Exodus

di RaidenCold
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'ossessione di Shinji ***
Capitolo 3: *** Il progetto Exodus ***
Capitolo 4: *** Ancora una volta, nell'oscurità immobile ***
Capitolo 5: *** La luna grigia ***
Capitolo 6: *** Concerto per due ***
Capitolo 7: *** Il sorriso di Rei ***
Capitolo 8: *** Aguzzino onirico ***
Capitolo 9: *** Promessa ***
Capitolo 10: *** Sotto assedio ***
Capitolo 11: *** Confronto ***
Capitolo 12: *** L'ultimo viaggio della Exodus ***
Capitolo 13: *** Arrivederci ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 “Erano una specie morente, nata da un’altra specie morente, ma io correggerò tutti questi errori…”

Osservò il gigante azzurro in silenzio, nel suo unico grande occhio, dopodiché, impassibile, alzò le braccia al cielo e gridò alle nubi nere cariche di tempesta:

“Ammirerete la mia opere e dispererete, poiché null’altro rimarrà!”

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Capitolo 2
*** L'ossessione di Shinji ***


Era una notte serena, in cielo non c’erano nubi e ogni tanto soffiava una piacevole brezza. Shinji, appoggiato sulla ringhiera del terrazzo, osservava la luna e le stelle: ultimamente gli capitava spesso di perdersi con lo sguardo e la mente nell’infinità della volta celeste. Di pari passo con la sua coscienza, anche i ricordi iniziavano a viaggiare nella sua meditazione stellare: suo padre, la Nerv, gli Evangelion, le battaglie, e – soprattutto – gli angeli, ed in particolar modo non riusciva a cacciar via dalla sua mente in nessuna maniera l’ultimo angelo che aveva affrontato, ucciso, e amato, il Fifth Children, Kaworu Nagisa.

Avrebbe voluto parlargli di più, conoscerlo e vivere con lui, e se già prima di venire al corrente della sua natura non umana ne era stregato, a distanza di anni l’idea che avrebbe potuto svelare i misteri del nemico giurato dell’umanità aveva segnato indelebilmente Kaworu nella mente di Shinji come una figura enigmatica, sfuggente, inarrivabile. Morto lui, il pensiero di Shinji non era riuscito a rimanere fermo, cominciando a porgersi domande a cui non aveva mai pensato da quando la sua lotta era iniziata: chi erano, perché erano tutti così diversi tra loro, e perché nonostante condividessero la quasi totalità del DNA con quello degli esseri umani erano così diversi da quest’ultimi?

Tutte questioni che con il passare del tempo Shinji aveva cominciato a porsi sempre più di frequente, e lentamente si erano insidiate nei suoi pensieri divenendo un chiodo fisso per lui. Non sapeva ancora per quanto tempo avrebbe resistito, gli servivano risposte, ed era riuscito a trovarne solo una: ciò che voleva conoscere era l’origine degli angeli. Ma questa risposta servì soltanto a generare una nuova e apparentemente irrisolvibile serie di domande, che si poteva fondamentalmente riassumere in una: da dove venivano gli angeli?

Così, la sera si metteva in terrazza e quando il cielo era sgombro da nuvole lo osservava, come se potesse trovarvici le risposte che cercava.

Mentre era assorto nei suoi pensieri, due braccia gli avvolsero dolcemente il petto:

“Non riesci di nuovo a dormire?” - domandò la rossa assonnata.

“Non saprei.”

“Perché continui ad affliggerti, sono passati otto anni…” - disse sbadigliando.

“Lo so.”

“Ripensi a lui… a Nagisa?”

“Anche.”

Shinji si voltò e guardò il viso di Asuka illuminato dal chiarore della luna, dopodiché le appoggiò le mani sulle spalle:

“Ti sei mai chiesta da dove arrivassero gli angeli?”

“Ne abbiamo pescato uno in un vulcano…”

“Ma ce n’era un altro che orbitava attorno alla Terra.”

“Non ti capisco, ormai abbiamo vinto… il Third Impact non è avvenuto e l’umanità continua a esistere, perché sei così ossessionato dal passato?”

“Gli angeli non ci sono più è vero, ma da qualche parte là fuori…”

“Intendi, nello spazio?” - lo interruppe la ragazza.

“Da qualche parte là fuori… potrebbe esserci la soluzione non soltanto al mistero degli angeli, ma anche a quello dell’umanità stessa. Ricordi le analisi della dottoressa Akagi? Il loro corredo genetico era identico al nostro per il 99%, e poi ripenso a una cosa che mi disse una volta Misato…”

“Ovvero?”

“Che l’uomo potrebbe essere considerato il diciottesimo angelo.”

“Forse voleva solo usare una metafora.”

“Non ha mai voluto spiegarmelo; ad ogni modo, non è a lei che dovrei chiedere informazioni sugli angeli…”

“Ti porterebbe solo sofferenza.”

“La verità lo ha sempre fatto.”

 

Fuyutsuki uscì di casa chiudendosi lentamente la porta dietro e, seduto su una panchina, trovò ad attenderlo il fantasma della sua allieva prediletta, con le fattezze del figlio Shinji.

“Sono felice di vederti dopo tutto questo tempo.” - si avvicinò l’anziano dai capelli grigi.

“Anche per me è bello rivederla, vicedirettore.” - disse Shinji alzandosi per salutarlo.

“Allora, di cosa volevi parlarmi, Shinji?”

“Venga non stiamo sotto il sole, discuteremo bevendo qualcosa.”

I due entrarono in un piccolo bar e si sedettero ad un tavolino:

“Come sta Soryu?”

“Bene, si lamenta sempre di tutto, è quando sta zitta che mi preoccupo.” - sorrise il ragazzo mescolando lo zucchero nel suo caffè; Fuyutsuki, dagli anni successivi al Second Impact dove le risorse scarseggiavano continuamente, aveva invece imparato a berlo non zuccherato.

“Come mai hai voluto incontrare me e non tuo padre?”

“Credo lo sappia bene…”

“Non riuscite proprio ad andare d’accordo eh?” - prese un sorso dalla tazzina.

“Non è neanche venuto alla mia laurea l’anno scorso…”
“Me lo ricordo, c’ero anch’io; a proposito, come vanno le ricerche?”

“Sono anni fruttuosi, grazie agli angeli molte teorie sulla vita extraterrestre e l’esplorazione dello spazio sono state rivedute, e ciò ha portato una mole di lavoro impressionante negli osservatori di tutto il mondo.”

“Ho sentito parlare molto bene del tuo tirocinio da alcuni miei vecchi colleghi dell’università che ora lavorano all’osservatorio di Kyoto; sai Shinji, un aspirante astronomo giovane e brillante come te farebbe molto comodo alla Nerv, inoltre avresti un vero salario assolutamente dignitoso.”

“Mi spiace, non posso accettare.”

“E’ per tuo padre?”

“In parte… è che quello della Nerv è un capitolo chiuso per me ormai.”

“Allora perché mi hai chiamato?”

Incalzato, Shinji posò la tazzina, chiuse gli occhi, fece un respiro, aprì le labbra, e poco dopo giunsero le parole:

“Voglio risposte.”

“A cosa?” - domandò pacatamente Fuyutsuki.

“A tutto.”

“Sei un po’ vago.”

“Allora cercherò di andare con ordine: prima di tutto chi è Lilith?”

Fuyutsuki strinse gli occhi accigliandosi leggermente, poi si appoggiò al tavolino e serio guardò in faccia il ragazzo:

“Non potrei rivelare certe informazioni a una persona che non fa parte della Nerv.”

Shinji rimase in silenzio alcuni istanti, poi guardò l’uomo negli occhi:

“In tal caso accetto la sua offerta di lavoro.”

Fuyutsuki sorrise, riconoscendo nella risolutezza finalmente mostrata dal ragazzo la stessa determinazione di sua madre Yui.

“Sei cresciuto molto Shinji, ora sei in grado di prendere le tue decisioni.”

“Non si può avere quattordici anni per sempre.” - disse Shinji ricambiando il sorriso.

A quel punto Fuyutsuki appoggiò la schiena sulla sedia rimettendosi comodo:

“Tu l’hai vista almeno una volta, Lilith.”
“Due in realtà.”

“Viene definita come il secondo angelo, ma è un’affermazione tecnicamente errata; gli angeli sono indicati come la progenie di Adam, il primo angelo che ha causato il Second impact ventiquattro anni fa; Lilith è in realtà un’entità simile, da cui invece ha avuto discendenza la razza umana.”

“Dunque possiamo dire che Adam e Lilith sono due esemplari della stessa specie.”

“Sì, possiamo dirlo.”
“Possiamo dirlo grazie alle pergamene del mar Morto?”

“Vedo che sei informato.”

“Devo ringraziare il colonnello Katsuragi.”

“Capisco, nonostante le precauzioni ci sono comunque state fughe di informazioni… i tiri mancini di Ryoji Kaji continuano a perseguitare la Seele ancora oggi; comunque, per quello che sappiamo, Adam e Lilith sono due organismi chiamati uova della vita, che come indica il nome sono adibiti alla creazione di nuovi esseri viventi, gli angeli in un caso, gli umano nell’altro. Adam, è giunto sulla terra tramite una struttura artificiale chiamata luna bianca, e poco dopo tramite una luna nera è arrivata anche Lilith; l’impatto di Lilith con la terra è l’evento oggi denominato First Impact, da cui ha avuto origine la luna terrestre.”

“Ha detto che le lune erano artificiali, quindi qualcuno ha anche creato le uova della vita.”

“Noi li chiamiamo FAR.”

“Far?”

“First Ancestral Race. Abbiamo poche informazioni a riguardo: sono loro che hanno realizzato le pergamene del mar Morto e la lancia di Longinus, e sappiamo che quando crearono le uova della vita erano una specie ormai morente, per questo probabilmente le realizzarono come eredità e testimonianza della loro esistenza, o forse per reincarnarsi nelle loro discendenze.”

“FAR, coloro che hanno creato un Dio.”..

“Sette, in realtà; le uova della vita erano sette.”

“Quindi oltre agli umani e agli angeli, esistono altre cinque razze?”

“Non è detto, forse le altre lune stanno ancora viaggiando nello spazio in cerca di un pianeta adatto ad ospitare le uova, o forse come Adam sono rimaste sigillate molto tempo fa.”

“A proposito di Adam, dopo il Second Impact che ne è stato di lui?”

“Ci sono state due conseguenze dagli esperimenti effettuati sul primo angelo, e con la prima sei entrato direttamente a contatto: per ridurre Adam ad uno stato embrionale, il professor Katsuragi ed il suo team impiegarono DNA umano, e da questo incrocio è nato Tabris, o come lo hai conosciuto tu, Kaworu Nagisa. Di fatto però Tabris non era Adam, ma una nuova entità indipendente all’interno del quale tuttavia l’anima del primo angelo era comunque presente… in parole povere, Tabris era e non era Adam allo stesso tempo.”

“E la seconda conseguenza?”

“Poco prima che tu arrivassi a Neo- Tokyo 3, Kaji riuscì a procurare a tuo padre ciò che la spedizione Katsuragi non era riuscita ad ottenere, il corpo di Adam ridotto a livello embrionale.”

“Che cosa intendeva fare mio padre con l’embrione di Adam?”

“Questo non posso dirtelo; tuttavia, ciò che aveva in mente non si è mai realizzato, poiché l’embrione è stato rubato.”

“Rubato? E da chi?”

Fuyutsuki esitò alcuni istanti guardando nel vuoto, dopodiché sospirò e si avvicino a Shinji parlandogli a voce molto bassa:
“Dal First Children.”

Shinji lo guardò leggermente confuso: gli era sempre stato detto di essere il Third, mentre Asuka era il Second, ma non aveva mai sentito parlare di un First Children, anche se per logica qualcuno avrebbe pur dovuto esserlo, eppure non sapeva niente di questa figura di cui non si trovavano documenti, foto, o eventi che la riguardassero, esattamente com’era accaduto con sua madre.

“Chi era?”

“Non posso dirti neppure questo, posso però raccontarti cosa è successo: vedi, Shinji, prima dell’Eva 01, esisteva un altro modello sperimentale chiamato 00.”

“Sì, ho sentito parlare di questo Evangelion, ma neppure Misato è stata in grado di dirmi che fine abbia fatto…”

“Dopo aver sconfitto il terzo, quarto, e quinto angelo, il First senza alcuna spiegazione logica rubò l’embrione, salì all’interno dell’Eva 00 ed abbandonò l’orbita terrestre.”

“Suona abbastanza impossibile.”

“Infatti ancora oggi non siamo stati in grado di capire come sia stato in grado di fare tutto ciò, anche se ci sono alcune ipotesi; comunque, nonostante le nostre ricerche incessanti, in otto anni non siamo ancora riusciti a trovare nessuna traccia del First e dell’Eva 00…” - a quel punto Fuyutsuki lasciò una banconota sul tavolo e si alzò in piedi - “… ma confido che con il tuo contributo riusciremo finalmente a far luce su questo mistero.”

L’uomo si voltò ed uscì dal locale, lasciando Shinji solo a riflettere: avrebbe operato nuovamente per suo padre, ma questa volta non cercava la sua approvazione o quella del mondo esterno, questa volta agiva seguendo la propria volontà. Aveva trovato le risposte ad alcuni dei quesiti che lo avevano tormentato per anni, ma ora percepiva un nuovo bisogno, quello di poter mettere fisicamente le sue mani sui misteri della vita che ancora non aveva acquisito, e li sentiva incredibilmente vicini.

 

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Capitolo 3
*** Il progetto Exodus ***


Fuyutsuki entrò nell’osservatorio, e Shinji si voltò entusiasta sulla sedia girevole:

“Che succede Shinji?”

“Venga a vedere, presto!”

L’uomo si avvicinò al computer accanto al telescopio, e sgranò gli occhi per l’incredulità:

“Non riesco a credere a quello che vedo, ma chi lo ha scoperto?”

Un membro dello staff si fece avanti:

“Il nostro Ikari, com’era naturale che fosse: in questi due anni si è impegnato anima e corpo in questa ricerca.”

A quel punto partì un lungo applauso per il ragazzo da parte di tutto lo staff dell’osservatorio, e Fuyutsuki gli strinse la mano calorosamente:

“Shinji, ci sei riuscito, hai trovato un diagramma d’onda!”

“Esattamente, un diagramma d’onda… viola!”

“Non avevamo mai visto un diagramma d’onda simile, questo significa…”

Shinji si alzò in piedi:

“Significa che abbiamo scoperto un uovo della vita.”

 

Shinji se ne stava appoggiato sulla parete del corridoio, osservando le finestre; alla Nerv non era cambiato quasi niente, tutto era sempre pulito e asettico. Starsene lì in attesa gli ricordava le veglie che faceva fuori dalla stanza di Asuka quando rimaneva ferita dopo le battaglie più provanti, e di quanto si sentisse impotente quando ciò accadeva; e poi c’erano quei momenti nei quali trovava suo padre nei corridoi e non riusciva neppure a salutarlo, rimanendo sempre ferito nel suo fragile orgoglio ogni volta che ciò accadeva. Adesso era cresciuto, non era più un ragazzino timido e debole, ma nonostante ciò l’idea di trovarsi faccia a faccia con suo padre lo agitava a dismisura; sudava freddo e il battito del cuore pareva impazzito, rimaneva immobile ed in silenzio, con lo sguardo sbarrato.

“Shinji Ikari.”

Il ragazzo udì una voce delicata e calma, e voltandosi e la vide : Rei Ayanami, la ragazza che accompagnava sempre suo padre. Indossava un abito nero fino al ginocchio, semplice ma elegante. Era una figura misteriosa di cui non sapeva nulla, parlava poco e non si faceva notare, rimaneva sempre nell’ombra a scrutare coi suoi enigmatici occhi cremisi; la ragazza gli fece cenno di seguirla. Durante il breve tragitto Shinji la osservò attentamente, attratto per qualche motivo dall’alone che si era costruito attorno alla ragazza. Quando poi si fermò davanti alla porta dell’ufficio, la guardò negli occhi per alcuni istanti:

“Posso aiutarti?” - domandò Ayanami con la sua voce monocorde.

“No, niente… scusami.”

Non sapeva perché l’aveva fatto, ma era come se quella ragazza impassibile fosse l’ennesimo mistero a cui voleva dare una risposta:

Rei Ayanami non poteva essere soltanto l’assistente di suo padre, c’era sicuramente qualcosa di più dietro la sua persona, qualcosa che Gendo Ikari teneva gelosamente nascosto.

 

Shinji entrò nell’ufficio, e subito dopo lo seguì Rei: un’enorme e spoglia stanza buia, scarsamente illuminata da grandi pannelli di vetro che permettevano a una luce purpurea di fare un po’ di chiarezza, illuminando le numerose incisioni su pavimento e soffitto, di cui Shinji ignorava il significato, ma che riteneva essere collegate con molta probabilità a qualcosa scritto nelle pergamene del mar Morto.

Suo padre era seduto alla scrivania, l’unico mobile della stanza, e come al solito teneva in silenzio le mani incrociate tra loro davanti alla bocca; Ayanami andò a mettersi accanto a Gendo, come soleva fare un tempo Fuyutsuki. Shinji invece si mise di fronte alla scrivania, in piedi; aveva sempre detestato quella scelta del padre di non mettere nemmeno un’altra misera sedia in quel lugubre ufficio, solo per far sentire il proprio interlocutore a disagio.

“Padre.” -sapeva che se non gli si fosse rivolto per primo sarebbero passati anche diversi minuti prima che egli si degnasse di interagire con lui.

“Ho saputo della tua scoperta.” - a quel punto un complimento sarebbe stato gradito.

“E’ un diagramma d’onda…”

“So già tutto.” - no, non aveva alcuna intenzione di congratularsi con lui.

“Capisco.”

“Dunque, sei venuto qui solo per annunciarmi questa cosa?” - solo per questo, per aver scoperto un pianeta adatto ad ospitare forme di vita?

“No, c’è altro di cui ti vorrei parlare, sempre in merito a questa scoperta.”

“L’esplorazione di…”

“HA-9081.”

“L’esplorazione di HA-9081?” - era un nome insignificante, ma l’essere stato in grado di mostrare che suo padre proprio tutto non sapeva, gli dava una certa soddisfazione.

“Sì.”

“E come pensi di fare?”

Shinji si avvicinò lentamente e appoggiò le mani sulla scrivania:

“Con l’aiuto degli Evangelion.”
“La teoria del viaggio di Dirac?”

“Già, ma tu avevi già pensato a ciò, dico bene?”

Gendo accennò un mezzo sorriso:

“Dunque, sei al corrente del progetto Exodus.”

“So che accanto al progetto di ricerca di cui ho fatto parte ce n’erano diversi paralleli, e il principale di essi era Exodus.”

“Che cosa desideri quindi?”

“Far parte dell’equipaggio.”
“Con quale autorità?”

“Ho scoperto il pianeta.”

“I dati in tuo possesso si possono condividere, specie a persone più competenti per un viaggio nello spazio.”

“Già, sono dati condivisibili, anche con la Seele o il governo.”

Gendo rimase, pur sempre impassibile, in silenzio l’unico elemento che in un dialogo con lui tradisse una minima preoccupazione.

“Mi stai ricattando, Shinji?”

“No, pretendo solo che mi venga riconosciuto il giusto merito, la scoperta è mia e ho tutto il diritto di far parte anche della fase successiva del progetto.”

A quel punto, inaspettatamente, Ayanami si avvicinò a Gendo:
“La sua precedente esperienza come pilota di Evangelion potrebbe essere utile.”

Persino Gendo parve leggermente stupito dall’iniziativa presa dalla ragazza:

“D’accordo. Adesso, se non c’è altro, puoi pure andartene.”

Shinji si voltò senza salutare e fece per uscire; prima di chiudere la porta guardò ancora una volta Rei Ayanami per un istante.

 

“Sei certa?”

“Ma sei stupido?” - sorrise la ragazza - “Non sto mica tranquilla sapendoti a 40 anni luce da me!”

Shinji sospirò rallegrato:

“Sarà come un tuffo nel passato.”

“Shinji, tu nel passato ci sei rimasto immerso.”

A quel punto i due si voltarono, udendo una voce familiare che li chiamava da lontano:
“Ehi, ragazzi!” - disse avvicinandosi una donna bruna con indosso un giubbotto bordeaux.

“Colonnello Katsuragi.” - la salutò Asuka eseguendo sarcasticamente il saluto militare.

“Capitano Langley!” - ricambiò divertita il saluto.

Misato portava un taglio differente da quello che era solita portare un tempo, con i capelli raccolti in un chignon e due ciocche pendenti dalle tempie, ed anche il suo modo di vestire era diverso, molto più professionale, con pantaloni militari e lunghi stivali neri, ma di fatto, nonostante qualche piccola ruga, era rimasta la stessa donna radiosa e affascinante che Shinji aveva conosciuto.

“Ancora non mi pare vero, noi tre di nuovo assieme per una nuova avventura.” - disse Misato con aria nostalgica.

“Già, ma almeno questa volta non dovremo salvare il mondo.” - aggiunse Shinji.

Asuka e Shinji salirono nella macchina di Misato:

“Certo che ora che sei un alto ufficiale potresti stare trattare con un po’ più di cura la tua macchina…” - disse Asuka spostando del ciarpame dal sedile - “Capisco che tu voglia accompagnarci, ma non potremmo utilizzare la mia? E’ più pul… potente, arriveremmo prima.”

“Su andiamo, sarà come ai vecchi tempi.”

Shinji guardò Asuka facendo spallucce, e sospirando i due entrarono nella vecchia automobile di Misato.

 

Dopo alcuni minuti, videro finalmente in lontananza, un’enorme veicolo alato, a metà tra una nave ed un aereo.

“Dunque, quella è la Exodus…” - commentò Asuka - “E’ davvero gigantesca.”

“Deve esserlo, altrimenti non ci starebbe l’Eva 01.” - aggiunse Shinji mentre osservava sbalordito l’imponente astronave sul quale avrebbero viaggiato.

Misato invece non parve stupita:

“Il progetto Exodus è la prova che la Nerv cercava disperatamente una delle uova della vita: nonostante le ricerche siano iniziate due anni fa, la costruzione della nave è partita già da molto tempo. Mi chiedo se facciamo bene a portare la lunga mano della Seele in un simile luogo dove potrebbero mettere in atto chissà quale macchinazione…”

Asuka lanciò uno sguardo fuori dal finestrino:

“Sono qui apposta per impedire che ciò accada.”

Appena sceso dall’auto, Shinji trovò una decina di persone, tutti membri dell’equipaggio, e tra di loro vi erano due volti familiari.

Uno di essi era una donna bionda coi capelli cortissimi, la dottoressa Akagi, anche lei cambiata dal tempo, vestita in modo simile a Misato ma con un cappottino verde scuro.

L’altro invece era un ragazzo alto e magro che indossava una divisa militare color crema, e aveva un paio di occhiali da vista e qualche lentiggine sul volto: Kensuke Aida. Erano dieci anni che Shinji non parlava col suo vecchio amico, o meglio, non aveva avuto il coraggio di parlarci dopo la morte di Toji per mano dell’Eva 01.

Erano esattamente sotto la carena della Exodus, da cui usciva una lunga rampa che li avrebbe condotti all’interno della nave. A un certo punto, dalla rampa scesero Gendo Ikari, il vicedirettore Fuyutsuki, e Rei Ayanami. Gendo fece un cenno e la dottoressa Akagi prese la parola:

“Signori, come potete vedere, sopra di noi c’è il veicolo che ci accompagnerà su HA-9081, un pianeta situato in un sistema a 40 anni luce da noi. Per arrivarci non viaggeremo attraverso lo spazio, ma ci sposteremo mediante il metodo di Dirac: dieci anni fa incontrammo un angelo in grado di generare una sorta di dimensione parallela chiamata mare di Dirac. Essendo gli Evangelion generati dalla stessa fonte degli angeli, dopo lunghe ricerche ed esperimenti siamo riusciti a stimolare gli Eva in modo che potessero a loro volta generare un mare di Dirac, permettendoci così di spostarci da un punto all’altro dell’universo in brevissimo tempo. Purtroppo, la faccenda non è tutta rose e fiori come sembra: essendo il nostro pianeta lontano diversi miliardi di chilometri, il computer di bordo dovrà eseguire calcoli estremamente complessi per permettere all’Eva 01 di riaprire il mare di Dirac nel punto da noi desiderato. Per questo ci potrebbero volere alcune ore, durante le quali saremmo immersi in uno spazio numeroimmaginario, una realtà vuota a cui avremo accesso grazie all’AT Field invertito dello 01.”

“In sostanza, andremo in un mondo privo di luce.” - sentenziò Misato.

 

“Privo di tutto.” - le rispose il comandante Ikari - “Se la nave avrà un guasto nessuno potrà recuperarci, e finiremmo a vagare nel vuoto fino a morire per mancanza di ossigeno. Devo domandarvi se siete assolutamente certi di voler partire, da questo momento in poi non sarà più possibile tirarsi in dietro.”

Nessuno dei presenti rispose.

“Benissimo allora, possiamo partire.”

 

Tutti i presenti stavano salendo a bordo, solo Shinji e Fuyutsuki erano rimasti ancora alla base della rampa :

“Lei non viene?”

“No Shinji, devo rimanere a gestire la Nerv in assenza di tuo padre; e poi, sono troppo vecchio per un’avventura nello spazio.”

“Senza di lei non sarei mai riuscito a fare questa scoperta, professor Fuyutsuki.”

“No, tu eri già destinato a fare grandi cose, io ti ho solo dato una piccola spinta.”

Fuyutsuki appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo:
“Tua madre sarebbe orgogliosa di te.”

“Lei la conosceva bene?”

“Sì.”

“Che tipo era?”

“Coraggioso, intraprendente, e determinato a creare un futuro migliore con il potere della conoscenza; esattamente come te.”

Shinji fece per salire sulla rampa:

“Quando tornerò vorrei che mi parlasse di più di lei.”

“Ma certo.” - rispose Fuyutsuki sorridendo.

 

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Capitolo 4
*** Ancora una volta, nell'oscurità immobile ***


 

Uno spazio artificiale dove non c’era niente, se non tenebre: tale era il mondo nel quale la Exodus era immerso.

Il computer di bordo stava calcolando già ormai da un paio d’ore la posizione nel quale avrebbe aperto il varco conducente ad HA-9081; progettato dalla dottoressa Akagi, il sistema Prophet altro non era che una riproposta del già collaudato sistema Magi creato dalla madre della scienziata. Tuttavia a differenza del Magi, Prophet era diviso solamente in due parti, chiamate rispettivamente Aron e Moses.

La stiva dell’Exodus era la parte più ampia della nave, poiché tra le altre cose doveva custodire l’Evangelion 01: silenziosamente e senza essere vista, una evanescente figura si era fermata ad osservare da alcuni minuti il colosso viola immobile nella sua gabbia. Udendo dei passi avvicinarsi a lei, Ayanami, senza girare la testa, portò lo sguardo a lato per vedere chi stesse arrivando: Shinji si fermò a qualche metro da lei, e senza dire niente si mise a sua volta ad osservare per alcuni istanti l’Eva.

“Un tempo la sola idea di questa macchina mi terrorizzava.”

Calò nuovamente il silenzio per qualche secondo.

“Adesso invece?”

Shinji chiuse gli occhi e sorrise scuotendo lievemente le spalle:

“Non saprei di preciso, però comunque mi mette molta meno paura rispetto a quando ero un ragazzino.”

“Ci risaliresti?”

“Ci salivo per sentirmi apprezzato dal mondo che mi circondava, ma ora lo farei per una ragione diversa… parte di me è rimasta nell’Eva, ma non so se avrei il coraggio di affrontarla.”

A quel punto la ragazza fece per andarsene, non perché annoiata o infastidita, semplicemente era palese non si sentisse a suo agio ad avere conversazioni con un’altra persona:

“Ayanami, volevo ringraziarti per aver appoggiato la mia presenza in questa spedizione.”

Rei si fermò:

“Saresti sicuramente riuscito a partecipare anche senza il mio intervento.” - disse col suo consueto tono monocorde.

“Forse, ma un nuovo conflitto con mio padre era l’ultima cosa di cui avevo bisogno.”

“Temi ancora tuo padre.”

“Meno di un tempo.”

“Hai provato ad avvicinarti a lui?”

“Molte volte, ma tra di noi non sembra poter esserci un ponte, e alla fine ho imparato a convivere con questa consapevolezza.”

Ayanami si voltò e lanciò un ultima indecifrabile occhiata a Shinji, dopodiché guadagnò l’uscita della stiva.

Shinji invece rimase ancora un po’ ad osservare lo 01:

essere nuovamente in quel mondo di tenebre con l’Evangelion davanti gli portava alla mente immagini confuse di una figura femminile all’interno della macchina umanoide, che aveva incontrato quando, dopo una battaglia, il suo corpo si era dissolto all’interno della macchina umanoide. Le immagini però si erano deteriorate rapidamente e dopo tutti quegli anni era rimasto ben poco a cui dare un senso. Per qualche motivo poi, associava ciò che aveva trovato nell’Eva con quella misteriosa ragazza dai capelli turchini: forse, invece di cercare risposte a miliardi di chilometri da sé, avrebbe dovuto prima capire ciò che più aveva avuto vicino in un momento cruciale della sua vita, ovvero la natura degli Evangelion.

 

Kensuke gironzolava tra i corridoi della nave, in cerca di qualcosa da fare; in quei momenti era solito dilettarsi facendo ruotare la pistola d’ordinanza per il grilletto attorno al dito, ma poiché ritenuto pericoloso gli era stato proibito di farlo – lui si era limitato ad esultare per il fatto che non gli avessero sequestrato la pistola. Tamburellò con le dita una parete, poi sbuffando si adagiò su di essa, e dopo aver ruotato il volto, vide una chioma rossa molto familiare.

Asuka osservava dalla vetrata il nero oblio infinito nel quale stavano fluttuando, e sussultò quando si sentì salutare:

“Ma sei stupido?”

“Scusa Soryu, non intendevo spaventarti!” - se la ridacchiò Kensuke.

Asuka grugnì e si appoggiò alla parete dando le spalle alla vetrata:

“Alla buon ora, pensavo che avessi intenzione di ignorarmi per tutto il viaggio!”

“Scusami, non volevo offenderti.”

“Beh lo hai fatto.” - sbuffò lei mentre lo squadrava da cima a piede - “Quando ti vedevo ai tempi della scuola vestito da soldato parevi un cretino… ora invece devo dire che quella divisa ti sta bene, Aida.”

“Ti ringrazio, io invece sono un po’ deluso: che ne è stato delle tue codine?”

“Non ho più quattordici anni.” - rispose sorridendo.

Kensuke si appoggiò alla parete opposta a quella di Asuka e si mise a braccia conserte:

“Come stai?”
“Alla grande.”
“E Ikari?”

“Perché non glielo chiedi tu?”
Kensuke abbassò lo sguardo:

“Vorrei…”

“Fallo allora!”

“Non è semplice.”

“Sì che lo è, vai da lui e gli parli.”

“Non me la sento.”

“Tu lo biasimi ancora per la morte di Kensuke?” - come al solito, Asuka era arrivata diretta al sodo senza peli sulla lingua.

“No…”
“E allora che accidenti di problema hai?”

“E’ che non ne abbiamo mai parlato, e avrei paura a riaprire quella ferita; immagino poi conoscendolo, che la cosa sia reciproca.”

Asuka si voltò facendo spallucce e chiuse gli occhi:

“Non è più un bamboccio, e neanche tu lo sei, cercate di risolvere i vostri problemi da adulti!”

“Tu invece non sei cambiata.” - sorrise il ragazzo.

“Per forza, io a differenza vostra ero già matura e competente.” - rispose in tono intenzionalmente saccente. L’autoironia era sicuramente uno dei traguardi più importanti che Asuka Soryu Langley aveva raggiunto con l’età adulta.

“Ho sentito che la capoclasse sta per sposarsi.” - disse Kensuke quasi sottovoce.

“Sì, e con un bravo ragazzo mi dicono; tu sei ancora sentimentalmente coinvolto con la tua pistola?”

“Ho provato a vedermi con una ragazza di recente… era simpatica, ma non ha funzionato.”

“Hai provato a non parlarle di armi da fuoco per cinque secondi consecutivi?”

“Anche sei!” - rispose ridendo, e di riflesso anche Asuka scoppiò a ridere.

Quando ebbero finito, videro arrivare dal corridoio una ragazza dai capelli corti, con indosso una divisa rosso scuro e un berretto nero: Maya Ibuki, l’assistente personale della dottoressa Akagi.

“Ragazzi, ci siamo.” - sorrise loro senza mascherare un certo entusiasmo - “Prophet ha tracciato le coordinate.”

Anche se non era un suo successo personale, ogni volta che Ritsuko Akagi riusciva in qualcosa Maya non poteva fare a meno di essere in giubilo; paradossalmente, la dottoressa non lasciava mai trasparire troppe emozioni neanche di fronte al proprio trionfo – in qualche modo, Maya si faceva carico della felicità di entrambe.

 

Tutti si erano radunati nella stiva, accanto a una sorta di grosso veicolo dotato di ali: si chiamava Nile, e sarebbe stato protagonista della fase successiva della missione.

Shinji osservò i diversi outfit dell’equipaggio – divise militari e tute spaziali per lo più – e lo colpì in particolare quello di Rei: una plug-suit nera, molto somigliante a quella che stava lui stesso indossando in quel momento. Guardando meglio notò che anche Asuka portava una tuta simile a quella che indossava un tempo, ma nera dal bacino in giù e bianca all’altezza dei bicipiti. Era stata un’idea della dottoressa Akagi, ma né Shinji né Asuka avevano compreso il perché di questa scelta, né soprattutto il perché oltre a loro due, ex Children, anche Rei Ayanami indossasse una plug-suit.

Senza nessun rumore o scossa, la Exodus era tornata nella dimensione reale da cui era partita, ma in un luogo completamente diverso, poco lontano dall’orbita di HA-9081 , che era possibile vedere dagli oblò e dalle vetrate della nave. Un pianeta relativamente piccolo – le analisi di Prophet avrebbero in seguito confermato che le sue dimensioni fossero di poco inferiori a quelle della Terra – con una vistosa caratteristica: un intenso colore rosso che avvolgeva gran parte del globo.

Quando vide che erano tutti presenti, la dottoressa Akagi prese la parola:

“Come potete vedere voi stessi, siamo arrivati a destinazione. La Exodus tuttavia non entrerà nell’atmosfera del pianeta, la sua mole è estremamente ingombrante e richiederebbe troppa energia, rischieremmo di non averne abbastanza per il viaggio di ritorno, quindi giungerete sul pianeta mediante la Nile, la nostra navicella ausiliaria.”

“Giungerete?” - avanzò un soldato col viso leggermente squadrato ed i capelli scuri portati alla marine.

“Già, io e Ibuki rimarremo a bordo per monitorare la situazione.”

“Cavolo, anche io voglio rimanermene qua al calduccio!” - esclamò lo stesso soldato.

“Magari HA-9081 ha una superficie bollente, Yamada!” - gli rispose Kensuke con una risatina.

“Ti aspettavi una gita in campagna, Yamada?” - lo sfotté un uomo leggermente stempiato con un paio di occhiali: Makoto Hyuga, uno dei tecnici più importanti della Nerv, nonché braccio destro di Misato.

 

Tutti, ad eccezione di Maya e Ritsuko, erano entrati disponendosi sui vari sedili della Nile; Asuka, il pilota della missione, si era messa al posto di guida della navicella.

“Non farci schiantare.” - disse Shinji canzonandola, ottenendo in risposta un’imprecazione in tedesco da parte della rossa.

 

Dopo l’iniziale scontro con l’atmosfera di HA-9081, il viaggio era stato piuttosto tranquillo, con poche turbolenze ed un cielo poco nuvoloso; i membri dell’equipaggio poterono constatare che il colore rosso del pianeta non era determinato dall’atmosfera – il cielo era perfettamente azzurro come quello della terra – ma dai suoi vasti oceani, per l’appunto completamente scarlatti.

Asuka non aveva impiegato molto tempo prima di trovare un avvallamento nel quale atterrare.

Le scansioni della Exodus non avevano trovato elementi tossici nell’aria del pianeta, ma per scoprire se c’era ossigeno era necessaria un’analisi sul campo. Dunque, appena atterrati, un ragazzo alto e piuttosto magro, coi capelli neri e un naso leggermente schiacciato, si alzò, si mise un casco e prese una grossa valigia: era Sato, il biologo della spedizione. Passato dalla porta depressurizzante, fu il primo a toccare il suolo del pianeta, calpestando dei vegetali verdastri praticamente identici all’erba terrestre; lo seguì Ayanami. Aprì la valigetta e dispose alcuni strumenti con l’aiuto della ragazza, poi dopo alcuni minuti, si alzò in piedi e si tolse il casco, prendendo un grosso respiro; a quel punto si voltò sorridente verso la navicella, e fece cenno agli altri di uscire.

“Ossigeno dunque.” - commentò Misato.

“Praticamente identico a quello terrestre…” - gli rispose Sato - “… nessun agente patogeno rilevato.”

“Rimettiti il casco, non è il momento di commettere simili leggerezze.” - lo redarguì il comandante Ikari. Mortificato, Sato si rimise il casco e sistemò i suoi strumenti nella valigia.

Makoto guardò lo schermo di un piccolo strumento palmare, ed il comandante gli si avvicinò:

“Quanto dista?

“Con precisione è impossibile dirlo, comunque sono circa trenta chilometri… il problema è che c’è un altopiano da sormontare, e non è possibile aggirarlo; questo ci rallenterà un po’.”
“Non importa.”

Il comandante prese il suo zaino, lo appoggiò sulle spalle e si mise in marcia, e dietro di lui Makoto fece cenno agli altri di seguirlo.

Shinji rimase un istante fermo ad osservare la verde vallata in cui si trovavano: un vero e proprio paradiso, come avrebbe potuto essere il giardino dell’Eden. O almeno, così appariva.

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Capitolo 5
*** La luna grigia ***


Il pendio era irto e brullo, e più di una volta Shinji aveva dovuto mettersi a quattro zampe per evitare di perdere l’equilibrio.

A circa metà percorso, la squadra poté osservare qualcosa di assolutamente stupefacente: dallo sconfinato mare rosso si ergeva una serie di strutture di diverse forme geometriche, troppo perfette ed uniformi per essere opera di agenti naturali.

“Mi venisse un colpo, quella è… una città!” - imprecò Yamada.

La disposizione e la forma di quelle strutture non lasciavano dubbi: erano palazzi, seppur in stato visibilmente deteriorato.

Asuka si voltò incredula verso Shinji:

“Abbiamo trovato tracce di civiltà.”

Lui si limitò ad annuire con la medesima espressione di stupore dipinta in volto.

Il soldato Tanaka – un ragazzone alto e muscoloso – si avvicinò a Misato:

“Colonnello, questo posto è abitato…”

“Era, credo. Guarda quei palazzi, sono fatiscenti, e mi sembrano abbandonati; ad ogni modo qualcuno deve averli costruiti. State all’erta comunque, non sappiamo che intenzioni potrebbero avere…” - fece una breve pausa.

“… gli abitanti di questo pianeta?” - finì la frase Makoto.

“Già.”

“Incontreremo gli alieni…” - disse Kensuke quasi canticchiando.

“Tecnicamente, gli alieni siamo noi adesso.” - rispose Misato.

 

Fudo era un uomo non troppo alto, di mole massiccia e leggermente in sovrappeso; era il geologo della spedizione, e questa ironia non sfuggì agli altri quando fu proprio lui a cadere in un inghiottitoio poco visibile tra le rocce.

“Tutto bene?”

Sembrava la voce del colonnello.

L’uomo grugnì toccandosi la testa, poi lentamente cercò di rialzarsi; il colpo lo aveva stordito e faticava a stare in piedi, ma non si sentiva alcun osso rotto.

“Fudo, tutto bene?” - ripeté quella voce che ora Fudo era certo appartenere a Katsuragi.

“Sì.” - rispose lui abbastanza forte da farsi udire.

Si guardò attorno e vide di essere in una sorta di caverna carsica; riusciva a vedere il foro dal quale era caduto, che a occhio e croce era a meno di cinque metri di altezza. La caverna era piena di stalattiti e stalagmiti, e quando i suoi occhi si furono abituati al buio poté vedere l’acqua gocciolare un po’ per tutta la grotta , cristallina e non rossa come quella che avevano visto finora.

“C’è acqua, e non sembra contaminata!”

“Non rischiare!” - gli intimò il colonnello.

“Ricevuto.”

“Ora ti mandiamo giù una corda.”

“Ok.”

Alzandosi in piedi sentì tutta la schiena dolorante per l’impatto con le rocce, in effetti era stato relativamente fortunato a non cadere su una stalagmite rimanendoci impalato, ma la sua fortuna si era esaurita lì:

Fudo non poteva vederlo, ma lo spostamento dell’aria e la sua presenza nella caverna avevano risvegliato una sorta di muschio bluastro, il quale aveva rilasciato nell’aria spore sottilissime che fluttuavano tutt’attorno a lui. Forse, in condizioni normali non avrebbero potuto fargli niente, almeno fino a quando rimaneva isolato nella sua tuta, ma cadendo quest’ultima si era lacerata in diversi punti; tagli sottilissimi, ma più che sufficienti ad una spora per penetrare ed entrare in circolo nel sistema di respirazione della tuta.

 

Uscito Fudo dal buco nella terra, il gruppo si era rimesso in marcia; dopo aver raggiunto il picco dell’altopiano, avevano finalmente iniziato la discesa che, seppur meno estenuante, era comunque ripida almeno quanto la salita.

Arrivati sulla pedemontana dopo qualche ora, si ritrovarono in una pianura coperta di erba rinsecchita, che andava subito deprimendosi nel terreno: l’aria in quella vallata era particolarmente calda e umida, e tutti avrebbero sudato pesantemente se le tute non avessero avuto un sistema di isolamento termico adatto ad esplorare ambienti sconosciuti.

“Perché non abbiamo parcheggiato qui?” - domando Tanaka seccato. Subito dopo si ritrovò con i piedi conficcati nel fango.

“Perché è una fottuta palude.” - rispose Asuka aiutandolo ad uscire.

“Un luogo molto umido e caldo, proprio vicino all’Uovo…” - commentò Misato.

“Il filosofo greco Anassimandro sosteneva che tutte le forme di vita avessero origine dall’acqua e dall’umidità.” - aggiunse il comandante Ikari.

Attraversata la vasta palude, illuminati solo dalle torce elettriche, giunsero al punto stabilito dal navigatore: un buco nella terra, del quale non era possibile vedere il fondo neppure puntandoci dentro la luce.

Dalla sua valigetta, Makoto estrasse un piccolo drone telecomandato, e lo mandò giù per il buco:

“Il diametro dell’apertura è sui tre metri, poi si allarga fino a raggiungere i tre metri e mezzo, la profondità sembra essere di circa venti, venticinque metri. Dovremo calarci con delle funi…”

Misato si guardò attorno perplessa:

“Ma non ci sono rocce, e il terreno è troppo fangoso per conficcarci paletti e sperare che non si stacchino mentre scendiamo; Tanaka, Yamada, Aida, voi rimanete qui e tenete le funi.”

“Sissignore.” - risposero all’unisono.

“Anche io resto qui, vorrei analizzare il terreno e la vegetazione, magari trovo qualche forma di vita.” - disse tutto entusiasta Sato che già aveva cominciato a tirare fuori alcune delle sue attrezzature.

Quando ebbero iniziato a calarsi, Misato notò Fudo chinato che respirava affannosamente:

“Tutto a posto?”

“Non mi sento molto bene… forse ho preso una botta cadendo, spero non mi sia incrinato una costola.”

“E’ meglio che tu rimanga qui.”

“M-ma io sono il geologo della spedizione…”

“Ed io il capo della sicurezza; rimani qua e prendi fiato.”
“D’accordo.” - rispose lui senza obiettare troppo, rendendosi conto che la sua condizione avrebbe solo rallentato gli altri membri della squadra.

 

Arrivata a terra per prima, Misato lasciò la corda e tirò uno strattone, per avvertire che il successivo poteva scendere, e subito dopo due persone vennero calate contemporaneamente – Kensuke e Yamada tenevano una corda, Tanaka invece, complice la sua immensa forza fisica, riusciva a tenerne una da solo; a scendere furono Hanzo e Hirano, rispettivamente speleologo ed addetto alle comunicazioni della spedizione. In seguito giunsero Asuka, Shinji, Rei, Makoto, la dottoressa Tsuji – il medico della spedizione – ed infine il comandante Ikari. Guidati da Hanzo e Makoto, cominciarono ad attraversare la caverna sotterranea: dopo pochi metri trovarono una sorta di scalinata naturale ad assisterli in quella discesa nel ventre della terra. Scesa la scala rocciosa, videro un bagliore scarlatto che illuminava le pareti della caverna; ad illuminare l’antro era l’acqua rossa di quel pianeta che, come stavano constatando, possedeva una spiccata bioluminescenza.

Attraversarono la pozza scarlatta, e man mano che scendevano la grotta si allargava sempre più: senza accorgersene, erano entrati in una immensa cupola, fatta però di un materiale diverso dalla roccia della caverna, più liscio e di un colore tendente al grigio.

Shinji la osservò attentamente, poi si avvicinò ad Asuka e le parlò a bassa voce nell’orecchio:

“Questa deve essere una delle lune di cui mi ha parlato il professor Fuyutsuki; diceva che Adam veniva dalla luna bianca, mentre Lilith da quella nera.”

“Questa invece, potrebbe essere la luna grigia…”

“Calzante.” - commentò Misato passando accanto a loro.

Dopo un po’ si fermarono in quello che doveva essere il centro della struttura: non c’era niente, solo acqua fino alle caviglie e riflessi di luce scarlatta che guizzavano sulle pareti della cupola.

Il comandante Ikari si guardò attorno con aria interrogativa, poi rivolse lo sguardo a Makoto:

“Nessun diagramma d’onda che non sia il nostro… l’uovo della vita non è più qui.”

Ikari chinò il capo a terra e rimase in silenzio per alcuni secondi.

“Capisco. Adesso è meglio tornare in superficie dopodiché, sorto il sole, torneremo alla Nile.”

Nessuno osò ribattere gli ordini del comandante, e tutti fecero dietrofront.

Solo Shinji rimase un attimo ad osservare quella grotta scintillante, convinto di essere arrivato dannatamente vicino a ciò che stava cercando; accanto a sé, notò che Rei Ayanami guardava quel luogo come ipnotizzata.

 

Kensuke scrutava il cielo: a inizio serata si erano potute persino vedere le stelle, ma in quel momento minacciose nubi neri cariche di lampi orbitavano sopra di loro.

Fudo aveva cominciato a tossire, era diventato pallido e si sentiva scottare.

Notando il suo stato malconcio, Kensuke gli si avvicinò:

“Vuoi un po’ d’acqua?”

“Sì…” - tossì - “… grazie.”

Gli porse una borraccia con una cannuccia munita di valvola che impediva reflusso di aria o agenti esterni, e Fudo la fece entrare nel suo casco mediante una seconda valvola sotto la visiera, all’altezza della bocca.

“Spero di non passare qua la notte, altrimenti non potremo toglierci i caschi e dovremo mangiare solo frullati e altra roba liquida.” - disse Kensuke ridacchiando per cercare di distrarlo. Ma la tosse si fece sempre più forte, quasi convulsiva, e con immenso sconforto il ragazzo vide che sulla visiera del geologo c’era del sangue, ed allarmato si rivolse ai suoi compagni: “Ragazzi, Fudo sta male!”

In quel momento Yamada e Tanaka videro il drone di Makoto uscire fuori dalla caverna: era il segnale che la squadra voleva risalire.

I due incitarono il compagno a venire a dargli una mano, e Kensuke si rivolse a Sato:

“Per favore, pensa tu a Fudo!”

Il biologo annuì e andò ad assistere il compagno, mentre Kensuke aiutava Yamada con la corda.

Appena tornata in superficie, la dottoressa Tsuji venne subito messa al corrente della situazione e si precipitò verso Fudo, cercando di capire quale malessere lo stesse affliggendo.

Turbata si voltò verso gli altri, che stavano aiutando a far uscire Shinji, l’ultimo del gruppo.

“Dobbiamo assolutamente riportarlo alla Nile!” - urlò il medico.

“Anche se potrebbe essere pericoloso, è meglio che mettere a rischio la vita di un membro dell’equipaggio.” - si voltò verso il comandante: “Ce ne andiamo.”

Ikari si limitò ad annuire, ed il gruppo si mise in marcia, mentre Tanaka e Yamada reggevano Fudo aiutandolo a stare in piedi.

Ad ogni passo la tosse del geologo diventava sempre più forte e soffocante, e a metà della salita sull’altopiano vomitò:

“Non possiamo almeno togliergli il casco? Vi ho detto che non ci sono agenti patogeni nell’aria!” - urlò Sato.

“Qua non possiamo comunque fare niente, ho solo un kit di pronto soccorso, il resto del materiale medicinale è sulla Nile!” - rispose Tsuji decisamente frustrata dalla situazione.

Si sentirono leggermente sollevati – almeno Yamada e Tanaka – quando raggiunsero il picco ed iniziarono la discesa. Nel frattempo le condizioni di Fudo peggioravano a vista d’occhio: era immerso in un bagno di sudore, aveva le sclere infiammate, e dal naso e dagli occhi uscivano gocce di sangue innaturalmente scuro.

Fu poco dopo essere scesi dalla collina, che iniziò ad avere violente convulsioni, e a quel punto la dottoressa Tsuji decise di ignorare le regole di quarantena, giacché non sarebbero valse molto per un uomo morto: gli sfilò il casco mentre i due soldati lo tenevano fermo, e dal suo borsello prese una penna e gliela mise in bocca per evitare che si mordesse la lingua.

A un certo punto, si sentì solo un suono secco: le ossa del torace di Fudo che si rompevano.

Tutti rimasero immobili, impietriti da quel macabro rumore, e poco dopo ne sopraggiunse un secondo più forte; in quello stesso momento, il petto di Fudo si deformò vistosamente, come se qualcosa lo stesse spingendo dall’interno.

Al terzo colpo, come un ariete fuoriuscì dal torace la cosa che stava spingendo: gridando e spiegando le lunghe braccia ossute, la creatura si presentò a loro con la sua bianca pelle coperta di sangue. Aveva un aspetto antropomorfo, alto circa come un bambino, sulle giunture degli arti e in vari punti del torace aveva delle scanalature rosse, e sulla schiena le vertebre sporgevano a mo’ di punte affilate, le quali scendevano lungo una sottile coda culminante con un grosso pungiglione coperto di pelle; ma la cosa che più colpì tutti fu la testa, umanoide, liscia, priva di naso e occhi, con solo una bocca sottile su cui era dipinto una specie di macabro ghigno che scopriva i denti bianchissimi di quell’abominio.

Prontamente Misato afferrò la sua pistola per sparare alla creatura, ma in pochissimi attimi e con una velocità sorprendente questa sgusciò fuori dalla sua vittima e sparì correndo nella notte.

“Merda!”- imprecò Yamada imbracciando il fucile.

“Sta calmo, non sprecare munizioni.” - disse Misato: “Forza, torniamo alla Nile, e di corsa; imbracciate le armi e state in guardia, quella cosa potrebbe tornare!”

Iniziò così la loro fuga, con Misato ed i suoi tre soldati a proteggere i fianchi e il dietro del gruppo.

Correndo Makoto si avvicinò a Hirano:

“Non sei riuscito a metterti in contatto con Ibuki o la dottoressa Akagi?”

“Negativo, con me ho solo strumenti basilari, che sono inutili in questo momento. Vedi i nuvoloni sopra di noi?” - indicò il cielo - “C’è una tempesta di fulmini che mi impedisce il contatto; sulla Nile abbiamo un trasmettitore più potente, forse con quello riuscirò a parlare con la Exodus.”

 

Dopo aver corso a perdifiato per diversi minuti, il gruppo riuscì finalmente a scorgere la Nile in lontananza. Con uno scatto – reso possibile dal mix di paura e adrenalina che stava provando – Hanzo si staccò dagli altri e si portò dinnanzi al portellone della Nile.

La scena che gli altri videro poco lontano li lasciò paralizzati dallo sconcerto: non appena Hanzò aprì la porta, si trovò davanti la creatura, ora alta quasi due metri.

Furente la bestia spalancò le fauci e dilaniò il malcapitato, mentre con le mani lo teneva fermo per evitare che scappasse: si ergeva in posizione eretta ed usava i pollici opponibili come un essere umano, ma non era umano, non poteva essere più lontano da una persona quell’essere.

Compiuta la sua esecuzione, rimase per un istante in piedi col suo ghigno coperto di sangue, e camminando con passo eretto e ciondolante cominciò ad avvicinarsi lentamente al resto del gruppo: senza aspettare oltre, Misato ordinò di fare fuoco.

A quel punto, con uno scatto la creatura si mise a quattro zampe palesando la sua natura animalesca e caricò verso di loro: i proiettili non la sfioravano, rimbalzando contro un muro invisibile che proteggeva la creatura.

Quando fu sufficientemente vicino, Asuka poté vedere che la barriera di quell’essere brillava di una fioca luce arancione rivelando forme geometriche concentriche nella sua struttura, e con lo sguardo colmo di terrore si voltò verso Misato:

“Ha un AT- Field!”

Con un balzo furente la creatura assalì Tanaka, il quale impotente venne sbranato vivo dalle zanne della belva, mentre tentava di opporre una strenua ma inutile resistenza.

Trucidata la sua vittima, si avventò su Yamada, il quale nonostante avesse tentato di schivarlo venne afferrato dalle sue lunghe falangi ossute e trascinato a terra.

A quel punto il comandante Ikari, come destatosi da uno stato di torpore, estrasse una pistola dalla fondina della sua tuta, prese velocemente la mira e sparò un colpo; riuscì a colpire la creatura sulla spalla, e questa emetté un grido stridente a metà tra un raglio ed il suono di due metalli che si sfregano tra loro. Approfittando di quell’istante, Rei si precipitò su Yamada e lo afferrò trascinandolo via, subito dopo Misato riaprì il fuoco sulla creatura, ma tutt’altro che sconfitta questa riattivò il suo AT-Field e sibilando scomparve nel buio; Tsuji si precipitò sul ferito, e aiutato da Rei lo portò dentro la Nile per medicarlo.

Asuka entrò nella cabina di pilotaggio, ma si trovo dinnanzi a uno spettacolo agghiacciante: la consolle era stata brutalmente sfasciata, ed era pertanto inutilizzabile. Uscì dalla cabina ed andò nel vagone, dove da un lato Tsuji stava medicando Yamada, dall’altro i restanti membri della squadra osservavano sconcertati il portellone posteriore della navicella, scardinato da una forza inumana; solo il comandante Ikari stava immobile su un sedile, con le mani incrociate davanti al volto, e lo sguardo perso nel vuoto.

“Quel bastardo ha distrutto la nostra navicella…” - commentò Asuka.

Makoto si voltò verso di lei:

“Non ci ha solo pedinato, sapeva dove andare, dove nascondersi…”

“… e dove colpirci: la consolle di comando è distrutta, questo affare non può alzarsi in volo finché non la ripariamo.”

Shinji si appoggiò su un sedile, quello parallelamente opposto a suo padre:

“Nato da poche ore sapeva già tutto ciò… quasi come se avesse rubato delle informazioni a Fudo.”

Tutti guardarono Shinji colpiti, e Misato gli si avvicinò sconcertata:

“Ha preso la sua vita e la sua conoscenza, in pratica è come se gli avesse rubato l’anima.”

Nel frattempo Hirano premeva tasti e muoveva leve nervosamente: nonostante i suoi sforzi, il ricetrasmettitore non ne voleva sapere di funzionare.

“Merda!” - imprecò dando un pugno a terra.

Di colpo, sentì un segnale confuso e tentò di agganciarsi ad esso.

 

Maya cercava di regolare la consolle per le comunicazioni:
“Novità?” - domandò la dottoressa Akagi.

“La tempesta impedisce le comunicazioni… sono riuscita a sentire solo Hirano per alcuni secondi, e dal suo tono sembrava molto spaventato.”

Ritsuko si sedette portandosi la mano sul mento:

“Siamo in stallo, noi non possiamo scendere e loro non possono tornare a bordo, fino a che le condizioni meteorologiche non migliorano…”

 

Kensuke puntava il fucile mitragliatore illuminando il buio col mirino laser acceso, nel caso in cui la creatura fosse tornata; a un certo punto vide una nera figura avanzare nel buio, e senza esitazione riaprì il fuoco, ma i suoi proiettili rimbalzarono su un AT-Field.

“E’ tornato!”

Chiunque poté imbracciò un arma e si mise all’entrata posteriore della navicella per dare manforte a Kensuke, mentre quell’ombra misteriosa avanzava nel buio camminando lentamente.

“Aspettate, non è quel mostro…” - constatò Misato abbassando il mitra.

Ordinò di cessare il fuoco, e tutti poterono vedere l’inconfutabile diversità tra la figura che avevano dinnanzi e il mostro albino che aveva funestato la loro missione. La illuminarono con le torce, rivelando chi si stesse celando nelle tenebre: indossava una sorta di pastrano scuro, che ne celava le forme, ma da quel poco che si poteva vedere, aveva aspetto umano.

“Chi sei?” - intimò Misato.

“Non siete al sicuro qui, le luci vi rendono un bersaglio facile, e lui sa che siete qui ormai.” - ripose una voce femminile monocorde, ignorando la domanda del colonnello.

“Chi sei?” - ripeté la domanda con veemenza.

“Dovete andarvene.” - disse entrando nella Nile con tutti i mirini puntati addosso, e si avvicinò a Shinji - “Conosco un posto sicuro.”

Si abbassò il cappuccio e per la prima volta, Shinji vide Rei Ayanami sgranare gli occhi per lo stupore mentre osservava incredula il volto dell’ultima arrivata: aveva un aspetto ferino, con una lunga chioma cerulea spettinata, e un volto liscio e candido completamente identico al suo. 
 





Postilla dell'autore:
Scusate l'attesa!
Come avrete potuto notare, questo è il capitolo più Alien e meno Evangelion; purtroppo era un punto impossibile da evitare, spero di non aver lasciato nessuno in disappunto, e di aver comunque reso godibile questa parte più "splatter" delle altre.
A presto!

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Capitolo 6
*** Concerto per due ***


Tutti i presenti erano rimasti attoniti: non c’erano dubbi, quella che avevano dinnanzi sembrava la sorella gemella di Rei Ayanami, anzi più che gemella.

La ragazza osservò Shinji impassibile per alcuni istanti, e lui riconobbe immediatamente quello sguardo inconfondibile tipico della laconica assistente di suo padre, dopodiché si voltò – in tutto questo senza degnare di un sguardo la sua controparte – verso il comandante:

“Gendo, ci sei anche tu?”

Nemmeno il professor Fuyutsuki, il suo più intimo amico, lo chiamava per nome, e ora la nuova arrivata gli si rivolgeva in un tono inquietantemente confidenziale; inoltre la sua espressione impassibile si era rapidamente mutata in un sorriso innaturale, con la bocca semi aperta e gli occhi spalancati come fari scarlatti.

“Sei viva.”

Lei si avvicinò piegandosi leggermente in avanti, e lo guardo serrando lo sguardo ma mantenendo il suo mellifluo sorriso:

“Sì.” - rispose senza mascherare un certo compiacimento in quella affermazione.

“Padre, tu la conosci?”

Il comandante si alzò in piedi:

“Certamente.”

“Allora digli che è meglio seguirmi, se vogliono sopravvivere…” - a quel punto comparve della malizia provocante su quel sorriso, accentuata da un morsetto che la ragazza si diede sul labbro.

Ikari rimase immobile, a tutti sembrò la consueta reazione del loro imperturbabile comandante, ma Shinji aveva notato qualcosa di impercettibilmente diverso nel suo comportamento: non aveva mai visto lo sguardo del padre così assente e sbarrato.

“Perché dovremmo fidarci?” - rispose riuscendo infine a rompere il suo stato semi catatonico.

“Perché sono sopravvissuta qui per dieci anni.”

Misato si avvicinò a lui:

“Lei è l’unico che conosce questa persona: solo lei può dirci se possiamo fidarci o meno.”

Dopo una breve e silenziosa pausa di riflessione, Gendo Ikari prese la sua decisione:
“Conducici al tuo rifugio.”

La ragazza fece un cenno ghignando, e dopo essersi rimessa il cappuccio cominciò ad incamminarsi fuori dalla navicella:

“Lui ci tallonerà, dobbiamo andare a passo svelto, se vogliamo avere qualche speranza di sopravvivere.”

Misato si voltò verso Yamada, che si era già rimesso in piedi:

“E’ tutto ok colonnello, mi ha solo fatto qualche graffio sul braccio ma dovrei riuscire a correre.”

“L’ho bendato e anestetizzato localmente, se non fa movimenti bruschi non dovrebbero esserci problemi per una corsa veloce.” - aggiunse la dottoressa Tsuji con una sottile nota di orgoglio per il proprio operato.

“Molto bene, in marcia.” - disse voltandosi verso la loro guida dandole un cenno d’assenso, e subito questo prese a sfrecciare nel buio.

 

Tenere il suo passo era difficile, nemmeno Kensuke – che in quel momento era il più prestante del gruppo – riusciva a stargli dietro; lei rimaneva sempre qualche metro più avanti, e non si fermava mai, a dimostrazione che conosceva quelle terre come le sue tasche.

Della creatura non c’era traccia, ma l’equipaggio sentiva la sua presenza costantemente, sapevano che era lì attorno e che li stava inseguendo, osservandoli e ghermendoli; di tanto in tanto potevano sentire qualcosa serpeggiare nelle tenebre.

Shinji si avvicinò a Rei:

“Sei stata molto coraggiosa prima.”

“Che intendi?”

“Hai salvato Yamada.”

“Sì, ho visto che era possibile soccorrerlo, se non ci fosse stata l’opportunità non avrei fatto niente.”

“Però hai comunque messo a rischio la tua vita.”

“Anche se morissi, potrei sempre venire rimpiazzata.”

 

Dopo aver corso per quasi un’ora, giunsero dinnanzi a una città identica a quella che avevano scorto sull’altopiano; anche là, l’acqua rossa brillava illuminando quel luogo lugubre ed apparentemente deserto, e nei punti più profondi arrivava loro sopra i talloni.

Li condusse fino a un enorme palazzo completamente nero, simile a una roccaforte, sormontato sulla sommità da una cupola; il gigantesco portone principale era sbarrato, perciò li fece entrare da un cunicolo sotterraneo a lato dell’edificio. Non appena furono passati tutti, chiuse la botola del cunicolo e si mise a coprirla con delle rocce, al ché per facilitarle il lavoro, Rei si mise ad aiutarla e l’altra la guardò piacevolmente sorpresa:

“Grazie.”

 

Il gruppo giunse in un ampio salone e poterono osservare l’interno di quella struttura: sotto la cupola delle finestre permettevano alla luce di entrare – anche se in quel momento l’unica luce che c’era fuori era il bagliore rossastro dell’acqua – e i muri, spogli e fatiscenti, avevano delle venature vegetali, come a simboleggiare che la natura si stesse rimpossessando di quel luogo.

Rei e la ragazza li raggiunsero alcuni istanti dopo, e quest’ultima, dopo aver illuminato parte del salone con alcune fiaccole, si tolse il pastrano rivelando di indossare una plug-suit identica a quella dell’altra, con la sola differenza di avere un colore bianco, sporcato dagli anni, e qualche graffio e sdrucitura qua e là.

“Qui saremo al sicuro; inoltre c’è una scala che vi permetterà di salire in cima alla cupola, nel caso voleste provare a comunicare con l’esterno.”

Hirano prese la sua strumentazione:

“Quanto durerà la perturbazione?”

“Chi lo sa, un giorno, una settimana, un mese…”

“Non ci resta che tentare dunque.”

“Ah, quasi scordavo…” - si illuminò la ragazza - “… qui potete togliere i caschi, l’aria è pulita e l’acqua potabile; anche alcune piante sono commestibili, ma vi suggerisco di chiedere prima a me se volete mangiarle.”

Misato si fece avanti:

“Adesso puoi dirci chi sei?”

“Può dirvelo lui.” - rispose sorridendo indicando il comandante Ikari con lo sguardo, al ché tutti si voltarono verso di lui.

“Lei è Rei Ayanami.”

La Rei dell’equipaggio sussultò.

“Ma non è lei Rei Ayanami?” - domandò Shinji indicandola.

“Anche.”

“Ci sono dunque… due Rei Ayanami?”- si interrogò retoricamente Asuka.

A quel punto la Rei dai capelli lunghi scoppiò a ridere platealmente:

“Non solo due! Non solo…”

In quel momento Shinji capì la frase che Rei gli aveva detto poco prima,

«Anche se morissi, potrei sempre venire rimpiazzata.»

“Sei un clone, giusto?” - domandò Shinji alla Rei coi capelli lunghi.

“Esatto, e anche lei lo è.” - rispose indicando l’altra - “E se morisse ne arriverebbe un’altra a sostituirla, anzi, di fatto lei avrebbe dovuto rimpiazzare me.”

Detto ciò, condusse Hirano alla scalinata che portava in cima all’edificio, seguito da Kensuke, che lo avrebbe aiutato o protetto in caso di necessità.

Stremato dalla lotta Yamada si appisolò nel suo sacco a pelo, mentre tutti gli altri si radunarono intorno al comandante, eccetto Rei che rimase in angolo, visibilmente turbata dalla situazione.

“Comandante” - gli si rivolse Misato - “adesso dobbiamo parlare con lei.”

Ikari rispose limitandosi a fare un cenno di assenso.

“Lei sapeva che quella ragazza era qui?”

“Avevo considerato la possibilità.” - rispose senza apparire turbato.

“Ha idea di come sia giunta fino a qui?”

“Nel nostro stesso modo, suppongo.”

“Ha aperto un mare di Dirac?”

“Credo di sì.”

“Ma come?”

“Ricorda la scomparsa dell’Eva 00, colonnello?”

“Ne ho sentito parlare, ero in Germania ai tempi dell’accaduto; non mi dirà che è stata proprio lei a…”

“Precisamente.”

Makoto si grattò la testa perplesso:

“E’ lei che ha preso sia l’Evangelion 00, che l’embrione di Adam?”

“Ne sono certo.”

Il furto dell’embrione di Adam; Shinji si ricordò di quando gliene aveva parlato Fuyutski alcuni anni prima, affermando che era stato il First Children ad attuarlo.

«Dunque era Ayanami il First.»

“Ma come ci è riuscita? E soprattutto perché lo ha fatto, cosa l’ha spinta?” - domandò Misato.

“La prima cosa grazie ad una negligenza della sicurezza… per la seconda ho paura che dovrete chiederlo a lei.”

A quel punto indicò dietro di loro con lo sguardo, e voltandosi i presenti videro la padrona di casa venirgli incontro.

“Volete sapere perché ho fatto tutto ciò?” - si portò una mano sulla fronte e ridacchiò, dopodiché distese il braccio ed indicò il comandante Ikari -

“L’ho fatto per salvarvi da lui; avanti Gendo, perché non glielo dici?”

Shinji si voltò verso il genitore:

“Dirci cosa?”

L’uomo non rispose.

“Diglielo che volevi usare l’embrione di Adam per scatenare il Third Impact!”

Tutti si girarono verso il comandante increduli:

“E’ vero quello che dice, comandante?” - lo interrogò Misato.

“Se volete dare credito a una persona rimasta isolata per dieci anni siete liberi di farlo; ad ogni modo, le mio intenzioni di allora mi sembrano irrilevanti in questo momento.”

Non era un no, né un sì: semplicemente una risposta criptica tipica di Gendo Ikari.

A quel punto, in modo del tutto inaspettato, Misato si rivolse a Rei:

“Adesso però vorrei chiedere alcune cose a te.”

“Dimmi pure.”

“Che ne è stato degli abitanti di questo pianeta?”

La ragazza sbuffò e chinò il capo abbozzando un mezzo sorriso:

“Purtroppo, non avevo calcolato il risveglio dell’Evangelion: quando arrivammo su questo pianeta, loro decisero di cambiare direzione durante l’atterraggio.”

“Loro?” - domandò Asuka confusa.

“Adam e lo 00: per fare ottenere l’elemento super-solenoide all’Evangelion, fondetti l’embrione del primo angelo al suo interno, di modo da fargli avere energia illimitata e poter sostenere il viaggio. Fu un gesto infelice, poiché ebbi la sconsideratezza di creare un dio e pensare di poterlo controllare: lo 00 si è subito diretto verso l’uovo della vita di questo pianeta, e appena sono entrati in contatto, le conseguenze sono state nefaste.”

“Un Impact?” - disse Misato, che ben conosceva i segni di quel tipo di cataclisma.

“Esattamente: si è creato un gigantesco anti AT-Field che ha distrutto ogni forma di vita non vegetale del pianeta; tutto ciò che rimane è un mare di LCL, un brodo primordiale che chissà quando potrà essere nuovamente in grado di generare vita animale su questo pianeta.”

A quel punto Sato parve come illuminarsi:

“Ma certo… le acque sono diventate rosse per le alghe, che si sono moltiplicate a dismisura grazie alle proprietà di questo brodo primordiale!”

“Corretto.” - rispose Rei incalzata dalla perspicacia del biologo.

“E tu come sei sopravvissuta?” - le domandò Misato.

“Come ha fatto lei immagino, restando in un posto sicuro.”

Quella risposta spiazzò Misato: in quel momento capì perché persino il comandante Ikari era rimasto senza parole a causa di quella ragazza.

“Che ne è stato dell’Uovo?” - chiese Makoto.

“Ha perso la sua forma fisica nell’Impact; non so altro.”

“E l’Evangelion 00?”

“Sigillato.”
“Sigillato?”

“Dalla lancia di Longinus dell’Uovo; ogni uovo della vita ha con sé una copia di tale manufatto, e si attiva qualora entrasse in contatto con un membro della sua stessa specie, sigillando uno dei due ed impedendo la completa distruzione del pianeta. Sfortunatamente, la Lancia si è attivata troppo tardi in questo caso. comunque è questo il motivo per cui sono rimasta qui, non avevo altra scelta.”

“C’è ancora una cosa che non capisco…” disse Makoto “… se tutte le forme di vita animali si sono estinte, cos’era quell’essere che ci ha attaccato?”

“Io li chiamo Demoni: dopo l’Impact, l’uovo della vita smolecolarizzandosi ha dato origine a una nuova progenie. Questa seconda stirpe necessita di transitare attraverso un organismo ospite per raggiungere la forma adulta; può manifestarsi in vari modi, ad esempio sotto forma di spora. Da queste parti non sembrano essercene, altrimenti sarei sicuramente già stata infettata.”

“Dunque” - commentò Asuka - “dopo aver affrontato gli Angeli, adesso tocca ai Demoni.”

 

Shinji aveva deciso di salire la scalinata per raggiungere Kensuke e Hirano: quando uscì sulla cupola, vide il primo scrutare l’orizzonte col fucile in mano, ed il secondo intento a cercare di comunicare con la Exodus.

“Nessuna novità?”

“Circa… sono riuscito a parlare con Ibuki per una trentina di secondi, e le ho brevemente spiegato la situazione. Ad ogni modo, la tempesta è ancora troppo fitta, e non possono mandarci nessun veicolo di soccorso per ora.”

“E’ qualcosa.”

“Direi che posso ritenermi soddisfatto.”

Detto ciò Hirano prese i suoi strumenti e ritornò alla scalinata;

A quel punto, rimasero solo Shinji e Kensuke accanto alla cupola.

“E’ davvero alta.” - esordì il soldato, lasciando Shinji spiazzato per un istante.

“Già, non vorrei proprio cadere.”- disse Shinji - “Quanti metri d’altezza saranno?”

“Cinquanta, a occhio e croce.”

“Davvero parecchi.”

“Già.”

I due rimasero in silenzio; sarebbe stato un buon momento per recuperare gli anni perduti, o comunque per iniziare a farlo.

“Allora io vado, buonanotte, Ikari.”

“Buonanotte.”

Avrebbe voluto fermarlo, ma non ci riuscì; in quel momento si sentì tornare il ragazzino fragile e debole che aveva potuto permettere la morte di Toji.

 

 

Il comandante osservava il fuoco scoppiettare, assorto nei suoi pensieri, quando notò una figura portarsi accanto a lui:

“Posso aiutarla, colonnello Katsuragi?”

“Credo proprio di sì: le nostre munizioni si sono rivelate inutili contro quell’essere, ma lei prima ha sfoderato un’arma che è stato in grado di oltrepassare l’AT-Field e ferirlo.”

Ikari estrasse dal suo zaino un sacchetto, ci mise la mano dentro e vi tirò fuori un proiettile dal colore purpureo:

“La pistola è un comune strumento, è questa pallottola a fare la differenza; ricorda la lancia di Longinus?”

“Sì, la perdemmo contro il quindicesimo angelo…”

“Esatto, ma i suoi dati non sono andati perduti, e siamo riusciti a sintetizzare il materiale che la componeva. Purtroppo alcuni elementi chimici non esistevano sulla Terra e abbiamo dovuto usarne altri: ciò che abbiamo ottenuto non è un materiale potente come quello della lancia, ma è in grado di penetrare un piccolo AT-Field, se incanalato con sufficiente forza.”

“Quella di una pistola, per esempio.”

“Per esempio.”

“Questo però mi fa sorgere una nuova domanda, credo che lei lo sappia, comandante.”

“Perché avrei dovuto portare un’arma simile con me?”

“Perché ha aspettato che uno dei miei uomini morisse prima di usarla.”

Il comandante non rispose, si limitò a estrarre fuori altre cinque pallottole, e a porgerle a Misato:

“Avevo dieci munizioni con me, quattro nella mia pistola di cui una utilizzata prima. Non è affatto facile produrre questo materiale, per questo ne ho così poche; queste le consegno a lei, le usi come meglio crede.”

Misato le prese, seppur con un po’ di diffidenza; conosceva quell’uomo da oltre dieci anni, e ancora per lui rimaneva un enigma, che dopo le rivelazioni di quella notte non aveva fatto altro che diventare ancora più indecifrabile. Il dubbio maggiore era: come poteva fidarsi di un uomo disposto a sacrificare delle vite con così tanta leggerezza?

 

Shinji passeggiava lungo i corridoi, cercando di metabolizzare quello che era successo nelle ore precedenti.

A un certo punto, vide una specie di anticamera, da cui proveniva una luce fioca, e spinto dalla curiosità decise di esplorarla: un forte senso di deja vu lo assalì, quando in piedi dentro una tinozza trovò Rei intenta a lavarsi. Il suo primo istinto fu quello di voltarsi:

“M-mi dispiace, non pensavo…” - si scusò mortificato dandole le spalle.

Lei divertita, uscì dalla tinozza e si coprì con un telo:

“Puoi guardare ora… anche se non mi dava alcun problema neanche prima, onestamente. Ho passato così tanti anni qui tutta sola, che un paio d’occhi non mi dispiacciono… specie i tuoi, Shinji.”

“Sembra che tu mi conosca, ma non credo ci siamo mai incontrati prima d’oggi.”

Lei ridacchiò, e lo guardò sorridendo con gli occhi socchiusi: era un sorriso diverso da quello che aveva fatto prima a suo padre, meno malizioso, dolce a modo suo.

“Ero molto vicina a tuo padre, prima di andarmene, a volte lui mi parlava di te, altre ero io a chiedergli; avrei tanto voluto incontrarti.”

“Perché te ne sei andata?”

La repentinità di quella domanda la lasciò un attimo spiazzata, ma non le tolse il sorriso:

“Ve l’ho già detto.”

“Ci hai detto perché hai preso l’embrione, non perché sei scappata così lontano.”

“Capisco.” - disse facendosi seria - “Per tuo padre, per lo più.”

“Mio padre?”

“Sì, ero stufa di essere manovrata, e sono scappata. Tu lo hai mai fatto?”

“Sapessi quante volte…”

“Allora sai di cosa parlo.”

Shinji lo sapeva bene, e non poté fare a meno di provare una certa affinità con lei.

“Però per la tua scelta molti innocenti hanno perso la vita.”

“Una dolce morte, uguale per tutti; anche avrei voluto riceverla, ma il destino aveva altro in serbo per me.”

“Non mi sembri tipo che si mette nelle mani della sorte.”

“No, infatti; ad ogni modo le cose stanno così.”

Shinji capì che c’era altro, ma sentì che quello che aveva detto – almeno a lui – era vero, e ne apprezzò la sincerità.

Nel frattempo la ragazza si era seduta davanti ad un grosso pezzo di vetro levigato da lei adoperato come specchio, e con una spazzola rudimentale cominciò a pettinarsi i lunghi capelli celesti:

“Questa l’ho fatta io; ho fabbricato molti utensili in questi anni, sapone, posate, ceramiche… ho fatto persino una specie di violino sai?”

“Davvero?”

Si legò i capelli dietro la nuca con un laccio, e quelli rimasti sciolti ora formavano una sorta di caschetto molto simile a quello dell’altra Rei.

Si chinò, e da un mobiletto – anch’esso costruito da lei - estrasse lo strumento musicale, con tanto di archetto.

Iniziò a suonarlo, ottenendo una dolce melodia, completamente improvvisata, dopodiché lo porse a Shinji:

“No, non credo di esserne in grado… io suono il violoncello.”

“Prova.”

Reticente, Shinji prese lo strumento, si mise in posizione, e – nonostante alcuni stridii iniziali – riuscì a ottenere a sua volta una piacevole composizione. Dopo che ebbe preso dimestichezza con lo strumento, passò dall’improvvisazione all’esecuzione di un brano che conosceva molto bene: l’inno alla gioia di Beethoven.

Estasiata, Rei cominciò a danzare lentamente, poi prese a canticchiare imitando i suoni del brano, e la sua voce soave ed il suono armonioso del violino crearono un atmosfera surreale in quella stanza; Shinji si sentì sciogliere le membra e non sentì più la spossatezza, e cominciò anche lui a dondolarsi dolcemente ad ogni nota. Guardò Rei, che aveva un’espressione estasiata e sognante in volto, mentre ondeggiava la testa a ritmo:

“Che meraviglia il canto…”

Shinji si bloccò di colpo.

Quella frase, e il modo in cui l’aveva detta lo pietrificarono, ed immediatamente posò il violino e guadagnò l’uscita della stanza:

“Buonanotte.”

La ragazza non rispose, si limitò ad osservarlo con il suo sorriso enigmatico stampato in volto mentre se ne andava.


Ancora sconvolto Shinji aveva preso a vagare per i corridoi dell’edificio. Non riusciva a cancellare dalla sua mente l’espressione ridente della ragazza, perché non gli era nuova, ed era come se un fantasma fosse tornato a perseguitarlo: quello era lo stesso identico sorriso di Kaworu Nagisa.

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Capitolo 7
*** Il sorriso di Rei ***


La dottoressa Tsuji si stava sciacquando in una specie di fontana presente all’interno del rifugio; si era tolta la parte superiore della tuta per far respirare la pelle, rimanendo solo con un top rosa. Mise la testa sotto uno zampillo d’acqua e cominciò a sfregarsi i capelli per ripulirli dalla sporcizia; quando tolse il capo dall’acqua e riaprì gli occhi notò Yamada lì accanto.

“Vedo che ti stai rimettendo bene.”

“E’ tutto merito tuo, dottoressa Tsuji.” - rispose lui sorridendo, in modo anche sottilmente sarcastico.

“Hai bisogno di qualcosa?” - domandò la donna mentre si asciugava la faccia con un piccolo telo.

“Volevo pulire il braccio, non vorrei mai che sporcandosi andasse in cancrena.”

Tsuji si fece da parte, e Yamada si tolse la giacca e mise il braccio sotto l’acqua – la dottoressa guardò con un certo apprezzamento il fisico scolpito del soldato.

“A parte gli scherzi, grazie davvero.”

“Sono un medico, è il mio lavoro salvare la gente.”

“Vorrei solo che anche Tanaka ce l’avesse fatta…”

“Non è colpa tua, quella cosa andava oltre ogni immaginazione.”

Yamada si asciugò e si rimise la giacca, poi guardò Tsuji in volto:

“Sai, dottoressa, con quei capelli biondo naturale fatico a credere che tu sia giapponese…”

“Lo sono per metà, mia madre è americana.”

“Ora capisco… Ellen Tsuji.”

La loro conversazione venne interrotta dall’arrivo di Makoto, visibilmente trafelato:

“Presto venite.”

 

“Quando lo avete visto per l’ultima volta?”

“Poco prima di andare a dormire, stava bene.” - rispose Kensuke.

La dottoressa Tsuji si alzò:

“Sul corpo non ci sono segni di lotta, dunque è morto nel sonno; ma dati i recenti sviluppi, fatico a credere che sia accaduto per cause naturali.”

Misato osservò il corpo senza vita di Hirano:

“Potrebbe essere stato un demone…”

“Potrebbe…” - disse Makoto - “… oppure qualcuno sta agendo alle nostre spalle.”

Misato si guardò attorno:

“Dov’è Rei?”

“Qua” - rispose ingenuamente Sato.

“Non quella Rei, accidenti, dobbiamo sistemarla questa faccenda!”

“Potete chiamarmi seconda, per quanto mi riguarda, l’altra è la prima.”

“Chiamiamola altra Rei, mi fa senso chiamarvi con dei numeri; comunque non la vedo da nessuna parte… e neanche il comandante è in vista.”

“Dove possono essere andati?” - domandò Asuka.

“Non ne ho idea… ad ogni modo, non possiamo escludere che l’altra Rei abbia avvelenato Hirano nel sonno.”
“Perché solo Hirano?” - rimuginò Shinji con la mano davanti al mento - “Avrebbe potuto ucciderci tutti, che senso ha questa cosa?”

“Nessuno…” - rispose Asuka - “… ma francamente quella mi sembra pazza da legare.”

“Se posso” - si fece avanti Rei - “Ho dormito molto poco stanotte, e non ho visto né sentito nessuno avvicinarsi…”

“Rimaniamo sul fatto che sia stata opera di un demone.” - disse Misato.

La dottoressa si avvicinò al corpo senza toccarlo:

“Effettuerei un’autopsia… ma se è morto per un virus o qualcosa di simile, allora non me la sento di metterci mani.”

“Nessun problema.” - rispose Misato.

 

Rei stava rannicchiata in un angolo – non aveva fatto altro dalla sera prima, in pratica – quando vide una figura dai lunghi capelli rossi avvicinarsi:

“Ehi bambolina, che fai qua tutta cupa?”

La ragazza si voltò stupita – e un po’ basita:

“Bambolina?”

“Scherzavo!” - ridacchiò Asuka sedendosi accanto a lei. - “E’ che sei sempre così inespressiva, a volte sembri davvero una bambola.”

Rei abbozzò un mezzo sorriso:

“Ma allora sei in grado di sorridere!”

“Non lo faccio spesso… diciamo che non sono abituata a farlo.”

“Ho notato. Comunque, come mai te ne stai qua in silenzio, ti hanno messo in punizione?”

“No, nessun motivo in particolare.”

Asuka sbuffò ridacchiando:

“Hai guardato dall’altra parte, e appena te l’ho chiesto hai cominciato a tamburellare per terra con le dita.”

“Che intendi?”

“Che si capisce lontano un miglio quando menti.”

Rei si stupì nuovamente, questa volta sbalordita.

“Sono trucchetti che ho imparato all’accademia militare, ogni tanto qualche strizza cervelli ci insegnava metodi per riconoscere gente sospetta. Adesso dimmi, cosa ti turba?”

“L’altra.”

“Già anche a me sembra strana…”

“Non fraintendermi, non è lei in sé, ma il fatto che ci sia un’altra me: mi era stato detto che ero un clone, ma lo avevo in qualche modo dato per scontato, vedermi di fronte questa verità è stata tutta un’altra cosa, alla quale non ero preparata. Vedere la mia faccia e la mia voce interagire con voi, è stato… strano.”

Un clone: Asuka stava parlando con il clone di qualcuno :«Roba da fantascienza» pensò lei. Però decise di non fare domande a riguardo alla ragazza, sia per non turbarla ulteriormente, sia perché era improbabile che avesse lei le risposte: nonostante Rei Ayanami fosse consapevole della sua natura, appariva più come un oggetto gettato nel mondo in balia degli eventi, tutto per volere di qualcun altro – Gendo Ikari probabilmente.

A quel punto le due ragazze si accorsero che Shinji era in piedi davanti a loro, e Asuka gli fece un cenno agitando la mano:

“Va via, non vedi che due ragazze stanno parlando in privato?”

“Non volevo disturbarvi, ma ero preoccupato per Ayanami.”

“Per me?”

“Accidenti stai battendo ogni record, hai fatto quell’espressione stupita tre volte da quando sono arrivata!”

“Ma di che parli…?”- domandò sedendosi Shinji.

“Niente.” - sorrise Rei.

“Comunque non ti ho mai sentito parlare così tanto, hai una bella voce non tenerla sotto chiave.”

“Lo pensi davvero, Ikari?”

“Sì, sarà un po’ stupido, ma di suoni ne capisce.”

“Asuka!” -si alterò Shinji.

“Era un complimento!”

Rei si mise a ridere con le labbra strette.

“Vedi, fai ridere Ayanami con le tue sceneggiate!” - esclamò la rossa.

“Per me ride di te e del tuo caratteraccio!” - le rispose Shinji a tono.”

In realtà, avevano inscenato il tutto di tacito accordo per tirare su il morale di Rei; ma Shinji in primo luogo era turbato, e doveva assolutamente parlare con Asuka dei fatti della sera prima. Quel sorriso in particolare non gli si cancellava dalla mente.

Misato li osservava sorridente, e Makoto le si avvicinò un po’ accigliato:

“Mi domando come riescano a ridere così in questa situazione…”

“Abbiamo subito numerose perdite, e abbiamo il morale a terra. Lascia che ridano, altrimenti la tensione ci divorerà; Shinji e Asuka lo hanno capito bene, e sono riusciti a risollevare Rei, che in questo momento era la più turbata.”

“La più turbata?”

“Sì, anche se può non sembrare per via del suo essere così introversa, ma questa vicenda ha scosso lei più di tutti.”

A quel punto Misato gli porse lentamente un proiettile rosso:

“Me li ha dati il comandante, in pratica sono copie della lancia di Longinus formato proiettile. Gli ho consegnati ad Aida e Yamada, prendine uno anche tu e caricalo nella pistola quando hai il colpo sicuro.”

“Tu ti fidi di lui?”

“Di Ikari? Francamente no, ma come si dice, a caval donato non si guarda in bocca.”

“Mi chiedo dove diavolo sia finito…”
“Chi lo sa…”

“Comunque Misato, posso dirti una cosa?”

“Certo.”

Makoto strinse il proiettile tra l’indice ed il pollice, e se lo portò davanti alla faccia per osservarlo:

“In passato abbiamo combattuto con Angeli in grado di contaminare il proprio avversario… se i Demoni possedessero questa stessa abilità, e qualcuno di noi ne cadesse vittima, che cosa dovremmo fare?”

Misato si fece scura in volto e abbassò lo sguardo a terra:

“Per evitare il diffondersi del contagio, solo ed unicamente come misura estrema di contenimento, potremmo dover abbattere l’ospite per uccidere anche il suo parassita.”

“Potresti premere tu il grilletto per me… se dovesse succedere?”

“Adesso non ha senso parlarne Makoto, non voglio neanche pensare se dovesse succederti qualcosa…”

Makoto sapeva che la premura del colonnello era semplicemente amicale, ma la gradiva lo stesso; si era rassegnato da tempo ad essere scalzato da Ryoji Kaji nel cuore di Misato, anche dieci anni dopo la sua morte.

“Sei in grado di usare il trasmettitore, Makoto?”

“Sì, non dovrebbe essere difficile, sono pur sempre un tecnico.”

“Prova a contattare la Exodus, e chiedi loro se riescono a portarci via.”

“Dubito che possano fare qualcosa fintanto che la tempesta non si placa.”

“Sulla nave però c’è qualcosa che potrebbe resistere alla tempesta e portarci tutti in salvo.”

Makoto parve illuminarsi, ma subito dopo si accigliò turbato:

“Ne sei sicura?”

“Mi rendo conto che è molto rischioso… anzi, potrebbe costare la vita di tutto l’equipaggio me e te compresi… però se non ci fosse alternativa, dovremo considerare quella opzione, lo capisci questo, Makoto?”

“Già, se dobbiamo morire, almeno tentiamo il tutto per tutto… ma non mi va di mettere a rischio anche la vita di Maya e della dottoressa Akagi.”

“Neanche a me… spero con tutto il cuore di non dover ricorrere a quel piano.”

“Io non vedo l’ora di andarmene da questo posto.”

“A chi lo dici…”

Detto ciò i due si avviarono verso la cupola per mettersi in contatto con la Exodus, con la speranza di poter lasciare quel pianeta mortifero.

 

L’Evangelion 00 se ne stava seduto chino su sé stesso, con la lancia di Longinus conficcata nel costato che lo trapassava da parte a parte.

Gendo Ikari osservava il colosso in quella specie di giardino sopraelevato da cui si poteva scorgere parte della vallata da cui erano arrivati; il cielo era coperto da nuvole scure, la tempesta non stava affatto migliorando, ma a questo avrebbe pensato in seguito.

“Maestoso, non è vero?”

Senza voltarsi, capì che dietro di sé c’era l’altra Rei.

“La bellezza degli Evangelion, secondo me, sta nel fatto che ogni volta che li vedi rimani a bocca aperta… la loro imponenza quasi opprime i Lilim!”

“Non sono stati concepiti per fini estetici, le dimensioni avevano motivi tattici.” - rispose Ikari secco e per nulla impressionato - “Però vedendolo qui ho la conferma che almeno questa parte della tua storia era vera.”

“Hai messo a rischio la tua vita per venire qui… Pazuzu è sicuramente in agguato qua attorno, sai?”

“Dovevo verificare i miei dubbi.”

“Cosa non ti torna, Gendo?”

L’uomo rimase in silenzio, facendo lentamente scivolare la mano nell’interno del giaccone, dove teneva la pistola:

“Perdona il mio scetticismo, ma non ti ci vedo come filantropa al punto di rubare Adam e fuggire così lontano da me.”

Ikari cadde a terra tramortito, dopodiché Rei sorridendo gettò la pietra insanguinata con cui lo aveva colpito e lo osservò ghignando:

“Hai perfettamente ragione.”

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Capitolo 8
*** Aguzzino onirico ***


Shinji aprì gli occhi: conosceva quel soffitto.

Si guardò attorno, e vide che il suo lettore musicale era ancora dove lo aveva lasciato, fermo alla stessa canzone; lo prese, vi ci avvolse le cuffie attorno, si alzò in piedi ed indossò la consueta divisa scolastica.

A un certo punto la porta della stanza si aprì:

“Ah sei sveglio Shinji! Forza vieni a fare colazione, non vorrai mica fare tardi a scuola?”

Misato era tutta pimpante, doveva essere una delle rare mattinate in cui non rimaneva bloccata a letto a smaltire le birre del giorno prima; aveva un aspetto così giovane, eppure era sempre la solita Misato.

Shinji andò in bagno – non prima di vedersi passare tra le gambe Pen Pen tutto trafelato con un pesce fresco nel becco – e si guardò allo specchio:
“E’ stato tutto… un sogno?”

Guardò il suo corpo da quattordicenne, così stranamente minuto: eppure non era cambiato, era sempre il solito Shinji.

“Ehi bell’addormentato, hai finito là dentro?”

Asuka aprì la porta di scatto: anche lei aveva il corpo di una quattordicenne.

“Che hai da guardare porco?!” - gli urlò scandalizzata la rossa.

“N-niente…” - rispose pacatamente Shinji uscendo dal bagno.

“Sei tutto strano tu…!”

Era davvero stato solo un sogno? Eppure sembrava così reale, come poteva aver vissuto tutte quelle esperienze senza davvero averle vissute?

 

Shinji camminava lungo la solita vecchia strada che faceva per andare a scuola come ogni giorno, e davanti a lui marciava fiera Asuka, la quale a un certo punto si voltò ed iniziò a scrutarlo:
“Mi spieghi che hai oggi, stupido?”

“No niente, solo che…”

“Solo che?”
“Ho fatto un sogno.”

“Tutto qui?” - rise lei saccente strizzando gli occhi.

“Eravamo grandi… e andavamo su un altro pianeta.”
“E perché eravamo assieme?”
“Diciamo che eravamo… amici.”

“Amici… no tu non mi convinci. Confessa, hai fatto qualche pensiero sconcio su di me! Sono un bel bocconcino, lo so che vorresti mettermi le mani addosso!”

“No non è come credi…” - in effetti era esattamente come pensava, ma sarebbe stato difficile spiegarle che il sentimento era reciproco in quello strano sogno.

“Ehi Shinji!”

Quella voce era così familiare, eppure gli pareva di non sentirla da un sacco di tempo:
“Toji?”

Il ragazzo corse verso l’amico e l’abbracciò:
“M-ma che ti prende novellino?!”

“Forse si è preso una cotta per te!” - commentò ridacchiando Kensuke.

“Perdonami, è solo che… niente, lascia stare, sono solo felice di vederti.”

Toji era vivo.

“Ma che hai oggi, Ikari?”

“E’ strano da stamattina…” - aggiunse Asuka.

“Magari i test di attivazione gli hanno dato alla testa.” - soggiunse Kensuke.

“I test?”
“Ma ci sei o ci fai Shinji? Li abbiamo fatti ieri: i test con gli Eva!” - rispose ridacchiando la rossa.
Gli Evangelion.

“Giusto… noi pilotiamo gli Eva.”

“Ah non i Gundam?” - commentò Kensuke facendo ridere tutti i presenti.

Non gli pareva vero: Asuka, Toji, Kensuke, erano tutti lì assieme a lui che ridevano e scherzavano allegramente.

“Oggi sei davvero troppo…”

Asuka si bloccò di colpo; Shinji si guardò attorno, e vide che anche tutti gli altri erano immobili.

“Ma cosa diavolo…”

“Shinji…”

“Ayanami…?!”

Shinji si voltò convinto di trovare la ragazza dagli occhi scarlatti, e invece davanti a sé vide una donna dai capelli castani e corti, simili a un caschetto, con indosso una camicetta rosa a mezza manica e una gonna nera fino al ginocchio; aveva un aspetto solare e alquanto familiare, e osservava Shinji inizialmente stupefatta, poi sorridendo dolcemente.

“Non avere paura Shinji…”

Il ragazzo ebbe l’istinto di indietreggiare, ma si fece coraggio e rimase dov’era:
“Chi sei?”

“Non ti farò del male, sono qui per aiutarti.”

La sua voce era davvero simile a quella di Ayanami, e a ben guardarla anche il viso sembrava il suo.

“Per aiutarmi?”

“Sì… questa non è la realtà.”

“Che cosa…?”

“Sei ancora sul pianeta che hai raggiunto con la Exodus.”

“Eppure giurerei di essere a Tokyo 3…”

“E’ solo un prodotto della tua mente.”
“Vuoi dire che siamo in una specie di illusione?”

“Sì, un mondo fittizio all’interno del tuo cervello.”

Shinji sgranò gli occhi stupefatto e si sentì vacillare:
“Ma tu… chi sei?”

La donna esitò prima di rispondere.

“Sono l’Eva 01.”

E quel punto Shinji sentì il bisogno di appoggiarsi a un muro, pur sapendo che non era reale:
“L’Eva 01?”
“O meglio, sono l’anima al suo interno; pensaci Shinji, ci siamo già incontrati!”

“La figura femminile che vidi quella volta… allora eri tu?”

“Sì esatto, sapevo che avresti capito al volo.”

“Tutto questo è pazzesco, però ha comunque più senso di me che torno ad avere quattordici anni… a proposito, com’è possibile?”

“Sei vittima di un demone, Shinji.”

“Ma certo, un demone che attacca nei sogni… ecco com’è morto Hirano!”

“Proprio così, questo demone colpisce mentre siamo più vulnerabili, e agisce con comodo: lavora la mente della sua vittima per indurla a sentirsi a proprio agio, così da farle abbassare la guardia, e lentamente ne assorbe l’energia, lasciando al mattino solo un corpo senza vita.”

“Allora in questo momento il demone si sta prendendo la mia energia?”

“Sì, ma ha rallentato perché sa che ora sei in allerta, e pertanto cercherà di mettere a tacere la tua coscienza; non riuscirà ad assorbire la tua energia, ma cercherà comunque di ucciderti, per evitare di essere scoperto.”

“E’ terribile! Cosa posso fare?”

“Non temere, ci sono qua io a proteggerti adesso; sei stato fortunato, posso aiutarti solo perché l’Eva 01 si è avvicinato all’orbita del pianeta.”
“Questo significa che la tempesta si sta placando…”
“Motivo in più per svegliarsi da questo incubo.”

“Va bene, dimmi cosa devo fare.”

“Sali sull’Eva.”

“S-sull’Eva?”

Shinji rabbrividì: troppe volte aveva sentito quella frase.

“Naturalmente l’Eva 01 non è fisicamente qui, e in verità nulla lo è, ma dobbiamo convincere la tua mente che il demone può essere sconfitto; in passato hai, anzi abbiamo combattuto diversi angeli assieme, cerca di ricordarti le tue vittorie.”

“Ma io ho solo ricordi terribili…”

Il cielo divenne improvvisamente scuro; Shinji sentiva che il demone si stava avvicinando.

“Tu vuoi ricordare solo quelli… ma ci sono state anche battaglie in cui hai fatto cose buone: quando hai sconfitto l’angelo doppio assieme ad Asuka, oppure quando avete sconfitto quella specie di ragno gigante che secerneva acido… ricorda anche questo, Shinji!”

Aveva sofferto molto sull’Evangelion; ma aveva anche scoperto parte di sé, grazie ad esso. Dopo dieci anni, Shinji aveva finalmente l’opportunità di sconfiggere definitivamente il terrore riguardante il suo passato a bordo di quella macchina.

Chiuse gli occhi, e quando li riaprì si ritrovò nell’abitacolo dell’Eva, con tanto di Plugsuit:
«Fra poco arriverà il demone, sta pronto.»

La voce della donna risuonò nell’abitacolo, e Shinji si guardò attorno perplesso:

“Dove sei?”
«Sono tutt’attorno a te: combatteremo assieme questa battaglia.»

Shinji inspirò profondamente, poi sorrise:
“Io… non so chi tu sia, ma sento che posso fidarmi di te. Eppure non conosco il tuo nome…”

«Per adesso è irrilevante… sappi solo che siamo soltanto io e te qui, se hai bisogno parla e risponderò.»

“D’accordo…”

Shinji mosse i comandi dell’Evangelion come ai vecchi tempi: portò le gigantesche braccia viola della macchina davanti alla sua visuale e le fece muovere per riprendere manualità:

“E’ passato così tanto tempo, spero solo di essere ancora in grado…”

«Devi solo ricordarti di esserlo: convinciti, e sarai automaticamente capace di farlo.»

Shinji si scrutò attorno: era tra i titanici palazzi di Neo-Tokyo 3 – o almeno l’immagine scaturita dal ricordo che aveva di essi – e il cielo era divenuto ancora più scuro e minaccioso rispetto a qualche momento prima. Poi, da un cumulo di nubi in lontananza, ecco sbucare una gigantesca figura dalle fattezze bestiali: aveva un corpo giallastro e scheletrico, con numerose sporgenze ossee sulla spina dorsale, che culminava in una sottile coda appuntita schioccante come una frusta.

Il suo volto, se così si poteva definire, assomigliava al teschio di una capra o a quello di una mucca, unito al corpo da una sorta di cappuccio nero che si allungava attorno al collo, da cui pendevano strane sporgenze simili ai ciuffi di una criniera, che gli davano un aspetto vagamente leonino: questo era il demone che Shinji avrebbe dovuto affrontare.

«Non avere fretta, non c’è nessun cavo ombelicale che limita il tuo tempo.»

Shinji cominciò a muovere lentamente l’Evangelion attorno al demone, cercando di studiarlo: questo invece, si limitava a muovere la testa, e Shinji intuì, nonostante non potesse vedere chiaramente gli occhi del suo avversario, che questo lo stesse seguendo con lo sguardo.

“E’ curioso, mi ricorda gli ultimi angeli che abbiamo affrontato: cercavano di comprendere la natura umana a modo loro…”
«Fa attenzione, forse ti sta semplicemente scrutando come farebbe un predatore con la preda: certo, ti osserverebbe fino a un certo punto, ma una volta saputo tutto ciò che vuole sapere, ti ucciderà senza pietà come ha fatto con l’altro ragazzo ieri notte. I demoni sono diversi dagli angeli, loro non vogliono prevalere sull’altra razza per farla sparire, ma sfruttarla come nutrimento: vedono gli umani come un rapace vedrebbe un topo, o un insetto.»
“Va bene…!” - con un gesto rapido Shinji sfoderò il Progressive Knife dalla spalla dell’Evangelion, e si avventò sul demone, ma finì per scontrarsi contro la barriera di quest’ultimo:
“Sapevo avresti usato l’AT-Field!”

A quel punto Shinji espanse a sua volta AT-Field dell’Eva in modo da farlo scontrare con quello del demone, e cominciò a perforarne la difesa col coltello.

Il demone di contro, per niente scoraggiato dal perforamento del suo scudo, decise anzi di attaccare Shinji e con uno scatto si portò sull’Eva approfittando del buco che proprio lui aveva aperto per attaccarlo: si avventò con furia, e Shinji dovette abbandonare l’arma per tenerlo lontano ed evitare con le sue fauci lo dilaniassero.

Era dannatamente vicino, le mandibole del demone si aprivano e si chiudevano velocissime facendo risuonare il battito dei suoi denti come macabre nacchere, mentre la saliva verdognola del mostro gli colava addosso:
“Maledetto, pregusti già di mangiarmi, non è così?” - quella sembrava una frase più tipicamente da Asuka, e in effetti vivendo con lei Shinji aveva in fondo assorbito alcuni tratti del suo carattere – e anche questo aveva contribuito alla sua crescita personale.

Di colpo, dall’altra spalla dello 01 uscì una specie di sfera grigia che andò dritta in faccia al demone, facendo fuoriuscire diversi aculei affilati che lo trafissero; emettendo un grido acuto di dolore, il demone si staccò infine da Shinji, e liberatosi dalla palla chiodata si mise a quattro zampe alzando la coda e sibilando minaccioso.

Rapido Shinji approfittò della situazione e ripreso in mano il Prog. Knife attaccò nuovamente il demone, puntando al suo petto:

«Attento alla coda Shinji!»

Poco prima che Shinji potesse trafiggerlo, la coda del demone si allungò improvvisamente, e aggirando l’Eva lo infilzò nella schiena; questa volta fu Shinji a gridare per il dolore. Si fece comunque forza e tentò di terminare l’affondo, ma il demone, utilizzando proprio il corpo dell’Eva con ancora la coda conficcata come leva, balzò in avanti portandosi alle sue spalle, dopodiché voltatosi velocemente addentò la spalla della macchina; i suoi denti affilati spaccarono facilmente la corazza dell’Eva, andando a conficcarsi nelle sue membra, e infine, serrate le mandibole, uscì dalla spalla portandosi dietro una cospicua massa di carne.

Il dolore fu così acuto che per poco Shinji non perse i sensi:
«Rimani cosciente Shinji, o lui vincerà!» - urlò la donna con la voce tremolante.

“Non capisco, perché fa così male, se è solo un sogno?!”

«Perché il demone sta comunque attaccando il tuo cervello, che trasmette questo dolore a questa tua proiezione mentale come se fosse vero; se tu morissi qui sarebbe la fine anche nel mondo fisico!» - quando finì la frase a Shinji parve che la donna avesse il fiato corto.

“In altre parole mi sta spappolando il cervello…”

«Coraggio non mollare, anch’io sto soffrendo con te: non sei solo!»

La donna aveva ragione: se erano collegati in modo così profondo, anche lei stava soffrendo allo stesso modo. Doveva vincere, anche per lei.

“Non sono solo… lo sconfiggeremo assieme!”

Voltandosi di scatto, Shinji sferrò un diretto sul volto del demone, sul quale si aprì una piccola crepa; quest’ultimo però non perse tempo e subito scivolò sotto il braccio dell’Eva tentando di azzannarlo al collo, ma Shinji reagì sfoderandogli una ginocchiata sotto la mandibola, e subito dopo lo colpì con un pugno sulla testa, facendogli chiudere con violenza la bocca.

Rimaneva però ancora la coda, che tosto scattò verso la testa dell’Eva: Shinji riuscì a bloccarla all’ultimo, facendosi infilzare l’avambraccio.

A quel punto, il ragazzo avvolse la coda attorno all’arto e quando fu sufficientemente tesa la strattonò fino a strapparla; nel frattempo il demone aveva affondato i suoi artigli affilati sulla maschera dell’Eva, lasciandogli tre profonde cicatrici sull’occhio sinistro.

Il demone, privato della coda indietreggiò per il dolore, e Shinji fece lo stesso, tastandosi l’occhio come se glielo avessero appena strappato dall’orbita.

Entrambi avevano il fiato pesante, e cercavano di recuperare velocemente le forze per un nuovo attacco, che probabilmente sarebbe anche stato l’ultimo.

“Ehi, ci sei ancora?”

«S-sì, non preoccuparti, sto bene. Andiamo Shinji, preparati, questo sarà il colpo decisivo. »

“Lo so.”

Shinji strinse la cloche del braccio dell’Eva che ancora funzionava: aveva i palmi sudati, e tremava tutto. Poi, vide un braccio bianco adagiarsi sopra al suo, e vide accanto a sé lo donna, in una forma simile a quella di un fantasma luminoso; in quel momento, assomigliava incredibilmente a Rei Ayanami.
“Colpiamolo assieme, Shinji.”

Shinji annuì, e sentendo quella mano calda e scintillante sopra la sua, smise di tremare, ed afferrò con forza la cloche pronto a colpire.

Accadde tutto in pochi istanti:

il demone balzò portandosi in alto, pronto a cadere in picchiata a fauci spalancate, e Shinji veloce si abbassò per afferrare il Prog. Knife da terra.

Il braccio dell’Eva cadde zampillando sangue scarlatto ovunque, e la gigantesca macchina barcollò.

Il demone invece, giaceva al suolo con uno squarcio dalla gola fino alla schiena, privo di vita.

All’ultimo Shinji riuscì a rinsavire e a non cadere:
“Ce l’abbiamo fatta… il demone dei sogni è… morto…”

Le palpebre gli calarono, e quando le riaprì si ritrovò in uno spazio bianco infinito, dove vi erano soltanto lui e la misteriosa donna che lo aveva aiutato.

“Dove siamo?”

“E’ un angolo della tua mente, non saprei quale.”

Shinji si alzò in piedi e sorrise:
“Abbiamo vinto.”

La donna ricambiò il sorriso, poi si fece subito seria:

“Purtroppo riesco a comunicare con te solo in questo mondo onirico creato dal demone, e ora che è morto sta collassando. Non ci rimane più molto tempo: ci sono delle cose che devi assolutamente sapere…”

“Aspetta ti prego, dimmi chi sei prima!”

“Di me posso solo dirti che sono la persona da cui è stata creata Rei Ayanami.”

“Tu sei dunque l’originale…”

“Adesso ascoltami: non fidarti dell’altra Rei, la sua anima è profondamente corrotta dal potere dell’uovo della vita di questo pianeta: il suo nome è Satan.”
“Satan, il principe dei demoni… dunque c’è lui dietro tutto ciò?”
“Non è come sembra: certo fu lui a contattare dieci anni fa Rei instillandole il seme della follia che l’ha spinta a fuggire con l’embrione di Adam, ma sappi che non è lui ad avere il controllo. Il corpo di Rei Ayanami è stato progettato per ospitare l’anima di Lilith, e questa sua anomala reincarnazione si è rivoltata contro il piano che l’uovo della vita aveva in mente. Satan, in possesso del frutto della conoscenza, voleva impossessarsi del frutto della vita e portare la sua stirpe al perfezionamento, perciò spinse Rei a portargli l’embrione di Adam: invece fu proprio Rei a prevalere, e provocò intenzionalmente l’Impact di questo pianeta, per permettere il proliferare di una nuova stirpe da lei generata mescolando le cellule del corpo di Satan con il suo DNA.”

La vista di Shinji cominciò ad annebbiarsi ed il ragazzo si sentì vacillare: a quel mondo ormai rimanevano solo pochi istanti ancora.

“Dovete fermarla, non lasciate per nessun motivo che si impossessi dell’Eva 01, altrimenti sarà in grado di tornare sulla Terra… e una volta lì scatenerebbe i suoi demoni, e per la razza umana sarebbe la fine!”

La donna cominciò ad assumere un aspetto sempre più evanescente:

“Aspetta non andare, non mi hai ancora detto il tuo nome!”

Attraverso la luce della sagoma semi trasparente della donna, Shinji poté vederne il sorriso:
“Un giorno lo saprai, nel frattempo, io continuerò a proteggerti all’interno dell’Evangelion. Ma per adesso conto su di te, perché so che ce la farai; ti voglio bene Shinji.”

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Capitolo 9
*** Promessa ***


Un getto d’acqua gelata svegliò Gendo di soprassalto, ed egli iniziò a tossire sentendosi soffocare; dopo alcuni istanti fu in grado di aprire gli occhi, e di distinguere un’inconfondibile figura con un Plugsuit bianco.

“Ben svegliato, Gendo caro!” - lo salutò Rei col suo consueto sorriso.

I suoi capelli erano diversi: li aveva tagliati della stessa lunghezza della sua controparte, facendone aumentare notevolmente la somiglianza.

Gendo si guardò attorno, e per prima cosa constatò di essere legato mani e piedi con delle corde; in secondo luogo, la struttura in cui si trovava assomigliava al palazzo dove Rei li aveva condotti, ma si trattava sicuramente di un altro posto.

“Hai dormito bene?”

La testa gli faceva male, e si ricordò del colpo alle spalle.

“Che cosa hai intenzione di fare?” - domandò senza perdere la calma che lo contraddistingueva.

“Freddo anche dinnanzi al pericolo! O forse perché non mi percepisci come tale?” - rispose lei alzandosi e dandogli le spalle.

Gendo rimase in silenzio; non era da lui ripetere le cose, e aspettava che la ragazza rispondesse. Ma Rei si limitò a incamminarsi canticchiando verso una specie di armadietto, dal quale tirò fuori un pennello ed un secchio arrugginito al cui interno vi era una strana sostanza marrone:
“Non temere, non è merda… non te l’avrei comunque fatta mangiare, insomma, non sono mica una selvaggia, no?”

Rei tornò saltellando sorridente davanti a Gendo, che a quel punto cominciò a perdere la pazienza:
“Liberami Rei.”

“Mmm… no!” - rispose facendogli la linguaccia.

“Ti riporterò a casa. Non sono arrabbiato per ciò che hai fatto; adesso liberami.”

La ragazza lo ignorò completamente, limitandosi a intingere il pennello nel secchio:

“Purtroppo l’ora promessa è quasi giunta, mio caro Gendo, ma prima della mia… uhm… ascensione? Si, credo sia questo il termine che cerco… dicevo, prima voglio divertirmi un po’ con te!” - estrasse il pennello intriso della sostanza marrone, e lo avvicinò al viso dell’uomo.

“Cosa vuoi fare?”

La ragazza sorrise, poi con uno scatto ritorse il braccio e se lo portò sopra la testa, ed infine cominciò a tingersi i capelli; Gendo la osservò inizialmente perplesso, ma presto intese cosa avesse intenzione di fare. Dopo qualche pennellata la chioma turchina di Rei era divenuta quasi completamente castana; la ragazza prese un piccolo vetro che teneva là accanto e vi ci specchiò soddisfatta. Poi tornò cinguettante da Gendo e fece una piroetta su sé stessa per farsi vedere a tutto tondo:
“Che te ne pare? Non ti ricordo nessuno, amore?”

Gendo cercò di non scomporsi:
“Sei malata.”

Rei sorrise compiaciuta: il suo gioco aveva appena avuto inizio.

Lentamente si tolse prima il mantello, poi la Plugsuit, rivelando il suo candido corpo nudo, ed infine si sdraiò accanto a Gendo, il quale cercò di tenere lo sguardo altrove:
“Amore mio, che c’è, perché non mi guardi? E’ passato così tanto tempo…” - la ragazza accarezzò la sua mano su e giù sul petto dell’uomo.

“Gendo? Dai, guardami, sono io, la tua Yui!” - la sua voce si era fatta più profonda.

Una goccia di sudore rigò la fronte dell’uomo.

“Amore mio…” disse inspirando accanto alla sua faccia - “Se sarà un maschio lo chiameremo Shinji…”

Gendo deglutì.

“… se invece sarà femmina Rei.”

“Smettila.”

“Dov’è Shinji? Dovevi proteggerlo, dovevi proteggere il nostro bambino…” - a fine frase emise un piccolo gemito.

“Smettila!”

“Perché fai così amore, non mi riconosci?”

“Tu non sei Yui… sei solo un clone!”
“Mi stai spezzando il cuore…” - la ragazza scoppiò a piangere sulla spalla di Gendo.

“Non riuscirai a farmi impazzire.”

Rei lo guardò e sorrise diabolicamente:
“Chissà…abbiamo tutta la notte per scoprirlo.”

 

Misato camminava avanti e indietro nervosamente:

“Hai intenzione di consumare il pavimento?” - le domandò Makoto.

“Il comandante non torna.”
“Ti preoccupi per lui?”
“Ogni vita dell’equipaggio è sotto la mia responsabilità, a prescindere dalla simpatia.”

“Lo so, ma stiamo parlando di Ikari, non di uno sprovveduto qualsiasi.”

Kensuke entrò lenatamente nel salone con il capo chino:

“Novità?” - gli chiese Misato.

“Nessuna, Shinji non vuole svegliarsi.”

“Dannazione, dovevamo immaginarlo che c’entrasse qualcosa con il sonno!”
“Non potevi saperlo, colonnello…” - cercò di calmarla Makoto.

“Se posso” - intervenne la dottoressa Tsuji - “Sul corpo di Hirano non c’erano segni di stress, mentre da quanto ho visto Shinji si sta dimenando e suda pesantemente, insomma, sta facendo un enorme sforzo.”
“Che intendi?” - domandò Misato.
“Credo che stia lottando.”

“In tal caso” - aggiunse Makoto - “dipende tutto da lui; noi possiamo solo aspettare e sperare che sconfigga il male che sta affrontando.”

“Già… Makoto, quanto manca all’arrivo di Ritsuko e Maya?”
“Purtroppo non posso saperlo con precisione, potrebbero volerci ancora delle ore per trovare uno spiraglio nella tempesta…”

“Allora c’è tempo… Aida vieni con me.”

“Andate a cercare il comandante?” - disse Yamada alzandosi in piedi.

“Sì, faremo una perlustrazione della zona circostante.”

“Voglio venire con voi…”

“Resta qui e riprenditi.”
“Devo vendicare Tanaka!”
“Ci saresti solo di peso, e poi qualcuno deve proteggere la dottoressa Tsuji e il signor Sato mentre noi non ci siamo.”

Yamada si risedette – aiutato da Tsuji – compresa l’amara realtà delle cose.

Misato guardò un raggio di luce attraversare una vetrata dell’edificio:
“Bene, il sole sta sorgendo, questo renderà la ricerca più semplice.”

Detto ciò lei e Kensuke sparirono nel cunicolo da cui erano entrati.

 

“Aspetta!” - urlò Shinji alzandosi di scatto; ansimava ed era coperto di sudore.

“Finalmente ti sei svegliato!” - il ragazzo si voltò, e vide accanto a sé Asuka che gli stringeva la mano; dietro di lei, sedeva in silenzio Rei.
Shinji si tastò la spalla: ogni ferita era sparita, o meglio, non era mai esistita se non nella sua mente.

“Che cos’è successo?”

“Un demone.”

“Un demone ti ha attaccato mentre dormivi?”
“Sì, lo stesso che ha ucciso Hirano, ma credo di averlo tolto di mezzo definitivamente; dove sono gli altri?”
“Misato e Kensuke sono usciti pochi minuti fa, stanno cercando tuo padre.”
“Dov’è l’altra?”- domandò Shinji in stato di evidente agitazione.

“Non troviamo neanche lei…”
“Merda!”

“Che ti prende?”

“Portami dagli altri, così vi racconto quel che ho scoperto… dobbiamo andarcene subito da qui!”

 

“Kensuke…”
“Sì, lo sento anch’io.”

I due si aggiravano impugnando le pistole tra i palazzi fatiscenti della città fantasma:
“Ci ha messo gli occhi addosso ormai da un po’…” - commentò Kensuke.

“Hai messo le pallottole rosse?”

“Cosa me ne farei delle altre?”

“Abbiamo pochi colpi…”
“Basteranno, il comandante lo ha ferito con un proiettile solo.”
“Sì, ma quella era un’occasione d’oro… noi ormai ce lo siamo giocati l’effetto sorpresa, ma se rimaniamo uniti e ci copriamo le spalle, vedrai che ce la faremo.”

“Non ne dubito, colonnello.”

“Kensuke, me la fai una promessa?”
“Dica pure.”
“Quando torniamo, se Shinji è sveglio, ci parli? Seriamente intendo.”

Se torniamo.”
“Lo farai?”

Kensuke sospirò:
“D’accordo.”
“Promesso?”
“Promesso.”
“L’hai promesso al tuo colonnello, guai a te se non lo fai!” - sorrise la donna
“Ho promesso, ho promesso!”

“Bravo il mio Kensuke.”

 

Sato si aggirava in uno dei corridoi di quel gigantesco palazzo, tagliuzzando e raccogliendo qua e là diversi campioni di muffe o erbacce; a un certo punto, dietro l’angolo, notò un singolare bagliore, e come una falena attirata dalla luce, decise di seguirlo. Girato l’angolo, si trovò una scalinata che conduceva verso il basso, e spinto dalla curiosità iniziò a scenderla, ed infine si trovò in un piccolo salone umido, illuminato soltanto da un grosso globo scintillante al centro di essa.

Rimase per alcuni istanti in contemplazione, colpito da quella luce ipnotica, finché una voce delicata non lo ridestò:
“Confidavo che uno assettato di conoscenza come te lo trovasse…”

Rei si avvicinò camminando lentamente con le mani dietro la schiena.

“E’ bellissimo vero?” - domandò all’uomo.

“Non ho mai visto nulla di simile… come hai prodotto questa luce?”
“Prodotto? No, è lui a illuminarsi da sé.”
“Lui?”

“Perdonami, ne ho arbitrariamente stabilito il sesso, ma in realtà non ho idea se sia maschio, femmina, o chissà cos’altro…”

“Mi stai dicendo che quello è un essere vivente?”
“Precisamente.”
Sato rise tossendo per lo stupore, e si mise le mani tra i capelli:
“Un essere vivente… di sola luce?”
“Sì, proprio così: è fatto integralmente di fotoni. Non avendo un corpo vero e proprio, è sopravvissuto all’Impact; purtroppo non ce ne sono tanti, e quando ne vedo uno nel palazzo mi rallegro molto.”

“E’ pericoloso?”

“Affatto… su, si avvicini, vedrà che sensazione meravigliosa.”

Sato si incamminò lentamente verso la sfera di luce, e col sorriso stampato in volto, protese la mano verso di esso: in un istante, nella sua mente si materializzarono una serie di immagini di sé, e tutte lo ritraevano mentre riceveva premi da diverse comunità scientifiche, mentre i più grandi biologi del mondo lo elogiavano, ed il suo nome veniva inserito nei libri, e poi veniva assunto dai laboratori più importanti, e con i soldi guadagnati poteva finalmente comprarsi una villa principesca ed una sfavillante macchina sportiva come aveva sempre sognato, e godersi infine tutto quanto in feste faraoniche circondato da amici e belle donne.

Tutto ciò che aveva sempre sognato era ora a portata di mano, e lo sarebbe stato per sempre. Rei si avvicinò al corpo morente dell’uomo, e sorrise compiacendosi dell’efficienza del demone di luce che aveva creato.

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Capitolo 10
*** Sotto assedio ***


Yamada montava e smontava la sua pistola, la dottoressa Tsuji era seduta a terra e fissava il soffitto, Makoto cercava di mettersi in contatto con la Exodus; di colpo, dalla porta che dava sulla saletta accanto, entrò Shinji di gran corsa, seguito subito dopo da Asuka e Rei.

“Grazie a dio stai bene!” - gli venne in contro Makoto.

“Era un demone, come pensavamo?” - gli domandò Tsuji.

“Sì, ma ora è fuori gioco. Misato non è ancora tornata?”

“No, ma l’ho sentita qualche minuto fa e stava per rientrare.” - rispose Makoto.

“Con o senza mio padre?”

“Non ha specificato.”

“Signor Hyuga, l’Eva 01 si è per caso avvicinato all’orbita di questo pianeta?”
“Sì, la Exodus si sta avvicinando e col lei l’Eva… ma tu come fai a saperlo?”
“Non è importante adesso; quel che conta è andarcene da qui e impedire che l’altra riesca a entrare in contatto con lo 01.”

“E’ un pericolo?”
“E’ lei che ha creato i demoni: ha fatto estinguere la precedente civiltà di questo pianeta, dopodiché ha utilizzato l’Uovo della vita per creare una sua nuova razza, ed intende portarla sulla Terra.”

Yamada a quel punto si alzò in piedi:
“La trovo inquietante e credo sia pazza… ma quelle che dici sono accuse davvero pesanti: hai la certezza di quel che stai dicendo?”
Shinji chinò il capo e strinse i denti:
“No, non posso assicurarvi che tutto quello che vi sto dicendo sia vero… dovete fidarvi di me come io ho fatto con la persona che mi ha rivelato queste cose.”
“Io mi fido di Shinji, e se dice di essere in buona fede gli credo.” - aggiunse Tsuji.
“Non è questione di buona o cattiva fede… per quanto ne sappiamo, potrebbe essere stato contaminato dal demone che dice di aver sconfitto.” - soggiunse Yamada.

A quel punto calò il silenzio, ed il dubbio si insinuò in tutti i presenti; persino Shinji sentì vacillare quella che fino a un momento prima era una ferma convinzione.

“Però” - disse Rei - “In questo momento sta dicendo che dobbiamo andarcene da questo pianeta, che è quello che vogliamo fare tutti. Perché non ascoltarlo?”

Asuka si fece avanti:

“La bambola ha ragione, che noi crediamo o no a Shinji, da questo posto di merda ce ne dobbiamo andare!”

“Ben detta…” - commentò Makoto - “Allora prepariamoci per andare via; Yamada, te la senti di andare a chiamare Sato?”
“Nessun problema.” - detto ciò il soldato scomparve nel tunnel precedentemente imboccato dal biologo, ignaro della sorte di quest’ultimo.

Pochi minuti dopo, Misato avvertì con la ricetrasmittente del suo ritorno, e gli altri si precipitarono nel cunicolo per smontare la barricata di rocce che ostruiva la botola d’ingresso.

Quando Misato vide Shinji fece un enorme sorriso ed abbracciò il ragazzo:
“Meno male che ti sei svegliato! Forza, Makoto mi ha detto quel che è successo, prendo un paio di cose e andiamo.”
“E mio padre?”

“Continueremo a cercarlo, non preoccuparti; finché e vivo, non lascerò questo pianeta.”

“Come sa che è vivo?”
“Perché non so nemmeno il contrario.”

Misato si incamminò verso l’interno e Kensuke fece per seguirla, ma la donna lo bloccò:
“Le prendo io le tue cose Aida, tu resta qua di guardia, e fa quella cosa.” - gli disse facendogli l’occhiolino per poi scomparire nel cunicolo.

Kensuke sospirò rassegnato:
“Sissignore.”

“Ma che intendeva?” - gli domandò Shinji.

“N-niente.”

“Capisco.”

“Shinji…”

“Sì?”
“Sono felice di vedere che ti sei ripreso.”
“Io… ti ringrazio. Anche per me è un sollievo vederti sano e salvo.”
“Bene.”

Cadde il silenzio, ed i due si guardarono un po’ attorno.

“Non vedo l’ora di andarmene da questo fottuto pianeta.” - commentò Shinji, e Kensuke lo guardò stupito.
“Che c’è?” - domandò il ragazzo.
“Niente, è solo che… non pensavo parlassi in quel modo.”

“Sarà la convivenza con Asuka!”- rispose ridacchiando.

“Già, però è cambiata molto, e anche tu lo sei.”
“Lo stesso vale per te: il tempo ci ha resi persone diverse.”
“Ma in fondo siamo sempre gli stessi.”
“Sì, alla fine io sono sempre quel ragazzino che non riesce a parlare con suo padre.”
“Eppure prima ti sei preoccupato per lui.”
“E’ naturale, è comunque mio padre.”
“Un tempo non lo avresti fatto.”
“Forse dicevo così, ma la realtà dei fatti è che non sapevo di preciso cosa provavo. Dicevo sempre di odiarlo, ma appena mi faceva un complimento cadevo ai suoi piedi.”

“Volevi solo un po’ d’attenzione, credo.”

“Già, e guarda dove mi ha portato quel desiderio…”

Kensuke sapeva che Shinji si stava riferendo alla morte di Toji, ma era arrivato per lui il momento di affrontare quel discorso; sfortunatamente, la sua volontà venne ostacolata dalla comparsa di una figura dai capelli turchini.

“Ferma là, non ti muovere!” - le intimò Kensuke puntandole la pistola.

Rei non si scompose, ma rimase ferma dov’era:
“Attento cowboy, potresti fare male a qualcuno con quell’arnese.” - commentò la ragazza facendo un mezzo sorriso.

“Non prenderti gioco di me… ora che so che hai creato tu il demone che ha ucciso Tanaka, non potrò mai perdonarti!”

“Ma come puoi dire una cosa così orribile, soldatino?” - domandò facendo gli occhioni dolci e arricciando le labbra.

“Smettila Ayanami, so tutto ormai, e sei stata tu stessa a dirmelo.”

Rei sorrise stringendo gli occhi:
“Già, dovevo immaginarlo… anche io l’ho sentita avvicinarsi.”

“Di cosa state parlando Shinji?”
“Dell’originale.”

“Vuoi dire la persona da cui sono state clonate le Rei?”

“Già, l’ho incontrata nel mondo dei sogni, dove ho affrontato il demone che ha ucciso Hirano.”

“Tu… hai affrontato Belfagor?” - improvvisamente Rei sgranò gli occhi.

“Sì, e non è stato semplice sconfiggerlo.”
“T-ti ha fatto del male?” - domandò agitatamente la ragazza.

“Parecchio.”

Di colpo Rei divenne rossa, arricciò il naso e strinse i pugni rabbiosamente:
“Quel miserabile essere come ha potuto farti del male?! Inutile bastardo se lo avessi qui tra le mani non sai cosa gli farei!!!”

Shinji non aveva mai visto Rei in quello stato; anzi, non aveva proprio mai visto nessuno così fuori di sé. Poi, in un istante, il voltò le tornò sereno e candido:
“Non ho ancora il pieno controllo sul loro agire, potrebbe essere un problema…” - e a quel punto rivolse lo sguardo verso Shinji:

“Allora…” - quasi bisbigliando - “… non vuoi sapere chi era la donna che hai incontrato?”

Il ragazzo deglutì.

“Scommetto che non ti ha detto nemmeno il suo nome…”

“T-tu lo sai?”

“Ovviamente! Io e lei, dopo tutto, siamo una cosa sola…”
“Non starla a sentire Shinji, sta solo cercando di abbindolarci!”

“Niente affatto mio bel soldatino, voglio solo aiutare il caro Shinji…”

“Non dire un’altra parola, o ti ficco una pallottola dritta in mezzo agli occhi.”
“Aspetta Kensuke!”
“Shinji, sta solo cercando di manipolarti. Ha fatto così fin dall’inizio, con tutti noi, e ora guarda la realtà dei fatti: Hirano è morto e tuo padre è disperso chissà dove, e probabilmente lei sa dov’è!”

“Ayanami…” - le si rivolse Shinji - “… dov’è mio padre?”
“Un chilometro e mezzo a sud-est.”

All’improvviso, dall’interno dell’edificio, si udirono degli spari.

Kensuke si voltò ed esortò Shinji:

“Va a vedere che succede, io ti raggiungo fra poco… non voglio perderla di vista neanche un secondo.”

Shinji fece un cenno e si apprestò a raggiungere gli altri.

A volte le parole sono come proiettili: ti colpiscono da lontano, e magari mentre corri; non feriscono il tuo corpo, ma agiscono inarrestabili nella tua mente. A Rei Ayanami bastò una sola di quelle pallottole:
“Yui.”

Shinji si arrestò.

“Adesso capisco.”

Detto ciò, riprese a correre, seguito dallo sguardo arridente di Rei.

“Che cosa gli hai detto?”

“La verità.”

“Cioè?”

Senza degnarsi di rispondere, cambiò subito argomento:

“Tu morirai.”
“Ma cosa…”

“La tua fine è segnata ormai.”

“Non sono io quello con una pistola puntata addosso.” - rispose lui sorridendo beffardamente.

“Mi dispiace sai? Shinji ne soffrirà, e io non vorrei… ma tu sei in una situazione ormai senza speranza.”

“Sei pazza…”

“Se resti qui Pazuzu ti ucciderà. Se segui Shinji, sarà Asmodai a farlo.”

“Hai anche pensato a un nome per le tue aberranti creature…”

“Aberranti? No, affatto. Certo, in un primo momento la loro natura si è rivelata eccessivamente violenta, ma sento che mi sto avvicinando sempre più alla perfezione. Riesci a immaginarlo? Un essere che non soffra, che non tradisca i suoi simili, e che possa vivere in eterno…”

“Non mi interessano i tuoi vaneggiamenti, adesso seguimi.”

“Pazuzu, che si sta avvicinando a noi dall’esterno, è il demone che ha fatto strage dei tuoi compagni.”

Kensuke sussultò.

“Non hai detto che volevi vendicarli?”

Come una serpe, il dubbio si avvinghiò nella mente del ragazzo:

era giunto il momento di dare la pace alle anime di Fudo, Hanzo, e Tanaka?

 

Shinji giunse nel salone, e ciò che vide lo impietrì:

Yamada chino a terra si copriva gli occhi con le mani gridando di dolore, mentre la dottoressa Tsuji cercava di calmarlo.

“Shinji” - Misato gridò ma rimase ferma dov’era, impugnando fermamente la sua pistola - “Scappa via, avevi ragione questo posto è maledetto!

“C-che cosa è successo?”

“Un demone di luce” - rispose Makoto - “Ha attaccato Yamada e lo ha ridotto così. Avevamo già visto una cosa simile in passato, ma mai con questa ferocia…”

“Mi ha mostrato tutto! - urlò Yamada - “Tutto ciò che volevo me l’ha mostrato, e quando ho capito che era una trappola mi ha fritto il cervello e gli occhi!”

“Non siamo riusciti a fare nulla, si muoveva alla velocità della luce…” - commentò Asuka stringendo i denti.
“Adesso dov’è?”

“E’ qui, sento la sua presenza.” - aggiunse Rei; era naturale che lo sentisse, dato il suo stretto legame con l’altra.

“Potrebbe colpire chiunque di noi… dobbiamo andarcene subito!” - intimò a tutti Misato.

Non fece in tempo a sentire la fine della frase, che lo vide:

lei e Shinji, in una casetta in montagna, abbracciati assieme, mentre nel giardino una bambina dai capelli rossi giocava inseguendo un cane che scodinzolava felice. Asuka sospirò, pensando che finalmente tutto quel che desiderava si fosse finalmente realizzato: niente più amarezza, o auto commiserazione, solo lei, libera di essere sé stessa, amata per ciò che era, e non la bambola inutile che era stata per anni.

“Esci dalla mia testa bastardo!” - gridò la rossa contorcendosi a terra in preda agli spasmi. Shinji tosto le si avvicinò per soccorrerla, e una fredda consapevolezza si fece subito largo dentro di lui: non aveva idea di come poterla aiutare.
“Mandalo via Asuka, resisti!”

“Lo so che devo resistere razza di stupido!”

Misato osservò i due ragazzi cercare di darsi man forte, dopodiché prese la sua decisione, e guardò Makoto negli occhi sorridendo:

“Colonnello?”
“Credo che questo sia un addio, Makoto. Grazie di essermi stata vicino in questi anni, e perdonami, non ho saputo ricambiare il tuo amore.”

“Colonnello cosa ha intenzione di fare?!”

Misato scattò portandosi su Asuka, e, le afferrò la testa con entrambe le mani:
“Avanti vieni fuori, guarda le mie ambizioni quanto sono grandi!”

“Misato cosa stai facendo!” - le urlò Shinji.

La donna non rispose, e attraverso le braccia quel bagliore sinistro le entrò in corpo:

“Sì, da bravo…”

Subito dopo, Misato si alzò in piedi, e mentre lentamente estraeva la pistola dalla fondina, si rivolse a Shinji:
“Sono davvero orgoglioso di te… quando ti ho conosciuto eri poco più di un bambino, e ora invece sei un uomo.” - sorrise - “Vi voglio bene ragazzi.”

Detto ciò si puntò la pistola alla tempia:
“Che bello vederti Kaji…”

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Capitolo 11
*** Confronto ***


Shinji stringeva tra le mani Asuka incosciente, mentre osservava Misato sorridente puntarsi la pistola alla tempia sul volto: la donna doveva premere il grilletto, o il demone avrebbe presto avuto la meglio.

“Mi perdoni colonnello.”

Senza che Misato potesse dire niente, Makoto prese la sua estrema decisione: la strinse dandole un intenso bacio sulla bocca, e percependo un tale desiderio il demone di luce tremò eccitato, e tosto passò nel corpo dell’uomo.

Una volta completato il passaggio di quella sinistra eredità, Makoto si staccò da Misato, e sorridendo le sfilò la pistola, dopodiché fece alcuni passi indietro:

“Makoto!” - urlò la donna ridestandosi dal mondo di luce in cui stava venendo inghiottita.

Un sibilo esplosivo sfrecciò nell’aria attraverso un fiotto di sangue, e tutto finì.

Il silenzio calò nel salone.

Misato osservò raggelata il corpo senza vita di Makoto: aveva un sorriso estasiato in volto, sembrava stesse facendo uno splendido sogno eterno.

“Colonnello…” - cercò di parlarle Rei.

“Dobbiamo andare.” - rispose lei con gli occhi sbarrati verso il vuoto.

Non riusciva a dire nulla. Non poteva cedere all’emozione. Non era il momento.

“Andiamo.”

 

Rei e la dottoressa Tsuji trasportavano Asuka, ancora incosciente. Shinji, che aiutava Yamada ferito, osservò Misato: sul suo viso erano comparse delle venature nere, come se qualcuno ne avesse bruciato le carni da dentro. In quel momento sia il corpo che la mente della donna avevano ricevuto uno shock troppo duro, persino per piangere.

Giunsero alla botola d’uscita, apprendendo con orrore la realtà dei fatti accaduti mentre loro si confrontavano col demone di luce:

“Ehi là…” - li salutò Kensuke tossendo.

Sedeva a terra appoggiato alla parete, imbrattato di sangue; sulle braccia e sul torace aveva diversi solchi, quasi come se il ragazzo fosse finito in una gigantesca tagliola.

Rei fece cenno alla dottoressa di lasciarle Asuka, e questa poté recarsi in soccorso di Kensuke:

“Aida, che è successo?”

“Tenevo sotto tiro l’altra… ed il demone è arrivato.” - tossì sputando qualche goccia di sangue - “Però gliel’ho fatta vedere!” - ridacchiò sollevando tremolante la pistola - “Sono sicuro di avergli piantato almeno una pallottola in corpo a quel bastardo, dovevate vederlo come scappava rantolando…”

“E l’altra?”
“Se l’è svignata appena è arrivato il demone, non ho idea di dove sia.”
Misato e la dottoressa lo sollevarono delicatamente, ma lui comunque gridò di dolore stringendo i denti:
“Resisti, stiamo per andarcene da questo pianeta di merda…” - lo incoraggiò la dottoressa.

“Non vedo l’ora, se vedo ancora quella stronza penso che impazzirò…”

A quel punto Kensuke si voltò verso Rei:

“Senza offesa eh.”

“Provo il medesimo sentimento: andiamocene da qui per sempre.”

Rei sembrava cresciuta da quel viaggio: non solo mostrava un carattere più sicuro, ma sembrava anche una persona più indipendente senza il costante vitreo occhio scrutatore di Gendo Ikari.

Giunsero infine a quello che doveva essere il punto di raccolta, ed appoggiarono i feriti a terra per concedere loro un po’ di riposo, dopodiché Shinji prese la pistola di Kensuke e si voltò incamminandosi:
“Ikari… dove vai?” - domandò Rei candidamente turbata.

“Mio padre è vivo, e io devo trovarlo: l’altra mi ha detto dov’è.”

“Non puoi andare da solo, è troppo rischioso! E poi come puoi fidarti delle sue parole?”

“Non lo so, ma ho la sensazione che fosse sincera quando me l’ha detto. Tu devi rimanere qui Ayanami, abbiamo tre feriti e serve tutta la forza possibile per difenderli. Misato, fra quanto arriverà la dottoressa Akagi?”

“Poco più di un’ora.”

“Ottimo, cercherò di tornare in tempo.”

Shinji si voltò, e Misato non poté fare a meno di notare come le spalle del ragazzo fossero divenute forti e robuste rispetto a quando si erano conosciuti dieci anni prima: «Buona fortuna, Shinji.»

 

Dopo aver camminato per un po’ Shinji giunse nella zona indicatagli dall’altra Rei: vide un palazzo fatiscente pieno di vetrate rotte.

Col cuore in gola strinse forte la pistola e vi entrò dentro: appena entrato, sommamente sconcertato vide suo padre col capo chino giacere immobilizzato. Con un colpo di pistola sparò a un anello, e la catena si sciolse, mentre Gendo si ridestò con un guizzo udendo l’esplosione:

“S-Shinji?” - tremò l’uomo.

“Sono qui.” - disse aiutandolo ad alzarsi.

“Dove siamo?” - domandò disorientato.

“Su HA-9081.”

“Da quanto siamo qui?”

Shinji lo guardò in volto: nonostante si fossero separati per una notte, suo padre sembrava invecchiato di anni, ed appariva provato in volto da una stanchezza innaturale.

“Da un paio di giorni.”
“Non può essere…” - ansimò mettendosi le mani tra i capelli - “Lei mi ha tenuto qui per così tanto tempo… così tanto tempo…”

Non aveva mai visto suo padre in quello stato, chissà cosa gli aveva fatto l’altra.

“Dobbiamo andare papà.”

“S-sì.”

Mai Shinji avrebbe pensato di vedere suo padre, l’austero Gendo Ikari, tremare impaurito quasi con le lacrime agli occhi. Gli vennero in mente tutti quei momenti in cui si era sentito così, ma lui non c’era mai a dargli un gesto di affetto: avrebbe potuto facilmente distruggerlo ripagandolo con la stessa moneta dell’indifferenza che aveva ricevuto per anni.

“Non temere, adesso ti porto a casa.” - gli disse abbracciandolo.

No, non ne valeva la pena: si era ripromesso di diventare un uomo migliore di suo padre.

 

“Eccolo!” - esclamò la dottoressa Tsuji, indicando la scura figura violacea che si avvicinava dal cielo: trionfante sfrecciava tra le nuvole in tutta la sua magnificenza il titanico Evangelion 01.

Poco prima di atterrare, gli spessi cavi d’acciaio a cui era legato lo frenarono come fosse un gigantesco burattino dopodiché, dall’orbita, la Exodus si avvicinò leggermente, permettendo alla macchina di adagiarsi dolcemente, porgendo l’abitacolo a quel che rimaneva della spedizione.

Tutti indietreggiarono, ad eccezione di Rei, la quale come se avesse calcolato al millimetro la traiettoria dell’Eva, si trovò esattamente dinnanzi alla testa della gigantesca macchina umanoide: lo guardò nei suoi freddi occhi gialli, ed un brivido le attraversò la schiena, come se qualcosa l’avesse appena toccata nelle viscere.

“Molto bene.”

I presenti si voltarono sconcertati, udendo quella voce ormai fin troppo familiare:

“Sei venuta da me infine, Yui!”

L’altra si ergeva trionfante accanto a loro su uno smussamento del terreno causato dall’atterraggio dell’Evangelion, poi lentamente si avvicinò camminando e cominciò ad accarezzare la corazza purpurea dello stesso:
“Ho atteso dieci anni questo momento, anzi, tutta la mia vita è trascorsa unicamente in funzione di questo giorno, finalmente il mondo vedrà di cosa è capace Lilith!”

“Tu non sei Lilith.” - sentenziò freddamente Rei.

“Lo sono certamente più di te…” - rispose seccata l’altra.

“No, io sono la vera Lilith, tu sei solo il frutto di una contaminazione aberrante con l’uovo della vita Satan.”

A quel punto l’altra scoppiò a ridere platealmente:
“E’ dunque questo ciò che credi, altra me? Ebbene ora ti dirò come stanno davvero le cose: dieci anni fa Satan emise un richiamo, o una contaminazione come diresti tu, ed io decisi di recarmi qui; ma io, Lilith, seppur mutata interiormente mantenni il mio essere, divenendo qualcosa di nuovo. Fui io a prendere da Satan quel che mi serviva, non viceversa!”

“Non realizzerai i tuoi intenti.”

“E come speri di…”

Prima che l’altra potesse finire la frase, un colpo scarlatto le attraversò la pancia: con una velocità impressionante, Rei Ayanami aveva appena sparato a sé stessa.

“M-Maledetta, come hai potuto sparare a tua sorella…!” - urlò lei cadendo a terra per poi tossire un fiotto di sangue.

A quel punto, mentre l’attenzione di tutti era concentrata sulle due Rei, barcollante e ferito, ma ancora silenzioso, il primo demone incontrato – nonché l’ultimo rimasto a tallonarli - scivolò non visto vicino alla dottoressa Tsuji: lo scontro con Kensuke aveva richiesto più energie del previsto, ed ora la sua priorità assoluta era nutrirsi per rigenerare le proprie carni ferite dai proiettili rossi. Spalancò le fauci preparandosi ad attaccare, e la donna fece appena in tempo a vederlo ma non ebbe nemmeno il tempo di urlare; di colpo, il demone cadde al suolo, colpito da tre fischi scarlatti che penetrarono le sua spessa pelle diafana, ora imbrattata di sangue giallastro.

Ora l’attenzione dei presenti si rivolse all’ultimo arrivato: Shinji, con ancora la pistola fumante in una mano, sorreggeva suo padre con l’altra.

“Ci sei riuscito…!” - sorrise estasiata Misato, attaccandosi ormai all’ultimo barlume di gioia che le era rimasto.

Shinji si avvicinò al gruppo:

“Quelli erano gli ultimi proiettili di Longinus, dobbiamo andarcene subito…” - a quel punto il ragazzo notò l’Evangelion - “Saliremo sullo 01?”

“Sì” - rispose Misato - “La Exodus è troppo grande per entrare senza danni nell’orbita del pianeta, ma l’Evangelion può permetterci di sopravvivere mentre veniamo caricati a bordo, nello spazio.

Shinji ripensò alle parole dette dalla donna nel sogno:

«Non lasciate per nessun motivo che si impossessi dell’Eva 01.»

“Dov’è l’altra?”

“Là…” - fece la dottoressa Tsuji per indicare il punto dove Rei giaceva dopo aver ricevuto il colpo, ma a quel punto tutti constarono che al suo posto vi era solo una pozza di sangue.

“N-non è possibile, era qui fino a un momento fa!” - esclamò Kensuke sconcertato.

Shinji strinse i denti, temendo il peggio, ma a quel punto Gendo, come ridestatosi prese parola:
“Dobbiamo lasciare questo pianeta, subito.”
“Mai stato così d’accordo con lei comandante.” - rispose Misato.

Dalla nuca dell’Evangelion fuoriuscì un gigantesco tubo nero che come una scala si protese verso di loro: la porta dell’entry plug era aperta.

Rei e la dottoressa Tsuji portarono dentro Asuka e Kensuke, dopodiché aiutarono il comandante Ikari ad entrare; a quel punto rimasero solo Shinji e Misato fuori dal plug.

“Andiamo.” - lo esortò la donna.

Shinji scrutò attorno, cercando la bianca figura dai capelli azzurri:

“Non può essere salita sull’Eva…”

“L’unica entrata l’abbiamo sempre sorvegliata noi, credo sia semplicemente scappata, anche se non mi sembra un tipo arrendevole…”

I due si guardarono turbati, ed infine entrarono nell’abitacolo: così turbinando l’entry plug si richiuse nel collo dell’Evangelion, che a quel punto cominciò la sua lunga risalita verso le stelle.

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Capitolo 12
*** L'ultimo viaggio della Exodus ***


Misato uscì dall’infermeria, con qualche cerotto sul viso, ed incrociò Shinji che sedeva chino nel corridoio, con le ginocchia portate al petto, avvolte nelle braccia; in quel momento le parve di essere tornata a dieci anni prima.

“Come sta Asuka?” - chiese delicatamente la donna sedendosi accanto a lui.

“Sta riposando; le funzioni vitali sono normali è solo stanca… tanto stanca.” - Shinji chiuse i pugni e serrò i denti nervosamente - “E’ stato come quella volta con quell’angelo di luce, dovevo saperlo che le conseguenze potevano essere le stesse!”

“Non è colpa tua, Shinji.”

“Sì invece, Asuka è venuta solo perché ho voluto esserci a tutti i costi.”

“Makoto invece sarebbe venuto in ogni caso.”

Shinji a quel punto fece un’espressione rammaricata:
“Mi dispiace tanto, era un brav’uomo…”

“Sì lo era, come le altre persone che hanno perso la vita in questa spedizione.”

“Yamada e Kensuke se la caveranno?”

“Yamada è nelle stesse condizioni di Asuka; Kensuke ha delle brutte ferite, ma ha la pellaccia dura il ragazzo…”

“Capisco.”

“Tuo padre è in stato di shock.”

“Lo so, adesso sta riposando in camera sua.”

“Sei stato coraggioso, e magnanimo. Quando torneremo sulla Terra, tenendo a mente ciò, prova a parlare con tuo padre.”

“Magari è la volta buona che facciamo pace.” - rispose il ragazzo sorridendo senza allegria.

“Fra poco la Exodus dovrebbe riaprire il varco che ci condurrà a casa; ti va di bere qualcosa di caldo intanto?”

“Sì, ma vorrei sapere dov’è Rei prima."

“Credo sia nella sua stanza.”
“D’accordo, precedimi pure in caffetteria, arrivo fra poco.”

 

 

“E’ stata un’ecatombe…” - commentò Ritsuko mescolando il caffè con un bastoncino.

“Già, e tutto quel che abbiamo scoperto è che dobbiamo stare alla larga dalle Uova della vita.” - rispose Misato.

“Almeno abbiamo fatto chiarezza sul furto dell’Eva 00…”

“Ritsuko, tu sapevi dei cloni di Rei Ayanami?”

“Sì, ne ero diretta responsabile; francamente mi incuriosisce il fatto che due di essi si siano incontrati, poiché non ritenevo possibile che la sua anima potesse agire su due corpi contemporaneamente.”

“Come può la stessa anime sdoppiarsi?”

“E’ successo tutto dieci anni fa, quando attivammo lo 00 per un test di pilotaggio: l’Eva andò fuori controllo e dovemmo forzare l’espulsione del pilota per la sua incolumità. Il pilota, la first children, era Rei Ayanami, che da quel momento non fu più la stessa, ma ce ne accorgemmo troppo tardi: finse di essere rimasta la solita impassibile Rei, mentre dentro di sé covava sentimenti contorti e folli, che da lì a poco l’avrebbero portata a fare quel che ha fatto. In pratica l’Evangelion aveva tentato di assorbire la sua anima, che per sopravvivere si è scissa in due parti, ma la parte nuova è rimasta nel corpo, mentre la vecchia ha avuto la peggio ed è rimasta nell’Eva.”

“Ma se l’anima era nello 00, che era su questo pianeta, come avete fatto a recuperarla?”

“E’ complicato; per fartela breve abbiamo aperto la camera del Guf.”

“Dunque l’Eva 00 è di fatto morto, ecco perché l’altra non riusciva a riattivarlo…”

“Già, è solo un guscio vuoto.”

A quel punto alcune spie presero a lampeggiare, e Misato uscì dalla stanza affacciandosi ad un oblò: illuminata dai caldi raggi del Sole, la Terra brillava cerulea esattamente dove l’avevano lasciata.

“Siamo a casa.” - disse Misato allietata.

“Sì, io vado ad avvertire Maya.”

“Io cerco Shinji.”

“A proposito, non avevi detto che ci avrebbe raggiunte?”

“Sì, dev’essersi fermato a parlare con Rei…”

 

Ayanami osservava l’Evangelion 01, nuovamente ingabbiato nella stiva.

Shinji la vide e si avvicinò con discrezione:
“Immaginavo tu fossi qui.”

La ragazza non rispose, limitandosi a scrutarlo roteando gli occhi.

“Sembra passata una vita da quando abbiamo parlato qui, e invece è stato appena due giorni fa; eppure, Ayanami, mi sembra di conoscerti da sempre.”

“Ne sono lieta.” - rispose lei monocorde, mentre riportava lo sguardo al colosso viola.

“E’ là dentro vero?”

“Sì.”
“Ma come ha fatto a salire a bordo?”

“Non ha più un corpo fisico, si è ipersincronizzata ed è disciolta nell’LCL.”

“Capisco; che intendi fare?”

“L’anima dello 01 non può tenerla all’infinito, non è abbastanza forte da sola, e io sono l’unica che può fermarmi.”

“Non posso lasciarti andare da sola.”

“Anche se venissi con me non cambierebbe nulla.”

“Un modo per usarmi c’è.”

Rei si voltò, mostrando un’inedita espressione turbata:
“No…”

 

Rei camminava in una distesa sconfinata, dalle tinte cerulee; un cielo infinito, terso e indefinito.

“Non puoi tenermi per sempre qui, Yui…”

La donna si ergeva alla sue spalle, osservandola con sguardo austero:
“Ti terrò qui finché potrò.”

A quel punto Rei scoppiò a ridere:
“Sono venuta io da te, non hai mai avuto il controllo di questa faccenda!”

“Adesso basta.”

Si voltò colpita di udire la sua voce:
“Shinji” - poi vide la sua controparte - “e anche tu…”

“Fermati Ayanami, ti prego.”

“Non… non posso farlo Shinji, non a questo punto.”

“Lo so, ma cerca di farlo per me.”

Un lacerante conflitto si dipinse sul suo volto:
“Non posso… non posso…!”

“Sì che puoi.”

La voce della ragazza divenne tremula e irregolare:
“Ho sacrificato un intero pianeta per arrivare dove sono ora!”

“Non distruggerne un altro.”

“E poi cosa?! Non ho nient’altro, non c’è niente per me in questo mondo ora!”

“Ci sono io.”

Rei ammutolita guardò Shinji con le labbra socchiuse e gli occhi sgranati.

“Resterò con te, qui nell’Eva.”

“Resterò anch’io.” - aggiunse la Rei dal plugsuit nero.

“Che cosa vuoi da me…?”

“Se lo desideri, possiamo diventare una cosa sola.” - rispose Rei andando in contro alla sua gemella.

“Perché lo faresti?”

“Per non sentirci più sole.”

A quel punto anche Shinji si avvicinò, tendendole la mano sorridendo:
“Resta con noi.”

“I-il mio Shinji…” - sospirò Ayanami allungando tremolante il braccio verso la mano tesa, ritraendolo poi di scatto.

“Non posso farlo… devo creare un paradiso, un vero paradiso, non come questo qui! Poi, Shinji, staremo insieme per sempre!”

Shinji sollevò mesto il capo, e fece un cenno a Rei: un sottile AT-Field dall’aspetto tagliente, simile a una lama, fece la sua comparsa sulla mano della ragazza, che la puntò alla gola di Shinji, sotto lo sguardo confuso dell’altra.

“Perdonami Ayanami ma se non vuoi darmi retta, allora mi rifiuto di vedere il mondo che stai progettando.”

“Che state facendo?!” - urlò disperata mettendosi le mani tra i capelli
“Questo che vedi” - disse Rei - “è solo un simulacro del corpo di Shinji, ma in esso vi è tutto il suo animo: uccidendolo ora, porrei fine alla sua vita fisica e spirituale.”

L’altra si voltò sconvolta verso Yui:
“D-devi fermarla, è tuo figlio!”

Yui chinò il capo:

“Solo tu puoi farlo, Rei.”

La ragazza cadde in ginocchio e scoppiò a piangere in preda alla disperazione:
“No, no, no, no, no… non puoi lasciarmi Shinji! E tu smettila di puntare quella cazzo di lama al suo collo!!!”

“Mi dispiace tanto Ayanami” - sospirò il giovane - “Avrei tanto voluto incontrarti in altre circostanze…”

Un pesante silenzio piombò in quel mondo sconfinato: ora tutto era letteralmente in mano a Rei Ayanami.

I secondi sembravano non scorrere, come se il tempo stesso nella testa di Shinji si stesse rifiutando di andare avanti; sorrise, ripensando a quella situazione di dieci anni prima, in cui era lui ad avere in pugno la vita di Kaworu, il quale aspettava il silenzio la sua condanna, sorridendogli fino alla fine.

«Perdonami, Asuka.»

 

La volta si divenne fosca, come se un temporale fosse piombato in quella dimensione: Yui non era riuscita a tenere a freno il suo animo alla vista del figlio che cadeva morente.

“Perdonami…” - singhiozzò Rei, abbandonandosi a lacrime di incosolabile tristezza.

L’altra corse disperata e prese il ragazzo tra le braccia:
“Non morire, non morire!”

Shinji era coperto di sangue, che sgorgava copioso dal profondo taglio di fianco sulla gola, e come Kaworu aveva fatto con lui dieci anni prima, stava sorridendo dolcemente alla ragazza.

 

 

Tutte le sirene della nave squillavano impazzite, e Misato correva a perdifiato verso la stiva: giunse appena in tempo per vedere il colosso viola tuffarsi nello spazio oscuro, per poi scomparire in uno specchio ancor più buio.

 

 

 

La forma del mondo, ora dilaniato e tinto di colori infuocati, andava sfibrandosi, e ogni cosa si comprimeva in quella luce scarlatta, accompagnata da rombi temporaleschi.

“Che cosa avete fatto…?” - domandò Rei con voce strozzata, mentre ancora stringeva a sé Shinji.
“Ho aperto un nuovo varco di Dirac” - spiegò Rei - “ma ora questo varco sta scomparendo, e noi siamo al suo interno.”

“Pazze, diverremo niente…”

“Questo pare essere il nostro destino.” - rispose Yui.

“Avremmo potuto vivere in eterno…”
“La colpa è solo tua.” - la rimproverò la gemella.

“E tu Shinji, tu mi hai ingannata più di tutti… sapevi che il mio dolore per te mi avrebbe impedito di fare qualunque cosa.” - posò la mano sul viso insanguinato del ragazzo - “Però non deve finire così…”

Si alzò in piedi e guardò la genitrice negli occhi:
“Ho bisogno di te, Yui.” - chiese austera ma al contempo supplicante.

“Ti ascolto.”

“Posso salvare Shinji, ma devi aprire una camera e cacciarlo fuori dall’Evangelion.”

“E poi?”

Rei sorrise senza allegria e guardò quel cielo capitolante sempre più privo di forma:

“E poi sarà come se io non fossi mai esistita.”

 

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Capitolo 13
*** Arrivederci ***


La realtà dell’Evangelion andava disfacendosi, ed ora al suo interno rimanevano solo la sua anima e la clandestina da lei accolta.

“Posso farti una domanda, Yui?” - domandò Rei distendendosi su ciò che ancora rimaneva del suolo di quel mondo.

“Immagino ci sia tempo, sì.”

“Perché sono nata?”

La donna chinò il capo e riflettette per un istante, dopodiché si portò vicino alla giovane e le si sedette accanto:
“Dovevi essere come me.”

“Non intendo questo: perché sono nata, se il mio destino era questa pazzia, e la morte che con essa avrei portato, per poi scomparire nel nulla come un’infezione nel tessuto dell’esistenza?”

Yui la guardò colpita:

“Allora tu sapevi…”

In quel momento la donna si accorse che Rei piangeva, pur mantenendo un sorriso privo di allegria dipinto in viso:
“Per dieci anni sono stata sola, a lottare ogni giorno con me stessa… quante anime gridavano nella mia testa, quanta morte, quanto dolore avevo portato su quel pianeta. Eppure la grandiosità della mia opera era pari a quella di un Dio, perché dunque mi affliggevo tanto? Poi a un certo punto, non ricordo neppure quando, mi sono resa conto di essere lontana da casa, con le mani sporche di sangue. Ho cercato a lungo qualche superstite del mio genocidio, ma trovavo solo… montagne, montagne imponenti…

Insomma, non mi riconoscevo, era come se nella mia testa ci fossero ricordi vissuti da altre persone, quante, non te lo so dire… e anche ora non so neppure io con chi tu stia parlando. Ormai non so più chi sia Rei Ayanami, ma credo che quella persona sia morta nell’Evangelion quel giorno, e che ciò che ne è uscito sia l’abominevole essere che hai qui accanto… non sono una persona, ma soltanto un guscio al cui interno dimorano frammenti di un’anima fatta a pezzi. E allora mi chiedo: se questa doveva essere la mia grottesca natura, perché sono semplicemente esistita?”

“Perdonami, io non credo di saperlo, è qualcosa che va oltre la mia comprensione…”

“Capisco… posso chiederti un’ultima cosa, prima che finisca tutto?”

“Ormai manca poco, ma se posso esaudirò il tuo desiderio.”

“Puoi restare con me fino alla fine?”

Yui l’abbracciò, e Rei poté sentire il tepore del suo corpo, nonostante fosse solo una proiezione e non vera materia:

“Dunque è questo il calore di un’altra persona…”

“E’ bello, vero?”

“Sì, forse se lo avessi sentito prima…”

“Forse.”

“Grazie, Yui.”

“Per questa volta, puoi chiamarmi mamma.”

“Allora grazie, mamma.”

Infine, serrarono entrambe gli occhi, e scomparvero per sempre nel mondo del vuoto.

 

***

 

Shinji tentò ti aprire gli occhi, ma la luce era troppo forte e dovette chiuderli subito; dopo alcuni secondi la vista riuscì ad adattarsi e poté vedere.

“Shinji Ikari?”

Un uomo: indossava un casco di sicurezza e vestiti da soccorritore.

“S-sì…” - rispose flebilmente il ragazzo.

L’uomo si voltò:
“E’ vivo, non c’è nessun altro!”

“Ayanami… dov’è Ayanami?”

“Sta bene; ce la fai ad alzarti?”

Shinji fece per sollevarsi, e in quel momento si accorse di essere seduto al posto di pilotaggio dell’Entry plug.

Facendosi aiutare dal soccorritore, Shinji uscì dall’abitacolo, ritrovandosi in mezzo a un cratere sperduto in mezzo al nulla; tutt’attorno al gigantesco cilindro vi erano radunati diversi veicoli di soccorso, molti portanti il distintivo marchio della Nerv.

Sceso da una scaletta alcune persone gli vennero in contro per accertarsi riguardo al suo stato di salute; dopo i primi accertamenti necessari, Shinji fu finalmente libero di poter andare a cercare la sua compagna di viaggio.

Rei Ayanami se ne stava seduta sul suolo polveroso, intenta ad ammirare quella sconfinata prateria in cui erano atterrati:

“Grazie al cielo sei viva…” - sospirò Shinji sedendosi accanto a lei.

“Credo che l’altra ci abbia salvato entrambi, con l’aiuto di tua madre.”

“E quindi ora sono…?”

“Sì, mi dispiace.”

“In realtà per me lei era già morta da tanto tempo, ma sono stato contento di averla rivista un’ultima volta.”

“Almeno questo, già.”

“L’altra è completamente scomparsa?”

“Non del tutto… una parte di lei è sopravvissuta in me; in fondo eravamo la stessa persona.”

“E che cosa senti?”

“Sento tutta la sua tristezza, e la sua solitudine: solo ora mi rendo conto di quanto stesse soffrendo; però ha accettato la fine serenamente.”

“Questo mi allieta: non riesco a perdonarla per gli atti orribili che ha commesso, ma c’era del buono in lei che meritava la salvezza…”

“Capisco cosa intendi, e la penso come te.” - e detto ciò la ragazza si alzò in piedi.

“Ora che farai, Ayanami?”

“Farò quello che non ho mai fatto fino ad oggi: vivrò la mia vita. Viaggerò, vedrò il mondo, conoscerò le persone, e magari conoscerò anche me stessa. Farò tutte le cose che l’altra non ha potuto fare, e le farò anche per lei… ” - a quel punto si voltò verso Shinji sorridendo dolcemente - “E poi,forse, un giorno ci incontreremo di nuovo, Shinji Ikari.”

“Allora, arrivederci, Rei.”

“Arrivederci, Shinji.”

Infine, Rei si incamminò per la sua strada.











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- l'autore

 

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