la proverbiale sofferenza di uno studente ventitreenne

di phantophobia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** presentiamoci ***
Capitolo 2: *** La terza guerra mondiale ***
Capitolo 3: *** Sull'orlo del baratro ***



Capitolo 1
*** presentiamoci ***


Lotto da quasi tre anni contro quelle persone affabili che amano prendersela con gli altri esclusivamente per le scelte che queste hanno deciso di intraprendere: faccio riferimento alla facoltà universitaria che orgogliosamente (o magari no) frequento da 4 anni, alti e bassi permettendo, e che mi sta portando soddisfazioni, ma soprattutto enormi delusioni. Esatto, perché a saperlo prima probabilmente non avrei mai cominciato l’acclamata facoltà di Filosofia. Anzi, trovo che per correttezza già alle superiori i professori dovrebbero avvertire a cosa si và incontro scegliendo delle strade così “tortuose”.
Ma il punto non è questo: stavamo parlando di quei burloni che mi sfottono perché il mio “lavoro” è pensare. Non saprei se definirlo vero e proprio bullismo, perché in realtà passo da vittima a carnefice (pensateci due volte prima di attaccarmi od offendermi) e spesso divento il bullo della situazione.
A proposito, io mi chiamo Matteo e ho la bellezza di 23 anni. Fiero portatore sano di scarsa voglia di studiare, affascinante cultore della vita nerd, sostenitore dell’esistenza single (non per scelta) e malato compulsivo per le tette. Cosa c’è di strano?! Assolutamente nulla, ma ci tenevo a farvelo sapere.
Queste righe sghembe che state leggendo sono una specie di sfogo personale per tutte le cose che vanno storte nella mia patetica vita. (Amare le tette e non poterne disporre… è vita questa?)
Stavamo dicendo che frequento fieramente la facoltà di Filosofia, decisione che mi è valsa non pochi problemi. Non parlo solo di chi mi sfotte, ma anche di chi è convinto che questa carriera mi condurrà inevitabilmente al suicidio (e all’omosessualità). Credo che la gente dovrebbe rivedere la propria opinione sui filosofi. Noi pensiamo, non facciamo consulenze psicologiche! (ma per un buon prezzo se ne può anche parlare)
In ogni caso, nonostante i miei scarsi successi scolastici, non prevedo in futuro di tagliarmi le vene o di rinunciare alla mia passione per i bei seni sodi. Probabilmente mi trovereste d’accordo solo sulla questione della disoccupazione. Sì, laurearsi in filosofia non ti apre le porte per grandi aziende multimiliardarie, ma del resto nemmeno quei saccenti di giurisprudenza possono vantare, dopo anni di intenso studio e puzza sotto al naso, un lavoro che gli faccia cacare soldi. Siamo tutti sulla stessa barca, e naviga su torrenziali acque marroni.
Oggi ho incontrato il mio amico Giulio. Frequenta filosofia ma il suo rendimento è sicuramente più produttivo del mio. È alla costante ricerca della ragazza perfetta, ma poi, quando se ne presenta l’occasione, non prova nemmeno a flirtare campando scuse sulla sua inadeguatezza fisica da cervellone con il fisico da sollevatore di pdf. Per questo motivo, a volte lo chiamo Giulia. Con lui/lei ci siamo conosciuti tre anni fa, primo giorno di università, due facce disperse e troppo assonnate (avevo deciso di festeggiare la sera prima concedendomi una maratona di serie tt. Si, ho detto “tt” riferendomi a quelle serie tv ad alto tasso di scene di nudo femminile. In ogni caso mi stavo godendo la prima stagione di game of thrones con una birra e troppi salatini e mi sono deciso a riposare le mie stanche membra solo intorno alle 3). Ma ci siamo capiti subito io e lui. Chiamatelo pure colpo di fulmine (non che mi sia innamorato di quella pigra testa di cavolo) ma abbiamo recepito subito che avevamo tanto in comune da condividere. Una tra tutte l’amore incondizionato per le giovani protagoniste svestite di anime e manga.
Mi rendo conto che detta così potrei sembrare un insignificante ventitreenne pervertito e nerd fino al midollo, ma in fondo, molto in fondo, oltre la crosta superficiale, io sono molto di più. Sono molto peggio. Come dice mia madre, la mia ragazza perfetta è una donna sordo-cieca che possa sopportare le idiozie che pronuncio ogni 3 minuti. Mia madre mi ama parecchio, direi che soffre di una complessa sindrome da attaccamento. Quando mi sono trasferito negli alloggi universitari ha festeggiato con mio padre e si sono ubriacati.
Comincio a pensare di non essere una persona tanto facile.
Sto divagando, ciò che ci tenevo a scrivere è che oggi, dopo aver incrociato Giulio in sindrome pre-mestruale, ci siamo concessi un aperitivo al bar per i fichetti di università importanti (filosofia non rientra tra queste), atteggiandoci come se venissimo dai più prestigiosi college europei (Giulio si era portato un cardigan per l’occasione) e, in una giornata che si preannunciava noiosa come le altre, ho conosciuto Cristina, che Giulio ha premurosamente soprannominato “Due-meloni”.




Phanto

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Capitolo 2
*** La terza guerra mondiale ***


Non sto dicendo che sia tutto facile.
Anzi, potrei forse dire che tutto si sta facendo così complicato che a volte mi ritrovo seduto al cesso con carta e penna per fare il punto delle mie disgrazie. Esatto, carta e penna, perché non dispongo più di uno smartphone funzionante (ma questa è un’altra storia, un piolo in una scala di sfighe infinitamente alta).
Sebbene con “due-meloni” tutto sembra andare stranamente bene, con Giulio invece siamo in guerra. Si, perché l’infame in questione si diverte a ignorarmi e a lanciarmi pezzi di carta carichi di saliva. È pure riuscito a centrarmi un orecchio e ho dovuto farmi aiutare per rimuoverlo.
Con questo non voglio vittimizzarmi, perché, come vi dicevo, tendo facilmente a diventare il carnefice della situazione, fino al momento in cui perdo il controllo ed esagero. Per l’esattezza questo è capitato giovedì, subito dopo la pallina di bava nell’orecchio: preso da un’incontrollabile scatto d’ira ho volontariamente e premeditatamente scaraventato la sua cartella, cellulare e libri (non poco costosi) nel piccolo stagno in putrefazione di fronte all’aula. È stato l’istante in cui la mia lucidità è andata a farsi fottere e ha provocato l’inizio della terza guerra mondiale.
Il tutto è degenerato ulteriormente quando, a fine lezione, fuori dall’aula abbiamo cominciato a menarci. Dico menarci perché dire “cercare di afferrarsi i capelli come due pubescenti” faceva morire la mia virilità. La mia, perché quella di Giulia deve ancora manifestarsi.
So di aver riacquistato la lucidità e la vista dopo lo sfogo cieco solo nel momento in cui due enormi braccia mi hanno afferrato per allontanarmi da Giulio che si era raggomitolato in un angolo. Non ricordavo nemmeno dove mi trovavo e cosa stessi facendo, ma mi ritrovai una ciocca bella spessa dei capelli di Giulia nella mano (e tanti cari saluti alle sue inutili meches).
Mi allontanai pensieroso e vittorioso allo stesso tempo, finché mi sentì urlare alle spalle una serie infinita di pesanti offese provocatorie che inveivano sulla natura suina di mia madre.
La luce si era spenta di nuovo. Buio totale.
So quello che ho combinato grazie a improbabili descrizioni di studenti esagitati, ma la verità mi ha colpito come un pugno nello stomaco sabato pomeriggio. Tramite un messaggio whatsapp. Video. Paura.
Per i 2 minuti e 30 del suddetto video mi vedo correre lungo un corridoio urlando e tenendo entrambe le scarpe in mano mentre cerco di centrare Giulio in testa.
Sono sconvolto. In questa occasione sembro io il vero ciclo-mestruato della situazione. Così capisco che è troppo, che ho superato il limite dell’umanamente accettabile e mi incammino al solito bar snob per scusarmi con la mia controparte maschile/femminile.
Ci mettiamo 4 ore e 12 spritz a testa prima di riuscire a non assalirci con offese e maledizioni varie (se quanto mi augura Giulia dovesse avverarsi, dovrei rimanere bloccato al bagno per 2 settimane).
Mi spiega che è geloso di me e Cristina, che teme lo lascerò in disparte ora che ho un bel paio di seni da strizzare e che vorrebbe poter disporre di una ragazza con cui sfogare molti impulsi che si vede costretto a scaricare con youporn. Capisco il suo punto di vista, mi rilasso e con calma gli passo una confezione di Buscofen. Nel caso il dolore alle ovaie si facesse più forte.
 
Domenica sera ci troviamo in un locale per festeggiare la pace stipulata e attendiamo che “due-meloni” arrivi. E qui scatta la sorpresa: Cristina porterà un’amica per Giulio (meglio se bisessuale considerati i suoi frequenti cambi di personalità).
Lo vedo particolarmente agitato, si tortura le mani, si mangia le unghie e controlla ossessivamente l’aspetto dei suoi capelli su uno specchio del bar.
“Avrei dovuto mettere una camicia più elegante. E magari passarmi un po' di cera nei capelli, per sembrare più Bruno Mars che Doc di ritorno al futuro” mi dice mentre lo vedo sbiancare.
“Stai benissimo Kim, e ora smettila di assillarmi con i tuoi problemi da Kardashian e vedi di rilassarti. Che motivo hai di scatenare le tue ansie adolescenziali? Ti avverto che ho finito sia il Tavor che lo Xanax.”
“So cosa hai organizzato per questa sera, so che Cristina porterà un’amica e so che volete creare una nuova coppia. Ma vedi Matte, io devo essere innamorato, non mi basta un bel faccino o due grosse zinne per essere attratto da una ragazza, c’è il portamento, la personalità, il modo di fare…”
E proprio mentre mi elenca i punti salienti della sua lista (che vedrebbe corrispondere solo una donna come la regina Elisabetta d’Inghilterra), vediamo entrare Cristina con una ragazza alta, “culo-dotata” (che è un modo per dire che tra fianchi e ginocchia ha le rotondità giuste da afferrare), capelli corti color azzurro cielo, occhi verdi, sorriso dolce e una buona terza di seno. Dice di chiamarsi Alice e la sua voce frizzante sembra preannunciare una dolce sorpresa.
Mi volto curioso per decifrare l’espressione di Giulio e lo vede sbiancare, gli occhi stralunati e la bocca spalancata. Uno spettacolo disgustoso.
“Asciugati che ti sta colando la bava” gli sussurro in modo che l’intero locale possa sentirmi.
“Matte, c-credo di essermi innamorato”.
 
 
Ok, innanzitutto chiedo scusa alle persone che attendevano il secondo capitolo per averlo aspettato parecchio. La verità è che l’ho scritto di getto subito dopo il primo, ma mi trovavo in un periodo depressione e temevo avrebbe fatto schifo a tutti. Servirebbe a me lo Xanax ora…
Come al solito, spero possa piacervi, divertirvi e fatemi sapere se trovate errori o punti deboli che andrebbero sistemati in modo da poter evitare tali errori in futuro (poco probabile, perché ahimè, ricado sempre negli stessi sbagli).
Lasciate dei commenti, evitate le offese e non risparmiatevi con le critiche costruttive.
Al prossimo capitolo (che spero di scrivere presto)
Phanto
 

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Capitolo 3
*** Sull'orlo del baratro ***


Che serata del cazzo.
Dico sul serio, non credo di aver mai partecipato ad una festa tanto noiosa. E ho sborsato pure 40 euro per l’entrata e una pizza surgelata.
E quando ho chiesto una birra?!? 15 euro di una Corona che sapeva di urina bollente.

Poi, sinceramente, di ciò che è successo non ricordo nulla. O quasi.


Ad una prima lettura questa sembrerebbe la valutazione post-fine-settimana di una tredicenne con problemi di alcolismo, ma purtroppo sono sempre io, Matteo, reduce da un disastroso week-end.
Ma andiamo per ordine.

Ho recentemente contattato la trasmissione “Chi l’ha visto?” perché temevo avessero rapito il mio migliore amico. Di questi tempi si fa sempre presto a pensare il peggio. Una ragazza non è mai troppo al sicuro. E invece no, Giulio non è stato rapito, e lo so grazie all’interminabile messaggio vocale che mi ha lasciato sabato notte, in cui racconta dettagliatamente gli inning battuti con Alice. Davvero interessante, sono colpito.

La verità è che l’invidia mi lacera le budella. E vi spiegherò anche il perché: a quanto pare, dopo l’innumerevole sfilza di pretendenti che Cristina si è lasciata alle spalle, tra storie serie e meno, pare che “l’avermi incontrato le abbia ricordato quanto è piacevole l’attesa”. Per dirla come lei stessa ha dannatamente affermato: “Matte, spero sarai d’accordo con la mia decisione di aspettare per la nostra prima volta. Sto praticando il sesso tantrico così quando il mio chakra sarà puro e abbondante potrò donarti la mia purezza e farti provare enorme piacere”.
Al che, molto scettico, ho risposto che nemmeno un intervento di chirurgia plastica della durata di dieci ore le avrebbe potuto restituire l’agognata verginità e che, quindi, mi sembrava alquanto inutile aspettare per qualcosa che inevitabilmente sarebbe capitato…

Dopo avermi dato del maschilista bastardo ed avermi schiaffeggiato, “Due meloni” è sparita imprecando e maledicendo il giorno in cui mi ha conosciuto.

Che poi, io dico, ma perché bisogna ampliare il piacere con l’attesa se questo si può soddisfare con un’azione tempestiva, premeditata e formidabilmente breve? Scusate, sono un po' horny.

In ogni caso, come capita spesso nella vita, quando una cosa va male, solitamente anche il resto tende ad andare irrimediabilmente di merda. L’università, per esempio.
Ho già accennato al fatto che per poter frequentare la facoltà di filosofia, oltre ad una buona dose di “controcoglioni”, serve anche un’iniezione di coraggio? Dopo la bellezza di 5 anni trascorsi a cazzeggiare, a volte studiare e per lo più tentare di rimorchiare tipe strane e tatuate, ho capito che la filosofia non fa per me. Come non fa per me la matematica, la storia, la letteratura… sono un cazzone, è la sola cosa che mi riesce bene, peccato non sia ancora retribuibile. Probabilmente sarei miliardario.
Comunque, dicevo che la scuola procede difficoltosamente: nello specifico, giovedì ho tentato di sconfiggere l’esame più tosto del mio corso. Una bestia nera che al confronto i boss fight di Dark souls sono uno schiuma-party ad Ibiza.
Il problema era che credevo di essere veramente preparato stavolta. Dopo una settimana di studio, 2 ore al giorno (record personale), mi sono presentato all’appello spavaldo come un pavone che fa la ruota. Schifavo gli idioti che ripassavano compulsivamente all’ultimo momento, camminando 10 metri sopra a tutti e deliziandomi con l’aspettativa della serata alcolica che mi aspettava.

E ho continuato a crederci per almeno altre 2 ore.

Poi è arrivato il mio turno. Ed è stata la fine.
Innanzitutto perché avevo preparato il programma di tre anni prima, secondo perché, alla gentile concessione del professore di interrogarmi ugualmente su un programma non stabilito, mi ero dimostrato un decerebrato a cui hanno fatto la grazia. Non meritavo pietà. E così fu.
Dopo una bella sgridata, in cui venivano elencate le mie infinite manchevolezze accademiche, accettai il mio “torni al prossimo appello, preparato e sul programma dell’anno corrente” e me ne andai, camminando quindici metri sotto terra, invidiando quei cervelloni che ripassavano all’ultimo momento.

In ogni caso, nonostante non ci fosse nulla da festeggiare, mi diressi ad una festa, solo e ubriaco, sperando di dimenticare tutte le disavventure che mi ritraevano più come un Leopardi che come un fiero D’Annunzio.
 
Mi sono svegliato seminudo in una stanza dell’alloggio universitario. Cinque ragazzi di varie età ed etnie dormivano accalcati sul pavimento che riportava gli evidenti segni di una notte trascorsa a far bisboccia. Io mi ero ritrovato disteso sul letto con il braccio di uno sconosciuto avvinghiato alle spalle. Il tizio, sudato e molto poco profumato, aveva l’aria di essere abituato a questi ritmi frenetici, al punto che dormiva beatamente tra vomito e lenzuola.
Ancora intontito cercai di divincolarmi dalla sua olimpionica presa e di destreggiarmi tra i cadaveri che tappezzavano il pavimento, con tutta l’intenzione di lavarmi la faccia, trovare i miei vestiti, andarmene e dimenticare tutto quello che poteva essere capitato la sera prima. Per fortuna le mutande erano al loro posto. La stessa cosa non si poteva dire di t-shirt e scarpe, nelle quali stagnavano dei cereali inzuppati nel latte. “Qualcuno aveva voglia di fare colazione ma non trovava una tazza…”
Afferrai tutto l’indispensabile e me ne andai correndo (senza una scarpa), nascondendomi alla vista altrui come un vampiro al sole, temendo di essere preso per un maniaco alcolizzato.

Come in tutti i drammi adolescenziali succede (e come avete potuto scoprire, a me capita spesso), la realtà di quanto accaduto mi ha colpito come un calcio sulle palle molto ben assestato: per tutto il campus, ma che dico?! per tutta l’università, nessuna facoltà esclusa, circolavano le foto di una serata brava in cui cinque ragazzi ignoti (i volti erano stati diligentemente nascosti) si divertivano come dei maledetti pazzi. E non ho la pretesa di essere improvvisamente colpito dalla Sindrome di Korsakoff tale da dimenticare pure come mi chiamo, indi per cui mi fu facile riconoscermi nelle foto come l’idiota che cavalcava un cavallo a dondolo senza maglietta, folgorato da un impeto da rodeo texano.

E la cosa peggiore è sicuramente il fatto che, inspiegabilmente, dei cinque imbecilli, io sono l’unico a cui la censura non ha sortito effetti. Tutti sembrano riconoscermi, mi additano, ridono di me (nemmeno troppo alle spalle) e mi giudicano per il pagliaccio che sono. Motivo per cui rinuncerò alla mia patetica carriera universitaria per ritirarmi in qualche isola sperduta in cui mi circonderò solamente di noci di cocco o palle insanguinate di nome Wilson.

Patetico, sfigato, esibizionista, stupido, asociale, figa-sprovvisto, imbarazzante, fenomeno ignorante di internet e con alle porte una cirrosi epatica… credo di aver toccato il fondo.

O così almeno credevo.

Perché al peggio non c’è mai fine.
 
 
 
Eccoci con il terzo capitolo…stavolta sono stata attenta e ho cercato di seguire i vostri consigli e di evitare errori che potevo aver già commesso (non vi preoccupate, sono certa che un decinaio di errori saranno sempre e comunque presenti).
Come sempre spero che vi piaccia e vi invito a darmi dei feedback su come procede la storia o come vorreste che andasse, perché comunque i capitoli derivano da improvvisazioni momentanee e racconti di vita realmenti accaduti, se avete esperienze imbarazzanti che vorreste vedere compiute dal nostro buon Matteo, fatemelo sapere e vedremo come organizzarci… grazie a chiunque leggerà questa storia, sappiate che mi fa molto piacere J
A presto
Phanto

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