FemDom

di RaccontiDiOmbre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro Primordiale ***
Capitolo 2: *** Terra e cielo ***
Capitolo 3: *** Padre ***



Capitolo 1
*** Incontro Primordiale ***


CAPITOLO 1: INCONTRO PRIMORDIALE

“Signorina, vi prego di fermarvi e venire con noi! Avete bisogno di aiuto!” i passi che echeggiavano nella melmosa caverna erano sulle tracce di una giovane ragazza fuggitiva di nome Sapphira; non sapeva di aver infranto la regola più inviolabile della società in cui viveva e non sapeva neanche che la punizione che l’attendeva non sarebbe stata solo una semplice strigliata.
La sua corsa si arrestò nel momento in cui realizzò che ogni cavità della caverna risultava in un vicolo cieco, fatta eccezione per quella da cui provenivano i suoi inseguitori; poteva solo provare ad immergersi in una strana pozza d’acqua limacciosa ma in quel caso sarebbe stato risultato troppo ovvio come unico nascondiglio. Ormai non le restava che affrontare le persone che la inseguivano e sperare nella loro indulgenza.
A passi lenti si avvicinarono alla ragazzina e la afferrarono per le braccia, erano in due, indossavano uno strano casco di un celeste lucente e una tuta in lattice dello stesso colore.
“Non vi dovete agitare, signorina. Tutto ciò di cui avete bisogno è una sessione di riabilitazione della psiche in uno dei centri adatti ai casi come voi. Non opponete resistenza e sarà tutto meno doloroso!” la voce femminile e autoritaria dell’inseguitore rimbombò in tutta la caverna; la pozza d’acqua cominciò ad ondeggiare, con intensità sempre maggiore fino a che non emersero due grandi e feroci alligatori.
Le due col casco lanciarono un grido e mollarono la presa su Sapphira, quasi indirizzandola verso le bestie, per poi fuggire velocemente da dove erano arrivate.
La ragazza era impietrita davanti allo sguardo interessato degli alligatori e alla loro bocca intrisa di viscidume colante; I predatori erano ormai di fronte al loro pasto e con le fauci spalancate stavano per gustarsi il loro bocconcino di carne giovane ma nonostante Sapphira avesse ormai chiuso i suoi occhi lacrimanti, pronta a morire, neanche un piccolo canino degli alligatori riuscì a sfiorare la ragazzina.
Quando Sapphira riaprì gli occhi, vide i due alligatori stecchiti e tagliati in due e dopo essersi asciugata le lacrime notò che alle spalle della loro carcassa vi era una sagoma che rinfoderava una strana spada lunga e magra, quelle che chiamano Katana giapponesi, si ricordò.
“Stai bene?” Chiese; era un uomo.
“S-si… non sono ferita…” Rispose titubante Sapphira mentre cercava di inquadrare meglio il suo aspetto. Era un uomo palesemente sui cinquanta, la barbetta bianca e pungente ne era la prova, vestito da una lunga mantella nera da cui si intravedeva che era a petto nudo e indossava dei pantaloni da tuta usurati e rovinati e per qualche motivo portava un guanto solo alla mano sinistra; Aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in un piccolo codino ma era impossibile capire il colore degli occhi a causa dei suoi spessi e tondi occhiali da sole.
“Cosa volevano da te?” Domandò l’individuo indicando con il pollice il corridoio della caverna.
“Sono scappata di casa… perché volevano portarmi in un posto di cui non avevo mai sentito parlare… e avevo paura! Tutto questo solo perché mi sono baciata con il mio servo!” Rispose Sapphira stringendo i pugni.
“Mi sembra sia vietato per le donne avere rapporti con degli uomini, non è così?” affermò con una risatina l’uomo.
“Bhe si… però…”
“Le leggi sono leggi e i bambini come te devono rispettarle!” Esclamò l’uomo con una finta espressione
indignata.
“Ma se non mi sento appartenere a queste leggi perché dovrei rispettarle!” Urlò Sapphira con rabbia e l’individuo cambiò rapidamente in serio il suo atteggiamento, quasi sorpreso e intimorito dalla ragazza che nel momento in cui stava per aprire bocca per scusarsi della sua reazione fu interrotta da delle urla terrificanti. Poi silenzio.
Lentamente, il suono della carne che veniva macinata e stritolata si insinuava in ogni angolo dell’ambiente, rendendolo ancora più agghiacciante.
“Quelle donne pensavano che usandoti come esca sarebbero riuscite ad uscire sane e salve da questo posto. Permettimi di dire che sono delle stolte. Una volta entrati qui… non è facile uscire, almeno da vivi… eheheh.” L’uomo sentenziò con sfrontatezza e iniziò ad avviarsi per l’uscita.
“Ehi, aspetta! Non avrai intenzione di lasciarmi qui?! Cosa fai? Prima mi salvi e poi mi lasci comunque da sola?!” singhiozzò Sapphira correndo verso di lui.
“Hai ragione… ti porterò fuori di qui ma voglio qualcosa in cambio!”
“Cosa? Ma tu sei un uomo! Dovresti solamente eseguire i miei ordini! Sei un servo vecchio e quindi sarai sicuramente eccellente in tutto, altrimenti le tue padrone ne avrebbero richiesto uno nuovo! E soprattutto non hai neanche la lingua tagliata, sei uno di quelli che fanno spettacoli o cose del genere!”
“Non sono un servo, lattante! Io sono padrone della mia vita al contrario di tutti gli uomini che hai visto nella tua esistenza fin ora. Ti ripeto che se non vuoi diventare mangime per coccodrilli, faresti bene ad ascoltare la mia proposta.”
“Allora… per prima cosa non sono una lattante, ormai ho sedici anni! Seconda cosa, mi chiamo Sapphira e ultima cosa… va bene, ci tengo alla mia vita! Sentiamo cosa vuoi!”
L’uomo smise di camminare e si piantò a fissare Sapphira. Portava i capelli abbastanza corti, fino alle orecchie di colore castano chiaro ma aveva dei brillanti occhi celesti e dei lineamenti perfetti; vestiva un abito color avorio con gonna lunga che sembrava molto costoso e pregiato ma che si era sporcato parecchio a causa della sua spiacevole avventura. infine gli occhi dell’uomo si soffermarono su una spessa moneta d’oro con uno stemma, probabilmente quello famigliare, che la ragazza portava al collo.
“Allora, tu mi devi due favori. Uno perché ti ho salvata e l’altro perché ti sto portando viva e vegeta fuori di qui.”
“Eeeh? Ma non erano questi i patti! Io pensavo che…”
“Sai, mi sembra che gli alligatori abbiano finito di mangiare, ma non credo abbiano esaurito il loro appetito. Non senti la loro pancia brontolare?”
La ragazza sospirò e rassegnata annuì all’uomo, che sorrise.
“Vedo che hai capito. Allora… come sai noi uomini non possiamo fare certe azioni particolari senza un permesso scritto della nostra padrona e perciò questo è il primo favore che ti chiedo: Vai a vendere quella collana d’oro e portami il ricavato.”
“Ma… questa è la collana della mia famiglia. Non so se me la sento…”
“Sicuramente appartieni ad una famiglia ricca, non sarà un problema per loro dartene un’altra e potrai dire che l’hai persa mentre scappavi dalla caverna.”
“Hai ragione… e inoltre non posso tornare a casa, non ora… forse mi manderebbero davvero al centro di riabilitazione della psiche. Mi conviene far calmare le acque e mi perdoneranno! Affare fatto per la collana! Qual è la seconda richiesta?”
“Qualche domanda.”
“Qualche domanda?”
“Non preoccuparti, non ti farò nessuna domanda irritante o personale. Vorrei solo sapere delle informazioni riguardo a cose in generale. La caverna in cui ti sei andata a ficcare è lontana dal centro città ed è territorio di caccia, abbiamo parecchio tempo a disposizione e non vorrei annoiarmi… allora?”
“Nessun problema per me. Chiedi pure quello che vuoi ma sappi che è la prima volta che mi fanno una richiesta del genere! Parlare! Con un uomo poi, sembra divertente!”
“Vuoi dire che non hai mai avuto un discorso come il mio con nessun altro?”
“Certo che no! Per esempio, il mio schiavo, Phil, non ha la lingua come la maggior parte dei servi! Però… io mi sono comunque affezionata a lui.”
“E come hai fatto ad affezionarti? Dopotutto non fa altro che fare tutto quello che vuoi, non ha personalità!”
“Hai ragione, ma alla fine è per questo che sono nati gli uomini, no? Sono la razza inferiore al servizio di noi donne che abbiamo il compito di addestrarli ad essere obbedienti e fedeli!”
“Ah davvero, e questo chi lo ha deciso?”
“Bhe, è così da sempre! È la natura che lo impone! Noi siamo il cielo e voi siete la terra, noi comandiamo e voi eseguite! È la natura dei fatti!”
“E tu questo come lo sai?”
“Me lo hanno detto a scuola!”
“E a questa fantastica scuola studiate la storia? O vi imbottiscono solo di queste stupidaggini?”
“Storia? Cosa è…?”
“Ahahah, vedo che la situazione è peggiorata parecchio rispetto ad anni fa... e allora cosa studiate a scuola?”
“Materie scientifiche, religione e legge.”
“Religione? E cosa fate? Studiate le diverse religioni del mondo?”
“Ma cosa dici! Di religione ne esiste solo una ed è quella della grande Sirena del grattacielo!”
“Ora capisco… la politica isolazionista che si è instaurata nel paese è più potente di quel che immaginassi. Non solo hanno tagliato i rapporti economici con il resto del mondo a causa di quelle alte mura… ma adesso rinnegano addirittura l’esistenza di un pensiero diverso all’infuori di qui… nessuno può aiutarci, è tutto nelle nostre mani.”
“Ehi, ma parli da solo?! Non ho capito una parola di quello che hai detto.”
“Non preoccuparti, mi sono lasciato trasportare. Piuttosto… la cosa della Dea Sirena mi è nuova, di cosa si tratta?”
“È la dea del nostro paese, colei che ha stabilito l’ordine del genere umano ponendo l’essere femminile al di sopra degli altri esseri viventi nel momento della genesi! Lei vive davvero tra noi e abita nella torre più alta della città insieme alle senatrici ed è grazie a loro che esiste l’equilibrio!”
“Ah, ma davvero? E cosa farebbe di così tanto fantastico per tutti noi?”
“Bhe innanzi tutto è la presidente del dipartimento di pubblica sicurezza grazie al quale viviamo tranquille e protette da tutti i crimini degli uomini selvaggi che non obbediscono! Inoltre lei permette a tutte noi di avere delle figlie!”
“Cosa è, una specie di cicogna magica?”
“Ma cosa dici! Lo sanno tutti che due donne, dopo essersi sposate e ad un’età minima di diciotto anni, possono richiedere alla Dea Sirena una figlia! Entrambe ordinano al servo di famiglia di compilare il modulo di richiesta del bebè dove vengono specificate tutte le caratteristiche fisiche del neonato! Dopo novanta giorni viene spedito a casa!”
“Interessante. Vuoi dire che i servi vengono anche loro istruiti?”
“Certo. Ognuna di noi dalla nascita ha accanto a sé un uomo neonato con cui crescere insieme. È importante diventare autoritarie sin da subito e quindi è nostro compito insegnare ai nostri servi la nostra stessa cultura!”
“Quindi vivete fianco a fianco come un padroncino e il suo cucciolo di cane?”
“Dalle tue parole sembra quasi una cosa sbagliata! Lodare la Dea sirena, amare un’altra donna, educare per quanto possibile la razza selvatica degli uomini e farli servi… Questo concetti sono alla base del funzionamento e progredimento del FemDom!”
“FemDom, eh? Adesso è così che chiamano questo obbrobrio di “società”? Che sfacciataggine quell’infame… chiamare il suo mondo con il nome di una tipologia di porno.”
“Porno…? Cosa sarebbe? Sembra il nome di un tipo speciale di panino farcito!”
“Non pensarci, è una parola ormai senza significato. Grazie per avermi risposto, siamo arrivati.” Esclamò l’uomo indicando i palazzi che si vedevano in lontananza, al di sopra dei cespugli. “Vai a vendere la collana e torna a darmi la grana, ti aspetterò qualche metro prima dell’entrata dell’area abitata.”
“Non è imprudente? Insomma, potrei andarmene e basta e non tornare a darti un bel niente!” Disse ridacchiando Sapphira.
“Oggi sono di buon umore e ho deciso di fidarmi di te, Saph.”
“Saph?!”
“Il tuo nome è stupidamente lungo, quindi se non ti va bene Saph, posso benissimo tornare a chiamarti lattante!”
“Oh, grazie mille! Brutto maleducato! Piuttosto… come dovrei chiamarti io?! Lo hai un nome? E soprattutto, come puoi essere un uomo ma servo di nessuno?! Chi sei veramente?”
“Troppe domande. Accontentati di sapere che mi chiamo Duke, e al contrario del tuo non ha bisogno di imbarazzanti abbreviazioni! Eheheh!” Esclamò Duke e la ragazza corse via sbuffando, ma trattenendosi il sorriso.
 
La folla di donne nella piazza era soffocante, e la povera Sapphira non riusciva a mettere un passo. Qualcosa di grosso attirava la loro attenzione; si trattava di un’esecuzione pubblica su patibolo montato al momento, come un raccapricciante palcoscenico.
Alla ragazza non interessava assistere, ma la calca di gente era così compatta che fu costretta a fare il giro largo fino a spuntare alle spalle del patibolo; vide un uomo completamente nudo e inginocchiato e accanto a lui una donna con uno di quei caschi che anche gli inseguitori nella caverna indossavano, era infatti tipico delle guardie della pubblica sicurezza. La boia impugnava un fucile, pronta a sparare.
Sapphira si volto e iniziò a correre via, ma sbadatamente si scontrò con qualcuno e finì per scivolare a terra e far cadere la collana d’oro che portava in mano.
“Chiedo infinitamente perdono!” Esclamò dolorante Sapphira mentre si rialzava.
“Hai perduto questa, fai più attenzione!” La ragazza con cui aveva sbattuto le porse la collana ma non appena Sapphira alzò la testa per riprendersi l’oro, rimase pietrificata quando riconobbe con chi si era scontrata. Si trattava di Stella, una delle comandanti delle tre squadre di repressione della pubblica sicurezza; Si trattava per forza lei, occhi e corti capelli rosa raccolti in una piccolissima treccia laterale e un vestitino da fata in gonnella con una grande fiocco al cui centro brillava una stella gialla.
“Dove vai così di fretta, eh? Sai che potresti fare male a te o a qualcuno? Non vuoi assistere alla giustizia che fa il suo corso? Sembri abbastanza grande ormai.” Stella afferrò dalle spalle Sapphira e la voltò verso lo spettacolo di morte, costringendola ad assistere.
“Quell’essere immondo di un uomo ha provato a toccare le nudità della sua padrona… peccato mortale e immorale… eppure i servi sono trattati con i guanti per quanto luridi esseri inferiori! Ed è così che ci ringraziano!” mentre Stella parlava le sue ciglia si indurivano e le sue mani rafforzavano la presa su Sapphira che era impaurita e dolorante. Stella si accorse della sua esagerazione e pentita, lasciò andare; nel momento in cui Sapphira si voltò e iniziò a correre via si udì lo sparo in piazza, era riuscita a distogliere lo sguardo in tempo.
Stella osservò che Sapphira aveva il vestito tutto sporco di fango e si dirigeva rapidamente verso la zona più periferica della città. “Bha, queste giovani d’oggi… avrebbero bisogno di limitare di più le loro libertà…”
Sapphira arrivò a destinazione e dopo aver aspettato un minuto per riprendere fiato sia per la corsa che per lo spavento, concluse l’affare con la commerciante e si infilò il gruzzoletto nella tasca interna del vestito.
Ancora turbata dal suo incontro, decise di fare un giro ancora più lungo per ritornare all’entrata della foresta dove si era data appuntamento con Duke.
Il sole stava per tramontare.
“Ce ne ha messo di tempo, la bamboccia…” Borbottò tra sé Duke
“Uff… scusami… ho dovuto fare una strada assurda per venire qui senza preoccupazioni…” Disse la ragazza asciugandosi il sudore, poi allungò la mano di banconote all’uomo. Duke la prese e la nascose all’interno della mantella.
“La mia intuizione era corretta, allora!” Una voce femminile si aggiunse allo scambio di parole tra i due. Era Stella, che accompagnata da una decina di soldatesse munite di fucile aveva teso un’imboscata ai due.
“Soldati, puntate! Ma non sparate! Identificati, uomo con il mantello! Ho constatato che hai una lingua, quindi parla!” Esclamò Stella puntandogli il dito contro con fierezza.
“Quale onore… un comandante della pubblica sicurezza che mi sta dando la caccia… eheheh.” Disse Duke mettendo le mani in alto. Nel frattempo, Sapphira non sapeva cosa dire e si limitava a guardare in silenzio, in colpa per essersi distratta e aver permesso di farsi pedinare; sarebbe stata giudicata complice o vittima?
“Così non vuoi parlare eh… allora lo farai in prigione! Seguimi o sarai fucilato qui! Io sono Stella, garante della giustizia! Sono colei che guarda la città dal cielo e la protegge, come un meteorite che sorvola lo spazio ma non colpisce mai il pianeta, io veglierò sulle ragazze pure!” Affermò la ragazza assumendo pose strambe da circo.
“Ho capito… sei la tipica paladina del bene in costume, ma non dovresti sottovalutarmi, supereroe!” Duke balzò improvvisamente alle spalle di Sapphira e dopo aver estratto la sua Katana, la portò minacciosamente al collo della ragazza.
“Fermi, non sparate! Ha un ostaggio adesso! Ehi… quella lama… ma tu sei…!” Stella osservò la Katana di Duke: la lama era completamente smussata, ammaccata e arrugginita tanto che neanche una mannaia da macellaio usurata avrebbe potuto essere in peggiori condizioni.
“Tu non sei un semplice servo ribelle! Quella spada appartiene al Sovvertitore! Tu sei il peggior nemico del FemDom! La Dea Sirena ha messo una spaventosa taglia sulla tua testa!” Disse Stella indietreggiando agitata.
“Sovvertitore?! Ma cosa sta succedendo! Ho paura!” Esclamò piangente Sapphira.
“Stai calma, ragazzina! Ti salverò da quel criminale!” Disse Stella, ma non fece in tempo ad impugnare la sua arma che Duke afferrò Sapphira e cominciò a correre verso il centro città
“Vuole cercare di fuggire approfittando della confusione della città! Inseguiamolo e dite a tutte le unità mobili in città di provare ad intercettarlo!”
“Duke! Ma dove mi stai portando?! E chi sei veramente?” Domandò terrorizzata Sapphira
“Se fai il bravo ostaggio, magari chiacchieriamo dopo!” Disse Duke con voce rauca e spossata, affaticato dalla corsa.
Duke correva e saltava per le vie della città a lama sguainata e tutti i passanti spaventati si facevano da parte urlando; un gruppo di cinque poliziotte gli aveva chiuso la strada ma lui si fermò e le guardò negli occhi per poi tirare un grido così forte che le guardie iniziarono a scappare ancora più velocemente dei passanti.
“Ma cosa fanno le guardie?! Sono delle codarde!” Affermò delusa Sapphira.
“Non sono delle codarde, fanno bene ad avere paura! Io sono il Sovvertitore!” Duke riprese a correre ma non appena adocchiò il primo angolo buio, si lanciò a riparo per nascondersi;
“Se provi a parlare e ci fai scoprire ti taglio la gola per davvero!” Disse, e la ragazza sbarrò le labbra intimorita. Duke estrasse dalla giacca una piccola radiolina e iniziò a parlarci.
“Cho! Cho mi senti! Chiedo conferma!”
“Qui Cho, dimmi tutto Duke!” Rispose una voce indecifrabile dal trasmettitore.
“Rivela la mia posizione e dimmi il modo più semplice per scrollarmi di dosso le guardie… non posso nascondermi in questo vicoletto per sempre!”
“Dammi un minuto e ti dico subito!”
“La trasmissione radio proviene da qui! Prendetelo!” Esclamò Stella correndo verso il criminale, accompagnata dalla sua squadra.
“Questa ragazza è più preparata di quanto immaginassi, sapeva che avrei usato un mezzo di comunicazione e ha già scoperto il mio nascondiglio!” Duke riprese a correre, inseguito da decine di poliziotti ma nonostante la disposizione labirintica delle strade facilitava la sua fuga, non poteva scappare all’infinito.
Per fortuna la voce della radiolina ricominciò a parlare, portando buone notizie: “Sono Cho, ho un’idea! Tra pochi minuti passerà un treno merci a pilota automatico nei pressi della tua zona! Dirigiti al piccolo ponte che collega le due estremità della stazione e lanciati sopra al treno! Non riusciranno più a rincorrerti a quella velocità!”
Duke sorrise e tagliò verso il posto indicato, salì sul ponte e si fermò un attimo a riposare, mentre il treno si vedeva già arrivare.
“Fermo lì, ormai sei sfinito non muoverti!” Esclamò Stella correndo verso di lui insieme ai suoi sottoposti.
“Au revoir, Mon Cherie!” Disse beffardo Duke, per poi lanciarsi sul treno di passaggio con la povera Sapphira in braccio.
Il treno era ormai lontano dal ponte e Duke poteva ritenersi soddisfatto e vittorioso, la fuga era riuscita e l’unico rumore che sentiva era quello dell’aria tagliata dalla velocità del treno; all’improvviso però, un altro suono si aggiunse: un rimbombo di motore elettrico che si avvicinava sempre di più; si trattava di Stella, che su una tavola volante si avvicinava sempre di più al treno fino ad atterrarci sopra con eleganza.
“Brutto criminale… pensavi davvero che ti avrei lasciato scappare così facilmente? Te la farò pagare!” Esclamò Stella stringendo i pugni in posa di guardia
“Me la farai pagare, dici? E per cosa?” Domandò curioso Duke.
“Tu sei il Sovvertitore… girano voci spaventose sul tuo conto. Si dice che tu abbia violato centinaia di povere donne per poi torturarle e ucciderle senza pietà con la tua lama inguardabile! La giustizia ti punirà e lo farà attraverso il mio operato!”
“Ma… è tutto vero?!” Domandò spaventata Sapphira mentre stringeva le maniglie d’acciaio sul tetto del treno, cercando di non scivolare via.
“La Dea Sirena è stata chiara… non sei altro che un esecutore di innocenti! Il Sovvertitore vuole uccidere le donne e portare la razza degli uomini al comando, contro la natura delle cose! Non devi avere paura, ragazzina! Sconfiggerò questo pazzo criminale e ti porterò in salvo!” Disse Stella avanzando lentamente verso il suo avversario, facendo attenzione a non cadere dal treno in corsa.
“Mi dai dell’assassino… ma io non mi sento molto diverso da te.” Disse Duke, e impugnò la sua Katana.
“Noi non abbiamo niente in comune!” Replicò indignata Stella.
“Non c’è nessuna differenza tra noi due. Io ho ucciso molte donne e tu, invece? Le tue esecuzioni a sangue freddo davanti a tutti, i tuoi inseguimenti risultati in morte dell’inseguito… questi non valgono come assassinii? Illustrami le differenze che reclami. Siamo entrambi sporchi di sangue per quel che mi riguarda.”
“Ci distingue il fatto che tu uccidi delle donne e io uccido delle bestie selvagge… tutti gli uomini che ho ucciso avevano infranto la legge della nostra società e il mio dovere è far valere questa legge ai trasgressori!”
“Ora capisco. Tu lo fai solo perché è la tua amata legge che te lo obbliga. Una legge creata da una sola persona che si crede Dio di un mondo da lei imposto a tutti. Sei patetica, senza personalità. Non sei altro che una marionetta colorata di rosa.”
“ORA BASTA, CHIUDI IL BECCO!” Stella, infuriata e offesa, strappò la stella luccicante attaccata al suo fiocco e premette uno dei suoi angoli; la stella si allargò fino a diventare un lungo manico di spadone dal quale emerse una lama laser.
“Un’arma al plasma, eh? Essere sfiorati da qualcosa di così potente risulterebbe in trasformarsi in liquame. Credo proprio di non poter usare la mia Katana per parare i suoi colpi, o si romperà definitivamente…”
Stella si lanciò all’attacco saltando verso il suo avversario che prontamente schivò il colpo; la lama trapassò il treno, fino a sciogliere gran parte della piattaforma; Duke continuava a schivare gli attacchi della comandante adirata ma un attacco sorprendentemente veloce di Stella lo colse impreparato e l’uomo non aveva scelta se non di parare con la sua Katana e così, perderla definitivamente; ma lui non lo fece, e parò invece con il suo braccio sinistro che venne mozzato all’istante e volò giù dal treno, insieme agli occhiali da sole che si erano sfilati per il trambusto; Stella sbigottita indietreggiò, si mise in posizione di guardia e osservò dettagliatamente il corpo dell’uomo; il braccio era tagliato sì, ma si trattava di un braccio meccanico.
“Ora capisco… se un uomo entra nel centro abitato senza il chip di riconoscimento che ogni servo ha in dotazione nel collo, il sistema di sicurezza lo inquadra e viene subito catturato. Tu invece puoi camminare liberamente per la città senza essere segnalato grazie al chip fasullo che ti portavi nel braccio meccanico. Ma se è veramente così… ciò significa che uno dei tuoi alleati conosce perfettamente il sistema di sicurezza e che quindi è un traditore del FemDom! Non è così?” Chiese Stella, già convinta di aver fatto centro con la sua ipotesi.
“Un traditore? Direi più qualcuno che ha deciso di ragionare con la propria testa piuttosto che dar retta a tutto ciò che viene rifilato dalla propaganda di una falsa dea. Al contrario tuo, che sei qui a far valere una giustizia di cui non comprendi il significato solo perché è l’unica funzione utile che la tua vita sciapita ti propone!” Affermò pungente Duke.
“Non parlare come se sapessi tutto di me, BASTARDO!” Stella si irritò maggiormente e corse imprudente verso Duke per provare a colpirlo con un pesante ma prevedibile fendente che l’uomo schivò facilmente; La ragazza non ebbe il tempo di riposizionarsi e Duke le strappò via l’arma con un calcio alla mano, per poi eseguire anch’egli un fendente verticale che squarciò tutto l’abbigliamento della comandante, senza però ferirla.
Stella si inginocchio per terra e cercò di coprirsi le nudità imbarazzata e lacrimante dall’umiliazione.
“Come pensavo. Non sei altro che un artefatto della società. Sei tanto brava a parlare e combattere finché indossi la veste di paladina della giustizia, ma non appena te la strappano di dosso vuoi nascondere ciò che hai sotto, nonostante sia quella la tua vera natura e la tua vera bellezza: una ragazza impaurita e insicura.”
Esclamò arrogantemente Duke, poi rinfoderò la sua Katana.
Stella, nonostante la rabbia e il ritegno per l’affronto, provò a replicare ma prima che aprisse bocca, Duke continuò a sentenziare sopra di lei.
“La prossima volta che ci incontreremo, prova a combattermi per te stessa e non per un ideale che non ti appartiene. Non colpirmi per l’odio che provi verso di me perché sono il Sovvertitore di cui hai sentito tanto parlare ma per il torto che Duke ti ha fatto oggi, spogliata e umiliata davanti ad una ragazzina che pensa che sia tu a proteggere la sicurezza. Detto ciò, Buon viaggio!” disse l’uomo e poi la colpì violentemente in faccia con un calcio che la scaraventò giù dal treno.
“Oh no! Che cosa le hai fatto!” Esclamò Sapphira che superata la paura di stare in piedi sul treno in corsa, si affacciò per vedere dove era finita Stella, ma era già scomparsa tra gli alberi del percorso.
“Non preoccuparti per lei. Il treno va veloce, è vero, ma al massimo si sarò rotta qualche ossa. La rivedremo, stanne certa.” Disse Duke, poi si sedette con le gambe a penzoloni sul tetto del treno.
“Riportami a casa… ti prego. Tutto questo è troppo per me… non fa niente se vogliono portarmi in un centro di riabilitazione, voglio tornare dalle mie due mamme!” Disse Sapphira e iniziò a piangere a dirotto.
“Per ora non posso. Il nostro treno ha un’altra fermata!” Disse Duke indicando un grande ponte che si ergeva su un vasto lago celeste, dello stesso colore degli occhi dell’uomo che ora erano ben visibili.
“Non vorrai mica…” Sapphira non fece in tempo a finire la sua frase che Duke la prese di nuovo in braccio e si preparò a lanciarsi giù dal treno.
“Ti scongiuro non farlo! Non so nuotare! Ho paura!” urlò Sapphira agitandosi per cercare di liberarsi dalla presa, ma era troppo tardi; Duke si lanciò e i due sparirono nell’acqua del lago.



Piccola Nota dell'autore:
Sono tornato a scrivere dopo tanto tempo e volevo fare una nuova storia anche se ne ho altre da finire! Mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate e se vi piacerebbe che la continuassi! Grazie a tutti, anche chi la legge semplicemente!

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Capitolo 2
*** Terra e cielo ***


CAPITOLO 2: TERRA E CIELO
 
“Forse mi sarei dovuto rendere conto di avere un braccio in meno prima di gettarmi nel lago!” Disse Duke sputando acqua.
“Aiuto! Aiuto! Annego! Muoio! Salvatemi!” Urlava Sapphira agitandosi per tenersi al meglio a galla.
“Stai zitta e aggrappati alla mia schiena se davvero non vuoi annegare!” Disse Duke e la ragazza non esitò un istante nel mettergli le braccia intorno al collo; con parecchia fatica e bevendo parecchia acqua, Duke riuscì a raggiungere la riva anche con un braccio solo;
“Tu sei… un pazzo…” disse Sapphira con affanno e Duke scoppiò a ridere.
“Perché ridi?! È così divertente per te essere completamente inzuppati nel bel mezzo di una zona disabitata e di sera?! Eh?!” continuò irritata la ragazza.
“Ti sbagli. Rido perché nonostante per te io sia un pazzo, sei comunque corsa tra le mie braccia mentre stavi annegando!”
“Magari corsa tra il tuo braccio! Cosa è questa storia del braccio meccanico?!”
“Non hai sentito quello che ha detto la sclerata che ho buttato giù dal treno? Mi serviva per girare liberamente in città senza essere scoperto. Piuttosto… adesso devo mettermene un altro, non posso stare con un braccio solo. Andiamo!” Esclamò Luke e si incamminò a passo veloce verso l’oscurità degli alberi.
“Dove vai?! È buio, non si vede niente!” Disse Sapphira mentre lo rincorreva. “Ho freddo…e tanta fame…”
Duke si fermò di scatto e si voltò verso la ragazza; si slacciò la mantella e la avvolse intorno a Sapphira.
“Non so quanto ti possa aiutare, anche io sono bagnato fradicio…” disse e poi riprese a camminare.
“Ehi… smettila di correre e dimmi dove siamo diretti!” gli urlò contro la ragazza che non riusciva a stare al passo di Duke.
“Te l’ho già detto, a prendere un braccio nuovo!”
“Ah sì? Ma ti ho chiesto dove! E comunque… non avresti bisogno di cercare un braccio nuovo se avessi usato quella tua orribile e vecchia spada per parare il colpo! Perché non la butti e non ne usi una più efficiente?!” Disse sconcertata Sapphira, e Duke si arrestò di nuovo all’improvviso, ma questa volta non si volto verso di lei.
“La spada non è solo un’arma, ma rappresenta lo spirito di chi la impugna. Permetteresti mai a qualcuno di rompere il tuo animo, o lo scambieresti mai con quello di un altro?” Rispose l’uomo con voce maestosa.
“Hai il coraggio di elevare un oggetto come la tua spada ad una tale importanza… ma non ti sei fatto problemi ad uccidere tutte quelle donne! Anche tu hai spezzato il loro animo, e anche il corpo! Allora, dimmi! Ho ragione?!” Le parole pungenti di Sapphira rimbombarono nella foresta silente e Duke non aprì bocca, né si mosse di un millimetro.
“E ora non provare a scappare correndo un’altra volta, che altrimenti io…”
“Non ce ne sarà bisogno, siamo arrivati.” Duke si chinò verso un cespuglio e lo spostò, scoprendo la maniglia di una botola; la aprì ed indicò a Sapphira le scale al suo interno.
“Vuoi costringermi ad andare lì sotto?! Non ci penso proprio! Cosa mi farai?!” Disse convinta la ragazza.
“E invece hai una scelta. Venire con me oppure diventare lo spuntino serale di qualche predatore qua fuori. Allora?”
Sapphira sbuffò, e timorosa iniziò a scendere le scale seguita da Duke; una volta arrivati in fondo, i due attraversarono un piccolo corridoio dal quale si poteva accedere a due stanze laterali, oppure ad una frontale; l’illuminazione era scadente, ma sufficiente per quello che era un piccolo rifugio sotterraneo.
Duke aprì la porta della stanza frontale e invitò Sapphira ad entrare per prima; la ragazza, titubante e indecisa, si avviò a passi lenti, fino ad attraversare il varco.
Vide che c’erano altri due individui in quella stanza, due uomini; uno di loro era un giovane ragazzo paffuto dai capelli corti color nero pece, indossava degli strani e larghi occhiali da vista con lenti tonde e spesse davanti ai suoi occhi verdi; era in piedi, quasi al fianco dell’ingresso della stanza, a bocca aperta per ciò che era entrato da quella porta; l’altro invece era seduto davanti a moltissimi apparecchi elettronici e computer e a giudicare dai suoi occhi a mandorla, aveva provenienze orientali; magrolino, alto e apparentemente più anziano rispetto all’altro, i suoi capelli erano castani e corti, ma un lungo ciuffo penzolava sul suo occhio destro.
“Che mi prenda un colpo, DUKE! E questo cosa significa?! Una donna? Qui?!” Urlò sbigottito il quattrocchi.
Duke non rispose e si avvicinò all’uomo seduto per dirgli qualcosa nell’orecchio per circa trenta secondi, poi tornò verso l’uscita.
“Ho passato una giornataccia e sono stanchissimo, ma ho rimediato un po’ di soldi, anche se sono un po’ bagnati. Li lascio sul tavolo. Ho anche perso il mio braccio meccanico. Vorrei andare a riposare subito, datele da mangiare e degli stracci per coprirsi fino a quando non si asciugano i suoi vestiti. Fatela stare nel mio letto, io andrò a dormire appoggiato alle scale.” Duke si voltò e si chiuse la porta alle spalle, senza concedere a nessuno una possibilità di replica.
“Ah sì?! Me ne vado anche io allora! Non ci tengo a condividere l’aria che respiro con questo essere disgustoso! Entro domani spero sia fuori di qui, capito Duke?! E non fare finta di non aver sentito!” Esclamò con avversione l’occhialuto, e anche lui uscì dalla stanza sbattendo la porta violentemente.
“Ehi ma… si stava per caso riferendo a me?” Domandò intimorita e confusa Sapphira.
“Non dargli troppa importanza. Tano sembrerà anche scortese, ma dopotutto non è colpa sua se odia così tanto le donne.” Disse il ragazzo seduto; si alzò e rovistò in un cassetto.
“Siediti pure al tavolino al centro. Ora ti porto un po’ d’acqua e del cibo!” disse, e Sapphira obbedì; moriva dalla fame.
Il ragazzo le portò due porzioni di carne in scatola, Sapphira non sapeva neanche cosa fossero ma con la fame che aveva le divorò in un istante, poi si scolò l’intera bottiglietta d’acqua.
“Senti, tu con gli occhi strani… anche tu non sei servo di nessuno? Come ti chiami?” Domandò curiosa Sapphira.
Il ragazzo fece un sorriso imbarazzato e poi rispose “Il mio nome è abbastanza lungo, ma per comodità tu puoi chiamarmi Cho!”
“Cho? Sei il tizio che ha parlato con Duke nella radio?”
“Esattamente. Ma quando mi ha chiesto di trovargli un modo per darsela a gambe… non pensavo fosse in guai così grossi! Insomma, rapire una ragazzina non si può definire una bella trovata! Tu come ti chiami?”
“Sapphira e… tecnicamente non mi ha rapita… mi ha salvata da degli alligatori e poi per una successione di fatti mi sono trovata costretta a seguirlo…”
“Certo, certo. Ovviamente stavo scherzando! Domani ti riporterà sicuramente in città!”
“Capisco… Bhe, grazie per il cibo! Avevo veramente tanta fame, ora vado a dormire… se mi dici dove esattamente.”
“Ah, niente ringraziamenti! Se proprio vuoi ringraziare qualcuno, quello è Duke. Mi ha detto di darti la sua parte di cibo e ha fatto finta di voler andare a dormire presto!”
“Cosa? Dici davvero?”
“Me lo ha detto poco fa nell’orecchio, non hai visto? Bene, adesso andiamo! Ti faccio vedere dove dormi.”
“Cho…”
“Dimmi!”
“Sono vere tutte le cose che si dicono su Duke? Che è il terribile Sovvertitore e che… ha ucciso un sacco di donne?”
“Ahahaha! Sono tutte baggianate, credimi.”
“E allora perché Duke non fa nulla per screditarle?! Tutti pensano che è un assassino… quando invece è una persona così buona… e non si merita di essere schedato come un essere spietato!”
“Perché a Duke serve che lo pensino. Noi siamo soli, Sapphira, e siamo deboli. Abbiamo tutto il mondo contro, tutte le donne contro e solo perché vogliamo essere liberi, come un tempo… se Duke permette che queste dicerie corrano è perché vuole che le persone abbiano paura di lui, ma non so quanto potrà durare ancora il gioco dell’agnellino che si traveste da lupo. Se scoprissero dove ci nascondiamo, sarebbe la fine per noi.”
“Io… non dirò niente a nessuno. Lo giuro!” Disse Sapphira con la mano sul petto.
“Non ne dubito. E ora, a letto!”
“Aspetta, Cho! Un’ultima domanda! Posso sapere… Perché state nascosti e a cosa lavorate con tutte queste apparecchiature e… dati!?”
“Non credo di poterti rispondere…” Disse Cho cercando di distogliere lo sguardo dall’insistente ragazza.
“E allora… dimmi perché lo fai. È importante per te tutto ciò per cui lavorate ogni giorno e che non vuoi dirmi?”
“Certo che lo è…” Esclamò Cho, irrigiditosi istantaneamente. “I miei genitori vennero qui da un posto lontano, un posto che non conosci sicuramente per colpa del muro. Io ero ancora in fasce, quando trenta anni fa il nostro mondo cambiò. Io non li ho mai conosciuti ma Duke si… il primo ricordo che ho è quello in cui Duke mi regalò un libro di informatica, la mia passione. Ho passato tutta la vita a studiare e sentire i racconti di Duke del mondo prima del FemDom e che io non ho mai potuto vedere. io non potrò mai vivere quei racconti, ma un giorno, i miei figli potranno… e allora…”
“Stai delirando Cho! Gli uomini non possono avere figli!” affermò Sapphira interrompendo l’uomo.
Cho si fermò a riflettere, poi gli scappò una risatina imbarazzata.
“Ma certo… sarà l’orario, anche io ho sonno. Ahahah… Dai andiamo a dormire…” Disse Cho , e prendendo per mano Sapphira, la portò nella stanza di Duke “Tieni questo asciugamano e questo pigiama, ti serviranno per non prendere un raffreddore! Buonanotte!” Disse, e poi chiuse la porta.
Sapphira si denudò per asciugarsi capelli e corpo, si infilò il pigiama di due taglie più grandi e si lanciò sul letto.
“Racconti prima del FemDom… figli tra uomini… non ci sto capendo più nulla! Sarà meglio dormire e ne parlerò meglio domani con Duke!” Sapphira chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno, alla fine della giornata più faticosa ma anche più inaspettata della sua vita.
 
 
Stella entrò nell’ascensore, spinse il pulsante per il sessantesimo piano e pazientemente attese l’apertura dello sportello; aveva braccia e gambe fasciate e parecchi cerotti sul viso. Dopo che l’ascensore si spalancò, percorse le larghe scalinate a chiocciola e giunse davanti ad una elegante porta rossa, già parzialmente aperta. Stella l’attraversò e si ritrovò in una piccola stanza decorata da murales e quadri di ogni genere ma tutti raffiguranti creature marine o sirene. Al centro della stanza vi era un grande tappeto rosso corallo e una tenda trasparente, dalla quale si intravedeva una sinuosa e formosa figura femminile che si stava vestendo.
Stella si incamminò e si fermò a pochi metri dalla tenda, si inchinò leggermente e cominciò a parlare.
“Grazie per avermi concesso di parlarvi, grande Dea Sirena!” Esclamò solennemente la ragazza.
“Alzati pure, Stella… e dimmi...come è stato questo tuo primo incontro con il Sovvertitore?” La voce della donna oltre la tenda era attraente e giovane, anche più giovane di quella di Stella.
“Voi… lo sapete già?!” Domandò sorpresa Stella.
“Oh, Stella… dubiti della mia conoscenza? Io so sempre tutto quello che succede in questa grande e magnifica città che osservo da questo grattacielo.”
“Perdonatemi… è solo che… sono un po’ scossa…” Disse Stella stringendo i pugni.
“Non è da tutti sopravvivere al Sovvertitore… tu sei stata forte! Ma quell’essere immondo ha molti assi nella manica!”
“No… vi sbagliate. Io non gli sono sopravvissuta… lui mi ha risparmiata. Mi ha disarmato e poi mi ha denudato… che umiliazione! Io sono solo riuscita a toglierli un braccio… che non è era altro che una protesi meccanica!”
“Oh, un braccio meccanico eh…ihihih”
“Non vorrei sembrare scortese, mia Dea, ma non riesco a capire dove sia la parte divertente… l’ho lasciato scappare…e si è portato con sé una delle nostre giovani! Ma veniamo al dunque! Sono qui per farvi una richiesta!” Esclamò con decisione Stella.
“Ti sto ascoltando.” La donna aveva finito di vestirsi e si era voltata verso stella, senza però alzare la tenda.
“Datemi una seconda possibilità! Voglio essere io a schiacciare per sempre quello scarafaggio! Ovunque lui sia… chiamatemi e io lo distruggerò!”
“Quella che stai facendo non mi sembra una richiesta sensata… perché dovrei vietare ad un altro comandante di attaccare il Sovvertitore? Solo perché ce l’hai a morte con lui… non posso permetterti questo privilegio!”
“Ve lo chiedo per favore… è molto importante per me rincontrarlo… se proprio non volete concedermelo come dirigente della pubblica sicurezza… almeno fatelo perché sono vostra figlia!”
“Umm… se proprio la metti così… vada per come mi hai proposto.”
“Non vi deluderò! Nessuna donna dovrà più aver paura di camminare con il timore di trovarsi davanti un assassino indecifrabile dal sistema di sicurezza! Con permesso, mi ritiro!”
“Avrai il tuo incontro con il Sovvertitore, però… ad una condizione.” Disse la donna dietro la tenda, aprì un ventaglio e iniziò a farsi aria.
“Q-quale?” Domandò Stella titubante.”
“Lascia che io… ti aiuti… eheheh” Disse la Dea e chiuse bruscamente il ventaglio.
“Vi ringrazio molto… Madre…”
 
 
Giunse l’alba, e anche se sotto terra la luce del sole non arrivava, Sapphira si alzò automaticamente come la sua sveglia biologica le imponeva.
“Devo assolutamente scusarmi con Duke… forse quella spada ha un valore affettivo che non conosco e ci sono andata pesante con le offese!”
La ragazza aprì la porta senza far rumore e diede un’occhiata verso le scale; Duke non era lì, si era già svegliato, pensò. Si sentiva parlare dalla stanza principale, allora Sapphira si diresse lì ma per istinto e senza motivazione decise di non farsi vedere e di mettersi dietro la porta ad origliare.
“Quindi quella bamboccia non sa nulla?!” Esclamò Tano sbattendo i pugni sul tavolino.
“Perché avrei dovuto raccontarle qualcosa?” Domandò Duke e si alzò dalla sedia.
“Perché?! Perché, mi dici?! Quella ragazzina non sa niente di niente ma è pronta a giudicare! Non hai visto come mi guardava dall’alto in basso?” Urlò Tanò e lanciò via il tavolino.
“Tano, datti un contegno! Lei non ha colpe, è stata semplicemente educata così!” Disse Cho, cercando di calmare il suo amico con una pacca sulla spalla.
“Non mi calmo! Non è giusto! Ti sei dimenticato i racconti di Duke, eh? Lui ha vissuto per venti anni prima del FemDom e noi invece siamo nati in un’epoca senza equilibrio!”
“Ti capisco… ma è sopportabile! Fare così non serve a nulla! Devi portare pazeinza…”
“Per te è facile parlare, eh Cho?! Tu sei stato subito aiutato da Duke, ma io? Io ho fatto la vita da schiavo per quindi anni! Quindici cazzo di anni! Tu invece leggevi libri spaparanzato sulla poltrona e ci potresti anche morire così, fosse per te! E quella bambina pensa che tutto ciò sia normale! Prima del FemDom noi potevamo camminare lì fuori a testa alta, avrei potuto amare una ragazza, avere dei figli nella maniera adeguata e nessuno sarebbe stato ai comodi di nessun altro!” Esclamò Tano, fino a piangere mentre parlava.
“D-davvero… si poteva fare tutto questo…prima?” Disse Sapphira entrando sconvolta.
Tano si asciugò velocemente le lacrime per l’imbarazzo di essere visto, spostò con forza la ragazza dall’entrata e si chiuse nella sua stanza.
“Bhe, ormai hai sentito tutto quindi possiamo anche dirtelo. È così, il FemDom non è che un grande cielo di carta.” Disse Cho.
“Quando ero giovane…” si intromise Duke “Ho vissuto cosa c’era prima di questo falso paradiso per voi donne: eravamo tutti esseri umani e non belve e padroni. Ascolta, Saph. Non so quanto tu tenga al tuo status o se tu voglia sapere o no come è il mondo in realtà, ma stai certa che io farò qualsiasi cosa… per fartelo vedere. Ti farò vedere… cosa è veramente il rispetto, cosa vuol dire guardarsi negli occhi dalla stessa altezza e cosa si prova ad amare senza limiti, senza imposizioni, senza differenze di classe…”
“Vuoi dire… che io posso amare il mio serv… emh… Phil… senza ripercussioni?” Domandò lacrimante Sapphira.
“Ricorda sempre… di seguire il tuo cuore. Se è questo che ti dice, allora devi lottare per renderlo possibile. Adesso però… va’ a vestirti che ho una proposta per te.” Disse Duke indicando prima il petto della ragazza e poi la sua stanza.
Sapphira annuì e corse a rimettersi il suo abito, che grazie al bagno nel lago si era anche ripulito dalla sporcizia, poi tornò da Cho e Duke.
“Se vuoi posso riportarti a casa… oppure…”
“Oppure?” Domandò Sapphira con gli occhi brillanti di entusiasmo.
“Posso portarti a conoscere un’altra donna che come te… conosce la verità!”
I due compagni di avventure risalirono le scale e uscirono dalla botola che dava sulla foresta; Duke indicò il percorso e Sapphira lo seguì a ruota.
“Dove stiamo andando esattamente?” Domandò curiosa la ragazza.
“Un edificio abbandonato nella foresta, è lì da prima del FemDom ma poiché nessuno si addentra così in fondo, solo noi sappiamo che c’è… ed è lì che vive la mia amica!” rispose sprizzante di energia Duke.
“Ma se la pubblica sicurezza sa che vi nascondete nella foresta, perché non rade tutto al suolo per trovarvi?”
“La città è circondata da un altissimo muro, impossibile da scalare, costruito anche da sottoterra per impedire buchi e ogni giorno in continua ampliazione. Siamo praticamente topi che si costruiscono da soli la gabbia. Se tutta la vegetazione e la fauna sparisse… morirebbero tutti di fame. E inoltre loro non vogliono trovarci… per il FemDom noi non siamo una minaccia, ma un incentivo.”
“Eh, cosa intendi dire?”
“Non esistono nemici del FemDom al di fuori di noi e lei lo sa. La pubblica sicurezza è stata qualificata come garante della pace in città ma in realtà non è altro che un esercito creato per tenerci lontani e che viene istigato a disprezzarci e ucciderci a vista.”
“Che crudeltà… ma allora… chi è la Grande Dea Sirena e come ha fatto a diventare quel che è oggi?”
“Come ha fatto non ha importanza, ti basta sapere che non è altro che una bambina viziata che gioca con gli esseri umani come se fossero bambole, autoproclamatosi Dea che si fa forte dell’ego che si è creata con la tirannia. Ma in realtà… non è altro che una persona debole che ha bisogno di sentirsi grande perché sa di essere un verme.”
“Sembri conoscerla bene…”
“Non ti fare strane idee, è semplicemente un dato di fatto facile da intuire per chi sa un po’ di basi di psicologia.”
“Psicologia..? Anche questo è un altro dei tuoi panini farciti?”
“Siamo arrivati.”
L’edificio si nascondeva tra le sterpaglie e gli alberi alti, era ricoperto di muschio e quasi tutti i vetri erano rotti; Duke si avvicinò alla porta e fece cenno a Sapphira di fermarsi dietro di lui.
“Dottoressa? Dottoressa Ziegler! Sono io!” Gridò Duke ma nessuno rispose.
“Strano che non risponda. Spero non le sia successo niente… entriamo ed esploriamo, magari non ha sentito.” Esclamò Duke, aprì la porta e l’attraversò, accompagnato da Saph; L’atrio era completamente vuoto e in rovina.
All’improvviso, qualcuno lanciò un urlo alle spalle dei due compari che gridarono anch’essi dallo spavento.
“Ah-ah! Beccato, Duke! Ti ho fatto spaventare questa volta!” Disse una donna, nascosta alle spalle della porta; Fisico da modella e molto giovane, aveva lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo e degli occhi color sabbia coperti da piccoli ma eleganti occhiali, indossava un camice bianco che copriva una tuta sportiva celeste e delle scarpe da ginnastica.
“Ma sei impazzita?! Ci hai fatto prendere un colpo!” Disse Duke affannando il respiro.
“Ci? Ehi… aspetta un attimo… mi hai portato la ragazza?!” Chiese stupita la dottoressa.
“M-molto piacere, mi chiamo Sapphira ed è un piacere conoscervi!”
“Oh, ma come sei carina! Io invece sono Karla Ziegler e puoi darmi benissimo del tu!”
“Bene, avrete parecchio tempo per parlare visto che devo montare il braccio nuovo… Piuttosto, lo hai preparato come ho detto di riferirti a Cho,? Domandò impaziente Duke.
“Certo, trovi tutto pronto al piano superiore! Buon divertimento!” Esclamò Karla facendo un occhiolino.
“Grazie mille, Zieggy!” Duke corse verso le scale e si dileguò.
La dottoressa prese due sedie rovinate e le mise una di fronte all’altra, si sedette e invitò anche Sapphira a farlo.
“Mi rincresce parlare in questa stanza così vuota ma ho arredato solo il piano superiore… è meglio far credere che sia un posto vuoto se mai qualcuno venisse qui a curiosare!” Disse Karla sorridendo.
“Emh… Karla, posso farti una domanda?” Chiese indecisa Sapphira.
“Ma sicuro! Sono a tua completa disposizione!”
“Perché… anche se sei una donna, hai deciso di lottare per il cambiamento di cui parla Duke? Anche tu come me sei nata quando il FemDom era già in funzione…”
“Devi sapere che fino ad un paio di anni fa lavoravo nel dipartimento di ricerca e sviluppo della città… ho visto oscenità e fatto cose di cui mi pento ma adesso ho la possibilità di redimermi. Avendo anche lavorato per la costruzione del sistema di sicurezza… posso facilitare a Duke e a chiunque ne avesse bisogno l’ingresso in città. Duke e i ragazzi sono una squadra unita e preparata, so che stanno preparando qualcosa e io farò di tutto per aiutarli.”
“Anche io… vorrei essere utile come te… e invece sono solo un peso…” Disse a bassa voce e intristita Sapphira.
“Ti sbagli. Sei molto importante per Duke.”
“E tu come fai a saperlo?”
“Cho mi ha raccontato tutto quello che ha fatto per te, ma nonostante sembri scontato, non è questo che dovrebbe fartelo capire.”
“E cosa, allora?”
“Tu sei diversa. Anche da sola avevi capito l’importanza di amare… provavi qualcosa per il tuo servo, vero? Eppure non ti sembra strano poter amare anche un uomo, al contrario di come ti hanno imposto? Anzi, è assolutamente naturale. È per questo che Duke ti adora. Tu avevi distrutto i limiti del FemDom anche prima che sapessi la verità.”
“Lo pensi davvero? Pensi davvero che Duke tenga così tanto a me?”
“Potrei addirittura dire che si consideri tuo padre ormai, ahahah!”
“Padre…? E questo panino cosa significa?”
“Ehi, ma che panino? Ahahahah! Padre è il maschile di madre! È normale che tu non lo sappia… il FemDom ha sempre insegnato che esistano solo le madri…”
“Vuoi dire che… i genitori possono essere un maschio e una femmina?”
“Non possono, devono esserlo. Non c’è altro modo per far nascere un figlio. Il FemDom… usa metodi che non vorrei dover raccontarti per procreare… almeno non adesso.”
“La mia vita… è stata tutta una bugia…a partire dalla mia nascita” Affermò singhiozzando Sapphira e poi si lanciò in lacrime su Karla, che l’abbracciò affettuosamente.
Il tenero momento però, durò poco; Una tremenda esplosione distrusse le fondamenta del primo piano, facendo crollare l’intero edificio.
Duke saltò via da una finestra prima di finire schiacciato tra le macerie e si lanciò alla ricerca delle due donne, ma fu attirato da un rumoroso motore elettrico; guardò in alto e vide Stella con in braccio Sapphira che si dimenava per liberarsi.
“Ma… tu…” Duke non riusciva a parlare perché troppo furioso e spaventato allo stesso tempo.
“Ci rincontriamo… Sovvertitore, o forse… dovrei chiamarti Duke, come mi hai consigliato?” Disse Stella con alterigia.
“Aiutami, Duke! Voglio scendere! Lasciami andare, ho paura di cadere!” Urlava agitata Sapphira.
“La ragazzina è in evidente stato confusionario! Pensa che vogliamo farle del male quando invece vogliamo salvarla da un pazzo che l’ha ridotta così!” Affermò Stella stringendo la presa sulla catturata.
“Come… come ci avete trovati?!” Domandò scombussolato Duke.
“La grande Dea Sirena osservava ciò che succedeva in questo edificio da parecchio tempo e sapeva che era abitato da una traditrice che costruisce parti meccaniche. Sapevamo che saresti venuto qui… per procurarti una protesi nuova e vedo che ci sei riuscito in tempo, bravo… ma non ti servirà.”
“Dove è finita la Dottoressa, che ne avete fatto?!”
“Di quella traditrice non mi importa nulla… che sia morta o no sotto le macerie mi è indifferente. L’importante è essere riuscita a prendermi la mia rivincita. Guardati… Io sorvolo il cielo mentre tu sei in basso a guardarmi senza possibilità di reagire! Ti ho sottratto la ragazza con una facilità impressionante e tu saresti il Sovvertitore?! Non proverò neanche ad ucciderti, mi basta infliggerti questa grande umiliazione! Ben ti sta!” Esclamò stella puntando in basso
“Cadi sempre nello stesso errore… risaltarti sminuendo il valore degli altri non ti migliorerà come persona. Non ti è servita la lezione?! Se lasci la ragazza e vieni qui a terra potrei darti una ripetizione!” Disse Duke facendo il tipico gesto di provocazione all’avversario.
“Ci hai provato, ma ti ripeto che non mi interessa combatterti! Questa ragazza è accusata di aver avuto un rapporto con un servo e deve essere sottoposta a riabilitazione al più presto! È mio dovere portarcela! Detto questo, au revoir, mon cheri!” Esclamò vincente Stella, e sfrecciò via ad alta velocità sulla sua tavola volante.
“Duke, salvami! Io voglio stare con te!” Si udì in lontananza, sparente nel cielo, la voce disperata di Sapphira. 

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Capitolo 3
*** Padre ***


CAPITOLO 3: PADRE
 
“Cho, passami quel mirino. Penso sia il più adeguato.” Disse Tano mentre tendeva la mano verso il suo compagno.
“Ti piace davvero tanto assemblare armi da fuoco, eh?” Domandò Cho e consegnò al ragazzo il pezzo che aveva chiesto.
“Prima o poi ci serviranno, tutte queste armi… lo sai anche tu che questo mondo non si risolve solo a parole anche se vorrei fosse così…” Esclamò Tano guardando verso il basso, malinconicamente.
All’improvviso un tanfo rimbombò nel corridoio del passaggio segreto e i due si misero in allerta, ma prima di realizzare la situazione, Duke, sporco di polvere e in affanno, piombò nella stanza con la dottoressa Ziegler sulle spalle tutta ferita e sanguinante.
“Cho, Tano! Serve un intervento di soccorso al più presto! Tano, tu occupati di tenerla ferma mentre Cho, presto, vai a prendere le bende e gli attrezzi” Urlò Duke con la sua voce consumata; senza perdere tempo, tutto l’occorrente per l’operazione fu disposto e Duke iniziò l’intervento.
“Ma cosa diavolo le è successo?!” Domandò sconvolto Tano.
“Non c’è tempo ora per le spiegazioni! Ti ho detto di tenerla ferma. Ci sono frammenti di ossa nel suo corpo e devo rimuoverle. Useremo quel poco di anestetico per alleviare un po’ il tutto ma farà comunque molto male. Quindi tienila stretta!” Esclamò Duke e dopo un bel respiro, cominciò l’agonia; Per ore e ore le urla della dottoressa e il sangue che schizzava ovunque furono le uniche cose che riempivano la stanza.
Finito l’intervento, la donna svenne e gli uomini dopo aver bendato le ferite, la portarono in una stanza da letto, quella di Duke, e le attaccarono una flebo; Duke fece cenno agli altri di fare silenzio e ritirarsi nella sala delle apparecchiature e lì spiegò loro tutto l’accaduto, dal salvataggio miracoloso della dottoressa tra le macerie e il rapimento di Sapphira.
“Lo sapevo che una donna di città ci avrebbe portato solo guai! Sono furioso!” Disse Tano sbattendo i pugni sul muro. “Per fortuna la dottoressa Zieg è fuori pericolo, quindi quella bamboccia inutile non è più un nostro problema!” continuò.
“Tano! Misura le parole!” Intervenne imbarazzato Cho. “Lo sappiamo tutti che tra di noi sei l’unico che ha vissuto per parecchio tempo la vita da servo ma non sono questi i sentimenti che devi provare ora! Noi non siamo ribelli perché odiamo le donne ma perché vogliamo che il mondo torni come prima! Detto questo… su una cosa non hai torto. Alla fine, quella ragazzina è tornata dove doveva stare…” Concluse Cho.
“Noi la salveremo.” Esclamò deciso Duke, alzandosi dalla sedia e i due rimasero a bocca aperta.
“Scusa?” Chiese sbigottito Tano.
“Lei è una ragazza cresciuta e vissuta nel pieno FemDom, è vero… ma è diversa dalle altre. Lei mi ha chiesto aiuto, CI ha chiesto di essere salvata e voleva sapere la verità sul mondo! È la prima volta che troviamo qualcuno che sia veramente nel centro tra noi e loro e se mai vinceremo è perché esiste… ed è grazie a lei che molte donne la seguiranno a ruota! Però… non sono un’ipocrita e a parte questo… ora ci tengo a lei e voglio salvarla anche solo perché mi ci sono affezionato!” Disse Duke, con gli occhi colmi di luce.
“Duke… non avrei mai scommesso di sentirti dire cose del genere! E poi salvarla?! Da cosa?! È una donna, e in quel mondo non corre nessun pericolo!” Disse convinto Tano.
“Ti ripeto, Sapphira non appartiene a quel mondo. Ha avuto l’impulso di baciare e innamorarsi il suo servo uomo anche se le hanno indottrinato esattamente il contrario e purtroppo questo evento non lo dimenticheranno. Sarà punita e potrebbero farle anche un lavaggio del cervello. Dobbiamo andare al più presto!” Disse Duke, e appoggiò una mano sulla spalla di Tano ma il ragazzo l’allontanò immediatamente.
“Mi dispiace ma non mi importa! Tutto quel che dici non ha un senso! Io ne starò fuori!” Esclamò Tano e si avvicinò alla maniglia della porta, esitando per un momento.
“Ho capito, Tano… non ti chiederò di aiutarmi ma… posso prendere in prestito qualcuna delle tue invenzioni?” Domandò Duke.
“Fai un po’ quello che ti pare!” e il ragazzo uscì dalla stanza.
“Puoi contare su di me, Duke. Ti aiuterò volentieri a salvarla” Disse Cho e aprì immediatamente il suo portatile, collegandolo alle altre apparecchiature.
“Grazie, amico mio… Allora, abbiamo un modo per rintracciarla?” Domandò Duke, dopo aver fatto un lungo respiro di sollievo.
“Dovrò usare il codice che avevo scoperto per entrare nelle telecamere di sicurezza della città ma questo significa che presto faranno un upgrade al loro sistema a loro volta… questi 2 anni di lavoro se ne andranno per salvarla… e non riusciremo più ad usarlo per il nostro progetto finale…” Disse Cho, titubante sul premere il pulsante di invio.
“Sono disposto a tutto… vedrai che non sarà sprecato! Allora stammi bene a sentire! Questo è il piano!”
 
 
 
 
 
L’ascensore del palazzo aveva il cinquantesimo piano come meta, ma era talmente veloce che sembrava si fosse teletrasportato; il vetro trasparente permetteva di vedere tutta la città dall’alto, tutta uguale, tutta perfettamente pulita e simmetrica.
“Siamo arrivati, cara Sapphira!” Disse Stella, e invitò la ragazzina ad uscire dall’ascensore per prima; Sapphira non era stata imbavagliata o legata, ma semplicemente scortata fino al palazzo della Dea Sirena che si presumeva volesse vederla.
“Ho paura… non ho mai visto La Sirena del palazzo… sarà punita direttamente da lei, anzi, sarò uccisa… me lo sento!” Urlò spaventata Sapphira cercando di prendere tempo nell’ascensore.
“Povera ragazzina…” Disse sbuffando Stella. “Quel maledetto Sovvertitore ti ha condizionato così tanto! Qui noi non uccidiamo nessuno che non sia un uomo disobbediente! Quindi vedi di stare tranquilla, la Sirena vuole solo parlarti!” Stella spinse fuori dall’ascensore Sapphira con delicatezza e insieme si incamminarono alla fine del corridoio; Stella aprì la porta e invitò la ragazza ad entrare.
La stanza era un ampio terrazzo rettangolare che si affacciava ad un cortile in modo da circondarlo, quasi sembrasse un’arena da guardare sugli spalti. Sembrava essere un rinfresco a cui stavano partecipando molte signore di alta classe e tra tutte, ne risaltava che sedeva su una portantina molto lussuosa coperta da un lungo velo e sostenuta da quattro servi nudi. Era lei, la grande Dea Sirena.
“Fatti avanti.” Esclamò solennemente.
Stella afferrò la mano di Sapphira e si incamminò verso la portantina, poi si inchinò e costrinse Sapphira a fare lo stesso.
“Come avevo previsto, hai fatto un ottimo lavoro, mia cara figlia. Ora puoi congedarti, mentre tu, ragazzina… alzati pure e dimmi come ti chiami.” Stella afferrò Sapphira e la tirò all’insù per poi lasciare la stanza con un saluto militare; Sapphira guardava in silenzio intimorita la lussuria con cui la donna la osservava attraverso il velo. Ora che sapeva la verità, tutto ciò che riguardava il FemDom le incuteva il peggiore terrore e sfiducia.
“Devi scusarmi… Hai ragione, non è educazione chiedere il nome di qualcuno senza prima presentarsi. Dopotutto non è facile avere un incontro diretto con colei che ha creato questo paradiso. Io sono quella che chiamano la Dea Sirena!” Con uno schiocco di dita, i servi posarono a terra la portantina e velocemente rimossero il velo che copriva la donna che con eleganza, fece la sua apparizione; vestiva di un kimono giapponese color corallo adornato da incisioni e cuciture rappresentanti creature marine; i suoi occhi erano neri e profondi e i suoi capelli, di un rosso pungente, erano raccolti nella tradizionale acconciatura giapponese del momoware.
“Devi scusare i modi di Stella, mi fa sembrare un mostro! Ah-ah-ah-ah! Anche se sono la Dea Sirena, il principio del Femdom è trattare le altre donne come proprio pari, sempre! Ecco perché oggi ho invitato qualche amica in questa modesta festa!” Disse la Sirena, con tutto fuorché modestia.
“C-cosa volete da me?” Domandò balbettante Sapphira.
“Dai dai… non fare la maleducata! Ti ricordo che non ti sei ancora presentata!” Disse ridendo la donna.
“Sapphira…”
“Oh… che bel nome! Rispecchia i tuoi occhi! Color zaffiro, spettacolare!” Disse la Sirena, avvicinandosi al volto della ragazza e afferrandola dal mento, per osservare meglio i suoi occhi. “Vieni con me su quella poltrona affacciata al cortile, dobbiamo parlare.” Continuò la donna, improvvisamente con un tono freddo e distaccato, trascinando via la povera Sapphira e costringendola a sedersi accanto a lei.”
“Allora, cara Sapphira… mi hanno detto che hai passato un giorno con il Sovvertitore… deve essere stato terribile!” Esclamò con falsa preoccupazione la Sirena
“Non lo è stato per niente… non mi ha fatto niente se non salvarmi da due pazze che volevano farmi il lavaggio del cervello!” Esclamò stranamente coraggiosa Sapphira, tanto che anche la sua interlocutrice ne rimase spiazzata.
“Siamo davvero sicuri che non sia stato il Sovvertitore a farti questo?”
“Basta fare i finti tinti, basta avere paura! Non mi ingannate! Duke mi ha detto la verità! Mi ha detto di come era il mondo prima delle vostre bugie e io voglio saperne di più! Quindi lasciatemi andare, da oggi anche io faccio parte del gruppo del Sovvertitore!”
“Aaaah… cara Sapphira… cosa ti hanno fatto quei barbari. Non mi resta altra scelta che salvarti io stessa.” Sapphira non riusciva a capire cosa intendesse la Sirena con quelle parole, finché non vide che nel cortile si avvicinavano due donne con il casco della pubblica sicurezza che trascinavano un servo al centro del cortile; non appena Sapphira lo riconobbe, si alzò dalla poltrona e si affacciò disperata agli spalti.
“Phil! Oh, Phil! Sei tu! Cosa ti hanno fatto!?” Gridò Sapphira, disperata alla vista del suo amato completamente sciapito e disidratato.
“Mio cara Sapphira…” Disse La Sirena, avvicinandosi lentamente agli spalti con Sapphira. “Per colpa di questo essere impuro, che ha osato sfiorare le tue labbra con le sue, sei stata incolpata di atti osceni. Quando era maledettamente ovvio che era tutta colpa sua!” Continuò solenne e furiosa.
“Non è vero! Ho scelto io di baciarlo! Cosa gli avete fatto!?” Chiese agitatissima la ragazza.
“Semplicemente non è gli è stato dato ne cibo ne acqua per tutto il tempo in cui sei stata via. Infatti, è il compito di una signora prendersi cura del suo animaletto. Ma adesso che sappiamo che ha osato infrangere il codice di schiavitù, sarà lui ad essere punito!” Esclamò la Sirena, dopodiché fece un segnale con le dita e un servo le portò un baule argentato; lo aprì, e consegnò il suo contenuto a Sapphira: una elegante e decorata pistola da esecuzione.
“Prendi la mira e spara a quella bestia. La morte sarà la sua punizione! Dopodiché prenderemo in cura il suo corpo e taglieremo le sue sfere dell’impunità per consegnarle a te come riconoscimento del primo schiavo punito. Come vedi, tutte noi signore di classe ne portiamo diverse al collo. Quella parte del copro degli uomini non è che un ricrescimento inutile di pelle e noi abbiamo trovato loro un’utilità…eheheheh” Disse La Sirena, ridendo del suo raccapricciante discorso.
“Ma siamo pazzi… Phil… io non potrei mai spararlo.  Duke, aiuto… è un incubo.” Disse Sapphira con la pistola in mano, tremolante e grondante di sudore.
“Lo so, lo so… il primo è sempre quello più difficile ma vedrai che ci prenderai la mano. Fatti valere, fagli capire chi comanda!” Disse la donna, afferrandole mani di Sapphira per aggiustarle la mira.
“Non posso! Io lo amo! Phil, scappa!” Sapphira si scrollò di dosso la presa della Sirena, e lanciò via la pistola per poi lanciarsi dentro il cortile, che per fortuna non richiedeva un saltò troppo pericoloso.
“Sto venendo a salvarti, Phil!” Urlò Sapphira mentre gli occhi di Phil iniziavano a lacrimare di felicità, con quel poco di idratazione che gli rimaneva ma al primo passo di Sapphira verso il suo Phil, le lacrime del suo amato si tinsero di rosso.
Il suono di uno sparo attirò per un attimo l’attenzione di tutte le presenti, che dopo un piccolo applauso, ripresero a fare quello che stavano facendo, ma non Sapphira; il suo sguardo era fisso sul fumo che usciva dalla pistola della Dea Sirena, poi un urlo incessante.
“PHIIIIL!” Sapphira corse verso la pozza di sangue ma non aveva il coraggio di guardare il volto sfigurato dal proiettile.
“Avevi bisogno di aiuto… ma ora è tutto finito. Ora sei una donna, non più una ragazzina. Forza, almeno taglia le sfere qui davanti a me!” Esclamò La sirena, e lanciò un piccolo bisturi ai piedi di Sapphira che dopo averlo osservato, lo raccolse e lo impugnò coraggiosamente verso la donna.
“Tu… lo hai ucciso… io lo amavo! Altro che Sirena… sei solo un demone! Sei l’unica a dover morire qui! Bugiarda! Ipocrita! Bastarda!” Sapphira era nel panico e nel furore più totale, oscillava il bisturi aggressivamente ma era in un mare di lacrime; si sfiancò dall’agitazione e cadde in ginocchio, affannando.
“Ormai sei irrecuperabile… le tue madri avevano ragione. Per te non c’è speranza se non una riabilitazione totale! Sicurezza, prendetela!” Ordinò spietatamente la Sirena.
Le agenti della sicurezza si avvicinarono a Sapphira, pronte a sollevarla e ad ammanettarla ma una grande esplosione dal soffitto richiamò l’attenzione di tutti; una sagoma precipitò direttamente sulle donne accanto a Sapphira, mettendole a KO.
La ragazza impaurita sollevò lentamente lo sguardo e lo vide; un braccio metallico scintillante e pulito, che le tendeva la mano.
“Duke… sei venuto davvero… non è un allucinazione?” Domandò Sapphira asciugandosi le lacrime.
“Certo che sono io! Ne dubitavi? Lo hai detto anche tu, no? Ora fai parte del gruppo del Sovvertitore e non lascio indietro un compagno!” Esclamò con decisione l’uomo, e aiutò Sapphira a rialzarsi.
“Ma… come fai a saperlo? C- ci hai sentiti?”
“Grazie a Cho siamo riusciti a bypassare la sicurezza e ad infiltrarci senza allarmi, ma la parte più difficile viene ora: uscirne! Però… volevamo salvare anche Phil…”
“…”
“Mi dispiace, non pensavo che quella bastarda lo avrebbe fatto con le sue mani… se solo fossi intervenuto prima”
“Non è colpa tua, Duke… Hai fatto il possibile e almeno ora… sei qui!”
“Ben detto, ben detto!” Disse applaudendo la Dea sirena, mentre tutte le guardie in posizione puntavano le armi da fuoco su Duke. “E così il topo, pur di arrivare al formaggio, si è messo all’angolo col gatto!”
“Da quanto tempo, mia grande Dea Sirena! Davvero una bella festa! Certo le crocchette erano un po’ bruciate ma comunque passabili.” Disse ridacchiando Duke mentre prendeva in spalla Sapphira.
“Ti passerà la voglia di scherzare quando cento pallottole ti perforeranno il corpo… essere immondo! Se solo non stessi usando la ragazza come scudo! Sapphira, non vedi che questo schifoso scarafaggio ti sfrutta!?” Chiese adirata la Sirena, pronta schioccare le dita per far partire l’attacco ma purtroppo per lei, non aveva previsto l’ingegno di Duke.
“Hasta la vista, senorita!” Duke tese la mano meccanica verso il buco che aveva creato con l’esplosione per entrare, e un rampino partì dal palmo della protesi che riattivandosi, fece saltare via nella fessura Duke con Sapphira mentre tutti i colpi di fucile erano partiti con la speranza di ferirli.
“Dannazione, non lasciatelo scappare! Prendeteli, vivi o morti! Sono stata chiara!?” Disse furiosa la Sirena, ritirandosi nella portantina e ricoprendosi col velo.
Nel frattempo, Duke, sul piano superiore si affacciò ad una finestra aperta e si rivolse a Sapphira.
“Hai visto, non le importa niente di te. Ha provato ad ucciderti insieme a me pur di fermarmi…” Disse Duke.
“Non ce ne era bisogno… ormai l’avevo capito senza che provasse ad uccidermi. Il FemDom fa paura più di qualsiasi altra cosa… ma la cosa che mi fa più paura adesso sono io… cosa sono? Da dove vengo? Anche le mie mamme volevano uccidermi…” Sapphira iniziò a lacrimare, in preda allo sconforto.
“Non ci pensare ora, ne parleremo quando saremo al sicuro ora reggiti forte!” Duke si strappò di dosso il mantello, mostrando un paracadute.
“Ehi… non vorrai…?” Sapphira aveva capito, si aggrappò più forte che poteva a chiuse gli occhi; Duke si lanciò e a mezz’aria aprì il paracadute. Il vento era a loro favore, le guardie non li avevano visti in tempo ed erano diretti all’entrata della foresta.
Atterrati, sani e salvi, Sapphira sorrise e Duke, imbarazzato, le accarezzò la testa.
“Grazie. Grazie per non avermi abbandonata.” Disse Sapphira, trattenendo ancora una volta le lacrime.
“Non devi solo ringraziare me, tutto il gruppo ha dato un mano perché ora sei una di n… Attenzione! Aaaugh!” All’improvviso, il discorso di Duke fu interrotto dal rumore di un raggio laser; Duke si lanciò verso Sapphira per proteggerla ma il suo braccio non meccanico fu colpito e ferito gravemente.
“La vostra corsa finisce qui! Io, Stella, ancora una volta fermerò il male!” La comandante della pubblica sicurezza, sfoderando la sua arma al plasma, che apparentemente poteva anche attaccare a distanza, celebrava la sua vittoria con una posa trionfale da cartone animato
“Oh no, la tipa stramba ancora una volta! Stai bene Duke!?” Esclamò Sapphira controllando il braccio sanguinante del compagno.
“Tipa stramba?! Io sono Stella, una delle tre…”
“Sisi… lo sappiamo già, insomma… ci rivediamo!” Esclamò Duke cercando di risparmiarsi la solita recita della sua avversaria.
“Ormai sei in trappola! Ho già avvisato i rinforzi! Finché non saranno qui ti terrò occupato e ti ammazzerò non appena saranno venuti a prelevare la ragazza!”
“Non hai visto che hanno cercato di uccidermi e con me, anche Sapphira? Adesso all’improvviso la volete ancora viva?”
“Non dir stupidaggini, sporco uomo! Si è trattato solo di superficialità di sottoposti che presto saranno puntiti! Nessuno vuole fare del male a Sapphira!”
Duke si accostò all’orecchio della ragazza e le parlò silenziosamente.
“Con il braccio in questo modo non posso usare efficientemente la mia katana e comunque la sua lama al plasma la annienterebbe. In più sto cercando di prendere tempo ma non penso servirà a molto con gli altri agenti alle calcagna… c’è solo un modo, devi scappare tu, io al terrò occupata!”
“Assolutamente no! Duke non ti lascio! Mai!” Disse urlando Sapphira.
“Ma che fai? Cosi ha sentito tutto!” Esclamò preoccupato Duke.
“Non mi importa se ha sentito! Te lo ripeto, proprio come te, io non abbandono un mio compagno… o forse dovrei dire… padre?” A quelle parole di Sapphira, il cuore di Duke iniziò a battere all’impazzata e l’uomo si pietrificò. Non avrebbe mai pensato che nella sua vita, nella vita dominata dal FemDom, avrebbe mai più sentito dire la parola padre da una ragazzina.
“Padre…? Che cosa è? Voi uomini non la finite mai con questi termini da trogloditi, eh?! Hai finito di essere di cattivo esempio per la ragazzina, è giunta la tua o…!” Stella impugnò la sua lama, ma non fece in tempo a concludere il suo urlo di battaglia che dopo aver tossito e sputato parecchio saliva, cadde a terra incosciente e immobile.
Duke si avvicinò alla donna e le controllò il polso, straniato da quello che aveva visto.
“Sembra essere ancora viva… ma cosa le sarà mai successo? Aspetta, ma questo…” Duke notò che dietro la nuca aveva quello che sembrava un proiettile tranquillizzante per animali selvatici; un cespuglio si mosse, e una figura amica si avvicinò lentamente ai due reduci.
“Ne hai di coraggio, ragazzina per metterti tra Duke e una spada al plasma pur di salvarlo. Forse mi sono davvero sbagliato sul tuo conto.” Era Tano, che volteggiava il suo fucile con maestria e fierezza mentre osservava con disprezzo la feroce e potente comandante degli agenti della pubblica sicurezza a terra in un mare di bava.
  Piccola Nota dell'autore:
Non pubblico da praticamente anni, ma quando ti tornano i ricordi e l'ispirazione è sempre un piacere! : D Spero di ricevere molti feedback perché è quello che mi spinge a continuare! Grazie a chi leggerà!

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