Rosso sangue

di Fonissa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 1: L'inizio ***
Capitolo 2: *** Giorno 2: Una nuova me ***
Capitolo 3: *** Giorno 3: la mia seconda vittima. ***
Capitolo 4: *** Giorno 5:Ti amo. ***
Capitolo 5: *** Giorno 8: l'incontro. ***
Capitolo 6: *** Giorno 9: curiosità ***
Capitolo 7: *** Giorno 10: insieme. ***
Capitolo 8: *** Giorno 13: compagni d'avventura. ***
Capitolo 9: *** Giorno 13/parte 2: decisioni importanti. ***
Capitolo 10: *** Giorno 14:felice. ***
Capitolo 11: *** Giorno 16: Hiroji... ***
Capitolo 12: *** Giorno 16 pt.2: fughe. ***
Capitolo 13: *** Giorno 16 pt.3: un letto comodo. ***
Capitolo 14: *** Giorno 17: il momento. ***
Capitolo 15: *** Giorno 17 pt.2: Ryushi ***



Capitolo 1
*** Giorno 1: L'inizio ***


Corro verso la scuola, mentre i miei capelli neri scivolano sui miei occhi azzurri. Gli unici rumori che si sentono sono i miei passi e la pioggia insistente. Cerco di ripararmi con la mia cartella, inutilmente. Arrivo a scuola tardi e completamente bagnata. Se solo la sveglia avesse suonato in tempo avrei evitato questa pioggia così intensa, ma purtroppo non c'è nessuno che può svegliarmi, ormai. Mi appoggio alla porta dell'aula per prendere fiato. E' in quel momento che sento il professore dire il mio nome:

"Kojima Hikaru"

Spalanco la porta, sussurrando un 'sono qui', poi imbarazzata mi avvio al mio posto mentre le risate e le frasi dei miei compagni mi invadono la mente.

"Hikaru è sempre così sbadata"

"E' un'imbranata"

"Se ne sta sempre da sola"

"E' strana"

Stringendo i pugni, mi siedo al mio posto. Il professore inizia la lezione come se niente fosse. Nemmeno i professori mi notano molto, tranne quando faccio qualche errore in un compito. Quando succede, partono i rimproveri e di conseguenza le prese in giro. 

Mi sento sollevata quando suona la campanella che segna il pranzo. Sistemo lentamente le mie cose nello zaino e esco per ultima. Mi dirigo in mensa e scelgo il solito tavolino piccolo vicino al bancone della mensa. Prendo il cestino del pranzo e inizio a mangiare quel che mi ero preparata stamattina, da sola. Dopo qualche minuto, scorgo un ragazzo dai capelli mori e gli occhi verdi chiacchierare tranquillamente con gli amici. 

E' lui, Hiroji Kouda, il ragazzo per cui ho una cotta da ormai tre anni. Non mi ha mai rivolto la parola, ma non mi ha nemmeno presa in giro. Forse non sa nemmeno come mi chiamo, mi conoscerà come 'quella ragazza strana senza genitori, ormai è cos' che mi conoscono a scuola.

Quando sto per rimettere a posto il cestino le porte della mensa si spalancano e le mie orecchie vengono invase dal suono di alcuni spari. Una delle lampade si rompe, lasciando solo metà luce in questa giornata buia. Io e altre tre ragazze facciamo in tempo a ripararci dietro il bancone della mensa, mentre gli altri studenti si nascondono sotto i tavoli.

"Non osate muovervi!" urla l'uomo con la pistola in mano. Lo guardo da dietro i vetri del bancone: gli occhi e metà del viso sono coperti da un cappello, indossa un lungo cappotto marrone e ha un ghigno in faccia. Le altre tre ragazze al mio fianco tremano, mentre io mantengo lo sguardo fisso su quell'uomo. Una delle ragazze della prima classe scoppia a piangere a causa della tensione. L'uomo sembra irritarsi e afferra la ragazza per il colletto della divisa, sollevandola da terra.

"Smettila" le ordina, con voce dura. Ma la ragazza non riesce a trattenere le lacrime e quei due occhi verdi diventano come laghi. Quel verde lo riconosco subito. La ragazza è Taniko, la sorellina di Hiroji. Il criminale è ormai fuori di se. Le punta la pistola alla testa. Il tutto dura pochi secondi e Taniko cade a terra, mentre sotto la sua testa si forma una pozza di sangue. La maggior parte dei ragazzi tenta di trattenere le urla per paura di essere i prossimi, alcuni nascondono le loro silenziose lacrime tra le mani. Io continuo a fissare il cadavere. Nei suoi occhi spalancati non c'è più nessun segno di vita. Ormai quella ragazza appartiene a un altro mondo. Ma quel che più mi attrae è il sangue. Non il liquido in se, ma il suo colore. E' più scuro della pittura e più brillante di un pennarello. E' un colore caldo, meraviglioso. Il rosso sangue è diventato il mio colore preferito. mentre sono ancora intenta a fissare quel fantastico colore, Hiroji si alza urlando e si butta sopra il cadavere. l'uomo con un pugno lo spinge via brutalmente, facendolo finire contro il muro col labbro spaccato. Un brivido mi sale dalla schiena e si propaga fino alle mani. Quel tizio, chiunque esso sia, ha fatto del male a Hiroji. Al mio Hiroji. Il cuore mi batte all'impazzata tanto che riesco a sentirne il rumore. Come si è permesso di toccare il mio Hiroji? La pagherà cara. C'è un coltello vicino a me, che la signora della mensa di solito usa per tagliare il pane. Lo afferrò velocemente, graffiandomi il dito per assicurarmi che sia abbastanza affilato. Gattono lentamente fino all'estremità del bancone e mi ritrovo posizionata di fianco all'assassino. Ma questo si sposta, avvicinandosi a Hiroji.

"Vuoi essere il prossimo?" gli domanda freddamente avvicinandogli la pistola.

All'improvviso tutto si oscura davanti a me. Esco dal mio nascondiglio, correndo verso i due. Sento in lontananza la mia voce urlare il suo nome, mentre le mie mani affondano il coltello in qualcosa di morbido. Alcuni schizzi di un liquido denso mi arrivano in faccia, mentre sento tutti i miei vestiti sporcarsi. Il coltello affonda più e più volte, fino a che l'essere sotto di me finisce di muoversi. Quando riesco di nuovo a vedere, sono completamente macchiata di quel bel rosso che mi piace tanto. Sorrido nel rivederlo. Poi prendo il coltello e lo guardo da vicino. La lama di ferro e il sangue sono una combinazione magnifica. Avvicino la punta della lingua, leccandolo. Il sapore leggermente aspro del sangue invade la mia bocca. Mi piace. Poi mi accorgo del corpo sotto di me. L'uomo è completamente immobile in uno stagno di sangue, con la bocca aperta. Ha molti tagli sulla schiena. Ora capisco cos'è successo. Io l'ho ucciso. Ho ucciso questo criminale e ho protetto il mio Hiroji. Guardo il ragazzo, ancora di fronte a me, in cerca della sua gratitudine. Ma non trovo nessuna traccia di ringraziamento in lui. Trema, con le mani sulla bocca e gli occhi completamente aperti. 

Cosa ho fatto di male? Io l'ho protetto, perchè non lo capisce? Avrebbe preferito morire? 

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Capitolo 2
*** Giorno 2: Una nuova me ***


Mi avvicino lentamente a Hiroji, con ancora il coltello in mano. Gli accarezzo la guancia guardandolo negli occhi, mentre lui sbianca al mio colpo.

"Io ti ho salvato" gli sussurro. Lui non mi risponde e si limita a distogliere lo sguardo.

"Ti ho salvato la vita. Rispondimi" ripeto.

"M-mia sorella..." dice lui, guardando il corpo di Taniko.

"Mi dispiace..."

"Perchè non hai salvato lei?!" domanda arrabbiato.

"Io..."

"PERCHE' HAI LASCIATO CHE MORISSE?!"  Hiroji sembra disperato. Senza che io possa fare niente, si fionda sul corpo della sorella in lacrime. Lo guardo per qualche minuto, poi noto che tutti gli altri mi stanno fissando impauriti e tramanti.

"Non ti muovere o chiamo la polizia!" urla uno degli insegnanti, con il telefono già poggiato all'orecchio. Che io mi muova o no, la polizia arriverà. Mi alzo in piedi e mi dirigo verso il tavolino. Tutti si allontanano da me, qualcuno urla, ma io mi limito a prendere il mio zaino, cacciare fuori la lunga felpa che mi porto sempre dietro e coprirmi con quella, posando il coltello in una delle tasche interne e tirandomi su il cappuccio. Poi, zaino in spalla, lascio un'ultima carezza a Hiroji, prima di scattare verso la finestra e uscire. Fortunatamente, le mensa si trova al piano terra. Qualcuno prova a seguirmi, inutilmente. Sono troppo veloce e loro sono ancora shoccati.

Per prima cosa corro a casa mia e tolgo immediatamente i vestiti sporchi di sangue, comprese le scarpe, per poi gettarli. Prendo il mio borsone da palestra e inizio a metterci dentro qualche cosa da mangiare, un paio di bottiglie d'acqua, un pò di soldi e alcuni vestiti. Mentre sono impegnata a scegliere quali vestiti prendere, mi trovo davanti una scatola e un ricordo invade la mia mente.

 

Mia madre aveva appena iniziato un nuovo hobby: confezionare abiti. Era ancora alle prime armi e decise di fare un vestito solo per me. Alla fine del lavoro il risultato era semplice e bellissimo: una camicia nera a maniche lunghe con dei bordi rossi e dei fori che mostravano le spalle e l'avambraccio, con dei nastrini lilla vicino al collo e ai gomiti. Abbinata c'era una minigonna a pieghe rossa. Ma sbagliò le misure, facendo il tutto di un paio di taglie più grandi. Per rimediare all'errore, mise lacamicia e la gonna in una scatola dentro il mio armadio.

"Questo sarà il nostro vestito speciale. Lo indosserai quando ti farai più grande in un'occasione particolare" mi disse, sorridendomi.

 

Ritorno al presente, sospirando. Non è il momento di pendermi in ricordi, la polizia mi verrà a cercare presto. Metto in borsa la scatola, mi vesto con jeans, t-shirt e scarpe da ginnastica coprendomi con la stella felpa di prima che fortunatamente non si era macchiata molto. Il coltello è ancora li, appoggiato al mio petto. Con la faccia nascosta dal cappuccio e il borsone a tracolla, esco velocemente da casa. Non so dove andare, ma non posso rimanere li. E' il primo posto dove i poliziotti mi verrebbero a cercare. Proprio in quel momento, alcune auto della polizia mi sfrecciano affianco con la voce delle sirene che mi rimbomba nelle orecchie.

'E' finita' penso. E invece quelle mi sorpassano, non fermandosi nemmeno davanti casa mia. Vanno dritto, molto probabilmente verso la scuola. Ne approfitto e corro via. Non so per quanto tempo corro, forse per un'ora. Il mio corpo non vuole fermarsi e l'adrenalina mi scorre nelle vene. Arrivo davanti a una vecchia casa a due piani abbandonata. Decido che sarà la mia abitazione per il momento. Scavalco il vecchio recinto di legno. L'erba è molto alta e qualche gatto ha approfittato del posto per riposarsi. La porta principale pende su un tendine. Facendo attenzione a non romperla, entro. L'interno è totalmente buio, così uso la torcia del mio cellulare per farmi luce. Il pavimento è ricoperto di moquette e la vernice si sta togliendo dai muri. Alla mia destra c'è la cucina e alla mia sinistra il bagno, entrambi totalmente inutilizzabili. Affianco le scale che conducono al piano di sopra e in fondo una porta chiusa. La apro, rivelando una camera da letto con un letto a due piazze. Butto a terra il borsone, stendendomi sul letto. Alla fine mi addormento. 

Mi sveglio la mattina dopo a causa della luce del sole che entra da una finestra rotta. Accendo il mio cellulare e controllo l'orario: 10:30. Sospiro, iniziando a pensare. Come sta Hiroji? Dove si trova ora? Vorrei chiamarlo. Qualche tempo fa sbirciando dal cellulare di una mia compagna, riuscii a ottenere il suo numero. Ma dopo quello che è successo ieri, non credo sia il caso. Di sicuro la polizia mi starà cercando. Fortunatamente la vecchia casa dove mi trovo ora è nascosta da case più grandi e alberi, credo che potrò restarci ancora per un pò. La cosa che mi preoccupa sono i telegiornali. E se facessero un servizio su di me? E se mostrassero la mia faccia?

All'improvviso mi viene un'idea. Prendo il cellulare, un pò di soldi, la felpa e il coltello e esco fuori. Mentre correvo, ieri, mi era sembrato di scorgere un negozio che vendeva prodotti di bellezza non molto lontano da qui. Lo cerco per un pò, ripercorrendo i miei passi, fino a che non lo trovo dopo una ventina di minuti. Entro, stando ben attenta a non guardare nessuno. Il mio piano è molto semplice.Afferro una tinta per capelli bianca latte e delle lenti a contatto rosse. Non le ho scelte a caso: sono l'esatto contrario di come sono adesso. Pago il tutto e mi dirigo verso la mia nuova casa, se così posso definirla. Ma quando sono quasi arrivata, sento il mio nome. Mi giro verso la fonte del rumore e vedo un negozio di elettronica. I televisori esposti in vetrina stanno mostrando il notiziario. 

"Il noto criminale Akira Arata è morto in una scuola vicina, dopo aver ucciso la tredicenne Kouda Taniko. La colpevole della morte del criminale è la quindicenne Kojima Hikaru che ha ucciso l'uomo a coltellate per difendere un suo compagno di classe, fratello della piccola vittima. Ora la polizia è alla ricerca di Hikaru..."

Nel mentre, passano alcune foto mie, del criminale e di Taniko.

Non riesco a sentire altro poichè inizio a correre verso casa. Velocemente prendo sue secchi e li riempio grazie a una fontanella nel giardino, stranamente ancora funzionante. Vado nel bagno e inizio a tingermi i capelli. Mezzora dopo i miei capelli sono completamente bianchi come la neve. Indosso le lenti a contatto, poi mi guardo allo specchio.

Eccola, la nuova me.

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Capitolo 3
*** Giorno 3: la mia seconda vittima. ***


Mi sveglio sbadigliando, legandomi i capelli bianchi in una coda di cavallo. Vado in bagno e con l'aiuto di un secchio d'acqua mi lavo la faccia e i denti. Indosso subito le lentine rosse. Oggi devo uscire di nuovo. Ho bisogno di un caricatore solare per il mio cellulare, visto che in questa casa l'elettricità manca, e di alcune provviste. Ritorno in camera e metto una canotta nera, un jeans e le scarpe, per poi coprirmi con la felpa. Dopo aver preso il mio coltello, esco. Cammino a testa basta, per paura che qualcuno veda il mio viso. Nonostante io abbia cambiato colore di capelli e occhi, qualcuno molto attento potrebbe riconoscermi dai lineamenti. 
Entro nel mio negozio di alimentari che trovo, dopo circa dieci minuto di cammino. Afferro un cestino e inizio a scegliere cosa prendere. Devo comprare molto cibo, non posso permettermi di uscire tutti i giorni. 
Scarto subito gli alimenti troppo complicati o lunghi da preparare. Mi serve qualcosa di veloca, che io possa mangiare anche prima di una fuga. 
Opto per una dozzina di tramezzini, qualche secondo già pronto, dei pacchetti di patatine, qualche confezione di biscotti e, giusto per viziarmi, un paio di pranzi già pronti. Poi prendo molte bottiglie d'acqua e dei succhi. Mi dirigo verso la cassa e inizio a posare il tutto sul bancone.
"Sei venuta a fare la spessa per la mamma?" mi chiede la cassiera. Io annuisco, consapovelo della grossa bugia.
"Ma che bel gesto. Come ti chiami?"
Solo allora mi rendo conto che non posso continuare ad utilizzare il mio vero nome. 
"Yaomi Iukiteru." rispondo.
"Che bel nome..." 
Alla fine pago e la saluto, allontanandomi il più velocemente possibile da quel posto. 
Pochi metri più avanti vedo un piccolo negozietto d'elettronica. Entro, iniziando a sbirciare tra gli scaffali alla ricerca di quel che mi serve.
"Salve, serve aiuto?" mi dice un commesso che prima non avevo notato. Lo guardo per qualche secondo, per poi annuire.
"Sto cercando un caricatore a energia solare per il mio telefono." e nel frattempo, gli mostro il mio cellulare.
"Mh...si. Dovremmo averne uno in magazzino. Aspetti un pò."
Il commesso se ne va, ritornando dopo qualche minuto con una scatolina.
"Eccolo!"
"Grazie mille." dico, per poi pagare e uscire fuori. 
A passo veloce ritorno in quella che per adesso è la mia casa. Scavalco la recinzione, entro facendo attenzione a non rompere la porta e caccio dalle buste tutti i miei acquisti, per poi mettere il telefono in carica e iniziare a fare una specie di inventario:

10 magliette
8 pantaloni
1 paio di scarpe
Felpa 
Il mio vestito speciale 
1 caricatore a energia solare

12 tramezzini 
6 secondi 
13 pacchetti di patatine
9 pacchi di biscotti
2 pranzi.

Coltello
Lentine rosse
Borsone

Salvo il file, sorridendo. Mi sarà molto utile quando dovrò cambiare nascondiglio.
Metto il tutto nel borsone, lasciando il caricatore del cellulare al sole per farlo ricaricare. Mi stendo sul letto, incrociando le braccia dietro la testa. È quasi mezzogiorno. 
Cosa starà facendo ora Hiroji?
Mi starà pensando? 
Solo l'idea che possa pensare a qualche altra ragazza mi consuma dentro. Vorrei sapere cosa fa, ma non posso uscire di qui. 
Perchè mi ha urlato contro l'altro ieri? Io gli ho salvato la vita. Ho salvato la vita al mio Hiroji. Lo amo.
Mi perdo nel ricordo dei suoi occhi verdi, quando sento un rumore provenire dal corridoio. Subito mi alzo, prendo il coltello e mi avvicino alla porta, tentando di sentire.
"Perchè sono entrato qui? Stupidi amici e stupida scommessa..." 
È una voce maschile a parlare. Qualcuno è entrato nel mio rifugio. Spalanco la porta, e il ragazzo sobbalza all'improvviso, facendo cadere una torcia che aveva in mano.
"Oh, sei solo una ragazzina... che ci fai qui?" 
Non rispondo. Di nuovo, tutto si oscura davanti a me. Sento il viso bagnato da gocce di sangue, e l'urlo del ragazzo. Quando riesco di nuovo a vedere, noto che ho impiantato il coltello in mezzo al petto, quasi vicino al cuore, facendolo cadere a terra. Lo guardo per bene. Avrà avuto massimo 17 anni. Gli occhiali che indossava sopra gli occhi castani si sono rotti e alcuni schizzi di sangue sono arrivati sui capelli nero pece. 
"Yumoto! Cos'era quell'urlo?" 
Altri ragazzi fuori dalla casa lo chiamano, preoccupati per il loro amico. Ma non entrano, non ne hanno il coraggio. 

Non posso lasciare il corpo nel bel mezzo del corridoio, quindi lo trascino in cucina, appoggiandolo al muro. Fa proprio un bel effetto, con quel buco nel petto.

È la mia seconda vittima. 
Ghignò, prendendo con un dito una goccia di sangue che ancora fuoriesce e assaporandola. Mi piace. Molto.

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Capitolo 4
*** Giorno 5:Ti amo. ***


Sistemo la scheda nel cellulare, per poi accenderlo. Qualche minuto dopo mi accorgo che funziona. Mi ero ripromessa di non uscire, ma non ho potuto far a meno di compare una scheda telefonica con un numero diverso. Appenail telefono legge la scheda, memorizzo il numero di Hiroji, mandandogli un messaggio con lo sconosciuto.

Da: Numero sconosciuto

A: Hiroji

Ti amo. Non starai mica pensando a un'altra ragazza?

Soddisfatta, mi appresto ad andare in cucina. Sono le quattro del pomeriggio e ho bisogno di uno spuntino. Appena entro noto con soddisfazione il cadavere del ragazzo ucciso un paio di giorni prima, ancora messo vicino al muro con gli occhi spalancati e la bocca da cui colava del sangue ormai seccato. L'unica cosa che mi rammarica è non aver usato dei guanti quando l'ho ucciso, ma purtroppo lui era entrato all'improvviso. Ora ne indosso un paio costantemente.

"Ti chiamavi Yumoto, giusto? Quei ragazzi che erano fuori casa, l'altro ieri, erano tuoi amici. Beh, penso che ora si siano pentiti di averti mandato qui dentro solo per divertirsi un pò. Forse avevi anche una famiglia, magari una fidanzata. Beh, non ho niente di ciò. Non ho amici, fa,iglia e nemmeno un ragazzo. Ho solo il mio Hiroji." suussurrò acida al cadavere, mangiando un paio di biscotti e devendo un sorso d'acqua.

"Nessuno è venuto a reclamarti? Mi sembra strano..." ma appena prnuncio quelle parole, un suono attira la mia attenzione facendomi andare di traverso il biscotto. Spio dalla finestra della cucina, coprendomi con le tende impolverate. Proprio come pensavo: le macchine della polizia stanno correndo verso la mia abitazione. Quei ragazzi finalmente hanno trovato ill coraggio di dire della scomparsa di Yumoto.

Prendo la busta contenente il cibo, buttandola nella borsa dove già si trovavano i vestiti. Mi copro con la felpa, mettendomi le lenti a contatto e afferrando il cellulare  e il caricabatterie per poi riporli nelle tasche. Alla fine impugno il coltello e corro nella camera da letto, aprendo la finetra. Non ho tempo di occuparmi del cadavere e del resto.  einfatti, non appena esco fuori dalla finestra che da sul retro dell'abitazione, la polizia entra in casa. Io scavalco la staccionata e inizio a correre via, lontano da tutte quelle sirene e qelle grida. Corro, sempre più lontano, fino a quando non risento le macchine alle mie spalle. Non mi hanno ancora riconosciuta, ma lo faranno presto s enon mi sbrigo. Giro in un vicolo, convinta di averli seminati e scoprendo invece che era un vicolo cieco. Presa dal panico opto per l'unica via di fuga disponibile. Con non poca fatica sollevo il tombino su cui avevo messo i piedi poco prima, poi inizio a calarmi giù per la scaletta risistemando il coperchio sulla mia testa. Salto giù, iniziando a correre di nuovo per la stretta via. L'odore mi fa contorcere lo stomaco e devo per forza fermarmi a vomitare. Subito dopo riprendo, fino a quando non sono sicura che la polizia non sappia dove sono finita. A quel punto mi fermo a riposare, accasciandomi contro il muro e osservando il fiume di schifezze che scorre.

Come sono finita in questa situazione? Solo dieci anni fa ero una bambina di sei anni sempre sorridente. E poi? Cos'era successo?

Uno stupido killer si era infiltrato in casa, uccidendo i miei genitori e risparmiando me, per un motivo ancora sconosciuto. Ho vissuto in una casa famiglia per otto lunghi anni, per poi scappare e vivere da sola. Nessuno si è degnato di venirmi a cercare.

Strano, come le cose possano cambiare nel giro di qualche ora.

Un gruppo di grossi topi mi passa accanto, facendomi rabbrividire. Vengono seguiti da un topolino bianco più piccolo, che si ferma di fronte a me. E' molto magro e quasi non riesce a muoversi.

"Ehi piccolo." dico, sorridendogli e prendendolo in una mano. Caccio dalla borsa un biscotto ai semi di girasole che lui inizia a mangiare avidamente.

"Ti lasciano in disparte, vero? Perchè sei più debole, perchè sei diverso. Conosco la sensazione."

Subito dopo aver mangiato, il topolino si infila nella mia tasca. Adesso almeno ho un amico. Sospiro, alzandomi e sgranchiendomi le gambe. Non posso restare li per sempre. Mi incammino verso il lato opposto da dove sono entrata, non sapendo nemmeno dove la strada mi avrebbe condotta. Appena vedo una scala che porta fuori da quel posto, inizio a salire. Sposto il tombino di pietra, facendo attenzione a non far troppo rumore. Appena esco, spalanco gli occhi e rimango pietrificata per talmente tanto tempo che il topolino bianco mi si arrampica sulla testa come se niente fosse.

Sono spuntata davanti casa di Hiroji.

 

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Capitolo 5
*** Giorno 8: l'incontro. ***


Tre giorni. Sono passati tre giorni da quando sono sbucata fuori da quel tombino ritrovandomi proprio di fronte a casa di Hiroji. Tre giorni che non chiudo occhio, non mangio, tutto pur di star con lo sguardo fisso sulla porta dell'ingresso. Non l'ho visto entrare ne uscire. Cosa sta facendo? È chiuso in casa o è fuori? Il dubbio mi sta divorando dentro, come il fatto di saperlo talmente vicino però allo stesso tempo distante. Il topolino mi tira una ciocca di capelli con la bocca attirando la mia attenzione. Appena gli rivolgo lo sguardo si sposta vicino alla mia borsa.

"No, non ho tempo di mangiare, devo controllare se arriva Hiroji."

Passano dieci minuti e un rumore mi fa alzare lo sguardo dalla mia postazione. Una finestra si è aperta, rivelando Hiroji che prende una boccata d'aria. Sento il mio cuore batterà all'impazzata, come se potesse uscirmi dal petto. Qualche lacrima mi riga il viso ma non mi prendo nemmeno la briga di asciugarle. Hiroji è davanti a me, il mio Hiroji. Resta qualche minuto, poi ritorna dentro rimanendo la finestra aperta. A quel punto vedo due figure, una donna e un uomo dai visi tristi, uscire di casa e allontanarsi a passo lento. Hiroji è in casa, i suoi genitori sono fuori, la finestra è aperta e sono ormai le undici di sera. È la mia occasione. Prendo il topolino, a cui ancora devo dare un nome, e me lo metto in tasca, poi butto il borsone dall'altra parte della staccionata che circonda casa di Hiroji e alla fine ci vado anche io. Atterro con le mani a terra e mi rialzo subito, scuotendo via la polvere dai vestiti. Mi guarda intorno attentamente, cercando un modo per riuscire ad entrare.
Trovato
Penso quando vedo un tubo che parte da terra ed arriva proprio vicino la finestra. Inizio ad arrampicarmi, mentre il topolino mi precede passandomi davanti.

"Aspettami." sussurro, incominciando ad andare più veloce. Il tubo scricchiola sotto il mio peso e prego che non ceda. Quando arrivo a metà le mie mani scivolano e per poco non cado a terra. Per fortuna mi aggrappo velocemente evitando una bella caduta. Nonostante il rischio, non ho avuto paura, il battito del mio cuore è rimasto costante. Ho consapevolezza di quel che sto facendo e dei suoi rischi, ma non mi importa. Tutto pur di rivedere Hiroji.
Quando arrivo in cima mi preparono per qualche secondo, poi mi lancio. Le mie mani afferrano la finestra giusto in tempo. Velocemente mi tiro su, entrando. Sono coperta dalle tende scure e l'unica cosa che vedo è una figura china sulla scrivania.
Hiroji
Ma prima di andare da lui mi fermo un attimo. Le sue spalle sono scosse dai singhiozzi. Sta piangendo. Sento il cuore scendermi nelle scarpe per poi risalire fino in gola e le lacrime pungermi gli occhi. Scosto di violenza la tenda e guardo fisso il ragazzo di fronte a me.
"Hiroji!"
Lui si gira di scatto, gli occhi e la bocca spalancati, l'espressione di puro terrore. Si alza così velocemente che fa cadere la sedia, puntandomi un dito contro.
"C-chi sei?! Come hai fatto ad entrare?!"
Le sue parole trafiggono il mio cuore come una freccia che centra perfettamente il bersaglio. Dei colori diversi bastano per far sì che lui non mi riconosca? Eppure sono sicura che io lo riconoscerei sempre.
"Hiroji... Sono io."
Pronunciare il suo nome mi dà sicurezza. Mi piace come suona, soprattutto se esce dalle mie labbra. Lui smette di tremare e mi guarda sbalordito, ma senza più paura. Mi riempio di speranza.
"Hikaru?! Com'è possibile?"
Il mio nome con la voce di Hiroji sembra avere tutto un altro suono. Cado in ginocchio, le lacrime agli occhi per la felicità.
"Mi hai riconosciuta! Non dovevo dubitarne, una tinta e delle lentine non possono cambiarmi tanto da far sì che tu non ti ricorda di me."
"Si, sei tu Hikaru, sei proprio tu..." Ma all'improvviso il suo sguardo diventa talmente freddo che sento il mio letto gelarsi.
"Perché... Perchè non hai salvato Taniko? Perchè me e non lei?"
Non riesco a capire. Sono qui, gli ho salvato la vita appena otto giorni fa, e lui pensa a Taniko?
"Io volevo salvare te!"
"E mia sorella?! PERCHÉ LEI NO?!"
Quando alza la voce, cedo. Le lacrime di gioia si trasformano in un pianto disperato e mi chino a terra in un gesto di scuse.
"Avrei dovuto salvarla, avrei dovuto sapere che la sua morte ti avrebbe causato dolore, avrei dovuto proteggerti meglio. Ci sono tante cose che avrei dovuto fare, che potevo fare, e che invece mi sono lasciata sfuggire."
Sento una mano accarezzarmi la schiena. Alzo la testa e mi ritrovo gli occhi smeraldo di Hiroji fissi dentro i miei. Mi guarda incerto, ma non cancella il contatto.
"Sono stato troppo duro, ora me ne rendo conto. Ma sai, la sua morte mi ha sconvolto. Certe volte immagino che possa entrare all'improvviso in camera e abbracciarmi, come se non se ne fosse mai andata via."
"No, non sei stato duro. Sono io stupida che non ho capito. Io... Ho perso i miei genitori. Un ladro entrò in casa e me li portò via per sempre. Mi risparmiò, e non sai quante volte ho desiderato poter dare la mia vita in cambio della loro."
"Hikaru..."
Il suono del campanello ci interrompe, seguito subito dalle voci dei genitori di Hiroji che annunciano il loro ritorno. Mi dirigo velocemente verso la finestra, ma mentre sto per saltare Hiroji mi afferra il braccio, voltandosi verso di lui.
"Aspetta! Incontriamoci domani, magari al parco. Dopotutto, ti devo la vita."
Sento le guance andare al fuoco e lo stomaco mi si attorciglia, ma non posso farmi prendere dal momento, devo restare lucida.
"Al parco sarei troppo esposta, la polizia mi cerca."
"Allora dimmi tu dove."
"Il tombino di fronte casa tua. Aprilo e scendi, sarò lì domani."
E detto questo, salto giù.

 

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Capitolo 6
*** Giorno 9: curiosità ***


Sono seduta vicino alle scale del tombino da ormai motto ore. Mi sono svegliata alle sei del mattino con il timore che Hiroji avrebbe potuto trovarmi addormentata. Il topolino mi prende la manica con la bocca e me la tira, è il suo modo di incoraggiarmi a mangiare.

"Sei un vero amico, sai?" Lui fa un giro su se stesso e poi mi guarda. Io sospiro e prendo un po' di pane dalla mia borsa.

"Ancora non ti ho dato un nome -dico dopo il primo morso- ti piace Bianchino?" Appena pronuncio quel nome, il roditore si allontana di un paio di centimetri da me.

"Okay, hai ragione, non è stata una delle mie migliori idee. Che ne pensi di Akio?" Questa volta mi si arrampica fin sopra la spalla e si strofina contro la mia guancia. Sorrido accarezzandolo con un dito: Akio è il nome che i miei genitori mi avrebbero dato se fossi stata maschio. È tra quei pensieri che sento il tombino aprirsi. Getto il pane nella borsa e mi proteggo gli occhi, ormai abituati all'oscurità delle fogne, con il braccio, mentre le luce del sole entra e una figura scende le scale.

"Hi...Hiroji?" domando aprendo gli occhi.

"Hikaru!"

Si, è lui, è proprio Hiroji. È venuto veramente, sta scendendo in una fogna solo per vedermi. Pochi secondi e me lo ritrovo davanti

"Scusami, solo ora sono riuscito a venire. I miei genitori mi vedrebbero se scendessi qui con loro in casa, ho dovuto aspettare che se ne andassero. " mi spiega con un leggero affanno.

"Si, capisco." rispondo annuendo piano.

Per un pò di tempo siamo in silenzio e Hiroji abbassa la testa, come se stesse cercando le parole giuste per iniziare un discorso. Poi alza lo sguardo e lo incatena al mio, dicendo con voce sicura:

"Quel ragazzo che era entrato in quella casa abbandonata... l'hai ucciso tu?"

"Dove l'hai sentito?" rispondo con una naturalezza che spaventa anche me. Il fatto che Hiroji lo sappia non mi tocca per niente, diversamente da quanto mi sarei aspettata. Non riesco a spiegare perchè. È come se potessi davvero dirgli qualsiasi cosa dopo che mi ha visto uccidere quel pazzo a scuola, dopo che gli ho salvato la vita. Il destino ha scelto uno strano modo di legarci.

"L'hanno detto alla televisione. Quindi è vero."

"Si. Io stavo alloggiando in quella casa abbandonata mentre mi nascondevo. Il ragazzo è entrato, me lo sono ritrovata davanti all'improvviso e mi sono spaventata."

"Ti sei pentita? Sia per l'uomo a scuola, sia per il ragazzo... Ti sei mai sentita in colpa?"

Eccola, la domanda che temevo. Potrei semplicemente mentirgli, dirgli che i visi delle mie vittime mi perseguitano nel sonno, che ogni volta mi sono ripromessa di non uccidere più nessuno. Ma come potrei mai mentire a quei due smeraldi che mi guardano aspettando una mia risposta?

"No, mai. Nemmeno un pò." dico lentamente, scandendo bene le parole.

Hiroji sospira, poi si siede a terra con la testa contro il muro. Mi accomodo accanto a lui. La vicinanza mi fa arrossire, ma cerco di non darlo a vedere.

"Come fai ad uccidere le persone? Porre fine alla sua esistenza, vedere gli occhi delle vittime offuscarsi..."

Lui mi guarda. Ma non con spavento come farebbe la maggior parte delle persone. Nei suoi occhi c'è una luce che non avevo mai visto rivolta a me: curiosità. La voglia, leggermente sinistra, di sapere cosa c'è dietro. Hiroji vuole sapere come faccio ad uccidere. È una situazione irreale che qui, in questo momento, in questo tombino sporco e maleodorante, alla completa oscurità, sembra anche troppo normale. Ripenso a quando per me diventa tutto nero, al coltello che affonda nella carne e al colore e al sapore del sangue.

"Vorrei poterti dire che programmo tutto, che ogni volta so esattamente cosa faccio e come andrà a finire... ma la verità è che ogni volta mi lascio guidare dall'istinto, credo. Si oscura tutto intorno a me e agisco d'impulso. È come chiedermi come faccio a muovere il braccio: non lo so, lo faccio e basta."*

"Come qualcosa che è dentro di te."

"Esatto."

"Sai, diversamente dal resto della scuola, io non ho mai pensato che tu  fossi strana, e non lo penso nemmeno ora. I tuoi genitori... sono morti, giusto?" chiese abbassando la voce pronunciando le ultime parole.

"Uccisi da un ladro entrato in casa in piena notte. Ha risparmiato solo me, forse perché ero una bambina."

"Non l'hanno mai trovato?"

"No... io non riuscii nemmeno a vederlo in faccia, aveva una sciarpa fin sopra al naso e un cappello di lana. Riuscii a vedere solo qualche ciocca bionda."

Non avevo mai detto queste cose a nessuno... Non che qualcuno me le avesse chieste, a parte la polizia. Credevo che avrebbe fatto male, che non sarei riuscita a parlare o che avrei pianto. Invece è liberatorio, come se avessi scaricato un enorme peso dalle mie spalle. Hiroji mi guarda con gli occhi sgranati.

"Biondo? Quindi non era orientale."

"Ma conosceva perfettamente il giapponese. Io... Lo sentii dire delle cose a mia madre. Non compresi tutto a causa della paura, capii solo una frase: 'Dove l'hai messa? Dimmi dove sta, voglio portarla via.'"

"Probabilmente le stava chiedendo dove fosse la roba preziosa." Annuisco, con la testa poggiata sul palmo della mano. La schiettezza di Hiroji non mi ferisce, anzi, avrei sopportato di meno un giro di parole. Akio, sentendosi ignorato, mi sale di nuovo sulla spalla.

"E lui chi è?" chiede Hiroji divertito.

"Si chiama Akio, è un mio amico."

"Piacere Akio, io sono Hiroji." dice il ragazzo accarezandolo. Non so quanto possa essere espressivo il viso di un topo, ma l'animaletto sembra guardarmi come per dire 'E' questo il tipo di cui pari sempre?'. Io alzo gli occhi al cielo annuendo. Hiroji ride guardandomi, e io lo seguo pochi secondi dopo. poi lui guarda l'orologio e assume un'espressione dispiaciuta.

"Devo andare, i miei genitori tornano tra poco. Hikaru... domani loro non ci sono tutto il giorno. Vieni a casa mia, scommetto che non mangi come si deve da molto."

Il mio cuore perde un battito. Mi sta invitando a casa sua, si sta preoccupando per la mia salute. Annuisco lentamente mentre sento le mie guance andare a fuoco. Hiroji mi sorride, poi va' verso la scala che porta sopra.

"Allora ci vediamo."

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Capitolo 7
*** Giorno 10: insieme. ***


Sono le otto e quindici quando sbuco fuori dal tombino, fiodandomi nel giardino della casa di Hiroji. Da quel che ho potuto constatare negli ultimi giorni, i suoi genitori escono sempre alle otto e dieci in punto. E infatti la porta sul resto si apre, rivelando Hiroji che mi guarda sorpreso.

"Stavo giusto per scendere e venire a chiamarti." dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo scendere in un tombino per chiamare un'amica.

Amica.

A quella parola il mio cuore perde un battito. Amica, amica, amica. Non voglio essere solo questo, voglio fare dei passi in avanti. Appena entro in casa, scuoto leggermente la testa. Non posso rovinare tutto proprio ora con questi stupidi pensieri. Casa di Hiroji è molto spaziosa e illuminata, con piante  e fiori disseminati qua e la.

"Hai fame?" mi domanda sorridendo. Io annuisco. Dannazione, non ho ancora pronunciato una parola. Passando per il salone noto una cosa che mi lascia di stucco: un grande quadro raffigurante tutta la famiglia Kouda, compresa Taniko, è appeso al muro, incorniciato da tulipani dai molti colori.

"Oh, quello. -sussurra Hiroji, notando che sto fissando il quadro- i miei genitori hanno pensato che sarebbe stato carino... io lo trovo solo deprimente. -all'improvviso si gira verso di me, afferrandomi  il polso- Hikaru, voglio essere sincero. Non ti ho ancora perdonata per non aver salvato Taniko. Ci sto provando, giuro, so che non è colpa tua, ma la disperazione certe volte prende il sopravvento. Diavolo, ancora mi sogno quella scena di notte. Ce la farò, voglio farcela, ma dammi tempo."

Questa sua confessione, così su due piedi, mi lascia senza fiato. Mi avvicino a lui, posandogli una mano tremante sulla spalla.

"Nemmeno io mi sono mai perdonata per non averla salvata." dico piano, quasi sussurrando. Lui mi guarda, una scintilla gli si accende negli occhi.

"Lo supereremo. -Hiroji sospira, guardando qualche secondo il quadro, per poi rivolgere di nuovo la sua attenzione a me- adesso vieni, non ti farò aspettare più per mangiare."

Non appena entriamo in cucina, Akio esce dalla mia tasca, guardandosi intorno.

"Hai fame anche tu, piccolo?" dico, accarezzandolo. Lui squittisce e ho tutta l'impressione che si possa intendere come un si.

"Prendo qualche seme per Akio e ti cucino un po' di riso e curry, va bene?" mi chiede Hiroji aprendo alcuni scaffali della cucina.

"Sei troppo gentile." dico, sedendomi a tavola.

"E' il minimo che possa fare. Dopo, se vuoi, puoi usare il bagno. Non dev'essere facile essere in fuga dalla polizia."

Le sue parole mi colpiscono, facendomi sgranare gli occhi. Lo guardo attentamente, come se ci fosse qualche particolare che non ho mai visto. Chi mai riuscirebbe a parlare così tranquillamente di queste cose? Chi aprirebbe la propria casa a un'assassina senza rimorso? Probabilmente Hiroji è più simile a me di quanto lui sospetti.

Quando il piatto è davanti a me, il mio stomaco inizia a brontolare. Inizio a mangiare affamata, mentre Akio a fianco a me divora i suoi semi. Hiroji ci guarda con le mani incrociate sul tavolo e il sorriso sulle labbra.

"Sono contento che ti piaccia, non cucino spesso."

"E' buonissimo, te lo assicuro."

Quando finisco di mangiare, Hiroji mi lascia usare il suo bagno per farmi una doccia. Lo scorrere dell'acqua calda mi ridà energie, anche se mi lascio scappare una smorfia alla vista della tinta bianca che cade ai miei piedi. Il pensiero di star usando il bagno di Hiroji mi fa arrossire, ma cerco di trattenermi per non sembrare una stupida. Quando esco mi avvolgo un asciugamano intorno alla vita e uno intorno ai capelli, per poi guardarmi allo specchio. Con i capelli nascosti e senza lentine, quasi sembro la vecchia me. Ma Io riesco a vederlo, quel luccichio sinistro che è presente nei miei occhi da quando ho ucciso quell'uomo a scuola. Non potrò mai più essere la vecchia me, e mi sta bene così. Quando sono ben asciutta, indosso una camicia nera e dei pantaloni dello stesso colore, poi metto le lenti rosse. Esco dal bagno, rallegrandomi nel vedere Hiroji egiocare con Akio sulle sue gambe. Per qualche secondo li guardo, poi Hiroji mi nota e Akio scende sul pavimento, per poi arrampicarsi su di me e ritornare sulla mia spalla.

"Se vuoi, posso ritornarmene nel mio tombino. Non posso uscire in pieno giorno, e non voglio annoiarti."

"No, resta. Hikaru, ho una cosa da chiederti..." ma non fa in tempo a finire di parlare, che qualcuno bussa alla porta. Hiroji guarda l'ingresso confuso, e sta per aprire, quando si ricorda che io sono ricercata.

"Nasconditi di sopra, sotto al mio letto -mi sussurra- verrò a chiamarti non appena se ne sarà andato, chiunque sia."

Annuisco, per poi correre velocemente su per le scale. Arrivo in un corridoio abbastanza lungo con cinque porte, e al terzo tentativo trovo camera di Hiroji. Mi ci fiondo dentro, chiudendo la porta per poi nascondermi sotto il letto. Da sotto sento delle voci confuse, ma non riesco a capre cosa dicono. Akio è ancora vicino a me, immobile, come se fosse spaventato anche lui. Non so quanto tempo passa, prima che senta Hiroji dirmi che se ne sono andati. Esco dal mio nascondiglio, trovando il ragazzo che mi guarda preoccupato mordendosi il labbro.

"Era la polizia. Stavano facendo il giro del quartiere, mi hanno mostrato una foto chiedendomi se conoscevo quella persona..."

"Stanno cercando me, vero?"

"Si, ma nella foto avevi i capelli scuri e gli occhi blu, non sanno ancora che hai cambiato aspetto."

"Ho giusto il tempo per cambiare luogo. Mi trasferirò qualche quartiere più avanti, poi se sera il caso -abbasso la testa, mentre le lacrime iniziano già a inondarmi gli occhi- abbandonerò la città."

Fa male dirlo, proprio davanti a Hiroji, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo. Devo ritermi fortunata se per ora non ho bisogno di andare via dal Giappone. Ma quanto ci vorrà prima che questo accada? Mesi, anni? Più il tempo passa, più ci sono possibilità che mi trovino.

"Vengo con te. E' questo che stavo cercando di dirti prima."

Le parole di Hiroji mi scuotono. Sobbalzo, fissando il verde dei suoi occhi.

"Cosa stai dicendo?"

"Che voglio venire con te, ovunque tu abbia bisogno di andare. Non so dove altro stare. Non ho mai avuto un buon rapporto con i miei genitori, e da quando è morta Taniko, non sento più questa casa come un luogo accogliente e sicuro."

"Non hai idea di cosa stai chiedendo. Preferiresti vivere al di fuori della società, nell'ombra, senza poter fare niente di quel che farebbe un normale adolescente, piuttosto che vivere qui? Vivere nei vicoli e nei tombini, non poter andare a mangiare un gelato con gli amici o al cinema..."

Hiroji stringe i pugni, guardandomi con gli occhi umidi.

"Quali amici? Gli stessi che mi hanno voltato le spalle alla morte di mia sorella? Che mi ignoravano mentre io chiedevo aiuto? Hikaru, se provi un minimo di compassione per me, permettimi di venire."

Il fiato mi si blocca. Provare un briciolo di compassione? Io gli darei tutto, la mia anima e il mio cuore. Come può passargli per la testa che io non lo voglia bene, che io non lo ami?

"E sia, vieni con me."

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Capitolo 8
*** Giorno 13: compagni d'avventura. ***


E' notte fonda quando mi intrufolo di nuovo nel giardino di Hiroji, ma questa volta lui è lì ad aspettarmi. Gli sono serviti tre giorni interi per preparare di nascosto tutto l'occorrente. Tre giorni in cui non ho messo nemmeno il naso fuori dalle fogne, non dopo che avevo visto la polizia cercarmi casa per casa.

Ha con sè uno zaino abbastanza capiente, ma non troppo grosso in modo da non avere problemi nel portarcelo dietro. In mano ne ha un altro simile, che mi porge.

"Quel borsone mi sembra scomodo da portare, ed è anche abbastanza rovinato. Prendi questo, era... di Taniko." aggiunge alla fine, abbassando lo sgaurdo.

"Hiroji, non c'è bisogno." provo a dirgli. Nemmeno io me la sento di approfittare di qualcosa di Taniko, dopo che non ho fatto nulla per salvarla. Avrei dovuto immaginare che la sua morte avrebbe traumatizzato Hiroji, perchè non sono intervenuta?

"No, ti prego, prendilo. Consideralo un piccolo passo per il perdono, sia da parte mia, sia da parte di te stessa."

Io annuisco, prendendo lo zaino e inziando a spostare le mie cose dal borsone. Una volta fatto, metto lo zaino dietro le spalle e il borsone su una. Non so quanto potrebbe essere utile, ma ha comunque tracce di me, è meglio abbandonarlo nelle fogne che nei cassonetti. Akio si accomoda in una delle tasce dello zaino. Velocemente scavalchiamo la recinsione e andiamo verso il tombino, guardandoci intorno prima di sollevarlo. Scendo le scale saltando direttamente a terra quando sono a mezzo metro di distanza dal terreno, buttando il borsone nel fiume putrido di fronte a me.

"Che facciamo ora?" mi chiede Hiroji, mentre inziamo a camminare dritto, anche senza sapere dove andare esattamente.

"Dobbiamo andarcene, e alla svelta. Le ricerche su di me sono sempre più intense e quando i tuoi genitori si sveglieranno denunceranno la tua scomparsa. Si sa che sono stata io a salvarti da quel pazzo che entrò a scuola, potrebbero collegare le cose. Anzi, per essere più cauti..." prendo il mio telefono, gettandolo a terra e calpestandolo fino a ridurlo in poltiglia. Un'altra persona mi avrebbe considerata pazza, ma il ragazzo al mio fianco mi guarda con uno strano scintillio negli occhi.

"Così non potranno rintracciarci tramite il tuo telefono, giusto?"

"Esattamente. Avrei dovuto farlo prima, ma mi serviva ancora per qualche cosa..." rispondo, evitando di dire dei messaggi anonimi che gli avevo mandato una decina di giorni fa. Se Hiroji è al mio fianco, non ho bisogno del telefono.

"Capisco. Io il mio l'ho lasciato direttamente a cas-" si interrompe bruscamente, trascinandomi in una fessura nella parete, facendomi segno di fare silenzio. Io annuisco, sperando che il buio non faccia notare il rossore sulle mie guancie causato dalla vicinanza. Mi fa segno di guardare fuori, e così faccio, strabuzzando gli occhi alla vista di una poliziotta con torcia e radiolina.

"Qualcuno ha detto di aver visto scendere una ragazza qui giù, deve essere lei..." stava sussurrando tra sè e sè. Per poco non mi lascio scappare un'imprecazione. A quanto pare, qualcuno deve avermi intravisto. Provo a sbirciare intorno, ma l'unica strada possibile è quella bloccata dalla donna.

"Devo ucciderla." sussurro, iniziando a prendere il coltello. Hiroji mi blocca la mano e il contatto mi fa sussultare. Sono talmente convinta che voglia fermarmi dall'uccidere un'altra persona che per poco non cado a terra dallo stupore quando caccia un pezzo di corda dal suo zaino.

"Usa questa -mi dice a bassa voce- soffocala. Se tu la accoltellassi urlerebbe, e non sono sicuro che sia l'unico poliziotto in zona. In più, un coltello insanguinato lascierebbe facilmente tracce."

Annuisco, prendendo il pezzo di corda e posando lo zaino ai piedi del ragazzo, insieme a Akio, per muovermi più liberamente e mettendomi i guanti che porto sempre in tasca.

"Come fai a sapere tutte queste cose?" gli chiedo, prima di passare all'azione. Lui mi guarda stordito.

"Non lo so, le parole mi sono uscite di bocca da sole."

Io lo guardo confusa, poi poso lo sguardo sulla mia prossima vittima. In quel momento, girata di spalle e a soli tre metri da noi, sarebbe stata facile da eliminare. Conto fino a tre e poi scatto. Non ho mai strangolato qualcuno, ma come al solito il mio corpo si muove da solo, mentre la mia vista si offusca. In tre grandi passi sono dietro di lei e con un piccolo balzo sento le mie mani che le stringono la corda intorno al collo, sempre di più, fino a quando la poliziotta non è costretta ad accasciarsi. Prova a dimenarsi e ad afferrare la pistola alla sua cintura, ma con un calcio alla mano glielo impedisco. Quando riesco a vedere bene di nuovo, la donna è stesa a terra, con il viso blu e la lingua gonfia. La guardo bene e faccio una smorfia. Nessuna goccia di sangue a imbrattare i suoi capelli castani o la sua divisa. Semplicemente un corpo vuoto, con gli occhi, anch'essi castani, rivolti verso un altro mondo. Decido che preferisco molto di più usare il coltello.

Prendo la targhetta che porta sulla camicia, leggendola: Hitomi Ogawa. Sogghigno leggendolo. Mi piace immaginare che siano tutti là sopra, Arata, Yumoto e Hitomi, le mie uniche tre vittime, a guardarmi e a sperare nel mio fallimento.

Hiroji si avvicina a me, guardando il cadavere con lo stesso scintillio di poco prima. 

"Come fai a non essere spaventato?" gli chiedo, mentre mi da il mio zaino. Decido di metterci dentro la corda; anche se ho scoperto che non è il mio modo di uccidere preerito, potrebbe tornarmi utile.

"Hikaru, quando ho chiesto di venire con te, già sapevo a cosa andavo incontro."

"Capisco..." rispondo. Eppure, quel suo sguardo quasi felice rivolto al cadavere non può far altro che incuriosirmi. Che abbia trovato il compagno di crimine giusto? Il solo pensiero mi fa sorridere timidamente.

"Ci saranno altri poliziotti, e sono anche armati..." dice Hiroji guardando la strada davanti a sè.

"Sei preoccupato?"

"Non molto. Io credo in te, e sono convinto che ci porterai sani e salvi lontano da qui."

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Capitolo 9
*** Giorno 13/parte 2: decisioni importanti. ***


Incontriamo altri quattro poliziotti per la strada. Due siamo riusciti a sorpassarli, agevolati dall'oscurità delle fogne, gli altri li abbiamo fatti semplicemente svenire.

"Un morto basta e avanza per peggiorare la situazione." aveva detto Hiroji, fermandomi quando stavo per uccidere il secondo. Quando non abbiamo visto più agenti, abbiamo pensato di aver superato la zona della città.

"Probabilmente era solo un controllo. Non erano sicura che fossi io..." esclamò, ricevendo l'approvazione dell'altro. Hiroji guarda l'orologio che ha al polso.

"Pensi che possiamo uscire? O che io possa andare in qualche negozio? Si sono fatte le sei e mezza, penso che ormai siano aperti."

"Beh, dovresti coprirti bene...ma perché?"

"Voglio cambiare aspetto... Come te."

Lo guardo con espressione stupida. Di certo non mi aspettavo una richiesta del genere... Ma soprattutto, amo troppo gli occhi verdi di Hiroji.

"Perché?"

"Beh, penso per il tuo stesso motivo, non voglio essere riconosciuto. Tu hai cambiato colore dal nero al bianco, e dal blu al rosso... A proposito, posso farti una domanda?"

"Certo."

"Hai i tratti orientali, ma gli occhi chiari..."

"Mamma mi raccontò che la famiglia di mio padre aveva origini straniere -inizio a dire capendo cosa volesse intendere- ma i miei nonni erano già anziani quando sono nata io, sono morti quando ero piccola, quindi non ho mai avuto tante informazioni... Ma anche tu hai gli occhi verdi."

"Stessa cosa: mio nonno materno era inglese, morto addirittura prima che io nascessi."

"Capito... Comunque, penso che non siano ancora passate ventiquattro ore, quindi la tua scomparsa non è denunciabile. Alla prossima scala esci, io ti aspetto qui."

Deve passare un'altra mezz'ora prima di trovare una via d'uscita, nella quale spiego a Hiroji come tingersi i capelli da solo. Alla fine il ragazzo, ben coperto con la sua felpa, esce, lasciandomi da sola in compagnia di Akio.

"Allora piccolo, cosa ne pensi di Hiroji?"

Il topolino squittisce un paio di volte saltellando sul posto. Decido di interpretarlo come un segno di approvazione.

"Anche se è strano che sappia tutte quelle cose, no? Quando parla di strategie o di come uccidere... Non so, ha uno sguardo strano. Sembra un po' me quando passo ai fatti. Sicuramente è qualcosa di innato."

Non so quanto altro tempo resto a parlare con Akio, ma all'improvviso il tombino sopra di me si apre.

"Sono io!" esclama la voce di Hiroji. Non appena finisce di scendere le scale e arriva a terra, si toglie il cappuccio. I capelli color cioccolato erano passati a un biondo platino, mentre gli occhi erano diventati argento. Lo guardò per qualche secondo, incantata, per poi sorridere. Certo, non era l'Hiroji che ero abituata a vedere, ma è comunque magnifico. Anzi, questi colori così chiari, uniti ai suoi lineamenti delicati, gli hanno donato una sorta di fascino angelico.

"Approvo!" esclamo. Hiroji sorride timido, per poi assumere uno sguardo serio.

"Ho visto un notiziario... Ti cercano ancora, ma non sanno del tuo nuovo aspetto. E non sono nemmeno sicuri che la morte della poliziotta sia opera tua. Penso sia il momento giusto per andarcene il più lontano possibile.

"Hiroji, cos'hai in mente?"

"Useremo i treni, le metropolitane e i pullman. Non dobbiamo restare mai per più di due giorni nello stesso posto, almeno fino a quando non arriveremo dall'altra parte del paese."

"Possiamo farcela."

"Dobbiamo farcela."

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Capitolo 10
*** Giorno 14:felice. ***


Il treno viaggia veloce sui binari, andando verso una destinazione a me ignota. Sono appena le cinque del mattino e Hiroji dorme al mio fianco, mentre io non sono riuscita a chiudere occhio nemmeno per un secondo. È strano essere fuori, alla luce del sole, dopo aver passato tutto quel tempo nelle fogne. Certo, a quest'ora il treno è quasi deserto e noi siamo ben coperti da felpe e sciarpe, ma la situazione rimane troppo pericolosa. Sono passati pochi giorni dalla prima uccisione, mi stanno ancora cercando senza sosta. In più, tra pochi minuti passeranno le ventiquattro ore, i genitori di Hiroji potranno denunciare la sua scomparsa, e la polizia non ci metterà molto a collegarla a me. 
Hiroji apre gli occhi, stiracchiandosi. Rimango incantata dalla vista dei suoi occhi verdi, prima che il ragazzo iniziasse a mettere le lentine grigie. 
"Che ore sono?" chiede, mentre sistema la lentina destra.
"Sono le cinque, siamo quasi arrivati." 
"Non hai proprio dormito?"
"No, non ci sono riuscita."
"Se sei così preoccupata, possiamo fare a turni. Appena potremmo, dormirai tu, mentre io farò, diciamo, da guardia." 
"Per me va bene" 
Il treno si ferma, e entrambi prendiamo gli zaini per poi alzarci. Nella stazione sono presenti poche persone, e questo mi rassicura. 
"Dove siamo?" chiedo a Hiroji, incuriosita. Ho lasciato a lui carta bianca per quanto riguarda gli spostamenti. Il ragazzo mi sorride, e io ringrazio il fatto di avere la sciarpa che mi copre le guance visto che sono arrossita.
"A quattro ore di treno da casa, in una cittadina di soli tremila abitanti." mi risponde semplicemente. Io annuisco, non chiedendo altro. Non sono curiosa riguardo a questo posto, in fondo so che dovremmo passarci poco tempo. 
"Hikaru, comunque penso che tu abbia bisogno di dormire." dice Hiroji guardandomi, mentre ci avviamo all'uscita della stazione. 
"Non ti preoccupare, sto bene..." ma mentre dico ciò, vengo interrotta da un mio stesso sbadiglio, facendo ridere Hiroji.
"Se sei assonnata, i tuoi riflessi saranno più lenti, e non potremmo difenderci bene." 
"Ah, quindi me lo dici solo perchè hai paura che io non possa reagire prontamente?" chiedo ironica, incrociando le braccia al petto. L'altro continua a sorridere.
"Se avessi avuto paura di queste cose, non ti avrei nemmeno chiesto di venire con te."
"Penso ancora che tu sia stato un folle ad abbandonare la tranquillità di una casa per seguirmi nella mia fuga senza meta."  
"Ma mi sto rivelando utile, no? Sono la mente del duo, e tu sei il braccio!" esclama scoppiando definitivamente a ridere, trascinando anche me. Smettiamo solo quando abbiamo il mal di pancia dalle risate, e lì, in quelle strade buie di una cittadina sconosciuta, conte lacrime agli occhi e vicino a Hiroji, capisco di essere finalmente felice. 
Camminiamo per quelle strade fino a quando non troviamo un piccolo parco, ovviamente chiuso. Scavalchiamo il cancello aiutandoci a vicenda, poi io mi stendo sul prato mentre Hiroji si allontana per qualche secondo. 
"Ho controllato gli orari di questo parco -mi dice appena tornato- apre alle 8. Sono le cinque e mezza del mattino, penso che tu possa riposarti un paio di ore. Starò io sveglio." 
Annuisco, sentendo già il sonno prendere possesso di me. Tolgo le lentine rosse, per poi appoggiare la testa sul mio zaino. Mi addormento poco dopo serenamente, grazie al pensiero di Hiroji che veglia su di me.

Sono esattamente le sette e mezza del mattino quando il ragazzo mi sveglia delicatamente, scuotendomi la spalla. 
"Ehi Hikaru, dai svegliati, dobbiamo andarcene."
"Mh...si..." brontolo stropicciandomi gli occhi. Mi alzo in piedi, dirigendomi verso una fontanella per sciacquarmi il viso. 
"Indossa le lentine -mi dice Hiroji- stamattina facciamo colazione in qualche bar."
"Sei sicuro? -chiedo, facendo comunque quel che mi aveva chiesto- non è troppo pericoloso?"
"Nessuno sa del tuo aspetto, nè tantomeno del mio, e siamo abbastanza lontani da casa."
"Va bene, ti seguo." 
Ci ritroviamo in un bar a pochi passi dal parco. Io prendo un latte caldo, mentre Hiroji un cappuccino. Il ragazzo paga per entrambi e ci sediamo a un tavolino per rilassarci. Ogni tanto mi guardo intorno, ma nessuno sembra aver fatto caso a noi. Prendo io bicchiere con entrambi le mani soffiandoci sopra, per poi portarlo alle labbra. Mi era mancato fare colazione così. Anche se, quando ho visto Hiroji pagare, mi è salito un dubbio.
"Hiroji... Dobbiamo trovare un modo per guadagnare soldi. Dobbiamo ogni volta pagare i biglietti del pullman o del treno, e ci servirà il cibo, non so quanto ancora basterà quello preso da casa tua." 
Hiroji mi guarda qualche secondo, per poi serrare le labbra.
"Hikaru, hai ancora intenzione di fare quello?" dice, e io capisco subito che si riferisce all'uccidere. 
"Potrei evitarlo qualche volta, quando non ce ne il bisogno, ma si, penso proprio che lo farò ancora."
"Allora prenderemo i soldi da loro... -si avvicina di più a me, abbassando la voce in un sussurro- le nostre vittime." 
Il modo in cui dice 'nostre' mi fa venire i brividi e arrossire le guance. Adesso non sono solo io a uccidere, non sono più le mie vittime, ma le nostre. Due assassini, il braccio e la mente.

 

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Capitolo 11
*** Giorno 16: Hiroji... ***


Sono tre giorni ormai che ci troviamo in questa piccola città. Secondo Hiroji, al massimo dopodomani dovremmo cambiare luogo. Dormiamo ancora in questa villetta, per poi andarcene in giro di mattina, cercando di prendere le strade poco frequentate. È l'una di notte, quando entrambi ci stendiamo sull'erba. Nessuno di noi due ha molta voglia di dormire.

"Hiroji, posso chiederti una cosa?"

Il ragazzo mi guarda curioso, annuendo.

"Non sarebbe meglio decidere una meta precisa da raggiungere, invece di girovagare a caso?"

"Ci stavo pensando anche io... Ma ti dico sinceramente che non ho idea di dove andare."

"Fuori dal Giappone." dico decisa. Ne avevo abbastanza di quel paese, delle sue regole e delle sue tradizioni. Volevo esplorare il mondo, conoscere altre culture, e allontanarmi il più possibile dal luogo dove tutto ha avuto inizio.

"Si, anche io voglio lasciare il paese. Magari... lasciare l'Asia."

"Dove ti piacerebbe andare?"

"Penso in Europa, vorrei vedere l'Inghilterra."

"Era il luogo d'origine di tuo nonno, vero?"

"Già, esatto."

"Anche a me piacerebbe visitare l'Europa... Non sono sicura di dove fossero i parenti da cui ho preso questi occhi blu, mia madre non me l'ha mai detto, ma sono sicura che provengono da lì. È una sensazione che ho."

"Non sarà facile. Per partire dovremmo superare molti controlli, e avere passaporti falsi..."

"Ma potremmo riuscirci. Fino a poco tempo fa, pensavi che sarebbe stato possibile scappare con un'assassina e essere ricercato dalla polizia?" dico ridacchiando.

"Per niente." mi risponde Hiroji ridendo anche lui. Dopo un po' che stiamo in silenzio a guardare il cielo iniziò a sbadigliare, e Hiroji mi guarda sorridendo.

"Dormi pure, sto sveglio io."

Io annuisco, iniziandomi a preparare per dormire. Tolgo le lentine, lego i capelli e mi stendo con la testa sul mio zaino. Poco prima di addormentarmi, sento qualcosa, come se qualcuno mi stesse accarezzando i capelli, ma subito mi addormento.
Non so quanto tempo passa quando mi sveglio all'improvviso a causa di un urlo. Mi alzo subito, guardandomi intorno. Iniziò ad andare in panico quando mi accorgo dell'assenza di Hiroji.

"Hikaru! Aiutami!"

Di nuovo un urlo, di nuovo la stessa voce. Hiroji.

"HIROJI! DOVE SEI?!" grido ormai in panico. Le mani mi tremano e la vista mi si è appannata. Riesco ad avere quel minimo di lucidità per recuperare il coltello, sentendolo, per la prima volta, pesante.

"HIKARU!"

Le mie gambe si muovono da sole verso il luogo da cui proviene la richiesta d'aiuto. Man mano che mi avvicino riesco a distinguere altre voci sconosciute, che dicono a Hiroji di stare zitto. Supero un albero, salto un cespuglio, quasi cado per colpa di un fosso. Devo correre di più, Hiroji è in pericolo, e io devo salvarlo. Non è come a scuola, adesso è lui che mi sta chiamando, sa che posso farcela.
Non appena riesco a vederlo, mi si gela il sangue.
Un grosso uomo ha immobilizzato Hiroji tenendogli le mani dietro la schiena e la bocca tappata. Un altro uomo, più basso ma comunque corpulento, ha una mano alzata. Solo in quel momento noto un segno rosso sulla guancia del ragazzo.
Lo hanno picchiato, gli hanno fatto male, tutto ciò mentre io ero a pochi metri di distanza.
La vista mi si oscura completamente, il mio corpo si muove da solo. Sento qualcuno che cerca di afferrarmi, ma il mio coltello subito va' a lacerargli la mano. E continua, arrivando al petto e alla gola, sempre più in profondità. Sento il sangue caldo raggiungermi il viso e imbrattarmi i vestiti. Quando riesco a vedere di nuovo, vedo l'uomo che aveva alzato le mani su Hiroji a terra in una pozza di sangue. Nessuno può fargli male senza conseguenze. Mi giro verso di lui, aspettando che il mio corpo uccida anche il secondo tizio, ma l'unica cosa che vedo è Hiroji piegato a terra con le braccia intorno allo stomaco, mentre annaspa in cerca d'aria. Non faccio in tempo a correre da lui che qualcuno mi afferra. L'uomo più alto mi mantiene le braccia, sollevandomi di qualche centimetro da terra. Il coltello, zuppo di sangue, mi cade, finendo sull'erba, mentre io non posso far altro che guardarlo. Sento le ossa a un passo dal rompersi, mentre il mio cuore inizia a battere più velocemente. Ho paura. Non sentivo la paura da quando sono scappata da scuola, con la polizia alle calcagna. Cerco di divincolarmi, senza riuscirci.

"Lasciami andare!" urlo, mentre quello stringe fortemente i miei polsi. Sicuramente mi lascerà dei segni.

"Stai ferma! Hai ucciso il mio collega... Se solo il capo non ti volesse viva e senza nemmeno un graffio, ti avrei già rotto il collo!"

Mi carica in spalla e inizia ad allontanarsi, mentre io provo a ferirlo con calci e pugni, senza risultati. Quando noto che siamo quasi all'uscita del parco, urlo e mi dimeno più forte. L'immagine di Hiroji piegato a terra è ancora davanti ai miei occhi, i sensi di colpa per non averlo protetto mi stanno mangiando dentro, come un piccolo parassita che vive nel mio petto. Non può e non deve finire così. Sento le lacrime cadermi sul viso, mentre pian piano le forze mi abbandonano. L'adrenalina dovuta all'omicidio di prima sta lasciando il posto alla disperazione.

Poi, all'improvviso, l'uomo urla. Io cado a terra, sentendo qualcosa graffiarmi la guancia. Ancora stordita mi alzo vacillando. La prima cosa che vedo è l'uomo a terra con un coltello piantato nella schiena. Il mio coltello. Hiroji è poco distante da lui, inginocchiato a terra, il volto e le mani sporchi di sangue, gli occhi vitrei.
Ci metto qualche secondo a realizzare, ma poi rimango con un'espressione stupita.
Hiroji ha appena ucciso la sua prima vittima.

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Capitolo 12
*** Giorno 16 pt.2: fughe. ***


Mi alzo barcollando, sentendo il sangue scendermi lungo la guancia. Mi avvicino a Hiroji, accorgendomi che sta tremando.
"Hiroji... Tutto okay?" chiedo circondandogli le spalle con le braccia. Non mi risponde, continuando a guardare fisso a terra.
"Ti prego, parlami!" urlo, ma niente. Mi mordo il labbro, andando verso il corpo dell'uomo che mi aveva presa. Frugo nelle tasche, fino a trovare il portafogli. Faccio lo stesso con l'altro. Almeno abbiamo abbastanza soldi per scappare lontano. Torno da Hiroji e lo alzo con la forza, cercando di mantenerlo. Non è molto facile considerato che è più alto di me, ma almeno riesco a camminare fino alla fontanella. Pulisco entrambi dal sangue, buttando un po' di acqua fredda in faccia al ragazzo per provare a risvegliarlo, ma rimane in trance.
"Hiroji, ti prego, dobbiamo andarcene subito."
Non vedendo ancora nessuna risposta, mi faccio prendere dall'ira, dandogli uno schiaffo sulla guancia.
"HIROJI! Rispondimi!"
Lui alza il viso, guardandomi, ma i suoi occhi sono ancora offuscati.
"Hikaru..."
"Dobbiamo scappare."
"Hikaru... Tu come fai?"
"Che intendi?"
"A uccidere. Come fai? Non è normale, è contro la natura togliere la vita a un'altra persona."
Sospirò, sedendomi a fianco a lui. In quel momento mi rendo conto che Hiroji non è fatto per uccidere. Il suo destino non è essere il braccio.
"Come se tu fossi un santo... Sono io quella a compiere l'atto, è vero, ma io mi faccio prendere dal l'istinto. Tu invece pianifichi."
"Quei pensieri mi vengono spontanei, non sono io a volerli..."
"Pensi che io volessi uccidere quel ragazzo nella casa abbandonata? Per me è lo stesso. -gli prendo le mani, guardandolo fisso- ti prometto che non sarai più tu a uccidere. Ma ora vieni, dobbiamo scappare. È stato tutto all'improvviso, non avevo nemmeno i guanti... Ci indentificheranno."
Ancora tremante si alza. Mi preparo comprendomi meglio che posso e prendiamo gli zaini, per poi uscire un'ultima volta da quella villa. Sono ormai le tre di notte, e per strada non c'è nessuno. Corriamo velocemente verso la stazione, senza fermarci mai. Appena arrivati controlliamo gli orari del treno. Dovremo aspettare solo dieci minuti.
Mentre siamo seduti su una panchina in attesa del nostro treno, Hiroji mi accarezza la guancia ferita.
"Devi disinfettarlo." mi dice con voce flebile.
"Di certo non sarà un taglietto a fermarmi." rispondo ridacchiando. Lui cerca qualcosa nello zaino, per poi cacciare una scatola di cerotti. Ne apre uno, poggiandolo sul taglio.
"Così almeno dovrebbe andare meglio."
"Grazie..."
In quel momento il treno si ferma davanti a noi. Saliamo velocemente, prendendo i posti in fondo. Vorremmo riposare, ma nessuno dei due ci riesce, abbiamo ancora troppa adrenalina.
"Hikaru, quelle persone cercavamo te."
"Lo so... Ma non capisco perchè. Forse l'uomo che ho ucciso a scuola faceva parte di qualche organizzazione."
"Non penso... I suoi attacchi non sembravano programmati. Poi hanno detto che il loro capo ti voleva viva, senza nemmeno un graffio..."
"Però, da un lato, sono curiosa di sapere perché mi volessero."
"Non penso che si arrenderanno così facilmente, sai?"
"Li incontreremo di nuovo? Altre persone che vogliono prendermi?"
"Si, penso proprio di sì."
"Non renderò loro la vita semplice."
Hiroji mi guarda per qualche secondo, per poi sorridere.
"Si, ci avrei scommesso."
"Sai, stavo pensando a una cosa..."
"Cosa?"
"So i nomi di tutte le mie vittime, tranne di quei due uomini. Non avevano nessun documento con loro. Voglio scoprirli."
"Perché? Vuoi tenere una specie di elenco di tutti quelli che uccidi?"
"Si, diciamo di sì."

La città dove arriviamo è molto grande e popolata, ma per via dell'orario per le strade non c'è anima viva. Camminiamo per un pò, fino a trovare un vicolo stretto e buio. Ci accampiamo li, con le spalle contro il muro. Siamo entrambi troppo stanchi, quindi decidiamo di riposarci tutti e due. Akio esce dal mio zaino, addormentandosi sulla mia spalla. Non lo vedevo da ore, a causa di tutto quello che era successo. Io e Hiroji ci addormentiamo uno affianco all'altro, io con la testa sulla sua spalla.
Ma questo giorno, sembra essere il peggiore di tutti. Veniamo svegliati dalla voce di una donna. Sbadiglio, stropicciandomi gli occhi, mentre il ragazzo sembra averlo ancora chiusi. Davanti a noi, una ragazza dai capelli rossi ci guarda curiosi.
"State bene, ragazzi?" chiede. Hiroji finalmente apre gli occhi, anche se è ancora assonnato.
"Si, stiamo bene. Se non le dispiace, vorremmo tornare a dormire." rispondo stizzita.
"Non vi farà bene dormire per terra. Vi posso ospitare io se non avete una casa."
"Non ci serve, sul serio."
"Hikaru...guarda." mi sussurra nell'orecchio Hiroji, con lo sguardo fisso sulla vita della ragazza. I miei occhi cadono sulla sua cintura, dove spicca un distintivo da poliziotta. Come ho fatto a non notarlo prima?! Immediatamente ci alziamo, ma la ragazza non sembra ancora sulla difensiva. Forse non ci ha ancora riconosciuto, crede davvero che siamo due poveri ragazzi senza casa. Guardo alla mia destra, dove la strada ormai brulica di persone. Anche se lì sarebbe facile mescolarsi tra la folla, se ci inseguisse incontreremmo più ostacoli. Dall'altra parte, il vicolo è chiuso da un muro di mattoni alto circa tre metri, con appoggiati alcuni bisogni dell'immondizia. Afferrò il polso di Hiroji, dicendo:
"Seguimi."
Velocemente afferriamo gli zaini e corriamo verso il muro. Salto sul cassonetto, subito seguita da Hiroji, che poi mi aiuta a scavalcare il muro. La ragazza inizia a venirci incontro, urlando di fermarci con espressione stupita. Appena sono sopra al muro, tiro Hiroji per le braccia, poi ci lasciamo cadere dall'altra parte. Dai rumori dietro di noi capisco che la poliziotta ha avuto la stessa idea. Continuiamo a correre, senza mai fermarci, urtando passanti e saltando sopra panchine. Sento Hiroji affaticato, così gli prendo la mano e me lo trascinò dietro. Ci fermiamo in un bar solo quando siamo sicuri di averla superata. Ma in quel momento, il telegiornale inizia.
La prima notizia è quella di due cadaveri trovati in una città, con sopra le impronte della ricercata assassina Hikaru.

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Capitolo 13
*** Giorno 16 pt.3: un letto comodo. ***


Il sevizio non fa nemmeno in tempo a finire che scappiamo di fretta da quel locale, coprendosi con i cappucci e iniziando a camminare a testa bassa tra la folla. Abbiamo poco cibo, pochi soldi, e non sappiamo nemmeno dove andare a rifugiarci. 

"Hai qualcosa in mente? -chiedo mentre con lo sguardo cerco qualche posto dove riposare, ma tutti sembrano troppo affollati- perché l'unica cosa che mi viene in mente è uccidere qualcuno e prenderci i suoi soldi e le chiavi di casa."

"Non essere così drastica, dovremmo ricorrere a ciò solo in caso disperato."

"Tu hai qualche idea migliore?"

"...magari un semplice furto, senza vittime."

"Non sono sicura di saper rubare ai vivi."

Hiroji sospira, spremendosi le meningi per poter trovare una soluzione migliore, poi i suoi occhi si illuminano.

"Mentre scappavamo dalla poliziotta, ho visto di sfuggita un centro d'accoglienza."

"Non pensarci nemmeno! E se ci riconoscessero?"

Akio, salito sulla mia spalla, sembra annuire deciso. Chissà se ammetterebbero i topi lì. 

"Non lo faranno. Le persone che lavorano lì hanno un gran cuore, accoglierebbero sicuramente due poveri orfani. Il tempo di prendere provviste e soldi e poi potremmo scappare."

"Uno: si, sono bene come sono le persone di quei centri, ci ho vissuto otto anni. Due: tu non sei orfano."

"Non intendevo offenderti... -mi dice mentre le guance gli si tingono di rosso- intendevo che potremmo inventarci qualche storia. Posso sempre fingere di essere tuo fratello."

La prospettiva di far finta che Hiroji sia mio fratello non mi attira molto, ma è l'unica cosa che possiamo fare.

"Va bene. Ti ricordi dov'è?"

"Certo, seguimi."

In realtà, ci perdiamo un paio di volte, e Hiroji chiede indicazioni ai passanti fregandosene di essere il complice di una ricercata assassina. 

"Va bene, in realtà ho un pessimo senso dell'orientamento, ma almeno siamo qui!" esclama quando finalmente arriviamo al centro. È un edificio rosa pastello con alle finestre tende verde menta. La porta principale è ricoperta di disegni fatti dai bambini. Sopra di essa, torreggia la scritta 'children paradise' è sotto, scritto più in piccolo, 'centro d'accoglienza per minori'

"Questo posto mi inquieta." dico quasi disgustata. Hiroji mi guarda ridacchiando, poi saliamo gli scalini bianchi e bussiamo al campanello. Ad accoglierci è una ragazza sui venti anni, i capelli lisci e neri e gli occhi dello stesso colore. Indossa una semplice camicia bianca e un pantalone nero. Ci guarda da capo a piedi con sguardo amorevole. 

"Cosa vi è successo?"

"La prego, ci aiuti." rispondo semplicemente implorandola. Odio recitare questa parte.

"Non state qui fuori, entrate."

All'interno, l'edificio è azzurro chiaro. La prima stanza che vediamo è una specie di sala d'attesa, con di fronte una porta in legno scuro con su scritto 'direttrice Yang'. La ragazza bussa, e dobbiamo aspettare qualche secondo prima che una voce femminile dica:'avanti!' 
Entriamo nell'ufficio della direttrice. Una donna sulla cinquantina molto simile alla ragazza con noi, è seduta alla scrivania con un sorriso accogliente e i capelli legati in una crocchia stretta. 

"mamma, questi due ragazzi hanno bussato chiedendo aiuto." dice la ragazza, che a quanto pare è la figlia della direttrice. 

"Va bene Lin, lasciali pure a me." 

Lin si congeda, e la signora Yang ci invita a sederci. Io e Hiroji ci guardiamo per qualche secondo, poi obbediamo. Subito, la mia mente viene invasa da troppi ricordi legati agli otto anni passati in centro. Setto la gola secca e le mani tremare.

"Piacere ragazzi, io sono la signora Yang, e voi siete?"

Hiroji deve essersi accorto del mio stato, perché risponde per entrambi.

"Io sono Andrew e lei mia sorella Lily."

Lily è un bel nome per essere un nome falso. Almeno i nomi stranieri possono giustificare il nostro aspetto non esattamente asiatico.

"Piacere di conoscervi, Andrew e Lily. Ce la fate a raccontarmi la vostra storia?"

"Non sappiamo bene cosa sia successo -dice il ragazzo- prima viviamo in una vecchia casa, dove ogni tanto mancava la corrente, con i nostri genitori. Ma un giorno ci siamo svegliati e loro non c'erano più."

La Yang ci guarda tristemente. Probabilmente pensare che ci abbiano abbandonato per problemi di soldi.

"Capisco... di solito bisognerebbe compilare dei moduli e altre cose simili, ma comprendo la vostra situazione. Ho dei letti liberi. Preferite dormire insieme?"

"Si, se è possibile. Non siamo abituati a essere separati."

"Va bene, vedrò cosa posso fare."

Poco dopo, Lin ci viene a prendere chiamata dalla madre. Saliamo una rampa di scale in legno chiaro e ci ritroviamo al piano superiore, fatto di porte e corridoi. Ci fermiamo alla quarta porta che Lin ci mostra.

"Di solito cielo molto più movimento qui, ma fortunatamente abbiamo il necessario per lo studio a casa, quindi tutti i bambini a quest'ora staranno facendo lezione giù. Comunque, questa è la vostra camera! Mentre di là -dice, indicando un corridoio blu scuro- ci sono i bagni se ne avete bisogno. Ora vi lascio, sono sicura che vogliate riposarvi."

Appena se ne va', io e Hiroji ci infiliamo nella nostra camera. Troviamo un grande armadio, un letto a castello e una scrivania con due sedie, dove poggiamo gli zaini. Akio esce dalla tasca per accomodarsi sul letto in basso, mentre sento la mano di Hiroji posarsi sulla mia spalla. 

"Stai bene?"

"Si, solo troppi ricordi." 

Lui annuisce, guardandosi intorno.

"Possiamo rimanere le armi nello zaino?"

"Non li controlleranno. Più che altro, sono ansiosa per le ricerche che stanno facendo su di noi. Nell'altra città ci siamo fatti vedere, non c metteranno molto a scoprire il nostro nuovo aspetto. Non possiamo nemmeno cambiarlo di nuovo, lo stesso trucco non funzionerebbe due volte."

"Almeno ci ha dato un grosso vantaggio. Comunque, quando diffonderanno la notizia saremo già lontani con soldi e provviste. Nel frattempo..."

Lo guardo mentre si stende sul letto vicino a Akio, sospirando e chiudendo gli occhi.

"Godiamoci un bel letto comodo."

Io sorrido, sedendomi al suo fianco.

"Sono d'accordo."

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Capitolo 14
*** Giorno 17: il momento. ***


Quando la mattina dopo mi sveglio, ci metto un pò ad aprire gli occhi. La sensazione di un  letto unito e di un morbido cuscino fa in modo che io non voglia alzarmi. Eppure non è passato molto da quando dormivo in casa mia. Solo due settimane erano passate dalla mia prima vittima, ed ero già lontana chilometri da casa. Mi metto a sedere, stropicciandomi gli occhi. Da fuori si sentono le decine di voci degli altri ragazzi. Ieri io e Hiroji siamo rimasti tutto il tempo chiusi in camera. Non ho voglia di vedere altre persone, ma non posso farne a meno. 

All'improvviso la testa di Hiroji appare nella mia visuale.

"Buongiorno." dice sorridendo, in piedi sul letto di sotto e aggrappato con le mani al mio. Aveva insistito per dormire sul letto di sotto, ma non sapevo il perché. 

"B-buongiorno..." dico mentre arrossisco. L'immagine del ragazzo con i capelli biondi scompigliati, l'espressione assonnata e senza le lentine, mi fa battere il cuore forte. Lui mi guarda per qualche secondo, poi passa le sue dita tra i miei capelli.

"Devi aggiustare il colore, si vede la ricrescita scura." mi dice serio. Io ridacchio, balzando giù con un salto.

"Tranquillo, ci penso oggi." 

Qualcuno bussa alla porta, e una voce maschile ci chiede se può entrare.

"Un attimo." esclamo, poi io e Hiroji indossiamo le lentine. Appena fatto, vado ad aprire, ritrovandomi davanti un ragazzo della mia stessa età, i capelli neri erano fin sopra le spalle e gli occhi neri che ci guardavano curiosi. E' anche più alto di Hiroji, le spalle larghe e il fisico snello.

"Che ti serve?" esclamo fredda.

"Ehm... mi chiamo Ryushi. La mia stanza è a fianco alla vostra, volevo solo avvisarvi che stiamo tutti scendendo per la colazione." dice rivolgendomi un sorriso amichevole. Lo osservo un paio di secondi. E' carino, certo, ma Hiroji lo è di più. 

"Va bene, veniamo tra poco."

Faccio per chiudere la porta, ma lui la blocca con una mano, continuando a guardarmi.

"Come ti chiami?"

"Lily." rispondo prontamente. Mentire sul proprio nome è più difficile di quanto si pensi. Prima che Ryushi possa dire qualcosa, Hiroji si piazza in mezzo a noi. 

"E io sono Andrew, suo... fratello. -dice- e ora se non ti dispiace, io e Lily dovremmo cambiarci."

Ryushi arrossisce leggermente, annuendo.

"Si, certo... -poi mi rivolge un'ultima occhiata- allora ci vediamo tra poco, Lily." e detto ciò, se ne va chiudendo la porta.

"Hikaru, non ti avvicinare a quel tizio, non mi convince." mi dice Hiroji mentre prende i suoi vestiti.

"A me non è sembrato sospetto... forse solo un pò strano, ma è uno dei tanti ragazzi di qui."

Hiroji sbuffa, per poi chiudersi nel bagno. Io rimango qualche secondo a fissare la porta confusa. Akio si arrampica sulla mia spalla, richiamando la mia attenzione.

"Tu sai cosa gli è preso?"

Akio emette un verso che interpreto per un 'no'. Sospiro, per poi iniziare a vestirmi anche io. 

Quando siamo pronti scendiamo, trovando la mensa piena di ragazzi di varie età. Quelli più piccoli, fino ai cinque o sei anni, sono sotto il controllo di alcune ragazze, tra cui anche Lin. Io e Hiroji ci guardiamo intorno, cercando un sito dove sederci, fino a quando Ryushi non ci viene incontro. 

"Eccoti finalmente." mi dice sorridendo. Che ha da sorridere così tanto questo tizio? 

"Ci sono anche io." risponde Hiroji. Mi sembra di sentire il suo tono arrabbiato, ma non ne capisco il motivo.

"Ah, certo, scusami. Comunque vi ho riservato due posti e vi ho fatto anche dei vassoi. Dovete scendere più presto, o non troverete quasi niente. Molti si riempiono il piatto anche due o tre volte."

Io annuisco, seguendo Ryushi fino ai nostri posti. Io mi siedo in mezzo ai due ragazzi. Davanti a me c'è un vassoio con pancake. Subito inizio a mangiare, godendomi ogni morso. Era da quando ero andata a casa di Hiroji che non facevo un pasto decente. 

"Se posso chiedervelo... come mai siete qui?" ci chiede Ryushi dopo qualche minuto. Io guardo Hiroji, che inizia a parlare.

"Un giorno ci siamo svegliati, e ii nostri genitori non c'erano più. Li abbiamo aspettati per un paio di giorni ma niente. Probabilmente, non avevano abbastanza soldi per mantenerci." dice, senza alzare lo sguardo dalla sua colazione. 

"Ah... mi dispiace."

"Tu, invece?"

"I miei genitori non erano di questo paese, erano cinesi. Mio padre è morto per un incidente sei anni fa, mia madre si è suicidata poco dopo. Vivo qui da allora."

Lo fisso mentre racconta la sua storia. Anche lui è orfano, come me, ma non posso dirlo. 

"Allora... conoscerai bene questo posto." dico, cercando di rimanere con la mia espressione impassibile.

"Esatto."

"Come fanno a mantenere tutti questi ragazzi?" 

"Oltre i soldi che l'istituto riceve dalla città, ci sono molte donazioni."

"Il conto bancario di questo istituto sarà enorme..." aggiunge Hiroji.

"La direttrice è di vecchio stampo. Tiene tutto in cassaforte, nel suo ufficio."

Io e Hiroji ci scambiano uno sguardo. Era quella l'informazione che volevamo. Rivolgo uno sguardo alle ragazze che si occupano dei bambini più piccoli.

"Quelle sono volontarie o vengono pagate?"

"Metà e metà. Qualche volta, le volontarie rimangono anche a dormire, ma di solito ci sono solo la direttrice e Lin."

Abbozzo un sorriso per poi ricominciare a mangiare. Il fatto che di notte ci siano così pochi adulti, non può far altro che avvantaggiarci.

"E il marito della Yang?" chiede Hiroji.

"E' morto anni fa per malattia... nemmeno io l'ho mai conosciuto."

A quel punto, chiesi a me stessa di farmi un esame di coscienza.  Stavo mentendo a un ragazzo che non aveva più i genitori, proprio come me, e stavo programmando di derubare un centro di accoglienza per minori. Ero una brutta persona, lo riconoscevo. E allora perché non provavo niente? Perché non avevo nemmeno un briciolo di rimorso? Più il tempo dal mio primo assassinio passava, e più sembravo trasformarmi. Solo stare al fianco di Hiroji mi faceva battere di più il cuore. 

Finita la colazione, Ryushi mi propone di passare la mattinata nel cortile.

"No -risponde Hiroji al posto mio- io e Lily abbiamo delle cose da fare."

Io lo guardo stranito, ma Ryushi mi si avvicina, sussurrando:

"Per caso tuo fratello è molto protettivo con te?"

Ma prima che possa rispondere, Hiroji mi afferra per il polso, trascinandomi su in camera. Appena siamo dentro mi libero, guardandolo male.

"Si può sapere cosa ti prende?"

"Cosa prende a me? Sei tu che stai facendo amicizia con un ragazzo che non vedremo mai più in vita nostra!"

"Amicizia? Di cosa stai parlando? Sto solo cercando di raccogliere informazioni!"

"Si, certo. L'ho visto lo sguardo che gli hai rivolto quando ha detto di essere orfano. Non ti ho mai visto provare pietà e compassione nemmeno per le tue vittime."

A quel punto mi blocco. Non me ne ero resa conto. Davvero mi ero ammorbidita solo per aver trovato qualcuno come me? Ma dicerto, non posso far passare liscio questo comportamento a Hiroji.

"Prima di tutto, abbassa la voce, ci manca solo che ci senta qualcuno. Secondo, scusami tanto se mi ha colpito il fatto che Ryushi fosse orfano, ma sai com'è, lo sono anch'io. Non tutti hanno avuto la possibilità di avere un'infanzia serena, tu non ti sei trovato all'improvviso un assassino in casa!"

Hiroji mi guarda a occhi sgranati, per poi abbassare lo sguardo.

"Non era questo quello che intendevo."

"E allora cosa? Perché ti comporti così?" 

A quel punto, Hiroji si avvicina a me con uno sguardo strano, che non gli avevo mai visto. Credevo seriamente che avremmo iniziato una lotta, ma tutto quello che fa è poggiare le sue labbra sulle mie. 

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Capitolo 15
*** Giorno 17 pt.2: Ryushi ***


Rimango ferma, immobile, con gli occhi sgranati. Non posso credere a quello che sta succedendo. Hiroji, il mio Hiroji, mi sta baciando. Dopo tutti questi anni, finalmente si sta realizzando. Le gambe e le mani mi tremano, mentre lui mi mantiene per i fianchi. Quando si stacca, mi guarda accennando un sorriso, mentre il suo viso diventa completamente rosso. 

"Cosa... cosa vuol dire questo?" chiedo, mentre sento le guance andare in fiamme.

"Non lo so... mi è venuto spontaneo."

"Hiroji..."

"Hikaru... forse, ero solo geloso di Ryushi."

"Ma non devi! Perché io..." a quel punto abbasso lo sguardo, incapace di continuare per l'imbarazzo. Diamine, riesco a uccidere persone e non a parlare con il ragazzo che amo. Hiroji mi prende il mento, facendo incrociare i nostri occhi. 

"Perché tu?"

"Perché io provo dei sentimenti solo per te."

Per qualche secondo rimaniamo così, senza dire niente, poi lui avvolge le braccia intorno a me, stringendogli. Io nascondo il viso sulla sua spalla.

"Stanotte scappiamo... okay?" mi sussurra.

"Okay." rispondo io, chiudendo gli occhi. 

 

"Ci sono riuscito! Sono un grande!" dice Hiroji urlando mentre rientra in camera. Io gli corro incontro, tappandogli la bocca con una mano. Solo quando lo vedo arrossire, lascio che parli di nuovo.

"Non urlare così tanto! Potrebbero insospettirsi! Comunque... davvero ce l'hai fatta?"

"Si, la password è su questo pezzetto di carta." dice, tenendo tra l'indice e il medio un foglietto, con sguardo orgoglioso.
Mandare Hiroji a spiare la direttrice era stata la scelta migliore, in due avremmo destato troppi sospetti.

"Se io un'ora fa non avessi sentito da Lin che sarebbe arrivata una donazione oggi, non avremmo potuto fare niente." dico, con aria di superiorità. 

"Pff, è stato solo un caso."

"Non è vero! La stavo ascoltando apposta!"

"Si sì, certo..."

Entrambi ci guardiamo, per poi scoppiare a ridere. 

"Allora, quando andremo?" chiedo, abbassando ancora di più il tono della mia voce.

"Nell'ora di pranzo... diciamo che uno di noi si è sentito male e che l'altro non vuole lasciarlo solo."

"Così sicuro non ci sarà nessuno nell'ufficio... idea geniale!"

 

Quando arriva l'ora di pranzo, rimaniamo chiusi in camera a chiave, aspettando he ci vengano a chiamare. E infatti, dopo qualche minuto, sentiamo qualcuno bussare e la voce di Ryushi dire:

"Lily? Andrew? Perché non scendete?"

Lo sguardo di Hiroji si assottiglia, mentre risponde:

"Lily non si è sentita molto bene dopo la colazione, preferiamo rimanere qui."

"Lily?! Devo chiamare qualcuno? Posso vederla?" 

"No, tranquillo, non è niente di grave. E no, non puoi assolutamente vederla."

MI copro la bocca con le mani per non far sentire la mia risata, mentre ascolto il tono acido con cui Hiroji ha risposto. Quando siamo sicuri che Ryushi se ne sia andato, Akio mi sale sulla spalla, mentre ci avviciniamo alla finestra con gli zaini vuoti in spalla. La nostra stanza è esattamente sopra l'ufficio, dovrebbe essere semplice scendere e entrare. Apro la finestra, scendendo all'indietro da essa e poggiando i piedi sul sottile cornicione. mi sposto verso un tubo, mentre Hiroji mi segue. Entrambi scivoliamo sul tubo, fino a raggiungere il piano sotto. Stretti con le spalle a muro, camminiamo di nuovo di lato sul cornicione, fino a trovare la finestra dell'ufficio. Fortunatamente si apre al primo tentativo, e subito ci buttiamo al suo interno. Vedo Hiroji prendere un sospiro di sollievo, e solo in quel momento mi accorgo di non aver avuto paura nemmeno per un attimo. 

"Muoviamoci, potrebbero rientrare da un momento all'altro." dico sottovoce, avvicinandomi alla cassaforte. Hiroji mi detta la combinazione e lo sportello si apre davanti ai nostri occhi. Due montagnette di soldi legati con fasce appaiono davanti ai nostri occhi, insieme a vari assegni. Ne prendiamo velocemente i più possibili. Ne lasciamo un pò, insieme ai vari assegni, per poi rimetterci gli zaini in spalla. Ma appena finiamo, noto Hiroji fissare il soffitto con espressione spaventata. Seguo il suo sguardo, notando una telecamera di sicurezza. Come abbiamo potuto essere così stupidi?! 

"Hiroji, ora! Scappiamo ora!" esclamo afferrandogli la mano.

"Abbiamo tutte le nostre cose in camera! Come faresti tu senza coltello?!" dice, la voce che gli trema. Gli afferro le spalle, guardandolo negli occhi. 

"Ascoltami. Sicuramente non controlleranno i filmati delle telecamere adesso. Risaliamo, prendiamo le nostre cose, e scappiamo via, il più lontani possibile." 

Hiroji annuisce, poi entrambi ci fiondiamo sulla finestra. Recuperate le nostre cose, scendiamo di nuovo per il tubo, saltando a terra e correndo il più velocemente possibile verso l'uscita di dietro. Ma dopo pochi passi fuori, quando ormai crediamo di avercela fatta, qualcuno blocca la nostra strada. Ryushi.

"Sapevo che tramavate qualcosa..." ci dice, in un misto tra lo sconvolto e l'arrabbiato.

"Facci passare immediatamente." dico, prendendo il coltello in mano.

"Solo... se mi portate con voi." ci risponde. Io faccio un passo indietro, stupita. 

"Non se ne parla nemmeno!" quasi urla Hiroji. Io gli metto una mano sul petto, come per calmarlo. 

"Perché vuoi venire con noi?" chiedo sospettosa. Ryushi sospira, guardando a terra.

"Quello dei miei genitori non fu un incidente... era premeditato, qualcuno voleva ucciderli. Voglio sapere perché. E voglio... -si bloccò per qualche secondo, mordendosi il labbro- dall'incidente, mia zia è scomparsa. La vedevo poche volte, mamma mi disse che lavorava all'estero... non le ho mai creduto. Mi nascondevano qualcosa, sicuramente."

"E perché pensi che venendo con noi lo scopriresti?"

"Non so se effettivamente lo scoprirei... ma non so in che altro modo andarmene da quel posto. Da solo non ci riuscirei..."

"Pft, dilettante..." esclamò Hiroji, e io gli rivolsi uno sguardo arrabbiato.

"Hiroji, facciamolo venire, okay?" 

"Hikaru..."

"Non starà per sempre con noi..."

"Uff... va bene, come vuoi."

"Hikaru? -sussurrò Ryushi- quindi tu sei..."

"Si, quell'assassina blah blah blah. Vuoi ancora venire con noi?"

"Si... assolutamente."

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