Doveva essere un giorno normale

di lukespj
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 24 July 2017 - Madrid ***
Capitolo 2: *** 30 September 2017 - Mantova ***



Capitolo 1
*** 24 July 2017 - Madrid ***


Doveva essere un giorno normale
e invece è stato un giorno speciale
 
 
 
 

Quella mattina, dopo aver spento la prima sveglia, si era riaddormentata girandosi sul fianco sinistro.
Era ormai diventata un’abitudine da una settimana a quella parte, in quanto di notte era quasi impossibile dormire come si deve. Troppo caldo e troppo chiasso. Ma, d’altronde, non si poteva pretendere diversamente, considerando che stava in uno dei quartieri più frequentati – e più propenso alle feste- di Madrid.
Quando, alle 7:30, suonò la seconda sveglia, si alzò di scatto, quasi spaventata. Sospirò pesantemente rendendosi conto che era solo il suo cellulare, allungando un braccio per premere sul tasto STOP.
Ma, quando fece per fare un passo per dirigersi verso il bagno, si accorse che la stanza girava leggermente e che la vista – già un po’ sfocata a causa della miopia- era tendente al nero.
Non imparerai mai eh? sussurrò a sé stessa, rimettendosi a letto e massaggiandosi le tempie.
Aveva ereditato la pressione bassa dal padre e, quando faceva caldo, ne risentiva particolarmente. Sorrise inconsciamente al pensiero che, se fosse stata a casa, la madre le avrebbe urlato dietro il solito “DEVI ALZARTI PIANO!” alzando gli occhi al cielo.
Quando sentì la porta del bagno chiudersi, segno che Karina, la ragazza americana che era in casa con lei, si era svegliata e alzata prima di lei, respirò a pieni polmoni e si alzò – lentamente, questa volta.
Accese il piccolo ventilatore bianco, posizionato sulla scrivania in legno un po’ vissuta e rovinata dal tempo, posta vicino al letto e di fronte alla finestra, e la piccola abajure nera, posta su una delle mensole vicino al letto – tutta la stanza era estremamente piccola, ma a lei non importava, per il poco tempo che passava lì dentro era più che sufficiente.
Staccò il cellulare dalla carica – che staccò dalla spina e ripose nel cassetto, insieme alla sua inseparabile lucina della notte verde, che aveva minimo la sua stessa età- tolse la modalità aereo e scrisse il buongiorno ai suoi genitori, o l’avrebbero data per dispersa.
La porta del bagno dopo qualche minuto si aprì e richiuse, facendole capire che Karina aveva finito e che poteva andarci lei.
Recuperò le cose che le servivano per lavarsi la faccia e darsi una sistemata e, dopo aver alzato la persiana della finestra per far passare un po’ d’aria, andò in bagno.
Si guardo allo specchio e vide la sua faccia ancora assonnata, gli occhi leggermente rossi e gonfi per le poche ore di sonno e le trecce mezze disfate, con i capelli che sparavano da tutte le parti.
Scosse la testa e si prese tutti i suoi cinque minuti quotidiani di tempo per sé, per poi tornare in camera e sistemare un po’ il casino che si creava sempre quando rientrava.
Dopo di che, aprì l’armadio e, senza neanche guardare, tirò fuori i suoi jeans chiari lunghi, che avevano uno strappo sul ginocchio sinistro, e una canotta bianca.
Dopo essersi vestita e aver piegato e riposto nell’armadio il suo pigiama corto bianco con stampate delle balene azzurre, ebbe appena il tempo di sciogliersi le trecce e mettersi gli occhiali dalla classica montatura nera – tornando a vedere il mondo nel modo giusto – che Pepe, l’uomo spagnolo sulla settantina che la ospitava, bussò alla porta della sua stanza urlando il solito “Giulia, a desayunar”.       Il perché urlasse ancora non l’aveva capito, soprattutto al mattino.
Così, con i riflessi e la prontezza di un bradipo, si avviò verso il soggiorno, percorrendo il lungo corridoio stretto che era sempre nella penombra – dato che non aveva nessuna finestra diretta e la luce che c’era era molto debole.
Arrivata a destinazione, si sedette al solito posto intorno al tavolo rotondo, dove c’era ad aspettarla il caffelatte bollente. Mise due fette di pane nel tosta pane bianco e abbassò la piccola leva sulla destra, rimanendo in contemplazione.
 
“Good Morning!”
 
La voce squillante di Karina la risvegliò dal suo stato di trance – nemmeno se ne era accorta di essersi persa nei suoi pensieri.
Si girò verso la ragazza che si era già seduta al suo fianco – indossava i soliti shorts di jeans e una maglia grigia grande il doppio di lei, che era una ragazza di media statura e magrolina, i suoi capelli rosso-aranciato naturale le ricadevano mossi sulle spalle e gli occhi chiari erano sempre vispi, anche al mattino.
 
“Morning” biascicò, ancora con la voce decisamente assonnata.
 
Il pane saltò dal tostapane, così lo recuperò e ci spalmò sopra la marmellata di fragole, mentre Karina prese due muffin dal vassoio al centro del tavolo.
Come ogni mattina, l’unica voce che si sentiva era quella di Karina, che parlava senza sosta, senza nemmeno il bisogno dell’intervento di Giulia, che si limitava ad annuire o a rispondere con dei semplici yep quando necessario.
Finita la colazione, Giulia corse in bagno a lavarsi i denti, per poi tornare in camera, infilarsi velocemente le converse bianche – o che avrebbero dovuto essere tali, ma che ormai erano tutte grigie- ripose il telefono e le chiavi di casa nello zaino, per poi chiudere la cerniera e metterlo in spalla.
Tirò giù la persiana, spense il ventilatore e la luce della stanza, uscendo e chiudendosi la porta dietro di sé, senza dimenticarsi l’abbonamento dei mezzi e raggiungendo Karina in corridoio, dove la stava aspettando.
Salutarono Pepe ed uscirono, chiamando l’ascensore, dato che erano al quarto piano. Arrivate al piano terra, uscirono dalla porta principale e girarono a sinistra, dirigendosi verso la fermata della metro, Lavapies, in fondo alla loro via.
Nonostante andassero in due scuole differenti, potevano fare un buon pezzo di strada insieme.
Riuscirono a prendere la metro in arrivo, con non poca difficoltà a salire – al mattino sembrava proprio di stare in una scatola di latta di sardine, cosa comprensibile dato che la gente doveva andare a lavorare.
Scesero alla quinta fermata, la stazione di Argüelles, per cambiare dalla linea gialla a quella marrone.
Anche qui, fecero quasi fatica a salire, ma fortunatamente per Giulia erano solo tre fermate.
Quando arrivò alla stazione Alonso Martinez, salutò Karina e scese dalla metro, uscendo poi dalla stazione e dirigendosi verso l’International House, distante solo un paio di minuti.
Arrivata a scuola, si sedette sul divanetto grigio posizionato alla reception e prese il telefono.
Sorrise vedendo che aveva una decina di notifiche di whatsapp tutte dalla sua migliore amica a distanza, Giulia – con la quale aveva in comune molto più che il nome.
Quando aprì i messaggi, vide che erano tutte foto di Daniel Sharman, una delle sue più grandi crush – la sua migliore amica si divertiva a farla sclerare e quindi ogni tanto la riempiva di foto.
Ma quello che non sapeva era che quella era solo la prima di altre coincidenze, o forse meglio dire indizi, su quello che quella giornata aveva in serbo per lei.
Alle 9:25 lasciò la sua comoda postazione e si diresse al primo piano verso l’aula 5.
Le avevano cambiato classe rispetto alla settimana precedente, il che comportava cambio d’insegnante e compagni nuovi, e quindi presentazioni – cosa che odiava profondamente dato che non sapeva mai cosa dire.
In classe, oltre a lei, c’erano altre tre ragazze e un uomo. Delle tre ragazze, fortunatamente, conosceva già Julia, una ragazza americana che aveva conosciuto per caso la settimana prima nella caffetteria della scuola.
La nuova insegnante entrò in aula – era una donna sulla quarantina, abbastanza alta, dalla corporatura robusta, gli occhi chiari che vedevano grazie agli occhiali dalla montatura verse e i capelli biondi riccissimi.
Si presentò dicendo di chiamarsi Teresa e chiese a tutti di dire come si chiamavano e da dove venivano.
Giulia fu la prima a parlare, seguita poi da Julia, che era di Houston, Ana, una ragazza serba dagli occhi azzurri e i capelli biondissimi, Marina, che era della Corsica, i lunghi capelli marrone scuro erano dello stesso colore dei suoi occhi, e infine Daniel – seconda coincidenza, a cui la ragazza non fece per niente caso- che era sulla cinquantina e veniva da San Francisco.
Finito il giro di presentazioni, incominciò la lezione e in un batter d’occhio, erano le 13:30, ora che stabiliva la fine delle lezioni mattutine e che lasciava agli studenti il tempo necessario per mangiare e rilassarsi per un po’ prima di ricominciare con le lezioni pomeridiane.
Dopo aver preso il suo solito panino e la bottiglietta d’acqua, si sedette ad uno dei tavoli della caffetteria, venendo poi affiancata da Julia, Andy – un altro ragazzo americano- e Ina, una ragazza croata.
Finita la pausa, Giulia salutò gli altri e si avviò verso l’aula 2, dove aveva l’ora di lezione face-to-face con un docente – certo, era meglio quando c’erano anche altri compagni, ma così la lezione era molto più focalizzata a cercare di migliorare i suoi errori.
Quando l’insegnante arrivò, la ragazza sospirò mentalmente vedendo che anche questo docente era cambiato.
Anche lui sulla quarantina, alto, pelato, con la barba brizzolata, un sorriso stampato in faccia che gli prendeva anche gli occhi scuri.
Quando si presentò, dicendo di chiamarsi Isaac, Giulia non poté fare a meno che pensare al suo licantropo preferito – ed ecco anche la terza coincidenza.
Ignara di tutto, seguì la lezione, ma infondo, come avrebbe potuto immaginare che la sua giornata avrebbe preso una piega totalmente diversa, inaspettata e speciale al finire delle lezioni?
Alle 15:30, terminata la lezione, salutò Isaac ed uscì dall’edificio, andando sulla strada principale per poi dirigersi verso Starbucks, il suo posto fisso per fare merenda.
Prese il suo solito Peach Green Tea Lemonade e si sedette al solito tavolino vicino alla porta.
Non fece in tempo a scrivere alla sua migliore amica che il suo nuovo insegnante si chiamava Isaac – dato che già non scleravano abbastanza per Teen Wolf- che le arrivò una notifica da twitter che diceva che Daniel Sharman era a Madrid.
Rimase per un bel po’ imbambolata – il telefono in una mano, il suo tea nell’altra e la bocca spalancata- per poi precipitarsi fuori come un fulmine e iniziare a vagare a vuoto, come una disperata.
Aveva scritto a gente a caso su twitter per capire dove andare, Madrid era immensa e lui avrebbe potuto essere ovunque.
Ma, proprio quando stava per arrendersi – stava vagando senza meta da troppo tempo con un caldo micidiale e la sua “amata” pressione bassa si stava facendo sentire – una ragazza le rispose su twitter e, dopo varie notifiche, le disse di andare a Callao.
Quando raggiunse la meta, vide che c’erano due macchine della polizia e molte ragazze davanti al Cine Callao, capendo così che doveva essere quello il posto in cui si trovava – o meglio, dove doveva andare- Daniel.
Dopo un po’ di fatica, riuscì a trovare la ragazza che le aveva scritto e la sua amica, mettendosi ad aspettare insieme a loro.
Guardò il telefono e si rese conto che erano già le sei. Era stanca morta, le facevano anche malissimo le spalle e la schiena a causa dello zaino, ma non aveva nessuna intenzione di andare via da lì senza aver visto anche solo un riccio di Daniel.
Il tempo passava, la gente aumentava sempre di più e tutti stavano diventando impazienti. Continuavano a chiedere a che ora sarebbe iniziata la Con di Fear The Walking Dead, pur consapevoli che la maggior parte di loro non sarebbe potuta entrare non avendo il pass, ma nessuno diceva niente.
Ad un certo punto, all’alba delle 19:30, iniziò a muoversi qualcosa e, pochi minuti dopo, due attori – un uomo e una donna- uscirono dalle porte vestiti da zombie.
Rimasero fuori a cercare di spaventare tutti – inutilmente, anche se qualcuno si divertiva ad urlare come delle galline spennate spaccando i timpani a tutti i presenti- per poi, dopo un tempo che sembrava interminabile, rientrare nel cinema e sparire.
 
E fu allora che successe.
 
Dopo essersi fermato a fare le foto ufficiali per l’evento, Daniel uscì dalla porta.
Indossava una camicia di jeans e dei jeans neri e sorrideva, sorrideva a trentadue denti.
Giulia non ci poteva credere, aveva Daniel Sharman a cinque, massimo sei metri da lei e si rese conto che, dannazione, quel ragazzo era semplicemente perfetto, lo schermo in cui era abituata a vederlo non gli rendeva minimamente giustizia.
Daniel urlò un “HOLAAA!”, facendo così sclerare tutti i presenti, cosa che ampliò ancora di più il suo sorriso. Continuava a salutare con la mano, e la ragazza faceva lo stesso e, pur sapendo che tra tutte quelle persone non avrebbe mai potuto vederla, si convinse che l’aveva salutata, poco importava se in realtà stava salutando la folla.
Dopo quasi essere caduto dalle scale – che demente pensò la ragazza- Daniel rientrò nel cinema, sparendo.
Giulia rimase lì per un tempo indeterminato a fissare la porta, non riuscendo bene a realizzare ciò che era appena successo.
Quando tornò in sé, salutò le due ragazza che aveva conosciuto, dirigendosi verso la metro per tornare alla homestay, dato che ormai erano le 20:30 e lei doveva assolutamente farsi una doccia e chiamare i suoi prima di cenare – come avrebbe fatto non ne aveva idea, ma non le importava.
Nel tragitto verso la casa, mandò un’infinità di audio disagiati alla sua migliore amica.
Si rese conto di essere troppo tranquilla, ma ancora non aveva realizzato il tutto.
Arrivata a casa, salutò Pepe e si precipitò in camera, chiamò i suoi e si fece una doccia lampo, riuscendo ad essere a tavola per le 21:00 esatte.
Dopo cena, tornò in camera e, dopo aver fatto i compiti ed essersi preparata per andare a letto, riguardò il piccolo video che aveva fatto poco tempo prima e mise come sfondo del telefono la foto che aveva fatto a Daniel mentre sorrideva, magari così si sarebbe convinta che sì, lo aveva visto ed era così felice.
Persa nei suoi pensieri, si addormentò, sfinita.
 
 
 
La mattina dopo, si svegliò con un sorriso stampato in faccia.
Era da troppo tempo che non si svegliava così, ma si sentiva talmente bene che si alzò e si preparò molto più in fretta del solito.
Aveva voglia di andare a scuola e vedere i suoi compagni, sicura che avrebbe passato una giornata stupenda.
Mentre aspettava che venisse preparata la colazione, sbloccò il telefono per scrivere ai suoi genitori, ma si bloccò quando vide il suo sfondo.
Ancora non poteva credere a quello che era successo la sera prima.
Sì, è vero, avrebbe tanto voluto che Daniel si avvicinasse di più, non tanto per la foto – cosa che tutti desideravano e che l’avrebbe resa davvero ancora più felice- ma per poterlo abbracciare e dirgli tutto quello che sentiva, quanto orgogliosa era di lui e tante altre cose.
Ma era comunque felicissima per quello che era successo, era grata a chiunque avesse deciso che proprio lei, quella sera del 24 Luglio 2017, a Madrid, avrebbe visto a pochi metri da lei Daniel Sharman.
E in quel momento, realizzò che, per la prima volta in vita sua, si era risvegliata da un sogno, con una prova che testimoniasse quanto bello e incredibile sia stato.
 
 
 
 
 

* angolo autrice *

 
Salve a tutti!
Ebbene sì, sono tornata dopo tanto tempo con una nuova OS!
Non penso che sia necessario dire quanto importante sia questa per me, penso si capisca benissimo.
Come sempre, vi chiedo di lasciarmi tutti i vostri pareri, commenti e critiche, e di dirmi assolutamente se trovate degli errori ( o orrori lol) di qualsiasi tipo.
Inoltre, anche questa volta ho pubblicato sia su efp che su wattpad, il nome è sempre @/lukespj quindi non ho copiato nessuno
 
Un bacione e alla prossima,
Giuls xx

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Capitolo 2
*** 30 September 2017 - Mantova ***


Watch the wish you made come true
 
 
 
 

La macchina bianca sfrecciava per le strade di campagna ancora deserte e leggermene annebbiate.
La ragazza, seduta dal lato passeggero, guardava assorta verso l’orizzonte, dove si iniziavano a vedere le prime luci dell’alba.
Quella mattina, lei e il padre, si erano alzati abbastanza presto, pronti per partire alla volta di Mantova. A dir la verità, erano partiti da casa il pomeriggio precedente, facendo tappa per la notte a Cremona dalla nonna, rendendo le quattro ore di strada per Mantova a due.
Durante il tragitto, lei e il padre continuavano a parlare del più e del meno, come sempre del resto. Ancora era leggermente incredula del fatto che il padre avesse accettato di andare insieme a lei a Mantova, per il semplice fatto che lei voleva andarci con uno scopo preciso: trovare il set delle riprese della seconda stagione dei Medici. Certo, era anche curiosa di vedere la città, dato che non c’era mai stata e che amava visitare posti nuovi, ma avrebbe mentito spudoratamente a dire che voleva andarci per quello.
Quando erano circa a metà strada, assistettero ad un dono della natura spettacolare.
Videro un sole di un rosso acceso dalle dimensioni enormi, che sembrava quasi di poterlo toccare con un dito. Una di quelle cose che a raccontarle non si può perché non ci sono le parole per descrivere quanto spettacolare la natura possa essere.
 
Chissà se mi porterà fortuna – pensò la ragazza tra sé e sé.
 
Continuarono il viaggio senza troppa fatica e arrivarono a destinazione un po’ dopo le 8:00. Parcheggiarono nel primo posto libero che trovarono, per poi incamminarsi verso il centro.
Giulia continuava a respirare a pieni polmoni. Aveva un nodo allo stomaco per via di tutte le emozioni contrastanti che provava e che stavano facendo a pugni dentro di lei.
Continuava a ripetersi che sarebbe andato tutto bene, che in un modo o nell’altro avrebbe passato una giornata stupenda insieme a suo padre, e quello era l’importante.
Si strinse nel suo giubbetto di pelle per ripararsi dall’aria fresca del mattino, mentre camminavano cercando un bar dove fare colazione.
Nonostante fosse freddolosissima, aveva deciso di mettersi la sua tuta nuova grigia senza maniche, leggermente stretta in vita, e la giacca di pelle nera nel caso avesse avuto freddo – che poi avrebbe fatto caldo e aveva azzeccato in pieno come vestirsi, lo avrebbe scoperto solo in seguito. Ai piedi aveva sempre le sue converse, ma questa volta erano davvero bianche - in quanto le aveva comprate nuove in Spagna- e aveva lasciato i capelli, ondulati dalle trecce, sciolti.
Il padre, freddolosissimo come lei, invece si era vestito a strati – come suo solito- con maglietta, camicia, maglione e giacca – tutto sul tono del blu- jeans e scarpe da ginnastica.
Appena trovarono un bar che gli ispirava, entrarono e ordinarono la colazione – latte macchiato e brioches liscia per il padre e succo ACE e brioches al cioccolato per lei.
Finita la colazione, uscirono dal bar e si diressero verso Piazza Castello, dove c’erano i camion della produzione, seguendo le indicazioni di Sofia – una ragazza che Giulia aveva conosciuto su Twitter e con cui si sarebbero incontrati nel pomeriggio.
Arrivati lì, la ragazza continuava a guardarsi intorno, mentre le emozioni dentro si lei si stavano letteralmente ammazzando.
Vide i camion della produzione – erano pochi, si aspettava di vederne di più – e poi i costumi di scena, rimanendo incantata a guardarli.
Dopo aver parlato un po’ con il padre, si decisero ad andare a chiedere a delle persone della crew – che erano sedute sotto un gazebo- qualche informazione riguardo alle riprese.
Quando però dissero che quel giorno registravano fuori Mantova e che non sarebbero tornati fino a sera, Giulia sentì qualcosa spezzarsi dentro di lei e gli occhi piangerle.
Ma non voleva piangere, non davanti a degli estranei, almeno.
Si sedette senza speranza per terra, con il padre che cercava di sollevarle il morale e con il quale aveva deciso che avrebbero provato a tornare lì nel pomeriggio tardi, prima di ripartire.
Mentre il padre curiosava un po’ in giro, tra costumi di scena e cose varie, lei rimase lì, seduta con lo sguardo perso nel vuoto.
Tutte quelle emozioni che provava e il nodo allo stomaco erano spariti, lasciando un senso di vuoto inspiegabile e una delusione verso sé stessa immensa.
Quando aveva visto Daniel a pochi metri da lei a Madrid, nonostante non poteva sentirla, gli aveva promesso che si sarebbero rivisti presto, così da potergli dire tutto quello che sentiva e abbracciarlo con tutte le sue forze.
E quando poi era uscita la notizia che avrebbe interpretato Lorenzo il Magnifico nella nuova stagione dei Medici e che di conseguenza avrebbe passato del tempo in Italia, le era esploso il cuore di gioia – sia per quanto orgogliosa fosse di lui, sia perché era convinta che quella sarebbe stata la loro occasione.
Ma, in quel momento, seduta per terra in Piazza Castello a Mantova, si sentiva come uno schifo per aver infranto quella promessa.
Così, con le lacrime agli occhi e le mani tremolanti, aprì Twitter e, in risposta a tutto quello che aveva scritto a Daniel da quando aveva avuto la certezza di andare a Mantova, scrisse:
 

Sono venuta con la speranza di vederti anche solo per un secondo e da lontano e mi è crollato il mondo addosso.
 

Poi chiuse Twitter e si alzò, asciugandosi le lacrime e mettendo il telefono in tasca e “Pa’, andiamo?”.
Non voleva assolutamente buttare via quella giornata e decise che, in fondo, andava bene così.
Perché, nonostante tutto, nel profondo del suo cuore, aveva ancora un piccolo barlume di speranza.
Il padre la raggiunse e decisero di visitare il Palazzo Ducale e la Camera degli Sposi, facendo il biglietto cumulativo.
Per poter entrare nella Camera degli Sposi, dovettero attraversare di nuovo Piazza Castello, passando esattamente nel momento in cui stavano caricando su un camion la sedia che usava Daniel – e che probabilmente aveva usato prima anche Richard Madden – e la ragazza non poté fare a meno di sorridere.
 
Almeno qualcosa l’ho vista – pensò.
 
Dopo aver visto la Camera degli Sposi e il Palazzo Ducale – che aveva ammirato come una bambina in un negozio di caramelle-  decisero di andare a visitare il Duomo e la rotonda di San Lorenzo.
Appena le arrivò, come ogni giorno, il primo dei suoi daily reminder – you will hug Daniel one day- andò su Twitter e scrisse:
 

Anche se sono senza speranza… 11:11 you.
 

Dopo aver girato un po’ per le vie del centro storico, decisero di andare a pranzare – dopotutto, era ormai mezzogiorno e avevano entrambi fame.
Presero un antipasto di pesce in due e poi Giulia un risotto asparagi e taleggio, mentre il padre i ravioli di zucca.
Finito di pranzare, camminarono fino a Palazzo Te, facendosi una bella mezz’ora di camminata, ma poi decisero di non entrare.
Così, tornarono indietro verso il centro storico e poi si diressero verso i Laghi di Mantova, dove si sedettero su una panchina e rimasero lì tranquilli, osservando i pescatori – che il padre continuava a commentare e a spiegare cose alla figlia.
Giulia sorrise e rimase lì volentieri ad ascoltare il padre a parlare della sua grande passione – e in fondo, glielo doveva.
Rimasero lì ai Laghi per un bel po’, poi decisero di spostarsi nuovamente verso il centro.
Ne approfittarono per fermarsi in un bar a bere qualcosa – succo alla pera per il padre e spremuta d’arancia per lei.
Controllò il telefono, rendendosi conto che erano ormai le 15:30.
 
Tutto quello che successe da quel momento fu molto veloce e inaspettato – e a tratti anche comico.
 
Ricevette una chiamata da Sofia, rispose subito pensando che le dicesse dove incontrarsi – cosa che in un certo senso fece- ma non si aspettava di sentirsi dire “Giulia, corri che c’è Daniel!”.
A quell’affermazione, si alzò di scatto dalla sedia del bar e, con il cuore a mille e il cervello annebbiato, fece segno al padre di andare ed iniziò a correre verso il punto in cui Sofia le aveva detto di andare.
Appena si videro, le due ragazze si salutarono e si abbracciarono, dopo di che Sofia trascinò letteralmente Giulia nella direzione verso cui era andato Daniel – il tutto con il padre di Giulia dietro di loro.
Ad un certo punto, si imbatterono in un gruppettino di ragazzine e, puntando lo sguardo oltre, Sofia vide Daniel e lo indicò a Giulia.
La ragazza si sentì mancare l’aria, continuava a fissare il cappello fin troppo famigliare e la schiena coperta da una maglia blu di un ragazzo che era a pochi metri da loro e continuava a scuotere la testa.
 
Non può essere lui -  continuava a ripetersi.
 
Il ragazzo, che era insieme ad altre persone, girò l’angolo e così fecero anche le ragazze che, ora era chiaro, lo stavano praticamente seguendo ridendo come delle ochette.
Al che Giulia non aveva nessuna intenzione di andargli dietro, non voleva né assillarlo né disturbarlo, lo aveva visto di nuovo a pochi metri da lei e le bastava.
Era già felice così, anche troppo.
 
Ma, chi era insieme a lei la pensava diversamente.
 
Così, mentre Sofia aveva prontamente fermato le ragazze facendogli capire di smetterla, il padre di Giulia corse in direzione di Daniel, lasciando la figlia completamene paralizzata sul marciapiede e sotto shock, vedendolo fermare Daniel parlandogli in italiano – dato che non sapeva l’inglese.
Il ragazzo lo guardò tremendamente confuso, per poi girarsi e vedere dietro di sé la ragazza, che aveva smesso di respirare e l’unica cosa che riusciva a pensare era oddio non l’ha fatto sul serio.
Così, Daniel, sorridendo – e oddio il suo sorriso - si incamminò verso la ragazza che, in quel momento, non ricordava nemmeno più il suo nome – e nessuna parola del vocabolario inglese.
Blaterò qualcosa di incomprensibile a Daniel, per poi dirgli che, se non voleva fermarsi, non importava, lei era già felicissima.
Ma lui le rispose che non c’erano problemi – e oddio, la sua voce.
Si rese conto di starlo guardando dritto negli occhi, nei suoi fantastici occhi azzurri in cui si era persa e di cui non aveva paurae oddio i suoi occhi.
Generalmente, lei non guardava mai nessuno negli occhi per paura che potessero leggerle l’anima.
 
Ma con Daniel era diverso.
 
Nonostante stesse morendo dalla voglia di abbracciarlo così forte, aveva paura che a toccarlo lo avrebbe rovinato, così gli mise un braccio dietro la schiena a mo’ di mezzo abbraccio – il mezzo abbraccio più bello della sua vita- e lui fece lo stesso, facendole smettere di battere il cuore – e oddio Daniel Sharman le stava toccando la schiena.
Fecero la foto insieme e poi gli blaterò ancora qualcosa senza senso – alla faccia del discorso che si era preparata – per poi salutarlo e vederlo sparire.
In quel momento, si rese conto che era successo qualcosa di straordinario e che – soprattutto – Daniel Sharman profumava di casa.
 

Dopo quegli attimi passati troppo velocemente e ancora leggermente confusi, si diresse verso Sofia, che l’abbraccio e “Sono così felice che tu ce l’abbia fatta”.
Giulia sorrise e dentro di sé sentiva un senso di pace, tranquillità e leggerezza che non era solita provare.
Sapeva che ancora doveva realizzare ciò che era successo ed era pienamente consapevole che non si sarebbe ripresa mai.
Ma era felice, davvero tanto.
Giulia e suo padre rimasero ancora per un po’ a Mantova in compagnia di Sofia, che li portò un po’ in giro per la sua città facendo da cicerone.
Quando poi li salutò dato che aveva altri impegni, decisero che era arrivato il momento per loro di andare.
Tornarono alla macchina e si diressero di nuovo in direzione Cremona, dove avrebbero passato un paio di giorni dalla nonna e dalla zia -  che nonostante i suoi 99 anni era più in forma e arzilla di loro due.
Durante il tragitto, la ragazza continuava a cercare di mettere insieme i pezzi, ancora incredula di avercela fatta.
Nonostante avesse perso completamente la speranza quella mattina, era grata a quella piccola parte di lei che aveva continuato a crederci.
Ripensando al fatto che quelle ragazze lo stavano seguendo, si lasciò scappare ad alta voce un “Secondo me mi odia dato che-”.
Ma il padre non la lasciò nemmeno finire che “Non dirlo nemmeno per scherzo! Punto primo, se non aveva voglia non sarebbe venuto da te. Punto secondo, quando ti ha vista ha fatto un sorriso bellissimo. Quindi no, non ti odia”.
Calò il silenzio per qualche secondo e poi “Cacchio, ho toccato una celebrità!” disse il padre, tutto orgoglioso.
La ragazza scoppiò a ridere e si sentì riempire il cuore di gioia al solo pensiero che suo padre avesse fatto tutto questo per lei e che ora era tutto contento.
E le venne in mente una citazione di una canzone di Jovanotti.
 
Dottore, che sintomi ha la felicità?
 
Non sapeva esattamente come rispondere, ma era consapevole che, Daniel Sharman, oltre che sapere di casa, era la sua più grande gioia.
E che mai avrebbe pensato di provare tutte queste emozioni che, alla fine, la facevano stare bene.
 

Ma bene davvero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

* angolo autrice*
 
Salve a tutti!
Questa parte non era prevista, avevo scritto la prima parte pensando di tenerla come unica OS, e invece poi è successo l’impossibile e quindi eccomi qui, con una nuova parte che, per quello che so io, dovrebbe essere l’ultima.
Ci tenevo a dirvi di non smettere mai di sperare, il momento per tutti arriverà e tutti prima o poi incontreremo le nostre persone speciali. Basta non smettere di crederci. MAI.
Come sempre, vi chiedo di lasciarmi tutti i vostri pareri, commenti e critiche, e di dirmi assolutamente se trovate errori di qualsiasi tipo.
Inoltre, anche questa volta ho pubblicato sia su efp che su wattpad, il nome è sempre @/lukespj quindi non ho copiato nessuno.
 
Un bacione e alla prossima,
Giuls xx

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