Messaggi dal cielo

di la luna nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultima battaglia ***
Capitolo 2: *** L'eclissi di sole ***
Capitolo 3: *** Il nuovo ragazzo di Aurora ***
Capitolo 4: *** Il cerchio nel grano ***
Capitolo 5: *** Nuovi cerchi, strane luci ***
Capitolo 6: *** Armonie celesti ***
Capitolo 7: *** Il mistero di Orion ***
Capitolo 8: *** Incubo o realtà? ***
Capitolo 9: *** Rivelazioni ***
Capitolo 10: *** Io vengo da Hilon ***
Capitolo 11: *** Cos'è accaduto davvero a Villa Celeste? ***
Capitolo 12: *** Le cose si complicano ***
Capitolo 13: *** Una scia nel cielo ***
Capitolo 14: *** Mi hanno trovato, Melissa, mi hanno trovato ***
Capitolo 15: *** Vasco's Come nelle favole ***
Capitolo 16: *** Gioco sporco ***
Capitolo 17: *** Una decisione sofferta ***
Capitolo 18: *** La rinascita di Manuel ***
Capitolo 19: *** La freccia dell'amore ***
Capitolo 20: *** Verità nascoste ***
Capitolo 21: *** Nel buio ***
Capitolo 22: *** La tavoletta profetica ***
Capitolo 23: *** Con le spalle al muro ***
Capitolo 24: *** Amore fraterno ***
Capitolo 25: *** Verso Hilon ***
Capitolo 26: *** Nei boschi di Hilon ***
Capitolo 27: *** Faccia a faccia col nemico ***
Capitolo 28: *** Verso il futuro ***



Capitolo 1
*** L'ultima battaglia ***


 

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PIANETA HILON
 
 
L’unicorno alato dal manto nero come la notte galoppava fra gli arbusti della foresta di Dasos con in sella il giovane Capitano che si era lanciato all’inseguimento degli ultimi traditori rimasti. In lontananza si udivano i colpi d’artiglieria di Hilon mentre l’Astro tramontava all’orizzonte di un giorno che sarebbe rimasto nella memoria di molte persone. Il Generale Ireon era orgoglioso di suo figlio che, sprezzante del pericolo, stava per compiere il gesto con il quale avrebbe liberato il loro mondo dai ribelli una volta per tutte. Aveva allevato quel ragazzo di cui andava fiero in completa autonomia e lo aveva fatto in modo che la sua vita fosse indirizzata verso la carriera militare senza interferenze esterne. Tutti i suoi sforzi ora stavano per ricevere il giusto riconoscimento e vederlo scomparire fra la fitta vegetazione gli faceva presagire il meraviglioso sapore della vittoria.
Il fedele Mavros dunque avanzava portando il suo cavaliere là dove la battaglia avrebbe visto la parola fine riportando la calma nei dintorni della città assediata da lunghe settimane da quei balordi che volevano rovesciare dal trono re Kipsoron. Giunsero presso il Lago Lymni la cui acqua brillava delle luci del tramonto. Il Capitano scese a terra stringendo fra le sue mani forti l’arco e le frecce di luce, pronto a scoccarne per colpire il nemico. I suoi piedi correvano velocissimi verso la sponda opposta dove aveva scorto dei movimenti sospetti, si nascose poi dietro il tronco di un albero, sentiva che i rinforzi si stavano avvicinando perciò decise di restare immobile in totale silenzio sperando in un passo falso dei traditori.
Si accorse finalmente che sulle alte sponde del lago l’esercito di Hilon era già schierato in attesa dell’attacco, scorse la figura paterna a capo dei soldati semi nascosti dalla vegetazione. Poi all’improvviso un rumore di ramo spezzato riportò la sua attenzione verso l’obiettivo che stava inseguendo. Fu tutto di una rapidità allucinante: dal cespuglio balzò fuori un brutto ceffo che afferrò il giovane Capitano per il collo sbattendolo a terra. Nel tentativo di liberarsi dalla presa si lasciò sfuggire le armi, trovandosi a poter contrattaccare solo con la forza fisica. Dagli arbusti uscirono fuori anche gli altri traditori con le spade sguainate che si lanciarono contro l’esercito il quale, visto quanto stava accadendo, si era gettato nella battaglia seguendo l’ordine del Generale Ireon. Dal cielo iniziarono a piovere frecce che i soldati scoccavano dai loro archi, i primi nemici cadevano a terra tramortiti prima di riuscire a colpire a loro volta quelli che li stavano attaccando. L’aria era densa di urla e grida sia di incitamento che di straziante dolore. Nella confusione il giovane Capitano era riuscito a liberarsi mettendosi all’inseguimenti di quel brutto ceffo che lo aveva quasi soffocato. Correva fra la fitta vegetazione forte della sua grande preparazione fisica che gli permetteva di controllare la fatica e trovare sempre nuove energie, correva senza sosta fino a che raggiunse la sua “preda” sul ciglio di un burrone. Rimaterializzò la sua arma fra le mani, tese l’arco dalla corda di luce, prese una freccia la cui punta era anch’essa di luce, pronto per scoccarla e trafiggere mortalmente quel ribelle. Ma questi, pur di non soccombere, preferì saltare nel burrone e rotolare fra le sterpaglie sperando in una rocambolesca fuga che gli salvasse la pelle. Il giovane Capitano non si fece cogliere di sorpresa e lo seguì. Dopo un relativamente breve inseguimento il ceffo si trovò con la strada sbarrata da un’alta parete rocciosa e comprese che ormai era spacciato. Si voltò verso quello che sarebbe stato il suo assassino, si tolse l’elmo e lo fissò negli occhi: voleva fargli capire di non aver paura della morte, che il coraggio era parte della sua persona e che si sarebbe battuto fino all’ultimo respiro. Il Capitano fece qualche passo nella sua direzione tenendo sempre la punta della freccia in posizione di attacco.
Ed accadde l’inspiegabile: guardando il nemico fisso negli occhi sentì qualcosa muoversi nel petto. Davvero la gloria di cui avrebbe goduto uccidendo quell’individuo era ciò che voleva? Negli occhi del nemico scorgeva il coraggio di portare fino in fondo ciò per cui aveva lottato, scorgeva la fierezza di chi crede strenuamente in un qualcosa di grande senza la paura di perdere la vita. Lui per che cosa stava lottando? Per difendere la sua città, era ovvio, ma principalmente lo stava facendo per obbedire agli ordini impartiti dai suoi superiori, fra cui suo padre. Era veramente quello lo scopo della sua esistenza? Voleva invecchiare, ammesso che gli fosse stato concesso, eseguendo gli ordini dei superiori o impartendone agli eventuali sottoposti? Quello davanti a lui era un ragazzo che poteva avere pressappoco la sua età, aveva un senso ucciderlo? Perché quel suo coraggio e quella sua determinazione lo avevano colpito così profondamente da farlo vacillare?
“Allora Capitano, che aspetti? Uccidimi!”
Teneva l’arco teso pronto a scoccare la freccia mortale, ma qualcosa lo bloccava.
“Hai paura, Capitano?” Piegò l’angolo delle labbra. “I miei complimenti, te li meriti tutti.” Lo scherniva sfacciatamente. “Dimostrami quanto vali scoccando la tua freccia, coraggio! Tu combatti per eseguire gli ordini che gli altri tuoi superiori ti impartiscono, non hai mai fatto nulla perché eri tu a volerlo, te lo leggo negli occhi. Uccidimi pure, io non ho paura di morire!” Gli porse il petto dove pulsava il suo cuore. “Coraggio, scocca la tua freccia e conficcala qui! Io muoio da uomo libero, ho scelto di combattere contro quel tiranno di Kipsoron per puro amore della libertà e dell’onestà!”
Quelle parole lo avevano paralizzato, i suoi muscoli si rifiutavano di obbedire e dunque di scoccare la freccia letale per quel ragazzo. Non aveva mai visto tanto ardore come in quell’occasione e mille dubbi si erano insinuati nella sua mente al suono delle parole libertà e onestà. Sapeva che il re aveva compiuto azioni molto discutibili, ma stando a ciò che gli era stato inculcato sin da piccolo, lui poteva in quanto sovrano infallibile e perfetto. E se invece….
“Figlio mio!”
“Padre….”
“Muori!!” Il ribelle si gettò sul giovane Capitano con la spada sguainata pronto a infilzarlo ma in un lampo il generale Ireon lo trafisse con una delle sue frecce lasciandolo tramortito a terra, dal suo petto trafitto un rivolo di sangue scorreva andando ad imbrattare la sua inutile armatura ed il selciato sottostante.
“E’ …. È morto.”
“Certo che è morto! Lui e tutti quei maledetti non meritano altro!” Ripose l’arco nel fodero con le altre frecce. “E tu mi devi spiegare perché non l’hai ucciso!” I suoi occhi erano iniettati di sangue.
“Padre, io…. Io non potevo farlo.”
“Era un ordine! Tu dovevi ucciderlo!”
“Ma lui era un ragazzo come me!”
“Silenzio! Lui era solo e soltanto un ribelle traditore!” Nella voce del generale si stava alzando una bufera. “Tu devi eseguire gli ordini dei tuoi superiori, quello che secondo te è giusto o sbagliato non ha alcuna importanza, vuoi capirlo o no?!”
Il ragazzo chinò la testa.
“Sei una delusione, ho riposto tutte le mie speranze in te, ho fatto di tutto per farti diventare un guerriero forte e valoroso, non posso accettare che tu ti faccia ridurre così, tu devi essere un uomo vero, sprezzante del nemico e fedele al tuo sovrano e ai tuoi superiori. Per questo ti ho cresciuto! Per questo!” Strinse un pugno e lo sbatté con violenza sul tronco dell’albero lì vicino, rovinandone vistosamente la corteccia. “Non per interagire col nemico che invece devi odiare fino alla morte!”
“Io… vi chiedo perdono….”
“Il perdono è da codardi!”
“Padre….”
Si avvicinò a lui prendendolo per il collo e sbattendolo violentemente a terra. “Meglio morto che vivo e vigliacco.”
“Ma padre, cosa…”
Lo lasciò, poi sguainò la spada pronto a colpirlo dritto alla gola e si avventò con violenza su di lui. Fortunatamente il ragazzo riuscì a schivare il colpo letale, forte della sua grande preparazione atletica, e rotolò giù per il ripido sentiero costellato di rocce appuntite e taglienti. Ben presto il suo corpo si ricoprì di dolorose ferite, nonostante ciò egli continuò a correre poiché sapeva bene di avere il padre alle calcagna e sapeva altrettanto bene che, qualora lo avesse raggiunto, sarebbe stata la fine.
Trovò riparo in una stretta fenditura alle pendici della Rocca di Vrakos, uno dei luoghi più mistici dell’intero pianeta e si mise seduto per riprendere fiato.
In quel momento l’Astro iniziò a tramontare dietro l’orizzonte mentre Somasur lo eclissava quasi totalmente.
Il Capitano osservava con ammirazione e speranza quello spettacolo naturale, poteva davvero essere l’ultima sua visione. Poi, all’improvviso, sentì un fortissimo calore sprigionarsi dal suo petto e nella sua mente visualizzò per alcuni istanti l’immagine che da circa un mese tormentava il suo sonno: un uomo vestito di bianco con una corona in testa e uno scettro nella mano destra. Questi stese il braccio come a volerlo sfiorare e fu allora che il Generale Ireon scovò il figlio. Contemporaneamente l’eclissi dell’Astro raggiunse il suo culmine, una nuvola di polvere luminosa ed accecante avvolse il ragazzo che scomparve senza fare rumore, lasciando il genitore a bocca aperta: il Capitano era scomparso nel nulla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Buon pomeriggio a tutti!
Non avete idea di quanto sia stato duro e difficile stare lontana da questo sito come autrice!
Purtroppo, e alcuni di voi lo sapevano, durante l’estate non ho avuto l’opportunità di scrivere e pubblicare storie per vari motivi che non sto ad elencarvi. Ora invece sono pronta a ripartire alla grande (almeno spero) e dunque eccomi qua per proporvi una storia nuova di zecca, portandovi a scoprire un mondo al di fuori della nostra Terra, un gruppo di ragazzi alla ricerca della verità sull’esistenza degli alieni e sull’origine dei cerchi nel grano e molto altro ancora……
Di cosa si tratta?
Beh, leggete e lo scoprirete!
Dovrei riuscire ad aggiornare con una cadenza di dieci-quindici giorni, spero di essere puntuale e di ritrovare i miei cari vecchi lettori (è un sempre un enorme piacere interagire con loro) e di conoscerne  di nuovi.
Grazie a tutti quelli che mi hanno aspettata e a presto. Buona Lettura!
 
Un Abbraccio
 
La Luna Nera

 

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Capitolo 2
*** L'eclissi di sole ***


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PIANETA TERRA
PIU' O MENO CONTEMPORANEAMENTE!

 

 

“Dai, sbrighiamoci!”
“Aspettatemi, cavolo! Non riesco a correre con tutta questa roba in mano!”
“Non sono io che ho voluto portare dietro la cucina al gran completo, due panini erano più che sufficienti.”
“Lo so, però mi sembrava carino portare qualcosa da mangiare. Che c’è di male se ho portato un dolcino?”
“Le torte fanno ingrassare, ve l’ho detto un miliardo di volte. Volete diventare dei barilotti?”
“Bah, ho fatto diete su diete ma la ciccia si trova talmente a suo agio nel mio corpo che non ha la minima voglia di andarsene.”
“Io non ho di questi problemi.”
“Dai che siamo arrivate…. Manuel! Siamo qui!”
“Alla buon’ora! Se tardavate dieci minuti vi sareste perse lo spettacolo.”
“E’ colpa di tua sorella e della sua torta.”
“Beh? Adesso ci siamo e non abbiamo fatto tardi.” Melissa si mise seduta dopo aver poggiato in terra il cestino. “E’ tutto pronto?”
“Sì. I filtri solari sono ok e qui nel computer vediamo l’immagine del sole in tempo reale.”
Manuel si era preparato da tempo per assistere all’evento del secolo: un’altra eclissi totale di sole visibile dalla loro latitudine ci sarebbe stata solo fra 147 anni. Aveva organizzato un pic-nic nel grande prato poco distante da casa sua invitando gli amici per poter condividere con loro quello spettacolo celeste che fra poco si sarebbe presentato ai loro occhi. Aurora aveva esitato moltissimo, proprio quel pomeriggio il sole doveva eclissarsi? Perché non al mattino quando in TV non veniva trasmesso il suo talent show preferito? Sbuffò, passò una mano fra i capelli per sistemarli e si mise seduta in attesa di quel fantomatico evento. Teresa e Melissa osservavano con attenzione le immagini trasmesse sul monitor del computer di Manuel, ci capivano poco di pianeti e stelle, tuttavia tentavano di seguire con attenzione quanto stava per accadere. Poco più in là Eva stava terminando di fumare una sigaretta insieme a Nico, il suo ragazzo; Simone, Giulio e Cristiano parlottavano fra di loro dei soliti argomenti da uomini.
“Raga, ci siamo!” Manuel richiamò l’attenzione degli amici perché la sagoma scura della Luna stava iniziando a frapporsi fra la Terra ed il Sole oscurandone gradualmente la potente luce. L’aria si fece strana, a tratti quasi irreale, il vento si placò all’improvviso ed il canto degli uccelli che aveva accompagnato la loro scampagnata fino a quel momento, cessò di colpo.
“Ecco….” Manuel era totalmente preso dall’evento.
All’improvviso il Sole scomparve e al suo posto c’era un buco nero contornato da una corona luminosa che espandeva i suoi raggi nel cielo tornato scuro e punteggiato di stelle. Un brivido corse lungo la schiena dei presenti e quella strana sensazione non era dovuta al brusco calo di temperatura causato dal ritorno della notte, bensì dalla meraviglia mista ad un pizzico di terrore nell’assistere ad un tale avvenimento. Il Sole eclissato era piuttosto basso sull’orizzonte e Manuel non si stava perdendo un solo istante dell’evento fantastico che ammirava, fotografava senza sosta ogni attimo per rendere immortale quello spettacolo celeste che non avrebbe mai più rivisto in vita sua.
“Impressionante.”
“A me non sembra affatto.” Sbottò Aurora. “Vi esaltate in questo modo per una semplice eclissi? Difettate largamente di buon gusto.”
Nessuno badò alle sue parole, neanche Manuel che nonostante avesse un debole per lei, era troppo concentrato sull’evento.
Nel giro di un paio di minuti la Luna, proseguendo nel suo cammino celeste, smise di oscurare la luce solare che tornò all’improvviso e con prepotenza a splendere nel cielo. Le stelle si spensero e il blu mutò rapidamente in celeste facendo tornare il giorno, gli uccelli ripresero a cinguettare e a volare come se niente fosse accaduto.
“Mai visto niente di più spettacolare!” Esclamò Giulio ancora rapito dall’emozione dell’eclissi.
“Già, neanche la finale degli Europei di calcio è stata più figa. Beh, forse non proprio… “ Si corresse Cristiano, per lui nel mondo esisteva solo il pallone, ne era quasi succube, tanto da essersi guadagnato il soprannome di Cierre, come il suo quasi omonimo ed indiscusso idolo Cristiano Ronaldo, il fuoriclasse del Real Madrid.

“Ehi Manuel, guarda qua.” Melissa mostrò al fratello ciò che aveva ripreso con il suo smartphone pochi istanti dopo l’inizio dell’eclissi: il cielo buio era stato attraversato da una strana scia di luce molto simile a quella lasciata dalle stelle cadenti. Stranamente però il presunto nucleo presentava delle dimensioni piuttosto grandi per essere una comune meteora e la stessa scia aveva impiegato un po’ più del normale nel dissolversi. “Secondo te che cosa può essere?”
Il ragazzo osservò più volte il breve filmato ottenuto dalla sorella. “Non saprei, la risoluzione non è delle migliori.”
“Ovvio.” Esordì Aurora. “Ha un telefono antidiluviano, fa letteralmente pena. Di’ un po’, cara, lo hai acquistato al mercatino dell’usato?”
Nessuno le rispose, tanto erano presi da quel filmato: effettivamente presentava qualcosa di insolito oltre che di affascinante.
“Lasciami indovinare.” Proseguì lei. “Ora te ne esci con l’ufo!”
Manuel detestava quando qualcuno lo prendeva in giro per la sua convinzione sull’esistenza della vita aliena, anche se quel qualcuno era Aurora.
“E se così fosse?” Restituì lo smartphone alla sorella, dopo aver trasferito quelle immagini sul pc, rimettendosi seduto di fronte al computer visibilmente seccato.
“Mhm, sentite….” Esordì Melissa. “Volete assaggiare una fetta di torta?”
“Oh sì, molto volentieri!” Cierre non se lo fece ripetere due volte ed accettò con piacere la sua porzione, così come fecero gli altri.
“Aurora, ne vuoi un po’?”
Questa osservò quanto era rimasto nel contenitore con aria quasi schifata. “Che roba è?”
“Una semplice torta con gocce di cioccolato.”
“Ed è buonissima, credimi.” Sottolineò Giulio.
“Il cioccolato fa ingrassare.” Sentenziò la ragazza passando sulla sua silhouette con la mano. “E vi lascio l’onore ben volentieri.”
“Fa’ come vuoi. Se davvero il cioccolato fa ingrassare, morirò grassa ma con la soddisfazione di averne mangiato.” Rispose Teresa con evidente disappunto.
Manuel prese una fetta di torta e tornò a sedersi davanti al computer, riaprì il file per visionare nuovamente il filmato realizzato dalla sorella mentre il sole era quasi del tutto scomparso dietro l’orizzonte. Ingrandì le immagini per studiare al meglio ogni dettaglio e, dopo un’attenta analisi, trovò effettivamente qualche cosa di strano.
“Non mi convince, non mi convince affatto.”
“Che cosa?” Teresa si avvicinò a lui.
“Dai un’occhiata a quello che dovrebbe essere il nucleo della meteora.” Ingrandì ulteriormente il fotogramma. “Vedi che c’è qualcosa di scuro? Non si tratta del nucleo, credimi, sarebbe luminosissimo a causa della combustione generata dall’attrito con l’atmosfera terrestre. Anche se la risoluzione delle immagini non è ottimale, qui c’è davvero qualcosa che non quadra.”
“Dai, dillo!” Lo sbeffeggiò Aurora. “E’ il tuo adorato ufo!” Si mise a ridere.
Quelle risate lo ferivano pesantemente, tuttavia il ragazzo preferì tacere tenendosi dentro tutto quello che avrebbe voluto risponderle.
“Aspetta un attimo….” Teresa aveva osservato con interesse le altre fotografie dell’eclissi che scorrevano sul monitor una volta chiuso il file del filmato. “Guarda questa immagine.” Indicò una delle foto scattate attraverso il telescopio: mostrava il sole quasi totalmente eclissato che iniziava  a calare dietro le colline circostanti. Proprio sul crinale di queste si notava la sagoma scura di un individuo, non era possibile carpirne eventuali dettagli a causa della fortissima luce proveniente dal sole, nonostante ciò il suo abbigliamento appariva inconsueto.
“Ma chi è questo qui?”
“Non ne ho idea, sembra avere delle spalle enormi e…. cos’è quella secondo te? Una gonna?” Chiese Teresa ingrandendo ulteriormente l’immagine.
“Boh…. ” Manuel non sapeva cosa rispondere. “Così, a prima vista, ti direi che sembra un’armatura ma…”
“Fa’ vedere.” Aurora si intromise fra i due. “Macché gonna e armatura! Non lo riconoscete?” Rise divertita. “E’ Gino! E’ quell’ometto che abita dietro le colline, quello che alleva i maiali e riempie di puzza tutta l’aria del paese!”
“A me non sembra.” Ribatté Teresa.
“Perché non sei un’attenta osservatrice, mia cara.” Si mostrò sicura di se stessa. “Io non sbaglio mai e se ti dico che quell’individuo è l’allevatore di maiali, sta’ pur certa che lo è davvero.”
“Sarà….” La ragazza non era affatto convinta e riportò l’attenzione sull’immagine che pure per Manuel presentava qualcosa di anomalo.






 

Buon venerdì a tutti!
Permettetemi di ringraziare tutti coloro che hanno dedicato un po’ del loro tempo al primo capitolo della storia, in particolare i recensori.
Quello che vi propongo oggi è una sorta di secondo prologo: ci introduce infatti nel contesto in cui si svolgerà gran parte della vicenda, cosa che qualcuno di voi aveva già intuito. Naturalmente torneremo anche sul pianeta Hilon, per il momento però stiamocene con i piedi sulla nostra Terra.

Grazie a tutti quelli che stanno leggendo queste parole, vi auguro un buon fine settimana e al prossimo appuntamento (che sarà fra 10-15 giorni).

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 3
*** Il nuovo ragazzo di Aurora ***


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TRE MESI DOPO

 




 

“Allora…. Sentite questa. Ci sono tre venditori che stanno facendo a gara per dimostrare di essere il migliore della categoria. Il primo dice: Io sono molto più in gamba di voi due messi assieme! Figuratevi che sono riuscito a vendere una stufa a pellet con tanto di 20 quintali di combustibile ad un capo tribù nel cuore dell’Africa!”  Il secondo ribatte: Puah! Stupidaggini! Io ho concluso un contratto di fornitura di cinquanta freezer ad un villaggio di Eschimesi della Groenlandia!” Il terzo invece se la ride di gusto scuotendo la testa. “Poveri illusi, sono io il migliore. La settimana scorsa ho venduto un orologio a cucù ad un carabiniere.”  “E dunque?”  “Assieme gli ho venduto anche due quintali di mangime!”

Giulio era un grande barzellettiere, difficilmente ci si annoiava in sua compagnia e quel pomeriggio, al bar dell’Archer’s, stava scorrendo in modo piacevole e divertente. L’estate stava per esplodere ed era piacevolissimo trascorre le ore del tardo pomeriggio in compagnia. Fra l’altro il loro luogo  di ritrovo era un affermato Club di Tiro con l’Arco, attività forse inusuale ma dal grande fascino.
“Giulio, ne hai un’altra?”
“Certo, ma questa è per adulti.”
“Sono tutto orecchie.”
“Ok, dunque…. C’è un tizio che sta guidando il suo furgoncino lungo una strada di campagna. Ad un tratto vede una suora e……”
“Buonasera a tutti!”  Aurora si presentò interrompendo Giulio senza tanti complimenti. Assieme a lei c’era un ragazzo, mai visto prima, alto quasi due metri. “Ci fate un po’ di spazio per sederci?”
“Certo.” Cierre si spostò e permise ai due nuovi arrivati di prendere posto.
“Lui è il mio nuovo ragazzo.” Non appena accomodatasi, Aurora lo presentò agli altri, lanciando sguardi ben mirati a carpire gocce di invidia negli occhi delle ragazze. Che però non scorse. “Loro sono Nico ed Eva, i piccioncini innamorati, lui è Cristiano che preferisce farsi chiamare Cierre come quel figaccione di Cristiano Ronaldo; Giulio, capace solo di raccontare barzellette stupide, Simone che è noioso ed apatico come il TG, Manuel con i suoi alieni …gli concedo solo la passione per la musica di Vasco Rossi. Poi ci sono le irrecuperabili: Teresa e Melissa.”
“Mhm” Mugugnò Teresa. “Ci hai presentati tutti molto bene, grazie tante!”
Lui non badò a nulla e sorrise cordialmente ai nuovi amici.
“Ciao a tutti, mi chiamo Orion, lieto di conoscervi.”
“Il piacere è tutto nostro.” Giulio strinse cordialmente la mano al nuovo arrivato che sembrava quasi meravigliato da quel gesto. “Allora Orion… Hai un nome non particolarmente comune. I tuoi devono essere ricchi di fantasia, ho indovinato?”
“Ehm…. Già, è proprio così.”
“Sei nuovo di queste parti?”
“Esatto. Vivo qui da tre mesi circa.”
“E che cosa fai? Studi? Lavori?”
“Io…“ Sembrava non saper rispondere e guardava con leggero nervosismo misto ad imbarazzo tutti gli altri. “Io sto…. All’Accademia Militare.”
“Eh? Accademia Militare?”
Stupore.
“Mai sentita. Dove si trova?”
“Oh, ragazzi, basta!” Sbottò Aurora. “Basta con questo interrogatorio!”
“Scusate, ci faceva piacere conoscere il nostro nuovo compare…”
“E’ semplice, cari i miei impiccioni: lui è il mio soldato ed io la sua dolce principessa indifesa.”
Gli altri risposero semplicemente con un silenzio piuttosto eloquente, mentre Orion si limitò ad un sorriso imbarazzato.
Dopo alcuni istanti Aurora incominciò di nuovo a parlare. “Se siete così curiosi, vi racconterò io tutto quanto. Ci siamo incontrati un paio di settimane fa e da allora lui non è più stato capace di starmi lontano.”
“Beh, non proprio, però….” Il breve commento di disappunto del ragazzo fu prontamente interrotto.
“Sapete, l’ho incontrato proprio la sera stessa in cui è terminato “Tomorrow’s Talents” con la vittoria dei miei adorati Sombreros. Hanno detto che era già disponibile il loro primo album, così l’ho scaricato immediatamente dall’app del programma TV e poi sono uscita perché la memoria dei mio phone non era più sufficiente. Sapete, i miei selfie sono tantissimi e non posso assolutamente cancellarli, neanche quando li ho già postati sui social perché…..” Aveva notato il calo di attenzione nei suoi confronti da parte del gruppo di amici. “Che c’è? Vi sto annoiando?”
Un imbarazzante silenzio cadde su tutti loro: non erano annoiati, erano annoiatissimi. Aurora pareva un registratore quando iniziava a chiacchierare lodando se stessa, la sua bellezza e tutto ciò che sapeva o credeva di saper fare. “Beh? Che c’è? Non v’interessa sapere come ci siamo incontrati?”

Silenzio.

“Ehm….” Eva provò ad emettere una sillaba utile a spezzare l’imbarazzo. “Io l’avevo letto sul tuo profilo social….”
“Ah, capisco.” Aurora postava praticamente ogni secondo della propria vita. “Quindi avete altro da fare piuttosto che ascoltare me?”
“A dire il vero…” Esordì Cierre. “Stavamo pensando di fare una piccola partita di tiro con l’arco prima che voi arrivaste qua.” Cosa assolutamente falsa, ma molto più interessante delle sue imprese da conquistatrice.
“Ah.” Aurora era delusa, pensava di essere più importante di arco e frecce.
“Orion, ti va di unirti a noi?” Nico sorrise invitando l’ultimo arrivato.
Lui parve colpito da tale proposta. “Io…. Non so se….”
“Il tiro con l’arco è da poppanti stupidi, non ci interessa.”
“Scusa, ti spiace se è lui a rispondere?” Nico si alzò sempre rivolgendosi ad Orion. “E’ divertente, se non hai mai provato prima d’ora possiamo darti qualche dritta. Anche noi abbiamo imparato da quando hanno aperto questo centro.”
Il ragazzo sorrise.
“Tutti avete imparato?” Aurora ridacchiò. “Tutti tranne Melissa! Lei sarebbe capace di mancare un elefante rinchiuso in una stanza. Se deve colpire un bersaglio di fronte a lei, ti consiglio di dartela a gambe perché potrebbe infilzarti anche se ti trovi dietro di lei.”
“Hai finito?” Melissa era abituata ad essere sbeffeggiata dall’amica (o presunta tale), tuttavia la cosa, a lungo andare, iniziava a farsi pesante.  Si alzò unendosi agli altri, lasciando i due seduti al tavolino.
“Inizio io!” Simone si avvicinò al campo di gara dopo aver scelto arco e frecce fra quelli offerti dal club. Si posizionò a circa 15 metri dal bersaglio, impugnò “l’arma”, si mise in posizione di tiro prendendo la mira con grandissima concentrazione e, quando si sentì pronto, scoccò la freccia.
“Ottimo!” Confermò Nico. “Un tiro da 80.”
“Al prossimo faccio centro.” Sentenziò Simone con una piccola punta di delusione.
“Adesso sta a me.” Eva si portò sul campo di gara, mentre Giulio e Cierre andarono al bar per acquistare da bere per tutti. Notarono Aurora ed Orion ancora seduti al tavolino, con lei impegnatissima nella realizzazione di selfie su selfie, alcuni dei quali in compagnia del ragazzo. Questi non pareva troppo entusiasta di tutti quegli scatti, la assecondava in silenzio per evitare battibecchi e discussioni.
“Birra, fratello?” Giulio porse una fresca bottiglia al ragazzo che, dopo un attimo di esitazione, accettò di buon grado.
“Vieni con noi al campo di tiro?”
“Sai, credo sia più interessante di ciò che si può fare standosene seduti al tavolo di un bar.” La battuta era indirizzata alla deliziosa compagnia di Aurora.
Orion piegò l’angolo destro della bocca, lanciò una velocissima occhiata verso la ragazza, poi decise di accettare l’invito e seguì i due amici verso il campo di tiro. Là si trovò gli occhi di Manuel puntati addosso, in essi c’era una non troppo celata rabbia. Questi stava seduto presso il limite del campo di gara in compagnia di Teresa e Melissa, mentre Cierre e Giulio, ai quali si era unito Orion, raggiunsero Simone, Nico ed Eva porgendo loro quanto acquistato al bar.
“Siete sicuri che la freccia sia più su 100 che 80?” Simone non era convinto dell’eccellente prova data da Eva.
“Certo.” Ribatté Nico. “Sono 100 punti, controlla tu stesso.”
La ragazza, complice l’assenza di vento, aveva scoccato e centrato il bersaglio, sorpassando così Simone in classifica. “Ti ho battuto, ammettilo!”
“Puah, la gara non è finita, posso sempre recuperare.”
Nico era molto divertito e schioccò un bacio alla sua ragazza come premio per l’ottimo risultato.
Chi non era altrettanto divertito, cioè, Manuel, se ne stava in disparte con le due ragazze. Mostrava grande insofferenza per l’improvviso arrivo di Orion a fianco di Aurora, non si capacitava del fatto che ancora lei non si era accorta di lui.
“Ragazzi, avete finito?” Proprio lei raggiunse il gruppetto di arcieri, appiccicandosi al suo ragazzo. “Tesoro, hai terminato di giocare a freccette?”
“Non ha manco sfiorato l’arco.” Cierre rispose. “Anzi, gli cedo volentieri il mio perché fra poco inizia la partita e non me la voglio perdere per niente al mondo.”
“La partita?” Chiese Giulio con meraviglia. “Il campionato è finito tre settimane fa!”
“E’ vero, ma ci sono le amichevoli estive delle squadre estere.” Sorrise al sol pensiero di gustarsi di nuovo il suo adorato calcio. “Ci vediamo!” E si diresse verso la sala TV, completamente deserta, per assistere al match.
Melissa e Teresa sorrisero sconsolate scuotendo la testa. Invece l’attenzione di Manuel fu catturata dal suono emesso dal suo cellulare che segnalava un messaggio. Doveva essere davvero importante perché i suoi occhi si erano incollati al display intenti nella lettura.
“Allora Orion…” Nico porse l’arco di Cierre al nuovo amico. “Tu hai mai scoccato una freccia prima d’ora?”
“Io….no…” Esitava tantissimo, sembrava aver timore di quell’oggetto.
“Taglia corto, Nico!” Si intromise Aurora. “Se non ha voglia, lascialo perdere. Sicuramente preferisce venire a fare shopping con me.”
Era l’esatto contrario di ciò che il ragazzo desiderava e, seppur con le mani sudate, accettò l’arco. Come lo impugnò, avvertì un fastidioso formicolio lungo le braccia ed iniziò a sudare.
“Ehi, fratello, tranquillizzati. “Giulio gli diede una pacca sulla spalla destra.
Orion si voltò, aveva quasi l’aria spaventata.
“Stai bene?”
“Non lo so….” Biascicò appena tre parole.
Provò poi a fare qualche passo verso la faretra per prendere una freccia e voltando lo sguardo in direzione del bersaglio, ebbe un lieve capogiro che lo costrinse a mettersi seduto. Scosse la testa passandosi la mano sulla fronte leggermente sudata, poi guardò di nuovo verso il bersaglio ed ebbe l’impressione di vedervi due strane luci. “Forse… forse è meglio che me ne vada.” Posò l’arco sulla panca e si alzò per andarsene.
“C’è qualcosa che non va? Vuoi una Coca fresca?” Aurora mostrò un minimo di preoccupazione.
“No, non mi va niente. Ho bisogno di un attimo di tranquillità.” E si incamminò verso l’uscita, ma fu bloccato dall’annuncio di Manuel.
“Ehi ragazzi, ci siamo! Stanno per arrivare! ”Si alzò di scatto con gli occhi sempre incollati al display del telefono.
“E ora che succede?”
 




 

 

 


Ciao a tutti!
E grazie per aver letto il terzo capitolo della storia.
Desidero ringraziare di tutto cuore tutti VOI che avete commentato i capitoli precedenti, sappiate che ho apprezzato tantissimo ogni singola parola e che il vostro supporto è per me un enorme stimolo ad andare avanti.
Allora…. Qui entra in scena un nuovo personaggio, cioè il nuovo ragazzo di Aurora: un tipo un po’ particolare, che ne pensate? E che ne pensate del finale? Che cosa avrà letto Manuel sul telefono?

Grazie a tutti e alla prossima.

Un Abbraccio

La Luna Nera

                                                                                                       

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Capitolo 4
*** Il cerchio nel grano ***




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“Che cosa c’è? Hai forse ottenuto un biglietto per il concerto di Vasco?”
“Quello l’ho già acquistato da cinque mesi.” Ribatté Manuel. Poi mostrò agli amici il telefono perché leggessero il messaggio ricevuto sul gruppo Whatsapp Alien Hunters  “Guardate qua: stanno arrivando.”
“Chi? Gli alieni?” Aurora scoppiò a ridere. “Ma per favore, possibile che tu creda all’esistenza dei dischi volanti e degli omini verdi con le antenne?!”
“Fa’ un po’ vedere.” Teresa era invece molto interessata. “Apparsi nella notte strani segni in un campo di grano alla periferia della città…..”
“I crop circle, noti anche come cerchi nel grano, hanno un’origine sconosciuta.” Spiegò il ragazzo. “I complottisti ritengono che siano opera dei governi per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi ben più seri, c’è chi li ritiene realizzati da burloni, ad ogni modo la maggioranza delle persone ritiene che siano stati creati da intelligenze extra terrestri.”
“E per quale motivo?” Aurora finse interesse. “Fanno le prove per tatuarsi?”
“Vogliono comunicare con noi.” Osservò in silenzio la foto inviatagli sul gruppo. “Il problema è capire il significato di questi pittogrammi.”
Orion, riavvicinatosi a piccoli passi, era rimasto in silenzio ed ascoltava con grande interesse ogni singola parola pronunciata da Manuel.
Melissa invece sbirciò nel telefono del fratello per vedere quella foto. “E questo cerchio dove sarebbe comparso?”
“Stando a quello che hanno scritto…dunque…. Sì, è il terreno di Gino, l’allevatore di maiali.”
“Bene!” Esclamò Nico. “Perché non andiamo a vederlo di persona?”
“Io non ci penso nemmeno.” Aurora incrociò le braccia. “C’è una puzza insopportabile laggiù e poi fra poco inizia TeenLovers, figurati se me lo perdo per vedere un campo di grano! Orion, vieni con me?”
Il ragazzo era rimasto immobile, sulla sua fronte cominciarono ad apparire piccole gocce di sudore, esattamente come se avesse paura di qualcosa. “No.” Si passò una mano fra i capelli. “Io voglio vedere questo cerchio nel grano. Posso venire con voi?”
“Certamente.”
“Ma…ma…”
“Ci sentiamo più tardi, va bene?” Sorrise ad Aurora. “Tu intanto vai pure a guardare la TV, sai che a me quel genere di telefilm non piace.”
E la lasciarono sola, mentre in lontananza si udì una sonora imprecazione di Cierre per una clamorosa traversa che, altrimenti, sarebbe stato un gol spettacolare.


Eva e Nico arrivarono per primi sul posto grazie alla moto del ragazzo, agile e veloce. Notarono immediatamente una discreta folla di curiosi intenta ad osservare dall’alto il misterioso cerchio apparso nel grano.
“Eccoci qua.” Teresa, Manuel, Simone, Giulio, Melissa ed Orion raggiunsero la coppia facendosi spazio fra i presenti.
“Wow…. E va bene così, senza parole.” Canticchiò Manuel sulle note del famoso brano di Vasco Rossi.
“Sinceramente non immaginavo potesse attirare così tanta gente”
“Già. Guarda laggiù invece.” Giulio indicò una piazzola poco distante. “C’è pure quello a vendere i panini con la porchetta! E’ chiaro che il genere va tantissimo.”
“Devo assolutamente scattare qualche foto.” Manuel prese il cellulare ed iniziò a scattare. “Devo andare anche più vicino.”
“Vengo con te.” Teresa si propose immediatamente di accompagnarlo.
“Aspettateci!” Nico ed Eva si unirono a loro, poi anche Simone e Giulio. Melissa era rimasta indietro per allacciarsi una scarpa e notò Orion fermo e immobile come una statua, con lo sguardo fisso sul disegno nel campo sottostante.
“Tu non vieni?”
Nessuna risposta.
“Orion, va tutto bene?”
Silenzio.
Quel ragazzo era piuttosto strano, silenzioso, quasi timoroso. Lo conosceva appena, eppure aveva la strana sensazione che non avesse tutte le rotelle a posto.
“Orion!”
Finalmente il ragazzo si voltò verso di lei.
“Oh, alla buon’ora!” Lo guardò con perplessità. “Scusa se te lo chiedo, c’è qualcosa che non va?”
“No, è tutto ok, non preoccuparti.” Riportò l’attenzione sul terreno sottostante. “Andiamo.” Si incamminarono verso il terreno. “Fai attenzione a non inciampare, il sentiero è accidentato.”
“Oh, non ti preoccupare, sto procedendo a piccoli pas….ops!” Melissa scivolò mettendo il piede su alcuni ciottoli levigati e si ritrovò fra le braccia di Orion che, prontamente, l’aveva salvata da un bel capitombolo.
“Stavi dicendo?” Il ragazzo trattenne la risata.
Lei aprì gli occhi e lo guardò fisso in viso, si sentiva le guance decisamente calde. “Io….stavo dicendo….ehm….” Si staccò da lui. “Grazie per avermi ripresa al volo. ” Si aggiustò rapidamente i capelli e si voltò dandogli le spalle, proseguendo stavolta senza incidenti, verso il terreno dove gli altri, assieme a frotte di curiosi, stavano ammirando quello strano pittogramma.  Il cerchio comparso nella notte non presentava un disegno particolarmente complesso: era composto da una circonferenza dal diametro apparentemente di quasi cinquanta metri, all’interno della quale ve ne erano altre quattro dalle dimensioni decrescenti man mano che ci si avvicinava al centro. Lì appariva una figura molto simile ad una stella con otto punte, altre due uguali stavano a destra e a sinistra, una leggermente più in alto ed una leggermente più in basso.
Era veramente sorprendente, ma non tutti la pensavano così.

“Ora mi dovete spiegare questa pagliacciata!” Gino, il proprietario del terreno, era su tutte le furie.
“Si calmi, per cortesia, e mantenga un certo decoro!”
“Non me ne frega un accidente! M’importa un cavolo se lei è il sindaco e quello il maresciallo dei Carabinieri! A me importa solo sapere chi mi ripaga il danno!”
“Ci penseremo con calma. Venga domani nel mio ufficio e ne parliamo, d’accordo?”
“Eh no, caro sindaco! Questa volta non mi fregate, né lei, né tutti i suoi assessori del cavolo! Il grano era pronto per la mietitura! Avrei ricavato un bel po’ di soldi! Ora chi me li dà? L’ufo?!”
“Suvvia Gino, le garantisco che per sei mesi non dovrà pagare alcuna imposta comunale, è contento?”
“No!” Incrociò le braccia dopo aver piantato il forcone nella terra. “Ho sempre pagato tutto quello che vi debbo fino all’ultimo spicciolo ed è ciò che continuerò a fare. Se lei mi sospende le imposte per sei mesi, me le richiede dopo con gli interessi! Voi politici siete tutti uguali, parlate, parlate, ma poi fate tornare i conti solo per voi. Io non ci sto.” Era determinato. “Anzi, le propongo io la soluzione migliore: lei ora sparisce dalla mia proprietà assieme ai suoi amici Carabinieri. Guai a voi se ci rimettete piede, terrò fermo il fucile da caccia solo se verrete a pagarmi ciò che avrei ricavato dalla vendita del grano. Sono stato abbastanza chiaro?”
“Tutto qui?” Lo schernì il sindaco. “Credevo volesse farci pagare i diritti d’autore.”
Gino afferrò di nuovo il forcone. “Ve li faccio pagare, sì, i diritti d’autore. Fuori la grana, sindaco, voglio 20 Euro per ogni foto che avete scattato!”

“Ehi, non è che ora devo versargli tutti i miei risparmi?” Manuel iniziava a preoccuparsi. “Meglio allontanarsi e tornare quando le acque si saranno calmate.”
“Ma no, dai. Guarda: li sta chiedendo solo alle autorità….che non sembrano propense all’esborso.”Osservò Teresa. “Credo ce l’abbia solo con loro, non con le altre persone presenti.”
“E’ vero.” Constatò Simone, notando inoltre l’allontanamento dell’ometto che sospingeva fuori dalla sua proprietà, con ben poco garbo, sindaco, assessori e militari dell’Arma. “Sentite, perché non proviamo ad entrare nel cerchio? Dicono si percepiscano strane sensazioni.”
Si avvicinarono con circospezione al cerchio più esterno, già c’erano altri curiosi, alcuni dei quali sembravano in meditazione all’interno delle stelle (o quello che erano). Come misero piede sul grano piegato, ecco verificarsi la prima stranezza. “E’ completamente scarica, com’è possibile?” Teresa osservava l’indicatore della batteria del cellulare che segnava uno zero spaccato. ”Fino ad un attimo fa era al 75%!”
“Stessa cosa.” Anche lo smartphone di Giulio era completamente scarico.
“Ci sono fortissimi campi elettromagnetici qua dentro, è chiaro.” Manuel osservava con interesse ogni dettaglio. “Altrimenti questi fenomeni non avrebbero luogo.” Si piegò a controllare gli steli piegati del grano sfiorando con le dita i punti in corrispondenza dei nodi. “Sono esplosi.”
“Cosa?” Gli altri si avvicinarono mossi dalla curiosità.
“Guardate: da qui è uscita l’acqua presente nelle piante provocando una sorta di esplosione.”
“No, aspetta…. Non ho capito.”
Manuel si alzò. “All’interno di tutte le piante è presente dell’acqua ed il grano non fa certo eccezione. Essa è stata esposta ad un rapidissimo aumento della temperatura e si è mutata in vapore: essendo queste piante ormai giunte a maturazione, presentano le fibre piuttosto indurite e  permettono al vapore di fuoriuscire solo creando dei piccoli crateri in corrispondenza dei nodi.”
“E secondo te che cosa può aver causato tutto questo?”
“Sicuramente non è opera di qualche burlone, altrimenti questi nodi risulterebbero solo piegati. E’ una forza esterna e molto potente, simile all’energia dei forni a microonde, i quali riescono a riscaldare le pietanze dall’interno.”
“Allora è stato l’ufo.”
“E chi può dirlo?”
“Sentite, stasera ci vediamo al bar dell’Archer’s e ne parliamo. Adesso voglio trasferire le foto sul mio pc ed ingrandirle per studiarle meglio.”
Manuel uscì dal cerchio seguito da Teresa e da tutti gli altri. Come ne furono all’esterno, tutti i cellulari ripresero a funzionare come prima.






 

 

 

 


Ciao a tutti!
Devo confessarvi che, oltre al tempo sempre (o quasi) limitato, ci si sono messi pure i computer di casa mia: il mio portatile se n’è andato lo scorso Natale, ne abbiamo acquistato un altro che devo però condividere con i miei familiari (e quindi non sempre posso usarlo) e dunque utilizzavo prevalentemente il PC fisso, con il quale potevo pubblicare con l’impaginazione che preferivo. Cos’è successo? Defunto pure quello! Insomma, sembra ci sia qualcosa che non vuole farmi andare avanti…. Giuro che appena mi sarà possibile, rimetterò le mani sui capitoli pubblicati in precedenza per proporveli come avrei voluto.
Detto questo, ecco il contenuto del messaggio ricevuto da Manuel alla fine del capitolo precedente: è comparso un cerchio nel grano. Se qualcuno non ne sapeva molto, spero di aver dato informazioni chiare e complete… Ovviamente su chi li possa aver realizzati non so dirvi tanto, non lo sanno neanche gli esperti. Il cerchio comparso sarebbe quello che ho realizzato per il banner e che, per i problemi di cui vi ho detto, non risulta visualizzato troppo bene.
Prima di salutarvi, permettetevi di ringraziare ancora una volta tutti i lettori e recensori. Un abbraccio particolare a Emmastory che, immagino, sia immersa nello studio. Tieni duro, ti aspettiamo!

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 5
*** Nuovi cerchi, strane luci ***


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ORE 21:00    BAR DELL'ARCHER'S



 

“Ve lo giuro, quella era da denuncia per atti osceni in luogo pubblico!” Aurora stava raccontando ciò che aveva visto mentre, assieme ad Orion, raggiungeva il bar. “Quella balenottera superava sicuramente i novanta kili di peso! Un ammasso di lardo disgustoso!”
“Scusa, non ho capito, eravate in una pescheria o in una macelleria?”
“Giulio, non fare il cretino! Eravamo semplicemente per strada!”
“E che cosa c’era? La sagra del maialino?”
“Ah, ah, ah…Spiritoso.” Gli rivolse una smorfia senza troppi complimenti. “Tu dici così perché non capisci nulla di bellezza.”
“Oh, allora illuminami d’immenso.” Finse interesse.
“Sto parlando di una cicciona inguardabile! Indossava dei leggins ed una maglietta corta, era da denuncia!”
“E perché?”
“Perché?! Una che pesa quasi un quintale dovrebbe indossare il burqa e coprirsi completamente, mica andar fuori con i leggins! Anzi, si sarebbero dovuti rifiutare di venderglieli.”
“Oh, adesso capisco. E a te invece è permesso tutto, vero?”
“Ovvio. Mica vorrai insinuare che la sottoscritta è grassa?” Si alzò in piedi per farsi ammirare. “Ho le curve nei punti giusti, potrei fare la modella ad occhi chiusi.”
“E allora perché non ci provi?”
“Sarebbe troppo facile per una come me.”
“Ah…. E cosa te lo fa pensare? Voglio dire, certe tipe per arrivare al successo sono dovute scendere….. a compromessi.”
“Se mi vesto come dico io, quei produttori pieni di soldi sgancerebbero assegni su assegni per me.”
Calò il silenzio e la cosa riguardò in particolare Orion. Era un tipo piuttosto taciturno, ma quella sera si era limitato appena a salutare gli amici e parve non dar peso alle parole di Aurora.
“Domani vado al centro commerciale, ho visto un paio di magliette carinissime, poi devo trovare delle scarpe da abbinarci, mica posso indossare queste qua! E dopo….”
Nessuno la considerava. Melissa aveva notato il nervosismo di suo fratello crescere attimo dopo attimo, lo aveva capito da come osservava il telefono scorrendo le foto con le dita ed il suo piede sinistro che si muoveva su e giù incessantemente.
“Manuel.” Inaspettatamente fu Orion ad interrompere le chiacchiere di Aurora. Attese che l’attenzione del ragazzo fosse rivolta su di lui. “Hai novità sul cerchio nel grano?” Pose la domanda con voce bassa.
“Sì.” Depose il telefono sul tavolino. “Ho fatto alcune ricerche sul web ed ho scoperto che in altre parti del mondo sono apparsi altri cerchi uguali a questo.”
“Dici sul serio?”
“Sì, osservate.” Mostrò le immagini che dimostravano la veridicità delle sue affermazioni.” Sono apparsi prevalentemente in Europa e nel Nord America, e tutti a partire da tre mesi fa.”
“Cosa può significare?”
“Io non lo so proprio. I ricercatori del settore, noti come cereologi, sostengono si tratti di messaggi dallo spazio. Il problema è che ancora non li sappiamo interpretare.”
“Stanno cercando qualcuno.” Affermò Orion che si calamitò l’attenzione di tutti addosso.
“Tu dici?”
“Certo. Riflettete un attimo: quando avete perso qualcosa, tappezzate la città con manifesti che mostrano l’oggetto o l’animale smarrito. Loro stanno cercando qualcuno che si trova su questo pianeta utilizzando questi cerchi come fossero dei manifesti.”
“Il ragionamento non fa una grinza.”
“Già….Ma chi sono Loro?”
Orion non rispose, si alzò da sedere e raggiunse il bancone del bar per acquistare una bottiglietta di acqua fresca.
“Ragazzi, questa è la volta buona. Prima di andare al concerto di Vasco riuscirò a fotografare una vera navicella aliena.” Manuel ne era certo ed osservava quelle foto sul telefono ripensando alle parole di Orion.
Aurora raggiunse il suo ragazzo, scompigliandogli leggermente i capelli. “Tesoruccio, mi accompagni a casa?”
Il ragazzo guardò l’orologio. “Sono appena le dieci, a me non va di rincasare.”
“Suvvia, lo sai che dormire mi fa bene alla pelle. Vuoi che mi spuntino le rughe?”
Sospirò profondamente e, voltandosi, vide che anche gli altri si erano alzati. “Noi andiamo al campo di Gino ad osservare le stelle, hai visto mai? Potrebbe accadere qualcosa.”
“D’accordo. L’accompagno a casa e vi raggiungo.”
“Cosa fai tu?” Aurora era di tutt’altro avviso. “Tu mi accompagni a casa e poi vai a letto! Non pensare proprio ad uscire con loro!”
Evitò di risponderle e, prendendola per mano, si avviò con lei verso la sua abitazione. Tempo mezz’ora, aveva già raggiunto il sito, fermandosi nei pressi dell’altura da cui si dominava il campo di Gino, dove il cerchio nel grano sembrava brillare di luce propria. I ragazzi erano più in basso, proprio ai margini del cerchio più esterno, lui invece decise di restare qualche attimo in più da solo ad osservare. Ad un tratto gli parve di sentire dei passi provenire da dietro, voltandosi scorse un’ombra scura dirigersi verso di lui. Si portò dietro un arbusto che si trovava a qualche metro di distanza, giusto per sicurezza, continuando sempre a tenere d’occhio quella sagoma scura. La vide avanzare barcollando e, man mano che si avvicinava, riconobbe in essa delle movenze piuttosto familiari.
“Melissa?” Si scostò leggermente dal suo nascondiglio.
“Ma chi…Ah!” La ragazza sobbalzò nel buio, colta letteralmente di sorpresa.
“Scusa, non volevo spaventarti.”
“Orion? Sei tu?”
“Si.” Si passò la mano sulla nuca. “Tutto ok?”
“Insomma… Mi hai fatto prendere un colpo.” Teneva ancora la mano sul cuore. “Che ci facevi nascosto lì dietro?”
“Osservavo il cerchio, da questa posizione è bellissimo.”
La ragazza si voltò e dovette riconoscere di godere davvero di una vista spettacolare: non solo il cerchio sembrava brillare leggermente nel buio, ma tutta quell’oscurità che avvolgeva la campagna era resa surreale dal meraviglioso cielo stellato sovrastante. Non c’era la Luna e questo permetteva alla Via Lattea di essere ben visibile sopra le loro teste, come una cascata di stelle minuscole che attraversava il cielo. “Hai ragione, non lo avevo notato.”
“Tu cosa ci fai qui?”
“Avevo dimenticato il cellulare nell’auto di Simone e sono tornata a recuperarlo…. Ed ora mi è caduto di nuovo.”
“Oh, lascia che ti aiuti a cercarlo.” Estrasse dalla tasca dei pantaloni una piccola torcia con la quale, nel giro di poco, riuscì ad individuare l’oggetto dell’amica. “Eccolo qua.”
“Ti ringrazio tantissimo.” Lo recuperò dalle calde mani del ragazzo prima di incamminarsi giù per il sentiero.
“Aspetta.” Lui la raggiunse prendendola per mano.
Melissa sussultò a quel caldo tocco.
“Oggi hai rischiato di cadere ed arrivare nel campo a gambe all’aria, ora che è buio chissà che cosa potresti combinare….”
“Ah…” Tutta quella premura le stava scaldando il cuore più del dovuto. “Grazie, sei davvero gentile.”
Iniziarono a scendere facendo piccoli passi un poco alla volta, tuttavia ogni tanto la ragazza sentiva il bisogno di tenersi a lui. Aveva come l’impressione che sotto le sue vesti si nascondesse un fisico da palestrato, i muscoli delle braccia parevano molto sviluppati e nei suoi passi c’era una sicurezza ed un controllo davvero speciali. Tutti questi indizi le facevano pensare che anche Orion, come la maggioranza degli ex di Aurora, fosse il solito tipo tutto muscoli e poco cervello. Peccato, perché a differenza degli altri, lei lo trovava molto affascinante e nei suoi occhi dal colore indefinito vedeva un velo di mistero. Insomma, c’era stato un piccolissimo colpo di fulmine che forse era il caso di affossare prima di farlo degenerare. Orion era il ragazzo di Aurora e non c’era bisogno di aggiungere altro.
“Ecco, siamo quasi arrivati. Fai attenzione, qui c’è un fossetto.”
Aiutò la ragazza a passare il piccolo ostacolo e raggiunsero il resto della combriccola.
“Che mi sono persa?”
“Niente di niente.” Manuel sperava in qualche manifestazione paranormale.
“Dovremmo entrare nel cerchio, non credi?” Propose Simone. “All’esterno non accade nulla, le anomalie si registrano dentro.”
“Ok, allora andiamo.”
Come misero piede sulla circonferenza più esterna, due grandi fari si accesero dalla parte opposta, illuminando a giorno tutta l’area.
“Chi và là!” Una voce tuonò dalla medesima direzione. “Via dal mio grano, brutti bastardi!”
Udirono un colpo di fucile sparato in aria.
“Ora abbatto il vostro ufo, poi passo a voi!”
“E’ quell’imbecille di Gino! Ci ha scambiati per alieni! Via via via!!”
Se la diedero a gambe con il cuore in gola, un po’ per la paura di esser colpiti, un po’ per la comicità della situazione. Giunti in prossimità dello spiazzo in cui avevano parcheggiato auto e moto, si gettarono tutti quanti a terra per riprendere fiato fra una risata e l’altra.
“Quello è tutto scemo.”
Sentirono un altro sparo.
“Evidentemente non eravamo gli unici a voler vedere il cerchio.”
“Sparare a caso con il fucile mi sembra da incoscienti, se colpisce qualcuno passa dei guai seri.”
“Però noi ci siamo divertiti, non è vero?”
“Beh, diciamo che la serata è stata più movimentata del solito.”
“Domani sera propongo di restare all’Archer’s ed organizzare una tranquilla gara di tiro con l’arco fra di noi, che ne dite?”
“Andata!”
Seguirono vari secondi di silenzio, poi qualcosa accadde davvero.
“Ehi! Guardate lassù!”
Manuel indicò la zona del cielo compresa fra le costellazioni del Cigno, dell’Aquila e della Lira: c’era una luce rossa pulsante dalla quale si staccarono due sfere luminose più piccole, le quali si diressero a velocità supersonica proprio in direzione del terreno di Gino su cui era comparso il cerchio. I ragazzi erano ammutoliti da quanto stava accadendo davanti ai loro occhi, non altrettanto si poteva dire di Gino che prontamente sparò alcuni colpi in direzione delle sfere di luce che schizzarono via in un lampo, ricongiungendosi con la luce rossa che scomparve nel buio.
“Che diavolo erano?” Eva era stretta a Nico, entrambi tremavano.
“Era una navicella aliena, ne sono certo.” Manuel era elettrizzato al solo pensiero di riuscire a provare a se stesso e al mondo l’esistenza di vita extraterrestre.
Orion respirava appena: era solo terrorizzato?




 

 

 


Ciao a tutti!
Permettetemi di ringraziarvi di tutto cuore per come avete accolto la storia. A costo di essere ripetitiva, credo sia giusto dimostrarvi la mia più sincera gratitudine e mi scuso per il ritardo con cui ho risposto alle recensioni: di tempo ne ho poco mentre siete stati in tanti a commentare; la cosa mi onora e mi commuove (lo giuro), prometto di rispondere sempre a tutti, prima o poi ce la farò.
Detto questo, devo dirvi una cosa importante: spero nessuno si sia offeso per le parole che ho fatto pronunciare ad Aurora ad inizio capitolo. Esse non sono una mia invenzione, né tantomeno il mio punto di vista, si tratta invece del punto di vista, a mio avviso discutibile, di una tipa a cui devo tali espressioni e che non gode della mia simpatia. Niente dunque contro la ciccia, ognuno si deve vestire come meglio crede secondo me. Ce l’ho invece con chi si permette di criticare il mondo intero ritenendosi perfetto.
Termino qui, non voglio annoiarvi ulteriormente.
Grazie a tutti e buon week end!

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 6
*** Armonie celesti ***






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Erano trascorsi poco meno di dieci giorni da quella sera e nessuno ancora era tornato in perlustrazione presso il campo in cui era misteriosamente comparso il cerchio nel grano. Solo Manuel aveva tentato di avvicinarcisi per catturare immagini sia del pittogramma che di eventuali fenomeni anomali, soprattutto nelle ore notturne. Purtroppo per lui niente era accaduto e a complicargli l’esistenza, Gino, il proprietario del terreno, aveva mietuto il grano nonostante le intimidazioni di sindaco e giunta comunale. Malgrado tutto, qualche cosa era rimasto del cerchio poiché le spighe piegate non erano state rimosse dalle macchine agricole: queste infatti si fermavano ogni qualvolta Gino le indirizzava verso l’area dello strano disegno comparso dal nulla. In definitiva lui poteva aver vinto contro il Comune, ma non contro le forze misteriose che stavano all’origine del cerchio. E di forze misteriose all’interno di esso iniziava anche a parlarne l’opinione pubblica, in particolar modo quella appassionata di fenomeni inspiegabili. Infatti c’era chi sosteneva che, restando in meditazione all’interno del cerchio, si raggiungeva un equilibrio mentale sbalorditivo, vi si percepiva un senso di pace ed armonia capace di rigenerare corpo ed anima. Quello che, purtroppo per Manuel, non si percepiva era proprio la presenza di chi o cosa avesse dato origine al pittogramma. Ma lui non si voleva arrendere alla spiegazione dell’azione umana, così organizzò una passeggiata con annessa merenda nel campo di Gino nel tardo pomeriggio di una calda giornata di inizio estate.
“Allora, raga… Niente cellulari e niente macchine fotografiche, siamo d’accordo?”
“Non mi fai fare neanche un selfie piccolo piccolo?”
“No, Aurora. Oggi no, almeno finché stiamo qui.” Manuel era determinato. “Utilizzeremo solo oggetti che non emettono onde elettromagnetiche e non sono composti da elementi che possano produrle.”
“Quindi non mi permetti di seguire le partite…”
“Cierre, riesci a star lontano dal pallone per mezz’ora?”
“No, infatti me ne son portato uno. Raga, dopo ci facciamo una partitella?”
“Ad una sola condizione.”
“E sarebbe?”
“Se non accade niente, vada per la partita, altrimenti te lo puoi scordare.”
“Andata!” Cierre era convinto che sarebbe stato tutto noioso e monotono come le altre serate in cui si mettevano in osservazione di navicelle spaziali e dischi volanti.
Eppure nell’aria c’era qualcosa di diverso, il caldo vento estivo che aveva fatto respirare le campagne durante il pomeriggio cessò di spirare non appena i ragazzi posarono i piedi sul grano piegato del cerchio più esterno. Un brivido percorse la schiena di Eva che stava quasi per stritolare il braccio di Nico, Teresa e Melissa tenevano le borse con i panini e le bibite, Cierre custodiva gelosamente il pallone, Aurora stava appiccicata ad Orion poiché i tacchi che indossava le permettevano di camminare a gran fatica, mentre il ragazzo era muto e concentratissimo. I suoi occhi dal colore indefinito scrutavano il cielo, facendo attenzione ad ogni minimo rumore proveniente da tutte le direzioni. Manuel, Giulio e Simone guidavano la spedizione con apparente sicurezza. Man mano che avanzavano verso il centro del cerchio, percepirono un crescente silenzio, come se stessero entrando in un locale insonorizzato: persino il cinguettio degli uccelli e il frinire delle cicale sembrava spegnersi gradualmente, eppure la campagna circostante era sempre la stessa.
Melissa poggiò a terra la borsa dei panini che portava in mano e non appena essa toccò le spighe di grano piegate, la ragazza ebbe un lieve capogiro. “Scusate ragazzi, devo sedermi un istante, mi gira la testa.”
“Il caldo ti ha dato fastidio, avresti dovuto mettere uno di quei cappelli ridicoli che regalano alla festa parrocchiale.”
“Non è il caldo, Aurora, credimi. E’ qualcosa di…..” La ragazza cadde all’indietro, sembrava priva di sensi, eppure i suoi occhi erano aperti e puntavano dritti verso il cielo.
“Ehi! Ehi! Che ti succede?” Simone e Giulio si avvicinarono a lei preoccupati.
“Fermi.” Li bloccò con il gesto della mano destra. “Ascoltate.”
“Cosa?”
Si misero all’ascolto per alcuni secondi.
“Io non sento niente, anzi, mai sentito più silenzio.”
Lei chiuse gli occhi. “Distendetevi sul terreno.”
“Che?!” Esclamò Aurora. “Ma sei impazzita?! Chissà quante bestiacce schifose ci sono fra quelle sterpaglie, vuoi che si intrufolino fra i miei capelli?!”
I ragazzi invece, incuriositi, seguirono il consiglio di Melissa, tutti tranne Orion che restò in piedi continuando ad osservare ovunque in modo agitato, come se stesse temendo di essere osservato da qualcosa o da qualcuno.
“Ehi, è vero.” Esordì Cierre. “Sento qualcosa sul serio…. Non è la telecronaca di una partita e neanche la sigla della Champions League.”
“E non è una delle canzoni di Vasco.” Rispose Manuel. “Non conosco questa…. Che roba è? Una sinfonia?”
“Non saprei. Effettivamente percepisco dei suoni che non mi sono affatto familiari.”
Orion si liberò di Aurora con delicatezza e si allontanò di qualche passo.
“Ehi, dove vai tesoro mio?”
“Io…ehm…. Torno subito.”
Si mise a correre e raggiunse rapidamente un piccolo boschetto che si inerpicava su una collinetta al limite del terreno. Lì, nascosto da una grande quercia, si mise seduto con una mano sul cuore: lo sentiva battere forte e tentò di rallentare il respiro affannoso. Si passò una mano fra i capelli ed alzò gli occhi verso lo spiraglio di cielo che intravedeva fra le foglie degli alberi, un cielo che si stava tingendo di un azzurro sempre più intenso, segno dell’approssimarsi della notte. Minuscoli brividi percorrevano ogni centimetro del suo corpo perché gli strani suoni uditi gli erano sin troppo familiari e stavano dando conferma ai dubbi che lo assillavano da quando era comparso il misterioso pittogramma.

Intanto Melissa si era ripresa, preferì farsi accompagnare fuori dal cerchio e respirare un po’ d’aria fresca della sera. “Ragazzi, è stato stranissimo, credetemi.” Fece una breve pausa. “Come sono uscita dal cerchio, non avevo più alcun malessere e…. Sentite? Gli uccelli cantano di nuovo, prima c’era solo il silenzio, fatta eccezione per quegli strani suoni quando ci siamo sdraiati per terra.”
“Sì, in effetti all’interno del cerchio non sentivo nulla.” Ammise Manuel. “Qualcosa di strano lì dentro è accaduto sul serio.”
“Ehi, fratello, non cercare scuse per non giocare.” Fece rimbalzare il pallone a terra. “Hai paura del sottoscritto?”
Si mise seduto. “Adesso mangiamo qualcosa, la serata non è ancora giunta al termine. Ad ogni modo per me è già sufficiente quello che è accaduto all’interno del cerchio.” Ed afferrò un panino con prosciutto e formaggio.
Pure gli altri si unirono a lui nel gustare la cena, seduti sull’erba fra i mille profumi che caratterizzano la campagna all’inizio dell’estate. Orion tornò assieme al gruppo di amici qualche minuto più tardi, accettando con qualche lieve titubanza il panino offertogli da Melissa.
“Tesoruccio, vuoi spiegarmi perché sei scappato poco fa?” Aurora sbatté le ciglia guardandolo ed abbozzando un sorrisetto. “Dovevi forse andare in bagno?”
Lui, a sua volta la guardò continuando a masticare il boccone. Deglutì annuendo in silenzio con la testa. “Scusa, non potevo fare altrimenti.” La scusa era passabile. Di nuovo si chiuse nel suo mutismo, mentre Cierre era spazientito e fremeva dalla voglia di prendere a calci il pallone.


PIANETA HILON


Il giovane soldato Agor camminava a passo svelto verso la Sala di Arkigeyon ove si erano riuniti i Sette Grandi Generali e le più alte cariche dell’esercito di Hilon. Stringeva fra le mani una pergamena arrotolata da consegnare rapidamente al Generale Ireon, come espressamente comandato dal venerabile Maestro d’Armi Iersys. Giunto in prossimità del grande portone, Agor bussò e una volta ricevuto il permesso di entrare, si profuse in un profondo inchino di ossequi ai suoi superiori.
“Egregi, porto con me una missiva per il magnifico Generale Ireon.” Rivolse verso questi lo sguardo. “Per voi.” Si inchinò porgendogli la pergamena non appena il generale gli fu davanti. Egli la prese e si avvicinò ad una delle grandi finestre srotolando quel pezzo di carta dopo averne reciso il sigillo in ceralacca. Lesse in silenzio e con grandissima attenzione ciò che vi era scritto. Nella sala regnava solo il più assoluto silenzio.
La chiuse e si voltò verso l’assemblea. “Soldato Agor!”
“Comandi, Generale.” Il ragazzo si mise in ginocchio.
“Hai ricevuto dal venerabile Iersys in persona questo messaggio?”
“Sì, Generale.”
“Mhm.” Corrucciò lo sguardo. “Dove si trova adesso il venerabile?”
“Nel Megalos del Castello assieme agli altri Maestri, Generale.”
Annuì in silenzio, ripose la pergamena arrotolata in una delle tasche interne della sua uniforme ed uscì dalla Sala di Arkigeyon senza dire una sola parola.

 



 

 

Ciao a tutti!
Permettetemi per l’ennesima volta di ringraziarvi di tutto cuore per il sostegno che mi avete dimostrato fin ora, spero di non deludervi e di continuare ad interagire con voi.
Questa volta abbiamo trascorso alcuni istanti all’interno del cerchio nel grano ed abbiamo scoperto strani fenomeni al suo interno. Strano continua ad essere anche il comportamento di Orion.
E poi, dopo tanto tempo, abbiamo fatto ritorno su Hilon dove il Generale Ireon riceve una pergamena contenente un messaggio che pare averlo colpito moltissimo. Di cosa potrà mai trattarsi?

Grazie di nuovo a tutti, lettori ed in particolar modo recensori.
Al prossimo aggiornamento

Un Abbraccio
La Luna Nera







 

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Capitolo 7
*** Il mistero di Orion ***



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BAR DELL'ARCHER'S
ALCUNE SERE DOPO


 

“Non ci posso credere! E’ assurdo!”
“Che c’è adesso?”
“Questo è proprio deficiente! Rifiuta un contratto da tre milioni a stagione!” Cierre stava seguendo via app ogni singola mossa di calcio mercato e non mancava occasione di commentare, in modo più o meno garbato, i colpi messi a segno dalle varie squadre di calcio.
“Oh, andiamo! E’ inutile che ti agiti a quel modo, tanto a te in tasca non viene un centesimo.” Nico si alzò. “Metti via quel telefono e vieni con noi.”
“A far cosa?”
“Sfida di tiro con l’arco. Stasera facciamo maschi contro femmine.”
“Alt!” Teresa si alzò. “Siamo quattro ragazze contro sei ragazzi.”
“Beh, vorrà dire che un maschietto gareggerà con le femminucce.” Nico si voltò verso Giulio strizzandogli l’occhio.
“Ma che ti salta in mente?! Tu sei tutto scemo! Gareggia tu a fianco della tua bella!”
“A me non dispiacerebbe affatto stare in una squadra di donne.” Esordì Simone.
“Ah, bene…. Quindi siamo pari.”
“Ad una condizione.” Si intromise Giulio.
“E sarebbe?”
“Gareggi in minigonna e tacchi a spillo.” Propose ironicamente. “Ti sei depilato, vero? Di vedere le tue brutte gambe pelose non mi va proprio!”
“Ma va’…..”
Ne uscì una risata collettiva.
“No, ragazzi, scherzi a parte, siamo dispari.”
“Io non partecipo.” Aurora fu lapidaria. “Rischio di spezzarmi le unghie.”
Nico roteò gli occhi. “Va bene. Quindi due di noi vanno in squadra con loro tre.”
“Neanche Orion partecipa. Lui adesso viene con me a guardare la TV.”
“Sì, vabbeh, allora non se ne fa niente.”
“Ma no, dai. Facciamo così: in una squadra vanno Eva con Nico, Teresa e Manuel. Nell’altra io, Simone, Melissa e Cierre.”
“Ed io?” Chiese Orion.
“Tu vuoi partecipare? Non devi andare con lei a guardare la TV?”
Restò un attimo interdetto. “Ehm, no-no, la TV no.” Agitò nervosamente le mani. “Ad ogni modo forse è meglio che stia ad osservarvi, non ho mai tirato con l’arco e…. Magari un’altra volta.”
“Sei sicuro?” Chiese Nico.
“Certo, non ti preoccupare. Il fatto che io partecipi crea delle disparità nelle vostre squadre, per cui…. Meglio che mi faccia da parte.”
“Come credi.” Il ragazzo lo assecondò allargando le braccia e si diresse con gli altri verso il campo di tiro.
Orion si mise seduto ai margini dell’area di gara e poco dopo Aurora gli si mise di fianco, accavallando le gambe come una diva del cinema.
“Non volevi guardare la TV?”
“Ho cambiato idea.” Ridacchiò lei. “Credo proprio che qui ci sarà da divertirsi.” Attese che in postazione di tiro ci fosse Eva e… “Stai a sentire…. Ecco la piccioncina innamorata con la freccia di Cupido! Eva, fai attenzione a non colpire il tuo amoruccio dai fluenti boccoli! Colpiscilo piuttosto con qualche abito decente e non con quei cosi retrò che ti ostini a indossare! Non ti si può guardare!”
Le frasi poco carine fecero sorridere alcuni ed innervosire altri, fra cui Eva che, visibilmente seccata, colpì la parte più esterna del bersaglio. Dopo fu la volta di Cierre.
“Ed ecco il turno di Mister Pallone D’Oro! L’uomo amante del calcio e che dal calcio è snobbato così come dalle ragazze!”
“La tua è tutta invidia, Barbie!” Ribatté lui, scoccò la freccia che si conficcò nell’area intermedia. “Visto che classe?”
Poi venne il turno di Manuel.
“Ah, ora stiamo a posto! Dalle remote galassie ai confini dell’universo, ecco a voi Mister Disco Volante! Manuel, avresti proprio bisogno del raggio laser di un ufo per colpire il bersaglio.”
La ignorò a fatica, il fatto che lei lo schernisse a quel modo era per lui estremamente fastidioso. Scoccò la freccia che colpì la sezione di colore giallo. “Non male.” Sentenziò il ragazzo.
“Oh, Dio mio!” Aurora si alzò di scatto. “Qualcuno allerti il 118! Stiamo per finire infilzati come spiedini! Allertate le autorità! Chiudete lo spazio aereo qua sopra, qualche velivolo potrebbe essere colpito e precipitare!”
“Mamma mia!” Esclamò Orion. “Che cosa sta per accadere?”
“Guarda!” Indicò la postazione di tiro dove si stava accomodando Melissa.
“Tutto questo allarmismo per lei?”
“L’hai mai vista in azione?!”
“No, ma non credo sia in grado di abbattere un aereo con una semplice freccia.”
“Tu guarda e poi ne riparliamo.”
La postura di Melissa effettivamente non era l’ideale per quel tipo di attività: teneva le gambe troppo chiuse, non permettendo un’ottimale distribuzione del peso, le braccia erano troppo tese ed il gomito destro stava decisamente troppo in alto. “In effetti deve migliorare alcuni accorgimenti.” Sussurrò appena Orion.
“Più in basso, Melissa!” Urlò Aurora. “C’è un piccione lassù, potresti ucciderlo! No! Non in quel modo! Devi colpire il bersaglio davanti a te, non quello in fondo alla fila!”
Tentò di ignorarla, ma quando lasciò partire la freccia, questa andò a conficcarsi nel terreno.
“Ecco, lo sapevo. Ha ucciso un lombrico.” Sentenziò con tono mesto Aurora. “Ragazzi, poi non ditemi che non vi avevo avvertito.”
Nessuno badò più di tanto alle sue parole, ne aveva per tutti: Simone paragonato ad una mummia con arco e frecce, Teresa l’inguardabile, Nico e i suoi capelli ricci come certi maglioni infeltriti. Facile criticare senza mai mettersi in gioco per primi: Aurora non partecipava mai a tali piccole competizioni, temendo per la rottura delle unghie e la concreta certezza, sempre secondo lei, della vittoria che avrebbe messo a ridicolo tutti gli altri. Sì, perché si sentiva perfetta sotto ogni aspetto ed in quanto tale, poteva permettersi di elargire critiche a destra e a manca.
Ad ogni modo quella piccola sfida si concluse con la squadra capitanata da Nico in testa di soli dieci punti sull’altra.
Il cielo iniziava a tingersi dei meravigliosi riflessi del tramonto, l’aria si stava rinfrescando con la diminuzione della luce diurna. I ragazzi non avevano voglia di tornare a casa, quindi decisero di fermarsi all’Archer’s a farsi una bella pizza per cena.
Terminata la piacevole serata, Nico ed Eva scelsero di ritagliarsi un po’ di tempo per loro, Cierre si posizionò davanti alla TV monopolizzando il telecomando del locale, mentre gli altri restarono a parlare del più e del meno fino a quando non decisero di tornare a casa.

 

 

“Ma dove…?” Melissa frugava incessantemente nella sua borsa. “Ma dove diavolo è finito?”
“Che hai perso stavolta?” Chiese Manuel, suo fratello, che già aveva attraversato il cancello d’ingresso della loro abitazione.
“Il telefono.” Rispose lei, prendendosi un attimo per riflettere. “Sono quasi certa di averlo lasciato all’Archer’s, forse quando sono andata in bagno.” Guardò il fratello. “Senti, io torno là a recuperarlo, tu vai pure a casa ed avverti mamma e papà.”
“Ehi, rospetto… Hai le chiavi?”
“Eh?” Ridacchiò imbarazzata. “Ehm… no!”
“Bah, a volte mi chiedo dove tu abbia la testa.” Aprì la porta e gliele lanciò. “Prendi le mie e bada bene di riportarmele.”
“Contaci!” Salutò il fratello e si incamminò di nuovo verso il locale.
Arrivò giusto in tempo, Leon, il gestore, stava chiudendo.
“Leon, scusa… Per caso hai trovato un cellulare?”
“Oh, ciao Melissa. Sì, ce n’era uno in bagno, immagino sia il tuo.”
“Già.” Si massaggiò la nuca. “Sai com’è, a volte sono un po’ distratta.”
“Si trova dietro il bancone del bar, nel primo cassetto accanto al frigorifero. Vai pure a recuperarlo, l‘importante è che tu chiuda bene la porta quando esci.”
“Certo, grazie mille.”
Leon si allontanò nella notte fischiettando la sua canzone preferita, Melissa sorrise ed entrò nel locale seguendo le indicazioni ricevute.
“Eccolo, il mio piccolino!” Si sentì molto più sollevata non appena fu in grado di stringere l’oggetto fra le mani. “Bene, adesso andiamo a casa.” Chiuse la porta, ma giusto un attimo prima di uscire definitivamente dal giardino circostante il locale, udì dei rumori provenire dall’area in cui era allestito il campo di tiro con l’arco. Incuriosita, si avvicinò per vedere chi, a quell’ora della notte, stesse praticando sport. Semi nascosta da alcuni cespugli, riconobbe ben presto la sagoma di un ragazzo: era abilissimo, ile sue frecce andavano sempre a segno, colpendo in rapidissima successione la parte gialla del bersaglio, cioè il centro esatto.
“Però…” Pensò fra sé e sé. “E’ davvero fenomenale!”
Il ragazzo si accorse di aver terminato le frecce, per cui stese una mano in direzione del bersaglio e, come per incanto, quelle già scagliate si staccarono ed andarono a depositarsi nella faretra emettendo un’insolita luminescenza.
“Assurdo…. Non è possibile…” Era incredula.
Lui si piegò per recuperarne una e fu proprio in quell’istante che il suo volto fu illuminato dalla luce generata dalle frecce stesse: Melissa riconobbe Orion in quel ragazzo dall’abilità strabiliante e dagli strani poteri. Il cuore le sussultò, i suoi pensieri la facevano vacillare ed iniziò ad osservare il ragazzo con occhi diversi, occhi tanto affascinati quanto spaventati, mentre il suo stomaco fu colto da strani crampi.
Ma il bello doveva ancora venire: Orion prese una freccia e la osservò per qualche istante, poi la mise di nuovo nella faretra, afferrò l’arco mettendosi in posizione di tiro e dall’indice della sua mano destra, quella che in sintesi tendeva la corda, si materializzò una freccia di luce che venne scoccata provocando un forte bagliore. Questa distrusse il bersaglio, riducendolo ad un cumulo di resti fumanti. Tale spettacolo spaventò Melissa che passò dall’adorazione alla fifa incontrollabile. Sentiva tremare le gambe, indietreggiò di qualche passo inciampando rovinosamente sui suoi stessi piedi. Cadde a terra emettendo un piccolo lamento che fu captato da Orion. “Chi c’è là?!”
“Io….” Balbettò lei. “N-Nessuno…. Non c’è nessuno.” Si sentì un’emerita stupida.
Seguì quella voce e ben presto fu scoperta. “Melissa?”
“Io… io…”
“Che ci fai qui?”
“Io… a-avevo dimenticato il…. Il cellulare e….”
“E ti sei spaventata credendo di averlo perso?”
“N-no, infatti eccolo qua, vedi? L’ho…. L’ho recuperato ed ora torno a casa! Vedi? Me ne sto andando…”
“Aspetta!”
Lei si bloccò all’istante, lui la raggiunse e, guardandola negli occhi, capì tutto. “Melissa, dimmi che cosa hai visto.”
“Io? Niente! Niente di niente, cosa mai dovrei aver visto? Niente!” Ripeté muovendo nervosamente le mani. “Niente di niente, credimi!”
“E allora perché sei così nervosa?”
Indietreggiò di qualche passo, finendo con il rovesciare a terra un bidone dell’immondizia fortunatamente vuoto. “Io n-non….”
Lui sospirò rassegnato, era evidentemente stato scoperto a causa di una sua piccola debolezza. “Senti, credo sia opportuno scambiare due parole.”
Lei iniziò a tremare.

Orion era pericoloso? Le avrebbe fatto del male ora che aveva visto ciò che non avrebbe dovuto vedere?
Ma soprattutto chi era veramente Orion?




 

 


Buon venerdì a tutti!

Come qualcuno già sa, la vera natura di Orion inizia a rivelarsi. Forse colto da una piccola debolezza o dalla nostalgia dell’arco e frecce, il ragazzo cede e compie gesti che non avrebbe dovuto compiere.
Per pura coincidenza Melissa vede tutto e viene scoperta.

Cosa accadrà adesso?

Lo scopriremo prossimamente, voi intanto continuate a recensire!

Un abbraccio
La Luna Nera
 

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Capitolo 8
*** Incubo o realtà? ***





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“Sta’ tranquilla, non ti faccio niente, se è questo che ti spaventa. Io non sono un mostro, né uno stregone dai malefici poteri.”
“E quella luce?” Ancora tremava, sia il suo corpo che la sua voce.
“Allora qualcosa hai visto.” Piegò l’angolo destro della bocca in un piccolo sorriso.
“N-no! Ho solo visto che sei bravissimo con arco e frecce.”
“E la luce di cui hai appena parlato?”
Melissa si accasciò sulle sue gambe, non riusciva a reggersi più in piedi, chinò la testa mestamente e sospirò: si era tradita da sola. “Va bene, ho visto come hai materializzato dal nulla quella luce e l’hai scagliata contro il bersaglio.” Fece una breve pausa. “Ora hai intenzione di incenerire anche me?”
“Cosa?” Orion scoppiò a ridere. “Ma che ti salta in mente? Perché dovrei fare una cosa del genere?”
“Non mi uccidi?”
“No. Te lo giuro.” Posò una mano sul cuore a conferma delle sue parole.
Fissò poi la ragazza negli occhi e come per incanto, gli parve di rivivere un doloroso episodio non molto distante nel tempo: lo sguardo di Melissa trasudava il terrore, ma un altro sguardo che ricordava benissimo, esprimeva un ardore fuori dal comune. Ricordava però anche un altro terribile particolare: quegli occhi si erano spenti per sempre pochi istanti dopo. Qualcosa dentro il suo cuore gli lasciò intendere che Melissa doveva restare fuori da quella sua faccenda, non poteva farle correre il rischio di cui aveva avvertito la potenza devastante nel suo animo. Seguirono attimi di lungo silenzio, intervallati ogni tanto da impercettibili singhiozzi della ragazza i cui occhi parevano di vetro.
Orion distolse lo sguardo da lei, girò la testa in direzione del campo di tiro e prese a fissare i resti del bersaglio. “Va’ via, Melissa. E’ meglio per tutti, credimi. Questo è solo un brutto sogno, ricordalo. Adesso tornatene a casa, infilati nel letto e dormi, domani mattina tornerà tutto come prima.” La sua voce era ferma e decisa, non prometteva niente di buono.
La ragazza deglutì e, raccogliendo le ultime forze, si rialzò in piedi dandosela a gambe levate, senza mai voltarsi verso Orion che invece era rimasto lì, fermo ed immobile come una statua.
La ragazza raggiunse la propria abitazione in tempi ristrettissimi, salì in camera sua e si infilò sotto le lenzuola con il cuore che ancora batteva all’impazzata.
Continuava a girarsi e rigirarsi nel letto, il sonno proprio non voleva sapere di vincerla, ovviamente i suoi pensieri erano incatenati all’immagine di Orion che, se dapprima l’aveva fatta letteralmente sciogliere, poi l’aveva fatta piombare nell’incredulità a cui si era rapidamente aggiunta la paura. Quel ragazzo strano e taciturno nascondeva qualcosa.
Un qualcosa che poteva essere pericoloso?
Ogni tanto sembrava perdersi con lo sguardo nel nulla, osservava il cielo senza dire una sola parola per minuti interminabili, riusciva persino ad ignorare la petulante insistenza di Aurora e forse questa sua peculiarità era la chiave per comprendere come mai ancora il loro rapporto stava in piedi.
A parte questo, chi o cosa poteva mai essere Orion?


L’alba giunse puntuale come ogni mattina, ma per Melissa fu solo l’inizio di una giornata in cui avrebbe faticato a tenere gli occhi aperti, a causa appunto della notte in bianco appena trascorsa. Provò ad infilarsi sotto una doccia bella fresca, sperando che tutte quelle piacevoli goccioline di acqua sulla pelle potessero aiutarla a stare sveglia. Dopo essersi vestita, scese giù in cucina dove sua madre era intenta a preparare il pranzo, per sé e per il marito, da consumare al lavoro.
“Buongiorno Melissa.”
“Ciao ma’.”
“Hai un’aria distrutta. Che ti è successo?”
“Oh, niente, tranquilla.” Si mise seduta al tavolo a sgranocchiare un biscotto. “Ho avuto una notte piena di incubi, tutto qua.” In sintesi era vero.
“Dovresti smetterla di guardare i programmi sui fantasmi, già basta tuo fratello fissato coi dischi volanti!”
“Che c’entrano i dischi volanti?” Manuel apparve sulla porta della cucina. “Ne hanno avvistato uno?” Accese la TV come ogni mattina con la remota speranza che dessero la notizia tanto sperata.
….Passiamo adesso alle notizie di cronaca. Questa notte degli strani bagliori sono stati avvistati nelle campagne circostanti la nostra città. Non viene esclusa alcuna ipotesi al momento, ma gli inquirenti sono al lavoro per far luce sul mistero. Sul posto c’è il nostro inviato…..  Chiediamo scusa, il collegamento non è al momento possibile. E’ possibile mostrarvi invece questa foto, postata sui social qualche ora fa da un nostro telespettatore…..
“Figo….. ma, ehi!” Manuel osservava con interesse. “E’ uguale al cerchio comparso nel campo di Gino.”
“Hai ragione.” Confermò la sorella.
“Dai, raggiungiamo gli altri!”
“No! Aspetta!” Ma lui era già davanti al cancello. “Io ho bisogno di un caffè! Anzi, di dieci caffè! Non ho chiuso occhio!”
“Ecco il tuo caffè, tesoro mio.”
“Grazie, mamma.” Bevve tutto quanto in un solo sorso, poi, nel poggiare la tazzina, inavvertitamente urtò la zuccheriera che cadde rovesciando tutto il contenuto sul tavolo. “Scusa, mamma….”
“La solita sbadata.” Era rassegnata ad avere una figlia irrimediabilmente distratta.
“Ci vediamo più tardi!”
Mentre stava per uscire di casa, fu di nuovo richiamata dalla madre. “Melissa! Il tuo cellulare sta squillando!”
“Uh, e dov’è? Non c’è nella mia borsa.”
“Per forza, lo avevi dimenticato qua.” La donna le andò incontro consegnandoglielo e scuotendo rassegnata la testa, dopodiché la ragazza si incamminò a passo svelto in direzione dell’Archer’s. “Pronto… Ciao Teresa!”
“Hai sentito il notiziario di stamani?”
“Sì, certo che l’ho sentito?”
“E Manuel?”
“Secondo te?”
“Dov’è adesso?”
“E’ uscito di casa prima di me per raggiungere tutti gli altri all’Archer’s. “Tu sei già lì?”
“Sì, sto entrando adesso.”
“Ok, sono da te fra cinque minuti.”
Chiuse la chiamata e ripose il cellulare nella sua borsetta, facendo attenzione a non smarrirlo un’altra volta. Giunse finalmente a destinazione, Manuel si trovava già lì ed era intento nel consultare le notizie on line per capire l’esatto punto in cui era comparso il nuovo cerchio.
“Ciao raga.”
“Ehilà! Mamma mia, che brutta cera!” Esclamò Giulio non appena vide l’aspetto distrutto di Melissa. “Nottataccia?”
“Non ho chiuso occhio.”
“Fammi indovinare.” Una voce odiosa e pungente si intromise nel dialogo. “Ti sei guardata allo specchio prima di andare a fare la nanna?”
“Mancava lei…” Roteò gli occhi e scelse di non rispondere alla sua battutina. ma
“Allora? Che ve ne pare delle mie nuove foto che ho postato questa mattina su Facebook?”
Nessuno rispose.
“Ho fatto una domanda!” Incalzò Aurora con voce visibilmente scocciata.
“Ecco, l’ho trovato!” Manuel si alzò in piedi. “Secondo questo articolo appena pubblicato il nuovo cerchio è comparso in un terreno ai margini del boschetto di Villa Celeste. Direi quindi di…. O mio Dio, non ci posso credere… E’ straordinario!”
“Hai visto le mie foto?”
“Hanno appena pubblicato una notizia sensazionale: pare che nell’area circostante siano state avvistate delle strane luci fluttuare in aria.” La voce del ragazzo tremava. “Io devo andare laggiù.”
“Dove vuoi andare?” Orion comparve quasi all’improvviso. “Ciao a tutti.”
Il nuovo arrivato passò in rassegna gli amici, soffermandosi qualche istante in più su Melissa: notò immediatamente l’aria spenta che caratterizzava la ragazza, probabilmente non aveva chiuso occhio.
“Tutto bene?” Le si avvicinò lentamente.
Lei alzò altrettanto lentamente lo sguardo fino a guardarlo in faccia. “S-Sì, tutto bene, grazie. Ho solo avuto un incubo stanotte.”
Annuì in silenzio e si avvicinò a Manuel mostrando interesse verso quanto riportato dalle notizie sul cellulare.
“Accidenti a loro!”
La frase pronunciata ad alta voce da Leon, il gestore del locale, catturò l’attenzione dei ragazzi che, prontamente, raggiunsero il loro amico sul retro dell’edificio, ai margini del campo di tiro con l’arco.
“Io vorrei solo sapere chi diavolo è riuscito a fare una cosa del genere! Vandali, maledettissimi vandali! Ah, ma io lo scoprirò prima o poi e se si tratta di chi penso, non la passeranno affatto liscia!”
Il bersaglio posto al centro del campo era ridotto ad un cumulo di resti abbruciacchiati e naturalmente la cosa aveva fatto restare tutti a bocca aperta. Tutti, tranne Orion, impassibile, e Melissa che iniziò impercettibilmente a tremare. Lei sapeva cosa era realmente accaduto, si era quasi autoconvinta di aver sognato tutto, ma quell’immagine la stava facendo tornare alla realtà. Manuel si avvicinò a passi incerti al luogo in cui era il bersaglio. “Credete siano stati loro?”
“Sì, quei ragazzini pestiferi che tutti i giorni spaccano ogni cosa!” Sbottò Leon.
“No, io intendevo…. Gli alieni.”
Aurora scoppiò a ridere. “Gli alieni?! Ma per favore, sii serio! Gli alieni esistono solo al cinema e figurati se vengono qui ad abbruciacchiare un coso come quello!”
Melissa si allontanò dal gruppo senza che nessuno se ne accorgesse, raggiunse uno dei tavolini del bar e si mise seduta: ripensò all’incredibile potenza devastante della freccia di luce generata da Orion, unica vera causa dell’incenerimento di quel bersaglio. Mille domande si susseguivano nella sua mente e riguardavano principalmente la vera natura del ragazzo: era pericoloso? Da dove scaturiva quello strano potere? Perché lo aveva fatto? E soprattutto, lo avrebbe rifatto? Chi era veramente Orion?

Si alzò dalla sedia, intenzionata a tornare a casa, allontanandosi per un po’di tempo dagli amici, almeno sin quando Aurora si fosse decisa a lasciare Orion e avrebbe presentato loro il nuovo fidanzato di turno.
“Melissa!”
Un brivido percorse su e giù la sua schiena per una decina di volte.
“Te ne vai?”
“Io?” Si fermò un attimo prima di girare appena la testa e veder che era proprio lui che la stava in un certo senso fermando. “Veramente dovrei….”
In un attimo il ragazzo le fu di fronte: era molto alto e trovarselo a così poca distanza la fece sentire microscopica. Aveva delle spalle molto larghe ed una postura quasi militare, i suoi occhi apparentemente gelidi la fissavano senza sosta e parevano in grado di ipnotizzarla. “Io e te dobbiamo parlare. Stasera.”
“Orionuccio! Vieni qui!” Aurora si appiccicò al ragazzo. “Devi assolutamente ammirare le mie nuove foto, comprare un cellulare decente e riempirle di like! Dai, non puoi dirmi di no!”
Lui si rilassò un istante ed assecondò l’insistenza della sua pseudo fidanzata, ma giusto un istante prima di allontanarsi troppo da Melissa, le diede appuntamento per quella stessa sera, dopo il solito rendez-vous al bar, per rivelarle cose importanti sulla sua vera natura. Se in un primo momento era propenso a tacerle tutto per tenerla al sicuro, riflettendoci su, ritenne opportuno darle spiegazioni su quanto aveva visto la sera precedente. Almeno quelle gliele doveva.
E forse lei poteva essergli molto utile per aiutarlo a disfarsi per sempre del suo passato, diventando così un Terrestre a tutti gli effetti.







 

 


Ciao a tutti!
Ho scelto di anticipare ad oggi l’aggiornamento perché non so se avrò il tempo necessario nei prossimi giorni. Fra l’altro avevo pensato di pubblicarne un altro prima di Natale, ma non so se mi sarà possibile. Staremo a vedere.
Orion è titubante, se in un primo momento pareva propenso a tacere tutto, ora sembra abbia cambiato idea e voglia rivelare qualcosa a Melissa. Lei appare confusa all’ennesima potenza e non ha idea di cosa possa nascondere davvero quel ragazzo.
Per cui può accadere di tutto.

Spero davvero di riuscire a regalarvi un nuovo capitolo la prossima settimana, se così non fosse, vi auguro sin d’ora un BUON NATALE ED UN FELICISSIMO 2018.

Grazie a tutti per il vostro meraviglioso supporto.
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 9
*** Rivelazioni ***


~PIANETA HILON

“Generale Ireon, siamo pronti per il decollo.”
“Bene, Dokitis.” Si mise seduto sulla sua poltrona preparandosi alla partenza. “Avete fatto tutto ciò che vi ho comandato?”
“Sissignore. Sua Maestà ha approvato la nostra missione di ricognizione spaziotemporale e ci manda la sua benedizione.”
Annuì in silenzio, poi volse lo sguardo verso la capitale Prothevos che scorgeva attraverso l’oblò della navicella. Le austere torri del palazzo reale svettavano sui piccoli edifici circostanti i cui tetti, un tempo rossi e vivaci, apparivano di un colore spento, a tratti diroccati e condannati ad un lento quanto inesorabile declino. Prothevos non era così, un tempo era bellissima, viva, rigogliosa, uno dei fiori all’occhiello delle terre emerse di Hilon. Da quando re Kipsoron aveva preso il potere, tutto era mutato e i colori brillanti che rendevano piena di vita la città erano pian piano svaniti come se una pioggia acida li stesse lentamente cancellando.
Perché Prothevos, e con lei Hilon, stava morendo?
Giusto un istante prima della chiusura del portellone, una voce interruppe i pensieri del Generale e le ultime operazioni precedenti il decollo. “Aspettate!” Il venerabile Iersys, decano dei Maestri d’Armi del Megalos, apparve sulla soglia. “Debbo assolutamente venire con voi.” Questi si avvicinò lentamente al Generale. “Voi sapete quanto sia delicata la missione che vi accingete a compiere, non è vero?” Attese il silenzioso assenso. “La posta in gioco è troppo alta, ne va del futuro di Hilon ed è mio preciso dovere seguire passo dopo passo ogni singolo istante di ciò che accadrà. Spero comprendiate, Generale, e spero che la mia presenza non rechi alcuna offesa al vostro onore, so bene quanto valete, tutti quanti lo sanno, ma torno a ripetervi che non possiamo assolutamente commettere errori.”
Detto questo, attese il lieve cenno di consenso dell’altro e prese posto in uno dei sedili, allacciandosi immediatamente le cinture di sicurezza.
I motori si avviarono e nel giro di pochi secondi raggiunsero la potenza necessaria ad alzare il velivolo dal suolo. Il Generale si sentiva strano: erano più di vent’anni che non faceva ritorno su quel remoto Pianeta d’Acqua orbitante attorno al piccolo Astro Giallo. Ripensò a quell’epoca lontana, alle missioni cui aveva partecipato quando era solo una giovane recluta dell’esercito di Hilon; proprio in una di quelle occasioni era accaduto un fatto ed ora proprio quel fatto lo aveva costretto a farvi ritorno.
“Attenzione, a tutto l’equipaggio.” Il Comandante Dokitis distolse il Generale dai suoi pensieri. “Siamo nei pressi del Trypimarv spaziotemporale: inserire i razzi iperspazio!”
“Eseguito!”
“Velocità?”
“150 Kom, Comandante.”
“Direzione?”
“Allineata con il Trypimarv, Comandante!”
“Bene. Avanti alla massima velocità!”
E la navicella di Hilon si infilò in quel passaggio spaziotemporale che li avrebbe fatti giungere in brevissimo tempo nei pressi del Pianeta d’Acqua orbitante attorno al piccolo Astro Giallo.

PIANETA TERRA

 

Le ragazze stavano sedute al tavolino del bar parlando del più e del meno, mentre i ragazzi erano incollati alla TV per seguire in diretta i sorteggi dei gruppi di qualificazione ai campionati mondiali di calcio. Manuel aveva trascorso l’intero pomeriggio tentando di raggiungere Villa Celeste, nel cui terreno era comparso il secondo cerchio nel grano nel giro di poco tempo. Purtroppo vi trovò alcuni militari dell’esercito ad impedire l’accesso a cronisti e curiosi. Intravide molte persone in perlustrazione, alcune delle quali del tutto simili ai fantomatici men in black spesso notati in circostanze potenzialmente associabili ai fenomeni di natura aliena. Manuel tentò appunto di distrarsi per non pensare a ciò che non aveva potuto vedere, seguendo con gli amici i sorteggi, benché non fosse un grande appassionato di calcio.

“Ragazze, che ne dite?” Aurora mostrò alle amiche un’offerta scovata in rete. “Un fine settimana per due persone al mare, tutto compreso, incluso l’utilizzo della Spa dell’hotel. Il prezzo è decisamente interessante.”
“Sì, non è male.” Confermò Eva. “Peccato che Nico detesti i week end da dedicare al relax e al benessere.”
“Guarda che non intendevo offrirlo a te, voglio andarci con Orion in occasione del nostro secondo mesiversario.” Guardò soddisfatta prima quanto mostrato sul display del telefono e poi il ragazzo.
“Wow, per te è un record! E’ giusto festeggiare.” Nella voce di Eva c’era una forte punta di ironia.
“Puah, la tua è tutta invidia.” Sorseggiò il suo drink. “Nico ha un centesimo del fascino del mio uomo.”
“Oltre l’aspetto fisico, devi considerare molte altre cose quando stai assieme ad una persona.”
“Sì, ha ragione.” Teresa si intromise nel discorso. “Infatti loro due sono fidanzati da anni oramai.”
“Significa che la signorina qui presente si accontenta di poco. Ammetto che Orion è molto diverso dagli altri miei ex, pensate che quando abbiamo iniziato ad uscire e gli ho chiesto il numero di telefono e l’amicizia su Facebook, lui mi ha guardato come se non avesse capito un tubo! Capite? Non aveva il cellulare! Non sapeva cos’è Facebook! Sembrava spaventato pure dal farsi un selfie con me!”
“Stai scherzando?”
“Assolutamente no! E’ il ragazzo più strano che abbia mai conosciuto, ma anche il più figo. C’è da dire che qualsiasi cosa proponga, lui non controbatte mai, tranne nel caso ci sia qualcosa che riguarda gli alieni. A parte questo mi ama così tanto che accetta tutto pur di farmi felice. Capite? Io non posso mollare uno così!”
“Scusa, non ti sembra strano questo suo comportamento? A me darebbe fastidio se Nico non prendesse mai neanche una piccola iniziativa.”
“Fastidio? E perché mai? Fa tutto quello che dico.” Sorrise soddisfatta e sorseggiò di nuovo il suo drink.
“Bah, se lo dici tu….” Teresa era alquanto perplessa. “Uno così sembra provenire da un altro pianeta.”
Melissa, che fino ad allora aveva ascoltato in silenzio, sussultò nel sentire le parole dell’amica: ricollegò tutti i dettagli riguardanti Orion e ciò che aveva visto la sera precedente, senza omettere la comparsa dei cerchi nel grano in concomitanza con il suo arrivo. Possibile che…? Ma no! Che assurdità! Gli alieni hanno fattezze mostruose, pelle grigia e volto inespressivo, oppure sono verdi con le antenne ed il corpo coperto di bava…
E se invece…..

“Io non ci posso credere!” Cierre sbottò disperato raggiungendo le ragazze e riportando Melissa al presente. “Meno male che nel nostro girone c’è una squadretta di schiappe come il Liechtenstein! Dovremmo vedercela per l’ennesima volta con la Spagna! Quelli ci fanno il culo!”
“Oh!” Aurora si alzò. “Allora giocheremo contro quel figaccione di Cristiano Ronaldo? Che bello!”
“Ehm…. Cristiano Ronaldo è portoghese….”
“Va beh, è lo stesso.” Fece un attimo di silenzio. “Orion, tesoro, vieni qua che devo mostrarti una cosa.” Si avvinghiò al braccio del ragazzo portandoselo in disparte, mentre con la coda dell’occhio Melissa li seguiva attentamente.
“Ragazzi, che ne dite di fare un salto a Villa Celeste?”
“Quando? Adesso?”
“Certo.” Manuel fremeva dalla voglia di tornare a sbirciare in quel campo. “Sono certo che stanno per arrivare. Dai, andiamo, forse questa è la volta buona che li vediamo!”
Gli altri si guardarono in faccia. “Beh, dai, perché no? Non abbiamo altri programmi per la serata.”
“Ok.” Il ragazzo afferrò le chiavi dell’auto. “Sapete tutti dove si trova la villa, giusto?”
“Certo.”
“Quelli che vogliono venire con me, mi seguano. Gli altri si arrangiano.”
“Gentile come sempre, eh?”
“Orionuccio, che ne dici se….. Ehi, ma dov’è?” Aurora aveva perso di vista il suo ragazzo.
“Andiamo?” Per tutta risposta, lui era già accanto all’auto di Giulio, pronto a salire per andare a vedere il cerchio nel grano.

Giunsero in prossimità di Villa Celeste, l’aria era calma e tranquilla, forse quasi troppo. Non c’era nessuno in giro e gli unici rumori erano quelli delle auto provenienti dal vicino centro abitato. Poi solo il canto degli ultimi uccelli non ancora addormentati faceva compagnia ai ragazzi che, incuranti dei vari divieti, stavano per intrufolarsi nel campo per curiosare. Il cielo era ancora azzurro all’orizzonte, ma di lì a poco la notte avrebbe preso il sopravvento, abbracciando tutta la zona con la sua affascinante quanto misteriosa oscurità.
“Io non mi sento troppo tranquilla.” Teresa nutriva qualche timore. “Se i proprietari del terreno ci scoprono, rischiamo di passare un brutto quarto d’ora.”
“Non accadrà nulla, fidati.” Manuel oltrepassò il fossetto ai margini del campo su cui era comparso il pittogramma. “Dai, venite!”
“Che cosa?! Io dovrei attraversare quel coso pieno di acqua puzzolente e di schifosi insetti? Toglietevelo dalla testa!” Sbottò Aurora visibilmente disgustata e con le braccia incrociate.
“Fa’ come ti pare e resta ad aspettarci lì dove sei, noi andiamo.” Teresa le rispose senza tanti complimenti: era una buona occasione per tenerla lontana da Manuel.
“Ehi, no! Aspettate! Volete lasciarmi qui tutta sola?” Nessuno badò alle sue parole. “Orion! Vieni subito qui a prendermi!”
Il ragazzo si voltò a guardarla con aria scocciata, ma la sua attenzione, così come quella degli altri, fu catturata da uno strano oggetto luminoso comparso all’improvviso nel cielo. “Porc…..” Si morse la lingua per non completare l’imprecazione. “Via! Scappiamo!” Afferrò Melissa per un braccio e la trascinò con lui, gli altri fecero altrettanto e si raggrupparono assieme a debita distanza.
Quella luce procedeva velocemente, infatti la sua luminosità aumentava attimo dopo attimo. Poi, all’improvviso, sembrò schiantarsi al suolo in un’area poco distante da Villa Celeste, mentre sul cerchio nel grano che stavano per raggiungere fluttuavano tre minuscole sfere di luce.
“Che roba è?” Simone era impietrito.
“Ve lo dicevo che li avremmo visti.” Manuel era incredulo ed elettrizzato. “Sono atterrati e presto avremo un contatto con loro, forse è solo questione di minuti.” Mosse qualche passo nella direzione del boschetto, attraverso i cui alberi filtrava una strana luminescenza azzurrognola.

Nel frattempo Orion si era portato su di un’altura poco distante assieme a Melissa che, manco a dirlo, moriva di paura. Sentiva la mano della ragazza tremare, in più era freddissima.
“Scusa.” Abbassò ulteriormente il tono della voce. “Avrei dovuto spiegarti ogni cosa l’altra sera.”
Lei si voltò, nei suoi occhi c’era solo terrore.
“Loro stanno cercando me.” Con un gesto del mento indicò il luogo da cui proveniva la luce azzurrognola. “Quella è una piccola navicella spaziale sganciatasi da una nave madre più grande del pianeta Hilon….il pianeta da cui provengo.”
“Cosa?” Melissa aveva appena un filo di voce, le moriva in gola dalla paura. “Tu….. tu….sei un…..a-alieno?”
“Già.” Abbassò lo sguardo. “Ora ti racconto tutto, ma tu devi giurarmi di non rivelare niente a nessuno, in particolare a tuo fratello. Siamo intesi?”
Lei non rispose.
“Ti do la mia parola che non ti accadrà niente. Io non ho intenzione di torcerti neanche un capello, anzi, sarò pronto a difenderti se ci saranno pericoli provenienti dal mio mondo.”

 

 

Ciao a tutti!
Ho fatto i salti mortali per aggiornare prima delle vacanze di Natale, consideratelo come un regalo per tutti VOI che continuate a seguirmi.
Confesso che, quando scrissi il capitolo, non immaginavo proprio che la nazionale di calcio non riuscisse a qualificarsi per i mondiali, non vorrei infierire ulteriormente sugli amanti del pallone e sulla delusione per quanto accaduto.
Una nave spaziale parte da Hilon e nelle parole sia di Iersys che del Generale c’è qualche piccola rivelazione su Orion che adesso ha veramente iniziato a parlare, lasciando Melissa di ghiaccio. Chi non lo sarebbe al posto suo? E dunque i sospetti di molti di voi circa la vera identità del ragazzo, trovano conferma.
Prometto di rispondere a tutto (incluse le recensioni del capitolo precedente) e di leggere tutto ciò che mio malgrado ho dovuto lasciare indietro, chiedo scusa ma proprio non ce l’ho fatta. Rimedierò durante le vacanze, promesso. Voi intanto trascorrere un sereno Natale ed iniziate il 2018 nel migliore dei modi.
Auguri a tutti e a presto!
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 10
*** Io vengo da Hilon ***



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Manuel era elettrizzato e tentò di avvicinarsi al luogo dell’atterraggio della presunta navicella aliena armato di cellulare per filmare qualsiasi cosa o qualsiasi essere alieno che fosse uscito da essa.
“Tu sei tutto scemo!” Teresa strattonò il braccio del ragazzo tentando di trascinarlo via. “Andiamocene!”
“Neanche morto. Io ho sempre saputo che gli extraterrestri sono una realtà, l’ho detto un miliardo di volte ed ora ne ho la conferma.”
Cierre, Giulio e Simone si erano portati ai margini del terreno, Eva si era rifugiata fra le braccia di Nico e anche loro stavano a debita distanza da Manuel, letteralmente rapito da quanto stava accadendo.
“M-ma cos’è quello? Stanno girando un film?” Aurora non capiva nulla, era rimasta al di là del fossetto. “Ehi! Avete bisogno di una brava attrice? Mi accontento anche di fare solo una comparsa!” Gridò a voce alta.
Nessuno badò alle sue parole, men che mai gli occupanti della navicella spaziale appena atterrata oltre il boschetto. Contemporaneamente Manuel, totalmente sordo alle richieste di fuga di Teresa, pareva ipnotizzato da quella luce, non sentiva nulla di nulla e i suoi occhi sembravano paralizzati. Ad un tratto la luce si fece leggermente meno intensa, si udì un rumore metallico riconducibile all’apertura di un portellone, poco dopo il ragazzo ebbe l’impressione di scorgere due figure muoversi fra i tronchi degli alberi.
“Ci siamo…. Vieni con me.” Sussurrò Manuel a Teresa.
“Dove vuoi andare? Che cosa vuoi fare?!”
“Incontrarli e dar loro il benvenuto sul nostro pianeta.” Fece qualche passo mentre predisponeva il cellulare per filmare l’incontro.
“Tu sei tutto scemo, te l’ho detto e te lo ripeto! E se sono pericolosi?”
“Ti prego! Secondo te hanno fatto un viaggio lungo anni luce per venir qui a spararmi?” Fece qualche passo verso il boschetto premendo l’icona per far partire la registrazione, Teresa se ne stava nascosta dietro di lui e ad un tratto, illuminati dalla pallida luce lunare, scorsero due figure muoversi nella direzione del cerchio. Sembravano entrambi di sesso maschile, non era facile capire se ciò che indossavano fossero tute spaziali o meno, tuttavia somigliavano moltissimo a paramenti militari, almeno paragonandoli a quelli terrestri. Uno dei due individui aveva una barba piuttosto lunga dal colore chiaro; lunghi e dello stesso colore sembravano pure i suoi capelli che scendevano sulle spalle; l’altro pareva più giovane e possente, i suoi capelli apparivano molto scuri e raccolti in una lunga coda. Fornivano insomma un’immagine estremamente diversa dallo stereotipo dell’alieno solitamente proposto dai film fantascientifici e da certi documentari sulle pseudo forme di vita extra terrestri.

“Benvenuti sul nostro pianeta.” Manuel provò a salutarli.
I due si voltarono appena e proseguirono per fatti loro senza considerarlo minimamente.
“Ehi, non mi hanno nemmeno risposto!”
“E se non parlano la nostra lingua?”
“Credi che debba salutarli in inglese? Oppure prova tu a dire qualcosa in francese, dato che lo parli bene.”
“Non credo che….. ehi! Ma che stanno facendo?” La ragazza indicò il campo su cui era comparso il cerchio nel grano: i due alieni si erano portati ai margini del pittogramma, quello più anziano stese una mano e subito il disegno iniziò ad emettere una debole luminosità. Fu convogliata nella mano del tizio che la plasmò in una sfera, la mostrò all’altro uomo ed iniziarono a parlottare sottovoce fra di loro. Dopodiché tornarono nella navicella e le tenebre avvolsero di nuovo la campagna.
“Incredibile….” Bisbigliò Manuel. Poi controllò il suo cellulare, certo di aver filmato tutto. “No….Non è possibile!” Imprecò sonoramente.
“Che c’è adesso?” Chiese Teresa.
“Il filmato non c’è! Si è bloccato tutto!” Controllò dappertutto, scartabellando ogni file, ma trovò solo un singolo fotogramma sfocato.
“Dovresti saperlo meglio di me che in presenza di alieni accadono fenomeni strani.” Sentenziò la ragazza incrociando le braccia. “Quelli hanno fatto in modo di bloccare il tuo cellulare.”
“Mhm” Mugugnò lui. “Stronzi.”

Nel frattempo Melissa stava tentando di recuperare la tranquillità: sentirsi dire da Orion una tale cosa l’aveva letteralmente sconvolta. “Quindi…. Tu mi stai dicendo che provieni dallo spazio?” La sua voce ancora tremava leggermente e la salivazione era pari a zero.
“Vengo da un pianeta di nome Hilon, è molto simile al vostro e simili sono anche gli abitanti, infatti nessuno di voi sospetta nulla sul mio conto.”
“Dimmi solo una cosa: sei pericoloso? Perché sei qui? Vuoi conquistare la Terra?”
“No, io sono quello che avete conosciuto e …..cos’è la Terra?”
Lei sobbalzò dallo stupore e si fece sfuggire un lieve sorriso. “L-la Terra? Ehm…..La Terra è questo pianeta.”
“Oh, capisco. Per noi Hiloniani è il Pianeta d’Acqua.” Fece una breve pausa.
“Pianeta d’Acqua? E’ così che chiamate la Terra?”
“Già. Fra quelli che orbitano attorno all’Astro Giallo è l’unico in cui vi siano esseri viventi simili a noi. Negli altri tredici non c’è alcuna traccia di vita.”
“Aspetta un attimo….” Lo bloccò. “Io non sono un’esperta di astronomia come mio fratello, ma sapevo che i pianeti del Sistema Solare erano otto o nove, non certo tredici.”
“Ah sì? Beh, forse siete un po’ più arretrati rispetto a noi.”
“Devo prenderlo come un complimento?”
Si fece sfuggire un sorriso. “Scommetto che non siete a conoscenza neanche dell’Astro gemello.”
“Cosa?”
“L’Astro Giallo che splende nel cielo durante il giorno….”
“Intendi il Sole?”
“Esatto. Esso ha un Astro gemello molto meno brillante che si trova al di là dell’ultimo pianeta. Ho sentito parlare di un’ipotesi a riguardo qualche giorno fa, se non ricordo male lo hanno chiamato Nemesis e la comunità scientifica non ha prove concrete circa la sua esistenza.”
“Ma tu guarda. Incredibile!”
“Evidentemente i vostri strumenti non sono sufficientemente potenti da individuarlo.”
“Già.” Restò un attimo a riflettere su quanto loro fossero avanti, poi si accorse che non era la quantità di pianeti orbitanti attorno al Sole o l’esistenza di Nemesis l’argomento di cui stavano discutendo. “Comunque non è questo ciò che mi interessa. Orion, chi sei veramente? Cosa fai qui e come ci sei arrivato?”
Sospirò profondamente. “Come ti ho già spiegato, vengo dal pianeta Hilon. Non saprei dirti con precisione dove si trova perché il cielo è totalmente diverso dal nostro e non ho riferimenti validi. Sin da piccolo ho frequentato l’Accademia Militare, apprendendo l’arte della guerra e del combattimento. So usare praticamente ogni tipo di arma esistente, ma la mia specialità è l’arco con le frecce, attività che esercito nei rari momenti di tempo libero andando a caccia per i boschi e nelle campagne.”
Melissa si fece scappare una smorfia di disappunto. “A me la caccia non piace affatto.”
“Tranquilla, è da tantissimo tempo che non riesco più ad andarci. Da quando è scoppiata la rivolta non ho più un attimo di libertà.”
“Perché?”
“Dovevo difendere il monarca che i ribelli vogliono morto.” Guardò per un istante il cielo stellato. “Sul mio pianeta sono Capitano di uno dei Tagmas che compongono l’esercito di Hilon.”
“Cos’è un Tagmas?”
“Un gruppo consistente di soldati che stanno agli ordini del proprio superiore, il quale a sua volta deve riferire agli alti ufficiali da cui riceve gli ordini. Capito?”
“Sì, credo di sì.”
“Non saprei spiegarti in che modo sono giunto sin qui e soprattutto perché, fra tutti i pianeti abitati nell’universo, mi trovo proprio su questo qua.”
“Se non lo sai tu…..”
“L’unica certezza è che non posso più far ritorno su Hilon, rischierei la vita se lo facessi.”
“Perché?”
“Non ho eseguito un ordine del mio superiore….. nonché mio padre. Dovevo uccidere uno dei ribelli che ha partecipato al tentativo di rovesciare Re Kipsoron dal trono, ma non ce l’ho fatta.” Abbassò lo sguardo, sembrava vergognarsi. “Lui era un ragazzo come me e nei suoi occhi ho visto il vero coraggio, la vera determinazione di andare avanti e lottare senza paura per raggiungere ciò che si brama più di ogni altra cosa, anche a costo della vita. Io ho sempre e solo obbedito, non ho mai fatto nulla di mia iniziativa e in quei brevissimi istanti mille domande hanno affollato la mia mente e….non sono riuscito a scoccare quella freccia.” Nascose la testa fra le mani trattenendo a stento il pianto.
Melissa poggiò d’istinto una mano sulla sua spalla per infondergli un po’ di coraggio e trasmettergli tutta la sua comprensione e vicinanza. “Devi essere fiero di non averlo ucciso, hai salvato la vita ad un ragazzo.”
Lui invece scosse la testa. “L’ha ucciso mio padre a sangue freddo. Mi ha dato del vigliacco, del codardo, si vergognava ad avere un figlio come me, avrebbe preferito vedermi morto piuttosto che in quel frangente.” Quella mano posata delicatamente sulla spalla gli aveva trasmesso un enorme senso di calore, di comprensione e vicinanza. Poteva sembrare un gesto privo di significato, ma per lui, che mai nella sua vita aveva ricevuto una carezza vera, era una grandissima novità, un qualcosa che iniziava a fargli capire che nella vita c’è posto anche per i sentimenti, non solo per la gloria e l’onore come gli avevano sempre insegnato.
“Caspita!” Era rimasta sorpresa dalla furia del genitore. “Non avrà mica tentato di…”
“Sì, ha alzato la sua arma contro di me e quando oramai mi credevo spacciato, qualcosa mi ha fatto scomparire e ricomparire qui. Sono giunto in un momento stranissimo: sia l’Astro su Hilon che quello sul vostro pianeta erano in eclissi. Sarà stato questo a farmi giungere proprio qui?”
Melissa ricollegò ogni dettaglio e capì che quello strano oggetto filmato col suo smartphone in occasione dell’eclissi di sole, altri non era che Orion in arrivo sulla Terra. Quasi sicuramente lo strano individuo fotografato dal fratello sul crinale della collina era sempre lui: ora le cose iniziavano ad essere più chiare.
Poi la loro attenzione fu catturata dalla luce azzurrognola proveniente dal boschetto limitrofo. “Loro sono qui per cercarmi e riportarmi su Hilon.” Sussurrò Orion. “I cerchi nel grano sono uno dei mezzi di comunicazione e ricerca in uso sul mio e sugli altri pianeti abitati dell’universo. Guarda.” Si sfilò la maglietta scoprendosi la spalla destra. “Riesci a vedere questo tatuaggio?”
Non c’era tantissima luce, però riuscì a scorgerlo e riconoscerlo. “Ma questo è il disegno apparso nel campo di Gino.”
“Esattamente.” Si rivestì.
“Che cosa significa?”
“Non lo so. Da quello che ricordo, ce l’ho sempre avuto.”
La ragazza si fece silenziosa, riportando l’attenzione sul cerchio sottostante.
“Capisci adesso? Loro cercano me e questa ne è la prova.” Fece una breve pausa. “Ricordi la melodia che abbiamo sentito l’altro giorno mentre stavamo nel cerchio?” Attese l’assenso della ragazza. “E’ un codice di ricerca. Non appena l’ho percepito, mi sono allontanato immediatamente perché temevo di essere individuato. Ho sperato fino all’ultimo di essere riuscito a nascondermi, ma vedendo quella navicella laggiù inizio a credere di avere le ore contate.”
Tutto sembrava totalmente assurdo, talmente assurdo che poteva essere vero, dal momento che ogni tessera di quel puzzle coincideva alla perfezione. “Se ti trovano, cosa potrebbe accadere?”
Scosse mestamente la testa. “Non voglio pensarci. Io voglio restare qui, imparare a vivere come uno di voi ed essere uno di voi.” Prese Melissa per mano stringendola leggermente. “Tu mi aiuterai, non è vero?”
Si fissarono negli occhi per lunghi secondi: la ragazza ebbe la conferma della non pericolosità di Orion, anzi, se dapprima gli era apparso quasi burbero e violento, adesso si era come trasformato in un cucciolo indifeso in cerca di protezione. Forse questa sua ingenuità e desiderio di normalità lo avevano spinto ad accettare di uscire con Aurora e continuare a starle accanto, nonostante molto spesso lui manifestasse disappunto su certe sue battute. Lui aveva davvero bisogno di aiuto e sicuramente quello sfogo gli aveva permesso di liberarsi da un pesante fardello, aver parlato con qualcuno gli aveva alleggerito l’anima e al contempo gli aveva permesso di trovare una persona su cui fare affidamento, una persona vera e sincera, seppur a momenti un po’ sbadata.

 






 

Ciao a tutti e buon 2018!
Felicissima di ritrovarvi ancora qua, sebbene sia passato molto tempo dall’ultimo aggiornamento. Purtroppo il tempo stringe e, come molti di voi avranno intuito, ne ho sempre di meno. Inizio quasi a temere di non riuscire a terminare questa storia, nonostante la mia testa brulichi di idee. Terrò le dita incrociate!
Passando poi alla storia, ecco che Orion racconta tutto a Melissa, mentre Manuel e Teresa sono i protagonisti di un piccolo incontro ravvicinato. Ci sono ancora molte cose da scoprire, ma oramai è certo che Orion non è pericoloso e che ha solo voglia di lasciarsi Hilon alle spalle.
Ma su Hilon saranno d’accordo?

Vi do appuntamento al prossimo aggiornamento e vi ringrazio tutti per il vostro supporto.

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 11
*** Cos'è accaduto davvero a Villa Celeste? ***




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Il pomeriggio del giorno seguente Teresa giunse a casa di Melissa per raccontarle della sera avanti: niente che riguardasse gli alieni, quanto piuttosto il fatto di essere rimasta sola con Manuel.
“E’ stato meraviglioso!” Aveva gli occhi pieni di stelle. “Quando quel coso ha ripreso il volo, lui mi ha fissata negli occhi come non aveva fatto mai prima e mi ha sorriso!” Si lasciò cadere all’indietro finendo per scompigliare tutti i cuscini presenti sul letto dell’amica.
Melissa sorrise. “E poi?”
Teresa si voltò. “Poi mi ha chiesto se era tutto vero, se veramente li avevo visti anche io perché stentava ancora a crederci. Io gli ho risposto di sì, che aveva pure scattato una foto a quei due e che era tutto vero e che è stato meravigliosoooooo……” Fluttuava letteralmente in aria. “A quel punto mi ha presa per mano e siamo tornati dagli altri. Guarda: è questa la mano che ha tenuto….” La mostrava come un trofeo. “Non ho avuto il coraggio di lavarla.”
“Eh?! Solo perché l’ha toccata mio fratello?!” Sobbalzò lei con visibile disgusto.
“Tu hai mai fatto una cosa simile per amore? Di’ un po’, ti sei mai innamorata sul serio?”
Melissa non rispose, ma nella sua mente piombò l’immagine di Orion e il cuore incominciò a pulsare più intensamente. “Io? I-innamorata sul serio? Boh, cioè, sì, forse…..”
“Vedi che non puoi capire?” Ribatté continuando a rimirare la sua mano.
In quel momento Manuel irruppe senza tanti complimenti nella camera della sorella. “Ehi, ranocchietta…..Oh, ciao Teresa. Non sapevo fossi qui.”
Lei schizzò in piedi rassettandosi velocemente. “Ehilà….. ciao…. Tutto bene?”
“Non potrebbe andare meglio.” Il suo viso si illuminò. “Dai, venite, raggiungiamo gli altri all’Archer’s….” Consultò per un istante il telefono. No, anzi, andiamo a Villa Celeste.” Teresa era già sulla soglia della porta, Melissa ancora non si era mossa. “Sbrigati!! Hai la reazione di un bradipo!”
“Uffa! Tu non hai mai sonno?!”
“Ce l’ho in altri momenti! E questo non lo è!”
“Vai tu con Teresa, se davvero hai tutta ‘sta fretta. Ho passato la notte in bianco a causa di incubi e non ho riposato affatto.”
“Oh, hai avuto degli incubi, poverina.” La sfotteva apertamente. “E che cosa hai sognato? Il lupo cattivo?”
“Imbecille.” Gli sfoderò una linguaccia da guinness dei primati. “Ho sognato di incontrare un alieno. Contento?”
“E tu lo chiami incubo? Sarebbe un sogno, altroché!” Piegò l’angolo della bocca in un sorriso. “Ed io quel sogno l’ho vissuto davvero e qui c’è la prova.” Si voltò verso Teresa agitando il cellulare, la prese di nuovo per mano per andare via, ma ….” Ehi, ma che hai qui nel palmo? Che schifo! Che roba è?!”
“Eh? Ehm….” Era viola dall’imbarazzo. “Vado subito a lavarmi le mani, evidentemente ho toccato qualcosa sotto il letto di tua sorella….” Scomparve dietro la porta del bagno e riapparve dopo neanche un minuto. “Allora? Andiamo?”
“Certo, il bradipo ci raggiungerà più tardi.” Salutò la sorella e si avviò verso Villa Celeste con Teresa.
Melissa era rimasta sola in camera, osservando il fratello e l’amica allontanarsi lungo il viale alberato, immaginando quella scena come  il preludio della loro felicità. Era piuttosto assonnata poiché aveva riposato pochissimo e malissimo: si era rigirata continuamente nel letto pensando e ripensando a tutto quello che aveva vissuto. Era stato tutto reale? O il suo subconscio era all’origine di ogni cosa? Presso Villa Celeste era veramente atterrato un UFO? E Orion? Era davvero un alieno? No, impossibile. Forse l’UFO era solo frutto di suggestione ed immaginazione, forse aveva ragione Aurora e lì stavano davvero effettuando le riprese di un film senza che in città nessuno lo sapesse. Si mise frettolosamente un paio di shorts ed una maglietta, andò in bagno, raccolse i capelli con una pinza e si sciacquò la faccia con un getto di acqua fresca sperando potesse aiutarla a recuperare lucidità. “Mamma mia.” Disse guardandosi allo specchio. “Faresti spavento non solo all’UFO, pure ai suoi passeggeri!”
Passeggeri uguale alieni: alieno uguale Orion.
“Orion è un alieno….” Sciacquò di nuovo la faccia. “No, non esiste. Questa l’ho sognata stanotte fantasticando su di lui. Punto e basta.” Di nuovo acqua in faccia. “Orion è il ragazzo di Aurora, è figo all’ennesima potenza ma non è un alieno, sembra esserlo perché qua sulla Terra non ne ho mai visti come lui, ma non lo è. Basta.” Si asciugò il viso, mise un velo di trucco ed uscì.

 

Presso il boschetto di Villa Celeste si era radunata una folta schiera di curiosi, assieme ad una troupe televisiva ed alcuni giornalisti di testate locali. I proprietari dell’area interessata stavano parlando con le autorità cittadine in merito a quanto accaduto la sera precedente, ribadendo attimo dopo attimo di non saperne assolutamente nulla e che il raggiungimento della verità fosse auspicato da loro stessi per ritrovare la tranquillità perduta.
Quando Manuel e Teresa giunsero lì, trovarono già Simone, Giulio e Cierre; poco distante stava il presidente del club Alien Hunters, armato di fotocamera e rilevatore di onde elettromagnetiche. “Ehilà gente! Come butta?”
“Roba da urlo, credimi.” Rispose Simone. “Io non avrei mai immaginato di trovare tutta ‘sta folla incuriosita.” Indicò davanti a sé. “Non fanno avvicinare nessuno al boschetto e, se ho visto bene,….” Abbassò il tono della voce. “…da alcune auto giunte da un sentiero secondario, sono scesi degli uomini completamente vestiti di nero.”
Il viso di Manuel si illuminò. “I men in black.” Sorrise. “Quando ci sono loro, ci sono di mezzo anche gli alieni. E’ matematico.” Conteneva a stento la gioia di aver assistito ad un vero sbarco di esseri provenienti da chissà dove, perché lui li aveva visti, due ne aveva visti, fotografandoli pure!
E non li aveva sognati.
“Yu-uh! Eccomi qua!” Aurora annunciò il suo arrivo facendo voltare gran parte dei presenti. “Allora? Che c’è di nuovo?” Raggiunse il gruppo tenendo ben ancorato il braccio di Orion che non poteva far altro che seguirla come un fedele segugio. “Come mai c’è tutta questa gente?”
“Non ricordi nulla di ieri sera, tesoro bello?” Giulio le rispose con ironia.
“Ieri sera?” Sembrò pensarci su. “Ah già! Qua stavano girando il film con l’ufo di Manuel!” E ridacchiò pensando di aver fatto una battuta divertente.
“Ma quando mai?” La prese sottobraccio e iniziò a parlarle a bassa voce cercando di essere più serio possibile. “Ieri sera è veramente atterrato un disco volante. Vedi? Là stanno scienziati, giornalisti e militari dell’esercito per verificare e documentare tutto quanto.”
“Ah sì?”
“Sì! E posso dirti di più.” Si lasciò guardare sfoderando un sorriso. “Ho parlato con uno di loro.”
“E che cosa ti ha detto?”
“Che gli alieni provenivano dal pianeta X, sono alti un metro e cinquanta, la loro pelle è verde e portano abiti di seconda mano. Sono venuti sulla Terra per fare una scampagnata con annesso barbecue, hanno portato salsicce, bistecche e costolette di maiale, più un eccellente vino rosso extra galattico. Hanno alzato il gomito più del dovuto e quando hanno acceso il fuoco nel bosco si è incendiata tutta l’erba e se ne sono dovuti andare via di corsa per non restare abbruciacchiati, rinunciando così al pic-nic.”
“Ma va’!” Si scostò da lui. “E io come sono stata ad ascoltarti!”
“Ci sei caduta, eh?” Rise divertito.
Distratta dalle parole di Giulio, Aurora non si era accorta dell’allontanamento di Orion, il quale aveva raggiunto il limite della zona proibita senza che nessuno lo notasse. Voleva vedere coi suoi occhi cosa effettivamente era accaduto laggiù, doveva assolutamente verificarlo per capire se a bordo di quella navicella spaziale c’era la persona che immaginava. L’area interessata era circoscritta ad una radura piuttosto ampia, attorno vi erano delle piante ad alto fusto piuttosto imponenti e maestose, uniche testimoni silenziose dell’atterraggio. L’aria era calda e relativamente tranquilla, poteva sentire solo il cinguettio degli uccelli. Ma ciò che gli interessava era ben altro: sul suolo era visibile un cerchio piuttosto netto e preciso, formato da erba e piccole sterpaglie bruciacchiate, all’interno del quale erano evidenti tre piccoli punti posti a formare i vertici di un triangolo perfetto. Tutto ciò era oggetto di foto e rilievi da parte degli umani completamente vestiti di nero, i quali non sembravano gradire troppo la presenza di quelli con la divisa mimetica. Orion indietreggiò di qualche passo, le tracce dell’atterraggio di una piccola navetta sganciatasi da una delle astronavi di Hilon erano evidenti, tuttavia non poté avere la conferma dell’identità dei passeggeri. Preferì ricongiungersi con gli amici, era troppo rischioso restare lì con quei figuri, così raggiunse gli altri notando la presenza di Melissa che era arrivata mentre lui stava in perlustrazione. La guardò a lungo senza che lei se ne accorgesse, sentiva forte il desiderio di normalità e, dato che la ragazza era a conoscenza del suo segreto, poteva davvero essere la chiave per lasciarsi il passato alle spalle e guardare avanti, costruendosi una nuova vita come un normale Terrestre.
Perché no?
Tagliare tutti i ponti con Hilon, con quel pianeta che gli aveva chiesto tutto restituendogli niente, era possibile?
Ma soprattutto, ne avrebbe avuto il tempo materiale?








 

 

Ciao, bella gente!
Confesso di non essere particolarmente entusiasta del capitolo, ma ho preferito proporvi qualcosa di relativamente calmo prima di alcune rivelazioni che vi sto preparando. Qualcuno di voi infatti già ha notato una sorta di legame di Orion con il nostro pianeta, però non voglio anticiparvi nulla, dandovi appuntamento al prossimo aggiornamento.
Grazie infinite per il sostegno che mi dimostrate, specialmente VOI recensori.

Un abbraccio

La Luna Nera

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Capitolo 12
*** Le cose si complicano ***


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“Signori, qua non può stare nessuno.” Un giovane soldato si avvicinò al gruppo di amici e ad altri presenti, invitandoli ad andare via. “E’ pericoloso.”
“Perché?” Chiese Aurora. “Ci sono i mostri?”
“Ci sono radiazioni pericolose.”
“Mi possono rovinare la messa in piega?!” La ragazza portò le mani sui capelli. “Non potrei sopportarlo! Orion, portami via di qui!” Afferrò il ragazzo per la mano, trascinandolo verso le auto.
“Dai, ragazzi, andiamo.” Manuel non era di quell’avviso, tuttavia preferì assecondare l’ordine del soldato, non prima di accordarsi con il presidente degli Alien Hunters sull’invio di materiale e di informazioni.
Giunsero all’Archer’s e presero posto attorno ad un tavolino, tutti tranne Orion che invece si era seduto in disparte presso il bancone del bar. Sembrava completamente concentrato sul ciotolino delle arachidi, i continui e petulanti richiami di Aurora desiderosa di selfie non lo sfioravano affatto. Melissa osservava in silenzio, si sentiva ancora frastornata dagli ultimi avvenimenti e dalla rivelazione fattale dal ragazzo che l’aveva totalmente sconvolta. Benché lo desiderasse, decise di non raggiungerlo e restò in compagnia degli altri in attesa delle bibite che Giulio stava ordinando per tutti al bancone del bar.
“Ehi, fratello, ti unisci a noi o fai il lupo solitario?”
 Lui non rispose.
“Tutto bene, amico mio?”
Ancora silenzio. Orion sembrava assente in tutto e per tutto.
“Ehi, compare!” Gli diede una pacca sulla spalla e finalmente ricevette un segnale da parte sua.
Questi si voltò con l’aria apparentemente smarrita. “Che …..che stavi dicendo?”
“Ti senti male?”
“No no.” Sospirò profondamente. “Stavo solo pensando ad una cosa.”
“Se posso aiutarti, sappi che sono a tua disposizione. Tutti lo siamo.” Sorrise. “Per uno che resiste per più di due mesi con Aurora questo ed altro!” Si voltò a guardare la ragazza seduta assieme agli altri.
Si lasciò sfuggire un sorriso. “Grazie.” Si girò verso di lui. “Senti, posso chiederti una cosa?”
“Spara.”
“Ti è mai capitato di temere che, per colpa tua, delle persone a cui tieni molto possano correre dei gravi pericoli?”
Non si aspettava una tale domanda. “Oh, così su due piedi non saprei.” Rifletté a lungo. “Non mi pare di aver mai vissuto una situazione del genere.” Poi si voltò verso di lui. “E’ questo che ti preoccupa?”
“No, ho solo visto un film in TV l’altra sera in cui il protagonista si trovava in una situazione simile e mi sono chiesto cosa avrei potuto fare al posto suo, tutto qui.” Era la prima scusa passatagli per la testa.
“E allora?”
“Allora….” Pensò un istante. “I fenomeni dell’altra sera mi affascinano e mi mettono ansia. Secondo te quelli che abbiamo visto sono alieni?”  
Alzò il sopracciglio sinistro, sorpreso per le singolari domande rivoltegli dall’amico. “Alieni? Boh, non saprei… Certo, quei due erano abbastanza strani, tuttavia …” Si massaggiò la nuca. “Non lo so, dovresti parlarne con Manuel, è lui l’esperto e sostiene di averli pure fotografati.”
Già, Manuel, il fratello di Melissa, l’unica a sapere la sua scottante verità. Oramai glielo aveva detto e lei si era ripromessa di tacere, non poteva più tornare indietro. Non era pentito, tutt’altro, temeva solo l’arrivo da un momento all’altro di qualche nave spaziale da Hilon per riportarlo indietro e soprattutto temeva che i ragazzi potessero restarne coinvolti più del necessario. Non se lo sarebbe mai perdonato ed avrebbe fatto di tutto per difenderli e restare lì con loro sulla Terra.
Il Pianeta d’Acqua per lui ora portava solo e soltanto questo nome.
Prese l’arachide con cui aveva giocherellato e lo assaggiò: le sue labbra si piegarono in una smorfia di disgusto, quel coso era dannatamente salato, decisamente troppo se paragonato a ciò che era solito mangiare.



 

PIANETA HILON

Il Generale Ireon guardava la desolata campagna che circondava le mura della capitale Prothevos: ciò che vedeva dalla finestra del Quartiere di Comando era completamente grigio, triste, deprimente. La rivolta era stata sedata, il sangue dei traditori uccisi aveva imbrattato per lunghe settimane ogni angolo della città: quella città che un tempo era l’orgoglio dell’intero pianeta per il suo splendore ed il suo prestigio. Da quando sul trono sedeva re Kipsoron tutto era pian piano andato in malora, tutto tranne l’esercito che si era rafforzato in maniera esponenziale, arruolando tutti quelli in grado di combattere.  La cosa assurda è che non ricordava altro di ciò che era Hilon prima dell’ascesa al potere dell’attuale sovrano, persino la Megalis Vivlios in cui erano conservati i manoscritti più importanti, era stata sigillata e nessuno poteva accedervi tranne il re. Sembrava volesse celare qualcosa. E se quel qualcosa si riferiva a quanto rivelatogli dal Maestro Iersys? Da quando aveva letto le parole contenute nella pergamena, non aveva più dormito sonni tranquilli perché lui avrebbe generato la chiave per riportare Hilon al suo antico splendore, non ne capiva il significato ma quello era scritto nero su bianco. Il re avrebbe fatto di tutto per carpirne il senso, qualora avesse scoperto la strana tresca nata fra lo stesso Generale ed il Maestro d’Armi. L’unica cosa che aveva intuito era che suo figlio andava protetto ad ogni costo e fatto tornare lì in incognito fino a che i tempi non fossero stati maturi. Ed ora che probabilmente lo avevano individuato, le cose si sarebbero evolute più rapidamente di prima.
“Generale Ireon.” Iersys entrò nella sala, distogliendo l’uomo dai suoi pensieri. “Perdonatemi se vi ho fatto attendere.”
Mosse la testa. “Non dovete scusarvi, venerabile.”
“Generale….” Si avvicinò. “Ho avuto la conferma: il ragazzo si trova sul Pianeta d’Acqua e non è molto distante dal messaggio perlustrato in occasione dell’ultima missione.”
Annuì in silenzio facendosi scuro in volto. “Avrei dovuto immaginare che fosse finito in quel mondo remoto.” Abbassò lo sguardo. “Vedete, c’è una cosa che nessuno sa circa mio figlio.” Si era portato quel macigno dentro per anni ed anni. “Io non so se la mia vita terminerà presto, dopo tutto sono un guerriero e la morte potrebbe trovarsi dietro l’angolo. Credo sia giunto il momento che dica a voi ciò che ho tenuto segreto e che anche mio figlio ignora. Voi avete dimostrato grande lealtà ad Hilon, non al sovrano, ma ad Hilon stesso in quanto nostro mondo e fonte di ogni cosa: per questo vi chiedo di essere custode assieme a me del mio segreto.”
“Sarà un immenso onore per me, Generale.”
“Mio figlio Orion non è……non è un Hiloniano puro.” Aveva la voce rotta. “Sua madre non è una delle donne scomparse, sua madre si trova sul Pianeta d’Acqua ed è lì che lui è nato. L’ho portato qui subito dopo la nascita per varie ragioni e….” Si massaggiò gli occhi, liberarsi da quel macigno era stato impegnativo.
“Mhm.” Mugugnò Iersys. “Era ciò che speravo mi diceste.”
“Cosa?” Sobbalzò l’altro.
“Ero a conoscenza di tutto, devo confessarvelo. Leggo le stelle ed esse non tradiscono mai, rivelano ogni cosa e sono state proprio loro a guidarmi verso vostro figlio che, oltre ad essere un ibrido, è anche il predestinato.”
“Predestinato? Che cosa intendete?”
“Colui che attualmente siede sul trono è un sovversivo.” Lo disse con un filo di voce, poiché ciò che aveva rivelato era davvero scottante. “Non posso dirvi nei dettagli come ci sia riuscito perché perderemmo tempo, posso solo confermarvi che lì dove sta lui dovrebbe sedere vostro figlio.”
“State scherzando?” Il Generale non riusciva a credere alle sue orecchie, guardava con occhi spalancati il suo interlocutore. Ecco il significato di quelle parole: lui avrebbe generato la persona destinata a riportare Hilon all’antico splendore, aveva generato Orion, cioè il sovrano designato dalle stelle. Almeno così sembrava.
“Il simbolo delle tre stelle che porta sulla spalla destra ne è la prova. Per questo dobbiamo proteggere il ragazzo a qualunque costo. Voi avete alzato la vostra arma contro di lui non troppo tempo fa, non è vero?” Attese l’assenso quasi imbarazzato di Ireon. “Somasur lo ha protetto, portandolo lontano da qui, in quel pianeta remoto che lo ha visto nascere e dove esiste un corpo celeste ad esso praticamente uguale. L’eclissi che contemporaneamente si è verificata sul nostro mondo e l’altro ha creato un corridoio spaziale che ha rapito il ragazzo, portandolo lontano da qui proprio in virtù della sua parziale appartenenza al Pianeta d’Acqua. Per ora non posso dirvi altro, lo farò al momento giusto: uno di noi deve andare da lui, parlargli e spiegargli ogni cosa. Dovrà tornare qui e prendere il posto che il destino gli ha riservato. Io sono pronto a rischiare, partirei anche domani e….”
“No.” Lo interruppe l’altro. “Andrò io laggiù.” La sua voce era ferma e decisa. “Orion è mio figlio.”
“Saggia decisione, Generale.”
Ireon si chiuse in un profondo silenzio, Iersys non osò spezzarlo poiché comprendeva lo stato in cui si trovava l’uomo a fronte di quanto gli era appena stato rivelato. Decise di lasciarlo solo in modo che potesse metabolizzare il tutto e meditare sul da farsi, uscì dunque dall’ampio salone chiudendo alle sue spalle la pesante porta di legno.



 

PIANETA TERRA
BAR DELL’ARCHER’S
ALCUNE SERE DOPO

“Ragazzi, ho una grande notizia!”
“Che succede?”
“Guardate qua.” Nico mostrò agli altri la foto di un neonato. “Sono diventato zio: mia sorella stamani ha dato alla luce il mio nipotino.”
“Fa’ vedere.” Teresa si avvicinò al telefono per guardare il piccolino assieme a Melissa. “Meraviglioso!”
“Sì, è bellissimo!” Confermò l’altra. “Come si chiama?”
“Alessio.” Rispose Nico, fiero ed orgoglioso.
“Alessio?” Si intromise Aurora. “Puah, nome banale.”
“A me piace.” Ribatté lui. “E comunque deve piacere a mia sorella e a mio cognato.”
“Banali pure loro.”
“Oh, quante storie! Mai uno che ti vada bene!” Sbuffò Giulio.” Anzi, di’ un po’: tu come chiameresti tuo figlio?”
“Certamente con un nome alla moda, magari hollywoodiano. Ad ogni modo questo non è un problema che mi riguarda.”
“Beh, ancora siamo giovani per diventare genitori.” Constatò Cierre. “E comunque mio figlio, quando nascerà, porterà il nome di un grande campione, proprio come il suo papà.” Disse orgoglioso battendosi il petto.
“Io non lo so, non ci ho mai pensato.” Simone proprio non aveva idee. “E poi, caro il mio Cierre, potresti avere anche una femminuccia.”
“Oh no, assolutamente no. Una femmina proprio non si può!”
“Idiota. Le femmine sono centomila volte meglio dei maschi.” Lo contradisse Aurora.
“Ah sì? E perché, di grazia?.”
“Voi uomini non avete arte né parte, né un filo di charme e di classe. Parlare sempre di calcio, di marziani, di stronzate che non fanno ridere nessuno e che sono di stampo prettamente maschilista.”
“Gli uomini sono uomini e le donne sono donne.” Affermò Cierre incrociando le braccia.
“Wow, che scoperta! Ti daranno il Premio Nobel.” Sorseggiò il suo bicchiere d’acqua. “Comunque agli altri l’onore di sfornare marmocchi. Io non ne voglio sentir parlare almeno fino a quarant’anni e forse più. Le gravidanze sformano il fisico, fanno crescere i fianchi e la pancia; poi figuriamoci se posso rinunciare al mio tempo per stare attaccata ad una culla con un lattante che urla in continuazione, a cambiare pannolini puzzolenti e passare notti in bianco perché quello non vuole dormire! Ma stiamo scherzando?!”
“Capito Orion?” Simone diede una pacca sulle spalle all’amico silenzioso. “Mettiti l’anima in pace e invecchia senza figli.”
“Chi mi ama, mi aspetta.” Sentenziò lei. “Altrimenti non è degno di me.”
Calò il silenzio. Molte volte è decisamente meglio tacere che rispondere a certe affermazioni. I presenti si limitarono ad uno scambio di sguardi d’intesa reciproco. Poi Nico ed Eva ripresero a chattare con la sorella del ragazzo ed il suo compagno per avere altre foto del nipotino; Manuel finse di consultare il telefono alla ricerca di tracce aliene, così come Cierre che focalizzò la sua attenzione sulle App del calcio. Teresa e Melissa restarono in silenzio, imbarazzate sul da farsi; il silenzio fu spezzato poco dopo da Simone, stanco dell’imbarazzo creato da Aurora. Si alzò, fece qualche passo verso il bancone del bar, da lì poté verificare la disponibilità del campo di tiro ed avanzò la proposta. “Una sfida a tiro con l’arco?” Guardò il gruppo di amici. “Esclusivamente maschile?”
“Andata.” Manuel fu il primo ad alzarsi. “Io ci sto.”
“Ci vediamo più tardi per andare a far visita a mia sorella, ok?” Nico salutò Eva con un bacio.
“Ok, intanto vado a comperare un regalino per il piccolo.”
Nel giro di pochissimi secondi restavano solo Aurora, Teresa e Melissa sedute attorno al tavolino. Le due amiche si guardarono in faccia e, con un cenno d’intesa, raggiunsero il bancone del bar per un thé freddo, lasciando l’altra impegnata coi suoi selfie.
“In certi momenti non riesco proprio a sopportare Aurora, fa dei discorsi che mi fanno letteralmente saltare i nervi!” Sbottò Teresa.
“A chi lo dici… Non riesco a capire cosa ci trovi di tanto speciale mio fratello in lei.” Confermò l’altra.
“A me lo dici? E non capisco ancora come mai Orion non l’abbia mollata. Quel ragazzo ha una pazienza fuori dal comune.”
“Già….” Lei sapeva, ma doveva tacere persino alla migliore amica. Continuava a fissarlo mentre si trovava con gli altri al margine del campo di tiro. La sua pressione arteriosa iniziò ad aumentare quanto lui si tolse il giacchetto, restando con una maglietta piuttosto stretta, che metteva in risalto il suo fisico statuario. Ancora non era convinta sul serio che Orion fosse davvero un alieno, gli sembrava troppo assurdo. Però quel ragazzo le piaceva ogni giorno di più e vederlo in quei movimenti apparentemente comuni ed innocenti, la fece vacillare più del dovuto.
“Ehi! Base Terra chiama Astronave Melissa!”
Immobile.
“Yu-uh! Ci sei?”
La ragazza aveva lo sguardo trasognato e non riusciva a sentire alcunché.
“Melissa!!” Agitò vigorosamente la mano davanti alla faccia dell’amica che pareva ipnotizzata. Solo un pizzico sulla guancia la fece tornare in sé.
“Ahia!” Guardò l’amica in modo scherzoso e minaccioso massaggiandosi la parte dolorante. “C’era proprio bisogno di farmi male?!”
“Beh, tesoro mio…. Se quello che ho visto corrisponde a quello che penso, di male te ne farai molto di più.”
Si voltò verso di lei con aria imbarazzata.
“Ehi, con me non attacca. Ti sei letteralmente imbambolata a fissare Orion e tu sai chi è la sua dolce fidanzatina, vero?” Mimò la faccia innamorata che attende il bacio.
“Ma per favore, Teresa! Sii seria!”
“Oh, sì che lo sono.” Incrociò le braccia. “Ti piace Orion, non negarlo.”
Melissa non negò, ma neanche confermò, continuando a guardare i ragazzi in silenzio.






 

Ciao a tutti!
Ho cercato di fare del mio meglio per aggiornare un po’ prima di quanto avevo previsto: in occasione del capitolo precedente (che continuo a ritenere poco esaltante) vi avevo promesso delle grandi rivelazioni su Orion ed eccole qua. Spero di non avervi deluso e che il capitolo non sia risultato per voi troppo lungo , sapete bene che il vostro parere è fondamentale per andare avanti con la vicenda, la quale si sta piano piano complicando sempre di più. Insomma, Melissa si sente attratta da Orion in modo piuttosto palese, lui non sa di essere nato sulla Terra e che il destino gli ha riservato un compito fondamentale per il futuro di Hilon, ragion per cui vi dovrebbe fare ritorno. Intanto suo padre sembra in procinto di partire per la Terra.
E’ abbastanza intricato?
Attendo con ansia i vostri commenti. Grazie a tutti!

Un abbraccio
La Luna Nera

 

 

 

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Capitolo 13
*** Una scia nel cielo ***


I ragazzi dunque erano pronti a fronteggiarsi a colpi di arco e frecce, sotto lo sguardo sognante di Teresa e Melissa.

“Gara individuale, ok?”
“Ok.” Gli altri confermarono quanto proposto da Simone.
“Facciamo dieci scoccate ciascuno, chi segna il maggior punteggio, vince.”
“Il nostro amico è un genio!” Lo schernì Giulio passandogli il braccio attorno al collo.
“Ah, sta’ zitto scemo!” Allontanò scherzosamente l’amico. Prese in mano l’arco ed aggiustò la corda elastica agganciandola al giusto punto di tensione.
Orion si avvicinò al contenitore in cui stavano le frecce, ne prese una ed iniziò ad osservarla con grandissima attenzione. Era inutile negarlo: il contatto con quell’oggetto gli faceva rivivere gli ultimi istanti della sua permanenza su Hilon, la sua mente tornò come per incanto fra le sterpaglie e gli arbusti, rivedendosi in sella al suo destriero nel corso dell’inseguimento del giovane ribelle che di lì a poco sarebbe caduto sotto i colpi di suo padre. Quel ricordo ancora lo perseguitava, ma se davvero voleva gettarsi il passato alle spalle una volta per tutto, doveva superare quel blocco psicologico. E quello sembrava il momento opportuno.
“Vieni che ti do qualche dritta.” Nico invitò Orion a seguirlo presso il campo di tiro, distogliendolo così dai suoi pensieri. “Allora… Tu non hai mai usato l’arco, giusto?”
“Ho un vago ricordo di infanzia.” Mentì di proposito.
“Osserva: devi impugnarlo in questo modo, stringendo senza usare troppa forza ed evitando di stringere con il pollice e l’indice, altrimenti potresti farti male quando scocchi.” Poi prese una freccia. “Questa si aggancia alla corda grazie alla piccola incisione che vedi in fondo, si fa così.” E gli mostrò tutto quanto. “A questo punto ti metti in posizione, divaricando leggermente le gambe e posizionando il piede sinistro un pochino più avanti del destro, distribuisci il peso in avanti e se hai paura che la freccia cada, puoi inclinare leggermente l’arco. Poi punti il bersaglio e….” Alzò l’arco tendendolo con discreta sicurezza. “E quando ti senti pronto….. scocchi!” Fece partire la freccia che colpì il bersaglio quasi nel centro. “Non male!” Si voltò verso l’amico. “Le prime volte è facile mancarlo, per cui non preoccuparti se fallisci, ad ogni modo devi fare attenzione a tenere il gomito in posizione perfettamente orizzontale, devi considerarlo come il prolungamento della freccia stessa. Se tieni tutto dritto ed allineato, fai centro. Capito?”
Annuì piegando il lato destro della bocca in un sorriso. “Grazie.” Era giunto il momento di gettare Hilon alle spalle, prese con delicatezza una freccia, l’agganciò con naturalezza e si posizionò di fronte al bersaglio. Alzò l’arco rimanendo immobile, percepiva nervosismo in ogni suo muscolo e tremava, in modo impercettibile, ma tremava.
“Ehi, coraggio.” Giulio gli si avvicinò. “Se non colpisci il bersaglio, mica ti faccio arrestare.” Attese un lieve cenno da parte di Orion. “E poi la tua dolce Aurora non si permetterebbe mai di sfottere il suo amoruccio.” Nel tono della sua voce c’era una dolcezza ironica pesantissima.
Al ché il ragazzo abbassò l’arco.
“Ops… Ti sei offeso?”
“No.” Rispose secco. “A proposito di Aurora…. Ragazzi, ho bisogno di aiuto.”
Tutti focalizzarono l’attenzione su di lui, in particolare Manuel.
“Io….” Si passò una mano fra i capelli. “Io mi sono stancato di lei, fatico a sopportarla e….insomma…. tutte le volte che ho provato ad affrontare l’argomento, vengo attaccato come se avessi fatto chissà cosa.”
“Quindi vorresti mollarla, giusto?” Chiese Manuel.
“Esatto.”
“Motivo?”
“Te l’ho detto: non la sopporto più e non credo di provare nulla di serio per lei. Parla sempre e solo di se stessa come se al mondo non esistesse nessun’altra persona, tutto deve passare in secondo piano, non hai possibilità di proporre niente perché decide tutto lei…. L’altro giorno voleva costringermi a seguirla in un centro estetico per dei massaggi col fango o dell’altro, manco me lo ricordo. A me la cosa non interessava minimamente, l’ho invitata ad andarci da sola e vi lascio immaginare la sua reazione quando gliel’ho proposto.” Seguì una breve pausa. “Litighiamo di continuo se non eseguo i suoi ordini, mi sembra di stare in Accademia.”
“Beh, non dovrebbe essere un dramma per te.” C’era ironia nelle sue parole.
“Sì, se mi trovassi in Accademia sarei d’accordo con te. Lì ti impartiscono gli ordini, ma ogni tanto hai pure del tempo libero. Con lei non accade!”
“Mhm, sembri proprio messo male, amico mio.” Giulio gli diede due pacche sulla spalla. “Affrontala e mollala, tieni duro, noi siamo con te.”
“Grazie del consiglio, sarà dura come andare in guerra ma ci proverò. E poi… ” Fece una breve pausa, poi sussurrò “ Ho altro per la testa.” Tese l’arco puntandolo verso il bersaglio e nel giro di qualche decimo di secondo, fece partire la freccia infilzandola nel centro esatto.
Tutti restarono sbalorditi: com’era possibile che uno, al primo tiro, riuscisse ad ottenere un simile risultato quasi senza aver preso la mira? Lui se n’era accorto ed era pronto a giustificarsi incolpando la fortuna del principiante, quando all’improvviso qualcosa di luminoso attraversò il cielo del tramonto.
“E quello che diavolo era?”
“Una punizione di Cristiano Ronaldo?”
“Un ufo? Una meteora?”
“Somigliava in maniera impressionante a quel coso che abbiamo visto in occasione dell’eclissi di sole.” Notò Simone. “Ricordate? Melissa lo aveva filmato col cellulare.”
“Hai ragione, ora che mi ci fai pensare sembrano davvero la stessa cosa.” Confermò Giulio. “Già, ma che cosa?”
“C’è un solo modo per scoprirlo.” Sentenziò Manuel. “Andiamo a verificare di persona.” Nonostante tutto, niente e nessuno poteva attirare la sua attenzione come una possibile navicella aliena, neanche Aurora.
“La scia luminosa andava in quella direzione.”
“Oddio, no… Non è possibile!” Sussurrò Simone. “Laggiù abita Gino, non ditemi che quel coso si è schiantato nel suo terreno!”
Sulle labbra dei ragazzi comparve in simultanea un sorriso, memori delle passate avventure da quelle parti.
“Evidentemente gli alieni lo hanno preso in simpatia.” Ridacchiò Manuel. “Dai, andiamo.”
“Io vi raggiungo più tardi, se ce la faccio.” Rispose Nico. “Devo passare a prendere Eva e poi andiamo a far visita a mia sorella in ospedale.”
“Ok, ti aggiorneremo in caso di novità.”
Salutarono l’amico e, giunti in prossimità del bancone del bar, trovarono Melissa e Teresa intente a parlottare fra loro.
“Ragazze, avete visto quella scia luminosa che ha attraversato il cielo?”
“Sì…cioè… no.” Melissa pensava a ben altro. “Che cosa è accaduto?”
“Ho un fenomeno di sorella….” Sentenziò Manuel. “Beh, se tu e Teresa avete intenzione di tornare coi piedi per terra, venite con noi a scoprirlo. A meno che non abbiate di meglio da fare.”
Teresa balzò in piedi immediatamente. “No-no! Io ci sono! Dov’è che andiamo? E a fare che cosa?”
“Indovina un po’?” Si lasciò sfuggire una risatina, mentre indicava la direzione che avrebbero preso.
“No, non è possibile!” Esplose anche lei in una risata. “Al campo di Gino!?”
“Esatto! Qualcosa proveniente dallo spazio si è schiantato in quell’area e noi scopriremo cosa.”
“Ah, ragazzi, io devo abbandonarvi.” Cierre controllò il suo smartphone.
“Motivo?”
“Stasera c’è l’amichevole fra Real Madrid e Manchester United, mica posso perdermela per un presunto ufo.”
“Beh, certo, come no?”
“Ehm, veramente ho un impegno anche io.”
Tutti gli occhi furono calamitati da Simone, anch’esso richiamato da un segnale acustico del telefono.
“Non dirmi che questo e tutti i messaggini dell’altra sera te li sei scambiati con una ragazza che ti ha invitato ad uscire?” Manuel sembrava quasi divertito dal possibile appuntamento dell’amico.
“No, l’ho invitata io. Contento?”
“E lei ha accettato?”
“Qualcosa in contrario?”
“Ehi, fratello, indovina chi ci ha messo lo zampino?” Si intromise Giulio.
“Ah beh, allora stiamo al sicuro.”
“E infatti vi saluto pure io che ho un appuntamento.”
“Uscite insieme?”
“Sì, ti piacerebbe!”
“Come no!” Poi li guardò con occhi maliziosi. “Non è che per caso tu esci con una che si chiama Simona e tu con Giulia?”
“Ma fammi il piacere!” Giulio afferrò il cellulare e mostrò la foto sull’icona di Whatsapp della ragazza con cui sarebbe uscito. “Secondo te questa ti sembra ‘sto scorfano?”
“Dai, andiamo.” Lo richiamò Simone. “Altrimenti facciamo tardi.” E si avviarono entrambi verso quella che poteva essere una piacevole serata.
“Voi due avete appuntamento con due maschioni aitanti o venite con noi?”
Le ragazze si guardarono in faccia capendosi all’istante: potevano rispondere in maniera affermativa ad entrambe le domande. Un’opportunità unica come quella si sarebbe più ripresentata? Oltre tutto Aurora se n’era già andata, era da poco passate le sette di sera e a casa sua era già ora di cena, poi doveva andare a dormire presto perché, perdendo anche una sola ora di sonno, la sua pelle ne avrebbe risentito. Almeno questo era il suo punto di vista.
“Andiamo?” Teresa rispose con un sorriso luminosissimo, raggiungendo immediatamente Manuel presso la sua auto, seguita da Melissa ed Orion.
“Melissa!” Qualcuno la chiamò e lei, voltandosi, riconobbe Leon, il gestore del bar. “Per caso è tua questa?” Mostrò alla ragazza la borsa che aveva dimenticato sulla sedia.
“Eh eh… Sì, è mia. Grazie mille.” Sorrise con lieve imbarazzo. “La mia solita sbadataggine.”
Orion, muto fino a quel momento, era rimasto ad attenderla, mentre Manuel e Teresa stavano già presso l’auto del ragazzo. “Io credo di sapere cos’è caduto nel terreno di quell’ometto.” Mormorò non appena la ragazza gli fu vicina.
“Quelli che cercano te?”
Annuì in silenzio. “Anche se mi vorrei tanto sbagliare.” La prese per mano, una mano che iniziava a sudare. “Ti prego, non allontanarti mai da me. Tu sei l’unica persona di cui posso fidarmi e che mi infonde coraggio.”
Lei non rispose, le parole erano rimaste bloccate in gola e i battiti del suo cuore subirono una pericolosa quanto veloce accelerata. A complicarle l’esistenza in quei minuti ci si misero prima un nutrito stormo di farfalle svolazzanti nel suo stomaco e poi le sue gambe che a stento la tenevano in piedi. Oramai non poteva più nasconderlo neanche a se stessa: si stava innamorando di Orion. Peccato che lui fosse ancora legato ad Aurora, una che non tollera minimamente di essere mollata per un’altra. Peccato che ancora non fosse del tutto convinta della vera natura del ragazzo, sebbene avesse trovato conferme in tutto ciò che lui le aveva confidato e mostrato. Peccato che nessuno mai come lui le aveva fatto battere il cuore a quel modo. Peccato che il semplice contatto fra le loro mani le infondesse una sicurezza mai provata prima e una sensazione di serenità incredibile.
“Ehi, voi due! Volete restare a piedi?”
“Arriviamo….” Melissa rispose con un tono di voce appena percettibile e, sempre con la mano unita a quella di Orion, si incamminò verso l’auto del fratello. Lei prese posto con l’amica sui sedili posteriori, lasciando ad Orion il posto davanti. Il cielo era terso e le luci del tramonto cambiavano attimo dopo attimo i riflessi dell’orizzonte, ma lei non se ne curava poiché il suo sguardo era focalizzato sul profilo del ragazzo che invece osservava ogni dettaglio dell’area circostante, mentre il vento scompigliava i suoi capelli il cui colore non era assimilabile a nessuno di quelli normali. Anche questa caratteristica poteva portare alla conferma che Orion davvero non fosse un umano: sia il colore, appunto, dei capelli così come quello degli occhi era strano, mai notato prima in nessun’altra persona, per non parlare della pelle bianchissima. E quel tatuaggio che portava sulla spalla destra? Era l’esatta riproduzione in miniatura del primo cerchio nel grano comparso. Una casualità? E quelle frecce di luce con cui aveva incenerito il bersaglio al campo di tiro le aveva viste sul serio? Si era ripetuta più volte, fin quasi ad autoconvincersi, di aver sognato tutto, ma gli strani avvenimenti degli ultimi tempi le facevano dubitare di ogni cosa. E il dubbio più grande riguardava Orion, il quale, per assurdo, poteva davvero essere un alieno.







 

Ciao a tutti!
Con un po’ di fortuna sono riuscita ad aggiornare anche questa settimana. Purtroppo non sono riuscita a fare di meglio e, i recensori lo sanno, devo ancora rispondere ai commenti ricevuti per i quali sin d’ora vi ringrazio di tutto cuore.
Allora…. Dopo le grandi rivelazioni del capitolo precedente, sembra che qualcuno sia davvero arrivato sul nostro pianeta per cercare Orion. Lui ne è al corrente e questo lo inquieta ben più della fidanzatina che vorrebbe mollare una volta per tutte.
Le dritte di Nico sul tiro con l’arco sono vere e sperimentate di persona, quindi se volete provare…..

Spero di rispondere in tempi ragionevoli, così come di rimettermi in pari con ciò che sto leggendo. Se non sono puntuale, sappiate che non è per cattiveria e fin d’ora vi chiedo scusa.

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 14
*** Mi hanno trovato, Melissa, mi hanno trovato ***






Giunsero in prossimità dell’area dell’impatto, già appena scesi dall’auto udivano voci di persone, voci piuttosto concitate e non troppo entusiaste. “Bene, adesso vediamo cosa…..” Manuel si interruppe non appena la loro visuale sul terreno sottostante fu totale. “Porca miseria, che macello!”
Ai margini del campo in cui tempo addietro era comparso il cerchio, le cui tracce ancora erano visibili, c’era un cratere dall’apparente diametro di alcune decine di metri. Si intravedevano piccoli pezzetti forse di metallo, ancora fumanti, sparpagliati dappertutto e nell’aria ancora c’era puzza di bruciato. Naturalmente Gino aveva un diavolo per capello, imprecava sonoramente senza risparmiarsi, assieme a lui c’erano il sindaco, il Maresciallo dei Carabinieri con l’Appuntato, più alcuni militari e uomini vestiti di nero. Attorno ai ragazzi si era radunata una piccola folla di curiosi, nessuno poteva avvicinarsi più di tanto e quelli che ci avevano provato, erano stati allontanati con metodi piuttosto persuasivi.
“Che stanno facendo quelli là?” Teresa aveva notato alcuni uomini in divisa mimetica intenti a raccogliere oggetti.
Manuel prese il piccolo binocolo che teneva nel vano porta oggetti della sua auto e si mise ad osservare. “Sì, sembra stiano raccogliendo qualcosa, sembra….sì, dei rottami metallici.”
“Tu credi sia davvero qualcosa di extra terrestre?”
Riportò l’attenzione sulla ragazza. “E’ difficile a dirsi, però ci sono troppi indizi che me lo fanno pensare.” Si voltò verso la sorella ed Orion. “Voi che ne pensate?”
“Io…. Non lo so.” Sussurrò Melissa. “E’ una cosa incredibile.” Sentiva la sua mano strettissima in quella di Orion, era percorsa da piccolissimi brividi e l’attenzione del ragazzo era incollata al cratere.
“Ricordate il significato dei cerchi nel grano?” Un filo di voce uscì dalle  labbra del ragazzo. “Stanno cercando qualcuno e credo lo abbiano trovato.”
“Allora secondo te, quell’affare è una navicella spaziale? Sono venuti a recuperare ciò che cercavano?”
“Temo di sì.” Sentenziò lui con tono molto preoccupato. Poi volse lo sguardo verso Melissa, anche lei fece lo stesso ed ebbe la sensazione di scorgere qualche piccola lacrima negli occhi del ragazzo. “Scusate.” Si allontanò dagli amici portandosi in disparte sotto alcuni alberi.
“Che gli è preso?” Manuel non capiva il comportamento dell’amico.
“Forse ha paura?” Anche Teresa non capiva.
“No, impossibile. Uno grande e grosso come lui non può farsi intimorire da una cosa del genere, se poi è un militare o un paramilitare dovrebbe essere preparato a tutto.”
“Sentite….” Propose Melissa. “Provo a parlarci io. Voi continuate a indagare.” Si allontanò dall’amica e dal fratello, raggiungendo Orion poco più in là.
“Ehi, va tutto bene?” Gli accarezzò dolcemente la spalla non appena gli fu vicina.
Scivolò lungo il tronco dell’albero cui si era appoggiato fino a sedersi per terra. Affondò il viso nelle mani e si lasciò sfuggire un singhiozzo. “Mi hanno trovato, Melissa, mi hanno trovato.”


Nel frattempo, attorno all’area dell’impatto, gli uomini in divisa, gli ufficiali dell’esercito e i famigerati men in black avevano preso a circoscrivere la zona recintandola ed invitando i presenti ad andarsene con metodi più o meno persuasivi, fra cui anche Manuel e Teresa.
“Credi dovremmo andarcene anche noi prima che ci spintonino a quel modo?” Teresa osservava quanto stava accadendo con attenzione.
“Il cuore mi direbbe di restare, la ragione no.” Manuel aveva gli occhi incollati sul luogo dell’atterraggio. “Io lo sapevo che gli alieni esistono, quel coso proviene da un mondo abitato da esseri intelligenti, non c’è altra spiegazione.”
“Tu dici?”
“Ne sono certo: altrimenti che motivo ci sarebbe per allontanarci tutti?”
“Via, ragazzi. Qui non c’è niente da vedere.” Un militare dallo sguardo ferreo si piantò davanti a loro tentando di distoglierne l’attenzione da ciò che gli stava alle spalle.
“Se non c’è niente da vedere, perché ci state cacciando?”
“Ho detto via di qua.” Prese con entrambe le mani l’arma d’ordinanza puntandola verso il cielo. “Devo ripeterlo di nuovo o ve ne andate?”
“Dai, vieni via.” Teresa lo trascinò per un braccio, temeva di passare un brutto quarto d’ora.
“Nascondono qualcosa che non vogliono rendere pubblico.” La sua attenzione era sempre focalizzata di là.
Il ragionamento di Manuel non faceva una piega, tuttavia lei tentò di portare l’attenzione del ragazzo su dell’altro. “Senti…. Ma tua sorella ed Orion dove sono?”
“Non lo so.” Si guardò attorno. “Ma so che quel tipo forse sta per fare una santa cosa.”
“Orion? Cosa starebbe per fare?”
“Vuole mollare Aurora! Capisci?” Nella sua voce c’era un entusiasmo non troppo nascosto. “Se si lasciano, forse è la volta buona che….”
Lo sguardo di Teresa si spense all’istante.
“Ehi, che c’è?” Sollevò la faccia della ragazza. “Ho detto qualcosa di strano?”
Scosse la testa. “No, figurati.” Ingoiò una lacrima. “Spero solo non ti faccia soffrire troppo.”
“Chi? Aurora? Ma dai, ti prego!”
Lei si allontanò senza rispondergli.
“Ehi, dove vai?”
“A cercare tua sorella e Orion.” Prese a camminare a passo svelto, sperando che lui non si accorgesse dei suoi occhi lucidi.


Orion era rimasto muto, seduto per terra, con la schiena appoggiata all’albero, gli occhi persi in un punto imprecisato; anche Melissa non aveva proferito parola, comprendeva perfettamente lo stato d’animo del ragazzo, lui temeva per la propria incolumità e se quello che le aveva raccontato alcune sere prima era vero, probabilmente si sarebbe trovato ben presto faccia a faccia con altri Hiloniani dalle intenzioni non troppo amichevoli. Almeno era ciò che lei immaginava.
Ma ciò che preoccupava maggiormente lui era l’incolumità di Melissa e degli altri, in qualche maniera si sarebbe arrangiato per salvarsi la pelle, in fin dei conti era un soldato. Ma i suoi amici?
“Ehi, ragazzi, tutto bene?” Teresa finalmente li aveva scovati.
“Sì, tranquilla.” Melissa si alzò non appena l’amica le fu vicina. “Dov’è mio fratello?”
“Sto qua, non mi hanno rapito né portato in Commissariato.”
“Novità?”
“Stanno facendo allontanare tutti, compreso Gino che del terreno è il proprietario.” Rivolse l’attenzione verso l’area interessata. “Quindi per il momento non vogliono che si sappia niente, ma tornerò in perlustrazione quanto prima e allora avrò le prove concrete dell’esistenza di esseri intelligenti sbarcati sulla Terra.”
Quelle parole furono motivo di ulteriore silenzio per Orion, sapeva di trovarsi in una situazione delicatissima: Manuel era determinato come non mai a venire a capo del mistero, qualcuno proveniente da Hilon si trovava su quel pianeta, ben intenzionato a trovarlo e riportarlo indietro.
A quel punto, che ne sarebbe stato di lui? E dei suoi amici? Forse sarebbe stato saggio andare via, magari con la scusa di un trasferimento ad un’altra Accademia, ma qualcosa in cuor suo gli suggeriva di non abbandonarli drasticamente. In modo particolare non voleva allontanarsi da Melissa, si sentiva in debito verso di lei, era custode del suo segreto e non lo aveva rivelato neanche ad uno fissato con gli alieni come suo fratello. Poteva forse abbandonarla senza sdebitarsi in qualche modo? Era completamente assorto nei suoi pensieri, restando seduto con lo sguardo perso nel vuoto.
“Sentite” Melissa si alzò, ritenne saggio spezzare quel silenzio. “Io avrei un’idea: dato che è piuttosto tardi ed ho un lieve languorino allo stomaco, che ne dite di fermarci da qualche parte a prendere alcuni pezzi di pizza per mangiarli assieme?”
“Ad una condizione.” Puntualizzò Manuel. “Anzi, due: primo, tu hai avuto l’idea e tu paghi….anche perché ho tre spicci in tasca; secondo, ce ne andiamo a casa nostra, su in mansarda, ad osservare il cielo col telescopio sperando di vedere qualcosa.”
“Andata.”  
A quel punto Orion si alzò, ricongiungendosi con gli altri che si stavano avviando verso l’auto di Manuel. Guardava Melissa in silenzio, la sua idea era stata quanto mai provvidenziale per spezzare la tensione che lo stava stritolando. La raggiunse e le accarezzò delicatamente la schiena. Lei si voltò a guardarlo, lui le sorrise. “Grazie.” E senza dire altro, salirono in macchina alla volta della pizzeria.





 


Ciao a tutti!
Ho anticipato l’aggiornamento per “motivi logistici”, nei prossimi giorni non avrò la possibilità di mettermi davanti al computer, per cui eccomi qua.
Orion adesso ha la certezza che la sua permanenza sulla Terra ha i giorni contati e sta pensando di andarsene per proteggere i suoi amici dai possibili rischi connessi all’incontro con qualche Hiloniano dalle intenzioni forse non troppo amichevoli. Tuttavia qualcosa lo trattiene dal darsela a gambe in modo repentino, sarà un errore che gli costerà caro? Immaginate l’incontro con gli alieni pieno di azione o senza lotte?
Prima di salutarvi, permettetemi di ringraziare tutti voi che continuate a seguire e commentare la storia, risponderò a tutti prima possibile.
Grazie davvero di tutto cuore.

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 15
*** Vasco's Come nelle favole ***


 

La mansarda in cui Manuel aveva allestito il suo quartier generale era una sorta di santuario delle sue passioni: nella parete su cui si apriva la grande finestra era posizionato il telescopio, da un lato c’era una libreria contenente vari volumi sullo spazio, raccoglitori contenenti foto di stelle e pianeti. Appoggiata sulla stampante del computer, debitamente protetta da una busta di plastica trasparente, c’era la foto dei due presunti alieni atterrati presso Villa Celeste. Dalla parte opposta invece c’era un ricevitore di onde radio collegato all’antenna sul tetto, pronto a captare qualsiasi segnale proveniente dal cielo, ed un computer. La parete a sinistra della porta d’ingresso era assimilabile ad un altare dove, al posto di immagini sacre, troneggiava un poster quasi a grandezza naturale di Vasco Rossi con l’autografo. Attorno c’era di tutto: sciarpe, magliette, biglietti di concerti incorniciati, foto di varie dimensioni e ritagli di riviste, insomma ogni tipo di gadget possibile ed immaginabile. Ovviamente non poteva mancare la discografia completa del rocker di Zocca, con tanto di stereo pronto a diffondere nell’etere la sua musica.
“Fate spazio, per favore.” Melissa entrò con il vassoio di pizze belle calde e fumanti, seguita da Teresa che invece portava da bere. “Manu, dov’è che posso poggiarle?”
“Metti tutto là sul tavolino e bada bene di non distruggere qualcosa, hai la delicatezza di un elefante.”
Gli rispose con una linguaccia. “Antipatico.”
“Questo telescopio è davvero bello.” Teresa si avvicinò a Manuel. “Come si usa?”
“Oh, è molto semplice.” Lui era ben felice se qualcuno mostrava interesse verso una delle sue passioni. “Dammi un pezzo di pizza e ti spiego tutto.”
Così, fra una pizza ed un bicchiere di birra fresca, la ragazza si lasciò trascinare fra le meraviglie dell’universo, fra galassie e pianeti, stelle e mondi lontani su cui potevano esistere esseri intelligenti, capaci di costruire navi spaziali in grado di raggiungere la Terra.
Orion stava osservando con interesse tutte le straordinarie foto di stelle e galassie appese alla parete, era incredibilmente affascinato dai colori brillanti e le forme incredibili di quelle meraviglie presenti in cielo. Poi la sua attenzione cadde inevitabilmente sulla foto poggiata sulla stampante: la prese con delicatezza e senza che Manuel se ne accorgesse, la osservò con attenzione, mentre i suoi occhi speravano di vedere qualcosa di diverso da ciò che invece mostrava. Si voltò verso Melissa e lei comprese immediatamente l’inquietudine dell’amico.
“Questa foto l’ha scattata mio fratello quando c’è stato il primo atterraggio presso Villa Celeste, ricordi?”
Annuì in silenzio.
“Tu…. Tu sai chi sono questi due?”
“Sì.” Inghiottì il groppo che gli stava quasi impedendo di parlare.
“Bella, vero?” Manuel irruppe, distogliendolo dai suoi pensieri. “Questa la conservo come un cimelio, non si sa mai, con mia sorella nei paraggi potrebbe si potrebbe rovinare da un momento all’altro.”
Melissa gli rispose con una boccaccia.
“Io sono certo che questi due sono alieni, ho fiuto per queste cose.” Poi si voltò verso Orion. “Tu che ne pensi?”
“Beh, sì, potrebbero esserlo.” Si lasciò sfuggire un sorrisetto ripensando a quanto appena udito: lui era un alieno, gli era accanto e non se ne era reso conto.
“Manuel, posso osservare qualche altra cosa?” Teresa lo chiamò.
“Arrivo!”
Tornò dall’amica e lasciò Orion con lo sguardo appoggiato su quella foto. Questi tentò di pensare ad altro e, voltandosi, si lasciò attrarre dall’angolo dedicato a Vasco Rossi, osservandolo senza tralasciare ogni minimo dettaglio. “Certo che deve piacergli proprio tanto.”
“Vasco?” Melissa si avvicinò a lui. “Per mio fratello lui e le sue canzoni sono linfa vitale.”
“Sai, credo di non averne mai ascoltate neppure una. Tu che ne pensi?”
“Beh, non sono una fan sfegatata come Manuel, però ci sono dei brani davvero molto belli.”
“Ad esempio?”
“Mi piace Vita spericolata, Stupendo, Vivere, Gli Angeli, Albachiara, Una canzone per te, …..Ah, comunque la mia preferita in assoluto è Come nelle favole, uno dei suoi più recenti singoli. Ti va di ascoltarla?”
“Volentieri.”
“Manuuu!! Posso mettere su Vasco?” Urlò al fratello.
“E me lo chiedi?” Si avvicinò alla sorella prendendole di mano il CD. “Anzi, da’ qua. Saresti capace di danneggiarlo, meglio che ci pensi io.”
“Mhm, grazie della fiducia.” Sbuffò. “Metti Come nelle favole.”
“Agli ordini.”
Non appena la canzone selezionata iniziò a riempire l’aria della mansarda e la voce leggermente rauca di Vasco si diffondeva con essa, Orion restò immobile, completamente rapito dalle parole.

Quello che potremmo fare io e te,
senza dar retta a nessuno,
senza pensare a qualcuno,
quello che potremmo fare io e te,
non lo puoi neanche credere.

Incredibile! Sembrava l’esatta trasposizione in musica dei suoi pensieri! Se guardava Melissa, aveva come l’impressione che tali parole gli stessero uscendo dal cuore per lei.

Sai io ho pensato sempre,
quasi continuamente,
che non sei mai stata mia.
Me lo ricordo sempre,
che non è successo niente,
dovevi sempre andar via.

Si allontanò leggermente, portandosi presso la finestra e mettendosi ad osservare il cielo stellato sopra i tetti delle case circostanti, ma la sua attenzione era sempre rapita dalle parole di quel brano bellissimo che le due ragazze stavano cantando a squarciagola.
“Sono capaci di rovinare tutto, quelle due.“ Manuel scuoteva mestamente la testa guardandole ed ascoltandole. “Ehi! Basta oltraggiare Vasco in questo modo!”
Le ragazze scoppiarono a ridere, Teresa raggiunse Manuel chiedendogli di nuovo di osservare le stelle, mentre Melissa abbassava il volume della canzone.
“E’ un brano bellissimo, avevi ragione.” Orion la raggiunse sorridendole.
“Già.” Faticava a non guardarlo.
“E’ una canzone d’amore, giusto?” Attese un cenno di assenso. “Per voi abitanti di questo pianeta cos’è l’amore?” Chiese abbassando la voce fino a farla un sussurro.
“Beh….” L’imbarazzo si impossessò di lei. “E’ un sentimento fortissimo che lega le persone e che potrebbe risolvere un sacco di problemi. Consideralo come un qualcosa che ti dona la forza ed il coraggio di fare cose inimmaginabili, di lottare per ciò in cui credi e per assurdo ti invade al pari di una dolce malinconia, ti fa sciogliere davanti ad un tramonto o ad un cielo stellato.”
“Molto suggestivo.” Rifletté un istante. “Ad ogni modo non è questo l’amore di cui parla Vasco nella canzone, giusto?”
“Sì, infatti lui si riferisce a quello che vorrebbe nascesse fra lui e la ragazza a cui è dedicata e che magari possa durare per sempre. Amare è dare e ricevere senza mai pretendere, è un equilibrio perfetto di sentimenti che ti accompagna per tutta la vita se sei capace di mantenerlo tale senza tirare troppo né da una, né dall’altra parte. Quando hai accanto la persona amata, qualsiasi cosa diventa stupenda, anche solo bere qualcosa standosene appoggiati al bancone del bar o trascorrere un intero pomeriggio a chiacchierare sul divano.” Sospirò profondamente.
“Una figata.” Era l’esatto contrario del suo rapporto con Aurora.
“Già.” La sua voce si fece piccola piccola. “L’amore ti fa vedere il mondo sotto una luce diversa, ti senti felice ed ogni cosa appare meravigliosa. Certo, non sempre tutto va per il verso giusto, se la persona che ami ti rifiuta, stai malissimo però credo sia un rischio che vale la pena di correre.” Sospirò e lo guardò in faccia. “Quando senti il cuore battere forte, avverti strani crampi allo stomaco ed hai gli occhi pieni si stelle….” Si fermò un istante per cercare le parole giuste.
“Mhm, come hai tu in questo momento?” La spiazzò lui.
Lei avvampò all’istante sentandosi un’emerita stupida. “Beh, ecco… Io…. Mi sono lasciata trascinare troppo dalle emozioni.” Prese un bicchiere e vi versò da bere concentrandosi solo ed esclusivamente su quanto stava facendo. Gli aveva praticamente descritto per filo e per segno le emozioni che la invadevano ogni qual volta si trovava ad avere a che fare con lui.
E si sentì una stupida.
Era giusto correre il rischio di farsi avanti in amore, ma non con un ragazzo già impegnato, specie con un’amica (o presunta tale).
Posò il bicchiere sul tavolo dopo averne bevuto il contenuto tutto d’un fiato e raggiunse Manuel e Teresa senza dire una sola parola.
Lui restò fermo per qualche istante con gli occhi fissi su di lei: ripensava a tutto quello che le aveva spiegato sull’amore e capì che in quella parola stava la chiave per iniziare davvero a costruirsi un’esistenza sulla Terra. Forse poteva imparare il significato di questo forte sentimento assieme a lei, in fin dei conti ci aveva trascorso momenti piacevolissimi ed ogni volta che raggiungeva gli amici al bar, come prima cosa cercava lei, anche solo con lo sguardo. E poi c’era sempre quella maledetta voglia di normalità che tanto sognava, provare a vivere come un ragazzo qualunque coi suoi difetti e le sue fissazioni. Gli sarebbe piaciuto provare a diventare un malato di calcio come Cierre, uno come Giulio sempre pronto a raccontare storielle divertenti, o come Manuel, perennemente alla ricerca degli UFO. Desiderava insomma diventare uno normale e immaginare la sua vita sulla Terra facendo progetti per il futuro. Forse aveva capito anche assieme a chi.












 

Buon venerdì a tutti!

Capitolo poco alieno e molto terrestre, incentrato sulla mansarda di Manuel e Vasco Rossi. Diciamo pure che, considerando la verità su Orion, l’infatuazione di Melissa non può che complicare ulteriormente le cose. Resta da vedere se lui molla sul serio Aurora, se davvero ha intenzione di avvicinarsi sempre di più a Melissa e soprattutto cosa staranno tramando nell’ombra su Hilon. Per ora lasciamoli lassù, li ritroveremo più avanti.
Grazie a tutti per il supporto, coraggio, fatevi avanti! Conoscere il vostro parere per me è di fondamentale importanza.

Buon Week End a tutti!
Un abbraccio

La Luna Nera

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Capitolo 16
*** Gioco sporco ***



DOMENICA POMERIGGIO
BAR DELL'ARCHER'S

 

 



 

“Ragazze, vi devo parlare.” Aurora chiamò le amiche invitandole a sedersi assieme a lei attorno al tavolino del bar, mentre i ragazzi erano impegnati in una gara di tiro con l’arco. Attese che tutte quante avessero preso posto, poi le passò in rassegna una ad una. “In nome della solidarietà femminile, voi dovete aiutarmi.”
Le tre si guardarono in faccia con grande sorpresa perché mai, prima di allora, Aurora si era abbassata a chiedere il loro aiuto.
“Ah-ehm… Ma certo.” Eva si fece portavoce per tutte. “Dicci….. Dicci cosa possiamo fare per te.”
Lei posò i gomiti sul tavolo ed sfregò le mani con leggero nervosismo. “Orion mi ha mollata.” Era una bomba a idrogeno pronta ad esplodere.
“Oh… Mi dispiace…” Sì, come no!
“Sì, sì. Ad ogni modo non ho bisogno della vostra compassione, ma di altro.”
“Che cosa, allora?”
“Voi dovete aiutarmi a scoprire se davvero mi ha mollata per un’altra, come temo. Voglio vedere coi miei occhi chi è questa che mi ha soffiato l’uomo.” Era piuttosto alterata. “E quando l’avrete trovata, me la vedrò io con lei.”
“Che intendi fare?” A Melissa quel tono di voce non era piaciuto affatto.
“Sicuramente la vorrò affrontare a quattr’occhi, dovrò scoprire cosa avrebbe questa tipa in più di me e farle capire con le buone o con le cattive che Orion è mio, per cui, se ci tiene alla salute, dovrà restituirmelo.”
“Parli come se lui fosse un oggetto.”
“Io non lo voglio perdere a questo modo, se proprio fra di noi deve finire, sarò io a decidere se e quando.”
“Lo ami così tanto?”
“Sì, che domande fai, Eva cara?”
La ragazza scosse la testa. “Se ami davvero qualcuno, devi lasciargli la sua libertà, non puoi decidere sempre e solo tu.”
“E che c’entra questo?”
“Una coppia è una cosa sola formata da due persone distinte che, pur avendo molte cose in comune ed essere legate da un sentimento fortissimo, hanno sempre una loro vita e delle loro preferenze. A volte vorrei che Nico, dopo il lavoro, mi portasse a prendere l’aperitivo in qualche locale, però capisco che ogni tanto ha bisogno di fare i cavoli suoi, come andare a giocare a calcetto con gli altri. Io non salto di gioia quando mi dice così, ma so che lui è felice ed apprezza moltissimo che gli lasci questa libertà.”
“Perché sei stupida.” Ribatté in modo secco Aurora. “Se lui preferisce il calcetto a te, significa che non ti ama. Tu devi essere il centro di tutto per lui, sei tu che devi decidere cosa fare dopo il lavoro o per un week end. Se lui, ad esempio, ti obbliga a seguirlo allo stadio tu che fai?”
“A parte il fatto che lui non mi ha mai obbligata a far niente, casomai me lo chiede…. Comunque ci vado, così sto con lui e lo faccio felice.”
“Risposta sbagliata! Lo obblighi a seguirti in un luogo che piace a te! Sai che palla andare allo stadio fra tutti quei tifosi scalmanati?!” Mimò i gesti tipici dei supporters. “E comunque stavamo parlando d’altro.” Si ricompose immediatamente. “Voi scoprite chi mi ha soffiato l’uomo e cercate di farlo prima possibile, intesi?”
“Senti, ma… Lui ti ha mai fatto capire di avere un’altra per la testa? Te l’ha detto?”
“No, ma è ovvio che uno come lui non possa aver lasciato una meraviglia come me per starsene da solo. Ha un’altra per la testa, non c’è altra spiegazione. Io esigo di sapere chi è e voi dovete fare l’impossibile per scovarla.” Era elettrica. “Orion non può lasciarmi senza senso. Non esiste.”
“Va bene.” Sospirò Eva. “Faremo il possibile per aiutarti, però se questa fantomatica ragazza non esiste e lui comunque ti ha mollato perché non ne poteva più della vostra relazione, non incolpare noi, questo sia ben chiaro.”
“Di questo discuteremo dopo. Voi tre datevi da fare, io intanto inizio a giocare le mie carte.” Si alzò, afferrò la borsetta e si diresse verso il campo di tiro.
“Che avrà mai in mente?” Teresa aveva qualche grosso timore decisamente fondato.

I ragazzi, nel frattempo, stavano trascorrendo dei momenti piacevoli e divertenti sfidandosi a tiro con l’arco. Pure Orion, sempre reticente, partecipava alla piccola competizione con risultati eccellenti, risultati che avevano lasciato di stucco gli altri.
“Tu mi devi spiegare come accidenti fai a centrare sempre il punteggio massimo!” Giulio non se ne capacitava. “Non venirmi a dire che è fortuna perché non me la bevo.
“Cosa vuoi che ti dica? Forse….” Orion si fermò un istante. “Forse sono portato per questo sport.”
“E con il pallone come te la cavi?” A Cierre non sarebbe dispiaciuto tirare due calci invece che sempre e solo frecce.
“Non troppo bene, ma ci possiamo provare.” Nonostante il poco entusiasmo degli altri, Orion accettò la sfida pur non conoscendo le regole del calcio.
“Salve ragazzi. “Aurora arrivò baldanzosa come era solita fare. “Che mi raccontate di bello?” Si avvicinò a  Manuel. “E tu? Niente dischi volanti all’orizzonte?”
Lui, sorpreso più degli altri, le sorrise quasi imbarazzato. “Ehm… No. Negli ultimi giorni non ci sono stati fenomeni particolari.”
“Oh, ma che peccato. Senti un po’….” Si avvinghiò al suo braccio. “Perché non mi porti in un posticino ad osservare il cielo, solo tu ed io?” Nonostante tutto, con la coda dell'occhio sbirciava Orion nella speranza di carpire un minimo di gelosia. Cosa che invece non accadeva. “Ragazzi, oggi vi rubo l’amichetto vostro, quindi qualsiasi cosa volevate fare, la fate senza di lui.” Si allontanò assieme a Manuel salutando appena la comitiva.
“Io non ci posso credere!” Melissa aveva seguito ogni cosa ed aveva raggiunto i ragazzi assieme alle altre. “Mio fratello è un emerito imbecille.”
“Sta giocando sporco, è chiaro.” Nico non fece troppi giri di parole.
“Chiarissimo.” Confermò Eva. “Sta tentando di far ingelosire Orion sfruttando Manuel e il debole che ha per lei.” Sorrise.  “Si è messa in testa che tu l’abbia lasciata per un’altra.”
“Beh, le cose non andavano più fra di noi, litigavamo di continuo, non potevo più andare avanti e così l’ho affrontata a brutto muso, troncando definitivamente la relazione.” Non ripose alla domanda di Eva, deviò di proposito raccontando altro.
“Era l’ora, fratello!” Giulio gli si avvicinò regalandogli due pacche sulla spalla per complimentarsi della cosa.
Teresa invece si mise seduta in silenzio, pochi secondi dopo fu raggiunta da Melissa. “Tutto ok?”
Scosse mestamente la testa. “Mi ero quasi illusa che tuo fratello stesse iniziando a guardarmi con occhi diversi.” I suoi occhi iniziavano ad essere lucidi. “E quella sta di nuovo rovinando tutto.” Si asciugò una lacrima.
“Teresa.” Orion la raggiunse e le si sedette accanto. “Stai tranquilla, Manuel capirà di che pasta è fatta, non è stupido. Aurora non è capace di amare e forse io non sono la persona giusta per affermare certe cose, comunque stai certa che nel momento in cui lui se ne renderà conto e vorrà una ragazza per costruire qualcosa di serio, guarderà nella giusta direzione. E troverà te.” Poi rivolse uno sguardo sfuggevole a Melissa che ricambiò con un sorriso. “Io non potevo più continuare a stare con lei, ad ogni modo farò l’impossibile per aiutarti, ti do la mia parola.”
“Grazie Orion.” Teresa gli sorrise. Sebbene apparisse strano, quel ragazzo mostrava di avere un cuore d’oro.
“Ciao belli!” Simone sopraggiunse pochi istanti dopo assieme a Noemi, la ragazza con cui usciva da alcuni giorni. “Che succede? Cosa ci siamo persi?”
Cierre fece cenno di lasciar perdere, cosa che lasciò intendere lo zampino di Aurora all’origine sia delle lacrime di Teresa che del malumore degli altri.

 

I giorni si susseguivano e trascorrere momenti tutti assieme senza la sgradevole presenza di Aurora che pareva essersi volatilizzata era davvero piacevole. Peccato che, oltre lei, anche Manuel pareva essersi volatilizzato. Melissa stessa lo vedeva cambiare attimo dopo attimo, aveva l’impressione di sentirsi di troppo persino in casa sua, proprio per il suo comportamento quasi strafottente e perfezionista. Battibecchi col fratello ne aveva avuti sempre, però critiche continue su qualsiasi cosa, anche le più assurde, non erano da lui. Evidentemente la sua nuova fiamma stava iniziando a modellarlo a suo uso e consumo, cosa che infastidiva moltissimo Melissa, senza considerare lo stato d’animo di Teresa alla quale Manuel sembrava un burattino nelle mani di Aurora. Sia le due amiche che gli altri del gruppo erano consapevoli dell’interesse fittizio della ragazza nei confronti di Manuel, con l’unico vero scopo di scatenare una forte gelosia in Orion, gelosia che invece non c’era affatto. Complice forse la situazione sentimentale per lui decisamente migliorata, sembrava aver quasi dimenticato l’altro suo problema, ben più grande di una ex fidanzata che non si arrende alla fine di una relazione. Ma qualcuno non si era dimenticato di lui: da qualche giorno, infatti, un uomo gironzolava spesso in quella zona e nessuno lo aveva notato, men che mai Orion. Non era mai entrato nel bar dell’Archer’s, di solito trascorreva del tempo leggendo il giornale su una delle panchine dei giardinetti a poca distanza dal locale, però seguiva con particolare attenzione i movimenti del gruppo di ragazzi. Era questi un uomo apparentemente sulla cinquantina, portava i capelli, leggermente brizzolati, raccolti in una coda non troppo lunga, un leggero pizzetto gli ornava il mento e indossava quasi sempre un lungo gilè nero che gli scendeva sin quasi sopra le ginocchia. Non aveva mai infastidito nessuno e si comportava in modo assolutamente naturale, tanto da non destare alcun sospetto in chi frequentava regolarmente quei luoghi.

Purtroppo, molte volte, non ci si rende conto dei pericoli fino a che non ci si sbatte la testa facendosi male: così dopo un paio di settimane il destino decise di fare la sua parte ed aiutare Manuel ad aprire gli occhi una volta per tutte. Erano le nove meno un quarto di una calda serata estiva e Manuel, da bravo cagnolino ubbidiente, si presentò sotto casa della sua adorata dolce metà per portarla ovunque ella avesse desiderato.
“Ciao Manuelino.” Lo salutò usando il solito appellativo poco fantasioso. “Senti…” Frugò un attimo nello zaino che portava con sé. “Devo cambiarmi d’abito.”
“Perché?” Chiese lui stupito. “Quello che indossi ti sta d’incanto.”
“Questa maglietta assurda?! Ti prego, non dire stronzate!” Estrasse un mini abito coperto di strass e paillettes. “Questo è molto meglio, non trovi? A me poi sta d’incanto, mica vorrai farlo mettere ad una sciatta come Eva o una senza stile come Teresa? Tua sorella poi somiglierebbe ad un barattolo di maionese con questo addosso, magari potrei pensare di prestarglielo ad Halloween, spaventerebbe a morte chiunque!” Ridacchiò.
A lui tutto quel luccichio non piaceva affatto, ma non osò contraddirla, nonostante non avesse affatto gradito i suoi commenti sulle altre ragazze.
“Dai, accompagnami all’Archer’s, vado a cambiarmi nella toilette del locale.” Era tutto calcolato: sapeva che Orion sarebbe stato lì con gli altri e doveva assolutamente fare in modo che la vedesse con quel vestito mozzafiato perché si ingelosisse e facesse una scenata davanti a tutti di modo che la implorasse di tornare assieme a lui.
“All’Archer’s?” Gli sembrava di non esserci tornato da un’eternità. “Ma… Scusa, non potevi mettere quell’abito direttamente a casa tua prima di uscire?”
“Ah, conosci mia madre. Per lei dovrei indossare abiti degni di una suora di clausura! Se uscissi di casa con questo qua, scoppierebbe la terza guerra mondiale.” Strappò un sorriso al ragazzo. “Dai, sbrigati che altrimenti facciamo tardi.”
Non appena giunsero di fronte al locale, Aurora scese dall’auto come fosse una diva di Hollywood, gettando uno sguardo sfuggente e compassionevole sul gruppo che frequentava fino a poco tempo prima. Si diresse verso il bagno, mentre Manuel, sceso dall’auto, salutò gli amici per poi lasciarsi catturare l’attenzione dal telefono, il cui segnale acustico lo informava dell’arrivo di un messaggio: era del gruppo Whatsapp degli Alien Hunters. Non perse neanche un istante per aprirlo e come ebbe letto il contenuto, il suo viso si illuminò.





 

 

 

Ciao a tutti!
Chiedo scusa sin d’ora per il ritardo con cui ho risposto alle precedenti recensioni e al ritardo che ancora sto accumulando nel leggere le vostre storie. Non sono stata troppo bene negli ultimi giorni ed ho perso del tempo prezioso che sto tentando pian piano di recuperare.
Allora…. Chi mi segue, sa che spesso inserisco dei capitoli piuttosto tranquilli, privi di colpi di scena o cose particolari. E’ una sorta di rilassamento per prepararvi al gran finale, dove le cose saranno ben più toste. Lo sto ancora scrivendo, mi ci vorrà del tempo, però ho ben chiaro tutto quanto (e non è cosa da poco). Comunque qualcuno proveniente da Hilon sulla Terra c’è davvero…. Occhi aperti!
Tenendo le dita incrociate, dovrei aggiornare la settimana prossima, per cui per gli auguri di Pasqua c’è tempo.
Voi intanto recensite! Grazie a tutti!

Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 17
*** Una decisione sofferta ***




 

“Ehi voi!”
“Ma chi…. Manuel?” Nico si voltò e riconobbe l’amico. “Chi non muore, si rivede!”
“A cosa dobbiamo l’onore della tua presenza?” Giulio era pronto a dirgliene di tutte. “La tua dolce amorosa ti ha concesso un’ora d’aria da dedicare agli scarti della società?” Ovviamente si riferiva a se stesso e agli altri.
Lui raggiunse la combriccola con il cellulare in mano. “Ah-ah, simpatico….. Aurora è in bagno a cambiarsi d’abito.” Riportò attenzione e conversazione sul telefono. “Grandi novità!” I suoi occhi brillavano. “Ricordate la presunta navicella atterrata pochi giorni fa nel campo di Gino?” Attese un attimo. “Da fonti attendibili ma non ufficiali, sembra si tratti di una piccola sonda sganciata da una nave madre in orbita oltre la Luna, captata da certi strumenti di osservazione.”
“E allora?” Chiese Giulio.
“Gli alieni sono sbarcati sulla Terra. Sono qui fra noi, non capite?” Era elettrizzato al solo pensiero di poterli incontrare sul serio.
“E tu hai avuto il coraggio di venire a chiacchierare con loro invece di aspettarmi in macchina come ti avevo detto per una stronzata del genere?!” Aurora lo raggiunse su tutte le furie con l’abito modello abat-jour degli anni venti.
“Stronzata?! Ma stai scherzando?!” Sorrise. “E’ l’occasione che sto aspettando da una vita e tu la chiami stronzata?!”
“Naturalmente.” Incrociò le braccia. “Ritieni un ufo più interessante della sottoscritta?”
“Sì.” La sua risposa secca non fu accettata positivamente dalla ragazza. “Ma tu pensi di essere il fulcro dell’universo? Pensi che la gente non abbia altri interessi che non riguardino te?”
“Io sono sempre stata considerata il bene più prezioso e sai benissimo quanti ragazzi si sono sfidati per conquistarmi. Nessuno può mettermi in secondo piano, non posso accettare una cosa simile.”
“Aurora, ma che cosa dici?” Quelle parole lo avevano colpito moltissimo.
“Manuel, io sono così e mi sembra ovvio esigere un tale comportamento da chi mi ama. Evidentemente tu non mi ami come dovresti.” C’era una profonda arroganza in quelle parole. “Andiamocene immediatamente prima che perda la pazienza.”
Ma lui restò muto. Non l’amava come doveva? E come l’avrebbe dovuta amare?
Alla sua immobilità, Aurora si rivolse al suo ex. “Orion, tu mica hai da fare? Usciamo di nuovo insieme come ai vecchi tempi, visto che qualcuno preferisce i marziani a me?”
Pure lui pareva ipnotizzato, non aveva neanche ascoltato la pesante discussione fra i due, tantomeno la sua domanda.
“Orion! Hai perso l’udito?! Sai che odio ripetere le cose!”
Lui, per tutta risposta, si mise seduto. “Scusa, non mi sento bene. Che hai detto?”
Lei sbuffò, visibilmente scocciata rivolgendosi di nuovo all’altro. “Manuel, voglio darti una seconda possibilità: metti via quello stupido telefono antidiluviano e andiamocene da qualche altra parte a bere qualcosa.”
“Cosa?” Adesso nella sua voce c’era una grande rabbia.”  Scusa, preferisco restare qui.” Aveva capito che l’interesse mostrato nei suoi confronti era stato solo un espediente per tentare di ingelosire Orion, non aveva mai provato nulla per lui e lui, da perfetto allocco innamorato, era caduto appieno nella trappola. “E poi ho altro da fare.”  La sua attenzione tornò a focalizzarsi sul telefono.
Gli afferrò il cellulare di mano, per poco non lo fece finire a terra. “Se vuoi avere una seconda possibilità di continuare ad uscire assieme a me, devi scegliere: o me o questa gregge di pecoroni che crede agli alieni come te.” Disse indicando prima se stessa e poi il gruppo di amici.
“Loro sono i miei amici, come puoi chiedermi una cosa del genere?”
“Io posso eccome. Scegli.” Era determinata. “E fallo adesso.”
Manuel era rimasto senza parole. Aveva sopportato tanto, dalle schernite per la sua convinzione dell’esistenza degli alieni alle battutine velenose rivolte nei confronti della sorella e degli amici, ma con quelle parole aveva veramente raggiunto l’apice dell’egoismo e della strafottenza.  Tutti erano ammutoliti in attesa della sua decisione: guardò prima lei, il cui sguardo era freddo e impassibile, poi gli altri, notando Teresa con gli occhi lucidi. “Preferisco scegliere chi mi accetta per come sono, con i miei pregi e con i miei difetti. E tu non sei fra questi.” Era stato difficile rifiutarla, ma finalmente c’era riuscito. “Mi spiace solo di averlo capito soltanto adesso.” Il suo cuore era sanguinante, solo il tempo avrebbe guarito quelle ferite.
“Vedi? Avevo ragione io.” Rise soddisfatta. “Io ho sempre ragione. Sapevo che avresti preferito loro a me: tu non capisci nulla, Manuel, non capisci nulla. Dovresti ringraziarmi del tempo che ti ho dedicato e che hai gettato via così. A questo punto, arrangiati. Io non voglio avere più niente a che fare con te.” Si fermò un instante in attesa di una risposta che non arrivava. “Solo Orion è degno di me, solo uno che mi ama incondizionatamente come lui può essere degno di me.”
“Scusa, ma poco fa non fa non hai chiesto il nostro aiuto perché ti ha mollato, forse, per un’altra?” Chiese Eva.
“Sì. Infatti voglio affrontare ed eliminare la mia rivale.” Si avvicinò ad Orion.” Tu sei mio. Non posso perderti, lo capisci, vero?”
Lui si alzò. “Io appartengo solo a me stesso. Lasciami stare.” E si allontanò nella notte

I giorni si susseguivano, il tempo passava ma non passavano i problemi creati da Aurora. Continuava a “perseguitare” Orion e più lui la ignorava, la trattava male e ci discuteva, più lei gli stava addosso con la convinzione di riconquistare il suo ex fidanzato. Sì, perché nonostante tutto era certa di poterci riuscire.
Manuel aveva scelto di stare da solo per un po’ di tempo, doveva ancora metabolizzare l’accaduto e togliersi dalla testa Aurora una volta per tutte. Trascorreva lunghe notti, ascoltando Vasco, in osservazione, nella speranza di riuscire a vedere qualche cosa scendere dal cielo. Lui sapeva che esseri extra terrestri erano sbarcati, li aveva visti poco tempo prima e quell’unico fotogramma catturato con il cellulare ne era la prova tangibile. Pure i membri dell’Alien Hunters erano di quell’avviso, però purtroppo non era sufficiente a confermare la presenza aliena sulla Terra. Dell’astronave madre avvistata in concomitanza con il presunto atterraggi nel campo di Gino non c’era più traccia, forse aveva sganciato una piccola sonda o una navicella prima di tornarsene nelle profondità dello spazio. Almeno era ciò che immaginava e che sperava di verificare. Oppure chissà.
Inutile dire che tutti quanti erano preoccupati per lui, in primis Melissa che non sopportava di vedere il fratello in quelle condizioni a causa di Aurora. Non da meno, Teresa aveva il morale a pezzi, era consapevole della fragile emotività del ragazzo che amava e dunque, benché desiderasse tantissimo trascorrere del tempo con lui e fargli tornare il sorriso sulle labbra, capiva di doverlo lasciare stare ed attendere con pazienza il momento opportuno.

 

 

PIANETA HILON


 

Iersys si era ritirato nel Megalos del Castello, cosa che faceva piuttosto spesso negli ultimi giorni, specie da quando la missione segreta era entrata nella fase più delicata. Non aveva ancora ricevuto aggiornamenti dal Pianeta d’Acqua e, nonostante confidasse nelle enormi capacità del Generale Ireon, una goccia di timore lo disturbava sempre e comunque. Era consapevole degli enormi rischi cui sarebbero andati incontro qualora fosse emerso il vero motivo che li aveva riportati in contatto con quel remoto mondo, ma la posta in gioco era troppo alta poiché ne andava del futuro di Hilon e di tutti i suoi abitanti.
“Maestro Iersys.” La pesante porta del Megalos si chiuse non appena il re in persona ve ne ebbe varcato la soglia.
“Maestà.” Si profuse in un ossequioso inchino, mentre in cuor suo iniziava ad avvertire qualche sentore di pericolo.
“Passate molto tempo fra queste mura, specialmente negli ultimi giorni.” Il re si avvicinò alla finestra presso la quale si trovava l’altro, pur tuttavia evitando di guardarlo in volto. “Voi ben sapete quanto mi stia a cuore il benessere dei miei sudditi e voi non rappresentate certo un’eccezione.” C’era una calma inquietante nel tono della sua voce. “Il fatto che vi ritiriate spesso nel Megalos mi fa preoccupare, Maestro d’Armi: ditemi dunque cosa vi affligge e sarò ben lieto di aiutarvi.”
“Il vostro interesse, Sire, vi fa onore e mi lusinga. Ad ogni modo potete stare tranquillo poiché niente mi affligge. Ciò che mi porta qui è solo la grande nostalgia delle glorie militari vissute da quando la Maestà Vostra siede sul trono.” Indicò con il movimento del braccio destro gli imponenti arazzi decorati con scene di battaglie presenti sui muri. “Io sono un Maestro d’Armi e come tale provo orgoglio nel contemplare i nostri successi raffigurati in questo luogo. Spero che tutto questo non vi rechi disturbo, Sire.”
Re Kipsoron passò in rassegna con soddisfazione tutte le scene di guerra rappresentate. “Non posso darvi torto: osservare le nostre gesta è un modo per onorare il nostro potente regno e chi sta all’origine di esso.” Gonfiò il petto sentendosene l’artefice, poi la sua attenzione cadde su una scena di guerra dove stava rappresentato il giovane Capitano, figlio del Generale Ireon. “Questo intrepido soldato….” Indicò proprio lui. “Non l’ho più visto dalla fine dell’ultima rivolta. Che fine ha fatto?”
“Ha dato la vita per Hilon, Sire.” Rispose prontamente l’altro.
“E come mai non ne sono stato informato? Questo suo gesto eroico meritava un riconoscimento, seppur postumo.”
“Ecco, Maestà, il suo corpo è scomparso. So che è stato fatto anche l’impossibile per recuperare i suoi resti e dar loro degna sepoltura.” Fece una breve pausa. “Purtroppo non è stato possibile. Il Generale è rimasto molto provato dalla dolorosa perdita, ne è orgoglioso, sì, ma è pur sempre un padre che ha visto perire il proprio figlio.”
“Mhm, capisco. Gli porterò personalmente le mie condoglianze.” Si avviò verso l’uscita del Megalos mentre Iersys lo salutava con un grande inchino.
Chissà se aveva creduto a tutto ciò che gli aveva raccontato…..






 

 

Hello everybody!
Aggiornamento lampo, approfittando del periodo propizio che sto attraversando e che mi permette di andare avanti con la storia. Sto tenendo le dita incrociate perché tutto vada bene e possa terminare la stesura in tempi ragionevoli, anche perché sta uscendo più lunga di quanto avevo previsto.
Allora…. Manuel ha finalmente aperto gli occhi staccandosi definitivamente da Aurora. Ha preso del tempo per ritrovare se stesso e continuare la caccia agli alieni: ora abbiamo la certezza che qualcuno si trova sulla Terra e la piccola sonda sganciata da una nave madre ne è la conferma. Su Hilon intanto, il re sospetta qualcosa e il Maestro Iersys tenta di tenere nascosta la verità, mentre il Generale Ireon potrebbe essere molto vicino. Oppure no?
Vi auguro di trascorrere una Buona Pasqua e una altrettanto piacevole Pasquetta.
Grazie a tutti voi lettori, inclusi quelli silenziosi, e in particolare ai recensori.

Un abbraccio
La Luna Nera

 

 

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Capitolo 18
*** La rinascita di Manuel ***



PIANETA TERRA
ALCUNE SERE DOPO

 

 


 

“Ma guardali, sembrano un branco di ragazzini che non sanno come trascorrere le giornate!” Eva, seduta ad un tavolino del bar assieme a Melissa, Teresa e Noemi, la ragazza di Simone, osservava gli amici ben impegnati in una pseudo partitella di calcio. Facendo a turno, uno stava in porta, due in difesa mentre gli altri due attaccavano. Giulio era fra i pali con Simone e Orion a tentare di bloccare Nico e Cierre.
“Ed ecco che con un magico colpo di tacco….” Cierre giocava e contemporaneamente commentava. “…si libera dell’avversario, dribbla come un fuoriclasse, fa una finta, si smarca, tira e….”
“Traversa!” Lo sfotté Simone. “Tie’!”
“Nooooo!!!” Si disperò inginocchiandosi con le mani sul viso. “Avevo fatto un’azione da Pallone d’Oro!”
“La prossima volta passa la palla al sottoscritto.” Nico gli offrì la mano per rialzarsi. “Ero libero ed avrei segnato senza problemi.”
“Uhmpf, non ci sarebbe stato gusto.”
“Dai, ragazzi, cambio!” Simone si avvicinò. “Chi va in porta adesso?”
“Io ci sono già stato!” Si affrettò a puntualizzare Nico. “Credo che tocchi a….” Voltandosi, vide arrivare Manuel. “Ehi, guardate chi c’è.”
“Fratello!” Giulio gli andò incontro con grande gioia. “Che bello rivederti!”
Lui ricambiò con un sorriso abbastanza tirato.
“Come stai?” Chiese Simone.
“Mhm.” Fece spallucce. “Così così. Avevo bisogno di stare da solo, comunque ho avvertito tantissimo la vostra mancanza, ragazzi.”
“Sei mancato anche a noi, fratello.” Cierre gli regalò due pacche sulla spalla. “Ti va di tirare due calci al pallone con noi?”
Piegò l’angolo della bocca. “No, grazie. Sono qui di passaggio perché….” Sospirò profondamente. “…perché volevo parlare con voi.”
“Vieni, siediti con noi. Raggiungiamo le ragazze a quel tavolino.”
Gli occhi di Teresa si stavano riempiendo di stelle e di lacrime nel rivederlo, aveva sentito tantissimo la sua mancanza e, se adesso si era rifatto vivo, forse aveva superato il momento difficile. E magari piano piano poteva iniziare a guardarsi attorno.
“Ecco….” Prese fiato. “Fra due giorni parto.”
“Che?!” Tutti furono colti di sorpresa.
“Ma cosa vuol dire che parti fra due giorni?!” Melissa era più sorpresa degli altri. “Mamma e papà lo sanno?”
“No, infatti ho prenotato il viaggio un paio d’ore fa: ho trovato un last minute ad un prezzo stracciato e non mi sono lasciato scappare l’occasione. Vado in Islanda per una settimana, è tanto che desidero visitare quella terra remota.”
“Vai da solo?”
“Sì.” Respirò profondamente. “Porterò con me solo la musica di Vasco.”
“Sei sicuro di ciò che stai facendo?” Melissa non credeva alle proprie orecchie. “Voglio dire… Te ne vai lassù da solo, in una terra così lontana…”
“Tranquilla, ora ho solo bisogno di liberare la mente e ritrovare il mio equilibrio. Me la caverò, non preoccuparti. Ad ogni modo…” Piegò l’angolo della bocca. “se qualche alieno dovesse farsi vivo, voglio essere informato immediatamente. Capito?”
“Contaci.” La ragazza sorrise al fratello, mentre quest’ultimo riceveva pacche sulle spalle praticamente da tutti gli amici.
Così, dopo due giorni, Manuel partì in solitaria, armato solo di bagaglio e cellulare: l’uno pieno di abiti pesanti, l’altro di musica e pronto ad immortalare gli scorci più suggestivi di quella remota terra di ghiaccio e di fuoco. Quando videro l’aereo scomparire nell’azzurro del cielo, Melissa si lasciò sfuggire una lacrima: sapeva che il fratello avrebbe sicuramente tratto giovamento da quel viaggio, sapeva che quello era l’unico modo perché si togliesse Aurora dalla testa una volta per tutte, eppure provava un enorme vuoto dentro di sé ed un profondo senso di amarezza. Il suo fratellone le sarebbe mancato, questo già lo sapeva, ma c’era un’altra cosa che la faceva star male: dovergli nascondere la vera natura di Orion la faceva sentire falsa e ipocrita. Fin ora aveva resistito, probabilmente perché lei per prima non era affatto convinta al cento per cento di ciò che le aveva confidato, ma per quanto tempo ancora sarebbe stata in grado di mantenere un segreto così grande e sconvolgente?

Di ritorno dall’aeroporto, quel pomeriggio di fine estate i ragazzi arrivarono all’Archer’s, trovando Aurora seduta al bancone del bar intenta a scattarsi selfie su selfie. Cierre non se ne curò minimamente, dirigendosi in fretta e furia verso la sala TV per seguire gli incontri di campionato, mentre tutti gli altri presero posto attorno ad un tavolino senza degnarla di un saluto.  Fu lei invece a riporre il telefono nella borsetta e raggiungerli, sedendosi accanto ad Orion.
“Allora? Novità?”
Non ottenne risposta.
“Ho fatto una domanda!” Esclamò stizzita.
“E a noi non va di rispondere. Contenta?” Giulio fu lapidario.
“Mhm, mamma mia come siamo acidi!” Nella sua voce c’era ironia. “Considerando ciò, credo sia meglio non restare troppo a lungo qui, mi si potrebbero rovinare le mèches. Orion, andiamo a fare una passeggiata in centro: hanno aperto un nuovo negozio di biancheria intima e devo assolutamente visitarlo per comprare i capi di tendenza dei prossimi mesi.”
“No, grazie. Preferisco restare qui.”
“Dai, non farti pregare. Non puoi dire di no alla tua ragazza.”
“Aurora….” Si voltò a guardarla. “Non mi va di ritornare sull’argomento.”
“Infatti non ce n’è bisogno, tesoruccio mio. Tu non puoi neanche lontanamente pensare che fra di noi sia finita del tutto, perché non lo è. Sono io a decidere e se dico che la nostra storia ancora va avanti, va avanti. Quella che ci siamo presi è solo una piccola pausa di riflessione.”
“Bah, non esiste.” Si alzò dirigendosi verso il campo di tiro con l’arco dove alcuni gruppi di persone stavano praticando. E lì gli venne un’idea.
“Beh?” Sbottò Aurora. “E ora che gli è preso?!”
“E’ stato chiaro.” Giulio allargò le braccia.
“Allora, visto che sai tutto, dimmi immediatamente perché Manuel non è qui con voi e mi ha tolto l’amicizia su Facebook!”
“Fatti un esame di coscienza.”
Rifletté un istante (o finse di riflettere). “Capisco. Un rifiuto da parte mia è difficile da digerire.” Sorrise soddisfatta.
A quel punto Melissa si alzò in piedi. “Se tu fossi capace di amare una persona invece solo di te stessa, capiresti molto di più.”
Scoppiò a ridere. “Ma senti da chi devo sorbirmi la predica!”
“Sì, sì, ridi pure finché puoi.”
“La tua è tutta invidia perché io ho il ragazzo e tu no, io ottengo tutto ciò che voglio e tu no, io sono una delle ragazze più belle e desiderate della città e tu no, io sto con Orion e lui manco ti degna di uno sguardo….”
“A parte che Orion ti ha detto NO un miliardo di volte…e anche se così fosse, non me ne frega nulla!” La interruppe. “E non capisco cosa c’entri tutto ciò con mio fratello. So soltanto che tu sei un’egoista viziata e capricciosa!”
“Ehi, complimenti! Ci voleva!” Giulio si complimentò con lei stringendole la mano.
“Non permettetevi mai più di rivolgervi a me in questo modo, altrimenti….”
“Altrimenti cosa? Chiami papà?”
Tutti ridacchiarono.
“Vai, torna pure ai tuoi selfie.” Fece un cenno con la mano. “Raggiungiamo il campo di tiro, qui c’è aria pesante e viziata.”
Seguirono il suggerimento di Giulio e nel giro di pochissimi secondi Aurora si trovò sola.

Erano trascorsi appena un paio di giorni dalla partenza di Manuel per l’Islanda e già si iniziavano a notare i primi effetti benefici sul suo morale. Ogni sera, puntualmente, tutti ricevevano immagini mozzafiato di paesaggi incontaminati, geyser, ghiacciai e soprattutto foto del ragazzo la cui faccia appariva sempre distesa e sorridente. Pure nei vari post sui social era evidente la sua rinascita, da ogni singola parola traspariva tutta la serenità di cui aveva bisogno e che ora finalmente stava iniziando a recuperare. Teresa, che in un primo momento male aveva digerito la sua partenza improvvisa, sentiva rinascere in cuor suo la speranza che, una volta tornato, potesse iniziare a frequentarla di nuovo con intenzioni diverse. Quelle serate trascorse assieme infatti avevano fatto emergere molte cose in comune fra di loro, ben più di quanto entrambi avessero mai sospettato.

La settimana volò via rapidissimamente e il momento di andare all’aeroporto ad attendere Manuel arrivò prima di quanto immaginassero: il ragazzo salutò gli amici con un sorriso d’altri tempi e passò un’intera serata a raccontare tutto ciò che aveva vissuto, dalle escursioni a cavallo, alle gite con il fuoristrada preso a noleggio, alla mini crociera fra gli iceberg. Insomma, l’esperienza a contatto con quella affascinante natura estrema gli aveva letteralmente spazzato via la malinconia, restituendogli il sorriso e la voglia di ricominciare. Quella serata passò senza parlare mai di alieni ed avvistamenti ufo, cosa quanto mai rara considerando che l’argomento era fra i suoi preferiti. Ma le cose stavano per cambiare: infatti Manuel, così come tutti tranne Melissa, era all’oscuro del piccolo segreto di Orion e del fatto che qualcuno proveniente da molto lontano potesse trovarsi già da giorni sulla Terra e fosse sulle loro tracce. E solo questo sarebbe stato sufficiente a creare abbastanza caos. All’orizzonte c’era dell’altro e già da quella sera le acque iniziarono ad muoversi lentamente.

Orion infatti, accantonata Aurora una volta per tutte, riprese in mano l’idea di abbandonare il gruppo di amici per proteggerli dall’incontro con gli abitanti di Hilon che sentiva essere imminente. Doversi allontanare da coloro che gli avevano insegnato i valori dell’amicizia, la bellezza della normalità pur nelle sue tante sfaccettature: sarebbe stato difficile e doloroso, ma proprio perché voleva bene a quei ragazzi, doveva farlo. Prima però doveva assolutamente sdebitarsi nei confronti di colei che più di ogni altro gli era stata vicina: Melissa. Lei, nonostante fosse spesso con la testa fra le nuvole, aveva manutenuto il suo segreto, persino con Manuel che della caccia agli alieni aveva fatto la sua ragion di vita. Sentiva di doversi sdebitare nei suoi confronti, poi se ne sarebbe andato via da quella città in cerca di fortuna altrove, nella remota speranza di non farsi mai trovare dagli Hiloniani già sbarcati sulla Terra. Così quel pomeriggio di inizio settembre decise che era giunta l’ora di fare quel passo, prima di salutare tutti quanti.
 “Melissa!” Orion raggiunse la ragazza che, sentendosi chiamare, si era soffermata. “Senti….. Hai da fare stasera?”
Non si aspettava una domanda del genere e, pur sapendo bene di non avere impegni, preferì prendersi qualche istante per far finta di riflettere. “Ehm… No, non mi pare. Perché me lo chiedi?”
“Ecco….” Si massaggiò la nuca. “Vorrei fare qualcosa per te.”
Lei non capiva.
“Insomma, tu hai mantenuto il mio segreto, mi stai aiutando ad essere un normale terrestre e quindi…. Vorrei sdebitarmi in qualche modo, ecco.”
“Oh, che pensiero gentile.” Iniziava ad avvertire strani crampi nello stomaco. “Non ce n’è bisogno, credimi. E poi non mi sembra di aver fatto cose particolari.”
“Tutt’altro.” Scosse leggermente la testa. “Hai fatto molto più di quanto tu possa immaginare.” Sorrise. “Vorrei sdebitarmi, davvero, mi sento in dovere di fare qualcosa per te.”
“E cosa?” Se Orion avesse sorriso di nuovo come prima, avrebbe perso all’istante l’uso delle gambe.
“Vorrei darti qualche lezione di tiro con l’arco.”
“Ah……” Wow, anche lui la considerava una schiappa dunque. “Che…. Che gentile.”
“Purtroppo non so fare altro e comunque qualche dritta non può che farti bene.”
“Ah, beh, se la metti così….” Prese a giocherellare con le dita, leggermente imbarazzata. “E quand’è che mi daresti la prima lezione?”
“Dopo cena? Che ne dici?”
“Non hai paura di essere infilzato come uno spiedino?” Lo guardò negli occhi. “Hai notato la mia goffaggine?”
“Correrò il rischio.” Allargò le braccia quasi in segno di resa. “Ci vediamo al campo di tiro. Di solito non c’è nessuno in tarda serata, giusto?”
“Già.” Sospirò. “Ok, allora grazie.”
Quelle ore intercorse furono caratterizzate da un’intensificazione di farfalle nello stomaco, ricerche sfrenate dell’abbigliamento giusto per l’occasione, rapide docce e ripetute messe in piega per non avere neanche un capello fuori posto e un’elettricità smisurata.
“Ehi, ranocchietta, che fai? Esci?” Manuel comparve sulla soglia della camera della sorella.
Nel sentirsi chiamare, sbatté la testa nella mensola dell’armadio dentro cui si era intrufolata alla ricerca di quel paio di scarpe basse da abbinare ai jeans. “Ahi….” Si massaggiò la parte dolorante. “Che te ne frega?”
“Mhm, quando fai la misteriosa significa che bolle qualcosa in pentola.”
“E se così fosse?” Terminò di allacciarsi le scarpe. “Mica devo render conto a te.” Passò vicino al fratello sorridendogli ed aprì la porta di casa uscendo subito dopo.









 

 

Buon inizio settimana.
Questa volta ho deciso di aggiornare in un giorno piuttosto inconsueto, ma devo approfittare del tempo disponibile senza lasciarmelo scappare.
Il capitolo che avete appena terminato di leggere ci permette di archiviare una volta per tutte Aurora e la sua “simpatia”: so che c’è poco di extraterrestre, però ciò che avete letto è basato su fatti realmente accaduti e che hanno coinvolto una persona a me molto cara e vicina, consideratelo come una valvola di sfogo, visto che adesso le cose stanno tornando al loro posto.
Grazie a tutti voi che ancora seguite le vicende, grazie di cuore. A presto!

Un abbraccio
La Luna Nera

 



 

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Capitolo 19
*** La freccia dell'amore ***




 

Quando giunse ai margini del campo di tiro, Melissa notò Orion già in postazione. Era fenomenale, non sbagliava un colpo! Era capace di colpire il centro del bersaglio in rapidissima successione e senza perdere tempo nel mirare.
“Ciao!” Abbassò l’arco appena la vide. “Ben arrivata.”
“Ciao.” Sorrise imbarazzata. “Spero di non averti disturbato.”
“Oh, no. Ho scoccato qualche freccia giusto per riscaldarmi e poi, sai com’è, è una delle cose che preferisco.” Lasciò partire un altro colpo che centrò perfettamente il bersaglio. “Da quando sono qui riesco a praticare troppo poco.”
“Capisco.” Si interruppe per qualche istante perdendosi nel contemplare la sua bravura. “Comunque…. Sei bravissimo….”
“Grazie….” Pareva imbarazzato nel ricevere tale espressione di ammirazione da lei e iniziò a pensare che forse qualcosa fra loro sarebbe potuto nascere davvero, una volta rotti tutti i ponti con il suo passato.
Lei sorrise. “Certo che è strano.”
“Che cosa?” Scoccò un’altra freccia.
“Non ti offendere ma….ehm… a volte mi sembra impossibile credere che tu venga da un altro pianeta.”
“Perché?” Si voltò a guardarla. “Non credi all’esistenza di altri mondi abitati?”
“Non è questo. E’ solo che…” Indugiò cercando le parole più adatte.” Sei praticamente uguale a noi in tutto e per tutto, in ciò che fai, in ciò che dici e come ti comporti.”
“Significa che ho avuto un’ottima insegnante.” Le strizzò l’occhio. “Nel periodo intercorso fra il mio arrivo su questo pianeta e l’incontro con voi, ho osservato tantissimo le persone, i loro comportamenti e i loro modi di fare. Sono sempre  stato uno che apprende in fretta, ho ricevuto un addestramento militare che mi ha permesso di adattarmi ad ogni situazione, per cui è stato abbastanza semplice confondermi fra di voi. E poi, non so spiegarmelo, però a volte ho come la sensazione di sentirmi a casa qui. E’ strano, comunque….” Restò in silenzio per qualche secondo, poi per cambiare discorso, tese la mano destra, aprendone il palmo, in direzione del bersaglio. “…non siete ancora capaci di fare questo.” Come per incanto le frecce da lui scagliate in precedenza, si staccarono e si andarono a depositare nella mano del ragazzo.
Melissa era rimasta senza parole, esattamente come quella sera in cui casualmente lo aveva visto compiere tali gesti prodigiosi.
“Non è niente di strano. “Spiegò lui. “Ho un elakip qua” indicò un punto alla base della mano “che mi permette di attrarre certi oggetti come le frecce e generare raggi laser e cose simili.” Sorrise. “E’ un dispositivo piccolissimo con cui interagisco direttamente con la sola forza del pensiero.”
“Wow… Impressionante.” Comprese che doveva trattarsi di qualcosa paragonabile ad un microchip biocompatibile impiantato sottopelle. “Niente di magico quindi.”
“Già.” Dopo qualche attimo prese di nuovo in mano l’arco. “Ed ora bando alle ciance, che la lezione abbia inizio.” Le porse arco e freccia. “Coraggio, mettiti in posizione di tiro e fammi vedere come te la cavi.”
Prese fiato e coraggio, afferrò gli oggetti ed agganciò la cocca della freccia alla corda. “Forza, posso farcela.” Mirò il bersaglio, mentre Orion la osservava in completo silenzio, ma le sue mani furono tradite dall’emozione e tremavano, perciò la freccia cadde a terra. “Ecco… Fantastico.” Si piegò a raccoglierla. “Come inizio non c’è male.”
“Può accadere, non preoccuparti.” Orion la raggiunse. “Coraggio, riprovaci, vedrai che stavolta andrà meglio.” Attese che l’amica fosse di nuovo pronta. “Posso darti un consiglio?” Si mise accanto a lei e posò la mano su quella della ragazza che sorreggeva l’arco e l’inclinò di pochi gradi. “Non è necessario tenerlo perfettamente in verticale, così la forza di gravità può aiutarti a non far cadere la freccia.”
“Ah…ok… Grazie.” Provò di nuovo seguendo il consiglio di Orion e lasciò partire la freccia che andò a colpire la parte più esterna del bersaglio, giusto a pochissimi millimetri dal bordo.
“Mhm, la forza che imprimi è discreta, tuttavia devi migliorare qualcosa.” Questo fu il suo giudizio sintetico. “Niente di grave, stai tranquilla, dovresti tenere le gambe leggermente divaricate e se vuoi maggior stabilità, prova a distribuire maggiormente il peso sul piede sinistro.” Le spiegò come fare con un tono di voce incredibilmente caldo e rassicurante. “Ora carica di nuovo l’arco e riprova.”
La ragazza obbedì, seguendo scrupolosamente i consigli ricevuti. Purtroppo non riusciva a tenere ben fermi gli arti superiori che tremavano impercettibilmente a causa dell’emozione scaturita dalla situazione che stava vivendo, così la freccia andò a conficcarsi sempre nel bordo del bersaglio, nel punto diametralmente opposto al precedente colpo.
“Ok.” Orion si avvicinò a lei e posò delicatamente la sua mano su quella della ragazza che sosteneva l’arco. “Devi cercare di stare più rilassata; se tremi, non riesci a tenere l’arco fermo e mirare il bersaglio.” La guardò sorridendo per rassicurarla. “E poi…” Si portò dietro di lei, quasi come la stesse abbracciando, posando l’altra mano sul gomito. “…prova ad abbassare di più il gomito quando scocchi.” Non appena l’arco fu di nuovo armato, sempre restando in quella posizione, aiutò Melissa che finalmente centrò il bersaglio alla perfezione. “Visto? Sapevo che prima o poi ci saresti riuscita!”
Lei era incredula. “Wow! Io…. Non so che dire!” Sprizzava gioia da tutti i pori.
“Coraggio, riprova. Questa volta io non ti aiuto, dovrai fare tutto da sola ricordando e mettendo in pratica quello che ti ho detto.”
“Ok, ce la posso fare…..” Caricò l’arco, si mise in posizione e prese la mira. “Alla faccia di chi gufa sempre.” Quando si sentì pronta, tese la corda e scoccò. “Sì!!” Non aveva colpito il centro perfetto, ma la linea di confine fra questo e lo spazio immediatamente accanto. ”Questo è il mio miglior risultato! Orion, ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta tutta da sola!”
“Sì, sei stata bravissima!” Si complimentò lui massaggiandole le spalle.
“E’ una sensazione meravigliosa…. Bellissima….Fantastica….” Pronunciando quelle parole, involontariamente, stava iniziando a perdersi nei suoi occhi. E lui faceva la stessa cosa. Piombò il silenzio fra i due, tutta l’euforia esplosa dal gesto di Melissa era svanita, era stata assorbita da quegli sguardi profondi ed intensi, molto più loquaci di mille parole. Melissa voleva sbagliarsi, o forse no, ma negli occhi del ragazzo vedeva ciò che sicuramente lui stava vedendo nei suoi.
“Orion….” Sussurrò appena. “ Ti prego, non guardarmi così, altrimenti faccio una pazzia.”
“E allora facciamola insieme, questa pazzia.”
Prese l’arco e lo posò sulla panca, raccolse il viso della ragazza fra le sue mani e portò le labbra sulle sue. Quel contatto rimase tale per pochi secondi, si allontanarono di pochissimi millimetri come a volersi sincerare del consenso dell’altro e poi eliminarono di nuovo quella distanza. Tutto era accaduto con una rapidità impressionante, cogliendo entrambi quasi di sorpresa. Orion stava bene, dannatamente bene ed aveva praticamente dimenticato tutti i suoi problemi, Hilon e il fatto che la sua permanenza su quel pianeta avesse le ore contate. A lui ora interessava solo stringere Melissa, baciarla ed accarezzarla come mai aveva fatto prima con nessun’altra, neanche con Aurora. Desiderava solo quella normalità di cui tanto aveva sentito parlare, quella normalità che per lui era assolutamente nuova e assolutamente meravigliosa.
E Melissa? Tutte le sue remore erano crollate, abbandonandosi a quel ragazzo che l’aveva conquistata con il suo fascino misterioso, con quel suo trasformarsi da potenzialmente pericoloso a cucciolo indifeso in cerca di protezione. Orion era un alieno? Non le sembrava affatto, almeno non in quella circostanza e comunque non le interessava più. Voleva solo stare con lui e godersi appieno quegli attimi perfetti.
Si staccarono quando i loro polmoni ebbero necessità di ossigenarsi nuovamente, guardandosi negli occhi, sorridenti, increduli ma felici di quanto era appena accaduto fra di loro. Lei si lasciò di nuovo stringere fra quelle braccia forti e protettive, lasciò la sua testa posarsi sulla spalla del ragazzo e poggiando la mano sul suo petto, distingueva nettamente i battiti del suo cuore, in tutto simili ai suoi. “Pazzesco….” Sussurrò piena di brividi.
“Questa…” Depositò un bacio fra i suoi capelli. “…è la cosa più bella che abbia mai fatto in vita mia.” Non si era mai sentito così bene prima di allora. “Hai freddo?” Sentiva Melissa tremare fra le sue braccia.
Lei scosse la testa. “No, non ho freddo. E’ solo che… Ho paura, Orion… Insomma… Tu non appartieni a questo pianeta, qualcuno vuole riportarti lassù fra le stelle ed io…. Ho paura di ciò che potrebbe accadere.” Lo guardò in volto temendo seriamente di vederlo perire o di vederlo scomparire per sempre fra le stelle a bordo di un’astronave.
“Ti capisco.” La strinse forte a sé. “Per questo ho deciso di andarmene via.”
“Cosa?!”
“Melissa, io non posso correre il rischio che ti accada qualcosa di brutto per causa mia, non potrei mai perdonarmelo. Tu sei la persona più importante per me e voglio tornare qui con te per imparare ad amarti come meriti, ma solo quando il mio conto in sospeso con Hilon sarà saldato.”
“Che stai dicendo?!” Stava per mettersi a piangere.
“La lezione di tiro con l’arco era il mio regalo di arrivederci, non di addio. Io mi sentivo in dovere di fare qualcosa per te e purtroppo non potevo offrirti altro. Cerca di capirmi: qui da qualche parte molto vicino a tutti noi, c’è qualcuno proveniente da Hilon, lo so con certezza. Non so chi sia, né conosco le sue intenzioni, tuttavia non voglio che tu e gli altri corriate rischi per causa mia. Per questo mi devo allontanare per un po’ di tempo, poi tornerò da te e quando ogni cosa sarà sistemata, inizieremo a costruire il nostro futuro. Ti va?”
Forse era stato un po’ troppo brusco nel cambiare argomento così rapidamente, in un modo o nell’altro glielo doveva dire. Non era sua intenzione ferirla, probabilmente doveva ancora imparare a gestire con il giusto tatto certe situazioni, però in quel caso dire quella dura verità gli era costato tantissimo.
La ragazza affondò il viso nel suo petto, lasciandosi abbracciare. Quanta amarezza avvertiva nel suo cuore! Capiva perfettamente la situazione, pure ad Orion non faceva piacere quella separazione forzata. “Non posso aiutarti in alcun modo?”
“Basta solo che tu dica a chi ti chiede di me, che sono stato trasferito presso un’altra Accademia Militare per un corso di formazione per allievi sottufficiali e che tornerò appena mi sarà possibile.”
 
Melissa annuì in silenzio e per non peggiorare le cose sentiva di dover porre fine a quella situazione alla svelta, nonostante le facesse male al cuore. Tutto stava prendendo una piega pericolosa, rischiava di finire in un guaio molto più grande di lei da cui sarebbe stato difficilissimo uscire, vista l’enorme mole di menzogne. “Dai, andiamocene che è tardi.” Si staccò da lui senza mai guardarlo in faccia.
Riordinarono archi e frecce senza dire una sola parola, evitando al contempo di guardarsi negli occhi. La confusione nei loro cuori e nelle loro menti era ben tangibile, quello che era accaduto li aveva letteralmente colti alla sprovvista perché se qualcosa stava iniziando a nascere fra di loro, non immaginavano potesse esplodere in modo così improvviso e travolgente. E lei non immaginava di doversi separare da lui così all’improvviso.
Giunsero presso il bar, dove in teoria non doveva esserci nessuno, mentre invece scorsero la sagoma di una persona seduta su di uno sgabello di fronte al bancone. Non appena la vide, il ragazzo si bloccò all’istante e sentì quasi venirgli meno il respiro. L’uomo, dai capelli scuri raccolti in una coda, si voltò con molta calma e tranquillità.
“Orion, è un piacere rivederti. Ti trovo in splendida forma.”







 

Ciao a tutti!
E’ vero, negli ultimi giorni sono praticamente scomparsa da EFP. Purtroppo ci sono dei periodi in cui mi è praticamente impossibile conciliare la vita reale con la permanenza stabile in questo sito. Spero non me ne vogliate e prometto di fare del mio meglio per recuperare.
In questo capitolo accade ciò che molti speravano o immaginavano: fra Orion e Melissa scocca la scintilla…non solo la freccia. Naturalmente la loro possibile storia d’amore parte fra mille difficoltà, non per ultima quella rappresentata dal misterioso personaggio che compare alla fine. Di chi potrebbe trattarsi?
Grazie a tutti VOI che ancora seguite la storia!
Un abbraccio
La Luna Nera.

 

 


 

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Capitolo 20
*** Verità nascoste ***






Orion posò la mano sulla spalla di Melissa, invitandola ad uscire dal bar assieme a lui.
“Che succede? Chi è quell’uomo?” La ragazza non capiva.
Lui non rispose, ma teneva l’attenzione fissa sull’individuo che, a sua volta lo seguiva fissandolo senza parlare. Giunti sulla soglia del locale, stanco di quel silenzio insistente, si fermò un istante, tenendo sempre la mano sulla spalla della ragazza. “Lei deve restarne fuori.” Le parole furono lapidarie.
“Orion, che significa? Chi è quell’uomo?”
Quando furono all’esterno, la guardò negli occhi, portando anche l’altra mano sull’altra spalla della ragazza. “Vai a casa, Melissa, e cerca di riposare.” Le sorrise. “Quell’uomo è mio padre, sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo.”
Lei non rispose, ma sentiva i suoi occhi gonfiarsi di lacrime.
“Stai tranquilla, non mi accadrà nulla. Ora vai.” La salutò con un piccolo bacio sulle labbra. “Al mio ritorno ti dirò ogni cosa.”
Attese che la ragazza si fosse allontanata, sebbene questa avesse opposto resistenza, e tornò all’interno del bar.
“Noto che ti sei ambientato piuttosto bene su questo pianeta, figlio mio. Mi spiace di aver interrotto la serata con la tua amica.”
“Qualsiasi cosa vogliate fare, vi prego di tenere Melissa alla larga.”
“Tranquillo, non sono venuto fino qui per far del male a te e agli abitanti di questo mondo.” Si alzò dallo sgabello. “Sono giorni che ti osservo di nascosto, se volevo agire e colpirti a tradimento, avrei potuto farlo in qualunque momento.”
Queste parole lo sorpresero notevolmente.
“Sono qui…” Riprese “…per porgerti le mie scuse.”
Orion rimase spiazzato.
“Non avrei dovuto alzare la mia arma contro di te quella volta. Ho sbagliato e per questo chiedo il tuo perdono.” Gli era costato tantissimo, ma doveva farlo. Guardò il figlio in attesa di un cenno, cenno che però non arrivava. “Ragazzo mio, capisco la tua ira nei miei confronti, ma ti prego di dire qualcosa.”
“Ah,” Sogghignò lui. “Cosa volete che vi dica?” Incrociò le braccia. “Voi mi avete urlato in faccia con grande disprezzo che il perdono è da codardi e che ero una vergogna per voi e la vostra posizione. Ve ne siete forse dimenticato? Io no, non ho dimenticato i miei ultimi attimi su Hilon e la vostra mano armata stesa su di me, perciò non so davvero cosa dirvi, tranne sputarvi in faccia tutta la mia rabbia che credevo sopita.”
“Orion….” Il generale comprendeva lo stato d’animo del figlio. “Hai ragione, quelle cose le ho dette e le ho fatte. La mia fedeltà a re Kipsoron lo esigeva, non potevo comportarmi diversamente. Tuttavia…. “Fece una breve pausa. “Tuttavia ci sono delle grosse novità e prima che possa rivelartele, devo essere certo del tuo perdono.”
“Padre….” Da quanto tempo non pronunciava più quella parola di fronte al genitore! “Cosa volete da me? Io non credo affatto che abbiate affrontato un lungo viaggio soltanto per chiedermi scusa, ad ogni modo se il vostro scopo è riportarmi su Hilon, risparmiate il fiato perché da questo pianeta io non mi muovo. Dimenticatevi della mia esistenza, dite a tutti che sono morto, in fondo me lo avete pure gridato in faccia.”
“Vorrei poterti accontentare, credimi, ma Hilon ha bisogno di te e non posso lasciarti su questo pianeta arretrato.” Vide l’altro sorridere in modo sarcastico. “Ricordi Iersys, il Maestro d’Armi?”
“Naturalmente. E’ stato il mio maestro all’Accademia Militare.”
“Ebbene, sono qui per parlarti anche a nome suo perché mi ha rivelato delle cose sul tuo conto che anche io ignoravo.”
“Che intendete?” Orion iniziava a preoccuparsi sul serio.
“Vieni, siediti perché ci sono molte cose che devi sapere.”
Il ragazzo ubbidì.
“Innanzi tutto devi sapere perché, fra tutti i pianeti dell’universo, sei finito proprio qui: Somasur, la potente Madre Luce dell’oscurità, ha un astro gemello, “Alzò lo sguardo verso la Luna che splendeva in cielo. “ e grazie a ciò ti ha rapito per proteggerti dalla mia mano assassina. Ti ha fatto giungere qui in occasione di un’eclissi perché….. “Sospirò profondamente. “…perché in realtà tu sei nato su questo pianeta tanti anni fa.”
“Cosa?!” Orion balzò in piedi incredulo. “Che stronzata è mai questa?!”
“Come dici?” Il Generale non comprendeva il significato di tale espressione tipicamente gergale.
“Io sono nato qui?!” Era sconvolto.
“Sì. Quando ero una giovane recluta, partecipavo spesso ai viaggi spaziali, ero affascinato dai mondi che esploravamo e da tutte le bellezze che esistono nell’universo. Il Pianeta d’Acqua era senz’altro il più affascinante perché, fra tutti quelli abitati, era l’unico ad ospitare degli esseri perfettamente compatibili con noi. Ebbene, in occasione di un viaggio su questo pianeta, la nostra navicella andò in avaria e fummo costretti a prolungare la nostra permanenza. Ci trovavamo in un luogo piuttosto ostile, faceva molto freddo e il suolo era coperto da un soffice materiale bianco, anch’esso freddissimo. Durante una perlustrazione incontrai una giovane abitante del Pianeta d’Acqua che, se non ricordo male, qui chiamano Terra: ne rimasi affascinato, era bellissima e iniziammo a frequentarci. In un primo momento non aveva capito che io provenivo da un altro mondo e forse è stato questo a farci…. Innamorare.” Raramente Ireon aveva parlato della sua vita privata. “Quando la nostra nave spaziale fu in grado di ripartire, dovetti lasciarla a malincuore, promettendole di tornare a farle visita prima possibile, a patto che avesse mantenuto il segreto fra di noi. Così accadde e dopo molti mesi, tornando da lei, mi confessò di essere in attesa di un figlio, di nostro figlio.” Aveva la voce rotta dall’emozione. “Lei era spaventata, non sapeva cosa fare con quella creatura a causa della sua giovane età, però era stata bravissima a tenere tutti all’oscuro della gravidanza, quindi mi offrii di prendere il bambino una volta nato, e portarlo via con me. Accettare fu difficile e doloroso per lei, non avrebbe mai voluto lasciare suo figlio, purtroppo non aveva alternative. La notte in cui tu nascesti, il cielo era pieno di stelle che sembravano vegliare su di noi. Venisti alla luce senza troppi problemi e fu un momento meraviglioso, l’unico che abbiamo vissuto tutti e tre assieme come una vera famiglia. Scegliemmo di chiamarti Orion perché sopra di noi brillava una delle costellazioni più belle che si possa osservare da queste parti, il cui nome è appunto Orione, il grande cacciatore. Così lei si sarebbe sempre ricordata di te alzando lo sguardo verso la volta stellata.” Il ragazzo aveva ascoltato tutto in assoluto silenzio.
“Poche ore dopo la tua nascita, ripartimmo per Hilon e da allora non ho mai più potuto vedere tua madre. La situazione politica a Prothevos infatti stava iniziando a precipitare con l’aggravarsi delle condizioni di salute di re Aunos e la conseguente reggenza dell’allora Prithios* Kipsoron. Tutti i viaggi di esplorazione spaziale furono sospesi e quando ripresero, avevo già il grado di Generale e non mi fu più possibile riprendervi parte. Alla dipartita del re, il reggente ne assunse il ruolo ed iniziò a comportarsi in modo tale che chiunque si fosse opposto al suo volere, scompariva in circostanze non del tutto chiare. Si difendeva dicendo che lui fosse il predestinato indicato dalle stelle per sedere sul trono, ne aveva interpretato i movimenti ottenendo il loro chiaro responso. Tutti gli dovevamo cieca obbedienza, ogni uomo in grado di combattere venne arruolato nell’esercito che andò rafforzandosi sempre di più, i bambini furono addestrati sin dalla più tenera infanzia e le donne scomparvero misteriosamente. Solo dopo molto tempo e per un caso fortuito, abbiamo scoperto che erano state segregate in un luogo accessibile solo al re e a pochi fedelissimi, il loro unico compito era generare soldati forti e valorosi per l’esercito di Hilon. Tu finisti in Accademia ed essendo mio figlio, fosti indirizzato verso una gloriosa carriera militare, tutti credevano che tua madre fosse una delle donne scomparse, nessuno ha mai sospettato nulla perché la tua nascita avvenne poco prima della loro prigionia, ma non era così. Ho tenuto il tuo segreto fino ad oggi, ne ho parlato solo con il Maestro Iersys perché è l’unico di cui possa veramente fidarmi e che, leggendo le stelle, mi ha confessato di esserne sempre stato al corrente.”
Orion era gonfio di rabbia, scoprire quelle cose lo aveva distrutto e la poca fiducia che ancora nutriva nei confronti del padre si era sgretolata come un castello di sabbia. Si alzò senza dire una sola parola, dirigendosi a passo svelto verso gli alberi al margine del campo di tiro. Come li raggiunse, prese a sferrare calci e pugni a destra e a manca, insensibile al dolore causatogli dalle ferite e dalle contusioni.
“Orion, fermati immediatamente!” Ireon lo raggiunse, richiamandolo con voce autoritaria. Ma il ragazzo non lo considerò affatto, continuando a sfogare la sua ira contro tutto ciò che gli capitava a tiro. Al ché l’uomo, forte della sua preparazione fisica, lo bloccò afferrandolo per un braccio dietro la schiena, atterrandolo con una sorta di sgambetto e facendolo finire con la faccia per terra. Fu costretto a sedersi sulla schiena del figlio, erano entrambi molto forti e solo grazie alla sua esperienza militare pluriennale riuscì ad avere la meglio. “So che sei sconvolto, figlio mio, ma devo pregarti di mantenere i nervi saldi ed ascoltarmi.”
“Ascoltarvi?” La sua voce era graffiante. “E cosa vi fa pensare che ne abbia voglia, eh? Mi avete tenuto all’oscuro di cose che invece avrei dovuto sapere, voi che vi vantate di essere uno dei grandi Generali mi avete mentito su tutto! Su tutto! Come potete pretendere che vi ascolti e che creda alle vostre parole?!”
“Hai perfettamente ragione, figliolo.” La sua voce lasciava trasparire tutto il disagio di un uomo fiero ed orgoglioso che si era dovuto abbassare a tanto. “La situazione sul nostro pianeta è drammatica, credimi. Il re ha plagiato tanta di quella gente che neanche io immaginavo possibile.”
“E cosa me ne importa?! Sono problemi vostri, sono finito qui grazie a Somasur che sta tentando di proteggermi e qui voglio restare, non ho più niente a che fare con Hilon! E’ chiaro?!”
“Orion, tu sei il vero predestinato dalle stelle a sedere sul trono!” Urlò la sconvolgente verità in faccia al figlio. “Tu sei l’unico in grado di riportare la pace e la stabilità su Hilon! Kipsoron ha plagiato tutti, ha manipolato le menti di gran parte degli abitanti assoggettandoli al suo volere. E quel che è peggio sono le sue mire espansionistiche, una minaccia per l’universo intero, incluso questo pianeta!”
Si voltò a guardarlo, i suoi occhi straripavano rabbia, odio, repulsione. Quello che aveva udito era inaccettabile e assurdo alle sue orecchie. “Io non voglio sentire più una sola parola di tutta questa storia assurda! Non m’interessa nulla di voi, di Hilon, né tanto meno del re! Voi mi avete gridato in faccia di preferirmi morto e voglio che mi consideriate tale! Io sono morto, è chiaro?!” Sferrò l’ennesimo pugno all’albero che gli stava vicino dopo essersi liberato dalla presa del padre. “E non voglio vedervi mai più. Da ora in poi io appartengo a questo pianeta.” E se ne andò scomparendo fra gli alberi, lasciandosi inghiottire dalla notte.
Il Generale Ireon restò immobile, preferì non inseguire il figlio perché ben comprendeva lo stato emotivo del ragazzo: lui per primo era rimasto spiazzato nell’apprendere ciò che il destino gli aveva riservato, in più Orion ignorava la verità sulle sue origini che lo legavano per metà ad Hilon e per metà al Pianeta d’Acqua (o Terra che dir si voglia). Tuttavia era consapevole del suo enorme valore, del suo coraggio e della sua intelligenza, perciò una volta sopita la rabbia e sfogata la sua ira, era certo che avrebbe compreso ed accettato tutto quanto.








 

 

Buon venerdì a tutti!
A costo di essere ripetitiva, vorrei ringraziare di tutto cuore ognuno di VOI che costantemente seguite la storia.
Ci prepariamo ad una serie di eventi che pian piano ci accompagneranno verso il finale (che devo ancora scrivere). Dopo l’avvicinamento fra Orion e Melissa, gradito da molti e la cosa mi ha fatto molto piacere, ecco che il misterioso personaggio comparso alla fine del precedente capitolo si rivela essere il padre di Orion. Probabilmente qualcuno si aspettava un approccio più movimentato, ma ho scelto una cosa più soft giusto per staccarmi un po’ dalle solite entrate in scena spettacolari degli alieni. Ma qualcosa ci sarà più avanti, intanto che mi dite sulle rivelazioni del Generale Ireon?

Grazie a tutti e buon week end, in questo caso particolarmente lungo.

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 21
*** Nel buio ***





Nonostante le rassicurazioni di Orion, Melissa non riusciva a stare tranquilla, men che mai a chiudere occhio. Stava in piedi vicino alla finestra della sua camera da letto, con le imposte ed i vetri socchiusi: osservava il cielo stellato, osservava la Luna, prossima all’ultimo quarto, illuminare di pallida luce i tetti delle case e dei palazzi. Da quel cielo sconfinato proveniva quel ragazzo strano, misterioso ed affascinante che poche ore prima l’aveva fatta sentire importante come non mai, quel ragazzo stabilmente al centro dei suoi pensieri da giorni e giorni, di cui solo lei conosceva l’origine, quel ragazzo che in quegli stessi momenti stava faccia a faccia con un padre potenzialmente pericoloso, venuto forse per saldare una faccenda rimasta in sospeso. A quel punto, cosa ne sarebbe stato di Orion? Se la sarebbe cavata? Lo avrebbe rivisto mai più? Si strinse nelle sue braccia trattenendo a stento i singhiozzi che stavano salendo dal suo cuore, mentre due calde lacrime scesero dai suoi occhi, rigandole il viso. Alieno o meno che fosse, si sentiva legatissima a quel ragazzo, a prescindere da quanto era accaduto fra di loro poche ore prima, forse si erano davvero innamorati l’uno dell’altra, forse la sua era solo una infatuazione passeggera alimentata dall’alone di mistero orbitante attorno a lui, forse pure lui era attratto da lei per qualcosa ben diverso dall’amore, oppure…. Non le importava di tutto questo, lo avrebbe affrontato e chiarito una volta che Orion si sarebbe ripresentato sano e salvo.

 

Orion, dove sei?

Che cosa stai facendo in questo momento?
Che situazione assurda! Non so cosa mi trattenga dal venirti a cercare. Ho paura, Orion, ho paura di quello che potrebbe accadere. Ho paura di non vederti mai più, di non poterti nemmeno salutare…..

Dove sei, Orion?
Ti ha fatto del male?



 

Scoppiò a piangere, affogando le lacrime nel cuscino e stringendolo come se al posto di quell’oggetto, vi fosse il ragazzo di cui non sapeva più nulla. Era passata sì e no un’ora, ma a lei pareva un’eternità.


Quasi in contemporanea, Orion stava sempre girovagando per la città, con lo sguardo ancora pieno di rabbia, senza una meta. Di suo padre non c’era traccia: il Generale infatti aveva ritenuto decisamente più opportuno lasciare il figlio da solo perché potesse metabolizzare ed assorbire il duro colpo.
Scoprire in una manciata di secondi di appartenere per metà a quel pianeta chiamato Terra, scoprire che per una vita intera il padre gli aveva sempre taciuto la verità, scoprire che mai, in nessun caso, si era fermato un attimo per dirgli delle sue vere origini, ritenendo la carriera militare più importante di ogni altra cosa, lo aveva destabilizzato quasi completamente. Stimava suo padre più di qualsiasi Hiloniano, ed era stato così fino al giorno dell’ultima battaglia, quel giorno in cui si era visto puntare contro un’arma da quell’uomo che, pur di salvare onore e gloria, non avrebbe esitato a colpire il figlio. Vagando di quartiere in quartiere, finì per sedersi su una panchina, sfinito e spossato non tanto dalla lunga camminata, quanto dallo sconvolgimento interno. Guardò la Luna, perdendosi nella luce selenica che sembrava volerlo accarezzare per consolarlo.

 

Allora è così che stanno le cose e noi già ci siamo incontrati, Somasur del Pianeta d’Acqua. Luna: è questo il tuo nome, giusto? Tu mi hai visto nascere e tu sai chi è mia madre, sai dove vive e cosa fa, sai se ancora si ricorda di me o mi ha cancellato completamente dal suo cuore. Tu sapevi del mio profondo legame con la Terra, sai molto più di quanto possa immaginare…. Peccato non possa dirmelo. Avrei tante cose da chiederti, avrei tanto bisogno di sapere chi sono io veramente e cosa il destino vuole da me.

Perché non puoi dirmelo?


 

I suoi occhi non riuscivano più a trattenere le lacrime, due iniziarono a rigargli il volto in silenzio, seguite da altre ed altre ancora. Quanta amarezza nel suo cuore! A seguito di tutto ciò che il padre gli aveva rivelato, non aveva più alcuna certezza, dubitava persino della sua identità. Sì, perché a quel punto poteva davvero essere certo di chiamarsi Orion, di essere il figlio del Generale Ireon, uno dei Capitani dei Tagmas di Hilon? E poi? Chi altro poteva mai essere? Stando alle ultime parole pronunciate dal padre c’era dell’altro sul suo conto, ricordava a mala pena qualcosa riguardante il fatto che lui fosse il predestinato. Predestinato a che cosa? Ricordava pure che re Kipsoron aveva plagiato tutta la popolazione e su questo particolare aveva ben pochi dubbi, viste le condizioni della città di Prothevos e delle altre soggette alle loro conquiste. Poi la rabbia gli aveva di nuovo annebbiato il cervello ed aveva cancellato altre eventuali rivelazioni, tutte tranne il pensiero di sua madre. Lui aveva una mamma. Non ne conosceva neanche il nome, sapeva solo che si trovava da qualche parte sulla Terra e nient’altro. Poteva essere una donna qualunque come una potente, una regina o una principessa, perché no? O poteva pure essere già deceduta, a questo punto tutte le ipotesi potevano essere azzardate. Iniziò a pensare quanto sarebbe bello poterla vedere almeno una sola volta, ammesso che fosse possibile. Si sarebbe accontentato anche solo di poterla osservare da lontano, giusto per vedere le fattezze di quella donna che in una notte di stelle lo aveva dovuto salutare e affidare al padre per un destino a lei completamente sconosciuto.
Si asciugò le lacrime stropicciandosi gli occhi, poi si guardò attorno: non c’era anima viva in quella strada. Dopo un po’ intravide un’auto dalla quale scese una guardia giurata che fece il controllo presso un negozio, ripartendo subito dopo. Poi fu di nuovo il nulla. Quel vigilantes, una volta terminato il suo turno di lavoro, sarebbe tornato a casa, trovando probabilmente la moglie ad attenderlo con i figli. Lui invece? Era solo, solo e abbandonato a se stesso, tradito dall’unico familiare certo che conosceva, quel padre che aveva visto solo un soldato in lui, mai un figlio di cui occuparsi. Gli aveva sempre e solo impartito ordini, severe punizioni per fortificarlo e farlo emergere dalle fila militari al fine di mostrarlo pieno di orgoglio come fosse un trofeo. Che senso aveva seguire un padre così?
L’alba ancora non aveva preso a rischiarare l’orizzonte orientale, il buio regnava ancora incontrastato, il buio che ugualmente oscurava tutta la sua persona e che gli impediva di vedere anche il minimo stralcio di luce. Lui voleva solo trovare il modo di restare sulla Terra, voleva imparare ad amare Melissa, l’unico suo punto fermo nell’oceano in tempesta nel quale era finito, ricostruendo assieme a lei una vita fatta di verità, fiducia e felicità.

PIANETA HILON

Iersys chiuse a chiave la pesante porta dell’Asteroskopius situato sul torrione rivolto verso l’esterno della città, dal quale era possibile osservare ogni angolo dell’universo. Era quella una stanza non troppo luminosa, con finestre relativamente piccole, fatta eccezione per quella ad uso del telescopio ultradimensionale, che permetteva una visuale impressionante del cielo. Vi era poi una fornitissima biblioteca di stampo scientifico, contenente informazioni su tutti i pianeti conosciuti, inclusi quelli disabitati. L’apparecchio situato nella parte a destra della porta era uno dei più sofisticati trasmettitori ad energia di Vostalòs, le leggendarie pietre estratte dalle miniere di Hilon, capaci di sprigionare una potenza tale da spingere ogni segnale oltre i confini dell’universo e riceverne altrettanti. Da lì aveva constatato che il Generale Ireon aveva contattato il figlio, gli aveva parlato e gli aveva rivelato parte della grande verità sul suo conto. Aveva però anche constatato la dura reazione del ragazzo, fatto peraltro considerabile e prevedibile, data la delicatezza della situazione. Nutriva comunque una profonda fiducia in lui e sapeva bene che, una volta sopita la rabbia, non si sarebbe mai tirato indietro ed avrebbe fatto ritorno su Hilon per prendere il posto assegnatogli dal destino. Ireon doveva compiere quel passo, doveva rivelargli la verità, una battaglia ben più dura di quelle sostenute fino ad allora poiché il coinvolgimento emotivo era totale e, sebbene molto spesso la sua corazza militare lo aveva fatto apparire quasi insensibile, dentro il suo petto batteva un cuore e all’interno di quel cuore c’era solo suo figlio.
Ierys dunque scese le scale del torrione immerso nei pensieri. Fino a quel momento tutto era sembrato filare liscio, il re non sospettava niente, o almeno così pareva. Giunse nel lungo corridoio che lo avrebbe riportato nel suo appartamento, senza notare che due occhi pericolosi stavano osservando ogni suo movimento. Nascosta fra le colonne, un’ombra nera pedinava da tempo il Maestro d’Armi, si spostava al pari di un fantasma in particolar modo ogni qual volta questi si rinchiudeva nel Megalos e, come in quel caso, nell’Asteroskopius. Ignaro di tutto ciò, Iersys raggiunse la porta del suo appartamento, infilò la chiave nella serratura, la girò e giusto un attimo prima di entrare, gettò un’occhiata alla sua destra e alla sua sinistra, come se una voce interna gli suggerisse di guardarsi alle spalle.
Il mattino seguente l’Astro spuntò all’orizzonte, illuminando e scaldando debolmente i tetti semi diroccati di Prothevos. Iersys raggiunse gli altri Maestri d’Armi nella Gran Sala Militare, tranquillamente come ogni mattino.
“Buongiorno.” Il Maestro Xifos gli si avvicinò, salutandolo.
“Buongiorno a Voi.” Iersys ricambiò il saluto.
“So che il re vi sta cercando da questa mattina presto. Per caso lo avete incontrato?”
Quelle parole lo fecero preoccupare. “No, non ancora.” Si massaggiò leggermente la barba. “Voi ne sapete qualcosa?”
“No, ad ogni modo….”
Le sue parole vennero bruscamente interrotte dall’apertura della porta ed il conseguente ingresso dei cerimonieri di corte, i quali annunciavano con solennità che il Magnifico Re Kipsoron esigeva immediatamente la presenza del Maestro d’Armi Iersys nella Sala del Trono. Questi, con preoccupazione non troppo nascosta, si inchinò al loro cospetto, si congedò dagli altri Maestri e si diresse verso l’uscita della Gran Sala Militare, scortato dai cerimonieri al pari di un pericoloso bandito.







 

 

Buon Venerdì a tutti!

Dopo le grandi rivelazioni dello scorso capitolo, adesso alleggeriamo un po’ la tensione. Dico solo un po’ perché il Maestro d’Armi è stato convocato dal re che, evidentemente, sospetta qualcosa.
Orion intanto vaga nel buio della notte in preda alla rabbia, alla delusione e ad un desiderio intimo: quello di poter incontrare almeno una volta sua madre. Che ve ne pare di questa parte?

Grazie a tutti per il costante supporto e a presto!

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 22
*** La tavoletta profetica ***




 

PIANETA TERRA
UNA DECINA DI GIORNI DOPO


 

“Mamma! Hai visto i miei jeans nuovi?” Melissa era quasi sprofondata nel suo armadio in cerca di quel capo di abbigliamento.
“Non sono questi in fondo al tuo letto?” La donna, si affacciò sulla soglia della camera da letto della figlia indicandoglieli.
Melissa si voltò e li riconobbe. “Che stupida, non li avevo proprio visti.”
“Tesoro…” Le accarezzò il viso. “Capisco tu sia agitata per il test d’ingresso all’università, tuttavia devi cercare di star tranquilla il più possibile. Hai sempre ottenuto voti eccellenti e sarà così anche stavolta, non temere.”
“Grazie mamma.”
Attese l’uscita della madre dalla stanza, prese in mano i jeans e sentì una lacrima scorrerle sul viso. L’esame di ammissione all’università si sarebbe svolto fra quattro settimane e il tempo per iniziare a preoccuparsi c’era. La sua testa pensava a ben altro: Orion non si era fatto più vivo da quella sera. Nessuno l’aveva più visto in giro ed era praticamente impossibile contattarlo perché non aveva mai lasciato alcun recapito, né un numero di telefono, né un indirizzo. Sosteneva di frequentare l’Accademia Militare senza dare altre spiegazioni a riguardo.
Ma poi, questa Accademia, dove si trovava?
Più o meno tutti gli altri componenti della combriccola si erano posti tale domanda, ma nessuno era in grado di dare una risposta, neanche Melissa che, pur essendo al corrente della scottante verità, ignorava totalmente dove potesse vivere Orion sulla Terra.
La ragazza sospirò profondamente, indossò i jeans, terminò di prepararsi ed uscì per raggiungere gli altri all’Archer’s, con in cuore la remota e mai abbandonata speranza di vedere Orion o quanto meno avere sue notizie.
Giunta in prossimità del locale, si guardò attorno assecondando la strana sensazione di sentirsi osservata che improvvisamente l’aveva investita. C’era davvero qualcuno che la seguiva? Qualcuno che la controllava? Qualcuno, e questo la inquietava più di ogni altro pensiero, che la stesse cercando a causa di Orion? Qualche alieno potenzialmente pericoloso? Lei sapeva la verità sul ragazzo, forse sapeva troppo per certi suoi simili? Continuò a guardarsi attorno, ma non vedeva niente di anomalo, solo le solite auto di passaggio, le persone alla fermata del bus, un paio di ragazze a fare jogging, i soliti pensionati a controllare i lavori di manutenzione dell’acquedotto e poi all’improvviso vide un uomo sedersi su di una panchina. La fissava ininterrottamente, sembrava desiderasse parlarle ma senza invitarla direttamente: quel tipo era il padre di Orion, l’avrebbe riconosciuto fra mille. Nutriva un lieve timore, se tutto ciò che il ragazzo le aveva raccontato era vero, quello era un alieno in piena regola, ma era anche l’unico potenzialmente in grado di fornirle quelle notizie che da giorni desiderava ricevere. Si fece coraggio, inspirò profondamente ed attraversò la strada dirigendosi verso l’uomo che continuava a fissarla. Le sue gambe tremavano e faceva grande fatica nel controllare il suo stato emotivo: non aveva la minima idea di come avrebbe potuto reagire qualora avesse ricevuto cattive notizie, Orion poteva essere stato colpito a morte da quel padre che già una volta aveva alzato l’arma contro di lui.
Si fermò a circa mezzo metro dall’uomo, questo si alzò in piedi continuando a tacere. Fu Melissa a rompere il ghiaccio, con parole che a fatica gli uscivano dalle labbra.
“Lei è il padre di Orion, vero?”
Lui annuì senza proferire parola. Capiva il suo linguaggio, altrimenti non sarebbe stato in grado di risponderle.
“Dov’è Orion?” La sua voce tremava.
Al suono di quella domanda, ebbe un lieve sussulto, poi il suo sguardo impassibile tornò sulla ragazza. “Speravo potessi dirmelo tu.”
“Cosa?! Che significa? Che cosa gli ha fatto?!”
“Gli ho solo parlato, non temere, io non gli ho fatto niente.”
“La prego, mi dica la verità!” Strinse i pugni, mentre i suoi occhi iniziavano a gonfiarsi di lacrime. “Io so che voi non appartenete a questo pianeta, Orion mi ha raccontato ogni cosa, compreso il fatto che lei ha tentato di ucciderlo….” Stava per scoppiare a piangere. “La prego, mi dica dov’è.”
“Da quando l’ho incontrato quella sera e gli ho rivelato alcune cose di cui non devi impicciarti, non l’ho più visto.” Il tono della sua voce era serio, non lasciava trasparire alcuna preoccupazione per la sorte del figlio, ma solo un forte disappunto sul fatto che quella ragazzina terrestre fosse al corrente della sua vera natura.
“Ehi, Melissa! Andiamo!” Manuel, di fronte all’ingresso del bar in compagnia di Giulio, chiamò la sorella, invitandola a raggiungerli.
Lei si voltò verso di loro, poi di nuovo verso il padre di Orion e si allontanò senza dire una sola parola. Tentò di cancellare ogni traccia delle lacrime dal suo viso e si unì gli amici dall’altra parte della strada.
“Ehi, va tutto bene?” Manuel aveva notato qualcosa di strano.
“Sì-sì, sto bene, non ti preoccupare.” Si massaggiò appena la fronte. “Dove… Dov’è che andiamo?”
“Abbiamo organizzato il torneo di calcetto, ricordi?”
“Ah già…. Quello di Cierre per la fine dell’estate… Hai ragione.”
Guardò la sorella, poi i suoi occhi andarono a cercare quel tizio con cui stava parlando poco prima. “Chi era quello?”
“Chi?” La ragazza sussultò.
“Quello con cui stavi parlando.”
“Ah, quello…. E’…. è il padre di Orion.” Sputò fuori la verità senza riflettere più di tanto.
Manuel si ritagliò alcuni secondi per guardare bene quell’uomo. “Il padre di Orion? E tu come lo sai?”
“Me l’ha presentato lui prima di partire.”
“Orion è partito? E dov’è andato?”
Melissa iniziava a capire di aver parlato più del dovuto e soprattutto di aver perso il filo del discorso, coinvolta sin troppo in quella faccenda. “Lui… ehm, sta momentaneamente presso un’altra Accademia Militare per ….per un corso di aggiornamento.”
Manuel non era troppo convinto della veridicità di quanto appreso: Orion effettivamente non si era fatto più vivo da una decina di giorni, senza aver detto niente a nessuno tranne che a Melissa. Perché? Lei forse sapeva qualcosa in più? Restò in silenzio, prendendo comunque per buona la spiegazione ricevuta. “Coraggio, andiamo. Se facciamo tardi, chi lo sente Cierre!” Poi si voltò un’ultima volta verso quel tipo misterioso. “Eppure mi sembra di averlo già visto da qualche parte….”
 

PIANETA HILON



 

Re Kipsoron si trovava nella grande Sala del Trono in attesa dell’arrivo del Maestro Iersys. Estrasse da una tasca nascosta sotto le sue eleganti vesti, la Tavoletta Profetica da lui rinvenuta poco più di un anno prima, scartabellando fra gli antichi volumi e manoscritti della Megalos Vivlios, la Grande Biblioteca di Hilon.
Al sorgere del Grande Cacciatore, lo Scorpione deve cedere il passo, poiché per natura i due sono opposti e per natura l’uno non può coesistere al fianco dell’altro.
Lesse mentalmente quanto inciso su quell’antica tavoletta, una frase il cui significato stava ad indicare il suo imminente declino, per mano di colui che le stelle avevano designato quale degno erede del Trono di Hilon. Lui lo aveva conquistato con la forza e con l’inganno, arrivando persino ad inscenare la sua morte per potersi presentare in seguito con una identità fasulla, nata dall’anagramma del suo vero nome, entrare come Prithios, una sorta di Primo Ministro, presso la corte ed avvelenare lentamente Re Aunos, prendendone così il posto dopo aver fornito alla popolazione una profezia fasulla sul nome del successore. La sua sete di potere non gli permetteva di rinunciare alla posizione raggiunta, non aveva esitato di fronte a niente e nessuno, poco gli importava se tanti innocenti avevano perso la vita a causa sua, lui voleva continuare a sedere su quel trono e vi sarebbe restato ad ogni costo. Il Grande Cacciatore, quell’insetto pericoloso, doveva essere eliminato ad ogni costo. Una smorfia di rabbia apparve sul suo volto e scomparve giusto un istante prima che il grande portone della Sala si aprisse e i due cerimonieri annunciassero l’ingresso del Maestro d’Armi Iersys.
Re Kipsoron si voltò, restando in piedi presso il trono e attese che nel salone restasse solo il Maestro. Questi si profuse in un profondo ed ossequioso inchino nei confronti del sovrano.
“Maestro d’Armi….” Il re fece un passo in avanti. “Ho urgente necessità di alcune informazioni da parte vostra.”
“A vostra disposizione, Maestà.”
“Maestro, ricordate il nostro incontro nel Megalos di qualche tempo fa? Vi chiesi informazioni sul prode Capitano, il figlio del Generale Ireon, ricordate?”
Iersys iniziava a preoccuparsi. “Sì, Maestà.”
“Mi informaste della tragica dipartita del ragazzo e del fatto che il suo corpo non ha avuto degna sepoltura.” Si soffermò, poi la sua voce si fece più tagliente. “Ho cercato in lungo e in largo il Generale, ma non sono riuscito a trovarlo per porgergli le mie condoglianze. Sembra sia scomparso anche lui.” Si avvicinò di più al Maestro. “Voi ne sapete qualcosa?”
“Io…. Credo che il Generale si sia ritirato in qualche angolo sperduto del pianeta per metabolizzare il lutto e il fatto di non poter piangere sulla tomba del figlio, Maestà.”
“Maestro, io ho profondo rispetto e grande stima nei vostri confronti. Spero non vogliate perdere questa posizione presso la corte di Hilon.” Assottigliò lo sguardo. “Sapete fin troppo bene cosa accade a chi si prende gioco di me.” Silenzio. “Andatevene.”
Iersys si inchinò ed obbedì.
Re Kipsoron era certo che nascondesse qualcosa, lo teneva d’occhio da tempo ed aspettava solo il momento propizio per colpire lui, il Generale ed il Grande Cacciatore della profezia.

 

 

PIANETA TERRA




 

“Generale, mi sentite?”
Ireon estrasse dalla tasca del suo abito un piccolo apparecchio simile ad una ricetrasmittente. “Maestro, vi ascolto.” Disse, una volta avvicinato l’oggetto al volto.
“Il re sospetta qualcosa. Mi ha convocato poco fa e mi ha rivolto domande particolari.” Fece una breve pausa attendendo invano un cenno dall’uomo. “Convincete il ragazzo, vi scongiuro, qui nessuno è più al sicuro e inizio a temere seriamente per l’incolumità di tutti noi.”
“Maestro, io non so dov’è mio figlio. Da quando gli ho rivelato la verità sulla sua nascita, è scappato via e nessuno l’ha più visto, inclusa quella ragazzina terrestre che stava con lui quella sera.”
“Trovatelo, Generale! Ne va del futuro dell’universo intero!”
“Addirittura dell’universo intero?” Orion apparve all’improvviso alle spalle del padre. Aveva udito tutta la conversazione. “Maestro Iersys.” Afferrò la ricetrasmittente dalla mani del genitore la cui faccia mostrava gioia, sorpresa e incredulità, per parlare con l’altro su Hilon. “Voi e il qui presente Generale mi dovete un sacco di spiegazioni: che storia è mai questa? Che significa ciò che avete detto? In che senso l’incolumità dell’intero universo è a rischio?”
“Ragazzo mio, tuo padre ti spiegherà tutto. Credi alle sue parole, te ne prego dal profondo. Nel momento della nostra nascita il destino che ci attende è già scritto e il tuo è immensamente grande: Orione nella mitologia è il Grande Cacciatore, il più bello fra gli uomini, colui che splende di gloria e bellezza fra le stelle del cielo. Tutti, perfino gli dei celesti, sono rimasti affascinati e sopraffatti dalla sua avvenenza e dalla sua potenza impregnata di saggezza e giustizia. Tu sei tutto questo, non è stato un caso se al momento della tua nascita in cielo splendeva la costellazione che ha ispirato il tuo nome ed ora tuo padre terminerà di raccontarti cosa il destino ti ha riservato. Io ti ho visto crescere in forza e saggezza, ragazzo mio, so quanto vali e dove puoi arrivare. Ti prego, non deludermi.” La conversazione si interruppe bruscamente, fu Orion a prendere la drastica decisione. Ancora c’era molto da scoprire e lui ora non voleva perdere altro tempo.
“Avete parlato con Melissa poco fa, vi ho visto.”
“Sì.” Attese che prendesse posto accanto a lui e tirò un sospiro di sollievo nel vederlo di nuovo. “Come stai, figliolo?”
“Oh, sto benissimo.” C’era ironia nel suo tono di voce. “Cosa vi siete detti?” Naturalmente si riferiva alla conversazione con la ragazza alla quale aveva assistito nascosto dietro alcuni cespugli.
“E’ preoccupata per te, aveva paura che ti avessi fatto del male.”
Piegò l’angolo della bocca in un sorriso forzato. “E’ comprensibile, d’altronde avete già tentato di farmi fuori.”
“Perché le hai raccontato tutto? Nessuno deve sapere dell’esistenza di esseri extraterrestri su questo pianeta.”
“Qualcuno lo ha già fatto prima di me, se ben ricordo, una ventina di anni fa.” Si voltò a scrutarlo con attenzione. “Io ne sono la prova tangibile.” Fece una breve pausa. “Melissa è degna della massima fiducia, non temete. Ad ogni modo…” La sua voce divenne ferma. “Credo ci sia qualcosa che mi riguarda di cui ancora dovete dirmi.”
Il Generale abbassò la testa. “Sì, è così.” Riportò l’attenzione sul figlio. “Come sai, la guida suprema del nostro pianeta è indicata da antiche profezie la cui veridicità sta scritta nelle stelle. Nessuno, fino al momento opportuno, sa con esattezza chi sia il predestinato, può essere chiunque, a patto che il suo cuore sia puro e che sia una persona di grande saggezza, coraggio e senso di giustizia. Queste tre prerogative sono racchiuse nel simbolo delle tre stelle allineate, quel simbolo che tu porti impresso sulla pelle.”
Orion portò d’istinto la mano sulla spalla destra, lì c’era quel simbolo di cui, probabilmente, adesso stava per scoprire il significato.








 


Buon venerdì a tutti!
La sorte mi sta sorridendo e fortunatamente riesco ad aggiornare come ai vecchi tempi. Speriamo non mi volti le spalle…
Allora… Qua vengono fuori altri dettagli sul “cattivo” che, come avrete intuito, monitora da vicino il Maestro Iersys per colpire al momento opportuno. Intanto Orion ricompare dopo giorni di assenza, ancora non ha preso una decisione anche perché sembra ci sia dell’altro da scoprire. Come se non bastasse, Manuel inizia a sospettare qualcosa.
 Quello su cui voglio soffermarmi è la Tavoletta Profetica che dà il titolo al capitolo. Lì è rivelata la vera identità del Re: lui tramonterà al sorgere del Grande Cacciatore. Adesso lancio la sfida: chi è Kipsoron? E’ esattamente la costellazione che tramonta ad ovest quando quella del Grande Cacciatore sorge ad est. Un ulteriore aiuto viene dall’anagramma del nome del Re.

Grazie a tutti VOI che seguite la storia, a VOI che commentate regolarmente e pure a VOI lettori silenziosi. Buon fine settimana!

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 23
*** Con le spalle al muro ***




 


Erano trascorsi alcuni giorni da quando Orion aveva scoperto il suo destino e ancora non aveva preso una decisione definitiva. Nella sua testa risuonavano continuamente le parole di suo padre, secondo le quali nessuno è libero di scegliere la propria strada, se il destino ha già scelto per noi. Eppure non si era ancora capacitato del fatto che le stelle avessero scelto proprio lui fra tanti, lui che neanche era un Hiloniano puro, per risollevare le sorti del pianeta e dell’universo intero. Desiderava solo un’esistenza pacifica e tranquilla, nonostante nella sua giovane vita avesse solo combattuto: gli si stava chiedendo ancora di combattere e questa volta contro un nemico forte, grande e misterioso, portare avanti una battaglia il cui esito era tutt’altro che scontato. Aveva trascorso molto tempo con suo padre, ricostruendo quel rapporto profondo che dovrebbe esistere fra padre e figlio, ma che non era mai decollato a causa delle regole gerarchiche dell’esercito di Hilon. Tutto questo era sicuramente positivo e costruttivo per entrambi, tuttavia Orion sentiva il desiderio di rapportarsi con gli amici come era solito fare prima dell’arrivo del padre sulla Terra. Melissa gli mancava in modo incredibile, aveva voglia di trascorrere un po’ di tempo assieme a lei, parlarle, raccontarle del suo destino e magari ricevere una parola di conforto e di incoraggiamento per quello che poteva essere il suo cammino futuro.

Quel pomeriggio al bar dell’Archer’s c’erano solo Melissa, Noemi, Simone e Giulio. Nico era al lavoro nella piccola falegnameria di famiglia, Cierre aveva ripreso ad allenare i bambini della locale scuola di calcio, Eva doveva terminare di preparare alcuni documenti per l’iscrizione all’università e Teresa avrebbe raggiunto gli amici più tardi, dopo aver aiutato la madre a ripulire la cucina dopo la ristrutturazione.
Manuel trascorreva le sue giornate dividendosi fra la palestra presso la quale lavorava part time come contabile e la sua mansarda-santuario. E proprio girovagando nella sua stanzetta, fra una canzone di Vasco e l’altra, sfiorando il telescopio, gli tornò alla mente quella serata trascorsa tra quelle mura assieme alla sorella, Orion e Teresa. Aveva mostrato a quest’ultima le meraviglie dell’universo, le aveva esposto le sue idee sugli alieni e lei lo aveva ascoltato assorta, senza sfotterlo e ridicolizzarlo. Che momenti piacevoli! Che serenità aveva provato in sua compagnia! Poi la tempesta si era abbattuta su di lui e solo il viaggio in Islanda gli aveva fatto riaccendere il sorriso sulle labbra. E pure da lassù il suo pensiero andava prima di ogni altro a Teresa, a quell’amica sempre presente su cui fare affidamento, quell’amica che in silenzio aveva sofferto quando Aurora lo aveva preso a pesci in faccia. Lui si era reso conto di quanto le avesse fatto male. Si era reso conto anche di quanto Teresa era triste: il suo sguardo non nascondeva affatto l’amarezza del suo cuore, la luce dei suoi occhi era stata offuscata dalle lacrime e tutta la sua energia pareva essersi esaurita lentamente ed inesorabilmente. Più volte i suoi amici avevano tentato di fargli notare che la ragazza nutriva interesse per lui, ma era accecato da Aurora, dalla sua falsa bellezza, superficialità e presunta perfezione. Non si era comportato bene né con Teresa, né con gli altri, ma nonostante tutto i suoi amici non gli avevano sbattuto la porta in faccia, poiché in fondo aveva scelto loro scartando lei.
E Teresa?
Sarebbe stato ancora in tempo per riallacciare un rapporto di amicizia con lei, un rapporto che col tempo potesse diventare più solido e profondo?
Guardò il telescopio che gli ricordava tanti bei momenti passati con lei, poi guardò il cellulare, sorrise, lo afferrò e digitò quel numero.
Mentre attendeva l’arrivo della ragazza, casualmente, la sua attenzione cadde sulla foto degli alieni di Villa Celeste.
E vide.


Melissa dunque si trovava al bar con gli amici, godendosi le ultime piacevoli giornate della bella stagione prima di rituffarsi nello studio e in grigi pomeriggi autunnali. Eppure nell’aria c’era qualcosa di strano, qualcosa che non le permetteva di trascorrere con spensieratezza quei momenti: la mancanza di notizie riguardanti Orion e la sua incolumità le aveva spento completamente il sorriso. Non ne aveva mai parlato con gli amici, neanche con Teresa, perché in tal caso avrebbe dovuto rivelare cose scottanti. Però questo non sapere, le divorava l’anima lentamente.
Orion lo sapeva, poiché seguiva da lontano tutti gli spostamenti degli amici ed aspettava solo il momento opportuno per congedarsi una volta per tutte. Uno dei suoi più grandi desideri riguardava Melissa: prima di andar via voleva parlarle e spiegarle ogni cosa, trascorrere il maggior tempo possibile assieme a lei ed assaporare gli ultimi momenti di serenità con quella ragazza che avrebbe tanto voluto imparare ad amare. Aveva passato molto tempo con suo padre, recuperando quel rapporto genuino che gli era sempre mancato, soprattutto aveva utilizzato quel tempo per metabolizzare le grandi rivelazioni che avrebbero sconvolto l’esistenza di ogni essere vivente. Purtroppo il destino aveva già deciso per lui e non gli restava altro che prenderne atto e comunicarlo alla persona che più di ogni altra gli era stata vicina.

“Nooo!” Giulio si alzò di scatto. “Guarda chi si rivede! Pensavo ti avessero rapito gli alieni!” Si diresse verso Orion che si stava avvicinando con in faccia un sorriso tirato.
Melissa si voltò lentamente, sprofondata nell’incredulità: Orion era davvero lì in carne ed ossa? Era vivo e senza un graffio? Non era uno dei soliti scherzi della sfera onirica che tormentavano le sue notti?
No, quella volta no. Orion era tornato davvero, aveva mantenuto la sua parola! Si alzò tentando di controllare l’emozione e le gambe che, tremanti, la sostenevano a mala pena. Attese che il ragazzo fosse a pochi passi da lei e si trattenne a stento dal lanciarsi fra le sue braccia. “Allora sei tornato…”
“Te l’avevo promesso.” Le sorrise senza quasi curarsi del caloroso bentornato degli altri. Si sentiva terribilmente in colpa, sapeva benissimo quanto l’aveva fatta stare in pensiero e le accarezzò il viso senza smettere di guardarla negli occhi. “Ragazzi, sono davvero felice di rivedervi. Come state?”
“A chi lo dici!” Simone gli diede due pacche sulla spalla. “Come te la passi, amico?”
“Beh, diciamo che ho dovuto lavorare sodo. Sono qui per un paio di giorni, poi devo rientrare in Accademia.”
“No…Di nuovo…” Melissa non ci poteva credere.
“Se non hai da fare, ti spiego tutto. ”Si avvicinò alla ragazza sussurrandole tali parole, non voleva destare troppi sospetti, non era ancora il momento. Lei annuì silenziosamente e si diresse immediatamente in bagno per sciacquarsi il viso, asciugarsi le lacrime e riprendersi un po’ dalla sorpresa, tentando di riacquistare un goccio di tranquillità ed ascoltare ciò che Orion voleva dirle.
Si ricongiunse con gli altri, notando con piacere che Orion era stato accolto col sorriso da tutti quanti. Lo stavano aggiornando sulle ultime novità, come ad esempio il fatto che Aurora non si era più fatta viva da un paio di settimane, dell’amicizia sempre più profonda fra Manuel e Teresa, dei piccoli calciatori allenati da Cierre e del nuovo lavoretto part-time di Eva come commessa in un negozio di musica al Centro Commerciale, grazie al quale lei e Nico avevano iniziato a cercare il modo di andare a convivere, fosse stato anche in un piccolo monolocale.
“Ragazzi, se vi rubo Melissa per qualche ora, mi uccidete?”
“Certo che no.” Giulio aveva intuito il reciproco interesse dei due amici e, assieme agli altri, li salutò con il sorriso mentre si allontanavano assieme.

Poco più di mezz’ora dopo, Manuel e Teresa si unirono al gruppo di amici: giunsero al bar mano nella mano, ma nell’altra mano il ragazzo teneva la busta trasparente contenete la foto degli alieni di Villa Celeste.
“Ehilà, belli!” Giulio li salutò con entusiasmo. “Vi siete persi Orion! E’ tornato dall’Accademia qualche ora fa ed è subito venuto a salutarci.”
Manuel si rese subito conto che non c’era lì con loro. “E dov’è adesso?”
“Non lo so, è andato via con tua sorella. Credo ci sia del tenero fra di loro.” Mimò un cuore con le dita.
“E non sapete dove sono andati?”
“No, posso solo dirti che si sono diretti da quella parte.” Indicò la direzione presa dai due. “Perché ti interessa? Vuoi salutare Orion o sei geloso di tua sorella?”
Per tutta risposta Manuel prese posto accanto a loro e depositò sul tavolino la foto degli alieni. “Ricordate questi individui? Sono gli esseri usciti dalla navicella spaziale atterrata a Villa Celeste.”
“Sì, e dunque?”
“Qualche giorno fa, prima della partita a calcetto, ho visto mia sorella parlare con un tipo ai giardinetti qua di fronte.” Fece una piccola pausa. “Non conoscevo quell’uomo, però avevo la sensazione di averlo già visto da qualche parte pur non ricordando dove. Poi l’ho chiesto Melissa e mi ha risposto che quello era il padre di Orion….” Batté un paio di volte il dito sulla foto. “…ed è questo qua. E’ uno degli alieni di Villa Celeste.”
“Cosa?!”
“Ma ne sei sicuro?!”
“Assolutamente sì.” Era fermo e deciso. “E se questo alieno è il padre di Orion… significa che Orion è un alieno.”
Tutti erano rimasti ammutoliti: il ragionamento di Manuel, per quanto assurdo, filava dritto.
“Io voglio vederci chiaro, voglio sentirmelo dire direttamente da lui, voglio avere la certezza dell’esistenza di vita extraterrestre ed ora che ci sono così vicino, non posso perdere altro tempo dietro a ipotesi e congetture.” Manuel era determinato come non mai. “Spero solo che mia sorella non mi abbia taciuto la verità.”
“Credi che Orion, ammesso che sia davvero come dici tu, possa essere pericoloso?” Simone iniziava a nutrire qualche piccolo timore.
“Non so cosa dirti.” L’altro allargò le braccia. “Adesso vediamo di trovarli, poi cercheremo di capire come stanno davvero le cose.”
Annuirono tutti in silenzio, poi Giulio contattò gli amici assenti perché si unissero a loro nella ricerca di Melissa ed Orion.

Nel frattempo i due, ignari di quanto scoperto dal fratello della ragazza, si erano seduti sotto un salice piangente non troppo lontano da Villa Celeste. Melissa desiderava solo essere stretta fra le braccia di Orion che dal canto suo assaporava ogni singolo istante che stava vivendo su quel pianeta al quale, ben presto, avrebbe dovuto dire arrivederci. Accarezzava la testa della ragazza, tentando di infonderle serenità e protezione, intervallando tali gesti con baci innocenti sui capelli.
“Vorrei poter fermare il tempo….” Fu Melissa a spezzare il silenzio. “Se davvero te ne devi andare di nuovo, vorrei bloccare tutto in questo istante.”
Lui la strinse ancora più forte, sapeva di doverla ferire ancora e ciò lo divorava lentamente e inesorabilmente. “Credimi, vorrei anche io che tutto restasse così com’è adesso, purtroppo il mio destino è già segnato e non posso oppormi: è a rischio l’incolumità dell’intero universo.” Le baciò di nuovo i capelli. “E’ giunto il momento che tu sappia tutto.”
“Sono tutto orecchi!” Manuel interruppe bruscamente il momento idilliaco fra i due. “Non chiedo altro che sapere la verità, Orion. Chi sei? Da dove vieni?” Era irremovibile.
Si alzarono entrambi in piedi senza aprire bocca.
“Questo qua...” Manuel gli mostrò la foto degli alieni indicando quello con la coda. “Questo qua è davvero tuo padre?” Attendeva una risposta che non arrivava. “Pochi giorni fa Melissa ci stava parlando ed è stata lei a dirmelo: l’ho riconosciuto in questa foto e non venirmi a dire che è solo uno che gli somiglia perché non me la bevo.”
Orion si voltò verso la ragazza il cui labiale sembrava volergli sussurrare Io non volevo, non l’ho fatto apposta… Ti prego, perdonami…
“Melissa….” Manuel si avvicinò di qualche passo alla sorella che stava per scoppiare in pianto. “Tu sapevi tutto?”
“Sono stato io a dirle di tacere! Lasciala stare!” Orion sbottò finalmente, sentendosi con le spalle al muro.
“Allora è vero….”
“Sì, sei contento? Quell’uomo è mio padre ed è un abitante del pianeta Hilon. Sei contento adesso?!”
Ora era Manuel ad aver perso le parole: per anni si era immaginato il suo incontro con gli alieni, aveva fantasticato sul loro aspetto, credendoli totalmente diversi dagli esseri umani, pensandoli come i cosiddetti grigi dagli enormi occhi inespressivi, o i rettiliani, dalla riluttante somiglianza con insetti o rettili. Immaginava di vederli scendere da navicelle spaziali come nei film di fantascienza, scoprire di poter comunicare con loro attraverso prodigiosi ed avanzatissimi apparecchi inventati dalle loro menti superiori, scoprire la loro tecnologia rivoluzionaria e capire come fossero in grado di raggiungere la Terra da chissà dove. E invece aveva davanti un alieno sin troppo simile ad un Terrestre, talmente simile che neanche se ne era reso conto, un alieno praticamente uguale a lui che stava flirtando con sua sorella come un ragazzo qualunque.
“Beh? Non sai che dire?” Orion incrociò le braccia in attesa che l’altro aprisse bocca. “Volevi la certezza dell’esistenza di esseri intelligenti provenienti da altri mondi? Eccomi qua, ora lo sai ed io ne sono la prova tangibile.” Si avvicinò di pochi centimetri aprendo le braccia. “Coraggio, toccami ed analizzami se lo desideri. Vuoi altre informazioni sul mio conto? Avanti, chiedimi pure tutto quello che desideri!”







 

 

Ciao a tutti!
Vorrei innanzitutto ringraziarvi per il supporto che  mi dimostrate e per avermi fatto superare quota 100 recensioni prima della conclusone della storia: è un grandissimo risultato per me e desideravo mostrarvi la mia gratitudine.

Orion è ricomparso, ha oramai deciso di tornare su Hilon, accettando ciò che il destino gli ha riservato. Quello che lo ha convinto è sostanzialmente il pericolo concreto di un’invasione da parte delle milizie del Re Kipsoron, ma ora deve affrontarne uno bello tosto: Manuel ha capito tutto. Ha capito che la sorella lo sapeva ed ha taciuto.
Che succederà?

Grazie di nuovo per il vostro supporto e a presto.

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 24
*** Amore fraterno ***






Ancora Manuel taceva. Nell’aria si udiva solo il canto di qualche uccello, intervallato dai singhiozzi di Melissa.
“D’accordo.” Proseguì Orion. “Visto che tu ancora non hai aperto bocca, sarò io a parlare.” Oramai non poteva più nascondere nulla, quindi invitò tutti quanti a sedersi presso di lui e si preparò a raccontare ogni cosa.
“Sono giunto sul vostro pianeta durante un’eclissi della vostra stella, quella che chiamate Sole e come ciò sia accaduto l’ho capito solo negli ultimi giorni grazie a mio padre.” Alzò gli occhi e intravide il genitore in lontananza. “Il pianeta da cui provengo si chiama Hilon ed è probabilmente l’unico corpo celeste abitato da esseri biocompatibili con voi, tant’è vero che io sono nato qui.”
“Tu…. Cosa?” Melissa ne era all’oscuro.
“Sì.” Si voltò un istante verso di lei. “Me l’ha rivelato mio padre un paio di settimane fa, anche io ne ero all’oscuro. Diciamo che non sono un alieno al cento per cento, sono un ibrido nato da madre terrestre e padre hiloniano. Ma la cosa più importante non riguarda le mie origini, quanto piuttosto le circostanze che mi hanno portato qui e che mi riporteranno su Hilon nel giro di pochissimo tempo.” Era un fiume in piena. “La società hiloniana non è strutturata esattamente come quella terrestre: c’è una figura di riferimento che ha la funzione di governare e coordinare le varie macroregioni che compongono il pianeta. Tale figura, che noi chiamiamo Re, non è di carattere ereditario, ma è indicata da precisi segnali scritti nelle stelle: ci vogliono qualità particolarmente elevate, un grande senso di giustizia e un’enorme saggezza. L’attuale Re, Kipsoron, si è impossessato del potere con l’inganno ed ha ridotto prima la capitale Prothevos ad una città fantasma, per poi passare a conquistare con ogni mezzo le altre città assoggettando ogni persona al suo volere. Filaki, Xiniados, Rachoula, Karpos, Ellos….sono cadute tutte una dopo l’altra e queste mie mani si sono macchiate di azioni talmente riprovevoli che neanche immaginate.” Strinse forte i pugni. “Le donne sono state segregate in un luogo accessibile solo a pochissimi, con l’unico compito di generare soldati forti per l’esercito di Hilon, mentre tutti gli uomini in grado di combattere sono stati arruolati nelle truppe. Le poche sacche di ribelli che hanno tentato di resistere, sono stati trucidate senza pietà.” Interruppe per un istante il racconto, ripensando a quel giovane che aveva visto perire per mano di suo padre. “Sono stato catapultato su questo pianeta da una forza misteriosa generata da Somasur, la Madre Luce dell’oscurità, la cui gemella splende nel vostro cielo notturno, quando la mia vita stava per essere spezzata.” Omise di proposito il nome di chi stava per eliminarlo. “All’inizio mi sono sentito spaesato sul vostro pianeta, poi osservando le persone ho iniziato ad imparare il loro stile di vita, modi di fare e di agire, così non è stato difficile confondermi fra i Terrestri. Poi ho incontrato Aurora e ….il resto lo sapete. Quello che non sapete e che ignoravo io stesso fino a qualche giorno fa è che….” Sfregava nervosamente le mani. “Secondo quanto è stato letto nelle stelle, io sono il predestinato a ricoprire il ruolo di Re.” Vide lo stupore esplodere nei volti degli amici. “Qui, sulla mia spalla, c’è un simbolo molto simile a quelli che voi chiamate tatuaggio: è il disegno comparso nei cerchi nel grano prima nel terreno di quell’ometto e poi qui a Villa Celeste. Stavano cercando me da lassù e lo stavano facendo proprio attraverso quel disegno molto particolare, perché oltre ad essere un messaggio criptato di Hilon, è il simbolo stesso del potere e della regalità. All’inizio non ci volevo credere, ma poi tutto è cambiato.” Riprese fiato. “Devo tornare su Hilon, combattere e rovesciare Kipsoron dal trono. Solo così potrò far rinascere il mio mondo e bloccare le mire espansionistiche di quel losco figuro, questi potrebbe giungere fino qui e la minaccia è molto concreta proprio in virtù della nostra compatibilità biologica.”
Manuel aveva ascoltato con attenzione e in totale silenzio quanto raccontato da Orion, gli sembrava tutto talmente irreale che non riusciva quasi a credere che corrispondesse al vero. Si mosse di qualche passo per mettersi seduto e riordinare le idee: Orion, Hilon, alias pianeta alieno situato da qualche parte nell’universo, despota assetato di potere… Affondò il viso nelle mani tentando di capacitarsi della cosa e quando risollevò la testa, vide la faccia distrutta della sorella. “Melissa….tu… Tu lo sapevi e…..”
“Manuel…” Gli si avvicinò. “Perdonami, se puoi. Io l’ho scoperto per caso e stentavo a crederci…. Per giorni e giorni ho creduto di aver sognato tutto e…..non potevo dirtelo…” Ingoiò l’ennesimo groppo, sperando che il suo fratellone capisse la sua situazione.
“Io le ho chiesto di mantenere la cosa segreta.” Orion si intromise. “Se devi odiare qualcuno, odia me, non lei.”
Manuel lanciò un’occhiata poco amichevole prima al ragazzo, poi alla sorella. “Siete due stronzi traditori.” E si allontanò con le mani in tasca e un diavolo per capello.
Melissa era a terra. Sul volto di suo fratello era ricomparso il sorriso dopo la batosta con Aurora e lei era stata capace di spegnerlo di nuovo: questa volta l’Islanda non sarebbe stata sufficiente, neanche qualche altra località da sogno. Doveva essere lei ad agire, ad affrontarlo a quattr’occhi e cercare la sua comprensione.  Ricacciò dentro tutte le lacrime e tutta l’amarezza, mettendosi sui passi del fratello e trovandolo poi, dopo una breve ricerca, seduto sul muretto all’esterno del bar dell’Archer’s.
“Manuel….” Si avvicinò a piccoli passi.
Lui si voltò appena senza risponderle.
“Manuel, ti prego…”
“Manuel cosa? Cosa?!”
“Ti chiedo solo di ascoltarmi.” Restò ferma e in piedi vicino a lui.
“Cosa dovresti dirmi ancora? Che mi hai tenuto all’oscuro di tutto nonostante tu sapessi la verità?” Era furibondo. “Posso accettare il tradimento di un amico, di una stronza come Aurora, ma porca puttana, Melissa, tu sei mia sorella!”
“Lo so, Manuel, lo so. E non credere sia stata una passeggiata per me…” Doveva trovare il modo di farsi perdonare. “Quando Orion mi ha detto tutto, io non riuscivo proprio a credergli e mi ero quasi convinta di aver sognato ogni cosa. Poi le cose sono precipitate, qualcuno proveniente dal suo pianeta è giunto sin qui per cercarlo e non sapevamo con quali intenzioni…. Ha rischiato di essere ucciso da suo padre, me l’ha confidato lui stesso…”
“E tutto questo cosa c’entra?”
“Tu tradiresti mai la fiducia di una persona della quale ti stai innamorando?”
Restò stupito e nella sua mente si materializzò Teresa. “Cosa?”
“Sì, hai capito bene. E non credere sia facile accettare una cosa del genere. Orion ha deciso di tornare sul suo pianeta per combattere contro quel tipo che sta al comando, rischierà la vita per liberare il suo mondo e salvaguardare il nostro da un’invasione aliena.” Riprese fiato. “Io non posso impedirglielo, non lo fermerò anche se so perfettamente che la nostra storia finisce prima di iniziare.” Cacciò indietro l’ennesima lacrima. “Ancora una volta mi sto innamorando della persona sbagliata e credo sia abbastanza come punizione, non credi?”
Manuel restò in silenzio, osservava la sorella schiacciata da una pesantissima situazione sostenuta per troppo tempo, finita in un gorgo violentissimo che l’aveva risucchiata senza pietà. Sbadata sì, smemorata pure, a volte insopportabile come ogni sorella deve essere nei confronti del fratello, però in quella circostanza sentì una forte fitta al cuore nel vederla distrutta a quel modo. Si alzò e l’abbracciò forte, un gesto che forse mai prima di allora aveva fatto nei confronti della sua sorellina. “Andrà tutto bene, vedrai. Le cose si aggiusteranno ed ogni cosa tornerà a posto.” L’amore fraterno aveva spazzato via l’amarezza di non aver saputo nulla su Orion. “Conta pure su di me per qualsiasi cosa, mica mi posso far sfuggire l’occasione di avere il cognato alieno!”
“Grazie, Manu.” Strinse forte il fratello, in quel momento un raggio di speranza aveva iniziato a dissolvere la fitta coltre di nubi che ombreggiava il suo cuore.

Nel frattempo tutti gli altri erano rimasti spiazzati ed increduli nell’essere venuti a conoscenza di una tale verità.
“Quindi fammi capire bene.” Nico tentava di riordinare le tessere di un puzzle totalmente assurdo. “Tu sei nato qui da madre terrestre e padre alieno, sei arrivato qui su un disco volante quando stavano per farti fuori…”
“Non è andata proprio così, comunque…”
“Certo, genio!” Giulio si intromise. “I dischi volanti non esistono, così come non esistono gli UFO! Esistono le navicelle spaziali e gli extraterrestri come Manuel ha sempre sostenuto. Ora lo sappiamo con certezza.” Incrociò le braccia. “Senti un po’, ma ‘sto tizio che ti ha soffiato il trono è davvero così pericoloso?”
“Altroché! Chi non la pensa come lui, scompare senza lasciare traccia.”
“E tu devi combattere contro di lui?” Teresa era preoccupata.
“Sì. So che forse non riuscite a comprendere appieno la situazione perché qui sulla Terra le cose stanno in modo molto diverso, però Kipsoron è pericoloso ed assetato di potere, è uno che non guarda in faccia nessuno e non ha esitato un solo istante ad eliminare chiunque si fosse messo in mezzo, fossero pure stati dei bambini innocenti. Quando, ad esempio, nascevano dei piccoli malati o malformati, li ha fatti eliminare senza pietà. Non erano utili per le sue mire di conquista, perciò non c’era alcun motivo per tenerli in vita.”
“Mio Dio, che atrocità…..” Erano rimasti senza parole.
“Anche per questi piccoli innocenti devo fargliela pagare. Non sarà facile, potrebbe pure costarmi la vita, ma non me la sento di abbandonare tutto e tutti ad un destino così cupo.”
Si guardarono in faccia, capendo all’istante di trovarsi davanti ad una persona fuori dal comune. Era difficile credere che in quel ragazzo scorresse del sangue (o quello che poteva essere) non terrestre, tanto appariva simile a loro, però il cuore che batteva nel suo petto era puro, forte e coraggioso, degno di vero leader.
“Quindi…” Cierre spezzò il silenzio. “Tu te ne torni lassù, le suoni di santa ragione a quel bastardo e diventi Re.” Si massaggiò il mento con le dita. “Ma…. Dimmi una cosa: quando tutto sarà sistemato, riprenderete pure con il campionato di calcio, la Champions e….”
“Cierre!!” Giulio gli diede uno scappellotto, ricevendo un trattamento poco amichevole. “Possibile che in quella tua testaccia non ci sia altro che il pallone?!”
“Ahi, idiota!” L’altro si massaggiava la nuca. “Che ho detto di strano?”
La scena aveva riacceso il sorriso sul volto di Orion. “Sì, dai, potrebbe essere una buona idea organizzare qualcosa del genere su Hilon.”
“Cioè mi stai dicendo che il calcio dalle tue parti non esiste?” Apprendere l’agghiacciante verità, lasciò Cierre di sasso. “Allora siete voi arretrati, mica noi!”
“Bene, allora, caro il mio Cierre, ti nomino sin d’ora Presidente della Lega Calcio di Hilon. Avrai l’onore e l’onere di illustrare a tutti le regole del gioco, organizzare il campionato, tornei e quello che ti pare.”
“Sei un grande, fratello!!” Abbracciò l’amico con entusiasmo smisurato.
Lui ricambiò con due pacche sulla spalla altrettanto amichevoli, ma quando alzò la testa e vide Melissa tornare verso di loro con Manuel, i suoi occhi si illuminarono come stelle, le tre stelle della saggezza, della giustizia e del coraggio. Non vi era più la rabbia di prima nei loro volti, segno evidente che si erano chiariti e riappacificati. Orion andò loro incontro, accogliendo fra le braccia Melissa e capendo al volo che non era l’unico ad essere distrutto nel vederla in quelle condizioni.
“Ti spaccherei la faccia solo per lei, ma non lo farò. In fin dei conti sei la conferma di ciò che ho sempre sognato di incontrare.”  Manuel gli sorrise offrendogli la mano in segno di pace. “Però tu devi promettermi che farai di tutto per renderla felice, è una rompiscatole con la testa fra le nuvole, ma resta sempre mia sorella.”
“Hai la mia parola.” E depositò un bacio sulle labbra della ragazza.

Pochi istanti dopo una voce fece voltare tutti quanti. “Orion, è tutto pronto. Possiamo partire.”







 

 

Buon venerdì a tutti!
Ho fatto i salti mortali per aggiornare quest’oggi e sin d’ora chiedo scusa se ancora non sono riuscita a leggere e commentare i vostri lavori. Non temete, lo farò appena possibile, vi chiedo solo un po’ di pazienza.
La burrasca fra Manuel e Melissa sembra archiviata finalmente, nonostante fra fratelli spesso ci siano dei battibecchi, tutto si può appianare con l’amore. Ed io ne so qualcosa.
A questo punto siamo pronti per decollare alla volta di Hilon, ma siamo sicuri che Orion e suo padre se ne andranno da soli? ; ) Che ne dite di questo piccolo spoiler?

Grazie infinite a tutti per il vostro supporto sempre meraviglioso!

Un abbraccio
La Luna Nera

 

 

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Capitolo 25
*** Verso Hilon ***








Videro avvicinarsi un uomo dalla muscolatura robusta, passo fiero così come fiero era lo sguardo. Aveva un portamento militare, indossava un lungo gilè nero che gli arrivava fin sopra le ginocchia, anche gli altri abiti erano scuri e lo erano pure i suoi capelli, leggermente lunghi, raccolti in una coda.
Melissa guardò dapprima il ragazzo, poi l’uomo, riconoscendo in lui il padre di Orion. Questi, sciogliendo l’abbraccio con lei, gli si fece incontro. “E’ già ora?” Nella sua faccia non c’era un briciolo di felicità.
L’altro annuì in silenzio. “La vecchia nave spaziale è di nuovo operativa, ho controllato personalmente tutti i parametri di bordo e il carburante reperito ci porterà tranquillamente su Hilon in breve tempo.” Passò poi in rassegna tutti i presenti: vide lo sguardo spento di Melissa, Manuel a bocca aperta nel trovarsi finalmente faccia a faccia con un alieno al 100%, al suo fianco Teresa, anch’essa incredula; c’erano poi Simone e Noemi, Nico ed Eva, Giulio che per la prima volta non sapeva cosa dire ed infine Cierre al quale era caduta la sacca che portava sempre con sé, dentro la quale c’era il pallone ufficiale del Real Madrid.  “Chiedo scusa a voi tutti, giovani del Pianeta d’Acqua, per il disturbo causatovi dalla nostra situazione. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per mio figlio. Vi auguro buona fortuna.” Si inchinò leggermente verso di loro in segno di profonda gratitudine. “Vi esorto nel mantenere il massimo riservo sull’esistenza di pianeti abitati nell’universo, qui ci sono dei personaggi particolarmente potenti e pericolosi che non gradiscono che la cosa diventi di dominio pubblico.”
Manuel si fece avanti. “Conti pure su di noi, signor….” Si rese conto di non sapere il nome del padre di Orion.
“Ireon.” Strinse la mano del ragazzo in modo amichevole.
“Senta, signor Ireon…. Per me è un onore che non ha eguali e stringerle la mano è il coronamento di un sogno, mi creda.”
“Lo credo bene!” Intervenne Giulio. “Ha i globuli rossi a forma di UFO!”
“Chiudi quella boccaccia!” Riportò l’attenzione sull’uomo. “Lo perdoni, lui è fatto così.” Attese un suo cenno. “Se c’è qualcosa che possiamo fare per aiutarvi, ne saremmo ben lieti.”
“E’ molto gentile da parte vostra, avete già fatto tantissimo per mio figlio e non voglio recarvi ulteriore disturbo.”
“Oh, non lo è affatto, mi creda.”
“Ah!” Giulio si intromise nella conversazione, cingendo in modo amichevole il collo di Manuel. “Io ho capito dove vuole arrivare il mio amico: vorrebbe accompagnare lei ed Orion sul vostro pianeta.”
Sobbalzarono entrambi per lo stupore: Giulio effettivamente aveva fatto centro, ma l’alieno non pareva propenso ad assecondare il suo desiderio. “No, non se ne parla proprio. E’ troppo pericoloso, noi torniamo a casa per combattere contro un tiranno assetato di potere, non per fare una gita di piacere.”
“Capisco perfettamente, le giuro che resteremo buoni buoni all’interno dell’astronave e non interferiremo in alcun modo.” Provò a fare gli occhi da cucciolo, benché non ne fosse troppo capace e non avesse idea dell’efficacia di tale espediente su un alieno.
“Padre, io credo sia possibile accontentarli.” Orion si mosse a favore degli amici. “Cosa ci costa?” Sorrise al pensiero di trascorrere ancora un po’ di tempo con Melissa. ”Penserò io a ricondurli qui una volta sistemata la situazione su Hilon. Se davvero sono il predestinato alla guida del pianeta, non mi sarà difficile farlo, non credete?”
Ireon non rispose, riflettendo con attenzione su quanto pronunciato dal figlio. “E sia.” Esordì poco dopo. “Ma devo avere la certezza della vostra discrezione.”
“Ha la mia parola.” Manuel gli strinse la mano. “Questo gesto per noi ha il valore di un giuramento solenne.”
“Una nostra vecchia navicella rimasta nascosta in un anfratto alle pendici di quel monte è stata riparata ed è ora nuovamente operativa, per cui raggiungere Hilon in breve tempo non sarà un problema.”
Gli occhi di Manuel si riempirono di stelle, credeva di sognare: stava per salire a bordo di una vera nave spaziale! E non solo! Stava per raggiungere un pianeta alieno, cosa che andava ben oltre le sue aspettative di appassionato del settore. “Ragazzi, mano ai cellulari. Inventiamo le scuse più assurde ai nostri vecchi perché non allertino l’esercito non vedendoci tornare a casa.” Fatto questo, erano davvero pronti per partire.
Si incamminarono tutti per raggiungere la montagna, Orion guidava la piccola spedizione con il padre da un lato e Melissa dall’altro, con lo sguardo fiero e determinato di chi sa di non poter fallire. Raggiunsero la meta dopo quasi un’ora di cammino e finalmente intravidero il mezzo di trasporto che di lì a poco li avrebbe portati fra le stelle: non era particolarmente grande e non aveva la classica forma dell’ufo dotato di cupolino con oblò rotondi, somigliava molto di più alle navette space shuttle usate in passato dalla Nasa. La fusoliera, di colore nero, presentava due piccole ali in prossimità della cabina di comando, più due molto più grandi nella parte retrostante. Delle finestrelle distribuite su entrambi i lati permettevano alla luce interna, già accesa, di illuminare debolmente l’area circostante, altre lucette rosse stavano sulle estremità delle ali ed un’antenna simile a quelle delle automobili, si allungava dalla metà sino alla fine del veicolo spaziale. In totale tutta la navicella raggiungeva forse i quindici metri e poggiava su quattro piccoli pistoni simili a razzi propulsori.
“Bene, questa è la navicella che ci condurrà su Hilon.” Ireon presentò il veicolo ai ragazzi, tutti meravigliati. “Siete sempre dell’avviso di voler venire?”
Si guardarono in faccia e, seppur intimoriti da quell’esperienza senza precedenti, non si tirarono indietro. “Siamo pronti.” Manuel si fece portavoce per tutti.
Salirono a bordo, Orion e suo padre si accomodarono alle postazioni di comando ed attesero che gli altri prendessero posto nei sedili del vano retrostante. “Allacciatevi le cinture di sicurezza, devo avvisarvi che la spinta di decollo è piuttosto violenta e sentirete lo stomaco al posto del cervello per alcuni minuti, poi, una volta fuori dall’orbita del vostro pianeta, tutto si stabilizzerà. Ci saranno altre turbolenze durante il volo, soprattutto in prossimità del Trypimarv spazio-temporale e la nostra velocità subirà una fortissima accelerazione nel momento in cui lo attraverseremo.”
“Che cosa attraverseremo?” Manuel chiese a Teresa delucidazioni, non aveva capito molto.
Orion si voltò verso di loro “Il Trypimarv è una sorta di passaggio dimensionale, ci permette di ridurre drasticamente le distanze abissali fra un sistema planetario e l’atro.” Poi rivolse un tenero sguardo a Melissa, seduta dietro di lui, prima di riportare l’attenzione sul padre.
“Ricordi come si pilotano le nostre navi?”
“Naturalmente.” Accese i motori al segnale del genitore, tutta la struttura vibrò leggermente. “Tutto regolare: i parametri segnalati dal pannello di comando non presentano anomalie.”
“Bene, ragazzi, si parte!” Non appena il Generale, ora in veste di Comandante, attivò la leva di decollo, i passeggeri si sentirono schiacciati ai sedili dall’eccezionale spinta che, andando contro la legge di gravità, sollevò dal suolo il veicolo spaziale in una nuvola di polvere. Sbirciando fuori dagli oblò, per quello che poterono vedere, i ragazzi compresero immediatamente di trovarsi molto, ma molto in alto: quella navicella era dotata di un propulsore potentissimo ed altrettanto veloce, un qualcosa insomma ben distante dalla tecnologia terrestre nota alla popolazione mondiale.
“Ma quanto cavolo deve andare avanti questo sbatacchiamento?! Non ne posso più!”
“Calma, Cierre, siamo quasi in orbita!” Orion era concentratissimo e teneva costantemente sotto controllo tutti i parametri relativi alla velocità, quota e tempo di viaggio.
“Ecco, ragazzi.” Il Generale si voltò verso i passeggeri che, finalmente, non erano più schiacciati ai sedili. “Voltatevi ed ammirate il vostro mondo da una posizione privilegiata.” Indicò fuori dall’oblò: la Terra era lì sotto, bella, meravigliosa eppure fragile e delicata con i suoi equilibri precari. Rimasero tutti a bocca aperta, tanto era lo stupore. Quell’immensa palla azzurrognola era la loro casa e si stava allontanando passo dopo passo, infatti ben presto poterono ammirare anche la Luna, con i suoi mari scuri e i suoi affascinanti quanto desolati crateri.
Giulio inavvertitamente si era sporto un po’ più del dovuto ed era scivolato via dalla cintura di sicurezza, prendendo a fluttuare in aria. “Oh..oh! Ma che storia è questa?!” Si ritrovò con la schiena poggiata sulla parte superiore del veicolo, incredulo e divertito allo stesso tempo.
“Mai sentito parlare dell’assenza di gravità?” Simone era divertito tanto quanto l’amico.
“Purtroppo non sono riuscito a ripristinare il generatore di gravità, non ho trovato nulla di utile a terra.” Spiegò Ireon. “Tutto quello che ho reperito è stato appena sufficiente per riparare il filtro della produzione di ossigeno, quello era indispensabile per la nostra sopravvivenza a bordo.”
“Wow, la vostra tecnologia è strabiliante.” Tornò a sedersi grazie all’aiuto di Nico e questa volta badò bene a starsene fermo e ben saldo alla poltroncina.
“Padre…” Orion richiamò l’attenzione del genitore. “Siamo pronti per attivare i razzi di ipervelocità, le batterie ad energia planetaria sono cariche.”
“Bene, procedi pure.” Si voltò di nuovo verso i passeggeri. “Assicuratevi che le cinture siano ben allacciate: fra pochi minuti saremo fuori dal vostro sistema planetario e ci troveremo in prossimità del Trypimarv spazio temporale. Nel giro di un’ora toccheremo il suolo di Hilon.”
Tutti si guardarono in faccia, eccitati e preoccupati: sembrava di vivere in un film di fantascienza, ben più coinvolgente di quelli in 3D, o 4D…. Insomma, quelli ultramoderni. Ma era tutto vero e presto avrebbero visto coi loro occhi un vero pianeta alieno.
Orion spinse il pulsante di accensione, i razzi brontolarono leggermente prima di espellere fuori tutta la loro potenza, a fronte della quale la navicelle subì una fortissima spinta che fece aderire completamente i ragazzi ai sedili. Era difficilissimo scorgere qualcosa fuori dagli oblò, c’era solo lo spazio nero ed infinito, non fu possibile vedere alcun pianeta né stelle o galassie, tale era la velocità.
“Siamo allineati con il Trypimarv!” Orion teneva saldamente i comandi, così come suo padre.
“Bene, avanti così!” Sentenziò l’altro. “Ragazzi, tenetevi forte!”
“Ancora?!” Cierre non ne poteva più.” Siamo sballottati più della Coppa del Mondo e della Champions messe assiemeeee!!!”
L’astronave si infilò nel passaggio spazio temporale, sfrecciando a velocità altissime. Teresa, Eva e Noemi tenevano gli occhi chiusi e tutte quante stringevano le mani rispettivamente di Manuel, Nico e Simone. Melissa non aveva mai spostato l’attenzione da Orion, era così sicuro delle sue azioni che, per quanto assurda fosse la situazione, si fidava ciecamente di lui e non aveva paura di quello che stavano vivendo. Cierre teneva stretto il suo pallone da calcio e Giulio aveva quasi conficcato le unghie dei braccioli della poltroncina su cui sedeva.
Tutto durò un quarto d’ora e quando uscirono dall’altra parte finalmente poterono vedere Hilon coi loro occhi.
“Ecco, ragazzi: vi presento Hilon.” Orion indicò un pianeta dai toni del grigio, del verde e del blu non troppo distante dalla loro posizione. “Quello laggiù è l’Astro.” Mostrò la grande stella in tutto simile al Sole che illuminava il suo mondo. “Quel piccolo corpo celeste dai colori spenti che orbita attorno ad Hilon è Somasur, per noi è la Madre Luce dell’oscurità.” Tutto sommato era bello tornare a casa. “Assieme ad Hilon ci sono altri sette pianeti che orbitano attorno all’Astro e…..”
“Attenzione!” Ireon interruppe bruscamente il discorso e virò bruscamente a destra mentre qualcosa era passato a poche decine di metri dal velivolo.
“Che diavolo succede adesso?!”
“Un razzo lanciato dalla base aerospaziale di Rodaristàmos! Credo che qualcuno non sia troppo felice del nostro ritorno!” Il Generale temeva che re Kipsoron avesse sorvegliato Iersys per tener d’occhio i suoi spostamenti. “Orion, togli il pilota automatico, passiamo ai comandi manuali! Dobbiamo assolutamente evitare altri razzi e toccare il suolo alla svelta! Se necessario, tenteremo un atterraggio di fortuna!”
“Eccone un altro!” Orion puntò verso il basso per poi spingere al massimo ed avvicinarsi ancora di più ad Hilon. “Stiamo per entrare nell’atmosfera di Hilon! Attivazione scudi termici!”
“Il computer rileva una piccola crepa sull’ala posteriore!” Comunicò il genitore. “Avvio una scansione per verificare la tenuta!”
“Porca puttana, se è profonda siamo fottuti!”
“Che?!” Giulio sobbalzò nell’udire quelle parole.
“Scansione positiva al 98%, dovremmo riuscire a toccare il suolo senza troppi danni!” Sentenziò il Generale, tuttavia quel rimanente 2% un briciolo di preoccupazione glielo dava. “Che Somasur ci assista….” Bisbigliò.
L’impatto con l’atmosfera fu molto forte e la navetta si circondò di un alone rossastro. Lo scudo termico resisteva piuttosto bene, la visuale non era delle migliori, tuttavia i due uomini ai comandi riuscivano a scorgere e schivare i razzi lanciati contro di loro, aiutati anche dal radar di bordo ancora in ottime condizioni. All’improvviso qualcosa di molto forte sollevò, posteriormente e di qualche metro, il veicolo dalla sua rotta facendolo virare in modo piuttosto pericoloso. Contemporaneamente una spia rossa si accese, segnalando un lieve danno. “Che succede?!”
“Accidenti a loro!” Sputò Ireon. “Ci stanno attaccando con gli aeromobili a puntamento laser!” Rifletté un istante, senza mai distogliere l’attenzione dal finestrino. “Non c’è più tempo, prepariamoci ad un atterraggio di fortuna! Reggetevi forte!”
La navetta perse quota rapidamente fino a trovarsi a sfiorare le cime degli arbusti della foresta di Dasos, ne sorvolò quasi la metà finendo per toccare il suolo in una radura non troppo lontana dal Lago Lymni. Come i motori si spensero, sia Orion che il padre tirarono un sospiro di sollievo.
“Ragazzi, niente di rotto?”
Tutti avevano il viso pallido di paura, pallido come uno che ha visto la morte in faccia. Cierri stringeva il suo pallone al pari di un figlio, Eva e Noemi a stento tenevano lo stomaco, giusto per evitare di rimettere, mentre gli altri tentavano di regolarizzare respiro e battito cardiaco. Orion si alzò e raggiunse Melissa, le accarezzò i capelli e lei, senza dire una sola parola, si gettò fra le sue braccia lasciandosi stringere.
La navicella spaziale era piuttosto malconcia, ma aveva fatto egregiamente il suo dovere: erano giunti su Hilon sani e salvi.








 


Buon venerdì a tutti!
L’estate si sta avvicinando e si sta avvicinando pure il finale della storia fra tre-quattro capitoli. Se tutto va bene, il prossimo dovrebbe arrivare a metà della prossima settimana.
Siamo dunque atterrati su Hilon, spero abbiate fatto un buon viaggio e che il “comitato di benvenuto” sia stato all’altezza della situazione. Ovviamente sto scherzando, è chiaro che Orion & C non sono i benvenuti da quelle parti, ad ogni modo hanno toccato il suolo ed ora inizia la caccia al nemico.

Grazie a tutti per il supporto sempre gradito e costante e chiedo scusa se ancora non ho risposto e/o letto le vostre storie.

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 26
*** Nei boschi di Hilon ***






Nella Sala del Trono del Palazzo del Re, Kipsoron aveva convocato tutte le più alte cariche militari del suo dominio, tutti tranne il Maestro d’Armi Iersys e l’irreperibile Generale Ireon. Camminava nervosamente avanti e indietro davanti allo scranno, teneva le mani dietro la schiena sfregandole l’un l’altra fin quasi a procurarsi un fastidioso dolore. Tutti i presenti se ne stavano in assoluto silenzio aspettando che il loro leader proferisse parola. E questo avvenne dopo l’ennesimo pugno sferrato ad uno dei braccioli del Trono.
“Vi sono dei traditori fra coloro che credevo fedeli al nostro mondo.” Osservò la folla inchinata ai suoi piedi. “Io vi ordino di trovare il traditore Iersys, il traditore Ireon e il traditore Orion e di condurli al mio cospetto. Vivi o morti.”
Nessuno osò dire una sola parola, ma non fu facile assimilare un ordine tale: in fin dei conti aveva imposto di dare la caccia a compagni di grande valore, amici con cui avevano condiviso gioie e dolori. Un rifiuto, però, sarebbe stato fatale per chiunque.
“Andate!” Tuonò Kipsoron ordinando di iniziare immediatamente la caccia ai fuggiaschi traditori. Tutti abbandonarono rapidamente e in silenzio l’ampio salone, dopo aver omaggiato il sovrano con un profondo inchino. Appena fu solo, non fidandosi completamente dei suoi sottoposti, tolse la corona dalla sua testa e l’adagiò sul cuscino del trono assieme alla Tavoletta Profetica, slacciò la catena d’oro che sosteneva il prezioso medaglione che gli ornava il petto, depositando anch’esso sul cuscino. Poi spostò la tenda di velluto rosso situata dietro lo scranno, aprì una teca segreta servendosi della chiave da lui gelosamente custodita e ne tirò fuori una spada affilatissima, la cui impugnatura recava il simbolo della coda dello scorpione, quel simbolo che rivelava la sua vera identità, cioè il pericoloso Skorpion, infido figuro assetato di potere che molti anni addietro aveva inscenato la sua morte durante un inseguimento, per poter tornare in incognito e conquistare ciò che più di ogni altra cosa desiderava: il potere assoluto. La sua abilità nel leggere le stelle gli aveva permesso di manipolare le profezie a suo favore ed esporle alla popolazione in concomitanza con l’annuncio della scomparsa del Re Aunos, suo predecessore. Poi la scoperta di quella tavoletta profetica aveva confermato i suoi sospetti circa il vero predestinato. L’aveva presa e nascosta perché nessuno potesse vederla, era stata una vera fortuna per lui averla trovata prima di altri. Ed ora che il vero predestinato era di nuovo su Hilon, non poteva farsi sfuggire l’occasione di eliminarlo personalmente assieme alle due persone che conoscevano la verità.

Nel frattempo Orion si era affacciato, con molta prudenza, da uno degli oblò della navicella: in giro sembrava non esserci nessuno, ma quell’innaturale silenzio non era sinonimo di sicurezza e lui lo sapeva bene. Era certo della presenza di truppe nascoste fra la fitta vegetazione, più volte anche lui aveva dato ordini simili ai suoi sottoposti. Conosceva quelle foreste, le conosceva come le sue tasche, dal momento che gran parte del suo addestramento militare si era svolta su campo proprio perché acquisisse una perfetta conoscenza del territorio.
“Questa apparente tranquillità non mi piace affatto.” Sentenziò il Generale.
“Ci stanno tendendo un’imboscata, è chiaro.” Afferrò un pezzo di lamiera staccatosi dalla fusoliera durante l’impatto con il suolo e lo lanciò in mezzo a dei rovi: immediatamente quell’area fu invasa da una pioggia di frecce di luce che polverizzarono ogni cosa.
Giulio e Cierre, che avevano osservato tutto, sbiancarono all’istante, capendo al volo la pericolosità della situazione.
“Dobbiamo stanarli.” Dichiarò Orion, ora di nuovo in veste di Capitano. “E so come fare. Padre, copritemi le spalle.” Raccolse altri pezzi di fusoliera, realizzando con essi protezioni di fortuna ed una sorta di scudo. Poi materializzò un arco di luce con delle frecce e si buttò fuori dall’abitacolo rotolando a terra, strisciando e muovendosi con un’agilità pari a quella di un felino. Come aveva previsto, iniziarono a piovere colpi da ogni parte, colpi schivati magistralmente passando principalmente vicino ai tronchi degli alberi, sfruttando così questi ultimi come riparo e trasformandoli in bersaglio per le frecce. Si rifugiò in un anfratto del terreno in prossimità della sponda del Lago Lymni, scagliò una freccia verso la superficie lacustre, camuffò l’ingresso ed un grosso tronco sradicato con del fogliame e restò in totale silenzio, in attesa del passaggio degli inseguitori che non si fecero attendere più di tanto. Come ve ne furono in numero considerevole, Orion diede una forte spinta al tronco che, grazie alla pendenza del terreno, rotolò sempre più velocemente e piombò sul gruppo di soldati facendoli cadere in acqua. Non perse altro tempo, schizzò fuori dal nascondiglio e prese a correre verso la navetta, facendo cenno ai passeggeri di uscire e seguirlo, sfruttando il momento di distrazione delle truppe accorse sulle sponde del lago per recuperare quelli caduti in acqua. Il Generale Ireon, intanto, si era messo in contatto con il Maestro Iersys, ricevendo così informazioni utili a raggiungere un ricovero di fortuna da lui individuato, non troppo distante dal Palazzo del Re. “Dobbiamo andare. Restare a bordo della navicella è troppo pericoloso.”
“Ragazzi, mi raccomando, fate attenzione a non mettere i piedi dove ci sono troppe foglie e sterpaglie, potrebbero esserci trappole o sensori di allarme per individuare fuggiaschi e ribelli.” Orion diede precise istruzioni di sicurezza. “E cercate di procedere senza mai alzare troppo la testa.”
Iniziarono a muoversi con circospezione, con Orion a capo della spedizione e suo padre in fondo a coprire le spalle a tutti. Come furono ad alcune centinaia di metri di distanza dal velivolo spaziale, qualcosa sibilò in cielo, distrusse le cime di alcuni alberi e centrò quello che restava della navicella, riducendola dapprima ad una palla di fuoco e nel giro di pochi secondi ad un relitto incandescente. L’onda d’urto generata dall’impatto investì i ragazzi che finirono a terra e purtroppo qualcuno finì per attivare uno di quei sensori anti fuggiaschi di cui Orion aveva parlato prima.
“Laggiù!” Una voce proveniente dalla boscaglia li fece rialzare immediatamente. “Laggiù ci sono dei traditori! Hanno degli alieni con loro!”
“Che?! Alieni?!” Giulio schizzò in piedi spaventatissimo.
“Idiota!” Simone lo afferrò per un braccio trascinandolo via. “Gli alieni qui siamo noi! Via! Andiamocene subito!”
“Per di qua! Svelti!” Orion fece cenno a tutti di continuare per un sentiero abbastanza impervio che si inerpicava fra alcune rocce e molte macerie. Là un tempo vi erano abitazioni, edifici o chissà cosa. “In fondo c’è una casupola, sarà il nostro rifugio. Andate, troverete il mio Maestro d’Armi dell’Accademia Militare di Hilon, vi aiuterò lui.”
“Siamo sicuri?”
“Sicurissimi, non temete.” Poi si voltò là dove infuriava la battaglia: non riusciva a vedere suo padre nel fitto della boscaglia. Come si rese conto che i ragazzi erano oramai prossimi alla salvezza presso il Maestro, Orion andò in cerca del padre. Procedeva con circospezione, all’improvviso uno strano rumore proveniente da un rovo piuttosto fitto, lo fece sussultare: si gettò a terra, stringendo con una mano l’arco e con l’altra una freccia, pronto a difendersi qualora ve ne fosse stato bisogno. Udì nuovamente quello strano rumore, ben diverso dai colpi e le grida tipiche dei combattimenti e non riconducibile ad armi pronte a colpire. Poi qualcosa di nero sbucò fra le foglie e sbuffò. “Mavros….” Orion tirò un sospiro di sollievo. “Mavros, sei tu?” Con un agile balzo l’unicorno alato, compagno di tante battaglie, si presentò davanti al suo cavaliere, felice a modo suo di averlo ritrovato dopo tanto tempo. Orion gli andò incontro abbracciandolo, evidentemente il loro legame era ancora ben saldo e l’aver ritrovato il suo fedele amico gli infuse fiducia e coraggio. “Ehi, amico mio, sei ancora tutto intero? Non sai quanto sia felice di rivederti.” Gli accarezzava il musetto come ai vecchi tempi. “Andiamo a cercare mio padre? Che ne dici?” Mavros sbuffò allegramente e come il suo cavaliere balzò sulla sua schiena, si mise al galoppo, spiccando poi il volo presso la costa del Lago Lymni. E da lassù Orion vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere: suo padre era con le spalle al tronco di un albero, circondato da una trentina di soldati fedeli al Re che gli stavano puntando contro le loro frecce. Erano troppi e per quanto valoroso fosse il Generale, non aveva potuto difendersi più di tanto contro di loro. Orion non ci pensò due volte: afferrò l’arco, lo caricò e lasciò partire, una dopo l’altra, una serie di frecce, molte delle quali andarono a segno, colpendo in modo più o meno grave quei soldati. Uno di loro riuscì ad allontanarsi e a dare l’allarme, poco dopo arrivarono i rinforzi, soldati a perdita d’occhio, troppi per due soli uomini. “Mavros! Vai!” Ordinò all’unicorno di virare in picchiata verso il basso, con lo scopo di afferrare il Generale al volo e trarlo in salvo. Il destriero riuscì perfettamente nella manovra e Orion fu capace di togliere il genitore da quella situazione non senza difficoltà. Proprio un istante prima di raggiungere una distanza sicura, una freccia colpì Ireon al braccio destro, ferendolo seriamente. Orion si voltò, rendendosi conto che il padre gli aveva fatto scudo con il suo corpo. “Tu devi vivere, figlio mio, tu solo puoi mettere la parola fine a tutta questa sporca violenza….” Il sangue sgorgava dalla ferita provocando un dolore sempre maggiore. Non era la sua prima volta, dopo tutto era un militare, però sentiva bruciare in modo strano e capì che le cose si stavano mettendo male. “Veleno…. In questa freccia c’è del veleno…”
“Cosa?!” Orion si voltò e vide che i bordi della ferita si stavano colorando di nero.
“Hanno l’ordine di ucciderti, è chiaro. Kipsoron ha capito tutto. Giurami di non farti sopraffare mai, figliolo. Giuramelo!”
“Se davvero dovrò sedere sul trono di Hilon, voi sarete con me, a qualunque costo.” Orion non voleva neanche lontanamente immaginare di dover dire addio al padre ritrovato. “Raggiungiamo il Maestro Iersys, lui sarà in grado di rimediare.”
“No!” Tossì un paio di volte. “Ci stanno alle costole e non devono assolutamente scoprire il nostro nascondiglio. E’ troppo pericoloso. Lasciami qui nel bosco.”
“State scherzando?! Si guardava attorno, mentre Mavros volava senza sosta, schivando i colpi dell’esercito. “Lassù!” Ordinò all’unicorno di dirigersi verso la cima del vulcano spento Ifasteios. “Gira intorno alla cima un paio di volte per distrarli, poi atterra!” Così fece e una volta riparati dalla fitta vegetazione, poterono scorgere la contraerea sorvolare varie volte l’area nel vano tentativo di individuarli.
“Qui una volta scorreva un ruscello.” Orion guardava con rassegnazione l’alveo prosciugato. “Anche per questo Kipsoron pagherà.” Sperava di detergere la ferita del padre con dell’acqua fresca. “Mavros, amico mio, ho ancora bisogno del tuo aiuto.” L’animale capì immediatamente ed offrì il suo corno prodigioso al padrone: lo chiuse delicatamente fra le mani, attendendo di ricevere il potere per sanare il Generale. La luminescenza che ne scaturì, si depositò sulle mani del ragazzo il quale, prontamente, la trasferì sulla ferita: il colore nero scomparve gradatamente, così come ogni forma di avvelenamento. “Bene, ora non c’è più traccia del veleno, comunque credo sia meglio che voi restiate qui a riposare, la ferita è ancora aperta.”
“Grazie, figliolo.” E fece una cosa che mai prima di quel momento aveva fatto in vita sua: abbracciò forte il ragazzo, tentando di trasmettergli tutto l’affetto che era stato sempre costretto a nascondere in passato. Il gesto colse di sorpresa Orion, proprio non se l’aspettava, però era bello, caldo e rassicurante, per la prima volta ebbe la sensazione di essere amato sul serio e che forse, una volta aggiustate le cose, poteva costruire un piccolo nucleo familiare come tanto aveva sognato da bambino. “Ora vai.” Disse l’uomo sciogliendo l’abbraccio. “Sii prudente.”
Il ragazzo annuì visibilmente commosso. “Tenete Mavros con voi, vi sarà di aiuto in caso di pericolo.” Poi, con la complicità delle tenebre e l’aiuto della bianca luce di Somasur, attraversò la fitta boscaglia sino a giungere presso la casupola in cui ad attenderlo c’erano i suoi amici terrestri con il Maestro Iersys. Non appena lo riconobbero, gli andarono incontro felici di vederlo sano e salvo, seppur con qualche graffio. Melissa riuscì a trattenersi dal gettarglisi al collo e non lasciarlo mai più, aveva temuto per la sua vita ora che coi suoi occhi aveva visto i mille e più pericoli nascosti nei boschi di Hilon.
“Ragazzo mio, è un enorme piacere per me rivederti dopo tanto tempo.”
“Maestro…..” Orion si avvicinò a piccoli passi al suo precettore e lo ossequiò profondamente.
“Sapevo che non mi avresti deluso.” Gli sorrise, dandogli due amichevoli pacche sulle spalle. Iersys era molto affezionato al giovane Capitano e lo considerava al pari di un figlio. “Dov’è tuo padre?”
Orion raccontò tutto l’accaduto, mentre il Maestro e i ragazzi ascoltavano in silenzio e con grande attenzione. “Mhm, sì, sono anche io del parere che Kipsoron abbia capito molte più cose di quanto immaginiamo. Temo seriamente che conosca il tuo destino e che per questo tenti di eliminarti con ogni mezzo.” Sentenziò Iersys riflettendo sulle sue parole. “Prima di tentare un attacco al Palazzo, dobbiamo aspettare che il Generale si rimetta in forza, abbiamo bisogno anche di lui.”
“Avete un piano, Maestro?”
“Ho qualche idea.” C’era un pizzico di preoccupazione nel tono di voce. “Noi siamo solo in tre e loro sono molti di più, la situazione è difficilissima.”
“Mi perdoni…” Manuel si intromise. “Noi possiamo aiutarvi.”
“Ti ringrazio, giovane alieno, ma correreste troppi rischi. Non siete addestrati e non conoscete né le nostre armi, né i luoghi e in tutta onestà sarebbe meglio che restaste fuori dalla questione.”
“Non se ne parla proprio.” Intervenne Nico. “Orion è uno di noi e non lo lasceremo solo, siamo pronti a fare la nostra parte.”
“Comprendo le vostre buone intenzioni e vi fanno onore, ma come vi ho già detto è troppo rischioso. Poi non capisco il motivo della vostra presenza qui su Hilon, non potevate restarvene dalle vostre parti?”
“Ne riparleremo domani mattina e vedremo di elaborare un piano d’attacco.” Fu Orion stesso a troncare la conversazione: se da un lato era quasi commosso dal loro tributo di amicizia e relativa offerta di aiuto, dall’altro sapeva benissimo di mandarli contro nemici forti e tenaci, contro i quali avrebbero avuto pochissime possibilità di vittoria. “Prendete, ho trovato qualche frutto da mangiare.” Offrì loro dei frutti rotondeggianti di un colore violaceo molto scuro, sembravano melanzane, ma il loro sapore era dolcissimo e la polpa rossastra e succosa.
Dopodiché, stanchi com’erano, si misero a dormire. Tutti tranne Orion che, in piedi, guardava Somasur attraverso una minuscola finestrella. Pochi minuti dopo Melissa alzò la testa dal suo giaciglio e vide la sagoma scura del ragazzo circondata da un alone biancastro, sembrava un abbraccio di luce argentata. Si tirò su lentamente, Orion si voltò verso di lei e lei lo raggiunse a piccoli passi. Si strinsero in un abbraccio, assaporando quegli attimi di relativa tranquillità che poteva benissimo essere il preludio di una battaglia dall’esito tutt’altro che scontato.
“Cosa accadrà adesso?” Chiese lei.
“Non lo so.” Rispose lui. “Ma ti prometto che una volta messo tutto a posto, troverò il modo di tornare da te per costruire il nostro futuro insieme.” E suggellò la sua promessa solenne con un bacio.










 


Ciao a tutti!
Come avevo anticipato in precedenza, ecco il nuovo capitolo con un certo anticipo rispetto alle solite tempistiche. Ho finalmente terminato tutta la storia e ho deciso di proporvi le battute finali senza farvi attendere troppo.
Spendo solo due parole sul nome del Re Kipsoron: anagrammandone il nome esce fuori Skorpion che in sostanza è la vera identità del tipo e c’è un motivo che si rifà sia alla mitologia greca che all’astronomia. Secondo il mito, il cacciatore Orione morì per una puntura di scorpione (c’è un’altra versione secondo cui fu colpito a morte da una freccia scagliata dalla dea Artemide); se invece osservate il cielo notturno, potete notare che quando ad est sorge la costellazione di Orione, contemporaneamente ad ovest tramonta lo Scorpione e viceversa. Provare per credere! Anche consultando una carta del cielo potete constatare che le due costellazioni si trovano diametralmente opposte.

Appena mi sarà possibile, arriverà quello che dovrebbe essere il penultimo capitolo.
Grazie a tutti per la vostra costante presenza!

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 27
*** Faccia a faccia col nemico ***





L’Astro spuntò dietro i monti brulli che circondavano Prothevos, illuminando coi suoi caldi raggi gli imponenti torrioni del Palazzo del Re e i tetti delle casette che a stento ancora si reggevano in piedi.
Il Maestro Iersys aveva dormito pochissimo, la situazione delicatissima gli aveva tolto quasi del tutto il sonno e la sua mente era in continua attività per elaborare un piano d’attacco, eliminare Kipsoron e far sedere sul trono il giovane Orion. Comprendeva perfettamente che per il ragazzo stesso quella era stata una decisione molto sofferta, non avrebbe mai voluto lasciare il Pianeta d’Acqua e quella ragazzina abbracciato alla quale stava riposando. Lui, come suo padre, in quel mondo remoto aveva trovato l’amore e una ragione per vivere, ma il suo ritorno su Hilon gli aveva fatto capire quanto grande fossero la sua saggezza, il suo valore e il suo coraggio, degni di un vero Re che antepone il benessere del popolo alla felicità personale.
Guardò di nuovo fuori dalla finestrella, il cielo si stava facendo sempre più chiaro, ma la sua mente era ancora confusa perché disponeva di alleati insufficienti per contrastare l’esercito a difesa dell’attuale Re, era difficilissimo poterli sopraffare con la forza, forse l’unica speranza consisteva nell’agire d’astuzia e con l’inganno, stanare Kipsoron e affrontarlo una volta per tutte.
“Mhm… che ore sono?” Qualcuno mugugnò, distogliendo Iersys dai suoi pensieri.
“Ben svegliato, ragazzo.”
Manuel si alzò dal giaciglio, seguito poco dopo da Nico. “E’ l’alba?”
“Sì.” Rispose il Maestro. “Credo non sia troppo dissimile da quella del vostro mondo.” Scrutò i camminamenti sui bastioni del castello, quelli che circondavano tutto il maniero per impedire l’accesso a chiunque non vi fosse autorizzato: tutto sembrava troppo tranquillo, quasi irreale, l’aria portava con sé un odore strano e il leggero venticello del mattino incuteva un lieve senso di inquietudine, muovendo gli alberi semi spogli in modo poco rassicurante. Fra i merli scorse un’ombra spostarsi furtivamente, sembrava tenesse qualcosa in mano, un qualcosa simile ad un piccolo cannocchiale e che con esso guardasse proprio nella loro direzione. Poi un improvviso rumore di mezzi di trasporto, forse camionette, distolse la sua attenzione dal misterioso individuo e quando ve la riportò di nuovo, lassù non c’era più nessuno. Udì il forte rumore dei portali del Palazzo che si chiudevano, dopo di ché il silenzio calò di nuovo sull’area circostante. Quel rumore aveva svegliato Orion che si prese quei primi istanti per bearsi della vista di Melissa ancora addormentata. Depositò un bacio sulla fronte della ragazza e poi si congiunse col Maestro e gli altri già in piedi.
“Quello era il rumore dei carri di detenzione, li riconoscerei fra mille.” Sentenziò il ragazzo.
L’uomo annuì in silenzio. “Evidentemente hanno catturato qualcuno, forse dei ribelli.” Guardò di nuovo fuori. “E’ tutto troppo strano: se davvero hanno tentato di abbattervi e di eliminarvi dopo il vostro ritorno su Hilon, non capisco il motivo di tutta questa calma apparente.”
“Io credo di saperlo.” Orion aveva vissuto tutta la sua esistenza sotto la cupola del potere di Kipsoron e ne conosceva molti usi. “Lui vuole stanarmi ed affrontarmi di persona. Non si è mai fidato fino in fondo del suo esercito e di tutti gli ufficiali al suo servizio, in fin dei conti li ha plagiati con la forza e con l’inganno. Se non riesce a liberarsi dei suoi nemici con i metodi tradizionali, li colpisce alle spalle e li elimina senza pietà. L’ho sentito più volte azzardare tale ipotesi.”
“Mi fa venire alla mente quel farabutto di Skorpion, lui agiva esattamente in quel modo. Se non fosse morto, ti direi che si tratta della stessa persona.”
“Già….” Si fece pensieroso. “Ad ogni modo io devo entrare a Palazzo ed affrontarlo. Lui vuole me, sarà una lotta alla pari: io contro di lui. E basta.”
“Non sarà facile entrare, anche se i camminamenti di guardia sembrano deserti, sono pronto a scommettere che i soldati spunteranno come funghi ad ogni minimo segnale di pericolo.”
“Allora basta creare un bel po’ di confusione!”
“Oh, buongiorno Cierre!” Orion si voltò, constatando che pian piano tutti quanti si stavano svegliando. “Dormito bene?”
“Sì, diciamo di sì. Peccato che qualcuno abbia russato troppo.” Lanciò un’occhiataccia a Giulio.
“Pensa per te! Hai parlato per quasi tutta la notte di calci di rigore, fuorigioco e falli laterali!”
“Giusto!” Manuel si illuminò. “Se Cierre inizia a giocare a calcio col suo pallone, crea confusione, i soldati escono allo scoperto e tu puoi infiltrarti nel Palazzo!”
“Che?! Io dovrei fare da esca assieme al mio preziosissimo pallone del Real Madrid?! Ma tu sei tutto scemo!” Abbracciò la reliquia come a volerla proteggere dalle grinfie dell’amico.
“Mhm, l’idea non è male.” Rifletté Iersys.
“Ohè, il mio pallone non si tocca, chiaro?!”
“Sei in grado di crearne degli altri con quello che abbiamo qui?”
Cierre si guardò attorno: c’era dell’erba secca, forse paglia, pezzi di legno e dei brandelli di stoffa, forse delle tende o arazzi. “Beh, ci posso provare.” Avrebbe fatto di tutto pur di salvare il suo adorato pallone. “Non è che per caso le belle addormentate-appena-svegliate mi danno una mano?”
“Eh? Che…. Che vuoi Cierre?” Eva sbadigliò, stiracchiandosi e mettendosi seduta sul giaciglio improvvisato.
“Buongiorno, piccola.” Nico le andò incontro salutandola con un bacio. “Ve la sentite di darci una mano nel realizzare degli pseudo palloni da calcio?”
“E per far cosa?”
“Creare dei diversivi con cui distrarre i soldati e permettere ad Orion di intrufolarsi all’interno del Palazzo per scovare il Re e farlo fuori.”
La ragazza sbadigliò di nuovo. “Ma non c’è niente per fare colazione? Io ho fame.”
“Potremmo offrirti qualcosa di….” Orion fu bruscamente interrotto da un forte boato proveniente dall’esterno. “Che diavolo era!?” Si precipitò immediatamente alla finestrella per capire cosa stava accadendo: notò del fumo sulla grande torre che fungeva da porta d’accesso al perimetro del maniero, esattamente nel luogo in cui ricordava la presenza di un cannone. Di solito veniva usato per annunciare cose importanti, imprese straordinarie volte ad osannare il Re e le sue gesta, come la conquista di città o l’esecuzione di pericolosi avversari. “Kipsoron è lì, lo vedo.”
“Ragazzi, datevi da fare. Se davvero volete aiutarci, ora tocca a voi.” Iersys era molto preoccupato: quei segnali non erano affatto positivi e l’assenza di notizie sul Generale gli incutevano una certa preoccupazione.
Tutti si misero al lavoro e nel giro di poco riuscirono a realizzare palloni più o meno rotondeggianti da usare come esche per i soldati. “Allora…” Cierre ne raccolse uno. “Se è vero che qui il calcio non esiste, dettiamo noi le regole del gioco. Io direi di lanciarne un paio di questi fatti di stoffa ed erba secca per vedere cosa accade. Se non si muovono, iniziamo a calciarli direttamente verso le siepi; se invece escono allo scoperto, allora li stendiamo con quelli imbottiti di legnetti e pietre.”
“E tu credi che un esercito di soldati si faccia mettere a tappeto così?” Simone non era troppo convinto. “Orion, in tutta onestà, tu che li conosci, cosa ne pensi?”
“Mhm” Si fece pensieroso. “Effettivamente le loro armi potrebbero polverizzare i palloni rapidamente. Non conoscendo cosa sono, potrebbero scambiarli per bombe o ordigni pericolosi. Ciò che mi preoccupa è che se vi trovano….” Non ebbe il coraggio di proseguire. “Però….” Un’illuminazione gli attraversò la mente. “Voi sapete usare arco e frecce! Che siano di legno o di luce non fa alcuna differenza!” Ne materializzò quante più possibile ed esortò il Maestro a creare degli archi sfruttando le enormi potenzialità dell’elakip (il microchip sottocutaneo) in suo possesso, capace di creare armi a volontà. Rapidamente tutto comparve davanti ai loro occhi increduli, Orion consegnò ad ognuno di loro arco e frecce, ne tenne per sé e poi, giusto un attimo prima di dare il via all’attacco, prese in disparte Melissa, la guardò intensamente negli occhi, posò le mani sulle sue spalle e le sorrise. “Ti prometto che farò di tutto per tornare da te, ti ho promesso che una volta sistemata la situazione avrei trovato il modo di non lasciarti mai più e ti giuro sul mio onore che manterrò la promessa. Questa è la battaglia più dura che dovrò affrontare, ma so che devo vincere per te. E lo farò. Tu stai attenta, tieni con te arco e frecce e non esitare a farne uso, mi raccomando.” Le consegnò le armi, asciugandole una lacrima.
“Orion, ti prego… Sii prudente.” Fu lei a sfiorargli le labbra con un bacio leggerissimo. Lui ricambiò con un cenno di assenso ed un sorriso che non nascondeva troppa preoccupazione.
“Bene, ragazzi….” Si voltò verso il gruppo. “Si va in scena.”
Come concordato, i primi due palloni furono lanciati all’esterno: rotolarono lungo la viuzza sconnessa sino ad arrivare in uno spiazzo: lì si fermarono e non accadde niente. Ne lanciarono un altro verso l’alto, con all’interno dei pezzi di legno, che colpì il vetro di una finestra, poi un altro ancora che andò a rotolare sul tetto malconcio di una casa: fece cadere alcuni calcinacci che finirono fra delle sterpaglie poco distanti, dalle quali uscirono delle grida. Orion afferrò tre frecce di luce, le caricò contemporaneamente sull’arco e le scagliò, colpendo i due palloni lanciati lungo la viuzza, mentre la terza freccia sibilò fra le pietre di cinta del Castello, provocando scintille. I due palloni colpiti si incendiarono all’istante e quello fu il segnale che aspettavano: tutti i palloni, pezzi di legno, pietre e pietruzze, furono lanciati verso la truppa di soldati oramai uscita allo scoperto, frecce luminose ne facevano incendiare alcuni e rotolare altri, ottenendo così l’effetto sperato. Orion, approfittando della confusione, balzò fuori e prese a scalare il grande muro del Castello per andare alla ricerca del Re. Non fu facilissimo raggiungere il camminamento, anche perché il timore che potesse accadere qualcosa ai suoi amici lo faceva stare poco tranquillo, tuttavia sapeva che il Maestro Iersys era con loro e che ben preso pure suo padre li avrebbe raggiunti. Camminava velocemente, facendo la massima attenzione a non fare rumore guardandosi da ogni lato e, non appena scorse una piccola porta che conduceva all’interno, vi si intrufolò sempre guardingo e sempre col passo felpato. C’era pochissima luce, quei lunghi corridoi erano illuminati da un numero esiguo di pietre luminose, evidentemente il sovrano le aveva requisite tutte per i suoi appartamenti privati. Assottigliò gli occhi per tentare di veder meglio possibile, poi ad un tratto si fermò, poiché era certo di aver udito dei passi. Si nascose dietro un angolo, estrasse dalla cintura il pugnale donatogli da Iersys, mettendosi in posizione di difesa. Effettivamente qualcuno stava venendo nella sua direzione, era un soldato, ne riconosceva il passo e i paramenti militari. Come questo gli fu davanti e lo vide, Orion lo afferrò per la gola, stringendo forte con il braccio sinistro e minacciandolo di stare in silenzio, puntandogli il pugnale fra gli occhi. Quello, preso alla sprovvista, faticava a respirare, alzò le mani in segno di resa e mosse di poco la testa per tentare di guardare in faccia colui che poteva essere il suo assassino. E riconobbe il suo superiore, nonché amico di lunga data. “Ca-capitano Orion… Siete voi?”
Quello allentò la presa. “Sirio?” Buttò fuori la tensione, riconoscendo il compagno fidato di mille battaglie.
“Che le stelle siano lodate! Tutti vi credevano morto!”
“Oh, è una lunga storia, ora non c’è tempo per i convenevoli. Ditemi, amico mio, com’è la situazione? Dove si è nascosto il Re?”
“La situazione? Bah, dire che è pessima non rende abbastanza. Siamo alla fame, non esiste più nulla di positivo in questa città e nelle altre già conquistate non va tanto meglio. Noi stiamo morendo, Capitano, Hilon sta morendo e ben presto tutta questa desolazione investirà anche altri mondi. Ho sentito parlare il Re della sua volontà di raggiungere il Pianeta d’Acqua nei prossimi giorni e voi sapete bene che ciò che dice, è legge.”
Gli si gelò il sangue nelle vene. “Dov’è quel bastardo?”
“Credo sia rientrato nei suoi appartamenti dopo che…..” Esitò a continuare la frase.
“Dopo che? Avanti, parla! E’ un ordine!”
“Ecco…. Hanno catturato vostro padre, il Generale Ireon, e  il vostro unicorno Mavros. Li hanno portati nelle segrete, di più non so.”
Orion cominciò a tremare di rabbia: il solo pensiero di perdere suo padre e il suo fedele destriero stavano facendo riaffiorare non solo la forza e il coraggio, ma soprattutto l’ira e la sete di vendetta che credeva sopite. Si precipitò giù per il corridoio con il pugnale in mano, pronto a colpire chiunque gli si fosse messo in mezzo. Era una furia incontrollabile, sfondava porte incurante della confusione e dei rumori causati, buttava a terra tutto, strappava arazzi e tendaggi, rovesciava tavoli e poltrone e finalmente, dopo aver messo sottosopra ogni angolo del Castello, giunse davanti alla grande porta degli appartamenti reali. Sferrò un calcio poderoso che buttò letteralmente giù la porta. Quando la nuvola di polvere si dissolse, ecco comparire davanti a lui Re Kipsoron.
“Bravo, Capitano. Sei stato davvero bravo ad arrivare vivo fino qui. Le profezie non sbagliano mai, Grande Cacciatore, non è vero?”
Caricò l’arco, pronto a scoccare la freccia. “Dov’è mio padre, maledetto?!”
Per tutta risposta, l’altro si mise a ridere. “Tuo padre?” Sfoderò un sorriso diabolico. “Tuo padre ha avuto quello che si meritano i traditori.” Gli fece intendere di averlo giustiziato.
A quel punto Orion smise di ragionare, iniziò a scagliare frecce a ripetizione, frecce che purtroppo venivano bloccate da Kipsoron e dalla sua spada prodigiosa. Si gettò allora su di lui con il pugnale alzato, pronto a colpirlo ovunque avesse potuto, senza pensare e senza riflettere. Purtroppo questa sua veemenza fu stroncata da un forte pugno nello stomaco che gli tolse il respiro per alcuni secondi, seguito da un colpo altrettanto forte sulla schiena che lo fece finire con la faccia a pochi centimetri dal pavimento.
“Questo è ciò che accade a chi osa opporsi al sottoscritto.” Gli piantò un piede sulla schiena, sogghignando soddisfatto. “Sta scritto nelle stelle che io e te non possiamo coesistere:  Al sorgere del Grande Cacciatore, lo Scorpione deve cedere il passo, poiché per natura i due sono opposti e per natura l’uno non può coesistere al fianco dell’altro. Questa è l’antica profezia, mi sembrava giusto riferirti tutto prima di eliminarti, Grande Cacciatore.” Sguainò la spada col simbolo di Skorpion. “Salutami tuo padre, quando lo incontrerai all’inferno!”
“Questo è da vedere, bastardo!” Si liberò rotolndosi rapidissimo sul pavimento ed evitando per un soffio il fendente letale. Si rimise in piedi e, notando il simbolo sulla spada, finalmente si rese conto della vera identità del suo avversario. “Ma allora voi siete…”
Quello rise. “Sei sorpreso, Grande Cacciatore? Come darti torto? Tutti mi credevano scomparso nelle acque gelide del Pothomos, ma sono ancora qui per tua sfortuna. Di’ la verità, sono stato bravo ad inscenare la mia fine, non è vero?” Puntò l’arma verso di lui. “Ed ora preparati perché la tua fine sarà reale!”
“Lo vedremo, Skorpion!” Ora poteva chiamarlo col suo vero nome ed evitare tanti formalismi. “Non credere che me ne stia qui a farmi mettere al tappeto da un infame come te! Avrò la mia vendetta, stanne certo! Per Hilon e per mio padre!”

 









Ciao a tutti!
Siamo arrivati alla resa dei conti: Orion sta affrontando Kipsoron, alias Skorpion. Le cose appaiono immediatamente complicate perché entrambi sanno che solo uno può sopravvivere e il Re sta cercando di distruggere il suo avversario anche psicologicamente, facendogli credere di aver eliminato suo padre. E Melissa con gli altri?
Lo scopriremo nell’ultimo capitolo che sarà un po’ più lungo del normale.
Non so quando potrò pubblicarlo, voi state pronti!

Grazie infinite per tutto il vostro supporto e per i vostri meravigliosi commenti.

Un abbraccio
La Luna Nera

 

 

                          
 

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Capitolo 28
*** Verso il futuro ***




Orion si lanciò verso Skorpion, schivando questa volta la punta della sua spada, lo colpì con un pugno su un fianco prima di spostarsi velocemente e portarsi con le spalle alla parete, a poche decine di centimetri dalla finestra. Non era uscito completamente illeso da quello scontro, infatti la sua casacca era rimasta lacerata durante la piccola colluttazione ed una piccola ferita si era aperta a pochissimi millimetri dal simbolo delle tre stelle allineate presente sulla sua spalla.
“Fa male, non è vero?” Si avvicinò a lui, stringendo l’elsa della Spada dello Scorpione. “Arrenditi, insetto, e vedrai che le tue sofferenze finiranno rapidamente.”
“Ah, se tu credi di mettermi fuori combattimento con così poco, ti sbagli di grosso.” Con uno scatto rapidissimo, Orion balzò fuori dalla finestra, rotolò giù per il tetto fino a raggiungere uno dei camminamenti, si girò e scagliò una freccia che colpì l’altro, provocandogli un profondo graffio sulla guancia. “Questo non fa male?” E caricò di nuovo l’arco.
“Farà male più a te che a me!” Era furioso per l’affronto subito. Si preparò ad attaccarlo, ma qualcosa lo bloccò: un potentissimo boato fece traballare entrambi, Orion si voltò e il suo cuore si fermò all’istante poiché aveva visto che la colonna di fumo, causa del boato, s’innalzava dal punto esatto in cui aveva lasciato il Maestro Iersys e i suoi amici.
“Noooo! Melissa!!” Cacciò un urlo disperato.
Il suo primo pensiero andò a lei. Si affacciò, sperando di vederli correre da qualche parte, purtroppo il fumo offuscava tutto e il pensiero di non poter rivedere più i suoi amici, il suo Maestro e soprattutto lei gli fece ribollire il sangue nelle vene come mai accaduto prima  di allora. Restò per una pericolosa manciata di secondi, immobile, con gli occhi chiusi che si stavano riempiendo di lacrime e le mani strette in due pugni. Cosa gli era rimasto? Nulla. Quel padre con cui finalmente aveva instaurato un rapporto genuino era scomparso, era scomparso pure il suo Maestro, erano scomparsi i suoi amici, il suo cavallo…. Ed era scomparsa Melissa, la sua unica ragion di vita.
L’aria risuonava della sinistra risata di Skorpion, densa di soddisfazione nel vedere la disperazione del rivale. “Sei rimasto da solo adesso, credi ancora di avere qualche possibilità, ragazzino? Quei pochi che avevi al tuo fianco ora sono…” Cercò un termine adeguato. “…sono ridotti in polvere e….”
La frase fu interrotta con estrema violenza da un pugno di Orion, che gli fece volar via un paio di denti. “Se tu credi di piegarmi, ti sbagli di grosso!” Aveva gli occhi gonfi di rabbia, le vene del collo parevano sul punto di esplodere. “Finché ci sarà un solo briciolo di vita in questo corpo, non mi arrenderò! Lo devo a loro e a quelli che hanno perso la libertà per causa tua!”
Ne seguì una violentissima lotta corpo a corpo, poiché con un calcio Orion gli aveva fatto volare via la spada dello Scorpione. Nessuno dei due faceva sconti all’altro, rotolandosi incessantemente sperando di prendere il sopravvento sull’avversario. L’odio scorreva a fiumi, entrambi erano fisicamente molto forti e sapevano fin troppo bene che la sopravvivenza dell’uno stava a significare la scomparsa dell’altro. Skorpion non voleva cedere, gli piaceva stare al comando, avere un intero esercito alle sue dipendenze, avere denaro, ricchezza, donne sempre compiacenti… Non voleva rinunciare a tutto questo sebbene lo avesse conquistato con l’inganno e con la violenza. La sua inesauribile sete di potere gli aveva prosciugato quel poco senso di colpa che poteva avere da ragazzo, prima di diventare uno dei più pericolosi personaggi del pianeta, tanto da entrare nella leggenda della mala di Hilon. Quando aveva inscenato la sua morte, vide il sollievo sulla faccia di tutti, dall’allora Re Aunos, ai Grandi Generali, i Maestri d’Armi e tutta la Gendarmeria al completo; non si scompose affatto perché tutto rientrava nei suoi piani e tutto era andato liscio come l’olio fin quando era riuscito ad indentificare il vero predestinato al Trono indicato dalle stelle e dalla tavoletta profetica. Ce l’aveva davanti e dopo aver eliminato tutti i suoi sostenitori, gli mancava solo lui, poi il suo dominio si sarebbe esteso anche al di fuori dei confini del loro sistema planetario. Il suo avversario era forte, dannatamente forte e determinato, l’aver perso tutti i suoi affetti non lo aveva affatto demoralizzato, tutt’altro, era furioso e la stretta della sua mano sul collo ne era la prova tangibile. Quasi gli mancava il fiato, stava per cedere, ma con un ultimo sforzo, scalciò e colpì Orion nello stinco, facendolo cadere rovinosamente a terra. “Adesso basta, insetto.” Skorpion lo bloccò una volta per tutte mettendogli le mani attorno al collo. “Mi sono divertito a sufficienza.” E iniziò a premere per soffocarlo lentamente.


Contemporaneamente, ai piedi di quel che era rimasto delle mura di cinta del Castello, il Maestro Iersys si rialzò in piedi dopo la violenta caduta a seguito dell’esplosione che aveva distrutto il loro rifugio. Prese a guardarsi attorno, cercava i ragazzi affidatigli da Orion, ma il denso fumo gli impediva una visione nitida di ciò che gli stava attorno.
“C’è mancato un pelo, accidenti…” Qualcuno aveva bisbigliato tali parole. Iersys, rincuorato e barcollante, si fece strada fra il fumo e i calcinacci per trovare chi aveva pronunciato quelle parole e sincerarsi delle sue condizioni. “State tutti bene?”
“Dipende da cosa intende…” Cierre si tirò su, scuotendosi la polvere di dosso. “Un solo istante di ritardo e ci rimettevamo le penne!”
“Già, siamo stati fortunati.” Sentenziò Nico, aiutando Eva a rimettersi in piedi. “Niente di rotto?”
Si guardarono attorno, c’erano tutti per fortuna, polverosi e con qualche graffio, ma c’erano tutti.
“Maestro” Melissa si avvicinò all’uomo, zoppicando leggermente. “Riesce a vedere Orion?”
L’uomo volse lo sguardo verso il maniero. “Da qui è impossibile, dovremmo avvicinarci un po’.” Con passo felpato e l’attenzione ai massimi livelli, si portò sotto le mura di cinta che, come la maggior parte degli edifici, mostravano profonde crepe dovute alle esplosioni e ai prolungati assedi. “Venite, svelti!” Fece cenno ai ragazzi di aggiungerlo. “Arrampicandoci su queste pietre possiamo raggiungere una posizione più elevata da cui sarà possibile renderci conto della situazione. Mi raccomando, fate attenzione.”
Seguendo i consigli del Maestro, i ragazzi si inerpicarono fra i calcinacci e le grosse pietre crollate, raggiungendo dapprima il camminamento, poi, entrando da una porta rimasta chissà come aperta, la sommità di uno dei bastioni del Palazzo del Re. Nascosti e ben protetti dal muro, i ragazzi ripresero fiato, solo il Maestro provò ad affacciarsi all’esterno.
“Sapete una cosa?” Esordì Simone. “Quello che non capisco è la totale assenza di guardie e soldati a difesa del Castello. Se davvero il Re teme Orion, dovrebbe schierare truppe a non finire perché lo difendano. E invece? Non c’è nessuno!”
“Fa parte della strategia del Re. Avendolo servito per anni, so come si comporta e il motivo per cui evita di schierare truppe a sua difesa.” Spiegò Iersys, ricongiuntosi con loro. “Vuole affrontare di persona il nemico, per cui fa in modo che giunga fra le sue grinfie in tutta sicurezza e poi lo attacca.”
“Quindi, secondo lei, in questo momento Orion lo sta affrontando?” Melissa era preoccupatissima.
“E’ altamente probabile.” Sentenziò l’altro. “Anzi, è certo.” Scrutando il camminamento poco distante dal loro rifugio, il Maestro vide il suo allievo prediletto in seria difficoltà. Melissa si affacciò, seminascosta da un merlo del torrione e vide Orion a terra, disteso, con le mani di quell’infame strette attorno al collo. Non riusciva a liberarsi dalla sua presa soffocante, la testa era quasi schiacciata contro il muro e gli impediva qualsiasi movimento, compresi possibili tentativi di fuga. Era forse la fine?
No, Melissa non lo avrebbe mai permesso.
“Maestro, mi dia un arco e una freccia, per favore!”
“Che vuoi fare?”
Non rispose, ma tese la mano attendendo ciò che aveva richiesto con grande fermezza. Iersys, leggermente perplesso, assecondò la richiesta e materializzò le armi richieste dalla ragazza. “Sei capace di usarle?”
“Orion ha sempre avuto fiducia in me, è ora che gli dimostri quello che ho imparato da lui.”
Melissa tremava, non tanto di paura, quanto per la tensione che le scorreva nelle vene. Caricò l’arco, tese la corda e mirò: non poteva sbagliare, non doveva sbagliare. Scoccò la freccia che in una frazione di secondo colpì Skorpion ferendolo ad una spalla, non in modo serio, ma sufficiente da fargli allentare la presa sul collo di Orion. Imprecò dal dolore e si voltò in cerca di chi aveva osato scagliargli contro una freccia: la cosa gli fu fatale poiché Orion, riuscito a liberare le proprie gambe, piantò entrambi i piedi nell’addome del nemico e spinse con tutta la forza che aveva in corpo. Questi perse l’equilibrio e, fatti pochi passi indietro, precipitò giù dall’alto muro del Castello, finendo nel dirupo sottostante, scomparendo fra la nebbia fino a che nulla si udì più.
Era finita, stavolta era finita sul serio. Il Re usurpatore Kipsoron, in realtà il fuorilegge Skorpion, apparteneva al passato. Ora era così.
Orion si tirò su lentamente, ancora tossiva leggermente, ma era salvo, seppur con qualche graffio e qualche ammaccatura. Si voltò verso la direzione da cui era stata scagliata la freccia provvidenziale e vide Melissa che si stava accasciando sulle gambe che proprio non la sostenevano più. Lui non credeva ai suoi occhi: era viva! Era viva! E lo erano pure tutti gli altri, compreso il Maestro, che stavano uscendo alla luce dell’Astro! Si mise in piedi incurante delle ferite e del dolore e, zoppicando, si mosse verso di loro, ancora incredulo di vederli in vita. Anche Melissa mosse qualche passo verso il ragazzo che le stava venendo incontro, ammaccato, sì, pure ferito, ma vivo e soprattutto pronto per salire sul trono di Hilon. Come furono l’uno davanti all’altra, senza dire una sola parola, si abbracciarono stretti, affogando nelle lacrime tutta la tensione che avevano accumulato.
Il Maestro Iersys guardava quella scena in silenzio, per la prima volta sentiva crescere la commozione dentro di sé, commozione che stava per fargli scendere una lacrima dagli occhi. Orion, il suo pupillo, quel ragazzino figlio del Generale Ireon, considerato figlio anche suo, aveva liberato Hilon ed era finalmente nelle condizioni di prenderne in mano il destino. Anche gli altri ragazzi si avvicinarono al Maestro in silenzio, sporchi di polvere e con qualche contusione, ma felici e quasi increduli nel vedere che la missione del loro amico era giunta al capolinea con successo.
“Credevo fossi rimasta sepolta sotto le macerie…” Orion finalmente riuscì a parlare.
“C’è mancato un soffio.” Rispose lei con un filo di voce. “Abbiamo visto dei cosi luminosi cadere a raffica verso il nostro rifugio, così il Maestro ci ha fatti uscire rapidamente. Siamo usciti giusto una manciata di secondi prima che uno di quei cosi ci colpisse.”
La strinse di nuovo a sé. “E tu lo sai che mi hai salvato la vita, vero?” Sorrise “E che hai salvato il destino di Hilon?” La sentì sobbalzare e tremare leggermente. “Sapevo che eri brava con arco e frecce, l’avevo intuito. Ti serviva solo un po’ più di fiducia in te stessa e un valido motivo.”
Furono raggiunti dal resto degli amici, felici come mai prima di vedere Orion trionfatore.
“Mi duole interrompere il vostro momento e la vostra gioia, ma qui c’è un trono che reclama il legittimo erede.” Iersys fece cenno al ragazzo di fare il suo ingresso nella sala del trono e prendere il posto a lui assegnato dalle stelle.
Raggiunsero la grande stanza, trovarono la corona, il medaglione e la Tavoletta Profetica adagiati sul cuscino del trono. “Questa ora appartiene a te.” Iersys prese la corona fra le mani presentandola al ragazzo. Lui invece raccolse la tavoletta.
“Kipsoron in realtà era Skorpion.” Mormorò.
“Cosa?!”
“Ha inscenato la sua morte per ricomparire sotto mentite spoglie e prendere il potere. Ci ha ingannati tutti.” Sfiorò con la mano le incisioni profetiche. “Sta tutto scritto qui: io e lui non potevamo coesistere. Al sorgere del Grande Cacciatore, lo Scorpione deve cedere il passo, poiché per natura i due sono opposti e per natura l’uno non può coesistere al fianco dell’altro.” La depositò sul cuscino. “Ora tocca a me. Devo farlo per onorare la memoria di mio padre e del mio unicorno.” Poi si voltò verso Iersys. “Maestro, date ordine di liberare tutti i prigionieri politici. Chi era contro il deposto Re, ora deve godere della libertà.”
“Sarà fatto.” Si inchinò al nuovo sovrano e fu per lui un grande onore eseguire il suo primo ordine.


Il giorno seguente spuntò all’orizzonte: l’Astro sorgeva lentamente ad Est e ben presto sarebbe sorta anche la nuova era di Hilon, quella guidata da Re Orion. Le donne stavano pian piano ritornando in libertà, molte di loro nutrivano sempre grossi timori poiché per troppo tempo erano state segregate, tenute all’oscuro di tutto e costrette a subire ogni sevizia possibile da parte del vecchio Re e dei suoi scagnozzi. Non sapevano neanche il destino dei loro figli, se erano vivi, se erano caduti in battaglia o se erano stati eliminati perché inutili ed in cuor loro speravano ardentemente di poterli riabbracciare prima o poi. Uomini di tutte le età poterono finalmente disfarsi delle armi, abbandonare l’esercito e dedicarsi di nuovo alle loro vecchie attività, riprendendo a vivere esattamente come facevano prima dell’ascesa al trono di quel tiranno. Solo in pochi decisero di restare in ambito militare, coloro che già da prima avevano dedicato la loro vita alla difesa di Hilon. Tutto insomma stava tornando alla normalità, certo, di tempo ce ne sarebbe voluto tantissimo, ma poco alla volta, passo dopo passo ogni cosa avrebbe ripreso il suo posto.
Il primo segnale di rinascita sarebbe stato l’incoronazione del nuovo legittimo Re: avrebbe avuto luogo la sera di quello stesso giorno ed ognuno si stava adoperando al massimo perché tutto fosse pronto per l’ora stabilita. Orion si trovava nei nuovi appartamenti reali, aveva appena indossato l’abito per l’incoronazione. Guardandosi allo specchio, quasi stentava a riconoscersi: era vestito di bianco, colore che rimandava alla saggezza, portava al collo il medaglione con il Roumnos, la pietra rossa simbolo di coraggio e fra poco le sue mani avrebbero stretto lo scettro di Hilon, cioè la giustizia. Sulla sua testa sarebbe poi calata la corona, simbolo del potere per antonomasia, eppure nel suo cuore c’era il vuoto invece della gioia di aver finalmente sconfitto il male.

Tutto si è compiuto, ogni cosa è al suo posto,
compreso me che le stelle hanno designato Re.
Adesso capisco il significato di quella visione,
è stata l’ultima cosa che ho visto prima che
Somasur mi catapultasse sul Pianeta d’Acqua.
Ero io, dunque, quell’uomo vestito di bianco.
Eppure…..
Eppure rinuncerei a tutto pur di riavere accanto mio padre.
Potrò rivedere Melissa e costruire assieme a lei il mio futuro,
so che accadrà, perché io lo voglio, lo desidero con tutto me stesso.
Ma non ho il potere di riportare in vita le persone.
Padre, per Voi e per il fedele Mavros
Hilon risorgerà e…..

Uno strano rumore proveniente dalla porta bloccò il suo fiume di pensieri: chi poteva mai esserci al di là della soglia della sua regale stanza? Si avvicinò con passo deciso, strinse in mano l’elsa della spada che poco prima aveva depositato sulla grande poltrona, afferrò la maniglia ed aprì di scatto. Orion cadde rovinosamente a terra, sbattendo il fondo schiena sul pavimento, mentre un grosso muso nero lo travolgeva festosamente come fosse un cane. “Ma che…..” Afferrò fra le mani qualunque cosa fosse per sincerarsene. “Mavros?!” Riconobbe il suo unicorno che credeva morto. “Mavros, sei davvero tu?!” Abbracciò l’animale che continuava imperterrito a leccarlo proprio come fosse un segugio. “Credevo ti avessero fatto del male…” Strinse forte l’animale, ben felice di rivederlo in vita.
“Ti preoccupi solo di lui, figliolo?”
Orion balzò in piedi, incredulo. “Padre…” Si portò davanti al genitore ritrovato, con gli occhi lucidi. “Credevo che quell’infame….”
“Oh, beh, probabilmente gli servivo vivo.” Accolse il figlio fra le braccia e lo strinse forte. “Perdonami, Orion, non sono stato capace di difendermi come avrei voluto e anche Mavros ha corso grossi rischi per causa mia. Quando ci siamo diretti alla cima dell’Ifasteios, qualche scagnozzo ci aveva tenuti d’occhio, seguendoci e riferendo al Re il luogo in cui ci trovavamo. Poco dopo siamo stati attaccati da un numero consistente di soldati, erano troppi e nonostante tutta la nostra buona volontà, ci hanno sopraffatti. Ero ferito e più di tanto non riuscivo a difendermi. Siamo stati rinchiusi nelle segrete, hanno tentato di scoprire il tuo nascondiglio torturandomi a dovere, ma non ho parlato, la mia lunga esperienza militare mi ha forgiato a dovere. E poi sapevo che avresti avuto la meglio contro quel tiranno, liberando tutti i suoi oppositori. Quando il Maestro ha aperto la cella in cui ero detenuto ho capito immediatamente che la tua stella era sorta all’orizzonte.” Gli mise le mani sulle spalle. “Sono orgoglioso di te, figlio mio.”

 

C’era gente dappertutto, sopraggiunta da ogni parte di Hilon con mezzi più o meno di fortuna. La situazione era ancora estremamente difficile, tuttavia nessuno voleva mancare alla cerimonia di insediamento del nuovo Re, colui che aveva liberato Hilon da un despota assetato di potere che era stato in grado di ridurre allo stremo milioni di cittadini nel giro di pochi anni. In prossimità del punto focale in cui Orion avrebbe ricevuto l’investitura ufficiale, era stato posizionato un palco d’onore sui cui banchi sedevano gli ospiti illustri provenienti dal Pianeta d’Acqua. Nessuno ebbe da ridire per la presenza di alieni, erano amici del Re e gli erano stati di grande aiuto nel compimento della sua missione. Si trovavano in una posizione privilegiata, assieme al Generale Ireon, agli altri Grandi Generali, al Maestro Iersys e i Maestri d’Armi di Hilon. Dalla parte opposta sedevano i rappresentanti delle alte cariche religiose e delle grandi famiglie del pianeta, mentre la popolazione si era sistemata ordinatamente nello spazio circostante. Nello sguardo di tutti brillava la speranza assieme alla certezza di una imminente rinascita. Sì, ora era possibile perché le stelle non sbagliavano mai, non avevano mai indicato nessuno che fosse stato indegno di ricoprire un ruolo così importante. Orion era il predestinato, non vi erano dubbi perché il simbolo presente sulla sua spalla ne era la garanzia e la prova inconfutabile.
Ed eccolo: come il nuovo Re vestito di bianco comparve dalla buia porta del Castello, l’aria fu invasa dalle grida festanti dei presenti, dalle acclamazioni e dagli applausi. Prese a salire i dieci gradini, dieci come il numero delle macroregioni in cui era suddiviso il pianeta, con passo deciso, nonostante la grandissima pressione che sentiva addosso. Le condizioni di quelle terre erano disastrose e c’erano aspettative enormi su di lui: sarebbe davvero stato in grado di far risorgere Hilon dalle ceneri come una fenice? Qualche piccolo dubbio ce l’aveva, in fondo lui non aveva mai fatto altro che combattere ed ubbidire agli ordini dei superiori. C’era però la voglia di ricominciare, la vedeva dappertutto, specialmente nello sguardo degli Hiloniani giunti da ogni angolo del pianeta e questo gli dava la certezza di non essere solo nell’impresa.  Immerso nei pensieri, quasi senza rendersene conto arrivò di fronte al trono su cui stava la corona, adagiata su un prezioso cuscino rosso. Diede una sfuggente occhiata all’oggetto simbolo del potere, poi si voltò verso il palco dove stavano i suoi amici, incollando i suoi occhi in quelli di Melissa. Era fiera di lui, tuttavia stava vivendo quegli attimi solenni con l’angoscia di un imminente addio: lei si rendeva conto perfettamente che Hilon aveva bisogno di Orion e che se Orion aveva deciso di tornare lì, avrebbe detto addio alla Terra e forse anche a lei. Nella mente del ragazzo passarono tutti i ricordi di ciò che aveva vissuto in sua compagnia, come fossero state le immagini di un film, ricordi meravigliosi e indelebili. Le sorrise, poi la sua attenzione fu richiamata dall’avvicinarsi del Gran Maestro Cerimoniere del Palazzo di Hilon che lo invitò ad inginocchiarsi di fronte al trono. Orion così fece e chinò la testa.
“Nel nome delle stelle e di Somasur, Madre Luce dell’oscurità, io nomino te, Orion, Re di Hilon, seguendo il loro volere, perché tu possa essere la guida illuminata di una popolazione a te affidata e che grazie a te potrà risorgere.” Pronunciata questa formula, la corona calò sulla testa del nuovo Re fra le acclamazioni di una folla sconfinata.
Melissa non riuscì più a trattenere le lacrime, era felice e allo stesso tempo distrutta, nonostante ciò sapeva che se non avesse mai avuto l’opportunità di incontrare un ragazzo come lui, sarebbe stato molto, molto peggio.
Pochi secondi dopo Orion si alzò e si voltò verso il popolo festante, si tolse la corona e, tenendola fra le mani, la porse verso di esso che fece silenzio all’istante, non capendo il senso di tale gesto.
“Gente di Hilon, le stelle mi hanno scelto quale vostra guida per il futuro ed io farò quello che sarà in mio potere perché il nostro amato pianeta risorga dalle ceneri. Io credo fermamente in voi, in ognuno di voi e in ognuno di noi. Noi possiamo essere i fautori del nostro destino e del nostro futuro: se noi vogliamo, Hilon tornerà a splendere e noi, tutti assieme, lo dobbiamo a coloro che hanno perso la vita, la libertà e la dignità. Questa corona è vostra perché voi siete il futuro i Hilon e la speranza che vedo nei vostri occhi sarà il motore della rinascita.”
Scoppiò un applauso lungo e fragoroso: era in assoluto la prima volta che un Re offriva la sua corona al popolo, donandogli la sovranità assoluta. I festeggiamenti si protrassero per tutta la notte, poi, allo spuntare del nuovo giorno, il lento cammino per tornare alla normalità prese il via. Sotto la supervisione di Orion e di un nutrito gruppo di persone fidate, ognuno in base alle proprie capacità, si adoperò per rimuover macerie, estirpare erbe infestanti o arbusti morti, ricavandone legname e combustibili; le case, le attività lavorative e ricreative riaprirono i battenti, le pareti furono tinteggiate e ogni cosa stava finalmente tronando al suo posto, grazie anche alla tecnologia avanzata e a sofisticati sistemi di lavoro.
C’era solo un’ultima cosa da fare, forse la più difficile: i ragazzi del Pianeta d’Acqua dovevano tornare a casa. La nave spaziale era pronta per il decollo, l’equipaggio attendeva solo l’ordine del Re e poi avrebbero preso il volo per raggiungere le stelle.
“Manuel.” Orion salutò per primo colui con il quale aveva avuto grossi dissapori per più di un motivo. “Scusami se non ti ho detto nulla su Hilon.”
“E’ acqua passata, fratello. Io ora sono felice perché so che la vita extraterrestre esiste ed ho messo piede su un pianeta alieno: tutto questo va ben oltre le mie aspettative.” Si abbracciarono.
“Grazie…. E grazie anche a te, Teresa.” Abbracciò anche la ragazza.
Poi venne il turno di Simone, Noemi che si era trovata in mezzo ad un’assurda situazione, Nico, Eva, Giulio e Cierre.“Ehi, io non mi sono dimenticato la promessa, signor Presidente della Lega Calcio di Hilon. Mi dia il tempo di rimettere tutto in sesto e poi costruiremo stadi e campi da calcio e lei dovrà fare il sacrificio di tornare qua per spiegare le regole del gioco a tutti quanti. Intesi?”
“Sei un grande, Orion!!” Lo abbracciò. “Sono talmente felice che ti regalerei il mio pallone del Real Madrid, ma…”
“No, Cierre, è tuo e devi tenertelo. So quanto ci tieni e so quanto sarebbe difficile per te separarti da lui.” Lo sapeva eccome, perché ora restava solo da salutare Melissa.
Erano l’uno davanti all’altra, nessuno aveva il coraggio di dire una sola parola poiché l’emozione era enorme.
“Non credere….” La voce di Orion tremava. “Non credere che sia facile per me vederti partire.” Prese le mani della ragazza fra le sue. “Se ho fatto questa scelta, l’ho fatto anche per te: se quell’infame fosse giunto sulla Terra sarebbe stata una catastrofe, tu hai visto come ha ridotto Hilon…” Attese un cenno di assenso, poi la prima lacrima scese lungo il viso di lei. “Io adesso devo stare qui ad aiutare gli Hiloniani a risollevarsi e non appena tutto sarà tornato alla normalità, interrogherò le stelle per individuare il mio successore e tornerò da te. Te lo giuro.” Mise la mano sul cuore. “Mi aspetterai?”
Lei scoppiò a piangere, cercando e trovando rifugio fra le braccia di Orion. “Mi mancherai, amore mio, mi mancherai da morire….”
“Ogni sera io guarderò Somasur e tu guarderai la Luna: per me sarà come specchiarmi nei tuoi occhi.”
Gli altri iniziarono a salire a bordo della navicella, capivano di dover lascare da soli i due innamorati che non si sarebbero più visti per chissà quanto tempo. Orion affondò il viso fra i capelli di Melissa, era il Re e non poteva farsi vedere piangere dal popolo, un’assurda legge del cerimoniale glielo impediva, ma era impossibile trattenere le lacrime in quel frangente. Restarono abbracciati per lunghi minuti, troppo brevi però per entrambi.
“E’ ora, amore mio.” La allontanò a fatica dal suo corpo. “Tornerò presto, te lo prometto.” Prese la faccia fra le mani e la baciò a lungo. Poi, sempre con gli occhi gonfi di lacrime, la invitò a salire a bordo della navetta spaziale. Melissa non avrebbe mai voluto fare quei passi da sola, se lui non fosse stato il Re l’avrebbe seguita sul suo pianeta.

Il portellone si chiuse, i motori si accesero e all’ordine del Comandante di Missione, il velivolo si alzò dal suolo prendendo lentamente quota. Melissa teneva lo sguardo incollato al finestrino, Orion la fissava ininterrottamente per quegli ultimi secondi, poi le lanciò un bacio, dopodiché restò immobile a guardare quel puntino luminoso scomparire fra le stelle.

 

 

Termina qui la nostra avventura sospesa fra la Terra ed un ipotetico pianeta Hilon sperduto da qualche parte nell’universo. Gli alieni esistono? Io non posso dirlo con certezza, ma ritengo che, considerando la vastità dell’universo, qualche pianeta abitato possa esserci davvero. Purtroppo le abissali distante fra il nostro Sole e le altre stelle ci rendono impossibile qualsiasi contatto, almeno con la nostra tecnologia. In futuro chissà…. Qualcuno sostiene che loro siano già fra noi: voi che ne pensate?




E’ sempre difficile scrivere la parola “Fine” ad una storia, ma prima o poi deve accadere. In questa ho messo molto di personale e sotto certi aspetti è stata una mio piccolo sfogo per una brutta situazione che per fortuna mi sono lasciata alle spalle.
Permettetemi di rigraziarVi tutti, lettori silenziosi inclusi, e in particolare i recensori che con le loro parole sono il motore che spinge ogni autore ad andare avanti e a migliorarsi giorno dopo giorno.
Grazie davvero.
Termino qui, altrimenti la cosa si fa troppo lunga, augurandovi buone vacanze e dandovi appuntamento a data da destinarsi, come si usa dire. Non ho long in mente adesso, solo poesie e cose brevi, confido nell’estate e nelle letture sotto l’ombrellone per nuove idee.

Un abbraccio
La Luna Nera

 

 

 

 

 

 

 

 

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