Finché c'è amore, nulla è perduto.

di _J2isreal_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pt1 ***
Capitolo 2: *** pt2 ***



Capitolo 1
*** Pt1 ***


Poggiò la schiena al legno duro della porta color noce. Una mano salda sopra la bocca, chiusa a coppa, un vano tentativo a coprire un altro singulto.
Il volto era basso, la mano libera incastrata tra le punte dei capelli biondi. Gli occhi chiusi, lasciando libero sfogo alle lacrime calde. Il completo nero elegante ancora addosso.
Jared continuava a battere con violenza il pugno chiuso sulla porta, la fronte poggiata pigramente sopra, mentre bussava disperato.

-Amore mio, perdonami, ti prego-

Urlava, la voce incrina al pianto. Non se lo sarebbe mai perdonato quel terribile errore.

Jensen non rispondeva. Si era lasciato cadere lentamente sul pavimento, battendo la testa all'indietro. Era finito tutto, era davvero finito tutto, per sempre, questa volta?

*** Qualche ora prima ***

Jensen aveva parcheggiato l'auto nera davanti ad un lussuoso ristorante. Era uscito, facendo il giro della macchina e aprendone la portiera.

Era il loro quarto anniversario, il maggiore aveva pensato a tutto per rendere la serata bellissima e indimenticabile.

Prese per mano il suo fidanzato, portandolo dentro. Aveva prenotato in una saletta appartata, non voleva interferenze con ciò che aveva in mente. Più che altro non voleva renderlo pubblico, era un uomo molto riservato.
Quando entrarono, Jared aveva nelle iridi grigie una luce bambinesca, felice. Strinse la stretta protettiva del compagno, facendosi strada da solo. Aveva intuito il posto preso dal biondo.
-Ma guarda un po' chi si rivede-

Ed ecco il primo intoppo della perfetta serata che Jensen si era prefissato. Il maggiore si girò accigliato verso la fonte della voce, certo di non conoscerne la persona.  Era un ragazzo alto, magrolino. Niente di esaltante, insomma.

-Gabriel?-

Rispose Jared.

Jensen alzò un sopracciglio nella direzione del castano, un tacito invito a spiegargli chi diamine fosse quel ragazzo e perché lui ancora non ne sapeva l'esistenza, ma la reazione di Jared lo sorprese prima.

Aveva gli occhi sbarrati, le labbra strette in una linea sottile. Si guardava intorno come alla ricerca disperata di una via di fuga. Si passò le dita tra i capelli lunghi, lisciandoli all'indietro.

-Sì, Jared. Come te la passi?-

Il tono di Gabriel era sempre più allusivo e accusatorio. A Jensen non piaceva assolutamente e la cosa lo innervosiva non poco, ma non voleva farsi rovinare la serata.

-Amore, possiamo parlare con il tuo amico dopo cena? Vorrei sedermi.-

Tagliò corto allora, sperando che il nanerottolo comprendesse l'antifona. Jared finse un sorriso tirato, inventandosi un paio di scuse per allontanarsi da lì.

A Jensen non era sfuggito. Prese posto al suo tavolo con un sospiro, non aveva ancora detto una parola.

Aveva uno sguardo serio, mentre osservava il fidanzato parlare di qualsiasi cosa pur di alleviare quella strana tensione che si era andata a creare.

-Jay, chi era quello?-

Gli domandò di punto in bianco. Non c'era traccia di rabbia o accuso nella sua voce, solo tanta curiosità. Conosceva tutti gli amici del suo fidanzato.

-Un amico d'infanzia. Mio fratello maggiore gli ha fottuto la ragazza e dal quel giorno non ci siamo più parlati. Mi vede come l'aiutante del diavolo, o una cosa del genere comunque-

Mentì, Jared. Perché mentire era l'unica via d'uscita da quella situazione stretta. Sapeva che Jensen non gli avrebbe mai perdonato la verità, non scoperta in quel modo.

Jensen piegò il volto di lato, leggermente, un pugno a sorreggergli il mento. Jensen capiva, ormai, quando il biondo gli raccontava una balla.

Jared quando mentiva guardava negli occhi solo per un secondo, successivamente si toccava un punto, non molto preciso, sotto l'orecchio.

Lo faceva ogni volta, involontariamente. Non se ne rendeva proprio conto. Sospirò una seconda volta e Jared sapeva che non era buono quando il fidanzato sospirava così tante volte.

Ma il maggiore lo sorprese; qualche minuto dopo si ritrovò ad annuire, ritornando alla posizione iniziale. Il sorriso si era formato nuovamente su quel viso disegnato alla perfezione.

Jensen si era ripromesso che niente avrebbe rovinato quella serata, niente. Tutti i problemi sarebbero venuti dopo, in seguito, e li avrebbero risolti insieme. Come giusto che fosse.

Tutta la cena proseguì dignitosamente. La tensione si era sciolta quasi subito e Jared era grato che l'altro non fosse tornato sull'argomento.

Quando finirono di mangiare, il biondo si alzò dalla sua sedia. Jared notò come le sue guance avessero assunto una gratazione in più. Era veramente bellissimo.

Jared lo pensava in ogni singolo istante della giornata, ma in quel momento ancora di più. Il suo fidanzato brillava di luce propria, brillava d'amore, brillava di semplicità. Si sentiva la persona più fortunata del mondo ad averlo al suo fianco.

-Allora..-  Cominiciò, facendosi scappare una piccola risata. Era così emozionato, così nervoso. Jared gli rivolse uno sguardo intenerito, sporgendosi in avanti per stare più comodo ed osservarlo meglio. -Se siamo qui, questa sera, è anche per un secondo motivo.- Annunciò.

-Quattro anni fa, ti conobbi nel modo più scontato e comico in cui potevo incontrare una persona.- Rise di nuovo, accompagnato da Jared. -Io ero ancora un coglioncello, un ragazzino che pensava solo a divertirsi. Credo di aver fatto tanti di quei danni che neanche Dio sa..- Abbassò il viso, scuotendolo divertito da una parte all'altra.

-Ma poi tu, amore mio, sei entrato nella mia vita- Continuò, alzando le sue iridi verdi, emozionate, verso le sue, altrettanto lucide. -Non credevo che mi potessi cambiare così tanto. Mi hai insegnato che, per quanto stronza e bastarda, la vita può regalarti anche cose belle. Mi hai insegnato che non esiste la gioia, senza il dolore. Mi hai aiutato a rimettere insieme ogni pezzo della mia vita, donandomi il tuo cuore. Il tuo magnifico, grande, cuore. Mi hai dato il tuo amore e continui a farlo giorno dopo giorno. Mi hai insegnato a ridere, a ridere sul serio, e ti giuro, Jared, non ti ringrazierò mai abbastanza per aver reso questi i quattro anni più belli della mia intera esistenza.

Quinidi, Jared Tristan- Si avvicinò a lui, inginocchiandosi- Padalecki- Prese la scatolina di velluto blu dalla tasca.- Vuoi diventare mio marito e continuare a rendermi felice per il resto della mia vita?-

Dichiarò, trepitante di una risposta.
Jared aveva le lacrime agli occhi, non riusciva a contenere la gioia che provava in quel momento. Si gettò al suo collo, baciondolo con quanta più passione e amore avesse nel corpo.

Stava per rispondere di sì, quando qualcuno applaudì alle loro spalle. Jared si staccò velocemente del suo quasi marito, mentre Jensen si voltò accigliato.

-Ma bravo, bravo, bravo, Jared.-
Continuò ad appludire Gabriel, andando a tempo con le sue parole.

-Bellissima dichiarazione, amico, davvero. Ma credo che il tuo compagno non sia stato del tutto sincero con te, lo sai? Diglielo...-

Jared impallidì una seconda volta, quella sera. Sentì una rabbia tramontare prepotentemente dentro di sè. Non gli avrebbe permesso di rovinare quello che stava per diventare il giorno più bello della sua vita.

Si protese verso di lui, afferrandolo per il colletto della camicia. Stava per buttarlo fuori, ma Jensen decise di fermarlo.

Aveva il cuore in gola, gli occhi colmi di confusione, ma aveva bisogno di risposte. C'erano troppe cose che non quadravano. Jared violento ed evasivo, il suo Jared che gli mentiva, quest'uomo che interrompeva una dichiarazione di matrimonio per una stupida lite tra adolescenti.

-Lascialo, Jared.-

Ordinò, parandosi in mezzo ai due. Usò il suo corpo come un divisorio, spingendo delicatamente il compagno per farlo allontanare da quello sconosciuto.

-Mi spieghi chi diavolo sei e cosa vuoi da noi?- Domandò, Jensen, voltandosi completamente verso di lui.

Jared non fiatava più, le mani a coprirgli il volto abbronzato.

-Ah, il tuo ragazzo non te l'ha detto? Questo sì che è divertente. Sai dov'era esattamente Jared sei mesi fa?- Chiese allusivo, lanciandogli un'occhiata eloquente. -e poi il mese successivo?-

Jensen corrucciò le sopracciglia. Sentì improvvisamente le gambe deboli, tremanti. Ricollegò i pezzi.

In quei mesi stavano attraversando una crisi. Entrambi erano molto nervosi e indaffarati con il lavoro, litigavano spesso. Si tiravano oggetti, una volta Jared aveva anche alzato le mani, ma si era pentito subito. Ogni litigava finiva con una fuga di Jared, fuga che durava giorni.

Era stato il periodo peggiore per Jensen, lui che amava l'unione e odiava stare separati per troppo tempo. Lui che pur di rendere felice Jared si prendeva colpe che non aveva, lui che pur di fare pace, chiedeva scusa per primo. Lui che pur di non litigare, fingeva di non vedere.

-Jared, cosa sta dicendo?-

Ma Jared continuava a non rispondere. Il pollice e l'indice stretti sugli occhi, così da non vedere quello che stava per succedere.

Jensen, invece, credeva di poter avere un infarto da un momento all'altro. Sentiva il cuore accellerare battito dopo battito, le tempie pulsare pesanti, la vista appannata.

-Sto dicendo che mentre tu e il tuo ragazzo avevate le vostre crisi da coppia, lui scappava da me e mi sbatteva dentro il mio letto- Ringhiò con rabbia.- Mi ripeteva che tu non lo meritavi, che tu lo trattavi male. Mi ripeteva che ti avrebbe lasciato a breve perché stare insieme ad uno come te era agonia per lui. E poi mi prendeva da dietro, urlandomi che tu non eri in grado di farlo venire.- Sputò ancora.
Per Jared ascoltare quelle parole fu come accendere una vecchia miccia. Chiuse la mano dentra in un pugno, sferrandolo violentemente sul naso di Gabriel, che inerme cadde a terra.

Jensen sentiva i timpani rimbombare nelle orecchie. Fissò un punto qualsiasi nella parete. Sentiva come se fosse estraniato dal mondo, come se lui fosse uno spettatore della sua stessa vita.
Le sue labbra erano socchiuse, non riusciva a muoversi. Le parole di Gabriel andavano a ripetizione nella sua mente.

Sentì il suono del suo cuore rompersi e farsi in tanti piccoli pezzi. Non poteva credere che Jared avesse detto quello cose. Non poteva credere che stava per sposare un uomo del genere. Era così deluso, amareggiato, triste.

-Jensen..- Lo richiamò il castano, avvicinandosi a lui. -Amore mio, mi dispiace da morire, te lo giuro, per favore..- Posò una mano sul suo braccio.

Se Jensen stava male, Jared stava passando letteralmente l'inferno. Non aveva mai pensato quelle cose.

-Perdonami, Jensen.. Ti giuro che non ho mai, mai pensato nemmeno una di quelle cose..- Provò a giustificarsi, ma l'altro non rispondeva.

Jared sentiva le lacrime solcare le sue guance. Jensen, invece, non si era nemmeno accorto di star già piangendo.

-Mi faccio schifo. Sono una persona orribile, non merito nemmeno il tuo perdono, ma ti prego, ascoltami.- Provò ancora, ma Jensen non voleva dare segni di vita.

Il suo corpo era un continuo tremar e sussultare a dei singhiozzi trattenuti.

-Non toccarmi.- Sussurrò con disprezzo, alzando finalmente lo sguardo colmo d'odio su di lui. Sguardo che uccise Jared più di qualsiasi altra parola che poteva uscire dalla sua bocca. -Ora vai a casa, prendi le tue cose e sparisci per sempre dalla mia vita. Intesi?- Ordinò freddo.

Jared sentì il suo intero mondo crollare sotto i suoi piedi. Jensen era l'unica famiglia che avesse mai avuto, l'unica persona che l'aveva sul serio amato. Senza di lui era perso, non esisteva.

-No, non dire così, ti prego. Ascoltami, possiamo parlarne. Ti prego.- Supplicò.
Si sentiva così patetico, così stupido, ma non gli importava. Si tirò nevroticamente i capelli indietro, provando a sistemare quel casino troppo grande in cui si era cacciato.

Non poteva perdere l'uomo della sua vita. Non poteva. Lo afferrò nuovamente per il braccio, portandoselo più vicino.

-NON TOCCARMI!-

 Gli urlò contro, Jensen, strattonando via la sua mano. Gli faceva schifo anche solo guardarlo, in quel momento.

-Mi fai schifo, Jared. Mi fai veramente schifo. Io ti stavo per sposare, questa sera. Ti stavo per sposare, Santo Dio!- Urlò di nuovo, prendendo finalmente coscienza di quello che era successo. - Ti rendi conto di quello che hai fatto? Dio, nemmeno ti riconosco. Ho passato il tuo stesso cazzo di periodo, lo stesso!- Gridò, gridò così forte che anche le altre sale riuscirono a sentirlo. -Ma non mi sono azzardato ad avvicinarmi a nessuno nemmeno per sogno. Sono veramente un coglione. Ho creduto davvero che mi amassi, Jared. Mi fai schifo! Schifo!-
Jensen singhizzava, colpendo furiosamente l'ex compagno. Jared incassò i colpi, le iridi che di grigio ormai non avevano più niente.

-Non dire così, Jensen..-

Quelle parole facevano più male dei pugni. Così male che non riusciva nemmeno a difendersi.

-Dimenticati anche il mio nome. Ah, quello lo hai già fatto mentre ti trombavi il tuo amico. Così come tutto quello che ho fatto per te. Ma non ti vergogni, eh? Non ti fai schifo pure tu? Mi stavi per dire di sì, porca puttana!-

Jensen non conteneva più la rabbia, il dolore che stava provando.

-Non riesco nemmeno più a guardarti in faccia.-

*** Ora**

-Vattene.-

Riuscì solo a rimarcare, mentre privo di forze si tirava verso il suo letto.

Jared aveva bussato alla porta tutta la notte, fino a quando, stanco morto, non si era addormentato fuori l'appartamento.
Jensen si svegliò all'alba. I suoi occhi erano gonfi dal pianto, rossi da far paura.

Si avvicinò scrupolosamente alla porta, trovando Jared ancora lì per terra. Era sveglio anche lui.

Sentiva i vicini lamentarsi di chiamare la polizia, cercavano di mandarlo via, ma Jared si era impuntato di rimanere lì.
-Non me ne vado finché Jensen non apre la porta!- Continuava a ripetere, ma il maggiore non gliela dava vinta.

Non riusciva nemmeno a provare pena per lui, in quel momento. Lo odiava troppo.

***

La seconda notte fu anche più dolorosa della prima.

La seconda notte arrivò la consapevolezza piena di quello che era accaduto. Arrivò la consapevolezza della sua storia d'amore da favola, andata completamente in fumo.

La consapevolezza che non avrebbe più avuto Jared al suo fianco, nonostante avesse compreso che, infondo, non aveva mai conosciuto veramente quell'uomo.

Jared, invece, non si arrendeva.

Quella notte avevano chiamato i carabinieri. I vicini non accettavano che uno sconosciuto dormisse fuori le loro porte di casa e non avevano assolutamente torto.

-No! Lasciatemi, lasciatemi! Non posso lasciare Jensen qui, vi prego.-

Pianse disperato il castano, calciando e cercando di liberarsi da quelle strette forti.

Jensen alzò il cerchietto della serratura, all'armato, guardando cosa succedeva fuori. Jared non si era mosso di un millimetro per tutto il giorno.

I carabinieri lo stavano trascinando fuori dal condominio, costringendolo a stare fuori il portone. Lo minacciarono anche di portarlo in centrale, ma a lui non importava più niente.

Jensen sentì il suo cuore stringersi nel petto. Qualcosa doveva pur significare per lui, se si comportava così, no?

***

Erano passate altre due notti.

Dormire per Jensen era diventato un optional ormai. Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva quella scena davanti a sè. La parte più difficile era stare in quel letto matrimoniale senza il suo ragazzo. Quella montagna calorifera che lo proteggeva e riscaldava.

Jensen spesso si affacciava alla finestra principale. Da lì vedeva la figura perfetta di Jared seduto sul marciapiede. Non se ne era mai andato da lì.

Indossava ancora i vestiti di quella famosa cena. La barba era già ricresciuta, dando un aspetto ancora più malconcio a quello già malridotto del più piccolo.

Gli occhi erano spenti, delle grandi occhiaie viola serpeggiavano quel viso che una volta era tanto curato.

Il viso stanco e la vistosa perdita di peso, lo invecchiavano di almeno due anni.

Jensen andò in camera da letto, staccando il suo cellulare da sotto carica. Aveva inserito la modalità silenziosa. Jared aveva smesso di chiamare il secondo giorno, probabilmente il suo telefono era morto prima.

Le altre chiamate erano di Misha, il suo migliore amico, che da quando aveva scoperto tutto non faceva altro che accertarsi che stesse bene.

Compose il numero del moro, grato che rispose al secondo squillo.

-Mish, sì, sì sto bene. Devo chiederti un favore. No.. Sì, sì ho mangiato. Ecco.. Jared è qui sotto. So che provi un po' di risentimento in questo momento.. ti prego fammi parlare.. Non va via da quattro giorni.. Sono quattro giorni che sta seduto sotto la mia finestra. Sono preoccupato per lui, ti prego, portalo un po' a casa.-

Jensen non poteva evitare di non essere preoccupato.

Non lo aveva ancora perdonato, ma gli faceva male vederlo così in balia di se stesso. Nemmeno il suo peggior nemico meritava una cosa del genere.

Misha accettò di buon grato la supplica dell'amico. Prima che succedesse tutto quel casino, era un grande confidente anche di Jared. Nemmeno lui si spiegava come avesse potuto fare una cosa del genere, ma voleva che Jensen stesse tranquillo, così l'accontentò.

Quando arrivò sotto l'appartamento del biondo, credeva davvero che esagerasse, ma quando i suoi occhi incontrarono la figura del castano, rimase letteralmente scioccato.

-Jared?-

Lo chiamò, nemmeno tanto convinto che fosse lui veramente.

-Ehy, amico, perché non vieni un po' con me?-

Domandò il moro. La voce vellutata, dolce, credendo che sul serio Jared si sarebbe rotto da un momento all'altro, se avesse alzato il tono.

Jared scosse la testa. Non riusciva nemmeno a parlare. Aveva la gola secca per la mancanza di idratazione. Stava per terminare anche l'acqua delle lacrime.

-Jared.. andiamo a casa. Mangi qualcosa, ti cambi e poi torniamo, uhm?-

Riprovò. Era preoccupato anche lui per la sua salute. Si guardò sbrigativamente in giro, sedendosi al suo fianco.

-Non.. Non ho fame..-

Gracchiò, poco più di un sussurro. La voce rauca, il tono basso. Misha strabuzzò ancora di più gli occhi, prendendo il viso dell'amico tra le mani.
-Ma da quant'è che non bevi, ma sei impazzito?-

Chiese allarmato, voltandosi verso un signore che passava di lì. Gli intimò di prendere alla svelta un bicchiere d'acqua, obbligando Jared a berlo.

***

Subentrò la quinta notte.

Jensen aveva fatto il muro del silenzio intorno a lui. Non era più uscito di casa, non parlava con nessuno, neanche lui mangiava poi tanto.

Era sempre più preoccupato per l'incolumità del suo ex ragazzo. Misha aveva provato in tutti i modi a farlo schiodare da lì, ma non ci era riuscito.

Il maggiore lo spiava da dietro la tenda. Le notizie che gli aveva rilasciato Misha non erano per niente confortanti. Era combattuto, visibilmente combatutto.

Era ancora arrabbiato, ma non poteva di certo lasciarlo morire lì sotto.

Quella notte le temperature erano calate notevolmente. Cominciò anche a piovere e in tutto ciò Jared non si era mosso di un millimetro.

-No, non posso lasciarlo così-

Si convinse alla fine, recuperando una coperta dall'armadio. Si affrettò a scendere le scale, le chiavi nascoste nella giacca della felpa.

Raggiuse Jared all'esterno.

Aveva le labbra quasi viola, era debole. Jensen lo coprì, provando a farlo alzare.

Solo in quel momento Jared si riscosse. Alzò gli occhi su di lui, riuscendo a far scendere anche l'ultima lacrima che gli era rimasta.

-M.. mi..- Provò a parlare, la bocca gli tremava.

-Sh.. sh.. me lo dici dopo, uh..-

Jensen aveva gli occhi lucidi. Non poteva credere che Jared pur di farsi perdonare si era spinto a tanto.

-Ora andiamo su casa, al calduccio e parliamo-

Gli ripeteva. Sperava che almeno il suono della sua voce lo facesse rispondere agli stimoli esterni, ma l'ex compagno era troppo debole per riuscirci.

Era mal nutrito, insonne e aveva bevuto un bicchiere d'acqua in cinque giorni. Jensen non sapeva come Jared ci fosse riuscito.

Jared, però, riuscì a fatica a spostare un cartellone bianco davanti alla visuale del maggiore. Un vecchio cartone che aveva trovato sulla via, con su scritto "Mi dispiace, non ho mai smesso di amarti."

Qualche secondo dopo cadde a peso morto sul pavimento, perdendo definitivamente i sensi.

-Oh, merda. Jared? Mi senti? Cazzo!-

Urlò in preda all'ansia, stringendo il corpo svenuto di Jared tra le braccia.

Tastò entrambe le tasce, ringraziando il cielo che per una volta aveva portato il cellulare con sè.

Chiamò velocemente Misha. Il migliore amico abitava alla traversa dopo, avrebbe fatto sicuramente prima dell'ambulanza.

***



A.A
Ragazzi, questa è solo la prima parte. La storia è stata ideata come una ff unica, ma per motivi di lunghezza l'ho divisa a metà.

Vi confesso che l'idea mi è venuta da una foto, ve la posterò nel secondo se riesco (Capitemi, sono un po' impedita ahaha)

Spero che vi prenda e che vi piaccia.

Fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacione a tutti! <3

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Capitolo 2
*** pt2 ***


Jensen era seduto nella sala d'attesa.

Si mangiucchiava nervosamente le pellicine delle unghie, quelle le aveva già finite, muovendo convulsamente il ginocchio su e giù.

Misha era al suo fianco, bianco come un fantasma.

-E' tutta colpa mia. Sono uno stronzo!-

Alzò il tono della voce, alzandosi di scatto dalla poltroncina blu.

-So che Jared è testardo, ma che mi è saltato in mente! Perché non l'ho fatto salire prima.-

Continuava a tormentarsi. Piangeva.

Piangeva per il nervoso, piangeva per i sensi di colpa, piangeva perché non ce la faceva più. Voleva che finisse tutto all'istante.

-Non è colpa tua, Jensen.-

Provò a consolarlo l'amico, ma il biondo non l'ascoltava nemmeno. Camminò avanti e indietro per tutta la stanza, fino a quando- finalmente- un medico non entrò.

Aveva una cartellina gialla tra le mani, gli infallibili occhiali da lettura tenuti sul naso, lo sguardo serio rivolto verso di loro.

-E' il signor Jensen?- Domandò per prassi, anche se la sua espressione preoccupata parlava già da sè.

-Come sta?-

Il dottore aprì la cartellina, leggendo attentamente le informazioni scritte all'interno. Rialzò la testa con un sospiro, sistemandosi meglio gli occhiali.

-Il suo fidanzato ha subito una grave disidratazione. Ora sta facendo delle flebo, così da poter monitorare la situazione.
Le analisi non sono cattive. Sono tutti soggetti collegati fra di loro. La disidratazione e l'insonnia hanno portato ad un abbassamento di pressione, alimentato anche dalla poca assunzione di cibo. Favorendo, così, ad avere un basso sistema immunitario.

Due giorni di riposo qui dentro, una giusta dieta e tornerà come nuovo.-

Sorrise il medico, annuendo ai due ragazzi.

Jensen sospirò, asciugandosi una guancia.

- Posso vederlo?- Domandò impaziente.

-E' sotto l'effetto di un sonnifero, torni domattina. Ora vada a casa e si riposi. E' stata una nottata un po' movimentata.-

Consigliò, l'uomo sulla cinquantina.

Jensen sorrise. Quel dottore non sapeva nemmeno quanto avesse ragione. Acconsentì nella sua direzione, consapevole che tanto non sarebbe andato da nessuna parte.

-Vai a dormire, Mish. Grazie di tutto. Ti aggiornerò.-

Misha non aveva intenzione di lasciarlo lì, ma dopo le continue rassicurazioni da parte dell'amico, alla fine, acconsentì.

Quando Misha fu tornato a casa, lui si prese un caffè alle macchinette. Con la scusa che era notte inoltrata e i corridoi erano vuoti, si incamminò verso la camera di Jared.

Vi entrò in silenzio, chiudendo la porta alle sue spalle.

Accarezzò con dolcezza una guancia del suo ex ragazzo, sedendosi vicino a lui.

***

La mattina arrivò prepotente, palesando il suo arrivo illuminando l'intera stanza con i suoi raggi solari.

Jared aprì gli occhi, a fatica, sbattendoli ripetudamente. Li richiuse un paio di volte, prima di tenerli stabilmente aperti.

Sentiva tutti i muscoli del proprio corpo intorpititi, dolori intercostali ovunque. Provò a girare il collo verso verso il peso che sentiva sulle gambe, ma una stilettata di dolore lo travolse in pieno.

Sospirò, guardandosi le mani. Per un istante si domandò perché era in un ospedale, ma presto gli avvenimenti dell'ultima settimina fecero capolineo.

Sbadatamente si mosse in modo brusco, svegliando così anche Jensen.

-Ehy, buongiorno- Sbadigliò il biondo, allungando le braccia al cielo per stiracchiarsi meglio. -Ti sei svegliato, piccolo, come ti senti?-

Gli domandò con un sorriso stanco, passandogli una mano tra i capelli lunghi. Un piccolo gesto d'affetto che Jensen aveva per vizio.

Jared si rabbugliò all'instante, dopo il nomignolo, scuotendo il volto.

-Cosa c'è, non stai bene?- Tirò ad indovinare.

-Non..- Gracchiò Jared, tossendo. Non aveva mai avuto la gola più secca di così.

Jensen gli passò un bicchiere d'acqua, pronto per l'evenienza.

-Non.. chiamarmi.. così.- Riuscì a dire, abbassando il volto.

Il maggiore corrucciò le sopracciglia, non capendo esattamente cosa stava succedendo.

-Devo.. devo ancora..- tossì, fermandosi per prendere aria- Farmi perdonare.- Spiegò, finendo l'acqua nel bicchiere.

Jensen si coprì il viso con le mani, armandosi di santa pazienza. Sospirò rumorosamente, prendendo il suo mento tra le dita e girando il volto verso di lui.

I suoi occhi erano velati di lacrime, così un sorriso rassicurante si formò sulle proprie labbra.

-Sei un piccolo incoscente, Jared padalecki.- Lo riprese.- Ti avverto. Fammi passare un'altra settimana del genere e ti giuro su Dio, la prossima volta ti uccido.-

Lo minacciò, notando la confusione negli occhi dell'altro.

-Sì, ho detto la prossima volta. Usciti da qui tu torni a casa con me. Ero serio in quel ristorante, Jared. Ti amo e questa settimana mi hai dimostrato quanto anche tu mi ami me. Certo, ci vorrà del tempo per recuperare il rapporto che avevamo. Servirà a me per passare sopra a quello che ho scoperto, nonostante questo, però, ti chiedo scusa per aver esagerato con le parole. E mi dispiace di non averti  fatto entrare prima in casa.- Jared provò a fermarlo, ma Jensen lo ignorò. -Detto questo, sei ancora l'uomo che ho intenzione di sposare, Jared. Non riesco a vedermi in un futuro senza di te, quindi possiamo superare questa cosa insieme e lavorare duramente, ce la faremo.

Ma ti prego, ti prego, non farmi più una cosa del genere. Mi sono sentito morire quando ti ho visto inerme tra le mie braccia. Non posso perderti così-

Jensen non si era nemmeno reso conto di aver fatto la dichiarazione più bella che Jared avesse mai udito. Si tirò a sedere, anche se a fatica,e afferrò Jensen per avvicinarlo.

Lo abbracciò stretto, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. Singhiozzò sulla sua spalla, mentre Jensen lo coccolava. Giocava con le ciocche dei suoi capelli, lo tranquillizzava.
-Basta, piangere, piccolo. Io sono qui.- Lo rassicurò, il viso contratto in una smorfia dolce. -Non ti lascio, sono qui.- Ripetè, cullandolo tra le sue braccia.

Jared era tanto grande, quanto fragile.

Jensen si sedette sul letto vicino a lui, continuando ad abbracciarlo. Di tanto in tanto gli passava una mano dietro la schiena. Era una delle cose che calmava il compagno.

Quando nemmeno quello funzionò, Jensen pensò bene di baciarlo. Un bacio dolce, delicato, così delicato che Jared quasi credeva di averlo sognato.

-Amore, basta. Ti prego. Sai che non mi piace vederti piangere.-

***

Esattamente due giorni dopo, Jared rientrava nel loro appartamento. Era tutto come lo avevano lasciato la notte in cui era successo il casino.

Jensen riposò le chiavi della seconda casa in un cassetto, già pronte per ogni evenienza, e accompagnò Jared all'interno.

Il minore non parlava. Si sentiva un estraneo a casa sua.

-Possiamo parlare?-

Domandò d'un tratto, sedendosi sul divano.

Jensen sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi. Sospirò pensantemente, annuendo nella sua direzione. Prese posto al uso fianco, aspettando che l'altro cominciasse il suo discorso.

-Sei mesi fa, non è stato un bel periodo per nessuno dei due. Credevo davvero che la nostra storia sarebbe giunta al termine da un momento all'altro. Litigavamo un giorno si e l'altro pure. Volavano parole sempre più pensati. Una notte decisi di andare in un bar, volevo distrarmi, non pensare a niente per un po'.- Trattenne il fiato, sapeva che la seconda parte gli sarebbe piaciuta un po' meno. -Conobbi un tale, giocando a bigliardo. Lui sganciò una scommessa, disse che mi avrebbe pagato per sedurre un uomo. Che avevo troppo la faccia d'angelo, dovevo farlo per forza. Non ci trovavo nulla di strano, dovevo solo divertirmi. Per fartela breve, mi ha messo una droga nel bicchiere.

Non so esattamente cosa successe quella notte, ma so che puntualmente una volta al mese, mi arrivava un messaggio sul cellulare. Puntualmente mi diceva di andare in quel bar. Io volevo solo sapere chi fosse l'artefice, te lo giuro, Jensen. Non ti avrei mai tradito consensientemente. Non so nemmeno da dove sono uscite tutte quelle parole, io non me le ricordo..-

Jensen guardò il compagno allibito. Si coprì il viso con le mani, rimase così per qualche minuto, incapace di fare qualsiasi cosa.

Jared aveva il viso puntato verso il pavimento. Si sentiva così umiliato, così stupido, così vigliacco. Se fosse stato in Jensen si sarebbe fatto schifo anche lui.

-E quando pensavi di dirmelo?-

Il tono di Jensen era neutro, freddo, a tratti pauroso. Jared pensò bene di rimanere in silenzio, pronto ad un'altra sfuriata del fidanzato.

Il maggiore si alzò di scatto, camminando avanti e indietro per la camera da pranzo.

-Dio, sei stato drogato Jared!- Alzò la voce.- Perché non mi hai detto niente? Potevo aiutarti, potevo starti vicino! Misha è un agente dell'FBI, avremmo rinchiuso quel figlio di puttana una volta per tutte!-
E lì Jared capì. Il suo fidanzato non era arrabbiato con lui, era arrabbiato con loro, si sentiva in colpa per non aver capito che ci fosse qualcosa che non andasse.

-Ehy..-

Provò a richiamarlo il compagno, andandogli incontro.

-Tu stavi male! Io non l'ho capito.. Perché non mi hai permesso di aiutarti?-

Jensen aveva finalmente fatto cadere la maschera. Tutte le sue difese si stavano sgretolando sotto le parole del fidanzato. Gli nuovamente lucidi.

-Avevo paura che ti avrei fatto schifo, se lo avessi saputo-

Rivelò alla fine, abbassando il capo.

A quel punto Jensen alzò lo sguardo su di lui. Penetrò i suoi occhi con i propri. Sentiva il suo cuore battere all'impazzata, faceva quasi male. Un peso al centro del petto.

Prese il suo viso tra le mani, baciandolo con tutta la frustrazione e l'amore che possedeva.

-Tu non potresti mai farmi schifo, amore mio, mai.-

Lo rassicurò, circondando la sua vita con un braccio. Azzerò anche quella poca distanza che li divideva. Passò una mano tra i suoi capelli castani, lasciandola dietro al collo.

Lo baciò di nuovo, spingendolo seduto sul divano. Si sedette a cavalcioni su di lui, staccandosi per guardarlo di nuovo.

-Mai, Jared. Ficcatelo in quella testolina dura che ti ritrovi-

Lo rimproverò.

Jared gli rivolse lo sguardo più innamorato che aveva. Strinse i fianchi del compgno, quasi come se non ci credesse che lui era lì. Era lì vicino a lui e lo stava amando.

Per minuti interminabili rimase a fissarlo. Voleva la sua immagine impressa nella mente anche quando non aveva Jensen vicino a sè. Si reputava il ragazzo più fortunato del mondo ad aver trovato uno come lui.
Lo amava talmente tanto da sentir il cuore scoppiargli nel petto.

-A cosa stai pensando?- Domandò, Jensen, accarezzandogli una guancia.

-Che ti amo da impazzire.- Rispose sinceramente, suggellando quella dichiarazione con un altro bacio.

****

I giorni passavano veloci. Jensen non si era staccato un millimetro da Jared. Non si allontanava nemmeno sotto tortura, non ci riusciva proprio.

Avevano riscoperto quei sentimenti che gli anni, spesso, spengevano un po'.

Jared aveva imparato a dirgli qualsiasi cosa, anche la più stupida e così faceva Jensen.

Avevano imparato a tenere sotto controllo gli orari sfiancanti dei propri lavori e se proprio non ce la facevano più a stare lontani, uno andava sul lavoro dell'altro.

La loro relazione era davvero alle stelle. Non potevano reputarsi più felici di così.

Era già passato un anno da quegli avvenimenti. Jensen aveva fatto in modo di rintracciare quel figlio di puttana che si era approfittato di Jared e con l'aiuto del suo migliore amico, lo aveva fatto finire dietro le sbarre per un po'.

Ora stavano per festeggiare il loro quinto anniversario. Jensen non voleva rinunciare alla richiesta in quel ristorante. Era il posto dove si erano conosciuti e dove avevano festeggiato il loro primo anno di fidanzamento. Quel posto aveva più ricordi che ricordi e Jensen era straconvinto che fosse il posto giusto per chiedergli di sposarlo.

Il maggiore spostò la sedia a Jared per farlo sedere, il tavolo lo stesso dell'altra volta.

Jensen prese la mano del compagno, era arrivato il fatitico momento, finalmente.

-Amore mio.- Cominciò. Jared pensò anche che la luce che brillava nei suoi occhi era qualcosa di sensazionale.- Quest'ultimi ultimi due anni sono stati abbastanza travagliati. Sono successe parecchie cose, abbiamo raggiunto punti di rottura, a volte credevo persino che non ce l'avremmo mai fatta. Ma, Dìo, ti amo troppo per lasciarti andare. Quel giorno quando ti chiesi di sposarmi, ti giurai che avremmo affrontato qualsiasi cosa insieme, e quella promessa è ancora valida. Oggi, finalmente, posso affermare con ancora più decisione, che non riesco a vedermi in un futuro dove tu non ci sei.

Voglio svegliarmi la mattina e trovarti vicino a me. Voglio sentire ogni giorno della mia vita la tua voce mentre mi racconta del lavoro, o di qualsiasi cosa ti passa per la testa. Voglio abbracciare i problemi che verranno insieme a te e affrontarli, più forti di prima.

Quindi..- si inginocchiò, un sorriso a trentadue denti stampato sulle labbra. Jared piangeva di gioia, non poteva crederci che finalmente stava per sposarsi. -Vuoi tu, Jared..-

Il castano si alzò di scatto, gettandosi alle sue braccia. Lo fece con talmente tanta enfasi che entrambi caddero per terra. Jared era quasi il doppio di lui, per altezza.

Jensen rise di felicità, mentre il compagno urlava tutti "Sì" alternati a tanti bacetti sulle labbra.

Il biondo si tirò a sedere, facendo così alzare anche Jared. Prese la sua mano sinistra nella propria, sfilando l'anello dalla scatolina blu. Lo infilò con lentezza all'anulare, guardandolo negli occhi.

-Ti amo.- Concluse Jensen, baciandolo.

-Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo.-

A.A Questa è la seconda parte. Ringrazio chiunque la legga e lasci un commento. Buona serata a tutti!!!!

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