a tenere d’occhio la porta incurante di quello che facevano gli altri.

« Strambo, che ci fai qui? Da quando ti interessa il Quidditch? »

« Sono sempre stato fan dei, emh… » Si guardò in giro, sperando di leggere al volo il nome di una delle squadre di Quidditch per risultare credibile, ma la ragazza era già stata distratta dalla porta che si apriva e dall’arrivo di due persone.

« Uh, c’è il nostro cercatore e c’è anche Sarah »

Sarah, dai capelli rossi e la chioma fluente. Sherlock riappoggiò il libro che aveva in mano e uscì dal negozio senza salutare nessuno.

Mani in tasca e sguardo fiero, affrettò il passo, scoraggiato e si rifugiò nella farmacia di Mr Mullpepper, cercando di non pensare a Victor e alla sua probabilmente nuova ragazza Sarah. Victor il cercatore di Grifondoro che era sempre stato gentile con lui, con cui aveva condiviso alcune avventure, che lo aveva aiutato tante volte a saccheggiare la dispensa di pozioni per divertirsi alle spalle dei bulletti.

Iniziò a buttare nel cesto degli acquisti tutti gli ingredienti che gli venivano in mente per fare nuovi esperimenti con il tè di Mycroft, quando un ragazzo gli si parò davanti. Era proprio il Grifondoro che lo aveva definito geniale, John Watson, quello dai buffi maglionim, tanto particolare quanto lontano dalla sua realtà: era il portiere di Grifondoro, era popolare, era dell’ultimo anno e da quello che aveva sentito era l’anima di ogni festa che avveniva nei dormitori.

« Sai Sherlock, questa cosa è ridicola » fece John, sorridendo sfacciatamente nella sua direzione.

« Quale cosa? » Chiese il Corvonero perplesso, non si aspettava  nemmeno che John conoscesse il suo nome.

« Io che entro alla farmacia di Mr Mullpepper sperando di incontrare il miglior pozionista di Corvonero, se non di tutta la scuola e tu che vai nel negozio di accessori per il Quidditch alla ricerca del portiere dei Grifondoro, che poi sarei io, salvo poi sparire nel nulla »

Sherlock si morse la lingua per evitare di correggerlo ed evidenziare che in realtà stava cercando il suo amico Victor, che non lo aveva calcolato per tutta l’estate perché aveva iniziato a dare più importanza alle ragazze che all’amicizia. Di solito non mentiva, in questo caso si trattava più che altro di un omissione, ma perché avrebbe dovuto dire ad un ragazzo che lo riteneva geniale e che lo guardava con gli occhi blu spalancati e speranzosi, che non lo stava cercando, rovinando tutto? Mai gli sarebbe passato per la testa che uno dei ragazzi più popolari della scuola potesse interessarsi allo strambo secchione che saltava le partite di Quidditch e si chiudeva in biblioteca a studiare per i fatti suoi.

« Non sono sparito nel nulla » rispose, cercando di sfoggiare una ritrovata sicurezza.

« Certo. Gelato? » chiese John, continuando a sorridere incoraggiante  « Il Salone del Gelato di Florean Forteque è lì che ci aspetta » continuò, felice di aver attirato l’attenzione del ragazzo più straordinario che avesse mai incontrato.

Sherlock abbandonò il cesto degli acquisti e seguì senza più dubbi il ragazzo; dopotutto la giornata stava per migliorare.

**** * ****

Angolo autrice
Piaciuto il colpo di scena Victor/John? :-D  Perdonatemi se non sono ancora riuscita a rispondere alle recensioni, cerco di rimediare il prima possibile.
Pomeriggio parto per la mia ultima settimana di ferie, non sono sicura di riuscire ad aggiornare prima di sabato, ma il mio Ipad verrà con me per cui magari qualche aggiornamento riuscirò a farlo.
Grazie a chi sta leggendo, alla prossima!

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Capitolo 7
*** Pool party ***


Prompt: Pool party - Rating: (tè) verde


Felicità è il blu del fondo della piscina, le risate attorno e un cocktail con l’ombrellino.
Tre cose molto banali eppure quanti di più lontano dalla mia quotidianità che è tutto fuorché banale.
 
Felicità è il calore del sole, l’aria frizzante di un agosto che sta volgendo verso settembre, un intero pomeriggio senza casi.

Felicità sono i tuoi occhi azzurro cielo, io che ti inseguo per metterti la crema “alta protezione”, i capelli asciugati al sole mentre continui a spettinarti solo per sembrare più sexy.

Felicità è un salvagente a forma di ape dove hai sistemato mia figlia per portarla alla festa in piscina di fine asilo;  mai avrei pensato che Sherlock Holmes avrebbe messo piede ad una festa, in piscina, tra decine di bambini, nemmeno tra un milione di anni. Ma tu, per noi, faresti qualunque cosa.

Felicità è Rosie che ti sorride e ti chiama papà, mentre ti spruzza l’acqua addosso e tu impassibile la chiami H2O perché vuoi farla diventare la bambina più intelligente di Londra, anche se sostieni che lo sia già.

Felicità è noi tre, sempre insieme. 


**** * ****

Angolo autrice:
Scusate l’impaginazione ma sono in vacanza e ho solo l’ipad, magari quando torno sistemo.
Alla prossima!




 

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Capitolo 8
*** Beach towel ***


Prompt: Beach towel
Rating: verde siderale


Guardai fuori dalla finestra, uno spettacolo di luci e colori si dipanava davanti a me, quasi una danza cosmica nel mezzo del nulla. Mi stiracchiai leggermente fino a portarmi del tutto eretto; le nostre ultime avventure avevano lasciato qualche strascico in me e avevo decisamente bisogno di relax. Lo aveva capito anche lui che necessitavo di una bella pausa, l’uomo del mistero che aveva letteralmente travolto la mia vita, un giorno come tanti di un anonimo pomeriggio di gennaio.

Se all’inizio mi ero spaventato davanti a tutto quello che era successo, ormai da qualche tempo ero certo di aver fatto la scelta giusta, l'unica possibile.

Erano ormai passati quattro anni da quando avevo deciso di seguirlo, abbandonando ogni tentennamento ed ogni remora ed eccoci qua, John Watson ex medico militare in viaggio per l’Universo a bordo della Baker 221B.

Quando incontrai Sherlock Holmes, questo era l’astruso nome che quell’alieno aveva scelto per se stesso, come se “Sherlock” fosse un nome normale e rispettabile, era ancora il 1887 e stavo passeggiando lungo Oxford Street, demotivato e incerto sul mio futuro, dopo che un colpo di fucile aveva messo fine alla mia vita militare ed ero stato costretto a rifugiarmi nell’unico posto dove qualcosa avesse ancora senso: Londra.

Era stato il destino che mi aveva fatto incappare in un inseguimento tra appunto Sherlock Holmes e quello che sembrava essere un malvivente assolutamente umano. Dopo le spiegazioni si sarebbe poi rivelato essere una strana creatura del pianeta Moriarty che aveva avuto la pessima idea di trafugare uno dei componenti dell’astronave del mio amico. I miei ancora ottimi riflessi e l’ausilio del bastone che all’epoca sosteneva il mio peso dopo la ferita che avevo riportato in guerra, misero prontamente fine all’inseguimento e consentirono a Sherlock di recuperare il prezioso pezzo che a quanto pareva era il nucleo dell’astronave, anche se a me sembrava e continuava tuttora a sembrarlo, una banale pipa.

In cambio del mio aiuto decisivo, Sherlock Holmes mi offrì un viaggio oltre le stelle - tempo dopo mi raccontò di aver fatto un’offerta simile a Jules Verne, che poi ne scrisse ne “Dalla Terra alla Luna”. Da uomo pratico qual ero credetti di aver trovato un pazzo, qualcuno appena scappato dall’ospedale che vaneggiava di strani nuovi mondi al di là delle stelle, eppure il suo modo di parlare, la sua arguzia, la sua travolgente personalità, mi convinsero a seguire quel pazzo in giro per l’Universo, proprio dove eravamo in quel momento.

Anzi, per la precisione in quel momento eravamo nel resort del pianeta Midnight, dove mi attendeva una spiaggia fatta interamente di polvere di diamante, che oltre ad essere estremamente allettante mi dava la possibilità di utilizzare quello strano telo colorato che Sherlock mi aveva dato appena messi in viaggio, assicurandomi che ogni viaggiatore doveva girare con un asciugamano e che quello che aveva reperito nel ventesimo secolo, colorato e sgargiante, era perfetto per prendere sole.

« John, ancora in pigiama e vestaglia? Sono uscito ore fa' per fare un giro attorno al pianeta » avevo già detto che il pianeta era talmente piccolo da poterlo girare a piedi in dodici ore e che Sherlock era iperattivo oltre ogni misura?

« Sono pronto e ho il mio asciugamano » affermai fiero di poter finalmente usare, dopo quattro anni, il capo dall’improbabile color rosa shocking.

« Molto bene » sorrise, quasi teneramente alla vista del telo da mare, che avevo gelosamente conservato e custodito appena l’uomo del mistero, più deduttivo e affascinante che avessi mai incontrato, me lo aveva consegnato. Scoprii molti anni dopo che si trattava di uno scherzo, che nel suo peregrinare tra le varie epoche terrestri aveva reperito un libro ironico in cui si consigliava ad ogni viaggiatore galattico di portare sempre con sé un asciugamano, ed essendo io un terrestre credeva davvero potesse essermi utile (1).

La spiaggia era davvero magica, tutto quanto avevo sempre desiderato per stare un po’ noi due, da soli, senza la saccenza della nostra robot di bordo, utile ma a volte davvero fuori luogo.

« Non comparirà qualche drago, vero? »

« Smettila John, non potevo prevedere che in nella grotta di Garrideb avremmo trovato un drago.  Ne siamo comunque usciti indenni, come sempre »  Anche se lo aveva affermato con leggerezza amavo ricordare ancora con quale preoccupazione e premura mi aveva chiesto come stessi, dopo che le simpatiche fiamme di drago avevano raggiunto la mia gamba; fortunatamente si era trattato soltanto una leggera bruciatura ma lì, per davvero, avevo capito quanto tenesse a me.

Sherlock Holmes, l’alieno che mi aveva insegnato che gli eroi esistevano, che la mia vita era più interessante di quanto pensassi  e che potevo anch’io essere felice assieme a qualcuno. Quest’ultima cosa, forse, era quello che io avevo insegnato a lui, una meravigliosa sera quando davanti all’aurora di Stamford ci siamo baciati per la prima volta. Per due anni avevo vissuto nel terrore che tutto potesse finire, che mi riportasse ad una routine che non sarei più stato capace di accettare, invece, come aveva coraggiosamente affermato quella volta - e dico coraggiosamente perché non erano da lui tali esternazioni - non riusciva più a immaginare una vita senza di me.

Allungò una mano e prese la mia, con delicatezza  mentre un sorriso amabile si dipingeva sul suo volto, lasciando che mi godessi il relax prima di una nuova, straordinaria, avventura.


Angolo autrice:
Ma ciao, eccomi ritornata. Allora, prima due confessioni,: ho saltato un prompt perché ero davvero senza idee degne di nota (“met at comic con” è tanto bello quanto OOC e ripetitivo rispetto a prompt precedenti, per cui mi riservo di giocarmelo come jolly alla fine eventualmente) e anche con questo prompt ammetto di aver avuto poche idee, per cui ho deviato verso questa AU, perché l’asciugamano mi ha ricordato subito il buon Arthur Dent e ormai che ero in ballo con le citazioni ho iniziato a ballare tra hobbit, garrideb, canon, Doctor Who e chi più ne ha più ne metta.
Sperando sia risultata comunque simpatica vi mando un grande abbraccio e grazie a tutti quelli che stanno leggendo.
Alla prossima

(1) “La Guida Galattica per gli Autostoppisti dice alcune cose sull'argomento asciugamano. L'asciugamano, dice, è forse l'oggetto più utile che un autostoppista galattico possa avere. In parte perché è una cosa pratica: ve lo potete avvolgere intorno perché vi tenga caldo quando vi apprestate ad attraversare i freddi satelliti di Jaglan Beta; potete sdraiarvici sopra quando vi trovate sulle spiagge dalla brillante sabbia di marmo di Santraginus V a inalare gli inebrianti vapori del suo mare; ci potete dormire sotto sul mondo deserto di Kakrafoon, con le sue stelle che splendono rossastre; potete usarlo come vela di una mini–zattera allorché vi accingete a seguire il lento corso del pigro fiume Falena; potete bagnarlo per usarlo in un combattimento corpo a corpo; potete avvolgervelo intorno alla testa per allontanare vapori nocivi o per evitare lo sguardo della Vorace Bestia Bugblatta di Traal (un animale abominevolmente stupido, che pensa che se voi non lo vedete nemmeno lui possa vedere voi: è matto da legare, ma molto, molto vorace); infine potete usare il vostro asciugamano per fare segnalazioni in caso di emergenza e, se è ancora abbastanza pulito, per asciugarvi, naturalmente”.  Guida Galattica per gli autostoppisti - D. Adams

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Capitolo 9
*** Lost in museum ***


Prompt: Lost in museum
Rating: verde smeraldo

Soltanto la luce fioca della lampada era rimasta a fare compagnia al professore e alle sue carte. Il mogano della scrivania era ormai coperto da tutti i libri che era riuscito a trovare sull’Afghanistan e in un angolo giaceva una cartina geografica e una lettera che il professor Holmes non avrebbe mai voluto leggere.

Il curatore del museo, nonché suo fratello, gli aveva portato quella infausta busta giallo ocra due settimane prima e da quel momento non aveva mai lasciato il suo studio.

Si maledisse più e più volte per non averlo seguito, per aver preferito restare dietro la sua scrivania a studiare e a riflettere, piuttosto che corrergli dietro e correre un rischio.

Il rischio che non volevi correre, non era l’avventura, era ammettere quanto contasse per te” sembrava sussurrare il vecchio teschio appoggiato sulla libreria, al punto che il professor Holmes non era più sicuro che fosse solo suggestione e si ritrovò a chiedersi da quanto tempo avesse smesso di mangiare e dormire.

Ricordava che la guida del reparto antichità, la dott.ssa Hooper, gli aveva portato un panino ma non riusciva a collocare se fosse successo quella giornata  o in una delle giornate precedenti.

Si alzò di scatto e quasi ebbe un capogiro, per dirigersi a passo spedito in giro per il museo per sgranchirsi le gambe e riflettere.

Il professor Watson era partito per Ai-Khanoum tre mesi prima assieme ad altri dieci uomini per una spedizione di ricerca di antichi manufatti, lasciando come contatto d’emergenza il museo dove lavoravano entrambi. Il professor Watson era sempre stato un amante dell’avventura ma quella volta aveva avuto più di un indugio a lasciare Londra, completamente svanita nel momento in cui Holmes non aveva esternato alcun interesse ad accompagnarlo o al fatto che gli sarebbe mancato. Purtroppo, una lettera destinata al museo, informò prima Mycroft Holmes e poi Sherlock Holmes, che gli uomini della spedizione erano caduti in un’imboscata e da quel momento si era persa ogni traccia della spedizione archeologica.
Sherlock non si era dato pace e aveva sfruttato tutte le conoscenze del fratello per cercare di ritrovare il professor Watson, ma nessuno, dal generale dell’esercito al Ministro degli esteri, lo aveva ascoltato e ormai aveva deciso che contro l’opinione di tutti sarebbe personalmente partito alla ricerca di John; anche se era una missione suicida e se tutte le informazioni che aveva raccolto non gli davano molte speranze, non si sarebbe dato pace finché non avrebbe riportato il professore in patria.

Era così stanco che si ritrovò a imboccare un corridoio del museo che aveva sistematicamente snobbato perché conduceva ad una sezione di epoche storiche per lui poco interessanti e improvvisamente si rese conto di essere quasi smarrito nel mezzo di bacheche mai viste. Un teschio di cristallo di quarzo trasparente lo osservava al di là della teca, quell’assurdo reperto di cui aveva sempre dubitato l’effettiva provenienza e quando era stato consegnato al museo aveva riso con John perchè sembrava più un manufatto alieno che qualcosa di precolombiano. Si fece più vicino e per un attimo gli parve che il teschio pronunciasse il suo nome.

Fece un passo indietro, evidentemente non mangiava né dormiva da molti più giorni di quanti pensasse, ma poi sentì nuovamente il suo nome, sta volta più deciso. Fu allora che riflesso nella stessa teca vide il volto di John Watson, con un sorriso stanco e un po’ provato.

« Avevi ragione come sempre, era una stupida missione suicida. Fortunatamente i miei anni nell’esercito non sono andati sprecati » mormorò, prima di impallidire notando quanto l’altro fosse stravolto. Era più bianco del solito candore, le occhiaie violacee segnavano due occhi stanchi ed era più che evidente che aveva iniziato uno sciopero della fame per impedire al cervello di distrarsi.

John si fece più vicino in un impacciato tentativo di abbracciarlo, prima di ricordare quanto Sherlock odiasse quel genere di cose. Non fece in tempo ad abbassare le braccia per rinunciare al tentativo che lo stesso professor Holmes lo abbracciò con forza, quasi a controllare che fosse vivo e non una visione della sua mente provata.

« Non ti lascerò mai più andare da solo, John » mormorò, prima di ricomporsi cacciando indietro una piccola lacrima che cercava con forza di uscire.

« Da quando mi chiami John sul posto di lavoro e non professor Watson? » rispose.

« Da quando non hai l’aspetto di un professore » cercò di scherzare lui, guardando il look sfatto dell’amico che doveva essere uscito dall’inferno con le sue sole forze.

« Lo so, devo farmi la barba »

« Non c’è fretta » rispose, con un sorriso quasi imbarazzato. Si studiarono, entrambi provati e sconvolti, come se  in quella fuga dall’Afghanistan ci fossero stati entrambi.

« Credevo di averti perso » mormorò Sherlock a capo chino, sentendosi ancora tremendamente in colpa per non essere andato con lui o per non averlo convinto a restare.

« Credimi, pensare di tornare qui e chiedermi come avresti brillantemente ragionato tu mi ha aiutato molto a fuggire »

Un sorriso pieno di emozione spuntò sul volto di entrambi e rimasero lì a guardarsi come se non avessero mai visto niente di più bello, finché non sentirono in lontananza dei passi, probabilmente del custode notturno.

« Tè? » chiese Sherlock, ora più raggiante.

« Certo, una tazza di tè è proprio quello di cui ho bisogno » Rispose, passando un braccio attorno alla schiena di Sherlock e trascinandolo verso il loro studio.

 
 ***** * ****
Angolo autrice
Ciao fedeli lettori :) anche questo prompt è stato un po’ adattato alle esigenze e a un’immagine che ho visto su twitter di John “Indiana Jones”. Volutamente non ho collocato in un’epoca precisa la storia per non rischiare strafalcioni storici ma idealmente avviene negli anni ’30 -’40.
Un abbraccio a tutti e spero già a domani!

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Capitolo 10
*** Fireworks ***


Prompt: Fireworks
Rating: verde pirotecnico

Non ricordo come ti ho convinto ma eccoci qui, seduti su una coperta scozzese, nell’erba umida di fine agosto.

Hai borbottato qualcosa prima di uscire, che non capivi il senso di dover raggiungere Londra per la festa di fine estate, che non aveva senso festeggiare la fine delle stagioni, “è solo un ciclo continuo che se smettesse di ripetersi significherebbe che siamo morti”. Questa è la tua parte cinica, quella che sfugge dalla tua bocca prima ancora che tu abbia il tempo di riflettere su quello che stai dicendo: lo pensi e quindi lo dici, nessun filtro. Fortunatamente ho imparato a superare questo tuo primo approccio alle cose, ad amare ogni parte di te

Ma come c’e una parte cinica esiste una sorta di parte idealista, quella che alla fine crede nelle persone, crede in me, hai sempre creduto in me.
Ricordo una volta, ero appena tornato con Rosie a Baker Street e in un momento di allegria, con un luccichio negli occhi, avevi citato F.S. Fitzgerald da “Il grande Gatsby” proclamando di non essere tristi perché “la vita ricomincia con l’aria frizzante dell’autunno”. Non avevo capito cosa intendessi finché in quell’autunno ci siamo ritrovati ad essere una coppia.

La nostra vita è stato un continuo scoppio di fuochi d’artificio, un luce squarciava il cielo e le nostre vite, una pausa e poi di nuovo un’altra luce, continui alti e bassi; mi sembrava quantomeno il minimo a settanta anni suonati, andare assieme a vedere uno spettacolo di veri fuochi.
Ti lamenti, sempre, ma in realtà ne sei felice, non uscivamo da “L’enigma di Thor Bridge” uno degli ultimi titoli astrusi che ho dato al mio post sul blog e sento che ormai i casi sono solo un passatempo equiparabile alle coppie anziane che risolvono cruciverba assieme.
Facciamo anche quello a dir la verità, ma amo ancora vederti danzare, su una scena del crimine o il valzer nel soggiorno del nostro romantico cottage nel Sussex.

Ecco il primo fuoco viene lanciato e subito si sprigiona una fontana di colori nel cielo notturno, che si riflette sul tuo visto rendendoti ancora più bello, se possibile.

Sorridi e mi prendi la mano, il mio fuoco d’artificio personale, “sempre così agitato” come amava definirti la signora Hudson. 

Ci stringiamo e ci godiamo lo spettacolo, in un vortice di giallo, azzurro, rosso e verde, quasi un quadro impressionista che viene dipinto davanti a noi.
Un vortice, la nostra vita, tu ed io sotto un cielo stellato, non ho mai chiesto di più.


**** * *****
Angolo autrice:
Ciao a tutti, so che è piccola flash;Avrei dovuto scrivere questo week end ma tra una cosa e l’altra ho trovato il tempo solo questa sera da tablet. Vorrei arrivare almeno entro l’equinozio a finire la raccolta per cui spero a prestissimo
Grazie come sempre per essere arrivati fino a qui
 

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Capitolo 11
*** At the park ***


Prompt: At the park
Rating: verde parco


Hai deciso di raggiungere la tua meta a piedi, tra lo stupore e la perplessità della signora Hudson e di Mycroft che ovviamente ti sta seguendo con tutte le telecamere a sua disposizione.

Hai semplicemente bisogno di camminare, non lo ritieni poi così bizzarro ma tutti sembrano straniti, come preoccupati che tu possa fare qualcosa di molto stupido, anche se per te il solo pensarlo è inconcepibile.

Non riescono ancora a capirti, non ti conoscono così bene come credono. Quando stai così, devi muoverti, devi fare qualcosa, non puoi semplicemente stare ad aspettare.

Sei sceso dal taxi all’altezza del London Bridge, per gustarti l’aria pungente di fine settembre e osservare la città che si sta svegliando, mentre tutto ti sembra diverso dal solito, più magico.  Sei partito molto in anticipo, quindi hai tutto il tempo per ammirare e lasciarti sconvolgere dalla tua Londra.

Tagli per alcune vie laterali e ti ritrovi in Potters Fields Park ed è come un improvviso tuffo al cuore; la tua vista bloccata dai palazzi improvvisamente si ritrova in mezzo alla luce e alla maestosità del Tamigi e le sue sponde. Ora ti appare sempre più vicino il Tower Bridge e ti ricorda quando ami la tua città, in ogni sua forma.

Ma oggi non sei qui per respirare semplicemente Londra, hai bisogno di questo momento tutto per te, per raccogliere le idee, i pensieri, le emozioni che rischiano di travolgermi e tu ne hai paura, non sai davvero cosa potrebbe accadere se ti lasciassi andare e cullare da quello che provi. Hai bisogno che Londra ti consigli per il meglio, che sia con te per sostenerti.

Non vedi John da due giorni e ti sembrano molti di più, al punto che hai cominciato a chiederti come hai resistito due anni senza di lui: due anni che sembravano una vita intera mentre ti aggiravi per l’Europa nella speranza di potere, un giorno, tornare a casa. John e Rosie sono da Harry e ti sembra più che giusta questa riappacificazione in vista dell’evento, non hai aperto bocca per opporti perché davvero vuoi che tutto sia perfetto per John.

Alcuni mattinieri ti stanno osservando, sono seduti sulle panchine e ti fissano incuriositi; ti piacerebbe che fosse per il tuo fascino, sei così vanitoso a volte, oppure per la luce che stai irradiando per quanto sei felice, invece sono solo attirati dal tuo abbigliamento decisamente non da passeggiata.

Ti siedi un attimo su una panchina e lasci che il calore tiepido di settembre ti avvolga e ti accarezzi; ti ritrovi a chiudere gli occhi e respirare a fondo e per un istante non esiste nessun altro accanto a te, siete solo tu e Londra e il bisogno di sapere che andrà tutto bene, che non rovinerai tutto e che forse, almeno per una volta, anche per te le cose andranno a finire bene.

Londra ti risponde con una leggera brezza, come una dimostrazione d’affetto che ti scompiglia appena i capelli. Ancora un respiro e sei di nuovo in piedi, sta volta a passo deciso ti affretti verso il municipio; il tuo incedere è come sempre elegante e magnetico al punto che ora è chiaro per tutti perché sei in ambito da cerimonia, stai andando a sposarti, non sei un eccentrico che passeggia per il parco vestito a festa.

Hai quasi raggiunto il municipio quando senti una presenza inconfondibile alle tue spalle, il profumo di casa che distingueresti tra mille; ti volti e John è proprio dietro di te, inaspettatamente anche lui aveva avuto bisogno di fare due passi prima del “sì” più importante della sua vita.

Vi guardate felici e straniti, tu saresti voluto scappare su un’isola con lui e sposarvi su una spiaggia, solo per evitare di stare al centro dell’attenzione in quel modo; sei una regina del melodramma ma non ami che i tuoi sentimenti siano così esposti. Ma John voleva che fossero tutti presenti, amici e familiari: tutti quelli che negli anni hanno sostenuto e visto nascere il vostro rapporto non potevano mancare e alla fine hai ceduto, perché in realtà ti sarebbe sembrato di tradire Londra, la prima spettatrice della vostra tormentata relazione.

John ti prende la mano, deciso, molto più di te che senti le gambe tremare ora che siete quasi nella sala del matrimonio. Alza lo sguardo e ride, sei spaesato e non sai cosa ci trovi di così buffo ma lui lo sa, sa che sei così tenero e dolce in alcune occasioni e questa è una di quelle, una delle rare volte che ha il permesso di essere lui quello forte e sicuro e tu quello che si aggrappa a lui.

Londra vi da la sua benedizione con un’ultima brezza che chiude la porta della sala matrimoni dietro di voi; uno scroscio di applausi e il pianto commosso della signora Hudson segna l’inizio di un nuovo capitolo della vostra vita: William Sherlock Scott Holmes e Dr. John Hamish Watson finalmente sposati.

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