I Dominatori di Elda - La Guerriera Fenice

di Mayfa_P
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 16 ***
Capitolo 18: *** 17 ***
Capitolo 19: *** 18 ***
Capitolo 20: *** 19 ***
Capitolo 21: *** 20 ***
Capitolo 22: *** 21 ***
Capitolo 23: *** 22 ***
Capitolo 24: *** 23 ***
Capitolo 25: *** 24 ***
Capitolo 26: *** 25 ***
Capitolo 27: *** 26 ***
Capitolo 28: *** 27 ***
Capitolo 29: *** 28 ***
Capitolo 30: *** 29 ***
Capitolo 31: *** 30 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dieci anni prima - 10 Yule

Coloro che sono in grado di dominare i 4 elementi sono destinati a tornare. 
Il loro ritorno però potrà essere sia una minaccia per il male presente, sia un'enorme fonte di potere per esso. Sta agli elfi giocare bene le proprie carte.
Rilesse quelle parole altre cinque volte, mentre un'idea si faceva strada nella sua testa, aveva paura di sbagliarsi e di commettere degli errori ma si fidava delle parole di quel vecchio stregone, famoso in tutta Elda per essere il miglior stregone ed indovino degli ultimi secoli.
"Credete davvero a tutte quelle storie?" chiese una voce proveniente dalle sue spalle, la conosceva talmente bene da non aver bisogno di guardare in faccia il  proprietario. 
"Bor, caro mio, queste non sono semplici storie, dovreste saperlo meglio di me."
Disse girandosi verso l'uomo alle sue spalle, era un uomo più vecchio di lui ma gli aveva sempre portato un grande rispetto, probabilmente fu per quello che con il tempo divenne il suo uomo più fidato.
"Siete sicuro di ciò che volete fare? È pur sempre vostro fratello, Mornon pensateci bene. " disse Bor quasi implorante. L'uomo non rispose, si alzò senza degnare l'amico di uno sguardo e si diresse verso la porta senza voltarsi. Quando giunse ad essa si fermò un istante.
"Se vogliamo tutto, dobbiamo fare ciò che va fatto." sussurrò, più a se stesso che all'amico alle sue spalle, dopo di che varcò la soglia senza aggiungere altro.
Camminava spedito lungo gli enormi corridoi in pietra senza degnare nessuno di attenzione, aveva un compito da portare a termine e doveva farlo il prima possibile. 
Giunse in breve tempo alla sala del trono dove il fratello era intento a parlare con alcuni contadini bisognosi di aiuto, con un breve cenno del capo diede ordine ai suoi uomini di accompagnare fuori gli ospiti, aveva bisogno di restare solo con Brandir. 
"Mornon, fratello mio, avete bisogno di qualcosa di particolarmente urgente se fate cacciare i sudditi in questo modo!" suonava quasi come un rimprovero ma Mornon non gli diede peso e andò dritto al punto.
"Brandir, fratello, i 4 dominatori.."
"So già cosa vuoi dirmi Mornon e non voglio sentirlo! Sono tutte baggianate scritte per stolti come te! Sono storielle per bambini te ne rendi conto?" 
Mornon si aspettava già quella reazione, ma l'ira irruppe dentro di se come un mare in tempesta e in breve si ritrovò ad urlare contro il fratello. 
"No! Non lo sono! È tutto reale! I 4 dominatori esistono e sono da qualche parte nel mondo. Probabilmente neanche loro sanno chi sono realmente, dobbiamo solo trovarli e convincerli ad aiutarci. Se staranno dalla nostra parte, con il loro potere, potremmo dominare tutto. Tutti ci temeranno e si inchineranno al nostro cospetto! "
"Basta!" questa volta fu Brandir ad alzare la voce, era stufo di sentire le idee senza senso di suo fratello e, contro la sua volontà, si ritrovò a dover prendere seri provvedimenti. Si avvicinò lentamente al fratello studiando ogni suo aspetto fisico, erano uguali: stessi occhi rossi come il fuoco, stessi lineamenti duri, i lunghi capelli bianchi che incorniciavano i loro volti. L'unica loro differenza era quella scintilla di pazzia che trapelava dagli occhi di Mornon, sapeva che non era stabile mentalmente, non era riuscito a superare la morte dei genitori come ci era riuscito lui e questo l'aveva portato con il tempo a colmare quel vuoto con il potere, ma essere un futuro re non gli bastava, voleva di più e questo lo stava portando a perdere la lucidità. 
Quando giunse a pochi centimetri dal fratello, gli accarezzò il viso con dolcezza.
"Mornon, fratello mio, hai bisogno di un po' di riposo, i miei uomini ti prepareranno le valige e andrai per qualche giorno nella casa alle cascate, li potrai avere un po' di pace e riposarti."
Quando quelle parole giunsero all'orecchio di Mornon, qualcosa dentro di se scattò per sempre, scostò con violenza le mani del fratello dal suo volto e in un attacco d'ira gli sferrò un pugno in pieno viso facendo cadere Brandir per terra, l'uomo rimase seduto al suolo sgomento, non poteva credere che suo fratello l'avesse colpito davvero.
"Brandir, tu non mi capisci, tu non mi hai mai capito! Credi che sia impazzito vero? È per questo che volevi mandarmi alle cascate, per disfarti di me! Perché per te non sono altro che un peso, il fratello pazzo che ti sta tra i piedi, non è così?"
"No! Mornon, non sei un peso per me.."
"Chiudi quella bocca! Non voglio più sentire nulla da te! Ti darò ciò che vuoi! - si inginocchiò al fianco del fratello ancora seduto a terra e gli sussurrò all'orecchio - ci vediamo all'inferno fratello mio."
Inchiodò il suo sguardo in quello di Brandir, estrasse un pugnale da sotto il mantello e lo trafisse all'altezza del cuore senza alcuna pietà. 
Rimase a guardare il cadavere del fratello riverso a terra inerme per qualche istante, voleva provare dolore ed essere schifato da ciò che aveva fatto, ma non ci riusciva. Suo fratello meritava quella fine, non aveva mai creduto in ciò che diceva, gli dava del pazzo, perciò meritava la morte.

 

***

 

Nel frattempo in un altro paesello di Elda

"Nilde ti prego, sono stremato."
"Dai papà io voglio combattere ancora!"
"Andiamo piccola, adesso è ora di pranzo, più tardi se vuoi ci alleniamo ancora." disse l'uomo inginocchiandosi all'altezza della figlia e scompigliandole i capelli come era solito fare.
La piccola senza neanche pensarci corse come un fulmine in casa dalla madre, la quale aveva appena finito di riempire le ciotole di una strana zuppa verdastra, cosa che però alla piccola poco importava, si sedette a tavola e immerse immediatamente il cucchiaio nella zuppa divorandola in un istante.
"Guarda che fame ha la mia principessa" disse la madre accarezzandola dolcemente e riempendo nuovamente la ciotola della bambina. 
"Oggi i miei guerrieri hanno lottato molto, appena finiamo di mangiare andate a fare un riposino tutti e due e no – aggiunse guardando il marito - Alyon, non è una proposta è un imposizione." disse con voce soave dando un dolce bacio sulle labbra al marito. Il resto del pranzo fu come al solito, un chiacchiericcio continuo con un alternarsi di piccoli battibecchi inerenti la lotta tra padre e figlia. Al termine del pasto Alyon accompagnò la figlia a letto rimboccandole le coperte con la promessa che verso sera avrebbero combattuto ancora e, come promesso alla moglie, si distese anche lui. 
Nilde non sapeva esattamente da quanto stesse dormendo, sapeva solo che sentì delle forti urla provenire dalla sala, il tutto accompagnato da rumore di cocci rotti, le sembrò tutto molto strano, i suoi genitori non litigavano mai così prepotentemente. Scese dal letto in fretta e in preda al panico, le risultava tutto così strano e voleva capire cosa stesse succedendo ma, quando raggiunse la porta della camera sua madre entrò con prepotenza obbligandola ad indietreggiare, aveva le lacrime agli occhi  la disperazione le si leggeva sul volto, Nilde rimase paralizzata, la vista di sua madre in quelle condizioni faceva crescere il panico dentro di lei. 
"Piccola mia devi scappare, adesso! E non voltarti mai indietro!" disse la madre dopo averle porso il pugnale di suo padre.
Appena terminò la frase però, la piccola fece appena in tempo a prendere il pugnale che un uomo irruppe nella stanza trafiggendo la madre da parte a parte con un enorme spadone. Nilde rimasse scioccata dalla visione, nonostante ciò ebbe la prontezza di nascondere sotto la casacca il pugnale poco prima che l'uomo la prendesse di peso e se la caricasse sulle spalle incurante delle urla e dei calci che tirava la bambina. Attraversarono il salotto di  corsa ma i cadaveri di due uomini sconosciuti non passarono inosservati allo sguardo della piccola che, con il suo sguardo attento riuscì ad individuare anche, su un lato della cucina, il cadavere martoriato di suo padre.
Quella vista le fece crescere un ira dentro di se inimmaginabile per una bambina della sua età, Nilde diede un forte strattone all'uomo che le permise di riprendere il pugnale e, senza neanche pensarci,  lo infilzò tra le scapole, questo colto alla sprovvista cadde in avanti sbattendo violentemente la nuca rimanendo inerme al suolo. La bambina si perse un secondo a contemplare il cadavere, non 3poteva credere di aver appena ucciso un uomo, ma il ricordo di ciò che lui aveva fatto alla sua famiglia si fece vivo in modo violento accrescendo ancora di più la sua ira.
Quando però risollevò lo sguardo si ritrovò davanti un ragazzino che la contemplava, avrà avuto qualche anno in più di lei, era in piedi e in mano teneva un lungo spadone puntato verso di lei. Per un attimo i loro sguardi si intrecciarono, aveva due occhi neri come la pece che lei non aveva mai visto, in pochi secondi però si riprese e senza pensarci troppo e, come le aveva insegnato suo padre, con una velocità fuori dal comune aggiro l'arma e colpì in ragazzino con la lama del suo pugnale in faccia, questo si riversò a terra urlante e lei scappò velocemente scomparendo nel bosco.
Quando fu abbastanza lontana si bloccò di colpo con lo sguardo perso nel vuoto, tutto ciò che era successo le cadde improvvisamente addosso come una secchiata di acqua ghiacciata, si ritrovò distesa a terra con le lacrime che le solcavano il volto aveva perso le uniche due persone che amava di più al mondo, ritrovandosi da sola e smarrita. 
Pianse finché le forze non l'abbandonarono e stremata, cadde in un sonno profondo.

 

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Capitolo 2
*** 1 ***


12 Saovine
Rumori di lame che si incontravano si spargevano nell'aria autunnale susseguiti da gemiti, i due combattenti continuavano quella danza mortale ormai da ore e, nonostante la stanchezza, ripetevano le solite movenze con affondi, parate e spesso cadute.
"Nilde! Ti fai trasportare troppo dalla rabbia! - una voce si levò alle loro spalle e i due combattenti si voltarono nella direzione di essa – quando combatti devi essere il più distaccata possibile, non devi permettere alle tue emozioni di prendere il sopravvento."
L'uomo rimase ad attendere una risposta dalla giovane che non arrivò, lei sapeva che Galador aveva ragione, ma non lo avrebbe mai ammesso.
"E io maestro? Come sono andato?" chiese l'altro combattente ponendosi tra la ragazza e Galador, la stazza del ragazzo era talmente possente da nascondere interamente la figura di Nilde allo sguardo del maestro.
"Nor devo dire che sei migliorato molto, continua così! Adesso però va a riposarti."
Disse l'uomo con un tono che non ammetteva repliche, il ragazzo si aspettava qualcosa di più dal suo maestro ma capì che voleva stare solo con Nilde così decise di fare ciò che gli era stato detto senza fare troppe storie.
Galador seguì il ragazzo con lo sguardo finché non fu abbastanza lontano dopodiché, puntò il suo sguardo sulla ragazza intenta a sistemarsi i lunghi capelli rossi in una crocchia disordinata.
"So cosa state pensando padre ma se sono una delle guerriere più brave e forti, in fondo è proprio grazie alla mia rabbia."
"Non credo sia per quello Nilde." disse l'uomo con tono dolce osservando la ragazza.
Era cresciuta molto da quando l'aveva vista la prima volta, all'epoca aveva otto anni, era una bellissima bambina molto sveglia, una cosa che lo aveva colpito fin da subito era la sua agilità nel combattimento nonostante la rabbia che la accecava ogni volta tuttavia, con la sua dolcezza riuscì a fare breccia nel cuore triste e cupo del vecchio maestro che decise così di prenderla sotto la sua ala protettiva diventando poco a poco la figlia che non aveva mai avuto. Adesso lei era li, davanti a lui, dopo 10 anni, era sbocciata come il più bel fiore ed era diventate la donna più bella che avesse mai visto, l'orgoglio che provava per lei era indescrivibile e sapeva che un giorno avrebbe fatto grandi cose.
"Padre perché mi guardate in quel modo?" chiese la ragazza quasi divertita, aveva notato lo sguardo del maestro che la osservava, si era perso come sempre nei suoi pensieri e questa era una cosa che la divertiva molto.
"A nulla di particolare, dovresti andare a riposarti anche tu, tra poco ceniamo."
La ragazza decise di ascoltare le parole di Galador, i due si salutarono con un piccolo cenno del capo e Nilde si diresse verso la sua abitazione, aveva bisogno di staccare un po' da tutti quegli allenamenti, ultimamente si allenavano quasi tutto il giorno e iniziava a pensare che ci fosse qualche scontro in programma.
Decise di andare al fiume a farsi un bagno veloce, prese così gli abiti di ricambio e si incamminò.
Lungo il tragitto incontrò Nor impegnato a scrutare attentamente l'orizzonte dalla cima di un Galadh.
Nonostante la sua stazza aveva un'agilità fuori dal comune, quel ragazzo le aveva sempre ricordato i felini.
"Ehi Falco! Qualcosa di interessante da lassù?"
"Ehi Fenice! Forse ho qualcosa di interessante da riferire al maestro, ma nulla che ti possa divertire." disse il ragazzo scivolando giù dall'alto albero al quale si era arrampicato.
"Peccato, i contadini della scorsa volta che si picchiavano per un pomodoro erano molto divertenti." disse Nilde, quasi delusa dal non potersi gustare un'altra scena così divertente.
"Hai ragione. Vai al fiume?" chiese Nor passandosi una mano tra i capelli biondo cenere.
La risata forzata e l'agitazione del ragazzo, non sfuggì agli occhi attenti della ragazza che subito iniziò a chiedersi cosa avesse visto in realtà, ciò nonostante decise di far finta di nulla, sapeva che anche se glie lo avesse chiesto e avesse insistito non le avrebbe detto nulla.
"Si, tu ci sei già andato?"
"Si, adesso vado dal maestro, ci vediamo a cena."
"A dopo."
Nilde rimase a osservare la sagoma del ragazzo allontanarsi, c'era qualcosa che non le tornava, Amdir non era uno che si faceva prendere dall'agitazione per cose di poco conto nonostante ciò decise di non pensarci, qualunque cosa fosse l'avrebbe affrontata a cena, così si avviò verso il fiume.
La cena fu molto silenziosa, ogni tanto Nor e Galador si scambiavano occhiate che Nilde non era in grado di decifrare, voleva sapere cosa stesse succedendo, il fatto che anche il maestro fosse così agitato non era un buon presagio, così decise di rompere quel silenzio e tentare di scoprire qualcosa.
"Allora, come mai siete così agitati?"
Appena la frase giunse alle orecchie di Nor iniziò a sudare dall'agitazione e si voltò a guardare il maestro con uno sguardo terrorizzato che venne subito intercettato dalla ragazza, sapeva che Nilde era una ragazza sfacciata e senza peli sulla lingua per questo temeva che la sua preoccupazione fosse troppo evidente e che lei avrebbe iniziato ad indagare. In compenso il maestro non sollevò neanche lo sguardo dalla ciotola, ancora colma della zuppa con la quale continuava a giocare.
Nessuno dei due pareva intenzionato a rispondere e la ragazza iniziò a innervosirsi.
"Padre potreste dirmi perché tutta questa agitazione?"
L'uomo continuava a ignorarla, così Nilde lanciò uno sguardo furente ad Nor che terrorizzato lo abbassò sulla sua ciotola. Il comportamento dei due fece perdere definitivamente le staffe alla ragazza che in un impeto di rabbia si alzò in piedi e iniziò a urlare.
"Avete intenzione di dirmi cosa sta succedendo? Cosa mi state nascondendo?"
Il maestro sembrò riscuotersi, sollevò lentamente la testa dal piatto e guardò Nilde con uno sguardo preoccupato. "Nilde ti supplico, non urlare, oggi ho una forte emicrania. - disse l'uomo massaggiandosi le tempie.- voi mettete a posto, io vado a stendermi." dopodiché si alzò e con sguardo duro aggiunse "Questa sera i turni li faremo solo io e Nor, tu Nilde ti riposerai."
Nilde a quell'affermazione si all'armò, non era mai successo che il maestro le facesse saltare i turni di guardia.
"Padre ma cosa dite? Devo fare i turni di guardia anche io come sempre."
La ragazza era completamente spaesata, non capiva più nulla. Perché all'improvviso aveva cambiato i turni? Perché erano così agitati? Voleva capire anche lei cosa succedeva.
"Nilde ho visto che negli ultimi tempi sei molto affaticata, hai bisogno di riposare, perciò ho deciso che per un po' non dovrai più fare i turni di notte."
Nilde continuava a non capire, non si era mai sentita così in forze come in quel momento.
"Padre io mi sento bene.." l'uomo la zittì con un gesto della mano.
"Nilde per favore smettila! Adesso vado a dormire e dovresti andare anche tu."
Rivolse uno sguardo severo verso la ragazza dopodiché si incamminò verso la sua camera.
La ragazza rimase pietrificata mentre sotto il suo sguardo Nor iniziò a sistemare la cucina senza proferire parola.
Dopo qualche attimo di silenzio, nel quale Nilde si sedette pensierosa a tavola, Nor prese parola.
"Il maestro ha ragione, hai bisogno di riposare.." la ragazza lo interruppe bruscamente sopraffatta da una rabbia cieca.
"Cosa diavolo dici?! Io stanca? Tu non mi hai mai vista stanca! Io sono nel pieno delle mie forze – si avvicinò al ragazzo puntandogli uno sguardo carico di rabbia e determinazione – capirò cosa state tramando, capirò cosa c'è sotto! Non potete nascondermi nulla."
Detto ciò uscì dalla stanza come una furia lasciando Nor attonito, la conosceva bene e sapeva che ciò che aveva detto era la verità, avrebbe scoperto tutto ma aveva una grande paura per lei perché ciò che avrebbe scoperto non le sarebbe piaciuto per niente.
Nilde uscì di casa infuriata ma appena mise il piede fuori un dolce venticello fresco le accarezzò il volto facendola sentire un po' più leggera, era come se, con quel tocco delicato, avesse scacciato tutta la rabbia che fino a poco prima la divorava. Aveva bisogno di tranquillità e di passare un po' di tempo con il suo vecchio amico, si incamminò dentro il bosco allontanandosi dall'accampamento, continuava a pensare a cosa potessero mai nasconderle di così grave, ma non le veniva in mente nulla, non riusciva a capire e questa cosa la tormentava.
Dopo dieci minuti di camminata raggiunse una piccola radura alzò lo sguardo e rimase qualche minuto ad osservare il cielo completamente ricoperto di stelle che incorniciavano una luna spettacolare, fin da piccola amava sdraiarsi a fissare il cielo notturno, la tranquillizzava e la affascinava, ma c'era una cosa che la tranquillizzava più di tutto o di tutti, una cosa che aveva sempre guardato quelle stelle al suo fianco dandole conforto e protezione. Senza smettere di fissare il cielo mise due dita ai bordi delle labbra e un fischio acuto si levò nell'aria andando a disperdersi.
Rimase lì ad attendere.
Una manciata di minuti dopo un enorme massa scura oscurò il cielo sopra la sua testa e con delicatezza si posò sull'erba verde davanti a lei in tutta la sua grandezza, in tutta la sua maestosità. Imlach. Il suo drago. Il suo migliore amico.
Un piccolo sorriso decorò il volto della ragazza che, senza attendere, gli corse incontro e lo abbracciò con amore, non si vedevano da qualche giorno a causa degli allenamenti sfiancanti della ragazza e, nonostante non fosse molto tempo, a lei era mancato immensamente.
"Scusami Imlach ma lo sai, gli allenamenti si sono intensificati e non riesco più a venire ogni notte." disse accarezzando il muso del drago, lui in risposta fissò gli occhi in quelli della ragazza facendole capire che non doveva preoccuparsi, lui capiva.
Pur essendo due esseri completamente diversi erano uguali, stessi occhi color smeraldo, la corazza dell'animale era di un rosso fiammante come i capelli della ragazza e le loro anime erano quelle di due guerrieri. A Nilde piaceva pensare che in realtà, anche se in due corpi differenti, fossero fratelli.
Dopo qualche minuto passato a riabbracciarsi Imlach si distese e Nilde andò ad accoccolarsi tra il suo muso e la sua ala.
"Sai Imlach c'è qualcosa che non va. Insomma il Maestro ha deciso di non farmi più fare le ronde notturne e per di più nelle ultime tre ore sia lui che Nor sono agitati. Non hanno voluto dirimi niente e io non capisco."
Il drago accarezzò con il muso la guancia della ragazza per rassicurarla.
"Si forse non è nulla, forse non riguarda neanche me, ma allora perché tenermelo nascosto?"
Nilde guardava Imlach nella speranza che potesse in qualche modo rispondere ma era ovvio che lui ne sapesse meno di lei.
Rimasero per qualche ora accoccolati a parlare finché, l'allenamento del giorno iniziò a pesare sulla stanchezza della ragazza, lasciò il drago con la promessa di ritornare presto da lui e corse a casa.

 

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Capitolo 3
*** 2 ***


12 Saovine
Stava dormendo da un paio di ore quando dei sussurri provenienti dall'esterno della sua stanza la destarono dal suo sonno, durante gli anni aveva sviluppato un udito infallibile e, seppur dormisse profondamente, il minimo rumore riusciva a svegliarla completamente, il suo udito l'aveva salvata molte volte nei periodi di permanenza nei boschi a sud durante le loro scorribande.
"Figliolo vi dico che deve scappare immediatamente! Stanno cercando lei, e non posso permettere che la portino via!"
Riuscì a riconoscere la voce del Maestro sussurrare cose che lei non riusciva a capire fino in fondo, parlava con Nor e si riferivano spesso a una ragazza, la situazione le risultava alquanto strana, erano all'incirca le quattro del mattino e i due si ritrovavano in casa a parlare al posto di fare la ronda come loro solito. Si alzò dal giaciglio di paglia su cui dormiva e, tentando di non far alcun tipo di rumore, si avvicinò alla porta per poter udire meglio.
"Maestro non sa nulla, se le diremo che dovrà scappare inizierà a porci domande su domande e, fino a quando non le diremo la verità, non si muoverà di un soffio."
"Lo so, per questo dovrete fare come vi ho suggerito."
"Dobbiamo trovare un'altra soluzione!"
Il ragazzo rimase in silenzio ad attendere che Galador gli suggerisse qualcosa di diverso, ma quando l'uomo aprì bocca Nor abbassò lo sguardo scoraggiato.
"Sveglia la ragazza, preparatevi per andare nei boschi dell'Est, li troverete un piccolo villaggio, chiedete di Eramus e ditegli che vi mando io. Lui vi aiuterà."
"Maestro io devo stare qua con voi, avete bisogno di una mano.."
Il ragazzo tentò di ribattere e di convincere l'uomo che fosse tutta una follia, ma prima che riuscisse a completare la frase Galador lo zittì bruscamente.
"Non ho bisogno di nessuno! Tu partirai con la ragazza, non la lascerò andare da sola sono stato chiaro?"
Nor annuì incapace di ribattere, anche lui non voleva lasciare Nilde da sola e osservando l'uomo riusciva a leggere la rabbia e la preoccupazione nel suo sguardo, la stessa che provava anche lui.
Nilde continuava ad ascoltare da dietro la porta, aveva capito che parlavano di lei ma non capiva perché tutta quella agitazione. Mentre era intenta a captare cos'altro si dicessero i due uomini improvvisamente la porta su cui era appoggiata si aprì di scatto facendola cadere a faccia in giù.
"Nilde ma cosa diavolo..?!"
La ragazza con uno scatto fulmineo si rimise in piedi e senza pensarci puntò lo sguardo negli occhi color cielo di Nor.
"Cos'è questa storia? Perché devo scappare?"
Il ragazzo rimase a fissarla per un attimo in silenzio, rammentava cosa gli aveva detto qualche giorno prima il maestro, se avesse opposto resistenza avrebbe dovuto usare altre maniere, era per il suo bene.
"Nilde te lo dirò una volta sola, prendi lo stretto indispensabile e preparati a partire, andiamo nei boschi dell'Est."
Il ragazzo cercò di essere il più calmo possibile cercando di nascondere la rabbia e la frustrazione che le provocava quella situazione, ovviamente però Nilde non sembrava essere della stessa idea infatti rispose iniziando a surriscaldarsi e ad urlare.
"No! Fino a quando non mi spiegherete tutto io non mi muovo!"
Nor si passò una mano sul volto scoraggiato, si aspettavano perfettamente quella reazione e si ritrovò a dover usare il pugno di ferro nonostante sperasse che la ragazza collaborasse per una volta.
Sollevò lo sguardo sulla giovane in piedi davanti a lui che attendeva spiegazioni, si limitò a sussurrare delle scuse e, dopo aver notato uno sguardo perplesso e spaesato sul volto della ragazza, le diede un colpo rapido sulla nuca con l'elsa della sua spada, la ragazza cadde inerme tra le sue braccia e la adagiò sul letto mentre lui preparava tutto il necessario.
Prese lo stretto indispensabile, in una bisaccia sistemo un po' di viveri sufficienti per 10 giorni di cammino, aggiunse un sacchettino con al suo interno delle erbe che sarebbero tornate utili in caso si facessero qualche ferita e infine, due borracce d'acqua.
Prese due mantelli pesanti dall'armadio, quelli che solitamente usavano in battaglia, l'inverno era alle porte e non potevano rischiare l'ipotermia, uno lo avvolse intorno alla ragazza e l'altro se lo sistemò sulle sue spalle.
Quando tutto fu pronto si caricò Nilde sulle spalle e, uscendo dalla porta retrostante all'abitazione, si dileguò il più velocemente possibile nel bosco.

 

 

Galador si ritrovò solo nella sua abitazione, sapeva che quel giorno prima o poi sarebbe giunto ma, nel profondo del suo cuore sperava che non arrivasse mai.
Ogni qualvolta lui tenesse a qualcuno il fato lo obbligava ad abbandonarlo, era stufo di quella situazione e si ritrovò a sperare che i seguaci di Mornon lo uccidessero.
Abbandonò quei pensieri passandosi le mani sul volto come a volerli lavare via e decise di concentrarsi su altro.
Stando a ciò che gli aveva detto Nor i seguaci di Mornon avevano cercato per quei 10 anni la ragazza senza sosta, avevano controllato ogni città, paese e casa di Elda senza successo, da qualche mese avevano iniziato a cercarla nei boschi.
Il giorno precedente Nor aveva scrutato dalla cima di un Galadh una chiazza nera in lontananza e, considerando che nessuno si avventura nelle terre e nei boschi del Nord poiché troppo freddi e ostili e considerando che la chiazza era troppo larga e uniforme, riuscirono a dedurre che molto probabilmente fossero i seguaci del Tiranno. Ci sarebbero voluti ancora due o tre giorni di cammino prima che riuscissero a raggiungerli ma non voleva rischiare e aveva bisogno di tempo per ripulire la casa dal passaggio dei due giovani per questo decise di farli partire quella notte.

 

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Capitolo 4
*** 3 ***


12 Saovine
Stavano cavalcando ormai da tre giorni in quella landa desolata e ne mancavano altri tre per raggiungere i boschi del nord, in lontananza si scorgeva una folta linea di Galadh che, mano a mano che avanzavano diventavano sempre più grandi.
Il vento gelido gli sferzava il volto provocandogli brividi di freddo in tutto il corpo, non era abituato a quelle temperature, a differenze della sua terra natia, gelide anche d'estate, in cuor suo gli mancava il dolce tepore del sole autunnale che lo accompagnava nelle sue giornate a corte, rendendole un po' meno amare.
"Avanti manica di rammollito, avanzate più in fretta!"
Si ritrovò ad urlare ai suoi soldati, l'inverno era ormai alle porte seppur avessero gli indumenti adeguati, non erano abituati a vivere con certe temperature e non poteva permettersi di perdere degli uomini per il freddo, dovevano giungere a destinazione il prima possibile.
"Mio Principe, gli uomini sono esausti, non possono avanzare più in fretta."
Il principe rivolse un fugace sguardo in direzione dell'uomo che lo aveva appena affiancato e un piccolo sorriso di scherno gli scappò dalle labbra violacee per il freddo.
"Hathol stiamo forse viaggiando con delle bestie?"
Hathol rimase disorientato per un secondo da quella domanda ma si affrettò a rispondere.
"No mio signore."
"Ecco allora bisogna velocizzare il passo, dobbiamo arrivare il prima possibile a destinazione! - fece un attimo di pausa per osservare l'espressione del suo compagno prima di concludere - e poi sono o non sono dei soldati? Dovrebbero essere abituati a vivere in situazioni ostili."
"Mio signore, con tutto il rispetto.."
Il principe interruppe bruscamente Hathol con un gesto secco della mano e puntò il suo sguardo negli occhi dorati del compagno fulminandolo.
"Non mi interessano le tue solite scuse, dobbiamo velocizzare il passo!"
Convinto di aver concluso la conversazione, il principe riportò lo sguardo davanti a se concentrandosi sul cammino ancora da percorrere, ciò nonostante la voce di Hathol irruppe nuovamente nei suoi timpani infastidendolo più dell'aria ghiacciata sul volto.
"Erech ti rendi conto di ciò che dici? Questi uomini sono esausti hanno bisogno dì riposo, di questo passo moriranno per il troppo sforzo!"
Hathol aveva ragione, aveva sforzato quegli uomini fino al limite, e se avesse tirato ancora la corda avrebbe perso degli uomini, non per il freddo, ma per lo sforzo.
Ciò nonostante preferì non rispondere e continuò a mantenere il suo sguardo fisso davanti a se.
Hathol non ricevendo nessun tipo di risposta decise di proseguire cercando di convincere il suo amico a ragionare.
"Erech, amico mio, anche tu hai bisogno di riposo. Per favore, non essere testardo ed egoista come tuo solito!"
Erech, udendo quelle parole, serrò nervosamente la mascella estremamente contrariato nonostante, in fondo, sapesse che aveva ragione.
Rimase per un po' in silenzio meditando sulla scelta da prendere, era sicuro di quale fosse la scelta gusta ma non voleva darla vinta ad Hathol.
Ciò nonostante si ritrovò a dover acconsentire, in fondo anche lui aveva bisogno di riposo.
Diede ordine ai suoi soldati di fermarsi e riposare mentre lui decise di fare una passeggiata, aveva bisogno di stare solo con i suoi pensieri senza nessuno che lo interrompesse per qualche motivo.
Si allontanò a sufficienza fino a quando lo schiamazzo dei soldati fu abbastanza lontano, dopodiché decise di lasciare il suo cavallo libero di pascolare e si sedette su un tronco solitario.
Il vento gelido gli colpiva il volto lacerante e, istintivamente, si portò una mano sulla cicatrice che gli sfregiava lo zigomo sinistro in un gesto che faceva ormai da anni, la accarezzò delicatamente ricordando come se la fosse procurata.
Era successo dieci anni prima, ma lui lo ricordava ogni giorno come fosse appena avvenuto, un errore da dilettante, si era fatto abbindolare da una ragazzina la stessa che si ritrovava a cercare ancora.
Si ritrovò a pensare a come fosse diventata quella bambina, all'epoca così piccola eppure così esperta nell'arte della spada, ricordava quegli occhi verde smeraldo così vivi e accesi, non aveva mai visto occhi come quelli e in tutti quegli anni non fu in grado di dimenticarli.
Cercava di auto convincersi che se li ricordasse per puro rancore, ma sapeva che in fondo lo avevano catturato in un altro modo.
Sicuramente sarà una donna bellissima pensò distrattamente senza accorgersi realmente di dove la sua mente lo stesse portando.
Una voce alle sue spalle lo riportò bruscamente alla realtà facendolo irrigidire.
"Erech, amico mio, come mai siete qui tutto solo?"
Hathol si sedette al suo fianco dandoli una forte pacca sulla spalla, Erech in tutta risposta rimase muto fissando le sue mani congiunte in grembo.
"Vi mancano le donne? - chiese il ragazzo con un sorriso divertito. - tranquillo mio principe al nostro ritorno troveremo interi bordelli ad attenderci." concluse scrutando l'orizzonte.
Erech si fece scappare un piccolo sorriso, il suo amico era sempre stato un gran amante delle donne a differenza sua, che preferiva concentrarsi internamente sull'addestramento e la battaglia, trovava le donne come una perdita di tempo che ti distoglievano dalle priorità.
"Hathol, amico mio, sapete che non penso mai alle donne."
"Non questa volta, vero?"
Il ragazzo puntò lo sguardo in quello del principe, sapeva che non doveva mentire al suo amico, era in grado di capirlo fino nel profondo.
Si passò una mano sulla nuca pelata e, dopo aver abbassato lo sguardo, con un sonoro sospiro ripeté le parole di Hathol.
"Non questa volta."
"Chi occupa la tua mente così intensamente? Non è da te pensare a qualche donzella."
Erech non riusciva a rispondere a quella domanda, per lui, così complicata poiché si ritrovava a pensare a una ragazza che non doveva occupare nessun tipo di posto nella sua mente se non tra i ricercati.
Il disagio del principe doveva essere palese poiché il moro decise di concludere quella strana conversazione.
"È ora che riposiate un po' mio principe, ci aspettano ancora molte ore di cammino."
Con un ultima sonora pacca sulla spalla Hathor si alzò dalla sua postazione e si diresse verso l'accampamento seguito a ruota da Erech, particolarmente sollevato dal fatto che il suo amico avesse deciso di interrompere quella conversazione.
Sapeva che non si sarebbe dato per vinto e, fino a quando non avesse scoperto chi fosse la ragazza in questione, avrebbe continuato ad indagare. Per il momento però era felice di poterla dimenticare per un attimo e potersi riposare un po’.

 

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Capitolo 5
*** 4 ***


13-14 Saovine
Un dolore lancinante iniziò a pulsarle nelle tempie e istintivamente portò una mano alla nuca tentando di massaggiarla in modo tale da far cessare il dolore, lentamente riprese possesso della vista ritrovandosi disorientata. 
Non si trovava più al rifugio ma era distesa a terra nel fitto bosco con addosso il suo mantello, quello pesante che solitamente usavano per le scorribande notturne a inverno inoltrato. Di scatto si tirò a sedere venendo immediatamente fermata da un forte capogiro, portò nuovamente le mani alla nuca e strinse forte gli occhi.
"Buongiorno principessa, credevo fossi caduta in un sonno eterno."
La voce di Nor giunse prepotente alle sue orecchie quasi spaventandola, non aveva percepito nessun tipo di rumore per questo era convinta di trovarsi sola.
"Dove siamo?" una voce roca e impastata, uscì flebile dalle sue labbra mentre con le mani continuava a massaggiarsi le tempie.
Non riusciva a ricordare nulla e non capiva come mai fosse così lontana da casa e perché suo padre non fosse li.
Nor si ritrovò subito nel panico, si era preparato una storia falsa da raccontarle in modo tale che avesse delle risposte ma non sapesse la verità ma, in quel momento, si ritrovò a non sapere cosa rispondere.
"Credo sia meglio che prima tu ti riprenda, domani ti racconterò tutto."
Nilde non aveva alcuna voglia di discutere e, diversamente da come si sarebbe comportata in un'altra circostanza, acconsentì e accettò riconoscente la cena che il suo amico le stava offrendo.
Consumarono il pasto in completo silenzio, entrambi si ritrovarono immersi completamente nei loro pensieri e decisero di lasciare la loro mente libera di perdersi nei labirinti delle loro menti.
La ragazza continuava a interrogarsi sul perché di quella situazione e, per un secondo, le venne il dubbio che riguardasse ciò che aveva visto il suo amico sul Galadh il giorno precedente. 
Ciò nonostante decise di riservare tutti i dubbi e le domande per il giorno dopo.
Completata la cena Nor decise di riposare un pò mentre Nilde faceva la guardia.
Si sedette di fianco al suo amico appoggiando il busto su un enorme Galadh alle sue spalle, aveva un enorme vuoto in testa, l'ultimo ricordo risaliva al giorno precedente quando avevano discusso a tavola dopodiché il vuoto.
Iniziò così a invitare la sua memoria a collaborare e lentamente iniziarono a riaffiorare gli avvenimenti accaduti precedentemente la sua perdita di conoscenza, con essi, anche la rabbia iniziò a montarle viva e cieca fin dal profondo.
Rimuginò tutta la notte sul motivo di tutto quel trambusto ma proprio non riusciva a venirne a capo, covò così la sua rabbia fino all'alba, momento ideale per sfogarla.

Convinta fosse l'ora adatta per svegliarsi si alzò in piedi di scatto, provocandosi un lieve giramento di capo che decise di reprimere con forza, si avvicinò come una furia al corpo ancora dormiente del suo amico e gli sferrò due potenti calci all'altezza delle costole.
"Alzati lurido verme!"
Nor si ritrovò disteso su un fianco con il costato dolorante, si alzò in fretta stringendosi tra le braccia, stordito e disorientato.
"Cosa diavolo stai facendo"
"Io? Cosa diavolo hai fatto tu piuttosto! Mi hai colpita in testa!"
Il ragazzo si sentì più sollevato capendo la situazione e si affrettò a darle subito le spiegazioni che cercava.
"Ti spiego tutto, ma dobbiamo metterci in cammino."
"Per andare dove?"
"Nilde per favore, le nostre vite sono in pericolo perciò vedi di muovere il culo e sbrigati! Abbiamo molta strada da fare e poco tempo!"
Lanciò uno sguardo che non ammetteva repliche alla ragazza, rimasta ammutolita dalle parole del giovane, e, dopo averla superata, si incamminò verso la loro meta.
Stavano camminando da un ora quando Nilde decise di aprire il discorso, voleva capire, doveva capire. Non poteva essere l'unica all'oscuro di qualcosa che metteva in pericolo le loro vite.
Affiancò Nor e, con delicatezza, entrò nel discorso.
"Senti Nor, ho bisogno di sapere, voglio capire il perché di tutto questo."
Quando il giovane udì quelle parole si fermò improvvisamente, era giunto il momento.
Si ritrovarono fermi in silenzio, uno davanti all'altra, con gli sguardi più seri che mai.
Dopo alcuni secondo in quella posizione il ragazzo riprese il percorso iniziando a parlare.
"Nilde, a questo punto dovrei raccontarti una storia falsa perché, secondo il Maestro, in questo modo saresti al sicuro. Ma per quanto mi riguarda non dirti la verità equivale a metterti più in pericolo di quanto tu già sia. Perciò ho deciso di dirti la verità. Ma - si voltò di scatto inchiodando il suo sguardo severo in quello della giovane.- non dovrai interrompermi, dovrai ascoltare l'intera storia senza fiatare, solo alla fine potrai pormi tutte le domande che vorrai. Intesi?"
La ragazza rimase in silenzio per qualche istante, era disorienta più che mai e, non sapendo quale fosse la risposta migliore, decise semplicemente di annuire.
Dalle labbra del ragazzo fuoriuscì un pesante sospiro e, dopo aver ripreso il cammino, iniziò a parlare.
"Il maestro non è tuo padre. - fece una breve sosta per permettere alla ragazza di metabolizzare la prima verità e, di sfuggita, tentò di cogliere l'espressione della sua amica, che in quel momento si era fermata scioccata. - Nilde se ti fermi a ogni mia frase non arriveremo mai più."
Lanciò un veloce sguardo a Nilde che, ammutolita, riprese il cammino al suo fianco.
"Dicevo: il maestro ti ha trovata svenuta nella foresta quando avevi solo 8 anni, eri sola e avevi il viso rigato dalle lacrime, decise di accoglierti nella sua dimora e aiutarti, ovviamente non sapeva nulla di te e non si aspettava che tu fossi.. insomma ti ha salvata. Ti ha cresciuta facendoti credere che fossi sua figlia perché forse era la scelta più giusta per te, in fondo lui non sapeva cosa ci facesse una bambina sola nella foresta. Un giorno però, dopo un piccolo viaggio di rifornimenti al villaggio delle voci giunsero alle sue orecchie e subito corse ad informarsi. 
Mornon il Tiranno era appena salito al potere e stava cercando i 4 Dominatori, ovviamente il maestro era a conoscenza del fatto che sarebbe accaduto tutto ciò, conosciamo entrambi le sue capacità di veggente - disse rivolgendo un piccolo sguardo d'intesa verso la ragazza, però troppo impegnata a contemplare il terreno e ascoltare attentamente ciò che il suo amico le stava confidando.- ma un'altra informazione lo pietrificò completamente. Qualche giorno prima i seguaci di Mornon erano partiti alla ricerca dei Dominatori, erano riusciti a catturarne tre, ne mancava uno. Avevano ucciso la famiglia del quarto e tentato di prenderlo, ma questo era riuscito a fuggire."
Improvvisamente Nilde, confusa, interruppe il ragazzo innervosendolo non poco.
"Scusami Nor ma questo cosa c'entra con me?"
Nor si fermò di colpo e lanciò uno sguardo furente alla ragazza che subito chinò la testa e continuò a camminare.
"Il quarto Dominatore era una piccola bambina dell'età di 8 anni, aveva capelli lunghi e Rossi e dei vivaci occhi verdi, in fine era in grado di maneggiare un'arma"
La ragazza a quelle parole perse un battito, non poteva essere lei, era impossibile. Tutte quelle somiglianze con lei erano solo una coincidenza. 
Nor si fermò nuovamente e, dopo aver appoggiato delicatamente le sue mani sulle spalle della ragazza la guardò intensamente.
"Nilde, quella bambina sei tu."
La ragazza si sentì mancare la terra sotto i piedi, continuava a guardarsi in torno sperando fosse tutto un sogno, lei era solo una guerriera tenace e cocciuta nulla di più, le lacrime salirono prepotenti e iniziarono a rigarle il volto.
"Ti sbagli, io.. io sono solo una guerriera, nulla di più."
AvNor gli si strinse il cuore a vedere la sua amica così sconvolta, la strinse in un forte abbraccio cercando di consolarla e di calmarla.
"Nilde, sei tu! Non ti sei mai accorta che quando combattiamo e tu ti fai prendere dalla rabbia la tua lama diventa incandescente? Non ti sei mai accorta che quando ti arrabbi i tuoi capelli quasi si incendiano?"
"Sono solo allucinazioni!"
"No! Non lo sono, tu sei il quarto Dominatore, il Dominatore del fuoco."

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Capitolo 6
*** 5 ***


14 Saovine
Era l'alba e stava finendo di togliere le ultime tracce della permanenza della ragazza in quella casa, quando dalla porta principale si levarono dei forti tonfi e un uomo urlare.
"Aprite immediatamente questa porta! Il Vostro principe ve lo ordina!"
Quelle parole gli arrivarono prepotenti alle orecchie e per un attimo il suo cuore perse un battito, a passo lento e incerto si avvicinò alla porta e la aprì con enorme lentezza.
Si ritrovò davanti un giovane che avrà avuto qualche anno in più di Nilde, rimase in silenzio ad osservarlo e questo sembrò infastidire il giovane.
"Allora vecchio che hai da guardare? - ringhiò Erech con fare minaccioso, si era sempre divertito a spaventare il popolo e la sua possente stazza lo aiutava molto, non ricevendo nessuna risposta riprese il discorso – siamo qui per perquisire la vostra dimora e, inoltre, dovrete rispondere a una serie di domande. Sono stato chiaro?"
Galador acconsentì frettolosamente e permise agli uomini di entrare in casa, l'ansia gli stava torturando lo stomaco e sperava che finissero in fretta per riprendere a respirare.
Mentre gli uomini del principe ribaltavano la casa del maestro, Erech incatenò l'uomo con le sue domande. Gli mostrò un ritratto della ragazza, l'avevano fatto disegnare dal pittore di corte il quale si era basato sul ricordo del giovane principe, Galador rimase impressionato da quanto era azzeccato quel ritratto, era uguale a Nilde, potrebbe aver giurato che l'avessero già incontrata.
"Hai mai visto questa ragazza?"
Erech punto lo sguardo in quello di Galador, cercava di studiare i suoi movimenti, voleva capire se nascondesse qualcosa.
Dal canto suo, il maestro, cercava di non far trapelare nulla che potesse insospettire il giovane.
"No mio signore."
"Ne siete sicuro?"
"Mio signore, una giovane donna come questa sarebbe impossibile da dimenticare se mai l'avessi incontrata."
Quella scusa sembrò convincere il principe che subito rivolse il suo sguardo ai suoi uomini.
"Avete trovato qualcosa?"
Un anziano con una folta barba rossa si avvicinò a passo svelto verso Erech e, una voce profonda e minacciosa uscì tagliente dalle sue piccole e sottili labbra.
"Nulla mio signore!"
Erech era particolarmente spazientito, non poteva essere sparita nel nulla.
Si ritrovò ad osservare l'anziano davanti a se, aveva una folta barba bianca come la seta e dei lunghi dread altrettanto bianchi gli coprivano interamente le spalle fino alle natiche.
Aveva profondi occhi azzurri che continuavano ad osservare gli uomini correre per l'abitazione. Riuscì a leggervi al loro interno puro terrore, ma capì che non temeva per la propria vita.
"Signore come vi chiamate?"
Galador venne colto alla sprovvista e senza pensarci si affrettò a rispondere.
"Galador mio signore."
"Galador, avete per caso una figlia?"
Galador parve spaesato agli occhi del giovane che iniziò a pensare di essersi sbagliato.
"No mio signore, non ho famiglia."
Il viso del vecchio si incupì improvvisamente e quella fu la prova per il giovane principe che evidentemente si sbagliava. Non fece altre domande al povero anziano, decidendo così di lasciarlo tranquillo.
"Uomini! Qui abbiamo finito, adesso andiamo verso i boschi dell'Est!"
Un urlò di consenso si levò tra gli uomini del principe mentre il cuore di Galador perse un battito. Nilde era in pericolo.
Erech si trovava all'esterno dell'abitazione del maestro che discuteva con alcuni dei suoi uomini più fidati del prossimo passo da compiere, quando una voce si alzò prepotente all'interno dell'edificio.
"Mio signore! Abbiamo trovato qualcosa."
Il principe lanciò un fugace sguardo ai suoi uomini e si introdusse rapidamente all'interno dell'edificio.
"Mio signore, abbiamo trovato un'uscita posteriore. Qualcuno deve averla usata di recente, ci sono delle tracce dirette verso il bosco."
Erech rimase fermo a contemplare quelle impronte mentre una rabbia cieca iniziò a impossessarsi di lui.
"Portatemi qui il vecchio. Portatemelo subito!”

 

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Capitolo 7
*** 6 ***


14 Saovine
"Seguiremo le tracce, chiunque sia lo troveremo e dovrete consegnarmelo vivo! Sono stato chiaro?"
Un urlo di consenso si levò tra le file degli uomini di Erech e subito partirono in sella ai loro cavalli, il principe fu l'ultimo a partire al galoppo dopo aver lanciato un ultimo sguardo al cadavere del vecchio maestro. L'avevano martoriato fino allo sfinimento in fine, una volta collassato
 dall'enorme perdita di sangue e dal dolore intollerabile, decisero di esporre il cadavere davanti all'entrata dell'alloggio, in modo tale che chiunque lo vedesse capisse che quello era stato un traditore.
Un piccolo sorriso compiaciuto rigò il volto del principe particolarmente soddisfatto dalla vista che gli si presentava, provava un certo piacere nell'osservare i corpi martoriati, mutilati o decapitati.
Provava piacere nell'udire le urla e i pianti disperati fuoriuscire dalle bocche di quei miserabili che avevano deciso di mettersi contro il trono. In fondo qualcosa in comune con suo padre l'aveva, pensò Erech prima di raggiungere rapidamente i suoi uomini.
Hathol lo attendeva in coda agli altri più pensieroso del solito, una volta uno affianco all'altro il giovane decise di esporre i suoi dubbi al principe che si ritrovò a pensarla come il suo amico.
"Erech a cavallo non credo che riusciremo a raggiungerli prima che scompaiano nel nulla."
"Lo so, ma non abbiamo altre alternative. O così, o a piedi!"
Sputò irritato l'uomo contro il suo amico fulminandolo con lo sguardo, mentre i due continuarono la discussione in lontananza iniziarono a propagarsi dei ruggiti che invasero l'intero bosco, gli uomini si zittirono improvvisamente, tutti con l'orecchio teso in ascolto. In una manciata di secondi si materializzarono sopra di loro un tre viverne pronte ad accompagnarli all'inseguimento.
Nel frattempo, più ad est.
Dall'alto di un galadh Nor scrutava l'orizzonte in cerca di qualche spiazzo tra tutti quegli alberi, simbolo della presenza di qualche piccolo villaggio, ma la sua vista per quanto acuta e allenata non riusciva a scrutare nulla se non un'enorme disesta di galadh che si estendeva a perdita d'occhio. Stavano camminando ormai da tre giorni ed erano ancora distanti dalla meta, troppo distanti, i due iniziarono a temere di non riuscire a giungere in tempo.
Nilde iniziava a spazientirsi, erano troppo vicini ai seguaci del tiranno, inoltre le risultava impossibile non trovare neanche un piccolo villaggio in quelle zone, il maestro le aveva raccontato svariate volte che in quelle zone era pieno di piccoli villaggi abitati dai ribelli ma loro, di quei villaggi non trovarono neanche l'ombra.
Mentre la ragazza continuava a camminare avanti e indietro spazientita sotto il Galadh sul quale il suo amico ispezionava la zona, Nor iniziò a intravedere del movimento in lontananza, all'inizio gli parve molto strano poiché a quell'altezza non potevano esserci degli uomini ma quando l'immagine si fece più limpida ai suoi occhi, la consapevolezza di essere in pericolo si impossessò di lui.
Scese in fretta dal galadh e strattonò prepotentemente l'amica invitandola a correre.
"Nor cos'hai visto?" chiese la giovane ansimando.
"Nulla di buono, siamo più in pericolo di prima"
"Cioè?"
Il ragazzo si arrestò di colpo e con uno sguardo terrorizzato rispose alla sua amica in preda al panico.
"Hanno delle viverne, delle viverne capisci? Non possiamo scappare dalle viverne, è impossibile."
A quelle parole la paura iniziò a impossessarsi anche della giovane ma un pensiero si fece strada nella sua testa facendole spuntare un sorriso di speranza.
Nor rimase stordito nel vedere la sua amica sorridere in quella situazione e per un'attimo uno scatto d'ira si impossessò di lui. Si avvicinò di gran passo alla sua amica e, dopo averle posto le mani sulle spalle, strinse la presa e iniziò a strattonarla.
"Nilde, non mi sembra il momento giusto per ridere!"
"Nor! Smettila!"
Una lieve risata usci dalle labbra carnose della ragazza divertita dal vedere il suo amico cosi spaventato, il ragazzo invece continuava a non capire.
"Anche noi abbiamo in nostro asso nella manica."
"Corri! Dobbiamo raggiungere in fretta un piazzale!"
La ragazza sfrecciava rapidamente tra i galadh continuando a fischiare, mentre Nor faticava a starle dietro a causa della sua enorme stazza. "Nilde puoi spiegarmi cosa ti sta passando per la testa?" chiese il ragazzo ansimando dallo sforzo, era un combattente è vero, ma la sua specialità non era la corsa eppure la ragazza continuava a incitarlo. Improvvisamente un piccolo spiazzo si presentò davanti a loro, grosso abbastanza da ospitare il loro asso.
Ma di lui nessuna traccia.
Nilde continuava a fischiare con il volto rivolto verso il cielo, carico di pioggia e pronto ad esplodere, era sicura che l'avrebbe sentito, lui la sentiva sempre.
Mentre i due erano impegnati a scrutare quel pezzo di cielo una voce profonda alzatasi alle loro spalle, li gelò sul posto.
"Bene, bene, bene. Ecco i nostri fuggitivi.”

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Capitolo 8
*** 7 ***


15 Saovine

Mornon osservava distrattamente il soffitto finemente intagliato che ornava la sua stanza, continuava a sperare che ciò che stavano cercando apparisse prima o poi, non poteva essere svanita nel nulla, continuava a ripeterselo ormai da mesi.
Erano passati molti anni ormai nonostante ciò, sperava nel ritrovare la sua ultima risorsa. Ne mancava solo una, e il puzzle sarebbe stato completato."Sei sempre così teso, dovresti rilassarti ogni tanto."
Una voce flebile gli giunse alle orecchie riportandolo dolcemente alla realtà, si ritrovò così ad osservare la donna distesa al suo fianco che lo guardava in modo languido e famelico mentre con una mano gli disegnava cerchi invisibili sul petto.
Un dolce e quasi impercettibile sorriso gli illuminò il volto per un secondo, passò dolcemente il dorso della mano sul viso della donna e rimase per qualche istante a bearsi della sua bellezza.
I lunghi capelli biondi ricadevano morbidi sullo snello e tonico fisico della donna coprendo interamente i seni e incorniciando quel viso dai lineamenti duri e sensuali, i suoi occhi rossi erano così profondi che anche l'uomo più forte non sarebbe riuscito a scappare da quel vortice.
"Non sono teso Luthien, spero solo che mio figlio riesca nella sua missione."
Un sospiro pesante uscì dalle sottili labbra dell'uomo che venne subito catturato dalla donna distesasi sopra di lui.
"Vedi, pensi troppo alla missione, rilassati."
Diede un rapido bacio a fior di labbra a Mornon e in un attimo si mise a cavalcioni sull'uomo.
In poco tempo l'eccitazione si impadronì delle membra dei due amanti e i gemiti di piacere della donna iniziarono a espandersi per la stanza.
I due corpi si muovevano a un ritmo sempre più frenetico mentre Mornon osservava completamente rapito i seni della donna muoversi sotto il suo tocco.
I due amanti erano quasi al culmine del piacere quando un forte rumore si diffuse nell'alloggio del tiranno, sovrastando i gemiti della donna.
Qualcuno prese a bussare freneticamente alla porta di legno massiccio facendo imbestialire Mornon, chiunque osasse interromperlo in un momento del genere doveva vedersela con la sua ira.
L'uomo scostò rapidamente la donna di lato, si alzò in fretta infilandosi la sua solita vestaglia di seta nera e dorata, e si avviò come una furia alla porta aprendola con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque.
Si ritrovò davanti un Bor impettito, con uno sguardo serio e indifferente, incurante dell'ira che montava in Mornon.
"Cosa diavolo vuoi? Ero impegnato!"
Ringhiò il tiranno a un passo dal vecchio tentando di spaventarlo ed indurlo ad andarsene.
Bor diede un leggero colpo di tosse dopodiché prese a parlare.
Disse due semplici parole, ma bastarono a far dimenticare a Mornon la donna che sostava tra le sue coperte di sera.

"L'hanno trovata.”

 

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Capitolo 9
*** 8 ***


17 Saovine

Volavano ormai da un giorno e ne mancavano altri sei circa, tre per superare quella landa desolata e altri tre per raggiungere Elanor, città dove risiedeva il tiranno, i due guerrieri non sentivano più le natiche, le viverne non erano assolutamente comode come i draghi poté constatare Nilde.
I draghi.
La ragazza era amareggiata, al punto che non oppose alcun tipo di resistenza quando il principe la legò e la issò in groppa alla viverna, non comprendeva come Imlach non avesse risposto al suo richiamo e l'unica cosa che le veniva in mente era che le fosse successo qualcosa di grave e questo le spezzava il cuore.
Nor dal canto suo non la aiutava a sentirsi meglio, in groppa all'altra viverna continuava a lanciarle occhiate di fuoco che lei non riusciva a sopportare.
Per la prima volta in vita sua si sentiva sola e disarmata. Non aveva idea di come uscire da quella situazione e per un attimo pensò davvero di abbandonarsi completamente al suo destino e compiere il volere del Tiranno.
In lontananza il sole aveva iniziato la sua ascesa tingendo il cielo di sfumature rossastre e le viverne presero a scendere rapidamente facendoli trovare in un attimo nuovamente a terra.
Erano esattamente al centro del deserto Forochel, letteralmente Ghiaccio del Nord, un'enorme distesa ghiacciata che si estendeva a perdita d'occhio. Solo Neve, ghiaccio e vento gelido.
Nilde venne scaraventata a terra da Erech che la seguì scendendo dall'animale in modo più aggraziato e delicato.
Grugnì lievemente quando il suo viso entrò prepotentemente a contatto con la neve ghiacciata guadagnandosi un calcio nelle costole dal principe che la lasciò per un attimo senza fiato.
"A tuo padre serve viva!"
Fu il ragazzo moro a infrangere il silenzio che portavano avanti ormai dal momento della cattura, mentre aiutava Nor a scendere dalla viverna.
"Non la sto mica uccidendo."
Sputò acido il principe dopo aver assestato un ultimo e prepotente calcio alla ragazza, dopodiché girò i tacchi e iniziò a preparare il necessario per la notte.
Nilde si mise a sedere con estrema difficoltà, le doleva ogni parte del corpo, un po' per il lungo viaggio a dorso di quel animale particolarmente scomodo e un po' per le botte appena ricevuto.
Si ritrovò così a fissare il ghiaccio su cui era seduta senza pensare a nulla quando la voce del principe le graffiò i timpani intonando parole che le fecero ribollire il sangue.
"Stando a ciò che ho saputo di te, dovresti essere una ragazza pericolosissima, a quest'ora dovrei essere già morto, invece - si avvicinò alla ragazza e si mise alla sua altezza incatenando il suo sguardo.- sei solo una stupida ragazzina convinta di essere un'eroina, ma non sei neanche in grado di sfoderare queste lame che ti porti appresso."
L'intenzione di Erech era quella di infastidirla, voleva vedere cos'era davvero in grado di fare e divertirsi un po. Al momento della cattura la ragazza non aveva opposto resistenza anzi, si era fatta prendere e ad Erech non gli era neanche sfuggito lo sguardo assente, completamente perso nel vuoto. Non c'era stata nessuna lotta, tutto fin troppo semplice e questo aveva annoiato il principe.
Nilde rimase a fissare l'uomo, l'odio che provava in quel momento iniziava ad essere sempre più vivo, iniziarono a pruderle le mani e lentamene la rabbia la rendeva ceca.
Senza neanche pensarci sputò in un occhio a Erech che, colto alla sprovvista rimase allibito ma, dopo essersi ripulito, diede un pugno in pieno viso alla giovane facendola cadere all'indietro. La rabbia impediva a Nilde di provare dolore e con una spinta riuscì a rimettersi seduta.
Erech caricò un altro gancio che venne intercettato e bloccato dal suo soldato.
"La vuoi smettere? "
La rabbia che provava per quella ragazza era qualcosa di profondo e ancorato al suo cuore, tanto che se il suo amico non lo avesse fermato avrebbe potuto ucciderla.
Hathol gli aveva sempre detto che attribuiva la lontananza di suo padre a quella ragazza, diceva che era talmente preso da trovare lei che trascurava suo figlio, portando Erech ad odiarla a morte.
Lui invece non l'aveva mai vista così, aveva sempre pensato ci fosse un'altra ragione sotto che neanche lui comprendeva.
Si alzò senza proferire parola e terminò di sistemare il suo giaciglio.
Hathol controllò che Nilde non fosse tanto ammaccata dopodiché si diresse a prendere i viveri.
Cenarono in completo silenzio, mentre ognuno era perso nei suoi pensieri, lo zigomo di Nilde iniziò a farsi sentire e la ragazza si concentrò su quello, tentando di masticare senza procurarsi troppo dolore.
Terminata la cena il principe e il suo soldato si sistemarono nei rispettivi giacigli, Nilde notò che era stato preparato un giaciglio anche per Nor, ma per lei nulla.
Un senso di frustrazione la invase come un fiume in piena, la ragazza si gettò all'indietro sconfortata battendo una forte schienata sulla neve ghiacciata che le provocò una leggera fitta che si propagò per tutto il corpo facendole perdere il respiro.
Rimase supina a guardare il cielo, quella notte particolarmente limpido e lentamente contro ogni sua aspettativa cadde in un sonno profondo e privo di sogni.
Al contrario, Erech dal suo giaciglio non riusciva proprio a chiudere occhio. Sentiva i respiri pesanti e regolari dei suoi compagni di viaggio, segno che stavano dormendo, mentre lui si ritrovò ad osservare la ragazza.
La luna rischiarava i suoi lineamenti rendendola una bambola di porcellana, si soffermò a guardare lo zigomo che ormai si era gonfiato e aveva preso colore e per un attimo si pentì di ciò che aveva fatto, adesso che la vedeva li dormire beatamente, le pareva una ragazza come tante altre, una bellissima ragazza alla quale le era stata strappata la famiglia e che doveva sopravvivere in un mondo fatto di avvoltoi come lui e suo padre.
In tutti quegli anni non aveva fatto altro che immaginarsela, ma adesso che era li davanti a lui rimase interdetto.
La odiava profondamente senza concepirne il motivo ma allo stesso tempo ne era ammagliato.
Mentre era perso nel labirinto intersecato della sua mente, notò dei piccoli fremiti che scuotevano il corpo esile della ragazza, stava morendo di freddo, si chiese per l'ennesima volta perché avesse deciso di non prepararle il suo giaciglio mentre si alzava frettolosamente, prese una pesante coperta dalla bisacca e la adagiò sulla ragazza che subito smise di tremare.
Rimase qualche istante a contemplarla da vicino, dei corti ciuffi di capelli rossi le coprivano la fronte creando contrasto con la pelle ancora più pallida sotto la luce della luna.
Un movimento brusco alle sue spalle però lo fece trasalire, si voltò di scatto e scorse la sagoma del suo amico seduto che lo fissava.
"Cosa stai facendo Erech? È notte fonda, devi dormire."
Il principe non rispose, si limitò a tornare al suo posto.
Hathol rimase a fissare il suo amico tornare a dormire, iniziava a capire cosa annidasse la testa di Erech e qualcosa gli faceva credere che Nilde centrasse qualcosa.

 

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Capitolo 10
*** 9 ***


18 Saovine
Una fitta all’addome fu la sveglia di Nilde mentre un raggio di sole la colpì in pieno volto accecandola, lentamente si mise a sedere ignorando il dolore che attanagliava ogni parte del suo corpo.
Nor e Hathol dormivano ancora mentre Erech era in piedi concentrato ad osservava l’enorme distesa di ghiaccio.
Fin dal primo momento che si erano incontrati aveva percepito qualcosa di famigliare in quel volto cosi duro e cupo, eppure non riusciva a capire dove potesse averlo mai visto.
“Smettila di fissarmi!”
La voce profonda e roca dell’uomo le arrivò prepotente alle orecchie, abbassò rapidamente lo sguardo mentre le sue gote iniziarono a colorarsi leggermente di rosso, era talmente concentrata ed ammaliata dalla bellezza di quel principe così misterioso da non rendersi neanche conto che si era voltato nella sua direzione.
Si insultò mentalmente per aver visto così tanta bellezza nell’uomo che solo il giorno precedente l’aveva rapita e quasi uccisa a pugni.
Quando risollevò lo sguardo però, il fiato le se mozzò in gola, lui era li, accovacciato fino a raggiungere la sua altezza, erano faccia a faccia e così vicini che riusciva a percepire il calore del suo respiro sulle sue labbra.
Erech incatenò i suoi occhi in quelli della ragazza e lei si lasciò trasportare da quel vortice nero come la pece, perdendosi completamente.
“Forse dovrei chiederti scusa.- fece una lieve pausa aspettando che Nilde dicesse qualcosa, ma la ragazza era troppo scioccata da ciò che aveva sentito per dire qualcosa.- sai perché ti ho rapita?”
Nilde non rispose si limitò a guardarlo in quelle iridi così nere e profonde.
Il principe fece un piccolo sorriso abbassando lo sguardo.
“Sai sono proprio curioso di sapere cosa sai fare.”
Rapidamente tagliò le corde che legavano i polsi di Nilde e la invitò ad alzarsi.
Lei rimase per un istante interdetta fissandosi le mani, ormai libere. Non capiva il gioco che stesse facendo quell’uomo e la cosa la turbava.
Lentamente si sollevò e si mise in piedi davanti al principe, lui le passò le sue lame e con troppa esitazione le prese.
Riaverle tra le sue mani e risentire il loro peso la fecero sentire invincibile, si sentiva pronta ad affrontare quella situazione. Si perse qualche minuto ad osservare le rune elfiche che ornavano le due lame e il suo pensiero andò subito al maestro.
Era stato lui a donarle quelle lame quando aveva visto che sapeva combattere, “Le ho fatte forgiare dal miglior fabbro di tutta Elda e vedi queste rune - le disse mostrandogli quelle piccole scritte dorate poste su entrambe le lame.- queste rispecchiano la tua persona, quando sarai grande le capirai.”
E in quel momento le fu tutto più chiaro.
“Guerriera di fuoco.”, lei era una guerriera di fuoco, doveva solo capire come accenderlo.
Nilde riportò lo sguardo sull’uomo davanti a se che attendeva impaziente che lei iniziasse.
Fece roteare le sue lame sopra la testa e un sorriso le illuminò il volto, lasciando per un attimo disorientato Erech. Aveva un sorriso così luminoso che ti stordiva e lui ne rimase incantato.
Un fendente della ragazza però lo fece ritornare alla realtà e iniziò a rispondere, i due iniziarono così quella danza mortale. In breve però la furia cieca della ragazza iniziò a montare, i suoi colpi erano sempre più potenti, sempre più precisi ed Erech era sempre più in difficolta. La lama iniziò a colorarsi di rosso facendo luccicare le rune dorate e lo sguardo di Nilde mutò completamente.
Erech tentava in tutti i modi ti parare ogni colpo ma quella ragazza era davvero indistruttibile, notò come il suo sguardo fosse cambiato, le sue iridi si erano colorate di rosso e sembravano vere e proprie fiamme.
L’uomo iniziò a preoccuparsi, non riusciva più a respingerla e se fossero andati avanti così lei lo avrebbe ucciso, avrebbe dovuto fermarla in qualche modo, ma non sapeva cosa fare e disarmarla era praticamente impossibile.
Un urlo alle loro spalle lo fece quasi trasalire ma cercò di restare concentrato, riuscì a riconoscere la voce di Nor che tentava di riportare Nilde alla realtà.
“Nilde sono Nor, fermati!”
Un ultimo urlo disperato uscì dalle labbra del ragazzo e sembrò avere effetto, le fiamme negli occhi della ragazza si spensero e improvvisamente si arrestò
Respirava affannosamente e aveva lo sguardo perso, come se non capisse cosa fosse successo.
Il principe era poco distante da lei ancora con la spada sollevata a parare un colpo, respirava anche lui affannosamente e la guardava, rimase colpito dallo sguardo mortificato che le rivolse lei e lentamente abbassò la lama riponendola nel fodero.
Rimasero tutti congelati al loro posto per quello che sembrò un’eternità, nessuno sapeva cosa dire o fare quando un rumore rimbombò prepotente nel cielo. Alzarono lo sguardo, il cielo era particolarmente limpido e non sembrava stesse per scoppiare una tempesta. Il principe abbassò lo sguardo sulla ragazza davanti a se e la vide illuminata da un sorriso raggiante, aveva lo sguardo puntato alle sue spalle. Lentamente si girò e quello che vide lo pietrificò.
Un drago.
Si posò pesantemente sulla neve ghiacciata e fece un ruggito in grado di far accapponare la pelle.
“Imlach” si fece sfuggire in un sussurro Nilde e per un istante dimentico tutta la situazione, dimentico di essere stata rapita e che i suoi rapitori fossero li, si lanciò in una folle corsa per raggiungere il suo drago.
Non riusciva a credere che fosse sano e salvo.
Non riusciva a credere che fosse andato li per salvarla.
Lo abbracciò di slancio contenta di risentire quella corazza dura a contatto con la sua pelle.
“Nilde allontanati da quella bestiaccia!”
L’urlo di Erech la riportò bruscamente alla realtà.
Si voltò lentamente rimanendo vicina a Imlach.
“Lui non è una bestiaccia!”
La rabbia iniziò a montare nuovamente, era disarmata, le sue lame erano alle spalle del principe, ma lei aveva Imlach ed era una dominatrice.
Non aveva bisogno di lame per combattere.
Ricordò quando il maestro le aveva parlato di come i dominatori agissero e tentò di ricordare ogni passaggio che le aveva spiegato.
“Si concentravano innanzi tutto sul loro respiro, in quel modo si isolavano dal resto in modo tale da non avere distrazioni, dopo di che si concentravano sull’energia che passava attraverso le loro vene, sai a quanto si dice riuscivano a percepire il loro potere, in fine incanalavano quell’energia fuori dal loro corpo.”
Imlach dovette intuire cosa stesse tentando di fare e con delicatezza sfregò il muso contro la schiena della ragazza incoraggiandola.
Nilde chiuse gli occhi e si concentrò sul suo respiro, in poche tempo riuscì a sentire l’energia percorrerle l’intero corpo come linfa vitale, lentamente non sentì neanche più il vento gelido di quella landa desolata, ma un dolce tepore la riscaldò da dentro.
Iniziò a spingere mentalmente l’energia verso le sue mani e quando riaprì gli occhi delle piccole fiamme danzavano sul palmo delle sue mani.
Ci era riuscita.
Lo sguardo andò a posarsi su Erech, terrorizzato alla vista di ciò che era riuscita a fare, e un sorriso compiaciuto incorniciò il viso fiero della giovane.
“Adesso ci lascerete andare senza fare nulla oppure vi assicuro che vi ucciderò con le mie stesse mani.”
La voce le uscì da sola, bassa e minacciosa spaventando anche se stessa.
Vide del terrore nello sguardo del principe, durò solo una frazione di secondo perché subito si tramutò in rabbia.
“Sei davvero convinta che ti lascerò andare senza fare nulla?”
Una forte risata uscì dalle labbra dell’uomo, Nilde non capiva come potesse ridere di gusto in quel momento, erano messi alle strette e se li avessero sfidati non ne sarebbero usciti vivi, non c’era nulla da ridere per loro.
Dei ruggiti alla sue spalle la fecero voltare allarmata, era talmente impegnata con i suoi poteri che non si rese neanche conto delle viverne non più presenti alle spalle del ragazzo, che avevano approfittato della sua distrazione per attaccare Imlach.
La paura di poterlo perdere la paralizzò sul posto.
Era grosso quanto le due viverne messe insieme, ed era forte, ma restavano due contro uno, da solo non era sicuro riuscisse a farcela.
Fece un passò in avanti per aiutare il suo amico, ma delle catene le avvolsero i polsi bloccandola. 

“Credevi davvero di sfuggirmi?”.

 

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Capitolo 11
*** 10 ***


Le catene erano strette talmente forte che le scavavano la carne ad ogni suo movimento e lentamente il sangue le ricopriva le mani.
Sentiva i ruggiti di Imlach alle sue spalle che continuava a combattere contro quelle lucertole troppo cresciute ed il suo cuore si stringeva sempre di più, doveva aiutarlo.
“Bene, adesso farete i bravi. Presto saremmo a Elanor da mio padre e li scoprirete le vostre sorti.”
“Cosa ci farà tuo padre?”
Nilde puntò i suoi occhi in quelli del principe, carichi d’odio e determinazione, odiava quell’uomo più di chiunque altro e non si sarebbe data pace fino a quando nn avrebbe avuto l’onore di toglierli la vita. Ma prima che quel momento arrivasse doveva sapere cosa voleva esattamente da lei il Tiranno.
Una risata divertita uscì dalla bocca di Erech che subito si affrettò a chinarsi davanti alla ragazza, si avvicinò il tanto che bastava per sentire il suo respiro sulle labbra ed incatenò i loro sguardi, un flebile ma deciso sussurro uscì dalle sue labbra facendo rabbrividire Nilde.
“A lui servono i tuoi poteri, ha già catturato tre dominatori, manchi solo tu. Una volta che sarete tutti riuniti userà i vostri poteri per prendere il potere su tutta Elda. Quando avrà finito con voi non so cosa farà. In ogni caso sarai obbligata a fare tutto ciò che vuole.”
Un sorriso beffardo gli incorniciò il volto per qualche istante, dopodiché si alzò e si allontanò con Hathol.
Nilde sollevò lo sguardo su Nor seduto davanti a lei, la testa china a guardare il pavimento ghiacciato. Hathol ed Erech erano intenti a parlottare sul da farsi a qaunlche metro da loro, non potevano sentirli e lei ne approfittò.
“Nor devi aiutarmi!”
Il ragazzo sollevò di scatto il viso, puntando gli occhi azzurri limpidi come il cielo d’estate in quelli verde smeraldo della ragazza, rimase in silenzio per qualche secondo fino a quando il suo viso venne solcato da una smorfia straziante, un sorriso triste incorniciarono due occhi sofferenti.
Gli occhi di chi sapeva di essere già morto.
Un piccola e solitaria lacrima gli rigò il volto e una voce tremolante uscì flebile dalle sue labbra.
“Nilde come pensi che ti possa aiutare? Sono incatenato come te, non posso fare nulla. Ne per te, ne per me. Siamo spacciati questa volta.”
“No! Non lo siamo!”
Una risata spenta e priva di felicità risuonò prepotente nei timpani della ragazza.
“Sei davvero così stupida da non capire? Io sono un uomo morto, a loro non servo a nulla perciò mi uccideranno, per quanto riguarda te, probabilmente useranno fino all’ultima goccia del tuo potere per i loro comodi per poi gettarti via come spazzatura.”
A sentire quelle parole una paura cieca iniziò a montare dentro Nilde, non potevano uccidere il suo compagno di allenamento, il suo migliore amico, suo fratello.
Perché è questo che era per lei Nor, un fratello.
“Non permetterò che ti facciano nulla.”
Promise, più a se stessa che al ragazzo davanti a lei.
In breve tempo la paura si trasformò in rabbia. Una rabbia sorda, prepotente.
Una furia inarrestabile.
Le immagini dei corpi senza vita dei suoi genitori le annebbiarono la vista, susseguite da Imlach, ferito a combattere con le due viverne e Nor, perso in un pianto disperato legato come un animale, impotente.
Non poteva dargli tutto questo potere.
Loro non erano nessuno, non potevano fare ciò che volevano con la sua famiglia, con la sua vita.
Non si sarebbe inchinata davanti al sovrano.
Non gli avrebbe permesso nulla.

 

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Capitolo 12
*** 11 ***


25 Saovine
Un dolce tepore la avvolgeva facendola sentire per un attimo a casa e un profumo di spezie aleggiava nell’aria solleticandole l’appetito.
Aprì lentamente gli occhi ritrovandosi ad osservare un soffitto a lei estraneo, adornato da tappeti finemente decorati con colori sgargianti.
Si sollevò lentamente a sedere e una forte fitta le attraversò l’addome facendole mozzare il fiato in gola. Portò rapidamente una mano al petto dove un’enorme benda lo copriva interamente e la stessa benda era presente anche nelle mani.
Rimase ad osservarle disorientata.
Si ritrovava in una casa mai vista, con bende a ricoprirle il corpo, fitte che non la lasciavano respirare e l’unico ricordo che aveva era l’immagine straziante di Nor seduto davanti a lei che piangeva.
“Buongiorno bella addormentata!”
La voce del suo migliore amico la fece trasalire bruscamente spaventandola.
La visione di un Nor sorridente davanti a lei però la fece tranquillizzare capendo di essere al sicuro.
Aprì la bocca per chiedere spiegazioni ma l’unica cosa che vi uscì fu un grugnito roco.
Sollevò lo sguardo carico di paura e domande puntandolo in quello di Nor, che perse subito il sorriso iniziando a contemplare il pavimento di legno.
“Ti ho portato una zuppa di erbe che ti aiuterà a guarire.”
Si limitò a dire il giovane porgendole la ciotola ricolma di un liquido verdastro dall’odore pungente. Una leggera smorfia schifata attraversò il volto della ragazza facendo ridere di gusto l’amico.
“Mangia, l’odore non è dei migliori ma il gusto non è male.”
Contemplò per qualche altro istante l’intruglio tra le sue mani fino a quando si ritrovo a mangiarlo con gusto.
“So che vuoi delle spiegazioni.”
Nilde sollevò lo sguardo dalla ciotola ormai vuota e guardò il suo amico implorandolo con lo sguardo di spiegarle, quando una voce bassa e roca li interruppe prepotentemente.
“Nor ho portato altra legna,Nilde si è ripresa?”
Un grosso omone fece il suo ingresso trasportando un enorme contenitore colmo di legna che posò con poca delicatezza vicino a un piccolo caminetto,  che solo in quel momento notò, posto di fianco alla porta da cui era entrato voltandosi poi nella loro direzione.
Guardò leggermente sorpreso la ragazza seduta che lo fissava per poi regalarle un enorme e luminoso sorriso incorniciato da una folta barba rossastra, dei lunghi ricci rossi erano legati in una crocchia disordinata dalla quale sfuggivano delle ciocche ribelli.
Nilde ricambiò il sorriso e l’uomo si avvicinò a lei contemplandole attentamente le fasciature.
“Tra poco dovremo cambiarle, non so se Nor ti ha spiegato l’accaduto, in ogni caso, hai delle gravi ustioni sulle mani e sul costato. Avrai notato l’assenza della tua voce, non so come tu abbia fatto ma sei riuscita a rovinarti le corde vocali al punto che non so se riuscirai a parlare di nuovo.”
A quelle parole Nilde venne investita da una paura folle.
Un forte tonfo al suo fianco la fece voltare di scatto, trovando Nor intento a tirare pugni contro una parete.
“Nor fermati o dovrò medicare anche te!”
“Tu non capisci.”
Una risata priva di felicità uscì dalle sue labbra incorniciando un volto solcato dalla rabbia, una rabbia che scosse la giovane fino nel profondo.
“Tu non capisci!”
Urlò ancora il giovane in preda all’ira.
“È tutta colpa sua!”
“Nor, smettila. Ti consiglio di uscire a prendere un pò d’aria.”
La voce dell’uomo, seppur bassa e calma, risuonò come un tuono alle orecchie dei due giovani spingendo Nor a seguire il suo consiglio.
L’uomo seguì con lo sguardo il ragazzo uscire restando per qualche secondo immobile a contemplare la porta della stanza.
Quando si voltò nuovamente della ragazza il suo viso era completamente rilassato e nuovamente solare.
Prese un piccolo sgabello che posizionò di fianco al letto su cui era seduta, si armò di bende pulite e strani unguenti per poi prendere posto.
“Ok, adesso cambiamo le bende, probabilmente sentirai un pò di doloro mentre tolgo quelle vecchie, dovuto al fatto che potrebbero essersi incollate. Successivamente, pulirò le ferite e applicherò nuovamente questo unguente, potresti sentire bruciore durante l’applicazione, non ti preoccupare è tutto normale. Sei pronta?”
Nilde fece un piccolo cenno con la testa di consenso e l’uomo incominciò il lavoro.
Come aveva previsto le bende si erano incollate e dovette stringere i denti dal dolore, sopratutto quando tolse quelle dal costato.
Quando ripulì le zone ustionate dall’unguente vecchio rimase a contemplare quelle ferite ponendosi la solita domanda alla quale probabilmente non avrebbero dato alcuna risposta.
Dopo qualche minuto l’uomo ebbe finito e Nilde si senti piacevolmente fresca e pulita.
Tornò a stendersi contemplando quei tappeti particolari.
“Hai mangiato la zuppa?”
Si voltò verso l’uomo seduto davanti al caminetto intento a fumare una vecchia pipa inondando la stanza di una dolce aroma e la ragazza si ritrovò ad inspirare a fondo quella essenza che, dolcemente, le fece rilassare i nervi tesi ormai da troppo tempo.
Fece il solito cenno con la testa e riportò nuovamente lo sguardo al soffitto.
“Quella dovrebbe aiutare le tue corde vocali. Continuerai a mangiarla per almeno una settimana, dopo di che vedremo com’è la situazione.”
Ci fu un attimo di silenzio che colmò l’intera stanza, nemmeno il fuoco si permise di scoppiettare, simulando una pace surreale.
Dopo qualche minuto l’uomo si alzò dalla sedia, diede la buona notte alla giovane e aprì la porta intento ad uscire, quando si voltò di scatto facendola trasalire.
“Quasi dimenticavo, io sono Eramus!”

 

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Capitolo 13
*** 12 ***


25 Saovine
L’aria fredda gli sferzava il volto, nonostante avessero lasciato il nord il freddo non li aveva abbandonati, durante il giorno il clima era sicuramente più indulgente tra i boschi di Calien, ma la notte le temperature scendevano vertiginosamente.
Se in altre circostanze il vento gelido lo avrebbe infastidito, in quel momento gli provocava un sollievo profondo.
“Congelerai qui fuori ragazzo.”
Nor rivolse un veloce sguardo all’uomo appena comparso al suo fianco senza però far uscire nessuna parola dalle sue labbra.
Rimasero in silenzio per quello che sembrò un’eternità, un silenzio colmato dai loro respiri e dai rumori che avvolgevano il bosco.
“Non è colpa tua.”
Una flebile sussurro uscì da quell’omone così grosso che per un attimo Nor si chiese se fosse stato davvero lui a parlare.
Inconsciamente alzò lo sguardo, ritrovandosi ad ammirare una luna particolarmente splendente in una note così cupa.
“Sei riuscito a salvarla, dovresti essere contento.”
Una risata priva di felicità riecheggiò nell’aria facendo piegare leggermente la testa del ragazzo all’indietro.
“Si è salvata da sola, io non ho fatto nulla. Avrei dovuto aiutarla, avrei dovuto salvarla. Invece sono rimasto a guardare mentre lei salvava me e si distruggeva.”
“Tu sei riuscito a portarla da me prima che fosse troppo tardi. Perciò per quanto mi riguarda le hai salvato la vita.”
L’uomo si accese la pipa con un gesto istintivo, fumava da così tanti anni che ormai era un tutt’uno con la sua pipa di legno pregiato.
Ricordava ancora quando conobbe l’uomo al suo fianco, era a mala pena un ragazzino appena scappato dal suo paesello, ignaro di cosa il destino gli riservasse.
L’unica cosa di cui aveva la certezza era il fatto che lui fosse un assassino.
Dopo quasi dieci anni le voci riecheggiavano ancora nella sua testa come una cantilena straziante.
L’unico che era riuscito ad appagarle era stato il maestro, mostrandogli che in realtà era solo un bambino un pò troppo vivace che aveva commesso un errore.
Eppure a causa di quell’errore aveva perso tutto. La sua famiglia, i suoi amici, la sua casa, il suo paese.
I suoi compaesani l’avevano additato e cacciato come se fosse un criminale, invece era solo un bambino al quale non avevano insegnato la differenza tra giusto e sbagliato.
Era cresciuto con un padre troppo impegnato ad affogare i suoi dispiaceri nell’alcol e una madre che aveva occhi solo per sua sorella.
Il volto della sorella gli comparve prepotentemente davanti come uno schiaffo, con quell’espressione compiaciuta sul volto mentre tutti lo insultavano.
Non le bastavano tutte le attenzioni ricevute, voleva liberarsi di lui.
Il giorno che venne cacciato vagò per i boschi in preda al panico, non sapeva dove andare, come sopravvivere.
Quando, per puro caso, giunse ad una capanna costeggiata da un ruscello con un uomo anziano intento a strappare delle erbacce dal terreno, il suo cuore riprese a battere e si ritrovò a pensare che la speranza non fosse del tutto svanita.
Da quel giorno Nor divenne l’apprendista del maestro e divenne una nuova persona e quando incontrò per la prima volta gli occhi color smeraldo di quella bambina di soli otto anni, si sentì rinascere completamente capendo che da quel momento la sua vita era completa.
Adesso, invece, stava perdendo tutto.
Per essere un codardo. Per non essere un buon amico.
“Quando avrai finito di contemplare il vuoto ti consiglio di raggiungere la ragazza. Ora più che mai ha bisogno di te.”
Nor venne riscosso prepotentemente da Eramus che, dopo avergli dato una forte e decisa pacca sulla spalla sparì tra l’oscurità del bosco.
Prese un ultima profonda boccata d’aria fresca e si decise a rientrare trovando Nilde seduta sul letto intenta a contemplare le bende.
A vederla in quello stato il suo cuore si strinse in una morsa dolorosa. Era sempre stata una ragazza forte eppure in quel momento pareva solo una piccola bambina sperduta e indifesa.
“Guarirai presto.”
Sussurrò dolcemente mentre lentamente prendeva posto al suo fianco.
“So che vuoi sapere cosa sia successo, ma dopo che te lo avrò raccontato devi promettermi che accetterai il mio aiuto.”
Spostò il volto della giovane con un tocco delicato sotto al mento, in modo tale che i loro occhi si potessero incontrare.
Annuì debolmente in risposta e si sistemò in attesa che Nor iniziasse il suo racconto.
“Allora, come ben sai sei una dominatrice. - Uno sguardo d’ovvietà comparve sul volto della giovane che subito voltò per nascondere un sorriso divertito, facendo nascere a sua volta un sorriso sulle labbra dell’amico. - È inutile che mi guardi così, lo so che è una cosa ovvia. Comunque i tuoi poteri sono molto più forti di quanto potessimo aspettarci il problema è che non sai controllarli. Come nel combattimento… normale?! Si definiamolo così. Come nel combattimento normale ti lasci trasportare dall’ira, il problema è che con questi poteri diventi incontrollabile e distruttiva.”
Uno sguardo enigmatico comparve sul volto di Nilde facendo intendere al suo amico che in realtà non avesse capito cosa le stesse dicendo.
“In poche parole sei un vero e proprio pericolo.”
La ragazza simulò una risata sarcastica con il labiale lanciando uno sguardo inceneritore all’amico al suo fianco.
“Nilde non scherzo, non riuscivamo a controllarti, hai iniziato ad attaccare tutti. Ti sei fermata solo quando sono comparse quelle ustioni sul tuo corpo. E per fermata, intendo svenuta.”
Il volto di Nilde, che fino a poco prima era rivolto al pavimento, si sollevò di scatto guardano incredula il suo amico.
Si indicò le ferite in preda al panico che Nor riuscì a leggerle nello sguardo.
“Si te le sei procurata da sola e no, non sappiamo ancora come hai fatto.”
Entrambi si passarono una mano sulla nuca in un gesto, che agli occhi di un estraneo, poteva farli sembrare fratelli di sangue.
“Ti prometto che capiremo cos’è successo, nel frattempo però tu ti allenerai così imparerai ad utilizzare i tuoi poteri senza finire di uccidere anche chi sta dalla tua parte, sono stato chiaro?”
Nilde annuì decisa, voleva anche lei imparare a dominare i suoi poteri per poter combattere al meglio evitando stragi inutili.
“Ora riposati, devi riprenderti,”
Le diede un leggero bacio sulla nuca e andò a distendersi in un giaciglio poco distante da quello della sua amica.
Un sonno profondo si impossessò dei due amici all’istante, trascinandoli in un riposo tranquillo e privo di incubi.

 

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Capitolo 14
*** 13 ***


22 Saovine
“Ditemi che è uno scherzo?”
Si passò una mano sul volto stanco, quella ricerca andava avanti da davvero troppo tempo e non poteva credere, dopo tutti quegli anni, a ciò che giungeva alle sue orecchie.
“Sire è ciò che ha detto vostro figlio.”
Una risata nervosa riempì l’aria facendo indietreggiare il suo fedele amico che, agli occhi del Tiranno, parve decisamente troppo turbato per colui che si faceva chiamare “suo figlio” ma che di suo non aveva nulla se non il sangue.
“Chiamatelo! Lui e quel suo stupido amico.”
Ci fu un attimo di silenzio colmato dai loro respiri e dal rumore provocato dall’enorme portone, segno che i suoi servitori erano usciti dalla stanza.
Sollevò lentamente il capo puntando lo sguardo su Bor in piedi al centro dell’enorme sala. Nonostante i suoi anni aveva mantenuto l’agilità e la forza di quando era un ragazzino.
I lunghi dread bianchi ricadevano pesanti alle sue spalle ornati da fiori e nastri colorati a dir poco ripugnanti per Mornon.
“Quando ti deciderai a toglierti tutta quella roba dalla testa? Sembri una donna.”
Un piccolo sorriso parve sul volto dell’amico a quella affermazione.
“Dovresti fartene una ragione, non toglierò nulla di tutto ciò. - Disse indicando i capelli. - Piuttosto, potresti dirmi cosa ti passa per la testa? Credo di non averti mai visto così calmo.”
“Cosa vorresti dire?”
“Voglio dire che per ciò che è successo, non è assolutamente da te non esplodere urlando e vorrei sapere cosa c’è sotto.”
“Dai tempo al tempo e vedrai.”
I due si scambiarono un veloce sorriso prima che l’enorme portone venne spalancato dai servitori facendo entrare un Erech privo di espressione e un Hathol, al contrario, bianco come un lenzuolo.
“Ci avete chiamato padre?”
Mornon senza proferire parola si alzò dal suo trono con estrema lentezza, iniziò a contemplare ogni centimetro di quella sala così luminosa e al contempo spettrale.
“Sai questo castello venne costruito da tuo nonno. Ne andava così fiero, aveva progettato tutto lui. Voleva che fosse imponente e che facesse capire ai nemici a cosa andavano in contro, prima ancora che riuscissero ad avvicinarsi.”
“A me aveva raccontato una versione diversa”
Il principe interruppe bruscamente il padre che a stento represse la voglia di lanciargli il calice colmo di un liquore ambrato appena portogli dal suo fedele amico.
“Sai cosa dovrei farti figlio mio?”
Il Tiranno indirizzò uno sguardo di sfida al figlio che attendeva la collera del padre da quando era giunto a castello.
“Ho una vaga idea.”
Una leggera risata sfuggì dalle labbra dell’uomo intento a contemplare il liquore.
“Vi do una settimana per riposarvi. Non un giorno di più. Fra una settimana partirete e mi porterete quella dannata ragazza. Se non doveste riuscire nel vostro intento morirete.”.

 

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Capitolo 15
*** 14 ***


28 Saovine.
“Ricapitolando..”
Erech si passò una mano sul volto esausto, ripeteva quel piano ormai da più di due ore e Hathol non aveva ancora capito nulla.
“Andiamo non è così complicato!”
Batté prepotentemente un pugno sul tavolo di legno pregiato, facendo sussultare il suo amico intento a studiare la mappa.
Hathol continuava a passare lo sguardo dal suo amico alla mappa con aria interrogativa, non riusciva a capire, tutto quel piano era assurdo, la dominatrice era morta davanti ai loro occhi, si era accasciata su se stessa prima che anche lui perdesse del tutto i sensi, non potevano davvero pensare di partire alla ricerca di qualcosa che ormai era scomparso.
“Come credi che troveremo una ragazza morta?
Si lasciò sfuggire con rabbia.
“Non è morta! E anche se lo fosse, troveremo il suo cadavere prima o poi.”
“L’ho vista accasciarsi prima di perdere i sensi.”
“Beh, al nostro risveglio non c’era nessun corpo, perciò porrebbe essere viva.”
Uno sbuffo di disapprovazione uscì dalle labbra di Hathol che abbandonò le speranze e smise di ribattere.
“Quindi vuoi tornare nel punto in cui l’abbiamo persa?”
Erech alzò gli occhi al cielo e si passò nervosamente la mano sulla nuca.
“Si! Non è così complicato da capire.”
L’amico scosse il capo senza rispondere in un atteggiamento che fece irritare il principe.
“Perche adesso scuoti il capo?”
“Oh no, nulla.”
“Parla!”
Hathol fissò per qualche istante in silenzio il principe abbandonato sulla poltrona davanti a lui. Sapeva che non le sarebbe piaciuta la risposta, ma doveva esternare il suo pensiero e, senza indugiare oltre, sputò tutto d’un fiato.
“Credo che sia solo una perdita di tempo.”
L’ira di Erech era talmente intensa che Hathol riuscì a percepirla senza neanche doverlo fissare in volto, con il tentativo di nascondersi da essa, bevve un lungo sorso dal suo calice che aveva riempito poco prima di quel liquido ambrato così dolce e al contempo così forte.
Erech in uno scattò d’ira si sollevò in piedi iniziando a percorrere la stanza avanti e indietro in tutta la sua lunghezza.
“E allora sentiamo, come pensi che dovremmo agire?”
Tuonò con un tono di scherma.
Non ricevendo nessuna risposta si fermò davanti ad Hathol, ancora nascosto dietro al calice e con un colpo secco glie lo strappò dalle mani facendolo cadere al suolo e incatenò il suo sguardo in quello dell’amico che rimase in silenzio con espressione impassibile.
“Allora? Sto aspettando.”
“Non lo so.”
Una risata nervosa sfuggi al principe che mettendosi nuovamente a sedere concluse.
“Faremo ciò che ho deciso e fattelo andare bene!”
Si guardarono un istante in silenzio finché il principe non fece un cenno all’amico e questo si dileguò chiudendosi la porta alle spalle.

 

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Capitolo 16
*** 15 ***


28 Saovine.

Era notte inoltrata e si ritrovava seduto su quel piccolo trono dorato ad osservare la luna, mentre sorseggiava tranquillo un pò del solito dolce liquido ambrato.
I pensieri affollavano la sua mente impetuosi come il mare in tempesta premendo sulle tempie, portò una mano ad esse massaggiandole nel tentativo di placare quel dolore fastidioso.
L’immagine della ragazza continuava a tormentarlo anche ad occhi aperti.
Non riusciva a credere che fosse realmente morta, doveva essere viva, era troppo forte per permettere all’abisso di risucchiarla, o per lo meno era ciò che si diceva.
Ricordava ancora il viso candido baciato dalla luna quella notte, le labbra carnose e gli occhi che scintillavano persi ad osservare il cielo scuro.
Una parte della sua anima vibrò a quel ricordo che tentò immediatamente di scacciare con rabbia, non poteva vedere proprio lei in quel modo, non se lo poteva permettere.
Una mano si posò delicata sulla sua spalla facendolo trasalire.
“Cosa diavolo ci fai tu qui?”
Tuonò Erech, alzandosi rapidamente, indirizzando uno sguardo infuocato alla donna che gli si era materializzata davanti.
“Oh andiamo piccolo, tu non riesci a dormire, io neanche, potremmo tenerci compagnia.”
Ammiccò Luthiene togliendo il calice dalle mani del giovane, bevve un lungo sorso per poi abbandonarlo su un tavolino poco distante. Si avvicinò nuovamente al ragazzo con passo felino e seducente e gli posò le mani sul petto nudo, accarezzando delicatamente i muscoli messi in evidenza dalla candida luce lunare. Prese a scendere lentamente senza mai distogliere lo sguardo da quello del giovane ma, prima che potesse giungere all’orlo dei pantaloni, Erech le bloccò i polsi e la allontanò bruscamente.
“Dovresti essere con mio padre!”
Una risata uscì dalle labbra della donna che tentò nuovamente di avvicinarsi.
“Tuo padre è troppo preso da questa storia di quella stupida ragazzina, non mi dà più le attenzioni di prima.”
Una finta smorfia dispiaciuta le si dipinse in volto mentre accarezzava con un dito i lineamenti scolpiti del giovane.
Il principe la allontanò di nuovo facendo spazientire la donna che subito gli si aizzò contro.
“Quanto siete stupido mio Principe. Avresti potuto godere della mia esperienza questa notte - disse indicandosi con un sorriso malizioso.- invece hai deciso di respingermi.”
“Quando lo dirò a mio padre ti taglierà la testa!”
La risata di Luthiene riempì nuovamente l’alloggio del principe irritandolo.
“Tu non dirai nulla a tuo padre, sai perché? - Non attese la risposta del giovane e, mentre recuperava il calice e si versava un’altro poco d’alcol, continuò.- A chi pensi che crederebbe? Al figlio che non ha fatto altro che disonorarlo o alla sua consigliera e amante?”
Lanciò un ultimo sguardo al ragazzo con un sorriso vittorioso dipinto in volto, per poi voltarsi e abbandonare la stanza facendo ondeggiare i fianchi avvolti da una vestaglia trasparente, mentre le lunghe onde bionde incorniciavano quella vista apparentemente sensuale agli occhi di un uomo qualunque.
Erech si ritrovò nuovamente solo, schifato da quella donna insaziabile e squallida, che solo ad un uomo come suo padre poteva piacere.
Rimase immobile a fissare la porta dove poco prima sostava Luthiene e, dopo qualche minuto di esitazione, si vestì in fretta ed uscì come una furia dal castello inoltrandosi nel bosco. Aveva bisogno di aria fresca e di tranquillità.
Si inoltrò sempre più, fino a quando giunse ad un ruscello. Contemplò per qualche istante il riflesso della luna sulla superficie dell’acqua cristallina e assaporò il venticello fresco solleticargli il volto.
Lentamente iniziò a svestirsi per poi immergersi in quell’acqua così limpida. Una sensazione di freschezza lo avvolse in un’abbraccio piacevole che rilassò ogni fibra del suo corpo.
Chiuse gli occhi e rimase così per qualche istante, assaporando quella sensazione fino a quando un rumore di passi non molto distanti lo misero in allerta.
Si nascose in fretta dietro ad alcune piante vicino alla sponda mentre controllava chi o cosa potesse essere.
Una chioma rossa fece capolino da dietro alcuni arbusti e non ci volle molto prima che il ragazzo capisse. Si sentì immediatamente più leggerlo, libero da un peso che non si era reso conto di portare e un piccolo sorriso gli si dipinse in volto.
Era lei.
Ed era viva.

 

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Capitolo 17
*** 16 ***


29 Saovine.
Il rumore dei suoi passi si propagava lungo gli stretti cunicoli di pietra illuminati da qualche fiaccola appesa ai lati dei muri. Il tanfo di marcio e morte gli entrava prepotente nelle narici dandogli un senso di pace e potenza.
Giunse in fretta davanti ad una porta di legno dove una Luthien sorridente e provocante lo attendeva, avvolta da un lungo abito rosso che le metteva in risalto le curve perfette e un leggero scialle bianco si posava delicatamente sulle spalle.
L’ambiente e quella donna erano la combinazione perfetta per Mornon che dovette trattenersi dal lasciarsi andare e prendersi la sua amante in quel momento.
Luthiene gli accarezzò in modo sensuale il petto posandogli un bacio tutt’altro che delicato sulle labbra.
“È già tutto pronto.”
Sussurrò all’orecchio del Tiranno, provocandogli brividi lungo tutto il corpo, per poi voltarsi e spalancare la porta mostrando l’enorme sala all’uomo che entrò lentamente, osservando e assaporando quell’ambiente così cupo e tetro a lui tanto famigliare. Tre figure erano al centro dell’enorme salone legate ad una trave, i corpi erano accasciati contro di essa e le teste abbandonate in avanti penzolavano stanche.
Ferite aperte facevano capolino dai vestiti ridotti in brandelli e lamenti silenziosi uscivano dalle loro bocche.
Un tavolo era stato sistemato poco distante al fianco di uno scaffale ricco di manuali ingialliti dal tempo e vari strumenti di tortura.
L’uomo si avvicinò alle tre figure osservandole attentamente con un ghigno compiaciuto sul volto.
“Avete sentito la bella notizia?”
Un silenzio innaturale calò nella stanza mentre Mornon attendeva una risposta.
Si avvicinò di più e, dopo essersi portato alla loro altezza, con un dito sollevò il volto di una di esse.
“Mi rispondi tu?”
La donna stremata faticava a mantenere gli occhi aperti e dalla sua bocca uscì un leggero rantolio. Mornon le tolse il dito da sotto il mento facendole ciondolare violentemente la testa.
Si avvicinò alla donna al suo fianco, l’unica delle tre figure che, nonostante la stanchezza, riuscì a sollevare il capo da sola.
“Vuoi forse rispondere tu?”
La donna in risposta sputò in pieno volto al Tiranno provocandogli una risata divertita, l’uomo si pulì il volto con una mano divertito, per poi colpire con un pugno il volto della giovane che andò a sbattere contro la trave alle sue spalle.
“Visto che non sapete nulla ve lo dirò io. Presto avrete una nuova compagna!”
Disse mentre raggiungeva a passo svelto lo scaffale. Accarezzò delicatamente gli strumenti per poi scegliere una frusta di cuoio ancora macchiata di sangue ormai rappreso.
Ritornò al centro della sala e senza pensarci iniziò a colpire con violenza le tre figure mentre il suo sorriso si allargava sempre più, trasformandosi in una smorfia raccapricciante.
In poco tempo il sangue iniziò a fuoriuscire copioso dalle ferite che Mornon infliggeva alle tre vittime, urla straziati si sollevava in aria mescolandosi alla risata del Tiranno che ad ogni urlo colpiva con più foga.
Dopo un tempo che parve interminabile, l’uomo si arrestò.
Assaporò l’odore di sangue fresco che impregnava l’ambiente e, dopo aver contemplato i tre corpi deturpati, diede la frusta all’amante e lasciò in fretta il salone senza voltarsi indietro.
Le urla di sofferenza lo accompagnarono per gran parte del tragitto nei sotterranei della sua dimora fino a quando non risalì ai piani superiori dove Bor lo attendeva con uno straccio in mano, che porse immediatamente al Tiranno.
“È partito?”
“Si mio signore.”
“Perfetto.”
“Siete davvero convinto che la troveranno?”
Mornon, che camminava spedito verso il suo alloggio, si arrestò all’improvviso, parandosi di fronte al suo vecchio amico e guardandolo negli occhi rispose con un tono di voce che fece accapponare la pelle all’anziano.
“La voglio viva o morta.”

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Capitolo 18
*** 17 ***


 24 Saovine.
Osservava il soffitto assorta nei suoi pensieri, si era svegliata da poco e notando l’assenza del suo amico decise di restare un pò in tranquillità lontana dagli sguardi di compassione di Nor.
La gola le bruciava, un bruciore insistente come se avesse una fiamma perennemente acesa che non le dava tregua, Eramus le diceva che le sarebbe passato lentamente, che doveva avere pazienza ma lei quella pazienza non ce l’aveva. Odiava profondamente quella situazione, stare li senza poter comunicare se non a gesti, l’unica cosa che le dava piacere erano quelle poche ore passate ad allenarsi. L’unico momento della giornata in cui si sentiva ancora viva, in cui non si sentiva inutile. Il lato positivo di tutta quella storia era che finalmente controllava i suoi poteri, non completamente, ma iniziava ad usarli senza recare danni a nessuno.
Aveva perso il conto del tempo trascorso a Calien ed era sicura del fatto che presto avrebbero dovuto mettersi in cammino.
Voleva scoprire a cosa gli servissero i Dominatori al Tiranno, quali fossero le sue  reali intenzioni, e loro avrebbero dovuto fermarlo, qualunque esse fossero.
“Abbiamo la soluzione!”
Nor entrò come un uragano urlando e saltando dalla felicità facendo trasalire la ragazza che lo guardò stranita non capendo tutto quell’entusiasmo da dove provenisse.
“Eramus ha trovato un mago che può ridarti la voce!”
Urlò a pieni polmoni il giovane con un sorriso ad illuminargli il volto.
Nilde rimase a fissarlo in silenzio seduta sul suo giaciglio.
Non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito, finalmente avrebbe riacquistato la voce.
Dopo tutto ciò che era successo la notizia giunse dolce e piacevole alle sue orecchie e le lacrime iniziarono a solcarle il volto dall’emozione mentre il giovane la strinse in un abbraccio confortevole.
“Oh andiamo femminucce, non è il momento per certe cose!”
Eramus fece il suo ingresso nella stanza guadagnandosi sguardi straniti dai due ragazzi.
“Andiamo abbiamo appena scoperto una cosa fantastica, dovresti essere contento anche tu!”
Rispose il ragazzo con l’euforia che trasudava da ogni poro.
“Non è semplice come pensate.”
Il volto dei ragazzi mutò immediatamente in una smorfia preoccupata, Nilde si ritrovò a trattenere il respiro mentre Nor si alzò lentamente avvicinandosi a Eramus.
“Cosa significa?”
Entrambi i ragazzi avevano paura a sentire la risposta, l’espressione dell’uomo gli fece intuire che non era nulla di buono e nel profondo non erano così sicuri di volerla sentire veramente.
L’omone fece un profondo e sonoro sospiro, prima di sputare la risposta tutta d’un fiato.
“Dovete andare ad Elanor”
A sentire quella città Nilde si sentì mancare le forze, in un battito di ciglia la speranza di ritornare a parlare le venne strappata via.
Nor abbassò lo sguardo nella direzione della sua amica e si apprestò a stringerla nuovamente tra le sue braccia.
“Ci sarà un altro stregone in grado di aiutarci.”
Chiese Nor in preda al panico, stringendo sempre più forte Nilde che si aggrappava alla sua casacca come fosse la sua unica salvezza, come se fosse l’unico ad evitare che il peso di quella situazione la schiacciasse.
“L’unico è quello. Non ce e sono altri.”
“E dicci, come diavolo dovremmo fare?”
Il giovane si ritrovò ad urlare in faccia a Eramus, con l’ira che pulsava nelle vene come se al posto del sangue avesse lava bollente e a grandi falcate si avvicinò nuovamente a lui.
L’uomo rimase immobile, fissando Nor impassibile.
“Allora? Non rispondi?”
I due si ritrovarono faccia a faccia, così vicini che riuscivano a sentire l’uno il respiro dell’altro. Mentre Nor attendeva una risposta si sentì tirare da un braccio.
Nilde era scesa dal letto correndo, non voleva che i due iniziassero a litigare a causa sua, prese il suo amico per un braccio e iniziò a strattonarlo per allontanarlo, doveva calmarsi. Avrebbero trovato una soluzione, ma non litigando.
La ragazza fece sedere l’amico e corse a prendere carta e penna.
Dopo aver meditato per qualche secondo sulla scelta giusta iniziò a scrivere:
“Dobbiamo studiare un piano.”
“Scordatelo, non ti ci porto la.”
“Io ci andrò, con o senza di te! Ho bisogno di quello stregone e devo anche capire cosa vuole dai dominatori il Tiranno.”
I tre si scambiarono un veloce sguardo e Nor si ritrovò a dover acconsentire.

 


Era pomeriggio inoltrato, il sole stava per calare e l’aria iniziava a rinfrescarsi.
I tre si ritrovarono seduti su un tavolino fuori dalla capanna nella quale alloggiava Nilde.
Nor e Eramus erano intenti a studiare un’enorme mappa che copriva l’intero tavolo mentre la ragazza si limitava ad osservarli.
Non riusciva a capire perché studiassero quella mappa, non sarebbe comparso un nuovo stregone fissandola.
“Allora, giunto a qualche conclusione?”
Fu Eramus a rompere il silenzio che aleggiava ormai da troppo tempo, alzando il capo e rivolgendo uno sguardo al giovane seduto davanti a lui in attesa di una sua risposta.
Il ragazzo scosse la testa continuando a tenere lo sguardo basso.
“Non ci sono scorciatoie, ci impiegheremo troppo tempo per arrivare.”
“Deve esserci un altro modo, Nilde non aveva un drago?”
Nilde ad udire quelle parole si illuminò, non ci aveva minimamente pensato e, senza indugiare troppo, abbandonò la coperta che fino a poco prima la scaldava ed iniziò a correre inoltrandosi nel bosco.
I due rimasero per un secondo intontiti prima di iniziare a seguirla.
Corse a perdifiato schivando gli enormi Galadh con un’agilità sovrumana, mentre Nor ed Eramus la seguivano tentando di non perderla di vista, non sapeva neanche lei dove stesse realmente andando ma il cuore le diceva che era la strada giusta.
Giunsero in breve ad un grosso spiazzo e in quel momento un timore profondo si manifestò nella ragazza.
Non aveva più la voce come avrebbe potuto chiamarlo?
Dopo qualche minuto di panico però ogni dubbio venne spazzato via perché sopra le loro teste un enorme drago rosso si librava più possente che mai.
Planò con delicatezza posandosi al fianco della sua amica che si affrettò ad abbracciare il suo drago per poi rivolgere uno sguardo vittorioso ai due uomini, rimasti paralizzati a fissare la scena.
“Beh, direi che non avete più problemi di scorciatoie.”
Si lasciò sfuggire Eramus contemplando ammirato l’enorme animale. 

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Capitolo 19
*** 18 ***


 

25 - 28 Saovine.
“Siamo partiti da quanto? Un ora? Ho già male ai glutei.”
Gli scappò con una risata, mentre tentava di massaggiarsi le natiche, guadagnandosi un’occhiataccia da Nilde seduta davanti a lui.
Erano in viaggio da poco, l’aria a quelle altezze era fredda e tagliente ma non disturbava minimamente la giovane che, ad occhi chiusi, assaporava quel senso di libertà, mentre Nor tremava vistosamente dal freddo e, sorprendentemente, dalla paura.
Non lo aveva ammesso apertamente, ma lei aveva capito che, nonostante il ragazzo fosse abituato a stare spesso sulle cime dei Galadh, quell’altezza così elevata gli metteva il terrore.
Nilde aveva tentato di tranquillizzarlo stringendogli e accarezzandogli le mani poste sul suo grembo, ma nulla aveva funzionato, le gambe del ragazzo continuavano a tremare.
Scesero a terra solo quando il sole iniziò a tramontare e dopo aver sistemato i loro giacigli ed aver consumato un pasto veloce si riposarono per recuperare le forze necessarie.
I restanti due giorni di viaggio trascorsero tranquilli, volavano durante il giorno e si fermavano solo per la notte, i dialoghi erano scarsi poiché entrambi erano assaliti dai pensieri e ognuno si era chiuso nel suo mondo.
Era pomeriggio inoltrato quando in lontananza si iniziò a scorgere l’imponente città di Elanor. L’enorme castello del Tiranno si ergeva maestoso e imponente al centro mentre la città si diramava tutt’intorno. Il colore della sabbia che circondava le mura si mischiava a quello delle mura stesse, delle lunghe strisce colorate ornavano la facciata dell’enorme edificio spiccando su il resto del paesaggio.
Mano a mano che avanzavano il terrore iniziava a impossessarsi della ragazza che tentava di tenere sotto controllo e di mantenere la calma, non poteva lasciare che le sue emozioni prendessero il sopravvento perciò decise di concentrarsi sul piano che avevano ideato il giorno precedente: sarebbero giunti in città in tarda serata, in tal modo nessuno li avrebbe visti, dopo di che si sarebbero accampati in un piccolo bosco isolato fuori dalle mura, stando a quanto aveva detto Eramus, non ci andava mai nessuno poiché in città il popolo possedeva tutto ciò di cui aveva bisogno, perciò sarebbero stati al sicuro. Il giorno seguente avrebbero studiato un modo per camuffare il suo aspetto, avrebbero raggiunto il mago che li attendeva e successivamente avevano deciso di cercare un’alloggio, non potevano entrare ed uscire dalle mura ogni giorno o avrebbero destato sospetti. Una volta trovato l’alloggio avrebbero studiato i passi successivi.
Non era poi così complicato, pregava solo di riuscire a passare inosservata, si trovavano nella bocca del lupo e se qualcuno l’avesse riconosciuta le fauci si sarebbero chiuse su di loro ponendo fine alle loro vite.
Le ultime ore di viaggio trascorsero non diverse dalle precedenti, ognuno immerso nei propri dubbi e paure, mentre l’aria calda di quelle terre faceva sentire i polmoni dei due ragazzi vuoti, come se qualcuno glie li avesse svuotati completamente.
Giunsero a destinazione a notte inoltrata, esausti e pronti ad abbandonarsi ad un sonno profondo.
Il caldo afoso e la sporcizia che Nilde si sentiva addosso però le impedirono di rilassarsi e lasciarsi andare così, dopo aver controllato che Nor dormisse, si allontanò alla ricerca di una fonte d’acqua.
Camminò per qualche minuto senza seguire una strada precisa, i pensieri la tormentavano e non riusciva a concentrarsi pienamente sui suoi passi. Con sua grande sorpresa però in breve tempo raggiunse un ruscello e per un attimo si sentì felice a quella visione.
L’acqua limpida scintillava sotto i raggi della luna tentando la giovane che in fretta e furia si levò di dosso i vestiti ormai sporchi e, senza pensarci due volte, iniziò a immergersi lentamente rimanendo sorpresa dalla temperatura piacevole che piano piano la avvolgeva come una dolce e candida coperta.
Aveva la sensazione che in quel momento potesse lavare via tutto.
Ogni dubbio, ogni incertezza, ogni paura.
Tutto.
E per un istante si ritrovò a contemplare le stelle con la testa finalmente vuota.
Nel silenzio tombale di quell’ambiente però un rumore alle sue spalle la fece trasalire ed in un attimo si alzò portandosi in posizione di attacco, ma ciò che incontrarono i suoi occhi non se lo sarebbe mai aspettata.
Erech era in piedi davanti a lei che la osservava, goccioline d’acqua percorrevano i muscoli tonici messi in risalto dalla luce della luna e si scontravano con l’orlo dell’intimo. Quell’immagine la fece distrarre per un attimo ma tornò immediatamente lucida quando si ricordò di essere completamente nuda. Tentò di coprirsi velocemente con le mani sotto lo sguardo del principe che, a quella scena, scoppiò in una fragorosa risata.
La ragazza gli regalò un’occhiataccia che non ebbe l’effetto desiderato e lentamente le sue gote iniziarono a colorarsi di un rosso candido ritrovandosi così a ringraziare che fosse notte.
“Non dovresti essere qui.”
La risata cessò di colpo lasciando spazio ad una voce bassa e roca.
Nilde fece per rispondere ma dalla sua bocca uscì un lieve rantolio e un bruciore lancinante la invase, abbassò la testa stringendo gli occhi e si lasciò cadere invasa da quel dolore troppo forte da sopportare. Non ricordava quanto facesse male se sforzava le corde vocali e in quel momento si maledisse per aver scordato quel dettaglio. Erech si affrettò a sorreggerla per evitare che si immergesse completamente nell’acqua, le appoggiò la schiena sulle sue gambe mentre con una mano le sorreggeva la testa. Quando la ragazza riaprì gli occhi si ritrovò immersa in due pupille più nere della notte, un nero profondo che lentamente la risucchiava. Stranamente quegli occhi così cupi e misteriosi le diedero un senso di pace che non si seppe spiegare.
Era tutto così innaturale che, se non fosse per l’intenso bruciore, poteva giurare di star sognando.
“Cosa ti è successo?”
La voce preoccupata del ragazzo le arrivò flebile alle orecchie e lentamente il principe iniziò ad accarezzarla.
Rimasero così per quello che parve un’eternità.
Stare tra le braccia di colui dal quale sarebbe dovuta fuggire la fece sentire stranamente a casa, sensazione che decise di assaporare e nascondere nel profondo del suo cuore. Si perse ad osservare i lineamenti del giovane così duri e perfetti fino chiedersi come potesse essere possibile che un ragazzo così attraente fosse figlio di un uomo spregevole. Si chiese quante persone potesse aver mai ucciso per suo padre, magari per un semplice capriccio. La cosa le risultò ripugnante ma non riusciva a staccarsi da quel tocco.
Mentre i loro sguardi si perdevano l’uno in quello dell’altra le loro labbra si sfiorarono provocando brividi nei corpi dei due ragazzi, la consapevolezza di ciò che stava per accedere però, irruppe prepotente in Erech impedendogli di assaporare meglio quelle labbra che il suo corpo bramava tanto.
Si allontanò leggermente e lesse una nota di tristezza negli occhi della ragazza, una tristezza che sorprendentemente invase anche lui.
Ma non potevano lasciarsi andare. Se suo padre li avesse scoperti, sarebbero morti entrambi e non potevano rischiare.
“Devi andartene da qui, devi scappare! Qui ti riconosceranno subito e ti porteranno da mio padre. Vattene!”
Nilde abbassò lo sguardo e fece un lieve cenno di dissenso con il capo, non poteva andarsene ma lui questo non poteva saperlo.
Il ragazzo le prese la testa fra le mani avvicinandola di più a se, aprì la bocca intento a farle cambiare idea ma dalle sue labbra uscì solo un sospiro pesante.
La allontanò nuovamente e lentamente le diede una mano a rialzarsi.
Si guardarono un’ultima volta, uno sguardo carico di emozioni respinte, di parole non dette e baci mai dati, per poi voltarsi ed allontanarsi di nuovo.

 

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Capitolo 20
*** 19 ***


28 Saovine.
Era disteso in un enorme letto, soffici lenzuola di seta lo avvolgeva fino al bacino, corpi perfetti ballavano per lui scaldando l’atmosfera, mani candide lo accarezzavano e lo massaggiavano rilassando i suoi muscolosi tesi. In breve si ritrovò ad assaporare le carnose e dolci bocche di quelle giovani bellissime, le mani scendevano accarezzando le loro curve e lentamente prese ad assaporare anche le loro forme con totale trasporto.
L’eccitazione iniziò a crescere in lui pulsando sempre più mentre un rumore lontano si faceva sempre più forte ed insistente.
“Andiamo idiota svegliati!”
Aprì gli occhi di colpo, ritrovandosi tristemente catapultato nel buio della sua stanza con un Erech particolarmente agitato davanti.
“Sei pazzo? Stavo facendo un sogno bellissimo”
Disse con la voce impastata dal sonno strofinandosi il volto con le mani.
Per un istante il principe rivide il bambino con cui si divertiva a giocare da piccolo, quando correva a svegliarlo per uscire a giocare nelle giornate afose estive, dovette però scacciare in fretta quel ricordo, non era il momento di perdersi in certe cose avevano altre cose più importanti a cui pensare.
“Andiamo alzati! Ti devo parlare!”
“Puoi parlare anche così, non devo alzarmi per forza.”
Gli fece notare Hathol con un sonoro sbuffo.
Erech si passò una mano sul volto irritato dal comportamento del suo amico. Gli strappò con prepotenza le coperte di dosso e lo invitò con poca grazia ad alzarsi tirandogli un pugno sul costato.
Hathol dopo qualche colpo di tosse però si portò a sedere massaggiandosi l’addome.
“Andiamo, cosa c’è di così importante che non può aspettare domani mattina?”
“È qui.”
L’amico sbuffo di nuovo esausto, non aveva voglia di dover fare mille domande per capire di cosa stesse parlando anzi, voleva terminare al più presto quella conversazione per tornare al suo dolce sogno.
“Parla chiaro!”
“Ok ok. - Il principe prese posto nel letto davanti ad Hathol e, dopo aver catturato la sua attenzione riprese a parlare.- Sono andato a prendere un pò d’aria nel bosco e ho trovato la ragazza.”
“Quella che penso io?”
Il ragazzo era sbalordito, non poteva credere che fosse talmente stupida da andare li, ma soprattutto non riusciva a credere al fatto che il suo amico non avesse colto l’occasione per prenderla.
“Fammi capire, tu ti sei trovato la ragazza davanti e l’hai lasciata scappare?”
“Si”
“Ora spiegami, che diavolo di problemi hai?”
“Amico non puoi capire.”
“Cosa dovrei capire? Sai, forse ho capito fin troppo, e ti dico subito che è uno sbaglio. Ho visto come la guardi non sono stupido ma non puoi permettertelo e adesso, dopo questa cazzata che non dovrà sapere nessuno, andrai da tuo padre ad avvisarlo della sua presenza in città!”
Erech si ritrovò un dito puntato contro e Hathol che lo guardava con rimproverò, aveva capito ma non pienamente come sperava.
“No.”
“Cosa?”
Il volume del giovane si fece più alto del dovuto infastidendo il principe che si portò le mani alle orecchie.
“Smettila di strillare come una donzella in pericolo.”
“No non la smetto, vuoi metterti tuo padre contro? “
“Senti non mi importa di mio padre, ce l’ho contro da quando sono venuto al mondo e comunque ho un piano.”
Con quella frase gli parve di aver convinto Hathol che con un cenno del capo lo invitò a parlare.
“Noi domani fingiamo di partire per chissà dove alla ricerca della ragazza ma in realtà la seguiamo.”
Il volto di Hathol all’udire quel piano si tramutò in una smorfia di incredulità.
“Perché mai dovremmo seguirla?”
“Voglio scoprire perché è venuta qua, non è così stupida da venire qua senza uno scopo.”
“Si hai ragione.”
Sussurrò il giovane prima di piombare in un silenzio infinito.
Si perse a meditare sulla cosa giusta da fare, capendo che non avrebbe abbandonato il suo amico davanti a nulla. Il comportamento che il Tiranno riservava ad Erech da sempre non gli era mai piaciuto, non riusciva a concepire come un padre potesse trattare così il proprio figlio, sangue del suo sangue.
“Dobbiamo stare attenti, se per caso tuo padre lo scopre è finita.”
Un sorriso sincero si dipinse sul volto del principe che dopo un’amichevole pacca sulla spalla si ritrovò a concordare con l’amico, era una situazione pericolosa ma qualcosa gli diceva che dovevano seguire quella strada.
I due continuarono a discutere del piano, ignari della presenza di una figura che, nascosta nell’ombra della camera, osservava e ascoltava indisturbata.
Scoprire ciò che nutriva il ragazzo per quella stupida dominatrice le fece ribollire il sangue.
Si ritrovò a pensare cosa potesse mai avere quella che non avesse lei.
Nulla.
Lei era perfetta, la donna che tutti vorrebbero eppure lui l’aveva respinta.
L’ira iniziò a montare lentamente, il principe doveva cadere ai suoi piedi, lei otteneva sempre tutto ciò che voleva e lui non poteva sottrarsi.
Attese che l’uomo se ne andasse e che Hathol si addormentasse per uscire indisturbata.
Quei due non immaginavano cosa tramava la sua mente malata e lei era pronta ad affilare gli artigli, aveva acquisito informazioni importanti che non si sarebbe mai aspettata ed era soddisfatta, doveva solo andare avanti con il suo piano.
Un piano ben preciso che nessuno avrebbe dovuto rovinare, tanto meno quella stupida ragazzina.

 

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Capitolo 21
*** 20 ***


29 Saovine.
“Ecco, così sei perfetta.”
Si specchiò dubbiosa e subito rimase sbalordita, i lunghi dread rossi erano stati sostituiti da corti capelli biondo platino e gli occhi verde smeraldo erano diventati azzurri come il cielo limpido.
Si passò le mani tra i capelli più volte con forza come a voleri strappare via, i suoi amati dread, suoi fedeli compagni fin da bambina erano spariti lasciando un vuoto nel suo cuore e dei capelli che aveva sempre odiato.
“Lo so, è uno shock, ma vedrai che ci farai l’abitudine e poi, quando sarà tutto finito e i tuoi capelli saranno ricresciuti e potrai rifarli.”
L’amico la strinse in un dolce abbraccio confortevole mentre Nilde si ritrovò a sperare che fosse tutto un brutto sogno.
Il ragazzo si staccò con delicatezza, regalandole un dolce sorriso per poi avviarsi a sistemare tutto ciò che avevano utilizzato per trasformare la ragazza, lasciandola sola sulla sponda di quel piccolo ruscello.
Si lasciò cadere, ritrovandosi seduta a contemplare l’acqua cristallina baciata dal sole, i ricordi della sera precedente le bruciavano addosso come fuoco, una nota di nostalgia invase il suo cuore mentre una lacrima solitaria le attraversava il volto indisturbata.
Se lo avesse mai incontrato non l’avrebbe mai riconosciuta, era proprio quello l’obbiettivo ma la cosa le lacerava il petto, come se le avessero aperto il cuore in due.
In fondo non voleva scappare da lui, ma doveva.
Si alzò in fretta scacciando quei pensieri con rabbia, non doveva pensarci più.
Guardò un’ultima volta il suo riflesso sulla superficie dell’acqua.
Era completamente diversa, Nor aveva sostituito anche i suoi soliti vestiti da combattimento con un lungo abito floreale color verde acqua. Lo sistemò con ribrezzo e tornò dal suo amico con la promessa di non specchiarsi più per nessuna ragione.
Odiava profondamente quella nuova Nilde.
“Ok, adesso andiamo in città, ricordati: tu risponderai al nome di Gwend in pubblico. Va bene?”
Nilde sbuffò ma dovette accettare, Nilde non era un nome comune da quelle parti perciò si sarebbero insospettiti se l’avessero mai sentito.
Doveva ammettere però che Nor aveva scelto il nome giusto, si addiceva perfettamente alla sua nuova persona.
Presero le loro bisacce e prima di partire si prese un momento per salutare Imlach, voleva che sapesse che non lo stava abbandonando anche se infondo sapeva che lui ne era pienamente cosciente. Loro erano un anima in due corpi non avevano bisogno di promesse, di parole sprecate, bastava uno sguardo per capirsi.
Accarezzò dolcemente il suo vecchio amico, gli lasciò un dolce bacio sul muso per poi allontanarsi a malincuore.
Non sapeva quando lo avrebbe rivisto e la cosa le faceva male, avrebbe voluto poterlo portare con se ed averlo sempre al suo fianco, ma non si poteva.
Si mise a camminare al fianco di Nor con la testa bassa, immersa nei pensieri.
Quel caldo afoso le appiccicava il vestito addosso come una seconda pelle, mettendo in risalto tutte le curve e facendola avvampare dalla vergogna.
Era giunta alla conclusione che odiava tutto di quel posto, l’aspetto che l’aveva obbligata ad acquistare, la temperatura, tutto.
Sentiva la mancanza viscerale delle basse temperature delle sue terre, della neve che cadeva candida per gran parte dell’anno, dipingendo tutto di bianco e rendendo il paesaggio perfetto.
Alzò lo sguardo sul suo amico e notò che non era l’unica ad odiare quelle temperature. Goccioline di sudore scendevano ai bordi del viso che prontamente raccoglieva con un fazzoletto di stoffa susseguiti da sbuffi pesanti.
Si chiese come potesse sopportare quella situazione, avrebbe potuto andarsene, invece era rimasto al suo fianco a patire insieme a lei.
Non c’era nulla che avrebbe potuto fare per ringraziarlo.
Arrivarono al portone principale prima che se ne rendesse conto, due uomini controllavano la gente in transito. Commercianti entravano ed uscivano dalla città con carretti pieni di qualunque tipo di articoli, dalle spezie agli abiti.
Una lunga coda di persone in attesa gli si presentò davanti facendo sbuffare la ragazza, l’ultima cosa che voleva era dover stare ferma ad attendere. Sorprendentemente però, la fila avanzava piuttosto velocemente ed in poco tempo giunsero davanti ai due uomini: il primo era grosso quanto un armadio, con corti capelli neri e gli occhi azzurri indagatori non le staccavano gli occhi di dosso, l’altro più minuto ma ben piazzato, la nuca spoglia era in netto contrasto con la folta barba grigia e due occhi neri privi di anima incorniciavano quel bizzarro uomo.
Guardie reali.
Lo stemma del Tiranno ornava gran parte dell’armatura, una viverna nera eretta con le ali aperte come ad intimorire chi la guarda. Lei più che timore provò ribrezzo a quella visione, ma dovette contenersi e decise di regalare un sorriso ai due uomini che continuavano a studiarla.
“Siete commercianti?”
Fu l’uomo più grosso a parlare con un vocione degno della sua stazza.
“Siamo viandanti signori, io e mia sorella siamo giunti qui per visitare Elanor.”
I due uomini non sembrarono convinti e la cosa fece innervosire Nilde che iniziò a preoccuparsi.
L’omone si abbassò portandosi all’altezza della ragazza.
“Tu hai qualcosa di famigliare ragazzina, il tuo nome?”
“Si chiama Gwend.”
L’uomo lanciò un’occhiataccia a Nor per poi riportare lo sguardo sulla giovane.
“Allora? Come ti chiami?”
La paura montò prepotente in Nilde facendo battere il suo cuore all’impazzata.
“Non può rispondere signore.”
“E sentiamo, perché mai non potrebbe rispondere?”
La guardia si accanì con tono seccato sul suo amico ergendosi in tutta la sua stazza e portandosi davanti a Nor.
“È muta.”
Lo sguardo ed il tono serio di Nor zittì l’uomo mentre una nota di incredulità e vergogna balenò per un secondo sul suo volto prima di farli passare senza aggiungere altro.
Una volta entrati la giovane si portò una mano sul petto tentando di calmare il cuore che non cessava di battere furioso ma, alzando lo sguardo, la maestosità della città rapì completamente la sua attenzione.
Era tutto così colorato e vivo da mozzarle il fiato, tutto organizzato alla perfezione, le case disposte in vie perfette, il caos totalmente inesistente. le persone svolgevano le loro mansioni in completa tranquillità, uomini e donne si incontravano scambiando qualche parola, ridendo e scherzando mentre i bambini correvano gioiosi lungo le vie.
Un’enorme mercato si trovava alla fine del viale principale in una grande piazza e un vociare intenso si espandeva nell’aria. Sembravano tutti così felici che non avrebbe mai detto che fosse il Tiranno a governare quel luogo.
“Ricordiamoci perché siamo qui. - Disse Nor richiamando la sua attenzione.- Direi di cercare un’alloggio dove poter posare le nostre cose, poi facciamo un giro e mangiamo qualcosa in tanto lo Stregone ci aspetta in tardo pomeriggio. Ok?”
Nilde acconsentì senza pensarci troppo, condurre una vita normale anche solo per qualche ora non le dispiaceva e, con tutta quella felicità nell’aria, poteva anche fingere un pò e dimenticarsi dei problemi per un istante.
Girarono per le vie osservando incantanti l’ambiente che li circondava, incontrarono molte locande e decisero di alloggiare in quella più accogliente, non molto grossa, colori sgargianti dipingevano le pareti ornate da ghirlande di fiori e tappeti finemente ricamati.
Una giovane ragazza dalla voce dolce li accompagnò fino alla loro stanza e non gli sfuggì lo sguardo di apprezzamento del suo amico che le fece scappare un piccolo sorriso. Si ritrovò così a contemplare la ragazza, i capelli castani ricadevano morbidi lungo le spalle fino alle natiche che ondeggiavano ad ogni suo passo, il volto pallido era decorato da due occhi azzurri che spiccavano incantando chiunque incrociasse il suo sguardo. Dovette ammettere che il suo amico aveva buon gusto e, giunti alla stanza, entrò per prima lasciandoli soli.
Rimase stupida dall’enorme vetrata che si estendeva su una parete, spiccando non appena entravi, mostrando i tetti delle case che si diramavano sotto di loro, due giacigli erano posti esattamente sotto l’enorme finestra permettendogli di godere di quella vista anche prima di addormentarsi.
Mentre attendeva il suo amico scelse il suo letto e si perse a guardare le persone, ignare, concentrate a svolgere i loro lavori o intente a scambiare qualche parola.
Iniziò a fantasticare sulla vita di ciascuno di essi, chiedendosi che mondo potesse mai esserci dietro, quali dolori si nascondessero sotto a quei sorrisi.
Trasalì quando una mano le accarezzò una spalla ma si calmò immediatamente vedendo che era Nor, si voltò così nella sua direzione, incrociando le braccia e, con una smorfia, invitò il suo amico a parlare.
“Che c’è?”
Un sorriso fece capolino sul volto del giovane che iniziò a ridere di gusto.
“Sei stata cattiva, comunque abbiamo cose più importanti a cui pensare. Se sarà destino la incontrerò di nuovo.”
Il volto della ragazza si incupì all’udire quelle parole, avrebbe voluto che si facesse una vita, che trovasse una ragazza e non le piaceva l’idea che rinunciasse tutto per lei.
Rimase con lo sguardo perso nel vuoto fino a quando non si rese conto che Nor non aveva smesso di parlare, riportò la sua attenzione al ragazzo che, fortunatamente, non si era accorto di nulla.
“Non so te, ma io ho una gran fame!”
Disse massaggiandosi la pancia, il volto di Nilde si illuminò, il suo stomaco brontolava da parecchio ormai e non vedeva l’ora di mangiare qualcosa di sostanzioso.
Si fiondarono in fretta giù dalle scale che portavano alle stanze, salutarono la ragazza che con una risata ricambiò il saluto, ed uscirono diretti verso il mercato. Non smisero di correre ridendo come non facevano da tempo, ogni tanto si spingevano e Nor si divertiva a prenderla in giro, si fermarono solo una volta giunti nell’enorme piazza.
“Da dove vuoi iniziare?”
La ragazzo lo guardò storto, sapeva esattamente cosa voleva fare ed era la stessa cosa che voleva fare lui.
Si gettarono sulla prima bancarella esaminando il cibo esposto e piano piano iniziarono a comprare. Un’ora dopo si ritrovano seduti su una scalinata, colmi di cibo a giocare e mangiare.
In quel momento Nilde era davvero riuscita a dimenticare tutto e a divertirsi, erano tornati bambini, quando Galador gli preparava i biscotti e loro finivano sempre per lanciarseli facendolo arrabbiare. Il ricordo del maestro fu più doloroso del previsto e una vena di tristezza le abbracciò il cuore per un istante, era stato un padre per lei e adesso si trovava sola a sopportare il peso di una verità troppo scomoda.
Guardò il volto del suo amico intento a ridere per una battuta che si era appena detto da solo, e in quel momento capì cosa voleva.
Una vita normale, felice e spensierata con lui.
E sicuramente l’avrebbe ottenuta, in un o modo o nell’altro.
Si alzò più determinata che mai e spronò il giovane ad incamminarsi verso l’alloggio dello stregone, dovevano risolvere quella situazione il prima possibile e ciò significava rimandare certi svaghi.
Percorsero l’intero tragitto in un solenne silenzio, mentre il sole calava lento sopra le loro teste, lasciando spazio al buio della notte.
La testa di Nilde era completamente vuota, nessun pensiero la invadeva, mentre Nor era preoccupato per la sua amica, Eramus l’aveva avvertito sugli effetti collaterali e la paura che non potesse più risvegliarsi si faceva sempre più forte mano a mano che avanzavano.
Dopo mezz’ora di cammino, giunsero davanti alla casa che, stando alla spiegazione del gigante, era l’alloggio che cercavano.
Una facciata completamente spoglia e senza neanche una finestra con solo una grossa insegna “Tutto ciò che cerchi” che fece storcere il naso alla giovane.
Dopo qualche minuto passato ad osservare la porta di mogano si decisero a varcare la soglia ritrovandosi in un ambiente angusto, pieno di polvere e ragnatele. Libri ammassati occupavano l’intero spazio lasciando libero solo un piccolo passaggio.
Nor si fece avanti iniziando a cercare la presenza di qualcuno.
“Signor Malbeth, siamo amici di Eramus.”
Rimasero in attesa.
Nilde iniziò a pensare che magari avevano sbagliato casa o che lo stregone non fosse più li, si ritrovò così ad incrociare le dita e a sperare che non fosse stato tutto inutile.
Dopo una decina di minuti però, da una porticina nascosta tra i libri un piccolo uomo dall’età indefinita fece capolino, l’assenza di capelli e di barba metteva in evidenza le rune tatuate sulla pelle che ricoprivano gran parte del corpo, le pupille completamente bianche le fecero intuire che fosse cieco e si chiese come potesse muoversi in quell’ambiente così caotico.
“Voi sareste?”
“Io sono Nor e questa è la mia amica Nilde, vivevamo con Galador prima che..”
L’uomo non lasciò terminare il ragazzo e con un gesto della mano lo zittì.
“Si si ho capito. Siete qui per la ragazza giusto?”
“Esatto.”
Sussurrò il giovane a disagio.
“Bene seguitemi.”
Dopo essersi scambiati uno sguardo perplesso i due ragazzi si affrettarono a seguire lo stregone che li condusse in una piccola scala così stretta che la ragazza si sentì quasi schiacciare. Strinse i denti ed avanzò concentrandosi sulla schiena di Nor davanti a lei.
Dopo poco giunsero in una piccola soffitta circolare completamente spoglia in netto contrasto con l’ingresso di quell’edificio. Vi erano solo uno scaffale colmo di fiale, ciotole ed ingredienti bizzarri illuminati dalla fioca luce di una candela mezza consumata, ed un giaciglio di paglia posto dalla parte opposta.
“Bene ragazzina, allungati pure su quel giaciglio.”
Disse l’anziano indicando con un cenno del capo il letto.
Nilde, senza indugiare troppo, si adagiò rimanendo sorpresa dalla comodità di quel pagliericcio. Rimase così a contemplare il soffitto di legno, anch’esso, spoglio cercando di scacciare ogni pensiero. Doveva rilassarsi completamente e allontanare ogni emozione.
Tutto sarebbe andato bene.
Lo stregone prese quasi immediatamente posto su uno sgabello di fianco a lei iniziando ad armeggiare con delle sostanze di colori improbabili e mescolando ingredienti in varie ciotole. La giovane si chiese cosa avesse intenzione di fare, quegli intrugli non avrebbero potuto curarla e rimase a guardare dubbiosa l’uomo completamente concentrato.
“Bene adesso voglio che chiudi gli occhi e ti rilassi.”
Fece come richiesto ed in breve tempo una sensazione strana le invase tutto il corpo, si sentiva quasi cullare mentre ogni parte del corpo si rilassava completamente ed una pace profonda la avvolgeva come una candida coperta trascinandola in un vortice buio.

 

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Capitolo 22
*** 21 ***


29 Saovine.
I cappucci dei mantelli erano calati a coprire l’intero volto, l’armatura reale era stata sostituita da semplici vesti da combattimento nere, avevano sostituito anche le spade con lunghi pugnali anonimi.
Il loro intento era passare inosservati e non gli stava riuscendo così bene.
Volti intimoriti gli si presentarono davanti per tutta la giornata, ogni qualvolta qualcuno decidesse di alzare lo sguardo su di loro, finiva per scappare spaventato. Dopo l’ennesimo giro si ritrovarono nuovamente nell’enorme piazza principale dove l’afflusso di gente si era intensificato, aumentando la calca e il vociare.
“Non credo sia così semplice da trovare!”
Si ritrovò ad urlare Hathol, per sovrastare tutto quel baccano e farsi sentire dal suo amico.
Il principe sbuffò spazientito concordando con il suo amico.
In vista della notte che iniziava a farsi strada tra le vie di Callien, decisero di rinchiudersi in una piccola locanda occupata per lo più da mercenari di passaggio.
Presero posto ad un tavolo isolato per poter parlare senza essere disturbati. Erech iniziò a studiare l’ambiente rimanendo stupito dal vedere svariate guardie reali che, a quanto pare, passavano li le serate tra un boccale di birra ed una prostituta.
“Non sono mica tutti come te, alcuni decidono di divertirsi.”
Si lasciò sfuggire Hathol che, seduto dalla parte opposta del tavolo, guardava con un sorriso di scherno il suo amico.
“Solo perché io la trovi una perdita di tempo non significa che tu possa beffeggiarmi così.”
Sputò acido il principe infastidito.
Il giovane, non curante della risposta, cambiò subito discorso facendosi improvvisamente serio.
“Piuttosto, abbiamo un piano o dobbiamo continuare a vagare come due idioti?”
Il principe fece per parlare quando una giovane donna con gran parte delle forme in vista, li interruppe.
Lanciò sguardi seducenti ai due uomini mentre prendeva le ordinazioni per poi allontanarsi ondeggiando i fianchi in modo troppo evidente per i gusti di Erech.
Gli venne subito in mente il modo di fare dell’amante di suo padre e si ritrovò a pensare che un posto come quello fosse adatto ad una donna come lei.
“Carina vero?”
Il principe scoppiò a ridere a quella affermazione mentre l’amico rimase per un attimo disorientato.
“Che c’è da ridere? La stavi fissando e lei ti sta mangiando con gli occhi.”
“Rido perché fai sempre affermazioni stupide, abbiamo altro a cui pensare e per me quella può fissarmi quanto vuole.”
Chiuse definitivamente il discorso con un cenno della mano, invitando il suo amico a riprendere l’argomento precedente.
“Dicevamo, abbiamo un piano?”
“No.”
Una risata isterica uscì dalle labbra del giovane che rimase a fissare l’amico incredulo.
“Stai scherzando spero.”
Lo sguardo serio del principe fece intuire al ragazzo che era la pura verità, facendolo così innervosire.
“Tu vuoi dirmi che non sai minimante cosa fare? Non avevi messo in conto che avremmo anche potuto non trovarla? Come d’altronde è successo. Come credi di agire? Vuoi girare per le strade di Callien per chissà quanto tempo fino a quando il destino deciderà di fartela trovare davanti?”
L’uomo non trovava una risposta appropriata alle domande del suo amico, aveva ragione, avrebbe dovuto pensarci. Invece il desiderio di rivederla gli aveva offuscato la mente, completamente.
Si ritrovo in silenzio con lo sguardo basso sul cibo che gli era appena stato servito e improvvisamente non aveva più fame. Il pensiero di aver sbagliato completamente gli aveva chiuso lo stomaco. Aveva agito d’istinto senza valutare la situazione ed elaborare un piano. Solo un pivello avrebbe agito così e lui era tutto, fuorché un pivello.
“Ti conviene mangiare.”
“Non ho fame.”
“Mi mancava giusto questo guarda.”
Hathol sollevò gli occhi al cielo con fare teatrale spingendo il piatto sotto al naso del suo amico che prontamente allontanò.
“Ho detto che non ho fame.”
“Sei un bambino viziato.”
“E tu un idiota.”
“Io sarò un idiota, ma so che ho bisogno di cibo se voglio avere le forze di pedinare la tua amata per chissà quanto tempo.”
“Non è la mia amata.”
Hathol scoppiò a ridere in una fragorosa risata guadagnandosi un calcio dal principe che però non lo fece smettere.
“Se lei non è la tua amata, io non ho mai toccato una donna.”
“Smettila, piuttosto, come agiresti tu?”
Il ragazzo bevve un lungo sorso dal boccale, si asciugò la bocca con la manica della casacca e fissò serio il principe seduto davanti.
“Intanto direi di fermarci qui per la notte e per domani propongo di ispezionare le zone più esterne della città.”
“In quei quartieri non c’è nulla, cosa dovrebbe andare a fare li?”
“Cosa ne so io, ma in fondo non sappiamo neanche cosa stia cercando qui, quindi tanto vale tentare.”
Come sempre il suo amico aveva ragione ed Erech si ritrovò ad acconsentire mentre i pensieri iniziavano ad affollarsi prepotenti nella sua testa.

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Capitolo 23
*** 22 ***


Un ronzio incessante nelle orecchie.
Un bruciore ad invaderle la gola.
Aprì gli occhi di scatto e fu avvolta dal buio.
Per un attimo credette di essere morta, magari quello era l’inferno.
Una voce distante giunse alle sue orecchie sovrapponendosi al ronzio. Non capiva nulla, era tutto così caotico che per un attimo credette di impazzire. Poi, lentamente, il buio davanti a lei iniziò a dissolversi svelando l’ambiente in cui si trovava. La voce proveniva da Nor seduto vicino a lei che, in preda alla gioia mista preoccupazione, continuava ad accarezzarle il volto.
Lentamente anche il ronzio sparì e finalmente riuscì a dare un significato a quelle parole.
Rimase ad osservare il volto del suo amico per quello che parve un’eternità, contemplò la stanza in cui si trovava, l’enorme vetrata dalla quale entrava tutta quella luce, si sentiva intontita non ricordava dove si trovava e non capiva il motivo di tutta quella felicità.
“Buongiorno principessa, hai dormito per una settimana se lo vuoi sapere.”
Le disse il giovane con una piccola risata.
Aprì la bocca per parlare ma un forte bruciore la invase completamente riportandola bruscamente alla realtà.
Le immagini del viaggio verso Callien, la città, Erech, lo stregone, tornarono prepotenti facendole girare la testa.
Nor prontamente le porse un bicchiere d’acqua che attenuò lievemente il bruciore facendole prendere un profondo respiro.
“Malbeth ha detto che ci vorrà un pò di tempo prima che il bruciore svanisca ma piano piano diminuirà e ha anche detto che dovrai riprendere a parlare, o perlomeno all’inizio tentare, per spingere le tue corde vocali a riprendere a svolgere il loro lavoro.”
Fece un cenno d’assenso con il capo per poi portare lo sguardo oltre le vetrate.
Nor le accarezzò con dolcezza la nuca per poi invitarla a riposare un’altro po, in modo tale che potesse riprendere le forze.

 

“Nilde dovresti riposare ancora un pò.”
“No. Sto bene, dobbiamo darci da fare, ho perso una settimana e non possiamo perdere altro tempo.”
Tre giorni dopo Nilde era già in piedi, pronta ad entrate in azione. Aveva passato una settimana a dormire e tre giorni a fissare il mondo da una finestra, era stufa di rimanere ferma a non fare nulla. Avevano un piano da portare a termine e, rimanendo allungata su un letto, non sarebbe riuscita a fare nulla.
La sua voce aveva fatto progressi in fretta e dopo poco riusciva a parlare con poche difficolta. Nor le aveva spiegato che non avrebbe mai riacquistato completamente la sua voce ma solo in parte e a lei andava più che bene, nonostante si ritrovasse la voce di un vecchio fumatore, decisamente poco femminile, non le importava, l’importante per lei era poter comunicare normalmente e non dover utilizzare carta e penna.
“Dobbiamo capire perché il Tiranno vuole i dominatori.”
Lo sguardo deciso della giovane non lasciò scampo al ragazzo che si ritrovò a dover seguire la ragazza fuori dalla stanza in cui alloggiavano.
“Posso sapere cosa ti passa per la testa?”
Chiese Nor tentando di non perdere di vista la ragazza che, spedita, si faceva largo tra la folla che affollava la piazza principale.
“Ho un’idea.”
Senza degnare l’amico di spiegazioni aumentò il passo ritrovandosi in poco tempo davanti alla biblioteca della città.
Rimase immobile ad osservare la maestosità dall’edificio. Aveva sentito parlare di quel posto, dicevano fosse la biblioteca più grossa di tutta Elda e che al suo interno era dotata di ogni tipo di documento in grado di soddisfare qualunque curiosità, dai manuali sui draghi ai manuali di magia, dalle leggende agli avvenimenti storici.
Entrò senza pensarci troppo e l’interno la lasciò senza fiato, se l’esterno era piuttosto anonimo, l’interno era tutt’altro. Bianco marmo si estendeva a perdita d’occhio dando la sensazione di entrare in un altro mondo, un tappeto rosso ti indicava la via da percorrere verso gli scaffali disposti a file come fossero reparti, all’inizio di ogni fila una targhetta di marmo intagliata indicava il genere trattato in ciascun reparto.
Si avviarono in cerca di ciò che stavano cercando, anche se Nor non ne aveva la minima idea e si limitò a seguire Nilde che invece sembrava sapere esattamente cosa cercare. Lesse ogni targhetta fino a quando non trovò quella che cercava e si inoltrò tra gli scaffali con gli occhi fissi sulle copertine dei libri.
“Cerca un libro di leggende antecedenti alla grande guerra!”
Nor iniziò a passare in rassegna ogni libro presente, mentre la ragazza si concesse qualche secondo per assaporare l’odore che emanavano tutti quei libri e ne accarezzò le copertine godendo silenziosamente di quella sensazione rigenerante che solo un libro poteva darle.
Prese un respiro profondo assaporando quell’ultimo secondo di libertà prima di immergersi completamente nella ricerca fino a quando, trovato ciò che cercavano, si diressero a dei tavoli posti al centro della biblioteca.
Nilde rimase stupida dal vedere quanto fosse affollato quel luogo, vi erano giovani intenti a studiare, anziani che leggevano vecchi libri di guerra e madri che leggeva libri di racconti ai loro figli.
Loro presero posto in un tavolino appartato, avevano trovato svariati libri perciò avevano bisogno di molto tempo e non ne avevano da perdere, spronò Nor ad iniziare e, senza fiatare, si ritrovarono con il naso tra i libri.
Quattro ore dopo Nilde aveva passato in rassegna tutti i libri sul tavolo senza trovare nulla e, presa dallo sconforto, portò le mani al volto sfregandole con forza. Tutte quelle ore di ricerche e non aveva trovato assolutamente nulla, neanche una piccola traccia.
Se Mornon era a conoscenza dei dominatori doveva esserci un libro che narrasse quella leggenda com’era possibile che lei non riusciva a trovarlo?
Lo sconforto la invase completamente, non riusciva a trovare una spiegazione a quella situazione e si sentiva persa.
“Ho trovato qualcosa.”
Quelle parole giunsero alle orecchie della giovane come un sorso d’acqua nel mezzo del deserto e, in fretta, si fiondò al fianco del suo amico.
“Qui accenna alla leggenda ma è solo una breve introduzione, la pagina successiva è strappata probabilmente riportava la leggenda vera e propria.”
“Perché è strappata?”
“A qualcuno interessava evidentemente.”
Un pugno sul tavolo richiamò l’attenzione di tutti i presenti che si voltarono nella loro direzione facendo avvampare dalla vergogna Nor.
“Nilde, non è per dire ma, dovresti evitare certi scatti d’ira. Ci stanno guardando tutti.”
La ragazza riprese posto davanti al suo amico con le mani tra i capelli.
“Come facciamo adesso?”
“Andiamo, non è succede niente, troveremo una soluzione. Piuttosto, hai notato quei due? Ho la sensazione che ci stiano seguendo.”
Nilde si voltò nella direzione indicata dal suo amico e, nascosti tra gli scaffali, due uomini incappucciati fingevano di sfogliare alcuni libri.
“Ammetto che hanno un’aria strana, ma non vedo perché dovrebbero seguirci, non sono guardie reali.”
“Già, ma da quando siamo usciti dalla locanda ho notato che, dove siamo noi ci sono pure quei due.”
“Credo che tu ti stia facendo troppe paranoie.”
“Sarà. Comunque cos’hai intenzione di fare?”
La ragazza ci pensò per qualche istante giungendo all’unica conclusione che le pareva possibile.
“Ho un’idea.”

 

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Capitolo 24
*** 23 ***


40 saovine.
Il rumore dei suoi passi riecheggiava tra gli stretti vicoli della città avvolta dall’oscurità mentre lei avanzava spedita schivando qualche passante che, ubriaco, procedeva a stenti. In breve si ritrovò davanti ad un piccolo portone di legno, si guardò attorno prima di bussare tre volte. Attese qualche secondo prima che la porta si spalancasse mostrando una piccola locanda colma di uomini ubriachi e donne con parte delle proprie grazie in mostra.
Osservò schifata quell’ambiente così depravato e disgustoso cacciando la voglia di allontanarsi e iniziò a cercare tra i tavoli un volto a lei fin troppo noto.
In fondo alla sala trovò chi stava cercando, seduto in un angolo in disparte intento a sorseggiare del liquore immerso nei suoi pensieri.
Si fece largo, scostando in malo modo coloro che le si piazzavano davanti, uomini ubriachi che allungavano le mani incuranti di ciò che gli sarebbe potuto succedere. Lei non era una prostituta da quattro soldi nessuno doveva toccarla in quel modo.
Una volta raggiunto il tavolo si sedette davanti all’uomo richiamando la sua attenzione.
“Credevo non arrivassi più.”
“Quell’idiota ci ha impiegato troppo ad addormentarsi. - si interruppe scacciando con un gesto della mano la cameriera che le si era parata di fianco in attesa della sua ordinazione, per poi rivolgersi nuovamente all’uomo.- Allora, hai qualche novità?”
Dalla bocca dell’uomo si alzò una risata priva di emozioni mentre puntò il suo sguardo, fino a quel momento rivolto alla bevanda, dritto negli occhi della donna.
Ogni volta che vedeva quell’occhio bianco mille brividi le percorrevano la schiena ricordandole quella notte, la passione che si era impadronita di loro, il piacere che aveva provato e la paura di perderlo.
Non aveva mai pensato che esistesse l’amore vero, eppure quando conobbe quell’uomo la sua vita cambiò radicalmente e con lei anche le sue convinzioni.
“Ho di meglio.”
“Parla!”
“Eh si, troppo semplice così. Luthien non credi di dovermi delle spiegazioni?”
La donna si portò una mano al viso, esausta. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento, l’ultima volta che si erano visti le aveva chiesto quel favore e se ne era andata senza neanche degnarlo di un saluto.
“Sei sparita per anni lasciandomi con cosa? Un mucchio di promesse che non credo manterrai mai, avevi detto di amarmi e sei sparita. Per poi tornare, come se nulla fosse e mi chiedi un favore. Lo sai che per te farei di tutto, ma mi devi delle spiegazioni.”
“Avevo un piano, ho tutt’ora un piano che devo portare a termine e sono sparita per proteggerti.”
“Certo, sparisci per proteggermi, poi però ti fai viva quando hai bisogno di qualcosa.”
La donna abbassò lo sguardo colta in fallo mentre un silenzio insostenibile li avvolse.
“Luthien ho perso un’occhio per te e tu mi ripaghi così’?”
Una lacrima solitaria rigò il volto della donna raccolta immediatamente dal palmo dell’uomo che, con dolcezza, sollevò il volto di Luthien accarezzandola.
“Io ti amo Faradir, è la verità ma..”
“Ma hai preferito il potere a me.”
Un sorriso triste si dipinse sul volto dell’uomo, in fondo aveva sempre saputo che era così ma averne la certezza gli lacerò il cuore.
Luthien aprì la bocca per ribattere ma Faradir la zittì immediatamente.
“La ragazza è qui.”
La donna rimase a fissare l’uomo incredula.
Non pensava fosse così stupida da andare nella tana del leone.
Un piccolo sorriso di vittoria si dipinse sul suo volto, iniziava già a gustarsi la sensazione del suo sangue tra le mani e l’odore metallico a impregnarle il naso.
“Frena l’entusiasmo, ha cambiato aspetto.”
“Come ha cambiato aspetto?”
“Non è stupida come credi, ha cambiato aspetto per evitare che gli abitanti la possano riconoscere. Se è qui, è qui per un motivo preciso ed evidentemente non aveva alternative.”
“Ne parli come se la conoscessi.”
La donna iniziò a fissarlo in modo indagatore, come se cercasse di leggere la verità attraverso il suo sguardo e i suoi movimenti e, a quella visione, una risata di gusto uscì dalle labbra dell’uomo, inebriando i sensi di Luthien che si era scordata di quanto fosse piacevole udire quel suono.
“Non la conosco, ma so come agisce un guerriero con del cervello e, in passato, ho avuto l’onore di vederla duellare perciò posso dire che la ragazza sa il fatto suo.”
Bevve l’ultimo sorso di liquore per poi abbandonare il boccale sul tavolo e dirigersi verso l’uscita, prima che potesse aprire la porta però Luthien, che si era affrettata a seguirlo, lo bloccò per un polso per poi avventarsi sulle sue labbra.
Sapeva che quell’incontro sarebbe stato rischioso per lei, sapeva che non sarebbe riuscita a resistere. Non riusciva a vederlo andare via senza prima riassaporare quelle labbra che aveva dovuto abbandonare per troppo tempo.
Il sapore di Fraradir la riportò indietro a quando erano felici insieme, a quando il Tiranno non esisteva e nel suo futuro lei vedeva solo quell’uomo così rozzo e virile che la completava.
Si staccarono leggermente, rimanendo immersi l’uno nello sguardo dell’altra.
“Resta con me.”
Fu un sussurro, ma a lui bastò.

 

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Capitolo 25
*** 24 ***


41 saovine.
Quel profumo così familiare, lo stesso che l’aveva cullata nelle fredde notti d’inverno anni prima, le inebriava i sensi mandandola in estasi mentre le forti mani di Faradir scorrevano delicate sulla sua schiena regalandole brividi piacevoli in tutto il corpo.
Ascoltare il battito del suo cuore era sempre stato il suo gioco preferito, appoggiare la testa sul suo petto e restare li, immobile, assaporando il suo profumo e le carezze.
“Mi puoi spiegare perché ti interessa tanto la ragazza?”
La voce dell’uomo le arrivò con un sussurro delicato alle orecchie facendole nascere un piccolo sorriso.
“Non è nulla di importante.”
Sapeva che non ci avrebbe creduto, ma non poteva sapere la verità, per quell’uomo lei era ancora quella ragazzina dolce e perfetta, priva di cattiveria, incapace di mentire o maltrattare qualcuno. Ma con il tempo era cambiata, la strada che aveva deciso di percorrere l’aveva trasformata nel profondo e probabilmente per lei era impossibile tornare indietro.
Voleva arrivare in vetta e per raggiungerla doveva essere crudele, spietata con chiunque, non poteva permettersi il lusso di guardare in faccia nessuno.
Avrebbe portato la ragazza al Tiranno e dopo ci avrebbe pensato lei, solo così poteva avere la sua vendetta. Nessuno poteva rifiutarla per una ragazzina come quella.
Un debole raggio di sole iniziò a filtrare candido da una piccola finestra davanti al giaciglio su cui erano distesi, ricordano alla donna che doveva rientrare a castello.
Diede un dolce e leggero bacio a fior di labbra a Faradir per poi indossare nuovamente le sue vesti sotto lo sguardo attento dell’uomo.
“Mi abbandoni già?”
Una nota di malinconia invase il cuore di Luthien nell’udire quelle parole così dolci e tristi, non aveva intenzione di abbandonarlo di nuovo, l’avrebbe portato in vetta con se perché aveva capito che senza di lui al suo fianco, tutti quegli sforzi non avrebbero avuto senso.
“Non ti abbandono questa volta.”
“Hai ancora bisogno che indaghi vero?”
Il tono secco usato da Faradir non passò inosservato alla donna che, intenerita, prese posto vicino a lui e con una carezza lo spinse a guardarla negli occhi.
“Si, ho ancora bisogno di te, ma non solo per quello. Ti voglio al mio fianco sempre, dopo questa notte ho capito che non posso più stare senza di te. Mi sei mancato tanto in questi anni, non è passato attimo in cui non ti pensassi. Sei sempre stato il mio pensiero costante e adesso non voglio commettere lo stesso errore.”
Un dolce sorriso comparì sul volto dell’uomo che, baciato dal sole, le parve di una bellezza disarmante.
“C’è un ma, vero?”
“Non potremo farci vedere in giro insieme, per il momento Mornon deve credere che io sia solo sua.”
Faradir scoppiò in una risata priva di felicità.
“Quindi io dovrei vederti andare in giro avvinghiata ad un altro?”
La donna abbassò lo sguardo mentre il senso di colpa le spezzava il cuore, l’uomo la scostò con violenza alzandosi ed iniziando a rivestirsi in preda all’ira.
“Non sono disposto a vivere tutto questo, mi hai già spezzato il cuore una volta, non ti permetterò di farlo ancora.”
Lanciò un’ultimo sguardo carico di odio e dolore a Luthien rimasta seduta sul giaciglio inerme davanti all’ira dell’uomo che amava, per poi voltarsi e andarsene.
Rimase sola e, nel silenzio della stanza, sentì il suo cuore esplodere in mille pezzi, sapeva che aveva ragione lui: l’aveva abbandonato per poi tornare e pretendere di riaverlo, ma non era così semplice.
Era arrabbiata con se stessa per l’enorme errore che aveva commesso e adesso doveva pagarne le conseguenze.
Asciugò con rabbia le lacrime che scendevano copiose sul suo volto per poi sciacquarselo rapidamente con dell’acqua fresca in una bacinella poco distante dal letto, sistemò il vestito e, dopo un’ultimo respiro profondo, si calò il cappuccio del mantello fino a coprire quasi tutto il volto ed uscì spedita verso il castello.
La discussione era durata più di quanto immaginasse e il sole era già alto in cielo illuminando l’enorme piazza principale che, lentamente, iniziava a riempirsi di persone intente nelle loro faccende.
Decise di fermarsi ad una bancarella a prendere un pò di frutta e qualche dolce, non era suo compito, ma avrebbe dovuto inventarsi una buona scusa con Mornon per la sua assenza.
Entrò a palazzo che brulicava già di vita e, senza pensarci troppo, corse negli alloggi del Tiranno incurante dei saluti che le riservavano i servi al suo passaggio, entrò nella stanza come un uragano mentre l’uomo l’attendeva seduto su un piccolo trono davanti al letto.
“Dove sei stata tutta la notte?”
Il tono glaciale con cui le rivolse quella semplice domanda la gelò sul posto facendole morire l’enorme sorriso che si era imposta.
“Non riuscivo a dormire e ho deciso di fare una passeggiata, ti ho anche preso i tuoi dolci preferiti.”
Mornon le strappò di mano il sacchetto colmo di prelibatezze e con un gesto brusco lo scaraventò al suolo, per poi avvicinarsi con lentezza alla donna rimasta in piedi sulla soglia.
“Una passeggiata durata tutta la notte?”
“Non è come pensi, mi sono alzata solo poco tempo fa.”
In un impeto d’ira il Tiranno prese per i capelli la donna iniziando a tirarli con rabbia.
“Credi davvero che io sia stupido? Sappi stupida puttana che se vengo a sapere ciò che fai alle mie spalle io ti uccido! Sono stato chiaro? ”
Luthien in preda ai singhiozzi si ritrovò ad urlare ed a implorarlo disperatamente fino a quando l’uomo decise di lasciare la presa lasciandola distesa in mezzo alla stanza, le diede un ultimo e rabbioso pugno in volto, per poi voltarsi ed abbandonare la stanza, lasciando la donna a singhiozzare da sola.

 

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Capitolo 26
*** 25 ***


41 Saovine.
“Sei forse impazzita?”
Nor continuava a camminare da una parte all’altra della stanza con le mani tra i capelli, incredulo di ciò che gli aveva appena proposto la sua amica.
“Andiamo, che sarà mai? E poi è l’unico modo che abbiamo per scoprire la verità.”
“No, no, no e ancora no! È da folli!”
La ragazza sollevò gli occhi al cielo sbuffando sonoramente.
“Non è una tragedia.”
Nor strabuzzo gli occhi nell’udire quelle parole e, parandosi davanti alla giovane le puntò un dito contro.
“Tu devi aver preso un colpo in testa, sei completamente impazzita. Ci troviamo già nell’ultima città in cui dovremmo essere, dovrebbe bastarti questo come rischio.”
Nilde, stanca di sentire le lamentele del suo amico che non cessavano da ormai un’ora, si alzò dal giaciglio ed indossò il suo mantello pronta ad entrare in azione.
Era l’unica soluzione, non ne vedeva altre e l’avrebbe fatto indipendentemente da ciò che le veniva detto.
Nor la bloccò per un polso prima ancora che potesse raggiungere la porta.
“Dove credi di andare?”
“Senti, io farò questa cosa che tu lo voglia o no. Non ti costringerò a seguirmi, ma io devo andare.”
La giovane si divincolò dalla forte stretta dell’amico raggiungendo la porta e uscendo dal loro alloggio seguita poco dopo da Nor che non l’avrebbe lasciata da sola in quella impresa nonostante non fosse d’accordo con la sua scelta.
“Qual è il piano adesso?”
Chiese il giovane esasperato dalla situazione, la testardaggine della sua amica a volte era davvero insostenibile, gli veniva quasi voglia di prenderla a schiaffi soprattutto quando non capiva la gravità di una situazione.
“Dobbiamo capire come poter entrare.”
“La vedo dura.”
Vagavano per le strade di Calien in cerca di cosa, Nor non l’aveva capito, si limitava a seguire Nilde e a guardarsi intorno cercando di evitare la calca di gente. Non riusciva a concepire come potessero esserci così tante persone in una sola città, ma d’altronde lui era nato in un piccolo paesino ed era cresciuto sperduto tra i boschi, non poteva di certo capire.
Ad un tratto, mentre era immerso nei suoi pensieri, notò in lontananza un gruppo di persone ammassate in contemplazione di qualcosa, richiamò immediatamente la sua amica e si fecero strada in quella direzione.
Ci impiegarono una buona mezz’ora per oltrepassare l’intera piazza da quante persone c’erano e Nilde presa dal nervoso iniziò a farsi spazio a gomitate ignorando gli insulti che le urlavano dietro mentre Nor si scusava per il suo comportamento con i poveri mal capitati.
Una volta raggiunto il gruppo di persone si ritrovarono davanti una scena che diede il volta stomaco alla ragazza.
Uomini legati tra loro da strette funi che gli scavavano la carne creando rivoli di sangue che macchiavano la terra ai loro piedi, donne e bambine che piangevano rinchiuse in gabbie talmente piccole da obbligarle in posizioni disumane.
Un uomo dalla barba folta e sporca e una pancia talmente grossa da impedirgli di vedere i suoi stessi piedi, passeggiava divertito al centro, tra la folla e quelle povere persone, mentre agitava un bastone indicandoli.
“Allora, chi di voi vuole comprare uno dei miei uomini? Con queste braccia, sono ottimi per i lavori forzati. Oppure preferite una esile bambina, pronta a soddisfare tutti i vostri istinti. Andiamo, fatevi avanti!”
Non appena conclusa la frase, dalla folla si levarono urla di persone che facevano la loro offerta aggiudicandosi ciò che più gli aggradava.
In tutto quello schifo e oppressa da tutto quel fracasso la sua testa iniziò a girare vertiginosamente e la sua vista iniziò ad annebbiarsi, si appoggiò con tutto il suo peso su un uomo al suo fianco che la scansò con poca delicatezza facendola cadere in mezzo alla folla. Credeva di avere Nor al suo fianco invece si ritrovava sola, distesa priva di forze mentre tutte quelle persone la calpestavano senza alcun ritegno.
Il pensiero che il suo amico l’avesse abbandonata iniziò a pulsare fastidioso nelle tempie mentre una lacrima solitaria scivolò sulle sue gote.
Ricevette un forte calcio alla nuca e lentamente le voci si fecero più distanti mentre lei si abbandonava a quella sensazione di pace che la avvolse completamente.
Due forti braccia però la raggiunsero prima che perdesse completamente i sensi e, con una stretta forte e sicura, la trascinarono via dalla calca.
In lontananza Nor, intento a chiedere informazioni, intravide le due figure che si allontanavano con il corpo di Nilde, erano gli stessi che li seguivano ormai da qualche giorno e subito un senso di paura lo avvolse, ringraziò in fretta l’uomo con cui parlava e corse verso di loro con il cuore che gli martellava prepotente nel petto.
“Ehi! Voi due! Fermatevi!”
I due si arrestarono di colpo e si voltarono nella direzione del ragazzo.
“Cosa credete di fare? Lei è con me!”
Cercò di mantenere la calma, non poteva permettersi di attirare l’attenzione delle guardie.
“La stiamo solo aiutando.”
Un brivido scese lungo la schiena del ragazzo nell’udire quella voce, fin troppo famigliare per i suoi gusti.
“Che gli avete fatto?”
La rabbia stava montando lentamente mentre prendeva la ragazza tra le sue braccia e la accarezzava dolcemente.
“Noi nulla, è svenuta in mezzo alla gente, l’abbiamo portata via prima che potessero ucciderla calpestandola.”
I due sconosciuti si scambiarono uno sguardo di intensa prima che il secondo uomo aprisse bocca per la prima volta.
“Se venite con noi possiamo aiutarla e potremmo parlare lontano da orecchie indiscrete.”
La voce del secondo uomo diede la conferma a Nor di ciò che stava pensando, pietrificandolo sul posto.

 

Si ritrovarono seduti attorno ad un tavolo in un piccolo alloggio spoglio di qualunque tipo di comodità, disperso per le vie di più povere di Callien.
Nor continuava a passeggiare irrequieto per la stanza mantenendo il suo sguardo fisso sui due uomini.
Nilde si era ripresa da poco, la testa le girava ancora a ogni suo movimento improvviso e quella situazione di certo non la aiutava. Ritrovarsi davanti quegli occhi, li stessi che si era ripromessa di dimenticare, era stato uno shock.
Dal canto suo Erech non era pronto alle sensazioni che provava in sua presenza, e vederla distesa in mezzo a quelle persone che se ne infischiavano di lei gli faceva salire la rabbia ogni volta che il suo pensiero si soffermava troppo su quell’avvenimento.
Avrebbe voluto portarla via da quell’inferno e proteggerla tra le sue braccia.
Lui continuava tenere lo sguardo fisso su di lei, mentre lei cercava di concentrarsi sulla bevanda che aveva davanti.
“Qualcuno ha intenzione di iniziare a parlare?”
Hathol, esasperato da tutto quel silenzio rotto soltanto dai rumori dei passi di Nor che riempivano la stanza, irruppe facendo voltare i presenti nella sua direzione. Un altro silenzio pesante seguì le parole dall’uomo che lo fecero sbuffare sonoramente.
“Come avete fatto a riconoscermi?”
Fu Nilde a rompere il silenzio senza sollevare lo sguardo, la gola le bruciava violentemente e la sua voce risultò più bassa e gracchiante del solito spaventando leggermente Erech seduto davanti a lei.
Nor si affrettò a sedersi vicino alla sua amica accarezzandole delicatamente la schiena mentre Hathol cercava le parole giuste con cui rispondere, ma il principe fu più rapido e senza distogliere lo sguardo dalla giovane rispose con voce bassa e roca, provocando brividi in tutto il corpo della ragazza.
“Non potrei mai scordare il tuo sguardo.”
Nilde alzò di scatto il volto puntando i suoi occhi in quelli dell’uomo e per un attimo si sentì davvero capace di correre ad abbracciarlo.
Nor invece si ritrovò ad osservare i presenti senza capire cosa stesse succedendo, ma nessuno parve prestargli attenzione e decise di accantonare i suoi dubbi e chiarirli in un altro momento.
“Perchè ci stavate seguendo?”
“Volevo capire perché sei venuta qui.”
“Mi porterai da tuo padre?”
“No.”
I due amici rimasero sorpresi nell’udire la risposta e si sentirono subito sollevati.
“Perchè?”
Fu Nor a prendere la parola incapace di comprendere la situazione.
“Questo non è importante.”
“Io invece credo che lo sia.”
“Nor..”
“No! - il ragazzo zittì la sua amica e si sollevò di scatto puntando il suo sguardo carico d’ira in quello dei due giovani davanti a loro.- Ci avete rapiti, mi avreste sicuramente ucciso e chissà cos’avreste fatto a lei e pensate, davvero, di cavarvela così?”
Un bagliore di delusione attraversò gli occhi di Nilde che si era convinta per un momento che Erech potesse nutrire un sentimento sincero per lei, ma era solo stata sciocca, non poteva essere così, aveva sicuramente un secondo fine. Quel bagliore non sfuggì all’occhio attento del principe che capì immediatamente il pensiero della ragazza mandandolo su tutte le furie.
“Credi davvero che sia così stupido? Avrei potuto uccidere te e portare la ragazza svenuta direttamente da mio padre, invece mi pare di aver agito diversamente.
Mio padre è convinto che siamo da qualche parte in giro per il mondo a cercarvi, ma io ho deciso di restare qui per capire perché siete a Callien, so che non siete così stupidi da venire nella città del Tiranno senza un valido motivo.”
“Non risponde alla domanda.”
I due uomini si voltarono nella direzione della ragazza che guardava Erech in modo impassibile.
Il principe senza troppe cerimonie si inginocchiò davanti a lei con uno sguardo che le fece stringere il cuore.
“Non so cos’abbia in mente mio padre, ma ho visto cos’ha fatto agli altri dominatori e non voglio che ti faccia la stessa cosa.- Rivolse un’ultimo e dolce sguardo verso la giovane per poi ritornare al suo posto e riprendere a parlare.- voglio fermare mio padre.”
Nilde lesse completa onestà in quelle parole ma Nor non fu della sua stessa idea e ancora diffidente si ritrovò a tempestare l’uomo di mille domande.
“Come facciamo a crederti? Per quanto ne sappiamo potresti fare il doppio gioco.”
Un lungo silenzio calò nella stanza, aveva ragione e questo lo sapevano bene Erech e Hathol, non avevano prove tangibili per dimostrargli che non mentivano.
“La ragazza avrà capito se diciamo la verità”
Hathol ruppe di nuovo il silenzio attirando l’attenzione su Nilde impegnata a giocherellare con le mani.
Sapeva che non mentivano, ma aveva paura della reazione avrebbe potuto avere il suo amico nel sapere che lei gli credeva.
Si voltò e con delicatezza prese le mani di Nor baciandole delicatamente, a lui bastò quel gesto per capire, si fidava di lei e nonostante quella situazione fosse rischiosa decise di non aggiungere altro, fece un cenno d’assenso nella direzione della giovane e le posò un leggero bacio sulla fronte per poi voltarsi senza pensarci troppo verso i due uomini rimasti in attesa.
“Voi avete un piano?”

 

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Capitolo 27
*** 26 ***


41-42 Saovine.
La notte era calata ormai da qualche ora per le vie di Callien e una piccola candela illuminava il tavolo intorno al quale erano seduti.
“Siamo sicuri?”
Nilde, esausta, si sfregava con forza le mani sul volto mentre Nor e Hathol spiegavano per l’ennesima volta il piano.
Erech sbuffò sonoramente, non ne poteva più di quei due e, spazientito, andò a coricarsi in un piccolo giaciglio di paglia attaccato alla parete opposta alla quale si trovavano.
La ragazza smise di ascoltare i due che continuavano a battibeccare e si ritrovò a seguire con lo sguardo ogni movimento del principe completamente rapita, senza neanche rendersene conto si ritrovarono immersi l’uno nello sguardo dell’altra, un turbinio di emozioni invadeva lo stomaco della giovane ogni qualvolta osasse immergersi in quelle iridi scure ma le piaceva perdersi in quel mondo.
Due dita le si pararono davanti iniziando a schioccare fastidiose mentre Nor iniziava ad urlarle nelle orecchie.
“Ehi piccioncini, quando avrete smesso di scambiarvi sguardi innamorati vorremmo riportare l’attenzione sul piano.”
Le gote della ragazza presero immediatamente colore mentre si apprestava a distogliere lo sguardo dall’uomo intento a lanciare occhiatacce ad Hathol che era scoppiato in una fragorosa risata, erano convinti che nella penombra della stanza i loro amici non li avrebbero visti ma agli occhi attenti dei due guerrieri non sfuggiva nulla.
“Bene, dicevamo, ho apportato alcune modifiche al piano perciò adesso mi direte se vi va bene.”
Nor fece una pausa contemplando i volti seri dei presenti prima di raccogliere tutti i fogli sparsi per il tavolo ed iniziare a indicare le varie zone mentre spiegava ogni punto.
“Voi due tornerete a castello portando false informazioni su Nilde al Tiranno e introdurrete noi due all’interno, ci fingeremo fratelli in cerca di lavoro, in questo modo potremo studiare Mornon da vicino, capire le sue intenzioni e potremmo capire come farlo fuori senza richiamare troppo l’attenzione. D’accordo?”
I presenti fecero un cenno d’assenso.
“Dobbiamo solo decidere quando entrare in azione.”
Hathol guardò i suoi compagni in attesa di ricevere una risposta.
“Inizieremo domani.”
Sentenziò Erech con sguardo duro e voce cupa per poi alzarsi dal giaciglio su cui era ancora sdraiato ed uscire spedito fuori dall’alloggio lasciando ammutoliti tutti i presenti.
Vagò per qualche minuto per le strette vie dei bassi fondi di Callien senza alcuna meta, doveva radunare i pensieri e creare una mappa della situazione nella sua testa.
Se volevano far accedere Nilde e Nor a castello doveva affidarsi all’unica persona che poteva aiutarli, se lui fosse stato dalla loro parte sicuramente sarebbero passati inosservati.
Contemplò il cielo nero che, lentamente, iniziava a lasciare spazio alle prime luci dell’alba e si concesse un’istante per ammirare la bellezza di Callien a quelle ore, il volto di sua madre invase i suoi pensieri mentre un’ondata di nostalgia lo travolse. Ricordava quelle notti in cui gli incubi gli impedivano di dormire e lei lo portava fuori dalle mura a contemplare l’alba mentre lo accarezzava dolcemente e gli faceva il solletico. Il rumore dolce della sua risata lo colpì in pieno petto e un dolore indescrivibile lo avvolse.
In quel momento capì che ciò che stavano facendo non era sbagliato.
Suo padre doveva pagare per tutto quel dolore che aveva lasciato lungo il suo cammino.
Una dolce voce lo riportò alla realtà provocandogli brividi in tutto il corpo e un piccolo sorriso si dipinse sul suo volto.
“Credi davvero di scappare così senza che nessuno ti venga dietro?”
Nilde affiancò il principe contemplando il cielo con un sorriso divertito.
“Sinceramente pensavo che sarebbe venuto Hathol.”
Un dolce risata uscì dalle labbra della ragazza inebriando i sensi del principe che chiuse gli occhi godendosi il momento.
“Dove stavi andando?”
“Da una persona.”
Un moto di gelosia e delusione si impossessò di Nilde che abbassò lo sguardo spegnendosi lentamente.
“Allora.. ti lascio andare.”
Si voltò per tornare dagli altri quando la mano di Erech le avvolse il polso fermandola.
I loro sguardi si scontrarono di nuovo e la voce roca dell’uomo la catturò più della sua stretta.
“Vieni con me?”
Un sorriso comparì sul volto della ragazza illuminandola nuovamente, non se lo fece ripetere, si alzò sulle punte e calò il cappuccio del mantello del principe coprendogli il volto per poi intrecciare le loro mani.
Una forte scossa si propagò lungo i loro corpi lasciandoli senza fiato.
Il principe lanciò un’ultimo sguardo alla ragazza per poi guidarla lungo le vie della città che lentamente si svegliava sotto i caldi raggi del sole.


Attendevano seduti su quel muretto ormai da qualche minuto e Nilde si perse a contemplare quell’enorme giardino così ben curato, innumerevoli fiori decoravano l’ambiente colorandolo di mille colori mentre il loro profumo si espandeva inebriando i sensi di chiunque vi mettesse piede.
Erech continuava a camminare avanti e indietro pensieroso e Nilde lo trovò attraente anche in quel momento.
Non le aveva detto chi dovesse incontrare ma da com’era agitato iniziò a preoccuparsi.
Mentre pensava a chi mai potessero aspettare una voce bassa e calda attirò la loro attenzione.
“Figlio mio, che ci fai qui?”
Un anziano uomo si avvicinò a loro abbracciando calorosamente il principe e Nilde rimase stupita da come lo aveva chiamato, non immaginava che il Tiranno fosse così vecchio, minuto e dal viso così dolce.
Erech ricambiò il tenero abbraccio di Bor per poi indicare la ragazza alle sue spalle.
“Lei è una mia amica.”
L’uomo regalò uno splendido e dolce sorriso alla giovane che ricambiò un pò titubante, l’espressione del principe che si era rilassata alla vista dell’anziano, era tornata seria e preoccupata e questo le fece tremare le gambe.
Aveva paura.
Paura che la potesse tradire e, se da un lato era certa che non lo avrebbe mai fatto, dall’altro era altrettanto convinta che facesse il doppio gioco.
“Oh piacere cara, una ragazza così bella avrà sicuramente un nome altrettanto bello.”
“Gwuend.”
La ragazza rispose di getto lasciando spiazzato il principe che rimase a guardarla perplesso.
“È di questo che vorrei parlarti Bor.”
Nilde nell’udire il nome dell’uomo si sentì stupida per essersi presentata con il nome falso, ma in fondo la prudenza non era mai troppa.
L’anziano capì al volo e invito i due giovani a seguirlo all’interno della sua piccola abitazione all’interno della quale lo spazio era davvero ridotto, cucina e camera da letto erano un tutt’uno e la ragazza si chiese come potesse vivere in una casa così piccola.
L’anziano invitò il principe a parlare e lui, senza pensarci troppo raccontò tutto svelando la vera identitaria della giovane.
“Ho bisogno di te però, se tu ci coprirai mio padre non si insospettirà.”
Un lungo silenzio calò su di loro e per un attimo i due ragazzi iniziarono a pensare che Bor avrebbe rifiutato ma, sorprendentemente, un caloroso sorriso si dipinse sul suo volto che accettò di aiutarli.
“Però ci penserò io a farli entrare.”

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Capitolo 28
*** 27 ***


42 Saovine.
Contemplava il calice colmo d’alcol che continuava a rigirarsi tra le mani mentre il figlio attendeva in piedi davanti a lui una sua reazione che non tardò molto ad arrivare.
“Sei sicuro?”
“Ho visto io stesso il cadavere.”
Lanciò con rabbia il calice contro la parete di pietra alla sua destra, non poteva crederci, non riusciva a crederci, secondo la leggenda aveva bisogno di tutti e quattro i dominatori per sottomettere tutta Elda, senza uno di loro sarebbe stato più difficile.
Ma non impossibile.
“Com’è successo?”
Urlò con rabbia a pieni polmoni.
“L’hanno assassinata.”
“Chi ha osato ucciderla?”
“Briganti.”
“Bene, uccidete tutti i briganti che ci sono. Li voglio tutti morti!”
L’idea che l’avesse uccisa qualcun altro e non lui, l’idea che fosse morta per mano di altri lo faceva impazzire. Lei era di sua proprietà, l’aveva cercata per tutti quegli anni e adesso l’avevano ammazzata per quattro stupidi stracci.
“Padre se permettete..”
Mornon si voltò furente verso il figlio iniziando a spingerlo.
“Tu devi stare zitto! è tutta colpa tua!"
Gli occhi accecati dall’ira fecero quasi impressione ad Erech che indietreggiò non sapendo cosa fare, aveva visto suo padre infuriato un’infinità di volte ma mai la sua furia aveva raggiunto quel livello, l’uomo continuava ad avanzare nella sua direzione spingendolo ad ogni suo passo e urlandogli contro parole che il ragazzo non ascoltava neanche fino a quando un pugno lo raggiunse in pieno volto.
Un forte dolore si propagò sul suo volto e sollevò le mani massaggiandosi la mascella.
Aveva oltrepassato il limite, ma sapeva che non era il momento di agire, inspiro profondamente per poi voltarsi ed allontanarsi mentre il Tiranno continuava ad urlargli dietro ogni tipo di insulto.
Raggiunse in fretta i piani superiori con la rabbia che gli bruciava in corpo e aprì la porta della sua stanza con un pugno facendo sobbalzare dallo spavento Nilde e Bor che lo attendevano all’interno.
La ragazza corse dal principe e prese il suo volto tra le mani tentando invano di calmarlo.
“Cos’è successo?”
La voce della giovane giunse soave alle orecchie di Erech che si lasciò cadere a peso morto sul letto mentre lei e Bor prendevano posto al suo fianco.
“È impazzito completamente, credo di non averlo mai visto così furibondo.”
Nilde fece un sospiro di sollievo, se si era infuriato in quel modo ci aveva creduto ed era la cosa migliore che potesse accadere in quel momento.
“Cosa succederà adesso?”
Erech si portò a sedere sospirando pesantemente.
“È quello che dobbiamo scoprire.”


Mornon percorse l’intero castello di corsa, la furia non gli permetteva neanche di stare fermo le mani gli tremavano vistosamente e avrebbe voluto uccidere lui stesso tutti i briganti di Elda ma era solo una perdita di tempo adesso doveva capire come agire con i tre Dominatori.
Si chiuse nei suoi alloggi e mandò un servitore a chiamare Bor e Luthien, aveva bisogno di loro in quel momento, doveva trovare una soluzione e sapeva che da solo non ci sarebbe riuscito.
In breve tempo i due varcarono la soglia della sua stanza e si affrettarono a prendere posto davanti all’enorme scrivania d’orata.
“La ragazza è morta.”
I due rimasero in silenzio, Bor era già a conoscenza di quella bugia ma Luthien non sapeva nulla e l’udire quelle parole la fecero quasi sorridere, aveva ottenuto ciò che desiderava e, nonostante non avesse avuto il privilegio di ucciderla lei stessa il solo pensiero che fosse morta le bastava.
“Ho bisogno che mi aiutiate a trovare una soluzione.”
“Con tre dominatori non sarà la stessa cosa.”
Il Tiranno si portò una mano al volto sbuffando sonoramente e lanciò uno sguardo colmo d’ira alla donna.
“Cosa credi che non lo sappia?”
Aveva alzato il volume della voce e il ricordo delle percosse ricevute il giorno precedente tornò prepotente facendo tremare leggermente Luthien.
“Vi ho convocati qui per avvisarvi, dobbiamo studiare una soluzione. Bor tu dovrai trovare lo stregone che ha scritto quella leggenda e tu, Luthien, dovrai capire come poter agire con solo tre Dominatori. Ora potete andare.”
La donna non se lo fece ripetere e in breve uscì dalla stanza mentre Bor si alzò lentamente dalla sedia su cui era seduto cercando le parole giuste per esternare il suo pensiero.
“Sua altezza con tutto il rispetto, credo che quello stregone sia morto.”
Mornon sbuffò spazientito.
“Non mi interessa, avrà avuto dei figli o qualcuno a cui tramandare tutto il suo sapere. Tu devi trovarlo!”
Con un cenno della mano chiuse il discorso ed invito l’anziano ad uscire.
Rimase solo nella stanza avvolta dal silenzio le mani tra i lunghi capelli biondi, la frustrazione che si era impadronita di lui non lo lasciava ragionare lucidamente impedendogli di trovare una soluzione.
Tutta quella situazione era assurda, non riusciva a crederci e sopratutto non comprendeva come uscirne.
Doveva trovare un modo a tutti i costi.

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Capitolo 29
*** 28 ***


42 Saovine.
Uscì dagli alloggi del Tiranno quasi saltellando dalla gioia per la notizia appena appresa, il fatto che la ragazza fosse morta per lei era un gran sollievo ma il pensiero di dover studiare un modo per agire senza di lei non la allettava molto.
Affrettò il passo diretta verso la biblioteca reale, li un libro che facesse al caso loro l’avrebbe trovato sicuramente. Giunse in poco tempo davanti all’enorme porta di legno massiccio della biblioteca ed entrò come un uragano, si chiuse in fretta la porta alle spalle e contemplò per un attimo la pace che regnava in quel luogo. L’odore di polvere e libri vecchi le entrò prepotente nelle narici facendola starnutire un paio di volte, gli scaffali di legno colmi di libri erano disposti lungo le pareti mentre al centro vi era un’unica scrivania solitamente utilizzata dal Tiranno per le sue ricerche.
Prima che salisse al trono Mornon, quella biblioteca era pubblica ed era sempre affollata, quando Mornon divenne il Tiranno la chiuse, tolse ogni tavolo, sedia e poltrona e vi fece posizionare la sua scrivania al centro, solo lui e pochi privilegiati potevano accedervi.
In quella biblioteca vi erano libri rari e inestimabili, alcuni sconosciuti anche ai librai più esperti, senza aspettare ancora si fiondò sui libri iniziando a passare in rassegna ogni copertina. Raccolse alcuni volumi sulle leggende di Elda e prese posto alla scrivania concentrandosi immediatamente sulla ricerca che doveva fare.
Dopo qualche ora esausta, chiuse anche l’ultimo libro senza aver trovato nulla, si portò le mani al volto sbadigliando sonoramente per poi esaminare quei pochi appunti che aveva preso.
Completamente rapita dal lavoro che stava svolgendo non si accorse di una presenza appoggiata ad uno scaffale alle sue spalle che la osservava da quando era entrata. Si avvicinò lentamente e appoggiò una mano sulla spalla della donna facendola trasalire.
Il cappuccio del mantello calato a coprirgli il volto non bastò per impedire a Luthien di riconoscerlo, la stazza possente e i lineamenti duri erano fin troppo famigliari per lei.
“Faradir che ci fai tu qui?”
La donna si alzò rapidamente abbracciandolo di slancio per poi allontanarsi subito come se si fosse scottata nel toccarlo.
“Avevo un compito da svolgere ed è quello che ho fatto.”
Lei non capiva e rimase immobile ad osservarlo aspettando che lui si spiegasse.
“La ragazza..”
Con un cenno della mano lo zittì immediatamente e un sorriso vittorioso le si dipinse sul volto.
“È morta lo so già.”
Faradir scoppiò in una risata innondando la stanza fino a quel momento immersa nel silenzio.
“Chi te lo ha detto?”
Luthien stranita da quella reazione rispose incerta.
“Erech l’ha detto a Mornon giurando di aver visto lui stesso il cadavere.”
“E tu gli hai creduto?”
“Certo perché non dovrei?”
L’uomo si fece serio e, avvicinandosi al volto della donna, rispose con voce bassa e cupa.
“Perché lei non è morta ed è qui.”
Il sorriso della donna morì definitivamente sul suo volto.
“Qui dove? E tu come fai a saperlo?”
“Andiamo Luthien, sai che le mie fonti sono più che attendibili, non ti mentirei mai. La ragazza è qui a castello, ha cambiato aspetto, lavora per Bor e da quanto ho potuto apprendere è molto amica di Erech.”
Luthien si lasciò cadere sulla sedia con la testa che le doleva, le mani a massaggiarla mentre tentava di elaborare quelle nuove notizie per lei così fastidiose.
In uno scatto dira scaraventò tutti i libri, rimasti appoggiati sulla scrivania, per terra con un urlo che le parve quasi liberatorio.
Rimase immobile, in piedi ad osservare i fogli sparsi sul pavimento, l’inchiostro della piuma che aveva usato si era riversato sui suoi appunti cancellando quelle poche informazioni che era riuscita a prelevare.
“È quella stupida ragazzina bionda vero?”
La sua voce risultò più bassa e carica d’odio anche alle sue stesse orecchie che quasi si spaventò.
Faradir rimase sorpreso, sapeva che era cambiata, ma non credeva che il suo cambiamento fosse così radicale, aveva sempre pensato che in fondo era sempre la stessa, ma più passavano i giorni e più si rendeva conto che non vi era più traccia della ragazzina dolce e solare di cui si era innamorato.
Senza neanche degnarlo di uno sguardo Luthien fece per uscire e andare dritta da Nilde ma l’uomo le si parò davanti bloccandole la strada.
“Qualunque cosa tu voglia fare non è il momento adatto.”
La donna sbuffò sonoramente aveva una voglia matta di uccidere quella ragazzina ma sapeva che aveva ragione, in preda all’ira avrebbe solo commesso un disastro.
“Nessuno dovrà sospettare che tu sai la verità, un giorno potrai utilizzarla a tuo favore.”
Luthien annuì convinta.
Ringraziò Faradir allontanandosi in fretta, lasciando l’uomo all’interno della biblioteca completamente in balia dei suoi pensieri.
Camminò spedita verso gli alloggi di Mornon con un’idea per la testa, se non trovavano nulla che potesse aiutarli, potevano sperimentare per conto loro.
Entrò senza neanche bussare ritrovandosi uno sguardo di rimprovero addosso.
“Spero che tu sia entrata in questo modo per un buon motivo.”
Era esausto anche solo per alzare la voce e inveire contro Luthien.
“Ho un’idea.”
L’uomo la invitò a parlare con un gesto della mano facendosi attento mano a mano che lei avanzava con il suo discorso.
“Non ho trovato nulla che ci possa aiutare ma penso che dovremmo mettere
alla prova i Dominatori che possediamo, magari le loro forze saranno sufficienti,  ma questo non possiamo saperlo se prima non li vediamo all’azione.”
Un sorriso compiaciuto si dipinse sul volto del Tiranno, non ci aveva minimamente pensato ma era decisamente una buona idea e poi, un pò di allenamento li avrebbe pure mantenuti in forze.
Acconsentì soddisfatto.
“Inizieremo domani mattina.”

 

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Capitolo 30
*** 29 ***


43 Saovine.
“Ecco, piegali in questo modo. Mornon vuole che i suoi asciugamani siano perfettamente piegati.”
Nilde seguiva passo per passo le indicazioni dell’anziano tentando di non sbagliare nulla.
“Sembra che voi e il Tiranno siate molto uniti.”
Un sospiro profondo uscì dalle labbra di Bor e una nota di malinconia si impossessò dei suoi occhi.
“Per me è sempre stato come un figlio.”
“Lo conosci da tanto?”
“Da quando è nato, in quel periodo ero da poco entrato a corte e, grazie all’amicizia tra i miei genitori e i genitori di Mornon, mi permisero di badare a lui.”
“Ma è cambiato tutto vero?”
L’anziano si fermò con lo sguardo perso oltre la finestra.
“È sempre stato particolare, picchiava spesso gli altri bambini per questo tutti si rifiutavano di giocare con lui perciò era sempre solo. Crescendo divenne sempre più scontroso e i suoi stessi genitori iniziarono ad affibbiarli l’etichetta di pazzo, io ero l’unico che riusciva ad avvicinarsi senza scatenare la sua ira, non ho mai capito il perché ma, in qualche modo, lui mi accettava. La prima volta che scoprì dell’esistenza dei Dominatori aveva solo dieci anni, era un ragazzino molto intelligente e adorava studiare, leggeva libri interi sulla storia di Elda, le sue guerre e le sue leggende, fino a quando non conobbe quella leggenda, o almeno per tutti era solo una leggenda, ma non per lui. Lui ci ha creduto fin da subito. Iniziò a fare ricerche su ricerche per dimostrare a tutti che aveva ragione e, con il passare degli anni, divenne una vera e propria fissazione e, a parer mio, fu proprio in quel momento che lui impazzì davvero.”
Nilde si ritrovò combattuta, le dispiaceva per quel povero ragazzino incompreso ma allo stesso tempo l’immagine di ciò che era diventato adesso e di ciò che aveva fatto, non si poteva cancellare.
“Non hai mia provato a farlo ragionare?”
Una risata triste inondò la stanza mentre Bor si lasciava cadere esausto su una sedia abbandonata in un angolo.
“Quando morirono i suoi genitori e suo fratello prese le redini del regno tentò più volte di convincerlo dell’esistenza dei Dominatori ma, Brandir, convinto che lui fosse impazzito per la morte dei genitori, non gli dava ascolto. Lo portò a prendere una decisione che io stesso tentai di fermare. Non scorderò mai le parole che mi disse poco prima di uccidere suo fratello: se vogliamo tutto, dobbiamo fare ciò che va fatto. Sinceramente, speravo che l’amore fraterno l’avrebbe fatto ragionare, ma a Mornon non importava di nulla, tanto meno della sua famiglia. Sapeva ciò che voleva e se per ottenerlo doveva sporcarsi le mani di sangue, non lo avrebbe fermato nessuno e, infatti, così è stato.”
La giovane non seppe cosa replicare, scoprire in quel modo delle atrocità che aveva saputo fare alla sua stessa famiglia le fecero venire il volta stomaco.
La porta alle loro spalle si aprì di colpo interrompendo la loro conversazione, Luthien emerse dalle tenebre dei corridoi come un fuoco, i capelli biondi ricadevano leggiadri sulle spalle avvolte da uno scialle di seta pregiata mentre un lungo vestito rosso ricopriva le sue forme perfette. Un sorriso maligno incorniciava quella perfezione e un brivido percorse la schiena di Nilde.
“Signorina, sua altezza avrebbe bisogno di te nei sotterranei.”
La giovane guardò stranita Bor che, senza degnarla di uno sguardo chiese allarmato spiegazioni.
“Perché? Lei lavora con me.”
“Si, ma abbiamo un lavoro impegnativo da svolgere e potrebbe esserci utile, non preoccuparti te la restituirò il prima possibile.”
Con una forza che non si sarebbe mai aspettata, la donna prese Nilde per un braccio trascinandola via lungo i corridoi del palazzo.
Il silenzio le accompagnò lungo tutto il tragitto mentre i battiti accelerati del cuore della giovane le risuonavano incessanti nelle orecchie alternati al ticchettio fastidioso dei tacchi della donna.
Camminavano spedite lungo le scale che conducevano ai sotterranei e Nilde rimase sorpresa dal vedere che, nonostante fosse mattino inoltrato, più scendevano e più calava la notte.
Si ritrovarono davanti ad un portone di legno e la stretta sui polsi della ragazza si fece più forte facendola sussultare, la paura che avessero scoperto chi fosse realmente si fece più forte facendole tremare le gambe.
La porta si spalancò mostrando un’enorme sala, l’odore ferreo del sangue che inondava la stanza colpì lo stomaco della ragazza come un pugno facendole salire un conato di vomito che trattenne a stento, al centro il Tiranno passeggiava tranquillo mentre parlava con Erech, Hathol e Nor invece osservavano la scena in disparte.
La tranquillità dei presenti riuscì a calmare anche Nilde che ringraziò mentalmente di non trovarsi sola con quegli assassini.
Luthien liberò bruscamente la ragazza dalla sua stretta per poi avvicinarsi al Tiranno.
“Ci siamo tutti, possiamo iniziare.”
“Oh, perfetto! Voi due, portatemi i Dominatori.”
Hathol e Nor fecero come gli era stato ordinato sparendo dietro ad una porta secondaria mentre il cuore di Nilde si fermò per un istante. I dominatori erano li e lei non poteva ancora fare nulla per liberarli, aveva pensato a tutto tranne che a quello, si sentì profondamente stupida per aver trascurato un particolare così importante ma almeno adesso sapeva dove li tenevano.
In un silenzio innaturale i tre Dominatori fecero il loro ingresso visibilmente stanchi e denutriti, tagli profondi ricoprivano i loro corpi bianchi come il latte macchiati dal sangue ormai rappreso.
Trascinavano i loro passi facendo tintinnare le pesanti catene che gli solcavano la carne facendo cadere goccioline di sangue al suolo, rantoli di dolore iniziarono ad innondare la stanza
facendo sentire Nilde impotente davanti a quella scena.
Luthien e il Tiranno invece ridevano di gusto alla vista del dolore che gli avevano inflitto.
I tre si accasciarono esausti ai piedi di Mornon mentre l’uomo li fissava quasi disgustato.
“Oggi cari miei ci mostrerete cosa sapete fare.”
I Dominatori vennero liberati dal peso delle catene e con spintoni vennero obbligati a stare in piedi.
Con un gesto il Tiranno invito Nilde ad avvicinarsi e lei, con le gambe tremanti tentò di avanzare il più rapidamente possibile.
“So che sai usare una spada.”
La giovane si limitò ad annuire e l’uomo, senza neanche pensarci, le lanciò una spada che lei prese al volo con una destrezza che lo lasciò sorpreso.
“Li allenerai tu, voglio che usino i loro poteri su di te.”
“Padre siete forse impazzito?”
La voce di Erech si levò nella stanza come un tuono.
Il Tiranno in tutta risposta rise a pieni polmoni mentre con una forte pacca sulla schiena della giovane la spinse ad iniziare.
Nilde rimase immobile fissando i tre dominatori non sapendo esattamente cosa fare, non aveva intenzione di colpire quei poveri corpi inermi.
In preda al panico non si rese neanche conto della folata di vento che la colpì sbalzandola  dall’altra parte della stanza. Si ritrovò distesa con il volto schiacciato contro il pavimento e una fitta che si propagava lungo tutta la schiena.
“Alzati!”
La voce del Tiranno la raggiunse forte e rabbiosa.
Con l’aiuto della spada si rimise in piedi ritornando alla sua postazione.
Davanti a lei, una ragazza poco più grande di lei, attendeva impaziente.
I capelli biondi e corti erano sparati e macchiati di sangue, il fisico imponente era coperto da una corta maglia che metteva in vista parte della pancia e un paio di braghe sgualcite, la stazza le fece intuire che probabilmente era una contadina, gli occhi rossi la scrutavano carichi d’odio. Si mise in posizione d’attacco e scagliò un altro colpo più potente del precedente Nilde, con rapidità, riuscì a schivarlo.
Lottare con una semplice spada contro un Dominatore era qualcosa di impossibile e il fatto che le condizioni in cui erano costretti a vivere non avevano minimamente intaccato la sua forza lasciarono la giovane sorpresa.
Proseguirono quella danza per una buona mezz’ora, la dominatrice scagliava la sua potenza su Nilde che si limitava a schivare evitando di attaccare la ragazza.
Quando il Tiranno si spazientì rimise in catene la giovane e, con la forza, trascinò l’altra dominatrice al centro della stanza.
I lunghi capelli castani ricadevano disordinati sulle spalle della giovane e un lungo vestito completamente strappato e macchiato le copriva l’esile corpo, lentamente e con grande difficoltà si mise in piedi, gli occhi semi chiusi e le braccia a penzoloni.
Protese le mani tremanti in avanti e strinse gli occhi in uno sforzo che per lei era disumano, dal palmo germogliò un piccolo fiore bianco come la sua carnagione che morì poco dopo mentre la Dominatrice si accasciava al suolo priva di sensi.
Nilde rimase immobile per qualche istante stordita dall’accaduto, un silenzio surreale avvolgeva la stanza e lei si ritrovò a trattenere il respiro.
Senza pensarci troppo accorse ad aiutare la ragazza distesa al suolo ma, appena le sue mani toccarono l’esile corpo della giovane una frustata le mozzò il fiato in gola, il dolore la invase completamente mentre rivoli di sangue caldo le ricoprivano la schiena. Si sforzò di riacquistare lucidità mentre la voce del Tiranno le giungeva alle orecchie ovattata.
“Alzati!”
Si rimise in piedi stringendo i denti e soffocando un urlo di dolore mentre il terzo dominatore si posizionava davanti a lei.
Un giovane con dei lucenti capelli biondo platino e due occhi neri come la pece che risaltavano sulla pelle bianca, il corpo esile e muscoloso in posizione d’attacco attendeva probabilmente che lei fosse pronta.
Senza troppe cerimonie e con la rabbia che iniziava a montarle in corpo fece un cenno con la testa invitando il ragazzo ad iniziare, si mise in posizione di difesa stringendo la spada come fosse la sua salvezza e attese che arrivasse il colpo.
Senza che neanche se ne accorgesse un serpentello d’acqua l’avvolse per i fianchi sollevandola in aria.
Non aveva valutato che l’ultimo dominatore fosse un dominatore dell’acqua e come tale, per combattere aveva bisogno d’acqua, in quella stanza l’unica fonte d’acqua era alle sue spalle.
Si ritrovò a qualche metro da terra con il cuore in gola.
“Mettila giù!”
La voce di Erech inondò la sala giungendo alle orecchie di Nilde come una dolce salvezza.
“Cosa diavolo stai dicendo? Continua idiota, mettila al tappeto!”
“No. Riportala a terra.”
Lo sguardo severo e la voce cupa del principe convinsero il Dominatore a riportare la giovane a terra mentre un man rovescio raggiunse Erech in pieno volto.
“Qui comando io, tu non sei nessuno!”
“Fino a prova contraria sono il principe e anche io ho il diritto di dare ordini.”
In un impeto d’ira Mornon colpì nuovamente il figlio con un pugno in volto facendo perdere le staffe al ragazzo che, in preda all’ira, spintonò il padre.
Tutti i presenti rimasero in silenzio scioccati da quell’affronto.
Il Tiranno rimase fermo in silenzio a contemplare il principe e lentamente un sorriso si formò sul suo volto.
“Luthien, portami la ragazza.”
La calma con coi pronunciò quale parole fece tremare le gambe anche a Nor che si ritrovò inerme davanti a quella situazione.
Nilde senza neanche rendersene conto si ritrovò nuovamente le mani della donna attorno ai polsi pronta a trascinarla dal suo Re.
Iniziò a opporre resistenza in preda alla paura, aveva capito cosa voleva fare e non glie lo avrebbe permesso.
Luthien prese con forza il volto della giovane tra le mani e in un sussurro disse l’unica frase che Nilde non avrebbe voluto sentire.
“Io so chi sei.”

 

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Capitolo 31
*** 30 ***


43 Saovine.

Sangue caldo sgorgava incessante dalle ferite profonde che solcavano la sua schiena, il dolore incessante martellava prepotente provocandole spasmi violenti, l’odore acre della cella penetrava a fondo nei suoi polmoni ad ogni suo respiro provocandole conati di vomito che tratteneva a stento.
A fatica si mise a sedere tentando di non far caso al dolore che la avvolgeva completamente, la cella in cui si trovava era rischiarata debolmente da delle piccole fiaccole appese nel corridoio.
Era sola.
Non sapeva se gioirne o meno, lentamente lacrime calde iniziarono a scendere copiose sulle sue gote mentre un grande senso di sconforto e impotenza la invadeva, come aveva potuto anche solo pensare di fidarsi di Erech, era da stupidi e lei aveva dimostrato di esserlo, avrebbe dovuto immaginarlo che lo avrebbe detto al Tiranno.
Il volto di Luthien compiaciuto mentre Mornon si accaniva sul suo corpo le comparve prepotente in testa, un urlo di rabbia uscì dalle sue labbra e un bruciore prepotente si impossessò della sua gola.
Non vedeva vie di fuga.
Non trovava una soluzione.
Forse non c’era.
Forse era giunta la fine, per lei e per quel viaggio che aveva deciso di intraprendere.
Aveva sottovalutato quanto potesse essere realmente difficile, si credeva all’altezza, non vedeva che in realtà non era in grado di compiere quell’impresa.
Si raggomitolò continuando a piangere mentre il pensiero volava a Nor e si ritrovò a pregare che a lui fosse toccata un’altra sorte.

Una mano dolce si posò delicata sulla sua nuca svegliandola dolcemente, il profumo famigliare giunse a lei come aria pura che inspirò profondamente, il suo amico la accarezzava accovacciato oltre le spesse sbarre regalandole un sorriso che non avrebbe pensato di poter vedere ancora.
Si portò a sedere il più rapidamente possibile e gettò le braccia al collo del giovane abbracciandolo, le sbarre le impedivano di poter appoggiare il viso nell’incavo del suo collo e assaporare a pieno il suo profumo.
“Non abbiamo molto tempo perciò devi ascoltarmi attentamente.”
La giovane annuì incapace di aprire bocca mentre si aggrappava al mantello di Nor come fosse la sua unica salvezza.
“Non so cos’abbiano intenzione di farti per ora l’unica cosa che posso dirti è che Erech non ha detto nulla, non sappiamo chi sia stato ad informare il Tiranno.”
Nilde respirò profondamente sentendosi più leggera mentre la testa iniziava a pensare chi potesse aver informato il Tiranno.
“Troverò un modo per farti uscire di qui, tu resisti!”
Il giovane regalo un ultimo sorriso alla ragazza prima di allontanarsi, Nilde rimase immobile ad osservare il suo amico allontanarsi fino a scomparire negli stretti corridoi dei sotterranei.
La solitudine la colpì come un pugno in pieno viso mentre lo sconforto si faceva di nuovo vivo, con l’ultimo briciolo di lucidità si obbligò a scacciare ogni pensiero inutile ed iniziò a studiare la situazione e a chi potesse mai averli traditi.
Un nome si fece subito spazio tra i suoi pensieri e si ritrovò a pregare che non fosse lui l’artefice di tutto.

 

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