Brother and Sister

di my_name_is_nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1 (RE)

Finii di mangiare mentre continuavo ad ascoltare i telegiornali in televisione.

“La figlia del presidente degli Stati Uniti è stata salvata da un agente governativo. Siamo felici di riavere di nuovo a casa la dolce signorina Graham”

<< Un applauso a quell’”eroe” di mio fratello! >> esclamai ad alta voce.

Tanto non mi sentii nessuno, per cui non mi preoccupavo nemmeno.

I telegiornali fecero davvero di tutto per elogiare una persona che non merita neanche una festa di ringraziamento per il suo lavoro. Va bene che Leon era andato in quel paese tra la Spagna e il Portogallo per salvare la figlia del presidente, ma adesso stavano esagerando. Ero sua sorella, conoscevo per certo mio fratello, sapevo che lui odia farsi chiamare “eroe” perché sa di non esserlo. Quando tornava dalle sue missioni diceva sempre che i veri eroi sono quelli che muoiono per qualcun altro o per uno scopo. Non che lui sia stato un bastardo, per carità è sopravvissuto ad un attacco terroristico da parte di quei fanatici religiosi e salvò salvato la vita a quella ragazza, ma non meritava di chiamarsi “eroe”. Solo sopravvissuto, alla fine sia lui che io sapevamo il suo fatto.

Il campanello suonò e corsi ad aprire la porta. Leon era lì, stanco, stressato e anche con uno sguardo malinconico.

<< Ma ciao, EROE! >> urlai, per farlo stare peggio.

<< Non ti ci mettere anche tu >> mi abbracciò fortemente, mantenendo salda la stretta.

<< E perché no? Non è vero quello che dicono in televisione? “Un eroe ha salvato la vita alla figlia del presidente, siamo lieti di riaverli in patria! Devono esserci molte persone coraggiose come lui!” >>

Ma lui, invece, non mi ascoltò e andò in cucina.

<< Non ti ho preparato niente >> dissi << Non sapevo a che ora saresti tornato >>

<< In realtà dopo quello che ho passato non ho molta fame. Tu, piuttosto, come stai? >>

<< Bene. Non sono stata molto in ansia per te. È un problema? >>

<< Non ti facevo menefreghista >>

<< Mi conosci. Dopo quello che mi hai fatto a Seattle molto tempo fa, non credo di essere in debito con te >>

E come potevo dimenticarmi di Seattle, quella città infestata dagli zombie dove Leon mi abbandonò due anni fa. Fortunatamente ero brava ad utilizzare le erbe e le pistole, così riuscii anche io a sopravvivere. Poi, insieme a me a Seattle c’era anche un ex collega di mio fratello, Jack Krauser. Lavorava per un’altra organizzazione di cui non mi ha voluto dire il nome, ma, comunque, a differenza di Leon, riuscì a contattare un elicottero per poi farmi riportare a casa sana e salva. Di lui, poi, nessuna notizia. Non lo dimenticherò mai. Quando sono tornata a casa mi avevano ricoverato in un ospedale del governo e Leon era corso fin lì per vedermi. C’erano sia il Presidente che quella stronza di Ada Wong. Era per causa sua se Leon aveva rinunciato di salvare la vita a me per scegliere lei. In realtà, dopo averci pensato su, la colpa non è neanche di Ada; anzi lei in quei giorni all’ospedale mi ha curata, mi ha parlato molto e mi ha addirittura comprato un piccolo stereo con tutti i CD dei miei cantanti preferiti. Non me la ricordavo così dolce. Mi disse che era veramente dispiaciuta per ciò che mi era successo e mi giurò che mi avrebbe tenuto sulla coscienza, così che <> disse. L’ho adorata quei giorni, volevo stare solo con lei; non è falsa come dice Leon, è solo cocciuta, dolce, furba e stronza. Ha comunque dei sentimenti, e li compresi. Sta di fatto che mio fratello, quel giorno, scelse lei… non me.

<< Senti >> ripresi << visto che hai fatto un favorone al signor presidente e ti ha anche pagato con i Big Money, non è che mi presteresti venti o trenta dollari? Passo a comprare dei CD per lo stereo >>

<< Sei incredibile. Torno dopo due mesi di miseria e distruzione da un paese dove ho affrontato… >>

Non lo feci finire, ma continuai per lui << Mostri, zombie, cani zombie e bla bla bla, e tu hai il coraggio di far finta di niente? Sì! Ti ricordo Seattle, non te la farò mai dimenticare >>

Silenzio. Abbassò di nuovo lo sguardo << Almeno tu, Ele. Solo oggi >>

<< Sei un dito al culo, Leon. Comunque, chi hai incontrato lì? Oltre agli zombie, ai fanatici religiosi eccetera? >>

<< Ada Wong e… Krauser >>

Lo guardai a bocca aperta e occhi sbarrati << K… Krauser! >>

<< Sì >>

<< O mio dio! >> il mio sguardo si fece felice << E dov’è? In ospedale? Sta bene? Temevo fosse morto! >>

Ma Leon non mi rispose, mi guardò sempre più triste.

Ed io con lui. << Non è all’ospedale? >> la voce si spense.

Leon scosse la testa.

<< È… >> si formò un nodo doloroso alla gola << morto? >>

Nessuna risposta.

<< Capisco >> guardai il pavimento << Bè, comunque l’ho conosciuto, no? Ho qualcosa di lui dentro di me >> e sorrisi in maniera isterica. Ridevo sempre per non piangere. Solo Ada sa che ero, in realtà anche se non sembrava, depressa. Lo notò e me lo disse anche.

<< Vieni >> mi prese per mano << Andiamo sul divano… Sono stanco >>

<< Ada, invece? >> chiesi curiosa.

<< Non lo so, è scappata >>

<< Hai un suo contatto? >> la verità è che avevo bisogno di vederla. Ora.

<< No, Ele >>

Rimasi in piedi impalata vicino al tavolo. Non riuscii a muovermi, ero troppo presa dalla tristezza. Krauser, l’uomo che si è dimostrato il più coraggioso di tutti, morto in Spagna. << Come >> dissi e basta.

<< Era diventato un mio nemico, è stato lui a rapire Ashley, e lui voleva diffondere il fanatismo religioso >>

<< No… >> deglutii << Giura, Leon. O io ti odierò sempre di più >>

<< È così e mi dispiace >> abbassò di nuovo il capo.

<< Se solo mi avesse incontrata di nuovo, magari… >> ma cosa dicevo, io non c’ero << cosa ti ha detto quando ti ha visto? Mi ha pensata? >>

<< Ha solo detto che tu sei più forte di me, sei più sveglia e più scaltra >>

<< Ada Wong dov’è? >>

<< Non lo so >>

<< Non c’è un modo per incontrarla? >>

<< Quella sbuca quando e dove le pare. Può essere ovunque >>

<< Io esco >>

Presi la giacca di pelle nera e la borsa a tracolla.

<< Dove vai? >>

<< In giro. Voglio andare alla Casa Bianca. Leon! >> lui mi bloccò il braccio ma io lo strattonai << Io ho il diritto di sapere. E voglio incontrare Ada. Con i computer alla base militare dove lavori la posso contattare! Non sono affari tuoi ciò che ne faccio della mia vita >>

Rimase in silenzio mentre io uscivo.

Dentro la borsa avevo la carta d’identità stampata dalla Casa Bianca che mi riconosceva come “alleata dello Stato”, le mie immancabili cuffiette con l’iPod e le chiavi di casa.

<< Che bel ritorno a casa che hai avuto fratellone >> sussurrai a me stessa.

Poverino, dopotutto era stanchissimo e distrutto. Ma non potevo vederlo, dopo che ripensai a Seattle tutti i pensieri positivi su di lui svanirono come polvere. Eleonora Kennedy non dimenticava. Mai.

Presi il primo autobus che fermava vicino alla Casa Bianca e, con nonchalance, mi avvicinai alla porta principale sorvegliata da due uomini robusti di alta classe.

<< Ferma >> il primo puntò il braccio all’altezza del mio seno.

<< Sono la sorella di Kennedy, quell’ “eroe” che ha salvato la figlia del presidente. Ecco, tenete >> porsi il documento e lo scrutarono attentamente.

<< Cosa sei venuta a fare? >>

<< Posso avere un discorso in privato con il presidente? Vorrei salutare anche sua figlia. E voglio vedere anche Hunnigan, la conoscete? È una sua collaboratrice >>

<< Va bene, puoi entrare >>

<< E grazie >>

“ Ma vaffanculo, guardie del cacchio ” pensai.

Venni portata all’ingresso e Dio solo sa quanto faceva schifo il presidente con tutti quei soldi. Schifo perché l’ingresso era ornato da lampadari di cristallo, quadri dei vecchi presidenti e una scala con le barriere d’oro che conducevano alle varie stanze della Casa.

<< La stanza del presidente è all’ultimo piano >>

Non ringraziai le guardie e salii le scale finché non arrivai alla stanza del presidente.

Bussai e un << Avanti >> mi elogiò ad aprire con il sorriso più falso del mondo quella porta.

<< Eleonora Kennedy! Buon pomeriggio! >> si avvicinò e mi abbracciò << Come stai? >>

<< Molto bene, signore. Grazie! Sua figlia? >>

<< È nella sua stanza, si sta già preparando per stasera. Verrai alla festa di ringraziamento per tuo fratello? >>

Oh porca puttana! Non volevo crederci. “ Dio, ti prego, prendimi e facciamola finita qui! ” pensai disperata dentro di me.

<< Una festa? >>

<< Sì! In onore del coraggio di tuo fratello! Ha rappresentato al meglio questa nazione! >>

“ Ma muori! ”

<< Non lo so! Ma Leon lo sa? >>

<< Gli ho detto che questa sera lo avrei convocato per parlare d’altro. La festa è una sorpresa >> mi fece l’occhiolino << Per cui non dirglielo >>

<< Ahahah, no no, signore >>

“ Col cavolo! Anche Leon odia queste feste, e glielo dirò subito. Voglio vedere la faccia che farà quando lo verrà a scoprire. ”

<< Comunque, volevi chiedermi qualcosa? >>

<< Signore, essendo la sorella dell’agente che ha salvato sua figlia in missione rappresentando al meglio questa nazione, posso parlarle come se parlassi ad un padre? >>

<< Ma sicuro, mia dolce Eleonora! Dimmi pure! >>

<< Deve sapere che Leon ha incontrato un uomo che un tempo mi salvò la vita a Seattle. Si ricorda? >>

Il suo viso si fece cupo << Ecco… >>

<< È acqua passata! >> lo interruppi, anche il presidente mi aveva voltato le spalle quel giorno << So cavarmela, io non ho paura, signore >> riuscii a far abbassare il capo al presidente e, per la prima volta, mi feci portare rispetto da un’autorità di alto rango.

<< Stavo dicendo >> ripresi << l’uomo in persona si chiama Jack Krauser, non so se lo conosce, ma forse sì visto che lui andò in missione insieme a mio fratello molto tempo fa in Sud America a causa del Virus Veronica. Sta di fatto che è morto anche lui in Spagna e, avendomi salvato la vita a differenza del mio stesso paese, ritengo opportuno dare una degna sepoltura anche a lui >>

Il silenzio che regnava, durò massimo dieci secondi, finché il presidente non decise di rispondermi << Vedi, io capisco perfettamente i sentimenti che provi nei confronti di Krauser, ma c’è un problema: il cadavere non è stato ritrovato >>

Ma certo! Che stupida ero! Se il cadavere non c’è vuol dire che lo avevano portato via. Magari è stata Ada! Magari lei sapeva come farlo ritornare… No, ma cosa dicevo. Leon mi disse che Krauser era morto. Ada non faceva miracoli.

<< Capisco, signore >> stavolta ero stata io ad abbassare il capo.

<< Mi dispiace moltissimo >> poggiò una mano sulla mia spalla.

<< Non fa nulla. Arrivederci >>

Me ne ritornai a casa, perché era inutile contattare Ada per chiederle spiegazioni.

D’un tratto squillò il telefono e notai la chiamata di Leon << Dimmi >>

<< Torna a casa, c’è una persona che vuole incontrarti >>

Chiusi la chiamata e ripresi lo stesso autobus con cui ero andata alla Casa Bianca.

Quando aprii la porta con le chiavi, mi diressi subito in salotto e notai Leon poggiato sul tavolo che, con un cenno della testa, indicò una figura femminile seduta sul divano. La donna mi sorrise dolcemente ed io buttai la borsa per terra per correre a salutarla << Ada! Oddio mio! >>

<< Ciao dolcezza! Mi sei mancata tanto… >> affondò il viso sulla mia spalla.

<< Anche tu! Tantissimo! >>

<< Vi lascio sole >> mio fratello andò in camera sua.

<< Come stai? Che mi racconti? >> le chiesi dopo essermi messa seduta vicino a lei << Vuoi qualcosa? >>

<< No, no grazie. Ho già preso un caffè. Comunque sto benino, dai. Sono stata meglio, ma mi sentivo in dovere di salutare l’eroe di questa nazione. Eroe così per dire, ti conosco. Io e Leon ci siamo già incontrati in Spagna, te lo ha detto? >>

<< Lo ha accennato, che bello vederti! Stavo anche per contattarti! >>

<< Dovrò darti il mio numero, è un piacere parlare con una ragazza intelligente come te. Come mai volevi chiamarmi? >>

Esitai per un attimo e lei notò qualcosa di strano in me << È successo qualcosa? >> mi prese le mani.

<< Ho saputo che Krauser è… >> non finii.

<< No >> sorrise.

<< No? >>

<< Se stai per dire che è morto, ti sbagli di grosso >>

<< COSA?! >> scattai in piedi.

<< Ascoltami bene: tu mi conosci, sai che nella mia organizzazione producono farmaci e vaccini per i virus che vengono creati. Krauser si è scontrato per ultimo con me e… ma aspetta. Sai almeno la storia? >>

<< No… >>

Ada, con molta pazienza, mi raccontò tutte le vicende accadute in Spagna e in Portogallo e il ruolo di Krauser nella Umbrella. Si era unito con essa per farsi curare il braccio che si era rotto in Sud America con mio fratello. Conobbe Wesker e così anche Ada, poi ha covato odio nei confronti di Leon. Due anni fa si trovava a Seattle perché ricevette l’ordine di recuperare un virus, ma aveva anche avuto la fortuna di conoscere me, il che lo rese molto più dolce e ha tirato fuori la sua sensibilità.

<< Come hai fatto con me >> sorrise.

<< Mi chiedo come io riesca a fare miracoli >>

<< Perché hai fede nelle persone, ecco perché. Adesso che ti ho raccontato questa storia, cosa pensi di Krauser? >>

<< La stessa cosa che ho detto a Leon >> risposi in maniera decisa << Se ci fossi stata io avrebbe cambiato idea. Mi ero accorta quell’anno a Seattle che in lui c’era qualcosa di diverso, e non lo dimenticherò mai. Ma ora, ti prego, dimmi dov’è! >>

<< Non lavoro più con Wesker, non sempre eseguo i suoi ordini. Ma sono riuscita a rubare un antidodo per curare il braccio di Krauser, l’aveva trasformato >>

<< Posso vederlo? >>

<< Dovrei preparare un trasferimento nell’ospedale del governo, ma non posso metterlo a nome mio. Ecco perché ne stavo parlando con tuo fratello >>

<< Se riesci a fare tutto in fretta giuro che sarò la tua schiava >> gli occhi iniziarono a lacrimare.

<< Ahahaha, sei dolcissima >> mi accarezzò la guancia << Comunque ne parlerò con tuo fratello in maniera chiara, e poi lo potrai vedere. Pensa solo che sta bene, anzi! >> aggiunse << Da quando sta con me sono anche riuscita ad avere un buon rapporto con lui, prima ci odiavamo! Quando torno a casa gli parlerò di te >>

<< Grazie >> sorrisi mentre l’abbraccio.

<< Ti vorrei come sorella >> affermò.

<< Anche io >> ammisi.

<< Ma hai tuo fratello >> rise.

<< Lo odio >>

<< Dovresti odiare me >>

<< No, non era colpa tua in realtà. Tu eri nella mia stessa situazione, avresti potuto salvarti da sola ma il destino ha scelto te, non me. E poi all’ospedale mi sei stata vicina. Leon non c’era >>

<< Ti pensava, però >>

<< Adesso che ci penso, quel giorno tu eri stata salvata, mentre Krauser no >>

<< È venuto dopo di me, tranquilla >>

Restai in silenzio e mi assaporai il suo abbraccio. Riuscii a sentire la sua dolcezza e tenerezza, non era così traditrice come dicono. Ada bisognava solo conoscerla fino in fondo e prenderla dal lato giusto. Tutto qui. Dopotutto, sia io che mio fratello eravamo riusciti a farla sciogliere. Di questo potevo essere fiera di Leon: entrambi eravamo empatici, ma allo stesso tempo freddi.

<< Posso disturbare? >> Leon si avvicinò alla porta.

<< Certo >>

<< Contenta, nana? >> mi chiese.

<< Non devo ringraziare te. Per niente >> ero sempre gelida con lui.

<< Bene, io credo che me ne vado, sono quasi le sette >>

<< Resta per cena >> propose Leon.

<< Ah, no Leon. Devo dirti una cosa >>

<< Sì, so che devo andare dal presidente perché vuole parlarmi, ma ci metterò presto >>

<< Non è così. Oggi sono andata da lui e mi ha detto che ha organizzato una festa a sorpresa per te >>

<< Che ora non è più una sorpresa >> ironizzò Ada.

<< Bè, no. Ma solo io so quanto Leon odia queste feste, vero? >>

<< Che palle! Noo, ti prego! >>

Risi sotto i baffi e Ada accennò un sorriso.

<< Non voglio crederci, impossibile. Uno sperava di rilassarsi e invece… >>

<< Io non vengo >> dissi.

<< No! Tu vieni invece! Sì che vieni >> mi puntò il dito contro.

<< No, non vengo! Non ti spiego nemmeno il perché, fattelo spiegare dal presidente. Sai che fai? Arrivi un po’ in ritardo dicendo che stavo male e mi hai preso delle pasticche perché ho vomitato. Io non ci vengo, è chiaro? >>

<< Ti odio. Non mi abbandonare >>

<< Se vengo mi isolo. Lo faccio >>

<< Va bene, stronzetta >>

<< Hey! È tua sorella >>

<< Traqnuilla, Ada! Tanto ci odiamo io e lui! Più io che lui >>

Lo odiavo sì, e solo Dio sapeva quanto.

 

 

 

* * * Salve a tutti, mi sono resa conto solo ora che mancavano i dialoghi perché non avevo messo lo spazio dopo i segni. Chiedo ancora scusa e spero possiate rileggerla.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2 (RE)

La gente intorno a me ballava e si divertiva, mentre io me ne stavo in disparte ad osservarli tenendo in mano il bicchiere di champagne. Lo sorseggiavo varie volte solo per rinfrescare le labbra, anche perché in una festa dove ci sono persone di alta classe sembrava ridicolo bere acqua minerale. Le persone qui ragionavano così, e io ancora mi chiedo del perché avevo accettato l’invito della festa di mio fratello. Dopotutto quello tornato in patria era lui, non io.

Ma la sorella di Leon Kennedy non poteva di certo mancare. Ovvio che no! “ La piccola spacca culi ”; mi chiamavano così gli amici di mio fratello. Piccola per il fatto che ero solo una ragazzetta di quasi diciassette anni e “ Spacca culi ” perché ero sopravvissuta ad un apocalisse zombie da sola, senza l’aiuto di rinforzi governativi. Infatti è da quel giorno che mi ci hanno chiamata. Tutti molto simpatici e fieri del loro paese i colleghi di mio fratello… ma un tantino troppo. Credevo di essere l’unica ad odiare l’America.

Nel frattempo le persone intorno a me parlavano o tra di loro o con ufficiali e colonnelli mettendo in risalto i loro vestiti costosi firmati Chanel o Bulgari. Io ero l'unica vestita con una maglietta alta nera che scopre la pancia e pantaloni a vita alta.

Vedevo persone che non conoscevo rivolgere la parola a mio fratello che era rimasto vicino al tavolo degli antipasti per parlare con un suo collega.

<< Agente Kennedy! Sono Alicia! Mio marito lavora qui; volevo informarla che è un uomo molto coraggioso! Siamo lieti di averla nel nostro paese >>

<< La ringrazio molto! >> rispose in maniera dolce sorridendole.

<< Sa essere un uomo molto empatico, agente. Vorrei che tutti gli uomini avessero il suo fascino e fossero come lei, modestamente >> gli lanciò un sorriso malizioso.

“ Speriamo di no ” pensai tra me e me. Se dovessi incontrare un altro Leon mi suiciderei. E poi quella donna ci stava provando con mio fratello, e lui le teneva il gioco. Che tristezza avere un fratello del genere.

Da lontano, verso i giardini dove ci sono altri tavoli che servono altre pietanze, vidi una ragazza giovane sui venti anni con un bellissimo vestito corto rosso avente una mantella trasparente nera camminare in maniera veloce e agitata verso la posizione di mio fratello. Nel frattempo la donna era andata verso gli altri ospiti e mio fratello, per un po’ di tempo, rimase solo.

Ashley lo chiamò dalle spalle << Leon! >> e mio fratello si voltò di scatto.

<< Ciao Ashley! >> la salutò con la mano.

Lei gli corse incontro e lo abbracciò fortemente << Come stai? Sono contenta di rivederti! >>

<< Sto bene. Sono contento anche io >>

Sempre freddo con lei, d’altronde né io e né lui la sopportavamo quella.

Lei iniziò a tartassarlo di domande per assicurarsi che il suo viaggio di ritorno a casa fosse stato accogliente da parte di tutta la nazione e vidi Leon cercarmi con lo sguardo in segno di aiuto. Ma mi limitai a sorridergli in maniera cattiva mentre mi godevo la scena.

<< Chiedo scusa Ashley, ma devo assentarmi >>

<< Oh… >> si sentì offesa, perché era la seconda volta che Leon la rifiuta << Va bene >>

Si allontanò e Leon si avvicinò a me.

<< Non ce la faccio più >> si tirò più in basso la cravatta che gli avevo allacciato strettamente.

<< Non dirlo a me >>

<< Dimmi ancora il perché ho accettato di venire >>

<< Perché sei scemo >>

<< Grazie, eh >> mi guardò in maniera arrabbiata.

<< Che c’è che mi guardi così? Vuoi andartene? Per me non c’è problema, tanto oramai sappiamo entrambi cosa proviamo per questa gente >>

Sorrise e mi accarezza la guancia. Gli ricambio il sorriso. Entrambi sapevamo esattamente cosa vuol dire odiare essere al centro dell’attenzione.

<< Non possiamo andarcene ora >> disse << Tra poco ci sarà il discorso da parte del presidente >>

<< Va bene, io mi isolo >>

<< Dove vai? >>

Tirai fuori dalla borsa un libro che mi sono portata e le cuffiette con l’Ipod.

<< In una parte del giardino dove non ci sono persone, tipo… >> mi guardai intorno per poi scorgere in lontananza una panchina lontana da tutti gli ospiti e da tutto il frastuono << … laggiù! >>

<< Posso venire con te? >> mi chiese Leon.

Sbruffai, ma poi pensai: almeno avrò un po’ di tempo per stare sola con lui, potrò vederlo come Leon Scott Kennedy e non come Eroe.

<< Sì, dai! >>

Ci sedemmo e io mi misi a gambe incrociate sopra la panchina, mentre lui a gambe accavallate.

<< Non mi hai raccontato tutto, riguardo la missione >> ripresi.

<< Cosa vuoi sapere? >>

<< Quello che non so: Ada, Krauser, Lord Saddler… Praticamente tutto, ma voglio sentirlo da parte tua >>

Leon rifletté e poi iniziò a raccontare tutto, parlandomi delle Plagas, degli Illumados, di Lord Saddler e degli abitanti del villaggio. Mi disse anche che tutto ciò era controllato da Ramon Salazar, un nano che era stato l’ottavo castellano della sua dimora e che avrebbe aiutato Saddler con i suoi piani di conquista.

<< Poi c’era un… amico, almeno per me. Mi ha aiutato a tenere sotto controllo il parassita che era nel mio corpo e ha tentato di prendere il campione per poi darmelo, ma lo hanno ucciso… >> si fermò e abbassò il capo prendendo un profondo respiro << …Luis >>

Poggiai una mano sulla sua spalla e lui continuò << Non sono riuscito a salvarlo, ma lui ha salvato me. Lui era un eroe >> le lacrime gli illuminarono gli occhi.

<< Mi piaci quando sei te stesso >> ammisi

<< Io non sono un eroe >>

<< Lo so, meglio di te tra un po’. Secondo me dovresti dirlo oggi >>

<< Non posso, non davanti a tutti i presenti >>

<< Allora in privato al presidente >> e pensai a ciò che il pomeriggio avevo al presidente prima di tornare a casa.

<< Forse sì, lo farò. Grazie >>

<< Per cosa? >>

<< Non mi hai risposto male come stamattina >>

<< Avevo appena sentito i notiziari e poi stavo pensando a Seattle >>

<< Stabiliamo che quella città non venga più pronunciata da noi due? >>

<< Assolutamente no. La utilizzerò per quando sarai troppo felice o per farti sentire in colpa >> sorrisi.

Ci abbracciammo. Dio, quanto mi piaceva questa sensazione.

<< Oh eccola >> arrivò da dietro di noi una guardia della Casa Bianca << Il presidente sta preparando il discorso e vuole che si prepari >>

<< Va bene >> Leon si alzò << Arrivo >> disse, poi, all’uomo.

Mi alzai insieme a lui e ci dirigemmo in mezzo alla folla ammassata sotto il palco.

<< Non ho ancora visto Claire e Chris, e neanche Hunnigan >> gli dissi.

<< Chris e Claire non sono venuti, mentre Hunnigan dovrebbe trovarsi qui in giro >>

Nel palco si stava avvicinando verso il microfono un uomo e iniziò il suo discorso << Signore e signori, un po’ di silenzio per favore. Oggi siamo qui riuniti per celebrare il ritorno di un agente che ha avuto coraggio nel salvare la figlia del presidente degli Stati Uniti d’America! >>

La gente applaudì e alcuni di loro si voltarono verso mio fratello che ricambiò con un sorriso forzato.

<< Siamo lieti questa sera di avere con noi il presidente di questa nazione John Graham! >>

Le persone applaudirono con molta più forza ed energia specialmente quando dal palco sale il presidente insieme a sua figlia che salutavano.

<< Grazie >> il boato cessò << Grazie mille per essere qui stasera insieme a noi. Sono molto felice di riavere mia figlia a casa, sarei perso senza di lei. Ma questa festa, questo ringraziamento non è solo per celebrare il ritorno di mia figlia, ma per festeggiare il coraggio e la forza dell’agente Leon Scott Kennedy che ha rappresentato al meglio la nostra nazione! >>

Mio fratello si sentì a disagio in mezzo a tutta quella folla e a tutto quel casino, mentre io abbassai lo sguardo evitando i fari che riflettevano il profilo di mio fratello e i volti entusiasti delle persone.

<< Agente Kennedy, salga sul palco! Anche lei, signorina Kennedy! >>

“ Bene. Che fortuna! ”

Presi la mano di mio fratello e ci piombammo insieme davanti al microfono di fronte a tutti quanti.

<< Fai un bel discorso, Leon >>

<< Sì, signore >>

<< John. Chiamami John >> gli sorrise e sorrise anche a me << Vuoi dire anche tu qualcosa per il rientro di tuo fratello? >>

<< No, signore >> lo guardai in maniera cupa e mi limitai a dargli del “ Lei ” per sentirmi superiore.

John, nonostante la mia risposta, mi sorrise e mi accarezzò i capelli avvicinandosi a sua figlia che, imbambolata, stava già ascoltando le parole di mio fratello.

<< Grazie a tutti voi per essere qui con me. Sono lieto di aver rappresentato al meglio questo paese che non mi ha abbandonato… >> lo fulminai con lo sguardo << … e che mi ha accolto in maniera clamorosa >> mentre la gente applaudì al suo discorso.

Lui continuò << È stato un inferno lì, per niente piacevole né per me e né per Ashley, ma ci sono state persone che ho avuto l’onore di incontrare che mi hanno salvato la vita e si sono sacrificate per me >> fece una breve pausa << Questa festa è per loro, non solo per me, quindi vi chiedo che quando tornerete a casa, vi prego, pensate a chi è morto in battaglia da eroe e non chi è tornato da sopravvissuto >>

Due lacrime gli rigarono la guancia e gli occhi assunsero un lieve color rosso. Lo guardai addolorata e lo abbracciai davanti a tutti.

Iniziai a sentire gli applausi, ma l’udito si fa ovattato. Leon strinse le braccia attorno alla mia schiena e affondò il viso nel mio collo e io nel suo.

<< Ti voglio bene, fratellone >> ammisi.

<< Ti voglio bene anche, piccina. Tantissimo… >>

Il presidente poggiò le mani sulle nostre spalle << Congratulazioni! Sono orgoglioso di voi >>

<< Grazie, John >>

<< Grazie >>

Finalmente la cena finì e mi limitai a non salutare nessuno per evitare di parlare con qualche rompi scatole. Mi piombai subito in macchina e aspettai tornare mio fratello dal giardino. Arrivò e partimmo immediatamente.

<< Bel discorso, davvero >>

<< Sarà stata la tua presenza. Sei sempre onesta con le persone, dici le cose in faccia >>

<< Perché tu no? >>

<< No. Non ho i peli sulla lingua come te, ecco! >> mi sorrise dolcemente.

Pensai di nuovo a Krauser e alle parole di Ada. Lui stava bene, era questo ciò che contava.

<< A che pensi? >>

<< Niente >> risposi smettendo di fissare il vuoto << Che festa del cazzo >> sussurrai poi.

<< C’era gente del cazzo >>

<< Che hanno completato questa festa del cazzo! Giuro avrei voluto dire a tutti quanti di andare a quel paese! Se lo avessi fatto? >>

<< Il presidente ti avrebbe ammazzata, Ele >>

<< Ma non lo ha già fatto? >>

Leon sbruffò << La solita >>

<< Unica nel suo genere; ti rammenterò sempre Seattle, mio caro e dolce fratello >>

<< Ne terrò conto. Grazie, “Spacca culi” >>

<< Prego! >>

Ritornando a casa, piombai in camera e mi butto sul letto senza togliere i vestiti addormentandomi profondamente.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 (RE)

La dormita non era stata affatto gradevole, anzi mi ero svegliata con la testa e le braccia indolenzite.

Quando decisi di alzarmi, sentii dei suoni provenire dalla cucina e capii che Leon non era solo. Che fosse Krauser? O Ada? Magari aveva delle buone notizie?

Corsi in bagno, mi lavai e mi pettinai scendendo per le scale.

Entrai aprendo la porta.

<< Buongiorno, Ele >> dice mio fratello.

<< Ciao >>

Mi voltai e vidi Chris Redfield insieme a sua sorella Claire.

<< La piccola “Spacca culi”! Ahahaha >> Chris mi vene incontro abbracciandomi fortemente << Come stai, piccina? >>

Strinsi anch’io la sua presa, mi era mancato << Benissimo! Non ti ho più visto… >>

<< Ero in missione anch’io e sono tornato ieri! Ecco perché non sono potuto venire alla festa di ritorno per Leon >>

<< Non ti sei perso nulla >>

Si avvicinò Claire << Mi sei mancata tantissimo! >>

<< Come vanno gli studi all’università? >>

<< Si va avanti, comunque! Devo prendere altre due lauree e ho finito! >>

<< Mi fa piacere sentirlo! È da tantissimo tempo che non vi vedevo… >>

<< Ognuno fa il suo dovere, o no? >> disse Leon.

<< Dovere di onorare la patria? >> guardai Chris.

<< Dovere di salvare il mondo >> rispose prontamente.

<< Sei un uomo meraviglioso! >> esclamai senza timore. Lo era veramente.

Chris è stato come un altro fratello per me, così come Claire. E poi loro due erano fratelli perfetti, non come me e Leon.

<< Restate per pranzo? >> chiese Leon.

<< Sì, se non ci sono problemi >>

<< Vado ad apparecchiare >> dissi.

<< Vengo a darti una mano >>

Presi piatti con i bicchieri e le posate per poi metterle in maniera ordinata sul tavolo del salotto insieme anche ad una bottiglia d’acqua e una di vino aprendo entrambe.

<< Ti è sempre piaciuto fare le cose in maniera ordinata e precisa >> Claire sorrise guardandomi.

<< Sì, mi piace molto. Riesco ad essere ordinata >> ricambiai.

<< Ti è mancato tuo fratello questi giorni? >>

Non le risposi subito, ma mi limitai ad alzare lo sguardo e fissare un punto vuoto della sala. Sì, mi era mancato… ma io ancora ce l’avevo con lui.

<< Sì, abbastanza… >>

<< Abbastanza? È stato mandato in un paese sperduto… È ancora per quel motivo? >>

<< Sì >>

<< Non sarà facile per te dimenticarlo >>

<< Perché se tu fossi stata al mio posto che avresti fatto? Avresti perdonato tuo fratello e la tua patria? >>

<< Non è facile… Ma molto probabilmente no, non l’avrei fatto >>

Non aggiunsi altro limitandomi a sistemare la tavola e a spazzare il pavimento anche se era pulito.

Arrivarono Chris e Leon con il pranzo e ci sedemmo accendendo la televisione. Mio fratello mette il telegiornale che subito parla di Chris e della sua missione.

<< Hai ucciso qualcuno lì in Colombia? >> chiede Leon.

<< Zombie su zombie, Leon. Di innocenti o sopravvissuti neanche l’ombra >>

Leon fissa un punto vuoto e io lo guardo capendo ciò che stava pensando. Brutto quando sei l’unico sopravvissuto in mezzo al nulla, dove puoi solo farti compagnia con la pistola e la mente. Il resto? Solo ricordi.

<< Tutto bene? >> chiese Claire a Leon.

<< Sì… Stavo solo pensando >>

<< Perché i telegiornali non dicono che l’America è onorata di riaverti in patria, Chris? >> gli chiesi, fissando bene l’agente della BSAA, e mi beccai anche uno sguardo fulminante da parte di mio fratello.

<< Perché non ho salvato la vita alla figlia del presidente >>

<< E che significa? Sei comunque andato in un paese in guerra, hai combattuto con le B.O.W. e hai rischiato la tua vita! Non ci sarà nessuna festa di ringraziamento per te? >>

<< Nessuna, Ele >> la sua voce si fece roca.

<< Ele, smettila >>

<< Un altro motivo per odiare l’America! Se saltasse in aria questo paese… >>

<< Eleonora, sono un soldato della BSAA e io cerco ogni giorno di distruggere i virus, sacrifico la mia vita e ti dico una cosa, io ho scelto questo mestiere! Non ci sono capitato a caso come tuo fratello >>

<< Non sono d’accordo, comunque >>

<< Non sei mai d’accordo su nulla tu… >> iniziò mio fratello.

Lo interruppi << Ma stai zitto! Parla quello che… >>

<< Se solo la smettessi di essere così arrogante… >>

<< …Che non è riuscito a rifiutare un ordine che è stato stabilito dall’alto! Pessimo >>

<< …così arrogante magari capiresti cosa significa! >>

Chris si alzò di scatto << Hey! Smettetela! Ma che vi prende? >>

<< Non ho fame >> dissi e mi diressi verso la porta.

<< Falla finita, Eleonora! Sei una ragazzina! >> mio fratello si alzò a sua volta.

<< Però che occhio! Sei così sveglio anche quando lecchi i piedi al presidente! >>

<< Eleonora, torna qui! Fatela finita! >> Urlò Chris.

<< Chris, fermo… >>

Presi la borsa e la giacca e me ne andai sbattendo la porta di casa lasciandoli soli.

Tirai fuori le cuffiette con l’iPod ed ascoltai la musica iniziando a piangere.

Odiavo mio fratello, odiavo l’America e odiavo tutto ciò che completava l’America. Speravo vivamente che questo paese saltasse in aria da un momento all’altro.

Presi il primo autobus che passa e scesi alla fermata davanti ad un parco, per mia fortuna mezzo vuoto. Il giovedì non c’era molta gente, così mi allontanai dalla strada e mi sdraiai sotto un albero mentre presi un libro da finire da leggere.

Mi addormentai e mi svegliai improvvisamente tardi notando che il cielo si stava imbrunendo. Presi il telefono e notai, oltre le cinque chiamate perse di Leon e due di Chris, che erano le diciannove e dieci, così decisi di prendere lo stesso autobus ma di andare al centro… non volevo tornarci a casa.

Entrai in un negozio di CD e guardai attentamente se nel mio genere preferito fosse uscito l’ultimo album dei System of a Down. Squillò di nuovo il telefono e comparse la chiamata di Ada, sicuramente era da mio fratello ma decisi, comunque, di risponderle.

<< Pronto? >>

<< Ele! Dove sei? Io e tuo fratello siamo preoccupati! >>

<< Me la passi, per favore? >> sentii dire dall’altra parte del telefono e io attaccai di colpo. Mio fratello per oggi non lo volevo né vedere né sentire.

Il telefono squillò di nuovo e lo misi al silenzioso.

<< Scusa, disturbo? >> mi girai e vidi un ragazzo all’incirca della mia età sorridermi timidamente.

<< Ci conosciamo? >>

<< Sei la sorella di Leon Scott Kennedy? >>

<< Sì… allora? >> non mi piaceva questo tipo.

<< Mio zio lavora al governo e mi ha parlato molto bene di tuo fratello, poi mi ha anche detto che lui ha una sorella… >>

<< Chi sei? >>

<< Oh, mi chiamo Nicolas, sono uno studente del campus della Casa Bianca >>

<< Campus della Casa Bianca? >>

<< Sì, è dove studiano i ragazzi che… bè, ecco… >>

<< I ragazzi che hanno i soldi! Ho capito. Che vuoi da me? >>

<< Niente, volevo solo salutarti… Vedi, dovresti essere orgogliosa di tuo… >>

<< Scusa >> mi allontanai facendo finta che mi stesse squillando il telefono, già non lo sopportavo più quel moccioso.

Uscii dal negozio e andai a mangiare un pezzo di pizza.

Quando ero uscita dalla pizzeria, tre uomini si posizionarono davanti a me bloccando il mio passaggio.

<< Eleonora Kennedy? >>

<< Chi siete? >>

<< Amici di tuo fratello >> il più alto cercò di prendermi per il polso ma io mi scansai.

<< Senti, Ele ci ha chiamato tuo fratello. Siamo suoi colleghi e ti riportiamo a casa >>

<< Lasciatemi stare! >> mi allontanai ma loro mi presero.

<< Dai su Eleonora! Non sei una bambina! Hai diciassette anni! >> mi afferrarono per la vita mentre io cercai di divincolarmi.

Provai ad urlare << Aiuto! >> ma uno di loro mise la mano davanti alla mia bocca.

<< Ci fa passare anche per criminali, la mocciosa! >>

<< Andate a fanculo, stronzi! >>

Mi fecero entrare in macchina e mi portarono davanti casa.

<< Dai “Piccola Spacca-culi” scendi! >>

Mi voltai di scatto e notai il sorriso dell’agente. Lo riconoscevo << Tom! >>

<< Ciao piccolina! >> mi abbracciò.

<< Io non… ti avevo riconosciuto! >>

<< Non vieni mai a trovarmi, sono passati anni da Seattle… Sei cresciuta! >>

<< E tu invecchiato! >> lo abbracciai di nuovo. Tom era un agente fantastico, mi piaceva molto il suo carattere. Era simpatico, divertente e ottimista.

<< Dai scendi… >>

<< Posso venire da te? >>

<< Non se ne parla, Eleonora! Tuo fratello ci… >> iniziò quello davanti.

<< Fanculo tu e mio fratello! Ti prego, Tom! >> congiunsi le mani.

<< Non posso, Ele. Torna a casa, fatti una doccia e buttati sul letto. Domani mattina sarà tutto passato, sai che è così >> mi accarezzò le guance e poi mi baciò la fronte.

<< Okay >>

Scendemmo insieme e mi accompagnò davanti alla porta suonando.

Mio fratello aprì la porta e, vedendomi, subito mi buttò dentro casa con uno strattone mentre ringraziava il suo amico.

Sbatté la porta << Dove cazzo sei stata?! >>

<< In giro >>

<< Ma ti rendi conto?! Io e Chris ti abbiamo chiamata mille volte! Io mi chiedo che ti passa per il cervello! Ada era più preoccupata di me, cazzo! >>

<< Mi metti in punizione? >>

<< Io ti prendo a schiaffi, è diverso! Cristo Dio! >> si poggiò al tavolo << Mi hai pure fatto chiamare Tom! >>

<< È stato un piacere rivederlo, è invecchiato >>

<< Stai zitta! Vattene in camera, per oggi ne hai combinate anche troppe! >>

<< Ada ha detto qualcosa? >>

<< Riguardo cosa?! >>

<< Krauser >>

Mi guardò << No… >>

<< Almeno dimmi la verità su Krauser… >>

<< Sta ancora da lei, in settimana vado a casa sua per fare il trasferimento. Ora vattene! E domani vieni con me dal presidente >>

<< Per fare cosa? >>

<< Ti iscrivo al Campus! Almeno fai qualcosa! >>

Non dormii per quasi tutta la notte.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4 (RE)

<< Svegliati! >> mio fratello mi diede alcuni colpetti sulla spalla.

<< Mh… >> alzai lo sguardo << Che c’è? >>

<< Andiamo dal presidente >>

<> mi buttai sul letto coprendomi il viso con il cuscino.

<< Alzati! Non te lo ripeto più! >>

Mi alzai e per un quarto d’ora fissai il vuoto, finché poi non decisi di prendere una maglietta a caso con dei pantaloni.

Mi preparai in bagno e poi scesi in cucina mangiando cinque biscotti e sorseggiando del caffè.

<< Vieni così conciata? >>

Non gli risposi.

Una volta saliti in macchina accesi la radio per sentire le informazioni, ma non davano nulla di interessante.

<< Che ti aspettavi di sentire? >>

<< Qualcosa su Chris. O sapere se continuavano a parlare di te >>

<< Mpf! Diranno le stesse cose >>

<< Come sempre >>

Lo vidi guardarmi per alcuni momenti e ciò mi dava fastidio. << Che c’è? >>

<< Stavo pensando a ieri >>

<< Sei riuscito a cenare senza di me? >>

<< No. La prossima volta che te ne vai di casa ti do due schiaffi! >>

<< Sì, sì >> poggiai i piedi davanti al sedile.

<< La devi smettere con questo atteggiamento! >>

<< Sai, da quando sei tornato continuo ad avere giornate storte. Che ti abbiano lanciato un malocchio lì in Portogallo? >>

<< Stranamente anche le mie lo sono diventate! Che coincidenza! >>

<< Allora dovresti sbarazzarti di me >>

<< Sai una cosa, sorellina? Se la smettessi di essere una ragazzina magari i rapporti andrebbero bene! Continui solo a lamentarti su tutto quanto, sul mio lavoro, sulla mia vita e sull’America! E se un domani qualcuno dovesse romperti in continuazione sulla tua vita non la troveresti affatto una cosa gradevole. Prova a metterti nei miei panni per una volta >>

<< E tu prova ad essere abbandonato in una città dove tuo fratello ti abbandona per seguire una che non gliela da >>

<< Sono anche io rimasto solo quando ho dovuto salvare la figlia del presidente, non c’era nessuno con me! >>

<< Eri armato, ti hanno pagato e hai avuto una bellissima festa di ringraziamento! Io allora? Sono tornata, ero disarmata quando rimasi lì e, per di più, nessuno fece nulla per me! Tu non venivi a trovarmi, ero sola e per di più pensavo sempre a Krauser… Non stupirti se voleva ucciderti! Anzi, se lo avesse fatto lo avrei ringraziato in una maniera doverosa! >>

Ero riuscita a zittirlo e rimase fisso a guardare la strada guidando.

Continuai << Prova tu ad essere nei miei panni. Cosa vuoi fare portandomi al Campus? Lasciarmi lì? Mi sono informata ieri quando sono tornata a casa a riguardo, possono essere lasciate le persone che vivranno e studieranno se vogliono in maniera autonoma o nella scuola professionale del governo! Ci ho pensato e non mi sembra male come idea, magari non ci rivedremo più e magari non avrò tue notizie! Accetterò! Spero la mia vita cambi lì dentro >>

Per tutto il tragitto non parlammo e quando eravamo arrivati, venimmo portati nell'ufficio del presidente dai due uomini che precedentemente mi accolsero alla Casa Bianca.

<< Ho un appuntamento con il presidente >>

Ci accompagnarono e il presidente li congedò accogliendoci entusiasta.

<< Leon! Eleonora, ben trovati. Come state? >>

<< Bene, grazie! >>

Non risposi.

<< Allora, arriviamo subito al dunque. Eleonora vieni qui >>

Mi avvicinai e mi sedetti di fronte alla scrivania.

<< Non so se… >>

<< Il campus? Sì accetto. Sembra un’ottima idea! Almeno so come sfruttare il mio tempo >> finsi un sorriso.

<< Devi firmare, sai? Cosa vorresti fare? Studio autonomo o insieme ad altri ragazzi e persone? Sono molte persone >>

<< Autonomo >>

Il presidente mi spiegò i ruoli da svolgere: in pratica dovevo studiare molto, avevo il diritto ad allenarmi con le armi (se volessi studiare per diventare un’agente) e il Campus era come una nuova casa. Ci saranno ricevimenti nel grande giardino e il Campus sarà molto vicino alla Casa Bianca.

“Cazzo sì!” pensai “Questa faccenda mi piace!”

<< Accetti tutto, Ele? >>

<< Certo! >>

Firmai il mio nome su un documento e ringraziai il presidente. L’unica volta che si meritava un “grazie”.

Tornando a casa preparai subito la valigia mettendo tutti i miei vestiti e gli oggetti della mia stanza.

Mio fratello si affacciò all’uscio e mi guardò buttare tutti i miei casini nella valigia. Non ero mai stata così contenta.

<< Forse te ne servirà un’altra >> mi disse.

<< Ho questa valigia e quei due borsoni là! >> indicai.

<< Mi fa piacere vederti felice… >>

Non risposi.

<< Quindi >> continuò << non dovrò chiamarti? Le nostre strade si separano qui? >>

<< No, purtroppo, visto che il Campus è praticamente vicino alla casa presidenziale dove lavori anche tu. E poi >> lo guardai fisso negli occhi << io voglio informazioni di Krauser >>

<< E le avrai >>

<< Bene >>

Mi buttai sul letto e ascoltai la musica, ma prima mio fratello mi si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte << Sai >> iniziò << forse sarà un bene per te. Può essere un modo per ricominciare da capo e forse riuscirai a non essere sempre incazzata con le persone >>

<< Lo spero >>

<< Buonanotte >>

<< ’Notte >>

La mia vita, da questo momento in poi, cambierà.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5 (RE)

<< Questa è la tua stanza >>

La signora mi portò in una camera da letto più piccola di quella di casa mia, c’era solo un letto, un armadio, una stanza con un bagno e una scrivania.

<< Grazie >> posai le mie borse per terra e osservai i muri, erano circondati da bandiere americane e stemmi del Campus.

<< Questo è il modulo degli orari >> me lo appoggiò sul letto ed uscì lasciandomi sola.

Aprii la finestra e osservai il panorama, attorno a me c’era la Casa Bianca, un enorme campo dove si svolgevano attività fisiche e un capannone enorme non molto distante.

Guardai il modulo e notai gli orari che si dovevano rispettare:

*08:00-09:00 colazione

*09:30-11:30 studio (i vari componenti del Campus dovranno eseguire gli studi che preferiscono siano essi autonomi o collettivi)

*12:00-13:00 pranzo

*14:30-16:30 lavoro part-time (i componenti del Campus sono liberi durante il fine settimana e, se vorranno uscire dall’edificio per fare compere, svolgeranno un lavoro part time che gli permetterà di guadagnare un salario. Nel retro del modulo ci sono i lavori)

*17:30-19:00 addestramento (per chi lo volesse, i componenti del Campus sono liberi di scegliere di addestrarsi con le armi insieme a degli insegnanti. Se lo vorranno, dovranno dirigersi nell’ufficio della struttura e firmare su un foglio. I componenti che non vogliono svolgere questo addestramento, svolgeranno altri ruoli)

*19.30-20:30 cena

*21:00.23:00 accesso libero (i componenti del Campus potranno muoversi liberamente o all’interno dell’edificio o nel giardino, ma non devono uscire dall’edificio stesso)

AVVERTENZA: NON SI FUMA ALL’INTERNO DEL CAMPUS, I COMPONENTI SARANNO LIBERI DI FARLO SOLO FUORI L’EDIFICIO E NEGLI ORARI CONSENTITI. SE UN COMPONENTE NON RISPETTA IL REGOLAMENTO PAGHERA’ 150 DOLLARI DI MULTA.

<< Grazie ancora per aver scelto di stare con noi >> finii di leggere.

“Sembra una caserma” pensai, mentre giravo il foglio per vedere i lavori part time.

C’erano: aiutante come inserviente per pulire l’edificio, aiutante per i camerieri nelle cucine, cura per il giardino del presidente e del Campus.

Erano solo tre incarichi ma, anche se non piacciono, dovevano essere comunque svolti: qui al Campus i soldi non venivano regalati ai componenti.

Guardai l’orologio e sono le 07:54 e decido di prepararmi per la colazione che purtroppo dovevo passare con i componenti i quali si stupirono di vedere la sorella dell’”Eroe” nell’edificio.

Infatti fu così, poiché mentre scendevo dalle scale che portano nella sala dove c’erano i banchetti, quasi metà delle persone presenti si girarono per osservarmi scambiando brusii con il compagno accanto.

“Se ogni giorno dovrò subire i loro borbottii, li ammazzerò uno ad uno” pensai, mentre prendevo da un tavolo di Buffet le crostate con la marmellata insieme a del caffè.

Mi sedetti tenendomi lontana dalle persone, ma due tizi poco più grandi si misero di fronte a me.

Alzai lo sguardo, ma continuando a mangiare.

<< Sei Kennedy? >> chiese il primo, il biondo con il ciuffo alla Elvis Presley.

<< Sì >>

<< E come mai qui? >>

<< Cos’ha di interessante? >> chiesi sapendo già la risposta.

<< Bè, ci fa strano… >> rispose il suo amico, un ragazzo castano con i capelli davanti all’occhio sinistro.

Feci un cenno con la testa e continuai a mangiare.

<< Non sei una che parla tanto, eh? Sembri caratterialmente diversa da tuo fratello >> cercò di spiegarmi il castano.

<< Caratterialmente? >> il biondo si voltò verso di lui << Ma come parli? Mica stai facendo un esame, stai parlando con una ragazza! Scemo >> si voltò verso di me e continuò << Lui è Jack, ha diciassette anni e praticamente si trova qui da un anno come me, io, invece, sono Peter, diciottenne! Piacere >> mi porgono la mano e la strinsi ad entrambi.

<< Eleonora, diciassettenne >>

<< Allora, Eleonora, ti trovi qui, odi tutto e tutti, lo leggo nel tuo sguardo eh >> aggiunse dopo che gli avevo rivolto uno sguardo confuso e mi limitai a ridere, ma lui proseguì << e avrai una gran voglia di vivere qui >>

<< Meglio che stare a casa mia >>

<< Tuo fratello è stato un grande, ma, guardandoti, sembra che tu ne abbia abbastanza di questa storia. Giusto? >> aggiunse Peter.

Lo guardai con interesse << Questa cosa da nell’occhio, perché mi ritrovo qui quando potevo benissimo starmene a casa sperperando i soldi di mio fratello >>

<< Sarai con noi? Negli studi e negli addestramenti? >> chiese Jack, cambiando argomento a causa della mia risposta alquanto aggressiva

<< No. Ho scelto tutto autonomo >>

<< Vedi! È una cazzuta! >> disse sempre Jack.

Gli sorrisi, certo sembravano due idioti dato che si presentarono in quel modo così, però furono i primi a non scambiarsi parole riguardo la mia presenza qui nel Campus.

<< Comunque >> dissi prendendo il vassoio alzandomi <<  credo stiano iniziando gli insegnamenti. Grazie per la compagnia >>

<< Casomai ci vediamo, magari nei lavori part time >> dice Peter.

<< O anche la sera fuori. Fumi? >> chiese Jack.

<< No >> rispondo.

<< Perfetto! Gran figura di merda, Jack. Io e Peter, allora, ti aspettiamo fuori o nell’atrio del Campus. Vuoi unirti a noi? >>

<< Sì. Grazie, ragazzi! >> rispondo entusiasta. Non mi sarei mai aspettata di rapportarmi con qualcuno in quel modo; sentivo, comunque, il bisogno di fare qualche cazzata con amici della mia età. Mi sorrisero.

Li salutai e mi diressi in una sala enorme, simile ad una libreria, dove mi stava aspettando il mio insegnante privato con dei libri sopra un tavolo.

<< Scusi il ritardo >> dissi sedendomi.

<< Sei Eleonora Kennedy? >> mi chiese il signore.

Era un uomo magro e alto, anziano con i capelli bianchi e due dolcissimi occhi marroni.

<< Allora Eleonora, se ti fai un giro per la sala, cerca dei libri che vorresti studiare e me li porti qui. Ci sono di tutti i generi >>

<< Io scelgo le materie? >>

<< È autonomo il tuo percorso, tu scegli quello che vuoi >>

<< Mi scusi, ma allora nello studio collettivo come… >>

<< Loro scelgono la facoltà che vogliono imparare e la studiano insieme al gruppo. Semplice >>

<< Va bene, grazie >>

Mi sorrise e mi allontanai cercando dei libri su cui basarmi. Avevo l’imbarazzo della scelta, poiché c’erano dozzine e dozzine di categorie diverse. Il vantaggio dello studio autonomo era che potevo imparare quello che volevo, e decisi di iniziare con la psicologia. Era la mia materia preferita, mai studiata a scuola però mi era sempre piaciuta: il modo in cui funziona la nostra mente, i nostri stimoli, le nostre impulsività… e tante altre cose a cui oggi non ci sono ancora risposte complete.

Presi tre libri della base della psicologia e li portai al mio insegnante.

Lui mi guardò << Psicologia? >>

<< Sì >>

<< Da quanto ti piace? >>

<< Da molto. Ho portato da casa alcuni miei libri >>

<< Questi sono di studio, non da leggere >>

<< Lo so >>

Finimmo per le 11:25 e salutai il mio insegnante mettendo in ordine i libri che avevo preso. Tornai in stanza e mi rilassai un attimo prima di scendere in sala per il pranzo.

Presi l’Ipod e scelsi “Hero” dei “Nickelback” guardando fissa il soffitto bianco pallido. Ascoltai attentamente la canzone, mentre le melodie entrano nel mio cuore.

<< And they say that a hero can save us, I’m not gonna stand here and wait. >> cantai sotto voce.

I giornalisti dicevano che un eroe può salvarci, e quell’eroe era mio fratello. Nessuno aveva intenzione di stare qui e aspettare. Aspettare. Io avevo aspettato Leon. Avevo aspettato che tornasse dal Portogallo, anche se non l’avevo elogiato. Me ne ero andata via di casa tornando tardi la sera. Avevo voluto allontanarmi da lui. Ma per cosa? Per Seattle? Sì… Sì io ero stata abbandonata lì da tutti e anche da mio fratello, però, in questo modo, capii la situazione di Leon. Forse avevo sbagliato… Forse.

<< Now that the world isn’t ending, it’s love that I’m sending to you. It isn’t the love of a hero, and that’s why I fear it won’t do >>

Il mondo non sta finendo, è ancora troppo presto, anche se non sembra. Perché prima l’uomo stesso deve essere fermato. E Leon ancora doveva affrontare questo mondo non finito, pieno di tumulti, e non è detto che ne uscirà vivo. Potevo solo amarlo. L’amore poteva consolarlo? L’amore per un eroe come mio fratello? Ma Leon non era mai stato un eroe! Non posso credere che le parole di una canzone mi stessero imballando il cervello! Leon non era un eroe, lui era stato aiutato sempre nelle sue missioni. Era solo un sopravvissuto. Gli eroi sono quelli che muoiono per una causa, sono quelli che lottano ogni giorno in questo mondo non finito, quelli che non vengono premiati con soldi nonostante abbiano sofferto. Non sapevo nemmeno io se definirmi eroe, perché ero viva, ero sopravvissuta. Ora che ci pensavo, Krauser era un eroe. O meglio, in quel momento era un sopravvissuto perché non morì in Spagna, però quando mi aveva salvato la vita… lì era un eroe.

<< Krauser… >> mi alzai dal letto di scatto. << Krauser! >>

Presi il telefono ed inviai un messaggio a Leon chiedendo informazioni su Krauser.

Aspettai tre minuti e finalmente mi arrivò la sua notifica.

- Oggi sono appena andato a casa di Ada. Lui sta bene, ti saluta e vorrebbe vederti -

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6 (RE)

<< Hey, Ele! >>

Una voce familiare richiamò la mia attenzione e voltai lo sguardo in cerca della persona che mi aveva chiamata. In mezzo alla folla trovai i volti sorridenti di Jack e Peter che alzarono la mano facendo segno di sedersi vicino a me. Mi affrettai a prendere l’ultima portata del pranzo e raggiungerli felice.

<< Ciao, ragazzi >> posai il vassoio e mi sedetti di fronte a loro.

<< Che si dice? >> chiese Jack.

<< Mah, niente di che sinceramente, credo che farò un salto per vedere l’addestramento di oggi pomeriggio. Vuoi che ne pensate? >> li guardai.

<< Non saprei sinceramente, dovrebbe essere una bella esperienza ma ci devo pensare un bel po’ prima di prendere una decisione. >> disse Peter.

Jack mi fissò << Io non credo, invece. Quando sarò adulto non voglio fare il militare o la guarda del corpo americana, per cui non sono così sicuro di addestrarmi >>

<< Capisco >> presi alcune forchettate di pasta e le mangiai in tranquillità.

<< Perché vuoi addestrarti? Vorrai far parte dell’esercito un domani? >>

Come spiegargli che ero sopravvissuta ad un’apocalisse molto tempo fa. Seattle, gli zombie, le persone che erano morte. Quando scelsi di addestrarmi all’accademia non l’avevo fatto per essere un soldato, ma perché ero sicura che ci sarebbe stata un’apocalisse un domani qui a Washington. Ne ero più che sicura.

<< No, non penso. Però sono curiosa, tutto qui >> e in parte era vero.

<< Comunque >> Peter finii di pranzare e allontanò il vassoio delicatamente << Vieni con noi a vedere i lavori part time? Penso che quelli si possano svolgere insieme >>

<< Certo! Credo anche di ricordarmeli >>

<< Sì, erano tipo lavori come inservienti, giardinieri e sguatteri nelle cucine! >> affermò Jack.

<< I piatti non li lavo >> replicò Peter.

<< I cessi se li puliscono da soli >> Jack fece una smorfia con il naso.

Sorrisi ad entrambi e dissi << Ci resta il giardino >>

<< Bé, almeno lì non c’è puzza! >>

<< Dove si firma? >>

<< Nello studio del Campus. E credo che il lavoro part-time che scegliamo diventerà indeterminato >>

<< Ma senza contratto >> ironizzò Jack.

Restai ancora per un po’a parlare con entrambi e iniziai a conoscere molte particolarità di loro: Jack, già me ne accorsi da subito, era un ragazzo molto carismatico e divertente. Disse che il suo punto forte era farsi degli amici e circondarsi di loro, perché a lui piaceva esserlo e si trova sempre bene con le persone. Adorava specialmente prendere in giro la gente vanitosa e ci sapeva anche fare. Peter, invece, era l’opposto. Era un ragazzo intelligente e serio, ma notai che con Jack riusciva ad essere un’altra persona. Peter era uno di quei ragazzi un po’ freddi di carattere, sapeva il fatto suo, ma con l’aiuto del suo amico si scioglieva, perché << Jack è mezzo scemo, ma non lo fa con cattiveria. Sai E, è stato il mio primo amico del Campus a rivolgermi la parola. Vero o no, Jack? >>

<< Sono o non sono un vero amico? Eh? >>

Erano entrambi molto uniti, avevano passioni che li accomunavano e poi furono i primi a non avermi tartassata di domande riguardo mio fratello.

Parlando con loro non mi accorsi del tempo che era volato e guardai l’orologio.

<< Accidenti, ragazzi! Sono quasi le due! Dobbiamo andare >>

<< A cosa servono questi lavoretti del cavolo, dico io >>

<< Per mantenere pulito il Campus, no? Noi e gli inservienti >> ribatté dolcemente Jack.

Ci dirigemmo nello studio dove firmammo i nostri nomi nel documento che ci consegnò un signore molto brusco

<< Questo è per voi >> ci diede dei tesserini dove c’era scritto il nostro nome, le nostre date di nascita e il lavoro che avremmo svolto.

<< Quanto ci pagheranno? >> chiesi.

<< A me lo chiedi? Io rimango solo qui, non vi seguo mica >>

Più acido di me. Salutammo il signore ed uscimmo in fretta.

<< Bene, quando iniziamo? >> Jack non vedeva l’ora di cominciare.

<< ”Alle 17:00 inizierà l’attività di giardinaggio. Tutti coloro che aderiranno sono pregati di dirigersi oggi pomeriggio all’incontro di fronte alla Casa Bianca del presidente. Ogni giorno, gli studenti parteciperanno a quest’attività >> lessi il fogliettino.

<< Contento, Jack? >>

Il pomeriggio decisi di riposarmi e poi verso le 16 e 40 mi preparai per l’attività.

E che attività. Gli stipendi erano onesti: 150 a settimana. Ma il lavoro è una palla assurda, non sto neanche a spiegare il perché… Fortunatamente mi mettevo vicino a Jack e Peter per parlare un po’ con loro.

Dopo cena, ci dirigemmo subito in cortile insieme ad altri ragazzi per respirare un po’ d’aria fresca.

Non so perché, ma stavo ripensando a Krauser.

<< Tutto bene, E? >>

<< Sì, sì… oggi sono solo molto stanca >>

<< Vuoi fare un tiro? >>

<< No. Sentite, vi va di entrare? Ci sediamo sulle sedie nell’atrio. Qui fa abbastanza freschetto >>

Annuirono e mi seguirono. Quando entrammo, davanti ai nostri occhi c’era un ragazzo della nostra età che si stava asciugando le lacrime con le maniche della maglietta.

<< Che cosa ha fatto? >> sussurrai.

<< Non lo so… provo ad avvicinarmi >> Peter si allontanò.

<< Hey >>  sussurrò Peter, avvicinandosi di poco.

Il ragazzo alzò lo sguardo e accennò un sorrisetto << Salve >>

<< Come mai qui solo? Che ti è successo? >>

<< No, nulla… Niente di che >>

<< Mi chiamo Eleonora, tu invece? >> mi presentai, raggiungendo il mio amico.

<< Michael >> 

<< Che succede, Michael? Vuoi che ti accompagniamo dal direttore? >> propose Jack.

<< No, no! Meglio di no >>

<< Tieni >> gli diedi un fazzoletto e lui ringraziò.

<< Qualcuno ti ha fatto del male? >>

Michael annuì.

<< Chi sono? >>

<< Si chiamano Clay, Thomas e Marcus… uno di loro è il figlio del direttore del Campus >>

<< E qual è il problema? >> chiesi, anche se già sapevo la risposta.

<< Il figlio è arrogante così come il padre, e quest’anno sono stato preso di mira senza un motivo preciso. Non voglio raccontare nulla a nessuno perché ho paura che mi caccino via e mio padre ha speso molti soldi per mandarmi qui >>

<< Tuo padre lavora qui in zona? >>

<< Bè, alla BSAA >>

Jack e Peter mi guardarono.

<< Michael >> iniziai << Io sono la sorella di Leon S. Kennedy. Sai chi è? >>

<< Sì! >> esclamò << Lo conosco e tu… >>

<< Sì, proprio così. Posso offrirti il mio aiuto? Non ho paura di teste calde come questo certo… Chi è il figlio del direttore? >>

<< Clay >>

<< …Clay >> conclusi.

<< Ma… così non mandi in mezzo tuo fratello? >>

<< Ti fidi di noi tre oppure no? Che ne dici se da domani stai con noi? Per noi non ci sono problemi >>

Ci pensò a poi annuì << Sì… grazie >>

<< Bene! >> Peter si alzò << E ora, raccontaci cosa ti hanno fatto >>

<< Volevo venire fuori, ma quei tre mi hanno preso e hanno iniziato a prendermi in giro; mi dicevano “Ma tu guarda Walker! Quel gran coglione!” Ho risposto e come risultato… >>

<< Che ti hanno fatto? >>

<< Ho dei lividi dietro la schiena… >> iniziò a piangere di nuovo e lo facemmo sedere nel mentre si alzava per farceli vedere << Mi hanno allontanato da qui e ognuno di loro mi dava dei pugni dietro la schiena mentre qualcuno mi teneva… >>

<< Questi sono pazzi! >> esclamò Peter.

<< Michael, devi denunciare! >>

<< No, no, non posso! Vi ho appena detto… >>

<< Lo facciamo noi! >> dissi << Domani cercheremo di vedere com'è la situazione e se insistono, interverremo.Senza problemi. Se hanno qualcosa da dirti, la dovranno dire a tutti e quattro. È chiaro? >>

Finì così, e Michael restò a dormire da Jack e Peter.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7 (RE)

Il mattino seguente aspettai i tre ragazzi sulle scale e quando li vidi scendere, chiesi subito a Michael chi fossero i tre bulli in mezzo a tutti gli studenti.

<< Loro tre, li vedi laggiù? >> indicò l’unico trio lontano dagli altri allievi mangiare e ridere fra di loro spensierati.

<< Oh mio Dio che cessi! >> esclamai.

<< Sì, lo so di essere meglio >> fece Jack.

<< Cento volte meglio! >>

Noi, dopo aver messo le pietanze sul vassoio, andammo a sederci al nostro solito posto.

<< Mike, posso chiamarti così? Mi è comodo >> chiese Peter.

<< Sì, va bene >>

<< Allora senti, fai studio individuale o collettivo? >>

<< Collettivo. Credo che noi ogni giorno stiamo insieme >>

<< Noi tre sì, Ele no perché fa quello individuale. E di attività che svolgi? >>

<< Giardinaggio >>

<< Ah, sì? Ieri non ti ho visto! >>
<< Ieri stavamo annaffiando e pulendo anche le piante del Campus >>

<< Ah, ecco perché >>

<< Ragazzi, bulli a ore sei che ci fissano. Non giratevi! Li guardo solo io >>

Mike, Jack e Peter restarono immobili mangiando, mentre io mi beccavo gli sguardi imbruttiti dei tre ragazzi.

<< Che stanno facendo ora? >>

<< Stanno parlando male di me… mi fissano e ridono >>

<< Ele, che intenzioni hai? >>

<< Io nessuna. Aspetto una loro mossa >> gli feci l’occhiolino.

Ad un tratto uno di loro si alzò e si diresse verso di noi.

<< Ciao, coglione! >> fece a Michael.

Lui annuì.

<< Ti sei fatto dei nuovi amici? >> e mi fissò.

<< Una femmina anche? Lo sai che non ti vuole? >> si affrettò a dire un altro raggiungendo il suo amico.

<< Dici? >> gli chiesi.

<< Fatti gli affari tuoi >>

<< E tu tornatene al tuo posto >> rispose Jack.

<< Chi vi credete di essere? >> arrivò il terzo

<< Meglio se non ti dicessi chi sono! >> esclamai.

<< Perché? Sei la figlia di qualcuno in particolare, o parente? A me sembri solo una troia! >>

Jack si alzò in piedi così come Peter.

<< Che cazzo volete?! >>
<< Lasciate perdere. Noi non siamo come loro, non c’è bisogno di creare casino con questi qua! >> esclamai ancora.

<< Attenta a come parli! >>

<< Attento tu >> mi alzai guardandolo fisso negli occhi. Non temevo nessuno di quei tre.

<< Io sono il figlio del direttore di questo posto, sai? >>

<< Nessuno te l’ha chiesto, sai? >> schernii io.

<< Clay! >> esclamò uno << Lasciamoli stare, sono solo dei poveracci. Come ha detto prima la ragazza, noi non siamo come loro. Giusto? >>

<< Giusto >> dissi io.

<< Non dicevo a te >>

<< Il tuo amico ha perso la lingua, non vedi che sta implodendo? >>

<< Te la vai a cercare ragazzina >>

<< Non vedo l’ora, così vediamo chi deve stare in campana >> guardai i miei amici << Andiamo, noi non abbiamo nulla a che fare con loro. Dopotutto, come ho detto prima, noi non siamo come loro. Giusto? >> guardai l’amico di Clay.

Ce ne andammo per dirigersi ognuno nelle proprie sale per svolgere gli studi.

Decisi di fare diritto oggi, e chiesi al mio insegnante se poteva spiegarmi le leggi americane. Ho amato così tanto quella lezione, mi ha fatto capire molto.

Il pomeriggio, chiamai Leon.

<< Pronto? >>

<< Hey, Leon >>

<< Ele, ciao! Come stai? >>

Sbuffai e rimasi in silenzio per un po’.

<< Cos’è successo? >>

<< Krauser? >>

<< Quando vuoi tu, andiamo a trovarlo >>

<< Davvero?! >> esclamai entusiasta, e la discussione di oggi d’un tratto sparì. << E… Cioè dimmi qualcosa! >>

<< Sono stato da lui per molto tempo e abbiamo chiarito riguardo ciò che è successo in Spagna, poi abbiamo parlato delle nostre missioni passate e infine di te. Nonostante ora siamo “amici”, continua a dire che tu sei sempre stata più sveglia di me. E su questo ci credo anche io >>

<< Ma dai! Mi fa piacere sentirtelo dire, comunque. Sono anche molto contenta del fatto che voi due vi siate chiariti >>

<< Grazie, nana. Veramente. Comunque… >> riprese << …Tu che combini? >>

<< Casini >> affermai.

<< Cioè? >>

E gli spiegai tutto.

<< Io verrei lì da te e ti darei gli schiaffi che non hai mai ricevuto >>

<< Senti, finché non succederà nulla di grave, non voglio metterti in mezzo… >>
<< Direi di sì, bimba >>

Continuai << …Ma ti chiedo un favore, più per Mike che per me: aiutami. Trova in tutti i modi di stare dalla mia parte, e io cercherò di non andare nel torto. Lo giuro, Leon. Qui c’è in mezzo Mike, e vogliamo aiutarlo >>

Sospirò << E va bene, ti aiuterò. Ma tu, ti prego, cerca di non perdere la testa, stai calma e non passare dalla parte del torto. Okay? >>

<< Okay. Grazie, Leon >>

<< Di nulla; fammi poi sapere quando posso venire a prenderti per portarti da Krauser >>

<< Se fosse per me, anche ora. Ma prima voglio risolvere questa storia >>

Ci salutammo e decisi di iscrivermi ad “Addestramento Militare” come avevo deciso già da molto tempo e mi informarono che l’addestramento si sarebbe svolto dalle 17:30 alle 19:00. Praticamente dopo il lavoro e prima della cena.

A cena raccontai a Mike, Jack e Peter il mio addestramento militare; dissi loro che lo facevo per imparare ad impugnare le armi e per tenermi pronta in varie situazioni.

<< Sono una sopravvissuta di Seattle >> rivelai.

<< Cosa?! >> fecero tutti e tre 

<< Vuoi dire… >> iniziò Mike << Dove c’è stata l’epidemia… come a Raccoon City >>

<< Sì… Ecco perché voglio addestrarmi. Non sapevo come dirvelo… >> l’incubo che mi tormentò e che ancora adesso mi tormenta.

<< Anche tuo fratello Leon è un sopravvissuto. Caspita! Siete uguali in tutti i sensi! >> esclamò Jake.

<< Grazie >> accennai un mezzo sorriso e scrutai di nuovo la Sala.

Peter interruppe il silenzio << Credo non ci siano stasera >>

<< Lo dici tu >> Mike aveva già puntato gli occhi addosso ai tre bulli da un bel pezzo.

<< Ore? >>

<< Le tue ore sei, Ele >>

<< Capito. Non guardarli; ho promesso a Leon che non avrei combinato più guai >>

<< Che cazzara… >>

<< Vai a quel paese, Jack >>

Mike non la smetteva di fissarli, e noi cercammo di parlare d’altro.

<< Sapete, anche se non l’ho detto prima, mi piacerebbe fare l’Addestramento Militare. Da grande vorrei lavorare nella BSAA >> disse Peter.

<< Chris Redfield lavora nella BSAA! >> esclamai felice ripensando a lui.

<< Lo so. Vorrei essere una sua recluta >>

<< E’ un gran capitano! Se mai dovessi entrare nella base, ti auguro vivamente lui! >>

<< Ma lo conosci? >> chiese Mike.

<< Sì, è mio amico e di mio fratello >>

<< Ele! >> Mike guardò alle mie spalle. Mi voltai e notai Clay, Thomas e Marcus che si stavano avvicinando a noi.

<< E così sei la sorella di Kennedy, eh? La famosa Eleonora Kennedy! >>

<< Da quando sono famosa? Pensavo fosse mio fratello quello importante >> cercai di mantenere il controllo, avevo promesso a Leon di non fare casini.

<< E come mai la sorellina si trova qui? >>

<< Ma non dovreste bullizzare me? >> esclamò Michael.

“Merda” pensai.

<< Tu che vuoi? Non ti sono bastate le botte? >> fece Clay.

<< Se a me non sono bastate, tu non te le sei proprio meritate! >>

<< Merda >> mi alzai e mi posizionai davanti a loro tre << Andate via >>

<< Stai zitta! >>

<< Andate via, o rischiamo tutti e sette stasera! >> Jack li avvertì.

Clay rise << Noi in pericolo? Casomai voi… >>

<< Ci stanno guardando tutti. Smettetela di mettervi in scena >>

Peter si avvicinò a me e mi tirò fuori di lì << Andiamo >> esclamò poi a Mike e Jack.

Ci ritrovammo in giardino.

<< Mike… >> lo guardai << Non fare l’eroe >>

<< Non lo faccio, infatti! Ci stavano venendo contro! >> mi ringhiò.

Feci lo stesso << Se uno di loro avesse provato ad alzarmi le mani addosso o cosa, passavano dalla parte del torto e potevamo benissimo dargli la colpa. E poi intorno a noi c’erano altri studenti che avrebbero testimoniato per noi! Mike >> lo fermai prima che potesse dire qualcosa << So che per te è un tormento vederli, ma se siamo tutti e quattro concentrati, ce la possiamo fare. Intesi? >>

Annuirono. 

<< Bene >> ripresi << Cosa vogliamo fare? >>

<< Volete che vado a rubare qualcosa da mangiare nella cucina? La cena è a metà >> propose Peter.

<< Non ho fame, grazie >> << Neanche io >> << No lascia stare >> rispondemmo insieme.

Restammo seduti sulle panchine vicino alla fontana e iniziai a raccontare loro dell’incidente a Seattle, di Krauser, e dei rapporti con mio fratello. Ascoltavano attentamente senza interrompermi; rimasero scioccati quando dissi che mio fratello mi abbandonò nella città, e aggiunsi che quel gesto non glielo avrei mai perdonato.

<< E’ anche per questo che ti chiamano “Spacca-culi”? >>

<< Probabile… >>

<< Mi spiace, Ele. Spero che tu qui riesca a sentirti bene >>

<< Ogni giorno combatto contro me stessa. Ci sono volte in cui Leon lo tratto malissimo, lo faccio sentire in colpa, lo voglio vedere distrutto, mentre altre volte cerco di riallacciare i rapporti e fare finta di nulla e non so quale di questi due atteggiamenti assumere. Leon, poi, è strano; anche lui sembra costantemente in conflitto con sé stesso… >> ripensai a quando mi parlò lui stesso della sua missione << Nel lavoro è una persona estremamente seria, non lo metto in dubbio; ma nella vita reale… Quando lo hanno complimentato per la missione svolta, sembrava fosse felice, entusiasta e si… Non vantava, lui non si considera “eroe”, però… Non lo so. Mi odio e basta. Non so neanche cosa provo realmente per mio fratello >>

Rimasero in silenzio tutti e tre. Io compresa.

<< Secondo me, dovresti essere sincera con te stessa e dovresti anche lasciarti andare >> suggerì Jack.

<< Cioè? >>

<< Nel senso, dai troppo peso a quello che pensi. Hai detto che non sai quale atteggiamento assumere, bè, per me dovresti assumere quello che pensi sia più giusto >>

<< Cioè, entrambi? >>

<< No, Ele. Jack sta cercando di dire che tu se vuoi provare a riallacciare i rapporti con Leon e senti che è una cosa che ti fa stare bene, allora fallo e senza pensare troppo ai “se” e ai “ma”. Fallo e basta >> spiegò Mike.

<< Esatto. Si dice che perdonare il prossimo ti rende una persona migliore; se perdonassi tuo fratello, tu hai dimostrato di avere carattere, perché hai subito, hai ragionato, sei maturata, hai scelto, hai agito ed eccoti! La sorella di Leon Kennedy è diventata quello che ha appreso. Se pensi che sia sbagliato perdonare tuo fratello, e se in futuro ti pentirai della scelta, guarda il lato positivo: saprai di essere più forte di quanto lo sei ora. Bruce Lee, sai chi è no? >>

<< Sì >>

<< Ecco, una volta lui disse che non dobbiamo sperare in una vita facile, ma dobbiamo sperare di avere la forza nell’affrontare quella che stiamo vivendo >>

<< "Non pregare per una vita facile, prega per avere la forza di resistere ad una difficile”. Diceva questo Bruce >> disse Peter.

<< Grazie, ragazzi >>

Nessuno mi aveva mai detto queste cose, e per la prima volta mi resi veramente conto dell’importanza della loro amicizia.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8 (RE)

Subito dopo lo studio individuale, mi diressi all’addestramento militare indossando l’uniforme che ci avevano dato. Solo oggi mi resi conto che il mio insegnante era Tom, uno degli amici di mio fratello.

<< Non mi aspettavo di vederti qui >> gli dissi.

<< Nemmeno io, “Spacca-culi”! Come mai al Campus? >>

<< Mi ci ha voluto mandare mio fratello >>

<< Capisco >> disse con amarezza << Ti trovi bene, almeno? >>

<< Sì, ho dei nuovi amici >>

<< L’importante è questo! >> mi diede una pacca sulla spalla << Ora, vai a prendere gli utensili laggiù; oggi vi faccio fare circuito >>

Feci come mi aveva detto e, insieme agli altri, completai il percorso ad ostacoli.

Scrutai gli altri ragazzi che facevano l’addestramento con me e quando puntai gli occhi verso quel ragazzo alto di carnagione chiara con occhi celeste acceso, ebbi un colpo al cuore.

Thomas Wright. L’amico bullo di Clay Green. Cosa diamine ci faceva qui?

Evitai di incrociare il suo sguardo per non provocare ulteriori casini e decisi di mettermi in fila indiana cominciando con l’esercizio fisico.

Questo tipo di esercizio si chiama “FITT”, che sta per “frequency, intensity, time, type”. La frequenza rappresenta l’equilibrio tra i momenti riposo ed i momenti di esercitazione; l’intensità, invece, rappresenta il carico di lavoro a cui sottoponiamo il fisico; il tempo rappresenta la durata di una sessione di allenamento (di solito quando l’allentamento è intenso, non si devono superare i 60 minuti); il tipo, infine, rappresenta le tipologie di esercizi che eseguiamo. I tipi di esercizi devono essere coerenti con i risultati che vogliamo ottenere (forza muscolare, massa, cardio).

Tom ci disse che l’allenamento deve essere composto in questo modo: 5 – 10 minuti di warm-up (riscaldamento); da 20 fino a 60 minuti di esercizi combinati per l’aerobica e l’anaerobica; 5-10 minuti di defaticamento per ritornare alla condizione cardio-circolatoria nella quale ci trovavamo prima di intraprendere l’attività.

Ci informò anche che non dobbiamo fermarci durante l’allentamento perché potremmo avvertire nausea, vertigini o, addirittura, svenire.

Così accadde a tre ragazzi, e intervennero altri componenti per portarli in infermeria. Io riuscii a cavarmela fino a fine lezione, provando un leggero senso di nausea che mi portò immediatamente fuori la sala per prendere una boccata d’aria.

<< Oh Cristo… >> esclamai senza fiato.

<< E’ sempre così i primi giorni; ti ci abituerai >> Tom si posizionò accanto a me guardandomi << Come mai hai scelto di fare addestramento militare? Anche tu vuoi entrare nella BSAA? >>

<< No, affatto. Per… cavarmela >> non riuscivo nemmeno a parlare.

<< Non sforzarti troppo ora, vai a farti una doccia. Ci vediamo domani, Ele >>

Lo salutai con un cenno del capo e presi un ultimo respiro prima di andare a farmi una doccia bollente.

Il solo pensiero che dopo l’addestramento dovevo svolgere attività lavorativa, mi ammazzava sempre di più. Ma quando arrivai raccontai subito a Jack, Peter e Mike dell’incontro con Thomas nell’addestramento militare.

<< Ma sei seria? E che ci fa uno come lui là? >>

<< Forse un domani vorrebbe far parte della BSAA… >> ipotizzò Jack.

<< Stava per sentirsi male… Non so come starà stasera >> dissi.

<< Ti stai preoccupando? >> chiese Mike, fissandomi.

<< No >> risposi prontamente << E’ anche quello che si merita, giusto? >>

Dopo cena, come al solito, andammo in cortile e ancora mi chiesero qualche cosa in più su mio fratello.

<< Continui a sentirlo, oppure no? >> Mike si sedette vicino a me.

<< Sì, sì, lo sento. Non tutti i giorni; per esempio, oggi non l’ho chiamato. Sicuramente lui avrà avuto da fare >>

<< Sicuramente il presidente avrà voluto ringraziarlo ancora una volta >>

Oppure semplicemente stava facendo quel favore ad Ashley.

<< Anche >> mi limitai solo a dire << Cosa vogliamo fare? >> chiesi poi.

<< Direi di entrare, oggi sono abbastanza stanco >> disse Peter.

<< Idem >>

Mi alzai, ma in quel momento Mike mi chiamò << Ele, quei tre si stanno avvicinando >>

<< Oh mamma mia, che palle questi! >> esclamò Jack.

<< Hey, hey! >> urlò Clay da lontano << Guarda chi c’è! >>

<< Ciao, “Spacca-culi”! >> fece Thomas << Ti ho vista oggi all’addestramento militare. Cos’è? Vuoi diventare un soldatino della BSAA? >>

<< Potrei chiederti la stessa cosa, sai? >> riproposi.

<< Non sono affari tuoi sapere cosa voglio fare >>

“Lo stesso vale per te” pensai.

<< Michael, ma perché non esci da questo covo e non affronti le persone? Ancora ti fai accompagnare da loro? >>

<< E perché, tu quando l’hai picchiato eri solo? O c’erano anche i tuoi scagnozzi? Non ti abbiamo mai visto solo >> rispose Jack, pronto come sempre.

<< Le vuoi, coglione? >>

<< Dammele, se proprio ci tieni >>

Mi voltai verso di lui ma ricambiò con un occhiolino. Capii quello che voleva fare. Peter e Michael stavano in silenzio a fissare Jack, impavido.

Clay lo ignorò e fissò me << E’ lei che voglio >>

<< Scordatelo >>

<< Non mi interessa se sei la sorella di uno che lavora per il presidente, sei troppo impertinente per me e ti metti in mezzo in situazioni non tue >>

<< Concordo >> ironizzai sempre.

<< Scusa una cosa >> iniziò Thomas << ma per caso usi il tuo punto G per farti piacere anche al nostro istruttore? >>

<< Hey! Basta! >> Jack si stava per avvicinare ma lo fermammo immediatamente.

<< Stai calmo, non mi faccio provocare >> sussurrai.

<< Idiota… >> esclamò Marcus.

<< Comunque >> ripresi << Rispondo alla tua domanda: può anche darsi. Ma non sapevi che le donne hanno una marcia in più? Non tutti nascono fortunati come noi, no? >>

<< Hai ragione, non tutti nascono troie >>

<< Mi spiace, ma noi saremo sempre un passo avanti a voi. Sappiamo già come fare carriera >>

<< Io a questa la picchio! >>

<< Fatela finita! >> esclamò Peter.

<< Non penso proprio >> Clay mi diede uno schiaffo e Thomas iniziò a picchiare Jack e Peter insieme a Marcus. Intervenne anche Mike che le prese di brutto da Clay dopo che si allontanò da me.

Con uno strattone lo allontanai da Mike che mi aiutò ad aiutare Jack e Peter.

<< Pezzi di merda! >> urlò Clay.

Jack e Peter erano quelli ridotti peggio: avevano entrambi un occhio nero e Jack perdeva sangue dal naso, mentre Peter dal labbro. Io e Mike avevamo solo dei lividi sul viso. Lo stesso valeva per quei tre.

<< Andate via… >> esclamai.

<< Non penso proprio >> disse Marcus.

<< Andate via, cazzo! >> urlai sempre di più. Avevo la gola in fiamme e iniziavano a dolermi le braccia e le gambe << O saranno guai >>

<< Guai? Cosa pensi di fare, stronza? >>

<< Meglio se non te lo chiedi >> volevo picchiarlo di brutto.

<< Chiamerai tuo fratello? Il tuo eroe? Se vuoi ti presento mio padre! >>

<< Mi basti tu per capire che tipo è tuo padre! >>

Clay si avvicinò e mi sferrò un pugno sul naso, mentre i suoi due amici avevano già preso di mira i miei amici.

<< Cazzo, Ele! >> sentì urlare Mike.

Riuscii ad allontanare Clay e mi pulii dal sangue, ma non riuscii a trattenermi; gli diedi un calcio in mezzo alle gambe e cadde in ginocchio. Gli sferrai un pugno sulla tempia e, poi, sul labbro. Da dietro, Thomas mi diede un calcio sul polpaccio e caddi a terra urlando. Si posizionò sopra di me e tentò di soffocare la mia bocca, mentre con l’altra mano continuava a picchiarmi. Gli morsi le dita e, fortunatamente, intervenne Peter dandogli una bastonata dietro la schiena.

Quella sera non avremmo dovuto allontanarci dal cortile principale, avevamo sbagliato a farlo per evitare di incontrarli. In quel momento pensai che nessuno ci avrebbe sentito, ma mi sbagliavo. Alcuni ragazzi avevano osservato la scena dalla finestra e avevano chiamato gli addetti al Campus. Venimmo tutti quanti ricoverati in ospedale dove mi tamponarono il labbro, gli occhi, il naso e tutto il viso. Le braccia e gambe ancora mi dolevano e mi fasciarono solo le prime; mi dissero di riposare e che domani avrei trascorso la giornata in stanza da ricovero.

<< E’ meglio che ti riguardi. Tu e i tuoi amici siete messi veramente male, è un bene che qualcuno vi abbia visto. Il tuo amico Jack ha entrambe le braccia rotte >> mi spiegò pazientemente l’infermiera. La ringraziai e la vidi chiamare qualcuno.

Mio fratello entrò e mi abbracciò non in maniera troppo stretta. << Porca puttana, Ele! >>

<< Mi dispiace; Clay ha iniziato dandomi uno schiaffo e hanno picchiato i miei amici. Abbiamo reagito e so di aver sbagliato, veramente! >>

<< L’importante è che… Non ti sia successo nulla di… niente di peggio >> mi guardò e mi sentii in colpa << Hey >> alzò il mio viso << Non preoccuparti, ti aiuterò. Tutti voi. Ne parlerò con il presidente, okay? >>

<< Fallo per Mike e gli altri, non per me >>

<< Stai tranquilla. Il presidente conosce il padre di Clay Green, Alex Green… >>

<< Lo conosci anche tu? >>

<< E’ direttore del Campus solo per merito di suo padre, ma non ha voce in capitolo, anche se suo figlio studia qui. Te lo ripeto un’ultima volta, stai tranquilla. Devi riposarti e rilassarti, soprattutto >>

<< Va bene, grazie >> lo guardai sorridendo.

<< Sei una grande, “Spacca-culi”. Avrei reagito anche io così… >>

<< Davvero? Io pensavo che… non lo so, finivi di prendermi a sberle! >> ironizzai.

<< Bè, guarda il lato positivo di tutte queste percosse; gli schiaffi che non hai mai preso te li sei meritati ora >> sorrise.

<< Tu non ti arrendi mai, vero? >>

<< No, mai >> mi baciò la mano teneramente. Gli accarezzai il viso.

<< Come stai, tu? >>

<< Bene, bene. Ho mandato altri rapporti al governo riguardo le Plagas, e ho sentito Chris questi giorni >>

<< Oi, sai che c’è un mio amico che da grande vorrebbe entrare nella BSAA? Peter! Non me lo aspettavo da lui, sinceramente! Infatti vuole fare addestramento militare proprio per questo. Anche uno di quei bulli, Thomas, fa l’addestramento però non so per cosa >>

<< Se mai vorrà entrare nella BSAA, dirò a Chris di trattarlo male >> sorrise.

<< Magari, Leon. E’ quello che si merita! >>

<< Ora riposati, domani sistemiamo la faccenda davanti al presidente con me e il padre di Clay come testimoni. Sii sincera e non perdere mai la concentrazione, okay nana? >>

<< Sì, promesso >> lo guardai << E grazie >>

<< Di nulla >> mi abbracciò e rimanemmo così per un bel po’.

Jack aveva ragione, dovevo lasciarmi andare con mio fratello.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9 (RE)

Eravamo nello studio principale del Campus, e insieme a me c’erano Mike, Jack, Peter, i tre bulli, mio fratello, il presidente, Alex Green, Frans Walker, il padre di Michael, e i genitori di Marcus, Thomas, Jack e Peter.

Clay mi stava fissando in modo arrabbiato e mio fratello non toglieva gli occhi di dosso da me e da lui; sapeva che, se non mi avesse aiutato, sarei stata in pericolo.

<< Allora, cos’è successo esattamente? >> chiese John, guardando tutti noi.

<< E’ successo che quei quattro ci hanno picchiato! >> ringhiò Clay.

<< Perché hai iniziato tu >> rispose tranquillo Jack.

<< Non parlatevi uno sopra l’altro! Voglio che tutti raccontiate come sono andati i fatti >>

<< Diciamo che tutto è iniziato due o tre giorni fa, all’incirca. Io, Eleonora e Jack stavamo tornando dentro l’atrio del Campus e abbiamo visto Mike che stava piangendo e ci raccontò di loro tre >> indicò Clay, Thomas e Marcus << e ci ha raccontato che aveva dei lividi dietro la schiena >>

Il padre di Michael sussultò appena e guardò il figlio che, invece, abbassò lo sguardo per la vergogna.

<< Abbiamo deciso di aiutarlo. La sera è venuto a dormire da noi e il mattino seguente gli siamo sempre stati vicini così come la sera; poi sono stati loro a infastidire Eleonora e Michael e noi ci siamo messi in mezzo per difenderli. Io avevo paura che qualcuno di loro potessero picchiarli, e poi ieri sera hanno iniziato loro e abbiamo dovuto ricambiare >> Peter sembrava tranquillo da come parlava, e questa cosa mi metteva solo ansia senza sapere il perché.

<< E chi mi dice che non avete iniziato voi, invece? >> ringhiò Alex.

<< Basta che guardi le ferite nostre e poi le loro. Quelli messi peggio siamo noi, mi pare ovvio! >> Jack perse anche molta voce, non riusciva ad alzarla più di tanto.

Continuai a sentirmi in colpa. E’ stata colpa mia, pensavo che con l’aiuto di mio fratello avrei risolto tutto, e, invece, avevo solo messo in mezzo i miei amici… Leon non avrebbe mai reagito così di fronte ad una rissa, avrebbe calcolato bene la situazione senza mettere in mezzo gli altri. Io sono stata solo impulsiva credendo di fare la cosa giusta. Idiota che non sono altro.

<< E quindi? >> riprese Alex << Potreste anche esservele fatte voi, no? >>

<< Lo stesso vale per suo figlio, allora. Perché se ragionassimo tutti come lei, non ci sarebbe stato nemmeno il bisogno di convocare una riunione alle otto del mattino nel suo ufficio >> ringhiai io.

<< Non alzare la voce con me >>

<< E’ libera di fare quello che vuole, signore. E’ una vittima, ha il diritto di esprimersi >> gli spiegò calmo mio fratello guardandolo. Lui non gli rispose e guardò suo figlio Clay.

<< Non dici nulla? >>

<< Io dico che stanno mentendo. Tutti quanti! Partendo da lei >> mi indicò << La più persona più bugiarda che avessi mai conosciuto! >>

<< Cosa ha fatto? >> chiese il presidente.

<< Prima mi provoca e poi dice che l’ho picchiata! >>

<< Ti sei messo nei guai da solo, Green! >> esclamai. Ed era vero.

<< Quindi, affermi di aver picchiato per prima tu, la ragazza? >> chiese mio fratello.

<< Lei mi ha provocato! >>

<< Non è una giustifica >> dissi e, poi, continuai << E’ vero che ti ho provocato, ma l’ho fatto solo per fare in modo che ti allontanassi da Mike. Lo avevi preso di mira insieme ai tuoi amici. Ho sbagliato, è vero! >> mi guardai intorno << Scusi signor Walker se non sono riuscito ad aiutare al massimo suo figlio >> e indicai Michael, che aveva subito anche lui le percosse da parte loro << E chiedo scusa al signor Green, perché ho provocato suo figlio per allontanarlo da un mio amico. Volete mandare via qualcuno da qui per dei capricci? Perfetto, io sono pronta >> e guardai mio fratello continuando a parlare << Come ho anche detto a Michael, avrei promesso di aiutarlo e di non metterlo nei guai con il Campus. Scusa Clay se ti ho provocato, va bene? Ti bastano le mie scuse? O ne vuoi, o meglio, ne volete altre?! >> stavo iniziando a delirare, ero nervosa, arrabbiata con me stessa e con tutti loro e volevo solo e soltanto uscire di lì. Respirai in maniera affannata e ripensai a quello che avevo detto chiudendo gli occhi. “Sono una cretina!” pensai “Sei impulsiva, stupida e inutile! Parli e parli, senza mai concludere nulla. Leon poteva aiutarmi a restare, ma in questo modo ho rovinato tutto”.

<< Grazie, ragazza >> esclamò il padre di Michael << Per quello che hai cercato e che continui a fare per mio figlio >>

<< Di nulla, signore >> sorrisi appena.

<< Io avrei una domanda da fare >> fece Jack.

<< Cosa Jack? >> fece sua madre.

<< Signor presidente, per caso qui al Campus ci sono delle telecamere? >>

<< Sì, certo. Perché? >>

<< Possiamo guardare i filmati dove veniamo ripresi noi con Clay, Thomas e Marcus? >>

Boom! Grande Jack. Ho sempre saputo che eri uno grosso!

Il presidente acconsentì e tutti noi guardammo le riprese di quando avevamo incontrato Mike nell’atrio, della cena insieme e del giardino dove vennero anche riprese le nostre percosse.

<< Bene >> fece il presidente << Vorrei avere voce in capitolo su questa situazione >>

Si alzò in piedi e guardò tutti quanti << Intanto, signor Green, vorrei che suo figlio venga espulso dal Campus. Ho visto anche troppo. E lo stesso vale per Marcus King e Thomas Wright. Forse non vi siete resi conto della grave situazione che avete creato >>

Mike e noi sorridemmo senza darlo troppo a vedere e scambiai degli sguardi felici con loro.

<< Ma non è finita qui >> si voltò verso noi quattro << Espulsi per tre giorni, perché non avete denunciato subito la situazione e avete reagito come loro >>

<< Se posso, signore. Jack e Peter voleva andare subito a denunciare l’accaduto al direttore >> e guardai Alex << Ma avevamo paura, perché scoprimmo che era il padre di Clay. La colpa è mia e sono seria. Diteglielo anche voi, ragazzi. Basta con questa storia >> sospirai.

<< Sì, va bene, ma avevi buone intenzioni >> disse Jack.

<< E volevi proteggere tutti noi! Quindi, Ele, non dire cazzate per favore e non fare l’eroina >> esclamò Mike.

Gli sorrisi e ricambiò.

<< Grazie, Eleonora, ma comunque tre giorni fuori dal Campus vi fate. Non mi interessa, questa è una lezione che serve a loro come a voi >>

Subito dopo andammo a firmare i fogli dove c’erano scritti i giorni della sospensione e il motivo; poi, me ne andai in stanza e preparai le valigie con le borse.

Non era ancora finita, però; certo, non era proprio questo ciò che mi aspettavo, ma mi meritavo tutto. “Sei stata impulsiva, Eleonora? Bene, ecco quello che ti meriti! Volevi fare l’eroina? Bene, ecco le conseguenze!”

Almeno non sono stata espulsa del tutto e potevo ancora vedere i miei amici.

Scesi e sulle scale vidi mio fratello aspettarmi.

<< Mi dispiace >> dissi a lui << Non volevo rovinare tutto >>

<< Una persona che si sacrifica per un’altra rovina tutto? Io questa cosa non l’ho mai sentita >> mi aiutò a portare le valigie in macchina e mi fece salire.

<< Non volevo finisse così, però >>

<< Lo so, Ele. Ti capisco benissimo e, credimi, nemmeno io volevo che il presidente stesso decidesse la tua espulsione. E, comunque, non gli ho raccontato niente; sei riuscita a fare tutto da sola e hai risolto tutto tu >>

<< Davvero non sapeva nulla?! Ma, perché… >>
<< Perché tu, infondo, sei come me. Te la sai cavare da sola aiutando gli altri >>

Quelle parole mi confortarono e gli sorrisi ringraziandolo. E’ bello stare con lui.

<< Ora che facciamo? >> chiesi.

<< Ah, giusto. Non te l’ho detto >> sorrise.

<< Cosa? >> gli sorrisi anche io.

<< Andiamo da Krauser >>

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10 (RE)

Il suo braccio non era come nuovo, ma almeno quella sorta di “arma bionica” era quasi del tutto scomparsa. In realtà, non aveva più la mano, c’era solo un artiglio enorme da cui pulsava il muscolo che un tempo formava le dita. Riuscii almeno ad abbracciarlo e ciò mi consolò veramente molto; Krauser, eri vivo. Il cuore si riempì di gioia e speranza e non volevo lasciarlo più. L’uomo che mi salvò la vita, che non mi abbandonò, di nuovo tra le mie braccia, vicino a me. Mi accarezzò i capelli e ricambiai affondando il viso nel suo collo che si era umidito di alcune mie lacrime. Ma che importava! Ci eravamo ritrovati; grazie di essere sopravvissuto, Krauser.

Leon e Ada, nel frattempo, ci avevano lasciati e mio fratello lanciò uno sguardo a Krauser che sentì sorridere. Ad un tratto, senti che si staccò da me e mi asciugò le lacrime dalle guance << E’ bello averti qui >> disse dopo avermi guardata per un po’ negli occhi.

<< Sono così felice! Non penso di esserlo mai stata in tutta la mia vita! >> piansi dalla gioia.

<< Anche io, Ele! Sei… cambiata così tanto >>

<< Anche tu >> in effetti lo guardai meglio, e notai che aveva una lunga cicatrice su tutto il viso che percorreva anche sul collo. Era decisamente più muscoloso e robusto, le mani piene di calli e il braccio umano era ricoperto di tagli.

<< Sì… >> rispose guardandosi alcune parti del colpo <>

<< Migliorato? >> chiesi senza fargli concludere il discorso.

<< Era quello che pensavo. Il braccio che ha assunto la forma di… arma biologica… era già danneggiato quando ero andato in missione con tuo fratello in Sud America; speravo che qualcuno me lo potesse curare, e invece >>

<< Bè >> fissai il braccio, coperto da una lunghissima garza appena ricambiata << Ada te lo curato… no? >>

<< Sì, ha fatto del suo meglio. Non avrei dovuto dubitare di lei, e nemmeno di tuo fratello >>

<< Nemmeno io >>

Si voltò verso di me << Come stai? Io e te abbiamo molto da dirci >>
<< Già… E non so nemmeno da dove iniziare, sinceramente >> risi.

<< Bè, dimmi cosa hai fatto oggi >>

<< Ah… Sono stata espulsa per tre giorni dal Campus! Che culo, eh?! >> sorrisi ancora di più.

Mi fissò incredulo << Che cosa hai combinato? >>

<< Guai, Krauser, guai >> e raccontai anche a lui della situazione in cui mi sono trovata, dei miei amici, dei bulli e delle conseguenze. Ascoltò divertito ma con molta attenzione.

<< Tuo fratello cosa dice, invece? >>

<< Fortunatamente è stato dalla mia parte, anche se lui non ha detto nulla al presidente >>

<< Guarda che Leon, anche se non sembra, ti è sempre stato vicino >>

<< Anche a Seattle? >> chiesi incrociando le braccia.

<< Anche lì >>

<< E cosa ha fatto? Mi ha solo abbandonata per seguire Ada lasciandomi lì; fortuna che c’eri tu >>

<< E secondo te, chi mi ci ha mandato lì? >>

<< C… Cosa? Ma tu eri già lì, mi avevi detto che eri stato abbandonato dalla tua squadra e che…  >>

<< Aspetta! Vuoi dirmi che Leon non ti ha mai raccontato la verità? Non ti ha detto del perché Ada mi mandò lì? >>

“Ma cosa significa? Perché Ada avrebbe dovuto mandarlo lì?”

<< Ma, Krauser… Perché Ada avrebbe dovuto mandarti lì? >> continuai << E perché mi hai mentito? >>

Sospirò. << Non solo io ti ho mentito, a quanto pare… >>

Mi guardò e mi asciugò le lacrime dagli occhi. Mi abbracciò stretta e affondai il viso sul suo collo, mentre lui mi stringeva le braccia. “Non solo io ti ho mentito a quanto pare… Cosa voleva dire?”

<< Cosa vuoi dire? >> gli chiesi << Chi altro mi ha mentito? >>

Non rispose, e dopo mi guardò alzando gli occhi sui miei. Avevo capito.

***

<< Cosa vi siete detti tu e Krauser? >> chiese Leon, dopo aver posato le chiavi sul comodino di casa.

<< Perché non mi hai detto la verità su Seattle? >> lo fissai anche se mi dava le spalle.

Si voltò lentamente e cercò di assumere uno sguardo per dimostrare di non avere colpe. Non gli credevo più, ora avevo un altro motivo per tornare ad odiare mio fratello.

<< Cosa hai saputo? >>

<< Quello che c’era da sapere. Krauser mi ha detto di parlarne con te. Bè, fallo! >> mi stava venendo da piangere. Di nuovo.

<< Ele, io… Non so da dove iniziare >>

<< Inizia e basta >>

Ecco la sua storia, la storia di un fratello che ha iniziato a lavorare per la Casa Bianca, la storia di un uomo che non avrebbe mai pensato di compiere l’atto più duro della sua vita, la storia di chi realmente ha avuto la forza di allontanarmi da mio fratello.

<< Sai perché non ho potuto salvarti a Seattle? Il presidente non me l’aveva concesso… Mi ha detto che non potevo sprecare armi per una città come Seattle, diceva che era inutile mandare soccorsi, perché avremmo sprecato solo uomini… Io e molti dei miei colleghi avevamo insistito, ma gli ordini superiori non volevano ascoltarci... Lì c’era anche Ada e ho salvato lei per un motivo ben preciso: mandare Krauser. Già lavoravano insieme e sapevo di potermi fidare di lui un’ultima volta, sapevo che ti avrebbe salvata ad ogni costo, Ele. Io capisco più di ogni altra persona al mondo il tuo odio per l’America e credimi, non sei l’unica a voler vedere distrutto questo paese; ma non è questo il momento di pensare a certe cose, io da quel giorno non ho fatto altro che pensare a come raccontarti tutto e a come chiederti scusa. Soffrivi dentro, eri cambiata, e io mi sono giurato di proteggerti per sempre, a costo della mia vita. Ho ripensato a mamma e papà… >>

<< Non nominarli, ti prego… >> le lacrime rigarono tutto il viso e la voce diventò strozzata più che mai.

<< Ada ti ha fatto compagnia quando sei stata salvata da quella città, perché io non potevo accedervi. Mi dicevano “L’agente americano di grande valore non può entrare in contatto con una ragazza probabilmente infetta”. Questa è stata la loro riposta, e io sono crollato per due motivi: mi stavano usando e volevano che mi allontanassi da te; e due, non sono mai riuscito ad andare contro e a fare qualcosa di buono per te, ti ho solo causato dolore e odio… Nulla di più. Io, che vengo considerato l’uomo più forte e temerario dell’America, non sono riuscito a salvare te, l’unica cosa che ho di caro in questo mondo. L’unica persona che mi è rimasta >>

Non dissi nulla. Doveva finire di parlare.

<< Ogni volta che mi insultavi, non stavo male perché criticavi il mio lavoro, assolutamente no! Stavo male perché so quello che stavi provando… >> mi guardò bene e io guardai lui << Sono io quello che deve sentirsi in colpa, non tu >>

“Bene. Benvenuta, Eleonora. Ora che sai la verità, ora che, come diceva Jack, hai assorbito, hai il diritto di esprimerti; piangi, se devi; grida, se devi; picchialo tuo fratello, se devi. Ma guai a te se crolli; sei stata già abbastanza debole da insultare un tuo carissimo familiare per motivi totalmente diversi e questo è ciò che ti meriti”.

<< Ele… >> avevo lo sguardo perso verso la parete del muro e non so perché, ma ripensai ai cadaveri dei miei genitori distesi sulla barella dell’ambulanza.

-Incidente d’auto, signor Cooper- disse l’infermiere.

-Bene. Avviserò i fratelli Kennedy; dopo di che, deciderò io sulla loro sorte. Li farò trasferire in un’altra città da una nuova famiglia-

E che bella quella nuova famiglia; volevo dire, per me lo era, la nuova “mamma” e il nuovo “papà” erano persone premurose, ci volevano bene. Leon non ricambiò mai il loro affetto.

<< Grazie >> riuscii a sussurrare << Grazie, per essere stato sincero con me, anche se avresti dovuto farlo prima. Ho sonno, credo che andrò a dormire, Leon. Mamma e papà sicuramente saranno fieri di te, hai mantenuto la promessa di essere un buon fratello premuroso. Dovresti dirlo anche ai nostri nuovi genitori, Alice e Clark; loro ancora non sanno nulla di noi due, sarebbe un vero peccato non informarli dell’accaduto, no? >>

<< Ele, che stai dicendo? Ci siamo traferiti, loro non… non li sentiamo più da anni >> si alzò e si avvicinò a me.

<< Nemmeno mamma e papà, però vivono dentro di noi. Mi sbaglio? >>

<< Ele, tesoro >> mi prese un braccio, evidentemente preoccupato delle mie affermazioni << Andiamo a dormire insieme. Oggi è stata la giornata più brutta di tutta la tua vita; vieni >>

Mi condusse su per le scale e poi, con molta delicatezza, mi fece sdraiare sul letto rimboccandomi le coperte.

<< Ma è notte? >>

<< Sono solo le diciotto del pomeriggio, è meglio se un po’ ti riposi >>

<< A quest’ora stavo facendo addestramento militare… credo >>

<< Riposati, io torno subito >>

L’ultima cosa che vidi fu mio fratello prendere il telefono e scendere le scale mentre compose un numero. Ambulanza? Non credo stessi per morire, ma avevo vertigini e nausea… avrei vomitato da un momento all’altro. Oppure stava chiamando… Non so, uno psicologo. La sorella Kennedy era impazzita, perché ha scoperto un segreto che il fratello e molta altra gente che gironzolava intorno a loro le hanno tenuto nascosto, per almeno un anno. Bada bene, un anno è abbastanza per metabolizzare tutto quanto: il paese che ti volta le spalle, tuo fratello che ti ha tradita per motivi politici, tuo fratello che viene mandato in missione lontano da casa, tu che eri da sola senza nessuno, la visione dei tuoi genitori morti, la mancanza dei nuovi tutori, la mancanza di Krauser, il bisogno di amici, il bisogno di capire chi sei e cosa devi fare della tua vita, il ritorno di tuo fratello, la notizia della morte di Krauser, e tante e tantissime altre cose. Praticamente, è quasi meglio essere morti. E se in quel momento avessi deciso di farla finita? Prendere delle lamette e tagliarmi le vene, oppure buttarmi dalla finestra sperando di sfracellarmi il cranio. Ma, nel mio ego, sapevo che non avrei mai fatto una cosa del genere, per un solo e semplice motivo.

Sono sopravvissuta a Seattle, e per di più senza mio fratello. Questo significa che io sono molto di più.

Come disse una volta Bruce Lee? Tu non devi vivere “per”, devi solo vivere. Bè, aveva estremamente ragione…

Forse era arrivato il momento di raccontare a tutto il mondo la verità su Seattle. “Sì, come no Eleonora. Aspetta e spera. Chi vuoi che ti creda; il presidente? Potrà sempre dire che sei impazzita. Leon? Ma va! E che voce in capitolo avrebbe lui. Chi altro c’era… Bha… Forse… Forse! Ma sì! Krauser! Se mostrassi a tutto il mondo che lui è ancora vivo… Ma… Per cosa? Cioè, sì è vivo e… bravo Krauser! Sopravvissuto! Ma poi? Nel rapporto di Leon, Krauser ha tradito la nazione e ora è in clandestinità da Ada... Certo, parlare di tradire la nazione da parte di Krauser fa ridere. Il presidente, allora? Non ha tradito me? Io non faccio parte della nazione?  E poi, che cosa importa alla gente di Seattle… Cosa importa alla gente di me. Io sono solo la piccola “Spacca-culi”, giusto? Sei sopravvissuta ad un’apocalisse zombie, da sola?! Brava! Tu sì che hai coraggio da vendere! E mio fratello ha subito la stessa cosa, solo che lo hanno pagato e ha avuto una festa di ringraziamento… Anche se lui, nel 1998, si salvò da Raccoon City, quindi diversi non lo siamo così tanto. Hanno ragione quando dicono che siamo simili…”

<< Ele! >> sentì Chris avvicinarsi a me << Che ti è successo? >>

<< Perché ci sei tu? >> chiesi curiosa, cercando di mettere a fuoco Chris Redfield << Come stai, Redfield? E’ da un bel po’ che non ci vediamo >>
Mi toccò la fronte << Ha la febbre altissima, Leon! E i suoi occhi sono lucidi. Portiamola all’ospedale nella seconda base della BSAA >>

<< Perché proprio lì? >> chiese mio fratello.

<< Andiamo, forza! Poi ti spiego! >> mi sentii sollevata da due possenti braccia e venni condotta, di nuovo, in macchina; solo che questa era diversa. Mi sdraiarono sui sedili posteriori e vicino a me si sedette Leon che mi coprì con una coperta. Ma cosa diamine mi stava succedendo? Perché improvvisamente mi sentivo debole, e perché stiamo andando in ospedale?

<< Leon? >> sussurrai.

<< Riposati. Chiudi gli occhi e non pensare a nulla… Inspira ed espira. Ti cureremo, e tu ce la farai >>

Che strano, mio fratello non è tipo da dire queste cose a caso.

Il mio sguardo si posizionò sul braccio destro e notai che in esso erano presenti tre tagli dove fuoriusciva del sangue, e intorno si era formata una crosta viva color verde che pulsava tremendamente. La vista si appannava e non riuscivo a capire cosa stessi vedendo.

<< Chiama Rebecca, dille di preparare subito farmaci pesanti per bloccare l’infezione! >> urlò Chris.

<< Infezione? >> sussurrai ancora, senza ricevere risposta.

<< Non avrei mai immaginato che quel figlio di puttana di Krauser avesse potuto infettarla con il suo braccio per volere di Wesker! Come diamine abbiamo creduto che lui fosse dalla nostra parte! >>
<< Quando usciremo vivi da qui, lo ammazzerò con le mie stesse mani! >>

“Infetta… sei infetta piccola Kennedy. Sopravvivrai? Chissà, questa volta non c’è Krauser, il tuo eroe paladino. E che eroe, si è preso gioco di te e tu hai abboccato. Brava, e tu ti definiresti sveglia? Ora, vediamo se riesci a sopravvivere… Se ne riparlerà, se ne avrai l’occasione”

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11 (RE)

<< Rebecca! >> sentii urlare Chris davanti a me, ma oramai le sue urla mi giungevano ovattate e la vista non era da meno.

Leon mi portò correndo in una stanza dell’ospedale della BSAA e dottori e infermieri mi legarono sul letto iniettandomi un sonnifero che, subito, fece effetto e piombai in un sonno profondissimo.

-Tesoro- una soffice mano mi accarezzò i capelli e alzai lo sguardo dalla bambola sul pavimento e osservai la mamma –Come stai?-

-Bene, mamma. Lo sai che sono riuscita a costruire la casa delle bambole da sola? Oramai sono grande!-

-Oh, sì tesoro mio! Una vera signorina-

Sentii grida di due uomini e rimasi immobile fissando la porta.

-Tesoro, va tutto bene. Papà è solo arrabbiato con tuo fratello Leon-

-Perché?-

-Leon… non si è comportato bene e lo sta sgridando-

-Ma perché anche Leon urla, mamma?-

-Perché è un po’ arrabbiato, ma capita. E’ normale! Hai presente quando tu sei arrabbiata per una cosa e inizi ad urlare? E’ la stessa cosa, amore mio-

Ricordai un bacio sulla fronte e il suo sorriso sempre meraviglioso.

Svanì quella scena e se ne aprì un’altra: autostrade. Pattuglie e ambulanze intorno ad un’automobile ribaltata dalla quale vennero estratti due cadaveri. Mamma e papà. Le barelle pronte con sopra un telo che copriva i loro corpi, ma una mano, non so di chi dei due, penzolava da fuori come se volesse dire “Noi siamo qui, vedi?”. E piansi, a dirotto, guardando come gli infermieri allontanarono le barelle in una strada buia, mentre io, invano, urlavo i loro nomi.

<< Sta delirando! >> urlò un’infermiera.

<< Portatemi il siero! E iniettatele altro sonnifero, la ragazza si sta muovendo! >> urlò un altro.

Gli occhi, subito, si richiusero e piombai in un altro sogno.

-Alice, forse non hai capito! Leon ha picchiato una ragazza perché ubriaco e ha cominciato una rissa con i suoi amici!-

-Cerca di capire, Clark! Ha perso i suoi genitori da tre mesi; è normale che faccia queste cose. Ha bisogno di… dobbiamo restargli vicino, Clark. E anche a sua sorella; è piccola, ha undici anni!-

-Alice… Non possiamo continuare così. Hanno entrambi bisogno di attenzioni, ma Leon, per il momento, deve stare sotto controllo. Rischia la galera per quello che ha fatto, capisci?! Fortunatamente sono poliziotto e posso far in modo che non passi guai…-

Io, ascoltavo da sopra le scale in silenzio e singhiozzando. Leon, era chiuso nella sua camera. Dopo la morte dei miei genitori, io e Leon ci allontanammo del tutto e lui divenne come un estraneo.

Mi svegliai. Cacciai un urlo talmente forte che entrarono nella stanza gli infermieri con alle spalle mio fratello, Chris e Rebecca.

<< Calma, calma >> sospirò un dottore tenendomi per le spalle.

<< Levami le mani di dosso! >> ringhiai agitandomi nel letto, ancora legata.

<< Ci penso io, lasciate fare! >>

Leon si avvicinò e mi rilassai calmandomi guardandolo negli occhi, ma subito iniziai a piangere nel momento in cui i sogni riapparvero nella mia mente.

<< Leon… >> gli strinsi la mano, avevo paura di perderlo di nuovo.

<< Va tutto bene, piccolina. Sono qui, sono qui. Sono qui… >> disse infine, baciandomi la mano.

<< Resta con me >>

<< Sì, sì. Resto qui con te, rimango vicina a te >> riprese, poi << Non ti lascio >>

Il respiro tornò regolare come prima e dopo essermi data una calmata, cercai di guardarlo con tutta la forza che potevo. Alle sue spalle c’erano Chris e Rebecca e altri dottori ai quali lanciai sguardi cupi; Chris, si avvicinò a me e mi accarezzò la testa in una maniera così dolce che mi rilassò per un breve tempo.

<< Cosa mi è successo? >> chiesi, dopo essermi ripresa del tutto.

<< Krauser ti… ti ha infettata con il suo braccio. Con quell’ago che aveva al posto della mano e… >>

Interruppi Leon << Ma non me ne sono accorta! >> esclamando preoccupata e allo stesso tempo delusa.

<< Io sì. Non era bendato; non so come abbia fatto ma ti ha presa alla sprovvista ed è riuscito a provocarti dei tagli >>

<< Forse quando stavate parlando ed eri presa dalle sue parole, o forse anche perché eri troppo emozionata ed euforica per essere vigile. Sai, non lo vedevi da tanto e non ti sei resa conto che forse avrebbe potuto farti del male… >> Concluse Chris al posto di Leon.

Il mio sguardo si riposizionò sempre sulla parete, e questa volta assunsi un’espressione vuota e neutra, senza accorgermi degli sguardi di Chris.

-Usciremo da qui, secondo te?-

-Ovvio che sì! Dobbiamo farcela… E poi, sei forte e sveglia ragazzina. Non avrei mai immaginato di avere una partner di sedici anni nel campo di battaglia-

-Perché? Di solito chi sono i tuoi partner? Comunque grazie-

-Mah, per me non sono alla mia altezza. Tu, stranamente, mi convinci molto di più; sarà perché non temi la morte come me, o perché non temi di essere abbandonata. Qualsiasi cosa sia, mi piaci ragazza. Ottimo lavoro-

<< Perché? >>

<< Mi dispiace, piccola… >>

<< Perché mi ha salvato la vita? Poteva lasciarmi morire, allora… >>

<< Non lo so… Queste sono domande che non hanno risposte >> Leon strinse ancora di più la mia mano.

<< Non riesco a capire: si è alleato con Wesker prima o dopo avermi salvata da Seattle? >>

<< Dopo. Dopo gli eventi di Seattle, venni informato del fatto che Krauser morì in un incidente aereo ma non era così. Si era già alleato con Wesker e dopo con Saddler… >>

<< Ma già conosceva Ada >> presi in considerazione quest’altro particolare << E lei lavorava per Wesker >>

<< Ada sapeva già tutto >> ammise mio fratello con rammarico e lo guardai. Era triste in volto e lo capivo: entrambi siamo stati delusi dalle persone a noi care. Lui aveva perso la testa per Ada, ne era follemente innamorato; io anche avevo perso la testa per Krauser, ma non era amore, era una sorta di “fratellanza” per così dire. Lo amavo come un fratello; dopotutto, mi aveva salvato la vita.

<< Ora cosa faccio? >>

<< Riposati. Siamo riusciti a togliere l’infezione dal tuo corpo, ma devi restare qui per ancora molto tempo; cerca di dormire il più possibile, Ele. Ne hai veramente bisogno >>

Annuii e chiesi a mio fratello di restare. Dopo tutto quello che avevo scoperto, perderlo sarebbe stato un suicidio; da sempre avevo sottovalutato mio fratello, credendo che lui fosse il cattivo e Krauser il buono. Invece, non era così. Eravamo due vittime e per di più eravamo sulla stessa barca con stessi problemi e stesse delusioni. Riuscii a perdonarlo.

<< Perché a noi, Leon? >>

 << È così e basta >> rispose calmo accarezzandomi la guancia.

<< È così e basta >> ripetei io, trasformando quella frase in uno stile di vita. È così e basta.

<< Perché non provi a riposarti? >>

<< Perché faccio incubi >>

<< Cos'hai sognato? >> divenne teso, preoccupato.

<< Mamma e papà sulla barella dell'ambulanza e poi Alicia e Clark che discutevano di te. Ti ricordi quando avevi picchiato quella ragazza da ubriaco, insieme ai tuoi amici? >>

<< Non è andata così >>

<< Sì, ma lo hai fatto. Questo conta >>

<< Ero ubriaco e questa ragazza... Sì, è vero >> sospirò, rendendosi conto che, comunque, aveva rischiato la galera quel giorno. Picchiare una ragazza a sangue e prendere parte in una rissa subito poco dopo con gli amici, non è una cosa che l'America si aspetterebbe da un agente segreto. E sinceramente, nemmeno io... << Acqua passata >> sussurrai.

<< Clark mi ha salvato dalla galera, cazzo >> sorrise << Almeno i rapporti dopo sono migliorati... >>

<< Infatti sei diventato poliziotto. Certo, non nei modi migliori, però ci sei riuscito >> Mi baciò in fronte e restò vicino per ancora molto tempo, finché non mi addormentai con la mano vicina alla sua.

 Nei miei sogni ricomparvero Krauser e Leon che combattevano in una stanza strana: c'era una scrivania e un camino. Impugnavano un coltello da caccia e Krauser riusciva ad avere la meglio; gli slogò il polso e lo scaraventò sopra la scrivania. Il pugnale di Leon arrivò ai miei piedi mentre lui veniva strangolato da Krauser; subito, impugnai l'arma e la posizionai alla nuca dell'assalitore. -Sei stato uno stronzo figlio di puttana, Jack Krauser- fu tutto ciò che riuscii a dirgli.

-Bene. Alla fine ci sei cascata pure tu, "Spacca-culi"- voltò mezzo profilo di viso e i suoi occhi a serpente erano posizionati sui miei pieni d'odio.

-Perché?-

-Fattelo spiegare da Ada- e nel momento in cui lo disse, conficcò tutta la lama del pugnale sul petto di Leon e, per vendetta e dolore, feci lo stesso sul cranio di Krauser rimanendo sola nella stanza. Ancora una volta, venni abbandonata.

Mi risvegliai urlando e Leon sobbalzò dalla sedia, ma riuscì a calmarmi prendendomi il viso tra le mani. << Oddio, Leon! Oh mio Dio sei qui! >>

<< Sì, sì. Va tutto bene. Calmati e cerca di respirare >> ancora una volta, il suo abbraccio mi fece sentire al sicuro da tutto e tutti. Il mio occhio cadde sull'orologio sopra il comodino che segnavano le due di notte. Infatti, l'ospedale era silenzioso e si poteva sentire solo il rumore dei miei respiri e degli infermieri che camminavano nel corridoio. << Ho sognato che Krauser ti aveva ucciso e io gli ho conficcato il pugnale dietro la testa... >> respirai con affanno e sudavo in maniera frenetica. << Tranquilla, era solo un sogno >>

<< Non era solo un sogno; Krauser mi disse di chiedere spiegazioni ad Ada. Lei sa qualcosa >>

<< Ele >> Leon mi fissò negli occhi << Era un cavolo di sogno, non... Non lasciarti andare così >>

<< Ma se, invece, Ada sapesse veramente qualcosa? >>

<< Infatti, quando ti sarai ripresa e tornerai al Campus, insieme al presidente la cercherò e ucciderò Krauser una volta per tutte >>

Esitai, ma poi gli chiesi << Il presidente ti permetterà di farlo? >>

<< Ha tradito il paese, ha infettato una sua abitante. Sicuro che sì, Ele. Tu devi mantenere la concentrazione per me e per te. A proposito, sei fortunata ad aver avuto Rebecca come assistente per il vaccino; è riuscita anche a cicatrizzare i tagli sul braccio. Quando tornerai al Campus, ti basterà mettere un polsino e starai tranquilla >>

Annuii e assaporai di nuovo la sua presenza vicina a me; ci abbracciamo di nuovo e gli chiesi di dormire con me nel letto. Accettò e si addormentò subito dopo me.

"Mamma e papà sono veramente fieri di te, Leon"

Fu il mio ultimo pensiero e, finalmente, riuscii a dormire tranquilla.

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