THE ENGAGEMENT

di Glance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VII ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO VIII ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO IX ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO X ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO XI ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO XIII ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO XIV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO XVI ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO XVII ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO XVIII ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO XIX ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO XX ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO XXI ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO XXII ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO XXIII ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO XXIV ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO XXV ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO XXVI ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO XXVII ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO XXVIII ***
Capitolo 30: *** CAPITOLOXXIV ***
Capitolo 31: *** CAPITOLO XXX ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO



Il merlo cantava come a salutare la notte che con le sue ombre velava ancora la prima fioca luce del giorno.
Quello spettacolo dava al paesaggio circostante un che d’irreale e in questa atmosfera si muoveva un’esile figura .Si muoveva silenziosa e con passo quasi greve e non era la rugiada di quell’ancora freddo mattino che le rigava il viso.
Piangeva! Immersa in quei pensieri che l’avevano tenuta sveglia che le avevano fatto dimenticare di respirare, stretta nel pesante scialle avanzava un passo dopo l’altro in quel labirinto di emozioni. Era uscita da casa sgattaiolando dalla porta sul retro mentre tutto il resto era ancora immerso nel silenzio del sonno.
Un cocker scodinzolante le era andato incontro e l’aveva salutata poggiando il naso umido sulla sua mano e in cambio aveva ricevuto una carezza.
Si avviava per il sentiero costeggiato da alberi e i suoi passi risuonavano nella ghiaia.
Appoggiò una mano sulla staccionata e ne avvertì il ruvido del legno. Le braccia trattenute in un abbraccio, quasi a volersi proteggere, raggiunse la fine del sentiero e sforzandosi di guardare in lontananza corrugò leggermente la fronte.
Sperava in cuor suo di poter intravedere quella sagoma nota che sicuramente le avrebbe accelerato il battito del cuore e tolto il fiato.
Non è facile abbandonarsi ad un sentimento che spaventa come l’amore quando arriva dirompente ed inaspettato.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO I ***


L’odore delle uova al bacon raggiunse la mia stanza stuzzicando le mie narici e facendo borbottare lo stomaco e questo voleva dire che di lì a poco avrei dovuto alzarmi. Quella sarebbe stata una giornata intensa. Per me più impegnativa del previsto. Sarei dovuta andare ad una festa quella sera. Uno di quegli eventi che non mi entusiasmava mai. Non ero un tipo mondano e non potevo certo definirmi frivolo, ma quello era l’evento dell’anno. Il Giudice Masen e sua moglie avrebbero annunciato il fidanzamento della loro giovane figlia Alice.
La mia famiglia era stata invitata, il capo della polizia di Chigago il Capitano Charlie Swan non poteva mancare.
Mi girai pigramente nel letto, e lo sguardo si posò sulla poltroncina di fronte, dove stava in bella mostra il mio abito nuovo acquistato per l’occasione che mi ricordava che di lì a poche ore sarei stata strizzata in un corpetto e avrei dovuto sorridere ed annuire e rispondere a domande sciocche.
Non mi piaceva stare al centro dell’attenzione, non giovava certo alla mia timidezza .
Mi alzai e guardandomi allo specchio immaginai l’effetto che il mio nuovo vestito avrebbe fatto su di me quella sera. Alzai i capelli lasciando scoperte le spalle.
La guerra stava devastando l’Europa ed alcune cose correvano ad un ritmo eccessivo, altre sembravano essere rimaste immutate o addirittura rallentate. Tanti miei coetanei avevano sviluppato una fretta di fare tutto, di assaporare tutto subito. Tanti ragazzi erano impazienti di partire per il fronte, altri si innamoravano e decidevano di unire le loro vite prima di un’eventuale imminente partenza, altri ancora invidiavano quelli che già avevano l’età per fare tutto questo.
Infilai la vestaglia e scesi per la colazione e passando accanto alla consolle dell’ingresso presi tra le mani l’elegante biglietto d’invito che la famiglia Masen aveva spedito e lo lessi:


Il Sig. Edward Masen Senior

E
La Sig.ra Elisabeth Masen Cullen
Sono lieti di invitare la S.V.
Al ricevimento per il fidanzamento della loro figlia Alice
con il Sottotenente Jasper Hale.

Accarezzai la carta pregiata. La famiglia del Giudice Masen era una delle più in vista. Sarebbe stato sicuramente l’evento dell’anno. La ribalta per mettersi in mostra. Certamente tutte le ragazze avrebbero sfoggiato vestiti eleganti acconciature curate e gioielli indicati alla loro età. Le signore avrebbero aggiornato i loro pettegolezzi e tenuto d’occhio ogni buon partito sperando che potesse notare una delle loro figlie.
I ragazzi sarebbero stati fasciati nei loro abiti eleganti o nelle loro uniformi imponenti. Ormai constatavo che quelli in divisa erano sempre di più.
Dopo aver fatto colazione diedi un bacio veloce ai mie genitori e mi congedai da loro. Avevo fretta di vestirmi , volevo leggere qualche altra pagina del mio libro preferito al riparo dei rami della vecchia quercia del nostro giardino.
Scendevo le scale di corsa, un’abitudine che avevo sin da bambina e che mia madre aveva sempre tollerato poco. Contegno Isabella. Contegno, mi riprendeva e anche quella mattina non fece eccezioni.
Non capivo perché continuasse a chiamarmi Isabella, lo detestavo.
“ Mamma…” mi lagnai “Bella…lo sai… Per favore!” La vidi assumere la sua classica espressione contrariata.
“Signorina, il tuo nome è Isabella e dovrai fartene una ragione prima o poi.” Mi disse allungando una mano per tirarmi su il mento. “Stai su tesoro. Portamento. E’ quello che fa la differenza, ricordalo.” Accennai un sorriso assumendo una posa più plastica e con passi misurati tenendo il mio libro sotto il braccio uscii.
Mi immergevo sempre completamente nella lettura dimenticando dove mi trovavo e il tempo in quei momenti sembrava sempre scorrere tanto veloce.
Nel pomeriggio iniziarono i preparativi e la mia tortura. Tra corsetti e ferri caldi arriccia capelli. Purtroppo non potevo vantare una capigliatura fluente e vaporosa. I miei capelli erano la classica via di mezzo. Ne lisci, ne ricci. Di solito li tenevo legati con un semplice nastro, ma mia madre voleva fare bella mostra della sua creatura al pari e non da meno di tante altre genitrici che sarebbero state lì quella sera. La tortura andò avanti per ore tra i vari: non ti muovere, ferma così, non respirare, stai dritta, eccetera.
Quando ebbe finito devo dire che l’effetto d’insieme lasciò piacevolmente sorpresa anche me.
Il mio vestito di raso blu impreziosito da merletti avorio si sposava bene con il mio incarnato e non mi faceva sembrare pallida, anzi. I capelli semi raccolti che ricadevano sulle spalle appena scoperte davano al mio viso un’espressione graziosa che metteva addirittura in risalto i miei anonimi occhi castani come il colore dei miei capelli. Mi ero sempre vista alquanto scialba, ma dovevo ammettere che mi piacevo. Mia madre appuntò tra i miei capelli e nella casta scolatura delle violette.
Finalmente eravamo pronte. Presi i guanti e lo scialle di seta e uscii dalla mia stanza seguita dalla mamma che continuava a farmi le solite raccomandazioni.
Ai piedi delle scale ci aspettava mio padre e capii che era rimasto colpito, dal modo imbarazzato di bofonchiare i suoi complimenti. Non era un tipo estroverso queste cose lo mettevano sempre a disaggio.
Amava mia madre anche se a suo modo, con la stessa intensità del primo giorno si vedeva e lei lo ricambiava. Mia madre Renee era una bella donna, ma io non le somigliavo.
Quello in cui mi rispecchiavo di più sia nell’aspetto che nel carattere era mio padre.
La grande villa dei Masen era gremita. Avevamo dovuto fare più di venti minuti di fila solo per entrare nel parco.
L’autista ci aprì lo sportello e aiutò me e mia madre ascendere. Era un’abitazione molto grande ed elegante, mio padre consegnò l’invito all’ingresso ed entrammo nell’ampio salone illuminato a giorno e tutta la Chicago che contava era lì.
Mi resi immediatamente conto che non conoscevo nessuno o quasi fatta eccezione per qualche ragazza che veniva nella mia stessa classe. Non facevo vita di società.
In un angolo della sala i padroni di casa davano il benvenuto agli ospiti. Il Signor Masen fece un cenno di saluto a mio padre e subito dopo ci raggiunse presentandoci sua moglie e fare la mia conoscenza e quella di mia madre.
Elisabeth Masen Cullen era la donna più bella che avessi mai visto. I suoi capelli erano raccolti in una morbida acconciatura che le sfiorava il collo. Non mi era mai capitato di vedere quella tonalità di rame così calda.
Aveva dei ricci morbidi e perfetti una pelle che splendeva come se fosse stata una porcellana e gli occhi grandi di un’incredibile tonalità di verde e infinitamente dolci.
Era fasciata in un abito scuro che ne metteva in risalto la forma armoniosa.
Suscitava l’ammirazione di tutti i suoi ospiti. Pur avendo tre figli già grandi aveva l’aspetto di una ragazza.
Dopo concluse le formalità non mi restava altro che aspettare che tutto si risolvesse al più presto.
Continuavo a stringere mani, a fare mezzi inchini, altrettanti sorrisi, a rispondere con monosillabi alle varie domande delle tante signore anziane che avevano occupato la maggior parte dei divanetti e delle poltroncine.
Nella sala le note di valzer non cessavano di suonare. Ballare non era il mio forte, non facevo che inciampare o pestare i piedi al mal capitato di turno.
Approfittando di un attimo di distrazione di mia madre sgattaiolai fuori nell’ampia terrazza e finalmente mi lasciai andare ad un sospiro liberatorio per quanto il corsetto stretto all’inverosimile mi consentiva.
L’aria tiepida di giugno era piacevole e in cielo splendeva una magnifica luna piena.
Mentre ero assorta nei miei pensieri sentii una musica dolcissima che non proveniva dal salone, ma da una delle stanze che si affacciavano su quel lato del grande balcone. Senza neanche rendermene conto la seguii e giunsi davanti a una sala più piccola meno illuminata che doveva fungere da studio e biblioteca al cui centro era posizionato un meraviglioso pianoforte a coda. Un ragazzo suonava anche lui in un’elegante divisa mentre discuteva amabilmente con qualcuno, da lì riuscivo a vedere che si trattava di una ragazza, tanto carina quanto frivola, un altro interlocutore che indossava anch’egli l’uniforme, si chiamava Mike mentre il nome della ragazza era Jessica.I due in piedi parlavano e ridevano rumorosamente alle esclamazioni di chi stava suonando ma non riuscivo a vedere. Colsi degli stralci di conversazione da quella posizione.
La ragazza si diceva gelosa di tutte quelle possibili rivali di chi stava suonando e lui la rassicurava in merito. Notai solo che aveva i capelli di un caldo color rame e che sembravano ordinatamente spettinati.
Mi tolsi da quella posizione, non volevo notassero la mia presenza che sarebbe stata inopportuna se mi avessero vista.
Feci appena in tempo a rientrare nel salone, perché il Signor Masen cominciava a chiedere l’attenzione dei suoi ospiti per un annuncio importante.







Ringrazio infinitamente chi ha recensito:

LUISINA : Mi fa veramente piacere che il prologo ti sia piaciuto e che tu voglia seguire questa storia.

EKA : Allora voglio dirti di stare tranquilla, qui non morirà nessuno, ma non nego che qualche problemuccio lo avranno. Del resto il nostro Eddy non sarebbe lui se non si tormentasse un po’.




Un ringraziamento grande va anche a chi ha messo questa storia nei preferiti nei seguiti o chi è semplicemente passato a leggerla.

Un saluto a tutti e buona lettura.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO II ***




Rientrai nel salone mentre il Giudice Masen rendeva partecipi tutti i suoi ospiti della sua felicità e di quella di sua moglie Elisabeth per l’avvenuto fidanzamento della figlia con il Sottotenente Hale.
Alice Masen era raggiante vicino al suo Jasper che non aveva smesso un attimo di guardarla negli occhi smarrito ed emozionato e non le aveva mai lasciato la mano al cui dito si percepiva lo scintillio del prezioso anello.
Lei sembrava piccola e minuta aggrappata al suo braccio. Alice era una ragazza dall’aspetto grazioso.
Ad annuncio avvenuto fu un tripudio di applausi e congratulazioni e non mancò neanche il brindisi specilale che i Cadetti di West Pointi vollero riservare al loro collega ed amico per la sua felicità.
Attorno ad Alice e la sua famiglia, si era radunata una piccola folla che voleva congratularsi con la giovane coppia.
“Eccoti qui finalmente” la voce di mia madre mi distolse da quei pensieri” ma dove eri finita? E’ un bel po’ che ti cerco.” Sorrisi .
“Ero fuori mamma. Prendevo un po’ d’aria.” Lo sguardo di mia madre si fece preoccupato.
“ Non ti senti bene tesoro?” e mi poggiò una mano sulla fronte “ non mi sembra che tu abbia la febbre, anche se in effetti sembri un po’… Sospirai spazientita.
“Mamma per favore! Mi tratti come se fossi una bambina.” Il mio moto di stizza la fece sorridere.
“ Piccola mia, ma tu sei una bambina. La mia stupenda bambina per l’esattezza.” Dicendo questo mi prese sottobraccio e mi guidò tra la folla vociante verso un punto preciso della sala. Alquanto raggiante notai lì per lì.
Man mano che ci avvicinavamo al tavolo del buffet sentivo la voce bassa e decisa di mio padre conversare con quella che mi sembrò del giudice. Alla nostra vista la signora Elisabeth ci venne incontro sorridente.
“Renee non credo lei conosca i miei figli.” Fece voltandosi. “ Mi figlia Alice che ha voluto regalarci questa felicità. Il sottotenente Hale che ormai sapete chi è...” Ogni volta che pronunciava un nome io e mia madre sorridevamo facendo un piccolo cenno con il capo.
"Il mio primogenito Emmett e la sua fidanzata la signorina Rosalie Hale e lui è Edward il mio secondogenito.” La mano affusolata da pianista di Elisabeth Masen si poggiò sul braccio di un ragazzo in alta uniforme che rimaneva semicoperto dalla mole del primogenito. Anche lui alto, ma meno possente nel fisico più snello ed elegante. Quando si scostò per entrare nella nostra visuale il mio cuore sobbalzò come non mi era mai capitato prima. Era di una bellezza sconvolgente. Due occhi straordinariamente verdi limpidi come smeraldi e profondi, i capelli di un rame intenso. Assomigliava incredibilmente ad Elisabeth e lei lo guardava con adorazione.
“Tesoro, loro sono la moglie e la figlia del Capitano Swan.”
“Buona sera” disse e riconobbi dalla voce il ragazzo che avevo visto e sentito suonare al piano poco prima. Si avvicinò e battendo i tacchi nel modo militare e chinando il capo in avanti, salutò. Poi si sciolse dalla posa rigida che le convenzioni sociali richiedevano e avvicinandosi prese la mano di mia madre e accennò ad un baciamano e sperai che non facesse la stessa cosa con me.
Avevo il cuore che non voleva saperne di battere in modo normale e uno strano tremolio generale. Non volevo se ne accorgesse, ma lui ignorando le mie suppliche mentali si avvicinò e prese la mia mano e mentre si chinava per sfiorarla appena i nostri occhi si incontrarono per un istante .
“Ed… tesoro non mi presenti ai tuoi ospiti?” Si intromise la voce della ragazza che avevo visto nell’altra sala .
“ Penso che la signorina rivoglia indietro la sua mano?” disse ironica.
Mi sentii avvampare un po’ per il tono pungente con cui aveva pronunciato quelle parole, un po’ perché non mi ero accorta che le nostre mani avevano indugiato in quella posa.
“ Certo” fece lui. Questa volta non mi guardò nemmeno. “La Signorina…”
“Swan…” Aggiunsi io vedendo che titubava come non ricordasse il mio nome. “ Bella Swan.” Feci porgendo la mano a quell’odiosa ragazza.
“Bella, che nome originale…da l’idea di…una ballerina, un’attrice...” Mi guardò acida. “ Non credi anche tu Ed caro?”
“Non so, non mi sembra. Sicuramente sarà il diminutivo di…” Fece lui distratto da qualcosa o qualcuno alle mie spalle.
“Isabella” dissi “è il diminutivo di Isabella”
“Be' devo dire che forse preferisco Bella lo trovo più interessante, meno anonimo ecco, trovo le stia sicuramente meglio.” Mentre parlava con finta cordialità, sembrava si trattenesse a stento dal ridere.
Mi sentivo accesa dalla rabbia e temevo che il mio viso adesso fosse di un intenso color porpora. Un po’ per l’imbarazzo un po’ perché stavo pensando di afferrarla per i capelli e darle una bella lezione. Mi frenavano solo le parole di mia madre che mi risuonavano nella testa ormai come un urlo ogni volta che la rabbia prendeva il sopravvento: CONTEGNO ISABELLA, CONTEGNO. Mi sentii ad un tratto prendere sotto braccio e una voce gentile rivolta a quella vipera di Jessica dire:
“Cara potresti venire con me un attimo? Ho bisogno di un tuo parere circa una questione su cui io ed Emmett non riusciamo a venire a capo.” La ragazza bionda che aveva parlato era Rosalie Hale sorella di Jasper fidanzato e futuro marito di Alice che mi teneva sottobraccio con fare protettivo.
Notai che era biondissima, con dei capelli fluenti come seta e molto più bella di suo fratello che chiaro come lei sembrava un po’ scialbo. Quando si voltò per allontanarsi da noi, mi regalò un sorriso di solidarietà.
“Non capisco perché mio fratello insista a frequentarla.” Disse Alice rivolta verso di me che ancora tremavo per l’indignazione.
“Non è una cattiva ragazza, ma quando si tratta di Edward…be’ tende a diventare un po’ possessiva. No che ne abbia motivo…ma lei spera sempre che un giorno...” Cominciavo a ritrovare il mio battito regolare.
“Siamo cresciuti insieme con Jessica, i suoi genitori sono amici di famiglia di vecchia data. Hanno sempre fatto questo gioco con mio fratello lei fa la gelosa e lui la tranquillizza in merito. Gli ho ripetuto non so quante volte che così non fa che illuderla, ma lui continua a ripetere che lei sa di essere per lui solo una buona amica. Da piccoli erano inseparabili. Eddy però non tiene in conto che ora sono cresciuti.” Smise di parlare e mi guardò. “Va meglio adesso? Posso offrirti un bicchiere d’acqua?” Sospirai.
“Grazie, lo accetto volentieri.” Avevo la gola e la bocca asciutta. “ Sei stata gentile a togliermi da quella situazione imbarazzante.” Sorrideva e il suo sguardo le dava un’espressione vivace e intelligente.
“Figurati… Bella,… mi sembra di aver capito tu preferisca essere chiamata così vero?” Feci cenno di si “ non dirlo nemmeno. Il fatto è che conosco bene Jessica e so quanto può essere crudele se ci si mette.” Ero veramente grata a quelle due ragazze e alla loro gentilezza.
“Spero che diventeremo amiche Bella.” Le sorrisi riconoscente.
“Lo spero anche io Alice.” Mi strinse le mani e si congedò da me per raggiungere Jasper che era comparso infondo alla sala e sembrava sperduto nel non vederla.
Rimasi sola mischiata tra la folla, con il mio bicchiere di acqua in mano. L’aria tiepida proveniente dall’esterno era invitante e decisi di uscire. Era bello sentire il vento carezzarmi il viso e portare il profumo di fiori ed erba provenienti dall’elegante giardino. In una piccola rientranza del grande balcone c’era un sedile in pietra. Decisi di approfittare di quel momento per sedermi. Le scarpe nuove cominciavano ad avere la meglio su i miei poveri piedi.
Poggiai il bicchiere affianco a me e assunsi una posa meno rigida, se avessi potuto avrei slacciato anche quel corpetto che mi stava procurando sicuramente dei lividi sulle costole con tutte le sue stecche.
Ad un certo punto sentii delle voci e mi ritrassi il più possibile nell’ombra non volevo essere vista.
“Che ne dici Edward. Niente male la piccola Swan , non trovi?”Rimasi impietrita. Quel tale Mike stava parlando di me.
“Chi?” Rispose il fratello di Alice.
“Come chi? non l’hai notata. Quella meraviglia con il vestito blu. Le hai fatto anche il baciamano.” Edward si accese una sigaretta e indolente rispose.
“Sai a quante ho fatto il baciamano questa stasera Mike? E’ il fidanzamento di mia sorella, sono il padrone di casa…cosa pensi si faccia in queste occasioni?” Ero di ghiaccio.
“Ma dai non posso credere che non ti abbia colpito almeno un po’?” Sospirò come infastidito.
“Ti dico che non la ricordo.” Disse mentre tirva una boccata di fumo. Vidi la cenere ardere ed illuminargli il volto per un secondo. Era tanto bello quanto borioso. Alla fioca luce ebbi timore di essere vista, smisi anche di respirare mentre cercavo di rimanere in quel rifugio celato dall’ombra.
“Se non l’ho notata vuol dire che non aveva niente che valesse la pena notare. Non credi Mike?”
Trattenni a stento un urlo esasperato. Questo era troppo.
Ma che razza…di borioso …presuntuoso. Come faceva Alice così dolce e gentile ad avere un fratello come quello. E l’altro poi…!
“Dai Ed, ma se Jessica quasi la incenerisce. Non hai visto come l’ha guardata.” Lo sentii sorridere. Si divertiva anche. Questo era veramente tropo.
“Non sono responsabile delle antipatie di Jassica, Mike.”Si passò una mano tra i capelli.
“Allora vuoi dire che non ti dispiace se …io. Sai vorrei chiederle di ballare e poi magari se sono fortunato ci scappa anche un appuntamento a prendere il the a casa sua.
Non voglio sprecare la poca licenza che abbiamo in tua compagnia.” Sorrise furbo.
“Accomodati pure.” Fece l’altro .
Ero senza parole e il cuore ormai batteva così forte che pensavo lo sentissero. Ma che razza di spocchiosi. Sentii le lacrime rigarmi il viso. Rimasi immobile aspettando che se ne fossero andati.
Mi ci volle un po’ per ricompormi e non ero del tutto sicura di esserci riuscita, quando rientrai nel salone.
Cercai mia madre, ma non riuscivo a trovarla.





Che bello. Sono felice che questa storia piaccia!!!!!!!
Perciò grazie di cuore a tutti.
A chi ha messo questa ff nei preferiti nei seguiti e a chi legge soltanto.


A chi ha recensito tutta la mia incondizionata gratitudine.

LELLA 23 : Grazie per i complimenti. Ecco un altro capitolo spero ti piaccia anche questo.


EKA: Felice di farti contenta. Per rispondere alla tua domanda: Jessica vorrebbe, ma neanche in un universo parallelo potrebbe mai essere il tipo giusto per Eddy.
Continua a seguire, vedrai…


LUISINA: Il piacere è mio nel sapere che apprezzi la mia storia e il mio modo di scrivere. Grazie di cuore.


SHINALIA : Ecco un altro capitolo. Spero continuerai a seguire e a farmi sapere che ne pensi.



Di nuovo tantissime grazie e mi auguro che sia stata una buona lettura.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO III ***




Tornare a casa fu un sollievo. Durante il tragitto non dissi una parola e questo non sfuggì all’occhio attento di mia madre.
“Allora, Isabella: cosa te ne è sembrato? E’ stato un bel ricevimento. Sono proprio una bella coppia, vero? Anche se lei è un po’ troppo giovane…” Fece una pausa, “Comunque i figli del Giudice Masen e di sua moglie sono tutti dei bellissimi ragazzi, non trovi anche tu, cara?...Poi c’è il secondogenito… Edward, mi sembra che si chiami così, vero? Sembra proprio un ragazzo a modo. Hai visto come gli stava bene l’uniforme?”
“Cara, con l’uniforme sembrano tutti più belli” intervenne mio padre, “ti sono sembrato bello persino io!” Sorrise un po’ in imbarazzo, non era da lui fare queste esternazioni.
“Tesoro, ma tu sei bello” La mamma era sempre dolcissima con lui.
“Allora, Isabella, si può sapere quale è la tua opinione?” alzai gli occhi al cielo.
“Sì, mamma: papà è bello anche per me” Sorrisi: avevo frainteso apposta la sua domanda.
“Ma non su tuo padre…oh!” fece spazientita “ ho capito: non vuoi rispondere ed è meglio così, perché se tu lo facessi sicuramente mi diresti che non ti sei divertita e che queste non sono il genere di cose che ti interessano. Non so proprio cosa devo fare con te.” La mamma era così: alcuni lati del mio carattere proprio non riusciva a capirli.
“Lasciala stare, tesoro: la nostra Bella non è come tutte le ragazze, lo sai, non ama le frivolezze.”
“Lo so non voglio che sia frivola, vorrei che lo fosse solo un po’ alle volte, per riuscire a parlare con lei di qualcosa che riesca a comprendere anche io.”
“Ma tu riesci già a parlare con me, mamma, e mi comprendi meglio di chiunque altro e io ti adoro per tutto.”
Si voltò e mi sorrise. “Lo so piccolina ti adoro anche io.”
“Pace allora?”
“Pace.”
Arrivati a casa mi affrettai a salire in camera mia e liberami di quello strumento di tortura che mi aveva stritolata tutta la sera. Indossai la camicia da notte e lavai il viso con l’infuso di petali di rose e lavanda che la mamma aveva preparato la mattina.
Cominciai a spazzolare i capelli guardando la mia immagine riflessa nello specchio, ma al mio viso se ne sovrapponeva un altro, dall’espressione indolente. Quello sguardo verde sembrava ardesse per come era intenso e penetrante.
Scrollai il capo cercando di allontanare da me quell’immagine , ma per quanto ci provassi era tutta la sera che l’avevo impressa nella mente. Qull’attimo in cui la luce fioca della sigaretta lo aveva illuminato…
Smettila Bella, smettila subito, lui neanche ti ha notata, non si ricorda di te. E del resto perché dovrebbe non hai niente d’interessante che valga la pena di essere notato.
Ero arrabbiata e mi sentivo frustrata e umiliata. E iniziai a piangere, per riprendermi quasi subito però.
“Chi sei tu Edward Masen per ridurmi così?” Quella sera giurai a me stessa che non avrei mai permesso a nessuno di ridurmi in quello stato e se il Signor Masen non mi trovava interessante lui per me non esisteva nemmeno.
Non fu un sonno tranquillo quello che mi consegnò a quel nuovo giorno. Sarebbe stata una giornata lunga e noiosa.
Non avevo neanche l’impegno della scuola.
Altre volte le vacanze le avevo viste come qualcosa che mi avrebbe permesso di dedicarmi a quello che ero costretta a trascurare per studiare questa volta mi dava l’impressione solo di tanto, tantissimo tempo a disposizione da non sapere come impiegare.
Mi vestii e scesi, mia madre mi accolse con un sorriso e poi sparì in cucina, doveva organizzare la lista della spesa, sicuramente sarebbe uscita e mi avrebbe chiesto di andare con lei e quella mattina me lo augurai. Non mi andava di rimanere da sola a rimuginare.
La mamma adorava girare per il mercato e le botteghe.
L’autista ci seguiva paziente portando i vari pacchi.
“Ho voglia di comprare qualche nastro nuovo. Che ne dici di entrare in quella merceria mi sembra ben fornita” disse mia madre ad un tratto.
Perché no, quella mattina andava bene anche scegliere nastri pur di sollevarmi il morale. Forse la vista di qualcosa di colorato e allegro mi avrebbe aiutata.
Entrammo nel negozio accolte dal trillo della campanella della porta. A quel suono i clienti si voltarono verso di noi e riconobbi tra loro Alice Masen e sua madre.
Appena Alice mi notò mi si fece incontro sorridente e lo stesso fece sua madre Elisabeth.
Erano tutte e due molto eleganti.
“Bella che piacere rivederti? Come stai?” Mi pentii di non aver scelto un vestito un po’ più raffinato, ma non pensavo certo di fare quella deviazione. La gonna blu tenuta in vita dalla cinta a vista e la semplice camicetta di cotone celeste pensavo fossero l’abbigliamento più indicato per girare per mercati e botteghe. Alice invece indossava un cappellino delizioso mentre io avevo optato per quel giorno, per la mia classica acconciatura. Una semplice coda bassa trattenuta con un nastro.
“Bene grazie.” Dissi rispondendo alla domanda che mi era stata rivolta.
“ Che bello incontrarti. Questa mattina eravamo passate da casa vostra. Volevo invitarti per un the da noi domani pomeriggio se a te va bene e fa piacere. Visto che non c’eri avevo lasciato un biglietto alla tua governante…ma adesso che lo sai puoi dirmi se accetti. Mi faresti felice.” Ero rimasta senza parole. A casa loro.
Sicuramente avrei rivisto suo fratello…no non potevo accettare. Dovevo trovare una scusa. Una qualsiasi.
“Ma certo che accetta e molto volentieri… vero, cara?” Intervenne mia madre che aveva notato il mio silenzio prolungato e non voleva sembrassi scortese.
“Oh…ma certo Alice, accetto con piacere”dissi “solo che stavo pensando che forse per domani ho un impegno…magari ti faccio…”Non finii la frase che mia madre aggiunse. “Non preoccuparti tesoro possiamo benissimo fare un’ altra volta, la mamma non si offende. Ritieniti libera. Abbiamo tempo.”
La incenerii con lo sguardo era sempre stata di un’abilità indicibile a cavarsi d’impaccio. Mi sorrise trionfante e aggiunse: “avevamo deciso di andare dalla modista, ma faremo un’altra volta.” La signora Elisabeth sorrise.
“Mia cara, da quale modista andate? Sapete vorrei che conosceste la mia è bravissima e ha dei prezzi veramente onesti. Sapete di questi tempi è giusto dare una mano come si può senza però dover rinunciare a capi di buona fattura.” Risero tutte e due. Sembravano amiche di vecchia data e tra di loro si era creata una bella intesa.
“Anzi a proposito Renee…posso chiamarla Renee vero mia cara e tu ci terrei mi chiamassi Elisabeth.” Vidi mia madre annuire lusingata dell’offerta della signora Masen.
Entrare nella sua cerchia d’amicizie era una posizione ambita e Renee Swan ci era riuscita in un lasso di tempo veramente breve. Certo Alice e la signora Masen avevano così poco in comune con quello che era nell’ordine loro figlio e fratello.
“Ma ti prego Elisabeth, mi faresti felice.”
“Intesi, mi farebbe piacere avervi nostri ospiti questo weekend nella nostra casa di campagna , mio marito ne sarà felice. Mi ha raccontato che il capitano Swan è un appassionato di caccia proprio come lui e mio figlio Emmett.” Sorrisero divertite e complici. Non aveva nominato l’altro suo figlio Edward. Che non ci fosse. Che fosse gia ripartito?
“Allora Bella” disse Alice “credo che trascorreremo un bel po’ di tempo insieme, ne sono veramente felice. Non vedo l’ora che arrivi domani. Ti aspetto.” Mi sorrise con quell’espressione frizzante che la caratterizzava.
“Ti ringrazio” risposi cercando di nascondere l’ansia “a domani.” Forse Alice dovette accorgersi che qualcosa mi aveva turbata perché mentre usciva mi sussurrò: “Tranquilla Bella, Jessica non ci sarà.” Mi fece l’occhiolino e con sua madre andarono via, seguite da un commesso stracarico di pacchetti.
Alla notizia dell’invito di Alice ero rimasta senza fiato.
L’avrei rivisto avevo pensato immediatamente e la testa cominciò a girarmi sotto i colpi del mio cuore accelerato, ma il fatto che non avrei incontrato Jessica l’indomani e che non avevano nominato Edward per unirsi alla battuta di caccia mi fece pensare che fosse ripartito per New York. Forse la licenza era finita ed era dovuto rientrare a West Point.







Allora ecco un altro capitolo. Spero vi piaccia anche questo.
Ringrazio infinitamente di cuore chi ha messo la storia tra i preferiti e i seguiti e chi passa solo a dare un’occhiatina.


A chi ha recensito dico: siete impagabili la vostra opinione è preziosissima. Grazie un milione di volte.

SHINALIA : Ecco un capitolo nuovo di zecca. Spero apprezzerai anche questo come gli altri. Grazie ancora e continua a seguire.

LELLA 23 : Si è vero in questo capitolo Edward non è stato proprio il massimo. Continua a seguire gli sviluppi e vediamo se migliora. Ciao e grazie.

SHEBA_94 : Grazie per i complimenti. Sono contenta che la mia storia ti piaccia. E’ un mondo quello che descrivo che mi ha sempre affascinata. Mi piaceva l’idea di vedere muovere i nostri beniamini in quel contesto che la Meyer ha solo accennato descrivendo Edward.

EKA : Che bello che riesci a sentire così bene quell’atmosfera. Sono contenta perché credimi non è facile cercare di rendere l’idea di quei tempi a parole.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO IV ***


Non so quante sigarette avevo fumato, avevo perso il conto. Non mi ero potuto esimere però dal negare il piacere della mia presenza a mia madre e mia sorella. Non le vedevo mai e adesso con la prospettiva di una probabile partenza non me l’ero sentita di deluderle. Avevo promesso di portarle a pranzo fuori e di fargli da autista. Le avevo accompagnate in ogni tipo di negozio del quale non sospettavo neanche l’esistenza. Non mi sarei mai abituato alla mole di cose che necessitano ad una donna.
Nessuno di noi, ne io ne Jasper aveva avuto il coraggio di dire che lo avrebbero chiamato al fronte più presto di quanto avessimo pensato e che io lo avrei seguito di lì a poco, qualche mese dopo il mio diciannovesimo compleanno.
Le nozze di Alice quindi sarebbero dovute avvenire prima del previsto e loro stavano facendo spese come se sentissero la partenza imminente. Sapevo di avere dato un dispiacere a mia madre scegliendo di continuare i miei studi a West Point.
“Emmett ha sempre manifestato un’attitudine per tutto ciò che riguardava il mondo militare e il mio timore era che fosse lui a volere partire prima o poi, ma tu no Edward, di te non lo avrei mai pensato. Hai sempre mostrato interesse per l’arte. Adori suonare il piano. Pensavo che avresti intrapreso se non la carriera di tuo padre, almeno quella di zio Carlisle. Ti avrei visto più un medico che un ufficiale dell’esercito. E poi proprio adesso con questa guerra.” Queste parole erano il mio senso di colpa più grande, non sopportavo che lei stesse in pena per me. Tremava solo all’idea, mentre mio padre era stato estremamente orgoglioso della mia scelta.
Quando gli comunicai la mia intenzione di entrare a West Point al compimento dei miei diciotto anni si disse piacevolmente sorpreso. Era quello che mi ci voleva per diventare un vero uomo.
“Ti prego Elisabeth ormai Edward è in grado di scegliere cosa è meglio per lui. Non lo puoi tenere all’infinito legato a te, gli devi far spiccare il volo, fargli irrobustire le ali. Vedrai che gli gioverà.” Sentivo ancora le sue parole.
Mio padre aveva sempre notato la differenza sostanziale che c’era tra me ed Emmett che se non avesse avuto quello stupido incidente di caccia che gli aveva causato la perdita della vista da un occhio sarebbe stato il primo a partire e invece aveva ripiegato sulla carriera da avvocato. Certo non si poteva dire gli mancasse la loquacità. Io tendevo ad essere introverso e solitario. Mi chiudevo in me stesso alle volte e adoravo stare per i fatti miei. Certo la vita militare un po’ aveva mitigato questi lati del mio carattere, ma non del tutto.
Ero poggiato di spalle alla macchina e indossavo i miei abiti civili nei quali ormai non mi sentivo più a mio agio, quando ad un tratto le vidi arrivare seguiti da un uomo in divisa d’autista. Isabella Swan e sua madre. Non so perché lo feci ma istintivamente calai il cappello morbido con la visiera sugli occhi. Non volevo mi vedesse. Quando l’avevo conosciuta prendendole la mano e chinandomi per sfiorargliela i nostri occhi si erano incontrati e avevo sentito il mio cuore inciampare nel battere. Una sensazione davvero strana e devo dire piacevolmente nuova per me.
Aveva gli occhi scuri più profondi e misteriosi che avessi mai visto sul viso di una ragazza. La sua bellezza era discreta, ma non potevi fare a meno di rimanerne colpito.
La figura elegante ed armoniosa, non molto alta , ti faceva venire voglia di proteggerla, di tenerla al sicuro. Quando le presi la mano ebbi il timore che si accorgesse che la mia stesse tremando.
Al suo passaggio diverse teste si voltarono e un moto di fastidio mi fece sfarfallare lo stomaco.
Avevo detto a Mike che non l’avevo notata perché mi stava dando fastidio che parlasse di lei e in certi termini e volevo che la smettesse, se mi dimostravo disinteressato lo avrebbe fatto.
Volevo bene a Mike era un vero amico. Aveva solo un difetto. Quello di prendere tutto come un gioco e la cosa che lo divertiva di più era scommettere su ogni situazione.
Se si rendeva conto che nutrivo un interesse per una ragazza faceva del tutto per farsi notare e farsi preferire a me. Il più delle volte lo lasciavo fare. Fino ad ora non avevo mai realmente nutrito interesse per nessuna, ma quella sera mentii e non dissi a Mike la verità su Isabella Swan.
L’avevo notata e ora capivo che forse anche più di quanto avessi immaginato.
Avevo visto come la guardavano alla festa anche se lei faceva di tutto per non mettersi in mostra.
Questo fatto che suscitasse tanto interesse mi infastidiva. Anche adesso. Non mi piaceva l’idea che avesse troppi pretendenti che le ronzassero intorno o potessero fare i commenti che aveva fatto Mike. A quel pensiero sentii un moto di gelosia, ma c’era la questione della partenza. Non volevo complicazioni, mi bastavano già le persone che avrei lasciato nella disperazione e non volevo includerne un’altra o me stesso se lei mi avesse respinto. “Meglio evitare Edward, ignorala.” Mi dissi.
Le vidi entrare nello stesso negozio dove erano mia madre e mia sorella e sperai di non essere costretto ad incontrarle avrei evitato volentieri di trovarmela un’altra volta così vicina coma la sera precedente.
Dopo un po’ vidi uscire Alice e mia madre da sole e tirai un sospiro di sollievo.
“Indovina chi abbiamo incontrato nella merceria Edward?” Mi chiese mia sorella mentre guidavo verso il nostro ristorante.
“Chi Alice?” Dissi facendo finta di niente assumendo un tono distratto e annoiato.
“Bella Swan” fece trionfante. “Bella…chi?… Come hai detto che si chiama?” Alzò gli occhi al cielo.
“La figlia del capo della polizia. Era alla festa ieri sera…”
“Si Edward te l’ho presentata insieme a sua madre. Isabella Swan, non ricordi?” Disse mia madre.
“La tua Jessica a proposito è stata odiosa…Quando ti deciderai a voler chiarirle che non è il caso che continui a sperare.” Fece Alice con una nota di rimprovero nella voce.
“ Sorellina fermo restando che Jessica è Jessica e non la mia Jessica, lo sa benissimo che tra noi non c’è e non ci sarà mai niente.” La sentii sospirare.
“Lo credi davvero? Allora è per questo che si è comportata in modo pessimo con Bella?” Purtroppo lo sapevo e la cosa oltre a non essermi piaciuta mi aveva dato enormemente fastidio. Non avevo idea di cosa le avesse detto, ma conoscendo Jessica niente di carino.
“Perché cosa ha combinato?” Chiesi.
“Oh nulla di che, ha solo costretto me e Rosalie ad intervenire per salvare la poverina dalla sua lingua tagliente. Povera cara aveva assunto ormai tutte le tonalità del rosso ed era imbarazzata, mortificata e furente e tutto perché vuoi continuare a stare al suo gioco sciocco, ma non capisci che si sente autorizzata ad accampare diritti su di te? E tu non ti accorgi di nulla.”
Me ne ero accorto invece e avevo deciso di chiarire con Jessica al più presto l’equivoco che si era creato. Non era piaciuto neanche a me come si era comportata in casa mia e con una mia ospite.
Perché l’avevo vista accanirsi su Bella, ma non ero intervenuto per non creare della curiosità inopportuna e attirare l’attenzione. Sapevo che nel nostro ambiente bastava solo il sospetto di avere una simpatia che si era al centro della curiosità di tutti e di mille pettegolezzi. Jessica doveva farsene una ragione del fatto che non l’avrei mai vista diversa da quello che era: solo e semplicemente un’amica.
Il pranzo al ristorante fu piacevole e mi diede l’occasione di godere della loro compagnia.
“Edward mentre torniamo perché non ci fermiamo a fare un saluto a mio fratello Carlisle è da un po’ che non vedo lui ed Esme. So che nello stato in cui si trova la zia non è prudente fare vita mondana, anche perché dopo le ultime due volte non reggerebbe a perdere anche quest’altro bambino.” Trasalii a quelle parole.
“Zia Esme apetta di nuovo un figlio, mamma?” Sapevo quanto la zia volesse un bambino, ma dopo l’ultima volta non credevo ci avessero riprovato. Era stata tanto male al punto che avevamo rischiato di perderla. Non mi era mai capitato di vedere zio Carlisle così disperato. Lo avevo sempre preso a modello, lo consideravo forte e nello stesso tempo l’uomo più paziente e mite che avessi mai conosciuto e mi si spezzò il cuore vederlo piangere disperato per aver perso il loro bambino e per stare rischiando di perdere anche la sua adorata moglie.
Sarei passato a trovarli fra qualche giorno, ma anticipare la mia visita mi faceva piacere .
Quando arrivammo, fummo accolti come al solito con entusiasmo. Esme era la donna più dolce che avessi mai conosciuto al pari della mamma. Erano così unite da sembrare sorelle e ci amava come fossimo suoi figli.
“Che bella sorpresa mi avete fatto! Non vi aspettavo,mi dispiace che non troviate Carlisle è dovuto uscire per un’emergenza, ma sarà qui a momenti.” Disse felice, illuminata dal suo sorriso radioso. Mi avvicinai a lei e la salutai facendole cenno di non alzarsi nelle sue condizioni era meglio che stesse tranquilla.
“Ma guarda il mio ragazzo! Come ti sei fatto bello Edward farai girare la testa ad un mucchio di signorine” disse accarezzandomi e facendomi arrossire “non sei cambiato però ancora arrossisci come un cucciolo spaurito, vero?” Abbassai gli occhi imbarazzato.”…E dove è la tua bella uniforme speravo di vederti in divisa. Oh… tesoro ti sei fatto proprio grande…” e la vidi asciugarsi una lacrima.
“ E tu piccolina fatti guardare. Ho saputo che la festa è stata grandiosa ne parla tutta la città, del resto come poteva essere altrimenti la mia stupenda nipote festeggiava il suo fidanzamento. Qui vieni dalla tua zia preferita e fammi vedere il tuo anello.” Vidi Alice avvicinarsi alla zia Esme orgogliosa tendendole la mano al cui dito spiccava il prezioso anello di Jasper.
“Ma è una meraviglia mia cara, un oggetto raffinato e veramente prezioso, come lo sei tu, raffinata e preziosa.
Il tuo Jasper è un ragazzo intelligente, sono contenta e spero che veniate a trovarmi al più presto.” Alice annuii, promettendo. Poi la conversazione proseguì tra lei e mia madre su tante altre cose.
La zia era proprio bella e solare e sempre sorridente con dei bellissimi capelli color miele e gli occhi di un color topazio che riuscivano a penetrarti, infatti sembrava sempre che sapesse cosa ti passava per la testa. In effetti lei e lo zio erano i nostri confidenti, se avevamo una questione che ci affliggeva ricorrevamo ai loro consigli e con noi erano sempre disponibili, se non fosse stato per loro Emmett non avrebbe mai superato il fatto di aver perso la vista da un occhio, lo zio aveva saputo trovare le argomentazioni giuste e convincerlo che le cose non sarebbero cambiate in fin dei conti se lui non voleva.
Dipendeva solo da lui.
L’incidente era costato a mio fratello l’ammissione all’accademia militare, ma per il resto non era visibile dall’esterno e se non si sapeva non si capiva nemmeno guardandolo. Emmett continuava ad avere lo stesso sguardo canzonatorio e vivace di un tempo, era stato solo grazie ad un amico dello zio, un professore francese, che mio fratello aveva almeno potuto salvare l’occhio anche se non la vista. Avevamo veramente temuto per lui ma ora anche se qualche volata la sua irruenza era ingombrante ero contento che fosse ritornato quello di un tempo.
Ci congedammo dalla zia con la promessa che sarei tornato a trovarla in divisa, nel salutarmi mi passò una mano nei capelli scompigliandoli più del solito come faceva quando ero piccolo .
“Mamma dobbiamo ricordare di dire alla cuoca di preparare i biscotti al cioccolato quelli con la cannella.” Sapevo che erano i dolci preferiti da Alice.
“Festeggiamo qualcosa?” Chiesi “Quelli sono i tuoi biscotti delle occasioni speciali se non ricordo male.” Lei sorrise trionfante.
“Si, festeggio una nuova amica che verrà a farmi visita domani.” Era raggiante ed ero felice per lei.
“Bene “Dissi “sono contento, è fortunata ad averti come sua amica, tu sorellina sei veramente speciale.” Annuì entusiasta.







Forse vado troppo veloce, ma finché la storia si scrive praticamente da sola e il tempo a disposizione lo permette ne approfitto.
Quindi voglio ringraziavi nuovamente perché seguite e preferite la mia storia e anche solo per volerla leggere.

SHINALIA : Si. Ci sarà anche il suo punto di vista. Qui trovi il primo. Spero ti piaccia.

SHEBA_94 : No Edward non è partito e…*-*
Sai anche a me sta piacendo immaginarli così.

EKA : Penso proprio di si anche io , ne vedremo delle belle. Aspettiamo il prossimo imminente incontro.
Poi c’è sempre l’invito per il weekend.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO V ***


Sapevo che la mamma aveva agito in buona fede, del resto come faceva a sapere il motivo per cui avrei voluto declinare l’invito di Alice? Non le avevo raccontato nulla di Edward e della conversazione che avevo ascoltato e di come mi avesse lasciata contrariata.
Non avevo molte amiche, anzi per dire il vero tranne Angela la figlia di un poliziotto di mio padre non ne avevo nessuna e il fatto che Alice Masen una delle ragazze più in vista della città volesse fare amicizia con me doveva essere sembrata alla mamma un’occasione.
“Alice sembra proprio una brava ragazza e soprattutto sincera e poi tesoro è estroversa e potrebbe compensare ciò che manca a te, non ti farebbe male frequentarla un po’. Sei sempre così sola. Per lei è diverso e sicuramente è stata aiutata nel carattere per il fatto che ha due fratelli.”Era felice ed eccitata e mentre io riflettevo su come avrei affrontato quella nuova conoscenza e su come mi sarei dovuta comportare in futuro con il fratello di Alice perché se avrei dovuto frequentarla con assiduità prima o poi lo avrei incontrato di nuovo e speravo vivamente “poi”. Sentivo la voce di mia madre che mi faceva un elenco di cosa avrei e non avrei dovuto fare, per apparire compita ed elegante.
Arrivate a casa aiutai la mamma a sistemare i pacchetti nella sala. Ero veramente preoccupata. Iniziai anche a pensare a cosa mi sarei potuta mettere per cercare di non sfigurare. Di sicuro il mio guardaroba non era ben fornito come quello di Alice, io non badavo molto alle ultime tendenze della moda, anche se la mamma faceva di tutto per cercare di farmi interessare agli abiti e ai vari accessori che qualunque signorina dovrebbe avere nel proprio armadio per ogni occasione. Ora mi pentivo di non averle dato retta. In quel momento davanti ai miei vestiti più li guardavo, più mi sembravano inadeguati dopo aver visto quelli di Alice Masen.
Non volevo fare brutta figura, ma più di ogni altra cosa avrei voluto avere un vestito che mi avesse fatta apparire come per magia irresistibile. Sì, mi sarebbe piaciuto poter essere talmente bella da farlo interessare a me e poi da respingerlo per ferirlo nel suo smisurato ego. Speravo che fosse partito, ma allo stesso tempo che non fosse così.
Non lo avevano menzionato ne lui ne quel suo amico Mike quindi era probabile che non ci fossero, ma non ne avevo la certezza.
Ero ancora lì quando mia madre mi raggiunse e non la sentii entrare per come ero assorta e quando delicatamente mi poggiò la mano sulla spalla trasalii.
“Su, tesoro: tranquilla! E’ solo un THE tra amiche, andrà bene.” Sospirai.
“Il fatto è che non so cosa mettere. Sembra tutto inadeguato.” Mi accarezzò i capelli.
“Vedrai che troveremo qualcosa e poi, su di te, qualsiasi cosa sembrerà bella. Acconceremo un po’ i capelli…qualche nastro. Ti presterò i miei guanti di capretto…vedrai, tesoro, sarai talmente carina che ti adoreranno ancora di più.” Sorrisi, la mamma era impagabile.
“Mamma, ma i tuoi guanti di capretto, sono quelli che ti ha regalato papà per il vostro primo anniversario…”
“Sì mia cara e io li ho conservati gelosamente per te. Sono così belli che ho sempre pensato che li avrei dati a te appena avresti avuto l’età per portarli.” Mi sorrideva dolcemente.
“Ma mamma sono guanti francesi e io… non so. Se te li rovino?” Mi diede un bacio sulla fronte.
“Sono solo dei guanti Isabella e per quanto belli, niente ha valore di fronte a te.” Poi mi prese per mano e mi portò nella sua stanza. Si avvicinò al suo armadio e lo aprì tirandone fuori tre scatole legate con un nastro di seta blu. Riconobbi dalla confezione che provenivano dalla sartoria dove ci servivamo solitamente per acquistare gli abiti da sera della mamma. La vidi con sul viso un sorriso radioso e soddisfatto, mentre mi porgeva le scatole.
“Per me dissi?” Fece cenno di si “Perché?”
Era trionfante . Mi porse le scatole.
La guardavo senza parole e cominciai ad aprire quei regali inaspettati.
In ognuna delle tre scatole c’erano due vestiti bellissimi, adatti per la mattina il pomeriggio e la sera.
Non ero mai stata così felice di ricevere degli abiti in dono.
“Non pensavo di poterti vedere raggiante per aver ricevuto dei vestiti nuovi.”
Quel regalo mi risollevò il morale. Almeno non sarei sembrata ancora più anonima, anche perché a guardarli erano proprio belli e completi di tutti gli accessori.
Durante la cena continuavo ad immaginarmi l’indomani a casa Masen e ogni volta nella mente si materializzava il suo viso indolente,mentre era intento a fumare. Quel modo di gesticolare che aveva usato per accendere la sigaretta e come la teneva tra le labbra, quando il fuoco della piccola brace lo aveva illuminato. Era estremamente affascinate e mi persi per tornare bruscamente alla realtà quando la voce di mio padre mi giunse come una eco lontana e arrossii come se i miei pensieri si fossero palesati e loro li avessero potuti leggere. Si stava congedando per andare a letto e mi augurava buon divertimento per il giorno dopo.
L’indomani mi svegliai molto presto, sentii addirittura il lattaio lasciare le bottiglie davanti alla nostra porta durante il suo giro. Era appena l’alba e la città era immersa in un silenzio irreale, si sentivano solo i passi dei netturbini e degli addetti ai lampioni che passavano a spegnerli ad uno ad uno. Aprii la finestra e respirai l’aria di quel mattino, mille pensieri affollavano la mia mente: uno fra tutti, era di impormi di non pensare a lui, a quello che avevo ascoltato e di mantenere un contegno distaccato ed indifferente, se lo avessi rivisto nel caso non fosse ripartito. Mai , per nulla al mondo avrebbe dovuto capire che il suo pensiero mi aveva sfiorato la mente. Trascorsi quella mattina come in uno stato di sospensione dove tutto sembrava ovattato e dilatato, le giornate di solito per me passavano sempre troppo velocemente, il tempo a mia disposizione per fare ciò che mi piaceva non bastava mai, ma quel particolare giorno nulla riusciva a tenermi veramente impegnata.
Finalmente, come Dio volle, arrivò l’ora tanto attesa e temuta; mi guardai un’ultima volta allo specchio per ammirare il mio vestito nuovo con il cappellino abbinato, alle mani i guanti della mamma. L’abito di un tenue color lavanda mi donava e metteva in risalto la mia figura esile ma ben proporzionata. Il viso di mia madre era raggiante. La Signora Elisabeth aveva mandato il suo autista a prendermi.
Quando il campanello suonò, il mio cuore sobbalzò talmente che ebbi un piccolo capogiro e fui costretta a tenermi al pomo del mio letto. Scesi le scale controllando mentalmente di avere preso tutto.
Salii in macchina dopo aver salutato la mamma che rimase sull’uscio a guardarmi andare via.
L’autista in divisa dagli stivali lucidi e il cappello rigido, mi teneva lo sportello porgendomi la mano per aiutarmi a salire. Il viaggio mi sembrò più lungo dell’ultima volta e durante il tragitto notai tanti particolari delle vie che attraversavamo che mi erano sfuggiti. Quando arrivammo, l’ingresso di Villa Masen mi apparve molto più grande e anche la casa. Alice mi aspettava sulle scale della stessa terrazza che mi aveva vista prima seguire la musica suonata al piano da Edward e poi la sua conversazione con l’amico, mentre parlavano di me.
La mia nuova amica era impaziente di vedermi e mi accolse con un sorriso acceso di sincera felicità. Mi venne incontro e mi abbracciò.
“Che Bello. Sei qui finalmente.” Le sorrisi un po’ intimidita, di cosa avremmo potuto parlare?
“Sei un incanto Bella, questo vestito e il cappellino sono deliziosi. Vieni accomodiamoci dentro.” Entrammo nell’ingresso che ricordavo illuminato a giorno, ma non passammo dal salone, Alice mi guidò attraverso la grande casa fino alla stanza del pianoforte, dove era sistemato un tavolino su cui spiccava un servizio da the di porcellana inglese e un vassoio di biscotti che profumavano di cannella e cioccolato.
Alice mi fece accomodare, facendomi segno di porgerle i guanti e il cappello.
“Dai pure a me Bella” disse “accomodati, considerati a casa tua.” La ringraziai e mi sedetti, stando bene attenta a tenere il busto eretto come mi ripeteva sempre la mamma e le mani in grembo.
Fui felice di scoprire che il timore che avevo di non sapere cosa dire era infondato. Alice era un’ottima ospite: sapeva portare la conversazione su vari argomenti ed era facile parlare con lei.
Dopo poco fummo raggiunti da Rosalie e anche lei mi esternò la sua felicità nel vedermi. Insieme parlammo e più di qualche volta, nei nostri discorsi ci furono momenti di ilarità. Fino a quel momento era andato tutto bene, di Edward e del suo amico neanche l’ombra. Convinsi me stessa di avere avuto ragione e che fossero ripartiti. La signora Masen ci raggiunse un po’ dopo scusandosi, perché aveva avuto un contrattempo.
“Isabella, ti chiedo perdono, ma purtroppo ho dovuto risolvere un problema con l’organizzazione della partenza per il fine settimana. Come sta la mamma? Sono contenta che trascorreremo questi giorni insieme non vedo l’ora di mostrarle il mio orto, e di farle assaggiare le mie conserve.” Mi accarezzò una guancia, con le sue mani dalle dita lunghe e affusolate e si congedò.
Stavamo sorseggiando il the e ormai mi ero rilassata e la compagnia delle mie nuove amiche fu una piacevole sorpresa. Quelle due ragazze erano uniche, così tranquille, amabili e simpatiche e mi trattavano come se mi conoscessero da sempre.
Mentre eravamo impegnate nei nostri discorsi, io stavo raccontando che letture preferivo, dal giardino giunsero delle voci e una gran confusione di risate. Lì per lì, non riuscii a capire, quando ad un tratto si udì la voce di Elisabeth Masen che con tono severo rimproverava quelli che pensavo fossero dei discoli.
“Non ci posso credere!” fece Alice “ questa non ce la possiamo perdere. La mamma che rimprovera i miei fratelli. Su ragazze, andiamo a vedere.” A quelle parole mi si gelò il sangue e le gambe cominciarono a tremare. Uscendo fuori, la scena che si prospettò ai miei occhi, sarebbe stata comica se non fossi stata impegnata a riprendere il controllo del mio corpo. Le gambe sembravano aver deciso di non volermi sorreggere. Cercai di rimanere nascosta tra Alice e Rosalie.
Vidi la signora Masen in piedi, con le mani sui fianchi, ferma a metà scala che rimproverava i suoi figli che avevano ingaggiato una lotta tra loro, Jasper e Mike, con l’acqua che serviva per innaffiare il giardino. Erano zuppi come pulcini e ricoperti di terra.
“Non avrete intenzione di entrare in casa in queste condizioni?” diceva Elisabeth, “mi meraviglio di te Emmett che… oltretutto sei il più grande.” Sembrava stesse rimproverando dei monelli che avevano fatto una marachella e mi venne da sorridere.
“Non di meno rischiate di prendervi un malanno.” Era proprio spazientita.
Sentii la voce pacata del Giudice Masen, proveniente dal giardino, perorare la difesa dei suoi figli e dei loro amici.
“Non ti adirare mia cara, doveva essere una semplice partita di baseball che è degenerata.” Sentivo che si tratteneva a stento dal ridere.
I quattro, nel frattempo, continuavano stando fermi sul posto dopo essere stati scoperti in flagrante, a tenere gli occhi bassi, come scolari discoli e a ridere di sottecchi sgomitandosi e incolpandosi a vicenda .
Il padre di Alice raggiunse sua moglie e cingendole le spalle cercò di rabbonirla.
“Suvvia mia cara, sii indulgente, non capita spesso che stiano insieme e sentire le loro risate spensierate è una gioia.”
“Si prenderanno un raffreddore.” Disse Elisabeth, ma il suo tono ora era molto meno severo.
“Non gli succederà nulla, sono grandi ormai tesoro, stai tranquilla.” Mentre i quattro di corsa ridendo raggiungevano l’ingresso posteriore per andarsi a cambiare non potei fare a meno di notarlo, nel suo completo bianco completamente zuppo e infangato, i capelli bagnati arruffati e il viso sporco di terra e quel sorriso che mi rivelò di lui un’espressione completamente diversa da quella che mi ricordavo dalla sera della festa. Sembrava un altro. Un sorriso luminoso e il suo viso che aveva perduto quel cipiglio arrogante che lo caratterizzava nei miei ricordi, mi sembrò ancora più bello, se questo era possibile. Dovevo smetterla! Non dovevo pensarci se non volevo complicarmi la vita. Lui per me non esisteva, lo avevo promesso a me stessa.
Dopo un po’ le loro voci allegre risuonarono per la terrazza e li sentii dirigersi verso di noi.
Il primo ad entrare fu Emmett che teneva un braccio sulle spalle di Jasper, subito dopo vidi Edward e Mike. “Buonasera belle signore” Esordì il fratello più grande di Alice che, appena vide l’espressione di disappunto di Rosalie, congiunse la mani in segno di pentimento.
Jasper abbassò gli occhi sussurrando uno: “ Scusami” mortificato ad Alice.
Poi fu la volta di Edward che appena si accorse di me si irrigidì e riprese la sua espressione altera.
“Buona sera” disse. Poi posò il suo sguardo verso la sorella “Scusate. Non avevamo idea che avessimo…ospiti.”
Concluse con uno sguardo interrogativo.
Alice sollevò appena le spalle accennando un sorriso ed Emmett voltandosi verso di me, mi tese la mano: “Buonasera. Scusaci per lo spettacolo è solo che questi tre pargoli necessitavano di una lezione.” Sorrisi e gli strinsi la mano che lui mi porgeva.
Mike era rimasto in disparte e appena Emmett lasciò la mia mano lui si fece avanti e scattando sull’attenti si presentò.
“Sottotenente Mike Newton, signorina, per servirla. Incantato di fare la vostra conoscenza.” Alice gli lanciò un occhiata severa.
“La signorina Isabella Swan, Mike, nonché una mia carissima amica” e alzò leggermente il tono come a voler sottolineare quell’ultima affermazione.
“Sono contento, questo vuol dire che avrò l’occasione di vederla spesso” lo vidi avvicinarsi prendermi la mano e farmi un plateale baciamano. Quando alzai lo sguardo un po’ imbarazzata notai che Edward non era più nella stanza.
Quando mi congedai da loro ero contenta, del reso era andato tutto bene e i miei timori si erano dimostrati infondati.
Mentre ritornavo a casa ripensavo all’incontro avuto con Edward e tutto sommato era andato bene. Avrei ripagato la sua indifferenza con altrettanta da parte mia. Il fatto che mi tremassero le gambe quando lo vedevo e il cuore prendesse a battere in maniera frenetica avrei trovato il modo di controllarlo. Edward Masen non mi vedeva e il mio cuore doveva farsene una ragione.
Andando via sentii in lontananza le note di una musica dolcissima provenire dal pianoforte a coda che avevo visto nella stanza che mi aveva ospitata.



***********************************************************


Come faceva ad essere così incredibilmente bella? Oh mio Dio, ero rimasto senza fiato appena me l’ero trovata davanti. Non ero riuscito a rimanere lì dentro con lei.
Quando Mike le aveva preso la mano in quel modo indecente per baciargliela…non avevo resistito: lo avrei preso a pugni!
Non potevo crederci ero…geloso!
“Ti stai cacciando in un bel guaio, Edward” pensai, “lei neanche ti vede!” Quando avevo salutato mi aveva guardato come se non ci fossi.
E così era lei la nuova amica di Alice. Doveva essere una ragazza fuori dal comune se la mia sorellina l’aveva scelta come sua amica.
Quando se ne fu andata, rimasto solo, mi sedetti al pianoforte e cominciai a suonare.
“Eccoti qui, ma dove eri finito? Speravo ti fermassi un po’ con noi. Volevo sapere cosa ne pensavi di Bella, ma non hai detto una parola e poi sei sparito. In compenso il tuo amico non ha perso tempo. Farai meglio ad avvertirlo di tenersi lontano da lei.” Poteva scommetterci che lo avrei fatto e come se lo avrei fatto: a costo di scatenare la sfida del secolo o di dargli una lezione che si sarebbe ricordato per lungo tempo.
“La tua amica deve aver dimenticato uno dei suoi guanti.” Risposi sottovoce, nel tono più pacato che riuscii a trovare.
Mia sorella mi scrutò con i suoi occhi penetranti.
“Già…i suoi guanti e tu stai suonando…Chopin” fece una pausa e poi un lungo sospiro.
“Oh mio Dio Edward, che disastro” disse, facendomi sobbalzare “Dobbiamo riportarglieli e subito. Sono dei guanti troppo pregiati. Quando Bella se ne accorgerà, si preoccuperà sicuramente di averlo perduto, non possiamo aspettare fino a venerdì quando verrà con la sua famiglia ospite da noi per il fine settimana per restituirglielo.”
E mentre diceva questa frase puntò i suoi occhi su di me per non farsi sfuggire la mia espressione.
Mi prese in contropiede e non riuscii a restare indifferente e forse arrossii anche e non mi capitava dai tempi della scuola, o solo quando zia Esme ricordava qualche episodio della mia infanzia.
“Come immaginavo, non mi ero sbagliata. Lei ti piace. Che bello fratellino, sono proprio felice.”
Mi prese per un braccio e mi costrinse a seguirla.
Non so cosa avesse in mente quella piccola strega, ma la notizia che Bella sarebbe stata con noi quel fine settimana mi fece sentire euforico e allo stesso tempo terrorizzato. Come avrei fatto per attirare la sua attenzione? Sembrava così diversa da tutte le ragazze che conoscevo. Non faceva nulla per farsi notare eppure era impossibile non farlo . Sembrava riuscisse ad illuminare ciò che aveva intorno.
Avevo i suoi occhi scuri impressi nella mia mente in maniera irrimediabile. L’avevo trovata, forse avevo trovato l’amore e ne rimasi sconcertato e sentii la paura serpeggiare in me e se lei non avesse potuto ricambiare questo mio interesse nei suoi confronti, cosa avrei fatto?
E se …Oh Bella . Come era stato possibile averti guardato negli occhi solo un istante ed aver perduto il mio cuore?
“Adesso tu ti prepari, indossi la tua bella uniforme e glielo riporti e le dici che pensavi che ci tenesse a riaverlo.” La vidi che scendeva in giardino e raccoglieva dei fiori. Salì trionfante e confezionò un piccolo bouquet.
“Ecco e poi le farai questo piccolo omaggio e cerca anche di non essere avaro con le parole tesoro, sii galante e carino. Vedrai che saprai conquistarla. Io ne sarei felice se lei…se voi…oh… be’, hai capito. Adesso vai.” Era determinata, ma non aveva convinto me.
“Alice, non posso farlo, abbiamo appena scambiato due parole e lei mi ha risposto per pura cortesia. Anzi credo che non mi abbia neanche notato.” Cercai di voltarmi per tornare al mio piano e alla mia musica.
“Edward Masen, non fare il vigliacco. Sei un soldato non puoi avere paura di una ragazza.” Forse aveva ragione, un po’ questa nuova situazione mi spaventava.
“Alice, ti prego ragiona come vuoi che io piombi così a casa sua? Questo è un tipo di comportamento alla Mike, poi come al solito stai facendo andare al galoppo la fantasia. Io non ho confermato nulla.” Lei alzò gli occhi al cielo.
“Appunto. Questo vuol dire che ho ragione. Ascolta , vuoi che lui te la porti via? Perché ci proverà Edward stanne certo.” Sospirai scuotendo la testa.
“Ti conosco, lei sarebbe giusta per te. Bella è una ragazza timida, riservata e per niente frivola quindi sei fortunato che un tipo come il tuo amico Mike con lei non avrebbe speranze. Perché lasciare che la importuni allora e le dedichi le sue attenzioni? Se lui sapesse che ti sei fatto avanti , lascerebbe stare.” Mi faceva sorridere.
Alice Adorava le storie d’amore, i matrimoni e formare coppie. La ascoltavo divertito. Mentre mi accendevo una sigaretta e piano, piano, mi lasciavo convincere da mia sorella a fare in modo che lei mi notasse.
“Facciamo un patto piccola peste. Ti prometto che cercherò di farle una discretissima corte, quando verrà ospite da noi, ma se capirò che non è interessata, mi devi promettere che non insisterai, ma soprattutto non ti metterai in mezzo a fare da cupido” Sembrava che l’avessi convinta dall’astenersi dal suo proposito di mandarmi da Bella a restituirle ciò che aveva dimenticato a casa nostra.
“Va bene facciamo come vuoi tu, ma non ti prometto niente sulla questione cupido." Si voltò e si allontanò con l’eleganza che la caratterizzava.





Voglio ringraziare chi ha voluto inserire la mia storia tra quelle preferite e seguite.

Ecco qui la parte che mi piace di più:
Grazie ancora per le vostre recensioni.

Shinalia : E’ bello che tu segua gli eventi man mano che si sviluppano e commenti, mi fa un immenso piacere. Continua a farmi sapere cosa ne pensi. Grazie .Kiss


yle_cullen : Ciao! Grazie per avermi fatto sapere che la mia storia ti è piaciuta. Continua a seguirla e a farmi sapere cosa ne pensi.


Gazy : Un grazie di cuore anche a te per le belle parole, mi fa felice che ti piaccia sia l’ambientazione che il mio modo di scrivere. Nelle storie d’amore in effetti un po’ di tristezza è d’obbligo per assaporarle appieno. Continua a seguire e a darmi il tuo parere.
Ancora grazie. Ciao.


Sheba_94 : Si, me lo hai già detto che ti piace come scrivo, ma se me lo ripeti non mi offendo mica.
Anzi !!!! ^ .^ Kiss

eka : Sì. Jessica è più che odiosa , direi perfida e poco disposta a farsi da parte. Quindi confidiamo nel nostro Edward e speriamo per il meglio. Continua a seguire e a farmi sapere quello che ne pensi. E’ importante conoscere le vostre opinioni. Kiss.



Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Aspetto i vostri commenti

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VI ***


Non sapevo come avrei potuto descrivere le sensazioni che albergavano in me quella mattina mentre percorrevamo la strada che ci avrebbe portati alla tenuta di campagna dei Masen.
I giorni che trascorsero dopo la mia visita ad Alice furono un susseguirsi di preparativi, la mamma era euforica, ma anche molto ansiosa di essere all’altezza della nuova amicizia.
Un’altra preoccupazione era quel tale Mike che sicuramente sarebbe stato ospite a casa Masen dal momento che era un collega di accademia di Edward e di sicuro non mi andava di ricevere le sue attenzioni che erano mirate solo ad una conquista facile per impiegare il tempo che aveva a disposizione con la licenza.
Ricordavo la sorpresa che ebbi quando rientrando da una passeggiata con la mia amica Angela una mattina trovai passando nello studio per prendere il libro che stavo leggendo, una piccola scatola accompagnata da un biglietto. Indugiando perplessa lo presi e mentre lo guardavo incuriosita, la cameriera mi informò che lo aveva portato un giovanotto in divisa che aveva chiesto di me e che aveva lasciato detto che sarebbe tornato nel pomeriggio.
A quelle parole il mio cuore ricordo che aveva iniziato a battere in modo frenetico.
Non potevo crederci, non poteva essere possibile: Edward! Pensai.
Con le mani che tremavano presi il biglietto. Recava con una calligrafia molto curata una scritta : Gentilissima Signorina Swan perdonate il mio ardire, ma da quando vi ho vista a Villa Masen il mio cuore non ne vuole sapere di ritornare a battere normalmente. Siate generosa e restituitegli la sua serenità accettando questo piccolo dono e consentendomi di approfondire la vostra conoscenza. So che questo potrebbe risultare sconveniente, ma siate magnanima con un povero soldato costretto dagli eventi a fare ciò che le buone maniere avrebbero voluto avvenisse in modo diverso e con una maggiore conoscenza. Non ho molto tempo a disposizione e vi giuro che i vostri occhi saranno l’immagine più preziosa che porterò con me e se a questa potessi unire anche il suono della vostra voce fareste di me un uomo felice ed eternamente grato.
Umilmente vostro, Sottotenente Mike Newton
. Posai il biglietto, non riuscivo a credere a quello che avevo letto. Aveva proprio una bella faccia tosta.
La delusione mista alla rabbia in me presero il sopravvento.
Ero furente e rossa per l’indignazione stavo trattenendo il respiro senza rendermene conto: ma come osava? Per chi mi aveva presa? Gliela avrei fatta vedere io la mia magnanimità!
La mamma invece alla notizia di un probabile ammiratore che gli eventi imminenti costringevano a non rispettare le convenzioni sociali si mostrò più indulgente. Del resto non poteva immaginare che le vere motivazioni che spingevano Mike Newton a quella richiesta non erano così nobili come voleva far credere.
Non avevo avuto il coraggio di dirle niente un po’ perché sapevo che ciò che era successo l’avrebbe contrariata a tal punto da rinunciare alla sua nuova conoscenza, ma principalmente perché non volevo darla vinta a quei due.
Quel pomeriggio feci sapere al sottotenente Newton che mi dispiaceva dargli una delusione, ma che non ero interessata alla sua richiesta.
Da quel giorno e per i giorni seguenti fino alla mattina della partenza mi fece recapitare a casa delle rosa bianche. Che io puntualmente provvedevo a rimandare al mittente con sommo dispiacere di mia madre che lo reputava uno spreco.
Se non avevo cercato di dissuadere la mamma dal non accettare l’invito per quel fine settimana era che mi dispiaceva non poter approfondire l’amicizia con Alice, che con il presuntuoso fratello non aveva nulla in comune, e tanto meno volevo privarla di un’ amica come Elisabeth Masen che era una donna bella ed estremamente raffinata. Non solo suonava il pianoforte e parlava perfettamente il francese, la sua famiglia di provenienza apparteneva all’aristocrazia del Sud e vantava antenati anche nobili. Inoltre, aveva frequentato i migliori collegi e tutto questo, però, era racchiuso in un modo di fare discreto e gentile che metteva a proprio agio.
Il giudice Edward Masen, invece, aveva alle spalle figure illustri nel campo militare e politico. Anche lui però era un uomo cordiale e gentile.
Sapevo che la mamma teneva a questo tipo di relazioni sociali e non volevo privarla di quella felicità.
Era più di un anno che ci eravamo trasferiti a Chicago e non potevamo vantare molte amicizie: quella, per la mamma, sarebbe stata una buona possibilità per conoscere tana gente nuova e io volevo che lei fosse felice e non si sentisse sola.
Dal canto mio, mi sarei limitata a trascorrere nel miglior modo possibile quei tre giorni senza dare troppo peso a come si sarebbe comportato Edward.
Mentre guardavo la campagna rigogliosa fuori dall’auto che ci portava a destinazione sentivo i miei parlare allegramente. Stranamente mio padre aveva trovato molto da poter condividere con il padre di Alice ed era felice di staccare un po’ dal suo lavoro e dedicarsi al suo passatempo preferito: la caccia.
Continuavo a pensare a tutti i modi che avrei potuto trovare per evitare il più possibile la vicinanza del bellissimo e glaciale fratello di Alice.
Ogni tanto la mamma mi domandava se fossi contenta. Sì, in fondo lo ero: Alice mi piaceva, si stava dimostrando una buona amica.
Quando arrivammo rimasi colpita dalla casa che era in perfetto stile coloniale con un grande portico. Sembrava essere uscita da uno di quei racconti che adoravo leggere. Mi accorsi che non eravamo i soli ospiti e quando capii di chi si trattava rabbrividii. Jessica Stanley e la sua famiglia erano lì e sarei stata costretta anche alla sua presenza.
Ci vennero incontro, oltre che i domestici per aiutarci con i bagagli, i padroni di casa. Vidi Alice salutarmi con le braccia alzate dalla veranda.
La temperatura era calda quella mattina per essere solo a giugno. Ero grata alla mamma per avermi consigliato per il viaggio l’abito di mussola a piccoli fiori bianco e celeste, il cappellino di paglia e i guanti bianchi di merletto. Mentre ero girata per prenderli e indossarli nuovamente sentii aprire lo sportello e quando mi voltai me lo trovai davanti: Edward! Bellissimo, con il viso leggermente abbronzato i capelli spettinati, gli occhi verdi che brillavano al sole e che lui teneva socchiusi per ripararli assumendo un’espressione ancora più intensa. Era lì ad un passo da me che mi tendeva la mano per aiutarmi a scendere dalla macchina.
Per un attimo rimasi immobile, con il cuore in tumulto e dimenticando di respirare. Fu la sua voce a ridestarmi.
“ Signorina Swan.” Fece inclinando lievemente il capo in cenno di saluto. “Posso aiutarvi?” Lo guardai e a fatica pronunciai “Sì. Grazie.” Mi porse la mano e prese la mia, la testa mi girò debolmente mentre lo guardavo, ma appena misi piede a terra mi lasciò andare e senza voltarsi si diresse verso casa. Cercavo di ritrovare il mio equilibrio quando Alice mi raggiunse e, prendendomi sotto braccio, iniziò a dirmi quanto fosse felice e a scusarsi per non aver potuto impedire la presenza di Jessica.
“Sono mortificata Bella “disse “Ma sabato è il compleanno di Edward e la mamma gli ha organizzato una festa, lui non ne sa nulla e essendo loro, come ti ho raccontato, dei vecchi amici, quasi dei parenti acquisiti, non se ne è potuto fare a meno.” Guardai Alice sorridendole.
“Non preoccuparti.” Le dissi. Ad un tratto lo vidi, Mike Newton arrivava a cavallo seguito da Jessica. Smontò velocemente e ci venne incontro. Si avvicinò e con quel modo affettato che aveva e che riusciva a darmi su i nervi mi porse il braccio per accompagnarmi.
“Posso avere l’onore di scortare questa creatura divina al riparo da questo sole fin dentro casa? Me lo concedete, Isabella? Almeno questo, visto che non avete voluto accettare i miei fiori. Non posso pensare che dietro la vostra bellezza possiate nascondere un cuore tanto crudele da non accontentare forse l’ultima richiesta di un povero soldato. Non negatemi almeno questo.” Ancora con la storia del povero soldato. Era veramente insopportabile. Notai l’espressione divertita di Jessica e sentii salire un moto di fastidio. Da sotto il portico intanto Edward, che si stava intrattenendo a parlare con suo fratello Emmett, il giudice Masen , mio padre e il signor Stanley, guardava verso la nostra direzione.
Quando sentii Jessica chiamarlo.
“Edward, tesoro, saresti così gentile da aiutarmi a smontare?” Mentre sorrideva con quel velo di perfidia che la caratterizzava.
“Mike, amico mio, potresti aiutare Jessica con il suo cavallo? Non vorrei essere scortese con i miei ospiti. Stiamo decidendo il percorso di caccia per domani.” Fece in tono di scuse.
Sentii Alice sorridere: “Ad Edward non piace la caccia.” Disse compiaciuta.
Notai l’espressione contrariata di quella vipera e un senso di rivalsa mi invase, mentre con Alice salivo i gradini del grande portico. Ebbi l’impressione che lui mi seguisse con la coda dell’occhio con un mezzo sorriso soddisfatto sul viso.
La mattinata trascorse nel mettere in ordine i bagagli nelle nostre stanze. Alice aveva provveduto affinché io fossi in camera con lei, non me lo aspettavo e mi fece piacere. Rosalie occupava la stanza affianco alla nostra.
I miei genitori erano stati sistemati in quella degli ospiti nell’ala opposta della casa dove alloggiavano anche gli Stanley e la loro insopportabile figlia e i ragazzi nella dependance che dava sul retro.
Alice mi offrì una parte del suo armadio ammirando i vestiti che avevo portato e approvando la scelta di quello che avrei indossato per il pranzo che fu servito in una stanza arredata con gusto e mobili semplici e raffinati sui toni dell’avorio.
Durante il pranzo non avevo potuto fare a meno, di quanto in quanto, di rivolgere il mio sguardo verso Edward che mi sedeva di fronte e più, di qualche volta, i nostri occhi si erano incontrati e tutte le volte io avevo abbassato i miei, intimidita. Perché mi fissava a quel modo? Forse voleva avere conferma al fatto che proprio non avevo nulla che potesse interessarlo? Se fosse stato così nel gesto della mattina avrei solo dovuto leggere della pura cortesia.
Quando terminammo di mangiare, noi ragazze ci congedammo e nelle nostre stanze ebbi modo di conoscere meglio Alice che mi confidò la sua ansia per una probabile prossima partenza per il fronte di Jasper ed Edward. A quelle parole sentii una stretta allo stomaco.
“La mamma non reggerebbe se Edward dovesse partire” mi disse con le lacrime agli occhi.” A quella eventualità parte dell’animosità che provavo nei confronti di suo fratello sembrò venire meno. Per quanto mi sforzassi non riuscivo veramente a provare dell’antipatia per lui.
Era pomeriggio inoltrato quando ci ritrovammo tutti nel grande e luminoso salone dove in un angolo spiccava un magnifico pianoforte a coda, gemello di quello della casa di città. Eravamo tutti lì e non potei fare a meno di ammirare quanto Edward fosse elegante nel portamento, nella sua tenuta da campagna con i suoi stivali di cuoio e la camicia bianca che spiccava sul completo di tela di lino blu. Sembrava ancora più alto di quanto ricordassi.
Jessica non lo lasciava solo un’ istante.
Aveva perso quell’aria indolente sostituita da un’espressione allegra sempre un po’ trattenuta e quando qualcosa lo imbarazzava abbassava leggermente gli occhi e accennava un mezzo sorriso tra il timido e il sorpreso, che lo rendeva irresistibile. Ad un tratto lo vidi dirigersi al piano e cominciare a suonare. Sua madre lo raggiunse e gli si sedette accanto. Con un gesto tenero gli passò la mano a sistemare i capelli ribelli che gli sfioravano la fronte.
Guardarli vicini era qualcosa di unico, madre e figlio non solo si somigliavano fisicamente ma avevano un’intesa eccezionale. Iniziarono a suonare insieme e fu uno spettacolo. Non so cosa mi successe, forse la confidenza che Alice mi aveva fatto quel pomeriggio svelandomi i suoi timori o il fatto che avessi notato quanto Edward fosse unico unito al timore che quei miei pensieri potessero essere capiti, la musica che aveva preso note struggenti, ad un tratto sentii le lacrime pungermi gli occhi e decisi di uscire sulla grande veranda. Ero lì da sola ad ammirare il cielo inondato dai colori violenti del tramonto e non mi accorsi che la musica era cessata. Subito dopo furono tutti fuori e notai con sollievo che nessuno si era accorto della mia piccola fuga.
Ad un tratto la voce di Jessica Stanley si levò più alta delle altre annunciando per il giorno dopo una passeggiata a cavallo. Io detestavo ogni momento di più quella ragazza. Come faceva a mettermi sempre in difficoltà?
Alice notò la mia aria preoccupata: “Bella, tu vai a cavallo?” fece quella domanda sussurrandomela all’orecchio.
“Poco” risposi “Però non ho portato con me l’abbigliamento adatto.” Mi sorrise.
“Non preoccuparti abbiamo su per giù la stessa taglia. Ti presterò qualcosa di mio e per quanto riguarda il cavallo avrai Lady, era il mio, è una cavallina tranquilla. Non preoccuparti Bella io ti starò vicina.”
Era impagabile, non sapevo perché tenesse tanto a me, ma mi ero veramente affezionata ad Alice.
Dopo cena mio padre con il giudice Masen e il signor Stanley si riunirono nello studio per una partita a biliardo, mentre noi ragazzi e le signore uscimmo sul portico.
Mentre Emmett con la sua voce sovrastava il resto della compagnia e Jasper rideva alle sue battute, notai delle strane occhiate d’intesa tra Alice e Rosalie. Dopo poco le vidi venire verso di me, intanto che continuavo ad osservare come Edward, Mike e Jessica stessero sempre insieme.
“Bella devi farci un favore,” disse Alice “ devi fare in modo di trattenere Edward. Dobbiamo mettere a punto delle cose per la sua festa e lui non deve accorgersi di nulla.” Parlava tenendo sottobraccio Rose, che annuiva complice. “Non sono la persona più indicata Alice, forse Jessica…” sorrise divertita. “No, Jessica serve a noi, tu andrai benissimo non preoccuparti.” Disse poggiandomi la mano su un braccio. Annuii poco convinta. Si allontanarono chiamando Jessica e portandola con loro. Ero intenta ad osservare quella strana scena che somigliava ad un rapimento in piena regola, quando ad un tratto Mike mi si avvicinò: “Signorina Isabella mi fareste l’onore della vostra compagnia per una passeggiata, è una così bella serata…” Ma non riuscì a terminare la sua richiesta che fu affiancato da Jasper ed Emmett.
“Ehi, Mike!” disse Emmett “ mi devi la rivincita a carte e penso che questo sia il momento buono.” Lo vidi che veniva quasi trascinato via dai quei due che non la smettevano di ridere all’espressione contrariata del signor Newton.
Tirai un sospiro di sollievo, non avrei sopportato le sue attenzioni.
Mi voltai per raggiungere il dondolo e mi trovai davanti Edward.
Il cuore mi sobbalzò nel petto così forte che mi tolse il respiro. Ringraziai la tenue luce della luna che non era in grado di illuminare il mio volto che sentivo essersi infiammato sotto la spinta di quelle emozioni.
Stava sorridendo con quel suo modo particolare che avevo notato.
“Si danno tutti un gran daffare per preparare la festa a sorpresa del mio compleanno e cercando di tenermelo nascosto. Come se non lo sapessi.”
Lo guardai meravigliata. “Voi sapevate?” Continuava a sorridere.
“Ogni anno è lo stesso copione e ogni volta faccio finta di essere sorpreso. Non potrei deluderli, ci tengono così tanto.” Sorrisi anche io.
“Scommetto che vi hanno lasciata qui per controllarmi ed agire indisturbati.” Abbassai lo sguardo imbarazzata e feci cenno di sì.
“Avevo detto ad Alice che non ero la persona adatta per…trattenervi” Mi guardò interrogativo.
“Perché pensate questo?” Disse, diventando serio. “Prima mentre suonavo siete andata via, perché? Non vi piace la musica? Oppure è il mio modo di suonare che…” Non potevo crederci: aveva notato che avevo lasciato la sala.
“No “mi affrettai a dire “è solo che vedere vostra madre suonare con voi e come vi guardava mi ha commossa e non volevo rattristare nessuno.”
“Capisco perché mia sorella vi ha scelta come sua amica. Lei ha una sensibilità particolare per riconoscere l’animo gentile delle persone.” Alzò il viso verso il cielo e tirò fuori dalla tasca il porta sigarette.
“Pensate che io sia una persona gentile?” Gli chiesi mentre era intento ad accendersi una sigaretta.
“Sin dal primo momento che vi ho vista. Ho pensato subito che foste una ragazza fuori dal comune.” Non era esattamente quello che gli avevo sentito dire al suo amico. A che gioco stava giocando? Forse anche lui voleva riuscire dove aveva fallito l’altro?
“Signorina Isab…Bella. Mi considerereste troppo sfacciato se vi chiamassi Bella?” Sospirai, per cercare di respirare normalmente. Avrei voluto essere una di quelle ragazze frivole che sapevano usare le parole, per essere tagliente quel tanto, ma con garbo, per dire qualcosa che lo lasciasse basito con la semplicità di chi conversa del più e del meno. Invece non riuscii a dire nulla.
“Avete ragione sono stato inopportuno vogliate perdonarmi.” Si voltò “Spero che domani per la passeggiata a cavallo sarete dei nostri. Vi auguro una buona notte, signorina Swan .” E con un lieve cenno del capo si congedò.
“Edward ...” Si fermò rimanendo di spalle. “Anche voi volete impiegare la vostra licenza con una compagnia diversa da quella del vostro amico Mike? Rispondete vi prego” mi sentii pronunciare quelle parole e non potevo credere che le stessi dicendo. “ Certo devo dire che a differenza sua voi siete molto più discreto e meno sfacciato, almeno non vi siete presentato a casa mia e non mi avete riempito la casa di fiori, dopo che avevo gentilmente rifiutato la sua richiesta.” la voce mi tremava per l’imbarazzo “ Forse vi annoiate o forse è questa guerra a rendere tutto più difficile: non so che impressione abbiate avuto di me, ma vi prego di cessare questo gioco che mi offende e umilia. Se sono qui è solo per un riguardo verso vostra sorella e null’altro.” Rimasi immobile in attesa di una sua risposta.
Si voltò lentamente, guardandomi negli occhi. La sua espressione era mortificata.
“Vi chiedo perdono… Non pensavo aveste udito… quella conversazione. Non ne avevo idea. Non sapevo neanche che Mike si fosse… permesso d’importunarvi. La mia risposta di quella sera è stata deplorevole, ma pensavo che non dando peso al fatto che vi avesse notata avrebbe desistito non trovando interessante qualcosa che non destava il mio d’interesse. Lui è fatto così: se qualcosa non è ambito anche dagli altri non reputa che ne valga la pena.” Piegò il capo in avanti e infilò le mani in tasca, “Ma vedo che il mio tentativo è stato inutile e non ha fatto altro che offendervi senza tutelarvi dalle attenzioni inopportune del mio amico. ” Si avvicinò ad una delle colonne del portico e vi si poggiò. “Adesso sicuramente penserete che sono come lui.” Lo guardai: avevo ritrovato un po’ di calma.
“Mi auguro che… non siate come lui.” Lo sentii sospirare e non aggiunse altro.
“Buona notte signor Masen.” Dissi.
“Buona notte signorina Isabella.” Mi passò accanto e fermandosi ad un passo da me tenendo lo sguardo dritto davanti a sé aggiunse con voce ferma quasi risentita: “Non sono come lui, potete starne certa. Voi non mi conoscete signorina Swan.” E scomparve nell’oscurità del viale che lo portava alla dependance.
Quella notte stentai a prendere sonno. Il suo viso e la sua voce mi vorticavano nella mente.
Quando Alice si svegliò mi trovò già in piedi vicino alla finestra intenta a guardare fuori.
Continuavo a pensare alla conversazione avuta la sera prima con Edward. Non riuscivo a credere di avergli confidato che sapevo, non volevo pensasse che ci fossi rimasta male che non mi trovasse interessante, ma non volevo neanche diventare l’oggetto delle loro sfide. Non riuscivo a definire che tipo fosse. L’impressione che avevo di lui certo forse non corrispondeva a quello che lui era veramente, ma era così schivo. Bastava poco perché si chiudesse in se stesso. Certo non si comportava come il suo amico, ma sembrava sempre così altero da rasentare, tante volte, l’arroganza. Non avevo capito se lo era solo con me o era un lato del suo carattere. Certo l’avevo visto contrariato dal gesto di Mike e di sicuro lui non ne era al corrente.
“Sei mattiniera?” La voce di Alice mi raggiunse allegra. “Cosa c’è lì fuori di così interessante?” La guardai alzando le spalle.
“Una campagna magnifica?” Dissi sorridendole.
“Hai visto sorgere il sole?” Mi domandò con quella sua espressione vivace.
Feci cenno di sì.
“Oh, capisco. Allora mi vuoi dire che qui abbiamo un paesaggio capace di toglierti il sonno?” Sorrise maliziosa. “Cose c’è Bella, cosa ti ha tenuta sveglia?” Mi raggiunse alla finestra “Se è per Jessica puoi stare tranquilla la teniamo a bada io e Rose.” Disse sedendosi accanto a me. “Non ti devi preoccupare. Lo so, può essere ingombrante, ma noi sappiamo come trattarla, certo se mio fratello si decidesse a…”
A quelle parole voltai la testa e iniziai istintivamente a mordermi le labbra.
“Oh, capisco! E’ lui che…” Mi voltai di scatto verso di lei.
“Oh no… Alice, ma cosa hai capito io…sono preoccupata per la passeggiata a cavallo…non è un’attività che amo particolarmente e sono alquanto maldestra. Io…” Ero in agitazione, il viso in fiamme e respiravo come se avessi corso per miglia.
“Calma , Bella , calma… Respira, tesoro. Non è successo niente. Se provi… simpatia per Edward non ti devi sentire imbarazzata. Io ne sarei felice.”
Teneva le sue mani sulle mie che avevano preso a tremare ed erano diventate di ghiaccio. “Sei una così cara ragazza Bella, io lo so, l’ho saputo sin dal primo momento che ti ho vista. Tu saresti perfetta per lui. Non sai quanto siete simili.”
La guardavo e non sapevo come fare per uscire da quella situazione così imbarazzante, non potevo far sapere proprio ad Alice, sua sorella, che non facevo altro che avere lui in mente, glielo avrebbe detto e io sarei morta per la vergogna. Si era scusato per ciò che avevo udito quella sera, ma non potevo essere sicura non lo pensasse e poi non volevo imporgli nulla.
“Alice…ti prego hai frainteso. Tuo fratello è un ragazzo sicuramente eccezionale, ma io non ho… mai pensato a lui se non solo e semplicemente come…a tuo fratello. Devi credermi, ti prego.” Mi abbracciò per tranquillizzarmi.
“Certo che ti credo Bella, ma se son rose fioriranno, non credi? Conosco sia lui che te, adesso, e sperare non ha mai fatto male a nessuno. Mi piacerebbe poterti avere come sorella e se ci fosse anche solo una probabilità che ciò possa avvenire, stai tranquilla che io sarò lì per aiutarla. E’ una promessa, amica mia.” Scossi la testa rassegnata.
“Ti prego, Alice: promettimi che non farai nulla che mi possa mettere in imbarazzo. Non sono il tipo adatto a tuo fratello o capace di destare in lui un qualche minimo interesse.” Mi guardò incuriosita e perplessa.
“Perché dici così Bella? Hai avuto modo di capire questo?”
Voltai la testa verso il paesaggio, il sole cominciava a farsi sentire, sarebbe stata una giornata calda.
“Farà caldo oggi” Dissi cercando di eludere la sua domanda.
“Bella non mi importa che tempo farà oggi. Mio fratello ha forse fatto qualcosa per farti capire che…Ti ha forse offesa in qualche modo?” Non volevo piangere, ma le mie lacrime erano sempre inopportune e cominciarono a rigarmi il viso.
“Tesoro…raccontami ti prego…” presi coraggio: ormai non potevo sfuggire a quella situazione e le raccontai a cosa avevo assistito la sera del suo fidanzamento e di quello che ne era venuto dopo.
Di come si era comportato Mike e della conversazione avuta la sera prima con Edward.
“Bella sono mortificata, non posso garantire sulle intenzioni del Signor Newton, ma conosco mio fratello e posso dirti che è un ragazzo gentile e riservato a tal punto da apparire alle volte arrogante, ma è solo timido. Non spetta a me decantarti le sue doti te ne potrai rendere conto da sola, ma per farlo devi lasciargli la possibilità di farsi conoscere senza pregiudizi. Vedrai saprai apprezzarlo conoscendolo.” Mi mise un braccio intorno alle spalle . “Dai, non pensiamoci più, anzi scusami per averti messa a disagio, non era mia intenzione.” Mi guardò come per studiarmi. “Sai, credo di avere quello che fa per te, Questa mattina lasceremo Jessica verde d’invidia e qualcuno di nostra conoscenza senza parole.” La guardai rassegnata.
“Alice…”
“Oh... non essere severa, almeno fammi sperare.” La vidi dirigersi verso l’armadio e tirare fuori un completo da equitazione che era favoloso. “Provalo” mi disse “sono sicura che ti starà d’ incanto. Poi ti procurerò gli stivali mentre vado nelle scuderie per dare disposizioni che ti sellino Lady. Vado a prepararmi. Ci vediamo di sotto.” E uscì dalla stanza.
Rimasi a guardare il completo adagiato sul letto augurandomi che tutta quella storia non si complicasse ulteriormente.






Vedo con piacere che la storia vi appassiona. Sì lo confesso appassiona anche me mentre la scrivo.

yle_cullen: fatta il 24/06/2009 6: CAPITOLO V
Grazie per apprezzare la mia storia. Sono contenta che la segui. Continua a farmi sapere cosa ne pensi.

ginny89potter: fatta il 23/06/2009 - 6: CAPITOLO V
Sei davvero gentile grazie di seguirmi. Hai ragione si fanno tanti problemi e certo Mike e Jessica non aiutano. Fammi sapere cosa ne pensi man mano che segui. Bye bye

Cicciolgeiri: fatta il 23/06/2009 - 6: CAPITOLO V
Ma grazie dell’entusiasmo. Continua a seguire. Kiss

Sheba_94: fatta il 23/06/2009 - capitolo 6: CAPITOLO V
Spero che questa storia ti continui a piacere e ad entusiasmare. Io mi sto divertendo un mondo a scriverla. Continua a dirmi cosa ne pensi. Ciao.

eka: fatta il 22/06/2009 - capitolo 6: CAPITOLO V - Firmata Il piacere è mio nel sapere che questa storia ti piaccia e la segui volentieri. Continua a seguire gli sviluppi e a farmi sapere cosa ne pensi. Grazie e ciao.

Shinalia: fatta il 22/06/2009 - sul capitolo 6: CAPITOLO Tantissime grazie per le belle parole. Aspetto di sapere cosa pensi man mano che la storia va avanti. Kiss

mezzanotte: fatta il 22/06/2009 - sul capitolo 6:CAPITOLV
Non finirò mai di ringraziare tutti voi per le belle recensioni e per la preferenza che date alla mia storia. Ciao e fammi sapere se anche con i prossimi capitoli continua a piacerti.



Un grazie anche a tutti quelli che hanno messo questa ff tra i seguiti e i preferiti e anche solo a chi la legge. Speriamo che anche questo capitolo vi abbia appassionato come gli altri. Aspetto i vostri commenti. Ciao.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO VII ***




E adesso? Cosa avrei fatto per convincerla che io non ero quel tipo d’uomo? Certo non doveva essere stato lusinghiero assistere a quella conversazione che non faceva onore ne a me, ne a Mike.
Come spiegarle che alle volte tra uomini si usa dire cose che non si pensano solo per darsi un tono?
Non ero riuscito ad essere convincente, anzi, la rabbia per come mi ero comportato aveva preso il sopravvento facendomi assumere quell’aria risentita e lo ero risentito, ma non di certo con lei, sarei potuto essere tutto con lei, tranne che risentito.
“Spero che voi non siate come lui”aveva detto.
“No Bella, puoi scommetterci che non sono così.”
L’avevo vista lasciare la stanza mentre suonavo la mia musica ed ero rimasto male, ma era andata via solo per non cedere alla commozione che le aveva procurato vedere me e mia madre insieme. Era una ragazza fuori dal comune.
Nessuna delle fanciulle che conoscevo avrebbe mai provato questo tipo di sentimento. Quando eravamo riamasti soli, poi , dopo che i miei fratelli abilmente avevano fatto in modo di trascinare via sia Mike che Jessica, avevo respirato il suo profumo che la brezza tiepida di giugno liberava dai suoi capelli. Sapeva di lavanda, di rosa, di erba appena tagliata. Avevo notato come la luna faceva risplendere il suo incarnato. Starle vicino mi dava delle sensazioni forti che fino a quel momento non avevo mai provato. Non riuscivo a mantenere la mia lucidità davanti ai suoi occhi scuri. Quando il suo sguardo si posava su di me, avevo sempre timore che potesse cogliere il mio disagio. Non potevo innamorami adesso con l’ombra di una imminente partenza, non potevo rischiare di trovarla e doverla lasciare forse per sempre, non avrei potuto affrontare un distacco se me ne fossi innamorato. Era già pesante pensare al dolore di mia madre, non volevo costringere nessun altro a soffrire per me.
No. Non potevo innamorarmi di lei.
Non riuscivo a togliermi dalla mente la sensazione che mi aveva dato tenerle la mano. Non ricordavo niente che mi avesse mai emozionato così.
Sarebbe stato meglio che lei avesse continuato a pensare che fossi come Mike, uno sfrontato, che giocava con i sentimenti altrui solo per riempire la noia, per impiegare il poco tempo rimasto a disposizione prima della partenza per il fronte nel modo più piacevole possibile.
Quello che provavo quando le ero accanto, era come la violenza di un mare in tempesta e io mi sentivo come il faro che cerca di resiste alla prepotenza delle sue onde.
Non volevo che quel sentimento nuovo e sconosciuto mi travolgesse, non dovevo permetterlo e non me lo potevo permettere. Cosa le avrebbe potuto garantire il mio amore, se non tanta sofferenza e la promessa di una separazione che quasi sicuramente non avrebbe avuto un mio ritorno?. Non potevo chiederle di affrontare tutto questo.
Non lo potevo chiedere a me stesso. Se avessi saputo che lei mi amava non avrei trovato la forza per starle lontano per andare via e lasciarla nella disperazione sapendo che sarei potuto non tornare, non mi sarei preoccupato di me, ma per lei e questo avrebbe reso tutto più difficile. L’altro lato della medaglia stava nel fatto che magari lei non poteva ricambiare ciò che io provavo. Allora come avrei potuto strapparmela dal cuore?
Forse era meglio che stessi alla larga dalla signorina Isabella Swan e dai suoi occhi, che continuavano a rimanere impressi nitidamente nella mia mente. Tra poche ore saremmo usciti a cavallo tutti insieme e io non avevo potuto dormire e avevo visto sorgere il sole pensando e sperando. Guardando la luce dell’alba impadronirsi della notte, avevo trascorso quelle ore desiderando l’amore di Bella e deciso di volerne fare a meno e mi auguravo di potere riuscire in questo proposito, insieme al desiderio di poter regalare alla mia famiglia ancora qualche giorno di spensieratezza godendo della mia presenza a casa.
Uscii dalla mia stanza mentre gli altri dormivano e mi diressi verso le scuderie avrei impiegato il tempo che restava prima della cavalcata di quella mattina preparando il mio cavallo.
Mi piaceva passare del tempo in campagna era il mio posto preferito sin da bambino. Sapevo mi sarebbe mancato tutto, il paesaggio, i profumi. Mi avvicinai al mio cavallo accarezzandolo, chissà se lo avrei più rivisto. Pensai alla mamma, non le avevo ancora accennato alla probabilità di una mia imminente partenza, ne a lei ne a mio padre. Con Jasper avevamo deciso di metterne al corrente solo Emmett, che ci aveva consigliato di aspettare, non aveva senso angosciarli prima di averne la conferma. Mio fratello continuava a sperare che noi potessimo non prendere parte alla guerra, ma sia io che Jasper sapevamo che non era così. Avevamo scelto quella strada per poter dare il nostro contributo, per poter dimostrare il nostro valore. Gloria e onore, del resto un uomo per cosa può e deve vivere davvero? A quella domanda il viso di Bella apparve nella mia mente: per amore, fu la risposta.
Mi resi conto di avere sognato tante volte che aspetto avrebbe potuto avere la donna di cui mi sarei innamorato, che sarebbe riuscita a rapire il mio cuore. Alcune volte avevo prestato a quella figura nebulosa il volto di Jessica, ma non era mai rimasto a lungo. All’improvviso capii che se l’amore avesse avuto un volto per me sarebbe stato quello di Bella. Il mio cuore prese a battere in maniera accelerata e sospirai inquieto.
Non mi ero accorto della presenza di mia sorella. Era ferma e mi guardava con quello sguardo furbo e indagatore che la sapeva lunga e che non le faceva mai sfuggire nulla di quello che mi passava per la mente. Con me era sempre andata così, per lei ero un libro aperto.
Che ci fai già in piedi? Le chiesi.
“Potrei farti la stessa domanda.” Rispose. “Ti senti in colpa per qualcosa?” La guardai perplesso.
“Cosa vuoi dire Alice? Dovrei sentirmi in colpa? Perché?” continuava a fissarmi.
“Non saprei. Non ti viene in mente nulla?” Continuavo a non capire. Non avevo dormito, mi ero arrovellato la mente tutta la notte, non ero in vena di indovinelli.
“Non so a cosa tu ti voglia riferire Alice. Se ho fatto qualcosa sii chiara e dimmelo, non sono in vena di risolvere indovinelli.” Non rispose nulla continuando a fissarmi con quel suo sguardo indagatore.“Cosa c’è questa mattina? Sono sotto esame? C’è aria da tribunale dell’inquisizione.” Continuava a tacere.“Alice, per favore, così mi esasperi. Non puoi stare ferma lì a fissarmi. Cosa vuoi?” Si mosse e si fece più vicina.
Edward Anthony Masen.” Disse con fare perentorio. “Smetti di fare quello che stai facendo e guardami.” Alice non usava mai il mio nome per intero, se non quando era arrabbiata o doveva dirmi qualcosa di molto serio. Non mi sembrava in collera e non mi ero accorto che qualcosa la preoccupasse. Che Jasper le avesse perlato riguardo la partenza?
“Credo che tu ti debba scusare con qualcuno. Non ti sei comportato in maniera carina, qualche giorno fa.” A quelle parole capii a chi e cosa si riferiva.
“Hai saputo vedo?” Sospirai. “Te lo ha raccontato?” incrociò le braccia.
“Si, ma non di sua spontanea volontà, è stato un caso.”
Non capivo “ Avete parlato di me per caso?”Annuì.
“Questa mattina quando mi sono svegliata ho trovato Bella intenta a guardare fuori dalla finestra. Mi sono accorta che non aveva dormito.”
Anche lei pensai . Chissà cosa l’aveva tenuta sveglia. “Chiedendole il motivo di quella sua insonnia, lei ha attribuito la colpa alla bellezza del paesaggio, che tradotto si leggeva: Edward.”
Fu come ricevere un colpo allo stomaco.“Lei ti ha detto che era stata sveglia per me?” Feci quasi senza fiato.
“No. Per niente anzi, ma io ho capito e quando le ho detto che non doveva preoccuparsi per oggi, che non avrei permesso che Jessica la infastidisse e che certo sarebbe stato più facile se tu non avessi continuato ad alimentare le speranze di quella ragazza insopportabile, lei ha reagito mordendosi le labbra.”
Scossi il capo deluso.“Alice, come puoi aver capito da questo che la causa del suo mancato sonno fossi io? Molto probabilmente non …” Sorrideva con quell’aria furba.
“Voi uomini… Siete tutti uguali. Non riuscite mai a capire, anche quando le cose sono chiare come il cristallo.”
Scrollai il capo.“Cosa ci vedi di così chiaro?” Si divertiva a tenermi sulla corda, mi stava studiando. “Tesoro, ha cominciato a mordersi le labbra quando ho fatto riferimento a te. Solo in quel momento. Ha anche pianto dopo.”
Rimasi senza prole. La odiavo quando faceva così. Se doveva dirmi qualcosa perché non parlava chiaro? Mi stava facendo morire. L’ansia aveva preso il sopravvento e improvvisamente sentii caldo.
“Bene, bene. Ti stai agitando. Vedo che l’argomento ti sta a cuore.”
“Insomma Alice, falla finita. Se mi sto agitando, è perché questo tuo modo di fare mi sta infastidendo. Non ho niente da dire e tu vuoi solo giocare per vedere che effetto fa su di me l’eventualità che la tua amica abbia parlato di me.” Rideva.
“Ma lei, ha parlato di te.” Fece carezzandosi le pieghe della gonna.” Però vedo che sei alquanto nervoso e poco interessato all’argomento.” Stava per andarsene.
“Alice, non ti azzardare ad andare via e a non finire di dirmi quello che sai. Perché ha pianto?”
“Veramente non meriteresti che io ti dicessi nulla, dal momento che la risposta che hai dato al tuo amico sul conto di Bella non è stata lusinghiera.”
“ Dimmi è per questo che ha pianto?” Mi guardava con aria di rimprovero.
“No, non per questo, non è quel tipo di ragazza. Riesce a sopportare di non piacere a qualcuno.” Questo lo avevo capito. Bella era troppo speciale per dare peso a simili sciocchezze.
“Allora perché…” Rideva compiaciuta e neanche tentava di nasconderlo.
“Bene, direi che ci troviamo davanti ad una storia d’amore che sta nascendo.” Non volevo darla vinta a quella piccola impertinente.
Rimasi impassibile.“Alice non cominciare con la tua fervida fantasia. Ricordi? Ti avevo avvertita se avessi notato che la signorina in questione non era interessata, non avrei insistito. Quindi è inutile che inventi quello che non è per farmi uscire allo scoperto.”
“Edward, ma lei è interessata quanto te, è qui che non hai proprio capito nulla. Solo che come te, ha paura che sia tu quello che non ha interesse verso di lei.” Continuava a ridere “Vedi che avete bisogno di me? Se no, se lascio fare a voi, chissà quanto ci metterete a capire che vi siete innamorati l’uno dell’altra.” Si girò e fece per andare via.
“Alice…” dissi dandole le spalle. “Tu credi che lei mi ami?” mi venne vicino e si sporse verso di me.
“Sì” disse “come tu ami lei.” Rimanendo fermo dove ero aggiunsi.
“Si intuisce così tanto?” Poggiò una mano sulla mia.
“No. Anzi, chi non ti conosce capirebbe il contrario, ma io ti conosco Edward e riconosco quando vuoi che qualcosa che ti riguarda non si sappia. Ti chiudi in te stesso e diventi quasi arrogante.”
“Allora, pensi che anche gli altri se ne siano accorti? Che lei…”
“No, nessuno e neanche lei, ma vorrebbe che fosse così, anche se è spaventata e il tuo modo di fare non l’aiuta.”
“Ha paura di me?” Chiesi un po’ sorpreso.
“Si, ha paura di provare qualcosa che tu non potresti ricambiare. Pensa di non essere alla tua altezza.”
Ebbi un gesto di nervosismo.“Che sciocchezza! Perché non dovrebbe essere alla mia altezza?” Continuavo a controllare i finimenti del mio cavallo. Erano a posto lo sapevo, ma mi sentivo come se fossi su di una corda, sospeso a metri d’altezza.
“Fratellino perché glielo hai fatto sapere tu indirettamente. Ripeto testuale: Se non l’ho notata vuol dire che non aveva niente che valesse la pena notare, non credi Mike? Concluse facendomi il verso.
Abbassai la testa e alzai le mani portandole dietro la nuca.“Va bene mi arrendo, hai ragione, sono stato pessimo, ma io non sapevo che lei fosse lì.” Mi mise una mano sul viso.
“Propri per questo ha creduto che fossi sincero, sicuramente se fosse stata presente avresti evitato di farglielo sapere.”
“Però le ho spiegato che non lo pensavo.” Mi guardava.
“Sai Eddy, è opinione comune che ad un’ amico si sia portati a dire la verità. Specialmente se pensiamo che l’oggetto delle nostre riflessioni non sia presente.” Sorridendo si voltò per andare via.
“Se tieni a lei, faglielo sapere in qualche modo.
Convincila. Magari iniziando a prepararle Lady per la cavalcata che faremo tutti insieme.”
La guardai.“Alice, mi raccomando evita di parlarle di questa conversazione, se devo farle sapere qualcosa vorrei che le sia inaspettato quello che le dirò.” Mi guardò prendendo i suoi stivali preferiti.
“Lo farò fratellino, ma tu non aspettare troppo. Se vi amate ogni minuto è prezioso.” Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia cercando di sistemarmi i capelli.”
Sapevo che dovevo fare qualcosa, ma ora ero veramente confuso. Se Alice aveva ragione, ora c’era la possibilità che lei potesse ricambiarmi. “Ogni minuto è prezioso”, aveva detto Alice. La domanda era :volevo veramente perdere questa occasione di conoscere l’amore? Volevo veramente rinunciare, per non soffrire o farla soffrire?
Se non fossi tornato dal fronte volevo veramente non aver vissuto quell’esperienza? Dovevo trovare una risposta e dovevo farlo entro quella mattina.





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Alice tornò con gli stivali e mi aiutò ad indossarli. Il completo era perfetto. Aveva avuto ragione, avevamo la stessa taglia. Mi diede una mano a raccogliere i capelli e poi scendemmo. Arrivati nel grande portico erano tutti lì che aspettavano noi. Ero emozionata e le gambe mi tremavano.
Vidi Jessica, lanciarmi un’occhiata di disapprovazione ed ebbi la certezza che il completo di Alice aveva su di me l’effetto sperato. Rosalie si avvicinò complimentandosi. Erano tutti lì con i loro cavalli, tranne Edward. Lo cercai con lo sguardo.
Mike mi guardava, ma fortunatamente e con mia sorpresa non disse nulla.
Dopo un po’ lo vidi arrivare. Con l’eleganza che lo contraddistingueva, arrivava al galoppo, con il vento che gli metteva in disordine i capelli. Notai che era lui che stava portando il mio cavallo. Si fermò e scese, dirigendosi verso di me.
“Buongiorno” Disse. Sfiorandomi appena con lo sguardo. “ Scusatemi se vi ho fatta aspettare.”
Lo guardai, con il cuore in gola. “Non fa nulla.” Risposi. “Posso aiutarvi?” Mi disse, mentre Jessica mi fulminava con lo sguardo. La sentii appena, quando parlò. “Edward, non penso che non sia capace da sola. Io mi offenderei se mi prendessi per una principiante.”
Avevo le orecchie che ronzavano. Pensai di poter svenire, quando, lo sentii mettere le sue mani intorno alla mia vita per aiutarmi a salire in sella, mentre pronunciava: “Infatti Jessica, non sto aiutando te.”
A quella risposta rimasi di ghiaccio.
“Finalmente. Era ora che la mettesse al suo posto.” Sentii Alice dire piano, sporgendosi verso di me. “Stammi vicina Bella e non ti preoccupare. Non ti si avvicinerà nemmeno.” Le sorrisi e partimmo per quella gita che mi auguravo non finisse con una mia caduta rovinosa.
Il percorso che avevano scelto era tranquillo e il paesaggio stupendo. Procedevamo tutti vicini. Rose con Emmett, Jasper vicino ad Alice che non mi perdeva di vista un attimo e Jessica poco distante da noi. Quelli che si erano allontanati al galoppo da subito erano stati Edward e Mike.
Avevo sperato di poter passeggiare con lui, ma evidentemente non ero una compagnia a cui teneva particolarmente.
Il percorso procedeva in tranquillità parlando del più e del meno e dopo un po’ Edward e Mike tornarono. Stavano gareggiando tra loro e la vittoria schiacciante fu di Edward.
“Emmett” Disse Edward “ che ne dite di fermarci al ruscello? Facciamo bere i cavalli e ne approfittiamo per fare colazione, al riparo del boschetto di querce.” Emmett girò la proposta a tutti noi che accettammo di buon grado. Specialmente io, ero contenta di camminare nuovamente sulle mie gambe. “E’ lontano?” Chiesi ad Alice.
“No tesoro, è qui vicino, forse dieci minuti.” Mi sorrise. A quel punto però successe quello che temevo. Jessica, si avvicinò a noi e propose una galoppata per vedere chi arrivava prima e nel dire questo mi guardò con un guizzo nello sguardo che mi diede i brividi.
“Bella, non vorrete fare morire di tedio questo povero animale, su animiamo un po’ questa passeggiata. Chi mi segue?” E dicendo questo colpì il mio cavallo con il suo frustino.
A quel punto successe quello che temevo. Il cavallo ebbe una reazione inaspettata e partì al galoppo senza controllo.
Alice gettò un urlo che attirò l’attenzione degli altri che erano davanti a noi. Io avevo preso la direzione opposta e mi stavo allontanando.
Per quanto facessi non riuscivo a calmare quell’animale. “Reggiti Bella, sentii gridare Alice.” Con la coda dell’occhio vidi i ragazzi lanciati al mio inseguimento, ma poi non capii più molto perché tenevo gli occhi chiusi.
Sentivo solo le loro voci che si davano delle direttive su dove posizionarsi per riuscire a raggiungermi.
Prima ci provò Emmett che mi era più vicino e poi a seguire gli altri, ma nessuno sembrava in grado di fermare il mio cavallo. Quando credevo di essere spacciata pensando di cadere rovinosamente per terra, mi sentii afferrare per la vita e sollevare di peso. Ero tra le braccia di qualcuno su di un altro cavallo che via, via andava rallentando. Tenevo ancora gli occhi chiusi quando sentii la sua voce gridare di avermi afferrata e di pensare a Lady, di fare attenzione che non si azzoppasse.
Respiravo a fatica e il mio cuore sembrava sul punto di cedere. Ero terrorizzata.
“Come stai Bella? Apri gli occhi, guardami. Stai bene?” Era lui, mi stava parlando, mi chiamava per nome dandomi del tu e sembrava spaventato quanto me. Lo guardai senza riuscire a dire nulla.
Sentii che tirava le briglie e il cavallo fermarsi.
Ero lì tra le sue braccia e non riuscivo a muovermi, ma non era solo per lo spavento.
Restammo fermi, gli occhi negli occhi. Alzò una mano per scostarmi i capelli dal viso che la folle corsa aveva sciolto.
“Respirate Bella. Siete bianca come la neve. Venite vi aiuto a scendere.” Mi poggiai a lui che mi prese tra le braccia e mi trovai in terra. Mi sosteneva per la vita e mi fece sedere sul prato al riparo di un albero. Prese un termos con dell’acqua e me ne offrì un bicchiere. “Tenete. Bevete, vi farà bene, ma cosa è successo? Lady è sempre stato un cavallo calmissimo. Avete forse fatto un movimento brusco?” Ancora non riuscivo a parlare avevo il cuore in gola e il corpetto non mi aiutava. Cercai di respirare, ma la vista si annebbiò. Fu un attimo e me lo trovai vicino. Mi fece appoggiare alla sua spalla mentre mi sbottonava la giubba del completo e mi allentava il foulard della camicetta.
“Così dovrebbe andare meglio.” Disse premuroso e ancora in ansia. “ Inspirate lentamente e con respiri lunghi.”
Obbedii. Dopo un po’ fummo raggiunti dagli altri.
Alice era terrorizzata e non finiva di domandarmi come stavo. E tutti si chiedevano come fosse potuto succedere.
“Non capisco come fa certa gente a fare di tutto pur di mettersi in mostra. Se non sapeva andare a cavallo, poteva dirlo e rimanere a casa, invece di provocare tutto questo trambusto con salvataggio. O forse il fine era proprio questo, essere salvata?”
Non avevo la forza di ribattere che era stata lei a provocare tutto non io, ma sentii Edward pronunciare delle parole inaspettate quanto dure.
“Jessica, Lady è il cavallo più tranquillo che io conosca. Tanto è vero che era quello che montava Alice qualche anno fa. Poteva reagire così solo se spaventato. Voglio sperare che tu non c’entri nulla. Perché non so se riuscirei a controllarmi e ricordare che sei una donna.” La guardava sprezzante. “Perché mia cara, qualunque cosa abbia provocato questa reazione ha rischiato di uccidere Bella.”
Vidi Jessica verde di bile, ma non per il mio vestito, ma per le parole di Edward. Mi sentii male per lei.
Quando mi fui ripresa. Tutti decisero di rientrare. Non volevo che rinunciassero alla gita per causa mia e protestai. Mi accontentarono ad un'unica condizione che fossi andata sul cavallo insieme a qualcuno. Mike Newton si offrì all’istante, ma Edward fu categorico: sarei andata con lui.
A quel punto Jessica decise di non essere più dei nostri. Stava tornando in dietro da sola e inviperita.
“Mike” disse Emmett “Accompagnala tu a casa per favore, non è il caso che vada da sola.” Mike annuì e spronò il suo cavallo per raggiungerla. Li vidi scomparire insieme. Mentre raggiungevamo il posto per fare colazione, Edward mi rivolse una domanda che mi provocò lo stesso effetto dello spavento appena trascorso.
“Bella?” Disse “ Stasera c’è il ricevimento per la mia festa. Anche se non dovrei saperlo, mi permettete di accompagnarvi?” Mi voltai leggermente verso di lui, in balia di un’emozione forte e nuova. Cominciai a tremare e ebbi paura che lui se ne accorgesse. “Posso farvi da cavaliere questa sera?” Ero diventata rossa e avevo un nodo in gola che mi impediva di parlare.
“Sì.” Fu tutto quello che riuscii a dire.
“Bene. Stasera sarò un uomo invidiato e felice.” Mi sussurrò piano. Mentre arrivavamo ormai al posto che era stato scelto per passare quella mattinata, mi aiutò a smontare e rimase tutto il tempo vicino a me. Lo vidi ridere rilassato e conversare amabilmente. Non sembrava più l’Edward che avevo conosciuto appena qualche settimana prima.
Alice notai che ci osservava compiaciuta e più di qualche volta mi lanciò occhiate che esprimevano la sua approvazione.
Non riuscivo a credere che tutto fosse così diverso dalla sera prima e che fosse cambiato in maniera così repentine. Adesso l’unica cosa che non riuscivo a togliermi dalla testa era la festa e il fatto che ci sarei andata con lui.




Spero che questo capitolo anche se arrivato un po’ più tardi vi sia piaciuto.
Ringrazio sempre tutti per l’attenzione che prestate a questa storia.


Yle-cullen : Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Continua a seguire e a dirmi cosa ne pensi. Un saluto. Ciao


Yeh : Spero che questo aggiornamento sia come immaginavi. Grazie per i complimenti e fammi sapere cosa ne pensi. Ciao


Eka : Ecco qui il seguito. Spero sia stato emozionante. Aspetto un tuo commento. Ciao.

Sheba_94 : Sono felice che leggere la mia storia ti piaccia. Hai ragione a dire che era ora che Edward avesse un po’ di colore, la penso come te e per questo che non vedevo l’ora di poter scrivere che era abbronzato. Spero che ti piaccia come sto facendo proseguire questa ff. Sono impaziente di sapere cosa ne pensi. Grazie ancora per il supporto e ciao.


Sweetcherry : Grazie. Sono sempre felice di sapere che ciò che scrivo vi piace così tanto. Ancora grazie e ciao.


Mezzanotte : Che bello che segui. Fammi sapere se continua a piacerti questa storia. Ciao a presto.


Grandjack : grazie per aver letto la storia ed averla apprezzata, mi fa tanto piacere. Ciao
.

Un grazie a chi ha messo The Immortal tra le sue storie preferite e seguite e anche a chi passa solo a leggerla.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO VIII ***





Avevamo riso delle battute di Emmett conversando e più di una volta Edward mi aveva chiesto se stavo bene. Lo osservavo e non potevo fare a meno di pensare che fosse bellissimo. Aveva un sorriso che gli illuminava il viso e lo sguardo era profondo e alle volte sembrava celare qualcosa che veniva da lontano, un misto tra dolcezza e rimpianto. Era adagiato su un fianco mentre ascoltava o interveniva con qualche battuta, era rilassato e pensai che, in effetti, non sembrava affatto il ragazzo distaccato che avevo conosciuto. Avevamo consumato la colazione che i domestici avevano provveduto a preparare.
Mentre tutti erano intenti a riferire aneddoti di un passato comune di cui io non facevo parte, guardavo il suo viso velarsi d’imbarazzo ai racconti che lo riguardavano e accennare un sorriso intimidito tenendo lo sguardo basso e un filo d’erba tra le labbra. Quando era imbarazzato sorrideva in un modo particolare e si passava una mano tra i capelli, dove il sole creava riflessi intensi che ne accentuavano di più il colore. Dai racconti dei suoi fratelli capivo che era stato un bambino dal carattere mite, e che crescendo si era appassionato all’arte: poesia, letteratura, ma la sua passione era la musica e avevo già potuto apprezzare il suo talento. I suoi occhi spesso nel corso di quella mattinata si erano soffermati nei miei e gli sguardi non erano più sfuggenti, ma intensi , profondi e limpidi, sembravano sinceri, quasi vi si potesse leggere dentro. Sapevo che se avessi dato retta al mio cuore sarei annegata in quello sguardo. Avevo letto nei miei romanzi preferiti di grandi amori disperati e struggenti, che ti prendevano e trascinavano nel loro vortice. Adesso capivo a cosa si riferivano. Solo guardarlo mi toglieva il respiro e sapevo che se mai avessi conosciuto l’amore, questo avrebbe avuto il suo viso, la sua voce, il suo profumo : quel misto tra colonia e tabacco. Ero persa tra i miei pensieri e non mi accorsi che si era mosso per farsi più vicino.
“Non vi muovete Bella” mi disse piano allungando una mano verso di me “ Avete una farfalla poggiata tra i capelli.” Con un movimento delicato riuscì a prenderla. “Ecco. Guardate.”
“E’ bellissima” dissi osservandola.
“Sì, e ha scelto il fiore più bello per posarsi.”Sentii le guance avvampare.
“Liberatela, vi prego.” Mi guardò per un istante e poi tornò a posare il suo sguardo sul bellissimo insetto.
“Volete che la lasci andare via?” Annuii.“E’ così bella…non so se ne ho la forza.” I suoi occhi si spostarono su di me.
“E’ così fragile, non resisterebbe a lungo tra le vostre mani” Risposi.
“Avete paura che potrei farle del male?” Mi morsi le labbra.
“Magari senza volerlo. Forse.” Sorrise con quel suo modo particolare.
“Preferirei rinunciarvi anziché correre questo pericolo.” Allentò la presa e la lasciò libera.
Mi sorrise e si alzò. Non finivo mai di restare affascinata da come si muoveva. Si voltò verso di me e mi tese una mano per aiutarmi a mia volta ad alzarmi e mi sorrise.
“Venite Isabella, è ora di rientrare. Scommetto che avrete un gran da fare con mia sorella nelle prossime ore.”
Mentre raggiungevamo il cavallo non aveva lasciato la mia mano. Si girò per aiutarmi a salire, il suo viso era vicinissimo al mio, potevo sentire il suo respiro sul mio volto. Poggiò le sue mani sui miei fianchi e mi sollevò come se non pesassi nulla.
“Tenetevi.” Disse, mentre con un movimento agile salì anche lui sistemandosi sulla sella .“Non dovete avere paura di me Bella, io non vi farei mai del male.” Mi bisbigliò avvicinandosi e mi sfiorò appena con le labbra una guancia. Il mio cuore accelerò i battiti e un brivido mi percorse la schiena.
Spronò il cavallo e partì al galoppo, distanziando gli altri e cingendomi con un braccio alla vita per non farmi cadere.
Sentivo il vento sul viso, il suo profumo e il suo respiro accelerato dalla corsa, ma stranamente non avevo paura di tutta quella velocità, tra le sue braccia mi sentivo tranquilla e sperai che quel momento non finisse più.
Chiusi gli occhi e mi abbandonai a quelle sensazioni.
Arrivammo per primi, mi aiutò a scendere e si diresse alle scuderie per sistemare il suo cavallo dopo avermi baciato la mano.
“A questa sera.” Mi disse guardandomi e voltandosi per andare via.
Camminavo cercando di evitare di perdere l’equilibrio. La testa mi girava. Ero euforica e terrorizzata, quando da dietro ad una colonna apparve Jessica.
Mi guardava piena di risentimento ed ero quasi sicura che lo sguardo che aveva era carico d’odio.
“Non lo avrai mai. Vuole solo togliersi un capriccio. Vedere fino a che punto sei sciocca. Noi stiamo per fidanzarci.” La guardavo e con mio grande stupore, non mi sentivo intimidita da lei, non mi faceva paura.
“Questa sciocca, questa mattina, ha goduto della sua compagnia, al contrario di te.” Era viola per la rabbia.
“Sta solo giocando. Sono io quella che ama, che ha sempre amato.” Le sorrisi come per compatirla.
“Se è così, allora non devi preoccuparti se al ballo di questa sera sarò io al suo fianco.” Era fuori di se.
“Ascoltami piccola insignificante gatta morta. Edward è mio e non me lo lascerò portare via così facilmente.” Mi aveva presa per un braccio e mi stringeva tanto che cominciai ad avvertire dei formicolii. Fu in quel momento che Edward che chiamava Mike per avere notizie di Lady ci vide. Alla scena di Jessica che mi serrava il braccio con fare minaccioso, la sua reazione fu istantanea, l’afferrò strattonandola e Mike fu costretto a calmarlo.
“Edward! Calma… amico.” Intervenne.
Edward era serio e la sua espressione severa.“Jessica ti avverto, non tollererò oltre da parte tua. Lasciala in pace.” Inaspettatamente la maschera di spavalderia di Jessica si frantumò e iniziò a piangere e liberandosi dalla presa scappò via. A quella vista Edward si calmò e lanciandomi un’occhiata imbarazzata come a volersi scusare la seguì.
“Jessica!” Lo sentii chiamarla.
Rimasi immobile non sapendo cosa pensare. Non volevo piangere, Mike era lì fermo che mi guardava e stranamente rimase in silenzio. Assunsi una posa più eretta e mi avviai verso casa, seguita dal suo sguardo.
Speravo di non incontrare nessuno mentre attraversavo l’atrio per raggiungere la mia camera. Mi rammaricai quasi di dividerla con Alice. Non volevo vedesse che stavo male.
Salivo le scale affranta, mentre pensavo al suo sguardo mentre si voltava per rincorrerla. Forse aveva ragione Jessica, voleva solo divertirsi, ignorando la sofferenza che avrebbe inflitto a tutte e due. Possibile che fosse così cinico? Se era come diceva lei potevo comprendere la sua rabbia. Vedere il tuo futuro fidanzato fare la corte ad un’altra anche solo per un assurdo gioco, non è una cosa piacevole e lei doveva amarlo parecchio per sopportare tutto questo.
Continuavo a sentire le parole che mi aveva sussurrato qualche ora prima. Possibile che mentisse così bene? Non riuscivo a capire cosa era quella strana smania che mi attanagliava. Vederlo correrle dietro mi aveva irritata: ero gelosa, pensai.
Sì, ero furente. Questo non potevo permetterlo. Non potevo fidarmi di lui e non volevo soffrire. Cercai di calmarmi. Per lui non rappresentavo nulla. Gli ero servita per mettere alla prova l’amore di Jessica.
Ero sdraiata sul letto e sfinita da tutte quelle emozioni mi addormentai.
Lo sognai, nel momento in cui le sue labbra avevano sfiorato il mio viso e quando Alice mi svegliò feci fatica a capire dove fossi.
“Bella, cosa stavi sognando?” A quella domanda mi sentii arrossire. “Ho visto come ti guardava oggi mio fratello, direi che qualcuno è proprio cotto.” Rideva felice e divertita, ma io non riuscivo a condividere quell’allegria. “Dimmi, ti ha forse fatto parola di questa sera? Sa della festa?” Annuii in silenzio. Alice era troppo presa dai suoi discorsi per prestare attenzione al mio umore. Forse pensava che fossi ancora confusa dal sonno.
“Lo sapevo che aveva capito, del resto lo fa ogni anno, ma noi cerchiamo di sorprenderlo lo stesso con qualcosa che non si aspetta. L’anno scorso i miei gli hanno regalato il suo cavallo e quest’anno appena entrerà la torta e spegnerà le candeline, ci saranno i fuochi d’artificio. Li abbiamo posizionati di notte nel giardino e ti assicuro non è stato facile, ultimamente mio fratello sembra non dormire molto.” Disse facendomi una smorfia d’intesa.” Non avevo pronunciato una parola limitandomi a sorridere.
“Sono sicura che ti farà da cavaliere. Sei fortunata , Edward è un perfetto ballerino tutte le ragazze vorrebbero ballare con lui.”
C’era qualcosa che Edward Masen non sapesse fare o nel quale non emergesse? Il modo in cui suonava, andava a cavalo, ballava, si muoveva, tutto in maniera eccellente: era anche bello in modo superlativo.
Ero esasperata da questo ragazzo che da quando lo avevo conosciuto mi teneva in bilico sull’orlo di quel precipizio che erano i suoi occhi e mi faceva sentire lo stomaco come su di un’altalena. Mi tendeva una mano per poi farmi precipitare nel vuoto.
Per quella sera avevo scelto un vestito che avevo già messo, non considerando nemmeno quelli nuovi che aveva acquistato la mamma. Non avevo motivo di voler sembrare carina. Sicuramente, non mi avrebbe accompagnata al ballo, come si era offerto di fare.
Alice non condivideva la mia scelta e insistette tanto da farmi cambiare idea. L’assecondai, non mi importava granché di cosa avrei messo. Mi preparai tra i vari apprezzamenti di Alice e Rosalie che nel frattempo ci aveva raggiunte, sia per il mio abito che per gli accessori. Impiegammo gran parte del pomeriggio per prepararci, i capelli furono la parte più difficile. Alice e Rosalie avevano deciso di farmi un’acconciatura elaborata, che lasciava parte dei capelli sciolti e ondulati sulle spalle e intrecciati con dei piccoli fermagli a forma di stella.
Mentre erano indaffarate, sentimmo bussare alla porta: era la signora Masen.
“Scusate ragazze. Il fioraio ha portato questi per voi.”
Erano delle scatoline che contenevano dei fiori da appuntare sul vestito o legare al polso. Li avevano fatti recapitare Jasper ed Emmett.
“I vostri cavalieri hanno proprio pensato a tutto, veramente galanti. Complimenti ragazze.” Disse Elisabeth uscendo compiaciuta per la sorpresa letta sul viso di sua figlia e dalla sua futura nuora.
“Già veramente galanti.” Pensai. Chissà se Jessica avrebbe sfoggiato i suoi? Forse Edward, per farsi perdonare glieli aveva fatti recapitare. Sospirai senza dare l’impressione di esserci rimasta male o di aspettarmi anch’io un gesto del genere. Per fortuna sia Alice che Rose erano troppo concentrate ed euforiche per badare a me.
Finalmente quella tortura dei preparativi finì e venne l’ora di scender nel salone. Erano tutti lì che aspettavano il festeggiato ma non riuscivo a vederlo da nessuna parte. Alice era al braccio di Jasper che non aveva occhi che per lei e non smetteva di sussurrarle all’orecchio. Emmett non riusciva a camuffare la sua ammirazione per Rose neanche con le sue battute. Elisabeth Masen si teneva al braccio del marito emozionata come una bambina. Mio padre e mia madre parlavano e avevo notato che a loro si era unito Mike. Mi aspettavo di vedere entrare da un momento all’altro Edward con al braccio Jessica. Non riuscivo però a scorgere i suoi genitori: “che non fosse ancora pronta?” Pensai. Del resto se avesse annunciato il suo fidanzamento doveva volere che tutto fosse perfetto. Nessuno se lo sarebbe aspettato.
Sarebbe stato una sorpresa nella sorpresa.
Ad un tratto lo vidi entrare nella sala e al suo ingresso tutti cominciarono ad applaudire e dire in coro: tanti auguri.Era da solo, al suo braccio non aveva nessuno e teneva tra le mani una scatolina identica a quelle che avevo visto recapitare ad Alice e Rosalie. Lo vedevo avanzare verso di me tenendo i suoi occhi fissi nei miei e sorridendo in quel modo che lo distingueva. Avanzava sicuro, mentre tutti lo seguivano con lo sguardo. Quando lo ebbi davanti riuscivo a vederlo appena tra le lacrime che a stento trattenevo.
“Questi sono per voi Bella.” Disse in un soffio. “Permettete che ve li appunti?” Feci cenno di si “Mi dispiace non averli mandati con quelli di Jasper ed Emmett, ma io non dovevo sapere della festa… Ricordate?” Fece chinandosi verso di me e sussurrando quelle parole. Quando ebbe fatto mi porse il braccio e poggiò la sua mano sulla mia. Lo vidi scambiare con sua madre uno sguardo complice. Elisabeth Masen mi guardò con affetto e con un sorriso d’approvazione.
“Dov’è Jessica” domandai. Lo vidi farsi serio. Si voltò verso di me.
“Non vi darà più fastidio Bella, è partita questo pomeriggio. Le ho spiegato che il mio cuore non potrà appartenerle mai, se non come amico. Mi sono scusato per come mi sono comportato in questi anni, per averle dato una qualunque speranza che per lei provassi altro e mi scuso con voi per come ho reagito in vostra presenza. Non si dovrebbero mai perdere le staffe con una donna, ma Jessica oggi si è spinata oltre, rischiando di farvi veramente male, e poi mostrandosi in quel modo brusco sotto il portico.” Non sapevo cosa dire.
“Lo avevate capito che era stata lei? Come avete fatto?” Sorrise nuovamente.
“Perché so come è. Non ammette di essere messa in secondo piano. Non voleva certo causarvi nulla di grave, ma non ha valutato le conseguenze del suo gesto. Aveva bisogno di questa lezione, per il futuro e per il suo bene. Non credete?” Lo guardai.
“ Penso di si, ma deve essere stata dura per lei averla avuta proprio da voi.” Annuii.
“Suppongo di sì, ma così sicuramente non la dimenticherà e ne farà tesoro. Nella vita non possiamo avere sempre tutto ciò che vogliamo. Bisogna anche saper perdere e accettare le sconfitte e i propri limiti. Specialmente in amore, non possiamo pretendere che qualcuno ci ami solo perché noi lo vogliamo. L’amore è un sentimento che non obbedisce a nessuna legge. L’amore non si può imbrigliare al proprio capriccio o volere.” Mi sentii in colpa ancora una volta, lo avevo giudicato male.
Non pensavo sarebbe stata una festa così grande, immaginavo una riunione di famiglia, invece c’era tanta gente, tutti provenienti delle tenute confinanti, con cui i Masen avevano stretto ottimi rapporti d’amicizia in quegli anni.
Alice si era data veramente da fare e sua madre aveva lasciato che fosse lei ad occuparsi di ogni cosa rimanendo a guardare e dandole piccoli consigli quando richiesti e godendosi la compagnia di mia madre.
“E’ meglio che inizi da subito a fare gli onori di casa se ha intenzione di sposarsi presto. Più fa pratica più saprà organizzarsi dopo.” Aveva detto Elisabeth a mia madre.
Alice aveva deciso con Jasper di sposarsi la primavera seguente, mentre Emmett e Rosalie per la fine dell’estate e già noi eravamo stati invitati in maniera informale.
Ad aprire le danze furono Edward e sua madre, insieme erano speciali. Belli ed eleganti, li guardavo rapita e ad un tratto lo vidi prenderle la mano e baciarla. Lei lo accarezzò e gli posò un bacio sulla fronte. Poi fu raggiunta da suo marito e iniziò a ballare con lui.
Ero rimasta in disparte, ma lui mi raggiunse e guidandomi al centro del salone mi passò una mano intorno alla vita e mi portò sulle note di un valzer volteggiando per tutta la sala. Lo guardavo negli occhi sperando che la testa non mi girasse. Mi sorrideva.
“Vi va di uscire fuori?”
Sarebbe stato piacevole respirare l’aria tiepida della sera e accettai. Mi sentivo accaldata e presi il mio ventaglio.
“Vi prendo qualcosa da bere?” Disse.
“Si grazie Edward…ve ne prego.”
“E’ un piacere. Torno subito.”Rimasi ad osservare la campagna alla luce delle lanterne e a cercare di riportare il mio cuore alla normalità.
“Avete messo delle stelle tra i capelli stasera, ma quella più brillante continuate ad essere voi.”Quella voce mi suscitò all’istante fastidio. Non la sopportavo normalmente, figuriamoci impastata dall’alcool.
“Avete bevuto…Mike?” Risposi con freddezza.
“Non tanto da non poter apprezzare la vostra bellezza.” Lo sentii avvicinarsi e un senso d’inquietudine mi attraversò.“Siete veramente adorabile questa sera mia cara e il fatto che lo sappiate, ma facciate finta di non accorgervene vi rende irresistibile.”Mi stava spaventando.
“Edward sarà qui a momenti Mike non vorrete che vi veda in questo stato? Fareste meglio a ritiravi nella vostra stanza.” Rise in maniera sguaiata.
“Bene vedo che siete già alla fase: Edward sarà qui tra poco! Ma cosa avrà mai da riuscire a fare girare la testa a tutte?” Si avvicinò ancora di più. E prendendomi per le spalle mi fece voltare verso di lui.
“Avanti Isabella, ditemi: cosa ha lui che io non ho?” I suoi occhi erano due fessure e ardevano sotto l’influsso dell’alcool. “Forse lui vi bacerebbe così?” E detto questo mi afferrò cercando di baciarmi, pensavo che ci sarebbe riuscito quando lo sentii allontanarsi da me.
“Brutto vigliacco!… Toglile le mani di dosso!” La voce di Edward si levò alta. Vidi Mike barcollare giù per i gradini del portico. Edward furioso, stava per avventarsi su di lui, ma cercai di fermarlo e di calmarlo.
“Lasciatemi Isabella! Questa canaglia non la passerà liscia. Come hai osato…?” Non riuscivo a trattenerlo. “Vi prego, Edward!” gridai “non mi ha toccata, non c’è riuscito…ve lo giuro. Lo avete fermato in tempo.” Lo aveva fatto rialzare da terra e lo guardava tenendo ancora il pugno alzato verso di lui.
“Sparisci dalla mia vista e dalla mia casa Mike, non meriti neanche che ti prenda a pugni. Sei solo un vigliacco.” Lo lasciò facendolo cadere per terra. “Sono stato chiaro Mike? Sparisci!”
“Edward io…tu non puoi…per una donna, non puoi… la nostra amicizia è…” Continuavo a trattenerlo per un braccio.
“Taci!… Mike …oppure non rispondo di me.” Nel frattempo ci avevano raggiunti fuori Emmett e Jasper che capita al volo la situazione portarono via Mike.
“Bella ma cosa è successo?” Intervenne Alice che aveva seguito fuori il fratello e il fidanzato.
“Mike ha cercato di baciarmi” Risposi. Mi guardò stravolta. “Cosa ha fatto? Ma è impazzito?” Rimase senza parole .
“Venite Bella entriamo, concedetemi questo ballo ho bisogno di calmarmi altrimenti torno indietro e…” Lo sentivo tremare di rabbia.
“Vi prego Edward… non è successo nulla… non ne vale la pena. Calmatevi adesso, se ne accorgeranno tutti altrimenti.” Mi prese per mano ed entrammo, seguiti da Alice.
“Alice accompagna Bella a rinfrescarsi i viso, io informo dell’accaduto papà e faccio provvedere affinché qualcuno tenga sotto controllo quello sconsiderato e poi domani faremo in modo di farlo rientrare alla base.” Vidi Alice Annuire.
Non volevo che i miei genitori venissero informati dell’accaduto e pregai Edward di fare in modo di non farglielo sapere. Mentre raggiungevamo la nostra stanza sopraggiunse Rosalie.
“Alice?... Bella… avete visto Emmett? Non riesco a trovare neanche Jasper. Tra poco entrerà la torta e bisogna dare il segnale per far partire i fuochi, ma…si può sapere cosa avete?” Alice mise al corrente Rose che rimase allibita.
Mi aiutarono a calmarmi e si dimostrarono più che delle amiche si comportarono come delle sorelle. Non riuscivo a smettere di tremare quando improvvisamente iniziai a piangere in maniera convulsa senza riuscire a calmarmi.
“Si tesoro sfogati” disse Alice “ti farà bene.” Aggiunse mentre mi abbracciava.







Sono contenta che seguiate con entusiasmo questa storia, un grazie veramente di cuore a :

shinalia : Visto che fine ha fatto la psicopatica? Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Aspetto il tuo prossimo commento. Ciao!

Eka : Spero che anche il nuovo capitolo ti abbia emozionata. Hai visto? Jessica è stata messa ko! Grazie per i complimenti. Kisses!

sweetCherry : Grazie per i complimenti, sono felice. Spero che la storia continui ad appassionarti. Fammi sapere.
Ciao!

Ncgi86 : Grazie immensamente anche a te per apprezzare la mia storia, sono contenta che tu la stia seguendo e spero vorrai continuare a farmi sapere cosa ne pensi. Ciao!

Sheba_94 : Grazie per l’entusiasmo. Che Belloooooo!!!!!! ^.^ Ecco un nuovo capitolo. Aspetto il tuo parere. Ciao! Kisses.

Cristy97 : Grazie della segnalazione. Tranquilla non me la prendo. Anzi ti nomino mia Editor! Sono contenta che segui la storia e che ti piaccia.
Grazie. Ciao!


Grazie anche a chi ha messo la mia ff tra i preferiti e tra i seguiti, grazie anche a chi legge solamente.

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Capitolo 10
*** CAPITOLO IX ***




Non capivo perché, ma da quando avevo conosciuto i Masen, sembrava che riuscissi a scatenare le reazione più strane.
Ero seduta sul letto e non riuscivo a smettere di piangere, non sapevo bene neanche io il perché, quando sentii bussare alla porta.
“…Edward?” Udii dire ad Alice.
“Volevo sapere come sta.” La sua voce bassa e seria.
“Meglio. Vieni entra.” Disse lei.
Lo vidi entrare e avvicinarsi titubante, mentre Alice faceva cenno a Rosalie di seguirla per lasciarci da soli.
“Sono mortificato” disse prendendomi le mani e inginocchiandosi davanti a me che rimanevo seduta immobile, con il viso rigato dalle lacrime. “Perdonatemi, è colpa mia.” Nei suoi occhi leggevo il rammarico.
“Non è colpa vostra” sussurrai “sono io che non so per quale motivo, ma scateno queste reazioni. Sono un disastro.” Mi sfiorò una guancia per cercare di contenere il mio pianto.
“No…Bella, voi siete adorabile. Doveva essere compito mio saper valutare meglio i miei amici e invece, vi ho esposta a tutto questo.” Sospirò rassegnato “ non so cosa dire, mi sento tremendamente in colpa, ma non immaginavo…”
Lo guardavo e vedevo che era addolorato, avrei voluto non essere sempre così impacciata e inadeguata.
“Sorridete Bella, ve ne prego. Regalatemi un vostro sorriso.” Tenevo il viso basso e mi sentivo come una bambina, mentre, mi guardava cercando i miei occhi.
“Vi prego, fatelo per me.” Come potevo non accontentare quella sua richiesta. La sua voce, la sua espressione, erano di una dolcezza disarmante e, quasi senza accorgermene, le lacrime cessarono e accennai un timidissimo sorriso.
“Ecco. Così va molto meglio, non credete anche voi?” Feci cenno di si.
“Bene. Asciughiamo queste lacrime ora, ci aspetta ancora una festa a cui partecipare. Lo avete dimenticato?” Aveva tenuto le mie mani tra le sue, mentre parlava.
“Grazie” disse “ Vi aspetto di sotto, fate presto e ritenetevi impegnata per tutti i balli. Non vi voglio dividere con nessuno questa sera.”
Quelle che ormai non consideravo più semplici amiche, ma al pari di sorelle, mi raggiunsero nuovamente per ridare alla mia immagine una aspetto di normalità. Alice e Rose mi praticarono degli impacchi d’acqua fredda sugli occhi e, non mancarono, di avere parole gentili e di conforto.
Dopo un po’ Rose esclamò soddisfatta “ Ecco Bella, ora sei perfetta. Sei pronta per scendere?” Mi disse sorridendomi.
“ Sì” risposi piano guardando la mia immagine riflessa nello specchio.
“Vai allora, non farlo aspettare.” Fece premurosa.
Mentre scendevo le scale, pensavo a come il mio giudizio su Edward Masen era passato attraverso vari stadi che andavano dal risentimento, all’ammirazione più assoluta e, forse, all’amore. Ero stata prevenuta e l’avevo giudicato male, in modo affrettato, ma ora mi rendevo conto che tutto prendeva un senso per me, solo quando riappariva alla mia vista. Non mi ero resa conto, fino ad ora, che tutto perdeva d’interesse quando era lontano da me.
Avevo paura di quello che stavo provando, era qualcosa di nuovo, sconosciuto e talmente forte che non sapevo se fossi pronta ad affrontarlo. Innamorarmi di lui sarebbe stato facile, era disarmante nei modi di fare . Avevo capito che la sua non era spavalderia, ma modestia. Non amava essere al centro dell’attenzione: come me. I modi aristocratici ereditati dalla madre, lo facevano sembrare distante e, invece, era solo schivo.
Procedevo lentamente verso il salone tra il timore che potesse capire cosa stava avvenendo nel mio cuore e l’ansia sottile dell’attesa di poter essere di nuovo al suo fianco.
La sua voce aveva un tono caldo, suadente, con quell’intonazione bassa e profonda che riusciva a rapirmi totalmente.
Quando entrammo nella grande stanza illuminata , Alice e Rosalie si congedarono da me, per raggiungere Jasper ed Emmett. Le osservai scomparire tra gli invitati.
Mentre cercavo di scorgere Edward lo vidi parlare con suo padre che, appena mi scorse, si avvicinò affabile: “Isabella, vogliate accettare le mie scuse. Non so cosa dire.” Mi sentivo in imbarazzo, avevo messo in difficoltà il signor Masen. “ Mi dispiace veramente che, abbiate dovuto subire a casa mia, questi affronti.”
Sorrisi mentre sentivo le mie guance arrossire.
“Non è successo nulla…signore. Vi prego, non è necessario che voi…” Dissi con un filo di voce.
“Siete gentile, mia cara, ma Edward mi ha detto che siete stata oggetto di vere persecuzioni. Non ho parole per ribadirvi il mio sconcerto e dispiacere.” Mi sentivo veramente mortificata ,di dover costringere il Signor Masen, a farmi delle scuse.
“Davvero, signore…non fa niente.” Mi sorrise e mi strinse le mani tra le sue.
“D’accordo cara, come volete, non parliamone più. Divertitevi adesso, sistemerò io le cose. Vi lascio nelle mani del vostro cavaliere che, mi sembra alquanto impaziente, di riavervi al suo fianco.” Mi salutò, congedandosi con un sorriso affettuoso.
Ero frastornata da quegli ultimi avvenimenti e, l’aver ricevuto le scuse del padre di Edward, mi aveva intimidita.
“Venite Bella, uniamoci agli altri, ma…cosa avete?” Mi chiese, mentre non riuscivo a guardarlo negli occhi.
“Ho costretto vostro padre a scusarsi con me.” Alzai appena lo sguardo.
“E con questo? E’ un suo dovere, siete sua ospite. Cosa ci trovate di così tremendo?” Rispose mentre sorrideva divertito.
“Un uomo importante come lui, costretto a chiedere scusa ad una sciocca come me.” Ero imbarazzata, ma vidi Edward scuotere la testa e continuare a sorridere.
“Siete unica Bella. A parte il fatto che non siete sciocca , non capisco perché abbiate di voi questa opinione, dovete sapere che,mio padre, è una delle persone più semplici e disponibili che io conosca e non dovete sentirvene intimorita. Assomiglia molto ad Alice nel carattere e, anche lui, come tutti noi, vi adora.” A quelle parole mi sentii sollevata e non riuscii a fare a meno di non cogliere quel: tutti. Questo voleva dire che anche lui si includeva tra quelli che mi adoravano?
“Venite Bella, ho visto Alice fare dei cenni strani e muoio dalla curiosità di sapere che cosa si sono mai inventati quest’anno per cercare di sorprendermi. Voi ne sapete niente” Si era fermato per scrutare la mia espressione. “Allora? Ne sapete qualcosa?” Istintivamente mi venne da sorridere, perché aveva assunto un’aria indagatrice che lo rendeva divertente.
“Bene, bene. Vedo che ho tra le mani il nemico? L’anno scorso sono riuscito a sapere cosa fosse, grazie ad accurate indagini e, perché obbiettivamente, non era facile tenere nascosto un cavallo anche se la scusa ufficiale era che apparteneva ad un vicino, ma quest’anno…niente. Non c’è stato verso di sapere nulla.”
Assunsi una posa austera.“Da me non saprete niente.” Dissi solenne.
“Se è così …Staremo a vedere.” Aveva un’espressione tra il minaccioso e l’indagatore che lo rendeva irresistibile.
“Ditemi: cosa volete in cambio per questa informazione?” Continuava a sorridere con quel suo modo particolare mentre assumeva un tono cospiratore.
“Nulla. Non riuscirete a corrompermi. Piuttosto la morte.” Esclamai come l’eroina di uno dei romanzi che adoravo leggere.
“L’avete voluto voi Isabella Swan, vi conviene fuggire finché siete in tempo, perché la mia vendetta sarà tremenda.” Disse mentre dava alla sua voce un tono cupo e minaccioso, che mi fece scoppiare a ridere.
“Ma insomma, vi sembra bello ridere in faccia al vostro carceriere? E’ demoralizzante.” Pronunciò, mettendo un finto broncio.
Ridevamo tutti e due quando ci raggiunse Alice. “Eccovi qui” fece entusiasta “ Vi stavo cercando è l’ora della torta Edward, stiamo aspettando te.” Era euforica e, prendendoci per mano, guidò sia me che Edward, che eravamo rimasti appena fuori il grande salone, al centro della stanza e ad un suo cenno le luci si spensero, gli invitati si aprirono a cerchio intonando il coro di buon compleanno e apparvero due camerieri in livrea che spingevano un carrello dove spiccava la torta più bella che avessi mai visto, con sopra le candeline accese che Edward avrebbe dovuto spegnere.
Feci per indietreggiare per raggiungere il resto degli invitati e lasciarlo a quel suo momento quando mi sentii afferrare la mano.
“Dove avete intenzione di andare?” Mi sussurrò “ Siete mia prigioniera, non potete andare via e poi non voglio rimanere qui tutto solo.” Ormai ero rimasta solo io accanto a lui e mi sentivo osservata.
“Non fate il bambino, Edward, questo è il vostro momento, non posso restare vicino a voi.” Non ne voleva sapere di lasciare la mia mano.
“No, non mi avete convinto. E se poi scappate senza rivelarmi ciò che sapete?” Sicuramente se avessi avuto il favore delle luci tutti avrebbero visto che il mio viso era di un bel porpora acceso.
“Vi prego, Edward, mi stanno guardando tutti.” Ma non sembrava intenzionato a lasciarmi andare.
“E’ il mio compleanno, posso fare tutto ciò che voglio e, io… vi voglio al mio fianco, Bella.” Mi sussurrò chinandosi verso di me. Capendo il mio imbarazzo Alice e Rosaile afferrarono Jasper ed Emmett e si unirono a noi.
Lo osservavo, era felice e, alla fioca luce delle candeline, i suoi tratti sembravano quelli di un bambino.
Si chinò per spegnerle e in quell’istante le luci si accesero di nuovo e il cielo venne illuminato dai fuochi d’artificio.
Tra le varie esclamazioni di stupore gli invitati raggiunsero il portico per assistere allo spettacolo che era veramente unico e meraviglioso. Il cielo era illuminato a giorno dai molteplici colori dei giochi pirotecnici. Lasciai che la sala si svuotasse e poi uscii anche io. Lo vedevo circondato dai suoi familiari sorridente e felice.
“Che bella festa , vero tesoro?” Mia madre mi aveva raggiunta e mi osservava. Sapevo che a lei non sarebbe sfuggito quel mio cambiamento.
“Si, stupenda.” Risposi senza smettere di guardare verso Edward.
“Già…stupenda, bambina, devo convenirne. Non ho mai visto niente di così bello ed elegante.” Mi sussurrò piano con fare complice. “Sono felice che tu ne sia rimasta colpita.” Non ero ben sicura se si stesse riferendo semplicemente alla festa, ma conoscendola non mi sarei meravigliata se non fosse stato così. Mia madre, era l’unica persona al mondo che mi conosceva veramente, più di quanto non riuscissi a fare io stessa. Si avvicinò e mi posò un bacio leggero. “Stai crescendo bambina e lui mi sembra un ragazzo veramente a modo e speciale, se è riuscito a farsi notare da te.” La guardai sbalordita.
Incrociando le braccia in segno di sdegno.
“Ma…mamma” dissi in tono di rimprovero.
“Va bene, va bene lo so, ho capito, queste cose non ti interessano. Sappi Isabella che sono fiera di come sei venuta su. Sei una ragazza di buon carattere, rispettosa e responsabile. Non sei frivola, sei bella, dolce e modesta e se un giorno, che so non troppo lontano, lascerai me e tuo padre per iniziare la tua vita di donna, sarei felice se fosse con Edward. Dai racconti che fa di lui, sua madre Elisabeth, è un ragazzo straordinario. Sarei disposta a rinunciare a te, solo per una persona come lui.” Guardavo mia madre e non ci fu bisogno di parole perché capisse quanto le volessi bene.
“Come hai fatto a capire mamma?” Il suo era il sorriso più dolce del mondo.
“Sei mia figlia tesoro, di te capisco ogni cosa prima ancora che lo faccia tu stessa, questo lo sai e, poi ho visto come lo guardi.” Mi veniva da piangere, se lo aveva capito la mamma sicuramente se ne era accorto anche lui.
“Mamma, credi che lui se ne sia accorto?” Mi accarezzo il viso.
“Non credo tesoro, lui non ti conosce come ti conosco io.” Si allontanò per raggiungere mio padre e io rimasi sola, appoggiata ad una della colonne. Guardavo il cielo, illuminarsi dei bagliori colorati dei fuochi e, ad un tratto, sentii una mano sfiorare la mia: la mano di Edward che mi aveva raggiunto, sfruttando il favore della sera e rimanendo coperto dall’ombra della grande casa. Intrecciò le sue dita alle mie e poggiò le sue labbra su i miei capelli.
“Perché ve ne state qui tutta sola? Ho fatto qualcosa che vi ha offesa?” Il mio cuore, batteva così forte, da sembrarmi strano che non riuscisse ad udirlo. “Pensavo rimaneste con me a guardare lo spettacolo.” Respiravo a fatica e avevo la testa che girava e le orecchie che ronzavano in maniera preoccupante. Sentivo il corpetto serrarmi il torace dandomi un senso di oppressione. Ad un tratto le gambe mi cedettero ed ebbi bisogno di aggrapparmi alla colonna.
Sentii il suo braccio passarmi intorno alla vita e tirarmi al riparo nel cono d’ombra che nascondeva anche lui. Mi guardava e, i suoi occhi, riflettevano le esplosioni colorate in cielo.
Era vicino, tanto vicino forse troppo perché, adesso, invece che di un battito impazzito, ne percepivo due.
Istintivamente poggiai la mia mano sul suo petto.
“Edward…” Sussurrai. “ Io…voi…” Continuando a tenere la sua mano intrecciata alla mia, mi passò l’altra tra i capelli, poggiandola poi, sulla colonna alle mie spalle.
“Bella…” Disse con un filo di voce. “ State bene?”
Sospirai, per cercare di articolare un qualche suono che avesse senso compiuto, fuoriuscendo dalle mie labbra.
“Forse” Fu tutto quello che riuscii a dire.
“Io invece No. Il mio cuore ha deciso di abbandonarmi per seguirvi e tenta di farlo ogni volta che vi vede. Ditemi…dimmi Bella, saresti disposta ad accoglierlo?”Prese la mia mano e la poggiò sul suo cuore che batteva ancora in maniera disperata. “E’ tuo Bella, lo metto nelle tue mani. A te la decisione di salvarlo o lasciare che si frantumi come cristallo.” Ero paralizzata dal suo sguardo intenso, ero lì presa dal vortice di quelle sensazioni così sconosciute e nuove che mi avevano immobilizzato la mente e i pensieri dove riuscivo ad articolare solo un nome: Edward…Edward…in maniera convulsa ed ossessiva e lo sentivo quasi urlare dentro di me. Gli occhi mi si velarono di lacrime.
“Perché piangi, Bella? Ti sto forse spaventando? Forse questo è troppo per te dopo quello che hai dovuto passare. Perdonami sono uno stupido.”
Continuavo a non riuscire a parlare, a trovare le parole giuste a quel momento. Non sapevo cosa bisognava dire in una situazione del genere non volevo fare la figura della sciocca, ma riuscivo solo a piangere.
“Ti avevo detto che non dovevi avere paura di me e, guarda invece che faccio, ti terrorizzo.”
Dovevo smetterla e trovare qualcosa da dirgli, lo stavo mettendo in difficoltà.
“No” Dissi. Mi guardò interrogativo.
“No, cosa?” Respirai profondamente.
“Non ho paura è che… non mi aspettavo che voi…che tu. Lo speravo, ma non lo credevo possibile.” Lo vidi sorridermi teneramente.
“Perché Bella, non lo credevi possibile?” Era concentrato sul mio viso, mi fissava negli occhi.
“Avevo paura che non fossi interessante per te” Si avvicinò, quasi a sfiorami.
“Lo sei invece e dal primo momento che ti ho vista, non sono più riuscito a non pensare a te, ho anche cercato di farlo, ma non ci riesco, però non ti farei mai del male Bella, non potrei sopportare di farti soffrire, preferirei rinunciare, anziché essere la causa di un tuo dolore.” Era vicino, tremendamente vicino e, non so per quale impulso, mi sciolsi dalle sue braccia e scappai via, senza una risposta e senza alcuna spiegazione. Correndo mi diressi verso la mia stanza.








Angolo ringraziamenti:

Fc 27 : Grazie. Sono contenta che la mia storia ti piaccia. Aspetto un tuo commento anche per i prossimi capitoli. Ciao!

Mcgi 86 : Grazie per i complimenti. Spero il nuovo capitolo ti sia piaciuto. Aspetto un tuo commento. Mi farebbe piacere. Ciao!

Shinalia : Visto? Non le capitano solo, se le cerca anche. Ti sembra normale? Aspetto di sapere cosa ne pensi. Ciao!

Samy 88 : Grazie anche a te per i complimenti. Spero che i nuovi avvenimenti ti continuino ad appassionare. Kiss.

sweetcherry : Sono felice che quello che scrivo ti emozioni così. Spero che anche questo ultimo aggiornamento ti sia piaciuto. Ciao.

Cicciolgieiri : Grazie dei complimenti. Sono veramente contenta si sapere cosa pensi della mia ff. e che ti piaccia. Penso che Edward da umano doveva essere così dolce per come lo abbiamo conosciuto e ho provato ad immaginare come sarebbe stato se avesse avuto la possibilità di vivere la sua vita mortale. Lo spunto l’ho avuto da una risposata che lui da a Bella in “Eclipse”. Cito: “Vedi Bella, io sono stato quel tipo di ragazzo. Nel mio mondo ero già un uomo[…] Se avessi trovato te so come avrei agito, senza alcun dubbio. Io ero quel tipo di ragazzo che, non appena avesse scoperto che tu eri ciò che stava cercando, avrebbe chiesto la tua mano in ginocchio. Ti avrei voluta ugualmente per l’eternità, anche se la parola non avrebbe avuto le stesse connotazioni di adesso.” Da qui l’idea di provare a raccontarlo nel suo mondo Baci.

Cristy 97 : Sai, sono convinta che chi scrive, deve avere l’umiltà di accettare consigli e correzioni quando necessario. Non siamo infallibili, quindi tranquilla e ancora grazie perché segui la mia storia e mi fai sapere cosa ne pensi. Baci.

Eka : Allora dimmi che te ne pare? Sono curiosa di sapere la tua opinione. Ciao. Baci!

frufru 123 : Grazie è bello sapere che segui la mia ff. In effetti sta piacendo molto anche a me. Aspetto altri tuoi commenti. Ciao. Kiss.

sheba_94 : Ecco qui un capitolo nuovo, nuovo e spero che avrai più tempo per leggerlo, perché non vedo l’ora di sapere cosa mi dici. Secondo te, in una situazione del genere, si può scappare così? Sono impaziente di sapere cosa ne pensi. Baci.


Grazie a tutti quelli che hanno messo la mia storia tra i preferiti e seguiti e anche solo a chi legge.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO X ***




Era scivolata via dalle mie braccia come schiuma di mare. Il suo respiro sul mio viso, come una folata di vento profumato di lavanda. Era corsa via senza una parola. La sentivo ancora su di me la sensazione del suo corpo che tremava, la sua voce in un soffio. Avevo letto la confusione nei suoi occhi, ma era fuggita via. Le avevo offerto il mio cuore, chiesto di salvarlo. Mi ero esposto, reso vulnerabile e lei era corsa via. Cosa dovevo leggere in tutto questo, forse un segno del destino? Avrei dovuto seguirla, ma non ne avevo avuto la forza. Mi sentivo come se qualcuno mi avesse dato un pugno nello stomaco. “Le farò una corte discreta” Avevo detto ad Alice “ e se capirò che non è interessata lascerò perdere.” Cosa dovevo fare adesso,lasciar perdere? Soffocare l’esplosione che mi procurava nel cuore il solo pensare a lei? Stavo male.
Ero un soldato, disposto a dare la mia vita per un ideale di gloria, senza paura, senza alcuna esitazione e, ora invece, ero terrorizzato dall’idea che lei, non potesse ricambiare il mio amore.
Mi passai le mani tra i capelli e, a malincuore, raggiunsi il resto della mia famiglia che si stava congedando dai nostri invitati. Non me lo ero immaginato così, il finale di quella serata. Lo avevo visto con Bella al mio fianco, emozionata quanto me nel trattenere nel cuore quel nostro segreto, nell’attesa di renderlo pubblico e, invece, ero lì da solo, con il gelo nel cuore e nell’anima.
Cercavo di non far trapelare nulla dei miei pensieri, ma sapevo che, sarebbe stato impossibile tentare di nasconderlo ad Alice. Ero talmente perso nelle mie riflessioni che stringevo mani e accennavo sorrisi e saluti, senza realmente rendermi conto di quello che facevo. Quando tutti furono andati via anche i miei genitori si congedarono da noi e ad un tratto mi resi conto che mancavano sia Alice che Jasper. Forse si erano allontanati per restare un po’ da soli. Eravamo stati tutti molto presi e impegnati dagli ultimi avvenimenti e avevamo avuto poco tempo per parlare tra di noi. Mi meravigliò non vederla apparire accanto a me, per informarsi su come era andata la mia serata con Bella.
Intravidi Emmett e Rosalie seduti sul dondolo sorridenti, mentre si tenevano per mano e cercai di rimanere in disparte per non disturbarli. Se Bella avesse accettato la mia richiesta, magari avremmo potuto comportarci come loro, probabilmente passeggiando mano nella mano al chiarore della luna di quella splendida notte di metà giugno. Sicuramente quello, sarebbe stato un compleanno che avrei ricordato per un po’. Da piccolo aspettavo con ansia che arrivasse questa data , contavo i giorni barrandoli man mano che passavano. Nella mia stanza, qui in campagna, si potevano ancora vedere le tracce di quel calendario improvvisato. Il venti di giugno, era il giorno in cui poteva accadere qualsiasi magia. Come cambiavano le cose adesso. Il momento che per me era stato da sempre il più bello, mi tradiva riservandomi la delusione più grande e cocente.
Camminavo da solo verso la mia stanza, quando sentii in lontananza delle voci e qualcuno piangere. Mi fermai per ascoltare meglio e, riconobbi, che si trattava di Jasper ed Alice. Perché mia sorella piangeva?
Allungai il passo per raggiungerli e vidi Jasper tenere tra le sue braccia Alice che era inconsolabile.
Appena fui visibile, Jasper sollevò una mano mostrandomi la busta inconfondibile di un telegramma.
Sospirai profondamente bloccandomi dove ero. Il mio futuro cognato mi fece cenno che ci saremmo parlati più tardi. Mi allontanai e mi diressi verso la mia stanza.
Mi allentai il nodo della cravatta e mi accesi una sigaretta. L’aria si era rinfrescata, forse sarebbe venuto a piovere. Sapevo che quel momento sarebbe arrivato, ma adesso la mia unica preoccupazione, era quella di dover informare mia madre senza causarle il dolore più grande del mondo.
“Edward…” Sentii Jasper chiamarmi e con il cuore pesante come un macigno mi voltai.
“Cosa dice? Lo hai letto?” Jasper annuii.“Quando è arrivato?” Domandai.
“Si l’ho letto. Lo ha portato Billy Blak, il vostro autista ,qualche ora prima della festa. L’ho intercettato e tenuto in serbo per evitare…bè quello che hai appena visto.”Sapevo che sarebbe stato un duro colpo per tutti e, fui grato a Jasper, di aver agito con il tatto che lo distingueva.
“Allora? Quali sono gli ordini?” Lo vidi sospirare.
“Dobbiamo trovarci a West Point fra quindici giorni.” Era serio “Ci hanno promossi al grado di tenente, sicuramente ci verrà assegnato un plotone.” Lo guardai.“Questo vuol dire… prima linea” Dissi.
Jasper annuii.
“Come farete con il matrimonio? Bisognerà rimandare ulteriormente…” Feci una pausa non c’erano garanzie che si potesse dare seguito a quell’impegno preso qualche settimana prima davanti ad una platea festante di parenti ed amici e, dove per la prima volta, avevo visto lei la donna che sapevo avevo aspettato da sempre.
“Non so Edward, ma spero di trovare una soluzione. Alice era disperata appena le ho dato la notizia, teme sia per me che per te e non vuole saperne di rimanere ad aspettarmi come signorina Masen.” La potevo capire, doveva essere terribile per lei. Noi avevamo avuto il tempo di abituarci all’idea e del resto era quello che volevamo, ma per loro, i nostri cari, non era facile da accettare.
“Dov’è adesso e,… come sta ?” Chiesi mentre sentivo i passi inconfondibili di Emmett che arrivava fischiettando come era solito fare.
“L’ho accompagnata nella sua stanza. Sono riuscito a calmarla, ma non credo che riuscirà a dormire questa notte.” Annuii. Il mio pensiero andava a Bella, forse non avrebbe dormito neanche lei e magari avrebbe confortato mia sorella. Sapevo che teneva ad Alice e, sicuramente, non avrebbe permesso ai suoi sentimenti di distrarla da un’amica bisognosa del suo conforto e questo, in un certo senso, mi rincuorò. Sapevo che era una ragazza dolce e sensibile.
“Chi è che non dormirà questa notte?” Esclamò Emmett curioso.
Io e Jasper ci guardammo.
“Allora? Cosa nascondete voi due?” Jasper mise una mano nella tasca interna della giacca e tirò fuori la busta.
Vidi mio fratello diventare serio e impallidire.
“Quindi… ci siamo? Dovete partire!” Disse stentando a parlare.
Mi fece effetto vederlo così vulnerabile, non pensavo che proprio Emmett con la sua irruenza, la sua spavalderia, il suo ridere su tutto, reagisse così. Se a lui faceva questo effetto non osavo pensare alle conseguenze che avrebbe avuto su mia madre.
“Chi ne è al corrente?” Disse.
“Ad Alice l’ho appena detto” rispose Jasper “tua sorella è disperata.”
Eravamo rimasti sulla veranda della dependance, ero poggiato alla ringhiera e mi spostai per sedermi sui gradini, rimanendo in silenzio. Emmett continuò a chiedere informazioni sulla nostra partenza a Jasper, li sentivo parlare e nella mia mente volteggiava l’immagine di lei, del suo viso. Sentivo i suoi capelli soffici e scuri come l’ebano ancora tra le dita, il suo respiro accelerato che le alzava il petto sotto il vestito, il suo profumo delicato. Era così bella nel suo essere imbarazzata e impacciata e lei neanche se ne rendeva conto. Le nuvole in cielo si addensarono e un vento più fresco si alzò e iniziò a piovere. Sentii Jasper congedarsi e andare verso la sua stanza.
“Domani dovrai dirlo alla mamma, lo sai vero?” Emmett si sedette vicino a me.
“Sì. Non sarà facile.” Risposi mentre mio fratello fissava un punto indefinito nel vuoto.
“Sarebbe stato meglio fossi partito io. Non reggerà a questo. A saperti così lontano e costantemente in pericolo, con la prospettiva di…” Si interruppe incapace di continuare.
“Emmet per lei sarebbe stato lo stesso. Non avrebbe accettato neanche che partissi tu.” Sospirò.
“Lo so, ma almeno non sarei stato presente per assistere alla sua disperazione.” In quel momento sentii una morsa serrami lo stomaco.
“Credi che non riuscirebbe a superarlo se…” Vidi mio fratello irrigidirsi.
“Chi potrebbe Edward? Nessuno di noi potrebbe accettare... Non dirlo nemmeno fratellino e anzi cerca di ritornare tutto intereo, altrimenti dovrai vedertela con me.” Fece, tirandomi a se e scompigliandomi i capelli come faceva quando eravamo piccoli.
“Come è andata con Bella?” Disse cambiando argomento, sapevo che era preoccupato per me e ora scoprivo che si era anche accorto che provavo qualcosa per Bella, ma non capivo come aveva fatto. Possibile che quello che provavo era così visibile?
“Dove avete sistemato Mike?” dissi per sviare l’argomento. “E’ nella sua camera. Billy Blak lo ha chiuso a chiave e si è sistemato davanti alla sua porta. Di lì puoi stare sicuro che non esce perché, il tuo amico, non si è addormentato, è letteralmente svenuto. Non capisco perché certuni insistano a bere quando non reggono l’alcool.” Sorrise fra se.
“Non è mio amico, non più almeno e adesso credo che non lo sia neanche veramente mai stato. Lo trovavo divertente ecco tutto, ma non pensavo che le sue bravate potessero spingersi così oltre.” Scossi il capo, stringendo i pugni al ricordo di ciò che aveva osato fare.
“Ti capisco, non so se io avrei resistito a non dargli una bella lezione.” Mio fratello continuava a guardarmi.
“Edward, cosa è successo questa sera con Bella? Ad un certo momento non l’ho più vista. Con Rose ci chiedevamo se…” Sospirai e infilai una mano in tasca per prendere il porta sigarette.
“Vuoi fumare?” Gli chiesi. Fece cenno di sì. Gli porsi le sigarette e ne presi una anche io. Lo feci accendere e poi accesi a mia volta.
“Allora, si può sapere come è andata?” Mi disse.
“Non lo so” Risposi liberando nell’aria umida di pioggia una nuvola di fumo.
“Come non lo sai, cosa vuol dire?” Tenevo gli occhi bassi mentre mi guardava, a fissare il fuoco consumare la carta della mia sigaretta alimentato dalla brezza del vento che odorava di erba bagnata.
“Vuol dire che non lo so, ecco tutto” Continuava a fissarmi.
“Ma tu le hai detto cosa provavi?” Gli lanciai uno sguardo irritato.
“Tu cosa ne pensi? Non sono un idiota” Lo vidi sorridere.
“Calmo, scusami non volevo dire questo, ma solo se sei stato abbastanza chiaro.” Aspirai un’altra boccata.
“Talmente chiaro da farla fuggire.” Lo vidi sgranare gli occhi.
“E tu? Voglio sperare, gli sia corso dietro e…” Perché aveva deciso di tormentarmi quella sera, che importava a lui di cosa mi aveva detto Bella?
“Emmett, non hai sonno questa sera? E’ stata una giornata lunga e domani dovremo alzarci presto per portare Mike alla stazione.” Adesso stentava a trattenersi dal ridere.
“Nel telegramma si dice se partirà anche lui con voi?” Forse aveva deciso di non insistere oltre, tirai quasi un sospiro di sollievo.
“Non saprei, Jasper non me ne ha fatto parola, ha parlato solo di noi, ma suppongo di si, essendo del nostro stesso corso.” Mi mise una mano sulla spalla.
“E così, non le sei corso dietro. Mi sembra quasi di vederti, lì imbambolato, infelice come un povero cagnolino maltrattato.” Ma cosa voleva mio fratello essere preso a pugni? Pensai.
“Emmett…!” Feci con un tono che non voleva lasciare adito a nulla di buono.
“Edward, io proprio non ti capisco, tu ne sei innamorato?” Lo guardai e annuii. “ Allora dovevi rincorrerla.” Non riuscivo a capire.
“E per quale motivo? Per comportarmi come Mike?” Alzai gli occhi al cielo spazientito.
“Non essere stupido, per rassicurarla, farle sapere che non doveva avere paura, che tu eri lì per lei e che la sua paura era anche la tua.”Sorrideva.
“Vuoi dire che ha avuto paura di me? In effetti a questo avevo pensato.” Sospirai passandomi una mano sul viso.
“Non di te, ma di quello che prova per te.” Rimasi senza parole non avevo considerato questa ipotesi.
“Scommetto che avevi pensato di desistere vero? Sei sempre il solito come quando eri bambino. Se qualcuno, quando giocavamo, ti allontanava tu non ne chiedevi mai il motivo, se ti chiudeva fuori tu non insistevi per fargli cambiare idea. Però in amore, Edward, non funziona così, in amore si rischia, ci si espone e si prendono anche le porte in faccia, se lei è importante per te… insisti.” Disse alzando le spalle.
“Perché dovrei Emmett? Alla luce di questi nuovi eventi, se lei mi amasse, se contraccambiasse questo mio sentimento a cosa la sottoporrei? Mesi di attese servanti con la probabilità di non …” Forse era meglio fosse andata così, pensai.
“Edward perché negartelo. Fosse anche solo per un giorno, non vorresti avere la gioia di sapere che vi amate e di vivere questo sentimento per il tempo che vi è concesso. Davvero vorresti rinunciarvi? E’ meglio il ricordo di un’ora trascorsa con lei , dei suoi occhi innamorati che il rimpianto di non sapere come sarebbe stato. Se fossi io, al tuo posto, preferirei sapere che è qui ad aspettarmi.” A sentire lui sembrava facile.
“Allora secondo te cosa dovrei fare?” Lo esortai.
“Parlale nuovamente Edward, cercando di rassicurala.” Forse Emmett aveva ragione, avevo sbagliato a non seguirla in quella sua fuga, avrei dovuto capire che, se quello che provavo ,era stato forte e inaspettato per me quanto per lei, in qualche modo doveva essersi sentita confusa. Non volevo essere per Bella fonte di apprensione, non volevo soffrisse per me , ma egoisticamente non volevo privarmi di sapere che lei sarebbe stata qui ad aspettarmi.
“Emmett” Dissi “ e se invece è scappata perché non può ricambiare i miei sentimenti?”
“Allora devi parlarle per forza non puoi restare con questo dilemma nel cuore. Però non credo che lei non ti ricambi.” Mi alzai e voltandomi per andare via, mi fermai accanto a mio fratello e gli poggiai una mano sulla spalla per ringraziarlo e lo lasciai seduto lì con i suoi pensieri che sapevo sarebbero stati tanti quella notte, come per tutti noi.



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Ero fuggita come una sciocca , lui aveva detto quello che avevo sperato sentirmi dire forse sin dalla prima volta che lo avevo visto e, non avevo retto all’emozione, le mie gambe si erano mosse da sole. Ero scappata e mi ero nascosta nella mia stanza, senza neanche aspettare la fine della festa e ora, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare, era che lui non avrebbe più voluto saperne di me. Il mio comportamento equivaleva ad un rifiuto, perché mai avrebbe dovuto insistere con la sua richiesta? Mi aveva donato il suo cuore, usando parole dolcissime e struggenti ed io ero fuggita terrorizzata. Quello che avevo provato era un qualcosa di sconosciuto e violento che mi aveva procurato un malessere quasi fisico. Mi sentivo il petto stretto in una morsa e non solo per il corpetto. Il suo viso vicinissimo al mio, il suo profumo così intenso, quegli occhi che, avevano annullato ogni mio pensiero e volontà, non so perché, ma la percezione di essermi persa in quel vortice di sensazioni mi aveva veramente spaventata. Era dunque quello l’amore? Non potevo saperlo, ma intuivo che fosse così. Era qualcosa che sentivo così forte che, solo all’idea di saperlo lontano da me, seppur per passare nella stanza accanto, mi annientava e paradossalmente: lo avevo fatto io, come per mettermi al riparo da quella eventualità.
Ero ancora disordinata quando vidi entrare Alice in lacrime. Ero rimasta con il vestito della festa, incapace di muovermi, di fare qualsiasi gesto e fu così che mi trovò la mia amica, normalmente tanto attenta a quello che mi riguardava, stranamente sembrava non vedermi. Lo vedevo, era sconvolta.
“Alice…” La chiamai e lei mi guardò, ma sembrava non mi vedesse, continuava a piangere. “Alice cosa è successo?” Ma come se una voce parlasse dentro di me con terrore intuivo già quale fosse il motivo di tanta disperazione.” Rabbrividii a quel pensiero.
“Non so se riuscirò a sopportarlo Bella, non so proprio.” Fece una pausa per poi sbarrare gli occhi nuovamente “ Come faremo a dirlo alla mamma?” In quel momento ne ebbi la conferma. Mi sentii mancare il respiro e pensai che nella stanza mancasse l’aria e aprii la finestra permettendo all’umido della pioggia d’entrare . Presi Alice per le mani e l’accompagnai al suo letto e le porsi un bicchiere d’acqua , senza essere in grado di dire una parola. La guardavo in preda ad un terrore che aveva invaso ogni singola parte del mio corpo e mi faceva tremare di una paura angosciante. Alice non riusciva a smettere di piangere mentre io avevo smesso di respirare. Cercai di aiutarla a togliersi il vestito, ma le mie mani non riuscivano a muoversi in maniera coordinata era come se avessero una loro volontà. La lasciai un attimo e corsi a chiamare Rosalie.
“Rose…” Dissi con la voce rotta dal pianto, quando mi aprii e le spiegai ciò che avevo capito,lei ne fu stravolta quanto me. Ci abbracciammo e raggiungemmo Alice, tutte e tre poi restammo così a piangere sdraiate vicine finché il sonno non sopraggiunse.
Sentivo i loro respiri regolari, ma io non ero riuscita a chiudere gli occhi per un momento, continuavo a pensare a lui all’eventualità di poterlo perdere senza riuscire a fargli sapere che lo amavo disperatamente. Davanti a quella possibilità, le mie paure si erano frantumate. Mi alzai per chiudere la finestra e mi accorsi che aveva smesso di piovere e che il merlo cantava, forse era il suo saluto alla notte che con le sue ombre velava ancora la prima fioca luce del giorno.
Quello spettacolo dava al paesaggio circostante un che d’irreale. Decisi che avevo bisogno di camminare e in quell’atmosfera ,mi muovevo silenziosa e con passo quasi greve e non era la rugiada di quel freddo mattino che mi rigava il viso.
Piangevo! Immersa in quei pensieri che mi avevano tenuta sveglia che, mi avevano fatto dimenticare di respirare, stretta nel pesante scialle avanzavo un passo dopo l’altro in quel labirinto di emozioni.
Ero uscita da casa sgattaiolando dalla porta sul retro mentre tutto il resto era ancora immerso nel silenzio del sonno.
Un cocker scodinzolante mi era venuto incontro e mi aveva salutata poggiando il naso umido sulla mia mano e in cambio aveva ricevuto una carezza.
Mi avviavo per il sentiero costeggiato da alberi e i miei passi risuonavano nella ghiaia.
Appoggiai una mano sulla staccionata e ne avvertii il ruvido del legno. Le braccia trattenute in un abbraccio, quasi a volermi proteggere. Raggiunsi la fine del sentiero e sforzandomi di guardare in lontananza corrugai leggermente la fronte.
Speravo, in cuor mio, di potere intravedere quella sagoma nota che sicuramente mi avrebbe accelerato i battiti e tolto il fiato.
Non era facile abbandonarsi ad un sentimento che spaventava come l’amore, quando era dirompente ed inaspettato, ma adesso non avevo più paura avrei trovato anche il coraggio di essere io, ad andare da lui, per dirgli che l'amavo e supplicarlo di perdonare quel mio gesto tanto inaspettato anche per me. Mi fermai per cercare di rendere più stabili i miei passi quando lo vidi in lontananza. Veniva verso di me e appena mi intravide ebbi l’impressione che accelerasse la sua andatura. Restai immobile, non riuscendo a capire se stessi sognando. Mi raggiunse e rimase per un lungo istante a guardarmi.
“Bella io…” Lo fissavo, non sembrava aver dormito molto, era ancora vestito come la sera prima: come me; la camicia aperta , non aveva più la cravatta, i capelli erano spettinati e profonde occhiaie gli segnavano il viso bellissimo, i lineamenti eraano tirati e stanchi.
“Sembri esausto…” Dissi, sfiorandogli le labbra con le dita e facendole poi scivolare sul suo viso. Lui mi guardò senza pronunciare una parola e non staccando i suoi occhi dai miei prese la mano con la quale lo stavo accarezzando e tenendola come se fosse più fragile del vetro ne baciò il palmo. Le sue labbra erano morbide e calde.
“Bella… io ti amo” sussurrò. Lo guardavo e le lacrime avevano preso copiose a scivolare sul mio viso. “Ti prego no…non piangere” disse in un sussurro e sembrava fosse demoralizzato.
Mi prese tra le sue braccia baciandomi le guance su cui scivolava il mio pianto silenzioso, fino a raggiungere la bocca e li si fermò in quel primo bacio che avrei ricordato per l’eternità in tutta la sua dolcezza e intensità e lì sussurrai il mio: ti amo, sulle sue labbra. A quelle parole il suo bacio divenne più disperato.
“Non voglio lasciarti qui,” disse senza scostare la sua bocca dalla mia “ vorrei poter restare, ma non posso. I miei sogni di gloria non hanno più valore davanti ai tuoi occhi. Sei dentro di me , in ogni pensiero, in ogni respiro, in ogni battito del mio cuore.” Lo guardavo e la disperazione si era impadronita di me.
“ No Bella. Tesoro ti prego non guardarmi così, non voglio che questo spenga i tuoi occhi, che addormenti il tuo cuore. Anche io ho paura di lasciarti ,sono terrorizzato, non sopporto l’idea di farti soffrire, di andarmene e farti sopportare questa attesa da sola, ma ti amo con tutto me stesso e non sono stato capace di rinunciare al tuo amore.” “Edward non voglio, non posso separarmi da te.” Mi prese il viso tra le mani, mentre mi guardava fisso negli occhi.
“Ascoltami amore ti prego” abbassai lo sguardo “guardami ti supplico non voglio vederti soffrire, non voglio che tu pianga Bella, sentirei le tue lacrime su di me a chilometri di distanza.” Non si era scostato dal mio viso, continuava a tenere i suoi occhi fissi dentro i miei.
“Non puoi chiedermi questo,” Risposi “ sarebbe come pretendere che smettessi di respirare.” Continuavo a piangere.” Mi strinse a se.
“Perdonami. Per favore ascoltami… non voglio scusarmi perché ti amo, ma perché questo amore sarà la causa delle tue pene. Ci aspettano momenti duri Bella lo so, ma dobbiamo credere che questo nostro sentimento appena sbocciato ci possa tenere al riparo da tutto, ma tu devi essere forte, piccola, non devi disperarti per me. Solo così io potrò avere la forza di affrontare tutto quello che mi aspetta e tornare da te.” Sembrava passato un secolo da quando lo avevo visto la prima volta e invece erano solo poche settimane eppure il precipitare degli eventi aveva dato al tempo un ritmo diverso, irreale.
Tutto sembrava dilatato. Mi trovavo tra le sue braccia e gli stavo parlando come se lo conoscessi da una vita. Lo amavo in maniera disperata e sapevo che per lui sarei stata capace di affrontare tutto. Ogni cosa aveva perso il suo significato davanti alla prospettiva che non sarebbe potuto tornare, ogni timore, ogni imbarazzo sembravano svaniti. Convenzioni sociali, banali formalità, niente aveva più significato.
“Stai tremando” Mi disse mentre mi cingeva la vita “aspetta” si scostò da me e si sfilò la giacca poggiandomela sulle spalle. Aveva trattenuto il suo calore e quella sensazione di benessere mi invase, mentre lui tornava ad abbracciarmi.
“Tra poco il sole sorgerà” annuii “ dovrò accompagnare Mike alla stazione e poi trovare il coraggio di dirlo a mia madre.” Strinsi ancora di più le mie mani sulle sue braccia che mi cingevano la vita mentre insieme a lui guardavo sorgere quel nuovo giorno che ci vedeva innamorati. Era trascorsa appena una notte e sentivo in me una forza e una determinazione nuova che non conoscevo. Era bastata una sola notte e la probabilità di non potergli fare sapere quanto l’amavo, per farmi capire che non volevo perderlo e non avrei permesso a niente di portarlo via da me.




Ancora grazie per il tempo e le belle parole che mi dedicate:
Fc 27 : Spero che questo di bacio sia stato altrettanto romantico, anche se i fuochi d’artificio non c’erano. ^.^ Kiss!

yeah : Ciao ben tornata!!! Grazie per i complimenti.

shinalia : Cosa dici, si è fatta perdonare? ^.^ !!! Ciao.

eka : A quei tempi, non era facile avere a che fare con le proprie emozioni. Alcune volte quando erano troppo forti si sveniva, in altre occasioni…si scappava via. Spero che il nuovo capitolo ti piaccia. Grazie per i complimenti che mi riservi sempre. Kisses!

Samy 88 : Grazie, ma siete voi fantastiche per voler seguire la mia storia con tanto entusiasmo e spero di riuscire a continuare a meritare la vostra attenzione anche per i prossimi capitoli. Baci.

Mcgi 86 : Sono felice ti sia piaciuto. Kiss.

Cicciolgieiri : Sono veramente contenta di sapere che ti continua ad appassionare la mai storia. Ciao. Baci.

LadySile : Spero che il nuovo capitolo abbia un po’ chiarito le ragioni di Bella…Aspetto di sapere cosa ne pensi. Kiss.

Un grazie a tutti quelli che seguono la mia storia come preferita e seguita e anche a chi legge solamente.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO XI ***





Guardammo sorgere il sole insieme. Lei era tra le mie braccia e mi amava. Tutte le paure, i dubbi, le mie insicurezze della sera prima erano svanite sulle sue labbra, su quel “ Ti amo” che aveva sussurrato, lo avevo sentito, con tutta se stessa.
Non volevo pensare al momento della partenza, avevamo per noi ancora quindici giorni da trascorrere insieme e in me si stava facendo strada un pensiero folle, irragionevole, ma in quel momento niente era più quello che doveva essere. Se fosse stata una situazione normale, avremmo aspettato un po’ di tempo prima di rendere pubblico il nostro amore e poi una volta fatto l’annuncio del nostro fidanzamento sarebbe passato almeno un anno per poter pensare ad una data per il matrimonio, io avrei frequentato la sua casa, la sua famiglia, avremmo passeggiato insieme sotto braccio, tra la curiosità di chi conoscevamo e i loro bisbigli di ammirazione e meraviglia, destato invidia o approvazione. Avremmo passato pomeriggi di primavera sulla sua veranda o sul dondolo della mia. Le avrei sussurrato parole d’amore, letto poesie, regalato fiori e fatto ascoltare la mia musica al pianoforte che avrei composto solo per lei, ma alla luce dei nuovi eventi le tappe andavano bruciate. La stringevo, tenendo le mie labbra sui suoi capelli cullandola dolcemente.
“Bella…” Sussurrai.
“Sì?” Rispose.
“Niente…solo Bella, mi piace il suono del tuo nome quando lo pronuncio.” La sentii sorridere e accentuare la stretta delle sue mani sulle mie braccia che la trattenevano come se temessero di perderla.
Non volevo pensare a niente in quel momento. Solo io e lei e il nostro amore.
“Tra poco devo andare, ti accompagno. Vorrei parlare con Alice. Pensi sia sconveniente, accompagnare la mia fidanzata nella sua stanza?” La vidi arrossire. Come faceva ad essere così bella facendo una cosa che esulava dalla sua volontà?
“Sono la tua fidanzata?” Mi chiese con un filo di voce. “Sì” Risposi posando un bacio sul palmo della sua mano. “Sempre che tu lo voglia?” Abbassò gli occhi.
“Lo voglio” Rispose. Intrecciai le mie dita alle sue e ci avviammo insieme verso casa mentre consideravo il suo modo di osservare, come se fosse circondata da qualcosa di unico e insostituibile. Lo aveva sempre fatto? Sì pensai, ma lo capivo solo adesso che quello sguardo che le avevo sempre letto negli occhi lo aveva solo quando io ero accanto a lei. Quella consapevolezza mi fece girare la testa e mentre salivamo per raggiungere la stanza che divideva con mia sorella ebbi il bisogno impellente di stringerla.
La presi tra le braccia e la guardai cercando di farle capire quanto la sentissi parte di me e non riuscivo a smettere di accarezzarle il viso. I suoi occhi avevano l’effetto di un sortilegio, non riuscivo a staccare i miei dai suoi.
“Edward…qualcuno potrebbe vederci” Protestò, mentre il viso assumeva una deliziosa colorazione.
Non potevo negare che aveva ragione, ma la mia prudenza, il mio buon senso e autocontrollo, sembravano inesistenti davanti a quegli occhi scuri come l’ebano.
Era immensamente emozionante sentire il suo cuore accelerare semplicemente se le mie braccia la cingevano o sentirla tremare quando il mio viso si avvicinava al suo.
Quello che era accanto a lei in quel momento non ero io, non era possibile che lo fossi, stentavo a riconoscermi.
La mia perenne timidezza che negli anni ero riuscito a camuffare dietro una maschera di indolente distacco, si era sgretolata. Non mi importava che ci vedessero, ma ero consapevole che per lei sarebbe stato sconveniente e con una sofferenza quasi fisica mi allontanai.
Per un attimo pensai a quanto mi sarebbe costato lasciarla e dover partire verso un destino cruento.
Davanti alla porta della sua stanza bussammo e la voce roca del pianto di mia sorella, mi riportò la frustrante disperazione che la mia famiglia stava provando in quel momento e che io preso dalla forza del mio amore per Bella, avevo momentaneamente accantonato.
Entrammo mano nella mano e a quella vista, sul dolcissimo viso di Alice tumefatto dal pianto prolungato, si aprì un sorriso radioso.
“Edward tesoro, …Bella , adesso sei mia sorella a tutti gli effetti.” Alice non era riuscita a smettere di piangere malgrado la felicità che le aveva procurato la vista delle nostre mani intrecciate tra loro.
Tese le sue braccia e ci stringemmo a lei, in un abbraccio che voleva essere allo stesso tempo consolatorio e di felicità.
Alice era la più piccola e mi ero sempre sentito responsabile nei suoi confronti ed estremamente protettivo. Emmett era il fratello che chiamava in aiuto se qualcuno da piccoli la infastidiva o le faceva i dispetti, io ero quello che la consolava e la calmava se qualcosa la turbava o la spaventava. Ricordo che da bambini, pretendeva che restassi con lei fino a quando non prendeva sonno, costretto a canticchiarle la sua canzone preferita, oppure quando imparai a suonare il pianoforte, mi obbligava interi pomeriggi ad eseguire dei pezzi solo per lei. A quel tempo mi lamentavo e mi facevo pregare, ma poi lo facevo e mi piaceva che lei apprezzasse il mio modo di suonare e mi rendeva felice quando alla fine applaudiva entusiasta.
Lei mi conosceva profondamente e raramente le era sfuggito un mio cruccio o una mia pena.
Ricordo che quando morì il mio cane, restò tutta la notte abbracciata a me per consolarmi, era solo una bimbetta, ma non smise di baciarmi ed accarezzarmi il viso.
Alice era l’unica che dopo i dieci anni, mi aveva visto piangere. Il suo giudizio o una sua opinione per me, erano fondamentali. Mia sorella era dolce e discreta e avrei dato qualsiasi cosa per evitarle quella pena e cancellare la notte appena trascorsa che sembrava aver lasciato su di lei segni profondi. Il suo viso, sempre allegro e impertinente, aveva assunto quell’espressione addolorata e disperata.
“Alice, ti prego non fare così. Basta piangere, ti sentirai male” le dissi stringendola come facevo quando era piccola e non riusciva a fare qualcosa o qualche bambino le aveva fatto un dispetto.
Non mi ascoltava,l’unica cosa che faceva,era quella di aggrapparsi a me come se mi potessi dissolvere da un momento all’altro.
“Non andare Edward, non partire… non posso farcela a saperti laggiù. Ti prego…” Era inconsolabile, ed io mi sentivo morire a vederla così. Il mio pensiero volò a nostra madre, a come avrebbe affrontato questa prova.
“Alice… ti prego tesoro, stai facendo preoccupare sia me che Bella.” Cercavo di distrarla, ma lei sembrava non ascoltarmi. Continuava a serrare le sue braccia intorno al mio collo.
“Non posso, Edward tu… e Jasper, io…” Non sapevo cosa fare, eravamo anche lontani da zio Carlisle, magari lui avrebbe potuto darle qualcosa per calmarla.
“Alice…” Sussurrò Bella “Ti scongiuro…se tu fai così io non so se posso farcela, contavo su di te per poter avere il coraggio necessario per…” Non so come fece , ma a quelle parole mia sorella sembrò riemergere dal suo dolore.
“Perdonatemi” Disse “ Ho temuto per così tanto questo momento e ora, è come un incubo che si concretizza.
“ Non devi scusarti tesoro, ti capisco e mi dispiace di essere la causa di tutto questo dolore, se c’è qualcuno da perdonare quello sono io.” Mi guardava e vedevo che stava facendo uno sforzo immane per trattenere le lacrime. Ad un tratto la vidi sbarrare gli occhi.
“Rose!” Disse.
“Ho lasciato sola Rose, chissà cosa starà passando anche lei?” Si diresse verso la sua camera e bussò piano. Quando Rose aprì, ai miei occhi si presentò la medesima scena. Erain lacrime e a giudicare dal gonfiore degli occhi, anche lei non faceva che piangere da parecchie ore. Appena mi vide anche la discreta e schiva Rosalie mi gettò le braccia al collo in preda ai singhiozzi. La conoscevo da tanti anni e quella era la prima volta che mi abbracciava e sentii di avere un’altra sorella.
“Voi…” disse puntando il suo dito verso di me. “ Tu e quell’incosciente di mio fratello…voi…avete deciso di ucciderci” Guardavo quelle tre giovani donne al quale ero legato per motivi diversi e avrei dato qualsiasi cosa, per aver potuto risparmiare loro quella pena. “Cosa vi è passato per la mente di pensare di arruolarvi…partire per la guerra. In Europa, sognavo di andarci per il mio viaggio di nozze…adesso ogni volta che la sentirò nominare tremerò al ricordo di questi momenti.” Non sapevo cosa dire, avevo sei paia di occhi pieni di lacrime che mi guardavano, quando in mio aiuto venne Billy Blak “ Signorino Edward tra poco dovremmo andare …” Mi voltai a guardalo e mi congedai per andare alla stazione. Mentre uscivo da casa per recarmi verso la dependance, incontrai Emmett.
“Edward avevo pensato di avvisare papà mentre sei via, così da poter preparare la mamma un po’ per volta. Lui sicuramente sarà in grado di trovare le parole giuste.” Annuii, anche se sapevo che quando avrebbe parlato con me tutto quello detto prima non sarebbe valso a niente.
Davanti a me mia madre si sarebbe lasciata prendere dallo sconforto. Mi raccontava sempre che quando mi ero ammalato da piccolo per le complicanze della pertosse, era stato il momento più brutto della sua vita, ma all’epoca non poteva certo prevedere questo.
Viaggiavamo verso la stazione io e Jasper, con Mike che smaltito l’alcool aveva appreso la notizia della nostra partenza con un entusiasmo che rasentava l’esaltazione e non smentiva il suo carattere. Con Jasper sospirammo scuotendo la testa.
Io e Mike non accennammo all’accaduto che aveva visto protagonisti lui e Bella, non avevo voglia di chiedere spiegazioni o avere soddisfazione a quel gesto, conoscendolo sarebbe stato superfluo, non si rendeva nemmeno conto del grande affronto che aveva arrecato sia a me che a lei. Per lui una donna era solo qualcosa da usare per il suo divertimento. Forse non si era mai neanche innamorato. Adesso si comportava come se non fosse successo niente, manifestando il suo entusiasmo incontenibile, continuando ad inveire contro il nemico che da lì a pochi giorni ci saremmo trovati davanti, mettendolo in guardia del suo imminente arrivo perché sarebbe stato l’incubo peggiore e io mi augurai per tutti noi che non fosse il contrario.
Avevo scelto io quella strada, sotto la spinta dell’entusiasmo di raggiungere la gloria dimostrando il mio valore di uomo e soldato, ma a quel tempo non conoscevo cosa voleva dire l’amore, ora invece sarei tornato indietro solo per poterle risparmiare la pena di vedermi partire. Decisi che le avrei evitato quello strazio, non mi avrebbe visto allontanarmi da lei. La mattina della partenza non avrebbe pianto guardando il treno che mi portava via. Non avrei permesso che rimanesse sola in lacrime alla stazione tra altre donne che insieme a lei avrebbero condiviso il medesimo destino. Sarei partito come se fosse una mattina qualsiasi, come se a separaci sarebbero state poche ore e non dei mesi interminabili. Era ben poco quello che potevo regalarle, ma se fossi riuscito a risparmiarle anche solo un minuto di sofferenza lo avrei fatto.Mi sarei impegnato affinché fosse possibile .
Sulle mie labbra il suo nome che avrei continuato a sussurrare all’infinito.




Un saluto a tutte le affezionate di questa ff che recensiscono e un grazie sincero perché quello che mi scrivete è sempre fantastico. A tutte voi che vi siete appassionate alla saga di Stepheny Meyer questo piccolo componimento che mi è venuto in mente pensando a New Moon.
Spero lo gradiate, ma soprattutto che vi piaccia. Un Bacio.
Ancora grazie a:
fc27
shinalia
frufru123
samy88
eka
valinacullen89
sheba_94
E come sempre un grazie anche a chi ha messo la mia storia tra i preferiti i seguiti e a chi legge solamente, mi sono accorta anche che sono tra gli autori preferiti di:

cicciolgeiri
free09
pazzerella_92
Anche a voi spero farà piacere leggere questo piccolo pensiero.



Luna nuova

Ti sentirò
nel sussurro del vento
camminare attraversando il tempo.
Ti sentirò
al riparo del silenzio
vestito di rimpianto.
Nel buio di ogni notte
cercherò il tuo sorriso
e ascolterò il tuo pianto muto
che ogni luna nuova
riporterà da me
imprigionato nei suoi raggi d’argento.
Camminerai
ogni nuovo giorno
inciampando nel battito del mio cuore
che ruberai per te.
Ricorderai
ogni parola, ogni momento,
ogni mia lacrima
e sarai solo un abbraccio vuoto
che ti parlerà di me.

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Capitolo 13
*** Capitolo XII ***




Avevamo lasciato Mike alla stazione, non ero sceso , non gli avevo mai rivolto la parola, fu lui a parlare prima di andare via.
“Edward, spero per te che ne valga veramente la pena.” Non risposi, mi limitai a guardarlo con uno sguardo di sfida. Billy lo aiutò con le valige. Mentre scendeva dalla macchina e si avviava verso la stazione lo sentii dire: “ Ci si vede ragazzi” poi scomparve.
Durante il ritorno notai che Jasper non aveva parlato molto, non era inusuale per lui, ma in quel silenzio era facile leggere i suoi pensieri. Sicuramente era preoccupato per Alice e cercava di trovare una soluzione alla loro situazione.
“Edward, dovrò partire anch’io. Devo tornare a casa , salutare i miei genitori. Pensavo di andare domani insieme a Rose. Credi che potrei chiedere il permesso a tuo padre di portare Alice con me se Emmett ci accompagnasse?” Non mi stupì la sua richiesta, io mi sarei comportato nella medesima maniera. Lo guardai e pensai che Jasper fosse un ragazzo a modo, cordiale e discreto, sempre pronto a mettere una buona parola per cercare di trovare la soluzione migliore. Era sempre gentile, sorridente e schivo. Stare accanto a lui infondeva un senso di tranquillità, sembrava sapesse sempre quale fosse la cosa giusta da fare. Ero veramente felice che Alice avesse accettato di diventare sua moglie, come ero felice che Emmett avesse avuto Rosalie al suo fianco.
“Sicuramente non avrà da obiettare. Mio padre si rende conto della situazione. Capirà e non avrà remore per uno strappo alla regola e poi se Emmett verrebbe con voi, non vedo proprio perché dovrebbe negartelo.” Gli sorrisi poggiandogli una mano sulla spalla e mi sembrò un po’ più sollevato. Capivo benissimo che non avrebbe voluto rinunciare ad avere mia sorella al suo fianco per il tempo che doveva restare a casa, anche se si trattava di pochi giorni. Anche io non avrei potuto, sarei stato diviso tra due bisogni altrettanto forti. La voglia di stare con la donna che amavo e la mia famiglia. Sicuramente mio padre avrebbe capito, era sempre stato una persona ragionevole e di buon senso.
“Edward?” Esordì Jasper “Credi che sarebbe troppo complicato anticipare il matrimonio?” Lo guardai felice.
“Perché complicato Jasper?” Era pensieroso.
“Perché dovremmo scavalcare Emmett e Rose e anticipare di molto i tempi, sembrerebbe una cosa fatta troppo in fretta, quasi riparatrice.” Sorrisi scuotendo la testa.
“Jasper, amico c’è una guerra. Chi vuoi che possa pensare a qualche altro motivo?” Lo vidi sorridere imbarazzato.
“Hai ragione, ma sarebbe complicato non ci sarebbe il tempo per gli inviti e tutta l’organizzazione.” Sospirai.
“E voi non invitate nessuno” mi guardò interrogativo “ Voglio dire che possiamo fare una cerimonia per pochi intimi, nella nostra casa di campagna. Alice sarebbe felicissima. Lei vuole diventare tua moglie non partecipare ad una festa. Vuol dire che festeggeremo come si deve al nostro ritorno.” Lo vidi illuminarsi di un sorriso trionfante e in quel momento presi la mia decisione.
“Jasper…”
“Sì?” Mio cognato mi guardava aspettando che parlassi. “Sarebbe da folli se chiedessi a Bella di sposarmi?” Lo vidi spalancare gli occhi per lo stupore e poi fare un gran sorriso.
“Non direi da folli. Perché? Tu l’ami.” Mi osservava.
“Sì, la amo, ma ci conosciamo appena…” Mi interruppi come a voler sedare un dubbio “Mi chiedi perché…la ragione è che spero che accetti, ma non posso esserne sicuro sarebbe tutto così improvviso per lei. Magari potrebbe spaventarsi nuovamente come…” Jasper intervenne per tranquillizzarmi.
“Edward, voi vi amate. Quello che dici poteva essere vero appena qualche giorno fa, ma tu stesso hai detto che alla luce dei nuovi eventi tutto cambia prospettiva. Quindi se quello che hai detto va bene per me, andrà bene anche per te.” Respirai profondamente con il cuore in tumulto. In me mille sensazioni si alternavano. Euforia, preoccupazione, felicità. Pensavo a Bella e a mia madre, all’amore che provavo per loro in due modi così diversi, ma che nel mio cuore davano a tutte e due il medesimo posto, ad Alice che si sarebbe trovata ad essere accomunata con Bella nella condivisione dell’attesa, ad Emmett e mio padre, al centro di questa tempesta. Gli unici fulcri su cui sarebbero ruotati i sentimenti di tutti, anche i loro e sarebbe dipeso tutto dalla loro forza, dalla capacità di tenere insieme bilanciandole tutte quelle emozioni. Paura, preoccupazione, disperazione. Emmett e mio padre avrebbero dovuto arginare tutto questo e io contavo sulle loro spalle forti, sulla loro determinazione per reggerne il peso, per far si che la mia famiglia, i mie affetti, non si frantumassero, sgretolati dalla forza devastante degli eventi. Pensavo a come tante vite si fossero intrecciate nel giro di così poco tempo, a come tutto fosse diventato relativo alla luce di quella nuova realtà, come avesse preso una misura diversa, accelerata. Io, mi sentivo diverso dal ragazzo che al ballo per il fidanzamento di sua sorella considerava l’ipotesi di corteggiarne la nuova amica. Quel ragazzo non c’era più. Al suo posto solo un uomo che era pronto ad affrontare il suo destino a testa alta, volendo che per il poco tempo rimasto, la donna che aveva scelto fosse al suo fianco anche se per un breve tratto.
Gli eventi entrano nella nostra vita prepotenti cambiandola alle volte in maniera sconvolgente.
La guerra è uno di questi, dove la dimensione della realtà viene distorta dando a tutto una veste irreale come se si guardasse attraverso una lente.
Giunti a casa lasciai Jasper all’intenzione di dare ad Alice la notizia delle decisioni maturate durante quella mattina e mi recai nello studio dove ero sicuro avrei trovato mio padre.
Lo vidi, seduto alla sua scrivania con davanti i suoi soliti fogli, documenti carichi d’informazioni di un’umanità con le proprie difficoltà , disaggi e controversie a cui lui cercava di dare una mano risolvendo per quanto possibile quei problemi e dilemmi, nell’intrigo di leggi e cavilli con cui trovare soluzioni eque.
Mio padre amava il suo lavoro e nel suo campo era una figura autorevole e competente, tanto da essersi guadagnato la stima e la fiducia delle persone più in vista e il rispetto dei più semplici per la sua disponibilità , la modestia e l’equità con cui si poneva loro.
Rimasi un attimo ad osservarlo, mi sarebbe mancato tutto questo. La mia casa, le abitudini e le regole che la governavano. Eravamo una famiglia felice. I miei genitori si amavano e non avevano mai fatto mancare la loro presenza o il loro appoggio. Mio padre malgrado gli innumerevoli impegni trovava comunque il modo di passare del tempo con noi ascoltando ciò che avevamo da dirgli e anche quando era costretto a ribadire il suo ruolo con autorità non era mai eccessivamente severo, cercava sempre di farci capire le sue ragioni. Sapevamo che dietro un rimprovero o una punizione c’era l’esigenza di far comprendere che alcune regole non potevano essere ignorate o sovvertite.
“Ti disturbo, papà? Posso entrare?” Dissi davanti alla porta del suo studio che chiudeva solo in rare occasioni. Diceva che nella sua casa non dovevano esserci zone in cui fosse precluso l’accesso.
“Edward, figliolo siete già rientrati?” Disse distogliendo l’attenzione dalle sue carte e guardando verso di me con il suo sguardo autorevole, ma mai autoritario.
“Sì” risposi.
“Avete fatto presto. E’ andato tutto bene?.” Aggiunse “Vieni, entra accomodati.” Mentre mi faceva segno di predere posto davanti a lui.
“Non c’erano saluti da fare.” Risposi amaro.
“Capisco. Devo supporre allora che la tua amicizia con Mike sia finita. Non ti posso biasimare, non è stato leale da parte sua.” Disse mentre mi guardava comprensivo.
“Papà, Emmett ti ha dato la notizia?” Vidi mio padre sospirare e irrigidirsi lievemente nella posa.
“Sì.” Rispose.
“Lo hai già detto alla mamma?” Domandai sinceramente preoccupato.
“Contavo di farlo più tardi.” Facevo affidamento su mio padre per arginare l’onda di dolore che avrei causato a mia madre.
“Papà…come credi…la prenderà?” Lui si alzò e mi venne vicino.
“Non preoccuparti di questo Edward, è normale che per una madre i propri figli non diventino mai grandi. Lei continuerà a vedervi piccoli e indifesi per sempre, ma le cose cambiano e i figli crescono e divengono uomini, come te. Sono orgoglioso figliolo di quello che sei diventato e delle scelte che hai fatto. Questo non vuol dire che io sia felice di saperti in pericolo, ma il ruolo e il destino di un uomo è quello di non tirarsi mai in dietro davanti alle prove a cui è chiamato e tu stai rispondendo degnamente alla tua e noi ti aiuteremo come meglio possiamo, è un nostro preciso dovere. Sarà questo che cercherò di far capire a tua madre. Stai tranquillo.” Concluse mio padre e avvertii appena nella sua voce una lieve nota tremula dettata dall’emozione e mi resi conto che era la prima volta che riuscivo a coglierla.
“Grazie.” Dissi alzandomi per congedarmi da lui. “ Papà…” “Dimmi Edward.” Rispose.
“Mi sono innamorato…” Lo vidi sorridermi, ma non era sorpreso.
“Immagino che la fortunata sia la figlia del capitano Swan. Non è vero?” Feci cenno di sì “Lei ti ricambia?” Era incredibile come tutti si fossero accorti di cosa provavo. Mi rendevo conto che per la mia famiglia non avevo segreti, per loro ero un libro aperto.
“Sì papà, lei mi ricambia.” Annuì soddisfatto.
“Sono contento, mi piace, è una brava ragazza a modo, oltre che veramente deliziosa e con una famiglia degna di ogni rispetto. Non potrei essere più felice e soddisfatto della tua scelta Edward.” Concluse battendomi una mano sulla spalla.
“Papà, credi che sia troppo azzardato se le chiedessi di sposarmi?” Mio padre indietreggiò di un passo, guardandomi compiaciuto e sorridente.
“Figliolo se sei pronto per il fronte lo sei anche per il matrimonio.” Sentenziò orgoglioso.
“Non credi che sia… troppo presto? Alquanto affrettato da parte mia volere…” Sorrise.
“Se è quella giusta, il tempo non servirà a dare al tuo cuore ulteriori conferme. Se lui ha già scelto aspettare non ti farà sapere nulla di più di quello che già sai.” Guardai mio padre riconoscente.
“Vieni ragazzo lascia che io ti abbracci e mi congratuli con te per tutto.” Detto questo lo salutai e mi diressi verso la mia stanza.
Pensavo a come lo avrei detto a Bella, come avrei potuto fare per rendere quel momento unico e indimenticabile.
Non la vedevo da poche ore e sembrava fosse un’eternità.
Chissà dove era e cosa stava facendo.
Sperai che non si stesse struggendo. Non volevo che piangesse o si disperasse, il solo pensiero mi faceva stare male. Vederla piangere mi procurava una pena profonda.
Sentii la stanchezza sopraffarmi non dormivo dalla sera prima e mi abbandonai sul letto addormentandomi.
Quando mi svegliai era pomeriggio inoltrato. Mi ero reso conto di aver dormito parecchio. L’ora di pranzo era passata da un pezzo. Decisi di alzarmi e di cambiarmi d’abito per poi uscire e raggiungere gli altri e Bella, quando sentii bussare alla porta.
“Avanti.” Dissi e sull’uscio comparve mia madre con un vassoio in mano.
“Tesoro, ti ho portato qualcosa da mangiare. Hai saltato il pranzo devi essere affamato.” La guardai con affetto e il cuore stretto in una morsa. Stava facendo la coraggiosa lo vedevo, era come sempre, ma io la conoscevo e i suoi occhi la tradivano. Nel suo sguardo leggevo dolore, ansia, quel pianto trattenuto con tutte le sue forse. Non voleva rattristarmi, capii che aveva parlato con mio padre. “Grazie mamma, perdonami, mi sono addormentato.” Poggiò il vassoio sul tavolino di fronte al letto.
“Ho convinto Reneè a rimanere con Bella. Oggi sarebbero dovute andare via.” Spalancai gli occhi.
“Oggi?” Ribadii.
“Sì tesoro, oggi è lunedì, ma visto che Alice e Jasper hanno anticipato il matrimonio e Bella sarà una delle damigelle d’onore di tua sorella ho convinto sua madre a rimanere. Mi sarà preziosa la sua collaborazione.” Mi sentii come se l’aria fosse tornata a circolare nella stanza. Avevo cancellato che sarebbe dovuta rientrare con la sua famiglia in città, ma mia madre era stata provvidenziale. Purtroppo gli ultimi avvenimenti, mi avevano fatto perdere la cognizione del tempo.
“Mamma hai saputo…papà ti ha detto?” Annuì senza parlare. “Come stai?” La guardavo preoccupato.
“Non piangerò Edward…non lo farò. Non ho intenzione di lasciare che questo succeda e devi promettermi che farai in modo che io non lo debba fare. Hai capito piccolo mio?” Mi guardava fiera e risoluta e io l’amavo per questo. “Mi vedrai piangere solo al tuo matrimonio tesoro.” La osservai un po’ in imbarazzo.
“Tuo padre mi ha detto di te e Bella. Caro mi fai felice, adoro quella ragazza e sua madre è una buona amica, mi ha aiutato quando ho saputo che saresti dovuto partire e Isabella non ha lasciato da sola Alice per un solo momento. Lei e Rosalie sono state impagabili.” Presi le mani di mia madre e le baciai.
“Qui ho qualcosa per te.” Disse, togliendo da sotto il tovagliolo una piccola scatolina di velluto blu. “E’ l’anello di fidanzamento che mio padre regalò a mia madre, voglio che lo abbia tu. Sarà il tuo anello per Bella.” Avevo le lacrime agli occhi e non sapevo cosa dire.
Abbracciai mia madre e lei mi accarezzò i capelli come faceva sempre quando doveva farmi intendere che capiva cosa non riuscivo a dirle in preda all’emozione.
“ Lo so tesoro, lo so, ti voglio bene anch’io. Ho sempre sentito la tua fragilità Edward, quello che ti succedeva in torno ti ha sempre raggiunto toccandoti profondamente e a differenza dei tuoi fratelli quando ti capitava una contrarietà un’incomprensione tu ti chiudevi in te stesso e ti isolavi nei tuoi silenzi impenetrabili. La tua inquietudine, il tormento. Da sempre sapevo che eri alla ricerca di qualcosa di cui neanche tu eri a conoscenza. Come se ti accompagnasse una malinconia che veniva da lontano. La tua timidezza, quella sensibilità verso ciò che era minuscolo, celato, ma che riusciva a fare la differenza, ora so cosa era. Da quando hai incontrato Bella, il tuo sguardo si è illuminato di una luce nuova, come se la tua ricerca si fosse conclusa. Ora ti guardo e ti vedo completo.” Mi baciò la fronte. “Va da lei tesoro e dille quello che hai nel cuore e fa che sia un momento unico, magico e indimenticabile che la possa confortare mentre sarai via.”
Ringraziai mia madre. Ora sapevo che la mia famiglia mi avrebbe dato tutto il suo appoggio, questo mi rendeva un po’ più tranquillo. Si sarebbero preoccupati inevitabilmente, come era normale che fosse, ma non avrei lasciato dietro di me la disperazione o almeno non l’avrei letta sui loro volti.








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Avevo passato la mattina nell’attesa del suo ritorno, non sapevo se sarebbe riuscito a tornare in tempo per la mia partenza. Non volevo tornare a casa , se la sua famiglia si fosse trattenuta io non avrei avuto modo di passare quegli ultimi giorni insieme a lui. Stavo pensando a questo mentre con Rosalie e Alice consideravamo quello che avremmo dovuto affrontare per i mesi a venire.
Un tocco leggero alla porta e alla nostra risposta di entrare Jasper comparve. Lo sguardo illuminato di chi ha trovato la soluzione a un dilemma.
“Alice ho trovato una soluzione” Disse mentre guardava la sua fidanzata e sua sorella. In quel momento mi sentii di troppo e feci per andare via. “Rimani pure Bella, ormai sei di famiglia” Mi stupì Jasper lanciandomi un’occhiata ammiccante.
Alice e Rosalie si guardarono incerte.
“Chiederò a tuo padre di anticipare le nostre nozze, se Emmett e Rose sono d’accordo a cederci il loro posto e domani partiremo per andare a prendere i miei genitori, così potrò stare sia con te che con loro.” Vidi Alice illuminarsi di felicità, mentre rivolgeva il suo sguardo a Rosalie per cercare una conferma a quella richiesta.
“ Certamente tesoro. Vi cediamo il nostro posto volentieri.” La gioia di Alice fu incontenibile e balzando in piedi si precipitò tra le braccia del suo Jasper.
“Bene” Disse lui “ Vado subito a parlare con tuo padre.” E posando un bacio leggero sulla fronte di Alice si congedò rivolgendo a me e alla sorella un inchino.
“Questo vuol dire che avrò bisogno delle mie damigelle, quindi Bella tu non puoi partire. Chiederò alla mamma di pregare i tuoi di lasciarti qui, tanto tra pochi giorni dovranno tornare per essere presenti alla cerimonia.” Mi sorrise trionfante. “Ti rendi conto Bella? Tra pochissimo sarò la signora Alice Hale.” Annuii, era bello rivedere i suoi occhi ritrovare l’espressione con cui l’avevo conosciuta.
“Alice sono felice, avrò una sorella finalmente.” Intervenne Rosalie.
“Adesso ci saranno un’infinità di cose da fare e la mamma darà di matto. Detesta dover organizzare qualcosa all’ultimo momento, specie un matrimonio.” Disse Alice.
Sorridemmo tutte e tre a quella frase, mi resi conto come comunque la vita con i suoi bisogni e le sue regole reclamava il suo diritto ad essere vissuta anche davanti alle avversità. Malgrado tutto.
Alice corse via per informare Elisabeth. La presenza di Jasper stava a significare che erano tornati, ma come mai Edward non si era fatto vedere? Pensava forse che fossi già partita? La mattinata trascorse nell’attesa di poterlo incontrare. Una strana inquietudine si impossessò di me, lo stargli lontana non era una sensazione piacevole e mi rendevo conto che forse non ero in grado di poterlo sopportare. Finché Alice era stata con me, in qualche modo avevo arginato il vuoto della sua assenza, ma da sola era impossibile non essere sopraffatta dall’ansia che la lontananza da lui mi procurava.
Anche a pranzo Edward non si fece vedere. Mia madre aveva accettato di fermarsi dietro la gentile richiesta di Elisabeth, mentre mio padre sarebbe rientrato.
Mi aggiravo per il giardino con la sensazione di non riuscire a respirare quando la sua voce mi raggiunse: “Dove ve ne andate tutta sola signorina. Potrei accompagnarvi?” Il mio cuore sembrò svegliarsi e ritrovare la capacità di battermi nel petto e l’aria di circolare nei mie polmoni. Non lo vedevo da poche ore e mi sembrava che già qualcosa del suo viso mi sfuggisse, piccoli dettagli che ora avendolo nuovamente dinanzi a me tornavano.
Mi precipitai da lui buttandogli le braccia al collo.
“Che bella accoglienza! Se questo è ciò che mi riserva mancare poche ore domani lo farò di nuovo.” Sorrideva con quel suo modo particolare che mi rapiva completamente dandomi le vertigini.
“Sei di nuovo qui” Sussurrai poggiando il volto sulla sua spalla.
“Ti sono mancato?” Mi domandò stringendomi a se.
“Da morire.” Risposi sospirando profondamente per respirate il suo profumo.
“Tu di più. Lo sai questo vero?” Annuii “ Davvero Bella? Riesci a sentire quanto io ti amo? Lo comprendi?” Mi scostai da lui per guardarlo negli occhi, “Sì” Risposi con un filo di voce e il cuore che rischiava di uscirmi dal petto.
“Oggi mia madre mi ha detto una cosa che mi ha fatto pensare.” Disse serio.
“Cosa?” Domandai.
“Che fino ad ora, era come se fossi alla ricerca di qualcosa e da quando ho te al mio fianco quando mi guarda legge la completezza nei miei occhi.” Sorrisi imbarazzata.
“Tua madre sa di noi?” Domandai arrossendo.
“E non solo lei. Tutta la mia famiglia sembra esserne al corrente. A quanto pare per loro non riesco ad avere segreti. Penso mi leggano nella mente.” Sorrise divertito. “Sei imbarazzata? Avresti preferito non ne fossero a conoscenza?” Scossi il capo.
“No, mi fa piacere, ma loro cosa dicono?” Mi guardava un po’ sorpreso.
“Cosa vuoi che dicano tesoro. Sono felici. Già una volta ti ho detto che ti adorano.”Mi strinse posandomi un bacio leggero sulla guancia. “ …E non solo loro, uno dei componenti della famiglia Masen è rimasto letteralmente stregato da te e ti ama da impazzire.” Fece chinandosi verso le mie labbra e posandomi un bacio tenero. Mi guidò verso la panchina che era collocata sotto ad un grande albero appena dietro la casa un po’ prima di arrivare nella parte della tenuta dove si trovava la dependance. Mi fece sedere e rimase affianco a me in piedi mentre si accendeva una sigaretta.
“Tra un po’ il sole tramonterà” Disse “ Un altro giorno è volato via.” Sussurrò e colsi in quella frase una accenno di tristezza che mi strinse il cuore. Anche lui stava tenendo il conto dei giorni che ci separavano dalla sua partenza. “Hai saputo le novità riguardo ad Alice e Jasper?” Disse improvvisamente serio.
“Sì, ero presente mentre Jasper ne metteva al corrente Alice e Rosalie.” Mi guardò.
“Mi scuso Bella, per non essere venuto subito da te, ma passando dalla mia camera per cambiarmi la stanchezza ha preso il sopravvento e mi sono addormentato.” Lo guardai teneramente.
“Non devi scusarti con me. Era naturale che ti sentissi stanco non avevi dormito la sera prima.” Mi sorrise e sedendosi al mio fianco mi prese la mano.
“Ti ringrazio, sei comprensiva e dolcissima.” Lo vidi posare lo sguardo sui miei capelli e accarezzarli per poi intrecciarli tra le dita.
“Ho desiderato farlo sin dalla prima volta che ti ho vista. Sono bellissimi, morbidi e lucidi come la seta e poi adoro quel loro profumo delicatissimo che mi ricorda la lavanda.” Sorrideva mentre continuava a guardarmi. “Ho deciso che dirò alla cameriera di impregnare i mie fazzoletti con un po’ d’essenza quando li stira, così è come se ti avessi sempre con me.” Arrossii nuovamente abbassando gli occhi e mi sentii sfiorare una guancia la dove era comparso il rossore.
“Bella, se io in questo istante fossi in grado di avverare un tuo desiderio, cosa chiederesti?” Lo guardai e non ebbi bisogno di pensare alla risposta.
“Vorrei poter rimanere con te per sempre.” Mi prese il viso tra le mani fissandomi con una tale intensità che mi sentii mancare.
“Per sempre?” Sussurrò avvicinandosi alle mie labbra continuando a tenere i suoi occhi nei miei.
“Sì.” Risposi senza avere più la cognizione del tempo e dello spazio intorno a noi, sentendomi sospesa, come galleggiassi nell’aria. Sentii il dorso delle sue mani accarezzarmi il viso e scivolare lungo il collo e facendomi reclinare leggermente la testa all’indietro mi baciò.
“Temo sempre per il tuo cuore quando mi avvicino a te.” Sorrideva continuando a sfiorare con le labbra il mio viso, mentre io ero incapace di pronunciare anche solo una sillaba.
“Ti amo” Disse e i suoi occhi erano lucidi e appassionati. Mi prese la mano sinistra e iniziò a baciarla soffermandosi sulle dita. Sentivo le sue labbra morbide sotto i polpastrelli e quella sensazione mi tolse il respiro.
“Sono troppo audace Bella?” Mi guardò preoccupato. “Forse ti metto in imbarazzo perdonami, ma il fatto è che vicino a te mi è difficile essere impeccabile e distaccato come le buone maniere vorrebbero.” Si scostò e il mio corpo ebbe come un moto di ribellione.
“Non voglio mancarti di rispetto. Questa maledetta guerra stravolge ogni cosa!” Disse e sentii nella sua voce una nota di rabbia repressa.
“Non mi stai mancando di rispetto. Non mi sento offesa Edward.” Sospirò.
“ Avresti meritato tutto il tempo necessario che ogni giovane donna dovrebbe avere per essere corteggiata dal suo innamorato, con fiori, passeggiate , bigliettini romantici e poesie, prima del primo vero bacio da ricordare come un momento speciale e invece per te non ci sarà il tempo per tutto questo e mi sento tremendamente in colpa ad avertene privata.” Cercavo di rassicurarlo.
“Non mi importa caro, non sentirti triste per questo.” Mi guardava come a volermi leggere nella mente.
“Ma come fai?” Sorrise. “Ad essere così come sei. Unica e speciale. Ogni volta c’è qualcosa di te che mi stupisce e nello stesso tempo sento di conoscerti da sempre, al tuo fianco è come se mi sentissi a casa, al sicuro. Ti guardo e nei tuoi occhi ho la sensazione di aver finalmente trovato quello che cercavo. Tu Isabella Swan sei la metà mancante di me stesso.” A quell’ennesima dichiarazione d’amore non riuscii a trattenere le lacrime e iniziai a piangere.
Lo vidi diventare serio e un lieve pallore comparire sul suo viso.
“Bella, tesoro, mi prometti una cosa?” Lo guardai attraverso le lacrime.
“Cosa” Domandai.
“Non voglio che tu mi veda partire.” Spalancai gli occhi incredula.
“ Ma, Edward…tu non vuoi che io sia lì con te?” Poggiò le sue dita sulle mie labbra.
“Ssst…tranquilla Bella respira. Non ho detto questo. Io ti vorrò sempre e in qualsiasi momento accanto a me, ma mi sentirei più tranquillo se potessi risparmiarti questa pena. Mi addolorerebbe saperti triste e sola a guardare il treno allontanarsi. Mi piacerebbe portare l’immagine di te che mi saluti nel giardino, nella tranquillità di un ambiente familiare e a me caro anziché nel mezzo di una stazione fredda e piena di tristezza.” Non potevo accettare che mi togliesse anche solo un attimo da passare con lui, ma se questo lo rendeva felice e serviva a far sì che partisse tranquillo lo avrei fatto. “Va bene” Risposi a malincuore.
“Sei in collera con me?” Mi domandò assumendo un’espressione mortificata.
Lo guardai sentendo qualcosa che mi lacerava l’anima.
L’immagine di lui che si allontanava sempre più, fino a diventare un punto indistinto all’orizzonte, mi trafiggeva il cuore.
“No, non potrei mai essere in collera con te.” Mi prese la mano e la baciò.
“Mi... piacerebbe poter fare un annuncio.” Disse a voce bassa continuando a fissare i colori accesi di uno dei tramonti più belli che avessi mai visto.
“Quale?” Domandai poggiando la testa sulla sua spalla.
Eravamo ancora seduti su quella panchina uno accanto all’altra e sapevo che sarei potuta rimanere lì vicino a lui per l’eternità.
“Ti amo Bella e lo vorrò per sempre, in questo momento e per tutti i momenti a venire se tu me ne darai l’opportunità.” Strinse la mia mano nella sua. Lo ascoltavo e non avrei mai smesso di farlo, la sua voce per me era il suono più bello che potesse esistere. Mentre continuavo a rimanere poggiata sulla sua spalla sentii che le sue mani tremavano leggermente mentre continuava a tenerle tra le mie.
“Bella …” Disse piano “il mio cuore è tuo e questo lo sai. Tra qualche giorno quando partirò sarai la sua unica consolazione, l’unica speranza, la sola ragione per cui nei momenti difficili che mi troverò ad affrontare riuscirò a trovare la forza per superarli, ma vorrei appartenerti completamente, per il resto della mia vita…” Lo vidi osservarmi come se mi vedesse per la prima volta, con un’espressione che non avevo mai scorto prima in lui che lasciava trasparire timidezza e preoccupazione mentre scostandosi dal mio fianco faceva per alzarsi. Si pose dinanzi a me e continuando a tenere i suoi occhi fissi nei miei si inginocchiò ai miei piedi “ Signorina Isabella Marie Swan mi fareste l’immenso onore di diventare mia moglie?” Lo vidi aprire piano un piccolo involucro di velluto al cui interno era celato l’anello più bello che avessi mai visto. Rimasi un attimo a fissarlo, in cui ebbi l’impressione che il mondo si fosse fermato. Tutto intorno a me era immobile, ne un suono , ne un fruscio, neanche il soffio leggero del vento, solo la sua voce che continuava a ripetermi: respira Bella, respira….Mi ridestai da quella sensazione e inginocchiandomi davanti a lui lo abbracciai piangendo, pronunciando il mio: “Sì, lo voglio.” Restammo così per un tempo interminabile pensai. Mi stringeva tra le sue braccia mentre mi ripeteva piano: “Grazie, amore mio.” Continuavo a baciare il suo viso e mi accorsi che era rigato di lacrime: Edward stava piangendo! Lui che avevo sempre visto così forte e distaccato, fiero, stava piangendo perché io avevo accettato di diventare sua moglie.
Asciugai quelle lacrime e lo guardai.
“Caro...” dissi piano “Ho letto pagine e pagine in cui si raccontava di amori grandi, ma ora so che chi scriveva mentiva, era un bugiardo.” Mi guardò perplesso con i suoi bellissimi occhi umidi di pianto. “E sai perché lo so? Perché nessun amore del passato, del presente o del futuro potrà mai essere più grande di quello che io provo per te.” Mi abbracciò e poi con le sue mani forti e gentili pose il suo anello al mio dito. Mi aiutò ad alzarmi e tenendomi stretta quasi a togliermi il respiro e senza una parola mi baciò con tutta l’intensità e la tenerezza che fino a quel momento mi rendevo conto di avere solo intuito in lui.












Un saluto a tutti voi che recensite e seguite o solo leggete questa storia . Grazie dell’attenzione.

Un grazie di cuore a :

sheba_94


Fc27


frufru123


shinslia


eka


cristi97


Spero che questo capitolo vi sia piaciuto aspetto i vostri commenti.

Scusate se non rispondo singolarmente alle vostre recensioni, ma faccio appena in tempo a postare. Baci.

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Capitolo 14
*** CAPITOLO XIII ***





Quando mi sciolse dal suo abbraccio mi guardò negli occhi: “Domani domanderò a mio padre di accompagnarmi in città. Voglio chiedere ufficialmente la tua mano al capitano Swan.” Disse sorridendo “ E speriamo che non la prenda troppo male.” Lo guardai cercando di tranquillizzarlo e tranquillizzare me stessa.
“Mio padre è una persona mite e infinitamente disponibile e mi somiglia tanto.” Dissi.
“Sicuramente è come dici tesoro e devo ricordarmi di ringraziarlo per come sei, non c’è altra spiegazione al fatto che tu sia così speciale se non perché hai due genitori degni di ogni ammirazione.” Mi prese per mano e ci avviammo verso casa.
Prima di arrivare mi fermai per guardarlo e posare una mano sul suo viso, non potevo fare a meno di osservare i suoi occhi che un attimo prima avevo visto colmi di lacrime. Avrei portato quell’immagine nel cuore per tutta la vita.
“Cosa c’è?” Domandò con il suo sguardo colmo di una tenerezza infinita.
“Niente.” Dissi “ E’ che…” Continuava a fissarmi sorridente e interrogativo.
“Cosa , Bella? Cosa vuoi dirmi?” Portò la mia mano nuovamente sul suo viso.
“Non so, forse tutto questo è solo un sogno. Non è possibile che stia accadendo e proprio a me.” Si avvicinò e con le dita affusolate sfiorò il mio volto.
“Non è un sogno tesoro, è tutto vero.” Entrammo in casa e prendemmo posto per la cena, mentre continuavo a sentire tutta quella situazione irreale, l’unico momento che mi dava la conferma di non stare sognando erano i suoi occhi che continuavano a fissarmi e il suono della sua voce.
La cena trascorse tranquilla tra le occhiate di Alice e Rosalie alla mia mano.
Mi sentivo rossa di vergogna perché intuivo che tutti i presenti tranne mia madre fossero a parte della novità che riguardava me ed Edward.
“Signora Swan…” Disse Edward “ Potrei parlavi dopo cena?” Mia madre lo guardò un po’ meravigliata.
“Sicuramente caro.” Rispose lanciandomi un’occhiata interrogativa che io elusi abbassando lo sguardo.
Alice continuava a darmi sguardi eloquenti d’intesa.
Sapevo che non appena fossimo rimaste da sole avrei dovuto faticare a contenere tutta la sua felicità. Sembrava avere accantonato l’angoscia dietro l’entusiasmo per i nuovi avvenimenti, che altro non erano che una conseguenza dei primi, ma che lei sembrava per il momento volere ignorare.
Dopo cena Edward si scusò con il resto della sua famiglia e condusse me e mia madre verso lo studio.
Appena giunti fece cenno alla mamma di accomodarsi e dopo avere preso la mia mano tra le sue mi fissò con il suo sguardo intenso sospirando profondamente.
“Signora Swan” disse “Sicuramente vi starete chiedendo il motivo di questa mia richiesta…penso vi sarete accorta del mio interesse verso vostra figlia Isabella.” Fece una pausa per lasciarle il tempo di annuire. “Signora, molto presto partirò per il fronte. In altri momenti avrei sicuramente taciuto ancora per qualche tempo il mio interesse, che avrei palesato man mano con una corte discreta a vostra figlia riempiendola di quelle piccole, ma eloquenti attenzioni che avrebbero chiarito a poco a poco i mie sentimenti. Purtroppo mi trovo nella condizione di non dar seguito a tutti quegli usi a cui un giovane uomo innamorato si deve attenere prima di dichiarasi.” Mia madre lo guardava senza interromperlo posando il suo sguardo prima su di me e poi su di lui. “ Amo Vostra figlia, signora e maggior tempo a disposizione non mi avrebbe confermato ulteriormente quello che provo per lei.” Il viso fino a quell'istante un po’ incuriosito e sorridente di mia madre, cambiò lievemente espressione per diventare più serio. “ So signora, di mancare e di venire meno ad ogni regola di buone maniere, sono consapevole che ciò che vi dirò vi giungerà improvviso e vi chiedo fin da adesso di voler perdonare la mia sfrontatezza, ma le circostanze e non la mancanza di rispetto nei vostri confronti e di quelli di vostro marito mi hanno spinto verso qualcosa che vi assicuro è fatto con le intenzioni migliori e nel nome dell’amore, quell’amore immenso che sento di provare per vostra figlia. Quindi, non vogliate giudicate questo mio gesto affrettato…ma ho chiesto a Isabella di diventare mia moglie e lei ha accettato.” La vidi diventare seria ed impallidire per un tempo che mi sembrò infinito, prima che la sua voce mi giungesse tremula.
“Come posso io, giudicarti?” Disse mia madre portandosi le mani sul cuore “ come potrei non comprendere? Ho visto l’angoscia negli occhi di tua madre e la determinazione a non cedervi per amore tuo. Quale dunque il mio sacrificio paragonato al suo, di dover sopportare di perdere mia figlia perché tu l’ami e desideri che diventi tua moglie.” Fece un lungo sospiro e rivolse il suo sguardo verso me. “Per cosa dovrei rimproverarti? Perché leggo nello sguardo di mia figlia una felicità che sembra cambiarle persino il colore degli occhi? La conosco meglio di chiunque altro e non l’ho mai vista così e questo non può che farmi felice, perché so che dipende da te e non potrei augurami qualcuno migliore di te e della tua famiglia per la mia Isabella. So che ne avrai… cura Edward… che tutti voi ne avrete cura. Caro, non hai nulla di cui dover chiedere scusa. Hai la mia benedizione, tutti e due l’avete.” Distese le braccia per accoglierci in un abbraccio che non ebbe bisogno di altre parole.
Ci baciò entrambi sulla fronte guardandoci piena di affetto.
“Domani andrò a chiedere la mano di Bella ufficialmente a vostro marito. Mi accompagnerà mio padre. Almeno una delle formalità farò in modo che venga rispettata e speriamo che il capitano Swan sia altrettanto comprensivo.” Mia madre sorrise.
“Lo sarà tesoro, non temere, mio marito è un uomo schivo, ma non gli è sfuggito ciò che stava nascendo tra di voi prima ancora che lo capiste voi stessi.” A quelle parole capii quanto in fondo pur somigliando tanto a mio padre lo conoscessi poco.
Mia madre si congedò da noi con le lacrime agli occhi e non mancando di apprezzare l’anello che lui aveva messo al mio dito. Restammo soli e cingendomi la vita mi baciò dolcemente.
“Sono contento che tua madre sia stata così comprensiva.” Lo guardai con la consapevolezza che l’amore che provavo nei suoi confronti traboccava da ogni parte di me, ormai incontenibile come le onde dell’oceano. “Capisco che non deve essere stato facile per lei, ma l’ammiro maggiormente per questo.” Lo vidi avvicinarsi al pianoforte e sedersi, le sue mani scivolare sui tasti, eleganti e sicure e la musica diffondersi nell’aria di quell’estate che mi stava regalando il sogno più bello di tutta la mia vita. Lo osservavo assorto, rapito da quelle note dolcissime e scrutandolo cercavo d’imprimere nella mente più particolari possibili, sapevo che non ci sarebbe stato tempo sufficiente per poter carpire di lui i dettagli più piccoli, quelli più insignificanti, ma che ti rendono parte dell’altro, del suo mondo, della sua anima. Noi dovevamo racchiudere mesi, forse anni in quei pochi giorni. Avrei voluto incontrarlo prima e a quel pensiero la mia inquietudine tornò ad accarezzarmi l’anima con il suo respiro greve, fatto di un timore sordo, che si insinuava come un tarlo nella mia mente. Lo guardavo, considerando il fatto che sapevo così poco di lui, ma che quello che avevo imparato era sufficiente per farmi capire che la mia vita era indissolubilmente legata alla sua.
Avrei condiviso con lui tutto, gioie, dolori, avrei cercato di alleviare le sue ansie, i suoi timori.
Edward avrebbe avuto il meglio da quei giorni, sarebbero stati la sua forza e la sua determinazione a tornare da me, contro ogni follia, perché lui sarebbe tornato, doveva tornare.
“Cosa c’è Bella?” La sua voce mi ridestò da quei pensieri che sembravano essersi palesati sul mio volto. Mi guardava, con un velo di tristezza negli occhi e le sue mani avevano smesso di suonare.
“Perché hai smesso?” Risposi sorridendo.
“Perché la tua pena riesco a sentirla chiaramente Bella e non voglio che tu abbia pensieri tristi. Fallo per me tesoro.” Mi sorrise facendomi segno di raggiungerlo.
Presi posto vicino a lui. Mi guardava come faceva, quando voleva tranquillizzarmi. Cominciavo appena a conoscerlo, a capire le sue espressioni. Con un gesto che mi stupì e mi riempii di tenerezza si poggiò sul mio petto e rimase in ascolto del mio cuore.
“Eccolo lì il suono più bello del mondo. Il tuo cuore che impazzisce per me.” Posò un bacio sul punto esatto da cui provenivano i battiti e la risposta fu un suono ancora più martellante che lui accolse con il suo sorriso unico che lo rendeva ai miei occhi bellissimo. Considerai il fatto che era mio, amava me e voleva che facessi parte della sua vita per sempre e non avrei mai finito di sentirmi nei suoi confronti piccola, insignificante e tanto fortunata.
Una fortuna così sfacciata che quasi mi spaventava, avevo il terrore che tutto questo avrebbe avuto un prezzo e non osavo pensare a quale sarebbe potuto essere il mio.
La felicità di averlo al mio fianco mi stordiva, mi toglieva il respiro. Prese le mie mani tra le sue e guardandomi senza smettere di sorridere aggiunse: “Niente pensieri tristi, d’accordo?” Annuii e mi protesi verso di lui e prontamente le sue labbra si posarono sulle mie.
“Lo sai che non smetterei mai di baciarti? Mi convinco sempre più che…” Disse per poi interrompersi e tornare a fissare i suoi occhi nei miei.
“ Di cosa ?” Chiesi stupita.
“Che tu mi abbia fatto un sortilegio.” Disse mentre mi sorrideva e tornava a posare le sue labbra sulle mie. Ero sempre un po’ impacciata e imbarazzata, ma lui riusciva a cancellare in un attimo quella sensazione data dall’eccessivo pudore.
“Ti amo Bella” mi sussurrò. “Adoro quando arrossisci, il tuo imbarazzo quando ti bacio. Il modo in cui abbassi lo sguardo quando ti senti fuori posto. Potrei chiudere gli occhi in questo momento e disegnare il tuo viso nei minimi particolari. Ogni espressione, ogni piccolo segno che compare asseconda dei tuoi pensieri. So che quando qualcosa ti preoccupa sei solita morderti le labbra.” Lo sentivo parlare, mentre mi descriveva così bene. Non potevo credere che avesse trovato interessante osservarmi, anzi non riuscivo ancora a credere che mi avesse trovata tanto interessante da innamorarsi di me.
“Edward, perché mi ami? Voglio dire cosa hai trovato in me di così notevole tanto da innamorartene? Alla fine sono una ragazza come tante anzi…”
Mi accorsi che mi osservava serio.
“Ascolta Isabella, non voglio e ripeto, non voglio assolutamente che ti consideri una ragazza come tante. Ti posso assicurare che non lo sei, al contrario e mi ritengo fortunato che tu abbia voluto concedermi il privilegio del tuo amore.” Mi accarezzò il viso.“Non dire mai più una cosa del genere amore, mi rattrista che tu non ti renda conto di quanto sei speciale e bella e non solo per me.”
Mi strinse a se. L’orologio sul camino richiamò la nostra attenzione con i suoi rintocchi.
“E’ tardi, domani ci aspetta un’altra giornata impegnativa, è meglio che ti porti a dormire.”
Mi accompagnò verso la mia camera e quasi davanti alla porta tirandomi verso di se mi baciò ridendo poi divertito.
“Adoro sfidare la sorte.” Disse “Pensa se qualcuno ci vedesse…” Poi come se fosse stato illuminato da un lampo di genio aggiunse. “Perché domani non vieni con me da tuo padre? Non mi va di separarmi da te anche solo per poche ore e poi ormai tenuto conto che non abbiamo rispettato nessuna delle regole che le buone maniere impongono una più una meno cosa vuoi che cambi?” Lo guardai perplessa, se avessi dovuto dare retta al mio cuore avrei risposto di si, ma il buon senso mi suggeriva di essere un po’ più giudiziosa. Forse era meglio che almeno in quel caso cercassi di attenermi alle regole. La notizia che stavamo per dare a mio padre sarebbe stata per lui un fulmine a ciel sereno e anche se mia madre era stata rassicurante, temevo in qualche modo la sua reazione di sorpresa. Aveva intuito, ma averne la conferma e accettare di dare il suo consenso al mio matrimonio temevo fosse tropo anche per lui.
“Edward, non so se sia il caso…” Mi guardò con uno sguardo di supplica.
“Ti prego, Bella. Ci accompagna mio padre, la tua reputazione agli occhi della gente è salva. Tuo padre non avrà nulla da obbiettare se sua figlia viene accompagnata da due gentiluomini dei quali uno il futuro marito e l’altro il futuro suocero.” Rideva. Sapeva che mi avrebbe convinta facilmente.
“Ti prego, non vado via da qui se non mi prometti che verrai con me.” Lo guardavo consapevole che avrei ceduto, ma non volevo dargliela vinta subito.
“Non so se sia una buona idea. Se rimanesse contrariato da questo e mi negasse il consenso a sposarti?” Continuava a tenermi stretta a lui.
“In quel caso mi troverei costretto a rapirti e fuggire con te.” Era bello vederlo ridere felice e spensierato. Riuscivo a cogliere in lui, nella sua espressione, qualcosa che lo faceva sembrare un fanciullo. Qualche cosa che mi faceva pensare a come doveva essere stato da bambino quando giocava con i suoi fratelli.
“Dimmi sì, ti prego.” Annuii e questo bastò perché mi ritrovassi sollevata da terra a vorticare tra le sue braccia.
Quando mi riposò, la tesata mi girava e sorreggendomi con la galanteria che lo contraddistingueva mi baciò la mano. “A domani allora, amore mio. Dormi bene e sognami, io farò altrettanto.” Andò via e mentre lo osservavo rapita, mi sentii afferrare per un braccio e tirare dentro la stanza.
Davanti a me c’era Alice che mi guardava con i suoi occhi penetranti.
“Non ti azzardare a lasciarmi un altro minuto sulle spine. Credevo che mio fratello non andasse più via.” Il suo viso era illuminato da un sorriso di incontenibile felicità. “Allora vuoi che ti torturi per farti parlare?” Sospirai profondamente e le mostrai l’anello che faceva bella mostra di se alla mia mano.
“Mio Dio! Bella…Edward…lui… ti ha chiesto di sposarlo?” Alice mi guardò con le lacrime agli occhi e si slanciò verso di me abbracciandomi. “ Non poso crederci è la notizia più bella che potessi ricevere…e dimmi, quando?” La guardai emozionata con il viso in fiamme mentre sentivo bussare alla porta e vedevo entrare Rosalie.
“Non ho potuto fare a meno di sentire, ma non so se ho capito bene, le urla di Alice non erano molto chiare.” Alice la raggiunse.
“Si sposano Rose. Edward le ha chiesto di sposarlo. Che bello, che felicità, diventeremo sorelle tutte e tre.” Rose come Alice corse ad abbracciarmi e tutte e tre non riuscivamo a smettere di piangere.
“Dovremmo pensare al tuo abito adesso e a chi ti farà da damigella e…” Mi dispiaceva interrompere quell’entusiasmo, ma io non potevo ancora permettermi di esultare completamente, mio padre non aveva ancora acconsentito.
“Mio padre ancora non sa nulla Alice. Domani Edward gli chiederà ufficialmente la mia mano, ma vuole che vada anche io e non so se…” La mia amica mi guardò con i suoi occhi penetranti.
“Tesoro il tuo futuro suocero è un giudice, credi che non trovi gli argomenti per convincerlo. Io non mi preoccuperei fossi in te.” Mi guardò ammiccante. “Così domani partirai anche tu? Noi staremo via pochi giorni e poi torneremo tutti qui.” Continuava a tenermi le mani.
“Non posso ancora crederci Bella che sposerai mio fratello, io lo sapevo, lo avevo capito subito che eravate fatti l’uno per l’altra.” La maggior parte della notte la trascorsi a parlare con Alice e Rosalie a fare progetti e ad ascoltare i loro suggerimenti su cosa avremmo dovuto fare per poter avere il mio abito da sposa in così poco tempo, ma che secondo la mia futura cognata doveva essere degno di una principessa.
Dopo avermi lasciato augurandomi la buona notte Edward era passato da sua madre per dirle che avevo accettato di sposarlo e che mia madre aveva dato il suo consenso.
L’indomani mattina manifestò l’intenzione che io andassi con lui. Anche Elisabeth non lo ritenne opportuno, ma dietro le insistenze di Edward suggerì che venissero anche lei e mia madre. Noi avremmo approfittato per fare delle spese necessarie per il corredo, lasciato ulteriori disposizioni alla servitù rimasta nelle case di città ed Elisabeth ne avrebbe approfittato per attendere la risposta e il ritorno del figlio e del marito a casa nostra.
Quella mattina salutai Alice, Rosalie ed Emmett che avrei rivisto da li a qualche giorno e con Edward, i suoi genitori e mia madre ci dirigemmo verso la città per chiedere ufficialmente a mio padre il consenso al mio matrimonio.





Eccomi qui con un nuovo capitolo che è un preludio agli imminenti avvenimenti che i nostri beniamini si troveranno ad affrontare.
Un ringraziamento doveroso a chi continua a tenere questa ff tra le letture preferite e seguite e anche solo a chi per curiosità guarda di cosa si tratta.
A tutte voi che avete voluto lasciare un vostro commento tutta la mia gratitudine e simpatia oltre ad un immenso e sconfinato grazie.

Goten : Sono felice che ti piaccia. Spero che mi farai sapere cosa ne pensi anche in seguito.

Fc27 : Grazie, in effetti trattare questa storia in un’epoca diversa e descrivere come sarebbe stato Edward se vi avesse vissuto non è facile. Abbiamo di lui una descrizione amplificata dal suo stato sovrannaturale, un comune essere umano è tutta un’altra cosa, ma ci sto provando.

Ishizu : Felice di saperlo. Continua a dirmi cosa ne pensi.

Yeah : Mi dispiace, questo proprio non sarà possibile…non ci sono rose senza spine, ma continuate a sostenere Edward e Bella , ne avranno bisogno.^.^

miss_cullen90 : Sono lusingata di averti commossa fino a questo punto. Grazie. ^.^

frufru123 : Adesso veramente mi commuovo. Non so proprio cosa dirti, a parte un doveroso grazie con tutto il cuore.
Sono felice che tu segua questa storia con così tanto interesse ed il commento che hai fatto mi riempie di orgoglio. Quando si scrive si pensa sempre che ciò che si vuole far arrivare non sia mai abbastanza comprensibile, ma tu mi hai dato la conferma che quello che avevo in mente è giunto anche meglio di come l’ho sentito io.
Ancora un grazie infinito.

shinalia : Mi sto emozionando anche io con i vostri commenti. ç_ç

mcgi86 : Mi sento un po’ in colpa, non vorrei avervi fatto piangere troppo. *.*

Cristy97 : Con questo nuovo capitolo vi faccio respirare un po’^.^

eka : Ciao eka. Grazie della fiducia, ne sono lusingata. Avere il cuore di qualcuno nelle proprie mani è una responsabilità. Ti ringrazio per i complimenti per questa storia e per il componimento (To feel empty). Spero che quello che scrivo continui ad entusiasmarti e a farti sognare. Baci.

Sheba_94 : Purtroppo Edward partirà, sarà inevitabile, ma tu sii forte, perché avrà bisogno di tutto il vostro sostegno.

Ancora un grazie di cuore a tutte voi e spero che vi sia piaciuto leggere anche questo capitolo.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO XIV ***





Eravamo arrivati a casa, il viaggio era stato tranquillo. Mia madre si apprestò a dare ordini alla domestica perché provvedesse per il pranzo.
Riuscimmo a far desistere Edward dal volere incontrare mio padre nel suo ufficio, in questo il giudice Masen si dimostrò un ottimo mediatore. Lui sapeva come parlare ai suoi figli e calmare le loro animosità. Capivo Edward, quell’incertezza era difficile da controllare, anche se non c’erano motivi perché mio padre rifiutasse il suo consenso, il fatto però che ancora non lo avesse dato non ci rendeva tranquilli. Cosa avremmo fatto se non avesse acconsentito alle nostre nozze?
Nella mia casa che non era lussuosa come le sue entrava in contatto con quello che era il mio mondo e ne prendeva familiarità , tra quelle pareti non potevo fare a meno di convincermi che non stavo sognando. Lui era lì con me.
Fino ad ora lo avevo visto sempre nel suo ambiente, ma osservarlo aggirarsi per il nostro soggiorno inquieto, oppure seduto sul divano del salotto con uno dei miei libri in mano, me lo rendeva più reale. Lì a casa mia sembrava addirittura più alto, imponente, più bello di quanto mi era apparso fino a quel momento.
Mia madre e la signora Masen decisero che finché mio padre non fosse arrivato sarebbero uscite per fare compre, il signor Masen avrebbe approfittato per recarsi al suo ufficio per vedere se tutto era in ordine mentre Edward espresse il desiderio di andare a fare visita a suo zio Carlisle e sua moglie Esme.
- Vedrai ti adoreranno.- Aveva detto Edward. – Zia Esme e zio Carlisle sono fantastici, i loro consigli per noi sono preziosi fin da quando eravamo piccoli. Loro mi conoscono bene. Sono punti di riferimento indispensabili. Voglio che tu li conosca, ti innamorerai di loro.- Accettai e suo padre ci accompagnò.
Arrivati a casa di Carlisle, Edward mi pregò di non fare parola della sua partenza con sua zia. Lei non sapeva nulla e non voleva che si angosciasse nelle sue condizioni. Mi raccontò brevemente la storia di sofferenza che aveva caratterizzato il cammino dei suoi zii nel tentativo di avere un figlio e ora questa nuova gravidanza non lo rendeva tranquillo. Esme era veramente rimasta provata dall’ultima volta, ma chissà come era riuscita a convincere suo marito a quell’ennesimo tentativo, dal momento che dopo aver rischiato di perderla aveva giurato che se Dio aveva deciso che per loro quella gioia non doveva essere assaporata avrebbero rinunciato.
L’accoglienza fu anche migliore di come l’aveva anticipata Edward. Erano veramente delle persone fantastiche. Non mancarono di farmi sentire immediatamente parte della famiglia.
La zia di Edward era una donna dolcissima e appena mi vide entrare al braccio di suo nipote non mancò di commuoversi. Si capiva che lo adorava. Suo zio somigliava molto ad Edward anche lui alto ed elegante, il colore dei capelli era diverso, più tendente al biondo e anche gli occhi non erano dello stesso colore anche se altrettanto chiari. I suoi davano più su un caldo color ambra, ma stando vicini avevano lo stesso portamento, le stesse movenze, le mani lunghe da pianista e il medesimo sorriso. Quando suo zio lo vide lo abbracciò.
-Come stai ragazzo mio?- Disse – Ma che bella sorpresa! Siete rientrati? E’ da un po’ che non vedo tua madre e tuo padre. I tuoi fratelli?- Parlava con gli occhi che brillavano d’emozione. Si vedeva che amava tutti loro. Ci fecero accomodare.
- Zio Carlisle, zia Esme voglio presentarvi Isabella, la mia fidanzata e spero prestissimo mia moglie.- La reazione fu di meraviglia e sincera felicità.
Sua zia Esme ci abbracciò e rivolse a me un grande sorriso.
- Lieta di fare la vostra conoscenza signora.- A quelle parole mi prese le mani e mi guardò con tenerezza.
- Ti prego cara… Esme, ma se vuoi farmi proprio felice sarei lieta se mi chiamassi zia Esme come lo sono per tutti loro.- Potei notare in quel momento che era molto pallida e si muoveva come se fosse stanca. Sospirava spesso, ma la felicità di quella visita le aveva illuminato gli occhi che sembravano immensi sul viso un po’ scarno. Vidi Edward osservarla preoccupato e rivolgere uno sguardo interrogativo a suo zio che con un cenno impercettibile gli fece capire che avrebbe risposto dopo alle sue domande.
-Allora Edward dimmi, come hai fatto a conquistare questo tesoro? E’ una delizia. - Disse sua zia facendomi arrossire.
- Cara non ti devi sentire imbarazzata, se il nostro Edward ti ama vuol dire che sei speciale e noi ti siamo riconoscenti per renderlo felice.- Rivolse il suo sguardo verso il nipote. - Hai lo sguardo che brilla tesoro come quando da piccolo aprivi i tuoi regali di natale.- Edward mi prese la mano e la strinse tra le sue.
- Sono felice come allora zia. Per me quello era un momento magico e adesso Bella mi rende la stessa magia.- Lo guardai e sentivo il cuore che volava con i suoi battiti accelerati.
-Io sono Carlisle Bella, zio Carlisle. Piacere di fare la tua conoscenza.- Mi sentii imbarazzata da tanta gentilezza e sentii nuovamente il viso andare in fiamme.
-Devo dire- aggiunse sua moglie – che questo diminutivo del tuo nome ti si addice, sei proprio una gioia per gli occhi, mio nipote non avrebbe potuto scegliere di meglio. Sapevo che era destinato ad avere al suo fianco qualcuno di veramente speciale, ma non immaginavo fino a questo punto, ma il nostro Edward se lo merita perché come avrai avuto modo di constatare da sola è veramente un ragazzo speciale pieno di qualità oltre che indicibilmente bello.- Esme sorrise del disaggio di Edward, era la prima volta che lo vedevo arrossire.- Adoro metterlo in imbarazzo, quando arrossisce è tenerissimo. Da bambino era molto timido e riservato e l’unica persona con cui riusciva ad essere a suo agio ero io. Adorava farsi leggere i suoi libri preferiti e non faceva altro che dire: zia Esme giochi con me? Ti ricordi tesoro?- Vidi Edward annuire con un’espressione di infinita tenerezza.
- Bella tu sei di qui?- Domandò Carlisle.
- Bella è la figlia del capitano Charlie Swan…- Intervenne Edward. Suo zio annuii – Il capo della polizia, lo conosco è veramente in gamba un uomo di poche parole, ma sa il fatto suo.- Disse mentre faceva cenno a suo nipote di seguirlo.
- Le signore ci scuseranno se le lasciamo un po’ conversare tra loro.- Carlisle sorrise e posando una mano sulla spalla di Edward lo guidò al suo studio.
Restai sola con Esme che mi guardava con simpatia.
- Da quando conosci Edward mia cara?- Mi domandò.
- Non da molto, non è neanche un mese.- Si sistemò più comodamente sulla poltrona di fronte a me e vidi che era affaticata, si allungò per prendere il campanello per chiamare la domestica, ma non vi riuscì.
- Lasciate che vi aiuti zia.- Dissi alzandomi.
- Grazie- rispose – posso offrirti una bibita fresca? Fa un caldo insopportabile non trovi?- era pallida con occhiaie profonde e sembrava fragilissima.
- Grazie, volentieri- risposi – avete ragione è veramente insopportabile questa calura.- La vidi sorridere.
- Bella so che è poco convenzionale e che adesso il mio aspetto non è proprio un bel vedere, sembro una vecchia signora dolorante, ma ti assicuro che non serve aspettare che vi sposate perché tu possa semplicemente chiamarmi zia Esme. Considerami come un’amica, daresti del voi ad un’amica?- Feci cenno di no con il capo e lei annuì soddisfatta. Sembrava che l’avessi fatta felice accettando di considerarla semplicemente zia Esme senza troppe formalità. Era una donna veramente particolare. La sua gentilezza traspariva da ogni suo gesto e sguardo. Era bella in modo diverso dalla madre di Edward, ed estremamente dolce.
- E’ innamorato di te, ti guarda come se tu fossi l’unica ragione della sua vita. Conosco mio nipote, conosco quel ragazzo tanto da poterlo dire con certezza assoluta.- Mi guardava e io mi sentivo il cuore che correva impazzito e il viso in fiamme. – Ascolta Bella, c’è qualcosa che Edward cerca di tenermi nascosto? Lo conosco e ho capito che è in ansia per me.- M rivolse il suo sguardo profondo.-Quando ha deciso di intraprendere la carriera militare mi sono sentita gelare il cuore. Non lo vedevo un percorso adatto a lui. Troppo cruento, Edward è sensibile, ha un’ animo nobile, un po’ tormentato. Lo sai che è un provetto poeta? Ti ha mai fatto leggere ciò che scrive?- Scossi il capo.
- No, mi ha fatto sentire come suona.- Esme sospirò profondamente, sembrava più pallida da quando eravamo arrivati, forse la stavo facendo stancare.
- Allora posso dirti che scrive altrettanto bene. Speriamo che ti faccia leggere al più presto ciò che è capace di comporre.- Mi guardava con un’espressione così materna che ebbi l’impressione di conoscerla da sempre e mi dispiaceva che non stesse bene. Pur di avere la gioia di un figlio suo era disposta a rischiare la propria vita. Era una donna veramente fuori dal comune ed estremamente coraggiosa.
-Il fatto che abbiate affrettato così i tempi che abbiate deciso di sposarvi malgrado la vostra conoscenza sia così recente, ha a che vedere con una sua prossima partenza per il fronte? Non temere di rispondermi Bella, qui tutti mi trattano come se fossi una porcellana pregiata e fragilissima, ma io sono molto più forte di quello che possa sembrare specialmente in questo momento. Ti prego mia cara, rispondimi con sincerità.- A quella richiesta mi sentii morire. Avevo promesso ad Edward di non svelare a sua zia che sarebbe partito a breve. Tentennai e cominciai a mordermi le labbra.
- Ecco, non so se avverrà presto- dissi senza molta convinzione, non era mia abitudine mentire e non mi riusciva bene farlo.- Vogliamo solo che quando avverrà e se avverrà questa prova ci trovi uniti come marito e moglie…- Esme mi guardava con il suo sguardo stanco e alquanto sofferente.
-Ho capito cara non preoccuparti, non voglio metterti a disaggio, so quanto sappia essere protettivo Edward con i suoi affetti, avrai modo di rendertene conto tu stessa e sicuramente ti avrà pregata di non dirmi nulla a tal proposito. - Aveva appena finito di dire questa frase che fecero ritorno Edward e suo zio.
- Penso che per oggi mia cara sia il caso che tu ti riposi un po’, non devi chiedere troppo a te stessa. Terrò io compagnia ai ragazzi.- La esortò Carlisle.
- Non preoccuparti zio, noi dobbiamo andare via. A casa ci attendono per il pranzo e io ho un appuntamento a cui non posso mancare. Chiederò ufficialmente la mano di Bella a suo padre e il permesso per sposarla.- Vidi suo zio sorridere compiaciuto e la zia tendergli le braccia. Lui le si avvicinò e lei gli baciò la fronte: - Che Dio ti benedica tesoro mio. Che i tuoi desideri si possano avverare. Io pregherò per te, perché questo avvenga.- Li salutammo e ci congedammo da loro.
Billy ci avrebbe riportato a casa e dopo sarebbe passato a prendere il padre di Edward. Ci informammo se le nostre rispettive madri fossero già rientrate. Risposedi sì e che avevano chiesto di noi e lui aveva riferito che il signor Masen aveva provveduto a farci accompagnare a casa Cullen prima di passare dal suo ufficio.
Sicuramente mia madre stava curando in ogni minimo dettaglio l’organizzazione di quel pranzo e il fatto di avere come ospiti la famiglia di Edward la emozionava sicuramente non poco.
Edward non era stato di molte parole, sembrava preoccupato. Non smetteva di guardarmi e di sorridermi, ma nei suoi occhi leggevo un’inquietudine che non gli avevo mai visto fino a quel momento.
Cosa lo preoccupava? Ero tentata di chiederlo, ma pensavo che se avesse voluto me ne avrebbe parlato. Con lui non mi sentivo del tutto disinvolta, la nostra confidenza era ad una fase iniziale e la conoscenza che avevo nei suoi confronti non mi permetteva di sapere fin dove mi potevo spingere e fino a dove era meglio lasciargli i suoi spazi. Solo le prime volte che lo avevo visto mi era apparso così assorto e immerso in se stesso. Allora dipendeva da me, dal suo voler riconoscere quel nuovo sentimento che si stava insinuando in lui.
Lo guardai, il vento gli spettinava i capelli e in un gesto istintivo allungai una mano per scostargli dalla fronte alcune ciocche ribelli.
La prese e ne sfiorò il palmo con le labbra.
“Ti amo.” Disse piano, in un modo che mi diede una fitta sorda. Ebbi l’impressione che si stesse rimproverando per qualcosa.
“Tra un po’ sapremo… cosa dirà tuo padre…” Continuava ad avere lo sguardo rivolto verso qualcosa che intuivo essere molto lontano da noi. Non resistendo sfidai la reticenza data dal mio pudore e feci la domanda con un filo di voce. “Cosa ti preoccupa Edward?” Sembrò come se lo avessi preso alla sprovvista.
- Sono preoccupato per mia zia.- Disse serio.
-Penso di avere fatto un guaio. - Sussurrai con un filo di voce.
-Che genere di guaio?- Rispose un po’ preoccupato. -Zia Esme mi ha chiesto come mai abbiamo deciso di sposarci malgrado la nostra conoscenza sia così recente e io credo di non essere stata molto convincente nella risposta. Non mi riesce bene mentire.- Lo vidi sorridere.
- Non preoccuparti tesoro, la zia è molto perspicace avrebbe capito comunque che le nascondevamo qualcosa. Sa della mia partenza allora?- Sospirai.
- Ritengo di si dalla risposta che mi ha dato. Mi ha detto che non voleva mettermi in imbarazzo, che aveva capito e che sapeva quanto tu fossi protettivo con le persone che ami e che me ne sarei resa conto da sola.- Scosse il capo.
- La solita dolcissima e stupenda zia Esme. Io comunque ho informato lo zio.- Poi guardandomi in quel modo penetrante, tutto suo, capace di arrivarmi all’anima aggiunse: - non so se sarei capace di sopportare quello che lui sta passando. Vedere la donna che ami soffrire ogni giorno di più sapendo che probabilmente la gioia più grande potrebbe significare la sofferenza più atroce. Non so se sarei in grado di resistere. Non riuscirei a vivere senza di te Bella. Niente avrebbe più senso.- Gli strinsi la mano e cercai di dirgli qualcosa, ma i suoi occhi si spostarono verso il paesaggio fuori dal finestrino. – Non sarei neanche capace di sopportare che tu soffrissi per causa mia.- Pronunciò con la commozione nella voce.- Questo sarebbe anche peggio, sapere che la causa di un tuo dolore possa dipendere da me…sapere che i giorni che ti regalerò non saranno tranquilli, ma pieni d’angoscia mi tormenta ogni momento Bella. Forse ho sbagliato a coinvolgerti in questo. Avrei dovuto tacere. Aspettare di essere ritornato per dichiararti ciò che provavo per te, ma sono stato egoista ho voluto rubare questi momenti di felicità costringendoti a condividere le mie scelte, ma ho avuto paura amore che qualcuno potesse rapire il tuo cuore nel frattempo e precludere a me ogni possibilità o ancora peggio… la possibilità di non tornare… Non ho saputo rinunciare al tuo amore Bella, ho provato, sapevo che non avevo nessun diritto di infliggerti questa pena, di chiederti un simile sacrificio, ma non sono stato capace di starti lontano.- Lo ascoltavo con il cuore stretto in una morsa.
-Preferisco questo, solo la promessa di un futuro incerto, averti accanto anche solo per un’ora, anziché portarti dentro come un rimpianto, come qualcosa che sarebbe potuto essere e non è stato. Sarebbe stato mille volte peggiore non sapere, non potere ascoltare la tua voce mentre mi sussurri che mi ami, sopporterei qualsiasi pena anche solo per una tua carezza. Non avrei rinunciato per niente al mondo a un solo tuo sguardo, a un solo tuo sorriso rivolto a me. - Si voltò verso di me e mi sfiorò le labbra con le dita, posando le sue sulla mia fronte.
Non parlammo per il resto del tragitto, lui continuava a tenere la mia mano nelle sue io il mio viso sulla sua spalla.
Arrivati a casa Edward mi aiutò a scendere e tenendomi per mano entrammo. Mio padre non era ancora arrivato.
- Tuo padre sarà qui a momenti Bella. Come stanno gli zii di Edward?- Salutai mia madre con un bacio sulla guancia.
- Suo zio bene, ma non so se poter dire lo stesso di sua zia.- La madre di Edward guardò in modo interrogativo il figlio.
- Come l’hai trovata tesoro.- Chiese.
- Dall’ultima volta più stanca e sciupata. Rispose Edward.
-Speriamo che tutto vada bene.- Elisabeth sospirò preoccupata e Edward la raggiunse per abbracciarla.
-Come ti sono sembrati mio fratello e sua moglie Bella?- Mi domandò la signora Masen.
- Stupendi, mi hanno accolta come se mi conoscessero da sempre.- Elisabeth sorrise.
- Si, sono impagabili.- Esclamò passandomi vicino e posandomi una carezza sulla guancia. – Tu mi ricordi mia cognata in alcune cose siete molto simili. Anche tu come lei sei estremamente dolce ed umile Bella, il mio Edward non poteva scegliere di meglio. Oltre che una splendida ragazza.- Era la prima volta che Elisabeth mi parlava in modo così aperto e familiare. Edward mi guardò raggiante era felice che sua madre mi apprezzasse tanto e mi parve di non scorgere più nei suoi occhi l’angoscia di poco prima.- Siamo tutti felici che entrerai a far parte della nostra famiglia tesoro.- Le sorrisi con gli occhi pieni di lacrime.
- Ora la fai piangere mamma.- Intervenne Edward – Bella è sensibile ai complimenti- disse sollevandomi il mento e guardandomi negli occhi.- E’ per questo che l’adoro, perché non si rende conto di quanto è speciale.- Si avvicinò e mi abbracciò. Mentre sua madre sorrideva ad entrambi.
Mi asciugai gli occhi, mentre notavo la tavola nella sale da pranzo apparecchiata in maniera estremamente elegante, in centro facevano bella mostra le rose che la mamma coltivava nella serra.
- Ho mandato a tuo padre un biglietto per avvisarlo che abbiamo ospiti i genitori di Edward e di non tardare.- Era nervosa lo vedevo.
- Mamma, pensi che papà darà il suo consenso?- dissi sottovoce Mi accarezzò il viso.- Speriamo cara, non credo che abbia problemi a farlo, ma sai che quando si tratta di te controlla difficilmente le emozioni e diventa protettivo. Niente lo farebbe più contento della tua felicità, ma il fatto che tutto è così improvviso e inaspettato e che vi conoscete da così poco tempo non so come la possa prendere. Non ho avuto modo di parlargli, di prepararlo. Potrebbe essere una sorpresa improvvisa da dover gestire per lui e magari avrà bisogno di pensarci un po’ su.- Mentre parlavamo in modo discreto cercando di non farci udire dai nostri invitati, sentimmo la voce di mio padre nell’ingresso. Entrò sorridente salutando e notai che Edward si irrigidiva. Era teso e io con lui.
- Scusate il ritardo, ma sono stato trattenuto. Vedo che abbiamo una gradita sorpresa.- Disse avvicinandosi ad Elisabeth per farle un baciamano.- Come vanno i preparativi per le nozze della piccola Alice?- Mio padre era veramente affezionato alla sorella di Edward, gli era riconoscente per l’amicizia che mi aveva offerto. Si era sempre rammaricato che avessi poche amicizie.
- Bene, sono andati insieme ad Emmett a prendere i genitori di Jasper.- Rispose la madre di Edward.
Nel frattempo che aspettavamo anche l’arrivo del padre di Edward, mia madre ne approfittò.
-Caro dovrei parlarti un momento, ti dispiace venire con me?- Mio padre la scrutò. Conosceva bene la mamma e di sicuro capì che quello che doveva dirgli era della massima importanza.
- Certamente mia cara, ma il giudice non è dei nostri?- Domandò cercando di prendere tempo. Sapeva che da quelle riunioni con mia madre ne conseguivano sempre delle richieste a cui facevano seguito estenuanti conversazioni. Perché di solito si trovavano su posizioni diverse.
- Mio marito è stato trattenuto e si scusa, ma Billy è andato a prenderlo e non dovrebbe tardare.- Mio padre annuì e facendo un mezzo inchino ad Elisabeth seguì la mamma nello studio.
Non so cosa si dissero, ma quando uscirono il signor Masen era arrivato e mio padre era pallido come un lenzuolo.
La mamma mi guardò, ma dalla sua espressione non riuscii a cogliere il minimo indizio. - Edward, mi dicono che vuoi parlarmi. Vieni accomodati…Giudice bene arrivato, sono lieto di avervi casa mia. Se volete scusarmi avrei qualcosa di cui parlare con vostro figlio, ma penso che ne siate al corrente.- Vidi il padre di Edward annuire con la testa e sorridere leggermente in segno di saluto e conferma a quello che aveva detto mio padre. Non mi sembrava che le cose si mettessero bene. Il viso di mio padre anche se cordiale e sorridente era tirato.




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Le mani mi tremavano e la mia determinazione sembrava essere svanita. Davanti al padre di Bella tutte le giustificazione che avevo addotto fino a quel momento sembravano venire meno. Mi fece cenno di sedermi e si sedette a sua volta. Aprì il porta sigarette e me ne offrì una. Feci segno di no ero troppo nervoso per tenere in mano qualcosa. Charlie Swan continuava a tacere mentre osservava la sua sigaretta e la girava tra l’indice e il pollice. Continuava a sospirare e a lisciarsi i baffi. Non sapevo se aspettava che parlassi io o stava cercando le parole migliori per licenziarmi con il maggior garbo possibile, ma senza possibilità di replica.
- Allora Edward, mia moglie mi ha riferito le novità. Ti confesso che non sono rimasto meravigliato più di tanto alla notizia dei tuoi sentimenti per mia figlia era evidente che tra voi stava nascendo qualcosa.- Fece una pausa come per riordinare le idee e si schiarì la voce.
Mentre parlava era come se il suo tono fosse trattenuto. Probabilmente qualcosa lo aveva contrariato anche se cercava di mantenere un tono cordiale.
- Si signore.- Risposi e stentai a riconoscere la mia voce.
- Tuttavia …figliolo, non mi è piaciuto devo confessartelo, come hai gestito tutta questa faccenda. Il modo affrettato che hai avuto di comunicare le tue decisioni prima ancora di avere il mio consenso di sapere se io fossi d’accordo, non mi ha fatto piacere.- A quelle parole sentii il mio coraggio e le mie certezze vacillare.
Tutta la spavalderia di venire meno a delle convenzioni che davanti agli eventi avevano perso di significato, mi si stavano ritorcercendo contro. Avevo offeso il padre di Bella.
- Signore, posso addurre a questo dei validi motivi.- Replicai, ma lui mi fece cenno di non interromperlo.
- Lo so Edward e posso capire come uomo il tuo punto di vista, ma come padre non posso ne approvarlo, ne condividerlo tantomeno giustificarlo. Io ho solo Bella. Per me l’affetto più prezioso al mondo, per lei darei la mia vita.- Mi guardava serio.
- Lo so signore, ma anche io farei la medesima cosa.- Risposi altrettanto serio.
- Si Edward, ma io come padre non la farei mai soffrire, cercherei di evitarlo in tutti i modi e non posso dire che tu stia facendo la stessa cosa.- Lo guardai e sapevo che aveva ragione anche io mi ero già rimproverato per questo.
- Tu hai chiesto a mia figlia di amarti e fino a qui poteva anche andarmi bene, ma le hai chiesto di diventare tua moglie sapendo che c’è la possibilità e scusa la franchezza brutale ma una possibilità molto alta che tu non faccia più ritorno. Hai idea di cosa stai chiedendo a mia figlia? Di sottoporsi volontariamente ad un supplizio. A una sofferenza indicibile caro ragazzo.- Quelle parole mi trapassarono come una fucilata. La vedevo disperata piangermi, distrutta dal dolore. L’avevo immaginata quella scena infinite volte, allontanandola ogni volta con orrore, ma non per paura, ma per l’angoscia che mi provocava il pensiero della sua sofferenza.
- Tu non la conosci come la conosco io. Isabella è una ragazza estremamente sensibile e vulnerabile. Non ha mai preso nulla alla leggera, si butta nelle cose con tutta se stessa. Quando fa qualcosa ci crede. Sei il suo primo grande amore, non avrà tempo di conoscerti, ti idealizzerà e così le precluderai la possibilità di amare di nuovo, di avere una vita sua, una famiglia. Saresti l’amore che è finito senza che il tempo e le difficoltà della vita possano avere avuto il modo di intaccarlo, senza che le disillusioni lo possano trasformare e consumare. Saresti l’amore eterno e immenso che non potrà trasformarsi in affetto e rispetto dato dalla conoscenza. Saresti la passione che è bruciata troppo in fretta. Rimarresti il sogno che le è stato strappato prima ancora di poterlo vivere.- Lo ascoltavo incapace di replicare, sapevo che aveva ragione.
-E poi c’è l’eventualità che possa rimanere incinta. Sai come vanno queste cose. Io non ho niente contro il fatto che vi sposiate, ma non penso che sia una buona idea. Lei non ha avuto a disposizione la conoscenza che per esempio tua sorella ha del tuo futuro cognato, lei non conosce i tuoi difetti per adesso conosce di te solo i pregi e il lato romantico. Non sa cosa vuol dire avere la pazienza di capirti e perdonare le tue intemperanze. Mia figlia non ha fratelli, né amici o parenti qui.- Lo guardai, quello non poteva dirlo aveva la mia famiglia.
-Bella non è sola, non lo sarà mai, vicino avrà la mia famiglia.- Mi guardò e notai nel suo sguardo una sorta di pentimento per ciò che aveva detto.
- Ragazzo, non sto dicendo che non dovrai necessariamente non tornare, io mi auguro anzi che tu torni e tutto intero e in questo devi crederci anche tu, sto solo illustrando le mie ragioni da padre.- Annuii.
- Capisco signore, ma vedete io potrei avere una speranza solo sapendo che ad aspettarmi ci sarà vostra figlia.- Sorrise.
-Ma lei ci sarebbe comunque, ci sarebbe stata comunque, ma ti avrebbe aspettato non come tua moglie e questo sarebbe stato un motivo ulteriore per tornare per poterla sposare, ma se non fosse stato così lei poteva farsene una ragione, se invece fosse tua moglie sono sicuro che non ne uscirebbe più e anzi addirittura ho paura che il dolore l’annienterebbe.- A quelle parole mi sentii come se qualcuno mi strappasse il cuore dal petto.
- Vuoi un po’ di cognac ragazzo sei pallido come un lenzuolo. Capisco che l’ami anche tu e quello che ti sto dicendo ti stia facendo soffrire, ma è necessario che tu capisca le mie ragioni.- Sospirò.
- Non crediate che non mi sia detto per primo queste cose da solo. All’inizio ho provato a tacere i miei sentimenti anche a me stesso, ma la loro forza mi ha sopraffatto e mi sono arreso.- Lo vidi alzarsi e poggiarsi al bordo della scrivania di fronte a me.
- La mia posizione adesso è difficile e delicata. Mi metti nelle condizioni che qualsiasi cosa sceglierò farò del male a mia figlia. Capisci questo Edward? Se darò il mio consenso probabilmente soffrirà, se non lo darò e tu non dovessi tornare mi odierà e soffrirà comunque. Cosa faccio adesso?- Lo guardai mortificato.
- Capisco signore e vi chiedo di perdonarmi.- Mi mise una mano sulla spalla.
- Mo no, scusami tu figliolo cerca di capire lo sfogo di un padre non ce l'ho con te, tu hai fatto solo quello che compete alla tua età, ti sei innamorato e hai agito di conseguenza con l’irruenza che gli eventi hanno costretto ad amplificare. Sono dispiaciuto di averti rattristato e non pensare minimamente che non potrai non tornare, è solo che mi avete preso alla sprovvista e lei è la mia bambina, ma anche tu sei poco più di un ragazzo con un destino da affrontare più grande di te. Perdona questo mio atteggiamento da egoista.- Mi guardò e il suo sguardo era più sereno e paterno.
- Voi avete tutte le ragioni signore sono io che vi devo chiedere scusa.- Scosse il capo.
- Non pensiamoci più. Prometti Edward di tornare per poterti prendere cura di mia figlia. Ti affido la mia bambina, quindi stai attento a quello che fai.- Sospirai era la felicità più grande che potessi provare, ma non riuscivo a gioirne completamente. Le parole del capitano Swan erano una sacrosanta verità. Mi alzai e gli diedi la mano. Lui la strinse tra le sue.
- Dimentica quello che ho detto Edward e cerca di fare felice la mia Bambina. Per quando pensate di fissare la data.- Lo guardavo e riuscivo a malapena a sentirlo
. - Aspetteremo che ritorni Alice, comunque la prossima settimana qualche giorno dopo il suo.- Vidi il padre di Bella impallidire.
- Così presto? Allora la partenza è imminente. Quanto tempo avete?- Sospirai profondamente.
- Dopo il matrimonio dite?- Annuì leggermente.
- Solo qualche giorno. Forse quattro, se siamo fortunati cinque, ma non ci spero.- Lo vidi passarsi le mani tra i capelli e spegnere la sigaretta che aveva lasciato nel posacenere a consumarsi, come la mia spensieratezza, la mia gioia per quello che doveva essere il momento più bello della mia vita, come tutto il mio mondo che avrei lasciato lì assieme a Bella per forse non tornare mai più.
- Vieni andiamo di la a dare la notizia, non so fino a che punto bella.- Mi batté una mano sulla spella e uscimmo dal suo studio.




Ciao a tutti. Continuano i miei ringraziamenti per tutti quelli che seguono, preferiscono, leggono e mi tengono tra i loro autori preferiti. Ancora grazie.


A voi che con costanza recensite e mi dimostrate il vostro apprezzamento ed entusiasmo ancora un milione di grazie.


midnightsummerdreams : Sono contenta che ti piaccia la storia e come scrivo. Continua a seguire e a lasciare un tuo commento. Per me sono preziose le vostre opinioni.

miss-cullen90 : Di solito scrivo quello che mi piacerebbe leggere e sono felice che la lettura di questa ff ti dia l’impressione di essere nel 1918. Grazie e rimani a farmi sapere se la storia continua a piacerti.

mgi86 : Grazie infinite, sono felice che mi fai sapere cosa ne pensi. Continua a farlo. Baci.

eka : Spero che anche questa volta mi perdoni per l’attesa, ma meglio tardi che mai. Sono contenta che il mio Edward ti piaccia. Per descriverlo non mi sono ispirata a nessuno in particolare. Ho solo preso spunto per raccontare questa storia da una risposta che Edward da a Bella in “eclipse”. Quando le chiede di sposarlo e fa riferimento al fatto che lui nella sua epoca sarebbe stato quel tipo di ragazzo che se l’avesse incontrata si sarebbe impegnato perché a quell’epoca sarebbe già stato considerato un adulto. In questa storia non faccio altro che cercare di descrivere il suo lato umano di quando viveva nel suo mondo cercando di estrapolarlo dal contesto in cui si trova nei racconti della Meyer e di capire la sua essenza fuori dal contesto sovrannaturale in cui ci viene descritto. Purtroppo lui partirà con Jasper, ma tu come Bella dovrai essere forte. Hanno bisogno del nostro sostegno perché un po’ ci sarà da stare in ansia, le prove da superare saranno impegnative. Baci e continua a farmi avere il tuo parere.

yeah : Grazie cercherò di meritarmi la tua fiducia. Un bacio e aspetto i tuoi prossimi commenti.

Fc27 : No, non preoccuparti non mi annoia sapere che mi consideri brava ^.^ mi fa enormemente piacere. Baci e grazie.

Goten : Che bello!!! Quando si riesce ad emozionare con quello che si scrive è gratificante. Mi fa piacere sapere che mi segui, continua a farlo e a dirmi se la storia seguita a piacerti.

ishuzu : Speriamo di sì, facciamo il tifo per loro. Baci
shinalia : Sì Edward è proprio un amore e speriamo che vada tutto bene. Noi faremo tutto il possibile per aiutarlo. Vero? Non lo lasceremo da solo a superare i periodi un po’ difficili che verranno. Ciao!

sheba-94 : Grazie per i complimenti e spero che tu non debba sempre fare tutte queste acrobazie per leggere i mie cap. Si ci sarà un po’ da piangere. Però vedo che i nostri hanno un bel gruppo a sostenerli quindi…se l’unione fa la forza non li abbandoniamo. Kisses.

francef80 : Magari…chissà?!?! Grazie per i complimenti e perché segui e commenti. Un bacio.

frufru123 : Allora, non ti preoccupare, so cosa significa “preparativi per le vacanze” il più delle volte caos totale. Mi fa piacere ricevere i tuoi commenti, come quelli di tutti. Nei tuoi apprezzo l’attenzione che dai ai dettagli e il modo particolareggiato nell’esposizione delle opinioni. Mi sono di grande aiuto per capire l’andamento della storia e cosa arriva e se quello che io ritengo importante abbia la stessa rilevanza per chi legge. Vedo con piacere che fai parecchie citazioni delle frasi che i nostri beniamini si scambiano e questo è proprio bello perché vuol dire che non sono banali come tante volte io credo che siano. Ti ringrazio e aspetterò con ansia i tuoi prossimi commenti appena ti sarà possibile. Intanto fai buone vacanze. Un bacio.


Spero che anche questo capitolo vi abbia appassionato. Ciao e un bacio a chi è rimasto e a chi invece si sta godendo le meritate vacanze. A presto.

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Capitolo 16
*** Capitolo XV ***



Uscirono dallo studio, i loro volti erano seri specialmente quello di Edward. Appena mi vide sorrise, ma i suoi occhi, il suo sguardo sembravano diversi . In quel lasso di tempo che mi era sembrato un’eternità, era cambiato qualcosa. Più che una certezza era come un presentimento.
Edward si avvicinò e mi prese le mani, le sentii fredde, come di chi era stato in balia di grandi emozioni.
-Allora?- sussurrai con il respiro spezzato. Mi sfiorò la guancia.
- Tutto bene, stai tranquilla ha dato il suo consenso.- Mi sorrise, ma continuava a farlo senza quella luce che avevo imparato a cogliere quando mi guardava e sembrava angosciato.
Mio padre mi venne vicino. Edward lasciò la mia mano e guardò in basso.
- A quanto sembra- disse - i nostri ragazzi hanno deciso che le nostre famiglie si uniscano in un legame di parentela che spero sia solido e mi auguro dal profondo del cuore duraturo.- Il giudice Masen si schiarì la voce, mentre sua moglie cercò di trattenere le lacrime.
Tornai a cercarlo con lo sguardo, mi ricordò l’Edward dell’inizio della nostra conoscenza.
La prima ad abbracciarmi fu mia madre. I nostri rispettivi padri si strinsero le mani e a loro volta si congratularono con lui. I primi dieci minuti trascorsero tra commenti e felicitazioni, ma io sapevo che nello studio tra i due uomini più importanti della mia vita era successo qualcosa . Edward sembrava amareggiato. Sentivo parlare i nostri genitori e ogni tanto riuscivo a cogliere stralci di quella conversazione senza realmente capirne il senso, la mia mente era distratta, cercavo di cogliere la ragione di quella preoccupazione che vedevo dipinta nel suo bellissimo viso. Cosa era successo in mia assenza? Non vedevo l’ora di poter restare sola con lui per cercare di capire il motivo che aveva indotto quel cambiamento sul suo umore e sul suo atteggiamento.
Il pranzo trascorse cercando di organizzare i preparativi.
Non c’era tempo per inviti in grande stile sarebbero state due cerimonie semplici nella tenuta di campagna dei genitori di Edward. La data precisa avremmo aspettato per concordarla al rientro di Alice.
Restava il problema del mio abito da dover ordinare con così poco anticipo e dove avremmo abitato subito dopo le nozze.
Continuavo ad osservare Edward, era lì vicino a me, ma sembrava come fosse altrove. Interveniva alle domande che gli venivano poste rispondendo in modo pacato, ma in lui qualcosa mi sfuggiva.
Finalmente il pranzo finì e mia madre ed Elisabeth si ritirarono nel salottino per definire i dettagli di quello che sarebbe servito.
Dopo questa parentesi sia mio padre che il suo si diressero nello studio, ed Edward li seguì. La cosa mi meravigliò, non era solito lasciarmi da sola neanche per un momento.
Sentii una fitta sorda nel petto data da un misto tra disappunto e delusione. Le lacrime prepotenti velarono i miei occhi.
Decisi di andare a cercare un po’ di refrigerio al caldo di quel pomeriggio sotto la grande quercia in giardino. Era il mio posto preferito dove tante volte avevo volato con la fantasia e avevo sognato di incontrare qualcuno come Edward. Li ero solita andarmi a rifugiare non mancando di portare con me qualcuno dei miei libri preferiti. Mi avviai da sola. Da quando Edward era entrato nella mia vita non mi ero più dedicata alla lettura, non era neanche un mese, ma sembrava già un’eternità.
Tenevo il libro tra le mani aperto su quella pagina di cui non ero riuscita a leggere neanche una riga. Non era quella la reazione che mi ero aspettata da lui. Aveva voluto quel momento con tutto se stesso e l’aveva reso speciale e indimenticabile. Neanche tra i libri che adoravo avevo mai letto parole d’amore come quelle che lui aveva pronunciato per me e adesso ero lì da sola a cercare di capire cosa gli fosse successo, forse mio padre lo aveva offeso in qualche modo? Oppure la conferma che sarebbe diventato tutto vero lo aveva spaventato. Qualcosa lo preoccupava. La sensazione di non averlo al mio fianco, sentire la sua voce, avere i suoi occhi nei miei mi faceva sentire come svuotata. Come avrei fatto una volta che fosse partito?
Mi poggiai al tronco della quercia cercando conforto, chiusi gli occhi e rimasi in ascolto del mio cuore, che sembrava addormentato senza lui al mio fianco.
-Bella…ti cercavo.- La sua voce come un balsamo, tornò a farmi respirare normalmente. Aprii gli occhi e gli sorrisi, lui ricambiò in maniera dolcissima. –Cosa fai qui tutta da sola?- Mi tese la mano per fami alzare.
-Leggevo.- Dissi cercando di scrutarlo per trovare una risposta alle mie domande.
-Cosa di così interessante?- Era lui, era sempre lui eppure sembrava diverso.- Nulla che non possa aspettare.- Risposi.- Perché mi cercavi?- Mi guardò e poi abbassò gli occhi.
- Stiamo andando via Bella, la mamma vuole organizzare la giornata di domani alla servitù visto che sarà impegnata con la tua per quasi tutto il giorno.- Mise una mano in tasca e prese il porta sigarette.
– Vai via anche tu?- Domandai.
- Sì, li accompagno, così approfitto per sentire se ci sono novità.- Tacque e si accese una sigaretta.
- Ti vedrò più tardi? - Sospirò poi sorridendomi mi accarezzò il viso.
- A più tardi… - Mi guardò con uno sguardo che mi fece rabbrividire e che non riuscii a decifrare, come qualcuno che avesse voluto urlare da un momento all’altro e non poteva farlo. Ad un tratto mi afferrò per la vita e mi tirò verso di lui. Sentii che le gambe mi venivano meno e la testa cominciava a girarmi vorticosamente. Mi fissò in un modo che non aveva mai fatto prima. Sembrava che volesse fermare il tempo in quel preciso istante. Poi mi tenne stretta a lui affondando il viso tra i miei capelli.
- A dopo Bella.- Disse e si allontanò lasciandomi lì stordita senza neanche il tempo di accompagnarlo.
Mentre salivo per andare in camera mia, sentii mia madre chiamarmi.
- Isabella, tesoro domani passeremo dalla sarta per cercare di ordinare il tuo abito da sposa.- Feci cenno di sì.
- Mamma dove è papà?- Mia madre mi guardò cercando di capire il motivo della mia preoccupazione.
- E’ tornato in ufficio. Perché lo cerchi è successo qualcosa?.- Alzai le spalle.
- Non so, ho come l’impressione che quello che si sono detti abbia turbato Edward.- Mia madre corrugò la fronte .
-Cosa ti fa pensare una cosa del genere?.- Non sapevo cosa rispondere.- Edward ti ha forse detto qualcosa?- Feci cenno di No.
-Non è qualcosa che ha detto è più… non so …- La vidi perplessa .
- Magari è solamente stanco, del resto oggi è stata una giornata impegnativa per lui. Sai i discorsi da uomini sono gravosi. La consapevolezza di nuove responsabilità da pensiero tesoro. Una moglie non è mica un qualcosa da prendere alla leggera è un impegno serio. Magari Edward è solo un po’ inquieto.- Sospirai.
- Forse è come dici.- Pensai che avesse ragione del resto il matrimonio era vicino e con esso la partenza, magari Edward era solo triste e preoccupato per questo.
Andai nella mia stanza e mi sdraiai sul letto alzai la mano e contemplai l’anello che mi aveva messo al dito, rividi le lacrime nei suoi occhi e riportai alla mente le parole che aveva pronunciato ad una ad una e con quei pensieri mi addormentai.
Quando la mamma mi venne a chiamare, guardai dalla finestra e notai che il sole era quasi tramontato. Quanto avevo dormito?
-Mamma è arrivato Edward? Digli che scendo subito, devo essermi addormentata.- Mia madre mi guardò sorridendomi.
-No tesoro è venuto un ragazzo da casa Masen e ha portato questo per te.- Presi il biglietto che mi porgeva. Era la prima volta che leggevo la sua calligrafia, era elegante e ordinata:

Bella ti prego di perdonarmi,
ma non mi è possibile venire da te come ti avevo promesso,
ho saputo che alcuni colleghi di accademia sono qui e
domani partono per il fronte, passerò la serata con loro.
Sono mortificato. A domani.
Edward.


Rimasi a guardare quel biglietto con la delusione cocente che mi aveva provocato disegnata sul volto per tutta la sera. Quando mi chiamarono per la cena, non avevo fame e rimasi in camera mia. Davanti allo specchio mentre pettinavo i capelli cominciai a piangere. In quel mese mi aveva lasciata sola pochissime volte e quando era successo ero a casa sua dove tutto mi parlava di lui. Il suo profumo era nell’aria che respiravo e poi c’erano Alice e Rosalie, ma adesso la sua assenza mi toglieva il respiro.
Avrei dovuto aspettare l’indomani per vederlo. Sentii bussare lievemente alla porta e asciugai in fretta le lacrime.
- Stai bene tesoro? Ti ho portato un po’ di latte e qualche biscotto, sono quelli che piacciono a te.- Disse mia madre con un filo di voce timorosa di darmi fastidio.
Sapeva che stavo male per la delusione di non poterlo vedere.
- Grazie mamma lo berrò più tardi.- Esclamai facendole segno di poggiarlo sul comodino.
- Vedrai che domani mattina sarà qui da te. Doveva essere un impegno a cui non si è potuto sottrarre se lo ha fatto rinunciare a vederti. Non ti rattristare piccola mia.- Sorrisi riuscendo a trattenere a fatica le lacrime.
- Il fatto è che abbiamo così poco tempo mamma.- Esclamai affranta.
- Questo lo sapevi Bella, dovrà partire e tu amore mio dovrai essere immensamente forte. Anche per lui. Ti prego bambina non fare stare in pensiero la tua mamma. Tu devi trovare la forza per accettare questo distacco.- Le sorrisi, cercando di tranquillizzarla non volevo che si preoccupasse.
Quella notte fu lunga e insonne per me quando il sole tornò a sorgere praticamente non avevo dormito. Quando scesi a fare colazione la mamma era già uscita con la signora Masen. Ero inquieta non riuscivo a stare ferma e mentre mi aggiravo in preda all’ansia nel soggiorno sentii suonare alla porta e la sua voce dire alla cameriera di annunciarmi il suo arrivo. Non attesi che lo facesse, mi precipitai nell’ingresso e incurante di essere vista lo abbracciai.
- Buon giorno a te.- Mi disse sorridendo.
- Mi sei mancato da morire.- Mi tenne tra le braccia. Poi cercando di guardarmi in viso mi scostò da lui.
- Cosa sono questi segni scuri sotto gli occhi? Non stai bene forse?- Disse attento e gentile.
- No, sto bene, non preoccuparti, probabilmente è solo perché non ho dormito molto la scorsa notte.- Si limitò a sospirare senza aggiungere nulla di più. Senza volere conoscere la causa di quella mia insonnia.
- Facciamo una passeggiata in giardino. Così ti aggiorno sulle ultime novità.- Mi prese per mano e mi condusse fuori. – Hai già fatto colazione?- Annuii.
- Bene. Oggi Alice torna a casa. Andranno a prenderli tra qualche ora alla stazione e poi partirete tutti insieme per la tenuta. Io andrò prima con Emmett per cominciare ad organizzare qualcosa.- Rimasi in silenzio.
- Qualcosa non va Bella?- Continuavo a non rispondere.
- Cosa c’è? Perché non rispondi?- Mi guardò.
- Non rimani qui?- Feci con la voce rotta dal pianto.
- Ti ho appena spiegato Bella. E poi tu avrai tante cose da fare, una per esempio quella di provare il vestito e io non potrei comunque stare con te, tanto vale che mi renda utile.- Non mi aveva convinta.
- Jasper però rimane e anche Alice deve provare il vestito.- Cercava di non dare troppo peso alla mia richiesta.
- Dai, non fare i capricci. Jasper deve anche tenere compagnia alla sua famiglia. Anche loro hanno diritto di vederlo. Del reso è stato più tempo con noi che con i suoi genitori. Non potevo certo chiedergli di lasciarli. Non c’è poi tanto tempo da poter dedicare a tutti.- A quelle parole scoppiai a piangere.
- Appunto!- Quasi gridai voltandogli le spalle.
-Insomma Bella non capisco proprio perché tu ne stia facendo una tragedia.- A quelle parole tutta la tensione che avevo accumulato la sera prima si sciolse, scoppiando in un pianto dirotto. Ero scossa dai singhiozzi e non riuscivo a smettere.
- Bella ti prego, non mi sembra il caso di farne un dramma. Forse è meglio che io vada via prima che possa dire qualche altra cosa che scateni questo tipo di reazione, così potremo calmarci entrambi. -Si voltò e mi lasciò al mio pianto inconsolabile. A quel punto non sapevo cosa fare. Sarebbe ritornato o avrebbe scelto di partire direttamente? Quando ci saremmo rivisti? Non riuscivo a smettere, ormai i singhiozzi erano incontrollabili e corsi verso la grande quercia e una volta arrivata mi lasciai cadere.
Non so per quanto piansi, ma quando riuscii a smettere mi sentivo senza forze.
Non era tornato indietro, non si era fermato a consolarmi, semplicemente mi aveva lasciata lì senza un gesto, ne una parola per cercare di lenire la mia sofferenza.
Mi venne in mente quando mi aveva vista piangere la prima volta la sera della festa del suo compleanno per colpa di Mike e come si dimostrò affettuoso e premuroso. Sembrava trascorso così tanto tempo da allora.
Ero abituata a vedere Edward sempre estremamente comprensivo nei miei confronti e quella reazione spazientita mi lasciò affranta.
Sarebbe bastata una parola, una carezza a rassicurarmi.
Invece sembrava che lo avessi irritato con il mio rammarico. Mi alzai e mi avviai verso casa non mi restava che aspettare. Senza sapere se per quel giorno lo avrei rivisto.
La mia ansia cresceva, era la prima volta che discutevo con Edward da quando mi aveva dichiarato il suo amore, non riuscivo a crederlo. La mamma diceva che tra innamorati in prossimità delle nozze poteva succedere.
Alice e sua madre vennero a farmi visita nel pomeriggio e concordammo di recarci insieme l’indomani dalla loro sarta per far confezionare anche il mio vestito, avrebbero dovuto lavorare giorno e notte ma lo avrebbero fatto pur di usare una cortesia alla signora Elisabeth Masen.
L’indomani mattina dopo l’ennesima notte agitata, mia madre mi svegliò di buon ora. Sarebbe stata una giornata piena.
La visita di Alice era stata breve, avevamo avuto appena il tempo di scambiare qualche parola di saluto.
Scelsi con cura l’abito che avrei indossato per uscire, pettinai i capelli in maniera più accurata di come facevo di solito. Edward aveva deciso di non tornare.
Quando suonarono alla porta fui sorpresa nel vederlo, pensavo fosse partito.
Si avvicinò e mi sfiorò la fronte con un bacio.- Buon giorno- disse, ma non era il suo solito tono.
Risposi con un cenno del capo.- Non sei partito?- Domandai severa.
- La mamma mi ha pregato di passare prima con te dall’orefice per provare gli anelli, dal momento che Jasper accompagna Alice.- Quella risposta mi fece perdere la pazienza.
- Edward, non devi farmi un favore! Se hai cambiato idea basta dirlo.- Sorrise indolente.
- Calma, tesoro. Non sto facendo un favore a nessuno, se non a me stesso e non ho cambiato idea.- Fece per accendersi una sigaretta.
-Edward perché fai così?- Mi guardò sorpreso.
- Così come cara?- Rispose. Sembrava non capire a cosa mi stessi riferendo.
- Così come stai facendo Edward. Mi stai esasperando. Perché?- Si avvicinò e addolcì lo sguardo.
- Non era mia intenzione, perdonami. Forse siamo solo un po’ nervosi, ecco tutto.- Lo guardai negli occhi che continuavano a sfuggire ai miei.
- Edward cosa vi siete detti tu e mio padre?- Lo vidi serrare in modo impercettibile la mascella.
- Nulla di più di quello che serviva dire.- Si allontanò da me e si poggiò alla cornice del camino, dandomi le spalle.
- Se è stata una conversazione così semplice puoi anche riferirmela, non hai detto molto. Anzi per essere esatti, non hai detto nulla. Neanche un commento o un’esclamazione di sollievo dopo l’ansia dell’attesa.- Sospirò.
- Se non l’ho fatto sta a significare che non c’era niente da dire, è andato tutto per il meglio. Ha dato il suo consenso, era quello che volevamo, dunque cosa bisognava commentare.- Non potevo credere a quello che stava dicendo e al modo in cui lo diceva.- Bella adesso andiamo è scortese far aspettare gli altri.- Dovevo capire altrimenti non sarei andata da nessuna parte con lui.
- Ma tu, Edward, non hai esternato la benché minima emozione, tu che sei passato sopra ad ogni regola di buon comportamento per arrivare a questo matrimonio.- Si voltò leggermente.
- Cosa avresti voluto che dicessi Bella?.- Mi avvicinai a lui.
- Questo non sei tu Edward.- Sorrise in modo sarcastico. - Può darsi che quello che hai conosciuto fino ad ora non fossi realmente io.- Appena ebbe finito di pronunciare questa frase e vedendo il dolore dipingersi sul mio viso sembrò quasi essersene pentito.
- Perdonami, sono uno sciocco, deve essere un po’ di tensione. Adesso per favore Bella andiamo è veramente tardi.- Mi offrì il braccio e mi condusse fuori.
- Hai deciso che rimani?- Mi guardò serio.
- Bella ti ho già detto quali sono i programmi, non mi sembra il caso che tu insista.- Abbassai lo sguardo.
- Vuoi che prenda accordi sulla data da sola?- Lo sentii sospirare.
- Oggi sarete a pranzo da noi, mia madre provvederà ad avvertire la tua appena si vedranno e così decideremo il da farsi, dopodiché partirò con Emmett. Tu mi raggiungerai lì al massimo tra un paio di giorni. Questo è quanto Bella e ti sarei grado se non tornassimo più sull’argomento.- Non era così che avevo immaginato i preparativi per il mio matrimonio. Cercai di convincermi che il suo modo di fare era dettato dal malumore per la partenza imminente.






Ecco un altro capitolo, così manteniamo un po’ alta la tensione .
Grazie come sempre a chi preferisce, segue e legge soltanto e a chi mi ha messo tra i suoi autori degni di attenzione.

A voi che avete recensito che dire: siete fantastiche.

miss-cullen90 : Partiranno purtroppo, non si può evitare e sarà un periodo difficile per tutti, ma il coraggio paga sempre. Baci

Fc27 : Quella che mi fai è una bella domanda. Sono curiosa anche io di sapere cosa succederà. Continua a seguire e a dirmi cosa ne pensi. Baci.

eka : Forse qui piangerai di meno e vorrai picchiarlo un po’ il nostro caro Edward, perché le frasi che usa con la sua adorata Bella non sono quelle che solitamente siamo abituati a leggere. Cosa ne pensi di tutta questa storia? Cosa gli passerà per la testa?. Kisses

mcgi86 : Forse avevi pensato bene, visto come il nostro signorino si sta comportando. Baci e grazie per i commenti.

Goten : Charlie non ha detto di no, ma qualcosa ha innescato. Cosa ne pensi a cosa porterà? Ciao

shinalia : Credo che con questo capitolo sarà difficile avere il magone. Le parole di Charlie sembrano avere scosso Edward. Ciao.

Sheba-94 : Ho paura che dopo la lettura del capitolo l’ansia ti sia salita di più. Le cose cominciano a complicarsi. Fammi sapere. Ciao

Francef80 : Che dolorino alle ditina, purtroppo con questo caldo è scappato un colpetto di troppo ad una “ z “. Grazie per la segnalazione. Dopo la conversazione con Charlie gli eventi si complicano un po’. Aspetto il tuo commento. Ciao

cicciolgeiri : Sì, hai ragione. Motivazioni condivisibili e complicazioni inevitabili. Speriamo bene. Un bacio.

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Capitolo 17
*** CAPITOLO XVI ***




Non aveva commentato, non aveva lasciato trapelare nessun tipo d’emozione. Guardavo Jasper ed Alice mentre provavano quello che sarebbe stato il sigillo e il simbolo del loro amore. Come ammiravano l’effetto che quel piccolo cerchietto d’oro faceva al loro dito e il gesto tenero e significativo di Jasper di avvicinare la sua mano a quella di Alice per restarne affascinato, mi aveva commossa.
Jaspar era felice e Alice raggiante e dai loro volti e dai loro cuori sapevo che avevano voluto tenere distante l’angoscia per la prossima separazione.
Perché lui non riusciva a fare lo stesso. Ogni gesto sembrava non coinvolgerlo, non emozionarlo. Ogni tanto si voltava verso di me e passando una mano tra i capelli mi sorrideva distratto. La nostra scelta di quello che doveva essere il suo pegno d’amore la sua promessa, fu fatta in maniera distaccata e frettolosa e all’indugio di sua sorella rispose uscendo dal negozio e lasciandomi lì da sola. Mi sentii morire. Lo osservavo attraverso la vetrina fumare la sua sigaretta, da qualche giorno non faceva altro. Quando finalmente uscimmo ci accolse con un gran sorriso come se niente fosse.
Durante il tragitto per andare verso casa sua non parlammo molto al contrario di Alice e Jasper che non smettevano un attimo di scambiarsi opinioni e sorrisi. Lui si limitava a tenermi la mano e a guardare fuori dal finestrino.
- Edward…- Sussurrai.
- Ti prego Bella…- Disse senza guardarmi.
- Quando…dimmi… quando ti sembrerà il momento di dirmi cosa ti è successo?- Sospirò.
- Non ho nulla da spiegare, sono solo stanco e preoccupato. Tutto qui.- Lo guardai mentre rimaneva voltato e cercai di sfiorargli la nuca ma appena le mie dita si poggiarono sui suoi capelli scansò leggermente il capo come a volere evitare che lo toccassi. Sentii le lacrime cominciare a scivolare copiose. Si voltò e si avvicinò al mio viso.
- Ti sarei grato se evitassi, non vorrei essere costretto a subire il terzo grado da parte di mia sorella.- Disse sussurrando. Sentii il mio cuore andare in mille pezzi.
Arrivammo a casa sua. Scambiai una rapida occhiata con mia madre che aveva notato il mio tormento e il suo atteggiamento indolente e alzando lievemente le spalle cercai di farle capire che non sapevo cosa dire.
Durante il pranzo ebbi modo di conoscere i genitori di Jasper e rividi Rose ed Emmett. Erano tutti troppo impegnati compresa Alice, a gestire quella nuova situazione per accorgersi del cambiamento di Edward che sembrava ritornare quasi normale in presenza della sua famiglia. Furono presi gli accordi per la data. Io ed Edward ci saremmo sposati due giorni dopo Alice e Jasper.
Durante lo svolgimento del pranzo appresi che una delle damigelle sarebbe stata Jessica. Alice mi guardò mortificata, ma mi venne detto che non si poteva rompere un’amicizia di anni per una leggerezza di cui Jessica sembrava sinceramente pentita ed aveva chiesto scusa.
-Ti prego di perdonarmi Bella.- Mi disse Alice appena restammo sole.- Il fatto è che qualche giorno fa lei e suo padre hanno raggiunto il mio nel suo ufficio scusandosi per il comportamento disdicevole tenuto a casa nostra. Papà ha risposto che avrebbe dovuto chiedere scusa a te e non a lui e lei ha promesso di farlo appena ti vedrà.- Rimasi istupidita da quelle parole.
- Quando?...- Risposi.- Quando è successo?.- Non potevo crederci.
- Il giorno che sono partita. Quando voi siete rientrati.- La guardai turbata.
- Ecco il motivo del ritardo di tuo padre.- Risposi.
- Sicuramente quel giorno lo hanno trattenuto loro. E’ stato quando Edward ha chiesto la tua mano se non sbaglio.- Feci cenno di sì.
- Lui…tuo fratello… come l’ha presa.- Alice sospirò. - Non bene. Ha detto: “non la voglio tra i piedi”. Esattamente queste parole e poi ha aggiunto che per quello che aveva fatto non potevano esserci scuse. Mio padre però ha cercato di farlo ragionare e alla fine ha ceduto a patto che stia a debita distanza da te e lui.- A quelle parole tirai un sospiro di sollievo.
- Bella da quando sono tornata ti vedo addolorata?- Le sorrisi mestamente. - Tuo fratello da qualche giorno è strano, irascibile, distante e poi non mi aveva detto nulla di tutto questo.- Alice mi guardò mortificata.
- Pensavo lo sapessi, Edward non ti aveva informata?- Feci cenno di no.
- Per un attimo ho temuto che il suo atteggiamento diverso nei miei confronti fosse a causa di Jessica, magari…- Alice mi guardò meravigliata.
- Hai temuto che avesse avuto un ripensamento a causa sua? Annuii.
- Tesoro ma come ti viene in mente? Sai che conserva un tuo nastro per capelli? Lo porta sempre con se e non fa che rigirarselo tra le dita. Anche questa mattina quando ti siamo venuti a prendere l’ho sorpreso mentre lo sfiorava con le labbra tutto assorto.- Sentii il cuore sobbalzare nel petto.
- Un mio nastro?- Feci di rimando. – E dove…chi…- Non riuscivo a parlare tra la commozione e la felicità. Mi sentii sollevata come se mi fosse stato tolto un macigno dal cuore.
- La sera della festa del suo compleanno probabilmente ti è scivolato dai capelli e lui lo ha tenuto gelosamente con se. Stai tranquilla Bella ti ama e niente può cambiare questo. Per lui esisti solo tu. Se lo hai visto diverso forse è solo perché è preoccupato di doverti lasciare.- Annuii asciugando le lacrime.
- Bella, dobbiamo avere coraggio e non fare capire loro la nostra disperazione. Non so come faremo, ma è necessario. Anche io se solo mi fermo a pensare a quel momento mi sembra d’impazzire, ma bisogna credere che andrà tutto bene che torneranno sani e salvi da noi.- Ci stringemmo in un abbraccio cercando di trovare conforto l’una nell’altra.
- Vuole andare via Alice.- Dissi con un filo di voce.
- Non vuol dire niente, lascialo andare. Edward è fatto così, quando qualcosa lo preoccupa si isola chiudendosi in se stesso e diventa difficile raggiungerlo. Conosco mio fratello so come è fatto Bella, devi avere solo un po’ di pazienza e non insistere. Vedrai che tornerà quello che sei abituata a conoscere, è fatto così. Ti aprirà il suo cuore quando sarà pronto, ha bisogno di capire e accettare. Per lui sapere che soffrirai è più difficile da affrontare del fatto che tra pochi giorni ad ogni minuto rischierà la sua vita.- Alice aveva ragione, sicuramente si tormentava. Avrei seguito il suo consiglio.
- Bella…- la sua voce mi fece voltare. Lo osservai attentamente e lo vidi pallido, stanco e sicuramente aveva dormito poco anche lui.- Siamo pronti per andare…- Mi venne vicino e mi prese le mani. Alice si allontanò per lasciarci da soli.
- A presto amore.- Sussurrai guardandolo fisso negli occhi. Cercò nuovamente di sfuggire al mio sguardo, ma questa volta lo costrinsi a guardarmi.- Edward…guardami.- A quelle parole sembrò scuotersi e mi trafisse con i suoi meravigliosi occhi verdi e per un attimo riuscii a cogliervi la mia stessa tristezza.
- E’ ora… che vada.- Si chinò e mi sfiorò la fronte con le labbra e lo sentii tremare. Andò via senza voltarsi.
Avrei dovuto aspettare per rivederlo, senza smettere di pensare a lui un solo istante. Il mio tempo però sarebbe stato freneticamente scandito dalle prove per l’abito e gli ultimi acquisti per il corredo. Ciò a cui decidemmo di non dedicare le nostre forze fu alla scelta del guardaroba per il viaggio di nozze, non ne avremmo avuto bisogno. A differenza delle altre spose non ci sarebbero stati inviti a cui dover assolvere con la nostra presenza, ne tanto meno il rito delle visite di cortesia a parenti ed amici che erano intervenuti alla cerimonia, nella nostra nuova condizione di coppia sposata.
La prima prova dell’abito mi fece temere per la mia incolumità. L’emozione prese il sopravvento e furono costretti a sorreggermi per non rischiare che cadessi. Appena lo provai percepii la stessa emozione della prima volta che Edward aveva sfiorato le mie labbra.
Mi guardavo allo specchio e stentavo a riconoscermi. Era stupendo. Il tessuto delicatissimo e prezioso. Quello stesso giorno dovetti provare anche il mio abito da damigella per Alice ed ebbi la sgradita sorpresa di incontrare Jessica. Sapevo che quello che aveva detto e cioè che mi avrebbe fatto le sue scuse era un modo per rientrare nelle grazie della famiglia Masen , ma non riuscivo a capire a quale scopo dal momento che Edward le aveva manifestato chiaramente il suo disappunto e chiarito che non poteva ricambiare i suoi sentimenti. Oltretutto sapeva che tra qualche giorno io stessa sarei diventata la signora Masen. Mentre ero intenta a dare istruzioni alla sarta la vidi entrare nello spogliatoio con indosso l’abito che avremmo portato per Alice, fece cenno alla commessa di lasciarci da sole e chiuse la porta alle sue spalle. Mi guardava altezzosa, con uno sguardo di sfida.
- Questa volta ho fatto in modo che fossimo da sole. Per tutti dovrei farti le mie scuse e questo è quello di cui li ho convinti che mi sarei scusata con te. Quindi se non vuoi fare la figura della bugiarda non potrai dire nulla di questa conversazione perché io dirò che ero qui per cercare di scusarmi e tu mi hai trattata in malo modo per cui…- La guadavo irritata e furente.
- Cosa vuoi Jessica?- Sorrise sprezzante.
- Pensi di essere riuscita ad avere Edward?. Mi guardò sollevando leggermente la testa in segno di sfida .- Staremo a vedere chi avrà l’ultima parola Isabella.- Si voltò e andò via. Faticai a trattenere le lacrime, ma non le avrei permesso di farmi piangere.
Tornando a casa declinai l’invito che Alice mi aveva rivolto di passare quel pomeriggio insieme dicendo che non mi sentivo molto bene ed in effetti era così, l’incontro avuto con Jessica non aveva certo giovato al mio stato d’animo già provato. Oltretutto faceva un gran caldo e non vedevo l’ora di liberarmi dai vestiti e di quello strumento di tortura del corpetto. Una volta in camera mia sciolsi i capelli e cominciai a pettinarli. Ogni mio pensiero era rivolto a lui e istintivamente cominciai a giocare con una ciocca intrecciandola tra le dita. Mi mancava non solo perché non era li con me, ma soprattutto mi mancava come era lui quando era con me, la sua dolcezza, il modo che aveva di guardarmi, di parlarmi. di sfiorare il mio viso, di come sapeva farmi sentire la ragione della sua vita. Sospirai profondamente sfiorando con le dita le labbra ricordando i suoi baci. Mi mancava e non capivo perché avesse deciso di negarci quei giorni che avremmo potuto passare insieme. Guadai l’anello che era diventato parte della mia mano e nel suo intreccio cercai di cogliere il suo viso.
- Edward…- Sospirai. – Perché stai rendendo tutto così difficile? Avevo indossato uno dei miei vestiti preferiti, che facevano parte del mondo che mi apparteneva prima di Edward. Ormai tutto quello che mi riguardava era diviso in prima e dopo Edward, sorrisi a questo pensiero. In effetti anche se era da poco che era entrato a far parte della mia vita i cambiamenti che aveva operato in me senza volerlo, ma solo per il fatto che mi amava erano molti e profondi. Il suo amore era riuscito a far sì che mi rendessi conto di avere una determinazione che non credevo possibile. Sapevo che per lui sarei stata capace di qualsiasi cosa. Era vero che la gravità degli eventi aveva privilegiato alcune situazioni rispetto ad altre che sembravano aver perso d’importanza. Sapevo che se la nostra storia fosse nata in tempi diversi, dopo solo un mese non ci saremmo trovati dove eravamo oggi, a vivere situazioni che avrebbero richiesto anni prima di giungervi, ma sapevo anche che il mio amore per lui sarebbe nato e avrebbe affondato le sue radici nel mio cuore con la stessa forza dirompente anche se lo spettro della guerra e della sua partenza non fossero stati una certezza. Perché avrei amato Edward sempre e comunque adesso come tra mille anni.
Uscii sulla veranda e portai con me la limonata fresca che la mamma aveva fatto preparare.
Mi soffermai a pensare che da lì a pochi giorni quella non sarebbe più stata la mia casa, mio padre con il giudice Masen avevano provveduto ad affittare due piccole villette vicine per noi ed Alice dove avremmo abitato dopo le nozze, erano già arredate. Avremmo avuto qualcosa di veramente nostro dopo, ma per quei primi giorni sarebbero state la sistemazione migliore. Non avevo avuto il tempo di vedere quella che sarebbe stata la mia nuova dimora come signora Masen.
Sentii la voce di Alice e Rosalie provenire dall’interno e subito dopo le vidi comparire.
-Eccoti qui credevi che ti avremmo lasciata tutta sola con i tuoi pensieri tristi?- Le guardai meravigliata.- Non volevamo lasciarti da sola e in pena per quell’essere impossibile di mio fratello.- Fui riconoscente a tutte e due per la loro premura.
- Non dovete preoccuparvi Alice, io sto bene.- Scosse il capo.
- Pensavi che mi potesse sfuggire come si è comportato mentre provavamo le fedi? So che sei dispiaciuta e ti capisco, ma alle volte Edward è difficile da comprendere. Questa volta però lo è anche per me.- Mi sfiorò la mano per cercare di consolarmi.
- Alice, ma così Jasper…- Si venne a sedere vicino a me.
- Non preoccuparti lo abbiamo lasciato con i suoi genitori.- Sorrise.
- Non avrà tempo di sentire la mancanza di Alice, mia madre lo ha letteralmente monopolizzato.- Disse divertita Rosalie.
-Allora Bella. Cosa stavi bevendo?- Domandarono.
- Limonata. Faccio portare altri due bicchieri.- Annuirono entrambe e insieme a loro riuscii a lenire l’ansia che mi tormentava.




Ciao a tutti. Per chi non è andato in vacanza altro piccolo capitolo e forse ancora uno entro domani.
Spero vi piaccia.
Un ringraziamento a tutti per seguire, preferire o leggere soltanto la mia storia.
A voi che recensite un milione di grazie. Non ho tempo per rispondere a tutte singolarmente e mi dispiace, spero di farlo con il prossimo però. Posso dirvi di non giudicare troppo male il nostro Edward, lui cerca a modo suo di alleviare la sofferenza di Bella. Forse un po’ ingenuo o solo disperato. Staremo a vedere.

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Capitolo 18
*** CAPITOLO XVII ***




Eravamo partiti di buonora, saremmo arrivati per il pranzo. Non lo vedevo da soli due giorni e mi sembrava un’eternità. Non avevo fatto che immaginare il momento in cui ci saremmo rivisti. Mi era mancato così tanto da stare male, era come essere stata privata di una parte di me.
Speravo e lo immaginavo impaziente quanto me ad attendermi. Tutto il viaggio non avevo fatto che ripassare mentalmente i tratti del suo viso, li avevo impressi a fuoco nella mente. Vedevo i suoi occhi , il suo sorriso, quei piccoli gesti che faceva mentre parlava. Di lui adoravo tutto. Lo amavo totalmente ed incondizionatamente.
Il cuore aveva iniziato a battere in maniera martellante da appena sveglia e sapevo che si sarebbe rasserenato solo quando mi avrebbe stretta tra le sue braccia. La presenza di Jessica sarebbe stata motivo di ulteriore ansia, non osavo immaginare cosa poteva avere in serbo, non potevo pensare che fosse così sciocca da provocare nuovamente il disappunto o addirittura la collera di Edward.
Tutto era pronto per la cerimonia che si sarebbe tenuta l’indomani. Alice era emozionata . Volle che a farle compagnia durante il viaggio fossimo io e Rosalie. Più di qualche volta dovetti rincuorarla. Jasper ci seguiva con i suoi genitori, e poi c’era la famiglia di Edward e mia madre. L’ultimo a raggiungerci sarebbe stato mio padre.
L’unica cosa che mancava era il mio abito che mi avrebbero fatto recapitare alla tenuta. Il viaggio trascorse tra sorrisi nervosi e lacrime.
Quando arrivammo ci fu un gran via vai di domestici, che cominciarono a scaricare i bagagli e a portare tutto nelle stanze. Il primo che ci venne incontro fu Emmett. Salutò Rosalie con l’entusiasmo di chi aveva contato i giorni nell’attesa di rivederla e subito dopo prese in consegna Jasper e lo portò via dicendo che non lo avremmo rivisto fino al giorno dopo. Gli sposi non si sarebbero dovuti incontrare fino al momento della cerimonia.
Lo cercai con lo sguardo. Mi tesi in avanti, mi sollevai sulle punte sperando di scorgerlo, ma di lui nessuna traccia. Non riuscivo a vederlo. Possibile non fosse li ad aspettarmi? Non potevo crederci: non c’era! Alice mi guardò e mi sfiorò un braccio.
- Stai tranquilla avrà avuto un motivo per non essere qui.-Sorrise cercando di lenire la mia delusione.
Era stato costruito un gazebo. Avevano trasformato il giardino che stentai a riconoscere.
La madre di Alice aveva anche stabilito che tutto poi venisse modificato per accogliere la nostra cerimonia.
Anche per me ed Edward ci sarebbe stato un momento tutto nostro unico e indimenticabile.
Emmet tornò dopo un po’ ma non volle dire dove aveva portato Jasper. L’unica cosa che riuscimmo ad avere furono delle sonore risate alle proteste di Alice.
In mezzo a tutti loro l’assenza di Edward la percepivo come la nota stonata durante l’esecuzione di un concerto.
Raggiungemmo le nostre stanze per cambiarci e sperai di incontrarlo a pranzo.
- Alice dove pensi che sia Edward?- Magari lei era in grado di dirmi qualcosa.
- Non saprei Bella, giuro che faccio fatica a capire io stessa cosa passi per la testa di mio fratello. Non so cosa possa averlo trattenuto lontano da qui, proprio oggi che sapeva che saresti arrivata.- Sentii come se qualcosa mi stringesse alla gola. - L’unica nota positiva- aggiunse- è che Jessica non ha fatto il viaggio con noi. Arriverà più tardi così non la dovremo subire, ma la cosa che mi ha sollevata è stata che non ha potuto vedere che lui non era qui ad accoglierti. Il suo sguardo trionfante non sarei riuscita a sopportarlo.- Mi abbracciò.
Approfittammo per riposare un po’ e trovare refrigerio al caldo.
-Bella… Alice…? Ragazze sarà meglio che vi prepariate, il pranzo verrà servito tra poco.- La voce di mia madre giunse da dietro la porta e dopo aver bussato fece la sua comparsa sull’uscio della nostra stanza.
Mi preparai; Alice volle che mettessi particolare cura nella scelta dell’abito che avrei indossato per scendere, così da poter valutare la reazione di Edward, ma anche questa volta la delusione fu grande.
Mi accorsi con dispiacere che non avrebbe pranzato con noi.
- Emmett, hai notizie di Edward? - Domandò il giudice Masen.- Non l’ho visto per niente oggi- Anche lui era sorpreso.
- Adesso forse è in albergo con Jasper. E’ uscito questa mattina presto per prenotare la stanza e si sarebbe trattenuto. - Rispose Emmett.
- Era necessario? Non potevate occuparvene dopo?- Aggiunse suo padre.
- No papà, è solo che…si sta interessando anche di organizzare l’addio al celibato di Jasper, ha detto che di sicuro non sarebbe stato qui per il pranzo.- Vidi Emmett imbarazzato.
- Sa che qui c’è la sua fidanzata? Poteva trovare il tempo almeno per salutarla. Si sarebbe potuto dedicare al resto dopo.- Non avevo mai visto il giudice alterato fino a quel momento e tanto meno con uno dei suoi figli. Mi guardò rammaricato e mi sorrise.
-Forse… – intervenne Emmett – non ha voluto lasciare da solo Jasper ed ha approfittato per fare entrambe le cose.- Cercò di discolparlo.
- Non è una giustificazione alla mancanza di buone maniere. - Emmett era imbarazzato.
- Colpa mia.Bella… perdonami, avrei dovuto informarti ma…- Era mortificato. Non sapeva cosa dire, probabilmente perché Ewdard non aveva lasciato nessun messaggio per me.
- Non preoccuparti Emmett.- Risposi cercando di celare il mio rammarico.
Mia madre mi sfiorò la mano.
Nel pomeriggio ci attendevano le prove della cerimonia.
Alice al braccio di suo padre, Emmettt avrebbe sostenuto la parte di Jasper, poi noi damigelle ci saremmo dovute posizionare dal lato opposto di quello dei testimoni uno dei quali era Edward, che non era presente.
Emmett si divertiva a scambiare i ruoli andando da una parte all’altra per sostenerli tutti, sotto lo sguardo sconsolato di Rosalie che lo pregava di prendere un po’ più sul serio la situazione.
- Vorrei vedere te tesoro, a cercare contemporaneamente di essere lo sposo ed entrambi i testimoni.- Nessuno riusciva a rimanere serio alle sue battute.
- Ma mio caro, almeno un ruolo potresti prenderlo seriamente dal momento che guarda caso è proprio il tuo. Affermò Rosalie. A quelle parole Emmett alzò le braccia e fece un gran sorriso di resa . Notai come tutti e tre i figli di Elisabeth fossero tanto diversi gli uni dagli altri nel carattere.
Mentre eravamo intenti a ridere alle battute di Emmett fece la sua comparsa Jessica. Immediatamente il mio cielo si rabbuiò. Lei rivolse un gran sorriso ad Alice che fece finta di non vederla assorta ad indicare ai giardinieri la disposizione dei vasi con le piante che avrebbero ornato l’altare. Jessica allora rivolse la sua attenzione verso Rosalie e le andò incontro per abbracciarla e in un secondo momento diede inizio alla sua interpretazione della ragazza pentita che non aveva saputo valutare la gravità del suo gesto.
-Bella cara che piacere, non vedevo l’ora di incontrarti per farti le mie congratulazioni, solo che non vedo Edward, mi sarebbe piaciuto porgerle anche a lui.- Sorrise con un guizzo di perfidia negli occhi. Vorrei anche chiederti di accettare le mie scuse e spero tanto di poter avere la tua amicizia. Vuoi mia cara? Mi faresti felice. Mi sono sentita tanto in colpa per quello che è successo l’ultima volta .- Le scuse fatte alla presenza di tutti non mi lasciavano modo di ribattere e fui costretta ad accettare e mascherare il mio reale stato d’animo nei suoi confronti.
La sua partecipazione fu dura da sopportare, come il fatto che Edward non ci fosse.
Quasi tutta la giornata trascorse tra cose da fare. Alice continuava a rimproverare Emmett per il fatto che avesse portato via Jasper.
- Tranquilla sorellina questa sera sarà nuovamente qui, lo riporteremo sano e salvo.- E mentre lo diceva rideva, provocando ancora di più le ire di sua sorella.
- A che ora avete intenzione di rientrare? – Disse perentoria.
- Tanto tu non dovrai vederlo fino a domani.- Rispose Emmett.
Appresi così che Edward sarebbe rientrato. E dal mio cuore si allentò la morsa dell’angoscia. Lo avrei aspettato sveglia e costretto a parlare con me.
Anche Emmett raggiunse Edward e Jasper per l’addio al celibato.
La cena in loro assenza trascorse in maniera molto silenziosa , solo Jessica non faceva altro che cercare di attirare l’attenzione su di se, non finendo di complimentarsi per il buon gusto avuto per tutto, ma in particolare per la scelta dei nostri abiti. Non smetteva di sembrare amabile e cordiale e a lanciarmi occhiate di sfida.
- Non riesco a sopportare come ti guarda.- Mi sussurrò Alice avvicinandosi a me.- Speriamo non combini guai. Non le perdonerei se ti rovinasse il giorno del mio matrimonio.- Mi sorrise complice.
- Tranquilla Bella la terremo d’occhio io ed Emmett. Non le permetteremo di avvicinarsi ne a te, ne ad Edward.- Intervenne Rosalie. Sorrisi ad entrambe riconoscente.
Eravamo tutti intenti a discorrere degli avvenimenti del giorno dopo quando sentimmo la voce di mio padre.
- Ho saputo che qui ci sono due spose in trepidante attesa e per caso mi è capitato per le mani l’abito di una di loro.- Fece in tono scherzoso.
Non potevo credere ai miei occhi quando lo vidi entrare con la scatola in mano. Fino a quel momento non mi ero ancora resa conto che tutto stesse accadendo veramente. Lo guardai con le lacrime agli occhi e lui mi regalò uno dei suoi tenerissimi sorrisi.
- Questo deve essere tuo piccola.- Disse porgendomi la scatola. Sentii le grida di gioia di Alice e Rosalie che mi vennero in contro per aiutarmi.
Mio padre salutò il resto dei presenti e la madre di Edward gli domandò se avesse già cenato.
- Grazie Elisabeth siete gentile ma ho mangiato qualcosa prima di venire.- Poi si diresse da mia madre e la baciò sulla fronte.
- Adesso è il caso che andiate a dormire ragazze domani sarà una giornata impegnativa per tutti.- Aggiunse il padre di Alice e seguendo il suo consiglio ci congedammo. Per evitare che a Jessica potessero venire strane idee, Alice suggerì di mettere al sicuro il mio vestito nella stanza di sua madre.
- Non si sa mai, - disse- con Jessica la prudenza non è mai troppa. Magari le passasse per quella testolina di provarlo.- Aggiunse sorridendo e facendomi l’occhiolino.
Alice aveva ragione, da Jessica mi sarei aspettata di tutto. Decisi di raccontarle la conversazione che avevamo avuto durante la prova dalla sarta . Vidi Alice scuotere il capo.
- E’ peggiore di quanto pensassi, ma tu non devi preoccuparti. Se solo prova a respirare nel medesimo posto in cui ci sei tu, avrà il fatto suo.- Mi prese le mani tra le sue.
Eravamo euforiche, anche se io pur sapendo i motivi che avevano tenuto lontano Edward non riuscivo ad allentare il senso di delusione che provavo, mentre Alice si rammaricava del fatto che zia Esme e zio Carlisle non sarebbero stati presenti alle nozze. La salute della zia era troppo delicata in quel periodo.
Finalmente dopo tanta euforia, tutti si ritirarono nelle proprie stanze e la casa si immerse nel silenzio del riposo dei suoi abitanti. Alice ebbe qualche resistenza ad addormentarsi, ma poi cedette al sonno che la stanchezza di quelle ore aveva procurato in tutti noi.
Io però mi ero imposta che avrei aspettato il rientro di Edward. Scesi le scale e mi avviai attraverso il giardino alla nostra panchina quella dove mi aveva chiesto di sposarlo. La luna illuminava il gazebo ricoperto di fiori che avrebbe ospitato Alice e Jasper per la loro promessa d’amore reciproco alla presenza dei soli genitori e qualche amico. In quella luce tutto sembrava talmente suggestivo e irreale da non riuscire a capacitarmi che fosse vero.
Mi strinsi nel mio scialle e mi avviai lungo il sentiero che portava verso la dependance dove si trovava la sua camera. Sarebbe dovuto passare da li.
Attesi…attesi…e…attesi, finché non mi addormentai.
Ad un tratto senza sapere da quanto fossi li, il suo profumo mi avvolse insieme alle sue braccia e mi sentii sollevare.
- Andiamo tesoro dovresti essere nel tuo letto a quest’ora.- Disse sfiorandomi la fronte con le labbra e poggiando la guancia sui miei capelli.
- Edward sei… tu? Dove sei stato?- Domandai ancora stordita dal sonno e non riuscendo a svegliarmi come avrei voluto.
- Sì, sono io, ma dormi adesso. Parleremo domani.- Sentii le sue braccia che mi stringevano a se.
- Promesso?- Mi sfiorò nuovamente la fronte.
- Promesso piccola.- Sussurrò.
- Dove mi porti?- Non ero sicura di capire tutto quello che diceva.
- Nella tua stanza a dormire, altrimenti domani sarai impresentabile…- Sospirò profondamente.
-Ti amo- bisbigliai- e… mi sei mancato.- Dissi aprendo gli occhi.
- Anche tu mi sei mancata.- E ricambiò il mio sguardo, fissandomi confuso. - Non è il momento per parlare, adesso bisogna dormire.- Cercai di capire dalla sua espressione illuminata dal riverbero della luna di che umore fosse, mi sembrò rilassato anche se continuava ad avere quel velo di tristezza.
- Hai promesso Edward, domani… parleremo.- E mi abbandonai tra le sue braccia.
- Si amore, domani. Te lo prometto, anche se vorrei che il tempo si fermasse in questo momento per poterti tenere così tra le mie braccia per sempre.- Sussurrò sul mio viso mentre sentivo le sue labbra sfiorarmi la guancia. Le sue parole in un bisbiglio lontano mentre mi stringevo a lui finalmente felice.







Spero che anche questo capitolo abbia destato il vostro interesse e la vostra approvazione. Scusate il tono solenne, ma ormai sono entrata nell’atmosfera della storia e alle volte faccio fatica a tornare alla realtà. ^.^



Per tutte voi che avete recensito e che spero continuerete a farlo come sempre un fantastilione di grazie :


cristy97 : Grazie per i complimenti e la segnalazione. Baci.

miss.cullen90 : Che bel complimento. Non merito tanto. Veramente sono lusingata. Baci ^_^

Goten : Jessica è veramente odiosa. Non riesco a sopportarla nemmeno io. Sarà normale? Kisses

Fc27 : Dai resisti che forse qualcosa inizia a cambiare. Baci

Francef80 : Il capitano Swan acconsente alle nozze anche se prima di farlo esterna il suo pensiero. In effetti avrebbe voluto che Edward avesse gestito diversamente tutta la situazione.

eka : Coraggio che forse Edward rinsavisce, ma Jessica…Baci e come sempre grazie per i complimenti che mi fai.

Sheba-94 : Sono felice che le frasi che scrivo ti piacciano. In effetti Edward sembra un po’ confuso, ma vedremo cosa farà.

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Capitolo 19
*** CAPITOLO XVIII ***




Forse avevo sognato. Fu quella la sensazione al risveglio. Quella di avere fatto un sogno, strano e bellissimo. Lui che mi prendeva tra le braccia e mi portava nella mia camera adagiandomi sul letto. La sua voce vellutata che mi sussurrava sulle labbra: “ dormi mia vita e sognami.” Ricordavo di avere teso la mano verso quel suono e che era rimasta vuota.
-Edward…- ma non rispose.
Quando aprii gli occhi l’indomani mattina mi resi conto di non avere sognato. Ero vestita come la sera prima ed era stato proprio lui a portarmi stretta tra le sue braccia nel mio letto.
Era appena l’alba, ma anche Alice si era svegliata. - Perché sei ancora vestita?- Domandò, senza neanche aspettare che la salutassi.
Abbassai gli occhi. In un certo senso mi vergognavo.
-Bella cosa è successo? Per caso stai male?.- Alice mi guardava preoccupata.
- No…- Non avevo molta voglia di parlare.
- Allora Bella cosa ti è successo?- Vedevo sul suo viso scorrere mille domande.
- Edward…- Sospirai.
- …Edward? Cosa ha fatto?- Cominciava ad essere inquieta.
- Nulla Alice è solo che non riesco a capire cosa gli stia succedendo.- Alice mi venne vicino.
- Raccontami.- Disse prendendo le mie mani tra le sue.
Le raccontai cosa era accaduto, della mia decisione di aspettarlo per parlargli, di come mi ero addormentata e di come lui mi aveva portato tra le sue braccia e la dolcezza con cui si era comportato, ma anche come avevo avvertito in lui la volontà di rimanere misurato, senza lasciarsi andare. Sapevo che mi amava, ma non capivo per quale assurda ragione sembrava non volere manifestarmelo.
- Sono sicura che si stia tormentando tra l’amore che prova per me e la decisione di volerlo negare. Ho paura Alice che abbia deciso di sacrificare noi per proteggermi.- Vedevo l’incredulità negli occhi di Alice.
- Perché dici questo Bella?- La guardai affranta.
- Perché è l’unica spiegazione alla disperazione che da qualche giorno vedo nei suoi occhi.- Mi interruppi ormai preda dell’emozione.- Perché ripensando a quello che mi ha sempre ripetuto, che non riuscirebbe a sopportare di essere la causa di un mio dolore, è l’unica risposta che riesco a trovare e perché prima di andare via nella sua frase, nel tono della voce vi ho letto come un addio.- Un’espressione preoccupata comparve sul suo volto.
- Non può essere Bella tra due giorni dovete sposarvi, è tutto pronto ormai…il tuo abito... gli invitati ...- Vidi però dalla sua espressione che forse quello che avevo detto acquistava un senso anche per lei alla luce degli ultimi comportamenti tenuti da Edward.
- Senti Bella, probabilmente è solo spaventato dall’idea di doverti lasciare. Edward ha un carattere particolare magari ha solo bisogno di tranquillizzarsi un po’. Stiamo a vedere come si comporta oggi. Non può fare a meno di venire, ti dovrà stare vicino per forza. Può darsi che ti dica qualcosa e parlerete come ti ha promesso, capiremo così cosa è che lo tormenta.- Non volevo rattristare Alice, quello era il suo giorno. Sospirando la guardai regalandole un sorriso.
- Non voglio che ti senta triste per me, questo giorno è solo tuo. Ai problemi con tuo fratello penseremo domani.- Mi guardò, ma capii che era preoccupata per me.
- Dovremmo cominciare a prepararci se vogliamo essere pronte in tempo.- Dissi e feci per alzarmi.
Un picchiettare leggero alla porta annunciò l’arrivo di Rosalie. Presi le mani di Alice tra le mie e cercai di farle capire che stavo bene.
Anche Rose rimase stupita nel vedermi vestita come la sera prima, ma era troppo discreta per domandare cosa fosse accaduto, si limitò solo a sorridermi.
In breve la casa si animò di un frenetico andirivieni.
Sotto l’organizzazione perfetta della madre di Alice supportata dall’aiuto della mia, vennero date le ultime disposizioni affinché tutto fosse impeccabile.
Sia io che Rosalie ci alternavamo intorno ad Alice.
Passammo sul suo viso l’infuso di rose della mamma, l’aiutammo a fare un bagno profumato e ci occupammo di pettinarla e intrecciare i suoi capelli in un’acconciatura che prevedeva oltre al velo dei fiori freschi che lo stesso Jasper aveva scelto anche per il bouquet.
La commozione più di qualche volta aveva preso il sopravvento, ma raggiunse il culmine nel momento in cui Alice indossò il suo vestito.
Ogni tanto guardavo fuori per vedere cosa succedeva nel giardino. Tutto era pronto e curato nei minimi dettagli.
Dalla finestra aperta a tratti giungeva la risata piena di Emmett e le voci di Jasper ed Edward.
Avevo cercato di evitare di guardarlo, non volevo che la morsa dell’ansia mi rendesse incapace di frenare le emozioni che si agitavano in me.
Quando finalmente il rito della vestizione della sposa fu terminato e dopo esserci assicurate di avere assolto a tutto ciò che di benaugurante andava fatto potemmo finalmente ammirare la nostra opera.
Si dice che tutte le spose siano belle, ma Alice sembrava risplendere. Non avevo mai visto nessuna fino a quel momento come lei, sembrava brillare di luce propria per come era raggiante.
Fummo raggiunte dalla madre di Rosalie e Jasper che volle portare a sua nuora un dono personale, un gioiello di famiglia che per tradizione tutte le spose di casa Hale avevano avuto e così quel gesto sarebbe stato ripetuto anche da Alice in futuro. Anche Elisabeth e mia madre ci raggiunsero e anche con loro le lacrime ebbero il sopravvento.
- Tesoro. La mia piccola…non riesco a credere ai miei occhi. Sei bellissima.- La voce di Elisabeth rotta dalla commozione mentre stringeva sua figlia in un tenero abbraccio. – E anche voi ragazze siete stupende.- Cercammo tutte di contenere l’emozione. Avevamo imposto a noi stesse che per quel giorno le lacrime dovessero avere un ruolo marginale.
Tutto era pronto.
- Posso entrare?- La voce pacata del giudice che era venuto a prendere sua figlia per condurla verso la sua nuova vita.
- Sei uno splendore piccolina. Pronta ad andare? Qualcuno che conosciamo bene è talmente emozionato che abbiamo faticato non poco a tenerlo tranquillo.- Il padre di Alice cercava di allentare la tensione.
Le porse il braccio, dando inizio ad un nuovo capitolo della vita di sua figlia.
Fuori dalla stanza, trovammo Jessica ad attenderci, mi ero meravigliata del fatto di non averla vista nella nostra camera . Ci posizionammo in modo da aprire il corteo.
La prima a scendere per le scale fu Rosalie, poi io e da ultima Jessica , poi a seguire Alice e suo padre.
Davanti all’ingresso che dava sul portico c’erano ad attenderci Emmett, Edward ed in fondo in un corridoio creato tra due file di sedie segnato da una guida distesa sull’erba c’era Jasper in trepidante attesa.
Emmett prese posto al fianco di Rosalie dandole il braccio, così fece Edward con me.
Davanti all’altare ci dividemmo ai due lati degli sposi.
Noi damigelle nel lato della sposa e i testimoni dal lato dello sposo.
Per tutta la durata della cerimonia notai che Edward non aveva mai alzato i suoi occhi verso di me neanche una volta. Il suo sguardo fu tenuto volutamente rivolto altrove.
Mi rassegnai a quella realtà e cercando di tenere a bada il pianto, rivolsi la mia attenzione su Jasper ed Alice e mi accorsi che quel ragazzo nella sua uniforme elegante, dai capelli troppo chiari, dalla bellezza molto più discreta rispetto ai fratelli Masen, era in quel momento come trasfigurato dall’amore per la sua Alice e il suo viso dall’espressione sempre rassicurante e pacata era rigato dalle lacrime.
Vidi sua sorella trattenersi dall’andare da lui per abbracciarlo. Erano legati Rosalie e Jasper, nel modo in cui ogni fratello lo è con la propria sorella e potevo quasi sentire la pena fondersi alla felicità per quel momento che segnava un nuovo inizio, ma anche un periodo difficile e tormentato dato dal distacco forzato causato da un evento che ormai incombeva sempre più vicino con la sua minaccia di disperazione e morte.
Facevo queste considerazioni cercando la forza necessaria per non continuare a cercare gli occhi di Edward.
Nella sua uniforme di gala era elegante e bellissimo e al sole i suoi capelli leggermente spettinati dal vento avevano assunto quelle sfumature che andavano dai toni dell’oro al bronzo e i suoi occhi socchiusi delineati dalle ciglia lunghe brillavano come smeraldi.
Per me , pensai, non ci sarebbero stati mai gioielli più preziosi, li avrei incastonati nel mio cuore per l’eternità con tutta la dolcezza e la tenerezza che erano capaci di regalare.
Dove aveva portato il suo cuore? Cosa lo teneva così ostinatamente lontano da me? Lo guardavo, sperando che sentisse il mio dolore, mentre vedevo il suo viso contrarre la mascella in preda ad un tormento sordo.
Quando la cerimonia finì con le parole dell’officiante che dichiarava Jasper ed Alice marito e moglie fu un tripudio di congratulazioni. Il primo abbraccio come la nuova signora Hale, Alice volle regalarlo a sua cognata Rosalie e a me.
- Anche tu sarai mia sorella come adesso lo è Rose, non devi dubitare di questo. Stai tranquilla non rinuncerà a te, altrimenti vorrebbe dire che è impazzito e non è da mio fratello l’irrazionalità.- La strinsi forte.
Mi allontanai da lei per permetterle di dedicare le sue attenzioni anche agli altri ospiti.
Il vociare, i commenti, i sorrisi, tutto mi arrivava ovattato. Lo guardavo da lontano intento ad intrattenere gli invitati, ma non mi aveva chiamata per stare al suo fianco e ormai le mie paure si erano fatte certezze.
Edward voleva parlarmi e io adesso speravo non lo facesse.
Ogni tanto vedevo che si voltava per cercarmi come ad avere la conferma che ci fossi, per poi sfuggire ai miei occhi quando si rendeva conto che lo guardavo.
L’emozione e la felicità di Alice aumentarono in me il bisogno di averlo vicino, ma ad un tratto mi accorsi che non lo vedevo più. Si era allontanato.
Decisi di cercarlo, e mi incamminai verso il retro della casa. Da li mi giunse la sua voce. Parlava con qualcuno ma non capivo con chi. Quando finalmente vidi l’altra figura che era accanto a lui il mio cuore si fermò.
Jessica lo abbracciava tenendo le mani dietro la sua nuca.
Un pugnale affondò nel mio cuore in una fitta di dolore che mi stordì.
Lo vidi che si sporgeva verso di lei e chinandosi leggermente la baciava.
Il dolore e la disperazione che mi avvolsero era qualcosa che non avevo mai provato. Ad un tratto fu come se mancasse l’aria e la vista venisse meno. Mi sembrò come se fossi diventata sorda per il gran ronzio dentro la testa e cieca per le lacrime che mi bruciavano gli occhi come se qualcuno vi avesse gettato del sale.
Mi voltai e corsi via incapace di emettere anche un solo gemito. Il sangue nelle mie vene si era tramutato in ghiaccio e forse per quel motivo cominciai a tremare in preda a un freddo che sembrava gelarmi fin dentro l’anima.
Bella aspetta…- Qualcuno aveva cercato di afferrarmi per un braccio, ma non riuscii a vedere chi fosse ne a riconoscere la sua voce. In quel momento pensai di stare per morire. Il cuore batteva così forte da farmi temere si fosse fermato e il corpetto stretto non mi permetteva di fare entrare l’aria nei polmoni.
Correvo, correvo disperata neanche io sapendo verso cosa e dove, ma nella speranza di allontanarmi il più possibile da li.
Era dunque quello il motivo del suo cambiamento. Si era accorto di amare lei e non sapeva come fare per rimediare all’errore.


*******************************************************************************


Non riuscivo a resistere. Mia sorella era felice ed io avevo il cuore stretto in una morsa per lei , per me, per tutti noi.
C’erano sorrisi, giovialità , mentre io non ero riuscito neanche a guardare Bella. Volutamente la tenevo lontana da me e a quel punto non sapevo se tutto quello lo facevo più per me che per lei. Alle volte ero convinto che quella di non farla soffrire era solo una scusa, in realtà quello che cercava di non soffrire ero io. La sua vicinanza avrebbe significato maggior dolore al momento del distacco.
Nessuno sembrava rendersi conto che per tutto quello ci sarebbe stato un prezzo. Quanto sarebbe durata la gioia di Alice e Jasper? Quei pensieri,la consapevolezza che avevo fatto a Bella delle promesse che forse non ero in grado di mantenere mi tormentava.
Quale felicità poteva trovare con me sul suo cammino?. Le avevo garantito che avremmo parlato, ma come le avrei spiegato che per non farla soffrire le dovevo procurare un dolore? Non avrebbe capito, io stesso stentavo a trovare una logica in quello che stavo facendo. L’unica consolazione era che magari allontanandola da me in quel modo, non considerandomi degno del suo amore, il risentimento provato le avrebbe dato la forza per separarsi da me.
Cercai un posto appartato per poter riordinare le idee prima di affrontare Bella.
- A quanto vedo l’idillio si è rotto.- La voce di Jessica mi fece trasalire.
- Che ci fai qui?.- Le risposi irritato.
- Ti ho seguito. Ho visto che non l’hai degnata di uno sguardo. - Sorrise sarcastica.
- Jessica, non è come pensi.- Le risposi in maniera decisa e incenerendola con lo sguardo, ma non sembrò farci caso.
- Forse invece è proprio come penso è solo che tu ti ostini a non ammetterlo. Non è lei quella che ami. Non è adatta a te.- Era sprezzante.
- No Jessica? E chi è adatto a me dimmi: forse tu?- La guardai infastidito.- Cosa vuoi? - Mi accesi una sigaretta.
- Io nulla – rispose- Tu invece mi sembri un po’ confuso.- La guardai cercando di farle capire la mia irritazione alle sue parole, ma non sembrava intenzionata a desistere.
- Jessica, ti sarei grato se volessi lasciarmi da solo.- Rimase immobile a fissarmi.
- Pensi che fissandomi riuscirai a scoprire qualche segreto che possa esserti d’aiuto?- Risi senza nessuna voglia di farlo.
- No ma …- La guardai.
- …Ma, cosa? Cominciava a darmi sui nervi.
- Se tu mi baciassi, forse ti renderesti conto della differenza e potresti capire.- Non potevo credere a quello che sentivo. Doveva essere impazzita. Non era certo quello il linguaggio di una ragazza ammodo.
- Jessica hai forse preso tropo sole? Tu non ti rendi conto di ciò che dici!- Ero sconvolto.
- Invece sì, Edward.- Si sporse verso di me cingendomi con le braccia il collo e intrecciando le sue mani dietro la mia nuca, e infilando le dita tra i miei capelli. Non riuscivo a capire che fine avesse fatto la ragazza che conoscevo. Sapevo che era frivola, ma non immaginavo avventata.
- Cosa credi che siano sufficienti qualche battito di ciglia e uno sguardo languido per farmi cambiare idea?Sospirai spazzientito.
- Partirai Edward io…non posso lasciare che tu non ti renda conto dell’errore che stai facendo.- Eccola li la risposta. Quell’ombra che si continuava ad allungare con il suo bagaglio di relatività, che abbatteva le barriere del buon senso comune.
- Rifletti mia cara, se pensi che basti una bocca con delle labbra invitanti a cancellare l’amore che provo per Bella, vuol dire che non hai idea di chi sono. Tu non mi conosci, certi espedienti con me non servono Jessica, non sono quel tipo d’uomo dovresti saperlo. - Continuava a tenermi legato a lei invitante con gli occhi fissi nei miei.
- Dici di amarla, ma in realtà è solo ostinazione da parte tua.- La guardai, volevo che capisse che appartenevo a Bella completamente. - Jessica quello che dici fa parte di come sei tu.- A quelle parole si mise a ridere.
- Edward, non capisci? Non è alla tua altezza, è sciatta, scialba. Accanto a te è necessaria una donna di classe, elegante, che sappia intrattenere i tuoi ospiti, intelligente…- In quel momento l’avrei presa a schiaffi.
L’afferrai per le spalle e la guardai furente. - Cosa è che vuoi da me Jessica che ti baci? E’questo il tuo prezzo? E’ questo quello che devo pagare per fare in modo di non averti più tra i piedi, per far si che la tua lingua velenosa non si accanisca più contro Bella? D’accordo affare fatto!
La baciai cercando di farle arrivare tutta la freddezza ,il risentimento e il disprezzo che provavo.
Doveva sapere che non ci sarebbe stato mai posto per nessuna all’infuori di Bella per me. Lei era solo un fastidio che andava chiarito ed eliminato.
Mi sciolsi dal suo abbraccio senza neanche guardarla, per allontanarmi dal suo profumo che non desideravo mi restasse addosso, tutto di lei mi dava fastidio. La vidi indugiare e io invece volevo che andasse via il prima possibile e mi lasciasse in pace. Stava appropriandosi di spazio e tempo che non le appartenevano.
- Era questo che volevi? Eccoti accontentata.- Aggiunsi brusco.- Come vedi su di me e sul mio cuore non hai nessun potere ne adesso ne mai Jesica ed è inutile che ti ostini a negare l’evidenza, penso di essere stato abbastanza chiaro. E’ ovvio che non ti amo e per come la penso neanche il tuo è amore, direi invece sia qualcosa che assomiglia più all’orgoglio ferito.- Mi voltai senza lasciarle il tempo di replicare e mi allontanai. Non volevo sentire cosa aveva da dire, ero disgustato anche dal tono della sua voce.
Mi avviai per raggiungere gli altri e cercare di parlare con Bella. La sensazione che quel bacio mi aveva procurato mi aveva fatto capire che era stato inutile perdere del tempo prezioso, non sarei mai riuscito a rinunciare a lei neanche per cercare di alleviare la sua sofferenza che inevitabilmente la mia assenza e un mio eventuale non ritorno le avrebbero procurato. L’amavo e capivo che appartenerle era qualcosa che non dipendeva più dalla mia volontà. Bella era una parte di me. Tenerla lontana voleva dire amputarmi e non avevo il coraggio necessario per farlo.
Dovevo spiegarle e chiederle perdono dell’atteggiamento stupido che avevo adottato in quei giorni. Di questo in fondo dovevo ringraziare Jessica era vero che non avevo capito ed ero confuso e che lei mi aveva aiutato a comprendere, anche se per ragioni diverse da quelle che credeva lei. Mi dava fastidio ammetterlo ma mi aveva dato una mano.
Sulla mia strada per tornare dagli invitati incontrai Emmett.
- Bene fratello, ero venuto a cercarti e… spero che tu abbia le idee più chiare adesso.- Lo guardai perplesso. - Sì… Edward, in modo da poter spiegare a Bella quello che ha appena visto.- Sentii il sangue gelarsi nelle vene e rabbrividii. Bella era lì e aveva visto tutto.
- Da che parte è andata? Perché non l’hai fermata Emmett! Accidenti non è come sembra…- Dissi quasi urlando a mio fratello.
- Non si capiva guardandovi da qui e poi… non sono riuscito a trattenerla, era sconvolta.- Lo scansai e corsi cercando di raggiungerla il più in fretta possibile.





Altro capitolo. Spero apprezziate. Grazie come sempre a chi continua a tenere questa storia tra i preferiti, i seguiti a chi mi ha messo tra gli autori che preferisce.
Un grazie anche a chi legge soltanto.

A tutte voi che mi regalate i vostri commenti tutta la mia riconoscenza.
Ancora grazie a :
Goten
Fc27
sweetcherry
free90
miss-cullen90
yeah
shinalia
eka

Mi scuso per non avervi risposto, sicuramente non mancherò al prossimo capitolo. Baci.

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Capitolo 20
*** CAPITOLO XIX ***



Avevo camminato e corso fino a perdere il fiato, ma per quanta distanza potessi mettere tra me e quel dolore la sua stretta non smetteva di stritolarmi il cuore.
“Perché?” Continuavo a ripetere disperata. Come aveva potuto?
Il gusto amaro delle mie lacrime l’avrei ricordato per la vita. Perché ciò che provavo per lui non poteva scomparire, non poteva essere cancellato? Non era giusto che dovessi continuare a provare tutto quell’amore.
Adesso che cosa ne avrei fatto? Sarebbe rimasto dentro me, deluso, ferito, umiliato.
Qualcosa sembrava avermi imprigionata. Qualcosa di sconosciuto e tremendo, che annullava ogni percezione ,ogni volontà. Tutto in me gridava la sua assenza . Era scivolato via dalle mie mani, dalle mie braccia era come se io stessa mi fossi dissolta in quella forza. Come se il vuoto avesse scelto me come sua dimora.
Mi sentivo risucchiare verso un abisso da cui non sarei più riemersa.
Era il mio sogno e avevo creduto che io potessi essere il suo. Adesso capivo quanto ero stata sciocca. Avevo ambito a qualcosa che non avrei dovuto desiderare. Cosa se ne poteva fare lui di me?
Come poteva accontentarsi di quello che potevo offrirgli io. Eppure il mio amore per lui sconfinato e totale avevo creduto fosse in grado di ripagarlo di quello a cui avrebbe dovuto rinunciare scegliendo me.
Come avrei potuto continuare adesso? Il dolore, quella sofferenza che provavo era immensa.
Crollai affranta ai piedi di un grande albero. Mi resi conto che senza volerlo mi ero ritrovata nel boschetto della nostra gita a cavallo, dove avevo preso quel sogno, il nostro e avevo cominciato a credere che si sarebbe potuto avverare. Un mese, solo uno e la mia vita era cambiata passando dalla felicità più assoluta, alla sofferenza più grande. Era vero quello che avevo sempre letto: per amore, si poteva morire.
Cercai di rialzarmi poggiando la mano sul tronco dell’albero che come un gigante buono mi aveva accolta sotto i suoi rami, ascoltando silenzioso quel mio dolore e lì lo sguardo si posò sul quell’anello che adesso sembrava bruciare al mio dito. Un’altra ondata di disperazione mi prese tra le sue spire.
Le sue promesse, il pegno di quell’amore infranto e tradito era lì che brillava alla luce del sole, ignaro della perdita del suo significato. Lo guardai tra le lacrime, ormai non aveva più motivo di stare alla mia mano.
- Ti prego, Bella… non farlo.- La sua voce mi fermò come se mi avesse paralizzata, come se mille aghi mi avessero trafitta. – Ti scongiuro…non toglierlo.- Era fermo alle mie spalle. Non lo avevo sentito arrivare, solo ora mi ero accorta del suo cavallo. Il povero animale era completamente sudato, doveva averlo fatto correre come un folle.
Non mi voltai, non parlai. Tenevo le mie dita serrate sul suo anello cercando un motivo, uno solo per non dare seguito a quel gesto.
Continuavo a sentire i suoi occhi su di me, la sua voce che stentavo a riconoscere quasi facesse fatica a parlare. Il mio respiro accelerato mi fece pensare di poter svenire. Taceva e sentivo tutta la sua tensione. Perché era li e non voleva che togliessi il suo anello?
Sicuramente si sentiva in colpa e pensava di alleggerirsi la coscienza lasciandomi quel dono ormai completamente inutile per me. Non volevo ascoltarlo, né vederlo e senza che avessi volontà su quello che facevo istintivamente mi mossi per allontanarmi. La sua vicinanza mi feriva.
- Bella…per favore…non andare via. Lascia che… ti spieghi.- Mi voltai con la morte nel cuore, ma lo sguardo che gli rivolsi era di ghiaccio. Non volevo mi vedesse piangere.
-Dio mio…cosa ho fatto!- Disse affranto- I tuoi… occhi… sono vuoti… e freddi come ghiaccio, sembra che tu… non mi veda più.- Sentii la sua voce rompersi in preda all’emozione.- Cosa… posso fare? Cosa vuoi che faccia Bella, dimmi…sono disposto a tutto.- Lo guardavo era sempre lui, ma non per me. Adesso sembrava essere rimasto ben poco del ragazzo di cui mi ero innamorata.
- Ti prego…ti scongiuro. Di’ qualcosa Bella, non guardarmi così. Non è come pensi io…- A quelle parole il mio stato di torpore sembrò abbandonarmi.
- Con quale coraggio puoi dirlo? Così offendi la mia intelligenza. Cosa credi, di poter continuare a prenderti gioco di me per poi magari riderne con lei?- Lo vidi portarsi le mani tra i capelli in un gesto di disperazione, lo sguardo affranto.
- Non dire così… mi conosci non potrei mai fare una bassezza simile.- Risi sarcastica.
- Scusa dimenticavo, in effetti tu puoi fare di peggio.- Le mie parole sembrarono colpirlo come uno schiaffo. Lo vidi impallidire.
- Bella… devi credermi…non è come pensi. Io …ti amo, ti giuro che è la verità.- Mi voltai e feci per andarmene. Mi sentii afferrare per un braccio.
- Aspetta…- La supplica nella sua voce.
- Lasciami Edward! Stammi lontano. Non toccarmi, non voglio vederti più.- Dissi quelle parole in un soffio.
- Ascolta…ti lascio, ma tu calmati, dammi… la possibilità di spiegare.- Quelle parole scatenarono la mia ira.
- Vuoi una possibilità! A noi l’hai data Edward una possibilità? Ti sei chiesto prima, se facendo ciò che hai fatto per noi poteva esserci una possibilità? – Sentivo le lacrime bruciarmi gli occhi.- L’hai baciata…- Urlai.- Perché?...Dimmelo Edward.- Era senza parole, senza giustificazioni.
- Hai idea di come mi sono sentita quando senza motivo apparente mi hai volutamente allontanata da te?- Mentre parlavo mi guardava come se sperasse che io potessi comprenderlo.
- Sì… me ne rendo conto…- Non lo lasciai finire.
- Non credo Edward. Tu non riesci neanche lontanamente ad averne un’idea di quello che in questi giorni mi hai fatto passare. Pensavo di poter impazzire per l’angoscia.- Sentii le lacrime rigarmi il viso.
- Invece lo so benissimo tesoro, io provavo le medesime cose.- Si stava prendendo gioco di me, non poteva esserci nessun’altra spiegazione.
- Per cosa? Per il fatto che avevi capito di amarla e non sapevi come fare per liberarti dalla promessa fatta a me?- Non volevo più ascoltare , il ricordo di quel bacio mi uccideva ogni volta che lo richiamavo alla mente.
- Io amo te … non ho mai smesso di farlo. Anche se adesso ti è impossibile crederlo.- Continuava ad avere la voce rotta come di chi sta facendo forza su se stesso per trattenere le lacrime.
- Di questo hai ragione, mi riesce veramente difficile crederlo.- Lo guardai severa.
- Cosa vuoi che faccia per poterti convincere, affinché tutto torni come prima? Per poter riavere la tua fiducia. Senza di te non sono niente Bella. Senza il tuo amore io non esisto neanche.- Vidi le lacrime rigargli il viso. Ad un tratto davanti a me non c’era l’Edward tracotante dei primi tempi, fiero, sicuro e padrone della situazione.
Sembrava più un bambino indifeso così distrutto dal rimorso e annientato dalla pena. Volevo essere crudele, dura, volevo soffrisse quanto me, ma era lì davanti nella sua uniforme così imponente, mentre mortificato e addolorato piangendo mi implorava di perdonarlo.
- Perché Edward?- Dissi- Voglio sapere, perché?- Pronunciai a denti stretti costringendomi a non cedere davanti alla sua commozione.- Perché ti sei comportato così?- Attesi che riuscisse a parlare.
- Cercavo stupidamente…- fece una pausa per riprendere fiato- tentavo, di trovare un modo per non farti soffrire…- Lo guardai non riuscendo a capire.
- Ero convinto…credevo che non ritenendomi degno del tuo amore, ti sarebbe stato più facile dimenticarmi. Non posso, non riesco a sopportare l’idea di lasciarti nella disperazione se…- Mi sentii venire meno.- Dovevi odiarmi, Bella. Volevo che tu mi odiassi, io ho bisogno di sapere che saresti in grado di continuare senza di me. Volevo allontanarti anziché farti subire tutta la disperazione se... Non posso sopportare che tu soffra, di saperti sola, affranta, in pena tutto il giorno, per settimane, interi mesi, aspettando l’inevitabile. Io… perdonami amore mio, mi ero illuso che così te ne saresti potuta fare prima una ragione.- Non riuscivo ad ascoltarlo oltre. Quanta disperazione lo doveva avere oppresso per arrivare a decidere una cosa del genere. Avrei voluto correre da lui e abbracciarlo per tranquillizzarlo, ma l’orgoglio ancora me lo impediva.
- Per questo hai deciso di baciarla? Sapevi vi avrei visto…?- Chiesi ormai al limite delle mie forze.
- No, non sarei arrivato mai a farti una cosa del genere e ti prego di credermi amore, tu devi credermi, ho solo cercato di farle capire che su di me i suoi approcci non avevano nessuna possibilità di riuscita. Però non ho valutato le conseguenze. Continuava a dirmi che se l’avessi baciata mi sarei reso conto di quanto eri inadeguata per me e a quelle parole mi sono sentito divorare dalla rabbia. Volevo umiliarla, trattarla per quello che si meritava e le ho gridato in faccia che se per lasciarci in pace il prezzo che dovevo pagarle era quello l’avrei accontentata e poi si sarebbe dovuta togliere di mezzo.- Sorrisi incredula.
- Capisco che potrà sembrati una scusa costruita ad arte da uno sciocco, ma ti prego di credere che il mio voleva essere solo un affronto a lei e alla sua perfidia non a te. La stavo pagando, volevo sapesse che per me era una qualunque, che ciò che chiedeva per lasciarmi in pace per me serviva solo a dimostrale che ci sono alcune cose che non possono essere cambiate neanche dietro offerte allettanti. Volevo farla stare male tanto da rinunciare. Invece adesso sono io che forse dovrò rinunciare a te. Non posso credere di stare sacrificando il nostro amore per un mio imperdonabile errore, non riesco ad accettare l’idea di perderti…ti prego dimmi che non è troppo tardi che puoi perdonarmi.- Sospirai in silenzio.
- Edward non so se…- Dissi piano.
- Bella , …ti scongiuro. Ti prego amore… tu devi perdonarmi … - Lo vidi cadere in ginocchio ai miei piedi completamente in balia della disperazione, sgomento.
Le braccia abbandonate lungo i fianchi il capo chino e il viso pallidissimo inondato di lacrime che non si vergognava di nascondere.
- Sono nelle tue mani, la mia vita dipende da te.- Era bellissimo, così disperato e impaurito. I suoi occhi mi supplicavano in lacrime, stava soffrendo lo vedevo, ma non riuscivo a gioirne, mi sarei dovuta sentire trionfante, stava patendo anche lui, ma l’unico sentimento che provavo era un’infinta tenerezza, il bisogno pressante di tenerlo stretto a me e rassicurarlo che non lo avrei mai lasciato, perché se lo avessi fatto, sarebbe stato come decidere di rinunciare a me stessa.
Mi avvicinai e gli sfiorai i capelli. Alzò i suoi occhi addolorati e guardandomi mi prese le mani e le baciò. Lo invitai ad alzarsi mentre continuava a tenerle strette.
- Edward…non fare mai più una cosa simile.- A quelle parole i suoi occhi si accesero e mi prese tra le braccia, affondando il viso tra i miei capelli.
- Grazie...- Sussurrò, scoppiando in un pianto liberatorio ed io insieme a lui.
-Devi promettermi Bella che sarai forte che se succedesse l’irrimediabile troverai il coraggio di andare avanti che…- gli misi una mano sulle labbra.
- Basta... Ti scongiuro, non pensare a questo, non torturarti più. Il tuo unico pensiero deve essere quello di tornare, perché sarà così amore mio, tu tornerai da me.-Gli sussurravo accarezzandogli i capelli.
- Non voglio lasciarti Bella, il solo pensiero mi rende folle.- Lo strinsi forte.
- Non lo farai amore mio…non succederà.- Dissi guardandolo negli occhi.- Devi credere in questo con tutto te stesso.- Affermai asciugando le sue lacrime.
- Non ho paura di morire, ma vorrebbe dire non vederti più, questa è la cosa veramente insopportabile. L’idea di non poter guardare più i tuoi occhi, sentire la tua voce, gioire del tuo sorriso mentre ti stringo a me.- Avevo il cuore in mille pezzi. Capivo che la sua sofferenza era immensa e non potevo fare nulla per aiutarlo, per alleviarla in qualche modo, se non amandolo con tutta me stessa. Volevo che il mio amore gli arrivasse, lo sentisse tanto forte così da avvolgerlo anestetizzando tutta quella disperazione.
- Cosa posso fare Edward? Non so come fare per dissolvere la tua pena. Vorrei poter essere in grado di prenderla su di me per potertene liberare. – Mi strinsi a lui.
- Solamente questo che stai facendo. Continuare ad amarmi… in questo modo.- Sentii che si era calmato.
- Bella …posso chiederti una cosa?- Lo guardai.
- Tutto quello che vuoi.- Risposi.
- Posso… baciarti? Me lo permetti?- Gli sorrisi e le sue labbra incontrarono le mie. Fu il bacio più dolce e appassionato che potesse regalarmi.
Tutto sembrò rasserenarsi e tornare al suo posto. Anche io ero nuovamente dove volevo essere. Tra le sue braccia che si stringevano intorno a me calde, rassicuranti e protettive sapevo che quello era ormai tutto il mio mondo, la sola ragione della mia vita.
- Tra due giorni... amore, solo due giorni e sarai mia per sempre. Adesso capisco di essere stato pazzo a pensare di poter sacrificare quello che abbiamo. -Tornò a posare le sue labbra sulle mie.
-Torniamo si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto e poi dovrò tranquillizzare Emmett che ti ho trovata e che stai bene.- Mi sorrise sollevandomi tra le sue braccia e facendomi montare a cavallo.- Ricordi Bella? Tutto è iniziato da qui solo un mese fa e sembra già passato tanto tempo. – Mi lasciai cullare dal suo abbraccio godendo di quella ritrovata felicità.




Ancora grazie a tutti per la preferenza.


Eccomi a rispondere a chi ha commentato.

sweetcherry : Alcune volte ci sono situazioni che ci rendono sciocchi, pensando di agire per il meglio, ma credo che Edward ora abbia capito. Baci

miss-cullen90 : Grazie per i complimenti. Emozionare quando si scrive è indispensabile. Non siate troppo severe con Edward è confuso, ha paura. Si trova così giovane a dover affrontare cose più grandi di lui e magari ha sbagliato a valutare, ma pensava di agire per il bene di Bella. Baci.

Goten : Si, non può essere altrimenti. Non è possibile separarli. La loro storia non può non avere la dolcezza che conosciamo, un pizzico di tormento e la giusta dose di disperazione. Per poi arrivare a superare tutto con la felicità come premio finale che il vero amore merita. Kisses

midnightsummerdreams : A chi ama alle volte capita di essere sciocco. Baci

free09 : Si che puoi tirare i capelli a Jessica. Forse così imparerebbe a stare al posto suo. Baci

Fc27 : Penso di avere risolto. Cosa te ne pare. Ti piace come soluzione? Kisses

mezzanotte : Grazie sono felice ti piaccia. Continua a seguire. Ciao.

eka : La soluzione era dietro l’angolo. La sua confusione era comprensibile. E’ giovane, innamorato e per quanto la società lo consideri in grado di affrontare grandi responsabilità e lui si senta pronto a sacrificare la propria vita per un ideale è solo un ragazzo che non ha ancora vissuto appieno i suoi anni. Ha cercato di preservare dal dolore chi ama nel modo che gli è sembrato più giusto. Ha sbagliato è vero, ma se Bella lo ha perdonato, possiamo farlo anche noi. Che ne pensi? Baci.

fallsofarc : E’ sempre bello quando si aggiunge qualcuno di nuovo. Mi fa piacere che il mio modo di scrivere ti piaccia. Come vedi le cose sembrano essersi sistemate per il meglio. Grazie ancora e aspetto altri tuoi pareri. Ciao

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Capitolo 21
*** CAPITOLO XX ***


Eccomi nuovamente qui. Questa assenza così lunga non era prevista. Spero non vi siate dimenticate di me. Avrei voluto poter aggiornare prima, ma non avevo portato con me il portatile. Comunque adesso sono qua e spero che vi faccia piacere continuare a leggere come prosegue questa storia.
Continuo a ringraziare tutti quelli che hanno recensito il penultimo capitolo, i vostri commenti sono preziosi ed è una felicità sempre leggerli e sapere così cosa pensate di quello che scrivo.
Ancora grazie anche a chi segue e preferisce o a chi passa solo a dare una sbirciatina. Ciao e buona lettura.







Sentii il suo braccio circondarmi la vita per impedire che cadessi, intanto che con l’altra mano teneva le briglie e con fare sicuro guidava il purosangue che ubbidiva al suo tocco.
Con il viso poggiato tra i miei capelli, continuava a ripetermi che mi amava.
Era con me e quella pena che mi aveva attanagliato il cuore sembrava lontana.
Lo accarezzavo e sulla mia pelle avvertivo il suo respiro caldo.
- Se potessi inventerei una parola nuova che possa farti capire cosa sento per te, “amore”, è troppo poco, non riesce a contenere tutto ciò che provo quando ti sono accanto.- Respirò profondamente.- Adoro il tuo profumo è qualcosa che mi entra dentro fino a stordirmi.- Sorrisi tra le lacrime. Era tornato, lo avevo ritrovato.
- Pensavo di averti perduto.- Dissi piano. Sorrise tornando a sfiorare il mio collo e rabbrividii nuovamente a quel tocco.
- Non succederà mai, io ti starò accanto per sempre Bella. Qualunque cosa accadrà l’unica certezza sarà questa: il mio amore per te non finirà, non finirà mai, lui resterà qui accanto a te e ti cullerà , ti terrà stretta nel suo abbraccio e tu lo sentirai. Non ti lascerà mai da sola.- La sua voce mi accarezzava come una ninna nanna.
- Edward…io…- Sentii la stretta del suo braccio aumentare. - Lo so… non devi avere paura, ti lascio il mio cuore come pegno e farò di tutto per tornare a riprenderlo. Te lo giuro, farò… l’impossibile per ritornare da te.- Non parlammo più. Non ce n’è fu bisogno. Intrecciai le mie dita alle sue e mi affidai a lui, tutta la mia vita era nelle sue mani. Tutto ciò che mi riguardava ormai iniziava e finiva con lui.
Quando arrivammo ebbe l’accortezza di passare dal retro della casa e si diresse verso le scuderie.
- Aspettami qui, avverto Emmett che siamo tornati e chiedo a Rosalie di venire a darti una mano. Sembri un pulcino spaurito e io non sono più presentabile di te. Sarà meglio non dover dare spiegazioni. Adesso non riuscirei a non tirare in ballo “lei” e non ho proprio voglia di affrontare una discussione in cui cercherà di negare e non voglio costringere la mia famiglia ad un chiarimento con la sua.- Si avvicinò sorridendomi e posò una carezza leggera sul mio viso.- Farò in modo tu non la debba incontrare.- Mi sorrise e fece per andare via.
- Edward…- Si voltò a guardarmi.- Sarebbe mio desiderio che tu non…le rivolgessi la parola.- Dissi abbassando gli occhi, non mi piaceva essere così, avere quel tipo di richieste, ma Jessica mi faceva paura.
- Non temere tesoro, non la guarderò nemmeno. Incaricherò Emmett di tenerla lontana da noi. Te lo giuro. Ti prometto che non dovrai più preoccuparti di lei.- Si fece nuovamente vicino e lentamente posò una mano sotto il mio mento e mi costrinse a guardarlo negli occhi.- Non devi temere, non voglio che tu abbia paura di lei o ti senta minacciata in qualunque modo. Per me lei non esiste Bella.- Mi guardò intensamente.- Mi credi vero?- Annuii ricambiando il suo sguardo.
- Desidero che tu faccia una cosa per me. So che non ho il diritto di chiedertelo, ma vorrei che tu dimenticassi ciò che hai visto, mi sentirei morire se intuissi il ricordo di quello che è successo nei tuoi occhi.- Si fece più vicino e mi sentii sovrastare da lui. La testa mi girò mentre il suo sguardo si faceva intenso e penetrante. Altre volte era stato tanto vicino a me, ma questa volta sentivo che qualcosa era cambiato il suo respiro era accelerato e il suo cuore batteva così forte da poterlo sentire. Poggiò le mani sulle assi di legno della parete e la fronte sulla mia.
- Non posso pensare che a causa sua ho rischiato di perderti….- Le sue labbra si fecero vicine e il suo bacio fu qualcosa che mi tolse il respiro. Edward non mi aveva mai baciata così.
- Ho bisogno di sapere che potrai dimenticare quanto sono stato pazzo e incosciente: non ho mai sentito di appartenere a nessuno come appartengo a te. Mi sei entrata nell’anima Bella, sei ovunque in me. Ti sento così tanto che alle volte faccio fatica a pensare che c’è stato un tempo in cui non eri al mio fianco o a trovare la mia immagine allo specchio perché la tua mi si sovrappone. Sei il primo pensiero del mattino e l’ultimo quando mi addormento. Mi sorprendo a pronunciare il tuo nome quando non ci sei.- Parlava continuando a tenere le sue labbra sulle mie,avvolgendomi nel suo abbraccio.- Non vedo l’ora che tu sia mia moglie, Bella…io…ti desidero così tanto…- Si scostò da me e mi sfiorò la fronte con le labbra, indugiando come non riuscendo a lasciarmi.- Adesso… vado, non vorrei pensassero che… abbiamo anticipato i tempi con una fuga.- Sorrise. Per me Edward era quello, quel sorriso così particolare.
Lo osservai mentre andava via, adoravo tutto di lui e ogni volta che mi lasciava sola era come se si portasse via qualcosa di me.
Aspettai lì come mi aveva detto, l’arrivo di Rosalie, mentre pensavo come tutto un mondo e i suoi sogni potevano essere spazzati via in un attimo, come la volontà di una sola persona poteva precludere per sempre la nostra felicità e quella di chi ci ama. Immersa nei miei pensieri avvertii la stanchezza che tutte quelle emozioni avevano provocato in me.
- Bella… cara sono Rosalie. Dove sei?- La sua voce mi ridestò da quella spossatezza.
- Sono qui Rose.- Risposi andandole incontro.
-Come stai? Emmett mi ha detto. Non riesco a credere a quello che quella vipera di Jessica è riuscita a combinare… non pensarci più adesso, vieni con me e cerchiamo di ridare al tuo viso l’aspetto radioso di sempre. Ho visto Edward, era disperato e furente mentre raccontava cosa è stata capace di fare. Vieni andiamo nella loro stanza , ti aiuterò a rimetterti in ordine.- Mi prese per mano sorridendomi.
- Grazie Rose, sei un tesoro.- Mi guardò con tenerezza. - Non dirlo nemmeno Bella. A cosa servono le sorelle se non ad aiutarsi nei momenti di bisogno?- Il suo sorriso sincero servì a riconciliarmi con il prossimo. Per fortuna non tutte le persone erano ciniche come Jessica, c’era anche chi ti voleva bene ed apprezzava senza bisogno di dover dimostrare nulla, senza aspettarsi ricompense in cambio della loro gentilezza. La seguii felice e rincuorata. Sapevo che quello che mi aspettava sarebbe stato il periodo più duro di tutta la mia vita , ma al mio fianco avrei avuto la mia famiglia: mio padre, mia madre e tutti loro e mi sentii più forte.- Edward…dove è?-Domandai.
- Nella camera di Jasper con Emmett, stai tranquilla Bella, non le si avvicinerà te lo garantisco a costo di prenderla a schiaffi io stessa.- Sorrisi, non avevo mai sentito Rosalie Hale parlare in quel modo.
- Alice…?- Mi guardò sospirando.
- Sa tutto anche lei e abbiamo dovuto trattenerla, avrebbe voluto affrontarla e allontanarla, ma Jasper è riuscito a convincerla che non valeva la pena rovinare la loro festa per lei.- La guardai in ansia.
- Sono d’accordo, non merita tante attenzioni. La cosa peggiore per lei sicuramente è l’essere ignorata.- Annuì. - Hai ragione quelle come Jessica vivono per stare al centro dell’attenzione, anche Emmett è convinto che il comportamento avuto con Edward sia stato dovuto solo al fatto che tu avessi focalizzato su di te tutto il suo interesse e il suo amore. Il fatto che lui si fosse innamorato di te a prima vista e tu eri riuscita lì dove lei ha tentato per anni, che lui ti amasse in maniera così totale da subito fino a chiederti di diventare sua moglie l’ha resa furibonda. Tu Bella, possiedi quello che lei sa per certo non potrà avere mai. Lei ha bisogno di fare la sciocca per essere notata, a te non serve fare nulla.- Sorrisi a quelle parole. Era vero, Rosalie e Alice mi consideravano veramente come una sorella e per me anche loro lo erano.
Quando ebbe terminato di aiutarmi, lo specchio rimandò la mia immagine e mi sembrò come se non fosse mai accaduto nulla.
Sentimmo bussare alla porta e dopo poco comparvero Emmett e Edward. -Come stai Bella, Tutto bene?- Mi domandò Emmett e per la prima volta potei vedere che quell’aria scanzonata aveva lasciato il posto ad un’espressione seria e severa. Sembrava anche più grande in quel momento.- Mi dispiace, che tu abbia dovuto affrontare questo ennesimo attacco da parte di Jessica e che mio fratello sia stato così…ingenuo, ma come sai alle sue motivazioni possiamo trovare delle giustificazioni. Ora però Bella, tu devi farmi un favore, devi promettermi che non ti farai intimorire da lei e che qualsiasi cosa ti dica o faccia in futuro tu verrai da me a dirmelo. Me la vedrò io con la signorina in questione, non è mai corso buon sangue tra noi. Lei mi sopporta mal volentieri e io non le ho mai nascosto la mia irritazione a certi suoi comportamenti. Non può permettersi di minacciare la felicità dei miei fratelli e passarla liscia.- A quelle parole mi emozionai arrossendo.
- Non devi sentirti imbarazzata Bella, tu fai parte di questa famiglia e ogni affronto fatto a te è come venisse fatto ad uno qualsiasi di noi. Tu ami mio fratello e lui…direi che…quello che prova per te lo vedrebbe anche un cieco. Quindi Bella resta ben chiaro quello che ti ho detto, se dovesse importunarti corri da me e penserò io a mettere al proprio posto Jessica.- Prese per mano Rosalie e andò via, mentre sulla porta comparvero Alice e Jasper.
- Eccovi qui finalmente, mi avete fatta stare in pena .- Esordì Alice.- Vedo che c’è anche il figliol prodigo... Bella tesoro, come stai? Ho saputo di quella strega e di quello sconsiderato di mio fratello e non potevo crederci. L’avrei strozzata io stessa.- Poi rivolta ad Edward:- Edward Anthony Masen meno male che sei rinsavito, ti perdono perché ho compreso il tuo attimo di smarrimento, ma questa volta mi hai proprio fatta arrabbiare mio caro. Sono stata in pena, fino all’ultimo ho temuto il peggio, che mi volessi privare di avere Bella come sorella. Questo non te lo avrei mai perdonato e puoi credere che dico sul serio.- La vidi correre da lui ad abbracciarlo.
Alice non era capace di restare adirata con nessuno tanto meno con Edward.
-Sono felice che tu stia bene adesso e che abbia fatto chiarezza nel tuo cuore. Come hai potuto pensare di poter cancellare quello che ormai c’era tra di voi? Tu e Bella, siete una cosa sola Edward. Se qualcuno vi incontrasse separatamente sarebbe poi in grado di riconoscere l’altro dall’immagine riflessa nei vostri occhi. Puoi non credermi ma quando ti guardo vedo Bella adagiata in fondo al tuo sguardo.- Edward sorrise alla sorella sfiorandole la guancia con una carezza.
- Non saresti stata la sola a non riuscire a perdonarmi neanche io mi sarei mai potuto perdonare se l’avessi persa.- Portò il suo sguardo verso di me e porgendomi la mano mi invitò a seguirlo.- Andiamo tesoro, riprendiamo il nostro posto alla festa.-
Ogni volta che i miei occhi incontravano i suoi, tutto ciò che mi circondava sembrava scomparire e avevo come la sensazione di trovarmi nell’occhio di un ciclone. Tutto prendeva a vorticare intorno a me, ma stranamente nel centro esatto di quella tempesta avvertivo una calma quasi irreale. Presi la sua mano e lo seguii imitata dal resto della sua famiglia.
Il matrimonio di Alice era avvenuto la mattina, ma i festeggiamenti sarebbero proseguiti la sera, per cui gli invitati erano stati alloggiati nelle stanze per gli ospiti, io mi ritrovai a dividere la mia con Rose dal momento che la stanza che dividevo con Alice era stata adibita a loro camera da letto.
Ero amica di Alice quanto di Rosalie, ma era la prima volta che condividevamo da sole lo stesso spazio. Mi fece piacere notare che era come se ci conoscessimo da sempre e che la nostra amicizia non era solo data dal fatto che entrambe eravamo legate ad un membro di casa Masen. Rose nutriva un sincero affetto per me e io la ricambiavo.
- Vieni Bella.- Mi disse invitandomi ad entrare.- Scegliamo il vestito da indossare per questa sera. Come futura signora Masen devi lasciarli senza fiato.- La guardai. Rose aveva dovuto rinunciare alle sue nozze per fare posto a noi, ma questo non sembrava averla rattristata anzi si mostrava davvero felice di averlo fatto.
- Mi dispiace Rose…dovrà costarti parecchio…- Mi guardò interrogativa.
- A cosa ti riferisci Bella?- Mi chiese con il suo solito dolce sorriso.
- Al fatto che tu ed Emmett avete dovuto rimandare il vostro matrimonio.- Mi guardò continuando a sorridere. - Ammetto che un po’ mi costa non diventare la moglie di Emmett, ma proprio per questo ho fatto una promessa.- La guardai cercando di capire.- Ho promesso che aspetterò che sia Jasper che Edward siano ritornati a casa e solo allora io ed Emmett ci sposeremo.- Fece una pausa.- lui è d’accordo con me e mi ha confessato che non sarebbe riuscito a gioire appieno di un momento così importante senza la presenza di suo fratello.- Sentii gli occhi velarsi di lacrime e prontamente Rose mi venne vicino e mi abbracciò.
- No Bella, non farlo. Niente lacrime. Sarà una festa stupenda e loro saranno qui con noi, per gioire della nostra felicità come è giusto che sia.- La guardai e cercai di rimandare indietro il pianto.
- Perché non vi sposate insieme a noi dopodomani, Edward ne sarebbe felice ne sono sicura e anche io, così…- Non riuscii a terminare la frase che prontamente aggiunse:- Non sarebbe giusto è il vostro momento, del resto io ed Emmett siamo stati già tanto fortunati a poter rimanere insieme. Alle volte ringrazio il cielo per l’incidente che ha avuto altrimenti a quest’ora sarebbe anche lui in partenza per il fronte. Tu ed Edward siete costretti ad una prova durissima come Alice e Jasper del resto, ma i ricordi di Alice con mio fratello sono maggiori di quelli che avete tu ed Edward. La loro condivisione delle piccole cose da innamorati le terrà compagnia e l’aiuterà nei momenti difficili. Tu avrai molto poco a disposizione sicuramente altrettanto forte, ma non posso pensare a quanto vi sarà negato, quindi se posso donare questo sacrificio per chiedere di farvi riunire lo faccio volentieri sia io che Emmett. Non sembra, ma dietro quell’aria scanzonata cerca solo di nascondere la pena per questa separazione. E’ legatissimo ad Edward e potendolo fare so che avrebbe volentieri preso il suo posto.- Mentre parlava le tenevo strette le mani tra le mie.- E’ il nostro modo per far si che il legame che li unisce e che unisce tutti noi non si spezzi e come un filo invisibile possa indicare loro la strada del ritorno sani e salvi.
Ci abbracciammo nuovamente senza riuscire a parlare sopraffatte dall’emozione.
A fatica riuscimmo a trattenere le lacrime, ma spostammo la nostra attenzione sui preparativi per la sera. Scelsi il mio vestito con cura aiutata da Rose e con nostra sorpresa fummo raggiunte da Alice che pur essendo diventata la signore Hale non aveva voluto mancare. - Non potevo lasciare che vi preparaste senza di me. Mio marito è un vero tesoro, ha capito immediatamente la mia preoccupazione ed ha insistito perché fossi con voi. Ha pronunciato queste parole : vai da loro tesoro e fai in modo che la nostra Bella sia strabiliante. Fa che qualcuna abbia un attacco di bile e che il nostro Edward possa portare della sua futura moglie un ricordo intenso e bellissimo come quello che io porterò di te e di questo giorno. Più momenti magici potremo avere di voi nei nostri cuori e più sarà facile affrontare ciò che ci aspetta.- La voce di Alice rotta dalla commozione servì a rafforzare in tutte noi la determinazione a non piangere a non versare lacrime quasi a volere proteggere quei nostri affetti dalla minaccia che incombeva su di loro, come a non voler bagnare del nostro dolore quel loro cammino così incerto. Quando scesi nel salone fu come ritornare indietro al giorno del suo compleanno. Lo vidi avanzare e raggiungermi senza staccare gli occhi da me.
- Sei bellissima.- Era sinceramente colpito lo vedevo.
Attribuii il merito al mio abito di organza e pizzo e all’acconciatura che era stata curata nei minimi dettagli. Rosalie e Alice mi avevano promesso un effetto ancora più stupefacente per il giorno del mio matrimonio.
- Solo adesso mi rendo conto che abbiamo ballato insieme solo una volta e l’altra dopo sei scappata via sul più bello.- Mi guardò ammiccando e i ricordi tornarono portando con se il sapore di quei momenti intensi e dolcissimi fatti di attesa e paura. L’amore della mia vita mi porse il braccio e tenendo la sua mano sulla mia mi accompagnò al centro del salone e cingendomi la vita si avvicinò al mio viso.
- Sei pronta per il nostro secondo ballo?- Feci un cenno impercettibile con il capo.- Allora respira profondamente e lascia che io ti guidi. Lo guardai incerta.
- Non sono molto brava come ballerina.- Sorrise in quella maniera adorabile.
- Lasciati guidare da me e non temere. Mi guardò.- Pronta?- Strinsi la mia mano alla sua.- Respira Bella…-
Mi ritrovai circondata dalla musica a volteggiare tra le sue braccia e quello che era sempre stato un traguardo difficile da raggiungere sembrò qualcosa che mi era sempre venuto naturale stando accanto a lui. Ballavo facendomi trasportare dalle note e sembrava che nella mia vita non avessi fatto che quello: danzare. I nostri movimenti erano talmente coordinati che sembravamo fonderci l’uno nell’altra. Non ci furono incertezze, ne attimi d’imbarazzo causati dalla mia goffaggine. Mi resi conto che con lui non ero più io; la Bella che conoscevo era scomparsa e al suo posto c’era questa nuova me che sembrava essere il prolungamento di Edward come se insieme fossimo una cosa sola. In quel preciso istante ebbi la percezione dell’immobilità del tempo, tra di noi non c’era più peso fu come se avessi la certezza che quel momento magico lo avrei vissuto all’infinito, non sarebbe scomparso, sarebbe rimasto lì immobile tra le mura di quel salone avvolto da quelle note e chiunque fosse passato da lì dopo di noi lo avrebbe avvertito chiaramente. Perché tutto quell’amore non avrebbe avuto modo di poter essere contenuto ne cancellato. Sorrisi e chiusi gli occhi affidandomi alla sua guida. Era perfetto come ballerino, come in tutto del resto e alle volte pensavo che non poteva essere veramente reale. Forse mi sarei svegliata prima o poi scoprendo di aver solo sognato, un fantastico stupendo sogno, ma solo quello e come tutti i sogni destinato a finire con un risveglio. Quasi mi avesse letto nel pensiero rallentando l’andatura mi strinse più a se sussurrandomi: - Alle volte penso di stare sognando e allora la paura mi assale. Non riuscirei a sopportare di svegliarmi e rendermi conto che tutto questo non sia reale. Se forse adesso ti baciassi potrei tranquillizzarmi avendo la certezza che esisti.- Mi sospinse verso la veranda che era stata testimone dell’inizio del nostro amore e lì sciogliendomi dal suo abbraccio mi condusse verso una delle bianche colonne.
- Ricordi?- Disse. – Fu proprio qui che misi il mio cuore nelle tue mani e tu per tutta risposta fuggisti via. Rimasi senza poter respirare per un istante infinito in bilico su un precipizio. L’idea che tu non potessi ricambiare il mio sentimento mi gettò nello sconforto. Non credevo che l’amore fosse questo, non avevo idea di poter provare per una donna quello che provo per te. Sei in debito per quel primo bacio negato.- Assunse la medesima posa di quella sera. Nella mia mente il ricordo era chiaro. Ogni gesto, ogni parola era impressa a fuoco. - Mancano lo spettacolo dei fuochi d’artificio, ma per il resto è tutto perfetto come l’altra volta.- Sussurrò avvicinandosi a me. Mi sfiorò la guancia con le labbra e poi prese a delineare il contorno del viso. Quando mi baciò tremava. Sentii il suo viso scottare come in preda alla febbre. - Stai bene? - Dissi preoccupata. Lo vidi sorridere e al chiarore della luna ebbi l’impressione che arrossisse. - Sto bene, non ti preoccupare.- Scansò dal mio viso una ciocca di capelli e prendendomi per mano mi condusse lungo il sentiero. Camminavamo l’uno accanto all’altra.
- Sono passato a casa nostra…- Disse ad un tratto.- Nei giorni in cui cercavo di allontanarti da me. E’ piccola, ma accogliente e graziosa. Ti piacerà sicuramente.- Fece una pausa.- Nonostante tutto, malgrado volessi con tutto me stesso fare in modo di staccarti da me per non permetterti di soffrire a causa mia se…non potevo non portare con me l’immagine di quella che sarebbe stata la nostra casa. Ti ho immaginata in ogni suo angolo intenta nelle tue mansioni di padrona di casa come signora Masen. Sono stato un folle solo a credere possibile di staccarmi da te e ora mi rimprovero di aver perso giorni preziosi.- Lo accarezzai. - Non posso credere che avremo una casa tutta nostra.- Riuscii a distrarlo.
- Sarà solo finché non sarò tornato allora poi avremo qualcosa di più grande ed elegante.- Era bello starlo a sentire mentre faceva progetti per il futuro, purtroppo non gli capitava spesso.
- A me va bene anche se dovessimo rimanere lì per sempre, purché insieme.- Sorrise amaro.
- Per adesso dovrai accontentarti di qualche giorno appena, è tutto quello che ci è concesso.- Rabbrividii e mi strinsi nelle spalle. Lo vidi sfilarsi la giacca della sua uniforme e la adagiò su di me.
- Preferisci rientrare? Forse è un po’ umido questa sera credo che pioverà.- Aggiunse facendo finta di non capire la causa di quel freddo improvviso.
- Edward…- Mi guardò. – Ti prego non smettere mai.- Dissi con un filo di voce.
- Di fare cosa.- Rispose.
- Di fare progetti per il futuro come hai fatto poco fa.- Sorrise.
- Sto cercando di non farlo, di non smettere di immaginare la mia vita con te a dispetto di tutte le avversità e della mia stessa idea di lasciarti per evitarti questo tormento. Sono così oppresso dal pensiero di essere la causa di un tuo dolore da arrivare a sperare di poter avere ancora una possibilità al mio ritorno se fossi così fortunato da ritornare, voglio poter progettare il mio futuro come se niente fosse, sto cercando con tutto me stesso di non lasciarmi sopraffare e ti prometto che continuerò a pensare a noi e a fare progetti sulla nostra vita insieme comunque e sempre e non solo adesso che sono qui con te, ma anche dopo quando sarò lontano. Tu sei la mia forza, la mia vita, il mio futuro e il mio destino e io ti amo in maniera totale e incondizionata e questo sarà per sempre. Perché adesso che ho te so che non potrei essere più quello che ero. Tu mi hai cambiato profondamente entrando in me in maniera così dirompente da farmi stare male ogni volta che ti allontani. Ogni volta che i mie occhi non riescono a scorgere il tuo viso, la tua figura. Mi accorgo che quando sei lontana da me smetto di respirare e torno a farlo solo quando tu riappari al mio fianco.- Rimasi in silenzio a fissarlo.
- Desidererei…- Aggiunse. – Che tu facessi altrettanto durante la mia assenza. Vorrei che tu organizzassi la tua vita come se io fossi semplicemente fuori per un lungo periodo di lavoro e continuassi a fare tutto quello che qualunque altra giovane sposa fa . Pensare alla felicità dei giorni che l’aspettano e non vivere nell’angoscia dell’incertezza. Fai acquisti, dedicati a contraccambiare le visite di cortesia. Accetta inviti se questi ci saranno. Tu ed Alice dovrete fare come se dovessimo tornare di li a poco. Non voglio saperti triste e sola, chiusa nel tuo dolore. Non voglio che trasformi la nostra casa in un tempio del nostro amore. Promettilo Bella, te ne prego.-
Lo abbracciai e lo promisi anche se in cuor mio sapevo che avevo già cominciato a conservare dentro di me ogni particolare di ogni gesto, o frase detti o fatti in modo da potervi trovare rifugio appena fossi rimasta sola sopraffatta dalla disperazione e dalla paura che mi venisse strappato.

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Capitolo 22
*** CAPITOLO XXI ***





La luce filtrò dalle persiane accarezzandomi lieve, ne avvertii il calore sul viso. Non avevo dormito molto, sopraffatta dall’emozione per quel giorno così importante per me. Il tempo che lo aveva preceduto era trascorso all’insegna di preparativi tra il bisogno reciproco fra me ed Edward di non restare lontani l’uno dall’altra un solo istante, come nella speranza vana di poter dilatare il tempo a nostra disposizione. Però dovemmo sottostare ad una regola ferrea. Lo sposo non poteva vedere la sposa per tutta la durata dei preparativi per la cerimonia, per cui quella mattina non lo avrei potuto vedere se non fermo ad aspettarmi davanti all’altare. Lo avevo immaginato infinite volte: emozionato e bellissimo nella sua splendida uniforme, mentre osservava i miei passi contandoli nell’attesa che fossi al suo fianco. Mi misi seduta sul letto con le spalle appoggiate ai soffici cuscini, aspettando. Non riuscivo ad avvertire nessun rumore provenire dalla casa e solo allora mi accorsi che Rosalie non era nel suo letto. Un lieve ticchettare alla porta mi fece trasalire. L’uscio si schiuse e il viso di mia madre comparve sulla soglia.
- Sei sveglia bambina mia?- Domandò con un filo di voce. – Il grande giorno è arrivato.- La guardai, sentendo il cuore sobbalzare nel petto e una strana sensazione levarmi il respiro. Sentivo la testa vuota e il mio corpo leggero.
- Dov’è Rosalie, come mai non è qui?- Chiesi.
- E’ con Alice. Ha detto che non avevi riposato molto e abbiamo deciso di farti dormire un po’ di più. Del resto ad una sposa è concesso non essere puntuale.- Scattai immediatamente in piedi.
- Che ore sono?- Domandai agitata. Vidi mia madre sorridere.
- Non preoccuparti, non è così tardi e l’aver dormito un po’ gioverà al tuo viso, tesoro mio. Sarai bellissima e raggiante. Le occhiaie di una notte insonne non donano a nessuno.- Mi venne vicino e mi accarezzò teneramente.
- Edward dov’è? - Mi rivolse un sorriso rassegnato; ormai mia madre era abituata a questa sorta di dipendenza tra me e lui. Tutti vedevano che non restavamo mai lontani per molto tempo e quando accadeva non facevamo che domandare l’una dell’altro a quelli che avevamo vicino.
- Non l’ho visto, ma posso immaginare come si senta. Con lui ci sono Jasper ed Emmett. Tranquilla, tesoro: tra poco sarete nuovamente assieme e legati per il resto della vita.- Un altro ticchettare discreto e la porta si aprì lasciando entrare Alice e Rosalie. Entrambe mi vennero vicino e vollero sapere come mi sentissi. A questa domanda non era facile rispondere: neanche io riuscivo a capirlo.
Avevo lo stomaco chiuso in una morsa e quando una delle domestiche arrivò con il vassoio della colazione ebbi come un vago sentore di nausea.
- Bella dovresti proprio cercare di sforzarti di mangiare qualcosa.- Disse Alice – lo dico a ragion veduta, non vorrai svenire sull’altare in preda all’emozione.- Cercai di fare forza su me stessa accettando un po’ di pane tostato con un la marmellata e una tazza di the.
Quella mattina le mie damigelle d’onore si presero cura di me totalmente e insieme a mia madre si occuparono di aiutarmi a fare il bagno e pettinarmi. Alice mi frizionò con un olio profumato alle rose. Quando ebbero terminato ed ebbi indossato la biancheria intima, Rosalie mi aiutò con il corpetto. Osservai la mia esile figura allo specchio, con la vita messa in risalto da quello strumento di tortura che impediva al mio respiro accelerato di portare aria ai polmoni.
- Così credo che mi sentirò mancare.- Dissi preoccupata.- Fatico già adesso a respirare normalmente non so se riuscirò a farlo a sufficienza una volta che sarò accanto a lui e tutti saranno lì a guardarmi.- Le vidi sorridere e Alice e mia madre mi concessero di allentare quella morsa che mi stritolava il torace e l’addome appena di un dito, ma fu abbastanza perché mi sentissi rinfrancata.
- Posso entrare?- La voce di Elisabeth Masen, che tra poco sarebbe diventata mia suocera risuonò nella stanza.- Ho portato il tuo vestito Bella.- A quelle parole le mie gambe sembrarono cedere ed ebbi bisogno di sorreggermi.
Prontamente Alice e Rosalie furono al mio fianco.
- Se solo il vestito ti fa questo effetto.- Disse Alice.- Non so se sopravvivrai al resto Bella. Così non va. La giornata sarà lunga e piena di momenti emozionanti, confido che quando sarai accanto ad Edward troverai un po’ di forza. Dai coraggio tesoro, animo!- La guardai sospirando e mi apprestai ad indossare l’abito più bello che avessi mai visto. Elisabeth e mia madre mi aiutarono sotto lo sguardo attento e ammirato di Alice e Rosalie. Quando ebbero finito, la madre di Edward pose al mio collo un gioiello bellissimo, personale dono di nozze suo e di suo marito, mentre Rosalie appuntò tra i miei capelli il prezioso velo.
- Ecco fatto. Sentenziò Rosalie.- Perfetto. Mi prese per mano e mi guidò verso lo specchio e ciò che vidi mi lasciò senza fiato. Stentavo a riconoscermi in quella giovane donna che era riflessa davanti a me. Non sembravo neanche io.
- Sei meravigliosa Isabella e sono felice di poterti considerare da oggi in poi mia figlia.- Le parole di Elisabeth piene di sincera commozione mi arrivarono al cuore e i mie occhi immediatamente si velarono di lacrime.
- Per carità Bella non piangere altrimenti rovinerai tutto se ti si gonfieranno gli occhi.- Il richiamo di Alice servì ad attenuare quel momento di commozione. Scoppiammo a ridere. Mi lasciarono sola. L’ultima ad allontanarsi fu mia madre.
- Che dirti bambina che già non ti sia stato detto. Sei bellissima e io sono immensamente felice per te e per la scelta che hai fatto. Edward è un ragazzo splendido e il fatto che ti ami in maniera totale mi fa rinunciare a te senza nessun rimpianto. Non cambierà nulla tra di noi: per me e tuo padre resterai sempre la stupenda bambina che la provvidenza ha voluto donarci. Tu sei stata e sei la nostra felicità più grande. La guardai sforzandomi di non piangere.- Tesoro adesso farò salire tuo padre. Ti avverto, sarà emozionantissimo e faticherà a parlarti per cui fai in modo di non cedere alla commozione: non si perdonerebbe se lo vedessi piangere.- Sorrisi annuendo. Mia madre mi baciò sulla fronte e poi uscì.
Aspettai l’arrivo di mio padre in preda all’agitazione mentre mi giungeva dall’esterno il vociare delle persone che erano in attesa del mio arrivo. Da quel lato della casa la visuale sul giardino dove si sarebbe svolta la cerimonia era parziale: sapevo che non avrei potuto scorgere Edward da lì, così mi portai verso la finestra.
- Ci sono proprio tutti.- La voce di mio padre arrivò bassa e pacata dietro le mie spalle.- Ma non ti consiglio di guardare prima, potresti essere presa dal panico. Conosco la tua ritrosia nel dovere apparire mettendoti al centro dell’attenzione e questo oggi, bambina mia, non potrai evitarlo, per cui sarà meglio rimandarlo il più possibile.- Mi voltai lentamente verso di lui. Era elegantissimo nel suo Tight. Quando mi vide la sua espressione fu un misto tra ammirazione e tenerezza.
- Emozionata?- Feci cenno di si.- Non preoccuparti ci sono io con te. Tu tieniti stretta al mio braccio e quando senti di non farcela guarda verso di me e troverai la forza per affrontare questo momento. Come quando da bambina non riuscivi a fare qualcosa e bastava che io ti dicessi che ne eri capace e tu trovavi la determinazione per andare avanti. Ricordi?- Come potevo non ricordare.
Mio padre era la persona che ammiravo di più al mondo. Coraggioso , ma al tempo stesso mite e riservato. Sapevo quanto fosse forte e determinato dietro quel suo essere così schivo. Da quel momento nella mia vita ci sarebbe stato un altro uomo per me fondamentale, quello che tra poco sarebbe stato mio marito, il compagno di tutta una vita, il padre dei miei figli: Edward.
Loro due sarebbero stati le mie colonne, le braccia sicure dove rifugiarmi. Con loro al mio fianco mi sarei sempre sentita al sicuro e protetta. Due amori intensi e profondi, diversi, ma insostituibili.
Mio padre mi porse il suo braccio e in quello stesso istante mi sentii pronta ad affrontare il mondo intero. Varcai la soglia della stanza che mi aveva ospitato in casa Masen per l’ultima volta come Isabella Marie Swan, quando lo avrei rifatto nuovamente sarei stata la moglie di Edward.
Appena uscita Alice e Rosalie mi vennero incontro e mia cognata mi offrì il mio bouquet.
- Per i fiori ha provveduto personalmente Edward.- Mi disse sorridendo. In effetti notai che era stupendo e di gusto e che l’abbinamento di ogni fiore aveva un significato ben preciso. Era come se mi avesse voluto fare l’ennesima dichiarazione d’amore. Il piccolo corteo cominciò a muoversi e quando fummo all’ingresso sentii intonare una musica dolcissima che non conoscevo e che non era la classica marcia nuziale. Quella melodia mi rapii all’istante e la sua dolcezza mi strinse la gola in un nodo di pianto. Quando finalmente lo vidi in piedi accanto all’altare con al fianco suo fratello e Jasper, bellissimo ed emozionato come lo avevo immaginato le mie gambe presero a tremare e il mio passo si fece malfermo. Sentii la voce di mio padre incitarmi facendomi coraggio. Cercai gli occhi di Edward e vi incatenai i miei, perdendomi.
Intorno a me non c’era più nessuno tranne noi due e quella musica dolcissima. Lo vidi mentre asciugava le lacrime che gli scivolavano sul viso. Emmett gli poggiò un amano sulla spalla. Era emozionato e suo fratello cercava di tranquillizzarlo e in quel momento ai miei occhi fu ancora più bello. Quando lo raggiunsi e le nostre mani si strinsero tremava come me.
- Non riesco a… parlare, sono senza fiato. Sei…splendida. - Disse con un filo di voce. Lo guardai e mi sentii arrossire.
- Anche tu.- Risposi non riuscendo quasi a respirare a mia volta. - Ti è… piaciuta la musica? L’ho composta per te.- Disse sorridendo. - E’ bellissima. Intensa, dolce e appassionata. Ti somiglia- Risposi.
Mi porse il braccio e mi guidò verso la nostra nuova vita che stava per cominciare.
Ascoltavo le parole solenni del reverendo della piccola chiesa del villaggio, venuto appositamente per noi, mentre Edward continuava a tenere la mia mano fra le sue e ad ogni passaggio più significativo imprimeva una stretta maggiore quasi a sigillare tacitamente ogni parola con una promessa muta.
Una leggera brezza ci accarezzò al momento che pronunciammo il nostro “Sì” facendo muovere le fronde delle grandi querce che fecero udire la loro voce come per regalarci il loro augurio.
Lo scambio degli anelli fu il momento più emozionante. Lo sentii pronunciare la sua promessa mentre poneva il delicato cerchietto d’oro al mio dito e non riuscivo a smettere di piangere. La sua voce che tremava, come la sua mano quando vi posi la fede e come il suo sguardo tenero e sorridente non mi abbandonò un momento mentre con un filo di voce rotta dal pianto gli facevo il mio giuramento di fedeltà e amore. Tra la felicità generale il reverendo annunciò a tutti i presenti che eravamo marito e moglie e invitò Edward a baciare la sposa.
- Ti amo, signora Masen, adesso e per sempre.- Disse mentre si chinava e delicatamente sfiorava la mia fronte.
Poi tornando a guardarmi mi regalò il suo bellissimo sorriso baciandomi la mano su cui spiccavano il suo anello di fidanzamento e la fede che sapevo non avrei tolto per il resto della mia vita.
Ci avviammo sotto braccio a ricevere gli auguri di parenti e amici.
I primi furono Alice e Jasper ed Emmett e Rosalie seguiti dai miei genitori e da quelli di Edward. Con disappunto intravidi tra i volti sorridenti quello di Jessica che con un’enorme faccia tosta si apprestava come se niente fosse successo a farci a sua volta il suo augurio per la nostra felicità. Al pensiero di quella eventualità mi irrigidii.
- Cosa succede Bella?- Ad Edward non era sfuggito il mio cambiamento d’umore . Con lo sguardo gli indicai il punto da dove proveniva il mio disagio. Quando si rese conto delle intenzioni di Jessica lanciò un’occhiata d’intesa ad Emmett che afferrò immediatamente e la raggiunse appena in tempo. Tra lei e noi c’erano solo un paio d’invitati.
- Non penso sia il caso mia cara.- Sentii dire ad Emmett. –Gli auguri devono venire dal cuore, sinceri e spontanei, intrisi di ogni bene e non credo che tu sia nella predisposizione d’animo per fare questo per chiunque, figuriamoci per mio fratello e sua moglie.- Vidi l’espressione di Jessica stravolta da una smorfia di disappunto mentre il suo viso assumeva un’intensa colorazione porpora.
- Pericolo scampato.- Sentenziò Emmett trionfante.- Te lo avevo promesso Bella che non avrei permesso a quella viperetta d’importunarti con la sua presenza.





Ecco un altro episodio della mia storia. Spero continuiate a trovarla interessante dopo la pausa prolungata.
Un sentito ringraziamento a tutti coloro che leggono anche solo di sfuggita, preferiscono e seguono. Ancora grazie a chi commenta.


ginny89pottter: Ciao. Come vedi ho ripreso a scrivere dopo la pausa estiva non programmata che si è prolungata più del previsto. Sono felice di ritrovare il tuo commento mi fa veramente piacere sapere che mi hai aspettato. Grazie.

Goten: Che bello ci sei anche tu, sono contenta che continui a seguire. Ciao

Samy88: Troppo buona!!! Non so se merito 40 recensioni per capitolo, ma ti posso assicurare che quando scrivo cerco di fare del mio meglio e sono sempre felice di sapere cosa ne pensate. Grazie per avermi aspettato. Un bacio.

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Capitolo 23
*** CAPITOLO XXII ***





Mio padre aveva ragione, non amavo essere al centro di tanta attenzione. Riuscivo a mantenere il controllo solo grazie alla vicinanza di Edward. La curiosità dei presenti era legittima, infondo ne ero consapevole. Il nostro matrimonio insieme a quello di Alice era stato l’avvenimento mondano dell’anno. Tutti si erano meravigliati di come fosse trascorso così poco tempo dall’annuncio del fidanzamento della signorina Alice Masen con il sottotenente Hale alla data delle nozze, ma ancor più aveva destato scalpore il matrimonio del più giovane dei due figli maschi del giudice Masen che era avvenuto senza la presentazione ufficiale della futura moglie e come poi i commenti erano stati i più disparati, alla notizia che sposava la figlia del capo della polizia. Ci eravamo trasferiti da poco ed ero riuscita la dove tante avevano fallito. Avevo fatto capitolare uno dei giovani uomini più ambiti della città. La maggior parte non riusciva a capire il motivo di tanta fretta. Solo le persone più vicine alla famiglia di Edward ne conoscevano la ragione, per gli altri non c’era altro modo che fare delle congetture. Non mi ero resa conto di quanto in vista potesse essere la famiglia di cui entravo a far parte fino a quando non ebbi modo di ammirare i regali che avevamo ricevuto per le nostre nozze.
Edward , come Alice e Emmett e gli stessi genitori di mio marito sin da subito si erano dimostrati discreti e alla mano, ma adesso che entravo a far parte anche io della famiglia attorno a me notai immediatamente rispetto e soggezione. La cosa mi meravigliò e intimorì. Io non avrei mai pensato di poter destare in nessuno questo tipo di sentimenti. Mi ero sempre considerata una ragazza semplice e alquanto anonima, ma adesso mi sentivo come se fossi entrata a fare parte di una sorta di famiglia reale. Forse era solo perché avvertivo il peso della mia nuova condizione o forse solamente perché cominciavo a rendermi conto che oltre a me ed Edward c’erano anche altre persone e altre situazioni. Adesso che eravamo finalmente riusciti a coronare il nostro sogno era come se andassi prendendo nuovamente coscienza di me stessa. La sua mano non aveva lasciato la mia mai, neanche per un attimo. Qualunque spostamento facesse Edward mi teneva saldamente al suo braccio come se si sentisse minacciato dal fatto che potessi scomparire. Non faceva che sorridere e guardarmi cercando conferma al fatto che stessi bene.
- Stanca, tesoro?- La sua voce calda e bassa mi faceva sobbalzare il cuore per l’emozione.
- No, direi…felice. Ancora non mi sembra vero.- Il suo sorriso inconfondibile non faceva che procurarmi capogiri.
- Dovrai convincertene. E’ tutto vero, amore mio.- Continuavo a ricevere baciamani e a sorridere, stupendomi ogni volta che lo sentivo presentarmi come sua moglie.
Da sotto il patio dove erano stati sistemati gli orchestrali si levarono le note di un valzer. Edward mi guardò e con un leggero cenno del capo mi invitò ad aprire le danze.
- Tocca a noi. Pronta per il nostro primo ballo da marito e moglie?- Non riuscivo a smettere di sentirmi stordita ogni volta che gli sentivo pronunciare quella parola. Ero sua moglie, finalmente, anche se non riuscivo ancora a capire come fosse potuto succedere che quel ragazzo così bello ed elegante avesse voluto legare la sua vita alla mia.
-Sì.- Dissi. Sentii il suo braccio scivolare intorno alla vita e la sua mano stringere con delicatezza la mia. Mi guidò tra quelle note sotto gli occhi ammirati dei presenti ai quali avevo sentito sussurrare che formavamo proprio una bella coppia e che per Edward non poteva che essere naturale avere al suo fianco una ragazza graziosa ed elegante come me.
Non riuscivo a credere come fosse possibile che mi vedessero in quel modo e l’unica ragione poteva trovarsi solo nell’amore smisurato che provavo che riusciva a farmi sembrare migliore di quello che in realtà fossi.
- Hanno ragione.- Disse Edward. – Non devi arrossire, sei proprio come dicono. Il fatto che tu non ne sia consapevole, ti rende ancora più bella.- Sussurrò piano come se mi avesse letto nella mente. Lo guardai un po’ stupita.
- Come fai?- Gli domandai e lo vidi sorridere. - A fare cosa?- Rispose divertito.
- A sapere esattamente a cosa penso.- Mi strinse di più a sé.
- Non è difficile. Lo intuisco dalla tua espressione quando ascolto i commenti che ti vengono rivolti.- Sorrisi. - Sarai sempre così attento a tutto ciò che mi riguarda?- Si fermò e mi guardò con un’espressione seria.
- Sempre.- Rispose.
Fummo raggiunti da mio padre che approfittò della pausa. - Posso chiederti un ballo con mia figlia.- Disse rivolto ad Edward.
- Certamente.- Rispose lui e con un inchino gli porse la mia mano.
- Sembrava molto più facile vedendolo fare a lui.- Disse imbarazzato dietro ad un mezzo sorriso. Anche per mio padre il ballo non era una dote innata.
- Cerchiamo solo di andare a tempo.- Risposi.- E vedrai che nessuno si accorgerà di nulla. L’arrivo del giudice Masen fu provvidenziale.
- Mi dispiace caro Charlie interrompere questo momento padre figlia, ma vorrei avere l’immenso onore di ballare con la mia stupenda nuora.- Mio padre sembrò felice di potersi togliere da quella situazione così imbarazzante per lui. Come me non amava mostrarsi. Lo vidi raggiungere mia madre.
Il padre di Edward era un ottimo ballerino al pari del figlio e sperai di non sfigurare.
- E’ una gioia averti nella nostra famiglia Bella e volevo ringraziarti.- Lo guardai stupita.
- Di cosa signore?- Risposi.
- Di rendere felice il mio ragazzo.- Disse distogliendo lo sguardo in preda all’emozione.
Quando la musica cessò mi affidò nuovamente alle attenzioni di suo figlio.
- Tua moglie è una ragazza splendida, ma la dote che ammiro più di tutte in lei e la gentilezza, la modestia e quel suo essere così riservata. Sono felice che faccia parte della nostra famiglia figliolo e sono sicuro che sarete felici sempre come oggi.- Vidi il giudice Masen stringere la mano di suo figlio e tirarlo a se in un abbraccio che stava a significare tutto l’affetto e la stima che nutriva per lui.
Tutta la sua famiglia si strinse intorno a noi e il brindisi di Emmett annunciò l’arrivo della torta nuziale.
Poi fu la volta del lancio del mio bouquet che con mio grande disappunto fu afferrato da Jessica. I nostri sguardi s’incrociarono e con la perfidia che la caratterizzava fece finta di non riuscire ad afferrarlo e con sul viso un’espressione mortificata vi passò sopra come se fosse capitato in maniera involontaria e alla presenza di tutti disse in modo udibile: - Che sciocca! Sono mortificata. Mi dispiace Bella il tuo stupendo bouquet…- Sapevo che lo aveva sperato sin dall’inizio e che sicuramente aveva fatto in modo da renderlo possibile.
Edward mi strinse a se e sfiorandomi la guancia con un bacio sussurrò: - Non ci pensare, non le resta che questo: la sua gelosia è il suo veleno. Per nostra fortuna noi abbiamo altro.- Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi lasciai cullare dal suo passo elegante verso l’atrio, dove ci aspettava Billy. Alice aveva provveduto ai bagagli.
- Bella è il momento dei saluti.- Disse Alice sorridendo.
Ci vedremo domani, quando anche io e Jasper rientreremo. Mi abbracciò.
Fui raggiunta dai miei genitori. - Vai bambina e sii felice.- Disse mia madre tra le lacrime.
- Ti affido mia figlia Edward. Abbine cura.- Rivolto a mio marito.
- Lo farò signore.- Mio padre annuì e mi strinse a se.- Sii felice piccola mia.- Tra le lacrime mi congedai da tutti loro.
Edward mi aiutò a salire in auto.
- Auguri ragazzo mio. Disse il signor Masen. Edward li lasciò, riservando l’ultimo saluto per sua madre che commossa fino alle lacrime gli accarezzò il viso senza riuscire a parlare.
Prese posto accanto a me e mi cinse le spalle con il braccio. Poggiai il viso sulla sua spalla.
- Tutto bene Bella?- Disse cercando di guardarmi in volto. - Sì.- Dissi piano. Mi prese la mano e la tenne stretta per tutto il tragitto.
Non avevo mai visto la casa che mi avrebbe accolta come la moglie di Edward. Era una deliziosa villetta e a poco più di una cinquantina di metri appresi che c’era quella di Alice e Jasper.
Billy fermò la macchina davanti all’ingresso dopo aver attraversato un grazioso giardino ben curato.
Aspettai che scaricasse le valige mentre una signora dall’aspetto rassicurante ci veniva incontro.
- Benvenuto Signore, felicitazioni per le vostre nozze. Vi stavo aspettano è andato bene il viaggio?- La donna disse rivolta ad Edward.
- Grazie Emma, tutto bene. Ti presento mia moglie Isabella.- La donna mi rivolse un sorriso cordiale.
- Bella lei è Emma la nostra governante.- Ero intimidita e sorrisi a mia volta.
- Benvenuta signora, felice di fare la vostra conoscenza.- Disse mentre prendeva parte dei bagagli e li portava in casa.
Mi diressi a mia volta verso casa, ma mi sentii afferrare per un braccio da Edward.
- Dove pensi di andare?- Mi disse sorridendo. Lo guardai senza capire a cosa si stesse riferendo. Mi sembrava ovvio che volessi entrare.
- In casa- Risposi sorpresa dalla domanda.
- Non puoi da sola- Sorrise enigmatico.- Devo portarti in braccio oltre la soglia. E’ la tradizione e dobbiamo rispettarla.- Si avvicinò e mi sollevo tra le braccia, portandomi all’interno.
L’ingresso era piccolo, ma accogliente. Anche i mobili erano eleganti.
- La stanza è pronta signore, se volete che vi porti qualcosa…- Vidi Edward impacciato.
- No grazie Emma, se avremo bisogno di qualcosa te lo faremo sapere. Puoi andare, grazie.
Era pomeriggio inoltrato e mi trovavo da sola, veramente sola con Edward che ora era mio marito. Ebbi un moto d’imbarazzo e mi sentii arrossire. Lui fece finta di non notarlo.
- Vuoi salire a cambiarti? Io darò disposizioni per la cena. Raggiungimi quando hai fatto- Sorrisi.
- La nostra camera è la prima in fondo alle scale. Disse.
Mi avviai e mentre salivo sentivo il mio cuore battere impazzito. Arrivata in stanza trovai i bagagli e cominciai a disfarli per cercare un abito più consono al momento, mi sarei fatta aiutare a sistemare gli altri da Emma in un secondo momento.
Cominciai a sfilare l’abito da sposa e lo adagiai sulla poltrona ai piedi del letto. La stanza era ben arredata e luminosa e il piccolo balcone si affacciava sul giardino del retro e da lì potevo scorgere la casa di Alice e Jasper. Ancora quella nuova situazione mi sembrava strana e irreale dandomi le vertigini. Mi accorsi che nel mezzo del giardino c’era un grande salice e sotto i suoi rami una panchina. Vidi anche una piccola fontana e un roseto curatissimo.
Finii di preparami e scesi per raggiungere Edward. Lo sentii parlare e non conoscendo la casa seguii la sua voce. Stava conversando con Billy in quello che doveva essere lo studio e dove notai era stato posizionato il suo pianoforte.
Mi fermai sulla porta.
- Vieni mia cara, entra. Dicevo a Billy che avremo bisogno di un autista perché lui tornerà domani a casa dei miei genitori e gli stavo chiedendo se Jacob, suo figlio, era disposto a lavorare per noi.- Feci un cenno di assenso e mi sedetti sul divano di velluto blu in silenzio per non disturbare.
- Glielo chiederò signore e vi farò sapere.- Rispose Billy.
- Grazie.- Disse Edward congedandolo. Si alzò dalla poltrona dietro la scrivania e mi raggiunse.
- Hai fame Bella?- Lo guardai non sapendo cosa rispondere.
Cercavo di prolungare il più possibile il momento di rimanere da sola con lui, ma avevo lo stomaco chiuso e non volevo si accorgesse che dicevo una bugia. - Non saprei di preciso.- Risposi.
- Non preoccuparti. Nel frattempo che decidi, vado a cambiarmi. Avrò tempo per portare la divisa.- Mi accarezzò e mi baciò la mano.
- Faccio presto: tu nel frattempo non scappare.- Disse facendomi l’occhiolino.
Lo vidi allontanarsi e mi diressi verso la porta finestra che dava sul giardino. Scesi i pochi gradini e mi ritrovai a passeggiare verso il grande salice e presi posto sulla panchina per ammirare lo spettacolo che quel tramonto offriva.
Edward mi raggiunse poco dopo e portò con sé il mio scialle di seta e me lo poggiò sulle spalle.
- Sembra che il tempo voglia cambiare.- Osservò prendendo posto accanto a me.- E’ un tramonto Bellissimo , non trovi?.- Disse, fissando il cielo.- Ma non è niente paragonato a te…Ti amo da stare male, Bella…credimi è qualcosa che alle volte mi fa paura questo sentire di appartenerti completamente.- Tacque e il mio cuore si fermò.
Si voltò verso di me:- Non dici nulla?-
- Non pensavo che tanta felicità potesse stordire fino a questo punto.- Dissi tra le lacrime.
- Non piangere. Ti prego.- Pronunciò piano.
- Vieni forse è meglio mangiare qualcosa.- Mi porse la mano e mi invitò a seguirlo.
Durante la cena conversammo amabilmente e più di qualche volta avemmo motivo di ridere degli avvenimenti della mattina. Lui mi confidò la sua agitazione e come più di qualche volta era riuscito a fare spazientire persino Jasper. Tutto quello servì a mitigare la tensione.
- Volevo proporti una passeggiata in giardino, ma dal tuo viso vedo che sei alquanto provata. Forse sarebbe meglio ti ritirassi.- Mi baciò sulla fronte e mi invitò a salire nella nostra camera.
- Tu…no…non vieni?- Dissi agitata.
- Tra un attimo.- Rispose guardandomi teneramente.
Mi voltai e mi allontanai confusa ed emozionata.
Arrivata in stanza mi liberai del vestito indossando la mia camicia da notte e iniziai a pettinare i capelli con il cuore che batteva come non aveva fatto mai prima di quel momento, sobbalzando ad ogni scricchiolio delle scale, ma ebbi il tempo di dare tutti e cento i colpi di spazzola. Edward tardava forse per darmi più tempo per abituarmi.
Scostai le tende e lo vidi in giardino mentre fumava.
Abbassai la luce del lume e attesi ai piedi del grande letto appoggiata ad uno dei pomi d’ottone.
Quando Edward mi raggiunse e lo sentii entrare nella stanza il mio cuore si fermò.
Non riuscivo a controllare il mio respiro. Sentivo i suoi passi mentre si avvicinava sempre più, fino a quando non ne avvertii il profumo, quel misto tra colonia e tabacco.
Si fermò alle mie spalle e non ebbi la forza di voltarmi.
Senza sfiorarmi mi sussurrò:- Come stai?- Non riuscii a pronunciare una sola parola. Semplicemente tremavo non riuscendo quasi a respirare.
- Hai paura di me, Bella?- Disse con la voce calda e profonda. Fui capace appena di fare un cenno di assenso.
- Non devi amore mio. Non potrei mai farti del male. So che questo è totalmente sconosciuto e nuovo per te, ma stai tranquilla non c’è fretta che succeda nulla adesso.- Cercò di rassicurarmi.
- Posso avvicinarmi ancora un po’ tesoro? Vorrei abbracciarti e provare a tranquillizzarti. Vuoi?.- Risposi, muovendo la testa in silenzio, per dire di Sì.
Mi sentii prendere la mano e lentamente mi attirò a lui.
Quando riuscii a cingermi la vita disse piano: - Tremi come una foglia e sei gelata. Stai calma Bella ti prego non fare così. Si scostò da me e mi voltò lentamente. Prese il plaid adagiato ai piedi del letto e me lo avvolse intorno.
- Guardami Bella. Sono sempre io: Edward.- Mentre mi parlava mi resi conto che iniziavo a piangere. A quel punto mi sentii sollevare e adagiare sul letto.
- Vieni qui, sembri un cucciolo spaurito.- Disse abbracciandomi e baciandomi i capelli.
Quel gesto servì a ridarmi un po’ di autocontrollo e rinfrancata mi accoccolai più vicina a lui.
Pian piano quel contatto e il battito del suo cuore accelerato come il mio mi tranquillizzarono.
Edward prese ad accarezzarmi da prima i capelli, poi il viso delineandone il contorno, poi soffermò le sue dita sulle labbra. I suoi occhi erano dolcissimi e intensi al tempo stesso.
- Vorrei provare a fare una cosa se me lo permetti.- Disse ad un tratto.
- Cosa? -risposi un po’ preoccupata. Sorrise.
- Vorrei provare a baciare mia moglie, fino ad ora ho baciato solo la mia fidanzata e quella da questa mattina non l’ho più.- Mi regalò la sua espressione particolare.
- Credi che potrei farlo? – I suoi occhi innocenti e supplichevoli mi strapparono un sorriso.
- Credo di sì.- Dissi piano.
Rimase un attimo a fissarmi con un’intensità che mi tolse il respiro e lentamente si avvicinò fino a sfiorarmi le labbra. Indugiò con sapienza invitandomi a baciarlo e ritraendosi per tornare a guardarmi. Quel negarsi discreto provocò in me il desiderio dell’attesa e quando finalmente la sua bocca si unii alla mia , sentii il mio cuore esplodere per l’emozione.
Le sue labbra scottavano sulle mie e le sue mani presero ad accarezzarmi fino a che le mie difese cedettero sotto la forza di quel sentimento che ci legava e ci faceva sentire l’una parte dell’altro adesso in tutti i sensi.
Quella fu la prima notte che trascorsi con Edward come sua moglie e con lui intrapresi il mio nuovo cammino di donna: la sua.









Ecco un altro aggiornamento e spero che sia di vostro gradimento e all’altezza delle aspettative.
Il tema trattato era delicato e doveva poter rendere l’intensità mantenendo toni delicati come era consono per quei tempi. Spero di esserci riuscita. Fatemi sapere cosa ne pensate.


Ancora una volta il mio grazie va a chi preferisce, segue o solo legge per curiosità questa storia.


Sempre un grazie sincero e particolare va a chi invece trova la voglia e il tempo di lasciare il proprio commento.


Recensione di Shinalia [Contatta], del 12/09/2009 - 01:46PM sul capitolo 22: CAPITOLO XXI - Firmata Grazie per i complimenti. Hai ragione, Jessica in effetti non ispira certo buoni sentimenti. Comunque il percorso tra Edward e Bella sarà lungo e non privo di difficoltà, ma come si dice l’amore è la forza che muove l’universo. Ciao

Recensione di ginny89potter [Contatta], del 12/09/2009 - 01:06PM sul capitolo 22: CAPITOLO XXI - Firmata Sono felice e lusingata per i complimenti e spero che anche questo capitolo ti piaccia. Fammi sapere cosa ne pensi. Ciao.

Recensione di samy88 [Contatta], del 12/09/2009 - 11:35AM sul capitolo 22: CAPITOLO XXI - Firmata Che bello sapere che quello che scrivo vi emoziona. Spero che continuerà a farlo. Baci

Recensione di Goten [Contatta], del 12/09/2009 - 11:34AM sul capitolo 22: CAPITOLO XXI - Firmata Non dovrei, ma non nego che mi fa veramente piacere sapere che la mia storia ti piace talmente tanto da metterla prima del tuo lavoro. Grazie ciao

Recensione di free09 [Contatta], del 12/09/2009 - 09:57AM sul capitolo 22: CAPITOLO XXI - Firmata Spero di avverti accontentata postando il seguito e grazie per seguire questa ff. Un bacio. Ciao.

midnigtsummerdreams: Grazie. I vostri complimenti mi fanno felice. Continua a seguire. Baci

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Capitolo 24
*** CAPITOLO XXIII ***




PARTENZA

Questa notte, io raccoglierò su di me il dolore e la sofferenza e tra le dita di luce del nuovo giorno che mi porterà lontano da te, strappandomi alle tue braccia e al tuo corpo caldo, ti osserverò sfiorando il tuo profilo, cercando d’imprimere ogni tratto.
Tra tutta l’incertezza che ti regalerò prendi il mio amore perché lui sarà con te sempre in ogni momento l’unica certezza, lo lascio qui con il mio cuore.
Tu sarai ogni suo respiro, ogni suo battito e ti parlerà di me.
Ascoltalo nelle notti in cui la mia assenza velerà i tuoi occhi impigliando la tristezza tra le tue ciglia e questa stanza ti sembrerà fredda; nel nostro letto, dove adesso dormi, lascerò la mia impronta a scaldarti se da sola tremerai.
Quando alla fine ti sveglierai, il tempo sembrerà non essere mai passato e allora penserai di avere solo sognato perché io sarò accanto a te e ti dirò che ci sono sempre stato.
Il tempo passerà accompagnato dal soffio di queste parole sulle tue labbra che ti diranno che ti ho amata nel medesimo istante in cui ti ho guardata e riconosciuta. Perdonami amore questo tempo fatto di dolore e attesa, ma tu non smettere di sperare che presto possa tornare da te, credilo possibile insieme a me.
Ti ho amata quando di te avevo solo una promessa, ti amo adesso che sei la mia certezza e ti amerò oltre il tempo che verrà.
Edward.





*************************




Avevo trascorso quei pochi giorni che mi separavano dalla sua partenza in una sorta di ubriacatura. Tutto sembrava dilatato e muoversi con una lentezza irreale.
Dentro di me sapevo che stavo imprimendo in modo indelebile ogni istante insieme a lui.
Passavo la maggior parte della notte a guardarlo dormire.
Osservavo i suoi lineamenti distesi dall’incoscienza del sonno mostrare i tratti da fanciullo che ancora non erano del tutto scomparsi dal suo viso a dispetto di quella maturità che le circostanze gli attribuivano.
Lo guardavo pensando di essere riuscita nell’impresa più ardua per l’intera umanità: poter vivere il proprio sogno. Edward era tutto quello che si poteva desiderare dalla vita: la felicità, quella vera.
Sapevo anche che tutto si reggeva su la precarietà di infiniti equilibri ed era legato insieme da invisibili e fragilissimi fili.
Lo guardavo smettendo di respirare ogni volta che accennava un movimento. Le mie dita tra i suoi capelli nella speranza che quei sorrisi che si disegnavano sulle sue labbra fossero dovuti alla mia presenza nei suoi sogni. Dopo il nostro matrimonio avevo smesso di riservare al sonno le ore della notte per poter stare con lui il più possibile e avere per me quante più cose di lui da ricordare. Di conseguenza il mio aspetto non era sfuggito al mio attento e meraviglioso marito.
- C’è qualcosa che ti preoccupa Bella? Che forse faccio e non approvi? . Da quando siamo sposati sei pallida e con gli occhi segnati. Se è così ti pregherei di mettermene al corrente, non vorrei che qualcosa di cui non sono consapevole ti offendesse in qualche modo.- Mi sarebbe mancata tremendamente la sua voce, così calda e rassicurante. Le sue premure. Non facevo altro che tranquillizzarlo che stessi bene e che non potevo essere più felice.
La passione del suo amore, intenso e alle volte disperato mi colmava fino a togliermi il respiro. Sapevo che non era così, ma avevo la netta impressione che fossimo da soli al mondo al centro di un universo inaccessibile per gli altri, sconosciuto e perfetto, dove sia i nostri corpi che le nostre anime combaciavano alla perfezione. Tutto con Edward era luce e colori abbaglianti. Il destino sembrava suonare per noi la sua musica più bella.
Se avessi potuto governare il tempo avrei dato ad ogni nuovo giorno il medesimo scorrere del giorno precedente in una sorta di moto perpetuo dove tutto sarebbe rimasto immobile ed uguale, dove la polvere del tempo non ci avrebbe raggiunti mai.
Ero tremendamente felice e allo stesso tempo e con la stessa immensità spaventata.
Ero talmente felice da stare male e continuavo a sperare che potesse esserci un modo, qualcosa che potesse impedirgli di partire.
Per un breve momento avevo anche sperato che ciò che mi auguravo potesse essere possibile, quando con l’approssimarsi della data non era ancora giunta nessuna notizia dal suo comando in merito alla partenza.
Guardavo ogni mattina sulla consolle dell’ingresso, se vi fosse posta che fosse riconducibile ad una qualsiasi comunicazione di ordini e con mia insperata felicità continuavo a non scorgerla.
Avevo preso l’abitudine di alzarmi presto per anticipare Edward nel timore che volesse tenermi nascosto l’inevitabile fino all’ultimo.
- Ho parlato con Jasper, ha detto che ancora non si sa nulla.- Aveva detto e nei suoi occhi avevo visto balenare la stessa mia celata speranza. Quella mattina, decidemmo di andare a fare visita a zio Carlisle e zia Esme insieme ad Alice e suo marito.
Non li vedevamo da parecchio e sapevamo quanto la zia tenesse alla nostra compagnia.
Era la prima visita che ci concedevamo in qualità di signore e signora Masen. Non ne avevamo programmate altre data la precarietà del momento.
Per andare a casa Cullen fu Edward stesso a guidare dal momento che ancora non avevamo avuto notizie sulla disponibilità a lavorare per noi da parte del figlio di Billy.
Quando arrivammo a casa degli zii la loro felicità fu grande e la zia non mancò di rallegrarsi con Edward e Jasper e di ammirare noi ragazze. Ebbe parole tenere ed affettuose e riuscii a celare a malapena la commozione.
Continuava ad essere provata dalla gravidanza, ma a differenza delle volte precedenti questa volta sembrava procedere e il dottor Cullen aveva buone speranze di poter avere finalmente la gioia di un figlio anche se a detta di Edward che lo conosceva bene la preoccupazione lo stava lacerando.
Sapeva benissimo a quali rischi sua moglie si era volontariamente esposta per dare ad entrambi quella gioia.
Il pranzo fu all’insegna del racconto degli aneddoti sulle nostre nozze e Alice non mancò d’informare sua zia del comportamento poco virtuoso di Jessica. Più di qualche volta mi ero soffermata a guardare Edward ridere e tutto del suo viso, delle sue espressioni me lo rendeva caro.
Non c’era nulla al mondo che potesse eguagliare la luce che l’allegria di quei nostri giorni disseminati di momenti unici e irripetibili dava al suo bellissimo volto.
Avevo imparato che il colore dei suoi occhi cambiava in base all’umore e il verde brillante che li caratterizzava denotava la sua felicità .
A fine pranzo la dolcissima Esme gli chiese di suonare qualcosa per lei al piano come quando era bambino. C’era una ninnananna che lui per esercitarsi aveva imparato. Edward si alzò e venendomi vicino mi accarezzò il viso e poi in un soffio disse.- Per te amore mio.- E a quel tocco mi sentii tremare e un brivido di fredda consapevolezza mi percorse la schiena come una mano gelida.
Avevo avvertito qualcosa in lui, in quella carezza, qualcosa che mi fermò il cuore.
Carlisle aiutò sua moglie a prendere posto sulla poltrona vicino la finestra e le poggiò uno scialle sulle gambe.
Pur essendo la temperatura abbastanza calda Esme soffriva molto spesso di brividi di freddo.
Edward raggiunse il pianoforte e una melodia dolcissima si levò dai tasti di quello strumento. Suonò quel pezzo con struggente intensità. Poter suonare gli sarebbe mancato.
Non potevo pensare che quelle mani così gentili, capaci di carezze appassionate sarebbero state costrette alla ferocia e agli stenti della guerra. Immerse nel fango e sporcate dal sangue o spaccate dalla polvere. Mi faceva male pensare che i suoi bellissimi occhi sarebbero stati costretti a guardare atrocità che sarebbero rimaste indelebilmente scolpite nella sua memoria e nel suo cuore e ad un tratto l’immagine di lui esangue e privo di vita, colpito a morte mi scosse. Improvvisamente mi sentii mancare e solo la prontezza di zio Carlisle impedì che cadessi in terra.
Mi adagiarono sul divano mentre fluttuavo in una nebbia densa e fitta che mi aveva avvolta e non accennava a diradarsi.
Ero mortificata e preoccupata di aver fatto spaventare Esme, ma anche lei cercò come poteva di rassicurami di non preoccuparmi per lei.
Il dottor Cullen volle visitarmi e cercò di tranquillizzare Edward che pallido e con lo sguardo stravolto mi teneva la mano tremando d’apprensione.
- Come sta zio?- Ripeteva con un filo di voce trattenendo a stento l’angoscia che comunque percepivo.
- Non preoccuparti Edward, non è nulla. Solo che Bella ultimamente deve aver preteso troppo da se stessa. E’ solo molto provata evidentemente troppi cambiamenti in poco tempo e la storia della tua partenza non ha giovato.- Conoscevo Edward e come si poneva nei miei confronti, con quale timore e pur non vedendolo chiaramente ne percepii il pallore sul viso e la sua espressione seria e tirata. - E’ colpa mia ne sono consapevole. Sospirò affranto mentre suo zio cercava di rassicurarlo.- Potrai mai perdonarmi Bella, tesoro?- Non riuscivo a parlare e fui felice dell’intervento di zia Esme.
- Non è colpa di nessuno caro, la guerra è qualcosa che va oltre la volontà dei singoli individui a cui non resta che prenderne atto. Non dipende da te.-
- Sì invece, potevo scegliere di lasciarla fuori da tutto questo, di non legare la mia vita alla sua imponendole il mio stesso destino.- Lo sentii affranto e disperato e con uno sforzo cercai di prendere la sua mano.
- Non dire questo Edward, non pensarlo nemmeno…Tu…sei…la mia stessa vita, non potrei esistere senza di te.- Avrei voluto aggiungere dell’altro ma un nodo venne a serrami la gola con il suo sapore di lacrime che cercai di ricacciare indietro.
- Forse sarebbe meglio che tu ti sfogassi piangendo Bella: ti farebbe bene.- Disse il dottor Cullen. Non volevo, non potevo addolorare Edward con le mie lacrime.
Alice si teneva stretta a Jasper e per la prima volta da che la conoscevo non aveva pronunciato una parola. La vidi pallida in volto scambiare solo uno sguardo d’intesa con Jasper.
- Edward devi…non puoi non…- Lo vidi farle un cenno con la mano; un gesto impercettibile come per far capire di rimandare a dopo qualcosa.
Ad un tratto la mia mente fu attraversata da un lampo di consapevolezza. L’ordine era arrivato! La mia preghiera non era stata ascoltata e se non avevo visto nessun messaggio dipendeva semplicemente dal fatto che Edward me lo aveva nascosto e lo avrebbe fatto fino a che gli fosse stato possibile, ma come una sorta di presagio io lo avevo avvertito ugualmente e quella musica dolcissima era arrivata al mio cuore come un addio.
Involontariamente il senso di un’ineluttabilità senza scampo mi aveva raggiunta.
Loro sapevano, Alice sapeva, ma avevano voluto proteggermi tacendo il più possibile quello che conoscevo sin dall’inizio: Lui sarebbe partito e forse non lo avrei più rivisto.
- Quando?- Sentii la mia voce distorta dal dolore- Le sue mani prontamente tra le mie e le sue labbra morbide che ne baciavano i palmi.
- Presto amore mio.- Sentivo le mie lacrime scorrere senza controllo e le sue bruciare tra le mie dita.
- Quando?- Ripetei tra i singhiozzi.
- Domani.- Rispose affranto.
- Perché non me lo hai detto. Da quando ne sei a conoscenza?- Mi strinse a se non curante di non essere soli.
- Perché ho ricevuto il telegramma mentre andavo a prendere la macchina. Ho incontrato il postino sotto il portico e non ho avuto il coraggio di negarti quest’ultimo giorno di spensieratezza.- Continuava a baciare il mio viso cercando di calmarmi.
- Alice….- Quasi invocai. Alice mi guardò affranta. - Sono qui tesoro.- Rispose con un filo di voce e avvertii la sua mortificazione.
- Come fai a reagire con tanta calma?- Quasi urlai e la vidi impallidire e abbassare lo sguardo.
- Oh Bella! Tesoro, non so come fare a dirtelo. Ho il cuore in mille pezzi .- Non capivo.
- Cosa Alice? Cosa non riesci a dirmi?- Continuava a rimanere aggrappata a Jasper con il viso in lacrime. - Sto impazzendo di pena per mio fratello e di felicità per…- Forse stavo più male di quanto pensassi, perché proprio non riuscivo a capire a cosa si stesse riferendo. Era felice che Edward partisse o cosa?
- Jasper… partirà dopo Bella.- Sentimenti contrastanti si agitarono in me.
Ero felice per lei, perché a Jasper venisse evitata ancora per un po’ quell’immane follia, ma allo stesso tempo il fatto di saperli insieme che il mio Edward non sarebbe stato solo mitigava un po’ l’angoscia. Mi vergognai di invidiare Jasper ed Alice, del resto Edward era suo fratello e anche lei avrebbe avuto quel dolore nel cuore, ma d’altro canto non potevo non considerare il fatto che a loro veniva concesso quel tempo che a me era negato.
Ne avevamo avuto così poco per stare insieme.
Delusione, rabbia e paura s’impadronirono del mio cuore scuotendomi nel profondo. Ogni fibra di me aveva voglia di urlare quella disperazione che sentivo soffocarmi e cedetti allo sconforto.
- Quando?- Chiesi ormai al limite delle forze. - Tra circa un mese.- Rispose quasi in tono colpevole e sentii nella sua voce la volontà di scusarsi.
Scoppiai in un pianto disperato mentre le braccia di Edward mi afferravano sollevandomi per condurmi a casa nostra.
- Ti prego di perdonarmi zia,.- Sentii dire con preoccupazione ad Edward.- di averti esposta a questa tensione, ma non potevo immaginare che…-
Esme dolcemente e in lacrime lo interruppe: -Che fosse così parte di te da avvertire una tua pena pur non dicendole niente? Non devi stupirti, quando l’amore è vero e profondo si diventa un unico essere le nostre gioie sono quelle dell’altro così come i dolori e non preoccuparti per me sono più forte di quanto tu creda, ma la pena di saperti lontano e così esposto quella non so se riuscirò a sopportarla bambino mio.- Sua zia continuava a riservargli la stessa dolcezza di quando era piccolo. Si congedò da lei.
- Che Dio ti benedica Edward.- Lo salutò.
- Vado con loro, mia cara tu va a riposare.- Sentii dire a zio Carlisle.
Arrivati a casa mi portò nella nostra camera adagiandomi sul letto e tra le lacrime e un senso di stordimento percepii la voce dello zio che consigliava ad Edward di darmi qualcosa per calmarmi.
Non volevo dormire, non volevo mi venisse negato nulla di quegli ultimi istanti anche tutto quel dolore pur di continuare a sentirlo accanto a me.
- Così Bella rischi di stare veramente male tesoro, ti prego fa come dice lo zio.- La mia risposta fu un rantolo di dolore e le mie mani che si aggrappavano a lui.
- Prometti Edward…prometti che non mi lascerai…Tu non puoi, non devi io…- Le mie forze vacillarono.
- Bella amore adesso calmati, così mi uccidi. Disse e la sua voce era puro dolore.- Guardami, te ne prego…ti prometto…ti giuro che farò tutto quello che sarà in mio potere per tornare da te, ma tu non devi fare così.- Sorrise sforzandosi di trovarne la volontà e regalandomi quell’espressione che lo rendeva ai miei occhi così unico e speciale e piano disse:- dove vuoi che vada senza di te?- Gli buttai le braccia al collo e lo baciai.
Dovetti promettere al dottor Cullen di calmarmi e così tra le braccia di Edward che mi cullava teneramente sussurrandomi tutto il suo amore tra baci appassionati e calde lacrime trascorse la nostra ultima notte insieme.
La luce del giorno me lo avrebbe portato via. Lo sapevo, lo avevo sempre saputo, ma non serviva ad attenuare tutta quella sofferenza e quella disperazione. La sua assenza sarebbe stato il dolore più grande, la perdita di ogni significato.
Provavo vergogna per come avevo reagito avevo mandato a monte tutti i buoni propositi e la cosa che mi rendeva imperdonabile ai miei occhi, era che avevo dato ad Edarwd di me e delle nostre ultime ore insieme un ricordo disperato.
Forse se avessi avuto maggior tempo a disposizione…Il tempo nella storia tra me ed Edward sembrava essere l’unica costante. Il tempo con il suo trascorrere lento e inesorabile, che scivolava su tutto e su chiunque non risparmiando nessuno neanche me, regalandomi beffardo quel momento tanto temuto. Amavo Edward più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma questo non lo avrebbe protetto in caso di pericolo, ne ero disperatamente cosciente.





Grazie come sempre per voler preferire, seguire o comunque leggere questa storia.

A chi trova il tempo, la voglia e la pazienza di dire ciò che pensa un grazie di cuore.
Ogni commento anche il più piccolo serve ad incoraggiare chi scrive, e fa sapere che ci siete e che ogni storia non è solo delle semplici parole scaturite dalla fantasia o dalla necessità di chi le immagina, ma danno anche ad altri la possibilità di intraprendere il medesimo viaggio.
Scrivere e di contro raccontare ciò che la nostra fantasia ci regala è un dono che va condiviso e sapere di avere dei compagni di viaggio come voi riempie di gioia.
Ancora grazie di cuore, un bacio: Glance.











Recensione di arte [Contatta], del 15/09/2009 - 06:44PM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
Ciao, Anna non so da che parte iniziare. La tua recensione mi ha commossa. Sono felice che la storia ti abbia così favorevolmente colpito ed emozionato. L’arte dello scrivere come ogni sua forma è un dono e va condiviso e sapere che con il mio piccolo contributo sono riuscita a regalarti dei bei momenti per me è estremamente emozionante. Quando si scrive non si pensa mai che a qualcuno possa interessare quello che diciamo, lo si spera, ma quando diamo al giudizio degli altri qualcosa di nostro lo facciamo sempre con timore e riserve. Il fatto che ammiri e ti complimenti per il modo in cui scrivo mi fa sentire in dovere di porre sempre maggior cura e attenzione a quello che sottopongo alla vostra attenzione e spero di continuare ad essere all’altezza del vostro giudizio. Ancora grazie e spero a presto. Ciao.

Recensione di Shinalia [Contatta], del 15/09/2009 - 05:47PM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
Hai ragione , il bello sta nel sapere che alla fine dopo ogni notte buia senza luna ne stelle il nostro cielo possa ritornare ad essere attraversato da una meteora e tutto possa all’improvviso riprendere ad essere luminoso e bellissimo.

Recensione di beverlina [Contatta], del 14/09/2009 - 01:20AM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
Amo leggere e i classici dell’800 sono tra i miei preferiti insieme a tanti altri generi . Da qui l’idea di far rivivere Edward nell’epoca da cui proviene. Un ringraziamento va a questa opera fantastica che è Twilight mi sono divertita a far vivere i personaggi che ci ha regalato la Meyer in una delle epoche del passato che mi hanno appassionato attraverso i libri. Grazie per le belle parole che mia hai voluto regalare. Un bacio e continua a farmi sapere se la storia riesce a rimanere interessante.

Recensione di LadySile [Contatta], del 13/09/2009 - 05:58PM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
Nel mio racconto Jacob non si metterà tra Bella ed Edward, ma sarà d’aiuto per farli tornare insieme. Segui e continua a farmi sapere cosa ne pensi. Bsaci.

Recensione di samy88 [Contatta], del 13/09/2009 - 04:57PM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
Grazie sam dopo tutto avere gli occhi a cuore potrebbe essere interessante da vedere. Non trovi? Allora purché farli ritornare normali. Approfittane perché con questo capitolo assumeranno un’altra espressione, ma non temere sarà temporanea anche se impegnativa. Ciao e spero di vederti scritta presto. Ciao.

Recensione di free09 [Contatta], del 13/09/2009 - 04:44PM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
Grazie di sapere che sono riuscita nell’intento non ero sicura di rendere al meglio il senso del pudore di quei tempi. Baci

Recensione di darks [Contatta], del 13/09/2009 - 04:42PM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
Le farfalle nello stomaco!!!!!! Che bello sapere che la mia storia ti permette di assentarti per un po’ e ti emoziona. Io adoro quando qualcosa che leggo mi accompagna durante la giornata e mi fa compagnia. I complimenti che mi hai fatto le farfalle le hanno fatte venire a me. Ciao e spero di rileggerti presto.
Recensione di midnightsummerdreams [Contatta], del 13/09/2009 - 04:37PM sul capitolo 23: CAPITOLO XXII - Firmata
La dolcezza era quello che volevo si percepisse…del resto loro per come li conosciamo attraverso la saga della Meier lo sono…per Jacob non ti preoccupare si innamorerà, ma…non di Bella.
Un bacio e fammi sapere cosa ne pensi del prossimo.

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Capitolo 25
*** CAPITOLO XXIV ***





Edward era la luce, la sua assenza mi aveva fatta sprofondare nel buio più profondo.
Il giorno della partenza, il momento del distacco, fu qualcosa che mi avvolse in maniera totale, soffocandomi nelle sue spire.
A ondate si abbatteva su di me. Galleggiavo, semplicemente, con momenti di lucida consapevolezza attraversati da onde di sofferenza che mi investivano senza riuscire a stordirmi totalmente e avrei voluto con tutta me stessa perdere il contatto con la realtà che mi circondava per non dare voce a quella pena che sembrava nutrirsi di ogni mio gesto, di ogni mio respiro.
Tutti, dai miei genitori alla famiglia di Edward, si strinsero intorno a me.
Zio Carlisle passava quotidianamente ad accertarsi delle mie condizioni e continuava a prendere atto del mio stato di profonda prostrazione e ad esortarmi a reagire.
- Edward non vorrebbe vederti così. Fallo per lui, Bella.- Avrei fatto tutto per lui, ma quel distacco aveva provocato in me una vera amputazione. Era come se si fosse portato via il mio cuore. Non lo sentivo più. Niente di tutto quello che aveva avuto importanza ne aveva più ai mie occhi. Lo volevo nuovamente al mio fianco. Volevo Edward, ed era profondamente ingiusto che lo stato di cose a cui dovevamo obbedire avesse deciso per noi.
A quella pena se ne aggiunse un’altra, quella di dover rinunciare al conforto di Alice costretta a seguire Jasper a New York in attesa della sua partenza.
Non avevo potuto neanche salutarla. Nelle ore immediatamente successive al distacco da Edward fui preda della febbre alta. Tra la nebbia il suo volto stanco, sofferente non mi dava pace.
Li sentivo tutti accanto a me, le loro voci a tratti mi arrivavano da lontano e più di una volta nei rari momenti di tregua a quel delirio avevo incontrato il volto di Elisabeth e nei suoi occhi avevo rivisto i medesimi occhi di suo figlio. Guardarla mi faceva male.
Alcune volte sentivo qualcuno urlare il nome di Edward in maniera disperata e rotta dal pianto e delle braccia forti afferrarmi.
- Edward…Edward…- Non faceva che ripetere quella voce lontana come un lamento e solo in seguito capii mi apparteneva.
- Aggrappati a me Bella, non temere, non ti lascerò da sola, ti aiuterò, tutti lo faremo, tesoro.- Tra le immagini sfocate la figura possente di Emmett che, supportato da Rosalie, cercava di contenere il vuoto che l’assenza di suo fratello aveva lasciato in me e tentava con il suo abbraccio di non farmi sentire sperduta in tutto quel doloroso vuoto.
- Mi ha chiesto di essere le sue braccia, Bella, se per te fosse stato troppo angosciante da sopportare, di vegliare su di te per lui. Sono qui, afferra le mie mani e cerca di reagire. Non farti risucchiare da questa voragine. Fallo per lui: era disperato quanto te…- Lo ascoltavo, a tratti riconoscendolo, a tratti confondendo il luogo e il tempo con qualcosa che faceva parte solo di un brutto sogno dal quale non riuscivo a svegliarmi.
I giorni passarono e come era arrivata tutta quella tempesta con il suo vento che mi aveva squassata si quietò. La febbre si abbassò e con grande sollievo di tutti zio Carlisle annunciò la mia guarigione. Avrei avuto bisogno di riposare e di una lunga convalescenza, ma da quel momento in poi sarebbe dipeso solo da me e dalla volontà che avevo di riemergere da quello stato di prostrazione.
Tutti mi aiutarono. Mia madre non si allontanava mai da me anche se gli altri si alternavano al mio fianco, ma lei era stata irremovibile anche alle preghiere del dottor Cullen che le consigliava di non chiedere troppo alle sue forze.
- Riposerò quando Isabella starà meglio e in grado di uscire da questa stanza.- Rispondeva determinata. Sapevo che dovevo fare in modo di trovare la forza per non affliggere tutti loro con il mio dolore.
Il primo passo per poter trovare nuovamente un minimo interesse a ciò che mi circondava fu l’arrivo di una lettere di Alice che Rosalie prontamente ebbe cura di leggermi.
Mia cognata si diceva affranta e con il cuore in conflitto tra la felicità legittima per se stessa e la pena opprimente per la mia condizione e la lontananza di suo fratello.
Poi rivolgeva le sue raccomandazioni affinché il distacco da Edward non fosse per me una notte buia, che dovevo cercare la luce che mi avrebbe ricondotta a lui e continuava a ripetere che anche se distante mi era vicina in spirito e mente.
Sapevo che Alice stava soffrendo in quel momento e mi dispiaceva che avesse potuto pensare che gli attribuivo se pur in modo involontario qualche colpa alla sua inaspettata felicità.
Ascoltavo la voce gentile di Rosalie leggere e la vedevo ogni tanto osservarmi. Forse cercava di capire a cosa pensassi. Erano giorni ormai che parlavo solo per rispondere si o no.
Le domande erano sempre le stesse: Stai bene? Hai fame?... In effetti non avevo fame, non stavo bene, non c’era niente di cui avessi bisogno a parte Edward.
Circa venti giorni dopo la sua partenza ero riuscita con l’aiuto di mio padre ad alzarmi.
- Ciao bambina mia…- Mi disse sorridendomi- ti andrebbe di sederti un po’ vicino alla finestra? Fuori è una giornata di quelle che piacciono tanto a te.- Lo guardai sforzandomi di sorridergli a mia volta.
- Non saprei papà…non vorrei prendere freddo. Ho l’impressione che da quando…- Sospirai profondamente. – …da quando Edward è partito è come se faccia più freddo.- Mio padre mi guardò e lo vidi diventare più serio come a soppesare qualcosa lisciandosi i baffi .
- Hai ragione il tempo in queste poche settimane è cambiato sembra quasi che l’autunno abbia fretta di fare il suo ingresso. Di fatto fuori piove e le prime foglie si staccano dagli alberi…però noi metteremo la tua bella vestaglia e questo plaid, così saremo sicuri che sarai al caldo. Cosa te ne pare?- Mi guardò con aria complice e mi dispiaceva deluderlo.
Feci cenno di si e prontamente mi venne vicino aiutandomi. Poi sollevandomi tra le sue braccia come faceva quando ero bambina, mi portò davanti alla finestra facendomi sedere sulla poltrona della mia stanza.
Era vero! Quello fuori era uno dei panorami che io preferivo. La pioggia che bagnava la natura che si preparava al suo lungo letargo invernale. Il tempo scorreva, chissà quanto ne sarebbe passato senza Edward al mio fianco.
Mentre in silenzio ero immersa in quei pensieri un bussare discreto mi riportò alla realtà.
Sulla soglia comparve il viso provato di mia madre che vedendomi fuori dal letto non poté trattenere la commozione.
- Ti sei… alzata?- Fece con un filo di voce.
- Si, è stata brava la nostra Isabella. Deve cercare di tornare presto in forze. – Disse mio padre visibilmente compiaciuto del risultato ottenuto.
- Ti porto qualcosa da mangiare tesoro?- La mamma era in apprensione. Ancora non riuscivo a nutrirmi adeguatamente e con regolarità.
- Forse un po’ più tardi.- Risposi cercando di tranquillizzarla, ma capii che c’era altro ché la impensieriva.
- Cosa… c’è… mamma?- Chiesi allarmata.
- Nulla piccola mia ,è solo che…è arrivata una lettera…dall’Europa.- Quasi sussurrò.
Sentii il sangue defluire dal corpo.
- …Edward!- Dissi a fior di labbra.
- Ti prego tesoro…riesci a rimanere tranquilla? Il dottor Cullen ha detto che…- La interruppi. Non potevo crederci. Finalmente sue notizie. Non risposi, feci solo un segno d’assenso con il capo. Non riuscivo a parlare.
Vidi mia madre porgermi la lettera.
Le mani mi tremavano e la testa mi girava, ma non diedi cenni di cedimento. Non volevo preoccuparli, ma il mio cuore sembrava avere un unico suono sordo. Il respiro accelerato che facevo fatica a controllare.
- Isabella…?- La voce di mio padre suonò lontana.- …Respira cara. Con calma. E’ lui e… ti scrive. Vuol dire che sta bene, non credi?.- Lo sentii avvicinarsi.
- Vuoi che ti aiuti ad aprirla?- Cercai di deglutire e feci cenno di no.
- Vuoi leggerla da sola? Te la senti oppure…- Ebbi come un colpo nel centro del petto e se…abbassai lo sguardo sulla busta per accertarmi che fosse scritta da lui.
Gent.Ma Sig.Ra Isabella Marie Masen…la sua calligrafia elegante e ordinata fu la cosa più bella su cui i miei occhi si posavano da giorni.
- Grazie papà…mamma. Se non vi dispiace vorrei… restare da sola.- I miei genitori poggiandomi entrambi un bacio sulla fronte mi lasciarono sola.
Le mie dita scivolarono sulla carta e accarezzarono quella busta che aveva viaggiato per così tante miglia riportandolo in qualche modo da me.
Contemplai la busta rigirandola tra le mani e con un gesto riconoscente la poggiai sul cuore, ero grata che fosse lì a lenire tutta la mia pena. L’avvicinai alle labbra baciandola nella speranza che potesse giungere a lui quel tocco.
Cominciai ad aprirla e un profumo di lavanda si sparse nell’aria.
Riparata tra i fogli una sua fotografia. Poggiai la lettera sulle gambe e la osservai tra le lacrime: era lui.
Era proprio lui e sorrideva nella sua uniforme da campo.
“ La prima volta che ti ho vista quello che mi è arrivato di te è stato come una folata di vento fresco profumato di lavanda in una giornata torrida.
Appena ho messo piede in questa piccola cittadina ho avuto l’impressione che ci fossi tu ad aspettarmi.
Il tuo profumo era ovunque. Confesso di averti cercata per un momento con lo sguardo, pensando: Come ha fatto a sapere e raggiungermi arrivando prima di me?
Solo dopo mi sono reso conto che qui ci sono prati interi disseminati di lavanda. Te ne mando un po’.
In un piccolo tuo fazzoletto che ho portato da casa ne ho conservato qualche fiore e quando la tua assenza è tanto forte da farmi male lo avvicino al volto e ti respiro. Lo tengo sempre sul mio cuore nel taschino interno della giacca.
Qui non stiamo male. Siamo in un piccolo paese della Francia. Mi sarebbe piaciuto come meta del nostro viaggio di nozze. Non sono riuscito a darti neanche quello. Di questo non riuscirò mai a perdonarmi. Le tue lacrime, il tuo dolore sono il mio senso di colpa più grande, tesoro mio.
Noi ufficiali siamo alloggiati in un palazzo signorile.
Nel salone c’è un pianoforte bellissimo e la sera ho la possibilità di suonare.
Aspettiamo ancora di essere destinati, ma non ci vorrà molto. Per il momento però la situazione è tranquilla.
La guerra con i suoi ruggiti sordi è udibile, ma ancora lontana per noi.
Amore mio, mi manchi ogni momento. Qualche giorno fa è venuto un fotografo per fotografare il mio squadrone e gli ho chiesto se era possibile averne una da solo. Te la invio.
Mi piacerebbe fosse in grado di mitigare la tua pena. So che non basterà, ma vorrei che almeno per un momento la tua tristezza possa abbandonarti.
Non riesco a richiamare alla mente il tuo viso addolorato e i tuoi bellissimi occhi arrossati e gonfi dal pianto.
Promettimi Bella che sarai capace di reagire, di essere forte. Ho bisogno di sapere che la mia bellissima e dolcissima moglie farà di tutto per combattere insieme a me e che sarà coraggiosa, forte determinata e giudiziosa per come io la conosco.
Sei ovunque in me, ogni attimo, ogni momento il tuo viso e la tua voce mi accompagnano sempre.
Cercherò di scriverti il più possibile e ti faccio avere l’indirizzo di dove potrai rispondermi. Mi faranno avere le tue lettere. Non vedo l’ora di leggere tue notizie.
Ti amo, ma questo lo sai già…”

La lettera continuava tra parole d’amore e ricordi dei giorni trascorsi insieme. Per la durata della lettura il mio cuore allentò la sua morsa di dolore e il tempo sembrò riprendere il suo moto perpetuo.
Per un momento, tutto sembrò avere riacquistato il significato perduto, ma la lettera terminò riconsegnandomi alla mia dura realtà.
Mi strinsi nelle braccia cercandolo, ma avvertendo solo vuoto e freddo.
Tornai a guardare la sua fotografia e ripensai alla promessa che mi aveva chiesto di fargli.
L’ultima immagine di me che gli avevo regalato e che aveva portato con se era di disperato dolore.
Adesso anche se mi sentivo vuota e annientata dovevo cercare di reagire di fargli capire che non doveva stare in pena per me. Non potevo permettere che la preoccupazione che nutriva nei miei confronti lo distraesse.
Edward aveva diritto a restare tranquillo e io non dovevo essere egoista.
Anche lui soffriva e tutti ma principalmente io dovevamo fare in modo che lui sentisse la nostra forza.
Cercai di chiamare a me le poche forze che non mi avevano abbandonata e aggrappandomi ai braccioli della poltrona mi sollevai in piedi determinata a cambiare il mio atteggiamento verso quel destino beffardo e crudele.
“Te lo prometto” Dissi piano.













Come sempre ringrazio chi continua a tenere questa storia tra i preferiti, seguiti e chi soltanto legge.




Ora arriva la parte per me più bella dello scrivere questa storia: quello di rispondere alle vostre recensioni che devo dire mi riempiono sempre di felicità e mi danno nuovi impulsi per continuare in questo viaggio in compagnia di questa coppia che la penna e il genio di Stephenie Meyer ha voluto regalarci.
Ancora un grazie di cuore a tutte voi per i complimenti e i commenti sempre tanto lusinghieri.




Recensione di arte [Contatta], del 21/09/2009 - 03:17PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Ti confesso che durante la stesura anche io ho ceduto alla commozione. Hai ragione ci saranno momenti un po’ difficili, ma dopo ogni sacrificio c’è sempre una ricompensa. Grazie ancora per il tuo commento e le belle parole. Ciao e spero a presto.

Recensione di Cicciolgeiri [Contatta], del 18/09/2009 - 10:41PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Ciao a te e non preoccuparti. Succede di non avere tempo di leggere e commentare, ma sono felice che tu lo abbia fatto adesso. Grazie e baci.
Recensione di mine [Contatta], del 17/09/2009 - 06:00PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Stavolta sono io ad essere senza parole per i tuoi complimenti non so se il mio modo di scrivere sia “sublime”, come dici tu, ma se a te piace , appassiona e ti emoziona allora sono contenta di scrivere così. Baci e continua a seguire.

Recensione di darks [Contatta], del 17/09/2009 - 12:19AM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Grazie delle belle parole . Se quando chi legge ha l’impressione di essere tornato da un viaggio vuol dire che chi scrive ha raggiunto il suo scopo. Spero che continuerai a viaggiare con me. Un bacio.

Recensione di SweetCherry [Contatta], del 16/09/2009 - 10:18PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Che bello se quello che dici , l’augurio di poter fare la scrittrice, si potesse avverare. Intanto mi tengo stretti i vostri commenti che mi fanno felice. Ancora grazie e un bacio.
Recensione di Vampire93 [Contatta], del 16/09/2009 - 10:12PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Purtroppo deve partire, ma sai dobbiamo cercare di essere forti come chiede lui stesso a Bella. Quindi non disperiamo e stiamo a vedere cosa succede. Un saluto caro e continua a seguire e a farmi sapere la tua opinione.

Recensione di samy88 [Contatta], del 16/09/2009 - 10:07PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Ti assicuro che il tuo commento va benissimo così come è, anzi ho paura che mi stiate viziando un po’. Un bacio a presto.
Recensione di Shinalia [Contatta], del 16/09/2009 - 08:54PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Si, in effetti insieme sono proprio carini, devo ammetterlo non mi stancherei mai di immaginarli. Grazie per seguire e commentare. Baci.

Recensione di beverlina [Contatta], del 16/09/2009 - 08:40PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Grazie di cuore per i complimenti. Spero che questa storia continui ad appassionarti. Un bacio.

Recensione di ginny89potter [Contatta], del 16/09/2009 - 08:39PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Mi dispiace per la tua connessione, ma non preoccuparti fammi sapere cosa ne pensi quando puoi.
Sono contenta di sapere che apprezzi ciò che scrivo e che ti commuove.
Ci sarà qualche momento critico e difficile, anche se l’amore troverà qualunque mezzo per trionfare. Grazie e ancora grazie. Ciao.

Recensione di sara2087 [Contatta], del 16/09/2009 - 08:38PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Grazie Sara. Spero che tu riesca a trovare l’ispirazione per scrivere una storia di sentimento. Jacob e Bella qui avranno un rapporto esclusivamente d’amicizia. Spero di averti tranquillizzata. Un bacio e spero continuerai a seguire.

Recensione di RockAngelz [Contatta], del 16/09/2009 - 08:28PM sul capitolo 24: CAPITOLO XXIII - Firmata

Ti ringrazio. Felice di averti emozionata. Continua a farmi sapere se la storia ti piace. Baci

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Capitolo 26
*** CAPITOLO XXV ***






Avevo contato le ore che mi separavano da lui, che si erano trasformate in giorni, che avevano lasciato il posto a settimane che erano diventate mesi.
La neve imbiancava il nostro giardino.
Alice era tornata e Jasper era partito.
Avevo mantenuto la promessa. Ero forte, o almeno facevo di tutto per sembrarlo, specialmente nelle lettere che gli inviavo.
Non era facile. Ogni mattina sul giornale l’elenco dei caduti e dei dispersi veniva aggiornato e il loro numero era sempre maggiore.
Molti nostri vicini esponevano il lutto fuori dalla porta di casa. Molti dei nostri conoscenti piangevano un loro caro.
Tanti di quei nomi per me non avevano un viso a cui ricondurli, per altri invece c’erano ricordi che mi avrebbero accompagnata per la vita.
Tanti non sarebbero più tornati, per altri i segni della guerra sarebbero rimasti indelebili sui loro corpi mutilati.
I primi feriti cominciavano a fare ritorno. Non era insolito vedere giovani uomini camminare poggiandosi su stampelle o spinti su sedie a rotelle.
L’espressione di quei visi era difficile da decifrare. I loro corpi erano giovani, ma dagli occhi sembravano aver vissuto un’intera eternità venendo a conoscenza di tutte le atrocità del mondo.
I loro sguardi erano spenti. Sembravano non accorgersi di chi avevano a fianco come se continuassero a udire la guerra, a sentirne i rumori, gli odori.
Quelle espressioni riflettevano paura, disgusto, atrocità.
Nessuno di loro sarebbe mai realmente tornato da tutta quella immane tragedia.
Non potevo non considerare quanto tutto quello strazio avrebbe pesato sul carattere di Edward, cambiandolo.
Se mai la guerra me lo avesse restituito, cosa mi avrebbe reso di mio marito? Cosa sarebbe rimasto del ragazzo dolce e sensibile che amava l’arte e sapeva suonare divinamente?
Ma peggio ancora: sarebbe stato tra i fortunati che sarebbero tornati?
Guardavo quei giovani corpi mutilati e i visi di chi aveva scelto di unire la propria vita alla loro.
Mogli e fidanzate con espressioni dolorosamente felici.
Anche se in modo diverso quel loro affetto gli era stato reso.
Non potevo fare a meno di pensare al mio Edward. Lui lo avrebbe mai accettato? Lui così fiero e vigoroso, avrebbe mai permesso che fossi io a occuparmi di lui, a dover dipendere totalmente da me?
Lui, così protettivo nei miei riguardi, si sarebbe rassegnato a non essere più quello di un tempo?
Quei pensieri si erano insinuati in me e quella notte mi restituirono dei sogni agitati.
La mattina, svegliandomi come a conferma che avevo solo sognato, accarezzai con lo sguardo la sua immagine trattenuta dalla fotografia che mi aveva mandato e che tenevo in una cornice d’argento sul mio comodino. Allungai una mano e la sfiorai.
Non potevo farmi una ragione del fatto che il tempo continuasse a scorrere anche senza di lui.
Passavo le giornate cercando di tenermi il più impegnata possibile da quando sapevo che le sue ore trascorrevano nell’angusto spazio di una trincea tra estenuanti attese e cruenti combattimenti.
Cercavo qualunque cosa che mi tenesse talmente occupata da sfinirmi per non pensare, ma per quanto facessi, lui era il mio unico pensiero.
Le lettere erano sempre più brevi e percepivo la sua stanchezza. Dalla sua calligrafia malferma, sentivo il freddo sulle sue mani e le immaginavo intirizzite e tormentate dai geloni.
Aveva sempre parole d’amore e preoccupazione nei miei confronti, continuava a dirmi di non stare in ansia per lui che stava bene e che erano fortunati perché riuscivano anche a mangiare quasi con regolarità.
L’unica cosa che gli mancava un po’ era dormire. Non accennava mai ai pericoli, ai compagni caduti o feriti e ai disagi, ma io sapevo, perché della vita nelle trincee ne avevo sentito parlare. Sapevo dell’acqua alle ginocchia , del fango e del freddo d’inverno, o del caldo insopportabile d’estate, senza la possibilità di muoversi, assediati per giorni.
Erano discorsi da uomini, ma capitava di ascoltarli. A casa mio padre e il padre di Edward evitavano se in nostra presenza anche solo di accennare alla guerra.
Continuavo ad abitare nella nostra casa, non avevo voluto lasciarla per trasferirmi dai miei genitori o da quelli di Edward e così aveva fatto anche Alice per cui capitava di passare intere giornate insieme essendo vicine.
Avevo preso l’abitudine di andare a trovare zia Esme e zio Carlise. La compagnia la distraeva. La gravidanza procedeva, ma sembrava consumarla.
Lo zio data la mole di lavoro era costretto a rimanere spesso in ospedale e sapere che la sua dolce Esme non era da sola lo rincuorava.
Io e Alice lo facevamo volentieri.
Negli spostamenti ci accompagnava Jacob il figlio di Billy.
Non era propriamente alle mie dipendenze ne a quelle di Alice. Frequentava un corso da infermiere e la sua intenzione era quella di partire e prestare il suo aiuto in un ospedale da campo.
Nel tempo libero, sempre meno per la verità, si offriva di farci da autista.
Jacob aveva una vera ammirazione per il Dottor Cullen e il suo sogno era quello di diventare medico a sua volta, ma le esigenze del momento lo avevano fatto ripiegare verso quella scelta.
Una mattina in prossimità delle feste natalizie mi alzai con l’intenzione di trovare un albero da poter addobbare e mettere nel salone. Quello era il primo Natale che io ed Edward vedevamo come marito e moglie e anche se distanti, la nostra casa avrebbe avuto la medesima atmosfera come se lui fosse stato lì. Gli avrei descritto tutto nella mia prossima lettera. Intuendo che anche Alice volesse fare altrettanto andai da lei per proporgli quell’acquisto insieme e passare poi dal fotografo: Edward mi aveva chiesto un mio ritratto.
Mi ero meravigliata del fatto che ancora Alice non si fosse fatta vedere.
Anche se il nostro cuore era soffocato dalla preoccupazione, dovevamo cercare di non perdere i contatti con la realtà del quotidiano, lo dovevamo a loro: a Edward e Jasper.
Era necessario, sarebbe stato un ennesimo legame che stringevamo per riportarli da noi, fare in modo che tutto scorresse come sempre.
Infilai il cappotto, misi cappello e guanti e avvolsi intorno al collo la mantella di morbida pelliccia. Ormai stentavo a riconoscermi in quella giovane donna raffinata ed elegante.
Scesi e attraversai l’ingresso uscendo nel giardino e da un accesso laterale mi avviai sulla strada verso casa di Alice.
Arrivata davanti al cancello tirai la catenella facendo suonare la piccola campana.
Uno degli inservienti mi venne ad aprire.
- Buongiorno signora.- Mi salutò.
Risposi con un cenno del capo.
- La signora è in casa?- Domandai.
- Non saprei. Questa mattina non l’ho vista, ma io sono arrivato da poco. Sorrisi e proseguii.
Bussai alla porta e la domestica mi accolse in ansia.
- Meno male che siete qui signora!- Disse preoccupata. Mi sentii gelare.
- Cosa succede?.- Chiesi in preda al terrore. Mille pensieri si affollarono nella mia mente: Edward…Jasper.
- La signora non sta bene.- Disse lapidaria.
-Cosa vuol dire “non sta bene”?- L’avevo vista il giorno prima e non mi sembrava sofferente e poi non mi fidavo del giudizio di quella donna che indubbiamente agiva in buona fede, ma per acume non brillava. Non eravamo riusciti a trovare nessuno che ricoprisse il ruolo di governante dopo che quella che Alice aveva da sempre avuto con se aveva perso suo figlio ed era andata via.
- Non so, questa mattina è svenuta e non ha voluto mangiare nulla. Dice che non è niente, ma non ha una bella cera.- La guardai preoccupata.
- Avete chiamato il Dottor Cullen?- Chiesi allarmata.
- Non ha voluto. Ha detto che non era nulla di preoccupante.- Sospirai. Alle volte Alice sembrava essere l’essere più cocciuto della terra.
- Adesso dov’è?- Mi indicò il piano superiore.
Salii le scale e mi trovai davanti alla sua stanza. Bussai piano.
- Avanti.- La voce di Alice sembrava tranquilla e per nulla sofferente. Aprii piano la porta ed entrai.
- Vieni Bella entra.- Disse con un sorriso. La sua espressione sembrava trasognata. Non riuscivo a capire cosa avesse potuto procurarle quello stato d’animo.
- Ciao…come stai?- Chiesi titubante. Del resto nulla toglieva che la domestica chissà cosa avesse immaginato. – Mi hanno riferito che non sei stata bene…- La vidi accentuare il sorriso. Aveva gli occhi che splendevano come due stelle.
- In un certo senso…- Rispose in tono vago.
- Cosa vuol dire in un certo senso? Spiegati non capisco.- Ero un po’ confusa.
- Quello che ho detto.- Continuava asorridere. Ebbi il dubbio che si stesse prendendo gioco di me.
- Insomma Alice, non tenermi sulle spine. Cosa ti succede? Stai male o cosa?- A guardarla non sembrava malata, ma lei stessa aveva detto che in un certo senso non era stata bene. Cosa aveva dunque?La osservai venirmi incontro.
- Ti prego: siedi, Bella.- Tutto quel mistero non mi piaceva. Perché voleva che mi sedessi? La guardai aspettando che parlasse mentre prendevo posto sulla poltrona della sua stanza da letto. Continuava a guardarmi trasognata e a tacere.
- Come ti sentiresti se ti dicessi che tra un pò sarai…zia?- Rimasi immobile, quasi senza respirare. Alice aspettava un bambino!
- Da… quando… lo sai?- Chiesi con la voce che tremava d’emozione.- Non mi sono accorta di nulla.- Mi giustificai. Io, la sua migliore amica, la moglie di suo fratello non avevo intuito nulla.
- Da un paio di settimane, ma volevo esserne certa.- Sorrideva alla mia espressione allibita.- Non ti devi scusare Bella, del resto ancora non è visibile. Me lo ha confermato qualche giorno fa lo zio.- Sorrise, ma l’ho pregato di non dire nulla. Volevo essere io a darvi la notizia come regalo di Natale, ma a te dovevo dirlo, non credi?- Mi alzai e le andai vicino e delicatamente l’abbracciai.
Restammo ferme immobili l’una nelle braccia dell’altra piangendo in silenzio per quella gioia inattesa e con il cuore stretto in una morsa. Il nostro pensiero in quel momento volava lontano.
Per quella mattina accantonai l’idea di uscire e rimasi con Alice. Non smettevamo più di ridere e piangere.
D’immaginare come sarebbe stato quel bimbo, se sarebbe stato un maschietto o una bambina e se avrebbe avuto tratti più simili al suo papà o alla sua mamma.
Ero felice per Alice, per Jasper e per tutti noi, quei bimbi che stavano per arrivare erano senza alcun dubbio un riscatto e una promessa per un futuro migliore. La guerra sarebbe finita prima o poi e io pregavo intensamente che sia il mio Edward che Jasper facessero ritorno sani e salvi.
- Jasper lo sa già?- Chiesi ad un tratto interrompendo il filo di quei pensieri. Vidi Alice diventare seria.
- Non ancora e al solo pensiero di comunicarglielo mi sento come morire per la troppa felicità e per l’apprensione.- Rispose abbassando gli occhi. Lo conosco…impazzirà sapendo di non potermi stare accanto.- La guardai pensierosa.
- Ti capisco cara. Per Edward sarebbe la medesima cosa. - La vidi torcersi le mani in un gesto sofferente. Anche lei come me era dilaniata dalla paura di perderli e viveva nell’apprensione costante di ricevere brutte notizie.
- Domani gli scriveremo insieme.- Le dissi piano cercando di rincuorarla. Era strano come le situazioni si potessero ribaltare. Non avrei mai creduto possibile di essere proprio io la fragile e timida Bella a vestire i panni della risolutezza, tanto da arrivare ad incoraggiare Alice. Proprio lei che era sempre stata il mio punto fermo nelle situazioni critiche.
Quella sera ai miei occhi apparve come una bimba spaventata, come tante volte le ero dovuta sembrare io.
Mi chiese di rimanere a dormire da lei.







Come sempre un ringraziamento a tutti coloro che seguono preferiscono o continuano a leggere.

A chi ha la pazienza e la costanza di continuare a commentare, a chi invece è una new entry, a chi non lo fa più ma continua a seguire, ancora tutta la mia gratitudine.


Per voi che avete commentato il capitolo precedente:

eddlla
darks
SweetCherry
Kitty19
RockAngelz
Goten
Vampire93
arte.

Ancora grazie per le splendide parole che avete lasciato nei vostri commenti. Mi commuovono e lusingano. Siete veramente uniche e insostituibili. Sappiate che scrivo aspettando con ansia le vostre recensioni per sapere cosa ne pensate e se le emozioni che cerco di mettere in questa storia continuano ad arrivarvi tramite i personaggi a cui appartengono.
Alle volte non è un lavoro facile, ma con voi lo diventa.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
E’ per voi, ve lo dedico di cuore. Glance.

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Capitolo 27
*** CAPITOLO XXVI ***






La mattina successiva lasciai Alice con la promessa che ci saremmo riviste nel pomeriggio. La pregai di non affaticarsi e diedi disposizioni per il pranzo. Qualcosa di leggero e nutriente.
Il suo sonno era stato agitato e più di qualche volta mi ero alzata per rimboccarle le coperte e le avevo sentito fare il nome di Jasper. Il mio cuore aveva avuto a quel punto una fitta sorda di dolore.
Chissà dove erano in quel momento. Se erano sufficientemente coperti e al sicuro. Il mio sguardo si era perso fuori nella notte buia senza luna e stelle di quell’inizio dicembre e avevo osservato vorticare alcuni fiocchi candidi portati dal vento, mentre un brivido gelato mi attraversava la schiena. Ormai quella sensazione era come una presenza costante, qualcosa che faceva parte di me e sapevo benissimo cosa fosse: era paura. La paura che mi aveva annientata i primi giorni della sua partenza, ma alla quale non dovevo e non potevo dare ascolto.
Mi avviai lungo la strada innevata e arrivata a casa trovai una sorpresa ad attendermi.
Nell’ingresso la governante mi annunciò che c’era una visita per me.
- E’ una signorina che dice di essere una vostra amica signora, una certa Angela Weber. L’ho fatta accomodare in salotto.- Ringraziai Emma pregandola di portare del the e i biscotti che aveva preparato il giorno prima.
"Angela", pensai. Quanto tempo che non la vedevo e non avevo sue notizie. Da quando Edward era entrato a far parte della mia vita l’avevo trascurata, ma non era stata affatto mia intenzione. Era successo. La nostra amicizia era stata sommersa da tutta quella mole di cose tragicamente nuove che erano subentrate.
Se tutto si fosse svolto nella maniera consona Angela avrebbe trepidato e gioito insieme a me della mia conoscenza con Edward, il ragazzo più bello, dolce e devoto che avessi mai potuto desiderare e sicuramente lei sarebbe stata la depositaria dei mie segreti.
Avrebbe raccolto le mie confidenze e sarebbe stata messa al corrente di ogni nuovo progresso fatto.
Purtroppo però le cose non erano andate così. Tutto si era svolto in maniera talmente veloce che alle volte la mattina appena sveglia mi capitava di credere di avere solo sognato.
Sfilai i guanti e mi liberai di cappello e cappotto e gettai un’occhiata veloce allo specchio, quella che si sarebbe presentata nuovamente ad Angela era una Bella che si sforzava di essere diversa, ma con una coscienza di se maggiore e chissà se questo sarebbe stato visibile.
Gli avvenimenti di quei mesi avevano giocato un ruolo fondamentale nell’acquisizione di nuove consapevolezze.
Sapevo che noi tutti in un modo o nell’altro non saremmo passati indenni da tutto questo.
Eravamo cresciuti, saltando a piè pari un’intera tappa delle nostre vite.
Mi sentivo come se tutto andasse troppo velocemente e anche se provavo a fare di tutto per appropriarmi della mia età questa mi sfuggiva consegnandomi ad una realtà che poco aveva a che fare con quello che fino a quel momento avevo conosciuto e avevo considerato indispensabile.
Ravvivai i capelli davanti allo specchio che sovrastava la consolle dell’ingresso e mi avviai nel salotto dove avrei trovato Angela. Ero un po’ imbarazzata, cosa le avrei detto? Sicuramente mi sarei scusata del mio allontanamento e di non averla resa partecipe di quel pezzo della mia vita.
Angela era sempre stata una buona amica e una ragazza mite, paziente e riservata, quasi quanto me ed era stata la prima ad accogliermi senza quell’aria di supponenza o diffidenza che avevo scorto negli altri. Non la incuriosivo. Mi aveva accettata con tutte le mie insicurezze e la mia goffaggine.
Mi fermai davanti alla porta e la vidi in piedi di spalle intenta ad osservare fuori verso il giardino.
- Angela.- Esclamai.- Che sorpresa! Sono felice di vederti.- La vidi voltarsi con il suo solito sorriso dolce sulle labbra.
- Bella, che piacere poterti rivedere. Come stai?- Sapevo che la mia amica non mi rimproverava nulla e non mi portava rancore per averla messa da parte.
- Angela…io…- Le andai incontro e l’abbracciai.
- Ti prego Bella, tra di noi non serve dire nulla. Sono qui perché mi mancava la mia amica. Sarei venuta prima, ma volevo che tu avessi il tuo spazio, non volevo importi la mia presenza.- Era impagabile.
- Sei buona, ma… non ho scuse. Dovevo cercarti.- Mi sentivo tremendamente in colpa.
- Bella, ti prego così mi fai un torto, mi sottovaluti.
Pensi che non sappia che è come se tu fossi stata travolta da un uragano? Hai vissuto in pochi mesi interi anni. Non voglio che tu ti senta verso di me in debito di qualcosa. Hai reagito da essere umano. Non siamo perfetti, ma io ti voglio bene e non potrei mai essere in collera con te.
Le sorrisi mesta, un po’ impacciata. Sapevo di essere in torto nei suoi confronti, ma la mia storia con Edward mi aveva catapultato in qualcosa di unico e univoco.
La presi per mano e ci accomodammo sedendo vicine. - Come stai?- Mi domandò seria.- Non deve essere facile per te.- Annuii in silenzio. Con Angela potevo lasciarmi andare. Iniziai a piangere sciogliendomi da quella posa rigida che mi ero imposta per dare a tutti l’impressione di essere forte.
- Sto male. Alle volte ho l’impressione d’impazzire. Di notte mi sveglio oppressa dalle immagini più atroci.- Le sue mani si strinsero sulle mie.
- Forse se fossi tornata dai tuoi sarebbe stato più facile. Almeno non saresti stata da sola…- La guardai disperata.
- Non posso lasciare la nostra casa sarebbe come…- Non riuscii a continuare.
- Capisco Bella, ma potresti permettere a tua madre di trasferirsi qui per un po’. Non devi affrontare tutto questo da sola. Non devi sembrare forte con lei: è tua madre, ti conosce e anche io Bella, so quanto soffri.- Mi strinsi nelle spalle sospirando, cercando di inghiottire le lacrime.
- L’ho promesso…- Sussurrai.- L’ho promesso ad Edward di essere forte.- Abbassai lo sguardo.
- Capisco, ma non gli hai promesso che saresti stata da sola.- Disse con dolcezza.
- Non potrei trovare la forza se li avessi vicino…i loro sguardi preoccupati e interrogativi…sarebbe difficile non cedere alla disperazione.- Feci una pausa cercando di non farmi prendere dallo sconforto.- Passo le giornate cercando di non pensare all’ingiustizia di tutto questo.
Mi tengo impegnata fino allo sfinimento, ma non è sufficiente e le loro attenzioni…mi tratterebbero come un cucciolo ferito… non mi aiuterebbe, sarei costretta a fingere tutto il giorno e non sarebbe facile. Così invece posso abbandonarmi alle mie emozioni senza preoccuparmi di essere motivo d’ansia per altri.- La cercai con gli occhi sperando che capisse.- …E poi, non voglio…spostarmi da qui…sarebbe come se…- Angela mi guardò e lessi comprensione.
- Capisco Bella, lui è qui con te e andare via sarebbe in un certo senso come lasciarlo da solo ad affrontare tutto.-Annuii.
- Sì…so che mi immagina qui e non voglio recidere questo legame tra noi. Alle volte è come se sentissi il suo sguardo su di me e penso che magari in quel preciso momento lui mi stia pensando talmente intensamente da riuscire a sentirlo.- Angela mi abbracciò forte.
- Posso solo immaginare cosa tu stia passando tesoro. Non so se io sarei in grado di sopportarlo.- Fummo interrotte dall’arrivo di Emma con il nostro the. Mi ricomposi e cercai di spostare la conversazione su ciò che la riguardava e su cosa avesse fatto durante la nostra lontananza. Parlammo per ore. Mi disse che sentiva la necessità di rendersi utile in qualche modo, non riusciva ad accettare di rimanere a guardare come semplice spettatrice aspettando che tutto finisse. Mi confessò di ammirare il mio coraggio.
- Non è coraggio il mio, Angela. Semplicemente non ho altre alternative. Prima di Edward non esistevo neanche. Rifarei tutto daccapo, le medesime scelte. Alcune volte penso che avrei potuto non conoscerlo mai e allora cosa sarei stata? Mi è stato concesso un privilegio enorme avendolo al mio fianco e se il mio prezzo da pagare è questo, lo pago volentieri. Spero solo di ritrovare lui alla fine di tutta questa sofferenza.- Sorridendo la mia amica mi sfiorò una mano.
- Bella, ti ricordi di Ben Cheney? Lo incontravamo tutte le mattine andando a scuola.- Feci cenno di si. Suo Padre era il proprietario dell’emporio lungo la strada.
I tempi della scuola sembravano così lontani. Sia io che Alice l’avevamo abbandonata, per andare incontro alla nostra nuova vita. Quell’anno non ci saremmo diplomate, mentre per Angela sarebbe stato diverso.
- Be, sai…io ho continuato ad incontrarlo e una mattina lui mi ha aiutata a raccogliere i libri che mi erano scivolati e mi ha rivolto la parola, così…sai come vanno queste cose. Ogni giorno quando passavo lo trovavo davanti l’emporio ad aspettarmi e giorno dopo giorno ci siamo scoperti innamorati.- Mentre lo diceva la vidi abbassare gli occhi e arrossire.
Quella notizia mi rese felice.
Le offrì il the con i biscotti e rimasi in silenzio a guardarla. Era strano immaginare che ci fossero ancora ragazzi che potevano vivere nella normalità, che non indossavano l’uniforme.
Mentre eravamo intente a sorseggiare il nostro the, Emma mi annunciò l’arrivo di Jacob.
- Buon giorno.- Disse, mentre entrava nel salotto. – Scusate signora, ma sapevo che eravate in cerca di un abete natalizio per voi e per la signora Alice. Li ho visti e mi sono sembrati perfetti .- Lo vidi sorridere e trascinare in mezzo alla stanza quell’albero che a prima vista non credevo possibile essere delle dimensioni adeguate per il mio salotto, Jacob lo trasportava come se fosse un ramoscello d’ulivo. Del resto la sua mole gli permetteva di occuparsi di certe faccende con il minimo sforzo.
Era poco più grande di me, ma fisicamente dimostrava molto di più della sua età.
- Ti ringrazio Jacob. Sei stato gentile era quello che mi serviva.- Sorrise soddisfatto.- Posso offrirti una tazza di the?- Dissi. - Vi ringrazio signora. Come se avessi accettato. Devo andare in ospedale. Oggi ho il tirocinio. Ero passato anche per dirvi che il dottor Cullen mi ha pregato di chiedervi se potevate andare a fare compagnia a sua moglie domani sera.- Mi faceva piacere andare da zia Esme.
- Certamente.- Risposi.
- Bene, allora vi accompagnerò io.- Annuii sorridendo e si congedò.
Poco dopo andò via anche Angela con la promessa di tornare al più presto a trovarmi.
Dopo aver accompagnato fino all’ingresso la mia ritrovata amica, tornai al mio albero. Era bello e imponente e avrei dovuto trovare il modo di decorarlo. Quella nuova occupazione mi avrebbe giovato per tenermi impegnata.
Avrei confezionato io stessa ciò che serviva e mi sarei fatta aiutare da Alice. L’avrei coinvolta cercando di distrarla.
Guardai l’orologio le avevo promesso che sarei tornata nel pomeriggio e avremmo scritto insieme a Jasper la stupenda novità.
Non riuscivo ad immaginare Alice e Jasper genitori, per un attimo mi soffermai sull’idea che quell’eventualità sarebbe potuta toccare a me, ma quella gioia non avrebbe fatto parte per il momento della mia realtà. Con tutto il cuore mi augurai che ci fosse in futuro per me ed Edward quell’opportunità. L’idea di avere un figlio da lui mi stordiva fino alle lacrime.
Cercai di ingoiare quel magone e mi apprestai a raggiungere Alice.
Quello per tutti noi sarebbe stato un Natale colmo di sentimenti che sarebbero stati di felicità e tremenda apprensione.
In strada fui avvolta da un vento gelido. Tanto quanto la carezza costante della sua assenza. Mi strinsi nel cappotto e quasi senza accorgermene giunsi a casa di Alice. Quel giorno avrebbe nevicato nuovamente.
Passando nell’ingresso notai nel salotto il grande abete.
Jacob era stato anche da lei. Raggiunsi la sua camera con l’intenzione di proporle un’ uscita per l’indomani per cercare qualcosa per addobbare i nostri alberi.
Bussai e attesi la sua risposta, ma la porta si aprii e me la trovai davanti in lacrime e pallida come un fantasma. Il terrore s’impadronì di me.
- Cosa… accade?- Respiravo a stento. Alice mi guardò con lo sguardo vitreo.
- E’…appena arrivato.- Mi disse con un filo di voce, porgendomi un telegramma. Lo presi e lo guardai.
- Non ho il coraggio di aprirlo.- Tremava.
Cercai di leggere attraverso la nebbia dei miei occhi chi lo mandava. Veniva dalla Croce Rossa. Ebbi un sussulto.
Con mano tremante lo aprii e lo lessi e il mio cuore si alleggerì all’istante.
- Torna!- Gridai senza pensare all’effetto che potevano avere su Alice tutte quelle emozioni.
Lei mi guardò con aria allucinata. _ Cosa dici… Bella?- Le presi le mani.
- Alice ti prego, devi promettere che cercherai di rimanere calma, nel tuo stato è fondamentale non avere forti emozioni.- Annuì in silenzio.- Respira piano e profondamente.- Le suggerii.
- Bella ti scongiuro…- Rispose mentre cercava di moderare il respiro sul tempo che impartiva il gesto della mia mano.
- Sono calma a sufficienza, te ne prego cosa dice?- Sorrisi.
- Jasper torna a casa.- Dissi piano scandendo le parole.
Il viso di Alice acquistò immediatamente colore e un’espressione di incredulità che le fece aprire la bocca senza che riuscisse a proferire una sola parola.
- Sembra che abbia un’infezione agli occhi e la vista ne abbia risentito.- Durante quei momenti dall’arrivo di quel telegramma alla notizia del rientro di Jasper sul suo viso si erano affacciate espressioni di ogni sorta di sentimento.
- Tesoro non sappiamo di cosa si tratti e di quanto sia grave, ma… torna! Alice qualunque siano le sue condizioni sta tornando da te e da tutti noi e questo è sufficiente per essere felici. Il resto si vedrà.- La vidi annuire.
- E’ vivo… Bella, tutto il resto non ha importanza.- Mi abbracciò in lacrime.
-Sarà qui tra una decina di giorni, è già in viaggio.- Le dissi cercando di calmare il suo pianto.- Adesso basta lacrime pensa al bambino Alice, potrebbe fargli male, sii forte per lui.- Non riusciva a smettere per quanto si sforzasse.
- Papà per Natale sarà qui con noi piccolino.- Sussurrò piano al suo bambino accarezzandolo attraverso il suo ventre. Poi come se mi avesse letto nel pensiero: - Non è giusto provare una tale gioia e continuare ad avere un pugnale con il nome di mio fratello conficcato nel cuore.- A quelle parole calde lacrime solcarono il mio viso. Non ebbi la forza di parlare e di placarle, ma aspettai che Alice si riprendesse da quella incredibile novità rimanendo con lei e assecondando il suo fiume di parole, fatto di supposizioni, progetti e speranze.
Avremmo avuto tutte le risposte alle nostre domande con l’arrivo di Jasper da lì a qualche giorno.
Nei giorni che sarebbero seguiti saremmo stati tutti preda dell’euforia per quella inaspettata felicità, si sarebbe fatto a gara per rendere l’accoglienza di Jasper unica e calorosa. Alice continuava a subissarmi di domande alle quali non potevo rispondere.
Per Jasper la guerra era finita. Speravo e pregavo per la sua vista, ma comunque fosse andata sarebbe stato lì con tutti noi, avrebbe tenuto suo figlio e sua moglie tra le braccia.
Per me ed Edward quel supplizio sarebbe continuato, tra ansie, paure, incertezza di un futuro sempre più nebuloso, nell’attesa di notizie portate da quelle lettere che erano diventate sempre più brevi e con attese sempre più lunghe.







********************************************************************************

Jasper arrivò alla stazione ed eravamo tutti lì ad accoglierlo. Scese dal treno su una sedia a rotelle spinta da una crocerossina, la benda bianca che gli copriva gli occhi. Anche le mani erano fasciate. Fu zio Carlisle che lo prese in consegna e si fece fare un resoconto veloce del suo stato di salute.
La gioia e le lacrime furono incontenibili, specialmente quando lui tra tutti alzandosi in piedi chiamò a gran voce Alice che gli si precipitò tra le braccia baciandolo e cercando di capire se fosse veramente lui o solo un sogno.
Jasper ebbe lì la notizia che sarebbe diventato papà e solo l’esperienza di zio Carlisle evitò che le lacrime fossero dannose per le sue bende e la sua medicazione.
Giunti a casa Rosalie e Alice non lo lasciavano un attimo anche perché la sera Jasper sarebbe dovuto tornare in ospedale e lì Alice era meglio non si recasse. Era presto per dire se la vista sarebbe tornata, ma tutti speravamo per il meglio.
Dal suo racconto ci fu chiaro che quello che aveva non era un infezione agli occhi, ma la causa di un attacco con sostanze chimiche che avevano subito.
- …Edward…,- disse rivolto a me- non era con me in quel momento, solo che dopo questo, siamo stati divisi e non ne so più nulla.- Sospirai.
- Capisco Jasper.- Risposi con un macigno sul cuore.- Non so niente neanche io, la sua lettera è in ritardo.- Jasper sorrise verso il punto da cui sentiva provenire la mia voce.
- Vedrai che arriverà presto, non disperare. I collegamenti per raccogliere la posta non sono facili.- Lo ringraziai e uscii; avevo bisogno d’aria.
Fui raggiunta da zio Carlisle.
- Stai bene tesoro?- Lo zio era una persona eccezionale.- Deve essere dura per te, ma vedi piccola mio nipote è un ragazzo in gamba e sa badare a se stesso e poi sa che deve tornare da te.- Lo guardai.
- Speriamo ti ascolti zio.- Mi sorrise.
- Lo farà Bella, lo farà. Senti perché questa sera non rimani un po’ con zia Esme. Sarei più tranquillo sapendo che è con te, non mi fa piacere che rimanga da sola e io per questa notte non so se riuscirò a rientrare.- Annuii. Apprezzavo il suo sforzoper cercare di distrarmi.
- Grazie mia cara. L’ultima volta che vi siete viste mi ha detto che è stata benissimo in tua compagnia.- Sorrisi, anche a me piaceva stare con la zia.
Salutai tutti e mi avviai verso casa con i miei genitori e Jacob che mi avrebbe accompagnata da zia Esme. I miei quasi mi obbligarono a promettere che l’indomani sarei passata da loro.
Mi cambiai d’abito e mi recai a casa Cullen.
Quando arrivammo, trovai la zia più pallida del solito. La cosa mi preoccupò non poco, ma non diedi a vedere nulla, per non impensierirla. Vedevo che era sofferente e non volevo si spaventasse capendo che dal suo aspetto si poteva intuire.
- Fuori ha cominciato a nevicare signora. Non sarà facile tornate in auto.- Affermò Jacob che si era attardato per vedere se avessimo bisogno di nulla.
La nevicata aumentò. Così fummo costretti a restare più del previsto. Lo zio quella sera non sarebbe rientrato, ma all’ora di cena la situazione precipitò. La zia cominciò a stare veramente male.
Il respiro era affannoso e si lamentava di avere dolori. Il termine della gravidanza non era ancora scaduto “non può essere il bambino”, pensai.
Dalla stanza della zia mi precipitai al piano sottostante, cercando Jacob che era intento ad attizzare il fuoco. - Jacob per favore Sali!- Dissi con il respiro corto.- La zia non sta bene.
In un attimo Jacob fu da lei e appena la vide il suo viso mi gelò.
- E’ il bambino.- Disse dopo aver esaminato le condizioni generali della zia.
- Avrò bisogno del vostro aiuto.- Ero terrorizzata. Non Sapevo nulla di come si facesse nascere un bambino.
- Non preoccupatevi Bella, se farete esattamente ciò che vi dirò andrà tutto bene.- Lo guardai.
- Vi hanno spiegato come fare al corso da infermiere?- Domandai.
- Non proprio, ma queste cose tra la mia gente si sanno e basta, non abbiamo bisogno di frequentare corsi.- Rabbrividii, ma non avevamo scelta,né io, né la zia. Nessuno sarebbe potuto venire da noi quella sera. Fuori imperversava una vera e propria bufera e mi affidai a Jacob, pregando che sapesse ciò che faceva e che andasse tutto bene.
- Vi dispiace se vi chiamo Bella? E’ molto più pratico e faremo prima.- Annuii.
- Bene, il bambino sarà prematuro, quindi dovremo tenerlo al caldo. Trovate qualsiasi cosa che sia morbido e possa tenere il più caldo possibile.- Lo guadai.
- Può andar bene la mia mantella d pelliccia?- Chiesi. Lo vidi annuire.
- Benissimo cercate anche qualcosa per avvolgerlo. Delle asciugamani e poi lo copriremo nella mantella. Bene. Siete brava avete i nervi saldi.- Osservò.
- Per il momento.- Risposi.
- Non sottovalutatevi, siete una donna forte. Adesso mettete a bollire dell’acqua e trovate delle lenzuola pulite e poi tornate da me.- Ero terrorizzata, ma ubbidii immediatamente.
Sentivo la zia lamentarsi. Scesi in cucina e diedi disposizioni e poi mi precipitai nuovamente da loro e iniziai a rincuorare la dolce Esme che pregava di fare in modo di salvare il suo bambino.
- Il vostro bambino starà benissimo signora, ma voi dovrete essere brava e paziente.- Le disse Jacob.
- Lo sarò.- Rispose con un filo di voce tra le labbra contratte per il dolore.
Quella fu la notte più lunga e tremendamente fantastica di tutta la mia vita. Dopo parecchie ore alle prime luci dell’alba, il piccolo, piccolissimo Thomas salutò quel nuovo giorno tra le braccia della sua mamma che era ormai al limite delle sue forze, ma salva come lui. Era stato un parto difficile, ma la competenza di Jacob fu una vera sorpresa.
- Siete stata fantastica, Bella.- Non ebbi la forza di ribattere. Avevo ancora energie sufficienti solo per aiutare la zia a sistemarsi. Le lavai il viso. Le misi una camicia da notte pulita e le pettinai i capelli. Mentre Jacob provvedeva a tenere al caldo Thomas.
Non avrei mai immaginato di potermi trovare in una situazione simile ed essere in grado di affrontarla.





Grazie infinite a chi ha voluto preferire seguire o semplicemente leggere.


La mia immensa riconoscenza e gratitudine per le stupende parole che mi avete regalato nelle vostre recensioni.


Recensione di Vampire93 [Contatta], del 26/09/2009 - 02:12PM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
Una bella sorpresa che speriamo non manchi di capitare anche alla nostra coppia del cuore. Spero che apprezzerai anche l’ultimo capitolo. Ciao.

Recensione di darks [Contatta], del 26/09/2009 - 12:25PM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
Avendo questa storia un’ambientazione diversa pensavo andasse in qualcosa decontestualizzata, ecco perché l’esigenza di dare ad alcuni personaggi una valenza nuova senza discostarli troppo dagli originali o per lo meno garantirne la presenza anche se con minori interferenze.
Grazie per le tue belle parole. Le aspetto sempre con piacere sono veramente felice che apprezzi questa storia e le emozioni che cerca di raccontare.


Recensione di arte [Contatta], del 26/09/2009 - 10:34AM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
Carissima, sono veramente senza parole per i meriti che mi attribuisci nella tua recensione. Sono contenta di avvicinare con ciò che scrivo lettori come te. In risposta alle tue lodi posso solo dire un umile e sentito grazie con tutto il mio cuore e spero che vorrai ancora farmi sapere se la storia continua ad essere all’altezza delle tue aspettative. Ti aspetto.


Recensione di Shinalia [Contatta], del 25/09/2009 - 09:47PM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
Credo anch’io sia destabilizzante affrontare un evento così importante da sola. Però questo ad Alice per fortuna non succederà. Ciao.


Recensione di Goten [Contatta], del 25/09/2009 - 09:12PM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
I dubbi di Bella hanno fatto compagnia a un numero infinito di donne nel corso dei secoli e fino ai nostri giorni, ma in una ff a tutto si può rimediare, nella vita questo purtroppo non è possibile. Grazie e lieta che il capitolo ti sia piaciuto. Ti aspetto anche in questo. Ciao.


Recensione di tsukinoshippo [Contatta], del 25/09/2009 - 09:10PM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
Ciao Tsuki. Non devi sentirti in colpa se non hai mai scritto. Si vede che avevi bisogno di trovare il momento giusto per farlo. Grazie di seguire la mia ff dall’inizio e delle belle parole che mi hai regalato. Sono felice tu abbia deciso di continuare a farmi sapere cosa ne pensi.
Ti aspetto. Ciao.


Recensione di SweetCherry [Contatta], del 25/09/2009 - 09:08PM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
Grazie per tutto e spero di aver aggiornato abbastanza presto, ma prima di così non posso proprio, anche se mi piacerebbe poterlo fare. Ciao.


Recensione di ginny89potter [Contatta], del 25/09/2009 - 08:55PM sul capitolo 26: CAPITOLO XXV - Firmata
Edward avrà ricordi che saranno indelebili per la vita, ma l’amore ha infinite risorse e sa guarire anche le ferite più profonde. Più di così non posso dirti. Grazie di cuore per i complimenti. Ti aspetto nel prossimo capitolo. Ciao.

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Capitolo 28
*** CAPITOLO XXVII ***






La neve aveva continuato a cadere copiosa per tutta la notte smettendo solo all’alba. Adesso tutto era tranquillo. Ero esausta, ma felice. Forse per la prima volta da mesi, mi sentivo nuovamente viva grazie a quel miracolo che dormiva sereno tra le braccia di zia Esme.
Avevo bisogno di riposare. Ripensai alla prima volta che con Edward ero andata a conoscere zia Esme e sedetti sulla poltrona che in quei mesi era stato il suo rifugio. Mi accoccolai e cercai di sentire la presenza di mio marito.
Chissà cosa avrebbe detto se mi avesse vista affrontare quella situazione con tanto sangue freddo.
Certamente ne sarebbe stato orgoglioso. Il sonno mi avvolse mentre nella mente cullavo il ricordo della sua immagine. Stranamente mi sentivo tranquilla. Avvertii una presenza accanto a me mentre con gentilezza provvedeva a coprirmi con uno scialle. Nel dormiveglia intuii si trattasse di Jacob.
Era un ragazzo estremamente gentile e rispettoso. Di poche parole, ma capace di comprendere i silenzi altrui più di chiunque altro. Qualche volta mi ero soffermata a constatare quanto fosse sensibile, ma allo stesso tempo pronto a prendere in mano situazioni difficili sapendo cosa fare.
Non so da quanto tempo dormivo, quando sentii la voce gentile di zio Carlisle chiamarmi.
- Bella…tutto bene?- Chiese lo zio. Piano cercai di liberarmi da quel torpore in cui ero caduta.
- Mi devo essere addormentata, ma…la zia e il piccolo…?- Lo vidi sorridere.
- Tranquilla cara, loro stanno benissimo. Dormono.- La sua espressione era un qualcosa che non era facile da descrivere a parole.- Volevo ringraziarti, se non fosse stato per te e Jacob non so se…, ma adesso è passata e non mi sembra vero.- Se si poteva dare un volto alla felicità sarebbe stato il suo.
- E’ bellissimo.- Dissi.- Tutti e due lo sono.- Lo osservai e aveva gli occhi lucidi.
- Hai ragione, sono ciò che di più bello un uomo possa desiderare.- Lo guardavo e anche se diverso per alcuni tratti era molto simile ad Edward.
-Ha smesso di nevicare Bella se vuoi puoi tornare a casa con Jacob. Penso io a loro adesso.
- Mi piacerebbe restare, ma credo sia opportuno che vada a cambiarmi. Vorrei anche vedere se sono arrivate notizie da Edward.- Un’ ombra si posò su tutta quella gioia.
- Ancora nulla, nessuna notizia?- Mi domandò. Scossi il capo sospirando triste.- Non disperare Bella, arriveranno al più presto, vedrai.- Mi aiutò ad alzarmi.
- Salutami la zia.- Dissi.
- Lo farò , stai tranquilla e vieni a trovarli quando vuoi tesoro, questa è casa tua.- Sorrisi e mi avviai.
Durante il tragitto stentavo a tenere gli occhi aperti.
Giunti a casa Jacob mi aiutò a scendere.
- Non siate in pena Bella, sono sicuro che avrete presto sue notizie. Volete che passi a prendervi domani?- Mi guardava dall’alto della sua statura. Era come un gigante buono.
- No grazie Jacob, mio padre manderà qualcuno. Starò con loro domani.- Lo vidi sorridere e fare un mezzo inchino.
- Bene, vi saluto. Andate a riposare non avete un bell’aspetto.- Sorrisi. Sicuramente aveva ragione.
Mi avviai. Entrando Emma mi accolse raccogliendo gli indumenti che le porgevo mentre la pregavo di prepararmi un bagno caldo. Posai lo sguardo sul ripiano della consolle: era vuoto.
Il mio cuore perse un battito: ancora nulla.
Il bagno servì a rilassarmi. Ero immersa nel silenzio e il suo viso era indelebilmente impresso nei miei occhi. Mi bastava chiuderli per vederlo in ogni più piccolo particolare.
Mi mancava da morire quel suo sorriso affascinante che sapeva illuminarmi l’anima. La sua assenza si insinuava in ogni parte di me sgretolandomi piano, piano.
Sentii le lacrime bruciare sul viso.
- Avete bisogno d’aiuto signora? - La voce di Emma giunse da dietro la porta chiusa come la mano tesa per chi sta annegando.
- No, grazie. Adesso esco.- Riluttante lasciai il calore dell’acqua.
- Ho preparato la cena. Volete mangiare qualcosa?- Era dalla mattina che non mangiavo, l’avevo dimenticato, ma ero troppo stanca.
- Solo del latte con qualche biscotto.- Emma non mi sembrò molto d’accordo, dal tono della voce.
- Bene signora ve lo porto in camera?- Non che sentissi veramente il bisogno di mangiare, ma risposi ugualmente di sì.
Mi asciugai e indossai la camicia da notte. Speravo di dormire e di poterlo sognare. Avevo bisogno di sentire la sua voce, le sue carezze.
Mi sdraiai nel letto e dal cassetto del comodino estrassi la scatola che conteneva le sue lettere. L’aprii e il profumo di lavanda mi avvolse.
Le presi in mano sciogliendo il nastro blu che le teneva legate insieme, ne cercavo una in particolare e quando la trovai sospirai piano leggendo quelle parole che ormai sapevo a memoria: “... prendi il mio amore perché lui sarà con te sempre in ogni momento l’unica certezza, lo lascio qui con il mio cuore.
Tu sarai ogni suo respiro, ogni suo battito e ti parlerà di me.
Ascoltalo nelle notti in cui la mia assenza velerà i tuoi occhi impigliando la tristezza tra le tue ciglia e questa stanza ti sembrerà fredda; nel nostro letto, dove adesso dormi, lascerò la mia impronta a scaldarti se da sola tremerai.
Quando alla fine ti sveglierai, il tempo sembrerà non essere mai passato e allora penserai di avere solo sognato perché io sarò accanto a te e ti dirò che ci sono sempre stato.
Il tempo passerà accompagnato dal soffio di queste parole sulle tue labbra che ti diranno che ti ho amata nel medesimo istante in cui ti ho guardata e riconosciuta.
Perdonami amore questo tempo fatto di dolore e attesa, ma tu non smettere di sperare che presto possa tornare da te, credilo possibile insieme a me...”
Facevo di tutto per credere che sarebbe stato così. Me lo ripetevo ogni giorno, ogni momento, anche se non serviva ad attenuare quella sofferenza data dalla sua assenza.
Mi addormentai circondata da quei fogli di carta segnati dai caratteri eleganti della sua calligrafia.
Quando mi svegliai il sole era già alto, il mio primo pensiero fu di chiedere ad Emma se fosse arrivata posta, ma lei fece cenno di no. Un altro giorno senza sue notizie. Ero sicura di non riuscire a reggere per molto, così sarei impazzita presto. Quel non sapere mi stava distruggendo.
Non ero ancora pronta quando giunse la macchina mandata da mio padre.
Era da tanto che non tornavo nella casa dei miei genitori. Entrare in quella che era stata la mia camera mi dava una strana sensazione. Davanti allo specchio, rividi passare le immagine della sera del ballo di fidanzamento di Alice, quando riluttante mi sottoponevo all’entusiasmo della mamma per quell’invito. E tra un sospiro spazientito e una esortazione a stare ferma, il risultato finale mi aveva lasciata senza parole. Potevo ancora vedere il mio abito adagiato sulla poltroncina ai piedi del letto.
Ripensai all’impressione che ebbi appena vidi la grande villa dei Masen e il mio respiro si bloccò al ricordo di quel nostro primo incontro e a come avevo frainteso il suo comportamento.
Quello era stato l’inizio della mia vita. Pochi mesi che mi sembravano anni. Passati in maniera talmente rapida da farmi credere alle volte di avere solo sognato.
Lo avevo avuto per così poco tempo! Ero consapevole che esistesse chi, in tutta la propria vita, non sarebbero mai stato amato come Edward mi amava.
La giornata passò quieta, ma percepivo l’impegno dei miei genitori nell’evitare di toccare l’argomento guerra ed Edward. Quel contegno da dover mantenere, quel dover dimostrare di essere forte, di farcela a non cedere alla disperazione mi impegnava più di quanto in realtà fossi capace di sopportare.
La giornata trascorse nel racconto delle ultime novità.
Mia madre non riusciva a credere che avessi realmente aiutato a fare venire al mondo il figlio di zia Esme.
- Non riesco a credere quanto tu sia cambiata Bella, in così poco tempo.- Potevo comprendere lo stupore della mamma del resto non lo comprendevo neanche io.
Continuai a conversare con mia madre del più e del meno, tutto fuorché di Edward.
Quando arrivò l’ora di salutarli, mio padre mi ricondusse a casa mia, mi accompagnò fino davanti alla porta e mi baciò sulla fronte prima di andare via.
- Stai bene bambina e non disperare, avrai sue notizie. So che oggi sei stata con noi ma il tuo cuore e la tua mente erano altrove.- Mi sentii arrossire.
- Scusami papà.- Sussurrai.
- Non c’è bisogno che ti scusi tesoro mio. Capisco non è facile, ma sono orgoglioso di come stai affrontando tutto.- Sospirai e sentii bruciare le lacrime in gola.
- Non so per quanto ancora papà. Sento che ogni giorno che passa senza sapere, le mie difese crollano sotto il peso dell’angoscia e della paura.- Mio padre prese le mie mani tra le sue.
- Lo so, ma possiamo solo aspettare e sperare per il meglio non ci sono altre strade. Sperare che tutto finisca al più presto.- Mi guardò negli occhi.- Sicura di voler restare da sola?- Ricambiai il suo sguardo facendo segno di si.
Entrando a casa Emma mi avvisò che Alice mi stava aspettando e che mi pregava di andare da lei.
- E’ successo qualcosa?- Domandai un po’ preoccupata.
- Che io sappia no, signora.- Rispose. Sospirai e mi apprestai a raggiungere Alice.
Quando arrivai da lei, era intenta a ricamare.
- Ciao, Bella.- La sua voce aveva riacquistato il tono di un tempo.
- Come stai?- le domandai andandole vicino.
- Ho saputo…del piccolo Thomas. Non ho parole Bella per dirti quanto sono orgogliosa di te, quanto lo siamo tutti. Sei stata fantastica. Billy lo ha raccontato alla mamma.- Distolse lo sguardo dal suo lavoro.- Oggi mentre andava a trovare la zia si è fermata qui. Ti ha cercata a casa tua, ma non ti ha trovata.- Sorrise.
- Ero andata a far visita ai miei.- Dissi piano.
- Sei incredibile signora Masen. Hai aiutato a far nascere un bambino nonché nostro cugino e ti comporti come se tu l’avessi sempre fatto.- Sentirle pronunciare quel cognome che ormai era anche il mio, come faceva Edward da quando eravamo sposati, fu come gettare del sale su di una ferita. Quelle parole bruciavano come fuoco.
- Bene.- Fece una pausa. Sicuramente aveva intuito la mia sofferenza e per alleggerire la tensione aggiunse :- Pensavo…tra qualche giorno è Natale mi piacerebbe poter festeggiare qui.- Mentre parlava continuava il suo lavoro di ricamo.- Pregherò lo zio di fare in modo che Jasper possa essere a casa, almeno per quella sera. Così potrà stare anche con Rosalie e la sua famiglia. E’ fuori discussione poter avere gli zii e il piccolo Thomas. - Sentii la sua mano scivolare sulla mia.- Sta bene Bella.- Disse interrompendo l’entusiasmo che aveva nella voce.- Lo so…lo sento, Edward sta bene.- La guardai tra le lacrime. - Lo credi davvero Alice?- Ricambiai la sua stretta.
- Ne sono certa cara. Jasper ha detto che se fosse successo qualcosa lo avremmo saputo. Quel tipo di notizie non perde tempo ad arrivare.- Un brivido mi percorse.
- Mi manca da morire.- Dissi mentre le lacrime scivolavano lungo il mio viso.
- Oh! Bella…alle volte mi sento così tremendamente a disagio per la mia felicità…- Non volevo che Alice in mia presenza si sentisse imbarazzata.
- Non devi Alice, tuo fratello non approverebbe che tu non assaporassi appieno questi istanti.- Cercai di rincuorarla.
- Sono in pena per lui e per te, ma anche immensamente felice e avrei voluto fosse tornato insieme a Jasper, le sue ferite guariranno prima o poi, non ha importanza quanto ci vorrà. Quello che conta è che per noi la guerra sia finita e avrei voluto questo anche per te e mio fratello.- Cercai di ricompormi per non farla agitare.
- Lo so tesoro.- Dissi piano.- Finirà anche per noi prima o poi.
La lasciai dopo un po’ dicendomi felice dell’idea di trascorrere da lei quel nostro primo Natale da sorelle.
I giorni passavano lenti e la mia occupazione preferita era quella di dedicarmi alle cure per zia Esme ed il piccolo Thomas.
Aveva superato la fase critica e cominciava ad acquistare peso.
Era piccolissimo, poteva stare in una mano. Tra quelle di suo padre sembrava perdersi.
Stare con loro mi faceva bene.
La zia non aveva ripreso del tutto le forze e lo zio aveva optato per una balia per il piccolo.
Ero andata a trovarli anche il giorno della vigilia per fare loro gli auguri. Mi dispiaceva che fossero da soli, ma capivo che a loro non sarebbe pesato, quello era il primo Natale che avrebbero trascorso tutti e tre insieme. Li salutai e presi tra le braccia Thomas. Era un fagottino caldo e morbido. Un bimbo tranquillo con la pelle liscia come la seta e le piccole guance tonde e colorate di rosa, segno che il latte della balia gli faceva bene.
Quella sera con mia sorpresa la zia Esme volle farmi un regalo.
- Bella, c’è una cosa che vorrei tu avessi, E’ qualcosa che custodisco gelosamente da anni. - Mi fece segno di avvicinarmi a lei.- Ti prego, cara, apri il cassetto del comò. Il primo. In fondo c’è una piccola scatola di raso bianco. Prendila e portamela, per favore.- Ubbidii. La vidi aprirla.- Questo, Bella, apparteneva ad Edward.- Mi porse il piccolo involucro.- E’ un sonaglino d’argento. Un Natale di tanti anni fa era appena un bimbetto, me lo regalò dicendomi che mi avrebbe aiutata ad avverare i miei desideri. Ora voglio lo abbia tu.- Rimasi senza parole e iniziai a piangere.
- Grazie, ma non devi privartene: lo ha dato a te.- Sorrise - Lo so, ma sa fare avverare i desideri, è giusto che lo abbia tu.- Mi accarezzò delicatamente e con dolcezza.
Quando arrivai a casa trovai mia madre ad aspettarmi.
- Tesoro, ti stavo aspettando. Tuo padre è uscito con tuo suocero non so per quale commissione e volevo farti un po’ di compagnia. Da Alice c’è un gran trambusto, sono arrivati i genitori di Jasper, è giusto che abbiano un po’ di tempo per stare da soli con il figlio. Credo rimarranno per un po’ ospiti a casa loro.- Sentivo mia madre parlare e annuivo di tanto in tanto.
Cominciai a pensare, dietro esortazione della mamma, a dedicarmi alla scelta di quello che avrei indossato, anche se non ne avevo nessuna voglia.
Quando ebbi finito di prepararmi congedai Emma, avrebbe raggiunto la sua famiglia. Indossai il cappotto e mi avviai verso casa di Alice.
Trovai tutti lì, la casa illuminata, la tavola apparecchiata. L’abete che risplendeva nel salone, il fuoco nel camino, i regali.
C’era calore, allegria, c’era amore. Inconsapevolmente mi ritrassi in un angolo quasi a voler evitare che tutta quella felicità mi sfiorasse. Non potevo gioire e non volevo che gli altri se ne accorgessero, ma una mano delicata afferrò la mia.
Elisabeth si era avvicinata senza che io me ne accorgessi. Non ci fu bisogno di parole. Fu comunque una bella festa e durante la serata Edward fu presente costantemente nei discorsi di tutti.
Fu difficile e la sua assenza divenne ancora più palpabile. Ci furono brindisi, abbracci, le battute di Emmet, i canti e l’apertura dei regali. Tutto era avvolto dalla magia unica della festa, tutto era perfetto tranne nel mio cuore dove l’assenza di lui gridava il suo nome.
Era tardi quando accompagnata dai mie tornai a casa.
Salutandoli Alice e Jasper mi fecero promettere che l’indomani sarei stata ospite da loro.
Sarebbe stata l’occasione per passare del tempo con Emmett e Rosalie.
Mi avviai lungo il vialetto ricoperto dalle neve dopo aver salutata mamma e papà. Dovevo ricordarmi di incaricare il giardiniere di spazzarla.
Sotto il portico trovai ad aspettarmi Jacob.
- Buonasera Bella.- Disse. La luce della lanterna lo illuminava.
- Buonasera Jacob!.- Risposi sorpresa.
- Come state. Avete avuto notizie di Edward?- Scossi il capo.
- Purtroppo no.- Rimase in silenzio.
- Sono venuto a salutarvi Bella parto e volevo augurarvi buon Natale. Ho finito il corso sapete?- Restai sorpresa.
- No, non lo sapevo.- Dissi.
- Sì. Vado anche io e spero di rendermi utile.- Ero senza parole. Mi dispiaceva non poter più contare su Jacob. La sua era una presenza rassicurante.
- Jacob, perché?- Ribattei affranta.
- Perché c’è bisogno di noi laggiù e in qualunque modo vada se ne potrò riportare a casa qualcuno vivo ne sarà valsa comunque la pena.- Riuscii solo a sospirare profondamente.
- Cerca di riportare anche te sano e salvo a casa.- Sorrise.
- Non temete Bella, noi abbiamo risorse infinite. La mia gente combatte da sempre, per difendersi.- Fece una pausa.- Volete che entri e vi aiuti ad accendere il fuoco?- Mi guardò aspettando una mia risposta.
- No, grazie Jacob, sei gentile, ma devo imparare a cavarmela da sola.- Sorrise.
- Bene, è così che dovete essere, determinata e coraggiosa e so che voi potete farcela. Vi ho visto all’opera.- Mi prese la mano e inchinandosi la sfiorò.
- Arrivederci, signora.- Disse.
- Arrivederci Jacob e stai attento. Auguri anche a te, buona fortuna e grazie per essere passato.- Sorrise.
- Dovere, Bella…vostro marito è un uomo fortunato.- Quasi sussurrò.- Spero possa tornare al più presto da voi.- Lo guardai.
- Lo spero anch’io.- Lo vidi scomparire nella notte mentre aveva ripreso a nevicare.
Entrai in casa. Era immersa nel silenzio e profumava dell’abete che anche se addobbato non riusciva a trasmettere lo stesso calore di quello di Alice. Passai nel salotto e rimasi ad osservarlo alla luce del camino che forse Emma aveva provveduto a lasciare acceso.
Era bello e imponente, ma solo come me. Quanto silenzio. A farmi compagnia solo lo scoppiettio del fuoco.
Sospirai stringendomi le braccia intorno.
- Dove sei...Edward?- Dissi piano chiudendo gli occhi come a volerlo riportare da me.
- Qui…accanto a te, amore mio...






Ancora grazie per preferire, seguire o soltanto leggere.
Un grazie sentito e speciale a chi ha recensito anche questa volta.


Recensione di darks [Contatta], del 30/09/2009 - 01:08PM sul capitolo 27: CAPITOLO XXVI - Firmata
Spero di averti emozionato ancora anche questa volta. Un bacio e fammi sapere come ti è sembrato questo nuovo capitolo.

Recensione di arte [Contatta], del 29/09/2009 - 06:08PM sul capitolo 27: CAPITOLO XXVI - Firmata
Grazie a te. Così mi vizi. Spero che la qualità di quello che scrivo non diminuisca. Mi dispiacerebbe deluderti. Un bacio.

Recensione di Vampire93 [Contatta], del 29/09/2009 - 02:39PM sul capitolo 27: CAPITOLO XXVI - Firmata
Sono contenta. Cosa ne dici di questo? Un Bacio.

Recensione di Luna Viola [Contatta], del 29/09/2009 - 11:12AM sul capitolo 27: CAPITOLO XXVI - Firmata
Ciao Viola grazie e benvenuta. Ti aspetto.

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Capitolo 29
*** CAPITOLO XXVIII ***







Da quanto tempo era che non riuscivo a scrivere a Bella? Giorni, settimane, forse. Ormai non lo sapevo più.
I primi tempi era stata dura affrontare tutto.
Con la morte nel cuore le scrivevo cercando di minimizzare la gravità della situazione. Odiavo mentire, ma farlo con lei mi gettava in uno stato di prostrazione totale.
Quello che ogni giorno dovevamo affrontare era indicibile.
Nei rari momenti di calma bisognava reprimere la nostra disperazione, il nostro sconforto, per fare coraggio ed essere d’esempio agli uomini che avevano in noi un punto di riferimento. Capitava che con chi avevi parlato la mattina non riuscivi a farlo la sera.
Ero stanco, sporco. Erano giorni che non riuscivamo a camminare in posizione eretta perché bersagliati dal fuoco nemico. Intorno a me solo morte e disperazione. Corpi martoriati, ferite che si infettavano e l’odore era terribile.
I medici e gli infermieri non facevano in tempo a dare il loro aiuto a tutti.
L’aria era satura dei suoni della battaglia e delle preghiere di chi era consapevole di stare per lasciare la propria vita in un paese straniero, lontano da chi amava.
E’ strano come il dolore e il pianto sia comprensibile anche in altre lingue differenti dalla propria.
Capitava a volte di sentire le voci di chi, con divise diverse dalle nostre, quelli che chiamavamo nemici, finissero agonizzanti davanti alle nostre trincee e il loro pianto, il loro lamento, era del tutto uguale al nostro. Quelle voci le avrei continuate a sentire per tutta la vita.
Una mattina arrivò al nostro comando una staffetta con degli ordini. Si chiedeva a noi ufficiali di cavalleria di dare la disponibilità per creare un nuovo corpo. Cercavano piloti da poter impiegare nella difesa dall’alto delle nostre truppe. Saremmo stati una sorta di angeli custodi.
Accettai insieme a Jasper, da lì cominciò per noi un percorso nuovo. L’addestramento. L’ebbrezza del volo che nulla aveva a che vedere con tutto quello che avevo conosciuto prima.
I primi combattimenti. Ogni missione era come giocare alla roulette russa.
Durante un’ attacco al nostro campo lui venne ferito, mentre io mi trovavo fuori. Quando lo raggiunsi e seppi che sarebbe rientrato, lo pregai di non dire nulla a casa di quello che facevamo, specialmente a Bella.
Avevo promesso di fare di tutto per ritornare da lei e quella scelta non mi rendeva le cose più facili. Quella vita, vivere nel pericolo costante, guardare la distruzione e la morte in faccia tutti i giorni, era come essere precipitati all’inferno. Cercavamo di fare del nostro meglio per proteggere chi era a terra. Volavamo a ritmi serratissimi e dopo eravamo talmente sfiniti da non ricordare i nostri nomi.
Da quando per Jasper quell’incubo era finito ero rimasto solo.
Qualche giorno dopo, durante un duello aereo, venni ferito ad una spella e riuscii a rientrare per miracolo. Non avrei potuto volare per qualche tempo.
Ero immobilizzato in infermeria nel mio letto e con la mano libera finalmente tentavo di scrivere a Bella.
- Buona sera, capitano Masen.- Diventare pilota aveva portato ad una promozione, ma non era quella la ricompensa che cercavo.
- Buona sera, signor Maggiore.- Risposi al mio comandante; un uomo di poche parole, ma dal coraggio che difficilmente si poteva incontrare. Il Maggiore William Connor era per noi un esempio da seguire. - Come va la ferita?- Toccai il braccio istintivamente e una fitta sorda mi attraversò la spalla.
- Potrebbe andare meglio, signore, ma posso benissimo…- Lo vidi sorridere e scuotere la testa.
- Siete sposato, capitano? – Mi domandò.
- Si, signore. Sono partito qualche giorno dopo le nozze.- Sorrise lisciandosi i lunghi baffi.
- Bene, so che il capitano Hale è vostro cognato. Ne avete sposato la sorella?- Cercai di trovare una posizione più comoda che mi consentisse di allentare il dolore.
- No, signore lui ha sposato la mia.- Annuì.
- Capisco.- Fece una pausa. – Vedete Edward, qui non sareste di molto aiuto e tra poco è Natale. Se partite subito, forse farete in tempo, traversata permettendo, ad essere a casa per quel giorno.- Rimasi senza parole.
- Signore… questo vuol dire…- Si schiarì la voce.
- …Che vi mando a casa in convalescenza. Siete il mio pilota migliore, Masen, e voglio che vi rimettiate presto e bene e poi torniate a prendere il vostro posto.- Feci fatica a trattenere le lacrime.
- Bene, ragazzo.- Disse poggiandomi una mano sulla spalla libera. – Salutatemi vostra moglie.- Si girò e uscì dall’infermeria.
I miei colleghi mi aiutarono a preparare il bagaglio affidandomi lettere e messaggi per le loro famiglie, mogli e fidanzate.
Partivo, tornavo a casa anche se per un tempo limitato, ma avrei riabbracciato Bella. Non potevo crederci. Avrei rivisto tutti loro.
Non avevo avuto modo di avvertirli, ma non lo avrei fatto. Quello sarebbe stato il mio regalo di Natale.



********************************************************************************



La sua voce risuonò nella stanza, il suo profumo mi avvolse.
Stavo sognando, sicuramente. La voglia di sentirlo, di averlo accanto, stava giocando con la mia mente. Nel chiarore tremulo della fiamma quel momento sospeso tra sogno e realtà. Rimasi immobile, non osando muovermi. Avevo paura che quella magia finisse. Era così bello poterlo sentire di nuovo anche se solo nella mia immaginazione.
- Bella…- Di nuovo la sua voce in un soffio caldo sul mio collo. Il tocco delle sue labbra così reale sulla mia pelle.- Amore, sono qui. Non tremare…respira.- Il mio cuore si fermò.
- …Ed…Edward!? Sei tu?- Il suo abbraccio! La stretta aumentò e sentii il suo viso affondare tra i miei capelli e respirare profondamente.- Sei… qui?- Lo sentii sorridere.
- Sì. Sono io…e sono qui accanto a te.- Le lacrime che così a lungo avevo tenute chiuse nel cuore sciolsero le loro catene e fuggirono verso i miei occhi finalmente libere.
- E’ tutto vero? Ti prego dimmi che non sto sognando, che sei…reale.- Piano sentii che mi voltava verso di lui.
- Basta che tu apra gli occhi e mi guardi. Guardami, Bella, ti scongiuro.- A quella richiesta, timorosa che potesse svanire come era comparso, aprii lentamente gli occhi e il suo viso perfetto mi apparve. I suoi straordinari occhi verdi e quell’espressione che mi era così cara erano lì davanti a me. Sentii le gambe venire meno e mi accasciai tra le sue braccia.
Mi tenne stretta a lui e piano, insieme, scivolammo sul pavimento. Il suo sguardo perso nel mio mi accarezzò l’anima.
- Bella, tesoro, ti prego: calmati.- Allungai una mano a sfiorarlo, non ero del tutto certa che non si dissolvesse lasciandomi nello sgomento di avere solo avuto una visione.
- Sei tu e stai… bene! Sei veramente qui, con me…- Non riuscii a dire nient’altro. Le sue labbra si posarono sulle mie per fugare tutti i miei timori.
- Non sono un fantasma, amore, anche se sono convinto che tenterei di tornare da te anche sotto quelle sembianze.- Rise piano.- Sono qui, signora Masen…sono veramente io.- Lo abbracciai con tutta la forza di cui ero capace, dando libero sfogo alla felicità che non credevo più di poter provare.
- Non piangere, cara.- Continuava a ripetermi mentre mi accarezzava il viso.- Non mi sembra vero di stringerti nuovamente tra le braccia. Questo è stato il tormento peggiore, più della fame, del freddo, della fatica. Pensare di non riuscire più a farlo era l’unica cosa che mi faceva veramente paura.
- Ti amo.- Dissi tra le lacrime. Mi strinse tanto da lasciarmi senza respiro.
- Io… vivo solo per te.- Poggiò la guancia sulla mia fronte. Sentii il ruvido della barba. Fu solo allora che alzando gli occhi mi accorsi delle occhiaie, del pallore e di quanto il suo viso fosse smagrito e segnato, pur rimanendo bellissimo.
Restammo lì abbracciati, in silenzio, beandoci l’uno della presenza dell’altra. Respiravo il suo profumo e ascoltavo il suo respiro accompagnato dal battito sostenuto per l’emozione del suo cuore.
Era lì con me e io non potevo crederci. Forse con le prime luci dell’alba sarebbe scomparso, avrei capito di avere solo sognato e a quel pensiero mi feci più vicina a lui come un cucciolo che cerca protezione.
-Hai freddo? Vuoi che attizzi il fuoco?- Feci cenno di no e strinsi le braccia intorno al suo collo. Non volevo si allontanasse.
Lo sentii allungare una mano e prendere i cuscini del divano e sistemarli accanto a noi sul tappeto.
Poi fece scivolare sulle mie spalle qualcosa di pesante imbottito di calda pelliccia. Profumava di pelle.
Le sue mani, le osservavo alla luce della fiamma, eleganti come le ricordavo, ma vissute, continuavano a sfiorarmi e a stringermi.
- Stai bene?- Mi sussurrò chinandosi fino a sfiorarmi il viso.
- Potrei rimanere così per sempre.- Risposi.
Le sue labbra si posarono gentili su i miei capelli. - Il tuo profumo…- Sospirò.- Non sai quanto mi è mancato.
L’intensità di quel momento così atteso, così inaspettato, mi aveva stordita e quasi non mi resi conto che lui doveva essere sfinito.
A malincuore mi scostai sciogliendomi dal suo abbraccio.
- Sarai esausto.- Dissi guardandolo e accarezzandogli il viso.- Sorrise.
- Non più, adesso. Vederti e tenerti stretta a me ha cancellato la fatica.- Con le dita scansai una ciocca ribelle del suo ciuffo perennemente spettinato. Almeno quello non era cambiato.
- Avrai fame. E’ la notte di Natale e tu non farai un pasto decente da…quanto?- Si sdraiò poggiandosi sui morbidi cuscini. - Ne ho perso il conto, ma… non preoccuparti tesoro, quello è l’ultimo dei miei pensieri. Adesso sono qui con te e l’unica mia fame sei tu.- Arrossii sotto il suo sguardo dal sorriso malizioso.- Perché sei andata via? Torna a sederti accanto a me, mi sei mancata così tanto; voglio tenerti stretta.- Mi avvicinai e gli sfiorai le labbra con un bacio.
- Vado a prepararti qualcosa da mangiare e poi un bagno caldo.- Allungò una mano come a trattenermi riluttante che lo lasciassi da solo.
Mi recai in cucina e cominciai a preparargli qualcosa, grata ad Emma che aveva provveduto a riempire la dispensa.
Non ero stata molto presente in quel periodo nell’organizzazione della casa.
Quando ebbi finito tornai nel salotto e trovai Edward addormentato. Il cuore si sciolse in un moto di tenerezza: era bellissimo e sembrava dormire sereno, anche i lineamenti del viso che prima mi erano sembrati più marcati e tirati si erano distesi. Era lui, il ragazzo bellissimo che avevo sposato. Era lì e dormiva sereno e salvo nella nostra casa.
Il suo respiro regolare fu il regalo più bello di quel nostro primo Natale inaspettatamente insieme.
Andai a prendere la trapunta del nostro letto e lo coprii e poi mi sistemai accanto a lui tenendolo tra le braccia, guardandolo dormire, beandomi della sua presenza.
Non si mosse per tutta la notte, segno della stanchezza che aveva accumulato e fu un rumore improvviso proveniente dalla strada che lo fece sobbalzare di scatto come se dovesse correre a perdifiato da qualche parte, come se ne andasse della sua stessa vita.
Riuscii a trattenerlo, ma nel farlo dovetti urtare un punto dolente, perché fu come se si fosse ridestato da un sogno con una smorfia di dolore dipinta sul volto.
- … Edward? Calmati va tutto bene, sei a casa.- Cercai di tranquillizzarlo, mentre lo osservavo portarsi una mano sul braccio che sicuramente gli doveva fare male.- Cosa hai alla spalla?- Lo guardai preoccupata.
- Nulla tesoro, è solo una piccola ferita.- Poi mi guardò come sorpreso di trovarmi lì.
-Buon giorno!- Disse guardandomi con il suo sorriso.- Abbiamo dormito… qui?- Si Sporse verso di me per baciarmi.
Feci cenno di sì.
- Non sembra tu l’abbia fatto molto….- Sorrisi accarezzandolo. –Mi sono agitato?- Chiese.
- No, al contrario, sono rimasta a guardarti, assomigliavi a Thomas…- Dissi cercando di capire cosa avesse alla spalla.- Cosa ti sei fatto?- Lo guardai un po’ preoccupata era stato ferito e non mi aveva detto nulla.- Fammi vedere, magari sarebbe il caso ti facessi guardare da zio Carlisle, forse andrebbe medicata?- Notai che era accigliato.
- Chi è questo Thomas che guardi dormire e mi somiglia?- Lo osservai e mi venne da sorridere.
-…Bella? – Era geloso, non potevo crederci e la cosa mi divertiva.
- Be’ una nuova conoscenza.- Si era tirato su a sedere e si passò una mano tra i capelli. –… Arrivato inaspettatamente, ma di cui mi sono innamorata all’istante.- La sua espressione era adorabile.- Vuoi sapere chi è?- Chiesi.
- Sì cara, te ne sarei grato.- Mi guardava preoccupato.
- Thomas, mio adorato, è il tuo piccolo, splendido cugino.- Il suo viso si illuminò d’incredulità e poi di gioia.
- Vuoi dire che il figlio di zia Esme e zio Carlisle è nato?- Annuii.
- Sì, ed è il bambino più bello che abbia mai visto.- era emozionato.
- E’ andato tutto bene? La zia…lei sta… bene?.- Gli occhi gli brillavano di felicità.
- Si caro, stanno bene, tutti e due e anche lo zio, è il ritratto della felicità.- Mi abbracciò.
- Li andremo a trovare, sono impaziente di conoscere l’ultimo arrivato che ti ha tolto il primato.- Disse piano.
- Quante cose, Edward, quante novità che ho da raccontarti!- Il suo sguardo interessato non mi abbandonava un attimo.
- Avrai tempo per farlo, amore.- Sospirai. Quella domanda era pressante e angosciante.
- Non sei qui per rimanere?.- Prese la mia mano e la portò alle labbra.
- No.- Disse piano.- Perdonami, io...- Lo guardai affranta.
- Quanto?.- Aggiunsi mentre la morsa di quel dolore che conoscevo bene tornava.
- Finché la ferita alla spalla non mi permetterà dei muovere nuovamente il braccio.- Mi accarezzo piano.- Bella guardami…non pensiamo a questo adesso. Godiamo di questo regalo. Teniamo il dolore e la tristezza lontani per qualche giorno. Facciamo come se la guerra fosse un brutto ricordo lontano. Te ne prego amore…va bene?- Disse quelle parole in modo serio e dolente e non potei fare a meno di assentire anche se con la morte nel cuore trovai dentro di me la forza di sorridergli.
- Allora, dicevi che ci sono novità: quali?- Deglutii per cercare di trovare il mio solito tono di voce che non gli facesse percepire le lacrime che avevo chiuse nel cuore.
- Forse… vorrebbe dirtelo lei.- Gli dissi prendendogli il viso tra le mani.- Ma… non riesco a non renderti partecipe di questa gioia.- Mi guardava curioso.- Alice… presto ci regalerà un nipotino.- Non mi sarei mai abituata alle reazioni di Edward davanti alle emozioni. Sapeva essere estremamente forte e determinato, ma allo stesso tempo e con la stessa intensità in grado di mostrare ciò che provava. Le sue lacrime di gioia che non si vergognava di mostrarmi me lo facevano amare in un modo che non era facile da poter spiegare.
Ciò che sentivo per lui era totale , smisurato assolutamente unico. Edward per me era un bisogno irrinunciabile e impellente come respirare. Non sarei stata in grado di concepire la mia vita senza di lui.
Asciugai quelle lacrime che rendevano i suoi occhi limpidi come cristallo e teneramente lo baciai. Lo sentii arrendersi a quel gesto e abbandonarsi completamente tra le mie braccia.
- Edward…-Sussurrai sulla sua bocca.
- Ti amo e… morirei per te, Bella.- Le sue labbra sulle mie, mentre mi stringeva a sé. Le sue mani, le sue carezze, il suo respiro accelerato, portarono la mia mente e i miei sensi in una dimensione dove l’unica certezza, l’unica ragione di vita, eravamo noi e il nostro amore. Mi sentivo parte di lui e lui era parte di me. Ci amammo teneramente e finalmente, dopo tanto, fu come essere riemersa dal mio torpore. Sentii la sua stretta, il suo corpo tremare e lo strinsi a me guardandolo negli occhi per cercare di fermare quell’attimo di eternità tra di noi.









Sono veramente felice delle recensioni che mi avete lasciato. Il fatto di ricevere tanti complimenti, che questa storia e il modo con cui è scritta vi coinvolga tanto è veramente incredibile.
Ogni volta è una sorpresa leggere cosa pensate. Chi scrive non riesce ad essere obbiettivo.
Grazie per darmi l’opportunità di sapere che quello che esprimo per iscritto non è proprio da buttare.




Recensione di cloe cullen [Contatta], del 05/10/2009 -
05:07PM sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Grazie infinite per i complimenti e spero che continuerai ad appassionarti a questa storia. Ciao.

Recensione di frufru123 [Contatta], del 04/10/2009 -
01:18PM sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Ciao che bello rileggerti!!!! Mi sono mancati i tuoi commenti. Che dirti: grazie!!!! Spero di leggere presto nuovi capitoli delle tue storie. Un bacio.

Recensione di darks [Contatta], del 03/10/2009 - 10:29AM
sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Ciao, mi dispiace per la tachicardia, ma un piccolo colpo di scena non guasta mai. Spero di averti trascinata ancora nell’atmosfera di questo racconto con questo nuovo capitolo. Un bacio.

Recensione di Shinalia [Contatta], del 02/10/2009 -
06:11PM sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

…Significa che alle volte i sogni si avverano, proprio quando non ci speriamo più. Spero ti sia piaciuto il seguito. Ciao.

Recensione di Yeah [Contatta], del 02/10/2009 - 05:45PM
sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Ciao!!!!! Ben tornata, grazie delle belle parole. Isabella non ha sognato, come hai potuto leggere, Edward è proprio lì con lei anche se ripartirà, ma quella è un’altra storia. Baci.

Recensione di arte [Contatta], del 02/10/2009 - 04:45PM
sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Ciao e grazie del commento. Che dire, cerco di fare del mio meglio per rendere le immagini di quello che vorrei arrivasse e sono felice che a quanto sembra riesca a farlo. Spero che come ho articolato il seguito del capitolo ti sia piaciuto come i precedenti. Un bacio.

Recensione di edlla [Contatta], del 02/10/2009 - 04:26PM
sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Sì, è tornato , ma non per restare. Spero ti sia piaciuto il seguito. Ciao.

Recensione di flazzy cullen [Contatta], del 02/10/2009 -
02:12PM sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Sì è tornato, ma per Bella non è proprio una felicità completa per quella dovrà e dovremo aspettare ancora un altro po’. Ciao

Recensione di ginny89potter [Contatta], del 02/10/2009 -
01:15PM sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Un po’ di tempo adesso potranno recuperarlo, ma resta comunque sempre limitato e frammentato. Lui è lì ma andrà nuovamente via. Ciao e continua a farmi sapere cosa pensi.

Recensione di samy88 [Contatta], del 02/10/2009 - 12:37PM
sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

E’ tornato il nostro soldatino, ma non per restare da come avrai letto. Ebbene sì per loro ancora non è finita. Ciao e spero che continuerai a farmi sapere se la storia continua ad appassionarti. Baci.

Recensione di Tatydanza [Contatta], del 02/10/2009 -
11:30AM sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Grazie, sono contenta che il finale ti sia piaciuto. Ho dato ai nostri beniamini un po’ di respiro. Non so se ho fatto bene. Fammi sapere. Ciao

Recensione di free09 [Contatta], del 02/10/2009 - 10:32AM
sul capitolo 28: CAPITOLO XXVII - Firmata

Spero di avere risposto alle tue domande con questo nuovo capitolo e che ti sia piaciuto. Ciao.




Il mio grazie a chi continua a preferire, seguire o solo leggere.

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Capitolo 30
*** CAPITOLOXXIV ***





Quella mattina la nebbia aveva dato una tregua al nostro campo di volo.
Sarebbe stata una ricognizione come tante. Routine: ero abituato. Quella notte l’avevo sognata: mia moglie. Non potevo credere di poter considerare Bella parte di me per la vita.
Il sogno era stato vivido e reale, tanto che al risveglio mi ero meravigliato di non trovarla lì accanto a me. Per qualche minuto avevo faticato a capire dove mi trovassi ero sicuro di essere a casa, con lei al mio fianco nel nostro letto. Potevo ancora avvertire il suo calore accanto a me.
Era stata dura realizzare che si era trattato solo di un sogno.
La convalescenza era passata velocemente. Il braccio era guarito più in fretta di quanto sperassi.
Mi ero alzato facendo attenzione a non svegliare il mio compagno di stanza.
Ero rientrato da qualche tempo e il viaggio a casa sembrava aver acquistato contorni nebulosi.
Pur avendo riabbracciato tutti loro e fatto la conoscenza dell’ultimo arrivato in famiglia, sembravano essere passati decenni dal mio rientro alla base.
Mi vestii indossando il pesante giubbotto di volo con cui avevo coperto Bella la sera del mio arrivo a casa, potevo distinguere chiaramente ancora la sua fragranza.
Ero intento a contemplare la sua immagine nel ritratto che avevo portato con me.
Non finivo mai di stupirmi di quanto fosse bella.
Vicino a lei mi sentivo sempre come un assetato nel deserto e Bella era la sola acqua che poteva soddisfare la mia sete.
Lei mi appagava totalmente.
Con Bella era facile parlare, le sue affermazioni non erano mai lasciate al caso. Era sensibile e dotata di una dolcezza disarmante.
Fisicamente non eravamo altro che le metà di un unico intero.
Tutto di noi combaciava in maniera perfetta. Corpo, mente, anima.
Non eravamo altro che l’uno il completamento dell’altra.
L’amore con lei era una continua scoperta, ogni volta nuovo e sorprendente.
Adoravo rimare a contemplare il suo viso, l’espressione e la luce che il suo sguardo assumeva tale da far sembrare diverso anche il colore dei suoi occhi.
Sembrava impossibile come in così poco tempo fosse cambiata trasformandosi da piccolo e tenero bocciolo in uno splendido fiore.
L’avevo osservata in quei giorni la creatura magnifica che avevo riabbracciato aveva lasciato andare la ragazzina timida e impacciata e al suo posto i miei occhi potevano osservare la donna magnifica che era diventata.
Ogni gesto, ogni parola non facevano che mettere in risalto il suo fascino e quel suo modo del tutto inconsapevole di possederlo.
Ero completamente immerso nei miei pensieri, quando un attendente, mi pregò di raggiungere il maggiore Connor nel suo ufficio.
A malincuore abbandonai l’immagine di Bella e mi diressi verso gli alloggi comando.
Annodai il foulard di seta e mi avviai.
Giunto davanti alla porta bussai.
La voce del maggiore risuonò decisa.
- Avanti!- Entrai e fermandomi davanti alla scrivania salutai scattando sull’attenti.
- Riposo capitano. Prego, sedete.- Mi invitò a prendere posto di fronte a lui.
- Bene capitano Masen.- Disse in tono pacato.- So che questa mattina siete in ricognizione.- Allungai la mano per prendere una delle sigarette che mi offriva dal suo porta sigarette.
- Si signore.- Risposi.- Mi guardò.
- Questa mattina porterete un passeggero con voi.- Lo guardai interdetto.
- So capitano che non siete propenso a portare passeggeri sul vostro aereo, ma devo chiedervi di fare un’ eccezione. Vi aspetta sulla pista.- Non era usuale come procedura e il mio sguardo dovette essere eloquente per il mio comandante.
- Capitano l’ospedale da campo ha subito un attacco mentre eravate via e gran parte del personale è rimasto ucciso o ferito. Stanno aspettando di sostituirli. E’ un infermiere e spetta a voi accompagnarlo lo lascerete al campo dove farete rifornimento, lì poi non sarà più un vostro problema.- Mi alzai e salutando mi congedai. Prima di raggiungere il mio aereo passai a prendere un caffè dovevo essere ben sveglio.
Raggiunsi il campo di volo e scambiai qualche informazione con il mio meccanico.
Mentre aspettavo per prendere posto sul mio velivolo venni raggiunto da qualcuno che all’inizio non riconobbi. Solo quando mi tese la mano mi resi conto che si trattava di Jacob il figlio di Billy.
- Cosa ci fai tu qui?- Domandai.
- Cerco di rendermi utile.- Sorrise.
- Sei l’ultima persona che pensavo d’incontrare.- Mi strinse la mano.
- Io invece speravo d’incontrarvi capitano.- Era proprio Jacob, il ragazzino timido e taciturno che ricordavo sempre per mano a Billy.
- Da quanto tempo sei qui?- Quando Bella mi aveva raccontato di cosa avevano condiviso insieme ero stato geloso di Jacob, gli ero riconoscente per averla aiutata, ma il fatto che qualcuno che non fossi io condividesse tempo ed esperienze con mia moglie mi irritava. Adesso però mi faceva piacere vederlo. Era solo Jacob non potevo continuare ad avercela con lui, ora che lo avevo davanti vedevo solo il bambino timido della mia infanzia.
- Sono arrivato qualche tempo prima del vostro rientro, ero nelle retrovie, ma adesso hanno bisogno di rimpiazzi in prima linea e vado a dare il mio aiuto.- Gli misi una mano sulla spalla.
- Bene, in bocca al lupo.- Gli feci cenno di salire eravamo pronti per il decollo.
Misi in moto e cominciai ad attraversare la pista prendendo man mano velocità.
Ci staccammo da terra senza difficoltà.
Il volo procedeva tranquillamente e il vento freddo mi sferzava il viso.
Ripensai al momento in cui avevo comunicato a Bella quello che facevo e come il suo viso si era contratto impercettibilmente. Mi aveva preso le mani e non aveva detto nulla. La sentii tremare e in quel momento mi odiai per averle dato quell’ennesima preoccupazione.
Ricordo che l’avevo abbracciata tenendola stretta. Era così incredibilmente delicata e fragile, ma al tempo stesso emanava un’energia e una forza che avvertivo chiaramente.
Stava lottando per noi, contro quelle avversità con tutte le sue forze e quei pensieri inespressi erano come una sorta di barriera che lei innalzava fra noi e la probabilità che potesse succedere l’irrimediabile. Se non gli dava voce non si sarebbero avverati.
Ero lì sospeso in quel cielo terso con negli occhi la sua immagine. Con il cuore che sembrava esplodere al solo ricordarla.
Con la mente ripetevo ogni parola di quello che ci eravamo detti prima di partire quando ad un tratto qualcosa mi colpì al collo che cominciò a bruciarmi.
Mi ero distratto tra quei pensieri e non mi ero accorto dell'aereo nemico: stava sparando.
Riuscii a reagire e rispondere al fuoco. Il combattimento fu breve, ma per me impegnativo. Ebbi la meglio, ma il dolore al collo non mi lasciava respirare e la vista si annebbiava.
Per tutto il tempo avevo sentito una stretta salda, la mano di Jacob, sulla ferita.
Stringeva per evitare che perdessi troppo sangue. Lo sentivo scivolare lungo la camicia.
I lembi del foulard di seta candida avevano assunto un colore rosso acceso. Sentivo venire meno le forze e la voce di Jacob continuare a dire di non mollare.
Con uno sforzo immane cercai di atterrare. Dovevo provare a salvare almeno lui.
Tra la nebbia della mia vista mi sembrò di distinguere uno spiazzo verde in mezzo agli alberi e mi diressi lì.
Percepii l’aereo toccare terra pesantemente e sobbalzare scivolando sull’erba. Poi tutto si ovattò e divenne indistinto e sembrò che il calore del mio corpo mi abbandonasse.
Ad un tratto fu solo buio e silenzio.




*************************




Non era stata una notte tranquilla la pioggia si era alternata alla neve, ma quando la mattina mi alzai il sole splendeva e una strana sensazione di tranquillità mi accompagnava.
Edward era ripartito e il vuoto che aveva lasciato in me si manifestava con quel freddo che non riuscivo a mitigare con nulla.
Era sempre così da quando lui era lontano.
Mi ero alzata e dopo essermi lavata e vestita mi accingevo a scendere per fare colazione ed andare a trovare Alice.
Avremmo passato la giornata insieme e poi saremmo andate con Jasper, che ancora non vedeva bene, dallo zio Carlisle per far medicare i suoi occhi e approfittato per salutare la zia e il piccolo Thomas.
Notai che la giornata era limpida e tersa come non succedeva da mesi. Prima di uscire dalla stanza decisi di aprire le finestre per far entrare un po’ di quel sole e sperai di poter godere del suo calore su di me.
Stavo uscendo quando qualcosa andò a battere contro la specchiera.
Mi voltai non riuscendo a capire cosa fosse successo. Qualcosa aveva colpito lo specchio, ma non vedevo nulla.
Quando avvicinandomi di più vidi un piccolo pettirosso privo di sensi sulla toletta.
Avevo il cuore che batteva all’impazzata e tremando cercai di prenderlo in mano per vedere se fosse ancora vivo.
Mi sentivo mancare il respiro.
- Fa che non sia morto.- Dissi in un filo di voce. Le mie mani percepirono il flebile battito di quel piccolo cuore.- Edward …- La mia voce si strozzò in un nodo che mi bloccò la gola.











Eccomi qui. Scusate il ritardo, ma gli impegni sono stati pressanti.
Non so se il capitolo sia all’altezza degli altri. Ho dovuto dividerlo postandone solo una parte, il resto lo sto ultimando, sperando di avere un po’ di tregua.
Siamo quasi alla fine di questa avventura e devo trovare il giusto ritmo per concludere il tutto senza dare un tono affrettato.
Quindi magari mi prenderò dei tempi un po’ più lunghi. Non me ne vogliate, ma desidero dare a questa storia, ai suoi personaggi e a tutte voi che avete seguito e commentato la giusta attenzione.
Come sempre ringrazio per i commenti:






arte


cloe cullen


samy88


frufru123


ginny89potter


darks


Tatydanza


beverlina


mine


midnightsummerdreams


free09


Shinalia




Leggere quel che pensate del mio modo di scrivere mi rende estremamente felice e vorrei essere in grado di non deludervi trovando un finale degno delle vostre aspettative, ma di per se i finali tolgono sempre qualcosa ad una storia. E’ pur sempre un ciclo che si conclude, che finisce, da cui ci si deve separare.
I miei sentiti ringraziamenti a chi ha seguito, preferito o semplicemente letto in maniera silenziosa. Felice di avere destato il vostro interesse.
Auguro a tutti una buona lettura e a presto.

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Capitolo 31
*** CAPITOLO XXX ***


Eccoci giunti alla fine di questa storia. Vi confesso che un po’ mi dispiace, perché è stato bello fare questo viaggio in un mondo lontano.
Però per tutto deve esserci una fine, mi auguro solo che sia di vostro gradimento e possiate apprezzarla come avete fatto per il resto.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e preferito e soprattutto la mia infinita riconoscenza a chi con i propri commenti ha dato nuovi impulsi per proseguire.
Sono grata di aver saputo da tutte voi che quello che ho raccontato ha avuto un suo valore e destato interesse ed emozioni.
Spero di avervi fatto buona compagnia facendovi provare delle emozioni con questi personaggi che la sapiente penna di Stephanie Meyer ha voluto regalarci.
Vi ringrazio ancora di cuore e spero di ritrovarvi tutte qui con le prossime storie che verranno.
Grazie di tutto, un bacio e a presto. Glance








“ Io ci sarò Bella, sentirai il mio respiro su di te, mi sentirai accanto ovunque sarai. Tutto questo passerà, ma il mio amore quello è e sarà sempre con te e mi riporterà a casa, te lo prometto amore mio.”
Quella frase, quelle parole che mi aveva lasciato sulle labbra insieme al suo ultimo bacio prima di partire, mi urlavano nella testa.
- Lo hai promesso!- ripetevo tra le lacrime.
Ero consapevole della mia reazione completamente irrazionale all’incidente occorso al piccolo pettirosso, ma non potevo impedirmi di vedere in lui un presagio.
Giaceva tra le mie mani immobile con il capo reclinato da un lato gli occhi chiusi e quella macchia rossa in mezzo al petto.
Lo portai vicino al viso cercando di scaldarlo con il mio respiro, ma i singhiozzi me lo impedirono.
- Edward!- Continuavo a ripetere disperata.
Tenendolo tra le mani e non sapendo che fare scesi in cucina.
- Signora cosa succede.- Mi domandò Emma.- Sembra che abbiate visto un fantasma. Venite sedetevi… vi do un bicchiere d’acqua.- Non riuscivo ne a parlare ne a muovermi solo piangere calde lacrime di disperazione. Emma non si accorse subito di cosa tenevo tra le mani, troppo presa dalla preoccupazione nei miei confronti.
Quando si voltò e mi raggiunse porgendomi il bicchiere notò il piccolo animale che giaceva tra i miei palmi.
- Cosa tenete lì signora?- Non riuscendo a parlare glielo porsi.
- State piangendo in questo modo per… questa povera bestiola?- Mi domandò, con uno sguardo tenero.
- E’… morto?- Fu l’unica parola che riuscii a pronunciare. La vidi sorridere e farsi vicina.
- Lasciatemi vedere. Date qua.- Con delicatezza e cercando di trattenere il tremore che si era impossessato di tutto il mio corpo adagiai il pettirosso nelle mani di Emma. La vidi esaminarlo e dopo quelli che mi sembrarono attimi interminabili, corrugare la fronte e poi sorridere.
- Non è morto, signora, ma dove lo avete trovato? Forse il troppo freddo lo ha…non vi disperate ora lo scalderemo e vedrete che…- Non la lasciai finire e con la voce soffocata dissi in un sibilo.
- Ho paura che sia un segno …- Emma mi scrutò.
- Cosa dite signora? Quale segno?- La guardai vitrea.
- Un… presagio…Edward.- La vidi diventare immediatamente seria e silenziosa.
- Non pensatelo nemmeno, non dovete.- Disse severa.- Succede alle volte che queste piccole creature del cielo con il freddo …- Mi portai una mano alla bocca, incapace di contenere la disperazione.
- E’ venuto a sbattere sul mio specchio, quando ho aperto la finestra della mia camera…-Vidi lo stupore sul suo viso, ma non volle allarmarmi e decise di mantenere un tono materno.
- Ma cosa andate a pensare, signora? Sono sicura che non significa nulla. Siete solo scossa e preoccupata. Forse è meglio che vi prepari una tisana.- La guardai, nonostante apprezzassi il suo sforzo le sue parole non riuscivano a calmarmi.
Non volevo che Alice mi vedesse in quello stato, l’avrei allarmata ed angosciata inutilmente. Decisi di rimandare il nostro incontro.
Le mandai un biglietto dicendole che non mi sentivo bene e che faceva meglio a non passare perché temevo di aver preso qualche malanno di stagione.
Conoscevo Alice: se mi avesse vista avrebbe intuito immediatamente il mio tormento e avrei finito col raccontarle la mia angoscia.
Emma aveva insistito perché ritornassi a letto. Bevvi la tisana e ripresi sonno.
Sognai Edward, per tutto il tempo. Non facevo altro che cercare di raggiungerlo mentre giaceva immobile tra un groviglio di rovi. Tentavo di liberarlo, ferendomi a mia volta e non riuscendo a capire se il sangue che gli vedevo addosso fosse il mio o il suo.
Cercavo di urlare il suo nome per svegliarlo, ma dalla mia bocca non riusciva ad uscire nessun suono. Quando mi svegliai ero distrutta.
Quella giornata passò come qualcosa di irreale, non riuscivo a togliermi dal cuore quel peso.
L’angoscia dell’attesa di sue notizie mi logorava, i giorni continuavano a passare inesorabili. Fino a quando, un pomeriggio, di ritorno da una visita a casa di zia Esme, trovai Emma ad aspettarmi.
-Signora hanno portato questo subito dopo che eravate uscita.
Lo riconobbi immediatamente: non era il solito telegramma, era uno di quelli che annunciavano una tragedia.
Senza riuscire a distinguere più i contorni di ciò che avevo intorno, senza riuscire a respirare, con il cuore fermo in un unico lungo immobile battito, senza sapere più cosa fossi e dove, avvertii appena nella mia mano la sensazione della carta.
“ Siamo spiacenti di comunicare che il capitano Edward Anthony Masen risulta disperso durante una missione di ricognizione nel sud della Francia. Comando generale del….”, ma non riuscii più a leggere oltre.
Edward, il mio Edward, era disperso. Sentii vacillare il terreno sotto i miei piedi e tutto si spense divenendo buio, irrealmente silenzioso e freddo. Tanto freddo.
Fu necessario un giorno intero prima che riuscissi a riemergere dal terrore che si era impossessato di me ad avvisare lo zio di quello che stava succedendo facendomi accompagnare da Billy al suo ospedale non volevo che nessuno sapesse, non potevo gettare nello sconforto Elisabeth, Alice nel suo stato e zia Esme ancora tanto provata.
Ero disperata, non ero riuscita neanche a parlare con i miei genitori.
Piansi per tutto il tragitto.
- Cosa succede Bella, come mai sei qui.- Mi buttai singhiozzando tra le sue braccia e gli porsi il telegramma. Lo lesse e cercò di consolarmi.
- Bella qui dice che è disperso non necessariamente vuol dire che sia…- Sperai non finisse la frase. Non riuscivo neanche ad immaginare quella parola per definire Edward.- Insomma non è detto mia cara che sia successo il peggio. Auguriamoci che sia sano e salvo nascosto da qualche parte.- Lo zio mi fece sedere e poi rivolse il suo sguardo a Blly. Notai che non aveva pronunciato neanche una parola.
- Billy va tutto bene?.- Chiese zio Carlisle.
Billy era sempre stato un uomo di poche parole e dall’aspetto fiero, ma ad un tratto sembrò fragilissimo come vetro.
- Jacob…- Disse piano,- anche lui risulta disperso.- Cominciai a tremare nuovamente. Ne avevo la conferma era vero era tutto vero stava capitando a me, a noi. L’ombra lunga della disperazione si stava abbattendo su tutto ciò che conoscevo e faceva parte del mio mondo. Non avrebbe risparmiato niente e sentii la disperazione e il vuoto erano tornati. Cosa stava accadendo nella mia vita? Sembrava che tutto si stesse sgretolando, si frantumasse ogni certezza, ogni punto fermo. Tutto quello che conoscevo e amavo stava per sfuggirmi via dalle mani.
Amore, amicizia. Cosa ne era di tutta la magia e le speranze che avevano albergato nel mio cuore solo qualche tempo prima?



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A tratti riemergevo dal mio buio. Il collo continuava a farmi male, quando cercavo di parlare il dolore era tale da farmi perdere i sensi.
La voce di qualcuno di familiare mi faceva compagnia e mi incitava a non mollare.
Il viso di Bella non mi abbandonava un istante. Non potevo venire meno alla promessa che le avevo fatto. Dovevo tornare da lei, l’avrei uccisa altrimenti.
Non so quanto andai avanti in quello stato.
Quando la mente si liberava dal torpore cercavo di comprendere dove fossi. Facevo fatica a capire, l’ultimo ricordo mi vedeva in volo con Jacob, poi qualcosa mi aveva colpito. Dopo ricordavo l’atterraggio e poi più nulla, il buio.
Avevo avuto l’impressione di essere stato sollevato da due braccia forti, ma non ero sicuro delle mie percezioni. Sentivo freddo e mi doleva ovunque: avevo sete.
La testa mi girava e sentivo uno strano ronzio. Ad un tratto fu come se il fuoco mi incendiasse la ferita e nell’incoscienza istintivamente cercai di ripararla con la mano ma qualche cosa me lo impedì, una stretta salda. Continuavo a sentire la voce lontana e familiare.
- Non muoverti Edward- diceva- devi cercare di resistere.- Ma non riuscivo a mettere a fuoco a chi appartenesse.
Poi nuovamente buio e freddo, tanto freddo ovunque che mi immobilizzava, togliendomi ogni barlume di forza.
Dopo questi ricordi frammentari e rarefatti solo il buio di una lunga notte popolata da incubi da cui non riuscivo ad allontanarmi ed emergere.
Non saprei dire quanti giorni, ore, o settimane passai in quello stato, quando ad un certo momento tra tutta quella nebbia e quel buio mi arrivarono le parole di qualcuno che si stava esprimendo con un forte accento francese. Stava domandando qualcosa. Cercai di aprire gli occhi, ma le mie palpebre sembravano di piombo.
Con uno sforzo riuscii ad aprirle e finalmente mettere a fuoco.
Vidi Jacob affiancato da un uomo di mezza età.
-Finalmente si è svegliato- disse.
Cercai di parlare ma il dolore mi stordì. - Non parlare Edward o rischi di aprire la ferita.- Lo guardai mentre l’altro uomo mi metteva una mano sulla fronte.
- Sembra che la febbre sia scesa. – disse quello che capii essere un medico francese. Io rivolsi lo sguardo verso Jacob.
- Siamo stati attaccati Edward – disse come se avesse letto le mille domande che mi vorticavano nella mente - e tu sei rimasto ferito, ma sei riuscito a metterci in salvo. Poi io ho cercato di tamponare la ferita come ho potuto. Ti ho tirato fuori dall’aereo e tu dopo hai perso i sensi. Ho cercato di allontanarci il più possibile eravamo proprio in mezzo alla linea di fuoco nemica.- Lo sentivo parlare, ma io non ricordavo nulla.- Siamo stati fortunati, abbiamo incontrato il dottor Fournier. Sai sua madre era inglese e…- Non ero sicuro di comprendere tutto quello che diceva. Mi spiegò che eravamo stati aiutati da questo medico di un piccolo paesino nella campagna francese, che la mia ferita era seria e che aveva temuto non ce l’avessi fatta. Bloccare l’emorragia era stato difficile, ma adesso ero fuori pericolo.
Gli feci cenno di darmi qualcosa per scrivere, volevo sapere da quanto eravamo lì.
Erano dieci giorni.
Il mio pensiero andò a Bella, sperai che il mio comando non mi avesse dato per disperso, perché questo voleva dire un altro duro colpo per lei.
“Al campo sanno che siamo vivi?”Scrissi sul foglio che Jacob mi aveva porto.
Mi rispose di no e il mio cuore si fermò.
Dovevamo trovare il modo di avvisare che non ero morto.
Bisognava farlo prima che la notizia arrivasse a Bella. Passarono diversi giorni prima che riuscissimo a raggiungere il nostro ospedale da campo che avrebbe provveduto ad avvisare il mio comando. Le conoscenze del dottor Fournier furono provvidenziali.
Bella avrebbe potuto allontanare dal cuore quel dolore.
Conoscevo mia moglie ormai e sicuramente quest’ultimo periodo doveva averla provata in maniera indicibile , mi auguravo solo che avrebbe potuto superare tutto al più presto.
Con una ferita come la mia per me la guerra finiva lì.
Fu il mio comandante a darmene notizia venuto personalmente a sincerarsi del mio stato di salute.
- E’ stato un onore avervi conosciuto capitano mi disse stringendomi la mano. Il vostro valore e la vostra tempra morale non li dimenticherò facilmente. Potete fare ritorno a casa nell’ assoluta convinzione di avere dato il meglio di voi senza risparmiarvi mai. Siete e sarete un esempio per tutti noi. Tornate e casa da vostra moglie Edward e siate felice ve lo meritate, figliolo.- Ci salutammo.
Sarei partito dopo qualche giorno, per me quel capitolo si concludeva lì, dove avrei scritto la parola fine.
Sarei tornato a casa, alla mia vita e non riuscivo ancora a crederlo. Tanti miei compagni, amici perduti troppo presto sarebbero rimasti lì per sempre, sepolti da una terra che non li conosceva. Scomparsi, strappati ai loro affetti, sarebbero stati il mio ricordo indelebile. Il tempo avrebbe guarito ferite, allontanato la paura e diluito l’orrore, ma la guerra aveva portato via con se spensieratezza, gioventù, ingenuità.
Le nostre mani erano macchiate del sangue di nostri simili che avevamo chiamato nemici.
Li vedevamo come macchie scure, distanti e indistinti che cadevano sotto i nostri colpi.
Sagome di pupazzi di pezza che sobbalzavano sotto i colpi dei nostri fucili.
Ma non erano sagome, non erano bambole di stoffa.
Dentro quelle uniformi diverse dalle nostre, ma così simili, c’erano ragazzi come noi. Con sogni, speranze, ambizioni e amori che li aspettavano a casa.
Avevano occhi e braccia e gambe e cuori che battevano e bocche che sapevano ridere e piangere: come noi.
Lo sapevo, lo avevo visto. Il pianto, il lamento di chi soffre non ha nazionalità. Il dolore ci accomuna tutti sotto un’unica identità.
Tornavo a casa, anche per chi non ce l’aveva fatta.
Tornavo, con il ricordo di tutti loro, amici e nemici, impresso a fuoco e dolente come la mia ferita. Si sarebbe rimarginata, ma avrebbe continuato a fare male.
Qualunque cosa avessi fatto da quel momento in poi, non sarebbe stato mai sufficiente ad espiare la colpa di avere privato qualcuno della sua vita.
La notte sarebbe stata difficile da affrontare d’ora in avanti.
Avevo creduto in tutto quello, al punto da sacrificare tutto me stesso. Ora capivo che l’uomo può generare immense follie.
“Bella”. Il ricordo del suo viso, del suo sorriso e il buio che si era impossessato dei miei pensieri venne squarciato. Non mi sarei mai perdonato ciò che avevo fatto, niente mi sarebbe apparso più come prima, ma lei sarebbe stata la speranza per ricominciare a cercare un significato perduto.
Avrei imparato nuovamente insieme a lei a ritrovare il gusto dei piccoli gesti e della quotidianità.
Il suo amore mi avrebbe riconsegnato alla vita che non sarebbe stata più la stessa, ma sapevo che insieme, la mia notte sarebbe stata meno buia e i suoi fantasmi meno spaventosi.






Epilogo.

Mi era sempre piaciuta la campagna in quel periodo dell’anno. Il tepore del primo sole di primavera.
Me ne stavo beando, sdraiato sulla panchina, poggiato sulle gambe di Bella: era stato lì che le avevo chiesto di diventare mia moglie. Gli occhi chiusi mentre sentivo la sua mano delicata accarezzarmi la cicatrice ancora ben visibile del collo. Posava sempre una mano sul quel segno, quasi a volere portare via tutto il dolore che aveva procurato. La gioia di riabbracciarla fu immensa , le sue lacrime, il suo avere paura di avvicinarsi per non farmi male. Dovetti faticare a farle capire che niente ormai poteva farmi più male accanto a lei.
Mentre ripensavo a tutto questo, avevo il viso poggiato sulla rotondità del suo ventre dove, l’improvviso scalciare di mio figlio, mi fece depositare un bacio.
Sentii la mano di Bella regalarmi l’ennesima carezza e con l’altra passare le dita leggere tra i miei capelli per cercare di metterli in ordine.
Ascoltavo le risate di Emmett e Rosalie intenti a dare disposizioni per il loro matrimonio che sarebbe avvenuto tra qualche giorno. I miei erano andati al matrimonio di Jessica e Mike.
La loro storia era qualcosa di singolare e tutto sommato un ottimo compromesso per entrambi.
Lui aveva perso l’uso delle gambe e a lei serviva un marito per riparare ad uno sbaglio.
Lui avrebbe avuto una moglie e lei un padre per suo figlio.
Chi avrebbe potuto additarla come una poco di buono e compatire lui come un povero infelice? Del resto Jessica era una bella ragazza e di ottima famiglia che legava la sua vita ad un uomo che si era sacrificato per un ideale. Nessuno avrebbe mai conosciuto la vera natura del loro legame e chissà, magari, sarebbero stati anche felici. Mi venne da sorridere.
- Perché sorridi?- La voce di Bella che da quando aspettava il nostro bambino era ancora più dolce e melodiosa.- A cosa pensi?- Aprii gli occhi e la guardai.
- Alla felicità.- Le risposi. Ricambiò curiosa il mio sguardo. – A come per qualcuno è e resterà solo una parola. A come non finirò mai di ringraziare il cielo per avermi dato te.- Mi sollevai per sfiorarle le labbra con un bacio.
- Sei felice?- Mi domandò.
- Sì.- Le risposi scansandole una ciocca di capelli dal viso e guardandola negli occhi.- Vorrei poterti mostrare quello che ho nel cuore per farti sentire con quale intensità ti amo.-
- Ma io lo sento caro, ogni attimo, perché anche io ti amo così.- Mi sorrise prendendo le mie mani.- Sei l’aria che respiro, il sole che mi scalda, l’acqua che mi disseta: sei tutta la mia vita.- La guardai. Non riuscendo a non commuovermi. Quella creatura meravigliosa era mia e diceva di amarmi di un amore totale e incondizionato e io sapevo che sarei stato capace di tutto per lei. Mi sollevai prendendola tra le braccia. E baciandola teneramente.
- Scusate se vi interrompo.- La voce di Jasper risuonò alle nostre spalle.- Non riesco a trovare lo zio.- Il suo aspetto non era dei migliori.
- Non ti senti bene?- Domandai allarmato. Lo vidi sospirare pallido.
- No, io sto benissimo.- Scambiai con Bella un occhiata preoccupata.
- Non si direbbe, cognato, sembra tu sia lì lì per svenire.- Fece un altro sospiro profondo.
- Alice.- Disse quasi balbettando.- Penso che ci siamo. Il bamb…- Vidi Bella trattenere un urlo di gioia e portarsi le mani al viso.
- Rosalie…- Chiamò scappando via, mentre l’ammonivo di non correre a quel modo. Le vidi prendersi per mano ed entrare in casa.
- Penso sia il caso di avvisare zio Carlisle.- Vidi Jasper annuire e mi venne da sorridere per la sua espressione. Lo avevo visto in battaglia, ma mai una volta il suo sguardo era stato terrorizzato come in quel momento.
L’attesa fu snervante, vedevo Jasper fare su e giù e non potevo fare a meno di pensare a quando sarebbe toccato a me.
Nel frattempo si era riunita tutta la famiglia.
I miei genitori erano rientrati dal ricevimento di Jessica e Mike e avevano trovato quella novità ad attenderli e mia madre si era precipitata da Alice.
Dopo qualche ora una splendida bambina arrivò ad allietare tutti noi.
Quando entrai a conoscere mia nipote sembrava che quello che era successo nelle nostre vite appartenesse ad un tempo lontano, che sarebbe stato sempre in noi ogni giorno, avrebbe fatto male ricordare, ma sarebbe stato più sopportabile.
Lasciai tutti loro a contemplare la piccola Ann e uscii sulla veranda a fumare.
La voce di Jacob mi fece voltare. - Ho saputo che la piccola di Alice e Jasper è nata.- Feci cenno di sì e gli offrii una sigaretta. La prese e poi mi porse un piccolo dono.
- Questo è per la bimba, è un acchiappasogni: l’ho fatto io.- Disse. -La nostra gente crede che serva a tenere lontani i brutti sogni. Lo presi, sorridendogli.
- Jacob…- Dissi.- Io volevo ringraziarti…- Mi guardò.- Fino ad ora non l’ho fatto e…- Alzò una mano.
- Ti prego Edward non è necessario.- Sospirai.
- Lo so, ma se non fosse stato per te…- Mi poggiò una mano sulla spalla.
- Avresti fatto lo stesso.- Annuii.
- Si ma non so se sarei riuscito a salvarti. Tu sapevi cosa fare, come aiutarmi.- Sorrise.
- Sono stato fortunato.- Era un bravo ragazzo.
- Come vanno i tuoi studi di medicina?- Gli domandai.
- Sono duri, ma procedono.- Gli porsi la mano.
- Spero che realizzerai il tuo sogno al più presto e che tu possa essere felice.- Ci salutammo.
- Con chi parlavi, fratellino?- era la voce di Emmett, che mi aveva raggiunto.
- Con Jacob.- Risposi.- Lo stavo ringraziando per ciò che ha fatto per me…e ha portato un piccolo regalo per Ann.
- E’ un bravo ragazzo.- Disse piano mio fratello, mentre rimanevamo ad osservare quel nuovo giorno che portava nelle nostre vite rinnovata speranza e felicità.
Al nostro fianco apparvero Bella e Rosalie.
Cinsi con un braccio mia moglie tirandola a me, sfiorandole i capelli con un bacio e inspirando il suo profumo.
- Ti ho già detto che il tuo profumo mi fa impazzire, signora Masen?- Feci in un bisbiglio.
- Sì.- Rispose sorridendo.
- E che ti amo?- Continuai senza staccare le mie labbra da lei.
- Anche.- Disse continuando a sorridere.
- …E che sarà così per sempre?- La strinsi un po’ di più.
- Si, anche questo.- Replicò divertita.
- Allora già sai tutto quello che c’è da sapere.- Risi piano, chinandomi verso di lei baciandola.





FINE.

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