Obsession di Shadow Eyes (/viewuser.php?uid=42277)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Obsession {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***
Capitolo 2: *** Advantage {“Death Note: The Last Name” | Movie!Verse} ***
Capitolo 3: *** Accuracy {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 4: *** 33% {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 5: *** Friendship {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 6: *** Illogical {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 7: *** The True You {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 8: *** Troubling Thoughts {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 9: *** A Moment in Time {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 10: *** Everyday Magic {Death Note | Manga!Verse} ***
Capitolo 11: *** Heart Song {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***
Capitolo 1 *** Obsession {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***
MisaxL
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
6. Obsession
{“L
Change the WorLd” | Book!Verse}
I’m lonely in this
consciousness
Hoping you come back
again
She –
“Make Me Real”
Il concetto che a circondare la sua stanza ci fosse un formicaio
immenso di esseri viventi in perenne movimento, gli aveva sempre creato
un’ansia sottile, un’angoscia irrazionale che
prendeva a formicolargli sottopelle finché non deviava il
corso dei propri pensieri su qualcos’altro. Un nuovo caso,
preferibilmente.
Ad essere completamente onesti, fin dall’infanzia la parte
mondana delle interazioni sociali, quella fatta di visite di cortesia e
di tediose chiacchierate volte a riempire i silenzi, non era mai
riuscita ad esercitare alcuna attrattiva su di lui. Restare chiuso
giorni interi nello stesso luogo, immerso nel silenzio, non gli era mai
pesato, anzi: lo trovava rilassante. Oltretutto, di interessi adatti ad
intrattenere una conversazione semplice, quotidiana, non ne aveva
neppure uno. O meglio, così
credeva.
Da qualche mese infatti, qualcosa, o per meglio dire qualcuno, era
riuscito a far breccia nella sua routine fatta di dolci, indagini,
arresti e notti insonni: Misa Amane, una piccola, inaspettata finestra
sulla superficie patinata del mondo esterno.
Era stato alquanto bizzarro scoprire come una star della TV potesse
trasformarsi in qualcosa di più di una semplice distrazione.
Qualcosa, tra l’altro, di cui poteva finalmente parlare,
senza essere costretto ad assistere a quel graduale processo di
aggrottamento di sopracciglia che di solito assaliva più
della metà dei suoi interlocutori dopo qualche minuto di
conversazione. La carta vincente che spazzava via ogni barriera:
l’argomento “Misa-Misa”.
L accese un terzo portatile, sistemandolo con cura accanto agli altri.
Inizialmente non gli sembrava esserci nulla, dietro i sorrisi di
plastica che la idol offriva ai fotografi delle riviste. Eppure, grazie
ai suoi recenti acquisti, s’era dovuto ricredere: Misa Amane
aveva delle notevoli doti d’attrice, nonché una
voce dolce da soprano che, in un allarmante, breve margine di
tempo,
aveva attivato in una parte buia della sua mente un meccanismo che non
riusciva più a fermare. Una necessità sconosciuta
che cresceva, che gli ronzava di continuo tra i pensieri, e che lo
spingeva a cercare informazioni su di lei in maniera compulsiva.
Mordicchiandosi l’unghia dell’indice, L
aprì l’home page del sito ufficiale della idol.
La pila di riviste, per lo più per ragazze, che aveva fatto
capolino accanto ai sui vassoi di dolci, era stato il primo segnale
di quel processo in atto; in poco tempo infatti vi si erano
aggiunti gli album, i DVD ed infine i gadget. Il giovane non ci aveva
messo molto a capire che il bisogno si alimentava delle informazioni
che gli offriva, e che dunque l’unico modo per disfarsene,
era smettere di assorbire nuovi dati su di lei di continuo. Ma
perché, poi? La sua routine era un meccanismo
perfetto, e
sconvolgerlo era una cosa che non aveva la minima intenzione di fare.
La luce bianca dei tre schermi gli scivolò sul volto,
riflettendosi sulla superficie trasparente degli occhi che saettavano
senza sosta fra le notizie della giornata.
«Oh!»
Fra qualche istante ci sarebbe stata un’esclusiva
chiacchierata live con la idol per la gioia di tutti gli iscritti, che
stavano impazzando nella chat laterale. L si ingobbì
considerevolmente, protendendosi verso lo schermo con una trepidazione
tale da serrargli la bocca dello stomaco: mancavano una manciata di
secondi. Cliccò sul link.
Il volto sorridente di Misa comparve nel riquadro accanto alla chat,
facendogli accelerare il battito, mentre la sua voce allegra salutava
tutti i presenti.
«Misa-Misa non vede l’ora di leggere le vostre
domande!»
Uno sbuffo incredulo gli sfuggì dalle labbra, mentre la
osservava in silenzio; era folle quanto il volto di quella ragazza
bastasse ad alterare la sua percezione della realtà,
eppure…
«Oh, accidenti! Misa non credeva di riceverne così
tante! Grazie a tutti di cuore per avermele inviate!»
Eppure la stanza parve per attimo più luminosa e, seppure
per poco, era come se non fosse più solo.
.:~*~:.
Eccomi qui con la mia prima raccolta di mini-racconti mutli!verse...
Credo si dica così...? Comunque! X°D Di recente ho
letto la light novel “L
change the WorLd”, e dato che le atmosfere
recuperano molto il canon della storia originale (non come il film, che
segue un percorso più indipendente), devo ammettere che,
dopo qualche pagina, la fiamma per questa serie mi si è
riaccesa. In particolare per L e per Misa. Non per nulla quel libro
è una miniera
di trivia interessanti su questi due oh oh oh ♥
Comunque sia, questo primo racconto, è ambientato prima
degli eventi di Death Note, perché avevo voglia di
ricostruire un po’ la nascita di questa passione che L
dimostra di avere per la Misa dei riflettori. In pratica è
una fanghérl.
A detta dell’autore del libro (il misterioso
“M”… Mmh), infatti, L ha quattro
scomparti segreti nel quartier generale Anti-Kira: uno per gli abiti,
uno per i cellulari, uno per i dolci di scorta, e uno per i gadget di
Misa Amane. Detto tutto.
Vi ringrazio per aver letto, e al prossimo capitolo!
°˖✧◝(⁰▿⁰)◜✧˖°
P.S.: Qui
c’è il link con i prompt, per chi fosse
interessato.
See ya,
Shadow
Eyes
|
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Capitolo 2 *** Advantage {“Death Note: The Last Name” | Movie!Verse} ***
LxMisa2
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
82. Advantage
{“Death
Note: The Last Name” | Movie!Verse}
You’ve got the blood
on your hands,
I think it’s
my own.
Foals –
“Blue Blood”
Bianche. Delicate.
Le dita erano esili, d’un invadenza imprevista; gli
afferrarono la maschera, tirandogliela via dal volto quasi fosse il
gesto più naturale del mondo prima di fare le presentazioni.
A ripensarci, forse lo era.
«Ciao!»
Non ci fu risposta, né reazione visibile da parte di L, la
sorpresa nello sguardo ormai sbiadita in una più prudente
indolenza.
«“Ryu… zaki”?»
La ragazza mormorò il suo nome come se fosse un indovinello,
rivolgendogli un istante dopo un sorriso che le illuminò gli
occhi scuri, addolcendole i lineamenti.
Curioso.
Osservandola nel più completo silenzio, il detective mosse
la lingua contro la superficie zuccherata del lecca-lecca, spostandolo
contro l’interno della guancia; c’era stato qualcosa nello
sguardo che gli aveva rivolto, una luce che lo aveva reso
inquieto.
«Piacere, mi chiamo Misa Amane!»
La celebre Misa-Misa...
Qui. In cerca di Light.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a capacitarsi che quella fosse
una mera coincidenza.
«... Questo tipo è un po’
inquietante.», borbottò nel frattempo la idol di
fronte al suo persistente mutismo, voltandosi verso Light alla
probabile ricerca di un qualche tipo di rassicurazione.
«È solo timido.», le rispose prontamente
il giovane, con una punta di divertimento nella voce che L non
mancò di notare.
Watari glielo aveva ripetuto più volte che fissare con
insistenza il proprio interlocutore era considerato estremamente
scortese in Giappone; ma d’altro canto l’opportunità di vedere dal vivo Misa Amane era più unica che rara, quindi darle l’impressione che fosse ben educato
era l’ultimo
dei suoi pensieri. Difatti, c’era qualcos’altro che gli premeva controllare con una certa urgenza.
Batté ciglio, decidendo di riprendendosi la maschera senza
tanti complimenti e di infilarsela di traverso sulla testa; doveva
trovare uno stratagemma per volgere quella situazione a suo vantaggio,
e in fretta.
A quanto pareva, era giunto il momento di approfittare del suo status
di fan, e di mettere in scena una prova d’attore degna della
idol stessa.
Si tolse il lecca-lecca di bocca.
«Ti invidio, Light.»
Si mosse in avanti con una tale foga da far sussultare sia Misa che il
suddetto amico, che roteò gli occhi con un sospiro.
«E-Eh?»
Gli era sempre risultato difficile tollerare le intrusioni nel proprio
spazio personale quasi quanto il contatto fisico, in particolar modo
quello inderogabile voluto delle convenzioni sociali. In questo caso,
tuttavia, il detective era conscio di dover fare buon viso a cattivo
gioco, e così tentò di inventarsi un sistema per
ignorare i segnali di panico che gli esplosero nei nervi non appena
prese le piccole mani curate di Misa tra le sue. A quanto pareva,
polarizzare l’attenzione sul mantenere in equilibrio il
lecca-lecca tra le nocche, gli quietava considerevolmente
l’urgenza di allontanarsi da lei.
«Ho ascoltato “Heaven’s
Door”!», s’apprestò a
confessarle con
un’enfasi quasi infantile, guadagnandosi un’alzata
scettica di sopracciglia da parte di Light.
Un paio di studenti si fermarono accanto a loro, lanciandogli
un’occhiata curiosa.
«Davvero? Che bello!»
Quando le dita di Misa si strinsero attorno alle sue, L ebbe un genuino
momento di smarrimento. Non era quella
la reazione che aveva previsto; considerati i suoi precedenti con il
gentil sesso, era certo all’ottantasette percento che il suo
comportamento avrebbe dovuto causarle un nuovo, visibile disagio, non
certo allegria.
E invece eccola lì a ridacchiare, contagiata dal suo goffo
entusiasmo.
Qualcosa gli si mosse nel petto mentre la scrutava da sotto le ciglia
scure, facendogli sentire il bisogno di ricambiare quel
sorriso accogliente.
Ah...
D’improvviso, si ritrovò ad essere estremamente
conscio del calore che quelle mani graziose stavano irradiando
contro i suoi
palmi freddi,
e dell’odore dolce che gli stava accarezzando le narici da
quando le si era avvicinato– ma fu solo un attimo. Respirò
a fondo e la sua mente tornò lucida, cancellando ogni
traccia d’agitazione dietro un’espressione neutra. Doveva solo
guadagnare qualche altro secondo.
«Light, come hai fatto a metterti con una idol?»
«Sono stata io a farmi avanti!»
«Misa…!»
Fingendo interesse per il discorso, L lasciò andare la presa
e fece un impercettibile passo indietro: un capannello di studenti
bisbiglianti, che aveva preso a sbirciare non molto sobriamente nella
loro direzione, si stava avvicinando. Avevano abboccato.
«Non ci posso credere, è proprio
Misa-Misa!»
Non ci volle molto perché il gruppo di fan li
travolgesse; approfittando della confusione e degli spintoni,
il giovane finse di inciampare, riuscendo a sgraffignare il cellulare della idol
nel processo senza che nessuno se ne accorgesse.
Perfe–
«Oddio!», Misa sussultò, cominciando a
guardarsi attorno con le guance arrossate. «Chi mi
ha toccato il sedere?!»
Accidenti...
«Davvero imperdonabile.», si ritrovò
costretto a dichiarare L, facendosi largo tra gli studenti.
«Io, il grande detective, catturerò il colpevole.
Reggimi questo.»
Si voltò verso la fanciulla indispettita, porgendole il lecca-lecca di scorta che
aveva nella tasca: piccola ammenda per quello che le aveva
fatto passare.
«Come sei divertente, Ryuzaki!»
La domanda gli sfuggì dalle labbra con la stessa naturalezza
con la quale l’aveva pensata.
«In tal caso, usciresti con me?»
Misa rise.
.:~*~:.
Strano pensare che quelle piccole manine calde sono già sporche di sangue~ (bugia, per questo ho scelto di citare quella canzone a inizio capitolo... E anche perché, alla fine, saranno indirettamente sporche anche di quello di L).
Ho notato che ultimamente la presenza nei manga di personaggi
graziosi che nascondono una natura viscerale e spaventosa si
è... Quintuplicata. A dir poco.
... Oh well.
Quando ho visto il prompt, non ho potuto resistere dallo scrivere il
POV di L (che come al solito uno po’ se ne approfitta, e un po’ fa il suo dovere hah hah hah XD) sulla mia scena preferita del film. Il che è ogni
volta, per certi versi, un suicidio neuronale. Ho cercato e
continuerò a fare del mio meglio, ma non ho un centesimo del
genio di Oba hah hah hah *asciuga le lacrime*
Però, a dispetto di tutto, devo ammettere che mi sto
divertendo un casino. XD
P.S.: “Heaven’s Door” è l’album di Misa.
See ya,
Shadow
Eyes
|
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Capitolo 3 *** Accuracy {Death Note | Manga!Verse} ***
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
61. Accuracy
{Death Note | Manga!Verse}
Just when you think that
you’re in control,
just when you think that
you’ve got a hold…
OK Go –
“Here It Goes Again”
L’auricolare gli gracchiò sgradevolmente
nell’orecchio, attirando la sua attenzione sul piccolo
portatile ai suoi piedi: la figura minuta di Misa si stava
stiracchiando sotto le lenzuola nella penombra della camera. Si stava
svegliando.
L spostò gli occhi lividi su Light, addormentato sulla
scrivania accanto a lui, prima di ingobbirsi ulteriormente verso lo
schermo. Si chiese se il suo amico sarebbe riuscito a recuperare
qualche ora di meritato riposo, prima di ritrovarsi a fronteggiare le
illogiche pretese della sua ragazza. Probabilmente no.
Si portò l’indice contro le labbra, e
cominciò a mordicchiarne la superficie irregolare, mentre
Misa si issava a sedere, liberando con grazia le gambe dal groviglio di
coperte.
«Mmh…»
Se c’era una cosa che il detective aveva appreso nel tempo
trascorso a monitorare uno degli astri nascenti del mondo dello
spettacolo, era che il suo temperamento emotivo riusciva sempre a mandare in
malora le sue previsioni. Conosceva a menadito la routine quotidiana di
ogni suo singolo collaboratore, il che gli aveva permesso
più di una volta di fare una stima ragionevolmente accurata
delle loro azioni, ma quando tentava di stabilire una che riguardava
lei-- c’era sempre un movimento, una frase, o un imprevisto
che mettevano in luce un nuovo aspetto della sua
personalità, costringendolo a ricomporre il puzzle da capo.
Era stupefacente e irritante allo stesso tempo. Nei giorni
più bui, aveva l’inquietante impressione fosse
più complicato comprendere lei, che Kira
stesso.
«Ki wo tsukete Kami-sama wa miteru…»
Sottile come un sussurro, la voce di Misa gli arrivò a
malapena all’orecchio; L chiuse gli occhi e si
concentrò sulle parole, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Oh…
Piegò la testa di lato: stava cantando. Aprì gli
occhi, e risucchiò d’istinto l’aria
dalla bocca quando il portatile entrò nuovamente nel suo
campo visivo.
Pipistrelli.
Erano rossi e neri, e ce n’erano una miriade.
Il detective batté ciglio, rannicchiandosi quasi fino a
toccare con il naso la superficie liscia dello schermo; la maglia del
pigiama della idol ricopriva perfettamente la telecamera, ma, per sua
fortuna, stava lentamente scivolando via.
Amane, cos’hai
in mente?
Ascoltò con attenzione i fruscii frettolosi che arrivavano
dalla camera, poi qualcosa si mosse e, quando la maglia cadde, uno
spaventoso primo piano del volto paonazzo di Misa comparve sullo
schermo, facendolo sobbalzare sulla sedia. Con le narici frementi, la
ragazza fissò la lente della telecamera con una furia tale
da sembrar pronta a fuoriuscire dallo schermo per strozzarlo sul posto
e, per un terrificante istante, L si trovò quasi a credere
che potesse davvero
farlo.
«Ryuzaki...»
L’osservò mentre arretrava e batteva con forza il
piede a terra, lo sguardo ancora inchiodato sulla telecamera. Su di lui. Le labbra
le si schiusero in una smorfia che non s’addiceva affatto ai
suoi tratti delicati e, contro ogni logica, il detective si
ritrovò ancora una volta a sporgersi in avanti con
l’unghia del pollice stretta tra i denti. Attese.
«Scemo d’un pervertito!»
La tensione che gli aveva annodato le budella si allentò
leggermente, solo per dar spazio all’oltraggio; la ragazza
aveva scandito ogni sillaba con una veemenza tale da impedirgli
qualsiasi errore d’interpretazione.
Non sono...
Un pervertito.
Con una luce negli occhi che poteva appartenere solo chi sapeva
d’aver appena centrato il bersaglio, Misa Amane
tirò fuori la lingua, prima di fare dietro front, e marciare
impettita fuori dalla stanza.
L chiuse con delicatezza il portatile e lanciò
un’occhiata furtiva a Light: stava ancora dormendo nonostante
il rumore che aveva fatto qualche istante prima. A ripesarci, forse era
perfino più
stanco di quanto gli avesse dato a vedere.
Quanto più silenziosamente possibile, il detective sospinse
la propria sedia verso l’amico, fermandosi a pochi centimetri da lui: pareva in pace col mondo. Con espressione solenne, L si prese un attimo per contemplare la rilassatezza che gli distendeva i lineamenti solitamente severi, prima di schiarirsi la voce più volte.
«Oh, Yagami...»
Lanciò un urlo in falsetto degno di una liceale, facendo quasi saltare Light in piedi sulla scrivania per lo spavento.
Fu uno spettacolo stranamente appagante.
«C-Cos…? Ryuzaki?!»
«Oh. Ti ho svegliato, Light? Perdonami, non era mia
intenzione. Mi era sembrato d’aver visto un ragno.»
«… E da quando hai paura dei ragni?»
All’incirca da... Mai.
Ma non c’era santo in paradiso che gli avrebbe fatto
scegliere di fronteggiare le ire di Misa da solo, se avesse potuto
evitarlo.
.:~*~:.
Ambientata nel periodo in cui sia Misa che Light hanno rinunciato alla
proprietà del quaderno.
Il testo della canzone che sta cantando la idol, è quello di
“Misa no Uta”
(La Canzone di Misa). La traduzione della frase è
più o meno: “Fai attezione, Dio ti sta
guardando”. Nell’anime la si può
ascoltare poco prima del momento che ho odiato di più in
assoluto della storia... Ma dettagli! *piange
sangue* L’ho inserita qui perché mi piaceva come
suonava nel contesto oh oh oh
See ya,
Shadow
Eyes
|
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Capitolo 4 *** 33% {Death Note | Manga!Verse} ***
LxMisa
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
11. 33%
{Death Note | Manga!Verse}
Sometimes I say too much;
and sometimes
it’s not enough.
Safetysuit –
“Something I Said”
Misa era accoccolata sulla poltrona con la guancia premuta contro il
palmo della mano; da qualche minuto, rifiutava ogni tipo di contatto
visivo con lui.
L si grattò il capo.
Normalmente non avrebbe dato molto peso a quell’atteggiamento
apertamente infantile, sapeva non sarebbe durato molto comunque, ma
questa volta c’era qualcosa che non gli tornava. Gli aveva
detto
d’essere “inquietante”.
Lui.
Perché, poi?
Sollevò un istante gli occhi al soffitto. Dato lo svolgersi
degli eventi, era stato in grado di stabilire solo al trentatre
percento che quel broncio non dipendesse dalla sua risposta. Che avesse
di nuovo trascurato qualche oscuro dettame sociale? Non gli sembrava il
caso. Dopotutto, era stata lei a metterlo alla prova, ed era certo di
aver superato il test a pieni voti: le aveva elencato in ordine
cronologico tutti
i titoli delle sue canzoni, quando lei stessa aveva dichiarato che solo
un vero fan
avrebbe
potuto farlo. L’intera situazione non aveva alcun senso.
L afferrò dal vassoio sulla scrivania uno spiedo pieno di
dango, e prese a rigirandoselo tra il pollice e l’indice,
osservando i colori brillanti dei dolci, ed i riflessi della luce sulla
loro superficie tonda, ricoperta di salsa mitarashi. Erano perfetti. Ne
tirò via un paio con i denti.
«Ryuzaki!»
Masticando con calma, si voltò verso la idol ancora una
volta, notando con un certo interesse un suo sussulto dinnanzi alla sua
espressione contrariata.
«Cosa vuoi, Amane? Mi sembra di aver già
esaudito la tua
richiesta.»
Misa gonfiò le guancie e incrociò le braccia
contro il petto; le orecchie le erano diventate d’una
delicata sfumatura di rosso.
«Sì, ma non vale!», proruppe
immediatamente, saltando via dalla poltrona con un magazine per ragazze
stretto in mano. «Misa non aveva pensato a quanto
è facile sapere i nomi dei suoi singoli… Non ne
ha fatti molti,
dopotutto! Questa, però… Q-Questa non puoi
proprio saperla! … Non è possibile che tu sappia anche questo.»
«Amane…»
«In questa rivista», continuò
imperterrita, sollevandola all’altezza del suo sguardo,
«c’è una foto che mi
ritrae con un…»
«Pagina settantotto.»
«Eh?»
«Pagina settantotto.»
Interdetta, Misa si morse il labbro inferiore, prendendo a sfogliare in
fretta e furia il magazine
patinato.
«A-Ah…!»
Il detective assistette in silenzio al graduale processo che le fece
schidere le labbra in un piccolo cerchio, e spalancare i grandi occhi
scuri per la sorpresa – cosa che non riuscì a
stabilire se
fosse più irritante o appagante.
Mmh…
Con una smorfia di disappunto, la giovane chiuse la rivista
di scatto, quasi fosse ricoperta di testi sacrileghi, mentre lui
soppesava tra le dita lo spiedo con
l’ultimo dango, prendendosi un momento per
osservare con attenzione il suo comportamento. Era arrabbiata?
Difficile
dirlo, visto il tumulto di emozioni che stava lampeggiando nello
sguardo. A volte, Misa gli ricordava i temporali estivi: esplodeva
all’improvviso, facendo piovere fulmini e saette su chi le
capitava a tiro. Spesso e volentieri lui. O Matsuda.
A proposito...
Il giovane si guardò attorno di soppiatto: nessun segno del
poliziotto. Si afflosciò sulla sedia.
«Non è giusto.»
«Mh?», borbottò, impressionato da
quanto quella
dichiarazione stesse dando voce, seppur inavvertitamente, anche ai suoi
pensieri.
«… Ho sbagliato pagina?»
«No.»
Quando gli occhi lucidi della ragazza incontrarono i suoi, lo
smarrimento che gli stava già recalcitrando da qualche
minuto nella mente, finì per assalirgliela completamente. La sfera emotiva femminile era davvero un immenso, insondabile mistero.
«Sai quasi più cose su Misa di Light…»
«Più informazioni superficiali, vorrai
dire.», la corresse con tono flemmatico,
piegando la
testa di lato. «E poi ti ho già detto di essere da
tempo tuo fan… Perché la cosa ti
sorprende?»
«Misa non è sorpresa, Misa è…!»
Parole, frasi, concetti le danzarono sulla punta della lingua,
facendola boccheggiare sillabe senza alcun senso logico per qualche
istante; poi le labbra le si serrarono in una linea sottile, e chiuse
gli occhi.
«Sei chiaramente sconvolta. Tieni, mangia questo
dango!»
«Non dire sciocchezze, Ryuzaki! E poi Misa non lo vuole il
tuo stupido dango, è pieno di zucchero!»
La idol inspirò lentamente con le guancie in fiamme; poi si
portò una mano sul petto, lasciandosi andare ad un lungo
sospiro
che parve darle la determinazione necessaria a proseguire il discorso.
«Misa pensava non fossi stato onesto con lei. “Uno
come
lui non può davvero essere così tanto interessato
alla sua carriera”, ecco quello che pensava... Ma si
sbagliava.»
L non rispose immediatamente, concentrato com’era a mangiarsi
il dolce, soddisfatto di aver potuto completare da sé
l’intero spiedo. Una volta finito di masticare, si
pulì le dita con un tovagliolo, portandosi infine
l’indice alle labbra, gli occhi sporgenti immobili su lei.
«“Uno come me”…?»
«Uno…», Misa spostò il peso
da un piede all’altro, distogliendo lo sguardo.
«U-Uno intelligente come te.»
Passò un altro buon minuto di silenzio, prima che il giovane
decidesse di smettere di avventarsi sull’unghia
dell’indice, e di battere finalmente ciglio.
«Adesso sono assolutamente
certo ci sia qualcosa che non va… Matsuda!
Portami i dolcetti d’emergenza!»
La idol spalancò la bocca, aspirando in maniera drammatica
una boccata d’aria che suonava tanto di rappresaglia. In
pochi istanti, infatti, la rivista che stava stringendo in mano
aprì le proprie pagine a vento e si librò in
aria, schiantandosi senza alcuna pietà contro il naso di L.
«Ryuzaki, smettila di prendere in giro Misa-Misa!»
Dopo aver scivolando lungo tutta la lunghezza del suo volto,
il magazine cadde a terra. A pagina settantotto, una Misa di porcellana
sorrideva alla fotocamera, stringendo una boccetta di profumo tra le
dita.
.:~*~:.
La povera Misa qui è un po’ alterata per due
motivi. Primo, perché vorrebbe che fosse Light il suo fan namber uàn.
Secondo, perché una volta conosciuto L, si è resa
un po’ conto che spesso recita la pare del gaglioffo, ma che
in realtà non lo è affatto... Un po’
come
Colombo, il detective hah hah hah sono vecchia dentro.
Comunque sia! La idol ha pensato bene di metterlo alla prova, per
vedere se era davvero suo fan come aveva dichiarato durante il loro
primo
incontro, certa al 100% di coglierlo in fallo… e finendo per
rimanerci un
po’ male, perché L le ha dimostrato invece di
essere stato
onesto (almeno in quella occasione). E la cosa ha finito anche
per lusingarla un po’ alla fine, dato il celeberrimo
detective, famoso in tutto il mondo per il suo spirito deduttivo e
analitico, le ha dedicato parte del suo tempo, nonostante avesse
sicuramente cose più importanti (e interessanti) a
cui
pensare.
See ya,
Shadow
Eyes
|
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Capitolo 5 *** Friendship {Death Note | Manga!Verse} ***
LxMisa
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
99. Friendship
{Death Note | Manga!Verse}
You are free to love
If that is all you need
Sia –
“Rewrite”
C’era qualcosa che non andava nel suo respiro; il petto le si
sollevava con una frequenza maggiore del
solito, sembrava avere difficoltà ad inspirare e,
inoltre, aveva gli occhi
lievemente lucidi.
Non è rabbia,
no... E non è neppure frustrazione.
«Mmh…»
Non appena Misa lo sorprese a fissarla con la sua tipica, indiscreta
insistenza arricciò le narici, appallottolandosi fino quasi
a
sprofondare nello schienale della poltrona.
«Hai l’influenza.», le
annunciò piattamente L,
e lei sussultò come un gatto a cui era appena stata pestata
la
coda. «Dovresti…»
Con uno scatto di una rapidità che, dire che lo sorprese,
sarebbe stato un mero
eufemismo, Misa saltò giù dalla
poltrona e gli si avventò contro, piantandogli con forza una
mano sulla bocca.
«Zitto,
Ryuzaki!»,
sibilò, sottolineando le proprie parole con
un’occhiataccia d’avvertimento. «Matsu
non se
n’è ancora accorto!»
Lui la scrutò da sotto i ciuffi scompigliati della frangia;
sapeva bene che esistevano metodi ben più scientifici di
quello
per misurare la temperatura corporea ma, per il momento, la sensazione
di quel palmo bollente premuto contro le labbra, gli era più
che
sufficiente per stabilire che Misa aveva anche qualche linea di febbre.
Trentasette, trentasette e mezzo…
Non era un bene, dunque, che quello scemo di Matsuda non si fosse
accorto delle sue condizioni. Non lo era affatto.
L batté ciglio, meravigliandosi del timore che
provò
nel chiedersi cosa stesse macchinando questa volta la ragazza: che
avesse a che vedere con le indagini?
… Improbabile.
Non riuscendo ad imbastire alcun tipo di spiegazione sensata, decise di
attendere in silenzio ulteriori spiegazioni.
«Oh, e va bene!»
Misa sbuffò, gonfiando le guance arrossate
dall’agitazione; a quanto pareva il suo sguardo stralunato
aveva
sortito l’effetto desiderato.
«Niente
deve impedire a
Misa di essere pronta per il servizio fotografico di domani,
chiaro?», gli sussurrò a denti
stretti, «Natale si avvicina e… M-Misa ha dei
preparativi
da fare, ecco!»
Gli occhi le si spostarono sulla schiena di Light, beatamente ignaro
della sibilante discussione che stava avendo luogo alle sue spalle.
Ah. La Vigilia di
Natale, qui in Giappone, è vissuta quasi come fosse San
Valentino… E in più, il venticinque è il suo compleanno...,
pensò il detective, accigliandosi non appena
s’accorse
che, con la mano di Misa ancora sul viso, era impossibilitato a
portarsi il pollice alle labbra mentre ragionava. Era oltremodo sconfortante.
«Ryuzaki...»
Quasi avesse captato i suoi pensieri, la idol si voltò
nuovamente verso di lui, assottigliando lo sguardo come se stesse
valutando qualcosa.
«Se non dici niente a Matsu, Misa-Misa promette che, al suo
ritorno, ti porterà un regalo!»
L sospirò: avrebbe dovuto aspettarselo. Ne andava della sua salute, eppure era
determinata a
sottoporsi a quello stress facilmente evitabile per avere i soldi
necessari a festeggiare insieme a Light. C’era una parte di
lui
che l’ammirava per quell’imperitura devozione. Un’altra, tuttavia, che sembrava essere in contatto diretto con i suoi dotti biliari, gli stava facendo sentire molti sintomi tipici della sepsi.
«Ora, ascoltami bene: fa’ sì con la testa, se sei
d’accordo.»
Il giovane divelse, non senza una certa difficoltà, la propria
attenzione
da quel malessere, e prese a rimuginare invece sulla proposta di Misa: in caso avesse accettato, oltre all’abituale
scorta, stabilì che avrebbe richiesto a Watari di tenerla
d’occhio
senza farsi notare. Dopotutto, la idol avrebbe passato qualche ora lontana
dalla videosorveglianza del quartier generale, e chi meglio del suo storico braccio destro, avrebbe potuto garantirgli una certa tranquillità in quel lasso di tempo?
«... Ryuzaki?»
E poi…
Decidendo finalmente di ricambiare lo sguardo implorante di Misa, L
annuì con una certa svogliatezza e, prima di cominciare a parlare, aspettò che la sua manina delicata fosse ad una discreta distanza dalla sua bocca – piccola precauzione contro eventuali rappresaglie.
«Voglio tre Christmas Cakes, un vassoio di pasticcini e dei
manju!»
«Cosa?!
Non ti allargare
troppo, Ryuzaki!», sbottò incredula la giovane,
puntellandogli
un paio di volte l’indice contro la fronte. «Misa
ti
concede una
Christmas Cake, e basta!»
«Lascia che ti faccia questa controproposta, Amane:», replicò lui, con un raro barlume di divertimento negli occhi neri, «il mio silenzio per una Christmas Cake, ed un
vassoio misto di pasticcini e manju.»
Immersa in una quiete meditabonda con le labbra premute in una linea sottile, Misa
parve soppesare per un’eternità la sua
richiesta,
prima di appoggiare le mani sui fianchi e sorridergli.
«Aggiudicat... Oh? Ma...?!»,
boccheggiò, inarcando
le sopracciglia mentre il detective le dava le spalle senza tanti
complimenti, cominciando a trafficare con qualcosa sulla scrivania.
«Maleducato!»
«... Tieni.», L le porse la tazza di cioccolata
calda che
si era fatto portare qualche minuto prima. «Ti
aiuterà a
rimetterti in forze per domani. Io me ne faccio portare
un’altra.»
La idol tentennò, fissando la superficie odorosa della bevanda con
sospetto.
«Quanto zucchero…?»,
cominciò, ma d’un
tratto qualcosa all’interno del suo sguardo tagliente
cambiò, ed il resto della frase sfumò in un
sospiro.
Guardò lui, poi la tazza, ed infine gliela tolse
con
gentilezza di mano, bevendone un piccolo sorso.
«... Devo ammetterlo, sono sorpreso.»
L tacque per un istante, riprendendo come d’abitudine a
mordicchiandosi le unghie.
«Comunque ci ho messo solo quindici bustine.»
.:~*~:.
Ambienta ancora una volta nel periodo in cui né Misa
né Light ricordano nulla del Death Note.
In questa breve shot volevo esplorare un po’ come il
sentimento
d’amicizia (ovviamente non sempre... dipende molto dal
carattere
che si ha) riesca a smorzare quel meccanismo di competizione (e
anche un po’ di invidia oh oh oh) che si crea quando uno dei
propri idoli presta attenzione a qualcun altro. *fa comparire un
arcobaleno tra le mani*
Ah, e, volevo aggiungere una piccola nota qui per dire che la maggior
parte dei giapponesi non sono cristiani, quindi per loro il Natale
è una semplice occasione per uscire e scambiarsi doni... E
che
la Christmas Cake che ho nominato qui, è una torta con panna
e
fragole, e altre decorazioni natalizie tipicamente venduta in questo
periodo dell’anno. L non si smentisce mai hah hah hah
X°D
E infine, prima di andare, vorrei ringraziare chi leggendo queste mia raccolta
di storie brevi (anche io, come L, sono sorpresa... ma dal numero di visite oh oh oh), in particolare flaaminia_,
che l’ha aggiunta tra le seguite! Grazie, oh anima impavida!
(ノ´ヮ´)ノ*:・゚✧
See ya,
Shadow
Eyes
|
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Capitolo 6 *** Illogical {Death Note | Manga!Verse} ***
LxMisa
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
79. Illogical
{Death Note | Manga!Verse}
‘Cause the
light in your eyes,
They started dancing for my brain.
Lydia
– “The Exit”
«Matsu!»
A volte, L si ritrovava a considerare con interesse quanto le sue
scarse attitudini alla socializzazione gli fossero costate
più volte l’impossibilità di prevedere
i comportamenti di Misa Amane.
«Indovina un po’?»
Dopo aver gettato il cellulare per aria – la pagina bianca
delle notifiche ancora aperta sullo schermo – la giovane
saltò con grazia oltre il divano, e corse verso di loro
canticchiando tra sé un motivetto che sapeva di vittoria.
Occhi neri, sporgenti, seguirono le sue braccia sottili sollevarsi
attorno ai fianchi di Light, intrappolandolo in abbraccio, presto
ricambiato da un’espressione imbarazzata, ed una carezza tra
i capelli. Misa parve vibrare sotto il suo tocco e, pervasa
d’adorazione, si sollevò sulla punta dei piedi e
gli baciò la guancia pallida.
«Misa-Misa è riuscita a convincere il signor
Nakashima a farle fare un provino!»
«Davvero? Oh, grazie
al cielo!», sospirò
Matsuda, accasciandosi su una poltrona. «Il suo silenzio
prolungato sulla faccenda stava cominciando a
preoccuparmi…»
«Credo che tu stia entrando un po’ troppo nella
parte di manager…», commentò Mogi,
inarcando un sopracciglio.
«Ehi!»
Piroettando sui talloni, la idol ignorò il loro scambio di
battute e si voltò verso la figura china di L, rimasto
appollaiato sulla sedia nel più completo silenzio.
«Niente male, eh, Ryuzaki?», gli chiese, chiudendo
la distanza tra loro con un saltello. «Ammettilo, ora Misa
non ti sembra più una sprovveduta senza speranza!»
Mh… ?
«Non… Non ho mai affermato nulla del genere,
Amane.», rispose lui piattamente, un sentore
d’allerta ad irrigidirgli la postura. «Questo
perché non lo penso affatto.»
Dopotutto, hai ancora il
potenziale per essere il secondo Kira.
L s’incupì, arricciando le dita dei piedi
sulla seduta. In momenti come quello, sentiva fortemente il bisogno di
tornare a lavorare per conto proprio, di annullare l’obbligo
di interagire, o peggio ancora, di avere contatti giornalieri con i
suoi sospetti. Perché – poteva sentirlo
– ad ogni passo fatto per preservare il legame creato con
Light e Misa, c’era un prezzo che non poteva permettersi di
non pagare, un prezzo il cui peso s’aggravava sulla linea
curva delle sue spalle.
«Davvero?!», la sentì cinguettare.
«Oh, Misa non riesce a credere alle sue orecchie!»
Con i muscoli ancora contratti e pronti alla fuga, il detective
osservò l’espressione attonita sul volto della
giovane sciogliersi in un sorriso radioso e, improvvisamente,
fu
incapace di formulare qualsiasi tipo di pensiero coerente.
Mani minute, curate, si sollevarono e raggiunsero i suoi capelli,
facendolo irrigidire.
Oh, no…
Rassegnandosi ormai al peggio, L attese l’usuale
aggressione selvaggia del proprio scalpo, pronto ad invocare
– chiaramente invano
– i nomi di tutti i suoi
colleghi. D’altronde ne era più che certo: nessuno
avrebbe mosso un dito per aiutarlo.
Ah.
Calore.
«Che faccia buffa, Ryuzaki! Sembri un gufo!»
Il petto di Misa vibrò di riso contro la sua guancia e gli
bastò un battito di ciglia, per ritrovarsi
completamente avvolto nel suo
abbraccio.
Lei era sempre
calda.
Per un istante, il detective si chiese se quello che stava facendo era
una mera manovra mirata a spiazzarlo ma, ben presto, la sua
attenzione
venne polarizzata dai battiti che pulsavano rapidi sotto il suo
orecchio ed il resto della stanza parve svanire. Con le mani strette sopra le ginocchia, prese a contarli in
silenzio, memorizzandone la cadenza quasi fossero un mantra: era
talmente ipnotico, poter ascoltare così da vicino un cuore,
che si ritrovò a dover sopprimere la necessità di
chiudere gli occhi, altrimenti avrebbe finito per farlo.
«Le mie congratulazioni, Amane.»
Per quanto la sua voce fosse priva di qualsiasi intonazione, le sue
parole erano, per una volta, sentite.
Lo sapeva, sapeva fin troppo bene che le circostanze
non prevedessero altro che distacco
da parte sua; tuttavia,
c’era qualcosa di contagioso
in lei, qualcosa che lo faceva
sentire irreparabilmente fuori controllo.
«Grazie, Ryuzaki!»
... Sembra davvero
felice.
Quando Misa si allontanò, le dita gli salirono
d’istinto alla guancia, sfiorandone la pelle arrossata. Bizzarro,
il calore che c’era quando lei era vicina, ora non riusciva
più ad
avvertirlo; eppure la sua temperatura corporea, ne
era più che certo, era rimasta inalterata.
«Sapete che vi dico? Oggi Misa-Misa ha voglia di
festeggiare!»
L ipotizzò che l’impulso improvviso di avvicinarsi
ancora una volta a lei, di starle vicino, fosse da imputare
all’influenza della gioia collettiva.
.:~*~:.
Puntata in cui L è in conflitto, e Misa
– incerta sull’opinione che il detective ha di lei
– usa l’antica tecnica del: “dico
qualcosa di negativo su me stessa e ti guardo reagire, così
da stabilire (senza chiedertelo direttamente) cosa pensi di
me”. X°D
...
Onestamente, sono sicura che nel corso della serie L si sia affezionato
(magari suo malgrado, chissà) sia a Light che a Misa... Il
che non è stato un bene, per lui. Perché, a mio
parere, se hai un contatto quotidiano con qualcuno, nel bene o nel male
crei un legame... E se le persone in questione, ora tue
amiche, sono anche due presunti assassini, be’, morale e
sentimento sono destinate ad entrare in conflitto. In più,
visto che in L prevale la legge morale
sull’emotività, lui sa già che, in caso
dovesse riuscire a confermare i propri sospetti, sceglierebbe senza
dubbio di arrestare entrambi, il che lo priverebbe dei suoi due primi e
unici amici.
Comunque! Il “signor Nakashima” che ho fatto
nominare a Misa
è Tetsuya
Nakashima, un regista contemporaneo giapponese.
L’ho scelto perché… Gnente, mi piace ed
è tecnicamente vivo durante lo svolgersi degli eventi di
Death Note hah hah hah XD Due piccioni con una fava!
Prima di andare, ringrazio i lettori ed in particolar
modo GreenJade09
ed Ellie_Woodland
per aver anche aggiunto la storia tra le seguite! (*´▽`*) Oh,
voi intrepide fanciulle, in cosa vi siete andate a cacciare!
X°D Grazie.
See ya,
Shadow
Eyes
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Capitolo 7 *** The True You {Death Note | Manga!Verse} ***
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
71. The True You {Death
Note | Manga!Verse}
All
these practiced poses
I could wreck it if I
had to
But I’m the
wreck, so what would that do?
Marianas Trench
– “Masterpiece Theatre I”
«Stai perdendo peso.»
Lo sguardo di Misa saettò dal buco immaginario che stava
cercando di trivellare nella nuca di Light, alla sua espressione
lievemente accigliata. Mandibola protratta in avanti, mani premute
contro i fianchi; non c’era dubbio, aveva appena aperto
l’ennesimo vaso di Pandora.
Bizzarro.
Da quel che gli era sembrato di capire, i commenti sul peso erano da
censurare solo in caso fossero indirizzati a sottolinearne l’aumento.
«Ryuzaki, la finisci di comportarti come un
maniaco?», gli stillò contro la ragazza, battendo
con vigore un tallone sul pavimento mancando, di poco, il suo piede
nudo. «Passi le giornate a ingozzarti di dolcetti e
chissà che altre schifezze– Che ne capisci tu, di
diete?»
Osservarla gonfiare bellicosamente le guance dall’alto del
suo metro quasi e ottanta aveva un che di buffo
– ma L si
guardò bene dal lasciare trasparire quel pensiero oltre la
superficie apatica del suo volto, limitandosi a mangiucchiarsi le
unghie.
“Diete”, diceva lei; gli venne quasi da sbuffare.
Non esisteva dieta al mondo, che facesse perdere così tanto
peso in meno di un paio di settimane. Non una approvata da un
professionista del settore, per lo meno.
I suoi occhi si soffermarono sul lieve tremore che le agitava le dita,
rabbuiandosi. Non era salutare, né razionale. Inoltre, era
certo che quel fenomeno non dipendesse da direttive dei suoi datori di
lavoro – il rapporto di Watari era stato più che
esplicativo a riguardo.
… Cosa stai
combinando?
«Mi pare d’averti già spiegato, Amane,
che in realtà lo zucchero…»
«Ancora
con questa storia?», tagliò
corto lei, trovandosi costretta a sollevare il mento per continuare a
sostenere il suo sguardo. «A Misa non importa nulla delle tue
teorie campate per aria!»
Il detective mosse pigramente il piede sinistro sul destro, arricciando
le dita per grattane il dorso pallido.
«Mi ritrovo costretto a dissentire.», disse dopo
qualche istante, ammantando la voce d’un velo di garbo,
mirato a celare l’irritazione che quella discussione gli
stava provocando, «Essere sottopeso non…»
«Misa-Misa ha i suoi motivi per fare quello che fa!»
Serrando le mani in due piccoli pugni, la idol rizzò
talmente tanto la propria postura da arrivare a colpirgli la fronte con
la sua.
«… Ed il fatto che sia stato tu il primo ad
accorgersi che è dimagrita, è
un’ingiustizia bella e buona!»
«Un’…
“Ingiustizia”…?»
Istintivamente, L cercò lo sguardo dei suoi colleghi ma le
espressioni disorientate che trovò ad attenderlo, gli fecero
immediatamente capire che erano tutti altrettanto confusi sulla natura
di quel commento.
«Amane, c’è forse
qualco–»
«Non sono affari tuoi, Ryuzaki!»
«Misa, ti prego, sii ragionevole.»
Come uno schiocco di frusta, la voce di Light zittì tutti i
presenti. Il ragazzo si scostò una ciocca di capelli dalla
fronte, incamminandosi verso Misa ed L – l’eco dei
suoi passi l’unico rumore a risuonare nella stanza. Non
c’era traccia d’un sorriso, o di condiscendenza sul
suo volto, imbiancato d’una luminescenza malsana dalle luci
del quartier generale.
«C’è un assassino a piede libero e
migliaia di vite in bilico sul filo di un rasoio.»
Si fermò accanto ad L.
«Non è questo il momento di fare i
capricci.»
Le sue parole erano compassate come sempre, eppure tra le ultime
sillabe affiorò un’increspatura, un sentimento
d’urgenza che attivò nel subconscio del detective
qualcosa di molto simile ad un’allerta.
Oh, no…
«Ma Light, M-Misa voleva solo…
solo…!»
Fu allora che accadde l’inaspettato: arretrando
d’un passo, la ragazza si morse il labbro inferiore e tacque.
Nessun urlo, nessun pugno, nessuna rappresaglia. Le dita, al contrario,
le corsero alla frangia bionda, artigliandone i nodi, lisciandola
finché non riuscì a tirarla fino a coprirsi gli
occhi. Due piccole perle trasparenti le scesero allora lungo le guance,
lasciando una scia brillante che fece sprofondare i presenti in uno
stato di attonita preoccupazione.
Sorprendente. Amane
è di norma molto combattiva e non da mai
molto peso alle parole di Light, eppure adesso…
«Misa…» L esitò, ed il resto della frase finì per
morirgli in gola.
Si portò il pollice tra i denti,
mordendone il polpastrello con più foga del solito, mentre
Light gli rivolgeva un’occhiata circospetta che non
mancò di ricambiare. Lo scetticismo che nutriva nel suo
intervento era talmente evidente da essere irrispettoso; tuttavia, con
sua somma sorpresa, l’amico rimase in silenzio, sembrando deciso a
vedere dove sarebbe andato a parare con il suo discorso, prima di
stabilire se gli convenisse interromperlo o meno.
«Mi dispiace, Amane.»
Piegando il capo in cerca di un’angolazione che gli
permettesse tenere sotto controllo l’espressione di Misa, il
detective soppesò con attenzione le proprie opzioni.
«Non sono bravo a capire queste cose.»
Onestà:
in quella circostanza, era quasi certo fosse la
strada più breve all’apertura di un dialogo,
così si premurò di espungere ogni traccia di
scherno, o di pietà dalla sua voce– cosa che parve
suscitare un ulteriore tumulto nella ragazza, che soffocò un
singhiozzo tra le mani.
«Tuttavia, posso assicurarti che non era mia intenzione
– ma, soprattutto, non era intenzione di quello
scemo di Light, farti piangere.»
Ignorando l’occhiataccia lupina che Light gli
lanciò, L prese a frugarsi nelle tasche, recuperando dopo
qualche istante una bustina trasparente, sigillata da nastrini rossi;
proveniva da piccola quanto fenomenale pasticceria locale, ed era piena
di graziosi biscotti a forma di panda, che parevano affacciarsi e
salutare oltre la superficie lucida della confezione.
«Mmh…»
Il novantasette percento dei dolci che aveva offerto in precedenza a
Misa Amane, era stato rifiutato. Di quel tre percento che era stato
accettato, inoltre, solo l’attuale un percento era stato
mangiato, mentre il resto era stato metodicamente nascosto nella
borsetta di turno. Che fare? Non esisteva malessere che lo zucchero non
riuscisse a curargli ma, a quanto pareva, il suo non era ancora
un
metodo terapeutico universale.
... Non
funzionerà.
Fece per ritirare il braccio, pronto a rintascare la propria offerta di
pace, quando le dita bianche di Misa s’aggrapparono alla
stoffa della sua manica; arrestò i propri movimenti,
sentendo una tensione sconosciuta cominciare a circolargli nel corpo.
«Aman– Eh?»
Con uno pigolio quasi inudibile, la ragazza chiuse la distanza tra
loro, rifugiando il viso rigato di lacrime nella sua maglia. Incapace
di reagire nell’immediato, L si immobilizzò; a
quella vicinanza ravvicinata, poteva sentire nel petto il riverbero dei
suoi singhiozzi.
«Ehi, Ryuzaki!»
Un Matsuda in preda al panico comparve, sbracciandosi, nel suo campo
visivo, cercando come meglio poteva di suggerirgli cosa fare.
Mani in alto, piroetta e
braccia chiuse, poi ondeggiare e–
Sentendo una nuova ondata di irrequietudine gelargli lo stomaco, L
spinse in avanti la mascella e si ingobbì, allungando
rigidamente le braccia davanti a sé con aria carica
di perplessità. Matsuda sollevò il pollice in
approvazione,
annuendo, incoraggiante.
… Capisco.
Per quanto amasse usare la maschera del finto tonto in questi casi, il
detective sapeva bene che una delle più spontanee reazioni
ad un abbraccio era quella di
ricambiarlo. La realtà dei
fatti, però, era che, per quanto lo riguardava, esternare
le proprie emozioni verbalmente voleva dire esporsi, mentre esternarle
fisicamente voleva dire uscire
dalla propria zona di comfort. In
entrambi i casi, ci andava a perdere.
Amane… Se ora
ti chiedessi un consiglio, tu mi diresti che
gli amici non si abbandonano, non è così?
Sospirando, L piegò gli avambracci, stringendo Misa a sé ma, orrore e raccapriccio!, il suo gesto venne accolto dalla giovane con un sussulto che non prometteva nulla di buono. Bloccato in quella posizione vulnerabile, il povero detective non poté che serrare i denti d’istinto, preparandosi psicologicamente a subire le celeberrime cinque dita di violenza della idol.
Matsuda, se ne esco
vivo, tu…!
«Ryuzaki…», Misa tirò su col naso,
premendo la guancia bollente sul suo petto, là dove il suo cuore aveva
appena ripreso a battere. «S-Scusa.»
Con ancora in pugno la bustina colma di biscotti, stretta come se fosse
il punto d’equilibrio dell’intero universo, L
riaprì gli occhi.
«… Mh?»
«È Misa-Misa ad essere
u-una scema…»
«Amane…»
Il giovane si schiarì la voce, poggiandole goffamente la mano libera
tra i capelli che profumavano di vaniglia.
«Be’, ogni
tanto.»
Il suono secco di uno schiaffo lo fece voltare: Matsuda aveva una mano
premuta contro la fronte, l’estremo cordoglio che stava
provando evidente nella linea sottile che erano diventate le sue
labbra. L non ebbe tempo, tuttavia, di comprendere
quell’immagine singolare, perché una leggera
vibrazione riportò la sua attenzione su Misa. Stava ridendo.
«Certo che non ci sai proprio fare con le donne,
Ryuzaki!»
Con sprizzo giocoso, la ragazza lo lasciò andare con un
saltello, rivolgendogli un sorriso che le illuminò gli occhi
gonfi d’una dolcezza soffusa. C’era qualcosa di
nuovo, in
quell’espressione. Non l’aveva mai vista
così, priva di maschere e di difese.
«Me lo dicono spesso.»
L l’ascoltò ridacchiare ancora, notando con
sollievo che lo strascico del pianto stava abbandonando la sua voce. Ce
l’aveva fatta. Non aveva bene idea di cosa avesse fatto,
ma aveva senza dubbio funzionato.
«Ryuzaki, ascolt… Oh. Oh, no!»,
squittì Misa, puntandogli un dito contro. «Che
disastro! Misa ti ha sporcato la maglia di trucco!»
Con un gemito a malapena trattenuto, il detective chinò lo
sguardo per constatare i danni: la chiazza di rossetto e le linee
sbavate dell’eyeliner avevano creato quello che si sarebbe
potuto ottimisticamente definire un capolavoro surrealista.
«Ah…»
Un familiare formicolio gli si diffuse sottopelle, inviandogli
l’impulso di grattare, strofinare, di lavarsi; aveva
sempre
mal sopportato le macchie ma, per la pace appena ristabilita, si
astenne dal confessarlo.
«Non importa.», borbottò infatti,
facendo spallucce. «Tu, piuttosto…»
«Mh?»
Misa lo imitò e si piegò in avanti, chinando il
capo per controllare la propria maglia, prima di rendersi conto che non
si stava riferendo a quello.
«Hai ragione!», esclamò, portandosi le
mani al volto. «Misa-Misa sarà un
disastro!»
«Non intendevo…»
In un turbinio di capelli biondi, la ragazza fuggì dalla
stanza senza permettergli di terminare la frase. Non appena la porta la
inghiottì con un tonfo, un’ondata di
sospiri si levò tra le mura asettiche del quartier generale,
spazzando via la cappa di tensione che l’aveva
soffocato sino ad allora.
«… Eccellente.», biascicò L,
grattandosi distrattamente lo stomaco che aveva preso a brontolare.
«Possiamo finalmente tornare al lavoro.»
Un paio di teste annuirono e Matsuda alzò nuovamente il
pollice in alto, prima d’affrettarsi verso la propria
postazione, seguendo il suo esempio.
«Ryuzaki?»
Silenzioso come un’ombra, il figlio di Soichiro lo aveva raggiunto, sedendoglisi accanto con
l’aplomb che lo
contraddistingueva.
«Sì, Light?»
«Sbaglio o prima l’hai chiamata per nome?»
«Mh?»
L pinzò tra indice e pollice i nastrini morbidi che
sigillavano il sacchetto ricolmo di biscotti e li tirò,
liberando i panda al suo interno.
«Misa, intendo.»
Un biscotto salutò entrambi con un sorriso
allegro, prima di venire impietosamente divorato.
«… Non so di cosa tu stia parlando.»
«Ah, sì?», Light sogghignò,
volgendo il proprio sguardo allo schermo del computer.
«Perdonami. Dev’essere stata
una mia impressione.»
.:~*~:.
Yo!
Un parto.
Questo capitolo è stato un parto. I toni sono un
po’ più cupi, quindi ho avuto qualche
difficoltà a gestire alcune parti…
Perché sono una pagliaccia non molto amante
dell’angst hah hah hah XD
Dunque!
In questa scena volevo approfondire un po’
l’ossessione autodistruttiva che Misa ha per Light, lasciando
qualche indizio di quella che L ha per lei.
Non è un segreto che Light, per Misa, ha più
importanza delle sorti degli innocenti che Kira sta uccidendo,
quindi focalizza le proprie energie solo su di lui, cercando in ogni
modi di essere perfetta. I suoi tentativi, però, vanno in
fumo uno dopo l’altro, perché Light, avendo perso
i ricordi legati al Death Note, mette ancora la sicurezza del mondo al
primo posto. È convinto di stare cercando un serial killer
che farà strage di criminali, e sa che ogni minuto perso
potrebbe valere una vita, quindi lavora giorno e notte.
Sia lui che Misa hanno i loro buoni motivi
(più o meno) per essere frustrati, insomma.
…
Poi c’è L, che vorrebbe tanto tornare a vivere da
solo hah hah hah hah X°D
Ringrazio Fauna96,
per aver aggiunto la storia tra le seguite! (❁´▽`❁)*✲゚*
See ya,
Shadow
Eyes
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Capitolo 8 *** Troubling Thoughts {Death Note | Manga!Verse} ***
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
51. Troubling Thoughts
{Death Note | Manga!Verse}
I don’t quite know
How to say
How I feel.
Snow Patrol – “Chasing Cars”
L chinò lo sguardo sulla mano destra: lo strato di pelle
sottile del dorso s’era teso e gonfiato al punto da sembrare
trasparente. C’era un che di morboso – se ne
rendeva ben conto – nell’osservare quel processo,
eppure non riusciva davvero a fare a meno di controllare lo stato
dell’ustione minuto dopo minuto. Le occasioni in cui gli era
capitato di ferirsi si potevano contare sulla punta delle dita,
dopotutto, e la sua curiosità l’aveva sempre vinta
a prescindere. A volte anche sul
buon senso.
Afferrò tra il pollice e l’indice la garza che
aveva abbandonato poco prima sulla scrivania, prendendosi
qualche istante per saggiarne la ruvidezza tra i polpastrelli, portandosela poi davanti agli occhi per scrutarne l’intera
superficie; il biancore della stoffa era quasi accecante.
«Uffa, Ryuzaki!»
Un volto familiare entrò nel suo campo visivo, affiancando
la sua mano e spostandogliela di lato per attirare – e
sospettava anche pretendere
– la sua attenzione.
Forse avrebbe dovuto dirglielo.
«Quanto ti ci vuole per mettere un po’ di pomata e
una benda?»
L rimase immobile, il braccio ancora a mezz’aria, a contare
le pagliuzze dorate che facevano risplendere le iridi di Misa
sotto la fredda luce dei neon del quartier generale.
Forse non era poi una così buona idea.
«… Non vedo perché i miei tempi debbano
riguardarti, Amane.»
La giovane idol sbuffò al suo tono sgarbato, rivolgendogli
uno sguardo di rimprovero che gli diede la strana impressione di stare
trattenendo al suo interno un’implorazione ad affrettarsi.
«Ryuzaki...»
Chiuse gli occhi, sperando che non proseguisse.
«Per favore?»
Con un sospiro, L poggiò ancora una volta la garza sulla
scrivania e afferrò il tubetto di pomata al cortisone,
rigirandoselo tra le dita: contrariamente all’idea che
sembrava essersi fatta l’amica, non aveva alcuna intenzione di boicottare
la propria pronta guarigione. L’idea di toccare la vescica
che si era appena procurato, tuttavia, non era particolarmente stuzzicante.
S’imbronciò. D’altra parte, passare il
resto della giornata con una Misa Amane angosciata seduta accanto non
aveva di certo più lati positivi, data la sua attitudine a
vocalizzare ogni suo singolo pensiero. Anche il più
insensato. Soprattutto
il più insensato. Dubitava fortemente di avere sufficienti
neuroni da sacrificare ai suoi soliloqui, al momento.
«… E va bene.»
Senza altra esitazione, svitò il tappo e, dopo
avere fatto fuoriuscire una breve striscia di crema dal tubetto,
l’applicò su tutta la superficie della scottatura
con l’indice libero. La pelle arrossata si
risvegliò sotto il suo tocco, formicolando fino a tornare a
bruciargli.
«Oh, no… Oh, accidenti! Guarda
quant’è rossa! ... Brucia, non è
vero?»
L sollevò lo sguardo su Misa, notando quanto la
preoccupazione le avesse imbiancato le guance, solitamente rosee. La
risposta schietta che aveva intenzione di darle gli si fermò
di traverso in gola.
«Ѐ sopportabile.»
Assurdo. Se
qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe lavorato spalla a
spalla con un poliziotto che passava le giornate a inciampare nei propri piedi,
ed un’emergente stella dello spettacolo, avrebbe cominciato a
considerare la possibilità che il suo interlocutore avesse
battuto il cranio contro una pietra particolarmente dura
durante l’infanzia.
«Amane?»
«Mh?»
Eppure eccolo lì, a dispetto di ogni logica previsione,
con un’ustione sulla mano ottenuta perché aveva
deciso di schermare la
suddetta idol dal caffè bollente del suddetto collega maldestro.
«Non è colpa tua.»
La sua voce aveva l’intonazione rilassata di chi stava
parlando del tempo con un amico, ma ciò non
impedì a Misa di sussultare a quelle parole, le labbra carnose chiuse in una
linea pallida.
Come pensavo.
«Ho agito di riflesso. Se fossi riuscito ad afferrare meglio
la tazza, non mi sarei scottato.»
Il detective si sporse verso di lei, arricciando le dita dei piedi
attorno al bordo della sedia per mantenersi in equilibrio in quella
posizione precaria. Col tempo aveva imparato ad individuare i momenti
in cui la natura empatica dell’amica finiva per oscurarle il
giudizio, facendola sentire in qualche modo responsabile di azioni o
eventi al di là del suo controllo. Non che lo comprendesse a
fondo, questo meccanismo, ma essere in grado di individuarne i segnali
lo aiutava a capire quando intervenire per ristabilire un certo livello
di sensatezza nel dialogo.
«Come vedi, non è necessario arrovellarsi oltre su
chi ha causato cosa.»
Incrociando le braccia sotto il petto avvolto dalle strisce bianche e
nere della blusa, Misa si lasciò cadere contro schienale
della sedia, muovendo lo sguardo dalla sua espressione apatica, alla
sua mano scossa da lievi tremori, indugiando sul rossore
della pelle. L’incurvatura grave che avevano assunto le sue
sopracciglia s’accentuò.
«Può darsi.», la sentì
mormorare dopo qualche istante. «Ma ciò non toglie
che quel caffè e quella tazza sarebbero finiti addosso a
Misa, se non ti fossi messo in mezzo…»
«Corretto.»
«Non dirlo con quel tono, Ryuzaki… Così
suona come una cosa da niente!»
«È
una cosa da niente.»
«Ma--»
«Immagino tu sappia», tagliò corto lui,
«cosa sia il libero arbitrio, vero, Amane?»
«Sì, ma questo che
c’entra…?»
«Allora saprai anche che cosa decido o non decido di fare,
non ti riguarda.»
L’aria nella stanza parve rarefarsi e i due si studiarono in
silenzio, finché L decise di voltarsi per recuperare la
garza dalla scrivania, interrompendo il contatto.
«O avresti preferito…», si
ritrovò a chiederle, la voce venata di prudente
curiosità. «Ustionarti al posto mio?»
Gli occhi di Misa s’allargarono, inchiodandosi sui suoi come
quelli di un cervo abbagliato dai fari di una macchina. Una lieve
sfumatura di rosso le accese le guance ed il detective seppe, dalla
piega che le era appena comparsa sulla fronte, d’averle fatto
una domanda alla quale non era certa di saper rispondere.
«Misa… Misa non voleva suonare ingrata,
perché non lo è affatto.», si
scusò, solenne, abbandonando nuovamente la sedia
per avvicinarsi a lui. «Ma ogni volta che guarda la tua
mano…!»
«Allora smettila di fissarla.»
«Quanto la fai facile, tu!»
Con enfasi teatrale, la giovane idol pestò il piede a terra,
strappandogli di mano la garza.
«Sai che c’è? Misa ha una proposta:
lascia fare la fasciatura a lei, così può
sdebitarsi per quello che hai fatto!»
«Amane...»
«Su, qua la zampa!»
Preso alla sprovvista da quell’esortazione sopra le righe, L
la osservò per un primo momento senza risponderle, incapace
di stabilire se l’essere appellato come un animale da
compagnia lo irritasse o meno.
«Non è necessario. Posso fare da solo.»
«Oh, andiamo, Ryuzaki!»
Dinnanzi ad un ulteriore corrugamento della sua fronte, Misa
lasciò cadere la maschera da generale intransigente e
ridacchiò, decidendo di allungare un braccio verso di lui
per enfatizzare le proprie buone intenzioni.
«Puoi fidarti di Misa-Misa!»
Fiducia. Se
avesse dovuto considerare quella parola con la dovuta
serietà, era certo che la sua risposta le avrebbe spezzato il cuore.
Ah…
Le labbra gli si piegarono in una smorfia infastidita; quel singolo
pensiero, gli aveva fatto contrarre in maniera sgradevole le viscere.
Chissà, forse cominciava ad importagli un po’ troppo
di cosa potesse o meno ferirla. In effetti, anche qualche minuto prima,
aveva deliberatamente deciso di non
dirle che le bende che gli aveva portato con tanta
solerzia, non erano necessarie per un’ustione minore come la sua.
Sentendo l’agitazione fermentargli sempre più
nello stomaco, si costrinse ad inspirare con lentezza, focalizzandosi
sull’invito che quelle dita tese verso di lui gli stavano
offrendo, prima di lasciare che l’aria gli lasciasse
nuovamente i polmoni: le
attenzioni di Misa Amane. Il bambino egoista che
c’era in lui, non aveva dubbi a riguardo. Il detective
paranoico, d’altro canto, gli stava lanciando occhiatacce
ammonitrici dall’angolo razionale della sua mente.
«Ah, vedi? Rapido e indolore!»
Perso com’era nelle proprie elucubrazioni, L si rese conto
d’aver appoggiato la sua mano su quella dell’amica
solo quando percepì il calore di quel piccolo palmo
accogliente sotto il suo.
«Non è poi così difficile!»,
cinguettò ancora lei, rivolgendogli un sorriso incoraggiante che
parve vibrare, prima di spegnersi in una linea pensosa. «A te
e Light… Proprio non piace il contatto con le persone,
eh?»
Senza aspettare una sua risposta, Misa tese la benda tra le dita,
cominciando ad avvolgerne un capo attorno al suo polso. L
assecondò il silenzio che seguì, gli occhi neri
intenti a contemplare la fasciatura prendere forma attorno alla sua
pelle; c’era grazia nei movimenti della idol, ed una
dimestichezza tale da fargli intuire che non era la prima volta
che le capitava di farlo. Per quale motivo, però, rimaneva
un mistero.
«Non è corretto.»
«Oh?»
«Quello che hai detto. Non è corretto.»
Il detective esitò, portandosi la mano libera alle labbra
per mordicchiarne il pollice.
«Se sei tu a starmi vicino, non mi da’ fastidio.
Non più, per lo meno.»
Finendo quasi per strozzarsi con la propria saliva, Misa
sollevò il capo di colpo, i capelli una cornice
d’oro attorno al pallore del volto; cercò freneticamente il suo sguardo, tra pigolii e balbettii
incoerenti, frugandovi dentro con un’intensità che gli fece
avvertire una sgradevole fitta la petto.
«O-Oh! Misa non può crederci! Davve-- Aspetta un attimo.»
Silenzio.
«Vuoi dire che prima ti infastidiva?»
«Sì.»
L’entusiasmo che l’aveva animata fino a qualche
attimo prima parve esplodere in mille pezzi, facendola afflosciare su
sé stessa come un palloncino.
«… Accidenti, Ryuzaki. Quanto sei
freddo.»
Contrariamente a quanto sarebbe stato lecito aspettarsi (tenendo conto delle loro precedenti interazioni, per lo meno), Misa non
vendicò l’offesa appena subita prendendolo a calci
o pugni ma, sbuffando appena, scosse il capo, con gli occhi illuminati
da quella che avrebbe potuto definirsi solo come divertita
esasperazione.
«Quante volte Misa deve ripeterti che non ci si rivolge
così ad una ragazza?»
«Avresti preferito che mentissi?»
Un’improvvisa fitta di dolore lo avvertì che la presa di Misa attorno alla sua mano s’era stretta un po’ più del dovuto.
Bizzarro.
Qualcosa, dentro di lui, lo fece sentire in dovere di ricambiare quel gesto, di stringerle la mano a sua volta.
C’era qualcosa di storto in quel silenzio.
«... Amane?»
D’un tratto Misa sembrava… Triste.
Non riuscendo a trovare una risposta, tra le mille ipotesi che avevano
preso a ronzargli nella testa, L decise di lasciare che
l’istinto gli muovesse le dita impacciate lungo il polso della ragazza. Dopo una breve titubanza, glielo strinse con delicatezza, in attesa di un nuovo input.
«No, niente bugie.» La voce della idol era ridotta
ad un bisbiglio. «Misa ti preferisce così come
sei.»
Preso alla sprovvista, il detective non riuscì a dissimulare
il sussulto che lo scosse a quella rivelazione, facendolo oscillare
pericolosamente sulla sedia. Non che l’imbarazzo
l’avrebbe
fermato dal rovesciare quella situazione a proprio vantaggio,
ovviamente.
«Amane… », cominciò infatti,
chinando lo sguardo sulle loro mani, prima di tornare a scrutare Misa
con la studiata innocenza di un bambino. «Sei conscia del
fatto che non dovresti dire queste cose a cuor leggero? Potrei
fraintendere.»
«Eh? Guarda che non è affatto facile
dire... Be’, quel che ho detto!»
Con le guance gonfie, la giovane drizzò le spalle, pronta a
proseguire il proprio
discorso ma poi ci ripensò, portarsi una mano alle labbra.
Fu affascinate osservare come le bastò un battito di ciglia,
per arrossire fino alla punta delle orecchie.
«E poi n-non intendevo che mi piaci in quel senso, cretino d’un
pervertito!»
Ah, interessante. Non ha
usato la terza persona.
Fu il turno di L di sorridere, con una luce dispettosa ad
assottigliargli lo sguardo. Di quel passo, avrebbe finito
per sentirsi grato a quello scemo di Matsuda per quel piccolo incidente.
.:~*~:.
Ah, cominciamo l’anno nuovo con qualcosa di dolce! ♡ ... Tanto, durante l’epifania
è legale ingrassare (???).
…
Ok, dunque, riassumendo l’episodio: L mente. Mente
perché è allievo di Dottor House.
Mente
perché non vuole rinunciare alle attenzioni di Misa. Mente
perché non vuole ferirla. E, alla fine del racconto, fa il
finto tonto primo, perché Misa era triste e voleva trovare
un sistema per distrarla. E, secondo, perché da vecchia
volpe qual è, se ne approfitta anche per testare le sue
reazioni hah hah hah XD
Confesso che scrivere dal punto di vista di L è divertente,
perché vengono alla luce tante di quelle contraddizioni in
quel che dice e quel che pensa... Però, miseria, quanto
è complicato
quel gufetto dannato.
Lui teme di perdere i neuroni con le lagne di Misa, e io nel frattempo li ho già bruciati
tutti per mettermi nei suoi panni.
Oh, well! X°DDD
Concludo dando il benvenuto ai nuovi lettori (yo~!), salutando i vecchi
(yo~!), e ringraziando in particolare shera_darknight, che
aggiunto questa raccolta tra le seguite! (*˙︶˙*)☆*°
See ya,
Shadow
Eyes
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Capitolo 9 *** A Moment in Time {Death Note | Manga!Verse} ***
LMisa SV
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
65. A Moment in Time
{Death Note | Manga!Verse}
Moving the hair out of your eyes
Telling me things I want to believe
Hotel
Lights – “Nobody Let You Down”
La luce calda del sole filtrava dalla finestra, scaldandogli il volto.
Per essere una giornata invernale, era gradevolmente tersa; ma non
c’era nulla in quella vista, né il viavai
d’auto e
persone, né i colori brillanti di negozi e abiti, che
riusciva a
ravvivargli un po’ l’umore.
Con il naso all’insù, L seguì
l’ascendere
lento della condensa creata dal suo respiro lungo il vetro,
finché non finì per velare lo squarcio azzurro di
cielo
che spiccava sullo scialbore dei palazzi. Per molti, in special modo i
bambini, quella superficie di vapore grigiastro era un invito a
decorare la finestra con fugaci disegni e scritte d’ogni
tipo – Misa e Matsuda ne avrebbero approfittato
volentieri,
ne era pressoché certo.
I peli del collo gli si rizzarono; quello strato umido di condensa non
suscitava nessuna attrattiva su di lui. Anche il semplice immaginare di
toccarlo col il dito lo raccapricciava.
Con un sospiro, il detective s’allontanò dalla
finestra,
andando ad appollaiarsi su uno dei divanetti, i piedi affondati nella
seduta morbida. Aveva da poco concesso alla squadra una breve pausa
prima di riprendere a lavorare – l’occasione
perfetta per
godersi un po’ di pace e silenzio, in una stanza che
solitamente
non veniva usata da nessuno.
La porta si spalancò, facendogli irrigidire la mascella.
«Eccoti qua!»
O meglio, così aveva
sperato.
Passi frettolosi avanzarono verso il divanetto, fermandosi alle sue
spalle e venendo sostituiti quasi immediatamente dal tramestio di
oggetti di varie dimensioni.
«Uffa, non l’avrò dimenticat…
Ah!»
Lo sfrigolio di bustine di plastica fu l’ultimo suono che L
ebbe
la premura di ascoltare, prima di sprofondare ancora una volta nei cupi
recessi della propria mente. Doveva trovare un sistema per dare ordine
ai propri pensieri.
Mi chiedo cosa farebbe
Light in una circostanza come questa…
Erano giorni, ormai, che un
incubo
ricorrente gli appestava quelle poche ore di sonno che si concedeva a
settimana. Il problema, tuttavia, non erano i ritmi di riposo
scombussolati – a quelli era abituato –, ma le
sensazioni
che gli strascichi del sogno gli lasciavano addosso quando si
svegliava. Lo facevano sentire molle, completamente drenato di ogni
energia e, come se non bastasse, la sua produttività nelle
indagini ne aveva
risentito
di riflesso.
«Tutto bene, Ryuzaki? … Hai certi occhi da pesce
lesso!»
La spensierata schiettezza di quel commento lo riscosse dalle proprie
elucubrazioni. Con la coda dell’occhio, L scorse una
minigonna
svolazzante ruotare verso di lui, lasciando ben poco su quel che celava
all’immaginazione. Tamburellando le dita sulle le ginocchia,
inspirò lentamente, voltando il capo verso le finestre.
«Be’?»
Misa poggiò con cura una pochette nera sul bracciolo del
divanetto e si lasciò cadere accanto a lui, canticchiando
qualcosa tra i denti. L’aggiunta d’altro peso fece
affondare di lato il cuscino sul quale se ne stava accovacciato,
facendogli perdere l’equilibrio e, non avendo il minimo
interesse
a reagire, L lasciò che la gravità lo trascinasse
in
basso. Una parte di lui, sperava che quel suo stato di abulia avrebbe
finito per innervosire la idol, convincendola a non ficcanasare troppo.
Sapeva bene che uno dei suoi passatempi preferiti era fargli il verso,
quindi fornirle ulteriori munizioni raccontandole dell’incubo
non era decisamente nel suo
interesse.
La sua guancia atterrò su qualcosa di caldo e Misa
sussultò con uno strillo, facendolo sobbalzare a sua volta.
«Oh.»
Erano le sue gambe.
«Sono costernato.»
«Come no, mai sentita voce più
costernata!»
Si sentì afferrare per un braccio.
«Forza, alzati, scemo d’un
Ryuzaki! Non sei mica Light!»
«Il tuo spirito d’osservazione è
sconvolgente, Amane.»
«Come osi, maledetto…!»
Le dita di Misa si serrarono convulsamente attorno al suo gomito
– per essere una ragazza che pesava sì e no
quaranta chili
bagnata, aveva una presa notevole, si ritrovò ad osservare.
Il
che non era un bene.
Riscoprendosi vagamente preoccupato per la propria
incolumità,
il detective decise di fare l’opossum, restando
appallottolato su
sé stesso mentre la giovane lo sollevava di peso,
risistemandolo
sul cuscino con la perizia di un decoratore d’interni.
«Ecco fatto! … E ora ce la fai a dire a Misa
perché hai quel muso lungo, senza fare il
pervertito?»
L si stava preparando ad ignorare ancora una volta la sequela di
domande in arrivo, quando qualcosa attirò il suo olfatto:
c’era una scia dolce nell’aria e il suo stomaco
gorgogliò in risposta.
Magnifico.
Adesso non solo era demotivato, ma aveva anche fame.
«Ehi, ci sei?»
D’un tratto, gli arrivarono un paio di gomitate
nelle costole.
«Misa sta parlando con te!»
«Lasciami in pace, Amane.»
L’asprezza che gli venò la voce fu involontaria ma
riuscì comunque a zittire Misa, che alzò
sbuffando le braccia in segno di resa.
Con una stretta allo stomaco di cui non riuscì ad
identificare
l’origine, il detective tornò a fissare il vuoto
davanti a
sé, non curandosi di spostare le ciocche di capelli che gli
erano ricadute sul volto e avevano preso a pizzicargli il naso.
«… E va bene, come vuoi. Misa era solo un
po’
preocc…», la idol si alzò in
piedi, afferrando la borsetta
e cominciando a frugarci nuovamente dentro. «Anzi, no. Voleva
solo essere gentile,
ecco.»
«Mh?»
Qualcosa lo colpì d’improvviso al braccio,
producendo uno sfrigolio familiare.
«Tieni.»
Incerto se voltarsi o meno, L optò per una sbirciata rapida,
notando una confezione di plastica trasparente nella quale erano
stati graziosamente racchiusi cioccolatini di ogni forma:
c’erano
stelle, cuori, orsetti e gattini stilizzati, tutti glassati con tenui
sfumature pastello. Il suo stomaco si lasciò andare ad un
nuovo,
sonoro ruggito: ecco trovata la fonte di quel profumo che aveva sentito
poco prima.
Non fece in tempo a registrare la nozione, tuttavia, che un nuovo
particolare reclamò immediatamente tutta la sua attenzione.
Cioccolatini.
Misa Amane
gli stava porgendo dei cioccolatini.
Cacciò un grido.
«Ma sei impazzito? Vuoi fare venire alla povera Misa-Misa un
infarto?!»
Il ceffone che gli arrivò sulla nuca non fu una sorpresa.
Senza fare una piega, il
detective si raddrizzò e, con drammatica lentezza e la bocca
spalancata, si voltò finalmente verso Misa.
«Amane…»
«C-Cosa…?»
La fissò in silenzio, con uno sguardo strabuzzato talmente
opprimente da farla deglutire per l’agitazione.
«Quei cioccolatini…»
«… Sì?»
Si portò una mano alle labbra.
«Come hai fatto a capire che avevo fame?»
La tensione che aveva immobilizzato la idol fino a quel momento parve
esploderle lungo tutto il corpo sottoforma di tremori; ci
mancò
poco che non stritolasse la confezione di leccornie tra le
dita,
tanto era oltraggiata dalla natura deliberatamente – a quanto pareva
– offensiva della sua domanda.
«Accidenti.», mormorò, lanciandogli la
bustina
contro. «E Misa che pensava volessi chiederle
chissà
cosa…!»
«… Non credo di capire. Cosa avrei dovuto
chiederti?»
Questa volta fu lei ad ignorarlo; dopo aver inspirato ed espirato
più volte, Misa si passò le mani sul volto, come
a voler
trovare un minimo di contegno, prima di riprendere la conversazione.
«Certe volte sei così scemo, Ryuzaki, che Misa
stenta a
credere che tu sia il migliore detective dell’universo
–
Ѐ
inutile che fai quella
faccia.
Comunque sia, Misa non sapeva avessi fame. Cioè
sì. No,
nel senso... Non che ci voglia molto a capirlo. Tu mangi di continuo.»,
fece spallucce, poggiandosi le mani sui fianchi. «Ma lasciamo
perdere il tuo stomaco... Non è per quello che Misa ti ha
preso quei cioccolatini.»
«Li hai presi per… Me?»
«Non farti strane idee, eh! Ѐ tomo-choko!»
«“Tomo-choko”?»
A quanto pare, non era proprio giornata per le domande sagaci.
«Ma sei serio? Oh, aspetta un attimo,
c’è una
chiamata per Misa…», fiatò la idol, con
un sorriso
storto che sapeva tanto di incredulità. Finse di portarsi un
cellulare all’orecchio, drizzando la schiena e premendo la
mano
destra sul petto. «Pront… Come dici? Oggi
è san
Valentino e tutto il mondo lo sa, tranne
Ryuzaki?»
«San… Oh.»
Assorbendo ogni sillaba di quella rivelazione, L si portò
l’indice tra i denti, assaltandone l’unghia.
Era san Valentino.
Strano come
bastasse un serial killer a piede libero, per fargli dimenticare le
grandi occasioni. Pregò che Dio potesse perdonarlo.
«Divertente.»
Fingendo di non aver visto la linguaccia che gli riservò
Misa in
risposta, mosse lo sguardo sul piccolo dono che giaceva sulle sue
gambe, sfiorandone il fiocco rosa con la punta delle dita; era liscio e
morbido al tatto. Doveva essere andata a comprarlo in un negozio
specializzato e, a giudicare dall’aspetto pregiato dei
dolciumi,
doveva anche aver speso un bel po’.
Ci sono un paio di
pasticcerie nelle vicinanze che corrispondono a questi criteri.
Da sotto le ciglia scure, L lanciò uno sguardo rapido alla
ragazza, notando che si era di nuovo seduta e se stava poggiata contro
il bracciolo del divanetto ad osservarlo, le sopracciglia strette in un
piglio attento.
Ci tiene davvero
così tanto a non sfigurare davanti a me? ... Vorrei davvero
capire cosa le passa per la testa.
Afferrò
un’estremità del fiocco tra l’indice e
il pollice e
lo sciolse con calma, aprendo la confezione: l’odore dolce
di prima gli investì le narici a piena potenza, facendolo
salivare dall’anticipazione. In un paio di secondi,
afferrò ed ingollò due gattini glassati,
facendo
rimanere Misa di sasso. La dolcezza dello zucchero e l’amaro
del
cacao si complimentavano con armonia sulla sua lingua, che in poco
tempo venne rivestita dalla vellutata morbidezza del cuore liquido dei
cioccolatini. Il detective mugugnò, sentendo
un’ondata di
piacere risalirgli lungo le guance.
«Sono ottimi.», mormorò, leccandosi le
labbra. «Ti ringrazio.»
«O-Oh… Bene!»,
riuscì a balbettare Misa
di rimando, chiaramente a disagio di fronte al suo bizzarro modo di
mangiare. «Misa ne è contenta!»
«Ne vuoi assaggiare uno?»
«Ah, no, grazie.» Gli sorrise e gli occhi, con sua
sorpresa, le si illuminarono. «Sono tutti tuoi!»
Sembra davvero
soddisfatta...
«… Come desideri.»
Tra i due calò presto il silenzio, intervallato dal
rovistare di
L nella bustina, che continuava imperterrito a pescare e mangiare i
cioccolatini. Forse avrebbe potuto raccontarle del sogno,
pensò.
Forse glielo doveva.
In fondo, nonostante il suo atteggiamento
scorbutico, Misa aveva comunque scelto di dargli il suo regalo per San
Valentino.
«… Da un po’ di tempo faccio un incubo
ricorrente.»
Il collo della ragazza si raddrizzò
quell’ammissione
improvvisa,
e ciò bastò ad L per capire che aveva tutta la
sua
attenzione.
«Incubo?»
«Sì. C’è una caramella
davanti a me. È
diversa da tutte le altre e… Per qualche motivo, sento di
doverla prendere.»
Tacque per un istante, studiando ancora una volta
l’espressione di Misa con la coda dell’occhio: se
ne stava seduta al suo
fianco, il busto e lo sguardo immobili nella sua direzione. Non
c’era traccia di scherno sui suoi lineamenti bianchi, solo
una
comprensibile curiosità.
«Brilla e galleggia nel vuoto.»,
proseguì allora,
animandosi. «Cerco in ogni modo d’afferrarla ma,
ogni volta
che sono a un passo dal toccarla, la mia mano comincia sanguinare e non
riesco più a chiudere le dita.»
«Questa caramella… »,
cominciò Misa,
incrociando con eleganza le gambe. «Com’è?»
«Ѐ tonda, incartata in un involucro bianco e nero.»
«Oh. Nient’altro?»
«Ha… Un buon odore.»
«Un buon odore.»
«Esatto, simile al–»
… Tuo.
«Ryuzaki, perché questo sogno ti deprime
così tanto?»
Preso alla sprovvista dal cambio brusco d’argomento, L
evitò gli occhi ambrati dell’amica, abbandonando
gli
ultimi due cioccolatini rimasti per tornare a mordicchiarsi le unghie
della mano destra.
«Perché mi lascia una strana sensazione
addosso… Come se mi stesse sfuggendo qualcosa. Un
indizio, o un
dettaglio…»
«Oh, andiamo, Ryuzaki! È soltanto un
sogno!»
«Ne sono ben consapevole, Amane. Ma se quella caramella fosse Kira…»
«Oh!»
«Allora è possibile che il mio subconscio mi stia
suggerendo che sto
sbagliando qualcosa.»
«Sbagliare? Tu?»
«… Ti ringrazio per la fiducia, ma può darsi
che…»
«Frena un attimo, Ryuzaki… E se non fosse
così?»
Il detective batté ciglio.
«Cosa intendi?»
«Forse… Quella caramella non è
Kira.»,
ipotizzò Misa, assumendo l’aria di chi la sa
lunga.
«Forse quella caramella è… Ѐ qualcosa
che desideri!
O qualcuno che ti piace! Hah! Scommetto che a questo non avevi
pensato!»
A dispetto dell’apatia che trasudava dalla sua espressione, L
sentì la pelle gelare e tutte le articolazioni formicolargli
alla sola idea che potesse davvero trattarsi d’un desiderio
represso o d’amore. Aveva dunque perso ore preziose di tempo
a
preoccuparsi di una questione così
triviale? No, non riusciva a
convincersene; c’erano troppi elementi che non tornavano.
Che la
caramella sia
lei?
«… Non ha alcun senso.»
«Che senso hanno le caramelle volanti, allora? O che
brillano?
È un sogno!
… Poi riflettici bene: potrebbe anche essere una
semplice caramella. Tu hai sentito un buon
odore, no?»
«Corretto.
Il resto del sogno, tuttavia, non lascia
indiz–»
«In più, qualsiasi cosa tu faccia, non riesci a
prenderla,
giusto?», tagliò corto la giovane, piegando il
braccio e
poggiando il mento tra indice e pollice. «Quindi Misa
è propensa a
pensare che, se non si tratta di amore, allora si tratta di…
Oh, reggiti forte, Ryuzaki: fame
notturna!»
«Brillante.»
«Andiamo, se esistesse un sistema per ingozzarsi di dolci
anche durante il sonno, tu non lo useresti?»
Intimamente affascinato da quel suggerimento, il detective la
fissò in silenzio.
Be’...
«… No.»
«Hai esitato… Allora Misa-Misa ci ha preso! Caso chiuso,
Washington!»
«Watson.»
«Eh?»
Amane… Che stia cercando di manipolarmi?
La frettolosità delle sue argomentazioni e il lieve rossore
sulla punta delle orecchie rendevano palese quanto fosse incerta della
propria supposizione. L poggiò le mani sulle ginocchia,
grattando la superficie ruvida dei jeans con le dita.
Il fatto che io pensi d’essere fuoristrada sul caso Kira
l’ha messa in allarme?
Lo sguardo gli cadde sulla confezione-regalo e qualcosa, nella sua
mente, si smosse. Da quanto l’aveva visto giù di
morale,
Misa non gli si era scollata di dosso un solo istante. Avrebbe
potuto
andarsene quando voleva. O prenderlo in giro.
Ah.
Invece gli era rimasta cocciutamente accanto, cercando, a modo suo, di
tirarlo fuori da quello stato di scoramento. Che fosse davvero
preoccupata per lui?
«Sai, Amane, potresti anche aver ragione. Che si tratti
d’un desiderio o di Kira, un sogno non rappresenta una prova
indiziaria… Inutile ricamarci sopra.»
«Vero?», miagolò la giovane,
compiaciuta,
colpendolo giocosamente con la spalla. «Dovresti dare retta a
Misa più spesso.»
«Non t’allargare.»
«... Vuoi fare a botte, Ryuzaki?»
L fu tentato di sorridere, ma se lo impedì mordicchiandosi
il labbro inferiore.
«Ascolta, Amane, io… Ti devo un ringraziamento.»
Per un effetto che al novanta virgola tre per cento era dovuto ad un
qualche tipo di suggestione, la sua voce parve rimbombare attorno a
loro come se fosse stato
l’unico suono nell’intera città.
«Non fosse stato per la tua irritante insistenza,
io…»
«“Irritante”?
Oh, tu sì che sai come ringraziare un’amica,
Ryuzaki!»
La pernacchia che si premurò di utilizzare Misa per
concludere la propria osservazione, riuscì a spazzare via
nel detective la voglia di
proseguire il
discorso – non c’era maniera di spuntarla, con lei.
Il modo,
tuttavia, in cui le guance le si gonfiarono per
lo sdegno, gli impedì di tenerle il broncio
per
più di un secondo.
«Comunque, di niente. A Misa non piace vederti depresso. Sei
antiestetico. Più
del solito.»
La giovane sollevò il mento e L scosse il capo, guardando
quel profilo
delicato mascherarsi d’alterigia.
Che commediante.
Strano, però, come le fosse bastata una semplice
frase per riempirlo di energia.
«… E così sarei antiestetico?»
«Esatto!»
Adesso, più la osservava, più
avvertiva nel petto qualcosa crescere e gonfiarsi fino a
schiacciargli i polmoni, mozzandogli il respiro.
Doveva fare qualcosa, dirle
qualcosa. Sentiva il bisogno di riprovarci. Magari questa volta Misa
non lo avrebbe interrotto.
«Amane…»
Tacque. Mettere in fila più di una parola di senso compiuto
non era mai stata un’operazione così
complessa;
ogni concetto gli si attorcigliava attorno alla lingua,
impedendole di
muoversi secondo la sua volontà. Non riusciva a ragionare,
aveva
un solo impulso chiaro in mente. Un gesto semplice, in
realtà. Qualcosa di cui,
forse, avrebbe finito per pentirsi in pochi secondi.
Ne valeva la pena?
Misa... Mi chiedo se
questo valga come ringraziamento.
Con lo stomaco che sembrava pronto a rivoltarsi, si
sporse di lato, baciandole la guancia. Sotto le sue labbra, la pelle
liscia della giovane parve prendere fuoco, e lui non vide altro che
bianco, prima di allontanarsi da lei con il cuore che
gli pulsava in gola talmente forte da nausearlo. Si coprì la
bocca con il dorso della mano, inspirando piano.
Ѐ questo... Che
si prova?
Con dita tremanti, Misa si sfiorò la guancia arrossata come
in
trance. Lentamente, mosse lo sguardo su di lui, scrutandolo da
sotto le lunghe ciglia nere.
«Ryuzaki, q-quando Misa ha detto che… Cioè,
non
i-intendeva…!», provò a spiegargli, irradiando
tutt’attorno un calore
talmente intenso da raggiungere il suo posto sul divanetto.
«… Wow.»
Il detective si mostrò interessato a quel balbettio
incoerente, approfittando
di quel breve lasso di tempo per recuperare un po’ di
lucidità. Aveva l’impressione che le labbra, per
qualche folle motivo, gli stessero formicolando ed aveva una gran
voglia di voltarsi e baciare Misa ancora e ancora.
…
Ma che gli prendeva?! Stava diventando isterico
– e non se
lo poteva permettere.
Dopotutto, l’aveva fatto solo per ringraziarla,
no?
«Sai… Durante la mia infanzia, una sola persona mi ha
mostrato
cosa vuol dire
prendersi cura di qualcuno e io… Io non ho mai–» S’interruppe bruscamente. «Be’, non sono avvezzo a dare o a ricevere premure, tuttavia…», le disse
infine, rivolgendole un breve cenno col
capo.
«Ti sono grato per quello che hai fatto oggi per me.»
Misa scostò una ciocca di capelli dal volto, portandosela
dietro l’orecchio; era rossa come un pomodoro ma la piega
dolce che avevano assunto i suoi occhi, gli suggerì che
aveva apprezzato la sua piccola confessione.
«Ah, così va meglio!» Inclinò
il capo, sorridendogli. «Non c’è di che,
Ryuzaki.»
L cacciò la mano nella scatola semivuota, afferrando
l’orsetto e la stella rimasti: li divorò come se
non ci
fosse un domani.
.:~*~:.
E, con questo capitolo, siamo quasi alla fine della raccolta! YAY!
Puntata in cui Misa, con la sua testardaggine, riesce a fare aprire un
pochino L! *commossa* … Wow, Misa, great work! Keep it up,
I’m proud of you! X°D
… Lo so, ho fatto la smielata a San Valentino. Che orrido cliché.
¯\_(ツ)_/¯ Ci tenevo a scrivere qualcosa per questa
occasione (tra l’altro, ce l’ho fatta per il rotto
della cuffia)… Penso sia la storia più lunga
fin’ora. Mi sono fatta trascinare dall’AMOUR TOUJOURS DES CROISSANTS
[???],
ok?
...
Sto bene, lo giuro. X°D
Un grande ringraziamento a tutti coloro che stanno seguendo e leggendo
questa raccolta! In particolare, una stellina d’oro va
all’impavida anima conosciuta come littlekilljoy, che
non solo ha aggiunto la storia tra le seguite, ma anche tra le
preferite. Grazie~! {´◕ ◡ ◕`}
P.S.: Il
“Tomo-chocko” che Misa regala a Ryuzaki,
è il “cioccolato dell’amico”.
In Giappone, a San Valentino le ragazze regalano il cioccolato non solo
all’innamorato, ma anche ad amici e colleghi, ed ogni tipo di
cioccolato ha un suo nome e una sua valenza simbolica.
See ya,
Shadow
Eyes
|
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Capitolo 10 *** Everyday Magic {Death Note | Manga!Verse} ***
LM Neve
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
48. Everyday Magic
{Death Note | Manga!Verse}
And as far as we go
And how little we know
Joji –
“Thom”
I fiocchi di neve gli turbinarono attorno, sospinti dal vento tagliente
di dicembre.
«… He’s
making a list and checking it twice:»
Era affascinante rilevare quanti piccoli dettagli superficiali
arricchivano l’atmosfera cittadina con l’arrivo del
Natale,
portando a risplendere persino la linea grigia dei palazzi. Le strade
si erano trasformate in un trionfo stordente di mezzi di trasporto e
passanti inebriati dallo spirito delle feste, un susseguirsi di
decorazioni luminose ad intermittenza e rumori frastornanti i cui bassi
gli riverberavano nella cassa toracica prima di svanire.
Un paio
d’ore…
Avrebbe dovuto resistere poco meno di un paio d’ore, per
potersi reimmergere nella quiete del quartier generale.
«Gonna find out Who’s
naughty and nice.»
L inspirò e si sforzò di deglutire quando una
macchina
gli passò accanto con un rombo, il fetore del gas di scarico
un’altra indesiderata aggiunta a quel potpourri di odori male
assortiti che circolava tutt’attorno.
“Il Natale è pura magia
nell’aria!”, gli aveva
detto Matsuda. “Respirala, Ryuzaki, lasciati
trasportare!”.
Si chiese quanta magia avesse nei polmoni in quel momento.
«Santa Claus is coming to town!
He sees you when you’re…»
Continuò a camminare in quel viavai colorato
finché la
vetrina di un negozio di giocattoli richiamò la sua
attenzione,
facendolo voltare. Il suo riflesso ricambiò il suo sguardo
incuriosito, prima di imitare il suo sgomento: era cereo.
Più
del solito.
Istintivamente, si portò una mano alle guance e i suoi
polpastrelli intirizziti parvero incidergli la pelle come delle lame di
rasoio.
La temperatura
dev’essere vicina allo zero.
Aldilà del vetro, una commessa lo scorse e gli sorrise. Lui
s’affrettò ad afferrare il risvolto del cappello,
tirandolo quasi fino a
coprirsi gli occhi.
Come il resto del gruppo riuscisse a passeggiare spensieratamente con
la minaccia di Kira che incombeva su tutte le loro teste era
un mistero. Perdevano tempo prezioso a comportarsi come comuni
cittadini quando di comune, in quella faccenda, non c’era
nulla.
Amane… Quanti
problemi mi crei.
«Ah!»
Un ticchettio frettoloso di tacchi sul marciapiede gli fece trarre un
sospiro, che salì in una spirale verso il cielo plumbeo.
«Ryuzaki!»
Il detective piegò la testa di lato, girandosi:
tra gli
astanti, c’era una figura infagottata in una lunga sciarpa
rossa. Ed era
in rapido avvicinamento.
… E adesso
cosa vorrà?
Con una mano premuta sul berretto di lana e i capelli che le
svolazzavano attorno al volto, Misa zigzagò tra la folla in
movimento, fermandosi solo quando finalmente lo raggiunse. Era paonazza.
«Aman–»
«Ma che ci fai ancora qui?», lo interuppe lei,
piegandosi in avanti per
riprendere fiato. «Sei rimasto indietro come uno scemo! Non
sarà che…»
Raddrizzandosi di colpo, gli piantò un indice accusatore
contro il petto.
«Stai cercando di
saltare le spese natalizie?»
L inspirò rumorosamente attraverso le narici, assumendo la
migliore espressione oltraggiata che quei pochi secondi di tempo gli
avevano concesso di raffazzonare.
«Amane, questa tua sfiducia mi offende nel profondo. Io non
sto assolutamente – non oserei mai…!»
«Come no, mai
e poi mai!», gli fece il verso lei,
poggiandosi le mani sui fianchi. «A Misa non la dai a bere,
mio
caro… Ormai sa leggere in quella testa da porcospino che ti
ritrovi!»
«Ah, davvero?»
«Certo! Scommetto che eri sicuro che, visto
c’è
anche Light, avrei finito per dimenticarmi la tua promessa,
vero?»
«… Non hai alcuna prova.»
Tra le ciocche di frangia che gli ricadevano sugli occhi, il detective
intravide la figura minuta di Misa vibrare di sdegno, pronta a
ribattere, ma l’improvviso strombazzare di un
camion gli
impedì di capire ciò che disse. Stordito dal
rumore,
seguì di riflesso il mezzo imponente mentre si insinuava tra
le
macchine, tentando di raggiungere con evidente fretta il semaforo in
una polverulenta nube di smog.
«… zaki?»
Mancano due secondi esatti al rosso. Non ce la farà a
superarlo.
«Ryuzaki, ti senti bene?»
La domanda estemporanea ebbe l’effetto di riconquistare la
sua
attenzione. L piegò il collo e si volse verso Misa,
accigliato, mentre lo stridore di una frenata brusca e il levarsi
d’un coro indignato di clacson gli confermavano che
il
camion era
stato costretto a fermarsi davanti all’incrocio, proprio come
aveva previsto.
«Sì, perc– Oh.»
Solo allora s’accorse di aver premuto il dorso della mano
contro il naso, in cerca di un labile sollievo dal lezzo che aleggiava
per strada. Con la mandibola serrata, abbassò il braccio di
qualche centimetro, annusando l’aria.
Si sta attenuando.
«Sei pallido.»
«Ho bisogno di zucchero.»
Replica meccanica, pronunciata con un accenno d’impazienza.
Come prevedibile, Misa inarcò le sopracciglia, scetticismo ed esasperazione a contendersi i suoi lineamenti.
«Zucchero?»
L annuì; preferiva che l’amica alzasse gli occhi
al cielo
per quella scusa, piuttosto che confessarle che la sua voglia di
ciondolare per vetrine e circondarsi di passanti chiacchierini, che
spintonavano e indicavano le decorazioni cittadine come se non ne
avessero mai vista una, aveva già raggiunto i
minimi storici.
Farmi promettere di venire con voi…
Quel mondo vivace e brillante non gli apparteneva. Era frastornante.
Ma te di certo non importa, Amane. Non hai riguardo per niente e
nessuno, quando ti metti una cosa in testa…
Come se fosse riuscita a percepire la piega fosca del suo umore, Misa
lo scrutò in silenzio con gli occhi larghi e pieni di
pensieri,
dondolandosi sui talloni, le dita affondate nella sciarpa di lana rossa
che portava al collo.
«Ryuzaki, è davvero un peso così
grande, per te, uscire un po’? Ѐ quasi Natale!»
Il detective sospirò. L’amore per il contatto
umano era
una caratteristica tipica degli estroversi, così come lo era
socializzare quotidianamente. Lui non aveva mai condiviso quegli
impulsi. Non s’era mai sentito estatico, o pieno
d’energia
al pensiero di dover entrare in contatto con altre persone. Soprattutto
se costretto.
«Non ti basta che stia mantenendo la promessa,
Amane?»
Qualcosa gli si agitò tra le viscere quando si rese conto
che
quello che aveva detto non suonava affatto come una domanda. Se lo
fosse stata davvero, l’avrebbe posta in un tono tale da
ammettere
repliche, non con l’insofferenza di chi vuole chiudere in
fretta
la questione.
Misa lasciò cadere lo sguardo sul marciapiede innevato,
sembrando molto interessata a contare le impronte di scarpe che lo
tappezzavano.
«Stare sempre soli non è un
bene…»
«Neanche essere obbligati a stare con qualcuno quando non lo
si vuole, se è per questo.»
Questa volta L si morse la lingua – si stava scaldando per un
nonnulla. Non poteva permettere che quel piccolo risentimento gli
oscurasse il giudizio. Non voleva litigare. Non lo voleva davvero. Del
resto, era in grado di comprendere il punto di vista della idol, per
quanto non fosse nelle sue corde.
Lei, d’altro canto, non s’è mai sforzata
di comprendere il mio…
Batté ciglio.
Forse era quella,
la radice del sua irritazione. Possibile fosse
davvero così infantile? La retoricità sottesa di
quel
dubbio lo fece incupire.
«Quando è stata l’ultima volta che hai
sorriso?»
La voce di Misa era un sussurro tra le musiche natalizie e il rombare
del traffico, un richiamo discreto alla realtà, a lei.
«… Prego?»
«L’ultima volta che hai sorriso.», lo
incalzò
la ragazza, sollevando gli occhi ambrati in cerca dei suoi.
«Quand’è stata?»
L schiuse le labbra. Ne uscì solo vapore.
«Non te lo ricordi nemmeno, non è
così?»
Nove giorni fa. Tre e dodici minuti del pomeriggio. Matsuda ha colpito
Light per errore con il braccio, lasciandogli il naso arrossato per
l’intera giornata.
La sua memoria difficilmente gli permetteva
di dimenticare un evento. Persino un dettaglio così
insignificante
come il movimento goffo di un suo collega, continuava a rimanergli
vivido nei ricordi per mesi. Il realizzare che fosse, però,
passato così
tanto tempo dell’ultima volta che aveva
provato uno sprazzo di felicità – per quanto
puerile
– lo convinse a tenersi per sé
quell’obiezione.
Misa, seppur partendo da una supposizione errata, aveva colto qualcosa
nel segno, dopotutto. Qualcosa a cui lui stesso aveva evitato di fare
caso.
«Misa sa cosa vuol dire.» Le dita le si
arricciarono
attorno agli orli delle maniche del cappotto, tirandoli sopra i polsi
bianchi. «C’è stato un periodo in cui
non avrebbe
saputo nemmeno dire se fuori casa sua fosse giorno o notte. Non le
importava.»
Il detective seguì quei movimenti involontari, nervosi,
finché le pareti della gola gli si contrassero in maniera
talmente convulsa da fargli male. Nella massa informe di sagome e volti
che l’attorniavano, d’un tratto Misa gli parve
persa. Sola.
… Quando mi guardi, vedi la stessa cosa?
Una serie di brividi gli risalirono lungo la colonna vertebrale,
facendogli avvertire una lieve nausea.
«… Ryuzaki, sei sicuro di stare bene?»
L annuì appena.
«Perdonami, Amane.»
Fece un passo verso di lei, scrutandola attraverso i ciuffi di
capelli che il vento gli scostava a tratti dal viso emaciato.
«Ho lavorato per così tanto tempo da solo che la
mia
capacità di comprendere i sentimenti altrui, a volte, non
è all’altezza della situazione. Tu eri…
In pensiero
per me e io ho interpretato le tue azioni come un’arrogante
intromissione nei miei affari personali.»
Inspirò ed espirò, rubandosi qualche secondo in
più di tempo per dare ordine ai propri pensieri, prima di
riprendere a parlare.
«Il mio desiderio di servire le giustizia ha sempre superato
in
intensità qualsiasi mia altra pulsione. Rinuncerei a tutto,
pur
di perseguire nel mio scopo. Mangiare, bere, dormire –
persino i
miei sentimenti personali vengono in secondo piano e tu...
L’hai capito. In un certo senso, siamo simili.»
«Simili?»
L chinò lo sguardo livido, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans.
«Ciò che tu fai in nome
dell’amore, io lo faccio in nome della giustizia.»
«Oh.»
«Ѐ per questo che mi hai costretto a fare una
paus–»
A dispetto della piega sofferente che avevano assunto le sue
sopracciglia chiare, Misa sbuffò appena e
ridacchiò,
sventolando una mano.
«Ah, insomma, Ryuzaki! Chi è che chiede scusa così?
Guarda quante rughe ti sono uscite sulla fronte per lo sforzo che hai
fatto!»
Il detective batté ciglio, distogliendo lo sguardo. Era
certo
che, infrascata com’era tra berretto di lana e ciocche di
frangia, la sua fronte non fosse affatto visibile.
Non vuole che mi senta in imbarazzo... Ѐ per questo che sta scherzando?
«Amane…»
«Seriamente, che discorsi complicati che fai.», lo
bloccò lei, divertita, facendo qualche passo nella sua
direzione.
«Ma, per tua fortuna, Misa sa come risolvere tutto per il meglio!»
L la sentì premere la punta dell’indice contro il
risvolto
del suo cappello, pungolandolo appena per richiamare i suoi occhi su di
lei, prima di fare un saltello indietro.
«Che ne dici di fare un compromesso? Solo per oggi?»
Non promette bene.
«… Cosa hai in mente?»
«Oh, non fare quella
faccia e
ascolta
l’eccezionale idea di Misa… Dunque!»,
gorgheggiò la giovane e
drizzò le spalle, assumendo l’aria di una maestra
che sta
per spiegare un concetto molto semplice ad uno studente molto ottuso.
«Tu, Ryuzaki, devi essere al massimo della forma per
combattere
il crimine, no? E Misa-Misa è felice se le persone a cui
vuole
bene sono felici… Quindi perché non ti godi
questa
piccola pausa con tutti noi e poi, al ritorno, usi l’energia
che
ha recuperato per catturare Kira? Due piccioni con una fava! E, se
accetti, Misa promette solennemente che ti lascerà in pace per
tutto il resto della giornata!»
Ah.
«Interessante.», si ritrovò a concederle
lui, suo
malgrado. «Stai dicendo che, una volta raggiunto il quartier
generale, non mi rivolgerai più la parola fino a domani
mattina?»
«Esatto!»
Un sogno.
«Niente domande fuori luogo? Niente strilli? Niente
appuntamenti con Light nel mezzo delle indagini?»
«Croce sul cuore: Misa-Misa giura che se ne starà
buona buona in camera sua! … Allora? Accetti?»
L si trattenne dal risponderle immediatamente, giusto per il gusto di
guardarla saltellare da un piede all’altro per un
po’, in
preda alla tensione.
«D’accordo, Amane. Le tue mi sembrano condizioni
ragionevoli.», le disse infine, prima battersi
l’indice sulle
labbra con aria assorta. «Anche se, in realtà,
avrei
un’ultima domanda…»
«Spara!»
«Sbaglio, o hai appena ammesso di volermi bene?»
Quelle semplici parole, recitate con la magistrale imitazione
dell’innocenza di un bambino, ebbero l’effetto di
una
scarica elettrica sulla idol, che sussultò, fissandolo con
espressione sconvolta.
Dopo tutto il tempo passato insieme, credevo fosse più
familiare a certi miei meccanismi.
«A-Ah, sì? Misa ha detto proprio
così?»
L dovette far forza su tutti i suoi muscoli facciali per non sorridere,
ma il brillio intenso dei suoi occhi neri tradì comunque la
sua
esultanza.
«Temo di sì.»
A pensarci, quella era la prima sensazione gradevole che
aveva provato da quando aveva messo piede fuori dal quartier generale.
Forse avrebbe dovuto cominciare a considerare seriamente
l’idea di essere infantile, sul fronte emotivo.
«Oh, ma guarda quanto tempo abbiamo perso! Light e gli altri
si
saranno congelati, nel frattempo!», esclamò Misa,
tirando
il cellulare fuori dalla tasca e mostrandogli lo schermo spento.
«Ah, no, giusto… Che scema! Hanno detto che ci
avrebbero
aspettato nel caffè lì vicino!»
Fingendo di non aver notato il brusco cambio di argomento né
la
gaffe, L contò le nuvolette di vapore acqueo che le
lasciavano
le labbra rosse ad ogni respiro, risalendo in spirali evanescenti tra i
fiocchi di neve.
«Ah, sì? Hanno detto proprio
così?»
«Sì! Q-Quindi… Quindi bando alle ciance
e andiamo!
Prima li raggiungiamo, prima potrai ingozzarti di dolci e ricominciare
a pensare a cose
intelligenti!»
Accennandogli di seguirla, la giovane s’avviò
verso il
passaggio pedonale, seguita dalla scia infuocata della sua sciarpa. Per
un frammento di secondo, nel constrastante biancore delle strade
sembrò esserci solo lei.
«No, aspetta.»
«Mh?»
L la vide fermarsi di colpo sul bordo del marciapiede e
voltarsi
a guardarlo. Stralunato, arrestò il passo e
ricambiò
quello sguardo vagamente ostile, notando con sorpresa che anche
l’espressione impacciata di Misa era mutata. In un broncio,
per
la precisione.
... Non capisco. Non
avevamo appena risolto tutto per il meglio?
«C’è qualcosa che non va?»,
s’azzardò a domandarle.
Lei esitò, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro
l’orecchio.
«… No.»
Sta mentendo.
La fronte del detective si corrugò in una piega incerta.
… Di solito non è così facile capirlo.
Prima che avesse il tempo di formulare un’ipotesi riguardo
quel
curioso cambio di registro, Misa piegò le braccia,
afferrando e
sciogliendo il nodo che le teneva la sciarpa ben annodata attorno al
collo. Qualche fiocco di neve che vi si era posato sopra cadde mentre
se la sfilava con grazia, trasportato via dalla corrente algida.
«Non ti azzardare a fraintendere, eh! »,
borbottò,
storcendo le labbra. «Misa stava solo pensando
che…
Be’, chiudi
il becco!»
L si grattò la guancia.
Perché deve
sempre essere così contorta con me?
«“Fraintendere”? Temo che tu stia
sopravvalutando la
mia capacità di interpretare quello che hai appena farfugliato,
Amane.», dichiarò, facendo spallucce.
«Comincio ad
avere il sospetto che ti si sia ghiacciato il cervello.»
Il suo commento indelicato accese le guance di Misa d’uno
scarlatto vibrante.
«Che…? Quella roba succede con i gelati,
cretino!»
«In realtà può verificarsi anche quando
si beve
qualcosa di molto freddo.», ribatté lui,
sollevando
l’indice con fare zelante. «O quando
l’orofaringe
rimane esposta per molto
tempo a basse temperature. Hai mai provato a leccare un lampione
d’inverno, per esempio?»
L’espressione scandalizzata che le strappò con
quella domanda fu una replica più che eloquente.
«Ottimo. Perché, una volta che la lingua si
attacca al
metallo, so… Da fonti
certe che è molto doloroso.»
«Be’, grazie, professore.»
Scuotendo il capo, Misa parve riacquistare il solito brio e si
sollevò sulle punte dei piedi, passandogli con un saltello
la
sciarpa attorno alle spalle curve. L la lasciò fare;
dopotutto,
dubitava che la sua intenzione fosse quella di strangolarlo in pubblico
per qualche frecciatina.
C’erano troppi testimoni.
«… Sua Grazia potrebbe abbassarsi un
po’?»
A quella richiesta grondante sarcasmo, il detective espirò
rumorosamente e gli occhi neri gli si socchiusero,
increspandosi agli angoli in un accenno di divertimento.
C’era
qualcosa, nell’intimità di quel gesto, che gli
stava
facendo accelerare il battito. Che lo stava facendo sentire bene.
«Sai, Amane…»
S’ingobbì in avanti, sfiorando inavvertitamente il
naso di Misa con il suo. Si ritrasse un po’.
«Sono certo che, qui in Giappone, sia oltremodo sconveniente
per
una ragazza stare così vicina ad un ragazzo. Soprattutto per
strada.»
«E da quando in qua ti metti a fare il paladino del pudore, tu?»
«Non ho intenzione di nobilitare con un commento
quest’offesa gratuita.»
Emettendo un suono simile allo sbuffo di una teiera, la idol
afferrò una delle due estremità rosso fiamma
della
sciarpa, sollevandola e facendola volteggiare una seconda volta attorno
al suo collo con un guizzo del gomito.
«Ci siamo quasi…», mormorò
poi, più a
sé stessa che a lui, procedendo a tirare e piegare
l’altro
lato con un una strana luce negli occhi. «Ah,
perfetto!»
L contemplò in silenzio il decisamente poco virile nodo a
mezzo fiocco che gli sfiorava la guancia.
«… Adesso siamo fidanzati?»
«Seh, nei tuoi sogni!», sbottò Misa,
facendogli la linguaccia. «Piuttosto, diamoci una
mossa!»
Senza degnarsi di dargli il tempo di risponderle, la giovane
saltò oltre marciapiede in un tornado di capelli biondi,
mescolandosi alla folla che si era precipitata sulle strisce pedonali
allo scoccare del verde.
Stava…
Ridendo?
L si infilò le mani in tasca e la seguì,
incamminandosi
sul velo di neve che aveva imbiancato di fresco l’asfalto,
lasciandosi alle spalle le impronte delle sue scarpette da ginnastica
logore. C’era un sentore d’errato nel calpestare
quel manto
uniforme, nel disarmonizzarlo.
«Permesso, vado di fretta… Permesso!»
O forse era il suo disdegno per la sporcizia a suggestionarlo.
Un uomo gli passò accanto, urtandogli la spalla; non si
voltò a guardarlo, ma borbottò qualcosa tra i
denti che
suonava di scuse, mentre veniva inghiottito dal marasma di volti e voci
che l’attorniavano, sparendo quasi non fosse mai esistito. Un
Taro Yamada tra i tanti.
Il sentimento
d’isolamento che una calca del genere riusciva ad instillare
era alienante.
«Ryuzaki, sbrigati!»
L si guardò attorno: il berretto nero con teschi di Misa
fece
capolino da quella miriade di teste, seguito dalla proprietaria che
piroettò con agilità tra i passanti per raggiungerlo.
… Ancora non
riesco a spiegarmi come una persona così minuta possa
contenere così tanta energia.
«Amane, se continui a correre così finirai per
scivolare.»
«Sei tu che sei troppo lento, lumaca! Ci stanno
aspettando!»
«Ciò non camb–»
Una folata di vento li investì in pieno, spazzando via il
resto delle sue parole.
Rabbrividendo, il detective affondò l’indice e il
pollice
nell’orlo morbido della sciarpa, tirandoselo sul dorso del
naso;
la lana gli pizzicava la pelle ma la sensazione di sollievo che il suo
calore creava, compensò immediatamente quel piccolo fastidio.
«Forza, forza!», trillò Misa,
prendendolo
sottobraccio per sospingerlo in avanti. «Pensa ai
dolcetti!»
«Ai dolcetti…?»
Influenzato da quel suggerimento, L immaginò per un istante
di
stare camminando in una pasticceria e si perse fra immagini multicolori
di manju, biscotti, cioccolatini ed una lista mentale delle fragranze
che avrebbero potuto esserci tutt’attorno; l’odore
avvolgente del caramello, la delicatezza della vaniglia, una tenue nota
di talco. Poteva quasi sentirla.
Un momento…
Talco?
Annusò l’aria con circospezione, rendendosi conto
che
tutti quei profumi non erano frutto della sua immaginazione. Affatto.
«La tua sciarpa ha un buon odore.»
… Adesso
è tutto chiaro.
«Eh?»
«La tua sciarpa ha un buon odore, Amane.»,
ripeté,
lasciando vagare lo sguardo sulle persone che gli passavano davanti.
«Ѐ per questo che me l’hai prestata?»
Menare il can per l’aia non era esattamente una sua
specialità.
«Ah…»
«… Capisco.»
Inizialmente, aveva ipotizzato che infiocchettarlo come un balocco
fosse stato un piccolo dispetto per la sua mancanza di tatto
– un
semplice capriccio mirato ad imbarazzarlo. Non che potesse
completamente escluderlo; l’artefice dell’opera era
di Misa
Amane, del resto.
Eppure…
«E anche se fosse?», eruppe la idol, sollevando il
mento
con fare altezzoso. «Ad ogni macchina che passa diventi un
cadavere!»
«Questo non è vero.»
«Sì che è vero! E Misa non
può mica passare la giornata a raccoglierti col cucchiaino.»
L sospirò.
Finiva sempre così. Ogni frase si trasformava in un
battibecco,
sebbene le loro intenzioni alla radice fossero tutt’altre.
Era
davvero così complicato essere onesti, per una volta?
Rallentò il passo.
«Amane…?»
«Mh?»
«Grazie.»
Avvertì le dita della ragazza stingersi attorno al suo
gomito e
si voltò a guardarla con espressione interrogativa. Lei
evitò di ricambiare il suo sguardo ma sorrise appena,
infilando
la mano libera nella tasca del cappotto.
… Che abbia
freddo?
Possibile. Del resto, la postura del suo braccio non le stava certo
offrendo un riparo, né un appiglio decente.
Forse dovrei…
Tempo fa, Watari gli aveva sciorinato una serie di regole del galateo,
compreso il protocollo da seguire in caso di una passeggiata a
braccetto con una signora. Gli era sempre stato chiaro che il buon uomo
ci tenesse a non farlo apparire come un buzzurro, durante i suoi rari
incontri a tu per tu con i clienti. Non che avesse mai provato in prima
persona quel tipo di pressione sociale, ma poteva comunque comprenderne
i
meccanismi alla base e usarli a suo vantaggio.
Tolse le mani ossute dalle tasche dei jeans e piegò con
delicatezza il braccio che Misa gli stava cingendo, accostandoselo al
fianco in modo da ripararle la mano dal vento.
«Va meglio?»
La giovane sembrava scioccata.
«Ryuzaki, Misa lo sa che è la terza volta che te
lo chiede ma… Sei sicuro
sicuro di stare bene?»
Con uno sbuffo leggero L sorrise, lo sguardo perso tra i fiocchi di
neve.
«Adesso sì.»
Non lo avrebbe ammesso ad alta voce ma, forse, adesso, un po’
di
magia la sentiva.
.:~*~:.
Nel frattempo, nel
caffé:
Light, sorrise tra sé: aveva appena scorto in lontanaza Misa
e
Ryuzaki a braccetto. Ora aveva il materiale per punzecchiare e prendere
per il culo il suo rivale per settimane. Così
imparava a
ridere delle sue disgrazie. Il naso, ogni tanto, gli faceva ancora male.
FINE
Hah hah hah XD
Dunque! Episodio in cui Misa nota che le indagini vanno a rilento
perché tutto lo staff è stremato, in particolare
L che mangia e dorme pochissimo per lavorare più
ore, e li
costringe a fare una pausa con la scusa del Natale e dello shopping. E,
visto che comunque
è sempre impulsiva e prepotente, il buon L si accorge in
ritardo
delle sue buone intenzioni.
Il tema è la comunicazione. Che alle volte è un
pelino complicata. Giusto un pelino-ino-ino.
Durante una festa, per esempio,
se un estroverso vede un introveso che se ne sta solo in un angolo,
pensa di fare la cosa giusta avvicinandosi a chiacchierare un
po’. L’introverso, invece, magari
così finisce per sentirsi ancora più a
disagio.
Oppure, se un introverso si trova ad avere a che fare con un estroverso
in
crisi, potrebbe decidere di rispettare i suoi sentimenti e non fargli
domande
troppo invadenti. Ma, così facedo, magari
l’estroverso potrebbe pensare che all’introverso
non gliene importi niente del suo malessere.
Insomma, penso che L e Misa siano un po’ così e io
nON SONO BRAVA A SPIEGARE ‘STE
COSE. Lo so. ç_____ç Il succo è che, a
volte, ci dimentichiamo che
esistono altri punti di vista, oltre al nostro. E fraintendiamo. O
prendiamo sempre tutto sul personale, quando invece, dietro ad
un gesto apparentemente invadente, ci possono essere anche delle buone
intenzioni. Per
carità, non
sempre, eh. Ma questo non deve impedirci di
sondare il terreno per capirlo, ok? Brav.
...
E mobbasta veramente però. Passiamo alle mini note, va!
- La canzone che L sente per strada, “Santa Claus
Is Coming to Town”, l’ho scelta
perché, se si distorce un po il constesto,
può ricordare anche quello che fa Kira, con la sua lista. Il
Natale dell’inquietudine hah hah hah XD
- Onestamente, non so se L abbia la memoria eidetica o
meno... Ho fatto qualche ricerca, ma non sono riuscita a trovare una
risposta certa, così ho semplicemente scritto che gli
sfuggono ben poche cose.
- “Taro Yamada” (come “John
Doe” in America)
è un nome usato in Giappone per riferirsi ad un uomo la cui
reale identità è sconosciuta. In Italia, viene
definito
“Ignoto”. E basta. Niente nomi comuni tipo
“signor
Rossi”, o Pierfranco.
- Misa è un criceto iperattivo.
Ah, e il prossimo capitolo sarà anche l’ultimo. Ho
deciso di
costruirlo con una serie di frammenti su questi due paperi,
perché mi sono venute mille idee in mente che non sono
riuscita a sviluppare bene in singole one shot. Ma, visto che
funzionano bene anche come tante piccole finestre sulla
quotidianità di L e Misa, così sia.
Passando ai saluti, ringrazio tutti i lettori vecchi e nuovi, in
particolare Liry_chan,
che ha fatto l’errore madornale di aggiungere questa raccolta
ai preferiti hah hah hah hah X°D Sei ancora in
tempo per
scappare GRAZIE! ~ヾ(^∇^)
See ya,
Shadow
Eyes
|
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Capitolo 11 *** Heart Song {“L Change the WorLd” | Book!Verse} ***
Heart Song_LxMisa
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]
45. Heart Song
{“L Change the WorLd” | Book!Verse}
Let me in the wall
you’ve built around
And we can light a match and burn them down.
And let me hold your hand and dance ‘round and
‘round the flames
In front of us.
Dust to dust.
The Civil Wars
– “Dust to Dust”
«Ryuzaki,
tu credi nel destino?»
Il
vento le sollevò pigramente i capelli dalle spalle, e quei
riflessi d’oro ricchi, accecanti, parvero incendiare la
stanza mentre se ne stava poggiata con gli avambracci sul davanzale
della finestra.
L
infilò le mani nelle tasche ruvide dei jeans. Quella, era
una domanda che non si sarebbe aspettato di ricevere da Misa Amane. Non
in quel modo per lo meno. Non che ci fosse qualcosa
d’inappropriato nell’argomento di per sé
– era stato interrogato su questioni ben più
bizzarre dal buon Matsuda –, ma quel tono di segreto appena
sussurrato che la idol aveva usato era intimo, quasi
imbarazzante. Gli aveva dato come l’impressione che la
risposta da darle fosse qualcosa da confessare tra le coltri di un
letto, non sotto la luce splendente del sole di luglio.
Che stia tentando
di giustificarmi la sua ossessione per Kira con il concetto di destino?
Inclinò
il capo di lato.
«Ѐ
il tuo modo per chiedermi un appuntamento, Amane?»
«Come
no… Scemo.» Lei abbozzò un sorriso
storto. «Misa stava pensando ai suoi genitori. Ѐ passato un
anno, ormai…»
Ricordi,
foto di stanze sporche di sangue e cocci, due corpi riversi sul
pavimento. Il detective conosceva a menadito ogni singolo dettaglio di
quel caso, ma lasciò che l’amica glielo
raccontasse con lo sguardo perso nella folla sottostante.
C’era qualcosa,
in lei, che non quadrava. Quella quiete, quell’assenza di
tensione nelle spalle non le appartenevano.
L
osservò la luce rifrangersi sulla pelle sottile, quasi
diafana della ragazza mentre congiungeva le dita magre tra loro;
sembrava una vila – selenica, fuori dal tempo.
Ha ricominciato a
saltare i pasti…
«Sai,
Misa non saprebbe neanche dire quanti mesi ha passato a pensare che
sarebbe stato meglio se si fosse trovata a casa, quel giorno. Con mamma
e papà.», la giovane fece una pausa, portandosi
una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Invece… Eccola qui.»
Il
detective inspirò lentamente. Era pressoché certo
che le convenzioni sociali, in quel momento, richiedessero da parte sua
parole di conforto; una frase gentile magari, o per lo meno di
circostanza.
... Ma per
qualche motivo, non credo sia questo che voglia.
Espirò.
Con qualche remora, mise da parte quell’impulso cortese,
chiedendosi piuttosto a cosa stesse puntando Misa con quel discorso a
cuore aperto. Nelle loro precedenti conversazioni, non aveva mai dato
segno d’amare crogiolarsi nella commiserazione.
Tutt’altro.
«Poi
c’è stato lo stalker…»
Uno
sbuffo e il detective la vide chinare il capo. Le si
avvicinò, poggiandosi di schiena contro la parete accanto
alla finestra. Neanche da quell’angolatura riuscì
a vederle con chiarezza gli occhi.
«Misa
era certa che fosse la punizione per…
Per…»
Il
sospiro che seguì gli si insinuò sottopelle,
stringendogli lo stomaco.
«Sai
bene che non è così.»
Le
labbra della idol si strinsero in una linea esangue.
«Sei
sopravvissuta a due circostanze indipendenti dalla tua
volontà. Non c’è colpa in
questo.»
«Quindi
era destino che dovesse andare così?»
La
domanda cadde nel vento caldo che scostò lievemente
l’anta della finestra, facendo cigolare le cerniere.
«Pensi
che ci sia qualcosa più grande di noi a guidare i nostri
passi? … Ha senso, no?», ragionò Misa,
il profilo bianco sollevato verso il cielo. «Quindi Misa
è ancora qui perché c’è
qualcosa che deve fare.»
«Alludi
a Kira?»
L
faticò a trattenere un sogghigno quando notò che
l’amica aveva arricciato il naso.
«Sembri
un disco rotto, Ryuzaki. Misa è
dalla tua parte, no? Quand’è che ti
fiderai, anche un solo pochino, di lei?»
«In
tal caso… Si tratta di Light?»
«No.»
Misa si piegò in avanti, appoggiando il mento sul palmo
della mano. «Light non ha bisogno di Misa. Light non
ha… Bisogno di nessuno.»
«…
Temo di non seguirti, Amane.»
«Ah.»
La
ragazza sussultò, come se quell’intera
conversazione fosse stata per lei solo un sogno ad occhi aperti e lui
l’avesse appena risvegliata con uno scossone.
«Perdona
la povera Misa-Misa… Sta dicendo delle cose strane, oggi,
eh?»
«Un
po’, sì.»
L
si allontanò dal muro, spostandosi accanto a lei, i pugni
poggiati sul davanzale bollente.
«Quando
hai detto d’essere mia amica… Io ti ho presa in
parola,
sai?»
La
natura estemporanea di quella confessione sortì
l’effetto desiderato, riempiendogli il petto di
compiacimento; Misa, difatti, inarcò le sopracciglia e si
voltò in cerca del suo sguardo, rivelandogli finalmente il
suo viso delicato e l’emozione che ne traspariva: una fedele
in ginocchio all’altare.
Ti sta uccidendo.
«Perciò,»,
proseguì il detective, compassato,
«farò ciò che è in mio
potere per aiutarti.»
Come puoi non
riconoscerlo? … O ti va bene così?
Ascoltò
la giovane sussurrare il suo nome. Poi le spalle le tremarono.
«…
Sempre che tu lo voglia, Amane.»
Fu
allora che qualcosa, in lei, andò
in pezzi.
Non
riuscì a sentire un solo grammo di rimorso.
«Sarebbe bello poter tornare indietro.»
I lacci rossi dei sandali oscillarono quando Misa tese le gambe al
vento di fine estate – due linee bianche contro il fuoco del
tramonto.
«A quando le cose erano più semplici.»
La guardò piegare le ginocchia sporche di terra e lasciare
cadere i talloni
sull’erba, tamburellandoli al ritmo di una canzone che aveva
preso a mormorare tra i denti; aveva quasi vent’anni ma
quell’energia che le rendeva ogni movimento un ghiribizzo
fanciullesco non sembrava averla abbandonata. Il che, per qualche
motivo che non riuscì a spiegarsi, era rassicurante.
«Trovi?»
La idol si stiracchiò, portandosi le mani sotto la nuca con
un sorriso. Quell’espressione distesa, gli ricordò
quella un gatto che aveva visto dormicchiare sul balcone di una
palazzina.
«Mh? Come, scusa?»
L poggiò le mani sulle ginocchia, percorrendo le linee curve
dell’osso con l’indice; sapeva che
l’amica in realtà aveva compreso perfettamente la
sua domanda e che fargliela ripetere era un modo come un altro per
guadagnare qualche secondo in più per imbastire una
risposta. L’assecondò.
«Pensi davvero che prima fosse tutto più
semplice?»
Una folata d’aria spazzò la collina, gonfiandogli
gli abiti. L’odore penetrante dell’erba era una
carezza per le sue le narici e non poté che riempirsi di
quell’aria leggera, abbracciando l’intera cittadina
sottostante con lo sguardo: vista da lassù, sembrava quasi
sospesa nel tempo, con la sua ordinata fila di case dai colori chiari
che circondavano, come perle, una chiesetta dal campanile svettante.
«Secondo te non è così,
Ryuzaki?»
I capelli di Misa ricaddero sull’erba con un fruscio dolce e
il prato scintillò di riflessi d’oro e platino.
«Be’… Forse hai ragione.»,
proseguì ancora lei, gli occhi immobili sulle fronde
dell’acero che li schermava dal sole. «Forse a Misa
manca semplicemente quello che aveva.»
«Comprensibile.», le concesse L e si volse a
guardarla, soffermandosi sulla linea serena delle sue labbra.
«Eppure non mi sembri… Triste.»
«Triste? Affatto.»
Le ombre purpuree delle foglie le scivolarono lungo la gola,
disegnandole motivi geometrici sulla pelle.
«Ѐ così bello qui.»
«Lieto ti piaccia.»
«Senti… Perché non ti sdrai un
po’ anche tu? Si vede lontano un chilometro che sei
stanco!»
Suggerimento invitante,
considerò il giovane; lo scontro contro Matoba
l’aveva visto uscire vittorioso ma indolenzito –
per non parlare dei lividi sparsi ovunque sul suo corpo.
Sarebbe stato giusto riposare, fermarsi un attimo. La semplice menzione
di un possibile cambio di posizione che non prevedesse il
raggomitolamento su sé stesso, tuttavia, gli fece arricciare
il naso.
«Non posso.»
Misa non diede alcun segno di sorpresa a quella risposta brusca.
«Meno nove punti intelligenza se lo fai?»
«… Bizzarro modo d’esprimersi ma
sì, è così. Mi sorprende che te lo
ricordi.»
«Esiste davvero un modo per dimenticare le tue
stramberie?»
Lui aggrottò la fronte, indispettito. Lei
ridacchiò.
«Anche a volerlo con tutto il cuore, Ryuzaki, non possiamo
dimenticare le persone con
cui condividiamo momenti importanti della vita… Non siamo
mica dei computer che possono fare il
coso che cancella tutto.»
«… Il reset?»
«Ah, è così che si dice?»
«Non posso credere che tu non conosca una nozione
così basilare d’informatica con il lavoro che
fai.»
«Misa-Misa è una idol, mica un tecnico! E poi non
serve
sapere tutti questi termini specifici per accendere un PC!»
L s’imbronciò.
«Non è questo il punto.»
«Oh, che muso lungo! … Indignarsi per una cosa del
genere è proprio da te, Ryuzaki.»
«Intendevi dire per una
sciocchezza del genere, o sbaglio?»
«… Può darsi.»
La risata di Misa si sollevò al cielo, ariosa, e una parte
di lui fu grata d’aver indossato la solita maglia a
maniche lunghe, perché quel suono gli aveva fatto
accapponare la
pelle. C’era una luminescenza vibrante in lei, qualcosa di
nuovo,
d’inspiegabile che s’irradiava tutto intorno fino a
lui, nella
sua testa, su per i nervi, fin a sfiorare ogni corda del suo cuore e a
farla cantare. Perdere Light l’aveva fatta rinascere.
«Sei cambiata, Amane.»
«Tu dici?»
«Ne sono convinto.»
«Ѐ un bene, no?»
La voce argentina di Misa tremò all’ultima
sillaba, quasi avesse per un attimo perso la convinzione in quello che
stava dicendo. Piegò il collo di lato e l’ambra
dei suoi occhi s’increspò, facendoli brillare.
Cosa…
Rumore bianco.
Il detective le rivolse una smorfia curiosa, dissimulando
così la scarica di tensione che gli aveva appena
elettrizzato la bocca dello stomaco. Misa lo stava fissando come se si
stesse aspettando
qualcosa da lui. Una conferma, forse? Che altro?
«… Suppongo di sì.»
Gli bastò vederla inarcare un sopracciglio, per sapere
d’aver sbagliato approccio. Dopotutto, la cautela con lei
funzionava raramente.
«“Suppongo
di sì”.»
La idol gli aveva appena fatto il verso alla perfezione, modulando la
voce in
un tono apatico talmente simile al suo da riempirlo di genuina
ammirazione. Peccato che in meno d’un battito di ciglia la
facciata professionale le
era colata via dal viso, rivelando l’espressione
contratta di chi ha appena tirato un morso ad un limone particolarmente
agro.
«Bah! Che razza di risposta. Non sa né di carne di
né di pesce.»
«Mi correggo: non sei cambiata poi molto.»
«E tu non sei cambiato affatto.»
«Ah, sì?»
«Sì, non capisci ancora nulla di
ragazze.»
«Su questo… Non posso darti torto.»
Con le dita strette tra le grinze dei jeans, L inclinò il
capo e la pioggia di luce che filtrava dalle foglie
dell’acero gli bagnò la guancia scarna. Il calore
gli fece socchiudere gli occhi, placandogli quel senso di inadeguatezza
che continuava a perseguitarlo ogni qualvolta s’approcciava
ad argomenti legati alla sfera sentimentale. Non facevano proprio per
lui. Eppure…
Sbirciò in direzione di Misa, venendo ricambiato da una
linguaccia giocosa che gli fece sprofondare
il cuore in petto.
C’erano molte, troppe
cose che avrebbe voluto dirle. Alcune non avrebbe potuto rivelargliele
neppure volendo. Altre non riusciva proprio a trasformarle in
proposizioni organiche.
Un giorno.
Un solo giorno.
«Avrei voluto avere più tempo per imparare a
capirti.»
Non gli restava altro.
Inspirò, lo stomaco gelato da quanta amarezza fosse
trapelata dalla sua voce. Non pensava di potersi emozionare per
un’ammissione del genere. Accidenti. Da
quando aveva
incontrato Maki, la sua affettività aveva preso a
manifestarsi con maggiore naturalezza sia nei gesti che nelle parole
– cosa che lo turbava non poco. Gli aveva
attaccato la
sentimentalite.
«Ah, ma ti
ascolti?»
Con un agile colpo di reni, Misa si alzò in piedi,
spostandosi davanti a lui con i pugni premuti contro i fianchi; la luce
sanguigna del sole si eclissò alle sue spalle, irraggiandosi
attorno al suo corpo, tra i capelli, nelle pieghe dell’abito
corto, che parve rilucere come se appartenesse ad una creatura celeste.
Perfetta illusione.
Maledizione…
Il detective si portò il pollice alle labbra, premendoci
contro il polpastrello per placare l’ansia che gli ronzava
tra i pensieri.
«Parli come se stessi sul letto di morte, scemo! Non sei mica
un vecchio!», stava sproloquiando nel frattempo
l’amica, concedendosi una breve pausa di riflessione prima di
proseguire. «… Oddio, a volte lo sembri proprio,
tutto ingobbito e immusonito su un computer – ma hai capito
il
succo! Hai tutta una vita per capire quello che ti pare!»
«Ah…»
L tacque. A volte, gli capitava d’ascoltare delle
affermazioni accidentali, il cui tempismo ironico era impressionante.
Lei aveva perso ogni ricordo legato al Death Note, non poteva sapere eppure
l’istinto e il caso le avevano fatto pronunciare quelle
esatte parole. Uno sbuffo divertito gli sfuggì dalle
labbra, che si storsero sotto il peso della menzogna che stava per
rigurgitare.
«Hai ragione, Amane. Il tempo… Non mi
manca.»
Trasalì quando il delicato piede della fanciulla che lo
sovrastava per poco non
pestò il suo.
«Non ce la fai nemmeno a guardare Misa negli occhi!»
Con un po’ d’indugio, il detective
sollevò lo sguardo e la vide
scoprire i denti – bianchi, impeccabili – con aria
altera, pronta ad inveirgli ancora una volta contro. La sua reazione, a
quanto pareva, l’aveva stizzita.
Non
c’è modo di averla vinta, con lei.
Avrebbe voluto alzarsi in piedi e allontanarsi di qualche passo da quel
broncio frustrato ma la sua amigdala continuava a suggerirgli, o meglio
a urlargli,
che muoversi in quel momento equivaleva a sfidarla;
così rimase rannicchiato su se stesso, sperando che la
ragazza mettesse presto ordine alle proprie emozioni.
«Cos’hai, Ryuzaki?»
«Amane…»
«C’è qualcosa che non hai detto
a Misa-Misa?»
L distinse una traccia strisciante, ineffabile come un’eco
nella voce della ragazza. Paranoia.
Uno strascico del suo
rapporto con Light è rimasto, allora.
Non era un bene. Non lo era affatto.
«Amane.»,
si
costrinse a ripetere ancora, infilandosi con indifferenza il mignolo
nel naso per grattarsi l’interno della narice. «Sei
visibilmente stressata. Vuoi una caramella?»
Nulla, su quella collina, diede accenni di vita per un minuto buono.
«Che c– No,
pazzoide che non sei altro!»
«Ne sei sicura? Ne ho portata una senza zucchero solo per
te.»
«Ma chi se ne frega! E levati quel dito dal naso, che
schifo!»
Misa calciò un ciuffo d’erba che
volò oltre la spalla del buon detective, decorandogli la
maglia
d’una spruzzata di terra.
«E va bene.», capitolò lui, sospirando.
«Ti
devo le mie
scuse: prima devo essermi espresso in maniera lievemente drammatica.
Tuttavia, ciò non toglie che avere dei rimpianti
è umano,
Amane. Non
dovresti leggere troppo tra le righe, o andrà a finire che
stravolgerai sempre il senso di quello che ti viene detto.»
«Ma perché è un rimpianto?
Misa…»
Il nero delle loro pupille si incontrò e qualcosa in lei si
smosse, facendole cascare le braccia lungo i fianchi; le
sopracciglia le si inclinarono, addolcendole l’espressione.
«Io
sono qui.»
Non aggiunse altro, lasciandosi cadere sulle ginocchia di
fronte ad L, le guance ingentilite d’una delicata sfumatura
amaranto.
Oh… Ha
abbandonato la terza persona.
Non l’aveva mai fatto prima. Nemmeno con Light. Soprattutto con
Light.
Dolore.
La
gola non gli aveva mai fatto così male. Il giovane
deglutì, processando quella novità con un certo
disagio.
Che voleva dire?
«Lo so. Ti ringrazio per esserti presa la briga di sfuggire
ancora al tuo manager per raggiungermi. Sono lusingato.»
«Che ne sai tu di…?»
«Quando sei arrivata avevi il fiatone. Inoltre: lo strappo
nell’abito. I capelli sciolti. Le ginocchia
imbrattate.»,
cantilenò lui, agitando l’indice per indicare ogni
cosa.
«Indicano fretta. Hai agito senza avere un piano ben
organizzato. Come al solito.»
«… Sei insopportabile.»
«Opinabile.»
«Opi– che?!
Comunque è inutile che cambi argomento!»
L trasse un profondo respiro.
«Ascolta, Amane. Comprendo la tua preoccupazione ma
sofferenza e perdita sono parte di chi siamo, non
bisogna averne paura.», provò a spiegarle,
«Perché temendole
permettiamo che siano le uniche cose a definirci.»
Si portò d’istinto il piede
sinistro sul destro, per grattarselo. Quando si rese conto di stare
indossando delle scarpette da ginnastica, emise un rantolo di
disappunto.
«Un gran spreco, non trovi?», continuò
allora, «Se ci pensi, in noi c’è
così
tanto potenziale: senso di giustizia, spirito di sacrificio, coraggio
ricominciare… La più matta speranza. Se
proprio
dev’esserci qualcosa a guidarci, perché non
lasciare che siano queste?»
Evitando lo sguardo disarmato di Misa, si voltò verso lo
zaino che aveva abbandonato contro il tronco dell’acero e
allungò un braccio, aprendolo. Frugò al suo
interno per un po’, prima di riuscire ad estrarne, tra
pollice e indice, un pacchetto di patatine chiuso in una busta
autosigillante.
«Qui dentro c’è qualcosa che considero
un tesoro.», mormorò, porgendola alla ragazza, che
batté ciglio prima di afferrarla. «Ma sono
arrivato a
concludere che è più giusto che l’abbia
tu.»
«… È una busta. Con dentro una busta di
patatine. A te non
piacciono
nemmeno, le patatine.»
«Non esattamente.»
Misa fece una smorfia incuriosita, dondolando il capo a destra e
sinistra per osservare il dono da ogni angolazione possibile.
«Ti servirà da monito.», si
premurò d’aggiungere nel frattempo il detective, criptico,
prendendo a
mangiucchiarsi le unghie. «Per il giorno in cui penserai che
non
c’è più nessuno che ha bisogno di
te.»
«Cosa…?»
«Aprila.»
Osservò con attenzione la giovane mentre strappava la
busta e affondava la mano nel pacchetto, tirandone fuori una
fotografia. La carta era d’una sfumatura giallognola e anche
l’immagine impressavi sopra portava i segni del tempo: con il
mare sullo sfondo, due famiglie stavano posando assieme per lo scatto,
tenendosi stretti gli uni agli altri. In primo piano c’erano
i volti tondi e sorridenti di due bambine: Misa e Maki.
«Questa… Ѐ la vacanza che abbiamo fatto
assieme.» Misa rigirò la foto tra le
dita, sfiorandone la superficie lucida con delicatezza, quasi avesse
timore che
potesse sbriciolarsi sotto il suo tocco.
«Maki…»
«Non è stato facile ottenerla.»,
annuì L, «Quella bambina è
un’ottima negoziatrice.»
La serietà del suo tono strappò a Misa una
risatina tremula.
«… Scherzi?»
«No.» Preso in contropiede da tanta
incredulità, piegò il capo di lato.
«L’ho dovuta barattare per l’oggetto a
cui tenevo di più in assoluto.»
«Non sarà stata una fragola o una caramella,
vero?»
«Con chi credi d’aver a che fare, Amane? Sono un
uomo d’onore, io.»
La guardò storcere le labbra in una smorfia ironica, prima
di replicare un semplice “a-ha” che lo fece
immusonire.
«Se proprio vuoi saperlo, le ho consegnato il mio personale
taccuino. Ci avevo annotato sopra ogni singolo dolce che ho mangiato da
quando sono arrivato qui in Giappone.»
«Ogni singolo–
Cavolo! Dovevi tenerci davvero
tanto, allora!»
«Sì.»
Era… Strano che capisse.
«Sì, è così.»
Era bello
che capisse.
«Pazzesco! Maki è un genietto del male!»
Sghignazzò Misa, stringendosi al petto la fotografia.
«Grazie, Ryuzaki… Questo è il pensiero
più dolce che abbia mai ricevuto. Non
lo dimenticherò.»
Calore. Il
detective sentì il sangue risalirgli lungo le
guance, facendogliele avvampare.
Che guaio.
Quell’espressione… Mi fa venir voglia
di vivere ancora un po’ in questo mondo.
Per poco non gli andò di traverso la propria saliva al
sentore di déjà-vu che quel pensiero gli
diede; tempo fa, in un altro luogo, in un’altra occasione,
aveva detto la stessa cosa ad
un’altra persona.
Watari.
«E a proposito di tesori…
Perché questa mia vecchia foto è
così preziosa per te?»,
cinguettò Misa con innocenza, gattonando verso le radici
dell’acero sulle quali giaceva una borsetta nera ricoperta di
borchie. «O forse speravi che non te l’avrei
chiesto?»
L si passò una mano dietro il collo, posando lo sguardo
sulla
curva nivea di quella schiena esile, contando le vertebre che
comparivano tra i lacetti intrecciati dell’abito.
«Non capisco cosa intendi, Amane. Sai bene che sono un tuo
grande fan, non te l’ho mai nascosto. Quella
fotografia… Ti è stata scattata prima del
successo. Ѐ a tutti gli effetti una rarità da collezione,
non potevo non volerla... Ma non è tutto.» Gli
angoli
delle labbra gli si piegarono in un sorriso che gli accese
d’un
baluginio vivace
gli occhi. «Quando l’ho vista, ho sentito di
comprendere il
legame emotivo che racchiudeva… E devo confessarti che mi
affascinava
l’idea d’averlo tutto per me, di essere custode di
quel
momento felice. Dev’essere stata una splendida
giornata.»
«Sì… Una delle più belle
della mia vita.»
Misa chiuse la pochette,
lasciando al suo interno quel frammento di passato.
«… Uffa!», sbuffò poi e si
prese il volto tra le mani, scuotendo furiosamente la testa.
«Ma come
fai a dire certe cose con quella voce da
robot? Rovini tutta l’atmosfera!»
«Quale atmosfera?»
La idol si sollevò in piedi, veleggiando tra i fili
d’erba
fino ad arrivare ad accomodandosi con grazia di fronte a lui,
prendendosi il tempo di accarezzare il fiocco di raso nero che le
cingeva la vita prima di degnarlo della propria attenzione.
«Ma tu ci sei o ci fai, porcospino dannato?»
Fece per
prendergli il
viso tra le mani ma si fermò di colpo con le
braccia a
mezz’aria, stupefatta.
«Oh, wow… E quello
cos’è?!»
«Cosa?»
L si guardò attorno.
«Come, “cosa”? Quello!»,
esclamò ancora lei, questa volta afferrandogli senza
esitazione il mento per farlo voltare. «Stai sorridendo,
Ryuzaki!»
«Le tue osservazioni argute non finiscono mai
d’impressionarmi, Amane.»
«Che scemo... Non credo d’averti mai visto
sorridere
così,
ok?»
La mano le cadde in grembo e lui si ritrovò a seguire quel
movimento come in trance, protendendosi in avanti.
«Sei… Felice?»
Il detective raddrizzò le spalle, schiarendosi la voce. Che
gli era preso?
«Direi di sì.»
«Mi piace il modo in cui cambia la tua espressione quando lo
sei.», mormorò Misa, annuendo tra sé
come se fosse arrivata a capo di una qualche diatriba interiore.
«Dovresti sorridere di più…
Sì, dovresti farlo più spesso!»
Inebetito dal quel complimento, L schiuse le labbra,
tamburellando le dita ossute sulle ginocchia. Non era abituato a ricevere commenti positivi sul suo aspetto. Meno che meno edulcorati da
una spontaneità che fugava ogni dubbio sulla loro
autenticità.
Si chiese se fosse stata la fantomatica “atmosfera”
da poco
accennata a favorire
quell’evento.
Oppure…?
«Questa… Ѐ la cosa più vicina ad una
dichiarazione d’amore che mi abbiano mai fatto.»
«E-Eh…?»
«Che devo fare, Amane?»
Mascherando il riso dietro una smorfia
d’ingenuo smarrimento, la punta di diamante della
Wammy’s House si portò una mano sul petto,
fissandone in
seguito il palmo come se avesse appena toccato un artefatto
alieno. Preso com’era dalla propria improvvisazione,
riuscì anche a farlo tremare un po’.
«Non mi sono mai sentito così…. Ho il
cuore che mi batte forte…!»
Con ineguagliabile raffinatezza, Misa aspirò una disumana (a
suo modesto parere)
quantità d’aria
dalla bocca, torcendosi di lato e schermandosi il viso per evitare la
fissità inquietante dei
suoi occhi sporgenti.
«Non guardarmi con quello sguardo da pesce
lesso!», eruppe con il tono più alto di
un’ottava. «… Non riesci mai a fare
il serio, Ryuzaki! Sempre a prendermi in giro!»
Rossa, rossa, sempre più rossa.
«Oh? Guarda che sono serissimo.»
«Seh! Ma ti rendi conto che vorrebbe dire che sei
innamorat–»
Sussultò.
«Mh? Cosa sarei?»
«... N-Niente! Anzi, uno scemo, come al solito!»
Pausa.
«Oh. Adesso invece il cuore mi fa male.»
«Smettila!»
«Interessante. Ѐ come se si stesse spezzando in due. In senso
figurato, ovviamen–»
Per poco non cadde in ginocchio sul prato, quando Misa gli
gettò
le braccia al collo, tirandolo a sé con un impeto tale da
riempirlo di brividi.
«Sei un cretino, Ryuzaki.»
Come se l’avesse fatto altre mille volte, la ragazza gli
poggiò il mento sulla spalla, solleticandogli la guancia con
i
suoi capelli
biondi. Vaniglia.
Sapevano ancora di vaniglia.
«E tu hai fatto esattamente il mio gioco, Amane.»
L’alone bollente d’un respiro sulla
pelle e la
risata della ragazza gli vibrò nelle ossa, riempiendolo di
desiderio di tenerla stretta a sé. Non si mosse.
Vorrei…
Il detective chiuse gli occhi, affondandole il naso
nell’incavo della clavicola, godendosi il tepore, la quiete
che solo quelle braccia riuscivano a dargli.
Non sentiva più nulla, né la stanchezza,
né il
dolore dei lividi; e dire che c’era stato un tempo in cui
avrebbe
fatto di tutto per fuggire da un contatto così
intimo.
Vorrei poter prolungare
questo
momento.
E il silenzio che gli aveva riempito le
orecchie sfumò
lentamente nel frinire degli insetti che risuonava nella
collina.
Era una cantilena soffusa, ritmica che gli si insinuò nella
mente, mutando forma, richiamando altri suoni che crearono
l’immagine di un paio di lancette d’orologio. Lo
scandire
inarrestabile dei secondi che continuavano a scorrere tra loro,
avvicinandolo all’orario della partenza.
«Quando…?»
Abbiamo…
Pensato la stessa cosa?
«L’ultimo
treno parte tra un’ora.»
Un sospiro e le unghie di Misa gli grattarono il collo,
serrandosi sulla sua maglia.
L si morse il labbro. Doveva sbrigarsi.
«Qualche tempo fa, mi hai chiesto se credessi o meno nel
destino, ricordi?»
«… Oh… Sì.»
C’era un’increspatura melanconica nella voce della
idol,
che tuttavia sciolse l’abbraccio per ascoltare quello che
aveva
da dire, l’inevitabile addio uno spettro che le aveva ormai
infestato i lineamenti, incupendoli.
«In verità, ho sempre ritenuto che il destino
fosse un concetto noioso.»
«… E hai aspettato tutto questo tempo per
dirmelo?»
Il giovane sogghignò appena, sapendo ancora prima
d’aprir bocca quanto le sue parole
l’avrebbero delusa; ma quello era l’ultimo nodo che
restava tra loro ed era intenzionato più che mai a
scioglierlo prima di tornarsene al quartier generale. Voleva
permetterle, seppure
per un istante, di sbirciare dietro la sua maschera perché lei gli aveva appena permesso di fare lo stesso.
«Pensaci bene:», proseguì quindi,
svelto,
sollevando l’indice. «se davvero esistesse un piano
prestabilito, vorrebbe dire che nessuno di noi ha libero arbitro,
né è responsabile delle proprie azioni. Non si
vince, non si perde. È inaccettabile.»
«Non… Non l’ho mai considerata da questo
punto di vista.»
«Lo presumevo.» L chiuse il pugno, lasciando ritto
solo il
mignolo ossuto, prendendo a fissarlo come se ci fosse attaccato qualcosa.
«Conosci la leggenda cinese del filo rosso del destino,
vero?»
Misa lo imitò di riflesso, osservando il proprio dito.
«Eh?! Ma cert–», esclamò,
decidendo poi di spezzare la frase in due serrando i denti.
«Lo trovi… Infantile?»
«Non ha importanza cosa penso. Importa che tu ci creda o
no.»
«Be’… Sì, io ci
credo.»
«Quindi sarebbe giusto pensare che saresti disposta ad amare
chiunque il
destino abbia scelto per te?»
«Certo che sì! Queste cose esistono
perché funzionano, testa di rapa!»
La giovane si batté i pugni sulle cosce, scandendo
l’insulto sporgendosi verso di lui con la mascella in fuori.
Sarà onestà, la sua? O mera testardaggine?
«E tu invece? Non credi in nulla, Ryuzaki?»
Gli occhi le si dilatarono, lucidi, ferventi ed L poté
scorgerci il suo riflesso scioccato al loro interno. Era vicina. Troppo
vicina.
«Nemmeno nella possibilità che da qualche parte
esista la persona perfetta per te?»
«Io…»
Esitò un istante. Uno solo.
«Non lo sopporterei.»
«Eh?!»
«Mettiamo il caso che ci creda, che un giorno sia
destinato
ad incontrare qualcuno di speciale…»,
ipotizzò lui, sentendo un fastidioso groppo in gola,
«Ciò significherebbe che
ogni relazione prima di quel fatidico giorno, è inevitabile
che fallisca.»
«Be’, sì, ovvio!»
«Se è così, allora è
altrettanto vero che, per quanto possa sforzarmi di capire la persona
che ho a fianco e possa combattere per riuscire a creare qualcosa con
lei, per quanto possa amarla e desiderarla, non
c’è
niente che
possa fare per restarle accanto. Non se non è lei
la predestinata. Quindi anche in questo contesto i miei sentimenti, la
mia volontà
non hanno alcun peso.»
«… Oh.»
L trasse fiato per proseguire ma la mascella fece fatica a
muoversi,
d’improvviso gelida, inerte.
«Non posso accettare che il mondo funzioni così,
Amane. E non dovresti anche tu.»
Chiuse la bocca, le spalle incurvate da tutta la spossatezza accumulata
in quel mese scriteriato; ora era tutto chiaro, aveva preteso troppo
dal proprio corpo e ne stava cominciando a pagare il prezzo.
Dita delicate, sottili, si sollevarono, sfiorandogli la guancia,
scaldandogli la pelle. Una carezza. Sospirò, sentendo ogni
fibra della sua mente corrodersi nel tentativo di mantenere la
lucidità.
La invidiava.
Misa faceva sembrare tutto così semplice; la
sua
vicinanza, la sua comprensione erano racchiuse il quel tocco. Non le
serviva altro per trasmettergliele. Avrebbe voluto essere in grado di
fare altrettanto, almeno con le parole.
Se solo…
«La tua felicità dipende da una sola
persona.»
«Da chi…?»
Un sbuffo tra il divertito e l’esasperato.
«Da te, scema
d’una Misa.»
«Ryuzaki…?»
La voce era un’eco lontana e lui
batté le palpebre, faticando a tenerle aperte. Da
quanto non dormiva?
«Hai detto il mio nome? Mi hai chiamata per nome?»
Osservò la giovane in silenzio, sorpreso di quanto grandi
e scuri fossero i suoi occhi; erano sempre stati belli, espressivi ma
adesso ardevano come stelle, accecanti, mesmerici.
«Il tuo nome…?»
«Sì, sì l’hai proprio detto.
Sembra… Sembra quasi qualcosa di buono, quando lo dici
tu.»
Il sole trapassò le nubi con i suoi ultimi raggi, inondando
cielo e terra di scie
bronzee e vermiglie che si rifransero sul prato, creando
tutt’intorno una radiazione calda e luminosa.
«Io… Sono fiero di quello che sei
diventata.»
«Cosa…?»
«Quel giorno, al concerto… Avresti potuto
abbandonare me e Maki ma non l’hai fatto. Pur di
aiutarci,
ti sei esposta ad un pericolo del quale non conoscevi nemmeno
l’entità.»
«Mis– Ti sono stata utile? Io?»
L inclinò la testa.
«Dire che sei stata essenziale
sarebbe quasi eufemismo. Non ce l’avrei mai fatta a
salvare Maki, senza il tuo intervento.»
Gli sembrò quasi di vedere cadere delle catene dai
polsi di Misa quando quelle sue mani piccole
– calde, calde, sempre
calde – gli tracciarono la linea degli zigomi,
leggere come non mai,
scivolandogli lungo le guance.
Stava… Piangendo.
«Perché…?»
Avvertì le sue dita volargli tra i capelli, sulla nuca,
tirandolo in avanti; l’odore di vaniglia lo avvolse ancora,
intenso, prima che il mondo sparisse nel bianco. Non c’era
più aria nei suoi polmoni, solo le labbra di Misa contro le
sue
e il sale delle sue lacrime.
Sconvolto com’era, nel momento in cui l’accaduto
gli divenne lampante, la ragazza si era già ritratta.
«Scusami, Ryuzaki, mi sono lasciata trasportare…
Che
scema.», disse e si lasciò andare ad una risata
acquosa.
«Se avessi potuto trovare le parole, se solo fossi in grado
di dirti
quello che…»
Questa volta fu la mano di L a cingerle il collo, mozzandole il fiato
in gola, chiudendo le distanze che c’erano tra loro.
Si sporse verso di lei piegando il capo, baciando quella bocca tremante
che si schiuse sotto la sua, accogliendolo, mandando in fiamme i suoi
sensi. Una risposta insperata che lo riempì di gioia e
terrore e
il suo cuore prese a gonfiarsi e gonfiarsi ad ogni battito, fino a
toccargli le
costole, fino a fargli male. Inspirò e si
abbandonò a
quel dolore dolceamaro, che lo staccò da terra, che gli
diede il
capogiro in un turbine senza suoni. Non c’erano pensieri
né percentuali. Fu quasi come dissolversi finché,
nella
vertigine, le braccia di Misa lo trovarono e lo strinsero, impedendogli
di perdersi completamente. Non aveva più paura.
Un rintocco.
Un altro.
Il calore gli si fermò a fior di labbra.
«Ah, le senti anche tu, Ryuzaki?»
Aprì gli occhi e il sorriso di Misa bruciò ogni cosa.
«Le campane… Che bel
suono.»
.:~*~:.
E ben ritrovati! (ノ´ヮ´)ノ*:・゚✧ Lo so, alla buon’ora
direte voi hah hah hah
Avevo detto che il finale sarebbe stata una raccolta di frammenti,
perché non riuscivo a mettere insieme i vari pezzi che avevo
in mente… Ma, dopo aver passato letteralmente quattro mesi a
scrivere e riscrivere questo capitolo, sono fiera di concludere questa
raccolta con un racconto vero e proprio. Onestamente, preferisco
così, perché a spezzettare tutto non riuscivo a
trasmettere abbastanza organicità alle varie parti per avere
senso.
…
Va be’, problemi mentali miei a parte, passiamo alle
note, va! X°D
Questo ultimo capitolo, è ambientato quasi alla fine del
romanzo “L
Change the WorLd” (un AU in cui L
sopravvive a Light, seppur per poco), durante
il penultimo giorno di vita del protagonista. Nello specifico:
- Il primo segmento è ambientato nel periodo in
cui sia Misa
che Light hanno recuperato i ricordi e il Death Note, e il loro
rapporto ha cominciato a deteriorarsi. L
se n’è accorto, quindi
decide di forzare la mano per
farlo capire anche a lei. Le propone anche una vita d’uscita,
ma lascia che sia Misa a fare la scelta finale.
Chiaramente, lei sceglie Light, come da copione…
Però
qualcosa in lei ha cominciato a
maturare da quella discussione;
- Il secondo segmento, invece, prende piede mesi dopo la
morte di
Light e alla fine della vita di L.
Perché ho scelto questa ambientazione per il finale?
Perché vivo di sofferenza
ho approfittato
del fatto che, nel romanzo, non viene raccontato cosa fa L durante
quella precisa
giornata (si sa solo che va a lasciare un dolce alla tomba di
Light). Quindi, nel contesto di questa raccolta, è
plausibile che
si
prenda anche
qualche ora per salutare Misa, prima di tornare al quartier
generale.
Ah, e preciso che l’L di fine libro è un pelo
pelo pelo pelo
più espansivo di quello
dell’indagine del caso Kira.
Perché l’autore voleva esplorare la sua
umanità, che infatti pian piano riaffiora grazie a Maki, la
bambina che deve salvare; classica
roba da anime, insomma hah hah hah (FRIENDSHIP IS
MAGIC). Comunque, a parte questo piccolo dettaglio,
è sempre lo stesso asociale, imbarazzante stranboide di
sempre. X°D
…
Se, invece, vi siete chiesti perché in questo capitolo il
buon detective ha fatto
di tutto per far capire a Misa che
il destino non esiste e che, quello che accade, dipende solo dalle sua
volontà, be’, la risposta è semplice:
lui sta per
morir--
*viene
colpita da una mattonata*
Ti ho vista, Jade. Ah-ehm. *asciga il sangue*
Dicevo, lui sa
che non
può più vegliare su di lei e che, se lasciata a
sé
stessa, Misa può diventare autodistruttiva. Quindi la cosa
migliore che può fare per impedirle di tornare ad
autocommiserarsi o peggio, è farle
capire che non c’è nessuna
entità extracorporea a impedirle di essere felice. La decisione di vivere
al meglio i giorni che le restano spetta solo e soltanto a lei. Vuole,
insomma,
che Misa salvaguardi quel che resta della sua
umanità (tra
l’altro manco
in
carcere l’hanno messa per quello che ha combinato…
ma va
be’, dettagliX°D)
e non permetta al suo passato di consumarla completamente. Due
temi importanti trattati del libro sono infatti il perdono e la
capacità di dare una seconda chance a chi ci ha fatto del
male.
Lo so, più
cliché di così non si puote.
Bene! E ora passiamo ai ringraziamenti finali! *rullo di tamburi*
Ringrazio
tanto quelle anime ardimentose di L
i f e, QueenAomame, Vittoria90, AleDic e SATURNEY01 per
aggiunto questa raccolta tre le preferite/seguite/ricordate!
Che dire, mi fate inorgoglire per quello che faccio hah hah
hah ♥
Inoltre, un enorme GRAZIE
è ovviamente dovuto anche a chi ha letto e commentato!
☆*:.。. o(≧▽≦)o .。.:*☆
Quando ho deciso di scrivere questa raccolta, mi sono lanciata una
sfida: ovvero il riuscire a raccontare una possibile evoluzione del
rapporto tra L e Misa nell’universo di Death Note. Con le AU
è molto più semplice evitare certi problemi con
la caratterizzazione (una Misa che non si è mai innamorata
di Light, per esempio, risolverebbe più della
metà
dei problemi), ma il mio obiettivo era riuscire a
rientrare nell’ambientazione di partenza prendendomi meno licenze
poetiche possibili, quindi ho usato solo universi legati al
manga originale. Sono contentissima del risultato,
anche perché, grazie ai commenti che voi lettori mi avete
lasciato, sono
riuscita a capire se stavo viaggiando sui binari giusti o meno, quindi
vi ringrazio per avermi seguita e supportata fin qui! ₍₍ ◝(●˙꒳˙●)◜ ₎₎
See ya,
Shadow
Eyes
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