I gradini del Caos

di gasolina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un luogo in cui vivere insieme ***
Capitolo 2: *** La vita lasciata in un'altra storia ***



Capitolo 1
*** Un luogo in cui vivere insieme ***


01.un luogo in cui vivere
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La casa era così vuota quella mattina.
La luce del sole, sembrava fredda e trafilava attraverso le persiane, colpendo i bianchi mobili della cucina.
Era tutto così immacolato, come se nessuno avesse mai varcato la soglia di quella casa prima di allora.
“Spero tu abbia dormito bene.” La voce morbida, alle spalle di lei la distolse dalla contemplazione della grande stanza in cui era entrata.
Si voltò, e si accorse che l’uomo che aveva davanti aveva qualcosa di diverso dal solito.
“Si, molto bene.” Rispose.
Scalza, si mosse silenziosa sul parquet della cucina, girò intorno all’isola per scoprire con cosa fosse attrezzata e se qualcosa le potesse essere utile. L’altra figura invece andò verso la credenza e l’aprì.
“Ho la sensazione che dovremmo andare a fare la spesa.” Disse la ragazza vedendo che l’uomo aveva trovato solo un barattolo quasi vuoto con all’interno quello che sembrava essere del sale grosso.
Lui la guardò e le sorrise. “E’ la parte spiacevole della fuga non troppo premeditata.” E si avvicinò a lei, posando sull’isola della cucina il barattolo.
La ragazza capì cosa c’era di diverso, per una volta non si era pettinato così formalmente come lo aveva sempre visto. In rare occasioni lo aveva visto con una capigliatura differente, ma quella da appena sveglio, non gli era ancora capitata.
Sembravano più soffici così, erano un po’ spettinati, e stranamente gli donavano, gli conferivano un’aria più giovanile e meno seria.
“Sembri molto rilassato…” disse lei posando la caffettiera moka che aveva trovato, sul marmo candido dell’isola. “…ti senti così al sicuro?”
Lui tenne lo sguardo su di lei, ma non rispose subito.
Non resistette all’impulso di allungare la mano e prendere tra le dita una ciocca di capelli che le scivolava disordinata sulla spalla. Trovò grande piacere a quel contatto, e si distrasse dal suo gioco solo per osservare la sua reazione.
Lei non si mosse, ma lo osservò, incerta su cosa fare.
Dentro di sé ha una consapevolezza, il fatto di essere lì in quella casa con lui, è stato il frutto di una scelta.
Una scelta dovuta da una storia troppo lunga, troppo triste e soprattutto troppo dolorosa.
“Non saremo mai al sicuro, dovremo stare sempre attenti a ciò che facciamo.” E lasciò la ciocca solo per poterle sfiorare il dorso della mano su cui disegnò forme irregolari con i polpastrelli. “Ma per ora possiamo goderci questi momenti…sarei un pazzo se non lo facessi.” Disse sfoderando il suo solito sorriso beffardo.
Lei distolse lo sguardo, ritraendo la mano.
Pensava di riuscire a non provare più nessun imbarazzo davanti agli sguardi e agli approcci di quell’uomo, soprattutto ora, che scappando con lui aveva tacitamente acconsentito ad un rapporto diverso da quello che era prima.
“Insieme.”
Quella era la parola su cui rifletteva dal momento in cui era salita sulla sua auto e avevano viaggiato per tre giorni, fermandosi rare volte, se non per dormire in qualche motel di strada.
“Sansa…” lui le riprese la mano, e stavolta la avvolse con la sua. Si avvicinò ancora di più a lei e con la mano libera le sollevò il mento verso il proprio viso.
“…voglio proteggerti. Voglio che tu sia felice.”
Lei sentì la sensazione che provava ogni volta che lui si avvicinava a quel modo, che prendeva quella confidenza, così piacevole, così intima, ma allo stesso tempo così profondamente sbagliata.
“E’ sbagliato.”
Un altro pensiero che la attanagliava. Un’altra parola che faceva capolino nella sua mente, pronta ad inghiottirla.
Ma i suoi pensieri si sciolsero in fretta quando sentì le calde labbra di lui sulle proprie.
Labbra un po’ ruvide, stropicciate dal sonno appena interrotto, ma che sapevano coinvolgere in un vortice di sensazioni.
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Ed eccolo lì, quell’impulso che già altre volte l’aveva chiamata a sé, ma che aveva sempre trattenuto con tutte le proprie forze. Ma quel gioco ormai era iniziato da molto tempo, e adesso si era fatto troppo serio per tentare di rimediare ai sensi di colpa.
Quando lui si staccò piano da lei, non riuscì a non riavvicinarsi a sua volta per riprendere quel dolce contatto. Dopotutto, ora, lui sarebbe stato il suo futuro. E fu realizzato questo, che sciolse per alcuni momenti ogni rimorso.
Lui la assaporò dolcemente, godendosi quella sensazione di accettazione, ma soprattutto, quel solo piccolo dolce bacio per lui sembrò come una firma a suggellare ciò che erano stati solamente dei piani nella sua mente fino a poco tempo prima.
“Dovremmo andare a comprare qualcosa da mangiare…” disse lei, riprendendo lucidità dopo essersi allontanata.
Le rivolse il suo sorriso beffardo. “Forse posso resistere un altro po’ senza caffè…” e tentò di riavvicinarla a sé, ora che si sentiva libero da ogni etichetta, da ogni formalità, non voleva più perdere occasioni, non voleva più interrompersi per futilità.
Petyr.” Lo richiamò lei, poggiando una mano sulla sua spalla per scostarlo. Il senso di colpa era tornato.
I loro sguardi si incrociarono nuovamente, lui ancora con gli occhi socchiusi e le labbra increspate.
Lei gli sorrise, come per chiedergli scusa.
Non disse nulla, ma le carezzò la guancia prima di prendere la moka nell’altra mano.
“Hai ragione, dovremmo pur mangiare. Andiamo a fare la spesa.” Disse, alzandosi dallo sgabello voltando la caffettiera a testa in giù e scuotendola.
“Mi vesto.” Disse lei scendendo dallo sgabello.
Gli occhi di Petyr la seguirono fino alla porta, affascinato da quella figura scalza e silenziosa, con il pigiama ricavato da alcuni vecchi vestiti, che le donavano un tocco trasandato ma estremamente sexy.
Un sorrisino malizioso si stampò sulle sue labbra, e una sensazione di libertà lo attraversò.
In quella casa poteva fare ciò che voleva, senza badare a nessuno, nessuno se non all’unica persona che ora voleva e aveva al suo fianco.






Angolo buio dove l'autrice si inchina per fare scuse e spiegazioni:
Grazie a chiunque mi abbia letto, e iniziato questa storia, e soprattutto a chi recensirà! Ogni commento e critica mi aiuta a migliorarmi quindi fatevi sotto! Accetterò tutto molto volentieri.
Ci tengo a precisare che si, io sono una shipper Sansa/Petyr, ma in particolare amo il personaggio di Ditocorto, e sto tremando per questa settima stagione. Io purtroppo, come penso ormai quasi tutti,  in cuor mio so che questo personaggio non può finire bene. Infatti è stata una scommessa scrivere questa storia. Perchè so che comunque Petyr non è un personaggio generalmente amato, e si fa presto a dimenticare alcuni personaggi. Io ancora nutro speranze in R.J. Martin che spero mi stupisca facendo almeno uscire il prossimo libro perchè stiamo tutti soffrendo, soprattuto perchè voglio conoscere il destino di questo personaggio nella serie originale dalla quale si è ormai andati lontani con la serie.
Volevo dire che ho pronti altri capitoli, ho scritto parecchio prima di decidermi a pubblicare il primo capitolo soprattutto perchè volevo vedere se il mio cervello riusciva a trovarne un finale. In particolare non ho ritenuto necessario iniziare gli eventi iniziali, perchè credo sia stato davvero raccontato di tutto, ed inoltre intendo avvalermi di flashback e altri elementi. Perchè appunto se no, non sarei mai arrivata al termine. In realtà iniziai tanto tempo fa  un'altra fanfictio ambiantata ai giorni nostri, che un giorno potrebbe essere utile proprio per riprendere gli atti iniziali. In corso d'opera deciderò come usarli, perchè erano capitoli in cui avevo messo davvero il cuore.
Ho deciso di ambientare questa storia ai giorni nostri, perchè...beh perchè credo che possa risultare ancora più accattivante, ed inoltre io adoro l'attore che interpreta Petyr, Aidan Gillen, lo trovo affasciante e adoro vederlo vestito al naturale. Quindi non sono riuscita, nella mia mente, ad immaginarmelo ancora con vestiti medievali.
Spero vi sia piaciuto, ci vediamo presto con il prossimo!

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Capitolo 2
*** La vita lasciata in un'altra storia ***


02.una stoi

La vita lasciata in un’altra storia



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L’auto procedeva silenziosa lungo le strade della cittadina.

E’ una piccola città, pulita e poco affollata. “Sembra un posto tranquillo”. Disse lei interrompendo il silenzio.

“L’ho scelto per questo. E’ distante almeno cinque ore da una grande città ed è un posto abbastanza sconosciuto.” E cambiò la marcia per girare la curva tra un caffè e un ferramenta.

“Dovremmo comprare anche dei vestiti, non ci siamo portati molto.” Aggiunse dopo aver adocchiato una boutique.

Sansa si strinse nelle spalle, e abbassò lo sguardo.

“Mi dispiace.” Sussurrò.
“E per cosa?” chiese lui un po’ stupito.
“Siamo andati via, hai lasciato tutto così di corsa per colpa mia. Ti sono di peso, e non ho nemmeno soldi per poter contribuire. Mi dispiace.” Fu quasi un rantolo. Come se stesse trattenendo a stento le lacrime.

Era la verità, si sentiva un peso inutile, che aveva bisogno di tutto, una mantenuta in piena regola. Si sentiva in colpa, si. Ma anche prigioniera. Nuovamente si trovava in un vicolo cieco dove da sola non sarebbe riuscita a fare un passo, e questo le precludeva la piena libertà delle sue azioni.

Non che Petyr fosse un carceriere, però si rese conto di non avere l’indipendenza che desiderava.

“Non dirlo. Io ti ho proposto di venire qui, e io sono più che felice di aiutarti.” Disse tenendo lo sguardo sulla strada per poter parcheggiare l’auto. Ma la ragazza non si sentì per nulla consolata da quelle parole.

Mise la retromarcia e parcheggiò in uno dei posti auto del supermercato. Quando spense il motore, Sansa fece per slacciarsi la cintura di sicurezza, ma prima che potesse premere il pulsante, la mano di Petyr avvolse la sua. Lo sguardo della ragazza andò a specchiarsi in quello dell’uomo.

I suoi occhi color del mare sembrarono scrutarle l’anima. “Sansa…nulla vale più del fatto che tu abbia deciso di venire qui…con me.” E si portò alle labbra il dorso della candida mano di lei.

Sansa fece un lieve sorriso, un po’ rincuorata da quelle parole. Parole a cui forse non avrebbe creduto fino a qualche tempo fa.

 

 

Nel supermercato della città c’erano per lo più grandi reparti di macelleria e ortofrutta, segno che quello doveva essere un posto che produceva sul territorio la carne e la verdura. Sansa aveva visto delle grandi distese di campi il tardo pomeriggio del giorno prima, mentre terminavano quello che era stato un lunghissimo viaggio in auto.
“Vado a prendere il caffè e il pane.” Disse allontanandosi e dirigendosi verso i prodotti da forno.

Anche il pane era fresco, e a Sansa piacque molto quell’angolo dove il fragrante odore del pane allietava i clienti. Prese un paio di baguette e alcuni panini.

Chissà cosa preferisce?  Pensò. Istintivamente cerco con lo sguardo Petyr, che doveva essere non troppo lontano da dove lo aveva lasciato con il carrello. Lo intravide nell’angolo dei vini. Sembrava guardarli con non troppa attenzione.

Sansa ridacchiò. Non avrebbe mai immaginato Petyr Bealish alle prese con una faccenda abitudinaria come la spesa. Eppure eccolo lì, a girare tra gli scaffali con un ingombrante carrello e a grattarsi il capo nel tentativo di leggere le etichette dei prodotti. Petyr prese finalmente un paio di bottiglie che sembravano soddisfarlo e le mise nel carrello. Senza volerlo incrociò il suo sguardo con quello di lei. Le sorrise.

Il cuore di Sansa accelerò, e gli sorrise d’istinto. Si voltò rapidamente, sperando di non essere arrossita.

Quella situazione iniziò a farla pensare a ciò che stava accadendo tra loro due.

Avrebbe potuto riflettere su migliaia delle cose successe negli ultimi tempi, cose orribili, cose tristi…ma la sua mente decise di soffermarsi su qualcosa di più piacevole, l’unica di conforto in quella triste situazione.

Arrivò allo scaffale del caffè e ne prese la marca che già conosceva.

Immaginò se stessa fare il caffè in quella nuova cucina così spaziosa, come se fosse una cosa abitudinaria, e Petyr appoggiato con i gomiti all’isola della cucina, in attesa di lei e del caffè per iniziare la colazione, di sedersi ed iniziare a spalmare della marmellata di fragole su una fetta biscottata. Una fetta biscottata che però non sarebbe arrivata sul suo palato, perché per gioco Petyr gliela sfilava di mano e la addentava, sporcandosi agli angoli della bocca di marmellata. Immaginò anche di avvicinarsi a lui per pulirgli le labbra con il polpastrello. E’ lì che Petyr allungò la mano per avvicinarla e baciarla. Un bacio dolce, dal sapore di confettura.

 

Questa immagine non potè non farle rendere conto che quella scena immaginata, ma che non andava poi così lontano dalla possibile realtà, era una situazione che poteva vedere coinvolti una coppia molto innamorata.

Una coppia? Innamorati? Io e Petyr?

“Coppia”. Era un termine così strano da usare per descrivere ciò che c’era tra lei e Petyr.

Amici?  Ma si rese subito conto che potevano essere tutto tranne che amici. I baci che lui le dava, le sensazioni che provava quando lui la sfiorava, non potevano di certo riferirsi alla sola amicizia.

Tornò brevemente a vagare con lo sguardo in cerca del suo. Ma non lo trovò. Petyr era troppo intento al banco frigo e scegliere i pezzi di carne che più gradiva.

Lo guardò e si concesse un altro momento per analizzare quell’uomo che dopo così tanto tempo non sapeva ancora come inquadrare.

Era un uomo sicuramente piacente, non molto alto, abbastanza magro, e i capelli folti di un colore corvino, mischiati insieme a tanti color dell’argento. Eppure i capelli brizzolati gli donavano. Ora che non li portava pettinati come al solito modo, sembrava più giovanile, soprattutto da quando durante il viaggio, una sera, si tagliò la barbetta sul mento e sopra la bocca.

Ed effettivamente Petyr era molto più grande di Sansa, lei ventidue anni appena compiuti, lui vicino ai quarant’anni, ma questo non diminuiva il suo fascino, anzi, probabilmente era il suo punto forte.

 

Amanti…

Fu la parola che le tuonò in mente al pensiero dei tanti baci scambiati, ma appunto…furono solo baci, null’altro. E quindi anche questo termine non le sembrò adatto.

Però era sicuramente il termine che più si addiceva. L’intesa e la passione che trapelava anche solo con gli sguardi era qualcosa di palpabile, di intenso.

Presa da quei pensieri non si accorse del commesso a pochi passi da lei.
“Signorina, la posso aiutare?” chiese. Era giovane, biondo e con il mento squadrato.

“No, la ringrazio.” Disse velocemente, e mostrò il barattolo del caffè. “Ho già trovato quello che mi serve.” E fece per andare.

“Se le serve qualcosa non esiti a chiedere.” Disse velocemente il ragazzo cercando di attirare nuovamente l’attenzione di Sansa. “Questa mattina è arrivata della verdura fresca dei migliori campi del nostro Stato. Sarebbe un peccato perderla.” Aggiunse, sfoderando un sorriso piacente.

Sansa non sapeva cosa dire, aveva capito che quello era più che il semplice approccio di un commesso verso un cliente, ma non volle dargli corda.

“Grazie, per l’informazione” Disse fredda cercando di farlo desistere. 

“Io mi chiamo Dustin comunque. Sei nuova di qui?” non mollò comunque la presa.

Quella domanda la preoccupò. Si domandò se si capisse così tanto che fosse una forestiera, e se fosse così facile rintracciarla. Se così fosse, lei e Petyr sarebbero stati in pericolo.

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“Hai trovato il caffè?” disse una voce alle sue spalle.

Petyr si avvicinò spingendo il carrello, sul quale poggiava un gomito. Le arrivò di fianco e prima guardò lei, poi guardò il ragazzo. “Mettilo pure nel carrello.”

Non tolse gli occhi su di lui e garbatamente gli fece cenno di spostarsi per far spazio al carrello.  “Tesoro, andiamo a scegliere del gelato per stasera?” disse passando accanto al ragazzo.

“Tesoro?” si sorprese la ragazza per quel termine che mai avrebbe creduto di sentire da Petyr.

Il ragazzo deglutì, ed impacciato, si voltò verso lo scaffale e iniziò a far finta di mettere apposto dello scatolame.

Sansa capì che con quelle parole, Petyr provò ad interrompere qualsiasi proposito del ragazzo. Cosa che a quanto pare riuscì. Sansa fece un cenno educato al commesso, e raggiunse il fianco di Petyr.

Fecero alcuni passi, e solo quando fu sicura di non essere ascoltata dal commesso parlò.

“Tesoro?” ridacchiò ricalcando la parola, non potendo prendere seriamente quell’appellativo.

Lui sogghignò. “Beh, almeno si è tolto dai piedi.”

Al banco frigo Sansa scrutò i vasetti e le confezioni dei gelati, e aprì d’istinto il freezer quando ne trovo uno di suo gusto. Prima di afferrare la scatole però si fermò e si rivolse a Petyr.

“A te come piace?” chiese.

“Qualsiasi cosa tu scelga mi andrà bene.” Rispose lui.

A Sansa però sembrò non bastare quella risposta. Nella sua mente sapeva che era stupido voler conoscere i gusti sul gelato di Petyr, però si rendeva anche conto che quelle erano cose che le interessavano. Sentiva di sapere così poco di lui, dei suoi gusti, dei suoi hobby…insieme ne avevano passate tante eppure cose così semplici ancora non le sapeva.

“Vorrei scegliessi tu.” Insistette lei.

Petyr ancora una volta sembrò carpire tutto solo dalla sua voce, come se fosse una scelta di fondamentale importanza. Lei si stava sforzando per lui. Solo per lui, e non poteva non fargli piacere.

Quindi indietreggiò di un passo, e aprì il ripiano accanto.  Prese una confezione di affogato al caffè e di cioccolato. Inarcò le sopracciglia e scrollò il barattolo. “Spero piaccia anche a te.”
Lei annui, con un sorriso.

Fu un piccolo gesto. Ma Sansa lo ritenne necessario. Necessario per cancellare gli orrori del passato, per dimentica e costruire qualcosa di nuovo.

Petyr posò la confezione nel carrello, e le carezzò il gomito.

Vide il commesso del negozio alcuni metri più avanti che ogni tanto li sbirciava, cercando goffamente di non farsi notare.

D‘istinto avvicinò ancora più a sé Sansa, e la cinse con un braccio, frapponendola tra lei e la guida del carrello. 

Sansa si accorse del commesso solo quando se lo ritrovò davanti mentre spingeva il carrello.  Si sentì arrossire per l’imbarazzo. Un gesto così intimo, davanti a qualcuno, Petyr non l’aveva mai fatto.

Il ragazzo posò velocemente un pacco su uno scaffale e si allontanò.

Petyr sorrise soddisfatto dell’effetto ottenuto.

“Dici che potrebbe essere un problema?” chiese.

“Beh, direi che ha capito che non sei interessata.” Rispose lui.

“Veramente…” e abbassò la voce avvicinandosi all’orecchio di Petyr. “…mi riferivo al fatto che non dovremmo dare nell’occhio.” Disse lei soffermandosi a studiare la lieve barba che gli ricopriva le guance.

Incrociò il suo sguardo, e non trattenne un beffarda risata. “Diciamo che al momento sono più preoccupato per i tuoi ammiratori. Ho paura che mi toccherà tanta fatica per tenerli a bada.”

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Arrivati alla cassa Petyr e Sansa iniziarono a caricare la spesa.

Davanti a loro un’anziana signora stava contando gli spiccioli e la cassiera sembrava visibilmente annoiata da tanta lentezza.

Sansa notò che era come un cliché, e non trattenne uno sbuffo. Notò però che la cassiera aveva cambiato espressione quando i due si avvicinarono. Ora mandava occhiate verso Petyr, mentre questo spulciava le confezioni di caramelle e chewingum negli scaffali vicino alla cassa.

Lo guardava interessata, in particolare Sansa notò il suo sguardo danzare da una parte all’altra sul corpo. Pensò che se si fosse mai accorta di qualcuno che la guardava a quel modo sarebbe corsa via dall’imbarazzo. Invece Petyr non sembrò accorgersene.

Finalmente scelse le caramelle alla menta e le mise nel carrello. “Mi piacciono alla menta.” Disse lui rivolgendosi a Sansa, come se fosse un’altra cosa che avrebbe potuto mettere nel taccuino delle cose che gli piacciono.

La cassiera si accorse finalmente di Sansa dietro al carrello, e le tirò un’occhiata delusa che a Sansa non scappò.  Penserà che sia la sua ragazza. Dedusse.

“Ragazza” un altro termine che non seppe se essere idoneo alla situazione.

“Ricordiamoci di controllare il frigo e il freezer appena arriviamo a casa. Questa mattina l’ho acceso ma non vorrei che avesse problemi.” Disse Petyr guardando i gelati che finalmente venivano battuti in cassa, dopo che l’anziana ebbe ricevuto il suo scontrino.

La cassiera che aveva ascoltato, non sembrò più delusa, anzi, continuò a guardare di sottecchi l’uomo, mentre batteva lentamente gli articoli in cassa. 

E se pensasse che sono la figlia?

“Stasera potremmo noleggiare un film, che dici?” disse Sansa avvicinandosi a Petyr e iniziando a riporre la spesa nel carrello man mano che veniva passata.

Fu una proposta non ragionata, voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa che facesse intuire che c’era intimità tra i due. Che non voleva essere presa per una ragazzina.

Petyr inarcò le sopracciglia stupito, ed estrasse i contanti dal portafogli quando la cassiera gli disse il conto.

“Grazie e torni a trovarci.” Disse la cassiera.

Petyr non sembrò nemmeno accorgersi dell’enorme sorriso che gli rivolse.

“Certo è che in questo supermercato, i dipendenti sono tutti così cordiali.” Disse lei appena superata l’uscita.

“Già…” disse lui. “I commessi non sanno stare più al loro posto, ma non è male.”

“Anche le cassiere non sono male…” disse lei cercando di provocarlo.

Lui sembrò non capire, e la guardò interrogativo.

Sansa sorrise un po’ imbarazzata, capendo che solo lei aveva notato lo sguardo di un’altra donna sul suo…

Mio…?

Non trovò una parola adatta a terminare il pensiero.

“Allora, dicevi sul serio per il film?” riprese il discorso lui.

“Beh, se hai voglia…oppure potremmo uscire.” Propose lei. “Vorrei fare qualcosa di rilassante ora che siamo lontani da tutto.”

“Va bene…se non ti dispiace vorrei restare a casa.” Disse mentre metteva le buste della spesa nel bagagliaio.

“E il film lo scegli tu.” Aggiunse lei. Lui rispose con un sorriso dei suoi.

Petyr chiuse il bagagliaio, e andò verso la portiera del passeggero. La aprì galantemente e allo stesso modo la chiuse quando Sansa salì.

Nel breve girò che fece in torno all’auto, Petyr sentì di non essersi sentito così libero da tanto tempo, che il pensiero di aver abbassato la guardia da quando aveva messo piede in quella cittadina non lo preoccupava. Ma sapeva invece che avrebbe dovuto.

E quando salì in auto, con Sansa al suo fianco, capì pienamente che quelle sensazioni erano date da lei. Ora c’era solo Sansa. E questo gli bastava.















Angolo buio dove l'autrice si inchina per fare scuse e spiegazioni:
Ho deciso di pubblicare quasi subito questo capito, perchè comunque sono la prima a crdere di starmela prendendo comoda con le parti descrittive e con le situazioni.
Non miro nei primi capitoli a fare un boom di azioni, vorrei arrivare a descrivere una situazione ottenata proprio come effetto di un "boom" già successo. E un po' è una specie di rifacimento in parallelo alla serie, infatti a Grande Inverno al momento non sta succedendo tanto. Si attende. E questo è quello che vorrei far fare ai personaggi.
Spero non lo abbiate trovato noioso.
Mi piace mischiare il petyr dei libri con quello della serie tv, che credo che siano simili ma anche molto diversi.  Ho anche pensato si lasciar perdere la maternità dell'idea, facendola diventare una storia originale, il punto è che nella mia testa i volti degli attori, e la mente geniale e introversa di Petyr sono fondamentali.
Fatemi sapere che vi sta sembrando :) Ci tengo all'opinione di tutti, anche se negative, sono lieta di imparare dai miei errori.

 

 

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