Storia di una sayan troppo fragile

di paige95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita instabile ***
Capitolo 2: *** Notizie poco rassicuranti ***
Capitolo 3: *** Alleniamo i sentimenti ***
Capitolo 4: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 5: *** Un'attesa quasi mortale ***
Capitolo 6: *** L'ultimo lieto evento ***
Capitolo 7: *** Contrasto cromatico ***
Capitolo 8: *** Il nostro ultimo disperato gesto ***



Capitolo 1
*** Una vita instabile ***


Una vita instabile
 
Non riesco più a dormire serenamente. Ogni minuto che passa, temo di perderlo e questa non è più vita.
Esce la mattina presto e ritorna a notte fonda, senza nemmeno giustificare il suo ritardo.
Il pensiero del bambino che sta per nascere non lo ferma, non gli impedisce di uscire ogni giorno di casa, senza sapere se farà ritorno.
Io non sono come lui, non ho questa incessante sete di sangue e di potere sugli altri. Vorrei solamente un po’ di tranquillità insieme alla mia famiglia. È chiedere troppo?
Sento che sta tornando e chiudo gli occhi. Fingo di dormire così evito discussioni, che non fanno bene né a me né al nascituro.
“Gine”
Mi chiama, ma io lo ignoro, girandomi lentamente dall’altra parte.
“E dai, tesoro. Sei ancora arrabbiata con me?”
Escono solo domande inutili dalla sua bocca ultimamente.
“Vieni a letto, Bardack”
Lo sento coricarsi alle mie spalle.
“Come sta nostro figlio?”
Vorrei tanto rispondergli ‘Starebbe meglio con un altro padre’ ma cerco di trattenere la mia ira assopita e mi limito ad una singola parola.
“Bene”
Non può non aver colto la mia poca propensione al dialogo.
“E Radish?”
A quel nome mi siedo e lo fisso.
“A proposito di lui, allontana subito l’idea di portarlo con te. Mi hai capito?”
Si alza anche lui, è scuro in volto, ma nonostante tutto sempre bellissimo. Giro lo sguardo altrove con rassegnazione, non c’è nemmeno gusto a litigare.
“È un sayan, Gine. Sarà la sua vita e deve imparare fin da subito a combattere”
A quelle parole mi volto nuovamente verso di lui “Spero tanto che sia una femmina” indico la mia pancia
“E cosa cambierebbe? Anche lei sarà una sayan”
Sono disgustata, mi trovo in un labirinto di odio in cui non ho scelto io di entrare.
Mi alzo.
“Dove vai?”
Non ho nemmeno voglia di rispondergli. E poi cosa gli importa? Bardack passa intere notti fuori casa. Ma io, a differenza sua, ho intenzione di uscire e di non tornare.
Faccio pochi passi e cado per terra. Mio marito si affretta a soccorrermi. Mi fa coricare nuovamente sul letto.
Piango silenziosamente “Non lo voglio questo bambino. Non voglio che viva in questo modo”
Lui non mi risponde, ma si siede accanto a me.
“Gine, devi riposare” 
Ignora il mio delirio, mi dà un bacio sulla fronte e si allontana.
“Vado a chiamare la nutrice. Non è normale questa debolezza”
Sono l’unica persona verso cui riesce a mostrare clemenza. Solo io sono in grado di vedere la purezza del suo cuore. Mi fa male che usi la sua forza per scopi così infimi.
 
Torna dopo poco con una nutrice. Lui esce e mi lascia sola con quella donna. Tanto so già che il mio male si chiama solitudine.
Mi visita per constatare la salute del nostro bambino. Impiega un bel po’ di tempo e temo il peggio.
“Sta bene, vero?”
Non mi risponde e mi alzo leggermente sui gomiti per vedere quello che sta succedendo.
A dispetto del mio sfogo di prima, ora ho davvero paura possa succedere qualcosa a quella creatura, non c'entra nulla con tutto questo caos che si è creato nella mia vita e spero con il cuore di non avergli trasmesso quel dolore che dilania il mio cuore, fino a portarlo alla morte.
“Questo bimbo sta bene”
La nutrice mi risponde sorridendo.
“B-bimbo? È un maschio?”
Oh no, non di nuovo! Ora dovrò tenere anche lui lontano dalle grinfie di suo padre e non so se ne ho la forza.
Finalmente la nutrice esce ed io posso dare libero sfogo alle mie frustrazioni.
 
Mi sveglio ormai all’alba e come ogni mattina mi ritrovo sola.
Non era questa la vita che sognavo per me e i miei figli. Devo trovare una soluzione, perché così non credo di riuscire ad andare avanti.
 
Continua…
 
Spazio dell’autrice
 
Salve di nuovo a tutti cari lettori! 😊
Ringrazio Marlena_Libby per avermi dato lo spunto a scrivere questa storia <3
Ritento ancora a scrivere in prima persona, perché mi piace un sacco e riesco a dare voce in modo più spontaneo ai sentimenti della protagonista.
Fatemi sapere se questa idea vi piace!
Se vi va, a presto con il prossimo capitolo 😊
Baci :3
 
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Notizie poco rassicuranti ***


Notizie poco rassicuranti
 
Un rumore assordante interrompe la mia lettura. Sento delle urla al piano inferiore.
Mi affretto e vedo davanti ai miei occhi mio marito che grida contro nostro figlio.
“Bardack!”
Mi ignora “Radish, guai a te se fai ancora una cosa simile!”
Lo sta per colpire con un’onda, ma io prontamente mi interpongo tra i due contendenti “Basta, Bardack! È solo un ragazzo!”
“Levati, Gine! Non sono affari tuoi”
Mio marito non si placa.
“E, invece, credo proprio siano anche affari miei”
Mi fissa negli occhi con disapprovazione. Ma non mi importa un accidente se non approva il mio comportamento. Finalmente ritira quella dannata onda.
Mi volto verso mio figlio “Tesoro, cos’è successo?” ha un volto colpevole, non riesce nemmeno a rispondermi
Sono alterata, profondamente arrabbiata con l’unico vero colpevole di tutto questo.
“Bardack, spiegami immediatamente cosa è successo!”
Guarda Radish con disappunto “Risparmia i nemici e un sayan non risparmia nessuno”
Sono davvero allibita a quelle parole “Lo hai portato in missione con te?? Quando ti avevo esplicitamente pregato di non farlo?”
Mi risponde con ovvietà “Ti ho già detto che non si può evitare”
Lacrime scorrono per il mio viso, stringo a me Radish, nel vano tentativo di proteggerlo da quel padre incosciente, mi chino davanti a lui “Tesoro, non hai fatto nulla di male, hai capito?” cerco di mostrarmi serena davanti a lui, ma le circostanze me lo impediscono “Io sono orgogliosa di te” gli do un bacio sulla fronte “Ora vai in camera tua, intanto io parlo con tuo padre”
Nostro figlio si allontana e quando è abbastanza lontano posso smetterla di fingere e riprendere a guardare l’uomo che ho davanti con un’aria infuriata.
“Gine, non ci credo, ma che razza di educazione gli trasmetti??”
Non riuscirò mai a farlo ragionare, a fargli capire anche solo per un momento le mie ragioni.
“Guarda che quella delusa sono io e da te”
È agitato, non riesce a stare fermo “Tu non capisci la gravità del tuo comportamento. Siamo un popolo di guerrieri, Gine. Se non impara a combattere contro i nemici, mi spieghi cosa diventerà?”
“Una persona onesta che conoscerà l’amore e la clemenza”
“Quindi io non lo sono, giusto?” mi guarda con un’espressione delusa
“In questo momento mi viene difficile crederlo”
Non ho più voglia di discutere con lui, esco dalla porta con tranquillità, ho bisogno di prendere un po’ d’aria.

Sento dei passi dietro di me.
“Gine, ferma!”
Mi volto sfinita da tutto l’odio che devo vivere ogni giorno.
“Che vuoi, Bardack? Ti prego, lasciami stare un momento”
Ha un’espressione seria, come se volesse annunciarmi qualcosa di importante.
“Ho parlato con re Vegeta oggi”
Non riesco a guardarlo negli occhi dopo quello che ha fatto, dopo che non ha rispettato l’opinione di una madre sul proprio figlio.
“E che novità c’è in questo?”
Prende un respiro, deve essere una faccenda grave.
“Teme” non riesce nemmeno a dirlo “Teme che qualcuno minacci il nostro pianeta” mi scruta per valutare la mia reazione “Non lo sappiamo ancora con certezza”
Mi stanno spaventando le sue parole.
“Però, volevo dirti che è per questo che ho portato con me il ragazzo, voglio che sia preparato ad un’eventuale guerra”
Questo non lo giustifica, non giustifica il suo vigliacco comportamento.
“Bardack, così ottieni solo l’effetto contrario, lo spaventi, devi essere più dolce”
È triste, profondamente amareggiato. Volge lo sguardo a terra.
“Io non sono come te, Gine. Non riesco ad essere più delicato con lui, non mi è stato insegnato”
Gli sfioro una mano per contenere quel momento di sconforto e a quel tocco lui mi fissa negli occhi.
“Puoi imparare. Non attaccarlo quando sbaglia, se non si sente di uccidere il nemico non è un male, nostro figlio ha un cuore buono come il tuo" gli poso l'altra mano sul petto, all'altezza di quel muscolo che troppe volte rinnega "Non macchiarlo di vendetta e odio”
“Ma se ci attaccano”
Lo zittisco “Sapremo difenderci solo se staremo insieme”
Sono immensamente arrabbiata con lui, ma mi rendo conto che in questo momento l’astio tra di noi diventa inconcludente, specie dopo la notizia che mi ha appena dato.

Continua…

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Capitolo 3
*** Alleniamo i sentimenti ***


Alleniamo i sentimenti
 
Dopo la notizia che Bardack mi ha comunicato, il mio umore è notevolmente peggiorato.
È passato un mese da quel terribile giorno. Ora acconsento maggiormente a mio marito di allenare Radish, perché temo veramente che qualcuno possa contribuire a rovinare la nostra famiglia e stavolta per sempre.
Negli attimi di tranquillità e di raccoglimento intorno al focolare domestico, mi concedo un po’ di tempo per insegnare a Bardack i modi migliori di approcciarsi al nostro ragazzo. Lui mi ascolta senza battere ciglia; persino quando lo rimprovero non replica. Che si stia immaginando davanti a sé un drammatico destino e voglia vivere questi ultimi momenti in pace e serenità con la sua famiglia? Queste mie supposizioni vengono rese ancora più oscure al pensiero del bambino che porto in grembo, mi chiedo se vedrà mai la luce del sole, se lo cresceremo, come stiamo facendo con Radish. Ormai i pensieri felici mi sono preclusi.
Noto con piacere che Bardack ritaglia sempre più tempo da trascorrere con me; ma la sua tristezza e la sua preoccupazione sono palpabili, non lo abbandonano mai.
 
Stasera provo a distrarlo dai pensieri, almeno per un po’ desidero regalargli serenità, anche se avrei bisogno a mia volta di rassicurazioni.
Accompagno la sua mano sulla mia pancia lievemente accentuata.
“Lo senti?”
Lui fissa pensieroso quella mano. Forse i miei stessi timori sulle sorti di quel bambino sono anche i suoi.
Ignoro la sua espressione e proseguo nel mio intento.
“Tesoro, come lo chiamiamo?”
Ora mi guarda con quegli occhi color pece, in cui tante volte mi sono persa, senza la certezza di riuscire ad uscirne.
“Non lo so, Gine”
Allontana la mano dal mio ventre e sospira rassegnato.
Non riesco più ad ignorare il suo umore.
“Bardack, che hai? Sei preoccupato?”
Cerca di dissimulare con un mezzo sorriso, ma quello sguardo lo conosco bene, non può mentirmi tanto facilmente.
“Non credi che nostro figlio sia migliorato?” ritorna a posare gli occhi su di me “Ed anche io, vero?” mi rivolge un sorriso sincero “Intendo, riesco a gestire meglio il nostro rapporto e vedo che Radish è molto più rilassato quando è con me, apprende meglio. Avevi ragione, ho sbagliato ad essere così duro con lui. Però” si interrompe
“Però?” ho seguito attentamente il suo discorso con un pizzico di orgoglio, ma quella pausa non fa ben sperare
“Temo che dovrà tirare fuori tutta la sua crudeltà se ci attaccano” è stranamente rassegnato a quell’idea, sa che quell’eventualità potrebbe ferirmi
Cerco di sdrammatizzare una situazione che è già al limite del sopportabile “Credo che quella dovrò tirarla fuori anche io se ci attaccano”
Gli sorrido e lui fa altrettanto.
Torno seria.
“Bardack, sono certa che saremo tutti pronti se dovesse succedere qualcosa, ma ora voglio solo vivere la nostra quotidiana” gli sfioro il viso con una delicata carezza “Grazie di aver tolto un po’ di tempo alle missioni per stare con noi”

Sono fermamente convinta sul fatto che mio marito abbia mostrato e mostri il suo lato migliore solo a me.
Ricordo ancora quando ci siamo innamorati, non ricordo con precisione il momento, ma ciò che mi è rimasto impresso è il modo in cui da un certo momento in poi mi ha guardata. Quei profondi abissi neri che usa per scrutare tutto intorno a sé mi hanno ammaliata e incantata e il suo atteggiamento eccezionalmente amorevole ha solo contribuito ad unirci per sempre: mi sono sentita protetta quando condividevamo le missioni.
Odiavo quei viaggi giornalieri che ci portavano così lontani da casa. Ho ringraziato il cielo quando ho scoperto di aspettare un bambino, avevo la scusa per non partire ed evitarmi quello strazio, a mio parere, inutile; non sopportavo tutto quel sangue versato: so di essere una sayan e il nostro comportamento dipende da ciò, è nella nostra natura sottomettere popoli per sopravvivere, ma nel mio intimo sento che non è ciò che voglio essere e desidero che anche i miei figli siano differenti, non dico di rinnegare il proprio sangue, ma almeno di conoscere l’amore, quello stesso amore che lega me e il loro padre; siamo spietati sayan, che, secondo la logica della natura, non dovrebbero nemmeno pensare di legarsi per sempre e fedelmente a qualcuno, eppure io sono qui a professare un amore fuori da quella logica, che mi porta ad essere diversa da molta gente del mio popolo. Questo mi porterà ad essere sottomessa da qualche essere crudele e spietato? Probabile. Ma io non riesco davvero a rinunciarvi e so che anche mio marito, per quanto lo neghi, prova i miei stessi sentimenti di bontà e amore. Bardack sta vivendo un profondo travaglio interiore; da quando ci siamo conosciuti ho risvegliato quella parte sopita ed ora lui lotta tra le sue due più profonde emozioni di rabbia e amore, che lo porteranno ad essere spesso e volentieri contrastante nei gesti e nelle parole. Sono certa che fin dall’inizio abbia visto in me quell’amore e questo lo abbia spinto ad avvicinarsi a me.
 
Riemergo dai miei mille pensieri e gli porgo un bacio a fior di labbra.
Mi guarda con aria colpevole, come se non si sentisse all’altezza di meritare il mio amore oppure semplicemente conta i baci che ci separano alla fine. Non saprei definire questa sua espressione, ma si alza.
“Vado ad augurare la buonanotte a Radish”
Mi lascia stupita il suo comportamento. Non aveva mai fatto nulla di simile nei confronti di quel ragazzo.
Si allontana e una lacrima scende lungo la mia guancia. Inevitabilmente i miei pensieri e quelli presunti di mio marito si fondono.
Se Bardack teme stia per succedere qualcosa di grave, lui, il braccio destro del re, allora tutti quelli che vivremo d’ora in poi saranno veramente gli ultimi attimi vissuti insieme.
Ora davvero non so più se desidero la nascita del mio bambino, non voglio che viva tutta questa inquietudine sulla pelle, anche se so che una grande parte la sto già trasmettendo a lui. Desidero fermamente che abbia un nome prima che questa presunta guerra scoppi e che tutto il mio mondo finisca.
“Karoth” sussurro tra le lacrime “Il mio piccolo Karoth”
 
Continua…
 
Spazio dell’autrice
 
Vi devo delle scuse, con questo capitolo ho toccato davvero i limiti della drammaticità :’( e non posso nemmeno promettervi che miglioreranno :’( scusatemi in anticipo!!
A presto!
Baci :3
 

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Capitolo 4
*** L'inizio della fine ***


L’inizio della fine
 
È trascorso un altro mese e la tensione è palpabile nell’aria; non so se sia Bardack a portare a casa i problemi o se effettivamente tutto il pianeta stia vivendo in una bolla di terrore.
A dispetto delle mie promesse, non riesco a tenere i nostri figli lontani da questa sensazione; Radish non è più un bambino ed anche senza esplicitarglielo, capisce che qualche incombente macigno pesa sulle nostre teste; suo padre lo allena senza troppe spiegazioni, gli insegna con una strana amorevolezza nuove tecniche di difesa, mio marito non manca di sottolinearmelo, trascorre più tempo con lui e non lo porta più in missione, trovando con nostro figlio la scusa di un periodo di pace. Non ho nemmeno bisogno di chiedere il motivo del suo comportamento, è chiaro come la luce del sole: vuole che trascorriamo il più possibile il tempo insieme, ha accolto il mio desiderio di vivere la quotidianità con la mia famiglia.
 
Oggi, in particolare, è il compleanno di Radish e vorrei tanto fare lui una sorpresa. Compie 16 anni e non so nemmeno se sarà l’ultimo anniversario di nascita che festeggerà.
Cerco di allontanare quegli inevitabili tristi pensieri e cerco di coinvolgere mio marito in questa mia idea. Glielo annuncio stamattina, ma si sta già preparando per affrontare una nuova missione.
“Badack?”
È intento a vestirsi, non si volta nemmeno verso di me, allora decido di avvicinarmi a lui.
“Tesoro?”
A quel punto sbatte gli occhi per riemergere dai pensieri, che deduco non fossero propriamente felici.
Ignoro quella sua espressione sofferta e provo a proseguire.
“Oggi è il compleanno di nostro figlio” non sono sicura che se ne ricordi, ma nel caso lo giustifico date le circostanze “Che ne dici di organizzare qualcosa per festeggiarlo?”
Mi ascolta, ma continua a prepararsi.
Ora inizio un po’ ad irritarmi, la voce inizia ad incrinarsi.
“Non puoi restare con noi oggi?”
A quella domanda mi fissa, ma rimane ancora in silenzio, poi prosegue rispondendomi con tranquillità “Gli porto un regalo”
Perché non riesco a fargli capire che il più bel regalo che possa fargli è la presenza di suo padre?
“Bardack, hai sentito la mia domanda?”
“Sì, ti ho sentita. Ma oggi proprio non posso assentarmi”
Sta attraversando la porta della nostra camera quando lo blocco per un braccio, impiegando una certa forza. Fa una smorfia di dolore ed io allento subito la presa.
Sfoggia lo ‘sguardo dei gravi problemi’.
“Ci sono delle novità?”
Mi fissa negli occhi con rassegnazione.
“Non so se dovrei dirtelo”
Mi spaventano le sue parole, ma cerco di mantenere la calma e trovare la forza per incassare il colpo.
Affievolisco la voce per invogliarlo a parlare “Bardack, qualsiasi cosa sia, puoi dirmela”
“Un esercito ci ha dischiarato guerra” fa una pausa, dalla sua espressione deduco che stia pensato ad un possibile piano di azione persino in questo momento “Sembra sia guidato da un certo Freezer. Come ben sai abbiamo rilevato la sua forza mesi fa, ma ora il nemico ha un volto e non sappiamo come contrattaccare”
Una strana determinazione si palesa sul suo volto e subito dopo una dolce apprensione.
“Gine, ti prego, non dire nulla di tutto questo a Radish. Non voglio che si preoccupi e abbia il desiderio di far parte di questa missione”
Rifletto un momento sulle sue ultime parole.
“Aspetta un attimo, stai andando ad affrontarlo proprio ora?”
Non risponde alla domanda “Avevi ragione, dobbiamo tenere nostro figlio fuori da tutto questo”
Sono allibita difronte a questi discorsi.
“Sono certo che saprai insegnargli la giusta dose di amore e odio”
“Bardack, ma che stai dicendo? Non mi stai dicendo addio, vero?” lacrime inaspettate scendono lungo il mio volto. Doveva essere una giornata serena e invece si sta trasformando in un incubo ad occhi aperti “N-non mi lasciare da sola”
“Tesoro, se non vado, rischiamo la vita tutti. Così ho la possibilità di salvare la mia famiglia” mi porge il suo stemma sayan “Dallo a Radish. Sarebbe stato suo prima o poi, ma non sono così sicuro di poterglielo consegnare di persona”
Il mio corpo non riesce a reagisce davanti a tutto il dolore che mi sta provocando. Prendo quel ciondolo tra le mani, ma non lo sento realmente al tatto, i miei sensi si sono annullati.
Si ferma a guardare con malinconia la mia pancia, poi ritorna con lo sguardo sul mio viso.
“Mi sarebbe piaciuto conoscerlo”
Sono stanca di sentire quell’elogio funebre. Mi allontano da lui con rabbia.
“Ora basta Bardack! Tu non morirai, mi hai sentito? Stasera tornerai a casa, come ogni altro giorno. Non devi nemmeno permetterti di pensare di lasciarci”
Un flash nei miei occhi, una forza che non sapevo nemmeno io di possedere.
“Vengo anch’io”
Mi avvio verso porta, andando contro la mia “naturale” e personalissima avversione per la lotta, ma stavolta è lui a bloccarmi, posandomi con tenerezza una mano sulla pancia.
“Sono sicuro che saresti una grande risorsa, ma passerei più il tempo a difenderti che ad attaccare e inevitabilmente mi distrarrei dal mio obiettivo”
È solo una scusa per evitare che sia in pericolo.
“Hai ragione, Gine, non c’è da preoccuparsi” sforza un sorriso “Ci vediamo stasera” pensa alle parole giuste, è solo una montatura questo improvviso ottimismo “Mi prepari qualcosa di buono quando torno?” aspetta una risposta che non arriva “Fai tanti auguri a Radish, ora non lo voglio svegliare”
Riflette se esiste qualche altra giusta frase per tranquillizzarmi, misura ogni parola, sa quanto è importante in questo momento impiegare le giuste parole per lasciarmi un buon ricordo di lui. Ma alla fine opta per un bacio.
Percepisco la sua ansia e il suo impercettibile timore, ma giurerei che non è paura di morire, piuttosto di lasciarci. Un’insicurezza che non gli si addice e che contribuisce ad aumentare la mia preoccupazione.
Quando si stacca, mi affretto a trattenerlo prendendogli la mano.
“Sii prudente” non ho modo di fermarlo, questa raccomandazione è l’unica arma di difesa contro quello che probabilmente ci aspetterà.
“Come sempre” mi porge un bacio sulla mano, l’unica barriera che gli impedisce di allontanarsi
Scompare dalla mia vista senza voltarsi indietro.
Non credo che riuscirò a festeggiare il compleanno di mio figlio oggi. Le mie preghiere saranno rivolte tutto il giorno al cielo, affinché mio marito ritorni da noi sano e salvo, in questo momento dimentico persino le sorti del mio pianeta e di noi tutti.
 
Continua…

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Capitolo 5
*** Un'attesa quasi mortale ***


Un’attesa quasi mortale
 
Credo di avere un brutto presentimento, non sono così sicura di rivederlo stasera, di sentire di nuovo le sue mani stringermi. Ho perso quel poco di ottimismo e speranza che mi erano rimasti. Come faccio se non torna? Cosa racconto ai miei figli? Ma cosa me lo chiedo a fare, tanto se lui non torna, siamo tutti spacciati.
Questo ciondolo, il suo ciondolo, è l’unica cosa che mi è rimasta di lui, oltre ovviamente al ragazzo che ancora riposa tranquillo e ignaro nell’altra stanza e il bambino che cresce ogni giorno di più dentro di me.
Non conosco un modo possibile per contenere tutto il dolore che provo, è lancinante all’altezza del mio petto, è una ferita per me mortale, altro che una piaga carnale inferta da un nemico, questo è quello che si prova quando si sta per morire, le ferite dell'anima sono le peggiori, sicuramente le più dolorose che io abbia mai provato, ti svuotano lentamente della vita e tu respiri, ma non vivi più veramente, la tua anima se ne va con quella sofferenza. Ci attende un destino crudele, che ci separerà, che distruggerà la nostra famiglia e in tutto questo abbiamo condannato anche quelle povere anime innocenti dei nostri figli, loro non devono subire tutto questo.
No, Bardack, io il ciondolo non lo consegno a tuo figlio, perché tu ritornerai sano e salvo, glielo darai tu quando sarà il momento. Ma perché mi aggrappo ancora a quella fievole speranza?
“Mamma?”
Radish si è svegliato, ora arriva per me la parte più difficile, devo trattenere le lacrime davanti a mio figlio, devo fare finta che sia un giorno come un altro.
Prendo un respiro e mi volto lentamente verso lui, sforzo un sorriso, ma non credo di essere riuscita in questa ridicola impresa.
“Ehy, tesoro! Sei già sveglio? Ti preparo la colazione?”
Gli parlo tutto d’un fiato e questo deve essere sospetto, lo posso leggere nei suoi occhi: sono così simili a quelli di suo padre, a quella riflessione mi sfugge un sorriso sincero dalle labbra.
“Sei strana, mamma”
Non gli rispondo, ma mi avvicino a lui e gli metto al collo lo stemma. Radish lo guarda perplesso.
“Ma questo non è lo stemma di papà?”
“Sì, tesoro, ma oggi il papà è dovuto uscire prima di casa. Si scusa, ti fa tanti auguri e questo è il suo regalo di compleanno”
Il suo volto si è incupito, mi fissa in cerca di spiegazioni.
“Lui non me lo può dare ora. Lo erediterò quando sarò più grande e prenderò il suo posto nell’esercito”
Non riesco più a trattenere le lacrime davanti alla logica schiacciante di mio figlio.
“P-pensa che tu ne avrai più cura. Ci tiene che lo tenga tu”
Non riesco più a sostenere il suo sguardo indagatore, così lo abbraccio forte e lo stringo a me. A dividerci solo il suo fratellino che scalcia contro la mia pancia.
“Perché sei così triste, mamma?”
“Nulla, amore mio” gli accarezzo una guancia, mi asciugo le poche lacrime che mi sono rimaste da versare e gli sorrido malinconicamente
 
È tardo pomeriggio. Sono inspiegabilmente riuscita a nascondere a Radish il dramma che sta per consumarsi. Trattengo il respiro dall’esatto istante in cui è uscito da quella porta. La porta della nostra casa, che tante volte è stata testimone dei nostri momenti felici, li rivivo nella mia mente, cerco di imprimerli vividamente e perennemente dentro di me.
Mio figlio ha compiuto 16 anni ed io non riesco ad essere felice, a festeggiare insieme a lui come dovrebbe essere. Questo sarebbe dovuto essere un altro ricordo felice da vivere insieme a mio marito.
Resto immobile seduta davanti alla porta. Sono in questa posizione da ore ormai, lo attendo, vivo o morto a questo punto, ma io lo attendo.
La stanchezza della sofferenza e del dolore mi porta a chiudere le palpebre, ma io cerco di lottare contro me stessa, non mi addormenterò per avere poi un risveglio traumatico, ma non riesco davvero più a combattere, la stanchezza sta vincendo, mi assopisco e tutto si fa nero intorno a me.
 
“Gine?”
Una voce. La sua voce. Sto sognando, lo sto sognando oppure semplicemente siamo entrambi morti e ci siamo ritrovati in un posto lontano dal nostro pianeta. Non mi stupirei se accadesse, io e lui non possiamo essere separati così facilmente, il nostro legame è forte e indissolubile, il nostro amore è inossidabile come l’oro, non lo può vincere nemmeno la morte, l’unica certezza che mi è rimasta.
“Gine, amore”
Non voglio aprire gli occhi, ma la sua voce che sussurra così dolcemente il mio nome mi fa sorridere.
Decido finalmente di destarmi da quel torpore e trovo il suo viso davanti al mio. Il sorriso si spegne.
“Bardack!”
Lo attirò a me istintivamente e lo stringo più che posso.
“Ahi, tesoro, piano. Credo di avere qualche osso rotto”
Lo libero dalla mia amorevole morsa e lo osservo. Lacrime di gioia scorrono lungo il mio viso. Scruto ogni centimetro di lui.
“Sei vivo” solo un filo di voce mi esce per l’incredulità “Sei vivo, vero? Non sto sognando”
“No, sono veramente qui con te” sorride alla mia reazione
Ha una ferita sanguinante sul volto, i suoi vestiti sono strappati e intravedo tagli sparsi su tutto il corpo. Mi preoccupo per le sue condizioni e lui interpreta la mia espressione.
“Gine, sto bene, non preoccuparti, mi riprenderò presto”
Riacquisto un po’ di lucidità.
“Ma cosa è successo?”
“Siamo stati attaccati dal suo esercito. Un attacco a sorpresa per la verità. Credo che quell’essere abbia la malsana abitudine di attaccare il nemico alle spalle” è estremamente serio
“Bardack, promettimi che non lo affronterai più, ti prego”
Mi guarda con tenerezza alla mia richiesta “Non posso. Scusami, ma questa promessa non posso proprio fartela. Ora conosco la sua pericolosità e non rischio la vostra vita, a costo della mia, ma voi dovete vivere”
Non insisto, a che servirebbe? I suoi occhi sono colmi di amore. Sono così fiera di lui, ha scoperto l’amore insieme a me, ama la sua famiglia più di se stesso e questo mi rende orgogliosa dell’uomo che ho sposato e con cui ho promesso di trascorrere il resto della mia vita. Non cambierà idea. Posso solo stargli accanto e rendere speciali i momenti insieme.
Gli do un bacio, che lui ricambia subito.
Mi stacco per riferirgli i timori che mi hanno accompagnata nell'arco di questa lunga e struggente giornata.
“Credevo che quello di stamattina sarebbe stato l’ultimo nostro bacio”
“E invece no” mi sorride “non ti libererai di me così facilmente”
Anche io gli sorrido e mi alzo “Ti curo quelle ferite”
Mi fa un cenno di assenso.
 
Mi è chiaro finalmente che neanche la morte porrà fine al nostro amore e all’affetto che unisce la nostra famiglia.
 
Continua…
 
 

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Capitolo 6
*** L'ultimo lieto evento ***


L’ultimo lieto evento
 
Sono passati mesi da quella missione, che non faccio fatica a definire suicida; giorni dopo mio marito mi ha confessato che non avevano nemmeno uno straccio di piano, quindi probabilmente, se quei nemici non li avessero attaccati per primi alle spalle, il loro destino sarebbe comunque stato segnato; si sono davvero salvati per miracolo; la situazione era anche peggio di come la immaginassi quel giorno, ma forse è stato meglio non conoscere questo inquietante particolare.
Una nuova giornata si appresta ad iniziare, l’alba illumina con forza la finestra della nostra camera, impedendomi di vedere oltre quel riflesso.
Mi volto alla mia destra e ai miei occhi si palesa Bardack, che dorme tranquillo accanto a me. Mi sfugge un sorriso, sembra un bambino, non ha davvero nulla del potente guerriero che scende in battaglia. Ha un ciuffo sparso sulla fronte, ma non mi azzardo a spostarlo, non voglio disturbare il suo sonno sereno.
Vorrei tanto che Karoth assomigliasse a lui, in ogni singolo dettaglio, un modo per riviverlo costantemente quando lui non c’è, ma forse è solo egoismo, un disperato tentativo di averlo sempre accanto a me.
 
Un’improvvisa fitta all’altezza del ventre. Ma che succede? No un attimo, non voglio che accada nulla al mio bambino. Questo dolore è sempre più forte.
Allungo una mano di lato a me, cerco di sfiorare il suo braccio. La voce mi muore in gola.
Provo a prendere un respiro, una pausa dal dolore.
“B-Bardack”
Non mi sente. Credo stia per nascere.
Tento di sedermi e riprovo ad attirare la sua attenzione.
“Bardack!!”
Stavolta grido il suo nome.
Si spaventa, mi dispiace, ma in questo momento non riesco a controllarmi, il dolore è veramente insopportabile. Si gira allarmato verso di me.
“Gine! Che succede?”
Non riesco a rispondergli subito, mi viene da vomitare. Credo che comunque lo possa dedurre da sé, dato che mi tengo la pancia e sono piegata in due.
“Non dirmi che”
Gli faccio solo un lieve cenno di assenso con il capo. Tengo gli occhi chiusi per sopportare meglio le contrazioni.
Percepisco un movimento sul letto e deduco che si stia alzando per chiamare aiuto, ma io lo blocco d’istinto per un braccio. Mi rendo conto che la mia presa sia molto forte, spero di non ferirlo.
“N-no. Non lasciarmi”
Apro gli occhi. Ora lo vedo, mi fissa terrorizzato e sento al tatto che i suoi muscoli sono contratti, è molto vicino alla paralisi. Quando è nato il nostro primo figlio era meno agitato, ma è un periodo particolare, i suoi nervi sono sempre tesi per altri motivi, almeno io lo interpreto così.
“Tesoro, devo chiamare aiuto”
Nego con il capo questa sua ultima affermazione. Deglutisco e cerco la mia voce infondo alla gola.
“Non c’è tempo” ho il fiato corto “Sta nascendo” e infatti non tardo a spingere
Ora il panico si sta impossessando anche di me, ma lui è inspiegabilmente più sudato, quindi devo cercare, paradossalmente, di fare coraggio a lui.
“Bardack, ti prego, fallo nascere!!”
Gli grido quella supplica insieme ad una spinta.
Si guarda intorno in cerca di una soluzione, ma arriva ad una triste conclusione.
“Gine, non so cosa fare!” è nel panico più totale, nemmeno quando combatte ha così poca lucidità “Radish è nato grazie alla nutrice”
Allungo una mano sulla sua.
“Ti guido io” provo a sorridergli, ma credo mi sia uscita più una smorfia di dolore; guarda i miei gesti, le mie espressioni, è particolarmente empatico in questo momento, strano, lui non lo è mai, almeno non in modo così accentuato
Faccio mente locale sull’occorrente.
“Prendi acqua calda, coperte e forbici”
Mi ascolta e non tarda a riunire quello che gli ho chiesto.
Mi lascia qualche secondo da sola. Le contrazioni sono sempre più forti, non ricordavo fosse così doloroso, spero che Karoth stia bene, ma presumo di sì, visto che fino all’ultimo controllo la nutrice ha detto che era in ottima salute.
“Gine, mi dispiace dirtelo proprio ora, ma io non sono molto convinto di quello che sto per fare”
Ora rido, forse è una ilarità nevrotica, non la so definire neppure io “Bardack, tanto coraggioso e poi ti spaventi davanti ad un semplice parto” mi preparo per far nascere il nostro bambino “Faccio tutto io. Tu pensa ad accoglierlo”
Non mi risponde, ma si concentra e prova ad incoraggiarmi.
“Forza, non credo manchi molto” soffre con me, quando ho partorito Radish, mio marito mi stringeva la mano, ora quel contatto mi manca, ma al momento è impegnato in altro e poi credo di potergliela tritolare stavolta, quindi è meglio così “Amore, un ultimo sforzo”
Raccolgo le ultime forze che mi sono rimaste e spingo, urlando con tutto il fiato che ho in gola. Un pianto sovrasta la mia sofferenza. È nato e inevitabilmente i miei occhi si riempiono di gioia.
Seguo gli amorevoli gesti di mio marito, lo maneggia come fosse un vaso di porcellana, lo avvolge nelle coperte e me lo adagia fra le braccia, sorridendomi.
No, non può essere!
“Bardack” sussurro il suo nome e poi sorrido “è identico a te” non può essere arrivato così lontano il mio desiderio, tanto da avverarsi così puntualmente davanti ai miei occhi increduli
“E già. Credo che dovrai sopportarmi anche quando non sarò a casa”
Scompare tutto in questo momento: la stanchezza fisica del parto, la sofferenza e la preoccupazione avute in questi mesi, la paura di non rivederlo più. Questo fagottino tra le mie braccia ha un potere enorme su di me, eppure ha ancora gli occhi chiusi e il pollice in bocca.
“Sarà forte, Gine. Karoth, sarà il guerriero più forte dell’universo” dalla sua voce traspare tanto orgoglio; nota il mio disappunto e si affretta a correggersi “e più buono. In fondo quel lato lo avrà sicuramente preso da te”
È così ingenuo a volte nel parlare. Gli do un bacio.
“Grazie, Bardack” gli sussurro
“È tutto merito tuo, amore. Io non ho fatto nulla” dà un bacio sulla fronte del bambino “Benvenuto, piccolo mio”
 
Un altro meraviglioso ricordo da portare per sempre con noi.
 
Continua…

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Capitolo 7
*** Contrasto cromatico ***


Contrasto cromatico
 
Sono passati tre anni dalla nascita di Karoth. Anni che però io non sono in grado di definire: in questa casa, nella nostra casa, regnano una pace e una serenità singolari, mentre là fuori tutto si incupisce, come se fosse in arrivo una tempesta.
 
È angosciante, mi sembra di essere dentro una cupola di cristallo, solo che, se dovesse scoppiare una guerra, si romperebbe sicuro e verremmo inevitabilmente coinvolti anche noi in quella apocalisse.
 
Guardo fuori dalla finestra, cerco di allontanare questi tristi pensieri ed assaporarmi ogni momento vissuto insieme alla mia meravigliosa famiglia.
 
Qualcuno mi afferra da dietro, avvolgendomi con le sue possenti braccia. Chi può essere, se non mio marito. Appoggio la schiena al suo ampio petto e lo stringo a me per le braccia.
 
“A cosa pensi?”
 
Rifletto, non voglio inquietarlo ulteriormente, deve già affrontare l’inferno là fuori, almeno qui gli faccio vivere il paradiso.
 
“A quanto sono fortunata”
 
Sento il suo respiro sul collo, è una dolce brezza che mi fa rilassare. Starei così per sempre e in fondo, a parte i miei figli, non ho molti motivi per staccarmi da lui.
 
“Devi andare vero?”
 
“No, perché?”
 
Per quale ragione lo sorprende la mia domanda? Lui è sempre di fretta.
 
Mi volto verso di lui meravigliata forse più di lui.
 
“Resti con noi, oggi?”
 
Mi sorride, con una espressione che ogni volta mi contagia.
 
“Ma certo, tesoro. Cosa vuoi fare?”
 
Lo guardo per un istante e lo bacio con slancio. Lui ricambia, ma dopo mi allontana dolcemente di qualche centimetro.
 
“Ci sono i ragazzi, Gine”

È quasi mortificato.

Gli sorrido divertita per quella prudente osservazione.
 
“E invece no, Radish è uscito stamattina presto, ha detto che voleva fare un giro con il suo fratellino. Sono contenta che vadano così d’accordo”
 
“Anche io”
 
Stavolta è lui ad unire le nostre labbra con passione. Durante questo infinito bacio, allunga un braccio, sfiorandomi, per tirare le tende della finestra.
 
“Che intenzioni hai, Bardack?”
 
Una domanda piuttosto scontata per la verità.
 
È fintamente interdetto.
 
“Le stesse tue, presumo”
 
Ci avviciniamo nuovamente con desiderio.
 
Interrompo quel magico momento con un dubbio.
 
“E se rischiamo di avere un altro bimbo?”
 
“Magari stavolta è una bimba”
 
Mi sorride, lui non vede il problema, ma io sì: un altro essere innocente da condannare.
 
“Dai, Bardack, non scherzare. Io sono seria”
 
“Lo vedo che sei seria”
 
Mi attrae a sé e mi fissa negli occhi.
 
“Gine, non so quello che accadrà domani o nei giorni successivi. So solo che non voglio sprecare un solo minuto con te. Con voi”
 
Mi sorride ancora. Lo sa che a quel sorriso non riesco a resistere.
 
“E poi ti ricordo che non ci sono i ragazzi. E quando ci ricapita?”
 
“È il tuo modo per dirci addio?”
 
“Non ci sarà mai un addio tra noi”
 
E mi bacia, tenendomi saldamente al suo fianco, come se temesse una mia improvvisa fuga, quando invece è lui ad essere chiamato sempre più spesso per qualche misteriosa emergenza.
 
Mi lascio trasportare attirandolo a me. Indietreggio e lo guido verso le scale: un ostacolo insormontabile? No di certo, i nostri piedi si staccano da terra all’unisono e come se niente fosse, solchiamo in volo quei gradini, senza interrompere quel momento.
 
Atterriamo silenziosamente esattamente davanti alla porta della nostra camera, la mia schiena è a contatto con il legno. Stacco una mano dal suo corpo per abbassare la maniglia, ma lui fa lo stesso e insieme superiamo quell’ostacolo, come sempre d’altronde.
 
Proseguo il cammino. Vado a memoria, tra una decina di passi dovrebbe esserci il nostro letto.
 
Le mie gambe sfiorano finalmente le lenzuola, sto per sedermi, quando un boato inspiegabile disattente le mie intenzioni. Ci stacchiamo rassegnati e spaventati, ci guardiamo, una lacrima solca il mio viso.
 
Ci voltiamo verso la finestra e il terrore si impossessa di me.
 
“Radish, Karoth”
 
Bardack non perde lucidità e determinazione.
 
“Non preoccuparti, li riporto a casa sani e salvi”
 
Fa scivolare le mani dalla mia schiena e si avvia verso la finestra, ma io lo trattengo.

“Anche tu. Ritorna a casa tutto intero”
 
La sua risposta è un profondissimo e infinito bacio sulla guancia, tenendomi il viso tra le mani, per assaporarlo meglio.
 
“A dopo, amore”
 
Sparisce dalla mia vista ad una velocità sorprendente.
 
Sono rimasta sola e mi porto le mani sulla bocca per soffocare sommessi singhiozzi. Non voglio perdere la mia famiglia, morirei con loro se succedesse. Anzi, è proprio quello che voglio fare, andarmene con loro. Non importa quanto sarà violenta la mia morte, quanto fisicamente dovrò soffrire, mi spaventa di più la sofferenza che dovranno vivere le persone che amo di più al mondo.
 
Non resto in questo angolo di paradiso, mentre so che i miei cari sono in quell’inferno. E poi, a dirla tutta, anche qui dentro, senza di loro, tutto diventa nero e lugubre.
 
Mi avvio a passo deciso verso l’imposta, ma un nuovo pensiero mi blocca: e se mio marito torna con i nostri figli e non mi trova? Lo faccio preoccupare e Radish e Karoth rimarrebbero di nuovo da soli e forse in pericolo.
 
Decido alla fine, dopo mille ripensamenti e tentazioni, di rimanere qui, in questa stanza. Mi stendo sul letto, quello che avremmo dovuto fare insieme pochi minuti fa, e rivolgo lo sguardo al soffitto socchiudendo leggermente gli occhi, sfinita dai pensieri. Nemmeno una dose mortale di sonnifero riuscirebbe a farmi dormire in questo momento. Mi volto su un fianco e mi porto le ginocchia contro il petto, le stringo tra le mie tremanti braccia. Abbondanti rivoli di sale scendono lateralmente dai miei occhi per bagnare poi le lenzuola a pochi centimetri dal mio viso.
 
Aveva ragione chi mi considerava debole. Alla fine sono io la prima ad ammetterlo: sono una sayan troppo fragile.
 
Continua…
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao a tutti!
Come avrete notato, ho modificato la grafica, ditemi se vi piace o preferite quella di prima.
Colgo l’occasione per ringraziare coloro che mi seguono 😊 e come sempre lasciate un vostro parere!
A presto 😊
Baci :3

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Capitolo 8
*** Il nostro ultimo disperato gesto ***


Il nostro ultimo disperato gesto
 
Non so quanto tempo sia passato. Continuo a sentire scoppi e insieme al tempo anche il mio cuore perde battiti. Non so nemmeno più cosa voglia dire sperare.
 
“Gine!”
 
I miei occhi velati fanno fatica a mettere a fuoco le figure che si palesano di fronte a me. Cerco in me un barlume di forza per soccorrerli.
 
Bardack mi ha chiamata spaventato, ha il fiato corto e chiari segni di lotta.
 
Radish e Karoth sembrano stare bene, almeno fisicamente. Mi piombo sui miei figli e li stringo forte a me. Non fiatano, ma ricambiano tremanti il mio abbraccio.
 
Mio marito resta immobile e osserva la scena.
 
“Bardack! Cos’è successo??”
 
Grido contro di lui dalla paura e per sovrastare i forti rumori che provengono da là fuori. Mi avvicino a lui per paura che possa avere qualche ferita mortale.
 
Non risponde e mi prende inaspettatamente per un braccio per allontanarmi dai ragazzi. La sua stretta è forte, quasi incoerente, come se fosse arrabbiato con me.
 
“Ascoltami bene”
 
I suoi occhi, non li riconosco. Il suo cuore batte all’impazzata, vedo il movimento compulsivo sul suo petto. Il respiro sempre più affannato.
 
È la fine vero?
 
“Mi dispiace, Gine”
 
Non ho altro modo di trattenere le lacrime se non abbracciarlo forte a me. Spero davvero di incatenarlo a me con questo gesto. Sento il suo viso contratto dalla sofferenza immergersi nell’incavo della mia spalla. Assaporiamo questo momento, che probabilmente sarà l’ultimo. Infiniti istanti prima che le sue parole possano rompere il nostro doloroso contatto.
 
“N-non ho molto tempo, tesoro” mi stacca dolcemente da sé controvoglia “Non abbiamo più tempo”
 
Non so cosa dire, non ho più parole per descrivere quello che ci sta succedendo.
 
Poco distante da noi intravedo Radish che cerca di consolare Karoth, ma anche lui sta crollando. Io non so come difenderli, come alleviare il loro tormento. Darei la vita per loro, se non fosse che non posso fare questo scambio, dal momento che siano tutti in pericolo.
 
Bardack riporta la mia attenzione su di sé.
 
“Ti prego, non piangere e ascoltami” ignora lo sguardo preoccupato di una madre, mi asciuga inutilmente le lacrime, tanto quelle continuano a scorrere “Devi andare insieme ai ragazzi al palazzo. Ci sono delle navicelle, usale per scappare”
 
“Cosa??”
 
Spero di aver capito male.
 
“Io non me ne vado senza te!”
 
“Gine! Forse non mi sono spiegato, io non te lo sto chiedendo, te lo sto ordinando. Anche se non vieni più in missione, resto sempre un tuo superiore”
 
Ha un tono grave, di comando, non traspare alcuna emozione.
 
“Bardack”
 
Solo un sussurro esce dalla mia gola.
 
Un tono più dolce replica alla mia insicurezza.
 
“Lo so, so a cosa stai pensando, ma non ho soluzioni, non c’è una via d’uscita. Posso solo ritardare l’inevitabile per dare la possibilità a te e ai ragazzi di mettervi in salvo”
 
“Non lasciarmi! Come farò senza di te?!”
 
Mi sorride. Forse il suo sorriso più dolce che mi abbia mai rivolto.
 
“Te la caverai benissimo. Non conosco donna più forte”
 
Mi sta dicendo addio. È la nostra fine, la nostra separazione. Non ci rivedremo mai più. Solo il pensiero di tutto questo mi è insopportabile, mi fa scoppiare la testa. Chiudo gli occhi per allontanare questa inimmaginabile eventualità, ma mio marito mi riporta inevitabilmente all’atroce realtà.
 
“Ora devi andare. Non rendere il mio sacrificio inutile. Se so che siete in salvo”
 
Ma si interrompe. Si sta facendo travolgere dalle emozioni, ma il suo orgoglio lo porta a non lasciarle sfogare e questo lo distrugge dentro.
 
“Bardack, ti amo, ma non posso prometterti che mi salverò”
 
Sfioro il suo viso, segnato più da un tormento interiore che dalla guerra.
 
Mi guarda rassegnato. Paradossalmente divento più forte io del generale tanto temuto.
 
“Ti amo anch’io, Gine”
 
Ora non ce la fa davvero più, lacrime amare scorrono lungo il suo volto. Prende un respiro per comunicarmi un ultimo pensiero. Mi stringe la mano, ancora posata su di lui, e alza gli occhi al cielo.
 
“Sono sicuro che ci ritroveremo lassù, amore. E staremo insieme per sempre”
 
Rompe il contatto visivo e con esso inizia a sciogliere la dolce presa che ho su di lui. Lo trattengono intrecciando le nostre mani.
 
“Ti cercherò e ti troverò. La morte non ci può separare”
 
Lo lascio senza fiato, singhiozzi silenziosi si impossessano di lui, si asciuga le lacrime e sforza un sorriso verso i nostri figli.
 
“Ragazzi” si avvicina a loro “Radish, figliolo, sono orgoglioso di te. Hai protetto tuo fratello in modo impeccabile. Continua a farlo”
 
“Papà, vengo con te”  
 
Mio figlio tira fuori una forza insolita.
 
Bardack gli posa una mano sulla spalla e tenta di alleggerire quella precaria situazione.
 
“No, resta con loro” sposta lo sguardo sul petto del ragazzo dove c’è lo stemma “Ora dovrai prenderti cura della famiglia al mio posto”
 
“Papà, ti prego, non sappiamo nemmeno chi sia quell’essere, non sappiamo di cosa possa essere capace”
 
Lo supplica, ma mio marito discosta lo sguardo da lui.
 
“Karoth, probabilmente non ti ricorderai nemmeno di me. Ma, piccolo, ricorda nel tuo cuore che ti voglio bene”
 
Gli posa una mano sul petto minuto. Mio figlio non capisce, o forse sì, perché riesco ad intravedere piccoli cristalli uscire dai suoi corvini occhioni.
 
“Ascoltate quello che vi dice la mamma, ok?”
 
Senza ulteriori indugi si avvia verso la finestra. Esce per l’ultima volta, lo so.
 
Si blocca e si volta lentamente verso di me. Volge gli occhi al cielo. Mi sta dando appuntamento, il nostro ultimo appuntamento.
 
Gli sorrido tra le lacrime e lo rassicuro senza un filo di voce.
 
“Ci sarò” Non dubitarne.
 
Questa flebile certezza lo fa stare egoisticamente meglio, ma credo che ormai si sia rassegnato all’idea che non scapperò senza di lui. Solo un cenno di assenso, prima di scomparire in quel cielo diventato un campo di battaglia.
 
Attendo solo che svanisca del tutto alla mia vista, su questa terra sono certa che non ci rivedremo più, e mi volto con determinazione verso i miei figli.
 
“Ragazzi, avete sentito vostro padre. Dobbiamo andare”
 
 
 
In poco tempo arriviamo al palazzo, riusciamo ad evitare inspiegabilmente i colpi dei nostri avversari, forse infondo quella forza sopita in me non si è mai spenta.
 
Percorriamo i lunghi corridoi e alla fine riusciamo a trovare le navicelle. Anche io sapevo dell’esistenza di quei mezzi, ma la mia mente non aveva preso in considerazione quella soluzione, forse speravo di non dover arrivare ad un tale disperato epilogo.
 
Mi sfugge un sorriso quando realizzo che ci sono solo due navicelle. È un destino che io rimanga a fianco di Bardack, le nostre vite sono intrecciate come due fili, ma questa non è una sorpresa per me.
 
Apro velocemente quei mezzi di fuga e faccio accomodare al suo interno Karoth. Lancio uno sguardo a Radish per invitarlo a fare lo stesso, è ancora titubante ma mi ascolta.
 
Do un bacio sulla fronte del mio piccolo e lo guardo un’ultima volta. Mi sembra ancora di vedere suo padre. Ha una insolita luce negli occhi. Avrei tanto voluto vederlo crescere. Poi mi rivolgo al mio primogenito.
 
“Tesoro, anche io sono orgogliosa di te”
 
“Mamma”
 
È ancora allibito, sta succedendo tutto troppo velocemente, ma io non posso fermare il tempo. Cerco di mostrarmi serena, non voglio che l’ultimo ricordo di sua madre sia di disperazione.
 
“Andrà tutto bene. Tu e tuo fratello starete bene” lo guardo dritto negli occhi “Ora vai”
 
Sto per chiudere la navicella quando allunga un braccio per fermarmi.
 
“Non voglio perdervi”
 
Eh no, amore mio, non rendere tutto più difficile.
 
“Noi saremo sempre con voi. Non dubitarne” mi concedo solo un’ultima carezza tra i suoi disordinati capelli, una nuova esplosione interrompe quel momento “Dovete andare”
 
Stavolta chiudo con decisione la navicella, prima che possa nuovamente replicare.
 
Partono velocemente. Non voglio guardare mentre li perdo per sempre, non so nemmeno la loro destinazione, ma sono sicura che se la caveranno e saranno felici. Io e mio marito abbiamo regalato loro una speranza.
 
Mi volto verso il cielo quando ormai non vi è più nemmeno l’ombra dei miei figli. Al loro posto un raggio brilla sopra di me a chilometri di distanza e come è comparso, si dissolve. Solo un pensiero: Bardack. È morto, lo so. Una fitta atroce all’altezza del cuore mi lascia senza fiato. Mi accascio a terra sfinita, non ho più forza per lottare e sinceramente neanche motivi.
 
Maledizione! Te ne sei andato prima di me. Mi hai lasciata sola. Ci siamo ripromessi che avremmo smesso di respirare insieme, Bardack! Ma come faccio ad odiarti se ti amo immensamente?!
 
I miei pensieri vengono interrotti da un potente fascio di luce, che si avvicina silenziosamente a me. Chiudo gli occhi, cerco di trovare una tanto desiderata pace interiore. Sento un forte calore esplodere dentro di me e poi il buio.
 
 
 
Ma dove sono? Apro gli occhi, ma non ho più alcuna sensibilità.
 
“Gine”
 
“Bardack?”
 
Non posso essermi sbagliata, è lui che mi ha chiamata.
 
C’è il vuoto intorno a me.
 
“Difronte a te, tesoro”
 
Seguo le indicazioni della voce e in un attimo realizzo la figura che si palesa davanti ai miei occhi.
 
Le nostre mani tentano di congiungersi desiderose di un nuovo contatto, ma non ci è più concesso.
 
Mi rivolge un sorriso malinconico, ma subito dopo cattura i miei occhi con concitazione.
 
“Gine, ho avuto una visione prima di morire. Ho visto Karoth difronte a Freezer. Sono certo che nostro figlio sconfiggerà quel mostro, è solo questione di tempo”
 
Quella luce che ho letto negli occhi del mio bambino prima di metterlo in salvo era davvero desiderio di vendetta?
Spero comunque che quella piccola fiammella di bontà venga alimentata nel suo cuore da persone che lo ameranno come avremmo fatto noi.
 
Fine.
 
Spazio dell’autrice
 
Ammetto di essermi immedesimata un po’ troppo in Gine XD ho dato decisamente il peggio di me XD
Spero comunque che non l’abbiate trovata così orribile e che non vi abbia fatto piangere troppo, nel caso non era davvero mia intenzione…scusate!
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita, che hanno inserito la mia storia nelle preferite o nelle ricordate e l'hanno recensita <3
A presto 😊
Baci :3

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