Il passato che si intreccia di nuovo con il presente.

di BalthierSan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una corsa troppo frettolosa. ***
Capitolo 2: *** Scontri Verbali ***
Capitolo 3: *** Ruoli ***
Capitolo 4: *** Intimità. ***
Capitolo 5: *** Notte insonne. ***
Capitolo 6: *** Buio comune, ma al chiaro di Luna. ***



Capitolo 1
*** Una corsa troppo frettolosa. ***


Archades, Impero di Arcadia. 698 A.V.

- "Dai! Veloce o faremo tardi!"

Una ragazza dai lunghi capelli argentati correreva per il quartiere tsenoble della Capitale tenendo per mano un altro ragazzo che faceva fatica a starle dietro. La sua voce non era eccessivamente alta, ma in posto composto come i quartieri alti di Archades, si faceva notare non poco. 
Il ragazzo che veniva trainato da lei non tentava, invano, di farla fermare o, per lo meno, rallentare, ma il fiato gli veniva a mancare e quindi decise di continuare a correre senza dire nulla. 
Proprio nel momento in cui le forze sembravano abbandonare il povero ragazzo, la sua compagna di corsa sembrò rallentare, lasciandogli la mano per poi fermarsi poco più avanti. 
Il ragazzo, con le mani sulle ginocchia e il fiatone cercava di dirle qualcosa di sensato.

- "Hey, Kalista, avresti potuto anche andare più lentamente! Come vedi, non è ancora arrivato!"

La ragazza che si era persa a guardarsi intorno, in cerca di un volto, udite le parole dell'amico si voltò verso di lui, con una buffa espressione imbronciata.

- "E io che ne potevo sapere che non fosse ancora arrivato, eh?"

-"Ma lo sai che è sempre in ritardo! l'ho imparato anche io! ormai. "


Alzatosi di nuovo in posizione eretta il ragazzo tentò di dare una sistemata ai vestiti ormai sgualciti dalla lunga corsa, anche se in realtà, non gli interessava poi così tanto, come apparissero i suoi vestiti. Probabilmente, quel gesto era solo il riflesso di un'azione ripetuta da qualcun'altro con cui passava tanto tempo.  L'amica gli si avvicinò, aiutandolo a sistemarsi la cravatta. Gli occhi ghiacciati di Kalista erano puntati sulle proprie mani che cercavano di rifare al meglio il nodo di quella fastidiosa cravatta. 

-"Uh.. Non.. non c'è bisogno.. posso fare da solo... Kalista!"

Il viso del giovane si colorò di un tenero rosa acceso dovuto all'imbarazzo del momento, i suoi più o meno lunghi capelli biondo cenere venivano tirati indietro da una piacevole brezza che tirava sulla quella terraza, lasciando il suo viso completamente scoperto.

- "Avanti, Liath, non stare sempre a lamentarti.."

-"Ma.. io... "

Uno sbadiglio alle spalle, inconfondibile per quelle orecchie attirò l'attenzione del giovane. Qualcuno si stava avvicinando a loro, forse la persona che stavano aspettando.
Liath si girò di scatto e subito la sua espressione in volto si fece imbronciata.

-"Ce l'hai fatta ad arrivare! Bisogna sempre aspettarti! Sei incorreggibile!"

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Capitolo 2
*** Scontri Verbali ***


- Laith, non lamentarti sempre.
 
Un giovane ragazzo, alto, probabilmente della stessa età degli altri, ma con le fattezze più mature si avvicinava ai due con passo lento. Gli stivali neri fino a metà gamba e i pantaloni color beige attillati slanciavano la figura del giovane che veniva pefettamente incorniciata dalla camicia bianco candido e la giaccia, bianca anch'essa, odornata da ricami d'oro. I capelli sembravano sottili fili d'erba che ondeggiavano a ritmo di vento, gli occhi, freddi a primo impatto, nascondevano in realtà qualcosa di molto profondo. 
Laith si ricompose senza aggiungere altro, lanciò solo un'occhiata di fuoco al giovane appena arrivato.

- Ora che sei arrivato possiamo andare, Ffamran. Avanti, o il nostro ritardo sarà irrecuperabile.

Si avviarono tutti e tre dopo un silenzio assenso.
Il vento non cessava di soffiare, il colletto della camicia di Ffamran sventolava donando al giovane una nota di ribellione dovuta ai bottoni slacciati che lasciavano solo immaginare, senza far intravedere niente. I due ragazzi intrattenevano una sottile conversazione mentre Kalista li precedeva allegramente.

-Allora, stai meglio?
Chiese ffamran all'amico mentre camminava al suo fianco.

-Si, spero che incidenti del genere non capitino più. Tu piuttosto, come mai hai fatto ritardo?
Laith aveva da subito osservato l'amico notando che la sua mano destra era sempre rimasta in tasca dal momento del suo arrivo.

-Ti lamenti che sono sempre in ritardo e poi mi chiedi anche il motivo? - Rispose il bel giovane sbeffeggiandolo.

-intendevo dire... Qualcosa ti ha trattenuto?

-Mh.. ti stai preoccupando per niente, Laith, io sto bene.

-Perché non vuoi dirmi la verità? Perché svii in continuazione le mie domande? È ovvio che mi preoccupi per te..

Stava iniziando ad agitarsi, lui e Ffamran erano veramente molto legati, da sempre, ma il comportamento dell'amico fraterno, a volte, era incomprensibile.
Pronunciando quella frase aveva stretto di istinto il pugno della mano e con rabbia aveva dato uno strattone all'aria. Si prese la spalla dolorante con la mano rimasta libera, dovette fermarsi e stringere i denti, il dolore era troppo forte.

-Sei uno sciocco, come sempre. Anche se ti dicessi ogni cosa, finire solo per allarmarti e farti preoccupare inutilmente. Non potresti fare nulla comunque. Devi pensare alla tua salute ora, questa spalla è ancora troppo dolorante. Questa sera lo dirò a mio padre non appena rincaserà. 

-N..No Mido..

-Ora su, forza -
Ffamran lo aiutò a ricomporsi e avvicinò il viso a quello dell'amico per sussurargli qualcosa. -Avanti, non vorrai farti vedere debole davanti a Kalista.. 

Non fece in tempo a pronunciare il suo nome che la ragazza li aveva già raggiunti. Sembrava visibilmente preoccupata in volto.

-Hei.. hei.. che succede? Ti senti male? Laith, rispondi.

-eh.. no no, sto bene, è stato solo un istante.. proseguiamo.

Avevano attraversato l'intero quartiere Tsenoble assieme e ora si ritrovavano in mezzo ad un fiume di persone nella piazza centrale della Capitale. Molti passeggiavano, c'erano piccoli nobili che erano accompagnati dalle loro balie, donne che sedute a dei tavoli chiacchieravano davanti ad una tazza di infuso caldo e tanti altri. Non si può dire che non ci fosse trambusto, ma Archades rimaneva sempre e comunque la città composta degli aristocratici più sofisticati di tutta Ivalice. 
I tre giovani si confondevano perfettamente tra le persone, tra le quali c'era persino qualcuno che si fermava a salutare Ffamran riconoscendolo. 
 Un giovane nobile si diresse verso i tre ragazzi, si lisciava i lunghi capelli biondi, con fare altezzoso e abiti aristocratici cercò di darsi un tono di superiorità, se non, provocatorio.

-Guarda chi si rivede, hai finito di scappare? 

Laith e Kalista si voltarono per vederlo in volto, mentre la reazione di Ffamran fu ben diversa. Dopo un sospiro di rassegnazione riprese a camminare senza cogliere la provocazione, ma non fu così per gli altri.

- Di nuovo..- Borbottò a denti stretti tra sè e sè Laith.

- Qui non sta scappando nessuno, c'è solo uno fastidiosissimo scarafaggio che si ostina a provocarci. Vattene o passerai dei guai. -
Kalista reagì d'istinto le sue parole erano cariche di rabbia accumulata.

Ffamran scosse il capo e decise che non avrebbe potuto lasciare Kalista da sola, in pasto al lupo. Si girò pronto a dare una risposta secca a quel damerino da niente.

- Ah, sentite signori!- il biondo si mise ad urlare tanto da attirare non poca attenzione, la gente iniziava ad avvicinarsi e a chiudersi a cerchio attorono ai ragazzi. -Non ammetto minacce da una come te, come ti permetti? La pagherai! Una sgualdrina da quattro soldi senza neanche un cognome che osa minacciare il Delfino della famiglia Sathur, questo è un affronto bello e buono! Vero, padre?

Un uomo molto alto, vestito praticamente come il figlio si fece largo tra la folla e affiancò il giovane che ormai stava sbraitando a tutta la piazza.

-E il prediletto dei Bunansa non si vergogna a girare con una persona del genere. Tsk, la tua famiglia è veramente caduta in basso, Ffamaran Bunansa, non c'è più paragone con la grande casata Sathur.

Laith si guardava intorno e vedeva i volti delle persone incuriosite, altre indignate. Si rivolse a Ffamran. 

- Che facciamo? Non è una gran bella situazione. 

Kalista si stava mordendo il labbro a guardare quello spocchioso ridere di fronte a lei dopo averla insultata, un po' per rabbia, un po' per vergogna pensando che, magari, era stata veramente troppo avventata a dar ossigeno a quel falò. 

-Semplice.- Rispose Ffamaran all'amico per poi rivolgersi di nuovo ai due provocatori. -Avete ragione, Nobile, non c'è paragone tra le nostre due casate, la vostra, per quale immagino tutti i presenti provino una smisurata stima, non ha eguali in fatto di maleducazione e doppi giochi. Non avete nulla di pulito e, guardatevi, si addice ad uno del vostro appellativo, fermarsi in piazza ad insultare una povera ragazza che in realtà non ha fatto nulla di male? 

-Ci ha minacciati!- Rispose il biondo in modo agitato.

- E non sono forse solo parole? Ha sguainato una spada o imbracciato un fucile, forse? In fondo le parole sono niente, non valgolo nulla.... Come voi e tutta la vostra famiglia. Non è poi, sulle parole che create la vostra illusoria fama?

Ffmran era sarcastico, sempre fermo sulla propria posizione, con il suo immancabile sorrisetto beffardo di sfida sul volto. Molti dei presenti si meravigliarono di come un giovane della sua età potesse tenere testa ad un capo casata e suo figlio senza perdere nemmeno un briciolo di pazienza. 
Il giovane Sathur rimase allibito, stava scoppiando di rabbia. Quell'atteggiamento, in effetti, avrebbe mandato in bestia chiunque. Il padre, nonostante l'affronto ricevuto, riuscì a rispondere.

-Tu sai essere arrogante proprio come tuo padre. Ma questa volta non mi sembra qui a salvarti. Ricordati le mie parole giovane Bunansa, per questo affronto e tutti gli altri passati, tutta la tua famiglia pagherà, verrete sotterrati e schiacciati dalla nostra potenza, non sarete più nulla e verrete dimenticati, è solo quello che meritate. 

Ffmran non aveva alcuna paura, non si mosse di un millimetro, dava sicurezza ai suoi due amici. I suoi occhi cambiarono, stentava a rispondere. Il suo corpo poteva sembrare immobile ma dentro stava ribollendo e non voleva altro che dare una lezione a quei due sbruffoni che trovavano diletto ad infangare il nome della sua famiglia. Non era ancora abbastanza matura da mantenere completamente la calma, ma c'era qualcuno che aveva ascoltato in disparte che sapeva farlo benissimo al posto, qualcuno che lo stava insegnando giorno dopo giorno, proprio al giovane Bunansa. 

-Credo possa bastare così, Signori, continuare a proferire parole a vanvera non crea una buona immagine della vostra famiglia nè tanto meno, migliora quella che già avete, non trovate? Non ingaggiate la battaglia di una guerra già persa in partenza.

Il tono calmo, deciso e fredo attirò l'attenzione di tutti. I due Sathur impallidirono vedendo chi gli aveva appena rivolto quelle parole, mentre Ffmran fu piuttosto sollevato in cuor suo di veder arrivare suo padre.
Il giovane biondino rimase in silenzio, così come gli altri della sua età, sapendo che dal momento in cui vi era il capo casata Bunansa in mezzo non avrebbe dovuto fiatare. Suo padre, d'altro canto, voleva dire eccome, ma non fece in tempo a riordinare le idee che Cid prese la parola di nuovo. 

-Non lo trovi un po' meschino, eh? Trasmettere l'astio che provi nei miei confronti a tuo figlio e farlo ricadere sul mio. Ti do un consiglio, da nemico.- Lo sguardo di Cid si fece glaciale, solo chi lo stava guardando negli occhi notò la differenza, le sue parole non avevano cambiato tono. -Non ammetterò altri teatrini del genere in futuro, vattene, lascia perdere, porta avanti il nome della tua famiglia senza infamare necessariamente quello delle altre. E porta rispetto a chi sta più in alto di te, altrimenti, lo sai, potresti ritrovarti fuori da Archades senza neanche accorgertene. 

Ffamran era sicuro che sarebbe finito di lì a poco o, addirittura, che quei sarebbero scappati con la coda tra le gambe non appena suo padre avesse finito di parlare, d'altronde, non aveva mai perso uno scontro verbale. Il giovane decise di avvicinarsi a Kalista insieme all'amico. La prese per un braccio, senza usare la forza.

-Ora calmati Kalista, va tutto bene. 

-Mi disp..-
La giovane era dispiaciuta era dovuto intervenire il padre Ffamran per mettere a tacere quei due velocemente, si sentiva in colpa, si sentiva una stupida. Ma l'amico non aveva parole di rimprovero per lei in quel momento, solo rassicurazioni.

- Ne riparleremo una volta a casa, ora non preoccuparti. Te lo ripeto, va tutto bene.

-..Mido...

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Capitolo 3
*** Ruoli ***


Kalista e Laith camminavano silenziosi e distanti dagli altri due. Ffamaran iniziò a rallentare fino a raggiungerli, il cielo iniziava a rosseggiare e con una tacita comprensione tutti sapevano che erano diretti a casa. 

-"Che avete?"- Chiese nel modo più naturale che conoscesse il giovane nobile.

-" Mi dispiace.."- Fu l'unica flebile risposta che uscì dalle labbra della giovane che fissava il terreno su cui stava camminando, con il timore di alzare il capo. 

-"La vuoi finire? Ti ho già detto che non serve a niente dispiacersi."- Controbattè secco il giovane. 

Per un altro pezzo di tragitto ffamran non si avvicinò più ai due compagni,  rimase al fianco del padre finchè, quest'ultimo non gli lanciò un'occhiata in prossimità della loro destinazione. 
Ffamaran richiamò l'attenzione di Laith e lo invitò a seguirlo, precendendo gli altri due. 
Che Kalista fosse agitata e paurosa era l'unica cosa certa che lei stessa sapesse in quella situazione. 
Cid l'affiancò e prima di prendere parola fece un piccolo sospiro rassegnato.

-"Per quanto tempo hai intenzione di restare a testa bassa in quel modo?"- 

L'unica risposta che ricevette fu quella del vento che alzò le foglie che iniziarono a danzare intorno ai loro piedi. 

-"Ogni cosa a tempo debito, Kalista."- 

-"Cosa.. Intendete?"-

-"Tu hai un nome, no?"-

-"Sì.. Sì, Signore."-

-"E allora avrai anche un cognome."- A quella frase la giovane alzò la testa, guardando in viso Cid, era l'ultima cosa a lei stesse pensando quella cosa. Eppure lui si era fermato e preoccupato, la stava rassicurando. Lei si sentiva solo in colpa per averlo fatto scomodare, pensava che Ffamaran avrebbe passato dei guai per colpa sua. Non si aspettava tutto ciò.

Cid sospirò. -"Solo che non è ancora arrivato il momento di rivelartelo. Un giorno capirai il perchè di questa lunga attesa e mi perdonerai."-

-"Quella da perdonare sarei io in realtà. Sono sempre stata così egoista. Ho sempre pensato solo a conoscere tutta la verità, senza accorgermi di quanto stavo lasciando indietro. Ma è così che funziona, vero?"- La giovane stringeva i denti, sentiva gli occhi bruciare, le lacrime salire. -"Si pensa sempre a rincorrere ciò che non si ha, senza accorgersi di quello che abbiamo già. Mi dispiace, vi chiedo scusa. A voi e ai vostri figli. Siete stati fino ad oggi una famiglia fantastica per me, non dovrei pensare a chi mi ha abbandonata. Ffamran, Elsa e Clelia sono già dei meravigliosi fratelli per me, non potrebbero essere altrimenti visto come mi trattano, come mi hanno accolta e tutto quello che abbiamo condiviso. Vorrei poter... Considerare voi come mio Padre.. invece di.. pensare ad un padre che mi ha abbandonata senza pensarci due volte. E' quello che vorrei di più, considerarvi mio padre, avere lo stesso padre stupendo che ha Ffamaran."- 

Cid si mosse, si avvicinò a lei e dolcemente la cinse in un abbraccio quasi consolatorio. Forse le idee di Kalista non erano proprio la verità, quella verità che lui conosceva e che custodiva come un segreto, ma in quel momento non aveva importanza. Quella veritù era passata in secondo piano. Con un lieve sorriso sulle labbra, la rassicurò per un'ultima volta con tono scherzoso. 

-"Mi sembrava scontato. Credevo mi considerassi tale da un po' di tempo oramai."- 
E lì, in quella stretta paterna, Kalista si lasciò andare e pianse, sfogandosi come non faceva da tempo, non con le parole, non con delle urla, ma con lacrime, fiumi di lacrime che scorrevano silenziosi. 

***

-"Ffamran, dov'è finito nostro padre? Per una volta che finisce presto al lavoro si perde per la città, chissà a fare cosa."- Disse imbronciata la secondo genita della famiglia. 

-"Non preoccuparti troppo, sono sicuro che non si perderà la cena. Pensa a rilassarti."- 

Laith guardava fuori dalla finestra pensieroso, qualcosa lo turbava e le nuvole grige cariche di pioggia all'orizzonte rispecchiavano il suo umore in quella giornata che era ormai giunta al termine. L'amico lo guardò, subito dopo aver finito di rispondere alla sorella. Sospirò e tornò a leggere il suo libro, aspettando il ritorno del padre. 

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Capitolo 4
*** Intimità. ***


La pioggia aveva iniziato a cadere quella notte, il suo ritmico rumore cullava il sonno di tutti gli arcadiani che erano già andati a dormire. Quella era stata una giornata pesante, per tutti a casa Busansa, grandi e piccini. Era dunque arrivato il momento, dopo una cena tutti insieme, di andare a coricarsi. Laith aveva preso la via della propria camera senza mai dire una parola dopo essere rincasato praticamente, tutti lo avevano notato, per un chiacchierone come lui era una cosa veramente insolita, ma forse, aveva solo bisogno di un po' di tempo per sè stesso. A contrario, Kalista aveva salutato tutti ed era andata a dormire con un tranquillo sorriso sulle labbra. 

Dopo essere passato prima dalle proprie figlie, Cid si recò, come di consuetudine, nella camera del figlio per salutarlo per la notte. Bussò, ma non ricevette risposta. Entrò, lentamente, in punti di piedi e, come lui stesso immaginava, quando era salito, Ffamran, non era venuto in camera. Richiuse la porte, forse un'idea di dove poteva essere l'aveva. 
Salì un'altra rampa di scale dove incrociò una delle domestiche. 

-"Avete dell'altro lavoro da fare, Signore? Ho già chiuso tutte le finestre."- 

-"No, non per oggi. Piuttosto, le hai chiuse proprio tutte, le finestre?"-
Chiese, sicuro della risposta che avrebbe ricevuto. 

-"In.. Verità no, Signore. La finestra della balconata è ancora aperta."- 

-"Grazie, puoi andare."- 

-"Sì, Signore, Buona notte."- 


Stanco come era quegli scalini sembravano veri e propri salti, ma arrivato in cima sapeva benissimo dove poter trovare il suo piccolo prediletto. 

Ffamran era poggiato sulla ringhiera della balconata finemente ornata, le fitte gocce di pioggia gli bagnavano i capelli e i vestiti. I suoi occhi verdi smeraldo fissavano il cielo, come se potessero vedere oltre quelle nuvole nero pece che nascondevano uno splendido cielo stellato. 

-"Se ti piace così tanto stare sotto l'acqua, puoi pur sempre farti una doccia."- 

-"Volevo guardare le stelle in realtà, solo per questa sera avrei potuto vedere le tre piccole lune allineate. E' una sfortuna che piova."- disse il giovane con un tono rammaricato.

-"Non è qualcosa che possiamo controllare, non abbiamo potere sul tempo atmosferisco."- Cid si avvicinò al giovane, gli pose una mano sulla spalla. -"Ma posso fare qualcosa per quei pensieri che ti frullano in testa, vieni dentro."- 

Ffamran non disse altro, annuì solamente con il capo. 

La stanza era buia, solo una piccola candela al centro su di un tavolino la illuminava e quei lampi sporadici che sembravano veloci e decisi come frecce. 
Ffamran si era seduto a terra con le gambe incrociate, sul prezioso tappeto damascato al centro della stanza, con suo padre davanti, seduto su di una sedia. 

-"Cos'è che ti turba Ffamran?"- 

-"Nulla, sono solo un po' stanco."-
rispose secco con la testa chinata verso il basso. 

-"Cosa è successo oggi prima che incontrassi Kalista e Laith?"- 

Sempre dritto al punto, eh. Pensò Ffamran tra sè e sè. Le sue parole, non furono, però, decise come i suoi pensieri.

-"Io..."- 

-"Perchè vuoi tenermi nascoste le cose? Non lo hai imaparato? Non mi conosci abbastanza figlio mio? Non lo sai che se voglio sapere una cosa, finisco per saperla?"- 


Oh, sì che lo sapeva, era un lato di suo padre che amava e odiava allo stesso tempo. Si sentiva sicuro, perchè se gli fosse successo qualcosa suo padre sicuramente lo avrebbe trovato, d'altro canto, d'ovunque andasse e qualunque cosa facesse aveva l'ombra paterna che sembrava essere sempre dietro di lui. 

Cid sospirò. -"Mi conosco troppo bene per non arrivare a capire che qualcosa non va."- 

Ffamran alzò il viso, guardò suo padre con aria interrogativa. 

-"Guardare te, è come tornare indietro nel tempo davanti ad uno specchio. Sei uguale a me, Ffamran, non puoi nascondermi nulla... E poi.."- 

-"Mi sembri troppo stanco."- Lo interruppe bruscamente senza pensarci due volte, ma non continuò, aspettò un consenso, uno qualsiasi. 

-"Troppo stanco per?"- 

-"Per annoiarti con i miei pensieri!"- 

-"Ffamran.."-
Cid quasi rise, allungò il braccio poggiando la mano sui capelli del figlio per scompigliarglieli. 
-"Non sarò mai troppo stanco per i miei figli."- 

-"Pa.. Padre.."- 


Cid lo sapeva. Di fronte a lui la maschera di Ffamran cadeva in mille pezzi, il giovane nobile perfetto, senza difetti, sentimenti, ostentazioni, sempre altezzoso e sicuro di sè era in realtà un'insieme eterogeneo di frammenti. Frammenti di emozioni che a volte non comprendeva o che non sapeva controllare e che quindi finiva per nascondere dietro la sua perfetta corazza di indifferenza. 

-"Mh?"- 

-"Papà.. Andiamo a dormire?"- 

-"Sì, ti accompagno. Ma mi dirai cosa è successo e cosa ti turba?"-

-"mh... va bene.."- 


Si avviarono per le scale senza aggiungere altro dopo aver chiuso la porta della stanza. 
Entrarono nella stanza di Ffamran al secondo piano, il giovane si sedette sul letto mentre suo padre chiudeva la porta alle proprie spalle. 

-"Allora vuoi dirmelo?"- 

-"Tu mi dirai cosa hai detto a Kalista per farla tornare così serena?"-


-"Cosa le ho detto? Tsk, proprio niente, le ho solo fatto tornare il sorriso. Però.. diciamo che mi sembra uno scambio equo.."- 

Per Archades sì, ma per loro ancora no, non era ancora il momento di andare a dormire, era più una cosa intima... Tra padre e figlio.. 

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Capitolo 5
*** Notte insonne. ***


Nonostante Ffamran stesse parlando con suo padre nella sua stanza il silenzio regnava in quella casa che assomigliava ad una vera e propria reggia. Molto spesso, però, il silenzio non è sinonimo di sonno tranquillo.
Laith infatti, non riusciva proprio a prendere sonno, strizzava continuamente gli occhi come se davanti a lui ci fosse qualcosa che non volesse assolutamente vedere quando, in verità, non voleva ascoltare. Non voleva ascoltare i suoi pensieri che lo rendevano inqueto. Era il solito ragazzo vivace, sempre spensierato con il sorriso smagliante sulle labbra, i suoi occhi trasmettevano sempre gioia e nonostante non spiccasse di intelligenza riusciva sempre a stare in compagnia con tutti, non litigava quasi mai e tirava su il morale a tutti con le sue buffe azioni.
A parte per l'altezza era all'opposto di Ffamran, capelli castani scuri, tendenti al nero, gli occhi persino più scuri dei capelli, a volte le iridi si confondevano con le pupille e sembrava di guardare un buco nero.
Quando si guardava lui stesso dentro il cuore, se lo sentiva, di essere un buco nero. Lo nascondeva sempre, con un sorriso, con azioni istintive senza mai pensarci troppo. Ma era un periodo in cui non riusciva più ad essere così, a volte pensava a dove potesse essere sua madre. Anche in quel momento in cui non riusciva a dormire se lo chiedeva.
Lui e Ffamran erano gli opposti, è vero, l'amico che considerava più come un fratello era sempre un passo avanti a lui. Un passo? No, non era un passo, Ffamran aveva già finito la corsa quando lui l'aveva appena iniziata. Non poteva farci niente, erano cresciuti insieme e lo avevano sempre saputo. Si erano sempre protetti a vicenda, colmando l'uno i vuoti dell'altro. Ma una cosa li accumunava, in realtà, un assenza.
Crescevano insieme, vivevano insieme, lottavano insieme, facevano tutto insieme, ma senza una madre.
A volte aveva pensieri che riteneva ignobili e subdoli. A volte riteneva Ffamran fortunato, almeno sua madre era morta, non poteva essere di nessun altro. Almeno sua madre non poteva avere un'altra famiglia. Almeno sua madre non l'aveva abbandonato intenzionalmente.
Alzò la testa dal cuscino che stava stringendo ossessivamente e vide quello che in realtà non avrebbe mai voluto perdere.
Una fine cornice di raffinato argento lavorato era posta sopra il comò. Al suo interno, una foto: due ragazzini sotto i dieci anni. Uno avvinghiato alla vita dell'altro, sorridente, con la bocca spalancata e gli occhi chiusi i capelli mossi all'indietro come se ci fosse vento. L'altro, gli occhi gioiosi verdi come l'erba d'estate che tiene saldamente l'amico, un sorriso. Un sorriso di gioia, felicità e spensieratezza.

-"Uno dei tuoi pochi sorrisi, eh, Ffamran?"-

Si alzò, non avrebbe dormito comunque con la testa che gli martellava in quel modo. Si versò un po' di acqua nel bicchiere che stava sopra il comò più grande, il più lontano dal letto. Osservò la cornice sopra quel mobile. I soggetti erano tre in quella foto. Laith appoggiava la testa di lato sulla spalla di Ffamran con il suo solito sorriso che mostrava i denti.
L'amico, a contrario, era serio, con le spalle rigide e l'espressione serena ma non troppo composta. Nel lato sinistro della foto, invece, c'era Kalista che con lo stesso sorriso di Laith stringeva il braccio di Ffamran.
Laith poggiò il bicchiere e prima di uscire della stanza per andare chissà dove capovolse la cornice. Ora la foto non si vedeva più, ma Laith notò una scritta di cui si era dimenticato. Sul retro della cornice vi era impressa una promessa "Always and Forever."

-"Sempre e per sempre.. eh...."-

Non accese nemmeno un lume, semplicemente lasciò il buio della sua stanza per quello del corridoio.

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Capitolo 6
*** Buio comune, ma al chiaro di Luna. ***


Era flebile la luce di quella candela che accompagnava Laith lungo quei corridoi. Più che una casa, come potessero immaginarsela dei ragazzi di ceti medio-bassi, quella era una vera e propria magione. Quello Invece, che nemmeno il giovane corvino si aspettava, era di trovare la porta della camera di Kalista socchiusa, mentre lei era meticolosamente precisa nel chiuderla ogni volta che andava a coricarsi. Qualcosa suggeriva a quel ragazzo che l’insonnia non aveva colpito solo lui. Le sue gambe lo portarono sino in giardino dove al chiaro di quella luna quasi piena, i capelli argentati di Kalista risplendevano come lame che danzavano a ritmo di una fresca brezza.

-“Cosa ci fa un dormiglione come te, qui a quest’ora?”

Laith avanzava ancora a passo incerto, mentre la bellezza di quella figura lo catturava come se non arrivasse nemmeno a credere che quella fosse la sua cara amica, notò poco dopo che in realtà, la giovane stava dipingendo su tela proprio quella luna che le illuminava i tratti del pennello.

-“Beh, questo dormiglione non ha sonno oggi.” Le rispose cercando di mantenere il suo solito modo di fare.

-“Non mi meraviglia, prima o poi dovrai pure stancarti di dormire.” Il tono della giovane sembrava quasi malinconico, eppure, un timido sorriso era dipinto sulle sue labbra.

-“Ma insomma! Stamane mi sono alzato presto solo per venire con te da Ffamran!”

-“Lo so, lo so” l’udire quel nome sembrava far accendere maggiormente il suo sorriso. “Per questo mi meraviglio tu non abbia sonno proprio oggi..”

-“Tsk.” Finse di essere scocciato mentre si appoggiava al tronco dell’albero che adornava quel giardino splendido. –“Tu piuttosto? Ti sembra questa l’ora di dipingere?”

-“Sicuramente non la trovo l’ora adatta per perdere tempo a dormire.”

-“Beh se vuoi non ti disturbo.” Rispose con orgoglio alto, solo per fingere di essere offeso.

-“Affatto.. resta pure. I nostri silenzi potrebbero farsi compagnia a vicenda.”



Qualcuno, nel mentre, dal vetro limpido di una finestra del piano superiore osservava quei due, come se sapesse già che dovevano incontrarsi lì proprio quella notte.
-“Sai, padre, io credo che Laith provi qualcosa per lei.”

Cid sorrise di istinto dando le spalle alla finestra per andarsi a sedere sul bordo del letto del figlio.
-“Ah si?” gli disse con tono sarcastico.

Ffamaran, sedeva sul letto privo di coperte, con la schiena appoggiata al muro e le gambe incrociate.
-“Sì, ti sembra stupido?”

-“A contrario, mio caro, mi meraviglio tu non te ne sia accorto prima.”

-“Beh..” il piccolo nobile abbassò lo sguardo, iniziando a torturarsi le dita senza alcun motivo apparente. “..A volte credo che se non ci fossi io, lei lo guarderebbe con occhio diverso..”

Cid sospirò ancor prima che lui finisse la frase. –“Il vostro rapporto Ffamran, è perfetto così com’è. Non credo che Laith possa scegliere di privarsi del suo ‘fratellino’ per un amore non sinceramente ricambiato.”

-“Mh..”

-“Cos’è questo tentennamento Ffamran? Dov’è la sicurezza che ti ho insegnato ad avere e la fiducia nelle parole di tuo padre?” quel tono apparve al giovane come duro e austero, per questo si rimise immediatamente composto, con le spalle rigide e lo sguardo alto.

-“Nulla, padre. Nessun tentennamento.”

-“Bene, ora dormi. Abbiamo parlato abbastanza per oggi.”
Fu una carezza innocente sui capelli del giovane, la causa di quel calore che lo stesso Ffamran avvertì pervadergli tutto il corpo. Era la sensazione più bella che avesse mai conosciuto, quella dell’amore di suo padre dimostrato in piccoli gesti.. o parole.
Si stese sul suo letto coprendosi appena con il lenzuolo, non gli importava quanti anni avesse e nonostante a tredici anni si potesse essere considerati già dei giovani adulti, soprattutto se discendenti di una casata nobile, lui alle attenzioni di suo padre non ci avrebbe mai rinunciato… O almeno così pensava.
Un bacio sulla fronte per suggellare la buonanotte, perché Cid sapeva bene che i gesti dovevano essere due per compensare le mancanze.
-“Buonanotte Ffamran.” 
Chiuse subito gli occhi. -"Buonanotte Padre."

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