Obsession

di Shadow Eyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Obsession {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***
Capitolo 2: *** Advantage {“Death Note: The Last Name” | Movie!Verse} ***
Capitolo 3: *** Accuracy {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 4: *** 33% {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 5: *** Friendship {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 6: *** Illogical {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 7: *** The True You {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 8: *** Troubling Thoughts {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 9: *** A Moment in Time {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 10: *** Everyday Magic {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 11: *** Heart Song {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***



Capitolo 1
*** Obsession {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***


MisaxL
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]





6. Obsession {“L Change the WorLd” | Book!Verse}




I’m lonely in this consciousness
Hoping you come back again
She – “Make Me Real”





Il concetto che a circondare la sua stanza ci fosse un formicaio immenso di esseri viventi in perenne movimento, gli aveva sempre creato un’ansia sottile, un’angoscia irrazionale che prendeva a formicolargli sottopelle finché non deviava il corso dei propri pensieri su qualcos’altro. Un nuovo caso, preferibilmente.
Ad essere completamente onesti, fin dall’infanzia la parte mondana delle interazioni sociali, quella fatta di visite di cortesia e di tediose chiacchierate volte a riempire i silenzi, non era mai riuscita ad esercitare alcuna attrattiva su di lui. Restare chiuso giorni interi nello stesso luogo, immerso nel silenzio, non gli era mai pesato, anzi: lo trovava rilassante. Oltretutto, di interessi adatti ad intrattenere una conversazione semplice, quotidiana, non ne aveva neppure uno. O meglio, così credeva.
Da qualche mese infatti, qualcosa, o per meglio dire qualcuno, era riuscito a far breccia nella sua routine fatta di dolci, indagini, arresti e notti insonni: Misa Amane, una piccola, inaspettata finestra sulla superficie patinata del mondo esterno.
Era stato alquanto bizzarro scoprire come una star della TV potesse trasformarsi in qualcosa di più di una semplice distrazione. Qualcosa, tra l’altro, di cui poteva finalmente parlare, senza essere costretto ad assistere a quel graduale processo di aggrottamento di sopracciglia che di solito assaliva più della metà dei suoi interlocutori dopo qualche minuto di conversazione. La carta vincente che spazzava via ogni barriera: l’argomento “Misa-Misa”.
L accese un terzo portatile, sistemandolo con cura accanto agli altri.
Inizialmente non gli sembrava esserci nulla, dietro i sorrisi di plastica che la idol offriva ai fotografi delle riviste. Eppure, grazie ai suoi recenti acquisti, s’era dovuto ricredere: Misa Amane aveva delle notevoli doti d’attrice, nonché una voce dolce da soprano che, in un allarmante, breve margine di tempo, aveva attivato in una parte buia della sua mente un meccanismo che non riusciva più a fermare. Una necessità sconosciuta che cresceva, che gli ronzava di continuo tra i pensieri, e che lo spingeva a cercare informazioni su di lei in maniera compulsiva.
Mordicchiandosi l’unghia dell’indice, L aprì l’home page del sito ufficiale della idol.
La pila di riviste, per lo più per ragazze, che aveva fatto capolino accanto ai sui vassoi di dolci, era stato il primo segnale di quel processo in atto; in poco tempo infatti vi si erano aggiunti gli album, i DVD ed infine i gadget. Il giovane non ci aveva messo molto a capire che il bisogno si alimentava delle informazioni che gli offriva, e che dunque l’unico modo per disfarsene, era smettere di assorbire nuovi dati su di lei di continuo. Ma perché, poi? La sua routine era un meccanismo perfetto, e sconvolgerlo era una cosa che non aveva la minima intenzione di fare.
La luce bianca dei tre schermi gli scivolò sul volto, riflettendosi sulla superficie trasparente degli occhi che saettavano senza sosta fra le notizie della giornata.
«Oh!»
Fra qualche istante ci sarebbe stata un’esclusiva chiacchierata live con la idol per la gioia di tutti gli iscritti, che stavano impazzando nella chat laterale. L si ingobbì considerevolmente, protendendosi verso lo schermo con una trepidazione tale da serrargli la bocca dello stomaco: mancavano una manciata di secondi. Cliccò sul link.
Il volto sorridente di Misa comparve nel riquadro accanto alla chat, facendogli accelerare il battito, mentre la sua voce allegra salutava tutti i presenti.
«Misa-Misa non vede l’ora di leggere le vostre domande!»
Uno sbuffo incredulo gli sfuggì dalle labbra, mentre la osservava in silenzio; era folle quanto il volto di quella ragazza bastasse ad alterare la sua percezione della realtà, eppure…
«Oh, accidenti! Misa non credeva di riceverne così tante! Grazie a tutti di cuore per avermele inviate!»
Eppure la stanza parve per attimo più luminosa e, seppure per poco, era come se non fosse più solo.










.:~*~:.

Eccomi qui con la mia prima raccolta di mini-racconti mutli!verse... Credo si dica così...? Comunque! X°D Di recente ho letto la light novel “L change the WorLd”, e dato che le atmosfere recuperano molto il canon della storia originale (non come il film, che segue un percorso più indipendente), devo ammettere che, dopo qualche pagina, la fiamma per questa serie mi si è riaccesa. In particolare per L e per Misa. Non per nulla quel libro è una miniera di trivia interessanti su questi due oh oh oh ♥
Comunque sia, questo primo racconto, è ambientato prima degli eventi di Death Note, perché avevo voglia di ricostruire un po’ la nascita di questa passione che L dimostra di avere per la Misa dei riflettori. In pratica è una fanghérl. A detta dell’autore del libro (il misterioso “M”… Mmh), infatti, L ha quattro scomparti segreti nel quartier generale Anti-Kira: uno per gli abiti, uno per i cellulari, uno per i dolci di scorta, e uno per i gadget di Misa Amane. Detto tutto.
Vi ringrazio per aver letto, e al prossimo capitolo! °˖✧◝(⁰▿⁰)◜✧˖°

P.S.: Qui c’è il link con i prompt, per chi fosse interessato.

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 2
*** Advantage {“Death Note: The Last Name” | Movie!Verse} ***


LxMisa2
Obsession
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82. Advantage {“Death Note: The Last Name” | Movie!Verse}




You’ve got the blood on your hands,
I think it’s my own.
Foals – “Blue Blood”




Bianche. Delicate.
Le dita erano esili, d’un invadenza imprevista; gli afferrarono la maschera, tirandogliela via dal volto quasi fosse il gesto più naturale del mondo prima di fare le presentazioni. A ripensarci, forse lo era.
«Ciao!»
Non ci fu risposta, né reazione visibile da parte di L, la sorpresa nello sguardo ormai sbiadita in una più prudente indolenza.
«“Ryu… zaki”?»
La ragazza mormorò il suo nome come se fosse un indovinello, rivolgendogli un istante dopo un sorriso che le illuminò gli occhi scuri, addolcendole i lineamenti.
Curioso.
Osservandola nel più completo silenzio, il detective mosse la lingua contro la superficie zuccherata del lecca-lecca, spostandolo contro l’interno della guancia; c’era stato qualcosa nello sguardo che gli aveva rivolto, una luce che lo aveva reso inquieto.
«Piacere, mi chiamo Misa Amane!»
La celebre Misa-Misa... Qui. In cerca di Light.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a capacitarsi che quella fosse una mera coincidenza.
«... Questo tipo è un po’ inquietante.», borbottò nel frattempo la idol di fronte al suo persistente mutismo, voltandosi verso Light alla probabile ricerca di un qualche tipo di rassicurazione.
«È solo timido.», le rispose prontamente il giovane, con una punta di divertimento nella voce che L non mancò di notare.
Watari glielo aveva ripetuto più volte che fissare con insistenza il proprio interlocutore era considerato estremamente scortese in Giappone; ma d’altro canto l’opportunità di vedere dal vivo Misa Amane era più unica che rara, quindi darle l’impressione che fosse ben educato era l’ultimo dei suoi pensieri. Difatti, c’era qualcos’altro che gli premeva controllare con una certa urgenza.
Batté ciglio, decidendo di riprendendosi la maschera senza tanti complimenti e di infilarsela di traverso sulla testa; doveva trovare uno stratagemma per volgere quella situazione a suo vantaggio, e in fretta. A quanto pareva, era giunto il momento di approfittare del suo status di fan, e di mettere in scena una prova d’attore degna della idol stessa.
Si tolse il lecca-lecca di bocca.
«Ti invidio, Light.»
Si mosse in avanti con una tale foga da far sussultare sia Misa che il suddetto amico, che roteò gli occhi con un sospiro.
«E-Eh?»
Gli era sempre risultato difficile tollerare le intrusioni nel proprio spazio personale quasi quanto il contatto fisico, in particolar modo quello inderogabile voluto delle convenzioni sociali. In questo caso, tuttavia, il detective era conscio di dover fare buon viso a cattivo gioco, e così tentò di inventarsi un sistema per ignorare i segnali di panico che gli esplosero nei nervi non appena prese le piccole mani curate di Misa tra le sue. A quanto pareva, polarizzare l’attenzione sul mantenere in equilibrio il lecca-lecca tra le nocche, gli quietava considerevolmente l’urgenza di allontanarsi da lei.
«Ho ascoltato “Heaven’s Door”!», s’apprestò a confessarle con un’enfasi quasi infantile, guadagnandosi un’alzata scettica di sopracciglia da parte di Light.
Un paio di studenti si fermarono accanto a loro, lanciandogli un’occhiata curiosa.
«Davvero? Che bello!»
Quando le dita di Misa si strinsero attorno alle sue, L ebbe un genuino momento di smarrimento. Non era quella la reazione che aveva previsto; considerati i suoi precedenti con il gentil sesso, era certo all’ottantasette percento che il suo comportamento avrebbe dovuto causarle un nuovo, visibile disagio, non certo allegria. E invece eccola lì a ridacchiare, contagiata dal suo goffo entusiasmo.
Qualcosa gli si mosse nel petto mentre la scrutava da sotto le ciglia scure, facendogli sentire il bisogno di ricambiare quel sorriso accogliente.
Ah...
D’improvviso, si ritrovò ad essere estremamente conscio del calore che quelle mani graziose stavano irradiando contro i suoi palmi freddi, e dell’odore dolce che gli stava accarezzando le narici da quando le si era avvicinato– ma fu solo un attimo. Respirò a fondo e la sua mente tornò lucida, cancellando ogni traccia d’agitazione dietro un’espressione neutra. Doveva solo guadagnare qualche altro secondo.
«Light, come hai fatto a metterti con una idol?»
«Sono stata io a farmi avanti!»
«Misa…!»
Fingendo interesse per il discorso, L lasciò andare la presa e fece un impercettibile passo indietro: un capannello di studenti bisbiglianti, che aveva preso a sbirciare non molto sobriamente nella loro direzione, si stava avvicinando. Avevano abboccato.
«Non ci posso credere, è proprio Misa-Misa!»
Non ci volle molto perché il gruppo di fan li travolgesse; approfittando della confusione e degli spintoni, il giovane finse di inciampare, riuscendo a sgraffignare il cellulare della idol nel processo senza che nessuno se ne accorgesse.
Perfe–
«Oddio!», Misa sussultò, cominciando a guardarsi attorno con le guance arrossate. «Chi mi ha toccato il sedere?!»
Accidenti...
«Davvero imperdonabile.», si ritrovò costretto a dichiarare L, facendosi largo tra gli studenti. «Io, il grande detective, catturerò il colpevole. Reggimi questo.»
Si voltò verso la fanciulla indispettita, porgendole il lecca-lecca di scorta che aveva nella tasca: piccola ammenda per quello che le aveva fatto passare.
«Come sei divertente, Ryuzaki!»
La domanda gli sfuggì dalle labbra con la stessa naturalezza con la quale l’aveva pensata.
«In tal caso, usciresti con me?»
Misa rise.










.:~*~:.

Strano pensare che quelle piccole manine calde sono già sporche di sangue~ (bugia, per questo ho scelto di citare quella canzone a inizio capitolo... E anche perché, alla fine, saranno indirettamente sporche anche di quello di L).
Ho notato che ultimamente la presenza nei manga di personaggi graziosi che nascondono una natura viscerale e spaventosa si è... Quintuplicata. A dir poco.
... Oh well.
Quando ho visto il prompt, non ho potuto resistere dallo scrivere il POV di L (che come al solito uno po’ se ne approfitta, e un po’ fa il suo dovere hah hah hah XD) sulla mia scena preferita del film. Il che è ogni volta, per certi versi, un suicidio neuronale. Ho cercato e continuerò a fare del mio meglio, ma non ho un centesimo del genio di Oba hah hah hah *asciuga le lacrime*
Però, a dispetto di tutto, devo ammettere che mi sto divertendo un casino. XD

P.S.: “Heaven’s Door” è l’album di Misa.

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 3
*** Accuracy {Death Note | Manga!Verse} ***


Obsession
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61. Accuracy {Death Note | Manga!Verse}




Just when you think that you’re in control,
just when you think that you’ve got a hold…
OK Go – “Here It Goes Again”




L’auricolare gli gracchiò sgradevolmente nell’orecchio, attirando la sua attenzione sul piccolo portatile ai suoi piedi: la figura minuta di Misa si stava stiracchiando sotto le lenzuola nella penombra della camera. Si stava svegliando.
L spostò gli occhi lividi su Light, addormentato sulla scrivania accanto a lui, prima di ingobbirsi ulteriormente verso lo schermo. Si chiese se il suo amico sarebbe riuscito a recuperare qualche ora di meritato riposo, prima di ritrovarsi a fronteggiare le illogiche pretese della sua ragazza. Probabilmente no.
Si portò l’indice contro le labbra, e cominciò a mordicchiarne la superficie irregolare, mentre Misa si issava a sedere, liberando con grazia le gambe dal groviglio di coperte. 
«Mmh…»
Se c’era una cosa che il detective aveva appreso nel tempo trascorso a monitorare uno degli astri nascenti del mondo dello spettacolo, era che il suo temperamento emotivo riusciva sempre a mandare in malora le sue previsioni. Conosceva a menadito la routine quotidiana di ogni suo singolo collaboratore, il che gli aveva permesso più di una volta di fare una stima ragionevolmente accurata delle loro azioni, ma quando tentava di stabilire una che riguardava lei-- c’era sempre un movimento, una frase, o un imprevisto che mettevano in luce un nuovo aspetto della sua personalità, costringendolo a ricomporre il puzzle da capo. Era stupefacente e irritante allo stesso tempo. Nei giorni più bui, aveva l’inquietante impressione fosse più complicato comprendere lei, che Kira stesso.
«Ki wo tsukete Kami-sama wa miteru…»
Sottile come un sussurro, la voce di Misa gli arrivò a malapena all’orecchio; L chiuse gli occhi e si concentrò sulle parole, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Oh…
Piegò la testa di lato: stava cantando. Aprì gli occhi, e risucchiò d’istinto l’aria dalla bocca quando il portatile entrò nuovamente nel suo campo visivo.
Pipistrelli.
Erano rossi e neri, e ce n’erano una miriade.
Il detective batté ciglio, rannicchiandosi quasi fino a toccare con il naso la superficie liscia dello schermo; la maglia del pigiama della idol ricopriva perfettamente la telecamera, ma, per sua fortuna, stava lentamente scivolando via.
Amane, cos’hai in mente?
Ascoltò con attenzione i fruscii frettolosi che arrivavano dalla camera, poi qualcosa si mosse e, quando la maglia cadde, uno spaventoso primo piano del volto paonazzo di Misa comparve sullo schermo, facendolo sobbalzare sulla sedia. Con le narici frementi, la ragazza fissò la lente della telecamera con una furia tale da sembrar pronta a fuoriuscire dallo schermo per strozzarlo sul posto e, per un terrificante istante, L si trovò quasi a credere che potesse davvero farlo.
«Ryuzaki...»
L’osservò mentre arretrava e batteva con forza il piede a terra, lo sguardo ancora inchiodato sulla telecamera. Su di lui. Le labbra le si schiusero in una smorfia che non s’addiceva affatto ai suoi tratti delicati e, contro ogni logica, il detective si ritrovò ancora una volta a sporgersi in avanti con l’unghia del pollice stretta tra i denti. Attese.
«Scemo d’un pervertito!»
La tensione che gli aveva annodato le budella si allentò leggermente, solo per dar spazio all’oltraggio; la ragazza aveva scandito ogni sillaba con una veemenza tale da impedirgli qualsiasi errore d’interpretazione.
Non sono... Un pervertito.
Con una luce negli occhi che poteva appartenere solo chi sapeva d’aver appena centrato il bersaglio, Misa Amane tirò fuori la lingua, prima di fare dietro front, e marciare impettita fuori dalla stanza.
L chiuse con delicatezza il portatile e lanciò un’occhiata furtiva a Light: stava ancora dormendo nonostante il rumore che aveva fatto qualche istante prima. A ripesarci, forse era perfino più stanco di quanto gli avesse dato a vedere.
Quanto più silenziosamente possibile, il detective sospinse la propria sedia verso l’amico, fermandosi a pochi centimetri da lui: pareva in pace col mondo. Con espressione solenne, L si prese un attimo per contemplare la rilassatezza che gli distendeva i lineamenti solitamente severi, prima di schiarirsi la voce più volte.
«Oh, Yagami...»
Lanciò un urlo in falsetto degno di una liceale, facendo quasi saltare Light in piedi sulla scrivania per lo spavento.
Fu uno spettacolo stranamente appagante.
«C-Cos…? Ryuzaki?!»
«Oh. Ti ho svegliato, Light? Perdonami, non era mia intenzione. Mi era sembrato d’aver visto un ragno.»
«… E da quando hai paura dei ragni?»
All’incirca da... Mai. Ma non c’era santo in paradiso che gli avrebbe fatto scegliere di fronteggiare le ire di Misa da solo, se avesse potuto evitarlo.










.:~*~:.

Ambientata nel periodo in cui sia Misa che Light hanno rinunciato alla proprietà del quaderno.
Il testo della canzone che sta cantando la idol, è quello di “Misa no Uta” (La Canzone di Misa). La traduzione della frase è più o meno: “Fai attezione, Dio ti sta guardando”. Nell’anime la si può ascoltare poco prima del momento che ho odiato di più in assoluto della storia...  Ma dettagli! *piange sangue* L’ho inserita qui perché mi piaceva come suonava nel contesto oh oh oh

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 4
*** 33% {Death Note | Manga!Verse} ***


LxMisa
Obsession
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11. 33% {Death Note | Manga!Verse}




Sometimes I say too much;
and sometimes it’s not enough.
Safetysuit – “Something I Said”





Misa era accoccolata sulla poltrona con la guancia premuta contro il palmo della mano; da qualche minuto, rifiutava ogni tipo di contatto visivo con lui.
L si grattò il capo.
Normalmente non avrebbe dato molto peso a quell’atteggiamento apertamente infantile, sapeva non sarebbe durato molto comunque, ma questa volta c’era qualcosa che non gli tornava. Gli aveva detto d’essere “inquietante”. Lui. Perché, poi?
Sollevò un istante gli occhi al soffitto. Dato lo svolgersi degli eventi, era stato in grado di stabilire solo al trentatre percento che quel broncio non dipendesse dalla sua risposta. Che avesse di nuovo trascurato qualche oscuro dettame sociale? Non gli sembrava il caso. Dopotutto, era stata lei a metterlo alla prova, ed era certo di aver superato il test a pieni voti: le aveva elencato in ordine cronologico tutti i titoli delle sue canzoni, quando lei stessa aveva dichiarato che solo un vero fan avrebbe potuto farlo. L’intera situazione non aveva alcun senso.
L afferrò dal vassoio sulla scrivania uno spiedo pieno di dango, e prese a rigirandoselo tra il pollice e l’indice, osservando i colori brillanti dei dolci, ed i riflessi della luce sulla loro superficie tonda, ricoperta di salsa mitarashi. Erano perfetti. Ne tirò via un paio con i denti.
«Ryuzaki!»
Masticando con calma, si voltò verso la idol ancora una volta, notando con un certo interesse un suo sussulto dinnanzi alla sua espressione contrariata.
«Cosa vuoi, Amane? Mi sembra di aver già esaudito la tua richiesta.»
Misa gonfiò le guancie e incrociò le braccia contro il petto; le orecchie le erano diventate d’una delicata sfumatura di rosso.
«Sì, ma non vale!», proruppe immediatamente, saltando via dalla poltrona con un magazine per ragazze stretto in mano. «Misa non aveva pensato a quanto è facile sapere i nomi dei suoi singoli… Non ne ha fatti molti, dopotutto! Questa, però… Q-Questa non puoi proprio saperla! … Non è possibile che tu sappia anche questo.»
«Amane…»
«In questa rivista», continuò imperterrita, sollevandola all’altezza del suo sguardo, «c’è una foto che mi ritrae con un…»
«Pagina settantotto.»
«Eh?»
«Pagina settantotto.»
Interdetta, Misa si morse il labbro inferiore, prendendo a sfogliare in fretta e furia il magazine patinato.
«A-Ah…!»
Il detective assistette in silenzio al graduale processo che le fece schidere le labbra in un piccolo cerchio, e spalancare i grandi occhi scuri per la sorpresa – cosa che non riuscì a stabilire se fosse più irritante o appagante.
Mmh…
Con una smorfia di disappunto, la giovane chiuse la rivista di scatto, quasi fosse ricoperta di testi sacrileghi, mentre lui soppesava tra le dita lo spiedo con l’ultimo dango, prendendosi un momento per osservare con attenzione il suo comportamento. Era arrabbiata? Difficile dirlo, visto il tumulto di emozioni che stava lampeggiando nello sguardo. A volte, Misa gli ricordava i temporali estivi: esplodeva all’improvviso, facendo piovere fulmini e saette su chi le capitava a tiro. Spesso e volentieri lui. O Matsuda.
A proposito...
Il giovane si guardò attorno di soppiatto: nessun segno del poliziotto. Si afflosciò sulla sedia.
«Non è giusto.»
«Mh?», borbottò, impressionato da quanto quella dichiarazione stesse dando voce, seppur inavvertitamente, anche ai suoi pensieri. «… Ho sbagliato pagina?»
«No.»
Quando gli occhi lucidi della ragazza incontrarono i suoi, lo smarrimento che gli stava già recalcitrando da qualche minuto nella mente, finì per assalirgliela completamente. La sfera emotiva femminile era davvero un immenso, insondabile mistero.
«Sai quasi più cose su Misa di Light…»
«Più informazioni superficiali, vorrai dire.», la corresse con tono flemmatico, piegando la testa di lato. «E poi ti ho già detto di essere da tempo tuo fan… Perché la cosa ti sorprende?»
«Misa non è sorpresa, Misa è…!»
Parole, frasi, concetti le danzarono sulla punta della lingua, facendola boccheggiare sillabe senza alcun senso logico per qualche istante; poi le labbra le si serrarono in una linea sottile, e chiuse gli occhi.
«Sei chiaramente sconvolta. Tieni, mangia questo dango!»
«Non dire sciocchezze, Ryuzaki! E poi Misa non lo vuole il tuo stupido dango, è pieno di zucchero!»
La idol inspirò lentamente con le guancie in fiamme; poi si portò una mano sul petto, lasciandosi andare ad un lungo sospiro che parve darle la determinazione necessaria a proseguire il discorso.
«Misa pensava non fossi stato onesto con lei. “Uno come lui non può davvero essere così tanto interessato alla sua carriera”, ecco quello che pensava... Ma si sbagliava.»
L non rispose immediatamente, concentrato com’era a mangiarsi il dolce, soddisfatto di aver potuto completare da sé l’intero spiedo. Una volta finito di masticare, si pulì le dita con un tovagliolo, portandosi infine l’indice alle labbra, gli occhi sporgenti immobili su lei.
«“Uno come me”…?»
«Uno…», Misa spostò il peso da un piede all’altro, distogliendo lo sguardo. «U-Uno intelligente come te.»
Passò un altro buon minuto di silenzio, prima che il giovane decidesse di smettere di avventarsi sull’unghia dell’indice, e di battere finalmente ciglio.
«Adesso sono assolutamente certo ci sia qualcosa che non va… Matsuda! Portami i dolcetti d’emergenza!»
La idol spalancò la bocca, aspirando in maniera drammatica una boccata d’aria che suonava tanto di rappresaglia. In pochi istanti, infatti, la rivista che stava stringendo in mano aprì le proprie pagine a vento e si librò in aria, schiantandosi senza alcuna pietà contro il naso di L.
«Ryuzaki, smettila di prendere in giro Misa-Misa!»
Dopo aver scivolando lungo tutta la lunghezza del suo volto, il magazine cadde a terra. A pagina settantotto, una Misa di porcellana sorrideva alla fotocamera, stringendo una boccetta di profumo tra le dita.










.:~*~:.

La povera Misa qui è un po’ alterata per due motivi. Primo, perché vorrebbe che fosse Light il suo fan namber uàn. Secondo, perché una volta conosciuto L, si è resa un po’ conto che spesso recita la pare del gaglioffo, ma che in realtà non lo è affatto... Un po’ come Colombo, il detective hah hah hah sono vecchia dentro.
Comunque sia! La idol ha pensato bene di metterlo alla prova, per vedere se era davvero suo fan come aveva dichiarato durante il loro primo incontro, certa al 100% di coglierlo in fallo… e finendo per rimanerci un po’ male, perché L le ha dimostrato invece di essere stato onesto (almeno in quella occasione). E la cosa ha finito anche per lusingarla un po’ alla fine, dato il celeberrimo detective, famoso in tutto il mondo per il suo spirito deduttivo e analitico, le ha dedicato parte del suo tempo, nonostante avesse sicuramente cose più importanti (e interessanti) a cui pensare.

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 5
*** Friendship {Death Note | Manga!Verse} ***


LxMisa
Obsession
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99. Friendship {Death Note | Manga!Verse}




You are free to love
If that is all you need
Sia – “Rewrite”





C’era qualcosa che non andava nel suo respiro; il petto le si sollevava con una frequenza maggiore del solito, sembrava avere difficoltà ad inspirare e, inoltre, aveva gli occhi lievemente lucidi.
Non è rabbia, no... E non è neppure frustrazione.
«Mmh…»
Non appena Misa lo sorprese a fissarla con la sua tipica, indiscreta insistenza arricciò le narici, appallottolandosi fino quasi a sprofondare nello schienale della poltrona.
«Hai l’influenza.», le annunciò piattamente L, e lei sussultò come un gatto a cui era appena stata pestata la coda. «Dovresti…»
Con uno scatto di una rapidità che, dire che lo sorprese, sarebbe stato un mero eufemismo, Misa saltò giù dalla poltrona e gli si avventò contro, piantandogli con forza una mano sulla bocca.
«Zitto, Ryuzaki!», sibilò, sottolineando le proprie parole con un’occhiataccia d’avvertimento. «Matsu non se n’è ancora accorto!»
Lui la scrutò da sotto i ciuffi scompigliati della frangia; sapeva bene che esistevano metodi ben più scientifici di quello per misurare la temperatura corporea ma, per il momento, la sensazione di quel palmo bollente premuto contro le labbra, gli era più che sufficiente per stabilire che Misa aveva anche qualche linea di febbre.
Trentasette, trentasette e mezzo…
Non era un bene, dunque, che quello scemo di Matsuda non si fosse accorto delle sue condizioni. Non lo era affatto.
L batté ciglio, meravigliandosi del timore che provò nel chiedersi cosa stesse macchinando questa volta la ragazza: che avesse a che vedere con le indagini?
… Improbabile.
Non riuscendo ad imbastire alcun tipo di spiegazione sensata, decise di attendere in silenzio ulteriori spiegazioni.
«Oh, e va bene!»
Misa sbuffò, gonfiando le guance arrossate dall’agitazione; a quanto pareva il suo sguardo stralunato aveva sortito l’effetto desiderato.
«Niente deve impedire a Misa di essere pronta per il servizio fotografico di domani, chiaro?», gli sussurrò a denti stretti, «Natale si avvicina e… M-Misa ha dei preparativi da fare, ecco!»
Gli occhi le si spostarono sulla schiena di Light, beatamente ignaro della sibilante discussione che stava avendo luogo alle sue spalle.
Ah. La Vigilia di Natale, qui in Giappone, è vissuta quasi come fosse San Valentino… E in più, il venticinque è il suo compleanno..., pensò il detective, accigliandosi non appena s’accorse che, con la mano di Misa ancora sul viso, era impossibilitato a portarsi il pollice alle labbra mentre ragionava. Era oltremodo sconfortante.
«Ryuzaki...»
Quasi avesse captato i suoi pensieri, la idol si voltò nuovamente verso di lui, assottigliando lo sguardo come se stesse valutando qualcosa.
«Se non dici niente a Matsu, Misa-Misa promette che, al suo ritorno, ti porterà un regalo!»
L sospirò: avrebbe dovuto aspettarselo. Ne andava della sua salute, eppure era determinata a sottoporsi a quello stress facilmente evitabile per avere i soldi necessari a festeggiare insieme a Light. C’era una parte di lui che l’ammirava per quell’imperitura devozione. Un’altra, tuttavia, che sembrava essere in contatto diretto con i suoi dotti biliari, gli stava facendo sentire molti sintomi tipici della sepsi.
«Ora, ascoltami bene: fa’ sì con la testa, se sei d’accordo.»
Il giovane divelse, non senza una certa difficoltà, la propria attenzione da quel malessere, e prese a rimuginare invece sulla proposta di Misa: in caso avesse accettato, oltre all’abituale scorta, stabilì che avrebbe richiesto a Watari di tenerla d’occhio senza farsi notare. Dopotutto, la idol avrebbe passato qualche ora lontana dalla videosorveglianza del quartier generale, e chi meglio del suo storico braccio destro, avrebbe potuto garantirgli una certa tranquillità in quel lasso di tempo?
«... Ryuzaki?»
E poi…
Decidendo finalmente di ricambiare lo sguardo implorante di Misa, L annuì con una certa svogliatezza e, prima di cominciare a parlare, aspettò che la sua manina delicata fosse ad una discreta distanza dalla sua bocca – piccola precauzione contro eventuali rappresaglie.
«Voglio tre Christmas Cakes, un vassoio di pasticcini e dei manju!»
«Cosa?! Non ti allargare troppo, Ryuzaki!», sbottò incredula la giovane, puntellandogli un paio di volte l’indice contro la fronte. «Misa ti concede una Christmas Cake, e basta!»
«Lascia che ti faccia questa controproposta, Amane:», replicò lui, con un raro barlume di divertimento negli occhi neri, «il mio silenzio per una Christmas Cake, ed un vassoio misto di pasticcini e manju.»
Immersa in una quiete meditabonda con le labbra premute in una linea sottile, Misa parve soppesare per un’eternità la sua richiesta, prima di appoggiare le mani sui fianchi e sorridergli.
«Aggiudicat... Oh? Ma...?!», boccheggiò, inarcando le sopracciglia mentre il detective le dava le spalle senza tanti complimenti, cominciando a trafficare con qualcosa sulla scrivania. «Maleducato!»
«... Tieni.», L le porse la tazza di cioccolata calda che si era fatto portare qualche minuto prima. «Ti aiuterà a rimetterti in forze per domani. Io me ne faccio portare un’altra.»
La idol tentennò, fissando la superficie odorosa della bevanda con sospetto.
«Quanto zucchero…?», cominciò, ma d’un tratto qualcosa all’interno del suo sguardo tagliente cambiò, ed il resto della frase sfumò in un sospiro. Guardò lui, poi la tazza, ed infine gliela tolse con gentilezza di mano, bevendone un piccolo sorso.
«... Devo ammetterlo, sono sorpreso.»
L tacque per un istante, riprendendo come d’abitudine a mordicchiandosi le unghie.
«Comunque ci ho messo solo quindici bustine.»










.:~*~:.

Ambienta ancora una volta nel periodo in cui né Misa né Light ricordano nulla del Death Note.
In questa breve shot volevo esplorare un po’ come il sentimento d’amicizia (ovviamente non sempre... dipende molto dal carattere che si ha) riesca a smorzare quel meccanismo di competizione (e anche un po’ di invidia oh oh oh) che si crea quando uno dei propri idoli presta attenzione a qualcun altro. *fa comparire un arcobaleno tra le mani*
Ah, e, volevo aggiungere una piccola nota qui per dire che la maggior parte dei giapponesi non sono cristiani, quindi per loro il Natale è una semplice occasione per uscire e scambiarsi doni... E che la Christmas Cake che ho nominato qui, è una torta con panna e fragole, e altre decorazioni natalizie tipicamente venduta in questo periodo dell’anno. L non si smentisce mai hah hah hah X°D
E infine, prima di andare, vorrei ringraziare chi leggendo queste mia raccolta di storie brevi (anche io, come L, sono sorpresa... ma dal numero di visite oh oh oh), in particolare flaaminia_, che l’ha aggiunta tra le seguite! Grazie, oh anima impavida! (ノ´ヮ´)ノ*:・゚✧

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 6
*** Illogical {Death Note | Manga!Verse} ***


LxMisa
Obsession
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79. Illogical {Death Note | Manga!Verse}





‘Cause the light in your eyes,
They started dancing for my brain.
Lydia – “The Exit”




«Matsu!»
A volte, L si ritrovava a considerare con interesse quanto le sue scarse attitudini alla socializzazione gli fossero costate più volte l’impossibilità di prevedere i comportamenti di Misa Amane.
«Indovina un po’?»
Dopo aver gettato il cellulare per aria – la pagina bianca delle notifiche ancora aperta sullo schermo – la giovane saltò con grazia oltre il divano, e corse verso di loro canticchiando tra sé un motivetto che sapeva di vittoria. Occhi neri, sporgenti, seguirono le sue braccia sottili sollevarsi attorno ai fianchi di Light, intrappolandolo in abbraccio, presto ricambiato da un’espressione imbarazzata, ed una carezza tra i capelli. Misa parve vibrare sotto il suo tocco e, pervasa d’adorazione, si sollevò sulla punta dei piedi e gli baciò la guancia pallida.
«Misa-Misa è riuscita a convincere il signor Nakashima a farle fare un provino!»
«Davvero? Oh, grazie al cielo!», sospirò Matsuda, accasciandosi su una poltrona. «Il suo silenzio prolungato sulla faccenda stava cominciando a preoccuparmi…»
«Credo che tu stia entrando un po’ troppo nella parte di manager…», commentò Mogi, inarcando un sopracciglio.
«Ehi!»
Piroettando sui talloni, la idol ignorò il loro scambio di battute e si voltò verso la figura china di L, rimasto appollaiato sulla sedia nel più completo silenzio.
«Niente male, eh, Ryuzaki?», gli chiese, chiudendo la distanza tra loro con un saltello. «Ammettilo, ora Misa non ti sembra più una sprovveduta senza speranza!»
Mh… ?
«Non… Non ho mai affermato nulla del genere, Amane.», rispose lui piattamente, un sentore d’allerta ad irrigidirgli la postura. «Questo perché non lo penso affatto.»
Dopotutto, hai ancora il potenziale per essere il secondo Kira.
L s’incupì, arricciando le dita dei piedi sulla seduta. In momenti come quello, sentiva fortemente il bisogno di tornare a lavorare per conto proprio, di annullare l’obbligo di interagire, o peggio ancora, di avere contatti giornalieri con i suoi sospetti. Perché – poteva sentirlo – ad ogni passo fatto per preservare il legame creato con Light e Misa, c’era un prezzo che non poteva permettersi di non pagare, un prezzo il cui peso s’aggravava sulla linea curva delle sue spalle.
«Davvero?!», la sentì cinguettare. «Oh, Misa non riesce a credere alle sue orecchie!»
Con i muscoli ancora contratti e pronti alla fuga, il detective osservò l’espressione attonita sul volto della giovane sciogliersi in un sorriso radioso e, improvvisamente, fu incapace di formulare qualsiasi tipo di pensiero coerente.
Mani minute, curate, si sollevarono e raggiunsero i suoi capelli, facendolo irrigidire.
Oh, no…
Rassegnandosi  ormai al peggio, L attese l’usuale aggressione selvaggia del proprio scalpo, pronto ad invocare – chiaramente invano – i nomi di tutti i suoi colleghi. D’altronde ne era più che certo: nessuno avrebbe mosso un dito per aiutarlo.
Ah.
Calore.
«Che faccia buffa, Ryuzaki! Sembri un gufo!»
Il petto di Misa vibrò di riso contro la sua guancia e gli bastò un battito di ciglia, per ritrovarsi completamente avvolto nel suo abbraccio.
Lei era sempre calda.
Per un istante, il detective si chiese se quello che stava facendo era una mera manovra mirata a spiazzarlo ma, ben presto, la sua attenzione venne polarizzata dai battiti che pulsavano rapidi sotto il suo orecchio ed il resto della stanza parve svanire. Con le mani strette sopra le ginocchia, prese a contarli in silenzio, memorizzandone la cadenza quasi fossero un mantra: era talmente ipnotico, poter ascoltare così da vicino un cuore, che si ritrovò a dover sopprimere la necessità di chiudere gli occhi, altrimenti avrebbe finito per farlo.
«Le mie congratulazioni, Amane.»
Per quanto la sua voce fosse priva di qualsiasi intonazione, le sue parole erano, per una volta, sentite. Lo sapeva, sapeva fin troppo bene che le circostanze non prevedessero altro che distacco da parte sua; tuttavia, c’era qualcosa di contagioso in lei, qualcosa che lo faceva sentire irreparabilmente fuori controllo.
«Grazie, Ryuzaki!»
... Sembra davvero felice.
Quando Misa si allontanò, le dita gli salirono d’istinto alla guancia, sfiorandone la pelle arrossata. Bizzarro, il calore che c’era quando lei era vicina, ora non riusciva più ad avvertirlo; eppure la sua temperatura corporea, ne era più che certo, era rimasta inalterata.
«Sapete che vi dico? Oggi Misa-Misa ha voglia di festeggiare!»
L ipotizzò che l’impulso improvviso di avvicinarsi ancora una volta a lei, di starle vicino, fosse da imputare all’influenza della gioia collettiva.









.:~*~:.

Puntata in cui L è in conflitto, e Misa – incerta sull’opinione che il detective ha di lei – usa l’antica tecnica del: “dico qualcosa di negativo su me stessa e ti guardo reagire, così da stabilire (senza chiedertelo direttamente) cosa pensi di me”. X°D
...
Onestamente, sono sicura che nel corso della serie L si sia affezionato (magari suo malgrado, chissà) sia a Light che a Misa... Il che non è stato un bene, per lui. Perché, a mio parere, se hai un contatto quotidiano con qualcuno, nel bene o nel male crei un legame... E se le persone in questione, ora tue amiche, sono anche due presunti assassini, be’, morale e sentimento sono destinate ad entrare in conflitto. In più, visto che in L prevale la legge morale sull’emotività, lui sa già che, in caso dovesse riuscire a confermare i propri sospetti, sceglierebbe senza dubbio di arrestare entrambi, il che lo priverebbe dei suoi due primi e unici amici.
Comunque! Il “signor Nakashima” che ho fatto nominare a Misa è Tetsuya Nakashima, un regista contemporaneo giapponese. L’ho scelto perché… Gnente, mi piace ed è tecnicamente vivo durante lo svolgersi degli eventi di Death Note hah hah hah XD Due piccioni con una fava!
Prima di andare, ringrazio i lettori ed in particolar modo GreenJade09 ed Ellie_Woodland per aver anche aggiunto la storia tra le seguite! (*´▽`*) Oh, voi intrepide fanciulle, in cosa vi siete andate a cacciare! X°D Grazie.

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 7
*** The True You {Death Note | Manga!Verse} ***


Obsession
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71. The True You {Death Note | Manga!Verse}




All these practiced poses
I could wreck it if I had to
But I’m the wreck, so what would that do?
Marianas Trench – “Masterpiece Theatre I”





«Stai perdendo peso.»
Lo sguardo di Misa saettò dal buco immaginario che stava cercando di trivellare nella nuca di Light, alla sua espressione lievemente accigliata. Mandibola protratta in avanti, mani premute contro i fianchi; non c’era dubbio, aveva appena aperto l’ennesimo vaso di Pandora.
Bizzarro.
Da quel che gli era sembrato di capire, i commenti sul peso erano da censurare solo in caso fossero indirizzati a sottolinearne l’aumento.
«Ryuzaki, la finisci di comportarti come un maniaco?», gli stillò contro la ragazza, battendo con vigore un tallone sul pavimento mancando, di poco, il suo piede nudo. «Passi le giornate a ingozzarti di dolcetti e chissà che altre schifezze– Che ne capisci tu, di diete?»
Osservarla gonfiare bellicosamente le guance dall’alto del suo metro quasi e ottanta aveva un che di buffo – ma L si guardò bene dal lasciare trasparire quel pensiero oltre la superficie apatica del suo volto, limitandosi a mangiucchiarsi le unghie.
“Diete”, diceva lei; gli venne quasi da sbuffare. Non esisteva dieta al mondo, che facesse perdere così tanto peso in meno di un paio di settimane. Non una approvata da un professionista del settore, per lo meno.
I suoi occhi si soffermarono sul lieve tremore che le agitava le dita, rabbuiandosi. Non era salutare, né razionale. Inoltre, era certo che quel fenomeno non dipendesse da direttive dei suoi datori di lavoro – il rapporto di Watari era stato più che esplicativo a riguardo.
… Cosa stai combinando?
«Mi pare d’averti già spiegato, Amane, che in realtà lo zucchero…»
«Ancora con questa storia?», tagliò corto lei, trovandosi costretta a sollevare il mento per continuare a sostenere il suo sguardo. «A Misa non importa nulla delle tue teorie campate per aria!»
Il detective mosse pigramente il piede sinistro sul destro, arricciando le dita per grattane il dorso pallido.
«Mi ritrovo costretto a dissentire.», disse dopo qualche istante, ammantando la voce d’un velo di garbo, mirato a celare l’irritazione che quella discussione gli stava provocando, «Essere sottopeso non…»
«Misa-Misa ha i suoi motivi per fare quello che fa!»
Serrando le mani in due piccoli pugni, la idol rizzò talmente tanto la propria postura da arrivare a colpirgli la fronte con la sua.
«… Ed il fatto che sia stato tu il primo ad accorgersi che è dimagrita, è un’ingiustizia bella e buona!»
«Un’… “Ingiustizia”…?»
Istintivamente, L cercò lo sguardo dei suoi colleghi ma le espressioni disorientate che trovò ad attenderlo, gli fecero immediatamente capire che erano tutti altrettanto confusi sulla natura di quel commento.
«Amane, c’è forse qualco–»
«Non sono affari tuoi, Ryuzaki!»
«Misa, ti prego, sii ragionevole.»
Come uno schiocco di frusta, la voce di Light zittì tutti i presenti. Il ragazzo si scostò una ciocca di capelli dalla fronte, incamminandosi verso Misa ed L – l’eco dei suoi passi l’unico rumore a risuonare nella stanza. Non c’era traccia d’un sorriso, o di condiscendenza sul suo volto, imbiancato d’una luminescenza malsana dalle luci del quartier generale.
«C’è un assassino a piede libero e migliaia di vite in bilico sul filo di un rasoio.»
Si fermò accanto ad L.
«Non è questo il momento di fare i capricci.»
Le sue parole erano compassate come sempre, eppure tra le ultime sillabe affiorò un’increspatura, un sentimento d’urgenza che attivò nel subconscio del detective qualcosa di molto simile ad un’allerta.
Oh, no…
«Ma Light, M-Misa voleva solo… solo…!»
Fu allora che accadde l’inaspettato: arretrando d’un passo, la ragazza si morse il labbro inferiore e tacque. Nessun urlo, nessun pugno, nessuna rappresaglia. Le dita, al contrario, le corsero alla frangia bionda, artigliandone i nodi, lisciandola finché non riuscì a tirarla fino a coprirsi gli occhi. Due piccole perle trasparenti le scesero allora lungo le guance, lasciando una scia brillante che fece sprofondare i presenti in uno stato di attonita preoccupazione.
Sorprendente. Amane è di norma molto combattiva e non da mai molto peso alle parole di Light, eppure adesso…
«Misa…» L esitò, ed il resto della frase finì per morirgli in gola.
Si portò il pollice tra i denti, mordendone il polpastrello con più foga del solito, mentre Light gli rivolgeva un’occhiata circospetta che non mancò di ricambiare. Lo scetticismo che nutriva nel suo intervento era talmente evidente da essere irrispettoso; tuttavia, con sua somma sorpresa, l’amico rimase in silenzio, sembrando deciso a vedere dove sarebbe andato a parare con il suo discorso, prima di stabilire se gli convenisse interromperlo o meno.
«Mi dispiace, Amane.»
Piegando il capo in cerca di un’angolazione che gli permettesse tenere sotto controllo l’espressione di Misa, il detective soppesò con attenzione le proprie opzioni.
«Non sono bravo a capire queste cose.»
Onestà: in quella circostanza, era quasi certo fosse la strada più breve all’apertura di un dialogo, così si premurò di espungere ogni traccia di scherno, o di pietà dalla sua voce– cosa che parve suscitare un ulteriore tumulto nella ragazza, che soffocò un singhiozzo tra le mani.
«Tuttavia, posso assicurarti che non era mia intenzione –  ma, soprattutto, non era intenzione di quello scemo di Light, farti piangere.»
Ignorando l’occhiataccia lupina che Light gli lanciò, L prese a frugarsi nelle tasche, recuperando dopo qualche istante una bustina trasparente, sigillata da nastrini rossi; proveniva da piccola quanto fenomenale pasticceria locale, ed era piena di graziosi biscotti a forma di panda, che parevano affacciarsi e salutare oltre la superficie lucida della confezione.
«Mmh…»
Il novantasette percento dei dolci che aveva offerto in precedenza a Misa Amane, era stato rifiutato. Di quel tre percento che era stato accettato, inoltre, solo l’attuale un percento era stato mangiato, mentre il resto era stato metodicamente nascosto nella borsetta di turno. Che fare? Non esisteva malessere che lo zucchero non riuscisse a curargli ma, a quanto pareva, il suo non era ancora un metodo terapeutico universale.
... Non funzionerà.
Fece per ritirare il braccio, pronto a rintascare la propria offerta di pace, quando le dita bianche di Misa s’aggrapparono alla stoffa della sua manica; arrestò i propri movimenti, sentendo una tensione sconosciuta cominciare a circolargli nel corpo.
«Aman– Eh?»
Con uno pigolio quasi inudibile, la ragazza chiuse la distanza tra loro, rifugiando il viso rigato di lacrime nella sua maglia. Incapace di reagire nell’immediato, L si immobilizzò; a quella vicinanza ravvicinata, poteva sentire nel petto il riverbero dei suoi singhiozzi.
«Ehi, Ryuzaki!»
Un Matsuda in preda al panico comparve, sbracciandosi, nel suo campo visivo, cercando come meglio poteva di suggerirgli cosa fare.
Mani in alto, piroetta e braccia chiuse, poi ondeggiare e–
Sentendo una nuova ondata di irrequietudine gelargli lo stomaco, L spinse in avanti la mascella e si ingobbì, allungando rigidamente le braccia davanti a sé con aria carica di perplessità. Matsuda sollevò il pollice in approvazione, annuendo, incoraggiante.
… Capisco.
Per quanto amasse usare la maschera del finto tonto in questi casi, il detective sapeva bene che una delle più spontanee reazioni ad un abbraccio era quella di ricambiarlo. La realtà dei fatti, però, era che, per quanto lo riguardava, esternare le proprie emozioni verbalmente voleva dire esporsi, mentre esternarle fisicamente voleva dire uscire dalla propria zona di comfort. In entrambi i casi, ci andava a perdere.
Amane… Se ora ti chiedessi un consiglio, tu mi diresti che gli amici non si abbandonano, non è così?
Sospirando, L piegò gli avambracci, stringendo Misa a sé ma, orrore e raccapriccio!, il suo gesto venne accolto dalla giovane con un sussulto che non prometteva nulla di buono. Bloccato in quella posizione vulnerabile, il povero detective non poté che serrare i denti d’istinto, preparandosi psicologicamente a subire le celeberrime cinque dita di violenza della idol.
Matsuda, se ne esco vivo, tu…!
«Ryuzaki…», Misa tirò su col naso, premendo la guancia bollente sul suo petto, là dove il suo cuore aveva appena ripreso a battere. «S-Scusa.»
Con ancora in pugno la bustina colma di biscotti, stretta come se fosse il punto d’equilibrio dell’intero universo, L riaprì gli occhi.
«… Mh?»
«È Misa-Misa ad essere u-una scema…»
«Amane…»
Il giovane si schiarì la voce, poggiandole goffamente la mano libera tra i capelli che profumavano di vaniglia.
«Be’, ogni tanto.»
Il suono secco di uno schiaffo lo fece voltare: Matsuda aveva una mano premuta contro la fronte, l’estremo cordoglio che stava provando evidente nella linea sottile che erano diventate le sue labbra. L non ebbe tempo, tuttavia, di comprendere quell’immagine singolare, perché una leggera vibrazione riportò la sua attenzione su Misa. Stava ridendo.
«Certo che non ci sai proprio fare con le donne, Ryuzaki!»
Con sprizzo giocoso, la ragazza lo lasciò andare con un saltello, rivolgendogli un sorriso che le illuminò gli occhi gonfi d’una dolcezza soffusa. C’era qualcosa di nuovo, in quell’espressione. Non l’aveva mai vista così, priva di maschere e di difese.
«Me lo dicono spesso.»
L l’ascoltò ridacchiare ancora, notando con sollievo che lo strascico del pianto stava abbandonando la sua voce. Ce l’aveva fatta. Non aveva bene idea di cosa avesse fatto, ma aveva senza dubbio funzionato.
«Ryuzaki, ascolt… Oh. Oh, no!», squittì Misa, puntandogli un dito contro. «Che disastro! Misa ti ha sporcato la maglia di trucco!»
Con un gemito a malapena trattenuto, il detective chinò lo sguardo per constatare i danni: la chiazza di rossetto e le linee sbavate dell’eyeliner avevano creato quello che si sarebbe potuto ottimisticamente definire un capolavoro surrealista.
«Ah…»
Un familiare formicolio gli si diffuse sottopelle, inviandogli l’impulso di grattare, strofinare, di lavarsi; aveva sempre mal sopportato le macchie ma, per la pace appena ristabilita, si astenne dal confessarlo.
«Non importa.», borbottò infatti, facendo spallucce. «Tu, piuttosto…»
«Mh?»
Misa lo imitò e si piegò in avanti, chinando il capo per controllare la propria maglia, prima di rendersi conto che non si stava riferendo a quello.
«Hai ragione!», esclamò, portandosi le mani al volto. «Misa-Misa sarà un disastro!»
«Non intendevo…»
In un turbinio di capelli biondi, la ragazza fuggì dalla stanza senza permettergli di terminare la frase. Non appena la porta la inghiottì con un tonfo, un’ondata di sospiri si levò tra le mura asettiche del quartier generale, spazzando via la cappa di tensione che l’aveva soffocato sino ad allora.
«… Eccellente.», biascicò L, grattandosi distrattamente lo stomaco che aveva preso a brontolare. «Possiamo finalmente tornare al lavoro.»
Un paio di teste annuirono e Matsuda alzò nuovamente il pollice in alto, prima d’affrettarsi verso la propria postazione, seguendo il suo esempio.
«Ryuzaki?»
Silenzioso come un’ombra, il figlio di Soichiro lo aveva raggiunto, sedendoglisi accanto con l’aplomb che lo contraddistingueva.
«Sì, Light?»
«Sbaglio o prima l’hai chiamata per nome?»
«Mh?»
L pinzò tra indice e pollice i nastrini morbidi che sigillavano il sacchetto ricolmo di biscotti e li tirò, liberando i panda al suo interno.
«Misa, intendo.»
Un biscotto salutò entrambi con un sorriso allegro, prima di venire impietosamente divorato.
«… Non so di cosa tu stia parlando.»
«Ah, sì?», Light sogghignò, volgendo il proprio sguardo allo schermo del computer. «Perdonami. Dev’essere stata una mia impressione.»










.:~*~:.

Yo!
Un parto. Questo capitolo è stato un parto. I toni sono un po’ più cupi, quindi ho avuto qualche difficoltà a gestire alcune parti… Perché sono una pagliaccia non molto amante dell’angst hah hah hah XD
Dunque!
In questa scena volevo approfondire un po’ l’ossessione autodistruttiva che Misa ha per Light, lasciando qualche indizio di quella che L ha per lei.
Non è un segreto che Light, per Misa, ha più importanza delle sorti degli innocenti che Kira sta uccidendo, quindi focalizza le proprie energie solo su di lui, cercando in ogni modi di essere perfetta. I suoi tentativi, però, vanno in fumo uno dopo l’altro, perché Light, avendo perso i ricordi legati al Death Note, mette ancora la sicurezza del mondo al primo posto. È convinto di stare cercando un serial killer che farà strage di criminali, e sa che ogni minuto perso potrebbe valere una vita, quindi lavora giorno e notte.
Sia lui che Misa hanno i loro buoni motivi (più o meno) per essere frustrati, insomma.

Poi c’è L, che vorrebbe tanto tornare a vivere da solo hah hah hah hah X°D
Ringrazio Fauna96, per aver aggiunto la storia tra le seguite! (❁´▽`❁)*✲゚*

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 8
*** Troubling Thoughts {Death Note | Manga!Verse} ***


Obsession
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51. Troubling Thoughts {Death Note | Manga!Verse}




I don’t quite know
How to say
How I feel.
Snow Patrol – “Chasing Cars”





L chinò lo sguardo sulla mano destra: lo strato di pelle sottile del dorso s’era teso e gonfiato al punto da sembrare trasparente. C’era un che di morboso – se ne rendeva ben conto – nell’osservare quel processo, eppure non riusciva davvero a fare a meno di controllare lo stato dell’ustione minuto dopo minuto. Le occasioni in cui gli era capitato di ferirsi si potevano contare sulla punta delle dita, dopotutto, e la sua curiosità l’aveva sempre vinta a prescindere. A volte anche sul buon senso.
Afferrò tra il pollice e l’indice la garza che aveva abbandonato poco prima sulla scrivania, prendendosi qualche istante per saggiarne la ruvidezza tra i polpastrelli, portandosela poi davanti agli occhi per scrutarne l’intera superficie; il biancore della stoffa era quasi accecante.
«Uffa, Ryuzaki!»
Un volto familiare entrò nel suo campo visivo, affiancando la sua mano e spostandogliela di lato per attirare – e sospettava anche pretendere – la sua attenzione.
Forse avrebbe dovuto dirglielo.
«Quanto ti ci vuole per mettere un po’ di pomata e una benda?»
L rimase immobile, il braccio ancora a mezz’aria, a contare le pagliuzze dorate che facevano risplendere le iridi di Misa sotto la fredda luce dei neon del quartier generale.
Forse non era poi una così buona idea.
«… Non vedo perché i miei tempi debbano riguardarti, Amane.»
La giovane idol sbuffò al suo tono sgarbato, rivolgendogli uno sguardo di rimprovero che gli diede la strana impressione di stare trattenendo al suo interno un’implorazione ad affrettarsi.
«Ryuzaki...»
Chiuse gli occhi, sperando che non proseguisse.
«Per favore?»
Con un sospiro, L poggiò ancora una volta la garza sulla scrivania e afferrò il tubetto di pomata al cortisone, rigirandoselo tra le dita: contrariamente all’idea che sembrava essersi fatta l’amica, non aveva alcuna intenzione di boicottare la propria pronta guarigione. L’idea di toccare la vescica che si era appena procurato, tuttavia, non era particolarmente stuzzicante.
S’imbronciò. D’altra parte, passare il resto della giornata con una Misa Amane angosciata seduta accanto non aveva di certo più lati positivi, data la sua attitudine a vocalizzare ogni suo singolo pensiero. Anche il più insensato. Soprattutto il più insensato. Dubitava fortemente di avere sufficienti neuroni da sacrificare ai suoi soliloqui, al momento.
«… E va bene.»
Senza altra esitazione, svitò il tappo e, dopo avere fatto fuoriuscire una breve striscia di crema dal tubetto, l’applicò su tutta la superficie della scottatura con l’indice libero. La pelle arrossata si risvegliò sotto il suo tocco, formicolando fino a tornare a bruciargli.
«Oh, no… Oh, accidenti! Guarda quant’è rossa! ... Brucia, non è vero?»
L sollevò lo sguardo su Misa, notando quanto la preoccupazione le avesse imbiancato le guance, solitamente rosee. La risposta schietta che aveva intenzione di darle gli si fermò di traverso in gola.
«Ѐ sopportabile.»
Assurdo. Se qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe lavorato spalla a spalla con un poliziotto che passava le giornate a inciampare nei propri piedi, ed un’emergente stella dello spettacolo, avrebbe cominciato a considerare la possibilità che il suo interlocutore avesse battuto il cranio contro una pietra particolarmente dura durante l’infanzia.
«Amane?»
«Mh?»
Eppure eccolo lì, a dispetto di ogni logica previsione, con un’ustione sulla mano ottenuta perché aveva deciso di schermare la suddetta idol dal caffè bollente del suddetto collega maldestro.
«Non è colpa tua.»
La sua voce aveva l’intonazione rilassata di chi stava parlando del tempo con un amico, ma ciò non impedì a Misa di sussultare a quelle parole, le labbra carnose chiuse in una linea pallida.
Come pensavo.
«Ho agito di riflesso. Se fossi riuscito ad afferrare meglio la tazza, non mi sarei scottato.»
Il detective si sporse verso di lei, arricciando le dita dei piedi attorno al bordo della sedia per mantenersi in equilibrio in quella posizione precaria. Col tempo aveva imparato ad individuare i momenti in cui la natura empatica dell’amica finiva per oscurarle il giudizio, facendola sentire in qualche modo responsabile di azioni o eventi al di là del suo controllo. Non che lo comprendesse a fondo, questo meccanismo, ma essere in grado di individuarne i segnali lo aiutava a capire quando intervenire per ristabilire un certo livello di sensatezza nel dialogo.
«Come vedi, non è necessario arrovellarsi oltre su chi ha causato cosa.»
Incrociando le braccia sotto il petto avvolto dalle strisce bianche e nere della blusa, Misa si lasciò cadere contro schienale della sedia, muovendo lo sguardo dalla sua espressione apatica, alla sua mano scossa da lievi tremori, indugiando sul rossore della pelle. L’incurvatura grave che avevano assunto le sue sopracciglia s’accentuò.
«Può darsi.», la sentì mormorare dopo qualche istante. «Ma ciò non toglie che quel caffè e quella tazza sarebbero finiti addosso a Misa, se non ti fossi messo in mezzo…»
«Corretto.»
«Non dirlo con quel tono, Ryuzaki… Così suona come una cosa da niente!»
«È una cosa da niente.»
«Ma--»
«Immagino tu sappia», tagliò corto lui, «cosa sia il libero arbitrio, vero, Amane?»
«Sì, ma questo che c’entra…?»
«Allora saprai anche che cosa decido o non decido di fare, non ti riguarda.»
L’aria nella stanza parve rarefarsi e i due si studiarono in silenzio, finché L decise di voltarsi per recuperare la garza dalla scrivania, interrompendo il contatto.
«O avresti preferito…», si ritrovò a chiederle, la voce venata di prudente curiosità. «Ustionarti al posto mio?»
Gli occhi di Misa s’allargarono, inchiodandosi sui suoi come quelli di un cervo abbagliato dai fari di una macchina. Una lieve sfumatura di rosso le accese le guance ed il detective seppe, dalla piega che le era appena comparsa sulla fronte, d’averle fatto una domanda alla quale non era certa di saper rispondere.
«Misa… Misa non voleva suonare ingrata, perché non lo è affatto.», si scusò, solenne, abbandonando nuovamente la sedia per avvicinarsi a lui. «Ma ogni volta che guarda la tua mano…!»
«Allora smettila di fissarla.»
«Quanto la fai facile, tu!»
Con enfasi teatrale, la giovane idol pestò il piede a terra, strappandogli di mano la garza.
«Sai che c’è? Misa ha una proposta: lascia fare la fasciatura a lei, così può sdebitarsi per quello che hai fatto!»
«Amane...»
«Su, qua la zampa!»
Preso alla sprovvista da quell’esortazione sopra le righe, L la osservò per un primo momento senza risponderle, incapace di stabilire se l’essere appellato come un animale da compagnia lo irritasse o meno.
«Non è necessario. Posso fare da solo.»
«Oh, andiamo, Ryuzaki!»
Dinnanzi ad un ulteriore corrugamento della sua fronte, Misa lasciò cadere la maschera da generale intransigente e ridacchiò, decidendo di allungare un braccio verso di lui per enfatizzare le proprie buone intenzioni.
«Puoi fidarti di Misa-Misa!»
Fiducia. Se avesse dovuto considerare quella parola con la dovuta serietà, era certo che la sua risposta le avrebbe spezzato il cuore.
Ah…
Le labbra gli si piegarono in una smorfia infastidita; quel singolo pensiero, gli aveva fatto contrarre in maniera sgradevole le viscere. Chissà, forse cominciava ad importagli un po’ troppo di cosa potesse o meno ferirla. In effetti, anche qualche minuto prima, aveva deliberatamente deciso di non dirle che le bende che gli aveva portato con tanta solerzia, non erano necessarie per un’ustione minore come la sua.
Sentendo l’agitazione fermentargli sempre più nello stomaco, si costrinse ad inspirare con lentezza, focalizzandosi sull’invito che quelle dita tese verso di lui gli stavano offrendo, prima di lasciare che l’aria gli lasciasse nuovamente i polmoni: le attenzioni di Misa Amane. Il bambino egoista che c’era in lui, non aveva dubbi a riguardo. Il detective paranoico, d’altro canto, gli stava lanciando occhiatacce ammonitrici dall’angolo razionale della sua mente.
«Ah, vedi? Rapido e indolore!»
Perso com’era nelle proprie elucubrazioni, L si rese conto d’aver appoggiato la sua mano su quella dell’amica solo quando percepì il calore di quel piccolo palmo accogliente sotto il suo.
«Non è poi così difficile!», cinguettò ancora lei, rivolgendogli un sorriso incoraggiante che parve vibrare, prima di spegnersi in una linea pensosa. «A te e Light… Proprio non piace il contatto con le persone, eh?»
Senza aspettare una sua risposta, Misa tese la benda tra le dita, cominciando ad avvolgerne un capo attorno al suo polso. L assecondò il silenzio che seguì, gli occhi neri intenti a contemplare la fasciatura prendere forma attorno alla sua pelle; c’era grazia nei movimenti della idol, ed una dimestichezza tale da fargli intuire che non era la prima volta che le capitava di farlo. Per quale motivo, però, rimaneva un mistero.
«Non è corretto.»
«Oh?»
«Quello che hai detto. Non è corretto.»
Il detective esitò, portandosi la mano libera alle labbra per mordicchiarne il pollice.
«Se sei tu a starmi vicino, non mi da’ fastidio. Non più, per lo meno.»
Finendo quasi per strozzarsi con la propria saliva, Misa sollevò il capo di colpo, i capelli una cornice d’oro attorno al pallore del volto; cercò freneticamente il suo sguardo, tra pigolii e balbettii incoerenti, frugandovi dentro con un’intensità che gli fece avvertire una sgradevole fitta la petto.
«O-Oh! Misa non può crederci! Davve-- Aspetta un attimo.»
Silenzio.
«Vuoi dire che prima ti infastidiva?»
«Sì.»
L’entusiasmo che l’aveva animata fino a qualche attimo prima parve esplodere in mille pezzi, facendola afflosciare su sé stessa come un palloncino.
«… Accidenti, Ryuzaki. Quanto sei freddo.»
Contrariamente a quanto sarebbe stato lecito aspettarsi (tenendo conto delle loro precedenti interazioni, per lo meno), Misa non vendicò l’offesa appena subita prendendolo a calci o pugni ma, sbuffando appena, scosse il capo, con gli occhi illuminati da quella che avrebbe potuto definirsi solo come divertita esasperazione.
«Quante volte Misa deve ripeterti che non ci si rivolge così ad una ragazza?»
«Avresti preferito che mentissi?»
Un’improvvisa fitta di dolore lo avvertì che la presa di Misa attorno alla sua mano s’era stretta un po’ più del dovuto.
Bizzarro.
Qualcosa, dentro di lui, lo fece sentire in dovere di ricambiare quel gesto, di stringerle la mano a sua volta. C’era qualcosa di storto in quel silenzio.
«... Amane?»
D’un tratto Misa sembrava… Triste.
Non riuscendo a trovare una risposta, tra le mille ipotesi che avevano preso a ronzargli nella testa, L decise di lasciare che l’istinto gli muovesse le dita impacciate lungo il polso della ragazza. Dopo una breve titubanza, glielo strinse con delicatezza, in attesa di un nuovo input.
«No, niente bugie.» La voce della idol era ridotta ad un bisbiglio. «Misa ti preferisce così come sei.»
Preso alla sprovvista, il detective non riuscì a dissimulare il sussulto che lo scosse a quella rivelazione, facendolo oscillare pericolosamente sulla sedia. Non che l’imbarazzo l’avrebbe fermato dal rovesciare quella situazione a proprio vantaggio, ovviamente.
«Amane… », cominciò infatti, chinando lo sguardo sulle loro mani, prima di tornare a scrutare Misa con la studiata innocenza di un bambino. «Sei conscia del fatto che non dovresti dire queste cose a cuor leggero? Potrei fraintendere.»
«Eh? Guarda che non è affatto facile dire... Be’, quel che ho detto!»
Con le guance gonfie, la giovane drizzò le spalle, pronta a proseguire il proprio discorso ma poi ci ripensò, portarsi una mano alle labbra. Fu affascinate osservare come le bastò un battito di ciglia, per arrossire fino alla punta delle orecchie.
«E poi n-non intendevo che mi piaci in quel senso, cretino d’un pervertito!»
Ah, interessante. Non ha usato la terza persona.
Fu il turno di L di sorridere, con una luce dispettosa ad assottigliargli lo sguardo. Di quel passo, avrebbe finito per sentirsi grato a quello scemo di Matsuda per quel piccolo incidente.










.:~*~:.

Ah, cominciamo l’anno nuovo con qualcosa di dolce! ♡ ... Tanto, durante l’epifania è legale ingrassare (???).

Ok, dunque, riassumendo l’episodio: L mente. Mente perché è allievo di Dottor House. Mente perché non vuole rinunciare alle attenzioni di Misa. Mente perché non vuole ferirla. E, alla fine del racconto, fa il finto tonto primo, perché Misa era triste e voleva trovare un sistema per distrarla. E, secondo, perché da vecchia volpe qual è, se ne approfitta anche per testare le sue reazioni hah hah hah XD
Confesso che scrivere dal punto di vista di L è divertente, perché vengono alla luce tante di quelle contraddizioni in quel che dice e quel che pensa... Però, miseria, quanto è complicato quel gufetto dannato. Lui teme di perdere i neuroni con le lagne di Misa, e io nel frattempo li ho già bruciati tutti per mettermi nei suoi panni.
Oh, well! X°DDD
Concludo dando il benvenuto ai nuovi lettori (yo~!), salutando i vecchi (yo~!), e ringraziando in particolare shera_darknight, che aggiunto questa raccolta tra le seguite! (*˙︶˙*)☆*°

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 9
*** A Moment in Time {Death Note | Manga!Verse} ***


LMisa SV
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]





65. A Moment in Time {Death Note | Manga!Verse}




Moving the hair out of your eyes
Telling me things I want to believe
Hotel Lights – “Nobody Let You Down”





La luce calda del sole filtrava dalla finestra, scaldandogli il volto. Per essere una giornata invernale, era gradevolmente tersa; ma non c’era nulla in quella vista, né il viavai d’auto e persone, né i colori brillanti di negozi e abiti, che riusciva a ravvivargli un po’ l’umore.
Con il naso all’insù, L seguì l’ascendere lento della condensa creata dal suo respiro lungo il vetro, finché non finì per velare lo squarcio azzurro di cielo che spiccava sullo scialbore dei palazzi. Per molti, in special modo i bambini, quella superficie di vapore grigiastro era un invito a decorare la finestra con fugaci disegni e scritte d’ogni tipo – Misa e Matsuda ne avrebbero approfittato volentieri, ne era pressoché certo. I peli del collo gli si rizzarono; quello strato umido di condensa non suscitava nessuna attrattiva su di lui. Anche il semplice immaginare di toccarlo col il dito lo raccapricciava.
Con un sospiro, il detective s’allontanò dalla finestra, andando ad appollaiarsi su uno dei divanetti, i piedi affondati nella seduta morbida. Aveva da poco concesso alla squadra una breve pausa prima di riprendere a lavorare – l’occasione perfetta per godersi un po’ di pace e silenzio, in una stanza che solitamente non veniva usata da nessuno.
La porta si spalancò, facendogli irrigidire la mascella.
«Eccoti qua!»
O meglio, così aveva sperato.
Passi frettolosi avanzarono verso il divanetto, fermandosi alle sue spalle e venendo sostituiti quasi immediatamente dal tramestio di oggetti di varie dimensioni.
«Uffa, non l’avrò dimenticat… Ah!»
Lo sfrigolio di bustine di plastica fu l’ultimo suono che L ebbe la premura di ascoltare, prima di sprofondare ancora una volta nei cupi recessi della propria mente. Doveva trovare un sistema per dare ordine ai propri pensieri.
Mi chiedo cosa farebbe Light in una circostanza come questa…
Erano giorni, ormai, che un incubo ricorrente gli appestava quelle poche ore di sonno che si concedeva a settimana. Il problema, tuttavia, non erano i ritmi di riposo scombussolati – a quelli era abituato –, ma le sensazioni che gli strascichi del sogno gli lasciavano addosso quando si svegliava. Lo facevano sentire molle, completamente drenato di ogni energia e, come se non bastasse, la sua produttività nelle indagini ne aveva risentito di riflesso.
«Tutto bene, Ryuzaki? … Hai certi occhi da pesce lesso!»
La spensierata schiettezza di quel commento lo riscosse dalle proprie elucubrazioni. Con la coda dell’occhio, L scorse una minigonna svolazzante ruotare verso di lui, lasciando ben poco su quel che celava all’immaginazione. Tamburellando le dita sulle le ginocchia, inspirò lentamente, voltando il capo verso le finestre.
«Be’?»
Misa poggiò con cura una pochette nera sul bracciolo del divanetto e si lasciò cadere accanto a lui, canticchiando qualcosa tra i denti. L’aggiunta d’altro peso fece affondare di lato il cuscino sul quale se ne stava accovacciato, facendogli perdere l’equilibrio e, non avendo il minimo interesse a reagire, L lasciò che la gravità lo trascinasse in basso. Una parte di lui, sperava che quel suo stato di abulia avrebbe finito per innervosire la idol, convincendola a non ficcanasare troppo. Sapeva bene che uno dei suoi passatempi preferiti era fargli il verso, quindi fornirle ulteriori munizioni raccontandole dell’incubo non era decisamente nel suo interesse.
La sua guancia atterrò su qualcosa di caldo e Misa sussultò con uno strillo, facendolo sobbalzare a sua volta.
«Oh.»
Erano le sue gambe.
«Sono costernato.»
«Come no, mai sentita voce più costernata!»
Si sentì afferrare per un braccio.
«Forza, alzati, scemo d’un Ryuzaki! Non sei mica Light!»
«Il tuo spirito d’osservazione è sconvolgente, Amane.»
«Come osi, maledetto…!»
Le dita di Misa si serrarono convulsamente attorno al suo gomito – per essere una ragazza che pesava sì e no quaranta chili bagnata, aveva una presa notevole, si ritrovò ad osservare. Il che non era un bene.
Riscoprendosi vagamente preoccupato per la propria incolumità, il detective decise di fare l’opossum, restando appallottolato su sé stesso mentre la giovane lo sollevava di peso, risistemandolo sul cuscino con la perizia di un decoratore d’interni.
«Ecco fatto! … E ora ce la fai a dire a Misa perché hai quel muso lungo, senza fare il pervertito?»
L si stava preparando ad ignorare ancora una volta la sequela di domande in arrivo, quando qualcosa attirò il suo olfatto: c’era una scia dolce nell’aria e il suo stomaco gorgogliò in risposta.
Magnifico.
Adesso non solo era demotivato, ma aveva anche fame.
«Ehi, ci sei?»
D’un tratto, gli arrivarono un paio di gomitate nelle costole.
«Misa sta parlando con te!»
«Lasciami in pace, Amane.»
L’asprezza che gli venò la voce fu involontaria ma riuscì comunque a zittire Misa, che alzò sbuffando le braccia in segno di resa.
Con una stretta allo stomaco di cui non riuscì ad identificare l’origine, il detective tornò a fissare il vuoto davanti a sé, non curandosi di spostare le ciocche di capelli che gli erano ricadute sul volto e avevano preso a pizzicargli il naso.
«… E va bene, come vuoi. Misa era solo un po’ preocc…», la idol si alzò in piedi, afferrando la borsetta e cominciando a frugarci nuovamente dentro. «Anzi, no. Voleva solo essere gentile, ecco.»
«Mh?»
Qualcosa lo colpì d’improvviso al braccio, producendo uno sfrigolio familiare.
«Tieni.»
Incerto se voltarsi o meno, L optò per una sbirciata rapida, notando una confezione di plastica trasparente nella quale erano stati graziosamente racchiusi cioccolatini di ogni forma: c’erano stelle, cuori, orsetti e gattini stilizzati, tutti glassati con tenui sfumature pastello. Il suo stomaco si lasciò andare ad un nuovo, sonoro ruggito: ecco trovata la fonte di quel profumo che aveva sentito poco prima.
Non fece in tempo a registrare la nozione, tuttavia, che un nuovo particolare reclamò immediatamente tutta la sua attenzione.
Cioccolatini.
Misa Amane gli stava porgendo dei cioccolatini.
Cacciò un grido.
«Ma sei impazzito? Vuoi fare venire alla povera Misa-Misa un infarto?!»
Il ceffone che gli arrivò sulla nuca non fu una sorpresa. Senza fare una piega, il detective si raddrizzò e, con drammatica lentezza e la bocca spalancata, si voltò finalmente verso Misa.
«Amane…»
«C-Cosa…?»
La fissò in silenzio, con uno sguardo strabuzzato talmente opprimente da farla deglutire per l’agitazione.
«Quei cioccolatini…»
«… Sì?»
Si portò una mano alle labbra.
«Come hai fatto a capire che avevo fame?»
La tensione che aveva immobilizzato la idol fino a quel momento parve esploderle lungo tutto il corpo sottoforma di tremori; ci mancò poco che non stritolasse la confezione di leccornie tra le dita, tanto era oltraggiata dalla natura deliberatamente – a quanto pareva – offensiva della sua domanda.
«Accidenti.», mormorò, lanciandogli la bustina contro. «E Misa che pensava volessi chiederle chissà cosa…!»
«… Non credo di capire. Cosa avrei dovuto chiederti?»
Questa volta fu lei ad ignorarlo; dopo aver inspirato ed espirato più volte, Misa si passò le mani sul volto, come a voler trovare un minimo di contegno, prima di riprendere la conversazione.
«Certe volte sei così scemo, Ryuzaki, che Misa stenta a credere che tu sia il migliore detective dell’universo – Ѐ inutile che fai quella faccia. Comunque sia, Misa non sapeva avessi fame. Cioè sì. No, nel senso... Non che ci voglia molto a capirlo. Tu mangi di continuo.», fece spallucce, poggiandosi le mani sui fianchi. «Ma lasciamo perdere il tuo stomaco... Non è per quello che Misa ti ha preso quei cioccolatini.»
«Li hai presi per… Me?»
«Non farti strane idee, eh! Ѐ tomo-choko!»
«“Tomo-choko”?»
A quanto pare, non era proprio giornata per le domande sagaci.
«Ma sei serio? Oh, aspetta un attimo, c’è una chiamata per Misa…», fiatò la idol, con un sorriso storto che sapeva tanto di incredulità. Finse di portarsi un cellulare all’orecchio, drizzando la schiena e premendo la mano destra sul petto. «Pront… Come dici? Oggi è san Valentino e tutto il mondo lo sa, tranne Ryuzaki?»
«San… Oh.»
Assorbendo ogni sillaba di quella rivelazione, L si portò l’indice tra i denti, assaltandone l’unghia.
Era san Valentino. Strano come bastasse un serial killer a piede libero, per fargli dimenticare le grandi occasioni. Pregò che Dio potesse perdonarlo.
«Divertente.»
Fingendo di non aver visto la linguaccia che gli riservò Misa in risposta, mosse lo sguardo sul piccolo dono che giaceva sulle sue gambe, sfiorandone il fiocco rosa con la punta delle dita; era liscio e morbido al tatto. Doveva essere andata a comprarlo in un negozio specializzato e, a giudicare dall’aspetto pregiato dei dolciumi, doveva anche aver speso un bel po’.
Ci sono un paio di pasticcerie nelle vicinanze che corrispondono a questi criteri.
Da sotto le ciglia scure, L lanciò uno sguardo rapido alla ragazza, notando che si era di nuovo seduta e se stava poggiata contro il bracciolo del divanetto ad osservarlo, le sopracciglia strette in un piglio attento.
Ci tiene davvero così tanto a non sfigurare davanti a me? ... Vorrei davvero capire cosa le passa per la testa.
Afferrò un’estremità del fiocco tra l’indice e il pollice e lo sciolse con calma, aprendo la confezione: l’odore dolce di prima gli investì le narici a piena potenza, facendolo salivare dall’anticipazione. In un paio di secondi, afferrò ed ingollò due gattini glassati, facendo rimanere Misa di sasso. La dolcezza dello zucchero e l’amaro del cacao si complimentavano con armonia sulla sua lingua, che in poco tempo venne rivestita dalla vellutata morbidezza del cuore liquido dei cioccolatini. Il detective mugugnò, sentendo un’ondata di piacere risalirgli lungo le guance.
«Sono ottimi.», mormorò, leccandosi le labbra. «Ti ringrazio.»
«O-Oh… Bene!», riuscì a balbettare Misa di rimando, chiaramente a disagio di fronte al suo bizzarro modo di mangiare. «Misa ne è contenta!»
«Ne vuoi assaggiare uno?»
«Ah, no, grazie.» Gli sorrise e gli occhi, con sua sorpresa, le si illuminarono. «Sono tutti tuoi!»
Sembra davvero soddisfatta...
«… Come desideri.»
Tra i due calò presto il silenzio, intervallato dal rovistare di L nella bustina, che continuava imperterrito a pescare e mangiare i cioccolatini. Forse avrebbe potuto raccontarle del sogno, pensò. Forse glielo doveva. In fondo, nonostante il suo atteggiamento scorbutico, Misa aveva comunque scelto di dargli il suo regalo per San Valentino.
«… Da un po’ di tempo faccio un incubo ricorrente.»
Il collo della ragazza si raddrizzò quell’ammissione improvvisa, e ciò bastò ad L per capire che aveva tutta la sua attenzione.
«Incubo?»
«Sì. C’è una caramella davanti a me. È diversa da tutte le altre e… Per qualche motivo, sento di doverla prendere.»
Tacque per un istante, studiando ancora una volta l’espressione di Misa con la coda dell’occhio: se ne stava seduta al suo fianco, il busto e lo sguardo immobili nella sua direzione. Non c’era traccia di scherno sui suoi lineamenti bianchi, solo una comprensibile curiosità.
«Brilla e galleggia nel vuoto.», proseguì allora, animandosi. «Cerco in ogni modo d’afferrarla ma, ogni volta che sono a un passo dal toccarla, la mia mano comincia sanguinare e non riesco più a chiudere le dita.»
«Questa caramella… », cominciò Misa, incrociando con eleganza le gambe. «Com’è?»
«Ѐ tonda, incartata in un involucro bianco e nero.»
«Oh. Nient’altro?»
«Ha… Un buon odore.»
«Un buon odore.»
«Esatto, simile al–»
… Tuo.
«Ryuzaki, perché questo sogno ti deprime così tanto?»
Preso alla sprovvista dal cambio brusco d’argomento, L evitò gli occhi ambrati dell’amica, abbandonando gli ultimi due cioccolatini rimasti per tornare a mordicchiarsi le unghie della mano destra.
«Perché mi lascia una strana sensazione addosso… Come se mi stesse sfuggendo qualcosa. Un indizio, o un dettaglio…»
«Oh, andiamo, Ryuzaki! È soltanto un sogno!»
«Ne sono ben consapevole, Amane. Ma se quella caramella fosse Kira…»
«Oh!»
«Allora è possibile che il mio subconscio mi stia suggerendo che sto sbagliando qualcosa.»
«Sbagliare? Tu?»
«… Ti ringrazio per la fiducia, ma può darsi che…»
«Frena un attimo, Ryuzaki… E se non fosse così?»
Il detective batté ciglio.
«Cosa intendi?»
«Forse… Quella caramella non è Kira.», ipotizzò Misa, assumendo l’aria di chi la sa lunga. «Forse quella caramella è… Ѐ qualcosa che desideri! O qualcuno che ti piace! Hah! Scommetto che a questo non avevi pensato!»
A dispetto dell’apatia che trasudava dalla sua espressione, L sentì la pelle gelare e tutte le articolazioni formicolargli alla sola idea che potesse davvero trattarsi d’un desiderio represso o d’amore. Aveva dunque perso ore preziose di tempo a preoccuparsi di una questione così triviale? No, non riusciva a convincersene; c’erano troppi elementi che non tornavano.
Che la caramella sia lei?
«… Non ha alcun senso.»
«Che senso hanno le caramelle volanti, allora? O che brillano? È un sogno! … Poi riflettici bene: potrebbe anche essere una semplice caramella. Tu hai sentito un buon odore, no?»
«Corretto. Il resto del sogno, tuttavia, non lascia indiz–»
«In più, qualsiasi cosa tu faccia, non riesci a prenderla, giusto?», tagliò corto la giovane, piegando il braccio e poggiando il mento tra indice e pollice. «Quindi Misa è propensa a pensare che, se non si tratta di amore, allora si tratta di… Oh, reggiti forte, Ryuzaki: fame notturna!»
«Brillante.»
«Andiamo, se esistesse un sistema per ingozzarsi di dolci anche durante il sonno, tu non lo useresti?»
Intimamente affascinato da quel suggerimento, il detective la fissò in silenzio.
Be’...
«… No.»
«Hai esitato… Allora Misa-Misa ci ha preso! Caso chiuso, Washington!»
«Watson.»
«Eh?»
Amane… Che stia cercando di manipolarmi?
La frettolosità delle sue argomentazioni e il lieve rossore sulla punta delle orecchie rendevano palese quanto fosse incerta della propria supposizione. L poggiò le mani sulle ginocchia, grattando la superficie ruvida dei jeans con le dita.
Il fatto che io pensi d’essere fuoristrada sul caso Kira l’ha messa in allarme?
Lo sguardo gli cadde sulla confezione-regalo e qualcosa, nella sua mente, si smosse. Da quanto l’aveva visto giù di morale, Misa non gli si era scollata di dosso un solo istante. Avrebbe potuto andarsene quando voleva. O prenderlo in giro.
Ah.
Invece gli era rimasta cocciutamente accanto, cercando, a modo suo, di tirarlo fuori da quello stato di scoramento. Che fosse davvero preoccupata per lui?
«Sai, Amane, potresti anche aver ragione. Che si tratti d’un desiderio o di Kira, un sogno non rappresenta una prova indiziaria… Inutile ricamarci sopra.»
«Vero?», miagolò la giovane, compiaciuta, colpendolo giocosamente con la spalla. «Dovresti dare retta a Misa più spesso.»
«Non t’allargare.»
«... Vuoi fare a botte, Ryuzaki?»
L fu tentato di sorridere, ma se lo impedì mordicchiandosi il labbro inferiore.
«Ascolta, Amane, io… Ti devo un ringraziamento.»
Per un effetto che al novanta virgola tre per cento era dovuto ad un qualche tipo di suggestione, la sua voce parve rimbombare attorno a loro come se fosse stato l’unico suono nell’intera città.
«Non fosse stato per la tua irritante insistenza, io…»
«“Irritante”? Oh, tu sì che sai come ringraziare un’amica, Ryuzaki!»
La pernacchia che si premurò di utilizzare Misa per concludere la propria osservazione, riuscì a spazzare via nel detective la voglia di proseguire il discorso – non c’era maniera di spuntarla, con lei. Il modo, tuttavia, in cui le guance le si gonfiarono per lo sdegno, gli impedì di tenerle il broncio per più di un secondo.
«Comunque, di niente. A Misa non piace vederti depresso. Sei antiestetico. Più del solito
La giovane sollevò il mento e L scosse il capo, guardando quel profilo delicato mascherarsi d’alterigia.
Che commediante.
Strano, però, come le fosse bastata una semplice frase per riempirlo di energia.
«… E così sarei antiestetico?»
«Esatto!»
Adesso, più la osservava, più avvertiva nel petto qualcosa crescere e gonfiarsi fino a schiacciargli i polmoni, mozzandogli il respiro.
Doveva fare qualcosa, dirle qualcosa. Sentiva il bisogno di riprovarci. Magari questa volta Misa non lo avrebbe interrotto.
«Amane…»
Tacque. Mettere in fila più di una parola di senso compiuto non era mai stata un’operazione così complessa; ogni concetto gli si attorcigliava attorno alla lingua, impedendole di muoversi secondo la sua volontà. Non riusciva a ragionare, aveva un solo impulso chiaro in mente. Un gesto semplice, in realtà. Qualcosa di cui, forse, avrebbe finito per pentirsi in pochi secondi.
Ne valeva la pena?
Misa... Mi chiedo se questo valga come ringraziamento.
Con lo stomaco che sembrava pronto a rivoltarsi, si sporse di lato, baciandole la guancia. Sotto le sue labbra, la pelle liscia della giovane parve prendere fuoco, e lui non vide altro che bianco, prima di allontanarsi da lei con il cuore che gli pulsava in gola talmente forte da nausearlo. Si coprì la bocca con il dorso della mano, inspirando piano.
Ѐ questo... Che si prova?
Con dita tremanti, Misa si sfiorò la guancia arrossata come in trance. Lentamente, mosse lo sguardo su di lui, scrutandolo da sotto le lunghe ciglia nere.
«Ryuzaki, q-quando Misa ha detto che… Cioè, non i-intendeva…!», provò a spiegargli, irradiando tutt’attorno un calore talmente intenso da raggiungere il suo posto sul divanetto. «… Wow.»
Il detective si mostrò interessato a quel balbettio incoerente, approfittando di quel breve lasso di tempo per recuperare un po’ di lucidità. Aveva l’impressione che le labbra, per qualche folle motivo, gli stessero formicolando ed aveva una gran voglia di voltarsi e baciare Misa ancora e ancora.

Ma che gli prendeva?! Stava diventando isterico – e non se lo poteva permettere.
Dopotutto, l’aveva fatto solo per ringraziarla, no?
«Sai… Durante la mia infanzia, una sola persona mi ha mostrato cosa vuol dire prendersi cura di qualcuno e io… Io non ho mai–» S’interruppe bruscamente. «Be’, non sono avvezzo a dare o a ricevere premure, tuttavia…», le disse infine, rivolgendole un breve cenno col capo. «Ti sono grato per quello che hai fatto oggi per me.»
Misa scostò una ciocca di capelli dal volto, portandosela dietro l’orecchio; era rossa come un pomodoro ma la piega dolce che avevano assunto i suoi occhi, gli suggerì che aveva apprezzato la sua piccola confessione.
«Ah, così va meglio!» Inclinò il capo, sorridendogli. «Non c’è di che, Ryuzaki.»
L cacciò la mano nella scatola semivuota, afferrando l’orsetto e la stella rimasti: li divorò come se non ci fosse un domani.










.:~*~:.


E, con questo capitolo, siamo quasi alla fine della raccolta! YAY!
Puntata in cui Misa, con la sua testardaggine, riesce a fare aprire un pochino L! *commossa* … Wow, Misa, great work! Keep it up, I’m proud of you! X°D
… Lo so, ho fatto la smielata a San Valentino. Che orrido cliché. ¯\_(ツ)_/¯ Ci tenevo a scrivere qualcosa per questa occasione (tra l’altro, ce l’ho fatta per il rotto della cuffia)… Penso sia la storia più lunga fin’ora. Mi sono fatta trascinare dall’AMOUR TOUJOURS DES CROISSANTS [???], ok?
...
Sto bene, lo giuro. X°D
Un grande ringraziamento a tutti coloro che stanno seguendo e leggendo questa raccolta! In particolare, una stellina d’oro va all’impavida anima conosciuta come littlekilljoy, che non solo ha aggiunto la storia tra le seguite, ma anche tra le preferite. Grazie~! {´◕ ◡ ◕`}

P.S.: Il “Tomo-chocko” che Misa regala a Ryuzaki, è il “cioccolato dell’amico”. In Giappone, a San Valentino le ragazze regalano il cioccolato non solo all’innamorato, ma anche ad amici e colleghi, ed ogni tipo di cioccolato ha un suo nome e una sua valenza simbolica.

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 10
*** Everyday Magic {Death Note | Manga!Verse} ***


LM Neve
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]





48. Everyday Magic {Death Note | Manga!Verse}




And as far as we go
And how little we know
Joji – “Thom”





I fiocchi di neve gli turbinarono attorno, sospinti dal vento tagliente di dicembre.
«… He’s making a list and checking it twice:»
Era affascinante rilevare quanti piccoli dettagli superficiali arricchivano l’atmosfera cittadina con l’arrivo del Natale, portando a risplendere persino la linea grigia dei palazzi. Le strade si erano trasformate in un trionfo stordente di mezzi di trasporto e passanti inebriati dallo spirito delle feste, un susseguirsi di decorazioni luminose ad intermittenza e rumori frastornanti i cui bassi gli riverberavano nella cassa toracica prima di svanire.
Un paio d’ore…
Avrebbe dovuto resistere poco meno di un paio d’ore, per potersi reimmergere nella quiete del quartier generale.
«Gonna find out Who’s naughty and nice.»
L inspirò e si sforzò di deglutire quando una macchina gli passò accanto con un rombo, il fetore del gas di scarico un’altra indesiderata aggiunta a quel potpourri di odori male assortiti che circolava tutt’attorno.
“Il Natale è pura magia nell’aria!”, gli aveva detto Matsuda. “Respirala, Ryuzaki, lasciati trasportare!”.
Si chiese quanta magia avesse nei polmoni in quel momento.
«Santa Claus is coming to town! He sees you when you’re…»
Continuò a camminare in quel viavai colorato finché la vetrina di un negozio di giocattoli richiamò la sua attenzione, facendolo voltare. Il suo riflesso ricambiò il suo sguardo incuriosito, prima di imitare il suo sgomento: era cereo. Più del solito.
Istintivamente, si portò una mano alle guance e i suoi polpastrelli intirizziti parvero incidergli la pelle come delle lame di rasoio.
La temperatura dev’essere vicina allo zero.
Aldilà del vetro, una commessa lo scorse e gli sorrise. Lui s’affrettò ad afferrare il risvolto del cappello, tirandolo quasi fino a coprirsi gli occhi.
Come il resto del gruppo riuscisse a passeggiare spensieratamente con la minaccia di Kira che incombeva su tutte le loro teste era un mistero. Perdevano tempo prezioso a comportarsi come comuni cittadini quando di comune, in quella faccenda, non c’era nulla.
Amane… Quanti problemi mi crei.
«Ah!»
Un ticchettio frettoloso di tacchi sul marciapiede gli fece trarre un sospiro, che salì in una spirale verso il cielo plumbeo.
«Ryuzaki!»
Il detective piegò la testa di lato, girandosi: tra gli astanti, c’era una figura infagottata in una lunga sciarpa rossa. Ed era in rapido avvicinamento.
… E adesso cosa vorrà?
Con una mano premuta sul berretto di lana e i capelli che le svolazzavano attorno al volto, Misa zigzagò tra la folla in movimento, fermandosi solo quando finalmente lo raggiunse. Era paonazza.
«Aman–»
«Ma che ci fai ancora qui?», lo interuppe lei, piegandosi in avanti per riprendere fiato. «Sei rimasto indietro come uno scemo! Non sarà che…»
Raddrizzandosi di colpo, gli piantò un indice accusatore contro il petto.
«Stai cercando di saltare le spese natalizie?»
L inspirò rumorosamente attraverso le narici, assumendo la migliore espressione oltraggiata che quei pochi secondi di tempo gli avevano concesso di raffazzonare.
«Amane, questa tua sfiducia mi offende nel profondo. Io non sto assolutamente – non oserei mai…!»
«Come no, mai e poi mai!», gli fece il verso lei, poggiandosi le mani sui fianchi. «A Misa non la dai a bere, mio caro… Ormai sa leggere in quella testa da porcospino che ti ritrovi!»
«Ah, davvero?»
«Certo! Scommetto che eri sicuro che, visto c’è anche Light, avrei finito per dimenticarmi la tua promessa, vero?»
«… Non hai alcuna prova.»
Tra le ciocche di frangia che gli ricadevano sugli occhi, il detective intravide la figura minuta di Misa vibrare di sdegno, pronta a ribattere, ma l’improvviso strombazzare di un camion gli impedì di capire ciò che disse. Stordito dal rumore, seguì di riflesso il mezzo imponente mentre si insinuava tra le macchine, tentando di raggiungere con evidente fretta il semaforo in una polverulenta nube di smog.
«… zaki?»
Mancano due secondi esatti al rosso. Non ce la farà a superarlo.
«Ryuzaki, ti senti bene?»
La domanda estemporanea ebbe l’effetto di riconquistare la sua attenzione. L piegò il collo e si volse verso Misa, accigliato, mentre lo stridore di una frenata brusca e il levarsi d’un coro indignato di clacson gli confermavano che il camion era stato costretto a fermarsi davanti all’incrocio, proprio come aveva previsto.
«Sì, perc– Oh.»
Solo allora s’accorse di aver premuto il dorso della mano contro il naso, in cerca di un labile sollievo dal lezzo che aleggiava per strada. Con la mandibola serrata, abbassò il braccio di qualche centimetro, annusando l’aria.
Si sta attenuando.
«Sei pallido.»
«Ho bisogno di zucchero.»
Replica meccanica, pronunciata con un accenno d’impazienza.
Come prevedibile, Misa inarcò le sopracciglia, scetticismo ed esasperazione a contendersi i suoi lineamenti.
«Zucchero?»
L annuì; preferiva che l’amica alzasse gli occhi al cielo per quella scusa, piuttosto che confessarle che la sua voglia di ciondolare per vetrine e circondarsi di passanti chiacchierini, che spintonavano e indicavano le decorazioni cittadine come se non ne avessero mai vista una, aveva già raggiunto i minimi storici.
Farmi promettere di venire con voi…
Quel mondo vivace e brillante non gli apparteneva. Era frastornante.
Ma te di certo non importa, Amane. Non hai riguardo per niente e nessuno, quando ti metti una cosa in testa…
Come se fosse riuscita a percepire la piega fosca del suo umore, Misa lo scrutò in silenzio con gli occhi larghi e pieni di pensieri, dondolandosi sui talloni, le dita affondate nella sciarpa di lana rossa che portava al collo.
«Ryuzaki, è davvero un peso così grande, per te, uscire un po’? Ѐ quasi Natale!»
Il detective sospirò. L’amore per il contatto umano era una caratteristica tipica degli estroversi, così come lo era socializzare quotidianamente. Lui non aveva mai condiviso quegli impulsi. Non s’era mai sentito estatico, o pieno d’energia al pensiero di dover entrare in contatto con altre persone. Soprattutto se costretto.
«Non ti basta che stia mantenendo la promessa, Amane?»
Qualcosa gli si agitò tra le viscere quando si rese conto che quello che aveva detto non suonava affatto come una domanda. Se lo fosse stata davvero, l’avrebbe posta in un tono tale da ammettere repliche, non con l’insofferenza di chi vuole chiudere in fretta la questione.
Misa lasciò cadere lo sguardo sul marciapiede innevato, sembrando molto interessata a contare le impronte di scarpe che lo tappezzavano.
«Stare sempre soli non è un bene…»
«Neanche essere obbligati a stare con qualcuno quando non lo si vuole, se è per questo.»
Questa volta L si morse la lingua – si stava scaldando per un nonnulla. Non poteva permettere che quel piccolo risentimento gli oscurasse il giudizio. Non voleva litigare. Non lo voleva davvero. Del resto, era in grado di comprendere il punto di vista della idol, per quanto non fosse nelle sue corde.
Lei, d’altro canto, non s’è mai sforzata di comprendere il mio…
Batté ciglio.
Forse era quella, la radice del sua irritazione. Possibile fosse davvero così infantile? La retoricità sottesa di quel dubbio lo fece incupire.
«Quando è stata l’ultima volta che hai sorriso?»
La voce di Misa era un sussurro tra le musiche natalizie e il rombare del traffico, un richiamo discreto alla realtà, a lei.
«… Prego?»
«L’ultima volta che hai sorriso.», lo incalzò la ragazza, sollevando gli occhi ambrati in cerca dei suoi. «Quand’è stata?»
L schiuse le labbra. Ne uscì solo vapore.
«Non te lo ricordi nemmeno, non è così?»
Nove giorni fa. Tre e dodici minuti del pomeriggio. Matsuda ha colpito Light per errore con il braccio, lasciandogli il naso arrossato per l’intera giornata.
La sua memoria difficilmente gli permetteva di dimenticare un evento. Persino un dettaglio così insignificante come il movimento goffo di un suo collega, continuava a rimanergli vivido nei ricordi per mesi. Il realizzare che fosse, però, passato così tanto tempo dell’ultima volta che aveva provato uno sprazzo di felicità – per quanto puerile – lo convinse a tenersi per sé quell’obiezione. Misa, seppur partendo da una supposizione errata, aveva colto qualcosa nel segno, dopotutto. Qualcosa a cui lui stesso aveva evitato di fare caso.
«Misa sa cosa vuol dire.» Le dita le si arricciarono attorno agli orli delle maniche del cappotto, tirandoli sopra i polsi bianchi. «C’è stato un periodo in cui non avrebbe saputo nemmeno dire se fuori casa sua fosse giorno o notte. Non le importava.»
Il detective seguì quei movimenti involontari, nervosi, finché le pareti della gola gli si contrassero in maniera talmente convulsa da fargli male. Nella massa informe di sagome e volti che l’attorniavano, d’un tratto Misa gli parve persa. Sola.
… Quando mi guardi, vedi la stessa cosa?
Una serie di brividi gli risalirono lungo la colonna vertebrale, facendogli avvertire una lieve nausea.
«… Ryuzaki, sei sicuro di stare bene?»
L annuì appena.
«Perdonami, Amane.»
Fece un passo verso di lei, scrutandola attraverso i ciuffi di capelli che il vento gli scostava a tratti dal viso emaciato.
«Ho lavorato per così tanto tempo da solo che la mia capacità di comprendere i sentimenti altrui, a volte, non è all’altezza della situazione. Tu eri… In pensiero per me e io ho interpretato le tue azioni come un’arrogante intromissione nei miei affari personali.»
Inspirò ed espirò, rubandosi qualche secondo in più di tempo per dare ordine ai propri pensieri, prima di riprendere a parlare.
«Il mio desiderio di servire le giustizia ha sempre superato in intensità qualsiasi mia altra pulsione. Rinuncerei a tutto, pur di perseguire nel mio scopo. Mangiare, bere, dormire – persino i miei sentimenti personali vengono in secondo piano e tu... L’hai capito. In un certo senso, siamo simili.»
«Simili?»
L chinò lo sguardo livido, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans.
«Ciò che tu fai in nome dell’amore, io lo faccio in nome della giustizia.»
«Oh.»
«Ѐ per questo che mi hai costretto a fare una paus–»
A dispetto della piega sofferente che avevano assunto le sue sopracciglia chiare, Misa sbuffò appena e ridacchiò, sventolando una mano.
«Ah, insomma, Ryuzaki! Chi è che chiede scusa così? Guarda quante rughe ti sono uscite sulla fronte per lo sforzo che hai fatto!»
Il detective batté ciglio, distogliendo lo sguardo. Era certo che, infrascata com’era tra berretto di lana e ciocche di frangia, la sua fronte non fosse affatto visibile.
Non vuole che mi senta in imbarazzo...
Ѐ per questo che sta scherzando?
«Amane…»
«Seriamente, che discorsi complicati che fai.», lo bloccò lei, divertita, facendo qualche passo nella sua direzione. «Ma, per tua fortuna, Misa sa come risolvere tutto per il meglio!»
L la sentì premere la punta dell’indice contro il risvolto del suo cappello, pungolandolo appena per richiamare i suoi occhi su di lei, prima di fare un saltello indietro.
«Che ne dici di fare un compromesso? Solo per oggi?»
Non promette bene.
«… Cosa hai in mente?»
«Oh, non fare quella faccia e ascolta l’eccezionale idea di Misa… Dunque!», gorgheggiò la giovane e drizzò le spalle, assumendo l’aria di una maestra che sta per spiegare un concetto molto semplice ad uno studente molto ottuso. «Tu, Ryuzaki, devi essere al massimo della forma per combattere il crimine, no? E Misa-Misa è felice se le persone a cui vuole bene sono felici… Quindi perché non ti godi questa piccola pausa con tutti noi e poi, al ritorno, usi l’energia che ha recuperato per catturare Kira? Due piccioni con una fava! E, se accetti, Misa promette solennemente che ti lascerà in pace per tutto il resto della giornata
Ah.
«Interessante.», si ritrovò a concederle lui, suo malgrado. «Stai dicendo che, una volta raggiunto il quartier generale, non mi rivolgerai più la parola fino a domani mattina?»
«Esatto!»
Un sogno.
«Niente domande fuori luogo? Niente strilli? Niente appuntamenti con Light nel mezzo delle indagini?»
«Croce sul cuore: Misa-Misa giura che se ne starà buona buona in camera sua! … Allora? Accetti?»
L si trattenne dal risponderle immediatamente, giusto per il gusto di guardarla saltellare da un piede all’altro per un po’, in preda alla tensione.
«D’accordo, Amane. Le tue mi sembrano condizioni ragionevoli.», le disse infine, prima battersi l’indice sulle labbra con aria assorta. «Anche se, in realtà, avrei un’ultima domanda…»
«Spara!»
«Sbaglio, o hai appena ammesso di volermi bene?»
Quelle semplici parole, recitate con la magistrale imitazione dell’innocenza di un bambino, ebbero l’effetto di una scarica elettrica sulla idol, che sussultò, fissandolo con espressione sconvolta.
Dopo tutto il tempo passato insieme, credevo fosse più familiare a certi miei meccanismi.
«A-Ah, sì? Misa ha detto proprio così?»
L dovette far forza su tutti i suoi muscoli facciali per non sorridere, ma il brillio intenso dei suoi occhi neri tradì comunque la sua esultanza.
«Temo di sì.»
A pensarci, quella era la prima sensazione gradevole che aveva provato da quando aveva messo piede fuori dal quartier generale. Forse avrebbe dovuto cominciare a considerare seriamente l’idea di essere infantile, sul fronte emotivo.
«Oh, ma guarda quanto tempo abbiamo perso! Light e gli altri si saranno congelati, nel frattempo!», esclamò Misa, tirando il cellulare fuori dalla tasca e mostrandogli lo schermo spento. «Ah, no, giusto… Che scema! Hanno detto che ci avrebbero aspettato nel caffè lì vicino!»
Fingendo di non aver notato il brusco cambio di argomento né la gaffe, L contò le nuvolette di vapore acqueo che le lasciavano le labbra rosse ad ogni respiro, risalendo in spirali evanescenti tra i fiocchi di neve.
«Ah, sì? Hanno detto proprio così?»
«Sì! Q-Quindi… Quindi bando alle ciance e andiamo! Prima li raggiungiamo, prima potrai ingozzarti di dolci e ricominciare a pensare a cose intelligenti
Accennandogli di seguirla, la giovane s’avviò verso il passaggio pedonale, seguita dalla scia infuocata della sua sciarpa. Per un frammento di secondo, nel constrastante biancore delle strade sembrò esserci solo lei.
«No, aspetta.»
«Mh?»
L la vide fermarsi di colpo sul bordo del marciapiede e voltarsi a guardarlo. Stralunato, arrestò il passo e ricambiò quello sguardo vagamente ostile, notando con sorpresa che anche l’espressione impacciata di Misa era mutata. In un broncio, per la precisione.
... Non capisco. Non avevamo appena risolto tutto per il meglio?
«C’è qualcosa che non va?», s’azzardò a domandarle.
Lei esitò, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
«… No.»
Sta mentendo.
La fronte del detective si corrugò in una piega incerta.
… Di solito non è così facile capirlo.
Prima che avesse il tempo di formulare un’ipotesi riguardo quel curioso cambio di registro, Misa piegò le braccia, afferrando e sciogliendo il nodo che le teneva la sciarpa ben annodata attorno al collo. Qualche fiocco di neve che vi si era posato sopra cadde mentre se la sfilava con grazia, trasportato via dalla corrente algida.
«Non ti azzardare a fraintendere, eh! », borbottò, storcendo le labbra. «Misa stava solo pensando che… Be’, chiudi il becco
L si grattò la guancia.
Perché deve sempre essere così contorta con me?
«“Fraintendere”? Temo che tu stia sopravvalutando la mia capacità di interpretare quello che hai appena farfugliato, Amane.», dichiarò, facendo spallucce. «Comincio ad avere il sospetto che ti si sia ghiacciato il cervello.»
Il suo commento indelicato accese le guance di Misa d’uno scarlatto vibrante.
«Che…? Quella roba succede con i gelati, cretino
«In realtà può verificarsi anche quando si beve qualcosa di molto freddo.», ribatté lui, sollevando l’indice con fare zelante. «O quando l’orofaringe rimane esposta per molto tempo a basse temperature. Hai mai provato a leccare un lampione d’inverno, per esempio?»
L’espressione scandalizzata che le strappò con quella domanda fu una replica più che eloquente.
«Ottimo. Perché, una volta che la lingua si attacca al metallo, so… Da fonti certe che è molto doloroso.»
«Be’, grazie, professore
Scuotendo il capo, Misa parve riacquistare il solito brio e si sollevò sulle punte dei piedi, passandogli con un saltello la sciarpa attorno alle spalle curve. L la lasciò fare; dopotutto, dubitava che la sua intenzione fosse quella di strangolarlo in pubblico per qualche frecciatina.
C’erano troppi testimoni.
«… Sua Grazia potrebbe abbassarsi un po’?»
A quella richiesta grondante sarcasmo, il detective espirò rumorosamente e gli occhi neri gli si socchiusero, increspandosi agli angoli in un accenno di divertimento. C’era qualcosa, nell’intimità di quel gesto, che gli stava facendo accelerare il battito. Che lo stava facendo sentire bene.
«Sai, Amane…»
S’ingobbì in avanti, sfiorando inavvertitamente il naso di Misa con il suo. Si ritrasse un po’.
«Sono certo che, qui in Giappone, sia oltremodo sconveniente per una ragazza stare così vicina ad un ragazzo. Soprattutto per strada.»
«E da quando in qua ti metti a fare il paladino del pudore, tu
«Non ho intenzione di nobilitare con un commento quest’offesa gratuita.»
Emettendo un suono simile allo sbuffo di una teiera, la idol afferrò una delle due estremità rosso fiamma della sciarpa, sollevandola e facendola volteggiare una seconda volta attorno al suo collo con un guizzo del gomito.
«Ci siamo quasi…», mormorò poi, più a sé stessa che a lui, procedendo a tirare e piegare l’altro lato con un una strana luce negli occhi. «Ah, perfetto!»
L contemplò in silenzio il decisamente poco virile nodo a mezzo fiocco che gli sfiorava la guancia.
«… Adesso siamo fidanzati?»
«Seh, nei tuoi sogni!», sbottò Misa, facendogli la linguaccia. «Piuttosto, diamoci una mossa!»
Senza degnarsi di dargli il tempo di risponderle, la giovane saltò oltre marciapiede in un tornado di capelli biondi, mescolandosi alla folla che si era precipitata sulle strisce pedonali allo scoccare del verde.
Stava… Ridendo?
L si infilò le mani in tasca e la seguì, incamminandosi sul velo di neve che aveva imbiancato di fresco l’asfalto, lasciandosi alle spalle le impronte delle sue scarpette da ginnastica logore. C’era un sentore d’errato nel calpestare quel manto uniforme, nel disarmonizzarlo.
«Permesso, vado di fretta… Permesso!»
O forse era il suo disdegno per la sporcizia a suggestionarlo.
Un uomo gli passò accanto, urtandogli la spalla; non si voltò a guardarlo, ma borbottò qualcosa tra i denti che suonava di scuse, mentre veniva inghiottito dal marasma di volti e voci che l’attorniavano, sparendo quasi non fosse mai esistito. Un Taro Yamada tra i tanti.
Il sentimento d’isolamento che una calca del genere riusciva ad instillare era alienante.
«Ryuzaki, sbrigati!»
L si guardò attorno: il berretto nero con teschi di Misa fece capolino da quella miriade di teste, seguito dalla proprietaria che piroettò con agilità tra i passanti per raggiungerlo.
… Ancora non riesco a spiegarmi come una persona così minuta possa contenere così tanta energia.
«Amane, se continui a correre così finirai per scivolare.»
«Sei tu che sei troppo lento, lumaca! Ci stanno aspettando!»
«Ciò non camb–»
Una folata di vento li investì in pieno, spazzando via il resto delle sue parole.
Rabbrividendo, il detective affondò l’indice e il pollice nell’orlo morbido della sciarpa, tirandoselo sul dorso del naso; la lana gli pizzicava la pelle ma la sensazione di sollievo che il suo calore creava, compensò immediatamente quel piccolo fastidio.
«Forza, forza!», trillò Misa, prendendolo sottobraccio per sospingerlo in avanti. «Pensa ai dolcetti!»
«Ai dolcetti…?»
Influenzato da quel suggerimento, L immaginò per un istante di stare camminando in una pasticceria e si perse fra immagini multicolori di manju, biscotti, cioccolatini ed una lista mentale delle fragranze che avrebbero potuto esserci tutt’attorno; l’odore avvolgente del caramello, la delicatezza della vaniglia, una tenue nota di talco. Poteva quasi sentirla.
Un momento… Talco?
Annusò l’aria con circospezione, rendendosi conto che tutti quei profumi non erano frutto della sua immaginazione. Affatto.
«La tua sciarpa ha un buon odore.»
… Adesso è tutto chiaro.
«Eh?»
«La tua sciarpa ha un buon odore, Amane.», ripeté, lasciando vagare lo sguardo sulle persone che gli passavano davanti. «Ѐ per questo che me l’hai prestata?»
Menare il can per l’aia non era esattamente una sua specialità.
«Ah…»
«… Capisco.»
Inizialmente, aveva ipotizzato che infiocchettarlo come un balocco fosse stato un piccolo dispetto per la sua mancanza di tatto – un semplice capriccio mirato ad imbarazzarlo. Non che potesse completamente escluderlo; l’artefice dell’opera era di Misa Amane, del resto.
Eppure…
«E anche se fosse?», eruppe la idol, sollevando il mento con fare altezzoso. «Ad ogni macchina che passa diventi un cadavere!»
«Questo non è vero.»
«Sì che è vero! E Misa non può mica passare la giornata a raccoglierti col cucchiaino
L sospirò.
Finiva sempre così. Ogni frase si trasformava in un battibecco, sebbene le loro intenzioni alla radice fossero tutt’altre. Era davvero così complicato essere onesti, per una volta?
Rallentò il passo.
«Amane…?»
«Mh?»
«Grazie.»
Avvertì le dita della ragazza stingersi attorno al suo gomito e si voltò a guardarla con espressione interrogativa. Lei evitò di ricambiare il suo sguardo ma sorrise appena, infilando la mano libera nella tasca del cappotto.
… Che abbia freddo?
Possibile. Del resto, la postura del suo braccio non le stava certo offrendo un riparo, né un appiglio decente.
Forse dovrei…
Tempo fa, Watari gli aveva sciorinato una serie di regole del galateo, compreso il protocollo da seguire in caso di una passeggiata a braccetto con una signora. Gli era sempre stato chiaro che il buon uomo ci tenesse a non farlo apparire come un buzzurro, durante i suoi rari incontri a tu per tu con i clienti. Non che avesse mai provato in prima persona quel tipo di pressione sociale, ma poteva comunque comprenderne i meccanismi alla base e usarli a suo vantaggio.
Tolse le mani ossute dalle tasche dei jeans e piegò con delicatezza il braccio che Misa gli stava cingendo, accostandoselo al fianco in modo da ripararle la mano dal vento.
«Va meglio?»
La giovane sembrava scioccata.
«Ryuzaki, Misa lo sa che è la terza volta che te lo chiede ma… Sei sicuro sicuro di stare bene?»
Con uno sbuffo leggero L sorrise, lo sguardo perso tra i fiocchi di neve.
«Adesso sì.»
Non lo avrebbe ammesso ad alta voce ma, forse, adesso, un po’ di magia la sentiva.










.:~*~:.

Nel frattempo, nel caffé:
Light, sorrise tra sé: aveva appena scorto in lontanaza Misa e Ryuzaki a braccetto. Ora aveva il materiale per punzecchiare e prendere per il culo il suo rivale per settimane. Così imparava  a ridere delle sue disgrazie. Il naso, ogni tanto, gli faceva ancora male.
FINE

Hah hah hah XD
Dunque! Episodio in cui Misa nota che le indagini vanno a rilento perché tutto lo staff è stremato, in particolare L che mangia e dorme pochissimo per lavorare più ore, e li costringe a fare una pausa con la scusa del Natale e dello shopping. E, visto che comunque è sempre impulsiva e prepotente, il buon L si accorge in ritardo delle sue buone intenzioni.
Il tema è la comunicazione. Che alle volte è un pelino complicata. Giusto un pelino-ino-ino.
Durante una festa, per esempio, se un estroverso vede un introveso che se ne sta solo in un angolo, pensa di fare la cosa giusta avvicinandosi a chiacchierare un po’. L’introverso, invece, magari così finisce per sentirsi ancora più a disagio.
Oppure, se un introverso si trova ad avere a che fare con un estroverso in crisi, potrebbe decidere di rispettare i suoi sentimenti e non fargli domande troppo invadenti. Ma, così facedo, magari l’estroverso potrebbe pensare che all’introverso non gliene importi niente del suo malessere.
Insomma, penso che L e Misa siano un po’ così e io nON SONO BRAVA A SPIEGARE ‘STE COSE. Lo so. ç_____ç Il succo è che, a volte, ci dimentichiamo che esistono altri punti di vista, oltre al nostro. E fraintendiamo. O prendiamo sempre tutto sul personale, quando invece, dietro ad un gesto apparentemente invadente, ci possono essere anche delle buone intenzioni. Per carità, non sempre, eh. Ma questo non deve impedirci di sondare il terreno per capirlo, ok? Brav.
...
E mobbasta veramente però. Passiamo alle mini note, va!
  • La canzone che L sente per strada, “Santa Claus Is Coming to Town”, l’ho scelta perché, se si distorce un po il constesto, può ricordare anche quello che fa Kira, con la sua lista. Il Natale dell’inquietudine hah hah hah XD
  • Onestamente, non so se L abbia la memoria eidetica o meno... Ho fatto qualche ricerca, ma non sono riuscita a trovare una risposta certa, così ho semplicemente scritto che gli sfuggono ben poche cose.
  • “Taro Yamada” (come “John Doe” in America) è un nome usato in Giappone per riferirsi ad un uomo la cui reale identità è sconosciuta. In Italia, viene definito “Ignoto”. E basta. Niente nomi comuni tipo “signor Rossi”, o Pierfranco.
  • Misa è un criceto iperattivo.
Ah, e il prossimo capitolo sarà anche l’ultimo. Ho deciso di costruirlo con una serie di frammenti su questi due paperi, perché mi sono venute mille idee in mente che non sono riuscita a sviluppare bene in singole one shot. Ma, visto che funzionano bene anche come tante piccole finestre sulla quotidianità di L e Misa, così sia.
Passando ai saluti, ringrazio tutti i lettori vecchi e nuovi, in particolare Liry_chan, che ha fatto l’errore madornale di aggiungere questa raccolta ai preferiti hah hah hah hah X°D Sei ancora in tempo per scappare GRAZIE! ~ヾ(^∇^)

See ya,

Shadow Eyes

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Capitolo 11
*** Heart Song {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***


Heart Song_LxMisa
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]





45. Heart Song {“L Change the WorLd” | Book!Verse}




Let me in the wall you’ve built around
And we can light a match and burn them down.
And let me hold your hand and dance ‘round and ‘round the flames
In front of us.
Dust to dust.
The Civil Wars – “Dust to Dust”





«Ryuzaki, tu credi nel destino?»
Il vento le sollevò pigramente i capelli dalle spalle, e quei riflessi d’oro ricchi, accecanti, parvero incendiare la stanza mentre se ne stava poggiata con gli avambracci sul davanzale della finestra.
L infilò le mani nelle tasche ruvide dei jeans. Quella, era una domanda che non si sarebbe aspettato di ricevere da Misa Amane. Non in quel modo per lo meno. Non che ci fosse qualcosa d’inappropriato nell’argomento di per sé – era stato interrogato su questioni ben più bizzarre dal buon Matsuda –, ma quel tono di segreto appena sussurrato che la idol aveva usato era intimo, quasi imbarazzante. Gli aveva dato come l’impressione che la risposta da darle fosse qualcosa da confessare tra le coltri di un letto, non sotto la luce splendente del sole di luglio.
Che stia tentando di giustificarmi la sua ossessione per Kira con il concetto di destino?
Inclinò il capo di lato.
«Ѐ il tuo modo per chiedermi un appuntamento, Amane?»
«Come no… Scemo.» Lei abbozzò un sorriso storto. «Misa stava pensando ai suoi genitori. Ѐ passato un anno, ormai…»
Ricordi, foto di stanze sporche di sangue e cocci, due corpi riversi sul pavimento. Il detective conosceva a menadito ogni singolo dettaglio di quel caso, ma lasciò che l’amica glielo raccontasse con lo sguardo perso nella folla sottostante. C’era qualcosa, in lei, che non quadrava. Quella quiete, quell’assenza di tensione nelle spalle non le appartenevano.
L osservò la luce rifrangersi sulla pelle sottile, quasi diafana della ragazza mentre congiungeva le dita magre tra loro; sembrava una vila – selenica, fuori dal tempo.
Ha ricominciato a saltare i pasti…
«Sai, Misa non saprebbe neanche dire quanti mesi ha passato a pensare che sarebbe stato meglio se si fosse trovata a casa, quel giorno. Con mamma e papà.», la giovane fece una pausa, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Invece… Eccola qui.»
Il detective inspirò lentamente. Era pressoché certo che le convenzioni sociali, in quel momento, richiedessero da parte sua parole di conforto; una frase gentile magari, o per lo meno di circostanza.
... Ma per qualche motivo, non credo sia questo che voglia.
Espirò. Con qualche remora, mise da parte quell’impulso cortese, chiedendosi piuttosto a cosa stesse puntando Misa con quel discorso a cuore aperto. Nelle loro precedenti conversazioni, non aveva mai dato segno d’amare crogiolarsi nella commiserazione. Tutt’altro.
«Poi c’è stato lo stalker…»
Uno sbuffo e il detective la vide chinare il capo. Le si avvicinò, poggiandosi di schiena contro la parete accanto alla finestra. Neanche da quell’angolatura riuscì a vederle con chiarezza gli occhi.
«Misa era certa che fosse la punizione per… Per…»
Il sospiro che seguì gli si insinuò sottopelle, stringendogli lo stomaco.
«Sai bene che non è così.»
Le labbra della idol si strinsero in una linea esangue.
«Sei sopravvissuta a due circostanze indipendenti dalla tua volontà. Non c’è colpa in questo.»
«Quindi era destino che dovesse andare così?»
La domanda cadde nel vento caldo che scostò lievemente l’anta della finestra, facendo cigolare le cerniere.
«Pensi che ci sia qualcosa più grande di noi a guidare i nostri passi? … Ha senso, no?», ragionò Misa, il profilo bianco sollevato verso il cielo. «Quindi Misa è ancora qui perché c’è qualcosa che deve fare.»
«Alludi a Kira?»
L faticò a trattenere un sogghigno quando notò che l’amica aveva arricciato il naso.
«Sembri un disco rotto, Ryuzaki. Misa è dalla tua parte, no? Quand’è che ti fiderai, anche un solo pochino, di lei?»
«In tal caso… Si tratta di Light?»
«No.» Misa si piegò in avanti, appoggiando il mento sul palmo della mano. «Light non ha bisogno di Misa. Light non ha… Bisogno di nessuno.»
«… Temo di non seguirti, Amane.»
«Ah.»
La ragazza sussultò, come se quell’intera conversazione fosse stata per lei solo un sogno ad occhi aperti e lui l’avesse appena risvegliata con uno scossone.
«Perdona la povera Misa-Misa… Sta dicendo delle cose strane, oggi, eh?»
«Un po’, sì.»
L si allontanò dal muro, spostandosi accanto a lei, i pugni poggiati sul davanzale bollente.
«Quando hai detto d’essere mia amica… Io ti ho presa in parola, sai?»
La natura estemporanea di quella confessione sortì l’effetto desiderato, riempiendogli il petto di compiacimento; Misa, difatti, inarcò le sopracciglia e si voltò in cerca del suo sguardo, rivelandogli finalmente il suo viso delicato e l’emozione che ne traspariva: una fedele in ginocchio all’altare.
Ti sta uccidendo.
«Perciò,», proseguì il detective, compassato, «farò ciò che è in mio potere per aiutarti.»
Come puoi non riconoscerlo? … O ti va bene così?
Ascoltò la giovane sussurrare il suo nome. Poi le spalle le tremarono.
«… Sempre che tu lo voglia, Amane.»
Fu allora che qualcosa, in lei, andò in pezzi.
Non riuscì a sentire un solo grammo di rimorso.




«Sarebbe bello poter tornare indietro.»
I lacci rossi dei sandali oscillarono quando Misa tese le gambe al vento di fine estate – due linee bianche contro il fuoco del tramonto.
«A quando le cose erano più semplici.»
La guardò piegare le ginocchia sporche di terra e lasciare cadere i talloni sull’erba, tamburellandoli al ritmo di una canzone che aveva preso a mormorare tra i denti; aveva quasi vent’anni ma quell’energia che le rendeva ogni movimento un ghiribizzo fanciullesco non sembrava averla abbandonata. Il che, per qualche motivo che non riuscì a spiegarsi, era rassicurante.
«Trovi?»
La idol si stiracchiò, portandosi le mani sotto la nuca con un sorriso. Quell’espressione distesa, gli ricordò quella un gatto che aveva visto dormicchiare sul balcone di una palazzina.
«Mh? Come, scusa?»
L poggiò le mani sulle ginocchia, percorrendo le linee curve dell’osso con l’indice; sapeva che l’amica in realtà aveva compreso perfettamente la sua domanda e che fargliela ripetere era un modo come un altro per guadagnare qualche secondo in più per imbastire una risposta. L’assecondò.
«Pensi davvero che prima fosse tutto più semplice?»
Una folata d’aria spazzò la collina, gonfiandogli gli abiti. L’odore penetrante dell’erba era una carezza per le sue le narici e non poté che riempirsi di quell’aria leggera, abbracciando l’intera cittadina sottostante con lo sguardo: vista da lassù, sembrava quasi sospesa nel tempo, con la sua ordinata fila di case dai colori chiari che circondavano, come perle, una chiesetta dal campanile svettante.
«Secondo te non è così, Ryuzaki?»
I capelli di Misa ricaddero sull’erba con un fruscio dolce e il prato scintillò di riflessi d’oro e platino.
«Be’… Forse hai ragione.», proseguì ancora lei, gli occhi immobili sulle fronde dell’acero che li schermava dal sole. «Forse a Misa manca semplicemente quello che aveva.»
«Comprensibile.», le concesse L e si volse a guardarla, soffermandosi sulla linea serena delle sue labbra. «Eppure non mi sembri… Triste.»
«Triste? Affatto.»
Le ombre purpuree delle foglie le scivolarono lungo la gola, disegnandole motivi geometrici sulla pelle.
«Ѐ così bello qui.»
«Lieto ti piaccia.»
«Senti… Perché non ti sdrai un po’ anche tu? Si vede lontano un chilometro che sei stanco!»
Suggerimento invitante, considerò il giovane; lo scontro contro Matoba l’aveva visto uscire vittorioso ma indolenzito – per non parlare dei lividi sparsi ovunque sul suo corpo. Sarebbe stato giusto riposare, fermarsi un attimo. La semplice menzione di un possibile cambio di posizione che non prevedesse il raggomitolamento su sé stesso, tuttavia, gli fece arricciare il naso.
«Non posso.»
Misa non diede alcun segno di sorpresa a quella risposta brusca.
«Meno nove punti intelligenza se lo fai?»
«… Bizzarro modo d’esprimersi ma sì, è così. Mi sorprende che te lo ricordi.»
«Esiste davvero un modo per dimenticare le tue stramberie?»
Lui aggrottò la fronte, indispettito. Lei ridacchiò.
«Anche a volerlo con tutto il cuore, Ryuzaki, non possiamo dimenticare le persone con cui condividiamo momenti importanti della vita… Non siamo mica dei computer che possono fare il coso che cancella tutto
«… Il reset?»
«Ah, è così che si dice?»
«Non posso credere che tu non conosca una nozione così basilare d’informatica con il lavoro che fai.»
«Misa-Misa è una idol, mica un tecnico! E poi non serve sapere tutti questi termini specifici per accendere un PC!»
L s’imbronciò.
«Non è questo il punto.»
«Oh, che muso lungo! … Indignarsi per una cosa del genere è proprio da te, Ryuzaki.»
«Intendevi dire per una sciocchezza del genere, o sbaglio?»
«… Può darsi.»
La risata di Misa si sollevò al cielo, ariosa, e una parte di lui fu grata d’aver indossato la solita maglia a maniche lunghe, perché quel suono gli aveva fatto accapponare la pelle. C’era una luminescenza vibrante in lei, qualcosa di nuovo, d’inspiegabile che s’irradiava tutto intorno fino a lui, nella sua testa, su per i nervi, fin a sfiorare ogni corda del suo cuore e a farla cantare. Perdere Light l’aveva fatta rinascere.
«Sei cambiata, Amane.»
«Tu dici?»
«Ne sono convinto.»
«Ѐ un bene, no?»
La voce argentina di Misa tremò all’ultima sillaba, quasi avesse per un attimo perso la convinzione in quello che stava dicendo. Piegò il collo di lato e l’ambra dei suoi occhi s’increspò, facendoli brillare.
Cosa…
Rumore bianco.
Il detective le rivolse una smorfia curiosa, dissimulando così la scarica di tensione che gli aveva appena elettrizzato la bocca dello stomaco. Misa lo stava fissando come se si stesse aspettando qualcosa da lui. Una conferma, forse? Che altro?
«… Suppongo di sì.»
Gli bastò vederla inarcare un sopracciglio, per sapere d’aver sbagliato approccio. Dopotutto, la cautela con lei funzionava raramente.
«“Suppongo di sì”.»
La idol gli aveva appena fatto il verso alla perfezione, modulando la voce in un tono apatico talmente simile al suo da riempirlo di genuina ammirazione. Peccato che in meno d’un battito di ciglia la facciata professionale le era colata via dal viso, rivelando l’espressione contratta di chi ha appena tirato un morso ad un limone particolarmente agro.
«Bah! Che razza di risposta. Non sa né di carne di né di pesce.»
«Mi correggo: non sei cambiata poi molto.»
«E tu non sei cambiato affatto
«Ah, sì?»
«Sì, non capisci ancora nulla di ragazze.»
«Su questo… Non posso darti torto.»
Con le dita strette tra le grinze dei jeans, L inclinò il capo e la pioggia di luce che filtrava dalle foglie dell’acero gli bagnò la guancia scarna. Il calore gli fece socchiudere gli occhi, placandogli quel senso di inadeguatezza che continuava a perseguitarlo ogni qualvolta s’approcciava ad argomenti legati alla sfera sentimentale. Non facevano proprio per lui. Eppure…
Sbirciò in direzione di Misa, venendo ricambiato da una linguaccia giocosa che gli fece sprofondare il cuore in petto.
C’erano molte, troppe cose che avrebbe voluto dirle. Alcune non avrebbe potuto rivelargliele neppure volendo. Altre non riusciva proprio a trasformarle in proposizioni organiche.
Un giorno. Un solo giorno.
«Avrei voluto avere più tempo per imparare a capirti.»
Non gli restava altro.
Inspirò, lo stomaco gelato da quanta amarezza fosse trapelata dalla sua voce. Non pensava di potersi emozionare per un’ammissione del genere. Accidenti. Da quando aveva incontrato Maki, la sua affettività aveva preso a manifestarsi con maggiore naturalezza sia nei gesti che nelle parole – cosa che lo turbava non poco. Gli aveva attaccato la sentimentalite.
«Ah, ma ti ascolti?»
Con un agile colpo di reni, Misa si alzò in piedi, spostandosi davanti a lui con i pugni premuti contro i fianchi; la luce sanguigna del sole si eclissò alle sue spalle, irraggiandosi attorno al suo corpo, tra i capelli, nelle pieghe dell’abito corto, che parve rilucere come se appartenesse ad una creatura celeste. Perfetta illusione.
Maledizione…
Il detective si portò il pollice alle labbra, premendoci contro il polpastrello per placare l’ansia che gli ronzava tra i pensieri.
«Parli come se stessi sul letto di morte, scemo! Non sei mica un vecchio!», stava sproloquiando nel frattempo l’amica, concedendosi una breve pausa di riflessione prima di proseguire. «… Oddio, a volte lo sembri proprio, tutto ingobbito e immusonito su un computer – ma hai capito il succo! Hai tutta una vita per capire quello che ti pare!»
«Ah…»
L tacque. A volte, gli capitava d’ascoltare delle affermazioni accidentali, il cui tempismo ironico era impressionante. Lei aveva perso ogni ricordo legato al Death Note, non poteva sapere eppure l’istinto e il caso le avevano fatto pronunciare quelle esatte parole. Uno sbuffo divertito gli sfuggì dalle labbra, che si storsero sotto il peso della menzogna che stava per rigurgitare.
«Hai ragione, Amane. Il tempo… Non mi manca.»
Trasalì quando il delicato piede della fanciulla che lo sovrastava per poco non pestò il suo.
«Non ce la fai nemmeno a guardare Misa negli occhi!»
Con un po’ d’indugio, il detective sollevò lo sguardo e la vide scoprire i denti – bianchi, impeccabili – con aria altera, pronta ad inveirgli ancora una volta contro. La sua reazione, a quanto pareva, l’aveva stizzita.
Non c’è modo di averla vinta, con lei.
Avrebbe voluto alzarsi in piedi e allontanarsi di qualche passo da quel broncio frustrato ma la sua amigdala continuava a suggerirgli, o meglio a urlargli, che muoversi in quel momento equivaleva a sfidarla; così rimase rannicchiato su se stesso, sperando che la ragazza mettesse presto ordine alle proprie emozioni.
«Cos’hai, Ryuzaki?»
«Amane…»
«C’è qualcosa che non hai detto a Misa-Misa?»
L distinse una traccia strisciante, ineffabile come un’eco nella voce della ragazza. Paranoia.
Uno strascico del suo rapporto con Light è rimasto, allora.
Non era un bene. Non lo era affatto.
«Amane.», si costrinse a ripetere ancora, infilandosi con indifferenza il mignolo nel naso per grattarsi l’interno della narice. «Sei visibilmente stressata. Vuoi una caramella?»
Nulla, su quella collina, diede accenni di vita per un minuto buono.
«Che c– No, pazzoide che non sei altro!»
«Ne sei sicura? Ne ho portata una senza zucchero solo per te.»
«Ma chi se ne frega! E levati quel dito dal naso, che schifo!»
Misa calciò un ciuffo d’erba che volò oltre la spalla del buon detective, decorandogli la maglia d’una spruzzata di terra.
«E va bene.», capitolò lui, sospirando. «Ti devo le mie scuse: prima devo essermi espresso in maniera lievemente drammatica. Tuttavia, ciò non toglie che avere dei rimpianti è umano, Amane. Non dovresti leggere troppo tra le righe, o andrà a finire che stravolgerai sempre il senso di quello che ti viene detto.»
«Ma perché è un rimpianto? Misa…»
Il nero delle loro pupille si incontrò e qualcosa in lei si smosse, facendole cascare le braccia lungo i fianchi; le sopracciglia le si inclinarono, addolcendole l’espressione.
«Io sono qui.»
Non aggiunse altro, lasciandosi cadere sulle ginocchia di fronte ad L, le guance ingentilite d’una delicata sfumatura amaranto.
Oh… Ha abbandonato la terza persona.
Non l’aveva mai fatto prima. Nemmeno con Light. Soprattutto con Light.
Dolore.
La gola non gli aveva mai fatto così male. Il giovane deglutì, processando quella novità con un certo disagio. Che voleva dire?
«Lo so. Ti ringrazio per esserti presa la briga di sfuggire ancora al tuo manager per raggiungermi. Sono lusingato.»
«Che ne sai tu di…?»
«Quando sei arrivata avevi il fiatone. Inoltre: lo strappo nell’abito. I capelli sciolti. Le ginocchia imbrattate.», cantilenò lui, agitando l’indice per indicare ogni cosa. «Indicano fretta. Hai agito senza avere un piano ben organizzato. Come al solito.»
«… Sei insopportabile.»
«Opinabile.»
«Opi– che?! Comunque è inutile che cambi argomento!»
L trasse un profondo respiro.
«Ascolta, Amane. Comprendo la tua preoccupazione ma sofferenza e perdita sono parte di chi siamo, non bisogna averne paura.», provò a spiegarle, «Perché temendole permettiamo che siano le uniche cose a definirci.»
Si portò d’istinto il piede sinistro sul destro, per grattarselo. Quando si rese conto di stare indossando delle scarpette da ginnastica, emise un rantolo di disappunto.
«Un gran spreco, non trovi?», continuò allora, «Se ci pensi, in noi c’è così tanto potenziale: senso di giustizia, spirito di sacrificio, coraggio ricominciare… La più matta speranza. Se proprio dev’esserci qualcosa a guidarci, perché non lasciare che siano queste?»
Evitando lo sguardo disarmato di Misa, si voltò verso lo zaino che aveva abbandonato contro il tronco dell’acero e allungò un braccio, aprendolo. Frugò al suo interno per un po’, prima di riuscire ad estrarne, tra pollice e indice, un pacchetto di patatine chiuso in una busta autosigillante.
«Qui dentro c’è qualcosa che considero un tesoro.», mormorò, porgendola alla ragazza, che batté ciglio prima di afferrarla. «Ma sono arrivato a concludere che è più giusto che l’abbia tu.»
«… È una busta. Con dentro una busta di patatine. A te non piacciono nemmeno, le patatine.»
«Non esattamente.»
Misa fece una smorfia incuriosita, dondolando il capo a destra e sinistra per osservare il dono da ogni angolazione possibile.
«Ti servirà da monito.», si premurò d’aggiungere nel frattempo il detective, criptico, prendendo a mangiucchiarsi le unghie. «Per il giorno in cui penserai che non c’è più nessuno che ha bisogno di te.»
«Cosa…?»
«Aprila.»
Osservò con attenzione la giovane mentre strappava la busta e affondava la mano nel pacchetto, tirandone fuori una fotografia. La carta era d’una sfumatura giallognola e anche l’immagine impressavi sopra portava i segni del tempo: con il mare sullo sfondo, due famiglie stavano posando assieme per lo scatto, tenendosi stretti gli uni agli altri. In primo piano c’erano i volti tondi e sorridenti di due bambine: Misa e Maki.
«Questa… Ѐ la vacanza che abbiamo fatto assieme.» Misa rigirò la foto tra le dita, sfiorandone la superficie lucida con delicatezza, quasi avesse timore che potesse sbriciolarsi sotto il suo tocco. «Maki…»
«Non è stato facile ottenerla.», annuì L, «Quella bambina è un’ottima negoziatrice.»
La serietà del suo tono strappò a Misa una risatina tremula.
«… Scherzi?»
«No.» Preso in contropiede da tanta incredulità, piegò il capo di lato. «L’ho dovuta barattare per l’oggetto a cui tenevo di più in assoluto.»
«Non sarà stata una fragola o una caramella, vero?»
«Con chi credi d’aver a che fare, Amane? Sono un uomo d’onore, io.»
La guardò storcere le labbra in una smorfia ironica, prima di replicare un semplice “a-ha” che lo fece immusonire.
«Se proprio vuoi saperlo, le ho consegnato il mio personale taccuino. Ci avevo annotato sopra ogni singolo dolce che ho mangiato da quando sono arrivato qui in Giappone.»
«Ogni singolo– Cavolo! Dovevi tenerci davvero tanto, allora!»
«Sì.»
Era… Strano che capisse.
«Sì, è così.»
Era bello che capisse.
«Pazzesco! Maki è un genietto del male!» Sghignazzò Misa, stringendosi al petto la fotografia. «Grazie, Ryuzaki… Questo è il pensiero più dolce che abbia mai ricevuto. Non lo dimenticherò.»
Calore. Il detective sentì il sangue risalirgli lungo le guance, facendogliele avvampare.
Che guaio. Quell’espressione… Mi fa venir voglia di vivere ancora un po’ in questo mondo.
Per poco non gli andò di traverso la propria saliva al sentore di déjà-vu che quel pensiero gli diede; tempo fa, in un altro luogo, in un’altra occasione, aveva detto la stessa cosa ad un’altra persona.
Watari.
«E a proposito di tesori… Perché questa mia vecchia foto è così preziosa per te?», cinguettò Misa con innocenza, gattonando verso le radici dell’acero sulle quali giaceva una borsetta nera ricoperta di borchie. «O forse speravi che non te l’avrei chiesto?»
L si passò una mano dietro il collo, posando lo sguardo sulla curva nivea di quella schiena esile, contando le vertebre che comparivano tra i lacetti intrecciati dell’abito.
«Non capisco cosa intendi, Amane. Sai bene che sono un tuo grande fan, non te l’ho mai nascosto. Quella fotografia… Ti è stata scattata prima del successo. Ѐ a tutti gli effetti una rarità da collezione, non potevo non volerla... Ma non è tutto.» Gli angoli delle labbra gli si piegarono in un sorriso che gli accese d’un baluginio vivace gli occhi. «Quando l’ho vista, ho sentito di comprendere il legame emotivo che racchiudeva… E devo confessarti che mi affascinava l’idea d’averlo tutto per me, di essere custode di quel momento felice. Dev’essere stata una splendida giornata.»
«Sì… Una delle più belle della mia vita.»
Misa chiuse la pochette, lasciando al suo interno quel frammento di passato.
«… Uffa!», sbuffò poi e si prese il volto tra le mani, scuotendo furiosamente la testa. «Ma come fai a dire certe cose con quella voce da robot? Rovini tutta l’atmosfera!»
«Quale atmosfera?»
La idol si sollevò in piedi, veleggiando tra i fili d’erba fino ad arrivare ad accomodandosi con grazia di fronte a lui, prendendosi il tempo di accarezzare il fiocco di raso nero che le cingeva la vita prima di degnarlo della propria attenzione.
«Ma tu ci sei o ci fai, porcospino dannato?»
Fece per prendergli il viso tra le mani ma si fermò di colpo con le braccia a mezz’aria, stupefatta.
«Oh, wow… E quello cos’è?!»
«Cosa?»
L si guardò attorno.
«Come, “cosa”? Quello!», esclamò ancora lei, questa volta afferrandogli senza esitazione il mento per farlo voltare. «Stai sorridendo, Ryuzaki!»
«Le tue osservazioni argute non finiscono mai d’impressionarmi, Amane.»
«Che scemo... Non credo d’averti mai visto sorridere così, ok?»
La mano le cadde in grembo e lui si ritrovò a seguire quel movimento come in trance, protendendosi in avanti.
«Sei… Felice?»
Il detective raddrizzò le spalle, schiarendosi la voce. Che gli era preso?
«Direi di sì.»
«Mi piace il modo in cui cambia la tua espressione quando lo sei.», mormorò Misa, annuendo tra sé come se fosse arrivata a capo di una qualche diatriba interiore. «Dovresti sorridere di più… Sì, dovresti farlo più spesso!»  
Inebetito dal quel complimento, L schiuse le labbra, tamburellando le dita ossute sulle ginocchia. Non era abituato a ricevere commenti positivi sul suo aspetto. Meno che meno edulcorati da una spontaneità che fugava ogni dubbio sulla loro autenticità.
Si chiese se fosse stata la fantomatica “atmosfera” da poco accennata a favorire quell’evento.
Oppure…?
«Questa… Ѐ la cosa più vicina ad una dichiarazione d’amore che mi abbiano mai fatto.»
«E-Eh…?»
«Che devo fare, Amane?»
Mascherando il riso dietro una smorfia d’ingenuo smarrimento, la punta di diamante della Wammy’s House si portò una mano sul petto, fissandone in seguito il palmo come se avesse appena toccato un artefatto alieno. Preso com’era dalla propria improvvisazione, riuscì anche a farlo tremare un po’.
«Non mi sono mai sentito così…. Ho il cuore che mi batte forte…!»
Con ineguagliabile raffinatezza, Misa aspirò una disumana (a suo modesto parere) quantità d’aria dalla bocca, torcendosi di lato e schermandosi il viso per evitare la fissità inquietante dei suoi occhi sporgenti.
«Non guardarmi con quello sguardo da pesce lesso!», eruppe con il tono più alto di un’ottava. «… Non riesci mai a fare il serio, Ryuzaki! Sempre a prendermi in giro!»
Rossa, rossa, sempre più rossa.
«Oh? Guarda che sono serissimo.»
«Seh! Ma ti rendi conto che vorrebbe dire che sei innamorat–»
Sussultò.
«Mh? Cosa sarei?»
«... N-Niente! Anzi, uno scemo, come al solito!»
Pausa.
«Oh. Adesso invece il cuore mi fa male.»
«Smettila!»
«Interessante. Ѐ come se si stesse spezzando in due. In senso figurato, ovviamen–»
Per poco non cadde in ginocchio sul prato, quando Misa gli gettò le braccia al collo, tirandolo a sé con un impeto tale da riempirlo di brividi.
«Sei un cretino, Ryuzaki.»
Come se l’avesse fatto altre mille volte, la ragazza gli poggiò il mento sulla spalla, solleticandogli la guancia con i suoi capelli biondi. Vaniglia. Sapevano ancora di vaniglia.
«E tu hai fatto esattamente il mio gioco, Amane.»
L’alone bollente d’un respiro sulla pelle e la risata della ragazza gli vibrò nelle ossa, riempiendolo di desiderio di tenerla stretta a sé. Non si mosse.
Vorrei…
Il detective chiuse gli occhi, affondandole il naso nell’incavo della clavicola, godendosi il tepore, la quiete che solo quelle braccia riuscivano a dargli. Non sentiva più nulla, né la stanchezza, né il dolore dei lividi; e dire che c’era stato un tempo in cui avrebbe fatto di tutto per fuggire da un contatto così intimo.
Vorrei poter prolungare questo momento.
E il silenzio che gli aveva riempito le orecchie sfumò lentamente nel frinire degli insetti che risuonava nella collina. Era una cantilena soffusa, ritmica che gli si insinuò nella mente, mutando forma, richiamando altri suoni che crearono l’immagine di un paio di lancette d’orologio. Lo scandire inarrestabile dei secondi che continuavano a scorrere tra loro, avvicinandolo all’orario della partenza.
«Quando…?»
Abbiamo… Pensato la stessa cosa?
«L’ultimo treno parte tra un’ora.»
Un sospiro e le unghie di Misa gli grattarono il collo, serrandosi sulla sua maglia.
L si morse il labbro. Doveva sbrigarsi.
«Qualche tempo fa, mi hai chiesto se credessi o meno nel destino, ricordi?»
«… Oh… Sì.»
C’era un’increspatura melanconica nella voce della idol, che tuttavia sciolse l’abbraccio per ascoltare quello che aveva da dire, l’inevitabile addio uno spettro che le aveva ormai infestato i lineamenti, incupendoli.
«In verità, ho sempre ritenuto che il destino fosse un concetto noioso.»
«… E hai aspettato tutto questo tempo per dirmelo?»
Il giovane sogghignò appena, sapendo ancora prima d’aprir bocca quanto le sue parole l’avrebbero delusa; ma quello era l’ultimo nodo che restava tra loro ed era intenzionato più che mai a scioglierlo prima di tornarsene al quartier generale. Voleva permetterle, seppure per un istante, di sbirciare dietro la sua maschera perché lei gli aveva appena permesso di fare lo stesso.
«Pensaci bene:», proseguì quindi, svelto, sollevando l’indice. «se davvero esistesse un piano prestabilito, vorrebbe dire che nessuno di noi ha libero arbitro, né è responsabile delle proprie azioni. Non si vince, non si perde. È inaccettabile
«Non… Non l’ho mai considerata da questo punto di vista.»
«Lo presumevo.» L chiuse il pugno, lasciando ritto solo il mignolo ossuto, prendendo a fissarlo come se ci fosse attaccato qualcosa. «Conosci la leggenda cinese del filo rosso del destino, vero?»
Misa lo imitò di riflesso, osservando il proprio dito.
«Eh?! Ma cert–», esclamò, decidendo poi di spezzare la frase in due serrando i denti. «Lo trovi… Infantile?»
«Non ha importanza cosa penso. Importa che tu ci creda o no.»
«Be’… Sì, io ci credo.»
«Quindi sarebbe giusto pensare che saresti disposta ad amare chiunque il destino abbia scelto per te?»
«Certo che sì! Queste cose esistono perché funzionano, testa di rapa!»
La giovane si batté i pugni sulle cosce, scandendo l’insulto sporgendosi verso di lui con la mascella in fuori.
Sarà onestà, la sua? O mera testardaggine?
«E tu invece? Non credi in nulla, Ryuzaki?»
Gli occhi le si dilatarono, lucidi, ferventi ed L poté scorgerci il suo riflesso scioccato al loro interno. Era vicina. Troppo vicina.
«Nemmeno nella possibilità che da qualche parte esista la persona perfetta per te?»
«Io…»
Esitò un istante. Uno solo.
«Non lo sopporterei.»
«Eh?!»
«Mettiamo il caso che ci creda, che un giorno sia destinato ad incontrare qualcuno di speciale…», ipotizzò lui, sentendo un fastidioso groppo in gola, «Ciò significherebbe che ogni relazione prima di quel fatidico giorno, è inevitabile che fallisca.»
«Be’, sì, ovvio!»
«Se è così, allora è altrettanto vero che, per quanto possa sforzarmi di capire la persona che ho a fianco e possa combattere per riuscire a creare qualcosa con lei, per quanto possa amarla e desiderarla, non c’è niente che possa fare per restarle accanto. Non se non è lei la predestinata. Quindi anche in questo contesto i miei sentimenti, la mia volontà non hanno alcun peso.»
«… Oh.»
L trasse fiato per proseguire ma la mascella fece fatica a muoversi, d’improvviso gelida, inerte.
«Non posso accettare che il mondo funzioni così, Amane. E non dovresti anche tu.»
Chiuse la bocca, le spalle incurvate da tutta la spossatezza accumulata in quel mese scriteriato; ora era tutto chiaro, aveva preteso troppo dal proprio corpo e ne stava cominciando a pagare il prezzo.
Dita delicate, sottili, si sollevarono, sfiorandogli la guancia, scaldandogli la pelle. Una carezza. Sospirò, sentendo ogni fibra della sua mente corrodersi nel tentativo di mantenere la lucidità.
La invidiava. Misa faceva sembrare tutto così semplice; la sua vicinanza, la sua comprensione erano racchiuse il quel tocco. Non le serviva altro per trasmettergliele. Avrebbe voluto essere in grado di fare altrettanto, almeno con le parole.
Se solo…
«La tua felicità dipende da una sola persona.»
«Da chi…?»
Un sbuffo tra il divertito e l’esasperato.
«Da te, scema d’una Misa
«Ryuzaki…?»
La voce era un’eco lontana e lui batté le palpebre, faticando a tenerle aperte. Da quanto non dormiva?
«Hai detto il mio nome? Mi hai chiamata per nome?»
Osservò la giovane in silenzio, sorpreso di quanto grandi e scuri fossero i suoi occhi; erano sempre stati belli, espressivi ma adesso ardevano come stelle, accecanti, mesmerici.
«Il tuo nome…?»
«Sì, sì l’hai proprio detto. Sembra… Sembra quasi qualcosa di buono, quando lo dici tu.»
Il sole trapassò le nubi con i suoi ultimi raggi, inondando cielo e terra di scie bronzee e vermiglie che si rifransero sul prato, creando tutt’intorno una radiazione calda e luminosa.
«Io… Sono fiero di quello che sei diventata.»
«Cosa…?»
«Quel giorno, al concerto… Avresti potuto abbandonare me e Maki ma non l’hai fatto. Pur di aiutarci, ti sei esposta ad un pericolo del quale non conoscevi nemmeno l’entità.»
«Mis– Ti sono stata utile? Io?»
L inclinò la testa.
«Dire che sei stata essenziale sarebbe quasi eufemismo. Non ce l’avrei mai fatta a salvare Maki, senza il tuo intervento.»
Gli sembrò quasi di vedere cadere delle catene dai polsi di Misa quando quelle sue mani piccole – calde, calde, sempre calde – gli tracciarono la linea degli zigomi, leggere come non mai, scivolandogli lungo le guance. Stava… Piangendo.
«Perché…?»
Avvertì le sue dita volargli tra i capelli, sulla nuca, tirandolo in avanti; l’odore di vaniglia lo avvolse ancora, intenso, prima che il mondo sparisse nel bianco. Non c’era più aria nei suoi polmoni, solo le labbra di Misa contro le sue e il sale delle sue lacrime.
Sconvolto com’era, nel momento in cui l’accaduto gli divenne lampante, la ragazza si era già ritratta.
«Scusami, Ryuzaki, mi sono lasciata trasportare… Che scema.», disse e si lasciò andare ad una risata acquosa. «Se avessi potuto trovare le parole, se solo fossi in grado di dirti quello che…»
Questa volta fu la mano di L a cingerle il collo, mozzandole il fiato in gola, chiudendo le distanze che c’erano tra loro.
Si sporse verso di lei piegando il capo, baciando quella bocca tremante che si schiuse sotto la sua, accogliendolo, mandando in fiamme i suoi sensi. Una risposta insperata che lo riempì di gioia e terrore e il suo cuore prese a gonfiarsi e gonfiarsi ad ogni battito, fino a toccargli le costole, fino a fargli male. Inspirò e si abbandonò a quel dolore dolceamaro, che lo staccò da terra, che gli diede il capogiro in un turbine senza suoni. Non c’erano pensieri né percentuali. Fu quasi come dissolversi finché, nella vertigine, le braccia di Misa lo trovarono e lo strinsero, impedendogli di perdersi completamente. Non aveva più paura.
Un rintocco.
Un altro.
Il calore gli si fermò a fior di labbra.
«Ah, le senti anche tu, Ryuzaki?»
Aprì gli occhi e il sorriso di Misa bruciò ogni cosa.
«Le campane… Che bel suono.»










.:~*~:.

E ben ritrovati! (ノ´ヮ´)ノ*:・゚✧ Lo so, alla buon’ora direte voi hah hah hah
Avevo detto che il finale sarebbe stata una raccolta di frammenti, perché non riuscivo a mettere insieme i vari pezzi che avevo in mente… Ma, dopo aver passato letteralmente quattro mesi a scrivere e riscrivere questo capitolo, sono fiera di concludere questa raccolta con un racconto vero e proprio. Onestamente, preferisco così, perché a spezzettare tutto non riuscivo a trasmettere abbastanza organicità alle varie parti per avere senso.

Va be’, problemi mentali miei a parte, passiamo alle note, va! X°D
Questo ultimo capitolo, è ambientato quasi alla fine del romanzo “L Change the WorLd” (un AU in cui L sopravvive a Light, seppur per poco), durante il penultimo giorno di vita del protagonista. Nello specifico:
  • Il primo segmento è ambientato nel periodo in cui sia Misa che Light hanno recuperato i ricordi e il Death Note, e il loro rapporto ha cominciato a deteriorarsi. L se n’è accorto, quindi decide di forzare la mano per farlo capire anche a lei. Le propone anche una vita d’uscita, ma lascia che sia Misa a fare la scelta finale. Chiaramente, lei sceglie Light, come da copione… Però qualcosa in lei ha cominciato a maturare da quella discussione;
  • Il secondo segmento, invece, prende piede mesi dopo la morte di Light e alla fine della vita di L.
Perché ho scelto questa ambientazione per il finale? Perché vivo di sofferenza ho approfittato del fatto che, nel romanzo, non viene raccontato cosa fa L durante quella precisa giornata (si sa solo che va a lasciare un dolce alla tomba di Light). Quindi, nel contesto di questa raccolta, è plausibile che si prenda anche qualche ora per salutare Misa, prima di tornare al quartier generale.
Ah, e preciso che l’L di fine libro è un pelo pelo pelo pelo più espansivo di quello dell’indagine del caso Kira. Perché l’autore voleva esplorare la sua umanità, che infatti pian piano riaffiora grazie a Maki, la bambina che deve salvare; classica roba da anime, insomma hah hah hah (FRIENDSHIP IS MAGIC). Comunque, a parte questo piccolo dettaglio, è sempre lo stesso asociale, imbarazzante stranboide di sempre. X°D

Se, invece, vi siete chiesti perché in questo capitolo il buon detective ha fatto di tutto per far capire a Misa che il destino non esiste e che, quello che accade, dipende solo dalle sua volontà, be’, la risposta è semplice: lui sta per morir-- *viene colpita da una mattonata*
Ti ho vista, Jade. Ah-ehm. *asciga il sangue* Dicevo, lui sa che non può più vegliare su di lei e che, se lasciata a sé stessa, Misa può diventare autodistruttiva. Quindi la cosa migliore che può fare per impedirle di tornare ad autocommiserarsi o peggio, è farle capire che non c’è nessuna entità extracorporea a impedirle di essere felice. La decisione di vivere al meglio i giorni che le restano spetta solo e soltanto a lei. Vuole, insomma, che Misa salvaguardi quel che resta della sua umanità (tra l’altro manco in carcere l’hanno messa per quello che ha combinato… ma va be’, dettagliX°D) e non permetta al suo passato di consumarla completamente. Due temi importanti trattati del libro sono infatti il perdono e la capacità di dare una seconda chance a chi ci ha fatto del male. Lo so, più cliché di così non si puote.
Bene! E ora passiamo ai ringraziamenti finali! *rullo di tamburi* Ringrazio tanto quelle anime ardimentose di L i f e, QueenAomameVittoria90, AleDic e SATURNEY01 per aggiunto questa raccolta tre le preferite/seguite/ricordate! Che dire, mi fate inorgoglire per quello che faccio hah hah hah ♥ Inoltre, un enorme GRAZIE è ovviamente dovuto anche a chi ha letto e commentato! ☆*:.。. o(≧▽≦)o .。.:*☆
Quando ho deciso di scrivere questa raccolta, mi sono lanciata una sfida: ovvero il riuscire a raccontare una possibile evoluzione del rapporto tra L e Misa nell’universo di Death Note. Con le AU è molto più semplice evitare certi problemi con la caratterizzazione (una Misa che non si è mai innamorata di Light, per esempio, risolverebbe più della metà dei problemi), ma il mio obiettivo era riuscire a rientrare nell’ambientazione di partenza prendendomi meno licenze poetiche possibili, quindi ho usato solo universi legati al manga originale. Sono contentissima del risultato, anche perché, grazie ai commenti che voi lettori mi avete lasciato, sono riuscita a capire se stavo viaggiando sui binari giusti o meno, quindi vi ringrazio per avermi seguita e supportata fin qui! ₍₍ ◝(●˙꒳˙●)◜ ₎₎

See ya,

Shadow Eyes

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