You'll Be In My Heart

di 50shadesofLOTS_Always
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo XI ***
Capitolo 3: *** Capitolo XII ***
Capitolo 4: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 5: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 6: *** Capitolo XV ***
Capitolo 7: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 8: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 9: *** Capitolo XVIII ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Novembre 2008
Degli indumenti ormai freddi giacevano lungo la rampa di scale e sparsi sul pavimento della camera. Era avvolta dal buio, interrotto solo dai lampi che crepavano la massa di nubi plumbee, oscuranti la volta celeste. Sembravano averci ripensato ed erano tornate indietro su Malibu e sul resto della California.
Pepper sentiva le gambe molli, ma né lei né Tony volevano abbandonare il paradiso che avevano raggiunto. Le sfuggì un altro gemito quando i denti di Tony le stuzzicarono la pelle ipersensibile dei seni e poi i capezzoli turgidi. Ondeggiò i fianchi seguendo il nuovo ritmo dettato dal proprio uomo, arcuando la schiena e cercando di dare un ordine alle sensazioni che stava provando. Non ci riuscì e fu costretta ad aggrapparsi alle sue spalle tornite. Esigente, Tony continuò a muoversi finché non vennero entrambi all’unisono. Sulle labbra aveva il suo nome, quando abbandonò il viso contro il collo della donna. Era stato meraviglioso, ancora di più se mai fosse stato possibile. Gli aveva detto sì. Aveva accettato.
Poi lei lo spinse sul materasso, ribaltando la situazione e ritrovandosi a cavalcioni sul suo bacino. Tony drizzò il busto, col volto a pochi millimetri da quello di Pepper fiocamente illuminato dall’intensa luce azzurra del Reattore Arc sul suo anulare.
« Ti piace? » le chiese con un cipiglio di vanagloria, percorrendo con le dita il solco della sua schiena per poi cingerle i fianchi con entrambe le braccia.
« Molto » rispose lei, ammirando il singolare monile.
Si chinò, prendendogli il volto tra le mani e baciandolo.
Tony la strinse a sé mentre spostò le labbra sulle sue guance, poi lungo il collo e le inviarono altre scariche di piacere dritte al cervello che, come quello dell’uomo, era immerso in un brodo di endorfine e serotonina.
 
Al mattino, i tuoni continuavano a balenare in lontananza mentre la pioggia si era ridotta ad un sottile schermo di aghi così piccoli da risultare invisibili ad occhi nudo.
Pepper si svegliò, le membra ancora intorpidite dal sonno e dall’attività notturna. Sollevò le palpebre e la prima cosa che vide fu la propria mano sinistra, adagiata sulla parte di letto dove prima c’era Tony. L’anello riluceva ancora. Sorrise girandosi sulla schiena e allungando braccia e gambe per stiracchiarsi pigramente. Facendo attenzione, si mise seduta sul bordo del giaciglio, si passò una mano fra i capelli annodati per poi alzarsi e farsi una bella doccia.
Uscita dal bagno, indossò della biancheria pulita e scese al piano di sotto da cui proveniva un acre odore di caffè bruciato. Scosse il capo rassegnata quando vide Tony con uno straccio abbandonato scompostamente sulle spalle, con indosso solo dei pantaloni di tuta. Si appoggiò al muro con una spalla e percorse il torso nudo, scorgendo i segni di vecchie cicatrici per poi soffermarsi sul lato b. Lo aveva visto tante volte girare per la Villa seminudo e un tempo lo avrebbe sgridato per essersi fatto trovare in quelle condizioni da lei. Non senza concedersi uno sguardo furtivo perché, pur sapendo di essere la sua assistente, era stato arduo far finta di non apprezzare tutto quel bel vedere…
« Non è educato guardarmi il fondoschiena, Potts » la parafrasò lui, girando le frittelle mentre altre le aveva già sistemate in un piatto con sopra una quantità industriale di sciroppo d’acero.
« Non è illegale però » rispose lei, ricordandosi la sua risposta di poche settimane prima.
Si avvicinò al banco della cucina ed osservò il piatto con le frittelle. Raccolse una goccia di sciroppo con un dito che poi si portò alla bocca. Nel mentre Tony sistemò la seconda porzione di frittelle per poi bloccarsi quando si girò verso di lei. I suoi occhi scesero sulla sua figura e per poco non gli cadde la mascella. Era praticamente nuda coi capelli rossi ancora umidi per la recente doccia, tenuti su una sola spalla. L’unico “schermo” era un misero completino intimo firmato Victoria Secret, consistente in un reggiseno decisamente poco coprente e un perizoma. A rendere quella visione più sensuale, nella mente a volte perversa di Tony, il pancione di ventiquattro settimane giorno più giorno meno. Quando la vide leccarsi l’indice, in un gesto del tutto innocente, dovette ingoiare un fiotto di saliva. Sentendosi osservata, Pepper si volse nella sua direzione.
« Se non ti sbrighi, ci entreranno le mosche » lo canzonò, mettendogli un dito sotto al mento per chiudergli la bocca. Poi prese una forchetta dal cassetto e cominciò a mangiare, prestando attenzione a non imbrattarsi.
« Da quando quel completino fa parte del tuo guardaroba? » le domandò, infilzando una frittella per poi mangiarla come e fosse una mela caramellata su uno stecco.
« Da due anni credo »
« E perché io non l’ho mai visto? » chiese prima di mandar giù il boccone.
Doveva trovare un modo per resistere alla tentazione di toglierle quegli inutili pezzi di stoffa, per fermare le fiamme che stavano divampando dal suo basso ventre.
« A che pensi? » esordì Pepper dopo qualche minuto.
« A quanto tempo mi resta da vivere – la osservò aggrottare la fronte dietro al bordo della tazza di caffè - L’ultima volta che io e tuo padre eravamo nella stessa stanza sono finito in ospedale »
« Invitiamoli a cena. Questa sera »
« Dì un po’, ti stai vendicando per qualcosa? »
« Non dirmi che Iron Man si fa spaventare da un giudice » lo punzecchiò.
« Armato di un vaso di cristallo. Il vaso… » rispose, colpito nell’orgoglio.
« Certo, non dimentichiamolo… » ridacchiò, prima di sporcargli la punta del naso con un po’ di sciroppo.

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Capitolo 2
*** Capitolo XI ***


By your Side

Just look over your shoulder.
I’ll be there,
Always.
 

Scaricò la borsa con gli abiti da ufficio alla Hill, che nascose tutta la sua irritazione dietro un sorriso cortese. Doveva ancora abituarsi ad averla intorno, senza l’ombra di Monocolo ad alitargli sul collo. Tony si aggiustò il bavero della giacca gessata, inforcò i Rayban ed uscì dall’edificio salutando uno degli addetti alla sicurezza con un cenno del capo. Il sole stava tramontando mentre lui metteva piede fuori dall’edificio, diretto verso la fiammante Ferrari California con portiere, specchietti e cerchi color oro. Il temporale si era allontanato e l’aria era impregnata di quel tipico odore umido ma gradevole. Una breve folata di vento gli scompigliò i capelli quando il cellulare squillò nella tasca interna della giacca. Aprì la portiera mentre rispondeva.
« Rhodey! »
« Ciao Tony »
« Problemi con le protesi? » chiese, accomodandosi sul sedile in pelle chiara.
« No, ma apprezzo la tua preoccupazione »
« Allora perché chiami? » continuò, fingendo un tono candido.
Conosceva benissimo il perché, ma voleva godersi la reazione del Colonnello. Intanto Tony assicurò il cellulare sul cruscotto, mettendolo in modalità vivavoce.
« Mi è arrivata una strana busta. Sembra una partecipazione di nozze » disse l’uomo dall’altra parte studiando con sospetto la carta da lettere color panna, come se avesse tra le mani un oggetto non indentificato rinvenuto nel deserto dalle autorità del Pentagono.
« Che c’è di strano? »
« Chi è che sta per sposarsi? » chiese seccato da tutto quel futile rigirio di parole.
« Io » dichiarò Tony, accendendo il motore.
Fece marcia indietro per poi uscire dal parcheggio con unica manovra fluida che, era certo, Pepper non avrebbe approvato.
« Come? ».
La sua voce si era smorzata, come se volesse credere di aver sentito male.
« Ho chiesto a Pep di sposarmi » aggiunse il miliardario con un ghigno di puro autocompiacimento mentre si immetteva nel traffico di Los Angeles.
« CHE COSA?! » esclamò Rhodey dall’altro capo.
« Amico, ti serve un otorino »
« Tu hai chiesto… » balbettò prima che le parole gli morissero in gola.
« Perché quel tono sorpreso? »
« Farò finta di non aver sentito – borbottò abbastanza forte perché lo sentisse - E ha detto sì? »
« Un testimone non dovrebbe porsi certe domande »
« Testimone? » domandò, a metà tra lo sbigottito e il lusingato.
« Il tuo udito peggiora a dismisura » commentò lui, totalmente rilassato e anche un po’ indispettito dalle precedenti parole. E’ vero, forse il suo passato da sciupafemmine intaccava la sua credibilità, ma non per questo potevano dubitare dei suoi sentimenti per Pepper.
« D’accordo: sarò onorato di farti da testimone »
« Grazie, Rhodey » mormorò e prima che potesse dire altro, riagganciò.
Inalò l’aria fresca a pieni polmoni, scosse il capo e rise a squarciagola. Non si sentiva così euforico dall’età di quattro anni quando da solo aveva assemblato il suo primo computer. Strinse le dita sul volante e spinse il piede destro fino in fondo, imboccando la Pacific a tutta velocità. Proprio mentre la lancetta dei giri tentennava su valori vertiginosi, la suoneria di Iron Man dei Black Sabbath risuonò nell’abitacolo per poi essere sostituito dall’unica melodia di cui non si sarebbe mai stancato.
« Tony? »
« Sì, tesoro? »
« Dove sei? » gli chiese Pepper e percepì dell’ansia nella sua voce.
« Non la facevo così impaziente, Potts » rispose, facendo trapelare un minimo di preoccupazione.
« I miei sono qui alla Villa ».
Sussultò mentre rallentava ad una curva, giusto per non schiantarsi sul guardrail. Si appuntò mentalmente di non farsi più dare brutte o scioccanti notizie in macchina, mentre guidava. Non era mai una buona idea.
« Sono ancora in tempo per scappare » osservò con un cipiglio di sarcasmo.
« Tony… » lo rimbrottò lei immediatamente.
« Che ne dici del Messico? » suggerì, sperando che in qualche universo parallelo lei accettasse quella fuga pseudoromantica. Non sarebbe stato poi tanto male vivere con lei in giro per il mondo, ogni giorno in una città diversa lontani dal lavoro e dalla stampa. Una fattoria stile Barton.
« Tra quanto »
« Argentina? »
« …arrivi? »
« Meglio Marte eh? – sorrise, sapendo che la stava innervosendo - Ti sono mancato davvero… »
« Sì, è stato triste non sentirti in preda ai deliri di onnipotenza » rispose ironica e lui sghignazzò. Per qualche ragione dare la notizia del fidanzamento ufficiale ai Potts, non impensieriva solo lui.
Pepper scosse il capo mentre lisciava la stoffa dell’abito. La pancia sporgeva visibilmente, ma la gonna era lunga fino alle caviglie tanto che i piedi nudi si scorgevano a malapena. Per quella sera, visto che avevano il vantaggio di restare in casa, aveva deciso di rinunciare ai tacchi. Non che le dispiacesse.
« Posso indossare l’armatura? – roteò gli occhi e Tony dovette immaginarlo perché finalmente le concesse una risposta seria - Dammi qualche minuto »
« Cerca di non superare i duecento però » lo ammonì, sentendo in sottofondo il rombo del motore.
« Farò del mio meglio – arcuò un sopracciglio nel vedere sul pannello la lancetta che sostava sui duecentocinquanta - Dimmi che cosa indossi »
« Tony… »
« Se vuoi che faccia in fretta, devi darmi un incentivo » disse con tono voluttuoso e al contempo, decidendo di allentare il piede dall’acceleratore.
« Mi basta che arrivi intero » rispose lei esasperata mentre il bolide tornava a velocità non supersoniche.
« Okay… Ma se dovessi morire per mano di tuo padre, ti prego non sposarti » mormorò, dando un’occhiata agli specchietti quando la sentì ridere.
Per lui era come lo scampanellio che precede l’apertura del Giardino dell’Eden.
« Così da lasciarmi in mano l’azienda come stai facendo adesso? » scherzò e la visualizzò nella propria mente, davanti allo specchio mentre si sistemava i capelli. Intanto vide in lontananza la scogliera a strapiombo su cui si trovava la loro Villa. Le acque oceaniche riflettevano gli ultimi raggi del sole, tingendo il cielo di magenta, cremisi e porpora per sfumare verso il viola e il blu del crepuscolo.
« Vorrei lasciarti le auto, ma quelle le ho promesse a Rhodey » confermò, rallentando per prendere una secondaria.
« Beh, finché sei vivo mi basti tu » rispose, mettendo fine a quel gioco che aveva un infelice retrogusto.
Tony si lasciò sfuggire un sospiro quando riemersero i ricordi della Siberia mentre Pepper si fermò un attimo sulla soglia della camera. Quella rara assenza di parole fra loro era sempre un campanello d’allarme, sintomo che l’eccentrico miliardario stava navigando in pensieri troppo cupi.
« Non dovevi accettare » disse lui, riferendosi alla proposta.
« Le canaglie sono il mio punto debole che vuoi farci » lo punzecchiò Pepper mentre scendeva le scale, diretta all’ingresso della casa. Allungò il collo, tenendo con una mano la gonna leggermente sollevata e con l’altra sulla ringhiera.
« Quanto ti amo… » sussurrò più rivolto a sé stesso, poi lei ordinò all’AI di chiudere la telefonata.
Scese le scale nell’esatto momento in cui udì la porta di ingresso aprirsi con un fruscio.
« Virginia? » la chiamò suo padre col suo costante dubbioso accento, tipico di un giudice.
« Papà, mamma! Entrate » li accolse, raddrizzando le spalle.
« Buonasera Signori Potts » intervenne F.R.I.D.A.Y.
« Buonasera… - si guardò intorno alla ricerca dell’origine di quella voce inumana - Chi ha parlato? »
« Lei è F.R.I.D.A.Y, un’inserviente virtuale » rispose Pepper con una mano sul grembo.
Ormai le veniva naturale accarezzarsi la pancia e di tanto in tanto, ne traeva forza. Inoltre spesso si trovava a parlare con Maria sottovoce, convinta che in qualche modo potesse sentirla.
Guidò i suoi per un breve giro turistico della Villa, mostrando loro tutto il piano terra. Ufficio incluso. Le luci meno intense nel boudoir e nel soggiorno, rendevano un’atmosfera intima ed accogliente.
« Mio Dio, è grandissima… - mormorò Liza con occhi meravigliati quando si soffermarono sulle scale che arrivavano di sopra - Come fate con le pulizie? »
« Ogni tre giorni chiamiamo una ditta »
« E Tony? » chiese, accigliandosi e girandosi come se potesse vederlo sbucare fuori da qualche angolo.
« Sono qui! – li interruppe il diretto interessato, risalendo la rampa del garage - Buonasera e scusate il ritardo, ma sono stato trattenuto alle industrie »
« Oh, caro non preoccuparti – rispose con un gesto frivolo della mano - E’ un piacere rivederti »
« Anche per me, Liza – accennò un sorriso - Signor Potts ».
Raymond rispose, a sorpresa delle donne, stringendogli la mano. Madre e figlia si scambiarono un’occhiata eloquente.
« Salve Signor Stark, la cena è pronta » dichiarò l’AI, puntuale come al solito.
« D’accordo, grazie. F.R.I.D.A.Y, conduci i Signori Potts in sala » mormorò lui mentre un percorso di luci a led si disegnò sul pavimento.
Si girò verso Pepper e si prese tutto il tempo per scansionarla dall’alto in basso e viceversa. Il lungo abito in chiffon color madreperla scendeva morbido sulle sue forme di mamma, i seni fasciati da un discreto corpetto a cuore che però copriva la clavicola con della stoffa retata. I capelli erano semi raccolti in una treccia che partendo dalla tempia sinistra, girava dietro la nuca per poi scenderle sulla spalla destra. Niente make up, niente tacchi a spillo ma per lui, restava bellissima in ogni caso.
« Ciao… » esordì roco mentre si avvicinava, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
« Ciao – sollevò un sopracciglio - Sbaglio o ti avevo detto di non superare i duecento? »
« Duecento? Avevo capito trecento – le carezzò una guancia - E poi credevo che ti mancassi ».
Pepper gli rivolse un’espressione risentita, tenente alla rassegnazione, quando non riuscì a fermare i brividi che le causò quel semplice contatto. Inoltre come al solito, Tony era sfacciatamente sexy. La giacca antracite, abbinata a dei pantaloni scuri e delle sneakers bianche e blu, gli cascava sulle spalle e sulle braccia in modo perfetto e la camicia bianca metteva i risalto il suo incarnato. Ciò che però la mandava in visibilio erano i capelli scompigliati dal vento, che sicuramente li aveva accarezzati durante la guida. Aveva voglia di giocarci, ma quelli erano pensieri da relegare. Almeno per il momento.
« Infatti, ma vorrei non dovermi preoccupare »
« Ehy, ti ho già detto che » continuò lui, sviando l’argomento ‘guida spericolata’.
« …ogni volta che esci di casa, ora che »
« …sei uno schianto? »
« …aspetto tua figlia – sospirò sconfitta quando lui la prese per le spalle, stroncando qualsiasi altro rimprovero - La prossima volta ti accompagnerà Happy ».
Spostò le mani sulle sue braccia e Pepper non riuscì a bloccare la seconda ondata piacevole lungo la spina dorsale, che raggiunse la punta delle dita.
« Stai bene? » chiese accigliato.
Tutto ad un tratto era divenuto apprensivo. Da diverse settimane oramai e lei pensava che, per quanto dolce fosse il pensiero, non faceva altro che metterla sotto pressione. Il parto si avvicinava e lei ne era sicura, avrebbe perso la testa molto prima.
Senza contare il fatto principale: i suoi non sapevano perché erano stati invitati nel bel mezzo della settimana ad una cena a Villa Stark. Come poteva dire loro che Anthony Edward Stark le aveva chiesto la mano? L’ultima volta che aveva dato loro un annuncio di tale portata, oltre alla gravidanza, era finito tutto in una colossale litigata, seguita da una specie di ritirata strategica. All’epoca aveva appena compiuto diciotto anni perciò aveva potuto scavalcare il davanzale della finestra e scendere lungo il tronco dell’albero dietro casa con uno zaino carico dei propri effetti. E i suoi aveva accettato, dopo circa tre mesi, che fosse andata a vivere da sola con una sua amica di università. Ora doveva scartare quell’opzione, un po’ troppo adolescenziale, e trovarne un’altra, possibilmente migliore.
Quel pomeriggio aveva pensato perfino di disdire: a) per evitare che suo padre mettesse davvero le mani addosso a Tony e b) perché non sapeva come dare la notizia. Sua madre avrebbe potuto reagire in diversi modi, al contrario di suo padre: a) avrebbe tirato fuori tutti i dogmi cattolici a cui era stata educata, e che lei aveva ignorato da tempo, imponendosi e bloccando tutto sul nascere o b) avrebbe organizzato l’intero evento. E Liza Potts non era certo famosa in famiglia per il suo buon gusto.
« Un po’ di mal di testa, nulla di grave – confessò infine e lui strinse gli occhi a fessura, guardandola con diffidenza - Sul serio » ribatté poi Tony si sporse, regalandole uno di quei baci che le dava solo in camera da letto o in particolari momenti della giornata. Probabilmente si era dimenticato, come lei del resto, della presenza dei suoi genitori a pochi metri. Si appoggiò ai suoi bicipiti sotto la giacca mentre lui la abbracciava per quanto fosse possibile vista la grandezza del pancione.
« Meglio? » sussurrò, staccandosi un poco per guardarla negli occhi.
Per i primi dieci secondi, Pepper non capì il senso di quella domanda poi si ricordò dell’emicrania che ora, sembrava sul punto di svanire. Annuì, poi lo prese per mano e si avviarono verso la sala.
« Com’è andata alle Industries? Oggi avevi quella riunione…  »
« Ho esposto il nuovo piano marketing e a quanto pare, è piaciuto – fece spallucce poi le ammiccò - Rhodey è appena diventato un privilegiato »
« Chi è Rhodey? » domandò Liza, interrompendoli.
« Il Colonnello James Rhodes, un nostro caro amico. Ha perso l’uso delle gambe in un incidente e Tony si sta occupando delle protesi » aggiunse Pepper sedendosi mentre Tony le sistemava la sedia come da perfetto gentleman. Un po’ ruffiano.
« Davvero? »
« Sì, sono il mio nuovo progetto. Protesi all’avanguardia con materiali biocompatibili ed ecologici, ma ad alta tenuta » spiegò, accomodandosi a tavola accanto alla compagna.
« Sembra interessante » rispose la donna, imitandolo.
La tavola era già stata imbandita e Pepper non ricordava l’ultima volta che era successo.
« Ahm… E’ da un po’ che pensavo di dedicarmi allo sviluppo di nuove tecnologie mediche – lanciò un’occhiata a Raymond che però era intento a sistemarsi il tovagliolo sulle gambe - Vorrei anche fornire degli aiuti per accelerare gli studi di ricerca per le malattie rare e per sostenere alcune onlus »
« Beneficenza? E’ meraviglioso » trillò Liza, lisciando la tovaglia.
« Quest’ultima idea in particolare è di Pepper – di nascosto le posò una mano sulla coscia - In fondo è la miglior co-amministratrice delegata della California ».
Come prevedibile, divenne rossa come i propri capelli.
« Ma smettila… » ridacchiò, sentendo la tensione alleggerirsi.
Se Tony era così tranquillo e rilassato significava che doveva esserlo anche lei. O no?
« Dico solo la verità » aggiunse lui poi la cena cominciò.
 
Tony e Liza stavano conversando da qualche minuto ormai, terminando il dolce e Pepper era ancora una volta occupata ad accarezzarsi il pancione. Il Dottor Kleiner aveva fatto un buon lavoro e pensò quasi di rendergli un posto d’onore alle nozze. Sorrise quando sua madre sghignazzò a qualche battuta del compagno mentre suo padre si limitava ad ascoltare. Si soffermò su di lui e dal modo in cui le sue labbra si incresparono, capì che era il più spaventato di tutti. Troppi cambiamenti in troppo poco tempo. Lei lo conosceva, era un tipo abitudinario. Si alzava alle cinque, si faceva la barba alle cinque e dieci e andava a lavoro alle sei per tornare in tempo per il pranzo. Rientrava allo studio legale alle quattordici per poi uscirne alle diciotto e mezza. Cena e poi tv. Quella routine la ripeteva da quasi quaranta anni e c’era un motivo perché non era mai stata cambiata. Neanche alla sua nascita.
Si dice che le figlie tendono a sposare uomini simili al padre, ma Pepper considerò che quello non era il proprio caso. L’unico aspetto che i due uomini avevano in comune era l’affetto che nutrivano per lei. Certo, uno era dato dal fatto che ne fosse discendente. L’altro dal fatto che ne fosse dipendente.
A quel punto tornò con gli occhi su Tony. Anche lui, che di cambiamenti ne aveva affrontati eccome, era terrorizzato. Solo che era un vero esperto nel tenerlo ben nascosto, ne aveva ottenuto il primato. Aveva vissuto tutti gli stravolgimenti, a partire dall’Afghanistan, direttamente sulla pelle, restando ferito e a volte agonizzante. Poi si era rialzato e aveva stabilito ogni volta una nuova routine. Se prima si alzava alle dieci e mezza, dopo una notte di sbornia anche alle quattordici, adesso si alzava alle otto e si recava alle Industries per almeno quattro ore. Poi tornava e passava il pomeriggio con lei, perché darle fastidio era il suo hobby preferito insieme ai giocattoli in laboratorio di cui si occupava, prima tutto il giorno da quando apriva gli occhi, ora quattro ore a notte prima di raggiungerla a letto. Spesso non dormivano perché…. Beh, sappiamo tutti il perché. La sua riflessione si interruppe quando ebbe l’impulso di prenderlo per mano.
Tony si ammutolì ed abbassò lo sguardo sulle loro mani, strette. In evidenza l’anello di fidanzamento che fino a quel momento Pepper aveva tenuto volutamente poco in vista per non perdere l’effetto sorpresa. Soddisfatta, guardò verso i genitori, entrambi sbalorditi e incuriositi da quella luce azzurra.
« Ieri sera Tony mi ha chiesto di sposarlo e io ho detto sì » dichiarò ad alta voce, tanto per esser sicura che fosse chiaro.
 
Ciò che la stupì fu la reazione di suo padre. Contro tutte le aspettative, di tutti, aveva contenuto i propri istinti omicidi. Dopo averla abbracciata, Pepper era riuscita perfino a leggergli un giudizio più riguardoso quando salutò il compagno. Sua madre invece ne era stata così felice che per un attimo tutti, compresa F.R.I.D.A.Y, avevano pensato che fosse giunta nell’allegro mondo della pazzia.
« Ci vediamo »
« Buonanotte » si aggiunse Tony e insieme, li osservarono entrare in auto.
Quando uscirono dalla proprietà, superando il cancello, lui si staccò e iniziò a setacciare ogni angolo, dietro al bancone del bar, sotto il divano e sul terrazzo.
« Ma che stai cercando? » chiese, seguendolo nel boudoir.
« Non vorrei che fosse sparito un vaso di cristallo »
« Tu non hai vasi di cristallo » gli ricordò divertita.
« Meglio controllare » rispose Tony, fingendo un’espressione inquieta.
Lei rise e avvicinandosi, gli avvolse un braccio intorno alla vita per poi trarlo a sé.
« A quanto pare dovrò sposarmi » sussurrò, riferendosi alla telefonata di qualche ora prima.
« E io mi terrò le macchine » rispose con sincera compiacenza.
 
Aprì gli occhi e girando il capo, si accorse amaramente che mancavano due ore alla sveglia. Sbruffò, frustrato perché stava per battere il suo stesso record di miglior dormita. Volse lo sguardo oltre la spalla, poi si lasciò ricadere sulla schiena per poter osservare meglio Pepper, ovvero la deliziosa creatura che dormiva al suo fianco. I capelli lunghi ricoprivano il cuscino su cui, girata di fianco verso di lui, teneva la testa. Un braccio piegato sotto di essa e l’altro sopra il pancione, quasi a cingerlo per proteggerlo. Il suo corpo diafano, coperto da una larga camicia da notte prémaman color malva, era completamente abbandonato al torpore notturno. Le spalle si sollevavano ed abbassavano ritmicamente per il respiro.
Non potè resistere e facendo attenzione a non svegliarla, si sporse per baciarle una guancia. La vide sorridere nel sonno e sperò di essere lui la causa di quella curva. Sempre riguardandosi dal distoglierla dai sogni, si alzò e le aggiustò il lenzuolo per poi scendere, valutando come impiegare quel tempo prima di andare alle Indutries. Mentre svuotava un bicchiere d’acqua fresca, si diresse in laboratorio per dedicarsi alle protesi lasciate in sospeso due giorni addietro. Si sedette alla scrivania e diede un’occhiata alla ferraglia che aveva lasciato sul tavolo, lanciando uno sguardo trasecolato a Ferro Vecchio che prese una scopa e cominciò a spazzare in un angolo. Si grattò il pizzetto mentre frugava tra i cavi, ben sapendo cosa mancava per poter lavorare decentemente. Non potendo accendere lo stereo, aprì uno dei cassetti che ignorava quasi sempre, dove teneva un ipod con gli auricolari per qualsiasi evenienza. Si fermò quando riconobbe la busta che lo accusava di uno dei suoi innumerevoli peccati: il disinteresse.
Dopo vari secondi in cui ritirò più volte la mano, rinunciando così all’accompagnamento musicale, si decise a sfilarla via. Doveva avercela messa Pepper, sicuramente. Quando voleva, era più furba della Romanoff. Non sapeva se esserne spaventato o orgoglioso. Dopotutto era l’unica in grado di sopportarlo. Con un piede, spinse il cassetto fino a chiuderlo poi con malagrazia, strappò la busta.
‘Ti faccio vedere io, Dottore dei miei stivali’, pensò aspro mentre con l’indice estraeva la missiva. La aprì, lasciandosi cadere sullo schienale della sedia girevole.
 
Ciao Tony.

Ho scritto queste poche righe più volte perché non c’è un modo giusto per chiederti scusa.
Perciò se 
mai leggerai questa lettera, spero riuscirai a capirmi e magari, perdonarmi.
Nat mi ha detto che hai appeso l’armatura al chiodo e capisco il perché, anche se non credo che
riuscirai a startene buono buono dietro ad una scrivania.
Ho sbagliato e quel che è peggio è che ho messo in mezzo gli Avengers.
Io sono sempre stato solo
dai diciotto anni. Non mi sono mai ambientato, da nessuna parte.
Neanche nell’esercito. Il punto è
che loro sono la tua famiglia, forse più che la mia.
Ho sempre riposto la fiducia nella gente, negli individui e sono contento di dire che finora non mi
hanno dato da pentirmene. Non potevo deludere quegli individui, per questo non ho firmato.
Ma come te, ho agito per ciò in cui credevo. E tutti dovremmo farlo.
Perciò scusa se non ti ho detto dei tuoi, scusa se ti ho ferito.
Credevo che mantenere il silenzio, ti 
avrebbe fatto meno male.
Mi avrebbe fatto meno male.
Conoscevo tuo padre e le circostanze della sua morte mi lasciano tutt’ora l’amaro in bocca.
Se
avessi avuto la possibilità di intervenire e fermare Bucky, lo avrei fatto.
Vorrei poterti dire queste cose di persona, ma non mi è possibile. Non so se ci rivedremo, ma
ricorda: se avrai bisogno, io ci sarò.
                                                                                                                                                   Steve
 
Ps: non aspettare che Pepper torni da te, valla a prendere.

 
Aggrottò la fronte, poi fece schioccare le labbra mentre ripiegava con cura la lettera. Lui non era un tipo che cedeva facilmente il perdono. Figuriamoci la fiducia.
Però percepiva la validità, nero su bianco, di quella garanzia su carta. Per quanto astio poteva esserci stato tra loro, sapeva che Steve mentiva con la stessa capacità che aveva lui di entrare in contatto coi propri sentimenti. Fissò ancora la lettera, che aveva di nuovo chiuso nella busta, tra le mani.
‘Accidenti! Ti sei rammollito’, strillò la sua vocina.
Sbuffò, rendendosi conto che avrebbe potuto risparmiarsi le sedute di psicoanalisi e soprattutto, avrebbe potuto non scaricare su Pepper tutto il dolore e l’orrore che si era portato dalla Siberia.
Sobbalzò quando sentì aprirsi le porte del laboratorio e mise via la epistole sotto ad un plico di documenti, che stazionava da giorni sull’angolo estremo della sua scrivania.
« Tony – mormorò Pepper, raggiungendolo fino alla scrivania - Che stai facendo? »
« Niente – si diede una spinta, girando la sedia per poterla guardare in faccia - Tu piuttosto che ci fa qui? » chiese notando come la stoffa del pigiama le lasciasse scoperte le gambe. Sogghignò. Le braccia erano avvolte da una vestaglia in tinta, ma di un tessuto più sottile e trasparente, che però aveva la cintura slacciata.
« Una videochiamata in attesa – sbadigliò, portandosi educatamente una mano davanti alla bocca - Da Monocolo »
« Primo: questa mia influenza ti sta decisamente influenzando – il suo sorrisetto obliquo sparì così com’era nato - Secondo: non ci voglio parlare con lui »
« Ha bisogno di Iron Man » rispose lei, incrociando le braccia sotto al seno.
Tony la fronteggiò, incrociando le braccia sul petto come per farle il verso.
« Se rispondo, che ci guadagno? » domandò con tono malizioso.
« Se non rispondi, non lo scoprirai » lo ricattò lei di rimando.
Tony alzò teatralmente gli occhi al cielo, più convinto dalle promesse implicite.
« F.R.I.D.A.Y, apri l’interfaccia – si girò verso lo schermo fluttuante - Bravo. Adesso hai corrotto anche la mia co-amministratrice »
« Mi sono dovuto ingegnare » ammise Fury, mantenendo una facciata impassibile.
« Perché se rinuncia un quindicenne viene lodato per responsabilità mentre se lo faccio io passo da pazzoide? » chiese lui risentito mentre gesticolava.
« Non spostiamo il soggetto » lo riprese l’altro.
« Scusa se sono recalcitrante, ma mi hai distolto da un viso decisamente più bello del tuo »
« Ti voglio alla Base » ordinò quello, sempre più irritato.
Erano le quattro e mezza del mattino anche per uno come lui. Pepper intanto si preparò a quell’interminabile discussione, appoggiando un fianco contro il tavolo.
« Ho da fare qui » disse Tony, assumendo il ruolo di prima donna.
« Non gradisci la mia compagnia? » rispose Nick e Pepper colse dell’ironia in quelle parole.
Tuttavia era preoccupata per la reazione che avrebbe potuto avere il compagno di lì a poco.
« Al contrario. Solo che tu non hai i capelli rossi… - le fece l’occhiolino - Anzi non hai capelli »
« Si tratta di Rogers »
« Oh, allora arrivo subito » sghignazzò freddamente il miliardario, fissando il pavimento.
Ancora non aveva digerito l’irruzione e l’atteggiamento del Direttore in precedenza.
« Avevi detto che mi avresti aiutato se avessi fatto uscire gli altri » gli ricordò, ma Pepper sapeva che quello era un territorio sterile per il convincimento di Tony che infatti rispose con una scrollata di spalle.
« Non ho mai detto di essere un uomo di parola – guardò Pepper che aveva fatto un passo più vicino, così che potesse vederla - Che c’è, donna? »
« Ti si legge in faccia »
« Cosa? »
« …che hai voglia di indossare l’armatura – si inclinò in avanti per essere incisiva - Fallo per me »
« Tu odi testa di latta »
« Non è vero » rispose lei, corrucciandosi.
« Sì invece »
« Ho detto »
« Lo hai detto »
« …che potevi tornare ad esserlo »
« …solo perchè »
« …solo prestando più attenzione »
« …avevamo fatto »
« TONY » lo rimbrottò prima che fosse troppo tardi.
« …della sana attività fisica ».
Lanciarono entrambi un’occhiata allo schermo dove Nick aspettava pazientemente, fingendo spudoratamente di controllare dati e algoritmi inesistenti.
« Si tratta di Steve »
« E quindi? » sbottò Tony, che cominciava a scocciarsi di tutta quella faccenda.
Lo infastidiva il fatto che prima nessuno volesse che fosse Iron Man e adesso che non voleva lui, per delle ovvie ragioni, tutti cercavano di spingerlo nell’armatura.
Pepper arcuò un sopracciglio e indicò col mento la lettera che spuntava tra i fogli.
« Hai aperto la lettera »
« Solo perché me lo ha ordinato il Dottore – storse il naso - A proposito ho notato che tutti ti utilizzano per arrivare a me. Qual è la prossima congiura, Bruto? »
« Ti stai comportando da immaturo »
« Fa’ tutto parte del pacchetto »
« Anche Iron Man » rispose lei e Tony distolse lo sguardo.
Improvvisamente gli risultava difficile sostenere quello limpido e determinato della donna.
« Iron Man ti mette in pericolo » sibilò innervosito.
Quello sì che un ottimo motivo.
« Ma Tony Stark riesce sempre a salvarmi » sussurrò lei mentre Fury passava alternativamente lo sguardo fra i due senza farsi notare.
« Lo sai come andrà a finire. Se comincio non smetto più » continuò Tony, guardandola di sottecchi.
« Vorrà dire che sarò la tua distrazione – si morse il labbro inferiore, appoggiandosi con una mano sulla sua spalla – Mi piace distrarti… » aggiunse sottovoce, fingendo che fossero soli.
Il viso a pochi centimetri da quello di Tony che potè percepire il respiro della donna sulla guancia mentre le sue dita gli solleticarono la nuca, intrufolandosi tra i capelli. Tossì per schiarirsi la voce, riacquistando così il buonsenso che gli permetteva di mantenere un certo autocontrollo perché l’equazione Pepper + abbigliamento provocante aveva effetti piuttosto sconvenienti su di sé. La guardò di nuovo negli occhi e sorrise, realizzando che lo aveva fregato. Di nuovo.
« Spero che la bambina non diventerà manipolatrice come te » le disse con fare dispettoso.
Pepper gli schioccò un bacio sulla guancia, poi guardò verso lo schermo.
« Tutto a posto, Direttore »
« La ringrazio, Signorina Potts »
« Non per molto – borbottò Tony, cercando una vendetta che però non si sarebbe mai realizzata - Mandami i dati, li leggerò durante il viaggio »
« Ti aspettiamo » concluse Fury prima di concludere la videochat.

 

Angolo Autrice: Oh Gesù!
Questo capitolo è stato un vero e proprio parto con una settimana abbondante di fermentazione ahahaha
Spero comunque che l'attesa, per cui vi chiedo umilmente perdono, sia stata ripagata.
Ci tengo ancora una volta a ringraziare coloro che sono giunti fin qui tra cui leila91, _Atlas_ e DjalyKiss94 (GRAZIE DI <3), siete fantastici!

Come avrete notato ho inserito due cose:
- la lettera di Steve (che potrebbe perfino fare una comparsa in futuro ehehehe), il cui contenuto era rimasto un segreto dalla scorsa raccolta: è molto simile a quello che si sente nelle ultime scene di Captain America Civil War perchè non me la sentivo di stravolgerlo e così l'ho semplicemente adattato al contesto;
- il ritorno del ragazzone oro e rosso (che tra le altre cose, non era stato propriamente previsto O.O).

Prima di salutarvi per andare a scrivere il prossimo capitolo, vi faccio un'ultima e doverosa precisazione: il quindicenne a cui si riferisce Tony in questo capitolo è Peter Parker ^^ (che potrebbe anche lui avere un piccolo ruolo più avanti in questa ff ;)).
Perciò aspettatevi, anche se non subito, altri riferimenti al film di Spiderman Homecoming che ho avuto l'onore di poter vedere la sera stessa in cui è uscito nelle sale waaaa!!!
Inutile dire che l'ho adorato soprattutto per i nostri Pepperony e per Tom Holland /*O*\ Quindi se non lo avete ancora visto, andate perchè ne vale decisamente la pena :D

Dopo quest'ultimo sclero fangirloso, spero privo di spoiler, vi auguro la buonanotte (o il buongiorno a seconda di quando lo leggerete xD)!
A presto,
50shadesOfLOTS_Always

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Capitolo 3
*** Capitolo XII ***


Remembering

This bond between us
Can't be broken.
I will be here, don't you cry.

16 Dicembre 2008
« Buongiorno Signora Stark » esordì F.R.I.D.A.Y alle nove e mezza in punto.
Il sole del primo mattino si affacciò nella stanza quando l’AI aprì le tapparelle, che emisero un ronzio.
« Ancora Signorina Potts » la corresse Pepper con la bocca impastata dal sonno.
« Mi perdoni. Il Signor Stark »
« …è impaziente, lo so – sorrise poi aprì gli occhi - Ed è anche in ritardo » aggiunse con apprensione mentre fissava il posto vuoto accanto sé. Passò una mano sulle lenzuola fresche, l’ansia che tornava a farle visita dopo il giorno precedente, da quando era partito per una nuova eroica missione.
I suoi occhi scivolarono sulla sveglia, proiettata su una finestra e che segnava anche la data.
‘Tempesta in arrivo’, pensò un po’ malinconica.
« In verità… - un forte rombo simile a quello di un jet, poi lo schianto di solido metallo contro fragile vetro - è appena arrivato ».
Pepper, balzata seduta sul materasso, si alzò e scese in laboratorio senza neanche indossare le pantofole. Con una mano si tenne alla ringhiera mentre con cautela scendeva gli ultimi gradini. Udì dei lamenti seguiti da delle imprecazioni e poi da altri lamenti, entrò nell’enorme stanza, badando bene a dove mettesse i piedi. Ferro Vecchio la raggiunse con una scopa e cominciò a tracciare un percorso pulito e sicuro da schegge e polvere. Pepper lo seguì mentre si guardava intorno cercando di capire dov’era piombata la granata, ovvero il suo futuro marito. O ciò che ne restava.
« Tony? »
« Sono qui » rispose lui con un mugugno.
Era stato eccitato all’idea di indossare nuovamente l’armatura, un po’ per la voglia dell’azione e un po’ per le promesse piccanti di Pepper, certo non aveva sospettato cosa sarebbe successo più tardi.
Non era riuscito ad imboccare l’entrata del garage o quantomeno la pedana sul terrazzo e coi propulsori malfunzionanti, aveva finito per sfondare la parete che seguiva l’andamento della roccia, ritrovandosi direttamente nel suo laboratorio. Si guardò in giro e malauguratamente vide una delle sue “bambine”, una Cadillac De Ville del ‘52, con la fiancata praticamente divelta.
« Qui dove esattamente? » chiese la compagna, seguendo la sua voce robotica.
« Dietro ad una maceria – ‘Cioè ovunque’, considerò lei – Alla tua destra » aggiunse e quando si voltò, lo trovò disteso in modo innaturale su quello che una volta era un mobiletto di alluminio, dove teneva gli attrezzi e varie cianfrusaglie.
« Le porte ti creano problemi? »
« No, avevo pensato di allargare questo spazio » rispose Tony stando al gioco.
Era la prima persona che non cercava di ucciderlo, tanto valeva. Lei allungò una mano per aiutarlo, ma viste le sue condizioni, alzò una spalla. Tony mosse una mano come se stesse scacciando una mosca per farle capire che avrebbe fatto tutto da solo. Si appoggiò con una spalla su un pezzo di muro e facendo leva col braccio opposto, riuscì a rimettersi in piedi, con non poche difficoltà visto il peso dell’armatura.
« Qualcosa di rotto? »
« Spero di no » borbottò, sfilandosi il casco.
Sulla superficie dorata della maschera frontale capeggiava una strisciata scura di uno sparo. Ci erano andati giù pesante coi calibri. Lo lanciò con non curanza su uno dei tavoli su cui lavorava.
« Ti avevo detto di stare attento! »
« Pensi che glielo abbia chiesto io di spararmi addosso con dei mitragliatori?! » sbottò, incredulo dal sentirsi accusato di una cosa della quale non poteva avere il controllo.
« Mitragliatori?! » esclamò lei, di due ottave più in alto.
« Se vuoi, la prossima volta dirò ai cattivi che… »
« La tua ragazza incinta potrebbe arrabbiarsi » concluse Pepper, portandosi le braccia sotto i seni e cominciando a capire l’assurdità della propria richiesta.
« Per sicurezza mi porterò una foto, risulterà più convincente » mormorò lui, cercando di sdrammatizzare.
« Eri da solo? »
« C’era anche Legolas quindi sì, ero da solo » disse, portandosi più distante per permettere ad una serie di bracci robotici di liberarlo dalle placche non proprio integre. Almeno la tuta aveva compiuto il proprio dovere e tranne qualche livido, era tutto intero.
« E Steve? »
« Credevamo di averlo trovato, ma al nostro arrivo se l’era già svignata » rispose con fare un po’ distratto.
Non sapeva se avesse voluto davvero rivederlo in quel giorno preciso.
« Non mi hai chiamata » borbottò Pepper e Tony le indicò l’armatura ricomposta poco lontano.
« Non so se hai notato, ma il ragazzone è un po’ ammaccato. Il sistema di comunicazione è fuori uso come un sacco di altre cose – piegò lateralmente il capo con un cipiglio contrariato, fermo dinanzi a lei - Ti sei preoccupata »
« Sono una donna incinta »
« Molto incinta »
« Ne ho tutto il diritto – fece spallucce per scusarsi - Ho gli ormoni impazziti »
« Direi di sì » commentò lui con un sorrisetto.
« Non lo faccio di proposito – sospirò, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi - Chiamo un’ambulanza »
« No, no, no, no… - la prese per le spalle - Perché non controlli tu se ho tutti i pezzi? » abbassò il tono di voce, che assunse una sfumatura sensuale, ricordandosi di ciò che gli aveva implicitamente promesso per convincerlo. Mentre avvicinava il proprio viso al suo, lei sorrise. Le loro labbra così vicine che i loro respiri riuscivano a fondersi.
« Come vuoi » concesse.
 
Il suono della risacca contro gli scogli fu ovattato da delle proteste che chiunque, esternamente, poteva pensare fossero di un bambino. No. Si trattava di Iron Man alter ego di Tony Stark, che cercava di allontanarsi il più possibile dal cotone imbevuto di disinfettante. Non aveva capito le mere intenzioni di Pepper, altrimenti avrebbe cortesemente evitato quelle premure che però non erano del tutto indolori.
« Ahi! Ouch – la fissò in cagnesco, seduto sulla poltrona sanitaria - Speravo in qualcosa di più piacevole »
« Sta’ fermo » lo riprese lei, continuando nel proprio compito.
« E’ colpa tua, mi hai obbligato tu a fare l’eroe » la accusò, mettendo su il suo broncio infantile.
« Sì, ma così ho soddisfatto il tuo ipertrofico ego fino alle nozze »
« Questo è scortese » mormorò mentre Pepper terminava di ripulirgli un taglio sulla guancia, contenendo un sorriso che trasudava di fierezza. Sì, perché dopo la pena per la sua incolumità, arrivava l’ammirazione.
« Signor Stark? » intervenne F.R.I.D.A.Y.
« Ti prego, dimmi che hanno bisogno di me – lei scosse il capo - Qualsiasi cosa va bene »
« C’è un ospite all’ingresso »
« Chi diavolo è? » domandò Tony quando una voce squillante risuonò dall’interfono.
« Virginia? »
« Tiffany? » balbettò Pepper mentre chiudeva la cassetta del pronto intervento.
Tossì più volte, troppo rumorosamente.
Tony spalancò la bocca scioccato quando si rese conto che aveva intenzione di evitare l’amica e farsi passare per malata. La fissò, girandosi sul sedile e portando i piedi sul pavimento.
« Oh, eccoti! Per un attimo credevo di aver sbagliato, ma è quasi impossibile visto che… Insomma, è praticamente l’unica Villa a Malibu Point »
« Che ci fai qui? » chiese sbrigativa, bloccando la valanga di parole che l’ex collega avrebbe riversato.
« Mi ha chiamata tua madre. In realtà ho pensato fosse strano, poi però mi ha detto che il megafusto ti ha fatto la proposta – Tony sorrise quando venne chiamato in causa - A proposito, perché non me lo hai detto? » aggiunse.
Pepper guardò il compagno che incrociò le braccia sul petto, e assumendo l’espressione beffarda del “Già, perché non glielo hai detto?”.
« Eh-ehm… - simulò uno starnuto - Mi è passato di mente »
« Sei malata? »
« Sì, un’influenza terribile » rispose, tappando la bocca a Tony che stava per smascherarla.
« Ow… Hai bisogno di qualcosa? » chiese Tiffany con un cipiglio di preoccupazione.
« No, grazie. Se vuoi ti do l’indirizzo dei miei…»
« Non occorre. Ci vediamo, cara – il rombo del motore si allontanò - Rimettiti! ».
Pepper emise un sospiro di liberazione, conscia che però non sarebbe durata a lungo. Sua madre l’avrebbe sicuramente informata delle sue vere condizioni e sarebbe tornata al punto di partenza. Per il momento però non le interessava altro che le condizioni di Tony che, con la tuta abbassata sui fianchi e il torso nudo, non le aveva tolto gli occhi di dosso.
« Prima le congiure e adesso questo… - scosse il capo come se avesse commesso il più grave dei misfatti - Sempre più perfida e questo mi e- »
« Tony » lo ammonì dandogli la possibilità di rettificare, evitando di rispondergli a tono.
« -ntusiasma – ridacchiò - Potevi inventarti qualcosa di più originale »
« Ad esempio? » chiese, portandosi i pugni sui fianchi.
« Che ti diverti a mettere i palloni da basket sotto la maglietta? – bloccò prontamente un suo pizzicotto al costato - Stai diventando violenta »
« Solo quando fai l’idiota - rispose lei colpendolo con un debole pugno sul suo braccio – E poi credevo che ti piacessero le focose ».
Tony annuì, sornione, e prima che potesse rispondergli, la circondò con le braccia e la trasse a sé. Si inclinò così da poterla baciare una, due, tre volte per poi carezzarle una guancia.
« Perché stai sorridendo? »
« Mi ha chiamato megafusto » disse malizioso, ondeggiando le sopracciglia.

**

Con le nocche di una mano, bussò sulla porta e attese il permesso prima di spingere il battente. Fece capolino e attese che Kleiner lo vedesse. Sorrise.
« Salve, Signor Stark – con un gesto lo invitò ad entrare - Ho ricevuto l’invito. Congratulazioni »
« Grazie » rispose lui garbato, insolitamente non irriverente, per poi chiudersi la porta alle spalle.
Quell’atteggiamento astruso insospettì il dottore, che smise di scrivere e lo guardò di sottecchi.
« Avevamo un appuntamento? »
« In realtà no » ammise, tentennando.
« Non importa, si sieda – disse e attese che si accomodasse sulla poltrona, come le altre volte - Qualcosa non va? » chiese, alzandosi per spostare la tenda e lasciar entrare un po’ più di luce.
« No, è tutto a posto. Oggi è un giorno come tanti altri… » mormorò Tony, poggiando i gomiti sulle ginocchia e torturandosi le dita. Kleiner si volse, poi ricordò il diciassettesimo anniversario della morte dei coniugi Stark e capì il senso di quella frase sospesa, ma soprattutto di quella visita fuori programma.
« Oh… Ho visto i giornali » aggiunse, aspettandosi qualche commento acido.
Ma quando il suo paziente si dimostrò eccezionalmente poco loquace e logorroico, aggirò la scrivania, fermandosi davanti a lui, e ci si accostò.
« Signor Stark, non so ancora leggere nella mente dei miei pazienti. Altrimenti, mi creda, sarei su una spiaggia caraibica con un cocktail di gamberi in una mano e una mazzetta nell’altra » disse, buttando le carte in tavola per cominciare la conversazione.
Tony accennò un sorriso, che però sfiorì pochi secondi dopo. L’aria ironica con cui Kleiner cercava di addolcirgli l’argomento, lo spinse a parlare.
« Mi sembra tutto surreale » disse tutto d’un fiato, stropicciandosi gli occhi.
« L’ultima volta lei mi ha detto di aver aperto la lettera e che leggendola, ha compreso le motivazioni e l’agire del Capitano – arricciò le labbra - Mi chiedo perché ha cambiato idea ».
Lui sollevò lo sguardo, assumendo di nuovo un portamento sicuro.
« Non posso perdonarlo, né lui né il Soldato d’Inverno » dichiarò irremovibile.
Quel mattino, dopo che Pepper lo aveva medicato, si era recato alle Industries, ma non appena aveva varcato la soglia dell’edificio si era sentito osservato. Troppo. Ed era riemerso tutto, la Civil War, lo scontro con Steve e l’incidente di Rhodey.
« E’ comprensibile, nessuno potrebbe biasimarla »
« Continuo a rivivere le immagini del video » disse poi, socchiudendo gli occhi.
« Lo ha riguardato di recente? – Tony evitò distolse lo sguardo, poi annuì - Io penso che abbia trasformato questo filmato in qualcosa a cui aggrapparsi e se non la conoscessi, direi che è come se fosse l’unico ricordo che ha dei suoi genitori »
« Non posso cancellarlo né fisicamente né mentalmente » rispose assorto.
« No, certo – ci fu un attimo di silenzio - La mia perla per quest’oggi: non lasci che quelle immagini di morte si registrino sopra quelle di vita, di quando era bambino o ragazzo »
« Che devo fare? »
« Torni a casa, si sieda sul divano con la sua futura sposa e se proprio vuole ricordare i suoi genitori, li ricordi per come erano – per la prima volta, si spinse un po’ oltre la professionalità e gli posò una mano sulla spalla - Lei ha il diritto e il dovere che la loro memoria resti intatta, non lasci che quel filmato la avveleni ».

*

Appoggiò la guancia sulla mano del braccio sinistro che teneva piegato sullo sportello. L’altra mano poggiata mollemente sul volante dell’auto mentre il paesaggio scorreva lento ai suoi lati. Da una parte il placido oceano su cui veleggiavano i gabbiani, dall’altra la città di Los Angeles che lentamente veniva avvolta dal crepuscolo. Tony mantenne quella velocità, ottanta chilometri orari, un po’ perché voleva continuare il giro in macchina e un po’ perché aveva fifa di tornare a casa.
Attese che il cancello si aprisse, percorse il vialetto ma anziché fermarsi all’ingresso, imboccò la rampa del garage che Ferro Vecchio e altri robot stavano già ricostruendo. Posteggiò la vettura accanto alle altre, smontò e salì la rampa che portava direttamente in soggiorno, dove trovò la tv accesa ma nessun segno di Pepper. Il sontuoso abete, decorato con festoni, fiocchi e palline rosse e oro accanto al pianoforte, era completamente ricoperto di luci colorate che si accendevano e spegnevano con un ritmo silenzioso. Si guardò intorno, poi si diresse in cucina per un bicchiere d’acqua prima di affrontare la furia più che giustificata della sua compagna, che però lo sentì dal piano di sopra.
« Tony, sei tu? – ‘Dio, se ci sei aiutami’, implorò mandando giù il sorso quando la vide apparire - Finalmente… »
« Aspetta… » mormorò, sollevando entrambe le mani in segno di resa.
« No – sbottò lei - Ho aspettato tutto il santo giorno »
« Ho fatto solo »
« …una tua chiamata »
« …un giro in macchina »
« …per sapere almeno che eri vivo! » concluse Pepper, sentendo le proprie guance prendere fuoco.
« Scusa » sussurrò Tony, senza sapere come controbattere.
La fissò, in attesa di altre urla, magari un bel cazzotto in testa ma lei distolse lo sguardo.
« Dannazione, ti odio quando fai quella faccia… » ringhiò.
Non era davvero arrabbiata, quanto piuttosto terrorizzata dal fatto che gli fosse successo qualcosa perché si aspettava da giorni un rovescio simile.
« Misericordia, c’è una bambina…! » mormorò Tony,  cogliendo senza indugio la palla al balzo e sfruttando l’abbassamento della guardia per farsi perdonare.
« Ora che sei tornato »
« Pep… »
« …ad essere Iron Man »
« Tesoro »
« …non puoi sparire così – mosse le braccia in segno di frustrazione - Perciò »
« Sai che giorno è oggi? »
« …non farlo mai più – terminò per poi addolcire inevitabilmente la voce, quando la vista le si appannò per le lacrime - Certo che lo so. Secondo te perché mi sono preoccupata? ».
Si avvicinò a lui, che fece altrettanto. Poi si lasciò cingere in un debole abbraccio e posò le mani sul suo petto, guardandolo da sotto le ciglia. Tony abbassò il capo, poggiando la fronte contro la sua.
« Dovevo staccare per un po’… » disse quasi bisbigliando.
Prese un bel respiro mentre sentiva le mani della compagna scivolargli sulle spalle e poi lungo le braccia per confortarlo. Come al solito lo aveva capito.
« Ti va una pizza formato famiglia? » propose lei, staccandosi leggermente ma continuando a tenersi ai suoi bicipiti. Tony decise che si era guadagnata quantomeno un sorriso. E un bacio.
La liberò dalla stretta, dirigendosi verso il divano. Sul tavolino notò qualcosa che non c’era mai stato: una cornice con una foto dove c’era lui, con un papillon rosso, seduto su un divanetto a dondolo in mezzo ai suoi genitori, che fissava rapito, mentre si sorridevano reciprocamente.
« Che cos’è? » domandò, prendendo l’oggetto tra le mani. Passò i pollici sulla cornice di legno mentre Pepper gli si avvicinava un po’ intimorita.
« Non ti arrabbiare perché non so come potrei reagire… »
« Dove l’hai presa? » chiese, ma faticò a sentirsi lui stesso.
« Stavo controllando se l’armatura fosse a posto quando ho visto la valigetta, quella con i filmati… Ho trovato un vecchio rullino e F.R.I.D.A.Y mi ha dato una mano » disse, scrutandolo per poi tormentarsi le dita. Tony non poté trattenere un sorriso.
« Sembravo un pinguino – si girò verso di lei, arcuando un sopracciglio - Ehy, so di essere bello ma non così tanto » commentò sarcastico quando la vide tirare su col naso.
« Te l’ho detto, sono questi maledetti ormoni » uggiolò, appoggiandosi alla sua spalla.
« Ne hai trovate altre, Watson? »
« Altre due e… - si volse in basso per prendere una bobina che Tony non aveva ancora notato - Questo. Ancora sigillato ».
 
Pepper stava finendo l’ultimo spicchio di pizza che lei, o meglio, Maria e Tony si erano litigati per almeno un buon quarto d’ora. Spaparanzati sul divano, stavano guardando il filmino misterioso. Avevano scoperto che conteneva momenti che il miliardario aveva dimenticato perché troppo lontani nel tempo.
« Wow… » mormorò lei quando venne inquadrata una casa stile coloniale.
L’ingresso enorme era simile a quello della Casa Bianca, preceduto da delle scale in marmo e da delle colonne laterali. Il pavimento dell’atrio seguiva un motivo a scacchiera e la mobilia aveva un certo gusto rococò.
« Quella era la casa preferita di mia madre »
« Era? » chiese, pulendosi la bocca con una salvietta.
« Mio padre fu costretto a venderla. Era un periodo difficile – si accigliò nel vano tentativo di ricordarsi qualco sa in più - Credo che sia un centro per anziani adesso ».
Tony non ebbe bisogno di dirle chi era la giovane donna che venne ripresa subito dopo, perchè Pepper l’aveva già riconosciuta. Era impossibile non vedere Maria Stark: i capelli di una particolare tonalità di biondo cenere, gli occhi color cioccolato e il sorriso accecante. Era una situazione più privata e intima rispetto alle precedenti perché indossava un maglioncino color carta da zucchero e una gonna bianca, le calze color carne e le scarpe abbandonate poco lontano.
< Howard, metti via quella cosa e vieni qui con noi > disse, seduta su una coperta in mezzo al prato di un enorme giardino. In fondo si vedevano alti cipressi che dovevano circondare l’intera proprietà.
All’improvviso, quando l’inquadratura si avvicinò a lei, comparve anche un bambino di non più di un anno e mezzo. I folti capelli scuri non lasciavano dubbi circa la sua identità.
« Ma quello sei tu… » constatò Pepper, fissandolo con un sorrisetto divertito.
Tony si limitò a sorridere di rimando un po’ a disagio. Avrebbe voluto prenderlo in giro, un po’ per toglierlo da quell’impaccio e un po’ per vendetta personale. Decise di non farlo anche perché venne subito attirata dall’entrata in scena di un affascinante Howard Stark. Anche lui era vestito in modo più informale, con una camicia a quadrettini e dei pantaloni monocolore.
< Aspetta, non muoverti. Resta lì – esclamò la donna quando il piccolo Tony sollevò il sedere nell’evidente e anche goffo esperimento di camminare - Credo che stia cercando di alzarsi >
< Forza, Anthony! Vieni da papà > lo incintò l’uomo, abbassandosi su un ginocchio.
Nel vederlo così, il Tony adulto sentì un groppo alla gola che riuscì a ricacciare indietro perché anche se di tempo ne era trascorso da quel film, le sue ferite adolescenziali tornavano a prudere.
< Avanti così – ormai lo aveva raggiunto, stava per cadere ma Howard lo riprese prontamente e lo sollevò - Eccoti qui. Bravo >
Tony si girò e vide Pepper praticamente sciolta in una valle di lacrime.
‘Estrogeni’, si disse.
Si allungò verso il tavolo, la mano protesa verso il telecomando.
« Forse dovremmo… » si zittì quando lei gli impedì di prenderlo, stringendogli una mano intorno al polso.
« No, ti prego – mormorò, guardandolo negli occhi - A meno che tu… »
« Me lo ha ordinato il Dottore » rispose rassicurandola e tornando comodo sul divano.
Più tardi il filmino propose episodi che Tony ricordava con più chiarezza. Si vide, diciottenne con indosso uno smoking bianco, mentre accompagnava sua madre avvolta in un abito elegante al centro di una pista da ballo per dare inizio alle danze.
« Che cos’è? » domandò Pepper, spostatasi su un fianco con la schiena appena appoggiata al bracciolo e le gambe su quelle del compagno.
« Una raccolta fondi per un’associazione che aveva fondato mia madre per i veterani e le loro famiglie – gli sfuggì un soffio nostalgico - Odiavo quel genere di eventi, ma mia madre ci teneva tanto che fossi presente. Così ho messo in standby il master nell’Oregon e sono tornato a casa »
« Davvero? » domandò lei, portando lo sguardo su di lui.
« Non riuscivo a dirle di no – confessò con una scossa di spalle - Le piaceva ballare soprattutto se c’erano tante persone. Ero il suo ballerino prediletto » aggiunse con un cipiglio di amor proprio.
Pepper ridacchiò e allungò una mano verso la sua guancia, che carezzò col dorso. Tony si volse, continuando a massaggiarle i piedi e i polpacci.
« Saremmo andate d’accordo – distese le dita dietro la sua nuca e lo attirò verso di sè - Vieni qui »
« Non volevi vedere i filmini? » le chiese ingenuamente assecondandola e sporgendosi su di lei.
« F.R.I.D.A.Y, metti in pausa » mormorò, agganciandolo con una gamba alla vita mentre sprofondavano fra i cuscini del sofà.

Angolo Autrice: Salve Gente! Lo so, è più corto del solito, ma dovevo riprendermi e far riprendere leila91 e _Atlas_, che ringrazio tantissimo per le recensioni
<3 <3 <3 (a cui risponderò, se i babbani decidono di lasciarmi in pace -.-), dallo stato di profondo di angst della one shot, che trovate sempre sulla mia pagina, "Only two Days" ahahhah xD
Ecco quindi un interludio al prossimo capitolo, decisamente un po' meno doloroso e più fluff che, spero sia stato di vostro gradimento :*
A presto!
50shadesOfLOTS_Always

 

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Capitolo 4
*** Capitolo XIII ***


Unespected

 

‘Cause you’ll be in my heart.
Yes, you’ll be in my heart.
From this day on,
Now and forever more.
You’ll be in my heart,
No matter what they say.
You’ll be here in my heart,
Always.

 
Tony sbuffò, continuando a cambiare canale alla ricerca di un programma che quantomeno lo distraesse dal suo noioso addio al celibato. Non aveva voluto nulla di speciale perché riteneva di aver festeggiato abbastanza in tutti quegli anni. Avrebbe festeggiato l’indomani e per una motivazione valida.
Si era quindi accontentato di qualche birra in compagnia di Rhodey. Inoltre, a parte il Colonnello, nessuno era disponibile. Clint era impegnato in qualche missione, Banner era ancora disperso, Visione era impegnato a scoprire le emozioni che può generare l’amore per una strega rossa e Thor era a zonzo per lo spazio.
Si fermò quando una procace signorina era impegnata a pubblicizzare un set per tagliare e servire qualsiasi genere di formaggio. Si accigliò poi si volse verso l’amico, stravaccato accanto a lui. La testa reclinata e la bocca semiaperta erano chiari segni che avesse già raggiunto il beato e multicolore mondo dei sogni. Tornò a guardare la tv ma senza il benché minimo interesse.
Si chiese cosa stesse facendo Pepper in quel momento.
Si alzò, deciso ad ottenere una risposta, poi tornò indietro e afferrò una coperta per sistemarla sull’amico. Scese in laboratorio, saltellando giù lungo la rampa di scale, con un sorrisetto a fior di labbra.
« F.R.I.D.A.Y, prepara la nuova Mark VIII »
« Non ho ricevuto messaggi dal Direttore Fury »
« Pensi sempre a lavorare… - alzò gli occhi al cielo – Obbedisci e basta ».
 
Scorse lo sguardo sul corpetto a cuore fino alla morbida gonna e lasciò scivolare la stoffa morbida tra il pollice e l’indice quando la sua attenzione venne catturata da qualcosa di rosso e oro. Si spostò e vide Iron Man, appena atterrato in giardino, che la salutava con la mano.
« Tony? – chiese sbalordita, affacciandosi – Ma che ci fai qui? »
« Se vuoi me ne vado » rispose con voce metallica.
« Aspetta solo un secondo… »
Prese un séparé pieghevole e lo collocò attorno al manichino. Mentre Tony si arrampicava sull’albero vicino all’abitazione, spalancò gli infissi di modo che potesse entrarci. Lui si appoggiò agli stipiti laterali e con un’agile mossa, balzò dentro la stanza. Girò su sé stesso per ispezionare intorno i muri decorati con della carta da parati color pistacchio, a righe verticali di una tonalità più chiara e i mobili erano bianchi. Poi il suo sguardo si posò sul divisorio, che era conscio celasse l’abito da sposa. Si avvicinò ad esso quando Pepper bloccò in anticipo i suoi piani. Lo indicò, come per chiederle di poterlo vedere. Era l’unica cosa che non aveva potuto ordinare anticipatamente.
« E’ un altro completino? – lei incrociò le braccia sotto il seno - Okay ».
A destra vide una libreria con gli scaffali stracolmi di libri e avanzando, raccolse un carillon dalla cassettiera. Lo aprì e subito una ballerina, vestita con un tutù lilla, prese a piroettare a ritmo di una melodia argentina. Attese qualche secondo, poi richiuse il cofanetto per rimetterlo dov’era e riprese a passeggiare per la stanza. Pepper lo analizzò con una certa curiosità. Lo credeva intento a spassarsela, in preda ai furori di qualche festa alla Stark. Invece era volato da lei, la notte prima delle nozze e si era perfino caracollato come un ragazzino nella sua stanza, passando dalla finestra.
« Non festeggi la tua ultima notte da scapolo? » chiese, spostandosi una ciocca di capelli dal viso.
« Tu dovresti festeggiare il fatto che da domani questo – mosse una mano in cerchio per indicare tutto sé stesso - …sarà ufficialmente tutto tuo » terminò, ammiccandole.
« Credevo che fosse già tutto mio » osservò Pepper, allacciandogli le braccia dietro la nuca quando fu abbastanza vicina. Il pancione sfiorava l’addome del miliardario, che le posò le mani sui fianchi.
« Hai ragione »
« Come sempre » aggiunse prima di zittirlo con un bacio.
All’inizio fu qualcosa di casto, ma quando lei lo obbligò a schiudere le labbra, dalla gola di Tony scaturì un mugolio di puro piacere. Stava cercando di tenere a freno i propri impulsi, ma…
« Non fraintendermi, ma non ve… do l’ora che nasca » rantolò, incorniciandole il viso con le mani.
« Ah sì? » ansimò lei, spingendosi piano contro di lui.
…era passato fin troppo tempo dall’ultima volta. Quel sequestro biologico gli stava dando alla testa. Anche se lei non aveva mai fatto niente per respingerlo, gli premeva di più la scurezza della bambina. La frenesia era raddoppiata se si contava il fatto che non avrebbe dovuto trovarsi lì, in quel momento.
La trasse di nuovo a sè per un bacio più lento e adorante, poi la spinse amabilmente verso il letto di ferro battuto su cui la aiutò a distendersi. Si sistemò tra le sue gambe, sostenendosi con un braccio mentre la mano libera viaggiava sul suo corpo. La segretezza di quell’incontro stava aumentando la loro passione.
Pepper aveva già cominciato ad accarezzarlo sotto la T-shirt quando della musica da discoteca interruppe la quiete della loro intimità, al piano inferiore. Alla canzone, che Tony avrebbe facilmente associato alla febbre del sabato sera, si unirono delle grida stridule femminili. Concretamente sovraeccitate.
Corrugò la fronte, gettando una sbirciata critica alla porta chiusa a chiave e poi alla donna,distesa sotto di lui, a metà tra il dispiacere e l’irritazione.
« In quante siete? » domandò e Pepper per la prima volta si trovò indecisa se sostenere la verità o meno.
« Io, mia madre, Tiffany e diverse cugine che non vedo dal 1998 – si morse il labbro inferiore - Okay, e un paio di spogliarellisti ».
« COSA?! » strillò Tony, gli occhi quasi fuori dalle orbite, a dir poco sconvolto.
Lui che aveva in sostanza rinunciato al suo estremo veglione di autogoverno per poi scoprire che la sua dolce metà stava mantenendo fede alla tradizione, dandosi alla pazza gioia con altre donne, la maggior parte single. Tutto si sarebbe aspettato fuorché un night club in casa dei suoceri.
« Non fare il prezioso! Sappiamo entrambi che hai fatto di peggio » gli ricordò lei con un cipiglio di rimprovero.
« Ma io sono un uomo, è diverso! – sbottò pur ammettendo l’autenticità di quelle parole - E poi non dimentichiamo gli operai sudaticci alla Stark Tower ».
Pepper sorrise bonaria, percorrendo con la punta delle dita il filo ispido della sua mascella.
« Sei carino quando fai il geloso »
« Non sono geloso! – le mani si intrufolarono tra i suoi capelli dietro la nuca prima di costringerlo a chinarsi per altri baci - Va bene, ma niente… biglietti da cento nelle mutande »
« Tranquillo, se voglio uno strip tease o una lap dance… Ti chiamo – sussurrò prima di spingerlo via per alzarsi - Devo andare »
« Mi stai mollando qui insoddisfatto per dei tipi col tanga? » disse, sedendosi sul bordo del materasso mentre lei si spazzolava i capelli per poi raccoglierli in una coda bassa.
« No. Ti sto mollando per evitare che questa casa si trasformi in un postribolo » dichiarò mentre lui tornava in piedi. Si accostò a lui e gli stampò un bacio frettoloso sulle labbra.
« Non mi fai sentire meglio » rispose, le braccia lungo i fianchi e l’aria afflitta.
« Ti penserò »
« Anch’io – borbottò avviandosi alla finestra - Soprattutto perché sarò costretto a fare cose che ho smesso di fare a diciassette anni »
« Ma che…? Ti prego! » si lamentò lei un po’ schifata, facendo per uscire e recarsi alla propria festa da nubilato.
« Ehy! Pep… » bisbigliò, seduto sul davanzale.
Pepper si volse, tornandogli vicino. Non voleva davvero che se ne andasse, anzi. L’idea di dormire da sola non le piaceva per niente e subodorava che anche Tony fosse della sua stessa convinzione.
« Se non te ne vai, ti spingo giù » lo avvisò, senza però apparire credibile neanche a sé stessa.
« E poi chi sposeresti domani? » la provocò lui, sollevando il mento per poterla guardare in faccia.
« Potrei trovare un valido rimpiazzo » disse per poi abbassarsi un po’ per andare incontro alle sue labbra. Gli pettinò i capelli all’indietro per poi sfiorargli una guancia.
« Buonanotte » mormorò lui, donandole un altro bacio.
« Buonanotte » rispose di pari tono, prima di mandarlo via con un giocoso schiaffo sulla spalla.

 

*

24 Dicembre 2008
La prorompente voce di Liza, una madre notevolmente su di giri, riecheggiò in casa Potts mentre il sole timido del mattino entrava dalla finestra di una camera, attraverso delle tende rosee.
« Virginia! »
La suddetta, una trentatreenne generalmente puntuale, mugolò infastidita per poi girarsi su un fianco. Tirò le lenzuola, dimentica di ciò che la attendeva. Erano secoli che non dormiva così bene, se si valutava la sua intera vita fino a quel momento.
« Virginia? – nessuna risposta - Non è possibile… » si lamentò la donna più matura, salendo le scale.
Non comprendeva il motivo di tanta pigrizia proprio quel mattino. Aprì la porta della stanza e in poche falcate, raggiunse la finestra, spalancando anche quella.
« Mmmh, no… »
« Alzati, immediatamente. Non è questo il giorno per dormire » la rimproverò, portandosi i pugni sui fianchi.
« Per quale ragione di grazia? » parlottò Pepper, tornando con la schiena sul materasso.
Lo stesso su cui si era coricata con Tony solo sette ore prima.
« Ti devi sposare, Virginia ».
Analizzò attentamente quelle parole, come se fossero un indovinello.
« Mi devo spo-sare… - sbarrò le palpebre - Ma che ore sono? » chiese, alzando la testa di scatto per guardare la sua disturbatrice. Aveva ambito che fosse lo stravagante miliardario a darle il buongiorno, magari aggiunto ad una buona manciata di smancerie, e non sua madre che, con un casco di bigodini fosforescenti, pareva un’insegna stradale.
« Le sei e trenta »
« Stai scherzando? » sospirò, immergendosi nei cuscini.
« Tiffany è già pronta e tu devi ancora fare colazione – le strappò via le coperte quando la vide massaggiarsi le tempie - Su su, questo non è l’atteggiamento di una sposa ».
 
Contemporaneamente a Malibu Point un’altra voce, più cibernetica, svegliava un trentottenne totalmente incapace di presentarsi in orario dalla più tenera età.
« Buongiorno Signor Stark. Oggi è il giorno ideale per sposarsi. La temperatura esterna è di circa venti gradi, ma nel pomeriggio… »
Tony ritirò con un movimento brusco la faccia dal guanciale solo dopo aver assorbito le prime due frasi.
« Che ore sono? » bofonchiò, ancora svigorito dalla stanchezza.
Tornato a casa dalla visita a Pepper, si era allenato in palestra per scaricarsi. Dopo una doccia, aveva impiegato diverse ore prima di sopirsi. Tuttavia preferì credere che non fosse l’agitazione.
Era Iron Man e Iron Man non aveva paura di niente.
« Le sei e trenta » rispose prontamente l’AI.
« Perché non mi hai svegliato due giorni fa? » chiese sarcastico.
« La prossima volta provvederò, Signore »
« La prossima…? » sussurrò con un cipiglio sconvolto per poi tornare a dormire.
Si portò il cuscino sulla testa, ma non passò molto che Rhodey irruppe nella stanza e fu colto alla sprovvista.
L’ultima volta che aveva messo piede nella camera da letto dell’amico, cioè dopo averlo recuperato da un bar ubriaco, questa non si era presentata così ospitale. Invece da quando era tornata Pepper, Villa Stark aveva smesso di avere un aspetto freddo e troppo scostato ai gusti eccelsi del suo proprietario. Era diventato un ambiente accogliente e degno di una nuova vita domestica.
« Tony! »
« Rhodey? »
« Tony, ma che fai ancora a letto? » domandò, indicandolo con un braccio mentre lo guardava con un occhio solo. Dovette far appello ai ricordi della sera precedente per dare un senso alla sua presenza lì.
« Dormo, secondo te? »
« Sì, questo lo vedo – diede un’occhiata all’orologio proiettato su una delle finestre - Dovresti essere già in piedi »
« La cerimonia è tra dieci ore » si lagnò.
« Quattro ore e trenta, Signore » specificò l’AI e se non fosse stato lui stesso, Tony avrebbe dato un bel cazzotto al programmatore.
« E’ la sposa che si deve fare attendere, non lo sposo » gli rammentò l’ex milite con lo stesso tono che usava sua madre per ricordargli di lavarsi bene i denti prima di recarsi a scuola.
« Tutto questo femminismo io proprio non lo capisco ».
Rhodey alzò gli occhi al cielo, chiedendo aiuto a qualsiasi divinità di dargli la pazienza necessaria.
« Povera Pepper » si disse, abbastanza forte perché Tony lo sentisse.
« Povera Pepper? Se c’è qualcuno che ci guadagna, è proprio lei »
« Sempre modesto » osservò ironico.
« Io? Quando mai? E ora sciò! – lo scacciò via con una mano - Hai interrotto il mio pisolino di bellezza »
« Non credo che un pisolino possa cancellare quelle rughe » rispose l’altro con un cipiglio divertito, ben sapendo quanto fosse suscettibile su quell’argomento.
« Non ho le rughe! - Rhodey gli tolse le lenzuola di dosso, lasciandolo in boxer - Ehy, ma che modi?! Questa è casa mia! » strillò il miliardario, cercando a tentoni di riappropriarsi delle coperte.
« Muoviti prima che dica a Pepper di trovarsi qualcosa di meglio »
« Come se fosse possibile… » sibilò, trascinandosi fuori dal letto.
Si diresse in bagno, fece una bella doccia rilassante poi, con un asciugamano alla vita, si avvicinò al lavandino e con la precisione dovuta da anni ed anni di allenamento, rifinì il pizzetto che ormai lo contraddistingueva. Si interrogò sul perché non avesse mai cambiato il suo look, poi si rispose che era in quel modo che aveva conquistato Pepper. Terminata l’operazione, si fissò riflesso sullo specchio.
« E chi l’avrebbe mai detto… » sussurrò a sé stesso per poi dare un’occhiata al completo da cerimonia disteso sul letto.
 
Il sole era quasi allo zenit e i suoi raggi attraversavano le finestre di alabastro, che costeggiavano le pareti laterali della piccola chiesa. Non sembrava affatto la Vigilia se non fosse stato per i mazzi di Stelle di Natale e Anthurium bianchi, opportunamente posti all’ingresso di ogni fila di panche, ma d’altronde erano a Los Angeles.
Tony attendeva alla fine della navata centrale, proprio davanti all’altare, con le mani incrociate dietro la schiena. Passeggiava su e giù da almeno un’ora e anche se manteneva una facciata inespressiva, era irrequieto come un leone in gabbia. Rhodey, nel suo completo nero, lo fissava.
« Smettila di guardarmi. Non farmi innervosire » scattò il miliardario, sistemandosi il papillon bianco.
Il colletto della camicia rosso sangue gli sembrava ogni minuto sempre più stretto.
« Stai già facendo tutto da solo » commentò senza riuscire a contenere il buon umore.
Era strano per lui vedere Tony così esagitato. Poteva contare sulle dita le volte in cui lo aveva visto così ed ogni volta, c’era stata di mezzo Pepper.
Tony riprese a camminare, cercando di non pensare all’eventualità che lei potesse ripensarci. In fondo avrebbe potuto anche farlo…
‘Stark, non è il momento per il catastrofismo’, lo riprese la vocina interiore.
Poi i due pesanti pannelli della chiesa si spalancarono, facendo entrare la luce del dì e attirando l’attenzione di tutti gli invitati, che si alzarono in piedi.
Tony finalmente si arrestò per innamorarsi di nuovo del proprio angelo custode e per un attimo, credette di essere morto sul serio e di essere finito in paradiso. O nel Valhalla.
Pepper gli si presentò in tutta la sua grazia, fasciata in della candida organza che stretta sotto seno, scendeva morbida sulla curva del pancione da settimo mese e quattro giorni. I capelli erano stati raccolti in un basso chignon dietro la nuca, che lasciava libere alcune ciocche ondulate.  Al collo portava fieramente il rubino a forma di cuore, accoppiato al bracciale viennese. Tra le mani tremanti, reggeva un bouquet di rose bianche, Anthurium rossi e bacche di viburno.
Raymond la stava scortando, per un braccio mentre venivano accompagnati dalla marcia nuziale.
« Sei ancora in tempo, Virginia » sussurrò, rivolto alla figlia che gli scoccò un’occhiataccia.
« Papà, per favore… » rispose, non potendo fare a meno di guardarsi intorno.
Gli invitati erano principalmente zii e cugini, alcuni provenienti dall’Europa, per lei; amicizie d’infanzia e vecchi compagni di college per lui. In tutto non superavano la cinquantina. Tra di loro c’erano anche Natasha, Peter accompagnato da sua zia May e Clint con la famiglia al completo.
Ma Pepper non tergiversò più del dovuto e il suo sguardo si concentrò su un’unica persona.
Tony indossava uno smoking bianco, che lo rendeva molto simile ai modelli sulle copertine patinate che aveva sfogliato in quel periodo, quando non cercava in incognito di occuparsi delle Industries. Al polso un elegante orologio con il laccio di pelle col quadrante dorato, che notò solo quando abbassò gli occhi sulle sue mani intrecciate. Registrò quel dettaglio e sorrise, sollevata di non essere la sola a stare sulle spine. Quando gli fu davanti, guardò suo padre che prima di lasciarla le diede un bacio sulla fronte, poi si allontanò verso il proprio posto. Pepper affidò il bouquet a Rhodey, poi si girò faccia a faccia verso Tony che la stava esaminando senza troppo pudore.
« Vede qualcosa che le piace, Signor Stark? »
« Sei… - si rivolse agli invitati, a voce alta - Qualcuno conosce un sinonimo migliore di “bellissima”? »
« Anche tu non sei male » mormorò lei, scacciando dalla sua spalla un pelucchio invisibile mentre un breve ridacchiare riecheggiò nella chiesa.
« Solo? »
« So accontentarmi » lo provocò, mordendosi il labbro inferiore.
Il celebrante, il Reverendo Darril, diede inizio alla liturgia, ma i due erano in una dimensione troppo distante e intangibile perché potessero prestargli attenzione. Fu obbligato a tossire di proposito per conquistare la loro considerazione.
« E’ il momento delle vostre promesse… » disse e i due si volsero l’uno verso l’altro.
Pepper stava per dire qualcosa, ma Tony le indicò con un cenno della testa il corridoio da cui era arrivata, e un ronzio familiare si fece a poco a poco sempre più prossimo. Rise quando scorse Ferro Vecchio procedere verso di loro. Con le piccole tenaglie, reggeva il cuscino rosso su cui giacevano le fedi di platino, fatte incidere con le loro iniziali. Tony afferrò quella per Pepper, che dovette trattenere un gemito per non piangere di gioia mentre gli porgeva la mano sinistra. Aveva serie difficoltà a concretarle proprie azioni: non avrebbe mai pensato di giungere al proprio lieto fine.
Si fissarono negli occhi, percependo l’uno il tremore dell’altra.
« Io… No, tu… Tu sei molto più di quanto io meriti. E… E probabil-sicuramente ti farò ancora arrabbiare, ti farò piangere e venir voglia di piantarmi per non tornare… - prese un respiro profondo per rabbonire il cuore, senza profitto - Però ti prometto che mi impegnerò ad essere abbastanza per te, per voi… Giuro di proteggervi e di amarvi per sempre, incondizionatamente » concluse, riferendosi a Maria.
Poi le mise l’anello al dito, grato che nessuno gli avesse fatto notare quanto fosse scosso e balbettante.
Pepper afferrò l’altra fedina e prese la mano dell’uomo, cominciando a temere a propria volta la tachicardia.
« Prometto di non essere troppo pretenziosa perché sei già tutto quello di cui ho bisogno. Giuro di proteggervi a mia volta e di amarvi per sempre, incondizionatamente » confermò mentre lo imitava. Non c’erano parole ulteriori o migliori. Il Reverendo li guardò alternativamente mentre diversi invitati, commossi, dovettero far ricorso ai fazzoletti.
« Vuoi tu Anthony Edward Stark prendere quindi come legittima sposa, la qui presente Virginia Potts, per amarla e onorarla, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non vi separi? »
« Lo voglio »
« Vuoi tu Virginia Potts prendere come legittimo sposo, il qui presente Anthony Edward Stark, per amarlo e onorarlo, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non vi separi? »
« Lo voglio »
« Il testimone ha sentito? »
« Sì » dichiarò Rhodey con un sorriso che ormai gli andava da un orecchio all’altro.
« Se qualcuno è contrario a quest’unione, parli ora o taccia per sempre ».
I due sposi si lanciarono una guardata eloquente, poi si volsero contemporaneamente verso la prima fila.
« Ray? » chiese Tony e Liza si coprì la bocca per velare una risata.
« Si muova Reverendo Darril prima che cambi idea » rispose l’uomo, le braccia conserte e un’espressione falsamente torvo. Pepper scosse il capo rassegnata.
« E allora col potere conferitomi dallo Stato della California, di fronte a Dio e ai presenti, io vi dichiaro Marito e Moglie ».
Tony non se lo fece neanche dire e compì il passo che lo separava da Pepper. La abbracciò e le rubò un bacio, che causò un’esaltata standing ovation.
 

*

I lampadari di cristallo spenti riflettevano le luci delle lampadine rosse e bianche, che circondavano l’intera sala del ricevimento. A intervalli regolari, erano stati disposti dei piccoli abeti spruzzati di neve sintetica e al centro dei tavoli, vibravano le fiammelle delle piccole candele, profumate al gelsomino, circondati da piccoli elleboro bianchi e rose rosse. Le tovaglie rosse avevano il bordo decorato con ricami bianchi e le sedie erano state avvolte nella stessa stoffa vermiglia, fermata con un nastro bianco. Agli stipiti delle porte e al centro della pista da ballo, erano stati agganciati dei piccoli rametti di pungitopo. L’atmosfera che si respirava ricordava quella di uno chalet svizzero di montagna e Pepper si sentiva come quando suo padre la portava ad Aspen. Tutto era tema natalizio e invernale, compresa la torta che svettava in un angolo circondata da un piccolo rinfresco di dolci. In cima c’era una piccola riproduzione di loro due decisamente poco ortodossa: Tony indossava l’armatura.
Su un intero lato della sala, era stato allestito un buffet, dagli antipasti ai contorni. Ce n’era davvero per tutti i gusti e ognuno poteva prendere ciò che più gradiva.
I due sposi si erano accomodati da tempo al loro tavolo privato, insieme ai Potts e a Rhodey.
Il dottor Kleiner era poco lontano insieme a Tiffany e gli Avengers partecipanti.
Tony non aveva mangiato un granché, ma poco gli interessava. Pepper sedeva al suo fianco, sfiorandosi di tanto in tanto il pancione, con la testa abbandonata sulla sua spalla e cosa fondamentale, sorrideva. Nulla contava più di quello. Nonostante la fretta e i dubbi aveva avverato il matrimonio del secolo e ora che poteva stringere la sua mano, sapendo che avrebbe potuto farlo ogni giorno per il resto della vita, poté tornare a compiacersi di essa.  Anche perché tutto era rimasto un segreto, nessun invitato di straforo.
Solo loro due e i cari più stretti e affezionati.
Ruotò il capo, studiandola per poi posarle un bacio sulla testa quando Raymond fece tintinnare la forchetta sul collo della flûte. Il forte chiacchiericcio divenne brusio, per poi spegnersi del tutto quando si alzò in piedi. Guardò sua figlia e Tony non poté non vedere gli occhi umidi di entrambi i suoceri.
 « Ricordo… con precisione il momento in cui sei venuta al mondo, quando ti ho tenuta in braccio per la prima volta. Da allora dentro di me, ho sempre saputo che saresti diventata una bellissima donna… Come tutti i padri però, ignoravo il fatto che prima o poi , un altro uomo di avrebbe vista così… Perciò Tony, non è colpa tua: chiunque avrebbe chiesto la sua mano, sarebbe finito in ospedale – lui sogghignò insieme agli invitati e a Liza, che prese per mano il marito - Oggi quindi è un giorno particolare per me e mia moglie. Siamo tristi perché la nostra bambina è diventata grande e non ce ne siamo accorti fino adesso, ma siamo felici perché quando lasceremo questa vita, qualcuno si prenderà cura di lei – sollevò il calice e tutti seguirono il suo esempio - Auguri agli sposi ».
Pepper si asciugò una lacrima, sfuggitale a tradimento e col labiale articolò, un riservato ‘ti voglio bene’, indirizzato anche alla madre.
Poi si alzò anche Rhodey mentre l’applauso appena esploso, scemava nuovamente.
« Vorrei dire due parole anch’io, tanto paghi tu no? – disse, denotando Tony che attestò facendo spallucce, come se fosse vincolato da qualche contratto - Conosco questo delinquente dal 19novthcotgdto e oggi devo proprio ringraziarlo. Mi ha insegnato due cose per cui anni di esercito non mi avevano addestrato: uno, fare ciò che si ritiene giusto a costo di avere il mondo opposto e due, avere il coraggio di ammettere i propri limiti. Quindi grazie, amico mio » disse e scoppiò un secondo applauso.
« Non ho finito, aspettate – aggiunse, sollevando una mano - Un giorno di quasi tredici anni fa vado a casa sua e, lo trovo a riparare una macchina. Perdonami, ho considerato sul serio l’idea di accendere il motore e investirti – Tony scoppiò a ridere insieme a Pepper, entrambi non fecero fatica a ricordare la scena - Ad un tratto spunta fuori questa ragazza dai capelli rossi e la prima cosa che penso è ‘Perché ha ancora i vestiti addosso?’. Poi si presenta, mi dice che è la sua assistente e con premura le dico ‘Scappi finché è in tempo’ – anche il resto delle persone rise mentre il Colonnello e i neoconiugi tornarono un po’ più seri, intendendo del tutto il messaggio tra le righe - Ma sono contento che tu non l’abbia fatto, Pepper. Perché senza di te… Beh, senza di te Tony non sarebbe mai tornato dall’Afghanistan e non saremmo qui. Quindi grazie, a tutti e due per avermi permesso oggi di testimoniare la vostra unione ».
Tony fece passare un braccio attorno alle spalle di Pepper, schioccandole un altro bacio sulla tempia. Non proferì perché era fin troppo concorde con le parole dell’amico. Per un attimo, un suo pensiero andò a Yinsen. Lui avrebbe senz’altro approvato.
Pepper gli lasciò una carezza sul viso, stringendosi più al compagno.
« Vi dico grazie perché oggi avete dimostrato a tutti cos’è l’amore: è litigare tutti i giorni per documenti non firmati o riunioni mancate, per la musica a tutto volume o per il caffè bruciato, è farsi perdonare con un’omelette immangiabile. Ma soprattutto è prendersi cura di nascosto con piccoli gesti e aspettare, anche per anni, senza niente in cambio, riponendo nell’altro la propria felicità – innalzò lo champagne – Un altro brindisi agli sposi ».
Dopo la fine del secondo applauso, fu il turno di Tony che si alzò, sistemandosi la giacca mentre con una mano, afferrava il microfono usato da Rhodey.
« Vorrei dire anch’io  un paio di cosette a questa pupa vestita di bianco, e tanto per restare coerente, non seguirò il gobbo – Pepper rise, sentendo suo malgrado le guance avvampare - Aahr… Ho sprecato circa un quarto della mia vita e solo adesso ho capito che sono un emerito imbecille – scosse il capo mentre tutti ridevano - Perché nessuno me lo ha detto? »
« Io ci ho provato » mormorò il Colonnello, fingendosi affranto.
« Non ho chiesto la tua opinione – replicò Tony, brioso – Oddio… Ehm… Tesoro, ma come hai fatto a dire di sì stamattina? ».
Gli invitati continuarono a ridere, ma Pepper sapeva che quello era il suo modo per non far capire quanto fosse imbarazzato. Il che accadeva sempre più spesso ultimamente. Ciò che la incuriosiva era perché volesse fare un discorso.
« Okay, okay adesso la smetto… - si girò verso di lei, infilando una mano nella tasca dei pantaloni - Vorrei chiederti scusa per due milioni di cose, ma la verità è che non me le ricordo perciò spero che tu abbia tenuto il conto e che me la faccia pagare ogni giorno. Mi limiterò a dirti che… M-mi dispiace aver impiegato tanto a capire che… - silenzio - Ti amo, ti amo molto più di quanto io riesca a dimostrarti ».
Pepper non poté controllarsi e si coprì il viso con entrambe le mani, arrossendo fino a mimetizzarsi con la tovaglia, mentre una fragorosa ovazione si elevava tra i presenti. Stavolta non erano solo gli ormoni, in ogni modo giunti a livelli stellari, a causarle i singhiozzi: sentirgli confessare i propri sentimenti in pubblico, davanti ad amici e parenti, andava ben oltre il pathos che si aspettava. Tony, che aveva intuito i suoi pensieri, si chinò per scoprirla e allontanarle le mani dal volto.
« Spero che siano lacrime di felicità perché ormai il danno è fatto » le disse, spiritoso.
« Scemo » sussurrò lei, prima di trarlo a sé e baciarlo.
 
Dopo che i due sposi ebbero tagliato e mangiato, o per meglio dire, spiattellato la torta sulle reciproche facce, e dopo che Raymond e la sposa ebbero aperto le danze per volere diretto dello sposo, la pista fu completamente invasa. Peter si stava letteralmente dimenando, ma non era il solo e Tony pensò che forse non avrebbe mai dovuto lasciare che si avvicinasse al bar. Sorseggiava il suo primo drink da marito con le spalle appoggiate al muro mentre venerava la sua consorte fra le braccia paterne. Non c’era spettacolo migliore di quello.
Il dottor Kleiner gli si avvicinò con fare confidenziale. Indossava un completo opaco come sempre con una cravatta di un acceso color arancio.
« Vede che alla fine noi psicologi non siamo così male? » esordì, facendo tintinnare il ghiaccio nel bicchiere.
« Oh, sì… Finchè noi pazienti vi paghiamo » comprovò, ricordando la prima seduta e risero per poi brindare.
« Come si sente? » chiese Kleiner, mandando giù il sorso.
« Questa seduta la devo pagare? »
« Non sarebbe male » rispose, alzando il bicchiere nel vuoto.
Tony meditò per un secondo prima di rispondere perché per una volta non trovava le parole adeguate.
« Mi sento… come se fosse tutto al proprio posto – si volse a guardarlo con un cipiglio sconcertato - E’ venuto da solo? »
« Sì. Non sono stato fortunato come lei – mormorò, guardando anche lui verso Pepper che stava ridendo insieme a Tiffany - E’ davvero una donna meravigliosa »
« Non starà cercando di rubarmela? »
« No, non potrei – sorrise, fingendosi intimidito - Credo che ci siano due opzioni: o è pazza quanto lei o vede in lei qualcosa che nessuno vede ».
Tony scosse il capo poi tornò a guardare Pepper, che lo salutò con un gesto frivolo delle dita.
« Entrambe » disse, svuotando il bicchiere e mollandoglielo in una mano.
Poi si avvicinò a lei, la afferrò per un braccio e la separò dalla sua conversazione. Le accarezzò il pancione, un gesto che ora non era più molto bizzarro, e sorrise quando la bambina reagì con un calcio. Poi prese una mano di Pepper e la sollevò per condurla in un lento. Nell'aria vibravano le note di Every Breath You Take in una versione dal sapore jazz.
« Morbida – posò l’altra mano su un suo fianco - Sbaglio o abbiamo già vissuto questo momento? ».
Lei annuì, guardando verso l’alto per rievocare.
« Somiglia a quella sera »
« In cui hai capito di essere »
« …in cui mi hai abbandonata » continuò, stringendogli piano il bicipite mentre Tony studiava l’ambiente circostante.
« …inequivocabilmente stracotta »
« …sul terrazzo per prendermi un Martini »
« …del tuo meraviglioso boss – girò il capo per guardarla dritta negli occhi - Avrei dovuto baciarti ».
Se lo avesse fatto probabilmente sarebbero giunti prima a quel punto.
« Puoi rimediare adesso » gli prospettò Pepper, socchiudendo gli occhi quando le loro labbra si unirono in un bacio educato, casto malgrado l’ardore dei sentimenti.
Si distanziarono con riluttanza per poi poggiare la fronte l’uno contro quella dell’altra. Da quel momento non si parlarono per un po’. Volevano gioire del momento, senza paparazzi o dirigenti amministrativi a perseguitarli, senza missioni eroiche o minacce aliene.
Solamente loro due, chiusi nella loro sfera platonica. E fu magnifico. I loro respiri divennero un solo anelito, a tempo col cuore che li legava da mesi e che li aveva ricongiunti: quello di Maria.
Pepper schiacciò una guancia nell’incavo della sua spalla e si accorse che doveva essere arrivato il momento per le coppie. Il dottor Kleiner aveva trovato compagnia in una delle sue cugine, Bethany del Massachusetts; i suoi genitori erano più affiatati di quanto ricordasse tanto da lasciarsi andare alle effusioni pubbliche e Tiffany le ammiccò, stavolta tra le braccia di Rhodey.
Tony la riscosse dopo un po’, avvicinando le labbra al suo orecchio.
« Ti piace? » chiese, in relazione alla festa.
« Considerando che non hai mai organizzato niente in tutta la tua vita e che sei costantemente ritardatario, direi che hai fatto un buon lavoro » rispose lei, osservandolo da sotto le ciglia.
« Perché quando ti chiedo un’opinione sui regali che ti faccio, attacchi con una filippica? – Pepper sorrise - Ride di me, Signora Stark? »
« Può darsi – disse, carezzandogli le braccia poi le spalle - Comunque sei stato molto romantico »
« Merito un baciotto allora… » concordò Tony col suo tipico sorriso obliquo.
Pepper gli passò una mano dietro il collo e gli diede un bacio più ardente, ma comunque controllato.
« Se volevi darmi il dolce, potevi dirmelo prima del taglio della… - mormorò lui, le labbra ancora incollate alle sua - Perché ti fermi? » aggiunse confuso quando lei indietreggiò, con un braccio attorno al pancione.
Capì subito che qualcosa non andava dalla sua espressione, a metà tra lo sbigottimento e l’orrore.
« La bambina » balbettò lei, artigliandogli un polso un po’ per paura un po’ per l’aumento smisurato del dolore al basso ventre.
« Cosa? » tartagliò lui di pari tono.
« Non lo so… - sollevò lo sguardo su di lui, la mano ancora sul ventre - Forse vuole nascere »
« Adesso? – chiese Tony, come se avesse ingoiato un fischietto - Sei sicura? Mancano ancora diverse settimane »
« Tony, sono sicura! » sbottò già al limite dell’isteria.
« Okay, manteniamo la calma – qualcuno si volse a guardarli - Happy, accendi il motore. E subito! »

 
*

« Muovetevi! » sbraitò Happy al volante, suonando il clacson come un forsennato ma senza ottenere alcun successo. Fortunatamente per tutti la bambina sembrava in fase di riflessione, se nascere o meno. Le contrazioni, o qualunque cosa fossero le dolenti fitte che stava avendo Pepper, erano distanti di almeno venti minuti, ma erano comunque così potenti da farla piegare in due.
Tony le teneva una mano, passando un pollice sul dorso, ma lei sapeva che quella era solo apparenza come quando aveva fatto il discorso. Dentro di sé infatti il miliardario stava ponderando l’idea di prendere l’armatura nel bagagliaio e sgombrare l’intera strada. La fissò preoccupato nel vederla stringere i denti, nel tentativo di non urlare. Si sentiva tremendamente inabile e per un attimo, rimpianse la laurea al MIT. Avrebbe pagato per essere medico in quel momento.
Pepper gli stava stritolando la mano, ma non se ne curò. Lui voleva solo che smettesse di soffrire, anche perché quella scena gli stava rievocando brutti ricordi. Happy vedendo che la coda non accennava a sfoltirsi, avvistò una secondaria.
« Signor Stark? – guardò il suo superiore sullo specchietto - Signor Stark?! ».
Non parve però sentirlo. La sua mente era annebbiata dalle immagini di poco tempo prima.
Pepper, o meglio il suo ologramma, era legata ad un’asse leggermente reclinata, il virus di Extremis che le infuocava la pelle lattea mentre lo chiamava…
« T-ony… » sussurrò la stessa donna, rannicchiata contro la sua spalla.
« Sto per fare una manovra un po’ brusca perciò preparatevi » disse Happy per poi tornare alla guida mentre Tony non poté fare altro che annuire. Intanto riuscì a rispedire indietro, nei recessi più reconditi della propria psiche, quei momenti spiacevoli per concentrarsi sul presente. Sfortunatamente più drammatico per certi aspetti.
« Scusa… » esalò Pepper e allentando un poco la presa.
Lui la rassicurò nonostante il palmo esangue, autorizzandola ad appoggiarsi con tutto il peso contro di lui.
« Posso fare qualcosa? » domandò a bassa voce mentre lei sommergeva la faccia nel suo petto, smorzando un lamento che non era stata capace di trattenere insieme al fiato e alle lacrime.
« E se perdessimo… » sussurrò, dando voce al principale pensiero.
« Non succederà, okay? Andrà tutto bene » rispose lui, ma suonava più come una sorta di auto convincimento. Non voleva pensare che Maria potesse non vedere mai la luce del sole.
« Come fai a saperlo? »
« Sei Virginia Stark da circa… - scosse il polso per far scendere l’orologio - Otto ore. Direi che te la stai cavando bene… » aggiunse, accennando una carezza sulla sua guancia accaldata mentre Happy svoltava come in uno spin-off di Fast & Furious.

Angolo Autrice: Eeee diamo inizio al lancio dei pomodori!
Sì, lo so. Adesso state pensando ad un modo per trovarmi e uccidermi, ma ehy... Dovreste aver capito che sono sadica xD
Rassicurerò i vostri teneri cuori, dicendovi che, anche se non sembra...

No, non posso. Vi rovinerei la sorpresa ;)
Comunque... Ne approffitto per rispondere alle recensioni, qui e tutte insieme perchè, ahimè, sono pigra *sob*:
- a leila91: #houscitoilfluff come avevo promesso e spero che questo capitolo ti abbia risollevato il morale :) Sono contenta che tu abbia notato la citazione disneyana perchè, lo dico ufficialmente, tutta questa ff è strettamente legata alla scena in cui Kala culla il piccolissimo Tarzan... Poi capirete *-* PS: come si può non perdonare Tony con quella faccina cucciolosa? ^^
- ad _Atlas_: purtroppo oltre ad amare l'umanità del nostro sexy miliardario, amo immaginarmelo con le guance da scoiattolo e alto meno di un metro ahahahah <3 mi auguro di averti reso felice con questo capitolo perchè so che eri ansiosa di vederli sposati e soprattutto in attesa della nascita di Maria.... e sì, Tony e Pepper sono l'ammmmore /^o^\
- a DjalyKiss94: tranquilla, capisco gli impegni :) anche se, devo ammmettere, mi sono preoccupata nel non vedere un tuo aggiornamento o.o lieta di aver soddisfatto le tue aspettative e sì, Spiderman Homecoming è awsghfkldgs :D

Ringrazio tutte e tre per i complimenti, la costanza nel sopportarmi e per l'entusiasmo :* :* :*, ma ringrazio chiunque segua o semplicemente legga questa ff!
Che altro dire, se non, a presto!!
50shadesOfLOTS_Always

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Capitolo 5
*** Capitolo XIV ***


Tic tac, nervous? 

For one so small, you seem so strong
My arms will hold you, keep you safe and warm.

 
Pepper venne portata d’urgenza in terapia intensiva, perché effettivamente stava avendo le contrazioni.
Se fino a quel momento Tony era stato in grado di tenere testa al panico che minacciava di sopraffarlo, in ospedale, il suo autocontrollo andò a farsi benedire soprattutto perché non sapeva cosa stesse succedendo, visto che era laureato in tutto fuorché ostetricia.
Dovette aspettare un paio di minuti prima di poterla seguire in una stanzetta. La ritrovò distesa su un lettino con indosso una vestaglia ospedaliera e il suo primo impulso fu quello di accostarsi nonostante la palese stizza delle infermiere, che la monitoravano in attesa dell’emocromo.
Pepper si aggrappò al suo braccio, lanciandogli uno sguardo terrorizzato intanto che le veniva somministrato un farmaco, di cui non aveva neanche captato il nome, nella speranza di tardare il distacco precoce della placenta. Solo nel tempo in cui l’avevano trasportata fin lì su una sedia a rotelle, aveva potuto prendere coscienza di quanto stava accadendo e più di tutto, di quanto fosse impreparata. I corsi pre-parto e le visite dal ginecologo le erano sembrate normale routine. Pensava di avere ancora un ampio lasso temporale prima di giungere all’inevitabile traguardo.
Tony comprese che, sebbene si fosse mostrata apparentemente distaccata nel precipitare degli eventi, stava cedendo ad ogni fitta. Toccava a lui, doveva accantonare i propri timori e passarle un po’ del proprio carattere. Lei si era meritata un po’ di fragilità dopo tutto quello che le aveva fatto patire.
« Hai mai notato che ogni volta che c’è una festa, abbiamo un problema? – lei si volse a guardarlo, come se fosse impazzito - Comincio a pensare che siamo troppo magnetici, continuiamo ad attirare guai ».
Le regalò un sorriso che per fortuna, insieme alla pessima battutaccia, la distrasse un po’ dal dolore.
« Adesso la colpa sarebbe mia? » rispose lei di rimando.
Una volta tanto era in grado di apprezzare il suo sarcasmo.
« In un certo senso, sei tu che hai voluto sposare Iron Man »
« Sì, forse… Me la sono cercata – disse, serrando la mascella ad una nuova fitta - Tony… »
« Respira ».
Nell’incoraggiarla scongiurò che non sentisse quanto fosse atterrito perché almeno uno dei due doveva restare lucido. Si era informato su ciò che sarebbe successo in sala parto, venendo a conoscenza di cose che se avesse potuto, avrebbe evitato di scoprire.
« Ho paura » ammise con un guaito. In un’altra situazione non l’avrebbe mai fatto, si sarebbe tenuta tutto per sé perché di solito era lei la roccia.
Tony le passò la mano libera dietro il collo e la avvicinò, posandole un bacio sulla fronte per tranquillizzarla.
« Guardami – attese che obbedisse - Se continui così dovranno assumerti nella squadra e io finirò per essere degradato a mascotte ».
Pepper abbozzò un sorriso e mai come in quel momento, fu sicura che il loro rapporto avrebbe funzionato. Quando aveva indossato l’abito da sposa, aveva avvertito uno strano peso sul cuore che adesso si era interamente disfatto in polvere.
« Sono qui » aggiunse lui, scostandole i capelli dagli occhi.

Quando però più tardi, gli fu comunicato che era necessario un cesareo a causa della conseguente sofferenza della bambina, perse quasi completamente la testa.
« Signor Stark, lei deve aspettare di là » ripeté la Dottoressa Jackson, forse per la centesima volta in quei cinque minuti, da quando aveva messo piede lì dentro.
« Balle! Io entrerò in quella sala che le piaccia o no »
« Mi spiace, ma non ho creato io le regole ».
Pepper sapeva che ancora non aveva visto il vero Tony Stark, la personificazione della testardaggine.
Quelle parole non lo avrebbero rabbonito, tantomeno fermato.
« Voglio parlare col capo reparto » rispose lui difatti, assumendo un tono perentorio.
« Tony » mormorò lei, semisdraiata sulla lettiga, quasi sul punto di lasciarsi cadere sul pavimento.
Il dolore aveva raggiunto soglie insopportabili, così come la frustrazione del neomarito.
E lei non aveva voglia né energie di insorgere per entrambi.
« Un secondo, tesoro. Risolverò questa faccenda »
« Signor Stark… » sospirò la Dottoressa, alzando gli occhi al cielo.
« Pretendo in quanto onesto cittadino americano di poter scambiare quattro parole col primario di questa struttura che vi ostinate a chiamare ospedale! ».
La Dottoressa inarcò le sopracciglia, valutando l’idea di dargli un sedativo e quasi nello stesso momento, Tony sentì qualcuno bussare alla propria spalla. Un addetto alla sicurezza. Si volse appena per vedere un uomo di colore, un metro e novanta per novanta chili di peso sulla soglia. Lo indicò con un pollice mentre tornava a guardare il medico.
« Sa che sono Iron Man, vero? » disse sinceramente sorpreso.
« E’ davvero impossibile farlo assistere? » chiese Pepper, tra una fitta e l’altra, cercando di trovare un compromesso.
Tutto pur di mettere fine a quel martirio.
« E’ il protocollo, Signora Stark » mormorò la Dottoressa con un cipiglio contrito.
Intanto un infermiere entrò, comunicando che la sala operatoria era pronta.
« Se tiene al proprio posto di lavoro… »
« Tony… »
« Aspetta, Pep… ».
Non terminò mai quella discussione perché le dita di sua moglie lo strattonarono per la giacca da cerimonia, portandoli a pochi millimetri l’uno dall’altra.
« Maria non aspetta » disse giunta sull’orlo di una crisi nevrotica.
Visto che Maria aveva deciso di nascere l’avrebbe assecondata, a qualunque costo. Non che avesse molta scelta poi.
Aveva più che altro paura per Maria, più che per sé stessa e viste le condizioni, voleva risolvere la cosa. Subito.
Tony deglutì a vuoto e parlò solo quando fu sicuro che lei non lo avrebbe strangolato.
« Non voglio »
« Non voglio »
« …lasciarti da sola »
« …dover pagare una cauzione »
« …durante l’operazione »
« …dopo il mio primo travaglio »
« Ma… »
« …e soprattutto, nel giorno del mio matrimonio » sentenziò Pepper come un ultimatum.
Poi strinse i denti ed espirò profondamente, continuando a ventilare.
« Sei sicura? » sbuffò il miliardario, stringendole una mano.
« Andrà tutto bene, ricordi? ».
Si fissarono mesti e impauriti com’era capitato loro poche volte, conoscendo con esattezza l’una la condizione dell’altro.
Tony abbassò lo sguardo sulle loro mani, sulle fedi. L’aveva già lasciata andare, non poteva permettere che accadesse di nuovo.
« Posso ancora farli licenziare »
« Mi rivedrai presto » mormorò Pepper, appoggiando la fronte contro la sua.
Non conosceva dove stesse trovando tutta quell’audacia, ma si disse che erano entrambi sulla stessa barca. Beh, più o meno.
« Stavo vincendo »
« Fa’ il bravo »
« Devo attirare l’attenzione? » scherzò più per sé stesso.  Le parti si erano invertite di nuovo.
« Non più del solito » si raccomandò lei prima di premere le labbra contro quelle di Tony.
Un bacio. Il primo di quell’interminabile giorno che servì loro a farsi coraggio l’un l’altra, nonostante fosse più angosciato di quanto sembrasse agli esterni.
« Ti amo » sussurrò prima che le loro dita si districassero.
« Anch’io » rispose lei e Tony la fissò sparire oltre il corridoio, due stanze più in là, scortata da un medico e altre due infermiere. La Dottoressa Jackson gli si affiancò.
« Signor Stark? »
« Sì, vado via »
« In realtà devo parlarle, ma ho bisogno che lei resti calmo » aggiunse, fermandolo con una mano sulla spalla. Tony afferrò l’abito da sposa che era stato piegato con cura e sistemato in una busta.
« Venga al punto, non mi piacciono i giri di parole »
« Bene, sarò concisa - disse -  Sua moglie è alla trentacinquesima settimana, il che significa che sta per affrontare un cesareo d’urgenza. Ci potrebbero essere molte complicazioni per lei e la bambina, durante l’operazione, che non dipendono direttamente da noi ».
Tony avvertì una pessima sensazione che gli fece rizzare i capelli dietro la nuca.
« Che genere di complicazioni? »
« Troppe per potergliele elencare e spiegare. La peggiore è l’emorragia interna massiva »
« Quindi? »
« Potrebbero morire. Una o entrambe – lo afferrò per un braccio quando vide il sangue defluirgli dal volto - Prima che vada in fibrillazione, devo sapere chi salvare »
« C-Cosa? – sbatté le palpebre più volte, come per ridestarsi da un sogno - Non può… »
« Signor Stark, le prometto che farò qualsiasi cosa per evitare una simile situazione. Ma… »
« Scelgo mia moglie » rispose atono, la gola secca e la bocca dello stomaco attorcigliata.
La Dottoressa annuì poi entrò nella stanza operatoria.
Tony rimase qualche secondo immobile, poi si diresse in sala d’attesa camminando come se fosse da tutt’altra parte.
Mentre le sue dita stringevano la stoffa bianca, Liza gli si avvicinò.
« Caro… » sussurrò, cercando un contatto visivo.
« Ehy - esordì Rhodey - Tutto bene? » chiese preoccupato dal colorito che Tony aveva assunto.
Lui sollevò gli occhi su Raymond che si era appena avvicinato.
« Le faranno un cesareo » rispose tutto d’un fiato quando non trovò un modo più delicato.
« Beh, credo… » cominciò Liza.
« Mi hanno chiesto chi salvare in caso di complicazioni » sospirò, smontando tutta la sua positività.

**

25 Dicembre 2008
Tony camminava su e giù, tenendosi la testa con entrambe le mani e le dita che stringevano i corti capelli scuri, consumato dal terrore che qualcosa potesse andare storto, mentre Natasha e Happy tenevano i giornalisti lontani al meglio delle loro possibilità. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era un’improvvisata conferenza stampa.
Il Dottor Kleiner invece lo osservava con un misto di empatia e perplessità. Da quando lo aveva conosciuto, non lo aveva mai visto così in ansia per qualcosa, o meglio, qualcuno senza farsi prendere da una crisi. A onor del vero in quel caso sarebbe stato giustificato. La situazione era già critica e poteva precipitar da un momento all’altro. I coniugi Potts intanto se ne stavano seduti su due poltroncine in completo stato catatonico mentre Rhodey, vicino a loro, fissava il vuoto.
Tony guardò l’orologio, decidendo di sedersi quando vide che erano passati solo dieci minuti. Si tolse la giacca da cerimonia che Liza gli tolse dalle mani, per piegarla e riporla insieme all’abito di Pepper. Si allentò il papillon e prese a fissare la porta a due battenti, sperando che questo bastasse a farne uscire Pepper. E Maria. Sane e salve.
Avrebbe vissuto cento, mille crisi di panico pur di scambiarle con ciò che stava vivendo. Quando aveva dovuto trovare la formula per guarirla da Extremis, sapeva di riuscirci, grazie anche alla collaborazione di Bruce. Sapeva di star facendo qualcosa per “aggiustarla” perché lui era un meccanico e aggiustare le cose era il suo mestiere. Invece adesso si ritrovava costretto a stare con le mani in mano, e aspettare. Cominciò a concentrarsi su altro, come ad esempio i prossimi appuntamenti alle Industries  perché altrimenti la testa gli sarebbe esplosa. Dopo altri quaranta minuti, i più lunghi ed estenuanti della sua vita, scoccata la mezzanotte, la Dottoressa varcò la soglia con la mascherina appesa al collo. Quando Tony la vide annuire, si lasciò sfuggire un pesante sospiro di sollievo. La donna gli si avvicinò, appallottolando i guanti in lattice.
« Allora? » chiese, precedendo Ray. Doveva esserne sicuro.
« Sua moglie sta bene, un’infermiere si sta occupando di lei e tra poco potrà vederla »
« La bambina? »
« Due chili e ottantanove, trentotto centimetri e un bel taglio di capelli - lo informò la donna - E’ sotto osservazione nell’incubatrice »
« Perchè? » si informò Kleiner, sospettando che il suo ex-paziente potesse tornare ad essere paziente visto il modo in cui era concentrato ad elaborare le parole del chirurgo.
« Può andare incontro a RDS, ROP e anemia. Ma ha dimostrato di essere figlia del padre perciò io non mi preoccupo – guardò di nuovo il miliardario - E’ solo per esserne sicuri ».

L’infermiera lo condusse lungo un corridoio del reparto neonatale di terapia intensiva, al termine del quale, lo lasciò entrare in una stanza. Le luci asettiche erano state abbassate e illuminavano Pepper, distesa su una lettiga più comoda.
« Pep… Stai bene? » le chiese, svegliandola dal torpore indotto dall’anestesia.
La voce un po’ arrochita e tremante lo tradì e spezzò la monotonia dei bip dell’elettrocardiogramma che monitorava i suoi parametri.
« Non posso dire lo stesso di te » rispose lei, scrutandolo mentre si sedeva sul bordo del letto.
Allungò una mano verso la sua e Tony la assecondò, portandosela alle labbra baciandone ogni nocca. La guardò, abbeverandosi della sua sola visione. Era bella, impeccabile anche dopo aver affrontato il suo primo travaglio.
« La Dottoressa mi ha detto che le stanno facendo alcuni test, ma che promette bene » mormorò lui, quietando almeno in parte i suoi timori. A parte il proprio tremore dovuto al graduale annientamento dell’anestesia, si disse che stavano entrambe bene e che... qualcosa che non andava in lui. Aveva i capelli più spettinati del solito e gli occhi scuri come il cacao un po’ arrossati. Il colletto della camicia rossa sbottonato e il papillon sciolto attorno al collo.
« Ehy, che ti prende? » chiese preoccupata, stringendogli la mano.
« Q-quando ti hanno portata dentro, mi hann…o avvertito che potevate morire…  - tirò su col naso - Ho scelto te e… Mi dispiace » biascicò un po’ sbandato dalle parole della Jackson che gli riecheggiavano nei timpani, quasi come un promemoria.
Pepper comprese cosa stesse pensando e le venne da sorridere mentre lui si stropicciava le palpebre col dorso della mano libera.
« E per cosa? » domandò bonaria, inclinando la testa di lato.
« Sono stato egoista. Ho pensato che… potevamo… Se… ».
« Sei davvero sciocco… - gli fece spazio cosicché potesse sdraiarsi accanto a lei - Hai fatto la scelta più sensata e non devi sentirti in colpa… » aggiunse mentre Tony prendeva posto. Poggiò la guancia sulla sua spalla e socchiuse gli occhi quando Pepper strinse e sé, posandogli un bacio tra i capelli che prese ad accarezzare mentre entrambi finalmente da dopo le promesse, ebbero modo di rilassarsi.
« E adesso? » chiese Tony dopo qualche minuto.
« Adesso? »
« E’ Natale… Devo trovare un altro regalo per te »
« Un altro? »
« Sì. Avevo pensato a un tour per la nostra luna di miele, ma hai deciso di darmi il tuo regalo in anticipo »
« Semmai è il regalo che ha deciso di fare di testa sua – rispose con un sorrisetto - E poi vale per due ».
Si fissarono negli occhi e Pepper si rese conto che quelli del neomarito parlavano da soli: erano molto più cupi, segno che negli ultimi minuti il tormento era stato il suo compagno di veglia.
« Devo avere un aspetto orribile » mormorò lui, riscuotendola dal flusso di pensieri.
« Non più del normale » scherzò, passandogli un dito sulla guancia ispida.
« E’ permesso? » chiese Raymond, fuori dalla porta dopo aver bussato.
« Sì »
In risposta, udirono la voce concitata della Signora Potts e quella del Signor Potts che la esortava a non esasperare Pepper prima del tempo.
« Oh, piccola mia – si avvicinò a loro - Dovresti mangiare qualcosa »
« Tranquilla, mamma. Sto benissimo » rispose, accoccolandosi contro Tony disteso accanto a lei.

**

Scosse lievemente la testa sperando che lo lasciassero in pace. Era stata una giornata dura e voleva dormire ancora un po’, con Pepper. Il matrimonio.
‘Una cerimonia da favola’, si crogiolò nell’autocelebrazione e senza rendersene conto sorrise compiaciuto, stringendosi contemporaneamente a Pepper, Pepper, Peps…
Il ballo, la corsa in macchina, il parto…
‘E il quasi infarto’, pensò e nel fare quel riassunto, qualcuno continuò a chiamarlo da un posto che gli pareva lontano anni luce. Tanto valeva scoprire il perché di tanta insistenza.
« Signor Stark? – girò appena il capo e sollevò le palpebre - E’ pronto? ».
« Pronto per cosa? » chiese biascicando le parole mentre tentava di mettere a fuoco l’ennesima infermiera. O era la stessa che aveva assistito la Jackson?
« Per conoscere sua figlia » rispose quella a bassa voce.
Tony si guardò intorno e fuori dalla finestra vide il resto della città di Los Angeles, irradiata dal sole del pomeriggio. Seguì la donna solo quando seppe che Pepper, ancora profondamente addormentata, non sarebbe rimasta sola.

Passarono davanti alla finestra della nursery, dove almeno una decina di neonati dormivano, piagnucolavano o sgambettavano dentro a piccole culle con segnati i loro nomi. Tayler, Geremia, Jennifer.
Tony li lesse di sfuggita, ma una volta ci si era incantato. Era stato quando Rhodey aveva subito l’incidente e aveva vagato per l’ospedale in attesa di vederlo. Poi si era fermato lì, per ammirare qualcosa di bello. I bambini quel giorno non li aveva trovati bizzarri o mocciolosi. Non gli era passato per la testa che un giorno in una di quelle piccole cassette trasparenti, ci sarebbe stata sua figlia anche perché prima avrebbe dovuto riconquistare Pepper
Superarono la nursery ed entrarono in un’altra stanza dove un medico stava maneggiando alcune flebo e tubicini. Quando li vide entrare si spostò di lato e Tony potè vedere Maria. Dormiva raggomitolata sulla pancia fra un nugolo di coperte sterili, con la boccuccia appena schiusa.
« Sta bene? » domandò, non riuscendo a camuffare la propria apprensione nel vederla in quella strana scatola trasparente, riscaldata da un faretto apposito sovrastante.
« E’ la prematura più sana di cui mi sia occupata » disse mentre abbassava un pannello.
Tony si avvicinò ancora per osservarla. Era affascinato e abituato com’era a ragionare come un fisico, come uno scienziato, non potè non chiedersi come da un insieme di atomi si potesse ricavare qualcosa di così sublime. Non riuscì a toccarla, si sentiva ipnotizzato.
« Le mostro come prenderla » disse l’infermiera comprensiva.
Con una delicatezza professionale, che lui credeva solo le donne possedessero, la fece girare sulla schiena e la piccola mostrò il suo disappunto, imbronciandosi.
« La cosa fondamentale che deve ricordare è che testa e collo hanno bisogno del massimo supporto. Quindi la destra sostiene… - lui seguì le istruzioni, annuendo di tanto in tanto - Ora provi lei ».
Gli aveva mostrato tutte le accortezze possibili e gli errori da non fare, ma non sapeva se n’era in grado. Prese un bel respiro poi si avvicinò alla piccola, di nuovo distesa nella culla. Sistemò una mano dietro il collo, poi sotto la testa dove già faceva capolino, da un berretto in miniatura di lana rosa, un ciuffo di capelli scuri come i propri, e l’altra sotto il sederino fasciato da un pannolino. La sollevò con cautela e la tenne davanti a sé, appena sotto il petto così da poterla guardare. Come se fosse fatta di vetro. Le proprie mani grandi e callose erano in contrasto con quel corpicino delicato, di neanche tre chili. Ad ogni respiro gli sembrava di poterla stritolare, lui che aveva sempre avuto a che fare con sostanze chimiche altamente tossiche, bulloni da stringere e armi esplosive. Non aveva mai tenuto in braccio un neonato e l’emozione era quadruplicata se quel neonato era carne della propria carne.
Tony era diventato un unico blocco di marmo, gli occhi nocciola puntati su quel fagottino che improvvisamente era diventato il fulcro del proprio universo. Quasi non si accorse di star trattenendo il fiato mentre la creatura muoveva le minuscole braccia con un che di ribellione.
« Direi che se la cava anche senza di noi… » concluse l’infermiera che uscì dalla stanza col collega per lasciarlo finalmente solo con la sua primogenita.
Dovette sedersi perché per la prima volta, le proprie ginocchia erano diventate gelatina. Sentì il cuore saltargli in gola mentre la presa di consapevolezza sulla propria vita lo travolse fino quasi ad intontirlo.
Maria era divenuta il significato della propria esistenza, dell’esistenza di Pepper. Era l’anello di congiunzione fra loro, il tassello mancante al completamento di un quadro più grande.
Rappresentava quello che gli aveva detto Yinsen sul non sprecare la sua vita e il retaggio: una nuova possibilità per sé, per Pepper e non deluderla.
« Ciao - sussurrò d’impulso, pur sapendo che non era in grado di rispondergli né tantomeno di capirlo, continuò - Io… Io n-non so cos-a si debba dire in questi casi, ma… Sono il tuo papà » ridacchiò nervoso come se le stesse rivelando un segreto, e vide l’ombra di un sorriso colorarle il visetto ancora un po’ arrossato.
Rimase così per un po’ finché non vide che la posizione le era scomoda. Facendo attenzione ad ogni minima mossa la fece distendere sul proprio avambraccio, come se stesse sorreggendo una cesta.
Maria emise un mugolio prima di spalancare le ciglia scure per rivelare due occhioni azzurri.
« Wow… » mormorò Tony, senza quasi farci caso.
Quelle iridi gli ricordarono che Pepper lo stava aspettando, così si alzò piano piano e aprì la porta con un calcetto. Si guardò attorno, tenendola contro il petto e continuando a cullarla, poi riprese il percorso dell’andata. Quando si fermò in sala d’attesa trovò un vero e proprio schieramento.
« Appena nata e già hai un fan club » disse, guardando verso la figlia che ancora teneva in ostaggio la sua mano. Tutto il gruppo a cui partecipavano Natasha, Rhodey, Happy, Peter e Clint con la moglie, si avvicinò per incontrare la nuova arrivata.
« Credevo che foste impegnati a svolgere qualche commissione per Monocolo » esordì, sfidando gli smeraldi della spia russa.
« Infatti, siamo in missione » rispose la Vedova.
« Cioè? »
« Vedere se l’erede Stark ha preso la bellezza materna al posto del brutto muso che ti ritrovi » rispose una voce molto nota. Nick apparve infatti in abiti civili, scortato da Wanda, Hill e Wilson.
« Beh… A quanto pare le nostre preghiere sono state esaudite » borbottò Barton, ricevendo un pugno sul braccio dalla moglie.
« Guarda che occhi » intervenne Wanda, mettendosi sulle punte dei piedi.
« Opera della mamma » ammise il miliardario, non riuscendo a trattenere un cipiglio di orgoglio.
« Sei sicuro che sia tua figlia? » aggiunse Wilson, affacciandosi per vedere Maria, che dopo aver visto tutte quelle nuove facce sconosciute, tornò a fissare il suo papà.
« Già, è un po’ troppo carina » commentò la Hill mentre Tony prendeva nota su come ucciderli uno per uno.
« Ne avete per molto? »
« Si è offeso » commentò la Romanoff, facendogli il verso.
« Chi è qui che a) è stato proclamato sex symbol dell’anno e b) tiene tra le braccia una ragazza innamorata del sottoscritto? Esatto, nessuno di voi – ridacchiarono quando rilevarono che realmente la piccola pareva non avere occhi per nessuno a parte Tony - Peeeerciò… Se non vi dispiace, devo portare questa fanciulla da sua madre ».
 
L’ago della fisiologica le dava un po’ fastidio, ma cercò di riprendere sonno. Tony si era alzato da un’ora ormai e l’infermiere che aveva trovato a fianco del letto le aveva detto che era andato a prendere Maria. Pepper gli chiese di andare a vedere che fosse tutto a posto ma quando aprì la porta, Tony superò la soglia con un sorrisetto a fior di labbra, smentito dallo sguardo perso sul viso stravolto. Sembrava che avesse appena visto uno spettacolo dalla bellezza sovrannaturale. Pepper allungò il collo e per poco non le venne un colpo, quando si sporse su di lei per adagiare la bambina fra le sue braccia.
Prese a cullare quello scricciolo, nuovo di zecca come le armature nel laboratorio di Tony.
« Sai che ho dato vita… » disse lui, allontanandosi per vederla in faccia.
« …io ho dato vita » specificò, vagamente irritata.
« Al mio… »
« …nostro » ribadì ancora.
« Capolavoro. Sono un genio » concluse con tono meno vanitoso del solito.
Le carezzò i capelli e si abbassò ulteriormente per posarle un bacio sulle labbra, poi prese uno sgabello per sedersi vicino alla branda e si mise ad osservarle.
« Ciao, amore… » sussurrò Pepper, sfiorando il viso di Maria che subito le afferrò con tenacia il dito con cui l’aveva carezzata.
« Posso farmi aiutare da lei in laboratorio, guarda che mani… » mormorò Tony per gioco, quasi sovrappensiero.
Pepper si volse e studiandolo si disse che non lo aveva mai visto così…
« Tony? » lo interruppe, cercando di capire i suoi meri pensieri.
« Sì? »
« Come ti senti? » gli chiese con premura.
« Posso avere un attacco di panico? » rispose dopo qualche momento di riflessione, facendola ridacchiare.
Gli occhi cerulei lucidi per l’emozione erano puntati su di lui, in uno sguardo colmo di reciproco orgoglio e condivisione, un sorriso mesto faceva risplendere le lentiggini sulle guance e i capelli ramati erano raccolti sotto la nuca. Poteva sentire gli ingranaggi della sua testa che già lavorava, riordinando i loro appuntamenti con qualche noiosissima commissione o cercando di contenere tutto ciò che stava provando in quel momento.
« Sei felice? ».
Tony si ricordò che Babbo Natale era già arrivato nelle case. E quel regalo lo ripagava dei precedenti mai arrivati. Era ancora troppo emozionato.
« Come un bambino il giorno di Natale » mormorò un attimo prima che la piccola si ridestasse dal torpore.
Si girò, aggrappandosi alla vestaglia di Pepper che la accontentò. Con dolcezza, le accarezzò la testolina mentre si prendeva il suo primo pasto. Tony appoggiò il mento sui gomiti e rimase in silenzio per ammirare quello spettacolo.

Angolo Autrice: Zaaaalveeee! Miei carissimi/e lettori e lettrici, finalmente il momento che tutti (perfino la sottoscritta) stavamo aspettando: Tony è diventato papà <3 Ho cercato di esporre i suoi possibili pensieri in una tale situazione, senza esagerare per evitare di esagerare col fluff:)
Ora rispondo alle recensioni (sì, lo so: sono pigra)...

- a DjalyKiss94: mi auguro che questo capitolo ti abbia restituito un po' di ossigeno ahahah Sono contenta che il precedente ti sia piaciuto e non vedo l'ora di conoscere la tua opinione su questo :*
- a _Atlas_: hai centrato il mio obbiettivo nel descrivere il matrimonio perchè come ben sai, l'OOC è il mio neo e spero di averlo mantenuto anche stavolta :P Come vedi ho accolto il lancio del tuo hashtag #escimaria e mi auguro di ricevere il tuo perdono per le note poco  rassicuranti u.u che dirti... Mi riempi di così tanti complimenti che non so mai cosa risponderti ahahah *-*

Ringrazio di nuovo entrambe per le recensioni e la pazienza <3
Per il momento è tutto (linea allo studio xD), buonanotte e a presto!

50shadesOfLOTS_Always

Ps: le informazioni che ho usato per descrivere il momento del cesareo (la durata e la causa) le ho apprese da mia madre mentre per quanto riguarda il trattamento dei bambini prematuri l'ho appreso dal buon vecchio Wiki ;)

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Capitolo 6
*** Capitolo XV ***


Scapegoat

La Vedova Nera si calò con una fune, fino a terra e cominciò a sorvegliare il territorio. Si guardò intorno mentre avanzava, poi portò una mano per coprire gli occhi rivolti al cielo. Il jet sorvolava silenzioso la zona periferica di Seattle, affacciata sulla Penisola Olimpica. Fece cenno a Barton che lo pilotava e pochi istanti dopo, giunse anche Iron Man. Atterrò sul tetto dell’edificio, una vecchia fabbrica, probabilmente tessile, e con un fascio di energia, fece saltare il battente arrugginito di almeno vent’anni. Stava per entrare quando adocchiò le scale in cemento prive di ringhiera e comunque poco stabili.
« Modalità sentinella » ordinò, uscendo dalla corazza e avviandosi giù per la rampa e raggiungendo quello che di fatto era l’ultimo piano. Fermo sul pianerottolo, si affacciò a destra ma non vide niente e nessuno. Un lieve vento freddo alitò, sollevando alcuni lembi di plastica che pendevano da alcune travi lignee.
« Stark? » chiese Clint attraverso l’auricolare mentre entrava nello spazio a destra, dove trovò un materasso piuttosto logoro.
« Sono dentro… - sbuffò, quando vide in un angolo vecchie scatole di takeaway - Libero »
« Cosa? » esclamò la Vedova.
« Avete toppato. Per la dodicesima volta » aggiunse, spostando il materasso con un piede.
« Tu dovevi rintracciare la scia dei raggi vita » gli ricordò l’altro con cipiglio piccato.
« Io non devo fare proprio niente. Se sono qui è solo perché me lo ha chiesto Pepper » sbottò Tony, rivolgendogli un’occhiataccia anche se non poteva vederlo.
Era già abbastanza nervoso per proprio conto, non aveva voglia di bisticciare con lui. Aveva altro a cui pensare…
« Da quando segui gli ordini di qualcuno? » fece Barton con l’intenzione di stuzzicare il can che dorme.
« Sei solo invidioso » rispose lui, ridacchiando fra sé quando immaginò Pepper con un impermeabile nero e una benda su un occhio. L’altro rispetto a Fury.
« Di te? Ma per favore… E per cosa poi? » sbuffò l’altro, mantenendo stabile il velivolo.
« Mi pare ovvio: ho la bambina più bella del mondo »
« Questo è vero – Tony stava per gongolare quando Natasha continuò - Ma il 50% del merito va a Pepper, perciò potreste farla finita con questa gara di paternità? ».
Tony non rispose e si chinò a terra sui talloni per sollevare il materasso senza trovarci niente sotto. Lo rimise dov’era per far vagare lo sguardo fino ad una cassa di legno.
« Due cellulari usa e getta, un fornello da campeggio… Direi che è avanti di due giorni almeno »
« C’è qualcosa che ci dica dov’è andato? »
« No – disse prima di premere sull’auricolare per rispondere alla chiamata - Pronto? »
« Ciao Tony »
« Ciao tesoro » disse, dimenticandosi di passarla sulla linea secondaria per mantenere una certa privacy.
« Come procedono le ricerche? » gli chiese e lui percepì una certa impazienza. Inoltre non lo chiamava quasi mai quando sapeva che era con gli Avengers per non disturbarlo. Ovviamente le aveva spiegato più volte che l’unico disturbo che aveva durante quelle gitarelle era Legolas.
« Non molto bene – ammise - La Dottoressa Thriller che dice? »
« Che possiamo portare Maria a casa » rispose lei, sapeva che aveva gli occhi che brillavano di felicità.
« Mollo le prove della boy band e vi raggiungo » replicò, la bocca storta in un ghigno.
« Okay. Solo »
« …non superare i cinquecento »
« Duecento » ribattè Pepper.
« Quattrocentocinquanta »
« Trecentoottanta, ultima offerta »
« Perfida » le sussurrò, sentendola ridacchiare.
« Come piace a te » disse prima di salutarlo e riagganciare.
« Stark, devi dirglielo » intervenne la Vedova dopo qualche attimo di silenzio.
« Lo so… » sospirò, tornando sul tetto.
 
*
Pepper era intenta a scartare alcuni pacchetti per Maria, che dormiva nella culla termica vicina alla propria lettiga, ed erano soprattutto da parte degli Avengers.
Aveva già aperto alcuni delle nozze, i meno ingombranti che sua madre fosse in grado diportare a mano. A casa però, sotto l’albero li aspettavano quelli di Natale, che Tony aveva originariamente progettato di aprire prima di prendere con lei il jet e volare con direzione a sorpresa, com’era stato il resto del matrimonio.
Ovviamente la luna di miele era stata posticipata, data a destinarsi, perché tutto dipendeva dalla piccola. Entrambi non l’avrebbero mai affidata ad una balia quindi dovevano aspettare l’ok della Dottoressa Thrill… Ehm, Jackson. Inoltre Pepper doveva ancora riprendersi dal cesareo e finché non le avrebbero tolto i punti, Tony le aveva imposto la degenza forzata. Lei, abituata com’era a scorrazzare qua e là nell’azienda per firmare e supervisionare, non aveva accettato di buon grado la cosa. Ripiegò con cura la tutina rosa da parte di Tiffany, sospirando mentre cercava di indovinare cosa suo marito dovesse dirle di tanto misterioso. Non che lo avesse detto apertamente, ma il suo tono di voce le aveva fatto intuire che c’era qualcosa che bolliva in pentola. Erano quasi quarantotto ore che non si vedevano, se non per telefono o videochat, mentre Tony si occupava delle Industries o aiutava nella ricerca di Steve. Non avevano avuto la possibilità di confrontarsi sugli ultimi eventi, che in un certo senso, erano stati più sconvolgenti dei precedenti. Nel giro di un giorno erano diventati coniugi e genitori. E la seconda nomina, al contrario della prima, non era stata programmata così in anticipo.
Si sporse alla cieca afferrando l’ennesimo pacchetto. Era da parte di Peter.
Adorava quel ragazzo e anche Tony, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Pepper in cuor suo aveva sempre saputo che quando sarebbe stato il momento di allargare la loro piccola famiglia, il suo lato paterno sarebbe emerso e mentre faceva da mentore al ragazzo, si era resa conto di quanto quel senso di protezione e affetto fosse spiccato. Maria si era praticamente innamorata del padre.
‘Un’altra ragazza che cede al suo fascino’, pensò mentalmente con una certa ilarità.
Col sorriso sulle labbra, aprì il biglietto su cui capeggiava un ragnetto in versione cartoon.
 
Per immortalare i momenti più belli della vostra vita insieme.
Tantissimi auguri.
Con affetto, Peter Parker
 
Pose la carta al suo fianco poi scartò il pacchetto, sollevò il coperchio della scatola e restò colpita nonostante il biglietto fosse piuttosto allusivo. Tirò fuori la fotocamera professionale e la rigirò tra le mani dopo essersi fatta passare il laccio dietro il collo. La accese e cominciò a dare un’occhiata alle diverse funzioni, seguendo il libretto. Ad un tratto sentì bussare, ma non ebbe modo di rispondere che il visitatore era già entrato. Alzò gli occhi e le sue labbra su curvarono in automatico verso l’alto.
« Mi hanno detto che qui si trovano le più belle ragazze del pianeta » disse Tony, accostando la porta.
« Il solito megalomane » lo schernì lei.
« Un po’ di autostima »
« Credevo che ne avessi abbastanza per tutti e due » rispose, arcuando un sopracciglio.
Tony posò un plico di fogli sul comodino poi si abbassò, sostenendosi con le nocche sul materassino, per raggiungere le labbra della sua Signora, che gli carezzò una guancia ispida, sospirando estasiata.
« Signora Stark, un po’ di contegno… C’è una bambina » mormorò, sedendosi sul bordo della lettiga e  girandosi verso Maria. Con attenzione, trascinò la culla più vicino e la abbassò a livello così da appogiarcisi con un gomito. Prese a studiare, col mento poggiato sulla mano, la neonata che sembrò accorgersi della sua presenza. Sbadigliò, emettendo un lieve lamento e aprì piano gli occhi, incontrando quelli scuri del padre.
« Salve Signorina » sussurrò e la piccola rispose con un sorrisetto furbo che lui ricambiò.
Si avvicinò ulteriormente fino ad accostare il viso a quello di Maria, che protese una delle sue manine per toccargli il naso. La allontanò così da poter distenderne le minuscole dita, facendo combaciare le loro palme. Mentre confrontava le dimensioni, si volse verso Pepper che gli sorrideva con aria colpevole da dietro una macchina fotografica. Ruotò l’apparecchio, mostrandogli le foto che aveva appena scattato: dei nitidi primissimi piani di lui e Maria.
« Da quando lavori per il Chronicle? »
« E’ un regalo »
« Da chi? » domandò incuriosito e lei gli porse il biglietto.
Tony si lasciò sfuggire un sorriso mente Pepper rimetteva la macchina nella scatola.
« Cosa sono? » chiese poi, notando la cartellina.
« I documenti per la vostra scarcerazione » mormorò lui ironico.
 
Consegnati i fogli all’accettazione e ottenuti gli ultimi consigli delle ostetriche, i coniugi Stark presero uno dei montacarichi per arrivare nei sotterranei, dove di solito posteggiavano i camion per le consegne dei farmaci. Happy li aspettava col motore della Rolls Royce acceso. Pepper salì, tenendo il capo basso e con in braccio la piccola. Si interrogò sul perché tanta cautela visto che nessuno aveva saputo niente né del matrimonio né del parto. Tony chiuse lo sportello, fece il giro e si accomodò dall’altra parte, dopo aver dato un’occhiata al parcheggio desolato. Happy mise in moto e premendo un pulsante fece alzare il divisorio oscurante, creando un’atmosfera più appartata.
Pepper aggrottò la fronte, era la prima volta che lo usavano. Passarono davanti all’ingresso dell’ospedale dove, oscurata dal finestrino, potè vedere la calca di giornalisti che in pochi secondi tentarono di seguirli. Si girò verso Tony, che frugava nella tasca interna della propria giacca.
« Come hanno…? »
« Non sono qui per Maria » mormorò, estraendo finalmente una busta che le porse quando con un solo sguardo richiese una risposta adeguata. Con un braccio, sorresse Maria che studiava la strada scorrere, col capino poggiato nell’incavo della sua spalla. La mano libera invece aprì la missiva, su cui capeggiava il simbolo della Corte Suprema, e lesse.
« Ostacolo alla giustizia, favoreggiamento... – la data era fissata per il 4 Gennaio del nuovo anno - Fury che ne pensa? » chiese leggermente inquieta, fissando Tony che emise uno sbuffo.
« Secondo te perché aveva bisogno di Iron Man? » rispose poi, alzando la voce per pentirsene immediatamente. Non era lei la responsabile.
Pepper non se la prese e ripiegò la lettera. Era ovvio: una guerra civile internazionale e un miliardario un po’ pieno di sé coinvolto. Praticamente era come servir loro il capro espiatorio su un vassoio d’argento.
« Scusa… - borbottò Tony, posandole una mano sul ginocchio - Ho già chiamato lo studio legale, sono in una botte di ferro. Anzi di oro e titanio ».
Lei accennò un sorriso a quella battuta e posò la propria mano sulla sua, sperando di confortarlo. La sua faccia non era delle più convicenti.
« L’avvocato spera di risolvere tutto domani, nella causa preliminare senza la mia presenza »
« …e evitare il processo » concluse e Tony le fece l’occhiolino.
« Ne uscirò, indenne ».
Per il resto del tragitto verso la Villa, rimasero chiusi nei loro pensieri e quando varcarono l’ingresso, la familiare voce incorporea li accolse col tipico eco metallico.
« Bentornati Signori Stark »
« Grazie F.R.I.D.A.Y » rispose Pepper mentre Happy li superava per portare un borsone nella camera patronale. Aveva provato una certa nostalgia in quei pochi giorni. Avanzò verso il salotto mentre Tony rimase in disparte con le braccia conserte. Il suo sguardo percorse, dai piedi fino ai capelli, il corpo di sua moglie. Moglie, era un’equazione perfetta se il risultato era Pepper. Le sue labbra stavano mormorando qualcosa a Maria, che si era raggomitolata fra le sue braccia per poggiare una guancia sulla spalla materna. I suoi occhioni da cerbiatta, azzurri come le placide acque del Pacifico, scandagliarono l’ambiente per cercare lui, come se si stesse accertando della sua presenza. Rimase colpito da quella fiducia nei suoi confronti. Dopotutto aveva solo due giorni di vita, ma già somigliava a sua madre: innamorate di lui.
Lusingato non potè impedire alle proprie labbra di arricciarsi. Si avvicinò a loro nel momento stesso in cui Happy si dileguò, salutandoli.
« Vieni, voglio mostrarti una cosa » annunciò, invitando Pepper e cingendole le spalle con un braccio. Salirono sopra il boudoir e Tony aprì la porta di quella che un tempo era la vecchia stanza degli ospiti.
Ora invece era diventata una cameretta a tutti gli effetti. I mobili, fra cui una cassettiera con specchio, un fasciatoio e un armadio, erano molto semplici di un grigio neutro. Si accostavano al pavimento in parquet di legno naturale e alle pareti bianche. Su delle mensole erano stati sistemati dei libri, probabilmente di fiabe, mentre un grosso orsacchiotto di pezza faceva la guardia al lettino con le sponde che però non avrebbero usato prima di qualche settimana. Un tappeto verde al centro della stanza ricordava un prato e quando Pepper sollevò lo sguardo vide il soffitto azzurro con disegnate delle nuvolette bianche.
« Luci » mormorò Tony e al buio, migliaia di piccoli puntini luminescenti disegnarono le vere costellazioni.
« E’ bellissima » sussurrò Pepper, entrando nella camera e cominciando a guardarla più da vicino.
« Non è molto femminile ma… »
« No, ma… E’… - si volse per guardarlo negli occhi – La adoro »
« In camera nostra c’è una culla così dormirà con noi » aggiunse lui, appoggiato allo stipite con un fianco. Sorrise mentre Pepper, di nuovo davanti a lui, gli lasciò un veloce bacio.
« Che ne dici di un bel bagno? » propose con voce volutamente suadente.
« F.R.I.D.A.Y, sentito la Signora? »
« Provvedo immediatamente » rispose l’AI prima di procedere.
Poco dopo Tony e Pepper erano entrambi immersi in una vaporosa nube profumata al mughetto. Pepper aveva avuto l’accortezza di applicare il cerotto impermeabile sulla sutura, così da potersi godere il primo vero bagno rilassante dall’addio al nubilato. Le docce a letto delle infermiere non erano state il massimo.
Sospirò, reclinando la nuca sul poggiatesta lungo il bordo della Jacuzzi mentre Tony la imitava, dopo essersi assicurato che Maria fosse comoda nella culla. Lo osservò sedersi al lato opposto, con le braccia lungo il bordo della vasca, e chiudere per un attimo gli occhi.
« Stai bene? » gli chiese e lui aprì un occhio.
« Sì… Tu? » di rimando e annuì, decidendo di accantonare l’apprensione, quando Tony la attirò a sé. Si fece dare le schiena e le massaggiò le spalle, cercando di sciogliere la muscolatura in tensione.

Dopo dieci abbondanti minuti passati a mollo, Tony uscì dalla vasca per poi aiutare Pepper ad alzarsi e scavalcarne il bordo. Si avvolse con un grosso telo di spugna, includendo anche lei così da poterla abbracciare. Le sue braccia gli cinsero la vita e quando chiuse i lembi dell’asciugamano, le schioccò un bacio sulla spalla nuda. Pepper si strinse di più a Tony, facendo aderire i seni contro il suo petto. Entrambi si sentirono un po’ strani per l’assenza del pancione. Rimasero così per qualche minuto, scaldandosi reciprocamente e riappropriandosi di tutte quei momenti in cui erano stati separati.
Pepper arretrò un poco per potersi scrutare negli occhi scuri di Tony, che le sorrise attraverso una maschera imperturbabile. Avvicinò il viso, ma quando a separarla dalle sue labbra erano solo due millimetri, F.R.I.D.A.Y li interruppe.
« Signore, una chiamata dall’avvocato Thompson ».
Tony continuò a guardarla negli occhi mentre l’AI gli passava la linea.
« Pronto? »
« Jeff, dammi buone notizie »
« Temo di non averle, Signor Stark. Hanno annullato l’udienza perché hanno fretta di processarla - Tony sospirò pesantemente - Mi dispiace, ho cercato di impedirlo. Ma non abbiamo contatto con Rogers e Barnes… » agggiunse l’uomo e Pepper sentì che era davvero mortificato.
« Ho capito… » mormorò, lasciando ricadere in avanti il capo. Posò la fronte sulla spalla di lei, che prese ad accarezzargli i capelli sulla nuca e il collo. Un contatto che valeva più di mille parole.
« Mi mandi gli allegati di cui parlavamo ieri, nulla è cambiato »
« D’accordo »
« Ci vediamo il 4 di gennaio, nel frattempo si goda il Capodanno » rispose e Tony non potè che rispondere…
« Anche lei ».

 
**
Dopo un’intensa giornata a sistemare scartoffie e le ricerche con gli Avengers, Tony si sentiva così spossato che per pura pietà, lasciò perfino una mancia di cento dollari al fattorino. Aveva pensato che se lo meritasse visto che gli consegnò le tre pizze formato famiglia entro mezz’ora dall’ordinazione. Le portò in cucina e le abbandonò per un attimo sul ripiano per finire di riempire il cestello di ghiaccio.
« Mrs Stark, la cena è » annunciò a gran voce quando sentì lo scalpiccio alle proprie spalle.
« …arrivata » concluse Pepper, aprendo il frigo e porgendogli la bottiglia di Dom Perignon da mettere al fresco. Tony si volse per afferrarne il collo, ma i suoi occhi scuri si posarono su un paio di gambe che conosceva centimetro per centimetro. Erano scoperte fino a metà coscia, dove iniziava una delle felpe che di solito dava al personale, con il logo delle Stark Industries. I capelli rossi erano tenuti lontano dal viso con una pinzetta e ricadevano a ciocche sulle sue spalle. Vedendo che faceva fatica a respirare, Pepper sistemò lo champagne nel cestello poi prese i cartoni delle pizze.
« Muoviti. Ho fame » lo spronò, avviandosi mentre Tony recuperò il cestello insieme ad un paio di flûte alla cieca prima di seguirla, verso il salotto dove Maria li aspettava distesa su una soffice coperta così da non perdere una perfetta visuale del suo fondoschiena. Il tavolino su cui Pepper sistemò le pizze era stato spostato di lato, così che potessero sedersi sul tappeto.
« Pic-nic al chiuso? » chiese ironico, appoggiando il secchio e Pepper ridacchiò mentre sprimacciava dei cuscini ai piedi del divano che avrebbero sfruttato come poggiatesta.
Tony diede l’ordine a F.R.I.D.A.Y di far partire il film, senza sapere che la pellicola in questione non riscontrava esattamente i propri gusti. Appoggiò le spalle contro il divano e quando sollevò lo sguardo sulle immagini proiettate sulla finestra, affacciata sul Pacifico, emise un lamento.
Pepper si accomodò al suo fianco e gli passò un trancio di pizza.
« Non fare così. E’ un film bellissimo » lo riprese, cominciando a mangiare.
« Fo conofco a memofia » bofonchiò Tony, la bocca occupata dalla pizza.
« E quando lo avresti visto? »
« Da quando ho compiuto sei anni » rispose dopo aver ingollato il boccone.
« A sei anni non stavi costruendo il tuo primo motore? » scherzò lei, addentando nuovamente il proprio trancio.
« Beh… Quando non stringevo bulloni, io e mia madre ci sedevamo sul divano e guardavamo questo film – roteò gli occhi - Lo guardava per Clark Gable »
« Tua madre aveva buon gusto » commentò Pepper, continuando a guardare il film.
« Vorresti dirmi che tra me e un latifondista del Sud, sceglieresti il latifondista? – lo guardò di sottecchi senza rispondere, come se ci stesse davvero riflettendo - Ah, è così… Bene. Allora ne approfitto per dirti che potrei avere un debole per Romy Schneider ».
Fu appena in grado lanciare il bordo rosicchiato della pizza nel cartone prima che su di lui si abbattesse una pioggia di pugni. Cominciò a sghignazzare prima di afferrarle entrambi i polsi e trascinarla sul pavimento. Pepper ribaltò la situazione e sedendosi a cavallo sul suo stomaco, gli strizzò un capezzolo nonostante la T-shirt. Continuò la tortura, chinandosi col busto.
« Ahi, ahi, ahia! » frignò Tony, preso alla sprovvista.
« Ritira immediatamente quello che hai detto »
« Ma tu… Ouch – trattenne il fiato - Stavo scherzando, dai… »
« Stavi scherzando? » domandò inquisitoria prima di lasciarlo andare.
« Sì – si massaggiò il pettorale dolorante - E tu? ».
Pepper avvicinò il viso a quello del marito e inevitabilmente alcune ciocche ramate scivolarono in avanti.
« Sì – soffiò sulle sue labbra - Forse ».
Tony la baciò, prendendole la testa tra le mani per cancellarle il finto scherno sulle labbra. Compito che richiese un’ingente lavoro di lingua. Pepper si staccò per riprendere fiato, tornando col busto eretto. Le sue mani lo accarezzarono sull’addome, risalendo il petto fino alle spalle per poi seguire il suo sguardo, puntato su Maria che, comoda fra due cuscini, era sul punto di cedere al sonno.
« Non riesco a smettere di guardarla… Solo tu potevi dar vita a qualcosa di tanto bello… » disse, prendendola in contropiede. Gli accarezzò i capelli sulla tempia, sorridendo.
« Beh… Hai contribuito al 12% » rispose ed entrambi, scoppiarono a ridere.
Non terminarono la pizza rimasta, l’avrebbero consumata l’indomani. Non guardarono neanche il film che continuò a essere proiettato sulle finestre, ma la neonata che gradatamente scivolava nel torpore.
Più tardi, quando stavano per seguire il suo esempio e dormire, Tony si accorse che mancava meno mezzo minuto al nuovo anno. Così agguantò la bottiglia e affidò i calici a Pepper. Diciassette…
« Sei pronta? » chiese, togliendo il sigillo.
L’infermiera gli aveva posto la stessa domanda a Natale. Dieci…
« Per cosa? »
Nove…
« Per noi… » rispose e non seppe capire perché il proprio cuore stesse accelerando.
Otto…
« Tu sei pronto? »
Sette…
« Sì » disse, annuendo vigorosamente.
Sei…
« Allora lo sono anch’io »
Cinque. Quattro. Tre. Due.
Forzò un po’ di più il tappo in sughero.
Uno.
E nello stesso istante in cui stappò lo spumante, le rubò un bacio sotto i fuochi d’artificio che esplosero nel cielo in cascate scintillanti multicolori.

Angolo Autrice: Eccomi qui! Lo so, ci ho impiegato molto e il risultato è solo questo *sob*. Il punto è che ho diverse idee e devo cercare di metterle insieme in modo decente, così nel frattempo pubblico questo capitolo per non farvi attendere troppo. Inoltre devo cominciare a prepararmi per il ritorno a scuola e questo mi sta portando via un po' di tempo e mio malgrado, anche energie e ispirazione. Ma tranquilli, continuerò questa raccolta e quando saremo in dirittura di arrivo ve lo farò sapere ;)
Intanto spero che la ff sia di vostro gradimento per ora e vi ringrazio per essere giunti fin qui, in particolare _Atlas_, DjalyKiss94, leila91 e missgenius (prometto di rimettermi in pari e di rispondere alle vostre recensioni <3)!! GRAZIE INDISTINTAMENTE A TUTTI :*
Al prossimo capitolo,
50shadesOfLOTS_Always

 

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Capitolo 7
*** Capitolo XVI ***


Personal Witness

Una e-tron di un acceso rosso corallo, targata Stark 16, posteggiò appena davanti all’ingresso dell’enorme e scintillante complesso, poco lontano dalla città di Los Angeles su un’altura da cui era possibile vedere le iconiche colline hollywoodiane. Era stato ultimato da almeno un mese, ma c’erano ancora alcuni lavoretti da fare. Gli alloggi erano stati già occupati, anche se Wanda e Visione sarebbero presto tornati a New York. Anche Clint sarebbe tornato da Lauren e i suoi figli, lasciando più spazio a Natasha e Wilson che avrebbero invece continuato le ricerche del fuggitivo. Fury sarebbe andato in vacanza chissà dove e Tony, che in quel momento smontò dalla vettura, non vedeva l’ora. Se proprio doveva ritrovare Steve, non voleva che il Direttore gli alitasse sul collo. Doveva ancora sferrare un pugno… Quel mattino gli avevano lasciato un messaggio, chiedendo di raggiungere la nuova base. Seppur scocciato, si era alzato presto così da poter sbrigare alcune cose in azienda e tornare in fretta a casa, possibilmente prima di pranzo. Voleva godersi l’ultimo giorno da uomo libero. Chiuse la giacca, dopo essersi sfilato gli occhiali da sole, sorto solo da un paio d’ore, e averli appesi alla tasca sul petto con la sua solita non-chalance, che lo portò direttamente all’ingresso. Maria Hill lo stava aspettando con delle cartelle strette al petto e i capelli bruni raccolti in uno chignon, poi prese a salire le scale al suo fianco.
« Avevo detto di contattarmi solo per la fine del mondo » mormorò, seguendola fino al piano superiore. I loro passi riecheggiarono sulle pareti del corridoio, dove alcune porte erano sorvegliate da dei gorilla.
« Credevo che volesse essere informato, Capo » rispose la donna, sistemandosi accanto a Fury, dopo che le porte si aprirono con un soffio sull’Aula A. Attraverso un vetro, si potevano contare tecnici e agenti seduti davanti a computer di ultima generazione per monitorare algoritmi, tenere sotto controllo i cattivoni e evitare catastrofi globali. Tony si tolse gli occhiali da sole, fissando il gracile Dottor Banner seduto insieme a Barton, Romanoff, Visione e Wanda attorno al tavolo circolare. Il viso gioviale era più abbronzato di quanto ricordasse e sembrava anche più magro.
« Non ho ricevuto cartoline dalle Fiji » esordì con un sorrisetto sghembo.
« E’ un piacere rivederti, Tony » rispose Bruce, allungando una mano e stringendo calorosamente quella del miliardario.
« Lo è anche per me – disse lui per poi concedersi anche ad un breve abbraccio - Credevo che avessi abbandonato l’uniforme »
« Qualcuno ha deciso che mi mancavano le sedute spiritiche » scherzò prima che l’umore di Tony calasse come al proprio risveglio. Sollevò le braccia come se li dovesse invitare ad una festa.
« Allora? Chi viene a testimoniare? – si volse verso la russa - Anastasia? »
Bruce, vedendo tanto astio e l’atteggiamento fin troppo calmo dei presenti, si guardò intorno. Fece guizzare gli occhi su tutti fino ad incontrare quelli nocciola di Tony, ancora accanto a lui, che arcuò le sopracciglia.
« Non hai ricevuto l’invito alla mia esecuzione? – puntò lo sguardo su Fury - Di solito sei così preciso » disse in un sarcastico rimprovero, che però suonò più come un’imputazione.
« Stark » mormorò Visione in tono conciliante.
« Oh no, avete ragione. Perché prendersi ognuno le proprie responsabilità, quando c’è già un diversivo? » sibilò, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
« Ti ci sei infilato tu in questa situazione – Tony pensò di aver sbagliato mezzo, doveva arrivare con l’armatura - Lo stiamo cercando per questo » aggiunse Occhio di Falco, seguendo l’onda dell’androide mentre lui cominciava a passeggiare. Ovviamente c’erano solo due opzioni su come stavano realmente le cose, quindi Barton fingeva di non saperlo. Così come Natasha e Visione. Decise di tenersi tutto per sé, tanto a cosa sarebbe servito? In fondo nessuno lo ha mai voluto in quel gruppo, non era neanche idoneo al reclutamento.
« Quindi se lo aveste trovato in tempo, lo avreste consegnato alla giustizia? – nessuno rispose, non che volesse cedere loro un tale onore - Ah, no giusto. Lui è Capitan America »
« Siamo già passati per questo punto »
« E guarda che progressi – si sporse sul tavolo, fissando Wanda negli occhi - Di un po’, Cappuccetto Rosso come sei arrivata qui? ».
La strega non aveva espresso la propria opinione su quell’argomento, neanche le volte precedenti perché comprendeva la sua rabbia. Non se la sentiva di esprimere un giudizio, nonostante tutto era colui che aveva impedito che fosse sbattuta il qualche cella, magari orbitante intorno al pianeta.
« Io non sarò un uomo virtuoso, ma non ho mai voltato le spalle agli amici. Ho sempre fatto il possibile per aiutare. Ho commesso degli errori nel farlo e ora che cerco di rimediare, vengo ripagato con un pugnale dritto nella schiena »
« Se ci esponiamo, finiremo lo stesso in cella » continuò Barton, ma con voce meno sprezzante. Ironia a parte, condivideva il suo stato d’animo. Erano entrambi padri e mariti.
« Però riuscireste a vivere con la coscienza sporca – ringhiò Tony, drizzandosi col busto e fissandoli come se fossero la peggior feccia nel degrado - ‘Sai, Maria, tuo padre era veramente un genio ma riponeva fiducia in persone senza palle’. Questo è quello che dirà mia moglie a mia figlia. Sempre se riuscirò ad ottenere delle visite… ».
Dovette fermarsi perché l’immagine di Pepper seduta dietro ad un vetro con Maria sempre più cresciuta ad ogni visita e parlargli da una cornetta per soli cinque minuti al mese, gli diede il voltastomaco.
L’Agente abbassò gli occhi sulle proprie mani, improvvisamente si sentì colpevole. Più di quanto non fosse in realtà. Wanda e Visione si lanciarono un’occhiata di sottecchi.
« Te l’hanno detto perché sei stato portato qui? » chiese, tornando guardare Bruce che preso ancora alla sprovvista dalle sue parole, balbettò.
« Ehm… ».
‘Bene. Almeno non sono l’unico…’, pensò aspro.
« Non disturbatevi a ringraziarmi per questo nuovo complesso… – fissò l’Agente Hill - Ci vediamo in azienda » dichiarò glaciale.
Senza neanche salutare, uscì dalla stanza a passo svelto. Se fosse rimasto, nessuno sarebbe sopravvissuto. Mentre scendeva le scale quasi correndo, udì dei passi altrettanto veloci farsi sempre più vicini. Bruce si mise davanti a lui per fermarlo, stringendogli una spalla.
« Tony! Tony, aspetta… - riprese fiato - Se avessi saputo… »
« Non intendevo offenderti » rispose Tony, bloccando le scuse indebite che sarebbero traboccate.
Accennò un sorriso per fargli capire che non era assolutamente in collera con lui e gli occhi di Bruce caddero sulla mano sinistra con cui gli stava stringendo amichevolmente il polso.
« Prima hai detto… »
« Dieci giorni fa »
« A Natale » mormorò e Tony annuì. I tratti del suo volto si rilassarono, lo sguardo si perse in quei momenti.
« Neanche tre chili e un paio di diamanti al posto degli occhi, come quelli di Pepper – Bruce sgranò leggermente lo sguardo - Nemmeno io ci speravo dopo Ultron… Mi ha perdonato di nuovo e mi ha detto ‘sì’, otto ore prima di regalarmi nostra figlia »
« Avrei voluto esserci » rispose il Dottore con un cipiglio contrito.
Erano stati amici fin dal primo minuto, forse per la loro genialità. Forse per i loro orribili privilegi.

**

Tony sbattè più volte le palpebre mentre cercava di dare un senso a ciò che aveva scorto del proprio subconscio. Era decisamente il sogno più ridicolo che avesse mai fatto nell’arco della sua intera vita. Tuttavia era stato terrificante tanto quanto quelli che aveva avuto dopo New York. L’unica differenza però era che, stavolta, non erano stati degli abnormi mostri intergalattici a fargli venire i sudori freddi. Non sapeva se considerare ciò, in peggio o in meglio.
Immerse la faccia tra le palme prima che un vagito lo ridestasse completamente dal torpore e dai rimasugli del panico. Si volse verso la sveglia e vide che erano le quattro del mattino. Scostò le lenzuola e senza svegliare la moglie, si accostò alla culla da cui Maria aveva cominciato a protestare. Allungò una mano verso di lei e le carezzò la pancia.
« Ehy, che succede? » sussurrò, ma per tutta risposta quella cominciò a piangere.
Si protese e la sollevò per poi tenerla fra le braccia come la prima volta, così da poterla guardare direttamente in faccia. Non poteva avere fame né aver bisogno di un cambio visto che Pepper l’aveva allattata e pulita appena un’ora prima.
« Tu e tua madre avete la brutta abitudine di sgridarmi se non capisco le cose al volo. Dammi un indizio – aggrottò la fronte, vedendo quegli occhioni azzurri pieni di lacrime - Okay, vediamo se… » mormorò, spostandola abilmente fino ad appoggiarla contro il petto. Maria posò la testa sulla sua spalla e smise di lamentarsi, cullata dal padre che la fissò con la coda dell’occhio quando emise una serie di mugolii come se qualcosa ancora la infastidisse.
« Va meglio adesso? – con una mano a sostenerle la nuca, la piccola si ritrasse e volse abbastanza da poter incrociare il suo sguardo - Uhm? » chiese, arcuando un sopracciglio. Avvicinò il volto a quello di Maria, che con le piccole dita gli esplorò il volto, ridendo a singhiozzi quando incontrò il pizzetto ispido.
Tony gonfiò le guance, facendo di nuovo ridere Maria e qualunque fosse la causa di quell’insonnia sembrava essere ormai scomparsa con le risate della bambina. Gli piaceva da morire suscitare quell’incantevole suono e vedere i suoi occhioni brillare come pezzi di volta celeste. Camminò su e giù per la stanza, aspettando che il suo incedere vago e distratto le conciliasse il sonno. Maria si mosse fra le sue braccia alla ricerca di calore, sprofondò col visetto contro il suo collo e abbassò le palpebre. Lui continuò a camminare per diversi minuti, anche dopo che la piccola si addormentò. Tenerla in braccio aveva il potere di ripulire i meandri più polverosi della sua psiche. Poteva avvertire il suo piccolo cuoricino battere a tempo col proprio. La studiò, accoccolata contro il proprio petto, meravigliandosi della simbiosi che avevano raggiunto. Non si sarebbe mai aspettato di legarsi alla bambina in modo così diretto e viscerale. Le posò un lieve bacio sulla testolina quando udì un verso strano. Si accigliò e comprese che Maria stava russando e, in modo così buffo, infantilmente dolce, che gli venne da sorridere.
« Ha preso da te » sussurrò sua moglie a pochi metri, distesa su un fianco e con la testa sul cuscino.
Tony potè distinguere nitidamente i suoi occhi cerulei nel buio, puntati su di sé come un faro che lo conduceva a casa, ogni volta che si perdeva in quel mare, sempre un po’ tempestoso, che erano i suoi pensieri. Adagiò la neonata nella culla, le sistemò la copertina e tornò a letto.
« Non volevo svegliarti »
« Ero già sveglia » rispose e Tony non seppe come interpretare il suo tono di voce.
Pepper però lo battè sul tempo, confermando una delle sue teorie più accattivanti: era impossibile farla fessa.
« Stai bene? » chiese, pur avendo riconosciuto il sapore di quell’inquietudine notturna che lo portava  muoversi e tirare le lenzuola tutte dal suo lato.
Qualcosa era tornato a turbarlo, era evidente. Sapeva che era continuamente assalito da demoni, passati e presenti, ma era lo stesso uomo che amava. Paradossalmente era uno dei motivi per cui gli aveva detto ‘sì’. Lui inspirò, poggiando la nuca contro la testata del letto.
« E’ da ieri che non ti lasci trasportare dal tuo venefico bisogno di celebrarti » aggiunse con un sorrisino e Tony si girò a guardarla per ricambiare. Allungò una mano, scostandole la frangia dagli occhi in un gesto che aveva ripetuto un sacco di volte, ma che non si stancava mai di ripetere.
« Verrò con te » dichiarò lei solennemente, afferrandogli il polso.
« No »
« Tony… - si tirò su, puntellandosi con un gomito sul guanciale - Non ti darò l’opportunità di liberarti di noi »
« Ci sarà la stampa » le ricordò, aggrottando la fronte.
Non gli piaceva minimamente quell’idea, ma era consapevole anche che quando Pepper si metteva in testa qualcosa alla fine riusciva a farla.
« Metterò un bel vestito »
« Saremo in diretta »
« Mi ricorderò di sorridere » posò una mano sul suo petto.
Tony afferrò quella mano, simile a quella di una bambina fra le proprie, e tirò Pepper verso di sé.
« Ho sbagliato avvocato » bisbigliò, strofinando la punta del naso contro la sua.

*

Pepper gli fece passare la cravatta rossa dietro la nuca, sistemò il colletto della camicia, per poi annodare la stoffa in un rigorosissimo nodo Windsor. Tony accennò un sorrisetto nel vedere la sua fronte corrugata per la concentrazione mentre lisciava la cravatta e, si girava per prendere il correttore e farlo bello prima di entrare in aula. Non fece nulla per impedirglielo, anche perché era già riuscita ad accompagnarlo al processo. Pur sapendo che Maria, sazia e pulita, avrebbe sonnecchiato a casa in compagnia dei suoceri, avrebbe preferito non coinvolgere la sua metà.
« Posso ancora convincerti a tornare a casa con Happy? »
« Ci puoi provare » rispose lei, scrutandolo attentamente alla ricerca di qualche invisibile dettaglio prima di riporre tutto nella borsa. Si passò le mani sui fianchi per aggiustare il sobrio abito antracite che le fasciava le forme, abbinato ad un paio di decolleté non troppo alte dello stesso colore. Il coprispalle con le maniche a tre quarti riprendeva il colore della sua cravatta e Tony sospettò che non fosse un caso.
« Non ti piace? » gli chiese titubante, quando vide lo sguardo del marito vagare su di sé.
« Al contrario – mormorò, stringendo le mani sulla sua vita - Sembra che tu abbia deciso di farti arrestare per corruzione della giuria ».
Pepper sorrise, allacciandogli le braccia dietro il collo. Abbassò il capo, ma Tony le pose due dita sotto il mento per sporgersi e rubarle un bacio. Non riuscì a sostenere l’intensità dei suoi occhi e sospirando, posò la fronte contro la sua. Non avrebbe mai ammesso la propria paura di finire all’ergastolo, ma non potè neanche fare a meno di lasciarsi andare a simili effusioni.
Si lasciò assuefare dal profumo della propria donna, cullare dalle sue carezze fresche fra i capelli.
Un uomo bussò per poi socchiudere la porta, senza entrare.
« Trenta secondi » annunciò con freddezza per poi lasciarli nuovamente soli.
Pepper si staccò appena per osservarlo, si vedeva lontano un miglio che era ansioso nonostante si fosse preparato per un’eventuale interrogatorio insieme all’avvocato. Per la prima volta forse, si stava rendendo conto quanto fosse importante il gobbo.
« Sono bello? » le chiese lui, ammiccando.
« Come un letto sfatto » rispose pur credendo che quello fosse un segno di cedimento.
Tony le regalò un sorriso, in parte contento che avesse insistito per essere lì. Aveva bisogno della loro quotidianità di coppia. Quando le porte si aprirono dall’esterno, attraversarono il corridoio e come l’altra volta, indossò la sua tipica espressione da geniale plurimiliardario, sicuro di sé. Accompagnò l’ovazione da stadio, che si levò dal gremito pubblico, con un sorriso smagliante mentre una serie di flash li accecò. Ciò che aveva sicuramente attratto l’attenzione, era il fatto che lui e Pepper si stessero tenendo discretamente per mano. Raggiunsero le prime file dove sedevano giornalisti e varie personalità altolocate, tra cui nemici e alleati delle Industries.
Pepper aumentò la stretta, ottenendo così gli occhi di Tony fissi nei propri. Rimasero per un millisecondo così, poi lui le fece l’occhiolino e la lasciò accomodarsi. Superò il cancelletto per sedersi accanto a Jeff, al banco della difesa, con un’espressione di risoluta sicurezza che gli permise di rivolgere uno sguardo velenoso al segretario di Stato Ross, seduto poco lontano insieme al proprio legale. Un certo Garcia, arci nemico di Jeff dai tempi della facoltà. In pratica uno scontro tra leoni alpha. Davanti a loro invece, sulla predella, prese posto il giudice Emma Miller, scelta in sostituzione del Senatore Stern, viste le parole grosse che erano volate all’ultima udienza con lo stesso imputato. La donna dai capelli ingrigiti e dal volto indurito, afferrò il martelletto e battè un paio di colpi.
« Ordine, ordine! – una volta ottenuto il silenzio, aprì direttamente un voluminoso fascicolo e cominciando a leggere con voce monotona - Procediamo con l’elenco dei capi di accusa: il qui presente imputato Anthony Edward Stark è accusato di insubordinazione a un mandato di cattura e arresto per due criminali di guerra, nonché ostacolo alla giustizia; favoreggiamento e potenziale coinvolgimento nella fuga dei suddetti, ovvero il Capitano Steve Rogers e il Soldato d’Inverno James Buchanan Barnes ».
Tony ebbe il buonsenso di non proporre il suo repertorio ironico, forse intimato dalla presenza di Pepper alle sue spalle e dalla sfida che Jeff compì, alzandosi in piedi.
« Vostro Onore, la giuria potrebbe non essere adeguatamente informata circa la Guerra Civile. Gradirei far luce su questo antefatto, attraverso le prove raccolte »
« Faccia pure, Avvocato Thompson »
« A tal proposito, vorrei chiamare al banco dei testimoni il Colonnello James Rhodes » esordì ad alta voce.
Rhodey, in abiti civili, entrò in aula di gran carriera. Si fermò da Pepper, quanto bastava per stringerle affettuosamente una spalla. Superò il cancelletto e rivolse a Tony un saluto, che sembrava più una rassicurazione.
« Giura di dire la verità, nient’altro che la verità? » mormorò una delle guardie giurate.
« Lo giuro » rispose Rhodey, con una mano sul cuore prima di accomodarsi dietro la predella.
Jeff si alzò in piedi, abbottonandosi fluidamente la giacca con una mano mentre con l’altra afferrava la cartellina, e una copia di essa da far passare tra i componenti della giuria, contenenti rapporti e referti del caso.
« Colonnello, lei ha firmato insieme al Signor Stark, i Patti di Sokovia proposti dal qui presente segretario di stato Ross » iniziò mentre sia il giudice che la corte presero a sfogliare i documenti.
« Esatto »
« Immagino ne avrete discusso col resto degli Avengers. Può dirci cosa è successo al momento del confronto? »
« Tony ha esposto il fatto, introducendo valide argomentazioni. Come ad esempio, la protezione della squadra stessa »
« Obiezione: non siamo qui per esaltare la filantropia dell’imputato, Vostro Onore » intervenne Garcia, costringendo Tony a mordersi la lingua.
« Mi permetto di evidenziare che il Colonnello si sta limitando a riassumere »
« Respinta »
« E il Capitano? » continuò Jeff, dopo aver rivolto al nemico uno sguardo sprezzante.
« Non era d’accordo. Sosteneva che la firma sarebbe equivalsa a indossare un paio di manette »
« Secondo il suo rapporto, è stato lei stesso ad arrestare il Capitano e il Soldato prima che scappassero verso l’aeroporto, dove uno scontro l’ha fisicamente coinvolto. Può descrivere la situazione? »
« Appena arrivati, Tony ha cercato di far cambiare idea al Capitano. Gli ha detto che se non si fossero costituiti, qualcuno li avrebbe costretti al posto nostro – per un ristretto frangente, Tony e Rhodey si fissarono - Steve ha difeso Barnes, dicendo che non era responsabile degli attentati »
« Era vero? »
« Sì. Il colpevole in realtà era Helmut Zemo, ma lo abbiamo scoperto solo più tardi »
« Grazie. Non ho altre domande » terminò Jeff, tornando a sedersi accanto a Tony.
Gli occhi azzurri di Pepper slittarono su Garcia che sollevò l’indice, chiedendo il permesso per il controinterrogatorio.
« Solo una domanda, Vostro Onore – puntò gli occhi sul testimone, restando al proprio posto - Colonnello, non ho potuto fare a meno di notare le sue protesi che immagino siano state prodotte dal Signor Stark. Può dirci come è successo? »
« Un incidente. Sono stato colpito per errore mentre io e Tony cercavamo di fermare il jet su cui erano saliti Rogers e Barnes. E ho perso il controllo dell’armatura ».
Annuì, gettando un’occhiata viscida verso Jeff e Pepper intuì dove volesse andare a parare.
« Armatura prodotta sempre dal Signor Stark, che aveva promesso di proteggere… »
« Obiezione, Vostro Onore: questo è un chiaro riferimento ad una precedente causa archiviata » enunciò con voce volutamente annoiata.
« Accolta. Avvocato Garcia, aveva detto una sola domanda – rispose l’Onorevole, mettendo di lato uno dei fogli che aveva appena esaminato - Grazie, Colonnello. Può tornare nel pubblico ».
« Potrei fare qualche domanda all’imputato, Vostro Onore? » aggiunse Garcia, ancora arrogante.
« Certamente » concesse il giudice e Tony, seppur visibilmente restio, si alzò dal proprio posto e con le spalle dritte, si accomodò al banco deli testimoni dopo aver giurato. Come se avesse la possibilità di mentire. Inoltre la sua coscienza era linda e splendente.
« Intanto, signori della giuria, questo è uno dei filmati della prigione subacquea, amministrata direttamente dal segretario di stato Ross. – disse l’avvocato, allungando un braccio verso gli schermi - Si può notare chiaramente come l’audio si interrompa non appena il Signor Stark si avvicina per parlare col Signor Sam Wilson, complice del Capitano durante la guerra civile »
« Obiezione, Vostro Onore: il mio cliente non è un trasmettitore di onde radio. L’interruzione non è necessariamente dovuta ad un reale intervento del Signor Stark bensì alle differenze di pressione dovute alla posizione stessa del penitenziario. - obbiettò prontamente Jeff, cogliendo la palla al balzo - Come riportato nelle carte ». Il giudice valutò quel riflesso, poi strinse le palpebre su Garcia.
« Accolta ».
Tony rilassò una mano, che aveva stretto a pungo fino a renderla esangue.
« Perché si trovava lì? »
« Avevo ricevuto un messaggio prioritario dalla polizia di Berlino, in cui si confutava il coinvolgimento di Barnes negli attentati – prese un respiro - Mi informava che la taskforce tedesca aveva richiesto una valutazione psicologica al momento del primo arresto. L’Onu aveva inviato il Dottor Broussard che però… »
« Sì, questo lo sapevamo. E’ scritto anche nei rapporti ufficiali. Lei stesso ha inoltrato questo messaggio al segretario Ross – accennò un sorriso sardonico - Io però le ho chiesto perché si trovasse in quella prigione ».
Tony vide Jeff annuire e quasi trattenendo il fiato, rispose.
« Volevo sapere dove fosse diretto il Capitano »
« E’ stato Wilson a dirglielo »
« Sì. Mi disse che aveva seguito Zemo in Siberia »
« E una volta ottenuta l’ubicazione, l’ha riferita al segretario? » chiese con un sogghigno.
« No » ammise, ricordando la faccenda delle lucette lampeggianti.
« Quindi ammette di aver mentito quando Ross le ha chiesto se Wilson le avesse detto qualcosa »
« Sì, ma quando sono arrivato alla prigione e ho chiesto di cominciare le ricerche, non mi ha neanche ascoltato! ».
Nell’aula piombò il silenzio. Il giudice, le braccia sul proprio banco, si volse verso il segretario.
« E’ vero, Signor Ross? »
« Sì » confessò infine l’uomo, stupendo addirittura il proprio avvocato.
« Terrò conto di questa dichiarazione nel verbale… - rispose, arcuando un sopracciglio - Continui pure, Avvocato Garcia »
« Senza il consenso delle autorità, ha seguito i fugg… »
« Volevo aiutarli a catturare Zemo e consegnarlo alle autorità, com’è effettivamente accaduto » disse Tony, ancora prima che Garcia potesse costruire chissà quale castello di congetture.
« Sì, Zemo è stato arrestato e incarcerato. Ma non grazie a lei… »
« Obiezione, Vostro Onore: arrestare il responsabile degli attentati non era compito del mio cliente »
« Esatto. Il compito che era stato affidato al Signor Stark, secondo i rapporti, era quello infatti di consegnare il Capitano e il Soldato entro trentasei ore » rispose a Jeff, senza sapere che…
« A tal proposito, nella cartella vi è la deposizione del re wakandiano T’Challa in cui viene specificato che a permettere la fuga dei due uomini non è stato il Signor Stark » aggiunse ad alta voce e, sia il giudice che la giuria cercarono il documento citato.
« Accolta »
« Va bene… - passeggiò davanti a Tony, teso come in attesa del prossimo morso di quello che ai suoi occhi a volte un po’ troppo visionari, appariva ogni minuto di più come una vipera - Stando alle sue cartelle cliniche, ha riportato numerose contusioni e fratture dovute ad uno scontro all’ultimo sangue coi suddetti fuggitivi. Conferma? »
« Sì »
« Era ferito, quindi non poteva intervenire direttamente. Perché non ha contattato il segretario? » chiese, a braccia conserte.
« Non potevo. Il mio sistema di comunicazione era interrotto »
« E allora com’è tornato a casa? » insistè, fingendosi ancora più perplesso e confuso.
« L’armatura che indossavo ha inviato un SOS al Colonnello Rhodes tramite il GPS ».
Pepper torturò il bordo del vestito, mano a mano che le domande di Garcia si facevano sempre più incalzanti.
« Non capisco. Se non poteva farne uso, com’è riuscito a… »
« Forse è stato un colpo di fortuna, volete condannarmi per questo? » scoppiò Tony, stringendo i pugni. Quelle domande stavano facendo emergere il suo caratteraccio. E buona dose del suo peggior sarcasmo.
Un conto era dubitare delle sue mere intenzioni in Siberia, un conto era mettere in dubbio la propria tecnologia. Una parte di sé.
« Signor Stark, la richiamo all’ordine – s’interpose il giudice, lanciando uno sguardo di ammonimento su entrambi gli uomini - Avvocato Garcia? »
« Ha detto di essere stato ferito, non poteva chiamare nessuno. – si portò un indice sul mento, assumendo un’aria pensierosa - Ha provato a instaurare un dialogo e quindi convincere i soggetti a costituirsi? »
« No » sospirò Tony, abbandonandosi contro lo schienale della sedia.
« Ho finito »
« Posso controinterrogare? – chiese Jeff e al consenso dell’Onorevole, si alzò in piedi per raggiungerlo - Signor Stark, perché ha tenuto nascosto lo spostamento dei fuggitivi? »
« Speravo di risolvere la situazione da amici »
« E cosa è successo? »
« Siamo entrati in un vecchio laboratorio dell’Hydra, in cui Zemo si era barricato e aveva ucciso altri Soldati d’Inverno ibernati » rispose e i suoi occhi si incatenarono a quelli azzurri di Pepper, che sorrise con un’eleganza così velata che nessuno potè accorgersene.
« Continui »
« Ha acceso uno schermo, collegato ad un videoregistratore per vhs ».
Jeff tornò indietro al proprio tavolo, aprì la propria valigetta ed estrasse un altro plico di documenti in triplice copia. Una la lasciò sul banco dell’accusa.
« Col suo permesso e quello di Vostro Onore, vorrei mostrare alla giuria alcune fermo immagini del filmato di cui lei conserva una copia. Posso? – Pepper sbiancò mentre Tony annuiva senza distogliere lo sguardo dal suo - Per rispetto del mio cliente, non ho voluto riprodurre il filmato in quest’aula »
« Obiezione, Vostro Onore: questo teatrino sta diventando ridicolmente lungo » mormorò Garcia, aprendo la cartella giallognola.
« E’ una prova che spiega gli avvenimenti in Siberia » rispose Jeff di getto mentre Pepper cominciava a capire perché il marito non fosse riuscito a dormire nelle ultime notti: se Fury non aveva intenzione di difenderlo in prima linea per proteggere gli altri Avengers e conservare la squadra, Tony non aveva speranze. L’interruzione dell’audio in prigione, la deposizione del re servivano da appoggio alla prova che avrebbe fatto da scudo a Tony; cioè il filmato dell’incidente.
Il giudice guardò i membri della corte che come lei avevano appena analizzato il contenuto.
« Respinta ».
« Signor Stark, può dire a tutti che cos’è quel filmato? ».
Pepper sentì appena Happy appoggiarle una mano sul braccio, accertandosi che stesse bene. I suoi occhi erano inchiodati a quelli di Tony, che dal modo in cui la vide sospirare capì che era arrivata anche lei alla conclusione: la partita si puntava tutta sulla compassione così da piegare la giuria.
« Scusa, mamma » sussurrò a voce così bassa che nessuno potè sentirlo…
« Signor Stark? » lo incitò il giudice.
…tranne Pepper, che per la prima volta nella sua carriera, fece quello che una co-amministratrice diligente non dovrebbe fare.
« Vostro Onore! – disse ad alta voce, attirando immediatamente su di sé gli occhi sia dei presenti che dei telespettatori - Perdonatemi, sarebbe possibile una pausa? »
« Lei è? » chiese mentre Jeff fissava Tony, che però fece spallucce.
Agì d’impulso per la seconda volta in dodici secondi, tanto che perfino il marito cominciò a preoccuparsi.
« Virginia Stark, co-amministratrice delle Stark Enterprises – rispose, assumendo una postura più elevata - Le chiedo solo qualche minuto per conferire con mio marito ».
Happy fissò Tony, che fece di nuovo spallucce. Ma stavolta non riuscì a trattenere un ghigno nel sentire un ‘ooh’ generare una sorta di onda.
« Posso sapere perché? »
« Q-questioni coniugali » balbettò, restando comunque dritta come un paletto di legno.
« Ma che sia una pausa breve » concesse l’Onorevole.
« Sì, Vostro Onore » assicurò Tony alzandosi e lottando contro l’insana idea di permettersi qualche sguardo languido per far intendere solo un certo tipo di questioni coniugali. Ma non potè resistere e soli nella precedente saletta privata…
« Anche tu mi manchi in quel senso, ma non credo che »
« Tony »
« …sia il posto giusto » concluse, chiudendo la porta e sorridendo come un cretino.
« Ma di che stai parlando? – lui arcuò un sopracciglio e Pepper spalancò la bocca sconvolta - TONY ».
Sapeva che la depravazione del marito superava di gran lunga il limite imposto dalla sanità, ma certo non immaginava che, ad un processo, fosse in grado di pensare a… quella cosa.
« Che c’è? Ognuno ha le proprie fantasie » rispose lui con una scrollata di spalle.
« Tony, io non voglio fare… - si avvicinò, abbassando la voce - sesso con te. Siamo in un tribunale »
« Ti assicuro che lì dentro stanno pensando il contrario – sospirò quando in risposta ricevette un’occhiataccia - Okay, senti… Di solito sono io quello che fa comunicazioni sconcertanti in diretta mondiale » mormorò divertito mentre la faccia della moglie diventava dello stesso colore dei suoi capelli.
Era certo, a casa lo avrebbe ammazzato.
« Sei sicuro di quello che stai facendo? » chiese più seria.
« Sì »
« Non mentire, Signor Stark – gli puntò un dito proprio davanti al naso - Avevi detto di essere in una botte di oro e titanio »
« Ed è così »
« Possiamo trovare »
« …un altro modo? » concluse Tony, inclinando la testa di lato con fare sfiduciato.
« Steve ha scritto che in caso… »
« E dov’è? Tu lo sai? – si grattò la nuca - Sarà anche un attempato, ma è furbo »
« Che intendi? »
« Bruce è qui » disse infine, infilando le man nelle tasche.
« A Los Angeles? » domandò Pepper un po’ stupita.
« Fury lo ha trovato e portato alla nuova base. Credi che se potesse non sarebbe in grado di stanare anche Rogers? ».
Pepper si lasciò sfuggire un altro sospiro avvilito, salutando per sempre il proprio ottimismo e fissando le punte dei propri piedi. Se erano riusciti a trovare Bruce significava che Steve conosceva ciò che Tony e gli altri cercavano di fare: conosceva le lor mosse e agiva di conseguenza, con accuratezza per evitarli.
Sollevò lo sguardo vero quello del marito e gli sistemò la giacca sulle spalle.
« Io voglio solo che tu non faccia qualcosa di avventato solo per… vendicarti » sussurrò e Tony le afferrò entrambi i polsi.
« Non lo faccio per vendetta – accostò il viso al suo - Tesoro, non posso perdonarlo »
« Lo so » rispose, premendo le labbra. In un certo senso lo aveva appena ferito: stava quasi giustificando Steve e Fury.
« E non voglio, soprattutto se questo significherebbe perdere te e Maria »
« Però… »
« Pepper, finirò in prigione se non faccio commuovere qualcuno in aula » disse, stringendo la presa sui suoi polsi mentre lo stesso damerino di prima si affacciò.
« Signor Stark, il giudice sta diventando… »
« Solo un minuto » rispose senza però spostare gli occhi da quelli di Pepper.
« Davvero non c’è qualcos’altro che possa… »
« No »
« Ma… »
« Peps » la ammonì.
Continuare quel discorso non aveva alcun senso. Se proprio dovevano, ne avrebbero riparlato a casa. Sempre se fosse riuscito a tornarci e a quel pensiero, Tony rabbrividì. Fece passare una mano dietro la nuca della moglie e le lasciò un bacio sulla fronte. Intrecciarono le loro dita e tornarono in aula.
« Tutto a posto, Signori? » chiese il giudice, guardandoli alternativamente.
« Sì » assicurarono i due in coro. Tony le schioccò un bacio sulla guancia di Pepper, facendola sedere prima di tornare al banco dei testimoni fra il brusio dei pettegoli e altri flash.
« Bene. Signor Stark, Avvocati riprendiamo da dov’eravamo rimasti… »
« Dunque… Una volta nel laboratorio siberiano, Helmut Zemo ha riprodotto questo filmato. Potrebbe dire alla giuria di che cosa si tratta? » riformulò Jeff, appoggiandosi con un fianco al banco della difesa.
« E’ il rapporto di una missione datata 16 Dicembre 1991: l’assassinio dei miei genitori » dichiarò Tony monocorde. Lo stupore dell’intera giuria implose in un boato ovattato, sfumandosi ad un chiacchiericcio indistinto insieme ai flash. Tutto terminò in pochi secondi…  
« E’ evidente che l’assassino in motocicletta è Barnes. Lei sapeva niente prima di arrivare in Siberia? » chiese l’avvocato all’imputato prima di cominciare a camminare avanti e indietro di fronte alla corte.
« No ».
Jeff giunse le mani dietro la schiena mentre Pepper lo seguiva con lo sguardo.
« Immaginate di scoprire dopo quasi un ventennio la verità di un simile orrore e ritrovarsi faccia a faccia con il responsabile. – si girò di scatto verso Tony - Era arrabbiato, Signor Stark? »
« Sì »
« Obiezione, Vostro Onore: le condizioni emotive dell’imputato non sono rilevanti » intervenne Garcia, sbilanciandosi oltre la scrivania.
« In un simile stato, il raziocinio viene soppresso dall’emotività. Non dovrebbe sorprenderci, se il suo primo impulso sia stato quello di attaccarli anziché chiamare il segretario! Che tra l’altro, ha ignorato spudoratamente un messaggio prioritario dalla taskforce » ribatté Jeff con più veemenza, ma senza alzare la voce neanche di un’ottava. Era così infervorato che sentiva il sangue nei timpani.
« Respinta. Avvocato Thompson, le consiglio di arrivare al punto però » mormorò la Miller.
« Come ha reagito il Capitano al momento della visione delle immagini? »
« Lui lo sapeva ».
Jeff scosse il capo, atteggiamento teatrale volto a sostenere l’arringa finale.
« Il Capitano era quindi a conoscenza dell’identità di un’omicida mai arrestato. Il Capitano, la stessa persona in cui il mio cliente aveva posto fiducia, gli ha mentito fin dall’inizio – si fermò proprio davanti a Ross e Garcia - Potrebbe descrivere cosa è successo dopo che ha visto questo filmato? »
« E’ stato tutto molto… Veloce – scosse il capo come se farlo potesse ravvivare il momento - Ricordo di aver colpito Rogers, che ha danneggiato prima i propulsori, poi il sistema di mira… - Pepper si ritrovò a passare insistentemente l’unghia del pollice contro la calza trasparente - Sono stato bloccato da Barnes che ha cercato di accartocciare il casco che avevo addosso. Ho reagito e… con un fascio di energia, gli ho tagliato il braccio metallico »
« A quel punto che è successo? »
« Io e Rogers abbiamo lottato finché non mi sono distratto, così ha potuto sollevarmi e gettarmi a terra con violenza. Mi ha preso a pugni anche dopo aver perso il casco »
« Ha risposto alle percosse? »
« A quel punto, no… Non avevo le forze » rispose Tony, tirando su col naso come suo solito quando si trovava ad affrontare un argomento spinoso.
« Com’è finita? »
« Ha preso lo scudo e me lo ha piantato nella corazza, poi se n’è andato con Barnes »
« Quindi erano vivi l’ultima volta che li ha visti? »
« Sì »
« E non li ha seguiti »
« Ero troppo stanco e disarmato. Lo scudo aveva creato danni all’alimentatore dell’armatura »
« Quindi è per questo che non era sicuro di poter contattare le autorità »
« Sì. Il micro reattore funzionava a intermittenza – cercò Rhodey, che era rimasto in piedi in un angolo dell’aula alla sua destra - Solo quando ho visto il Colonnello ho capito che il mio software era riuscito ad inviare le coordinate ».
« Se permette, Vostro Onore, sappiamo tutti perché siamo qui: il Signor Ross aveva concesso trentasei ore a Stark e quando ha fallito... »
« Le trentasei ore si erano concluse, pertanto il compito del mio cliente era scaduto! » replicò Jeff, guardando il giudice.
« La condotta del Signor Stark è visibilmente ambigua »
« Obiezione, Vostro Onore! Questa è diffamazione » ribattè, fissando l’avversario.
« Sto solo riportando fatti già accaduti… » asserì Garcia prima che la Miller afferrasse il martelletto.
« Ordine! Avvocato Garcia, Avvocato Thompson! Non siamo in un cortile di scuola, sedetevi immediatamente – i due obbedirono ma Pepper continuò a pensare che potessero azzannarsi da un momento all’altro - Signor Stark, può tornare al suo posto. Intanto la giuria può assentarsi per deliberare ».

Angolo Autrice: Saaaaaaalve! Eccomi riemersa da questa dura fare depressiva pre-scuola ahahah
Lo so, sono in ritardissimo come al solito ma non riuscivo ad essere mai soddisfatta di questo capitolo (e lo sono tutt'ora, di alcune shots in cantiere, che spero di riuscire a pubblicare a breve), tanto che avrò cambiato idea almeno un centinaio di volte; finchè non è uscito questo ^^'
L'ho pubblicato dopo aver sollevato bandiera bianca, rinunciando per sempre alla possibilità della decenza anche perchè non volevo farvi aspettare ulteriormente :D Spero comunque che vi sia piaciuto e ne approfitto per ringraziarvi tutti quanti per esser giunti fin qui :*
Un grazie speciale ad _Atlas_, leila91, missgenius e Djalykiss94 <3
Un bacione e al prossimo capitolo,
50shadesOfLOTS_Always.

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Capitolo 8
*** Capitolo XVII ***


Overthinking

Why can’t they understand the way we feel,
They just don’t trust what they can’t explain.
I know we’re different but deep inside us,
We’re not that different at all.

 
Cinquantamila dollari. Tony pensò che non ci fosse pena più ridicola visto che si trattava della stessa cifra che la propria azienda incassava in poco meno di un’ora. Happy li aveva riportati a casa e dopo essersi dati il cambio con i suoceri, lui e Pepper con in braccio Maria si stavano godendo i granelli di sabbia fra le dita dei piedi. Lasciati tacchi e scarpe sull’uscio, erano usciti per fare una passeggiata lungo il lido privato letteralmente sotto casa. La brezza invernale era comunque tiepida e portava con sé la salsedine mentre l’acqua accarezzava loro le caviglie. Tony aveva il bordo dei pantaloni completamente zuppo, ma non se ne curava. Si fermò per un attimo a rimirare l’orizzonte, poi un panorama ben più emozionante. La coda di cavallo che Pepper si era fatta quel mattino era svanita e ora, le ciocche ramate frustavano l’aria, seguendo il moto ondoso ma tranquillo dell’oceano. Il sole pronto a nascondersi oltre il confine di esso gettava una particolare luce aranciata sul suo viso di alabastro. Osservò il sorgere di un sorriso sulle sue labbra fini, rivolto a Maria, che fissava incuriosita la massa limpida che generava una dolce risacca. Sentendosi sotto esame, le due si girarono quasi in sincronia nella sua direzione, cogliendolo inflagrante.
Tutto era cominciato da quando erano tornati alla Villa. Dopo le prime notti del nuovo anno trascorse nella più completa tranquillità domestica, Tony si era preso la libertà di rimanere a casa per ultimare urgenti modifiche alle protesi per Rhodey. Uscito dal laboratorio nel pomeriggio, aveva capito cosa c’era che non andasse in Pepper: sembrava passiva, alle volte perfino apatica, come se non fosse felice.
All’inizio aveva creduto che fosse solo preoccupata per la causa legale. Anche perché non avevano avuto alcun tipo di problema fino a quel momento nel loro ruolo di genitori e, Maria sembrava aver cominciato ad acquisire il loro stesso ritmo del dormi-veglia, disturbandoli raramente per fame o coccole. Di solito paterne.
A quel punto, aveva compreso che il nocciolo della questione andava ricercato nella maternità, giunta in modo piuttosto rocambolesco. Conosceva sua moglie, ma non le aveva mai visto quell’espressione sul viso. Ogni volta che la bambina allungava le braccia per farsi prendere, era come se fosse ghermita da degli artigli non dissimili dalla gelosia. Non era certo che si trattasse proprio di quel sentimento, ma ne restava ferita. Allora lasciava che fosse lui ad occuparsi di Maria, come se improvvisamente non si sentisse più accettata dalla sua stessa figlia. Stava per dirle qualcosa, prendere il toro per le corna. Non era decisamente una cosa da Tony Stark parlare a cuore aperto senza battutine o doppi sensi, ma se si erano sposati sotto giuramento doveva quantomeno provare a essere un uomo… Normale? Eppure non sapeva da che parte iniziare, non era decisamente il suo campo fare da consulente genitoriale. Se mai fosse esistito un lavoro del genere…
« Quando comincerà a parlare sarò in svantaggio » esordì con fare distratto.
« E perché? La sua prima parola sarà ‘papà’ » gli assicurò lei con voce desolata.
« Come fai a dirlo? »
« Non è evidente? »
« Peps… »
« No »
« No, ascoltami… - la interruppe lui - Oltre al fatto che sono estremamente convinto che la sua prima parola sarà ‘F.R.I.D.A.Y’, tu sei insostituibile. E’ appurato ».
Pepper si girò a guardarlo indecisa se dare ascolto a quella che sembrava la parte adulta del marito o ignorare quel suo tenero tentativo di rincuorarla.
Vedendo che le proprie tecniche stavano fallendo miseramente, Tony cominciò a valutare l’idea di chiamare il Dottor Jekyll. Con tutte le lauree che aveva, doveva essere preparato anche per neo mamme affette da sindromi post-parto.
« Senti, quando un ragazzo farà l’idiota con lei… »
« Che c’è? » domandò lei, vedendo la sua faccia schifata.
« Niente… Il solo pensiero mi fa venire una certa nausea – lei scosse il capo - Dicevo… Mentre io mi assicurerò di pestare quel co »
« Tony » lo riprese appena in tempo.
« -glitore, tu le preparerai una cioccolata calda e vi consolerete a vicenda per essere innamorate entrambe di un »
« …coglitore – lui annuì - Lo pensi davvero? »
« Ti sembra che stia scherzando? » chiese con un cipiglio di stizza e lei rispose con una scrollata di spalle.
« Non lo so. Alle volte mi è difficile capire quando scherzi o quando dici sul serio »
« Io scherzo sul serio perciò non c’è problema »
« Tony! » lo rimbrottò, lasciandosi andare ad una risata.

**

Da quella sera, altre quattro notti trascorsero nella serenità. Prima che Tony fosse costretto ad ammettere che neanche il suo charme poteva niente contro le coliche che la piccola aveva avuto il dispiacere di contrarre e, che divennero ancora più preoccupanti nel giro di una settimana. Tony aveva fissato l’appuntamento con un pediatra ma, seppur rassicurati dal fatto che non si trattasse di nulla di grave, passarono intere notti in bianco. Quella notte, più calda delle altre in quel piovoso inverno californiano, fu il turno di Tony ad avere le “coliche”. Pepper lo aveva sentito rigirarsi fra le lenzuola, ma dopo quasi un’ora in cui poteva dire di aver dormito beatamente, si svegliò quando girandosi, non percepì il suo respiro. O quantomeno le grosse spalle su cui amava posare un bacio, carezzare vecchie cicatrici di guerra, prima di scivolare di nuovo nel sonno. Le coperte al suo fianco erano sfatte e abbastanza fredde, segno che si era alzato da almeno due ore. Si distese sulla schiena e allungò il collo, puntellandosi contemporaneamente coi gomiti. Non era in bagno e la piccola, per la prima volta, sembrava aver ricevuto tregua dal proprio metabolismo prematuro. Fu un odore che non sentiva da almeno un paio d’anni ad insospettirla. Sigaretta. Quel puzzo acre e fastidioso era a malapena percepibile, sicuramente proveniva dall’altra parte della Villa, se non dalla spiaggia. Ma lei sarebbe stata in grado di sentirlo anche se si fosse trasferita in Georgia.
Tony aveva smesso di fumare, non che prima lo facesse in modo così assiduo. Lo faceva solo quando era particolarmente nervoso, o pensoso come amava definirsi quando sprofondava in quello stato di trance che implicava innumerevoli… Seghe mentali. Pepper decise di indagare prima che le suddette “riflessioni” si ingigantissero al punto da diventare problemi non più solo mentali.
Facendo estrema attenzione a non distogliere Maria dalla panacea notturna, seguì l’aroma di tabacco bruciato fino a doversi affacciare dalle finestre del salotto. La figura di Tony era poco lontano dal bagnasciuga.
« F.R.I.D.A.Y, controlla Maria dopo che sarò uscita »
« Attivazione protocollo Principessa »
Pepper sorrise e aprendo la porta a vetro scorrevole, scese i pochi gradini in pietra calcarea che conducevano alla spiaggia. La stessa che avevano percorso tenendosi per mano. I suoi piedi calpestarono la sabbia, sprofondando a malapena, mentre raggiungeva senza fretta il marito, che ancora le dava le spalle. Una debole raffica di vento spostò il ricciolo di fumo che si sollevò quando Tony fece cadere un po’ di cenere. Era forse la terza sigaretta. O la quarta. Comunque sia il pacchetto stava finendo e Pepper lo aveva ormai affiancato. Non disse nulla e come il proprio, il suo sguardo si perse sulla distesa d’acqua salata, la cui superficie era appena arricciata dalla brezza. Le loro menti invece erano naufraghe di un altro mare, molto più tempestoso. I pensieri dell’uomo erano come zattere fatiscenti sbattute tra onde alte, dalle creste schiumose. E la voce della moglie fu come avvistare un lido su cui approdare.
« Stai fumando » osservò a metà tra il sospetto e l’ansia.
« Non lo sapevo » rispose, soffiando l’ultima boccata di fumo per poi spegnere il mozzicone su un mini posacenere, che richiuse ed infilò in una delle tasche posteriori dei pantaloni di tuta.
« Devo preoccuparmi? » chiese con un cipiglio ironico, che a Tony piaceva da matti.
« Credevo lo stessi già facendo » rispose infatti di pari tono, prima di infilare entrambe le mani nelle tasche anteriori.
“Oh, sì… Devo preoccuparmi” pensò, vedendolo estrarre con una mano il pacchetto di sigarette e con l’altra, l’accendino. Lei glielo strappò e lo nascose dietro la schiena.
Tony restò per un attimo fissarsi le palme vuote, poi sollevò lo sguardo verso di lei.
« Sono un genio. Potrei trasformare qualche granello di sabbia in un accendino »
« Credo tu stia confondendo genio con mago » disse Pepper, assumendo il ruolo di insegnante pignola.
Tony accennò un sorriso divertito e quasi comprensivo quando gli porse l’accendino.
« Posso? - rimase interdetto quando appena sfiorato, lo ritrasse nuovamente come si fa per ottenere l’attenzione di un cagnolino indisciplinato -  Cosa vuoi in cambio? »
« Vorrei che mio marito cominciasse a fidarsi un po’ » rispose, arcuando un sopracciglio.
« Lo sai… » borbottò lui, tirando fuori una sigaretta nel caso in cui l’avrebbe fatta franca. Se la sistemò in bilico dietro il lobo di un orecchio per poi riporre il pacchetto.
« Dimmelo o domani faremo una seduta di coppia da Kleiner » lo minacciò Pepper, ma vedendo che il dialogo non portava da nessuna parte, lasciò cadere l’accendino dentro la scollatura del pigiama.
« Vorresti negarmi »
« Basta solo »
« ...un vizio latente e obbligarmi »
« …che tu mi dica »
« …a scrivere un diario segreto? » chiese con stizza, ma anche attratto da una possibile conclusione a quella scenetta.
« …cosa sta succedendo » terminò lei decisa, ma anche seriamente preoccupata per i risvolti più amari di quella scenetta. Tony incrociò le braccia sul petto con fare offeso.
« Perfida e anche… »
« Tony » lo riprese, prima che potesse uscirsene con una delle sue.
Lui espirò, roteando gli occhi e tornando a fissare l’oceano.
« Banner mi ha chiesto di tornare alla Base »
« E tu che hai risposto? »
« Che non lo so se ho voglia di tornare » rispose, fissandola di scatto.
Come le acque, cominciava ad innervosirsi così Pepper gli concesse la vittoria di una battaglia. Recuperò l’accendino e applicando un lieve pressione del pollice, attivò la fiammella. Tony sorrise malandrino e afferrò la sigaretta per accenderla. Poi se la portò alle labbra.
« Ammetto che la cosa cominciava a essere divertente – disse facendo un primo tiro mentre lei gli metteva l’accendino in tasca - Comunque non dovresti stare qui. Stai ancora allattando » aggiunse, voltandosi e soffiando per far sì che non respirasse anche lei. Pepper non potè non sorridere per quella rara premura. Era strano vederlo fare in modo così spontaneo, inaspettato.
« E’ una delle cose più romantiche che tu mi abbia detto negli ultimi dodici anni »
« Il meglio deve ancora arrivare » le assicurò lui, facendole l’occhiolino.
Era raro sentirlo sincerarsi apertamente della sua salute, malgrado lo avesse sempre fatto. La paternità lo aveva alleggerito di quelle maschere che di solito indossava con la gente.
« Non voglio »
« Non voglio »
« …che rinunci ad una parte di te »
« …rischiare il tutto »
« …per me »
« …per niente – la guardò grave - Non c’è progetto, compenso o manufatto alieno che conti per me ».
Poi si lasciò cadere sulla spiaggia, a gambe incrociate. Sollevò un poco le ginocchia per appoggiarcisi coi gomiti mentre Pepper ebbe il naturale impulso di carezzargli i capelli. Li spettinò, ci giocò, tirandone delicatamente alcune ciocche.
« Potresti »
« …seguire l’esempio di Parker » concluse lui, prima di fare un altro tiro.
Si accigliò, non era esattamente quello che voleva dirgli.
« L’amichevole Ironman di quartiere? Non è da Tony Stark » disse, sedendosi a propria volta.
« E’ proprio questo il punto – disse soffiando dal naso - Avevo chiuso con le armi per non ritrovarmi le mani sporche di sangue, né seguire le orme di mio padre »
« Ironman è nato per questo » gli ricordò teneramente, carezzandogli la guancia.
Tony la afferrò, stringendo quella mano nella propria mentre le dita dell’altra reggevano la sigaretta.
« L’ho promesso a Yinsen. Senza di lui… - mollò la presa con un sospiro stanco - Non saresti qui a nascondermi accendini fra le tette »
« Tony, devi fare ciò che senti giusto – abbassò lo sguardo sui propri piedi, che sollevavano piccole dune di sabbia - E’ ammirevole e… »
« E? » chiese Tony, osservandola di sottecchi.
« Tremendamente sexy » bofonchiò, scocciata dal doverlo ammettere.
Lo adorava quando si comportava da adulto per circa lo 0,99% di un’intera giornata.
« Continua » ridacchiò lui, con il tubicino in equilibrio all’angolo della bocca, storta in una smorfia da playboy incallito. Posizionò le braccia indietro per accomodarsi e godersi il rossore della moglie sulle gote.
« …il fatto che tu voglia mantenere la parola data. Ma voglio che tu sappia che io ti supporterò, qualsiasi sarà la tua scelta » gli posò una mano su una gamba, poi lo guardò per accertarsi che lo avesse ascoltato e nel caso in cui volesse ribattere.
« Mi sono fermato a… Com’è che hai detto? Tremendamente sexy? »
« Smettila di fare l’idiota » lo rimbrottò e lui rise.
« Non mi aiuti con gli insulti ».
Le parole vennero per cinque minuti soppresse dallo sciabordio delle onde, che gradualmente si erano fatte un po’ più mosse. Ma niente che impedisse il bagno.
« Se ti hanno voluto per trovare Steve, era anche per aiutarti » mormorò Pepper, tirando le gambe al petto e circondandole con le braccia.
« Ritraendo le mani dietro la schiena dopo aver lanciato il sasso? » sbottò Tony, compiendo un ultimo tiro.
Lo avevano accusato più volte di non curarsi di altri se non sé stesso, di non avere nessuno per cui tornare. Lui non avrebbe combattuto al fianco di chi gli aveva voltato le spalle alla prima occasione, di chi lo avrebbe ancora malgiudicato senza sapere e soprattutto, aveva già combattuto per qualcuno così da non doverlo più fare. Per tornare da quel qualcuno.
« Prova a parlarci, almeno – propose mentre lui recuperava il posacenere - Così dopo avrai un valido motivo per dire di no a Bruce »
« Subdola »
« Il peggio deve ancora arrivare » lo parafrasò mentre lo osservava schiacciare il mozzicone.
« Ne ho già due di motivi e sono più che validi » disse Tony, mettendo via tutto e alzando gli occhi color cacao su quelli azzurri di lei.
Pepper si arrese. Era una guerra persa in partenza. Poteva chiedergli di fare qualcosa contro la sua volontà una volta. Una seconda sarebbe equivalsa a un ricatto e per quanto fosse una tecnica efficace, soprattutto se accompagnata con casuali battiti di ciglia, non se la sentiva di usarla per spingerlo verso missioni poco ortodosse che preoccupavano lei per prima.
Si riscosse e distese le gambe per sporgersi e per schioccargli un bacio sulla guancia.
 

*

Pepper raggiunse lo studio del Dottor Kleiner alle dieci in punto. Non aveva scherzato con Tony, ma neanche lei sapeva perché avesse deciso di fare una cosa del genere. Forse per una contorta ripicca verso Tony che l’aveva stuzzicata dopo il processo, uno dei tanti modi che usava, riducendola a cavia, per vedere fin dove sarebbe riuscito ad esasperarla. Probabilmente fino al limite dell’umano. Forse perché un po’ cominciava a credere di avere accumulato stress, troppo stress, al momento del cesareo.
Con la giacca appesa ad un braccio, camminò spedita fino alla porta. La segretaria le fece cenno, seduta da dietro un’ordinatissima scrivania, e bussò. Poi aprì la porta con un sospiro, sollevando al contempo lo sguardo sul Dottore.
« Signora Stark… » mormorò senza poter nascondere lo stupore.
« Signor Kleiner »
« Temo di aver dimenticato l’app- »
« Non avevo fissato una seduta » lo interruppe lei, appoggiata contro il battente mentre lui smetteva di sfogliare l’agenda.
« Ow… Beh, si accomodi » disse, alzandosi per prenderle la giacca e appenderla ad un attaccapanni nascosto dietro l’angolo della porta.
« Grazie » balbettò lei, sedendosi e lisciando la stoffa della gonna a tubo.
« Il Signor Stark ha avuto una ricaduta? » chiese Kleiner un po’ preoccupato per quella visita inaspettata mentre accostava la porta.
« No, in realtà avrei bisogno di un parere » rispose Pepper, osservandolo accomodarsi dietro la scrivania.
« Su cosa, se è lecito? »
« Ecco… Le è mai capitato di assistere a sindromi post parto? » chiese, fissandosi le mani in grembo.
Kleiner la fissò con un misto di curiosità e perplessità, lo stesso di chi comincia a mettere insieme i pezzi di un quadro ben preciso.
« Devo ammettere di aver trovato strana la chiamata di suo marito proprio la scorsa settimana ».
A quelle parole, Pepper arrossì vistosamente. Tony lo aveva chiamato, a sua insaputa! Perché?
« Che cosa le ha detto esattamente? » domandò titubante, spostando continuamente gli occhi su tutto fuorché su quelli di Kleiner.
« Se glielo dicessi, lei si farebbe degli scrupoli e non arriveremmo mai alla questione – incrociò le dita sul legno lucido della scrivania - Si vede diversa in questi giorni? »
« In che senso? »
« In qualunque lei pensi »
« No… Beh, forse un po’ più stanca. Ultimamente la bambina soffre di coliche… »
« E’ preoccupata? »
« Sì » rispose un po’ irritata.
Certo che era preoccupata! Sua figlia aveva le coliche e non poteva fare niente all’atto pratico per farla stare meglio. Quale madre sarebbe indifferente a tutto ciò?
« Questo argomento la mette in agitazione? » chiese l’uomo, esaminandola.
« No » rispose, cercando di non lasciar trapelare niente dei suoi pensieri mentre Kleiner allungava una mano in un cassetto e cominciava a scrivere su un taccuino.
« Che rapporto ha suo marito con la bambina? »
« Tony la adora. E Maria credo che… E’ quasi una simbiosi » disse sorridendo.
Aveva una lunga lista di perché per amarlo. La paternità era uno di questi.
« Ha una paura in particolare? Un timore non ancora esorcizzato… »
« Non saprei. Sa ho sposato Ironman… » scherzò, scrollando le spalle.
Era consapevole che suo marito fosse un portatore di guai. Ecco un altro perché.
« E’ comprensibile. Tony è un uomo di successo, piuttosto famoso in modi diversi e questo può attrarre minacce – smise di scrivere e la guardò di scatto - Signora Stark, perché è qui? ».
In un attimo s’immedesimò negli abiti di Tony: messo sotto torchio da qualcuno di cui conosceva non più del numero di lauree.
« E’ possibile essere gelose della propria figlia? »
« Lei lo è? »
« No » rispose con la voce traballante.
« Me lo sta chiedendo? – accennò un sorriso - E’ piuttosto comune un primo imprinting con uno solo dei genitori, ma ci tengo a rassicurarla: tutti i bambini sono programmati per amare la mamma ».
Vedendo che le proprie parole non stavano sortendo alcun tipo di effetto, si grattò casualmente la nuca alla ricerca di un modo per venire a capo di quella faccenda. Doveva prima di tutto trovarne le radici.
« Facciamo un passo indietro. Ha mai pensato che ciò che provasse per Tony fosse sbagliato? »
« Mio malgrado, più di quanto avrei voluto »
« Perché? »
Pepper sospirò, abbandonandosi sulla poltrona.
« Non volevo che la gente potesse fraintendere. E’ difficile per una donna far carriera in un simile settore » disse tutto d’un fiato.
« Capisco. Quindi non ha mai avuto niente a che vedere col passato sentimentale di Tony » aggiunse lui, sperando di riuscire a velare l’ilarità nel vedere la donna drizzarsi come punta da uno spillo.
« Non sono mai stata gelosa. Come potrei?! Sarebbe assurdo… - la frase le morì in gola - No? »
« Se c’è una cosa che il mio lavoro mi ha insegnato è che il miglior modo per risolvere un problema è cominciare con l’ammettere di averne uno ».
La parte più impulsiva di Pepper lo minacciò mentalmente di ridurgli lo stipendio.
« D’accordo, c’è stata un’occasione… - Kleiner sostenne il suo sguardo e lei si sentì di dover rettificare - Più di una » ammise piccata, torturandosi le dita e lui non se lo fece sfuggire.
« Non deve vergognarsi. Per come la vedo io, la gelosia non è sempre qualcosa di negativo. Alle volte è la dimostrazione che teniamo a qualcuno – la osservò ancora un attimo - Ha mai espresso questo sentimento direttamente a Tony? ».
Pepper pensò di aver sentito male. Dire a Tony che era stata davvero gelosa di tutte quelle che avevano fatto un giro sulla giostra, gelosa di Natasha e di Maya. No, neanche in punto di morte!
Assunse, agli occhi di Kleiner, l’espressione che alcuni pazienti avevano sviluppato soprattutto durante dialoghi particolarmente tortuosi. Lui la interpretava come un “Sta scherzando?” molto pungente.
« Questo cosa c’entra con la paura? » sbottò lei, colta sul vivo di un nervo scoperto.
« Ci stiamo arrivando – quasi lo disse più a sé stesso - Mi racconti uno di questi episodi »
« Devo? » chiese, arcuando un sopracciglio.
« Ho paura di sì » rispose, sperando che un pizzico d’ironia potesse impedirle di strangolarlo.
« E’ successo sei mesi dopo il ritorno di Tony dal Medio Oriente. Lui mi elesse CEO e pochi giorni dopo assunse un’altra assistente per… » ma non riuscì a terminare perché malgrado le avventure e le disavventure, Pepper ricordava il fare languido della Romanoff. Fin troppo bene.
« …sostituirla. Non era contenta della promozione? »
« Sì, certo. Ma divenne… - cominciò a gesticolare, come se farlo le avrebbe fatto trovare le parole giuste - Troppo, soprattutto quando capii che Tony mi nascondeva qualcosa »
« Sta parlando del palladio? »
« Sì » annuì seppur un po’ circospetta.
« Quindi mi sta dicendo che avrebbe preferito restare assistente »
« Esatto. Mi permetteva di fare il mio lavoro e contemporaneamente assicurarmi che Tony non si ammazzasse ».
Con due dita afferrò una ciocca di capelli e cominciò ad avvoltolarla, come faceva quando era in imbarazzo o quando non sapeva come atteggiarsi. Passarono circa due secondi abbondanti di silenzio, nei quali Kleiner diede tempo alla visitatrice per riprendere il controllo sul sistema nervoso e tornare ad un colorito meno acceso.
« Quando le passò l’azienda, tutti cominciarono a dubitare delle sue credenziali, dico bene? – lei confermò con un cenno - E la nuova assistente? »
« Lo assecondava, lo elogiava e lei sa quanto Tony sa essere insopportabilmente vanitoso – s’infervorò - Riuscì perfino a fargli firmare dei documenti! Io in dieci anni non sono mai riuscita a fargli abbassare il volume della musica a un livello civile! »
« Parlava di altre occasioni » mormorò Kleiner, prevendo una bufera su casa Stark.
« Prima di questa ce ne sono state diverse – distolse lo sguardo - Lo so cosa sta pensando, è infantile »
« Io penso che, alla luce di ciò che mi ha appena confermato, lei abbia sepolto la sua frustrazione. Così a lungo che alla nascita della bambina questa è riaffiorata » azzardò l’uomo, poggiando le spalle contro lo schienale della propria sedia mentre lei lo fissava con la coda dell’occhio.
« Che significa? »
« Nel suo subconscio lei non ha elaborato il parto. Forse si è trovata impreparata e questo le ha impedito di vedere l’evento nella giusta prospettiva ».
Pepper ci pensò un attimo su. Ricordava bene la sensazione di panico che aveva avuto in ospedale e come suo marito avesse cercato di tranquillizzarla e autotranquillizzarsi.
« Perciò quale sarebbe la mia paura? »
« Il mio parere è che lei teme che la bambina possa, in qualche modo, oscurarla agli occhi di Tony, così come quelle donne hanno occupato le sue notti – tornò a tendersi un po’ verso la donna - Ma si ricordi che è lei ad occupare i suoi giorni e, che la bambina non è altro che la conferma di ciò che lei significa per suo marito » aggiunse, mantenendo il tono fermo ma pacato. Si ritrasse appena quando Pepper scattò in piedi come se avesse appena avuto un’illuminazione. Non seppe se trattenerla o lasciarla andare. In ogni caso, c’era il cinquanta per cento di probabilità che quella notte, Tony avrebbe dormito sul divano.
« La ringrazio, Dottore » mormorò lei, recuperando la giacca.
« Non deve. Sono sempre disponibile » rispose, fissandola aprire la porta e uscire.
Prima che fosse troppo lontana, si alzò e fece capolino dalla soglia.
« Ah, Signora Stark… - Pepper si volse, in mezzo al corridoio - Il segreto professionale normalmente m’impedirebbe di dirle che, suo marito la descrive come la donna perfetta ».
Pepper non potè che ridere col cuore e non si fermò per ricordargli che aveva già trasgredito quella regola, nominando il palladio. Passo spedito su un paio di tacchi dodici, che avrebbe fatto impallidire anche le strapagate modelle di alta moda, prese l’ascensore per raggiungere l’auto e recarsi alle Industries.

Angolo Autrice: Oggesù! Chiedo venia per questo incredibile e spaventoso ritardo nella pubblicazione,
ma fra danza e scuola non ho avuto un attimo di pace >.<
Lo so, questo capitolo è piuttosto fiacco ma ho preferito pubblicarlo per non farvi aspettare ancora, anche perchè siamo in dirittura di arrivo!
Sì, mancano uno o due capitoli, ispirazione permettendo, alla fine di questa raccolta. Maaaaa...
Vi spiego: questa ff (come tipo il 90% sulla mia page xD) è nata in un certo modo ma si è trasformata, divenendo tutt'altro. Infatti questa raccolta doveva continuare per un bel po', ma ci ho riflettuto e ho preso la decisione di concluderla in un modo molto simile, e se volete anche coerente, col prequel; cioè Take Me Back To the Start.

Essendo però un'inguaribile sentimentale e un'amante quasi patologica di Tony e della sua allegra famigliola, ho pensato di (sorpresa!!! ahahahah) creare una serie di spin off, riguardanti vari momenti specifici della vita di Maria che, piano piano, diventerà un po' la protagonista, e in cui saranno coinvolti il suo eroico papà, la sua paziente mamma e forse anche qualche Avenger ;)
 
Non so ancora se saranno semplici one-shots indipendenti, ma comunque parte come le due raccolte, della serie IRON FAMILY; oppure costituiranno un'ulteriore raccolta. Vedremo... :)
Comunque sia queste mini ff sono già in cantiere (insieme ad una nuova long, eheheheh... *-*),
perciò continuerò a scrivere, infestando questo fandom e a rompervi le scatole :P

Spero che mi seguirete ancora e ne approfitto per ringraziare ancora una volta, perchè non è mai abbastanza, _Atlas_ e leila91 : anche se non vi rispondo, leggo sempre con piacere le vostre
recensioni, anche nelle altre storie, e le apprezzo tantissimo :* In sostanza GRAZIE DI TUTTO <3!
Ma ringrazio come sempre anche chi legge in silenzio!
Al prossimo capitolo,
50shadesOfLOTS_Always

PS: per dubbi o commenti, scrivetemi!! :D

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Capitolo 9
*** Capitolo XVIII ***


Two Girls and a Man

Settembre 2014
Il sole quella sera era particolarmente rosso. Rosso come i capelli di Pepper, che sventolavano al vento, mentre guidava con la capotta abbassata. L’estate era tornata frizzante sulla California ed era sempre un piacere lasciarsi accarezzare da essa. Non vedeva l’ora di buttarsi sul divano e osservare Maria disegnare sul tavolino dopo essere tornata da scuola.
Ogni mattina Happy la lasciava lì per poi andare a riprenderla e riportarla a casa da Tony, che fino a quel momento restava chiuso in laboratorio. Nell’arco di tutta la sua intera vita, ogni volta che aveva messo piede in quella Villa, Pepper aveva assistito alle scene più disparate. Dalle feste più oscene alle esplosioni di congegni, che se solo li avesse trovati il Pentagono…
Ne aveva viste davvero di cotte e di crude, soprattutto prima che lei e il suo attuale marito cominciassero una relazione seria. Ma niente di tutto ciò che aveva visto fu paragonabile allo spettacolo che gli si presentò al suo ritorno dalle Industries. F.R.I.D.A.Y le diede il benvenuto e Pepper dopo aver ricambiato, lasciò borsa e cappotto sul divano per poi dirigersi direttamente al piano inferiore. Scese le scale e quando digitò il codice, restò immobile sulla soglia.
La stanza sembrava essere stata sparata in aria. Da una parte Ferro Vecchio con in testa uno strano copricapo fatto di carta stagnola e una coperta verde appoggiata addosso, come una mantellina. Tra le tenaglie reggeva il manico di una scopa su cui era stata fissata, con dello scotch, la pallina blu di gommapiuma siliconata che il marito usava come antistress.
« Oh no! Ha preso lo Scettro » esclamò Maria, esaltata come al solito.
Pepper non si sconvolse quando la vide con indosso la copia, abbastanza interattiva da divertirla ma non da costituire un pericolo, del casco di Iron Man. Era stato uno dei tanti regali della serie “Papà, ti prego. Ti prego, ti prego”.
Ciò che la sconvolse si trovava poco distante, perché se c’era una cosa che ancora non aveva avuto il piacere di osservare, era il marito così coinvolto nel gioco.
« Dobbiamo trovare una soluzione, Iron Girl » rispose Tony altrettanto eccitato, col proprio elmo e un paio di guanti finti. Non che fosse la prima volta che passasse il tempo con Maria, che aveva trovato in lui un perfetto compagno di avventure. E lui aveva trovato in sua figlia una valida reggente durante le sue cosiddette Happy hour.
Cominciarono ad architettare un piano per riprendersi lo spazzolone… Ehm… Lo Scettro, di cui si era impadronito Ferr… Loki. Si appoggiò con una spalla contro il muro, godendosi la rievocazione meno triste degli eventi di New York. Tony non ne parlava più così come non nominava Steve. E se lo faceva, si assicurava rispettivamente che fosse un dialogo veloce, come la maggior parte delle gitarelle con gli Avengers – che di tanto in tanto bussavano alla porta – e, con distaccata ironia.
Maria d’altro canto era cresciuta con le imprese eroiche di Iron Man e dei suoi compagni, divenendone così la prima fan, e sembrava invece trovare in quei dialoghi e in quegli eventi un nuovo aspetto positivo. Forse perché il suo vero eroe non era un alter ego di latta, ma suo padre. Il salto dalle princesse ballerine ai supereroi era stato breve. Era bastato un giorno qualunque di tre anni prima, quando aveva appena imparato a camminare e tutta da sola, era arrivata nel semiinterrato per poi cercare di aprire la teca della Mark V.
Trattenne una risata nel vederli lanciarsi contro il nemico mentre Maria – che di anni ne aveva già sei, anche se non sembrava vista la statura minuta – imitava il suono dei propulsori. Per rendere il tutto ancora più credibile, Tony le aveva fatto dei guanti uguali ai propri ma più leggeri e con dei pacifici led al centro delle palme, che aveva sistemato anche su di una T-shirt rossa. Sì, un altro ”papino” ben assestato e un’intensa espressione da cucciola.
Alla fine i due sconfissero il povero robottino, unendo i loro invisibili fasci di energia. Tony afferrò Maria per i fianchi, facendola volare alla conquista dello Scettro.
« Abbiamo vinto! »
« Mi pare il momento giusto per una danza della vittoria » concluse il miliardario e a quella frase l’AI fece partire la sigla dei Black Sabbath. Maria sollevò lo Scettro quando tornò al piano terra.
I due cominciarono a dimenarsi e mai prima di allora Pepper si sentì così in imbarazzo. Il più grande genio, miliardario, filantropo e playboy...
Erano così distratti dai festeggiamenti che riuscì a sedersi sulla scrivania, accanto cui si era rintanato Ferro Vecchio. Si portò una mano sulla fronte, come se fosse sul punto di svenire e si calò nella propria parte.
« Cielo, aiuto! Loki mi tiene prigioniera nella sua fortezza… Chi potrà mai salvarmi? » esclamò fingendosi disperata. Mentre la musica si affievoliva, Tony e Maria si volsero.
« Sembra la tipica DID – esordì la bambina – Io distraggo Loki mentre tu, Iron Man, porterai la fanciulla in salvo ».
« Ottimo piano, Iron Girl » la assecondò Tony e mentre Ferro Vecchio indietreggiava sotto lo sguardo minaccioso di Maria, raggiunse Pepper con una breve corsa.
La sollevò, reggendola tra le braccia a mo’ di sposa per poi portarla verso la pedana, dove adesso i due avevano stabilito il loro quartier generale fatto principalmente di scatoloni vuoti. La visiera si spostò e Pepper fu in grado di guardarlo direttamente negli occhi. La breve gelosia che aveva sviluppato per la figlia era stata cancellata subito dopo il colloquio col Dottor Kleiner.
Dopo aver sbrigato alcune faccende irrisolte alle Industries e parlato col Consiglio di Amministrazione, era scesa dalla propria Audi argentata. Non aveva chiamato Happy, sia perché si era meritato ventiquattrore di vacanza sia perché, se lo avesse fatto, Tony gli avrebbe sicuramente estorto qualche informazione. E lei doveva salvaguardarsi dall’indiscrezione del marito che, impertinenza a parte, sapeva essere premuroso anche se a modo proprio. E non propriamente normale.
Si era scostata un ciuffo di capelli dagli occhi, riprendendo al volo la borsa che stava per caderle dalla spalla.
« Buonasera, Signora Stark » l’accolse l’AI.

« Ciao, F.R.I.D.A.Y ».
Stava per continuare quando una risata infantile, seguita da una più profonda, aveva suscitato la sua curiosità. Una volta in salotto aveva beccato Tony sul divano intento a fare le smorfie per il diletto di Maria, distesa contro il suo braccio. Poi la piccola si era accorta del suo ritorno e aveva allungato le piccole braccia morbide verso di lei.

Pepper aveva provato un tenero calore al petto nel vedere la bambina cercarla e, si era accorta che lo aveva fatto un sacco di volte, pensando paradossalmente a qualche necessità vitale. Invece voleva solo la sua mamma. Non era stata Maria ad ignorare lei, ma lei ad ignorare Maria. Quanto era stata sciocca…
Per quanto riguardava suo marito, se lo sarebbero divise equamente.
Tony, vedendo di non essere più preso in considerazione dalla figlia, si era girato e le aveva rivolto un sorriso. Uno di quelli che a parer suo, da quando era diventato padre, parevano ancora più smaglianti.

« Ma che stai facendo? » gli aveva chiesto, perplessa.
« Ti prendevo in giro » aveva risposto lui mentre Pepper si era abbassata per prendere la bimba in braccio.
« Oh, ecco perché eravate così… » si ammutolì dopo aver guardato bene la tutina che indossava, diversa da quella di quel mattino. Non era affatto rosa e con un merletto attorno ai fianchi come se fosse un tutù, regalatale da Liza perché almeno una donna di famiglia, secondo lei, doveva diventare prima ballerina. Ufficiale o ufficiosa, non era importante.
« Che c’è? » aveva domandato Tony con fare innocente.
« Non ti sembra di esagerare con l’autocelebrazione? » aveva ribattuto, indicando col mento la tutina che riprendeva il design dell’armatura di Iron Man. Con tanto di cerchio azzurro per imitare il reattore.
Lui le aveva risposto con una linguaccia, notando con una certa soddisfazione che le due contendenti si erano “riappacificate”. Era infatti rimasto ad osservarle mentre si salutavano all’eschimese, strofinando le punte dei loro nasi.

« Ha già cenato » aveva mormorato distrattamente.
« Le hai riscaldato il biberon e la casa è ancora in piedi? » lo aveva schernito quando le si era accostata.
« Sono profondamente offeso » mettendo su il suo tipico broncio.
« Sarà il caso che mi faccia perdonare » aveva sussurrato suadente, prima di sporgersi e baciarlo.
Tony aveva desiderato caricarsela sulle spalle e chiudersi in camera. Le due settimane di cicatrizzazione erano passate, ma fra la gestione della Base e i nuovi progetti per le Enterprises – a cui si erano aggiunte le coliche della bambina – non avevano mai avuto un momento per recuperare il tempo perso, secondo lui, in futili chiacchiere.

« Assolta – di pari tono quando si era staccati – Com’è andata con Jekyll e barra o Mr Hide? »
« A quanto pare avevi ragione » aveva detto, scansandolo per adagiare Maria nel proprio box con tanto di coperta interattiva e pupazzi.
« Tesoro, io ho sempre ragione – lei gli aveva rivolto uno sguardo in tralice – Ogni tanto ho delle illuminazioni » aveva rettificato alla fine, prima di trotterellare alle sue calcagna, diretti in cucina.
« Su cosa però? » aveva chiesto, confuso.
« Che sono la donna perfetta » aveva risposto Pepper mentre la coda di capelli ondeggiava a ritmo del proprio passo. L’ultima cosa che avrebbe fatto sarebbe stato ammettere la propria debolezza a Tony. L’avrebbe presa in giro fino alla fine dei tempi e avrebbe dovuto sopportarlo.
« Oh, ma questo io l’ho sempre… – si era interrotto bruscamente per registrare l’insinuazione – Un momento… »
« Certo, potresti dirmelo ad alta voce » aveva aggiunto lei, fermandosi divertita davanti al frigo per aprirlo e dare un’occhiata al suo interno. Lo aveva sentito bofonchiare una minaccia circa il pagamento del Dottore mentre prendeva del petto di pollo e alcune verdure.
« Hai fame? » aveva proposto, posando tutto sul ripiano limitrofo e chiudendo il frigo un attimo prima che Tony la abbracciasse da dietro, facendo capolino oltre la propria spalla sinistra.
« Molta… » aveva soffiato caldo, le labbra a pochi millimetri dal suo collo.
Aveva immerso il naso fra i suoi capelli ramati per poi lasciare un bacio alla loro attaccatura appena dietro l’orecchio. Pepper aveva ridacchiato, sapendo che quella era una sorta di vendetta per le provocazioni che ultimamente gli aveva lanciato in qualsiasi momento. Aveva portato la mano sinistra dietro di sé, carezzandogli una guancia quando lui l’aveva afferrata, all’altezza del polso, per osservarne il palmo.

« Che c’è? » aveva chiesto perplessa, quando le fece ruotare la mano per studiarne il dorso.
Aveva passato un pollice su di esso, tracciando dei cerchi sulle nocche, con tenerezza.

« Non mi ricordavo dove avessi poggiato il cuore » le aveva bisbigliato, riferendosi al mini reattore sull’anulare.
I loro sguardi si erano incrociati e nel momento in cui Pepper aveva sentito il calore salire alle guance, si era nascosta nel suo abbraccio. Tony aveva sghignazzato per celare a propria volta l’imbarazzo, ma anche perché la reazione di lei lo aveva esilarato. Aveva cercato di stringerla mentre si batteva giocosamente per sfuggirgli, fingendo di essersi offesa. Aveva atteso di averne la possibilità per impossessarsi a tradimento delle sue labbra e come ogni volta che accadeva, aveva avvertito la possibilità di poter spiccare il volo. Pepper si era squagliata tra le sue braccia, girandosi verso di lui per ricambiare il bacio con più foga.

Sbatté le ciglia, tornando alla realtà e ricordandosi che il gioco non era ancora finito.
« Oh, mio bellissimo eroe – cinguettò, le braccia dietro al collo di Tony – Come potrò mai ringraziarti? »
« Te lo mostrerò più tardi, donna » rispose roco, avvicinandosi al suo orecchio.
Scoppiarono entrambi a ridere, scambiandosi comunque un bacio casto dopo che il marito l’ebbe messa giù. Si sorrisero reciprocamente mentre Maria li raggiungeva trionfante, scettro alla mano.
« Com’è andata? »
« Ancora una volta, ho salvato la tua azienda » mormorò Pepper, sollevando il mento con aria d’orgoglio.
« Nostra » specificò lui con un sorrisetto obliquo.
Una vibrazione attirò l’attenzione dei due coniugi e della bambina.
Pepper allungò una mano sul tavolo e gli porse il cellulare.
« E’ lo SHIELD » sussurrò con tono grave.
Tony afferrò il dispositivo, continuando a tenerla vicina con un braccio attorno alla vita.
« Pronto? Sì… – disse, senza distogliere lo sguardo da quello della moglie – Okay. Mi preparo » espirò.
Pepper lo scrutò, trattenendo il sospiro di preoccupazione che le veniva ormai spontaneo ogni volta che Fury si affacciava nella loro quotidianità. Dato che la missione Nomade era ancora aperta, seppur in una modalità meno frenetica, il marito era spesso via con il gruppo e lei passava il resto della nottata a rassicurare sé stessa e Maria che, nonostante l’età, era perfettamente in grado di comprendere i rischi decretati dalla scelta paterna di continuare con la vita da supereroe.
« Devo aspettarti per cena? » chiese, aiutandolo a liberarsi dei guanti di stoffa.
« Per il dolce magari » rispose Tony, facendole l’occhiolino.
« D’accordo » mormorò lei, cercando di nascondere i suoi meri pensieri.
Tony la superò per chinarsi con un ginocchio davanti a Maria, che pungolava la pallina blu dello scettro improvvisato.
« Vai via, papi? »
« Sì, amore » disse con espressione contrita quando percepì la nota di delusione nella voce di sua figlia.
« E torni? »
« Certo. Quando vado via, rimetti a posto qui e aiuta la mamma come puoi – si raccomandò, sollevandole la maschera frontale del casco – Ehy! Cos’è questo musetto? La DID è in salvo » aggiunse quando si scontrò con un paio di occhioni da cerbiatta intristiti.
« Stai attento » mugugnò Maria, da sotto la visiera con la stessa determinazione materna.
« Sì, Signorina – sorrise, accostando il volto al suo – Ora dammi un bacio ».
Maria lasciò cadere lo scettro e con le braccia attorno al suo collo, lo accontentò. Tony le lasciò una carezza sulla guancia, poi la osservò salire le scale verso il piano superiore. Drizzandosi in piedi, alcuni bracci robotici iniziarono l’assemblaggio dell’armatura mentre Pepper lo raggiungeva.
« Te l’ha già detto lei, ma te lo ripeterò: sta’ attento »
« Sì, Signora – disse con un cipiglio ironico, fissandola dall’alto quando entrò coi piedi nell’armatura  – Non è che… »
« Cosa? » domandò lei, fingendo di non sapere.
« Mi daresti… – balbettò, indicandosi le labbra – Sì… Vorrei un baciotto ».
Pepper sorrise mentre saliva sulle punte dei piedi per raggiungerlo.
« Ti amo » soffiò sulle sue labbra prima di premerle su quelle del marito.
« Anch’io – rispose lui di pari tono, abbassando il capo per andarle incontro – Mmh… Mi aspetto una ricompensa per averti salvato la vita ».
Alla cieca, Pepper scacciò un’appendice meccanica che cercava di chiudere il casco di Tony, che ridacchiò per il gesto e riprese a baciarlo.
« Puoi contarci, Iron Man » bisbigliò, incurante del gelido metallo che la cingeva con delicatezza.
Tony a malincuore, si staccò dalle sue labbra e non appena indossò il casco, partì con uno slancio verso l’alto dove una botola si era già aperta per permettergli di raggiungere, in pochi secondi, il cielo chiazzato dalla notte con le prime stelle.
Pepper si sporse e aspettò di veder sparire la scia rossa, poi si strofinò le braccia e incassando la testa nelle spalle, raggiunse Maria che la stava chiamando.

Tony rientrò dalla missione. La – non più – luccicante Mark giaceva smontata sul pavimento del laboratorio, sostanzialmente semidistrutta. Pepper, come al solito, cercava di medicare il marito come poteva vista la sua ostinazione nell’evitare l’ospedale. Inoltre la sua non collaborazione le rendeva tutto ancora più difficile, se non impossibile.
« Se la smettessi di muoverti, a quest’ora avrei già finito » gli fece notare, un po’ spazientita.
« Ma brucia! » si lagnò lui, cercando di ritrarsi a quella tortura.
« Abbiamo già una bambina » lo riprese lei, ricevendo un’occhiataccia indignata.
Un lieve rumore di passi ovattati da calzini antiscivolo attirò la loro attenzione.
« Mammina? » esordì la voce flebile di Maria mentre scendeva le scale, stropicciandosi gli occhi con una mano. Nell’altra, vicina al petto, stringeva il pupazzo di Iron Man.
« Angioletto, che fai in piedi? » chiese Pepper, voltandosi.
« Non riesco a dormire… » mugolò con uno sbadiglio, avvicinandosi con un’andatura ciondolante.
Si svegliò in un lampo quando Tony si affacciò oltre la figura della moglie con un sorriso. Maria corse immediatamente verso di loro mentre Pepper constatava per l’ennesima volta di non essere la sola in quella casa con un minimo di buon senso.
« Papi! Sei tornato » trillò, arrampicandosi sulle gambe paterne.
Tony, seduto sulla poltrona medica, la afferrò da sotto le ascelle e la sollevò con facilità, portandola a sedersi sul proprio grembo.
« Iron Man mantiene sempre le promesse » mormorò, facendo gli occhi da triglia a Pepper che per tutta risposta riprese a medicarlo, sfruttando la presenza della figlia a proprio vantaggio.
Finalmente il miliardario collaborò, ma non certo di spontanea volontà. Pepper sapeva – dall’alto del suo infallibile intuito di donna – che se c’era una cosa che Tony detestava erano le minacce alla sua virilità. Specialmente se fra gli spettatori c’era la sua prima fan, Maria. Perciò fu costretto a non lamentarsi tanto che dovette mordersi la lingua per trattenere tutte le peggiori imprecazioni. Una volta terminato il lavoro, Pepper rimise a posto la cassetta del pronto soccorso e prese in braccio Maria che reclamò le sue attenzioni, allungando le braccia verso di lei. Non potè resistere e la prese su di sé, permettendole di abbandonare la testolina sulla sua spalla.
Tony le fece cenno di avviarsi e prese a salire le scale verso le camere, sempre aspettandolo il tempo necessario perché la raggiungesse. Erano praticamente davanti alla stanza della piccola quando Maria ebbe il bisogno di assicurarsi di una cosa.
« Papi? »
« Sì? »
« Puoi controllare l’armadio? » chiese e Pepper sorrise con indulgenza mentre la adagiava sul letto a forma di Helicarrier, che Clint le aveva costruito e regalato per il suo quarto compleanno.
Tony si diresse verso il mobile e ne aprì entrambe le ante, spostandosi per mostrare alla bambina l’interno privo di estraneità. Era un rituale che si presentava sempre più spesso, ma Kleiner aveva detto loro di non preoccuparsi perché rientrava nella norma. Soprattutto se si considerava la mente precoce del soggetto e la loro agenda piuttosto impegnata.
Maria lo fissò dubbiosa, non ancora del tutto convinta mentre si infilava sotto le coperte.
« E se i cattivi arrivano mentre dormiamo? »
« F.R.I.D.A.Y non farà entrare nessuno » le assicurò Pepper, togliendole i capelli dal viso con tenerezza.
« E poi io li manderei via » aggiunse Tony, avvicinandosi.
Maria sprofondò nel giaciglio e chiuse gli occhi dopo che entrambi i genitori le ebbero augurato la buonanotte con un bacio.
Dopodiché uscirono, socchiudendo la porta e si diressero nella loro camera mentre fuori all’ombra della notte, un banco di nuvole scure si addensò. Pepper ordinò all’AI di provvedere all’imminente temporale, poi osservò Tony abbandonarsi sul materasso. Si sedette dal proprio lato e lo udì mugugnare con la faccia schiacciata nel soffice cuscino.
Lui spostò lo sguardo dal soffitto a quello serio della moglie. Sapeva a cosa stesse pensando, così si tirò su a sedere, appoggiando le spalle contro la testata imbottita del letto.
Comprendeva la sua ansia e spesso si trovava in conflitto con Fury e Wilson, che volevano trovare Steve a tutti i costi. Nat si era invece arresa un paio di anni addietro, come lui. Soprattutto perché aveva delle nuove priorità, nuove responsabilità nei confronti di Maria e di Pepper che, più di una volta, aveva trovato in piedi alle tre di notte a bere thè con una teglia di biscotti nel forno, appisolata in un angolo del divano davanti alla tv oppure in laboratorio a rimettere in ordine fogli ed attrezzi.
« E’ stata solo una scaramuccia in un parcheggio. Ho preso qualche botta, ma ho la testa dura – disse, aggiungendo un sorriso – Dovresti saperlo ».
Ma non aveva mentito a Maria. Sarebbe sempre tornato per i suoi abbracci e le sue risa, per i baci e sorrisi di Pepper che, dopo averlo valutato, gattonò verso di lui.
« Penso che sarebbe meglio se controllassi di persona… » sussurrò, sporgendosi fino a far scontrare le punte dei loro nasi.
Tony si mise comodo e la lasciò fare, completamente assorto dalla sua figura, appena rischiarata dal bagliore emesso dall’anello di fidanzamento. La luce azzurrina del reattore scivolò sul raso della canotta e dei pantaloncini del pigiama di Pepper, che si accomodò a cavallo sul bacino dell’uomo. Gli incorniciò il volto, scrutandone i dettagli che ormai sapeva disegnare a memoria e sorrise prima di chinarsi a baciarlo.
Tony ricambiò, senza fretta e si diede a lei.
 
Non molte ore dopo un lampo saettò sul Pacifico, seguito quasi subito dallo scoppio di un boato che si propagò nell’aria fino a far tremare le finestre. Maria rintanata sotto le coperte, si affacciò oltre il bordo di esse fino alla punta del naso. Fissò, gli occhi sbarrati nel buio, il paesaggio tempestoso fuori dalla propria camera. Non era la prima volta che affrontava un temporale, ma adesso era diverso. Il nubifragio non era mai stato così intenso, non che lei ricordasse comunque.
La cosa che la faceva desistere ogni volta, dallo scappare verso la camera patronale, era l’idea di apparire piccola e indifesa. Lei non era così. Era Maria Liza Stark.
Il suo papà era Ironman, prendeva a calci i cattivoni quasi tutti i giorni ed era coraggioso.
Allungò una mano verso il pupazzo del supereroe e lo strinse a sé con forza, rannicchiandosi nel tentativo di tornare a dormire. Il suo udito si focalizzò sul fruscio della pioggia, ma proprio quando stava per rilassarsi, un altro fulmine spaccò la quiete e senza pensarci neanche una volta, guizzò via dalle lenzuola e quasi correndo, raggiunse la stanza dei suoi genitori. Mentre allungava una manina per raggiungere il pomello, ebbe il timore di svegliarli. La sua mamma era tornata molto stanca dal lavoro e il suo papà aveva affrontato una missione. Si guardò intorno, scrutando il corridoio buio del boudoir che in quel momento, le parve molto diverso da quel dì. Sentì crescere in sé una brutta sensazione e il cuoricino prese a battere sempre più forte mentre si schiacciava contro il battente, piagnucolando.
La porta si aprì dietro le sue spalle, facendola sobbalzare. Sollevò i grandi occhioni azzurri, incontrandone un paio uguali e Pepper ebbe appena il tempo di svegliarsi davvero, che Maria quasi le saltò in braccio come un gatto inseguito da un mastino.
« Che succede, angioletto? » bisbigliò, carezzandole la schiena.
Ma la bambina non rispose e quando un tuono riecheggiò per la casa, si strinse maggiormente a lei. Rientrò in camera, abbracciandola con fare protettivo. Raggiunse il bordo del giaciglio e si sedette, senza svegliare il marito che dormiva beatamente.
« Hai fatto un brutto sogno? – chiese, cercando un contatto visivo ma la bambina negò con la testa – Ti ha spaventato un tuono? ».
Maria guardò la madre da sotto le lunghe ciglia e deglutì sonoramente con aria colpevole.
Pepper decise di non farle pesare quel dettaglio, soprattutto perché sarebbe risultato un messaggio ipocrita: malgrado fosse adulta, i tuoni risvegliavano ancora in lei una paura infantile mai affrontata e debellata del tutto. Avvolse le braccia attorno alla figlia, che si rannicchiò nel suo grembo, e cominciò a cullarla nel tentativo di farla sentire al sicuro.
Sentendo un pianto ovattato, Tony aprì gli occhi come per istinto. Da quando era padre, svegliarsi nel bel mezzo della siesta faceva parte della propria memoria muscolare. Inspirò e si girò sulla schiena. Si chiese dove fosse quella maledetta macchina fotografica quando il suo sguardo scorse su Pepper, seduta al suo fianco e addosso, Maria raggomitolata su sé stessa come alla ricerca di quella sicurezza perduta al momento della nascita. Come se stesse cercando di tornare nel ventre materno, con la consapevolezza che non esista nessun luogo più tranquillo del corpo di chi l’ha aspettata per nove mesi.
Fuori la tempesta continuava ad imperversare in modo violento e non gli ci volle molto per capire perché la figlia stesse piangendo fra le braccia di Pepper, che sembrava non aver dormito molto. I suoi zaffiri lo colsero in flagrante e le sue labbra si piegarono a metà fra la sfida e l’offesa. Dopo aver scoperto quella sua “debolezza”, Tony aveva capito che c’erano più vantaggi a rassicurarla che a prenderla in giro. Infatti ricambiò il sorriso, lanciando un’occhiata preoccupata a Maria che ancora singhiozzava.
« Purtroppo Pointbreak non è raggiungibile. Starà salvando qualche pianeta a suon di martellate… » mormorò ironico e Pepper ridacchiò.
« Suggerimenti? » domandò mesta, carezzando la chioma scura della bambina.
Fu guardandole che a Tony venne in mente una scena molto simile, avvenuta anni prima.
Quella stessa sera infatti lui e Pepper avevano ripreso ad alternarsi per consolare Maria, che soffriva di coliche per la maggior parte del pomeriggio. Era stato il turno di Tony che, sbadigliando sonoramente, si era alzato e con le palpebre ancora socchiuse, si era diretto verso la culla. Si era sporto su essa e sollevando delicatamente la figlia, si era chiesto come dei polmoni così minuscoli le permettessero di strillare così forte. Da grande, ne era certo, lo avrebbe sgridato come la moglie. Le guance erano rosse come il resto del visetto e gli occhietti erano due condotti idrici impazziti. L’aveva presa in braccio, permettendole di appoggiarsi sul suo petto e a dondolarla, massaggiandole la schiena come soleva.
Pepper nel frattempo si era seduta sul materasso, passandosi le mani sul viso stanco per poi soffermarsi tra i capelli rossi. Per alcuni minuti aveva tentato di riprendere sonno, non riuscendoci. Tony si era girato, continuando a consolare Maria anche se inutilmente, e l’aveva vista poggiare i gomiti sulle ginocchia e la guancia su una mano. Le aveva sorriso mestamente, avvicinandosi per sedersi sul bordo del letto.

Lui era stato da sempre abituato a quei ritmi, soprattutto quando doveva impegnarsi in laboratorio, ma lei non riusciva a sostenerli altrettanto bene visto il suo ritorno a lavoro. Benché non a pieno regime e non fuori dalle mura della Villa. Inoltre si era sentita impotente perché qualsiasi cosa facesse per alleviare il fastidio della neonata era stato un altro buco nell’acqua. Aveva sospirato afflitta, abbassando il capo. Con una mano, le aveva sfiorato una guancia mentre aveva domandato un suggerimento all’AI, che aveva risposto…
« La musica… – mormorò Tony, tirandosi su – Vieni con me » rivolto alla moglie, scalciando via le lenzuola.
Pepper strinse Maria al petto e lo seguì lungo le scale fin nel salotto. In un angolo più o meno isolato, affacciato sull’oceano attraverso l’enorme vetrata che si apriva su un terrazzo, un pianoforte regnava sul salotto. Lo raggiunse, sistemando la bambina su un fianco perché non cadesse e osservò attentamente i suoi movimenti.
Tony, saliti i gradini che portavano allo strumento, si sedette sullo sgabello imbottito. Le fece cenno col capo e Pepper gli si sedette accanto mentre Maria piangeva ancora più disperata contro una sua spalla.
« Più vicino » la esortò e lei obbedì, guardandolo sollevare una mano con un profondo respiro.
Tony suonò le prime note di quella canzone che aveva già sentito molti anni prima, ma che aveva rispolverato proprio in occasione della nascita di sua figlia.
« Come stop your crying, it will be alright – canticchiò e Maria volse lo sguardo verso di lui, singhiozzando – Just take my hand and hold it tight… – allungò la mano libera e attese che vi posasse sopra la propria – I will protect you from all around you. I will be here, don’t you cry ».
Pepper sorrise quando la bambina, afferrò la mano del padre per portarsela sul viso che ancora nascondeva nel proprio petto.  
« For one so small, you seem so strong. My arms will hold you keep you safe and warm »
« This bond between us, can’t be broken. I will be here, don’t you cry » lo precedette, carezzando i capelli corvini della figlia.
Poi i due coniugi presero a cantare insieme, sottovoce.
« ‘Cause you’ll be in my heart. Yes, you’ll be in my heart. From this day on, now and forever more – Pepper sentì i muscoli della bambina rilassarsi e la tensione abbandonarla  – You’ll be in my heart, no matter what they say. You’ll be here in my heart, always »
Tony sorrise e continuò a suonare finché, qualche minuto dopo, Maria non chiuse gli occhi. Terminò la canzone e sospirò nel notare che il suo visetto era premuto contro i seni materni. Non un lamento, si era addormentata profondamente mentre una manina stringeva mollemente un lembo del pigiama. L’ultimo rintocco si perse nell’aria con un debole eco sempre più lontano e Pepper, sollevando una mano, gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte.
« Credevo che avresti suonato i Black Sabbath – lui si lasciò sfuggire una risatina gutturale – Mi piace quando suoni » aggiunse, posandogli una mano sulla spalla.
Da quando Maria era entrata nelle loro vite, Tony aveva ripreso a suonare. In modo sporadico e possibilmente, lontano da occhi e orecchie altrui. Le capitava spesso, tornando dall’azienda, di trovarlo davanti allo strumento con la figlia sulle ginocchia che ovviamente, schiacciava i tasti a casaccio. E più volte, Pepper coglieva quelle opportunità, elogiandolo – giungendo a pregarlo fino all’esasperazione – finché non cedeva. Adorava guardarlo suonare perché finalmente, scorgeva il vero Tony. Il brillante giovane studioso, il ragazzo appassionato di motori e tecnologia e il figlio affettuoso. Vedeva l’uomo, l’eroe, che era diventato.
« Lo terrò a mente nel caso in cui le omelette non funzionino » rispose e lei sorrise divertita.
« Mi insegneresti a suonare? » chiese, cogliendo il marito di sorpresa.
« Non credo di essere così bravo » sminuì lui, tornando a strimpellare di nuovo la canzone.
« Tony Stark che fa il modesto »
« In esclusiva »
« Sul serio » replicò Pepper, interrompendolo.
« Mi stai dicendo che »
« Mi piacerebbe che »
« …farai tutto quello che ti dirò? »
« …facessimo qualcosa insieme » mormorò, tenendogli testa.
Tony la scrutò, sapendo bene chi avrebbe vinto quella discussione. Ma lui era fatto così e gli piaceva battibeccare con Pepper. L’idea che fossero passati… Beh, tanti anni e che lei fosse ancora lì al suo fianco gli faceva girare la testa. A volte quando, uscendo dal laboratorio, la trovava in certe situazioni – come due giorni prima, in cucina mentre ballava fra le pentole con la musica di sottofondo e Maria a cavalcioni sul suo fianco – gli pareva di vivere in un mondo onirico, avvolto dal miele. A volte non gli sembrava possibile che fossero sposati e che avessero una figlia.
« La piccolina è la prova che »
« Intendo qualcosa che »
« …qualcosa insieme lo abbiamo fatto » ammiccò e sorrise di più quando vide le labbra di Pepper curvarsi verso l’alto.
« …comprenda i vestiti » concluse lei con tono trasecolato.
« Posso insegnarti anche senza vestiti – propose e lei arcuò un sopracciglio, in attesa di una risposta che almeno sembrasse seria – Non ho detto di no… »
« Grazie – Tony pensò che non avrebbe potuto negarglielo, non solo quello, neanche se lo avesse voluto
– Ora suoneresti qualcosa per me? »
« Sì, Madame » rispose e sotto i polpastrelli una canzone da dedicarle.

THE END

Angolo Autrice: Sì, finalmente ci siamo. Anche questa long è giunta al termine e per restare coerente, sono in orripilante ritardo. Questo perchè ho rivisto più volte il capitolo (che vuole essere un po' un epilogo più leggero e anche introspettivo, se volete): un po' perchè non ne ero mai soddisfatta e un po' perchè odio dover chiudere con una storia. Ve l'ho detto, sono una sentimentale e per questo motivo, rinnovo il mio invito a seguire i futuri spin off sulla famiglia Stark! Non so quando di preciso, ma ci saranno ;)
Vi chiedo ancora scusa per l'attesa, ma spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento :D
Come sempre ringrazio tutti quelli giunti fin qui <3 Se volete, lasciate pure un commento :*
A presto (spero xD), 
50shadesOfLOTS_Always

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