Boruto - La Morsa del Destino (2): La Battaglia di Eldia

di Saigo il SenzaVolto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Misteri e Confusione 1 ***
Capitolo 2: *** Misteri e Confusione 2 ***
Capitolo 3: *** Misteri e Confusione 3 ***
Capitolo 4: *** Futuro, Stupore e Rabbia 1 ***
Capitolo 5: *** Futuro, Stupore e Rabbia 2 ***
Capitolo 6: *** Futuro, Stupore e Rabbia 3 ***
Capitolo 7: *** Sabbia e Morte 1 ***
Capitolo 8: *** Sabbia e Morte 2 ***
Capitolo 9: *** Tana o Trappola? 1 ***
Capitolo 10: *** Tana o Trappola? 2 ***
Capitolo 11: *** Tensione e Ricordi ***
Capitolo 12: *** Dolore e Frustrazione ***
Capitolo 13: *** Decisione e Silenzi 1 ***
Capitolo 14: *** Decisione e Silenzi 2 ***
Capitolo 15: *** Decisione e Silenzi 3 ***
Capitolo 16: *** Fortezza e Bestie 1 ***
Capitolo 17: *** Fortezza e Bestie 2 ***
Capitolo 18: *** Fortezza e Bestie 3 ***
Capitolo 19: *** Fortezza e Bestie 4 ***
Capitolo 20: *** Fortezza e Bestie 5 ***
Capitolo 21: *** Il Diavolo e lo Scettro ***
Capitolo 22: *** Notte, Profezie e Pensieri ***
Capitolo 23: *** Guerriero ***
Capitolo 24: *** Uchiha e Volpe ***
Capitolo 25: *** Mura, Città e Giganti 1 ***
Capitolo 26: *** Mura, Città e Giganti 2 ***
Capitolo 27: *** Mura, Città e Giganti 3 ***
Capitolo 28: *** Rottura 1 ***
Capitolo 29: *** Rottura 2 ***
Capitolo 30: *** Titano ***
Capitolo 31: *** Lacrime e Fiducia ***
Capitolo 32: *** Spiegazioni ***
Capitolo 33: *** Il Titano e il Guerriero 1 ***
Capitolo 34: *** Il Titano e il Guerriero 2 ***
Capitolo 35: *** Il Titano e il Guerriero 3 ***
Capitolo 36: *** Speranza ***
Capitolo 37: *** La Fine o l'Inizio? ***
Capitolo 38: *** Il Potere di un Sorriso ***
Capitolo 39: *** Coraggio e Sfida ***
Capitolo 40: *** Naruto e Boruto 1 ***
Capitolo 41: *** Naruto e Boruto 2 ***
Capitolo 42: *** Naruto e Boruto 3 ***
Capitolo 43: *** La Verità 1 ***
Capitolo 44: *** La Verità 2 ***
Capitolo 45: *** La Verità 3 ***
Capitolo 46: *** Incertezza ***
Capitolo 47: *** Pianto, Amore e Confessione ***
Capitolo 48: *** L'Orizzonte per Tre ***
Capitolo 49: *** L'Ultima Parte ***
Capitolo 50: *** La Pancia del Mostro ***
Capitolo 51: *** Il Divoratore di Mondi ***
Capitolo 52: *** La Battaglia di Eldia 1 ***
Capitolo 53: *** La Battaglia di Eldia 2 ***
Capitolo 54: *** La Battaglia di Eldia 3 ***
Capitolo 55: *** Sconfitta, Pianto e Disperazione ***
Capitolo 56: *** Volontà di Fuoco ***
Capitolo 57: *** Identità e Passato ***
Capitolo 58: *** Addio per Sempre ***
Capitolo 59: *** Lacrime di Vittoria ***
Capitolo 60: *** Un Nuovo Capitolo ***



Capitolo 1
*** Misteri e Confusione 1 ***


Ciao a tutti, sono Saigo il SenzaVolto, l'autore di questa storia basata sui personaggi di Naruto. Vi presento il primo capitolo de "La battaglia di Eldia"! Se volete, leggete e commentate. Sono ben accette opinioni, critiche e domande di ogni tipo inerenti alla storia. La storia è originale al 100%. Spero possa piacervi la vicenda che ho ideato. Buona lettura!

PREMESSA: alcuni eventi e personaggi di questa storia potrebbero essere diversi dall'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione
(AU, CROSSOVER)

 
 

BORUTO - LA MORSA DEL DESTINO:

LA BATTAGLIA DI ELDIA



(Quest'immagine è stata fatta da me a mano prendendo spunto da un'altra immagine diversa già esistente! Vi sono raffigurati Boruto ed Eren)

 
 

Misteri e Confusione 1

 

Luogo Sconosciuto
Tempo Sconosciuto


“Dove sono?”

Naruto aprì gli occhi e si guardò intorno. Si trovava in un luogo mai visto prima. Un’enorme foresta si ergeva tutt’intorno a lui, talmente fitta da non riuscire a vedere oltre qualche metro. Nell’aria non si udiva nessun suono, se non quello del vento che soffiava forte tra i rami degli alberi. Il cielo era oscuro e pieno di nuvoloni minacciosi, ma non si riusciva a distinguere se fosse giorno o notte.

Dire che era confuso era troppo riduttivo. Non bastava a descrivere il suo stato d’animo. Cosa stava succedendo?

“Come sono finito qui?” pensò, confuso e spaventato. ”Ricordo… ricordo di essere andato a letto ieri sera perché ero distrutto, cosa ci faccio adesso in una foresta?”

Una realizzazione lo colpì all’improvviso.

“Ma certo! Se sono andato a letto vuol dire che sto sognando! Questo deve essere un sogno!" pensò tra sé.

Tuttavia, anche dopo questa realizzazione Naruto percepiva che c’era qualcosa di strano, come una qualche sensazione che continuava a turbarlo. Poteva sentire chiaramente il suo chakra scorrere dentro di lui, a differenza dei sogni di cui aveva ancora memoria o delle volte che era entrato nella sua mente per parlare con la Volpe, e una strana inquietudine lo attanagliava nelle viscere. Si sentiva come se fosse sveglio. Si sentiva vivo. Mai prima d’ora aveva sperimentato un sogno così strano.

Naruto notò inoltre che gli alberi attorno a lui erano veramente enormi, non solo in altezza ma anche in spessore. Alcuni raggiungevano un diametro di alcuni metri, e la corteccia era grigiastra e spessa.

“Sembra così reale…” disse con stupore, guardandosi intorno e meravigliandosi quando sentì un soffio di vento accarezzargli la faccia, scompigliandogli i capelli.

Si avvicinò all’albero più vicino e vi posò la mano sopra. Era gelido al tatto. In un sogno non avrebbe dovuto percepire nulla.

“Come diavolo è possibile?” pensò ritraendo la mano.

“N-Naruto-kun?”

Si voltò di scatto all’udire quelle parole, trovandosi faccia a faccia con una persona inaspettata.

“Hinata!?” esclamò Naruto, completamente confuso e stupito nel ritrovarsi la sua amica davanti agli occhi così all’improvviso. Era sempre stata lì? Come aveva fatto a non notarla prima?

La ragazza sembrava confusa e persa almeno quanto lui. Si guardava intorno girando la testa di scatto come un animale colto di sorpresa, i suoi pallidi occhi sgranati emanavano insicurezza, timore e spavento.

“D-Dove siamo Naruto-kun?” chiese lei con timore.

“Cosa ci fai tu qui?” la interruppe il giovane. “Perché ti trovi nel mio sogno?”

Hinata sgranò ulteriormente gli occhi, un’espressione di totale confusione in faccia. “S-Sogno?” balbettò lei. “Cosa vuoi d-dire?”

“Cosa sta succedendo? Perché sto sognando Hinata in questo momento? E perché sembra tutto così strano?” si chiese mentalmente Naruto. Non riusciva a capire quello che stava succedendo.

Notando la tensione di Hinata, cercò di darle una spiegazione più chiara possibile.

“L’ultima cosa che ricordo è di essere andato a letto ieri sera dopo un allenamento con Kakashi-sensei e Sakura-chan,” tentò di spiegare il ragazzo, grattandosi la testa con un’espressione confusa. “E poi all’improvviso mi sono ritrovato qui, in questa strana foresta. Quindi immagino che tutto questo sia un sogno… Giusto?”

Hinata era totalmente persa. “Un sogno? Sto sognando anche io? Ma non ricordo di essermi addormentata. Che cosa è successo? Stavo leggendo un libro in camera e poi… Cos’è successo dopo? Perché non riesco a ricordare nient’altro!? Ma se questo è un sogno perché Naruto-kun è qui, e perché sembra così confuso? E come mai mi sento così strana?"

“N-Non credo che questo sia un sogno N-Naruto-kun,” disse finalmente con voce bassa ed incerta. “N-Non so come ma sono certa di non essermi a-addormentata prima. L’ultima cosa che ricordo è che stavo leggendo un libro e poi mi sono ritrovata qui. Non riesco a ricordare nient’altro.”

“Huh?” fece Naruto, scioccato. “Non è un sogno? Sei davvero tu, Hinata? Non sto immaginando cose strane nella mia testa?”

La ragazza annuì. “S-Sì Naruto-kun. Sono proprio io.”

“Ma se sei davvero la vera Hinata e questo non è un sogno, allora come siamo finiti qui?” chiese ancora lui, osservandosi intorno.

“N-Non lo so,” rispose l’altra, volgendosi anche lei a guardarsi attorno. “Non riesco a ricordare nulla.”

Naruto annuì, ma non proferì parola. Rimasero in silenzio per alcuni secondi, tentando di comprendere la situazione e studiando l’ambiente circostante.

“E se ci trovassimo in un’illusione?” pensò Hinata improvvisamente. “Siamo stati intrappolati in un Genjutsu a nostra insaputa?”

L’intuizione sembrava più che plausibile. Alzando la mano e formando il sigillo con le dita, Hinata tentò subito di dispellere qualunque arte illusoria attorno a loro.

KAI!” urlò.

Naruto si voltò verso di lei, sorpreso dal grido. Appena intuì quello che stava facendo la imitò subito dopo. Tuttavia non accadde nulla. Tentarono di nuovo, e poi ancora, e ancora per diversi minuti. Il risultato non cambiò affatto.

“Sembra che non ci troviamo in un Genjutsu…” disse allora Hinata, abbassando la mano e volgendo lo sguardo su Naruto.

“Così sembra.” confermò lui. “Ma allora dove siamo? Se non stiamo sognando e questo posto non è neanche un’illusione, cosa è questo posto allora?”

La ragazza aprì la bocca per rispondere, quando improvvisamente percepì una presenza a qualche metro dalle sue spalle. Si voltò di scatto, assumendo una posa difensiva. Anche Naruto percepì la stessa presenza e subito si posizionò affianco ad Hinata, pronto a difenderla in caso di pericolo.

Tuttavia l’oscurità e gli alberi fitti della foresta impedivano loro di riuscire a scorgere chi si nascondesse tra gli alberi.

“Chi è là?” domandò Naruto.

Hinata attivò immediatamente il suo Byakugan per vedere se ci fosse veramente qualcuno vicino a loro. Quello che vide la riempì contemporaneamente di stupore e sollievo.

“Naruto? Hinata?” disse Sakura uscendo lentamente dall’oscurità. “Ci siete anche voi?” Il suo tono era pieno di stupore ed incredulità.

“SAKURA!” esclamò Naruto. “Anche tu sei finita qui?”

La ragazza si avvicinò ai due compagni rapidamente, i suoi occhi spalancati e pieni di sollievo nel trovare alcuni dei suoi amici insieme a lei.

“Dove siamo?” chiese ancora. “Sapete come siamo finiti in questo posto?”

“Non ne abbiamo idea,” rispose il biondo. “Sia io che Hinata-chan ci siamo ritrovati qua senza un apparente motivo. Non riusciamo a capire cosa sia successo!”

Sakura guardò Hinata come per confermare le parole di Naruto, la ragazza annuì semplicemente.

“Com’è possibile?” disse allora Sakura in un tono pieno di frustrazione. “Ci ritroviamo tutti qui senza sapere niente. Che razza di scherzo è questo?”

“Qual è l’ultima cosa che ricordi Sakura?” chiese Hinata.

La ragazza si calmò un secondo, portò una mano sotto il mento e chiuse gli occhi, riflettendo per qualche istante prima di rispondere. “Stavo cenando con i miei genitori, e poi nulla. Non riesco a ricordare cosa è successo dopo. So solo che mi sono ritrovata in questo posto.” disse alla fine.

Naruto ed Hinata si scambiarono un’occhiata. Era successa proprio la stessa cosa a loro due. Nessuno dei tre ricordava esattamente come fossero finiti in quel posto, e adesso si trovavano da soli in un luogo sconosciuto senza provviste e senza alcun indizio su dove fossero o come tornare al Villaggio.

“Anche noi non ricordiamo come siamo arrivati qui,” spiegò Hinata sommessamente. “Abbiamo ipotizzato ci trovassimo in un sogno oppure in un’illusione, ma non abbiamo rilevato la presenza di nessun tipo di Genjutsu. Adesso cosa facciamo?”

Né Naruto né Sakura sapevano cosa rispondere. Cosa avrebbero dovuto fare adesso? Quale sarebbe stata la loro prossima mossa?

“Non possiamo restarcene qui senza fare nulla,” pensò Sakura. “Dobbiamo almeno esplorare dove ci troviamo, e forse riusciremo a trovare qualche indizio.”

“Forse se esploriamo questo posto riusciremo a trovare qualcosa.” disse allora la ragazza guardando negli occhi Naruto e Hinata. “Inoltre, potrebbe esserci qualcun’altro del villaggio qui, proprio come noi!”

Gli occhi di Naruto si sgranarono all’udire ciò. Era una possibilità concreta a cui non aveva pensato fino ad adesso.

“Credi che sia possibile?” chiese ansiosamente il biondo.

“Se noi tre siamo finiti qui, e questo posto non è un’illusione come dite, allora è possibile che qualcun’altro si trovi qua.” rispose Sakura logicamente.

Non avevano alcuna certezza o prova di ciò, ma il dubbio rimaneva.


“Allora non possiamo perdere tempo!” disse frettolosamente Naruto. “Andiamo a cercare-“

Un suono di passi nella loro direzione fece interrompere il ragazzo, e tutti e tre si irrigidirono all’istante. Con un balzo all’indietro assunsero delle pose di difesa nel caso di un qualche pericolo imminente. Appena prima che Hinata potesse attivare il suo Byakugan, una risata sommessa riecheggiò nel buio.

“Sembra proprio che non sia l’unico ad essere finito in questo strano posto.” fece una voce stranamente familiare.

“Chi sei? Fatti vedere!” urlò Naruto nella direzione della voce, tirando fuori un kunai dalla sua borsa e impugnandolo saldamente.

Proprio in quell’istante dagli alberi venne fuori con passo silenzioso una figura. A mano a mano che si avvicinava, i tre riuscirono a scorgere sempre più dettagli di quella persona. Portava una veste bianca, con dei pantaloni neri legati al busto da una grossa e lunga cinta porpora.  Appena la figura fu abbastanza vicina gli occhi dei tre amici si spalancarono dallo stupore.

Hinata portò una mano alla bocca, scioccata.

“N-Non p-può essere!” balbettò Sakura.

“C-Come è possibile!?” biascicò Naruto, allibito e con gli occhi spalancati. “Cosa ci fai TU qui?” domandò con un misto di rabbia e incredulità.

La figura incrociò le braccia e continuò ad avanzare verso di loro come se nulla fosse, fermandosi a qualche metro di distanza da loro.

“È così che si saluta un vecchio amico?” chiese Sasuke con un ghigno malizioso in faccia e un tono pieno di sarcasmo.

“CHE CI FAI TU QUI?!” gridò di nuovo Naruto rabbiosamente. Tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare, lui non se lo aspettava di certo.

Dopo tutto quello che il suo ex compagno aveva fatto a lui e Sakura, Naruto aveva sviluppato una sorta di risentimento nei suoi confronti. Anche se era ancora più che mai determinato a riportare Sasuke nel Villaggio, questo non voleva dire che lo aveva perdonato per tutti i crimini che aveva commesso, o anche per tutto il dolore che aveva causato ai suoi amici.

Sasuke non sembrava affatto turbato dal tono e dallo sguardo minaccioso di Naruto.

“Ho sentito il vostro discorso di prima,” rispose quello casualmente e con un tono pieno di indifferenza. “Anch’io mi sono ritrovato improvvisamente in questa foresta senza ricordare come ci fossi finito. Ho semplicemente scelto di approcciarmi a voi per capire qualcosa in più, visto che siamo nella stessa situazione.”

Sakura provò una miriade di emozioni nel rivedere di nuovo Sasuke. Confusione, gioia, speranza, dolore, nostalgia e depressione. Immediatamente cominciarono a formarsi lacrime nei suoi occhi. Ricordava ancora con grande orrore e tristezza il giorno in cui aveva tentato di ucciderla, e ci sarebbe riuscito se non fosse stato per Naruto. Ma anche nonostante questo, non era riuscita a cancellare completamente Sasuke dal suo cuore. Adesso vederlo di nuovo aveva riportato a galla una grande insicurezza in lei.

“Sasuke…”

Naruto strinse i denti, il suo sguardo rabbioso e i pugni serrati con forza.

“Cosa hai intenzione di fare?” domandò ancora. “Hai intenzione di causarci problemi?”

Hinata cominciò a tremare leggermente all’idea. Aveva sentito dire che Sasuke era diventato molto forte da quando aveva lasciato il Villaggio grazie ad Orochimaru. Talmente forte da riuscire ad uccidere suo fratello Itachi e da decidere di attaccare i cinque Kage ed uscirne vivo. Se il suo intento era quello di ostacolarli, non avrebbero avuto molte possibilità contro di lui.

“Certo che no,” rispose il giovane Uchiha con un sorriso beffardo. “Almeno non fin quando riuscirò a capire dove sono e come andarmene da qui.”

Naruto cominciò a tremare per la rabbia. Quanto avrebbe voluto togliere quell’aria di superiorità e di scherno dalla sua faccia a suon di pugni. Tuttavia la situazione attuale richiedeva calma e nervi saldi. Nessuno di loro sapeva dove fossero, ed ingaggiare uno scontro con Sasuke in questa circostanza non era certamente un’opzione saggia.

“A-Allora cosa vuoi fare Sasuke-kun?” chiese un po’ più pacatamente Hinata. Anche solo rivolgergli la parola le aveva richiesto un’enorme dose di coraggio, ma per il bene di Naruto e Sakura aveva trovato abbastanza forza d’animo da riuscirci. “V-Vuoi forse darci una mano a c-capire dove ci troviamo?”

Sasuke la osservò un secondo, come incuriosito dal suo tentativo di impedire lo scoppio di uno scontro tra lui e Naruto.

“Io non la metterei così,” disse allora guardando tutti e tre. “Data questa misteriosa circostanza in cui ci troviamo, ho intenzione di restare vicino a voi per comprendere meglio in che situazione siamo finiti. Ma mettiamo in chiaro una cosa. Non aspettatevi alcun tipo di aiuto da parte mia.”

“In pratica hai intenzione di usarci per capire come andartene?” sbottò Naruto.

“Esattamente.” confermò quello senza battere ciglio.

“E cosa ti fa credere che ci fidiamo di quello che dici? Per quanto ne sappiamo potresti star mentendo, o potresti persino essere il responsabile di tutto questo mistero!”

Sasuke rise di gusto all’udire le parole di Naruto. “Credimi, se avessi architettato un piano per uccidervi non sarei certamente ricorso ad utilizzare uno stupido mistero. Sono più che capace di uccidervi con le mie mani, senza usare trucchetti o inganni”.

L’espressione di Naruto si fece ancora più furiosa e contorta, ma tentò subito di calmarsi ripensando ai bei momenti trascorsi con Sasuke e Sakura, quando ancora facevano parte del Team 7 tutti insieme. Quanto avrebbe voluto che le cose potessero ritornare come prima.

Ma non era possibile, non ancora. Naruto lo vedeva bene negli occhi del suo vecchio “amico”. Sasuke era cambiato troppo. Era caduto in un baratro fatto d’odio e di sofferenza, un baratro creato dal dolore causatogli da Itachi e dalla sete di vendetta. Un baratro da cui non era più riuscito ad uscire. Ma Naruto non si dava per vinto. Aveva fatto una promessa, ed era più che mai determinato a salvarlo da tutto quell'odio.

“Un giorno ti salverò Sasuke! Non mi rimangio mai la parola!” pensò con determinazione.

“Perché, Sasuke?” chiese improvvisamente Sakura, col volto segnato da lacrime ed un tono pieno di dolore e rammarico. “Se non vuoi ostacolarci, almeno dacci una mano per riuscire a trovare una soluzione.”

Sasuke la guardò con indifferenza. “E per quale motivo dovrei farlo?” chiese con sarcasmo. “Non siete più i miei compagni. Non mi interessa ciò che potrebbe succedervi, né tantomeno guadagnerei qualcosa nel prestarvi aiuto.”

“Dunque sei caduto così in basso da non voler sapere più niente dei tuoi amici, Sasuke?” fece una voce improvvisamente.

Tutti e quattro si irrigidirono all’istante appena udirono quelle parole. Naruto, Sakura ed Hinata si guardarono attorno freneticamente, nel tentativo di scorgere da dove fosse giunta quella voce. Sasuke attivò immediatamente lo Sharingan, osservando in tutte le direzioni alla ricerca di una traccia di chakra. Alla fine fu Hinata a scorgere qualcosa col suo Byakugan. I suoi occhi si spalancarono e rimase letteralmente senza fiato per qualche secondo.

“Hinata!” esclamò Naruto vedendo il suo stupore. “Cosa vedi?”

La ragazza non rispose. Invece si limitò a restare a bocca aperta ed a puntare il dito verso l’oscurità. Gli altri seguirono quella direzione con lo sguardo, ed intravidero la sagoma di quattro figure che avanzavano verso di loro.

E tutti e tre rimasero sconvolti nel vedere di chi si trattava.

“No… Non è possibile…” sussurrò Naruto, i suoi occhi sgranati e le gambe tremanti.

Sasuke non disse nulla, ma il suo corpo vibrò leggermente e la sua bocca rimase aperta per parecchi secondi prima di richiudersi con un suono secco.

Dall’oscurità uscirono fuori Fugaku e Mikoto Uchiha, insieme al leggendario Quarto Hokage Minato Namikaze ed a Kushina Uzumaki.

I genitori di Sasuke e Naruto.

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Capitolo 2
*** Misteri e Confusione 2 ***


PREMESSA: Alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi dall'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!

 





 

 
 

Misteri e Confusione 2


“Ma che diavolo…?”

“Naruto…” mormorò Minato guardando con meraviglia e stupore il giovane davanti a sé. Kushina aveva le lacrime agli occhi, un sorriso tremante sulle labbra e lo sguardo incollato sul figlio. Tutti e quattro indossavano delle divise da jonin, e le loro espressioni erano di totale confusione e stupore. 

“Tutto questo non può essere. S-Sto sognando…” pensò con spavento Naruto.

Rimasero tutti in silenzio per diversi minuti, nessuno era capace di proferire parola. I quattro adulti osservavano attentamente i quattro giovani e viceversa, ma nessuna delle due parti aveva il coraggio di parlare. Da entrambe le parti la confusione e lo spavento regnavano sovrani. La tensione e lo stupore erano quasi tangibili nell’aria.

Improvvisamente Minato e Kushina fecero un passo avanti con esitazione, e Naruto si ridestò di scatto dallo shock iniziale.

“No… NO!” esclamò il biondo facendo un passo indietro e scuotendo la testa, gli occhi spalancati e pieni di lacrime. “Non può essere! P-Perché sto vedendo questo? Cosa diavolo sta succedendo?”

Sakura ed Hinata rimasero immobili, troppo allibite per riuscire a proferire parola.

“È davvero un’illusione?” continuò a dire il biondo ad alta voce. “Non c’è altra spiegazione! VOI SIETE MORTI!” urlò disperatamente.

“Calmati Naruto!” disse il Quarto Hokage alzando le mani per tentare di rassicurarlo. “Siamo confusi quanto voi. Non abbiamo idea di cosa sia successo, né sappiamo come mai siamo finiti qui. Dopotutto hai ragione, dovremmo essere morti. Questa situazione è un mistero anche per noi…”

Ma il ragazzo non voleva saperne di calmarsi.

“Che scherzo è questo?” domandò freneticamente. “Calmarmi? COME POSSO STARE CALMO? VOI SIETE MORTI! QUALCUNO STA FORSE USANDO DELLE ILLUSIONI SU DI NOI PER CHISSÀ QUALE SCOPO?!”

“Non siamo delle illusioni,” disse improvvisamente con decisione Fugaku Uchiha, senza togliere gli occhi dal figlio “Non so come spiegarlo, ma siamo veramente noi. In qualche modo ci siamo ritrovati in questo luogo senza alcun ricordo.”

Sasuke era rimasto completamente rigido ed immobile per tutto il tempo. I suoi occhi rossi scrutavano da capo a piedi quelle due figure che mai avrebbe pensato di rivedere di nuovo e che lo osservavano a loro volta. I suoi genitori. Non sapeva come reagire. Una miriade di emozioni lo investirono con forza contemporaneamente.

Poi una grande rabbia cominciò a sostituire lo stupore in lui, ed i suoi occhi si ridussero a due fessure.

“Lo Sharingan è immune a qualunque tipo d’illusione,” disse Sasuke con un tono incredibilmente calmo e basso, senza però distogliere lo sguardo dai due. “Riesco a percepire il loro chakra chiaramente. Chiunque loro siano, sono delle persone vere. Sono vivi.”

“Anche io riesco a vedere il loro flusso di chakra!” confermò Hinata con voce incerta.

Sakura era scioccata. Davanti a lei si trovava il leggendario Quarto Hokage. L’eroe del Villaggio della Foglia che si sacrificò contro la Volpe a nove code. Il padre di Naruto. E a giudicare dallo sguardo che la donna dai capelli rossi aveva su Naruto, intuì che doveva essere la madre.

“Ma anche se non sono delle illusioni,” continuò Sasuke minacciosamente. “Questo non vuol dire che siano veramente chi dicono di essere.”

“Che siano degli impostori?” pensò Naruto.

“Ti sbagli Sasuke,” disse Mikoto guardandolo con un’espressione indecifrabile. “Siamo veramente noi. Non siamo degli impostori.”

“Come possiamo fidarci delle vostre parole?” chiese allora Sakura senza abbassare la guardia.

Minato fece un passo avanti. “Osservate attentamente.” disse.

Appena proferì quelle parole, tirò fuori dal nulla un kunai a tre punte con uno strano sigillo lungo il manico e lo mostrò a tutti. Dopodiché lanciò il kunai verso un albero nella direzione opposta a loro, conficcandolo nel tronco con un tonfo sordo. Prima che chiunque potesse reagire o dire qualcosa, Minato scomparve improvvisamente dal punto in cui si trovava senza un singolo rumore, per poi riapparire nel punto esatto dove aveva lanciato il kunai come se niente fosse con una velocità sorprendente. I quattro giovani rimasero allibiti da ciò che avevano visto.

“Quella che avete appena visto,” spiegò Minato con un sorriso mentre recuperava il kunai. “È la mia tecnica dell’Hiraishin, il teletrasporto. Nessun altro al mondo è in grado di utilizzarla oltre a me ed al Secondo Hokage!”

“Se Minato fosse un impostore,” intervenne Kushina con voce bassa “Non avrebbe potuto imitare la tecnica del Quarto Hokage così facilmente.”

I ragazzi rimasero ancora più stupiti di prima appena compresero il significato di quelle parole. Non si trovavano davanti a degli impostori. Eppure non potevano crederci.

“C-Come è possibile?” pensò Naruto sgranando gli occhi. “Questo significa che loro sono…”

“Quindi lei è veramente il Quarto Hokage?” chiese Sakura allibita.

Minato annuì. “Sì, sono proprio io.”

“Ma com’è possibile?” domandò ancora la ragazza, troppo confusa e stupita per riuscire a formulare un pensiero coerente.

“Non ne abbiamo idea!” riprese Fugaku. “Noi quattro dovremmo essere morti. Tuttavia ci siamo ritrovati in questa foresta all’improvviso. Sappiamo che non si tratta di un’illusione, ma non riusciamo a darci una spiegazione logica.”

“Quindi siete vivi?” chiese Naruto con esitazione, gli occhi pieni di lacrime. Per tutta la sua vita aveva sempre desiderato avere dei genitori, e adesso ritrovarseli di nuovo davanti lo spaventava. Li aveva già incontrati in passato, durante lo scontro con Pain e quello con la Volpe pochi giorni fa, ma ora cosa avrebbe dovuto fare? Erano veramente loro? Era un’idea a cui non voleva credere. A cui non poteva credere. Anche se nel profondo del cuore nutriva una minuscola speranza. La speranza che forse loro…

I suoi pensieri furono interrotti quando Kushina lo abbracciò improvvisamente. Naruto rimase immobile, la bocca aperta e gli occhi sgranati, totalmente incapace di registrare cosa stava accadendo. Lentamente posò lo sguardo su di lei.

“Siamo vivi!” disse Kushina con un tono che indicava la sua prossimità al pianto. “Siamo veramente noi, Naruto!”

Niente riuscì a fermare le lacrime del ragazzo in quel momento. Appena registrò quelle parole, affondò il viso nel collo di quella donna e ricambiò l’abbraccio con forza, singhiozzando sommessamente. Sua madre lo stava abbracciando davvero. Non era un sogno.

“Mamma!”

Minato sorrise e si unì all’abbraccio subito dopo. Anche Sakura e Hinata guardarono la scena con un sorriso. Finalmente Naruto aveva incontrato i suoi genitori. Proprio lui che aveva vissuto tutta la vita da orfano e aveva sofferto così tanto. Anche se sarebbe durato poco, si meritava questo momento di felicità.

Nel frattempo Sasuke continuava a guardare allibito i due Uchiha davanti a lui, incapace di formulare alcun pensiero coerente. Fu Mikoto ad interrompere il silenzio tra loro.

“Sasuke,” disse con affetto. “Sei cresciuto!”

Il ragazzo non fu in grado di rispondere. La donna si avvicinò a lui e posò una mano sulla sua guancia con un sorriso e le lacrime agli occhi.

“Sembra quasi come se mi stessi guardando allo specchio!” disse ancora affettuosamente.

Una sola lacrima scese lungo la guancia di Sasuke. Adesso ne era certo. Quella davanti a lui in quel momento era davvero sua madre. Il ricordo della morte dei suoi genitori continuava ancora a tormentarlo, era ancora impresso nella sua memoria. Quell’incubo era qualcosa che non avrebbe mai potuto dimenticare. Niente sarebbe riuscito a liberarlo completamente da quel tormento. Ma nonostante ciò, vedere con i suoi occhi sua madre che gli sorrideva, sentire di nuovo il suo tocco sulla pelle, sentire ancora la sua voce, gli fece provare qualcosa che non provava da molto tempo. Il ricordo di una sensazione che non ricordava più da anni.

Pace.

Gli occhi di Sasuke si addolcirono un po’ mentre osservava sua madre. L’ombra di un sorriso cominciò a formarsi sulle sue labbra. Tutto quello che aveva fatto fino a quel giorno era stato per vendicare il suo clan. Per vendicare suo fratello. Per vendicare i suoi genitori. Adesso loro erano qui, davanti a lui. Cosa avrebbe dovuto fare? Si sentiva perso. Non sapeva come reagire.

“Quegli occhi,” disse allora Fugaku, attirando la sua attenzione. “Sono gli occhi di un uomo che ha sofferto troppo… Cos’hai vissuto per possedere degli occhi simili alla tua età, Sasuke?” chiese con un tono dispiaciuto.

Sasuke abbassò lo sguardo.

“Cosa faccio?” pensò.

Poteva davvero raccontare tutto ciò che aveva vissuto davanti ai suoi genitori? Poteva dirgli davvero cos’era diventato? Cosa aveva fatto a causa di suo fratello? Tutte le malvagità che aveva in testa? Sasuke, per la prima volta in anni, si sentiva veramente perso. Si sentiva perso come quella notte quando Itachi aveva ucciso tutto il clan Uchiha, e lui era ancora troppo debole ed impotente per poter reagire. Non aveva il coraggio di parlare, anche se ogni fibra del suo essere gli intimava il contrario.

Incapace di guardare i suoi genitori, distolse lo sguardo altrove, e i suoi occhi si fermarono su Naruto.

Rimase sconvolto da ciò che vide.

Naruto lo stava guardando con un sorriso. Mentre abbracciava i suoi genitori, i suoi occhi erano pieni di felicità ed emanavano coraggio e determinazione. Era come se lo stesse incoraggiando con lo sguardo ad andare avanti, ad affrontare quella situazione. A non arrendersi. Era lo stesso sguardo che gli rivolgeva Itachi durante i loro allenamenti insieme quando era piccolo. Uno guardo che ti intima a continuare a lottare, senza arrendersi di fronte alle avversità.

Voltando la testa vide Sakura. Anche lei gli sorrideva, aveva gli occhi pieni di lacrime, e gli faceva segno con la mano di parlare. Nonostante l’avesse trattata con disprezzo fino a pochi istanti fa, lei ancora sorrideva per lui.

Fu in quel momento che Sasuke capì. Fu in quel momento che comprese la realtà dei fatti.

Nonostante tutto quello che aveva fatto, i suoi amici non lo avevano abbandonato. Anche se aveva tentato di ucciderli, oggi continuavano ancora a supportarlo. Anche se li aveva rinnegati, oggi continuavano a considerarlo uno di loro. Non avevano mai smesso di incoraggiarlo. Non avevano reciso il loro legame con lui.

Lui non poteva certamente dire lo stesso.

I suoi amici erano come la sua famiglia. Per tutto questo tempo, non era mai stato da solo.

“Che cosa ho fatto…” si chiese.

Finalmente il giovane Uchiha comprese il significato dell’amicizia. Comprese che l’amore non era scomparso dalla sua vita. Capì che trovare la felicità era ancora possibile in questo mondo. La sua felicità era sempre stata davanti ai suoi occhi, ma lui era stato accecato troppo dalla rabbia e dalla sete di vendetta per riuscire a vederlo prima.

Sasuke realizzò che lo sciocco del Team 7 non era mai stato Naruto. Certo, poteva essere irruente, fastidioso e lento ad apprendere, ma non si dava mai per vinto e affrontava le difficoltà a testa alta. Lo sciocco era lui.

Prese la sua decisione.

Inspirando con forza, abbandonò tutti i ricordi e la rabbia del passato per un momento, raccogliendo tutto il suo coraggio. Poi diede ancora uno sguardo verso i suoi compagni.

Appena lo videro, Naruto e Sakura rimasero allibiti per un istante.

Sasuke stava sorridendo verso di loro.

“Naruto… Sakura… Grazie.”

Poi si voltò verso i suoi genitori e raccontò tutto.
 

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Capitolo 3
*** Misteri e Confusione 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi dall'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 


 

Misteri e Confusione 3


Appena Sasuke finì di raccontare la sua storia, chiuse gli occhi ed esalò un lungo sospiro tremante.

Ora che aveva rivelato la verità ai suoi genitori, poteva accettare ogni tipo di trattamento. Si aspettava di vedere le loro facce piene di orrore e disgusto per ciò che aveva fatto. Si aspettava di sentire le loro voci urlargli addosso. Si aspettava di essere guardato come un criminale. Una stessa parte di lui voleva essere punito per le azioni malvagie che aveva commesso. Dopotutto, era quello che si meritava.

Perciò rimase letteralmente sconvolto quando, improvvisamente, Mikoto lo abbracciò con forza.

“Nessuno meriterebbe mai di provare così tanto dolore!” disse piangendo la donna. “Ma ora è tutto finito Sasuke. Non sei da solo!”

“Questa sensazione,” pensò con stupore, gli occhi spalancati e pieni di lacrime. “È piacevole!”

Anche Fugaku gli mise una mano sulla spalla per conforto. “Non lasciarti consumare dall’odio Sasuke!” gli disse dolcemente. “Vivi per te stesso da oggi in poi. Quel che è stato non conta più. Non permettere al passato di rovinare il tuo futuro.”

Sasuke rimase profondamente sconvolto da quelle parole, ed annuì debolmente mentre abbracciava sua madre. Si era tolto finalmente un grosso peso dalla coscienza ora che aveva raccontato tutto ciò che aveva fatto ai suoi genitori. Si sentiva libero come mai prima d’ora.

“Itachi sapeva a cosa stava andando incontro con le sue azioni,” disse ancora suo padre lentamente ma con decisione. “Non so perché alla fine abbia deciso di tenerti all’oscuro di tutta la verità, ma ha deciso lui stesso di morire per mano tua. Non sentirti in colpa per quello che ti ha indotto a fare. Forse quello era il suo modo per espiare tutti i suoi peccati e tutto il dolore che ti ha causato. Non vorrebbe di certo che tu continuassi a vivere nell’odio e nel dolore!”

“Va bene… Padre.” disse debolmente il giovane Uchiha, mentre restava abbracciato a sua madre.

Naruto e gli altri osservavano la riunione di famiglia sorridendo. Finalmente il loro amico era riuscito a dimenticare il passato e a trovare la pace con se stesso grazie alle parole dei suoi genitori. Si era finalmente liberato dal destino maledetto del suo clan. Vederlo condividere con loro un momento d’intimità simile, riempì i cuori di tutti di sollievo e speranza. Forse adesso le cose sarebbero potute tornare come prima col tempo.

Forse tutta questa situazione aveva avuto dei vantaggi in fondo.


A proposito della situazione attuale…

“EHI!” esclamò Naruto riportando l’attenzione di tutti su di lui. “Adesso che facciamo?”

Tutti si scambiarono sguardi di confusione ed incertezza. Cosa avrebbero dovuto fare in una simile situazione? Erano in un luogo sconosciuto senza ricordi, ed alcuni dei presenti non sarebbero dovuti neanche essere in vita! Nessuno sapeva cosa dire.

“Dovremmo cercare di capire dove ci troviamo,” disse Minato alla fine, osservando l’ambiente circostante. “Di certo non possiamo restarcene con le mani in mano.”

“Ma non sappiamo neanche come siamo finiti qui!” disse Kushina. “Inoltre noi quattro non dovremmo del tutto esistere! Questa storia è troppo strana.”

“Qual è l’ultima cosa che ricordate prima di esservi ritrovati qui?” chiese Hinata.

I diretti interessati rifletterono qualche istante prima di rispondere.

“Ricordo di aver parlato con Naruto quella volta che ci siamo incontrati… E nient’altro.” disse Minato.

“Anch’io!” confermò Kushina.

Sakura si voltò a guardare Naruto, un’espressione di totale meraviglia e stupore in faccia. “Naruto!” disse. “Li avevi già incontrati prima d’ora e non mi hai mai detto niente?”

Il ragazzo si grattò la nuca e rise imbarazzato. “Ecco…” tentò di giustificarsi miseramente. “Diciamo che è una lunga storia.”

“Anche noi ricordiamo solo gli ultimi istanti della nostra vita.” li interruppe Fugaku.

“Quindi non ci resta che esplorare questo luogo.” ragionò Sasuke ad alta voce, ritornato di nuovo ad essere la persona seria di sempre. “Non abbiamo modo di ricordare come siamo finiti qui. L’unica opzione che ci resta è capire dove siamo.”

Tutti annuirono, ma prima che qualcuno potesse fare qualcosa, per la seconda volta nello stesso giorno una voce misteriosa li interruppe.

“A questo posso rispondere io, giovane Sasuke.”

Si voltarono di scatto verso la direzione della voce, tesi nel caso si trattasse di una persona ostile. Ma qualcosa non quadrava. Non si percepiva nessuna presenza nelle loro vicinanze.

“Non riesco a percepire nessuno!” pensò Minato con preoccupazione. “Dobbiamo stare all’erta. Chiunque abbia parlato, è sicuramente una persona pericolosa per riuscire a nascondere la sua presenza così bene.”

Ad un tratto, mentre cercavano di capire da dove fosse giunta la voce, davanti a loro comparve dal nulla una figura vestita di bianco, spaventando tutti i presenti. Dall’aspetto si presentava come un uomo anziano, pieno di rughe sul volto, con due piccole corna sulla fronte ed una barba lunga e grigia. Portava in mano un lungo bastone nero, e dietro la sua schiena fluttuavano in cerchio nove piccole sfere nere. Il suo lungo abito bianco presentava sei piccoli Tomoe neri sul petto, ma la cosa che meravigliò tutti i presenti fu il fatto che quella persona stava letteralmente volando sopra il terreno. Inoltre presentava un terzo occhio sulla fronte, un occhio completamente rosso simile ad uno Sharingan. Nonostante l’età chiaramente avanzata di quell’uomo, la sua intera figura emanava una sorta di aura di potere e di calore incredibile.

“Non è possibile!” esclamò improvvisamente Naruto con enorme stupore. “Quegli occhi! Sono gli stessi occhi che aveva Pain! Il Rinnegan!”

Tutti si soffermarono a guardare gli occhi di quella misteriosa persona, e rimasero allibiti. L’iride era totalmente viola, e presentava diverse cornee concentriche che sembravano formare degli anelli al cui centro si trovava una pupilla nera e piccola.

“Vedo che riconosci questi occhi, giovane Naruto.” disse con tono pacato e compiaciuto quella strana figura.

“Chi sei?” domandò Fugaku bruscamente, attivando il proprio Sharingan.

“Permettetemi di presentarmi,” disse semplicemente l’uomo misterioso. “Il mio nome è Hagoromo Otsutsuki, ma forse voi avrete sentito parlare di me come l’Eremita delle Sei Vie della Trasmigrazione.”

“COSA?!” esclamarono tutti allo stesso momento.

L’uomo che avevano davanti era davvero il leggendario Eremita delle Sei Vie? L’uomo che secondo la tradizione aveva insegnato a tutti gli altri uomini come usare il chakra, nonché l’essere più forte mai esistito sulla terra? Dire che erano completamente stupiti era riduttivo. Non riuscivano a crederci.

“Com’è possibile?” chiese Minato, sbalordito. “Credevo che quella storia fosse solo una leggenda!”

“Molte leggende hanno un fondo di verità, Quarto Hokage.” disse Hagoromo con un sorriso.

“Non riesco a crederci!” disse Sakura passandosi una mano sulla fronte. “Questa giornata sta diventando sempre più folle ogni momento che passa!”

“Capisco che abbiate molte domande e che siate confusi,” riprese ancora l’Eremita. “Perciò permettetemi di spiegarvi il motivo per cui vi trovate in questo luogo, dato che non abbiamo molto tempo.”

“Ci hai portati tu in questo posto, vecchio Eremita?” lo interruppe Naruto.

Gli altri, soprattutto Sakura e Sasuke, dovettero frenare l’istinto di colpire quello stupido biondo sulla testa per aver interrotto l’Eremita così bruscamente e per la sua mancanza di rispetto, mentre Minato e Kushina ridacchiavano imbarazzati dal comportamento schietto del ragazzo.

Tuttavia, se l’Eremita si fosse offeso per il nomignolo usato da Naruto non lo diede a vedere. “Esatto,” continuò l’anziano essere. ”Vi ho portato io in questo luogo. Al momento tutti voi vi trovate in un’altra dimensione, un mondo diverso da quello da cui provenite, ma complementare e parallelo al vostro. Un mondo dove il concetto di tempo e spazio come lo conoscete voi non esiste. Il mondo in cui vi trovate adesso si chiama Eldia”.

“Un’altra dimensione?” chiese Sasuke, stupito. “Vuoi dire che ci sono altri mondi oltre al nostro?”

“Molti più di quanti possiate immaginare, giovane Sasuke.” rispose l’Eremita. “Io stesso provengo da un altro mondo, molto lontano da qui. Quando giunsi nella vostra dimensione, moltissimo tempo fa, decisi di insegnare alla vostra gente l’utilizzo del chakra per aiutare l’umanità a crescere e prosperare. Ma questa è un’altra storia. Adesso ascoltatemi bene, perché l’informazione che sto per darvi è molto importante.”

Gli altri rimasero tutti in silenzio mentre l’Eremita continuava a spiegare, assorbendo e meditando le informazioni.

“Il motivo per cui vi ho portati qui,” riprese Hagoromo. “È perché il vostro mondo si trova in pericolo. In questa dimensione si trova una creatura talmente potente da essere capace di distruggere la vostra razza come se niente fosse. Una creatura capace di viaggiare tra i diversi mondi, distruggendo e cibandosi di tutta la vita presente in essi.”

Un brivido di terrore scese lungo tutti i presenti.

“Questa vile e malvagia creatura si chiama Vrangr, ed è uno degli ultimi draghi rimasti, proveniente da un mondo che andò distrutto molto tempo fa.” disse con tono grave e serio l’Eremita.

“Un d-drago?” chiese Hinata, il suo volto era come uno specchio dell’angoscia che il solo pensiero di una creatura simile le provocava dentro.

Hagoromo annuì lentamente. “Non è tutto,” proseguì poi. “I draghi sono creature immortali ed incredibilmente forti. A causa di ciò, solitamente non si curano degli affari delle altre razze, preferendo vivere in eterno in solitudine o con altri della loro specie. Tuttavia quest’ultimo drago, Vrangr, è un’eccezione. Egli è stato corrotto dalla sete di potere e dalla brama di conoscenza, ed ha deciso di ottenere altro potere per sé divorando l’energia di diversi mondi ed uccidendo chiunque osi opporsi a lui!”

“In pratica questo drago ha intenzione di divorare il nostro mondo?” chiese Kushina.

“Vrangr sta già distruggendo questo mondo assorbendone l’energia dal nucleo,” rispose l’Eremita. “Se riuscirà nell’impresa, il vostro mondo sarà il prossimo a rischiare di essere distrutto. Vi ho portati qui affinché possiate impedirlo.”

Naruto sentì una grande rabbia crescere dentro di lui al pensiero che il suo mondo possa essere distrutto.

“Non possiamo permettere che questo drago continui a distruggere i mondi!” esclamò indignato e furioso. “Dobbiamo fermarlo a tutti i costi!”

“E cosa ti fa credere che ne siamo capaci?” ribatté secco Sasuke, poi si rivolse all’Eremita. “Se questo Vrangr è così forte come dici, come possiamo fermarlo?”

Hagoromo sorrise lievemente. “Io stesso non sono in grado di fermarlo.” disse pacatamente, scioccando tutti ulteriormente. “Tuttavia so che è non è impossibile. Dovete sapere che la mia gente possiede un potere particolare. Un potere che ci ha reso capaci di superare mille ostacoli e di prosperare: la capacità di prevedere il futuro!”

Gli altri rimasero tutti a bocca aperta, ma prima che chiunque potesse controbattere o fare qualcosa l’Eremita continuò.

“Recentemente ho avuto una visione sul futuro. Tra la mia gente le visioni sono molto rare e confuse, tuttavia sono riuscito a scoprire il messaggio che era celato in essa. In questo modo ho scoperto una cosa che mai avrei pensato. Ho scoperto che è possibile trovare un modo per sconfiggere Vrangr e salvare molti mondi dalla distruzione. Tuttavia, secondo la visione, soltanto alcune precise persone sono in grado di sconfiggere il drago.”

“E queste persone saremmo noi?” domandò dubbiosamente Fugaku, con le sopracciglia aggrottate.

“Esatto.” confermò Hagoromo. “La visione che ho avuto mi ha mostrato chiaramente che siete voi coloro che possono sconfiggere il drago. Ed anche se alcuni di voi dovrebbero essere morti, come ho già accennato prima il tempo e lo spazio sono diversi in questa dimensione. Per questo motivo sono stato capace di portare qui non solo voi giovani ragazzi, ma anche delle persone che nel vostro mondo non esistono più come loro quattro.” spiegò indicando gli adulti presenti.

Nessuno riuscì a comprendere pienamente come avesse fatto Hagoromo a riportare i genitori di Naruto e Sasuke in questo mondo, ma l’espressione ed il tono che aveva usato non sembravano contenere falsità o menzogne.

“Se quello che dici è vero, che cosa dovremmo fare per riuscire ad uccidere questo drago?” chiese allora Mikoto.

“Questo non lo so,” rispose l’Eremita con un’espressione di rammarico. “La mia visione mi ha mostrato solo che le persone capaci di sconfiggere Vrangr siete voi. Non ho idea di come o cosa dobbiate fare, purtroppo.”

“Non posso ancora dire loro dei manufatti!” pensò tra sé l’anziano essere. “Non prima che abbiano deciso cosa fare!”

Tutti rimasero senza parole. Potevano davvero fidarsi delle parole dell’Eremita?

“Cosa facciamo?” si domandò Sasuke, preoccupato ed incerto.

“Questa faccenda non mi piace. Come possiamo avere la certezza che ciò che ha detto sia vero?” pensò Kushina.

“H-ho paura...” disse Hinata mentalmente. “Non voglio combattere un drago.”

“Se quest’uomo dice il vero l’umanità intera è in pericolo. Ma possiamo fidarci?” si chiesero Minato e Fugaku.

“Dannazione!” imprecò mentalmente Naruto. “Non posso lasciare che il nostro mondo venga distrutto!”

“So che vi sto chiedendo una cosa terribile,” li interruppe dai loro pensieri Hagoromo. “Perciò voglio che prendiate una decisione voi stessi. Se accettate di affrontare Vrangr per salvare il vostro mondo, allora vi rivelerò un’altra verità. Ma se preferite ritornare indietro e lasciarvi tutto questo alle spalle, allora vi rispedirò nella vostra dimensione, ma non ricorderete nulla di quello che avete vissuto qui. Scegliete ciò che il vostro cuore vi suggerisce.”

Il silenzio era glaciale. Nessuno dei presenti sapeva cosa fare.

Accettare la missione significava rischiare la vita contro un pericolo enorme e sconosciuto, con la possibilità di morire. Rifiutarla comportava la perdita dei ricordi di ognuno di loro.

“Non ricorderei di aver rivisto ancora una volta i miei genitori.” realizzò Naruto. “Né Sasuke ricorderà i suoi, e di conseguenza ritornerà quello di prima!”

Questo era inaccettabile.

“Io accetto!” dichiarò Naruto con decisione.

Gli altri lo osservarono, stupiti dalla fermezza delle sue parole.

“Rifletteteci,” disse ancora il biondo con enfasi. “Se tornassimo indietro, non solo dimenticheremmo ogni cosa, ma lasceremmo il nostro mondo in balìa del drago, senza alcun ricordo al riguardo! E centinaia di migliaia di persone morirebbero per colpa nostra!”

Tutti gli altri abbassarono lo sguardo appena realizzarono ciò.

“Il mio sogno è quello di diventare Hokage!” continuò poi rivolgendosi all’Eremita. “Essere un Hokage significa camminare di fronte agli altri verso il pericolo e l’ignoto, e proteggere le proprie persone care. Adesso ho la possibilità di salvare il mio mondo e quello di altri, quindi non mi tirerò indietro. Perché io sono un ninja!” dichiarò con orgoglio e coraggio.

Minato e Kushina sorrisero, orgogliosi del fatto che loro figlio sia diventato uno shinobi così valoroso. Si scambiarono uno sguardo d’intesa. Non lo avrebbero lasciato solo.

“Anche noi accettiamo!” dichiararono entrambi.

“Contate anche su di me! Non ho intenzione di lasciare che quel drago faccia quel che vuole.” disse Sasuke sorprendendo tutti. “E poi Naruto da solo non è capace di fare nulla, avrà bisogno di qualcuno con un po’ di cervello.” aggiunse con un sorriso.

Naruto lo guardò e sorrise ampiamente, alzando un pollice in alto in segno di approvazione. Poi si rese conto dell’insulto ricevuto.

“EHI!”

“In tal caso non possiamo rifiutare neppure noi!” disse Fugaku portandosi accanto al figlio, mentre Mikoto annuiva sorridendo.

“Se la mettete in questo modo, allora verrò anch’io.” disse anche Sakura.

Nel mentre gli altri dichiaravano la loro decisione unanime, Hinata guardava a terra. Tra tutti lei era la più timorosa, e probabilmente la meno abile del gruppo. La tentazione di rinunciare per lei era forte. Cosa avrebbe potuto fare rispetto agli altri? Lei era un fallimento, era un’incapace ed una persona debole. Dubitava seriamente di poter essere utile per un’impresa simile. Non si sentiva capace di poter affrontare un pericolo così grande.

“Non posso…” pensò miseramente e con tristezza. “Io sono solo…”

“Hinata-chan!” la chiamò Naruto all’improvviso, poggiando una mano sulla sua spalla.

“Huh?” fece lei, alzando lo sguardo su di lui.

“Vieni anche tu, giusto?” chiese lui con un ampio sorriso. “Non avere paura! Ti prometto che se mai dovessimo finire nei guai io ti proteggerò! Hai la mia parola.” disse ancora con confidenza.

“Non sei da sola!”

Nonostante la paura che stava provando, Hinata sorrise all’udire le sue parole. Naruto era sempre stato il suo idolo, sin dall’infanzia. Non si arrendeva mai, anche nelle situazioni più disperate e davanti ai pericoli. Aveva sempre camminato con la testa alta, anche quando la gente lo definiva un buono a nulla, e lei lo ammirava molto per questo. Il coraggio che le ispirava la sua presenza l’aveva sempre spinta ad andare avanti.

E anche adesso l’aveva convinta.

“Ho promesso a me stessa che un giorno avrei smesso di camminare dietro a lui,” pensò lei.”Oggi voglio camminare al suo fianco!”

“Sì. Accetto!” disse con un sorriso.
 


 

Note dell'autore!!!
Ecco a voi il nuovo capitolo gente! Spero che vi sia piaciuto. Da questo punto in poi, la trama comincerà a prendere la direzione che avevo intenzione di mostrare a tutti fin da quando ho ideato la storia nella mia mente. Forse alcuni di voi potranno non apprezzare elementi estranei al mondo di Naruto (il drago è solo un primo esempio!), ma alla fine l'idea è mia e mi piace così com'è. Spero che possate apprezzare la storia, e che possa anche solo suscitarvi qualche emozione mentre la leggete. Questo capitolo ha mostrato soltanto la punta dell'iceberg, la storia sarà ricca di sorprese e colpi di scena nel prossimo futuro, fidatevi! A prestissimo ;) 
Il prossimo capitolo "Futuro, Stupore e Rabbia 1" verrà pubblicato il 21.
 

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Capitolo 4
*** Futuro, Stupore e Rabbia 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa soria potrebbero essere diversi dall'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 

Futuro, Stupore e Rabbia 1


Hagoromo sorrise guardando i ninja davanti a sé.

Era rimasto particolarmente colpito da come Naruto fosse riuscito ad infondere coraggio a tutti i suoi compagni col suo discorso. Anche se i suoi modi erano grezzi, aveva certamente la stoffa per diventare un grande shinobi. Aveva la capacità di attirare a sé le persone.

“Naruto Uzumaki…” pensò tra sé e sé con un sorriso compiaciuto. “Mi ricordi me stesso da giovane. Deciso ed intraprendente, sempre pronto ad affrontare qualsiasi pericolo, senza timore e con un grande coraggio nel cuore.”

Poi di colpo il suo sorriso scomparve, e sospirò sommessamente quando si ricordò dell’altro motivo che rendeva lui e il giovane ragazzo biondo davanti ai suoi occhi così simili.

“Spero di non pentirmi di questa scelta…” pensò ancora con un sospiro mentale, prima di richiamare l’attenzione di tutti.

“Adesso che avete preso tutti la vostra decisione,” ricominciò l’Eremita con tono grave. “È giunto il momento di rivelarvi una seconda verità.”

Naruto e gli altri si zittirono subito e ricominciarono ad ascoltare attentamente le parole dell’anziano.

“Come ho già detto, nella visione che ho avuto mi è stato rivelato che le uniche persone capaci di sconfiggere Vrangr siete voi. Tuttavia, c’è dell’altro che non vi ho ancora detto.”

“Dell’altro?” domandò perplesso Minato. “Cosa intendi dire?”

“Oltre a voi otto, la visione mi ha mostrato anche altre due persone,” spiegò solennemente Hagoromo toccandosi la lunga barba. “Due persone che dovranno necessariamente accompagnarvi durante questa impresa. Senza di loro, sarà quasi impossibile riuscire a vincere contro il drago!”

Tutti rimasero profondamente colpiti dalla serietà delle sue parole. Chi erano queste due persone senza le quali non avrebbero potuto sconfiggere Vrangr?

“Chi sono?” chiese allora Sasuke, dubbioso. “E perché non sono già qui come noi se sono così importanti per questa missione?”

L’Eremita chiuse gli occhi e sospirò profondamente prima di rispondere. “Non si trovano ancora qui,” disse infine senza aprire gli occhi. “Perché prima è necessario che voi tutti siate avvertiti su questa cosa.”

“Quale cosa? Su cosa devi avvertirci ancora?” chiese impazientemente Naruto. Ne aveva abbastanza di tutti questi misteri. Voleva la verità, e la voleva subito. Il loro mondo era in pericolo, non potevano restare a parlare per troppo tempo.

Hagoromo aprì gli occhi, il suo Rinnegan scrutava attentamente ognuno di loro. “Queste due persone,” rispose con un tono serio ed uno sguardo rigido. “Non esistono ancora nella vostra dimensione.”

Passarono diversi secondi di silenzio assoluto prima che le sue parole fossero completamente registrate nella mente dei presenti. Pareva che il tempo stesso si fosse fermato nella foresta dove si trovavano. Ma appena tutti recepirono il messaggio, il risultato fu immediato.

“CHE COSA?!” esclamarono improvvisamente Naruto, Kushina e Sakura, mentre Hinata, Sasuke, Minato e i due Uchiha adulti sgranarono gli occhi e si irrigidirono.

“C-Cosa vuol dire che non esistono ancora nella nostra dimensione?” chiese scioccata Hinata.

“Significa,” spiegò l’Eremita alzando una mano per frenare altre domande. “Che nel vostro mondo non sono ancora nati. In pratica, queste due persone provengono dal futuro rispetto a voi.”

La realizzazione lì colpì come un fulmine.

“Due persone provenienti dal futuro?” pensò allibito Minato. “Non avrei mai immaginato…”

“Come diavolo è possibile?” domandò Naruto ad alta voce con gli occhi spalancati. “Se questi due non sono ancora nati, come possono aiutarci a sconfiggere il drago?”

“Se ben ricordi, giovane Naruto,” disse allora l’Eremita con un sospiro. “Vi avevo già accennato che il tempo e lo spazio nel mondo di Eldia funzionano in modo completamente diverso rispetto al vostro. Così come questo ha reso possibile per me riportare qui persone che non dovrebbero esserci più come loro quattro,” fece indicando i genitori di Sasuke e Naruto. “Così mi è anche possibile richiamare persone che non ci sono ancora… Persone che provengono da un tempo futuro rispetto a voi.”

Tutti rimasero a bocca aperta all’apprendere ciò. Anche se a rigor di logica il discorso non faceva una piega, nessuno poteva comprendere come fosse possibile fare una cosa del genere. Che razza di poteri aveva l’Eremita? Forse le leggende sul suo conto, quelle che narravano di imprese incredibili e al limite del reale, avevano un fondo di verità dopotutto.

“Non ho ancora portato queste due persone qui,” continuò a spiegare Hagoromo.”Perché non ero sicuro di come avreste reagito nel vederle. Portare qui persone provenienti dal futuro potrebbe portare a grossi cambiamenti per il vostro presente, sconvolgendo il futuro stesso. Come vedete le conseguenze di una simile azione non vanno sottovalutate. Inoltre c’è un altro motivo per cui ho esitato a parlarvene prima…”

“E quale sarebbe questo motivo?” lo incalzò Fugaku.

“La visione mi ha rivelato che queste due persone sono necessarie per il bene della missione, ma non ha mostrato nulla sul come o sul perché di ciò. Inoltre, una di queste due persone è un personaggio molto particolare… Una persona molto potente e pericolosa, e non ho idea di come potrebbe reagire di fronte a questa situazione.”

Nessuno sapeva cosa pensare. Chi diavolo era questo misterioso personaggio su cui persino l’Eremita delle Sei Vie nutriva dubbi ed incertezze?

Alla fine fu Kushina a fare una domanda. “La loro presenza è davvero indispensabile per la riuscita della missione?” chiese.

“Quasi sicuramente.” rispose l’anziano. “Le visioni della mia gente non mentono mai, quindi il loro aiuto è certamente indispensabile per sconfiggere Vrangr.”

Per diversi minuti nessuno parlò. Tutti stavano meditando su ciò che avevano appreso, cercando di formulare ipotesi o tentando di capire cosa fare.

“Se queste persone sono davvero forti come dice, allora il loro aiuto ci tornerebbe utile di certo. Tuttavia potrebbe anche portare a grossi cambiamenti nel nostro mondo…” riflettè Sasuke.

“Questa faccenda non mi piace affatto!” esclamò mentalmente Sakura.

“Dovremmo davvero rischiare di cambiare il futuro pur di avere una possibilità in più contro questo drago?” si chiese Fugaku.

“Sarà davvero saggio portare qui delle persone dal futuro?” si domandò Mikoto.

“La situazione è complicata. Qual è la cosa più giusta da fare?” tentò di ragionare Minato.

Naruto dal canto suo era totalmente perso, e non sapeva cosa pensare.

“Portali qui.” disse improvvisamente Kushina, attirando l’attenzione degli altri.

L’Eremita la guardò, incuriosito. “Perché dici così?” chiese lui.

“Perché è inutile restare qui a perdere tempo riflettendo su qualcosa di totalmente incerto!” disse lei con un tono annoiato. “Porta queste due persone qui e chiediamogli aiuto senza farci troppi problemi.”

“Sono d’accordo!” disse con timidezza Hinata. “N-Nel caso dovessero rifiutare, lei può sempre rispedirle indietro, giusto?”

“Certo, giovane Hinata.” confermò Hagoromo. “Se siete tutti d’accordo, allora procederò ad evocarli qui.”

Tutti si guardarono tra loro. Non potevano esitare. Il loro mondo era in pericolo e dovevano fare qualcosa. Non c’era tempo per pensare a tutte le conseguenze che avrebbe potuto comportare questa scelta. Dovevano muoversi.

Annuirono tutti.

“Ok, è deciso! Facciamo la conoscenza di questi due misteriosi personaggi!” disse Naruto con un sorriso confidente e determinato.

Hagoromo sorrise e chiuse gli occhi. “Molto bene. Allora procedo con l’evocazione! Allontanatevi di qualche metro!” intimò loro.

“Speriamo vada tutto per il meglio.” pensò all’insaputa degli altri.

Appena tutti si furono allontanati, con una velocità impressionante, le sue mani cominciarono a formare molti sigilli diversi, mentre il suo corpo si avvicinava lentamente verso il terreno. Tutti lo guardarono con meraviglia, pieni di trepidazione al pensiero di vedere il leggendario Eremita delle Sei Vie all’opera. Neanche con lo Sharingan attivo Sasuke fu in grado di memorizzare tutti i sigilli che stava utilizzando l’anziano. Poi di colpo si fermò, il suo corpo a pochi centimetri da terra.

Kuchiyose no jutsu!” (Tecnica del Richiamo) disse improvvisamente Hagoromo, pronunciando subito dopo due nomi a voce troppo bassa da poter essere sentiti dagli altri, e sbatté con forza la mano sul suolo.

Da quel punto, un’enorme serie di simboli e marchi di evocazione ricoprirono il terreno per diversi metri fino a formare un cerchio di grosse dimensioni. Dal centro del cerchio improvvisamente comparve una colonna di luce biancastra, e anche tutti i vari simboli attorno al cerchio cominciarono ad illuminarsi di una luce accecante.

Naruto e gli altri dovettero allontanarsi ulteriormente di qualche metro e coprirsi gli occhi ad un certo punto, incapaci di sostenere con gli occhi una luce così intensa ed abbagliante. Dopo una decina di secondi la luce cominciò a farsi meno intensa, fino a scomparire del tutto. Appena furono in grado di vedere di nuovo, Naruto, Sasuke e tutti gli altri guardarono il punto dove si trovava l’Eremita, e rimasero a bocca aperta.
 

A qualche decina di metri da lui erano misteriosamente comparse due persone che nessuno dei presenti aveva mai visto prima. Più precisamente, le due figure apparse dal nulla erano un ragazzo e una ragazza, entrambi di circa 16 o 17 anni, la stessa età dei giovani già presenti.

La ragazza portava dei lunghi capelli lisci e neri che le arrivavano fino alla schiena, e vestiva di un abito rossastro con striature bianche, molto simile a quello indossato solitamente da Sakura, con la differenza che il suo aveva anche il simbolo degli Uchiha sulla schiena, e portava dei pantaloncini corti bianchi e dei sandali neri. Indossava un paio di occhiali rossi, e sulla sua fronte si esibiva un coprifronte con il simbolo del Villaggio della Foglia. I suoi occhi neri erano spalancati, il volto un misto di spavento e confusione.

Il ragazzo invece era vestito in modo totalmente diverso. Indossava sulle spalle un grande mantello bluastro che lo copriva fino alle ginocchia sia davanti che dietro la schiena, sotto cui si intravedeva una maglia nera e dei pantaloni neri legati da una cinta brunastra. Ai piedi portava dei sandali neri, e sulla mano destra indossava un guanto scuro che lasciava scoperte le dita. Ma ciò che lasciò di stucco tutti quanti fu il suo volto. Aveva dei lunghi capelli di un biondo vibrante, quasi elettrico, e su ogni guancia possedeva due sottili linee molto simili a quelle che aveva anche Naruto. Aveva inoltre una cicatrice simile a quella di Kakashi, che iniziava dalla guancia destra e che arrivava verticalmente fin sopra all’occhio destro. Quest’ultimo era chiuso, a differenza del sinistro di colore azzurro che era al momento spalancato per la sorpresa, e guardava in ogni direzione nel tentativo di comprendere cosa fosse successo.

Ma la cosa che colpì tutti quanti era la sua inconfondibile somiglianza con Naruto.

“Cosa sta succedendo?” disse la ragazza, la sua voce piena di apprensione.

“Sarada!” esclamò il ragazzo appena la vide con una voce bassa e minacciosa, tirando fuori da dietro la schiena una katana e puntandola contro di lei con un braccio. “Che ci fai tu qui? Che cosa è successo?”

La ragazza, Sarada, si voltò verso di lui, completamente spaventata. “Boruto!” disse con stupore, il suo volto una maschera di incredulità e sconvolgimento. “Anche tu sei qui? Che cosa-”

Il ragazzo strinse l’occhio con sospetto appena registrò la confusione della giovane, ma non abbassò la guardia neanche per un istante.

“Piantala di prendermi in giro!” sbottò con rabbia il biondo, alzando ancora di più la sua katana e facendo un passo verso di lei. “Cosa diavolo hai fatto? Dove siamo?”

“N-Non ho idea di cosa stia succedendo!” disse lei, adocchiando con timore l’arma e alzando le mani in segno di non ostilità. “Sono confusa quanto te! Lo giuro!”

Ad una discreta distanza da loro, Naruto e gli altri li osservavano di nascosto dall’oscurità della foresta, incapaci di comprendere cosa stesse accadendo.

Il ragazzo fece per ribattere ancora, quando una voce li fermò entrambi dal far esplodere un conflitto.

“Calmatevi!” disse con fermezza Hagoromo, avvicinandosi ai due ed attirando la loro attenzione.

Il biondo si voltò verso di lui di scatto. Lo osservò con sospetto da capo a piedi, la sua arma ancora in mano e puntata adesso contro di lui.

“Chi diavolo sei tu?” domandò ancora minacciosamente. “Che cosa vuoi?”

Sarada era rimasta immobile per lo spavento, gli occhi spalancati e pieni di confusione.

“Il mio nome è Hagoromo Otsutsuki.” rispose l’anziano essere con un tono calmo. “Voi due dovreste conoscermi come l’Eremita delle Sei Vie della Trasmigrazione. Sono stato io a portarvi in questo posto.”

“Otsutsuki!” esclamò mentalmente Boruto, sconcertato. “Lo stesso clan di Toneri e Momoshiki!”

Sarada rimase allibita per un secondo. L’Eremita delle Sei Vie?

“Non prendermi in giro!” sbottò il ragazzo a denti stretti, il suo occhio sinistro ridotto ad una fessura. “Dimmi ora chi sei e che cosa hai fatto, prima che perda la pazienza!”

Con uno scatto fulmineo, Hagoromo comparve davanti a Boruto, e gli afferrò con la mano la katana con una facilità disarmante prima che potesse battere ciglio. Il ragazzo rimase di stucco davanti alla forza e alla velocità di quell’uomo. Sarada era ancora immobile, più stupita di prima.

“Ti basta come prova?” chiese con un sorriso divertito l’Eremita.

Con sua sorpresa Boruto non disse nulla, ma anzi ebbe comunque l’audacia di sorridere. Poi improvvisamente Hagoromo sentì la lama metallica di un’altra katana posarsi sul suo collo da dietro.

“Non sottovalutarmi, vecchio,” disse una voce fredda e priva di emozione alle sue spalle, mentre la copia di Boruto davanti a lui scomparve in una nuvola di fumo. “Ci vuole ben altro per cogliermi di sorpresa.”

Tutti quelli che stavano osservando la scena rimasero letteralmente di stucco e con la bocca aperta. Quel ragazzo era riuscito a prendere alle spalle l’Eremita delle Sei Vie! Un’impresa impensabile per chiunque di loro. Com’era possibile? Chi diavolo era quel ragazzo?

“C-Come ha fatto?” urlò mentalmente Kushina.

“Non ci posso credere!” esclamò tra sè Naruto, con la bocca e gli occhi spalancati.

“Non sono riuscito a vedere alcun movimento neanche con lo Sharingan!" pensò allibito Sasuke. “Chi diavolo è quel tipo?”

Minato era senza parole. “Come fa ad essere così veloce a quell’età?” si chiese.

“N-Non ci credo!” pensarono contemporaneamente Sakura ed Hinata.

“Non ho notato nessun suo movimento! Come ha fatto?” pensò Fugaku, completamente perso.

“C-Cosa è successo? Come può un ragazzo essere così forte?” si domandò Mikoto.

Sarada portò una mano alla bocca, tesa nel caso dovesse succedere qualcosa di spiacevole.

Hagoromo sorrise lievemente.

“Ha usato la moltiplicazione del corpo e poi una tecnica di sostituzione con una velocità impressionante e senza utilizzare sigilli. Se non avessi avuto il Rinnegan, non sarei riuscito a notarlo neppure io.” pensò con divertimento.

“Non c’è bisogno di ricorrere alla violenza giovane Boruto,” disse allora l’Eremita col suo solito tono calmo e pacato, per nulla spaventato dalla lama posata sulla sua gola. “Possiamo risolvere la questione in maniera pacifica, ed io risponderò a tutte le vostre domande. Che ne dici?”

Passarono diversi secondi carichi di tensione in cui nessuno dei presenti osò muovere un singolo muscolo. Poi, dopo quella che parve un’eternità, finalmente la katana si allontanò lentamente dal collo dell’Eremita.

“Molto bene,” disse il ragazzo rinfoderando la sua arma dietro la schiena e guardandolo negli occhi. “Allora comincia a parlare.”

 



Note dell'autore!!!

Salve gente! Come promesso, ecco il vostro capitolo. Spero che vi sia piaciuto e che possa avervi intrigato! Ditemi cosa ne pensate della faccenda che si sta lentamente svelando. E soprattutto ditemi che impressione avete avuto di Boruto e che cosa pensate stia succedendo! Non avete ancora visto assolutamente nulla, il bello deve ancora arrivare! A prestissimo! ;)

Il prossimo capitolo "Futuro, Stupore e Rabbia 2" uscirà il 23.

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Capitolo 5
*** Futuro, Stupore e Rabbia 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 


 

Futuro, Stupore e Rabbia 2



“Molto bene,” disse il ragazzo rinfoderando la sua arma dietro la schiena e guardandolo negli occhi. “Allora comincia a parlare.”

L’Eremita continuò a sorridere, come divertito dalle sue parole.

“Questo tipo è forte!” pensò Boruto tra sé. “Più forte di Momoshiki e Kinshiki. Riesco a percepire un enorme potere in lui. Senza contare la presenza di quelle nove strane sfere ai suoi piedi e il fatto che sta volando…”

Fu allora che notò per bene qualcosa su di lui.

“Quegli occhi!” realizzò improvvisamente. “Sono simili all’occhio sinistro di Sasuke Uchiha. Il Rinnegan!”

“Cosa sta succedendo qui?” domandò Sarada con una voce carica di tensione.

“Rilassati, giovane Sarada,” disse Hagoromo pacatamente. “Nessuno di voi due è in pericolo. Non ho intenzione di farvi del male. Vi ho portati qui semplicemente per parlare.”

Sarada si calmò leggermente. Non capiva cosa fosse successo. Un momento prima si stava allenando assieme ai suoi amici, e poi all’improvviso si ritrovò in mezzo ad una foresta strana ed oscura. E come se tutto questo non fosse abbastanza strano, si era ritrovata in questo luogo assieme a BORUTO UZUMAKI in carne ed ossa. Il suo vecchio amico d’infanzia, nonché il criminale ricercato numero uno al mondo e uno degli uomini più pericolosi sulla faccia della Terra! Le era venuto quasi un attacco di cuore nel rivederlo così all'improvviso. E poi chi era quest’uomo? Era davvero il leggendario Eremita delle Sei Vie? Sarada aveva sempre creduto che la sua storia fosse solo una leggenda.

“Aspetta!” esclamò mentalmente osservandolo attentamente. “Ha gli stessi occhi di mio padre!”

“Se non vuoi davvero farci del male,” disse improvvisamente Boruto con voce bassa ma decisa. “Chi sono quelle otto persone nascoste a circa ventitré metri dietro di noi? Hai forse intenzione di farci un’imboscata?”

“Ha percepito la nostra presenza?!” pensarono allibiti tutti i diretti interessati.

“Cosa!?” esclamò la ragazza dallo stupore, assumendo una posizione di difesa.

L’Eremita sospirò dall’esasperazione massaggiandosi le tempie. 
“Come vi ho già detto,” spiegò di nuovo. “Non ho intenzione di farvi del male. Voglio solo parlare con voi. Le persone laggiù sono qui per lo stesso motivo. Adesso è giunto il momento che facciate conoscenza.”

Detto ciò fece cenno agli altri di avvicinarsi con la mano. Appena tutti si furono rivelati, calò un silenzio di tomba tra i presenti. Hinata guardava nervosamente i due strani ragazzi, le mani unite e le dita intrecciate dalla tensione. Sarada aveva gli occhi sgranati e le mani sulla bocca, e guardava come imbambolata Sasuke e Sakura, i quali a loro volta la osservavano con curiosità.

“C-Com’è possibile?” esclamò nella sua testa la ragazza, allibita. “Sono davvero mamma e papà? Sembrano così giovani!”

“Questa ragazza… ha qualcosa di familiare…” pensò Sakura osservandola attentamente.

“Ha il simbolo del clan Uchiha sulla schiena!” realizzarono contemporaneamente Fugaku, Mikoto e Sasuke. “Chi è questa ragazza?”

Nel mentre, Minato, Kushina e Naruto osservavano con grande stupore il ragazzo biondo col mantello, assorbendo ogni suo dettaglio. La sua somiglianza con Naruto era evidente, e quest’ultimo era decisamente curioso al riguardo.

“Sembra di guardarmi allo specchio! Senza contare quella cicatrice…” pensò Naruto, meravigliato.

Boruto osservò le persone di fronte a sé con muto stupore, il suo occhio sinistro aperto più del normale. Quelli davanti a lui erano il Quarto ed il Settimo Hokage! Insieme a Kushina Uzumaki e ad Hinata Hyuuga. I suoi genitori assieme ai suoi nonni. Ed era certo che gli altri fossero i genitori di Sarada, assieme a due persone che non aveva mai visto ma che con molta probabilità erano i suoi nonni. Tutto questo non aveva senso.

Improvvisamente il suo sguardo divenne freddo, aggrottò le sopracciglia e il suo occhio si ridusse ad una fessura.


“Che scherzo è questo?” domandò rivolgendosi all’Eremita con un misto di incredulità e collera. “Cosa significa tutto ciò?”

“Perché non vi presentate e fate conoscenza?” lo incalzò Hagoromo con un sorriso sulle labbra.

“Non prendermi in giro, vecchio!” sbottò Boruto minacciosamente. “Chi sono queste persone? Perché mi ritrovo faccia a faccia col Settimo ed il Quarto Hokage? Quest’ultimo dovrebbe essere morto da anni!”

Quelle parole piene di rabbia sorpresero tutti i presenti, confondendoli ulteriormente.

“Settimo Hokage?” si domandarono Naruto, Minato e Fugaku.

Anche Sarada si voltò per rivolgersi all’Eremita. “Puoi spiegarci cosa significa tutto questo?” chiese più pacatamente del suo compagno.

Hagoromo annuì. “Le persone che vedete sono proprio coloro che pensate essi siano.” disse loro l’anziano. “Sono state portate qui in questo luogo da me proprio come voi due, poiché il vostro mondo si trova in pericolo.”

Boruto e Sarada si scambiarono un’occhiata.

“Spiegati meglio.” dissero.

Così Hagoromo spiegò per filo e per segno la loro situazione, il fatto che si trovassero in un’altra dimensione chiamata Eldia, la presenza di tutti gli altri compagni e la minaccia di Vrangr che incombeva su di loro. Dopo che ebbe terminato di spiegare, i due ragazzi del futuro rimasero per diverso tempo in silenzio.

“Secondo la mia visione,” disse ancora l’Eremita. “Voi due siete indispensabili per la salvezza del vostro mondo. Per questo vi ho portato qui, nel mondo di Eldia, affinché decidiate se accettare o meno questo compito che solo voi potete assumere.”

“Capisco,” pensò tra sé Boruto. “Questo è davvero un altro mondo… Sembra proprio che alla fine io abbia vinto la scommessa, Toneri…”

“Cosa ti fa credere che possa fidarmi delle tue parole?” chiese poi con le braccia conserte. “Che prove hai?”

“Nessuna, giovane Boruto,” rispose l’anziano. ”Se non l’evidenza dei fatti stessi.”

“Wow!” esalò Sarada, completamente scioccata. “Non posso crederci! Un drago ha intenzione di distruggere il nostro mondo! Non avrei mai potuto immaginare una cosa simile neanche fra cento anni…”

“Quale sarà la vostra decisione?” chiese l’Eremita. Non potevano permettersi di perdere altro tempo. Dovevano agire in fretta se volevano avere qualche possibilità di sconfiggere Vrangr e salvare il loro mondo.

Sarada rifletté per diversi istanti. Non si fidava ancora di tutto ciò che Hagoromo aveva raccontato, eppure qualcosa dentro di lei sapeva che le sue parole erano veritiere. Ripensò alla sua casa e ai suoi amici, ai bei momenti che aveva vissuto nella sua breve vita. Il suo sguardo andò inconsciamente verso Boruto, il quale aveva gli occhi chiusi e la testa rivolta verso il basso, come se stesse riflettendo sul da farsi.

“Se rifiutassi, il mio mondo è destinato a sparire per sempre…” pensò lei con dolore.

Non poteva permetterlo. Non poteva abbandonare i suoi amici e tutte le altre persone del suo mondo in balìa del drago. Il suo sogno era diventare Hokage, ed un Hokage non si sarebbe tirato indietro dinanzi al pericolo.

“Io accetto!” dichiarò la ragazza con foga.

Hagoromo e tutti gli altri sorrisero e tirarono sospiri di sollievo nell’udire ciò. Non era stato molto difficile convincerla. Ora restava soltanto una persona da convincere.

“Cosa hai intenzione di fare tu, giovane Boruto?” chiese l’anziano saggio rivolgendosi al biondo che era rimasto in silenzio con gli occhi chiusi e le braccia conserte.

Il ragazzo sollevò lentamente la testa, e aprì il suo occhio sinistro. La sua espressione indecifrabile.

“Io rifiuto.” disse con un tono freddo e glaciale. “Riportami indietro.”

Il tempo si fermò per tutti i presenti per qualche istante. Nessuno voleva credere di aver udito realmente quelle parole.

“COSA?!” urlò improvvisamente Naruto, sconvolto ed incredulo.

Boruto si girò verso di lui, guardandolo con indifferenza e con un sopracciglio inarcato. “Non hai sentito?” disse sarcasticamente all’altro biondo. “Ho detto che rifiuto l’incarico. Non ho intenzione di rischiare la pelle contro un drago con il feticismo per il potere!”

“Ma non capisci?” riprese Naruto con enfasi, gli occhi sgranati e colmi di stupore.”Se rifiuti la missione, il mondo intero rischia di essere distrutto!”

“La cosa non mi interessa minimamente.” rispose ancora una volta con disprezzo il ragazzo del futuro. “Sono certo che voi da soli riuscirete nell’impresa anche senza di me.”

Naruto non riusciva a crederci. Questo ragazzo stava deliberatamente gettando in pasto al drago il destino del loro mondo senza neanche battere ciglio. Le vite di migliaia e migliaia di persone non valevano nulla per lui?

In un impeto di collera, Naruto lo afferrò da sotto il collo e si portò a pochi centimetri di distanza dalla sua faccia.

“Senti un po’,” gli urlò in faccia, mentre i suoi occhi incominciarono a diventare rossi sotto l’influenza della Volpe. “Come puoi essere così insensibile? NON T’IMPORTA NIENTE DELLA VITA DELLE PERSONE CHE DIPENDONO DA TE IN QUESTO MOMENTO? COME PUOI PENSARE DI DEFINIRTI UN NINJA SE NON VUOI NEMMENO-“

CRUNCH! SLAM!

“Boruto!” urlò Sarada, sconvolta.

Con un movimento fulmineo, Boruto aveva afferrato il braccio sinistro di Naruto piegandolo verso destra con un suono secco, e immediatamente dopo gli aveva sferrato un pugno nello stomaco talmente forte da farlo cadere a terra piegato in due dal dolore.

“Ugh…”gemette Naruto, coprendosi la pancia.

Tutti rimasero sconvolti dall’azione del biondo. Si era mosso talmente velocemente che nessuno era stato in grado di prevedere un suo singolo movimento. Immediatamente Sasuke e Minato si misero tra lui e Naruto, quest’ultimo ancora piegato a terra, pronti ad intervenire nel caso succedesse qualcos’altro.

“Fossi in te,” disse allora Boruto con un tono privo di emozione, rivolgendo il suo sguardo al ragazzo buttato a terra. “Aspetterei prima di saltare a conclusioni affrettate.”

“Cosa ti è saltato in mente?” urlò Kushina, infuriata.

Il ragazzo non sembrò minimamente turbato dagli sguardi minacciosi rivolti su di lui.

“Ha alzato lui le mani su di me per primo,” spiegò con calma, lanciando uno sguardo glaciale agli altri. “E, come ho già detto, la missione non mi interessa. Io non sono un ninja, quindi sono libero di rifiutare.”

“Che cosa?” esclamò mentalmente Naruto.

“Cosa vuoi dire?” domandò Sasuke.

Invece di rispondere, il ragazzo del futuro si voltò dall’altra parte dando agli altri le spalle, poi tirò fuori dalla tasca un oggetto e se lo legò saldamente in fronte. Fatto ciò, si voltò a guardare i presenti ancora una volta con un ghigno selvaggio sul volto.

Tutti rimasero sconcertati ed a bocca aperta per quello che videro. Sarada guardò in basso, i suoi occhi pieni di dolore e rimpianto.

Boruto aveva indossato un coprifronte col simbolo del Villaggio della Foglia, ma questo non era affatto un segno rassicurante. Il coprifronte infatti presentava un lungo taglio orizzontale lungo il simbolo della foglia, ed uno più corto in verticale che riprendeva esattamente da dove terminava la sua cicatrice sulla faccia, dando al ragazzo un’aria ancora più inquietante. Il significato di quel simbolo era evidente per chiunque.

Boruto era un Nukenin. Un ninja traditore.

“Come potete constatare,” disse il ragazzo indicandosi la fronte con un sorriso malvagio ed un tono divertito. “Io non sono uno shinobi. Sono un criminale. Un assassino. Una cattiva persona. Sono quello che voi ninja del Villaggio considerate feccia. Per questo non ho assolutamente nessun motivo per mettermi a fare l’eroe per la salvezza del mondo in cui viviamo!”

Naruto era rimasto totalmente basito e sconvolto. Quel ragazzo della sua stessa età e che gli somigliava così tanto era un ninja traditore. Era un criminale. Un ninja che aveva rinnegato il proprio villaggio ed i propri ideali. Un ninja ricercato in ogni parte del mondo. Un traditore della peggior specie. Un assassino.

“Dimmi Naruto Uzumaki,” chiese improvvisamente il giovane ragazzo del futuro con una voce ed uno sguardo privi di emozione. “Ora capisci perché non bisogna mai saltare a conclusioni avventate su qualcuno?”

Naruto rimase impalato. Non sapeva cosa pensare. Non sapeva come reagire di fronte ad un tale gesto.

“Io non sono un ninja.” aveva appena detto quel ragazzo. Non sapeva come rispondere ad una simile affermazione.

Sasuke osservò con attenzione questo misterioso Boruto col suo Sharingan. Era indubbiamente una persona molto forte, data la sua velocità e la sua performance contro l’Eremita di poco prima. Tuttavia c’era qualcos’altro in lui che lo metteva in guardia. Non era sicuro di cosa fosse, ma più lo guardava più i suoi sensi lo allertavano di stare attento. Era come se il suo stesso corpo emanasse un’aura di pericolo tutt’intorno a lui.

“Chi sei, Boruto?” pensò tra sé.

Hinata e Sakura erano troppo spaventate e scioccate dalla rivelazione per riuscire a dire qualcosa.

Gli adulti dal canto loro non sapevano cosa dire o come intervenire dopo questa rivelazione. Boruto era, effettivamente, un criminale, e come tale il suo comportamento egoistico era giustificabile. Anzi, era addirittura logico e prevedibile. Tuttavia, secondo la visione la sua presenza era indispensabile per riuscire a salvare il mondo. Cosa potevano fare per convincerlo a restare? C’era un qualche modo per riuscire a ribaltare la situazione?

“Dunque, caro Eremita delle Sei Vie,” riprese a dire il ninja traditore con calma. “Adesso che ti ho dato la mia risposta ed i miei motivi, mi riporterai indietro?”

“Sapevo che non sarebbe andata bene. Dovevo aspettarmelo…” pensò con tristezza Hagoromo con gli occhi chiusi. Alla fine, sospirò ed annuì debolmente in risposta.

Con un sorriso soddisfatto, Boruto fece un passo verso di lui.

“Se adesso te ne vai,” cominciò a dire improvvisamente Sarada, con la testa rivolta verso il basso. “Che ne sarà di lei, Boruto?”

Il biondo si fermò di botto all’udire quella domanda, il suo corpo teso e rigido come pietra. Tutti rimasero sbalorditi.

“Se noi dovessimo fallire,” continuò lei imperterrita con un tono sommesso. “Il nostro mondo andrà distrutto. E anche lei verrà uccisa. Te ne rendi conto, vero?”

Boruto strinse i pugni e i denti.

“Non osare neanche mettere lei in mezzo a tutto questo, Sarada!” sibilò il ragazzo a denti stretti senza voltarsi a guardarla. “Nessuno sarà in grado di farle del male finché ci sarò io! NESSUNO!”

“Ne sei davvero sicuro?” lo incalzò la ragazza, alzando lo sguardo su di lui. “Credi davvero di poter sconfiggere un mostro come Vrangr da solo?”

“Nessuno di noi sa quanto sia forte questo drago,” rispose con veemenza Boruto girandosi a guardarla, il suo sguardo pieno di furia e collera. “Stai soltanto assumendo qualcosa che non sai realmente a tuo vantaggio!” urlò alla fine.

“Ma se fosse vero?” riprese ancora Sarada, alzando ancora di più la voce e avvicinandosi a lui. “Se questo drago è davvero capace di distruggere interi mondi e di causare l’estinzione di intere razze, credi di essere in grado di sconfiggerlo DA SOLO?! Credi di essere invincibile? Come pensi di riuscire a proteggerla da una calamità così grande?"

Boruto scattò in avanti verso di lei, il volto rosso di rabbia e il suo occhio schiumante di collera. Con un movimento rapidissimo, afferrò Sarada per il collo con un braccio e la sollevò in aria, spaventando tutti i presenti. Tuttavia, prima che qualcuno potesse intervenire, emanò dal suo corpo un’ondata di chakra talmente forte da immobilizzare tutti al proprio posto.

Guardò Sarada con disprezzo, mentre lei tentava invano di resistere alla sua presa.

“Nessuno le farà del male! Non fino a quando sarò vivo! NESSUNO! Né un uomo, né un drago. Ucciderò personalmente chiunque ci provi! SONO STATO CHIARO?” sibilò Boruto con decisione ed odio, aumentando la pressione sul collo della ragazza.

“BASTA!” tuonò improvvisamente Hagoromo con forza.

Boruto fu costretto a mollare la presa su Sarada per l’improvvisa pressione che l’Eremita stava esercitando direttamente su di lui col suo chakra. La ragazza cadde a terra, tossendo e respirando a fatica.

Boruto e Hagoromo si fronteggiarono a vicenda, il primo con lo sguardo furioso e contorto, il secondo con calma e pacatezza, emanando entrambi ondate di chakra talmente forti da creare crepe nel terreno e spaccare i tronchi degli alberi nelle vicinanze.

Nessuno dei presenti riusciva a muoversi. Tutti erano come immobilizzati per lo spavento e la pressione attorno a loro. Persino il Quarto Hokage impallidì nel percepire la forza che Boruto e l’Eremita stavano esercitando col solo pensiero.

“C-Com’è possibile che questo ragazzo sia talmente forte?” si domandò Minato sconcertato. “La sua forza è decisamente superiore alla mia o a quella di tutti noi!”

“Boruto Uzumaki,” disse finalmente Hagoromo dopo questo confronto, sbalordendo ulteriormente i presenti con questa rivelazione. “La giovane Sarada ha ragione. Tu sei forte. Incredibilmente forte. Ma da solo non riusciresti mai a sconfiggere Vrangr!”

Boruto strinse i denti, visibilmente frustrato.

“Ti stiamo offrendo una possibilità.” continuò l’Eremita. “La possibilità di sconfiggerlo e di proteggere la persona più cara a te. La possibilità di garantire un futuro a lei, ai tuoi amici e a tutti coloro che sono in pericolo a causa del drago. Non sprecare questa occasione.”

Il ragazzo abbassò lo sguardo a terra, i pugni serrati e il corpo scosso da tremiti.

“So che sarà difficile per te stare accanto a queste persone,” continuò l’anziano avvicinandosi a lui e mettendo una mano sopra la sua spalla. “Ma so che puoi farcela. So che ne sei capace.”

Tutti rimasero con il fiato sospeso. Adesso era il giunto il momento decisivo per tutti. Il momento che avrebbe potuto garantire una possibilità concreta di vittoria.

“Hai fatto una promessa dopotutto, vero?” chiese infine con un sorriso l’Eremita.

Boruto spalancò il suo occhio, sconvolto. Aveva dimenticato la cosa più importante di tutte. L’unica cosa che ancora oggi dava forza al suo cuore affranto e freddo. La collera lo aveva accecato fino a dimenticarsene.

“Le ho fatto una promessa!” realizzò.

Era giunto il momento di mantenerla.

Chiuse gli occhi, fece un gran respiro e tentò di calmarsi, dimenticando momentaneamente la rabbia di prima. Alzò la testa verso Hagoromo e aprì l’occhio sinistro.

“Cosa devo fare per uccidere questo drago?”
 
 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Come promesso, ecco a voi il quinto capitolo. Spero possa esservi piaciuto e che possa anche solo avervi suscitato qualcosa mentre lo leggevate. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo della parte "introduttiva" della storia. Dal settimo i poi, la storia comincerà ad evolversi e ad essere molto più frenetica. A presto! ;)
 

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Capitolo 6
*** Futuro, Stupore e Rabbia 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi dall'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


(L'immagine di Sarada NON è fatta da me! Il nome dell'autore è scritto nell'immagine stessa, e tutti i diritti vanno a lui/lei!)



 

Futuro, Stupore e Rabbia 3


Dopo che la situazione si fu calmata, Hagoromo fece cenno a tutti di avvicinarsi. Naruto e gli altri avanzarono verso di lui, ma notò che si tennero tutti ad una certa distanza dal ragazzo biondo col mantello. Sarada invece sembrava felice del fatto che avesse deciso di restare, approcciandosi vicino a quest’ultimo con timidezza come se non fosse mai successo nulla tra loro. Boruto da parte sua rimase totalmente impassibile ed immobile, senza curarsi degli sguardi sospettosi rivolti su di lui.

L’Eremita si schiarì la voce, attirando l’attenzione su di sé.

“Ora che ci siamo calmati tutti,” disse lanciando un’occhiata a Boruto. “Perché voi due non vi presentate ai vostri nuovi compagni?” chiese, rivolgendosi ai ragazzi del futuro.

Sarada intrecciò le dita nervosamente, insicura di cosa dire o come approcciarsi di fronte ai suoi genitori e agli altri in una simile situazione. Tentò di calmarsi facendo dei grossi respiri.

“Piacere di conoscervi,” disse alla fine con un sorriso incerto. “Il mio nome è Sarada Uchiha.”

Gli altri tre Uchiha sgranarono gli occhi all’udire quelle parole.

“Uchiha?” esclamò sbalordita Mikoto.

“Com’è possibile?” domandò Sasuke, confuso. “Non ci sono più altri Uchiha nel nostro mondo oltre a me! Il mio clan è andato distrutto!”

“Stai forse mentendo?” chiese bruscamente Fugaku.

Sarada tremò nervosamente sotto i loro sguardi interrogatori ed abbassò lo sguardo. Cosa doveva fare? Poteva dire la verità? Oppure era meglio restare in incognito per adesso?

Completamente insicura sul da farsi, guardò l’Eremita in cerca di aiuto. Hagoromo le ricambiò lo sguardo con un sorriso, annuendo lievemente con la testa per incoraggiarla. Capì subito cosa fare.


“Non sto mentendo,” riprese allora la ragazza con serietà, mostrando il suo Sharingan. “Sono davvero un Uchiha, come potete vedere.”

“Non riesco a crederci!” esclamò Sasuke, tutti gli altri tesi e sconvolti dalla rivelazione.

“Chi sono i tuoi genitori?” la incalzò Fugaku.

Lei esitò per un istante, prima di raccogliere tutto il suo coraggio e dire la verità dei fatti.

“I miei genitori,” rispose guardando tutti i presenti negli occhi con decisione. “Sono due ninja del Villaggio della Foglia. Si chiamano Sasuke Uchiha e Sakura Haruno.”

Quest’ultimi rimasero a bocca aperta e rigidi per diversi istanti, incapaci di reagire.

“COSA?!”

Naruto si intromise immediatamente nel discorso, sbalordito come mai prima d'ora. “Come? Stai dicendo di essere la figlia di Sasuke e Sakura-chan?”

Sarada annuì.

“La ragazza dice la verità,” disse Hagoromo sorridendo verso i due ragazzi in questione. “Lei è vostra figlia.”

Sakura era senza parole. Quella ragazza davanti a lei era sua figlia. Ed il padre era Sasuke! Non riusciva a crederci. Ora che la guardava bene infatti, la sua somiglianza col padre era piuttosto evidente. Osservandola meglio però, notò che aveva diverse somiglianze anche con lei, come la forma del naso e degli occhi. Ma il viso ed i capelli erano decisamente come quelli di Sasuke.

“Mia figlia!” esclamò mentalmente, mentre un sorriso cominciò a formarsi sulle sue labbra.

Sasuke era rimasto a sua volta completamente allibito. Non avrebbe mai pensato che una cosa del genere sarebbe mai potuta accadere. Ma se quello che aveva udito era vero, allora…

“Ho una figlia…” pensò con meraviglia.

Mikoto e Fugaku erano anch’essi senza parole. Stavano guardando davvero la loro nipote con i loro occhi.

“P-Piacere di conoscerti Sarada.” disse alla fine con incertezza Sakura, insicura di come gestire la situazione. “C-credo che non ci sia bisogno di dirti chi siamo…”

“N-Non serve, già…” confermò lei in maniera insicura ed imbarazzata, guardando verso un’altra direzione.

La situazione era decisamente impacciata e goffa per tutti. Incredibilmente, Sasuke riuscì a dire qualcosa ad un certo punto.

“A-Anche se sai chi siamo,” disse con insicurezza. “Credo che sia d’obbligo presentarti i miei genitori, Fugaku e Mikoto Uchiha.”

“Piacere di conoscervi.” disse lei abbassando leggermente la testa ed accennando un inchino, mentre i due adulti sorrisero lievemente. Non aveva mai visto prima d’ora i suoi nonni paterni, quindi l’imbarazzo era meno evidente nel loro caso.

“Ora tocca a te.” disse con gentilezza Hagoromo, rivolgendosi a Boruto.

Il ragazzo sospirò per un secondo, prima di alzare lo sguardo e guardare tutti i presenti con il suo occhio azzurro.

“Mi chiamo Boruto Uzumaki,” disse alla fine con un tono privo di emozione. “Figlio di nessuno. Ninja traditore del Villaggio della Foglia. Non c’è altro da sapere.”

Tutti rimasero allibiti dalla sua presentazione.

“Uzumaki?!” esclamarono di nuovo nella testa Naruto, Kushina e Minato. Era davvero un Uzumaki? Il ragazzo somigliava indiscutibilmente a Naruto, era possibile che…

“Boruto!” lo rimproverò Sarada guardandolo con disapprovazione. “Perché dici così? I tuoi genitori sono proprio davanti a te!”

Lo shock e la confusione aumentarono dopo quelle parole.

Sakura, Sasuke e i suoi genitori sgranarono gli occhi, basiti. Togliendo loro quattro ed i genitori di Naruto, allora Boruto era il figlio di…

“I suoi genitori sono tra noi?” pensò Kushina. “Ma allora…”

“O mio dio…” ulrò mentalmente Minato, incredulo. “Togliendo me e Kushina assieme agli Uchiha, restano solo Naruto ed Hinata! Questo vuol dire…”

“N-Non può essere!” pensò Hinata, che era giunta alla stessa conclusione. I suoi occhi si spalancarono enormemente, e la sua faccia cominciò ad assumere una particolare colorazione di rosso al pensiero che lei e Naruto avrebbero avuto un figlio.

“Cosa diavolo vuol dire?” si disse Naruto grattandosi la testa. A differenza di tutti gli altri non aveva ancora capito il messaggio.

“I suoi genitori siete-” cominciò a dire Hagoromo, ma fu improvvisamente interrotto dalla lama della katana di prima, posizionata a pochi millimetri sotto al suo mento, cortesia di Boruto stesso.

Lo sguardo del ragazzo era feroce e gelido.

“Fossi in te io non concluderei quella frase.” disse con freddezza e con gli occhi aggrottati. “Soprattutto se ci tieni alla pelle.”

Nessuno si mosse. Naruto e gli altri s’irrigidirono nel vedere ciò, troppo sconvolti per agire. Sarada fu l’unica che riuscì ad intervenire.

“Boruto!” urlò, disperata. “Non farlo! So che è difficile per te, ma-“

“Dipende tutto dalle sue prossime parole.” ribatté quello senza battere ciglio.

Hagoromo guardò il ragazzo, il suo sguardo indecifrabile. Boruto lo aveva davvero colto alla sprovvista, stavolta non era riuscito a notare il suo movimento. Il suo potere era davvero enorme, proprio come immaginava.

“Non puoi rinnegare le persone che ti hanno dato alla luce.” disse l’Eremita con un tono calmo al ragazzo. “Non è una cosa che puoi decidere.”

L’occhio sinistro di Boruto divenne ancora più gelido e crudele.

“Il legame di sangue non basta a formare una famiglia, vecchio.” disse il ragazzo del futuro con astio. “Dovresti saperlo anche tu. Loro saranno anche stati la mia incubatrice ed il mio donatore di sperma, ma non sono di certo la mia famiglia!” il suo tono divenne sempre più freddo e tagliente verso la fine della frase.

“Boruto! Non dire così! Naruto-sama e Hinata-sama sono proprio qui!” disse ancora Sarada, piena di dolore nel vedere il suo amico parlare in questo modo nei confronti dei suoi stessi genitori.

Naruto, appena udì le parole della ragazza, comprese cosa stava succedendo. Tutto il mondo attorno lui si fermò per un istante e gli vennero le vertigini.

“N-Non è possibile!” pensò, sconvolto.

Boruto Uzumaki era suo figlio! Boruto Uzumaki era figlio suo e di Hinata! Ora capiva perché gli somigliava così tanto. Il suo sguardo si posò inconsciamente su Hinata. Da tempo Naruto nutriva una cotta nei suoi confronti, ma non aveva mai dato voce a quei pensieri. Dopotutto, lei era un membro del prestigioso clan Hyuuga, mentre lui era un orfano, un nessuno. Non avrebbe mai pensato che tra loro due potesse nascere qualcosa. Oggi, aveva davanti agli occhi la prova del contrario. Avevano un figlio!

Quel ragazzo davanti ai suoi occhi era loro figlio. Quello stesso ragazzo talmente potente da essere capace di minacciare lo stesso Eremita delle Sei Vie in persona era loro figlio. Una miriade di emozioni lo investì di colpo quando realizzò le conseguenze di ciò. Boruto non era soltanto suo figlio. Era anche un ninja traditore.

Suo figlio era un ninja traditore!

Naruto sentì un nodo formarsi nella sua gola inspiegabilmente. Questo voleva dire che Boruto aveva rinnegato il suo Villaggio. Aveva rinnegato ogni ideale per cui Naruto lottava ogni giorno. E proprio adesso, davanti ai suoi occhi, stava persino rinnegando i suoi stessi genitori. Stava rinnegando lui ed Hinata. Senza rendersene conto, nei suoi occhi cominciarono a formarsi delle lacrime.

Minato e Kushina si resero conto del suo tumulto interiore e tentarono di supportarlo poggiando le loro mani sulle sue spalle, ma loro stessi erano rimasti allibiti da ciò che stava succedendo. Quel ragazzo che stavano guardando coi loro occhi era loro nipote. Un nipote che stava rinnegando la propria famiglia. Cosa stava succedendo? Perché si stava comportando in questo modo? Erano troppo sconvolti per comprendere.

Hinata era immobile come una statua con gli occhi spalancati, e stava letteralmente piangendo. Lunghe scie di lacrime solcavano le sue guancie, senza sapere il motivo. Non aveva mai visto Boruto prima d’ora, né tantomeno aveva mai avuto un figlio ancora. Allora perché provava così tanto dolore nel vedere quel ragazzo biondo insultare lei e Naruto? Perché il suo cuore soffriva nel vedere il suo sguardo pieno d’odio?

Gli Uchiha guardavano la scena di fronte a loro in silenzio, pieni di stupore e confusione.

Hagoromo sospirò. “Ecco un’altra cosa che ci rende simili, giovane Naruto,” pensò con dolore e rammarico l’Eremita, guardando Boruto negli occhi. “Entrambi abbiamo fallito come genitori. Entrambi abbiamo compiuto troppe scelte sbagliate come padri, causando troppo dolore e spingendo i nostri figli ad allontanarsi da noi, dividendo la nostra famiglia irrimediabilmente…”

I suoi pensieri balenarono per un attimo su Indra ed Ashura, prima di tornare a focalizzarsi sul ragazzo che puntava una spada sul suo collo.

“Comprendo il fatto che tu sia arrabbiato,” ricominciò a dire di nuovo. “Ma non lasciare che l’odio abbia il sopravvento, giovane Boruto. Ricordati perché sei qui.”

Boruto lo perforò con lo sguardo per diversi secondi, prima di abbassare la spada per poi posarla dietro la schiena e voltarsi a guardare gli altri.

“Ascoltatemi bene,” cominciò poi a dire con freddezza. “Io non ho genitori. Non ne ho mai avuti, e non ho intenzione di rivelare il mio passato a nessuno di voi! Sono qui solo e soltanto per uccidere questo fantomatico drago, e niente più. Qualunque cosa pensiate di me, tenetela per voi. Ricordatevelo bene e non ci saranno problemi. Chiaro?”

Nessuno sapeva cosa rispondere. Erano tutti troppo sconvolti dalle sue parole.

“Adesso piantiamola con le chiacchiere,” disse ancora subito dopo, rivolgendosi ad Hagoromo. “E dicci cosa dobbiamo fare. Abbiamo già perso troppo tempo.”

L’Eremita sospirò rassegnato. Era chiaro che il tempo delle parole fosse finito.

Ora era giunto il momento di agire.
 

Formando un sigillo con le mani, lui e tutti i presenti si ritrovarono improvvisamente in un luogo completamente diverso. Non erano più circondati da una foresta, ma bensì si trovavano sulla vetta di una collina, accarezzati dolcemente dal vento. Il cielo aveva cominciato a schiarirsi ed a mostrare i primi raggi del sole, rivelando un bellissimo paesaggio ricco di colori all’orizzonte tutt’intorno a loro.

“Dove siamo?” esclamò Naruto, stupito dall’improvviso cambiamento mentre tutti gli altri si guardavano intorno.

“Vi ho portati sulla cima di questo colle,” spiegò Hagoromo. “Perché questo è il punto più vicino alla vostra destinazione in cui posso lasciarvi senza che Vrangr si accorga della mia presenza.”

Poi puntò un dito verso una zona desertica in lontananza, verso sud, e proseguì. “Vedete quella valle desertica giù a sud? Quella è la vostra prima meta. Il deserto dei Goblin.”

“Il deserto dei Goblin?” domandò confuso Sasuke, seguendo con lo sguardo la direzione indicata dall’Eremita.

“È una terra secca e priva di acqua dove vivono della creature dalle fattezze umanoidi,” chiarificò Hagoromo seriamente. “Ma non fatevi ingannare dal loro aspetto. I Goblin son creature aggressive, e non accetteranno la vostra presenza nel loro territorio di buon grado.”

“E perché dovremmo andare da questi Goblin?” chiese improvvisamente Boruto, sospettoso. “Perché non andare direttamente dal drago?”

“Prima di poter sconfiggere Vrangr,” spiegò l’Eremita guardandoli tutti. “Dovrete trovare e ottenere tre oggetti. Questi tre manufatti sono assolutamente necessari per riuscire ad uccidere un drago immortale. Il primo di questi si trova nel Tesoro dei Goblin. Ecco perché dovrete andare là.”

“Quale sarebbe questo manufatto tanto importante?” chiese Sarada.

L’anziano essere la guardò e sorrise. “Sono certo che lo riconoscerete appena lo avrete davanti.” disse misteriosamente. “E una volta che lo avrete ottenuto, esso vi guiderà verso gli altri due.”

Poi, Hagoromo tirò fuori dal nulla dieci piccoli sacchetti, tendendoli verso di loro.

“Prendeteli,” disse ancora. “Contengono delle pillole particolari create dalla mia gente, ricche di sostanze nutritive e rigeneranti. Saranno il vostro nutrimento durante il tragitto nel deserto. Eldia è ricca anche di piante commestibili e di animali da cui potrete ottenere carne. Non dovrete temere di morire di fame.”

Una volta che tutti ebbero preso un sacchetto ciascuno, improvvisamente la figura dell’Eremita cominciò a scomparire, lasciando tutti di stucco.

“EHI! Cosa sta succedendo?” urlò Naruto.

“Il mio tempo con voi è scaduto!” disse Hagoromo sorridendo con rassegnazione. “Se rimanessi ancora per altro tempo, il drago percepirebbe la mia presenza e correrebbe ai ripari. Ma non temete, giovani ninja. Ci rivedremo ancora, una volta che avrete ottenuto tutti i manufatti. Andate adesso! Vi auguro buona fortuna!”

“Aspetta! Come possiamo-“ fece Sakura, ma l’Eremita era scomparso prima che potesse finire.

Ed improvvisamente una grande inquietudine calò su tutti loro. Si trovavano finalmente a dover affrontare un pericolo sconosciuto, e l’Eremita delle Sei Vie non sarebbe stato al loro fianco per aiutarli da quel momento in poi.

Erano da soli.

Adesso cominciava la loro missione.

Naruto sentì una grande determinazione crescere in sé e prendere lentamente il posto dell’angoscia. Non poteva lasciarsi vincere dalla paura. Non adesso. Aveva preso una decisione. Avrebbe salvato il mondo dalla calamità del drago ad ogni costo. Era una promessa, e lui non rimangiava mai le sue promesse.

“Non posso tirarmi indietro!” si disse con forza.

Lanciò inconsciamente uno sguardo verso Boruto, e vide che anche lui era incredibilmente determinato in volto, con lo sguardo puntato verso la loro prima destinazione e il suo occhio ardente di decisione.

Per qualche strano motivo, la cosa lo incoraggiò.

“Muoviamoci!” disse allora con confidenza, guardando verso il deserto.
 
 

Note dell'autore!!!

Salve gente, come promesso ecco a voi il capitolo. Spero possa esservi piaciuto e che possa avervi intrigato. Questo capitolo segna la fine della parte introduttiva della storia, già dal prossimo le cose diverranno più movimentate.

Ho ricevuto diversi messaggi privati che mi chiedevano il perchè avessi deciso di rendere Boruto un personaggio "cattivo", perciò ho pensato che fosse meglio spiegare quello che ho voluto fare nella mia storia qui:

Boruto Uzumaki, a differenza di Naruto ed il resto della gang, è un personaggio completamente nuovo che non è stato ancora mostrato nel suo carattere nella sua interezza. Questo rende quindi impossibile descrivere un personaggio ricco di sfaccettature basandosi solamente su un solo film e qualche episodio dell'anime, e come autore di una storia sono stato costretto a reimmaginarmelo, e la stessa cosa vale per Sarada. Tuttavia ci tengo a sottolineare una cosa: Boruto in questa storia NON è affatto un personaggio malvagio! La sua storia ed il suo passato verranno rivelati a poco a poco nel corso dei capitoli, ed ho già lanciato diverse 
frecciatine per farvi tentare di immaginare cosa possa avere vissuto nella sua vita.

Per il suo personaggio mi sono ispirato ad esperienze personali e a quelle di una persona a me molto cara, e proprio per questo ci tengo a sottolineare che non è un personaggio cattivo come può avervi dato l'impressione di essere nei capitoli precedenti. Nessun uomo diventa cattivo per scelta, semplicemente egli diventa il frutto di quello che ha vissuto. Boruto Uzumaki è l'esempio più concreto di ciò.

Detta questa cosa, buona lettura e a prestissimo! ;)

 

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Capitolo 7
*** Sabbia e Morte 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi diquesta storia potrebbero essere diversi dall'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!

 
 
 

Sabbia e Morte 1


“QUANTO DIAVOLO MANCA ANCORA FINO AL DESERTO?” urlò un esasperato Naruto in aria a pieni polmoni.

“TACI!" lo zittì immediatamente Kushina, colpendolo con un pugno sulla testa. ”Vuoi farci ammazzare, Naruto? Potrebbero esserci delle creature ostili qui in giro!”

“Ma è da una vita che stiamo correndo,” brontolò il biondo massaggiandosi la testa. “Non ne posso più! Quanto ci vuole ancora?”

Era ormai da diverse ore che il gruppo di ninja continuava a marciare verso il deserto indicato dall’Eremita. Per diverse ore avevano corso ed esplorato questa strana terra chiamata Eldia. E, per tutta la durata del viaggio, non avevano ancora incontrato nessuna forma di vita ostile o meno. Neppure un animale di alcun tipo. Niente di niente. La cosa era parecchio preoccupante.

Alla testa del gruppo stava Minato, il quale osservava attentamente e con circospezione l’ambiente attorno a loro. Da quando avevano lasciato la collina, il paesaggio era decisamente cambiato. Non trovarono nessun’altra foresta con alberi giganti, ma li accolse invece un’enorme distesa di terreno roccioso rossastro, pieno di dislivelli e completamente privo di piante lungo chilometri e chilometri. Dato che si stavano avvicinando ad una zona desertica ed arida, si aspettavano di trovare paesaggi monotoni e secchi. Ma questa distesa di roccia era veramente troppo grande per i loro gusti. Anche il caldo cominciava a farsi sentire con forza. Per fortuna avevano trovato un corso d’acqua appena sotto la collina dove li aveva lasciati Hagoromo, e avevano fatto abbondanti provviste d’acqua. Se la sarebbero vista brutta altrimenti.

“Non dovrebbe mancare molto ormai.” disse il Quarto Hokage senza fermarsi. “La quantità di roccia sta diminuendo sempre più mentre continuiamo ad avanzare! Presto dovremmo intravedere la sabbia.”

“Speriamo davvero. Non ne posso più di correre!” sospirò Sakura asciugandosi la fronte.

“Neanche io!” aggiunse Mikoto. “E questo sole accecante non giova di certo! Non credi anche tu, Sasuke?”

Rimase stupita quando non udì nessuna risposta.

“Sasuke? Che succede?” chiese di nuovo lei girandosi a guardare suo figlio.

Il giovane Uchiha stava continuando a correre al suo fianco, seguito a ruota da Fugaku e Hinata, ma i suoi occhi erano aggrottati ed osservavano con sospetto e circospezione un particolare membro del gruppo che se ne stava un po’ più indietro rispetto agli altri nove. Mikoto seguì il suo sguardo e capì subito chi era che aveva catturato l’attenzione del figlio.

Boruto Uzumaki.

Nessuno sapeva cosa pensare di lui. Quel ragazzo era veramente un mistero. Da quando avevano intrapreso il viaggio, il misterioso biondo non aveva più proferito una singola parola, limitandosi a seguire il gruppo in disparte. La sua espressione era costantemente annoiata, ed il suo unico occhio aperto perennemente privo di emozione. Neanche una volta aveva tentato di approcciarsi a loro, a differenza di Sarada che ogni tanto aveva scambiato qualche parola con lei, Sakura e Sasuke durante il viaggio. E adesso anche lei sembrava essere intenta ad osservare il giovane Uzumaki, lanciando delle veloci ma costanti occhiate nella sua direzione.

Mikoto era persino pronta a giurare di avere visto la ragazza arrossire un paio di volte mentre osservava di sott’occhio e fugacemente il biondo col mantello.

“Chissà a cosa starà pensando…” si chiese la donna, quasi divertita.

“Eccolo laggiù!” esclamò improvvisamente Fugaku. “Il deserto!”

Tutti aguzzarono lo sguardo verso l’orizzonte all’udire ciò. Davanti a loro si estendeva un’enorme valle di sabbia dorata, delimitata ai lati da due enormi pareti rocciose di colore rosso fuoco che si estendevano oltre l’orizzonte fino a creare un paesaggio simile ad un canyon. Non avevano mai visto nulla di simile.

Appena giunsero dove cominciava la sabbia verso l’inizio del pomeriggio, proprio all’inizio della valle, si fermarono per fare una breve pausa e per studiare l’ambiente circostante.

“Questo deserto è molto diverso da quello della Terra del Vento!” disse Sasuke, guardandosi attorno. “Non ho mai visto qualcosa di neanche lontanamente simile a questo posto.”

“Già!” confermò Sarada, stupita. “Neanche io. Credete che sia pericoloso restare così allo scoperto?” chiese poi.

“Non abbiamo scelta,” rispose Minato. “Non sembra esserci nessun modo per nascondersi in questo deserto. Tuttavia procediamo con calma e senza correre troppo. Non possiamo sapere come reagirebbero quei Goblin di cui ha parlato l’Eremita se ci vedessero scorrazzare per il loro territorio.”

Annuirono tutti quanti tranne Boruto, il quale era intento ad osservare l’ambiente circostante una decina di metri più avanti. Nessuno di loro aveva idea di come fosse fatto un Goblin, e non potevano permettersi di correre dei rischi dinanzi una minaccia che non conoscevano affatto.

Mentre tutti ragionavano sul da farsi, i pensieri e lo sguardo di Naruto tornarono a posarsi su quel misterioso ragazzo della sua età che se ne stava sempre in disparte.

Suo figlio.

Naruto non sapeva proprio come comportarsi dinanzi a lui, e provava una serie di emozioni contrastanti ogni volta che lo guardava. Principalmente rabbia, confusione, incertezza e curiosità. Ma anche e soprattutto dolore. Un grande ed inspiegabile dolore che gli attanagliava il cuore ogni volta che posava lo sguardo su di lui. Ricordava ancora con incredulità e stupore la forza che Boruto aveva usato contro di lui la sera prima, e anche le sue parole sprezzanti e piene di odio e disinteresse.


Lui e Boruto erano sicuramente simili in aspetto fisico, ma erano completamente diversi dentro. Uno era uno Shinobi, l’altro era un Nukenin.

Il ragazzo del futuro era persino più freddo e distaccato di quanto lo fosse mai stato Sasuke. Naruto era genuinamente interessato a conoscere e scoprire qualcosa di più su di lui. Dopotutto, non capitava ogni giorno di poter incontrare e conoscere il proprio figlio in circostanze simili. Naruto voleva entrare assolutamente in dialogo con lui. Desiderava chiedergli qualcosa. Qualunque cosa, pur di conoscerlo meglio. Quando aveva notato come Sarada e Sasuke avessero cominciato a rivolgersi la parola e parlarsi di tanto in tanto durante la mattinata, aveva provato, con sua enorme sorpresa, una fitta di gelosia inspiegabile. In fondo al cuore, anche lui ambiva a parlare con Boruto come aveva fatto Sasuke con sua figlia.

Neanche la presenza dei suoi genitori era riuscita ad offuscare completamente la gelosia e la tensione. Naruto era consapevole del fatto che Minato e Kushina con molta probabilità avessero intuito cosa stesse provando in quel momento. I suoi genitori avevano provato a distrarlo di continuo, attirando sempre la sua attenzione su di loro per tutta la mattina probabilmente per questo motivo. Ma perché non riusciva a stare in pace? Che cosa aveva Boruto di così particolare da riuscire ad attirare completamente l’attenzione di Naruto su di sé? Talmente tanto da impedirgli di farsi bastare l’attenzione dei suoi stessi genitori? Un’attenzione che lui in particolare bramava da una vita intera?

“Boruto…” pronunciò quel nome nella sua testa con tristezza.

Quanto avrebbe voluto andare da lui e parlargli. Ma nonostante continuasse a pensarlo diverse volte, non trovava mai la forza per farlo. Aveva paura.

Anche Hinata aveva cominciato a comportarsi in modo strano. Aveva letteralmente pianto lacrime di dolore quando Boruto aveva pubblicamente rinnegato lei e Naruto di fronte a tutti la sera prima. Ma da subito dopo quell’episodio, lei aveva completamente ignorato la presenza del ragazzo, senza neanche rivolgergli uno sguardo per un secondo. Si comportava come se non ci fosse affatto, una cosa insolita per lei. E, cosa ancor più insolita, la ragazza aveva persino incominciato ad evitare lo stesso Naruto, senza alcun motivo.

Anche tutti gli altri del gruppo erano consapevoli dell’evidente tensione che c’era tra Boruto, Hinata e Naruto, ma non sapevano come comportarsi al riguardo. Boruto si era rivelato incredibilmente potente per la sua età. Talmente tanto da riuscire a tenere testa all’Eremita delle Sei Vie! Tutti erano rimasti spaventati dal suo potere. Ed il fatto che si fosse volontariamente distanziato da tutti loro non aiutava certo a risolvere la situazione.

Ignaro dei pensieri che gli altri avevano su di lui, Boruto se ne stava seduto su una roccia solitaria in mezzo alla sabbia, sorseggiando un po’ d’acqua da una borraccia. I suoi sensi erano costantemente all’erta, e c’era qualcosa che lo turbava.

“Questo posto ha qualcosa che non va…” pensò tra sé e sé, le sopracciglia aggrottate in sospetto e tensione. “Il mio occhio destro pulsa, e non è un buon segno.”

La sensazione durò alcuni minuti, ma non accadde nulla per diverso tempo. Boruto si rilassò un secondo, pensando che forse qualunque cosa di pericoloso ci fosse nei paraggi avesse deciso di ignorarli, quando all’improvviso s’irrigidì istantaneamente. Percepì una sensazione di pericolo provenire da ogni direzione attorno a lui, senza però riuscire a capire l’origine esatta. In un istante comprese qualcosa che lo fece sobbalzare dalla tensione.

“Siamo circondati!” realizzò mentalmente.

Non c’era tempo da perdere. Erano in pericolo.

“State in guardia!” urlò verso gli altri, balzando in piedi sulla roccia dove era seduto. “Siamo circondati-“

Non fece in tempo a finire la frase che subito una freccia proveniente dal basso gli sibilò di fianco alla testa con una velocità disarmante. Aveva appena fatto in tempo ad evitarla inclinandosi verso destra, quando ne dovette bloccare immediatamente dopo un’altra con una mano, diretta al cuore. Gli altri nove non fecero in tempo a capire cosa fosse successo, quando dalla sabbia sotto i loro piedi saltarono fuori all’unisono delle strane e bizzarre creature mai viste prima.

Avevano tutte una forma umanoide, ciascuna creatura con due gambe e due braccia robuste e pelose, mentre il corpo era più sottile e meno sviluppato rispetto agli arti. In totale, raggiungevano l’altezza di circa un metro. La loro testa era piuttosto allungata, con delle enormi orecchie appuntite, dei denti aguzzi e seghettati e dei minuscoli occhi gialli, la cui iride era lunga e sottile, simile a quella dei felini. Tutta la loro pelle era di un colore brunastro, simile a quello della sabbia ed adatto a mimetizzarsi tra le rocce del deserto. Tutte le creature impugnavano diverse armi: archi, frecce, ed anche lance e spade incredibilmente affilate ma dall’aspetto grottesco. Gli strani esseri dinanzi a loro erano divisi in due gruppi costituiti da decine e decine di creature ciascuno. Un gruppo aveva circondato interamente Boruto tenendo una distanza di qualche metro da lui, mentre l’altro gruppo aveva accerchiato Naruto, Sasuke e tutti gli altri.

“Sono usciti dalla sabbia?” urlò Sasuke dallo spavento.

Quegli strani esseri emisero un verso simile ad un sogghigno gutturale all’udire le sue parole, limitandosi poi a puntare le loro armi contro di loro e mostrando i denti aguzzi.

“Sono forse questi i Goblin di cui parlava l’Eremita?” si chiese Naruto ad alta voce, teso nel caso le creature decidessero di attaccare.

“Wow! Come hai fatto a capirlo?” rispose sarcasticamente Boruto, senza distogliere lo sguardo dal gruppo che lo circondava a qualche metro di distanza. La sua espressione era tornata calma nonostante la situazione, il suo corpo apparentemente rilassato.

“Chi siete?” domandò Fugaku, tentando di comunicare con loro. I Goblin non risposero, emettendo invece un verso simile ad una risata isterica e mostrando i denti, avanzando lentamente verso di loro con le armi sguainate.

“State all’erta!” intimò Minato seriamente, impugnando saldamente un paio dei suoi particolari kunai ed assumendo una posa di difesa accanto a Kushina. “Non attaccate per primi e non abbassate mai la guardia!”

Fugaku, Mikoto e Sarada osservavano le creature con lo Sharingan attivo, mentre Hinata assunse la classica posa di difesa del clan Hyuuga ed attivò il Byakugan. Appena lo fece, notò una cosa molto particolare.

“Cosa?” esclamò allibita nella sua mente.

“Queste creature non hanno chakra!” disse a voce alta la ragazza, confusa.

“Cosa stai dicendo, Hinata?” domandò Sasuke senza distogliere lo sguardo dai Goblin.

“Il corpo di queste creature,” disse ancora lei nervosamente, scrutando quegli esseri con i suoi occhi. “Non possiede nessun flusso di chakra al suo interno! Nessun Goblin ha chakra nel proprio corpo!”

La notizia era sconvolgente. Com’era possibile una cosa del genere? Qualsiasi essere vivente doveva possedere dell’energia vitale per poter essere considerato vivo. Era questa la differenza più importante tra essere vivente e non vivente. Un sasso ad esempio non possedeva nessuna energia vitale, mentre un uomo, un animale o una pianta sì. Quest’energia era il chakra. Se i Goblin non possedevano realmente nessun tipo di energia vitale, come potevano essere vivi?

“Questo spiega perché non sono riuscito a percepirli prima!” pensò Boruto, afferrando l’elsa della spada dietro la schiena.

Improvvisamente le creature emisero un orrendo urlo gutturale, per poi avventarsi con foga e rapidità contro di loro.

Lo scontro ebbe inizio.

Naruto si lanciò in avanti e tentò subito di colpire un bersaglio con un kunai all’altezza del collo, ma rimase sbalordito quando vide che il Goblin bloccò facilmente il suo attacco con la sua spada e con una rapidità disarmante, per poi contrattaccare con un affondo da sinistra che il ragazzo riuscì a malapena ad evitare piegandosi in basso. Naruto ritentò l’offensiva saltando e sferrando un calcio mirato alla testa, ma la creatura lo bloccò di nuovo col braccio, ghignando. Il Goblin fece per contrattaccare di nuovo, quando dal nulla Minato gli apparve alle spalle e gli recise la testa con un colpo secco prima che potesse reagire.

“Non abbassare la guardia!” gli intimò suo padre. “Sono più forti di quel che sembrano!”

I Goblin attaccavano con una forza ed una velocità sorprendenti per le loro dimensioni, attaccando e schivando i colpi con agilità e precisione.

Sasuke riuscì ad eliminarne con relativa facilità cinque, prevedendo le loro mosse grazie allo Sharingan e colpendoli con una katana.


Anche Sarada non ebbe grosse difficoltà a difendersi dai loro attacchi, schivando e colpendo al momento giusto.

KATON,” urlò poi la ragazza, inspirando profondamente e formando diversi sigilli con le mani. “Goukakyuu no jutsu!” (Palla di Fuoco Suprema)

Un’enorme sfera infuocata si generò subito dal suo soffio, avanzando con rapidità ed investendo tutte le creature dinanzi ad essa, incenerendole quasi tutte all’istante prima che potessero difendersi, mentre i pochi superstiti dell’attacco vennero immediatamente terminati dai micidiali pugni di Sakura.


Hinata utilizzò la Tecnica della Rotazione Suprema, investendo e facendo volare in aria un’intera orda di Goblin con un solo pugno.

“Saranno anche forti nel corpo a corpo,” pensò con soddisfazione la ragazza. “Ma non possono difendersi dai Jutsu!”

Gli adulti del gruppo avevano più esperienza dei giovani, e non ci misero molto a intuire la stessa cosa. Anche nel combattimento fisico non fecero molta fatica ad anticipare le mosse dei loro avversari, eliminandoli con relativa facilità. Ma qualcosa non andava. Per quanti Goblin riuscissero ad eliminare, ne continuavano a sbucare fuori dalla sabbia il doppio, tutti con un ghigno sulla faccia e bramosi di uccidere, senza mai fermarsi o cedere il ritmo. La situazione si stava facendo pericolosa per i ninja.

Naruto formò un familiare sigillo con le mani.

Tajuu Kage Bushin no jutsu!” gridò. (Tecnica Superiore della Moltiplicazione del Corpo). In un istante, centinaia di copie di Naruto comparvero dal nulla con una nuvoletta di fumo bianca, attaccando senza pietà quante più creature possibili da tutte le direzioni. Il deserto riecheggiò per interi minuti dal fragore di lame che si scontravano e dal rumore delle sue copie che esplodevano in una nuvola di fumo.

Minato continuava e mietere vittime su vittime, teletrasportandosi continuamente alle spalle delle creature grazie a diversi kunai sparsi per la sabbia e recidendo teste, arti e corpi interi con precisione e rapidità.

“Dannazione!” urlò Kushina, calciando sulla faccia un Goblin che aveva tentato di azzannarla coi denti. “Non finiscono più! Continuano a uscirne sempre altri!”

“Di questo passo finiremo per stancarci troppo!” constatò Mikoto lanciando diversi kunai esplosivi contro gli avversari.

La situazione peggiorava ogni secondo di più. I Goblin non accennavano a diminuire, ma anzi il loro numero era aumentato esponenzialmente. L’intera area intorno a loro era ricoperta da cadaveri, ma nonostante questo non riuscivano ad avere la meglio contro quegli esseri. La loro superiorità numerica li stava portando lentamente allo stremo.

“Maledizione!” imprecò trà sé Naruto. “Di questo passo sarò costretto ad usare il chakra della Volpe!”

Improvvisamente, però, accadde qualcosa.

Un’enorme ondata di chakra investì l’intero deserto, alzando una nube di sabbia e facendo fermare tutti dallo stupore, Goblin compresi. Naruto e gli altri si voltarono di scatto verso la direzione da cui era partita quell’onda, intuendo già chi ne fosse stato il responsabile.

Boruto Uzumaki era in piedi, immobile, con gli occhi chiusi e la sua spada in mano. Attorno a lui erano addossati decine e decine di corpi di Goblin morti. Quelli ancora in vita più vicini a lui indietreggiavano lentamente, con le facce terrorizzate. Il ragazzo aprì lentamente il suo occhio sinistro, la sua espressione spaventosamente seria e glaciale.

Poi fece la sua mossa.

Con la velocità di un fulmine, scattò davanti ai due Goblin più vicini e gli recise la testa con un singolo colpo di spada. I loro corpi crollarono a terra un secondo dopo. Dopo un istante balzò in aria roteando diverse volte per poi atterrare nel mezzo di un altro gruppo di creature, decimandole con attacchi precisissimi e colpendo con la sua katana talmente velocemente da non riuscire a prevedere la direzione dei suoi colpi. Poi si spostò ancora di lato, schivando diverse lance scagliate contro di lui e calciando in aria tre Goblin alla sua destra con un movimento quasi impercettibile.

Tutti gli altri nove ninja erano letteralmente scioccati nel vederlo finalmente in azione, con gli occhi sgranati e le bocche aperte. Il ragazzo si muoveva tra i nemici con una velocità indescrivibile, quasi disumana, brandendo la sua spada e falciando Goblin su Goblin con colpi precisi e fulminei. Schivava e bloccava tutti gli attacchi con facilità, quasi danzando in quel grottesco caos di spade, lance e corpi; abbassandosi, inclinandosi a destra e sinistra e bloccando con la spada qualsiasi attacco al momento giusto, per poi contrattaccare con un colpo secco e deciso in ogni punto scoperto dell’avversario con pugni, calci e colpi di katana. In meno di tre minuti, più della metà dei Goblin erano stati eliminati da lui.


Boruto si fermò all’improvviso, voltandosi e fronteggiando i superstiti con sguardo impassibile e abbassando leggermente la spada. I Goblin rimasti lo guardarono come se fosse un fantasma, con gli occhi sgranati e colmi d’incredulità. Poi, senza preavviso, cominciarono a scappare urlando e gemendo verso la direzione opposta, addentrandosi ulteriormente nel deserto ed abbandonando il campo di battaglia.

Sarada, Fugaku e tutti gli altri guardarono l’orda di nemici ritirarsi, allibiti ed increduli, per poi rivolgere lentamente lo sguardo sulla persona che aveva sconfitto da solo e senza difficoltà tutti i Goblin. Un unico pensiero riecheggiava nelle loro confuse e completamente perse teste.

“Come diavolo ha fatto?”

Boruto rimase fermo dando loro le spalle, intento a ripulire la lama della katana dal sangue con una mano, mentre un soffio di vento gli faceva ondulare leggermente il mantello.

“Che delusione…” mormorò il biondo, osservando l’orda di Goblin ritirarsi in lontananza con disappunto.

 
 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto e che vi abbia intrigato.
A causa di impegni personali, per la durata di tutta la prossima settimana non usciranno altri capitoli. Questo perchè sarò sempre fuori casa, e non avendo il mio portatile con me, non riuscirò a pubblicare gli altri capitoli già pronti. Mi scuso per l'attesa che vi farò sostenere, ma vi assicuro che una volta che sarò libero riprenderò a pubblicare a pieno ritmo come prima.
Nel frattempo fatemi sapere cosa ne pensate della storia, mi sta facendo davvero piacere sentire le vostre opinioni!

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Capitolo 8
*** Sabbia e Morte 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

 

Sabbia e Morte 2


Nessuno aveva il coraggio di parlare.

Tutti erano rimasti imbambolati a fissare con la bocca aperta il ragazzo biondo proveniente dal futuro, intento ancora ad osservare l’orda di Goblin in ritirata mentre rinfoderava la katana dietro la schiena. Quello che avevano appena visto li aveva letteralmente lasciati sbalorditi. Non riuscivano a credere che Boruto potesse essere così forte. Non era logicamente possibile. Era su un livello completamente diverso da loro. Neppure il Quarto Hokage riusciva a muoversi velocemente come lui senza utilizzare l’Hiraishin no jutsu (Tecnica del Teletrasporto). Senza parlare dell’enorme quantità di chakra che il suo corpo emanava.

Boruto Uzumaki era un mostro.

Nel guardare adesso il ragazzo, a Fugaku tornarono in mente le leggende che venivano raccontate da generazioni nel suo clan e che lui aveva udito da bambino diverse volte per bocca degli anziani o dei suoi genitori. Gli tornarono in mente le storie che narravano le gesta del primo leader ufficiale del clan Uchiha, nonché uno dei due fondatori del Villaggio della Foglia.

Le storie su Madara Uchiha.

Un uomo il cui nome era diventato leggenda in tutto il mondo. Un uomo, secondo la tradizione, talmente potente da essere capace di distruggere intere montagne con un colpo solo. Un uomo il cui potere era secondo solo al Primo Hokage.

Boruto era molto simile a come Fugaku si era immaginato Madara Uchiha molte volte quando era piccolo. Calmo, silenzioso e calcolatore, con una grande rabbia nel cuore, e talmente potente da riuscire ad incutere timore alla sua sola vista. Fugaku pregò mentalmente che questo ragazzo di fronte a lui non fosse anche malvagio e folle come lo era stato Madara. Altrimenti non osava neppure immaginare che razza di posto sarebbe diventato il futuro.

Ad un tratto, Boruto si voltò verso di loro, guardandoli col suo occhio privo di emozione.

“Dovremmo seguirli.” disse con un tono distaccato.

La sue parole riportarono alla realtà tutti i presenti, ancora profondamente stupiti da ciò che avevano visto prima.

“Uh? Seguirli?” chiese Minato confuso, esprimendo la domanda che avevano tutti in testa contemporaneamente. “Per quale motivo?”

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, come stupito dalla sua domanda. Passarono alcuni secondi di silenzio. Poi Boruto si portò una mano sul volto, massaggiandosi gli occhi con un’espressione d’incredulità.

“Davvero non riuscite ad arrivarci?” chiese poi sarcasticamente, guardandoli di sbieco.

Gli altri continuarono a fissarlo come se avesse due teste. Prese la loro risposta per un no. Boruto scosse la testa e sospirò, esasperato.

“L’Eremita ha detto che il primo dei manufatti necessari a sconfiggere il drago si trova nel Tesoro dei Goblin,” spiegò allora il ragazzo con un tono privo di emozione. “Se adesso dovessimo lasciar scappare quei Goblin, torneremmo al punto di partenza, senza sapere dove cercare. Ma se invece li seguiamo da lontano, allora-“

“Allora potremmo riuscire a scoprire da dove sono venuti, e magari trovare il loro tesoro…” concluse Sarada per lui con gli occhi spalancati appena la realizzazione si registrò nella sua mente.

Minato, Fugaku e Sasuke sgranarono gli occhi. Come avevano fatto a non realizzarlo prima? Non potevano lasciarsi scappare una simile occasione. Lo stupore li aveva distratti troppo per riuscire ad intuirlo.

“Muoviamoci!” esclamò allora Kushina. “Cominciamo a seguire le loro tracce prima di perderli del tutto!”

Detto ciò, i dieci ninja ripresero a correre verso il cuore del deserto, seguendo le orme lasciate dai Goblin durante la loro ritirata. Questa volta alla testa del gruppo stava Boruto, mentre tutti gli altri lo seguivano a ruota.

Sarada lo osservava mentre si muovevano, piena di dolore e rammarico.


“Boruto,” pensò con tristezza. “Se solo quella volta le cose fossero andate diversamente, oggi non saresti così freddo e distaccato. Forse, se le cose fossero andate in un altro modo, io e te adesso…”

Non riuscì a trovare le parole adatte per finire il pensiero. Ricordare il passato era qualcosa che la faceva deprimere troppo. Adesso non era il momento, doveva concentrarsi sulla missione. Non c’era tempo per piangere sul latte versato. Il passato non poteva essere cambiato, non si poteva tornare indietro. Ma nonostante si fosse già detta queste cose centinaia di volte nella testa, il dolore non accennava a diminuire. La realtà dei fatti era crudele e spietata, e lei doveva accettarla anche se le si spezzava ogni volta il cuore.

Il suo amico d’infanzia non c’era più. Era andato via da lei quando aveva 12 anni e non era più ritornato. Sostituito da un guerriero crudele, spietato e potentissimo, temuto e ricercato ovunque. E anche se a Sarada mancava moltissimo, sapeva che il suo vecchio amico non sarebbe mai più tornato da lei.

Anche Naruto stava pensando al misterioso biondo mentre continuavano ad avanzare verso la direzione dei Goblin. Dire che era rimasto stupito di fronte al combattimento di Boruto era veramente riduttivo. Era rimasto sconvolto! Una miriade di domande gli sorgevano di continuazione in testa. Come faceva il suo futuro figlio ad essere così forte? Come aveva ottenuto tutto quel potere e quella velocità? Era persino più forte di suo padre, il leggendario Quarto Hokage! Le domande esigevano risposte, e Naruto era più che mai sicuro che prima o poi avrebbe scoperto cosa nascondeva Boruto. Non poteva continuare ad ignorare l’incessante dolore che provava ogni volta che posava gli occhi su di lui, ogni volta che si ricordava delle parole che aveva usato nei confronti suoi e di Hinata davanti all’Eremita.

“Loro saranno anche stati la mia incubatrice ed il mio donatore di sperma, ma non sono di certo la mia famiglia!”

Cosa diavolo era successo tra di loro nel futuro per poter permettere a Boruto di dire una simile affermazione? Doveva scoprirlo ad ogni costo. Adesso non sarebbe più stato capace di vivere in pace con se stesso senza conoscere la verità, restando con la sola consapevolezza che il suo stesso figlio lo odiava. Doveva sapere.

Era talmente assorto nei suoi pensieri, che non si accorse che il gruppo stava rallentando il passo, mentre lui procedeva spedito. Era da circa un’ora che inseguivano quelle creature.

“Fermati Naruto!” lo ridestò Sasuke afferrandolo per la spalla.

Il biondo batté le palpebre diverse volte, spaesato, prima di focalizzarsi di nuovo sulla realtà e guardarsi intorno.

Le tracce dei Goblin terminavano bruscamente davanti ad un’immensa parete rocciosa alta centinaia di metri. Boruto e gli altri si erano fermati davanti ad essa per guardarsi intorno, tentando di trovare una spiegazione.

“Sembra che siamo al capolinea…” disse Sakura, incerta.

“Non diamoci per vinti ancora,” disse Mikoto alla ragazza. “Cerchiamo qualche indizio qui intorno. Non possono essere improvvisamente spariti così senza un motivo.”

Cominciarono tutti ad esaminare la parete rocciosa da cima a fondo, osservando ogni suo angolo o sporgenza nella ricerca di qualcosa. Alla fine fu Hinata a vedere qualcosa col suo Byakugan, guardando in un’altra direzione.

“Ho trovato qualcosa!” esclamò all’improvviso. Tutti si voltarono verso di lei.

“Che cosa vedi, Hinata-chan?” chiese Naruto.

La ragazza era accovacciata e fissava in basso, nel punto esatto dove terminavano le impronte.

“Sotto di noi,” disse allora lei toccando la sabbia con un dito. “ A circa trecento metri sotto la sabbia, c’è qualcosa. Una specie di tunnel o di galleria che procede verso il centro della terra. Ed è lunga diverse centinaia di metri!”

“Una galleria?” pensarono Boruto, Sasuke e Minato.

“I Goblin potrebbero essere creature che vivono sottoterra.” provò a ragionare Fugaku, pensieroso. “Dopotutto, sono sbucati dalla sabbia quando ci hanno attaccato. Forse questa galleria è opera loro.”

“Forse sono in grado di muoversi sotto la sabbia.” azzardò anche Sakura.

“Forse loro sì, ma noi no di certo.” disse Kushina, poggiando le mani sui fianchi. “C’è un qualche modo per noi di raggiungere questa galleria?”

Hinata continuò a scrutare il terreno, i suoi occhi contornati dalle vene pieni di concentrazione. “Non riesco a trovare nulla.” disse alla fine, sommessa. “Non c’è nessun altro passaggio.”

Questo era un bel problema. Come potevano fare per raggiungere la galleria sotto i loro piedi?

“Cosa facciamo?” chiese Sasuke agli altri.

“Potremmo usare qualche tecnica per riuscire a rimuovere la sabbia! Come Gaara!” disse Naruto, battendosi un pugno sulla mano.

“Non funzionerebbe.” lo contraddisse Minato. “Se fosse stato terreno roccioso o pietroso allora sarebbe stato possibile. Tuttavia con la sabbia è un altro discorso. Può sembrare minuscola e sottile, ma se presente in abbondante quantità diventa decisamente troppo pesante per essere spostata senza una tecnica particolare. Hinata ha detto che la galleria si trova a trecento metri sotto di noi. Non riusciremmo mai a spostare una simile quantità di sabbia!”

“In realtà, l’idea non è del tutto impossibile.” disse improvvisamente Boruto guardando il terreno, sorprendendo tutti.

“Cosa vuoi dire, Boruto?” chiese Sarada.

Il ragazzo alzò l’occhio e li guardò con un’espressione indecifrabile.

“Se riuscissimo ad utilizzare una tecnica per solidificare la sabbia, allora potremmo riuscire a creare un buco abbastanza profondo da riuscire a raggiungere la galleria.” spiegò lentamente.

Gli altri si stupirono. L’idea non era affatto impossibile. Se la sabbia fosse stata solida, allora rimuoverla o scavare un buco sarebbe stato possibile. Il problema era come fare.

“Ma come possiamo solidificarla?” domandò Sasuke guardandolo con le braccia incrociate. “L’unico modo per riuscirci sarebbe-“ Non riuscì a concludere la frase che una realizzazione gli balenò in testa.

“Ma certo!” pensò, sgranando gli occhi.

Boruto sorrise maliziosamente. “Vedo che ci sei arrivato anche tu, Sasuke Uchiha.” disse con un tono saccente.

Gli altri otto li guardavano completamente confusi.

“Potete spiegarci cosa avete in mente?” chiese Fugaku, irritato.

Fu sempre Sasuke a rispondere.

“Se utilizzassimo una tecnica d’acqua nel punto appena sopra la galleria,” disse il ragazzo corvino. “Potremmo far bagnare tutta la sabbia. A differenza del terreno roccioso, infatti, essa riesce a filtrare e far passare l’acqua con facilità, arrivando anche a centinaia di metri di profondità.”

Sarada inarcò un sopracciglio. “Ma bagnarla non servirebbe a nulla,” disse lei, confusa. “Sarebbe comunque impossibile poterla rimuovere o scavarci dentro.”

“Non se allo stesso tempo utilizzassimo una tecnica del vento.” s’intromise Boruto, guardandoli con il suo occhio semiaperto. “Combinando le due tecniche assieme nello stesso tempo, l’acqua all’interno della sabbia si trasformerebbe in ghiaccio, creando a sua volta con la sabbia un impasto semisolido abbastanza rigido e compatto da poterci scavare un buco.”

“Esatto!” confermò Sasuke. “Tuttavia è necessario che il vento generato sia abbastanza freddo da riuscire a congelare l’acqua, altrimenti non funzionerebbe.”

Minato era sorpreso dall’intuizione che avevano avuto i due ragazzi. L’idea non era per niente male. Nonostante l’età, avevano una capacità di ragionamento incredibile. Sembrava che Boruto non fosse il solo personaggio ricco di sorprese.

“Potrebbe funzionare!” disse allora Mikoto. “Ma chi sarà ad usare le due tecniche contemporaneamente?”

“Io posso utilizzare la tecnica d’acqua,” disse il biondo col mantello. “Ma ci vuole qualcuno che sia capace di usare una tecnica del vento nello stesso momento.”

“Posso farlo io!” disse Minato. “Il vento è la mia principale affinità, e sono in grado di creare una raffica abbastanza fredda da poter congelare l’acqua.”

“Molto bene! Allora facciamo presto!” disse Naruto. Anche se non aveva capito neanche la metà di quello che avevano detto fin’ora, adesso avevano un modo per raggiungere la galleria e scovare i Goblin, e non potevano perdere tempo a parlare.

“Hinata,” disse Minato rivolgendosi alla ragazza. “Puoi indicarci il punto esatto dove si trova la galleria?”

Lei annuì e riattivò il Byakugan. Appena diede loro le coordinate esatte del punto sopra la galleria sotterranea, Boruto e Minato si misero in posizione, lanciandosi un’occhiata ed annuendo contemporaneamente.

SUITON: Suishouha!” (Mulinello) disse Boruto, unendo le mani insieme.

FUUTON: Chissoku Uzu!” (Vortice del Vento) fece l’Hokage allo stesso tempo, le dita unite nel sigillo del toro.

Improvvisamente, intorno alle due figure cominciarono a formarsi due enormi vortici, un vorticoso mulinello d’acqua ed un fitto tornado d’aria gelida. Entrambi gli attacchi si innalzarono nell’aria minacciosamente, per poi piegarsi verso il basso e andare a colpire contemporaneamente la sabbia nel punto indicato da Hinata. Dopo un paio di minuti, entrambe le tecniche si annullarono. Naruto e gli altri osservarono con stupore il risultato dei due vortici. La sabbia colpita dall’acqua e dal vento era diventata grigiastra, simile al cemento, ed era veramente divenuta solida e compatta al tatto, rendendo così possibile rimuoverla senza troppe difficoltà.

“Adesso lasciate fare a me!” fece Fugaku.

DOTON: Fukai mizo!” (Fossa) esclamò, creando improvvisamente nella sabbia solida un buco di diversi metri di diametro che arrivava direttamente alla galleria.

“Molto bene,” disse Boruto guardando la cavità nella sabbia, rivolto agli altri. “Adesso muoviamoci prima che il ghiaccio nella sabbia si sciolga. Non possiamo perdere tempo prezioso.”

Detto questo, si voltò e senza neanche aspettarli saltò dentro al buco.

“Boruto Uzumaki…” pensò con sempre crescente sospetto Sasuke. “Ha creato un enorme vortice d’acqua in un luogo arido e privo di liquidi… Quante sorprese ha ancora a sua disposizione? Dovrò tenerlo d’occhio.”

“Coraggio!” disse anche Naruto con un sorriso confidente. “Andiamo a ricambiare la visita a quei Goblin!”

Poi, uno dopo l’altro, tutti i ninja entrarono nella cavità.

Subito si ritrovarono all’interno della galleria. Quest’ultima era stata scavata direttamente nella roccia, ed era larga circa due metri e alta un metro e mezzo, abbastanza alta per un Goblin ma non per loro, il che costrinse tutti i presenti ad accovacciarsi e a mettersi a gattoni per riuscire ad avanzare.

“Procediamo senza fare rumore” disse Kushina. “Non sappiamo se i Goblin possano essere nelle vicinanze!”

“Molto bene. Non abbassate la guardia.” raccomandò Minato.

Hinata si mise alla testa del gruppo per via dei suoi occhi capaci di vedere anche nel buio, e tutti procedettero in avanti a gattoni senza fiatare. Continuarono a gattonare per quella che sembrava un’eternità. La galleria procedeva sempre di più verso il basso e si faceva sempre più buia man mano che avanzavano. Col tempo, anche la temperatura iniziò ad aumentare vertiginosamente, e l’aria si faceva sempre più pesante. Dopo quelle che parvero ore, i dieci ninja cominciarono a percepire una grande stanchezza dovuta al caldo, ma non potevano fermarsi.

“Aspetta,” pensò d’un tratto Boruto mentre procedeva lentamente dietro Hinata. “Mi sembra di aver sentito…”

Improvvisamente, un’inaspettata zaffata di aria fresca accarezzò loro la faccia, procurando grande sollievo sui loro corpi sudati e nelle loro menti.

“Aria! Finalmente!” disse Naruto con un sorriso.

“Com’è possibile?” chiese Sakura da dietro di lui. “Non dovrebbe esserci aria fredda sotto terra!”

“Aspettate, riesco a vedere la fine del tunnel!” disse sottovoce Hinata alla testa del gruppo. I suoi occhi erano l’unico modo per riuscire a vedere qualcosa in quel buio totale. Continuarono ad avanzare per un quarto d’ora circa, quando all’improvviso intravidero nell’oscurità un bagliore di luce davanti a loro. Man mano che si avvicinavano ad esso, l’aria cominciava a divenire sempre più fresca e respirabile, mentre i loro occhi cominciavano ad abituarsi alla luce distante ed il soffitto della galleria si faceva sempre più alto, permettendo a tutti di rimettersi finalmente in piedi. Non appena arrivarono alla fine della galleria, rimasero tutti stupiti dallo spettacolo che si ritrovarono davanti.

Naruto trattene il fiato.

Dinanzi ai loro occhi, in mezzo ad un enorme cratere sotterraneo, si ergeva una città.
 


 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Finalmente sono tornato! Non vedevo l'ora di continuare. Scusate se non ho pubblicato niente per tanto tempo, ma gli impegni della vita sono tanti ed inevitabili. Adesso per un pò sono libero, quindi ruscirò a pubblicare altri capitoli. Spero che questo vi sia piaciuto. Grazie mille a chi leggerà e commenterà. A prestissimo!  ;)

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Capitolo 9
*** Tana o Trappola? 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!





 

Tana o Trappola? 1



Nessuno di loro avrebbe mai potuto immaginare una cosa simile.

Si trovavano all’interno di un’enorme cratere sotterraneo, talmente alto che nessuno riusciva a comprendere l’esatta distanza dal soffitto. Il lato opposto del cratere rispetto a quello da cui erano appena sbucati fuori sembrava lontano almeno una decina di chilometri, e le pareti si andavano restringendo verso l’alto. L’intera voragine sotterranea era illuminata da una sfilza di giganteschi diamanti luminosi incastonati sul soffitto, i quali creavano un’atmosfera surreale ed una luce fatta di mille colori diversi e sgargianti. Tutte le pareti del cratere erano piene di buchi, simili a quello da cui erano arrivati loro, il che provava che i Goblin fossero davvero creature che si spostavano sotto terra. Abbassando lo sguardo, notarono un ampio sentiero lastricato che conduceva ad una città posizionata proprio al centro dell’immenso cratere.

Naruto era completamente senza parole. “Cos’è questo posto?” si chiese, meravigliato.

La città in fondo al cratere era enorme. Il suo aspetto ricordava molto quello del Villaggio della Pioggia, con edifici incredibilmente alti e tetti ampi ed appuntiti. La città era interamente circondata da mura alte e spesse, al cui interno si ergevano delle strutture simili a palazzi i quali sembravano essere fatti interamente in pietra bianca ed erano posizionati gli uni a ridosso di altri, presentando forme e contorni vari. Fuori dalle mura invece, scorreva un corso d’acqua circondato da alcune piante cresciute nel sottosuolo spontaneamente o, forse, piantate lì di proposito.

“Una città?” esclamò Mikoto, confusa. “Non avrei mai immaginato che potesse esistere una città nel sottosuolo!”

“A quanto sembra i Goblin sono creature più evolute di quel che sembrano.” disse Fugaku guardando gli edifici in lontananza.

I dieci ninja osservavano intenti l’enorme cavità in cui erano finiti. Mai prima d’ora nessuno di loro aveva visto qualcosa di simile. Ma non c’era tempo da perdere. Avevano una missione da compiere.

“Dobbiamo riuscire ad entrare nella città,” disse Minato seriamente. “Se il tesoro è in questo luogo, allora si trova sicuramente all’interno delle mura.”

“Ma come facciamo coi Goblin?” domandò Sasuke. “Se ci notassero, non esiterebbero ad attaccarci. Specialmente ora che abbiamo raggiunto il loro covo.”

“Abbiamo l’elemento sorpresa a nostro vantaggio,” disse ancora il Quarto Hokage. “Se saremo silenziosi e attenti, forse riusciremo a non farci scoprire.” Si rivolse poi ad Hinata. “Hinata, contiamo sui tuoi occhi per individuare la presenza dei Goblin.”

La ragazza deglutì nervosamente. Lei era l’unica capace di scovare la presenza di nemici nelle vicinanze con il Byakugan. A quanto sembrava, quelle creature non possedevano chakra, rendendo di fatto impossibile percepirle. Gli altri contavano su di lei. Aveva una grossa responsabilità nei loro confronti. Non voleva deluderli.

Annuì con decisione, attivando i suoi occhi.


Cominciarono ad avanzare verso la città in fondo al cratere, tenendosi a distanza dalla strada principale e stando continuamente all’erta nel caso di pericoli. Dopo circa una trentina di minuti, giunsero in prossimità delle mura senza apparente difficoltà o incidenti. Eppure il fatto che non avessero avvistato ancora nessun Goblin era insolito. Si trovavano nel cuore del loro territorio, ma non ne era saltato fuori neanche uno. Dov’erano finiti?

“Di nuovo quella sensazione!” pensò Boruto sentendo pulsare il suo occhio destro e restando all’erta. “Ma è più forte di quando eravamo nel deserto.”

“Riesco a vedere alcuni Goblin!” disse Hinata improvvisamente. “Si trovano oltre le mura, all’interno della città. Ma…”

“Cosa c’è Hinata-chan?” chiese Naruto notando la perplessità della ragazza.

Lei continuava a fissare attentamente oltre le mura. “Tutti i Globlin che vedo si sono concentrati in un unico punto,” spiegò subito dopo. “Proprio al centro della città! Si trovano tutti lì, ma non so cosa stiano facendo.”

Tutti rimasero stupiti dall’informazione. Perché i Goblin si erano raccolti al centro della città? Che cosa stavano facendo?

“Cosa facciamo adesso?” chiese Sakura.

“Approfittiamo del fatto che non ci siano nemici nei paraggi ed intrufoliamoci dentro.” disse Minato a tutti. “Una volta fatto ciò, cerchiamo di capire cosa sta succedendo senza farci scoprire.”

Ripresero a correre verso la città. Giunti alle mura, riuscirono a superarle senza difficoltà grazie alla mancanza di nemici di guardia e alle loro abilità ninja, entrando finalmente all’interno del covo dei Goblin. Rimasero stupiti da quanto le strutture alte ed i vari edifici somigliassero realmente a quelli di un qualsiasi Villaggio ninja. Cominciarono a procedere verso il centro della città, saltando di tetto in tetto silenziosamente. Ancora non si era vista un’anima viva.

“Fermi!” disse ad un tratto Boruto, fermandosi in piedi su un tetto e guardando verso sinistra.

Gli altri si fermarono immediatamente, tesi nel caso di pericolo.

“Cosa succede?” chiese Fugaku.

Il ragazzo col mantello non si voltò a guardarli, continuando a fissare un punto non preciso alla sua sinistra. “È una trappola.” disse alla fine con il suo solito tono privo di emozione. “I Goblin ci stanno volutamente spingendo ad avanzare verso il centro, attirandoci nella loro direzione. Ecco perché si sono radunati tutti lì.”

Cosa stava dicendo? Una trappola? Gli altri rimasero confusi dalle sue parole.

“Perché dici questo?” chiese Sarada, confusa dalla sua improvvisa spiegazione.

Il ragazzo stavolta li guardò di sbieco, il suo occhio freddo. “È una trappola.” ripeté di nuovo. “Non possiamo procedere in quella direzione.”

“Spiegati meglio.” gli intimò Sasuke, sospettoso. Perché all’improvviso Boruto sembrava così serio e guardingo? E come faceva a sapere che i Goblin li stessero attirando davvero in una trappola volutamente?

Il biondo sospirò. “Non credete che sia strano tutto questo?” chiese poi rivolto a tutti, tornando a guardare verso sinistra. “I Goblin si sono radunati in un punto della città senza un apparente motivo, e finora non ne abbiamo visto neanche uno!”

Naruto non stava capendo. “E con ciò? Non dovrebbe-”.

“Se ricordate, i Goblin sono stati in grado di localizzare la nostra posizione appena abbiamo cominciato ad esplorare il deserto,” continuò lui come se non fosse stato interrotto. “La prova di ciò è che ci hanno attaccato subito, forse perché ci ritenevano dei semplici intrusi e pensavano di eliminarci con facilità. Ma dopo essere stati costretti alla ritirata, non si sono più fatti vedere, anche se con molta probabilità sanno perfettamente che siamo qui nel loro covo.”

Minato rifletté un paio di secondi sulle sue parole. “Stai dicendo che è possibile che siano in grado di percepirci?” chiese, dubbioso.

Il ninja traditore annuì lentamente. “È molto probabile che riescano a percepire la nostra presenza in qualche modo. Ed il fatto che ci abbiano volontariamente evitato fino ad adesso a differenza di prima rende ancora più possibile la possibilità che ci stiano attirando in una trappola.”

“Anche se quel che dici fosse vero,” disse Fugaku aggrottando le sopracciglia. “Allora cosa dovremmo fare? Restarcene con le mani in mano e tornare indietro?”

Boruto sospirò di nuovo, come esasperato dalla loro ottusità.

“Non ho detto questo, Uchiha. Ma sicuramente qualsiasi cosa stiano tramando non sarà piacevole per noi. Né credo possa aiutarci a scoprire dove si trova il loro tesoro.” Poi si voltò di nuovo verso la loro sinistra. “Inoltre,” continuò. “Riesco a percepire qualcosa di insolito in quella direzione. Credo valga la pena andare a controllare.”

“Percepire?” pensarono Minato e Sasuke con stupore.

“Stai dicendo di essere un sensore?” domandò Kushina, guardandolo con un misto di incredulità e sospetto.

Il ragazzo chiuse il suo occhio sinistro, per poi voltarsi e dare loro le spalle. “Non proprio,” rispose misteriosamente. “Ma i miei sensi difficilmente sbagliano su qualcosa.”

La situazione era complicata. I nove ninja rifletterono con intensità sul da farsi. Potevano veramente fidarsi delle parole di Boruto? Che quel ragazzo fosse forte era un dato di fatto, ma si erano dimenticati del fatto che fosse anche in grado di percepire qualcosa. Il biondo era una continua sorpresa.

“Io suggerisco di fare come dice.” disse improvvisamente Sarada rivolgendosi agli altri otto.

Sasuke la guardò incerto. “Perché?” chiese.

“Mi fido del giudizio di Boruto,” rispose lei con serietà. “Non ci condurrebbe mai in una direzione a caso senza un valido motivo.”

“Boruto è indubbiamente il più forte tra di noi,” pensò ancora la ragazza tra sé. “Deve aver percepito qualcosa con le sue abilità. Se gli stiamo vicino, abbiamo maggiori probabilità di successo!”

“Wow, grazie della fiducia…” disse il ragazzo sarcasticamente voltandosi un poco verso di lei. Il suo tono vuoto ed apatico fece mortificare visibilmente la giovane Uchiha.

“EHI!” cominciò a dire Naruto ad alta voce e con rabbia. “Si può sapere perché ti comporti-“

“Calmati, Naruto!” ordinò Minato senza togliere lo sguardo dal ninja col mantello. “Non è il momento di mettersi a discutere tra noi.”

Il giovane strinse i denti ma rimase in silenzio, guardando con furia l’altro biondo. Quest’ultimo rimase in silenzio, per nulla turbato dalla situazione o dispiaciuto per aver fatto rattristare la ragazza.

“Concordo anch’io con Sarada.” disse poi Fugaku, anche se era parecchio irritato dal tono che il biondo proveniente dal futuro aveva usato nei confronti di sua nipote. “La situazione puzza. Inoltre non sarebbe saggio buttarci a capofitto in mezzo ad una marea di Goblin.”

Gli altri annuirono, ricordandosi di come avevano rischiato seriamente di essere feriti durante la battaglia precedente con quelle creature.

Boruto si voltò verso la direzione in cui aveva percepito qualcosa.

“Bene,” disse finalmente. “Seguitemi.”

Si rimisero a saltare tra i tetti rapidamente, seguendo il biondo con passo spedito. Dopo alcuni minuti, raggiunsero l’estremità ad est delle mura, e si fermarono su un tetto che dava direttamente dinanzi ad un grande spazio vuoto nel mezzo della città di pietra, simile ad una specie di piazzale. Al centro di questo spazio vuoto si trovava un edificio più piccolo rispetto agli altri, grande circa 10 metri, dalla forma circolare e di colore rossastro. L’edificio presentava un’ampia porta d’ingresso larga diversi metri e di colore nero, con sopra di essa un’iscrizione in una strana lingua.

“Cos’è quello?” domandò Mikoto.

“Questo edificio è diverso dagli altri,” affermò Sakura studiandolo attentamente. “Forse deve possedere un qualche scopo particolare per i Goblin.”

Boruto osservava intento la struttura davanti a loro. Ne era certo. La sensazione che aveva provato prima proveniva da dentro quell’edificio. Doveva accertarsene.

Senza farsi notare dagli altri aprì il suo occhio destro.

Aveva ragione.

“Proprio come pensavo.” pensò tra sé con un sorriso malizioso e trionfante. “L’ombra di energia che ho sentito prima proviene da questo posto….”

Richiuse l’occhio come se niente fosse, poi si rivolse agli altri.

“Dobbiamo entrare dentro.” disse con un tono di finalità e certezza.

Nessuno lo contestò questa volta.

Scesero nel piazzale deserto, avvicinandosi all’ingresso dell’edificio. La porta d’ingresso era costituita da un’intera lastra di pietra nera, e l’iscrizione sopra di essa era stata scavata nella roccia stessa che costituiva l’edificio. Minato provò a spingere la lastra con le mani dopo averla ispezionata, ma non riuscì ad aprirla.

“È troppo pesante per riuscire a spingerla,” disse l’Hokage. “Dobbiamo trovare un altro modo per aprirla.”

Prima che qualcuno potesse rispondergli, Boruto si fece avanti sguainando lentamente la sua spada. Impugnò l’elsa saldamente con una mano, e la lama si ricoprì improvvisamente di un bagliore rosso acceso. Gli altri nove ninja guardarono con le bocche spalancate il ragazzo compiere con un braccio solo e con rapidità due fendenti verticali ed uno in orizzontale, tagliando un intero blocco di pietra rettangolare che cadde a terra con un tonfo pesante, creando così un’apertura nella gigantesca porta.

La lama della spada tornò del suo colore originario un secondo dopo.

“Muoviamoci.” disse semplicemente il ragazzo, cominciando ad entrare.

Gli altri decisero di lasciare le domande per dopo, limitandosi a seguirlo. Una volta dentro, si ritrovarono in una sala circolare, piena di iscrizioni e graffiti su tutte le pareti. Non potevano certamente sapere cosa ci fosse scritto, ma quei simboli avevano un qualcosa che li inquietava. Alcuni di loro sembravano vagamente rappresentare forme umane, ma non c’era modo di saperlo con certezza. Il centro della sala, invece, era vuoto. Tuttavia, il pavimento presentava una specie di mosaico con blocchi di pietra bianchi e rossi di forma quadrata, alternati tra loro a mo di scacchiera. Il blocco di pietra bianco al centro di essa, inoltre, aveva la forma di una mano scavata in esso.

“Che cos’è questo posto?” chiese Naruto, guardandosi attorno e grattandosi la testa.

“Guardate a terra, sembra esserci una specie di scacchiera!” disse Sasuke esaminando il pavimento. Gli altri si misero a guardare a terra attentamente, perplessi ed insicuri sul da farsi.

“Cosa vorrà dire tutto questo?” si chiese Kushina ad alta voce.

Cosa facevano i Goblin in questo posto? Cosa rappresentava per loro questo luogo? Le domande erano tante, ma non avevano le risposte. Fugaku si avvicinò al blocco di pietra col simbolo della mano, ispezionandolo attentamente.

“Forse se lo tocchiamo accadrà qualcosa…” disse agli altri.

Si scambiarono tutti un’occhiata incerta e tesa.

“Sicuri che sia una buona idea?” chiese Sarada, aggiustandosi gli occhiali nervosamente.

“Non abbiamo altra scelta,” disse Minato. “Dobbiamo rischiare se vogliamo riuscire a trovare qualcosa. Non possiamo starcene fermi per troppo tempo.”

L’esitazione e la tensione erano tangibili nell’aria. Non avevano tempo. Non potevano esitare. Dovevano trovare il tesoro a tutti i costi, altrimenti per il loro mondo sarebbe stata la fine. Dovevano agire.

“Fallo, Fugaku.” disse Mikoto al marito.

L’Uchiha annuì gravemente, poi poggiò la sua mano sopra il blocco di pietra e spinse la mattonella in basso.

Un forte CLICK si udì nella sala.

Improvvisamente, tutti i pezzi di pietra che componevano la scacchiera cominciarono a tremolare, e subito Fugaku e gli altri si allontanarono dal centro della sala. Lentamente, ogni pezzo di pietra a partire dall’estremità a destra del pavimento iniziò ad abbassarsi ritmicamente, finché uno dopo l’altro, ogni singolo pezzo si posizionò in modo da formare una specie di scala a chiocciola che si addentrava sempre di più nel pavimento. Laggiù, proprio in fondo alla scala, s’intravedeva un bagliore luminoso.

“Si continua ancora più in basso a quanto pare.” commentò Sasuke.

Erano riusciti a trovare un passaggio nascosto. Adesso non restava altro che scendere per vedere cosa ci fosse là in fondo. Scambiandosi delle occhiate di conferma, tutti e dieci si mossero verso le scale. Ma non appena Minato cominciò a scendere toccando il primo scalino col piede,

Hinata trattenne improvvisamente il fiato e s’irrigidì con gli occhi spalancati.


Tutti si voltarono verso di lei, tesi nel caso di un pericolo imminente.

“Hinata!” disse Sakura, perplessa. “Che succede?”

La ragazza tremò un poco, gli occhi sgranati e colmi di terrore.

“I-I Goblin!” disse lei con orrore, puntando verso l’uscita con un dito. “Stanno venendo tutti qui!”
 


 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo. Mi scuso del fatto che questi due ultimi capitoli siano stati più brevi del solito e privi di azione, ma è in questo modo che me li ero immaginati quando li avevo scritti, ed in fondo mi piacciono così come sono. Spero possiate apprezzarli anche voi. Ci vediamo presto con la prossima parte! ;)

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Capitolo 10
*** Tana o Trappola? 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!





 

Tana o Trappola? 2


“I-I Goblin!” disse lei con orrore, puntando verso l’uscita con un dito. “Stanno venendo tutti qui!”

Naruto e gli altri sentirono il sangue raggelarsi nelle vene a quelle parole.

“Come sarebbe?” domandò Fugaku teso.

Hinata guardava col Byakugan verso l’uscita dell’edificio. “N-non so cosa sia successo,” cominciò poi a dire nervosamente. “Improvvisamente, tutti i Goblin radunati al centro della città hanno cominciato a correre verso questa direzione. Subito dopo che abbiamo attivato la scala!”

Minato aggrottò le sopracciglia. Non poteva essere una coincidenza. Possibile che quelle creature avessero in qualche modo capito cosa avevano fatto?

“Quanti sono?” chiese Kushina, guardando la ragazza.

“C-centinaia!” rispose quella stringendo i pugni.

“Si mette male.” pensò Sasuke. “Non riusciremmo mai a sconfiggerli tutti senza rischiare di consumare prima tutto il nostro chakra!”

La tensione cresceva ogni secondo di più. Non potevano perdere tempo.

“Quanto tempo abbiamo prima che ci raggiungano?” chiese Boruto, il suo sguardo non sembrava per niente teso o preoccupato.

Hinata fissò l’uscita per diversi secondi, concentrata. “Se procedono con questo passo, circa cinque minuti. Forse anche di meno!”

“Allora dobbiamo muoverci!” disse Minato rivolto a tutti gli altri. “Qualunque cosa si trovi qui sotto ha fatto allertare i Goblin, quindi deve essere importante.”

“Cosa stiamo aspettando allora!” esclamò Naruto, cominciando a scendere le scale. “Diamoci una mossa!”

Si misero a correre scendendo le scale a chiocciola. Appena giunsero al termine, si ritrovarono davanti un lungo corridoio scavato nella roccia. Continuarono a procedere di corsa ma senza smettere di studiare i dintorni nel caso di trappole o pericoli. Dinanzi a loro, poi, comparve una luce bianca in fondo al corridoio. Accelerando il passo, giunsero finalmente all’uscita. Lo spettacolo che si trovarono davanti era mozzafiato.

La sala in cui si ritrovarono era enorme. Circa una trentina di metri di perimetro, il soffitto alto una ventina. Ma la cosa sorprendente che lasciò tutti di stucco era quello che conteneva la sala. Tutta la sua superficie era completamente ricoperta da gioielli di ogni tipo. Diamanti, pepite, rubini e zaffiri e altro ancora rivestivano completamente l’intero pavimento, occultandolo alla vista. Vi erano numerosissimi oggetti di valore come coppe e vasi dorati, spade con impugnature ricche di smeraldi, troni e scrigni di pietra ricolmi di gioielli e oggetti di varia forma, tutti ricoperti di materiali preziosi. Alcuni erano talmente numerosi da formare delle vere e proprie montagne di gioielli alte diversi metri. Una miriade di colori tra il giallo, il rosso ed il verde si estendeva a vista d’occhio, creando uno spettacolo mozzafiato. La quantità di gioielli era incalcolabile. Tutti quei preziosi sarebbero bastati per comprare qualsiasi cosa.

Gli occhi di Sakura brillarono di fronte a quello spettacolo. “NON CI CREDO!” urlò con enfasi ed eccitamento. “Guardate quanti gioielli!”

“Sembra che abbiamo trovato il tesoro.” disse Sarada, raccogliendo un diamante ed esaminandolo.

“Non perdiamo tempo!” li richiamò all’attenzione Minato. “Dobbiamo trovare il manufatto che l’Eremita ha menzionato!”

“Ma questo posto è letteralmente ricoperto da gioielli ed oggetti preziosi!” intervenne Mikoto. “Cosa dovremmo cercare esattamente?”

Non ne avevano idea. L’Eremita non aveva neanche accennato a come o cosa fossero i manufatti, dicendo che li avrebbero riconosciuti appena se li fossero trovati davanti. Ma cercarne uno in mezzo ad un vero e proprio mare di gioielli ed oggetti preziosi era un’impresa simile a cercare un ago in mezzo al fieno.

“Cercate qualunque cosa possa attirare la vostra attenzione!” ribatté l’Hokage guardandosi intorno. “Dobbiamo muoverci prima che ci raggiungano!”

Tutti si misero ad esplorare la sala, camminando in mezzo ai gioielli e guardando con attenzione alla ricerca di qualcosa. Tutti tranne Sakura, che non riusciva a smettere di ridacchiare e sognare con gli occhi dinanzi a tutto quel tesoro, agguantando ogni cosa che le capitava sotto mano.

“Cavolo, non riesco a vedere niente d’interessante in mezzo a tutti questi gioielli!” disse Naruto con tono frustrato. Nonostante la situazione, gli altri ridacchiarono per via del comportamento ignaro e disinteressato del biondo. Stava camminando in mezzo ad un vero e proprio tesoro, e niente quel che lo circondava sembrava essere interessante per lui.

“Smettila di lamentarti tonto, e continua a cercare!” lo incalzò Sasuke irritato, mentre rovistava in uno scrigno.

Naruto brontolò sommessamente, indispettito, ma obbedì. Almeno adesso Sasuke era tornato ad essere più amichevole ed aperto con tutti, e questo lo rendeva molto felice.


Anche se a volte avrebbe davvero voluto togliergli quell’aria di superiorità con un pugno!

Cercarono per diversi minuti, ma senza successo. I Goblin si stavano avvicinando sempre di più. Non avevano che una manciata di minuti prima che li raggiungessero. La fretta e l’agitazione erano alle stelle.

Nel mentre Boruto stava guardando attentamente in mezzo ai gioielli, alla ricerca dell’energia che aveva percepito in precedenza.

“Il posto è sicuramente questo,” pensò osservandosi intorno. “Devo capire che cosa è che ha sprigionato quell’onda di chakra.”

Poi la sentì di nuovo.

Una leggera pulsione di energia pura si sprigionò da dietro le sue spalle. Si voltò di scatto e aprì l’occhio destro. Il suo Jougan scrutava con intensità ogni singolo oggetto che vedeva. Era molto vicino. Lo riusciva a percepire. Se solo non ci fossero stati tutti questi gioielli allora sarebbe stato-

Poi vide qualcosa.

Boruto sorrise mostrando i denti.

Stavolta anche gli altri erano riusciti a percepire quella piccola onda di chakra, ed erano rimasti tutti tesi per la sorpresa e lo spavento.

“Cos’è stato?” urlò Naruto.

“Lo avete sentito anche voi?” chiese Hinata.

“Un’onda di chakra!” esclamò Fugaku, con gli occhi aggrottati. “Da dove proveniva?”

“Da questo.”

Boruto si avvicinò agli altri, tenendo in mano un oggetto. Dall’aspetto sembrava una semplice collana preziosa simile a molte altre in mezzo ai gioielli. Era costituita da piccoli pezzetti d’oro di forma ovale, alternati a diamanti bianchi legati tra loro da un filo di metallo trasparente. Al centro della collana pendeva un grande medaglione dorato, su cui era incastonato un grosso rubino rosso di circa cinque centimetri di spessore ed alto fino a due pollici.

“Una collana?” domandò Sakura, perplessa. Cosa aveva di speciale quella collana? Quel posto era pieno di altri oggetti simili di ogni forma e costituzione. Perché proprio quella?

“Come facciamo a sapere-“ incominciò a dire Minato, ma improvvisamente tutti percepirono di nuovo una debole ma precisa pulsione di chakra essere emessa dall’oggetto nelle mani del ragazzo. Il rubino sembrò pulsare di luce per un secondo, per poi tornare come prima.

“Ha emesso chakra!” esclamò Mikoto.

“Com’è possibile?” si domandò Sasuke. “Nessun oggetto può possedere chakra. A meno che…”

“A meno che qualcuno non ne abbia immagazzinato una certa quantità al suo interno!” concluse per lui Minato, ispezionando l’oggetto prezioso. Questo però non spiegava come mai la collana avesse potuto sprigionare fuori l’onda di energia.

“Sono certo che lo riconoscerete appena lo avrete davanti.” aveva detto l’Eremita. Forse alludeva proprio all’energia che la collana riusciva a sprigionare.

“Il manufatto deve essere questo!” disse il Quarto Hokage rivolgendosi agli altri. Ma prima che qualcun altro riuscisse a parlare, si udì un urlo straziante provenire dal piano superiore alla sala, seguito dal rumore di molti passi fragorosi.

“Oh no!” disse Sarada.

I Goblin erano arrivati.

“Dannazione!” imprecò Naruto stringendo i pugni. “Cosa facciamo?”

“Torniamo indietro!” rispose Minato puntando col dito verso il corridoio.

Boruto indossò la collana attorno al collo, poi si misero tutti a correre tutti verso l’uscita, ma erano stati troppo lenti. Molti Goblin avevano già sceso la scala a chiocciola, e stavano già correndo verso di loro lungo il corridoio da cui erano entrati con spade e lance. Non avevano scelta. Dovevano combattere.

Sasuke si mise davanti all’uscita, le mani che formavano diversi sigilli.


KATON,” disse inspirando a pieni polmoni. “Goukakyuu no jutsu!” (Palla di Fuoco Suprema)

L’intero corridoio fu immediatamente investito da una vampata di fuoco che travolse senza pietà ogni Goblin al suo interno, per poi terminare con una grossa esplosione dall’altra parte di esso. Appena Sasuke dissolse la tecnica, il corridoio era nuovamente libero, salvo diversi corpi carbonizzati.

“Adesso! Muoviamoci!” gridò Fugaku.

I dieci ninja attraversarono il corridoio correndo, e giunsero in pochi secondi ai piedi della scala. Erano circondati da decine e decine di Goblin, tutti armati fino ai denti e con sguardo minaccioso. Alcuni di loro si lanciarono direttamente dalle scale addosso a Naruto e gli altri, pronti a colpirli.

“Presto! Aggrappatevi tutti a me!” ordinò Minato lanciando uno dei suoi kunai verso l’alto, oltre la scala ed i Goblin. Tutti poggiarono una mano su di lui.

Hiraishin no jutsu!” (Tecnica del Teletrasporto)

Un istante dopo si ritrovarono di nuovo nella sala principale dell’edificio, anch’essa ricolma di nemici. Non potevano scappare senza eliminarli.

Naruto formò una sfera compressa di chakra nel palmo della mano, scagliandosi contro un Goblin con rapidità.

Rasengan!” urlò, colpendolo in pieno petto.

Il nemico colpito volò all’indietro con forza, investendo altri suoi simili per poi scaraventarli contro la gigantesca porta di pietra, rompendola con una fragorosa esplosione ed aprendo una via di fuga.

“Usciamo da questo posto!” ordinò Minato.

Schivando e saltando dagli attacchi dei Goblin rimasti, uno dopo l’altro tutti i ninja riuscirono ad uscire dall’edificio, arrivando nel piazzale esterno. Lo spettacolo che li accolse era terrificante. Erano completamente circondati da centinaia e centinaia di Goblin da qualsiasi direzione, tanto che tutte le strade erano letteralmente piene. Avevano davanti a loro un’intera orda di nemici che si estendeva a vista d’occhio per moltissimi metri. Non avrebbero potuto scappare senza riuscire prima a crearsi un varco in mezzo ad essi o usando un diversivo.

“Porca *****!” imprecò Naruto, sconvolto dalla surreale quantità di creature davanti a loro.

“Cosa facciamo?” domandò nervosamente Sakura, afferrando diversi kunai.

“Dobbiamo riuscire ad aprirci un varco!” rispose in fretta Fugaku, lanciando alcuni shuriken in mezzo ai nemici.

“Attaccate tutti con tecniche di distruzione!” urlò il Quarto Hokage. “Se riusciamo ad aprirci un varco tra i Goblin possiamo raggiungere i tetti e scappare dalla città!”

Con un cenno del capo, tutti partirono alla carica.

Minatò lanciò diversi kunai sui nemici, per poi cominciare a teletrasportarsi in mezzo a loro e decimarne parecchi con un Rasengan. Nello stesso istante, Boruto saltò in aria.


RAITON: Kaminari no Ame!” (Pioggia di Fulmini)

Una scarica elettrica scattante e luminosa si sprigionò dal suo corpo in volo con un suono acuto, separandosi in mille direzioni fino a creare una vera e propria pioggia di fulmini azzurri che si abbatté per molti secondi sopra decine e decine di Goblin con una velocità impressionante, bruciandoli vivi. Ma le creature non cedevano. Erano troppo numerose, e per ogni nemico abbattuto altri prendevano rapidamente il suo posto.

Susanoo!”

Con un improvviso urlo mostruoso, attorno a Sasuke si creò un vero e proprio scheletro di dimensioni enormi di colore violaceo, il quale si rivestì immediatamente di carne e tessuti fino a formare una grossa figura umanoide spettrale e spaventosa, che si mise a colpire e schiacciare con le braccia gruppi interi di nemici. Dietro al giovane Uchiha, Naruto calciò un Goblin nel petto, poi si lanciò anche lui in aria, formando una familiare sfera di chakra con la mano.

FUUTON,” disse poi aumentando le sue dimensioni ed infondendola di chakra del vento, “Rasenshuriken!”

Con un movimento del braccio, scagliò l’attacco rotante in mezzo ad un’orda di nemici, e prima ancora che potessero reagire una gigantesca esplosione travolse ed eliminò chiunque nel raggio di dieci metri.

Fugaku passò in rassegna ad una complessa serie di sigilli con le mani, correndo in mezzo ai cadaveri dei Goblin abbattuti e puntando verso l’edificio più vicino.

KATON: Karyu Endan!” (Fiato del Drago)

Dalla sua bocca uscì una gigantesca e ardente fiammata di fuoco che investì per decine di metri davanti a sé chiunque avesse dinanzi, giungendo alla base dell’edificio ed aprendo finalmente un varco tra i nemici.

“Ci siamo!” urlò poi l’Uchiha dissolvendo la tecnica.

“Presto, correte verso l’edificio e salite sul tetto!” ordinò Minato teletrasportandosi subito in quel punto. Tutti si misero subito a correre in quella stessa direzione, evitando i colpi di lance e spade dei Goblin. Dopo pochi secondi, uno dopo l’altro riuscirono a salire sopra il tetto, schivando lance e frecce scagliate contro di loro e riunendosi in gruppo.

“Andiamo via di qui!” disse Kushina.

Si misero a saltare di tetto in tetto, muovendosi verso le mura più vicine. Dal basso, i Goblin urlavano di rabbia e li seguivano correndo per le strade, scagliando continuamente frecce e lance contro di loro e costringendoli a stare sempre all’erta per non essere colpiti. Dopo circa quattro minuti di fuga ininterrotta e disperata, i ninja giunsero alle mura ad est della città.

“Ecco le mura!” disse Hinata ansimando.

“Non perdiamo tempo! Usciamo da questa città!” urlò Sarada.

Si arrampicarono correndo a più non posso lungo il muro, continuando sempre ad evitare le frecce e le lance che continuamente gli arrivavano addosso. Finalmente riuscirono a superarlo con un ultimo balzo.

“Ce l’abbiamo fatta!” urlò di sollievo Naruto, atterrando dall’altro lato con le braccia alzate ed un grosso sorriso.

“Non cantare vittoria!” disse Minato. “Non saremo al sicuro fino a quando resteremo qui sotto!”

“Ma come facciamo ad uscire da qui adesso?” chiese Sarada aggiustandosi gli occhiali.

GWAAAAAHHG!

Improvvisamente, dall’altro lato delle mura si udirono una fragorosa serie di urla di rabbia acute e lancinanti, le quali fecero accapponare la pelle a tutti e dieci i ninja.

“Sembra che i Goblin non abbiano preso bene la nostra fuga…” disse Sasuke, preoccupato.

“Dobbiamo muoverci ad uscire di qui prima che ci raggiungano di nuovo!” disse freneticamente Mikoto.

“Sasuke!” disse Boruto all’improvviso. “Attiva di nuovo il tuo Susanoo e colpisci con una freccia il soffitto!”

Il ragazzo era allibito. Come faceva Boruto a sapere le abilità del suo Susanoo? Non le aveva di certo usate nello scontro di prima. Allora come poteva quel ragazzo conoscerle? Era possibile che le avesse viste nel futuro?

“Non credo che funzionerà!” rispose il giovane Uchiha, ignorando le mille domande che gli ronzavano in testa. “Siamo a centinaia di metri sotto terra. Un attacco del mio Susanoo non basterebbe ad aprire un buco nel terreno fino alla superficie!”

Il biondo col mantello lo fissò, la sua espressione indecifrabile.“Non dirmi che non l’avete notato.” disse poi con una punta di sarcasmo.

Tutti erano rimasti confusi. Di cosa stava parlando? A cosa si riferiva?

“Cosa vuoi dire?” gli chiese Sasuke aggrottando le sopracciglia in confusione.

Boruto alzò la testa ed indicò con un dito verso l’alto. “Non ci troviamo in un buco sottoterra,” spiegò con una voce vacua. “Ma all’interno di un cratere vulcanico.”

“Un cratere vulcanico?” esclamarono mentalmente Naruto, Fugaku e Minato alzando gli occhi.

“Se osservate bene in mezzo ai diamanti,” continuò a spiegare il ragazzo. “Noterete che il vertice del soffitto è a punta circolare. Le pareti attorno al cratere, inoltre, si restringono sempre di più procedendo verso l’altro. Vuol dire che ci troviamo dentro un antico cratere vulcanico. Pensavo l’aveste notato già da un pezzo.”

Non lo avevano notato affatto! Tutti erano rimasti completamente allibiti dalla realizzazione. Non era per niente una deduzione da poco. Eppure Boruto aveva spiegato tutto ciò come se fosse la cosa più banale del mondo. Che razza di capacità d’osservazione aveva quel tipo?

“Il soffitto deve essere stato chiuso dai Goblin,” continuò il biondo. “Probabilmente hanno usato quei diamanti per impedire che il tappo di roccia e terra franasse sotto il suo stesso peso. Ma un attacco del tuo Susanoo dovrebbe bastare a distruggerlo e permetterci di uscire fuori.”

“Aspetta,” s’intromise Naruto. “Anche se fosse vero, come possiamo arrivare noi al soffitto? È decisamente troppo lontano per raggiungerlo o scalarlo!”

“A questo posso rimediare io.” rispose sempre il ninja traditore senza smettere di fissare in alto. “Adesso però facciamo in fretta. I Goblin potrebbero arrivare da un momento all’altro.”

Cosa avesse inteso con quelle parole era un mistero. Decisero di fidarsi lo stesso.

Sasuke attivò immediatamente lo Sharingan Ipnotico, evocando subito dopo il suo Susanoo. La mostruosa creatura umanoide evocò la sua gigantesca balestra dopo neanche un secondo, prendendo con cura la mira verso il vertice del soffitto.

ENTON: Susanoo Kagutsuchi!” esclamò l’Uchiha. (Freccia di Fuoco del Susanoo)

Dopodiché lanciò il colpo con una velocità disarmante. La freccia nera sfrecciò in aria senza un singolo rumore, e colpì con precisione il punto più alto del cratere causando un’esplosione enorme. I diamanti si staccarono uno ad uno dal soffitto, cadendo a terra assieme a detriti rocciosi e blocchi di terreno e colpendo moltissimi edifici della città dei Goblin. Dall’altro lato delle mura si udirono urla di panico e sorpresa per interi minuti. Appena il fumo dell’esplosione si diradò, sopra le loro teste si riuscì incredibilmente ad intravedere il cielo stellato. Erano rimasti sottoterra per tutto il pomeriggio, e adesso era calata la notte.

“Era davvero la bocca di un vulcano!” esclamò con meraviglia Sakura guardando in alto. Gli altri erano troppo stupiti dalla conferma delle parole del Nukenin per rispondere.

“Adesso avvicinatevi a me,” disse ancora Boruto rivolgendo loro uno sguardo privo di emozione. “E state completamente immobili.”

Gli altri inarcarono un sopracciglio, ma si avvicinarono a lui lo stesso. Appena furono abbastanza vicini, il biondo formulò diversi sigilli con le mani.

“Trattenete il respiro e qualunque cosa succeda state calmi e non fatevi prendere dal panico!” disse misteriosamente. Gli altri fecero per ribattere, ma…


FUUTON,” disse subito dopo sbattendo una mano a terra. “Jetto-shin no kuki!” (Getto d'Aria Compressa)

PUSH!

Le loro urla si sentirono per tutto il cratere.

GHYAAAAAAAAAHHHH!!!

Appena il ragazzo finì di pronunciare quelle parole infatti, un fortissimo getto d’aria si era formato improvvisamente ai loro piedi e li aveva scaraventati in alto a velocità impressionante prima che potessero rendersi conto di cosa stava accadendo. Stavano letteralmente volando verso l’alto!

“AAAAAAHHH!” urlò Naruto dallo spavento con le mani in avanti. “MORIREMO! QUESTA È LA FINE! NOOOOOOOOO!”

“COSA STA SUCCEDENDO?” gridò Sasuke con gli occhi sgranati.

“KYAAAHH!” fecero Sakura ed Hinata, abbracciate tra loro e con le lacrime agli occhi.

“OMMIODDIOSOFFRODIVERTIGINIIIII!” urlò Minato in maniera poco virile, coprendosi gli occhi.

“YOHOOO! QUESTA COSA È STUPENDA!” gridò Kushina a pieni polmoni mentre volava come un razzo con le mani in avanti.

“FUGAKU, AIUTO!” urlava freneticamente Mikoto, avvinghiata con forza a suo marito. Talmente tanto da impedirgli di respirare o parlare.

“N-non respiro!”

“BORUTOOOOOO!” urlò Sarada con un misto di spavento e rabbia.

Il ragazzo del futuro guardò in basso tutti gli altri mentre continuava a volare in alto, e fece un sospiro esasperato.

“Io li avevo avvisati di stare calmi…”

Appena sbucarono fuori dal terreno, il getto d’aria sotto di loro terminò, facendoli atterrare sulla sabbia. Boruto toccò il terreno coi piedi e con calma, atterrando elegantemente, mentre tutti gli altri caddero a terra rovinosamente in diverse posizioni. Naruto, come si addice al suo personaggio, atterrò di faccia, restando con la testa nella sabbia.

Il biondo del futuro si passò una mano nei capelli e guardò il cielo stellato, come se non fosse successo nulla.

“Beh… Siamo fuori.”
 


 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Come promesso ecco a voi il capitolo! Spero possa piacervi! Questo caldo mi sta uccidendo comunque, ma non mi impedirà di pubblicare gli altri capitoli. Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno! Passate tutti un buon Ferragosto, divertitevi e buone cose a tutti! Ci vediamo presto con un prossimo capitolo! A prestissimo ;)

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Capitolo 11
*** Tensione e Ricordi ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!




(Quest'immagine NON è fatta da me! Nella mia storia lo Sharingan Ipnotico di Sarada è fatto in questo modo!)



 
 

Tensione e Ricordi


Il fuoco del falò ardeva con costanza e ritmicità, ed era l’unica fonte di luce che illuminava il buio della notte. La legna che scoppiettava era il solo rumore che si sentiva nel piccolo accampamento in mezzo agli alberi. Attorno al fuoco erano sedute Sakura e Hinata, assieme a Naruto, Sasuke ed i loro rispettivi genitori, intenti ad aspettare che la carne che avevano messo ad arrostire sul fuoco finisse di cuocere. Nessuno parlava. La tensione nell’aria era quasi tangibile.

Era passato un giorno intero da quando avevano fatto irruzione nel covo dei Goblin. Un giorno intero era trascorso da quando avevano ottenuto il primo dei manufatti. E ancora non avevano deciso quale sarebbe stata la loro prossima mossa.

Era stata una giornata faticosa quella di oggi. Dopo essere finalmente usciti dalla città dei Goblin ed essere ritornati nel deserto, i dieci ninja avevano subito concordato di allontanarsi il più possibile dalla sabbia, per timore che quelle creature potessero inseguirli ed attaccarli di nuovo. Dopo una nottata di marcia ininterrotta, al mattino erano finalmente riusciti ad uscire dal deserto fino a giungere dinanzi ad una grossa area collinare ad ovest, ricca di prati e piccoli boschetti, che si estendeva per chilometri e chilometri. Il gruppo aveva deciso di fermarsi lì per riposare qualche ora e mangiare. Durante il giorno avevano persino incontrato degli animali simili a cervi, ma privi di corna, riuscendo a cacciarne uno per la carne. Le pillole che gli erano state fornite dall’Eremita delle Sei Vie sarebbero bastate ancora per molto tempo, ma erano prive di sapore, e la tentazione di assaggiare della carne tenera alla fine ebbe il sopravvento. Per un giorno intero erano rimasti nello stesso posto. E ancora non avevano capito cosa fare.

Sarada raggiunse silenziosamente il gruppo attorno al fuoco, portando alcune erbe aromatiche trovate in giro per insaporire la carne. Si sedette sotto ad un albero, poggiando la schiena sul tronco ed affondando la faccia tra le gambe.

Segni di lacrime le solcavano ancora il viso.

Il ricordo della discussione che aveva avuto con Boruto quel pomeriggio era ancora vivido nella sua mente.
 

FLASHBACK

“Dovremmo continuare a muoverci,” disse il ragazzo col mantello osservando la collana nelle sue mani. “La collana ha smesso di emanare chakra da quando abbiamo lasciato il sottosuolo. Se continuiamo a proseguire da qualche parte, potrebbe mostrarci qualcosa.”

Gli altri membri del gruppo erano ancora seduti dopo il pranzo, visibilmente stanchi dopo due giorni di attività intensa.

“Boruto, è da due giorni che siamo in viaggio, e non abbiamo dormito neanche una volta.” disse Minato alzando gli occhi per guardarlo da terra. “Dobbiamo riposare un po’. Stancarci troppo sarebbe inutile e dannoso per tutti.”

Il ragazzo li guardò attentamente, senza alcuna emozione in volto.

“Molto bene,” concesse loro chiudendo l’occhio. “Quanto tempo vi serve?”

“Almeno sette ore di sonno.” disse Fugaku dopo un secondo di riflessione.

Il biondo annuì una volta sola, poi si voltò e s’incamminò nella direzione opposta.

“Boruto!” lo chiamò Sarada. “Anche tu dovresti ri-“

“Io sto bene.” la interruppe lui bruscamente, senza fermarsi. “Farò il turno di guardia.”

La ragazza abbassò la testa, triste per il comportamento freddo e distaccato che il suo amico d’infanzia rivolgeva loro da giorni ormai. Quanto avrebbe voluto poter ritornare indietro e cambiare tutto. Ogni volta che vedeva il suo sguardo privo di interesse, ogni volta che osservava il suo occhio così freddo e senza emozione, il suo cuore si stringeva dolorosamente. Ricordava ancora i giorni della loro infanzia, i giorni in cui i suoi occhi non contenevano altro che allegria e curiosità, insieme al suo sorriso brillante e contagioso che esprimeva sempre confidenza. Con un sospiro, si mise a dormire per un paio d’ore.

Quando si svegliò, gli altri dormivano ancora. Decise di andare a fare qualche passo, per non annoiarsi. Mentre camminava, vide che in cima ad una piccola collinetta a cinquecento metri dal punto dove si erano fermati tutti, seduto su una roccia, stava Boruto. Da solo. Non riuscì a resistere e decise di approcciarsi a lui, dopo così tanto tempo che non si vedevano. Era da circa un anno che i due non si erano visti faccia a faccia. Lo raggiunse dopo un paio di minuti.

Il ragazzo guardava l’orizzonte, dandole le spalle, mentre una leggera brezza gli accarezzava il volto, muovendogli lentamente i capelli.

“Dovresti dormire.” disse lui col suo solito tono prima che lei potesse aprire bocca, senza neanche voltarsi.

“Anche tu dovresti.” rispose la ragazza, guardandolo attentamente.

Per diversi minuti, il biondo non disse nulla. Poi finalmente replicò. “Ti avevo già detto che sto bene. Non c’è bisogno che tu continui a preoccuparti per niente.”

Sarada sorrise lievemente. “Posso sedermi?” chiese, indicando un punto alla sinistra della roccia su cui stava il ragazzo.

Nessuna risposta.

Con un sospiro, la ragazza si sedette affianco a lui. Rimasero così in silenzio per diverso tempo, ascoltando il soffio del vento e guardando il sole del pomeriggio che cominciava ad avvicinarsi lentamente alla terra. La pace era destinata a non durare a lungo però, perché uno dei due non ce la fece più a trattenere ciò che provava dentro.

“Perché?” chiese lei ad un certo punto.

Silenzio.

“Perché non mi dici niente?” domandò ancora con la testa bassa.

Il ragazzo non disse nulla.

Sarada strinse i pugni con forza, girando la testa e guardandolo con un misto di tristezza, timore ed affetto.

“Mi sei mancato molto, Bolt.”

Ancora nulla.

Stava per dire qualcos’altro, quando all’improvviso lui la batté sul tempo.

“Non chiamarmi così.” disse il biondo, senza emozione nella voce e senza voltarsi a guardarla. Sarada sorrise un poco. Almeno aveva risposto.

“Ti chiamavano tutti così quando eravamo piccoli, ricordi?” continuò ancora con un sorriso triste. “Il numero uno della classe, Bolt Uzumaki.”

“Quella persona non esiste più.” disse ancora il ragazzo, guardando l’orizzonte.

“Allora perché io la vedo qui, proprio accanto a me?” chiese lei, un sorriso triste in faccia e gli occhi pieni di dolore.

Boruto la guardò con l’occhio sinistro di sbieco. “Tu vedi solo quello che vuoi vedere, non quello che è. La colpa di ciò è della tua sciocca volontà nel non voler accettare la realtà dei fatti.”

“Questo non è vero! Lo sai anche tu Boruto!” replicò lei con decisione, i suoi occhi improvvisamente pieni di determinazione.

Il ragazzo scosse soltanto la testa, ma non replicò.

“So che non sei un criminale e che sei ancora lo stesso dentro.” continuò lei imperterrita. “E so quanto tu abbia sofferto in passato, ma non chiudere il tuo cuore alla possibilità di essere felice…”

“Di cosa parli?” chiese lui improvvisamente, voltandosi leggermente a guardarla con un sopracciglio incurvato. “Io sono pienamente felice di quello che sono oggi.”

Sarada lo guardò con forza. “Parlo dei tuoi genitori!” disse a denti stretti.

Eccola là. Per un istante. Nel suo occhio. Un’ombra di dolore. Sparì in meno di un secondo, tornando freddo e glaciale come prima.

“Cosa intendi dire?” ripeté ancora, il suo tono più freddo di prima.

“Perché hai chiuso il tuo cuore a loro? Perché non gli concedi una possibilità?”

“Non sono i miei genitori.” rispose il ragazzo con un tono glaciale.

“Non puoi scegliere questa cosa, Boruto!” replicò lei con un tono un po’ più pacato. “So che hanno sbagliato nei tuoi confronti, ma hanno tentato-“

“Non mi interessa.” la interruppe lui tornando a scrutare l’orizzonte. “Non sono la mia famiglia. Quel che provano nei miei confronti ora non potrebbe interessarmi di meno.”

L’espressione di Sarada era colma di incredulità. “Non posso credere a quello che dici…”

Boruto ebbe l’audacia di sorridere maliziosamente, voltandosi di nuovo verso di lei. “Credi che solo perché adesso provino rimorso per le loro azioni allora io possa tornare da loro con le braccia aperte come se nulla fosse? Dopo tutto quello che mi hanno fatto?” chiese lui con sarcasmo. “Credevo avessi capito che non funziona così due anni fa.”

“Ma loro ti vogliono bene!” esclamò lei con forza. “Ti amano talmente tanto che vederti andare via li sta uccidendo! Anche Himawari sta-”

Boruto la guardò per un secondo, il suo sguardo freddo come il ghiaccio. “Allora perché mi hanno abbandonato? Dov’erano quando quel bambino di sette anni viveva nel dolore e nel terrore? Dov’erano quando quel bambino tentò di togliersi la vita con le sue stesse mani? Dov’erano quando quel bambino desiderava amore ed attenzioni, mentre invece riceveva soltanto odio e disprezzo?” le sue parole erano taglienti quanto una lama, e piene di un odio e un dolore talmente grandi che lasciarono Sarada completamente allibita.

Non sapeva cosa rispondere. Non sapeva perché le cose fossero andate in quel modo. Era troppo giovane all’epoca per riuscire a comprendere cosa stesse succedendo. Abbassò lo sguardo a terra. I suoi occhi cominciarono a prudere.

“Adesso ho una nuova famiglia,” continuò Boruto, calmandosi un poco. “E non ho intenzione di abbandonarla. La mia famiglia è l’unica cosa per cui oggi continuo a vivere.”

“Vedo che ancora ci tieni tanto a loro…” disse Sarada con un tono che indicava la prossimità al pianto.

“Furono quei due a salvarmi a quel tempo. A mostrarmi la luce e la bellezza del mondo. A darmi uno scopo per cui lottare. Lei e quell’altro sono il motivo per cui oggi continuo a vivere…” disse lui con tono monotono, tuttavia l’ombra di un sorriso era comparsa sul suo volto.

I ricordi affiorarono come un lampo. Immagini di tre ragazzini che ridevano e scherzavano insieme gli balenarono in mente per un secondo, prima di chiudere l’occhio e focalizzarsi di nuovo sul presente.

“E di me invece?” chiese improvvisamente Sarada, guardandolo con occhi bagnati. “Non t’importa niente di me?” il suo tono era quasi isterico.

Boruto la fissò attentamente. “Non ho nulla contro di te.” disse alla fine senza esitare.

“Allora perché?” urlò lei all’improvviso, mentre le lacrime le scorrevano liberamente dalle guancie ed i suoi occhi erano inconsciamente diventati rossi. “Perché mi fai questo? Perché sei diventato così crudele?”

“Non sono io quello crudele.” rispose il ragazzo senza emozione, tornando a fissare il tramonto. “Se lo fossi stato, avrei continuato a darti la falsa speranza che il tuo vecchio amico fosse ancora sepolto nel mio cuore. La vera crudeltà è questa Sarada: dare false speranze alle persone.”

I suoi occhi si sgranarono all’udire ciò.

“Non voglio mentirti Sarada.” continuò Boruto lentamente. “Non voglio farti vivere con l’illusione che io possa un giorno tornare da te. Che possa abbandonare tutto il passato e perdonare. Non funziona così. Io l’ho scoperto dieci anni fa. Il mondo è un luogo spietato, e bisogna imparare ad accettare la realtà. Anche se la si odia con tutto il cuore.”

Sarada cominciò a tremare. Non poteva accettarlo. Non voleva lasciare il suo migliore amico fuori dalla sua vita. Il vuoto che provava dentro era troppo insopportabile, troppo doloroso. Anche se avrebbe potuto metterci tutta una vita, non si poteva dare per vinta. Si alzò di scatto, facendo voltare lievemente Boruto, e si girò per andarsene. Ma non prima di dire quello che il suo cuore pensava con ardore.

“Io non mi arrenderò mai!” dichiarò con fermezza, i suoi occhi colmi di lacrime si erano inconsciamente mutati nello Sharingan Ipnotico e fissavano con intensità e determinazione quello del biondo. “Anche se dovessi metterci mille anni, non smetterò mai di tentare! Tu sei importante per me! Non ti lascerò vivere nell’ombra! Non voglio vivere senza di te! Un giorno diventerò Hokage, e allora ti riuscirò a riportare nel posto in cui appartieni!”

Il ragazzo fissò con intensità quegli occhi senza rispondere. Se fosse stata una qualsiasi altra situazione, si sarebbe dato un pugno da solo per essersi azzardato a guardare un Uchiha negli occhi. Ma adesso non si lasciò intimorire da quello sguardo, ricambiandolo col suo occhio freddo.

Lo Sharingan Ipnotico della ragazza non era per nulla simile a quello di Sasuke Uchiha, pensò il ragazzo.

Mentre nel caso del padre l’iride presentava 4 ellissi nere e rosse che ruotavano attorno alla pupilla creando una specie di immagine floreale, nel caso di Sarada invece i suoi tre tomoe neri si erano raddoppiati fino a divenire otto in totale, assumendo poi una forma triangolare e creando una serie circolare di puntini neri attorno alla pupilla al centro dell’iride rossa. In sostanza, i suoi occhi sembravano ricordare un sole nero circondato dai propri raggi. Ed effettivamente, pensò Boruto, l’immagine era perfettamente azzeccata e coerente, data la particolare abilità unica di quegli occhi.


Dopo alcuni secondi di silenzio, Sarada interruppe bruscamente quella sfida di sguardi, voltandosi di nuovo ed iniziando a incamminarsi verso gli altri.

Boruto continuò a fissarla per diversi secondi mentre si allontanava. Poi scosse la testa e tornò a guardare il tramonto.

“Che persona sciocca…” mormorò.

A chi di loro due si riferisse, però, non lo sapeva neanche lui.

FINE FLASHBACK
 

Appena tutti gli altri l’avevano vista tornare col volto pieno di lacrime quella sera, Sasuke e gli adulti incominciarono a tempestarla di domande per capire cosa fosse successo. Naruto aveva persino tentato di andare da Boruto con tutte le intenzioni di dargli una lezione e per costringerlo a scusarsi con la ragazza per averla fatta piangere. Sarada dovette insistere per un’ora intera che non era successo niente per evitare che scoppiasse un litigio tra di loro e per convincere tutti a non andare dal suo amico. Per tutto quel tempo però, il ninja traditore non si era mai alzato dalla roccia, restando immobile. E nessuno riusciva a capire cosa stesse facendo.

Appena la carne fu pronta, i nove ninja si misero a mangiare.

“Ehi Sarada,” disse improvvisamente Naruto con incertezza. “Posso farti una domanda?”

La ragazza annuì, incuriosita dalla richiesta.

“Potresti raccontarci qualcosa in più su Boruto?” chiese con un tono pieno di tristezza. La ragazza rimase piuttosto stupita dalla domanda.

“Come mai?” chiese lei a sua volta.

Naruto sospirò. “È solo che…” cominciò a dire poi, guardando il basso. “Vorrei conoscere qualcosa su di lui. Vorrei sapere che tipo è. Dopotutto… non riesco a smettere di pensare a quanto sia diverso da me o da Hinata. E la forza che possiede… Non so come spiegarlo, ma devo sapere! Non ce la faccio a resistere!”

Sarada lo guardò negli occhi e sorrise. Naruto-sama era sempre lo stesso. Era come un libro aperto ogni volta che parlava. Voleva conoscere suo figlio, ed era spaventato ad approcciarsi a lui. Lo si vedeva chiaramente. Dai suoi occhi. Non era capace a non far mostrare le sue emozioni negli occhi. Anche nel futuro, dove era diventato Hokage, non riusciva a trattenere i propri sentimenti dentro.

Lo sguardo di Sarada si soffermò poi su Hinata-sama. La ragazza era seduta di fianco a sua madre su un tronco accanto al fuoco, rigida e tesa. Ma lo vedeva anche in lei. Una scintilla intensa di curiosità brillava nei suoi occhi pallidi. Anche Minato e Kushina la guardavano tesi. Il personaggio di Boruto Uzumaki era un mistero anche per loro, e speravano di riuscire a scoprire qualcosa su di lui.

Non riuscì a dire di no.

“Boruto,” cominciò allora a dire guardando a terra con un sorriso, attirando l’attenzione di tutti su di lei. “Sin da quando era piccolo è sempre stato molto forte e determinato. Ci contendevamo entrambi il posto di studenti più bravi della classe. Alcuni lo definivano un prodigio già a dieci anni.”

I ricordi di quei giorni erano contemporaneamente bellissimi e dolorosi per lei. Se solo fosse rimasto tutto com’era una volta…

“Era diverso da come lo vedete oggi.” continuò dopo un attimo di pausa. “Da piccolo era sempre sorridente, testardo ed iperattivo, e non si dava mai per vinto. Cercava sempre di dare il meglio di sé in ogni cosa, e in molti lo ammiravamo per questo.”

Una lacrima le scese lungo la guancia.

“Crescendo, Boruto divenne sempre più forte e determinato nel corso degli anni. Già a dodici anni, lui era diventato il giovane ninja più famoso di tutto il Villaggio. Ma la forza di Boruto non stava soltanto nelle sue abilità. Lui era forte perché non abbandonava mai le sue persone care. E perché sapeva cosa si provava a soffrire…”

Naruto sgranò gli occhi. La descrizione che Sarada stava facendo di Boruto era quella di una persona che possedeva un grande valore. Un valore che anche lui aveva molto a cuore. Lui stesso non avrebbe mai abbandonato i suoi amici per nessun motivo al mondo. Ma cos’era successo per poter trasformare un ragazzo simile in una persona fredda e distaccata come quella che avevano davanti? Doveva sapere di più!

Anche Hinata era rimasta molto sorpresa. Da come Sarada lo aveva descritto, Boruto sembrava essere una persona molto simile a Naruto. La cosa la rese stranamente felice. Ma cos’era cambiato poi in lui per farlo diventare così diverso? Per riuscire a fargli rinnegare la propria famiglia?

“A rinnegare me…” pensò con dolore.

“Soffrire?” chiese Kushina, sopresa. “Cosa intendi dire?”

Sarada guardò a terra. Cosa poteva fare adesso? Doveva raccontare la verità su Boruto? Sarebbe stato giusto nei suoi confronti rivelare la sua storia a tutti? Non l’avrebbe sicuramente presa bene, e la loro relazione era già in pessime condizioni di per sé. Non voleva peggiorarla ulteriormente.

Alla fine scelse di essere sincera.

“Non posso dirvi tutto perché non sarebbe rispettoso nei suoi confronti,” disse loro seriamente, guardando nella direzione dove stava ancora seduto il ragazzo. “Ma posso dirvi che Boruto, sin da quando era piccolo, ha dovuto superare molte difficoltà e sofferenze da solo. Ha dovuto lottare per andare avanti.”

Quelle parole…

Da solo.

Non poteva essere!

“S-Stai dicendo..” disse improvvisamente Naruto, con gli occhi spalancati e pieni di orrore. “Che Boruto è un orfano?”

Tutti rimasero sconvolti davanti alle sue parole. Orfano? Boruto era un’orfano? Hinata non voleva crederci. Anche gli altri erano sbalorditi. Se i suoi genitori erano Naruto ed Hinata, cos’era successo a loro due? Erano forse…

“No, non è un orfano.” disse Sarada, facendo tirare a molti un sospiro di sollievo. “Boruto ha sofferto per altri motivi. Motivi che anche volendo non posso rivelarvi.”

Gli altri non forzarono la ragazza a parlare più a fondo.

“Ma nonostante questo, lui non si dava mai per vinto!” disse ancora con enfasi la giovane Uchiha. “Continuava ad andare avanti e non smetteva mai di impegnarsi. All’epoca lo ammiravo molto…” disse l’ultima parte con un filo di voce.

Mikoto si avvicinò a lei e le mise una mano sulla spalla. “Lui ti piace, non è vero?” chiese dolcemente con un sorriso.

La ragazza non rispose subito. Poi annuì debolmente.

“Sin da quando andavamo all’Accademia ho sempre avuto una cotta per lui…” ammise con un sorriso. Nonostante la situazione, anche gli altri sorrisero un po’ alla rivelazione. Tutti tranne Sasuke.

“Tra tutti proprio il figlio di quel tonto!” pensò il ragazzo con un sospiro mentale. “Forse il destino è proprio ironico…”

Poi, improvvisamente, il sorriso sul volto della ragazza scomparve. “C’erano due persone,” continuò a spiegare. “Due persone a cui Boruto era molto legato e a cui voleva molto bene. Due persone molto speciali per lui. Quelle due persone gli davano la forza di superare ogni ostacolo e di mettercela tutta, e lui la dava a sua volta a loro. Insieme, loro tre erano davvero felici, e si completavano l’un l’altro. Erano inseparabili.”

Naruto rimase perplesso. “Di chi sta parlando?” si chiese, similmente a tutti gli altri.

“Finché un giorno accadde una tragedia. Un evento che portò Boruto e gli altri due a prendere una decisione che avrebbe cominciato a farlo lentamente diventare la persona che è oggi…”

Cos’era successo? Qual’era questa tragedia di cui parlava? Naruto non poteva restare senza risposte. Non ce l’avrebbe fatta. Doveva assolutamente sapere. Era troppo importante!

“Q-Quale tragedia?” domandò con timore.

Sarada aprì la bocca per rispondere.

“Credevo sapessi che non è carino parlare alle spalle delle persone, Sarada.” fece una voce glaciale alle loro spalle.

Si voltarono tutti di scatto. Boruto era fermo in piedi dietro di loro, e li stava fissando con la sua solita espressione indifferente.


“B-Boruto!” esclamò la ragazza, imbarazzata di essere stata scoperta. “Cosa stavi facendo sempre là seduto? Non ti sei mosso per ore!”

Il ragazzo alzò le spalle. “Stavo dormendo.”

Tutti rimasero stranamente disturbati. Non riuscirono a capire cosa fosse peggio. Il fatto che avesse dormito seduto ed immobile per diverse ore, od il fatto che lo avesse ammesso senza problemi. Il biondo si avvicinò al fuoco senza curarsi dei loro pensieri, e prese un pezzo di carne dal fuoco per mangiarlo. Poi cominciò ad allontanarsi di nuovo verso la collina dove aveva passato praticamente un giorno intero.

“Continuate pure il vostro discorso.” disse voltandosi leggermente e guardandoli per un secondo col suo occhio, per poi procedere senza più fermarsi.

Quella notte, nessuno disse più una parola.
 


 

Note dell'autore!!!

Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto. In questi giorni non sarò a casa per almeno una settimana, quindi non potrò pubblicare altri capitoli purtroppo. Credo di riuscire a tornare operativo dal 27. Vi chiedo scusa in anticipo per l'attesa. Grazie a chi leggerà e commenterà. A presto ;)
 

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Capitolo 12
*** Dolore e Frustrazione ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi dall'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 

Dolore e Frustrazione


La mattina dopo, tutti i dieci ninja si svegliarono all’alba. Il cielo aveva appena cominciato a mostrare i primi raggi di sole, la brezza mattutina era fresca e piacevole. Dopo aver preso un paio di pillole a testa per colazione, Naruto e gli altri si misero a discutere su cosa fare.

“Quale sarà la prossima mossa?” domandò Fugaku, guardando con serietà tutti i presenti.

Il silenzio fu la sua risposta. Gli altri nove guardavano a terra, gli occhi chiusi nel tentativo di riflettere sul da farsi.

“Tentiamo di ragionare un attimo,” disse allora Minato, portando una mano sotto il mento. “Abbiamo recuperato il primo manufatto. L’Eremita aveva accennato che ci avrebbe guidato verso gli altri due.”

Tutti si girarono a guardare Boruto. Il ragazzo portava ancora al collo la collana preziosa sottratta dal Tesoro dei Goblin. La prese in mano, ispezionandola col suo occhio calcolatore.

“La collana non sembra avere nulla di particolare.” disse il biondo con un tono vacuo. “Non ha più emesso nessuna onda di chakra. È come se avesse perso tutta l’energia al suo interno da quando abbiamo lasciato il covo dei Goblin.”

“Neanche con il Jougan sono riuscito a vedere nulla…” pensò ancora tra sé.

Gli altri rifletterono sull’informazione. Erano praticamente tornati al punto di partenza, senza sapere nulla su cosa fare.

“Forse,” azzardò Sasuke guardando l’oggetto prezioso. “Non era questo il manufatto di cui parlava l’Eremita.”

“Cosa?” esclamò Naruto con gli occhi sgranati. “Stai dicendo che abbiamo fatto irruzione nel covo di quelle creature e rischiato la pelle per niente?”

“Non credo sia esatto.” intervenne Sarada. “La collana ha senza ombra di dubbio emesso del chakra quando l’abbiamo trovata. L’abbiamo visto tutti. Dubito che non sia realmente il manufatto.”

“Anche se fosse,” disse allora Kushina con un tono pieno di frustrazione. “Allora perché non è più successo niente da allora? Sono passati due giorni interi!”

Un’idea balenò nella mente di Minato.

“Forse,” disse agli altri il Quarto Hokage. “Se uno di noi provasse ad infondere il proprio chakra nella collana potrebbe accadere qualcosa!”

Gli altri rifletterono un attimo. In effetti l’idea era possibile. Nessun oggetto materiale poteva possedere energia al suo interno senza che qualcuno l’avesse infusa in esso. Forse, se avessero fatto lo stesso, sarebbe accaduto qualcosa. Valeva la pena tentare.

“Ci ho già provato.” li interruppe dai loro pensieri Boruto. “È da ieri che provo ad infondere il mio chakra dentro la collana. Ma per qualche motivo, qualcosa continua a respingerlo, impedendogli di entrare dentro di essa.”

“Un oggetto in grado di respingere l’energia?” domandò Mikoto, confusa. “Com’è possibile una cosa del genere?”

Il ragazzo col mantello lanciò la collana a Minato con una mano, il quale l’afferrò con facilità. “Prova tu stesso.” gli disse semplicemente.

Minato allora provò a raccogliere una piccola quantità di chakra nella mano, tentando poi di passarla e farla scorrere all’interno dell’oggetto prezioso. Appena provò ad infondere l’energia raccolta dentro di essa, però, sentì un blocco improvviso proveniente dalla collana colpire l’energia che aveva raccolto, e tutto il chakra nella sua mano di dissolse nell’aria come fumo. Sgranò gli occhi, allibito. Mai prima d’ora aveva visto una cosa del genere. Neanche un sigillo ninja riusciva a respingere del chakra esterno con una tale rapidità e forza. Cosa diavolo aveva quella collana?

“Qualcosa blocca il chakra prima che possa entrare dentro la collana.” confermò l’Hokage, accigliato.

Fugaku tirò un sospiro di frustrazione all’udire quelle parole. “Allora cosa possiamo fare?” chiese di nuovo. “Se questo manufatto non ci mostra niente, dove dovremmo andare senza nessun tipo di informazione o indizio sulla posizione degli altri due?”

Non sapevano cosa fare. La collana non stava fornendo loro nessun indizio sulla loro prossima destinazione. Eppure l’Eremita aveva chiaramente detto che il primo manufatto li avrebbe condotti verso gli altri. Aveva forse mentito? Oppure non era quello l’oggetto che dovevano cercare? La situazione era un mistero.

“Non saltiamo a conclusioni affrettate.” disse Sasuke, incrociando le braccia. “Dobbiamo analizzare la situazione con calma per riuscire a scoprire se stiamo dimenticando o saltando un passaggio.”

“Allora cosa-“ cominciò a dire Sakura, ma fu interrotta dalle improvvise parole del ninja traditore.

“Se la collana non ci permette di infondere chakra al suo interno,” disse il ragazzo guardandoli col suo occhio indifferente e distaccato. “Possiamo invece provare ad assorbirlo da essa.”

Tutti spalancarono gli occhi. Non ci avevano pensato. La collana possedeva indubbiamente dell’energia al suo interno. Assorbirla era sicuramente possibile. Ma come? Senza contare che…

“L’idea è possibile,” disse Fugaku guardandolo con sguardo serio. “Ma è anche molto rischiosa.”

“Rischiosa?” chiese Hinata, confusa.

“Assorbire chakra da un oggetto,” spiegò Minato, rivolgendosi a lei. “È una cosa che non andrebbe mai fatta senza sapere con precisione la natura dell’energia al suo interno. Se infatti l’energia che è stata accumulata dentro l’oggetto in questione è un tipo di chakra dannoso o corrosivo, i rischi sono enormi. Una volta assorbito, il corpo non può più espellere fuori il chakra dell’oggetto, ma lo sintetizza e lo modifica per farlo diventare proprio. È un processo naturale che non può essere fermato senza l’aiuto di ninja medici molto abili e precisi.”

Naruto si rivolse verso Sakura. “Sakura-chan, tu sei un ninja medico! Saresti capace di fare una cosa simile?”

La ragazza scosse la testa. “Né io né Tsunade-sama siamo capaci di farlo.” disse lei lentamente. “Riuscire a manipolare il chakra nei corpi di altre persone è una tecnica piena di rischi e misteri. Solitamente, in casi come questi, vengono creati dei sigilli che vengono poi posti sui corpi delle persone e che sono in grado di impedire ad un chakra esterno al corpo di danneggiarlo da dentro. Ma non ho mai imparato come riuscire a crearne uno prima d’ora.”

Gli altri ascoltarono la spiegazione in silenzio. Assorbire l’energia dalla collana era possibile, ma era anche un rischio enorme per tutti loro. Se l’energia al suo interno fosse stata dannosa, avrebbero potuto rischiare la vita.

“Cosa possiamo fare allora?” si domandò ansiosamente Naruto.

“È davvero una buona idea?” si chiese Hinata.

“Non possiamo restarcene con le mani in mano!” pensò Sasuke, stringendo i pugni. “Se nessuno vuole farlo, lo farò io!”

“Lo farò io!” disse però Boruto improvvisamente, anticipandolo col suo tono calmo. “Tenterò di assorbire il chakra dalla collana per vedere cosa succede.”

“NO!” urlò improvvisamente Sarada con decisione, scioccando tutti i presenti. Il biondo e la ragazza si guardarono per diversi secondi, due occhi carichi di tensione e spavento contro un occhio indifferente e privo di alcuna emozione.

“È troppo pericoloso Boruto!” disse lei con determinazione. “Non te lo lascerò fare! Potresti morire!”

La ragazza non poteva permettere una cosa del genere. Aveva promesso che avrebbe riportato al Villaggio il suo amico, e niente e nessuno l’avrebbe ostacolata. Non poteva rischiare di perderlo ancora. Non poteva. Il solo pensiero di vederlo morire le faceva sentire un dolore fitto al cuore. Non sarebbe riuscita a continuare a vivere senza di lui. Era troppo importante.

“Non morirò, Sarada.” disse lui con un tono freddo e guardandola con indifferenza. “Non sono debole come potresti pensare. Ci vuole ben’altro che una collana per riuscire ad eliminarmi.”

Gli altri non poterono fare a meno di provare fastidio all’udire ciò. Sarada aveva solo cercato di proteggerlo, di non fargli rischiare la vita perché ci teneva a lui, ma Boruto sembrava essere completamente indifferente davanti alla sua dimostrazione d’affetto. Si comportava in maniera troppo esagerata. Come se lei non significasse nulla ai suoi occhi.

Naruto sentì una fitta di collera crescere nel suo corpo.


“Sarada sta solo cercando di proteggerti!” gli urlò allora addosso con rabbia. “Perché la tratti in questo modo? Non ti importa nulla di ciò che sta provando?”

Boruto lo guardò con un misto di indifferenza e divertimento. “Non ho mai detto questo. Le sto semplicemente ricordando che sono io che decido cosa fare della mia vita, non lei.”

Naruto divenne ancora più furioso ad udire le sue parole fredde e distaccate.

“E non ti importa cosa provano i tuoi compagni? Non ti importa del fatto che possano soffrire a causa delle tue azioni? Riesci a pensare soltanto a te stesso?” domandò il giovane con lo sguardo minaccioso e facendo un passo avanti.

Boruto lo fissò con un’espressione indecifrabile. Poi, dopo alcuni secondi di silenzio, cominciò ad avanzare verso di lui lentamente, arrivando faccia a faccia davanti a Naruto.

“Non hai alcun diritto di dirmi una cosa del genere, Naruto Uzumaki.” ribatté con tono freddo e glaciale il ninja traditore, fissandolo negli occhi. “Non sai niente di me, ma come al solito salti sempre a conclusioni affrettate sulla gente, credendo di stare dalla parte del giusto.” Fece ancora un passo avanti, arrivando a pochi centimetri dalla faccia dell’altro biondo. Tutti erano immobilizzati dallo stupore.

“L’unico motivo per cui non ti ho ancora ucciso,” riprese a dire senza emozione. “È perché il demone dentro la tua pancia potrebbe esserci utile contro il drago. Ma mettiamo in chiaro questa cosa: se continuerai ad insultarmi…”

Con un movimento impercettibile, Boruto sguainò la spada, portandola al di sotto del collo di Naruto prima che potesse battere ciglio.

“…allora una volta che tutto questo sarà finito, ti ucciderò con le mie stesse mani!” terminò, fissandolo negli occhi.

Naruto era rimasto sconvolto. I suoi occhi erano spalancati a dismisura ed il corpo rigido e teso. Non riusciva a credere a quello che stava succedendo. Boruto lo stava minacciando. Quel ninja traditore proveniente dal futuro lo stava seriamente minacciando di morte. Suo figlio lo stava minacciando! Com’era possibile? Non voleva che accadesse tutto ciò! Non voleva farlo arrabbiare così! Voleva solo fargli capire che il suo atteggiamento nei confronti di Sarada era stato ingiusto. La rabbia cominciò lentamente a dissolversi, rimpiazzata dal continuo dolore che provava ogni volta che guardava Boruto. E adesso aveva visto qualcosa, nel volto del ragazzo. Ne era sicuro. Mentre lo stava minacciando, il suo occhio freddo e glaciale era mutato per un istante, mostrando per un secondo l’ombra di qualcosa che Naruto conosceva bene.

Dolore.

Lo aveva visto chiaramente. Un grande e smisurato dolore era rimasto riflesso nell’occhio azzurro del ragazzo. Una sofferenza che non aveva mai smesso di tormentarlo. Un dolore che non era mai stato risanato. Una ferita aperta. Una cicatrice eterna. Un urlo disperato.

Naruto sentì un nodo formarsi alla gola. Lui e Boruto erano uguali. Come due lati opposti della stessa medaglia. Il primo un prode ed orgoglioso Shinobi della Foglia. Il secondo un freddo e spietato ninja traditore. Entrambi costantemente perseguitati dall’incubo del dolore. In quello sguardo ricolmo di rabbia e disprezzo, in quello sguardo pieno di un odio capace di distruggere il mondo intero per due volte di fila e poi ancora una volta, c’era anche dolore. Naruto non sapeva cosa fare. Senza neanche sapere perché, gli tornarono in mente le parole che aveva pronunciato molto tempo fa Nagato, durante il loro scontro.

“Tu ed io conosciamo bene quel dolore. Tu agisci per la tua giustizia, e io per la mia. Siamo entrambi semplici umani, che cercano vendetta nel nome della giustizia. Però, se celiamo la vendetta nella giustizia, quella giustizia crescerà, portando altra vendetta, ed è così che la catena dell'odio ha inizio. Vivendo questi eventi, e conoscendo il passato, possiamo guardare al futuro. Questo è quello che fa la storia. E da essa impariamo che gli esseri umani sono incapaci di capirsi a vicenda! Il mondo degli Shinobi è governato dall'odio."

Soltanto ora cominciò a comprendere le parole del suo ex nemico.

Boruto era come Pain. Anzi, Boruto era Pain. Un uomo che ha sofferto troppo. Un uomo che ha vissuto troppo dolore ingiustamente. Un uomo che era caduto nel baratro della crudeltà e della disperazione. Un uomo che cercava di farsi giustizia secondo i suoi ideali. Un uomo morto dentro, incapace di chiedere aiuto agli altri.

Non poteva accettarlo. Doveva salvarlo da tutto quell’odio. Sentiva questa responsabilità addosso.

Dopotutto, era suo padre.


“Boruto…”

Durante il loro scambio di battute tutti gli altri erano rimasti tesi ed immobili, troppo spaventati per riuscire a muovere un muscolo ed intervenire. Quel ragazzo era troppo forte, troppo spaventoso. Nessuno osava andare contro di lui.

Nessuno tranne Kushina.

“Smettetela, tutti e due!” urlò improvvisamente la donna, mentre i suoi capelli ondulavano minacciosamente dietro la testa. “Vi comportate come due bambini! Il nostro mondo è in pericolo, non possiamo metterci a litigare tra di noi adesso!”

Il ragazzo col mantello si voltò leggermente a guardarla, per niente intimorito.

“Non dirmi cosa devo fare, Uzumaki.” rispose lui con disinteresse. “Mi ha insultato, ed io ho risposto. Insegnagli a tenere a freno la lingua se ci tieni alla sua vita.”

Kushina fece per rispondere a tono, ma accadde qualcosa di inaspettato. Boruto si girò di nuovo a guardare l’altro biondo, ed il suo occhio sinistro si aprì leggermente dallo stupore.

Naruto si era chinato con la schiena davanti a lui, nel gesto di chi chiede perdono.

“Perdonami!”

Gli altri erano rimasti letteralmente a bocca aperta. Naruto si stava scusando con Boruto davanti a tutti loro! Lui che mai prima d’ora aveva chiesto scusa a nessuno in quel modo, nonostante potesse spesso agire d’impulso e con aggressività. Naruto aveva chiesto al Nukenin di perdonarlo per le sue azioni, nonostante quello che Boruto gli aveva detto e fatto!

“Hai ragione,” continuò a dire il ragazzo rivolto a terra. “Ho esagerato! Come al solito, non ho pensato a quello che stavo per fare ed ho agito d’impulso! Ti chiedo scusa, Boruto!”

Il ragazzo del futuro rimase immobile per quella che parve un’eternità. Per diversi secondi lo fissò intensamente, la sua espressione indecifrabile.

Poi sospirò, e chiuse gli occhi.


“Scuse accettate.” disse alla fine senza calore nella voce, voltandosi dall’altra parte. “Ma non farlo mai più se ci tieni alla pelle.

Naruto sorrise, sollevando poi lo sguardo.

“Non è ancora tutto perduto…” pensò con sollievo.

“Adesso basta chiacchiere,” riprese a dire il ragazzo del futuro improvvisamente, rivolgendosi a tutti. “Quarto Hokage, dammi la collana. Proverò ad assorbire il chakra che contiene per vedere cosa succede.”

Minato esitò un secondo, insicuro sul da farsi.

“Boruto,” cominciò a dire, preoccupato. “È pericoloso. Potresti-“

“Non mi accadrà niente.” assicurò il biondo con un tono di finalità. “Sono capace di difendermi da un po’ di chakra estraneo nel mio corpo. Non perdiamo altro tempo.”

L’Hokage lo fissò negli occhi per alcuni istanti, prima di passargli finalmente la collana. Boruto la prese e la osservò di nuovo per un secondo. Non c’erano dubbi. Il rubino incastonato nel medaglione era la parte che conteneva l’energia. Lo riusciva a percepire con chiarezza.

Non esitò neanche per un istante.

Si sedette a terra, ed evocando un kunai nella mano destra colpì con forza il centro del rubino, scalfendolo e facendo fuoriuscire un’onda azzurra di chakra che lo investì in pieno petto prima che potesse muoversi. L’effetto fu immediato. Il suo corpo s’irrigidì all’istante e strinse i pugni con forza e tensione, gli occhi e la bocca serrati nel caso dovesse accadere qualcosa di doloroso, la testa rivolta in basso. Tutti gli altri si radunarono attorno a lui, osservandolo attentamente e con preoccupazione.

Quello che provò non era dolore. Una miriade di sensazioni diverse ed estranee a lui lo investirono di colpo. Suoni, immagini, emozioni e ricordi gli balenarono davanti agli occhi con la velocità di un fulmine. Una serie complessa di immagini e luoghi diversi si fece largo nella sua mente, e all’improvviso un’immagine in particolare gli si soffermò nella testa. L’immagine di una montagna innevata alta migliaia e migliaia di metri. Ai piedi di essa, una specie di castello. Una voce parve sussurrargli in testa.

Monte Meru.
Fortezza di Alkatraz.
Nord.


Per diversi secondi nessuno si mosse. Naruto, Sasuke e gli altri osservavano intenti la figura immobile del ragazzo del futuro senza sapere cosa stesse succedendo. Poi, senza preavviso, il biondo alzò la testa.

“Boruto? Tutto bene?” chiese Sarada, guardandolo con incertezza.

Il ragazzo aprì l’occhio sinistro e si rialzò. Voltandosi senza guardarli, si mise a fissare l’orizzonte. Verso Nord.

“So dove dobbiamo andare.”
 


 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti! Sono tornato e non vedevo l'ora di ricominciare! Ecco a voi il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto. Grazie mille in anticipo a chi leggerà e soprattutto a chi commenterà! Ci vediamo presto ;)

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Capitolo 13
*** Decisione e Silenzi 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!




 

Decisione e Silenzi 1


Due giorni.

Due lunghissimi ed estenuanti giorni di viaggio erano passati per i dieci ninja. Durante questo interminabile lasso di tempo, per tutti i giorni avevano continuato ad attraversare, ed ancora adesso stavano attraversando, una lunghissima serie di catene collinari molto estese che ancora non accennavano a diminuire. Le colline erano disseminate da sporadici boschetti e fiumi, ma per il resto il paesaggio era decisamente monotono. Un’enorme ed infinita distesa di colline verdi. La direzione in cui puntavano i dieci era il Nord.

Nessuno sapeva con certezza dove fossero diretti. Boruto non aveva detto a nessuno cosa avesse visto nel momento in cui aveva ricevuto il chakra della collana, limitandosi a dire che dovevano raggiungere una gigantesca montagna a Nord. Ma, dopo ancora due giorni di viaggio, di montagne non se ne vedevano neanche all’orizzonte. Solo altre colline e distese di prati verdi.

L’unico vantaggio era l’enorme quantità di fauna e d’acqua presenti in questa zona. Non avrebbero dovuto preoccuparsi delle provviste per molto tempo con questo ritmo. Eldia sembrava essere davvero un mondo abitabile per l’uomo. Da quando erano giunti in quella strana dimensione, diverse volte i dieci Shinobi si erano domandati se ci fossero altri esseri umani in questo mondo, oltre che a creature bizzarre e strane come i Goblin. Finora non avevano visto né città o villaggi umani, né altre forme di vita che potessero vagamente ricordare l’uomo. Né tantomeno l’Eremita aveva detto nulla al riguardo.

Naruto e gli altri continuavano ad avanzare, pieni di domande e curiosità su tutto ciò che guardavano, ma incapaci di ottenere risposte. Ma nella testa del biondo jinchuuriki, una sola e costante domanda continuava ad avere la meglio.

Chi è Boruto Uzumaki?

Per tutta la durata di quei giorni, Naruto non aveva potuto fare a meno di osservare il ragazzo del futuro con un occhio diverso. Le parole che aveva detto Sarada quella notte avevano davvero incrementato il suo bisogno di conoscere la storia del suo futuro figlio. Non poteva farne a meno. Boruto, secondo la versione con cui la sua compagna del futuro lo aveva descritto, aveva vissuto un’infanzia molto simile alla sua. Era un ragazzo deciso e determinato che non si arrendeva mai per nessun motivo, e che conosceva il significato della sofferenza. Una sofferenza che anche Naruto conosceva bene. Una sofferenza che lo aveva lasciato sconvolto quando aveva intravisto la sua ombra nell’occhio azzurro del ragazzo.

Naruto era più che mai intenzionato a provare a parlare con lui dopo quell’evento. Non poteva fare a meno che pensare alle loro similitudini, e a come entrambi fossero, alla fine, diventati uno l’opposto dell’altro. Doveva capire cosa fosse successo.

Negli ultimi giorni, però, non aveva avuto occasione di riuscire a trovare un buon momento per parlare con Boruto. Il ninja traditore era sempre distaccato e freddo con tutti, e non si fermava a parlare con nessuno di loro neanche durante i pasti o le pause, preferendo allontanarsi e restare da solo per ore e ore. Sasuke e i suoi genitori non avevano ancora intenzione di approcciarsi direttamente a lui. Erano troppo spaventati. Il potere che Boruto possedeva li intimoriva non poco, e preferivano di certo continuare ad osservarlo a distanza. Anche Minato e Kushina, per quanto fossero interessati e curiosi su di lui, non avevano ancora fatto nessun tentativo di approccio, decidendo invece di passare più tempo con Naruto.

L’unica persona che continuava sempre a parlare con il misterioso ragazzo era Sarada.

Quella ragazza non perdeva mai occasione per tentare di coinvolgere o persino includere Boruto durante i loro momenti insieme. Lo richiamava spesso per chiedergli di mangiare assieme a tutti gli altri, lo seguiva quando lui se ne stava in disparte, chiedeva sempre le sue opinioni in merito alle loro decisioni. Sarada era l’unica che tentava di instaurare un dialogo con lui. Ma, ogni singola volta, il ragazzo la allontanava da sé. Non usava mai parole di disprezzo o fastidio contro di lei, ma riusciva sempre ad evitare qualunque cosa lei gli proponesse con un’unica micidiale arma.


Indifferenza.

L’unica e costante emozione presente sulla sua faccia e nel suo tono di voce era l’indifferenza. Un freddo e glaciale disinteresse per qualunque cosa lei dicesse. Un gigantesco muro impenetrabile da qualsiasi parola che lei potesse usare.

Ma Sarada non si dava mai per vinta. Il suo tono ed il suo atteggiamento la ferivano visibilmente, eppure non si scoraggiava mai, né smetteva di ritentare ad approcciarsi a lui. Naruto comprendeva bene i sentimenti della ragazza. La situazione tra lei e Boruto era molto simile a quella in cui fino a pochi giorni prima si trovavano lui stesso e Sasuke. Naruto non si sarebbe mai arreso nel tentativo di riportare il suo amico indietro, ed era certo che anche Sarada provasse la sua stessa determinazione.

Per questo aveva perso una decisione. L’unico modo per riuscire a capire qualcosa in più sul biondo col mantello era approcciarsi a lei. Solo in questo modo avrebbe potuto scoprire un po’ della storia che circondava il misterioso ragazzo. Sarada era l’unica che potesse rivelargli la verità su Boruto. Ma prima di ricorrere a ciò, Naruto doveva fare un tentativo. Doveva trovare il coraggio di approcciarsi a Boruto direttamente. Doveva cercare di scoprire se non ci fosse un altro modo di riuscire a fare breccia nel suo muro d’indifferenza.

Quella stessa notte, decise il biondo, padre e figlio avrebbero fatto una chiacchierata.

Si erano fermati in mezzo ad un ampio prato verde vicino ad un fiume. Là avevano acceso un falò per riscaldarsi dal freddo della notte. A mano a mano che avanzavano verso Nord, infatti, la temperatura continuava a calare sensibilmente, nonostante ancora ci fosse il sole durante il giorno. L’aria diventava sempre più gelida, e la notte il freddo si faceva sentire ancora di più.

Seduti attorno al fuoco erano Naruto e tutti gli altri, eccetto Boruto, i quali stavano discorrendo sul da farsi.

“Se solo avessimo un’idea di dove stiamo andando,” disse Sasuke durante un’accesa discussione, con un tono parecchio irritato. “Allora non mi lamenterei della situazione attuale!”

“Gia!” concordò Mikoto. “Boruto non ci ha detto praticamente nulla su dove siamo diretti!”

Gli altri non sapevano cosa dire. Era vero che stavano marciando verso l’ignoto, ed avevano bisogno di almeno un minimo di informazioni su dove fossero diretti.

“Forse non ne ha idea neanche lui.” disse di nuovo Sasuke.

Tutti si irrigidirono appena registrarono il significato della frase.

“Stai forse dicendo,” cominciò a dire Minato con un tono serio. “Che Boruto abbia potuto mentire riguardo alla nostra destinazione, Sasuke?”

Il ragazzo corvino lo guardò con un’espressione indecifrabile. “Sto semplicemente dicendo che non dovremmo permettergli di continuare a fare ciò che vuole senza sapere a cosa stiamo andando incontro.”

“Sono d’accordo!” disse anche Fugaku incrociando le braccia. “Quel ragazzo sarà anche forte, ma non possiamo continuare a seguire ogni cosa che dice senza dubitare delle sue parole. Sono due giorni che ci sta portando verso Nord, ma non ci ha detto nient’altro. Mi perdonerete se non riesco a fidarmi di lui!”

Kushina tirò un sospiro stressato. “In effetti,” ammise anche lei, grattandosi un braccio. “Il suo atteggiamento non aiuta certo a farci comprendere la situazione.”

“Non possiamo permettere a quel moccioso di tenerci allo scuro delle informazioni!” disse poi Fugaku con foga. “Per quel che ne sappiamo, potrebbe benissimo star tentando di ingannarci! Potrebbe star conducendo tutti noi verso una direzione completamente diversa da quella che vorrebbe l’Eremita!”

“NO!”

Tutti si voltarono improvvisamente all’udire quelle parole. Sarada si era alzata in piedi di scatto, i pugni serrati e lo sguardo pieno di collera.

“Non è vero!” disse la ragazza con decisione ed enfasi, guardando tutti i presenti. “Boruto non ci ingannerebbe mai! Lui non è malvagio, e non farebbe mai qualcosa di simile!”

Gli Uchiha continuarono a fissarla negli occhi per diversi secondi senza parlare. La determinazione nello sguardo della giovane era evidente, ma non erano sicuri di potersi fidare delle sue parole.

“Sarada,” disse dopo un po’ Sasuke. “Non ho idea di cosa ti spinga a fidarti così tanto di quel tipo, ma devi ammettere anche tu che non ci sta aiutando a capire dove siamo diretti col suo atteggiamento.”

“Nessuno vuole accusare gli altri senza un valido motivo,” s’intromise anche Sakura, più pacatamente. “Ma Boruto non può continuare a comportarsi così. Non possiamo fidarci completamente come fai tu Sarada.”

Gli occhi di Sarada si ridussero a due fessure. “Ammetto che il suo atteggiamento non aiuta a facilitare le cose,” riprese la ragazza, senza vacillare per un secondo. “Ma Boruto non è affatto una persona cattiva. Se ci sta conducendo verso Nord, allora vuol dire che deve esserci qualcosa d’importante in questa direzione!”

“Come facciamo ad averne la certezza?” domandò Fugaku, guardandola con severità. “Quel ragazzo è un Nukenin! È un criminale! Io non mi fiderei neanche di una parola che esce dalla sua bocca!”

“Ehi, adesso non esage-“ fece Minato, ma le parole gli morirono in gola quando, con un movimento improvviso, la giovane Uchiha lanciò un kunai verso la testa di Fugaku, mancandolo di striscio e tagliandogli una ciocca di capelli. Tutti erano rimasti sconvolti da una simile azione.

Gli occhi della ragazza erano diventati rossi, il suo sguardo feroce e freddo.

“Non importa chi tu sia,” disse Sarada con un tono privo di emozione. “Non azzardarti più a dire una cosa del genere. Boruto non è un criminale. Boruto non è una cattiva persona. Il prossimo che osa dire il contrario se la vedrà con me!”

I tre Uchiha erano rimasti completamente sconvolti dall’inaspettata mossa della ragazza. Fugaku in particolare la guardò con un misto di stupore ed incredulità. Sasuke e Mikoto non dissero niente, troppo allibiti dal suo atteggiamento per riuscire a proferire parola.

“Sarada, cosa diavolo ti è saltato in mente?” chiese ancora Fugaku con gli occhi sgranati. “Avresti potuto ferirmi!”

“Quello era solo un avvertimento!” ripose lei senza cambiare tono di voce. “Al prossimo insulto su Boruto, non sarò così clemente! La mia mira è quasi infallibile, e non manco mai il bersaglio.”

La tensione nell’aria cresceva di secondo in secondo. Sarada aveva quasi attaccato suo nonno pur di difendere una persona che trattava tutti con superficialità senza un apparente motivo. Per fortuna, prima che la situazione potesse degenerare, Hinata fece una domanda che in molti si stavano chiedendo.

“Perché difendi in questo modo Boruto, Sarada-san?” chiese la Hyuuga lentamente. “Perché ci tieni così tanto a lui?”

La giovane Uchiha la fissò, ma non rispose.

“È solo perché ti piace? O è perché eravate amici in passato?” continuò ancora lei.

Diversi secondi carichi di tensione passarono in silenzio. Sarada non sapeva cosa rispondere. Cosa doveva fare? Dire loro la verità? Spiegare loro che Boruto non era un vero criminale? Non le avrebbero mai creduto senza conoscere i dettagli. Ma non poteva rivelare loro la sua storia, non sarebbe stato corretto. Doveva scegliere una via di mezzo per spiegarsi.

“Sasuke Uchiha.” disse lei all’improvviso, confondendo tutti i presenti, soprattutto la persona citata. “Anche Sasuke Uchiha è un Nukenin della Foglia. Eppure, nonostante tutto ciò che ha fatto in passato, non mi sembra che dubitiate delle sue parole.”

“È diverso!” esclamò Sakura, guardandola con determinazione e forza. “Sasuke-kun è stato corrotto da suo fratello e da altri che erano interessati al suo potere! Adesso si è pentito, e non è più un criminale!”

“Neanche Boruto è un criminale.” ripeté la ragazza, stavolta con più calma. “Voi non sapete nulla su di lui, ma io lo conosco più di quanto crediate e non ho dubbi al riguardo. Lui non ci ingannerebbe mai in questo modo, non è il tipo in grado di essere crudele contro altre persone.”

“Ma perché lo difendi così? Cosa rappresenta lui per te?” chiese ancora Sakura, guardando la sua futura figlia negli occhi.

“Lo difendo così tanto,” spiegò lei con impassibilità. “Perché se io avessi vissuto quello che ha vissuto Boruto, probabilmente oggi sarei diventata esattamente come lui.”

“Che cosa?”

Gli altri rimasero colpiti dalle sue parole. Cosa diavolo poteva aver vissuto Boruto Uzumaki di tanto terribile da cambiarlo così tanto? Non riuscivano a capire. Doveva essere qualcosa di veramente sconvolgente, ma non potevano restare senza risposte.

“Puoi spiegarti meglio?” chiese Naruto alzandosi in piedi. La sua sete di sapere qualcosa sul figlio cominciava di nuovo a farsi sentire.

Sarada guardò il biondo per alcuni secondi, poi abbassò la testa e fece un lungo sospiro. Alla fine, decise di dare loro una piccola spiegazione per riuscire a farli smettere di guardare Boruto con così tanto sospetto.

“Boruto,” cominciò allora la ragazza. “Ha sofferto parecchio quando era piccolo. Ve l’avevo già detto. Ha sofferto per colpa di alcune persone che avrebbero dovuto proteggerlo e sostenerlo, ma che invece lo trattarono con disprezzo e freddezza.”

Gli altri ascoltavano attentamente ogni singola parola.

“Boruto non è affatto un criminale. Non è una persona crudele e spietata. È una vittima! Se fossi stata nei suoi panni, oggi avrei fatto esattamente quello che ha fatto lui senza neanche dubitare per un secondo.”

“Chi?” domandò ancora Naruto con foga. “Chi è stato a trattare Boruto così duramente da farlo diventare così com’è oggi?”

Sarada lo guardò per alcuni secondi, la sua espressione indecifrabile. “Non posso rispondere a questa domanda.” disse lentamente, senza distogliere lo sguardo da lui.

“Per favore!” la supplicò il biondo facendo un passo verso di lei, disperato. “Ho bisogno di sapere! Non ce la faccio più! Ti prego, dimmi qualcosa!”

Sasuke e gli altri rimasero completamente di stucco all’udire il tono pieno di disperazione di Naruto. Mai prima d’ora avevano visto il biondo essere così frustrato per qualcosa o qualcuno. Quanto doveva significare per lui conoscere la storia di Boruto? Era davvero così importante?

La ragazza abbassò lo sguardo, incapace di sostenere la vista di quegli occhi che la supplicavano di parlare con così tanto ardore. Di rivelare un passato fatto di dolore e rimpianto. Non poteva farlo. Né per Boruto, né per Naruto.

Dopotutto, se adesso avesse rivelato la verità, Sarada non riusciva ad immaginare come avrebbe potuto reagire il biondo davanti a lei.

“Mi dispiace,” disse sommessamente. “Ma se vuoi saperlo davvero, allora dovrai chiederlo direttamente a lui. Io non posso farlo. Non sarebbe giusto nei suoi confronti.”

Naruto abbassò lo sguardo, stringendo i pugni e i denti. Era talmente disperato che avrebbe voluto costringere la ragazza a parlare. Ma, in fondo al cuore, sapeva che aveva ragione. Lei non aveva il diritto di rivelare il passato di qualcun altro. Non poteva farlo. Restava un’unica soluzione.

Doveva chiederlo direttamente a lui.

Per la prima volta da quando era giunto in questo mondo, senza neanche esitare, il biondo si voltò indietro e cominciò a camminare verso il punto in cui si trovava suo figlio.

“Naruto! Dove stai andando?” gli chiese Kushina, alzandosi in piedi.

“Non seguitemi!” disse con determinazione il biondo senza voltarsi a guardarli, facendola fermare di botto. “Questa è una cosa che devo fare da solo! Per favore, lasciatemi andare!”

Il silenzio fu la sua unica risposta. Dopo alcuni secondi, Naruto riprese a camminare verso il luogo dove se ne stava in disparte Boruto. Nessuno tentò di fermarlo. Nessuno mosse un muscolo. Adesso era finalmente giunto il momento. In fondo al cuore, tutti sapevano che Naruto stava facendo la cosa giusta. Se voleva davvero sapere la verità, non potevano fermarlo. Non sapevano come sarebbe andata a finire, ma questo era un momento decisivo per entrambi i ragazzi.

Il momento in cui padre e figlio si sarebbero confrontati l’un l’altro.

Il ragazzo camminò per diversi minuti in mezzo all’enorme prato verde che lo circondava, guardando in ogni direzione per tentare di scoprire dove si fosse cacciato Boruto. Il buio della notte era molto intenso, schiarito soltanto da una pallida luce proveniente da una luna più piccola rispetto a quella del suo mondo e dalla miriade di stelle presenti nel cielo. Una debole illuminazione nel buio più totale.

Mentre continuava a camminare, improvvisamente lo vide.

Boruto era in piedi, proprio sulla vetta di una piccola collina a qualche centinaio di metri di distanza. Aveva la testa alzata in alto, lo sguardo intento ad osservare il cielo notturno, ed una leggera brezza fredda gli faceva ondulare il mantello ed i capelli. Naruto sentì un’improvvisa fitta d’incertezza e timore farsi largo nel suo cuore, ma la soppresse subito. Non poteva tirarsi indietro. Aveva preso la sua decisione, e niente e nessuno gli avrebbe impedito di parlare con il ragazzo. Si diresse a passo spedito verso il punto dove si trovava il biondo. Appena arrivò in cima, si fermò a qualche metro dietro di lui.

Era giunto il momento. Non avrebbe esitato. Doveva sapere.

“Ti sei perso?” fece la voce monotona di Boruto, senza neanche voltarsi a guardarlo.
 


 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il capitolo! Fatemi sapere cosa ne pensate! Ringrazio in anticipo chi leggerà e soprattutto chi lascerà un commento! Ci vediamo presto con il nuovo capitolo! ;)
 

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Capitolo 14
*** Decisione e Silenzi 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all'opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 

Decisione e Silenzi 2


“Ti sei perso?” fece la voce monotona di Boruto, senza neanche voltarsi a guardarlo.

Naruto strinse i pugni, teso e rigido. Il solo udire la sua voce aveva improvvisamente distrutto tutto il coraggio che aveva accumulato dentro precedentemente, lasciandolo incapace di proferire parola.

Il ragazzo di fronte a lui continuava ad osservare con la testa in alto il cielo stellato, assorto a scrutare le varie sfaccettature delle stelle ed incurante di tutto il resto. Eppure, la sua figura metteva in allerta ogni singola fibra del corpo di Naruto. Era come se il suo stesso corpo provasse una naturale tensione nello stare accanto a lui. La sensazione era simile a quella che si provava nel trovarsi di fronte ad un animale pericoloso. Una costante percezione di un grosso pericolo lo turbava ogni volta che si avvicinava al ragazzo del futuro.

Nessuno dei due parlò per alcuni secondi. Boruto continuava a guardare il cielo dandogli le spalle, mentre Naruto era troppo insicuro e teso per riuscire a parlare.

“È strano, non trovi?” chiese improvvisamente il giovane ninja traditore con una voce priva d’emozione. “Questo mondo è fin troppo simile al nostro. Acqua, erba, alberi ed animali… c’è persino una luna nel cielo, proprio come sulla Terra. Troppe coincidenze, non credi?”

Naruto si ridestò di scatto all’udire le sue parole. Cosa diavolo stava facendo? Non poteva farsi vincere dal timore e dall’insicurezza. Doveva dire qualcosa. Qualunque cosa! Aprì la bocca per parlare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. Per qualche strano motivo, non era capace di dire niente.

“Ti sei perso?” domandò ancora il Nukenin, voltandosi leggermente verso di lui. “No, non è così. Hai scelto tu stesso di venire qui. Hai volutamente deciso di approcciarti a me, non è vero?”

Naruto si fece piccolo piccolo dinanzi al suo sguardo freddo ed impassibile. Non riusciva ancora a proferire parola, il suo corpo era troppo rigido e teso. Con un grande sforzo di volontà, riuscì ad annuire una volta con la testa in risposta.

Boruto tornò a guardare il cielo. “Cosa vuoi?” chiese.

“Dannazione, che sto facendo?” imprecò tra sé Naruto. “Non posso stare zitto come un bambino spaventato! Devo reagire!”

“S-Sono venuto qui per parlarti.” riuscì a dire alla fine il biondo, non senza difficoltà.

Il ragazzo del futuro non si voltò. “Parlarmi?” ripeté, curioso.

“Voglio sapere.” continuò Naruto con più forza, preso da un’improvvisa ondata di sicurezza e dalla sua forza di volontà. “Voglio sapere qualcosa su di te. Voglio parlare con te. Voglio conoscerti.”

Boruto non disse nulla per diversi secondi, continuando a fissare le stelle.

“Per quale motivo vorresti conoscermi?” chiese alla fine.

Naruto strinse i pugni. “Non ce la faccio più! Non riesco a smettere di pensare a te, non importa quanto ci provi! Non posso fare a meno di desiderare di conoscere la tua storia, di conoscere chi sei e cosa hai vissuto…”

“E cosa ti fa credere di avere il diritto di poter conoscere la mia storia?” lo incalzò l’altro biondo, senza emozione nella voce e senza voltarsi.

Naruto non poteva più esitare. Non sarebbe più stato in grado di vivere con se stesso senza avere delle risposte. Ogni volta che guardava il suo futuro figlio, il dolore che provava era troppo grande da ignorare. Adesso doveva dire quello che provava.

“Ho sentito una parte della tua storia da Sarada,” rispose allora lentamente. “Ho saputo che hai sofferto molto quando eri ancora un bambino. Ho saputo che hai dovuto lottare per andare avanti.”

Boruto rimase in silenzio.

“Ogni volta che ci penso,” continuò Naruto guardando in basso. “Non posso fare a meno di notare quanto io e te fossimo simili. Non posso fare a meno di ricordare quanto fu difficile per me superare tutto il dolore che provavo. Non posso evitare di domandarmi come siamo finiti ad essere due persone così diverse. Io stesso ho sperimentato molto dolore in passato, e sentire che anche tu hai sofferto in questo modo come me… ecco… mi rende triste. Molto triste...”

Nessuna risposta.

“Per questo voglio conoscerti! Non ce la faccio Boruto! Ho bisogno di sapere! Non so come spiegarlo ma… ogni volta che ti guardo, provo qualcosa dentro… qualcosa che mi impedisce di accettare di restare senza risposte. Per questo sono venuto da te. Voglio conoscerti! Voglio sapere qualcosa su mio figlio!”

Boruto si voltò lentamente verso di lui all’udire ciò, fissandolo intensamente col suo occhio. Quello sguardo gli fece venire i brividi. Il suo occhio azzurro ed impassibile sembrava scrutare direttamente nella sua anima, osservandolo da capo a piedi senza emozione.

“Credo che tu abbia dimenticato le mie parole.” disse allora il ninja traditore con un tono distaccato. “Non ho intenzione di rivelare il mio passato a nessuno.”

“So che può essere difficile per te,” riprese allora Naruto con foga. “Ma non lasciare tutto quel che provi dentro! Io non ce la faccio, ho bisogno di sapere Boruto! Ti prego, dimmi qualcosa…”

Il ragazzo del futuro lo continuò a fissare in silenzio. Poi, lentamente, si voltò completamente verso di lui.

“Non mi interessa cosa tu provi, questo non ti dà il diritto di conoscere la mia vita. Non sono obbligato a dirti nulla.”

Lo sguardo supplicante di Naruto divenne pieno di rabbia. “Invece un diritto ce l’ho! Sono tuo padre, e come tale sono legittimato a voler sapere qualcosa su mio figlio!”

L’espressione di Boruto divenne istantaneamente fredda e glaciale. “Tu non sei mio padre.” disse con determinazione, il suo occhio ridotto ad una fessura.

“Dimmi perché!” continuò Naruto, facendo un passo verso di lui e ricambiando il suo sguardo con forza. “Dimmi perché hai rinnegato la tua famiglia! Dimmi perché odi me ed Hinata così tanto!”

“Non hai alcun diritto di chiedermi questo.”

“Sono tuo PADRE!” urlò il biondo, furioso. “Ho tutto il diritto di chiedertelo!”

Boruto fece anche lui un passo in avanti, arrivando faccia a faccia con l’altro ragazzo. “Vedo che come sempre non rifletti prima d’agire.” disse poi con un tono freddo e pieno d’odio. “Tu non sei mio padre, sei solo uno stupido ragazzino di diciassette anni che non riesce ad imparare a non ficcare il naso nelle faccende altrui!”

Naruto sgranò gli occhi, allibito.

“Sei solo un ragazzo,” continuò a dire il Nukenin, guardandolo con disgusto e astio. “Non sei tu la persona che mi ha dato alla luce! Non sei tu la persona che mi ha cresciuto! E non sei certamente tu la persona che ha il diritto di venire qui a farmi domande del genere, pretendendo persino risposte!”

Naruto era completamente sconvolto. Come aveva fatto a non capirlo? Boruto aveva ragione. Lui non era suo padre. Non lo era mai stato. Forse un giorno lo sarebbe diventato, ma adesso non era nessuno d’importante per lui. Era solo un estraneo, un estraneo che voleva a tutti i costi conoscere un’altra persona simile a lui. Tuttavia non si diede per vinto.

“Hai perfettamente ragione,” riprese allora il giovane ninja. “Io non sono tuo padre. Ma questo non giustifica perché io debba provare tutto questo dolore ogni volta che ti guardo. Non giustifica il tuo atteggiamento freddo ed insensibile nei miei confronti. Né questo mi può impedire di tentare di avere un dialogo con te, Boruto. Io voglio conoscerti lo stesso!”

Il ragazzo del futuro ghignò maliziosamente. “Ma questo non cambia le cose. Tu ed il resto della tua allegra compagnia laggiù siete solo degli estranei per me. Siete delle persone con cui non sono obbligato a parlare, né tantomeno a rivelare cose su di me.”

“Perché ti comporti in questo modo?” gridò allora Naruto, furioso per via del suo atteggiamento. “Perché non provi allora a parlare con noi? Perché vuoi soltanto restartene da solo senza curarti dei tuoi compagni?”

“Non sono obbligato a stare con degli estranei.” ribatté l’altro senza battere ciglio. “L’Eremita ci ha forzati a stare insieme, ma che io decida o meno di rivolgervi la parola non sono affari che vi riguardano. Né m’interessa quello che pensiate di me.”

“E di Sarada allora?” sbottò rabbiosamente Naruto. “Non t’importa niente di lei? Non vedi forse come soffre ogni volta che tenta di parlare con te senza successo? Perché respingi anche lei se non è un’estranea a te?”

L’espressione di Boruto cambiò per un secondo all’udire quella domanda. Nel suo occhio comparve un’emozione indistinta e confusa.

“Non è affar tuo.” riprese poi a dire di nuovo, ritornando ad essere freddo e distaccato. “Sarada sa bene chi io sono, ma se non riesce ad accettare la realtà dei fatti su di me, allora non è un mio problema.”

“Come puoi essere così insensibile?” domandò il ninja, allibito dal suo atteggiamento totalmente incurante nei confronti di Sarada. “Come puoi vivere con te stesso quando stai causando un così grande dolore ad una persona che ti vuole bene? Ti comporti come un mostro!”

Con uno scatto fulmineo, Boruto gli comparve davanti e gli diede un pugno in faccia, colpendolo sulla guancia sinistra. Il giovane cadde a terra un secondo dopo, toccandosi la faccia con una mano, ma prima che potesse reagire o anche solo aprire bocca, sentì la punta gelida di una katana poggiarsi sul suo naso. Boruto era dinanzi a lui, in piedi e con la spada puntata sulla sua testa, la sua espressione contorta e furiosa.

“Credi che io sia un mostro?” chiese con un tono di voce basso e tagliente, guardandolo col suo occhio freddo e glaciale. “Allora ti farò vedere com’è realmente un mostro. Avevo detto che al prossimo insulto ti avrei ucciso alla fine di tutta questa storia, ma forse eliminarti adesso mi darà più soddisfazione!”

Gli occhi di Naruto si sgranarono. Non poteva essere. Non era vero. Non stava realmente succedendo. Rifiutava di credere a quelle parole. Boruto lo stava minacciando di nuovo. Stava minacciando di ucciderlo seriamente. Uccidere proprio colui che un giorno sarebbe stato suo padre. Tutto questo non aveva senso. Perché le cose tra loro due erano finite in quel modo? Cosa diavolo era successo nel futuro per spingere Boruto ad odiarlo così tanto? La lama della katana si avvicinò al suo collo con rapidità, prendendo la mira con cura, e poi si allontanò di colpo per acquistare la forza e lo slancio necessari per recidergli la testa. Non era presente nessuna esitazione nel volto del ninja traditore.

Boruto voleva davvero ucciderlo.

“Perché?”

Lacrime calde gli colarono improvvisamente sulle guancie.

“PERCHÉ?” urlò Naruto disperatamente, gli occhi chiusi e la faccia piena di dolore e sconforto. “Perché mi odi così tanto? Perché non vuoi dirmi cosa ti è successo? Perché vedo così tanto odio e dolore nel tuo sguardo? Che cosa diavolo ho fatto nel futuro per permettere che mio figlio abbia uno sguardo simile? COSA? DIMMELO!”

Boruto si fermò improvvisamente all’udire quelle parole colme di disperazione, il suo sguardo fisso sul volto del ragazzo ai suoi piedi. Naruto stava piangendo, la sua faccia piena di lacrime esprimeva solo frustrazione e confusione, ed i suoi occhi erano pieni di quella sensazione che lui stesso conosceva bene.

Dolore.

Il ninja traditore esitò per un istante appena vide quel suo stesso dolore riflesso negli occhi di Naruto. Per un solo secondo, provò un’emozione che non aveva più provato da anni nei confronti di suo padre. Un’emozione che ormai riservava soltanto ai membri della sua famiglia.

Pietà.

Vedendo quel volto colmo di disperazione ed affranto dal dolore, Boruto capì che anche se adesso avesse ucciso quel ragazzo davanti a lui, alla fine non sarebbe cambiato nulla. Il suo dolore non sarebbe scomparso, il suo passato non sarebbe cambiato, il suo cuore non sarebbe tornato quello di prima.

I suoi pensieri balenarono per alcuni istanti sulla sua famiglia. Su quelle due persone che gli avevano mostrato cosa fossero l’amore e l’affetto. Sui suoi amici. Su tutte le persone che lo avevano sostenuto nel corso della sua vita. Su tutte quelle persone che ancora oggi gli davano la forza di lottare ed andare avanti pur di proteggerle. Fu in quel momento che si ricordò della sua promessa. Fu in quel momento che gli vennero di nuovo in mente le parole che pronunciò molti anni prima dinanzi a lei.
 

“Non importa quante difficoltà dovrò superare, non importa quanto dolore dovrò affrontare, io ti proteggerò sempre! Non lascerò che niente e nessuno ti possa ferire. Né a te, né a Sora! Voi siete la mia famiglia, e non permetterò a nessuno di farvi del male! Te lo prometto!”
 

Allora realizzò una cosa. Uccidere Naruto avrebbe potuto compromettere la loro missione, e di conseguenza avrebbe potuto causare la loro sconfitta contro il drago. E se Vrangr avesse vinto la battaglia, il loro mondo sarebbe stato distrutto.

E con esso la sua famiglia e i suoi amici.

Boruto chiuse l’occhio e rinfoderò la sua spada con un sospiro. Naruto lo guardò perplesso, mentre le lacrime continuavano ad uscire dai suoi occhi. Il ninja traditore lo fissò di sbieco senza emozione.

“L’unico motivo per cui non sei morto è perché sei necessario per riuscire a vincere contro il drago.” disse poi con freddezza. “Comunque, visto che ci tieni così tanto a sapere quello che hai fatto nel futuro, allora ti dirò una cosa…”

Naruto sgranò gli occhi.

“Mio padre è il vero mostro.” disse allora Boruto con un tono pieno d’odio e disprezzo, guardandolo con disinteresse. “È un verme. Un parassita. Un bastardo. Una persona spregevole che è riuscita a diventare grande soltanto grazie alla Volpe a Nove code sigillata dentro di lui. Ma senza di essa, è soltanto un insetto. Una persona capace di ignorare e far finire il proprio figlio nella disperazione e nel baratro della morte. Questa persona è ciò che diventerai. Questa persona è ciò che aspiri ad essere. Questa persona è Naruto Uzumaki, il Settimo Hokage!”

Detto questo, Boruto si voltò e scomparve dopo un secondo con uno Shunshin no jutsu. (Tecnica del Movimento Corporeo Istantaneo)

Naruto rimase a terra, immobile. Gli occhi pieni di lacrime e la bocca spalancata. Il silenzio della notte era come un accusatore ed una conferma di ciò che aveva appena udito. La sua mente finì di registrare quelle parole soltanto dopo alcuni secondi, e un senso di nausea gli cominciò a nascere nello stomaco.

Un verme. Un parassita. Un bastardo. Una persona spregevole. Un insetto. Un uomo capace di ignorare e far finire il proprio figlio nella disperazione. Nel baratro della morte.

Il Settimo Hokage.

“È questo quello che diventerò?”

Quella notte, il mondo per Naruto divenne di nuovo un posto freddo e malvagio come non lo era mai più stato sin da quando aveva dodici anni.
 

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Capitolo 15
*** Decisione e Silenzi 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

Decisione e Silenzi 3


Sconforto, dolore, rammarico e depressione.

Da tre interi giorni di viaggio, queste erano le principali emozioni che tormentavano costantemente l’animo affranto di Naruto Uzumaki. Da quando aveva avuto quella discussione con Boruto tre giorni prima, le cose tra lui ed il ninja traditore erano peggiorate ulteriormente. Non perché quest’ultimo avesse fatto qualcosa, dato che se ne stava zitto ed in disparte come sempre, ma per via del tumulto interiore che il giovane Uzumaki provava ogni volta che lo guardava. Il dolore non si era placato affatto, ma anzi era addirittura raddoppiato! Le parole che Boruto aveva usato continuavano a tormentarlo ogni giorno, senza tregua.

Mostro. Verme. Parassita.

Naruto non sapeva cosa fare. Non sapeva cosa pensare. Era completamente perso. Era davvero diventato una persona talmente orribile nel futuro? Era davvero caduto così in basso? Talmente tanto da farsi odiare persino dal suo stesso figlio? La depressione continuava ad accarezzargli le mente di continuo dopo quella notte.

Naruto aveva cominciato a comportarsi in modo parecchio strano, e anche gli altri se n’erano accorti. Non parlava più quanto prima, mangiava molto meno, e durante le loro discussioni restava in silenzio e non esprimeva nessun parere riguardo ad ogni minima cosa come aveva sempre fatto fin’ora. La cosa era preoccupante.

Minato e Kushina soprattutto erano preoccupatissimi. Non sapevano davvero cosa fare. Dopo quella discussione con Boruto, loro figlio era tornato all’accampamento visibilmente depresso e con le lacrime agli occhi, ma nonostante tutti i loro tentativi di chiedergli di spiegare cosa fosse successo, Naruto non aveva detto nulla al riguardo, limitandosi a dire che stava bene e che aveva bisogno di tempo per riflettere. Neanche Boruto aveva detto niente quando Sarada e Sasuke lo avevano interrogato. Il giovane del futuro, infatti, aveva detto semplicemente che Naruto era andato da lui per parlargli, ma alla fine lo aveva insultato di nuovo e lui, senza pensarci due volte, gli aveva risposto con la sua spada puntata sul naso. Inoltre, aveva affermato che avrebbero raggiunto i piedi della montagna in cui erano diretti in tre giorni. Dire che la situazione era complicata, dunque, era molto riduttivo.

Dopo tre lunghi ed estenuanti giorni di viaggio, i dieci ninja avevano finalmente raggiunto la fine di quell’enorme distesa collinare verde, giungendo in una valle rocciosa al cui orizzonte si vedeva una grande montagna. Essa doveva essere alta almeno quattromila metri, e la sua vetta rocciosa era bianca e coperta da neve e ghiaccio. Ma il loro obiettivo era molto più in basso, proprio ai piedi della montagna.

In mezzo ad alcune formazioni rocciose molto ripide e scoscese infatti, si ergeva tra le rocce un grande castello. A vederlo a distanza sembrava essere composto da diverse strutture raggruppate all’interno di alte mura grigie. La struttura più grande era una torre che si ergeva proprio al centro del castello, al cui vertice sventolava una bandiera rosso sangue.

“Eccola là,” disse Boruto fermandosi in prossimità della montagna. “La fortezza di Alkatraz, costruita proprio sulla base del monte Meru.”

Gli altri nove lo guardavano come se avesse due teste.

“Cosa?” chiese Mikoto, allibita. “Conoscevi il nome della montagna e del castello?”

Boruto la guardò di sbieco. “Mi sono stati rivelati quando ho assorbito il chakra dalla collana.” rispose semplicemente, toccando il manufatto appeso al suo collo.

“E perché non lo hai detto prima?” domandò Fugaku, visibilmente arrabbiato di essere stato lasciato allo scuro di questa cosa.

“Non ce n’era alcun bisogno, Uchiha.” rispose il giovane senza perdere un colpo. “Come vedete voi stessi, non ho mentito sulla nostra destinazione, né ho agito a caso guidandovi senza meta precisa per tutto questo tempo.”

“Avresti almeno potuto dirlo prima!” ribatté secco Sasuke. “Avresti evitato parecchi dubbi e sospetti sul tuo conto se lo avessi fatto.”

Boruto lo guardò per qualche secondo, impassibile come sempre. “Non ho alcun interesse a mostrare a voi la mia lealtà alla causa, né m’importa cosa possiate pensare di me. Se deciderete di non fidarvi, fate pure. Questo non cambia il fatto che io agirò per completare la missione con o senza di voi.”

La rabbia e l’irritazione che i suoi compagni stavano provando era evidente, ma il giovane non se ne curò affatto. Prima che potesse scoppiare una lite, fu Hinata a riportare l’attenzione di tutti sul da farsi.

“Adesso cosa facciamo?” chiese la ragazza a tutti.

“Dovremmo raggiungere la fortezza.” tentò di ragionare Minato. “Il secondo manufatto potrebbe trovarsi al suo interno.”

“Allora dobbiamo procedere verso la montagna.” constatò Sakura. “E forse troveremo un passaggio che ci condurrà al castello.”

I dieci ninja continuarono a procedere verso i piedi del monte Meru. Arrivarono in prossimità di esso verso la sera, e decisero di accamparsi all’interno di una piccola caverna formatasi nella roccia per passare la notte e per ripararsi dal freddo. Come al solito, Boruto decise di restare fuori a fare la guardia nonostante le insistenze di Sarada. Per tutta la durata della cena, Naruto era rimasto in silenzio.

“Naruto, tesoro,” disse allora Kushina accarezzandogli la spalla. “Cosa c’è? È da troppo tempo che resti in silenzio, e non mangi più come prima. Non puoi continuare così. Vuoi dirci cosa è successo?”

“Sto bene mamma.” disse debolmente il ragazzo, senza alzare lo sguardo da terra. “Ho solo bisogno di riflettere su alcune cose…”

“Piantala di dire menzogne Naruto!” disse Sasuke nel tentativo di risollevargli il morale. “Se hai qualche problema puoi parlarcene, non tenerti tutto dentro!”

“Sasuke ha ragione, Naruto.” continuò Sakura. “Siamo i tuoi compagni, e dobbiamo aiutarci a vicenda.”

Naruto non rispose. Il problema non era il fatto che non voleva dire loro cosa lo turbasse, ma era che non sapeva nemmeno lui stesso cosa lo facesse sentire in quel modo. Le parole di Boruto erano state così aperte, così sprezzanti e piene di rabbia che era rimasto allibito. E, anche se sapeva che non erano rivolte a lui, lo avevano lasciato sconvolto.

“Naruto,” disse ancora Minato. “Per favore, dicci cosa è successo. Non possiamo continuare a vederti in questo stato.”

Il ragazzo strinse i pugni ed abbassò ancora lo sguardo.

“È stato Boruto, vero?” chiese improvvisamente Hinata con un tono sommesso.

Tutti si voltarono a guardare la ragazza, e anche Naruto alzò gli occhi, stupito dal fatto di sentire finalmente la Hyuuga parlare per la prima volta di Boruto.

“Ti ha rivelato qualcosa su di te, Naruto-kun?” continuò la ragazza guardandolo con un sorriso triste e gli occhi pieni d’incertezza. “Intendo, sul te del futuro…”

Il giovane non disse nulla, ma dopo alcuni secondi annuì debolmente.

“Cosa ti ha detto?” chiese Sasuke.

Naruto non rispose. Non poteva rispondere. Cosa avrebbe potuto dire? Che nel futuro sarebbe diventato Hokage , ma che contemporaneamente sarebbe diventato anche un mostro capace di far soffrire suo figlio per un qualche misterioso motivo? Non poteva farlo. Non riusciva a trovare il coraggio.

“Probabilmente qualcosa di brutto, vero Naruto-kun?” chiese ancora Hinata, fissando a terra.

Il giovane rimase sconvolto. “C-Come hai fatto a capirlo?” chiese, guardandola con gli occhi spalancati.

La ragazza sorrise, ma i suoi occhi erano pieni di dolore e tristezza.

“Da quando ho visto Boruto, mi sono sempre chiesta una cosa,” spiegò lei sommessamente. “Cosa potevo aver fatto per permettere a mio figlio di diventare così? Che razza di madre sono diventata nel futuro? Cosa ha vissuto Boruto di tanto orribile per farlo divenire quello che è oggi?”

Tutti ascoltavano le sue parole con attenzione stupore. Mai prima d’ora Hinata si era aperta così tanto con nessuno di loro.

“Alla fine,” disse ancora la ragazza. “Ho realizzato che forse, se non fosse stato per il fatto che era un orfano, allora probabilmente la colpa di quello che Boruto ha vissuto è mia. In fondo, anche se non ancora, sono sua madre, ed un genitore non dovrebbe mai permettere al figlio di soffrire così tanto. Forse non sarò mai in grado di essere una brava madre.” le sue ultime parole erano piene di dolore e rammarico.

“Hinata,” disse Kushina con dolcezza. “Questo non è vero. Lo vedo nei tuoi occhi.”

La ragazza la guardò, confusa.

“Una persona buona e gentile come te sarà sicuramente un’ottima mamma. Non dubitare mai di questo.”

“Kushina ha ragione.” disse anche Minato. “Naruto, Hinata, non so cosa possa essere successo nel futuro, né posso sapere cosa diventerete un giorno. Ma come genitore e come Hokage posso dirvi questo: qualunque cosa potrebbe essere, sarete voi a deciderla! Soltanto voi! Naruto, se quello che Boruto ti ha detto quella sera è davvero terribile per te, questo non ti impedisce di migliorarti già da adesso così da non permetterti di diventare qualcuno che odi. Solo tu puoi decidere quello che sarai domani, ma per farlo, devi cominciare ora. Tu hai scelto di diventare Hokage, ed un Hokage deve tentare di migliorarsi ogni giorno per mantenere il Villaggio nelle migliori condizioni possibili.”

Naruto sgranò gli occhi.

Come aveva fatto a non capirlo prima? Suo padre aveva ragione. Restare fermi a deprimesi non avrebbe cambiato nulla. Se voleva evitare di diventare come quella persona descritta da Boruto, allora doveva impegnarsi il doppio per riuscire ad essere una persona migliore. Per riuscire a diventare non un mostro, ma un padre. Non poteva darsi per vinto. Lui non si sarebbe mai arreso.

“Non diventerò come quello che ha detto Boruto!” pensò con forza. “Posso ancora cambiare il futuro, posso diventare un buon padre ed un buon Hokage! Non mi arrenderò mai pur di raggiungere questo scopo. Lo prometto!”

Con un sorriso, alzò la testa da terra e guardò Minato.

“Grazie, papà!”

Dopo quelle parole, la situazione cominciò a calmarsi, e l’atmosfera tornò a farsi più serena ed allegra per tutti i presenti.

Ma, mentre gli altri mangiavano e discutevano animosamente fra loro, nessuno si accorse di Sarada Uchiha, la quale rimase un po’ più in disparte a guardare Naruto ed Hinata. Un sorriso triste le incurvava all’insù le labbra, gli occhi nascosti dal riflesso degli occhiali.
 



Il mattino seguente, i dieci ninja ripresero a camminare verso la fortezza. Naruto sembrava essersi ripreso dalla depressione che lo aveva afflitto in quei giorni ed era tornato ad essere molto più attivo e socievole, facendo tirare sospiri di sollievo a tutti gli altri. Dopo alcune ore di viaggio, Boruto e i nove ninja giunsero dinanzi ad un sentiero roccioso e stretto, il quale continuava fino a raggiungere uno strapiombo alto centinaia di metri, e l’unico modo per proseguire era costituito da un sottile lembo di roccia che seguiva il bordo di una parete rocciosa per alcune decine di metri.

“D-dobbiamo procedere da qui?” chiese Sarada, guardando il fondo dello strapiombo con timore.

“Non abbiamo scelta.” disse Fugaku. “Questo è l’unico sentiero che sembra condurre nella direzione del castello. Dobbiamo continuare a procedere.”

“Avanzate lentamente e poggiate la schiena alla parete per proseguire senza cadere!” li istruì Minato.

Uno dopo l’altro, tutti e dieci riuscirono ad attraversare quello stretto passaggio senza troppe difficoltà. Ripresero il cammino senza intoppi, e dopo alcune decine di minuti arrivarono dinanzi alla loro destinazione.

Davanti a loro si ergeva, in tutta la sua gloria, un gigantesco castello grigio costituito da diverse strutture e torri attaccate tra loro, al cui centro si ergeva una torre più alta delle altre con una bandiera rossa sulla punta. Le mura erano alte circa quindici metri, e cingevano completamente la fortezza, giungendo proprio fino al bordo della montagna. L’intera struttura era costruita in pietra, formata da grossi blocchi di roccia rettangolari incastonati tra loro geometricamente. L’unico modo per superare le mura era attraverso una gigantesca porta di legno che si ergeva nella parte frontale del castello, proprio dove terminava il sentiero.

Naruto osservò con stupore l’enorme costruzione davanti a sé. “Che strano castello…”

“Quella che state osservando,” disse improvvisamente Boruto rivolto a tutti gli altri. “È la Fortezza di Alkatraz.”

“Sai cosa si trova al suo interno?” chiese Sasuke, guardandolo con sospetto.

Il biondo scosse la testa. “Non ne ho idea.” disse con un tono annoiato. “La collana mi ha solo mostrato il modo per raggiungere questo posto e nient’altro. A voi la scelta di fidarvi o meno delle mie parole.”

“Non abbiamo tempo per discutere di queste cose!” li incalzò Minato. “Adesso dobbiamo trovare un modo per riuscire ad entrare.”

Prima che qualcuno potesse rispondere, nell’aria risuonò uno scricchiolio acuto di metallo e di legno. Tutti si voltarono di scatto all’udire quel suono e rimasero colpiti da ciò che videro. La gigantesca porta di legno che permetteva l’accesso al castello si stava lentamente aprendo da sola verso l’alto, senza che ci fosse qualcuno nei paraggi ad azionarla. Le enormi catene di metallo che pendevano ai suoi lati stavano scorrendo lentamente verso una specie di meccanismo a ruota che regolava l’apertura della porta, ed appena il varco si fu abbastanza alto per permettere loro di passare, essa si bloccò senza un singolo rumore.

Rimasero tutti in silenzio per alcuni secondi.

“Beh…” disse alla fine Kushina, incerta. “Sembra che non dovremo scalare le mura questa volta.”

“Questa cosa è parecchio inquietante!” esclamò Sakura, stringendo i pugni. “Sembra una scena di un film d’orrore!”

“È chiaramente una trappola.” disse seriamente Mikoto, guardando l’enorme ingresso del castello. “Cosa facciamo?”

“Dobbiamo procedere con cautela,” rispose Minato altrettanto seriamente. “Dato che la porta è stata aperta, dobbiamo assumere che la fortezza sia abitata. Ma non abbassate mai la guardia, non sappiamo se chiunque ci sia al suo interno sia ostile o meno.”

Tutti i presenti annuirono.

“Molto bene. Procediamo!” disse Naruto.

Avanzarono lentamente, ed entrarono con cautela all’interno delle mura. Appena furono tutti all’interno, con uno scatto fulmineo, la porta alle loro spalle si riabbassò di nuovo e toccò terra con un tonfo sordo. L’ingresso si era richiuso da solo. Adesso erano bloccati dentro. Mente si guardavano intorno attentamente e con circospezione, notarono improvvisamente qualcosa. Un tanfo pesante e metallico impregnava fortemente l’aria.

“Questo odore! Lo riconoscete tutti, vero?” chiese Fugaku, scrutandosi attorno.

Gli altri divennero ancora più tesi e nervosi. Quell’odore era familiare per ognuno di loro. Era un odore che conoscevano tutti. Un tanfo acuto e metallico che non si aspettavano di certo di sentire in questo modo. Neanche Boruto si era mai immaginato che avrebbe potuto sentire quell’odore con così tanta intensità in un luogo simile.

Il Nukenin fu percorso da un brivido di tensione.

L’odore che stavano sentendo era quello del sangue.

 

 



ATTENZIONE!! IMPORTANTE!!

Salve a tutti. Ho una richiesta per voi lettori e lettrici.
Proprio questa mattina ho ricevuto un messaggio da un utente (che ringrazio ancora una volta per aver espresso il suo parere ed avermelo fatto sapere in modo così genuino e soprattutto costruttivo!) nel quale lui/lei mi incitava a continuare la storia, ma in cui criticava lo stile di scrittura che ho usato fino a questo momento. Ora, io premetto di essere su EPF da un mesetto circa, e questa è la prima storia che ho scritto e pubblicato in assoluto. Sono letteralmente un principiante. Non me ne intendo di cosa potrebbe piacere ai lettori, e mi dispiacerebbe portare su questo sito qualcosa che possa non piacere o che possa essere considerato appena passabile dagli altri. Anche se so che non posso accontentare tutti, la cosa mi ha fatto sorgere un dubbio. Tuttavia ho visto anche che la storia ha ricevuto anche alcuni commenti positivi, così ho deciso di rivolgermi direttamente a voi. Ed è qui che entra in gioco il favore che vi chiedo.
Io continuerò la storia, ma dato che i prossimi dieci capitoli sono già pronti e sono scritti tutti più o meno nello stesso stile dei precedenti, vorrei che voi mi faceste sapere il vostro parere.

Secondo voi, dovrei cambiare lo stile dei capitoli? Ci sono particolari che mi consigliate di cambiare nella scrittura? Oppure lo stile che ho usato fino ad oggi vi va ancora bene?

Vi chiedo il favore di farmi sapere le vostre opinioni, di dirmi cosa ne pensate sulla faccenda. Perché in caso dovessi cambiare qualcosa dovrei modificare i capitoli pronti, e in questo modo ci potrebbe volere più tempo prima di poterli pubblicare.
Deciderò come pubblicare il prossimo capitolo basandomi sulle vostre opinioni, quindi vi chiedo ancora una volta di farmi sapere cosa volete che faccia. Non siate timidi, perché io sono aperto a qualunque tipo di proposta!
Vi ringrazio in anticipo e aspetto i vostri pareri!
Saigo

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Capitolo 16
*** Fortezza e Bestie 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!




 

Fortezza e Bestie 1


Non c’erano dubbi. L’odore che stavano sentendo con così tanta intensità era quello del sangue. Il suo tanfo amaro e metallico era incredibilmente pesante nell’aria, talmente forte da essere quasi insopportabile.

“Dannazione!” imprecò Naruto, portandosi una mano sul naso. “Da dove diavolo viene questa puzza insostenibile di sangue?”

“N-Non riesco a respirare! L’odore è troppo intenso!” disse sommessamente Hinata coprendosi anche lei il naso.

Minato e Fugaku si guardavano intorno con circospezione. Se riuscivano a sentire l’odore del sangue, allora probabilmente una cosa era sicura. Qualcuno era stato ucciso. E se qualcuno era stato ucciso in questo posto, allora un’altra cosa era certa. Non erano al sicuro. Si trovavano in pericolo.

“Tenete gli occhi aperti!” li riprese il Quarto Hokage. “Se c’è del sangue qui in giro, allora probabilmente non siamo soli in questo castello.”

I dieci ninja avanzarono verso la struttura principale del castello. Intorno a loro non c’era assolutamente nulla. Soltanto una strada di pietra che conduceva dinanzi ad una porta a due battenti che entrava proprio dentro al cuore del castello, più piccola rispetto a quella delle mura. Dopo averla raggiunta ed essersi assicurati della sicurezza, Minato la aprì lentamente con una mano, rivelando l’interno della fortezza.

La sala in cui si ritrovarono era enorme. Diverse colonne portanti di marmo bianco con capitelli dorati si ergevano ai lati del salone, ad ognuna delle quali era attaccata una torcia spenta. Sul pavimento, a partire dall’ingresso della porta, si estendeva un lungo tappeto rosso che continuava in avanti fino a giungere al centro della sala, dove si trovava una lunga scalinata di marmo che conduceva ad un piano superiore. Le pareti laterali del salone erano foderate di legno intagliato e completamente prive di finestre, ma erano invece piene di quadri raffiguranti uomini e donne vestiti con abiti eleganti e dai colori sgargianti mai visti prima. Sul soffitto pendeva un grosso lampadario rotondo a cui erano attaccate diverse candele spente. Il piano superiore aveva anch’esso delle colonne ai lati, ma l’oscurità dovuta alla mancanza d’illuminazione impediva loro di scorgere cosa ci fosse.

“Questo posto è gigantesco!” esclamò Sakura.

“L’odore del sangue è ancora più intenso qua dentro!” constatò Sasuke guardandosi intorno, costantemente all’erta.

I dieci ninja avanzarono all’interno del salone, esplorandone ogni angolo.

“Guardate!” disse all’improvviso Mikoto, puntando in avanti un dito. “C’è una porta dietro le scale!”

Effettivamente, proprio nella parete che era coperta in alto dalla scalinata che conduceva al piano superiore, si trovava una grande porta nera decorata con venature dorate. Gli altri nove si scambiarono un’occhiata, poi annuirono tutti. Facendosi coraggio, Naruto aprì la seconda porta senza esitazione, e tutti entrarono dentro.

La seconda sala era più piccola dell’ingresso principale, ma decisamente più larga. Su tutte le pareti laterali si trovavano delle grosse armature di metallo allineate l’una di fianco all’altra, simili per aspetto a quelle che indossavano i Samurai nel loro mondo, ma molto più pesanti ed ingombranti.

Al centro invece, si ergeva un piccolo altare su cui si trovava un libro chiuso. La fodera del libro era rosso sangue e contornata da piccole linee giallognole, e vi era una grossa scritta nera proprio al centro di essa. Dall’aspetto, quel libro doveva essere molto antico.

Proprio sulla parete davanti all’altare, inoltre, si trovava un gigantesco quadro rettangolare che raffigurava cinque persone diverse, ma c’era qualcosa di terribilmente spaventoso in esso. Su ogni singolo volto delle cinque figure del quadro, infatti, erano stati lasciati degli enormi squarci e delle grosse lacerazioni animalesche. Ogni graffio presentava quattro lunghi squarci verticali allineati, simili a dei graffi animali, che avevano reso la tela del quadro irriconoscibile nei punti in cui erano raffigurati i volti di quelle cinque figure. La tela, inoltre, era interamente ricoperta in diversi punti da macchie di sangue rossastro e da aloni scuri di polvere e muffa.

“Ehi!” esclamò Kushina, esaminando l’altare da vicino. “Questo libro è scritto nella nostra stessa lingua!”

Tutti gli altri si voltarono verso di lei, scioccati. Com’era possibile? Erano in un mondo completamente diverso, come faceva ad esserci un libro scritto nel loro stesso linguaggio? Cosa significava tutto ciò?

Kushina prese il libro in mano e lesse il titolo ad alta voce.


Apografo di Alkatraz. Storia veritiera della famiglia Zotis.”

“Di cosa parla?” chiese Fugaku avvicinandosi all’altare.

Kushina sfogliò le pagine del libro per alcuni secondi. “La maggior parte delle pagine sono completamente bianche.” disse poi alla fine. “Tutte tranne queste due! Queste pagine contengono delle scritte nella nostra lingua.”

“Puoi leggerci cosa c’è scritto?” chiese Sasuke.

La donna si schiarì la voce mentre tutti gli altri le si radunarono attorno, poi cominciò a leggere.
 

“Vi erano, in un tempo lontano, cinque fratelli.
Questi cinque erano della stirpe nobiliare degli Zotis, la quale regnava da anni sulla terra vasta e popolosa di nome Hangst con giustizia e saggezza. Il regno di Hangst, uno dei più grandi di Eldia, era stato diviso in cinque regni più piccoli alla nascita dell’ultimo dei fratelli, e ogni principe ne governava una parte ciascuno per conto proprio.
Un giorno però il fratello maggiore, Flegias, fu corrotto dalla sete di potere, che lo portò a desiderare di unificare e governare tutto il regno da solo. La sua brama di potere e di ricchezza fu notata anche dagli altri quattro fratelli, che subito corsero ai ripari alleandosi contro di lui. A causa di ciò, Flegias dichiarò guerra ai suoi stessi fratelli, dando inizio ad una lunga ed estenuante guerra che vide scontrarsi i cinque principi tra di loro inevitabilmente.
Soltanto dopo dieci anni di dure lotte e battaglie Flegias fu sconfitto e catturato, ma tutto il regno era ormai caduto nella povertà più assoluta, e la maggior parte della popolazione era morta durante la guerra.
Disperati e privi ormai di qualsiasi potere, i quattro fratelli vincitori si accusarono a vicenda di aver portato il regno alla rovina, ed un nuovo scontro nacque tra di loro. Mentre i quattro principi vincitori stavano combattendo l’uno contro l’altro, Flegias ne approfittò per scappare, meditando vendetta per la sua sconfitta.
Finché un giorno egli entrò in contatto con il Diavolo della Terra, il signore di tutti i nove regni, e lo supplicò di aiutarlo a porre fine alla guerra tra suoi fratelli. Con il suo aiuto, Flegias ottenne un potere sconosciuto, grazie al quale trasformò i suoi quattro fratelli in bestie deformi e prive di senno, riuscendo così a portare a termine gli scontri e rinchiudendo i quattro principi ormai tramutati in mostri in un castello.
Ma mentre Flegias stava festeggiando la sua agognata vittoria e l’unificazione di tutto il regno, il Diavolo della Terra scoprì di essere stato ingannato, poiché era stato proprio Flegias a dare inizio alla guerra tra i quattro principi. Allora, come punizione per averlo tratto in inganno, il Diavolo trasformò anche il principe maggiore in un mostro, rinchiudendolo assieme ai suoi fratelli nella loro stessa prigione, la fortezza dove tutti loro erano nati.
La fortezza di Alkatraz.
Ancora oggi, i cinque fratelli tramutati in bestie si combattono a vicenda, incapaci di uccidersi poiché la maledizione fa rigenerare le loro ferite. In questo modo non riusciranno ad ottenere mai più la pace che avevano abbandonato in favore della guerra-”

 

Il racconto terminava bruscamente in questo modo.

Appena Kushina finì di leggere, il silenzio tornò a regnare nella sala. Tutti erano rimasti sconvolti dalla storia che avevano appena udito. Cosa voleva significare tutto questo? I fatti narrati erano accaduti realmente oppure no?

“Cosa può significare?” si domandò tra sé Minato. “Se questo racconto dice la verità, allora ci troviamo nella fortezza dove sono rinchiusi i cinque principi…”

“Non può essere accaduta realmente una cosa simile!” esclamò mentalmente Fugaku. “Uomini tramutati in mostri? Non riesco a crederci!”

“Se quel che è scritto su quel libro è vero, allora…” pensò Sasuke, sconvolto.

“N-non ci sono davvero dei mostri in questo castello, vero?” si chiese Hinata, rabbrividendo al solo pensiero.

“Che storia inquietante, speriamo sia solo finzione…” pregò Sakura deglutendo con forza.

“Che cosa diavolo può significare?” si chiese Mikoto, scioccata.

“Non riesco a capire!” brontolò tra sé Naruto, grattandosi la testa. “C’è forse una specie di morale nascosta?”

Ma tra tutti i presenti, incredibilmente, la persona più scioccata era Boruto. Il ragazzo guardava in basso, il suo occhio sinistro spalancato dallo stupore ed i pugni serrati dalla tensione. Quella storia non era finzione. Lui lo sapeva bene. Ne era certo. Aveva già udito quel nome una volta, ed era certo che non fosse una semplice leggenda.

“I-Il Diavolo della Terra!” esclamò nella sua mente, sbalordito. “È la creatura di cui mi ha parlato Toneri tempo fa! La stessa creatura che ha creato il potere che possiede lei e che lo ha donato alla sua gente! Com’è possibile? Cosa ci fa il Diavolo in questo mondo? Possibile che Eldia sia collegata a…”

Kushina richiuse il libro e lo posò di nuovo sull’altare. “Cosa pensate voglia dire questa storia?” chiese agli altri.

I dieci ninja rifletterono in silenzio per diversi secondi. Le domande ed i misteri erano troppi, e loro non avevano risposte. Non avevano alcuna idea delle storie e delle vicende di Eldia, quindi non potevano certamente sapere se ci fosse un qualche significato nella storia che avevano appena letto.

“Non abbiamo modo di scoprirlo, almeno per adesso.” concluse Minato. “Ma una cosa è certa, dobbiamo riprendere a cercare il secondo manufatto. Non possiamo perdere tempo cercando di scoprire se questa storia sia vera o fittizia.”

Gli altri annuirono, e ripresero a cercare. Uscirono dalla stanza, tornando nell’ingresso principale, e stavolta si diressero verso il piano superiore. Una volta salite le scale, videro che in questo piano c’erano sei porte diverse, tre nell’ala destra e tre nella sinistra. Decisero di esplorare prima una dell’ala destra. Un lungo corridoio oscuro si estendeva davanti a loro, ai cui lati si trovavano altre armature uguali a quelle del piano inferiore, insieme ad altri quadri di persone sconosciute. Avanzarono nel corridoio in silenzio.

Naruto si guardava intorno, circospetto. Qualcosa lo turbava. Aveva l’impressione di essere osservato. Si voltò indietro, ma non vide nulla. Proseguì per qualche metro, ma la sensazione diventava sempre più forte ogni passo che faceva. Si voltò ancora di scatto verso sinistra.

Quel che vide lo spaventò a morte.

“AAAAAHHH!” urlò, facendo un balzo all’indietro e spaventando di colpo tutti.

“Naruto!” esclamò Sakura, sconvolta. “Che è successo?”

Il biondo si nascose dietro a Minato, tremando come una foglia. “Q-Quel quadro!” disse indicando un ritratto alla sua sinistra. “M-Mi ha fissato! Ha seguito il mio movimento muovendo gli occhi!”

Sasuke si massaggiò le tempie. “Tonto, è soltanto un quadro! Non può muoversi!”

“Non sto mentendo!” disse ancora il ragazzo, guardando tutti i presenti. “Quel quadro mi ha fissato veramente! Lo giuro!”

“Lo avrai immaginato.” disse ancora il giovane Uchiha.

“N-Non credo che lo abbia immaginato, Sasuke-kun…” disse improvvisamente Hinata, la sua voce tremante.

Si voltarono tutti a guardare il quadro. Rimasero a bocca aperta.

Il ritratto raffigurava di una giovane donna di poco più di vent’anni con dei lunghi capelli neri, vestita con uno strano abito verde smeraldo, in mezzo ad uno sfondo sfocato ed indistinto. Ma la cosa più inquietante era il suo volto. La donna aveva un sorrisetto malvagio stampato in faccia, ed i suoi occhi neri erano sgranati, con una specie di scintillio di follia in essi, e si muovevano guardando tutti i presenti uno ad uno. Tutti rimasero allibiti davanti a quello spettacolo, soprattutto Sakura, la quale dovette resistere con tutte le sue forze per non urlare dallo spavento.

“C-Come diavolo è possibile?” chiese Fugaku, guardando il viso della donna con gli occhi spalancati, sconvolto.

“Chi sei?” domandò Boruto alla figura facendo un passo verso il quadro, il suo occhio ridotto ad una fessura.

La figura del quadro ghignò, il suo viso un misto di malvagità e follia, nettamente in contrasto con la sua figura giovanile ed elegante. La donna li scrutò attentamente per un paio di secondi, il suo ghigno sempre presente in faccia. Poi lentamente aprì la bocca per parlare, e pronunciò una frase con una voce fanciullesca, ma contemporaneamente sconvolgente e carica di pazzia.

“Guai all’umano che ad Alkatraz è entrato,
Presto si accorgerà di aver tremendamente sbagliato!
Cosa c’è? Siete pallidi e bianchi,
Dovrete essere davvero molto stanchi.
Ma suvvia stranieri, non temete,
I cinque principi vi daranno la meritata quiete.
Ora mi chiedo, chissà cosa mai sarà
quello strano rumore che viene da là?”

I dieci ninja non fecero in tempo a registrare completamente le parole della strana donna, quando un’agghiacciante suono acuto e profondo echeggiò dal fondo del corridoio per diversi secondi, proprio da dove erano arrivati prima.

Naruto sentì la propria pelle accapponarsi all’udire quell’orribile suono, e si voltò di scatto verso la direzione del verso. Boruto venne attraversato da un improvviso brivido di tensione, ma non si mosse. Minato e Kushina s’irrigidirono, gli occhi sgranati che osservavano con spavento tutto ciò che li circondava. Fugaku e Mikoto indietreggiarono di un passo, sconvolti. Sasuke attivò immediatamente lo Sharingan, mentre una goccia di sudore freddo gli colava dalla fronte. Sakura ed Hinata rimasero senza fiato per diversi istanti, incapaci di muoversi o parlare.

Appena quell’agghiacciante verso finì, i dieci ninja si voltarono di nuovo verso il ritratto della donna, e rimasero ancora più sconvolti.

Il quadro era diventato completamente nero.

“Che cosa-“ cominciò a dire Minato, ma fu interrotto da un fragoroso ruggito proveniente dal fondo del corridoio. Tutti si girarono di scatto verso l’origine del suono e rimasero pietrificati dallo spavento.

Davanti a loro, in fondo al corridoio, si trovavano cinque figure dall’aspetto mostruoso.

 



Note dell’autore!!!

Salve gente! Innanzitutto ci tenevo a ringraziare sinceramente tutte le persone che hanno espresso il loro parere sulla questione dello stile. Sono rimasto davvero colpito da quanto alcuni di voi lo abbiano apprezzato. Per questo motivo ho deciso che continuerò a pubblicare nello stesso modo di prima. Sono consapevole che il mio stile non piacerà a tutti, ma accontentare ognuno di voi non è possibile, e poi questa è ancora la mia prima storia. Ripeto che io sono un principiante, e come tale vi chiedo di perdonarmi gli errori che potrei commettere lungo il “cammino”. Grazie ancora a tutti quelli che hanno dato voce al loro parere. A presto! ;)

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Capitolo 17
*** Fortezza e Bestie 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

Fortezza e Bestie 2


L’unica parola capace di descrivere quelle figure era “mostri”.

Tutte e cinque le creature avevano un aspetto grottesco e spaventoso. Avevano tutti il busto e le gambe umane e i loro occhi erano di colore rosso, ma le mani, i piedi e la testa erano diversi per ognuno di loro. Il primo era grosso almeno tre metri, retto in piedi, aveva la testa completamente a forma di orso, e le sue mani e i piedi erano stati tramutati in enormi zampe artigliate dello stesso animale, il suo corpo completamente ricoperto da peli brunastri.

Un altro aveva la faccia e la coda da lupo, e camminava a quattro zampe ringhiando e mostrando i denti aguzzi, il suo corpo più piccolo rispetto al primo. Il terzo aveva un’enorme testa da toro, ornata da due grandi corna nere, le mani ed i piedi erano tramutate in grossi zoccoli, ed il suo corpo di circa due metri era curvo e teso come quello di un toro pronto a caricare.
Il quarto aveva la faccia tramutata in volpe, il corpo peloso e rossiccio più piccolo rispetto a quello degli altri, con una lunga coda con la punta bianca. L’ultimo, infine, era il più spaventoso di tutti.

Aveva una feroce testa da tigre, l’intero corpo di circa due metri di lunghezza coperto da pelo rosso con striature nere, e camminava su quattro enormi zampe artigliate, ondulando con forza e vigore una lunga coda sottile.

“C-Cosa sono q-quelli?” chiese Naruto, tremando incessantemente e puntando il dito verso il fondo del corridoio.

“S-Sono degli animali col corpo umano!” esclamò Sasuke, sconvolto e con gli occhi spalancati.

Minato osservò quelle creature con un misto di spavento e tensione. “Sono loro!” disse alla fine assumendo una posa di difesa. “I cinque principi descritti nel libro! La storia che abbiamo letto non era falsa!”

“Aspettate, lo sento di nuovo!” gridò Hinata puntando alle creature. “L’odore del sangue che abbiamo sentito prima proviene da loro!”

Prima che qualcuno potesse risponderle, con un ruggito fragoroso e terrificante la creatura con la testa da tigre si scagliò contro di loro con una velocità incredibile, le fauci spalancate e gli artigli sfoderati e pronti a colpire.

“Attenti!” gridò Fugaku, balzando all’indietro.

La creatura tentò di azzannare Hinata, ma, con un movimento rapidissimo, Boruto si mise immediatamente tra lei ed il mostro, bloccandogli la zampa con la sua spada e salvando la giovane Hyuuga dal colpo fatale.

Ma quello che accadde dopo fu sconvolgente.

Appena i due si separarono, ruggendo con forza la bestia balzò di nuovo, stavolta addosso al ragazzo col mantello, con una velocità impressionante prima che lui potesse reagire, facendo finire entrambi contro la parete sinistra del corridoio che si sfondò completamente al loro impatto.


“Boruto!” urlò Sarada, sconvolta.

La parete sfondata cominciò a crollare su se stessa, facendo cadere detriti su detriti a terra e creando una forte scossa nell’intero corridoio.

Ma, appena il fumo dei detriti si dileguò, dei due non c’era traccia.


“Scappiamo!” disse Mikoto cominciando a correre. “Il corridoio sta crollando!”

“Presto, gli altri stanno venendo qui!” esclamò Minato afferrando Naruto e Sasuke. “Aggrappatevi a me!”

“No, aspettate!” urlò Sarada disperatamente. “Boruto è ancora-” ma non riuscì a finire la frase che dopo neanche un secondo tutti i nove ninja si erano teletrasportati in un’altra sala con l’Hiraishin no jutsu (Tecnica del Teletrasporto). Erano tornati di nuovo all’ingresso principale.

“Per fortuna avevo lasciato un kunai qui!” disse Minato tra sé.

Dal piano superiore si sentirono dei versi spaventosi riecheggiare per tutto il castello, seguiti dal suono di passi fragorosi e pesanti.

“Dobbiamo uscire da qui!” urlò Fugaku, dirigendosi di corsa verso la porta. Tentò di aprirla per diversi secondi, ma purtroppo non successe nulla. La porta non si apriva. Erano chiusi dentro.

“Dannazione! Non si apre!” imprecò l’Uchiha a denti stretti.

“Cosa?” urlò Sakura. “Siamo bloccati dentro?”

“Possiamo provare a sfondare la porta!” suggerì Kushina.

“Fermi!” urlò improvvisamente Sarada, il suo sguardo feroce e pieno di preoccupazione. “Non possiamo andarcene e lasciare Boruto qui da solo! Non possiamo abbandonarlo!”

Gli altri si scambiarono un’occhiata carica di tensione. “Sarada,” disse Minato. “Boruto è forte, sono certo che-“

“Sarada ha ragione!” s’intromise con forza Naruto. “Non possiamo lasciare indietro un nostro compagno! Dobbiamo andare a salvarlo!”

Ma prima che gli altri potessero controbattere, con la velocità di un fulmine qualcosa proveniente dal piano superiore si schiantò proprio affianco a loro, creando un piccolo cratere nel pavimento ed alzando un nuvolone di polvere e detriti.

“AGH! Cos’è stato?” esclamò Mikoto.

Dal punto in cui si era formato il cratere emerse con un sibilo una delle cinque bestie. Il mostro con la testa da toro li aveva raggiunti, guardando tutti i presenti con i suoi feroci occhi rossi e sbuffando dalle narici. Appena lo videro, tutti assunsero delle pose di difesa.

“Sembra che abbiamo visite.” disse Sasuke tirando fuori una katana.

Con un muggito assordante, il Toro si scagliò contro di loro, correndo a quattro zampe e puntando le sue corna verso i ninja. Lo evitarono tutti saltando in aria ma, incredibilmente, prima che Sasuke riuscisse a poggiare di nuovo i piedi per terra, la creatura era comparsa di nuovo di fronte a lui, correndo nella sua direzione.

“Dannazione! È veloce!” esclamò lui mentalmente, ma non fu in grado di evitarla.

La velocità ed i riflessi della bestia erano sovrumani, e l’unico modo per sopravvivere era tentare di fermarla. Formando un sigillo con le mani, si preparò ad attaccare.

Katon;” disse inspirando aria dalle narici. “Karyu Endan!” (Fiato del Drago)

Soffiando con forza, dalla sua bocca uscì un potentissimo getto di fuoco cremisi che investì la creatura in pieno, terminando con una fragorosa esplosione che riecheggiò con forza nella sala. Ma nessuno ebbe un momento per rilassarsi, poiché dal fumo dell’esplosione balzò fuori ancora una volta il mostro, completamente illeso dall’attacco.

“Cosa? Non ha avuto effetto?” esclamarono mentalmente Minato, Sasuke e Fugaku.

La creatura riprese a caricare contro il giovane Uchiha con uno scatto sovrumano, come se fosse infuriata dal suo tentativo di resistergli. Il ragazzo, questa volta, non fu in grado di formare sigilli. Ma come per riflesso, prima di venire investito dalla carica della bestia mise davanti a sé la spada per difendersi e la infuse con dell’elettricità per aumentarne la resistenza.

Chidori!” (Mille Falchi)

CLANG.

Con un tonfo metallico, i due si scontrarono frontalmente. La spada aveva colpito la testa della creatura proprio in mezzo alle corna, ma non ebbe alcun effetto su di essa. Sasuke venne invece scagliato con forza verso l’alto dall’attacco, e si schiantò sulla parete sopra la porta d’ingresso con un tonfo secco, mentre la katana cadde a terra, spezzata a metà.

“Sasuke!” urlarono Mikoto, Fugaku e Naruto, cercando di vedere se il ragazzo si fosse ferito.

Il suo corpo era incastrato in un cratere nella parete, con le braccia e le gambe divaricate.

“Ugh!” grugnì l’Uchiha dolorosamente, cercando di staccarsi dalla pietra. “La sua forza e velocità sono incredibili! Non sono riuscito neanche ad attivare lo Sharingan Ipnotico!”

Fugaku e Mikoto si lanciarono subito a soccorrere il figlio, mentre gli altri rimasero a fronteggiare la bestia

Naruto guardò il Toro con odio. “Maledetto! Adesso ti faccio vedere io!” urlò.

Con un balzo, il biondo creò un clone e lo scagliò contro la creatura, formando un familiare attacco nel palmo della mano per poi schiantarsi direttamente contro di essa e colpirla in pieno sul fianco destro.

Oodama Rasengan!” (Rasengan Titanico)

L’attacco fu micidiale. Il rasengan gigante scagliò con forza il bersaglio sulle scale, distruggendole completamente e causando un’enorme esplosione di chakra che durò per diversi secondi.

“Molto bene!” disse Kushina con un sorriso rivolto al figlio. “Questo dovrebbe averlo sistemato.”

“Non abbassate la guardia!” disse Sarada guardandoli tutti. “Ce ne sono ancor-“

SLAM!

Prima che riuscisse a finire la frase, la ragazza venne colpita in pieno dalla testata del principe Toro, lanciandola in meno di un secondo contro la parete alle sue spalle e creando un fragoroso boato.

“Sarada!” gridò Sasuke.

Appena la polvere si fu diradata, la ragazza emerse dalla parete, ansimante ma illesa, circondata da una gigantesca gabbia toracica arancione.

“Sto bene,” disse tossendo ed ansimando un po’. “Ho evocato il Susanoo in tempo per difendermi!”

La bestia muggì con forza, facendo echeggiare il suo lugubre verso per tutta la fortezza. Poi, improvvisamente, dal piano superiore balzarono fuori le altre quattro creature che atterrarono affianco al Toro, tutte con le teste arrabbiate e con i denti snudati, pronti ad attaccare.

“Maledizione!” imprecò Fugaku. “Adesso sono tutti qui!”

“Cosa facciamo?” domandò Hinata, senza distogliere lo sguardo dalle creature.

“Non possiamo combatterle così!” gridò Sakura. “Sono troppo forti e troppo veloci!”

Improvvisamente, il Lupo si lanciò contro di lei con la velocità di un fulmine, latrando con rabbia e con le fauci spalancate.

“Sakura-chan!” urlò Naruto, ma non era in grado di fare nulla.

Per fortuna dopo neanche un secondo Minato si teletrasportò dietro di lei e l’afferrò per un braccio, per poi ricomparire entrambi in un altro punto e facendo completamente mancare il bersaglio alla bestia.

“Non distraetevi!” intimò loro il Quarto Hokage. “Dobbiamo stare all’erta se vogliamo sopravvivere!”

Il principe Lupo ululò, frustrato, e riprese ad attaccare subito dopo.

I nove ninja saltarono subito sulle pareti per evitarlo e per stare alla larga da quei mostri animaleschi, ma con loro sommo stupore, videro che non erano i soli capaci di camminare sui muri.

La bestia con il volto da tigre, infatti, si era anch’essa aggrappata saldamente alla parete con gli artigli, e correva verso di loro con le fauci spalancate.

“Come diavolo è possibile?” urlò Naruto, sconvolto.

“ROAAAR!”

La bestia saltò con rapidità e precisione su di lui, pronta a sgozzarlo vivo, quando un pugno dalla forza micidiale la colpì improvvisamente sulla guancia, scaraventandola a terra con un tonfo profondo.

“Shannarooo!” urlò Sakura, schioccando le ossa della mano. “Questo è per lo spavento di prima!”

Il principe Tigre si rialzò di scatto scrollandosi la testa, per nulla ferito o impressionato dal colpo ricevuto, e riprese ad arrampicarsi sulla parete ringhiando e sibilando.

“Adesso mi sono stufato!” pensò Minato tirando fuori diversi kunai e preparandosi ad attaccare, ma fu improvvisamente costretto a saltare in fretta giù dalla parete, poiché un enorme blocco di pietra gli fu scagliato addosso con forza.

La bestia col volto da orso, infatti, aveva incominciato a raccogliere con le zampe i detriti sparsi per la sala e a lanciarli contro di loro ripetutamente.

Allora, scagliando verso il principe Orso un kunai, il Quarto Hokage gli si teletrasportò davanti in un millisecondo e poi gli piantò un Rasengan in piena faccia, facendolo sbattere di testa a terra con forza.

“Adesso Kushina!” gridò Minato.

“Ti ho in pugno!” urlò allora la donna, balzando di fianco alla bestia ancora a terra e unendo le mani insieme.

Kongo Fusa!” (Catene d'Amianto)

Appena pronunciò quelle parole, dalla sua schiena fuoriuscirono quattro lunghe catene eteree di chakra di colore dorato, le quali si mossero velocemente ed immobilizzarono senza pietà la creatura a terra, impedendole di muoversi ulteriormente.

“Adesso!” urlò Kushina.

Con una rapida successione di sigilli, Fugaku e Mikoto lanciarono una serie di shuriken davanti a loro, per poi inalare con forza.

Katon: Hosenka Tsumabeni!” dissero contemporaneamente. (Fiori della Fenice)

Tutti gli shuriken che avevano lanciato precedentemente vennero improvvisamente ricoperti dalle fiamme uscite dal loro soffio, ed andarono a colpire con precisione le bestie con il volto da lupo, toro e tigre prima che potessero evitarli.

Mentre le bestie erano tutte indaffarate a difendersi dagli attacchi di Mikoto e Fugaku, Naruto e Sasuke corsero verso il principe Orso ancora legato a terra, pronti a colpirlo rispettivamente con un Rasengan ed un Chidori. Ma mentre erano tutti intenti ad attaccare, non fecero in tempo a notare un piccolo particolare.

Il principe Volpe era sparito.

Improvvisamente, da dietro un cumulo di macerie venne fuori la bestia mancante, facendo voltare tutti di scatto dallo spavento. Tuttavia, invece che attaccarli come avevano fatto gli altri, la creatura aprì le fauci ed emesse un lunghissimo suono acuto ed intenso, talmente forte che costrinse tutti i presenti a tapparsi le orecchie.

“Ugh! Che diavolo di suono è?” domandò Sasuke, le mani poggiate con forza sui timpani.

“È insopportabile!” balbettò Hinata dolorosamente.

“F-Fatelo smettere!” urlò Naruto tappandosi le orecchie.

Ma il verso della bestia non era soltanto insopportabile. Era anche un potente attacco. Le continue ed intense onde sonore che venivano emesse dalla creatura cominciarono all’improvviso a frantumare a poco a poco le catene di chakra di Kushina, fino a distruggerle completamente.

“Che cosa?!” esclamò Sakura, allibita e sconvolta.

“Ha rotto le Catene d’Amianto!” urlò Kushina. “Come ha fatto? Erano fatte da chakra puro, non si sarebbero dovute distruggere in questo modo!”

Appena fu libero dalle catene, il principe Orso si rimise in piedi e con un potente ruggito si scagliò contro Kushina. Ma prima che riuscisse a raggiungerla, Minato la teletrasportò da sé grazie al marchio che le aveva lasciato sul corpo.

I dieci ninja si raggrupparono insieme, tentando di difendersi meglio dai loro attacchi.

“Dannazione!” sbottò Naruto. “Ma questi cosi non dovrebbero fare la lotta tra loro? Perché si sono uniti contro di noi?”

“I nostri attacchi non hanno avuto alcun effetto contro di loro.” analizzò Minato ad alta voce. “E neanche gli attacchi fisici hanno avuto successo!”

“E allora cosa dovremmo fare?” chiese ancora il biondo. “Non possiamo neanche scappare da questo posto!”

Senza dare loro neanche il tempo di rispondere, tutte le bestie iniziarono ad attaccare contemporaneamente.

Il principe Lupo balzò addosso a Hinata, tentando di azzannarla coi denti, e la ragazza dovette difendersi utilizzando le tecniche del Pugno Gentile del proprio clan, colpendo la bestia con i palmi delle mani e con calci ben assestati, ma la creatura non cedette neanche un istante, impedendole costantemente di attivare il Byakugan con i suoi attacchi.

L’Orso si scagliò invece su Kushina, tentando di colpirla con potenti zampate per vendicarsi di essere stato immobilizzato da lei poco prima. La donna li evitò tutti con poca difficoltà balzando continuamente all’indietro, e sferrando poi un calcio sul collo della bestia. Purtroppo l’attacco non lo fece neanche tentennare. Tuttavia, nell’istante in cui Kushina toccò il collo della bestia, notò un particolare. Uno strano simbolo era presente sul petto dell’orso umanoide.

Il principe Toro riprese a caricare su Sasuke e Sarada, tentando di incornarli mediante i suoi scatti micidiali. I due giovani saltarono in aria subito, lanciando degli shuriken e dei kunai contro il mostro e colpendolo alle zampe, facendolo poi cadere rovinosamente a terra.

Fugaku e Mikoto invece si focalizzarono sulla bestia col volto da tigre, scagliandole continuamente attacchi di fuoco per accecarla. La Tigre non sembrava essere ferita dalle tecniche che avevano usato contro di lei, ma vene accecata per alcuni secondi dal bagliore delle fiamme, ed in quel momento Sakura le saltò addosso dandole un pugno sulla base del cranio, schiacciandola a terra con forza.

Minato e Naruto se la dovettero vedere con i rapidi e consecutivi attacchi del principe Volpe. La bestia era agile e scattante, e si muoveva in continuazione in tutte le direzioni senza un preciso ordine, attaccandoli da ogni lato con morsi e zampate. Minato tentò di teletrasportarsi alle sue spalle diverse volte, ma con sua enorme sorpresa, il mostro lo riusciva ad anticipare ogni volta balzando lontano da lui.

Naruto stava diventando sempre più frustrato ogni secondo di più. Nessun attacco sembrava funzionare contro quelle bestie. Cosa potevano fare? Non potevano scappare, e le loro energie si sarebbero consumate in fretta se non avessero trovato un modo per sconfiggerle.

“Che cosa posso fare? Di questo passo dovrò usare la modalità chakra della Volpe!” si disse, stringendo i denti.

All’improvviso però, accadde qualcosa.

Una voce familiare riecheggiò dal nulla nella sala dove stavano lottando, rimbombando con forza ed attirando l’attenzione di tutti.

Kinjutsu: Hakujitsu!” (Arte Proibita: Sole Bianco)

Tutta la sala fu investita da una luce folgorante senza alcun preavviso, accecando tutte le creature ed i nove ninja, che furono costretti a coprirsi gli occhi dall’intensità della luce.

“Che sta succedendo?” urlò Naruto.

Prima che qualcuno potesse rispondere, improvvisamente la luce scomparve. Naruto e gli altri aprirono lentamente gli occhi, e rimasero sconvolti. Non si trovavano più nell’ingresso principale dove stavano combattendo fino ad un secondo prima, ma bensì in un’altra sala della fortezza in cui non erano mai stati, di forma circolare e completamente vuota.

Davanti a loro, in piedi e perfettamente illeso, c’era Boruto Uzumaki. Il suo volto calmo e la sua espressione seria e glaciale.

“Dobbiamo muoverci!” disse.
 

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Capitolo 18
*** Fortezza e Bestie 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 

Fortezza e bestie 3


“Dobbiamo muoverci!” disse.

Naruto e gli altri erano rimasti sconvolti nel vederlo apparire così all’improvviso.

“Boruto!” esclamò Sarada, i suoi occhi pieni di sollievo nel vedere che il suo amico stava bene. “Che cosa è successo? Dove siamo?”

Il biondo li guardò tutti con la sua solita espressione seria ed indecifrabile. “Siamo in una zona opposta del castello rispetto a quella dove eravamo prima.” spiegò. “Vi ho portato qui tramite una tecnica di richiamo particolare. Ma non c’è tempo di spiegare ogni cosa, dobbiamo darci una mossa.”

“Cosa intendi dire?” chiese Minato aggrottando le sopracciglia. “Che cosa è successo? Come hai fatto a restare illeso dall’attacco di prima?”

Boruto lo guardò di sbieco. “Quello che la creatura ha attaccato prima era un mio clone,” spiegò brevemente. “Appena dopo essere stato colpito mi sono nascoto e ho analizzato le tecniche delle bestie. Poi mentre voi eravate occupati a combatterle io ho raggiunto questa sala per riuscire a formulare una strategia.”

“E cosa hai scoperto?” chiese Sakura.

“Tutte le creature sembrano essere immuni agli attacchi fisici e ai jutsu.” continuò il ragazzo. “E possiedono una forza ed una velocità notevoli, persino io potrei avere difficoltà nel fronteggiarle tutte insieme.”

“Questo lo sappiamo.” confermò Sasuke, incrociando le braccia. “Cos’hai notato di nuovo?”

Boruto sorrise misteriosamente. “Tutte le creature hanno un punto debole,” disse loro con tono serio. “Un punto che si trova sul loro cuore.”

“Un punto debole?” domandò Naruto, confuso.

“Spiegati meglio!” gli intimò Fugaku.

Boruto puntò un dito sul proprio petto. “Dovreste aver notato anche voi che tutte le creature presentano un simbolo tatuato sul petto, proprio sopra il cuore. Quel simbolo è il loro punto debole.”

Gli altri erano rimasti stupiti dalla notizia. Non avevano notato nessun simbolo sulle creature prima. Dopotutto erano stati troppo occupati a tentare di sopravvivere dai loro attacchi per notarlo.

“Un momento,” esclamò Kushina improvvisamente, attirando l’attenzione su di sé. “Ho notato anch’io uno strano simbolo sul petto del mostro con la testa da orso! Era veramente tatuato sul petto, sotto uno strato di peluria.”

“Davvero?” chiese Minato.

La donna annuì. “Sì, è vero!” confermò ancora lei. “L’ho visto quando ho attaccato la bestia, anche se solo per un secondo.”

“Quel simbolo,” riprese a dire Boruto seriamente. “È l’unico punto del corpo delle creature vulnerabile ad attacchi fisici e jutsu. Tutto il flusso di chakra delle creature passa per quel punto.”

“Come possiamo esserne certi?” chiese Fugaku, teso. “Non voglio dubitare delle tue parole, ma non abbiamo prove che quello che dici sia vero. Potremmo rischiare di essere feriti inutilmente nel tentativo di colpire quel punto, senza poi avere nessun effetto.”

“Una prova c’è.” disse ancora il Nukenin con il tono privo di emozione, puntando poi un dito verso Hinata. “Io l’ho visto chiaramente, ed anche lei riuscirebbe a vederlo col suo Byakugan.”

Sakura si voltò verso la Hyuuga. “Hinata, hai visto qualcosa prima?” domandò.

La ragazza scosse la testa. “Non ho avuto modo di attivare i miei occhi.” rispose. “Ero troppo impegnata a schivare e bloccare gli attacchi che subivo.”

Tuttavia qualcosa non quadrava.

“Come hai fatto a notarlo?” chiese improvvisamente Minato a Boruto, il suo tono serio ed autorevole era colmo di sospetto. “Hai detto che hai visto chiaramente il flusso di chakra passare per il simbolo, ma se non possiedi il Byakugan come puoi esserne certo? Cosa stai nascondendo?”

Boruto lo guardò per un istante, colpito dalle sue parole, poi sorrise divertito.

“Avrei dovuto immaginare che il leggendario Quarto Hokage avesse una grande intuizione ed un grande acume. Dopotutto, non per niente lei era considerato un genio…”

“Cosa stai dicendo?” domandò con sospetto Sasuke.

Boruto li guardò tutti, il suo occhio sinistro freddo e glaciale. “Io ho la capacità di vedere molte cose,” rispose poi con freddezza. “Una di queste cose è il movimento del chakra nell’ambiente e nei corpi viventi. Per questo sono riuscito a notare il punto debole delle creature prima.”

Rimasero tutti a bocca aperta. La notizia era incredibile. Che razza di abilità possedeva Boruto per riuscire a vedere il flusso stesso del chakra? Neanche lo Sharingan ed il Byakugan erano in grado di vedere il movimento naturale che l’energia vivente aveva nell’ambiente e nei corpi. Il primo si limitava ad evidenziarne la natura e l’intensità, riuscendo a notare illusioni, distorsioni ed emissioni di chakra, ma non oltre; mentre il secondo poteva notarne il percorso e la variazione di esso nei corpi anche a grandi distanze ed oltre ostacoli fisici, ma non permetteva di capirne il suo movimento nell’ambiente in sé.

“Come puoi avere una simile abilità?” gli chiese Fugaku, incredulo. “Un potere simile sarebbe in grado di notare qualsiasi minima variazione di chakra in ogni istante! Non esiste niente del genere!”

Il ninja traditore si limitò a stringere le spalle. “Se non volete credermi fate pure, ma questo non cambia la realtà dei fatti.”

“È il tuo occhio destro!” disse improvvisamente Sarada con un tono serio. “Riesci a vedere il flusso di chakra grazie ad esso, non è vero?”

Tutti si voltarono verso di lei di scatto. L’occhio destro di Boruto? Non ci avevano pensato, ma poteva essere una possibilità. Il ragazzo lo teneva sempre chiuso, e con quella grossa cicatrice sopra di esso gli altri avevano pensato che fosse andato perduto. Ma se era come nel caso di Kakashi allora poteva essere un occhio impiantato capace di vedere l’energia naturale. Ma di quale occhio si trattava?

“Cos’ha di particolare il tuo occhio destro, Boruto-kun?” domandò Mikoto.

Il biondo la fissò ma non rispose.

“Hai un occhio impiantato come Kakashi-sensei?” chiese ancora Naruto.

Boruto sospirò d’irritazione, ma rispose comunque. “Non ho un occhio impiantato. Il mio occhio destro è davvero il mio, ma non ho alcuna intenzione di rivelarvi cosa sia o le mie abilità. Quindi gradirei che rispettaste la mia volontà.” il suo tono di finalità era freddo e distaccato.

“Comunque,” riprese poi a dire subito dopo. “Non abbiamo molto tempo prima che quelle bestie ci trovino. Io vi ho rivelato il loro punto debole, ma se vogliamo sconfiggerle ci serve una strategia.”

Minato tornò serio in un istante. “Cos’hai in mente?”

“Hai un piano?” chiese anche Sasuke.

Boruto annuì.“Ci divideremo in gruppi da due,” spiegò allora. “Ogni gruppo attirerà ed affronterà uno solo dei principi lontano dagli altri, e dovrà elaborare una strategia per abbatterlo. In questo modo sarà più semplice difendersi ed attaccarlo, senza preoccuparsi degli altri quattro. Oltre a ciò, ogni squadra dovrà anche cercare il manufatto che dovrebbe trovarsi qui dentro, esplorando ogni zona della fortezza.”

Minato annuì. Anche lui aveva avuto la stessa intuizione. Dividersi avrebbe permesso di avere maggiore libertà e capacità d’azione, assieme anche alla superiorità numerica ed al lavoro di squadra, e per questo era la soluzione migliore.

“Sono d’accordo con questa strategia.” disse l’Hokage rivolgendosi a tutti. “Qualcuno è contrario?”

Tutti rimasero in silenzio. La risposta era chiara.

“Allora è deciso!” constatò Sasuke. “Come ci divideremo?”

“Io andrò con Kushina, dato che è l’unica presente abituata alle mie tecniche e con cui ho fatto squadra.” disse Minato.

“Anche io e Fugaku siamo abituati a lavorare insieme.” disse poi Mikoto.

“E noi come facciamo?” domandò Naruto, impaziente.

Fu Boruto a rispondere. “Io ho delle proposte.” disse con calma, attirando l’attenzione di tutti. “Sasuke Uchiha e Sakura-san andranno insieme. La forza degli attacchi di Sakura-san sarà più letale e precisa con l’abilità oculare degli Uchiha che permette di anticipare le mosse dell’avversario. Obiezioni?”

Il giovane Uchiha si limitò ad annuire accettando la strategia, mentre Sakura aveva praticamente le stelle negli occhi all’idea di andare in squadra con il ragazzo che amava.

“L’altra squadra sarà composta da Naruto Uzumaki ed Hinata Hyuuga.” riprese il Nukenin. “Il potere della Volpe e gli occhi del clan Hyuuga dovrebbero bastare a formulare diverse strategie di attacco e difesa contro uno dei cinque principi. Siete d’accordo?”

Naruto ci rifletté per qualche istante. Non aveva mai lavorato in squadra insieme ad Hinata, ma per qualche motivo sentiva che il piano avrebbe funzionato. Inoltre, aveva davvero voglia di vedere la ragazza in azione, ed in caso di problemi avrebbe potuto difenderla attivando la modalità chakra della Volpe.

“Io ci sto!” dichiarò il ragazzo.

Hinata da parte sua sentì il nervosismo e la tensione salire di secondo in secondo. La sua cotta per Naruto era evidente, ma avrebbe potuto compromettere la missione se avesse abbassato la guardia. E se per causa sua Naruto fosse finito nei guai? Non poteva accettarlo.

“Se posso difendere Naruto-kun, allora non ho paura! Lo proteggerò con la mia stessa vita!” pensò.

“Anche per me va bene.” disse lei finalmente con un sorriso incerto, facendo sorridere ampiamente il biondo.

Boruto annuì. “Molto bene. L’ultimo gruppo saremo io e Sarada Uchiha. Se qualcuno ha qualcosa da ridire, parli adesso.”

Nessuna obiezione.

“La decisione è presa!” esclamò Naruto battendo un pugno sul palmo della mano.

“Mi raccomando,” disse Minato rivolgendosi a tutti. “State sempre all’erta e non abbassate mai la guardia! Se dovessero esserci problemi, scappate e riunitevi con un altro gruppo. Dividiamoci nei quattro punti cardinali, mentre un gruppo andrà al centro del castello. In questo modo i principi saranno costretti a dividersi a loro volta per attaccarci. Buona fortuna a tutti!”

Detto questo, ogni gruppo si divise e cominciò a correre per le sale. Minato e Kushina si diressero verso la zona ad ovest del castello, Fugaku e Mikoto in quella a nord, Sasuke e Sakura verso est, nella zona d’ingresso, e Naruto e Hinata avanzarono verso il centro della fortezza. Mentre tutti gli altri si muovevano, Boruto e Sarada erano rimasti fermi nella sala.

“Come facciamo ad attirare una delle bestie qui?” chiese la ragazza aggiustandosi gli occhiali e guardando il biondo con serietà.

Il ragazzo col mantello fece un passo in avanti, sorridendo feralmente. “Ho un’idea!”
 

SQUADRA 1

Mikoto e Fugaku stavano correndo per diversi corridoi, quando dopo un po’ di tempo si ritrovarono in una stanza ampia dalla forma quadrata. Un gigantesco camino si ergeva su una parete frontale completamente spoglia, mentre davanti ad esso c’erano alcune poltrone di tessuto rosso, molto pregiate. Nella zona in fondo alla sala invece, erano presenti numerosissimi scaffali alti qualche metro e ricolmi di pergamene e libri di diverse forme e dimensioni. Gli scaffali erano allineati in diverse file, formando così dei piccoli corridoi all’interno della stanza. Ai lati della sala, si trovavano diversi tavoli da studio pieni di fogli, penne da scrivere e vasetti d’inchiostro.

“Che strano posto” pensò Fugaku. “Sembra quasi una specie di studio, o di biblioteca.”

Prima che i due potessero ispezionare meglio ciò che li circondava, un ringhio basso e feroce proveniente da dietro di loro li fece voltare di scatto.

Il Lupo era proprio dinanzi la porta, a quattro zampe, il pelo sul suo corpo umanoide rizzato, la coda tesa e la sua espressione ferale e minacciosa mentre li osservava coi suoi occhi rossi pieni di rabbia e brama di uccidere.

“Sembra che ci abbia trovato subito.” disse Mikoto portandosi affianco al marito ed impugnando dei kunai.

“Al contrario,” rispose Fugaku con un ghigno. “Siamo noi ad aver trovato lui in fretta!”

La bestia avanzò lentamente verso di loro, le zanne snudate in un ringhio minaccioso. I due coniugi si scambiarono un’occhiata d’intesa.

“Il solito?” chiese Fugaku assumendo una posa da combattimento.

“Il solito.” confermò Mikoto con un sorriso confidente.

Lo scontro iniziò.

Con uno scatto fulmineo in avanti, la bestia tentò di azzannarli alle gambe, ma i due riuscirono a prevedere la sua mossa con lo Sharingan e lo evitarono saltando ai lati opposti.

La donna atterrò su una delle poltrone e lanciò i suoi kunai contro la bestia, la quale li schivò balzando subito all’indietro.

In quel momento Fugaku fece la sua mossa. Appena il principe Lupo toccò terra, l’Uchiha gli saltò addosso, sferrandogli un calcio sulla spalla. La creatura venne colpita in pieno, e si scaraventò proprio contro il camino della stanza con forza, distruggendolo con un tonfo fragoroso ed alzando grosse nuvole di polvere e cenere.

Mikoto passò in rassegna a diversi sigilli con le mani. Katon: Endan!” urlò. (Fiammata)

La fiammata della sua tecnica investì il punto dove era stato fiondato il principe senza pietà, inondandolo di fuoco per diversi secondi. Ma, all’improvviso, dalle fiamme balzò fuori ancora una volta il Lupo, il quale si mise a correre subito verso di loro, completamente illeso dagli attacchi e latrando di rabbia con le zanne scoperte.

Fugaku scattò in avanti e tentò di colpirlo alle zampe anteriori, ma il nemico fu più rapido. Avvitando il corpo verso destra con un movimento disumano, il Lupo evitò il pugno diretto verso di lui con facilità, e spalancando le fauci azzannò con forza il collo dell’Uchiha prima che potesse reagire anche con lo Sharingan.

Era caduto in trappola.

“ORA!”

Appena le sue zanne affondarono nel suo corpo, un violento spruzzo di fango uscì fuori dalla ferita, investendo il Lupo sulla faccia ed accecandolo. Il clone di terra di Fugaku, appena fu libero dalla morsa, bloccò subito il principe portandosi alle sue spalle ed afferrandolo dal collo con le braccia per impedirli di scappare, invischiandolo di fango ed immobilizzandolo.

Il Lupo ringhiò di rabbia e si dimenò dalla presa per diversi istanti, graffiando e tentando di mordere il clone con forza, ma il fango divenne subito solido e gli impedì di liberarsi dalla stretta. Mentre continuava a dimenarsi, i due coniugi notarono uno strano simbolo nero ovale sul petto del principe. Il punto debole che stavano cercando.

“Adesso!” urlò Fugaku.

Mikoto non perse tempo. In meno di un secondo saltò in avanti, e con un kunai in mano si scagliò con forza contro la bestia immobilizzata, colpendola in pieno petto proprio sopra il simbolo sul cuore, affondando in profondità la lama dell’arma nella carne del mostro. Dalla ferita fuoriuscì del sangue nero. Il Lupo guaì con forza, dimenandosi incessantemente per diversi secondi ed emettendo un lamento assordante. Dopo alcuni secondi, però, si fermò di botto, e s’irrigidì all’istante, teso come una statua.

Poi, a partire dalle zampe posteriori, il corpo del principe cominciò senza preavviso a pietrificarsi lentamente dal basso verso l’alto, fino a trasformarlo completamente in una statua.

Mikoto e Fugaku osservarono allibiti la scena. Non appena il Lupo fu completamente pietrificato, il suo corpo andò in frantumi di colpo, crollando a terra in un cumulo di macerie e pietra. Il silenzio tornò a regnare nella sala.

Avevano vinto.

“Beh, non è stato tanto difficile. Vero, tesoro?” disse Mikoto con un sospiro.

“Già! Per niente!” confermò Fugaku, incrociando le braccia con un sorriso.

Ma prima che potessero dire altro, una fragorosa esplosione si sentì rimbombare per tutto il castello in lontananza, facendo tremare le pareti e spaventandoli a morte.

KABOOOM!

I due Uchiha si girarono verso l’uscita della sala, sconvolti.

“Che diavolo succede?” esclamò Mikoto.
 


SQUADRA 2

Sasuke e Sakura erano appena arrivati all’ingresso della fortezza che avevano lasciato precedentemente, osservando la confusione ed i detriti di pietra che avevano ricoperto il pavimento a causa dello scontro di prima. Si guardarono attorno attentamente, tesi nel caso una delle creature potesse comparire da un istante all’altro.

“Siamo tornati all’ingresso.” disse Sakura dopo un po’ di silenzio imbarazzante.

“Hn.” fu l’unica risposta di Sasuke, il quale scrutava minuziosamente con lo Sharingan l’ambiente attorno a loro.

Sakura sospirò sommessamente. Anche se il suo compagno si era finalmente pentito per le sue azioni dopo tutto questo tempo, continuava ancora a trattarla con un certo distacco e disinteresse, ignorandola per la maggior parte del tempo che erano insieme. Anche con Naruto si comportava similmente, nonostante avesse qualche volta scambiato qualche parola con lui di tanto in tanto. La cosa faceva soffrire molto la ragazza.

“Ehi, Sasuke-kun…” cominciò a dire lei, esitando un po’. “Posso chiederti una cosa?”

Il ragazzo si voltò leggermente e la fissò di sbieco senza dire nulla, ma annuì debolmente.

“Perché continui a distanziarti da noi?” chiese Sakura fissandolo con tristezza. “Perché continui a ignorarci? Ad ignorare Naruto? Ad ignorare me? Perché non torniamo ad essere una squadra come una volta?”

Il giovane corvino si voltò ancora e riprese a guardarsi intorno. “Non è così semplice, Sakura.” rispose alla fine senza guardarla.

“Non lo metto in dubbio, ma tu potresti renderlo più facile.” riprese lei con enfasi.

Il ragazzo scosse piano la testa. “Non posso.” riprese ancora, il suo tono basso e distaccato. “Non posso cambiare il passato. Non posso dimenticare quello che ho fatto così come se nulla fosse. Le cose non funzionano in questo modo.”

Sakura aggrottò le sopracciglia. “Non ricordi cosa hanno detto i tuoi genitori? Non permettere al tuo passato di rovinarti il futuro! So che quello che hai fatto è sbagliato, ma puoi ancora rimediare! Puoi ancora riuscire a tornare indietro! C’è ancora speranza! Non sei da solo in questo…”

Sasuke abbassò lo sguardo. Sapeva che Sakura aveva ragione, ma non riusciva ad accettarlo fino in fondo. Come poteva ritornare indietro dopo tutto quello che aveva fatto? Come poteva guardare in faccia i suoi amici dopo che li aveva rinnegati? Non poteva farcela. Aveva paura.

Lentamente si voltò verso di lei.

“Sakura, io…”

Non poté finire la frase che subito gli si raggelò il sangue nelle vene e le parole gli morirono in gola appena vide ciò che stava accadendo. I suoi occhi si sgranarono.

Proprio dietro la ragazza, a circa cento metri e senza che lei se ne fosse accorta, stava il principe Toro. E non era fermo. Stava caricando contro di lei con una velocità disarmante ma senza fare rumore, le corna puntate in avanti ed il collo teso e pronto all’impatto.

Senza esitare neanche per un secondo, Sasuke scagliò di getto un kunai verso il mostro alle spalle della ragazza, mancandola di striscio e spaventandola a morte. Il kunai colpì la creatura in testa, ma non fece alcun danno.

“Salta!” urlò allora il giovane con forza, incapace di raggiungere la ragazza in tempo.

Sakura, incredibilmente, reagì all’istante e riuscì ad evitare il colpo della creatura qualche secondo prima che la colpisse alle spalle, saltando e portandosi affianco a Sasuke. Il Toro si fermò di colpo, sbuffando rabbiosamente e pestando a terra. I suoi occhi rossi fissavano intensamente i due giovani con furia.

“G-Grazie Sasuke-kun!” disse Sakura ansimando, ancora scossa dallo spavento.

“Stai all’erta! Non abbassare la guardia!” intimò lui, irrigidendosi.

Il Toro muggì con forza e riprese a caricare contro di loro rapidamente. I due giovani si prepararono ad attaccare.

Con un urlo rabbioso, Sakura scagliò un pugno potentissimo a terra, facendo incrinare il pavimento ed alzando davanti a sé un grosso pezzo di pietra come scudo appena la creatura le fu abbastanza vicina. Con uno schianto fragoroso, il Toro colpì in pieno il pezzo di pavimento con la testa, facendolo barcollare. Non ebbe neppure il tempo di riprendersi che subito dopo Sasuke gli comparve davanti, la mano destra completamente ricoperta da una scia elettrica bluastra.

Chidori!” (Mille Falchi)

L’attacco del ragazzo corvino lo prese in testa, proprio in mezzo alle corna, e tutta la creatura fu investita da una violentissima scarica elettrica che la percorse per tutto il corpo violentemente e la fece tentennare per qualche secondo. Appena la scarica elettrica cessò, un pugno dalla forza micidiale colpì il Toro sulla guancia con un sonoro CRACK, facendolo rotolare con forza a terra per diversi metri. Sakura fece schioccare la mano, soddisfatta dal successo.

Sasuke si portò subito vicino a lei. “Bel colpo, hai dei buoni riflessi!”

“Grazie,” disse lei arrossendo un po’ e guardando in basso. “Tsunade-sama mi ha addestrata bene.”

Ma, improvvisamente, dalle macerie del pavimento la creatura si rialzò rapidamente scuotendo la testa e sbruffando con vigore e rabbia.

“Dannazione, non ha avuto effetto!” imprecò Sakura.

“Dobbiamo tentare di colpirlo al petto, dove dovrebbe avere il simbolo di cui parlava Boruto!” ragionò Sasuke, senza distogliere lo sguardo dalla bestia.

“Come facciamo?” domandò la ragazza.

Il ragazzo si voltò verso di lei e la fissò con serietà.

“Ascoltami attentamente!”

Dopo qualche secondo di tregua il Toro muggì rabbiosamente, facendo riecheggiare il suo lugubre verso per tutta la sala con forza, per poi riprendere a caricare con più rapidità ed enfasi di prima contro i due ragazzi. Entrambi, stavolta, rimasero fermi ed immobili. La bestia continuava ad avanzare incessantemente. I due non si mossero.

Cinquanta metri. Ancora nulla.

Trenta metri. Niente.

Venti metri. Nessun movimento.

Dieci metri. Entrambi s’irrigidirono all’istante, ma non fecero un passo.

Cinque metri.

Era il momento.

“Ora, Sakura!” urlò Sasuke.

“Shannarooo!”

Con un urlo di rabbia, la ragazza colpì ancora una volta il pavimento con un pugno potentissimo, prima che la bestia potesse raggiungerli. Questa volta, però, l’effetto fu diverso dal precedente.

Il pavimento sotto i piedi del Toro, infatti, si frantumò all’istante, e grossi pezzi di pietra s’innalzarono in alto con forza dal punto colpito da Sakura.

Il principe fu immediatamente scagliato verso il soffitto dalla violenza del colpo, muggendo con violenza ed agitando freneticamente le zampe dallo spavento. Ma non ebbe il tempo di riprendere l’equilibrio, perché Sasuke si scagliò contro di lui con forza, la mano destra puntata in avanti e coperta da una scarica scattante di fulmini.

Raikiri!” (Taglio del Fulmine)

Il Toro, privo di equilibrio e senza alcun appoggio, fu completamente incapace di difendersi dall’attacco del ragazzo, che lo colpì in pieno petto con forza nel punto dove presentava un simbolo ovale, spingendolo ancora più in alto fino a farlo schiantare contro il soffitto. La violenza dell’attacco fu talmente grande che la mano di Sasuke perforò completamente la pelle della bestia, trapassando la carne ed i tessuti senza pietà.

Con un ultimo straziante muggito di dolore, il principe spirò. Dopo alcuni secondi il suo corpo si frantumò in mille pezzi di pietra, i quali caddero a terra come gocce d’acqua durante la pioggia. Sasuke atterrò qualche secondo dopo, annullando la tecnica nella mano con un sospiro.

Sakura lo raggiunse in un attimo. Sasuke si voltò verso di lei con un sorriso, ma non riuscì a proferire parola, poiché la ragazza lo travolse senza preavviso in un forte abbraccio. Il ragazzo rimase senza parole, incapace di registrare completamente il gesto di Sakura.

“Ce l’abbiamo fatta Sasuke-kun!” disse lei con un sorriso, stringendolo con affetto. “Lo abbiamo sconfitto! Siamo una squadra imbattibile!”

Sasuke era rimasto allibito, con la bocca e gli occhi sgranati. Sakura lo stava abbracciando dopo così tanto tempo. Nonostante tutto quello che aveva fatto in passato, Sakura lo stava abbracciando come quando erano bambini. Nonostante avesse tentato di ucciderla una volta, lei continuava a cercarlo e a non volerlo abbandonare. Nonostante tutto il male che aveva compiuto in nome della vendetta, lei non aveva mai smesso di amarlo.

E, per quanto la cosa fosse ingiusta, sentiva che tutto questo lo rendeva felice. Anche se non si meritava una simile affezione da parte di Sakura, una parte di lui voleva credere che fosse giusto così. Una parte di lui sentiva che era quello che voleva per tutta la vita. Il suo cuore ambiva ancora alla felicità.

Dopo qualche secondo di esitazione, Sasuke ricambiò l’abbraccio.

“Grazie, Sakura.”

KABOOOM!

Il loro momento di affetto fu improvvisamente interrotto dal fragore di un’esplosione proveniente da un’altra zona del castello. Entrambi si voltarono si scatto nella direzione da cui proveniva.

“Cos’è stato?” urlò Sakura.

 



Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto. Il prossimo dovrebbe uscire dopodomani, ma potrebbe esserci un pò di ritardo a causa di impegni personali, quindi in caso mi scuso in anticipo. Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno! A presto! ;)

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Capitolo 19
*** Fortezza e Bestie 4 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

Fortezza e Bestie 4


SQUADRA 3

Minato e Kushina stavano correndo fianco a fianco per i lunghi corridoi della fortezza alla ricerca di uno dei principi da attirare lontano dagli altri. Esplorarono diverse stanze del castello, attraversarono interminabili corridoi monotoni e bui, ma ancora non avevano trovato nulla. Neanche l’ombra di una delle bestie o di qualcosa anche remotamente simile ad un manufatto.

“Dove diavolo sono finiti?” esclamò Kushina, frustrata dalla ricerca che andava avanti da decine di minuti ormai. “Prima ci saltano tutti addosso, e un minuto dopo non si fanno più vedere! È come se fossero spariti nel nulla!”

“Calmati Kushina,” la richiamò Minato seriamente. “Non distrarti! Potrebbe essercene uno qui vicino senza che ce ne siamo accorti. Potremmo finire in trappola se non stiamo attenti!”

La donna brontolò qualche secondo, ma continuò a cercare attorno. Mentre avanzarono, giunsero dentro ad una stanza particolare. Era lunga decine di metri, di forma rettangolare. Ai muri si trovavano appesi molti quadri raffiguranti paesaggi esotici e colorati, mentre sul soffitto pendeva un grosso lampadario pieno di candele spente. Al centro della sala, proprio sotto al lampadario, si trovava un lungo tavolo rettangolare ricoperto da una tovaglia bianca, ai cui lati erano presenti diverse sedie di legno coperte da stoffa rossa. Il tavolo era imbandito con piatti vuoti, calici e posate di metallo e piccoli candelabri per tutta la sua superficie. Sul lato destro della sala, un piccolo arco di pietra faceva accedere ad una minuscola stanza piena di pentole, piatti e stoviglie appese ai muri.

Minato e Kushina si guardarono attorno attentamente.

“Deve essere la sala da pranzo.” disse la donna.

“Così pare.” confermò Minato. “Anche se non sembra essere stata utilizzata di recente. Ogni cosa qui è ricoperta da polvere, e non mi sembra che qualcuno abbia toccato qualche oggetto da molto tempo.”

Kushina si avvicinò al tavolo. “Chissà come doveva essere questo posto una volta…” si chiese.

“Non abbiamo modo di saperlo.” disse l’Hokage portandosi affianco a lei. “Ma ogni cosa in questo castello sembra essere stata costruita a misura d’uomo. La cosa è molto strana.”

La donna si voltò a guardarlo. “Pensi che gli abitanti di questo posto fossero umani?”

Lui esitò qualche istante. “Non lo so.” rispose alla fine. “Potrebbero essere stati qualsiasi altra creatura, come ad esempio un tipo di specie molto simile all’uomo. Però quei quadri che abbiamo visto raffiguravano persone come noi, quindi credo che Eldia sia davvero un mondo popolato da esseri umani.”

“Ma non ne abbiamo visto neanche uno finora!” disse Kushina.

“La colpa potrebbe essere del drago,” riprese Minato. “Ma non possiamo averne la certezza.”

“L’Eremita ha detto che esistono diversi mondi oltre a questo ed al nostro,” disse la donna. “Forse esistono anche altri esseri umani in quei mondi! Persone con storie e culture diverse dalla nostra!”

Minato annuì. “È molto probabile, ma adesso non possiamo perdere tempo! Continuiamo a cerca-“

KABOOOM!

Il fragoroso boato di un’esplosione distante riecheggiò per tutto il castello, facendo tremare tutte le pareti ed il terreno con forza.

“Che diavolo è successo?” esclamò Kushina, guardandosi attorno freneticamente.

L’Hokage era teso e immobile, e si voltò di scatto verso l’uscita della stanza. “Presto!” gridò verso di lei. “Proveniva dalla zona dove sono rimasti Boruto e Sarada!”

Entrambi scattarono di corsa verso l’uscita, ma qualcosa li fece bloccare immediatamente.

Con un improvviso balzo all’indietro, i due evitarono con relativa facilità un gigantesco blocco di pietra scagliato contro di loro con forza e velocità, il quale si schiantò fragorosamente sul pavimento con un tonfo sordo. Minato e Kushina atterrarono l’uno di fianco all’altra, e si trovarono davanti al loro assalitore.

Il principe Orso era misteriosamente comparso davanti alla porta della sala, e li fissava con i suoi orribili occhi rossi. Era in piedi su due zampe, il suo enorme corpo peloso curvo verso di loro e la bocca semiaperta in un ringhio animalesco. Nella zampa anteriore sinistra reggeva un secondo blocco di pietra, pronto ad essere scagliato contro di loro.

“Guarda un po’ chi si rivede!” disse Kushina con un ghigno. “Il piccolo orsacchiotto di prima vuole impedirci di uscire! Come sei tenero! Mi fai quasi tenerezza!”

L’Orso ruggì ferocemente appena udì le sue parole di scherno, battendo le zampe posteriori a terra e frantumando il pezzo di pietra con quelle anteriori.

“Ehm, Kushina…” disse Minato con un sorriso preoccupato, girandosi lentamente verso di lei. “Ricordi che non è mai una buona mossa provocare l’avversario?”

“Oh suvvia, Minato! Non fare la femminuccia!” disse lei guardandolo annoiata. “Non vorrai farmi credere di essere spaventato da quella sottospecie di mostro! Lo abbiamo quasi steso prima, ricordi?”

“Sì, ma non dobbiamo mai sottovalutare un nemico! Neanche quando-”

Non ebbe il tempo di finire la frase, poiché con una ferocia ed un’agilità inaudita, il principe si scagliò contro di loro percorrendo la distanza che li separava in un secondo e lanciando una zampata contro Kushina. La donna non sarebbe mai riuscita ad evitare completamente il colpo, ma per fortuna il marito l’afferrò poco prima di essere presa in pieno dalla bestia, e si teletrasportarono entrambi dall’altra parte della sala.

“Che ti avevo detto?” disse sarcasticamente l’Hokage con un sospiro di sollievo.

“Stai zitto!” brontolò Kushina, assumendo immediatamente una posa di difesa.

La bestia ruggì con rabbia, furiosa di aver mancato il bersaglio, e riprese a correre contro di loro con foga. Stavolta, anche Kushina si lanciò verso di lei.

Appena furono vicini, l’Orso tentò di nuovo di graffiarla con la zampa destra, ma lei evitò l’attacco abbassandosi al momento giusto e ricambiando l’offensiva con un calcio nello stomaco. Il colpo non ebbe alcun effetto, e il principe sollevò una zampa in alto per colpirla di nuovo. Ma prima di poterla abbassare per attaccare, un grosso Rasengan lo colpì di fianco con forza, cortesia del Quarto Hokage che si era immediatamente teletrasportato affianco a lui.

L’Orso tentò di voltarsi verso di lui, ma dopo neanche un secondo venne scagliato di lato e finì col sbattere la schiena con forza contro il muro della sala, creando delle grosse crepe nella pietra. Tuttavia riuscì incredibilmente a reggersi in piedi affondando gli artigli delle zampe posteriori nel pavimento.

Scrollandosi il corpo una volta sola, atterrò su tutte e quattro le zampe e, voltandosi verso i due coniugi, ruggì di nuovo preparandosi ad attaccare ancora.

“Come pensavo, il mio Rasengan non ha avuto effetto.” disse tra sé Minato, osservando la creatura con uno sguardo freddo e calcolatore.

“Hai notato anche tu il simbolo sul suo petto, vero Minato?” chiese Kushina portandosi affianco al marito.

L’Hokage annuì. “L’ho visto proprio prima di colpirlo. Boruto aveva ragione, quello deve essere il suo punto debole.”

La donna si mise davanti a lui, dandogli le spalle. “Io proverò ad immobilizzarlo ancora una volta con le mie catene!” disse con un tono serio. “Tu vedi di colpirlo sul cuore e fallo fuori!”

Minato ghignò. “Agli ordini!” scherzò.

Era buffo che proprio lui, il Quarto Hokage, si lasciasse comandare in un modo simile da un altro Shinobi proprio nel mezzo di uno scontro. Aveva lottato con tutta la sua anima per raggiungere quel titolo, ed era abituato a dare ordini lui stesso ormai, non più ad eseguirli come un tempo. Anche se, questa volta, ad impartire comandi era Kushina, e questo cambiava decisamente la situazione.

Dopotutto, se c’era una cosa di cui Minato aveva davvero paura, era vedere sua moglie arrabbiata. L’ultima volta che era successo, Jiraya-sensei era finito per tre giorni in ospedale con una frattura al mento e con una gamba rotta per averle regalato un bikini improponibile per celebrare la futura nascita di Naruto.

Per farla breve, il Quarto Hokage, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a nessuno, era come un bambino spaventato quando si trattava di doversela vedere con sua moglie quando era arrabbiata.

Per questo Minato aveva promesso a se stesso di non farla mai infuriare sin da quando aveva dodici anni.

Kushina si mise a correre contro la bestia, formando diversi sigilli con le mani.

DOTON:” urlò poi saltando in aria. “Doro Domu!” (Detriti di Terra)

Appena prima di atterrare, la donna scagliò un potente calcio contro il pavimento, proprio dinanzi al mostro, facendo frantumare la pietra in mille pezzi. I blocchi colpiti dalla tecnica si innalzarono di scatto in avanti, creando una grande prigione circolare di pietra che circondò completamente l’Orso, impedendogli di muoversi. Per tutta risposta, il principe balzò in alto, evitando così il muro formatosi coi pezzi del pavimento.

Ma non era finita.

Portandosi sopra di lui con un Sunshin no jutsu, (Tecnica del Movimento Corporeo Istantaneo) Kushina sferrò un secondo calcio proprio sulla testa della bestia, prendendolo in pieno e scaraventandolo in basso. Poi, prima ancora che l’Orso potesse atterrare, unì insieme le mani e dalla sua schiena uscirono di nuovo quattro catene eteree di chakra dorate, che andarono a colpire in pieno il principe.

KONGO FUSA!” urlò ancora la donna. (Catene d'Amianto)

La violenza dell’attacco fu incredibile. Le catene colpirono la bestia in pieno petto e la scaraventarono sull’enorme tavolo della sala in meno di un secondo, distruggendolo completamente e frantumando persino il pavimento sottostante.

Il principe però era ancora illeso, e si dimenò con forza tentando di liberarsi dalla tecnica, azzannando e afferrando con le zampe le catene che lo avvolgevano dal petto, ma nonostante la sua immensa forza fisica non ci riuscì.

“Non credere che sia finita!” urlò ancora Kushina.

Utilizzando soltanto la forza del pensiero, la donna riuscì a sollevare ed a muovere le catene, facendo alzare esse e l’Orso da terra, e cominciò subito dopo a sbatterlo ripetutamente per tutte le pareti della sala diverse volte per molti secondi. Tutta la sala si riempì di crepe profonde, ed il suono di ruggiti di dolore e di pietra che si frantumava riecheggiarono per diversi secondi in tutta la stanza. Alla fine, Kushina fece fermare le Catene d’Amianto, scagliando la bestia a terra per l’ultima volta, liberandola dalla presa.

“Minato!”

Neanche un secondo dopo, il Quarto Hokage si materializzò davanti all’Orso mentre esso era stato inchiodato a terra dalla violenza dell’attacco precedente, e prima ancora che potesse muovere anche un solo muscolo, con la velocità di un lampo Minato affondò uno dei suoi kunai a tre punte proprio sul suo cuore senza esitazione.

L’Orso ruggì fragorosamente appena fu colpito, e cominciò a dimenarsi con forza ed a lanciare zampate in ogni direzione, costringendo Minato a teletrasportarsi subito lontano da lui. Dopo alcuni secondi di agonia, la bestia si fermò di botto, e tutto il suo corpo si pietrificò all’istante.

“Che sta succedendo?” chiese Kushina, osservando con stupore il principe divenire pietra.

Ma proprio un secondo dopo, tutto il corpo dell’Orso si frantumò in mille pezzi, distruggendo la creatura definitivamente.

Dopo alcuni secondi di silenzio, Minato si voltò verso la moglie. “Sembra che sia finita.” disse con un sorriso.

La donna annuì, sorridendo a sua volta. “Niente e nessuno può sconfiggere il miglior duo della storia dei ninja!” rispose lei scherzosamente, dandogli una pacca sulla spalla.

“Comunque non possiamo perdere tempo!” riprese seriamente Minato. “Andiamo subito da Boruto e Sarada. Possono essere in pericolo!”

Con un movimento fulmineo, l’Hokage afferrò la moglie ed entrambi si teletrasportarono subito via dalla stanza.
 



SQUADRA 4

“DillequalcosaDillequalcosaDillequalcosaDillequal…”

Naruto ed Hinata stavano esplorando anche loro le infinite stanze della fortezza come tutti gli altri, addentrandosi sempre più nel cuore del castello. Ma, sin da quando avevano cominciato a cercare i principi ed il manufatto, nessuno dei due aveva proferito una singola parola, restando sempre in silenzio. Dire che la situazione era imbarazzante sarebbe stato scontato e molto, molto riduttivo.

Hinata continuava a fissare ogni angolo delle stanze che attraversavano col suo Byakugan, evitando sempre volontariamente di posare lo sguardo sul suo compagno biondo. Quest’ultimo, da parte sua, tentava invano di guardarsi attorno in un futile tentativo di calmarsi a causa della situazione. E non faceva altro che ripetersi la stessa frase in testa da decine di minuti ormai.

“Forza Naruto!” imprecò tra sé, frustrato e nervoso. “Non puoi restartene tutto il tempo in silenzio. Dì qualcosa! Rompi il ghiaccio! Qual’era quella frase che Ero-sennin diceva sempre di usare nel caso mi fossi ritrovato da solo con una ragazza?”

OK, NO!

Bloccò immediatamente il flusso di ricordi. Era meglio non ricordare i consigli di Jiraya-sensei. Specialmente quando essi riguardavano le donne. Naruto era ingenuo, ma non era certamente così stupido da non capire che quell’uomo non aveva il benché minimo tatto con l’altro sesso. Meglio tentare di essere se stesso.

“Dannazione! Che cosa faccio?” urlò mentalmente, afferrandosi la testa in un moto di frustrazione.

“Naruto-kun?”

Il ragazzo si voltò di scatto verso Hinata ad udire le sua parole, confuso.

“Huh?”

“V-Va tutto bene?” chiese ancora la ragazza a bassa voce. “Stai sudando molto! E ti sei afferrato la testa di scatto! Ti senti bene?”

“È così evidente?!” esclamò mentalmente Naruto.

“Tranquilla Hinata-chan!” rispose dopo un secondo, ridendo nervosamente e grattandosi la nuca. “Sto benissimo, non temere! Ero solo in sovrappensiero! Davvero! Ehehehe…”

Hinata sembrò calmarsi un po’ dopo la sua spiegazione. Gli rivolse un sorriso incerto ma sincero. “Meno male.” disse con un sospiro.

“S-Si era preoccupata per me?” si domandò il ragazzo, stupito.

“C-Comunque sia,” riprese a dire lui subito dopo guardando in alto, imbarazzato. “Non ti sembra strano? Non abbiamo trovato nessun nemico finora! Niente di niente!”

La ragazza annuì lievemente. “G-Già!” disse semplicemente.

Il silenzio tornò a regnare tra i due, più imbarazzante di prima.

“C-Calmati Hinata! Non puoi innervosirti ogni volta che parli con lui! Dì anche tu qualcosa!”

Facendo un grosso respiro, la ragazza si rivolse di nuovo verso Naruto.

“N-Naruto-kun,” cominciò a dire, gli occhi chiusi ed i pugni serrati dallo sforzo di superare la tensione. “M-Mettiamocela tutta per superare questa missione!”

Ci fu un’imbarazzante pausa in cui nessuno disse nulla.

“Kyaaah! Perché ho detto una cosa simile?” si rimproverò mentalmente Hinata.

Il biondo la guardò confuso. Da che pulpito le era uscita quell’affermazione così fuori luogo?

“Certo, Hinata-chan! Mi impegnerò al massimo!” disse alla fine, senza capire. “E non temere! Se ci dovessimo trovare in pericolo io ti proteggerò! Non ho dimenticato la mia promessa!” dichiarò con un sorriso dentato pieno di confidenza.

Hinata sorrise ampiamente all’udire ciò. Naruto era sempre così coraggioso ed impavido. Quanto avrebbe voluto essere un po’ come lui. Poter affrontare ogni situazione a testa alta come faceva lui. La sua voglia di non arrendersi mai, il suo Nindo, era ciò che lei ammirava di più di quel ragazzo. Le sue parole, in qualche modo, la fecero sentire più al sicuro.

“G-Grazie!” sussurrò lei guardando in basso.

Erano entrambi immersi talmente tanto nella loro breve discussione, che si accorsero soltanto dopo alcuni secondi di essere giunti davanti ad un grosso portone nero in fondo ad un lungo salone vuoto. Ogni anta della porta era alta almeno cinque metri, e fatta completamente in legno nero.

“Wow! Che porta gigantesca!” esclamò Naruto.

Hinata annuì, colpita. Non aveva mai visto un ingresso così monumentale per una stanza. Qualunque cosa ci fosse oltre quel portone, doveva essere molto importante. I due ragazzi si lanciarono uno sguardo d’intesa, poi annuirono entrambi. Poggiando ciascuno le mani su una delle ante, cominciarono a spingere in avanti.

La porta cominciò ad aprirsi lentamente, facendo un rumore metallico molto intenso per tutto il tempo. Appena le due ante si furono allontanate abbastanza da permettere loro di entrare, Naruto ed Hinata oltrepassarono l’ingresso.

Rimasero allibiti e sconvolti.

La sala era ENORME! Di forma quadrata, ogni lato lungo circa venti metri. Il soffitto era altissimo e a punta, composto da delle vetrate che illuminavano tutta la stanza. Al centro del soffitto pendeva poi da un filo di metallo dorato un gigantesco lampadario di cristallo che inondava la sala con una luce biancastra.

Ai lati della sala una lunga fila di armature di metallo erano poggiate ai muri, con in mano delle lunghe lance di ferro. Dall’inizio della porta invece, proprio dove si trovavano i due ragazzi, un lungo tappeto rosso si stendeva a terra in avanti, giungendo poi dinanzi ad alcuni scalini di marmo bianchi. Sopra di essi, su un piano rialzato rispetto al resto della sala, si ergeva un gigantesco trono.

Era fatto completamente in pietra grigia levigata a mano, e su ogni suo bordo erano stati incastonati diversi gioielli come rubini, zaffiri e smeraldi. Sul seggio e sui bracciali erano presenti dei cuscini di seta rossa, su cui si trovava poggiato un oggetto che i due non riuscirono a distinguere perché troppo distratti da un altro particolare. Sulla parete dietro al trono, infatti, un gigantesco mosaico in pietra raffigurava una scena particolare.

Naruto ed Hinata rimasero colpiti e senza fiato nel vedere una simile raffigurazione.

Il mosaico raffigurava su uno sfondo azzurro una strana e gigantesca creatura con le gambe simili a quelle di un toro ed una lunga coda, mentre il busto, le braccia ed il volto erano umani e di colore rossiccio. La sua faccia era allungata, e gli occhi, i capelli e la barba erano piuttosto giallastri. La parte superiore del corpo era molto muscolosa. Sulla testa aveva due lunghe corna nere ricurve all’indietro, e la coda era anch’essa gialla come la barba. La strana creatura era inginocchiata e curva con le mani protese in avanti verso un’altra figura. Quest’ultima era indubbiamente una giovane fanciulla vestita completamente di bianco, con dei lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri. La creatura tendeva verso di lei un piccolo oggetto rotondo e bianco, e la fanciulla aveva la mano destra protesa verso di esso, come nell’atto di afferrarlo, mentre con l’altra tendeva a sua volta verso la creatura un secondo oggetto rotondo di colore rosso.

I due ragazzi rimasero con lo sguardo incollato su quella raffigurazione per diversi secondi, quando poi all’improvviso un ringhio basso e continuo li ridestò dallo stupore.

Al centro della sala, davanti agli scalini che portavano al trono, c’era il principe Volpe.

La bestia era ferma su quattro zampe, il pelo rossiccio che le ricopriva il corpo deforme rizzato in aria, la coda tesa e rigida e lo sguardo feroce puntato verso i due giovani in fondo alla sala.

“Eccolo là!” esclamò Naruto. “Uno dei principi!”

Hinata attivò immediatamente il suo Byakugan stavolta, osservando con attenzione la creatura. A differenza dei Goblin, quest’ultima possedeva un debole ma preciso flusso di chakra nel suo sistema corporeo. Era un flusso debole e appena visibile anche con i suoi occhi, tuttavia c’era un punto preciso del corpo dove il flusso diventava più evidente, un punto dove tutto il chakra veniva raccolto e pompato nel sistema circolatorio della creatura. Quel punto si trovava proprio sopra il cuore della Volpe.

“Boruto-kun aveva ragione,” disse Hinata rivolgendosi al biondo. “La creatura ha davvero un punto dove affluisce tutto il suo chakra! Proprio sul petto!”

Naruto aggrottò le sopracciglia, teso. “Quindi se lo colpiamo su quel punto dovremmo essere i grado di sconfiggerlo, giusto?” chiese.

“Sì!” confermò quella. “Tutta l’energia del principe passa per il cuore, non potrebbe sopravvivere se esso venisse danneggiato.”

Proprio ciò che voleva sapere. Il biondo ghignò. “Molto bene allora!” disse battendosi un pugno sul palmo della mano. “Allora facciamola finita in fretta!”

Con un scatto improvviso, Naruto balzò in avanti verso la creatura, creando una familiare sfera di chakra nella mano destra.

Rasengan!” urlò, portandosi proprio davanti ad essa e puntandole contro l’attacco.

Ma, proprio un istante prima di essere colpito, il principe Volpe evitò con facilità l’offensiva balzando di lato e schivando completamente la sfera azzurra del giovane che si schiantò nel pavimento con un boato fragoroso.

Subito dopo la bestia cominciò a correre verso Hinata, muovendosi a zigzag e snudando i denti aguzzi. La ragazza assunse una posa di difesa.

Immediatamente dopo però, la creatura spalancò le fauci ed emise ancora una volta quel suono acuto ed insostenibile di prima, il quale paralizzò completamente Hinata.

“N-Non riesco a sopportarlo!” urlò mentalmente la ragazza tappandosi le orecchie. “Non posso difendermi in questo modo!”

Prima ancora che lei potesse formulare un altro pensiero, la bestia era giunta davanti alla giovane, con i denti snudati e pronti ad azzannarla. La Volpe balzò sopra di lei. Hinata ebbe appena il tempo di alzare un braccio nel futile tentativo di difendersi, quando con una rapidità disarmate un’improvvisa scia di chakra dorato fuoriuscì dalla nuvola di fumo causata dal Rasengan di prima ed andò a colpire con forza la creatura di fianco.

Il principe venne scaraventato al muro con un tonfo. Hinata si voltò verso l’origine dell’attacco, sconvolta dalla rapidità ed efficacia che aveva avuto.

Quello che vide la lasciò a bocca aperta.

Naruto era proprio lì, fermo ed immobile. Ma qualcosa era decisamente cambiato in lui.

Tutto il suo corpo era avvolto completamente da un vorticoso e fiammeggiante chakra dorato, che gli faceva muovere continuamente tutti i vestiti ed i capelli e che dava l’impressione che tutto il suo corpo stesse andando a fuoco. Sotto al suo collo, proprio lungo le spalle, sei piccoli Tomoe neri simili a quelli che aveva l’Eremita erano comparsi sui vestiti, assieme ad una lunga scia nera che partiva dalle braccia fino a terminare alle gambe. Sull’addome poi era comparsa anche una spirale, proprio sopra il simbolo del sigillo in cui era racchiusa la Volpe a nove code.

Ma la cosa più sconvolgente erano i suoi occhi. Appena li vide, Hinata temette per diversi istanti che il ragazzo di cui era innamorata fosse in pericolo. Gli occhi di Naruto infatti, erano diventati di un colore rosso fiammeggiante e vivido, ma qualcosa era incredibilmente diverso in loro. Non erano gli stessi occhi demoniaci della Volpe che il ragazzo assumeva ogni volta che si adirava e faceva affidamento sul chakra del demone. Non erano gli stessi occhi feroci e privi di senno che Hinata aveva visto una volta e che ricordava ancora con enorme terrore. Niente affatto!

Quegli occhi erano privi di qualsiasi ferocia e bestialità rispetto a prima, e mostravano solo una fervida determinazione e decisione. Quelli erano davvero gli occhi di Naruto.

“N-Naruto-kun!” pensò, allibita.

Dal petto del ragazzo, notò ancora con stupore, fuoriusciva una vorticosa e lunga scia di chakra dorato che si stagliava in avanti, finendo proprio nel punto in cui era stato scagliato il principe.

Fu in quel momento che la ragazza capì una cosa. Quella non era affatto una scia di chakra.

Era un braccio!

Dal petto di Naruto era fuoriuscito un vero e proprio braccio artigliato fatto completamente di chakra, un braccio che si era mosso da solo in avanti e che aveva colpito in pieno la Volpe con una velocità disumana, scaraventandola sul muro della sala. Il braccio infuocato scomparve nel nulla dopo diversi istanti.

Naruto si mosse subito dopo verso di lei, più veloce di quanto si fosse mosso mai prima d’ora. La raggiunse in meno di un secondo.

“Hinata-chan!” disse, il suo tono preoccupato. “Va tutto bene? Sei ferita?”

La ragazza poté a malapena annuire, gli occhi e la bocca ancora spalancati dallo stupore. Ma nessuno ebbe il tempo di dire altro, perché una forte esplosione riecheggiò per tutta la fortezza e fece tremare i muri ed il pavimento con forza.

KABOOOM!

Naruto ed Hinata si voltarono di scatto. “Cos’è stato?” esclamò il biondo.

“Un’esplosione!” urlò sconvolta la ragazza.

Ma prima ancora che potessero riaprire bocca Naruto si frappose tra la ragazza e il muro sinistro con una velocità inaudita senza che lei capisse cosa stava succedendo. Un forte tonfo riecheggiò per tutta la sala. Hinata si voltò con gli occhi sgranati

Il principe Volpe si era mosso improvvisamente senza fare alcun rumore, ed aveva tentato ancora di saltarle addosso per attaccarla. E ci sarebbe riuscito in pieno se non fosse stato per Naruto. Il ragazzo era riuscito con dei riflessi sovrumani a frapporsi tra loro, e aveva bloccato la Volpe con un braccio, mentre con l’altro aveva evocato una gigantesca mano artigliata con cui l’aveva immobilizzata a terra senza pietà.

“Hinata!” urlò il biondo voltandosi verso di lei. “Colpiscilo sul cuore! Non riuscirò a trattenerlo per molto!”

La Volpe era a terra a pancia in su, rivelando sul petto uno strano simbolo ovale di colore nero. La sua testa era completamente schiacciata dalla mano dorata evocata da Naruto, la quale le impediva così di utilizzare l’attacco sonoro di prima. Ma nonostante questo, la bestia si dimenava con forza in tutte le direzioni, come un pesce fuor d’acqua, nel tentativo di liberarsi dalla morsa della zampa artigliata fatta di chakra dorato.

La ragazza si ridestò dallo stupore. Non c’era tempo da perdere. Aveva rischiato la vita già due volte, e se non fosse stato per Naruto sarebbe con molta probabilità morta per mano della bestia. Doveva agire subito. Doveva fargliela pagare.

In un impeto di collera, Hinata evocò in meno di un istante una spettrale figura di un leone blu sulla mano destra, scattando in avanti con un balzo e scagliando in avanti la mano.

Juho Soshiken!” urlò. (Pugno dei Leoni Gemelli)

Finì in meno di un secondo. Appena la tecnica colpì in pieno petto la Volpe, la creatura latrò di dolore da sotto la zampa dorata, schizzando sangue nero dalla sua ferita. Poi, dopo qualche secondo, tutto il suo corpo divenne di pietra e si frantumò a terra in mille pezzi.

Il silenzio tornò a regnare nella sala del trono per molti secondi.

Naruto ritrasse a sé il braccio, sospirando, mentre Hinata annullò la tecnica nella mano stringendo il pugno.

“È finita!” disse con un sorriso il biondo, rivolgendosi a lei. “Sei stata grande, Hinata-chan!”

La ragazza guardò a terra, i pugni serrati con forza.

“Huh?” fece Naruto, stupito dalla sua reazione. “Cosa succede Hinata?”

“Non è vero.” disse lei sommessamente.

Il ragazzo era più confuso di prima.

“Non ho fatto proprio nulla di grande! Niente di niente!” continuò subito dopo la Hyuuga senza alzare la testa, la sua voce spaventosamente vicina al pianto. “Sono stata totalmente incapace di agire e di difendermi! Non sono riuscita a prevedere le mosse del principe neanche coi miei occhi! La paura mi ha immobilizzata e non mi ha fatto reagire in tempo! Se non ci fossi stato tu sarei sicuramente morta per mano sua…”

Naruto rimase in silenzio a fissarla.

“S-Sono solo un fallimento!” disse ancora Hinata con le lacrime agli occhi. “Non sono capace di affrontare un’impresa simile! Sapevo di non essere adatta per questa missione! Sarei dovuta tornare indietro…”

“Hinata-chan!” esclamò improvvisamente con forza Naruto.

La ragazza alzò lo sguardo pieno di lacrime, confusa. Ma non fece in tempo a vedere cosa fosse successo che subito Naruto la strinse a sé in un abbraccio.

I suoi occhi si spalancarono, la sua faccia cominciò a divenire rossa. Naruto la stava abbracciando! Il ragazzo di cui era innamorata sin dai tempi dell’Accademia la stava davvero stringendo a sé. Era come un sogno. La sensazione che provava in quel momento era indescrivibile. Sentiva il corpo di Naruto ancora avvolto dal chakra dorato toccare il suo, procurandole un calore ed una sensazione di piacere incredibile. Sarebbe potuta restare per sempre in quella stretta e non uscirne più, senza lamentarsi. Per un secondo, dimenticò qualsiasi altro pensiero nella sua testa.

“Non dire più una cosa del genere!” disse dolcemente il biondo mentre la teneva stretta. “Non sei affatto un fallimento. Tu sei una valorosa Shinobi che ce la mette tutta in ogni cosa che fa.”

Hinata non riusciva a credere a quelle parole, ancora troppo scioccata dal fatto di essere abbracciata da Naruto. “M-Ma non sono stata capace di fare nulla!” riprese debolmente. “Non sono stata in grado di…”

“E con ciò?” disse lui con foga. “Solo perché non riesci la prima volta, niente ti impedisce di ritentare ancora. Niente ti impedisce di migliorarti ogni giorno.”

“N-Non lo so…” disse ancora lei senza convinzione. “Io non sono sempre decisa come te Naruto-kun. Non ho la tua determinazione.”

Il biondo la strinse di più a sé, facendola arrossire ulteriormente. “Credimi,” cominciò poi a dire con un tono basso e sommesso. “So come ci si sente ad essere considerati un fallimento.”

La ragazza sgranò gli occhi.

“E fidati quando ti dico questo,” disse ancora lui. “Tu non lo sei affatto. Io ho sempre visto in te una ragazza che ce la mette tutta, anche con i suoi limiti e le sue incertezze. Una ragazza che non si arrende davanti alle difficoltà. Tu sei una persona che ammiro proprio per questo!”

Hinata sentì il cuore cominciare a battere all’impazzata mentre ascoltava le sue parole. Lacrime calde le solcavano il viso. Le mani cominciarono a tremarle per l’emozione.

Improvvisamente, Naruto la spinse leggermente lontano da sé, interrompendo l’abbraccio e facendole così mancare la sensazione di calore che provava dalla vicinanza al suo corpo.

“E poi, non devi temere!” riprese però a dire subito dopo, guardandola negli occhi con un sorriso. “Te l’avevo promesso, ricordi? Anche se sei in pericolo, io ti proteggerò! Sei libera di tentare ancora per tutto il tempo che ti serve! Io sarò sempre al tuo fianco, quindi niente e nessuno ti potrà fare del male! Non ho paura di morire, se questo vuol dire che posso riuscire a proteggerti!”

Hinata sgranò gli occhi.

Il ricordo di quella frase che lei stessa pronunciò durante lo scontro con Pain le tornò improvvisamente in mente.

“In passato, non facevo altro che piangere, e mi arrendevo ancora prima di tentare. Ho sbagliato così tante volte…
Ma tu mi hai aiutato a correggermi e a trovare il coraggio che mi mancava, Naruto-kun.
Ti ho sempre inseguito. Volevo riuscire a raggiungerti. Volevo poter camminare al tuo fianco. Volevo essere sempre affianco a te. Tu mi hai cambiata, Naruto-kun! Il tuo sorriso è ciò che mi ha salvata.
Ecco perché non ho paura di morire, se questo significa che posso riuscire a proteggerti!”


Fu in quell’istante che Hinata capì. Fu appena ricordò quelle sue stesse parole, fu appena vide quei suoi grandi occhi rossi che la fissavano pieni di confidenza e comprensione che lei comprese una cosa per la prima volta. Comprese finalmente che lei non era affatto innamorata di Naruto.

Capì di amarlo alla follia.

“Perché io ti amo, Naruto-kun!”

Come d’istinto, la ragazza si avvinghiò a lui improvvisamente, affondando la faccia nel suo petto e immergendosi nuovamente nel calore che il suo corpo avvolto dal chakra dorato emanava. Naruto ricambiò il gesto senza esitazione. Per un lasso di tempo indeterminato, i due rimasero così, avvinghiati l’un l’altro, crogiolandosi entrambi nella loro vicinanza reciproca. Il silenzio che regnava sembrava essere più espressivo di qualsiasi parola e di qualsiasi frase. Mille emozioni sembravano danzare tra di loro senza che nessuno dei due aprisse bocca. Una sensazione di completezza riempiva i cuori di entrambi. Un fuoco di gioia danzava nei loro occhi.

“Hinata-chan!”

“Naruto-kun!”


Ma, forse per un destino ironico, forse per un caso puramente indifferente, quel momento non poté durare a lungo.

Una terribile ed improvvisa ondata di chakra infatti attraversò tutto il castello senza preavviso, creando crepe nei muri e frantumando diverse pareti e le mattonelle del pavimento.

I due si voltarono indietro di scatto, ancora confusi e pieni di imbarazzo. Subito dopo l’ondata di chakra, un pesante tonfo si udì dall’altra parte della porta, fuori dalla sala del trono.

Naruto cominciò a dire qualcosa, ma non fece in tempo.

La porta, senza alcun preavviso, esplose improvvisamente in mille pezzi con un rumore fragoroso. Naruto ed Hinata balzarono subito lontano da essa, verso il centro della sala. Dalla porta distrutta, una figura venne scagliata rapidamente all’ indietro e si schiantò a terra con forza, alzando una nuvola di fumo e creando una grossa crepa nel pavimento.

“C-Chi è la?” urlò Naruto, mettendosi davanti ad Hinata per proteggerla.

Appena il fumo si diradò un po’, videro la figura sdraiata in mezzo al cratere a terra, ma non riuscirono a distinguerla.

Dopo alcuni secondi, essa mosse una mano, poi l’altra. Poi mosse le braccia, poi ancora le gambe. Infine, alzò lentamente la testa. Dopo alcuni secondi, tutta la sua sagoma cominciò ad alzarsi faticosamente da terra.

Naruto ed Hinata rimasero a bocca aperta.

“Ok,” disse affannosamente Boruto, rimettendosi in piedi e toccandosi il braccio destro dolorosamente. “Quello non me lo aspettavo!”

 


 



Note dell’autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto! Devo dire che mi è piaciuto un sacco descrivere il momento in cui Naruto abbraccia Hinata e la consola, anche se personalmente non apprezzo moltissimo il romanticismo e le scene troppo sdolcinate. Fatemi sapere che ne pensate. Grazie in anticipo a chi leggerà e a chi commenterà. Il prossimo capitolo uscirà dopodomani. A presto! ;)

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Capitolo 20
*** Fortezza e Bestie 5 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

Fortezza e Bestie 5


SQUADRA 5


“Come facciamo ad attirare una delle bestie qui?” chiese Sarada aggiustandosi gli occhiali e guardando il biondo con serietà.

Boruto fece un passo in avanti, sorridendo feralmente. “Ho un’idea! Seguimi!”

La giovane inarcò un sopracciglio, ma non protestò. Sapeva bene che Boruto era molto abile, più abile di chiunque lei avesse mai conosciuto (eccezion fatta per suo padre ed il settimo Hokage), perciò decise di fidarsi del suo piano.

I due ragazzi del futuro uscirono dalla sala circolare, camminando ed addentrandosi nei corridoi bui della fortezza. Camminarono per diversi minuti in silenzio, il suono dei loro passi era l’unico rumore che risuonava ritmicamente.

Durante il tragitto, Sarada continuava a fissare il suo vecchio amico davanti a lei con occhi pieni di rammarico.

Le era mancato da morire. Aveva sentito moltissimo la mancanza di Boruto per tutti questi anni. Non vi era stato un singolo giorno in cui la sua mente non si fosse soffermata a pensare dove potesse essere, cosa stesse facendo, se stesse pensando a lei. E persino adesso che erano finalmente insieme, dopo tutto questo tempo, sentiva la mancanza del suo sorriso e del suo sguardo confidente ed innocente. Per cinque lunghissimi anni, da quando era successo quel terribile incidente, ogni giorno il suo obiettivo era stato quello di trovarlo e riportarlo a casa. Riportarlo nel posto dove apparteneva, con la sua vera famiglia, e non con quel gruppo di criminali con cui aveva deciso di stare.

Quel pensiero le fece nascere un’improvvisa fitta di rabbia nel cuore. LEI era stata la causa di tutto questo. Boruto era cambiato dopo aver conosciuto lei. Era stata lei a trasformarlo pian piano in quello che era diventato oggi. Lei insieme a quell’altro suo amico che non si separava mai da lui.

La colpa era di quella ragazza.

Eppure, nonostante questo, non poteva biasimarla. Perché, in fondo al suo cuore, Sarada sapeva benissimo che la vera causa del cambiamento di Boruto era dovuta ad altre due persone.

I suoi genitori.

Sarada ricordò con dolore le parole che lei e Boruto si erano scambiati anni fa, quando entrambi si erano confrontati l’un l’altro ed avevano lottato tra loro. Ricordò le sprezzanti parole che lei le aveva rivolto in difesa di Boruto. E, dopo quel terribile scontro, i suoi sospetti si rivelarono fondati. La colpa era del Settimo e di sua moglie. Ed anche Himawari era stata un fattore non trascurabile. Quei tre avevano commesso un errore terribile, un errore che era costato loro un prezzo altissimo. Era costato loro Boruto. E nonostante tutti sapessero quanto la famiglia Uzumaki fosse pentita e disgustata dalle loro azioni passate, niente era cambiato.

Boruto non era più tornato.

Sarada non voleva accettarlo. Non poteva accettarlo. Teneva troppo al suo vecchio amico per potersi rassegnare in questo modo. Era decisa più che mai a riportarlo al Villaggio. E adesso non avrebbe sprecato questa occasione in cui erano da soli.

“Boruto,” cominciò a dire lentamente. “Possiamo parlare?”

Il biondo non si fermò neanche, né si voltò a guardarla. Tuttavia decise di rispondere. “So già di cosa vorresti parlare,” rispose con un tono freddo. “E dovresti anche conoscere già la risposta. Ma dato che sei così ostinata, allora dovresti comunque renderti conto che questo non è certo il momento giusto per mettersi a fare quattro chiacchiere.”

La ragazza strinse i pugni. “A me sembra il contrario!” sbottò con foga. “Dato che in qualsiasi altro momento non ti degni neanche di mostrare la tua presenza né a me né agli altri!”

“Oh?” fece Boruto con finta innocenza ed un sorrisetto malizioso. “Come mai sei così arrabbiata? Ti sei svegliata col piede sbagliato? O siamo in quel periodo del mese per caso?”

Sarada arrossì istantaneamente all’udire la risposta sarcastica ed allusiva del ragazzo. Ma non permise all’imbarazzo di avere la meglio. “Non girare intorno all’argomento, Boruto!” esclamò. “Perché continui ad evitarci? Perché non ti apri a noi?”

Il biondo continuò a camminare.

“Perché preferisci restare sempre da solo?” domandò ancora con un tono un po’ più alto. “Perché continui questa farsa?”

Boruto si fermò di botto. Sarada quasi gli finì addosso.

“Farsa?” ripeté lui con voce glaciale. La ragazza deglutì nervosamente.

“L’unica persona che continua a mettere in scena una farsa sei tu, Sarada!” disse ancora il giovane voltandosi verso di lei. “Smettila di vivere nel mondo dei sogni! La realtà è molto più crudele di quel che credi, e che tu la voglia accettare o no non è un mio problema!”

Sarada fece per rispondere a tono, ma lo sguardo freddo e glaciale del biondo la zittì in un istante. Il suo occhio pieno d’odio e disinteresse le fece morire le parole in gola.

“Se proprio insisti, allora lascia che te lo ripeta di nuovo.” continuò a dire Boruto, avvicinandosi a lei minacciosamente. La giovane Uchiha non riuscì a muoversi, i suoi occhi incollati al suo. Il ragazzo col mantello si fermò a qualche centimetro dalla sua faccia, costringendola ad alzare lo sguardo per fissarlo poiché era più alto di lei di qualche centimetro.

“Io non tornerò indietro.” Boruto scandì le parole sillaba per sillaba. “Non abbandonerò la mia famiglia. Né ora, né mai. E non esiste un futuro dove tu possa in qualche modo convincermi a fare diversamente. Perciò smettila di torturare te stessa e me con false speranze, e cresci una volta per tutte!”

Una sola lacrima le scese dagli occhi. Quelle parole le fecero stringere il petto dolorosamente. Il suo tono freddo e tagliente le spezzò il cuore ancora una volta. Eppure, neanche stavolta si diede per vinta. I suoi occhi divennero rosso fuoco in un istante, e la ragazza ricambiò il suo sguardo con decisione e forza.

“Mai!” dichiarò con decisione.

Boruto la perforò col suo occhio. “Allora morirai senza mai raggiungere il tuo sogno!”

Rimasero a fissarsi negli occhi per diversi istanti. Due volontà inarrestabili che si fronteggiavano prepotentemente l’un l’altra. Poi, prima che la giovane potesse ribattere per l’ennesima volta, il biondo col mantello si voltò e riprese a camminare per qualche metro. Si fermò davanti ad una porta alla sua destra.

“Siamo arrivati.” disse.

Aprirono la porta e si ritrovarono in una stanza particolare. Era uno stanzino minuscolo e vuoto, eccezion fatta per uno strano marchingegno di metallo attaccato alla parete destra. Era di forma quadrata, simile ad una scatola grigia a cui era attaccato un contatore di pressione, e da esso partivano dei tubi di metallo che percorrevano una parte del muro, per poi penetrare la pietra e continuare nella parete. L’aspetto era incredibilmente simile a…

“Questo è…” cominciò a dire Sarada, allibita.

“Esatto,” confermò Boruto. “Un generatore di corrente!”

La giovane Uchiha si voltò verso di lui di scatto. “Ma come è possibile?” esclamò. “Esiste l’elettricità in questo posto? Pensavo che questo castello fosse antico!”

Il biondo strinse le spalle. “Non ne ho idea!” rispose semplicemente. “Ho trovato questa stanza mentre mi stavo allontanando dal principe Tigre. Non ho idea del come o del perché esista un generatore elettrico in questo mondo.”

Sarada esaminò il generatore. Sembrava antico ed arrugginito, e sicuramente non era stato usato da molto tempo. Era impossibile riattivarlo in quelle condizioni.

“E cosa facciamo adesso?” chiese.

Boruto sorrise. “Lo faremo esplodere.”

“CHE COSA?!” urlò la ragazza, sconvolta.

“Fammi spiegare,” disse subito il Nukenin alzando una mano. “Se lo facciamo saltare con un attacco, il contatore esploderebbe di sicuro. Questo genererebbe una grossa esplosione per tutta la fortezza. E quale modo migliore di attirare una delle bestie se non con un’esplosione?”

La ragazza ci rifletté alcuni istanti. Il piano aveva senso. Se le bestie si fossero distratte dall’esplosione allora gli altri avrebbero avuto maggiore probabilità di sconfiggerle o di trovare il manufatto. Valeva la pena tentare.

“Molto bene,” disse. “Come lo facciamo esplodere?”

Il giovane sorrise di nuovo, stavolta più ferocemente di prima. Un’ombra di follia balenò nel suo occhio sinistro e la sua mano destra si ricoprì improvvisamente di una scarica elettrica. Sarada sgranò gli occhi.

“Così!” rispose lui.

Con un movimento rapidissimo, la sua mano trapassò in un colpo solo il generatore.

Dalla scatola grigia partì un suono scattante ed acuto, poi una violentissima scossa elettrica pervase tutti i tubi che si addentravano nella parete per alcuni secondi, facendoli tremare violentemente. Poi, tutto tacque.

La ragazza si voltò lentamente verso il biondo. “Ovunque tu sia realmente, sappi che ti odio!” disse con rabbia.

Boruto ghignò.

KABOOOM!
 



L’esplosione fu improvvisa e devastante. Le stanze adiacenti al generatore saltarono in aria in mezzo secondo, e tutte le pareti crollarono su loro stesse. Se qualcuno si fosse trovato fuori in quel momento, avrebbe visto un’intera ala del castello scoppiare improvvisamente con un fragoroso boato, lanciando in aria pietre e detriti con una forza incredibile e lasciando soltanto un grosso fumo nero e qualche improvvisa scarica elettrica che saltava fuori dal terreno nella zona dove prima c’erano muri e stanze. L’intera fortezza tremò dalla potenza dell’esplosione. Il rumore si sentì per miglia e miglia di distanza. Una nuvola di fumo cominciò ad uscire fuori dalla fortezza.

Boruto osservava dalla cima di una delle torri esterne l’operato del suo clone con un sorriso, mentre il vento gli ondulava i capelli ed il mantello. Con un balzo, si tuffò dentro la cortina di fumo, atterrando sulle macerie senza battere ciglio, completamente illeso ed incurante della distruzione causata da lui stesso.

Sarada, dal canto suo, era decisamente messa peggio. La sua intera figura sembrava essere stata calpestata da una mandria di bisonti. I suoi abiti erano stropicciati e ricoperti di polvere e cenere, i capelli scompigliati completamente con qualche ciuffo che spuntava qua e là, e la pelle piena di macchie di cenere nera. Il riflesso della luce sugli occhiali impediva di far vedere al biondo i suoi occhi contorti e colmi di rabbia. Se non avesse utilizzato la tecnica del Muro di Terra un secondo prima dell’esplosione, se la sarebbe vista brutta.

“Giuro che ti ucciderò un giorno!” sibilò l’Uchiha a denti stretti.

Boruto la ignorò, il suo sguardo fisso verso una parete di pietra davanti a sé, piena di buchi e priva della parte superiore, che si reggeva a malapena in piedi. Proprio là, davanti ad un varco dove fino a poco prima c’era presumibilmente una porta di legno, stava il principe Tigre.

La belva li fissava coi suoi feroci occhi rossi. Era tesa su quattro zampe, i denti snudati, le orecchie tese in avanti e la bocca aperta in un ringhio felino inquietante. Agitava la coda freneticamente da un lato all’altro, e raspava con gli artigli la pietra ed i detriti sotto le sue zampe.

“Sembra che il piano abbia funzionato.” disse il Nukenin senza distogliere lo sguardo dal principe. Sarada focalizzò tutta la sua attenzione sul mostro, attivando lo Sharingan.

La Tigre abbassò un po’ la testa, il corpo teso e le zampe piegate in basso. Boruto sguainò lentamente la spada.

“ROAAAR!”

Con un ruggito portentoso e feroce, la bestia balzò in avanti ad una velocità decisamente superiore rispetto a quella delle altre, correndo con agili ed ampie zampate e portandosi davanti al giovane in meno di un secondo con le fauci spalancate.

Boruto eseguì un fendente verso destra. La belva piegò la testa di lato di scatto, afferrando la lama coi denti prima che potesse colpirla sul fianco. Il ragazzo rimase colpito dalla velocità della creatura, e tentò di liberare la propria arma dalla sua presa possente, ma senza successo. La sua forza era enorme.

Senza un apparente motivo, il giovane sorrise.

Improvvisamente, tutta la lama della spada si ricoprì di un bagliore rosso acceso, ma la Tigre non fece in tempo a rendersene conto che subito dopo dalla lama rossa si staccò un raggio di energia solida dello stesso colore che la colpì negli occhi.

Il principe ruggì di dolore, balzando all’indietro e scrollandosi la testa. Ancora prima che potesse riprendersi, una gigantesca mano scheletrica arancione lo afferrò da una zampa, sollevandolo in aria e scagliandolo verso l’alto. La belva si schiantò contro il muro esterno di una torre della fortezza con un tonfo secco.

Sarada aveva attivato il proprio Sharingan Ipnotico, ed una gigantesca forma umanoide cominciò a formarsi sopra di lei con un ruggito. Il suo Susanoo assunse la propria forma finale qualche secondo dopo. Boruto lo osservò per un istante, e una marea di ricordi gli tornarono in mente nel rivedere quella creatura eterea dopo così tanto tempo.

Il Susanoo di Sarada aveva l’aspetto di un guerriero possente con dei lunghi capelli che arrivavano alle spalle, gli occhi rossi aggrottati ferocemente ed un’espressione perennemente minacciosa con i denti mostrati in un ringhio quasi disumano. Tutto il suo corpo era circondato da un’aura arancione, il petto era privo di vestiti e le braccia erano muscolose e possenti. In testa, due piccole corna appuntite sbucavano fuori dalla folta chioma arancione.

ENTON: Susanoo Kasai no Yari!” urlò l’Uchiha. (Lancia del Sole del Susanoo)

Improvvisamente, nella mano destra della creatura comparve dal nulla una gigantesca lancia appuntita rossastra, la quale era completamente ricoperta da fiamme dorate di chakra puro. Il Susanoo prese la mira con cura, scagliando successivamente l’arma nel punto dove era finita la Tigre.

L’attacco centrò il punto in pieno, causando una seconda esplosione e facendo letteralmente crollare la torre su se stessa. Per diversi minuti, il fragoroso tonfo di pietra che cadeva rovinosamente fu l’unico suono udibile in mezzo ai detriti del castello.

Boruto e Sarada osservavano intenti il cumulo di macerie che era stata la torre, all’erta nel caso il principe fosse ancora illeso. Dopo diverso tempo però, non accadde nulla.

“Forse lo abbiamo sconfitto.” azzardò la ragazza dall’interno del Susanoo.

“Forse,” disse il ninja traditore. “Ma ne dubito. Quella belva è più forte delle altre. Non abbassare la guardia.”

Poi, dal nulla, la sentì. Una forte pulsione dal suo occhio destro. Boruto aprì il Jougan di scatto, e fece appena in tempo ad evitare una zampata possente diretta alla testa piegandosi di lato. Con un balzo all’indietro e roteando in aria, il biondo si portò lontano dalla Tigre.

La belva ruggì minacciosamente, le labbra tirate all’indietro in un ringhio dentato.

“Come diavolo ha fatto a comparire dal nulla?” esclamò mentalmente Sarada.

“C’è mancato poco!” pensò tra sé il ragazzo col mantello, ancora teso e scosso dall’attacco di prima. “Sono riuscito a malapena a percepirlo col Jougan! Questo principe è diverso! Che sia lui il fratello maggiore di cui parlava il libro?”

Il principe Tigre batté le zampe anteriori a terra, graffiando la pietra con gli artigli e ringhiando, i suoi occhi rossi ancora incollati a quelli del biondo. Boruto lo vide chiaramente col suo occhio destro. Tutto il flusso di energia della creatura si accumulava in un punto preciso sul suo petto, proprio sopra il cuore.

Poi vide un’altra cosa che lo sorprese non poco.

La Tigre assorbiva continuamente col corpo una piccola dose di chakra dall’ambiente circostante. In qualche modo, essa era capace di sintetizzare la minima quantità di chakra presente nell’aria e nel terreno col suo stesso corpo, quasi meccanicamente, come un processo naturale e continuo.

Una tecnica del genere era incredibile. Neanche l’arte Eremitica, che si basava esclusivamente sull’assorbimento e l’utilizzo dell’energia naturale presente nell’ambiente, permetteva di assorbirne una tale quantità con quella costanza. Era quasi come se il principe non potesse mai finire a corto di energie, perché il suo corpo la assorbiva automaticamente e in continuazione in qualsiasi circostanza.

“Forse è per questo che è più forte e veloce rispetto agli altri.” ragionò il giovane.

Trapassargli il cuore in quella situazione, dunque, non sarebbe servito a nulla. La Tigre avrebbe semplicemente assorbito altro chakra dall’ambiente per sopravvivere. L’unico modo per sconfiggerlo, perciò, era quello di portarlo in un posto privo di energia da assorbire. Il che era più difficile di quanto sembrasse. Quasi nessun luogo esistente era completamente privo di energia. Neanche le dimensioni personali, quelle illusorie e quelle evocabili tramite tecniche ninja erano prive di chakra.

Boruto era in grado di evocare due dimensioni tramite il Jougan, ma nessuna delle due faceva al caso suo. La prima, l’Astro Celeste, non sembrava più rispondergli da quando era giunto a Eldia. Boruto aveva tentato diverse volte di raggiungere quella dimensione nei giorni passati, ma ogni volta che ci aveva provato non era accaduto assolutamente niente. Pensò che forse ciò era dovuto al fatto che lo spazio ed il tempo fossero diversi in questo mondo, ma non ne era certo. La seconda invece, il Mondo Distorto, era ancora accessibile al suo occhio, ma evocarla o teletrasportare se stesso e la Tigre dentro quella dimensione non sarebbe servito a nulla in quella situazione.

“Che cosa posso fare allora?” si chiese il giovane, cercando di analizzare la situazione.

Improvvisamente, un’idea gli balenò in testa.

Boruto sgranò gli occhi. Anche se non potevano impedire alla bestia di assorbire energia, potevano però fare il contrario! Potevano fargliene assorbire troppa, facendola così implodere dall’interno!

Il piano era fattibile, ma estremamente rischioso. Tuttavia Boruto non si era mai lasciato scoraggiare dalle numerose possibilità di fallimento, e neanche adesso avrebbe esitato. Dopotutto, lui aveva sempre vissuto con la costante inquietudine dell’incertezza sulle sue spalle. Era ormai abituato a quella sensazione.

“Sarada!” urlò allora rivolto alla sua compagna. “Ho un piano!”

La giovane Uchiha non fece però in tempo a voltarsi verso di lui poiché, in un improvviso scatto di rabbia, la Tigre prese ancora una volta ad attaccarlo con ferocia.

Boruto fu costretto a saltare di lato, evitando un morso mirato alla gamba, ed usò la spada per bloccare una potente zampata della bestia. Il principe non sembrava dargli un attimo di tregua, attaccandolo da tutte le direzioni e con una rapidità stupefacente. Se fosse stato un altro nemico qualsiasi, Boruto era certo di potersela cavare soltanto con le sue abilità fisiche e con la spada, ma quella creatura era diversa da un comune avversario. Gli attacchi fisici ed i Jutsu non funzionavano contro di essa, e la sua velocità e ferocia gli impedivano di colpirla nel punto debole sul petto. La Tigre lo stava lentamente portando all’esasperazione.

“Molto bene, lo hai voluto tu!” ringhiò il ragazzo.

Evitando l’ennesima zampata, Boruto si portò di lato al Principe con un movimento rapidissimo e gli afferrò di getto la coda con una mano. Poi, con un singolo movimento del braccio ed inspirando profondamente, il giovane usò tutta la sua forza per far ruotare la belva col braccio, e subito dopo aver fatto due giri completi attorno a sé, la scagliò con forza contro il Susanoo di Sarada.

La ragazza non perse tempo, e con una grande rapidità evocò un’altra lancia nella mano della creatura e la scagliò con forza contro il principe Tigre. La gigantesca lancia lo colpì in pieno petto, trapassandolo senza pietà ed inchiodandolo al terreno.

La bestia ruggì di dolore, ma non era ancora morta. Si divincolò incessantemente, nel tentativo di spezzare la lancia di chakra.

“Com’è possibile?” esclamò lei, allibita. “L’ho colpita in pieno petto!”

“Quella bestia è in grado di assorbire chakra dall’ambiente!” spiegò Boruto velocemente. “L’unico modo per ucciderla è fargliene assorbire troppo e farla esplodere da dentro!”

Sarada sgranò gli occhi alla rivelazione. Fare una cosa del genere comportava rischi enormi. In pratica avrebbe creato una bomba. Una bomba di chakra! Un’esplosione del genere era molto più potente e molto più pericolosa rispetto a quella che il giovane del futuro aveva causato precedentemente distruggendo il generatore. Un’esplosione di energia era capace di distruggere completamente il sistema di circolazione del chakra nel corpo umano! Le possibilità di morte erano notevolmente superiori per chiunque.

“Boruto, è troppo rischioso!” disse lei freneticamente. “Potremmo morire entrambi nell’esplosione!”

“Non abbiamo scelta!” riabbatté secco l’altro. “È l’unico modo che abbiamo per eliminare questo mostro!”

Sarada strinse i pugni nervosamente. Boruto aveva ragione. Non c’era altro modo. Dovevano farlo per riuscire a trovare il manufatto. Ne andava della salvezza del loro mondo! Inoltre, non poteva permettere a Boruto di rischiare la sua vita da solo contro quella creatura. Non glielo avrebbe permesso per nessun motivo. Se dovevano farlo, lo avrebbero fatto insieme.

“D’accordo!” disse con un cenno del capo. “Io immobilizzerò il principe ed infonderò il mio chakra dentro di lui tramite il Susanoo! Tu avvicinati a lui e fai lo stesso!”

Boruto sorrise trionfante. “Mi hai tolto le parole di bocca!” esclamò feralmente.

Con uno scatto in avanti, Sarada si avvicinò in pochi secondi al principe, il quale era ancora bloccato a terra con la lancia conficcata nel suo petto. Appena fu abbastanza vicina, con un comando mentale il suo Susanoo si piegò verso terra ed afferrò la Tigre con le gigantesche mani. La creatura tentò invano di liberarsi graffiando e mordendo l’essere etereo, ma senza alcun risultato. Poi, senza perdere tempo, la ragazza cominciò ad infondere il proprio chakra nel corpo del principe. La belva si acquietò all’istante, come confusa da ciò che stava succedendo.

Mentre la Tigre era ancora distratta, Boruto si portò dietro di essa con un Sunshin no jutsu, unendo le mani insieme e chiudendo gli occhi.

“Il mio chakra da solo e quello di Sarada non basteranno!” pensò tra sé il ragazzo del futuro. “Dovrò usare anche l’energia del Marchio!”

Focalizzando la propria mente sulla mano destra, nascosta sempre dal guanto scuro, Boruto attivò il proprio Marchio.

Il Marchio di Ishvara.

Un’improvvisa serie di linee e simboli di colore blu cominciò a risalirgli il braccio e la spalla rapidamente, giungendo poi sul volto. Con un sibilo appena udibile, una prima scia azzurra si fermò proprio sulla sua guancia, mentre un’altra scia gli circondò completamente l’occhio destro, dandogli un aspetto inquietante.

Appena il Marchio fu attivato, Boruto sentì una familiare ed enorme quantità di energia scorrergli improvvisamente dentro al corpo come un liquido. Un fiume caldo d’energia rinvigorente che lo attraversava sollevandolo da ogni stanchezza e preoccupazione per diversi secondi. Quella era una sensazione che non provava da tempo, e che ogni volta gli provocava un grande piacere per tutto il corpo, mentre il chakra del Marchio gli incrementava notevolmente la forza ed i riflessi fisici. Avrebbe voluto lasciarsi cullare da quella sensazione per un altro po’ di tempo, ma non aveva tempo. Doveva uccidere il mostro.

Così, spalancando improvvisamente entrambi gli occhi e ghignando ferocemente, poggiò la mano sulla testa del principe e cominciò ad infondergli quanta più energia possibile nel corpo.

L’effetto si fece sentire subito. Tutto il corpo della Tigre cominciò ad illuminarsi di una luce bluastra, e la creatura cominciò a ruggire fragorosamente appena percepì il chakra estraneo, senza però riuscire a dimenarsi grazie alla stretta che Sarada aveva su di essa col Susanoo.

Per diversi minuti, sia Boruto che Sarada continuarono ad infondere il loro chakra all’interno del principe a pieno ritmo, il quale cominciava sempre più a ringhiare ed a tentare di liberarsi.

“S-Sta funzionando!” esclamò Sarada debolmente. Il suo corpo si stava indebolendo troppo a furia di infondere una tale quantità di energia fuori da esso. Il suo Susanoo era ormai diventato scheletrico, e non mancava molto prima che fosse scomparso del tutto. Sentì una grossa fatica accarezzarle la mente e le membra. La sua vista si cominciò ad annebbiare improvvisamente, e le braccia divennero pesanti come piombo. Non sarebbe riuscita a resistere ancora per molto.

“C-Ci siamo quasi! Non possiamo cedere ora!” disse anche Boruto, gli occhi chiusi in concentrazione e le mani poggiate sulla testa del principe Tigre. Oramai, anche il chakra del Marchio si era esaurito, ed i simboli blu sul suo corpo cominciarono a ritrarsi di nuovo nella sua mano.

In quello stesso momento, una delle porte ancora intatte di quell’ala della fortezza si spalancò di botto, e da essa sbucarono fuori Minato e Kushina, assieme a Sakura, Sasuke ed i suoi genitori.

“Che sta succedendo qui?” esclamò Fugaku, sconvolto nel vedere la distruzione attorno ai due giovani.

Minato sgranò gli occhi. “Cosa state facendo?” urlò appena intuì la situazione. “Perché state infondendo il vostro chakra dentro il principe?”

“LEI CHE DICE, QUARTO HOKAGE?” sbottò rabbiosamente Boruto con gli occhi chiusi, tentando a fatica di continuare a passare l’energia che gli restava nella bestia. “VOGLIAMO FARLO ESPLODERE!”

“Andate via da qui!” urlò Sarada. “Sta quasi per saltare in aria!”

Le ultime parole famose.

Appena pronunciò quella frase, il corpo del principe s’illuminò di una luce intensa, quasi accecante per la sua intensità. Boruto e Sarada si allontanarono subito il più possibile dalla belva, ma erano esausti e furono troppo lenti. Con un ultimo fragoroso ruggito di dolore, la Tigre si contorse spaventosamente di lato, e un lampo di luce bluastra si innalzò dal suo corpo all’improvviso.

Poi, tutto divenne bianco.

E l’ondata di chakra arrivò. L’esplosione non fece alcun rumore, ma l’intensità si fece sentire eccome. Lo scoppio fu rapidissimo e veloce, e l’onda di chakra travolse qualsiasi cosa attorno a sé con una potenza indicibile, distruggendo l’intera zona occidentale del castello di Alkatraz in meno di qualche secondo.

Sarada, appena prima di essere colpita in pieno, usò l’ultimo brandello di energia rimasta nel suo corpo per far resistere la gabbia toracica del suo Susanoo in modo da difendersi un minimo, ma la violenza dell’onda la scaraventò lo stesso contro una parete alle sue spalle con una forza inaudita in meno di un secondo.

Minato riuscì in tempo a teletrasportare se stesso assieme agli altri vicino a lui il più lontano possibile dall’esplosione, proteggendosi dall’ondata distruttiva che si stava generando.

Boruto, invece, non fu così fortunato. Con un rapido balzo all’indietro, il ragazzo riuscì effettivamente ad allontanarsi di una quindicina di metri dall’origine dell’esplosione, ma non poté fare altro. L’ondata di chakra lo investì in pieno prima che potesse poggiare di nuovo i piedi a terra.

Il suo ultimo pensiero prima di essere colpito fu:

“La mia vita fa schifo.”

Poi l’esplosione lo travolse. Un invisibile muro d’energia più duro dell’acciaio lo schiacciò completamente. La sensazione che provò era assolutamente indescrivibile. Il dolore era talmente forte, talmente intenso, talmente assoluto che per diversi secondi il giovane rimase totalmente incapace di respirare.

Boruto pensò che l’unica immagine che poteva rendere vagamente l’idea di cosa stesse provando in quegli istanti fosse quella di essere investito in pieno da un treno alla massima velocità, ma anche quello era molto, molto riduttivo.

Un dolore agghiacciante e sublime lo pervase per tutto il corpo, partendo dal petto fino a giungere persino alle dita delle mani e dei piedi. Un dolore talmente intenso da poterlo quasi paragonare al dolore che provò quella volta, quasi quattro anni prima, durante la terribile battaglia nella Terra del Suono. Quello sì che era stato insopportabile. Il solo ricordo di quell’esperienza lo tormentava ancora adesso!

Forse fu proprio quell’esperienza passata a permettergli di non svenire in questo momento.

La potenza dell’esplosione fu talmente grande che il giovane venne scaraventato contro le pareti ancora intatte della fortezza senza alcuna pietà, sfondandole una dopo l’altra senza mai fermarsi come se fosse una palla di cannone. Eppure, persino il dolore causato dallo sfondare le numerose pareti del castello era un sollievo rispetto a quello iniziale.

Boruto chiuse gli occhi e perse la cognizione del tempo. In quel momento, i suoi sensi divennero confusi e riuscì a malapena a sentire il proprio corpo. Non era neanche in grado di dire quanto tempo fosse passato da quando era stato colpito in pieno dall’onda di chakra.

Quando, dopo un lasso di tempo indefinito, cominciò a riacquistare i sensi, sentì di essersi fermato, ma non capiva come. Tentò di muoversi, ma il suo corpo non gli rispose per diversi secondi.

Poi, lentamente, riuscì aprire gli occhi. La prima cosa che notò fu il dolore che gli attraversava tutto il corpo e che lo paralizzava da capo a piedi. Il solo respirare gli faceva male al petto. Poi si guardò lentamente attorno, e notò che adesso non si trovava più nella zona di prima dove aveva lottato contro il principe, ma bensì in una sala gigante che non riconosceva. Richiuse gli occhi, esausto.

Una voce familiare gli rimbombò nelle orecchie, ma lui era troppo stanco per riuscire a sentirla bene. Non la riconobbe. Il suo suono gli arrivò confuso e debole, come se si trovasse sott’acqua. Sentì il confortevole abbraccio dell’oscurità accarezzargli la mente, quasi come per liberarlo delle sue sofferenze.

Poi, senza preavviso, un’altra voce gli risuonò in mente. Questa volta, la voce era chiara e concisa. La riconobbe all’istante. Era la voce di lei.

“Alzati pigrone! Non vorrai restare ancora a letto, vero?”

Nonostante il dolore, Boruto sorrise.

No. Non voleva dormire.

Con uno sforzo di volontà enorme, il giovane si decise a muoversi.

Prima una mano. Funzionò.

Poi l’altra. Stessa cosa.

Poi un braccio. Dolore, ma passabile.

Poi l’altro. Altro dolore, molto più intenso. Sentì un grosso taglio all’altezza del bicipite, forse causato da una pietra tagliente.

Poi mosse le gambe. Passabile.

Poi, infine, alzò la testa. Una miriade di puntini rossi gli balenò davanti agli occhi per diversi secondi.

Lentamente e con uno sforzo immane, cominciò a sollevare il proprio corpo da terra.

Si rimise faticosamente in piedi dopo alcuni secondi, e riuscì per miracolo a resistere alle vertigini ed al senso di nausea che lo investirono in pieno. Subito dopo, una fitta lancinante gli percorse il braccio destro. Eppure, oltre al dolore, qualcos’altro cominciò a farsi sentire dentro di lui.

Uno strano senso di trionfo.

Ce l’aveva fatta.

“Ok,” disse affannosamente, toccandosi il braccio destro che pulsava di dolore. “Quello non me lo aspettavo!”
 


 



Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi abbia intrigato. Il prossimo dovrebbe uscire sempre dopodomani! Ho un'informazione da darvi.
In questa ultima settimana ho finito finalmente di ideare nella mia testa ed appuntare tutto ciò che accadrà nell'universo narrativo di questa storia. In pratica, ho finalmente scelto cosa succederà dopo il finale, e ho finito di ideare anche quello che è successo prima di questa storia. Non posso anticiparvi nulla, ma sappiate che una volta terminata 'La Battaglia di Eldia' le vicende di Boruto non finiranno qui.

Il Marchio di Ishvara.
Nella serie "Boruto - La Morsa del Destino" che ho ideato e sono intenzionato a continuare anche e soprattutto una volta finita 'La Battaglia di Eldia', questo è uno dei Sette Marchi o Sigilli posseduti dai membri dell'Organizzazione Kara (che non è stata ancora menzionata ma che è molto legata a Boruto nel mio universo narrativo), ma le abilità complete e il vero nome dei Marchi non sarà rivelato in questa storia! Il nome Ishvara è un termine sanscrito che viene associato alle divinità. Può quindi significare "Dio", "Divinità" o "Supremo", ma può anche essere tradotto come se fosse un verbo, e può significare "Comandare" o"Guidare". Non posso ancora rivelarvi i suoi poteri, ma una volta terminata questa storia avremo modo di scoprire cosa sono questi Marchi, anche se per parlare di questo ci vorrà ancora tempo.

Nomi Vari all'interno della storia.
Vi chedo di fare attenzione ai nomi che sono stati menzionati nella storia finora e anche a quelli che verranno rivelati nei prossimi capitoli. ( Ad esempio: il drago, i principi, i nomi delle terre di Eldia, quello della Fortezza ed altro ancora). Ogni singolo nome ha un motivo per cui l'ho scelto, ma lascio a voi il compito di scoprire il perchè ed il significato del nome stesso. (Ovviamente, per coloro che sono interessati!) 

Detto ciò, vi saluto e a prestissimo! ;)

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Capitolo 21
*** Il Diavolo e lo Scettro ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

 


 

Il Diavolo e lo Scettro


“Boruto!” esclamò Naruto appena lo riconobbe, sconvolto. Cosa diavolo era successo? Perché si era schiantato contro la porta della sala del trono in quel modo?

Hinata osservava il giovane con gli occhi sgranati ed una mano sulla bocca. Il ragazzo del futuro aveva un aspetto terribile! Tutto il suo corpo era sporco e coperto di macchie di polvere, il mantello spiegazzato in molti punti. Ma la cosa preoccupante non erano i vestiti, ma il suo aspetto.

Il corpo del giovane era curvo con la schiena piegata verso il basso, e si reggeva a malapena in piedi, le sue gambe tremanti e piegate dallo sforzo di sostenere il peso corporeo. Il suo braccio destro pendeva completamente in basso, e presentava una ferita profonda simile ad un grosso taglio orizzontale da cui sangue cremisi gli colava fino alla mano, per poi gocciolare a terra ritmicamente. Il ragazzo tentava di bloccare il sanguinamento con la mano sinistra, ma la ferita era troppo profonda ed i suoi sforzi erano quasi vani.

Respirava pesantemente e a fatica, il suo volto contratto in una smorfia di sforzo e dolore.

Boruto voltò leggermente la testa all’udire le parole di Naruto. “Oh, ecco qui la coppia mancante.” disse debolmente con un sorriso esausto. “Ho forse interrotto qualcosa?”

“Che cosa ti è successo?” domandò Naruto con gli occhi spalancati. “Sei ferito!”

“Vedo che i tuoi occhi funzionano…” rispose sarcasticamente quello, stringendo i denti per il dolore.

L’altro biondo fu pervaso per un attimo dall’istinto di rispondergli a tono, ma lo represse subito a causa della situazione. Prima che riuscisse a formulare un’altra frase, improvvisamente Boruto cadde a terra in ginocchio, scosso da tremiti di dolore. Ancora avvolto nella modalità chakra della Volpe, Naruto si mise a correre verso di lui seguito a ruota da Hinata, arrivandogli vicino in un attimo.

“Ehi! Tutto bene?” chiese, preoccupato.

Boruto alzò lo sguardo, guardandolo col suo occhio azzurro. “Diciamo che sono stato meglio.” sibilò dolorosamente. Tutto il suo corpo era scosso da tremiti, anche solo respirare gli faceva esplodere una fitta di dolore nel petto.

In fin dei conti, però, era andata bene. Se solo non avesse utilizzato tutto il suo chakra per distruggere il principe, adesso se la sarebbe potuta cavare da solo. L’esplosione, inoltre, non aveva danneggiato il suo sistema circolatorio del chakra, forse grazie al potenziamento che aveva subito anni fa. Boruto si promise mentalmente di ringraziare ancora una volta lei per il suo intervento.

Tentò di rialzarsi, ma la sua gamba sinistra cedette sotto il proprio peso, facendolo crollare di nuovo.

“Attento!” esclamò Naruto, disattivando la modalità chakra ed afferrandolo da sotto un braccio prima che potesse cadere completamente a terra. “Cosa diavolo ti è successo?”

Boruto sorrise dolorosamente. “Io e Sarada abbiamo sconfitto il principe Tigre, e questo è il risultato.” disse.

Tentò di liberarsi dalla presa di sostegno che il biondo aveva su di lui, ma Hinata lo fermò afferrandolo dall’altro braccio.

“Boruto-kun,” disse la ragazza con un tono preoccupato. “Non dovresti sforzarti! Sei esausto!”

Lui la guardò con disinteresse. “Questo lo so. Non ho bisogno che me lo facciate notare.”

“Piantala di essere così scontroso!” disse Naruto senza mollarlo. “Stiamo solo cercando di aiutarti!”

“Non ricordo di avervi chiesto aiuto.” ribatté l’altro dolorosamente.

Il jinchuuriki non si arrese. “È evidente che sei messo male, non riesci neanche a reggerti in piedi!” il suo tono era duro, ma non accusatorio. “Quindi piantala di lamentarti e lasciati aiutare! Non saresti in grado di ribellarti in ogni caso.”

Boruto lo perforò con lo sguardo per diversi secondi. Come osava? Come osava dirgli quelle parole con quel tono? Dopo tutto quello che gli aveva causato in passato, adesso pretendeva ancora-

No, aveva ragione.

Non era lui il Settimo Hokage, non era lui suo padre. Non ancora. Era solo un estraneo. Era solo un ragazzo. Il giovane del futuro si ripeté quelle parole in testa diverse volte per tentare di calmarsi. Non poteva fare nulla in quelle condizioni. Doveva arrendersi alle loro insistenze, anche se la cosa lo infastidiva enormemente.

Boruto sospirò, chiudendo gli occhi. “Molto bene,” disse alla fine. “Se proprio insistete allora non ho scelta. Ce la fate a poggiarmi con la schiena ad una delle pareti?”

Naruto ed Hinata sorrisero ampiamente. “Lascia fare a noi!” disse il biondo.

Lentamente, i due ninja lo sollevarono reggendolo per le spalle e lo trascinarono con cautela verso il muro alla destra dall’ingresso. Subito dopo, lo aiutarono a farlo sedere, poggiandolo con la schiena alla parete. Hinata tirò fuori da un sacchetto legato ai suoi pantaloni una benda, e si mosse per fasciarla attorno alla ferita sul braccio del Nukenin.

Boruto la fermò con il braccio sinistro. “Posso farlo da solo.” disse con un tono privo di emozione.

Hinata abbassò lo sguardo, ma annuì senza protestare.

Il giovane prese a fasciarsi la benda sulla ferita con una mano in silenzio, reggendo il fascio con la bocca. Quando ebbe finito, gliela restituì.

“Grazie.” disse lentamente, guardando a terra.

Hinata sgranò gli occhi e la bocca per diversi secondi. Non riusciva a crederci! Boruto l’aveva ringraziata! Per la prima volta, il suo futuro figlio l’aveva ringraziata! Da quando erano arrivati in quel mondo, quella era stata la prima parola priva di disprezzo che le aveva rivolto! Per qualche motivo, il suo cuore esultò di gioia. La ragazza annuì con un sorriso.

“Naruto! Hinata!” fece una voce alle loro spalle improvvisamente. Tutti si voltarono verso la direzione della voce.

Dall’ingresso distrutto della sala venne fuori il resto della loro squadra. Tutti sembravano illesi, ed avevano un espressione di timore in volto.

“State bene?” domandò Minato appena li raggiunsero, guardandoli con preoccupazione.

“Noi sì, ma Boruto è ferito!” rispose Naruto, indicando l’atro biondo seduto a terra. Sakura non perse tempo, e subito s’inginocchiò davanti al ragazzo, poggiandogli le mani sul petto e cominciando a curarlo con le sue abilità mediche.

“D-Dov’è Sarada?” chiese quest’ultimo, il suo occhio socchiuso per la fatica.

“È proprio qui.” disse Fugaku, reggendo tra le braccia il corpo della ragazza. “L’esplosione le ha fatto perdere conoscenza, ma dovrebbe stare bene.”

Sarada era svenuta e completamente priva di sensi, ma il suo respiro ed il battito cardiaco erano regolari, e non sembrava neanche aver riportato danni fisici dopo lo scoppio. Il ragazzo del futuro sospirò, sollevato.

“Esplosione?” domandò Hinata, confusa. “Siete stati voi i responsabili, Boruto-kun?”

“Si può sapere che cosa vi è saltato in mente?” lo interruppe bruscamente Kushina prima che potesse risponderle. “Sareste potuti morire entrambi! Cosa diavolo avete in quella zucca?”

“Non avevamo scelta,” disse debolmente Boruto, guardandola di sbieco. “E abbassa il tono, Uzumaki! Sia io che Sarada eravamo consapevoli dei rischi a cui andavamo incontro, quindi risparmiaci una predica inutile! Se ci fosse stato un altro modo di sconfiggere quella bestia, non avremmo esitato ad usarlo.”

Kushina strinse i pugni. Se non fosse stato ferito, avrebbe di certo voluto insegnare a quel moccioso il rispetto a suon di mazzate! Però, in fondo, aveva ragione. Non poteva accusarlo senza sapere come fossero andate le cose. Decise di calmarsi un po’.

“Allora spiegaci cosa è successo.” disse.

Dopo qualche minuto di spiegazione, il silenzio tornò a regnare tra i presenti. Sakura finì di curare Boruto subito dopo, il quale riuscì a rimettersi in piedi a fatica, ignorando le sue proteste e gli sguardi di disapprovazione degli altri.

“Capisco,” disse Minato con una mano poggiata sotto il mento. “Quindi avete usato la stessa abilità del nemico contro di lui. Un piano ingegnoso.”

“Un piano ingegnoso e completamente folle!” disse Mikoto con le braccia incrociate. “Avreste dovuto scappare e cercare un altro gruppo. Insieme avremmo potuto trovare un modo diverso per uccidere la Tigre.”

“Non c’era altro modo per farlo.” ripeté Boruto. “Scappare avrebbe solamente messo in pericolo tutti noi.”

“Adesso cosa facciamo?” chiese allora Sasuke rivolgendosi a tutti. “Tutti e cinque i principi sono stati sconfitti, ma non abbiamo trovato ancora il manufatto!”

Minato ragionò qualche istante. “Dobbiamo continuare ad esplorare questo posto,” disse alla fine. “Forse non abbiamo cercato abbastanza bene nelle varie stanze.”

“A proposito di esplorare,” lo interruppe Fugaku. “Cos’è questa sala?”

Tutti ripresero a guardarsi intorno, osservando attentamente la stanza da cima a fondo.

“Sembra una sala del trono,” disse Sakura. “Questo posto è pieno di armature ed oggetti eleganti. Anche se devo dire che quel mosaico è piuttosto inquietante.”

Sasuke si avvicinò al centro della sala, osservando la raffigurazione con grande attenzione. “Secondo voi cosa può significare?” chiese.

Nessuno sapeva cosa dire. Non conoscevano le storie di quel mondo, e non c’era modo per nessuno di loro di poter avere la certezza quale fosse il significato del mosaico.

O meglio, quasi nessuno di loro poteva averne la certezza.

L’unica eccezione era Boruto Uzumaki.

Quest’ultimo era rimasto completamente sconvolto appena aveva notato il mosaico sulla parete alle spalle del trono. Il suo corpo teso ed immobile, l’occhio sinistro sgranato mentre guardava con incredulità l’enorme raffigurazione davanti a sé.

Dopo alcuni secondi di stupore totale, cominciò ad avvicinarsi lentamente al trono per esaminare meglio le due figure, ignorando il dolore che provava ancora al braccio destro ed alle gambe. Perché era rimasto così sconvolto nel vedere quel mosaico? Semplice.

Perché lui sapeva chi erano quelle due figure.

“Com’è possibile?” si chiese, scioccato.

In meno di un secondo gli ritornarono in mente le parole che Toneri aveva detto quel giorno a lui e al suo migliore amico, molti anni prima. Gli tornarono in mente le parole che narravano quella leggenda a cui lui, infantilmente, non aveva mai creduto fino in fondo.
 



“…in qualche modo sconosciuto, Ymir riuscì ad incontrare il Diavolo della Terra ad un certo punto della sua vita; e con lui strinse un patto di cui ancora oggi si sa poco o nulla. Un patto che portò alla nascita della stirpe di cui fa parte anche lei. Nessuno sa che cosa fece esattamente Ymir per riuscire a stipulare quel patto con la mostruosa creatura, ma si dice che le consegnò un oggetto molto prezioso per convincerla ad accettare, un oggetto estremamente raro che il Diavolo stesso aveva desiderato per molto tempo. Anche se, di quale oggetto si trattasse, non ne ho idea…”
 



Boruto ne era certo. Non c’erano dubbi. Le due figure raffigurate nel mosaico erano Ymir ed il Diavolo della Terra. La prova di ciò era l’oggetto bianco di forma ovale che la creatura tendeva verso la ragazza. Una sola domanda continuava a ronzargli in testa.

“Cosa ci fa questa raffigurazione qui?”

La cosa era incredibilmente sospetta. Perché il Diavolo ed Ymir erano raffigurati proprio qui? Perché il loro mosaico era presente in questo castello? Perché proprio nella sala del trono?

Ma soprattutto, perché erano stati raffigurati in questo mondo?

Boruto tentò di ragionare, ricordando gli eventi passati ed esaminando i suoi ricordi. Era venuto a conoscenza da molto tempo del fatto che lei non fosse una persona del suo mondo. Glielo aveva rivelato lei stessa quasi cinque anni fa. Ma, secondo le parole di Toneri, il suo mondo originario, il mondo dove lei era nata, era stato completamente distrutto da una terribile calamità che neppure lui conosceva poco dopo la sua nascita. Il giovane non ci aveva mai pensato prima, ma la situazione in cui Eldia si trovava adesso era quasi speculare.

Un’improvvisa realizzazione gli balenò in mente. Boruto sgranò l’occhio sinistro.

“Possibile che Eldia sia realmente…”

Poi, accadde qualcosa di inaspettato. Il suo occhio destro pulsò con forza, riscuotendolo dai suoi pensieri. Un improvviso getto di chakra investì la sala, sbalordendo tutti i presenti.

“Di nuovo quella sensazione!” esclamò Fugaku osservandosi attorno, adagiando a terra Sarada con cautela. “Un’onda di chakra!”

“È simile a quella che aveva emesso la collana!” realizzò Minato.

“Da dove proveniva?” domandò Naruto.

Boruto aprì l’occhio destro. Lo vide subito grazie al Jougan. Il flusso di energia proveniva da un piccolo oggetto poggiato sul seggio del trono. Ma come aveva fatto a non notarlo prima? L’oggetto era proprio sotto al loro naso! Erano rimasti tutti troppo colpiti dal mosaico per riuscire ad esaminare meglio ciò che era sempre stato davanti ai loro occhi. Lentamente, cominciò a salire gli scalini.

Nel frattempo, anche Hinata era riuscita a capire da dove fosse partita quella piccola onda di energia, attivando immediatamente il Byakugan e notando subito la sua origine.

“Laggiù!” esclamò rivolta agli altri, puntando un dito in avanti. “Il chakra proveniva da quell’oggetto!”

Tutti si voltarono verso il trono. Boruto era proprio lì, davanti al gigantesco seggio, e teneva con una mano un oggetto sottile ed allungato di colore argenteo mentre lo esaminava con attenzione.

Sembrava, almeno ai loro occhi, una specie scettro, anche se le sue dimensioni erano piuttosto ridotte. L’impugnatura era spessa appena qualche centimetro, lunga circa una ventina, ed era di colore argentato. La parte superiore prendeva la forma di una piccola croce dello stesso colore, al cui centro però, proprio nel punto dove s’incontravano i quattro bracci, sbucava fuori un grosso zaffiro blu, fuso all’interno del metallo stesso dello scettro.

Dopo averlo esaminato per alcuni secondi, Boruto si avvicinò di nuovo al resto del gruppo. “L’ombra di energia che abbiamo percepito proviene da questo scettro.” constatò.

Minato prese l’oggetto subito dopo, studiandone ogni singolo dettaglio. “È da questo scettro che hai visto partire il flusso di chakra, Hinata?” domandò.

La ragazza annuì. “Sì, non ho dubbi al riguardo.”

“Quindi, questo sarebbe il secondo manufatto che cercavamo?” chiese Kushina incrociando le braccia.

Sasuke fece un passo avanti. “C’è solo un modo per averne la certezza,” disse seriamente. “Dobbiamo provare di nuovo ad assorbirne l’energia.”

“Sono d’accordo,” disse subito dopo Boruto riprendendo il manufatto. “Non abbiamo tempo da perdere. Lasciate fare a me.”

“Non così in fretta,” lo interruppe di nuovo il ragazzo corvino. “Stavolta non lascerò che sia tu a farlo, Boruto Uzumaki!”

Tutti rimasero colpiti dalle sue parole e dal tono freddo e serio del ragazzo. Naruto e gli altri lo osservarono con gli occhi spalancati, tesi ed immobili. Anche il giovane del futuro si voltò lentamente a guardarlo, fissandolo col suo gelido occhio azzurro.

“E per quale motivo non vorresti lasciarmelo fare?” chiese sarcasticamente il Nukenin.

Gli occhi rossi di Sasuke si ridussero a due fessure. “Non mi fido di te,” rispose senza esitare l’Uchiha. “Anche se questa volta ci hai condotto al secondo manufatto, non ho intenzione di restare allo scuro di cosa esso possa rivelarti. Potresti star nascondendo qualcosa, e noi potremmo non averne mai la certezza. Stavolta sarò io ad assorbire il chakra nello scettro!”

I due giovani si fissarono attentamente per diversi secondi con occhi freddi e crudeli, senza parlare o battere ciglio. L’aria tra di loro si fece tesa e pesante.

“Ohi, Sasuke!” esclamò Naruto afferrandolo da una spalla. “Non ti sembra di esagerare? Non possiamo accusarci l’un l’altro in questo modo! Dobbiamo collaborare tutti-”

“Non m’interessa.” lo zittì bruscamente lui senza distogliere gli occhi dal ragazzo col mantello. “Questa volta non cederò. Non lascerò fare a questo fantomatico non-ninja quello che vuole!”

“Diamoci tutti una calmata!” sbottò Fugaku. “Non abbiamo tempo per-”

Ma, ad un tratto, qualcosa gli fece morire le parole in gola. Il suono di una risata sommessa cominciò a risuonare in mezzo a loro, facendoli voltare di scatto verso la direzione da cui proveniva: Boruto Uzumaki.

“Eheheh…”

Il Nukenin aveva la testa rivolta verso in basso, gli occhi oscurati dai capelli ed il corpo scosso da tremiti sommessi.

Boruto stava ridacchiando.

Presto però la sua risatina divenne sempre più forte, fino a diventare una vera e propria risata a pieni polmoni, qualcosa di assolutamente insolito e fuori dal carattere del biondo. Il suo suono era acuto e leggero, e riecheggiò per tutta la sala per diversi secondi. Naruto, Sasuke e tutti gli altri rimasero allibiti e con le bocche aperte nel vederlo ridere così di gusto.

“AHAHAHAHAH!”

La sua risata durò una decina di secondi, una decina di secondi in cui nessuno si mosse, non sapendo come reagire.

“Avrei dovuto aspettarmelo,” disse Boruto, sorridendo maliziosamente una volta calmatosi. “Dopotutto, non avrei dovuto dimenticare che tu sei il grande e leggendario Sasuke Uchiha. Scaltro ed acuto come sempre vedo!”

Il ragazzo corvino rimase con gli occhi spalancati mentre lo ascoltava. Boruto lo stava letteralmente elogiando davanti ai suoi occhi! Il grande e leggendario Sasuke Uchiha? Cosa diavolo intendeva dire? Era evidente che il ragazzo lo avesse incontrato nel futuro, o quantomeno avesse sentito parlare di lui, ma cos’altro sapeva al suo riguardo? Che tipo di rapporto esisteva tra il ninja traditore ed il se stesso del futuro?

“Molto bene,” continuò a dire subito dopo il biondo, porgendogli lo scettro. “Allora stavolta lascerò che sia tu ad assorbire il chakra del manufatto. Così non dovrete temere che io vi stia ingannando…” il suo tono era freddo e provocatorio, ed il suo sorriso crudele e sarcastico.

Sasuke lo fissò negli occhi diversi secondi, il suo sguardo serio e calcolatore, poi tese lentamente la mano in avanti, afferrando lo scettro ed esaminandolo alcuni secondi. Se era come nel caso della collana, il chakra doveva trovarsi all’interno dello zaffiro, quindi un colpo preciso sarebbe dovuto essere sufficiente a far uscire una piccola quantità di energia da esso.

“Stai attento, Sasuke-kun.” raccomandò Sakura.

L’Uchiha annuì. Tirando fuori un kunai all’improvviso, posizionò la mano sopra il manufatto, pronto a colpire. Esitò un solo istante, prima di scagliare con forza e decisione la punta dell’arma sullo zaffiro. Dalla pietra incastonata nello scettro partì immediatamente un getto rapido di energia che andò subito a finire nel petto di Sasuke in meno di un secondo. Il giovane chiuse gli occhi, teso nel caso potesse sentire qualcosa di doloroso.

Era una sensazione strana, decise. Gli sembrava di essere improvvisamente in tutt’altro luogo, senza però essere in grado di percepire nulla col corpo o con i sensi. Gli sembrava di volare in alto, come se fosse diventato un uccello, e vide in basso con gli occhi della mente un lungo e grosso fiume tormentoso che serpeggiava in mezzo ad alcune colline verdi. Oltre le colline, in lontananza, vide qualcosa di indistinto. Poi, il paesaggio cambiò senza preavviso, e Sasuke si ritrovò davanti ad un grosso e gigantesco muro di pietra grigia, alto decine e decine di metri.

Una voce sconosciuta sembrò sussurrargli nella mente.

Muro Di Maria.
Distretto di Shiganshina.
Ovest.


Poi tutto divenne nero, e Sasuke si ritrovò di nuovo nella sala della fortezza insieme agli altri. Rimase alcuni secondi senza dire nulla, ancora sconvolto da cosa aveva visto grazie al manufatto.

“Cosa è successo, Sasuke?” gli chiese Naruto, impaziente e teso.

Il giovane continuò a fissare lo scettro. “N-Non so come spiegarlo,” disse lentamente. “Mi è sembrato di vedere delle immagini nella mia mente, e di sentire delle voci…”

“Che cosa hai visto?” lo incalzò Boruto.

“Un fiume,” rispose lui dopo un secondo. “E subito dopo un muro altissimo in mezzo al nulla. Una voce mi ha sussurrato queste parole: Muro di Maria. Distretto di Shiganshina. Ovest.”

Tutti rimasero in silenzio all’udire quella spiegazione.

“Che cosa vorrà dire tutto questo?” chiese Fugaku.

“Semplice,” rispose Boruto, il suo sguardo incollato sul mosaico sulla parete, “Dobbiamo andare ad Ovest.”

 

 



Note dell’autore!!!

Salve gente! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto. Il prossimo uscirà il 16 settembre. Grazie a tutti quelli che leggeranno e a quelli che commenteranno. A presto! ;)

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Capitolo 22
*** Notte, Profezie e Pensieri ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!

 


Notte, Profezie e Pensieri


 



Arriverà poi il momento in cui ancora dovrai combattere,
contro mille calamità ed avversari da abbattere.
Combatterai per trovare il drago, Boruto, il drago che divora i mondi,
il drago che nessuno sa dove sta.
In questa impresa molti alleati avrai,
persone che odi, persone che ignori e persone a cui mancherai,
ma soltanto la tua famiglia ti salverà, non scordarlo mai.
E quando infine troverai il drago, Boruto, e sentirai tutto il suo potere,
allora, con coraggio, lo affronterai tu.
Ma uno di voi due, alla fine, non tornerà più!

 



Boruto si svegliò di scatto.

La piccola luna di Eldia lo abbagliò per qualche secondo, il suo occhio spalancato non abituato alla luce improvvisa. Si voltò indietro, ansimando leggermente, osservando il boschetto a poca distanza dalla distesa di prato verde dove si era disteso per la notte. Il resto del gruppo stava ancora dormendo laggiù, in mezzo agli alberi. Il silenzio regnava tutt’intorno, interrotto soltanto dal dolce soffio del vento sulla pelle.

Il biondo si alzò in piedi lentamente, facendo dei profondi respiri per calmarsi. Si mise a fissare la luna. Quanto ancora sarebbe durato? Quanto tempo mancava? Quella profezia si sarebbe avverata davvero, oppure-

Scosse la testa, cercando di dimenticare quelle parole, cercando di dimenticare quel ricordo così pesante.
 



“Ma uno di voi due, alla fine, non tornerà più!”
 



Boruto maledisse mentalmente quel dannato clan ed il se stesso del passato per la sua curiosità ed arroganza. Se solo non avesse ascoltato quella fantomatica profezia quel giorno, oggi non avrebbe avuto così tanto tormento. Se non avesse dato retta a quel dannato Otsutsuki in passato, non avrebbe sentito questa enorme ansia attanagliargli le viscere.

Non avrebbe provato la paura che provava adesso mentre si avvicinava a compiere il suo destino.

In passato non se n’era curato, ma adesso sapeva che le parole pronunciate da quell’essere misterioso stavano per compiersi. Il suo cuore lo riusciva quasi a sentire. Ne era certo. Lo aveva già intuito appena era giunto ad Eldia, quando l’Eremita aveva spiegato a lui e Sarada la missione ed aveva rivelato loro l’esistenza del drago Vrangr.

E, proprio a causa della profezia, Boruto aveva rifiutato all’inizio. Perché l’esito, per lui, sarebbe stato terribile.

“Uno di noi due dovrà morire…” pensò gravemente.

Lo scontro era inevitabile. Ne andava della salvezza del suo mondo. E da quella battaglia, soltanto uno ne sarebbe uscito vivo. Soltanto uno avrebbe continuato ad esistere. O lui, o il drago.

Boruto non era certamente un codardo. Non aveva paura della morte. Nella sua vita aveva rischiato di morire innumerevoli volte, ogni istante della sua vita era stato segnato dall’incertezza del domani. Lui era un Guerriero.

La sua era una vita dedita alla fuga, al nascondersi incessantemente dai ninja. Una vita segnata dal pericolo dell’Unione. Una vita incentrata sulla fuga da suo padre. Le difficoltà e gli imprevisti erano stati quasi all’ordine del giorno. Boruto ed i suoi amici avevano superato innumerevoli pericoli, sempre con coraggio e determinazione.

No. Boruto non era affatto un codardo.

E allora perche aveva così tanta paura?

Il giovane strinse i pugni e i denti, frustrato. Non poteva continuare così, doveva calmarsi! Decise di occupare la mente andando a fare quattro passi nella radura verde che lo circondava, immergendosi nel silenzio e nella quiete della notte.

Da due giorni aveva lasciato la Fortezza di Alkatraz, e dopo essersi ripreso completamente dall’esplosione ed aver spiegato la situazione a Sarada, Boruto ed il gruppo avevano preso a marciare a pieno ritmo verso Ovest, diretti verso lo strano muro descritto da Sasuke. Il freddo era calato da quando avevano lasciato la montagna, ed adesso si riusciva a stare bene all’aperto anche di notte.

Il ragazzo si fermò a scrutare l’orizzonte. La pallida luce della luna illuminava una distesa di erba e colline lunga molti chilometri. Le stelle nel cielo sembravano essere più numerose rispetto a quelle che si vedevano nel suo mondo. Forse era dovuto alla mancanza di illuminazione in questo mondo.

Mentre le osservava, Boruto sentì una sensazione che aveva cominciato a provare spesso da quando era giunto a Eldia. Una sensazione che ricordava molto bene dalla sua infanzia.

Si sentiva solo.

Boruto emise un lungo sospiro pieno di nostalgia. Sentiva la loro mancanza. Da morire. Sentiva con forza la mancanza di quei due. Quei due volti che lo avevano incessantemente accompagnato sin da quando aveva sette anni. Quelle due persone che lo avevano salvato dalla disperazione e dalla crudeltà del mondo. Anche se spesso la loro presenza era un po’ ingombrante, Boruto non l’aveva mai ritenuta eccessiva o fastidiosa. Né mai avrebbe voluto separarsi da loro. Ma adesso, era tornato ad essere da solo.

Gli mancava la sua famiglia.

Quanto avrebbe voluto rivederli. Nel corso degli anni, si era ormai abituato alla loro presenza. Erano sempre rimasti al suo fianco, accompagnandolo in tutti i momenti, belli e brutti, della sua vita. Ogni volta che loro tre erano stati costretti a separarsi, ogni volta che gli eventi che avevano vissuto li avevano costretti a restare da soli, ognuno di loro aveva sempre lottato incessantemente per riuscire a tornare insieme. Ogni volta, loro tre avevano sfidato qualsiasi pericolo e nemico, pur di riunirsi e tornare a vivere in pace. Il legame tra di loro era qualcosa che nessuno sarebbe mai riuscito a spezzare. Era troppo profondo. Era qualcosa che andava oltre l’amicizia, qualcosa di molto più simile al rapporto tra consanguinei, come quello tra fratelli, anche se neppure questo riusciva a descriverlo.

Soprattutto il suo rapporto con lei non poteva certo definirsi come quello tra fratello e sorella. Loro tre insieme, erano completi. Loro tre insieme, formavano una vera famiglia. Ed ora, a sole due settimane e mezzo dalla sua comparsa in questo mondo, a Boruto mancavano da morire.

Ripensare a quei due gli fece balenare una realizzazione in testa. La realizzazione di qualcosa che aveva già intuito in passato.

Il motivo per cui aveva paura di affrontare il drago erano loro due. Il motivo per cui ogni giorno lui provava una crescente ansia, man mano che si avvicinava allo scontro finale, era la sua famiglia.

Perché se lui avesse perso contro il drago, se lui fosse stato davvero sconfitto come presagiva la profezia, non avrebbe potuto più rivederli. L’unica ragione per cui il Nukenin temeva la morte era questa.

Ma non era soltanto quello il motivo. Boruto aveva fatto una promessa. Aveva giurato di proteggerli da qualsiasi pericolo. E se fosse morto, non avrebbe potuto farlo. Se fosse morto, avrebbe abbandonato la sua famiglia. Li avrebbe abbandonati proprio come era stato abbandonato lui quando era piccolo.

E Boruto non poteva permettere una cosa del genere. Per nessuna ragione al mondo. Non voleva far sperimentare a loro due quella rabbia, quel dolore e quella disperazione che aveva provato lui. Loro lo avevano salvato da quell’incubo, e lui era determinato a fare lo stesso. Glielo doveva. Era il suo debito nei loro confronti. Boruto li amava troppo per riuscire anche solo a pensare di poterli abbandonare in quel modo. Senza contare che con la sua morte, Vrangr avrebbe messo in pericolo anche il loro mondo.

Perciò, per riuscire a proteggerli, doveva sopravvivere a tutti i costi.

“Io non morirò in questo modo!” si promise mentalmente con forza e decisione, mentre continuava a fissare il cielo. “Ho fatto una promessa, e niente e nessuno mi impedirà di mantenerla! Affronterò quel drago e lo sconfiggerò! E poi tornerò da loro ad ogni costo!”

Quel pensiero era l’unica cosa che riusciva a placare momentaneamente la sua paura, rimpiazzandola con una feroce determinazione. Niente e nessuno sarebbe riuscito a dividere Boruto dalla sua famiglia. Il loro era un legame che aveva superato incalcolabili difficoltà, innumerevoli pericoli, ed era passato attraverso a miriadi di situazioni complicate e dolorose. Il loro legame si basava su una serie di esperienze e circostanze che loro tre avevano superato insieme. Per questo, anche se stavolta Boruto era da solo, non avrebbe permesso a se stesso di perdere. Nessuno gli avrebbe impedito di ritornare da loro, proprio come in passato nessuno fu in grado di riuscirci.

Nessuno tranne due persone. Due persone ci erano quasi riuscite, e ancora oggi tentavano di braccare lui ed i suoi amici per catturarlo. I due uomini più forti del suo mondo. I due eroi della Quarta Guerra Mondiale Ninja.

Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha.

Suo padre ed il padre di Sarada erano, senza ombra di dubbio, la minaccia più grave nei confronti suoi e della sua nuova famiglia. Contro di loro, Boruto non avrebbe avuto speranza di vittoria.

Con il Settimo Hokage lo aveva sperimentato di persona, quasi due anni prima. Il ricordo di quello scontro estenuante era rimasto impresso nella sua memoria con forza, ed ancora oggi provava una grande rabbia e frustrazione nel ricordare come fosse stato sconfitto da quell’uomo. In quell’occasione, Boruto aveva seriamente rischiato di non riuscire più a rivedere i suoi compagni. Aveva rischiato di restare prigioniero in un posto che considerava un inferno.

Sasuke Uchiha, invece, era un caso completamente diverso. La sua forza non si basava sulla quantità di chakra o su un Bijuu. La sua forza erano la mente, la tecnica ed i suoi occhi. Gli stessi occhi dell’Eremita delle Sei Vie.

Il Rinnegan e lo Sharingan.

Boruto non aveva mai avuto occasione di affrontarlo seriamente, per fortuna, ma era certo che quell’uomo sarebbe stato più che capace di sconfiggerlo. Il ragazzo sapeva troppo poco sul suo conto e sulle sue abilità, e questo era uno svantaggio enorme in battaglia. Lui e l’Hokage erano ancora un ostacolo insormontabile per Boruto, nonostante tutto il potere che aveva ottenuto.

Quindi era piuttosto ironico che adesso, in questa impensabile situazione, egli si fosse ritrovato proprio con loro due da giovani. Ed era ancora più ironico il fatto che lui stesso fosse il più forte del gruppo.

Sin da quando era piccolo, Boruto si era sempre chiesto come suo padre potesse essere così forte. Come aveva ottenuto il potere della Volpe a nove code? Che cosa diavolo era successo nella Guerra in cui aveva partecipato? Sapeva che insieme a Sasuke era riuscito a sconfiggere Madara Uchiha, il leggendario fondatore del clan maledetto, e Kaguya Otsutsuki, salvando il mondo dalla minaccia dello Tsukuyomi Infinito, ma il resto della storia era un mistero per lui, e coloro che conoscevano la realtà dei fatti del passato erano pochi.

Allo stato attuale però, né Naruto né Sasuke erano in grado di sconfiggerlo, di questo Boruto era certo. E questa cosa, nonostante lo riempisse di soddisfazione, era anche uno spiacevole svantaggio. Se Vrangr si fosse rivelato troppo forte per lui, allora le loro speranze di vittoria sarebbero state quasi nulle. Neanche il Quarto Hokage era al suo livello di potenza e velocità, ed a meno che fosse accaduto un miracolo, soltanto lui aveva la possibilità concreta di riuscire a sconfiggere il drago al momento.

“Ed il destino del mondo graverà su di te!” gli sussurrò una voce familiare in testa.

Boruto ricordava perfettamente quelle parole. Non avrebbe mai potuto dimenticarle. Erano le parole contenute nella prima parte della profezia di quel dannato Otsutsuki. La profezia che gli aveva rivelato anni fa appena prima di annunciargli lo scontro col drago, per poi scomparire nel nulla.

Boruto pensava di aver ormai compiuto quella parte della profezia, o quantomeno di aver capito e vissuto le esperienze celate nel suo significato. Ma mai come adesso aveva percepito un tale peso sulle sue spalle. Mai come adesso si era sentito così teso per il futuro. E mai prima d’ora, Boruto ne era certo, nessun altro a parte lui aveva vissuto con la consapevolezza di avere una tale responsabilità su di sé.

Le stelle in cielo continuavano a brillare di luce, e parevano fissarlo mentre il giovane restava assorto nei suoi pensieri. Era come se una qualche divinità o il Destino stesso si stesse prendendo gioco di lui, divertendosi a farlo soffrire sempre. Era come una maledizione. Una maledizione che gli impediva di raggiungere e godersi la sua felicità, pur avendocela davanti agli occhi.

Le parole di quella creatura gli tornarono in mente improvvisamente, come un monito carico di derisione.
 



“Sii consapevole di questo: sii consapevole del fatto che una volta che qualcuno ha sconfitto un Dio, egli cessa di essere una persona ordinaria. E che il Destino morde con forza e continua a percorrere sempre il suo cammino...”
 



Boruto strinse i denti.

“Non ho mai voluto questo!” urlò improvvisamente il biondo alle stelle con rabbia. “Non ho mai desiderato di salvare il mondo! L’unica cosa che ho sempre voluto è vivere e restare al fianco della mia famiglia! E allora perché proprio a me? Perché devo continuare sempre a soffrire? Perché non posso mai trovare la pace? PERCHÉ? CHE COSA DIAVOLO VUOI DA ME?”

La sua domanda disperata ricevette soltanto il silenzio della notte come risposta. Stringendo i denti con rabbia, Boruto maledisse mentalmente qualsiasi divinità potesse esistere in cielo o sulla terra, e maledisse anche il proprio destino che gli aveva negato sempre la felicità sin da quando era piccolo. Tuttavia si calmò subito. Se c’era una cosa che la sua famiglia gli aveva insegnato, era che piangere o lamentarsi del proprio destino era inutile. Se volevi cambiarlo, allora dovevi metterti in gioco e lottare con tutte le tue forze. E Boruto Uzumaki era più che mai determinato a farlo.

Anche se questo non rendeva affatto le cose più facili.

E poi, come se non fosse stato già abbastanza turbato da tutta questa situazione, il Destino lo aveva preso nuovamente in giro affidandogli quei compagni di viaggio, il che lo aveva infastidito non poco. I suoi pensieri balenarono improvvisamente verso i nove ninja assopiti a qualche centinaia di metri dietro di lui.

Alcuni di loro, più precisamente i genitori di Sasuke e quelli di Naruto, gli erano completamente indifferenti, poiché non sapeva quasi nulla sul loro conto, eccezion fatta per il Quarto Hokage. Ma il resto della banda era interamente composto da persone che il giovane riusciva a malapena a sopportare.

Il fastidio minore era Sakura Haruno.

La futura madre di Sarada non sembrava curarsi minimamente di Boruto, limitandosi a stare il più vicino possibile al suo amato Sasuke. Il che, a differenza di quello che la Sakura del futuro gli aveva fatto quando aveva dodici anni, era più che accettabile. Oltre che meno doloroso.

Poi c’era Hinata Hyuuga, la sua futura madre.

A Boruto non andava per niente a genio quella ragazza. Il motivo era il suo carattere timido ed impacciato, il quale si accentuava ogni volta che lei era vicina a Naruto. Diverse volte, spesso sorprendendosi lui stesso dei suoi pensieri, Boruto si era chiesto come potesse quella fragile ed insicura diciassettenne diventare la donna che lui conosceva e che tanto lo aveva fatto soffrire. La sua bontà e gentilezza erano le stesse che aveva sempre, ma nel vederla agire in questo modo anche da giovane, il ragazzo del futuro non riusciva a capacitarsi del perché sua madre si fosse comportata in quel modo così diverso nei suoi confronti in passato, per poi tornare ad essere la persona altruista e gentile di sempre. La cosa lo faceva infuriare immensamente ogni volta che la guardava. L’unico lato positivo era il fatto che lei non aveva tentato, perlomeno ancora, di parlare con lui per scoprire qualcosa sul suo conto.

La stessa cosa non si poteva dire per Naruto Uzumaki.

Quel biondino gli dava decisamente sui nervi. Boruto aveva notato lo sguardo con cui Naruto lo guardava ogni volta che posava gli occhi su di lui, e ciò che aveva visto non gli era piaciuto affatto. Quello era uno sguardo pieno di dolore e sconforto, uno sguardo che lo implorava di parlargli e di dargli delle risposte. Uno sguardo che il giovane conosceva bene. Ma Boruto si guardava bene dal donare risposte, soprattutto a quel ragazzo. Senza guardare agli avvenimenti che sarebbero successi tra loro due in futuro, al biondo col mantello la sola vista di Naruto infastidiva più di qualsiasi altra cosa. Senza contare poi il suo atteggiamento da idiota ed il suo modo brusco ed istintivo di agire su ogni cosa. Sapeva che quel ragazzo non era ancora suo padre, eppure il ricordo di quello che aveva passato per causa sua gli continuava a venire in mente ogni volta. Boruto poi non era abituato ad essere aperto con nessuno se non con i suoi familiari, ed anche se il Naruto del presente non avesse ancora fatto nulla contro di lui, al giovane non andava di certo di mettersi a raccontare la sua vita al suo futuro genitore. Ed il fatto che Naruto stesse cercando di avvicinarsi a lui non gli andava di certo a genio.

Il secondo, vero problema era Sasuke.

Il giovane Uchiha non rappresentava certo una minaccia per Boruto, né tantomeno si era mai messo a cercare di parlargli in qualche modo come Naruto. Tuttavia c’era un ma. Sasuke non si fidava di lui neanche un po’. Ora, mentre normalmente questo gli sarebbe andato assolutamente bene, c’era un piccolo problemino che sorgeva a causa di un altro membro del loro gruppo.

Sarada Uchiha.

La ragazza era, per Boruto, un completo mistero. Il fatto che non si fosse arresa mai durante tutti questi anni nel tentativo di riportarlo indietro era qualcosa che a Boruto infastidiva ed incuriosiva contemporaneamente. La sua determinazione era certamente ammirevole, ma lui sapeva che si basava su un’illusione. L’illusione che il vecchio Boruto che lei amava fosse ancora vivo dentro di lui. Il Nukenin non sapeva cosa fare con lei. In passato aveva sempre cercato di farle cambiare idea sul suo conto, in modo da permetterle di andare avanti con la sua vita, ma senza successo. Non la considerava di certo un’amica, ma l’affetto e la dedizione che lei provava nei suoi confronti erano evidenti. Come anche la forte determinazione che aveva nel difenderlo dalle accuse degli altri.

E questo era il vero problema.

Date l’incessante curiosità di Naruto ed il sospetto di Sasuke nei suoi confronti, Sarada aveva assunto un ruolo decisivo in quella situazione. La ragazza era l’unica che sapeva del suo passato, e quei due avrebbero potuto indurla a rivelare qualcosa sul suo conto. Sarada voleva, dopotutto, proteggerlo dai sospetti e dalle accuse che gli altri avevano su di lui, e nel tentativo di fare ciò non avrebbe esitato a parlare del passato che lui aveva vissuto. Naruto lo voleva sapere al solo scopo personale, mentre Sasuke avrebbe potuto scoprire qualcosa riguardo ai suoi poteri.

La cosa era, da entrambe le prospettive, inaccettabile! Boruto l’aveva già sorpresa a discutere con gli altri sul suo conto una volta, e doveva impedire che una cosa del genere potesse accadere di nuovo.

Perché se lei avesse rivelato loro la verità su di lui, molte cose sarebbero potute cambiare nel loro futuro.

Il giovane sentì un forte mal di testa cominciare a formarsi dopo tutti questi pensieri. Chiuse l’occhio sinistro e sospirò pesantemente. Non serviva a niente continuare a riflettere su queste cose. Doveva agire per impedire che potesse accadere qualcosa di spiacevole nei suoi confronti, ed in fretta. Al prossimo tentativo di Naruto e Sasuke di scoprire qualcosa su di lui, decise, avrebbe agito personalmente al riguardo, e al diavolo le conseguenze.

La sua mente tornò a posarsi ancora una volta sulla sua famiglia. Non poté fare a meno di chiedersi cosa stessero facendo quei due in quel momento. Erano forse preoccupati per la sua scomparsa? Erano ancora rimasti nell’Astro? Oppure lo stavano cercando in giro per il mondo? E Toneri cosa stava facendo? E come stavano tutti i suoi amici? Tutti gli altri membri della loro Organizzazione?

Troppe domande senza risposte.

Boruto decise di rimettersi a dormire, dato che il giorno dopo avrebbero dovuto continuare a procedere verso Ovest. Si distese di nuovo per terra, le braccia poggiate dietro la testa. I suoi ultimi pensieri si soffermarono ancora sui suoi amici. Su quelle due persone per le quali avrebbe dato anche la vita. La sua famiglia.

“Sora… Mikasa…”

Ma non ebbe il tempo di riaddormentarsi, perché le prime luci del sole dell’alba spuntarono all’improvviso dalle colline ad Est, investendogli la faccia coi suoi raggi caldi ed accecanti.

“È ufficiale,” pensò con un sospiro. “Qualcuno lassù mi odia decisamente.”

 

 



Note dell’autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate. Il prossimo uscirà il 18 settembre. In questo capitolo sono state rivelate in parte alcune verità sul conto di Boruto, ma la sua vera storia sarà svelata a suo tempo e a suo modo.
Ne approfitto per ringraziare di cuore tutti quelli che hanno commentato in questi giorni e quelli che anche solo con un messaggio privato mi hanno dato le loro opinioni. Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e quelli che commenteranno!
A presto! ;)

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Capitolo 23
*** Guerriero ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!

 

 

Guerriero


“Cosa diavolo sta succedendo?” era la domanda che riecheggiava nelle confuse e completamente perse teste di Naruto, Sarada e gli altri sette ninja.

La persona che aveva suscitato quella confusione e quello stupore in loro non era nessun altro che Boruto Uzumaki.

Il ragazzo del futuro infatti, per la prima volta da quando erano giunti in questo mondo, aveva improvvisamente deciso di mettersi a viaggiare insieme a loro mentre di solito preferiva starsene in disparte, adeguando il suo passo a quello del gruppo e restando vicino a Sarada per tutto il tempo.

Quest’ultima era rimasta più che felice di questa inaspettata novità, e non aveva perso tempo, cogliendo quest’occasione d’oro per tentare di parlare col suo amico d’infanzia e scambiare quattro chiacchiere con lui su qualsiasi cosa che le venisse in mente.

Boruto per la maggior parte del tempo si limitava a risponderle con cenni del capo o con pochissime parole, tentando sempre di ignorarla inutilmente. Tuttavia, vedere il suo sopracciglio sinistro contrarsi dal fastidio ogni dieci secondi era uno spettacolo nuovo ed esilarante per il resto del gruppo.

Naruto era anch’egli rimasto piacevolmente sorpreso dall’improvviso atteggiamento del suo futuro figlio. Questa era un’occasione perfetta per tentare di parlare di nuovo con lui! Non se la sarebbe lasciata sfuggire di certo.

“…e da quel giorno Inojin non ha più sfidato Chocho ad una gara di abbuffata di patatine! Dovevi vedere la sua faccia!” finì di dire Sarada con un sorriso divertito, mentre continuava a correre al suo fianco.

Boruto sentì che il suo sopracciglio sinistro aveva perso la sensibilità a furia di contrarsi. Da quando Sarada era capace di parlare così tanto? Non la ricordava affatto così loquace ai tempi dell’Accademia. Era da un’ora piena che quella ragazza continuava a parlargli ininterrottamente, ma lui aveva smesso di ascoltare circa tre quarti d’ora fa.

“Forse quest’idea di restare vicino a loro per impedirle di parlare di me alle mie spalle non è stata così saggia…” pensò con un sospiro mentale.

Ma la cosa che lo infastidiva non era soltanto l’ininterrotto discorso della giovane e il suo continuo tentativo di farlo parlare. Era anche quella particolare e maliziosa ondata di aggressività che aveva cominciato a percepire alle sue spalle con l’occhio destro da quando quella mattina lui e tutti gli altri si erano messi in viaggio. Ed il responsabile di quella suddetta onda era Sasuke.

Il giovane Uchiha sembrava non aver preso di buon grado l’improvviso cambiamento della situazione, a differenza del resto del gruppo, ed anche se non si era espresso esplicitamente al riguardo, continuava a lanciare sguardi freddi e sospettosi verso di lui, come se stesse cercando di capire a cosa mirava il Nukenin con quella sua mossa.

Anche se non voleva ammetterlo, quegli occhi lo spaventavano. Quei dannati occhi lo avevano messo in guardia in più di un’occasione in passato, e ritrovarseli continuamente puntati su di sé con una tale intensità lo innervosiva parecchio, nonostante il ragazzo sapesse che il Sasuke presente non fosse affatto il suo vecchio maestro.

L’unico sollievo era il fatto che Naruto non aveva ancora tentato di rivolgergli la parola-

“Ehi, Boruto!” disse improvvisamente il suddetto biondino con un sorriso, mentre continuavano ad avanzare. “Posso fare a te e a Sarada una domanda?”

Boruto sentì un improvviso bisogno irrefrenabile di sbattere la testa ripetutamente contro un albero. “Perché non imparo mai a stare zitto?” pensò con rabbia.

“Una domanda?” ripeté Sarada, curiosa.

“Me lo sono sempre chiesto da quando vi ho conosciuti, ma non ho mai trovato il momento giusto per chiederlo.” spiegò lui grattandosi la testa. “Potete dirci qualcosa sul futuro?” domandò loro con un ghigno.

Entrambi i giovani s‘irrigidirono appena udirono la domanda del biondo.

“Oh! Anche io mi sono sempre chiesta come potesse essere il futuro!” esclamò Sakura.

Kushina s’intromise subito nel discorso. “Ora che ci penso, la cosa incuriosisce anche me!”

I due ragazzi del futuro si scambiarono un’occhiata.

“Allora?” domandò ancora Naruto con una grande curiosità negli occhi. “Potete dirci qualcosa al riguardo?”

Boruto e Sarada esitarono per alcuni istanti. Cosa avrebbero dovuto fare? Rivelare informazioni sul futuro non era sicuramente una mossa saggia, poiché avrebbe potuto scombussolare completamente gli eventi nel loro mondo. Ed anche se la situazione nel loro tempo non era certamente la migliore immaginabile, nessuno dei due voleva che le cose cambiassero troppo.

Anche se, per la giovane Uchiha, una certa situazione familiare avrebbe certamente avuto bisogno di un cambiamento.

“No.” fu la risposta secca e decisa di Boruto. “Non possiamo rivelare informazioni sul futuro.”

Naruto non si accontentò. “Eeeeh? Ma perché?”

“Non sono affari che vi riguardano.” disse ancora il giovane col mantello senza emozione.

“Boruto! Non c’è bisogno di essere così scontrosi!” lo rimproverò Sarada.

“Boruto ha ragione,” s’intromise improvvisamente Minato. “Non è saggio rivelare qualcosa su eventi che devono ancora accadere. Potrebbe portare a cambiamenti irreversibili nel loro tempo. Meno sappiamo, meglio è.”

La spiegazione dell’Hokage mise a tacere tutti. Non ci avevano pensato, ma la situazione in cui si trovavano i due ragazzi era delicata. Non potevano forzarli a rivelare qualcosa che avrebbe potuto cambiare il loro futuro solo per un egoistico desiderio di sapere.

“È bello vedere che c’è qualcuno con un po’ di cervello in questo gruppo.” disse Boruto con un sorriso di derisione.

“Cosa diavolo intendi dire?” esclamò rabbiosamente Fugaku. Anche gli altri rimasero offesi dall’insulto rivolto verso di loro.

Il ragazzo lo guardò con sufficienza. “Esattamente quello che ho detto, Uchiha.” rispose freddamente. “Fino ad ora non avete fatto altro che pensare a soddisfare la vostra infantile curiosità sul futuro da cui proveniamo, senza pensare alle conseguenze delle vostre azioni. La cosa, a mio parere, è decisamente stupida.”

“Ci stai forse dando degli stupidi?” domandò Sasuke con tono minaccioso.

Boruto sorrise maliziosamente. “Niente affatto! Ma io sapevo che uno Shinobi deve riflettere prima di agire. Eppure nessuno di voi, tranne il Quarto Hokage, ha fatto ciò. Quindi mi scuserete se mi faccio un paio di domande sul vostro conto.” il suo tono era sarcastico e pieno di derisione e scherno.

Fugaku stava letteralmente fumando dalla rabbia. “Parli come se avessi il diritto di dire una cosa del genere!” sbottò velenosamente l’uomo. “Tu non sei uno Shinobi, sei solo un Nukenin! Un assassino ed un traditore! Quindi con che coraggio credi di poterci dire una cosa simile?”

Il ragazzo del futuro si fermò di botto, facendo arrestare la corsa anche a tutti gli altri. Con un passo deciso si portò poi davanti a Fugaku, guardandolo negli occhi con uno sguardo freddo e crudele. Nessuno ebbe il coraggio di aprire bocca.

“Stammi a sentire, Uchiha,” disse con un tono crudele il giovane. “Quel che tu pensi di me non m’interessa minimamente, e sei libero di credere quel che vuoi. Ma non osare più insultarmi in questo modo, altrimenti…”

Nessuno fu in grado di vedere il suo movimento. In un secondo, Boruto si era portato alle spalle di Fugaku misteriosamente, puntando la sua spada sul collo dell’uomo.

“…mi prenderò la tua vita con le mie stesse mani!” concluse Boruto con un sorriso malvagio.

Fugaku era rimasto sconvolto, così come tutti gli altri. Come diavolo faceva quel ragazzo ad essere così veloce? Non era possibile. Non aveva senso. Non era riuscito a vedere alcun movimento neanche con lo Sharingan. Come aveva fatto?

“Adesso basta, Boruto!” esclamò Sarada. “Non possiamo metterci a discutere e minacciarci tra di noi! Dovremmo agire come una squadra!”

Il giovane rinfoderò la sua arma dietro la schiena, ma non rispose. La ragazza si rivolse poi verso suo nonno.

“E voi, piantatela di dire queste cose su Boruto!” disse con un tono serio e deciso. “Lui non è un traditore o un assassino! Ve l’avevo già detto, quindi smettetela di insultarlo!”

“Posso anche difendermi da solo, Sarada.” sospirò esasperatamente il Nukenin.

“È stato lui ad insultarci per primi!” disse Mikoto, tentando di giustificare suo marito.

“Non mi interessa! Sembriamo bisticciare come dei bambini!” urlò ancora lei.

Boruto fece un passo avanti. “Per una volta, sono d’accordo con lei.” disse con un tono privo di emozione. “Non ho più intenzione di tollerare i vostri sospetti nei miei confronti. Anche se il mio atteggiamento può risultarvi fastidioso, non sono obbligato a cambiare solo perché non vi piace. Non mi sembra di aver mai causato problemi a nessuno, tranne quando ero stato insultato prima. Io non sono uno Shinobi come voi, quindi il modo in cui io decido di comportarmi non vi riguarda.”

Naruto strinse i pugni in un moto di frustrazione. Il giovane del futuro aveva ragione, e stava usando questo ragionamento per tentare ancora una volta di distaccarsi da loro. Non poteva permetterlo. Aveva troppe domande, aveva ancora più bisogno di sapere qualcosa. Doveva agire per impedire che Boruto tornasse ad isolarsi dal gruppo.

“Allora, cosa sei?” domandò il biondo lentamente.

 Il giovane col mantello lo guardò con un sopracciglio incurvato.

“Se non sei uno Shinobi e non sei neanche un traditore, allora cosa sei, Boruto?”

Tutti si voltarono verso di lui. Per la prima volta, Naruto aveva fatto una domanda azzeccata una volta tanto. Una domanda che, in cuor loro, ognuno si era posto nei confronti del ragazzo del futuro. E adesso ognuno di loro era particolarmente interessato a sentire la sua risposta. Cosa avrebbe risposto?

Boruto sorrise. “Se ci tenete proprio a saperlo, allora ve lo dirò.” rispose con un tono privo di emozione. Gli altri rimasero in attesa, tesi come se stessero per udire una rivelazione sconvolgente.

“Io,” dichiarò il giovane con un sorriso malizioso e puntandosi un dito sul petto. “Sono un Guerriero!”



“Un guerriero?” si chiesero Naruto, Sasuke e Minato.

“Cosa vorrebbe dire?” gli chiese Fugaku, le sue sopracciglia aggrottate. Un guerriero? Che scherzo era questo? Non voleva dir niente. Ogni ninja era un guerriero. Le parole di quel moccioso sembravano soltanto un mucchio di fandonie alle sue orecchie.

“Significa,” riprese Boruto, il suo sorriso sempre presente. “Che io non credo nella vostra fantomatica e venerata Volontà di Fuoco. Significa che io non credo nei vostri fasulli ideali di sacrificio per il bene di Konoha. Significa che io non credo nella ricerca del benessere per quante più persone possibili. Per me tutte queste cose sono soltanto un patetico tentativo di giustificare le stragi e le morti di cui ogni Villaggio è responsabile. Dei falsi adornamenti della crudele realtà che il Villaggio inculca nelle menti dei suoi Shinobi allo scopo di apparire nel giusto ai loro occhi.”

Gli altri ascoltavano attentamente e con stupore le parole del ragazzo. Il suo tono era sempre freddo e distaccato, ma la certezza delle sue parole era evidente per chiunque.

“L’unica cosa in cui credo,” continuò il biondo, guardando il cielo. “È che il nostro mondo, anzi, che tutti i mondi che esistono sono crudeli e spietati. Ma credo anche che siano bellissimi e generosi. La vita da e toglie a chiunque, a chi più e a chi meno, indistintamente. La realtà in cui ci troviamo è ambivalente, ed ogni uomo, dal momento della nascita, è libero. Ed ognuno diviene artefice del suo destino, lottando per raggiungere i suoi obiettivi.”

“E tu per cosa lotti?” lo incalzò Sasuke, dubbioso. Nei recessi della sua mente, il ragazzo corvino ignorò il pensiero che il ragionamento di quel tipo avesse molto più credito di quel che pensava.

Boruto riprese a fissarli uno ad uno, il suo occhio gelido.“Io non combatto per nessun Villaggio, né tantomeno lotto solo per me stesso.”

Naruto era completamente confuso. Se non lottava per un Villaggio e nemmeno per se stesso, allora per che cosa combatteva il suo futuro figlio? Le sue parole erano contraddittorie.

“E allora per cosa combatti?” domandò ancora Sakura.

Il ragazzo li guardò con indifferenza. “A differenza di quel che potreste pensare, anche io ho dei valori in cui credo e per cui darei la vita. Anche io ho dei valori che mi hanno portato ad essere la persona che sono oggi. È grazie a quei valori che oggi continuo a lottare e ad andare avanti.”

“Q-Quali valori?” chiese debolmente Hinata, le mani unite nervosamente davanti al petto.

Lo sguardo di Boruto divenne ancora più freddo, il suo occhio pieno di determinazione.

“Il più importante valore per me,” dichiarò con decisione. “È la famiglia!”

Per diversi secondi, il mondo sembrò fermarsi per tutti i presenti.

Tutti i nove ninja rimasero allibiti dalla rivelazione. Nessuno riusciva a credere a quelle parole. Minato e Kushina rimasero a bocca aperta, entrambi sconvolti dalla fermezza con cui Boruto aveva pronunciato quella parola.

Fugaku e Mikoto erano rimasti similmente basiti dalla rivelazione. Sakura fu immensamente colpita dalla sua determinazione, chiedendosi cosa diavolo avesse vissuto quel tipo per riuscire a renderlo così deciso.

Persino Sasuke era rimasto scioccato. Anche lui in passato aveva agito in nome di quello stesso ideale. Anche lui in passato aveva deciso di sfidare ed andare contro al mondo ninja per vendicare la sua famiglia ed il suo clan. Possibile che lui e Boruto fossero più simili di quel che pensasse?

Nessuno, però, era rimasto più stupito di quanto lo fossero Naruto ed Hinata. I due giovani erano stati completamente pietrificati e sconvolti da quella parola.

Famiglia? Com’era possibile? Appena lo avevano conosciuto, Boruto aveva pubblicamente ed apertamente rinnegato sia Naruto che Hinata, i quali erano senza ombra di dubbio i suoi futuri genitori. Erano la sua famiglia. La cosa non aveva alcun senso. Come poteva Boruto lottare per la sua famiglia, quando l’aveva rinnegata davanti ai loro stessi occhi?

Sarada, intanto, aveva la testa rivolta a terra, i pugni serrati con tanta forza che le nocche erano diventate completamente bianche.

“C-Che cosa vuoi dire?” domandò Naruto, completamente perso e sconvolto.

Boruto posò il suo sguardo su di lui. “Anche io ho una famiglia,” rispose il ragazzo con un sorriso. “Anche se non è quella che voi potreste pensare. Ed è per quella famiglia che combatto ogni giorno.”

Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso.

“NO!”

Tutti quanti, Boruto compreso, si voltarono di scatto all’udire quell’esclamazione inaspettata. Sarada aveva alzato la testa, e guardava intensamente col suo Sharingan attivato l’occhio del Nukenin con forza e determinazione.

“Loro non sono la tua famiglia!” disse ancora lei con decisione, facendo un passo in avanti. “La tua vera famiglia è quella che hai lasciato indietro cinque anni fa! Quelle stesse persone che hai rinnegato, e che ancora oggi, nonostante tutto, stanno tentando in tutti i modi di riportarti a casa!”

Naruto e gli altri rimasero in silenzio, incapaci di comprendere la situazione.

Boruto guardò Sarada con freddezza. “La famiglia non si basa soltanto sul legame di sangue!” disse con forza. “La vera famiglia sono quelle persone che ti amano, che ti sostengono e che ti accompagnano nelle difficoltà e nei momenti belli della vita! Sono quelle persone che non ti abbandonano mai, per nessun motivo al mondo!”

La ragazza digrignò i denti. “Perché sei così ostinato?” esclamò con un tono frustrato. “Non puoi decidere chi sia la tua famiglia a tuo piacere! Non funziona in questo modo!”

“Sei tu quella ostinata.” replicò distaccatamente il biondo. “Quelle tre persone mi hanno abbandonato, e lo sai bene anche tu! Una famiglia non avrebbe mai abbandonato un proprio membro, a prescindere dalla motivazione!”

“So bene che hanno sbagliato nei tuoi confronti,” riprese a dire lei dopo un secondo di esitazione. “Ma loro si sono pentiti da molto tempo! E stanno tentando in ogni modo di riportarti a casa per proteggerti e farsi perdonare per le loro azioni!”

Boruto rise di gusto alle sue parole. “E questo dovrebbe bastarmi?” domandò con disprezzo. “Questo dovrebbe aiutarmi a farmi dimenticare il dolore che mi hanno causato? Questo dovrebbe riuscire a farmi perdonare i loro errori?”

Sarada sentì i suoi occhi cominciare a riempirsi di lacrime. Aprì la bocca per parlare, ma lui la batté sul tempo.

“Il loro rimorso non cancellerà il mio dolore Sarada!” disse il giovane con un tono tagliente e pieno d’odio. “Il loro pentimento non mi farà riavere di nuovo la mia infanzia! Quello che mi hanno fatto è qualcosa di talmente crudele e spietato che il ricordo del passato mi tormenterà per sempre, e per questo non li perdonerò mai! MAI!”

“Ma loro ti vogliono bene!” urlò la ragazza, disperata. “Ti prego, Boruto! Concedigli una possibilità! Permettigli di mostrarti quanto sono pentiti! Se solo tu avessi visto quanto hanno sofferto quando sei andato via, non avresti dubbi al riguardo!”

L’occhio sinistro di Boruto si ridusse ad una fessura. “Se mi avessero davvero voluto bene, non mi avrebbero mai abbandonato. Quello che loro provano nei miei confronti non è amore. Quello che loro provano nei miei confronti è rimorso! L’unico motivo per cui mi rivogliono indietro è per riuscire ad alleviare il dolore che loro stessi si sono causati con le loro azioni! Non ho intenzione di ritornare indietro per dare loro questa soddisfazione!”

Sarada ringhiò furiosamente, incapace di accettare l’ottusità del suo vecchio amico. Tutti gli altri erano rimasti sempre in silenzio, incapaci di proferire parola ed intenti ad ascoltare la discussione dei due giovani.

Mentre ascoltavano gli scambi di battuta tra quei due, Naruto ed Hinata sentirono una strana e confusa sensazione formarsi dentro di loro. Una sensazione che non riuscirono a distinguere subito, ma che non piacque loro per niente.

“Il vero amore è quello che quei due mi hanno mostrato,” riprese a dire il ragazzo con un tono più pacato. “Loro sono l’unico motivo per cui sono ancora vivo oggi. Quei due mi hanno accettato per quello che ero realmente, ed insieme abbiamo affrontato ogni situazione, prendendoci cura l’uno dell’altro. Questa è una famiglia, Sarada. Questo è il posto in cui voglio stare. E se quello che dici è vero, se quelle tre persone mi vogliono davvero bene, allora dovrebbero accettare il fatto che io voglia rimanere con quei due. Dovrebbero capire che non voglio più avere a che fare con loro, e farsene una ragione.”

Sarada scosse la testa lentamente. “È proprio perché ti amano così tanto che non possono accettarlo. Non possono vivere senza di te, Boruto! Tu sei troppo importante per loro!”

Il ninja traditore sbuffò di derisione col naso. “Se lo fossi davvero stato, non mi avrebbero mai abbandonato, non mi avrebbero mai trattato in quel modo!”

Fu in quel momento che Naruto s’intromise.

“Di che cosa state parlando?” domandò improvvisamente, la sua testa rivolta verso il basso e la sua voce priva di emozione. Boruto e Sarada si voltarono verso di lui.

“La cosa non ti riguarda.” rispose Boruto.

Naruto strinse i denti. “Non credo proprio!” sibilò sommessamente. “Chi sono queste tre persone? Chi sono questi tre che ti hanno abbandonato, Boruto?”

“Non sono affari tuoi.” fu la replica secca del biondo.

“Boruto, io credo che sia il caso di dirgli la-” cominciò a dire Sarada, ma le sue parole furono interrotte da un improvviso sibilo elettrico. Una scia sottile di fulmini bluastra le sfrecciò affianco alla testa ad un’enorme velocità prima che lei potesse concludere la frase. La ragazza sgranò gli occhi.

Boruto la stava fissando col suo occhio gelido, la mano destra alzata in avanti e puntata verso di lei, ancora circondata dal bagliore bluastro dell’attacco di prima.
“La faccenda non riguarda nessuno di loro!” disse ancora il ragazzo del futuro con un tono freddo. “Loro non hanno il diritto di conoscere il mio passato, né tu hai quello di poterlo rivelare a nessuno. Se lo farai, io ti ucciderò. Sono stato chiaro?

Sarada sentì le lacrime scendere copiosamente sulle sue guance.

“Dannazione!” imprecò mentalmente Boruto. “Mi sono lasciato prendere troppo dalla rabbia, e nella discussione con Sarada ho lasciato trapelare altre cose sul mio passato! Sono stato uno sciocco!”

Poi si voltò verso il resto del gruppo. “La cosa vale anche per voi!” disse con fermezza. “Non provate più a chiedere a Sarada qualcosa su di me! Qualsiasi cosa! Non ho intenzione di rivelare altre informazioni sul mio conto. Se baderete ai fatti vostri e non ficcherete il naso in questa faccenda, allora vi assicuro che non ci saranno problemi. Ma se proverete ancora a chiedere qualcosa, a lei o a me, allora non esiterò ad intervenire. E nessuno di voi, neanche il Quarto Hokage, sarà in grado di salvarvi dalla mia ira! Questo è il mio ultimo avvertimento!”

Detto questo, Boruto si voltò e riprese a correre verso Nord, senza neanche degnarsi di aspettare una loro risposta. Nessuno si mosse. Nessuno era capace di reagire. Tutti erano rimasti sconvolti dalle parole e dalla ferocia di Boruto nel tentare di celare il suo passato.

Dopo alcuni secondi di silenzio totale, Sarada scoppiò a piangere. Mikoto le andò subito incontro nel tentativo vano di consolarla, ma le sue parole non raggiunsero il cuore e la mente affranti della ragazza. Il suono dei suoi singhiozzi riecheggiò nell’aria per diversi minuti.

Naruto, mentre osservava la giovane Uchiha piangere, sentì ancora quella strana sensazione di prima tornare a formarsi dentro di lui, questa volta, però, ancora più forte rispetto a poco fa. E stavolta, la riconobbe subito.

Paura.

Naruto rimase scioccato dalla rivelazione. Lui aveva paura. Perché? Non aveva senso. Che cosa gli aveva fatto nascere un simile terrore nel suo cuore? Perché così all’improvviso provava una simile sensazione? Poi, di colpo, lo capì. Naruto aveva paura. Di cosa?

Di un presentimento. Di un’intuizione. Di un semplice pensiero.

Era terrorizzato dalla possibilità che una di quelle tre persone che avevano ferito Boruto potesse essere lui.

Ed improvvisamente, una voce bestiale gli riecheggiò nella mente senza preavviso.

'Sei davvero patetico, moccioso.'

 



ATTENZIONE!!!

Salve gente! Oggi devo fare un annuncio!

Da domani la persona che si cela dietro l’account di Saigo il SenzaVolto ricomincerà le attività universitarie. Questo significa che i capitoli già pronti potrebbero uscire con un’alternanza diversa ancora una volta.
Io vi prometto che ce la metterò tutta per farli uscire quanto prima, anche se non posso dirvi con esattezza il periodo di tempo che potrebbe passare tra un capitolo e un altro. Potrebbe essere un paio di giorni, o settimane o ancora oltre. Non so dirlo con esattezza.

Cercherò comunque di fornirvi un lasso di tempo preciso tra la pubblicazione di un capitolo e l’altro scritto nelle note dell’autore, quindi vi chiedo di leggerle ad ogni capitolo!

Tuttavia, ripeto e ribadisco che la storia continuerà assolutamente. Anche se sarò costretto a pubblicare alle tre di notte, lo farò di certo! I capitoli sono già pronti, vanno solo riletti e corretti. Quindi non abbiate dubbi al riguardo.

 Non so dirvi quando uscirà il prossimo capitolo, ma lo pubblicherò quanto prima potrò! Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno!

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Capitolo 24
*** Uchiha e Volpe ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

 

Uchiha e Volpe


Sarada se ne stava seduta sulla riva del fiume, ascoltando il rumore dell’acqua che scorreva ininterrottamente. Il sole era quasi scomparso all’orizzonte, ed il buio della notte cominciava a scendere sulla silenziosa terra di Eldia.

La ragazza strinse le braccia attorno alle gambe, osservando il proprio riflesso nel fiume. La sua faccia era una maschera di dolore, ed i suoi occhi erano rossi e gonfi dopo tutto il tempo passato a piangere.

Incapace di sostenere quella vista, affondò la faccia nelle ginocchia.

Erano riusciti a raggiungere il fiume descritto da Sasuke dopo due giorni di marcia e adesso, secondo la visione che il giovane aveva avuto, avrebbero dovuto scorgere una specie di muro tra qualche giorno, continuando ad avanzare. Si stavano avvicinando al loro obiettivo.

Eppure, neanche la consapevolezza di ciò riusciva a placare e distrarre il cuore di Sarada. La giovane Uchiha non aveva più parlato con Boruto dopo la loro discussione, ed il ricordo delle sue parole continuava a tormentarla ogni giorno. Ogni giorno, il suo cuore le faceva male nel petto. Ogni giorno, i suoi occhi versavano lacrime.

Sarada odiava Boruto.

No, non era vero. Sarada amava Boruto. Sarada odiava se stessa perché si era permessa di innamorarsi di lui. Sapeva bene che i suoi sentimenti non erano ricambiati, l’atteggiamento del Nukenin non lasciava alcun dubbio al riguardo, ma lei non riusciva ad accettarlo. Non riusciva ad andare avanti. Non riusciva a smettere di amarlo.

O meglio, non poteva.

Doveva essere qualcosa legato al suo clan, aveva scoperto, qualcosa legato ai suoi occhi. Suo padre le aveva spiegato qualcosa sull’amore un tempo, qualcosa che riguardava un segreto del loro clan.

Gli Uchiha erano l’unico clan al mondo che metteva l’amore sopra ogni cosa, talmente tanto che una volta perduto il loro corpo e la loro mente cambiavano visibilmente. L’amore era ciò che donava forza agli Uchiha, e la sua perdita era ciò che li malediva.

Era ciò che faceva nascere lo Sharingan.

Una volta sperimentato l’amore, un Uchiha non può più dimenticarlo, neanche con la morte. Una volta sperimentato l’amore, un Uchiha non può più liberarsene. Lo Sharingan era proprio la prova di questo. I loro occhi mutavano a causa del trauma mentale che la perdita dell’amore causava dentro di loro. Quegli occhi erano il riflesso della ferita lasciata nel loro cuore.

L’amore era l’arma più potente del loro clan. L’amore era ciò che li benediva con un potere unico al mondo, un potere che li rendeva temuti da tutti i ninja di ogni Villaggio. Era un’arma talmente potente che in pochi potevano resistere al potere dei loro occhi. L’amore era il potere ultimo degli Uchiha.

Ma era anche la loro ultima maledizione.

Perché un Uchiha non può mai liberarsi dell’amore. Una volta provato, non può dimenticarlo.

Ecco perché Sarada non riusciva a smettere di amare Boruto.

La ragazza non sapeva se essere felice o disperata. A causa del suo sangue, non poteva innamorarsi di nessun altro. A causa del suo sangue, non poteva impedire a se stessa di inseguire un criminale.

Ma, nel suo cuore, lei sapeva che Boruto non era un criminale. Ne era certa. Non c’erano dubbi al riguardo.

Perché Boruto era una persona che ha sofferto per tutta la sua vita. Il suo amico d’infanzia aveva sofferto troppo, proprio come lei stava soffrendo adesso. Ma lui non si era mai arreso, non si era mai lasciato vincere dal dolore, ed aveva lottato ogni giorno per riuscire ad andare avanti. Era questo il motivo per cui Sarada si era innamorata di lui, molti anni prima. Ed era questo il motivo per cui neanche lei poteva permettersi di mollare adesso.

Boruto, per tutta la sua vita, non aveva fatto altro che desiderare una famiglia. Non desiderava altro che trovare l’amore. E, per quanto Sarada avesse sempre voluto donargli il suo di amore, era arrivata tardi. Lei e quel suo amico la avevano preceduta. E, adesso, era troppo tardi per poter rimediare al passato.

La ragazza sorrise amaramente. Boruto aveva ragione. Il mondo era un luogo crudele e spietato. La realtà non permetteva ai sogni di avverarsi. Era stata una sciocca per riuscire a credere all’illusione che il suo amico potesse un giorno tornare a casa.

Ma lei non avrebbe ceduto.

Sarada non si sarebbe mai arresa. Non poteva farlo. Andava contro la sua stessa natura. Anche se Boruto non l’avrebbe mai amata, lei avrebbe continuato ad amarlo. Anche se lui fosse scappato, lei lo avrebbe seguito. Dopotutto, entrambi erano stati maledetti da un destino crudele. Sarada amava Boruto, ed era intenzionata a salvarlo da quella maledizione. Anche se alla fine lui non fosse tornato dalla sua famiglia, anche se alla fine lui avesse reso il mondo intero suo nemico, lei lo avrebbe salvato dalla maledizione.

Anche se, per farlo, avrebbe dovuto ucciderlo.

“Posso sedermi?” fece una voce alle sue spalle.

Sarada si voltò di scatto. Naruto era dietro di lei, con un sorriso triste in faccia e le mani alzate in segno di non ostilità. Appena vide i suoi occhi, la ragazza sentì un nodo formarsi nella gola.

Sarada adorava quegli occhi azzurri, erano una delle cose che le piaceva di più di Boruto e Naruto. Erano così profondi, così belli, ed emanavano sempre sicurezza, gioia e confidenza. Vedere quegli occhi spenti e privi di calore, mentre di solito erano così intensi e vivaci, la riempì di rammarico. Vedere quegli occhi pieni di dolore ed incertezza, le fece sentire una fitta al cuore. Era lo stesso sguardo che il Settimo Hokage aveva assunto da quando Boruto era scappato dal Villaggio, lo stesso sguardo che da anni aveva rimpiazzato la sicurezza e la gioia in quegli occhi.

Lo stesso sguardo che anche Himawari ed Hinata-sama avevano ogni giorno.

Sarada annuì debolmente, tornando a fissare il suo riflesso nell’acqua. Naruto si sedette lentamente alla sua destra, e cominciò a fissare anche lui la sua immagine riflessa nel fiume. Rimasero in silenzio per diverso tempo, ascoltando il rumore dell’acqua che scorreva ritmicamente. Il cielo si faceva sempre più buio, e ormai era diventato impossibile per i due vedere la propria immagine nel fiume.

Eppure nessuno parlava. Il silenzio regnava sovrano. L’aria stessa sembrava essere carica di tristezza attorno a quei due.

Dopo un bel po’, Naruto si decise a parlare.

“Come ti senti?”

La giovane non rispose, limitandosi a stringersi ulteriormente le gambe al petto. Per qualche motivo, la voce del futuro Hokage le diede fastidio. Naruto-sama era da sempre stato il suo idolo, era la persona che le aveva fatto nascere il sogno di diventare Hokage. Ma udire la sua voce adesso era come ricordare le parole che lui le aveva detto qualche giorno prima di finire in questo mondo. Quelle parole piene di dolore e sconforto che le spezzarono il cuore. Sarada credeva di averci fatto l’abitudine, ma vedere che il suo eroe non era così intoccabile come credeva la fece soffrire molto.

Naruto fece un sorriso triste. “Già, anche io mi sento così.” disse ancora sommessamente. “Era una domanda stupida. Perdonami.”

Sarada posò lentamente lo sguardo sul biondo accanto a lei.

“Come mai ti senti così?” gli domandò a sua volta lei con voce bassa.

Naruto continuò a fissare il fiume. “In questi giorni ho avuto un presentimento.” spiegò. “E, alla fine, credo che i miei sospetti siano piuttosto fondati.”

La ragazza lo fissò attentamente. “Un presentimento?”

Il biondo annuì lentamente. Passarono diversi secondi prima che lui rispondesse. “Io sono una di quelle tre persone.”

Non era una domanda.

Sarada abbassò lo sguardo a terra. Sapeva bene a cosa si stava riferendo.

“Come fai a saperlo?” chiese lei dopo alcuni secondi di silenzio. “Come puoi esserne così sicuro?”

Naruto sorrise amaramente. “Non lo so,” rispose. “Ma per qualche motivo ne sono certo.”

Sarada strinse i pugni. I suoi occhi cominciarono a prudere. Naruto aveva ragione. Lui, Hinata-sama ed Himawari erano la causa per cui Boruto era diventato la persona fredda di oggi. In passato, Sarada aveva persino urlato in faccia all’Hokage quando lo aveva scoperto, lanciandogli insulti e maledizioni per quello che era stato capace di fare a suo figlio. Ed il ricordo di quelle emozioni passate le faceva ancora venire voglia di dare la colpa a lui ed alla sua famiglia a volte.

Sarada avrebbe voluto odiarli. Avrebbe voluto addossare tutte le colpe a loro tre. Avrebbe voluto provare sempre risentimento nei loro confronti, come Boruto. Ma adesso non ce la faceva più a odiarli, non ce la faceva a provare risentimento.

Perché? Perché anche loro, proprio come lei, stavano soffrendo la mancanza di Boruto. Perché lei aveva visto ogni giorno la loro sofferenza, il loro pentimento ed il disgusto per le loro azioni. Il dolore della famiglia Uzumaki era evidente per tutti, e nel Villaggio nessuno voleva ormai causare altra sofferenza a quei tre.

Le loro azioni avevano distrutto la loro famiglia, e niente era riuscito a rimetterla insieme.

Ancora oggi, la giovane Uchiha si chiedeva come avessero potuto quei tre comportarsi in quel modo nei confronti del suo ex amico. Non riusciva proprio a capire. Tutti coloro che li conoscevano sapevano che Naruto ed Hinata erano entrambe persone buone, generose e con un grande cuore, e persino adesso, in questo mondo dove erano ancora dei ragazzi, la loro bontà era evidente agli occhi di Sarada. Anche Himawari aveva sempre avuto un cuore d’oro, ed aveva fatto di tutto negli ultimi tre anni pur di riportare il suo fratellone a casa.

Ma allora, come mai lo avevano trattato in quel modo? Sarada non lo avrebbe mai potuto capire.

Dopo alcuni minuti di silenzio, la giovane Uchiha parlò.

“Lei è sempre lo stesso, Naruto-sama.” disse con un sorriso triste.

Il biondo si voltò verso di lei, colpito. “Naruto-sama?” ripeté, confuso.

Sarada annuì, continuando a fissare l’acqua.

“Sono davvero diventato il Settimo Hokage nel futuro?” domandò Naruto.

La ragazza posò lo sguardo su di lui. “Sì,” rispose. “Lei diventerà Hokage.”

Naruto la fissò negli occhi per diversi istanti senza dire nulla, la sua espressione indecifrabile. Poi riprese ad osservare il fiume in silenzio, assorto nei suoi pensieri.

“Hai detto che sono sempre lo stesso,” cominciò a dire di nuovo. “Che cosa vuoi dire?”

Sarada sorrise. Questa era una domanda facile. “Lei è sempre generoso ed intraprendente, e non si dà mai per vinto. Il suo coraggio e la sua forza sono conosciuti in tutto il mondo. E poi…”

Naruto la ascoltava con attenzione. Sarada lo stava dipingendo molto meglio di quanto lui si fosse immaginato nel futuro in precedenza. La cosa lo rese stranamente più felice.

“E poi?” chiese impazientemente, sporgendosi verso di lei. “Cosa c’è ancora?”

La giovane rise sommessamente. “… e poi è sempre impaziente e maldestro! Nel futuro la chiamano Nanadaime Bukiyo-sama! (il Settimo Re dei Maldestri)” rispose, tenendo una mano sulle labbra per fermare le risate.

Naruto fece una faccia confusa per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere e grattarsi il collo con una mano. Il suo volto era rosso per l’imbarazzo.

“Eheh… Davvero?” disse, ridendo nervosamente. “Eppure credevo di essere diventato meno maldestro negli ultimi anni!”

“Mi ha detto esattamente la stessa cosa una volta.” disse ancora la giovane con un sorriso.

Rimasero a ridacchiare per qualche secondo. L’atmosfera si era fatta meno tesa tra i due adesso. Eppure non poteva durare a lungo.

“Se dici che sono sempre lo stesso,” riprese a dire Naruto seriamente. “Allora come ho potuto permettere a Boruto di diventare quello che è oggi? Come ho potuto farlo divenire un Nukenin?”

Sarada non rispose subito, continuando a fissare l’acqua che scorreva davanti a sé.

“Non lo so,” disse alla fine con voce sommessa. “Io stessa non riesco a capacitarmene.”

Naruto la fissò con intensità. “Puoi spiegarti meglio?”

La ragazza scosse la testa. “Se lo facessi finirei per rivelare qualcosa su Boruto, e non sarebbe giusto nei suoi confronti. Se non vuole che il suo passato venga rivelato, non posso fare nulla.” Poi abbassò lo sguardo a terra. “Non voglio causargli altro dolore…” aggiunse sommessamente.

Naruto sorrise un po’. “Lo ami davvero tanto, vero?” chiese.

Lei annuì solamente, senza rispondere.

“Mi dispiace vedere come ti tratta, sai.” disse ancora il biondo. “E non posso fare a meno di domandarmi che razza padre sono diventato nel futuro nel vederlo agire in questo modo. Ma se non vuoi rispondere, va bene così Sarada-chan!”

Sarada alzò lo sguardo su di lui.

“Capisco come ti senti,” continuò Naruto lentamente. “Anche io e Sasuke eravamo nella stessa situazione fino a qualche settimana fa. E per anni ho cercato di riportare tuo padre al Villaggio dopo che era scappato per andare da Orochimaru. Dovresti saperlo anche tu, vero?”

Lei annuì ancora una volta.

Naruto sorrise con confidenza. “Però, da quando siamo giunti qui, lui si è pentito e le cose stanno andando meglio tra noi due e Sakura-chan! Sono certo che anche tra te e Boruto le cose si sistemeranno un giorno! E se hai bisogno di aiuto, io sono qui! Ed anche tutti gli altri possono darti una mano! Hai la mia parola!”

Le sue parole colpirono profondamente Sarada. Questa era la vera forza di Naruto Uzumaki. La sua empatia, la sua costante voglia di non arrendersi mai, il suo coraggio e la forza di volontà erano ciò che lei ammirava così tanto in lui. Persino adesso, mentre entrambi erano in un mondo sconosciuto e pieno di pericoli, lui sorrideva ancora e cercava di sollevarle il morale.

Ed incredibilmente, ci riuscì.

Sarada sorrise genuinamente. Naruto-sama aveva ragione, e anche lei non si sarebbe arresa. Lo aveva già deciso prima, e adesso era più che mai determinata a non lasciarsi scoraggiare. C’era ancora speranza. Questa missione era l’occasione perfetta per riuscire di nuovo ad avvicinarsi al suo amico. Non poteva tirarsi indietro.

“Grazie, Naruto-sama.”

Continuarono a scambiarsi qualche parola per diversi minuti, finché Sarada decise di raggiungere il resto del gruppo, mentre Naruto rimase ancora un po’ a fissare il fiume ed a godersi il silenzio della notte.

‘Bel lavoro, Nanadaime Bukiyo-sama!’ fece una voce nella sua testa.

“Stà zitto, Kyuubi!” disse mentalmente Naruto, tentando di nascondere il suo imbarazzo. Anche se era felice del fatto che la Volpe avesse improvvisamente deciso di aiutarlo, due giorni fa, a volte i suoi commenti sarcastici lo infastidivano non poco.
 



FLASHBACK

‘Sei veramente patetico, moccioso.’

Naruto si ritrovò improvvisamente in un luogo familiare, davanti ad una gigantesca gabbia di ferro al cui centro era presente il sigillo che suo padre, il Quarto Hokage, aveva creato per rinchiudere il demone dentro di lui quando era ancora un neonato.

Il biondo guardò attentamente il Bijuu che si trovava dietro le grosse sbarre, confuso dal fatto che la bestia avesse deciso di rivolgergli la parola. Il suo gigantesco corpo era seduto, le nove code danzavano in tutte le direzioni dietro la sua enorme figura. La Volpe lo fissava con i suoi grossi occhi rossi, lo sguardo truce ed i denti snudati in un sorriso ferale e maligno.

“Era da tempo che non mi richiamavi qui dentro, Kyuubi!” disse Naruto con un tono serio. “A cosa devo il piacere?”

Il Kyuubi allargò il suo sorriso bestiale. ‘Ah! Il moccioso è diventato più sicuro di sé, vedo! Riuscire ad ottenere il mio chakra ti ha dato confidenza, oppure semplicemente non sei dell’umore giusto per parlare?’

Gli occhi di Naruto si ridussero a due fessure. “Che cosa vuoi?” domandò.

Il Bijuu puntò un dito verso di lui, il suo sguardo improvvisamente freddo e crudele. ‘È da più di due settimane che non sento altro che i tuoi pensieri su quel moccioso di nome Boruto Uzumaki! Non ce la faccio più a sentire tutte le tue preoccupazioni e le tue insulse fantasie su quel tipo!’

Il ragazzo rimase a bocca aperta. La Volpe era a conoscenza dei suoi dubbi su Boruto?

“Come fai a saperlo?” chiese, sbalordito.

Il Kyuubi ghignò maliziosamente, abbassando la testa al suo livello da dietro la gabbia. ‘Dimentichi forse che qui siamo dentro la tua mente?’ rispose il demone. ‘Sono sempre stato in grado di sentire i tuoi pensieri, specialmente quelli più intensi! E devo dire che mi sono stufato di sentire la tua inutile preoccupazione sul passato di quel ragazzo! Sono disgustato!’

Naruto era più stupito di prima. Non ci aveva pensato, ma il Kyuubi era sempre stato dentro di lui per tutto questo tempo. Aveva sentito tutta la sua curiosità, tutto il suo interesse ed il suo struggimento per scoprire la verità su Boruto. Appena la realizzazione lo colpì, il biondo non sapeva come reagire.

“E perché la cosa dovrebbe darti fastidio?” domandò ancora dopo essersi calmato. “Perché ti infastidisce il fatto che io voglia conoscere Boruto?”

La Volpe lo guardò rabbiosamente. ‘Perché ti sta distraendo dalla tua missione!’ rispose con forza. ‘I tuoi pensieri ed il tuo interesse nei confronti di quel moccioso ti stanno lentamente facendo dimenticare il vero motivo per cui sei finito in questo modo!’

Naruto rimase a bocca aperta.

‘Dovrai affrontare un drago!’ continuò il Bijuu. ‘Una delle creature più potenti che esistono! Ed al tuo attuale livello di forza non saresti mai in grado di sconfiggerlo! Neanche utilizzando quella misera quantità del mio chakra che mi hai strappato!’

Il biondo non sapeva cosa dire. Il Kyuubi aveva ragione. In questi giorni non aveva fatto altro che pensare a come approcciarsi al suo futuro figlio, senza badare al fatto che lui e tutti gli altri si stavano inevitabilmente avvicinando ad affrontare un drago capace di distruggere interi mondi. La sua curiosità ed il suo interesse per Boruto lo avevano portato a dimenticarsi completamente della loro missione. Eppure, qualcosa puzzava nelle parole del demone.

“E perché ti interessa, Kyuubi?” chiese improvvisamente il giovane.

Il demone lo osservò per alcuni secondi in silenzio, stupito dall’improvvisa domanda.

“Perché ti da tanto fastidio il fatto che io abbia dimenticato la missione?” domandò ancora Naruto, fissando la Volpe negli occhi. “Finora non ti sei mai curato dei miei pensieri, né tantomeno dei miei problemi. Cos’è cambiato improvvisamente?”

Il Bijuu non rispose per diverso tempo. Il ragazzo ed il demone codato si fissarono per un lasso di tempo indefinito, studiandosi a vicenda. Alla fine, la Volpe ghignò feralmente.

‘Eh! Vedo che se vuoi riesci ad usare la testa ogni tanto, moccioso!’ disse con un tono sarcastico. ‘Finalmente hai detto una frase sensata che non riguardasse quel ragazzo del futuro!’

Il giovane continuò a fissare la Volpe.

‘Il motivo per cui ho deciso di chiamarti qui,’ fece il Kyuubi assumendo un tono ed uno sguardo serio. ‘È perché ho deciso di aiutarti a sconfiggere il drago!’

Naruto rimase a bocca aperta. “COSA?” urlò, sconvolto. “Che cosa stai dicendo? Perché vorresti aiutarmi? A che gioco stai giocando, Kyuubi?”

Il demone batté una zampa a terra, facendo tremare il pavimento. ‘Silenzio, moccioso!’ sbottò furiosamente. ‘Non ho finito di spiegare!’

Il ragazzo si acquietò all’istante.

‘Come stavo dicendo,’ riprese a dire il Bijuu. ‘Ho deciso di aiutarti, ma non di mia spontanea volontà!’

Naruto rimase confuso dalle sue parole. “Cosa vuoi dire?”

‘Ho ricevuto qualche ora fa un messaggio dall’Eremita delle Sei Vie,’ spiegò la Volpe seriamente, fissando il ragazzo coi suoi occhi rossi. ‘E mi ha rivelato che senza il mio aiuto tu ed il resto dei tuoi compagni non riuscirete a sconfiggere Vrangr!’

“Un messaggio dall’Eremita?” esclamò Naruto. “Com’è possibile? Come può essere?”

Il Kyuubi puntò una zampa verso di sé. ‘L’Eremita è colui che ha creato me e gli altri Bijuu da ciò che restava del Juubi, e proprio per questo io e gli altri demoni abbiamo un legame speciale che ci permette di comunicare con lui se attivato.’ spiegò lentamente. ‘E l’Eremita mi ha detto che per riuscire a vincere contro il drago avrai bisogno del mio aiuto!’

Naruto ascoltò la spiegazione del Bijuu con attenzione. “E perché hai deciso di aiutarmi dopo che l’Eremita te lo ha chiesto?”

Il Kyuubi alzò un po’ la testa. ‘L’Eremita è l’unica persona a cui noi Bijuu diamo retta e di cui ci fidiamo!’ rispose. ‘Senza contare che è incredibilmente potente! Perciò non voglio andare contro le sue parole, anche se la cosa può non piacermi!’

Il giovane rimase in silenzio per alcuni secondi, cercando di meditare le informazioni ricevute. “E come avresti intenzione di aiutarmi?” domandò.

‘Ho intenzione di fondere il nostro chakra insieme,’ disse il demone, fissandolo attentamente. ‘Similmente a come hanno fatto l’Hachibi e quell’umano di nome Killer Bee! In questo modo, sarai in grado di utilizzare tutto il mio potere e di comunicare con me in ogni istante, entrando nella modalità Bijuu completa!’

Dire che Naruto rimase stupito era riduttivo. Il Kyuubi gli stava offrendo la possibilità di entrare in pieno controllo del suo potere. Lo scopo finale dei jinchuuriki era quello di riuscire a controllare tutto il chakra dei Bijuu, ma coloro che ci erano riusciti erano pochissimi. E adesso la stessa Volpe a nove code gli stava proponendo di unire le forze insieme. La quantità di chakra del Kyuubi era enorme, ed il suo potere era il maggiore tra i demoni codati. Sarebbe stato sicuramente un gigantesco vantaggio nello scontro che avrebbero affrontato in futuro.

“E a te sta bene?” chiese allora Naruto, avvicinandosi alla gabbia del sigillo. “Ti sta bene affidarmi il tuo potere soltanto perché l’Eremita te lo ha chiesto?”

La Volpe lo fissò attentamente per qualche secondo. ‘Come ho già detto, non ho intenzione di contrariare Hagoromo,’ rispose lentamente. ‘Anche se la cosa non mi piace, lo farò! Senza contare che se tu dovessi morire, morirei anche io. Ed il nostro mondo andrebbe distrutto!’

Il biondo si fermò davanti la gabbia. I suoi occhi azzurri scrutavano con intensità quelli rossi del Bijuu e viceversa. Prendendo coraggio, Naruto attraversò la gabbia passando attraverso le sbarre.

Il Kyuubi continuò a fissarlo in silenzio.

“Se quello che dici è vero,” disse lentamente il ragazzo, avanzando verso il Bujuu. “Allora accetterò ad una sola condizione!”

Il demone abbassò la testa verso di lui, mostrando i denti. ‘E quale sarebbe?’

Naruto si fermò proprio sotto l’enorme testa del Kyuubi, guardandolo con confidenza.

“Voglio diventare tuo amico!” disse con un sorriso.

La Volpe emise un suono gutturale d’incredulità appena udì le sue parole. Poi, come se fosse stato insultato, portò di scatto la testa a pochi centimetri dal corpo di Naruto, fissandolo col suo occhio destro rabbiosamente.

‘Non prendermi in giro!’ esclamò con furia. ‘Non ho intenzione di diventare tuo amico! Io non mi metterò a scodinzolare davanti al mio jinchuuriki come l’Hachibi! Io sono la Volpe a nove code! Sono il demone che ha distrutto il tuo patetico Villaggio ed ha ucciso i tuoi genitori, moccioso! L’unico motivo per cui ti darò il mio chakra è per riuscire a sconfiggere il drago!’

Naruto continuò a fissare l’occhio del Bijuu con determinazione durante il suo discorso, senza proferire parola. Poi, lentamente, abbassò la testa finché i capelli gli oscurarono gli occhi.

“Allora grazie tante, ma non mi interessa!” disse il giovane con freddezza, voltandosi improvvisamente ed incamminandosi verso la gabbia. “Non ho intenzione di usare il tuo potere come se tu fossi un’arma a mia disposizione!”

Il Kyuubi sgranò gli occhi all’udire ciò. ‘Che cosa stai-’

“La cosa patetica,” continuò a dire Naruto senza voltarsi. “È che tu stesso ti stai trattando come un’arma. Come una risorsa da usare nel caso di pericolo. Come un potere da attivare al comando di qualcuno.”

‘…’

“Pensavo avessi più rispetto per te stesso, Kyuubi!” disse Naruto con un tono glaciale, voltandosi leggermente a fissarlo col suo occhio destro. “Pensavo che tu fossi una creatura vivente proprio come noi uomini, trattata ingiustamente perché ritenuta pericolosa per il suo potere. Ma sembra proprio che mi sbagliavo sul tuo conto.”

‘…’

“Non ho intenzione di usare il tuo potere come se tu fossi un’arma!” ripeté il ragazzo. “Anche se tu stesso ti consideri tale, non ne approfitterò solo per un guadagno personale. Se dovessi fallire a causa di ciò, ne sarò responsabile per l’eternità.”

La Volpe non disse nulla.

Naruto si voltò di nuovo e riprese a camminare. “Continua pure a dormire, Kyuubi. Non ti disturberò più!”

Un suono improvviso alle sue spalle lo fece fermare di scatto. Naruto si voltò lentamente verso il Bijuu, e rimase sbalordito.

Il Kyuubi stava ridendo.

‘Bwahahahahahahahah!’

Naruto rimase in silenzio e con gli occhi sgranati, osservando per un minuto intero con confusione e stupore la Volpe a nove code che rideva a crepapelle piegata a metà.

‘Sembra proprio che avevo ragione sul tuo conto, moccioso!’ disse il Kyuubi con un ghigno ferale. ‘Sei proprio diverso dagli altri! Hai superato la prova!’

“Uh? Prova?” disse il biondo, allibito. “Quale prova?”

‘L’Eremita mi aveva detto di cercare di essere amichevole nei tuoi confronti,’ spiegò il demone. ‘Ma volevo essere certo che tu fossi quello giusto con cui avrei potuto collaborare! Per questo ho detto quelle parole prima, per vedere se tu fossi come quei patetici umani che pensano soltanto al potere!’

“Quindi vuoi diventare mio amico?” chiese Naruto, stupito.

Il sorriso del Kyuubi scomparve di botto. ‘Ora non esagerare, moccioso!’ disse con un tono rabbioso ma privo di astio. ‘Diciamo che adesso posso anche tollerare la nostra collaborazione futura in vista dello scontro col drago!’

Il ragazzo sorrise. “Lo sapevo che in fondo hai un cuore buono, Kyuubi!” esclamò con gioia.

Il demone sbuffò di derisione. ‘Bah! Fossi in te non canterei vittoria. Un giorno potrei assumere il controllo del tuo corpo…’

“Sono certo che non lo farai, Palla di pelo!” disse il giovane con un tono sarcastico. “Da oggi in poi, io e te saremo una squadra!”

Fece appena in tempo a balzare di lato per evitare una zampata puntata conto di lui.

‘COME MI HAI CHIAMATO?’ ruggì il Bijuu rabbiosamente, tentando di agguantare la piccola peste prima che potesse uscire dalla gabbia.

“Ahah! Che succede, Palla di pelo? Sei troppo lento!” urlò scherzosamente Naruto, scappando in tutte le direzioni mentre il demone tentava di colpirlo.

‘Stupido moccioso! Ripensandoci, ti farò fuori adesso!’

La buffa caccia tra la volpe ed il giovane andò avanti per diversi minuti. Durante il resto della giornata, mentre Naruto e gli altri continuavano ad avanzare nel mondo esterno, nella sua mente il biondo e la Volpe continuarono a conoscersi a vicenda, parlando della loro missione ed imparando il modo corretto per unire insieme il loro chakra.

‘Per riuscire ad unire il nostro chakra,’ spiegò il Kyuubi. ‘Dovremo essere in perfetta sintonia l’uno con l’altro. Solo in questo modo saremo in grado di attivare la modalità Bijuu completa.’

Naruto annuì. “Cosa dobbiamo fare?”

La Volpe puntò un dito sul ragazzo. ‘Per prima cosa, dovrai rimuovere il sigillo che ci separa,’ disse lentamente. ‘Così il tuo corpo ed il tuo chakra saranno in grado di adattarsi alla mia presenza, aumentando gradualmente la nostra connessione. Se provassimo adesso ad unire il nostro chakra, la modalità Bijuu durerebbe appena qualche minuto, perciò suggerisco di far adattare il tuo corpo al mio chakra per qualche giorno prima di provare ad attivarla.’

Naruto annuì di nuovo e si posizionò subito davanti alla gabbia del sigillo, poggiando una mano sopra al suo stomaco. Il Kyuubi lo fissava attentamente.

Era giunto il momento.

Evocando la chiave ricevuta dai rospi con un rapido movimento del braccio, il biondo ruotò la mano sopra il suo sigillo, aprendolo con un suono secco e metallico.

La serratura a spirale cominciò ad aprirsi lentamente.

“Da oggi, tu non sei più il demone della Volpe a nove code.” disse Naruto lentamente, mentre il sigillo continuava ad aprirsi.

Il Kyuubi continuava a fissarlo in silenzio.

“Da oggi, tu sei uno dei miei compagni della Foglia!” continuò il giovane con decisione, voltandosi verso di lui. “Da oggi, tu sei un mio amico!”

Il Bijuu sorrise lievemente. La serratura era stata aperta.

Le porte di ferro si spalancarono contemporaneamente.

“Da oggi, noi due saremo inarrestabili!” esclamò Naruto con un sorriso pieno di determinazione. “Vero, Kyuubi?”

Il Bijuu ghignò. ‘Keh!’


 



Note dell’autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto. Il prossimo dovrebbe uscire tra il 23 o il 24 settembre. Grazie a tutti quelli che leggeranno e a quelli che commenteranno! A presto! ;)

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Capitolo 25
*** Mura, Città e Giganti 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!

 


Mura, Città e Giganti 1


Naruto e gli altri erano completamente senza parole.

Quella mattina erano finalmente giunti al luogo che aveva descritto Sasuke, dopo altri due giorni di cammino, e dire che erano rimasti stupiti da cosa avevano trovato era decisamente scontato.

Una gigantesca cinta di mura grigie si ergeva davanti ai loro occhi, la più grande che avessero mai visto. Le mura dovevano essere alte almeno cinquanta metri, forse anche di più, e dal basso era quasi impossibile riuscire a vederne la cima. Ma oltre che a essere alte erano anche molto spesse, ed avevano una forma circolare che si estendeva oltre a quanto l’occhio riusciva a scorgere. Ad occhio e croce, il loro perimetro si estendeva per più di trecento, o forse quattrocento chilometri. L’intera muraglia doveva essere fatta interamente in cemento armato, e presentava delle specie di nervature di pietra alternate tra di loro. Su tutta la sua superficie non era presente neanche una fessura nella parete, né uno spiraglio qualsiasi per riuscire a vedere oltre di essa.

“Cosa diavolo è questo muro?” si domandò Naruto, similmente a tutti gli altri.

L’unico accesso all’interno era costituito da un’enorme porta di ferro grigio posizionata proprio davanti ad una rientranza nelle mura che doveva essere, con tutta probabilità, l’ingresso. Ma la porta era completamente chiusa, e riuscire ad azionarla dall’esterno era impossibile.

Boruto osservava con muto stupore l’enorme muro davanti a sé.

“Che cosa ci fa un muro simile in questo posto?” si chiese. “Perché è stato eretto proprio qui, in mezzo al nulla? Che cosa contiene all’interno?”

“Non ho mai visto niente di simile!” esclamò Minato, esaminando la cinta di mura con sgomento. “Sono delle mura enormi!”

“Credo che raggiungano i cinquanta metri di altezza!” esclamò Hinata, fissando la cima coi suoi occhi attivati.

“Quindi questo è il cosiddetto Muro di Maria.” disse Mikoto tra sé. “È certamente più grande di quel che immaginassi.”

Anche Sarada era rimasta allibita. “Come può esistere un muro talmente grande?” domandò con gli occhi sgranati. “Chi l’ha costruito?”

“Riesci a vedere cosa c’è oltre questo muro?” domandò Sasuke ad Hinata.

La ragazza fissò con attenzione la parete di cemento per diversi secondi. “C’è una città che si erge al suo interno,” spiegò loro lentamente. “E sembra essere completamente distrutta!”

Kushina rimase perplessa. “Distrutta? Cosa vuoi dire?”

“Perché non scavalchiamo questo muro e non lo scopriamo da soli?” s’intromise Fugaku, cominciando a correre lungo le mura.

Uno dopo l’altro, tutti i dieci ninja cominciarono a risalire la muraglia per la sua altezza, arrivando dopo alcuni secondi sulla cima. Essa era piana, con un margine di circa dieci metri, e presentava dei grossi cannoni lungo i bordi esterni del muro, mentre lungo il suo centro si estendeva una lunga serie di rotaie di ferro, che probabilmente servivano per il passaggio di qualche macchinario.

“Che cosa è questo posto?” domandò Sakura ad alta voce. “Perché ci sono dei cannoni e delle rotaie quassù?”

“Qualunque cosa sia questo muro,” disse ad un tratto Boruto, la sua voce stranamente più seria del solito. “A me stupisce di più quello che c’è da quella parte.”

Tutti si voltarono verso di lui, e videro che il ragazzo era in piedi davanti al margine opposto del muro rispetto a quello che avevano risalito, dando loro le spalle, intento a fissare qualcosa in basso. Naruto e gli altri si avvicinarono a lui.

Al di là delle mura, proprio davanti ai loro occhi, si ergeva una città. Il Distretto di Shiganshina.

Era più piccola rispetto a quella dei Goblin, costituita e formata da tanti raggruppamenti più piccoli di case, di forma rettangolare, divisi tra di loro da una serie numerosa e lineare di strade che attraversavano completamente tutta la città. O meglio, quel che ne restava.

Le case, i palazzi e gli edifici che la costituivano infatti, erano danneggiati e presentavano danni ingenti per tutta l’estensione della città. Quasi tutte le case di legno e mattoni erano semidistrutte, con solo qualche parete che si ergeva ancora in piedi. Grossi blocchi di cemento si trovavano sparpagliati per le strade, ed alcuni avevano persino colpito alcuni edifici, distruggendoli completamente. Era quasi possibile contare con le dita di una mano il numero delle poche case rimaste intatte. Sembrava quasi che una terribile battaglia fosse scoppiata all’interno delle mura ed avesse coinvolto tutta la città.

“Questo posto è completamente distrutto!” esclamò Mikoto, osservando le case ed i palazzi. “Cosa diavolo è successo qui?”

Naruto scrutava con orrore la distruzione davanti a sé. Un senso di rabbia cominciò a crescere dentro di lui. “Questa distruzione,” disse a denti stretti. “È stata forse opera del drago?”

“Io non credo.” gli rispose Boruto. Tutti si voltarono di lato, fissandolo.

“Cosa te lo fa credere?” domandò Fugaku.

Il Nukenin indicò un punto davanti a sé col braccio, senza voltarsi a guardarli. “Quello.”

Gli altri seguirono il suo sguardo con gli occhi. Quel che videro gli fece raggelare il sangue. Dal lato opposto della città infatti, proprio in fondo ad essa, un gigantesco varco di decine di metri di altezza aveva completamente perforato un lato del muro, lo stesso muro che avevano scalato poco fa. Sembrava che qualcosa avesse sfondato letteralmente la parete, creando un grosso buco attraverso di essa ed aprendo un passaggio al suo interno.

“Quell’apertura,” spiegò il ragazzo del futuro. “Sembrerebbe essere stata causata da qualcosa. O qualcuno. Forse un’esplosione, o qualcosa di simile. I detriti sono finiti all’interno della città, quindi credo sia possibile assumere che il muro è stato sfondato dall’esterno.”

Minatò osservò attentamente la breccia nelle mura. Il ragionamento di Boruto sembrava piuttosto plausibile. Ma da quella distanza non poteva esaminare per bene la breccia. Doveva accertarsene da vicino.

“Così sembra,” disse alla fine. “Ma per scoprire meglio cosa sia successo dobbiamo scendere da qui ed esplorare meglio la città.”

Naruto e gli altri annuirono. Si lanciarono tutti giù dal muro di cemento, entrando in quella desolata e distrutta città dall’alto.

Lo spettacolo che li accolse era terribile. Le strade erano deserte, le case completamente distrutte, ed un forte odore di legno bruciato e muffa regnava nell’aria. Mano a mano che i dieci ninja avanzavano lentamente per le vie di quella desolata città, sempre più dettagli andavano mostrandosi ai loro occhi.

Sui bordi delle strade si trovavano ancora resti di bancarelle e tavoli pieni di cesti per la frutta e viveri completamente vuoti. Cassette di legno, cestini, carri distrutti e pezzi di stoffa erano sparsi per terra in tutte le direzioni. E, in mezzo a tutta quella confusione e a quel macello, decine e decine di scheletri si trovavano accasciati a terra.

Scheletri umani.

“C-Che cosa è successo qui?” disse Sarada, guardando quella desolazione con gli occhi sgranati.

Naruto e gli altri si guardavano intorno, allibiti da quello spettacolo.

“Non lo so, ma deve essere stato qualcosa di terribile!” esclamò Kushina.

Boruto osservava circospetto le strade, le case ed ogni angolo della città. Qualunque cosa fosse accaduta in questo luogo, doveva essere stata una vera tragedia. Una tale devastazione era qualcosa che non aveva mai visto prima.

“Questa distruzione non può essere recente!” pensò tra sé. “I corpi a terra si sono decomposti da tempo, e non riesco a percepire nessuna emozione negativa nei paraggi col Jougan! Qualunque cosa sia successa, deve essere accaduta tempo fa!”

Il Quarto Hokage aveva raggiunto la stessa conclusione. “Questa strage non è successa da poco!” disse, rivolgendosi al resto del gruppo. “Questi scheletri sono vecchi di diversi anni, direi! Non credo che questa sia opera del drago!”

Naruto raccolse una piccola bambola abbandonata a terra, esaminandola attentamente. Chi era stato capace di causare una simile strage? Chi poteva aver portato alla morte tutte queste persone?

“Dobbiamo riuscire a capire chi è il responsabile di tutto questo!” dichiarò con forza.

Boruto guardò le case ed i palazzi distrutti. Aveva un brutto presentimento.

“Non può essere stata opera di un essere umano,” tentò di ragionare ad alta voce. “Assumendo che gli abitanti di Shiganshina fossero umani senza poteri o abilità ninja, il responsabile deve essere una qualche creatura simile a quelle che abbiamo incontrato precedentemente!”

Una tale devastazione era paragonabile soltanto ad un’altra visione, un’altra esperienza che il giovane aveva vissuto in passato, circa due anni fa. Il solo ricordo di quel giorno gli fece venire i brividi.

“Spero solo che loro non c’entrino nulla in questa faccenda…” pensò poi tra sé all’insaputa degli altri. Un senso d’inquietudine cominciò a formarsi nel suo stomaco.

Sasuke si inginocchiò ad esaminare uno scheletro. “Però, adesso abbiamo la conferma che Eldia è popolata da umani.” disse lentamente. “O almeno che lo è stata.”

“Non perdiamo tempo,” li richiamò poi Fugaku. “Raggiungiamo la breccia nel muro!”

I dieci continuarono ad avanzare per le vie devastate della città, restando sempre all’erta nel caso di pericoli nascosti. Raggiunsero il lato opposto delle mura dopo dieci minuti, fermandosi ad esaminare la parete distrutta.

Il varco che aveva sfondato la muraglia era enorme. Era alto almeno quindici metri, e spesso una decina. Nel terreno e sul muro non erano presenti segni di esplosivo o bruciature, quindi non poteva trattarsi di un’esplosione. Il che lasciava una sola ipotesi.

Il muro era stato sfondato dall’esterno.

Minato osservava con attenzione l’enorme breccia, esaminandola in ogni angolo.

“Qualunque cosa abbia creato questo passaggio,” disse con un tono serio. “Deve essere stata incredibilmente forte e resistente per riuscire a sfondare un muro spesso decine di metri!”

Mikoto era allibita. “Possibile che non sia stato veramente il drago?” domandò con un tono pieno di stupore. “Non riesco neanche ad immaginare un’altra creatura che possieda la forza in grado di distruggere questo muro!”

Sasuke sentì un brivido attraversargli la schiena al solo pensiero che potesse esistere un mostro capace di causare una simile distruzione.

“Forse è stata opera di una tecnica ninja!” provò a ragionare. “Forse in questo mondo esiste qualcuno capace di usare il chakra!”

“Non abbiamo modo di scoprirlo,” rispose l’Hokage. “Saranno passati anni da quando questa breccia ha sfondato le mura. Non possiamo rilevare nessuna traccia di chakra ormai.”

Boruto si avvicinò al gigantesco varco. La sua mente passava in rassegna a diverse ipotesi e teorie per spiegare l’accaduto.

“Non credo questa sia opera di un Jutsu,” rifletté mentalmente. “Il muro è troppo spesso per permettere ad una tecnica ninja di creare un passaggio di queste dimensioni, ed il varco è di uguale dimensioni in ogni punto. Deve essere stato sfondato da qualcosa di solido. Qualcosa di talmente duro e resistente da riuscire a scavare nel cemento. Ma cosa?”

Erano tutti intenti ad esaminare la breccia nel muro, tentando di capire cosa potesse essere successo, quando improvvisamente Hinata trattene il fiato e si voltò indietro di scatto, il suo Byakugan costantemente attivato.

Tutti si girarono verso di lei, tesi.

“Hinata!” esclamò Naruto. “Cosa succede? Cosa vedi?”

La ragazza puntò un dito verso la città. “Laggiù, dall’altra parte della città! Sono comparse delle creature dal nulla!”

Gli altri si avvicinarono subito a lei. “Delle creature?” ripeté Fugaku. “Cosa vuoi dire?”

La giovane Hyuuga aveva gli occhi sgranati a dismisura ed era incapace di parlare, troppo sconvolta da quel che stava vedendo. Passarono diversi secondi in cui non riuscì a proferire parola.

“S-Sembrano degli esseri umani,” cominciò a dire alla fine. “Ma non-”

Non fece in tempo a finire la frase. Un fragoroso ruggito risuonò nell’aria, e tutta la città fu colpita da una violenta scossa di terremoto. Una serie di tonfi pesanti, simili al suono di passi sul terreno, si sentì in lontananza.

“Che sta succedendo?” urlò Naruto, tirando fuori diversi kunai dalla sua borsa.

Hinata cominciò a tremare come una foglia. “Le creature!” disse con un tono sconvolto. “S-Stanno venendo qui!”

Boruto sgranò gli occhi. Quella stessa sensazione di prima cominciò a formarsi di nuovo nel suo stomaco. Il suo occhio destro percepì delle enormi fonti di energia provenire dal centro del distretto. E il dubbio di prima tornò a farsi sentire ancora più forte. Lo riusciva a sentire. Ne era certo. La sensazione che provava era simile a quella che aveva provato dinanzi a lei quel giorno, parecchi anni prima. Un terribile presentimento gli nacque nel cuore.

“N-non può essere!”

Non perse neanche un secondo.

Con uno scatto fulmineo, il giovane si voltò all’indietro e cominciò a correre lontano dal gruppo il più velocemente possibile, dirigendosi verso il centro della città ed ignorando le urla e i richiami degli altri.

Corse per le vie e le strade deserte senza fermarsi mai per un minuto intero. Il fragore dei tonfi si faceva più intenso. Le scosse del terreno aumentavano ogni secondo di più. Il suo cuore batteva all’impazzata.

“Non può essere!”

Raggiunse una piccola piazzola nel mezzo della città. Si fermò un secondo per esaminarsi attorno. Un edificio quasi interamente distrutto si stagliava alla sua destra, ma presentava un’enorme torre, simile ad un campanile, che era rimasta intatta. Proprio quello che gli serviva. Con una serie di possenti salti, il Nukenin salì sulla cima del campanile, atterrando sul tetto a punta. Sentiva la tensione crescere ogni secondo si più. Sentiva i ricordi cominciare ad assalirgli la mente.

“Non può essere!”

Scosse la testa nel tentativo di calmarsi. Guardò in tutte le direzioni. Una distesa di macerie e case distrutte si ergeva tutt’attorno a lui. Non riusciva a scorgere niente che non fossero edifici e detriti. Ma i tonfi continuavano ad aumentare. Le scosse non accennavano a diminuire. Boruto sentiva il suo cuore battere intensamente nel petto. Le mani cominciarono a tremargli per la tensione. Aprì l’occhio destro, scrutando in mezzo alla città distrutta.

“Non può essere!”

Una goccia di sudore gli colò dalla fronte. I pugni tremanti erano serrati, le nocche completamente bianche, il corpo teso.

“È soltanto la mia immaginazione!” pensò.

Poi, però, lo vide.

Da dietro la parete semidistrutta di un edificio di pietra, a circa ottocento metri da lui, ne sbucò fuori uno.

E in quell’istante, per Boruto Uzumaki il mondo si fermò di botto.

Il ragazzo trattenne il fiato, i suoi occhi si sgranarono a dismisura. Il tempo stesso sembrava essersi fermato attorno a lui. La sua mente aveva smesso di registrare ciò che gli accadeva intorno. Il pesante battito del suo cuore era l’unico suono che gli rimbombava nelle orecchie. I suoi occhi colmi d’incredulità e sconvolgimento erano sempre puntati su quella creatura.

E i ricordi lo travolsero come un fiume.
 



“… e da quel patto, Ymir ottenne un potere unico e inarrestabile. Un potere capace di compiere azioni ritenute impossibili per qualsiasi essere umano prima di lei. Un potere temuto e rispettato da tutti gli esseri del loro mondo. Un potere che, ancora oggi, viene tramandato ai suoi discendenti. Il potere ultimo della loro specie. Il potere che portò alla nascita di quelle creature…”
 



Boruto deglutì nervosamente. Il suo corpo non si muoveva. Le sue mani non smettevano di tremare.

La creatura si voltò di scatto verso di lui.

Lo aveva visto.

Un lugubre ghigno dentato comparve sul suo volto, i suoi occhi pieni di follia. Poi, senza perdere tempo, la creatura cominciò ad avanzare lentamente verso di lui, incurante di tutto il resto. Il terreno tremava con forza ad ogni suo passo.

La mente del ragazzo era completamente persa. Un unico pensiero gli balenò in testa per un secondo. Una sola parola. Un solo grido. Un solo nome.

“Mikasa…”

E finalmente, dopo anni che non la provava, il giovane guerriero sentì la morsa fredda e tagliente della paura attanagliargli le viscere con forza. Più forte della paura che aveva provato nel ricordare la profezia quella notte. Più forte della paura che aveva provato durante lo scontro con l’Hokage. Più forte della paura che il pensiero della morte gli aveva suscitato in tutta la sua vita.

Boruto Uzumaki, per la seconda volta in vita sua, era rimasto sconvolto.

Perché dinanzi a lui, in tutta la sua gloria, si ergeva un Gigante.

 



“… il potere che portò alla nascita dei Titani! …”
 





 

NOTE DELL'AUTORE!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo, spero che possa avervi intrigato. Da questo punto in poi della trama avremo un crossover tra il mondo di Naruto e quello di Attack on Titan, il primo ed il più importante di questa serie. Ce ne saranno altri, ma non posso rivelarvi quando e come.

Vi avviso sin da ora che la trama e le informazioni che saranno rivelate in questa storia riguardanti i Giganti e le vicende di Attack on Titan sono molto simili a quelle dell'opera originale, ma NON sono esattamente le stesse! Non voglio fare spoiler eccessivi per coloro che non conoscono la serie, ma ci saranno molte cose che magari alcuni non conoscono e che potrebbero essere spoiler per loro!
Io mi scuso in anticipo ed invito coloro che non vogliono farsi spoiler su AoT a non continuare a leggere!  Le informazioni che verranno rivelate, alcuni personaggi e molte vicende e misteri saranno ovviamente simili se non uguali, ma anche se ci saranno riferimenti palesi NON saranno gli stessi identici dell'opera originale!

Il prossimo capitolo uscirà giovedì 28 settembre! A presto! ;)
 

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Capitolo 26
*** Mura, Città e Giganti 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 



 


 

Mura, Città e Giganti 2

“Non può essere!”

Boruto non riusciva a muoversi. Era completamente paralizzato dallo stupore. Riusciva a malapena a reggersi in piedi. La sua mente scandagliava una miriade di possibili ipotesi per spiegare ciò che stava vedendo. Non c’erano dubbi. Lui sapeva. Lui aveva già sentito parlare di quella cosa, anche se questa era la prima volta che ne vedeva una dal vivo. Ne era certo. I suoi occhi sgranati osservavano sgomenti la gigantesca creatura davanti a sé.

Era alta almeno dieci metri, di aspetto umanoide, con dei lunghi capelli grigiastri ed un volto contorto in un sorriso maniacale e privo di senno. Le gambe e le braccia erano sottili ed allungate, ed il suo corpo era magro, quasi scheletrico, e si muoveva a passo lento verso di lui, calpestando case e macerie e facendo tremare la terra ad ogni suo passo.

Ma Boruto non si muoveva.

“Tutto questo è impossibile!” pensò il ragazzo, sconvolto. “Se qui ad Eldia ci sono Titani, allora vuol dire…”

Non poté finire la frase.

Piegandosi sulle lunghe gambe con un movimento contorto e goffo, il Gigante spiccò un balzo in avanti, coprendo la distanza che li separava in un secondo, le fauci spalancate e puntate contro di lui.

Boruto si riscosse all’istante. Il suo istinto di sopravvivenza lo costrinse ad agire. Saltò giù dal campanile un attimo prima che esso fosse investito dalla creatura, atterrando sul tetto semidistrutto di un’altra casa del distretto alla sua sinistra. I suoi occhi erano ancora incollati al Gigante.

La gigantesca creatura crollò a terra di peso, distruggendo completamente l’edificio che aveva colpito. Dopo qualche secondo però si rialzò subito, illesa, fissando con uno sguardo folle la figura del giovane guerriero.

Il ragazzo fece un passo indietro.

“Un Titano!” esclamò mentalmente. “Questa creatura è un Titano! Proprio come lei!”

Una miriade di emozioni lo investi improvvisamente appena realizzò la cosa. I ricordi, le sensazioni e le immagini di quel giorno gli tornarono prepotentemente in testa, inondandolo di sgomento.

La creatura davanti ai suoi occhi era senza ombra di dubbio un Titano.

E anche lei era capace di trasformarsi in Titano.

Non poteva essere una coincidenza.

I suoi sospetti si stavano formando, l’ipotesi che aveva in testa si stava solidificando. Le coincidenze erano troppe, così come le sue domande senza risposta. La certezza non esisteva. Ma qualcosa non andava. La sensazione che provava era diversa da quella che aveva-

Un improvviso tonfo alla sua destra lo fece voltare di scatto.

Un secondo Titano era comparso improvvisamente. Era più piccolo del primo, circa sette metri di altezza, ma decisamente più grosso. Il suo corpo grottesco era tozzo, gli arti corti e peni di strati di grasso, la faccia barbuta e priva di capelli.

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure. Il suo Jougan scrutava con intensità le due creature. La loro quantità di energia era enorme. Tuttavia c’era una differenza rispetto al suo caso. Rispetto al caso di lei.

Tutta la loro energia si accumulava nella nuca.

Il Nukenin s’irrigidì mentre la sua mente continuava a formulare ipotesi. “No, non può essere lo stesso caso,” rifletté, studiando i due giganti. “Il loro corpo è diverso da quello di Mikasa. Ed anche la loro energia è decisamente inferiore alla sua. Tutto il flusso vitale si concentra sul loro collo, ed i loro movimenti sono strani…”

I due Titani si avvicinarono a lui. Boruto strinse i pugni. Doveva accertarsi delle sue ipotesi.

Raccolse il suo coraggio. “Chi siete?” gridò loro. “Che cosa volete?”

I giganti non diedero alcun segno di averlo capito, continuando ad avanzare e a fissarlo con la bocca semiaperta e uno sguardo privo di senno.

“Siete voi gli abitanti di questa terra?” domandò ancora. “Siete della stirpe di Ymir?”

La sua unica risposta furono uno strano verso simile a un lamento e la mano di una delle creature che scattò in avanti per agguantarlo. Il giovane balzò immediatamente in avanti, atterrando sulla mano del gigante più alto e risalendo il suo braccio di corsa. Giunto sulla spalla della creatura, afferrò una lunga ciocca di capelli e la usò come corda per portarsi proprio davanti alla faccia del mostro, atterrando con un piede sul suo naso. Boruto fissò con freddezza quegli enormi occhi neri per un paio di secondi.

“Chi siete?” ripeté ancora, il suo tono freddo ed autoritario.

Il gigante continuò a sorridere senza rispondere, i suoi occhi privi di senno lo guardavano con bramosia e desiderio. Una gigantesca mano si stagliò contro di lui velocemente. Boruto non perse tempo, mollando la ciocca di capelli e saltando giù dalla creatura.

La mano del gigante continuò il suo percorso lo stesso, colpendo la sua stessa faccia con forza e spruzzando sangue dalla potenza dell’impatto. Con un movimento quasi comico, l’intero corpo del gigante crollò all’indietro, sbattendo la schiena a terra con un tonfo pesante. Il Titano si era letteralmente dato uno schiaffo in faccia da solo, facendolo cadere.

“Come sospettavo,” pensò il ragazzo atterrando su un altro tetto, senza però distogliere lo sguardo da quelle creature. “Questi due non sono Titani. I loro movimenti sono scoordinati e goffi, e i loro occhi sono privi di vita. E non sembrano essere neanche particolarmente intelligenti, visto come quel tipo si è colpito da solo pur di prendermi.”

Il gigante più basso rimasto illeso non si curò del suo simile accasciato a terra, ma prese a sua volta a tentare di catturare il giovane con una mano.

Boruto sorrise feralmente.

“Molto bene, palla di lardo!” disse afferrando l’elsa della sua spada dietro la schiena. “Tu mi aiuterai a verificare un’altra cosa!”

Appena la gigantesca mano arrivò a qualche metro di distanza da lui, il ragazzo sguainò la sua arma e compì tre fendenti laterali, due a destra ed uno a sinistra, con un movimento appena percettibile. Tutte e cinque le dita del gigante furono tagliate di netto in tre pezzi, come fossero fatte di burro. Un getto di sangue bollente investì il viso di Boruto dalle ferite, invischiandogli la faccia.

La creatura non sembrò essere affetta da alcun dolore, continuando a fissare il giovane con un’espressione assente. Il ragazzo del futuro balzò giù dal tetto, atterrando in ginocchio sulla strada, il più lontano possibile dalla creatura.

“Non sembrano essere sensibili al dolore,” ragionò tra sé e sé seriamente. “E sono interessati unicamente a catturarmi. Adesso devo solo capire se-”

Mentre era assorto nei suoi pensieri, tutto il sangue che gli aveva macchiato la faccia cominciò ad evaporare in aria improvvisamente, emanando una scia di vapore caldo. Boruto si toccò la faccia dopo un secondo, e notò che era tornata asciutta come prima. Ma non fu l’unica cosa che notò in quell’istante.

Anche la faccia del gigante a terra aveva cominciato ad esalare un fumo bianco, ed anche la mano di quello che aveva appena colpito cominciò ad emanare vapore.

Il guerriero aggrottò le sopracciglia. “Sembra che avevo ragione…”

Dopo un paio di secondi, il gigante che era caduto si rimise lentamente in piedi, la sua faccia completamente illesa dal colpo subito precedentemente, mentre le dita della mano dell’altro cominciarono improvvisamente a rigenerarsi di nuovo, formando altri tessuti ed ossa nelle falangi.

Boruto osservò la rigenerazione delle creature col Jougan. “Proprio come sospettavo,” pensò rimettendosi in piedi. “Sono capaci di rigenerare qualsiasi tipo di ferita, proprio come Mikasa! Questo toglie ogni dubbio su cosa siano queste creature.”

Adesso ne era certo. Non vi era più alcun dubbio nella sua mente. Quelle creature erano coloro che non erano riusciti a controllare il potere di Ymir. Erano lo stadio meno evoluto dei Titani, secondo le parole di Toneri. Erano i divoratori di uomini usati per sterminare i nemici dei Portatori del Potere.

Quelle creature erano i Giganti Puri.

Il perché quelle creature si trovassero in questo posto era ancora un completo mistero per il ragazzo. Aveva cominciato già a formulare ipotesi, sin da quando aveva visto il mosaico nelle Fortezza, ma aveva bisogno di altri indizi per verificarne la veridicità. I suoi sospetti da soli non sarebbero bastati a dare una risposta plausibile.

Si riscosse dai suoi pensieri dopo un istante, e continuò a fissare col suo occhio destro i Giganti, osservando come tutto il loro flusso di energia si concentrava proprio alla base del collo, sulla nuca. I filamenti di energia erano più intensi in quel punto, e da lì partiva ed arrivava ogni getto di chakra che attraversava il loro corpo.

“Quello deve essere il loro punto debole,” realizzò mentalmente. “Se riuscissi a colpire quel punto, l’energia nel loro corpo cesserebbe di circolare, impedendogli anche di rigenerare le loro ferite!”

Fece per fare la sua mossa, quando un improvviso pensiero gli balenò in testa.

Boruto si fermò di botto.

Quei Giganti un tempo erano delle persone. Erano degli esseri umani. Erano uomini come lui. Persone con sentimenti e sogni. E non solo.

Erano la stirpe di cui anche Mikasa faceva parte.

Quella realizzazione lo fece esitare. I suoi occhi si sgranarono. Boruto non era un assassino. Non godeva nel dover toglier la vita ad altre persone. Non era un criminale che provava piacere nell’infliggere sofferenza.

Aveva già ucciso diverse persone nella sua breve vita, ed era anche stato indirettamente responsabile della morte di altre. Il Quinto Hokage era l’esempio più lampante di questo. Ma, sebbene non provasse rimorso per le sue azioni passate, il pensiero di dover uccidere le stesse persone di cui faceva parte la sua amica lo terrorizzava.

Che cosa le avrebbe detto una volta tornato a casa? Se fosse tornato a casa? Che aveva trovato finalmente altre persone come lei, per poi averle brutalmente uccise per sopravvivere?

Non poteva farlo.

Mikasa aveva perso ogni contatto con la sua precedente famiglia una volta giunta nel suo mondo. Boruto aveva visto come questa cosa l’avesse fatta soffrire ogni giorno. Aveva visto il suo stesso dolore riflesso in quei suoi occhi neri perennemente privi di emozione. Aveva visto lo struggimento e la solitudine che la sua amica provava, e lui riusciva a comprenderla a pieno.

Lui, Mikasa e Sora erano uguali, dopotutto. Loro tre erano rimasti senza una famiglia, erano rimasti da soli. Per questo si erano uniti assieme da piccoli. Per questo riuscivano a comprendersi così bene tra loro. Erano rimasti senza famiglia, e questo li aveva spinti a formarne una nuova insieme.

E adesso, finalmente, lui era riuscito a trovare delle persone dello stesso popolo di Mikasa. Persone come lei. Persone con un potere simile al suo. Non voleva essere responsabile della morte della sua gente. Non voleva distruggere la possibilità, per quanto minima potesse essere, di ritrovare la sua vera famiglia.

Ma soprattutto, non voleva diventare un mostro davanti ai suoi occhi.

Il giovane chiuse gli occhi in un moto di frustrazione, la mano attorno all’elsa della spada serrata con forza.

“Che cosa faccio?” pensò a testa bassa, i denti serrati.

Era talmente preso dai suoi pensieri e dalla preoccupazione che non si rese neanche conto che entrambi i Giganti erano giunti davanti a lui, le braccia protese in avanti per afferrarlo. Boruto sgranò gli occhi. Doveva muoversi!

Ma prima che potesse agire, il suo occhio destro percepì una presenza dietro di sé. Una mano lo afferrò saldamente per la spalla, e dopo neanche un secondo le figure dei due Giganti scomparvero improvvisamente, e Boruto si ritrovò in un luogo completamente diverso da dov’era prima.
 



Era l’interno di una stanza di quella che doveva essere una delle case del distretto. Le pareti erano piene di buchi e crepe, e presentavano enormi ragnatele ai bordi del soffitto. Quest’ultimo era pieno di rotture e fori su tutta la sua superficie, i quali facevano intravedere il cielo. Il pavimento era completamente rovinato, con mattonelle distrutte o addirittura mancanti, sotto cui si vedeva il terreno. In alcuni punti della stanza inoltre, alcune piante infestanti erano cresciute da alcuni dei fori nel pavimento. La piccola sala era quadrata e priva di qualsiasi oggetto, e una piccola finestra che dava sulla strada deserta illuminava debolmente quello spazio angusto.

“C’è mancato poco!” disse Minato con un sospiro, mollando la presa sulla spalla del ragazzo.

Boruto si voltò verso di lui di scatto, e fu accolto dalle facce sconvolte del resto del gruppo.

“Boruto!” esclamò Sarada appena lo vide. “Stai bene?”

Il ragazzo rimase confuso per un secondo da quello che era successo. Cos’era successo così all’improvviso?

“Deve avermi portato qui con l’Hiraishin no Jutsu!” realizzò dopo un secondo di riflessione. (Tecnica del Teletrasporto)

“S-Sì, sto bene.” rispose alla fine, dopo un attimo di esitazione. Si mise ad osservare la stanza. “Perché mi ha portato qui, Quarto Hokage? Cosa è successo?”

Ma né Minato né nessuno dei presenti rispose alla sua domanda. Il guerriero si voltò di nuovo verso di loro, e rimase confuso da quel che vide.

Naruto e gli altri lo stavano fissando a bocca aperta, gli occhi spalancati e pieni di sgomento e timore come se stessero guardando un fantasma davanti a loro. I loro corpi erano rigidi e tesi, ed erano tutti intenti ad osservare con sbalordimento il suo volto.

Boruto aggrottò le sopracciglia. “Cosa succede?” domandò, confuso.

Sarada puntò un dito verso di lui, un’espressione tesa in volto. “B-Boruto,” disse con esitazione. “Hai l’occhio destro aperto!”

Il ragazzo del futuro sgranò gli occhi momentaneamente, la sua faccia fece un’espressione d’incredulità per diversi secondi. Poi, con un’imprecazione mentale, si coprì d’istinto l‘occhio con una mano, celandolo di nuovo alla vista degli altri.

Naruto e gli altri, eccetto Sarada, erano rimasti completamente sconvolti da ciò che avevano scoperto. Non riuscivano a dire neanche una parola. Ormai lo avevano visto.

L’occhio destro di Boruto era completamente diverso da qualsiasi cosa loro avrebbero mai potuto anche solo immaginare.

La sclera era completamente nera, mentre l’iride e la pupilla avevano un colore azzurro fosforescente ed elettrico, quasi tendente al bianco. Il suo occhio sembrava emanare una specie di luce da esso, e il buio della piccola stanza aveva messo in risalto la sua luminosità in modo ancor più evidente.

Quell’occhio aveva qualcosa di indescrivibile nel suo aspetto, qualcosa di intrigante e misterioso. Non sembrava per niente un occhio umano. La sua vista era qualcosa di indescrivibile, quasi di soprannaturale e divino rispetto anche all’aspetto dello Sharingan degli Uchiha o del Rinnegan dell’Eremita.

Boruto era il figlio di Hinata, quindi la possibilità che quell’occhio fosse un Byakugan era plausibile. Tuttavia il suo aspetto palesava il contrario. Quella pupilla era diversa dagli occhi degli Hyuuga, questo era certo. Il Byakugan era un occhio bianco e privo di colore, mentre l’iride di Boruto era azzurra con la sclera nera. E mentre il Byakugan rendeva difficile riuscire a capire le emozioni dei suoi portatori, data la pupilla completamente bianca che non faceva trapelare nessuna emozione; quell’occhio, al contrario, sembrava quasi vivo di per sé.

Il suo sguardo era qualcosa di esotico e divino. Pareva quasi che quell’occhio scrutasse all’interno dell’anima stessa di coloro su cui si posava. Sembrava quasi di guardare l’occhio di una divinità, di un essere superiore rispetto al genere umano.

Naruto, così come tutti gli altri otto ninja, era rimasto allibito. Non aveva mai visto niente di simile. “Che razza di occhio è quello?” si domandò, sconvolto.

“Che cos’è?” si chiese Sakura con uno sguardo incredulo. “È forse una specie di Byakugan?”

Sasuke fissava il volto del ragazzo del futuro con muto stupore. “Non ho mai visto nulla di simile prima d’ora!” esclamò tra sé. “Il suo occhio è completamente diverso da qualsiasi cosa avessi potuto immaginare!”

Minato fu il primo a riprendersi dallo stupore. “Che cos’è quell’occhio, Boruto?” domandò con esitazione.

Il giovane strinse i denti.

“Non ho mai visto una cosa simile!” esclamò Fugaku. “Quell’occhio è diverso da qualsiasi Dojutsu (Arte Oculare) che io conosca!”

“È quello l’occhio che ti permette di vedere il flusso del chakra?” chiese ancora Kushina, scioccata.

Hinata aveva gli occhi sgranati. Aveva ipotizzato nei giorni passati che il suo occhio destro potesse essere un Byakugan, dato che Boruto era suo figlio, ma la sua idea si era rivelata errata. Quell’occhio non era affatto un Byakugan. Ne era certa. Ma non aveva idea di cosa fosse, né delle sue abilità.

Il Nukenin imprecò mentalmente. “Dannazione! Anche se avevo percepito la presenza del Quarto Hokage un istante prima, non ero pronto ad essere teletrasportato così all’improvviso! Ed ero talmente confuso che non ho pensato a chiudere il Jougan! Sono stato uno sciocco!”

Alla fine, il ragazzo sospirò e tolse la mano dall’occhio. Lo tenne chiuso per sicurezza.

“Non sono affari che vi riguardano!” rispose freddamente alla domanda, rinfoderando la spada. “Non ho intenzione di rivelare informazioni su di me!”

Tuttavia, qualcuno decise che la sua decisione non fosse la risposta giusta.

“Il nome di quell’occhio,” disse Sarada improvvisamente. “È Jougan!”

Tutti si voltarono verso di lei, stupiti.

“Jougan?” ripeté Mikoto, confusa.

Tutti rimasero perplessi dalla rivelazione. JouganOcchio Puro. Non avevano mai sentito parlare di una simile arte oculare.

Boruto era rimasto a bocca aperta, incredulo.

“SARADA!” le urlò addosso improvvisamente, adirato. “Come osi? Ti avevo detto che non volevo rivelare informazioni sul mio conto!”

La ragazza ricambiò il suo sguardo furioso con determinazione, i suoi occhi si fecero rosso fuoco. “Ne ho abbastanza di dover restare sempre in silenzio! Soprattutto ora che ti stai facendo del male da solo!” sbottò lei con foga. “Il tuo atteggiamento freddo e misterioso ti è quasi costato la vita poco fa! Ho visto quello che è successo prima! Se non fosse stato per il Quarto, saresti morto per mano di quei due Giganti! Sto solo cercando di proteggerti!”

L’occhio sinistro di Boruto divenne schiumante di collera. “Non hai il diritto di dirmi certe cose!” disse lui con disgusto, facendo un passo verso la ragazza. “E non ho bisogno della tua protezione! Me la sarei benissimo cavata anche da solo!”

Sarada non si lasciò intimorire. “Cosa c’è di male nel cercare di aprirti un po’ a noi?” disse ancora con decisione. “Perché sei così restio a fidarti dei tuoi compagni? Perché non ti fidi di me?”

Boruto le arrivò davanti in un secondo, prima che chiunque potesse battere ciglio. Il suo braccio destro si mosse in avanti per afferrarle il collo, ma qualcosa lo bloccò prima di poterlo raggiungere.

Minato era comparso in mezzo a loro due in un secondo, ed aveva afferrato con una mano il braccio di Boruto, impedendogli di muoverlo con la sua presa formidabile.

Sarada trattenne il fiato.

“Adesso basta, Boruto!” disse con tono glaciale l’Hokage, fissando il biondo di sbieco con uno sguardo pericolosamente serio. “Non ho intenzione di restare ancora a guardare mentre tu minacci Sarada o un altro di noi!

Boruto lo perforò con lo sguardo. “Come ha fatto a raggiungermi così velocemente? Non dirmi che…”

“Vedo che lo hai capito da solo,” riprese a dire Minato, come se avesse intuito i suoi pensieri. “Ti ho lasciato un Marchio di Teletrasporto addosso appena ti ho toccato, e adesso sono in grado di raggiungerti in qualsiasi istante!”

Il Nukenin e l’Hokage si sfidarono con lo sguardo per diversi secondi, due occhi freddi e glaciali contro uno colmo di rabbia e furia. Tutti erano tesi, nessuno nella stanza osò dire una parola.

“Lo sapevo che papà era il numero uno!” pensò Naruto con un ghigno.

Alla fine, dopo alcuni minuti di tensione, Boruto abbassò il braccio. Minato si rilassò ed allentò la presa sul ragazzo, distanziandosi da lui senza mai smettere di fissarlo.

Il giovane guerriero si fissò la spalla destra. Il Marchio dell’Hokage era stato posto proprio lì, sopra il suo mantello, nel momento in cui lo aveva afferrato. Con un ghigno ferale, il ninja traditore aprì l’occhio destro davanti a tutti, fissandoli con uno sguardo freddo e crudele. Minato e gli altri s’irrigidirono all’istante, tesi nel caso potesse reagire in maniera ostile.

Boruto si limitò solamente a poggiare la mano sinistra sulla sua spalla per un paio di secondi. Poi, con un sorriso divertito e malizioso, rimosse la mano.

Il Marchio era scomparso.

Minato rimase di stucco. “C-Com’è possibile?!” urlò mentalmente. “Ha rimosso da solo il sigillo che gli ho personalmente posto addosso!”

Anche tutti gli altri rimasero a bocca aperta. Boruto aveva dissolto il Marchio con una facilità disarmante.

“Come diavolo ha fatto?” pensò Mikoto.

Fugaku non riusciva a credere ai suoi occhi. “Che razza di poteri ha quel ragazzo?”

“Non può essere!” esclamò tra sé Kushina, basita. “Minato è un maestro del Fuuinjutsu! (Arte dei Sigilli) Come può Boruto essere in grado di rimuovere un suo sigillo con una tale semplicità? Neanche io sono in grado di farlo!”

Naruto, Sasuke e gli altri ragazzi rimasero sconvolti. Nessuno di loro si intendeva molto dell’Arte dei Sigilli, ma l’azione di Boruto li aveva sbalorditi lo stesso.

Il giovane guerriero si voltò a fissare di nuovo Minato col Jougan. “La prossima volta che lei proverà a toccarmi,” disse con freddezza e sarcasmo. “Le taglierò personalmente le mani! Non m’interessa che lei sia un Hokage! Io sono un Guerriero, non un ninja! Se ci tiene alle sue mani farà meglio a ricordarselo, Quarto Hokage! Sono stato chiaro?”

Minato fissò con uno sguardo serio e calcolatore il ragazzo davanti a lui. Nonostante il suo atteggiamento, l’abilità del suo futuro nipote era strabiliante. Doveva intendersene parecchio nel campo del Fuuinjutsu per riuscire a dissolvere il suo Marchio in quel modo. In un certo senso, non poté fare a meno di provare una punta di ammirazione e orgoglio nei suoi confronti.

“E in quanto a te” riprese a dire il ragazzo, rivolgendosi a Sarada. “Se non ti deciderai a lasciarmi in pace e a smetterla di rivelare informazioni su di me, allora ti ucciderò! Io ti ho avvisata già due volte! Non mi piace essere crudele, né ho qualcosa contro di te. Ma non tollererò il fatto che tu possa svelare il mio passato a queste persone. Non è una cosa che puoi decidere tu!”

La ragazza abbassò lo sguardo. Il cuore le si strinse dolorosamente nel petto. Aveva fallito di nuovo. Per l’ennesima volta, aveva fallito. Lei aveva tentato solo di proteggerlo, di tentare di fargli capire che poteva fidarsi di loro per spingerlo così a non affrontare i pericoli da solo. Ma, come ogni altra volta, non aveva funzionato. Boruto stava usando le sue azioni per allontanarsi sempre più da lei e dagli altri.

“Perché non riesco mai a fare la cosa giusta con te, Bolt?”

I suoi pensieri furono interrotti quando sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla. Alzò la tesa per vedere cosa stesse succedendo. Naruto la stava guardando con un sorriso triste, tentando di consolarla e di non farla cadere nella depressione. Ma la cosa che più colpì la ragazza furono i suoi occhi. Quegli occhi azzurri pieni di compassione, pietà e supporto.

Ma soprattutto, pieni di comprensione.

Naruto stava facendo il tifo per lei. Quello sguardo le stava intimando a non arrendersi, a continuare a tentare. Quello sguardo le fece capire che non era da sola, che anche lui sapeva bene cosa stesse provando. Quello sguardo le fece capire che non poteva mollare, che c’era sempre speranza. Che lui l’avrebbe aiutata in qualsiasi momento.

Sarada sorrise a sua volta. Naruto era davvero speciale.

E, stavolta, avrebbe ritentato insieme a lui a parlare con Boruto.
 



ATTENZIONE!!! LEGGERE!!!

Salve a tutti! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo! Spero che possa avervi intrigato almeno un pò.
Finalmente i nostri eroi hanno scoperto qualcosa in più sul mistero di Boruto Uzumaki, ma la verità sul suo conto è ancora lontana dalla loro portata. Se volete scoprire il come e il quando essa verrà rivelata, allora vi invito a continuare a seguire la vicenda! Inoltre abbiamo finalmente scoperto chi è la lei tanto citata nei capitoli precedenti: una certa persona col nome di Mikasa!  Infine, anche il nome del terzo membro del trio è stato rivelato: Sora!
Chi sono questi due? Cosa c'entrano i Titani con Mikasa? Chi diavolo è Sora? Che tipo di legame c'è tra questi due ed il misterioso Boruto?
In futuro scopriremo altro su di loro e sulla verità del passato del nostro Nukenin!

Jougan
Il Jougan è con molta probabilità il nome ufficiale dell'occhio destro di Boruto. Il suo nome è già stato rivelato nell'anime, e anche in un disegno fatto da uno degli autori del manga di Boruto. Il suo significto è 'Occhio Puro', o anche 'Occhio Vero'. Le sue origini non verranno rivelate nel ciclo de "La Battaglia di Eldia", ma se ne riperlerà in futuro, anche se non so ancora con precisione quando e come.
Le abilità di questo occhio descritte nella mia storia sono in parte canoniche ed in parte reinventate. Il Jougan nella mia storia riesce a vedere il flusso di chakra nei corpi come il Byakugan, ma non permette di vedere oltre ostacoli fisici. Tuttavia esso sarà in grado di vedere e percepire ogni minima variazione del chakra nell'ambiente in sè, e permette di percepire le emozioni negative similmente a come fa Naruto quando attiva la modalità chakra della Volpe. Il Jougan, inoltre, è anche in grado di vedere le anime dei defunti e degli spiriti. (Canonicamente confermato) Infine, quest'occhio permette a Boruto di evocare due dimensioni spazio-temporali distinte, come già accennato in 'Fortezza e Bestie 5'

Detto questo ne approfitto per ringraziare di cuore chi leggerà e chi commenterà, e vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate. Il prossimo capitolo uscirà probabilmente domenica 1 ottobre!
Ripeto che ci saranno degli spoiler sulla serie di Attack on Titan, quindi se non volete scoprire informazioni di questo genere Non leggete!
A presto! ;)

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Capitolo 27
*** Mura, Città e Giganti 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

Mura, Città e Giganti 3


“Allora, che cosa facciamo con quei Giganti?” domandò Fugaku al gruppo una volta che la situazione si fu calmata.

Anche se Boruto e Sarada erano in aperto contrasto tra di loro, avevano momentaneamente deciso di calmarsi per il bene della missione.

I nove ninja rifletterono qualche istante. Si trovavano all’interno di una città distrutta, assieme a diverse creature dall’aspetto umanoide alte decine di metri che, a detta di Boruto, erano ostili.

“Piuttosto,” s’intromise Sasuke. “Che cosa sono quelle creature?”

Il Nukenin si mosse verso la finestra, scrutando l’esterno col suo occhio destro. Era giunto il momento di spiegare ai suoi “compagni” alcune delle nozioni che lui stesso aveva appreso sui Giganti Puri anni fa. Anche se non voleva rivelare i misteri dei Titani e della stirpe di Ymir a nessuno, specialmente a queste persone, era consapevole di avere l’obbligo di avvertirli almeno sulle cose più importanti, in modo da renderli preparati nel caso di prossimi scontri futuri.

“Ho avuto modo di combatterne due prima,” cominciò allora a dire senza voltarsi. “E ho scoperto alcune cose su di loro che potrebbero essere molto utili.”

Gli altri ascoltarono in silenzio la sua spiegazione.

“Quei Giganti sono praticamente immuni a qualsiasi danno fisico,” continuò Boruto. “Sono capaci di rigenerare qualunque ferita o taglio, e riescono persino a far ricrescere intere parti del loro corpo anche se vengono recise. Tuttavia, sembrano possedere un grande svantaggio.”

“Uno svantaggio?” domandò Mikoto seriamente. “E quale sarebbe?”

Il guerriero sorrise a loro insaputa. “I loro movimenti sono goffi, impacciati e privi di coordinazione. Inoltre, quei Giganti sembrano essere privi d’intelligenza. I due che ho affrontato pensavano soltanto a catturarmi, ignorando qualsiasi altra cosa capitasse sotto i loro occhi. Pur di acciuffarmi, uno di loro è stato capace di causarsi danni da solo, anche se poi si è curato grazie alle loro abilità rigenerative.”

Minato rifletté sulle informazioni per diversi secondi. “Hinata ha visto anche che possiedono un punto alla base del collo, sulla nuca, dove tutta la loro energia viene accumulata.” disse. “È possibile dedurre che quello sia l’unico punto vulnerabile del loro corpo?”

Boruto annuì. “L’ho notato anche io.” rispose. “Sono convinto che per riuscire ad eliminarli definitivamente bisogna colpirli in quel punto.”

Naruto aveva ascoltato la spiegazione con grande attenzione. Tuttavia, c’era qualcosa che doveva dire assolutamente a questo punto.

“Credo che il loro obiettivo si quello di mangiarci!” disse improvvisamente.

Tutti si voltarono verso di lui. L’occhio destro di Boruto lo scrutò intensamente, come nel tentativo di discernere qualcosa nella sua anima. Naruto sentì un brivido percorrergli la schiena sotto lo sguardo di quel cosiddetto Jougan.

“Spiegati meglio.” gli intimò il ragazzo del futuro con un tono monotono.

Naruto si schiarì la gola. “È stato grazie al Kyuubi che l’ho notato!” spiegò loro lentamente. “La Volpe è in grado di percepire l’odio e le emozioni negative intorno a sé. E appena abbiamo visto uno di quei Giganti, il Kyuubi mi ha avvisato di stare alla larga da lui perché voleva mangiarmi!”

“Aspetta,” lo interruppe Kushina, gli occhi sgranati dalla tensione. “Hai parlato di nuovo col Kyuubi?”

Naruto si grattò la testa, sorridendo nervosamente. “Ecco, a dire il vero…” cominciò poi a dire. “Diciamo che ho rimosso quasi completamente il sigillo che ci separa, quindi ora sono in grado di comunicare con lui in ogni momento!”

“COOOSA?!” urlò sua madre, sconvolta. “Hai rotto il sigillo di tua iniziativa per parlare col Kyuubi e NON HAI DETTO NIENTE?”

Naruto cominciò a sudare copiosamente, indietreggiando di alcuni passi appena vide i capelli della donna cominciare ad ondulare in aria.

‘Beh, sembra proprio che non arriverai a vedere il giorno in cui dovremo combattere il drago...' disse sarcasticamente il Bijuu.

“È tutta colpa tua!” urlò mentalmente il biondo. “Sei stato tu a dirmi di non rivelare prima la nostra discussione!”

Il Kyuubi ghignò. ‘Ti sta bene! Così la prossima volta ci penserai due volte prima di dare nomignoli patetici alla leggendaria Volpe a nove code!’

“Maledetta Palla di pelo!” disse Naruto, sempre più spaventato dalla figura di sua madre che si stava lentamente avvicinando a lui.

‘NON CHIAMARMI PALLA DI PELO!’ ruggì rabbiosamente il demone.

Per i successivi due minuti, la scena principale all’interno della sala fu quella di Kushina che prendeva ripetutamente a botte la testa di Naruto mentre tutti gli altri tentavano di trattenere le risate oppure sospiravano dall’esasperazione.

Ma, durante quel momento di distrazione, Boruto scrutò con intensità la figura dell’altro biondo con il suo occhio destro.

“Naruto Uzumaki,” pensò tra sé con interesse. “Dunque riesci a percepire le emozioni negative attorno a te grazie al Kyuubi, proprio come io ci riesco col mio occhio. Hai ottenuto la stessa abilità del Settimo…”

“Bando alle ciance,” li richiamò poi all’attenzione Minato. “Non perdiamo altro tempo! Dobbiamo continuare a cercare l’ultimo manufatto!”

Il silenzio tornò a regnare nella sala.

“Dovremo dividerci di nuovo?” domandò Sakura.

Minato annuì. “È la cosa più saggia.” le rispose. “In questo modo, quei Giganti saranno costretti a dividersi a loro volta per seguirci nel caso dovessero notarci.”

“Non sarà necessario,” lo interruppe improvvisamente Boruto con un tono privo di emozione. “Stavolta ci penserò io a distrarre i Giganti mentre voi cercherete il manufatto.”

Sarada sgranò gli occhi. “Cosa?” esclamò, incredula.

Il Nukenin non si voltò neanche, limitandosi a guardarla di sbieco. “Io mi occuperò di quelle creature, voi penserete a trovare il manufatto. Non mi sembra così difficile da comprendere.”

La ragazza lo guardò con forza. “Hai intenzione di affrontare quelle creature da solo?” disse con un tono pieno di disappunto e sgomento. “Ti rendi conto di quanto siano pericolosi quei Giganti? Hai già rischiato di morire una volta poco fa, non te lo lascerò fare di nuovo!”

La ragazza non lo avrebbe permesso. Aveva intuito che Boruto fosse interessato a quelle creature, probabilmente a causa della loro somiglianza con quella ragazza, ma non avrebbe lasciato il suo amico da solo in balìa dei Giganti.

Boruto sospirò, massaggiandosi le tempie con una mano. La preoccupazione di Sarada nei suoi confronti stava davvero cominciando ad infastidirlo. Nonostante tutte le parole fredde e disinteressate che lui le rivolgeva, lei non la smetteva mai di tentare di aiutarlo. La cosa gli dava sui nervi. Sapeva che la ragazza ci teneva molto a lui, ma il giovane non poteva lasciarsi distrarre da questo. Doveva andare da solo. Non poteva permettere che uno di loro uccidesse un membro della gente di Mikasa. Inoltre, c’era qualcosa che doveva verificare.

E stavolta, nessuno lo avrebbe ostacolato.

“Apprezzo il tuo interesse,” disse voltandosi verso di lei. “Ma non ho bisogno del tuo consenso. Ho preso una decisione, e non ho intenzione di cedere questa volta.”

La giovane Uchiha si puntò un dito sul petto. “Allora porta anche me!” esclamò con enfasi. “Se proprio ci tieni ad andare, almeno lascia che ti accompagni! Non voglio lasciarti da solo in mezzo a questo pericolo!”

Boruto scosse la testa. “Proprio per questo devi andare con gli altri, Sarada.” disse con una voce monotona. “Se mi dovessi seguire, saresti tu quella in pericolo.”

“Ma-”

La ragazza fece per continuare, quando un tonfo pesante si sentì provenire poco lontano dalla casa dove si erano nascosti, facendo tremare la terra e le pareti.

“Si stanno avvicinando tre Giganti!” esclamò Hinata, fissando coi suoi occhi fuori dalla finestra. “Sono tutti alti almeno dodici metri!”

Boruto ne approfittò subito. Era l’occasione perfetta.

“Andate!” intimò loro seriamente, voltandosi di nuovo verso la finestra. “Io li attirerò da me, voi cercate il manufatto!”

“Aspetta, Boruto!” urlò la giovane Uchiha nel tentativo di fermarlo, ma il ragazzo era saltato fuori dalla finestra prima che potesse ascoltare le sue parole.

“Lascialo andare,” la fermò Minato, afferrandola per un braccio prima che potesse seguirlo. “Boruto è forte. Abbi fiducia in lui.”

Sarada strinse i pugni, ma non tentò di liberarsi dalla presa.
 



Boruto saltava da un tetto all’altro con rapidità. Il suo cuore cominciò a battergli con forza nel petto per la trepidazione. Non ci mise molto ad individuare i tre Giganti, data la loro stazza. Erano tutti a qualche centinaio di metri da lui, dall’altra parte del distretto, separati da numerose file di case e strade, intenti a cercare qualcosa vagando senza un’apparente meta per la città devastata.

Si fermò sulla cima di un muro di una casa completamente distrutta, fissando le creature col Jougan. Un soffio di vento gli accarezzò dolcemente i capelli, muovendogli il mantello. Adesso poteva agire. Adesso poteva finalmente tentare la sua ipotesi.

Poteva tentare di comunicare con uno dei Giganti.

Mikasa era un Titano. Quelli erano Giganti. Boruto sapeva la differenza tra i due, Toneri gliela aveva spiegata molto tempo fa. I Titani erano più intelligenti, più forti, più veloci, capaci di intendere, di volere e di trasformarsi in umani a loro comando.

I Giganti invece erano esseri umani perduti. Animali senza senno, il cui unico scopo è quello di riuscire a diventare dei Titani veri e propri. E, per farlo, dovevano mangiarne uno.

Ma un’ipotesi continuava a tormentare la mente del giovane ragazzo.

I Giganti erano umani una volta. Anche se avevano perso la coscienza di loro stessi, anche se non ricordavano niente, non era detto che fosse impossibile tentare di comunicare con loro. Forse, entrando in contatto con la loro energia vitale, era possibile riuscire a scoprire qualcosa su di loro. E lui era certo di essere capace di farlo.
Ma non poteva farlo ora. Prima aveva un compito da svolgere. Doveva attirare ed allontanare queste creature da quella zona così da permettere agli altri di esplorare la città.

Con una serie di salti sui tetti semidistrutti, il ninja traditore si portò davanti alle creature in pochi secondi. Si fermò sul tetto di una casa alle loro spalle.

“Salve, gente di Ymir,” disse loro con un tono freddo. I tre Giganti si voltarono verso di lui lentamente.“Che ne dite se adesso noi quattro parliamo un po’?”

La reazione dei Giganti fu decisamente inaspettata.

Come se fossero stati improvvisamente colpiti da una scarica elettrica, le tre creature scattarono verso di lui all’unisono, le bocche aperte in sorrisi lugubri e bramosi di ucciderlo. Boruto riprese ancora a saltare da tetto a tetto, riducendo però la sua velocità per permettere a quei bestioni di tenere il passo con la sua andatura.

I Giganti erano veramente stupidi, pensò il guerriero. Lo stavano inseguendo correndo in maniera goffa ed impacciata, travolgendo con tutto il loro corpo intere case e macerie nel tentativo di raggiungerlo. Sentì una vena di pietà per le persone che dovevano essere state trasformate in simili creature.

“Che patetica fine…”

Mentre continuava ad avanzare per la città, vide altri cinque Giganti davanti a sé. Questi ultimi erano di piccole dimensioni, sei o sette metri ciascuno, ma oltre a loro comparvero improvvisamente anche i due che aveva affrontato prima.

Appena lo videro, tutte le creature cominciarono a correre verso di lui. Boruto ghignò. Il piano stava funzionando. Non c’erano altri Giganti all’interno della città. La sua corsa durò per qualche altro minuto, quando finalmente il giovane si fermò davanti alla sua destinazione.

Il varco delle mura.

Appena i bestioni alle sue spalle furono abbastanza vicini, Boruto cominciò a correre in avanti, attraversando la breccia ed uscendo fuori dalla città. E come aveva previsto, tutte le creature continuarono a seguirlo, attraversando una ad una la spaccatura nel cemento e lasciando la città.

“Ora!”

Rakurai!” esclamò. (Scia di fulmini)

Appena pronunciò quelle parole il suo corpo si ricoprì improvvisamente di una coltre bluastra di elettricità, la quale lo avvolse completamente come una corazza scattante di fulmini. Poi, Boruto si voltò di scatto. Le sue gambe scattarono indietro.

L’occhio umano non sarebbe stato in grado di vedere niente. Il suo corpo si mosse come una saetta, superando tutta l’orda di Giganti, riattraversando la breccia e ritornando all’interno della città in meno di un secondo. Si fermò di scatto proprio all’inizio del varco.

DOTON: Doryūheki!” (Muro di terra)

Senza neanche formulare sigilli, Boruto batté una mano a terra, ed un gigantesco muro di terra si innalzò dal terreno con un tonfo roccioso, bloccando completamente l’accesso all’interno della città. Passarono alcuni secondi si silenzio totale, poi il Nukenin ghignò. La prima parte del piano aveva funzionato. Tutti i Giganti erano stati bloccati fuori dalle mura.

Tutti tranne uno.

Boruto dissolse l’elettricità che gli avvolgeva il corpo col pensiero, voltandosi lentamente verso il Gigante. Non ne avrebbe avuto bisogno contro quel patetico bestione. L’armatura elettrica svanì con un sibilo, lasciando una scia di fumo che esalava dal suo corpo.

Il Gigante rimasto era alto sette metri, ed aveva un aspetto piuttosto giovanile e muscoloso rispetto agli altri. Il suo corpo era ben proporzionato, aveva dei lunghi capelli biondi, gli occhi azzurri e la faccia liscia e con dei lineamenti gradevoli, a differenza dei volti grotteschi delle altre creature.

Boruto lo fissò con un sorriso privo di calore. “Siamo solo io e te, adesso.” disse lentamente.

La creatura lo fissò per un secondo coi suoi occhi vacui, prima di gettarsi a capofitto verso di lui.

Il Nukenin lo evitò balzando di lato. Il Gigante Puro sbatté con la faccia sul terreno pesantemente, crollando inerme a terra.

Fu in quel momento che Boruto fece la sua mossa.

Balzando in aria, il giovane sguainò la sua spada con una mano e la impugnò di traverso, puntando la lama alle sua spalle. Poi, avvitando completamente il suo corpo, cominciò a discendere sulla creatura che si stava lentamente rialzando.

L’effetto fu simile e quello di uno shuriken vivente. Boruto continuò a roteare incessantemente col corpo, come una trottola inarrestabile, investendo in pieno il Gigante. La sua lama rotante tagliò, recise e dilaniò la carne ad un ritmo incredibile, muovendosi su tutto il corpo della creatura come se avesse vita propria. Un intero braccio fu fatto completamente a pezzi in meno di qualche secondo, e l’altro lo seguì all’istante. Ma il guerriero non si fermava.

Continuando a ruotare incessantemente, discese lungo il busto della gigantesca creatura, lasciando profondi tagli e graffi su tutta la sua superficie. Poi, fu il turno delle gambe. Con un movimento secco e rapido, esse vennero entrambe falciate dal ginocchio in giù dal ragazzo, il quale atterrò subito dopo in piedi sul suolo, rinfoderando la spada dietro la schiena.

Il Gigante, privo delle braccia e delle gambe, crollò a terra una seconda volta con un gemito. Atterrò di schiena, facendo tremare il terreno.

Boruto raggiunse il suo enorme corpo a passo lento. Del fumo aveva già cominciato ad esalare dalle ferite e dagli arti recisi. Il potere rigenerativo di quelle creature era incredibile. Salì sopra il petto della creatura con un salto.

“Adesso, io e te faremo due chiacchiere.” disse, fissando il suo volto privo di senno con l’occhio destro.

L’essere umanoide steso a terra emise una specie di lamento gutturale, ed il suo collo si piegò in avanti nel tentativo di azzannare il giovane sul suo petto. Il guerriero scosse la testa.

“Sei tenace, vedo!” disse sarcasticamente. “Allora spero proprio che il mio piano abbia successo!”

Portandosi alla base del collo dell’essere a terra, Boruto fece la sua mossa. Con un grosso respiro, cominciò a raccogliere chakra nella sua mano destra, facendo attenzione però a non attivare il Marchio di Ishvara. Una scia bluastra di energia gli ricoprì il braccio improvvisamente. Poi, senza esitazione, il ragazzo conficcò la sua mano nel collo del Gigante, proprio alla base della nuca.

L’intero corpo della creatura si paralizzò di colpo, ed essa emise un orribile lamento di dolore. Boruto non cedette.

“Devo riuscire a far entrare il mio chakra in contatto col suo!” pensò seriamente. “È l’unico modo che ho per provare a parlare con questo tipo!”

Il suo Jougan scandagliava con attenzione il flusso di chakra dell’essere, all’erta nel caso potesse succedere qualcosa di spiacevole.

Poi, ad un tratto, lo sentì.

L’energia del Gigante entrò in contatto con la sua all’improvviso, inondandolo con una serie di emozioni contrastanti ed indistinte. Boruto sentì un’onda confusa di sensazioni accarezzargli la mente, ma non riuscì a distinguere di cosa si trattasse. Gli parve di udire una voce sussurrargli nelle orecchie, ma non riusciva a capirla. Era come cercare di sentire un suono sott’acqua, come cercare di scorgere qualcosa nel fondale oscuro del mare.

“Chi sei?” domandò Boruto, fissando gli occhi azzurri della creatura con intensità.

L’essere non rispose, ma emise un lugubre lamento, la sua faccia si era contorta in una smorfia di sforzo. Il ragazzo strinse i denti.

“Chi sei?” forzò ancora il biondo, aumentando la pressione del suo chakra nel corpo della creatura.

Il Gigante urlò di dolore. Un verso orribile e gutturale che riecheggiò per tutta la città per diversi secondi, capace di far accapponare la pelle anche all’uomo più coraggioso. Boruto abbassò la testa e chiuse gli occhi. Dovette persino coprirsi un orecchio a causa dell’intensità del grido, ma non mollò la presa nella nuca della creatura neanche per un secondo.

Non poteva fermarsi ora. Doveva continuare. Anche se stava causando dolore a quella creatura, doveva farlo. Le sue ferite si sarebbero sanate da sole lo stesso. Non lo voleva uccidere. Ma questa poteva essere l’unica occasione che aveva per scoprire qualcosa sulla gente di Mikasa. Non poteva-

“Y-Ymir…” fece una voce profonda improvvisamente.

Boruto sgranò gli occhi. Si voltò di scatto a fissare il Gigante Puro.

“Ymir… sama!” continuò a dire quest’ultimo, i suoi occhi spalancati e la bocca aperta come nel tentativo di urlare. “Ymir-sama!”

Il ragazzo rimase totalmente allibito per qualche secondo. Aveva parlato. Il Gigante aveva parlato. Stava funzionando. Era riuscito a toccare la coscienza dell’essere sepolta nei meandri della sua mente grazie al proprio chakra.

Si riscosse subito. “Chi sei?” domandò per la terza volta. “Sei della stirpe di Ymir?”

La creatura emise una specie di gorgoglio strozzato. “Ymir…” disse poi lentamente e con fatica. “G-Gente di Ymir!”

Boruto sentì una punta di frustrazione nascere nel suo cuore. “Il tuo nome!” disse con foga. “Dimmi il tuo nome!”

Il Gigante strinse i denti dal dolore, gli occhi spalancati a dismisura e contornati da vene rosse per lo sforzo. “A-Ar…miiin…” sibilò. “Armin!”

Il giovane sorrise. Era un inizio.

“Non voglio farti del male, Armin!” disse allora con un tono sincero. “Ma ho bisogno che tu risponda ad alcune mie domande! Ti lascerò andare una volta finito tutto, promesso!”

La possente creatura, Armin, sibilò incoerentemente qualcosa, ma non reagì in altro modo. Anche se il giovane era stato in grado di toccare la sua mente, permettendogli di parlare, ciò che restava della sua precedente coscienza era troppo confuso, troppo annebbiato. Era impossibile riuscire a farla tornare come prima.

Boruto indicò il corpo del Gigante con un dito. “Chi ti ha trasformato in Gigante?” domandò con una voce seria.

Armin aprì la bocca, come nel tentativo di formulare una parola troppo difficile da pronunciare. “T-T-Traditore…” farfugliò quasi rabbiosamente. “N-Nemico! Falso! Mostro! Assassino! Traditore!”

“Dimmi il suo nome!” lo incalzò il guerriero. “Dimmi chi è stato a ridurti così, Armin!”

Il gigantesco occhio destro di Armin si posò sul giovane lentamente. Boruto ricambiò lo sguardo con decisione. L’occhio della creatura non sembrava più privo di coscienza come prima, il suo non era più uno sguardo vacuo. Era un occhio che mostrava di riuscire a comprendere, che lo supplicava di porre fine al suo dolore. Un occhio pieno di dolore, tristezza, rabbia e sconforto. Un occhio umano. Lacrime cominciarono a formarsi nel fondo della sua enorme cavità oculare.

“R-Reiner…” rispose con un tono pieno di affanno. “Reiner… Braun!”

Boruto sentì una grande tristezza nascere dentro di lui nel guardare quel povero disgraziato. Riusciva chiaramente a vedere il suo dolore, la sua sofferenza. Il suo disgusto per quello che era diventato a causa di questa persona. Riusciva a vedere il rammarico ed il desiderio di ritornare umano in quei grandi occhi azzurri. Riusciva a sentire tutto questo con il Jougan.

La tristezza generò a sua volta rabbia. E la rabbia si mutò in una feroce determinazione.

“Te lo prometto, Armin!” disse il ragazzo, fissando con forza l’occhio del Gigante e poggiando la mano sinistra sul suo enorme mento. “Quell’uomo non la farà franca! Ovunque egli sia, io lo troverò, e giuro sul mio nome che gliela farò pagare per quello che ti ha fatto! Hai la mia parola!” Le sue parole erano così forti, così piene di determinazione e odio che chiunque sarebbe riuscito a notare la sincerità contenuta al loro interno.

Incredibilmente, la bocca dell’essere sembrò incurvarsi leggermente all’insù. “G-Graziii…” sibilò leggermente.

Boruto sorrise, dandogli una pacca sul mento. Sembrava che Armin non fosse più ostile nei suoi confronti, e la cosa lo riempì di sollievo. Adesso aveva finalmente l'opportunità di parlare con un membro della stirpe di Ymir. Non poteva esitare.

“Ho un’altra domanda adesso,” riprese poi a dire seriamente. “Chi ha distrutto questa città? Chi ha sfondato le mura?”

L’occhio di Armin si fece improvvisamente serio e freddo. “T-Titani!” disse con voce roca e strozzata. “Co-Colosso! Corazza!”

Boruto aggrottò le sopracciglia, teso. Titani? I Titani erano i responsabili di questa distruzione? Cosa voleva dire tutto questo?

“Com’è possibile?” si domandò. “Se Eldia è davvero il mondo dei Titani, per quale motivo hanno distrutto questo posto?”

“E perché i Titani hanno distrutto la città?”chiese ancora.

“T-Titani!” disse di nuovo il Gigante con tono pesante. “Nemici! U-Umanità… Pericolo… Minaccia…”

Il guerriero sgranò gli occhi all’udire ciò. “Umanità?” ripeté, scioccato. “Ci sono altri umani vivi in questo posto?”

La creatura stinse dolorosamente gli occhi e i denti. “Umanità… Pericolo! Pochi…”

“Dove sono?” chiese Boruto con foga. “Dove posso trovare altre persone, Armin?”

Il Gigante aprì gli occhi e la bocca per rispondere, ma all’improvviso accadde qualcosa. Il Jougan di Boruto pulsò violentemente. Percepì una presenza familiare a qualche centinaio di metri di distanza, nella città, ma la cosa che lo sconvolse fu ciò che accadde dopo. Il ragazzo del futuro sgranò gli occhi. Indietro. Il suo occhio gli stava intimando di andare indietro! Di andare via! In fretta!

Via! Via! Via! Via! Via! Via! Via! Via! Via! VIA! VIA!

Borutò ritrasse la mano dalla nuca della creatura e balzò lontano da essa giusto un secondo prima di essere investito da un’enorme colonna fatta d’elettricità blu apparsa dal nulla in mezzo al cielo. La scossa, però, colpì in pieno il collo del Gigante.

“Armin!” urlò Boruto disperatamente.

Ma era ormai troppo tardi. L’attacco aveva centrato il bersaglio. Armin giaceva immobile, la bocca aperta in un grido silenzioso. Un urlo mai esalato.

E, subito dopo, accadde di nuovo quel fenomeno che tanto aveva scioccato Boruto la prima volta che lo aveva sperimentato. Appena l'attacco elettrico si dileguò, proprio come era accaduto cinque anni fa, Boruto sperimentò per la seconda volta quella sensazione grazie al suo occhio destro.
 





 

TEMPO FERMO


Proprio come quel giorno, il Nukenin sentì che il mondo si era fermato. Sentì l’aria che era diventata immobile, sentì ogni suono sulla terra acquietarsi, sentì il tempo arrestare ogni cosa. Tutto si era fermato. Tutto era diventato immobile. Tutto, tranne lui stesso.

E, davanti alla gigantesca carcassa del Gigante, il suo occhio destro vide una figura.

Doveva essere un ragazzo di quindici o sedici anni al massimo, con i capelli biondi a caschetto e gli occhi azzurri. Indossava una strana divisa bianca, una corta giacca marrone e degli stivali neri pesanti. Il suo volto aveva un sorriso triste.

“Sembra che il nostro tempo sia scaduto, straniero,” disse la figura, rivolgendosi a lui con quel suo sorriso rassegnato. La sua voce era delicata, quasi femminile. “Non so cosa sia successo, ma sembra che io sia morto…”

Boruto rimase a bocca aperta. “A-Armin?” domandò, sconvolto. “Sei tu? Sei davvero tu?”

Il ragazzo annuì debolmente. “Già! Strano non vedermi in formato gigante vero?” disse ironicamente quello, guardando in basso. “Ora che sono morto, sono tornato un umano. Non riesco a capire come tu possa riuscire a vedermi, però.”

Boruto strinse i denti e serrò i pugni. “Perché?” urlò, pieno di sconforto. “Cos’è successo? Non volevo che tu morissi! Avevo promesso che ti avrei lasciato andare!”

Armin sorrise amaramente all’udire ciò. “Non sei stato tu ad uccidermi,” disse con rassegnazione. “Ma un altro tipo simile a te, anche se non so cosa o come abbia fatto.”

Boruto sgranò gli occhi. Quella persona che aveva percepito prima era senza dubbio…

“Non preoccuparti,” continuò subito l’altro biondino, riscuotendolo dai suoi pensieri. “Non è stata colpa tua. Non ho rancore verso di te o verso quell’altro, davvero!”

Il ragazzo del futuro abbassò la testa. “Anche se dici così,” disse sommessamente. “Io avevo promesso che ti avrei lasciato vivere! Non volevo che finisse così!”

Armin non disse nulla per alcuni secondi. Poi, per qualche motivo, cominciò a camminare verso di lui. “Grazie.” disse improvvisamente.

Boruto alzò la testa di scatto. “Uh?”

“Riesco a vedere la sincerità nel tuo cuore,” spiegò il fantasma con un sorriso, fermandosi proprio davanti a lui. “Sono contento di aver potuto conoscere un’altra persona buona come te prima di andarmene. E sei stato persino in grado di toccarmi la mente mentre ero un Gigante! Sei qualcosa di strabiliante!”

Boruto rimase impalato per alcuni secondi, incapace di pensare.

“Ehi!” esclamò improvvisamente Armin, come se si fosse ricordato qualcosa d’importante. “Non mi hai ancora detto il tuo nome!”

Il guerriero si riscosse subito, imbarazzato. “B-Boruto!” disse alla fine. “Boruto Uzumaki!”

“Piacere di conoscerti, Boruto!” disse allora Armin, un sorriso imbarazzato stampato in faccia. “Io sono Armin Arlert! Mi dispiace non averti potuto conoscere in circostanze diverse…”

Boruto non disse nulla, continuando a fissare la figura davanti a lui con uno sguardo triste. Avrebbe voluto chiedergli così tante altre cose. Avrebbe voluto salvarlo. Avrebbe voluto togliergli quell’espressione di dolore che gli aveva rivolto mentre stavano parlando. E invece, adesso, Armin era morto. Senza che lui avesse potuto fare nulla.

“Però”, continuò Armin subito dopo. “Adesso sono felice!”

Gli occhi del Nukenin si spalancarono all’udire ciò.

“Adesso posso finalmente essere libero!” spiegò l’altro. “Posso tornare dalle persone che ho perso in vita. Posso riunirmi con tutti loro. Posso finalmente smettere di soffrire.”

Boruto non disse nulla.

“L’unico mio rimpianto,” disse poi ancora Armin, la sua voce stranamente piena di rammarico. “È che non sono riuscito a salutare il mio migliore amico un’ultima volta…”

Il giovane guerriero sgranò gli occhi.

“Lo farò io per te!” rispose allora il ninja traditore, senza esitare. Il ragazzo ormai morto lo guardò con stupore. “È il minimo che ti devo per non essere riuscito a mantenere la mia promessa!”

Il fantasma sorrise un poco.

“Dove posso trovarlo?” chiese ancora il ragazzo del futuro.

Il defunto scosse la testa. “Non lo so,” rispose. “Non ho idea di dove siano andati gli altri umani rimasti. Ma non preoccuparti, non c’è bisogno che tu faccia una cosa simile per me. Non sei tu il responsabile de-”

“Lo farò lo stesso!” ribatté ancora Boruto con fermezza. Armin sgranò gli occhi.

“E ho intenzione di mantenere anche l’altra promessa!” continuò Boruto con determinazione, i suoi occhi ardenti di decisione. “Troverò questo Reiner e gliela farò pagare per ciò che ti ha fatto! E non solo! Gliela farò pagare anche a chi ti ha ucciso in quel modo! Di questo puoi starne certo!”

Armin sentì una lacrima scendergli sulla guancia. “Ti ringrazio, Boruto!” disse sommessamente. “Sembra che al mondo ci siano ancora persone con un cuore giusto. Sono davvero felice di aver potuto parlare faccia a faccia con te in questo modo. Sono davvero felice di averti conosciuto!”

Boruto sorrise, tendendo poi una mano all’altro ragazzo.

Armin ricambiò il gesto subito, afferrando la mano dell’altro.

Un patto sigillato. Una promessa indelebile.

“Se lo vedrai,” disse il fantasma. “Saluta Eren Jaeger da parte mia. Digli che sono contento di come sono andate le cose, alla fine.”

“Contaci!” rispose senza esitazione l’altro.

Con un ultimo sorriso, Armin scomparve improvvisamente nel nulla.

E dopo neanche un secondo, tutto tornò come prima. Il tempo riprese a scorrere di nuovo. I suoni cominciarono a farsi sentire nuovamente. Il mondo tornò vivo ancora una volta.
 



TEMPO NORMALE


Boruto rimase in piedi immobile a fissare la carcassa del ragazzo. I suoi occhi oscurati dai capelli. I pugni serrati. Nessuna emozione era presente sul suo volto. Il corpo del Gigante cominciò a decomporsi, esalando nuvole dense di fumo.

Nove presenze familiari si avvicinarono alle sue spalle.

Boruto chiuse il Jougan.

“Avevi ragione,” disse improvvisamente Sasuke con un tono soddisfatto, camminando verso di lui. “Basta colpirle alla nuca per riuscire a eliminare quelle bestie!”

La sua mano brillava ancora per le scintille elettriche rimaste dall’attacco di prima.

Boruto si mosse.

Con la velocità di un fulmine. Con la potenza e la rabbia di un tuono.









 



Note dell’autore!!!

Salve gente! Come vi avevo promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Cavolo, Boruto si è davvero infuriato per la morte di Armin. Cosa succederà adesso? Chi è stato ad uccidere il Gigante? Nel prossimo capitolo “Rottura 1” avrete le risposte, e molte cose non saranno più come prima per il nostro gruppo di ninja! Ne vedremo davvero delle belle, ve lo assicuro!

Come ho già accennato prima, il Jougan permette a Boruto di vedere le anime dei defunti, e per questo motivo egli è stato in grado di vedere il fantasma di Armin. Quando ciò accade, il tempo attorno a lui si blocca completamente, permettendo soltanto a lui di muoversi e di interagire con i defunti per un tempo limitato. Questa abilità mi è piaciuta moltissimo appena ne ho scoperto l'esistenza, e sembra essere canonica nel manga di Boruto. Per questo motivo ho deciso di metterla anche nella mia storia.

Ringrazio tutti quelli che leggeranno e quelli che commenteranno, e ne approfitto per ringraziare anche quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti o ai seguiti! Grazie mille di cuore!

Il prossimo capitolo uscirà giovedì 5 ottobre! A presto! ;)

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Capitolo 28
*** Rottura 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

Rottura 1



MONSTER
(Beth Crowley)

I sleep all day, I prowl at night,
Do anything to feel alive.
I'm in the end, just what you made me.
I look the same, but I'm not fine.
The master of my own disguise.

If you knew the truth, you'd probably hate me.
I need a fight,
I've got you, in my sights.
Only one of us will make it out alive.

I'm turning into a monster!
You better run and hide!
Turning into a monster, right before your eyes!
My tongue is a weapon and I'm locked and loaded!
When you least expect it you won't know it's coming!
And I'll strike…

'Cause I'm a monster!

I'm merciless,
When will you learn?
Set fires just to watch them burn!
I bet you never saw me coming.
Delirium takes over me,
You're just another casualty.
I can hear your heartbeat drummin'.
I need a fight,
I've got you, in my sights.
Only one of us will make it out alive.

I'm turning into a monster!
You'd better run and hide!
Turning into a monster right before your eyes!
My tongue is a weapon and I'm locked and loaded!
When you least expect it you won't know it's coming!
And I'll strike...

'Cause I'm a monster!

I'm turning into a monster!
You'd better run and hide!
Turning into a monster, right before your eyes!
My tongue is a weapon and I'm locked and loaded!
When you least expect it you won't know it's coming!
And I'll strike…

'Cause I'm a monster!

I'm a monster!
Io dormo tutto il giorno e caccio durante la notte,
Faccio qualsiasi cosa per sentirmi vivo.
Alla fine, sono solo ciò che mi hai reso.
Sembro lo stesso, ma non sto bene.
Sono il padrone del mio stesso camuffamento.

Se tu sapessi la verità, probabilmente mi odieresti.
Ho bisogno di combattere,
Ho te dentro al mio mirino.
Solo uno di noi ne uscirà vivo.

Sto diventando un mostro!
Faresti meglio a scappare e nasconderti!
Sto diventando un mostro proprio davanti ai tuoi occhi!
La mia lingua è un’arma, sono pronto e carico!
Quando meno te lo aspetti non saprai che sta arrivando!
Ed io colpirò…

Perché sono un mostro!

Sono senza pietà,
Quand’è che lo imparerai?
Accendo le fiamme solo per vederli bruciare!
Scommetto che non mi hai mai visto arrivare.
Il delirio prende controllo di me,
Tu sei solo un’altra casualità.
Posso sentire il tuo battito del cuore.
Ho bisogno di combattere,
Ho te dentro al mio mirino.
Solo uno di noi ne uscirà vivo

Sto diventando un mostro!
Faresti meglio a scappare e nasconderti!
Sto diventando un mostro proprio davanti ai tuoi occhi!
La mia lingua è un’arma, sono pronto e carico!
Quando meno te lo aspetti non saprai che sta arrivando!
Ed io colpirò…

Perché sono un mostro!

Sto diventando un mostro!
Faresti meglio a scappare e nasconderti!
Sto diventando un mostro proprio davanti ai tuoi occhi!
La mia lingua è un’arma, sono pronto e carico!
Quando meno te lo aspetti non saprai che sta arrivando!
Ed io colpirò…

Perché sono un mostro!

Sono un mostro!

 



CRUNCH!

Il pugno colpì Sasuke sulla guancia sinistra con un suono secco. Un dolore lancinante lo investì in pieno, partendo dalla mandibola e attraversando prepotentemente tutti i denti.

Il giovane fu interamente scaraventato all’indietro dalla potenza del colpo, e si sarebbe sicuramente schiantato contro uno dei tanti edifici alle sue spalle se il Quarto Hokage non si fosse mosso immediatamente, posizionandosi dietro di lui ed afferrandolo con le braccia.

“Bastardo!” urlò Boruto velenosamente, il suo occhio sinistro pieno di una rabbia talmente grande capace di distruggere intere montagne.

“Boruto!” esclamò Sarada, sconvolta. “Cosa stai facendo?”

Sasuke si rimise in piedi lentamente, una mano poggiata sulla guancia dolorante e uno sguardo allibito rivolto verso il Nukenin. Tutti gli altri si frapposero tra loro due, sconvolti dall’improvvisa azione del biondo.

Boruto fece un passo avanti, minaccioso. “LO HAI UCCISO!” gridò furiosamente.

“Di che diavolo stai parlando?” ribatté l’Uchiha, sputando un grumo di sangue.

Il biondo puntò un dito sulla carcassa fumante del Gigante alle sue spalle. “Quel Gigante,” rispose con odio. “Lo hai ucciso!”

“E con ciò?” esclamò Fugaku, le sopracciglia aggrottate dalla rabbia nei confronti del ninja traditore per aver colpito suo figlio. “Era un mostro! Cosa avrebbe dovuto fare?”

“Gli unici mostri qui presenti siete VOI!” ribatté Boruto con astio e disgusto. “Voi ed il vostro patetico clan! Tutti uomini e donne gonfi di superbia ed arroganza! Non mi stupisco che vi siate estinti da soli!”

L’espressione di Fugaku divenne contorta dalla rabbia. “Come osi?” urlò con rabbia, attivando il proprio Sharingan. Naruto fece un passo avanti, pronto ad intervenire se necessario.

“Basta!” tuonò Minato con forza. Tutti si acquietarono all’istante, ma Boruto e gli Uchiha continuarono a guardarsi come cani rabbiosi.

“Cosa è successo, Boruto?” domandò l’Hokage con un tono che non ammetteva repliche. “Perché hai attaccato Sasuke?”

Boruto strinse i denti, ma rispose comunque. “Ero riuscito ad attirare e bloccare tutti i Giganti che si trovavano all’interno della città fuori dalle mura,” spiegò a denti stretti, continuando a fissare Sasuke con uno sguardo omicida. “Ma avevo deciso di lasciarne uno qui per tentare di comunicare con lui. E c’ero persino riuscito, se non fosse stato poi per quel dannato Uchiha che lo ha ucciso a sangue freddo senza neanche curarsi di notare che io ero proprio accanto a lui!”

Tutti rimasero allibiti dalla notizia. “Hai comunicato con un Gigante?” esclamò Kushina. “Com’è possibile? Come hai fatto?”

“Mettendo in contatto il mio chakra col suo!” rispose quello con un tono irritato. “Ero riuscito a parlare con lui, e mi stava rivelando delle informazioni importanti, ma all’improvviso è arrivato quell’idiota insieme a voi e ha rovinato tutto!”

Sasuke ringhiò ferocemente all’udire l’insulto, i suoi occhi rossi osservavano con odio quello azzurro del biondo.

“Sasuke lo ha attaccato perché credevamo tu fossi in pericolo!” disse Mikoto in difesa di suo figlio. “Abbiamo visto che eri pericolosamente vicino alla bocca di quella creatura, ed abbiamo pensato che fosse successo qualcosa! Voleva salvarti!”

Boruto serrò i pugni con forza. “Quante volte devo ripetervi che sono capacissimo di badare a me stesso DA SOLO?!” urlò. “Credete davvero che io sia talmente sprovveduto da non essermi reso conto di essergli vicino?”

Stavolta, fu Sasuke ad intervenire.

“Tutto questo non sarebbe successo se tu ci avessi detto il tuo piano sin dall’inizio!” sbottò l’Uchiha ferocemente. “Ma come al solito hai preferito fare il personaggio misterioso della situazione, ed ora ne paghi le conseguenze! Se il mio ringraziamento per aver tentato di salvarti è un pugno, alla prossima occasione ti lascerò morire in pace!”

Lo sguardo di Boruto divenne schiumante di rabbia. “Bada a come parli, Uchiha!” sibilò minacciosamente.

Voleva ucciderlo.

Oh, quanto avrebbe desiderato farlo in quel momento. Non gli interessava affatto che quel ragazzo in futuro sarebbe diventato il suo maestro, adesso voleva soltanto toglierselo davanti. Voleva ucciderlo nel peggior modo possibile. Voleva togliergli quell’aria di superiorità che aveva attorno. Voleva fargliela pagare. Voleva vendicare Armin. La sua presenza era un fastidio ed una minaccia nei suoi confronti troppo insistente per poter essere ignorata.

“Piantatela!” esclamò Naruto nel tentativo di farli calmare. “Non possiamo perdere tempo a litigare tra di noi!”

Sakura ed Hinata guardavano nervosamente i due ragazzi che si osservavano come animali pronti ad attaccarsi a vicenda.

“Naruto ha ragione!” intervenne poi Minato. “Abbiamo faccende più importanti a cui pensare! Non siamo riusciti ancora a trovare il manufatto!”

Boruto si voltò leggermente a fissare l’Hokage. “Che cosa?!”

“Abbiamo esplorato tutta la città,” spiegò Kushina seriamente. “ Ma non abbiamo trovato niente. Anche Hinata col suo Byakugan non è riuscita a trovare flussi di chakra provenienti da qualche oggetto!”

Com’era possibile? Il posto doveva essere questo. Altrimenti perché il secondo manufatto li aveva condotti qui?

Un sospetto crudele cominciò a nascere nella mente del giovane guerriero.

“Che significa questo?” domandò, rivolto a Sasuke. “Avevi detto che il manufatto era qui! Cos’altro hai visto nella visione?”

Il ragazzo corvino sembrò oltraggiato dall’accusa. “Esattamente quello che ho già detto cinque giorni fa!” rispose con disprezzo. “Il manufatto mi ha mostrato questo posto, e niente più! Non sono io quello che ha dei sospetti su di sé!”

L’occhio sinistro di Boruto si ridusse ad una fessura. “Cosa stai insinuando?”

“Sasuke-kun-” cominciò a dire Sakura per impedirgli di rispondere, ma lui la ignorò.

“Voglio dire che l’unica persona su cui si possono avere dei dubbi sei tu!” rispose con arroganza. “Per tutto questo tempo ci hai tenuto allo scuro delle tue intenzioni e dei tuoi poteri, e come se non bastasse non cerchi neanche di giustificare le tue azioni, limitandoti a dire che non sei interessato a parlare con estranei!”

“Ohi Sasuke-” iniziò Naruto, ma fu ignorato proprio come Sakura.

“Mi sono stufato di questo tuo atteggiamento,” continuò a dire l’Uchiha con un tono freddo. “Adesso tu risponderai alle mie domande, altrimenti non la passerai liscia!”

Boruto sorrise in un moto di derisione. “E sentiamo, quali domande vorresti farmi?” domandò casualmente.

“Che cosa è quel tuo occhio?” domandò con sospetto Sasuke, puntando al suo occhio destro con un dito. “Cos’è quel 'Jougan' di cui ha parlato Sarada?”

Il ninja traditore lo guardò con disprezzo. “Ho detto che non sono affari che vi riguardano.” rispose freddamente.

E quello fu l’inizio della fine.

“Io invece credo che ci riguardino eccome!” disse improvvisamente Fugaku. “Le tue abilità oculari sono sconosciute per noi, e potresti usarle per ingannarci in qualche modo! Non abbiamo alcun motivo per fidarci di te!”

Sasuke sorrise maliziosamente. “Senza parlare del tuo atteggiamento che non aiuta certo al compimento della missione!” continuò il ragazzo. “Stai alzando troppi sospetti su di te, Guerriero, e non ho intenzione di lasciarti andare senza ricevere delle risposte!”

Boruto ridacchiò malvagiamente. “Credimi,” disse sarcasticamente, fissandolo col suo occhio sinistro spalancato. “Io non devo delle spiegazioni a nessuno. Specialmente a persone come voi nove. Nessuno di voi è abbastanza forte da essere al mio livello. Se lo volessi, potrei uccidervi seduta stante in diciotto modi diversi senza neanche toccarvi!”

“È forse una minaccia?” ribatté quello con un tono di sfida.

Boruto sorrise feralmente. “Niente affatto, Uchiha!” rispose. “È una constatazione. Un’affermazione. Un puro e semplice dato di fatto!”

Il ragazzo corvino divenne rosso dalla rabbia all’udire ciò, i suoi occhi rossi fiammeggiarono di collera. La furia cominciò a prendere il posto della ragione. La voglia di spaccare i denti a quel dannato Nukenin era troppo forte, troppo allettante. La rabbia nel suo cuore venne moltiplicata dall’influenza dello Sharingan Ipnotico. Il suo chakra divampò come fuoco liquido nel suo corpo. L’adrenalina cominciò a pompare in tutto il suo sistema.

“ADESSO BASTA!”

 



Sasuke fece un passo verso Boruto.

Boruto fece un passo verso Sasuke.
 



“Boruto! Non farlo!” urlò Sarada, sconvolta.

“Sasuke-kun! Calmati!” gridò allo stesso tempo Sakura, afferrando il braccio del ragazzo, ma lui la strattonò via.

“OHI!” esclamò di nuovo Naruto rabbiosamente, mettendosi tra i due. “Smettetela!”

“Levati di mezzo, Uzumaki!” ribatté il Nukenin con astio, gettando a terra Naruto con un solo movimento del braccio. “È giunto il momento che io insegni a quel patetico Uchiha a portare rispetto per gli altri una volta per tutte!”

“Naruto-kun!/Naruto!” urlarono Hinata e Kushina contemporaneamente.

“Basta!” tuonò Minato a sua volta. “Siamo nel mezzo di una missione! In un luogo sconosciuto e pieno di nemici! Non è il momento di-”

Prima che Minato potesse finire la frase, il ragazzo del futuro emise un’onda di chakra talmente forte da far tremare il terreno e creare crepe nella terra, bloccando loro e tutti gli altri con la pressione della sua energia.

Eppure, in qualche modo Fugaku e Mikoto riuscirono a portarsi lo stesso davanti al figlio.

“Non lo toccare, assassino!” sibilò Fugaku velenosamente.

Boruto ghignò, il suo sguardo pieno di follia. “Assassino? Io?” disse, il suo tono pieno di derisione e falsa confusione. “EPPURE SIETE VOI I GENITORI DI UN GENOCIDA ED UN FRATRICIDA!”

Fu quella l’ultima goccia che fece traboccare il vaso.

“BASTARDO!” ruggì Sasuke rabbiosamente.

“Borutooo!” gridò Sarada a squarciagola, mentre lunghe scie di lacrime le solcavano le guancie.

Sasuke scattò in avanti, superando i suoi genitori. Il sangue gli ribolliva letteralmente nelle vene dall’odio e dalla rabbia che provava nei confronti di quel maledetto biondino. Il suo braccio si mosse quasi automaticamente, ed il pugno partì in avanti da solo, diretto contro quella sua faccia ghignante di derisione.

Ma non centrò mai il bersaglio.

“Sasuke-kun!” urlò Sakura disperatamente.

Non riuscì a vederlo neanche con lo Sharingan. Tutto ciò che sentì fu un intenso e lancinante dolore allo stomaco, più forte del precedente, e subito dopo venne scaraventato con forza all’indietro, sfondando consecutivamente le pareti di tre case dalla potenza del colpo subito.

Sasuke sputò sangue dalla bocca, atterrando in mezzo alle macerie con un tonfo.

Boruto ritrasse la gamba dopo aver sferrato il calcio, il suo sorriso ferale sempre stampato in faccia.

“MALEDETTO!” ruggì Fugaku, lanciandosi contro di lui e passando in rassegna a diversi sigilli con le mani.

“No! Fermi!” gridò Naruto, ma era troppo tardi.

Katon: Goukakyuu no jutsu!” (Palla di Fuoco Suprema)

La sfera di fuoco uscì dalla sua bocca con una velocità ed una potenza disarmante. Boruto non ebbe il tempo neanche di muoversi che subito la fiammata di oltre dieci metri di dimensioni lo investì in pieno.

“Fermatevi!” urlò l’Hokage disperatamente. “Non possiamo-”

Fuuton: Toppa!” (Sfondamento) fece la voce del guerriero.

Un’improvvisa e vorticosa esplosione di vento investì la sfera di fuoco di Fugaku, dissolvendola come se non fosse mai esistita ed impedendo a Minato di terminare la frase.

Tutti i presenti furono colpiti dalla micidiale raffica di vento un secondo dopo.

Hinata fu letteralmente travolta dalla potenza dell’attacco, e venne scaraventata all’indietro con una potenza inaudita.

“Hinata!” esclamò Naruto, entrando nella modalità chakra della Volpe ed afferrandola con una delle sua zampe retrattili prima che potesse schiantarsi da qualche parte.

Minato riuscì a teletrasportare sé stesso assieme a Kushina, Sarada e Sakura lontano dall’origine della tecnica per proteggerle. Fugaku e Mikoto furono costretti a proteggersi il volto con le braccia, accecati dall’intensità delle raffiche.

Poi, ad un tratto, il vento si dissolse all’improvviso.

Boruto era immobile e con le braccia incrociate sotto al mantello, esattamente nel punto di prima. Il suo volto segnato da un sorriso di derisione.

“Tutto qui quello che sai fare, Uchiha?” schernì il biondo.

Fugaku schiumò di rabbia.

“Fugaku, non fare pazzie-” tentò di dire sua moglie, ma lui non le diede ascolto.

Con uno scatto in avanti, l’uomo si portò dinanzi al biondo in tre secondi, scagliando un montante alla mandibola del ragazzo. Boruto lo bloccò con una mano, ma non fece nessun’altro movimento. L’Uchiha ritentò l’offensiva con un pugno ben assestato alla testa, ma il giovane si limitò ad inclinarsi di lato, evitandolo completamente e facendo sbilanciare l’assalitore.

Stringendo i denti, Fugaku tentò una spazzata alle gambe dell’avversario, il quale saltò in aria appena prima che la sua gamba potesse entrare in contatto con le sue. Ad un tratto, il suo Sharingan percepì qualcosa. Boruto stava per fare la sua mossa. I suoi occhi gli urlarono di abbassarsi. Doveva abbassarsi! Subito!

Ma fu troppo lento.

Un momento dopo infatti, fu la gamba del ragazzo ad entrare in contatto con la sua testa. Non ebbe neanche il tempo di sentire il dolore. Il suo collo si piegò di lato con uno schiocco secco, e Fugaku fu scagliato come un missile alla sua sinistra, sbattendo con forza al muro gigantesco che circondava la città, crepando la parete.

Boruto atterrò con grazia a terra, il suo sorriso ormai divenuto un ghigno.

“Fugaku!” urlò disperatamente Mikoto, correndo verso il punto in cui si trovava suo marito.

Tuttavia non riuscì a raggiungerlo. Perché, senza nessun preavviso, Boruto si materializzò alle sue spalle in meno di un secondo, e tutto il suo corpo s’irrigidì all’istante.

“Io non interverrei se fossi in te,” disse il ragazzo con un tono privo di emozione da dietro di lei. “Se ci tieni a tuo marito.”

Mikoto sgranò gli occhi. Non era riuscita neanche a percepire il suo movimento. Il potere di quel tipo era troppo grande. Il suo corpo cominciò a tremare dalla tensione. Un rivolo di sudore freddo le colò dal mento. In quel momento, Mikoto comprese una cosa. In quel momento, Mikoto capì la realtà dei fatti.

Lei non aveva alcuna possibilità contro Boruto.

Alla fine, la donna crollò a terra in ginocchio, troppo spaventata per muovere anche solo un muscolo. Il ragazzo del futuro la ignorò, incamminandosi verso l’altro Uchiha.

Fugaku si rialzò a fatica, la testa che gli pulsava dolorosamente.

“Voi Uchiha siete tutti uguali.” disse il Nukenin, scuotendo lentamente la testa con un sospiro. “Credete di riuscire a cavarvela sempre nel Taijutsu (Arte Marziale) solo perché lo Sharingan riesce a prevedere i movimenti dell’avversario. Fate troppo affidamento sui vostri occhi.”

“Taci!” sputò velenosamente l’uomo, reggendosi a fatica in piedi.

Boruto sorrise maliziosamente. “Ma …”

Neanche un istante dopo, l’intera figura del biondo gli comparve davanti dal nulla. Fugaku sgranò gli occhi.

“… se l’avversario è troppo veloce, allora i vostri occhi sono inutili nel corpo a corpo!” finì il biondo, sprezzante.

Fugaku tentò di sferrare un pugno sul torso del giovane, ma lui lo afferrò con una mano, stringendoglielo dolorosamente. L’Uchiha gemette di dolore, sentendo le ossa che schioccavano sotto la pressione della presa.

“Lascia che ti dia una lezione che io stesso ho imparato da piccolo, Uchiha…” disse il ragazzo con un tono freddo.

Un pugno ben assestato colpì improvvisamente Fugaku in piena faccia.

“Il Taijutsu non si basa solo sulla vista …”

Subito dopo, il suo stomaco sentì l’impatto lancinante di un ginocchio colpirlo con forza, facendolo piegare in due dal dolore.

“… esso si impara ascoltando il movimento del corpo …”

Un secondo pugno lo centrò sulla tempia sinistra.

“… prestando attenzione ai suoni …”

Un palmo aperto lo centrò in pieno petto, togliendogli il respiro.

“… agli spostamenti d’aria …”

La mano del ragazzo gli afferrò poi il collo, e Fugaku fu scaraventato lontano dal muro, rotolando rovinosamente a terra.

“… ed imparando percepire le vibrazioni del terreno e dell’avversario!”

L’Uchiha tentò di rialzarsi faticosamente su un braccio, ma Boruto lo inchiodò ancora a terra sbattendogli un piede sulla schiena. Il suo occhio sinistro era glaciale, e lo osservava con disprezzo e disgusto.

“Allora, Fugaku,” disse il biondo, pronunciando il suo nome con odio. “Come mi hai chiamato prima? Assassino?”

Il ragazzo aumentò la pressione del piede sulla sua schiena, costringendo Fugaku ad emettere un gemito acuto di dolore. Il suo corpo era dolorante e pieno di lividi, la sua faccia grondava di sudore e sangue.

“Ti sfido a dirlo di nuovo, se ne hai il coraggio!” continuò Boruto, il suo sguardo crudele. “Forza! Dillo ancora! Dì che sono un assassino!”

Ma, per sua fortuna, Fugaku non ebbe il tempo di dire niente. Perché improvvisamente Boruto fu costretto a balzare lontano da lui per evitare una gigantesca mano artigliata che gli era stata scagliata contro da dietro.

Il Nukenin atterrò ad una decina di metri di distanza da lui.

“Adesso basta, Boruto!” disse Naruto con un tono serio, richiamando a sé il braccio di chakra. “Piantala con questa follia!”

Dietro di lui Hinata aveva raggiunto Mikoto, la quale era ancora buttata in ginocchio a terra, mettendosi davanti a lei per proteggerla.

Boruto lo fissò con disinteresse. “Stanne fuori, Uzumaki!” disse con un tono freddo. “Questa faccenda è tra me e i due Uchiha. Non metterti in mezzo se ci tieni alla pelle.”
Poi, come se non fosse mai stata lì, l’intera figura del ninja traditore scomparve improvvisamente in una nuvola di fumo. Naruto rimase di sasso.

“D-Dov’è finito?” esclamò, allibito.

“È sparito!” disse Hinata, scioccata.

'Era un clone!' ruggì il Kyuubi nella mente del ragazzo. 'L’originale deve essere andato nel mezzo della città subito dopo aver sferrato il jutsu di prima!'

“In città?” pensò il biondo, confuso. “Ma perché-”

Poi la realizzazione lo colpì. Naruto sgranò gli occhi e si voltò di scatto verso il centro del Distretto.

“OH NO! SASUKE!”
 

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Capitolo 29
*** Rottura 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

Rottura 2


Sasuke era arrabbiato.

Anzi no, non era arrabbiato. Era infuriato come una belva.

Si rimise lentamente in piedi, toccandosi l’addome che ancora continuava a dolere per il calcio di prima. I suoi occhi rossi erano contorti in una smorfia di rabbia pura, le sopracciglia aggrottate all’ingiù dall’odio.

Adesso niente, assolutamente NIENTE lo avrebbe fermato dal vendicarsi di quel maledetto Nukenin. Lo avrebbe ucciso lui stesso. Lo avrebbe fatto soffrire nel modo più atroce possibile. Adesso, ai suoi occhi quel ragazzo doveva morire. Anche se quel tipo era il futuro figlio di Naruto, non importava.

“Ti ucciderò!” ruggì mentalmente.

“Sasuke!” fece una voce all’improvviso.

Il ragazzo si voltò. Minato gli comparve di fianco dal nulla. Dietro di lui, Kushina, Sakura e Sarada lo seguivano a ruota con espressioni sconcertate.

“Stai bene?” gli chiese l’Hokage.

L’Uchiha strinse i denti. “Dov’è?” domandò a sua volta con rabbia. “Dov’è quel dannato Uzumaki?”

Minato lo afferrò per una spalla. “Non fare pazzie!” gli intimò seriamente. “Piantatela con questa faccenda! State mettendo a rischio inutilmente l’intera missione!”

Sasuke lo strattonò via con foga, ignorandolo. Non gli importava più nulla della missione. Il suo unico interesse era eliminare il ragazzo del futuro. Il resto poteva andare a farsi fottere finché non lo avesse ucciso.

“Sasuke-kun!” esclamò Sakura. “Non c’è bisogno di combattere! Boruto ha sbagliato, ma potete risolvere-”

“DOV’È?” ruggì di nuovo rabbiosamente quello, ignorando le parole della ragazza.

“Sono proprio qui, Uchiha!” fece una voce priva di emozione alle loro spalle.

Si voltarono di scatto. Gli occhi di Sasuke si ridussero a due fessure.

L’Uzumaki era in piedi sopra il tetto di un edificio semidistrutto, intento a fissarli dall’alto con il suo occhio sinistro freddo e calcolatore. La sua faccia non mostrava alcuna emozione.

“Boruto!” cominciò a dire Sarada disperatamente, mentre scie di lacrime le colavano copiosamente dagli occhi. “Ti prego, fermati! Non farlo! Possiamo tentare-”

“Stanne fuori, Sarada.” la interruppe il biondo. “È giunto il momento che tuo padre venga punito per le sue azioni! Non tollererò altri insulti da parte sua!”

Sasuke fece per ribattere, ma il Quarto Hokage si mise davanti a lui. “Se farai un’altra mossa,” disse Minato con un tono glaciale. “Allora agirò personalmente come se tu fossi un nemico! Non rendere più complicata la tua situazione, Boruto!”

Il giovane rimase in silenzio per alcuni istanti. Passarono diversi secondi carichi di tensione in cui nessuno si mosse. Poi, all’improvviso, il biondo scomparve dal punto in cui si trovava, per riapparire un momento dopo faccia a faccia davanti a Minato con uno Shunshin no jutsu. (Tecnica del Movimento corporeo istantaneo) Tutti trattennero il fiato.

Minato e Boruto si fissarono a vicenda con occhi freddi.

“Il suo atteggiamento non mi piace proprio, Yondaime.” sibilò il ragazzo. “È la seconda volta che tenta di mettermi i bastoni tra le ruote oggi. Si levi di mezzo, se non vuole assaggiare la mia ira!”

Minato sorrise, il suo sguardo autoritario. “Sono io l’Hokage, ragazzo.” disse sarcasticamente. “Non devo dare ascolto a nessuno. Sei tu quello che dovrebbe frenare la lingua.”

Il Nukenin ghignò malvagiamente. “Il segno sul mio coprifronte non le ricorda niente, Hokage?” ribatté puntandosi un dito sulla fronte. “Non sono un ninja che deve ubbidire ad ogni suo ordine. Non sono uno dei suoi Shinobi leccapiedi. Sono io l’unico che decide cosa devo o non devo fare.”

“Nonostante ciò,” riprese il Quarto con un tono serio. “Io sono un adulto, mentre tu sei solo un ragazzo. E, se questo non ti basta, allora ti ricordo che sono anche un membro della tua famiglia. Sono tuo nonno!”

Boruto scoppiò a ridere crudelmente. “Famiglia?” ripeté, ironico. “Mi faccia il piacere, Hokage! Io non faccio parte della vostra piccola allegra famiglia!”

Sarada s’intromise con foga. “Perché continui a dire queste cose?” esclamò, piena di dolore. “Minato-sama, Kushina-sama ed i tuoi genitori sono sangue del tuo sangue!”

Lo sguardo del biondo era fisso negli occhi di Minato. “Il sangue da solo non forma una famiglia!” rispose con odio. “Quei due non sono più i miei genitori. E non ho intenzione di trattare come familiari due persone che non conosco neanche.”

“Boruto,” cominciò a dire lentamente Kushina. “Non so perché odi così tanto i tuoi genitori, ma io e Minato non ti abbiamo fatto niente. Non puoi-”

“Credo che lei abbia frainteso, Uzumaki,” la interruppe il giovane, spazientito. “Io non ho nulla contro voi due, ma se mi ostacolerete allora non esiterò a trattarvi come nemici da abbattere. Adesso levatevi di mezzo e consegnatemi l’Uchiha se non volete passare dei guai!”

E quella fu la fine delle trattative.

“Basta!”

Senza avvisare nessuno, Sasuke balzò in aria ed evocò improvvisamente il braccio del suo Susanoo, scagliandolo con forza verso il Nukenin per schiacciarlo a terra. Minato, Kushina e le ragazze sgranarono gli occhi.

“Sasuke-kun!” urlò Sakura tentando di fermare il suo compagno, ma fu teletrasportata un secondo dopo lontano dal raggio dell’attacco dal Quarto Hokage.

Boruto evitò la gigantesca mano viola piegandosi indietro e facendo leva col braccio sinistro per ruotare all’indietro e lanciarsi lontano dal punto dove si trovava. Ma il ragazzo corvino non demorse.

Circondato dalla grossa gabbia toracica del Susanoo, Sasuke si lanciò in avanti e tentò di colpire di nuovo il biondo con il suo gigantesco braccio scheletrico. Boruto evitò una spazzata che lo avrebbe sicuramente tranciato a metà se lo avesse colpito e saltò in alto, atterrando in ginocchio sul tetto di prima.

Sasuke ghignò feralmente, accumulando energia nell’occhio destro. “Sarai superiore a me nel corpo a corpo, ma non sfuggirai a questo!” pensò l’Uchiha sorridendo con ferocia. Prese la mira con cura, fissando con intensità la figura dell’avversario.

Boruto sentì una pulsione nell’aria. Aprì l’occhio destro di scatto, rimettendosi in piedi. Sasuke stava accumulando chakra nello Sharingan destro, lo vedeva chiaramente. Intuì subito cosa stava facendo.

Il guerriero sorrise feralmente.

Amateratsu!” (Fiamme Nere) esclamò mentalmente Sasuke, mentre un rivolo di sangue cremisi gli colò dall’occhio.

Quel che accadde dopo fu inaspettato.

L’intera figura del Nukenin si mosse di lato ad una velocità disumana, evitando completamente un improvviso getto di fiamme nere che investì il punto in cui si trovava un attimo prima, incendiando il tetto della casa con una vampata nera.

Sasuke e gli altri rimasero allibiti dalla velocità del ragazzo biondo.

“Lo ha evitato?” esclamò il ragazzo corvino, sconvolto.

Minato osservò la scena con uno sguardo calcolatore. “Quelle sono le Fiamme Nere degli Uchiha, una delle tecniche uniche dei loro occhi. Basta osservare il proprio bersaglio ed esso viene investito dalle fiammate prima che possa reagire. Come ha fatto Boruto ad intuire cosa stesse facendo Sasuke e a riuscire ad evitarle in quel modo?”

“Come può essere così rapido?” disse Kushina a bassa voce, incredula. “Che razza di riflessi ha Boruto?”

“Ha evitato l’attacco!” pensò Sakura, scioccata. “Com’è possibile?”

Boruto li osservò tutti col suo occhio destro, il suo sguardo freddo e privo di emozione. La vista di quel suo occhio posato su di loro li fece rabbrividire nervosamente tutti.

Sarada sentì il suo Sharingan prudere dalla frustrazione e dal rammarico. “Quel suo Jougan,” pensò, serrando i pugni in un moto di impotente rabbia. “Riesce a percepire ogni minima variazione di chakra nell’aria, nel terreno e nei corpi! Deve aver intuito che papà stava accumulando energia per sferrare l’Amateratsu!”

Sarada voleva intervenire, ma la vista dello sguardo freddo che il suo vecchio amico stava rivolgendo a lei e agli altri le tolse il coraggio di poter anche solo parlare. Sapeva bene che, in quel momento, nessuno di loro avrebbe avuto una sola speranza di vincere contro di lui. Il suo vecchio amico era troppo forte, troppo potente. Aveva ottenuto una forza che nessun’altro al mondo possedeva oltre a lui, eccezion fatta per il Settimo Hokage e suo padre.

Le lacrime continuarono a scendere dai suoi occhi. Il petto le faceva fisicamente male per la tristezza.

Perché le cose erano finite in questo modo? Perché Boruto non poteva semplicemente fermare questa follia? Perché non poteva accettare di stare con i suoi compagni in pace? Sarada era consapevole del dolore che doveva provare il ragazzo ogni volta che parlava con quelle persone, ma non riusciva ad accettare il suo atteggiamento. Ma adesso, adesso era troppo tardi. Boruto era esploso, la sua faccia era ricolma di rabbia e brama di uccidere.

Sarada sorrise amaramente.

Aveva pensato che l’unico in grado di farlo adirare in quel modo nella situazione attuale sarebbe potuto essere Naruto, o anche Hinata al massimo. Ma non aveva previsto che Sasuke, suo padre, potesse spingere il suo amico a tanto. La cosa non era normale. Boruto non odiava Sasuke, neanche nel futuro. Che cosa era successo? Perché Boruto si era infuriato così tanto per la morte di quel Gigante?

Un sospetto le accarezzò la mente. I suoi occhi si sgranarono. Se, come aveva intuito prima, quelle creature erano in qualche modo collegate a quella ragazza, allora…

Boruto continuò a fissare Sasuke con rabbia. “Maledetto mostro!” ringhiò tra sé, la sua faccia contorta dall’odio. “Assassino! Bastardo! Te la farò pagare per quello che hai fatto ad Armin!”

Le sue mani formularono diversi sigilli con rapidità. Sasuke sgranò gli occhi, teso.

Ma, prima di poter rilasciare la tecnica, Boruto alzò di scatto un braccio sulla testa, parando un calcio mirato al suo collo. Minato non si fermò, avvitandosi e facendo leva col piede poggiato sul braccio del ragazzo per sferrare un secondo calcio al suo petto. Boruto lo bloccò con l’altro braccio all’altezza del ginocchio, ricambiando la cortesia e alzando la gamba destra per colpire l’assalitore con lo stesso attacco.

Ma Minato scomparve improvvisamente, materializzandosi un secondo dopo a qualche metro dal ragazzo grazie ad un secondo kunai. Boruto lo fissò con una rabbia a malapena controllabile.

“Si tolga dai piedi, Hokage!” ringhiò a denti stretti. “La faccenda non la riguarda!”

Il Quarto scosse la testa, assumendo una posa d’attacco. “State compromettendo la missione con questa vostra ridicola pazzia!” ribatté quello. “Se non avete intenzione di calmarvi, ci penserò io personalmente! Non possiamo rischiare il destino del mondo per colpa vostra!”

Il Nukenin non rispose, continuando a fissarlo con disprezzo. Poi, di colpo, ghignò ferocemente.

Rakurai!”(Scia di Fulmini) disse a bassa voce, per non far sentire il nome della tecnica.

Il suo corpo fu improvvisamente pervaso da una scarica elettrica blu. Minato rimase di stucco. Quella tecnica era simile alla Corazza di Fulmini di Ay, il Raikage! Possibile che quel ragazzo fosse riuscito a padroneggiare quel jutsu in qualche modo? Era una tecnica di rango S!

Poi, Boruto fece la sua mossa.

Quel tipo era veloce! Si era mosso come un lampo. Minato aveva intravisto soltanto una scia bluastra scattare in avanti ad una velocità indescrivibile, superandolo prima che potesse anche solo battere ciglio. Dopo di che, il ragazzo era improvvisamente arrivato dall’altra parte del tetto, quella alle spalle dell’Hokage, ignorandolo e saltando verso Sasuke.

“Dannazione!” imprecò Minato.

Boruto atterrò affianco all’Uchiha come una saetta, ma senza fare alcun rumore. Sasuke, ancora avvolto dalla gabbia del Susanoo, ebbe solo il tempo di voltare leggermente la testa.

Boruto caricò un braccio all’indietro.

Il pugno colpì lo scheletro che lo circondava con una potenza immane. Le ossa si frantumarono come vetro, ed il giovane Uchiha sentì immediatamente dopo la scarica elettrica che avvolgeva il corpo di Boruto investirlo in pieno. All’inizio gli tolse soltanto il fiato, scioccato dall’improvvisa sensazione.

Poi però, arrivò anche il dolore.

Sasuke era parzialmente immune al fulmine. Era una delle sue affinità primarie. Era abituato a sentirne il flusso attraversargli le membra. Era abituato ad usarlo. Ma, nonostante ciò, l’acuto ed intenso dolore che lo investì per tutto il corpo fu lancinante. Sentì ogni parte del suo corpo bruciare da dentro, anche se non eccessivamente, ma l’effetto si fece sentire eccome. Era insopportabile. Rimase senza fiato per alcuni secondi. Non fu neanche in grado di urlare.

Il giovane Uchiha crollò in ginocchio a terra, ansimando e usando le mani come sostegno. Scosse elettriche continuavano a danzare attorno al suo corpo. Nonostante il dolore, alzò di scatto la testa in alto. Boruto stava per colpirlo di nuovo con un calcio.

Reagì all’istante. Evocando in meno di un secondo una serie di shuriken nelle mani, li scagliò con precisione verso il Nukenin con un ruggito di rabbia.

Boruto fu costretto a saltare in aria per evitarli, poiché era troppo vicino per poterli bloccare. Il suo occhio destro pulsò all’improvviso.

Dietro di lui!

“Shannarooo!”

Boruto sgranò gli occhi.

Uno dei potentissimi pugni di Sakura lo investì sulla schiena. La potenza del colpo fu micidiale. L’elettricità attorno al suo corpo si dissolse. Con un gemito, il Nukenin fu scagliato prepotentemente a terra come un missile. Il terreno stesso si abbassò di livello dall’impatto, crepandosi e spaccando roccia e pietra per diversi metri di superficie. Un enorme nuvolone di fumo si innalzò dal punto in cui era stato scagliato Boruto.

Sakura atterrò affianco a Sasuke.

“Stai bene, Sasuke-kun?” domandò la ragazza avvicinandosi a lui.

Il giovane Uchiha si rimise in piedi. ”Si, sto bene.” rispose, gli occhi puntati sulla nuvola di fumo che usciva dal terreno. “Non ho subito troppi danni. Posso ancora combattere.”

Anche Minato, Kushina e Sarada si portarono subito vicino ai due, pronti ad intervenire nel caso il ragazzo del futuro fosse ancora intenzionato ad attaccare.

Ma qualcosa non andava, Sasuke ne era certo. Il suo Sharingan non percepiva la presenza di Boruto da nessuna parte. Non riusciva a capire.

“Che sta succedendo?” pensò, allarmato. “Non riesco più a percepire il suo chakra!”

Una volta che il polverone si fu diradato completamente, Sasuke e Sakura sgranarono gli occhi. Al centro del cratere non c’era Boruto. Al suo posto si trovava quello che doveva essere stato un grosso tronco di legno, ormai andato in frantumi.

“Ha usato il Kawarimi no jutsu!” (Tecnica della Sostituzione) realizzarono tutti i presenti contemporaneamente.

Sasuke si guardò furiosamente attorno. “Dov’è finito?” disse.

Poi, improvvisamente, la terra sotto i loro piedi tremò.

Tutti si voltarono verso il basso di scatto, e videro che tutti loro si trovavano all’interno di una zolla di terreno circondata interamente da una scia luminosa quadrata, i cui lati si stavano pericolosamente illuminando di una luce giallastra.

Fuuinjutsu: Chikyū no ōhayari!” fece una voce familiare. (Arte dei Sigilli: Esplosione di Fiamme)

Minato fu il primo a reagire. “Saltate!” urlò rapidamente agli altri.

Nessuno perse neppure un secondo. Balzando tutti in aria, evitarono di striscio una pericolosa e gigantesca esplosione che coinvolse tutta l’area all’interno della scia luminosa, creando un boato che riecheggiò per tutta la città deserta. Il getto d’aria generato dall’esplosione li travolse in pieno, facendoli finire ancora più in alto.

Mentre era ancora in aria, Sasuke percepì una presenza improvvisa alle sue spalle.

“Sasuke!” urlò Kushina. “Dietro di te!”

Ruotò il proprio corpo di scatto, ma fu troppo lento.

Boruto si era materializzato dietro di lui con uno Shunshin no jutsu, (Tecnica del Movimento Corporeo Istantaneo) la sua gamba tesa che sfrecciava contro di lui. Ebbe a malapena il tempo di alzare le braccia. Il calcio lo centrò sull’avambraccio destro, scagliandolo con forza verso il basso. Sasuke grugnì di dolore.

Riuscì ad atterrare sulle gambe in qualche modo, poggiando i piedi sopra il tetto di un grosso edificio quasi integro. Ma non ebbe il tempo di prendere fiato che subito una raffica di shuriken gli fu scagliata addosso dal lato destro.

Non aveva il tempo di evocare di nuovo il Susanoo. Non c’era tempo per formulare una tecnica di difesa. Non poteva bloccarli con la katana perché era stata distrutta nella Fortezza. L’unica opzione era saltare a sinistra per evitarli. Così fece senza esitare.

Ma, purtroppo, non aveva realizzato che era proprio quello che Boruto aveva previsto che facesse.

Appena poggiò nuovamente le gambe sul tetto, il Nukenin era già apparso di nuovo davanti a lui, la sua faccia seria e priva di emozione, il suo gelido Jougan lo osservava con disprezzo e rabbia.

Boruto caricò indietro il braccio destro, concentrando il chakra sulla sua mano aperta col pollice piegato all’interno. L’Uchiha si voltò di scatto verso di lui.

Questo è per Armin!” disse con un tono glaciale il guerriero. La sua mano si scagliò in avanti.

Sasuke sgranò gli occhi. “Cos-”

Stavolta il palmo aperto lo centrò sullo sterno. Tutta l’aria nei suoi polmoni uscì fuori di getto. I suoi occhi si dilatarono. I suoi sensi si fermarono all’improvviso. I suoni si acquietarono.

Il dolore arrivò dopo un secondo. Era lancinante ed intenso, simile ad un bruciore che lo investiva dal centro petto e che si propagava per tutto l’addome. Sentì tutta l’energia accumulata nella mano del Nukenin attraversargli il petto con forza, bloccandogli i punti di uscita del chakra sul cuore e sulle spalle.

Sasuke aprì la bocca come per urlare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. Al suo posto, un getto copioso di sangue caldo schizzò fuori dalla bocca spalancata. L’ultima cosa che vide fu l’occhio nero ed azzurro di Boruto che lo fissava con odio.

Poi, il mondo divenne confuso, la vista cominciò ad annebbiarsi, la mente si fece pesante. E il buio lo accolse a braccia aperte.

Con un sibilo potente, tutto il suo corpo venne scagliato all’indietro dopo neanche un istante, scaraventandosi con forza nella parete esterna di un altro edificio, per poi crollare pesantemente a terra in mezzo alle macerie.

Boruto ghignò di trionfo.

Ben gli stava. Quel patetico Uchiha gli aveva davvero dato sui nervi questa volta, ma era riuscito finalmente a sconfiggerlo. Aveva mantenuto una delle promesse fatte ad Armin. Non poteva ucciderlo, ovviamente, ma niente e nessuno in questo mondo poteva impedirgli di suonargliele di santa ragione mentre ne aveva l’opportunità. Adesso avrebbe potuto vantarsi per sempre davanti a Sora a egli altri dell’Organizzazione di essere uno dei pochi uomini sulla terra che riuscirono a sconfiggere Sasuke Uchiha.

Certo, non era 'quel' Sasuke Uchiha, ma il concetto era uguale per lui.

“E non ho neanche sudato…” pensò con divertimento. “Sembra che quell’idiota fosse molto meno potente di quanto lo sia nel futuro!”

Ma il ragazzo non poté cantare vittoria a lungo, poiché senza preavviso Minato si scagliò contro di lui come un fulmine. Tuttavia, il suo occhio destro lo percepì in anticipo.

Sguainando la spada con un movimento rapidissimo, il ragazzo bloccò un colpo di kunai mirato alla spalla, respingendo subito dopo l’Hokage con un calcio di fianco che, però, l’uomo evitò facilmente saltando all’indietro.

Dalle sue spalle, successivamente, comparve Naruto, ancora avvolto dal chakra dorato di prima e con una gigantesca mano artigliata che si stava scagliando contro di lui per afferrarlo.

Il Nukenin si gettò in avanti, effettuando una capriola sul tetto ed evitando di striscio l’attacco. Appena poggiò di piedi dopo la capriola però, Boruto fu costretto a saltare ancora una volta per schivare una serie di kunai scagliatogli addosso da Sakura. Saltò rapidamente lontano dai due assalitori per poi atterrare sulla strada, affianco al corpo privo di sensi di Sasuke.

Boruto si raddrizzò, portando con una mano la spada davanti a sé in difesa. Davanti a lui giunsero in un istante Minato e Naruto, seguiti poi da Kushina, Sakura, Sarada, Hinata e Mikoto, tutti armati di kunai e pronti all’attacco. Mikoto reggeva per una spalla un sanguinante Fugaku, pieno di lividi e macchie nere sul volto e sui vestiti.

Il ninja traditore li fissò freddamente con i suoi occhi. “Calmatevi, tutti quanti.” ordinò loro con un tono serio e privo di emozione. “Non ho intenzione di lottare ancora.”

Gli occhi di Minato si ridussero a due fessure. “Strano che tu dica così dopo averci attaccato!”

Boruto puntò la lama della spada contro il corpo di Sasuke. Tutti s’irrigidirono nel vedere ciò.

“Ho attaccato solo lui,” lo corresse freddamente Boruto, continuando a fissarli. “Perché ha commesso un crimine contro quel Gigante e perché mi ha insultato. Non ho compiuto nessuna azione ostile contro di voi che non fosse per difesa.”

Lo sguardo di Fugaku, seppur dolorante, si riempì di collera. “Non hai compiuto nessuna azione ostile contro di noi?” ripeté, sprezzante. “E allora come giustifichi quello che hai fatto a me?”

Il biondo lo guardò con sufficienza. “Fino a prova contraria sei stato tu ad attaccarmi per primo, Uchiha!” rispose prontamente. “E ti sei anche permesso di insultarmi, nonostante gli avvertimenti che vi ho dato in passato! Avevo chiaramente detto che non avrei tollerato altri insulti, quindi io ti ho soltanto restituito il favore, restando fedele alle mie parole! Dovresti prendere esempio da tua moglie in questo. Lei almeno ha capito subito quale fosse la cosa giusta da fare, arrendendosi ed accettando la sconfitta.”

Se lo sguardo di Fugaku avesse potuto ucciderlo, Boruto sapeva che sarebbe morto mille volte, ma non se ne curò. Mikoto strinse i pugni.

“Anche se quello che dici è vero,” riprese però Minato, continuando a fissarlo con severità. “Le tue azioni hanno messo a rischio non soltanto noi, ma tutto il genere umano! Hai forse dimenticato perché siamo qui?”

“Certo che no, Hokage-sama,” rispose con sarcasmo il giovane. “Ed anche per questo ho attaccato Sasuke Uchiha! Lui aveva ucciso un altro essere vivente, andando contro all’obiettivo stesso della nostra missione!”

Gli altri sgranarono gli occhi all’udire ciò. “Che cosa?” domandò Sarada, confusa.

Boruto continuò a puntare la sua arma contro il corpo inerme del ragazzo. “Il nostro obiettivo è sconfiggere il drago per salvare dalla distruzione gli esseri viventi e le persone di questo mondo e quelli del nostro.” spiegò. “Ma questo tipo ha deliberatamente ucciso uno di loro senza un motivo, andando contro al nostro scopo di fondo senza curarsene. E poi sarei io l’assassino!” disse l’ultima parte con sarcasmo, fissandoli col suo occhio destro aggrottato.

“Lo ha fatto perché voleva difenderti!” sbottò Fugaku rabbiosamente. “E quella creatura era un Gigante per di più! Tu stesso avevi detto che erano ostili!”

“In caso di legittima difesa sarei d’accordo col tuo ragionamento,” continuò a dire il ragazzo. “Ma Sasuke Uchiha ha ucciso il Gigante senza che ce ne fosse stato alcun bisogno! Non solo io non correvo nessun pericolo, ma ero persino riuscito a parlare con lui! Ero riuscito a capire che quegli esseri non sono bestie senza cervello, ma che sono bensì umani! Eppure questo ragazzo ha deciso di fare di testa sua, ignorando ragioni ed agendo di sua iniziativa!”

Naruto e gli altri rimasero sconvolti. Umani? I Giganti erano esseri umani? Com’era possibile? Il loro aspetto era simile, certo, ma non avrebbero mai potuto immaginare una cosa del genere! Naruto aveva perfino detto che il loro desiderio era quello di divorarli! Quale essere umano potrebbe mangiare suoi simili?

“Non può essere!” esclamò mentalmente Naruto.

Sarada sgranò gli occhi. I suoi sospetti si erano rivelati fondati.

“Umani? Cosa vuoi dire?” domandò seriamente Minato.

Boruto lo guardò con freddezza. “Mettendo in contatto il mio chakra con quello del Gigante,” spiegò loro. “Ero riuscito a raggiungere la sua mente e a farlo parlare. Mi ha rivelato che i Giganti sono uomini come noi, e che sono stati trasformati contro la loro volontà in quelle creature senza senno. Mi ha persino detto il suo nome: Armin Arlert!”

La notizia era sconvolgente. I Giganti erano esseri umani! Non riuscivano a crederci.

“Come facciamo a sapere che non stai mentendo?” domandò Sakura, la sua voce bassa ed incerta.

“Siete liberi di credere quel che volete,” fu la risposta del Nukenin. “Ma fino ad ora mi sembra di essere stato sempre coerente con le cose che ho detto. Non ho più intenzione di fare altro male a Sasuke Uchiha, ormai ha ricevuto la sua punizione. Né ho intenzione di attaccare nessuno di voi. Di questo potete stare certi. Non sono un assassino che gode nel causare dolore agli altri senza un motivo.”

Con un movimento del braccio, Boruto rinfoderò la spada dietro la schiena e chiuse l’occhio destro. Gli altri si rilassarono un po’, ma non abbassarono la guardia. Il discorso di Boruto non faceva una piega. Le sue motivazioni riuscivano a spiegare praticamente tutte le sue azioni in modo troppo dettagliato e coerente per poter essere inventate sul momento.

Eppure, c’era qualcosa da mettere in chiaro una volta per tutte.

“Se stai dicendo la verità,” disse improvvisamente Naruto. “Allora devi promettere che d’ora in poi dovrai essere più chiaro con le tue azioni! Dovrai spiegarci le cose prima di agire! Oggi hai rischiato di mettere in pericolo tutti noi! Ci hai fatto credere che tu fossi uscito di testa!”

Boruto lo guardò con uno sguardo indecifrabile. I due si fissarono a vicenda senza battere ciglio per diversi secondi.

“Molto bene,” concesse loro alla fine chiudendo gli occhi. “Da oggi tenterò di essere più chiaro nei vostri confronti, se è questo che volete.”

Naruto, seppur lievemente, sorrise all’udire ciò.

“Ma ribadisco un concetto,” continuò subito dopo il ragazzo del futuro, il suo tono spaventosamente serio. “Non ho intenzione di rivelare informazioni sul mio conto! Né tollererò insulti! Le cose andranno bene tra di noi se voi mi lascerete in pace, com’è stato fino a ieri. Ma in caso contrario… le conseguenze dovrebbero esservi chiare a questo punto, vero?”

Dopo alcuni secondi di silenzio, gli altri abbassarono le armi e si rilassarono. Boruto si allontanò dal corpo svenuto di Sasuke, permettendo ai suoi genitori e a Sakura di curarlo. Minato e Kushina si sedettero per riposare un secondo. Sarada si mise ad aiutare Sakura, aiutandola a prendersi cura del suo futuro padre. Hinata si accasciò a un muro, sospirando di sollievo.

Nell’aria la tensione si era smorzata, ma era sempre presente. Tutti quanti, infatti, si tennero a distanza dal Nukenin.

Narutò disattivò la modalità chakra della Volpe.

‘Quel moccioso,’ fece la voce del Nove code dentro la sua testa. ‘È davvero interessante…’

Il biondo si mise a fissare la figura di Boruto, il quale si era messo seduto lontano dagli altri, fissando il cielo con uno sguardo pensieroso.

“Che vuoi dire?” gli chiese il ragazzo.

‘La sua stessa figura è un vero mistero,’ continuò il Kyuubi. ‘Ed il modo di ragionare che ha usato prima è stato logico e furbo. Nessuno è stato in grado di contraddirlo. Di certo non ha preso l’intelligenza da te!’

Naruto ignorò la frecciatina. “Vorrei sapere così tanto qualcosa in più su di lui…”

La Volpe non rispose subito. ‘So quanto tu sia interessato a lui,’ disse dopo un po’ con un tono calmo. ‘Ma il moccioso ha messo in chiaro le sue intenzioni. Non conviene contraddirlo. Hai visto anche tu com’è riuscito a eludere tutti prima, tuo padre compreso! Non so come abbia fatto a diventare così forte, ma quel tipo è pericoloso! Se dovessimo mai affrontarlo, avresti bisogno di tutta la mia forza per riuscire ad avere qualche speranza!’

Naruto annuì mentalmente. Sapeva che non avrebbe avuto possibilità contro di lui. Neanche con il chakra del Kyuubi a sua disposizione c’era la garanzia che…

Un’improvvisa idea gli balenò in testa. Naruto sgranò gli occhi.

‘Che cosa stai-‘ cominciò a dire il Bijuu, percependo il suo flusso di pensieri, ma non riuscì a finire la frase.

Improvvisamente, infatti, accadde qualcosa.

Dal cielo, senza che ci fossero delle nuvole sopra di loro, un enorme fulmine giallo si formò nell’aria, andando a colpire con forza l’altro lato della città, quello dove c’era la breccia nel muro. Tutta la terra tremò con forza per diversi secondi. Naruto per poco non perse l’equilibrio.

Minato balzò in piedi, teso. “Che cos’era quello?” esclamò.

“Cos’è stato?” urlò anche Hinata.

Nessuno fu in grado di rispondere. Nella confusione e nello spavento del momento, nessuno notò come le espressioni di Sarada e Boruto si riempirono di sgomento e di stupore.

“No!” esclamò il giovane guerriero, sconvolto. “Non può essere!”

Ed un ruggito assordante riecheggiò in tutto il Distretto di Shiganshina.


 



Note dell'autore!!!

Salve gente! Vorrei chiarire alcune cose adesso che ne ho l'opportunità.

1- Sono pienamente consapevole di aver reso il personaggio di Boruto Uzumaki ESAGERATAMENTE forte in questa storia! Siete stati in tanti a dirmi che state trovando il suo atteggiamento e la sua potenza troppo monotoni e ripetitivi. Ed è esattamente questo quello che volevo! L'obiettivo che mi ero fissato in testa mentre scrivevo ed ideavo il suo personaggio era quello di rendere l'atteggiamento del Nukenin stucchevole per i lettori, perchè quel tipo è mostruosamente troppo forte! Come cavolo ha fatto ad ottenere quel potere? Perchè è così forte? In questo capitolo si è fatto beffe di Sasuke senza fatica, eludendo persino gli interventi di Minato, Sakura e Naruto!!! Per avere delle risposte ci vorrà ancora molto tempo.

2-Alcuni personaggi come Sakura, Sarada e Hinata sembrano coprire un ruolo marginale e molto meno importante rispetto ad altri come Naruto, Boruto e Sasuke, ma ripeto che anche questa cosa è intenzionale! Io stesso ho scelto e deciso di rendere queste ragazze meno coinvolte nella storia da questo punto di vista. Perchè? Lo scopriremo in futuro. Avranno anche loro l'occasione di sfoderare le unghie, ve lo assicuro!

3-Sarada oggi non ha combattuto contro Boruto perchè lei è l'unica che conosce il pieno potere del Nukenin. In futuro verrà spiegato meglio, ma lei ha già combattuto diverse volte contro Boruto nella sua vita, e sa bene che il potere di quel ragazzo è DISUMANAMENTE ELEVATO! Non si tratta di codardia o esitazione, ma di pura e semplice rassgnazione. In futuro avremo modo di approfondire il legame tra lei e Boruto.

Detto questo, spero che possiate continuare ad apprezzare la storia. Ringrazio coloro che leggeranno e soprattutto quelli che commenteranno o mi faranno sapere cosa ne pensano! Il prossimo capitolo uscirà giovedì 12 ottobre!

A presto! ;)

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Capitolo 30
*** Titano ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 
 


 
 
 

Titano


Il ruggito riecheggiò nell’aria per diversi secondi.

Era difficile descriverlo. Era un grido metallico e animalesco, eppure aveva in sé qualcosa che ricordava vagamente un urlo umano. Un urlo carico di rabbia e odio. Non era affatto un ruggito simile a quello dei Giganti di prima. Il tempo stesso parve fermarsi per i dieci ninja. Un brivido intenso di tensione gli fece accapponare la pelle all’udire quel grido.

“Cos’è stato?” esclamò freneticamente Sakura, alzandosi in piedi.

Naruto si ridestò di scatto. “Hinata!” disse, rivolgendosi alla ragazza. “Cosa vedi?”

La Hyuuga attivò immediatamente gli occhi, fissando con intensità la direzione da cui era giunto il ruggito. Rivoli di sudore le colavano dalla faccia. “Un altro Gigante è apparso dal nulla!” spiegò lei freneticamente. “Proprio davanti al varco nelle mura! Ed è alto quindici metri!”

Un tonfo assordante fece tremare con forza tutto il terreno una seconda volta. Poi un altro. Poi un altro ancora. Il Gigante si stava muovendo.

Hinata sgranò gli occhi. “Q-Quella cosa si sta dirigendo qui!” esclamò, sgomenta. “Sta correndo verso di noi!”

Minato non perse tempo. “Presto!” gridò, afferrando il corpo di Sasuke e poggiandoselo sulla spalla. “Dobbiamo muoverci! Dirigiamoci verso le mura!”

Si mosse con rapidità, balzando sopra il tetto di una casa seguito a ruota dagli altri. Si voltò un secondo indietro.

Boruto e Sarada erano rimasti fermi nel punto di prima.

“Sarada! Boruto!” urlò l’Hokage verso di loro. “Presto, muovetevi! Non abbiamo tempo da perdere! Dobbiamo uscire da qui!”

Ma i due non si mossero di un centimetro.

Minato fece per scendere a terra e vedere cosa fosse successo, ma improvvisamente accadde qualcosa. L’edificio dinanzi ai due giovani a terra si frantumò in mille pezzi con una fragorosa esplosione, alzando una gigantesca nuvola di fumo. Entrambi balzarono via prima di poter essere feriti, restando però sulla strada.

E dalle macerie del palazzo distrutto, dietro la cortina di fumo, sbucò fuori la creatura.

Era un Gigante diverso rispetto a quelli che avevano visto prima. Raggiungeva i quindici metri di altezza, la pelle era di un colore chiaro, il suo corpo ben proporzionato, con tutti i muscoli ben sviluppati ed evidenti che però esaltavano l’agilità più che la potenza. I suoi lunghi capelli bruni raggiungevano il mento della creatura, e ai lati della testa spuntavano fuori delle lunghe orecchie a punta.

Ma la cosa sconvolgente era il suo volto.

La faccia era piuttosto allungata, con un mento sporgente ed un naso a punta. Una gigantesca serie di denti affilati disposti in due file separate contornava la sua bocca, dando alla sua espressione un perenne ringhio feroce. Più in alto, il Gigante aveva dei grossi e sottili occhi verdi luminosi, i quali erano puntati in basso e scrutavano uno ad uno tutti i membri del gruppo dei ninja.

Minato sentì il sangue raggelarsi nelle vene sotto il suo sguardo.

“Che razza di Gigante è quello?” pensò, teso.

Naruto osservava la creatura con gli occhi sgranati. “Non ho mai visto un essere così grande!” esclamò mentalmente. “È alto quasi quanto un Bijuu!”

“Non promette niente di buono!” si disse Mikoto mentre aiutava suo marito ancora dolorante a reggersi in piedi.

Sakura sentì le gambe cominciare ad indebolirsi per lo spavento. “È-È un mostro!”

Hinata si mise dietro a Naruto, tremando come una foglia. “C-Che cos’è q-quello?”

Ma, di tutti i presenti, i più allibiti e scioccati erano Boruto e Sarada. Entrambi fissavano dal basso la gigantesca creatura, gli occhi spalancati e colmi d’incredulità. Nessuno dei due si muoveva, troppo sconvolti per riuscire a muovere un muscolo.

Il Gigante emise un secondo ruggito di rabbia, poi alzò in alto una gamba e la portò sopra le loro figure, deciso a schiacciare i due ragazzi.

Boruto si riscosse appena in tempo. “SARADA! SCAPPA!” urlò.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte, balzando via assieme a lui dal suolo appena un secondo prima che il gigantesco piede della creatura si abbattesse sulla sua testa. Il terreno tremò con forza. Atterrarono sul tetto assieme agli altri, i loro occhi ancora puntati sul Gigante.

La bestia sibilò, emettendo una specie di ringhio gutturale e riprendendo ad osservare con i suoi occhi pieni di rabbia i minuscoli umani dinanzi ad essa.

Boruto era completamente incapace di formulare un pensiero coerente. Riusciva a malapena a muovere il suo corpo dallo shock. Non riusciva a credere a quello che stava vedendo. Non voleva crederci. Non poteva essere.

“Q-Quello è…” balbettò mentalmente, incapace di terminare la frase.

Per quanto lui stesso non riuscisse a credere alle parole che gli ronzavano nella mente, non c’erano dubbi al riguardo. Lo riusciva a sentire col Jougan. Lo poteva vedere chiaramente. L’aura di energia che emetteva, le sue dimensioni, il portamento, il flusso di energia nel corpo, gli occhi, lo sguardo. Ogni cosa di quella creatura era uguale a lei. Ogni cosa di quella creatura gli ricordava lei.

Non si trovava davanti ad un altro Gigante Puro. No. Niente affatto. Quello non era un Gigante. Ne era sicuro. L’essere che stava guardando con i suoi occhi era una creatura incredibilmente più pericolosa e potente!

“… un Titano!” concluse il ragazzo, sconvolto

Quella creatura era un Titano. Un Portatore del Potere di Ymir. Una persona in grado di trasformarsi in gigante.

Boruto sentì la tensione e l’incertezza nascere dentro di lui. Sentì una punta gelida d’inquietudine insinuarsi nella sua mente. Adesso non c’erano dubbi. Il suo occhio destro aveva dissipato tutte le incertezze che aveva avuto in precedenza. Era finalmente riuscito a trovare un altro essere umano capace di usare il Potere di Ymir.

Aveva finalmente trovato una persona come Mikasa.

Sarada, dal canto suo, era anche lei scioccata ed incredula. Ed il motivo era lo stesso del suo compagno. La creatura che stava vedendo coi suoi occhi era incredibilmente simile alla cosa in cui si era trasformata Mikasa, l’amica di Boruto, quel fatidico giorno avvenuto ormai un anno prima. Ne era certa. Il suo Sharingan le aveva impresso nella memoria ogni dettaglio di quel giorno.

I ricordi le balenarono davanti agli occhi senza poterli fermare.

Ricordò la ferocia, la distruzione, il caos che regnarono quel giorno all’interno del Villaggio. Ricordò le persone che morirono atrocemente, le urla, la disperazione e l’aria di morte che avevano travolto Konoha quel maledetto giorno di un anno fa.

Il giorno dell’attacco dell’Organizzazione Kara al Villaggio della Foglia.

Il giorno in cui Boruto scappò via una seconda volta.

I due ragazzi furono bruscamente riscossi dai loro pensieri, perché il Titano ruggì di nuovo rabbiosamente, scagliando un pugno verso il tetto su cui si trovavano loro insieme a tutti gli altri.

“Via!” urlò Minato a tutti.

I nove ninja, meno uno ancora svenuto, saltarono su un altro edificio, cominciando poi a scappare balzando da tetto in tetto verso le mura. La casa saltò letteralmente in aria non appena fu investita dal colpo della creatura, lanciando in aria mattoni e pezzi di cemento. Ma non era finita.

Il Titano non si arrese per nulla, e cominciò subito ad inseguirli con foga, urlando ferocemente. Ma, a differenza dei Giganti di prima, la sua postura ed i suoi movimenti erano coordinati e privi d’impaccio. Quell’essere era senziente proprio come un uomo, e si muoveva come se fosse in pieno controllo del suo corpo. Correndo ad ampie falcate, il Titano si fece sempre più vicino.

“Perché ci sta attaccando?” pensò Boruto con orrore. “Perché vuole ucciderci?”

Il suo Jougan lo percepiva chiaramente. Riusciva a sentire l’aura di negatività che quella creatura emanava ogni secondo. Voleva ucciderli. Voleva farli a pezzi. Voleva distruggerli, eliminarli dalla faccia della terra per sempre.

Ma perché?

Qualcosa non andava. C’era qualcosa di decisamente strano. Se quella creatura era davvero un Titano, perché li stava attaccando in quel modo? Perché la persona che si era mutata in quell’essere li voleva uccidere senza un apparente motivo? Non aveva neanche percepito la sua presenza prima, né aveva visto un altro umano oltre ad Armin. Da dove era sbucato? Che cosa gli avevano fatto per farlo infuriare così?

Doveva vederci chiaro.

“Quarto Hokage!” urlò il Nukenin mentre continuavano a scappare.

Minato si voltò verso di lui senza fermarsi. “Che succede?”

“Lei e gli altri procedete verso le mura e scappate da qui,” disse frettolosamente il biondo. “Io ho intenzione di restare per tentare di parlare con quella creatura!”

Gli altri si voltarono verso di lui e lo guardarono come se avesse due teste, sconvolti.

“Non dire stupidaggini, Boruto!” esclamò Kushina. “Non vedi come sta tentando di ucciderci quel coso? Ti farà fuori sicuramente!”

“È troppo pericoloso!” disse anche l’Hokage. “Quel Gigante è palesemente ostile contro di noi, ed i suoi movimenti non sono goffi come quelli dei Giganti di prima! Tentare di comunicare con lui è troppo rischioso!”

Boruto scosse la testa. “Quello non è un Gigante normale,” disse loro seriamente. “È un Titano! È un essere umano capace di trasformarsi in Gigante, ed è in grado di comprendere e agire di sua volontà! Non è un mostro privo di senno come gli altri!”

Tutti sgranarono gli occhi. “Che stai dicendo?” domandò Fugaku, incredulo.

Boruto strinse i pugni, frustrato. Non poteva perdere troppo tempo a spiegare loro tutte le cose. Doveva muoversi. La creatura li stava raggiungendo. “Quel Titano è un essere umano come noi!” spiegò loro brevemente. “Se tentassi di ragionare con lui, potrei convincerlo a calmarsi!”

Naruto non era per nulla convinto. “Ma se quel Titano è davvero una persona,” disse freneticamente. “Allora perché ci sta attaccando? Cosa vuole da noi?”

“Non lo so!” fu la risposta irritata del giovane. “È quello che vorrei sapere anch’io! Per questo voglio tentare di parlargli!”

Gli altri non sapevano cosa fare. La situazione era piena di incertezze. E continuare a ragionare mentre un gigantesco essere umano di 15 metri ti sta inseguendo non era certo un’impresa tanto facile. Anche se Boruto avesse avuto ragione il suo piano era troppo rischioso. La creatura avrebbe potuto ucciderlo se non gli avesse dato retta.

“Boruto ha ragione!” disse improvvisamente Sarada con un tono serio. Tutti si voltarono verso di lei. “Anche io credo che quel Titano sia un essere umano! Io e Boruto abbiamo dei motivi validi per poter affermare che l’ipotesi è più che plausibile! Andrò io con lui per tentare di comunicare con esso, così avremo maggiori possibilità! Lasciateci tentare!”

Boruto sgranò gli occhi. Sarada stava dando credito al suo piano. Doveva aver intuito qualcosa. Lei sapeva di Mikasa e della sua abilità, seppur non nello specifico come lui, quindi doveva aver raggiunto le sue stesse conclusioni. Per quanto la cosa lo infastidisse, era l’unica scelta migliore che aveva. Era l’unico modo per scoprire qualcosa sulla stirpe di Ymir.

“Sarada, è troppo rischioso!” tentò di dire Minato. “Potreste morire!”

“Non moriremo!” assicurò Boruto. “In caso di pericolo ci penserò io a proteggere Sarada! Non dovete temere! Ormai dovrebbe sapere anche lei che sono forte, Quarto Hokage!”

Minato lo fissò intensamente negli occhi per alcuni istanti, senza dire nulla. Sarada nel frattempo dovette reprimere l’imbarazzo che il pensiero di essere protetta da Boruto le stava suscitando nella mente, ma il suo viso divenne paonazzo lo stesso.

“Molto bene,” concesse alla fine l’Hokage. “Andate! Noi vi aspetteremo sulla cima del muro! Ma se la situazione si dovesse fare critica, scappate subito!”

Con un cenno della testa, Boruto e Sarada arrestarono la corsa, voltandosi indietro e cominciando a saltare verso il Titano che continuava ad inseguirli.
 

Giunsero davanti alla possente creatura in un attimo, fermandosi proprio sulla strada davanti ad essa. Anche il Titano si fermò di botto, come stupito dall’improvviso comportamento dei due ragazzi. Poi, senza preavviso e con un ringhio lancinante, caricò un pugno all’indietro.

“Aspetta!” gli urlò Boruto nel tentativo di farsi sentire. “Non attaccarci! Non siamo nemici! Non vogliamo-”

Dovette interrompere la frase per saltare via dal punto dove si trovava per non farsi schiacciare in pieno dalla mano gigante dell’essere. La potenza dell’attacco fu micidiale. La terra s’incrinò e si spaccò completamente a causa della ferocia del pugno. Ma non solo. Anche la mano stessa del Titano si distrusse completamente, frantumando ossa e tendini e non lasciando quasi nulla del possente palmo.

“Perché è così infuriato?” tentò di ragionare il ragazzo, osservando la mano danneggiata del Titano. “La sua rabbia sta influenzando persino il suo modo di attaccare. Perché vuole eliminarci con così tanta foga?”

La mano del gigante cominciò a fumare e a rigenerarsi un momento dopo.

“Non sembra essere in grado di irrobustire il proprio corpo come Mikasa,” rifletté ancora il biondo, esaminando i movimenti della creatura con occhio calcolatore. “Ma la sua forza è decisamente superiore!”

La gigantesca creatura si scagliò di nuovo contro di loro rapidamente, gli occhi verdi colmi di rabbia e le fauci spalancate in un urlo minaccioso. I due giovani riuscirono ad evitarlo con relativa facilità grazie ai loro riflessi allenati, ma una persona comune sarebbe rimasta certamente travolta dalla mole dell’essere.

“Fermati!” esclamò Sarada. “Perché stai tentando di ucciderci? Non ti abbiamo fatto niente! Vogliamo soltanto parlare!”

Il Titano ruggì fragorosamente per tutta risposta, sferrando un calcio nella direzione della ragazza. Ma lei riuscì a prevedere la mossa con i suoi occhi, e si era già preparata per una contromisura.

Evocando subito il braccio scheletrico del suo Susanoo, la ragazza riuscì effettivamente ad afferrare la gamba della creatura prima che potesse farle del male, bloccandola a mezz’aria. L’espressione del Titano divenne ricolma di stupore.

Boruto ghignò. “Vai Sarada!”

“Shannarooo!”

Con un urlo rabbioso, la ragazza rivestì l’enorme braccio arancione attorno ad essa di muscoli e tendini, per poi muoversi e spingere in avanti la gamba del Titano con forza, facendogli perdere l’equilibrio. L’enorme creatura crollò pesantemente a terra con un ruggito, facendo tremare con forza tutta la città e distruggendo alcuni palazzi.

Boruto non perse tempo, e mentre il Titano era ancora a terra, sguainò la spada e la infuse di energia. La lama divenne improvvisamente rossa. Poi, effettuando un fendente laterale in aria, essa sprigionò dal nulla una scia solida di energia rosso fuoco che andò a colpire il braccio sinistro dell’essere, recidendoglielo di netto. La creatura ruggì di dolore.

“Avevo ragione!” disse tra sé il guerriero. “Non può proteggere il suo corpo dagli attacchi perché non è in grado di irrobustire la pelle!”

Privo di una mano e di un braccio, il Titano tentò di rialzarsi goffamente con le gambe, ma Sarada aveva previsto anche questo e non glielo permise. Afferrandogli di nuovo la gamba col braccio del Susanoo, la ragazza gli impedì di muoverla, bloccando a terra l’intera creatura che urlò ferocemente per la frustrazione.

E prima che il Titano potesse calciare Sarada lontano da sé, Boruto saltò subito verso di lui e gli recise di netto la gamba libera con un colpo secco di spada, all’altezza del ginocchio.

“Il suo stile di combattimento è scarso,” pensò il Nukenin con un sorriso trionfante. “I suoi attacchi erano pieni di falle ed aperture. Anche sé è più potente fisicamente, Mikasa è molto più forte di lui nel combattimento!”

Senza donare al gigante un attimo di tregua, la giovane Uchiha passò in rassegna ad una serie di sigilli con le mani, inspirando profondamente.

Katon: Goukakyuu no jutsu!” (Palla di Fuoco Suprema)

Una gigantesca palla di fuoco investì completamente il corpo del Titano in pochi secondi, terminando poi in una fragorosa esplosione. Le urla strazianti di dolore della creatura riecheggiarono nell’aria per diversi secondi, poi il silenzio tornò a regnare sovrano.

Boruto atterrò affianco a Sarada, osservando il corpo bruciato e fumante del Titano.

“Bel lavoro,” disse, la sua voce priva di emozione. “Non è stato difficile come pensavo.”

La ragazza annuì con un sorriso. “Sembra proprio che noi due insieme siamo inarrestabili!” scherzò lei.

Il suo sorriso sembrava genuino, ma non lo era affatto. Dietro di esso si celavano una nostalgia ed un rammarico profondi, e la ragazza lo sapeva bene. Se solo loro due fossero davvero rimasti sempre insieme come una squadra…

Se solo le cose in passato non fossero andate in quel verso, se solo lei avesse tentato di fermare l’inevitabile quando ne ebbe l’occasione, allora forse oggi loro due sarebbero davvero rimasti un team inarrestabile. Forse, oggi loro due sarebbero davvero rimasti insieme. Ma oramai era tardi. Sarada lo aveva intuito già quando Boruto aveva rifiutato di stare in squadra assieme a lei e a Mitsuki, cinque anni fa. Già all’epoca, forse, era troppo tardi.

Boruto riuscì a percepire la falsità delle sue parole col suo occhio, così come percepì il dolore che provava in quel momento la ragazza. Lo vide riflesso nei suoi occhi.

“Il passato non cambierà, Sarada.” disse semplicemente, fissando il corpo del Titano a terra. “Non continuare a farti del male da sola. Accetta la realtà e vai avanti con la tua vita.”

Sarada si voltò verso di lui. Sapeva benissimo a cosa si stava riferendo. Avrebbe voluto ribattere. Avrebbe voluto dire che non si sarebbe mai arresa. Che non lo avrebbe mai accettato. Che quello che lui stava facendo non era giusto. Che le sue azioni stavano facendo soffrire la sua vera famiglia. E invece rimase in silenzio, incapace di parlare.

Perché un ruggito fragoroso e carico di rabbia riecheggiò con forza nell’aria.

Boruto e Sarada osservarono con muto stupore la creatura accasciata a terra. Il Titano si stava rialzando. Si stava issando in aria lentamente, senza fare uso della gamba rimasta o del braccio che non era stato reciso, ma innalzando soltanto la schiena con la testa rivolta all’indietro. Il suo corpo era nero e coperto da fiamme, ogni ferita sul suo corpo esalava fumo denso.

Lentamente, il suo corpo si raddrizzò. La sua testa si abbassò verso di loro.

I due ragazzi sgranarono gli occhi.

C-Com’è possibile?” si chiesero contemporaneamente.

La faccia del Titano era bruciata e completamente sfigurata, ma i suoi occhi erano diventati ancora più freddi e crudeli di prima. Non erano più di colore verde, ma emanavano una luce blu intensa, e la sua espressione era talmente carica di ferocia e brama di uccidere che entrambi rimasero paralizzati dallo stupore appena la videro.

Con un ruggito possente, la creatura scattò in avanti verso di loro con una velocità inaspettata, facendo leva sull’unica gamba rimasta e poggiandosi su un solo braccio.

RWAAAAAAAR!”

Nessuno dei due ebbe il tempo di reagire. Boruto sentì il Jougan pulsare con forza.

Dalle loro spalle, senza che nessuno dei due se ne fosse accorto prima, una gigantesca zampa dorata sbucò sopra le loro teste e colpì in piena faccia il Titano, scaraventandolo di nuovo a terra con un tonfo fragoroso prima che potesse raggiungerli. Sangue e denti rotti schizzarono all’aria, e la creatura crollò a terra, inerme ma ancora viva.

Sarada e Boruto si voltarono di scatto. Dietro di loro, in tutta la sua gloria, era comparsa dal nulla la gigantesca figura di una volpe. Una volpe che entrambi conoscevano bene.

La Volpe a Nove code.

L’intera figura del Kyuubi era fatta da chakra dorato e fiammeggiante, e si stagliava in alto per circa venti metri di altezza, poggiata sulle quattro zampe, il volto teso in un ringhio minaccioso e le code che danzavano freneticamente alle sue spalle. All’interno della sua enorme testa, avvolti nella coltre densa e semisolida di chakra, stavano Naruto ed il resto del gruppo, assieme anche a Sasuke che si era svegliato probabilmente grazie al chakra del Bijuu.

“Boruto! Sarada!” urlò Naruto dall’interno della Volpe. “State bene?”

Il suo aspetto era completamente diverso rispetto a prima. Il corpo del ragazzo era interamente ricoperto dal chakra dorato e vorticoso del Nove code, ma non era lo stesso che aveva già usato in precedenza. I segni sulle sue guancie erano molto più evidenti, fino a diventare tre vere e proprie strisce nere su ogni guancia. Inoltre una lunga cappa di chakra fiammeggiante rivestiva il suo corpo, ed il busto aveva assunto una colorazione nera, mettendo in risalto il sigillo posto sull’addome.

Boruto e Sarada riconobbero istantaneamente la forma di Naruto. L’avevano vista molte volte in passato, e il Nukenin aveva persino combattuto contro il Settimo Hokage mentre utilizzava quella forma. Una miriade di ricordi investì le loro menti.

“La modalità Cercoterio!” realizzarono entrambi.

Ma lo stupore non durò a lungo. Le sorprese di oggi erano state tante, e non potevano permettersi di perdere troppo tempo.

“Stiamo bene!” gridò Boruto, rivolgendosi all’altro biondo. “Ma il Titano non ci ha dato retta quando abbiamo provato a parlargli! Prova ad immobilizzarlo usando la mole del Kyuubi, ed io tenterò di approcciarmi di nuovo a lui!”

Naruto non perse tempo. Con un cenno del capo riprese a fissare il gigante che si stava faticosamente rimettendo in piedi. Le fiamme sul suo corpo menomato erano sparite, ma i suoi occhi erano ancora blu, carichi di rabbia e ferocia.

“Andiamo, Kyuubi!” esclamò il jinchuuriki con un ghigno selvaggio. “Vediamo chi dei due è il più forte!”

L’enorme Volpe ruggì al comando, e con un balzo in avanti si gettò addosso al Titano con forza, atterrandogli di peso sul corpo malmesso e mordendogli il collo. La creatura emise un urlo di dolore, ma non riuscì a divincolarsi dalla presa poiché ancora privo del braccio sinistro e della mano destra. Si agitò per diversi minuti, tentando di liberarsi dalla presa del Bijuu, ma fu tutto inutile.

Poi, lentamente, i suoi occhi si socchiusero e tornarono di colore verde.

“Ora!”

Boruto scattò in avanti, saltando sopra l’immenso corpo del Titano steso a terra e raggiungendogli la testa di corsa. Poi, senza perdere neanche un secondo, salì sopra la sua faccia con un balzo e si portò proprio davanti ad uno dei suoi giganteschi occhi. Puntò contro di esso la lama della spada, fissandolo intensamente con lo sguardo freddo e calcolatore del Jougan.

“Calmati, Portatore del Potere!” disse con un tono freddo ed autoritario. “Non siamo dei nemici, vogliamo soltanto parlare!”

L’iride verde del Titano era fissa su di lui, le palpebre sgranate in un misto di stupore e rabbia.

“So che sei capace di sentirmi, Titano!” continuò ancora Boruto. “E so che sei anche capace di trasformarti in umano! Esci fuori da lì, voglio fare quattro chiacchiere con te!”

La possente creatura emise un sibilo furioso e tentò di muoversi, ma il Demone lo bloccò col suo peso un attimo dopo.

“Ti consiglio di fare come ti dico,” disse il ragazzo con un sorriso crudele. “Altrimenti la Volpe potrebbe spezzarti il collo prima che io possa fermarla!”

Come ad enfatizzare la minaccia, il Kyuubi emise un ringhio basso, le fauci ancora serrate attorno al collo della creatura.

Il guerriero e il Titano si fissarono per diversi istanti in silenzio, studiandosi a vicenda. Poi, improvvisamente, l’intera figura del gigante s’irrigidì ed i suoi occhi si fecero spenti e privi di vita. La sua enorme testa si piegò di lato.

E subito dopo, dalla nuca del Titano si aprì una fessura nella carne bruciata. Un getto di vapore e fumo esalò copiosamente fuori da essa, e dal suo interno venne fuori una figura.

Boruto ghignò di trionfo.

Dall’enorme collo del Titano era sbucato fuori un ragazzo.

“Maledetti assassini!” sibilò il misterioso personaggio con odio.

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Capitolo 31
*** Lacrime e Fiducia ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 
(L'immagine di Eren NON è mia! Tutti i diritti vanno all'autore originale!)


 
 

Lacrime e Fiducia


Boruto si portò davanti al ragazzo in un istante, puntandogli la spada sul collo.

“Non farei scherzi se fossi in te.” disse seriamente. “Non voglio farti del male, ma non posso correre il rischio che tu faccia qualcosa. Quindi ti consiglio di stare calmo.”

Il misterioso ragazzo snudò i denti, rabbioso. “Non credere di avermi in pugno, straniero!” sibilò con una voce minacciosa. “Posso ancora trasformarmi se necessario!”

Boruto lo guardò con severità “No, non puoi.” ribatté.

Il ragazzo sgranò gli occhi.

“Non puoi trasformarti di nuovo appena uscito dal corpo della tua forma di Titano,” spiegò ancora con un tono che mostrava di aver intuito la sua bugia. “Conosco molte cose sulla tua gente, e non riuscirai ad ingannarmi con le tue menzogne. Inoltre il mio occhio destro è capace di captare le emozioni negative, quindi me ne accorgerei subito se tu stessi mentendo.”

Lo sguardo del ragazzo si fece pieno di timore all’udire ciò, i suoi occhi spalancati dalla tensione erano fissi su quello destro di Boruto. Il Nukenin lo esaminò da capo a piedi con attenzione.

Doveva avere circa quindici o sedici anni al massimo, i suoi occhi erano grandi e di colore verde, mentre aveva dei capelli corti e castani. Indossava gli stessi abiti che aveva addosso anche Armin durante la loro breve discussione, ma portava alla cinta un piccolo arnese di metallo dalla forma strana. La mano del ragazzo andò d’istinto verso l’oggetto in questione, ma Boruto lo fermò toccandogli il collo con la lama fredda della spada.

“Non fare mosse azzardate,” lo ammonì con un tono freddo. “O ne pagherai le conseguenze.”

Il ragazzo si fermò all’istante, ma il suo sguardo rimase freddo e minaccioso.

Nel frattempo, Naruto disattivò la modalità Cercoterio e raggiunse Boruto assieme a tutti gli altri. La figura della Volpe si dissolse lentamente nel nulla.

“Chi è questo ragazzo?” domandò Minato una volta arrivato. “È veramente lui il Titano di prima?”

Boruto annuì. “Sì, non ci sono dubbi al riguardo.”

“Maledetti assassini!” esclamò improvvisamente il prigioniero. Il suo tono era pieno di rabbia, e fissava con odio i dieci ninja davanti a lui. “Anche se mi avete catturato, non vi rivelerò niente! E una volta che sarò libero vi uccider-”

THUD!

Con un rapido e preciso movimento del braccio, Boruto colpì con l’elsa della spada la nuca del ragazzo davanti a sé, togliendogli istantaneamente i sensi ed afferrando il suo corpo inerme prima che potesse cadere a terra. Minato e gli altri sgranarono gli occhi.

“Boruto!” esclamò Naruto. “Che stai facendo?”

Il giovane si caricò in spalla il corpo privo di sensi. “L’ho spedito nel mondo dei sogni.” rispose senza battere ciglio. “Era troppo scosso ed arrabbiato per poterlo convincere a calmarsi. Un po’ di sonno forzato dovrebbe riuscire a raffreddare i suoi bollenti spiriti.”

“E adesso cosa facciamo?” gli domandò Minato, guardandolo torvo.

“Adesso riposiamo.” ribatté il Nukenin. “Dovremmo tornare a nasconderci e recuperare le energie. Siamo tutti stanchi dopo gli eventi che sono successi. E qualcuno non si è ancora ripreso dopo la lezione che gli sono stato costretto ad impartire …”

Il suo occhio destro si posò per qualche istante su Fugaku e Sasuke, i quali rimasero saggiamente zitti, ma continuarono a fissarlo con uno sguardo freddo e rabbioso. Gli altri preferirono non dire nulla per non peggiorare la situazione.

“Quando si sarà svegliato,” riprese a dire Boruto subito dopo, guardando di sbieco il ragazzo sulle sue spalle. “Allora lo interrogheremo e cercheremo di capire qualcosa su tutta questa faccenda.”

Minato sospirò. “Molto bene,” disse alla fine. “Torniamo nella casa di prima. Riposeremo tutti appena giunti lì.”
 


TRE ORE DOPO

Era ormai pomeriggio inoltrato. I dieci ninja erano tornati nella casa in cui erano stati precedentemente in mattinata, riposandosi e mangiando qualcuna delle pillole che l’Eremita aveva donato loro all’inizio del loro viaggio.

Il pomeriggio era stato trascorso per la maggior parte in silenzio. I dieci ninja non si erano scambiati quasi nessuna parola tra di loro, restando ognuno assorto nei propri pensieri. Era evidente che ci fosse parecchia tensione fra loro. Le azioni di Boruto avevano allertato tutti, ed anche l’atteggiamento di Sasuke e Fugaku aveva influito sulla situazione.

In primo luogo, i due Uchiha si erano mostrati incuranti della missione, ed avevano rischiato di mettere a repentaglio tutto il destino del mondo per vendicarsi delle azioni del ragazzo del futuro, incuranti dei richiami e delle proteste di tutti gli altri. A causa di ciò, seppur inconsciamente, gli altri avevano cominciato a guardarli in maniera diversa, tenendosi ad una certa distanza da loro. Nessuno dei due sembrava curarsene, ma la rabbia che provavano nei confronti del Nukenin era evidente ai loro occhi. Il ragazzo li aveva umiliati entrambi senza fatica, ed erano intenzionati a vendicarsi. Le cose si sarebbero potute mettere molto male se non si fosse trovata una soluzione.

Con Boruto, invece, la situazione era diversa. Il giovane si era rivelato ancor più pericoloso di quanto Naruto e gli altri si fossero immaginati. Quella mattina era riuscito letteralmente a farsi beffe di tutti loro! Era riuscito a sconfiggere ed incapacitare i due Uchiha senza problemi, riuscendo nel mentre a non farsi fermare dagli altri. Lo stesso Minato non era riuscito a fermarlo! Il suo potere, la sua velocità e le sue abilità erano strabilianti. Senza contare poi la sua misteriosa e sconosciuta abilità oculare. Tutti i presenti, tranne forse Sarada, non poterono evitare di provare sospetto nei suoi confronti.

Non poterono fare a meno di avere paura di lui.

Ma lui, come al solito, non si curava dei loro pensieri, restando sempre da solo e in disparte rispetto al gruppo.

Fu quando il sole del pomeriggio cominciò discendere verso la terra che il prigioniero che avevano catturato cominciò a riacquistare i sensi. I suoi occhi cominciarono ad aprirsi, e la testa prese a muoversi a destra e a sinistra.

“Uuuugh…” gemette il ragazzo. “D-Dove sono?”

“Sei al sicuro, prigioniero.” fece una voce fredda alla sua destra.

Il ragazzo si voltò appena riuscì a riprendere  completamente i sensi, e sgranò gli occhi dallo stupore. Si trovava all’interno di una casa distrutta del Distretto, circondato da degli estranei che lo guardavano come se fosse una specie di animale pericoloso. Gli stessi estranei di prima che lo avevano sconfitto usando quei poteri misteriosi. Gli stessi estranei che avevano ucciso il suo migliore amico.

Tentò subito di muoversi, ma si rese conto di non riuscirci dopo un secondo. Le sue mani erano legate dietro la schiena, realizzò, e le sue gambe avvolte da una robusta corda all’altezza delle ginocchia.

Il ragazzo sentì la tensione salire alle stelle, il suo cuore batté all’impazzata.

“Rilassati,” fece la voce di prima. “Non vogliamo farti del male.”

Si voltò verso l’origine della voce. Lo stesso ragazzo di prima, il biondino con quell’occhio spaventoso e con la cicatrice sulla faccia si avvicinò a lui a passo lento. Il suo occhio destro era chiuso, ma quello sinistro lo guardava con uno sguardo freddo e privo di emozione. Preso dallo spavento, il ragazzo trattenne il fiato.

“Tranquillo,” fece un altro degli stranieri, un uomo alto con dei lunghi e spigolosi capelli biondi. “Non ti accadrà niente. Vogliamo solo farti delle domande.”

“E per quale motivo mi avete catturato e legato allora?” sbottò lui, gli occhi aggrottati e pieni di rabbia.

Fu una ragazza con dei lunghi capelli neri e degli occhiali a rispondere. “Per la tua sicurezza. Appena ti sei mutato in umano eri talmente agitato che avresti potuto attaccarci una seconda volta. Ti abbiamo legato per evitare scontri inutili.” spiegò.

“Ne abbiamo già avuti abbastanza per oggi…”

Il prigioniero li guardò uno ad uno con sospetto e rabbia. Non si fidava per nulla delle loro parole. Era certo che queste persone, chiunque loro fossero, volessero estrapolare informazioni su di lui per qualche motivo. Non avrebbe donato loro questa soddisfazione. Aveva già perso la sua famiglia ed i suoi amici, tanto valeva morire a questo punto.

“Non ho intenzione di dirvi nulla!” disse con decisione. “Non importa cosa mi farete, le mie labbra non vi diranno niente!”

Un altro ragazzo biondo, quest’ultimo con degli strani tatuaggi sulle guancie, si fece avanti. “Ti abbiamo già detto che non ti faremo nulla,” disse, il suo tono calmo ma determinato. “E non vogliamo estrapolare informazioni da te! Vogliamo soltanto sapere cosa sta succedendo!”

“E chi ti fa pensare che io creda alle vostre parole?” ribatté ancora il ragazzo.

“Mi sto stufando,” disse ad un tratto un ragazzo coi capelli neri. “Non possiamo perdere tempo. Posso riuscire a farlo parlare in un secondo usando il mio Sharingan.”

“Ohi, Sasuke!” riprese ancora il biondo di prima con forza. “Non dire queste cose! Così non si fiderà di noi neanche fra cento anni!”

Il ragazzo corvino, Sasuke, lo guardò di sbieco. “Non sembra voler collaborare in alcun modo,” disse con un tono distaccato. “Io ho solo fatto una proposta, Naruto. Non c’è bisogno di fare tanto l’aggressivo.”

“Temee!” sibilò Naruto facendo un passo verso l’altro. “Parli proprio tu?”

“C-Calmati Naruto-kun!” fece una ragazza con degli strani occhi pallidi.

“Piantatela!” esclamò una donna con i capelli rossi, dando un pugno sulla testa del biondino. Naruto si massaggiò la testa, imprecando a denti stretti.

“C-Chi diavolo sono questi?” si domandò il misterioso ragazzo, confuso.

“Ignora quei due,” disse ancora il ragazzo col mantello, inginocchiandosi davanti a lui. “E torniamo a noi. Il mio nome è Boruto Uzumaki. Come ti ho già detto, non siamo tuoi nemici e non vogliamo farti alcun male. Abbiamo solo bisogno di farti delle domande, e poi sarai libero di andartene. Hai la mia parola.”

“Non me ne faccio niente delle vostre promesse, assassini!” sputò velenosamente il prigioniero.

Gli altri s’irrigidirono all’udire quelle parole.

“È la seconda volta che ci chiami in quel modo,” disse un uomo con i capelli neri e gli occhi sottili. “Perché ci consideri degli assassini?”

Il ragazzo strinse i denti. “Perché lo avete ucciso!” sbottò con rabbia.

Boruto aggrottò le sopracciglia. “Ucciso chi?” chiese, il suo tono serio.

L’altro non rispose, continuando a fissarli con odio.

“Parli forse di Armin Arlert?” domandò ancora il biondo con la cicatrice.

Il corpo del prigioniero si fece rigido appena udì quel nome, i suoi occhi si sgranarono a dismisura.

“C-Come fai a sapere quel nome?” urlò, sconvolto.

L’espressione di Boruto si fece per qualche motivo triste e piena di rammarico. “Ho parlato con lui stamattina,” spiegò lentamente. “Poco prima che fosse ucciso da un membro del mio gruppo.”

Il ragazzo non riusciva a credere alle sue parole. “Hai parlato con lui?” esclamò, incredulo. “Era un GIGANTE! NON POTEVA PARLARE! NON MENTIRMI, ASSASSINO!”

Il biondo non sembrò affatto turbato dalle sue accuse, ma continuò a fissare in basso.

“Il mio occhio destro,” disse improvvisamente, aprendolo davanti a lui. “Mi permette di vedere molte cose che l’occhio umano non riesce a neppure ad immaginare. Una delle cose che riesco a vedere grazie ad esso sono le anime dei defunti.”

Il prigioniero sgranò gli occhi all’udire ciò, ed anche tutti gli altri rimasero scioccati. Boruto era consapevole che stava rivelando informazioni su di sé davanti a tutti, ma in quel momento non se ne curò. Non avrebbe permesso di perdere l’unica possibilità che aveva per scoprire qualcosa sulla gente di Mikasa solo per proteggere i suoi segreti. Non poteva farlo. Questa poteva essere la sua unica possibilità. Doveva dire la verità e convincere quel ragazzo. Doveva farlo per lei.

Perché lei era troppo importante per lui.

“So che potresti non credermi,” continuò Boruto con un sorriso triste. “Ma ti sto dicendo la verità. Ho parlato con Armin, e lui mi ha rivelato delle cose che vorrei chiederti di confermarmi.”

Gli occhi sgranati del ragazzo non si calmarono affatto. “E cosa ti avrebbe detto?”

Il Nukenin chiuse l’occhio destro. “Mi ha detto di salutare da parte sua il suo migliore amico, un certo Eren Jaeger, e di dirgli che adesso è felice perché è riuscito a riunirsi con tutte le persone che aveva perso in vita.”

L’espressione del prigioniero si riempì di sgomento appena registrò quelle parole, i suoi occhi si spalancarono ulteriormente. Tutto il suo corpo divenne rigido e teso, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica che lo avesse fulminato.

Boruto rimase confuso dal suo atteggiamento. “Cosa succede?” chiese, allarmato.

Il ragazzo non rispose, ma abbassò la testa all’improvviso, tutto il corpo scosso da tremiti. Gli altri si avvicinarono a lui, confusi e preoccupati dalla reazione del ragazzo. Una sola lacrima cadde a terra dalla sua faccia.

“Stai…” cominciò a dire poi, la sua voce tremendamente prossima al pianto. “Stai dicendo la verità? Hai davvero parlato con Armin?”

Il ragazzo del futuro annuì. “Sì. Sono serio. Lo giuro sul mio onore!”

Il prigioniero lo guardò con gli occhi pieni di lacrime per alcuni secondi. “I-Io sono Eren Jaeger!” disse alla fine, la sua voce rotta dal dolore e dai singhiozzi. “Armin era il mio migliore amico!”

Boruto rimase sconvolto. Quel ragazzo davanti a loro era davvero la persona a cui si riferiva Armin? Era davvero Eren Jaeger? Non lo avrebbe mai detto! Gli altri ascoltavano con stupore il loro discorso, restando in silenzio per riuscire a capire la situazione.

“M-Mi dispiace, Eren,” disse il biondo a testa bassa, il suo tono genuinamente addolorato. “Avevo promesso ad Armin che lo avrei lasciato vivere, ma purtroppo un membro del mio gruppo lo ha attaccato pensando che io fossi in pericolo… Non volevo che andasse così, lo giuro.”

Eren non rispose, limitandosi a fissare l’occhio sinistro del biondo con i suoi pieni di lacrime e sconforto. Non riusciva a vedere nessun segno di menzogna nel suo volto, ma solo dolore e pentimento per quello che era successo. Non stava mentendo. Le sue parole erano veritiere. Il ragazzo non sapeva se ridere o piangere.

“C-Chi?” disse dopo alcuni secondi Eren, il suo tono freddo e pieno di collera. “Chi lo ha ucciso?”

Boruto fece per rispondere, ma qualcuno lo batté sul tempo.

“Sono stato io.” disse Sasuke, il suo tono basso ed incredibilmente pieno di rammarico. “Ho dato io il colpo di grazia a quel Gigante. Pensavo che avesse attaccato Boruto, e l’ho ucciso…”

Lo sguardo di Eren era colmo di furia e brama di uccidere. “MALEDETTO!” urlò a squarciagola. “Lo hai ucciso! Te la farò pagare! Appena mi sarò liberato ti farò fuori con le mie stesse mani! Assassino! Bastardo! DEMONIO!”

Sasuke abbassò lo sguardo, accettando in silenzio le imprecazioni e gli insulti colmi di disperazione che il prigioniero gli stava lanciando addosso. In quel momento, il giovane Uchiha si sentì esattamente come si era sentito nel momento in cui aveva rivisto di nuovo i suoi genitori, appena giunto in questo mondo. Si sentì di nuovo pieno di dubbi, di incertezze e di dolore per le sue azioni. Si sentì di nuovo pieno di disperazione come quella notte, quando Itachi uccise tutto il suo clan.

Sasuke aveva sempre pensato fino ad oggi che la persona peggiore del loro gruppo fosse Boruto, ma adesso era consapevole che questo non era vero. Boruto lo aveva attaccato perché lui aveva commesso una vera mostruosità. Aveva ucciso a sangue freddo un altro essere umano.

La realizzazione lo colpì come un pugno sullo stomaco. Il vero assassino del gruppo non era Boruto. Era lui stesso. Perché Sasuke era come un mostro. Anzi, lui era il vero mostro. Un mostro troppo accecato dalla rabbia e dall’arroganza. Un mostro incapace di portare alcun bene a nessuno. Un mostro capace soltanto di causare egoisticamente dolore agli altri.

Gli altri non dissero niente, ma sentirono il loro cuore farsi pesante nel petto alla rivelazione. Adesso avevano capito perché Boruto si era infuriato tanto con l’Uchiha quella mattina. Adesso avevano capito il motivo che stava dietro la sua collera. E nessuno di loro, neanche Fugaku, riuscì a discernere quale fosse la cosa giusta da fare in quel momento. Non sapevano cosa pensare.

“Non c’è ne bisogno, Eren.” disse lentamente Boruto. “Ho già punito Sasuke per quello che ha fatto ad Armin. Gli avevo promesso che gliel’avrei fatta pagare per averlo eliminato in quel modo. E oramai sono certo che si sia pentito delle sue azioni.”

Sasuke e gli altri sgranarono gli occhi. Boruto lo stava difendendo. Non riuscivano a crederci. Proprio lui che quella mattina lo aveva attaccato con tanta rabbia e sete di vendetta, adesso lo stava difendendo davanti ad Eren e a tutti loro. Lo stava giustificando.

“Non m’interessa affatto!” ruggì furiosamente Eren. “Sarò io stesso ad ucciderlo!”

Boruto poggiò una mano sulla sua spalla, guardandolo negli occhi. “Credimi,” disse sommessamente. “Avrei voluto ucciderlo anche io in quel momento! Ero talmente infuriato per ciò che ha fatto che lo avrei fatto a pezzi io stesso!”

Un brivido percorse la schiena del giovane Uchiha.

“Io non conoscevo Armin,” continuò ancora. “Ma, appena l’ho visto, ho capito subito una cosa. L’ho visto dai suoi occhi. E la cosa che ho capito è che Armin deve essere stato una persona incredibilmente buona in vita. Deve essere stato un grandissimo amico, una persona meravigliosa, un compagno fedele.”

Boruto fece una pausa, ricordando con la mente l’incontro che aveva avuto con quel poveretto.

“Armin doveva essere un grande uomo,” disse poi con un sorriso. “Mentre parlavamo, non ha fatto altro che ringraziarmi per tutto il tempo. Aveva un cuore buono e gentile, non può non essere così. Mi sbaglio forse?”

Eren annuì, la testa bassa e le lacrime che continuavano a colare copiosamente. Sì, quello era proprio l’atteggiamento che Armin avrebbe assunto in una simile situazione. Lo conosceva troppo bene. Ne era certo.

“Per questo volevo uccidere Sasuke,” continuò il biondo. “Volevo vendicarlo. Lo avevo promesso ad Armin. Era la cosa più giusta! La cosa più logica da fare!”

Il biondo chiuse gli occhi, cercando di mantenere la calma e di non farsi prendere ancora una volta dalla rabbia.

“Ma poi, ad un tratto, ho ricordato una cosa.” spiegò lentamente. “Una cosa che ho imparato anni fa…”

Eren, col volto in lacrime, alzò lo sguardo su di lui.

Boruto fece un sorriso triste. “Ucciderlo non l’avrebbe riportato indietro.” disse. “Non sarebbe cambiato niente. Armin non tornerà più, anche se Sasuke dovesse morire. Ed ucciderlo non riempirà il vuoto nel nostro cuore. Non sarebbe servito a nulla.”

Eren sgranò gli occhi.

“Per questo ho deciso di risparmiarlo.” spiegò il ragazzo del futuro. “Perché così potrà essere in grado di redimersi per le sue azioni. Perché così potrà espiare i peccati che ha commesso. Perché è la cosa giusta da fare. Perché questo è ciò che vorrebbe Armin.”

Gli altri ascoltavano con muto stupore le parole di Boruto. Non riuscivano a credere alle loro orecchie. Non avrebbero mai potuto immaginare che il Nukenin potesse essere così sensibile nei confronti della morte. Il suo atteggiamento era sempre freddo e distaccato, e le uniche emozioni che avevano visto in lui fino ad ora erano l’indifferenza e la rabbia.

Ma adesso, davanti ai loro occhi, una nuova realtà si era rivelata. Una seconda sfaccettatura dell’enorme mistero che era per loro Boruto Uzumaki. Una saggezza, una profondità di pensiero ed una sensibilità che non si sarebbero mai aspettati di vedere nelle parole di quel ragazzo. Una comprensione ed una maturità che erano rare in uno Shinobi a quell’età.

E adesso quel ragazzo, che tra l’altro non era neanche uno Shinobi, stava rivelando loro un altro piccolo brandello di sé, uno spiraglio della sua persona, un sussurro della sua essenza. Una forza ed una saggezza che nessuno di loro si aspettava.

Sasuke sentì le lacrime formarsi nei suoi occhi all’udire quelle parole.

Eren era a sua volta rimasto sconvolto dalle parole del ragazzo inginocchiato davanti a sé. Il suo corpo si era come pietrificato, incapace di reagire. La sua mente stava lentamente cercando di assimilare, di accettare quelle parole.

Non sarebbe cambiato nulla. Armin non tornerà più.

Faceva male. La consapevolezza di quella realtà era terribile, e lui lo sapeva bene. Aveva perso molti dei suoi amici in passato, e prima ancora di essi era rimasto senza famiglia. Sapeva bene cosa si provava a restare da soli, a perdere le proprie persone care. Eppure, ogni volta che capitava di nuovo, il dolore non diminuiva. La sofferenza non si arrestava. Le lacrime non si fermavano.

Uccidere quel Sasuke non avrebbe portato nulla. La vendetta non avrebbe giovato al suo animo. Non gli avrebbe restituito ciò che è andato perduto. E lui, in fondo al cuore, lo sapeva già. Lo aveva già provato.

Eppure, in quel momento, la cosa che lo colpì di più fu vedere l’occhio di Boruto. Quell’occhio azzurro pieno di dolore, di sofferenza, di stanchezza.
Quell’occhio pieno di comprensione. Boruto riusciva a comprendere ciò che lui stava provando.

Fu appena vide tutto questo riflesso in quell’occhio azzurro che Eren ebbe la certezza di una cosa. Boruto non stava mentendo. Le sue parole erano veritiere. Il suo dolore era lo stesso che provava lui. Loro due, in qualche modo, erano simili.

La cosa lo sconvolse.

“Perdonami!” fece poi una voce all’improvviso.

Boruto e Eren si voltarono entrambi verso l’origine della voce. Sasuke era andato davanti a loro, la sua faccia colma di dolore e pentimento.

“Ho commesso un crimine imperdonabile,” disse con voce strozzata l’Uchiha. “Ho ucciso il tuo amico senza pietà. Non merito di essere perdonato da te, Eren Jaegar. Ma, per quanto patetico possa sembrare, voglio chiederti scusa per quello che ho fatto ad Armin. Voglio almeno farti sapere che sono davvero pentito per ciò che ho commesso. Anche se è impossibile, se potessi tornare indietro lo farei.”

Tutti rimasero stupiti dalle parole di Sasuke. Mai prima d’ora il ragazzo si era mai comportato in quel modo così pentito, così pieno di dolore. Così umano. Naruto e Sakura, che lo conoscevano da anni, rimasero basiti da quel suo improvviso atteggiamento. Non avrebbero mai potuto immaginare che una cosa del genere potesse accadere.

Eppure, grazie all’intervento e alle parole di Boruto, era successo.

“Io ti perdono…” disse improvvisamente Eren, scioccando ulteriormente tutti quanti. Boruto si voltò di nuovo verso di lui.

“Portare rancore non cambierà le cose,” continuò a dire sommessamente il ragazzo. “La vendetta non serve a nulla. E Armin non vorrebbe una cosa del genere.”

Il ragazzo del futuro sorrise.

“Crederò alle tue parole, Boruto Uzumaki.” dichiarò debolmente Eren, fissandolo negli occhi. “E mi fiderò del fatto che tu e tutti voi non siate dei nemici per me. Mi fiderò del fatto che Armin ti abbia riferito questo messaggio.”

“Ti ringrazio, Eren.” disse il Nukenin con un sorriso.

Poi, tirando fuori la spada da dietro la schiena, il giovane tagliò le corde che legavano le braccia e le gambe del ragazzo, e lo aiutò a rimettersi in piedi afferrandolo per una mano.

“Questo è per ricambiare la nostra fiducia reciproca.” disse Boruto.

Eren sorrise, annuendo leggermente ed asciugandosi le lacrime dagli occhi.

Naruto, Sasuke e tutti gli altri sorrisero.

“Allora,” disse poi il misterioso ragazzo, assumendo un atteggiamento serio. “Che cosa volete sapere?”


 

NOTE DELL'AUTORE!!!
Salve gente! Oggi ho deciso in via del tutto eccezionale di pubblicare un nuovo capitolo in anticipo!
Questo perchè siamo finalmente arrivati esattamamente a metà della storia!
Infatti proprio qualche giorno fa ho pubblicato il capitolo 30, ed esattamente al capitolo 60 'La Battaglia di Eldia' giungerà finalmente alla conclusione!
Io ho quasi terminato di scrivere gli ultimi capitoli in questi giorni poichè ho avuto un pò di tempo libero, ma per arrivare alla fine della storia ci vorrà ancora un bel pò di tempo perchè non sempre ho la possibilità di pubblicare liberamente come oggi.

Inoltre ne approfitto per dirvi che ho scoperto il modo di aggiungere delle immagini ai capitoli grazie all'aiuto di alcuni utenti che me l'hanno spiegato, e ho intenzione di sfruttare questa opportunità per mostrare dei disegni che ho fatto io inerenti alla storia.
(Vi chiedo infatti di visitare il primo capitolo della storia, poichè ho aggiunto proprio lì la prima immagine fatta da me!)

Detto questo, grazie mille a tutti quelli che leggeranno e soprattutto a quelli che lasceranno un commento! Il prossimo capitolo uscirà domani 15 ottobre!
 

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Capitolo 32
*** Spiegazioni ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!

ATTENZIONE: la storia che leggerete qui sotto è liberamente ispirata alla trama originale dell'Attacco dei Giganti! Se non volete sapere nulla al riguardo NON LEGGETE!


 

Spiegazioni


“Che cosa volete sapere?”

Boruto sospirò, chiudendo gli occhi. Quella non era affatto una domanda facile. C’erano troppe cose che voleva sapere. Troppe informazioni che sperava di ottenere. Le domande e i dubbi nella sua testa erano molti. Ma adesso doveva trattenere la curiosità. Doveva prima sapere le cose che riguardavano quel mondo.

Non solo per lui, ma per tutti gli altri. Avevano bisogno di informazioni.

“Cominciamo con calma,” disse dopo un attimo di riflessione. “Penso che prima di porti le nostre domande sia d’obbligo informarti della nostra situazione.”

Eren lo fissò attentamente, annuendo una sola volta col capo.

Boruto aprì l’occhio sinistro. “Devi sapere che io e i miei compagni,” cominciò a dire, puntando con un pollice alle persone alle sue spalle. “Non siamo dei semplici stranieri. Noi siamo uomini provenienti da un posto completamente diverso. Siamo delle persone che non appartengono a questo luogo.”

“Che vuoi dire?” domandò il ragazzo, sospettoso. “Chi siete allora? Da dove venite?”

Boruto sorrise. “Da un altro mondo.”

Eren sgranò gli occhi, allibito. “C-Che cosa?”

“Noi non siamo di questo mondo,” spiegò ancora il biondo seriamente. “Veniamo da una dimensione completamente diversa da questa. In pratica, siamo delle persone provenienti da un mondo differente dal tuo.”

Minato fece un passo avanti. “È vero.” confermò a sua volta con un tono serio. “Noi non siamo persone provenienti da questo mondo. Siamo giunti in questa dimensione a causa di circostanze particolari.”

Eren era rimasto letteralmente sconvolto. Non riusciva a credere alle loro parole. “Com’è possibile?” domandò, incredulo. “Mi state dicendo che tutti voi siete nati in un altro mondo completamente diverso?”

Boruto annuì. “Esatto.” rispose. “Se ben ricordi, quando ti abbiamo affrontato in forma di Titano, io e gli altri abbiamo usato degli attacchi particolari contro di te. Degli attacchi che ci hanno permesso di sconfiggerti con relativa facilità.”

Eren sgranò gli occhi. Ricordava bene lo scontro di prima. Boruto e gli altri avevano realmente usato delle strane abilità per sconfiggerlo. Quella palla di fuoco, quella gigantesca Volpe con nove code erano cose che lui non aveva mai visto prima d’ora. Come facevano ad usare dei poteri simili?

“Le abilità che abbiamo usato,” riprese a dire il biondo. “Provengono dalla nostra dimensione. Nel nostro mondo esistono diversi uomini capaci di compiere simili azioni, poiché in quella dimensione noi siamo in grado di controllare ed usare l’energia che scorre nel nostro corpo.”

Eren lo fissò, confuso. “Energia?” domandò, incapace di capire.

Boruto gli puntò un dito addosso. “Il concetto è simile a quello che accade quando ti trasformi in Titano.” spiegò. “Per riuscire a mutare la sua forma, un Titano deve necessariamente ferirsi, facendo uscire del sangue dal suo corpo per compiere la trasformazione. Non è vero?”

L’altro annuì, basito. Era la verità. Ma come faceva quel tipo a sapere queste cose?

“Quando il sangue esce dal corpo,” continuò Boruto. “Il vostro cervello attiva un meccanismo particolare grazie al quale il corpo viene percorso da un’energia che lo fa trasformare. Un’energia simile ad un fulmine. Sono certo che tu l’abbia già sperimentata diverse volte, o sbaglio?”

Eren rimase scioccato. Era vero. Lo aveva sentito diverse volte. Ogni volta che si trasformava, il suo intero corpo veniva percorso da qualcosa, qualcosa di simile ad una scossa elettrica. Ma molto, molto più intensa e potente.

“S-Sì,” confermò poi con una voce incerta. “Ho sentito una specie di energia attraversarmi il corpo quando mi sono trasformato…”

Il ragazzo del futuro annuì. “Quell’energia che hai sentito,” disse. “È la stessa che possediamo noi. Nel nostro mondo noi la chiamiamo chakra, ma il concetto è lo stesso. È grazie ad essa che siamo in grado di compiere quegli attacchi che abbiamo usato contro di te, ed anche molte altre abilità. Ed è grazie ad essa che tu invece sei in grado di trasformarti in Titano.”

Eren annuì. Non aveva capito tutta la spiegazione, ma il concetto era chiaro.

“Se quello che dite è vero,” disse allora. “Se siete realmente di un altro mondo, allora come siete arrivati qui?”

Questa volta fu Fugaku a rispondere. “Non siamo giunti in questo posto per nostra volontà,” rispose. “Un essere di un mondo diverso dal nostro ci ha condotto qui, poiché questa dimensione e la nostra sono in pericolo.”

“In pericolo?” domandò il ragazzo, allibito. “Che vuoi dire?”

Naruto fece un passo avanti. “Un drago ha intenzione di divorare i nostri mondi,” disse con foga. “E, secondo l’entità che ci ha condotti qui, esso sta già tentando di distruggere questo mondo assorbendone l’energia in qualche modo. Il nostro obiettivo è trovarlo per impedirgli di riuscire a eliminare i nostri mondi!”

Eren era completamente sconvolto. “Un drago?” ripeté, allibito. “Un drago sta distruggendo il mio mondo?”

“Per quanto possa sembrarti assurdo,” disse Boruto. “Questa è la verità. Questo drago, Vrangr, è una creatura che ha già distrutto diversi mondi in passato, e noi siamo stati portati qui per riuscire a fermarlo una volta per tutte.”

“Ma com’è possibile?” ribatté Eren, incapace di comprendere la situazione. “Credevo che i draghi fossero solo creature leggendarie che esistono solo nelle storie!”

“Eppure,” disse Minato. “Per quanto assurdo possa sembrare, tutto quello che ti abbiamo detto è la verità. Noi stessi stentiamo ancora a crederci, ma il fatto che noi siamo giunti in questo mondo è una prova di ciò.”

Il ragazzo li fissò uno ad uno per diversi secondi. Non riusciva a vedere nessun segno di falsità nei loro volti, ma loro stessi sembravano essere incapaci di credere alle loro stesse parole. Cosa diavolo stava succedendo? Le loro parole erano vere? Esistevano davvero diversi mondi? Esisteva davvero un drago che stava minacciando di distruggere Eldia?

“Ammettendo che ciò che avete detto sia vero,” disse improvvisamente Eren con un tono serio. “Perché mi avete rivelato queste cose? Che tipo di domande vorreste farmi?”

Boruto appoggiò la schiena alla parete, incrociando le braccia e fissandolo di sbieco con l’occhio sinistro.

“Semplice,” rispose. “Te lo abbiamo rivelato perché vogliamo che tu ti fidi di noi. Non siamo tuoi nemici. Non siamo qui per causarti problemi, e neanche per un qualche guadagno personale. Il nostro obiettivo è fermare il drago, e nient’altro. E tu potresti rivelarci cose che potrebbero esserci molto utili per questo scopo…”

Eren si voltò verso di lui. “Non so nulla di questo fantomatico drago,” disse subito. “Cosa potrei rivelarvi di utile?”

“Informazioni.” rispose subito il Quarto Hokage. “Tu sei l’unica persona che abbiamo incontrato da quando siamo giunti in questo mondo. Non sappiamo nulla di Eldia e delle sue storie. Non sappiamo cosa aspettarci da questo posto. Questo è ciò che vorremmo tu ci dicessi.”

Il ragazzo rimase in silenzio per diversi secondi, riflettendo sul da farsi. Aveva detto che si sarebbe fidato di queste persone, e al momento non sembravano essere ostili nei suoi confronti, né parevano avere intenzioni malvagie. Avevano detto che volevano la sua fiducia. Ma la loro storia era davvero troppo strana. Eren non sapeva se poterci credere o meno.

E se alla fine tutti loro si fossero rivelati degli impostori? Se non avessero fatto altro che ingannarlo per tutto questo tempo? In tal caso, rivelare loro troppe informazioni avrebbe potuto compromettere la sicurezza dei pochi esseri umani rimasti a Eldia. Questo era inaccettabile. Non poteva permettere una cosa del genere.

“Ho detto che mi sarei fidato di voi,” disse ancora. “Ma sappiate che ci sono alcune informazioni che non posso ancora rivelarvi. Non mi fido completamente della vostra storia. Non posso rischiare.”

Boruto sorrise. “Non preoccuparti,” gli disse semplicemente. “Se non vorrai rispondere, allora non ti forzeremo a parlare. Hai la mia parola.”

Eren lo osservò attentamente. Quel Boruto Uzumaki lo intrigava non poco. La sua figura era quasi affascinante, come se fosse circondata da un’aura di mistero. Senza contare la forza che aveva mostrato nel loro precedente scontro. La sua espressione era sempre calma e priva di emozione, ma fino a qualche minuto fa aveva mostrato anche una grande comprensione e sincerità nei suoi confronti.

Decise di stare al loro gioco, e di vedere se fossero davvero delle persone di cui poteva fidarsi.

“Se la mettete così, allora chiedete pure.” disse Eren, sedendosi a terra in attesa.

Il Nukenin non perse tempo. “Cosa è successo a questa città?” domandò subito. “Chi l’ha distrutta?”

L’espressione di Eren si fece improvvisamente seria e piena di dolore all’udire la domanda. La sua testa si abbassò, lo sguardo fisso sul pavimento.

“Sono stati i Titani,” rispose sommessamente. “Dodici anni fa.”

Gli altri sgranarono gli occhi. I Titani avevano fatto tutto questo? Com’era possibile? E per quale motivo lo avevano fatto?

L’occhio sinistro di Boruto si ridusse ad una fessura. “Quindi Armin aveva ragione…” pensò.

“Che significa?” domandò Naruto, incredulo. “Tu sei un Titano, giusto? Perché avete attaccato questa città?”

Eren lo fissò per qualche secondo. “Conoscete la differenza tra Titani e Giganti?” chiese a sua volta. Gli altri scossero la testa in risposta.

“Io la conosco,” rispose invece Boruto alla sua destra. “Ma gli altri no. Potresti spiegargliela in breve?”

Il ragazzo sospirò. Se il biondo col mantello la conosceva allora restare in silenzio non serviva a nulla. Tanto valeva rivelare come stavano i fatti a tutti.

“Lasciate che vi spieghi come stanno le cose.” cominciò così a dire, il suo tono lento e serio. “Qui a Eldia ci sono alcuni esseri umani che sono dotati di un potere particolare. Questo potere è antico e misterioso, e viene ereditato di generazione in generazione a persone diverse. Esso conferisce a coloro che lo possiedono un’abilità specifica. L’abilità di trasformarsi in creature senzienti e dall’aspetto gigantesco. Le persone capaci di fare ciò sono i Titani!”

“Aspetta,” lo interruppe Sakura. “Stai dicendo che non tutti gli esseri umani di questo mondo sono capaci di trasformarsi?”

Eren annuì. “Esattamente.” rispose. “Solo nove esseri umani in tutto il mondo, in questo mondo, sono capaci di diventare Titani. Io stesso possiedo questo potere, e sono quindi uno dei nove Titani.”

“E quei Giganti che abbiamo visto prima?” chiese Mikoto. “Non erano anche loro Titani?”

Il giovane scosse la testa. “Quelli erano Giganti Puri.” rispose con un tono sommesso. “Sono essenzialmente esseri umani che sono stati trasformati da altri esseri umani in quelle creature. A causa di ciò, essi perdono la ragione e i ricordi, e vagano senza meta per l’eternità con l’unico scopo di divorare altre persone.”

Naruto non riusciva a crederci. Dunque quelle creature erano davvero persone come loro. Erano veramente esseri umani. Boruto aveva ragione. Una forte rabbia cominciò a crescere in lui appena realizzò la cosa.

“Chi?” domandò con un tono furioso. “Chi è stato capace di trasformare delle persone in quelle cose?”

Eren chiuse gli occhi. “Per spiegare ciò, c’è bisogno prima che io vi racconti la storia dei Titani dall’inizio, mostrandovi la maledizione che il loro potere ha portato su questa terra.”

Sasuke lo guardò con uno sguardo pieno di interesse. “Se questo potere di cui parli è ereditario, come lo hai acquisito?” domandò.

“Quando una persona col potere dei Titani muore, esso viene automaticamente tramandato ad un’altra persona che sta per nascere o che è nata da poco.” spiegò il ragazzo. “Non vi è alcun modo per poter arrestare questo processo. Per questo motivo in passato, quando un Titano moriva, le autorità dei vari regni di Eldia cercavano di capire a chi fosse stato passato il potere osservando i neonati dei loro paesi.”

Gli altri ascoltavano in silenzio la spiegazione.

“Nei secoli passati, per mantenere la pace, i nove regni di Eldia avevano deciso di tenersi per sé un Titano ciascuno, in modo da raggiungere un equilibrio tra loro ed evitare lo scoppio di guerre. Tuttavia, circa duecento anni fa, questa pace è stata violata, perché nel regno di Hangst, dopo la morte dell’ultimo re, scoppiò una guerra civile che portò alla distruzione totale del regno stesso. Subito dopo questi eventi, gli otto Re dei regni rimasti non riuscirono a trovare un accordo per spostare il Titano che era rimasto all’interno del territorio di Hangst, e a causa di ciò scoppiò una guerra sanguinosa e terribile che durò per circa ottant’anni. La cosiddetta Guerra dei Titani.”

Naruto e gli altri sgranarono gli occhi. Il ragno di Hangst era quello che avevano visitato circa sei giorni fa quando avevano raggiunto la Fortezza di Alkatraz. Possibile che la storia che avessero letto in quel castello fosse collegata a tutto questo?

“Alla fine della Guerra,” continuò Eren. “Erano rimasti in piedi soltanto due regni. Il regno di Marley e quello di Paradis, i quali continuarono a lottare tra loro per il possesso dei Titani. Ciò era dovuto al fatto che il numero dei Titani, nove, era dispari, e non era più possibile dividerseli equamente in due. La guerra tra i due regni non terminò mai ufficialmente, e fino a qualche decennio fa gli scontri continuarono senza sosta.”

Eren sospirò, poggiando la testa al muro e guardando in alto. “La popolazione di Eldia,” riprese a dire dopo un attimo di pausa. “Era diminuita drasticamente dopo tutte queste guerre incessanti. I pochi civili rimasti sparsi per il globo, per scampare alla guerra, si riunirono all’interno di una città fuori dai regni di Marley e Paradis. E per proteggersi dall’assalto dei Titani che i due regni possedevano, costruirono delle enormi mura attorno alla città in modo da impedire l’accesso a qualsiasi minaccia esterna. La città in questione è proprio quella in cui ci troviamo adesso: il Distretto di Shiganshina.”

“Che cosa?” esclamò mentalmente Naruto.

Sasuke sgranò gli occhi, allibito. La vicenda che aveva appena udito lo sconvolse. “Questa storia è incredibile!”

“Dunque è così che sono andate le cose,” pensò tra sé Boruto. “Questo spiega la presenza delle mura…”

Minato si portò una mano al mento. “E cosa è successo dopo?” domandò.

“Gia!” disse anche Kushina. “Com’è che le mura sono state sfondate?”

Lo sguardo di Eren si fece ancor più freddo di prima. “La città fu attaccata e distrutta a causa mia,” rispose, guardando a terra. “A causa mia e di un’altra persona…”

Gli altri rimasero colpiti dal rammarico presente nelle sua parole.

“C-Cosa vuoi dire?” chiese Hinata.

Eren rispose subito, ma non alzò lo sguardo da terra. “Circa diciotto anni fa,” spiegò loro sommessamente. “Due dei cinque Titani posseduti dal regno di Marley morirono misteriosamente durante una missione. Come vi ho già detto prima, il potere dei Titani viene tramandato automaticamente appena uno dei Portatori muore, ed il potere di questi due Titani venne passato a due infanti che erano nati all’interno delle mura. Uno di questi due, sono io.”

Naruto e gli altri sgranarono gli occhi.

Boruto chiuse l’occhio sinistro, improvvisamente diventato pesante. “Credo di aver capito come è andata a finire…”

“Per quattro anni, le autorità del Distretto riuscirono a tenere l’esistenza mia e quella di quell’altra persona nascoste,” continuò a spiegare Eren. “Ma il regno di Marley non ci mise molto a scoprire la realtà. E così, dodici anni fa, i tre Titani rimasti di quel regno ci attaccarono, sfondando le mura che ci circondano e lanciando un attacco violentissimo all’intera città, radendola completamente al suolo.”

Il silenzio prese a regnare nella sala appena Eren finì di pronunciare quelle parole. La storia che avevano udito era davvero incredibile. Nessuno sapeva che cosa dire.

Alla fine, fu Boruto a rompere il silenzio. “E poi… Cosa è successo dopo?”

Eren inspirò con forza prima di rispondere. “In quell’occasione io riuscii a salvarmi, fuggendo in un altro luogo che non posso rivelarvi. Ma l’altra persona che aveva ereditato il potere dei Titani scomparve nel nulla. Ancora oggi, nessuno sa se il regno di Marley abbia effettivamente recuperato il Titano in questione o meno, anche se l’ipotesi più plausibile è che quel portatore fu ucciso durante l’attacco, e che il potere sia finito nelle mani di qualcuno che lo sta tenendo segreto da anni.”

Dopo un secondo di pausa, il giovane proseguì.

“Ma la crudeltà di Marley non si fermò qui,” disse con un tono pieno d’odio. “Subito dopo l’attacco da parte dei Titani, i soldati di quel regno mandarono qui anche i Giganti Puri, i quali distrussero e divorarono la maggior parte delle persone che erano rimaste ancora nella città.”

Sarada sentì un brivido percorrerle la schiena all’udire le sue parole. Ciò che accadde quel giorno doveva essere stato qualcosa di veramente orribile. Tuttavia c’era un dubbio che aveva bisogno di togliersi dalla mente.

“Ma come sono nati questi Giganti Puri?” chiese la ragazza. “Hai detto erano umani una volta, ma cosa li ha trasformati?”

Eren la guardò di sbieco. “Il regno di Marley ha creato i Giganti Puri.” disse, rivolgendosi a lei. “Il metodo che hanno usato per riuscire a trasformare degli uomini in quelle bestie prive di senno è ancora sconosciuto, ma alcuni ritengono che abbia a che fare con un infusione. Nessuno però, oltre che ai Marleyiani, può darti una risposta certa a quella domanda. Forse furono un tentativo di ricreare artificialmente i Titani, ma in quel caso i risultati sono stati certamente scarsi.

“Che vuoi dire?” domandò Fugaku.

Eren puntò un dito verso di sé. “Noi Titani siamo più grandi, più forti, più intelligenti e più pericolosi dei Giganti. Siamo in grado di pensare e agire normalmente mentre siamo trasformati, e possediamo delle abilità uniche che loro non hanno. Inoltre, per qualche motivo sconosciuto, se un Gigante viene ferito alla nuca esso muore inevitabilmente, come voi stessi avete scoperto stamattina.”

Sasuke s’intromise subito dopo. “Che abilità possedete voi Titani?” chiese con interesse.

Eren scosse la testa. “Non posso rivelarvi questa informazione, mi dispiace.”

Il ragazzo corvino non insistette, ma fece un’altra domanda.

“E adesso?” gli chiese ancora. “Com’è la situazione dei regni adesso?”

“Ad oggi le terre all’infuori dei regni di Paradis e Marley sono completamente disabitate,” rispose il ragazzo. “Non mi stupisce che non abbiate incontrato nessuno nel vostro viaggio. La poca fetta di umanità che è rimasta si sta nascondendo in un luogo sicuro, ma il loro numero è misero e molto ridotto, e non posso dirvi dove essi si trovino. La Guerra tra i due regni continua sempre, ma non ne conosco i dettagli.”

Boruto lo fissò attentamente. “E tu per cosa combatti, Eren?” domandò improvvisamente.

Eren si voltò verso il biondo, così come tutti gli altri.

“Il tuo odio per i Marleyiani è evidente,” continuò il Nukenin. “E devo ammettere che da ciò che hai raccontato, non mi sembrano per niente persone molto simpatiche ed amichevoli. Dopo quello che ti hanno fatto, hai forse deciso di unirti al regno di Paradis?”

Eren si rimise in piedi, fissandolo con attenzione. “No,” rispose alla fine. “Io non faccio parte di nessun regno, né mi sono mai unito insieme a qualcuno contro i Marleyiani. Ammetto di non provare altro che odio e sete di vendetta per quello che hanno fatto a me e al resto della mia città, ma non posso dirvi nient’altro. Non posso rivelarvi altre informazioni su di me.”

Boruto alzò subito una mano per interromperlo. “Non importa.” disse allora. “Era solo una curiosità. Se non vuoi dirlo va bene così.”

“Io avrei una domanda!” disse ancora Mikoto. “Durante il nostro viaggio abbiamo incontrato anche delle strane creature che abitavano sotto terra in un deserto. L’entità che ci ha portati qui ci ha rivelato che si chiamano Goblin. Potresti dirci che cosa sono quelle creature?”

Il giovane annuì. “I Goblin, proprio come i Giganti Puri, erano esseri umani in passato.” disse con un tono serio. “Ma la loro origine e la loro storia sono molto più antiche ed incerte. Non si hanno certezze, ma si dice che erano degli umani che furono trasformati in quelle creature dallo stesso essere che conferì agli uomini il Potere dei Titani.”

La notizia confuse parecchi nella stanza.

Boruto aggrottò l'occhio sinistro.

“Chi è questo essere che conferì quel Potere agli uomini?” domandò Minato, confuso.

Il ragazzo scosse ancora una volta la testa. “Questo è un segreto che non posso rivelare a nessuno!” rispose con uno sguardo freddo. “È un segreto del mio popolo, e sono in pochi a conoscere la storia che sta dietro al Potere dei Titani! Persino io stesso non so tutto al riguardo!”

Fu Naruto a fare un’ultima domanda. “C’è una cosa che non ho capito,” disse, attirando l’attenzione di tutti. “Che cosa ci facevi tu qui? E perché ci hai attaccato stamattina senza motivo?”

Eren non rispose subito, limitandosi a stringere i pugni e a fissare il terreno con uno sguardo misto tra rabbia e dolore.

Alla fine, il ragazzo rispose con un tono freddo. “Mi trovavo qui perché questo è il luogo dove sono nato, ed è anche il luogo dove, dieci mesi fa, Armin è stato trasformato in Gigante da qualcuno.” disse loro. “Diverse volte ero tornato qui per vedere se fosse ancora vivo, ma oggi… oggi ho trovato il suo cadavere proprio davanti le mura, e ho visto voi dieci che vi aggiravate per la città…”

Sasuke abbassò la testa, mentre gli altri non poterono fare a meno che provare pietà per il povero disgraziato che avevano ucciso inconsciamente.

“Ero talmente arrabbiato che non ho esitato ad attaccarvi!” esclamò Eren, continuando a fissare il basso, i pugni serrati che tremavano. “Volevo vendicarlo! Volevo farvela pagare!”

Il suo sguardo si riempì di nuovo di lacrime, ma il giovane si calmò subito facendo dei grossi respiri. “Ma adesso capisco che non lo avete fatto con cattive intenzioni.” disse subito dopo. “Adesso capisco che non servirà a niente continuare a odiarvi…”

Il silenzio riprese a scendere tra di loro. Tutti erano con la testa bassa, nessuno sapeva come comportarsi.

“Eren,” disse poi Boruto con un tono serio. “C’è un’altra cosa che devo dirti.”

Il ragazzo si voltò verso di lui, confuso.

“Armin mi ha detto una cosa quando abbiamo parlato.” continuò il guerriero. “Mi ha detto che la persona che l’ha trasformato in Gigante si chiama Reiner. Reiner Braun.”

Gli occhi di Eren si sgranarono di getto all’udire quel nome, la sua bocca si spalancò, il corpo s’irrigidì di botto.

Boruto riprese a parlare subito. “Ho promesso ad Armin che avrei trovato questo Reiner e che gliel’avrei fatta pagare per il dolore che gli ha inferto. Tu sai dirmi chi è questa persona? Sai dirmi dove posso trovarlo?”

Il ragazzo non rispose, continuando a fissare con incredulità e shock il volto serio e privo di emozione dell’altro. Nessuno nella stanza osò proferire parola, nessuno si mosse.

Eren abbassò la testa verso terra. “M-Maledetto!” esclamò poi velenosamente. “Reiner, sei un MALEDETTO TRADITORE!”

Boruto si avvicinò subito al ragazzo. “Lo conosci?” chiese con un tono stupito. “Sai dove posso trovarlo?”

Eren strinse i pugni con rabbia. “Reiner era un nostro compagno,” sibilò a denti stretti con odio. “Era un membro del nostro gruppo, ma un giorno io ed Armin scoprimmo la sua vera identità. Era uno dei Titani che aveva attaccato il Distretto dodici anni fa, e si era intrufolato nel nostro gruppo per riuscire a catturarmi e consegnarmi ai Marleyiani in segreto! Quando lo smascherammo fuggì via, ed Armin fu misteriosamente tramutato in Gigante senza che nessuno sapesse cosa fosse successo! Quindi è stato lui…”

Boruto sentì una fitta di collera e odio nascergli nel cuore nei confronti di quei cosiddetti Marleyiani. Come potevano quelle persone compiere delle azioni così orribili solo per raggiungere i loro disgustosi fini? Prima avevano distrutto un’intera città, sterminando centinaia di persone senza contegno, ed ora anche questo! Il solo pensiero di ciò gli fece venire un senso d’odio e disprezzo immenso nei loro confronti.

Ma adesso le cose erano cambiate. Adesso lui era stato mandato in quel mondo. Adesso lui aveva scoperto i loro crimini.

E Boruto non aveva nessuna intenzione di fargliela passare liscia.

“Eren,” riprese a dire il biondo. “Io prometto che Reiner pagherà per i crimini che ha commesso! Me ne assicurerò personalmente! Ma ho bisogno che tu mi dica dove posso trovarlo! Ho bisogno almeno di un indizio!”

Eren sorrise feralmente. “Farò molto di più!” esclamò quello con enfasi e rabbia. “Io stesso ti accompagnerò da quel bastardo traditore! Non ho intenzione di lasciare a te solo il compito di vendicare Armin! Io lo conosco da più tempo di te, e ne ho il diritto!”

Boruto ed Eren si fissarono con dei lugubri e crudeli sorrisi per alcuni secondi. Poi, senza proferire parola, i due si strinsero la mano con forza. Un interesse comune. Un obiettivo unico. Una connessione tra i due ragazzi.

Naruto e gli altri guardarono la scena con gli occhi e le bocche spalancate. Boruto ed Eren erano improvvisamente decisi a collaborare insieme, senza che i due si conoscessero affatto. Eppure c’era qualcosa tra loro che li faceva sentire affini. Qualcosa che in qualche modo li accomunava. Qualcosa che, in quel momento, li rendeva simili.

Fu quando videro i loro occhi che tutti realizzarono cosa fosse questa cosa. Fu quando videro i loro occhi che Naruto e gli altri capirono che quei due avevano realmente qualcosa in comune.

Entrambi avevano nel cuore un’infinita rabbia e sete di vendetta.

Boruto ed Eren si guardarono negli occhi.

“È una promessa!” dissero insieme.
 

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Capitolo 33
*** Il Titano e il Guerriero 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 

Il Titano e il Guerriero 1


La pioggia cadeva incessantemente sopra le Pianure Ardenti. Esse si trovavano a circa trenta chilometri dal Distretto di Shiganshina, procedendo verso Nord dalla parte opposta delle Mura di Maria. L’ambiente che le caratterizzava era per lo più spoglio e monotono. Una grossa distesa di roccia scura piana, disseminata da numerose formazioni di pietra che si raggruppavano a formare delle gigantesche strutture di roccia alte centinaia di metri. E, nonostante il nome del luogo facesse pensare ad un posto secco e caldo, la pioggia non accennava a diminuire.

Boruto Uzumaki ed Eren Jaeger erano giunti da qualche ora proprio all’interno delle Pianure, dopo un giorno intero di viaggio ormai. Si erano riparati dalla pioggia battente nascondendosi dentro una caverna formatasi nelle pareti di pietra delle varie strutture rocciose, riposandosi e prendendo fiato dopo la corsa di prima.

Un giorno intero di marcia era passato per i due ragazzi, giunti in quel luogo alla ricerca della tana dove si nascondeva il loro obiettivo.

Reiner Braun.

Durante il tragitto, Eren aveva spiegato al giovane Boruto la situazione e gli antefatti di quel tipo. Secondo le sue parole, Reiner era un commilitone della fazione militare di cui Eren faceva parte insieme ad Armin, la quale non combatteva per nessuna fazione principale, ma che preferiva garantire la sicurezza a quella minuscola fetta di popolazione che continuava a vivere fuori dai regni di Marley e Paradis. Il Portatore del potere non rivelò però il nome del suo schieramento militare, limitandosi a dire che non poteva dire nulla al riguardo per questioni di sicurezza.

Disse poi che un giorno lui e tutti i suoi compagni furono attaccati a sorpresa dai soldati di Marley, e che durante l’assalto quasi tutti i membri del suo gruppo furono uccisi. Soltanto Eren, Armin, Reiner e qualche altro compagno riuscirono a scamparla vivi, ma il peggio non finì lì.

Reiner, secondo la spiegazione di Eren, una notte di dieci mesi fa venne colto in fragrante mentre stava scrivendo un rapporto dettagliato sulla situazione in cui si trovava la loro fazione, destinato ad essere consegnato in segreto con molta probabilità alle autorità di Marley. In pratica, si scoprì che Reiner era da sempre stato una spia inviata dalle autorità del medesimo regno per distruggere il gruppo militare di Eren dall’interno.

Ovviamente, una volta smascherato il traditore, Eren e gli altri tentarono subito di catturarlo per impedire che le informazioni potessero raggiungere il nemico. Riuscirono in qualche modo a distruggere il messaggio scritto, ma Reiner riuscì comunque a fuggire rivelando la sua vera identità.

Era uno dei tre Titani di Marley.

Usando il suo potere, il traditore fuggì lontano, riuscendo con successo a raggiungere e a nascondersi all’interno di un avamposto di Marley che si trovava vicino al Distretto che avevano distrutto molti anni prima, proprio nelle Pianure Ardenti.

L’accampamento dei soldati di Marley era situato al centro di alcune formazioni rocciose cave all’interno, che lo circondavano come delle mura e che permettevano quindi di proteggerlo da attacchi esterni e di nasconderlo dalle fazioni nemiche.

Ed era proprio verso quell’avamposto che i due ragazzi erano diretti in quel momento.

Seduti all’interno della caverna, Eren e Boruto si stavano scaldando attorno ad un piccolo fuoco acceso grazie ad una lanterna del giovane Portatore del Potere. La pioggia fuori era intensa e non accennava a terminare, ed il suono dei tuoni riecheggiava con forza nell’aria, illuminando quello spazio ristretto con la luce scattante dei lampi.

Boruto sospirò, ripensando agli eventi del giorno precedente. Non era stato per niente facile riuscire a convincere il resto del gruppo a lasciarli andare.
 



FLASHBACK


“CHE COSA?” urlò Kushina, sconvolta. “Vorreste andare da soli a combattere contro un intero avamposto di nemici solo per trovare questo Reiner?”

Boruto annuì, totalmente incurante degli sguardi increduli che Naruto e gli altri gli stavano rivolgendo.

“È una follia!” dichiarò Fugaku. “È troppo pericoloso! Sarai anche più potente di noi, ma riuscire a vincere da solo contro un Titano non è certamente plausibile neanche per uno come te!”

Il Nukenin inarcò un sopracciglio. “Non andrò da solo.” ribatté semplicemente. “Eren sarà assieme a me, e mi fido delle sue abilità da Titano. Non starete seriamente dicendo che siete preoccupati?” disse sarcasticamente.

Minato lo perforò con lo sguardo. “Certo che lo siamo!” esclamò con un tono sincero. “Anche se non siamo in buoni rapporti, tu sei un membro del nostro gruppo! E non possiamo permettere ad un nostro compagno di compiere una simile follia!”

“Hai forse dimenticato l’obiettivo della nostra missione?” aggiunse anche Sasuke subito dopo.

Boruto li fissò con l’occhio sinistro glaciale. “Non l’ho dimenticato,” rispose subito con un tono privo di emozione. “Ma non ho intenzione di lasciare impuniti i crimini di quel Titano. Ho fatto una promessa ad Armin, e non ho intenzione di cedere!”

Sarada fece un passo verso di lui, la sua faccia piena di preoccupazione. “Boruto,” disse con un tono supplicante. “Se proprio non hai intenzione di cedere, lascia almeno che venga con te! Non posso lasciarti andare contro un Titano senza che-”

Il giovane scosse la testa. “La questione non riguarda nessuno di voi,” riprese ancora. “Io ed Eren siamo gli unici coinvolti che hanno un motivo per andare.”

“Ma è troppo pericoloso-” fece ancora la ragazza, ma lui la interruppe di nuovo.

“Io non mi rimangio mai la mia parola.” disse improvvisamente Boruto con un tono serio e determinato. Sarada, Naruto e Hinata sgranarono gli occhi, mentre gli altri rimasero di stucco all’udire quella dichiarazione. Anche Eren guardò con stupore la scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi, stupito.

“Queste parole,” continuò il ragazzo del futuro. “Me le hai dette tu stessa diversi anni fa, ricordi? Sono le parole del Nindo che il Settimo Hokage ti ha inculcato nella testa.”

La giovane Uchiha rimase in silenzio, scioccata.

“Io non condivido appieno questo Nindo,” riprese a dire Boruto dopo un attimo di pausa. “Ma ho preso una decisione e non tornerò indietro, Sarada. Tu stessa credi nel significato di queste parole, e adesso vorresti impedirmi di rispettarle io stesso? Non credevo tu fossi una persona così falsa…”

Sarada fece per rispondergli, ma Mikoto le mise una mano sulla spalla e la batté sul tempo.

“Sarada è solo preoccupata per te, Boruto.” disse. “Non vogliamo che tu possa mettere in pericolo la tua stessa vita ed il successo della missione solo per la vendetta.”

Boruto scosse la testa, i suoi occhi chiusi. “Non si tratta di vendetta,” spiegò loro. “Ma di giustizia! Io l’ho promesso, e non posso restare in pace con me stesso fino a quando non avrò mantenuto fede alle mie parole. Come vi ho già detto in passato, io non sono uno Shinobi come voi, ma anche un guerriero come me ha dei valori a cui non può rinunciare!”

Boruto e gli altri si fissarono negli occhi per diversi secondi, senza muovere un muscolo. La situazione che si era creata era nuovamente tesa. Se lo avessero lasciato andare, Boruto sarebbe potuto morire. Sapevano bene che fosse forte, molto forte, ma Eldia era un posto sconosciuto per loro, e gli imprevisti erano dei fattori principali nella morte dei ninja.

“Lasciateci andare,” disse allora Eren, prendendo la parola. “Non lascerò che accada nulla a Boruto. Avete la mia parola. Ve lo riporterò intero ad ogni costo.”

Tutti lo fissarono in silenzio per alcuni momenti. Alla fine, dopo diversi secondi carichi di tensione, Minato sospirò.

“Tre giorni!” disse l’Hokage, rivolto a Boruto. “È il massimo che vi concedo. Ci fideremo delle vostre parole. Noi resteremo qui e tenteremo ancora una volta di trovare il manufatto. Ma voglio che tu porti con te questo, Boruto.”

Il Quarto Hokage gli diede nella mano uno dei suoi kunai a tre punte.

“Se mai dovessi trovarti in difficoltà,” lo istruì seriamente Minato. “Infondi del chaka nel mio kunai, ed io ti raggiungerò in un istante. E in questo modo sarò in grado di raggiungervi nel caso non riusciste a tornare in tre giorni. Intesi?”

Boruto annuì. “D’accordo.”

I due ragazzi fecero per andarsene, ma all’improvviso Naruto richiamò uno di loro.

“Boruto!” disse il biondo con uno sguardo serio, facendo fermare il suo futuro figlio. “Prima di andare, promettimi una cosa!”

Il giovane si voltò verso di lui, fissando con intensità quegli occhi carichi di determinazione.

“Promettimi che tornerai,” gli disse Naruto con forza. “Perché c’è una cosa che devo assolutamente dirti!”

Boruto inarcò un sopracciglio. Questa non se l’aspettava. “Una cosa che deve dirmi assolutamente?”

“Spiacente,” disse sarcasticamente il Nukenin con un sorriso divertito. “Ma se avevi intenzione di dichiararti, allora sappi che non sono interessato. Non sono di quella sponda, e poi la genetica avrebbe qualcosa da ridire sul nostro caso.”

Dovette ammettere che fu molto appagante vedere la faccia di quel biondo diventare paonazza dall’imbarazzo mentre il suo corpo indietreggiò all’istante come se fosse stato colpito. Persino tutti gli altri non poterono fare a meno che mettersi a ridere di gusto per la battuta.

“N-NON IN QUEL SENSO!” esclamò freneticamente Naruto, la sua faccia completamente rossa (come anche quella di Hinata). “Devo davvero dirti una cosa importante! Per questo voglio che tu prometta di ritornare qui da noi!”

Boruto lo fissò per alcuni secondi in silenzio con un’espressione indecifrabile. Poi, con un lieve cenno del capo, rispose col suo solito tono freddo.

“Tornerò di sicuro.” disse seriamente. “Non ci sono dubbi al riguardo.”

Poi, senza proferire altro, il ragazzo afferrò Eren per una spalla e scomparvero entrambi con uno Shunshin no jutsu (Tecnica del Movimento Corporeo Istantaneo). Il silenzio prese a regnare di nuovo nella sala dove si trovavano gli otto ninja.

“Beh,” disse Sasuke con un sorrisetto di scherno. “Non ha certamente preso l’umorismo dai suoi genitori!”

Naruto ed Hinata divennero talmente rossi dall’imbarazzo che gli altri scoppiarono a ridere di nuovo appena li videro.

“T-Taci, teme!”
 



FINE FLASHBACK


E così, i due ragazzi avevano raggiunto le Pianure Ardenti dopo due giorni di marcia, ed erano finiti a ripararsi dalla pioggia in quella caverna. Rimasero in silenzio per diversi secondi, ascoltando il suono dell'acqua che batteva a terra ritmicamente.

A Boruto piaceva la pioggia. Era il suo clima preferito. Sentire l’acqua sulla sua pelle, sentire il rimbombo dei tuoni nel cielo e lasciarsi cullare dallo scroscio delle gocce che toccavano la terra era una sensazione che apprezzava parecchio. Lo faceva sentire vivo. Lo faceva sentire pieno di energie. Questo perché, dopotutto, le sue tre principali affinità del chakra erano tutte affini con la pioggia.

Il fulmine presagiva l’arrivo della pioggia, il vento la sferzava in aria con forza, e l’acqua ricopriva la terra senza pietà.

Non c’erano dubbi nella sua mente. La pioggia era il suo habitat naturale. Non c’era posto migliore al mondo per lui. Non per nulla la regione preferita che Boruto aveva visitato in passato era Amegakure, il Villaggio della Pioggia. Il clima umido e costantemente piovoso di quella regione era ideale per lui. Forse proprio per questo motivo in passato era riuscito a trovarsi così bene in quel posto.

E forse, pensò ancora con una punta di sarcasmo, anche per questo motivo il destino lo aveva portato ad allontanarsi da Konoha e dalla Terra del Fuoco, dove le piogge erano scarse e brevi.

Quest’ultimo pensiero gli fece inevitabilmente ritornare alla mente la sua famiglia, i suoi amici e tutte le persone a cui aveva riservato un posto speciale nel cuore. Un’ombra di nostalgia gli accarezzò il volto. Quanto avrebbe voluto ritornare a casa. Desiderava con tutto se stesso poter riabbracciare Sora e Mikasa, poter rivedere ancora i membri dell’Organizzazione, poter tornare a stare con le persone che amava. Ogni volta che pensava a loro, la sua mente si riempiva di tristezza e nostalgia.

Pensare a Mikasa, soprattutto, era molto doloroso per lui. La sua amica d’infanzia gli mancava molto. Avrebbe voluto rivederla anche solo per un istante. Avrebbe voluto sentire ancora la sua voce. Il rapporto che aveva con lei era speciale, molto più intenso ed intimo di quello che aveva con Sora, anche se loro tre insieme erano sempre inseparabili come una vera famiglia. Erano come fratelli.

Senza contare che, adesso che Boruto era finito in quel mondo, aveva finalmente intuito una cosa.

Aveva capito che Eldia doveva essere il mondo in cui Mikasa era nata.

Non c’erano più dubbi per lui. Ne era sicuro. Avrebbe spiegato molte cose. Mikasa era uno dei nove Titani, non poteva che essere così. Ma questa scoperta lo aveva anche lasciato pieno di domande.

Perché Mikasa era fuggita da questo mondo? Cosa le era successo? Da dove proveniva? Era stata costretta oppure le era successo qualcosa? Boruto tentò di ricordare il passato, soffermandosi sui ricordi di giorni lontani.

Urahara-sensei gli aveva raccontato, quando era piccolo, che era stato lui stesso a portare via Mikasa dal suo mondo originario, perché una grave sciagura si era abbattuta sulla sua gente. Boruto si era più volte chiesto che tipo di sciagura avesse vissuto la sua amica, ma non aveva mai ricevuto risposta, né da parte di Uruhara, né tantomeno da Mikasa stessa.

“Che cosa ti è successo quando eri ancora qui, Mikasa?” pensò con un sospiro.

La sua speranza era che adesso che era finito ad Eldia forse avrebbe potuto scoprire qualcosa sul passato della sua amica. Avrebbe potuto chiedere se qualcuno conoscesse il suo nome. Mikasa era, in fondo, uno dei nove Titani, e la sua scomparsa non poteva essere passata inosservata agli occhi degli altri abitanti di questo mondo.

Lo stesso Eren avrebbe potuto sapere qualcosa su di lei.

“Forse dovrei chiedergli se ha mai sentito parlare di Mikasa…” provò a ragionare.

Ma, per quanto fosse tentato, Boruto non poteva ancora fargli quella domanda. Non poteva rivelare una cosa del genere. Non si fidava ancora di lui, e la cosa era reciproca. Rivelare che uno dei Titani fosse finito nel suo mondo era una mossa azzardata, e avrebbe persino potuto mettere Mikasa in pericolo.

Boruto emise un sospiro di stanchezza. Non aveva senso continuare a rimuginare su queste cose. Doveva trovare altri indizi per poter formulare ipotesi concrete. Le fantasie non servivano a risolvere i misteri.

I suoi pensieri ritornarono a posarsi per l'ennesima volta sulla sua famiglia. Chissà cosa stavano facendo senza di lui…

Un sorriso triste gli nacque sulle labbra. Conoscendoli, Sora e Mikasa si stavano preoccupando a morte per lui e stavano letteralmente forzando Toneri a cercarlo dall’Astro in ogni angolo del globo, col resto del gruppo che tentava invano di calmarli. E l’irritante Uruhara-sensei invece cosa stava facendo? E Zeref?

Eren sembrò notare l’improvviso sguardo nostalgico che aveva assunto Boruto.

“Cosa succede?” domandò allora. “Sembri piuttosto triste.”

Il giovane sorrise, chiudendo l’occhio sinistro e mettendosi a fissare l’uscita della caverna. “Stavo solo pensando…” disse poi lentamente. “Non preoccuparti.”

L’altro ragazzo inarcò un sopracciglio. “A cosa?”

Boruto sospirò leggermente. “Alla mia famiglia.” rispose a bassa voce.

Lo sguardo di Eren si fece subito pieno di compassione. Lo capiva bene. Lui stesso sapeva bene cosa si provava in quella situazione. Aveva perso i suoi genitori da piccolo, e sua sorella era scomparsa da anni. Sapeva benissimo cosa fosse il dolore che Boruto stava provando. Ma qualcosa era strano.

Il Nukenin gli aveva spiegato nel dettaglio la situazione in cui si erano ritrovati lui ed i suoi compagni. Gli aveva detto che lui e Sarada provenivano da un tempo futuro rispetto agli altri, ed aveva spiegato anche il suo legame con Naruto ed Hinata. Dire che Eren era rimasto colpito era riduttivo. La somiglianza tra i due biondi era evidente, ed adesso sapeva il perché.

Ma Boruto non gli aveva detto solo questo.

Aveva anche detto che la sua relazione con i propri genitori non era affatto delle migliori, e che ciò era dovuto a qualcosa che quei due gli avevano fatto nel suo tempo quando era ancora un bambino. Eren aveva anche provato a chiedergli di spiegare cosa gli avessero fatto, ma il biondo non disse nulla al riguardo, affermando che non doveva preoccuparsi del suo passato.

“Credevo che tu odiassi i tuoi genitori…” disse allora Eren.

Boruto scosse la testa. “Non mi riferivo ai miei genitori.” chiarificò con un tono basso. “Loro non sono più la mia famiglia. La mia vera famiglia è composta da altre persone.”

Il ragazzo lo guardò con interesse e stupore. “E chi sono queste persone?” gli chiese.

Il giovane guerriero sorrise. “Sono quelle persone che mi hanno accompagnato nel corso della mia vita,” spiegò. “Sono coloro che mi hanno sostenuto e dato la forza di andare avanti nei momenti bui. Sono coloro che mi hanno accettato e amato per quello che ero.”

Chiunque fossero, l’affetto che Boruto provava nei loro confronti era evidente nelle sue parole agli occhi del ragazzo moro.

“Sono due persone che mi hanno salvato dall’oscurità della disperazione,” continuò il giovane. “Uno di loro è sempre allegro ed ottimista per ogni cosa, pieno di energia e di sogni per il futuro. L’altra persona invece è l’esatto opposto. È sempre calma e silenziosa, e non proferisce quasi mai parola. Tuttavia entrambi hanno un cuore buono, e la loro amicizia è la cosa più preziosa che io abbia mai ricevuto.”

Eren sorrise all’’udire ciò. “Devi volere loro molto bene, vero?”

Il Nukenin annuì senza esitare. “Sono l’unica ragione per cui ho deciso di affrontare il drago. Perché così facendo posso proteggerli. Perché non posso permettere che gli succeda qualcosa.”

Nessuno dei due disse nient’altro per diversi secondi dopo quelle parole, limitandosi ad ascoltare il suono della pioggia all’esterno.

“E tu?” disse improvvisamente Boruto. “Cosa è successo alla tua famiglia?”

Eren non rispose subito, continuando a fissare il fuoco in silenzio. “La mia famiglia è morta quando avevo quattro anni.” disse alla fine con un tono triste. “Sono morti tutti durante l’attacco dei Titani al Distretto. I miei genitori furono schiacciati da un detrito del muro che colpì la nostra casa in pieno, mentre mia sorella scomparve nel nulla, probabilmente divorata da qualche Gigante.”

Boruto abbassò lo sguardo a terra. Nessuno si meritava di perdere la propria famiglia, soprattutto a quell’età. “Mi dispiace.”

L’altro non rispose.

“Perdona la domanda,” disse ancora il giovane. “Ma non hai mai pensato che tua sorella potesse essere riuscita a scampare all’attacco come te?”

Eren annuì debolmente. “Era una possibilità a cui pensai all’epoca,” rispose, il suo tono basso. “Ma lei non arrivò mai nel gruppo dei fuggitivi in cui ero finito io. L’unica speranza che avevo era che forse fosse stata catturata dai Marleyani, ma anche in quel caso sarebbe morta di sicuro.”

Il biondo lo fissò con attenzione. “Perché dici così?”

Il ragazzo sorrise amaramente. “I Marleyiani giurarono di uccidere ogni Eldiano della città, e i pochi che risparmiarono furono trasformati in Giganti Puri. E c’è anche un altro motivo, un motivo che non posso rivelarti, per cui avrebbero ucciso mia sorella in ogni caso. Dopo un po’ di anni persi ormai ogni speranza che lei potesse essere ancora viva…”

Boruto non forzò oltre l’argomento. Era evidente che Eren non era felice di parlare del suo passato. Boruto aveva sofferto parecchio quando era piccolo, ma quello che lui aveva passato non era paragonabile all’inferno che Eren aveva vissuto. Aveva perso tutta la sua famiglia quando era ancora un bambino. Boruto non poteva neppure immaginare cosa potesse aver provato. Il solo pensiero di perdere la propria famiglia era l’unica cosa che spaventava a morte il biondo ancora oggi.

“Mi dispiace,” disse il guerriero. “Non avrei dovuto farti queste domande.”

“Non importa,” lo rassicurò Eren, ma il suo tono era privo di emozione. “Ormai ho perso qualsiasi tipo di speranza nella mia vita. L’unica cosa che mi è rimasta è la sete di vendetta nei confronti di quei maledetti Marleyiani. E nulla riuscirà ad impedirmi di avere la mia vendetta contro quei mostri schifosi.”

Boruto non disse nulla. Non era d’accordo col modo di ragionare di Eren, ma non poteva certo biasimarlo. Lui non poteva capire il suo dolore. Non poteva immaginare cosa avesse vissuto. Era consapevole di questo. Ogni essere umano era la conseguenza di ciò che viveva e sperimentava, e nei suoi occhi Boruto vedeva una rabbia ed una sete di vendetta incredibili. Era rimasto paralizzato dallo stupore quando aveva visto gli occhi del Titano, durante la battaglia. Quegli occhi erano carichi di un dolore ed una furia talmente grandi che lo avevano spiazzato completamente.

Oggi ne aveva capito di più il motivo. Le azioni che quella gente aveva fatto, i Mrleyani, erano imperdonabili e disumane. Boruto non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Anche se l’idea di dover sconfiggere un Titano non gli piaceva, lo avrebbe fatto nel nome della giustizia.

Sapeva che anche Mikasa era un Titano, un membro di quella gente, ma la conosceva fin troppo bene e sapeva che sarebbe stata d’accordo con lui in merito.
Perché se c’era una cosa che la loro Organizzazione aveva a cuore oltre alla famiglia, essa era la giustizia.

Avrebbe lasciato ad Eren la scelta del destino di Reiner, se lui non si fosse scoperto in grado di uccidere un membro della gente di Mikasa.

“L’ho già promesso ad Armin,” disse allora il Nukenin con un tono serio. “Ma lo ripeto anche a te. I Marleyiani la pagheranno cara per quello che hanno fatto. E Reiner Braun maledirà il giorno in cui ha deciso di tradirvi non appena lo troverò, non dubitare di questo. Appena lo troveremo, ti aiuterò ad avere la tua vendetta. Su questo ci puoi contare.”

Boruto non avrebbe ceduto per nessun motivo. Lui era un guerriero, ed era certo che avrebbe punito quegli assassini per ciò che avevano fatto. Anche se ufficialmente lui non c’entrava nulla con questo mondo, non poteva restare impassibile dinanzi alle azioni del regno di Marley. Non poteva ignorare la crudeltà delle loro opere.

Eren sorrise feralmente. “Allora domani ci sarà parecchio sangue da versare per entrambi!” disse con un tono crudele. “L’accampamento è a qualche chilometro da qui!”

Boruto ghignò. “Non vedo l’ora!”
 

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Capitolo 34
*** Il Titano e il Guerriero 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 

Il Titano e il Guerriero 2


I nuvoloni della notte erano scomparsi nel nulla, permettendo così al sole cocente del mezzogiorno di illuminare con forza l’accampamento nemico. L’avamposto dei Marleyiani non era per niente piccolo. Mentre lo osservavano di nascosto, Boruto e Eren non poterono fare a meno di pensare che quella gente avesse avuto un’idea geniale nel decidere di stabilire un accampamento in quel posto.

L’intero stabilimento militare era stato costruito all’interno di una serie di formazioni rocciose circolari alte decine di metri che lo circondavano come delle mura, quasi come a ricreare la difesa della città di Shiganshina. Da un lato nascosto della parete di roccia poi, un gigantesco tunnel era stato scavato nella formazione rocciosa, il quale doveva essere l’ingresso segreto per accedere a quel luogo.

L’accampamento era grande circa ottocento metri, composto principalmente da strutture rettangolari, capannoni di metallo e armerie. Decine e decine di uomini vestiti con strane divise circolavano al suo interno, a difesa di quello stabilimento.

I soldati di Marley.

Boruto ed Eren li osservavano dalla cima delle mura di roccia. Erano vestiti con delle divise rosse, pantaloni bianchi e grossi stivali neri, e ogni soldato era armato con delle armi sottili e lunghe, poggiate sulla schiena oppure tenute saldamente in mano.

“Eccoli là!” sibilò velenosamente Eren, fissando con odio le persone all’interno dell’accampamento. “I maledetti vermi di Marley!”

Boruto li studiò con attenzione usando l’occhio desto. “Non sembrano essere molto forti fisicamente.” dedusse studiando il loro flusso chakra. “E da quel che vedo non sono neanche capaci di usare l’energia del loro corpo. Il loro chakra è a malapena sviluppato, come quello dei civili del mio mondo. Ma non ho idea di cosa siano quelle strane armi che portano in mano.”

Il ragazzo moro rimase colpito dalla deduzione di Boruto. “Quel suo occhio è inquietante! Chissà cosa riesce a vedere…”

“Quelle armi si chiamano fucili,” spiego subito dopo, afferrando la strana arma che aveva legata alla cinta. “Sono simili alla mia pistola, ma molto più potenti e precisi! Sparano proiettili che uccidono all’istante chiunque essi colpiscano! So che tu e gli altri siete incredibilmente abili nel corpo a corpo, ma ti consiglio di stare all’erta e di non farti colpire da uno di quei proiettili!”

Il biondo fece un cenno del capo.

“Sei certo che quel Reiner si trovi in questo posto?” chiese dopo un attimo di silenzio.

Eren annuì. “Sì,” rispose con sicurezza. “Ho pattugliato questa zona durante gli ultimi mesi, e quel bastardo non si è mai mosso da qui. Le provviste per l’accampamento vengono rifornite mensilmente da alcune pattuglie di ricognizione, quindi lui e quegli sporchi assassini non hanno bisogno di spostarsi da questo luogo.”

Boruto chiuse l’occhio destro, soddisfatto dalla spiegazione. Il suo sangue cominciò a ribollire per la trepidazione. Sentì il proprio chakra divampare nel suo corpo dall’eccitazione dello scontro imminente. Non aveva paura, ma la tensione che provava prima di una battaglia era sempre presente. Era una sensazione che non gli piaceva particolarmente, a differenza di un certo membro dell’Organizzazione di sua conoscenza malato di sangue, ma lo faceva comunque sentire vivo.

Lo faceva trepidare dalla voglia di combattere.

“Molto bene,” disse allora il Nukenin con un tono serio. “Hai capito il piano?”

Eren lo guardò negli occhi con un sorriso ferale. “Certo! Tu andrai lì dentro per primo e sterminerai quegli insetti grazie alle tue mostruose abilità di lotta, e quando quel vigliacco di Reiner sarà costretto a sbucare fuori, allora interverrò io sotto forma di Titano!”

Boruto sorrise crudelmente. Gli piaceva un sacco il modo di ragionare di Eren. Era semplice, immediato, spietato e soprattutto efficace.

Il loro piano prevedeva che Boruto facesse fuori ogni singolo soldato nell’avamposto, mettendo Reiner alle strette e costringendolo a trasformarsi. Dopodiché sarebbe sbucato fuori Eren, anch’egli trasformato in Titano, ed i due avrebbero sconfitto insieme quel mostro dalle sembianze umane.

Avevano ideato quella strategia la notte prima, e Boruto era rimasto piacevolmente colpito da come il moro avesse accettato di buon grado di lasciar fare a lui il compito più difficile. Non era perché fosse incurante nei suoi confronti, ma perché voleva dire che riconosceva appieno la sua superiorità nella lotta. Eren era capace di diventare un Titano potentissimo, ma se non si trasformava era un semplice umano senza poteri rispetto a Boruto.

Senza contare che gli aveva persino riferito tutte le abilità del nemico. Reiner, secondo le sue parole, era capace di trasformarsi in un Titano completamente coperto da una corazza di pietra che lo rendeva immune agli attacchi fisici. Tuttavia, aveva spiegato Eren, presentava diversi punti spogli sul suo corpo dove la corazza non era presente, rendendolo vulnerabile agli attacchi. E, dopo averlo sconfitto, i due lo avrebbero costretto ad uscire dal Titano.

Boruto aveva deciso che sarebbe toccato ad Eren fare la scelta finale sul destino di quel tipo. Lui era un estraneo, non apparteneva a quel mondo, e non era intenzionato ad uccidere un membro della gente di Mikasa. Anche se le sue azioni erano state deplorevoli e disumane, non avrebbe interferito nella vita di Reiner. Sarebbe stato un altro Titano a farlo fuori, se così decideva.

“Allora è deciso!” disse Boruto. “Resta nascosto finché il Titano non salta fuori, ed io mi occuperò del resto!”

Con un cenno reciproco del capo, l’operazione partì.
 



Boruto concentrò il chakra nelle gambe per alcuni secondi, poi spiccò un balzo possente in aria, librandosi nel cielo. Poi, ruotando nell’aria diverse volte, cominciò a discendere con forza verso il basso.

Atterrò con un tonfo sordo proprio nel mezzo dell’accampamento, in uno spiazzo vuoto, spaventando a morte tutti coloro che se lo videro comparire davanti dal nulla. Diverse urla di stupore riecheggiarono nell’aria, seguite poi da ordini confusi e carichi di tensione abbaiati da qualche soldato. Il suono di passi pesanti rimbombò nel terreno.

Boruto rimase fermo in ginocchio per alcuni secondi, gli occhi chiusi mentre riusciva a percepire la paura e lo stupore di decine e decine di soldati che lo stavano circondando in quel momento con le armi puntate direttamente su di lui. Il ragazzo sorrise, aprendo subito dopo l’occhio sinistro e rimettendosi in piedi lentamente.

“Non muoverti!” ordinò una voce roca alla sua destra. “Se fai un solo passo, puoi considerarti morto!”

Boruto non si curò delle loro minacce, né smise di sorridere. “Siete voi i soldati della regione di Marley?” chiese loro con un tono serio.

Vide i soldati attorno a lui innervosirsi. “Chi sei tu?” urlò uno di loro.

Il Nukenin lo ignorò. “Vi ho fatto io una domanda per primo,” riprese a dire, il suo sorriso improvvisamente scomparso. “Siete voi i soldati della regione di Marley?”

Un soldato con una strana uniforme si fece avanti, probabilmente un generale. “Esatto!” rispose con fare minaccioso. “Siamo la squadra di ricognizione di Marley! Ora identificati, straniero!”

Il biondo lo fissò col suo occhio freddo. “La mia identità non è rilevante,” disse lentamente. “Piuttosto ditemi questo: è vero che la vostra gente è stata responsabile della distruzione del Distretto di Shiganshina?”

“Siamo NOI a fare le domande qui, straniero!” sbottò il generale con rabbia e disgusto, puntandogli contro una pistola. “Sei forse uno di quei schifosi parassiti che si annidavano in quella città maledetta?”

Lo sguardo di Boruto divenne istantaneamente glaciale e crudele. “Parassiti?” ripeté, il suo tono freddo. “Tutta la gente che avete sterminato quel giorno era solo un gruppo di parassiti per voi?”

“Ora basta!” tuonò il generale. “Deve essere uno di quegli schifosi Eldiani delle mura sopravvissuto all’attacco! Rispediamolo all’inferno dove appartiene assieme alla sua razza! Caricate le armi!”

I soldati fecero caricare i fucili all’istante ma Boruto non se ne curò affatto. Quest’ultimo rimase fermo a fissarli con uno sguardo contorto di pura rabbia e odio.

“E così voi avete davvero ucciso centinaia di persone… E lo avete fatto senza rimorso o disgusto… Soltanto perché le consideravate parassiti…”

Un brivido improvviso attraversò le membra dei soldati che lo sentirono parlare in quel modo.

“Mi avete chiesto chi sono…” disse allora il ragazzo, la testa bassa e l’occhio sinistro oscurato dai capelli. “Permettetemi dunque di donarvi una risposta: io sono il giustiziere dei colpevoli e il vendicatore degli innocenti. Sono l’angelo della morte. Sono il diavolo della giustizia. Sono il demone nato dalla crudeltà umana.”

Tutti i presenti non poterono evitare di sentire la morsa gelida della tensione che si affondava nelle loro viscere all’udire quel tono freddo e privo di emozione.

“Ciò che il vostro regno ha fatto dodici anni fa è un crimine contro la natura stessa degli esseri umani,” continuò Boruto imperterrito, alzando lentamente lo sguardo. “Ed oggi io sono qui per vendicare le centinaia di vittime che avete trucidato senza ritegno! Oggi io sono qui per farvi conoscere il significato vero della PAURA!”

Il generale sgranò gli occhi. “Fuoco!” urlò.

La scarica di proiettili lo investì come una pioggia inarrestabile. Decine e decine di minuscoli pezzetti di piombo gli furono scagliati addosso con forza e velocità. Ma quello che accadde dopo lasciò tutti sconvolti.

Sguainando la spada ad una velocità disumana infatti, il giovane cominciò a menare fendenti e affondi verso tutte le direzioni con una rapidità inaudita, abbassandosi, avvitando il corpo e saltando con movimenti rapidissimi e precisi. Il suono di metallo che tagliava e colpiva altro metallo riecheggiò per diversi secondi nell’aria, coprendo qualsiasi altro rumore.

I soldati rimasero a bocca aperta. Quel ragazzo stava letteralmente bloccando e respingendo i colpi sparati dai fucili! E non solo. Lo stava facendo con una spada di metallo! La scena davanti a loro era incredibile.

Boruto si muoveva a velocità disumana. Ruotava il corpo, si abbassava, si spostava di lato e si avvitava su di sé con movimenti impercettibili e impossibili da seguire a occhio nudo. Le sue braccia brandivano la spada in tutte le direzioni, dietro, avanti, di lato, sopra e sotto ogni parte del suo corpo, intercettando e bloccando ogni singolo colpo mirato contro di lui. Non ci fu un solo proiettile che non fu parato dalla sua lama, e i colpi caddero a terra come pioggia, tagliati di netto a metà.

Appena la raffica finì il biondo si fermò di botto, gli occhi chiusi e la sua spada ferma in posizione davanti a sé. Tutti gli altri lo fissavano con gli occhi sgranati come se fosse un fantasma, le bocche spalancate ed i corpi tremanti. Urla e sussurri di stupore riecheggiarono nell’aria.

“C-Com’è possibile?”

“Come ha fatto?”

“N-Non ci credo!”

“È impossibile!”

Boruto riaprì l’occhio sinistro, un sorriso crudele sulla faccia.

“Ora tocca a me.” disse semplicemente.

Accadde prima che chiunque potesse anche solo muoversi.

I corpi caddero a terra come birilli colpiti in pieno da una palla di cannone. Il biondo si mosse in mezzo a quella massa di soldati senza fare un solo rumore, brandendo la spada con colpi secchi e precisi e uccidendo ogni persona che gli capitava vicino. Sangue schizzò in tutte le direzioni. Le teste dei soldati caddero a terra rotolando. Non si udì un solo gemito nell’aria, ma solo le urla di orrore e spavento di quelli ancora vivi.

Dopo appena dieci secondi, non ci fu un solo soldato rimasto in piedi nello spiazzale. Boruto osservò con sguardo freddo le persone rimaste nell’accampamento, provando un piacere perverso nel vedere il terrore riflesso nei loro occhi. Senza perdere tempo, riprese a caricare.

Eren osservava quello spettacolo dall’alto con sconvolgimento. Boruto stava letteralmente trucidando quei soldati armati di fucili ed armi da fuoco con una facilità disarmante, come se fossero soltanto granelli di polvere ai suoi occhi. Non riusciva a credere a quello che stava vedendo. Come poteva esistere un essere umano talmente forte?

Boruto saltò sopra una specie di carro fatto di metallo, sferrando un calcio all’altezza del petto di un soldato il cui corpo volò all’indietro, poi si spostò di lato e colpì con la spada due soldati che tentarono di caricarlo con delle lame.

Un secondo dopo saltò in aria, schivando due proiettili provenienti dalle sue spalle con facilità. I responsabili furono eliminati dopo un attimo da due kunai che li colpirono in testa.

Un terzo soldato gli corse davanti e gli puntò una pistola addosso, ma il suo braccio fu reciso di netto da un movimento rapido della lama di Boruto, facendolo crollare in ginocchio con un urlo lancinante di dolore. I suoi occhi versarono lacrime come fiumi.

Il biondo gli puntò la spada alla gola. “Dove si trova Reiner Braun?” domandò con un tono freddo.

Il soldato lo guardò con un misto di terrore e disgusto. “Và all’inferno, demonio!” gli sputò addosso.

Boruto sorrise feralmente.

Il suo corpo crollò a terra dopo neanche un secondo.

“Demonio…” pensò con sarcasmo. “Mi piace come attributo!”

Non si rese neanche conto che mentre stava pensando quella frase aveva inconsciamente ucciso con un pugno sull’addome un altro soldato. Una seconda raffica di proiettili gli arrivò addosso da destra, ma lui scattò in avanti con rapidità, per poi voltarsi di botto ed andare ad affettare letteralmente un gruppo di sette persone armate di fucili.

Boruto sorrise mentalmente, osservando le strane armi dei Marleyiani. Adesso che le aveva viste all’opera su se stesso aveva capito perché non esistessero delle armi simili nel suo mondo. Erano certamente un prodigio della tecnologia, ma qualsiasi ninja ben addestrato poteva prevederne la traiettoria e schivarne i colpi con facilità. Sarebbero state letteralmente inutili nel suo mondo, salvo il caso che esse fossero usate per eliminare qualche civile, ma anche in quel caso il loro scopo non avrebbe avuto senso. Un ninja era molto più affidabile di un proiettile di piombo.

Boruto bloccò con una mano un pugno dalla potenza pari a quella di un Genin che tentò di prenderlo sulla faccia, piegando il braccio dell’assalitore con un suono secco. Il soldato cadde in ginocchio.

“Dove si trova Reiner Braun?” domandò di nuovo.

Il Marleiyano non rispose subito, ma prima che il biondo potesse ucciderlo fece un debole cenno del capo verso un capannone alle sue spalle, i suoi occhi sgranati dal dolore.

Boruto gli recise la testa di netto. Una morte indolore per un nemico che non la meritava. Si diresse a passo lento verso il capannone, lanciando con un solo movimento del braccio altri kunai verso due soldati alla sua sinistra.

“Perché quel Reiner non è ancora uscito allo scoperto?” si domandò, perplesso. “È impossibile che non abbia sentito il fracasso qua fuori. Forse è solo un codardo…”

Sfondò l’ingresso del capannone di metallo con un pugno. Un’intera fila di soldati gli apparve davanti, tutti intenti a puntargli le armi addosso.

“Fuoco!” urlò una voce indistinta.

La raffica non lo sorprese neanche un po’.

FUUTON: Toppa!” sussurrò. (Sfondamento)

Un’improvvisa raffica di vento freddo e vorticoso gli avvolse il corpo e riempì il capannone, deviando i proiettili e proteggendolo completamente. La raffica investì completamente l'interno del capannone, facendo volare all'aria sedie, casse e uomini come se fossero leggeri pezzi di carta. Poi, dopo alcuni secondi, il vento cessò ed il silenzio tornò a regnare sovrano.

I soldati presenti rimasero completamente allibiti.

“Siete noiosi.” disse Boruto con un tono annoiato. “Consegnatemi Reiner Braun, ed io renderò le vostre morti rapide e indolori, patetici vermi.”

Per tutta risposta i soldati caricarono in massa contro di lui con urli di guerra rabbiosi.

Boruto scattò in avanti con un ghigno.

La sua spada recise quattro arti e due teste, poi il guerriero piegò di lato la testa per evitare un pugno e ricambiò la cortesia con un calcio sul collo che fece spezzare la colonna vertebrale del malcapitato. Successivamente il Nukenin balzò in aria e atterrò con grazia in mezzo a tre soldati, falciandogli le teste con un colpo solo.

Poi schivò un colpo di fucile mirato alla sua faccia, piegando il corpo di lato e sferrando un pugno sui denti al mittente. L’ennesimo soldato del giorno tentò l’offensiva con una carica di proiettili di pistola, ma Boruto afferrò la sua mano e gli ruppe le ossa con la sua presa rafforzata. Il soldato urlò di dolore, ma la lama della spada gli trafisse subito il cuore, silenziandolo immediatamente.

Boruto si voltò indietro da cui una terza raffica di proiettili gli piombò addosso, ma lui si difese afferrando dal collo un soldato vicino e usandolo come scudo vivente davanti a sé.

I pochi sopravvissuti rimasti lo guardavano con gli occhi ricolmi di paura, terrore e disperazione. Boruto mollò il corpo esanime del soldato usato come scudo, guardando i supersiti con freddezza.

“Ve lo chiedo un’ultima volta,” disse con un tono freddo e glaciale. “Dove si trova Reiner Braun?”

Il silenzio fu la sua unica risposta. I soldati deglutirono nervosamente.

Boruto sospirò, esasperato dalla loro ottusità, e riprese a camminare verso i soldati rimasti per farla finita una volta per tutte.

“Fermati!” fece improvvisamente una voce profonda. “Non fare un altro passo, demonio!”

Il biondo si voltò verso la voce con un sopracciglio incurvato. Un uomo sulla ventina si era messo davanti all’ingresso del capannone e lo fissava con le braccia incrociate.

Era alto quasi un metro e novanta, con un corpo muscoloso e ben definito. I suoi capelli erano corti, spinosi e biondi, simili a quelli del Settimo Hokage. Aveva una faccia piuttosto simmetrica e quadrata, gli occhi sottili e di colore castano. Indossava degli abiti simili a quelli di Eren, anche se la giacca era più lunga rispetto alla sua. Il misterioso personaggio scrutava il ragazzo col mantello con occhi freddi e calcolatori, osservando ogni dettaglio del suo corpo come per discernere qualcosa di segreto.

Boruto ricambiò il suo sguardo con forza. “Sei per caso tu Reiner Braun?” gli chiese con un tono privo di emozione.

Quello annuì con la testa. “Sono proprio io!” dichiarò senza esitazione, la sua voce autoritaria. “Tu invece chi sei? E come hai osato massacrare i miei compagni in questo modo?”

Boruto ghignò feralmente, ignorando completamente i pochi soldati rimasti e dirigendosi a passo lento verso l’altro.

“Come mai questo risentimento? Ho semplicemente ricambiato il favore a voi per quello che avete fatto!” rispose con un tono crudele.

Gli occhi sottili di Reiner si ridussero ulteriormente a due fessure minuscole. “Di che stai parlando, demonio?”

Il ghigno sulla faccia del guerriero si allargò. “Non prendermi in giro, Titano!” disse con falsa cordialità, rimanendo piacevolmente compiaciuto nel vedere il corpo di Reiner irrigidirsi all’udire quel nome. “Questo è esattamente quello che voi faceste dodici anni fa a Shiganshina, ricordi? O hai la memoria corta per caso?”

Quell’uomo gigante lo fissò per alcuni secondi in silenzio, il suo sguardo carico di un muto furore. “Chi diavolo sei tu?” domandò ancora con un ringhio.

Boruto gli arrivò di fronte con lo stesso sorriso crudele in volto. “Il mio nome non ha importanza,” rispose con un tono freddo. “Ma da oggi puoi considerarmi il tuo peggiore incubo!”

“Osi ancora minacciarmi, pur sapendo a cosa stai andando incontro?” domandò Reiner con sarcasmo. “Per essere un pazzo ammetto che hai del fegato.”

“Le lusinghe non ti salveranno oggi,” lo incalzò il ragazzo col mantello. “Ora non perdiamo tempo, Titano. Trasformati e fammi vedere se hai il coraggio di affrontarmi!”

L’omone davanti a lui ghignò follemente. “Lo hai voluto tu, demonio!”

Poi, tirando fuori un piccolo pugnale dalla cintura, Reiner se lo conficcò nel palmo della mano senza esitazione. Una serie di scintille elettriche gialle cominciò a ronzargli attorno immediatamente dopo. L’aria attorno a lui si fece carica di energia.

Boruto allargò il sorriso.

Un enorme fulmine comparso dal nulla colpì con forza il capannone, investendo in pieno la figura di Reiner e distruggendo il tetto della struttura. Un portentoso ruggito metallico riecheggiò con forza nell’aria un momento dopo, e dopo alcuni secondi una gigantesca creatura emerse dal punto in cui fino a poco fa si trovava l’uomo di nome Reiner Braun.

Il Nukenin rimase genuinamente impressionato dall’aspetto del suo Titano. Non ne aveva mai visto uno simile.

Era alto quindici metri, con un fisico robusto e portentoso, dei corti capelli bianchi in testa e degli occhi gialli fosforescenti. La sua faccia era apparentemente priva di denti, e ricoperta da placche scure. Inoltre, a differenza del Titano di Eren, il suo corpo era interamente ricoperto da uno spesso strato di armatura di pietra giallognola. Le parti non coperte del suo corpo erano rosse e prive di pelle, e mostravano interamente i muscoli nudi del corpo.

Appena lo vide, il corpo di Boruto fu investito per un attimo dalla solita sensazione di paura e timore che lo invadeva ogni volta che vedeva una di quelle creature davanti ai suoi occhi, ma la represse subito. Questa volta non avrebbe aspettato ad attaccare quel Titano. Questa volta la paura non lo avrebbe fatto esitare.

Il gigantesco essere corazzato scagliò un pugno verso di lui, ma Boruto lo evitò con facilità scattando lontano dalla creatura con una corsa rapida. I soldati rimasti furono travolti dall’ondata d’aria causata dal colpo, uccidendoli all’istante.

Il biondo saltò sopra il tetto di un edificio dell’avamposto, fissando con un ghigno il Titano. Aprì d’istinto l’occhio destro, scrutando l’energia del corpo della creatura con uno sguardo freddo e calcolatore.

Esattamente come nel caso di Mikasa ed Eren, la sua energia era portentosa e scattante. Non possedeva punti deboli come i Giganti. Gli attacchi fisici non avrebbero avuto effetto. Doveva riuscire a sconfiggerlo con l’astuzia.

Il Titano ruggì di rabbia, voltandosi verso di lui e preparandosi a calciarlo con una gamba. Voleva ucciderlo, incurante dell’accampamento militare. Il ragazzo sorrise.

“Ora comincia il piano!”

Formulando una serie complessa di sigilli con le mani, il ragazzo saltò in aria, i palmi uniti insieme con forza.

FUUTON: Uzumaku no Arashi!” (Tempesta vorticosa)

Un gigantesco getto d’aria possente si scagliò con forza dal suo corpo, investendo qualsiasi cosa si trovasse dinanzi ed estendendosi in un vortice fino al cielo. Il getto d’aria colpì con forza il Titano corazzato, ma a causa del suo peso non ebbe effetto sul suo corpo. Il gigantesco essere continuò a muoversi verso di lui, incurante del vento che cominciò a soffiare con forza. Sembrava quasi che quella creatura si stesse prendendo gioco di lui, incapace di comprendere le azioni del giovane.

Tuttavia, Boruto continuava a sorridere.

La tecnica fece il suo effetto dopo alcuni secondi. L’aria calda risalita dal basso fino al cielo cominciò a condensarsi, formando dal nulla delle gigantesche nuvole nere che oscurarono piano piano il cielo.

Il Titano sembrò non curarsene, sferrando un possente pugno verso il punto dove si trovava il guerriero. Il ragazzo balzò in alto, mentre il pugno fracassò l’edificio e fece tremare la terra dalla potenza dell’attacco. Boruto atterrò sulla mano dell’essere, risalendo di corsa lungo il suo grosso braccio.

Il Titano non sembrò felice della cosa, e cominciò a divincolare il braccio destro nel tentativo di farlo cadere. Il giovane pompò più chakra nel suo sistema, stringendo i denti nel tentativo di non perdere l’equilibrio e di non cadere a terra. Con un grosso sforzo, riuscì a mantenere la presa sul corpo del Titano, attaccandosi con fermezza ad uno degli spuntoni della corazza di pietra.

L’essere corazzato smise di divincolare il braccio appena capì che era inutile, e prese allora a muovere la mano sinistra per schiacciare quel fastidioso insetto dal suo arto. Ma, prima che potesse afferrarlo, il giovane scomparve in una nuvola di fumo.

Visibilmente sconvolto da quello che aveva visto, la creatura rimase incapace di reagire per diversi istanti, fissandosi attorno con sospetto.

E non si accorse dei tuoni che cominciarono a riecheggiare nel cielo ormai pieno di nuvoloni.

SUITON: Mizurappa!” (Onda scrosciante) fece una voce da dietro di lui.

Il Titano fece appena in tempo a girasi all’indietro quando fu improvvisamente investito da un getto copioso di acqua che lo prese sulla testa ed il corpo, uscito fuori dalla bocca di Boruto.

L’attacco non sembrò avere alcun effetto sulla creatura, che non ebbe nessuna reazione se non quella di restare bagnata e stupita da ciò che aveva appena visto.

“Molto bene,” pensò il biondo con un sorriso, scattando verso la creatura. “Tutto procede secondo i piani!”

Mancava soltanto una cosa da fare.

Evitando l’ennesimo pugno scagliato contro di lui, Boruto accumulò chakra nelle gambe e saltò in alto con forza, portandosi proprio dinanzi alla faccia del Titano corazzato.

“Ehi, testa dura!” esclamò con un disprezzo e scherno. “Scommetto che questo non te lo aspettavi!”

Non appena finì di pronunciare quella frase, lanciò con precisione tre kunai esplosivi sul volto della creatura. Essa fece scattare in avanti la testa, spalancando una gigantesca bocca nascosta fino a quel momento dalle placche scure per divorarlo, ma era proprio questo il piano del biondo.

I kunai esplosivi lo colpirono in piena faccia, distruggendo e ammaccando la corazza sulle guancie e la mandibola e facendo persino saltare qualche dente. Il Titano ruggì dalla sorpresa, incapace di comprendere cosa avesse fatto quell’insulso moscerino.

Mentre l’essere gigante si portava una mano sul volto, Boruto ghignò di trionfo.

Era giunto il momento. Si portò immediatamente sopra il tetto distrutto del capannone, lontano dal gigante.

“Ora, Eren!”

Neanche un secondo dopo, un secondo ruggito fragoroso riecheggiò con forza nell’aria. Una gigantesca creatura stava cadendo misteriosamente dal cielo, scagliando la sua immensa ombra sopra il corpo del Titano corazzato.

Quest’ultimo voltò di scatto la testa verso l’alto appena si accorse di ciò, ed un pugno dalla forza micidiale lo investì in piena faccia senza pietà, fracassandogli ulteriormente le placche sul volto e generando un boato metallico dal contatto violento. Il suo collo si piegò orribilmente di lato. Il Titano ruggì di dolore.

“ROAAAAAAARR!”

I Titani di Eren e Reiner crollarono a terra con forza e prepotenza, facendo tremare per diversi secondi il terreno ed alzando grossi nuvoloni di polvere per tutto l'avamposto.

Boruto guardò la scena con un sospiro.

“Eren, sei davvero troppo aggressivo…”

Ed un tuono fragoroso riecheggiò con forza nel cielo oscuro.

 



Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo della storia! Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto degli impegni personali che mi hanno tenuto occupato tutt'oggi, impedendomi di pubblicare prima il capitolo. Spero comunque che vi sia piaciuto e che vi abbia intrigato almeno un pò.

Il prossimo uscirà giovedì 26 ottobre!

Grazie a tutti quelli che leggeranno e a quelli che commenteranno.
A presto! ;)

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Capitolo 35
*** Il Titano e il Guerriero 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


(Quest'immagine è stata fatta da me prendendo spunto da un'altra immagine già esistente!)


 
 

Il Titano e il Guerriero 3


I due Titani si rialzarono lentamente da terra, portandosi il più lontano possibile l’uno dall’altro ed osservandosi a vicenda con circospezione.

Boruto si avvicinò ad Eren, esaminando il suo gigantesco corpo. La mano con cui aveva sferrato il pugno era completamente distrutta e ferita, e una scia di fumo che saliva verso l’alto indicava che il processo di rigenerazione era già cominciato. L’armatura del Titano era troppo dura per poterla colpire in quel modo.

Il biondo strinse i denti. Lui ed Eren avevano previsto che attaccare fisicamente il corazzato sarebbe stato inutile, ma la capacità di rafforzare la pelle di Mikasa sarebbe stata davvero molto utile in questo caso. Avrebbe aiutato non poco.

Tuttavia avevano una strategia.

Compiendo tre rapidi salti, il guerriero si portò rapidamente sulla spalla del Titano di Eren, fissando il suo enorme occhio verde.

“Eren,” gli disse con serietà. “Ricorda il piano! Ho fatto la mia parte iniziale, ora tocca a te!”

La gigantesca testa della creatura annuì una volta con decisione, e Boruto si portò via da lì con uno Shunshin no jutsu. (Tecnica del Movimento Corporeo Istantaneo)

Il Titano corazzato ruggì ferocemente all’aria, infuriato nel vedere che assieme a quel minuscolo demonio c’era anche una persona che avrebbe sperato di non rivedere mai più. La faccia del suo Titano era ferita e fumante, e le placche attorno al volto erano frantumate e quasi distrutte dagli attacchi precedenti, ma ciò non gli impedì di fissare con odio il suo avversario.

“Quel maledetto Eren Jaeger!” pensò Reiner con rabbia. “Avrei dovuto ucciderlo molto tempo fa! Come diavolo ha fatto ad allearsi con quel demone? Dove si sono conosciuti?”

Per tutta risposta l’altro Titano ruggì a sua volta con tutta la sua furia, scattando in avanti e tentando si spingere indietro il nemico appena la sua mano fu rigenerata. Reiner non demorse, afferrando le mani di Eren con le sue per bloccare la carica e spingendo a sua volta.

I due Titani si spinsero con le braccia in avanti a vicenda, ringhiando e fissandosi con odio. Il terreno sotto i loro piedi si cominciò a frantumare per la pressione ed il peso delle creature. Ma il Titano corazzato era più pesante e robusto, e l’altro cominciò ad essere trascinato all’indietro sempre di più.

Eren sorrise mentalmente. “Sei sempre lo stesso, maledetto assassino!” pensò con derisione. “Ogni volta che qualcuno ti sfida nel corpo a corpo non ti tiri mai indietro, credendo sempre di essere superiore a tutti!”

La gamba del suo Titano scattò in alto all’improvviso.

“E per questo sei sempre un allocco!”

Con un calcio laterale Eren colpì la caviglia sinistra del corazzato con forza e precisione, sbilanciandolo e facendogli perdere l’equilibrio. Il Titano corazzato cadde a terra di fianco pesantemente, distruggendo ciò che restava dell’avamposto.

Ma l’avversario non perse tempo. Portandosi immediatamente sopra di lui, Eren gli sferrò una ginocchiata sulla testa, per poi schiacciargliela a terra con la stessa gamba.

Il corazzato tentò di liberarsi sferrando una gomitata al fianco del Titano di Eren col braccio destro, ma l’altro glielo afferrò con entrambe le mani prima che potesse colpirlo.

Poi, con una forza mostruosa, Eren cominciò a tirare il braccio del nemico con tutto se stesso.

Le placche si frantumarono con uno schiocco, i muscoli si spezzarono spruzzando sangue. Eren urlò di rabbia. Reiner ruggì di dolore.

Il braccio destro del corazzato si staccò di netto all’altezza del gomito, volando in aria ed atterrando con un tonfo lontano dai due. Boruto sorrise di trionfo, osservando la scena dal tetto del capannone distrutto.

“Proprio come previsto,” pensò con ferocia. “Il Titano corazzato è lento, e Eren può prevederne i movimenti prima di essere colpito! E ora che gli ha staccato un braccio, Reiner non potrà combattere come prima!”

Una goccia di pioggia gli cadde sulla spalla, bagnandogli il mantello.

Guardando in alto, il ghigno del guerriero si allargò nel vedere che le nuvole che aveva creato con la tecnica degli Uzumaki di prima avevano finalmente cominciato a riversare la pioggia. Il piano stava procedendo esattamente come avevano previsto. La pioggia cominciò a cadere sempre più intensamente.

Ma gli imprevisti devono sempre rovinare tutto.

Mentre era ancora a terra, il Titano corazzato afferrò con l’unica mano rimasta la gamba destra di Eren, tirandola all’indietro e facendolo cadere a sua volta a terra con un tonfo immenso.

Reiner ne approfittò immediatamente per saltargli addosso e caricare il braccio rimasto per sferrare un pugno alla sua testa, ma non ci sarebbe riuscito così facilmente.

Perché Boruto gli comparve davanti alla faccia improvvisamente, avvolto da una scia di elettricità blu e le sue mani protese in avanti verso di lui.

RAITON,” lo udì dire. “Raikyu!” (Sfera elettrica)

Una specie di palla fatta di elettricità gli comparve nelle mani appena proferì quelle parole, ma Reiner non ebbe il tempo di meravigliarsi che subito la suddetta palla gli fu scagliata addosso, colpendolo nell’occhio sinistro.

Il corazzato ruggì di dolore e rabbia, portandosi la mano sull’occhio ferito.

Eren non si lasciò sfuggire quell’occasione, e subito si divincolò dal peso del Titano di Reiner, sferrandogli poi un calcio nel fianco e togliendoselo di dosso una volta per tutte.

Il Titano di Eren si rimise in piedi subito, portandosi dopo un secondo a distanza dall’avversario. Boruto saltò di nuovo sulla sua spalla, incrociando il suo sguardo con decisione.

Subito dopo, con un cenno del capo reciproco, Eren si allontanò ulteriormente del corazzato, fermandosi a qualche centinaio di metri da lui.

Reiner si rimise a sua volta in piedi, fissando con apprensione i suoi avversari.

Da lontano, vide Boruto ghignare feralmente dalla spalla del Titano.

Poi, come per magia, la sua mano sinistra venne improvvisamente ricoperta da una scia scattante di fulmini, e il giovane la sollevò verso l’alto con un ghigno.

Kirin!” urlò.

Appena pronunciò quel nome, dalla sua mano sollevata in aria si scagliò in alto una lunga scia di elettricità che raggiunse le nuvole del cielo con un sibilo scattante ed acuto.

Poi, dopo alcuni secondi, una miriade infinita di fulmini bluastri comparve improvvisamente nel cielo in mezzo alle gigantesche nuvole nere, unendosi insieme fino a creare una mostruosa sagoma di un drago, fatta interamente di fulmini e elettricità. La creatura eterea ruggì fragorosamente, facendo alzare di scatto la testa al Titano corazzato.

Reiner non ebbe neanche il tempo di meravigliarsi.

QUESTO È PER ARMIN!” gridò con un ghigno Boruto.

La sua mano si abbassò di scatto. La faccia del Titano di Eren parve sorridere malvagiamente.

E, con la velocità di un fulmine, il drago investì in pieno il Titano corazzato.

KAZUM!

Un fortissimo sibilo acuto si stagliò per l’aria non appena l’attacco lo centrò, ed una forte esplosione riecheggiò per interi secondi subito dopo l’attacco. Un rombo di tuono parve rimbombare con forza nel cielo nuvoloso, e le piccole gocce di pioggia cominciarono a cadere con maggiore intensità dal cielo.

Il corazzato cadde in ginocchio a terra, facendo tremare tutto il terreno.

Il suo corpo era teso e rigido, i muscoli bruciati e fumanti, la faccia ferita e contratta in un’espressione di dolore con la bocca aperta. L’elettricità continuava a ronzagli attorno al corpo a causa dell’acqua che lo aveva bagnato.

Ma non poté neanche riprendere fiato.

Perché, con un movimento rapido, Eren si mise la figura minuta di Boruto nella mano destra, caricando lentamente il braccio all’indietro. E poi, come se il ragazzo fosse una palla da gioco, il Titano lo lanciò con forza e precisione proprio verso di lui, facendolo arrivare in meno di un secondo davanti alla sua faccia.

Il tempo parve fermarsi per Boruto e Reiner, i quali si fissarono nei loro rispettivi occhi per quella che parve un’eternità. Reiner sgranò gli occhi. Boruto sorrise, evocando quattro kunai esplosivi in ciascuna mano.

“Prendi questo!”

I kunai furono scagliati con precisione all’interno della sua bocca aperta. Il Titano non comprese neanche cosa fosse successo prima che fosse troppo tardi.

L’esplosione che seguì fu forte e potente. La potenza dello scoppio avvenuto nella gola del Titano fu talmente grande che l’intera figura di Reiner venne fatta schizzare fuori dall’interno del corpo del corazzato senza avere la possibilità di reagire.

Reiner venne lanciato fuori dal collo del Titano con forza, cadendo verso il basso con un urlo di dolore e sorpresa, atterrando rovinosamente in mezzo alle macerie dell’accampamento.

Boruto batté il pugno con quello gigante di Eren, sorridendo di trionfo. “Visto? I cloni sono molto utili in battaglia, vero?”

La battaglia era finita. Avevano vinto.

Con un ultimo possente ruggito di vittoria, il Titano di Eren scomparve nel nulla.
 

Reiner non si era mai sentito così male in tutta la sua vita. Sentiva un intenso dolore attraversargli ogni singola fibra del corpo. Provò a muoversi diverse volte, ma con suo enorme sconvolgimento capì subito di non esserne in grado. La testa gli pulsava dolorosamente, e aveva perso la sensibilità delle gambe.

Aprì gli occhi dopo alcuni secondi, maledicendo quell’improvvisa pioggia che gli faceva bruciare il corpo con ogni sua singola goccia che lo colpiva. Alzando leggermente la testa, si mise ad esaminare i danni che aveva subito con i denti serrati ed uno sguardo pieno d’orrore.

Il suo corpo era messo decisamente male.

Tutto il torso e le braccia erano state bruciate orribilmente dall’esplosione di prima, e sangue colava a terra da tutte le parti senza distinzione di zone somatiche. Sentiva la schiena graffiata e piena di tagli, dovuti probabilmente da schegge di vetro o metallo che aveva colpito appena era caduto. L’esplosione si era persino portata via la sua mano destra ed entrambe le gambe dall’altezza delle ginocchia. Reiner strinse i denti dalla disperazione.

Anche se sarebbe sicuramente guarito grazie al potere dei Titani, il suo corpo ci avrebbe impiegato diverso tempo a rigenerarsi in quello stato. E non avrebbe potuto trasformarsi di nuovo fino a quando il suo corpo fosse guarito completamente. Non poteva scappare in quelle condizioni.

Era stato sconfitto. Era in trappola.

Un suono di passi alla sua destra lo fece voltare di scatto con gli occhi sgranati.

Boruto ed Eren si portarono davanti a lui dopo un secondo, fissandolo con degli sguardi freddi e calcolatori.

“Bene bene,” cominciò a dire Eren con disprezzo. “Ne è passato di tempo, Reiner.”

Gli occhi dell’uomo a terra si ridussero a due fessure. “Eren Jaeger!” sputò quel nome come veleno. “Avrei dovuto aspettarmi che un codardo come te non avrebbe avuto il coraggio di affrontarmi da solo!”

Un calcio nello stomaco gli arrivò subito dopo aver finito quella frase, facendogli scappare un urlo di dolore.

Eren lo fissò con odio e furia. “Taci, maledetto assassino!” ribatté quello con astio, tirando fuori la pistola dalla cintura. “Non sono qui per ascoltare le tue insulse parole! Sono qui per fartela pagare per ciò che hai fatto ad Armin e a tutti gli altri!”

L’uomo steso a terra lo guardò con disgusto. “Voi Eldiani delle mura siete solo una razza di codardi e deboli!” dichiarò con disprezzo. “La morte è l’unica cosa che vi meritavate per aver rubato due Titani alla nobile stirpe dei Marleyiani! Non credere che adesso possa pentirmi delle mie azioni!”

Lo sguardo di Eren divenne ancor più crudele e rabbioso. “Sei veramente un mostro!” sibilò velenosamente, puntandogli la canna della pistola sulla fronte. “Avete ucciso tutte quelle persone come se fossero animali! Voi Marleyiani credete di essere superiori a tutti gli altri, quando in realtà siete soltanto dei mostri e degli assassini privi di ritegno! Persino i porci sono migliori di voi!”

Reiner rimase a fissarlo coi denti snudati in un ringhio impotente, spostando poi lo sguardo sull’altro ragazzo che restava in silenzio. “Potrei almeno sapere il nome di colui che mi ha sconfitto prima di essere ucciso?” domandò con sarcasmo.

Boruto lo fissò per alcuni secondi prima di rispondere. “Il mio nome non ha alcuna importanza per uno come te.” rispose, il suo tono privo di emozione. “Il mio compito era quello di vendicare Armin Arlert e tutte le persone che voi avete ucciso dodici anni fa. Ora che sei stato sconfitto, il tuo destino è nelle mani di Eren Jaeger. Non ho nessun altro interesse in te.”

“Oh?” fece allora Reiner con un sorriso di derisione. “Dunque sei soltanto un demone il cui unico obiettivo è la vendetta? Pensavo che avessi un minimo d’onore in te, ma mi sbagliavo!”

Un ghigno ferale comparve sul volto del biondo all’udire quell’insulto. “Proprio così, feccia umana.” disse con un tono crudele. “Hai proprio centrato il punto. Io sono un demone. Sono un diavolo. Anzi, io sono IL diavolo, se vogliamo essere precisi.”

Reiner lo guardò per qualche secondo, mentre una strana sensazione di timore cominciava a pervaderlo.

“Che stai dicendo?”

Boruto allargò il ghigno. “Non ci arrivi, Portatore del Potere? Io sono il Diavolo. Il Diavolo della Terra!”

Gli occhi dell’uomo si sgranarono a dismisura all’udire ciò, la bocca spalancata e un’espressione di puro terrore stampata in volto. Persino Eren si voltò a fissare il guerriero di scatto, scioccato da quelle parole.

“T-Tu sei…” balbettò incoerentemente Reiner. “N-Non può essere! C-Come fai a…”

“Non ci credi?” ribatté prontamente Boruto aprendo l’occhio destro di scatto, il suo sorriso sempre più malvagio . “Eppure ti ho letteralmente steso senza fatica. Non crederai davvero che possa essere sconfitto dal potere che io stesso ho donato a Ymir? Voi Malreyiani siete davvero stupidi!”

L’espressione dell’uomo a terra divenne ancora più sconvolta e terrorizzata di prima al vedere quell’occhio, mentre Eren rimase in silenzio, incapace di capire cosa stesse succedendo.

“C-Come è possibile?” pensò tra sé il moro. “Perché Boruto sta dicendo queste cose? E come fa a sapere del Diavolo e di Ymir?”

“Quel Potere,” continuò a dire Boruto senza smettere di fissare Reiner. “Non è stato creato per uccidere! Non è stato creato per poi essere usato come arma contro altre persone! Quel potere aveva lo scopo di portare pace e prosperità a tutta la razza umana! Con esso, Ymir poté costruire ponti tra le montagne, creare città e coltivare e produrre cibo per tutta la popolazione. Questo era lo scopo per cui me lo richiese al principio!”

I due Eldiani ascoltavano in silenzio e con sbigottimento le sue parole.

“Ma voi umani lo avete sempre visto come un’arma,” disse ancora il biondo. “E lo avete usato per i vostri disgustosi profitti! Avete corrotto con i vostri interessi il suo intento originario, ed avete usato i Titani per uccidere e portare la guerra in questo mondo, maledicendo per sempre la stirpe di Ymir!”

Boruto si inginocchiò a terra, portandosi faccia a faccia davanti a Reiner.

“Tu mi hai dato del demone,” disse poi con un tono freddo. “Ma chi di noi due è il responsabile della morte di quelle centinaia di persone che abitavano dentro le mura? Chi di noi due ha tradito coloro che lo ritenevano un amico ed un compagno? Chi di noi due ha trasformato in Gigante il povero Armin? Chi di noi due oggi è rimasto a guardare mentre il resto dei soldati di Marley moriva sotto la mia spada?”

L’espressione dell’uomo non poté farsi più disperata e sconvolta di quanto non lo fosse già. Una sola lacrima scese lungo la guancia di Reiner.

Boruto chiuse l’occhio destro e si rialzò lentamente. “Vedo che alla fine hai capito chi dei due è il vero demonio.” disse semplicemente.

Poi, senza neanche aspettare una sua risposta, il ragazzo si voltò da un’altra parte ed incominciò a camminare lontano dai due.

“Ho finito con lui.” disse senza voltarsi. “Fanne ciò che vuoi, Eren.”

Non si voltò neanche quando sentì il colpo di pistola centrare in testa quell’uomo.
 
 

Note dell'autore!!!
 
Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo, spero possa esservi piaciuto! Il prossimo uscirà sabato 28 ottobre!

Da questo punto in poi della storia noi cominceremo (FINALMENTE) a scoprire sempre più verità sul passato di Boruto Uzumaki. Ovviamente la sua storia non sarà rivelata immediatamente, nè scopriremo tutto ciò che ci sarebbe da sapere su di lui, ma vi assicuro che avremo modo di scoprire parecchie informazioni utili su quel tipo. La sua storia completa verrà narrata comunque, questo posso assicurarvelo! 

E poi ricordatevi anche che Naruto deve dire qualcosa a Boruto, qualcosa di molto importante. Chissà cosa avrà in mente....

Detto questo, ringrazio tutti coloro che leggeranno e che lasceranno un commento! A presto! ;)
 

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Capitolo 36
*** Speranza ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 

Speranza


L’accampamento distrutto era silenzioso e privo di vita. Il rumore scrosciante e continuo della pioggia e dei tuoni era l‘unico suono che riecheggiava in mezzo alle macerie di quelli che erano stati fino a pochi minuti fa gli edifici dell’avamposto.

Capannoni, dormitori, mense e armerie. Solo le macerie erano rimaste di tutto ciò. Non c’era niente che si reggesse ancora in piedi interamente. Non c’era più nulla che potesse essere considerato abitabile.

Decine e decine di corpi stavano accasciati a terra in mezzo a quella distruzione. Decine di persone, tutti ragazzi e uomini ben addestrati e devoti alla loro patria e alla sua causa, giacevano inermi a terra in mezzo a pozze di sangue.

E, in mezzo a loro, stava a sua volta il responsabile di quello sterminio.

Boruto Uzumaki era in piedi in mezzo a quel cimitero. La testa rivolta verso l’alto, gli occhi chiusi mentre si lasciava cullare dalla pioggia che lo colpiva incessantemente, bagnandolo da capo a piedi.

Un sorriso triste gli adornò il volto.

Lui aveva causato tutto questo. Proprio oggi, era stato proprio lui a versare il sangue di tutte quelle persone. Solo lui. Un solo ragazzo contro un intero battaglione di decine e decine di soldati.

Un sospiro di stanchezza gli scappò dalle labbra.

Era diventato forte. Incredibilmente forte. Nel corso degli ultimi cinque anni non c’era stato un solo giorno in cui non aveva sudato sangue per riuscire a migliorarsi. Non c’era stata una sola’occasione in cui non si era messo ad allenarsi con Urahara, Zeref e gli altri.

Era il suo obiettivo. Il suo dovere. Doveva diventare più forte, doveva continuare a perfezionarsi.

Per riuscire a proteggere la sua famiglia. Per sfuggire all’Unione. Per guidare l’Organizzazione. Per portare avanti la Rivoluzione. Per poter trovare la pace che tanto agognava.

Eppure, guardandosi attorno in mezzo a quella strage che lui stesso aveva compiuto poco prima, non si sentiva per nulla soddisfatto. Non bastava. Non era sufficiente. Non era ancora abbastanza forte. Non poteva fermarsi.

I nemici che lo superavano in potere erano ancora troppi. Boruto ne era consapevole. Lo era sempre stato. L’Hokage, Sasuke Uchiha, gli Otsutsuki…

Non avrebbe mai potuto vincere contro avversari del genere. Non possedeva ancora la forza per resistere contro di loro. Non era abbastanza.

Aveva deciso che sarebbe diventato il migliore. Aveva deciso che si sarebbe migliorato ogni giorno, che non si sarebbe mai arreso pur di raggiungere il suo obiettivo. Aveva promesso che sarebbe riuscito a superare ogni ostacolo. Che un giorno sarebbe stato in grado di affrontare qualunque pericolo.

Ma non era abbastanza.

Boruto era diventato forte. Incredibilmente forte. La sua potenza era invidiabile per qualsiasi ninja, la sua velocità ineguagliata. Era il criminale con la taglia più alta nel suo mondo. Non vi era nessuno al di sopra di lui, eccezion fatta per quei due, le cosiddette divinità, gli Dei degli Shinobi.

Il biondo soppresse il senso di frustrazione che cominciò a formarsi dentro di lui. Il solo pensare a quei due gli faceva nascere una grande rabbia nel cuore.

Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha.

Boruto non sapeva davvero come fare per superarli. Non era certo che sarebbe mai potuto riuscire a raggiungere il loro livello. Quei due erano troppo forti. Troppo esperti. Non c’era uomo sulla Terra che non li conoscesse e non li temesse. Non c’era nessuno che sarebbe riuscito a sconfiggerli da solo. E lui era ancora incapace di liberarsi di loro. Nonostante l’allenamento intensivo a cui si era sottoposto negli ultimi due anni, non era ancora al loro livello.

“Boruto!” fece improvvisamente una voce dietro di lui.

Il biondo si riscosse dai suoi pensieri, abbassando la testa e voltandosi leggermente verso il ragazzo moro alle sue spalle.

Eren si avvicinò a lui. “Ti devo dire una cosa.” disse con un tono serio.

Boruto si voltò completamente verso di lui, annuendo come risposta.

Il moro gli porse la mano destra mentre un sorriso gli comparve sulla faccia. “Grazie per avermi aiutato a sconfiggere Reiner.” gli disse con un tono sincero. “Non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto. Armin può riposare in pace adesso.”

Il guerriero rimase in silenzio alcuni secondi, stupito dal ringraziamento che l’altro gli stava facendo improvvisamente. Poi ricambiò leggermente il sorriso, stringendogli la mano a sua volta. “Ho soltanto mantenuto la mia promessa,” disse con serietà. “Non ringraziarmi. Non avrei potuto lasciare impunito un crimine simile.”

Eren annuì con la testa, poi il suo sguardo tornò determinato e calmo. “Posso farti una domanda, Boruto?” chiese con un tono serio.

Boruto inarcò un sopracciglio nel vedere la sua improvvisa serietà, ma annuì lo stesso.

“Hai detto di non essere proveniente da questo mondo,” cominciò a dire Eren. “Ma allora come fai a conoscere i misteri riguardanti il Diavolo della Terra e Ymir? Perché hai detto quelle cose prima?”

Il biondo lo fissò col suo occhio sinistro semiaperto per diversi secondi, come se stesse cercando di discernere qualcosa dentro l’altro ragazzo. Poi, alla fine, sospirò leggermente.

“Io so molte cose sui Titani,” rispose allora con un tono privo di emozione. “Tuttavia non posso rivelare il motivo con leggerezza. Non posso farlo senza potermi fidare prima di chi mi ascolta.”

“Io mi fido di te!” dichiarò subito Eren, la sua voce determinata e decisa. Boruto lo continuò a fissare con serietà.

“So di non sapere nulla sulla tua vita,” continuò il moro. “Ma sin da quando ti ho conosciuto non hai fatto altro che aiutarmi. È solo grazie a te che sono riuscito a vendicare i miei amici. È solo grazie a te che i maledetti Marleyiani hanno avuto quel che si meritavano. Mi hai aiutato in un modo che nessun altro sarebbe stato capace di fare. Hai mantenuto la tua promessa ad Armin, e per questo motivo sono convinto che tu sia una persona giusta e sincera. E proprio per questo posso affermare di avere un gran rispetto nei tuoi confronti!”

Il giovane guerriero non disse nulla.

“Non so nulla dei tuoi obiettivi. Non so niente della tua vita. Ma so che sei una persona che mantiene le promesse. So che di te ci si può fidare.”

Boruto lo osservò con uno sguardo perforante, tentando di discernere la sincerità nelle sue parole. La sua espressione non sembrava contenere dubbi o menzogne, né il Jougan percepiva falsità nel suo discorso. Eren era sincero.

Il biondo chiuse l’occhio sinistro. “Prometti di non rivelare a nessuno quello che sto per dirti?” gli chiese allora. “Neanche al resto del mio gruppo?”

Eren annuì con decisione. “Hai la mia parola!” dichiarò senza esitare.

Boruto lo fissò per qualche altro secondo prima di voltarsi e cominciare a dirigersi verso il capannone semidistrutto. “Prima togliamoci da questa pioggia,” disse. “È una storia lunga.”

Eren lo seguì senza esitazione. Una volta giunti dentro l’edificio danneggiato, i due si diressero verso la sala principale, sedendosi poi sopra delle casse contenenti armi da fuoco, l’uno di fronte all’altro.

Boruto sorseggiò dell’acqua da una borraccia mentre Eren lo osservava con trepidazione.

Voleva sapere la verità. Voleva comprendere come facesse quel misterioso ragazzo a sapere i misteri della sua gente. Era più forte di lui. Non poteva restare senza risposte. Quelli che li conoscevano erano pochi persino nel suo mondo, e lui stesso li aveva scoperti soltanto perché gli furono rivelati pochi anni dopo aver ricevuto il Potere.

E Boruto aveva detto persino di essere lui stesso il Diavolo della Terra! Non poteva evitare di essere intrigato dalle sue parole. Adesso doveva necessariamente sapere.

“Te lo chiedo di nuovo,” disse improvvisamente Boruto, una volta sistemata la borraccia. “Prometti di non rivelare a nessuno queste informazioni?”

Eren annuì ancora una volta. “Lo prometto!”

Il Nukenin sospirò, chiudendo gli occhi.

“Molto bene.” disse allora con un tono calmo. “Allora cosa vuoi sapere?”

Il ragazzo moro non perse tempo. “Come fai a sapere i segreti dei Titani?” domandò subito.

Boruto sorrise. “I segreti dei Titani,” cominciò a dire lentamente. “Mi sono stati rivelati esattamente come lo furono a te. Anche io ne ero all’oscuro fino a cinque anni fa, credimi. Non posso dirti chi fu a rivelarmi questi misteri, ma da quella persona io appresi la storia del Diavolo e di Ymir, e appresi anche del modo in cui i tuoi antenati hanno sfruttato i Titani per i loro loschi scopi.”

“E perché prima ti sei definito come il Diavolo della Terra?” domandò ancora l’altro.

Boruto sorrise. “Quando una persona è in punto di morte può credere a qualunque cosa, indipendentemente dal fatto che essa sia vera o falsa.” disse lentamente con serietà. “Prima ho finto di essere il Diavolo della Terra perché volevo che, almeno alla fine della sua vita, Reiner potesse realizzare che il modo in cui ha usato il suo Potere è sbagliato. Il Diavolo donò quel Potere a Ymir per portare pace e prosperità, non morte e distruzione.”

Eren fece un cenno del capo. “C’è un’altra cosa che non mi spiego,” disse seriamente. “Anche se conosci la nostra storia, come facevi a sapere il nostro modo di lottare? Ho visto come hai affrontato Reiner, e anche quando abbiamo lottato insieme a Shiganshina tu sapevi ogni cosa sul conto del Potere dei Titani. Sapevi che il nostro corpo si rigenerava, e che una volta ferito un Titano non può trasformarsi di nuovo. Come puoi sapere queste cose?”

Boruto lo fissò con un’espressione indecifrabile per alcuni secondi prima di rispondere.

“Conosco i vostri segreti,” rispose allora con voce bassa. “Perché tu e Reiner non siete i primi Titani che ho incontrato nella mia vita. Ho conosciuto anche un altro Titano in passato.”

Il moro sgranò gli occhi. “Com’è possibile?” chiese, confuso. “Hai detto di non essere di questo mondo! Se sei giunto a Eldia qualche settimana fa, come puoi aver conosciuto un altro Titano?”

Il ragazzo biondo sorrise. “Anche se potresti non credermi,” spiegò. “Nel mio mondo si trova una persona che possiede il Potere di Ymir esattamente come te. Io la conosco molto bene, e ti assicuro che non sto mentendo.”

Eren non riusciva a crederci. “C’è un Titano nel tuo mondo?” domandò, allibito ed incredulo. “Non può essere! Com’è possibile?”

“Neanche io lo so con certezza,” rispose Boruto seriamente. “So solo che questa persona fuggì da questo mondo anni fa a causa di una calamità che colpì lei e la sua famiglia, giungendo alla fine nel mondo da cui provengo io.”

Eren rimase in silenzio alcuni istanti, assorbendo le informazioni. “Come si chiama questa persona?” domandò alla fine.

Boruto esitò un secondo prima di rispondere. Il suo occhio si riempì di nostalgia al ricordo di lei.

“Il suo nome,” disse poi con un tono basso. “È Mikasa Ackerman.”

Fu appena pronunciò quel nome che il mondo si fermò completamente per Eren Jaeger. I suoi occhi si sgranarono a dismisura. La sua bocca si spalancò. Il corpo rimase immobile. La sua espressione colma d’incredulità e sconvolgimento.

Boruto si accorse subito del suo stupore. “Che succede?” domandò subito, teso. “Conosci quel nome?”

Le labbra di Eren si mossero come per formulare delle parole, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Le mani del ragazzo cominciarono a tremare. Si alzò in piedi di scatto dopo un secondo.

“M-Mi prendi in giro?” esclamò con un tono isterico e pieno di sconforto. “MI STAI PRENDENDO IN GIRO?”

Boruto non si mosse di un centimetro, continuando a fissare il ragazzo con il suo occhio serio e privo di emozione.

“Non ho alcuna ragione per prenderti in giro, Eren.” disse con calma. “Questa è la verità. Non sto mentendo.”

Eren scosse la testa facendo un passo indietro. La sua faccia esprimeva soltanto incredulità, sconvolgimento, orrore e qualcos’altro. Qualcosa che Boruto non riuscì ad identificare se non dopo alcuni secondi.

Dolore.

“N-Non può essere!” balbettò il ragazzo moro. “Non è p-possibile! Non ci credo! LEI È MORTA!”

“Non è morta!” dichiarò Boruto con forza, alzandosi in piedi a sua volta e portandosi davanti ad Eren. “E finché io sarò vivo nessuno oserà farle del male! Lei è un membro della mia famiglia, e nessuno la toccherà fino a quando avrò vita!”

Eren lo fissò con gli occhi sgranati. “L-Lei è…” disse incoerentemente.

“Dalla tua reazione è evidente che conosci il suo nome!” lo incalzò il Nukenin con un tono serio e deciso, fissandolo col suo occhio gelido. “Come fai a saperlo? Come fai a conoscere Mikasa?”

Eren crollò seduto sulla cassa di prima. “Lei… Lei…” tentò di dire, ma le parole non gli uscivano di bocca. Non riusciva a esprimere il suo tumulto interiore. Non ce la faceva. Un marea di ricordi lo travolse. Una miriade di immagini, di ricordi dolorosi sepolti nei recessi della sua mente. Una ferita che aveva tentato di nascondere per anni. Un dolore che non si era mai estinto.

In quel momento, Eren Jaeger non si ritrovò capace di credere alle parole di Boruto.

Il Nukenin continuava a perforarlo con lo sguardo, forzandolo a parlare.

“Lei è?” domandò ancora con enfasi, deciso a tutti i costi a scoprire cosa stesse dicendo quel ragazzo sulla sua amica. Come faceva a conoscerla? Perché stava reagendo in quel modo? Non gli avrebbe permesso di restare in silenzio. Doveva sapere. Era troppo importante.

Alla fine, dopo alcuni secondi, Eren trovò la forza per tirare fuori le sue parole.

“Lei è mia sorella!” esalò con un filo di voce.

"..."

Boruto batté le palpebre. Poi sgranò gli occhi.

“C-Che cosa?”

Lo stupore lo colpì come un mattone scagliato alla testa. Non riuscì a cogliere il significato vero di quelle parole se non dopo alcuni secondi. Rimase letteralmente sconvolto dalla notizia. Fece a sua vota un passo indietro.

“Tua sorella?!” ripeté, il suo tono pieno di stupore.

Eren annuì debolmente, gli occhi ancora sgranati.

“Com’è possibile?” domandò ancora il ragazzo del futuro, incapace di credere fino in fondo a quell’affermazione. “Avevi detto che tua sorella è morta dodici anni fa!”

Il moro rispose con una voce tremante. “È-È quello che ho sempre pensato!” dichiarò con sconvolgimento. “Dodici anni fa, durante l’attacco, mia sorella scomparve nel nulla. Nessuno ha saputo più niente di lei da allora! Credevamo fosse stata uccisa!”

Boruto rimase di stucco. I tempi coincidevano. Tentò di analizzare la situazione, andando a scavare nei ricordi.

Aveva conosciuto Mikasa quando entrambi avevano sette anni, ma lei doveva essere giunta in quel mondo almeno da qualche anno prima. Possibile che fosse giunta nel suo mondo dopo l’attacco dei Titani a Shiganshina?

“Quanti anni aveva tua sorella quando scomparve?” domandò il biondo.

Eren abbassò la testa, tentando di ricordare quei giorni dolorosi che avrebbe preferito dimenticare per sempre.

“Aveva un anno più di me,” disse debolmente. “Quindi direi circa cinque anni o giù di lì…”

L’occhio di Boruto si ridusse ad una fessura. I tempi coincidevano eccome. Se i fatti che stava raccontando Eren erano veramente esatti, allora Mikasa sarebbe stata portata nel suo mondo da Urahara quando aveva cinque anni. Ben due anni prima di quando la conobbe lui.

Ma com’era possibile? Secondo l’Eremita, il tempo e lo spazio funzionavano in modo completamente diverso a Eldia rispetto al loro mondo.

E allora come mai sembrava tutto così logico? Perché le tempistiche combaciavano?

Boruto fece dei grossi respiri per calmarsi. Non poteva lasciarsi prendere dallo stupore. Doveva analizzare per bene la situazione se voleva scoprire la verità.

“Eren,” disse lentamente il giovane, fissandolo con l’occhio sinistro. “Puoi descrivermi che aspetto aveva tua sorella?”

Il ragazzo parlò debolmente, cercando di nascondere il dolore nella sua voce. “R-Ricordo che aveva gli occhi e i capelli neri,” disse, fallendo miseramente nel tentativo. “E che portava sempre al collo una sciarpa rossa. Inoltre adorava alla follia i dolci…”

Boruto si massaggiò un braccio. Quella era senz’altro Mikasa. Non c’era alcun dubbio. La descrizione dei capelli e degli occhi era simile, e la sua passione per i dolci era un aneddoto che aveva imparato ad apprezzare negli anni. “Ed era lei l’altra persona che ereditò il Potere dei Titani, vero?” chiese lentamente.

Eren annuì debolmente. “Sì,” rispose a bassa voce. “Aveva ereditato il Potere del Titano Femmina appena il Titano di Marley morì misteriosamente. Da quando lei scomparve, del Titano Femmina non si hanno avute più notizie.”

Il biondo sospirò. Non c’erano più dubbi. Mikasa era il Titano scomparso dodici anni fa da Eldia. Il suo Potere era quello. Le coincidenze erano troppe. Ed Eren Jaeger era suo fratello. Ma qualcosa non sembrava logico.

I cognomi non coincidevano.

“Hai detto che lei è tua sorella,” disse poi il guerriero, confuso. “Ma dall’aspetto non sembrate somigliarvi molto. E come mai allora non avete lo stesso cognome?”

Eren scosse la testa. “Non era proprio mia sorella,” spiegò. “Ma la mia sorellastra. Mio padre sposò un’altra donna dopo che la sua prima moglie, ovvero la madre di Mikasa, morì per una malattia. Fu allora che conobbe mia madre e i due si sposarono. Dopo un anno di matrimonio nacqui io, ma sia io che Mikasa ci consideravamo fratelli a tutti gli effetti.”

Boruto ascoltò la spiegazione in silenzio. “Deve esserti mancata molto, vero?” chiese lentamente.

Il moro annuì. “Q-Quindi lei è viva?” chiese con un tono pieno di dolore. La sua voce era quasi supplicante. “È veramente finita nel tuo mondo?”

“Sì,” disse il biondo con un sorriso. “Lei è viva e sta bene. La conobbi quando avevo sette anni, e da allora non ci siamo più separati. Abbiamo formato una famiglia tutta nostra insieme ad un altro ragazzo.”

Eren sorrise un po’ all’udire quelle parole. Lacrime calde cominciarono a cadere dai suoi occhi. Mikasa era viva. Sua sorella era ancora viva. Dopo tutti questi anni in cui aveva creduto che la sua famiglia fosse stata distrutta, adesso veniva a sapere che lei era ancora viva. Che aveva trovato altre persone che l’avevano amata. Il suo cuore si riempì di gioia e sollievo.

“Ha sofferto molto anche lei, sai?” disse ancora Boruto, facendo voltare Eren per guardarlo. “Quando la conobbi, Mikasa era una bambina silenziosa e triste. Aveva perso la sua famiglia e si era ritrovata in un mondo estraneo. Non aveva nessuno. In quel senso, lei era proprio come me. Ma da allora ci siamo uniti insieme, e siamo riusciti a superare ogni difficoltà aiutandoci a vicenda. Lei e Sora sono diventati la mia vera famiglia.”

Il moro strinse i pugni all’udire ciò. Sua sorella aveva vissuto nel dolore proprio come lui. Non avrebbe mai voluto che accadesse una cosa del genere. Ma almeno aveva trovato delle persone che l’avevano aiutata a superarlo. Almeno non era rimasta da sola.

“Ora che ci penso, in passato deve aver pensato molte volte a te.” continuò il biondo. “In diverse occasioni mi sono ritrovato a notare che la sua mente si posava sulla sua vecchia famiglia. Mi disse che in passato aveva avuto un fratello, ma non mi rivelò mai nient’altro al riguardo. Tuttavia, non avrei mai potuto immaginare che un giorno lo avrei incontrato di persona!”

Il sorriso di Eren tornò all’udire ciò. “Adesso come sta?” chiese debolmente.

Boruto rise di gusto. “È diventata una ragazza splendida!” disse con affetto. “Siamo una famiglia unita, anche se adesso io non la vedo da molte settimane poiché sono finito qui. Nel mio mondo lei è temuta e rispettata da tutti per il suo potere e la sua forza. Nessuno l’ha mai sconfitta in battaglia. Ad oggi, lei è sempre un po’ troppo silenziosa e seria a volte, ma sa essere anche buona, gentile e comprensiva con gli altri. Si preoccupa sempre per me e Sora anche se non ce n’è bisogno, e tra noi tre lei è quella più pacata. Però, se devo essere sincero, quando si arrabbia fa più paura della morte!”

Eren lo fissò negli occhi con un sorriso. “Da come ne parli sembra quasi che lei ti piaccia.” disse con ironia.

Boruto non rispose subito a quell'affermazione. La sua mente venne pervasa dai ricordi, il suo cuore riempito da emozioni confuse e troppo difficili da descrivere a parole.

“Sì,” ammise alla fine. “È vero. Lei mi è sempre piaciuta sin da quando l'ho conosciuta. E credo che la cosa sia reciproca.”

Eren sospirò. “Anche se la cosa dovrebbe darmi fastidio, sono felice.” disse.

Il biondo incurvò un sopracciglio.

“Perché ho visto la tua potenza e la tua lealtà,” chiarificò il ragazzo. “Sono certo che tu riuscirai a proteggerla meglio di quanto avrei potuto fare io…”

“Non parlare al passato.” lo interruppe l’altro. “Non è ancora troppo tardi! Puoi ancora riuscire a proteggerla! Puoi ancora incontrarla se vuoi!”

Il ragazzo moro lo guardò con stupore negli occhi.

“Appena ucciderò il drago,” continuò a dire Boruto con foga. “Potrei trovare un modo per portarti con me nel mio mondo! Potresti riuscire a rivedere tua sorella! Sono certo che anche Mikasa sarebbe felice di rivederti!”

Eren sorrise all’udire le sue parole. Avrebbe potuto veramente incontrare di nuovo la sua sorella maggiore? Avrebbe potuto finalmente trovare un membro della sua famiglia? La speranza tornò a nascere nel suo cuore. Dopo tutti questi anni in cui non aveva più sperato in nulla, adesso voleva davvero credere a quel sogno?

“Sarebbe davvero bello…” disse con un filo di voce.

Il Nukenin non demorse. “Te lo prometto Eren!” dichiarò con forza. “Oggi hai visto anche tu che io mantengo sempre la mia parola. Non ho intenzione di smettere adesso. Ti prometto che tu rivedrai tua sorella, ed io farò tutto il possibile per fare in modo che ciò accada realmente! Hai la mia parola!”

Eren lo fissò nell’occhio per diversi secondi. Lo sguardo di Boruto era serio e determinato, e un fuoco ardente di decisione bruciava all’interno di quell’iride azzurra. Non stava mentendo. Voleva davvero aiutarlo ancora una volta.

Le lacrime continuarono a colargli sulle guancie.

“Grazie, Boruto.” disse con gratitudine. “E io prometto che non rivelerò mai niente di tutto questo a nessuno!”

Il biondo fece per dire qualcos’altro, ma all’improvviso il suo corpo s’irrigidì all’istante. La sua testa si voltò di scatto e l’occhio destro si aprì ad esaminare l’ambiente attorno.

Eren si mise all’erta subito. “Cosa succede?” domandò, teso in caso di pericoli.

Boruto non rispose, il suo sguardo puntato verso una parete alla sua destra. Passarono diversi secondi. Poi, senza dire nulla, il giovane cominciò a dirigersi lì a passo lento. Il moro lo seguì a ruota, confuso e allarmato.

Il Nukenin si fermò davanti ad una piccola cassetta di legno buttata a terra a ridosso della parete, fissandola con intensità. Dopo qualche secondo si chinò a terra e la prese in mano, aprendola lentamente.

Eren si curvò a vedere cosa ci fosse di tanto speciale. “Cosa contiene?” domandò.

Boruto sorrise feralmente.

“Sembra che abbiamo trovato il pezzo mancante!”


 

Note dell'autore!!!
Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo! Spero possa esservi piaciuto. Il prossimo uscirà lunedì 30 ottobre!

Questo capitolo, così coma anche il prossimo, saranno molto importanti perchè comincieranno ad introdurci al finale della storia. Inoltre abbiamo finalmente scoperto qualcosa in più sulla misteriosa lei di cui abbiamo tanto sentito parlare in passato ed il cui nome era già stato rivelato. Mikasa  Ackerman! Chi è questa ragazza? Oggi abbiamo scoperto che lei è uno dei nove Titani di Eldia, nonché la sorella di Eren. Ma allora come mai questa ragazza si trova nel mondo di Boruto? Qual'è la sua storia? Come mai lei fa parte della nuova famiglia del Nukenin?
Avrete tutte le risposte in futuro, promesso.

Detto ciò, ringrazio in anticipo tutti quelli che leggeranno e commenteranno! A presto! ;)
 
 

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Capitolo 37
*** La Fine o l'Inizio? ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 

La Fine o l’Inizio?


“COSA?!” esclamò incredulo Naruto. “HAI TROVATO IL MANUFATTO?”

Boruto si limitò ad incurvare un sopracciglio e ad annuire una volta sola. Gli altri lo guardavano pieni di stupore e trepidazione. Lui e Eren avevano usato il kunai del Quarto Hokage per farsi teletrasportare di nuovo a Shiganshina da Minato, e una volta giunti a destinazione avevano subito dato la notizia a tutti. E adesso erano tornati per l’ennesima volta nella stessa sala in cui erano stati ben due volte di fila.

“Allora dov’è questo manufatto?” lo incalzò Fugaku, guardandolo seriamente.

Boruto sorrise, tirando fuori il braccio da sotto il mantello e mostrando loro un piccolo oggetto nella sua mano destra. Naruto, Sasuke e gli altri si avvicinarono a lui per esaminarlo.

L’oggetto in questione era un piccolo anello dorato di qualche centimetro di dimensioni, contornato da sottili venature rialzate fatte d’argento bianco. Nella parte superiore del piccolo gioiello era stato incastonato uno smeraldo verde all’interno di una rientranza nell’anello, il quale aveva una forma romboidale.

Kushina alzò un sopracciglio. “Questo?” chiese con incredulità. “Questo minuscolo anello dovrebbe essere il terzo manufatto?”

Il Nukenin annuì di nuovo. “Ne sono certo.” rispose con un tono privo di emozione. “Ho percepito chiaramente questo anello emettere chakra mentre io ed Eren eravamo nell’avamposto. Non può che essere così.”

Sasuke incrociò le braccia. “Ma se lo avete trovato nell’accampamento di Marley,” disse con serietà. “Allora perché lo scettro ci ha condotto in questa città? Perché non direttamente lì?”

Il biondo non rispose subito. In effetti questa cosa non era normale. Sia la collana che portava al collo che lo scettro in mano a Minato erano stati ritrovati nei punti indicati rispettivamente dall’Eremita e dal manufatto stesso. Non si erano mai sbagliati prima d’ora. Non avevano mai indicato un luogo diverso.

Ma allora perché questo anello non si trovava Shiganshina? Possibile che non fosse davvero un manufatto? Eppure Boruto era certo che avesse emesso chakra. L’onda di energia che aveva percepito tre ore fa proveniva senza ombra di dubbio da quell’oggetto. Lo aveva visto col Jougan. Ne era sicuro.

Ma allora perche? Perché lo scettro aveva mostrato a Sasuke questo posto? Perché non li aveva condotti direttamente nell’avamposto di Marley?

“Non lo so,” rispose il giovane. “Ma sono certo che abbia emesso un’onda di energia simile a quella della collana e dello scettro. L’ho visto io stesso.”

Minato aveva tentato di riflettere in silenzio. “Ho delle ipotesi.” disse improvvisamente. Tutti si voltarono verso di lui.

“Le ipotesi che mi sembrano più concrete sono due,” spiegò l’Hokage. “O questo anello non è un vero manufatto, oppure non è IL manufatto.”

I nove ninja rimasero perplessi dalle sue parole. Cosa voleva dire? Eren restava in silenzio, osservando la scena senza sapere bene di cosa stessero parlando.

Naruto si grattò la testa, completamente perso. “Eh?”

L’occhio di Boruto si ridusse ad una fessura. “Hokage, lei sta forse implicando che possano esistere altri manufatti?” domandò con un tono scettico.

Minato fece un cenno col capo. “È pur sempre un’ipotesi.” rispose. “Se questo anello ci rivelerà qualcosa allora vuol dire che esso è un manufatto. Ma se ci basiamo sul criterio che ogni manufatto debba essere trovato nel punto indicato dagli altri, allora questo non quadra. Tuttavia, se in questo mondo esistessero diversi oggetti infusi di chakra come i manufatti, allora le cose cambiano. Potrebbero esistere diversi tipi di manufatti in questo mondo, e quello potrebbe essere uno di quelli.”

Sarada capì quello che voleva dire. “Cioè lei sta dicendo,”disse lentamente. “Che anche se l’anello fosse un manufatto, potrebbe comunque non essere quello che stiamo cercando noi?”

“Se ci basiamo sul fatto che quelli che cerchiamo debbano trovarsi necessariamente nel punto indicato dagli altri allora sì.” rispose l’Hokage.

Sasuke fece un sospiro. “Secondo me è inutile spremersi il cervello in questo modo,” disse con un tono frustrato. “Proviamo semplicemente ad assorbire l’energia dell’anello e vediamo che succede!”

“Ma chi sarà a farlo stavolta?” domandò Sakura.

Naruto si fece avanti. “Lo farò io!” dichiarò con un ghigno.

La curiosità era troppa. Si era sempre chiesto che cosa fosse successo a Boruto e Sasuke quando avevano assorbito l’energia dai manufatti. Stavolta voleva vederlo coi suoi stessi occhi. Era curioso di vedere cosa avrebbe potuto mostrargli quel’anello.

‘Frena la curiosità, moccioso.’ lo richiamò improvvisamente il Kyuubi. ‘Se accadrà quello che penso io, allora stai certo che non vedrai un bel nulla!’

“UH?”

“Spiacente ma non sarai tu a farlo.” disse Sasuke con un sorrisetto. “Ci vuole qualcuno in grado di esprimere e spiegare bene cosa mostrerà il manufatto, e sappiamo tutti che le tue abilità di comprensione e spiegazione non sono le migliori!”

Naruto divenne rosso dalla rabbia. “COOOSA?” fece il biondo, il suo sguardo comicamente rabbioso e imbarazzato. “Come ti permetti, Teme? Io sono capacissimo di spiegare per filo e per segno ogni cosa come chiunque altro! Vero, ragazzi?”

Ma, con suo enorme rammarico, nessuno gli rispose. Tutti voltarono la testa da un’altra parte pur di non guardarlo, i loro sguardi pieni di compassione e tensione. Persino i suoi genitori non riuscirono a guardarlo negli occhi senza deludere le sue aspettative.

Naruto sentì la morsa della depressione accarezzarlo, i suoi occhi versarono lacrime come fiumi. “N-Nessuno mi da ragione!” pensò con tristezza. “Persino mamma e papà non mi guardano! Sono davvero così stupido ai loro occhi?”

Il Kyuubi rise di gusto. ‘Bwahahah! Avevo ragione io! Lo sanno tutti che il tuo cervello fa pena! Solo un cieco non lo avrebbe capito!’

Mentre Naruto si ritirò in un angolo della stanza a deprimersi, gli altri tornarono immediatamente seri.

“Bando alle ciance,” riprese a dire Boruto. “Chi sarà ad assorbire l’energia stavolta?”

“Posso rifarlo io!” disse Sasuke con un tono serio.

Il Nukenin lo fissò di sbieco. “Sbaglio o sei stato tu a dirmi che non ti fidavi di me l’ultima volta, Uchiha?” lo incalzò subito. “Sappi che la cosa è reciproca. Questa volta chiedo che sia qualcun altro oltre a noi due a farlo!”

Il giovane Uchiha strinse i pugni ma non replicò. In fondo Boruto aveva ragione, anche se non l’avrebbe mai ammesso apertamente. A causa dei sospetti che aveva avuto su di lui nei giorni precedenti aveva messo a rischio l’intera missione. E anche la propria vita. Non ci teneva a riaprire un secondo conflitto con quel mostro dalle sembianza umane. Non era un suicida.

“Molto bene,” dichiarò allora Minato per risolvere la tensione. “Sarò io a farlo stavolta!”

Nessuno replicò all’affermazione dell’Hokage. Boruto gli passò subito l’anello, e Minato si preparò a compiere l’operazione. Tirando fuori un kunai, prese la mira e lo scagliò con precisione sopra lo smeraldo. Il suo corpo s’irrigidì in anticipo, gli occhi serrati e i denti stretti dalla tensione. Gli altri lo osservavano con attenzione.

Ma non accadde nulla.

Passarono alcuni secondi di silenzio puro. Non si udiva una mosca volare in aria.

Minato riaprì gli occhi, confuso. Tentò una seconda volta. Poi una terza, e una quarta. Nessun risultato. Nessun getto di chakra fuoriuscì dall’anello. Tutti rimasero stupiti e confusi.

Eren si grattò la testa. “Si può sapere che state cercando di fare?” chiese.

Nessuno gli rispose per diversi secondi, continuando a fissare con sconvolgimento l’anello. Perché non stava accadendo nulla? Lo smeraldo avrebbe dovuto rilasciare un getto di energia, e invece non stava accadendo assolutamente niente.

“Cosa sta succedendo?” si domandò Boruto, perplesso. “Perché non sta funzionando? Abbiamo ottenuto tutti i manufatti, dovrebbe accadere qualcosa!”

Minato continuò a scrutare lo smeraldo. “Non funziona… Forse non si tratta veramente di quello che cerchiamo…”

“Non ci sto più capendo nulla!” esclamò mentalmente Kushina.

La prima a rompere il silenzio fu Mikoto. “Il manufatto avrebbe dovuto rilasciare energia una volta colpito,” disse con un tono serio. “Ma stavolta non sta succedendo nulla…”

“La cosa è strana,” tentò di ragionare Sarada. “Finora ha sempre funzionato!”

“Forse stiamo saltando un passaggio?” suggerì Hinata timidamente.

Fugaku si rivolse a Boruto. “Sei certo di aver visto dell’energia uscire da questo anello?” domandò.

Il biondo lo fissò col suo occhio gelido. “Che ci crediate o meno io non ho mai mentito,” si difese semplicemente. “Ho visto perfettamente quel gioiello emanare chakra mentre eravamo nell’avamposto. Non ho idea del perché non stia succedendo niente questa volta.”

Naruto sospirò. “Forse non è davvero il manufatto che cerchiamo.”

Sasuke si portò una mano al mento. C’era qualcosa che non quadrava. Dovevano riflettere. Se Boruto stava dicendo la verità, allora perché quell’anello non stava mostrando loro nulla? Possibile che stessero dimenticando qualcosa? C’era davvero la possibilità che stessero tutti saltando un particolare?

“Propongo di provare ad infondere chakra dentro il manufatto,” disse allora il giovane Uchiha. “Proviamo la cosa inversa. Potrebbe accadere qualcosa.”

Minato annuì. Valeva la pena tentare. Accumulando un po’ di chakra nella mano, il Quarto Hokage provò subito a farlo passare dentro l’anello, ma non funzionò neanche questo.

Appena l’energia toccava lo smeraldo infatti, da esso partiva un blocco che attaccava e rilasciava il chakra esterno, dissolvendolo nell’aria similmente a quello che aveva fatto anche la collana quando ci avevano tentato.

“Neanche questo funziona,” disse Minato. “Ma sento che c’è qualcosa che impedisce al mio chakra di entrare dentro all’anello, esattamente com’è successo con la collana che abbiamo trovato dai Goblin. Il blocco di energia è lo stesso.”

Questo era un bel problema. Era indiscutibile il fatto che lo smeraldo nel gioiello avesse energia a questo punto, ma non potevano toccarla in alcun modo. Era tutto inutile.

Sakura ebbe un’idea. “E se provassimo a mettere tutti e tre i manufatti vicini? Proprio in contatto tra di loro?” suggerì a tutti. “Magari accadrà qualcosa!”

Boruto si tolse la collana e la prese nelle mani, mettendola in contatto con lo scettro e l’anello tenuti dall’Hokage.

Passarono dieci secondi.

Poi venti.

Poi trenta.

“AAAARGH! NON STA FUNZIONANDO!” esclamò Naruto con frustrazione, le mani che si scompigliavano i capelli. “Che cosa diavolo dobbiamo fare?”

Tutti i presenti condividevano la sua stessa frustrazione. Possibile che non stesse accadendo niente? Erano tornati al punto di partenza. Cosa avrebbero dovuto fare a questo punto?

Sasuke sospirò deluso. “A quanto pare non è l’oggetto che cerchiamo,” disse lentamente. “L’unica opzione che ci rimane è continuare a cercare nella città. Forse troveremo il vero manufatto facendo così.”

Kushina si poggiò le mani sui fianchi, stressata. “Sono due giorni che continuiamo ad esplorare questo posto distrutto!” sbottò con foga. “Non abbiamo ancora trovato niente! Non credo proprio che salterà qualcosa così all’improvviso!”

Boruto tentò di ragionare. “Possibile che abbia davvero preso un manufatto sbagliato? Sono certo che abbia emesso energia, ma…”

“È l’unica scelta che ci rimane!” concluse Minato. “Non abbiamo altre ipotesi al momento.”

Fugaku si fece avanti. “Ho una proposta.” disse seriamente. “Potremmo dividerci in gruppi. Un gruppo resterà a cercare di capire se questi tre oggetti possano mostrarci qualcosa, mentre gli altri continueranno le ricerche in città!”

L’idea era fattibile. A questo punto non restava che rassegnarsi e tentare. Non c’era nulla da perdere.

“D’accordo,” fece allora Boruto. “Io, Hinata Hyuuga e gli Uchiha riprenderemo le ricerche, dato che i nostri occhi ci permetteranno di notare subito altre emissioni di chakra. Gli altri continuate a tent-”

“Non ce ne sarà bisogno, giovani Ninja.” fece un’improvvisa voce stranamente familiare.

Tutti si voltarono di scatto verso la finestra della stanza.

Lì, dal nulla e senza preavviso, era comparsa misteriosamente la figura dell’Eremita delle Sei Vie, il suo solito bastone alle mani, il corpo sempre fluttuante nell’aria e circondato dalle strane sfere nere.

Naruto e gli altri sgranarono gli occhi, scioccati nel vederlo apparire così all’improvviso.

“Vecchio Eremita!” esclamò Naruto dalla sorpresa, puntandogli un dito addosso. “Sei proprio tu?”

Hagoromo sorrise. “Sono proprio io, giovane Naruto.” disse con il suo tono calmo e pacato. “Vedo che siete riusciti a recuperare tutti i manufatti. Vi faccio i miei complimenti!”

I dieci ninja non riuscivano a crederci. L’Eremita delle Sei Vie era tornato di nuovo. Com’era possibile? Cosa stava succedendo? Eren rimase talmente sconvolto da quello che stava vedendo che tutto il suo corpo s'irrigidì all'istante, restando immobile per lo sconvolgimento.

“Piacere di conoscerti, Eren Jaeger.” fece poi l’anziano rivolgendosi lentamente verso il ragazzo moro. “Io sono Hagoromo Otsutsuki, e sono colui che ha condotto qui questi dieci ninja per poter salvare i vostri mondi dalla minaccia del drago Vrangr.”

Eren rimase colpito dalle sue parole e dal suo aspetto. “P-Piacere mio!” ricambiò a sua volta, stupito. “Se posso chiederle, come fa ha conoscere il mio nome?”

Hagoromo gli rivolse un sorriso benevolo. “Conosco molte cose di molti mondi,” rispose lentamente. “Ma non temere, non sei in pericolo qui. Ti chiedo di fidarti delle mie parole. Dopo avremo modo di parlare più a fondo.”

Appena finì di parlare, Minato fece un passo avanti. “C-Cosa ci fa lei qui, Eremita?” domandò con esitazione. “Perché è comparso così all’improvviso?”

L’anziano essere ridacchiò divertito. “Non ricordate? Vi avevo detto che ci saremmo rivisti di nuovo una volta che avreste recuperato tutti i manufatti necessari. E così, ora che avete completato la prima parte della vostra avventura, sono tornato per istruirvi su cosa dovrete fare da adesso in poi.”

Sakura inarcò un sopracciglio. “Quindi,” disse lentamente. “Abbiamo davvero recuperato tutti i manufatti?”

L’Eremita annuì. “Esatto, giovane Sakura.” rispose con calma. “Siete riusciti ad ottenerli molto prima di quanto mi aspettassi, in sole quattro settimane e mezzo. Devo farvi davvero i miei complimenti!”

Un profondo senso di sollievo e orgoglio cominciò a nascere nei cuori di tutti. L’Eremita si stava complimentando con tutti loro. Non era una cosa da poco.

Ma, prima che qualcuno potesse esultare, lo sguardo di Hagoromo si fece improvvisamente serio e penetrante.

“Tuttavia,” disse subito dopo, fissando coi suoi occhi viola tutti i dieci ninja dinanzi a sé. “Anche se siete riusciti a trovare i manufatti in anticipo, le notizie che vi porto non sono affatto buone!”

Boruto aggrottò le sopracciglia. “Cosa vuoi dire?” domandò, teso.

“Voglio dire che abbiamo un problema.” rispose l’anziano seriamente. “Circa tre giorni fa, Vrangr si è in qualche modo accorto della vostra presenza in questo mondo, e adesso sta accumulando sempre più energia dal nucleo di Eldia per riuscire ad eliminarvi quanto prima. Avete circa un mese di tempo per riuscire a sconfiggerlo prima che diventi troppo forte e riesca a distruggere questo mondo.”

Un brivido passò sulla schiena di tutti i presenti appena udirono quella sconvolgente notizia. Il drago si era accorto di loro! E lo avrebbero dovuto affrontare in meno di un mese! Non era affatto una bella notizia.

“Come ha fatto il drago a scoprirci?” chiese Sasuke con un tono preoccupato.

Hagoromo sospirò. “Non posso dirlo con certezza, ma deve aver percepito in qualche modo la comparsa della vostra energia in questo mondo. Non so come sia successo, ma oramai è tardi per pensare al passato. Siate però consapevoli di questo: ora che vi ha scoperto, il drago non vi lascerà più andare! Anche se doveste decidere ora di tornare nel vostro mondo, lui riuscirebbe a rintracciarvi e a farvi fuori lo stesso! Non avete più la possibilità di scampare alla sua collera!”

Il silenzio riprese a regnare sovrano nella sala. Nessuno osò aprire bocca. La tensione era alle stelle. Adesso erano tutti davvero preoccupati. Non potevano più tornare a casa senza rischiare di mettere in pericolo il loro mondo. Non avrebbero potuto sfuggire all’ira del drago. Non potevano lasciare Eldia finché non fosse morto.

“H-Ho paura!” pensò Hinata, le sue mani e le gambe tremanti. “N-Non voglio morire per mano del drago!”

Lei più di tutti sentì la tensione pesargli sulle spalle. Non era mai stata una persona coraggiosa. Non poteva fare a meno di sentirsi spaventata a morte dalla notizia. Il solo pensiero di poter rischiare la vita contro la potenza di una creatura possente e mostruosa come un drago la faceva tremare come una foglia. Sapeva di essere uno Shinobi, ed uno Shinobi deve anche saper affrontare la morte, ma la paura era più forte di lei. Non era certa di potercela fare.

Immersa in questi pensieri, la ragazza trasalì appena sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla. Si voltò di scatto e vide che era stato Naruto a toccarla, il quale aveva un sorriso confidente in volto e lo sguardo rivolto all’Eremita.

“Non importa!” disse il biondo con determinazione ed un fuoco negli occhi. “Sapevamo che non avremmo potuto più tirarci indietro sin dall’inizio! Non mi lascerò intimidire da una simile bazzecola! Io andrò avanti lo stesso!”

Hinata sgranò gli occhi. Nel vedere lo sguardo di Naruto, lei non poté evitare di sentirsi un po’ più sollevata. Non poté fare a meno di ammirare per l’ennesima volta il suo coraggio e la sua capacità di non arrendersi mai. Le parole che le aveva detto nella Fortezza le tornarono in mente come un lampo.
 

“Anche se sei in pericolo, io ti proteggerò! Sei libera di tentare ancora per tutto il tempo che ti serve! Io sarò sempre al tuo fianco, quindi niente e nessuno ti potrà fare del male! Non ho paura di morire, se questo vuol dire che posso riuscire a proteggerti!”
 

Hinata prese la sua decisione.

Non si sarebbe potuta arrendere neanche lei. Non avrebbe lasciato Naruto da solo contro quel drago. Non avrebbe permesso né a lui né tantomeno a Boruto di affrontarlo da soli. Naruto era la persona che amava, e Boruto, anche se al momento non c’era rapporto tra loro, era pur sempre suo figlio. Non poteva permettere che accadesse qualcosa a quei due.

Anche gli altri membri del gruppo erano dello stesso parere di Naruto, e ritrovarono subito il coraggio dopo le sue parole.

“Non basterà un drago a fermarci!” dichiarò Sakura con un pugno alzato. “Vero, Sasuke-kun?”

L’Uchiha sorrise. “Hn. Certo che no. Non lascerò che il mondo per cui mio fratello ha lottato e creduto possa andare distrutto!”

Gli adulti del gruppo non poterono evitare di provare una punta d’orgoglio nel vedere i loro giovani ragazzi così determinati. Anche se erano cresciuti come orfani, nessuno dei due si era mai arreso, ed avevano sempre lottato per andare avanti. E anche se entrambi si erano separati per seguire strade e credi diversi, alla fine erano giunti nella stessa destinazione.

Boruto sorrise a sua volta, deciso più che mai a distruggere quel fantomatico drago e ritornare a casa.

“Ho fatto una promessa a Mikasa e Sora,” pensò con forza. “Non cederò dinanzi a nulla!”

Sarada fece schioccare i pugni, un fuoco ardente riflesso nei suoi occhi.

Neanche lei si sarebbe arresa. Il suo sogno era diventare un Hokage forte e rispettato da tutti, e quell’impresa era il primo passo per avvicinarsi al suo sogno. Non poteva tirarsi indietro. Doveva farlo per la sua famiglia, per i suoi amici e per il suo Villaggio.

E non avrebbe permesso per nessuna ragione al mondo di lasciare Boruto da solo contro il drago. Questa era l’occasione per riuscire a riavere il suo amico d’infanzia. Non poteva sprecarla.

Eren sorrise nel vedere il loro coraggio. Tutti loro avevano deciso di combattere contro un drago senza esitazione. Un senso si ammirazione cominciò a nascere dentro di lui nel vedere i loro volti carichi di ardente determinazione.

E un’idea folle cominciò a formarsi nella sua testa.

L’Eremita sorrise nel vedere la decisione unanime del gruppo. “Siete veramente speciali.” pensò con sicurezza. “Il vostro coraggio e la vostra determinazione sono davvero incredibili. Ora capisco perché solo voi potete sconfiggere Vrangr…”

“Molto bene!” disse allora Hagoromo. “Allora adesso che avete trovato i manufatti, possiamo passare alla seconda e decisiva fase della missione.”

Boruto fece un passo avanti. “Avrei una domanda da farti prima!” disse improvvisamente.

L’anziano essere si voltò verso di lui. “E quale sarebbe, giovane Boruto?”

“Che cosa sono questi manufatti?” domandò il biondo con un tono serio, fissandolo col suo occhio impassibile. “Perché hai voluto che noi li recuperassimo? Cos’hanno di speciale?”

L’Eremita sorrise mentalmente. “Proprio come pensavo, sei astuto e sagace come sempre, Boruto Uzumaki.” pensò con divertimento. “Vuoi ottenere le informazioni prima di scoprire la prossima missione, in modo da comprendere prima la situazione e formulare un piano tutto tuo. Una mossa astuta.”

“Giusta osservazione.” disse il vecchio Otsutsuki con un sorriso. “Allora permettetemi di spiegare a tutti voi cosa sono questi tre manufatti che avete ottenuto ed il motivo per cui li avete dovuti prendere.”

Detto ciò, Hagoromo portò in avanti la mano destra e, con un rapido movimento del polso, all’improvviso la collana, lo scettro e l’anello scomparvero dalle mani di Boruto e Minato per riapparire un secondo dopo proprio davanti all’Eremita, sorprendendo tutti i presenti.

“Questi tre oggetti,” disse l’anziano essere lentamente. “Non sono dei semplici gioielli. Sono delle armi. Delle armi appartenute ad un antico Re di Eldia, un Re leggendario vissuto secoli e secoli fa. Ed esse sono le tre chiavi necessarie per sbloccare un certo potere che vi sarà molto utile contro Vrangr.”

Boruto aggrottò le sopracciglia. “Quale potere?” chiese.

L’Eremita li fissò con uno sguardo indecifrabile.

“Il Potere del Risveglio.”
 
 

Note dell'autore!!!
Salve a tutti! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Anche se quest'ultimi due capitoli erano di transizione, spero che possiate apprezzarli lo stesso. Ciò che verrà rivelato in essi sarà l'introduzione a ciò che avverrà in seguito, così come essi rappresentano anche l'introduzione al finale della storia. Il prossimo capitolo uscirà mercoledì 1 novembre!

Grazie a tutti quelli che leggeranno e a quelli che commenteranno! A presto! ;)

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Capitolo 38
*** Il Potere di un Sorriso ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 

Il Potere di un Sorriso


“Il Potere del Risveglio.”

Naruto e gli altri rimasero stupiti. Non avevano mai sentito parlare di un potere simile. E quei tre manufatti secondo l’Eremita dovevano essere la chiave per riuscire ad ottenerlo. Rimasero tutti in silenzio ad ascoltare la spiegazione.

“Partiamo dal principio,” fece Hagoromo con un tono calmo e serio. “Come dicevo, questi tre oggetti appartenevano ad un antico Re di Eldia, un Re conosciuto con il nome di Sargon.”

Eren trattenne il fiato all’udire quel nome. Anche gli altri notarono il suo stupore e gli lanciarono delle occhiate interrogative.

“Cosa succede, Eren?” chiese Naruto.

Il moro batté le palpebre, stupito. “Quel nome,” disse lentamente. “Sargon, è un nome molto famoso per gli abitanti di questo mondo. È il nome del Re che unificò per primo i nove regni di Eldia! State dicendo che quei tre oggetti appartenevano davvero al leggendario Sargon?”

L’Eremita annuì. “Esattamente.” confermò. “I tre manufatti erano le armi di Re Sargon, le armi da cui egli ottenne il Potere con cui riuscì ad unificare i nove Regni.”

Minato rifletté alcuni secondi. “Ma come possono questi gioielli avere un Potere al loro interno?” domandò, perplesso. “Anche se possiedono dell’energia racchiusa dentro di loro, non mi sembrano capaci di garantire nessun tipo di potere misterioso.”

“Il Potere celato al loro interno si attiva soltanto se essi sono riuniti insieme,” spiegò con pazienza Hagoromo. “Ma, per poterlo usare, alcune condizioni devono essere necessariamente esaudite.”

Gli altri ascoltarono con attenzione le sue parole.

“Ogni manufatto,” disse lentamente l’essere misterioso. “Ha dentro di sé una potente e misteriosa fonte di energia, la cui origine è del tutto sconosciuta persino per me. Ogni singolo gioiello, se diviso dagli altri, cerca in ogni modo di riunirsi agli altri manufatti. Per questo quando ci salutammo in precedenza vi dissi che il primo manufatto vi avrebbe sicuramente condotto dagli altri.”

Sasuke s’intromise subito. “C’è una cosa che non capisco,” disse improvvisamente. “Assorbire l’energia da ogni manufatto ci ha mostrato i luoghi in cui avremmo dovuto trovare i pezzi successivi, ma così non è stato per l’anello. La visione che ho avuto io mi ha mostrato questa città, ma l’anello si trovava in un posto diverso!”

L’Eremita sorrise compiaciuto. “È qui che sbagliate, giovane Sasuke” disse loro con divertimento, confondendo tutti i presenti. “I primi due manufatti non vi hanno mai mostrato il luogo dove si trovavano quelli successivi. Essi vi hanno bensì mostrato la strada che dovevate intraprendere ed i luoghi da raggiungere per trovare gli altri. Questo non implica che i luoghi mostrati siano davvero quelli dove si trovano i manufatti.”

Gli occhi di Minato si ridussero a due fessure. “Lei ci sta dicendo,” disse lentamente. “Che ogni manufatto ci ha indirizzato verso un luogo che, in un modo o nell’altro, ci avrebbe comunque condotto dagli altri indipendentemente dalla loro presenza?”

“Proprio così, Quarto Hokage.” confermò Hagoromo. “Prendete come esempio lo scettro. Esso vi ha mostrato questa città, mentre l’anello si trovava in un luogo completamente diverso. Ma questo non vi ha impedito di raggiungere l’ultimo manufatto, o sbaglio?”

Boruto sgranò l’occhio sinistro. “Vuoi dire che lo scettro sapeva in qualche modo che se noi fossimo giunti a Shiganshina io sarei comunque andato nell’avamposto di Marley, trovando così l’ultimo manufatto?”

L’Eremita si lisciò la barba. “Precisamente.” disse con un sorriso. “Come potete vedere, ogni manufatto possiede un potere misterioso che gli permette di riunirsi agli altri in un modo o nell’altro. L’origine di questo Potere è oscura e misteriosa anche per me, ma la sua efficacia è indubitabile. La prova di ciò è che voi siete riusciti ad ottenere tutti e tre i pezzi indipendentemente dalle circostanze.”

“Ma cosa fa precisamente questo Potere?” domandò Kushina. “E in che modo esso può aiutarci a sconfiggere il drago?”

Hagoromo incrociò le braccia, fissando tutti i presenti col suo Rinnegan. “Quest’informazione è molto importante, quindi ascoltate attentamente.” li avvisò.

Naruto e gli altri aguzzarono le orecchie, preparandosi alla rivelazione.

“L’energia contenuta all’interno dei tre manufatti,” spiegò l’Eremita seriamente. “Ha una capacità unica ed irriproducibile. Un’abilita che non è ottenibile in nessun altro modo. Essa, quando viene in contatto con l’energia vitale o il chakra di una persona, permette al possessore di sbloccare un’abilità particolare. L’energia dei tre gioielli infatti, entrando nel sistema circolatorio del corpo del possessore, è in grado di risvegliare il Potere dormiente di quella persona.”

L’occhio di Boruto si ridusse ad una fessura. “Potere dormiente?” ripeté.

“Ogni essere umano possiede un Potere dormiente dentro di sé,” disse ancora l’anziano essere. “Un’abilità intrinseca nella nostra anima che resta sopita dentro di noi, impossibile da raggiungere con le nostre forze. Il Potere del Risveglio, una volta attivato, permette in qualche modo di riattivare, o meglio, di risvegliare questa abilità celata nel nostro profondo intimo. Considerate questo Potere come la manifestazione fisica e tangibile del nostro stesso essere, come la rappresentazione della nostra anima che prende forma nel mondo reale.”

“Che cosa?” esclamò allibito il Nukenin.

Minato sgranò gli occhi. “La manifestazione fisica del nostro essere?” ripeté, scioccato ed incredulo come tutti gli altri. “Ma una cosa del genere è impossibile! Cosa fa esattamente questo Potere?”

“Può sembrare complicato, ma vi assicuro che il concetto è molto più semplice di quel che sembra.” disse l’Eremita. “Immaginate di poter far riemergere il Potere celato dentro di voi, di tirare fuori il vostro massimo potenziale e di potergli dare una forma fisica in questo mondo. Il Potere del Risveglio è capace di realizzare proprio questo. È capace di manifestare l’abilità intrinseca di ogni persona nella realtà, esattamente come il Susanoo. Se ci pensate, esso non è altro la manifestazione fisica del dolore del clan Uchiha, ed il concetto è lo stesso in questo caso. La differenza è che i tre manufatti permettono al possessore di manifestare non solo il dolore, ma ciò che rappresenta tutto l’essere di una persona nella sua interezza. In pratica esso manifesta tutte le sue abilità, tutti i suoi sentimenti, tutti i suoi dolori, tutte le sue ambizioni, i desideri e i sogni. In una sola parola, l’essenza di una persona!

Naruto, Boruto, Sakura, Hinata, Minato, Kushina e gli Uchiha sgranarono gli occhi appena realizzarono ciò. Se quello che l’Eremita stava dicendo era vero allora questo misterioso potere era incredibile. Poter manifestare fisicamente tutta la forza, tutta la potenza interna di una persona era qualcosa d’inimmaginabile. Le possibilità erano infinite. Una cosa del genere era quasi impensabile.

“Se quello che dice è vero,” disse Sakura con un tono colmo di stupore. “Allora che tipo di manifestazione prende l’essenza di una persona?”

Hagoromo sospirò chiudendo gli occhi. “Non è possibile dare una risposta certa a questa domanda,” rispose lentamente. “Il Potere sopito all’interno di una persona è unico e particolare per ognuno di noi, e questo rende impossibile determinare la forza e l’abilità dell’essenza vera di una persona. Ogni uomo ha una sua vita propria, e possiede diverse esperienze, diversi sentimenti e diverse abilità. Non è possibile determinare che forma possa assumere l’essenza di ogni persona in modo assoluto. Re Sargon, ad esempio, era capace di manifestare la sua essenza sotto forma di una corazza di fuoco che gli avvolgeva il corpo, conferendogli protezione assoluta e controllo totale delle fiamme e di ogni tipo di combustione.”

“Capisco,” pensò seriamente Boruto. “La manifestazione fisica di ogni aspetto di un essere umano. Un’abilità interessante…”

Sasuke era rimasto sconvolto. “Un potere simile sarebbe capace di sfoderare tutto il potere di un essere umano!” pensò tra sé. “Permetterebbe di attivare tutto il potenziale di ogni persona, superando tutti i propri limiti!”

“Non riesco a crederci!” esclamò mentalmente Fugaku. “Può esistere davvero una cosa del genere?”

Minato tentò di ragionare. “Un Potere capace di risvegliare l’essenza di ogni uomo. Chissà cosa permette di fare…”

“Non posso crederci!” fu tutto ciò che riuscì a pensare Naruto.

Anche il Kyuubi era rimasto impressionato. ‘Un Potere simile sarebbe capace di portare orrore e distruzione su ogni cosa!’ disse lentamente. ‘Se usato per scopi malefici, potrebbe persino distruggere intere popolazioni!’

“Orrore e distruzione?” ripeté il jinchuuriki, confuso.

‘Pensaci bene, Naruto,’ ringhiò la Volpe. ‘Se un Potere del genere finisse nelle mani di persone malvagie e piene d’odio e dolore come Madara, cosa potrebbe accadere?’

Naruto impallidì appena intuì il rischio di una simile possibilità. Nel suo mondo, Madara stava ancora tentando di intrappolare il mondo nello Tsukiyomi Infinito, e se un Potere del genere fosse finito in suo possesso, allora l’umanità non avrebbe avuto speranza di sconfiggerlo.

“Se questo Potere è talmente forte,” disse Mikoto. “Allora perché in questo mondo nessuno ha cercato di ottenere questi manufatti?”

L’Eremita aprì gli occhi. “Oh, ci hanno provato eccome.” disse con un tono serio. “Per interi secoli in molti tentarono di usare i manufatti per risvegliare il Potere dormiente celato dentro di loro, ma nessun essere umano è mai riuscito ad utilizzarlo oltre a Re Sargon. Dopo secoli di tentativi inutili però, alla fine i tre manufatti furono dimenticati dagli uomini di Eldia e sparpagliati nel mondo, poiché era impossibile per loro riuscire a sbloccarne il potere.”

Eren s’interessò subito alla notizia. “Come mai nessun altro c’è mai riuscito?” gli chiese.

“La risposta è più semplice di quel che potreste pensare,” rispose Hagoromo con un sorriso. “Per poter utilizzare il Potere del Risveglio, come vi ho detto prima, bisogna soddisfare due condizioni. La prima è che il possessore dei manufatti deve essere necessariamente determinato su qualcosa. In altre parole: deve avere chiaro in mente l’obiettivo da raggiungere grazie al potere che vuole utilizzare. Deve avere bene in testa il suo obiettivo finale.”

Sarada inarcò un sopracciglio. “Mi sembra abbastanza facile.” commentò.

“Invece non lo è affatto.” la corresse l’anziana figura. “Per poter attivare il Potere bisogna riuscire a vedere il proprio obiettivo cogli occhi, poterlo sentire e percepire, quasi come se tu potessi toccarlo con le mani. Non basta semplicemente avere in mente un sogno o pensare a qualcosa che vuoi davvero. Bisogna desiderarlo con forza e passione, tentando di raggiungerlo con ogni mezzo possibile. Sargon voleva ardentemente unificare i regni di Eldia per portare pace nel suo mondo, e la sua forza di volontà e la sua determinazione gli hanno permesso di raggiungere quell’obiettivo. E poi, come se questo non bastasse, c’è ancora un’altra condizione che bisogna soddisfare.”

“E quale sarebbe?” chiese Kushina.

L’Eremita li fissò uno ad uno con forza per diversi secondi prima di rispondere.

“La consapevolezza di sé.”



“Che cosa?” esclamarono tutti contemporaneamente nelle loro teste.

Fu Sasuke a dare voce ai dubbi di tutti. “Cosa significa?” domandò con foga.

Hagoromo continuò a guardarli seriamente. “Esattamente quello che ho detto.” rispose loro con calma. “La seconda condizione necessaria per l’utilizzo del Potere del Risveglio è essere consapevoli di sé.”

Essere consapevoli di sé? Che cosa significava? Era un concetto troppo vago. Ogni persona era consapevole di sé. Nessuno all’infuori di se stesso poteva realmente dire come fosse fatta una persona in ogni suo aspetto. Il concetto non aveva senso.

“Che cosa intendi dire, vecchio Eremita?” chiese Naruto, incapace di comprendere a pieno. “Ognuno di noi è consapevole di sé! È una cosa naturale!”

L’Eremita scosse la testa. “Non è affatto così semplice.” disse seriamente. “Essere consapevoli di se stessi significa conoscere ogni singola sfaccettatura della propria persona. Significa essere pienamente a conoscenza dei propri difetti, delle proprie debolezze, dei propri sogni e delle proprie abilità. La consapevolezza della propria persona non è una cosa che possiedono tutti, ma al contrario, sono in molti a non esserne a conoscenza. Essa si ottiene osservandosi attentamente, tentando di comprendere i motivi che stanno alla base dei nostri pensieri, delle nostre azioni e dei nostri sogni e desideri. Molte persone giungono alla fine della loro vita senza aver mai compreso fino in fondo che tipo di persone sono realmente, e per questo non è per niente una cosa scontata. Essere consapevoli di sé è anche la base che serve a scoprire realmente qual’è l’obiettivo che si vuole ottenere nella vita.”

Boruto aggrottò le sopracciglia. “Quello che dici è vero soltanto in parte.” lo interruppe con un tono privo di emozione. “Nessuno può essere pienamente cosciente di sé per tutta la vita. L’essere umano è una creatura in continua evoluzione, e il suo essere cambia in base alle esperienze e alle vicende che egli vive ogni giorno. Non è possibile poter essere certi della propria persona finché si continua a vivere.”

Gli altri si voltarono verso il biondo, stupiti. Le sue parole erano incredibilmente mature e veritiere. Stentavano a credere che un ragazzo come Boruto potesse avere una capacità di ragionamento simile. Era come se stessero sentendo parlare un adulto, e non un ragazzo di diciassette anni.

Hagoromo sorrise all’udire la sua spiegazione. “Hai pienamente ragione, giovane Boruto.” gli disse. “Tuttavia, anche se quel che dici è vero, non è propriamente così che funziona.”

“E allora come funziona?” domandò Minato.

L’Eremita riprese a spiegare. “Esattamente come ha detto il giovane Boruto, l’essere umano è in continua evoluzione. Il proprio essere non è fisso, ma è soggetto a continui cambiamenti dovuti alla realtà e alle esperienze personali. Fattori come l’amore, il dolore e le vicende nuove che accadono ogni giorno lo influenzano sempre, modellando il carattere e i pensieri di ogni persona continuamente. Ma, anche nonostante questo, è possibile arrivare ad una consapevolezza parziale di sé. È possibile tirare le somme sulla propria vita in ogni istante, e nel farlo è possibile comprendere qual è la certezza o il sogno che ci spinge ad andare avanti nella vita. Questa è la condizione necessaria per attivare il Potere del Risveglio.”

Fugaku ragionò un attimo. “E quindi lei sta dicendo che nessuno è mai riuscito a soddisfare queste due condizioni da secoli?”

L’Eremita annuì. “Può sembrare semplice, ma riuscire a tirare delle somme concrete e soprattutto vere sulla propria persona non è immediato e facile.” spiegò loro lentamente. “Come può confermare anche il giovane Eren, gli abitanti di Eldia sono sempre stati in conflitto tra loro, e anche dopo l’alleanza dei nove Regni le battaglie per il possesso dei Titani non si fermarono mai. I manufatti finirono in mani diverse per moltissimi anni, e nessuno era a conoscenza dei requisiti necessari per utilizzare il Potere del Risveglio. Alla fine, la loro storia fu completamente dimenticata per questo motivo, ma il loro Potere è rimasto ancora intatto fino ad oggi.”

“Ma da dove provengono?” chiese allora Eren. “Come fanno ad avere questa energia al loro interno?”

Hagoromo lo guardò con occhi seri. “Non so che tipo di energia hanno dentro di essi, ma la loro origine risale alla stessa creatura che ha creato il potere dei Titani,” rispose con una voce pacata. “Ma al momento solo tu ed un altro di questo gruppo siete a conoscenza dell’identità di questo essere, e a tal proposito devo chiedere a te e a Boruto di parlare con me in privato più tardi su questo argomento.”

Boruto ed Eren capirono subito a chi si stesse riferendo l’Eremita.

“Il Diavolo della Terra!”

“Un momento,” disse improvvisamente Sarada, sconvolta. “State dicendo che Boruto conosce la creatura che ha creato i Titani?”

Naruto e gli altri si voltarono verso il diretto interessato. Boruto si limitò a ricambiare i loro sguardi con il suo occhio gelido.

“Ne sono a conoscenza, sì.” rispose il guerriero con un tono freddo. “Ma non è una questione che vi riguarda in alcun modo.”

Fugaku non volle accettare quella risposta. “Ci riguarda eccome!” disse con foga. “Per tutto questo tempo hai saputo-”

“Fugaku Uchiha,” lo interruppe Hagoromo col suo tono calmo ma autoritario. “Per quanto questa cosa possa essere frustrante per voi, il giovane Boruto ha ragione. Quest’informazione non vi riguarda. È uno dei segreti più importanti di Eldia e della sua gente, e non possiamo dirvi alcune cose per motivi di sicurezza. Boruto ed Eren ne sono a conoscenza da anni ormai, e sanno bene di non poter rivelare queste informazioni con leggerezza.”

Fugaku si zittì immediatamente, stringendo i pugni. Gli altri non sapevano cosa pensare. Come faceva Boruto a sapere certe cose? Come poteva essere a conoscenza di segreti che riguardavano Eldia? Il mistero che circondava quel ragazzo era sempre più intrigante per loro.

Naruto non poté fare a meno di chiedersi che razza di vita avesse avuto il suo futuro figlio per essere finito in mezzo a quella situazione. La sua curiosità nei suoi confronti cresceva sempre più.

Ma stavolta aveva un piano, e doveva solo aspettare il momento giusto per metterlo in atto.

“Tornando al discorso di prima,” riprese a dire Hagoromo, attirando di nuovo l’attenzione su di sé. “Ho avuto modo di osservare il vostro viaggio fino ad oggi, e ho scoperto delle cose importanti.”

Gli occhi di Sasuke si ridussero a due fessure. “Hai osservato il nostro viaggio fino ad oggi?” chiese con sospetto. “Com’è possibile?”

L’Eremita si limitò a sorridere. “Non posso spiegarvi nel dettaglio come ho fatto, ma sappiate che sono a conoscenza delle vostre avventure passate.” disse con un tono pacato. “E sono giunto alla conclusione che al momento ci sono quattro persone nel vostro gruppo che possono raggiungere i requisiti necessari per utilizzare il Potere del Risveglio dei manufatti. Questi quattro sono coloro che stanno acquisendo sempre più una maggiore consapevolezza di loro stessi, ma che allo stesso tempo si stanno evolvendo nel corso di questa missione.”

Tutti ascoltarono con trepidazione.

“E chi sono queste persone?” domandò Mikoto, tesa.

“Questi quattro,” disse Hagoromo. “Sono Sasuke e Sarada Uchiha, assieme a Naruto e Boruto Uzumaki. Loro sono quelli con le maggiori possibilità di riuscire a scoprire come usare i manufatti, poiché la consapevolezza che avevano di loro stessi si sta evolvendo pian piano. Tuttavia soltanto uno di loro potrà usare il Potere del Risveglio, e per questo dovremo agire in un modo particolare che vi rivelerò più tardi.”

I diretti interessati s’irrigidirono all’udire ciò. Erano davvero loro le persone in grado di poter usare quel misterioso Potere?

“Perché proprio noi?” chiese Naruto con esitazione. “Cosa ci rende diversi dagli altri?”

L’Eremita gli sorrise benevolmente. “Sono certo che ognuno di voi sa già la risposta.” disse. “Voi quattro, nel corso di questo viaggio avete sperimentato tutti delle emozioni forti e contrastanti dentro di voi. Avete sperimentato delle esperienze e dei cambiamenti di prospettiva che vi hanno influenzato non poco. Queste emozioni ed esperienze infatti, vi hanno portato a farvi delle domande su voi stessi e su quello che stavate facendo, vi hanno portato a domandarvi che cosa stavate cercando per tutto questo tempo. Non è forse così?”

I giovani abbassarono lo sguardo, riflettendo tra loro. L’Eremita delle Sei Vie aveva ragione. Ognuno di loro era cambiato nel corso di quella missione. Da quando erano giunti ad Eldia, le cose erano decisamente cambiate per loro.

Naruto si era interessato a Boruto, e questo lo aveva portato a dubitare di sé e della sua capacità di poter diventare un buon padre nel futuro, ma gli aveva permesso anche di ritrovare la sua determinazione e di non arrendersi per diventare una persona migliore.

Sasuke era cambiato grazie ai suoi genitori e all’intervento di Sakura e Sarada. Le azioni che aveva commesso in passato continuavano a tormentarlo, ma adesso si era reso conto che il suo obiettivo non era la vendetta.

Sarada, grazie alla possibilità di stare vicino al suo vecchio amico dopo anni, aveva cominciato a domandarsi che tipo di persona fosse diventato. Aveva cercato di comprendere come fare per riportarlo indietro, e non aveva mai smesso di tentare di approcciarsi a lui, dando maggiore solidità alla sua determinazione.

Boruto, dal canto suo, era sempre stato consapevole di chi fosse e di quello che voleva dalla vita. Ma, adesso che si stava avvicinando a compiere il suo destino e ad affrontare il drago, si era messo in testa che non avrebbe permesso a se stesso di perdere pur di tornare dalla sua famiglia. Ma i dubbi e l’incertezza continuavano ancora a tormentarlo nonostante la sua determinazione.

L’Eremita sorrise ampiamente. “Vedete,” riprese a dire. “La risposta è già scritta nei vostri cuori. E nel tuo caso, giovane Naruto, puoi anche contare sull’aiuto di Kurama per comprendere meglio chi sei.”

Naruto inarcò un sopracciglio. “Uh?” fece, confuso. “Chi è Kurama?”

Hagoromo sospirò. “Non ti ha ancora detto il suo nome?” disse con esasperazione. “Certo che sei davvero peggiorato in quest’ultimo periodo, Kurama.”

Naruto era completamente perso, ma non fece in tempo a dire nulla che subito il Kyuubi gli disse qualcosa nella mente.

‘Kurama è il mio nome, Naruto.’ spiegò con un tono annoiato. ‘Anche se avrei preferito aspettare ancora prima di rivelartelo.’

“COOOOSA?!” urlò il biondo, allibito. “Hai un nome e non me lo hai mai detto?”

‘Non fare l’offeso, moccioso!’ ribatté subito la Volpe. ‘Per quale motivo noi Bijuu non dovremmo avere un nome proprio come voi umani? E per noi demoni rivelare il nostro nome è un segno di fiducia nei confronti degli altri. Perciò ricordati, giusto per mettere le cose in chiaro, che io non mi fido ancora di te! La nostra collaborazione è appena iniziata!’

Naruto avrebbe voluto protestare per un secondo, ma decise invece di restare zitto. Il Kyuubi, o meglio, Kurama aveva ragione. Loro due non erano ancora diventati dei veri amici. Fu allora che realizzò che questo, anche se gli dava un po’ fastidio, era pur sempre un nuovo punto da cui poter ricominciare a parlare con il Bijuu. Lui non si sarebbe arreso pur di diventare suo amico.

Il biondo si limitò allora a sorridere.

“Non importa!” dichiarò con determinazione. “Un giorno ti dimostrerò che puoi fidarti di me, Kurama! E quel giorno allora diventeremo dei veri amici!”

‘Hmpf!’ grugnì la Volpe.

“Comunque sia,” riprese a dire l’Eremita. “Prima di spiegarvi cosa dovrete fare d’ora in poi, non posso evitare di dimostrare il mio disappunto nei confronti di qualcuno di voi. Come ho già detto, sono consapevole delle vostre azioni passate, e non posso evitare di menzionare il fatto che qualcuno di voi abbia agito in maniera completamente inopportuna ed egoistica nei confronti dei propri compagni. Il comportamento di qualcuno di voi ha messo a rischio l’intera missione ed il destino di molti mondi.”

Sasuke e Fugaku abbassarono lo sguardo. Sapevano bene a chi fossero riferite quelle parole. La loro arroganza e i loro sospetti nei confronti di Boruto li avevano fatti agire d’impulso. Non erano riusciti ad accettarlo, non erano riusciti a fidarsi di lui, e per questo avevano messo a repentaglio tutto. Avevano rischiato di mettere in pericolo l’intera umanità per causa loro. Non potevano certo essere fieri delle loro azioni.

Minato e gli altri rimasero in silenzio. Sapevano tutti che le azioni dei due Uchiha erano state controproducenti. Nessuno proferì parola, sapendo che non era loro compito intervenire nella questione senza essere chiamati in causa. Anche Naruto non disse nulla, intuendo che era meglio lasciare che quei due realizzassero i loro errori.

“Non è forse così,” disse l’Eremita con un tono serio e deciso. “Boruto Uzumaki?”

Tutti si voltarono di scatto verso il biondo col mantello.

Il Nukenin fissò con il suo occhio sinistro freddo e distaccato il Rinnegan dell’anziano essere per diversi secondi, senza però rispondere.

“Non credo di comprendere il tuo disappunto, vecchio.” disse alla fine con un tono privo di emozione, per nulla intimorito dalle sue parole. “Non ho mai agito contro l’obiettivo della nostra missione. Sei certo di non stare cominciando ad immaginarti le cose? L’età immagino che non aiuti di certo…”

Naruto e gli altri rimasero di stucco all’udire quelle parole, tuttavia se Hagoromo si fosse offeso dal tono irrispettoso del ragazzo non lo diede a vedere.

“Non penso proprio di essere arrivato al punto di immaginare le azioni altrui,” disse col suo tono di sempre, fissando il giovane con uno sguardo penetrante. “Quindi te lo chiederò direttamente: quante volte hai minacciato di morte i tuoi compagni, giovane Boruto? Non è forse un’azione contraria alla missione?”

Boruto sorrise malvagiamente. “Le mie azioni erano dettate dal loro atteggiamento verso di me, Otsutsuki!” disse con decisione. “Non ho mai minacciato qualcuno senza essere stato prima infastidito o provocato! Non farmi passare per un maniaco assetato di sangue solo perché ti sto antipatico!”

L’Eremita non demorse. “E tuttavia sei sempre rimasto in disparte da loro, senza curarti dei sospetti e delle domande che i tuoi compagni si ponevano nei tuoi confronti.” disse ancora. “Le loro azioni sono state la conseguenza del tuo stesso comportamento nei loro confronti. Avresti potuto almeno tentare-”

“Ho ribadito molte volte che non mi interessava approcciarmi a loro,” lo interruppe il biondo, il suo sguardo serio. “Inoltre li avevo avvisati di badare ai fatti loro senza curarsi di me, ed io avrei tranquillamente continuato a ignorarli. Ma la testardaggine di qualcuno mi ha portato all’esasperazione, e quindi ho agito di conseguenza. Non venirmi a fare la predica solo perché non ti va a genio il modo con cui decido di approcciarmi alle persone. Nessuno ha il diritto di dirmi certe cose, e lo sai anche tu, vecchio!”

Hagoromo sospirò. “Ammetto che la loro insistenza possa essere stata fastidiosa per te,” concesse con un tono più pacato. “Ma voi siete una squadra. Non sarebbe stato meglio tentare di avere un dialogo con loro? Non sarebbe stato meglio chiarire le cose una volta per tutte?”

Boruto rise di gusto all’udire quelle parole. “Dialogo?” ripeté sarcasticamente. “Non farmi ridere! Volevano soltanto sapere il mio passato ed i miei poteri per poter fare luce sul mistero della mia forza o per la loro curiosità nei confronti del futuro! Non ho alcun bisogno di mettermi a fare nuove amicizie, specialmente con quelle persone!”

Naruto e Hinata strinsero i pugni. Loro erano quelli che avevano tentato sempre di scoprire qualcosa sul passato di Boruto. Certo, il primo lo aveva fatto in modo più esplicito mentre Hinata si era sempre limitata ad osservare il giovane da lontano, ma entrambi provavano indubbiamente un profondo interesse per lui.

E lo avevano fatto perché volevano conoscerlo, non perché fossero interessati al suo potere. Volevano sapere qualcosa su di lui, volevano capire perché avesse sofferto così tanto. Volevano sapere chi fosse loro figlio. Ma Boruto stava letteralmente gettando il loro interesse in pasto ai porci. Era come se ai suoi occhi loro non contassero nulla.

L’anziano essere fece per parlare, ma qualcuno s’intromise bruscamente nel discorso.

“Adesso basta, Boruto!” esclamò Sarada, i suoi occhi rossi pieni di rabbia. “Perché ti comporti sempre in questo modo? Nessuno di loro vuole sapere il tuo passato per scoprire i tuoi poteri! Vogliono solo conoscerti perché sono interessati a te!”

Boruto la guardò con disprezzo. “Non m’interessa!” ribatté, il suo tono freddo come il ghiaccio. “Non sono obbligato a comportarmi diversamente solo perché non vi piace, quindi piantatela con questi discorsi! Io non cambierò mai, e se la cosa non vi va a genio allora potete semplicemente mandarmi a quel paese e farvene una ragione!”

La ragazza sentì le lacrime colarle con forza dalle guancie. Il suo cuore le faceva un male terribile. Perché le cose dovevano essere sempre così? Perché Boruto non poteva riuscire ad aprirsi con quelle persone? Perché preferiva restarsene sempre da solo, a pensare soltanto a quel gruppo di criminali con cui aveva deciso di vivere quando invece aveva dei genitori che lo amavano talmente tanto da non arrendersi mai nel tentativo di riprenderselo?

Ma, prima che qualcuno potesse ribattere, l’Eremita disse qualcosa.

“Sono andato a trovare lei e gli altri mentre tu eri qui,” incominciò a dire con un tono sincero. “Tutti erano preoccupati per te, sai?”

Gli altri rimasero allibiti quando videro Boruto sgranare l’occhio sinistro ed irrigidirsi non appena udì quella frase.

Lei non ha mai smesso di cercarti per una settimana intera, e gli altri erano nella disperazione più totale. Toneri non sapeva più che fare per tenerli a bada.” continuò Hagoromo. “Gli manchi molto. Hanno setacciato ogni angolo del globo pur di avere tue notizie.”

La testa del Nukenin si abbassò verso terra, gli occhi oscurati dai capelli.

“Quando ho rivelato loro la verità, mi hanno quasi attaccato pur di convincermi a portarli qui da te.” disse ancora l’anziano. “Lei mi ha persino supplicato di permetterle almeno di parlare con te. Non l’ho fatto solo perché sapevo che così facendo non saresti riuscito ad andare avanti. Non saresti riuscito a proteggerli. Hai fatto una promessa dopotutto, o sbaglio?”

Il guerriero alzò lo sguardo su di lui, gli occhi pieni di nostalgia, dolore e rimpianto.

Hagoromo sorrise, tirando fuori un pezzo di carta e porgendolo verso il giovane.

“Prima di andarmene mi hanno chiesto di consegnarti questo.” continuò a dire mentre Boruto afferrava il foglio. “Lo ha scritto lei davanti a me.”

Boruto, con mani tremanti, si portò il foglio vicino al volto per leggerlo. Passarono diversi minuti di silenzio, diversi minuti in cui nessuno parlò. Mano a mano che il ragazzo proseguiva la lettura, le sue mani cominciavano a stringere con maggiore intensità la carta, il suo corpo veniva scosso da brividi sempre più forti.

Poi, dopo circa tre minuti, le braccia gli ricaddero sui fianchi. Il suo corpo tremò incessantemente. La sua testa si piegò verso il basso. Gocce d’acqua caddero sul pavimento.

Naruto, Hinata, Sarada, Sasuke e tutti gli altri trattennero il fiato.

Perché, per la prima volta davanti ai loro occhi, Boruto Uzumaki stava piangendo.

Non credevano ai loro occhi. Non poteva essere. Non riuscivano a crederci. Eppure era vero, era reale. Stava accadendo davvero davanti a loro. Lo vedevano tutti. Dinanzi a loro stava Boruto, teso e rigido con la testa bassa, che piangeva come un bambino.

Naruto ed Hinata osservarono con meraviglia quel volto. Quello stesso volto sempre freddo e privo di emozione che adesso era invece ricolmo di dolore, nostalgia, tristezza, speranza e anche…

Gioia.

Naruto trasalì quando vide quell’emozione riflessa nel suo occhio. Hinata portò una mano tremante alla bocca. Non riuscivano a crederci, ma era vero. Non c’erano dubbi.

In quel suo volto c’era gioia. Era uno spettacolo incredibilmente meraviglioso. Il suo volto sempre serio e indifferente adesso era pieno di emozioni e sentimenti. Era il volto più raggiante che avessero mai visto. Non sapevano come descriverlo, eppure sapevano bene che tipo di volto fosse quello che stavano guardando. Era il volto di un anziano che scopre di aver realizzato al meglio la sua vita. Era il volto di un uomo che aveva sofferto troppo e che finalmente aveva trovato la pace. Era il volto di un ragazzo che si sentiva dire dalla sua amata “ti amo” per la prima volta. Era il volto di un bambino che piangeva dalla felicità.

Era il volto di qualcuno che ha trovato la cosa più preziosa del mondo.

Il suo occhio umido era fisso sul pezzo di carta nelle sue mani, ma un tenero sorriso ricolmo d’affetto gli graziava il viso mentre leggeva il contenuto di quel foglio.

Nessuno dei presenti sapeva come reagire. Tutti erano rimasti sconvolti. Per la prima volta da quando lo avevano incontrato, Boruto stava sorridendo davanti ai loro occhi. Ma non era il suo solito sorriso crudele e malizioso. Era un sorriso vero. Un sorriso sincero.

E fu proprio appena vide quel sorriso che Sarada comprese il significato dell’amore. Fu appena vide quel volto così felice che comprese cosa significasse amare una persona. Ciò che scoprì la riempì contemporaneamente di sollievo e orrore.

Amare significa voler vedere la persona amata felice. Sempre. Ogni giorno. Ogni minuto. Ogni secondo.

Amare significa desiderare il meglio per la persona amata. Amare significa volere il bene dell’altro.

E fu scoprire questo che le fece capire la realtà dei fatti.

Boruto era felice.

Quello stesso Boruto davanti a lei, quello stesso Boruto dinanzi ai suoi occhi, quello stesso Boruto con le lacrime che gli solcavano le guancie, era felice.

Ed era felice grazie alla sua nuova famiglia.

Sarada amava Boruto. Lo amava da morire. Lo amava sin da quando erano piccoli. E amare significa volere il bene dell’amato. Significa desiderare la felicità eterna dell’amato. E lì, davanti a lei, il suo amato Bolt era felice.

E non grazie a lei.

E lì, in quell’istante, la giovane Uchiha provò il più grande terrore che avesse mai provato in tutta la sua vita.

Perché se Boruto era felice grazie alla sua nuova famiglia, allora lei era inutile. Lei non serviva. Lei non lo avrebbe mai reso felice.

Anche se il suo cuore non voleva accettarlo, sapeva che quella era la realtà. Anche se voleva piangere per la scoperta, decise di ingoiare le lacrime. Non poteva piangere del fatto che Boruto fosse felice. Decise di essere forte. Decise di trattenere il dolore dentro.

Perché lei amava Boruto. Perché lei avrebbe continuato ad amarlo per sempre. Perché lei voleva che lui potesse essere felice.

Però questo significava lasciarlo andare via. Questo voleva dire che lei avrebbe dovuto essere disposta a lasciarlo restare con i suoi nuovi amici. Senza di lei. Senza poterlo rivedere.

Sarada ingoiò un singhiozzo di dolore.

Ne sarebbe stata davvero capace?


 

Note dell'autore!!!

Salve gente. Spero che questo capitolo possa avervi intrigato almeno un pochino. Il prossimo uscirà sabato 4 novembre!

Mi scuso se questi ultimi tre capitoli sono stati privi di azione o eventi particolari, ma erano necessari per approfondire e svelare alcune sfaccettature di diversi personaggi. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo privo di azione, e sarà anche quello in cui Naruto rivelerà finalmente che cosa vuole dire al suo futuro figlio. Avremo modo di vederne delle belle tra quei due, ve lo assicuro.

Grazie a tutti quelli che leggeranno e a quelli che mi faranno saper cosa ne pensano! A presto! ;)

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Capitolo 39
*** Coraggio e Sfida ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 

Coraggio e Sfida


Rimasero ancora tutti in silenzio. Nessuno voleva interrompere quel momento.

Boruto continuava a sorridere fissando quel foglio, il suo respiro che si calmava a poco a poco, le lacrime che colavano lentamente dai suoi occhi. Il suo sguardo era fisso su quella scrittura, una scrittura che avrebbe saputo riconoscere tra mille altre.

La grafia di Mikasa.

Non era riuscito a contenersi. Una volta cominciate a leggere quelle parole, quelle parole che lei e tutti gli altri gli stavano rivolgendo attraverso quel pezzo di carta, Boruto non aveva potuto evitare di mettersi a piangere. Le lacrime erano uscite da sole. Era stato travolto da una miriade di emozioni.

E finalmente, dopo un tempo che gli era parso infinito, il biondo era tornato ad essere felice.

Perché quelle parole erano talmente cariche di nostalgia, di affetto e preoccupazione nei suoi confronti che lui non poté evitare di percepire ancora una volta quanto i suoi amici gli volessero bene. Era evidente che tutti lo stavano incoraggiando, che tutti lo stavano aspettando a casa, facendo il tifo per lui.

Boruto si sentì amato appena lesse le parole di quel foglio. Proprio lui che per tutta la sua vita non aveva desiderato altro che avere una famiglia che lo amasse per davvero. Il suo sogno si era avverato. Per l’ennesima volta, Boruto capì di aver fatto la scelta giusta. Capì che non era più da solo. Capì che c’era davvero chi gli voleva bene.

E lui riscoprì di nuovo di amare tutta la sua famiglia più di ogni altra cosa.

“Grazie ragazzi…”

Hagoromo sorrise nel vedere la reazione del giovane dinanzi a lui.

Sapeva bene quanto avesse sofferto Boruto in passato, e non poté evitare di essere felice nel constatare per la seconda volta che il ragazzo avesse finalmente trovato una famiglia. Aveva trovato un posto che poteva considerare una casa.

E per questo motivo, nonostante tutto, l’Eremita sospirò.

Nonostante sapesse quanto quel ragazzo meritasse di stare con quelle persone, la cosa non era del tutto giusta ai suoi occhi. Non poteva ignorare le conseguenze della sua scelta.

Perché il giovane Boruto aveva rinnegato la sua precedente famiglia, e adesso ne aveva preso a cuore un’altra. E questo, per quanto potesse essere comprensibile a causa del suo passato, aveva portato altro male nel suo mondo. La sofferenza del Nukenin era stata ingiusta e crudele, ma adesso aveva generato altro dolore, esattamente come il circolo dell’odio iniziato da Indra ed Ashura.

La scelta di Boruto aveva distrutto la famiglia Uzumaki. Aveva portato allo scontro dell’Unione con la fazione Ribelle. Aveva portato alla morte migliaia di persone.

Aveva quasi fatto scoppiare un’altra guerra nel mondo ninja.

Ma la colpa di tutto questo non era solo di Boruto. La colpa era anche del Settimo Hokage e della sua famiglia. La colpa era anche dell’Unione. La colpa era anche di Toneri. Tutti avevano in qualche modo contribuito a generare la situazione in cui si era ritrovato il futuro del loro mondo.

“Non è possibile eliminare il dolore dall’uomo.” pensò sommessamente l’Eremita, fissando il volto in lacrime del ragazzo biondo davanti a sé.

Lo aveva già compreso in passato quando era giovane, ma la sua testardaggine non gli aveva mai permesso di realizzarlo fino in fondo. E ancora adesso lo aveva ingannato di nuovo. E lo aveva capito anche nella Quarta guerra mondiale, e durante lo scontro con sua madre Kaguya. Non era possibile riuscire a raggiungere la felicità per tutti. Non era un concetto realizzabile.

Per questo motivo non poteva incolpare né Boruto per le sue azioni, né nessun altro.

“Vedi adesso, giovane Boruto?” disse allora l’Eremita, attirando l’attenzione del biondo e degli altri nuovamente su di sé. “La tua nuova famiglia crede in te. Non hanno mai smesso di credere in te. Sono certi che riuscirai a vincere, nonostante le difficoltà che hai affrontato e quelle che dovrai ancora fronteggiare.”

Il Nukenin si asciugò le lacrime, tirando su col naso.

Hagoromo sorrise. “Per questo ti chiedo di fare questo sforzo,” continuò lentamente. “Non chiudere il tuo cuore davanti a queste persone. So che è a causa loro che hai sofferto in passato, ma adesso hai trovato delle persone che possono sanare il dolore nel tuo cuore. Non sei più da solo come quando eri bambino. Questa è la possibilità che hai per riuscire a superare il tuo passato. Per chiarire una volta per tutte le cose con loro.”

Boruto non rispose subito, limitandosi a fissarlo negli occhi col suo occhio azzurro.

“Non puoi chiedermi questo.” rispose alla fine, il suo tono basso ma non più freddo come prima. “Non dopo tutto quello che ho passato. Non posso semplicemente chiudere un occhio e trattarli come se non fosse mai successo nulla. Non ci riesco. Ho quasi rischiato di suicidarmi per colpa di mio padre ed il resto di quella patetica famiglia. Non ho intenzione di dire loro nulla.”

Naruto e gli altri ascoltavano con attenzione il discorso di Boruto e dell’anziano, tentando di comprendere quanto più possibile.

L’Eremita sorrise. “Ma loro non sono i tuoi genitori, vero?” gli chiese.

Boruto fissò il terreno per alcuni secondi. “No,” ammise. “Ma non posso evitare di ripensare al mio passato ogni volta che li vedo. Anche se non sono le stesse persone, non riesco ad accettarlo. Non puoi chiedermi di approcciarmi a loro come se niente fosse. E sai bene che non posso rivelare il mio passato!”

Sarada s’intromise lentamente. “Ma perché non puoi?” domandò, frustrata. “Perché non puoi semplicemente dire cosa ti è successo?”

Il biondo la fissò di sbieco. “Non è così semplice Sarada!” rispose con foga. “Rivelare informazioni su di me significherebbe cambiare il futuro! Non ho intenzione di modificare le cose! Avrò anche avuto un’infanzia schifosa e poco invidiabile, ma quello che ho raggiunto adesso è qualcosa che nessuno riuscirà a togliermi!”

“Cambiare le cose potrebbe essere la soluzione migliore!” ribatté la ragazza. “Potresti riuscire ad avere una famiglia! Non è quello che hai sempre voluto?”

Boruto fissò il foglio nelle sue mani. “Ho già una famiglia, Sarada.” disse con un tono deciso. “E non la abbandonerò mai!”

Sarada strinse i pugni. Non c’era verso di fargli cambiare idea, ma adesso aveva visto il perché. Boruto era felice grazie alla sua nuova famiglia. Quello era davvero il posto dove lui voleva stare. E per quanto la cosa la facesse soffrire immensamente, in fondo al cuore cominciò a pensare che forse era meglio così.

Lei amava Boruto. Forse, per vederlo felice, avrebbe dovuto semplicemente arrendersi ed accettare il fatto che il suo vecchio amico non volesse stare più con loro. Un amore sincero avrebbe dovuto accettare anche il rifiuto. Ma allora, perché non ci riusciva? Perché immaginare un mondo senza Boruto le faceva perdere ogni felicità? Perché senza di lui il mondo perdeva i suoi colori?

Improvvisamente però, qualcuno si fece avanti senza dire una parola e si portò davanti al Nukenin con passo deciso.

Il guerriero fissò col suo occhio freddo il ragazzo che gli si era piazzato davanti.

“Boruto,” disse Naruto con decisione, fermandosi a qualche metro da lui. “Ho una proposta da farti!”

Il ninja traditore lo scrutò con il suo sguardo calcolatore. “Una proposta?” ripeté, sospettoso.

Il jinchuuriki annuì. “Esatto!” confermò, guardandolo con determinazione. “Voglio combattere contro di te!”

Il ragazzo col mantello e tutti gli altri rimasero stupiti da quell’improvvisa dichiarazione, e anche l’Eremita rimase piuttosto colpito dall’inaspettata piega che avevano preso gli eventi. Naruto voleva combattere contro di lui? Per quale motivo? Che cosa aveva in mente?

L’occhio di Boruto si ridusse ad una fessura. “Che cosa stai cercando di fare, Uzumaki?” domandò con circospezione.

Naruto sorrise debolmente. “Sono consapevole che nel futuro devo averti causato molto dolore,” disse con un tono sommesso. “E, dopo averci riflettuto a lungo, sono giunto ad una conclusione! Ho capito che tu hai ragione!”

Il ragazzo del futuro lo fissò con sospetto, mentre tutti gli altri guardavano con attenzione la scena che si stava svolgendo dinanzi a loro.

“Hai tutte le ragioni del mondo per non voler rivelare il tuo passato,” continuò ancora il biondo. “Ma, anche se sono consapevole di questo, non posso fare a meno di desiderare di conoscerti! Non posso fare a meno di voler sapere cosa hai vissuto nella tua vita!”

“E con ciò?” lo interruppe il Nukenin. “Solo perché tu vuoi una certa cosa, non significa che la otterrai. A che cosa stai mirando?”

Naruto si batté un pugno sul petto, sorridendo ampiamente. “Per questo voglio combattere contro di te!” disse di nuovo con fermezza. “Ti propongo una sfida! Uno contro uno! E se riuscirò a sconfiggerti, allora tu mi rivelerai la verità sul tuo passato! Ma se invece sarò io a perdere, allora tu potrai continuare a mantenere i tuoi segreti! Hai la mia parola!”

….

“CHE COSA?!” urlarono praticamente dallo stupore tutti tranne Boruto ed Hagoromo. Eren rimase confuso dalla proposta. Che senso aveva una cosa del genere?

Naruto ghignò, grattandosi la nuca. “Eheheh… Non sono riuscito a resistere, e ho deciso di sfidarlo pur di riuscire a scoprire la verità su di lui!” disse a tutti con imbarazzo.

“Ma cosa ti salta in mente?” esclamò Kushina, scioccata. “Non abbiamo tempo per combattere ancora tra di noi! Abbiamo una missione da svolgere!”

Sasuke si massaggiò le tempie, esasperato. “Sei proprio un idiota,” disse con rassegnazione. “Ti rendi conto che dovremmo perdere tempo solo perché tu non riesci a resistere alla voglia di sfidarlo?”

“Come se tu non l’avessi fatto, Teme!” ribatté il biondo con sarcasmo. L’Uchiha si stizzì, imbarazzato dal fatto di essere stato preso in scacco, ma non rispose per evitare altre discussioni.

Per tutta la durata della discussione, però, Boruto non proferì parola.

Minato si portò vicino al figlio. “Ascolta Naruto,” gli disse seriamente. “Non credo che sia una scelta saggia. Comprendo la tua frustrazione, ma Boruto ha già detto che non vuole-”

“A me sembra invece una splendida idea.” disse improvvisamente Hagoromo. Tutti si voltarono di scatto verso di lui, allibiti.

“I-In che senso?” chiese Fugaku, confuso.

L’Eremita sorrise rivolto al ragazzo col mantello. “Che ne dici?” gli chiese. “Perché non vi sfidate per risolvere questa questione una volta per tutte?”

Boruto lo perforò con lo sguardo. “Allora è vero che l’età ti ha dato alla testa,” rispose ironicamente. “Rivelare il mio passato porterebbe a cambiamenti nel mio futuro! Non ho intenzione di permettere una cosa del genere! Questa proposta è priva di senso nel principio!”

“Non è detto,” lo corresse l’anziano. “Posso sempre rimuovere i ricordi su di te dalla loro mente una volta che tutto questo sarà finito. In questo modo il vostro futuro non cambierà.”

Boruto sgranò l’occhio, e anche gli altri rimasero sconvolti da quelle parole. Rimuovere i ricordi? Cosa stava dicendo?

“Vorresti toglierci i ricordi?” esclamò Sakura. “Ma allora non ricorderemo nulla di quello che è success qui!”

Hagoromo scosse la testa. “Non saltate a conclusioni affrettate.” li ammonì subito pacatamente. “Vi avevo già detto quando vi proposi di partecipare alla missione che, nel caso aveste rifiutato di combattere contro il drago, allora avreste perso i ricordi di quello che era accaduto in questo mondo. Ma adesso non farò più in questo modo. Tuttavia, per impedire un cambiamento del futuro, allora l’unica scelta che mi rimane è quella di rimuovere solo i vostri ricordi che riguardano Boruto e Sarada una volta terminato tutto, mentre manterrete il resto dei ricordi per sempre. Ma una volta tornati nel vostro mondo, non avrete alcuna memoria di aver incontrato i due giovani. Non ci sono altre opzioni per impedire uno stravolgimento del futuro. Ma la decisione finale spetta a voi.”

Naruto e gli altri rifletterono per un istante. Ne valeva davvero la pena? Dimenticare completamente ogni cosa riguardante Boruto e Sarada solo per poter scoprire momentaneamente il passato del Nukenin? Era davvero la scelta giusta?

“Io accetto!” dichiarò Naruto con decisione.

I nove ninja lo guardarono con stupore.

“Pensaci bene, Naruto!” esclamò subito Kushina. “A cosa ti servirebbe sapere quello che ha passato Boruto se poi lo dimenticherai comunque?”

Mikoto annuì. “Non credo abbia alcun senso!” commentò a sua volta.

“Gia!” disse anche Sakura con forza. “Non potremo ricordare neanche di averli incontrati! E io non voglio dimenticare Sarada!”

La giovane Uchiha guardò con stupore la sua futura madre. Era rimasta molto colpita da quella dichiarazione. Sakura non voleva dimenticarla. Era decisa a mantenere i ricordi solo perché voleva tenere sempre impresso nella memoria il fatto di averla conosciuta. Non se lo sarebbe mai aspettato.

“P-Perché dici così?” le chiese Sarada timidamente. “N-Non hai alcun motivo di ricordarti di me! Un giorno ci conosceremo lo stesso!”

Sakura si limitò a sorriderle. “E con ciò?” chiese a sua volta. “Questo non significa che io debba dimenticarti. Sei pur sempre mia figlia, e non voglio perdere la memoria dei giorni che ho passato con te.”

“Anche per me vale la stessa cosa!” disse Sasuke con sicurezza. “Non ho intenzione di scordare questi giorni!”

Sarada non riuscì a nascondere completamente l’imbarazzo che provava in quel momento. I suoi genitori erano sempre stati protettivi nei suoi confronti. Ma persino adesso che erano dei ragazzi sembravano intenzionati a proteggere i ricordi dei momenti passati insieme. In un certo senso, questa cosa la rese stranamente felice.

Ma improvvisamente, con grande sorpresa di tutti, Naruto prese nuovamente la parola.

“Per quanto io sia d’accordo con voi, non credo che questo sia possibile.” disse lentamente, il suo tono rassegnato e serio. “Il fatto stesso di aver conosciuto Boruto e Sarada è un fattore che porterà inevitabilmente a cambiamenti nel loro futuro. Non è così, vecchio Eremita?”

Tutti sgranarono gli occhi all’udire le sue parole. Sasuke fece per ribattere subito ma, con suo sommo sconvolgimento, non riuscì a trovare una frase che potesse negare l’affermazione di Naruto. Le sue parole erano incredibilmente vere. Nessuno di loro ci aveva pensato prima. Ed il fatto che il biondo avesse finalmente detto una cosa sensata era un altro motivo per restare a bocca aperta.

La sola presenza dei ragazzi del futuro avrebbe inevitabilmente cambiato le loro azioni.

L’Eremita annuì, il suo volto contornato da un sorriso triste. “Il giovane Naruto ha ragione,” disse a sua volta. “Se il futuro non deve cambiare, allora è necessario che tutti voi dimentichiate di aver incontrato Sarada e Boruto. Non c’è altra soluzione purtroppo.”

Il silenzio tornò a regnare nel gruppo appena tutti realizzarono ciò. Le parole dell’Eremita riecheggiavano nelle loro menti, e le conseguenze di quello che sarebbe potuto succedere se avessero ricordato ogni cosa cominciarono a farsi più concrete dentro di loro.

“Quindi,” disse seriamente Minato, fissando il suo futuro nipote. “Non ricorderemo nulla su di loro?”

Hagoromo scosse la testa. “Per voi quattro che dovreste essere morti il concetto non vale,” spiegò. “Una volta finito tutto questo voi tornerete inevitabilmente nel regno dell’eternità, dove stanno le anime dei defunti. Non c’è bisogno di farvi dimenticare questi eventi. Ma i giovani Naruto e Sasuke, assieme a Hinata e Sakura non ricorderanno di averli incontrati, mentre invece avranno ancora memoria di voi quattro.”

“Q-Quindi solo noi non ricorderemo né Boruto-kun né Sarada-san?” domandò debolmente Hinata.

“Purtroppo non c’è altro modo.” rispose l’Eremita delle Sei Vie. “Se non volete rischiare che il futuro possa cambiare, allora non avete scelta. Ma se volete comunque mantenere i ricordi, allora dovrete smettere davvero di interessarvi al futuro e limitarvi a concludere la missione.”

E, ancora una volta, il silenzio riprese a regnare nel gruppo.

Nessuno sapeva quale fosse la cosa giusta da fare. Perdere i ricordi di Boruto e Sarada era certamente una cosa spiacevole per tutti loro. Sasuke e Sakura erano rimasti molto felici della possibilità di conoscere la loro futura figlia, e anche Naruto ed Hinata, per quanto il loro rapporto con il ragazzo del futuro fosse inesistente, avevano comunque apprezzato la possibilità di vedere loro figlio e scoprire qualcosa su di lui.

Eppure, se volevano proteggere il loro futuro, allora avrebbero dovuto fare una scelta. Avrebbero dovuto scegliere tra il loro interesse e quello del futuro del loro mondo.

“Naruto Uzumaki,” disse improvvisamente Boruto fissando il ragazzo negli occhi, il suo tono perennemente privo di emozione. “Accetterò la tua sfida solo se deciderete di dimenticare ogni cosa sul mio conto. In caso contrario, ormai hai capito anche tu che non potrò rivelare nulla.”

Naruto non esitò a rispondere. “Hai ragione,” disse. “Per questo ho già detto che accetto di dimenticare ogni cosa su di voi!”

Sakura si voltò verso di lui. “Ma pensaci bene, Naruto!” tentò di persuaderlo. “Non ha senso scoprire qualcosa se poi non potrai ricordarla! Non è meglio lasciare le cose così come stanno?”

Il biondo scosse la testa. “No, Sakura-chan!” rispose con decisione, senza voltarsi a guardarla. “Io voglio sapere! Qui ed ora! Non posso restare all’oscuro proprio adesso! Voglio saper tutto su mio figlio! E poi, anche se un giorno dovessi dimenticare tutto, questo non cambia il fatto che almeno per qualche istante io abbia saputo la verità! Almeno una volta nella mia vita, devo sapere con certezza!”

Minato, Kushina e Boruto rimasero colpiti dalla sua dichiarazione. Naruto era così determinato a scoprire qualcosa su suo figlio che era disposto persino a dimenticare ogni cosa alla fine della missione. La sua forza di volontà era enorme. Non si sarebbe arreso. Lo vedevano nei suoi occhi. Era così deciso e risoluto nel proseguire quella strada che niente e nessuno lo avrebbe ostacolato.

“Anche io sono d’accordo!” disse improvvisamente Hinata, la sua voce un po’ più forte del normale. “S-Se questo significa che posso sapere qualcosa su di te, Boruto-kun, allora accetto di dimenticare tutto!”

Sasuke e Sakura rimasero scioccati. Persino Hinata aveva preso quella decisione. Quanto doveva essere importante per quei due sapere la verità su Boruto?

Il Nukenin la fissò con il suo occhio indecifrabile per diversi secondi. “E voi due cosa farete?” domandò poi ai genitori di Sarada. “Non voglio rischiare che le informazioni sul mio conto possano influenzare anche voi. Neanche Sarada potrebbe permettere una cosa simile.”

I due ragazzi rifletterono per diversi istanti.

“Non abbiamo scelta,” disse alla fine Sasuke con un sospiro. “Anche se la cosa non mi piace, non lascerò che il futuro di Sarada possa essere modificato in peggio a causa mia.”

Sakura si rivolse lentamente verso sua figlia. “Per te va bene, Sarada?”

La ragazza annuì. “Non fa nulla,” disse senza esitazione. “Un giorno, noi tre ci incontreremo lo stesso, mamma!”

Sakura sgranò gli occhi. “M-Mamma?” ripeté, stupita dall’improvviso attributo.

Sarada divenne immediatamente rossa in volto ed abbassò subito lo sguardo, imbarazzata di non essere riuscita a frenare l’istinto di chiamarla in quel modo. Gli altri ridacchiarono di gusto nel vedere ciò.

Naruto si voltò di nuovo verso Boruto. “Allora, accetti la sfida?” domandò con un sorriso confidente.

Boruto sorrise a sua volta, ma in modo più crudele e sarcastico dell’altro ragazzo. “Puoi contarci, Uzumaki!” ribatté con malvagità. “Non vedo l’ora di farti rimpiangere di avermi sfidato!”

“Lasciamo questa questione per domani mattina,” li interruppe l’Eremita prima che i due potessero cominciare a darsele di santa ragione. “Prima ci sono delle faccende di cui devo parlare in privato con voi due, Boruto ed Eren. Venite con me.”

I due ragazzi si scambiarono un’occhiata d’intesa per un secondo, poi incominciarono ad allontanarsi dal resto del gruppo per giungere accanto all'Eremita.

“Torneremo tra un paio d’ore.” disse Hagoromo a tutti gli altri con un sorriso. “Ci ritroveremo qui più tardi.”

Detto questo, lui ed i due giovani scomparvero improvvisamente, lasciando Naruto e gli altri da soli nella stanza, confusi e stupiti.
 
 
Cima delle mura
 
I tre comparvero improvvisamente sulla cima delle mura attorno alla città.

Lo spettacolo era mozzafiato. Era oramai giunto quasi il tramonto, e da quell’altezza era possibile vedere il sole che cominciava ad abbassarsi sempre più dietro alle colline verdi, illuminando tutta la terra con una luce rossa intensa e gradevole. Il cielo era completamente arancione, e nel punto più alto cominciavano a mostrarsi le prime luci delle stelle, mentre gli alberi, le distese d’erba e la terra sembravano molto più belli di quanto i tre non avessero mai notato. Il cinguettio degli uccelli che volavano alti nel cielo era l’unico suono che si udiva in quel momento.

Boruto ed Eren rimasero per qualche secondo fermi ad ammirare la bellezza del panorama, accarezzati dolcemente da una leggera brezza d’aria fresca che gli scompigliava i capelli. In quei giorni non avevano mai avuto un attimo di pace, e nessuno dei due aveva avuto modo di fermarsi a godere la bellezza dell’ambiente che li circondava. Si avvicinarono al bordo del muro, scrutando tutta quella bellezza coi loro occhi.

Anche l’Eremita si mise a fissare l’orizzonte, ponendosi in mezzo a loro. “Un bellissimo panorama, non credete?” chiese dolcemente.

I due annuirono semplicemente senza rispondere, come nel tentativo di non interrompere quel momento di pace e tranquillità che avevano davanti a loro. Era quasi ironico mettersi ad osservare quella bellezza adesso.

Entrambi i giovani erano guerrieri. Uno era un soldato, l’altro un ninja traditore. Entrambi erano persone d’azione, entrambi agivano per sopravvivere, lottando ogni giorno e cercando sempre di combattere per riuscire a vedere un altro domani. I momenti in cui quei due si erano potuti permettere il lusso di soffermarsi a guardare la bellezza della natura si potevano contare con le dita.

Il silenzio però durò circa tre minuti.

“Di cosa volevi parlare?” domandò poi improvvisamente Boruto, senza smettere di fissare il tramonto.

L’Eremita non rispose subito. “Credo che tu abbia già capito perché vi ho portato qui,” disse lentamente. “Se hai delle domande sei libero di parlare. Dopotutto, hai finalmente trovato il mondo in cui è nata Mikasa.”

Boruto non si mosse, ma Eren si voltò verso l’anziano essere all’udire ciò. “Conosci mia sorella?” esclamò, stupito.

Hagoromo annuì, fissando l’orizzonte. “L’ho incontrata prima di venire qui,” rispose. “Le ho detto che Boruto era finito nel mondo da cui lei era fuggita molti anni fa.”

“Come sta?” domandò ancora il moro. “È al sicuro?”

L’Ermita sorrise. “Sta bene ed è al sicuro.” confermò con divertimento. “Anche se era preoccupata a morte per la scomparsa del giovane Boruto. Loro due sono piuttosto in intimità, sai?”

Eren sorrise a sua volta, lanciando un occhiata divertita al biondo. “Mi è stato riferito,” commentò, ridacchiando quando vide il Nukenin alla destra dell’anziano voltarsi dall’altra parte per nascondere il suo volto. “Ma vorrei sapere qualcosa su di lei. Perché è scappata via senza dirmi niente? Come ha fatto a finire in un altro mondo? Che cosa l'è successo?”

Nessuno ripose per alcuni secondi carichi di tensione.

“Credo che debba rispondere tu a queste domande.” disse alla fine Hagoromo, rivolgendosi al ragazzo col mantello. “Il giovane Eren ha il diritto di sapere come sono andate le cose.”

Boruto sospirò pesantemente prima di parlare. “Non conosco tutti i dettagli,” cominciò a dire con serietà. “Ma, secondo le informazioni che ho ricevuto in passato e quelle che mi hai rivelato tu qualche giorno fa, ho dedotto che Mikasa deve essere fuggita da questo mondo subito dopo l’attacco dei Titani in questa città. Mi è stato riferito dalla persona che la condusse nel mio mondo che Mikasa era in fin di vita quando la trovò, e che per salvarla dovette abbandonare Eldia per portarla da noi. E, da quel giorno, Mikasa è rimasta lì per difendersi dalla guerra che imperversava in queste terre.”

Eren ascoltò con attenzione la spiegazione. “Come ha fatto questa persona a portarla nel tuo mondo?” chiese subito dopo.

“Non lo so,” rispose subito il biondo. “Urahara, il tipo che l’ha salvata, non mi ha mai spiegato come funziona il suo metodo per viaggiare tra i mondi. Deve aver usato una tecnica particolare simile a quella dell’Eremita.”

Hagoromo sorrise. “Ci sono diversi modi per viaggiare da un mondo all’altro.” spiegò. “Io semplicemente ne utilizzo uno che mi consente di teletrasportare me stesso e altre persone da un luogo ad un altro tramite alcune Tecniche di richiamo. Ma non ho idea di quale tecnica abbia usato Urahara.”

Il ragazzo moro annuì, accettando le informazioni.

“Ora ho io una domanda per te, Eremita.” disse Boruto col suo solito tono. “Hai detto che il tempo e lo spazio funzionano in modo completamente diverso a Eldia rispetto al nostro mondo. Tuttavia la data della partenza di Mikasa e altri eventi combaciano perfettamente con la cronologia del mio mondo. Sono passati ben dodici anni precisi  da quando lei è fuggita da questo posto. Mi faresti la cortesia di spiegarmi cosa sta succedendo?”

L’Eremita non esitò a rispondere. “Non ho mentito su questa cosa.” disse lentamente. “Il tempo e lo spazio a Eldia sono distorti rispetto al nostro. Come prova di questo posso dirti che in questo momento, per coloro che si trovano nel tuo mondo, Eldia non esiste più.”

Boruto sgranò gli occhi. “Che cosa?” esclamò.

“Il concetto di tempo non è lo stesso per tutti i mondi.” spiegò ancora Hagoromo. “Più la distanza tra due mondi è maggiore, maggiore sarà la differenza tra la cronologia degli stessi mondi. Nella pratica, Eldia e la Terra distano circa dodici miliardi di anni luce tra loro, ed anche se tu adesso ti trovi ancora in questo mondo, esso per gli abitanti della Terra è stato già distrutto da ben dieci anni. Il tempo scorre in maniera diversa a seconda della distanza tra i mondi.”

Eren ci aveva capito poco o nulla. “Stai dicendo che noi a Eldia siamo indietro nel tempo rispetto al vostro mondo?” chiese.

“Diciamo che il concetto si può riassumere anche così.” concesse l’anziano.

Adesso che questo dubbio era stato chiarito, c’era una questione ben più importante da risolvere per il giovane guerriero.

“Sia io che Eren sappiamo del Potere dei Titani e della sua origine.” cominciò a dire, fissando gli altri due col suo occhio freddo. “E sappiamo anche dell’esistenza del Diavolo della Terra. Ma quello che nessuno mi ha mai spiegato, è che fine abbia fatto questo Diavolo. Perché non si hanno più sue notizie da secoli? Che fine ha fatto?”

Anche Eren si mise ad osservare l’Eremita, molto interessato a saper qualcosa sulla leggendaria creatura che concesse il Potere ad Ymir.

Hagoromo si mise di nuovo a fissare l’orizzonte. “Non so dirvelo con certezza,” prese poi a dire seriamente. “Ma, come credo tu abbia già intuito, giovane Boruto, quella creatura non si trova più qui in questo mondo.”

Il guerriero aggrottò le sopracciglia. Le sue intuizioni erano fondate. “E dov’è andato allora?”

“Nessuno lo sa.” rispose subito l’Eremita. “Il Diavolo è una creatura antichissima, molto più antica di me, piena di misteri e di leggende che avvolgono la sua figura. Non credo ci sia qualcuno che possa dire con certezza che fine abbia fatto. Sono circa trecento anni che non si trova più ad Eldia, ma sono certo che sia ancora vivo nonostante tutto.”

Boruto incrociò le braccia, pensieroso. “Tu sai perché creò il Potere dei Titani?” chiese.

L’Eremita delle Sei Vie strinse le spalle. “Non posso dirlo con certezza, ma se Ymir riuscì a convincerlo a creare un Potere simile, doveva avere delle ragioni molto valide. Penso che lo volesse usare per il bene del suo popolo, ma questa è solo una leggenda. La maggior parte dei Poteri esistono per un unico scopo: ossia la guerra.”

Boruto ed Eren sgranarono gli occhi.

“Quindi,” disse il moro, sconvolto. “Il Diavolo concesse il Potere agli uomini per portare guerra e morte agli abitanti di Eldia?”

“È un’ipotesi come un’altra.” si limitò a dire l’Otsutsuki. “Anche il potere dei manufatti fu creato dal Diavolo, ed il suo scopo era quello di rendere invincibile una persona per tirare fuori tutto il suo essere e dargli forma fisica. Nessuno sa come facesse quella creatura a creare Poteri simili, ma la sua abilità era indiscutibilmente al di là di qualsiasi altro essere vivente. Ma ripeto che nessuno può sapere la verità del passato. Solo il Diavolo in persona potrebbe rispondere a queste domande.”

Boruto sospirò. Aveva ottenuto delle risposte ai suoi dubbi, seppur vaghe e poco convincenti, ma gli sarebbero bastate per il momento. Ora c’era un’altra questione che voleva risolvere al più presto.

“Eremita,” disse improvvisamente il biondo con un tono serio e teso. “Sei capace di portare Eren nel mio mondo? Sarebbe possibile condurlo da Mikasa?”

Sia Hagoromo che Eren si voltarono verso di lui, colpiti da quella singolare richiesta.

“Che cosa?” esclamò il ragazzo, stupito dall’improvvisa domanda.

L’Eremita lo fissò con uno sguardo indecifrabile. “Potrei farlo, certo. Ma per quale motivo?”

Boruto lo fissò col suo occhio azzurro. “Ho promesso ad Eren che avrebbe rivisto di nuovo sua sorella.” disse semplicemente. “Questa è l’unica occasione che abbiamo per farlo.”

Poi si rivolse direttamente a Eren con un tono serio. “Non è forse quello che volevi? Se vai adesso potrai rivedere tua sorella e sarai contemporaneamente al sicuro dalla minaccia del drago. E una volta che noi avremo finito qui, se lo desidererai, potrai tornare di nuovo a Eldia. Che ne dici?”

Il ragazzo lo fissò per alcuni lunghissimi secondi nell’occhio con uno sguardo indecifrabile. La proposta che gli stava facendo era incredibile.

Se avesse accettato, avrebbe potuto rivedere dopo così tanti anni sua sorella. Avrebbe potuto riunirsi con l’unico membro della sua famiglia ancora in vita, e salvarsi anche dalla minaccia di quel fantomatico drago a cui Boruto e gli altri davano la caccia. Non era per niente una cattiva idea.

Ma un pensiero gli balenò nella mente.

Mikasa, proprio come lui, era cresciuta. Non era più una bambina che aveva bisogno di essere protetta. Non era più da sola. Aveva trovato una nuova famiglia, aveva trovato nuovi amici, aveva trovato delle persone che le volevano bene. Lui non serviva più. Anche se avrebbe voluto rivederla moltissimo, adesso non era il momento adatto.

Perché, già da qualche ora, aveva preso la sua decisione.

“No,” disse allora Eren con un tono deciso. “Non andrò da Mikasa adesso.”

Boruto sgranò l’occhio. Quel rifiuto non se lo aspettava di certo.

“Cosa?” esclamò, allibito. “Ma perché?”

Eren sorrise con decisione. “Perché il mio mondo, ed anche quello di Mikasa, sono in pericolo! Non posso andarmene ora!” dichiarò con fermezza. “E poi, che razza di fratello sarei se permettessi al ragazzo di mia sorella di rischiare la pelle da solo contro un drago? Mikasa non me lo perdonerebbe mai!”

Il biondo lo fissò come se fosse uscito di testa. “Non capisci?” riprese a dire con enfasi. “Non è uno scherzo! Quel drago potrebbe ucciderti! Questa è la tua unica possibilità di rivedere tua sorella e metterti in salvo! Non pensare a me, ma pensa a Mikasa! Ha sempre desiderato rivederti, non rischiare di far rimanere il suo desiderio un mero sogno!”

Il moro continuò a sorridere. “Lo so bene.” disse lentamente. “Ma non posso, Boruto. Io sono un soldato. Non abbandonerò il mio mondo in balìa di un drago. So che potrei morire, ma non ho paura. Sono certo che anche Mikasa farebbe la stessa cosa se fosse al mio posto! Non scapperò via come un codardo! Solo coloro che affrontano l’inferno a testa alta sono capaci di vedere il futuro e la luce alla fine del buio. Non sei d’accordo anche tu, Boruto?”

Il Nukenin fece per dire qualcosa, ma Eren lo anticipò subito. “E poi, non sarò da solo in questo viaggio! Dopotutto, tu sarai con me giusto?”

Il ragazzo col mantello rimase in silenzio, fissandolo negli occhi per diversi secondi.

“Sei certo della tua decisione?” gli chiese ancora una volta.

Eren annuì, un ghigno confidente che gli adornava il viso. “Sì!” dichiarò ancora con forza. “Rivedrò mia sorella una volta che sarà tutto finito!”

Poi, per la seconda volta, il moro allungò la sua mano verso Boruto.

“Facciamo fuori questo drago!” disse con confidenza. “Insieme!”

Boruto esitò qualche secondo. Poi sorrise a sua volta e strinse la mano dell’altro con forza e decisione.

“Insieme!”

L’Eremita annuì tra sé con un sorriso, soddisfatto nel veder nascere una nuova amicizia in mezzo a quella situazione tesa e pericolosa.

E così, alla fine, anche il sole scomparve all’orizzonte.



 

Note dell'autore!!!

Salve gente, come promesso ecco a voi il nuovo capitolo. Mi scuso di nuovo per il fatto che anche quest'ultimo fosse privo di 'azione' o eventi particolari come i precedenti, ma già dal prossimo avremo modo di cambiare questa cosa, ve lo assicuro! Il prossimo capitolo 'Naruto e Boruto 1' uscirà lunedì 6 novembre! In esso vedremo finalmente i due biondini scontrarsi tra di loro per raggiungere i loro obiettivi!

Da questo punto in poi, le cose comincieranno inoltre a farsi parecchio movimentate per Boruto ed il resto  della Gang, e avremo modo anche di approfondire la conoscenza di personaggi come Hinata, Sarada e altri che sono rimasti nell'ombra fino ad ora! Ne vedremo delle belle!

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e coloro che mi faranno sapere cosa ne pensano! Ci vediamo presto con l'inizio della sfida tra padre e figlio! Ciaooo! ;)
 
 

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Capitolo 40
*** Naruto e Boruto 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 

 
LAST ONE STANDING
(Simple Plan)

 
How many times are you gonna try to shut me out?
I told you once, told you twice,
I ain't gonna turn back around.
You can say whatever, try to mess with me,
I don't care, I'm not scared.
You don't have to say your sorry, save your sympathy.
With a friend like you, I don't need an enemy.
I would give you time if you were worth it.
But guess what? you're not worth it.
 
 I'm always gonna be the last one standing!
'Cause I'm never gonna give up trying!
And now I'm ready to go, I'm here, I'm waiting for you!
And I'm gonna be the last one standing!
The last one standing!

Did you think that I would surrender easily?
Just like that, you were getting rid of me?
Is that the way you saw it all go down?
I don't think, I don't think so.
There's not a word you can say I haven't heard before,
So give it up, give it up unless you want a little more.
You think you're pretty tough, so let's throw down.
It's alright, I'm alright.

I'm always gonna be the last one standing!
'Cause I'm never gonna give up trying!
And now I'm ready to go, I'm here, I'm waiting for you!
And I'm gonna be the last one standing!

I won't give up, I keep trying.
(I'm always gonna be the last one standing)
It's not over, I keep fighting.
(I'm always gonna be the last one standing)

I keep fighting!

I'm always gonna be the last one standing!
'Cause I'm never gonna give up trying!
And now I'm ready to go, I'm here, I'm waiting for you!
And I'm gonna be the last one standing!
And I'm gonna be the last one standing!

The last one standing!
Quante volte proverai a tagliarmi fuori?
Te l’ho detto una volta, te l'ho detto due volte,
Io non tornerò indietro.
Puoi dire qualunque cosa, puoi provare a darmi fastidio,
Non m’interessa, non ho paura.
Non devi chiedere scusa, risparmiami la tua compassione.
Con un amico come te, non mi serve un nemico.
Ti darei il mio tempo se ne valesse la pena.
Ma indovina un po'? Non ne vali la pena.

Sarò sempre l’ultimo che rimarrà in piedi!
Perché non smetterò mai di provare!
E ora sono pronto a partire, sono qui, ti sto aspettando!
E sarò l’ultimo che rimarrà in piedi!
L’ultimo rimasto in piedi!

Pensavi che mi sarei arreso così facilmente?
Che ti saresti sbarazzato di me, semplicemente così?
È così che avevi previsto che crollasse tutto?
Non credo, non credo proprio.
Non c’è niente che tu possa dire che non ho già sentito,
Quindi arrenditi, arrenditi, se non vuoi lottare ancora.
Pensi di essere forte, quindi cominciamo di nuovo.
Va bene, sto bene.

Sarò sempre l’ultimo che rimarrà in piedi!
Perché non smetterò mai di provare!
E ora sono pronto a partire, sono qui, ti sto aspettando!
E sarò l’ultimo che rimarrà in piedi!

Non mi arrenderò, continuo a provare.
(Sarò sempre l’ultimo che rimarrà in piedi)
Non è finita, continuo a lottare.
(Sarò sempre l’ultimo che rimarrà in piedi)

Io continuo a combattere!

Sarò sempre l’ultimo che rimarrà in piedi!
Perché non smetterò mai di provare!
E ora sono pronto a partire, sono qui, ti sto aspettando!
E sarò l’ultimo che rimarrà in piedi!
E sarò l’ultimo che rimarrà in piedi!

L’ultimo rimasto in piedi!

 

 

Naruto e Boruto 1


Il sole del mattino era alto nel cielo, il vento fresco soffiava con dolcezza e costanza nell’aria. La verde radura in mezzo alle colline era silenziosa e calma, soltanto il suono del silenzio regnava su tutto l’ambiente circostante.

All’orizzonte, le gigantesche mura di Shiganshina erano come una piccola macchia distante e confusa.

Boruto era immobile in piedi in mezzo al prato verde, col vento che gli muoveva i capelli ed il mantello. Nessuna emozione appariva sul suo volto, nessun segno di tensione si riusciva a discernere dal suo corpo. Il suo gelido occhio sinistro puntava in avanti, osservando con sguardo calcolatore il suo avversario.

Dinanzi a lui, a quindici metri di distanza, Naruto lo osservava a sua volta con forza, il corpo rigido e le braccia incrociate, il suo volto tirato in un sorriso confidente e sicuro.

In mezzo a loro, fluttuando in aria, la figura dell’Eremita li studiava attentamente entrambi coi suoi occhi viola, mentre alle sue spalle, a circa duecento metri, Sasuke, Eren ed il resto del gruppo osservavano con trepidazione e nervosismo l‘incombente momento decisivo dalla cima di una collinetta.

Lo scontro tra i due giovani stava per iniziare.

“Avete capito le condizioni?” domandò Hagoromo a gran voce, rivolgendosi ai due ragazzi in mezzo al prato. “La sfida partirà appena darò il mio segnale. Il vincitore sarà colui che riuscirà a portare allo sfinimento o ad incapacitare l’avversario in qualsiasi modo. Potete usare qualunque abilità o tecniche ninja preferiate per raggiungere la vittoria. Tuttavia è assolutamente proibito ferire o mutilare mortalmente l’avversario, e mi occuperò personalmente di punire qualsiasi possibile atteggiamento che possa andare contro questa regola.”

I due biondi annuirono col capo.

Comprendevano entrambi la situazione. Avevano un mese di tempo per riuscire a sconfiggere il drago Vrangr, e non potevano permettersi di rischiare di uccidere un membro del gruppo. Era già tanto che l’Eremita e gli altri avessero concesso loro di sfidarsi, non potevano correre rischi.
 

Tutti gli altri li guardavano con attenzione. Non riuscivano a credere che quei due stessero veramente per combattere tra loro. Nessuno di loro lo avrebbe mai concesso, non dopo quello che era successo nella città. Non potevano permettere di mettersi uno contro l’altro una seconda volta. Era troppo rischioso.

Ma Hagoromo li aveva rassicurati dicendo a tutti loro che questo combattimento sarebbe stato un ottimo allenamento per quello che entrambi i giovani avrebbero dovuto fare in futuro, e che lui stesso avrebbe arbitrato la sfida per evitare danni o imprevisti spiacevoli di ogni tipo. Alla fine, dopo alcuni tentennamenti, tutti avevano accettato di lasciarli scontrare, anche se non sapevano ancora a cosa si stesse riferendo l’Eremita.

Inoltre, per evitare problemi coi Giganti che ancora gironzolavano in quella zona, Hagoromo aveva eretto una barriera invisibile che avrebbe celato ogni rumore all’interno di essa e che li avrebbe resi invisibili dall’esterno a qualunque essere vivente. E, nonostante le continue rassicurazioni da parte dell’anziano Otsutsuki, tutti gli altri membri del gruppo erano nervosi.

Avevano avuto modo di vedere molte volte la potenza di Boruto Uzumaki, e la prospettiva di doverlo vedere sconfiggere ancora una volta uno di loro non era piacevole.

Sasuke ricordava ancora con rammarico il modo pietoso in cui era stato sconfitto da quel tipo. Il solo ricordo gli faceva salire un’ondata immensa di vergogna e frustrazione. Non era riuscito a fare nulla contro di lui, assolutamente nulla. Quel ragazzino aveva letteralmente giocato con lui per tutto il tempo, riuscendo nel mentre ad eludere i tentativi di tutti gli altri di fermarlo. Quel tipo era un mostro. E, sebbene Sasuke si fosse pentito delle sue azioni contro di lui, non poteva fare a meno di provare un grande sospetto nei confronti di Boruto.

“Vedi di non perdere anche tu, tonto!” pensò tra sé, fissando Naruto con uno sguardo quasi disinteressato. “Se hai il potere della Volpe dalla tua parte, non esitare a sfruttarlo!”

Fugaku e Mikoto osservavano i due dalla cima della collina coi loro occhi attivati nel tentativo di discernere qualcosa dallo scontro. Questa era l’occasione buona per poter finalmente fare luce su i numerosi misteri riguardanti quel ragazzo biondo dal nome di Boruto Uzumaki. Entrambi i coniugi avevano sperimentato la sua collera, anche se soltanto Fugaku ne aveva pagato le conseguenze a caro prezzo. Le conclusioni che avevano tratto da quell’avvenimento erano crude e incomprensibili. Quel ragazzo era disumanamente forte. Non era normale per un giovane della sua età avere tutto quel potere. Era inconcepibile.

Come aveva fatto ad ottenerlo? Come diavolo faceva a muoversi con quella velocità?

Mikoto sospirò mentalmente. “Spero solo che non finisca come al solito.”

“Boruto Uzumaki,” ripeté nella sua testa Fugaku. “Sono curioso di vedere il tuo massimo potenziale. Mostraci cosa sei realmente.”

Anche Sakura, dal canto suo, sentiva una forte tensione. Stava per vedere il suo compagno di squadra affrontare il suo futuro figlio. Ma non era questo quello che la spaventava. Era il fatto che il suddetto figlio di Naruto fosse incredibilmente più potente di quanto ognuno di loro si fosse mai aspettato. Cosa sarebbe successo se Boruto fosse esploso dalla rabbia come l’ultima volta? Si era sentita completamente inutile quando il biondo aveva attaccato e sconfitto Sasuke-kun. Non era riuscita a fare nulla, nonostante fosse stata determinata a proteggere il suo compagno.

“Shannaro!” esclamò mentalmente, tesa. “Farai meglio a non perdere, Naruto! Fagli vedere chi sei!”

La coppia più tesa, però, era indubbiamente quella composta da Minato e Kushina. I due stavano per assistere allo scontro tra loro figlio ed il loro futuro nipote. Non potevano fare a meno di sentirsi preoccupati.

Kushina era quella che aveva preso meno bene il fatto che loro due volessero combattere, e aveva tentato di dissuadere Naruto dalla sfida molte volte, ma il ragazzo non aveva mai demorso nonostante i suoi tentativi.

Adesso, nel vederli entrambi uno di fronte all’altro, intenti a fissarsi reciprocamente con quegli sguardi freddi, la donna non riuscì a non mostrare la sua preoccupazione.

“Naruto, Boruto…” implorò mentalmente. “Fermate questa follia! Siete sangue dello stesso sangue! Non dovreste combattere tra di voi!”

Minato invece osservava la scena con uno sguardo indecifrabile. Stava per vedere, per la prima volta in assoluto, suo figlio prendere parte ad uno scontro. Non aveva mai avuto l’occasione di vederlo lottare in questo modo da giovane, e già solo questo lo rendeva nervoso.

Se poi a questo aggiungeva il fatto che l’altro sfidante era Boruto, ossia lo stesso nipote che aveva rinnegato la sua famiglia e la stessa persona che aveva stuzzicato così tanto l’interesse di tutti gli altri, allora l’Hokage non sapeva davvero cosa pensare.

Il suo sguardo si soffermò su suo figlio. “So che puoi farcela, Naruto! Non arrenderti!”

Hinata invece era quella che stava vivendo il maggiore conflitto dentro al suo cuore. La ragazza stringeva nervosamente le mani insieme, i suoi pallidi occhi erano pieni di preoccupazione ed insicurezza e si muovevano freneticamente per fissare i due giovani in mezzo al prato.

Stava per assistere ad uno scontro che l’avrebbe cambiata sicuramente. Da una parte aveva Naruto, il ragazzo di cui era innamorata da sempre e con cui voleva segretamente passare il resto della sua vita, mentre dall’altra aveva il suo futuro figlio, il quale aveva pubblicamente rifiutato di riconoscere lei e Naruto come i suoi genitori, nonché lo stesso ragazzo che aveva dimostrato di avere un potere superiore alle aspettative di tutti.

Hinata non sapeva davvero cosa pensare. Avrebbe dovuto fare il tifo per Naruto? Oppure avrebbe dovuto credere che le parole di Boruto fossero vere e che era davvero meglio rinunciare a scoprire il suo futuro?

Eppure, per quanto fosse preoccupata e tesa a causa di quello avrebbe potuto vedere, in fondo al suo cuore lei sapeva che il suo amato Naruto-kun stava facendo la cosa giusta. Era determinato a scoprire la verità su suo figlio, e nessuno poteva fermarlo. Aveva preso la sua decisione, e non sarebbe tornato indietro. E non lo stava facendo soltanto per se stesso.

Lo stava facendo anche per lei.

Hinata sapeva che Naruto era a conoscenza del suo interesse per Boruto. Non poteva non saperlo. Lo struggimento che lei provava nel disperato bisogno di sapere qualcosa su suo figlio era lo stesso che vedeva riflesso nei suoi occhi ogni volta che incrociavano lo sguardo. Entrambi erano disperatamente bisognosi di sapere la verità.

L’unica differenza era che Naruto stava lottando per ottenerla, mentre lei, ancora una volta, aveva deciso di fare affidamento su di lui.

La cosa la fece sentire pateticamente debole.

Avrebbe tanto voluto essere un po’ più simile a Naruto. Lui era sempre così deciso, così determinato, e non aveva mai paura di nulla. Se aveva qualcosa da ridire non esitava neanche un attimo ad esprimerla. Se qualcosa lo ostacolava, lui non si arrendeva mai. Questa era la sua forza. Questo era il suo Nindo. Questa sua determinazione era ciò che lei amava di più del ragazzo.

Hinata sorrise debolmente. Sapeva che Naruto non si sarebbe arreso indipendentemente dal risultato di quello scontro. Lui avrebbe continuato a tentare ogni giorno, fino a quando non avesse raggiunto il suo obiettivo.

Questa consapevolezza la consolò immediatamente.

“Ho sempre creduto in te, Naruto-kun!” pensò con forza e decisione. “E anche oggi continuerò a farlo! So che riuscirai a scoprire il mistero di nostro figlio. Io ho fiducia in te!”

Eren osservava con attenzione ed interesse lo scontro imminente. Era particolarmente interessato a scoprire la vera forza di Boruto Uzumaki, e adesso aveva l’occasione perfetta per farlo.

Quel ragazzo lo aveva aiutato a vendicare Armin e tutti i suoi compagni uccidendo Reiner, ed era persino un membro della nuova famiglia di Mikasa. A causa di ciò Eren, anche se forse non se n’era ancora reso conto, aveva cominciato ad ammirare quel ragazzo biondo con tutto se stesso.

La sua potenza era incredibile, per non parlare della sua conoscenza dei Titani e dei misteri della sua gente.

“Fammi vedere cosa sei in grado di fare, Boruto!” pensò il moro.

E, infine, l’ultima persona che in quel momento non poteva fare a meno di sentirsi preoccupata era Sarada. La ragazza stringeva con forza i pugni, e aveva gli occhi puntati sul suo vecchio amico d’infanzia intenti ad osservarlo con un misto di timore, tristezza e rassegnazione.

Nel vedere i due ragazzi fronteggiarsi a vicenda in anticipazione allo scontro, lei non poté evitare di far riaffiorare alla mente i ricordi di quell’altro scontro. Di quella terribile battaglia che aveva visto coi suoi stessi occhi ben due anni fa.

Lo scontro tra Boruto Uzumaki ed il Settimo Hokage.

Un gigantesco mare di emozioni la travolse nel ricordare quell’evento. Tristezza, dolore, sconforto, disperazione, autocommiserazione e rabbia.

Non avrebbe mai più dimenticato quel giorno. Il suo Sharingan le aveva impresso per sempre nella memoria ogni singolo istante di quell’avvenimento. Ricordò le lacrime, le parole colme di rabbia e dolore, la frenetica battaglia, le urla, i pianti…

Ancora oggi, la giovane Uchiha non riusciva ad accettare il passato. Non riusciva ad accettare che il suo amato Boruto avesse davvero deciso di ripudiare la sua famiglia. Perché le cose erano finite in quel modo? Perché nel futuro quei due, le stesse persone che stava osservando in quello stesso momento, erano diventate, per quanto odiasse ammetterlo, nemici? Perché non potevano semplicemente andare d’accordo?

Naruto-sama aveva sbagliato. Su questo non c’erano dubbi. Ma sia lui che il resto della famiglia Uzumaki si erano pentiti delle loro azioni. Avevano realizzato da anni i loro errori. Avevano tentato innumerevoli volte di riconnettersi con Boruto, ma il giovane non li aveva mai più perdonati nonostante i loro tentativi. Eppure, non potendo accettare di vivere senza di lui, ancora oggi il Settimo e la sua famiglia cercavano di riconquistare il suo perdono, tentando di riprendersi Boruto con ogni mezzo possibile.

Era una storia triste e penosa quella della loro famiglia. Anche Sarada non aveva avuto la famiglia migliore del mondo, con una madre che era sempre al lavoro ed un padre che vedeva di rado per qualche mese all’anno. In un certo senso, lei riusciva a comprendere il risentimento di Boruto nei confronti dell’Hokage. Lo riusciva a giustificare perché lo aveva provato lei stessa nei confronti di Sasuke.

L’unica differenza era che Sarada lo aveva accettato, mentre Boruto no.

Lui era rimasto così disgustato, così offeso e così infuriato nei confronti della sua famiglia che aveva deciso di farsene una nuova, abbandonando definitivamente ogni legame con i suoi parenti e andando per la sua strada, incurante di tutto il resto.

E questo, per Sarada era inaccettabile.

Ma pensare a queste cose era ormai inutile. Non aveva più senso.

L’unica cosa che la giovane Uchiha poteva fare era pregare che questo scontro non finisse nello stesso modo di quello di due anni fa.

“Ti prego, Boruto,”implorò mentalmente. “Non chiudere il tuo cuore davanti a Naruto. Non far finire di nuovo le cose nell’odio e nell’indifferenza. Questa è la tua occasione per ricominciare!”
 

Ignaro del tumulto interiore delle persone alle sue spalle, Hagoromo continuava a fissare i due ragazzi con intensità. “Sono stato chiaro?” domandò, il suo tono serio.

“Sì!” esclamò con decisione Naruto.

“Cristallino.” fece Boruto con un tono annoiato.

L’Eremita annuì. “Molto bene,” disse dopo un secondo. “Se non avete domande allora potete cominciare.”

Detto questo, la sua figura cominciò a fluttuare sempre più lontano dai due, fermandosi a qualche decina di metri di distanza.

Ma nessuno si mosse. Naruto e Boruto continuarono a restare fermi e a studiarsi a vicenda, senza che nessuno dei due facesse la prima mossa.

Continuarono a guardarsi per minuti interi prima che, finalmente, uno di loro prese la parola.

“Sei pronto, Boruto?” domandò con un sorriso confidente il jinchuuriki. “Adesso è il momento decisivo! Una volta finito questo scontro, dovrai dirmi tutto quello che hai passato nella tua vita!”

Boruto scosse lentamente la testa. “Ripeto le mie parole di ieri sera,” fece l’altro, mentre un ghigno ferale compariva sul suo volto. “Ti farò rimpiangere di avermi sfidato!”

“Vedremo chi dei due rimpiangerà la scelta!” ribatté subito Naruto, assumendo una posa d’attacco.

“Avanti!” gli disse ancora lui. “Lascio a te la prima mossa!”

‘OHI, NARUTO!’ esclamò il Kyuubi nella sua mente. ‘Che stai facendo? Non provocarlo ancora prima di iniziare a combattere!’

Naruto non si lasciò intimorire. “Non fare la femminuccia, Kurama!” disse con confidenza. “Non mi lascerò sconfiggere così faci-”

CRUNCH!

Il pugno lo prese in piena faccia prima ancora che potesse terminare la frase. Mentre era distratto a parlare, Boruto era scattato in avanti con una velocità disarmante e lo aveva colpito con forza e precisione, facendolo volare indietro con tutto il corpo.

Naruto rotolò a terra per diversi metri prima di riuscire a rimettersi in piedi.

“C-Come ha fatto?” esclamò, sconvolto. “Non l’ho neanche visto muoversi!”

La Volpe osservò il Nukenin attraverso gli occhi della sua Forza Portante. ‘La sua velocità è disarmante! Non ho mai visto un essere umano in grado di muoversi in quel modo! Neppure quell’arrogante Raikage di nome Ay si muoveva con una tale rapidità!’

Boruto ritrasse la mano sotto al mantello. “Ti cedo il turno.” disse semplicemente con un tono privo di emozione.

Naruto ringhiò sottovoce, toccandosi la faccia dolorante. Aveva una voglia matta di togliere quell’espressione indifferente dal suo volto, e stavolta ci sarebbe riuscito ad ogni costo. Aveva abbassato la guardia, ma adesso non avrebbe commesso lo stesso errore. Ora avrebbe cominciato a fare seriamente.

Con uno scatto avanti, il biondo cominciò a correre verso l’avversario formando un sigillo con le mani.

Kage Bunshin no jutsu!” (Tecnica della Moltiplicazione del Corpo)

In pochi secondi, decine e decine di cloni di Naruto comparvero dal nulla con una nuvola di fumo, e tutti si misero a correre verso il ragazzo del futuro, pronti a colpirlo con pugni e calci.

Il ninja traditore fissò con disinteresse i cloni, senza neanche assumere una posa di difesa.

Un primo pugno gli fu sferrato da dietro.

Con uno scatto fulmineo, l’intero corpo di Boruto si voltò dal lato opposto, afferrando la mano protesa a colpirlo e ricambiando l’offensiva con un calcio che investì l’avversario in pieno petto. Il clone scomparve con uno scoppio.

Muovendo subito dopo la testa di lato, il biondo evitò un secondo pugno dalla destra, e con un braccio bloccò un calcio mirato al collo. Poi, afferrando la gamba dell’assalitore, il ragazzo ruotò con forza tutto il corpo, scagliando con precisione il clone addosso ad altre due copie di Naruto, facendole scomparire tutte.

Altri due cloni lo caricarono frontalmente, ma lui scattò davanti a loro con rapidità e sferrò contemporaneamente un pugno con ogni braccio sul loro stomaco, dissolvendoli nel nulla.

Ma non fece in tempo a fare altro, perché altre tre copie di Naruto gli corsero addosso da tre lati diversi nello stesso momento.

Allora, appena furono abbastanza vicini, Boruto fece un piccolo balzo in aria, divaricando con forza le gambe e sferrando rispettivamente un calcio ai due cloni ai suoi lati, mentre afferrò quello davanti a sé con una mano e lo colpì subito con un kunai nel collo.

Tutte e tre le copie scomparvero in una nuvoletta bianca.

Ma prima ancora che il fumo si fosse diradato, un’improvvisa pulsione di chakra lo raggiunse da dietro.

Rasengan!” esclamò Naruto, scagliandosi contro di lui con il palmo destro in avanti.

L’occhio di Boruto si ridusse ad una fessura. Non sarebbe cascato in un trucco così banale.

Aspettando che il Rasengan fosse quasi in prossimità del suo corpo, il Nukenin bloccò immediatamente l’attacco afferrando il braccio proteso di Naruto con una mano, mentre caricò l’altro braccio all’indietro.

Naruto sgranò gli occhi.

“I tuoi trucchi non funzioneranno con me.” gli disse Boruto con una voce fredda e tagliente.

Poi sferrò in avanti il palmo della mano aperto, centrando in pieno petto l’altro biondo con forza.

“KAH!” sputò Naruto, ma dopo neanche un secondo venne scaraventato all’indietro come una palla dalla potenza dell’attacco, rotolando sulla schiena a terra per diversi metri.
 

Gli altri guardavano con attenzione lo scontro.

“Ha concentrato il chakra nel palmo della mano all’ultimo secondo per aumentare al forza dell’impatto!” esclamò mentalmente Hinata, osservando il ragazzo col Byakugan. “Quella è una tecnica del clan Hyuuga!”
 

Boruto si raddrizzò lentamente, il suo sguardo freddo e calcolatore puntato sull’avversario ancora a terra.

Naruto si rimise subito in piedi. Proprio come aveva immaginato, Boruto era forte. Molto forte. Non poté fare a meno che desiderare ancora di più di scoprire come avesse fatto a diventare così potente.

‘Vuoi già dare inizio al piano?’ domandò la Volpe.

Naruto scosse la testa. “Non ancora,” rispose seriamente. “Continuerò ad usare ancora per qualche minuto il Taijustu per tentare di fargli abbassare la guardia! Conto su di te per curare le ferite, Kurama!”

‘Bah!’ grugnì Kurama. ‘Ricordati di ringraziarmi alla fine!’

Senza perdere neanche un secondo, Naruto scattò di nuovo in avanti, portandosi davanti a Boruto in meno di tre secondi e cominciando ad assalirlo con attacchi fisici.

Tuttavia, ciò che accadde dopo stupì non poco lui e tutti gli altri.

Il ragazzo col mantello tirò fuori le braccia dalla cappa, deviando un primo pugno di Naruto con un sonoro schiaffo verso il basso, e poi ne bloccò un secondo con un colpo di palmo verso destra.

Il jinchuuriki riprese ad attaccarlo con raffiche di pugni e calci, ma Boruto riusciva ogni volta a evitare i suoi attacchi con schiaffi forti e precisi che deviavano i suoi pugni e calci con efficacia, muovendo il suo corpo con movimenti fluidi e precisi, senza mai perdere il ritmo.
 

“Q-Quello è…” esclamò Hinata, troppo scioccata per riuscire a terminare la frase.

“Già,” finì per lei Minato, osservando la scena con stupore ed interesse. “Lo stile di lotta del clan Hyuuga.”

Non c’erano dubbi. Quella particolare tecnica di combattimento basata su colpi di palmi e schiaffi era lo stile che veniva usato nel clan Hyuuga. Era la base della tecnica del Pugno Gentile.

E Boruto la stava usando con precisione e abilità davanti ai loro occhi. Come faceva a conoscere quello stile di combattimento? Il ragazzo non possedeva un Byakugan, e quindi non sarebbe dovuto essere capace di utilizzare quella particolare tecnica.

Sarada non era per nulla stupita. “Boruto si è allenato per diverso tempo nello stile di lotta del clan Hyuuga quando era bambino.” spiegò a tutti lentamente. “Anche se non possiede gli occhi di quel clan, conosce perfettamente le tecniche di combattimento del Pugno Gentile.”
 

Naruto stava cominciando a fare sempre più fatica ad attaccare il guerriero. I suoi attacchi si facevano più lenti, ed aveva subito anche un paio di colpi sulla faccia e sul petto durante la sua raffica.

Ma non fece in tempo a schivare l’ultimo.

Un potentissimo schiaffo lo centrò sulla guancia sinistra, inondandogli tutta la faccia con un dolore acuto ed immenso. Sembrava di essere stato colpito da una lastra di acciaio piuttosto che da una mano.

E, senza poter neanche riprendersi dall’attacco, un calcio diretto allo stomaco lo fece scaraventare all’indietro come un missile, mentre il dolore si propagava lentamente per tutto il suo corpo.

Boruto rimase fermo nel punto di prima. “Tutto qui quello che sai fare?” domandò con un sospiro. “Mi sto cominciando ad annoiare.”

Naruto si massaggiò lo stomaco, rimettendosi in piedi lentamente senza rispondere. Il ragazzo del futuro continuò a fissarlo con disinteresse.

Ma quando Naruto rialzò la testa, incredibilmente, un sorriso divertito gli era comparso sul volto.

E poi, senza alcun preavviso, tutto il suo corpo venne ricoperto dal chakra fiammeggiante della Volpe, rivestendolo completamente di fiamme dorate.

“Certo che no!” dichiarò con forza. “Non ho neanche cominciato a scaldarmi!”

Boruto sorrise feralmente. “Molto bene!” esclamò con malvagità, tirando fuori la spada. “Mostrami quello che sai fare!”
 

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Capitolo 41
*** Naruto e Boruto 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 


 
 
 

Naruto e Boruto 2


Boruto sguainò lentamente la spada, fissando con un sorriso ferale l’avversario.

“Ha finalmente deciso di usare il potere della Volpe!” pensò con trepidazione. “Adesso le cose dovrebbero farsi più interessanti!”

Doveva ammetterlo. La realizzazione di star combattendo contro il leggendario Settimo Hokage da giovane lo eccitava parecchio. Questa era l’occasione buona per vedere finalmente chi dei due era il più forte. Era la sua chance di riuscire a vedere se fosse davvero diventato più forte di suo padre alla sua età.

Boruto sapeva bene di essere inferiore a suo padre nel futuro. Era consapevole che il potere dell’uomo che lo aveva messo al mondo era ancora insormontabile per lui. Riusciva a sentire ancora il sapore della sconfitta che subì a causa sua sulla punta della lingua. Lo aveva sperimentato sulla sua pelle.

La rabbia, la frustrazione, l’odio e la sete di vendetta nei suoi confronti bruciavano ancora dentro il suo animo.

Ma adesso la situazione era diversa.

Quello che stava affrontando ora non era il Settimo Hokage. Stava affrontando un ragazzo della sua stessa età, uno nelle sue stesse condizioni. Davanti a lui non si trovava la stessa persona che lo aveva umiliato due anni prima. Davanti a lui c’era il ragazzo che sarebbe diventato la leggenda ed il salvatore del mondo degli Shinobi. Quale occasione migliore poteva avere per provare a se stesso di essere migliorato rispetto al passato?

Non si rese neanche conto di star impugnando l’elsa della sua spada con maggiore intensità di prima.

Ma, prima di poter realizzare il suo eccitamento, Naruto fece la sua mossa.

Scattò in avanti verso di lui, avvolto nella cappa fiammeggiante di chakra dorato, più veloce di quanto si fosse mai mosso fino ad ora. Il suo braccio destro caricava un pugno verso di lui.

Boruto ghignò.

Appena fu vicino, il Nukenin schiaffò il colpo con la mano sinistra, sferrando a sua volta un fendente laterale di lama con la destra. Naruto lo anticipò, abbassandosi ed evitando l’attacco per poi rilanciare un secondo pugno verso il suo stomaco.

Boruto balzò all’indietro appena prima di essere colpito, ruotando in aria con agilità.

Il jinchuuriki però non demorse, sorridendo all’improvviso e scagliando un braccio artigliato fatto di chakra dal suo petto addosso al ninja traditore prima che potesse atterrare.

L’attacco sembrava aver avuto effetto, ma un attimo prima che la mano artigliata potesse agguantarlo, Boruto infuse del chakra nella sua spada, facendo ricoprire la lama di un colore rossastro, e con un colpo secco recise il braccio di chakra prima che potesse subire danni.

Atterrando sul prato, il biondo scattò a sua volta contro l’avversario, la sua spada in posizione laterale pronta a falciare il nemico.

Naruto rimase fermo, accettando la sfida con i denti serrati. Appena i due furono vicini, le sue mani scattarono in avanti, avvolte da una scia di chakra dorato che prese la forma di due grosse zampe artigliate.

Le zampe eteree bloccarono l’attacco afferrando la lama della spada con forza, e i due ragazzi si osservarono per un secondo, fronteggiandosi faccia a faccia.

Poi, dalla schiena di Naruto uscirono altre due gigantesche zampe di chakra, unite insieme in un pugno e pronte a schiacciare l’avversario. Boruto si liberò dalla presa, abbassandosi e scattando all’indietro prima di essere colpito. Le zampe si schiantarono a terra, spaccando il terreno con un tonfo ed innalzando un nuvolone di polvere. Il Nukenin strisciò all’indietro con i piedi, fermandosi a qualche metro dall’altro biondo.

Ma, senza donargli un attimo di tregua, altre due braccia si scagliarono contro di lui dalla cortina di polvere e terra, pronte a colpirlo senza pietà.

Il ragazzo col mantello evitò un primo braccio facendo un balzo all’indietro e poggiandosi con le mani a terra, mentre ne bloccò un altro con la spada, tagliandolo di netto con precisione e rapidità.

In quel momento, il suo Jougan sentì una pulsione provenire da sopra di lui.

Il guerriero alzò la testa di scatto, sgranando leggermente l’occhio sinistro. Naruto aveva sfruttato il suo attimo di distrazione per saltargli addosso con un Rasengan nella mano destra.

“Prendi questo!” urlò il ragazzo, sferrano in avanti il braccio.

Boruto lo fissò con serietà. “Non così in fretta!”

Prima che il biondo potesse raggiungerlo, il ragazzo del futuro portò il suo corpo di lato, facendo mancare il bersaglio a Naruto in meno di un secondo. Il biondo sgranò gli occhi.

Adesso era giunto il momento di contrattaccare.

Con la mano destra Boruto emise un fendente laterale per colpire il biondo ancora in aria, ma quest’ultimo riuscì a bloccarlo evocando un’altra zampa di chakra ed afferrando la lama a pochi centimetri dal suo collo. Ma l’offensiva non era finita.

Boruto aveva contemporaneamente portato indietro la mano sinistra pompandola di chakra, e con un movimento rapidissimo la scagliò contro l’avversario senza perdere un momento.

Naruto non ebbe il tempo di fare nulla. Il pugno lo centrò sulla guancia, scagliandolo lontano dall’aggressore con forza. Un dolore acuto e lancinante gli percorse i denti e la testa, togliendogli il respiro per un paio di secondi. Mentre volava verso terra, si rese conto che il suo Rasengan era ancora attivo nella mano destra, ma non riuscì a dissolverlo, crollando a terra e causando un’esplosione immensa nel punto in cui era finito l’attacco.

Boruto sorrise trionfante, posizionando la spada davanti a sé in linea verticale. La sua lama tornò di nuovo del colore originario.

Naruto comparve dopo un po’ dalla nuvola di fumo che si era creata dal punto in cui era atterrato, ansimante ma illeso, la mano destra che si massaggiava la guancia.

Quel tipo colpiva duro, pensò il jinchuuriki. Anche se il dolore stava lentamente svanendo grazie all’intervento di Kurama, i suoi colpi erano precisi e potenti come pochi. La loro forza era quasi paragonabile a quella di Sakura. Senza il chakra del Kyuubi dalla sua parte, sarebbe con molta probabilità svenuto dal dolore.
 

Hagoromo osservava la scena da lontano con sguardo indecifrabile. “Nessuno dei due si sta ancora impegnando seriamente,” pensò tra sé. “Ma, anche se si impegnasse al massimo, Naruto non è ancora al livello di Boruto. Se vuole riuscire a vincere, dovrà contare sull’aiuto di Kurama o usare una strategia che lo colga di sorpresa.”

Anche gli altri erano intenti a studiare il combattimento dalla cima della collinetta. Era evidente che Naruto fosse in svantaggio in quel momento. Nessuno dei due si stava impegnando ancora in modo serio, ma anche così era evidente ai loro occhi che Boruto si stesse trattenendo di più rispetto all’altro.

Naruto era diventato più veloce e più forte grazie alla modalità chakra del Kyuubi, ma la velocità che il ninja traditore aveva usato altre volte era decisamente superiore.

Hinata strinse i pugni nervosamente. “Puoi farcela, Naruto-kun!”
 

Naruto si rimise in piedi, fissando il suo avversario con i suoi occhi rossi.

“Non si sta neanche impegnando un minimo!” pensò con frustrazione. “Cosa dovrei fare, Kurama?”

La Volpe osservò Boruto con serietà. ‘Quel tipo sta solo giocando con te in questo momento,’ disse con un tono calmo e serio. ‘Propongo di usare adesso il chakra del clone per coglierlo di sorpresa. So che volevi aspettare ancora un po’, ma di questo passo finirai per stancarti troppo, ed a meno che non vuoi che prenda io il controllo devi darti una mossa! Il tuo corpo ha dei limiti!’

Naruto strinse i pugni. Kurama aveva ragione. Non poteva continuare a subire sempre danni senza riuscire a ricambiare i colpi. Doveva agire subito se voleva cogliere di sorpresa il ragazzo de futuro.

“D’accordo!” esclamò mentalmente. “Allora dispellerò il clone che ho lasciato nascosto dietro quella collina ieri sera. Ormai avrà accumulato abbastanza chakra.”

Chiudendo gli occhi con un sospiro, il biondo concentrò la mente verso il clone nascosto a circa cinquecento metri da loro. La copia di Naruto si dissolse in una nuvola di fumo dopo un secondo.

Il ragazzo sorrise quando percepì una grossa quantità di Energia Naturale entrare nel suo corpo, aumentandogli notevolmente la forza e i riflessi. Le sue palpebre assunsero subito una colorazione arancione, e l’iride nera degli occhi rossi prese la forma orizzontale, proprio come quella dei Rospi del Monte Myoboku.

Naruto aprì gli occhi, sorridendo. Era entrato nella Modalità Eremitica mentre era ancora avvolto nel chakra della Volpe.

Ora avrebbe cominciato a fare sul serio per davvero.

Con un urlo rabbioso, il ragazzo si scagliò con una velocità impressionante contro il Nukenin, infondendo ed accumulando chakra in entrambe le mani. Due gigantesche sfere rotanti cominciarono a formarsi nei suoi palmi, per poi aumentare le loro dimensioni esponenzialmente ed assumere la forma di due shuriken rotanti.

FUUTON,” esclamò Naruto, scagliando il primo attacco con una mano. “Rasenshuriken!”

La tecnica ruotò con forza e rapidità verso il bersaglio, pronto a farlo a pezzi.

Ma, con sommo stupore di tutti, Boruto non si mosse. L’attacco lo centrò in pieno, esplodendo subito dopo con un boato assurdo e fragoroso. L’esplosione di chakra e vento durò per una decina di secondi, prima di dissolversi nel nulla e rivelare una grossa voragine nel punto dove prima stava il biondo.

Naruto, tuttavia, sapeva di non averlo colpito. Grazie alla Modalità Eremitica percepì che il suo avversario non era mai stato in quel punto dove aveva scagliato la tecnica, ma che era spuntato fuori all’improvviso dietro di lui.

Si voltò di scatto, scagliando il secondo Rasenshuriken verso il Nukenin senza esitazione.

Boruto stavolta balzò subito lontano dalla traiettoria della tecnica, evitando l’attacco con facilità. Ma, neanche un secondo dopo, Naruto gli comparve improvvisamente davanti in aria, sferrandogli immediatamente un pugno con forza.

“È più veloce di prima.” realizzò il giovane senza stupirsi neanche un po’.

Il guerriero lo bloccò appena in tempo col braccio sinistro, e ricambiò la cortesia con un colpo di spada mirato alla testa. Il giovane Shinobi lo evitò ruotando abilmente il suo corpo all’indietro in aria, e sferrando poi un calcio verso il petto dell’altro.

Boruto lo bloccò mettendo le braccia dinanzi a sé, ma la forza del calcio lo fece stagliare a terra con forza. Il ragazzo atterrò comunque sulle gambe, balzando poi lontano da quel punto per evitare un altro braccio di chakra scagliatogli contro da Naruto.

Le sue mani formarono diversi Sigilli.

SUITON,” disse mentalmente, inspirando aria. Suikodan no jutsu!” (Proiettili Marini)

Dalla sua bocca partì subito una raffica di proiettili d’acqua, i quali si stagliarono con rapidità contro il giovane ancora in aria. Naruto usò il braccio che aveva scagliato in avanti per tentare di colpire Boruto come leva a terra, salendo ancora più in alto ed evitando l’attacco.

Poi, i suoi sensi lo allertarono di spostarsi subito di lato, ma fu troppo lento.

WHAM!

Un possente calcio di tacco lo colpì con precisione sulla testa dall’alto, scagliandolo a terra con forza e facendolo atterrare malamente di schiena.

“Gah!” gemette di dolore il biondo, tentando a fatica di rialzarsi quanto prima.

Sentiva la testa pulsare dolorosamente come se avesse sbattuto contro un pezzo di ferro durissimo, ma nonostante questo non cedette al dolore e si rimise in piedi il più in fretta possibile per evitare un altro attacco a sorpresa.

‘Attento, Naruto!’ esclamò Kurama con forza nella sua mente, ma il biondo non riuscì neanche a capire cosa stesse succedendo che subito un dolore lancinante gli percorse tutta la schiena a partire dalla spalla destra.

Naruto boccheggiò per qualche secondo quando sentì la punta della lama gelida di Boruto trapassargli tutta la spalla, fuoriuscendo con uno schizzo di sangue dall’altra parte e invadendogli tutto il braccio di dolore.

Dietro di lui, il Nukenin era in piedi con la sua mano destra che reggeva la spada, e lo stava fissando con uno sguardo freddo.

“Credevi davvero che non mi fossi accorto di quel clone che stava accumulando Energia Naturale prima?” domandò con un tono ironico e tagliente. “Credevo ricordassi che il mio occhio destro percepisce ogni minima variazione di chakra nei corpi e nell’ambiente, e di conseguenza mi sono preparato aumentando la mia velocità. Tu, invece, come pensi di uscire da questa situazione?”

Naruto strinse i denti, troppo concentrato a tentare di ignorare il dolore per rispondere.

Boruto scosse la testa, deluso. “Sono sempre stato consapevole che ti stavi trattenendo finora,” disse ancora, la sua voce priva di emozione. “Ma non bisogna mai abbassare troppo la guardia. Ti ho praticamente ucciso in questo momento.”
 

Sasuke e tutti gli altri osservavano la scena con gli occhi sgranati. Boruto si era mosso di nuovo con una velocità incredibile ed era riuscito a colpire alle spalle Naruto senza che lui potesse neppure rendersene conto! Quanto diavolo era veloce quel tipo? Non era normale una cosa del genere!

Sasuke strinse i pugni. “Come pensavo, quel tipo è troppo forte!”

“Non arrenderti Naruto!” pensò invece Minato, guardando il figlio con occhi pieni di preoccupazione. “Non è ancora finita!”

L’Eremita aggrottò le sopracciglia nel vedere lo scontro. “Dovrai impegnarti di più se vorrai riuscire a colpire Boruto, giovane Naruto.” sospirò mentalmente. “Se questo fosse stato uno scontro reale, saresti morto a questo punto.”
 

Naruto strinse i denti dal dolore, cercando di ignorare la voce di Kurama che gli urlava di essere stato uno stupido per essersi lasciato prendere alle spalle. Non poteva demoralizzarsi adesso. Non poteva arrendersi. Stava giusto cominciando a leggere sempre di più i movimenti dell’avversario, e non poteva mollare tutto. Non avrebbe ceduto solo perché era stato colpito.

Era consapevole che Boruto era molto più forte di quanto si fosse aspettato. Se questa fosse stata una vera battaglia all’ultimo sangue, Naruto avrebbe già perso. Il guerriero avrebbe potuto benissimo trafiggerlo al cuore prima e farla finita subito.

Ma non lo aveva fatto.

Per tutto questo tempo, il ragazzo del futuro si stava prendendo gioco di lui, limitandosi ad osservare ogni suo sforzo e a distruggere ogni strategia che aveva usato senza eccessivo sforzo. Ma Naruto non poteva arrendersi adesso. Doveva continuare a lottare.

Aveva perso il primo round, ma la battaglia non era terminata.

“Kurama!” disse allora Naruto alla Volpe. “Entriamo subito nella prima fase della Modalità Cercoterio! Adesso faremo sul serio!”

Il Kyuubi ghignò. ‘Era ora, moccioso!’

E, subito dopo, accadde ciò che Boruto stava aspettando di vedere sin dall’’inizio dello scontro.

Tutto il corpo di Naruto venne subito attraversato dal chakra della Volpe, andando a formare una lunga cappa fiammeggiante dorata sulle sue spalle e facendo assumere maggiore risalto alle linee sulle sue guancie che divennero completamente nere.

Il guerriero si portò subito lontano dall’avversario, estraendo la spada dal suo corpo con un movimento secco. Il jinchuuriki non si mosse neppure di un millimetro.

Boruto lo osservò con il suo occhio freddo. “Il maledetto potere del Kyuubi…”

Naruto si rialzò lentamente, la sua ferita completamente risanata grazie all’intervento della Volpe, e si voltò verso il ragazzo col mantello.

I suoi occhi erano diventati ancora più rossi, l’iride formata da una linea verticale e una orizzontale che si incrociavano, le fiamme sul suo corpo più intense e potenti di prima.

“Piantiamola coi giochetti, Boruto!” disse Naruto con un tono serio e deciso. “Da adesso non mi tratterrò più! Ti mostrerò tutta la mia forza!”

L’altro biondo sorrise malvagiamente. “Non vedevo l’ora!” sibilò con trepidazione.

E fu allora che i due scattarono in avanti contemporaneamente.

Boruto e Naruto si scontrarono insieme con un braccio, generando un tonfo secco ed una grossa folata d’aria dal loro impatto.

Poi, appena si divisero, Naruto usò la gamba destra come slancio e si gettò di nuovo verso l’avversario, le mani che formavano un sigillo familiare.

Tajuu Kage Bunshin no jutsu!” (Tecnica Superiore della Moltiplicazione del Corpo)

Neanche un secondo dopo, decine e decine di cloni di Naruto comparvero nel cielo improvvisamente, scagliandosi tutti nello stesso momento contro il Nukenin senza esitare.

L’occhio sinistro di Boruto si ridusse ad una fessura.

Schivò il primo clone portandosi di lato ed infilzandolo subito dopo con la spada da dietro, poi bloccò col braccio libero un pugno mirato alla testa di un’altra copia e sferrò un calcio con una gamba ad un clone alla sua destra.

Altri tre Naruto lo caricarono contemporaneamente con dei kunai.

Boruto deviò un assalitore con un colpo di spada, poi si abbassò per evitare un altro colpo di pugnale, e ruotò la spada indietro per bloccare un kunai all’altezza del collo.

Un clone gli lanciò subito dopo degli shuriken imbevuti di chakra del vento dalla destra, ma il biondo ruotò all’indietro facendo leva a terra col braccio e li evitò, colpendo nel mentre con un calcio sul mento un’altra copia. Ma i cloni erano troppo numerosi, e avrebbero avuto la meglio di questo passo

FUUTON,” cominciò allora a dire subito senza fare sigilli. “Toppa!” (Sfondamento)

Un grosso getto d’aria si creò improvvisamente attorno a lui, investendo i cloni rimasti e scagliandoli lontano con forza, dissolvendoli tutti all’istante.

Ma Naruto non si lasciò intimorire, scattando dinanzi a lui con una velocità inaudita e sferrandogli un potente calcio laterale alla destra.
Boruto lo bloccò alzando il braccio destro in alto appena in tempo, ma la potenza del colpo lo fece scagliare di lato, facendogli quasi perdere la presa sulla spada.

Il guerriero grugnì, ruotando in aria ed atterrando pesantemente con le gambe che strisciavano sul terreno. Alzò lentamente la testa verso il giovane jinchuuriki, fissandolo col suo occhio azzurro freddo leggermente sgranato. Non si aspettava una tale potenza da quel calcio. Avrebbe dovuto aumentare-

Non poté finire di riordinare i pensieri che subito Naruto si mise di nuovo a correre contro di lui, un kunai stretto in mano e gli occhi fissi su di lui.
Boruto ringhiò sommessamente. Se quel patetico Shinobi voleva fare sul serio, allora lui lo avrebbe accontentato volentieri.

Si mise a correre a sua volta nella direzione opposta ad una velocità non troppo elevata, inseguito a ruota dall’altro biondo. I due ragazzi finirono per correre fianco a fianco, avvicinandosi un paio di volte per scambiarsi colpi di lame a vicenda ma senza ferirsi.

Poi, di colpo, Boruto si fermò.

Naruto per poco non gli finì addosso, ma lo evitò saltando in alto ed atterrando dietro di lui. Boruto mirò un fendente al suo fianco destro, ma il giovane scattò di lato, evitandolo e sferrando un colpo di kunai col braccio verso la sua testa.

Il Nukenin lo deviò con un singolo movimento della lama, facendo roteare tutto il corpo fino ad arrivare dietro all’avversario ed infine afferrando la spada al contrario e spingendola indietro per colpirlo.

Naruto si portò il kunai dietro il fianco destro, bloccando la spada e generando una serie di scintille dallo sfregamento di metallo contro metallo. Tentò poi di sferrare un calcio laterale mirato alla testa, ma il guerriero balzò leggermente all’indietro prima di essere colpito.

Un altro fendente della spada di Boruto venne deviato dal suo kunai, ma Naruto fu improvvisamente costretto ad incrociare le braccia davanti al petto, bloccando a malapena un pugno dalla forza micidiale che lo scagliò all’indietro di diversi metri facendolo roteare in aria.

“Gah!” gemette, sentendo il chakra del pugno subìto sulle braccia invadergli gli arti.

Il biondo atterrò incolume, ma non poté riprendere fiato poiché una gigantesca raffica di getti d’acqua perforanti gli fu scagliata addosso dalla direzione del ragazzo col mantello.

Naruto si mise a correre con rapidità, balzando da un lato all’altro ed evitando la raffica che investì il terreno come una pioggia mortale che forò la terra nei punti colpiti. Appena fu fuori dal campo di azione della tecnica, dal cielo vide sbucare Boruto, le mani alzate all’indietro che miravano un fendente al suo torace, la lama della spada circondata da una scarica elettrica blu.

Il giovane non si fece intimorire, e scattò in alto verso l’avversario, reggendo di sbieco con entrambe le mani il kunai.

CLANG!

Le due lame cozzarono con forza, ma dopo un paio di secondi il kunai di Naruto si spezzò a causa dell’elettricità che avvolgeva la spada. Naruto sgranò gli occhi.

“Oh cavolo!” esclamò.

Non poté fare nulla. Con un movimento rapidissimo, Boruto si portò subito dietro di lui, sferrandogli un calcio micidiale sulla schiena e lanciandolo in aria con forza.

Naruto grugnì dal dolore, ma riuscì a riprendersi prima di schiantarsi a terra, rotolando un paio di volte al contrario e rimettendosi in piedi.

“C’è mancato po-”

Non poté finire la frase, perché fu costretto a chinare tutto il corpo per evitare un fendente rapidissimo che gli avrebbe falciato la testa se fosse stato un minimo più lento.

Boruto non perse tempo, brandendo di nuovo la spada avvolta dall’elettricità e sferrando due colpi orizzontali e uno verticale, ma Naruto li evitò tutti spostando rapidamente all’indietro il corpo. Ma ad un certo punto colpì col piede un sasso inatteso, perdendo l’equilibrio e cadendo in ginocchio.

“Ora!” disse tra sé il Nukenin, alzando le braccia e sferrando un fendente dall’alto.

Naruto strinse i denti con rabbia. “Non pensarci neanche!” urlò con forza.

Prima che la spada si abbattesse su di lui, il jinchuuriki la bloccò afferrando verticalmente la lama in mezzo ad entrambe le mani con un movimento rapido e preciso. Boruto sgranò l’occhio, stupito.

Naruto sentì un forte bruciore attraversargli tutte le braccia a causa dell’elettricità che avvolgeva la spada, insieme ad un lancinante dolore che lo investì in pieno, ma non si arrese neanche per un secondo.

Stringendo i denti per il dolore, il biondo aumentò la presa sulla spada e fece scattare le braccia verso destra con tutta la forza che aveva in corpo.

“GYAAH!” urlò per lo sforzo, ma l’effetto fu quello desiderato.

Boruto fu interamente scagliato di lato a causa della forza del contrattacco, finendo per rotolare per diversi metri a terra prima di riuscire a riprendere l’equilibrio e a rimettersi in ginocchio, la sua spada sempre in mano.

Ma appena si raddrizzò in ginocchio, vide che Naruto non aveva perso tempo ed era scattato davanti a lui con l’intento di sferrargli un calcio al collo. Il guerriero ringhiò ferocemente, spostando appena in tempo il suo corpo verso sinistra e facendo mancare il bersaglio a Naruto, che finì in avanti sferrando un calcio nel vuoto.

PUFF!

Boruto sgranò l’occhio, voltandosi all’indietro di scatto all’udire quel suono.

Il clone di Naruto che lo aveva appena attaccato scomparve nel nulla in una nuvola di fumo, ma prima che il ragazzo potesse formulare anche un solo pensiero, il suo Jougan gli urlò di muoversi. Doveva piegarsi di lato. Di lato! Subito!

Ma, come di riflesso, Boruto voltò prima la testa in avanti e fece soltanto in tempo a vedere un pugno diretto verso la sua faccia con una velocità inaudita.

CRUNCH!
 

Sasuke, Sarada, Hinata e tutti gli altri sgranarono gli occhi, allibiti.
Hagoromo sorrise.
 

CRUNCH!

Il pugnò lo centrò sulla guancia sinistra con una forza ed una potenza che lui non si sarebbe mai immaginato, facendolo immediatamente schizzare all’indietro con rapidità. Boruto rotolò a terra dopo aver fatto una decina di metri di volo, strisciando di lato e rimettendosi in ginocchio lentamente.

Il dolore che provò fu incrementato da ciò che vide subito dopo.

Naruto comparve a qualche metro di distanza da lui, ansimante ma con un sorriso di trionfo stampato in faccia.

“L’ho colpito!” esclamò tra sé con gioia e trepidazione. “L’ho colpito, Kurama!”

‘Bah!’ bofonchiò la Volpe senza un minimo di entusiasmo. ‘Lo hai beccato soltanto una volta, non c’è nessun motivo di esultare!’

Naruto era troppo euforico per riuscire a curarsi del suo disinteresse. Lo aveva colpito. Lo aveva davvero colpito! Nessun altro del gruppo era stato capace di farlo prima d’ora! Questo semplice fatto era un successo incredibile per lui! Non riusciva a togliersi quel sorrisetto dalla faccia.

Lui, Naruto Uzumaki, il ragazzo che il Villaggio un tempo considerava un fallito, aveva colpito Boruto Uzumaki con un pugno in faccia!

Il Kyuubi lo richiamò all’attenzione subito. ‘Tieni gli occhi aperti!’ ringhiò senza perdere tempo. ‘Si sta rialzando!’

Naruto non se lo fece ripetere due volte, abbandonando i suoi pensieri di vittoria e focalizzandosi di nuovo sulla realtà.

Boruto si era rimesso in piedi, la sua testa bassa e gli occhi oscurati dai capelli. Il suo corpo era scosso da tremiti sommessi.

“Oh no…” pensò il biondo con un timore sempre più crescente nel cuore. “Non dirmi che si è arrabbiato…”

‘Quasi quasi te lo meriteresti dopo questa sceneggiata per un semplice pugno!’ ribatté seriamente la Volpe.

“MA DA CHE PARTE STAI TU?” urlò Naruto, sempre più in preda al panico.

Tuttavia la paura si mutò in stupore quando vide che Boruto alzò la testa, e il suo sguardo non sembrava affatto arrabbiato. Anzi, non lo era per niente.

Stava ridendo.

“AHAHAHAH!”

Naruto e gli altri rimasero a bocca aperta nel vederlo ridere dopo essere stato colpito in quel modo. Non era certo quella la reazione che si aspettava. Non sapeva come prendere la situazione. Era un buon segno o no? Non ne aveva idea.

Il Nukenin si calmò dopo un paio di secondi, riprendendo a fissare l’avversario con un sorriso malvagio e divertito e rinfoderando la spada.

“Sei il primo che è riuscito a colpirmi da quando sono giunto qui a Eldia, Naruto Uzumaki!” disse ad alta voce, il suo tono carico di divertimento. “Devo farti i miei complimenti! Mi hai preso alla sprovvista, te lo concedo!”
 

Hagoromo lo osservò con gli occhi carichi di sospetto. “Che cosa sta facendo?”
 

Naruto ammiccò, sconvolto. “G-Grazie…” rispose, confuso.

Il sorriso di Boruto durò altri cinque secondi prima di scomparire improvvisamente del tutto.

“Tuttavia,” riprese a dire subito dopo, il suo tono di nuovo gelido e freddo. “Non è una cosa di cui essere fieri.”

Gli occhi di Naruto si sgranarono, ma il ragazzo non fu in grado di capire quello che successe dopo.

L’intera figura del Nukenin scomparve improvvisamente dal punto in cui si trovava un secondo prima, per poi ricomparire affianco a lui senza che il giovane potesse muovere un muscolo.

Il jinchuuriki fece appena in tempo a voltare leggermente la testa che subito un acuto e lancinante dolore lo investì sul fianco sinistro, togliendogli il fiato per un secondo e facendogli sfocare la vista.

Boruto gli aveva sferrato un calcio talmente forte sulle costole che il suo corpo si era piegato di scatto, crollando a terra dopo qualche metro di distanza. Sentì qualche osso incrinarsi e frantumarsi dalla potenza del calcio, ma non poté fare un solo movimento.

Perché il guerriero gli comparve davanti ancora una volta mentre era ancora a terra, afferrandolo per il collo con una presa micidiale e sollevandolo completamente in alto.

Naruto boccheggiò disperatamente, gli occhi sgranati che lacrimavano per il dolore al fianco e alla gola.

“Mai ferire chi non puoi uccidere!” sibilò il Nukenin con un tono gelido come il ghiaccio, fissandolo crudelmente col suo occhio destro aperto.

Naruto tentò di evocare un braccio di chakra dal suo petto per colpire l’assalitore e liberarsi dalla presa soffocante, ma Boruto lo anticipò in qualche modo, sbattendolo con forza a terra fino a crepare il terreno e scagliandolo successivamente lontano da sé con un solo braccio.

Il biondo rotolò a terra pesantemente, tossendo con forza. Ogni colpo di tosse gli faceva esplodere una fitta di dolore al fianco sinistro, ma Kurama gli infuse subito del chakra nelle ferite, procurandogli un sollievo immediato.

Naruto si rimise lentamente in piedi, balzando subito dopo all’indietro per allontanarsi dall’avversario.

Boruto lo fissò coi suoi occhi freddi e calcolatori. “Piantiamola con questa farsa!” disse alla fine. “Attaccami con tutto il tuo potere!”

Naruto digrignò i denti con rabbia. “Lo hai voluto tu!” ringhiò con forza.

Portando il braccio in alto e accumulando chakra naturale, una familiare sfera di energia rotante si formò nella sua mano destra all’improvviso, diventando sempre più grande ogni secondo che passava fino a raggiungere i dieci metri di dimensioni.

Boruto osservò l’attacco con un ghigno selvaggio. Poi portò a sua volta un braccio in alto e fece accumulare chakra al suo interno, creando una sfera di identiche dimensioni e aspetto.

Naruto e tutti gli altri tranne Sarada sgranarono gli occhi. Boruto sapeva usare il Rasengan? Non ne avevano idea! Fino ad ora non lo aveva mai usato davanti ai loro occhi. Anche se, a pensarci bene, era sempre stata un’idea plausibile. Bastava vedere di chi fosse figlio…

Naruto era allibito. “S-Sa usare il Rasengan!” esclamò mentalmente. “Non ci ho mai pensato!”

Ma nessuno ebbe il tempo di fare niente, perché improvvisamente il ghigno di Boruto si allargò fino a divenire ferale e colmo di crudeltà. Poi, accumulando chakra nel suo sistema, il Nukenin infuse elettricità nella gigantesca sfera nella sua mano, fino a creare un vortice rotondo e scattante di fulmini azzurri, la cui intensità era quasi accecante.
 


Minato osservò con muto stupore l’attacco del guerriero. “Ha infuso chakra del fulmine nel Rasengan, proprio come Naruto lo ha fatto col vento!”

Sarada sentì un forte senso di terrore nascerle nel cuore. Quello spettacolo le aveva riportato in mente dei brutti ricordi. I suoi occhi si sgranarono, le sue mani si serrarono per lo spavento.

“Bolt, non farlo!”
 

Il Nukenin scoppiò a ridere follemente all’improvviso. “Coraggio, Naruto Uzumaki!” esclamò con un tono colmo di brama di uccidere e malvagità. “Fatti sotto e finiamola una volta per tutte! Mostrami il tuo patetico potere!”

Naruto sentì un senso di rabbia crescere dentro di lui. Boruto lo stava provocando. Lo stava guardando col suo perenne sguardo di superficialità. Riusciva a percepire che non si stava ancora impegnando contro di lui. Non lo stava prendendo affatto sul serio.

Molto bene. Stavolta gliel’avrebbe fatta pagare.

Pompando quanto più chakra possibile nel suo Rasengan, il ragazzo scattò in avanti con una velocità inaudita, sferrando in avanti l’enorme attacco nella sua mano.

Boruto lo imitò immediatamente, correndo verso di lui con un ghigno e portando il Rasengan elettrico davanti a sé.

I due attacchi crescevano di secondo in secondo a mano a mano che si avvicinavano. L’aria nella distesa di colline si fece tesa e pesante.

Venti metri.

Dieci metri.

Cinque metri.
 

“NARUTO!” urlarono Hinata, Kushina e Minato.

“BORUTO!” urlò Sarada.

Hagoromo non si mosse, osservando la scena in silenzio.

SENPOU: Chou Oodama Rasengan!” (Arte Eremitica: Rasengan Titanico)

RAITON: Rasenkurai!” (Rasengan Fulminante)

BOOOM!!!

La collisione dei due attacchi fu micidiale. I due Rasengan si deformarono istantaneamente, unendosi insieme come se fossero una sola cosa e generando un’esplosione fragorosa e devastante. Un sibilo elettrico riempì per alcuni secondi tutta l’aria. Una luce accecante azzurra investì tutta l’area circostante subito dopo, costringendo tutti a coprirsi gli occhi. Lo scoppio fu immediato e potente, e l’esplosione di chakra s’innalzò in aria per venti metri, distruggendo qualsiasi cosa si trovasse in mezzo alla prateria dove si era svolto lo scontro.

Poi, dopo alcuni secondi, tutto tacque.

Sasuke e tutti gli altri riaprirono gli occhi, e rimasero sconvolti da quel che videro.

Una gigantesca voragine di dieci metri di profondità era comparsa nel punto di collisione tra i due attacchi, e del fumo nero si stagliava in alto dal centro di essa.

Sul vertice della voragine, illeso e con uno sguardo annoiato, stava Boruto Uzumaki.

Mentre in fondo al cratere, steso a terra e col corpo fumante, stava Naruto Uzumaki.

Minato e Kushina sgranarono gli occhi, sconvolti.

“NARUTO!” urlò disperatamente la donna dai capelli rossi cominciando a correre verso di lui, ma l’Eremita le comparve davanti, afferrandole un braccio ed impedendole di proseguire.

“COSA STAI FACENDO?” gridò lei furiosamente. “LASCIAMI ANDARE!”

Hagoromo scosse la testa. “Non è ancora finita.” disse con un tono serio.

La donna sgranò gli occhi. “Huh?”
 

Boruto fissò con disappunto il corpo del biondo steso in mezzo alla voragine. Era ancora vivo, lo riusciva a percepire, ma era rimasto molto deluso dalla potenza del suo attacco. Credeva che avesse ancora altro chakra da poter usare nello scontro, ma a quanto pare si era sbagliato.

“Che delusione...” pensò, voltandosi ed incominciando ad andarsene.

Ma, con sua sorpresa, dopo alcuni secondi il suo occhio destro percepì un’enorme pulsione di chakra provenire dalla voragine. Il Nukenin si girò di scatto, fissando con gli occhi aggrottati una gigantesca massa di chakra dorato che si stava lentamente innalzando nel cielo dal centro della voragine con un sibilo liquido, assumendo una forma quasi umanoide.

Lentamente, dopo alcuni secondi, la massa di chakra si fece più definita, e da essa si poterono distinguere due lunghe e possenti braccia, una testa animalesca e feroce e nove lunghe code che si muovevano ritmicamente nell’aria.

La creatura eterea poggiò le zampe sul bordo della voragine, innalzandosi sempre di più in alto. Un ringhio basso e ferale si udì nell’aria improvvisamente.

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure, il suo sguardo si fece freddo e disgustato. Riconobbe all’istante quella sensazione. L’aveva percepita diverse volte in passato. Quell’odio così grande ed immenso che aveva riempito l’aria col suo tanfo disgustoso non poteva che appartenere a quella creatura. Finalmente, dopo così tanto tempo, avrebbe avuto ancora una volta il piacere di sfidare quel mostro dalle nove code.

“Ci rincontriamo ancora una volta, schifoso demone.” disse con un tono gelido.

La Volpe di chakra lo fissò coi suoi occhi crudeli, ruggendo ferocemente.

“ROAAAAR!”

 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi la seconda parte dello scontro tra Naruto e Boruto, spero possa esservi piaciuta almeno un pò.
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo che riguarderà lo scontro tra loro due, e mostrerà la conclusione della battaglia tra i due ragazzi. Chi ne uscirà vincitore? Chi sarà ad avere la meglio alla fine dello scontro? Sarà forse quel mostro disumano di Boruto che sembra essere invincibile? Oppure il nostro Naruto riuscirà ad avere la meglio in qualche modo?
Per scoprirlo dovrete aspettare domenica 12 novembre!

Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e che mi faranno sapere cosa ne pensano. A presto! ;)

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Capitolo 42
*** Naruto e Boruto 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 


 
 
 

Naruto e Boruto 3


La gigantesca volpe di chakra ruggì tutta la sua furia nel cielo, fissando con occhi feroci e crudeli il giovane ragazzo dinanzi a sé.

Dentro alla sua cappa di chakra, proprio all’interno della testa, stava Naruto, ansimante ma illeso.

“G-Grazie per avermi rifornito di chakra, Kurama!” disse il biondo attraverso il loro legame mentale. “Me la sarei vista brutta senza di te!”

Il Kyuubi continuò ad osservare il Nukenin a terra. ‘Non ringraziarmi, mi fai venire i brividi!’ sbottò con rabbia. ‘Piuttosto, adesso ci penserò io a sistemare quel patetico moccioso una buona volta, tu stai buono e recupera le energie! Senza il mio chakra saresti crollato da un pezzo! Non sei più in grado di combattere!’

Naruto strinse i pugni, urlando mentalmente con foga. “OHI! TI HO SOLTANTO RINGRAZIATO COME MI AVEVI CHIESTO TU STESSO! DOVRESTI DAVVERO COMINCIARE A CAMBIARE ATTEGGIAMENTO, SAI?”

‘Invece di blaterare,’ lo incalzò il Bijuu. ‘Vedi di osservare i suoi movimenti mentre io lo attacco!’

Ignaro dei discorsi mentali dei suoi avversari, Boruto continuava a fissare coi suoi occhi semiaperti la gigantesca Volpe dorata. Il suo Jougan scrutava con intensità l’enorme struttura di chakra che componeva il corpo della creatura, studiandone ogni centimetro del corpo con attenzione e uno sguardo freddo.

“La maledetta Volpe a Nove code…”

Una lunga serie di ricordi lo assalirono nel rivedere quella creatura dopo due anni. Le immagini, i suoni e le memorie del giorno in cui aveva combattuto contro il Settimo Hokage gli balenarono per un istante nella mente nel rivedere ancora una volta la mostruosa bestia dinanzi a sé. Una numerosa serie di ricordi lo investì con forza, ma il giovane si riscosse subito.

Questa volta le cose non sarebbero finite di nuovo come quel giorno. Questa volta il vincitore sarebbe stato lui. Questa volta sapeva come contrattaccare.

Boruto fece un passo avanti, incanalando del chakra nel suo sistema corporeo e facendolo divampare per tutto il suo corpo con forza.

Rakurai!” sussurrò. (Scia di Fulmini)

Rivestendosi immediatamente da una scia scattante di fulmini ed elettricità, il biondo si portò vicino alla voragine nel terreno, fermandosi proprio davanti al demone codato ed alzando la testa per fissarlo negli occhi.

“Coraggio, schifoso demone!” esclamò a pieni polmoni, il volto contorto in un ghigno ferale. “Fatti sotto! Mostrami tutta la tua potenza! Altrimenti preparati ad essere sconfitto!”

Il Kyuubi ruggì ferocemente di rabbia, alzando una zampa in alto e scagliandola nel punto dove si trovava il ragazzo con rapidità e forza. La terra si spaccò all’impatto, ma il colpo non era andato a segno.

Il Nukenin si era mosso più velocemente di un fulmine, scattando di lato e comparendo in un punto lontano dalla creatura di chakra, completamente illeso.

Ma il Bijuu non si arrese, e con un balzo in alto uscì fuori dalla voragine nel terreno, atterrando con un tonfo in mezzo al prato ed incominciando a correre verso la sua preda.

Poi, aprendo le fauci, accumulò una gigantesca quantità di energia nella bocca, cominciando a formare tra i denti una grossa sfera di chakra di colore rosso. “Prendi questo, patetico moccioso!”

Spalancando la bocca, il Kyuubi scagliò la sfera di chakra contro di lui con una rapidità inaudita. Boruto se ne accorse subito grazie al suo occhio, e non perse tempo ad agire.

Facendo concentrare la sua energia nelle gambe, il guerriero scattò subito verso sinistra evitando in tempo l’attacco del demone, il quale si schiantò nel terreno dove il giovane si trovava fino ad un paio di secondi prima, generando una grossa esplosione che si levò in alto nel cielo.

Ma non era finita.

La Volpe, senza perdere altro tempo, continuò a scagliargli contro un’altra serie di sfere di energia, con tutte le intenzioni di colpirlo in pieno.

Boruto non si arrese, continuando a correre in mezzo al campo in tutte le direzioni, scattando, saltando e deviando la traiettoria all’improvviso per evitare tutti gli attacchi e per allontanarsi dal Bijuu. Una serie di fragorose esplosioni riecheggiò nell’aria per decine e decine di secondi, illuminando tutto l’ambiente circostante con lampi di luce rossi.

Dalla cima della collina distante, tutti gli altri nove membri del gruppo osservavano con sconvolgimento la scena.

Dopo diversi tentativi a vuoto, la Volpe si fermò di botto, smettendo di accumulare altro chakra ed interrompendo l’inseguimento.

‘Tch! Quel dannato insetto è veloce!’ ringhiò rabbiosamente.

“Non abbassare la guardia, Kurama!” gli intimò Naruto. “Riesco a percepire che Boruto sta accumulando energia!”

In quello stesso momento infatti, il giovane guerriero si era materializzato improvvisamente di fianco al Kyuubi, le mani che si muovevano con una rapidità inaudita a comporre sigilli.

RAITON,” esclamò, portando le mani in avanti. “Hiraishin!” (Saette)

Immediatamente dopo, dai suoi palmi si generarono rispettivamente due enormi raffiche di saette elettriche, le quali si scagliarono con una velocità impressionante addosso al demone in meno di un secondo.

Il Kyuubi riuscì soltanto a voltarsi verso la direzione dell’attacco, ma non poté fare altro. La pioggia di saette lo investì in pieno nel fianco e sulle zampe anteriori, perforandogli completamente lo strato di chakra dorato e forandolo del tutto, creando dei grossi buchi all’interno del suo corpo.

Tuttavia, dopo alcuni secondi, i buchi si richiusero all’istante, come se l’attacco non fosse mai andato a segno.

La Volpe spalancò nuovamente le fauci, accumulando una grossa quantità di energia tra i denti e formando nella bocca una piccola sfera bluastra che cresceva di dimensioni di secondo in secondo.

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure. Riconobbe all’istante quella tecnica.

La Bijuudama. (Sfera dei Bijuu)

“Non te lo lascerò fare, schifosa Volpe!” sibilò a denti stretti.

Con uno scatto improvviso, il ragazzo si mosse verso la creatura con tutta la velocità che riuscì a generare. Il Bijuu non ebbe neanche il tempo di capire cosa volesse fare, che subito un colpo dalla potenza micidiale lo centrò sulla faccia, facendogli scattare di lato la testa con uno schiocco secco e dissolvendo l’attacco nelle sue fauci.

“GUUAH!” gemette la creatura, bloccando il corpo grazie alle zampe per evitare di crollare a terra.

Naruto sgranò gli occhi. “Cosa è successo?” esclamò.

Non solo lui, ma anche gli altri spettatori erano rimasti sconvolti da quella scena. Appena il guerriero si era mosso, loro avevano visto soltanto una saetta bluastra di fulmini che era scattata in avanti ad una velocità inaudita, giungendo dinanzi al Kyuubi in un secondo per poi compiere un balzo e colpire la Volpe sulla testa con un tonfo sordo.

Boruto atterrò a terra in un istante, un sorriso di trionfo stampato in faccia.

Il Kyuubi lo fissò con rabbia e odio, ringhiando tra i denti. ‘Quel maledetto insetto è più veloce di prima!’ disse con un tono frustrato e furioso. ‘Non sono riuscito neanche a vedere il suo movimento!’

Dall’interno del suo corpo, Naruto strinse i pugni. Che cosa potevano fare? Appena si era avvolto in quella scia di elettricità, Boruto aveva assunto una velocità disumana, impedendo a tutti loro di seguire i suoi movimenti. Come avrebbero potuto colpirlo se non riuscivano neanche a vedere come si muoveva?

Senza arrendersi neanche un istante, la Volpe s’issò su due zampe con tutto il corpo, aprendo le fauci e rivolgendole verso il cielo.

“PRENDI QUESTO, MOCCIOSO!” urlò, scagliando dalla bocca una scia di sfere rosse che schizzarono in alto e scomparvero nel cielo in un secondo.

Il Nukenin fissò col Jougan il cielo, gli occhi aggrottati dalla concentrazione.

Poi, dopo un secondo, le vide.

Una pioggia rapidissima di saette rosse stavano per piovergli addosso dall’alto con una rapidità disumana, e se lo avessero colpito le cose si sarebbero messe decisamente molto male per lui.

Stringendo i denti con forza, Boruto concentrò di nuovo quanto più chakra poteva nelle gambe, balzando di lato e ruotando con il corpo nell’aria, allontanandosi il più possibile dal raggio d’azione della tecnica.

Le saette sfrecciarono a terra come fulmini, generando una serie di esplosioni che investirono un’area di circa duecento metri.

Ma appena il guerriero si fu allontanato dal punto di prima, il Kyuubi gli si scagliò addosso con un ruggito portentoso, sferrando una zampa contro di lui da sinistra. Il ragazzo balzò immediatamente di lato, evitando il colpo appena in tempo, ma fu costretto a fare una capriola a destra per schivare una seconda zampata che lo avrebbe schiacciato al suolo.

La Volpe ruggì dalla rabbia, aprendo le fauci e tentando di azzannarlo coi denti, ma Boruto fu più veloce. Ancora avvolto dalla scia di fulmini, il biondo scattò sopra il suo naso in un secondo, caricando un braccio all’indietro e lanciando un grido di lotta.

“KYAH!”

Il pugno centrò il Bijuu sul muso con una forza inaudita, facendogli schiacciare la testa a terra con una potenza inaspettata. Il Kyuubi crollò di pancia a terra, incapace di reagire per qualche secondo.

Tuttavia era ancora illeso e carico di energie, e l’attacco lo aveva soltanto preso di sorpresa. Infatti, neanche un secondo dopo, la possente belva si rimise su quattro zampe, ringhiando ferocemente.

Boruto la fissò con un sorriso crudele. “Come pensavo,” pensò tra sé con trepidazione. “Il Kyuubi non cederà facilmente. Dovrò usare la potenza del Marchio a questo punto.”

Dissolvendo improvvisamente la scia di elettricità, il guerriero si sfilò con un movimento rapido il guanto sulla mano destra, rivelando una serie di Sigilli blu su tutto il dorso e il palmo della mano.

Poi, concentrando la mente sul palmo dello stesso arto, i Marchi sul dorso della sua mano s’illuminarono improvvisamente, cominciando a risalirgli tutto il braccio fino a raggiungere prima la spalla e poi la faccia.

Naruto sgranò gli occhi appena vide quello che successe dopo. Sasuke e tutti gli altri trattennero il fiato. Hagoromo aggrottò le sopracciglia. Sarada strinse i pugni con forza.

Una scia bluastra gli raggiunse il volto e si fermò sopra la sua guancia, mentre una seconda scia gli arrivò sull’occhio destro, circondandolo completamente e donandogli un aspetto inquietante e malvagio. Un sorriso dentato comparve sul volto del Nukenin appena il Marchio di Ishvara fu attivo.

“Ora si fa sul serio!” disse Boruto con un tono crudele.
 

Eren era completamente scioccato. “Cosa diavolo è quella cosa che ha sul braccio?” esclamò, incredulo.

“N-Non ho mai visto una cosa simile!” disse Kushina, incapace di comprendere a pieno quello che stava vedendo.

Sakura esaminò da lontano quegli strani simboli sul corpo del ragazzo. “Quei Marchi sono simili al Sigillo della Rinascita di Tsunade-sama!” disse con un tono colmo di sorpresa. “Ma non può essere lo stesso Sigillo! I simboli sono completamente diversi!”

Fu Sarada a prendere la parola dopo di lei. “Quello che Boruto ha appena attivato è la sua arma vincente,” disse con un tono serio e teso, facendo voltare tutti verso di lei. “Quel Sigillo che ha sulla mano destra è l’arma più potente che possiede. Non so esattamente cosa sia, ma credo si tratti di un Sigillo Maledetto che gli aumenta notevolmente la velocità e la forza. Il nome di quella tecnica, tuttavia, è ancora sconosciuto.”

Minato aggrottò le sopracciglia. “Un Sigillo sconosciuto?” rifletté nella mente.

Questa cosa era l’ennesima sorpresa che Boruto stava mostrando loro. Faceva fatica a credere a quello che i suoi occhi gli mostravano. Quanti diavoli di misteri e segreti possedeva ancora quel ragazzino? Non era normale possedere delle abilità simili a quell’età!

Hagoromo osservò il Sigillo col suo Rinnegan. “Il Marchio di Ishvara…”
 

Naruto stava avendo dei pensieri simili a quelli di suo padre nello stesso momento. “Cosa diavolo è quello, Kurama?”

Il Bijuu ringhiò con forza. ‘Quel dannato cucciolo d’uomo non finisce mai di sorprenderci!’ sbottò con ferocia. ‘Ha tenuto nascosto un Sigillo Maledetto per tutto questo tempo! Quanti altri assi nella manica ha ancora a sua disposizione?’

Boruto, da parte sua, rimase fermo con un ghigno stampato in faccia, osservando con uno sguardo di pura malvagità la gigantesca volpe davanti a sé. Sentiva l’energia del Marchio scorrere dentro di lui con forza e costanza, ed era più che mai pronto ad agire.

Il suo chakra divampò come fuoco liquido, pompando energia in tutto il suo sistema.

Con uno scatto in avanti, il biondo si portò vicino al Kyuubi, le mani che formulavano diversi sigilli. La Volpe a Nove code ruggì, sferrando una zampata verso quel piccolo moscerino dinanzi a sé, ma Boruto la evitò del tutto, compiendo un gigantesco balzo in alto e superando completamente il corpo del demone.

Appena atterrò alle spalle del Bijuu, il ragazzo si mosse ed afferrò con le braccia una delle sua code, accumulando quanto più chakra del Marchio poteva nelle braccia e sulle gambe.

“Ti ho preso!” esclamò con foga.

Naruto e il Kyuubi si voltarono di scatto, sgranando gli occhi.

Quello che accadde dopo lasciò completamente di sasso tutti coloro che stavano assistendo allo scontro.

“RAAAAAAAAAHH!”

Infatti, con un urlo rabbioso e lacerante, il Nukenin cominciò a tirare all’indietro con tutta la forza che aveva in corpo la grossa coda di chakra, facendo letteralmente sollevare in aria tutto il corpo della Volpe e scaraventandola a terra di schiena con un tonfo fragoroso.

“UUOOAAGH!” urlò dalla sorpresa il demone, crollando impotente a terra.

Ma Boruto non aveva certo finito in quel modo, e con un rapido balzo si portò in alto sopra il corpo della Volpe, discendendo a testa in giù verso lo stomaco della creatura.

“Non pensarci nemmeno, moscerino!” ringhiò fragorosamente l’essere di chakra, alzando di scatto le zampe anteriori e preparandosi a schiacciare tra esse il corpo del biondo.

Tuttavia, prima di poter essere colpito, senza neanche formulare sigilli Boruto evocò un clone al suo fianco, il quale lo afferrò da un braccio e lo scagliò di nuovo in alto, evitando le zampate frenetiche del Kyuubi sotto di sé.

Una sfera di chakra cominciò a formarsi nella sua mano destra.

Naruto sgranò gli occhi. “ATTENTO, KURAMA!” gridò.

FUUTON: Rasenshuriken!” esclamò il ragazzo del futuro, scagliando l’attacco rotante addosso alla Volpe.

Il demone non poté fare nulla.

Lo shuriken di chakra investì il Kyuubi sul petto dopo un secondo, generando un’esplosione gigantesca che danneggiò persino Naruto, immerso sempre nel corpo etereo della creatura. La grossa esplosione durò una decina di secondi, prima di dissolversi nel nulla.

Boruto atterrò affianco al gigantesco corpo dorato steso a terra, preparandosi per la sua prossima mossa.

“Per quanto io possa infliggergli danni,” pensò il ragazzo seriamente. “Il Kyuubi non cederà mai di questo passo! La sua quantità di chakra è mostruosa! L’unica alternativa che ho è strappare Naruto dal suo corpo e farla finita una volta per tutte!”

La Volpe si rimise lentamente in piedi, fissando con i denti snudati il piccolo umano che lo fissava a sua volta con uno sguardo freddo.

“Maledetta formica!” ringhiò ferocemente, raddrizzandosi completamente. “Non crederai di potermi davvero sconfiggere? Rispetto a me sei soltanto un patetico insetto!”

Boruto ghignò feralmente. “Perché non me lo dimostri, schifosa bestia!” ribatté con odio e disgusto.

Per tutta risposta, il Kyuubi si scagliò contro di lui all’improvviso, tentando di farlo a pezzi con le zampe. Il biondo col mantello esultò mentalmente.

Era caduto in trappola.

Kongo Fusa!” urlò. (Catene d’Amianto)

Appena pronunciò quella frase, dal terreno comparvero improvvisamente quattro lunghe catene di chakra nere, molto simili a quelle usate da Kushina durante lo scontro nella Fortezza di Alkatraz, le quali andarono ad avvolgersi con forza attorno a tutte le zampe della Volpe, immobilizzandola all’istante ed impedendole di avanzare verso il ragazzo del futuro.

Kurama sgranò gli occhi. “Q-Queste sono-”

“Le Catene che ha usato mia mamma!” finì per lui Naruto, sconvolto come non mai. “Come fa Boruto a conoscere questa tecnica?”

Ma, prima che il jinchuuriki potesse dire una qualsiasi altra cosa, Boruto aprì un palmo della mano e lo portò davanti a sé, e dopo un secondo da esso si stagliò una quinta catena di chakra che andò ad avvolgersi con una stretta micidiale attorno all’addome di Naruto senza che lui potesse reagire.

“NGH!” gemette il biondo, sconvolto dalla rapidità dell’attacco. “Che cosa vuole fare?”

Poi, senza alcun preavviso, la catena cominciò a tirarlo verso di sé.

Boruto ghignò.

Il Kyuubi sgranò gli occhi. ‘Vuole strapparti fuori dal mio corpo!’ realizzò con sgomento. ‘Non lasciarti sopraffare dalla presa, Naruto!’
 

Gli altri guardavano la scena con gli occhi sgranati.

“Sa usare le mie Catene!” esclamò Kushina a bocca aperta. “Boruto sa usare le mie Catene d’Amianto!”

Sasuke strinse i pugni. “Com’è possibile?” domandò, scioccato. “Che razza di tecnica è quella?”

“È una tecnica proibita del clan Uzumaki,” rispose lentamente il Quarto Hokage. “Credevo che la conoscenza di quelle tecniche fosse andata perduta, ma a quanto sembra nel futuro Boruto deve esserne entrato in contatto!”

Hinata si rivolse verso Sarada. “S-Sai come ha fatto ad ottenere quel jutsu?” le chiese, gli occhi colmi di stupore.

La giovane Uchiha scosse la testa. “Non so come abbia imparato le sue tecniche,” spiegò senza distogliere lo sguardo dallo scontro. “Ma credo che sia stato qualcuno ad insegnargliele. Nessuno nel Villaggio sa chi sia stato, però.”
 

Naruto tentava di resistere con tutte le sue forze alle Catene che lo stavano tirando sempre con più forza fuori dal corpo di Kurama, ma le sue forze erano scarse dopo lo scontro di prima, e la potenza della stretta era incredibilmente resistente. Inoltre, come se questo non bastasse, quella catena gli stava assorbendo completamente tutto il chakra che aveva nel corpo, rendendolo sempre più debole di secondo in secondo.

“N-Non ce la faccio!” gemette, stringendo i denti. “A-AIUTO K-KURAMA!”

Boruto fissò con uno sguardo freddo e gelido il Kyuubi, evocando un clone alla sua sinistra mentre l’originale continuava a tirare le Catene con le mani.

La copia del ninja traditore portò una mano in avanti ed accumulò sempre più chakra dentro di essa, fino a creare sul suo palmo un secondo Rasengan elettrico di piccole dimensioni.

“Facciamola finita, Kyuubi!” esclamò, aumentando mano a mano le proporzioni della tecnica nel suo palmo e facendo un passo avanti.

La Volpe lo fissò con uno sguardo talmente ricolmo di rabbia che avrebbe potuto distruggere intere montagne dalla furia contenuta nei suoi occhi.

“Maledetto!” urlò, tentando disperatamente di liberarsi dalle catene. “Che tu sia maledetto, Boruto Uzumaki!”

Naruto strinse i denti e serrò gli occhi, tentando invano di tirare con le braccia le Catene che lo avvolgevano nel futile tentativo di resistere agli strattonamenti continui.

“N-Non resisto più!”

Poi, senza dare loro un attimo di tregua, il clone di Boruto scattò in avanti. Il suo attacco era diventato enorme. La sua mano scagliata in avanti verso il Kyuubi, pronta a colpire.

“MALEDETTO!” ruggì Kurama.

“GYAAAHH!” gridò Naruto.

Boruto urlò un grido rabbioso.

“YYAAAH!”

L’attacco centrò il Kyuubi in pieno petto con una potenza micidiale. Grazie al chakra del Marchio inoltre, la sua forza era decisamente superiore a quella del Rasengan precedente, e nonostante la sua immensa mole fisica la Volpe non poté resistere alla devastazione dell’attacco.

Con un tonfo assordante, il Bijuu venne travolto in pieno dalla gigantesca sfera rotante di energia elettrica, ma non poté evitarla perché le Catene sulle sue zampe continuavano a tenerlo immobilizzato, schiacciandogli addosso con forza il Rasengan gigante senza che lui potesse in qualche modo resistere.

Boruto aumentò la pressione dell’attacco con un urlo.

“SPARISCIII!” gridò rabbiosamente.

Poi, le Catene si spezzarono.

“RAAAAAWWRR!”

L’intera figura della Volpe venne scagliata all’indietro con forza insieme al gigantesco Rasengan, mentre Naruto venne strattonato fuori dal corpo del demone senza poter neppure opporre resistenza grazie alla Catena.

Dopo aver compiuto duecento metri, l’attacco elettrico esplose fragorosamente.

Naruto venne scagliato in avanti e crollò a terra con un tonfo, il chakra della Volpe ormai scomparso del tutto dal suo corpo. Appena il ragazzo toccò terra, il suo corpo non si mosse.

Boruto dissolse subito le catene attorno al suo petto, avvicinandosi al ragazzo steso a terra con passo lento e deciso.

Appena gli giunse davanti, si chinò ad esaminarlo.

Naruto era svenuto per lo sforzo. Ferito, ma non in gravi condizioni.

Allo stesso tempo, a circa duecento metri davanti a loro, nel punto dove era scoppiata l’esplosione, l’intera figura del Kyuubi era svanita nel nulla.

Boruto richiuse l’occhio destro e disattivò il Marchio con un sorriso. Il silenzio prese a regnare nella distesa verde.

“Ho vinto!”



 

Note dell'autore!!!

OK, OK CALMI! SO COSA STATE PENSANDO!
ANCHE IO VOLEVO CHE NARUTO RIUSCISSE A SCONFIGGERE QUEL FASTIDIOSO NUKENIN E DARGLI UNA LEZIONE PER UNA BUONA VOLTA! LO GIURO!


Ma ricordatevi che, come ho detto e ribadito molte volte sin dall'inizio della storia, Boruto è un vero MOSTRO. Il suo potere è enorme rispetto a quello degli altri membri del gruppo. La sua vittoria era scontata, da un certo punto di vista. Ma secondo me è meglio chiarire le cose:

Naruto è indubbiamente potente e forte assieme a Kurama, ma è anche impulsivo ed ingenuo, e a volte agisce senza pensare due volte alle sue azioni, e questo è un grave difetto in battaglia. Inoltre il suo legame con la Volpe in questa storia non è ancora competo come nell'anime, poichè loro due non si fidano ancora l'uno dell'altro. Boruto al contrario è freddo, calmo e calcolatore. La sua vera potenza sono l'intelligenza e l'astuzia. Se unite insieme queste due cose all'enorme potere che ha misteriosamente accumulato, il risultato è quello che avete letto nel capitolo. Ovviamente però non posso dire il perchè è diventato così forte.

TUTTAVIA NON LASCIATEVI INGANNARE!
Le cose potrebbero finire molto diversamente da quel che state pensando dal prossimo capitolo. Naruto ha veramente perso oggi? Boruto è davvero il vincitore?
Non è ancora finita! Dal prossimo capitolo 'La Verità 1' avremo un bel colpo di scena che potrebbe cambiare del tutto le carte in tavola, promesso. La battaglia non è ancora finita!

Il prossimo capitolo uscirà giovedì 16 novembre!

Ringrazio tutti coloro che mi faranno sapere ciò che ne pensano e anche coloro che continueranno a leggere! A presto! ;)
 

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Capitolo 43
*** La Verità 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 
La Verità 1

Boruto era seduto sulla cima del muro che circondava la città, osservando dall’alto il panorama e l’orizzonte. Il sole picchiava forte nel cielo, indicando la prossimità del pomeriggio.

Tre ore erano passate da quando era terminato il suo scontro con Naruto. Tre ore erano passate da quando erano ritornati nella città per permettere al jinchuuriki svenuto di riprendersi con calma. Tre ore erano passate dal suo momento di gloria dinanzi a tutti.

Boruto chiuse l’occhio sinistro, sospirando lentamente.

Ce l’aveva fatta. Aveva finalmente sconfitto Naruto Uzumaki, il leggendario salvatore del mondo degli Shinobi. Aveva sopraffatto il potere del Kyuubi, sconfiggendo quel dannato demone nonostante la sua potenza. Aveva provato a se stesso di essere diventato più forte. Aveva raggiunto un obiettivo.

Eppure non era per nulla soddisfatto.

Nonostante avesse vinto con una netta superiorità quello scontro, non gli sembrava per niente di aver ottenuto una vittoria. Non si sentiva affatto soddisfatto da quello che aveva ottenuto. Un sapore amaro gli era rimasto impastato nella bocca sin da quando aveva sconfitto il suo futuro genitore. E questa cosa gli dava sui nervi.

Non riusciva a capire. Dimostrare che era il più forte era quello che aveva sempre desiderato. Riuscire a superare Naruto era il suo obiettivo. Ma allora perché si sentiva in quel modo? Perché, adesso che aveva raggiunto un traguardo a cui ambiva da una vita, si sentiva così indifferente?

L’intuizione lo colpì all’improvviso come una saetta.

Perché non era abbastanza.

Non era abbastanza. Il suo potere non era abbastanza. Non era neanche lontanamente sufficiente. Era comunque troppo debole. Al suo attuale stato non avrebbe avuto comunque nessuna speranza contro il Settimo Hokage. Non sarebbe ancora riuscito a sconfiggere suo padre.

Se c’era una sola cosa che Boruto ammirava di quell’uomo, essa era il suo potere. L’unica cosa che rispettava di Naruto era la sua forza. L’unica cosa in cui voleva superare suo padre era la potenza.

Il biondo sospirò. No, realizzò, oggi non aveva vinto.

Quello che aveva sconfitto oggi non era suo padre. Quello che aveva sconfitto oggi era solo un misero ragazzino. Un ragazzino con un’enorme quantità di chakra dentro al suo corpo. Un ragazzino che aveva sconfitto soltanto perché non era ancora abituato ad usare il potere della Volpe in quel modo.

Tuttavia dovette ammettere che fu gratificante osservare le facce di Sasuke, Minato e di tutti gli altri mentre lo avevano guardato come se fosse stato una specie di mostro dopo la battaglia. Oggi, per la prima volta, tutto il gruppo si era reso conto della sua superiorità rispetto a loro.

In passato lo avevano sempre sottovalutato e guardato con sospetto, ed anche dopo lo scontro avvenuto qui nella città contro Sasuke gli altri avevano ancora creduto che ci fosse un modo per loro di sconfiggerlo. Avevano nutrito la speranza che qualcuno di loro avesse la possibilità di superarlo.

E quella loro unica possibilità era Naruto.

Distruggere le loro patetiche speranze era stata l’unica consolazione della giornata di oggi. Da quel momento, tutti avevano cominciato a guardarlo con occhi diversi. Da oggi, tutti loro avevano cominciato ad avere davvero paura di lui.

E la cosa era normale. Dopotutto, quale ninja poteva vantare di aver sconfitto la Volpe a Nove code da solo?

Nessuno sin dai tempi di Madara Uchiha.

Persino il Quarto Hokage, il Quarto Hokage, era morto per causa del Kyuubi. E oggi, proprio davanti ai suoi occhi, Boruto l’aveva sconfitto con relativa facilità. Aveva compiuto ciò che lui non era riuscito a fare quando era ancora in vita. A soli diciassette anni.

Per questo avevano paura di lui.

E, per quanto fosse malsano e folle, a Boruto non dispiaceva essere temuto dagli altri. In fondo, ormai c’era abituato. Sin da quando era diventato un Nukenin, il mondo intero lo aveva visto soltanto come un criminale. Da quando aveva rinnegato gli ideali degli Shinobi, il mondo lo aveva temuto e gli aveva dato la caccia come un mostro, e lui era ormai abituato agli sguardi colmi di timore e spavento che la gente gli rivolgeva da quel giorno.

Certo, non tutti la pensavano così. La fazione Ribelle non lo vedeva certo come un criminale. Anche questa era una consolazione. Le Nazioni contrarie all’Unione lo vedevano come un eroe, come un paladino della giustizia. I Ribelli vedevano lui e la sua Organizzazione come dei salvatori. Lui ed i suoi amici erano la speranza in cui migliaia di persone continuavano a credere ancora oggi. Erano la speranza di tutte le persone che l’Unione non aveva protetto, di tutti coloro che erano stati sfruttati dal potere degli Shinobi senza potersi mai ribellare.

E questa cosa era degna di tutto il timore e lo spavento che il mondo aveva di lui.

Tuttavia, nonostante questo, a volte Boruto non poteva fare a meno di domandarsi cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente. Cosa sarebbe diventato lui oggi se avesse deciso di perdonare la sua vecchia famiglia, dieci anni fa? Sarebbe diventato lo stesso una persona di cui essere fieri? Sarebbe diventato lo stesso un valoroso difensore della giustizia?

Neanche lui sapeva la risposta a tutto questo.

Tuttavia sapeva di non aver commesso la scelta sbagliata. Perché, nel corso della sua vita, aveva sempre avuto delle persone al suo fianco che lo avevano sorretto e sostenuto nonostante avesse rinnegato la sua famiglia. Aveva incontrato tanta gente che lo ammirava, che lo stimava, che credeva in lui.

Aveva trovato una famiglia che era fiera di lui.

E la consapevolezza di ciò era quello che gli permetteva di sopportare tutto il dolore e l’odio che il mondo degli Shinobi gli rigurgitava sempre addosso.

Boruto sorrise.

Sì, era contento della vita che aveva vissuto fino ad ora. Non avrebbe mai voluto cambiare. Anche se era un criminale, anche se era un Nukenin, anche se il mondo lo odiava, lui era felice.

Ed era felice perché aveva sempre agito secondo i suoi ideali, restando fedele a se stesso. Era felice perché non era mai rimasto da solo. Perché aveva incontrato persone che avevano deciso di seguirlo nonostante il suo passato e le sue scelte.

“Vedo che stai esplorando sempre più a fondo ciò che c’è nel tuo animo.” fece improvvisamente una voce alle sue spalle.

Boruto non si voltò neanche, ma riaprì l’occhio sinistro all’udire quelle parole. “Riesci per caso a leggere la mente?” domandò con un tono irritato.

L’Eremita ridacchiò, fermandosi affianco a lui. “Certo che no,” rispose divertito. “Ma non è difficile immaginare a cosa tu stia pensando qua sopra tutto solo.”

Il biondo non proferì parola, ignorandolo e limitandosi a fissare il panorama che aveva iniziato ad apprezzare in quei giorni. Nessuno dei due parlò per diversi minuti, restando in un’atmosfera di piacevole silenzio tra loro. Era quasi come se il silenzio fosse più espressivo delle parole tra quei due. L’Eremita e Boruto, dopotutto, erano molto simili tra loro. Entrambi avevano avuto una vita combattuta e ardua, entrambi erano incredibilmente potenti, e tutti e due non avevano avuto dei buoni rapporti coi genitori.

Boruto aveva avuto Naruto, ma di certo neanche Kaguya doveva essere stata una madre eccezionale.

“Ho saputo della tua profezia,” disse dopo alcuni minuti Hagoromo, il suo tono basso e sincero. “Mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo. Non ne sapevo nulla quando ti chiesi di accettare la missione.”

Boruto continuò a fissare l’orizzonte. “Te lo ha detto Mikasa?”

“In realtà me lo ha rivelato per sbaglio Sora,” spiegò l’Eremita con un sorriso. “Era talmente preoccupato che gli è scappato di bocca.”

Boruto scosse leggermente la testa, ma un sorriso d’affetto era presente sul suo volto. Avrebbe dovuto aspettarselo. Sora aveva un cuore d’oro ed era molto forte, ma non era capace di ragionare per bene quando era preoccupato. La sua reazione era più che prevedibile.

L’Otsutsuki lo fissò attentamente. “Cosa vuoi fare, giovane Boruto?” gli chiese seriamente.

Il biondo lo guardò di sbieco senza voltarsi. “Te l’ho già detto, no?” ribatté con un tono privo di emozione. “Non mi tirerò indietro a questo punto. Ucciderò quel drago ad ogni costo, anche se dovessi rischiare la vita.”

“Non voglio mentirti in questa circostanza,” riprese a dire lentamente l’Eremita. “Sei sicuro della tua scelta? Potresti veramente morire affrontando Vrangr. Le profezie del mio clan non mentono mai, e non ti giudicherò se tu vorrai abbandonare la missione adesso, date le circostanze.”

Boruto sorrise amaramente. “Non credo sia possibile.” rispose con un tono serio. “Hai visto anche tu lo scontro di oggi. Se Naruto e gli altri non sono riusciti neanche a sconfiggere me, nessuno di loro ha una possibilità concreta di sopravvivere contro il drago. Inoltre, Naruto non è ancora in grado di controllare a pieno il potere del Kyuubi. Che speranze avrebbero se dovessi lasciarli?”

Hagoromo lo fissò nell’occhio, mentre un sorriso cominciò a nascere sul suo volto. “Lo stai facendo per loro?” domandò, conoscendo già la risposta. “Non vuoi permettere che possa succedergli qualcosa di spiacevole?”

“Ti rendi conto che se dovessero morire io non nascerò mai, vero?” ribatté sarcasticamente il ragazzo. “Non è una questione di sentimenti.”

L’Eremita scosse la testa, il suo sorriso ancora più largo. “Lo sapevo che in fondo vuoi ancora bene a quei due.”

Lo sguardo del guerriero si fece freddo. “Non mettermi in bocca parole che non sono mie!” sibilò a denti stretti. “Ti ho appena detto che i sentimenti non c’entrano nulla! Resterò perché sono l’unico che può sconfiggere realmente il drago! Se lo sto facendo per qualcuno, lo faccio per la mia vera famiglia!”

L’anziano non rispose, limitandosi a continuare a sorridere. Il silenzio riprese a regnare per qualche altro minuto. Un gelido soffio di vento accarezzò i loro capelli, facendogli venire un leggero brivido sulla schiena.

“E cosa vuoi fare adesso?” riprese a domandargli l’Eremita. “Il giovane Naruto si è svegliato ormai. Adesso che lo hai sconfitto, continuerai a non rivelare nulla sul tuo conto?”

Per alcuni minuti, Boruto non rispose, continuando a fissare l’orizzonte con uno sguardo indecifrabile. Quella era davvero una bella domanda. Cosa avrebbe dovuto fare adesso?

Fino qualche ora fa era rimasto sempre dell’idea che nessuno avrebbe mai dovuto scoprire nulla sul suo passato. Aveva sempre pensato che per proteggere il suo futuro, avrebbe dovuto mantenere segreto il suo passato.

Fino a qualche ora fa, Boruto non avrebbe esitato ad ignorare l’incessante curiosità di Naruto nei suoi confronti. Quel biondo gli stava decisamente antipatico, senza contare neanche a cosa avrebbe portato il loro rapporto futuro. Ogni volta che lo osservava, Boruto non riusciva ad evitare di ricordare tutto ciò che quell’uomo, quell’uomo che un tempo aveva chiamato padre, gli aveva fatto. Era più forte di lui. Non riusciva ad evitarlo.

Fino a qualche ora fa, Boruto avrebbe desiderato levarselo dai piedi una volta per tutte. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non vederlo più.

Ma adesso, qualcosa era cambiato.

Il giovane guerriero non sapeva dire che cosa fosse successo esattamente, ma ne era certo. Qualcosa lo aveva davvero cambiato rispetto a quella mattina. Qualcosa era cambiato in lui dopo aver lottato contro quel ragazzo. Un sentimento strano e sconosciuto gli era sorto nel cuore dopo essersi scontrato contro il suo futuro padre.

Perché aveva visto qualcosa.

Ne era scuro. Lo aveva visto. Durante lo scontro con Naruto, aveva visto qualcosa negli occhi di quel ragazzo. Aveva percepito qualcosa provenire dal suo sguardo. Aveva intravisto qualcosa riflesso in quegli occhi, qualcosa che lo aveva inconsciamente cambiato senza che se ne fosse reso conto.

Aveva intravisto la sua stessa determinazione.

Naruto aveva dimostrato di essere tenace in un modo che lui stesso non si sarebbe mai aspettato. La decisione, la fermezza e la determinazione che aveva visto in quegli occhi erano talmente grandi che ne era rimasto completamente scioccato. Come mai?

Perché anche lui aveva la sua stessa determinazione.

Boruto era più che mai deciso a ritornare dalla sua famiglia. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ricongiungersi con le persone che amava. Non c’era nulla al mondo che gli avrebbe impedito di ritornare a casa. Neanche una maledetta profezia o uno stupido drago.

Boruto non si sarebbe mai arreso. Non avrebbe mai mollato. Non avrebbe ceduto di fronte a nulla.

E lo stesso si poteva dire di Naruto.

Il jinchuuriki era più che mai determinato a scoprire la verità che si celava sul suo passato. Era talmente deciso che aveva persino accettato di dimenticare tutto ciò che aveva scoperto su di lui fino a quel momento. Aveva preso una decisione da cui non si sarebbe arreso mai.

Boruto lo aveva visto nei suoi occhi. Naruto non avrebbe ceduto dinanzi a nulla. Anche se adesso lo aveva sconfitto, Boruto non sarebbe mai stato capace di fargli smettere di tentare di scoprire il suo passato. Quel tipo era troppo determinato, troppo ostinato.

Naruto Uzumaki condivideva la sua stessa determinazione.

Entrambi non avrebbero mai ceduto dinanzi a nulla pur di raggiungere ciò che avevano a cuore. Entrambi erano decisi a superare ogni ostacolo pur di ottenere ciò che ambivano.

E, appena aveva realizzato ciò, Boruto era rimasto perplesso.

Per la prima volta dopo anni, il ragazzo non sapeva cosa fare. Non sapeva come agire. Non sarebbe mai stato in grado di fermare Naruto se era così determinato. Lo sapeva bene. Lo sapeva perché lui stesso aveva la sua identica determinazione. Non sarebbe servito a nulla continuare ad evitarlo. Naruto non si sarebbe arreso in nessun caso.

Ma allora cosa doveva fare?

Fu in un solo istante che ottenne la risposta che cercava. Gli bastò un attimo per capire cosa doveva fare in quella situazione. La risposta che gli serviva era sempre stata nei recessi della sua mente. Era sempre stata dentro di lui, senza mai essere ascoltata.

Boruto sospirò. Era l’unica cosa giusta da fare. L’unica opzione che gli restava pur di levarsi di mezzo una volta per tutte quel peso costante che gli opprimeva il cuore sin da quando era giunto ad Eldia. Anche se non gli sarebbe piaciuto, non poteva tirarsi indietro. E lui non si era mai tirato in dietro dinanzi agli ostacoli.

Un sorriso rassegnato gli comparve sulle labbra. Aveva preso la sua decisione.

E così, dopo alcuni interminabili minuti di silenzio, si voltò verso l’Eremita.

“Giurerai di rimuovere dalla loro mente qualsiasi cosa potrei dire loro?” domandò con un tono freddo.

Hagoromo annuì. “Hai la mia parola.” dichiarò con fermezza.

Boruto lo fissò per alcuni istanti col suo occhio freddo e calcolatore, studiando con calma quel suo Rinnegan per discernere qualsiasi esitazione o falsità. Poi abbassò lo sguardo e, con un grosso sospiro, si rimise lentamente in piedi.

“Allora non perdiamo altro tempo,” riprese a dire lentamente. “Andiamo.”

Cominciò a camminare verso il vertice del muro, pronto a saltare giù nella città, ma l’Eremita lo richiamò subito.

“Aspetta, giovane Boruto.” gli disse.

Boruto si fermò all’udire il suo richiamo, senza però voltarsi a guardarlo.

“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” chiese con un tono pacato e curioso l’anziano. “Perché all’improvviso hai preso questa decisione?”

Boruto rimase fermo dandogli le spalle, accarezzato da una leggera brezza che gli mosse il mantello. Quella era una risposta che non sapeva neanche lui. Non sapeva dire esattamente cosa fosse successo, ma qualcosa era cambiato dentro di lui. E, forse, era solo la consapevolezza di questo che gli aveva fatto trovare la sua risposta.

Lontano dalla vista dell’Eremita, il biondo sorrise debolmente.

“Perché mi ha colpito una volta.” disse semplicemente.

Poi, senza aggiungere altro, il suo corpo svanì con uno Shunshin no jutsu, (Tecnica del Movimento Corporeo Istantaneo) lasciando da solo sul muro il vecchio Hagoromo.

L’Eremita sorrise di nuovo.

“Lo sapevo che in fondo gli vuoi bene…”
 

Distretto di Shiganshina

Naruto era correntemente seduto su alcune travi di legno sopra cui si era svegliato qualche minuto fa dopo lo scontro, dentro una stanza in cui non era mai stato prima. Attorno a lui, tutti i membri del gruppo meno che l’Eremita e Boruto si erano messi a controllare le sue condizioni, tempestandolo di domande su come si sentisse.

Ma il biondo non disse una sola parola.

La sua mente era pesante, il suo sguardo fisso a terra, la sua espressione priva di emozione. Un solo pensiero gli continuava a ronzare in testa.

Aveva perso.

Un grande senso di dolore e frustrazione lo aveva inondato appena realizzò quella cosa. Un sentimento di sconforto gli accarezzò la mente appena registrò completamente quel pensiero.

Era stato sconfitto. Boruto lo aveva sconfitto. Aveva perso miserabilmente. Non era riuscito a fare nulla. Non c’era stato un solo momento durante tutto lo scontro in cui aveva avuto la possibilità di vincere. Il ragazzo del futuro aveva sempre e comunque avuto la meglio, era sempre riuscito a sventare ogni singola strategia che aveva usato contro di lui.

Era persino riuscito a sconfiggere da solo Kurama.

La Volpe era rimasta in silenzio senza proferire parola, la sua mente distaccata e chiusa completamente, ma Naruto riusciva a sentire attraverso il loro legame mentale che il Bijuu era infuriato per essere stato sconfitto in quel modo. La sconfitta per lui doveva essere ancora più bruciante. Dopotutto, non capita spesso ad un demone codato di essere sopraffatto da un essere umano.

Sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla. Kushina lo guardò con un sorriso pieno di comprensione.

“Come ti senti, tesoro?” gli chiese dolcemente.

Naruto abbassò lo sguardo senza dire nulla. Non sapeva bene come rispondere. Come si sentiva davvero? Era troppo complicato spiegarlo a parole. Una miriade di emozioni danzavano dentro di lui.

Depressione, rabbia, sconforto, delusione e rammarico.

Aveva giurato a se stesso che avrebbe vinto. Aveva pensato che in qualche modo sarebbe riuscito ad avere la meglio se si fosse impegnato al massimo insieme a Kurama. Aveva detto che ne sarebbe uscito vincitore ad ogni costo, costringendo così Boruto a rivelargli la verità sul suo passato. Ma era stato tutto inutile.

Boruto si era rivelato ancora più forte di quanto si fosse aspettato, e lo aveva sconfitto con facilità.

E adesso, nel vedere gli sguardi che i suoi genitori e tutti gli altri gli stavano rivolgendo, la cruda realtà lo colpì in testa come un mattone.

Li aveva delusi. Aveva deluso tutti loro. Non era riuscito a restare all’altezza delle sue parole. Non era riuscito a mantenere la sua promessa a se stesso.

Una lacrima gli scese lungo la guancia.

“Mi dispiace.” disse sommessamente.

Kushina e gli altri si allarmarono immediatamente nel vederlo piangere.

Minato si avvicinò subito a lui. “Naruto, cosa stai-”

“Mi dispiace!” continuò il biondo, la testa bassa e la voce piena di dolore. “S-Sono stato patetico! Non sono riuscito a fare nulla! Non ce l’ho fatta! Non sono riuscito a mantenere la mia promessa! V-Vi ho deluso!”

Era stato uno sciocco. Aveva creduto di poter raggiungere l’impossibile. Era stato accecato dall’arroganza e dalla sua confidenza, e questo lo aveva portato soltanto ad una patetica sconfitta. Non era degno di-

Una mano gli toccò improvvisamente il mento, sollevandogli la testa. Naruto sgranò gli occhi pieni di lacrime.

“Non ci hai deluso.” disse Minato con un sorriso. “Neanche per un istante noi siamo rimasti delusi da te!”

Naruto rimase in silenzio, la bocca aperta e lo sguardo pieno di confusione.

“È vero,” continuò a dire l’Hokage. “Oggi hai perso contro Boruto, ma questo non significa nulla. Solo perché hai fallito una volta, non significa che sei stato sconfitto. Solo perché sei caduto oggi, domani potrai sempre rialzarti. Hai ancora la possibilità di ritentare. Non è ancora finita, Naruto!”

Il ragazzo rimase a bocca aperta, gli occhi sgranati che si muovevano in tutte le direzioni verso gli sguardi degli altri. Tutti lo stavano guardando con dei sorrisi. I loro sguardi non erano accusatori, non erano pieni di delusione e disappunto come si era immaginato prima.

Erano pieni di comprensione.

Tutti loro lo stavano guardando con gli occhi che emanavano una confidenza che non si sarebbe mai aspettato. Eren, Mikoto, Fugaku, Sarada, Sakura e i suoi stessi genitori lo stavano fissando con dei piccoli sorrisi pieni di comprensione ed incitamento.

Persino Sasuke lo stava guardando con un sorriso che non aveva più visto sulla sua faccia sin da quando erano nello stesso team da ragazzini. Appena lo vide, Naruto rimase sconvolto.

Sasuke lo stava incoraggiando a non mollare. Proprio come lui stesso lo aveva incoraggiato a non cedere al dolore appena erano giunti ad Eldia, adesso lui gli stava intimando di andare avanti, di rialzarsi, di non arrendersi solo perché aveva fallito una volta.

Scioccato ed incapace di proferire parola, Naruto si voltò poi verso Hinata. Ciò che vide lo sconvolse ancora di più.

Per un secondo, Naruto aveva pensato che lei gli avrebbe per lo meno serbato del rancore per non essere riuscito a mantenere la sua promessa. Credeva che se la sarebbe presa per non essere riuscito a mantenere la sua promessa. Dopotutto, lei era quella che aveva più a cuore riuscire a scoprire qualcosa su Boruto a parte lui. Ma, incredibilmente, non era affatto così.

Anche lei, come tutti, aveva un sorriso sincero sul volto e lo stava guardando con incitamento. Ma la cosa veramente sorprendente erano i suoi occhi. Quei suoi occhi pallidi emanavano una sicurezza che lui non aveva mai visto prima sul volto della ragazza. Quegli occhi erano colmi di comprensione e determinazione, erano pieni di un fuoco ardente che non si era mai estinto, una fiamma che ardeva con decisione e passione, senza mai vacillare.

Per la prima volta in vita sua, Hinata lo stava incoraggiando a non arrendersi.

E fu allora che Naruto comprese.

Come aveva potuto lasciarsi prendere dalla depressione in quel modo? Come aveva fatto a dimenticare il suo Nindo solo perché aveva perso una battaglia? I suoi genitori avevano ragione. Oggi aveva fallito, ma questo cosa significava?

Un bel niente.

Naruto strinse i pugni e serrò i denti. I suoi occhi tornarono carichi di determinazione e fermezza dopo un secondo. Non si poteva arrendere in questo modo. Non poteva lasciarsi vincere dalla sconfitta. Lui era Naruto Uzumaki, il futuro Hokage del Villaggio della Foglia! Non si sarebbe mai arreso! Non avrebbe mai ceduto dinanzi a nulla! Non avrebbe mai rimangiato la sua parola!

“Grazie ragazzi!” disse con un sorriso. “Scusate se mi sono fatto prendere dalla depressione. Non accadrà più!”

Sasuke gli rivolse un sorrisetto ironico. “Farai meglio a ricordartelo, tonto!” lo incalzò con un tono scherzoso. “Altrimenti la prossima volta sarò io a riempirti di botte!”

Naruto sorrise. “Come se ne fossi davvero capace, teme!” ribatté con un ghigno.

Poi, con un movimento rapido, il biondo si rimise in piedi. “Non posso arrendermi adesso!” dichiarò ad alta voce. “Anche se oggi ho perso, anche se non sono ancora al suo livello, un giorno riuscirò sicuramente a vincere contro Boruto! E allora riuscirò a mantenere fede alle mie parole! Un giorno lo raggiungerò, e allora non ci saranno più scuse per quel tipo! Riuscirò a vincere contro di lui! È una promessa!”

Gli altri lo guardarono con dei sorrisi sinceri, annuendo dinanzi alla sua determinazione.

Ma, improvvisamente, prima che qualcun altro potesse aprire bocca e dire qualcosa, due figure comparirono nella stanza dal nulla, prendendo alla sprovvista tutti i presenti.

Naruto e tutti gli altri sussultarono nel vedere comparire le figure di Boruto e dell’Eremita, colti di sorpresa dalla loro improvvisa apparizione.

Poi, senza proferire nessuna parola, Boruto si portò davanti all’altro biondo con un passo deciso, fissandolo col suo occhio privo di emozione. Naruto deglutì nervosamente, teso come non mai.

“Naruto Uzumaki,” cominciò a dire il ragazzo col mantello. “Ti faccio i miei complimenti per la tua vittoria. Come promesso, sono qui per rispondere alle tue domande in merito al mio passato.”

...

Il silenzio regnò sovrano per diversi secondi in tutta la stanza dopo quelle parole. Il tempo parve essersi fermato del tutto. Nessuno mosse un solo muscolo per una decina di secondi.

E poi, come previsto, scoppiò il putiferio.


“COOOOSAAA?!?!”
 

 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto almeno un pò.
Cosa sta succedendo? Perchè Boruto sta dicendo quelle cose? Che cos'ha in mente quel biondino scapestrato?
Il prossimo capitolo sarà quello in cui finalmente scopriremo una prima e concreta Verità sul passato di Boruto. Ma per scoprire di cosa sto parlando dovrete aspettare lunedì 20 novembre.

Purtroppo per motivi personali non potrò pubblicare prima questa settimana, e mi scuso in anticipo per l'attesa più lunga del solito.

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e coloro che mi faranno sapere cosa ne pensano. In qesti giorni ho ricevuto diversi commenti privati di persone che mi hanno detto la loro opinione riguardo lo scontro tra Naruto e Boruto, e la cosa mi ha fatto davvero piacere. Sono felice di vedere che ci sono molte persone così interessate alla storia che ho ideato. Non posso fare altro che dirvi GRAZIE CON TUTTO IL CUORE!

Detto ciò, un abbraccio e a presto! ;)

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Capitolo 44
*** La Verità 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 
UNBREAKABLE
(Faydee)

 
Times like this, I wish I never existed,
Nobody wants to listen,
I'm screaming out for help.
Times like this, I wish that I could let go,
And open up a window, free to be myself.

But then there's you,
Standing over me, tryina make a fool of me,
Tryina get the best of me.
Oh, then there's you,
Tryina shut me out,
Tryina kick me when I'm down,
That ain't gonna stop me now, no.

How does it feel to know that I don't care at all?
Your words don't mean a thing at all.
I choose to rise, you choose to fall.
How does it feel to know that I am capable
Of more than you will ever know?

Don't tell me I'm not good enough.
Don't you bring me down.
I'm moving on and you're over now.
You gave me fire,
Everytime you came around.
My feet are steady on the ground,
And you won't knock me down.
No more!

Now I'm unbreakable!
Now I'm unbreakable!
 
Times like this, I'm picking up the pieces,
I'm making up the reasons
Not to tell a soul.
Times like this, I'd rather speak to no one,
I just wanna move on, and stand up on my own.
 
But then there's you,
Standing over me, tryina make a fool of me,
Tryina get the best of me.
Oh, then there's you,
Tryina shut me out,
Tryina kick me when I'm down,
That ain't gonna stop me now, no.
 
How does it feel to know that I don't care at all?
Your words don't mean a thing at all.
I choose to rise, you choose to fall.
How does it feel to know that I am capable
Of more than you will ever know?
 
Don't tell me I'm not good enough.
Don't you bring me down.
I'm moving up and you're over now.
You gave me fire.
Everytime you came around.
My feet are steady on the ground.
And you won't knock me down.
No more!
 
Now I'm unbreakable!
Now I'm unbreakable!
 
I remember getting teased as a kid
'Cause at the place that we lived
We never had it easy, believe me.
But that don't excuse the things that we did,
Wouldn't accept that I was never accepted.
Shed so many tears like I fell in depression,
Thought if I changed,
I wouldn't get called names.
But it was all the same, I was feeling rejected.
Putting someone down that's a low blow,
What goes around comes around like a yoyo,
Wish that I could stop time like a photo,
But we stand strong, bounce back like a pogo.
 
In tempi come questo, vorrei non esser mai esistito,
Nessuno vuole ascoltarmi,
Sto gridando per chiedere aiuto.
In tempi come questo, vorrei poter lasciare tutto,
E aprire una finestra, libero di essere me stesso.

Ma poi ci sei tu,
Che mi stai addosso, a cercare di farmi sembrare ridicolo,
A cercare di prenderti il meglio di me.
Oh, e poi ci sei tu,
A cercare di zittirmi,
A cercare di calciarmi quando sono a terra,
Ma questo non mi fermerà adesso, no.

Come ci si sente a sapere che non m’interessa affatto?
Le tue parole non significano niente.
Io scelto di risollevarmi, tu hai scelto di cadere.
Cosa si prova a sapere che sono capace
Di molto più di quanto tu potrai mai sapere?

Non dirmi che non sono abbastanza bravo.
Non provare ad abbattermi.
Io vado avanti e ti sto dimenticando adesso.
Mi hai dato fuoco,
Ogni volta che mi giravi attorno.
I miei piedi sono saldi sul terreno,
E non riuscirai a buttarmi giù.
Non più!

Ora sono indistruttibile!
Ora sono indistruttibile!
 
In momenti come questo, io raccolgo i pezzi,
Sto inventando le ragioni
Da non dire a nessuno.
In tempi come questo, preferisco non parlare con nessuno,
Voglio solo andare avanti, e alzarmi da solo.
 
Ma poi ci sei tu,
A starmi addosso, a cercare di farmi sembrare ridicolo,
A cercare di prenderti il meglio di me.
Oh, e poi ci sei tu,
A cercare di zittirmi,
A cercare di calciarmi quando sono a terra,
Ma questo non mi fermerà adesso, no.
 
Come ci si sente a sapere che non m’interessa affatto?
Le tue parole non significano niente.
Io scelto di risollevarmi, tu hai scelto di cadere.
Cosa si prova a sapere che sono capace
Di molto più di quanto tu potrai mai sapere?
 
Non dirmi che non sono abbastanza bravo.
Non provare ad abbattermi.
Io vado avanti e ti sto dimenticando adesso.
Mi hai dato fuoco,
Ogni volta che mi giravi attorno.
I miei piedi sono saldi sul terreno,
E non riuscirai a buttarmi giù.
Non più!
 
Ora sono indistruttibile!
Ora sono indistruttibile!
 
Ricordo di essere stato preso in giro da piccolo
Perché nel posto dove vivevamo
Non abbiamo mai avuto vita facile, credimi.
Ma questo non giustifica le cose che abbiamo fatto,
Non potevo accettare di non essere mai accettato.
Ho versato tante lacrime da cadere nella depressione,
Ho pensato che se fossi cambiato,
Non sarei stato preso in giro,
Ma era sempre uguale, mi sentivo rifiutato.
Deludere qualcuno, questo è un colpo basso,
Ciò che circola ritorna indietro come uno yo-yo,
Vorrei poter fermare il tempo come in una foto,
Ma noi siamo forti, rimbalzando indietro come un pogo.
 

 

La Verità 2


La stanza esplose letteralmente nel caos più assoluto.

Tutti i presenti erano sprofondati nello sconvolgimento più totale. Naruto era rimasto a bocca aperta, gli occhi sgranati e le mani che reggevano la testa come nel tentativo di sorreggerla nel caso potesse cadere.

Boruto trovò quella sua reazione estremamente esagerata e fuori luogo, ma non disse nulla poiché vide che anche la reazione degli altri non fu da meno.

La faccia di Sasuke aveva perso per la prima volta da quando era giunto in quel mondo la sua solita espressione di perenne freddezza ed indifferenza, e adesso era invece rimasta completamente sconvolta, con gli occhi e la bocca spalancati mentre fissava il Nukenin come se avesse appena visto la cosa più sconvolgente del mondo.

Minato e Kushina fissavano il loro futuro nipote con uno sguardo allibito ed incredulo e senza muovere un muscolo, i loro corpi rigidi e tesi.

Fugaku e Mikoto avevano l’espressione di quelli che non stavano comprendendo più quello che accadeva attorno a loro, con gli occhi che si muovevano di scatto a fissare Boruto e Naruto, incapaci di credere a quello che avevano udito.

Sakura aveva sgranato le palpebre in un modo quasi disumano, le braccia che pendevano a terra completamente.

Hinata, dal canto suo, sembrava essere appena stata schiaffeggiata in faccia. La sua espressione era un misto tra stupore e confusione, i suoi pallidi occhi bianchi colmi di incredulità e shock, la bocca semiaperta come per dire qualcosa che neanche lei sapeva esprimere.

Eren invece fissava la scena con gli occhi sgranati e la faccia di chi non aveva compreso l’importanza di una semplice frase.

E poi, per ultima, c’era Sarada.

A Boruto bastò uno sguardo per capire che la sua dichiarazione l’aveva completamente, assolutamente ed irrimediabilmente sconvolta. Bastava vedere la sua bocca che si apriva e chiudeva ogni due secondi come un pesce, bastava vedere il tremore incessante del suo corpo, bastava osservare gli occhi talmente spalancati da non riuscire ad essere più nascosti dietro le lenti degli occhiali.

L’Eremita ridacchiò nel vedere quello spettacolo, divertito dall’improvvisa reazione di quei nove.

Il ragazzo del futuro inarcò un sopracciglio. “Non mi sembra di aver detto nulla di sconvolgente,” disse col suo solito tono. “Non vedo nessun motivo per giustificare il vostro reagire in questo modo così esagerato.”

Le sue parole furono completamente ignorate da tutti. Dopo alcuni secondi, fu Fugaku a prendere la parola.

“C-Cioè stai dicendo,” cominciò a dire, la sua voce incredula. “Che hai intenzione di rivelarci il tuo passato?”

Il biondo annuì. “Esattamente.” rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Era questo l’accordo, giusto? Eravamo rimasti che se io avessi perso lo scontro allora avrei dovuto rivelare ciò che ho vissuto e che mi ha reso quello che sono adesso. Ho forse interpretato male la sfida?”

Gli altri lo fissarono come se gli fossero improvvisamente spuntate due teste.

“M-M-Ma non ha senso!” balbettò Sakura, scioccata. “Non hai perso lo scontro!”

Sasuke si riscosse leggermente dallo stupore. “A cosa stai mirando?” gli domandò con sospetto.

Il guerriero lo guardò con un sopracciglio alzato. “Non comprendo il vostro stupore, né tantomeno il tuo sospetto, Uchiha.” riprese a dire con la sua solita espressione indifferente. “Sto solo rispettando il patto di prima. Ho perso lo scontro, e ora sono pronto a rispondere alle vostre domande.”

Naruto riuscì finalmente a riprendere la parola. “Ma non sei stato tu a perdere!” esclamò con foga, guardando in basso. “Io ho perso lo scontro! Ho fallito, e non sono riuscito a sconfiggerti come credevo! Sono stato troppo arrogante e confidente, e nella mia arroganza ti ho sottovalutato! Non sei costretto a dirmi nulla riguardo al tuo passato! Non hai alcun motivo di essere qui, Boruto!”

Boruto lo fissò con il suo occhio indecifrabile per alcuni secondi.

“Ti sei arreso?” gli chiese alla fine.

Naruto rialzò la testa di scatto all’udire la domanda, il suo sguardo ardente di decisione.

“Mai!” dichiarò con foga. “Non mi arrenderò mai! Non mi fermerò solo perché ho perso oggi! Un giorno riuscirò a raggiungerti, e allora manterrò fede alla mia parola! Di questo puoi stare certo!”

Il ragazzo col mantello lo continuò ad osservare per qualche secondo, poi chiuse l’occhio sinistro e scosse la testa.

“Allora non mi ero sbagliato,” disse con un tono annoiato. “Hai vinto tu lo scontro. Quello che ha fallito sono io.”

Naruto sgranò gli occhi. “M-Ma perché?” domandò, completamente perso.

Boruto riaprì l’occhio. “Perché non sono riuscito a capire prima quanto fosse dura la tua ostinazione.” rispose lentamente, il suo volto calmo ed un piccolo sorriso sulle labbra. “Non sono riuscito a farti gettare la spugna. Non sono riuscito a domare il tuo spirito. Ho fallito nel distruggere la tua determinazione, ho fallito nel comprendere che non ti saresti mai arreso. Per questo motivo, il vero vincitore dello scontro di oggi sei tu, Naruto Uzumaki. Congratulazioni.”

Il biondo e gli altri rimasero di stucco all’udire quella sua spiegazione. Non riuscivano a crederci. Boruto si stava volontariamente proclamando perdente. Stava accettando la sconfitta di sua spontanea volontà. Stava ammettendo una vittoria all’avversario.

Sarada era basita. Non riusciva a comprendere perché il suo vecchio amico si stesse comportando in quel modo. Cosa era successo? Perché all’improvviso Boruto era deciso a rivelare il suo passato, quando fino a quella mattina avrebbe fatto di tutto pur di mantenerlo segreto?

La cosa non era per niente normale. Doveva esserci sicuramente qualcosa sotto.

“Perché lo stai facendo?” gli chiese improvvisamente la ragazza.

Boruto si voltò di sbieco verso di lei.

“Cos’è cambiato all’improvviso?” continuò a domandare Sarada, i suoi occhi rossi. “Perché adesso stai ammettendo di voler raccontare tutto? Cosa stai tramando, Boruto?”

Prima che il ragazzo potesse rispondere, l’Eremita prese la parola subito.

“Non è successo nulla, giovane Sarada.” disse, attirando l’attenzione di tutti. “Avete sentito tutti la sua motivazione. Vi posso assicurare che Boruto non sta tramando nulla con questa scelta. Non c’è nessun tranello dietro la sua decisione. Fidatevi di lui.”

Gli altri rimasero per qualche secondo in silenzio, osservando con gli occhi aggrottati la figura del giovane col mantello, il quale ricambiava i loro sguardi col suo occhio freddo, per nulla intimorito o interessato ai loro pensieri.

Poi, improvvisamente, un ghigno sarcastico comparve sulla sua faccia. “Se non volete che riveli nulla, posso sempre stare zitto!” disse ironicamente.

“NO!!” esclamarono contemporaneamente Naruto, Hinata, Sarada e Minato con forza.

Il ghigno sulla faccia del biondo si allargò. “Siete davvero prevedibili!”

Minato fece un passo verso di lui. “Questa storia è andata avanti per troppo tempo!” dichiarò con un tono serio, rivolgendosi a tutti. “Se hai preso davvero questa decisione, allora chiariamo la questione una volta per tutte! È giunto il momento di farla finita!”

Boruto lo fissò con intensità. “Siete tutti d’accordo con lui?” chiese con un tono serio.

Tutti i presenti annuirono senza esitazione. Eren si avvicinò al gruppo, intento a sentire a sua volta la rivelazione che avrebbe fornito Boruto.

Il Nukenin sospirò sommessamente, avvicinandosi ad una finestra e mettendosi a fissare fuori, dando le spalle a tutti gli altri. Nessuno parlò per alcuni secondi. L’aria nella stanza si fece tesa e pesante. Tutti erano nervosi. Nessuno aveva il coraggio di muovere un solo muscolo.

Era giunto il momento. Era finalmente giunta l’ora della rivelazione. Finalmente tutti loro avrebbero scoperto la verità. Oggi, dopo quattro lunghe ed estenuanti settimane di viaggi, lotte e misteri, avrebbero finalmente svelato il mistero più grande per loro. Oggi, Naruto e gli altri avrebbero scoperto una volta per tutte come stavano le cose.

Avrebbero scoperto il mistero che avvolgeva la figura di Boruto Uzumaki.

I secondi si fecero minuti. E ancora nessuno parlò.

Deciso a farla finita una volta per tutte, Boruto fece la fatidica domanda.

“Cosa volete sapere?”

“Tutto!” dichiarò subito Naruto con foga. “Dicci tutto quello che c’è da dire su di te!”

Adesso era l’ora della verità. Voleva sapere ogni cosa. Voleva sapere ogni singola cosa che riguardava quel ragazzo davanti a sé. Voleva finalmente scoprire la sua storia, voleva scoprire quello che aveva passato. Voleva sapere chi era davvero Boruto Uzumaki.

Voleva sapere chi era suo figlio.

Il ragazzo col mantello non si voltò, continuando a guardare fuori dalla finestra.

“Se è la mia storia ciò che volete sapere, allora vi darò un avvertimento.” disse loro, il suo tono freddo e distaccato e il suo occhio che puntava fuori gelido. “Badate bene: vi racconterò la mia storia soltanto una volta, non ho intenzione di ripetermi neanche una volta in più. E sappiate che ci sono delle informazioni che non posso rivelarvi assolutamente, neanche in questa circostanza. Quindi aprite bene le orecchie e ascoltatemi in silenzio. Le domande non sono ammesse. Ciò che penserete, i vostri dubbi e i vostri pareri non m’interessano minimamente, quindi tacete e lasciatemi parlare. Tutto chiaro?”

Nessuno fiatò. Tutti erano tesi e nervosi, impazienti di scoprire la verità.

Hagoromo sospirò mentalmente, ma preferì non dire nulla. Sapeva che non era facile per Boruto rivelare ciò che stava per dire, e anche se aveva deciso di non rispondere ad eventuali domande o a fare chiarimenti, accettò la sua decisione in silenzio.

Quella che stava per raccontare era la sua vita, e lui non aveva il diritto di interferire.

Boruto sospirò di nuovo, cominciando finalmente a raccontare la sua storia.
 

“Come voi tutti sapete, il mio nome è Boruto Uzumaki.” disse loro, la sua voce priva di emozione. “Sono il figlio primogenito della Principessa del Clan Hyuuga, Hinata Hyuuga, e del Settimo Hokage di Konoha, Naruto Uzumaki. Tuttavia, da anni ho rinnegato la mia vecchia famiglia, e non considero più quelle due persone i miei genitori.”

Naruto, Hinata e gli altri ascoltavano in silenzio, i loro cuori che battevano forte nel petto.

“La mia vita nel Villaggio era quella che qualsiasi bambino avrebbe desiderato,” continuò il biondo. “Una famiglia prestigiosa, tanti amici, una bella casa accogliente e tutte le comodità possibili. Andavo regolarmente all’Accademia ed ero uno dei bambini più bravi della mia classe, al pari con la qui presente Sarada Uchiha. La mia era una vita perfetta da tutti i punti di vista. Tranne uno. C’era soltanto una cosa che non era perfetta. Soltanto un minuscolo particolare che andava a rovinare questo bellissimo quadro di felicità e perfezione. Questa macchia nera era Naruto Uzumaki, mio padre.”

Naruto trasalì di getto nel sentire Boruto riferirsi a lui come padre per la prima volta.

Boruto continuava a fissare fuori, dando a tutti le spalle ed impedendo loro di vedere la sua espressione.

“Mio padre era l’Hokage,” disse lentamente il ragazzo. “E, a causa dei suoi doveri, non riusciva a passare molto tempo con il resto della famiglia. Per questo motivo, sin da quando avevo sei anni, cominciai a provare risentimento nei suoi confronti. Non riuscivo ad accettare il fatto che quell’uomo preferisse occuparsi del Villaggio piuttosto che restare con la sua famiglia. All’epoca non riuscivo a comprendere il suo sacrificio. E, per tentare di attirare la sua attenzione, cominciai a comportarmi in maniera infantile, combinando scherzi e facendo pasticci contro di lui, nell’ingenuo tentativo di passare un paio di minuti assieme a mio padre, anche se questo significava dovermi sorbire i suoi rimproveri.”

Naruto sentì il nervosismo salire di secondo in secondo. Le sue mani cominciarono a tremare lentamente. Aveva mille domande in testa, ma non riusciva a trovare il coraggio di esprimerle.

Notando la sua tensione, Minato gli poggiò una mano sulla spalla, offrendogli un piccolo sorriso e facendo un cenno del capo.

Hinata era nella stessa situazione, sentendo crescere dentro di lei una forte angoscia nell’udire le parole di Boruto. Kushina se ne rese conto, e anche lei si portò al suo fianco per offrirle supporto.

“Tuttavia, un giorno accadde qualcosa.” disse il Nukenin, il suo tono sempre indifferente. “Nel tentativo di attirare l’attenzione di Naruto su di me, quando avevo sette anni decisi di dipingere sui volti degli Hokage sulla montagna di Konoha, eludendo la sicurezza e compiendo il misfatto. Ovviamente, com’è logico che fosse, fui scoperto subito dopo e condotto davanti all’Hokage per ricevere una punizione.”

A questo punto la sua voce assunse una nota sarcastica, quasi divertita.

“Ma, quello che accade una volta entrato nell’ufficio dell’Hokage fu per me una vera tragedia. Lì, per la prima volta nella mia breve vita da bambino, vidi che mio padre era arrabbiato con me. Nel vedere il suo volto furioso, nel vedere quegli occhi pieni di disappunto e delusione, mi sentii veramente un verme. In quel momento mi pentii davvero per quello che avevo fatto. In quel momento capii che l’avevo combinata grossa.”

All’insaputa degli altri, il biondo serrò i pugni.

“Mio padre durante quel suo rimprovero me ne disse di tutti i colori, ma ad un tratto egli pronunciò una sola frase che all’epoca mi colpì come un pugno. Pronunciò una frase che da quel giorno mi avrebbe cambiato per sempre. Un’unica frase che spezzò il cuore di quello stupido bambino di sette anni, il cui unico obiettivo era solo attirare l’attenzione di suo padre…”

Tutti sgranarono gli occhi quando videro Boruto voltarsi verso di loro, la sua espressione colma di rabbia e disgusto.

“Quella frase che mi disse era: il figlio di un Hokage non si comporterebbe mai in questo modo.”

Tutti i presenti rimasero allibiti e sconvolti. Naruto sentì una strana sensazione nascere dentro di sé, una sensazione che non gli piacque affatto. Sarada abbassò lo sguardo a terra.

Boruto si riprese subito, assumendo di nuovo la sua solita espressione indifferente.

“Appena compresi il significato di quella frase, il mondo mi crollò addosso.” riprese il ragazzo. “Naruto voleva che io mi assumessi le mie responsabilità, perché ero il figlio dell’Hokage, e come tale non potevo permettermi di avere mio padre sempre con me. Per lui, il suo ruolo di Hokage era più importante del ruolo di padre. Non voleva comprendere il fatto che io non avevo bisogno di un Hokage, ma di un papà che mi aiutasse a crescere e a scoprire il mondo.”

Minato sentì una fitta di dolore trapassargli il cuore. Lui poteva immaginare cosa avesse provato Boruto a quell’età. Se fosse rimasto in vita, probabilmente lui e Naruto avrebbero dovuto superare le stesse situazioni in cui si era trovato il Nukenin. Un Hokage deve sempre mettere al primo posto il Villaggio. Era un compito troppo importante.

Un compito che richiedeva un enorme sacrificio.

Boruto continuò subito. “Appena l’Hokage mi spedì via dall’ufficio, ricordo di essere caduto in un profondo stato di depressione.” disse lentamente. “E, una volta giunto a casa, accadde un’altra cosa che mi avrebbe cambiato per sempre.”

Il guerriero si voltò di nuovo verso la finestra.

“Una volta giunto a casa vidi che anche mia madre e mia sorella erano arrabbiate con me. Non mi dissero nulla, né mi rimproverarono come aveva fatto mio padre, ma riuscivo a vedere nei loro sguardi il disappunto ed il disgusto per quello che avevo fatto contro l’Hokage. Erano entrambe deluse dal mio atteggiamento.”

Hinata sentì le lacrime formarsi negli occhi. Le sue gambe si fecero sempre più pesanti.

“Quella sera, mia madre mi disse una cosa,” continuò ancora Boruto. “Mi disse che dovevo smetterla di importunare mio padre, e che non avrebbe più tollerato un simile atteggiamento da parte mia. Poi mi spedì a letto senza cena, senza più rivolgermi la parola per tutta la serata. Come se non bastasse, per tre giorni consecutivi i miei genitori continuarono a trattarmi con freddezza e a guardarmi con quei loro sguardi delusi, seguiti a ruota anche da mia sorella, che per un apparente motivo aveva deciso di fare la persona matura in quella situazione. Per tutto quel tempo nessuno si curò di pensare a quello che stessi provando, lasciandomi perpetuamente da solo ogni giorno.”

La giovane Hyuuga dovette resistere con forza per non piangere. Era davvero diventata una persona così severa nel futuro? Era cambiata veramente così tanto?

Boruto sospirò, stanco di dover riportare alla mente quei ricordi, ma continuò lo stesso.

“La mia depressione peggiorò drasticamente una notte.” raccontò con un tono basso. “Non riuscivo a credere che i miei stessi genitori non riuscissero a vedere che tutto quello che volevo era una famiglia. Non riuscivo a credere che non potessero accettare il fatto che io avevo bisogno di loro in quel momento. Tutto quello che fecero fu rimproverarmi e lasciarmi da solo, senza tentare di farmi comprendere il perché quello che avevo fatto era sbagliato o il perché le cose dovevano andare in un certo modo. All’epoca ero soltanto un bambino, e non riuscivo a realizzare l’importanza del ruolo di mio padre nel Villaggio. Ero solo un figlio che voleva disperatamente riavere la sua famiglia al completo ancora una volta.”

Naruto sentì un groppo formarsi nella gola e togliergli il fiato.

“Ammetto di essere stato ingenuo ed infantile a quel tempo,”continuò il ragazzo del futuro. “Ma anche se il mio modo di ragionare era infantile, avevo tuttavia intuito che sia Naruto che Hinata non potevano permettere che io continuassi a portare disonore all’Hokage per il bene della famiglia, e per questo volevano forzarmi ad accettare la realtà. Invece di spiegarmi il motivo per cui il mio comportamento era sbagliato, loro volevano semplicemente eliminare il problema dalla radice, forzandomi ad accettare una situazione che per me all’epoca era devastante. In pratica, tenevano di più al loro stato sociale e pubblico che a quello che provava il loro stesso figlio. Il mio dolore si mutò lentamente in rabbia, e la rabbia divenne a sua volta odio nei confronti di quei due esseri umani che all’epoca consideravo i miei genitori. Appena realizzai che l’Hokage e sua moglie erano decisi a continuare ad ignorarmi pur di farmi accettare la realtà, quella stessa notte scappai di casa mentre tutti dormivano.”

Naruto, Hinata, Sasuke e gli altri ascoltavano con ansia e timore.

Il Nukenin riprese a parlare debolmente. “Mi fermai in mezzo ad un bosco, in preda alla disperazione e allo sconforto. Senza un posto dove andare e pieno di rabbia e dolore nei confronti dei miei genitori, crollai dalla stanchezza a terra. Ero talmente depresso e triste che la mia mente smise di ragionare in modo lucido. Mentre ero steso a piangere, per puro caso trovai lì per terra un vecchio kunai, abbandonato da qualche Shinobi che lo aveva probabilmente dimenticato durante un allenamento. In preda allo sconforto e alla disperazione, resomi conto che i miei genitori non mi avrebbero permesso di comportarmi come prima e di essere me stesso per via dello stato sociale e del lavoro di mio padre, in quel momento io tentai di suicidarmi.”

Naruto e tutti gli altri trattennero il fiato. Hagoromo chiuse gli occhi. Sarada cominciò a piangere silenziosamente.

Ma, all’insaputa di tutti loro, Boruto sorrise improvvisamente. “Tuttavia,” disse subito dopo. “Prima di potermi trafiggere il cuore, vidi che c’era un’altra persona lì nel bosco che mi stava osservando. Questa persona si avvicinò a me e mi tolse il kunai dalle mani, salvandomi la vita da me stesso e dalla mia disperazione. Questa persona era una bambina della mia stessa età, e il suo nome era Mikasa!”

Eren sgranò gli occhi.

“Mikasa mi convinse a resistere al dolore in quel momento,” continuò il giovane. “E mi portò nella sua casa nel Villaggio dove conobbi un’altra persona, assieme ad un bambino chiamato Sora che sarebbe diventato in futuro il mio migliore amico. Lì scoprì che Mikasa e Sora erano orfani, e che come me avevano passato dei momenti difficili, restando da soli e senza nessuno. Il proprietario della casa, avendo avuto pietà di loro, decise di prendersi cura di quei due da solo, offrendo loro una casa e facendoli andare all’Accademia a sue spese.”

Coloro che stavano ascoltando si rallegrarono un po’ nel sentire finalmente qualcosa di positivo in quella storia.

“Passai quella notte a raccontare loro la mia storia e la mia situazione,” spiegò Boruto. “Raccontando a quelle persone tutto il dolore ed il risentimento che provavo nei confronti della mia famiglia. Rimasero tutti disgustati dal comportamento dell’Hokage e di sua moglie, e da quel giorno il proprietario della casa decise di aiutarmi a superare il mio dolore proprio come aveva aiutato Mikasa e Sora. Mi chiesero di unirmi in segreto alla loro famiglia, dicendo che la famiglia era il valore più importante che esistesse al mondo, ed offrendomi un posto dove trovare delle persone che mi avrebbero amato per sempre.”

Tutti rimasero colpiti profondamente da quella rivelazione.

Il sorriso sul volto del ragazzo si allargò. “Quello divenne il momento più bello della mia vita. Il momento in cui conobbi delle persone che mi accettarono per quello che ero davvero, e che condividevano l’ideale che avevo nel cuore. Quello fu il momento in cui morì il figlio dell’Hokage e in cui nacque lo stesso Boruto Uzumaki che avete davanti a voi oggi.”

Naruto e gli altri erano troppo stupiti e sconvolti per poter proferire una sola parola.

“Decisi di unirmi a quella piccola famiglia in segreto,” continuò Boruto. “E strinsi fin da subito una grande amicizia con Sora e Mikasa, arrivando presto a pensare a loro due come alla mia vera famiglia. Allo stesso tempo i miei rapporti con l’Hokage e sua moglie si fecero sempre più freddi e distaccati, e per giorni interi non ci rivolgemmo proprio la parola, mentre io mi limitavo a tornare da loro solo per mangiare e dormire, passando le mie giornate all’Accademia e assieme ai miei due nuovi amici.”

Hinata e Naruto abbassarono lo sguardo. Non sapevano cosa pensare di quella faccenda. Boruto aveva certamente sofferto a causa delle circostanze, ma non avrebbero mai potuto immaginare che a causa loro avesse persino tentato di uccidersi. Perché loro due nel futuro non avevano tentato di spiegargli per bene le cose?

“Io e quei due bambini divenimmo inseparabili nel corso degli anni,” disse il guerriero, il suo tono pieno di affetto. “E col passare del tempo il nostro rapporto si fece sempre più intenso e profondo. All’Accademia ci aiutavamo a vicenda, e insieme decidemmo di formare una vera e propria famiglia tutta nostra, abbandonando per sempre il passato alle nostre spalle.”

Eren sorrise all’udire ciò. Adesso aveva finalmente scoperto come si erano conosciuti Boruto e sua sorella. Aveva scoperto qualcosa in più sull’unica persona della sua famiglia ancora in vita.

Poi, la voce del ragazzo del futuro si fece di nuovo fredda. “Nel frattempo la mia vecchia famiglia tentò di riavvicinarsi a me,” riprese a dire, il suo sguardo puntato al cielo che stava cominciando ad avviarsi verso il tramonto. “Ma io respinsi qualsiasi tipo di approccio con quelle persone, limitandomi a trattarle in maniera fredda e distaccata ogni volta che ero costretto a stare con loro. Ai miei occhi quelle presone non contavano più nulla, e dopo aver rischiato di uccidermi da solo per causa loro, non avevo più intenzione di riapprocciarmi a quei tre. Anche se avevano realizzato i loro errori, a me non importava nulla. Avevano scelto di essere una famiglia che mette in primo piano il dovere degli Shinobi, mentre per me l’unica cosa che contava veramente era l’amore. Ero rimasto talmente disgustato dal loro modo di ragionare che appena fui promosso al rango di Genin a dodici anni, e quindi appena fui finalmente riconosciuto legalmente come un adulto, andai a vivere definitivamente assieme a Sora e Mikasa, abbandonando per sempre quella famiglia che mi aveva abbandonato a sua volta nella disperazione.”

Tutti sgranarono gli occhi. Dunque le cose erano andate così.

Boruto odiava la sua famiglia perché Naruto e Hinata non avevano compreso il fatto che lui avesse bisogno di una figura paterna nella sua vita, preferendo lasciarlo da solo in un momento in cui aveva un disperato bisogno di affetto e attenzione. Avevano scelto di mettere in primo piano il dovere e la responsabilità che ogni Shinobi del Villaggio deve assumere, piuttosto che essere comprensivi e pensare al bene della loro famiglia. Naruto e Hinata avevano messo il Villaggio prima del loro stesso figlio.

Per quanto la cosa sembrasse banale, tutti loro capirono che non lo era affatto.

Il ragazzo aveva persino tentato il suicidio a causa di ciò. Che razza di impatto doveva aver avuto quell’esperienza nella sua vita?

“Ma quel maledetto Hokage non mi diede mai tregua!” sbottò improvvisamente il Nukenin, continuando a dare loro le spalle. “E non perse mai l’occasione per tentare di riconnettermi con la sua famiglia. Tentò persino di convincere Sasuke Uchiha a diventare il mio maestro personale pur di tenermi d’occhio e trovare un modo per riavvicinarsi a me. Ma, per quanti tentativi egli fece, io non demorsi mai neanche una volta, perché nel mio cuore avevo trovato delle persone che a differenza sua riuscivano davvero a volermi bene e ad accettarmi per quello che ero. Avevo trovato delle persone a cui importava di me, e non del Villaggio. Non era più presente nel mio cuore un briciolo di affetto nei confronti di quella famiglia di bastardi!”

Fece male.

Naruto ed Hinata dovettero ammettere di essere rimasti molto feriti da quelle sue parole. Adesso comprendevano meglio le ragioni dell’odio di Boruto nei loro confronti. Adesso sapevano a cosa era dovuto. E una realizzazione amara si fece largo nei loro cuori.

Avevano fallito come genitori.

Nessun genitore avrebbe dovuto permettere al figlio di passare un’esperienza simile. Specialmente a causa loro. Il ruolo di genitore era quello di accudire e proteggere i figli, non di farli soffrire. Eppure non riuscivano a capire il perché nel futuro loro due non avessero tentato di spiegare al piccolo Boruto la situazione, in modo da poter chiarire le cose una volta per tutte.

Quella era una domanda a cui non avrebbero mai trovato risposta.

“Alla fine dell’Accademia io finii nello stesso team di Sarada,” riprese a dire Boruto, riscuotendo tutti dai loro pensieri. “Ma sin da subito rifiutai di entrare nella sua squadra, preferendo entrare nel team in cui erano finiti Mikasa e Sora. Dopo alcune insistenze riuscii a trovare un compromesso, e fui costretto a superare una specie di prova di lotta pur di riuscire a cambiare il mio assegnamento di squadra. Alla fine ne uscii vincitore, e quindi io, Sora e Mikasa formammo un team a tutti gli effetti.”

Sakura, Sasuke e Minato sgranarono gli occhi. Aveva rifiutato di finire in squadra con altre persone che non fossero quei due? Quanto doveva essere importante per Boruto il legame con quelle persone per arrivare a tanto?

“Poi, un giorno accadde una tragedia,” disse improvvisamente il Nukenin, il suo tono spaventosamente freddo e glaciale. “Delle misteriose entità di un altro mondo invasero il Villaggio senza preavviso, e tentarono per un motivo sconosciuto di catturare Mikasa e di portarla via.”

“Che cosa?” esclamarono mentalmente tutti.

Eren rimase allibito e sconvolto. “Delle entità tentarono di catturare Mikasa?” ripeté nella sua testa. “Perché?”

“Nonostante l’attacco a sorpresa, io Sora e gli altri del Villaggio riuscimmo a sconfiggere gli assalitori e a proteggere Mikasa con successo.” disse subito dopo. “Ma, una volta finito tutto, l’Hokage ordinò ai suoi Anbu di trovare e confinare Mikasa in una cella, e di interrogarla subito dopo per scoprire il motivo per cui quegli esseri avessero tentato di catturarla. Ovviamente io e Sora ci opponemmo alla decisione, tentando di proteggerla e di trovare un accordo col Settimo. Per noi la sua sicurezza era l’unica cosa che contava, ma il Villaggio rifiutava di restare senza risposte sul suo conto.”

Tutti ascoltavano con il fiato sospeso.

“Per questo motivo l’Hokage non cedette alle nostre suppliche,” spiegò ancora il ragazzo con un tono solenne. “E allora, appena gli Anbu vennero per prelevare Mikasa, io li uccisi tutti con le mie mani e minacciai di morte chiunque avesse tentato di toccarla.”

Eren sgranò gli occhi. Boruto aveva rischiato così tanto pur di proteggere sua sorella. Era arrivato ad uccidere per lei. Doveva tenere davvero molto alla sua sicurezza per riuscire a fare una cosa simile.

“Il risultato delle mie azioni fu che il Settimo tentò subito di farmi arrestare e rinchiudermi nella sua casa,” disse ancora Boruto. “E così, per sfuggire alle loro grinfie, io decisi di scappare da Konoha per sempre seguito da Mikasa e Sora, abbandonando definitivamente gli ideali degli Shinobi che non avevano fatto altro che portarmi dolore per tutta la vita. Il resto della storia non posso rivelarvelo.”

Ci fu una pausa di alcuni secondi di puro silenzio.

“COSA?” urlò poi Kushina. “Che significa che non puoi dirci il resto della storia?”

Il biondo si voltò verso di loro. “Non posso dire nel dettaglio quello che accadde dopo perché ci sono informazioni che non posso rivelare davanti a Sarada. Tuttavia sappiate che noi tre viaggiammo in lungo e in largo per le varie Nazioni, ed incontrammo molte persone, scoprendo una realtà del mondo che non avevamo mai immaginato potesse esistere quando eravamo nel Villaggio. Incontrammo persone, facemmo amicizie ed esperienze che ci portarono ad abbandonare per sempre il sentiero degli Shinobi, ed insieme decidemmo di diventare dei Guerrieri.”

Fugaku fece un passo avanti. “Hai già usato quel termine diverse volte,” disse lentamente. “Ma cosa significa per voi essere dei guerrieri?”

Boruto sorrise misteriosamente. “Un Guerriero è essenzialmente l’opposto dello Shinobi.” spiegò. “Mentre gli Shinobi lottano per il Villaggio, un Guerriero lotta per la giustizia. Mentre uno Shinobi deve guardare all’interesse delle persone del suo Villaggio, un Guerriero agisce per aiutare coloro che soffrono a causa dell’egemonia delle Cinque grandi Nazioni. In parole povere, un Guerriero è colui che agisce nell’interesse di tutte quelle persone che non hanno mai ricevuto la giustizia che meritavano. Tutte quelle persone che vengono sfruttate a causa dell’influenza delle Nazioni ninja più grandi, e che non sono in grado di fare nulla senza aiuto. Ma, che vi piaccia o meno, non posso spiegarvi le cose nel dettaglio.”

Nessuno disse più nulla per interi minuti.

La storia che aveva raccontato Boruto era davvero incredibile. Nessuno di loro avrebbe mai immaginato che quel ragazzo avesse potuto vivere delle simili esperienze. Le informazioni che aveva dato loro erano tante, e dovevano ancora assimilarle per bene.

Naruto ed Hinata erano rimasti immobili e con la testa bassa. Il primo aveva gli occhi e i pugni serrati, la seconda tremava leggermente ed aveva le lacrime agli occhi. Nessuno dei due sapeva cosa fare, nessuno dei due sapeva come reagire davanti a quella rivelazione.

Non sapevano come reagire al fatto che in futuro avrebbero fallito come genitori.

Cosa avrebbero dovuto fare adesso? Ora che sapevano la verità avrebbero potuto sicuramente impedire che una cosa del genere potesse succedere di nuovo, ma avevano promesso di lasciare che l’Eremita rimuovesse quelle informazioni dalla loro testa una volta finito tutto questo. E questo voleva dire una sola cosa.

Voleva dire che non avrebbero potuto fare nulla per impedire al futuro di cambiare.

Boruto fece un passo verso di loro, riscuotendo tutti dai loro pensieri.

“Vi ho raccontato la mia storia,” disse con un tono privo di emozione e lo sguardo indecifrabile. “Adesso, qualsiasi cosa pensiate di me, fatemi il piacere di tenervela per voi. Non mi interessa il vostro parere, e non voglio spiegare altro sulla mia vita.”

Poi si rivolse verso Sarada. “E tu non pensare di poter dare loro altre informazioni,” disse col suo solito tono. “Anche se non posso dire come ho ottenuto il mio potere, ho comunque mantenuto fede al patto, ma adesso tocca a voi fare la vostra parte e lasciarmi in pace.”

Poi, senza aspettare alcun tipo di risposta, si voltò verso la finestra e cominciò a camminare. Prima di andarsene, però, disse un’ultima frase a tutti loro.

“Il futuro non deve cambiare, anche se alcuni di voi non riescono accettarlo.”

Detto ciò, Boruto scomparve nel nulla, senza aggiungere altro.

E, anche quel giorno, il buio della notte calò sulla città distrutta.


 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti gente! Come vi avevo promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Il prossimo uscirà giovedì 23 novenbre!

Oggi abbiamo finalmente fatto luce sul misterioso passato di Boruto Uzumaki dopo ben 43 capitoli di frecciatine ed allusioni. Tuttavia ci sono delle cose che vorrei chiarire adesso che la verità è stata rivelata:

1- La storia di Boruto è ispirata completamente ad un fatto realmente accaduto ad una persona che consco. L'infanzia ed il rapporto di Boruto coi suoi genitori narrato in questo capitolo è quasi speculare al fatto reale a cui mi sono ispirato. Non è il frutto della mia immaginazione, ma bensì una cosa realmente accaduta in un contesto diverso ma molto simile.

2- Alcuni di voi potrebbero pensare che quello che Boruto ha appena rivelato sia completamente inconcepibile, perchè ci sono persone che ritengono Naruto ed Hinata dei personaggi troppo buoni, personaggi che non sarebbero mai capaci di far soffire il loro stesso figlio così per colpa loro, rendendo Naruto e Hinata dei veri e propri stereotipi a causa della loro bontà e gentilezza. Qui mi prendo la briga di spiegarvi un cocetto: Naruto ed Hinata sono indubbiamente dei personaggi buoni e positivi, ma sono anche UMANI. Ed il concetto stesso di uomo è complesso e soggetto a cambiamenti nel corso della vita.
Questo significa che gli uomini possono commettere errori, tralasciare dettagli e agire in maniera diversa da quel che potreste pensare. Anche la persona più buona del mondo potrebbe causare dolore a qualcuno, spesso involontariamente o senza neanche rendersene conto. Ogni essere umano può sbagliare, ed ogni sbaglio commesso ha delle conseguenze che si ripercuotono su altri oppure su se stessi. Nella mia storia, Naruto ed Hinata non sono cattivi, ma hanno commesso un errore che ha avuto delle determinate conseguenze su Boruto. Conseguenze che hanno aperto la strada ad altre esperienze ed avvenimenti che hanno forgiato il Nukenin tanto sprezzante e freddo che avete conosciuto in questa storia. Questo non significa che Naruto ed Hinata sono cambiati rispetto ai personaggi originali, ma semplicemente che hanno sbagliato, nello stesso modo in cui ognuno di noi potrebbe sbagliare in una determinata circostanza. Non vogliatemene a male se nella mia storia non vedrete l'allegra e felice famiglia Uzumaki tanto conosciuta e invidiata da tutti, ma vedrete al suo posto una famiglia umana, coi suoi alti e bassi, capace di sbagliare, pentirsi, soffrire e risollevarsi. La vicenda che ho ideato è liberamente ispirata al mondo di Naruto e alla realtà, e quindi i cambiamenti sono una conseguenza normale e necessaria. Naruto e Hinata sono buoni, ma anche i buoni possono sbagliare e causare dolore agli altri.

3- Oggi Boruto ha rivelato la verità sul suo passato, ma sappiate che ci sono ancora molti dettagli che non sono stati rivelati nella storia che ha narrato in questo capitolo. La vicenda di Boruto e della sua famiglia è molto più complessa rispetto a quella che appare qui. Ci sono molte cose che verranno rivelato solo in seguito, ma non posso dirvi nulla al riguardo.

Detto ciò, ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e quelli che commenteranno. Vi invito a darmi i vostri pareri e dubbi su quello che è stato rivelato oggi, perchè io sono aperto a qualsiasi tipo di chiarimento, consiglio o suggerimento. Nel caso, non fatevi problemi neanche a dirmi che la piega presa dalla storia non vi piace, ma vi chiedo solo di farmelo sapere così da poter migliorare e confrontarmi con voi.
A presto! ;)

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Capitolo 45
*** La Verità 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 

La Verità 3


Hinata percorse con passo lento ed indeciso le stradine distrutte della città.

Il buio della notte era intenso, e non era presente neanche una luce che illuminava quello spazio desolato. Neanche la luna era sbucata fuori quella notte, coperta da grossi nuvoloni che avevano raggiunto il cielo quella sera, ma la ragazza non se ne curò.

Perché i suoi occhi riuscivano a vedere benissimo anche in quella circostanza.

La giovane continuò ad avanzare in silenzio in quelle vie cariche di morte. Lo spettacolo che aveva davanti, pensò, era davvero inquietante. 

Riusciva a vedere ogni singola cosa nella città grazie al Byakugan, e questo era il problema. Riusciva a vedere la desolazione e la distruzione delle case, riusciva a vedere gli scheletri ancora buttati a terra da anni, riusciva a vedere le macerie e i detriti del muro sfondato. Riusciva a vedere ogni singolo ricordo di quell’atrocità attorno a lei nonostante il buio pesto.

Eppure, per la prima volta nella sua vita, una cosa simile non la spaventò minimamente.

Hinata continuava a procedere, ignorando tutta la morte e la distruzione che aveva intorno. La sua mente era pesante, ma una determinazione ardente l’aveva invasa improvvisamente. Una determinazione che non aveva mai più sentito con una tale intensità sin dal giorno dello scontro con Pain.

Era cominciato tutto un’ora fa, mentre lei e tutti gli altri stavano discutendo con l’Eremita la prossima mossa, dopo che Boruto aveva raccontato il suo passato e se n’era andato. Tuttavia Hagoromo aveva detto di rimandare il discorso a domani mattina, mandando tutti a dormire per riprendere le forze.

Ma Hinata non poteva a dormire. Non ci sarebbe riuscita. La sua mente era piena di dubbi, piena d’incertezze e di domande. Non riusciva a togliersi dalla testa le parole che Boruto aveva detto a tutti loro quella sera.

Non riusciva ad accettare il fatto che avesse fallito nel suo ruolo di madre.

E fu allora che la determinazione le era nata dentro. Non sapeva spiegarsi come, ma era successo. Non poteva restare senza fare nulla. Doveva muoversi, doveva agire lei stessa. Non sarebbe riuscita a resistere.

E proprio perché aveva seguito quella sua determinazione, adesso la ragazza si stava dirigendo in quella direzione.

Si fermò davanti al suo obiettivo, a qualche decina di metri di distanza. I suoi occhi lo scrutavano con una determinazione che non riusciva a spiegarsi nemmeno lei.

Boruto era seduto su un piccolo muretto, sul lato destro di un viottolo, dandole le spalle e fissando un grosso albero piantato nel mezzo di quello che in passato doveva essere stato un parco verde nella città. Appena lo vide, una fitta di timore immensa le nacque nel cuore inspiegabilmente.

Esitò qualche secondo, insicura sul da farsi. Poteva davvero farcela? Lei? Una ragazza timida ed incapace come lei? Poteva davvero riuscire a fare quello che pensava di fare? Ne era veramente sicura? Ci sarebbe riuscita? E se-

“So che sei lì dietro.” fece la voce monotona del biondo davanti a lei all’improvviso.

Hinata trasalì, come una bambina scoperta dal padre a fare qualcosa di losco. I suoi occhi si mossero in tutte le direzioni, le mani si unirono insieme istintivamente, la faccia cominciò a farsi rossa.

“Ah-Ah-Ah, Boruto-kun!” balbettò, caduta nel panico. “S-Scusami! N-Non volevo d-d-disturbarti! N-Non pensavo tu fossi qui!”

Boruto non si voltò neanche verso di lei, ma la ragazza udì chiaramente il suo sospiro di esasperazione.

“Non scomodarti a mentire,” la interruppe col suo solito tono. “La falsità nelle tue parole è evidente. E ho percepito chiaramente da qualche minuto che ti stavi dirigendo qui verso di me, osservandomi con il Byakugan.”

La faccia della ragazza non poté farsi più rossa dall’imbarazzo. Era stata scoperta in pieno ancora prima di avvicinarsi a lui. Non sapeva veramente cosa dire. Avrebbe voluto sotterrarsi a terra per la vergogna. Fu davvero felice del fatto che Boruto non si fosse ancora voltato verso di lei, restando così incapace di vedere la sua faccia.

Il silenzio prese a regnare per diversi secondi, più imbarazzante che mai.

Il biondo sospirò di nuovo. “Allora?” chiese di nuovo, il suo tono calmo. “Che cosa vuoi?”

Hinata si riscosse subito, cercando di placare le ondate di panico che la stavano assaltando.

“B-Boruto-kun,” cominciò poi a dire con voce tremante e nervosa. “V-Voglio parlare con te! S-Se la cosa non ti disturba, certo!”

Il guerriero non rispose subito, restando in silenzio per alcuni secondi.

Hinata sentì il nervosismo salire alle stelle durante l’attesa. Era riuscita in qualche modo a dire perché era andata da lui, ma adesso non sapeva proprio cosa fare. E se fosse stato inutile? Cosa avrebbe fatto? Se Boruto avesse rifiutato la sua proposta, allora non avrebbe avuto modo di dirgli quello che pensava! Che cosa poteva fare in quel caso?

“O-Ovviamente non sei costretto,” riprese a dire subito dopo, le mani che si muovevano in tutte le direzioni, la sua faccia colma di nervosismo. “Se n–non vuoi posso andare-”

“Siediti.”

La ragazza si bloccò improvvisamente, gli occhi sgranati. Aveva sentito bene?

“C-Come?” fece, incredula.

Boruto puntò con un dito il muretto dove stava seduto. “Se sei venuta fin qui per parlarmi, allora siediti.” disse di nuovo, il suo tono sempre monotono. “Non farmi perdere troppo tempo.”

Hinata scattò all’istante appena udì quelle parole, sedendosi immediatamente alla sinistra del ragazzo per non contrariarlo. Il cuore le batteva all’impazzata nel petto. Non riusciva a crederci. Non riusciva a credere che Boruto avesse accettato di parlare con lei. Non lo avrebbe mai sperato!

“Cosa vuoi dirmi?” chiese ancora il Nukenin, continuando a fissare davanti a sé.

La tensione salì alle stelle per la giovane Hyuuga, insicura su come cominciare. Era finalmente l’occasione che aveva per parlare con il suo futuro figlio. Non poteva esitare adesso. Non poteva lasciare che il suo nervosismo avesse la meglio.

Dopotutto, aveva finalmente trovato il coraggio di approcciarsi a lui dopo aver sentito la sua storia, non poteva mollare adesso.

Hinata fece un grosso respiro, tentando invano di calmarsi. “Q-Quello che hai raccontato,” cominciò a dire, la sua voce improvvisamente carica di tensione. “È vero? Ha-Hai davvero vissuto tutto quello, B-Boruto-kun?”

Boruto la fissò di sbieco col suo occhio sinistro. “Sì,” confermò ancora una volta senza esitazione. “È tutto vero.”

La ragazza abbassò lo sguardo a terra all’udire ciò. Le sue mani si strinsero nervosamente insieme. Chiuse gli occhi con forza, cercando di non far emergere il dolore e lo sconforto che erano cominciati a nascere in lei dopo aver ricevuto una seconda conferma delle sue parole.

Fallì miseramente nel tentativo.

“P-Perché?” domandò senza alzare gli occhi.

Il ragazzo col mantello inarcò un sopracciglio. “Perché cosa?” domandò a sua volta.

Hinata serrò i pugni con così tanta forza che le nocche divennero ancora più bianche della sua pelle pallida. Il suo corpo tremò leggermente.

“Perché ti abbiamo trattato in quel modo?” disse ancora, questa volta con più enfasi. “Perché io e Naruto-kun ti abbiamo fatto questo? Perché non abbiamo tentato di risolvere la situazione in un altro modo?”

Boruto si voltò verso di lei lentamente, il suo sguardo indecifrabile. Fissò con intensità la figura di quella ragazza, osservandone tutti i lineamenti del viso e i particolari del corpo e dei capelli, tentando di discernere il motivo di quella domanda. Rimase colpito da una cosa mentre la scrutava con attenzione.

Ogni cosa di quella ragazza, eccetto il comportamento, gli ricordava sua madre.

Fu lì che la realizzazione lo colpì in pieno. Boruto sgranò leggermente l’occhio.

Quella ragazza era sua madre. Era quella stessa persona. Era la stessa donna che tra qualche anno lo avrebbe dato alla luce. Era la persona che lo aveva accudito nei primi anni della sua vita. Era la persona che lo aveva nutrito, che lo aveva fatto crescere, che lo aveva visto diventare da un mero infante ad un ragazzino.

Era la stessa persona che lo aveva abbandonato nel dolore.

La figura della ragazza, in qualche modo, si mutò improvvisamente in quella di sua madre ai suoi occhi. Riuscì letteralmente a vedere quella donna accanto a sé come in un lampo. Riuscì a sentire l’odore familiare della sua pelle, quell’odore che amava tanto e che lo faceva sentire protetto quando da piccolo si lasciava cullare in quelle braccia.

Un senso di repulsione gli nacque nel cuore inevitabilmente. Non poteva farne a meno. Non poteva fare a meno di provare rabbia e risentimento nei confronti di quella donna per ciò che lei e suo marito gli avevano fatto. Non riusciva a comprendere perché lo avessero trattato in quel modo.

E la cosa lo faceva imbestialire.

Il suo istinto gli urlò di allontanarsi da lei all’istante prima di cadere in preda alla rabbia, e Boruto stava quasi per farlo, cominciando ad alzarsi dal muretto dove stava seduto, quando un improvviso pensiero gli balenò nella testa e lo fece fermare.

Si era sbagliato.

Quella ragazza al suo fianco non era sua madre. Non era la stessa persona. Non era ancora diventata la donna che lo avrebbe fatto soffrire in quel modo, inducendolo quasi al suicidio. Non era lei. Il suo occhio si focalizzò di nuovo, facendo scomparire la figura di quella donna e sostituendola di nuovo con la giovane ragazza.

Forzò immediatamente il suo corpo a non muoversi dal punto in cui era seduto, ma non riuscì a frenare l’istinto di inclinarsi il più lontano possibile dalla giovane. Il senso di rabbia gli stava annebbiando la mente, ma tentò di calmarsi subito facendo dei profondi respiri.

Hinata si accorse del suo tumulto interiore, alzando subito lo sguardo verso di lui.

“P-Perdonami, Boruto-kun!” esclamò debolmente, il suo volto una maschera di dolore. “N-Non avrei dovuto farti una domanda simile!”

Boruto strinse i denti. Non riuscì a rispondere in quel momento. Non riuscì a formulare una frase coerente in quell’istante.

Il solo udire quella voce gli fece perdere le staffe. Udire quella voce, quella stessa voce che gli ricordava quei giorni passati, gli fece stringere dolorosamente il cuore nel petto. Non riuscì a trattenere completamente il dolore represso dentro di sé, esalando un respiro con forza e serrando i pugni.

Perché le cosa dovevano sempre andare a finire così? Perché non poteva restare in pace una volta tanto? Perché non poteva liberarsi da quelle maledette catene d’agonia?

“Tu mi odi, vero?” fece la sua maledetta voce all’improvviso.

Boruto si voltò di scatto verso di lei, il suo occhio sgranato colmo di rabbia, dolore e odio. Aprì la bocca di getto, pronto a sbraitare la sua risposta.

“TI ODIO PIÙ DI QUALSIASI COSA AL MONDO!”

Ma quelle parole non uscirono mai dalle sue labbra. Qualsiasi cosa volesse dire gli morì in gola appena vide il volto di quella ragazza affianco a sé.

Hinata stava piangendo.

Hinata Hyuuga stava piangendo copiosamente dinanzi a lui. La sua faccia era contorta in un’espressione di dolore e rammarico, gli occhi ricolmi di lacrime che le colavano sulle guancie, gocciolando a terra ritmicamente. Il suo corpo tremava in preda ai singhiozzi, la testa bassa e le sue mani serrate.

Boruto rimase sconvolto da quella visione. Tutta la rabbia, tutto il dolore e la sete di vendetta dentro di lui scomparvero all’istante nel momento in cui vide quel volto in lacrime. Tutto l’odio che aveva nel cuore si acquietò di botto, lasciando spazio ad un muto stupore e all’incredulità.

Hinata tirò su col naso, tentando invano di fermare il suo pianto.

“S-So di non meritare altro che il tuo odio!” disse ancora, la sua voce piena di un dolore e una vergogna talmente grandi che erano quasi tangibili. “Sono diventata una madre orribile! Non ho fatto altro che causarti dolore nel futuro, ignorando completamente i tuoi sentimenti! È tutta colpa mia! Sono un mostro! NON SONO PIÙ DEGNA DI DIVENTARE MADRE! HO FALLITO MISERAMENTE! M-MI DISPIACE B-BORUTO-KUN!”

Boruto continuò a fissarla in silenzio, il suo occhio sgranato all’inverosimile dallo sconvolgimento nell’udire quella dichiarazione colma di disperazione. Non riusciva a capire. Perché era rimasto così sconvolto nel vedere quella ragazza in lacrime? In passato aveva visto diverse volte sua madre piangere a causa sua, ma non si era mai lasciato coinvolgere in questo modo prima d’ora. Come mai? Cosa stava succedendo?

Una sensazione strana cominciò a nascergli nel petto all’improvviso, una sensazione che non aveva più provato nei confronti dei suoi genitori da una vita.

Dispiacere e compassione.

Hinata abbassò ulteriormente la testa, sprofondando in un cupo stato di depressione e dolore. Il suo corpo prese a singhiozzare sommessamente.

Lo aveva detto. Lo aveva finalmente detto. Si era scusata con Boruto per le sue azioni. Sapeva bene che le sue scuse non avrebbero cambiato nulla, ma non era riuscita a trattenersi. Non era riuscita a sopportare l’idea di dover portare quel disonore che avrebbe gettato su di sé nel futuro senza scusarsi.

Ma ora, anche se non sarebbe servito a niente, almeno aveva chiesto scusa. Almeno adesso poteva continuare a vivere nel dolore sapendo che una volta nella vita si era scusata. Almeno adesso poteva auto-commiserarsi senza dover-

“Io non ti odio.” fece improvvisamente la voce di Boruto, riscuotendola dai suoi pensieri.

La ragazza trasalì come se fosse stata colpita. Alzò la testa di scatto, scioccata. “Huh?”

Il biondo stava fissando a sua volta a terra, il suo occhio sinistro pieno di dolore e rassegnazione. “Io non ti odio, Hinata-san” disse ancora, il suo tono pacato ma carico di dolore. “Non ti ho mai odiata.”

La ragazza rimase sconvolta da quella dichiarazione. Non riusciva a crederci. Non poteva crederci. Non poteva averci sentito bene. Era sicuramente un’illusione. Aveva compreso male.

Boruto alzò un po’ lo sguardo, fissando l’albero nel mezzo del parco distrutto.

“Io non ti odio.” ripeté ancora una volta. “Credimi, non ti ho mai odiata sin da quando ti ho conosciuta.”

Hinata rimase a bocca aperta, le lacrime che continuavano a scendere. “M-Ma io ti ho causato tutto quel dolore!” ribatté disperatamente. “Ti ho portato quasi al suicidio! Come puoi non odiarmi dopo tutto quello che ti ho fatto?!”

Il Nukenin scosse la testa. “Non sei stata tu.” rispose, il suo tono serio. “È stata mia madre a fare tutto questo. Tu non c’entri nulla in questa storia.”

“Ma i-io sono tua madre!” disse ancora lei, confusa.

“No, non lo sei.” la corresse pacatamente il ragazzo. “Forse un giorno lo diventerai, ma adesso sei soltanto una ragazza. Una giovane ragazza catapultata in questo mondo per combattere una calamità pericolosissima contro la sua volontà, come tutti noi. Non sei tu la persona che mi ha messo al mondo. E per questo motivo io non ti odio.”

Hinata rimase di stucco, incapace di proferire una sola parola.

Boruto si voltò verso di lei e la fissò negli occhi. “Io non ti odio.”disse ancora una volta con decisione. “Io odio i miei genitori, e odio le persone che commettono le ingiustizie. E la più grande ingiustizia che io potrei compiere adesso è affibbiare una colpa a delle persone innocenti. Sarebbe troppo facile per me dare la colpa a te e a Naruto, ma voi siete ancora innocenti. Non siete le stesse persone che diventerete in futuro. Non posso odiare delle persone che non mi hanno fatto niente. Andrebbe contro i miei stessi principi. Potreste non andarmi a genio, lo ammetto, ma non vi odio. Fidati almeno di questo.”

Nulla riuscì a fermare le lacrime di Hinata in quel momento. Appena udì quelle parole, la ragazza scoppiò una seconda volta a piangere con forza, affondando la faccia nelle mani e singhiozzando ritmicamente.

Boruto non la odiava. Non serbava rancore contro di lei. Non la riteneva responsabile per quello che aveva vissuto. Sentì un peso enorme scomparire dal suo cuore appena realizzò quella cosa. Sentì un grande senso di sollievo inondarla completamente, facendole versare lacrime non più di dolore, ma di gioia, speranza e sollievo.

E poi, come se non bastasse, sentì improvvisamente un braccio cingerle le spalle.

Tolse le mani dalla faccia di scatto, e vide con suo sommo stupore che Boruto aveva poggiato una mano sulla sua spalla sinistra, abbracciandola leggermente e coprendola contemporaneamente col suo mantello. La stava confortando.

O meglio, stava tentando di confortarla. Il suo volto era completamente teso, un’espressione impacciata ed insicura stampata in faccia, mentre il suo occhio la guardava con insicurezza e timore. Quel ragazzo, realizzò lei, il suo futuro figlio la stava aiutando. Boruto stava cercando di offrirle un minimo sostegno e conforto, nonostante riuscisse a vedere bene la difficoltà che faceva nel compiere quel gesto. Stava mostrando un segno di affetto che non si sarebbe mai aspettata di ricevere da lui.

Un profondo senso di gioia le nacque dentro al cuore nel realizzare ciò.

Il Nukenin, dal canto suo, era a sua volta rimasto piuttosto scioccato dalle sue azioni. Il suo corpo si era mosso da solo, e Boruto non riusciva a capire, non riusciva a comprendere cosa stava facendo.

Perché?

Perché si stava comportando in questo modo? Perché la stava abbracciando? Per quale motivo adesso sentiva questo inspiegabile bisogno di confortare Hinata, mentre fino a qualche istante fa quella ragazza sarebbe stata completamente indifferente ai suoi occhi? Perché improvvisamente soffriva nel vederla in lacrime? Cos’era cambiato in lui?

Poi, di colpo, lo capì.

La risposta era molto più semplice di quel che pensava. L’aveva già intuita nel suo cuore quella mattina. La risposta era già presente nella frase che aveva detto pochi secondi prima.

Hinata, la ragazza affianco a lui, era innocente. Non era la stessa persona che lui odiava. Non era ancora sua madre. Era una semplice ragazzina. Una persona che in quel momento stava soffrendo.

Una persona che stava soffrendo a causa sua.

Boruto non amava vedere soffrire le persone. Non era un mostro senza cuore. Non era un assassino crudele e spietato come lo dipingevano gli Shinobi dell’Unione. Sapeva bene cosa significasse soffrire. Conosceva alla perfezione quel sentimento, quella disperazione che Hinata stava provando. E proprio per questo il suo corpo si era mosso.

Non si trattava di amore, né di compassione o pietà. Non lo stava facendo per pura carità o misericordia. Non lo stava facendo per un qualche velato ed inconscio sentimento represso nei confronti di quella ragazza. No, niente affatto.

Lo stava facendo perché lui agiva secondo la giustizia. Lo stava facendo perché aiutare coloro che soffrono era da sempre stata la missione principale di un Guerriero. Lo stava facendo perché era l’unica cosa giusta da fare in quel momento. Lo stava facendo perché quella era la sua missione.

“Io sono un Guerriero,” pensò tra sé, tentando di calmarsi in quella situazione. “E come tale agirò secondo giustizia. Lei non è mia madre, è solo una ragazza piena di dolore, ed io devo aiutarla a stare meglio. E adesso l’unica cosa che posso fare è questa.”

Quasi inconsciamente, Hinata si inclinò a sua volta goffamente verso di lui, lasciandosi cullare dall’abbraccio e assaporando il calore corporeo del biondo che la riscaldava dal freddo della notte e dal gelo dei pensieri negativi.

La sensazione che provava era simile a quella che aveva sperimentato durante l’abbraccio con Naruto. Sentiva una sensazione simile a quella provata in quello stesso momento, anche se l’intensità non era affatto uguale. Eppure, la ragazza ne era certa. Quella sensazione che stava provando, quel contatto fisico che stava sentendo era molto simile a quello che le aveva suscitato anche Naruto. Lo percepiva chiaramente. Ne era certa.

Era una sensazione piacevole, una sensazione di sicurezza e calma. Un senso di protezione e d’immunità a qualunque pericolo veniva emanato dal tocco di quel giovane. Persino l’odore corporeo era simile a quello del suo amato Naruto-kun. Quella sensazione, a poco a poco, la fece calmare.

Padre e figlio, forse, non erano poi così diversi alla fine.

Rimasero entrambi così per qualche decina di secondi, immersi in una miriade di emozioni che andavano dall’imbarazzo al dolore. Nessuno dei due parlò per tutto quel tempo, assaporando entrambi quell’inaspettato, e probabilmente unico, momento di familiarità tra loro.

Poi, lentamente, Boruto si separò dall’abbraccio.

Hinata si asciugò le lacrime, offrendo al guerriero un sorriso imbarazzato. “G-Grazie…”

Boruto si grattò la testa, nervoso e confuso a sua volta. “D-Di nulla…”

La ragazza ridacchiò nel vedere quella sua reazione così inaspettata, facendo diventare le guancie del Nukenin ancora più rosse. In quel momento, dovette ammettere Hinata, quel giovane era incredibilmente simile a Naruto.

“S-Sai, Boruto-kun,” riprese a dire lei. “Volevo davvero ringraziarti.”

Il ragazzo del futuro si calmò, inarcando un sopracciglio. “Ringraziarmi? E per cosa?”

Hinata sorrise. “Per avermi salvata quella volta nella Fortezza!” spiegò lentamente. “Uno di quei principi mi era saltato addosso, e sarei sicuramente morta se tu non mi avessi difeso mettendoti davanti a me!”

Boruto la fissò negli occhi per alcuni secondi, il suo sguardo indecifrabile. Poi, senza dire nulla, si alzò in piedi e le diede le spalle.

“Non ringraziarmi.” replicò, la sua voce calma e lenta. “Ho semplicemente fatto quello che avrebbe fatto chiunque nei miei panni.”

“Anche così, ci tenevo a dirtelo!” riprese la giovane con un tono sincero, alzandosi a sua volta. “Grazie per avermi salvata, Boruto-kun!”

Il Nukenin annuì, accettando i ringraziamenti in silenzio. Poi prese ad incamminarsi lontano da lei a passo lento.

“Dovresti andare a dormire,” le disse senza fermarsi. “Oramai è tardi. Non sprecare ulteriormente le tue energie.”

“Aspetta!” lo richiamò Hinata con forza, facendolo fermare subito. Il biondo si voltò leggermente verso di lei all’udire il richiamo, osservandola di sbieco intensamente.

“S-Se quello che hai detto è vero,” disse lei con foga. “Se davvero non odi me e Naruto-kun, allora perché ti allontani da noi? Perché resti sempre da solo? Perché non proviamo a conoscerci a vicenda? N-Non voglio smettere di parlare con te, e sono certa che anche Naruto-kun sarebbe felice di conoscerti meglio! Perché non proviamo ad essere almeno amici?”

Boruto non rispose subito alla domanda, limitandosi a fissarla con intensità per alcuni secondi. Una miriade di emozioni attraversò i loro sguardi reciprocamente, mentre i due continuavano ad osservarsi in silenzio. Due occhi carichi di speranza contro un occhio freddo ed indecifrabile.

Poi, di colpo, Boruto abbassò lo sguardo a terra.

“Non posso.” rispose alla fine, il suo tono freddo. “Non è possibile fare una cosa del genere. Anche se siete innocenti, noi tre non potremo mai essere amici.”

Hinata sgranò gli occhi. “Ma perché?” esclamò, incredula. “Perché non vuoi almeno provarci?”

Boruto si voltò dall’altra parte, dandole completamente le spalle.

“Perché ho fatto un giuramento.” disse, il suo tono gelido e la sua espressione carica di fermezza. Hinata ascoltò con attenzione le sue parole, incapace di capire.

“Ho giurato sul mio nome che un giorno avrei ucciso i miei genitori.” spiegò ancora il Nukenin, sconvolgendo completamente la ragazza dietro di lui con quelle sue parole.

Poi il biondo si voltò di nuovo verso di lei, un sorriso triste che gli contornava il volto.

“Che senso avrebbe diventare vostro amico, se poi un giorno sarò io stesso a togliervi la vita?”

Appena finì di pronunciare quella frase, senza aspettare una sua risposta, il ragazzo riprese a camminare per la città, scomparendo dopo un secondo nel buio della notte e lasciando da sola una giovane Hinata completamente allibita e sconvolta.

Le parole che aveva appena udito le riecheggiarono per diversi secondi nella mente. Rimase ferma per diversi istanti, gli occhi e la bocca spalancati, incapace di reagire in alcun modo.

Un improvviso soffio di vento freddo le accarezzò i capelli, e alla ragazza sembrò di sentire una voce sussurrarle qualcosa in quella folata di vento.

Nessuno potrebbe essere così crudele…
 


 

Note dell'autore!!!

E VABBE'! MA ALLORA E' UN VIZIO! PERCHE' DIAVOLO DEVI SEMPRE ROVINARE I MOMENTI PIU' BELLI, BORUTO?

Sclero personale a parte, ecco a voi il nuovo capitolo come promesso. Scrivere quest'interazione tra madre e figlio è stato davvero emozionante per me, e devo dire che questo capitolo sarà per sempre uno dei miei preferiti. Le emozioni che mi ha suscitato nel comporlo resteranno sempre dentro di me, e mi è piaciuto davvero un sacco descrivere le emozioni e le sensazioni di Boruto e Hinata. Questo capitolo l'ho scritto in ben dieci minuti ininterrotti proprio per il gusto che mi aveva dato.

Il prossimo capitolo uscirà domenica 26 novembre.

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e coloro che mi faranno sapere cosa ne pensano della vicenda. Ne approfitto per ringraziare anche le persone che mi stanno aiutando coi loro consigli e i loro pareri sulla storia. Grazie davvero, perchè è solo grazie a voi che posso riuscire a migliorare! Un grazie col cuore!
A presto! ;)
 

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Capitolo 46
*** Incertezza ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 

Incertezza


Giorni mancanti allo scontro: 26


“Cosa?” fece la voce sbigottita di Naruto. “Stai dicendo che dobbiamo allenarci?”

L’Eremita sospirò, osservando i dieci ninja disposti davanti a sé nella radura dove si erano scontrati i due ragazzi il giorno prima.

“Esatto, giovane Naruto.” confermò l’anziano. “Come vi ho già detto, avete soltanto altri 26 giorni prima che il drago assorba completamente l’energia di questo mondo e lo distrugga. Non ci resta molto tempo. Ma, al vostro attuale stato, nessuno di voi ha la possibilità concreta di sconfiggere Vrangr. E anche se nella mia profezia non mi è stato rivelato il modo in cui voi potreste vincere questa battaglia, questo non vuol dire che dovremo restarcene con le mani in mano, giusto?”

Sasuke fece un passo avanti. “E come dovremmo allenarci allora?” domandò.

Hagoromo li fissò uno ad uno. “Lasciate che vi spieghi il mio piano.” cominciò a dire, attirando l’attenzione di tutti. “Come ho già spiegato tempo fa, il Potere del Risveglio può essere utilizzato da una sola persona, e in questi giorni sono riuscito a capire chi è la persona più adatta ad attivarlo tra di voi.”

Naruto, Sarada e gli altri rimasero allibiti.

“Hai scoperto chi di noi è in grado di usare quel Potere?” esclamò Mikoto, sconvolta ed incredula.

L’Eremita annuì. “Esatto, ma al momento vorrei rimandare a tra poco questo discorso. Tuttavia, nella sfortunata ipotesi che la persona in questione non riesca ad attivarlo, ho intenzione di cedervi alcuni dei miei poteri come riserva.”

Kushina sgranò gli occhi. “I tuoi poteri?” ripeté, stupita.

“Cosa intendi dire?” chiese anche Fugaku, il suo tono serio.

L’Eremita fece un cenno a Naruto e Sasuke. “Ho intenzione di cedere una parte del mio Potere delle Sei vie nelle vostre mani,” disse loro. “Questo potere sarà soltanto temporaneo, e nel caso del successo della missione esso scomparirà automaticamente. Ma fino a quando lo possiederete, esso vi garantirà un incremento delle vostre abilità e della potenza dei vostri attacchi, assieme anche ad altri benefici che vedrete in futuro.”

I due ragazzi erano rimasti allibiti dalla notizia, con gli occhi sgranati e la bocca aperta, incapaci di proferire parola.

Tuttavia, Minato fece una domanda che tutti si stavano chiedendo. “Ma perché proprio loro due?” domandò con sospetto. “Perché non vuoi cedere a qualcun altro il tuo potere?”

Hagoromo scosse la testa. “Non è che non voglio farlo,” spiegò lentamente. “Ma semplicemente non posso. Solo loro due sono in grado di ricevere il chakra delle Sei vie, per un motivo che non posso spiegarvi nel dettaglio per questioni di tempo. Diciamo soltanto che grazie alla presenza di Kurama in Naruto e grazie agli occhi ottenuti da Sasuke, entrambi i giovani qui presenti hanno ottenuto un chakra molto particolare, un chakra simile per struttura e compatibilità a quello che possiedo io. Per questo loro due sono gli unici che possono ricevere questo potere. Se lo cedessi a qualcun altro di voi, esso non avrebbe effetto.”

“Senza contare che loro due sono gli unici in grado di riceverlo perché sono le reincarnazioni di Indra e Ashura!” pensò tra sé il vecchio essere. “Ma non è ancora giunto il momento di rivelare loro questa verità!”

Mikoto alzò una mano. “Ma cosa ha a che fare tutto questo con l’allenamento di cui lei ha accennato prima?”

“Ci stavo giusto arrivando,” rispose Hagoromo con un cenno del capo. “Dovete sapere che il mio Potere, a differenza di quel che potreste pensare, non è illimitato, ed una volta passato nelle mani di Naruto e Sasuke esso potrà essere usato soltanto una volta sola. In altre parole, potrete attivare il Potere delle Sei vie soltanto quando dovrete effettivamente affrontare il drago, e non prima.”

Naruto sgranò gli occhi. “Cosa?” esclamò. “Ma se possiamo usarlo una volta sola, come potremo imparare ad utilizzarlo?”

L’Eremita sorrise divertito. “L’obiettivo dell’allenamento è proprio questo. Vi sottoporrete durante questi giorni ad una serie di esercizi di manipolazione del chakra e di lotta per incrementare il vostro controllo e la vostra forza. In questo modo, anche se non potete ancora attivarlo, una volta giunti dinanzi a Vrangr sarete in grado di usare il mio Potere senza difficoltà.”

Detto questo, senza aggiungere altro ed unendo insieme le mani, l’Eremita delle Sei vie chiuse gli occhi e cominciò ad accumulare energia dentro di sé. Poi, dopo alcuni secondi di silenzio, Hagoromo riaprì gli occhi.

“Naruto, Sasuke,” disse con un tono serio. “Venite davanti a me.”

I due ragazzi esitarono per qualche secondo, insicuri di quello che stavano per fare, e si lanciarono delle occhiate perplesse. Era davvero la scelta giusta? Dovevano davvero accettare il Potere dell’Eremita?

Poi però, senza pensarci due volte, entrambi decisero di muoversi, scegliendo di fidarsi delle sue parole. Non potevano permettersi di esitare. La posta in gioco era troppo alta, avrebbero dovuto rischiare. Il loro mondo era in pericolo, e non avrebbero potuto perdere altro tempo.

Avevano bisogno di qualsiasi tipo di vantaggio per sconfiggere il drago.

Si fermarono dinanzi all’Eremita.

“Naruto, tu dovrai afferrare con la mano destra la mia sinistra,” spiegò l’anziano essere. “Mentre tu Sasuke farai lo stesso con la tua sinistra e la mia destra.”

I due ragazzi non persero altro tempo, poggiando le mani sui palmi di Hagoromo come gli era stato istruito. Appena di giovani afferrarono le mani dell’Eremita, una lieve ondata di energia venne emessa attorno a loro, la quale generò un sottile soffio di vento che si propagò oltre le loro figure.
Tutti gli altri li osservavano con interesse e stupore. Boruto studiò la scena col Jougan.

Poi, di colpo e senza preavviso, i due giovani sentirono una grossa quantità di energia attraversargli il corpo come un fluido liquido, rinvigorendogli i sensi ed inondandoli con una sensazione di calore mai provata prima. Ma non era quello che li aveva colpiti.

La sensazione generata dall’energia che stavano provando dentro di loro era incredibilmente familiare per entrambi. Era come se l’avessero già sperimentata in passato, anche se la cosa era ovviamente impossibile. Eppure, nonostante ciò, quello che stavano provando nel percepire quel chakra fluire dentro di loro era indiscutibilmente un senso di familiarità e nostalgia. Entrambi non sapevano cosa pensare, non riuscivano a cogliere il perché l’energia dell’Eremita stesse causando loro quella sensazione. Perché era così familiare per loro quel chakra?

“Cosa sta succedendo?” esclamò mentalmente Sasuke. “Cos’è questa energia che sto sentendo dentro me? È una sensazione strana… così familiare…”

Anche Naruto era stupito. “Questa sensazione… Perché è così strana? Sembra quasi nostalgica!”

‘Sembra che per qualche motivo il chakra di Hagoromo sia simile al tuo e a quello di Sasuke,’ disse la Volpe nella sua mente. ‘Per questo la sua energia ti sembra familiare anche se non l’hai mai ottenuta prima. Tuttavia neanche io riesco a spiegarmi il motivo di ciò.’

Mentre erano assorti nei loro pensieri, improvvisamente l’Eremita mollò le mani dei due ragazzi, il suo volto che si adornava di un sorriso soddisfatto e gli occhi che scrutavano con divertimento i giovani davanti a sé.

“Ha funzionato,” disse loro lentamente con un tono soddisfatto. “Naruto, Sasuke, osservate le vostre mani.”

Entrambi posarono lentamente lo sguardo sulle loro mani, il loro cuore che batteva all’impazzata. Gli altri si avvicinarono a loro, osservando la scena con muto stupore.

Tutti sgranargono gli occhi.

Sul palmo della mano destra di Naruto era misteriosamente comparso un sigillo strano, rotondo e completamente bianco, mentre sulla mano sinistra di Sasuke era apparso un secondo sigillo che ricordava una mezzaluna completamente nera. I due interessati osservavano con gli occhi spalancati i Marchi sui loro palmi con stupore e sconvolgimento.

Hagoromo sorrise. “Lasciate che vi spieghi,” disse allora. “I simboli che vi sono comparsi sulle mani sono ciò che vi conferirà il Potere delle Sei vie, una volta che avrete imparato ad attivarli dopo l’allenamento. Quando i Marchi saranno attivati, voi due riuscirete a sbloccare la Modalità Eremitica delle Sei Vie della Trasmigrazione, anche se non sarà una versione completa come quella che possiedo io. Comunque sia, essa vi conferirà la capacità di manipolare l’energia naturale in maniera molto più potente ed efficace di quanto possiate fare adesso, oltre che all’aumento di tutti i parametri fisici come forza, velocità e riflessi.”

Naruto rimase letteralmente sconvolto dalla notizia. “Quindi saremo in grado di usare i tuoi stessi poteri, vecchio Eremita?” domandò con trepidazione.

Tuttavia, Hagoromo scosse la testa. “Non proprio.” spiegò a tutti i presenti. “Come ho già detto, sia tu che Sasuke avete ottenuto un sigillo ciascuno nelle mani. Quello presente sulla tua mano, giovane Naruto, è il Marchio della Luce, mentre quello di Sasuke è il Marchio dell’Ombra. In altre parole, ciascuno di voi due possiede adesso una sola metà del mio potere originario. Perciò, a differenza del mio potere che contiene sia lo Yin che lo Yang contemporaneamente, voi due dovrete unire insieme le forze per ottenere il massimo dell’efficienza in combattimento.”

Sakura inarcò un sopracciglio. “Ma che senso ha donare loro solo una metà del tuo potere?” domandò la ragazza. “Perché invece non puoi dare a Naruto e a Sasuke-kun tutta l’energia delle Sei vie? In questo modo avremo ancora più possibilità di vincere contro il drago!”

“Gia! Infatti!” disse anche Sarada, confusa.

L’Eremita scosse la testa. “Non è così semplice.” rispose l’anziano. “Nessun essere umano può assumere il Potere delle Sei Vie in maniera completa come me. L’unico modo per ottenerlo completamente è quello di divenire la Forza Portante del Decacoda, ma quest’opzione è folle e rischiosissima, oltre che quasi impossibile da attuare.”

Naruto e Sasuke sgranarono gli occhi all’udire ciò.

“Vedo che voi due avete intuito il concetto.” disse ancora Hagoromo, notando il loro stupore. “Questo è esattamente quello che l’uomo che si fa chiamare Madara Uchiha sta tentando di fare in questo momento nel vostro mondo.”

Naruto deglutì nervosamente. Adesso le cose erano molto più chiare. Questo era il motivo per cui quel tipo mascherato, Tobi, voleva raccogliere i dieci Bijuu! Voleva risvegliare il Juubi e diventare il suo jinchuuriki! Voleva ottenere il Potere delle Sei vie per dominare il mondo e farlo cadere nello Tsukuyomi Infinito!

Gli altri rimasero in silenzio, realizzando nelle loro menti la gravità della situazione che stava avvenendo nel loro mondo.

Boruto rifletté attentamente sull’informazione. Adesso aveva avuto un’ulteriore conferma di ciò che Toneri gli aveva spiegato anni fa riguardante la guerra mondiale dei ninja. Obito Uchiha aveva causato lo scoppio della Quarta Guerra Mondiale perché voleva diventare il secondo Eremita delle Sei vie, ottenendo tutti i Cercoteri e divenendo la Forza Portante del Juubi. Un piano folle, certo, ma a suo parere incredibilmente acuto ed efficace.

“Dunque esiste davvero un modo per ottenere il potere dell’Eremita!” pensò tra se e se. “Non ci avevo mai creduto del tutto finora, ma a quanto sembra Toneri aveva ragione!”

Eren fece un passo avanti, cogliendo l’attenzione di tutti. “Non ho idea di cosa state parlando,” disse con un tono serio. “Ma cosa ha a che fare questo “Potere” che hai donato loro con la missione per sconfiggere il drago?”

L’Eremita sospirò. “Hai ragione Eren, non possiamo perdere tempo in chiacchiere. Ora vi darò le ultime informazioni necessarie per la missione, quindi ascoltatemi con attenzione.”

Minato, Kushina, Fugaku, Mikoto, Sarada e tutti gli altri aguzzarono le orecchie.

“Col Potere delle Sei vie che ho donato a Naruto e Sasuke avrete un enorme vantaggio nello scontro contro Vrangr. Questo perché, unendo insieme la loro potenza a quella del potere dei manufatti, avrete la possibilità quasi incontrastata di distruggere qualsiasi nemico. L’unione combaciata di queste due abilità, già da sé molto efficaci, non può essere sottovalutata neanche da un drago, e se tutto andrà per il meglio essa vi garantirà una possibilità concreta di vittoria. Ma questo dipende esclusivamente dal fatto che la persona che ho scelto riesca ad attivare o meno il Potere del Risveglio.”

Minato aggrottò le sopraciglia. “Hai detto che hai già scelto chi di noi sarà ad utilizzare questo Potere, ma adesso dicci di chi si tratta!”

“È evidente che non saranno né Sasuke né Naruto, dato che hai già conferito loro un altro Potere,” analizzò Boruto, il suo occhio ridotto ad una fessura ed il suo sguardo freddo e calcolatore. “ E credo che neanche Eren potrebbe riceverlo, essendo già in possesso dell’abilità di trasformarsi in Titano. Questo fa calare il numero dei candidati a otto. E se ben ricordo, avevi accennato qualche giorno fa al fatto che io e Sarada eravamo tra le persone con la probabilità maggiore di riuscire ad ottenere il potere dei manufatti assieme a Naruto e Sasuke. Dunque, se quel che penso è logico, la persona a cui ti riferisci è uno di noi due, giusto?”

Sarada strinse i pugni appena realizzò a sua volta la cosa. Una grande tensione cominciò a nascerle nel cuore. Stava seriamente rischiando di essere la persona che avrebbe dovuto ottenere il potere dei manufatti, e la cosa la innervosiva parecchio. Non era certa di poter essere in grado di ricevere una tale responsabilità sulle proprie spalle. E se non ce l’avesse fatta? Se non fosse stata all’altezza di quel compito? Il suo mondo poteva essere distrutto se lei si fosse rivelata incapace di riuscire nell’impresa.

L’Eremita sorrise mentalmente. “Proprio come pensavo, Boruto ha già capito da solo a chi mi stavo riferendo. Il suo modo di ragionare è davvero strabiliante. Questa è un’ulteriore conferma del fatto che la mia scelta potrebbe non essere così insensata. Anche se temo che non gli piacerà affatto…”

“Esatto, giovane Boruto!” confermò l’Otsutsuki, il suo tono serio ma pacato. “E credo anche che in cuor tuo tu sappia già a chi mi sto riferendo!”

Il biondo ghignò maliziosamente. “A Sarada, vero?”

La ragazza deglutì pesantemente, la sua tensione alle stelle. “I-Io veramente non credo di-”

“Sbagliato,” la interruppe l’Eremita con un sorriso. “Mi stavo riferendo a te.”
 

Il silenzio calò improvvisamente appena Hagoromo pronunciò quelle parole. L’aria attorno ai dieci ninja e ad Eren si fece pesante e tesa. Minato e Kushina osservavano con gli occhi sgranati il loro futuro nipote, stupiti dalla notizia repentina. Anche Hinata e Naruto erano rimasti molto sorpresi dall’improvvisa smentita dell’Eremita. Boruto era già molto forte di per sé, e tutti si aspettavano che la persona che avrebbe dovuto ricevere il Potere del Risveglio fosse Sarada. Che senso aveva donare altro potere quel ragazzo? Non sarebbe stato meglio cercare di bilanciare i poteri nella squadra?

Tuttavia, la giovane Uchiha tirò un sospiro di sollievo appena udì la rivelazione, per nulla delusa dalla realizzazione di non essere lei la prescelta della missione.

Boruto osservò l’Eremita delle Sei vie con uno sguardo indecifrabile, il suo sorriso scomparso. “Devi essere completamente pazzo per voler seriamente affidare a me quel Potere, vecchio!” disse il Nukenin, il suo tono serio. “Sono già il più forte del gruppo, come avete potuto constatare tutti voi, e non credo che la tua scelta sia logica. Non ho bisogno di altro potere. Avremo molte più possibilità di vittoria se tu cedessi i manufatti a Sarada piuttosto che a me!”

Il sorriso di Hagoromo si allargò. “In teoria il tuo ragionamento è corretto,” disse l’anziano. “Tuttavia non ho dubbi sulla mia scelta.”

Il giovane strinse i pugni. “Sai meglio di me che se dovessi morire loro non avrebbero speranza di vincere senza i manufatti! Le tue parole non hanno alcun senso!”

All'udire ciò, l’espressione dell’Eremita si fece stranamente colma di comprensione e pietà. “Boruto, non dire così. Capisco cosa provi, ma non è detto che la profezia si avvererà. Sono convinto che tu sia la scelta migliore in questo caso.”

“Ma perché?” esclamò ancora il guerriero, fissandolo con forza. “Quando io morirò gli altri potrebbero ancora contare sul Potere di Sarada! La tua scelta potrebbe mettere a repentaglio tutta la missione! Che senso ha questa decisione?”

Tutti si voltarono di scatto verso il ragazzo del futuro, sconvolti. Perché aveva detto quella cosa? Boruto era senza ombra di dubbio la persona del gruppo con la probabilità minore di morire nello scontro, date le sue abilità disumane ed il suo potere paragonabile a quello di Hagoromo. E anche contando i possibili imprevisti della missione, le probabilità che lui potesse rimetterci la pelle erano minori rispetto agli altri.

Eppure in quel momento Boruto stava parlando come se sapesse di andare in contro alla morte certa. Non riuscivano a capire. Perché stava dicendo quelle cose?

Hinata sentì una strana inquietudine farsi spazio dentro di lei. “Boruto-kun, perché parli in questo modo?” pensò con preoccupazione.

Sarada osservava la scena con gli occhi sgranati, le mani serrate ed uno sguardo colmo di terrore e spavento. “B-Boruto! Cosa stai dicendo?” domandò debolmente.

Il Nukenin la ignorò, continuando a fissare l’Eremita con il suo occhio freddo.

“Non sarà con la logica che riuscirete a sconfiggere Vrangr,” disse lentamente Hagoromo. “Ma con la forza e la determinazione che risiedono dentro di voi. Tu sei forte e determinato, e tra tutti sei quello con una maggiore consapevolezza di sé. Per questo motivo ho fiducia in te! Sono certo che ne uscirai vittorioso alla fine!”

Boruto abbassò gli occhi a terra, i pugni stretti con forza ed uno sguardo pieno di incertezza e dolore.

“Non ne sono così sicuro…” disse debolmente.

Sarada si portò subito dopo vicino a lui, afferrandolo per una spalla.

“Che cosa stai dicendo, Boruto?” domandò di nuovo, fissandolo con occhi pieni di paura e timore. “Quando io morirò? Che diavolo dici? Nessuno di noi morirà, specialmente tu! Ho intenzione di riportarti al Villaggio appena tutta questa storia sarà finita, e per questo non permetterò che possa succederti qualcosa!”

Naruto e gli altri osservavano i due ragazzi del futuro con attenzione, i loro sguardi pieni di stupore e timore.

Boruto tuttavia non rispose, continuando a fissare a terra.

Sarada strinse i denti e lo scosse con le braccia. “Rispondimi, Boruto!” esclamò con foga e rabbia. “Perché hai detto quelle cose? Che cosa mi stai nascondendo?”

Il ragazzo continuò a non parlare, ed anche Hagoromo fece un’espressione incerta e piena di rammarico, fissando Boruto con il suo Rinnegan.

“RISPONDIMI!” urlò la giovane Uchiha disperatamente, i suoi occhi rossi. “PERCHÈ HAI DETTO QUELLE COSE? PERCHÉ PARLI COME SE TU SAPESSI GIÀ DI MORIRE? DÌ QUALCOSA, DANNAZIONE!

Boruto alzò lentamente la testa, fissando Sarada con il suo occhio sinistro. Ma, stavolta, qualcosa era diverso nel suo sguardo.

Sarada trattenne il fiato.

Il suo occhio azzurro non era più freddo e distaccato come lo era stato sempre. Non era più gelido e privo di emozione come era sempre stato fino ad oggi. No. Niente affatto.

Adesso, con sommo stupore di tutti, il suo occhio era pieno di incertezza, di esitazione, timore, e soprattutto di paura. Adesso, il suo occhio era pieno di insicurezza e dolore, assieme a qualcos’altro. Un sentimento che la giovane Uchiha non riuscì a riconoscere subito.

Rassegnazione e rammarico.

La ragazza sentì improvvisamente il mondo crollarle addosso.

Appena vide lo sguardo esitante del suo vecchio amico, appena vide quello sguardo che esprimeva soltanto paura e timore, sentimenti che Boruto non aveva mai espresso con così tanta forza prima d’ora, lei sentì la morse gelida della tensione nascerle dentro il cuore. E una realizzazione sconvolgente si fece largo nella sua mente come un lampo.

Boruto era convinto che non sarebbe uscito vivo dallo scontro col drago.

Sarada ne era certa. Lo vedeva chiaramente. Aveva imparato a leggere bene lo sguardo delle persone, suo padre glielo aveva insegnato molti anni prima. E adesso lo riusciva a vedere senza dubbio. Nel suo occhio.

Boruto non pensava che sarebbe sopravvissuto alla battaglia.

La ragazza sentì le lacrime formarsi negli occhi. Perché? Perché Boruto era così rassegnato? Perché improvvisamente il suo amico aveva così tanta paura? Cos’era successo? Non riusciva a capire. Non riusciva a comprendere cosa fosse successo in lui.

Aveva notato che ultimamente il biondo avesse cominciato a comportarsi in maniera diversa. In questi giorni il suo comportamento era stato troppo strano, troppo diverso dal solito. Il suo atteggiamento era cambiato repentinamente. Non si comportava più in maniera aggressiva nei confronti degli altri, ed aveva deciso lui stesso di rivelare il suo passato a tutti. Qualcosa non andava. Era evidente ai suoi occhi. Lei lo conosceva troppo bene.

Sin da quando aveva accettato di sfidare Naruto in quello scontro, qualcosa era cambiato nel suo vecchio amico, ma Sarada non riusciva a capire cosa. Eppure era ovvio e innegabile. Boruto era cambiato radicalmente, anche se cercava sempre di nasconderlo rinchiudendosi in se stesso e restando in silenzio.

Qualunque cosa fosse successa però, adesso lo aveva afflitto in modo inspiegabile. Boruto non aveva mai mostrato un timore simile davanti a Sarada, non aveva mai avuto un’espressione così disperata e rassegnata prima d’ora.

La ragazza lo guardò nell’occhio, il suo sguardo supplicante. “Bolt, ti prego!” disse lentamente. “Cos’è successo? Perché ti comporti in questo modo? Perché hai così tanta paura? Questo non è da te!”

Il ragazzo del futuro non riuscì ad incrociare il suo sguardo, ma rispose lo stesso. “Non è successo nulla, Sarada.” disse, il suo tono basso. “Ma non credo di essere la persona adatta per ricevere il Potere del Risveglio. Non è saggio affidare tutta questa responsabilità su di me. Se io dovessi morire, voi non avreste speranza senza i manufatti.”

“Ma perché dici così? Tu non morirai! Nessuno di noi morirà!”

Boruto strinse i pugni, alzando la testa e fissandola con forza. “Ne sei proprio convinta?” esclamò con determinazione. “Sei proprio sicura che nessuno di noi morirà nello scontro? Non farmi ridere! Non stiamo facendo una delle tue patetiche missioni che vengono affidate nel Villaggio, Sarada! Stiamo per affrontare una delle creature più potenti che esistono nell’universo! Credi davvero che noi undici saremo in grado di tornare tutti sani e salvi nel nostro mondo senza difficoltà? Sei davvero così ingenua da credere che la possibilità di morte per noi sia bassa?”

La giovane Uchiha rimase in silenzio, guardando il suo amico con gli occhi sgranati.

“Credevo sapessi il rischio a cui stavamo andando incontro, Boruto!” s’intromise Minato improvvisamente. “E hai perfettamente ragione! Tutti noi potremmo morire nello scontro con il drago, ma anche nonostante questo rischio non possiamo demordere ora!”

Boruto si voltò verso di lui. “Non sto dicendo questo!” sibilò con frustrazione. “Sto solo dicendo che non conviene scommettere tutta la riuscita del piano solo su di me! Io sono già il più forte di tutti voi, e lo sa bene anche lei, Quarto Hokage! Non credo che sia logico affidare a me i manufatti ed il loro potere! Io non sono invincibile, né tantomeno infallibile, ed il rischio che possa lasciarci la pelle è alto tanto quanto quello di ognuno di voi! Ma se questo dovesse accadere, cosa sperate di fare senza i manufatti? Credete davvero di poter vincere senza di essi? La scelta migliore è quella di affidarli a Sarada, in modo da bilanciare il numero di persone capaci di ribaltare lo scontro a nostro vantaggio!”

Minato e tutti gli altri rimasero in silenzio, riflettendo sulle sue parole.

In effetti il ragionamento di Boruto non faceva una piega. Tutti loro stavano facendo troppo affidamento su di lui solo perché era quello con la possibilità maggiore di sopravvivere. Ma se anche il Nukenin fosse morto, allora nessuno di loro avrebbe avuto speranza senza il Potere del Risveglio. L’opzione migliore era quella di bilanciare i poteri nella squadra.

Naruto e Sasuke avevano ottenuto il chakra dell’Eremita. Eren era in grado di trasformarsi in Titano. Boruto era indubbiamente il più forte e veloce tra tutti.

Se Sarada avesse ottenuto i manufatti, le possibilità di vittoria per il gruppo sarebbero incrementate per tutti, specialmente nella terribile ipotesi che uno di loro fosse morto. Era la scelta migliore, la scelta più logica e razionale da fare.

L’Eremita alzò una mano. “Boruto,” disse pacatamente. “Quello che dici è vero, ma ti ho già detto che la logica non ti servirà contro il drago. Non ho dubbi riguardo la mia scelta, e sono più che certo che la persona più adatta a controllare il Potere del Risveglio sia tu.”

Il guerriero lo fissò attentamente, il suo occhio gelido. “Perché hai così tanta fiducia in me?” domandò con sospetto. “Tu conosci la realtà del mio passato, e sai bene cosa sono diventato in questi cinque anni. Sai bene che non sono affatto una persona capace di assumere ed incarnare questo compito. Eppure continui a scommettere il destino dell’umanità su di me. Perché?”

Hagoromo sorrise all’udire ciò. “Perché tu sei speciale.” disse semplicemente.

Il biondo lo continuò a fissare. “E se dovessi morire? Se ciò accadrà davvero, cosa succederà a Eldia e al nostro mondo?”

Ma l’Eremita non poté rispondere, perché un paio di mani afferrarono con forza il volto di Boruto e lo fecero voltare di lato di scatto. Tutti rimasero allibiti e a bocca aperta per quello che videro dopo. Boruto sgranò l’occhio.

Sarada continuò a tenere fra le mani le guancie del ragazzo, poggiando la fronte sulla sua e fissandolo con uno sguardo serio e determinato.

“Tu non morirai!” disse lei con un tono talmente deciso e serio che nessuno riuscì a proferire parola. La sua faccia era a pochi millimetri da quella del biondo. “Non dire mai più una cosa del genere! Tu non puoi morire, perché io non lo permetterò per nessuna ragione al mondo! Io ti proteggerò a qualunque costo, e poi ti riporterò insieme a me al Villaggio, nel posto in cui appartieni!”

Boruto era rimasto talmente sconvolto che non riuscì neanche a divincolarsi dalla presa della ragazza. I due rimasero in quella posizione per diversi secondi, fissandosi a vicenda. Due occhi rossi pieni di decisione e sicurezza contro un occhio azzurro colmo di stupore ed incertezza.

“Tu non morirai!” ripeté di nuovo Sarada, continuando a restare unita al biondo. “Perché io sarò al tuo fianco, e ti proteggerò ad ogni costo!”

Il Nukenin abbassò lo sguardo a terra. “Non ho bisogno della tua protezione,” disse con un tono basso. “Smettila di continuare a farti del male da sola. Le cose tra me e te non torneranno mai più come prima, e lo sai anche tu. Non posso darti quello che desideri, Sarada. Smettila di tentare di ottenere l’impossibile con questo atteggiamento. Devi fartene una ragione ed andare avanti con la tua vita. Quello che tu desideri non lo troverai in me…”

Naruto e gli altri rimasero in silenzio, scioccati da ciò che stavano vedendo.

Sarada però sorrise lievemente. “Lo so, Boruto.” rispose semplicemente. “Ma non mi tirerò indietro solo per questo. Anche se non posso avere quel che desidero, tu sei sempre un mio amico. E io non abbandono mai i miei amici!”

Rimasero fermi a fissarsi l’un l’altro ancora per diversi secondi, quando poi la ragazza lasciò cadere le mani sui fianchi, mollando le guancie di Boruto ed allontanandosi da lui con un sorriso confidente e soddisfatto.

Il ragazzo del futuro sospirò debolmente, voltandosi verso l’Eremita.

“Credi davvero che la tua decisione sia quella migliore?” chiese un’altra volta.

Hagoromo annuì senza esitare. “Non ho dubbi al riguardo.”

Anche Eren poggiò una mano sulla spalla di Boruto. “Sono d’accordo con lui su questo!” disse il moro. “Anche se ti conosco da poco, ho visto in te un grande potenziale! Sei la persona più adatta su cui possiamo contare con questo compito, Boruto! Tutti noi ci fidiamo di te!”

Il biondo rimase colpito dalle sue parole. Era davvero così che la pensava Eren? Si fidava davvero così tanto di lui? E gli altri, cosa ne pensavano?

Boruto spostò lo sguardo verso il resto del gruppo, e rimase ancor più stupito.

Tutti i suoi compagni lo stavano fissando con un sorriso di comprensione ed incitamento. Tutti loro lo stavano incitando ad accettare l’incarico. Tutti erano incredibilmente fiduciosi in lui, nonostante il suo atteggiamento sprezzante e quello che aveva fatto loro da quando li aveva conosciuti.

Sakura lo fissava con un sorriso sincero, la mano destra alzata con il pollice all’insù.

Hinata aveva le mani unite insieme, gli occhi pallidi pieni d’incitamento e la testa che si muoveva leggermente in un cenno d’assenso.

Sasuke lo stava fissando con un sorrisetto divertito, ma non era un gesto ironico o di scherno come quelli che gli aveva rivolto in passato. In quei suoi occhi neri il Nukenin vide l’incitamento a non arrendersi e ad accettare l’incarico. Vide in essi una determinazione ed una fiducia che non si sarebbe mai aspettato di ricevere da parte dell’Uchiha. In quei suoi occhi, Boruto rivide quello stesso sguardo che il Maestro Sasuke gli aveva rivolto diverse volte durante i loro allenamenti.

Anche Mikoto e Fugaku avevano dei sorrisi sui volti, guardandolo con uno sguardo privo di risentimento per tutto ciò che aveva causato loro in questi giorni.

Minato e Kushina poi stavano sorridendo ampiamente, il primo con divertimento e sicurezza, la seconda con ardente decisione ed una mano alzata e stretta come per evidenziare il suo consenso.

E poi, infine, c’era Naruto. Il suo futuro genitore aveva quel solito ghigno confidente stampato in faccia, quel ghigno che emanava sicurezza e determinazione e che adesso era rivolto proprio a lui. Naruto lo stava fissando con decisione e forza, annuendo senza esitazione per evidenziare il suo assenso con la decisione dell’Eremita. Quello era uno sguardo che, con suo sommo stupore, fece nascere un sentimento nuovo dentro al cuore di Boruto.

Felicità.

Quando era piccolo avrebbe dato qualunque cosa pur di essere guardato in quel modo da suo padre. Avrebbe voluto così tanto poter rendere quell’uomo orgoglioso di lui. E adesso vedere quell’orgoglio riflesso negli occhi di quel ragazzo lo fece sorridere lievemente. Adesso, per la prima volta dopo anni, Boruto sentì che forse le cose tra lui e Naruto potevano cominciare ad aggiustarsi.

Non sarebbe certamente stato facile, ovvio, ma non era impossibile. Perché quello davanti a sé non era suo padre. Quello davanti a sé era un ragazzo innocente come lui.

E lui non odiava le persone innocenti.

Boruto chiuse l’occhio e sospirò.

“Molto bene,” disse alla fine. “Allora cercherò di usare questo Potere come volete.”



 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti. Mi scuso per il fatto che questo capitolo di transizione non sia molto 'memorabile' o 'avvincente' come gli altri, ma ciò che viene narrato in esso sarà molto importante per qualcosa che accadrà in futuro, quindi era necessario.

Il prossimo capitolo sarà interamente incentrato su Boruto e Sarada, così che tutti coloro che mi hanno tartassato con un accenno di BoruSara la finiscano una buona volta di insultarmi per averli tenuti sulle spine per così tanto tempo. XD

Il prossimo capitolo uscirà tra giovedì 30 e venerdì 1 dicembre a causa di impegni con elezioni universitarie.

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e coloro che commenteranno.
Un saluto e a presto! ;)

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Capitolo 47
*** Pianto, Amore e Confessione ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 
 

WHISPERS IN THE DARK
(Skillet)

 
Despite the lies that you're making,
Your love is mine for the taking.
My love is just waiting
To turn your tears to roses.
I will be the one that's gonna hold you,
I will be the one that you run to,
My love is a burning, consuming fire.
 
No, You'll never be alone!
When darkness comes, I'll light the night with stars!
Hear my whispers in the dark!
No, You'll never be alone!
When darkness comes, you know I'm never far!
Hear the whispers in the dark!
 
You feel so lonely and ragged,
You lay here broken and naked,
My love is just waiting
To clothe you in crimson roses.
I will be the one that's gonna find you,
I will be the one that's gonna guide you,
My love is a burning, consuming fire.
 
No, You'll never be alone!
When darkness comes, I'll light the night with stars!
Hear my whispers in the dark!
No, You'll never be alone!
When darkness comes, you know I'm never far!
Hear the whispers in the dark!
 
Whispers in the dark!
 
Nonostante le bugie che stai inventando,
Il tuo amore è mio da prendere.
Il mio amore sta solo aspettando
Di trasformare le tue lacrime in rose.
Sarò l’unica che ti sosterrà,
Sarò l’unico da cui correrai,
Il mio amore è un fuoco che brucia e consuma.
 
No, non sarai mai solo!
Quando l’oscurità arriva, io illuminerò la notte con le stelle!
Ascolta i miei sussurri nel buio!
No, non sarai mai sola!
Quando l’oscurità arriva, tu sai che non sono mai lontano!
Ascolta i sussurri nel buio!
 
Ti senti così solo e insipido,
Tu giaci qui, nuda e distrutta,
Il mio amore sta solo aspettando
Di vestirti in rose cremisi.
Sarò l’unico che ti troverà,
Sarò l’unica che ti guiderà,
Il mio amore è un fuoco che brucia e consuma.
 
No, non sarai mai solo!
Quando l’oscurità arriva, io illuminerò la notte con le stelle!
Ascolta i miei sussurri nel buio!
No, non sarai mai sola!
Quando l’oscurità arriva, tu sai che non sono mai lontano!
Ascolta i sussurri nel buio!
 
Sussurri nel buio!
 


Pianto, Amore e Confessione


Giorni mancanti allo scontro: 10

Cima di una collina, a 10 chilometri a Sud di Shiganshina


Il tramonto.

Il sole che cala all’orizzonte, la sua intera forma accecante e luminosa che viene inghiottita interamente dalle montagne lontane, oscurando il cielo di minuto in minuto, il quale assume prima sfaccettature di colore giallognole, poi ancora arancioni, ed infine rosse.

Fino a quando, alla fine, tutto cala nelle tenebre più assolute.

La descrizione del fenomeno del tramonto era esattamente eguagliabile alla descrizione dello stato d’animo di colui che lo stava contemplando adesso. La sua era stata una vita piena di tenebre e sofferenza, una vita fatta di dure lotte per la sopravvivenza e di tensione.

Una vita che però non era fatta soltanto di buio. Aveva avuto anche i suoi momenti di luce, i suoi sprazzi di splendore. Una vita fatta anche da realizzazioni, traguardi e successi. C’erano stati molti momenti belli nella sua vita, momenti che non avrebbe mai voluto cambiare per nessuna ragione al mondo.

Momenti in cui aveva scoperto cosa fosse l’amore, cosa fosse l’affetto, cosa fossero il successo e la felicità. C’erano stati momenti in cui quella vita aveva risplenduto di luce, riempiendo il suo cuore di pace ed un senso di compimento che non avrebbe mai più dimenticato.

Già, la sua vita non era stata per nulla buttata al vento, pensò Boruto Uzumaki.

Aveva dovuto lottare ogni giorno per giungere a quello che aveva ottenuto adesso, ma ne era valsa la pena. Aveva sofferto, aveva pianto, aveva fallito ed era caduto molte volte. Ma non si era mai arreso. Non si era mai lasciato scoraggiare.

Perché non era mai stato da solo. Aveva sempre avuto con sé dei compagni, degli amici, delle persone che lo avevano salvato dal buio della disperazione.

Aveva trovato una famiglia che lo aveva amato e sorretto ogni giorno.

Boruto sorrise lievemente, fissando dalla cima di un colle il tramonto all’orizzonte. Il suo occhio era socchiuso, il suo sorriso sarcastico e rassegnato. Adesso ne era certo. Ogni giorno che passava la sua convinzione aumentava sempre più. Ne era sempre più sicuro. E la realizzazione di quella cosa lo riempiva inevitabilmente di timore e paura.

La realizzazione che ora la sua vita, proprio come quel sole che stava guardando, era finalmente giunta al tramonto.

“Ironico pensare una cosa simile a soli diciassette anni…”

Eppure ne era più che convinto. Non aveva dubbi nella sua mente. Era pronto a metterci una mano sul fuoco. Aveva udito dire una volta che quando una persona giunge infine a compiere il proprio Destino, soltanto allora essa comprende come andranno a finire le cose. Soltanto allora essa riesce a scoprire il significato della sua esistenza. Forse era proprio questo ciò che lui stava sperimentando adesso.

Fra qualche giorno, più precisamente fra dieci giorni, Boruto sarebbe morto.

Se lo sentiva dentro, e non aveva più alcun dubbio. Fra una settimana, appena lo scontro con il drago Vrangr sarebbe finalmente incominciato, Boruto avrebbe perso la vita.

Non aveva più senso continuare a negarlo. Boruto si era già rassegnato ad accettare la sua fine. Lo aveva accettato da diverso tempo ormai, forse già sin dal primo giorno in cui aveva messo piede ad Eldia. Dopotutto la profezia era stata chiara.
 

Arriverà poi il momento in cui ancora dovrai combattere,
contro mille calamità ed avversari da abbattere.
Combatterai per trovare il drago, Boruto, il drago che divora i mondi,
il drago che nessuno sa dove sta.
In questa impresa molti alleati avrai,
persone che odi, persone che ignori e persone a cui mancherai,
ma soltanto la tua famiglia ti salverà, non scordarlo mai.
E quando infine troverai il drago, Boruto, e sentirai tutto il suo potere,
allora, con coraggio, lo affronterai tu.
Ma uno di voi due, alla fine, non tornerà più!
 

Le profezie degli Otsutsuki non sbagliano mai, su questo non c’erano dubbi. Persino l’Eremita lo aveva confermato. Quindi non aveva nessun senso continuare a sperare. Lui non sarebbe tornato più a casa. Non sarebbe sopravvissuto alla battaglia.

Boruto sospirò debolmente, fissando il cielo rosso.

Fino a diverse settimane fa aveva pensato che sarebbe ritornato a casa ad ogni costo. Era convinto che avrebbe potuto farcela. Era certo di poter superare qualsiasi ostacolo pur di riuscire a tornare dalla sua famiglia. La sua determinazione non lo aveva mai abbandonato.

Ma ora non ne era più tanto sicuro.

Se il suo destino era già stato segnato, per quanto scettico ed incurante lui fosse, allora perché sentiva su di sé una tale pesantezza? Perché sentiva un così grande senso di finalità e gravità ogni giorno che passava? Non poteva essere una coincidenza. Questa sensazione aveva fatto scemare la sua precedente determinazione di sopravvivere ad ogni costo, senza che lui avesse potuto farci nulla.

Il biondo strinse i pugni. “Forse mi sto solo auto-convincendo.”

Tuttavia una cosa non era cambiata. La sua determinazione di uccidere il drago era rimasta invariata. Non si sarebbe arreso per nessun motivo al mondo. Non avrebbe ceduto dinanzi a nulla.

Anche se fosse morto, lui avrebbe tentato di uccidere il drago ad ogni costo. Anche se avesse perso la propria vita, non avrebbe mai permesso a quel drago di causare altro dolore al suo mondo. Non avrebbe potuto permettergli di fare del male alla sua famiglia.

Pensare ai suoi amici e alla sua famiglia gli fece però nascere una fitta di dolore nel cuore. Boruto abbassò lo sguardo, il suo occhio pieno di rammarico e tristezza.

Se fosse morto, non avrebbe potuto rivederli. Non avrebbe più avuto la possibilità di parlare con loro, neanche una volta. Li avrebbe abbandonati, senza poter lasciare loro neanche un ultimo saluto. Non aveva avuto la possibilità di salutarli da quando era giunto in questo mondo, e l’Eremita aveva detto che erano rimasti tutti molto preoccupati dalla sua scomparsa. E la lettera che Mikasa gli aveva scritto aveva confermato questo fatto.

Come si sarebbero sentiti se lui fosse morto? Se fosse morto avrebbe infranto la promessa che aveva fatto anni fa a Mikasa, senza contare che avrebbe lasciato tutti i suoi amici da soli ad affrontare l’Unione.

Una lacrima scese lungo la sua guancia. Il suo corpo venne scosso da singhiozzi sommessi.

Non voleva morire. Non voleva abbandonarli. Il solo pensiero di non essere più in grado di salutare Sora, Mikasa e tutti gli altri era troppo doloroso da sopportare. Era troppo straziante. Tutti i ricordi, tutte le avventure e le difficoltà che avevano superato insieme non avevano più senso senza di loro.

“Mikasa… Sora… Ragazzi… Mi dispiace!” pensò disperatamente, mentre tentava invano di calmarsi. Ma i singhiozzi non si fermavano, le lacrime non smettevano di scendere.
 

“Boruto?” fece improvvisamente una voce familiare alle sue spalle.

Il biondo sgranò l’occhio umido ma non si voltò, continuando a fissare il tramonto e tentando di fermare le lacrime. Era rimasto talmente rinchiuso nel suo dolore che non era riuscito a percepire che qualcuno si stesse avvicinando a lui. E non poteva permettere a nessuno di vederlo in quello stato, per nessun motivo.

Tuttavia non riuscì ad ingannare la persona dietro di lui.

“Perché stai piangendo?” esclamò Sarada, allarmata. “Cosa succede, Boruto?”

Il ragazzo si asciugò le lacrime con un braccio, maledicendo il tempismo dell’Uchiha. Perché nessuno si decideva a lasciarlo in pace? Perché non poteva restare da solo anche quando ne aveva bisogno più che mai?

La ragazza si portò subito al suo fianco, osservandolo con uno sguardo preoccupato ed esitante.

“Bolt! Cosa ti succede?” chiese di nuovo, muovendo un braccio verso di lui per confortarlo.

Il Nukenin strinse i denti, scostando con forza la sua mano e respingendola lontano da sé. La giovane sgranò gli occhi, scioccata.

“Non sono affari che ti riguardano!” sbottò l’altro rabbiosamente. “Vattene via! Voglio restare da solo! E piantala una buona volta di chiamarmi in quel modo!”

Sarada rimase imbambolata per alcuni secondi, sbalordita dall’atteggiamento inaspettato del suo vecchio amico. Tuttavia non demorse, aggrottando le sopracciglia e facendo un passo verso di lui.

“Non ho intenzione di andarmene da qui fino a quando non mi dirai cosa ti è successo!” ribatté con decisione, fissandolo con occhi ardenti.

Boruto ringhiò tra i denti. “Non ho intenzione di dirti un bel niente, Uchiha!” sbottò velenosamente. “Quello che mi succede non ti riguarda, quindi fatti gli affari tuoi e SPARISCI DALLA MIA VISTA!”

La ragazza sentì le lacrime formarsi nei suoi occhi, ma riuscì in qualche modo a tenerle a bada. Il tono del suo compagno era pieno di dolore e odio, e vederlo rivolgersi a lei in quel modo le riempiva sempre il cuore di tristezza e sconforto.

“Perché?” domandò con foga e rabbia. “Perché ti comporti sempre così? Perché non mi dici una buona volta cosa sta succedendo? Sei cambiato in questi giorni, Boruto! Non tenerti tutto dentro! Voglio solo aiutarti!”

“NON HO BISOGNO DEL TUO AIUTO!” rispose con veemenza quello. “L’unica cosa di cui ho bisogno è che tu e tutti gli altri mi lasciate in pace! Vattene ora! Non dovresti allenarti assieme a Naruto e Sasuke come ti ha suggerito l’Eremita? Quindi smettila di perdere tempo e lasciami da solo!”

Sarada lo fissò con gli occhi sgranati, il suo volto una maschera di dolore, stupore e shock. Fece un passo indietro, stringendo i pugni e scuotendo la testa come in un moto d’incredulità.

“Dunque è così che stanno le cose?” disse con un tono affranto e basso. “Sei caduto talmente tanto nell’odio da essere diventato incapace di vedere quando qualcuno vuole aiutarti? Sei davvero finito così in basso?”

Boruto la fissò con il suo occhio freddo, le scie di lacrime ancora presenti sul suo volto.

La sua vecchia amica abbassò lo sguardo. “Il Sesto Hokage aveva ragione,” disse lentamente. “E anche mio padre me lo disse una volta, ma io non ci avevo mai creduto fino in fondo. Il dolore e la sofferenza sono davvero in grado di distruggere completamente il cuore una persona…”

Il giovane guerriero si voltò di scatto, continuando a fissare il mondo con una rabbia a malapena contenibile. “Non sono io quello senza cuore qui!” sibilò a denti stretti. “Sei tu quella che continua a torturarmi continuamente, il tutto per l’egoistico desiderio di riavere indietro il tuo vecchio amico, una persona morta da tempo!”

Sarada sentì la rabbia moltiplicarsi grazie all’influenza dello Sharingan. “Il mio amico NON è morto!” urlò con fermezza. “Io continuo sempre a vederlo in te, così come continuano a vederlo i tuoi genitori, tua sorella e tutti i tuoi vecchi amici! Tutti noi riusciamo a vedere quel ragazzino sorridente e coraggioso ogni volta che i nostri occhi si posano su di te! L’unico che deve ancora capirlo sei tu!”

Boruto rise malvagiamente, emettendo un suono gutturale quasi folle. “E voi invece siete sempre i soliti sciocchi creduloni!” ribatté crudelmente. “Io non tornerò indietro, e quello che voi vedete in me non corrisponde alla realtà! Non esiste un futuro dove tu o quel maledetto Hokage possiate convincermi del contrario!”

“E allora preferisci lasciare le cose così?” esclamò Sarada. “Preferisci continuare a stare da solo, piangendo senza nessuno che possa consolarti o darti un minimo di conforto? Preferisci passare il resto della tua vita nel dolore, giudicato dal mondo come un criminale?”

Boruto scosse la testa. “Io non sono da solo, né tantomeno tutti mi vedono come un criminale! Ci sono ancora delle persone che mi vogliono bene e che mi accettano per come sono! Persone che conoscono e sanno quello che sono realmente! Persone che mi sostengono e che non mi hanno abbandonato a differenza di quei tre maledetti vermi che tu continui a servire come una leccapiedi!”

“Naruto-sama, Hinata-sama e Himawari non sono vermi!” sbottò lei con fermezza.

Il ninja traditore sputò a terra. “Giusto! I vermi sono persino al di sopra di loro! Quei tre sono soltanto feccia, spazzatura e sterco ai miei occhi!”

“SONO LA TUA FAMIGLIA!” urlò con rabbia Sarada, facendo riecheggiare la sua voce nel silenzio del tramonto.

“Non sono più la mia famiglia!” ribatté velenosamente il biondo col mantello. “Hanno perso ogni diritto di considerarmi un membro di quella loro patetica famiglia! L’unica famiglia che ho sono Mikasa, Sora e tutti i miei amici!”

Sarada fece per rispondere, ma il ragazzo si portò davanti a lei in meno di un secondo, aprendo il Jougan e fissando il suo Sharingan con rabbia e disgusto.

“Vuoi sapere perché sto piangendo?” domandò Boruto con un tono freddo e tagliente. “Sto piangendo perché se dovessi morire durante lo scontro contro il drago allora non sarò in grado di ricongiungermi con le persone che amo! Perché finirei per lasciare la mia famiglia da sola, proprio come fui abbandonato io a sette anni, senza poterla neanche salutare! Ma anche sapendo questo, sono disposto ad andare incontro alla morte pur di proteggerli dalla minaccia che incombe sul nostro mondo! Ecco perché sto piangendo Sarada: perché loro sono le persone a cui io tengo più della mia stessa vita! Ed il solo pensiero di non rivederle mai più mi sta distruggendo dentro!”

Sarada abbassò lo sguardo a terra, il cuore che le faceva male nel petto.

“Questo è esattamente quello che provano anche i tuoi genitori ogni volta che pensano a te…” sussurrò lei debolmente.

Boruto s’irrigidì all’udire quelle parole, stizzito.

La giovane Uchiha continuò a parlare, senza alzare gli occhi dal terreno. “Naruto-sama ed Hinata-sama tentano ogni giorno di trovare un modo di farsi perdonare da te per questo stesso motivo. Perché il solo pensiero di non poter vivere al tuo fianco come una famiglia è troppo doloroso per loro. E la stessa cosa vale anche per Hima-chan.”

Boruto continuò a fissarla con i suoi occhi spalancati, senza proferire parola.

“Tutti loro sono profondamente dispiaciuti per quello che ti hanno fatto,” continuò Sarada, il suo tono pieno di dolore. “Non te lo abbiamo mai detto, ma tua madre è stata depressa per molti mesi da quando hai lasciato il Villaggio, e se non fosse stato per la mamma di Inojin e mia madre, a quest’ora sarebbe probabilmente morta perché non riusciva più a mangiare. Le sue crisi erano dovute al fatto che non riusciva a vivere senza di te, ed è ancora convinta di non poter essere in grado di ritornare ad essere una buona madre nonostante la sua rinomata bontà.”

“…”

“Ma lei non è la sola ad aver sofferto per questo. Non c’è giorno in cui il Settimo non versa lacrime di dolore per quello che ti ha fatto passare quando eri piccolo, ed io stessa l’ho udito piangere una notte mentre era da solo nel suo ufficio. È talmente depresso e distrutto emotivamente che in passato ha tentato persino di dimettersi dalla carica di Hokage per lasciare il Villaggio e cercarti di persona. Solo grazie a mio padre e a Shikamaru ha ritrovato la ragione, realizzando che se lui avesse lasciato la sua carica il Villaggio sarebbe caduto in rovina, e che così facendo tu saresti stato ricercato ancora prima che il tuo nome finisse nel Libro Nero dei ricercati.”

“…”

“Himawari è l’unica persona coinvolta quanto te nella faccenda che sta cercando di far reggere in piedi quella famiglia disastrata e distrutta. Ma anche lei sta soffrendo come i suoi genitori. Da quando te ne sei andato, lei ha pianto ogni notte per la tua mancanza. Ti adorava talmente tanto che la tua decisione le ha spezzato il cuore. Adesso passa le giornate interamente ad allenarsi per diventare più forte così da poterti riportare a casa ad ogni costo. Eri sempre stato il suo idolo, la persona che sperava di raggiungere e che voleva rendere orgogliosa con il suo impegno. Non sapevi che per lei tu eri l’unico punto di riferimento maschile della famiglia, dato che tuo padre era sempre impegnato a causa del suo lavoro?”

Boruto la fissò in silenzio, il suo sguardo indecifrabile.

Sarada alzò gli occhi, fino ad incrociare lo sguardo con il Nukenin. “Capisci adesso perché sono così determinati a riportarti a casa?” chiese con un tono colmo di frustrazione. “Esattamente come tu non riesci ad accettare di non poter rivedere i tuoi amici, così anche loro non possono vivere senza di te!”

Il ragazzo non rispose subito, restando in silenzio per alcuni secondi. “Anche se quello che dici fosse vero, questo non cambia le cose!” disse poi improvvisamente. “Loro mi hanno abbandonato, e tu stai solo tentando di farmi avere ripensamenti perché adesso provano rimorso nei miei confronti!”

“Ma loro ti vogliono bene!” disse ancora lei, incredula.

“Parli come se loro fossero gli unici che stanno soffrendo!” ribatté subito Boruto, la sua voce priva di emozione. “Non hai mai provato a pensare che, forse, questo non sarebbe mai successo se non mi avessero abbandonato alla disperazione in passato? Credi che io non abbia sofferto a causa loro? Credi che la colpa delle loro azioni sia mia? Non farmi ridere, Sarada! Loro stessi si sono portati questa maledizione addosso il giorno in cui arrivai a tentare di suicidarmi a causa loro! E dopo aver rischiato la pelle per loro, come testimonia la cicatrice sul mio petto, adesso mi perdonerai se quello che provano nei miei confronti non potrebbe interessarmi di meno!”

La giovane Uchiha fece un passo in avanti. “Ma perché non provi a ricominciare?” lo supplicò ancora una volta. “Perché non metti fine a questa sofferenza reciproca? Non è ancora troppo tardi!”

Boruto scosse la testa. “Ho giurato a me stesso che li avrei uccisi entrambi un giorno,” dichiarò con un tono glaciale. “E puoi stare certa che se sopravvivrò a questo scontro col drago, niente e nessuno m’impedirà di raggiungere quell’obiettivo!”

Sarada scoppiò a piangere copiosamente all’udire quella dichiarazione colma di odio e crudeltà. Non riusciva a credere che Boruto, il suo vecchio amico, fosse davvero determinato ad uccidere i suoi stessi genitori. Non era giusto. Non poteva permetterlo. Una cosa del genere non dovrebbe mai accadere a nessuno!

Boruto la fissò in silenzio mentre piangeva con forza, osservando con muto stupore i suoi occhi pieni di disperazione e sconforto ed ascoltando i suoi singhiozzi affranti e colmi di dolore.

Non riusciva a capire. Era davvero al di là della sua comprensione. Perché? Perché Sarada stava piangendo? Perché soffriva così tanto al pensiero che volesse uccidere quei due mostri che lo avevano messo al mondo? Perché il suo odio per quei due la faceva soffrire in questo modo?

“Perché?” le chiese, il suo tono basso e pieno di confusione. “Si può sapere perché stai piangendo? Cosa diavolo c’è da piangere? Il mio odio nei confronti dell’Hokage e sua moglie non ha nulla a che fare con te, ma allora perché? Cosa diavolo ti fa soffrire in questo modo?”

Sarada tirò su col naso, tentando disperatamente di placare i singhiozzi. “Non riesci davvero a capirlo?” ribatté a sua volta. “Sono cinque anni che continuo a soffrire! E continuo a soffrire perché vedo che ti stai rovinando la vita da solo, tentando di compiere un’azione che ti porterà soltanto dolore e rimpianto per sempre!”

Boruto aggrottò le sopracciglia, chiudendo il Jougan. “E cosa ha che fare questa cosa con te?” domandò ancora il ragazzo col mantello. “Anche se alla fine le mie azioni dovessero ipoteticamente portarmi altro dolore, cosa c’entro io con te? Perché ti ostini tanto ad intrometterti nella mia vita?”

“PERCHÉ IO TI AMO!” urlò con forza la ragazza, i suoi occhi rossi spalancati che continuavano a versare lacrime come fiumi.

Boruto si acquietò all’istante all’udire quella dichiarazione inaspettata, sgranando l’occhio ed aprendo la bocca, scioccato.

“C-Cosa?”

“Ti ho sempre amato sin da quando andavamo all’Accademia!” continuò a dire Sarada, il suo tono alto e rotto dal pianto. “Sin da quando avevo dodici anni ho sempre continuato ad amarti!”

Boruto era sconvolto. Non riusciva a parlare, non riusciva a reagire in nessun modo. La cosa che lo aveva spiazzato non era l’improvvisa realizzazione, ma bensì il modo così disperato e colmo di emozione con cui la ragazza lo aveva rivelato.

Era consapevole da tempo che Sarada nutriva sentimenti romantici nei suoi confronti, ma non si sarebbe mai aspettato che lei avrebbe potuto rivelarlo in questo modo.

“Per questo non riesco ad accettarlo!” disse ancora lei, togliendosi gli occhiali e tentando invano di asciugarsi le lacrime dagli occhi. “Non ce la faccio a vedere che la persona che amo da così tanto tempo sta continuando ad allontanarsi da me! Non lo capisci? Se continuerai a scappare, se continuerai a vivere come un criminale, un giorno verrai ucciso! Il Settimo non può riuscire a proteggerti per sempre dalle altre Nazioni che vogliono la tua testa! Se non sarà l’Unione ad ucciderti, sarà qualcun altro a farlo! Tuo padre sta cercando di riportarti al Villaggio perché vuole proteggerti da questo, ma nonostante ciò tu continui ad odiarlo e ad affermare che un giorno lo ucciderai! Ma questa strada ti porterà soltanto ad altro dolore, Boruto! Ti stai rovinando la vita da solo!”

Dopo alcuni secondi, finalmente il biondo riuscì a dire qualcosa. “Hai detto che mi ami,” ripeté lentamente. “Ma perché? Perché proprio io? Cosa diavolo ci trovi di speciale in un criminale come me?”

Nonostante l’imbarazzo e il dolore che stava provando in quel momento, Sarada sorrise debolmente. “Perché io so come sei realmente.” rispose semplicemente. “Sin da quando eravamo bambini ho sempre visto il tuo coraggio, la tua determinazione ed il tuo senso di giustizia. Il tuo carattere, la tua decisione, e soprattutto il tuo cuore sono le cose che mi hanno fatto innamorare di te. Per questo so che non sei un criminale. Per questo ho sempre saputo che tu sei una vittima, e non un assassino come il mondo crede.”

Boruto continuò ad ascoltarla in silenzio.

“Ma anche nonostante questo, non posso permetterti di uccidere i tuoi genitori!” disse lei con decisione, i suoi occhi carichi di determinazione. “Non posso lasciarti compiere questo errore! Te l’ho già detto, non otterrai niente da questa decisione se non altro dolore! E nessuno vorrebbe vedere la persona di cui si è innamorati sprofondare di nuovo nel dolore!”

Il ragazzo la osservò con l’occhio sinistro sgranato, tentando di discernere la veridicità delle sue parole nel tentativo di vedere se fosse sincera o meno. Ma, per quanto continuasse a cercare, non era presente neanche una traccia di falsità nelle sue parole, non c’era alcuna esitazione nel suo volto. Il risultato era evidente.

Sarada era davvero innamorata di lui.

Boruto abbassò lo sguardo a terra appena realizzò la cosa. “Sarada,” disse allora con un tono lento e basso. “Mi dispiace, ma non posso ricambiare i tuoi sentimenti. Io…”

“Lo so,” lo interruppe lei con un sorriso triste. “Sei già innamorato di Mikasa, vero?”

Il guerriero annuì.

“Ma se lo sapevi già,” riprese poi a dire lui, il suo tono confuso ed incredulo. “Allora perché non ti sei arresa? Perché non hai smesso di pensare a me, provando ad andare avanti con la tua vita e lasciandomi al mio destino come ho tentato di convincerti a fare per anni? Perché continui ancora ad amarmi se sai che non posso darti quello che vuoi?”

La ragazza abbassò la testa, nascondendo gli occhi alla sua vista. Passarono diversi secondi di silenzio assoluto, mentre il cielo si faceva sempre più rosso mano a mano che il sole spariva dietro le montagne all’orizzonte.

“Perché non posso.” rispose alla fine Sarada.

L’occhio di Boruto si ridusse ad una fessura. “In che senso?” domandò ancora.

Lei rialzò la testa, rivolgendogli un sorriso triste e rassegnato. “Perché un Uchiha non può liberarsi dell’amore.” spiegò con un tono basso. “Una volta provato, non può più dimenticarlo se non con la morte della persona amata. I nostri occhi sono la prova fisica di ciò. Sono il riflesso del nostro amore perduto.”

Il ragazzo col mantello sgranò l’occhio sinistro appena realizzò cosa stava implicando Sarada con le sue parole.

“V-Vuoi dire,” disse con incredulità. “Che a causa del fatto che sei un Uchiha, tu non puoi innamorarti di nessun altro?”

Il sorriso triste della giovane si fece più sottile, mentre annuì senza aggiungere altro.

Boruto fece un passo indietro, scuotendo la testa come nel tentativo di negare ciò che la sua mente gli stava facendo comprendere. Un brivido di terrore gli percorse la schiena. Un senso di nausea e sconvolgimento lo pervase appena realizzò il significato di quelle parole.

Sarada era innamorata di lui sin da quando erano all’Accademia. Lo aveva sempre amato per tutto questo tempo, e adesso a causa del suo clan non poteva smettere di amarlo. A causa del sangue che scorreva nelle sue vene, lei non poteva innamorarsi di nessun altro.

Per tutta la sua vita, Sarada sarebbe stata costretta ad amare soltanto una sola persona, incapace di dimenticare quel sentimento neanche con la morte. Per tutta la sua vita, l’unica persona che lei avrebbe amato sarebbe stato lui.

Boruto strinse i pugni appena realizzò le conseguenze di ciò.

Se quello che stava dicendo era vero, questo significava che Sarada aveva sofferto per cinque interi anni a causa sua. Questo significava che avrebbe inevitabilmente continuato a soffrire poiché era incapace di dimenticare l’amore che provava nei suoi confronti.

Avrebbe continuato a soffrire per sempre a causa sua, senza poterci fare niente.

Il ninja traditore la fissò con l’occhio spalancato. “Sarada,” cominciò a dire, il suo tono pieno d’orrore. “Esiste un modo per riuscire a farti superare questa cosa? Non posso credere che voi Uchiha siate costretti ad amare soltanto una persona nella vostra vita! DEVE esserci un modo per superare questa maledizione!”

La ragazza scosse la testa, distruggendo ogni suo barlume di speranza. “Non esiste modo per far dimenticare l’amore ad un Uchiha,” rispose lei con rassegnazione. “Mio padre mi spiegò questa cosa un anno fa. Io continuerò ad amarti per sempre, anche se la cosa non farà altro che portarmi dolore e rammarico per tutta la vita…”

Boruto strinse i pugni, voltandosi di scatto e sferrando un pugno sul tronco di un piccolo albero vicino al punto dove si trovavano. La pianta si spezzò in due in un secondo, crollando pesantemente a terra.

“Dannazione! Dannazione! DANNAZIONE!” imprecò il Nukenin con forza.

Sarada lo osservò in silenzio.

Perché diavolo le cose dovevano essere così complicate? Perché? Boruto non avrebbe mai voluto che una cosa del genere potesse succedere. Non voleva continuare a far soffrire Sarada a causa sua. Non era giusto. Non se lo meritava. Non era una persona che godeva nel causare dolore gli altri. Le uniche persone di cui non gli importava se soffrissero a causa sua erano i suoi genitori, ma non Sarada.

Il biondo chiuse gli occhi, cercando di ragionare. Lui era innamorato di Mikasa, e per questo motivo era certo di non poter ricambiare i sentimenti dell’Uchiha. Ma, a causa di questo, lei non avrebbe mai più trovato la felicità nell’amore. A causa delle sue decisioni, lei avrebbe continuato a soffrire per tutta la sua vita.

Senza poter smettere di amare un criminale.

Boruto sentì le lacrime cominciare a scendere di nuovo sulle sue guancie, ma le fermò subito. Non era giusto. Non poteva accettare una cosa del genere. Lui sapeva bene cosa fosse l’amore, sapeva bene come questo sentimento influiva pesantemente nella vita delle persone. Era un sentimento bellissimo e puro, un sentimento che ti porta alla gioia ed alla completezza nel vivere con la persona amata. Ma per gli Uchiha, questo sentimento era soltanto una maledizione incurabile. Non potevano dimenticare l’amore una volta sperimentato, non potevano andare avanti con la loro vita.

E lui non poteva vivere con la coscienza del fatto che Sarada avrebbe continuato a soffrire perché lo amava. Non poteva. Era semplicemente troppo ingiusto.

Non considerava quella ragazza come una sua “amica”. Da quando aveva abbandonato il sentiero degli Shinobi, lui non pensava più alle persone del Villaggio come suoi amici. Quella era solo acqua passata per lui. Ma non poteva certo dire di odiarla. Non aveva nulla contro di lei, nonostante la sua insistenza nel volerlo riportare in quel dannato Villaggio fosse incredibilmente fastidiosa.

Ma questo non significava che voleva causarle dolore. Lui voleva soltanto che Sarada potesse riuscire ad arrendersi una buona volta nel tentativo di inseguirlo, dimenticandolo ed andando avanti con la sua vita. Voleva che potesse superare questo dolore, trovando la felicità in altro modo. Aveva provato per anni a convincerla a dimenticarlo.

Ma adesso aveva scoperto che non era possibile. Lei avrebbe continuato a soffrire per sempre perché era innamorata di lui. E non poteva farci nulla.

Boruto si voltò lentamente verso di lei. “C-C’è qualcosa che posso fare per aiutarti a superare questo dolore?” domandò sommessamente.

Sarada rimase colpita dalla domanda. “Aiutarmi?” ripeté, confusa.

“Non ho nulla contro di te,” spiegò il ragazzo col mantello seriamente. “E non mi piace causare dolore alla gente, a differenza di quello che potresti pensare. Ma per quanto questa cosa non mi piaccia, io non posso ricambiare i tuoi sentimenti e lo sai anche tu. Perciò te lo chiedo di nuovo, cosa posso fare per alleviare il tuo dolore?”

Sarada non rispose subito, continuando a fissarlo intensamente per diversi secondi di silenzio. Nessuno dei due parlò, nessuno dei due fiatò. Si osservarono a vicenda per diversi secondi, studiandosi l’un l’altro negli occhi.

Poi, improvvisamente, Sarada scattò in avanti, portandosi davanti al ragazzo e sferrando un pugno verso la sua faccia.

Boruto bloccò facilmente il pugno con una mano, e subito dopo afferrò l’altro braccio dell’Uchiha che si stava pericolosamente avvicinando al suo petto, impedendole di attaccare. Il suo occhio azzurro osservò il volto pieno di dolore della ragazza davanti a sé.

La giovane strinse i denti e tutto il suo corpo vibrò per diversi secondi, percorso da un misto di dolore, rabbia, confusione e disperazione. Ci vollero diversi secondi prima che riuscisse a calmarsi. Per tutto questo tempo, il ragazzo continuò a stringere le sue braccia, osservandole il volto.

“C’è solo un modo…” sussurrò lei alla fine, debolmente.

Boruto continuò ad ascoltarla, stringendole sempre le braccia fra le sue mani.

“Se proprio non riesci a ricambiare i miei sentimenti,” continuò Sarada. “Allora l’unica cosa che può ridarmi la pace è la morte. Soltanto quando uno di noi due morirà allora io sarò liberata da questo fardello.”

Il ragazzo non disse nulla, vedendo il suo corpo cominciare a tremare, scosso da singhiozzi.

“I-Io…” singhiozzò sommessamente lei, abbassando lo sguardo e tentando invano di fermare le lacrime. “Io…  Non ce la faccio, Bolt… T-Ti amo troppo… Ma questo dolore… è insopportabile… Non ce la faccio… Ti amo…”

Boruto sentì un profondo senso di tristezza e compassione nascere nel suo cuore nel vedere quella ragazza davanti a sé soffrire così tanto. Sentì le lacrime cominciare a colare a sua volta dagli occhi. Avrebbe voluto fare qualcosa per lei, qualunque cosa pur di riuscire a placare quel suo dolore.

Perché Sarada stava piangendo per lui. Stava soffrendo a causa sua.

Il biondo fece l’unica cosa che poteva fare in quel momento. Mollando la presa sulle sue braccia, strinse la ragazza a sé con gentilezza, poggiando la faccia di Sarada sul suo petto.

Sarada non oppose resistenza, ma si avvinghiò con forza a lui gemendo e singhiozzando sommessamente, bagnandogli il mantello con le sue lacrime calde. Rimasero entrambi così per diverso tempo, versando tutti e due lacrime di dolore, disperazione e stress.

“Ti amo…” continuò a ripetere lei incessantemente, la sua voce rotta dal pianto. “Ti amo… Ti amo… Ti amo…”

Boruto continuò a stringerla, passandole ritmicamente una mano sulla schiena per confortarla mentre lui continuava a sua volta a piangere.

“Lo so…” disse semplicemente. “Mi dispiace…”

Fu così che i due trascorsero la serata. Nessuno di loro poté dire per quanto tempo rimasero in quella posizione, avvinghiati l’un l’altro nel tentativo di confortare il loro dolore. Potevano essere passati solo pochi secondi, oppure dei minuti, o forse addirittura intere ore.

Fatto sta che non si separarono dall’abbraccio fino a quando il cielo si fece completamente buio, illuminato soltanto dalla tenue luce delle stelle che brillavano silenziosamente.
 


 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti. Come promesso, ecco a voi il capitolo dedicato a Boruto e Sarada. Spero che possa esservi piaciuto, e che vi abbia suscitato almeno un pò di emozioni, dato che il mio unico intento era questo. La questione che riguarda il rapporto tra Boruto e Sarada non verrà conclusa in questa storia, perciò vi avviso che per riuscire a vedere come si evolverà la loro storia dovrà passare del tempo. (Non so dirvi quanto tempo precisamente)

A me personalmente piace la coppia BoruSara, ma come vedete voi stessi, nella mia storia il loro rapporto è molto complesso e pieno di problematiche da entrambe le parti. Io stesso non so se farò mettere quesi due ragazzi insieme, perchè il seguito della 'Battaglia di Eldia' è ancora lontano. Inoltre, ricordo a tutti coloro che non lo avessero capito che la mia storia NON è romantica! A me scrivere storie sul romanticismo e sui sentimenti non piace molto, quindi mi perdonerete se alcune vicende sentimentali non verranno trattate con la profondità e la cura che secondo voi meriterebbero.

Il prossimo capitolo uscirà domenica 3 dicembre!

Ne approfitto per ringraziare col cuore tutti coloro che continuano a leggere e commentare la mia storia. Grazie davvero! Se potessi abbracciarvi tutti personalmente, giuro che lo farei ;)

A presto!

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Capitolo 48
*** L'Orizzonte per Tre ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 

L’Orizzonte per Tre


Giorni mancanti allo scontro: 8
 
Foresta senza nome, 10 chilometri ad est di Shiganshina

Naruto riuscì ad evitare a malapena un pugno mirato alla sua testa, ricambiando l’offensiva con una spazzata alle gambe dell’avversario, ma Minato si smaterializzò dal punto in cui si trovava prima in meno di un secondo, svanendo nel nulla senza un solo rumore.

“Dannazione! Che fine ha fatto stavolta?” imprecò mentalmente.

‘Dietro di te!’ ruggì Kurama dentro di lui. ‘Muovi il sedere, Naruto!’

Il biondo riuscì a balzare lontano da una raffica di shuriken e kunai appena un secondo prima di essere colpito, atterrando sopra un ramo di un albero e cominciando a saltare da un ramo all’altro.

Si osservò attorno con attenzione, ansimando pesantemente per la fatica e cercando di scoprire dove si fosse cacciato suo padre.

Il jinchuuriki strinse i denti, frustrato. “È inutile!” si lamentò tra sé. “Senza attivare la Modalità Eremitica o senza il tuo aiuto non sono capace di percepirlo!”

Il Kyuubi sbuffò d’irritazione. ‘Devi imparare a focalizzare il controllo dell’energia nel tuo corpo come ti ha detto l’Eremita!’ lo istruì per l’ennesima volta il demone. ‘Non puoi fare affidamento sempre e solo sul mio chakra!’

“Come se fosse facile!” sbottò il ragazzo, fermandosi sulla cima di un albero. Ma, prima di poter dire altro, il biondo sentì la punta gelida di un kunai poggiarsi sul suo collo da dietro, facendolo irrigidire all’istante.

“Non ci siamo ancora.” fece la voce del Quarto Hokage alle sue spalle. “Devi restare sempre all’erta in uno scontro. Hai abbassato la guardia all’ultimo secondo, e non sei riuscito a notare quando mi sono avvicinato.”

Naruto si portò una mano tra i capelli, grattandosi la testa con foga in un moto di frustrazione.

“Uffa!” esclamò a gran voce, esausto e frustrato. “Questa è la quarta volta oggi!”

Minato sorrise divertito, rinfoderando il kunai in una borsa. L’allenamento di questi giorni era estenuante per Naruto, ma l’Hokage dovette ammettere che stava procedendo in maniera molto più spedita di quel che pensava.

L’Eremita aveva passato le ultime settimane ad insegnare a Naruto e Sasuke il controllo dell’energia naturale senza attivare la modalità Eremitica, in modo da renderli capaci di aumentare le loro capacità fisiche nel combattimento e per prepararli ad usare al massimo delle loro abilità il Potere delle Sei vie che avevano ricevuto.

Ma oltre a questo tipo di esercitazione, che occupava loro tutta la mattina fino all’ora di pranzo, l’Otsutsuki aveva stabilito per i due ragazzi anche un intensivo allenamento fisico, il quale corrispondeva a degli scontri di due o tre ore con i loro rispettivi genitori ogni pomeriggio. Praticamente non c’era un solo minuto di riposo per i due giovani ninja.

Naruto e Minato scesero giù dall’albero, raggiungendo Kushina che li stava aspettando con un sorriso.

“AAAAH! Sono distrutto!” sospirò il biondo, buttandosi a terra pesantemente. “Non riesco a muovere neanche un muscolo!”

Kushina sorrise, sedendosi accanto a lui. “Stai facendo progressi, Naruto.” gli disse con un tono soddisfatto. “Riesci a resistere sempre di più agli attacchi di Minato ogni giorno che passa, senza attivare il chakra del Kyuubi.”

Il ragazzo ghignò debolmente, senza alzarsi da terra. “Devo ringraziare Kurama per questo,” disse lentamente, il suo tono affaticato. “I suoi consigli si sono rivelati molto preziosi, ma ancora non è abbastanza! Devo impegnarmi di più!”

Minato lo guardò con uno sguardo fiero. “Non c’è bisogno di sforzarti più del dovuto.” spiegò con calma. “Ce la stai mettendo tutta ogni giorno, e questo basta e avanza. Non puoi pretendere di migliorare in modo immediato dopo soltanto due settimane di allenamento. Te l’ha detto anche l’Eremita, ricordi?”

Il giovane annuì. “Lo so, ma non posso lasciarmi cullare lo stesso!” dichiarò con foga. “Boruto si starà impegnando come un pazzo a quest’ora, e lo sta facendo da solo! Non voglio essere da meno!”

Minato e Kushina lo guardarono con un’espressione confusa. Boruto? Naruto si stava impegnando così tanto perché voleva raggiungere il livello del Nukenin? Il ragazzo del futuro era sparito completamente per due intere settimane, e le uniche persone che lo avevano visto erano l’Eremita e Sarada.

“Cosa vuoi dire?” chiese sua madre, curiosa.

Naruto si risollevò da terra lentamente, mettendosi seduto. “Sono passate due settimane da quando lo abbiamo visto l’ultima volta,” cominciò a dire con un tono serio. “Sono certo che si starà allenando anche lui a suo modo per riuscire ad attivare il Potere dei manufatti. Non posso permettermi di riposare sapendo che lui e tutti gli altri si stanno impegnando a fondo nei loro compiti!”

Minato si sedette a sua volta vicino al figlio. “Ti stai impegnando così tanto perché vuoi raggiungere il suo livello?” domandò con un sorriso pieno di comprensione.

Naruto abbassò lo sguardo, ma annuì una volta col capo.

‘Se dovessi contare quante volte pensi a quel moccioso durante gli allenamenti, mi verrebbe da pensare che tu sia innamorato di lui…’lo schernì la Volpe.

Naruto divenne paonazzo all’idea. “Stai zitto, Kurama!”

Poi, sospirando sommessamente, il biondo alzò la testa e si mise a fissare il cielo.

“A volte mi chiedo ancora come ho potuto fargli una cosa simile,” disse improvvisamente, attirando l’attenzione dei suoi genitori. “Non riesco a credere che nel futuro diventerò una persona talmente insensibile nei confronti di mio stesso figlio. Non so più cosa pensare di me stesso…”

Kushina gli mise una mano sulla spalla, guardandolo con uno sguardo preoccupato e rassegnato. Non sapeva cosa dire. Non sapeva come confortarlo in quella situazione. Non poteva fare altro che assistere impotente al suo tumulto interiore, offrendogli come unico supporto la sua presenza.

Lei stessa non sapeva come sarebbero andate le cose nel futuro, quindi non poteva dare una risposta precisa alla sua domanda. La rivelazione che Boruto aveva fatto molti giorni fa aveva sconvolto tutti allo stesso modo, ma Naruto ed Hinata erano quelli che l’avevano presa peggio.

Dopotutto, non capita tutti i giorni ad una persona di venire a sapere che nel futuro diventerà un genitore che porterà al suicidio il proprio figlio.

Minato lo guardò con uno sguardo indecifrabile, osservando il volto triste del ragazzo affianco a sé.

“Lo sai,” cominciò a dire allora. “Anch’io ho sempre avuto il tuo stesso timore.”

Naruto si voltò verso di lui, confuso.

Il Quarto Hokage si mise a fissare un punto indistinto dell’orizzonte. “Sin da quando Kushina mi disse che aspettava un bambino, ho sempre avuto il timore di non riuscire ad essere un buon padre. Ho sempre vissuto con l’ansia di non poter diventare un buon genitore. Dopotutto, io ero l’Hokage, e a causa dell’impegno costante che il Villaggio richiedeva, era molto probabile che non sarei riuscito ad essere molto presente nella tua vita. Questo solo pensiero mi spaventava molto.”

Il ragazzo lo ascoltò con attenzione, i suoi occhi sgranati. “Davvero?” gli chiese improvvisamente, sporgendosi verso di lui. “Anche tu avevi paura di diventare padre?”

Minato sorrise, il suo volto un misto d’imbarazzo e confusione. “Certo che avevo paura!” rispose subito, facendo ridacchiare Kushina. “Anche un Hokage ha i suoi timori, sai?”

Nonostante il suo tumulto interiore, Naruto sorrise all’udire ciò.

Suo padre però perse subito il suo sorriso dopo un secondo, riprendendo a fissare l’orizzonte. “E la cosa peggiore di tutto questo,” riprese dire con un tono serio. “È che il mio più grande timore si è avverato. Alla fine, né io né tua madre siamo riusciti a restare al tuo fianco. Ti abbiamo abbandonato senza poterci fare nulla.”

Kushina chiuse gli occhi con tristezza, stringendo con più forza la spalla del figlio. “Credo che questo faccia anche di noi due dei terribili genitori.” disse lei debolmente. “Ti abbiamo lasciato da solo in un mondo crudele e pieno di pericoli. Ti abbiamo accollato un fardello pesantissimo, e a causa delle nostre scelte hai sofferto per tutta la tua vita. Se la cosa può consolarti, noi siamo stati persino dei genitori peggiori di quanto tu lo potrai mai essere.”

Naruto scosse la testa con forza. “Non è vero!” disse con decisione. “Non siete stati dei genitori terribili! È solo grazie a voi che sono diventato quello che sono oggi!”

Minato e Kushina si voltarono verso di lui, scioccati.

“È vero,” continuò il ragazzo. “Voi non ci siete stati nei momenti belli e brutti della mia vita, e molte volte ho sofferto a causa dell’odio che il Villaggio aveva nei miei confronti perché ero una Forza Portante…”

Dentro di lui, Kurama lo ascoltò in silenzio.

“Ma voi mi avete protetto da Madara quando ero appena nato,” disse ancora il biondo con un sorriso sincero. “E avete sacrificato la vostra vita per me e per tutto il Villaggio! Se quel giorno le cose fossero andate diversamente, forse oggi non sarei arrivato dove sono adesso. Non sarei riuscito ad ottenere quello che ho guadagnato con il mio impegno. Per questo non serbo rancore verso di voi. Se oggi sono fiero di chiamarmi Naruto Uzumaki, lo devo soltanto a voi due!”

Minato e Kushina sorrisero, sentendo le lacrime formarsi nei loro occhi.

Senza esitazione, i due adulti circondarono le braccia attorno alle spalle di Naruto, stringendolo in un abbraccio. Un abbraccio che il ragazzo ricambiò a sua volta con un sorriso.

“Grazie, Naruto!” disse sua madre, la sua voce piena di emozione. “Sei diventato uno Shinobi meraviglioso!”

Minato annuì. “Sono certo che riuscirai ad essere un padre migliore di quanto sarei mai potuto essere io!” dichiarò senza esitazione. “Siamo fieri di te!”

Naruto ghignò, le lacrime che scendevano come fiumi dai suoi occhi.

“Grazie, mamma, papà!”
 

Prateria, 5 chilometri a Nord da Shiganshina.

Sasuke chiuse gli occhi, ansimando leggermente ed asciugando una lacrima di sangue cremisi che gli colava dalla guancia destra con la mano. 

L’allenamento per aumentare il controllo e la durata delle sue abilità oculari procedeva a gonfie vele. Adesso riusciva a mantenere presente il Susanoo per più di venti minuti senza interruzione, ed il controllo delle sue Fiamme Nere si faceva sempre migliore.

Fugaku si avvicinò a lui, un sorriso orgoglioso stampato in faccia. “Il tuo controllo dello Sharingan è quasi perfetto,” disse con sicurezza. “Hai degli occhi migliori dei miei, Sasuke!”

Il ragazzo corvino abbassò lo sguardo all’udire quelle parole, un’espressione di dolore sul suo volto.

Mikoto si avvicinò a sua volta al figlio, confusa. “Cosa succede, Sasuke?” domandò con preoccupazione. “Cosa ti turba? Ti senti bene?”

Il giovane Uchiha non rispose subito, continuando a fissare il terreno. Strinse i pugni con forza, tentando invano di fermare l’ondata di ricordi che gli aveva pervaso la mente appena aveva udito le parole di suo padre.

“Questi occhi,” disse poi con un tono sommesso e basso. “Sono gli occhi di Itachi.”

Mikoto e Fugaku lo fissarono per diversi secondi in silenzio, incapaci di proferire parola. Poi, dopo quella che parve un’eternità, sua madre alzò un braccio verso di lui e gli accarezzò delicatamente una guancia.

Sasuke posò lentamente lo sguardo su di lei, fissando gli occhi neri di quella donna, così simili ai suoi e pieni di dolore.

“Hai dovuto soffrire molto a causa nostra, vero?” sussurrò lei, la sua voce affranta. “Mi dispiace, tesoro. Non avremmo mai voluto che tu fossi costretto a superare una cosa del genere da solo.”

Il ragazzo si lasciò accarezzare senza opporre resistenza, immergendosi in quella piacevole sensazione che la vicinanza dei suoi genitori aveva fatto nascere in lui da quando era giunto a Eldia.

Il suo sguardo si spostò poi su suo padre, e rimase colpito nel vedere la sua espressione piena di rammarico e pentimento mentre osservava sua moglie e suo figlio interagire tra loro.

“Padre,” cominciò a dire subito dopo. “Posso farti una domanda?”

Fugaku annuì semplicemente.

Sasuke non esitò. “Perché il clan Uchiha decise di tradire Konoha?” domandò. “Perché avete scelto di attuare un colpo di stato?”

Gli occhi dei suoi genitori si fecero improvvisamente pesanti e colmi di dolore. Mikoto si strinse un braccio, guardando in basso.

Fugaku fece un grosso respiro prima di rispondere. “Non è una domanda facile,” disse alla fine con un tono basso. “C’erano molti motivi che all’epoca ci hanno indotto a prendere quella decisione.”

“E quali erano questi motivi?” forzò ancora il giovane, per nulla deciso a rimanere senza risposte.

Suo padre sospirò. “Il Villaggio stava attraversando un periodo di crisi dopo l’improvviso attacco della Volpe a Nove code,” spiegò lentamente. “Circolavano voci che la persona responsabile della comparsa del Kyuubi fosse un Uchiha, ma nessuno dei nostri membri sapeva come spiegarsi la cosa.”

Sasuke lo ascoltò attentamente.

“Tuttavia la gente del Villaggio cominciò a guardarci con occhi diversi da quel giorno,” continuò Fugaku. “Anche il Terzo Hokage e tutto il consiglio di Konoha iniziarono a trattarci in maniera più fredda e distaccata rispetto a prima. Noi Uchiha non godevamo di buona fama già da prima, poiché formavamo il Corpo di Polizia e Sicurezza che si occupava di risolvere e debellare i pericoli interni al Villaggio, il quale non era visto di buon occhio dagli abitanti del Villaggio. Dopo l’attacco del Kyuubi perciò, il nostro clan cominciò a subire una discriminazione che aumentava di giorno in giorno. Se le cose fossero andate avanti, con molta probabilità la situazione per noi sarebbe diventata insostenibile.”

Il ragazzo corvino rifletté diversi secondi prima di parlare. “Il responsabile dell’attacco della Volpe era Madara Uchiha,” disse seriamente. “Me lo confermò Itachi tempo fa. Nessuno di voi nel clan sapeva che Madara fosse ancora in vita?”

Mikoto scosse la testa. “Non c’era nessuno che lo sospettava,” rispose. “Madara aveva abbandonato il clan ed era stato sconfitto dal Primo Hokage più di settant’anni prima. Non avevamo idea che fosse sopravvissuto in qualche modo.”

Fugaku riprese a parlare subito dopo. “La situazione stava diventando ingestibile.” spiegò ancora. “Per questo decidemmo che dovevamo fare qualcosa. Se il Villaggio ci vedeva come i responsabili della distruzione causata dal Kyuubi, noi ci saremmo vendicati rovesciando l’Hokage ed attuando un colpo di stato. Il resto della storia lo conosci anche tu.”

“Ma perché non avete tentato di chiarire in maniera pacifica la situazione?” esclamò il giovane. “Tobi mi disse che l’Hokage aveva tentato di mettere fine alle dispute molte volte in maniera pacifica! Era davvero necessario portare morte e distruzione in questo modo? Perché avete rifiutato le trattative?”

Suo padre si voltò di lato, fissando l’orizzonte con uno sguardo indecifrabile. “Capisco cosa vuoi dire,” rispose lentamente. “Ma all’epoca nel nostro clan l’odio per l’Hokage ed il Villaggio stava aumentando ogni giorno di più. Eravamo troppo offesi, troppo oltraggiati per come ci stavano trattando per riuscire a vedere che stavamo lentamente portando noi stessi alla morte tutti gli Uchiha. Siamo stati arroganti ed accecati dall’odio, e questo ha portato alla nostra fine. Danzo, poi, ha semplicemente accelerato un processo che sarebbe stato inevitabile, convincendo Hiruzen a sterminare tutto il nostro clan.”

Mikoto prese la mano di Sasuke fra le sue, sorridendo con un sorriso triste. “Itachi era l’unico che riuscì a non farsi accecare dall’odio.” disse lei. “Lui e Shishui erano riusciti a mettere la pace ed il bene del Villaggio al primo posto. Per questo loro si schierarono dalla parte dell’Hokage, facendo da spie per conto del Villaggio. Quando poi Danzo uccise Shishui, Itachi rimase da solo, ma decise comunque di portare a termine la missione che gli era stata affidata.”

Fugaku si portò subito dopo davanti al figlio. “Itachi prese una decisione terribile quel giorno,” disse con serietà. “Ma lui era sempre stato un ottimo Shinobi ed un pacifista, e per questo motivo era l’unico in grado di fare ciò che fece. Quella notte si accollò tutto l’odio e la vergogna del clan Uchiha sulle spalle, e decise di salvare soltanto te, un semplice bambino innocente che non era stato ancora corrotto dall’odio della nostra gente. Il suo coraggio ed il suo sacrificio sono ineguagliabili, e ad oggi sono fiero di lui, anche se i nostri ideali erano diversi.”

Sasuke sentì le lacrime colargli dagli occhi. “Ma perche non me l’ha detto?” esclamò, affranto e disperato. “Perché mi ha riempito la testa di menzogne? Perché non mi ha semplicemente detto come stavano le cose, invece di farmi diventare quello che sono oggi?”

I suoi genitori lo guardarono con compassione, abbracciandolo e confortandolo insieme contemporaneamente.

“Itachi voleva probabilmente essere giustiziato da te,” disse Fugaku, la sua voce piena di dolore. “Voleva che tu, l’unico Uchiha rimasto, fossi colui che avrebbe messo fine una volta per tutte alla storia maledetta del nostro clan. Voleva che fossi tu, l’unica persona che egli amava più di ogni cosa, a giustiziarlo e a iniziare un nuovo capitolo per gli Uchiha. Anche se non posso giustificare le sue azioni, sono certo che aveva in mente questo.”

Il ragazzo si lasciò cullare dall’abbraccio, singhiozzando sommessamente mentre i suoi genitori lo stringevano.

“Va tutto bene,” ripeté sua madre diverse volte. “Va tutto bene. Non sei da solo, Sasuke. Se tuo fratello fosse qui adesso, sono certa che anche lui sarebbe fiero di te proprio come lo siamo noi!”

Passarono diversi minuti prima che Sasuke smise di piangere. Appena si calmò un po’ il giovane Uchiha annuì debolmente tra sé. Sua madre aveva ragione. Suo fratello sapeva a cosa andava incontro con le sue azioni. E per questo motivo Itachi aveva scelto lui per riuscire a donare nuova speranza al futuro del loro clan.

E adesso, tutta quella storia era finita. Adesso lui poteva ricominciare, poteva finalmente scrivere un nuovo capitolo nella storia maledetta del suo clan.

E Sasuke giurò a se stesso che questa volta il nuovo capitolo degli Uchiha non sarebbe stato pieno di dolore come il precedente.
 

Cima delle mura, Distretto di Shiganshina

Sakura bloccò con successo il palmo di Hinata afferrandole il polso con la mano destra, ricambiando poi la cortesia con un calcio laterale mirato alla testa.

Ma Hinata non demorse, alzando il braccio libero, stringendo i denti e incassando il calcio senza emettere un solo lamento. I suoi occhi vedevano attraverso il corpo della sua compagna di lotta, studiandone i punti d’apertura e di passaggio del chakra.

Sakura voleva continuare con un’altra raffica di pugni, ma i suoi sensi allenati le dissero che doveva allontanarsi subito da lì.

“Shannaroo!” fece una voce sopra di lei ed Hinata.

L’Haruno mollò il braccio di Hinata e balzò subito all’indietro, imitata anche dalla Hyuuga che si allontanò a sua volta da lì senza perdere un solo secondo. Così facendo entrambe le ragazze evitarono con facilità il colpo di Sarada, la quale cadde dal cielo nel punto dove loro due si trovavano fino a qualche attimo prima, fracassando il vertice del muro con un pugno che crepò il cemento come vetro.

Hinata si rimise in posizione d’attacco, scagliandosi verso l’Uchiha che era ancora piegata a terra.

“HYAA!” urlò, accumulando chakra nel palmo destro e preparandosi a colpire la ragazza con una tecnica del Pugno Gentile.

Tuttavia Sarada aveva altri piani in mente, sgranando gli occhi ed attivando una grossa gabbia toracica arancione che le ricoprì tutto il corpo.

Il palmo di Hinata si schiantò contro le ossa del Susanoo con violenza e precisione, sferrando nello stesso istante un getto d’aria compressa che investì la gabbia eterea, ma tuttavia non ebbe alcun effetto. L’Uchiha ne approfittò mentre era ancora accovacciata per formulare diversi sigilli con le mani.

Doton: Ganchuusou!” (Lance di Roccia)

Dal cemento sotto i piedi di Hinata si stagliarono in alto delle sottili lance di terra, evocate grazie all’utilizzo di chakra. La giovane Hyuuga però si era accorta in anticipo dell’attacco grazie ai suoi occhi che vedevano in tutte le direzioni, e le evitò una ad una danzando con grazia e muovendo il corpo in tutte le direzioni per evitare le lance mortali.

Sarada aggrottò le sopracciglia e si preparò ad attaccare di nuovo.

Tuttavia fece appena in tempo a notare che la sua futura madre stava correndo verso di lei alle sue spalle, imitata a sua volta dall’altra ragazza che aveva evitato con successo tutte le lance di terra.

L’Uchiha fece scattare un braccio del Susanoo verso la Hyuuga con un comando mentale, tentando invece di resistere all’attacco di Sakura con la gabbia toracica.

Hinata, appena vide la grossa mano scheletrica stagliarsi contro di lei, non perse tempo ed accumulò altra energia nelle braccia, evocando un’immagine spettrale di un leone azzurro su ogni mano.

Sakura ghignò, scattando con forza davanti alla corazza arancione di Sarada e caricando un pugno all’indietro.

“SHANNAROOOO!” urlò l’Haruno.

Juho Soshiken!” (Pugno dei Leoni Gemelli) esclamò la giovane Hyuuga allo stesso tempo.

Il pugno di Sakura centrò in pieno la gabbia del Susanoo, frantumandola e crepandola a causa della forza mostruosa dell’attacco, mentre la tecnica di Hinata scagliò lontano da lei la gigantesca mano scheletrica arancione con un solo colpo.

Sarada balzò in alto in quello stesso istante, roteando in aria ed atterrando fuori dal Susanoo. Il corpo etereo evocato dalla ragazza, ormai privo del suo proprietario, si dissolse nel nulla dopo alcuni secondi.

Le tre ragazze si osservarono per diversi momenti in silenzio, studiandosi a vicenda senza abbassare mai la guardia.

Finché, dopo un paio di secondi, Sakura si rilassò e raddrizzò la schiena.

“Molto bene,” esclamò con un sorriso. “Che ne dite di fermarci qui per oggi?”

Hinata dissolse immediatamente la tecnica nelle sue mani, disattivando anche il Byakugan. “P-Per me va bene.” disse semplicemente, un lieve sorriso che le incurvava all’insù le labbra.

Sarada sospirò, aggiustandosi gli occhiali ed annuendo soddisfatta.

Sakura si portò affianco ad Hinata, battendole una leggera pacca sulla spalla. “Sei migliorata parecchio, Hinata!” le disse con un ghigno. “Ti ci sono voluti sei giorni, ma adesso la tua forza e i tuoi riflessi sono migliorati visibilmente! Sei riuscita a tenere il ritmo di Sarada per più di venti minuti!”

La ragazza cerulea arrossì leggermente. “A-Anche tu sei stata brava!” disse con esitazione. “L-La potenza dei tuoi attacchi adesso si sta facendo sempre più precisa e formidabile! Tsunade-sama sarebbe orgogliosa dei tuoi progressi in così pochi giorni!”

L’altra giovane dai capelli rosa ghignò. “È tutto merito di Sarada che mi ha consigliato di attivare il Sigillo della Rinascita durante gli allenamenti!” spiegò lei, rivolgendo lo sguardo verso la giovane Uchiha. “Il chakra che mi stai aiutando ad accumulare dentro al sigillo mi sarà davvero utile! Grazie ancora, Sarada!”

“D-Di nulla!” rispose quella, imbarazzata dal fatto che la sua futura madre la stava ringraziando per così poco.

Doveva ammetterlo però, la loro decisione di allenarsi insieme si era rivelata incredibilmente utile. Da più di dieci giorni le tre ragazze avevano deciso di unirsi insieme per combattere tra di loro ogni giorno alla stessa ora sulla cima delle mura, in modo da non restarsene con le mani in mano mentre Naruto e Sasuke si allenavano. Avevano imparato a collaborare insieme, imparando anche i punti di forza e le mancanze di ciascuna di loro.

Sakura era la più forte e resistente dal punto di vista fisico, e le sue abilità di guarigione erano strabilianti quando attivava il Sigillo che aveva sulla fronte. Il suo controllo del chakra era quasi perfetto, e riusciva ad usare attacchi precisissimi grazie alle sue conoscenze ed esperienze mediche. Tuttavia peccava nel suo arsenale di Tecniche Ninja, che però riusciva a compensare grazie alla forza bruta e al lavoro di squadra.

Hinata invece era la più veloce e precisa. Grazie ai suoi occhi riusciva a prevedere moltissimi pericoli ed attacchi a sorpresa, e lo stile del clan Hyuuga le permetteva di difendersi molto bene da quasi tutti i tipi di attacchi fisici, mentre la sua debolezza era la resistenza fisica.

Sarada, invece, era su un livello diverso da loro due. La ragazza del futuro era forte, veloce e resistente, e grazie ai suoi occhi riusciva a prevedere e copiare qualsiasi tecnica ninja. La sua forza fisica era paragonabile a quella di Sakura, il suo arsenale di Jutsu vasto e la sua precisione ed intelligenza durante gli scontri invidiabili. La precisione che aveva nel tiro al bersaglio, poi, era davvero eccezionale.

Hinata e Sakura erano consapevoli che lei, similmente a come aveva fatto anche Boruto con Naruto, si stava trattenendo molto durante i loro allenamenti. L’Uchiha era molto più forte di quel che si erano aspettate. Si comportava in maniera calma e riflessiva in battaglia, agendo sempre secondo la strategia migliore. Era come se fosse abituata a lottare in quel modo sin da quando era piccola, ma non avevano modo di sapere il perché.

“Sei davvero un portento, Sarada!” si complimentò allora la rosa con un sorriso. “In questi giorni hai dimostrato di essere molto più forte di quanto mi fossi aspettata! Mi hai davvero sorpresa!”

La ragazza con gli occhiali abbozzò un sorriso imbarazzato, sedendosi a terra. “Grazie mille! Mi sono sempre impegnata al massimo per migliorarmi ogni giorno…”

Le altre due si sedettero affianco a lei. “Devi essere molto diligente negli allenamenti, vero Sarada-san?” chiese Hinata.

“Puoi chiamarmi solo Sarada,” la corresse l’altra con un tono divertito. “Non c’è bisogno di essere così formali!”

Hinata annuì semplicemente. A differenza di Boruto, Sarada era molto più aperta e disponibile a parlare con gli altri, e non si faceva problemi a ridere e scherzare con tutti. Era semplice riuscire a stringere amicizia con lei, un tratto che alla Hyuuga sembrò ricordare in qualche modo Naruto.

“Come fai ad essere così brava?” le chiese Sakura, il suo tono curioso. “Sei molto più forte di noi due, eppure hai la nostra stessa età!”

Sarada si grattò il mento con un dito. “Beh, ecco…” tentò di spiegare. “Diciamo che ho sempre dato il meglio di me negli allenamenti sin da quando ero piccola. Il mio sogno è quello di diventare Hokage, e per riuscirci devo impegnarmi al massimo ogni giorno!”

“Senza contare che ho speso cinque anni in allenamenti intesivi per riuscire a riportare Boruto nel Villaggio…” pensò tra sé, ma preferì non rivelare questa informazione.

Hinata sorrise all’udire ciò. Era proprio la stessa cosa che avrebbe detto anche Naruto in una situazione del genere.

Anche Sakura sembrò notare le similitudini della sua futura figlia con il suo compagno di squadra. “Sai una cosa?” disse allora, osservandola con uno sguardo intenso. “Non posso fare a meno di notare quanto tu sia simile a Naruto, mentre invece Boruto mi ricorda molto Sasuke-kun, anche se lui non era mai stato così freddo come quel tipo. Tu hai lo stesso sogno di Naruto, mentre Boruto ha scelto di seguire una strada difficile da solo, proprio come tuo padre. Mi stupisce il fatto che tu, nonostante sia figlia mia e di Sasuke-kun, mi ricordi in tutto e per tutto Naruto, mentre Boruto è molto più simile a tuo padre!”

La giovane Uchiha fissò con uno sguardo indecifrabile l’orizzonte. “Me lo disse anche l’Hokage in passato,” rispose lentamente, il suo tono basso. “Forse, proprio perché sia io che Boruto abbiamo avuto rapporti difficili coi nostri rispettivi padri, alla fine abbiamo finito per diventare l’opposto di come sono loro.”

Sakura la guardò con tristezza. “Anche tu hai avuto un brutto rapporto con Sasuke-kun?” domandò pacatamente.

Sarada annuì. “Di certo non ai livelli di Boruto, però non posso dire che le cose tra noi due furono tutte rose e fiori.” le spiegò con un sorriso privo di calore, gli occhi oscurati dal riflesso degli occhiali. “Mio padre era sempre costretto ad andare in missione fuori dal Villaggio, ed io lo vedevo molto raramente quando ero piccola. Il primo ricordo che ho di lui risale a quando avevo undici anni.”

La sua futura madre rimase allibita e sconvolta dalla notizia. “D-Davvero?” sussurrò, incredula. Hinata ascoltò in silenzio le parole della giovane.

L’Uchiha fece un cenno col capo. “Quando ero piccola provavo molto risentimento per mio padre,” disse ancora una volta. “Ma col tempo le cose si sono chiarite tra noi, e adesso non provo più nessun tipo di rancore nei suoi confronti. Lui è pur sempre mio padre, e devo accettare che a volte le sue responsabilità lo possano portare lontano da me.”

Sakura le mise una mano sulla spalla. “Hai sofferto anche tu da piccola, vero?”

La ragazza del futuro annuì ma non rispose, facendo calare un piacevole silenzio tra loro tre. Non aveva senso continuare a parlare del suo passato. Sakura l’avrebbe dimenticato in ogni caso, perciò preferì restare ad ascoltare il soffio del vento, osservando il panorama con un sorriso.

Hinata si mise a fissare l’orizzonte a sua volta. “Chissà come procede l’allenamento per Naruto-kun e Sasuke-kun…”

Sarada sorrise. Hinata non riusciva a smettere di preoccuparsi per Naruto. Doveva amarlo davvero molto per riuscire a pensare sempre a lui.

Sakura alzò le spalle, il suo volto contornato da un sorriso divertito. “Conoscendo quei due, si staranno allenando fino allo sfinimento. I maschi sono tutti uguali, e pensano solo a diventare sempre più forti. Non credi anche tu, Sarada?”

“Gia!” confermò quella con un sorriso divertito. “Anche Boruto si starà impegnando al massimo in questo momento!”

Sakura la guardò con un’espressione profonda. Lei riusciva a vedere qualcosa negli occhi della sua futura figlia quando parlava del Nukenin. Era evidente per lei. Non c’erano dubbi.

Riusciva a vedere l’amore e lo struggimento che Sarada provava nei confronti del misterioso guerriero. Riusciva a scorgere il dolore, il rammarico e la nostalgia che lei provava nel ricordare i giorni passati con lui, nel ricordare come il suo amico fosse diverso da piccolo.

Lo riusciva a vedere perché anche lei, proprio come Sarada, aveva provato quegli stessi sentimenti nei confronti di Sasuke. Anche lei era innamorata dell’Uchiha sin dai tempi dell’Accademia, ed aveva sperimentato sulla sua pelle cosa si provasse nel vedere andare via la persona amata. Aveva sperimentato in prima persona tutto quel dolore e quello sconforto che adesso vedeva riflesso negli occhi neri di Sarada. E per questo motivo, in qualche modo, Sakura era in grado di capire quello che sua figlia stava provando.

“Non arrenderti.” disse improvvisamente l’Haruno con un tono pacato e serio.

Sarada si voltò verso di lei, confusa.

Sakura la fissò negli occhi con uno sguardo pieno di comprensione. “So quello che provi per Boruto,” chiarificò con un tono sincero. “E so che i tuoi sentimenti sono uguali a quelli che io provo per Sasuke-kun. Comprendo bene la tua sofferenza e il tuo dolore. Capisco come ci si sente nel vedere la persona che si ama andare via, sempre più lontano da noi…”

L’Uchiha sgranò gli occhi, ascoltando con muto stupore le parole della sua futura madre. Hinata sorrise, osservando la scena con interesse e comprensione.

“Ma io non mi sono mai arresa!” dichiarò la kunoichi con i capelli rosa. “E non mi arrenderò mai! Adesso le cose tra me e tuo padre si stanno lentamente aggiustando, e sono certa che alla fine anche tra te e Boruto tutto andrà per il meglio! Perciò sappi che io faccio il tifo per te! Sono certa che ce la puoi fare!”

Sarada sorrise all’udire quelle parole. In passato, sua madre le aveva detto più o meno le stesse cose che quella ragazza aveva appena pronunciato. E, per quanto fosse ironica la cosa, questo fatto le fece nascere una nuova ondata di determinazione nel cuore.

La ragazza del futuro ripensò all’incontro che aveva avuto con Boruto il giorno precedente. Ripensò alla sua confessione, ripensò all’abbraccio e al dolore che lei e Boruto avevano provato in quel momento. Ripensò a come, nonostante tutte le loro differenze, alla fine avessero ceduto entrambi al dolore, superando le difficoltà e la rabbia tra di loro per consolarsi a vicenda.

Era vero.

Era tutto vero. Sua madre aveva ragione. Le cose potevano ancora sistemarsi tra loro. Non era ancora troppo tardi. C’era ancora una possibilità di ricominciare da zero.

“Lo so,” disse allora con decisione. “Non ho intenzione di arrendermi! Né ora, né mai!”

E da quel momento, le tre ragazze sedute sul gigantesco muro di cemento rimasero in silenzio, osservando con uno sguardo pieno di speranza per il futuro l’orizzonte, godendosi quel piacevole, e probabilmente ultimo, momento di pace prima dello scontro con il drago.


 

 Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto almeno un pò. 

Vi avviso che ho preso una decisione:
Siccome ho la seria intenzione di concludere questa storia prima dell'inizio dell'anno nuovo, ho deciso che da oggi  aggiornerò 'La Battaglia di Eldia' in modo più rapido e più frequente rispetto a prima. Non mancano molti capitoli prima della conclusione ormai, perciò sono fiducioso del fatto di poter concludere la storia prima di Natale. I capitoli usciranno con più frequenza di prima, ve lo prometto.

Il prossimo capitolo uscirà martedì 5 dicembre!

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e che commenteranno. A presto! ;)
 

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Capitolo 49
*** L'Ultima Parte ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 

 


L’Ultima Parte


Giorni mancanti allo scontro: 2

“Non sei ancora riuscito ad attivarlo?”

Boruto scosse la testa, osservando i tre manufatti nelle sue mani. “Per quanto la cosa sia frustrante, non sono ancora riuscito a scoprire come diavolo risvegliare il potere al loro interno.” spiegò con un tono freddo. “Mi dispiace, ma non ho davvero idea di cosa bisogna fare.”

L’Eremita sospirò, massaggiandosi le tempie. Questo intoppo era preoccupante. Oggi era l’ultimo giorno che potevano dedicare all’allenamento. Mancava davvero poco allo scontro contro Vrangr, e il ragazzo del futuro non era ancora riuscito ad attivare il Potere del Risveglio. Se non fosse riuscito a svelare il mistero che avvolgeva i manufatti al più presto, allora le loro speranze di vittoria sarebbero state ancora più basse di quanto non lo fossero già.

“Non pensavo che sarebbe stato così difficile per uno come te…” disse anche Eren, il suo tono preoccupato e basso.

“Ho tentato di tutto!” si difese Boruto, voltandosi a fissare l’anziano Otsutsuki con uno sguardo irritato. “In questi ultimi diciassette giorni ho cercato di raggiungere la consapevolezza di me in mille modi, dalla meditazione agli esercizi fisici, fissandomi nella testa un obiettivo come mi hai consigliato di fare tu stesso! Ma non ha funzionato! Poi ho tentato ancora di assorbire il chakra dei manufatti, poi di infondervi il mio, e poi ancora ho meditato, tentato e ritentato in mille modi diversi per ore e ore! Ma ogni mio singolo tentativo non ha portato a nulla!”

L’anziano essere sorrise. “Lo so, non ti stavo rimproverando.” chiarì subito. “Tuttavia mi stupisce che persino un prodigio della mente come te non sia riuscito a svelare il mistero del Potere di Sargon.”

“Parli come se tu sapessi già come usare questo potere…” ribatté l’altro, stizzito.

Boruto si sedette su una sedia, osservando fuori dalla finestra della stanza in cui stavano parlando e poggiando la collana, lo scettro e l’anello sopra un tavolo rovinato. Eren si sedette a sua volta dal lato opposto.

“Questi tre manufatti mi stanno davvero irritando!” sospirò il biondo pesantemente, chiudendo gli occhi. “Da quando li abbiamo ottenuti, non hanno più fatto niente di particolare. Non hanno neppure emesso altro chakra. Se non fosse per il fatto che riesco a percepire l’energia al loro interno col Jougan, sarei pronto a dire che sono dei semplicissimi gioielli antichi.”

Nessuno dei tre disse nulla per diversi minuti dopo quelle parole, continuando a restare in silenzio.

“Credi davvero di aver fatto la scelta giusta, vecchio?” chiese improvvisamente Boruto, senza smettere di fissare l’esterno. “Sei ancora convinto che io sia davvero l’unico in grado di usare l’energia dei manufatti? Stanotte dovremo partire alla volta dello scontro decisivo, e io non sono riuscito ad attivare il Potere del Risveglio nonostante tutto il mio impegno. Credi ancora che io sia la persona adatta per questo compito?”

Hagoromo annuì. “Te l’ho detto, non ho dubbi al riguardo. Solo tu hai le capacità tali da permetterti di risvegliare il Potere sopito nei gioielli. L’ho visto durante il tuo combattimento con Naruto.”

Il ragazzo col mantello inarcò un sopracciglio. “Che cosa hai visto quel giorno?”

“La tua capacità di comprendere!” rispose prontamente l’Eremita. “Durante lo scontro ho visto il tuo modo di ragionare in battaglia, la tua prontezza di riflessi e la tua costante calma nonostante la situazione. Ma quello che mi ha fatto capire che eri tu la persona più adatta a questo ruolo è stato vedere coi miei occhi la tua intuizione.”

Eren rimase confuso dalla risposta dell’anziano. “Intuizione?” ripeté, confuso. “Hai deciso di affidare a Boruto questo compito solo perché hai notato che è bravo a ragionare in battaglia?”

Hagoromo ridacchiò. “Niente affatto!” disse subito dopo. “Non mi riferivo alla sua capacità di risolvere i problemi durante uno scontro, ma bensì al suo modo di vedere le cose e di agire di conseguenza.”

Eren era più confuso di prima, ma neanche Boruto stava capendo a pieno quello che l’Eremita voleva dire.

“Se la cosa ti consola Eren, neppure io credo di aver compreso bene a cosa si riferisce…” disse anche il biondo.

L’Eremita sorrise divertito. “Sai che cosa è il tuo Jougan di preciso, giovane Boruto?” domandò allora.

Il Nukenin aprì l’occhio destro, ma scosse la testa. “Non lo so con esattezza.” rispose lentamente. “Quando gli chiesi delle informazioni al riguardo, Toneri mi rispose solo che il Jougan è un occhio leggendario ed unico nel suo genere, la cui origine è misteriosa e sconosciuta. Ma oltre alle varie abilità che esso mi conferisce, purtroppo, non so nient’altro sul suo conto.”

“Vuoi dire che non hai idea di cosa sia quel tuo occhio?” domandò il ragazzo moro, stupito dalla notizia.

Boruto annuì. “Non ho mai avuto modo di scoprire nulla sul suo conto. Nel mio mondo non esiste un’abilità oculare del genere, e neppure Toneri sapeva perché io avessi ottenuto il Jougan.”

“Non mi stupisce.” riprese a dire l’Eremita. “Toneri è molto giovane, ed ha ancora tanto da imparare sui mondi e le verità che reggono l’universo. Non poteva certo sapere la verità su un argomento così antico.”

Il guerriero si voltò verso di lui, fissandolo col suo occhio destro aggrottato. “Quindi tu a differenza sua sai qualcosa al riguardo?” domandò con sospetto.

Hagoromo ricambiò lo sguardo con calma. “Purtroppo ne so molto meno di quel che potresti pensare,” disse pacatamente. “Come ti ha già detto Toneri, le origini del tuo occhio sono completamente oscure. Se c’è qualcuno a conoscenza di qualcosa al riguardo, nessuno può dirlo. Tuttavia so che non sei l’unico che ha posseduto il Jougan nella storia dell’universo.”

Boruto rimase a bocca aperta dalla notizia. “Vuoi dire che c’è qualcun altro che possiede il mio stesso occhio?” esclamò, allibito.

“Non più ormai,” rispose l’anziano. “Ma in passato, in un tempo e in un mondo molto più lontani di quel che potresti immaginare, ci fu una persona che riuscì a sbloccare misteriosamente il Jougan esattamente come nel tuo caso. Non so dirti chi lui o lei fosse, né che fine fece, ma so che aveva il tuo stesso occhio e le tue identiche abilità!”

Boruto ed Eren ascoltavano con attenzione le sue parole, sconvolti e pieni di stupore.

“Inoltre, tu e quest’altra persona avete un’altra cosa in comune,” disse ancora l’Eremita. “E questa cosa è l’intuizione.”

Il biondo lo fissò con confusione. Non riusciva ancora a capire a cosa si stesse riferendo con quel termine. Non gli diceva niente nella sua testa.

“A cosa ti riferisci con intuizione?” gli chiese allora.

“Mi riferisco alla capacità di vedere oltre l’apparenza delle cose. Mi riferisco all’abilità di comprendere la verità. Dopo lo scontro con Naruto, come avrai certamente notato, tu sei cambiato in modo radicale, e non negarlo. Non ti comporti più in maniera arrogante e distaccata con tutti come prima, e sei persino riuscito a controllare le tue emozioni dopo aver parlato con Hinata e Sarada. Questo è successo perché quel giorno sei riuscito a vedere la verità nel cuore di Naruto, sei riuscito a leggere ciò che stava dietro le sue azioni, comprendendo una volta per tutte che lui è innocente, come anche Hinata e Sarada. Per questo motivo hai deciso di rivelare a tutti il tuo passato, vero?”

Boruto sgranò gli occhi, allibito. Era vero. Era tutto vero. L’Eremita aveva appena descritto alla perfezione i motivi che lo avevano spinto ad agire in quel modo dopo il suo scontro con Naruto. Aveva illustrato in maniera precisa il perché il suo atteggiamento era cambiato improvvisamente nei confronti dei suoi futuri genitori.

Ma la cosa sconvolgente era che lui non se n’era ancora reso conto.

“Questo è stato possibile anche grazie al tuo occhio.” spiegò l’Eremita. “Il Jougan ti permette anche di fare questo: vedere oltre l’apparenza delle cose attraverso l’intuizione. È stato solo grazie ad esso che quando eri piccolo hai compreso le ragioni che hanno spinto i tuoi genitori a comportarsi in quel modo terribile nei tuoi confronti, ed è stato sempre grazie ad esso che sei riuscito a vedere le verità che si celavano nel passato di coloro che oggi consideri amici. Il tuo occhio ti ha aiutato a vedere ciò che è nascosto nell’anima delle persone. In pratica, basandoci su quello che ti permette di vedere, il Jougan può essere definito in questo modo: l’occhio che vede nell’anima!”

Boruto rimase di stucco all’udire quella frase. Uno strano senso di nostalgia lo pervase in quel momento. Era come se avesse già sentito da qualche parte quell’espressione, ma non riusciva a ricordare dove. Poi, inaspettatamente, gli parve di sentire una voce nelle orecchie, gli sembrò di ricordare qualcosa di familiare ed allo stesso tempo misterioso. Un sussurro leggero e stranamente familiare gli riecheggiò improvvisamente nella mente, come il brandello di un sogno distante di cui aveva perso memoria.
 

“L’occhio sull’anima…”
 

Hagromo sorrise, riscuotendolo dai suoi pensieri. “Per questo sono convinto che puoi farcela!” disse di nuovo. “Per questo sono certo che, in un modo o nell’altro, tu sarai in grado di risolvere il mistero che si cela dietro ai manufatti! Tu hai un’arma che nessun altro nell’universo possiede, e sei il più forte del gruppo. Per questo sono certo della mia scelta! Perché ho fiducia in te!”

Boruto lo fissò, stupito dalla sincerità e dalla fiducia che l’Eremita aveva nei suoi confronti. Non riusciva a spiegarsi perché l’anziano Otsutsuki fosse così amichevole nei suoi confronti. Era l’unico che aveva mostrato di essere fiducioso di lui in quel modo, a parte Sarada almeno.

“Anch’io sono certo che ce la farai!” esclamò anche Eren con un ghigno, facendo voltare verso di lui il biondo. “Te l’avevo detto, no? Anche se non ti conosco da molto tempo, ho fiducia in te! Hai dimostrato di essere un tipo in gamba! Sarà un onore per me accompagnarti nello scontro col drago!”

Il ragazzo col mantello sorrise lievemente. “Grazie mille, Eren!” rispose con sincerità. “Sarà un onore anche per me!”

Detto questo, il biondo si alzò dalla sedia, afferrando i tre manufatti dal tavolo e cominciando a camminare verso l’uscita.

“Molto bene,” disse con decisione. “Allora adesso ritenterò per l’ennesima volta di vedere cosa posso fare con questi gioielli. Ci vediamo stasera al posto stabilito.”

“Aspetta, giovane Boruto!” lo richiamò subito l’Eremita, attirando l’attenzione dei due ragazzi.

Il guerriero si fermò davanti la porta, voltandosi lentamente.

“Prima di andartene, voglio che tu prenda questo con te.” disse Hagoromo con un sorriso, porgendogli con una mano un piccolo oggetto rotondo.

Boruto inarcò un sopracciglio. “Huh?”
 
 

Sei ore dopo, cancelli del Muro di Maria
 
Il cielo era rosso, il tramonto all’orizzonte dietro le colline intenso e quasi accecante. Le gigantesche mura che circondavano la città si stagliavano alte nel cielo, coprendo con la loro ombra le figure di undici persone che si trovavano alla loro base, proprio fuori dal Distretto.

Naruto osservava con uno sguardo indecifrabile i volti dei suoi compagni.

Tutti i presenti avevano uno sguardo serio, i loro corpi erano tesi e rigidi, le loro espressioni nervose ed incerte.

Minato e Kushina non lo davano a vedere, ma Naruto aveva imparato a conoscerli meglio nel corso di questi giorni, tanto da riuscire a notare la tensione presente nei loro occhi mentre restavano in silenzio ad osservare con aria pensierosa il cielo.

Sakura stringeva ripetutamente le mani, seduta a terra con lo sguardo rivolto al terreno. Era un gesto che il jinchuuriki conosceva bene. La sua compagna era solita sfogarsi in quel modo ogni volta che lei ed il resto del team partivano per una missione pericolosa o particolarmente importante. Aveva imparato a notare questi suoi piccoli atteggiamenti e gesti che esprimevano il nervosismo che provava dentro.

Sasuke invece era tornato ad essere silenzioso e riflessivo, il suo sguardo apparentemente impassibile. Se ne stava in piedi, con la schiena poggiata al muro di cemento e gli occhi chiusi. Tuttavia era possibile notare il suo vero stato d’animo osservando con attenzione il modo in cui la sua mascella si muoveva di scatto per qualche secondo, quasi impercettibilmente, nello stringere i denti con forza.

Fugaku aveva una mano posata sulla spalla di sua moglie, ed i due coniugi si fissavano l’un l’altro nel tentativo di infondersi coraggio a vicenda, entrambi visibilmente preoccupati.

Hinata dal canto suo era la persona che si riusciva a leggere meglio. Le sue gambe tremavano leggermente, i suoi pugni erano serrati con le nocche bianche. La sua faccia esprimeva visibilmente timore, tensione e paura. Era la più emotiva del gruppo, nonché la più terrorizzata dall’idea di affrontare un drago, ma nonostante questo si riusciva a vedere che tentava al massimo di calmare la sua paura facendo profondi respiri. I risultati erano scarsi però.

Sarada al contrario sembrava stranamente calma e serena in quella situazione, anche se la tensione le aveva reso il corpo rigido e teso. La ragazza del futuro però non appariva per nulla spaventata, ma si limitava ad osservare il tramonto con un sorriso, come se stesse ricordando qualcosa tra sé nella sua testa, chiusa nel suo mondo segreto.

Eren invece continuava da diversi minuti a fare avanti e indietro con le gambe, visibilmente preoccupato e teso dall’idea di ciò che stavano per fare. Era evidente che l’idea di ciò che aspettava loro non gli piacesse, ma nonostante questo Naruto riusciva a vedere la determinazione che brillava nei suoi occhi. Il ragazzo moro aveva deciso lui stesso di aiutarli in quell’impresa, e nonostante fosse più che terrorizzato dall’idea di affrontare il drago, in quel momento non si stava tirando indietro, restando fedele alle sue parole.

Persino l’Eremita appariva stranamente più serio e concentrato del solito mentre osservava uno ad uno i componenti del gruppo.

Si vedeva chiaramente che la tensione era arrivata alle stelle per tutti loro. Lo stesso Naruto aveva cominciato a sentire negli ultimi giorni un senso d’inquietudine che cresceva sempre più. Aveva iniziato a provare una tensione che aumentava ogni giorno.

Dopotutto, era finalmente giunto il momento.

Adesso sarebbe stato il momento decisivo. Adesso, dopo quasi tre mesi e mezzo di viaggi, era giunta l’ora di farla finita una volta per tutte.
Era arrivato il momento di affrontare Vrangr, il drago divoratore di mondi.

Non potevano più tornare indietro. Non si poteva scappare. Il destino di Eldia e quello di moltissimi altri mondi era nelle loro mani. Avevano il dovere di affrontare questa sfida a testa alta. Non potevano permettersi di mollare tutto.

Ma, nonostante tutti loro sapessero già queste cose, nessuno riusciva a nascondere completamente la tensione che provavano nel cuore. 

E come non biasimarli? La sola idea di dover affrontare una creatura leggendaria e pericolosa come un drago avrebbe messo paura a chiunque, anche al più impavido ninja del loro mondo. Non potevano fare a meno di essere tesi avendo la consapevolezza di ciò a cui stavano andando incontro.

Stavano andando contro ad una bestia di cui non sapevano nulla, se non il fatto che fosse talmente potente da riuscire a distruggere interi mondi con facilità.

Tuttavia, Naruto non poté fare a meno di notare che mancava ancora una persona all’appello. E quella persona era proprio il suo misterioso futuro figlio, il quale non si era fatto vedere da più di diciotto giorni.

Hagoromo sorrise. “Sembra che qualcuno sia in ritardo.” disse semplicemente per smorzare la tensione.

“DOVE DIAVOLO SI È CACCIATO?” esclamò rabbiosamente Kushina, esasperata dall’attesa snervante. “Sono passati già dieci minuti!”

Sasuke sbruffò. “Quel tipo è davvero irritante!”

“Suvvia, non vi agitate.” li richiamò l’Eremita con calma. “Sono certo che Boruto arriverà a momenti. Dopotutto, la responsabilità sulle sue spalle è grossa, siate comprensivi con lui.”

Gli altri si acquietarono. Era vero. Boruto aveva il compito più importante tra tutti loro. La responsabilità che aveva ricevuto era enorme. La riuscita della missione dipendeva quasi completamente dal fatto che il ragazzo del futuro riuscisse a scoprire come attivare il Potere dei manufatti che avevano ottenuto.

Senza quel potere, le loro possibilità di vittoria si sarebbero ridotte notevolmente.

Sarada sospirò. Non poteva neanche immaginare la tensione che il suo amico doveva star provando in quel momento. Era grata del fatto che quella responsabilità non fosse toccata a lei, anche se la cosa poteva sembrare egoistica.

Tuttavia era evidente che il Nukenin fosse il più adatto a quel compito. Lei credeva in lui con tutta se stessa.

Il suo Bolt era stato considerato un genio ed un prodigio sin da quando era piccolo. La sua intelligenza e la sua arguzia erano note in tutto il mondo. Probabilmente la sua furbizia superava persino quella dei Nara.

Proprio per questo tutti avevano paura di lui.

Perché il mondo riteneva Boruto un criminale. Un criminale non solo estremamente potente, ma anche maledettamente furbo ed intelligente. Un criminale che era stato in grado di eludere per tutta la sua vita la forza dell’Unione con la sua intelligenza, un criminale che aveva portato la fazione Ribelle ad un potere immenso grazie al suo aiuto, e che era stato capace di portare alla distruzione un intero Villaggio in una sola notte solamente con l’aiuto di altre sei persone.

Il suo amico era arrogante e confidente, ma aveva tutto il diritto di esserlo. Le persone che potevano eguagliarlo erano pochissime nel loro mondo, e ad oggi solo l’Hokage e suo padre erano gli unici in grado di poterlo fermare senza dubbio. Il potere che possedeva era troppo grande, e nessuno sapeva come avesse fatto ad ottenerlo. Quello che aveva fatto nella sua breve vita era stato incredibile ed inaspettato. Non vi erano precedenti nella storia degli Shinobi di una persona che aveva compiuto simili imprese a soli diciassette anni.

Neanche Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha erano riusciti a fare tanto. Certo, i due eroi del mondo ninja avevano sventato una Guerra e portato la pace tra le Nazioni Unite, ma il suo vecchio amico aveva fatto esattamente il contrario, il che era peggio.

Boruto aveva cambiato il mondo, spaccandolo a metà.

Lui da solo, assieme ai suoi amici e alla sua maledetta Organizzazione, aveva portato conflitti e terrore nel mondo, lottando in nome di una libertà ed una giustizia che lei non riusciva a comprendere. Aveva rovesciato e rifiutato gli ideali degli Shinobi, valori considerati da tutti intoccabili per secoli, opponendo a quest’ultimi i suoi propri ideali.

Boruto era stato l’unico nella storia dei ninja che aveva dichiarato guerra al concetto stesso di Shinobi.

E proprio grazie a questo tutti coloro che avevano perso la fiducia negli Shinobi e che odiavano l’Unione e i ninja lo vedevano come un eroe, supportandolo e credendo in lui. Boruto era diventato il simbolo e la speranza di migliaia di persone che condividevano il suo odio nei confronti dei ninja e dei loro valori.

Boruto Uzumaki aveva letteralmente cambiato il mondo da solo, e nessuno era riuscito a fermarlo.

“Vedo che la vostra pazienza non è allenata.” fece una voce priva di emozione all’improvviso.

Sarada, Naruto e tutti gli altri si voltarono di scatto, sorpresi di vedere il ragazzo del futuro comparire così all’improvviso.

Il Nukenin era apparso in mezzo a loro dal nulla, la sua faccia perennemente indifferente ed il suo occhio sinistro socchiuso con un’aria annoiata. Portava al collo la solita collana, mentre aveva indossato l’anello sull’indice destro, reggendo con la stessa mano il piccolo scettro.

“Boruto!” lo accolse l’Eremita con un sorriso. “Hai fatto progressi?”

Il biondo scosse la testa. “Purtroppo no,” rispose, la sua voce fredda. “Non sono riuscito ad attivare il Potere dei manufatti neanche stavolta. Mi dispiace.”

Sakura sgranò gli occhi. “Cosa?” esclamò, sconvolta. “Non sei riuscito a scoprire come usare i manufatti?”

Gli altri osservavano con espressioni colme di timore il giovane guerriero.

Boruto annuì. “Le cose, per quanto mi dispiaccia ammetterlo, stanno proprio così.” confermò senza esitare. “Ho tentato di tutto in queste settimane per scoprire come utilizzare l’energia all’interno dei gioielli, ma nessun mio tentativo ha portato a nulla.”

Fugaku strinse i pugni. “Stai dicendo che non sei stato in grado di fare nulla?” disse con un tono frustrato e nervoso. “E ora cosa diavolo dovremmo fare? Lo scontro col drago è imminente! Come possiamo avere una possibilità di vittoria senza quel Potere?”

Il ragazzo lo fissò di sbieco, ma non rispose.

“Calmatevi!” disse subito Hagoromo, il suo tono serio ed autoritario. “A differenza di quel che potreste pensare, io sono più che soddisfatto di quello che abbiamo ottenuto.”

Naruto lo guardò, stupito. “Cosa vuoi dire, vecchio Eremita?”

L’anziano essere sorrise. “Tu e Sasuke avete fatto molti progressi in queste settimane nel controllo dell’Energia naturale. Sarete in grado di usare il Potere che vi ho concesso senza difficoltà dopo quest’allenamento intensivo. Inoltre, tutti voi avete passato questi giorni ad allenarvi senza sosta, quindi il vostro tempo non è stato sprecato in nessun modo. Sono certo che tutto questo vi sarà incredibilmente utile al momento giusto.”

“E questo basterà a darci una possibilità di vincere contro il drago?” domandò Sasuke, la sua voce seria.

“Non posso dirlo con certezza,” rispose l’Otsutsuki con un tono basso. “Ma non dovete dimenticare che la visione mi ha mostrato chiaramente che voi siete gli unici in grado di mettere fine alla minaccia di Vrangr. Con o senza il Potere del Risveglio, soltanto voi potrete fare qualcosa in questa situazione. Su questo non ci sono dubbi.”

Poi, l’Eremita rivolse lo sguardo verso il ragazzo col mantello.

“Inoltre,” proseguì con un sorriso. “Come ho detto già diverse volte, non ho dubbi neanche sul fatto che Boruto sia l’unico che possa usare questo potere. Che ci crediate o meno, sono certo che prima o poi lui riuscirà a scoprire il mistero che avvolge i manufatti. Abbiate fiducia in lui.”

Il silenzio prese a regnare tra tutti i presenti.

Naruto sospirò “Dunque… è davvero giunto il momento?” chiese, la sua voce seria.

L’Eremita tornò serio all’istante. “Già!” disse. “Quello che tutti voi sapevate di dover fare inizia adesso. È giunto il momento che tutti voi affrontiate la più grave minaccia che il vostro mondo abbia mai visto fin’ora.”

Sasuke strinse i pugni, la sua espressione tesa.

Hinata fece un passo avanti, esitando solo per un istante prima di fare appello a tutto il suo coraggio.

Minato poggiò una mano sulla spalla di Naruto, sorridendo con confidenza.

Kushina fece schioccare le mani, portandosi affianco a suo marito e suo figlio.

Mikoto alzò la testa, il suo volto serio e teso.

Fugaku s’irrigidì, incrociando le braccia.

Sarada si aggiustò gli occhiali, attivando i suoi occhi.

Eren serrò i pugni, stringendo i denti.

Boruto fece un respiro profondo, senza muoversi.

L’Eremita li osservò col suo Rinnegan, scrutando con attenzione ognuno di loro. “Miei giovani Shinobi,” cominciò a dire. “Adesso le cose si faranno davvero ardue per tutti voi. Adesso è giunto finalmente il momento di porre fine a questa missione, compiendo l’obiettivo per cui vi ho portati qui in questo mondo.”

Tutti ascoltarono con attenzione, i loro cuori che battevano all’impazzata.

“Vrangr è una creatura estremamente potente e crudele,” spiegò Hagoromo con una voce spaventosamente seria. “E non esiterà ad uccidervi appena giungerete dinanzi a lui. Non posso dirvi cosa dovrete fare contro quel drago, perché io stesso non conosco il suo vero potere, e sono consapevole di non essere in grado di poterlo sconfiggere. Tuttavia credo in voi e nella vostra determinazione! Sono certo che potete farcela!”

Naruto e gli altri rimasero sempre in silenzio.

“Da questo momento in poi dovrete mettere da parte le vostre differenze e le ostilità tra voi, unendovi insieme come una cosa sola per riuscire a sconfiggere il drago!” disse ancora l’Eremita. “Appena giungerete dinanzi a quella creatura, dovrete agire come una vera squadra se volete davvero uscirne vivi! Non lasciate che i vostri sentimenti e le vostre differenze vi possano portare alla sconfitta! Agite insieme contro di lui, e non permettete all’odio di avere la meglio su di voi!”

Boruto serrò i pugni con forza.

“Proteggetevi a vicenda e guardatevi le spalle l’un l’altro,” continuò l’anziano. “Solo così potrete davvero avere una possibilità di vittoria!”

Poi Hagoromo fece una pausa, osservando quelle undici persone dinanzi a lui. Quei quattro adulti insieme ai sette giovani stavano per compiere un’impresa che nessun altro prima di loro aveva neanche sognato di intraprendere. Tutti loro stavano per giungere alla fine della missione, ma il futuro era incerto e pieno di pericoli. La possibilità di restare uccisi era elevata per ognuno di loro.

“So che quello che dovrete fare è estremamente rischioso,” disse con un tono pacato. “Nessuno meriterebbe mai di dover affrontare un pericolo simile, in nessuna circostanza. I draghi erano creature temute da tutti perché non c’era nessuno in grado di sconfiggerli. Il loro potere era quasi ineguagliato. Per questo motivo mi addolora molto dovervi mandare a combattere contro uno di loro…”

Hinata sentì le mani cominciare a tremarle dalla paura.

“Ma, per quanto questo sia ingiusto, solo voi potete farcela. Solo voi potete mettere fine a questa strage e distruzione che Vrangr sta causando. La salvezza di Eldia, quella del vostro mondo e di tanti altri ancora è solamente nelle vostre mani.”

Naruto sentì una forte determinazione nascergli dentro al ricordo delle persone che avrebbe potuto salvare sconfiggendo il drago, rimpiazzando così l’ansia e il timore dentro di lui.

L’Eremita li osservò con un sorriso. Questi erano gli ultimi istanti in cui avrebbe potuto parlare con loro, gli ultimi momenti di pace prima di lasciarli andare incontro ad una minaccia talmente grande che persino lui avrebbe avuto timore al pensiero di doverla affrontare.

“Non lasciatevi vincere dalla paura,” intimò loro con dolcezza ed un tono pieno di compassione. “So che quello che state per fare potrebbe essere una follia, ma io ho fiducia in ognuno di voi! So che potete tutti tornare a casa vittoriosi! Non lasciatevi togliere la speranza per nessun motivo!”

Sarada sorrise lievemente.

“Il futuro di migliaia di mondi è nelle vostre mani,” dichiarò con foga l’anziano essere. “Non possiamo permettere a quel drago di continuare a distruggere migliaia e migliaia di vite! Siete d’accordo?”

“Sì!” esclamarono Naruto, Sarada, Minato, Kushina e Sakura, i loro sguardi pieni di ardente determinazione.

Sasuke e Mikoto sorrisero, facendo un cenno del capo.

Fugaku ed Hinata annuirono.

Eren si batté un pugno sul cuore, sorridendo con decisione.

Boruto ghignò ferocemente.

L’Eremita annuì, fissandoli con orgoglio. “Vi spedirò nel luogo dove si trova il drago tramite una tecnica particolare,” spiegò loro subito dopo. “Una volta giunti lì, sono certo che saprete subito cosa fare per scovare Vrangr. Abbiate fiducia in voi stessi e nei vostri compagni, e sono certo che ce la farete a compiere questa missione!”

Poi, volgendosi verso il Nukenin, Hagoromo sorrise. “Affido il comando del gruppo a te, giovane Boruto!” disse con un tono carico d’incitamento. “Sei l’unico a cui posso affidare questa responsabilità! So che sarai in grado di fare la cosa giusta!”

Il guerriero non rispose, limitandosi ad osservare col suo occhio sinistro il Rinnegan dell’Otsutsuki. I due si fissarono a vicenda in silenzio, mille emozioni che danzavano nei loro sguardi in segreto, all’insaputa del resto del gruppo. Poi, dopo diversi secondi, il ragazzo del futuro annuì una sola volta con la testa.

“D’accordo.” disse semplicemente

Detto ciò Hagoromo unì le mani insieme, cominciando ad infondere energia nei suoi palmi.

“È arrivato il momento, amici miei,” annunciò con un tono rassegnato ma confidente. “Adesso non potrò più accompagnarvi in questa vostra avventura. Dovrete riuscire a sconfiggere il drago da soli. Una volta giunti lì, non potrò più raggiungervi o aiutarvi in alcun modo.”

Naruto lo guardò con tristezza. “Quindi non ci vedremo più?” domandò pacatamente.

Hagoromo sorrise. “Ci rivedremo quando tutto sarà finito,” rispose con sicurezza. “E allora festeggeremo insieme la caduta di Vrangr! Sono certo che ce la farete ad emergere vittoriosi!”

Il biondo ghignò, confidente. “Puoi scommetterci, vecchio Eremita!” dichiarò con determinazione. “Non basterà un drago a fermare Naruto Uzumaki, il futuro Hokage! Né tantomeno i miei amici! Vero ragazzi?”

Come sempre, la sua determinazione fece risollevare gli animi di tutti i presenti.

Sasuke chiuse gli occhi. “Hn. Non moriremo così facilmente, stanne certo.” disse con un piccolo sorriso.

“Certo che no!” esclamò subito dopo Sakura, sollevando in aria un pugno. “Niente e nessuno potrà fermare tutti noi messi insieme! Vero?”

Hinata annuì debolmente, riuscendo a calmare leggermente la sua ansia. “C-Certo! T-Tutti noi completeremo con successo la missione!”

Fugaku ghignò. “E noi adulti ci assicureremo che tutti i giovani tornino sani e salvi!” disse con sicurezza. “Non permetteremo a nessuno di fermarci così facilmente!”

Minato annuì, guardando tutti i suoi compagni. “Insieme possiamo farcela!” dichiarò a sua volta. “Per la salvezza di tutti coloro che dipendono da noi, non possiamo fallire!”

“Faremo rimpiangere a quel drago di aver scelto di distruggere questo mondo!” esordì anche Kushina, la sua faccia ardente di decisione.

Mikoto ridacchiò ferocemente. “Non ci arrenderemo dinanzi a nulla!”

“Per riuscire a salvare il nostro mondo, non possiamo permetterci di perdere!” esclamò Sarada, stringendo un pugno con forza e sorridendo dinanzi al gruppo.

Eren ghignò. “Non so come sarà questo drago, ma posso assicurarvi che il mio Titano è più che disponibile per farlo a pezzi!” disse con foga. “Non sei d’accordo anche tu, Boruto?”

Il Nukenin però non disse nulla, continuando a fissare i suoi compagni con uno sguardo indecifrabile.

Vedendo la sua strana reazione, Naruto si portò vicino a lui, poggiandogli una mano sulla spalla.

“Anche se siamo partiti col piede sbagliato, voglio che tu sappia che sarà un onore concludere questa avventura sotto il tuo comando!” gli disse con un sorriso a trentadue denti. “Sono certo che ci condurrai senza difficoltà alla vittoria, Boruto!”

Boruto lo fissò con uno sguardo indecifrabile per diversi secondi, prima di abbozzare un piccolo sorriso a sua volta.

“Grazie.” disse semplicemente.

Minato gli diede una piccola pacca sulla spalla. “Suvvia Boruto! Un comandante deve fare un discorso d’incitamento migliore di un semplice ‘grazie’!” disse con un tono divertito. “Dopotutto, te lo dice un Hokage!”

Boruto sospirò esasperatamente, ignorando le risatine generali del resto del gruppo. Poi, dopo alcuni secondi, il ragazzo col mantello si portò al centro del gruppo, fissando tutti col suo occhio azzurro. Gli altri lo ascoltarono con interesse.

“Non possiamo permetterci di perdere,” dichiarò, il suo tono basso ma deciso. “Non possiamo lasciar fare a quel drago queste continue stragi. Ne va del destino di Eldia, del destino del nostro mondo, e del destino di altri mondi ancora. Ne va della salvezza delle nostre famiglie, dei nostri amici e di tutti quelli che credono in noi. Non stiamo combattendo per noi stessi, ma stiamo combattendo per tutti coloro che hanno riposto la loro fiducia in noi. Perciò, per la salvezza del passato e per la salvaguardia del futuro, tutti noi dobbiamo vincere. Non possiamo esitare. Non ci lasceremo sopraffare dal nemico.”

Poi, poggiandosi una mano sul petto, Boruto ghignò ferocemente.

“Dedichiamo i nostri cuori per raggiungere la vittoria!” urlò a gran voce.

Naruto e tutti gli altri sorrisero.

“Sì!” risposero in coro.

Hagoromo osservò la scena con un ghigno carico di felicità.

“Sapevo di aver fatto la scelta giusta!” pensò tra sé. “Sono certo che sarai capace di condurli alla vittoria, Boruto Uzumaki. Ho fiducia in te!”

Dopo alcuni secondi, l’Eremita formulò diversi sigilli con le mani.

“Il nostro tempo è scaduto, miei giovani compagni!” disse loro a quel punto, attirando l’attenzione di tutti. “Non possiamo perdere altro tempo! Adesso vi condurrò nel luogo del vostro scontro finale!”

Boruto e tutti gli altri si voltarono verso di lui.

Hagoromo continuò. “Abbiate fiducia in voi stessi ed aiutatevi a vicenda! Così facendo, ne uscirete di sicuro vincitori!”

Naruto annuì senza esitazione. “Grazie di tutto, vecchio Eremita!” disse con un sorriso.

L’Otsutsuki ricambiò il sorriso. Poi, senza perdere tempo, poggiò lentamente la mano destra sul terreno, e come per magia tutta la terra sotto i piedi dei nostri eroi s’illuminò improvvisamente di una luce accecante ed intensa.

“Buona fortuna, amici miei!” li salutò per l’ultima volta con un sorriso. “Che il nostro prossimo incontro possa essere pieno di gioia per la riuscita della missione!”

“Arrivederci, Eremita!” lo salutarono Naruto, Kushina, Sarada e Minato.

Sakura, Hinata e gli Uchiha invece ricambiarono il saluto con le mani.

Eren annuì con decisione.

Boruto Uzumaki gli rivolse un ultimo sguardo con un sorriso.

E poi, dopo neanche un secondo, tutta la terra dove gli undici si trovavano fino ad un secondo prima s’illuminò completamente di una luce accecante, investendo tutto ciò che si trovava al suo interno.

E, quando alla fine Hagoromo annullò la tecnica, egli si ritrovò da solo dinanzi ai cancelli del gigantesco muro di cemento.



 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti! Come vi avevo promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Spero possa esservi piaciuto.

Finalmente è arrivato il momento che abbiamo atteso sin dall'inizio di questa storia. Finalmente, per i nostri eroi è giunta l'ora di incontrare questo misterioso drago che abbiamo udito così tante volte nel corso dei capitoli precedenti. Il futuro è incerto e pieno di pericoli per i nostri protagonisti, e la minaccia più grave e pericolosa di tutte deve ancora essere rivelata. Riusciranno Naruto e company a superarla?

Il prossimo capitolo uscirà giovedì 7 dicembre!

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e soprattutto coloro che commenteranno. A presto! ;)

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Capitolo 50
*** La Pancia del Mostro ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 

La Pancia del Mostro


Boruto aprì l’occhio sinistro.

Nulla. Non riusciva a vedere niente. Il più completo e totale buio gli si stagliava dinanzi. L’oscurità lo avvolgeva da tutte le direzioni, impedendogli di vedere qualsiasi cosa ci fosse anche ad un palmo dal naso. Non riusciva a capire dove si trovasse, non riusciva a vedere neanche ed un centimetro dai suoi occhi. Solo il buio regnava sovrano attorno a lui, accompagnato soltanto da un silenzio di tomba.

L’aria attorno a lui era fredda, pesante e stagnante, ed un rumore simile a quello che facevano le gocce d’acqua quando cadevano a terra era l’unico suono che si riusciva a sentire in quel buio.

Il biondo e tutti i suoi compagni rimasero di stucco.

Non se lo aspettavano. Erano rimasti scioccati. Fino a qualche istante fa si trovavano davanti al Muro assieme all’Eremita, ed un secondo dopo si erano ritrovati nel buio più assoluto, incapaci di vedere nulla.

“D-Dove siamo finiti?” esclamò Sakura, scioccata e confusa.

Naruto mosse freneticamente le mani davanti a sé. “Non vedo nulla!” urlò, il suo tono spaventato. “Ragazzi? Siete ancora qui? RAGAZZIIIIII!” La sua voce rimbombò con forza nel buio.

“SIAMO QUI IDIOTA!” lo zittì Sasuke, muovendosi verso la direzione della sua voce e toccandolo con una mano, ma neanche lui riusciva a vedere niente. “Piantala di urlare!”

“Perché è tutto così buio?” fece subito dopo la voce di Mikoto. “Non riesco a vedere niente neanche con lo Sharingan!”

“EHI!” gridò Eren, spaventato. “CHI MI HA TOCCATO?”

“Scusa” fece il jinchuuriki.

Sarada si muoveva in tutte le direzioni, confusa. “Hinata, riesci a vedere dove siamo?” domandò ad alta voce.

La Hyuuga scosse la testa, come se gli altri fossero in grado di vederla. “Non riesco a vedere nulla!” rispose, allarmata. “Tutta l’aria attorno a noi è piena di uno strano fumo fatto di chakra! I miei occhi non riescono a vedere nulla se non l’energia che ruota attorno a noi!”

“Che cosa?” esclamò Kushina, incredula.

Boruto aggrottò le sopracciglia, aprendo il Jougan. Quel che vide lo lasciò di stucco.

Tutta l’aria attorno a loro era letteralmente composta da fitte scie nere di energia che si muovevano in tutte le direzioni attorno a loro. Erano talmente numerose e dense che il suo occhio non riusciva neanche ad individuare la posizione dei suoi compagni. Tuttavia il suo Jougan pulsò con forza appena le vide, ed un brivido di disgusto gli precorse la schiena.

Boruto dovette reprimere un forte senso di nausea che gli tolse il fiato appena percepì quell’energia toccarlo.

Odio.

Lo riusciva a percepire. Lo riusciva a vedere. Lo riusciva a sentire sulla pelle.

Tutta quell’energia che danzava attorno a loro era completamente fatta d’odio. Non era semplice chakra che si muoveva nell’ambiente senza un motivo, ma bensì una densa e fitta coltre di odio e rabbia che aveva assunto forma eterea e che tempestava l’aria.

Il Nukenin fu pervaso da un senso di orrore. La sensazione che stava provando era diversa da qualsiasi altra sensazione che avesse mai provato prima d’ora.

Nella sua vita aveva percepito diversi tipi di odio ed emozioni negative col Jougan. Aveva imparato a percepire e riconoscere l’odio delle persone, quello degli animali, e anche quello dei Titani. Aveva persino imparato a riconoscere l’odio immenso dei Bijuu. Aveva imparato a riconoscere quel tanfo insostenibile di rabbia che i Demoni emettono con la loro presenza.

Ma questo, questo era qualcosa di diverso.

L’odio che stava percependo era indescrivibile. Non era per niente simile a quello dei Demoni del suo mondo. I Bijuu avevano un odio smisurato dentro di loro, un odio che Boruto aveva sentito diverse volte col suo occhio, specialmente quello del Kyuubi. Quello della Volpe e dei Bijuu era un odio che ardeva con così tanta forza e rabbia da riuscire a distruggere tutto con la sua presenza, fino a distruggere persino se stesso. Un odio che emanava un tanfo quasi percepibile nell’aria.

Ma quest’odio attorno a loro era completamente diverso. Era così forte da essere diventato visibile, e talmente fitto, denso e smisurato da non poterlo descrivere in nessuno modo. Un odio sottile e velato ma molto, molto più forte ed insostenibile di quello dei Demoni.

Possedeva in sé una rabbia ed un disgusto così forti che erano capaci di distruggere qualsiasi sentimento positivo. Quella miriade di emozioni negative tempestava l’aria come fumo, rendendo impossibile scorgere qualcosa nel buio. Era una sensazione di odio e desiderio di morte e distruzione che avvolgeva ogni essere vivente, ogni tipo di luce e ogni singola cosa che poteva esistere. Un odio gigantesco ed incalcolabile che non emetteva odore, ma che era talmente forte da aver assunto una forma eterea come l’energia. Un’energia che faceva accapponare la pelle al solo contatto.

Non sembrava essere nociva, ma la sua sola vista era insopportabile.

Boruto chiuse il Jougan di scatto e cominciò ad ansimare pesantemente, sopraffatto da quella sensazione insostenibile. Gli aveva letteralmente tolto il fiato. Non poteva sopportare una sensazione simile. Il senso di terrore e disgusto era troppo forte persino per lui. Le sue mani cominciarono a tremare, il suo occhio sinistro sgranato che si muoveva in tutte le direzioni nel tentativo di vedere qualche pericolo.

“C-Come può esistere un odio così forte?” esclamò mentalmente, allibito e sconvolto. “Non sono riuscito a sostenerlo per più di dieci secondi!”

Non riusciva a crederci. Non poteva essere. Il solo percepire quell’odio col suo occhio lo aveva sconvolto. Appena lo aveva sentito, il suo cuore era stato inondato da un terrore ed una paura che non aveva mai provato prima d’ora in tutta la sua vita. Un senso d’inquietudine che non riusciva a sopportare lo aveva completamente pervaso per tutto il corpo. Un terrore che lo aveva paralizzato del tutto.

Boruto deglutì, sconvolto. Quell’odio talmente raccapricciante non poteva essere qualcosa di naturale. Non poteva trovarsi in quel luogo senza un motivo.

C’era una sola spiegazione logica.

“I-Il drago è molto vicino!” realizzò subito il biondo, tentando di calmarsi con dei grossi respiri.

Minato, che si trovava vicino a lui in mezzo a quel buio, riuscì a sentire i suoi respiri affannosi e si allarmò subito.

“Boruto!” esclamò, teso. “Cosa succede? Sento che stai ansimando! Cosa ti è successo? Dove sei?”

Sarada sgranò gli occhi all’udire l’Hokage. “Boruto! Cosa succede?”

“Sto bene!” disse il ragazzo del futuro, riprendendo il fiato e calmandoli subito. “Tuttavia non riesco a spiegarvelo in questo momento. Naruto, attiva la modalità chakra della Volpe e vedrai tu stesso cosa è successo!”

Il biondo inarcò un sopracciglio, confuso, ma attivò lo stesso il chakra del Kyuubi come aveva detto il suo futuro figlio. Il suo corpo si rivestì di fiamme all’istante, fornendo finalmente una luce in mezzo a quel buio più assoluto. Tutti si voltarono verso di lui, avvicinandosi al suo corpo per vedersi tra loro.

Sakura si portò vicino al suo compagno. “Luce, finalmente!” sospirò con sollievo.

“Ragazzi, guardate!” disse Eren, osservando l’ambiente circostante grazie alla luce emessa dal corpo di Naruto.

Tutti gli altri si guardarono attorno. Erano completamente circondati da delle spesse pareti di roccia scure che formavano una specie di gigantesca caverna spaziosa. Il soffitto era alto almeno venti metri, e da esso pendevano verso il basso delle grosse stalattiti di pietra lunghe anche diversi metri, mentre il terreno era piano e irregolare, con diverse pozze d’acqua sparpagliate nei punti cavi del pavimento e alcune stalagmiti che s’innalzavano verso l’alto. Il suono costante di gocce d’acqua che cadevano a terra era l’unico rumore che si riusciva a sentire.

La caverna era enorme. Anche se non riuscivano a scorgere tutte le sue dimensioni a causa del buio, era ovvio che fosse gigantesca e spaziosa, ed era piena di buchi che percorrevano le pareti ai suoi lati, creando delle specie di gallerie nella roccia, mentre alle loro spalle s’interrompeva con una parete irregolare senza uscita.

Fugaku si osservò attorno con circospezione. “Sembra che ci troviamo dentro una caverna!”

Sasuke poggiò una mano su una delle pareti di roccia. “Ma perché siamo finiti qui?” si chiese ad alta voce. “L’Eremita ha detto che ci avrebbe condotto direttamente dal drago. Non mi sembra di vedere nessun drago in questo posto.”

“Invece siamo molto più vicini a quel drago di quel che tu creda.” lo incalzò subito dopo Boruto, fissando una colonna di roccia che si innalzava fino al soffitto.

Il suo sguardo era serio e teso, ed il suo occhio scrutava con attenzione ogni angolo della caverna.

Minato lo fissò con serietà. “Cosa vuoi dire, Boruto?”

Il ragazzo col mantello non gli rispose, ma si mise invece a fissare Naruto di sbieco. “Riesci a percepire qualcosa, Naruto?” domandò a sua volta.

Il biondo chiuse gli occhi appena udì la domanda del guerriero, concentrandosi e cercando di usare le sue abilità di sensore grazie alla Volpe per riuscire a percepire qualcosa.

Passarono diversi secondi di silenzio, mentre Hinata, Minato e tutti gli altri osservavano attentamente il ragazzo avvolto dal chakra arancione che continuava a tenere gli occhi chiusi.

Poi, di colpo, Naruto sgranò gli occhi e si mise ad urlare.

“AAAAAAHHH!” gridò, facendo un passo indietro ed afferrandosi la testa, i suoi occhi spalancati pieni di orrore che si muovevano in tutte le direzioni.

Non poteva essere. Non riusciva a crederci. Come poteva anche solo esistere una malignità simile? Come poteva esistere un odio talmente grande per ogni cosa?

Naruto sentì la morsa gelida della paura avvinghiarlo con forza appena percepì quella negatività nell’aria. Il suo corpo non riusciva a resistere. Era qualcosa di indescrivibile. Qualcosa di insostenibile. Tutto quell’odio, tutta quella rabbia che sentiva intorno a sé erano troppo forti, troppo soffocanti.

‘Naruto!’ urlò Kurama nella sua testa. ‘Smettila! Chiudi i tuoi sensi! Quest’odio è troppo forte, ti sta consumando dentro!’

Ma il ragazzo non riusciva a farlo. La paura, il terrore che quell’odio gli aveva suscitato dentro lo avevano paralizzato. Era troppo forte. Non era minimamente paragonabile all’odio del Kyuubi, che già di per sé era enorme e difficile da ignorare. Non riusciva a muoversi, non riusciva togliersi quell’espressione di paura dalla faccia.

L’odio del drago era troppo forte per riuscire a resistergli.

Tutti rimasero sconvolti dalla sua reazione.

“Naruto!” esclamò Kushina, sconvolta. “Cosa succede?”

Il biondo non le diede retta, indietreggiando e muovendo la testa di scatto come se stesse vedendo qualcosa di orribile con i sui occhi.

“No! No! No! No!” ripeteva incessantemente, la sua faccia colma di terrore ed incredulità. “No! No! No! No! NO! NO!”

Minato e gli altri si portarono subito vicino a lui, scioccati e terrorizzati.

“N-Naruto-kun!” esclamò Hinata, preoccupata nel vedere il suo amico agire in quel modo.

Sasuke lo osservò con uno sguardo teso. “Cosa stai facendo, Naruto? Calmati!”

“NARUTO!” urlò ancora suo padre, afferrandolo subito per le spalle. “Cosa succede? Cosa vedi?”

Ma il ragazzo non rispose, continuando a scuotere incessantemente la testa, il suo volto una maschera che esprimeva una paura che nessuno mai aveva visto riflessa in lui. Un terrore talmente grande che aveva lasciato sconvolti tutti loro. Il suo corpo prese a tremare incessantemente. Il ragazzo non riusciva a calmarsi.

Poi, di colpo, tutto si fermò.

SMACK!

Boruto si era portato affianco a lui in un secondo, sferrandogli uno schiaffo sulla guancia con forza.

Minato e Kushina rimasero sconvolti. Hinata sgranò gli occhi. Sarada rimase a bocca aperta.

Naruto si voltò leggermente verso il Nukenin dopo un secondo, fissandolo con gli occhi sgranati pieni di terrore e confusione.

Il ninja traditore ricambiò il suo sguardo col suo occhio freddo. “Calmati!” gli disse con un tono serio. “Non è il momento di lasciarsi prendere dal panico!”

Il jinchuuriki lo continuò a guardare, sconvolto. “L-Lo hai sentito anche tu?” domandò con voce tremante.

Boruto non rispose subito. Poi annuì col capo una sola volta. “Sì, l’ho sentito.” rispose semplicemente.

Naruto deglutì con forza, fissandolo con i suoi occhi sgranati. “C-Come puoi restare impassibile di fronte a questo?” gli chiese subito dopo disperatamente, alzando un braccio ed indicando un punto impreciso nell’aria. “Come fai ad essere così calmo in questa situazione?”

Il ragazzo del futuro sorrise lievemente. “Non sono rimasto impassibile,” gli disse lentamente, alzando le mani verso di lui. “Le mie mani hanno cominciato a tremare da sole, vedi. Anch’io ho paura in questo momento.”

Naruto lo fissò a bocca aperta. “Hai p-paura?” ripeté, sconvolto.

Boruto gli mise una mano sulla spalla. “Solo un idiota non ne avrebbe davanti a tutto questo.” disse ancora con un tono pacato. “Ma io non mi lascerò fermare dal timore in questo modo. Ho fatto una promessa. Ho preso una decisione, e non posso permettermi di mollare adesso.”

Naruto non disse nulla, continuando a fissarlo con uno sguardo allibito. Minato e gli altri rimasero in silenzio, insicuri di poter dire qualcosa.

Boruto lo fissò con uno sguardo penetrante. “E tu cosa farai, Naruto Uzumaki?” domandò a sua volta, la sua voce stranamente bassa e seria. “Cosa farai adesso che sai a cosa stiamo andando incontro?”

Il biondo rimase sconvolto da quella domanda. Cosa avrebbe fatto? Cosa poteva fare lui contro tutto quello?

L’odio che aveva percepito era riuscito da solo a mandarlo nel panico più totale. Che speranze avrebbe avuto mai contro una creatura capace di generare un odio simile?

Poi, di colpo, il giovane si ridestò.

Boruto aveva ragione. Non poteva arrendersi in questo modo. Non poteva pensare queste cose. Lui era Naruto Uzumaki, il futuro Hokage di Konoha. Non si sarebbe arreso, neanche dinanzi al drago.

Anche se alla fine quella creatura si sarebbe dimostrata troppo forte, lui non si sarebbe mai arreso. Lui non avrebbe mai ceduto.

Perché quello era il suo Nindo.

Facendo un grosso respiro, Naruto si riuscì a calmare dopo alcuni secondi.

“Grazie, Boruto…” disse alla fine, guardando il suo futuro figlio con uno sguardo pieno di gratitudine e riconoscimento.

Il ragazzo del futuro annuì semplicemente senza rispondere.

Tutti gli altri osservarono la scena con gli occhi sgranati, confusi ed incapaci di spiegarsi quello che stavano vedendo.

“Si può sapere cosa sta succedendo?” domandò improvvisamente Sakura, preoccupata.

Naruto si voltò verso di lei. “Scusate ragazzi,” disse con un tono serio. “Va tutto bene adesso. Non volevo farvi preoccupare. Ma quello che ho percepito è stato davvero raccapricciante…”

Fugaku aggrottò le sopracciglia. “Quello che hai percepito?” ripeté, confuso. “Che vuoi dire?”

Fu Boruto a rispondere. “L’aria attorno a noi è strana,” spiegò con il suo tono monotono e calmo. “Hinata ha detto prima che è piena di chakra, ma le cose non stanno proprio così. L’aria in questo luogo non è fatta di chakra, ma è interamente composta d’odio.”

Sarada sgranò gli occhi. “Odio?” chiese, scioccata.

Boruto annuì. “Il Byakugan non è in grado di percepire la natura dell’energia, ma il mio occhio sì. Tutta l’aria che ci circonda è piena d’odio e rabbia, e questi sentimenti sono talmente forti e profondi che hanno assunto una forma quasi concreta, sotto forma di energia visibile.”

“Come può essere?” lo interruppe Kushina. “Una cosa del genere è impossibile!”

Il ninja traditore la fissò con un sopraciglio incurvato. “Proprio tu dovresti sapere che è più che possibile, Uzumaki.” disse. “Anche i Bijuu sono in grado di manifestare il loro odio sotto forma di energia. Quando questo accade, di solito si riesce a percepire la loro ondata di negatività senza essere necessariamente dei sensori, visto l’enorme potere dei Demoni. Ma questo dovresti saperlo, visto che in passato eri la Forza Portante del Kyuubi.”

La donna rimase di stucco. Era vero. Come aveva fatto a non capirlo?

“Ma se qui l’aria è fatta interamente da emozioni negative,” s’intromise Minato seriamente. “Allora perché noi non percepiamo niente?”

Naruto fece un passo avanti. “Perché quest’odio è molto più intenso!” disse con enfasi. “Non so come spiegarlo, ma è diverso da quello di Kurama o degli altri Bijuu! È enormemente più forte e distruttivo, ma allo stesso tempo più sottile e velato! Non sono riuscito a sentirlo all’inizio, ma dopo che l’ho percepito non sono riuscito a sopportarlo! Era troppo terrificante!”

Gli occhi di Eren si ridussero a due fessure. “Ma cosa significa tutto questo?” domandò alla fine di quel discorso.

L’espressione di Boruto si fece solenne e tesa. “Dovresti averlo già intuito a questo punto, Eren.” rispose con un tono privo di emozione.

Hinata strinse nervosamente i pugni. “C-Ci stiamo avvicinando al drago, vero?”

Il silenzio calò tra tutti i presenti. Tutti abbassarono lo sguardo verso terra appena realizzarono quella cosa. La tensione riprese a regnare nel gruppo.

Boruto osservò i suoi compagni. Riusciva a vederlo chiaramente, senza aver bisogno del Jougan. Tutti i presenti avevano paura. Gli adulti non lo davano a vedere esplicitamente come i giovani, ma era chiaro ai suoi occhi che fossero tesi e preoccupati.

Ma lui non poteva biasimarli. Fino a qualche minuto fa lui stesso si era spaventato a morte appena aveva percepito e visto l’aura di negatività che il drago aveva in qualche modo disperso in questo luogo. Il solo pensiero di dover affrontare una creatura simile lo spaventava più di quanto volesse ammettere.

Senza contare inoltre la profezia.

Boruto era ormai rassegnato. Lo riusciva a sentire sulla sua pelle. Lo riusciva a percepire dentro il suo cuore.

Durante lo scontro, lui sarebbe morto.

Non aveva dubbi al riguardo. Era troppo scontato ai suoi occhi. Boruto era il più forte del gruppo, e per questo sarebbe stato anche l’unico che poteva permettersi maggiori libertà contro il drago.

Nonché il primo a dover rischiare la pelle contro di lui.

Era scontato che il drago avrebbe eliminato lui per primo. Uccidere il leader dei nemici era una strategia basilare. Il Nukenin se lo sentiva dentro. Non sarebbe stato lui a vincere contro il drago. Non sarebbe stato in grado di sopravvivere fino alla fine.

Ma nonostante questo, Boruto non aveva più paura. Si era ormai rassegnato in questi giorni a quella fine. Aveva accettato il suo destino. Non sarebbe scappato come un codardo. Non avrebbe esitato.

Era determinato a mettercela tutta. Era più che mai deciso ad affrontare quella creatura al suo massimo potenziale, in modo da offrire una speranza di salvezza ai suoi compagni. In modo da poter offrire loro un’opportunità di vittoria.

In modo da poter sperare che il loro mondo, e tutta la sua famiglia, potessero essere salvati.

Forse per questo motivo era l’unico che in quel momento non si era lasciato vincere dalla paura.

E adesso, osservando i suoi compagni, Boruto prese la sua decisione.

Avrebbe dovuto infondere loro la speranza. Ancora una volta, come aveva fatto molte volte sin da quando aveva assunto il ruolo di leader dell’Organizzazione Kara, gli toccava incitare e spronare i suoi compagni a proseguire. Per un’ultima volta nella sua vita, lui avrebbe dovuto condurre alla vittoria coloro che lottavano al suo fianco.

Per poi, alla fine, morire per donare a tutti loro questa speranza.

“So cosa state provando in questo momento,” cominciò a dire lentamente, attirando l’attenzione di tutti. “Anche io ho paura al pensiero di dover affrontare un drago. Se ci fosse una possibilità di scappare via in questo momento, sono certo che non esiterei a sfruttarla.”
Sarada lo guardò con tristezza.

Boruto sorrise amaramente. “Ma ormai non si può più scappare,” riprese a dire di nuovo. “Oramai abbiamo accettato la missione. E per questo motivo non possiamo arrenderci. Lotteremo con tutte le nostre forze, anche se il nemico potrebbe essere infinitamente più forte di noi! Non permetteremo a quel drago di vincere! Non ci lasceremo portare via le nostre vite! Dobbiamo impegnarci al massimo per raggiungere la vittoria!”

Naruto sorrise. “Hai ragione,” disse a sua volta. “Coraggio ragazzi! Che fine ha fatto la nostra determinazione? Che fine ha fatto lo spirito che avevamo prima?”

Il biondo si portò vicino ad Hinata, afferrandole una mano e facendola arrossire.

“Non permetteremo a nessuno di distruggere il nostro mondo!” dichiarò con foga. “Neanche ad uno stupido drago! Non siamo da soli, perché noi siamo una squadra! Ci proteggeremo l’un l’altro, e in questo modo saremo invincibili!”

Hinata sorrise. Naruto aveva ragione. Non potevano demoralizzarsi adesso. Non potevano lasciarsi vincere dalla paura. Avevano una responsabilità da compiere, e non avrebbero permesso a nessuno di impedire loro di portarla a termine.

E, in quel momento, Hinata decise per la seconda volta in vita sua che non avrebbe permesso a nessuno di fare del male a Naruto. Non avrebbe permesso a nessuno di nuocergli in sua presenza.

Perché lei lo avrebbe difeso a costo della sua vita, proprio come quella volta contro Pain.

“Non ti deluderò, Naruto-kun!” pensò, stringendogli a sua volta la mano.

Anche Sasuke sembrò risollevarsi dopo quelle parole.

“Sei davvero pessimo a fare discorsi d’incitamento, tonto.” disse scherzosamente. “Ma stai pure certo che non permetterò a nessuno di uccidermi tanto facilmente.”

Poi, inaspettatamente, l’Uchiha si mise a fissare Sakura con un sorriso. La ragazza sgranò gli occhi. “Né abbandonerò una seconda volta i miei amici.” disse lui con sicurezza, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.

Sakura sentì un’immensa gioia nascerle nel cuore all’udire le parole del suo amato Sasuke-kun. Finalmente, dopo quattro lunghi anni, il suo compagno era veramente tornato. Finalmente, dopo anni di inseguimenti, di dolore e di rimpianti, il suo vecchio compagno era tornato quello di prima.

Il Team 7 era tornato ad essere completo ancora una volta.

E lei era più che mai determinata a non permettere a nessuno di distruggerlo ancora una volta.

“Non permetterò a nessuno di rovinare tutto questo!” dichiarò con foga. “Insieme a Naruto e Sasuke-kun, sarò in grado di raggiungere l’impossibile!”

Gli adulti sorrisero nel vedere i giovani così motivati. Non poterono fare a meno di provare una punta d’orgoglio nel vederli così decisi. La loro determinazione era indomabile.

E anche loro non si sarebbero lasciati sconfiggere dalla paura.

Sarada sorrise lievemente, guardando di nascosto il suo vecchio amico con affetto.

Anche lei non poteva arrendersi. In questi giorni, le cose tra lei e Boruto avevano cominciato ad aggiustarsi sempre più, e non avrebbe permesso a nessuno di rovinare tutto.

Lo avrebbe protetto con la sua vita. Boruto temeva di morire nello scontro, ma lei era pronta a dimostrargli che una cosa simile non sarebbe mai successa. Non in sua presenza.

Perché lei lo avrebbe difeso, lo avrebbe protetto da tutto e tutti. E lo avrebbe fatto senza esitazione.

Perché Sarada Uchiha amava Boruto Uzumaki. Perché lo avrebbe amato per sempre, anche se lui fosse rimasto sempre un criminale.

Sconfiggere il drago le avrebbe però permesso di avere un’altra possibilità di riportare finalmente il suo amico nel Villaggio assieme lei. Non avrebbe sprecato quest’occasione. Non avrebbe permesso ad un insulso drago di rovinare tutto.

Con questi pensieri in testa, la giovane Uchiha si portò al fianco del suo amico.

Boruto si voltò verso di lei.

“Non temere, Bolt!” dichiarò lei con confidenza, sorridendo. “Non permetterò a nessuno di farti del male! Io ti guarderò le spalle ad ogni costo! Puoi stare certo che il drago non potrà neanche toccarti!”

Boruto continuò a fissarla per diversi secondi in silenzio, il suo sguardo indecifrabile. Non sapeva cosa dire. Non sapeva come reagire.

Adesso comprendeva meglio le azioni della sua vecchia amica. Adesso, dopo la sua confessione, aveva iniziato a guardarla con un occhio diverso. Aveva cominciato a trovare la sua compagnia meno irritante ogni giorno di più, ed era riuscito persino a starle vicino nel momento in cui lei ne aveva più bisogno.

Adesso che era quasi giunto alla fine della sua vita, Boruto capì che non poteva continuare a far soffrire quella ragazza. Capì che continuare a respingerla non era la cosa giusta da fare. Non era giusto. Non se lo meritava.

Tuttavia non poteva neanche permettere che lei continuasse a vivere in un’illusione. Non poteva farle credere di raggiungere qualcosa che non avrebbe mai ottenuto. E non solo perché lui amava Mikasa.

Ma perché lui sarebbe morto.

L’unica cosa che poteva fare per lei era smettere di essere freddo nei suoi confronti in questi suoi ultimi istanti di vita. Era l’unica cosa che poteva offrirle. L’unica consolazione che poteva donarle.

E poi, forse, con la sua morte lei avrebbe finalmente potuto andare avanti con la sua vita. Avrebbe potuto finalmente trovare la felicità senza continuare ad inseguire un criminale che l’aveva fatta soffrire per tutto questo tempo.

Con la sua morte, lei avrebbe smesso di soffrire per lui. Avrebbe finalmente avuto la possibilità di trovare un’altra persona che avrebbe ricambiato i suoi sentimenti.

Con la sua morte, Sarada Uchiha sarebbe stata liberata dalla maledizione del suo clan.

Era una magra consolazione per lui, ma pur sempre una consolazione.

E così, incredibilmente, Boruto sorrise.

“Grazie, Sarada.” le disse con sincerità.

La ragazza arrossì all’istante nel vedere quel sorriso genuino sul suo volto, e non riuscendo a sostenere quello sguardo la giovane distolse subito gli occhi, impacciata. Sentì le farfalle cominciare a muoversi con foga nel suo stomaco.

“N-Non c’è di che…” replicò lei, voltandosi di lato e aggiustandosi gli occhiali, imbarazzata.

Boruto inarcò un sopracciglio, confuso da quel suo atteggiamento inaspettato. Che cosa diavolo aveva adesso quella ragazza? Prima gli sorrideva con confidenza e poi non riusciva neanche a fissarlo negli occhi. Anche con Mikasa era successa la stessa cosa diverse volte, ma lui non ne comprendeva il motivo.

“Certo che le ragazze sono strane…” pensò tra sé.

Dopo alcuni secondi, Sarada lo guardò di sbieco con gli occhi. “P-Però…” riprese a dire di nuovo, la sua voce esitante ed incerta. “Se io lo farò, m-mi guarderai le spalle anche tu?” gli domandò, il suo volto ormai divenuto paonazzo.

Il Nukenin sorrise di nuovo, annuendo col capo. “Lo prometto.”

E dopo di ciò, vedendo che la tensione si era finalmente smorzata nel gruppo, Boruto ghignò con confidenza, alzando un pugno in alto. “Coraggio, ragazzi!” dichiarò con foga, la sua voce che riecheggiava con forza nella caverna. “Non lasciamoci scoraggiare! Insieme, tutti noi riusciremo a vincere! Niente e nessuno ci sconfiggerà, perché noi siamo imbattibili! L’unico che dovrebbe avere paura in questo momento è il drago!”

Eren, Naruto, Sarada, Sasuke, Hinata e Sakura sorrisero, i loro occhi ardenti di decisione.

Minato, Kushina, Fugaku e Mikoto annuirono con forza.

Non si sarebbero più arresi. Non avrebbero mollato. Non avrebbero permesso alla paura di avere la meglio una seconda volta.

Ma poi, come per ironia, accadde l’inaspettato.

“Oh? E sentiamo, di CHI dovrei avere paura in questo momento?” fece un’improvvisa voce profonda e sibilante, riecheggiando con forza nella caverna buia.




 

Note dell'autore!!!

Salve gente! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo de 'La Battaglia di Eldia'.

Si inizia finalmente il conto alla rovescia. Mancano solo altri 10 capitoli al finale della storia! Perciò preparatevi, perchè i prossimi capitoli saranno intensi e molto, MOLTO importanti. Per tutti coloro che amano l'azione, le lotte e le narrazioni frenetiche, avrete modo a breve di vedere qualcosa che spero potrebbe piacervi! I nostri eroi ne passeranno delle belle, ve lo assicuro...

Il prossimo capitolo uscirà sabato 9 dicembre!

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e coloro che mi faranno sapere cosa ne pensano. Un abbraccio e a prestissimo! ;)

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Capitolo 51
*** Il Divoratore di Mondi ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 
 
(Quest'immagine NON è mia e NON rappresenta Vrangr! Serve solo a rendere un idea, a grandi linee, di come io mi sono immaginato il Drago)
 

 
 
 

Il Divoratore di Mondi



“Oh? E sentiamo, di CHI dovrei avere paura in questo momento?”

I dieci ninja assieme ad Eren sobbalzarono all’istante appena udirono quella voce parlare all’improvviso, voltandosi di scatto all’indietro. Boruto sentì un brivido di tensione enorme attraversargli la schiena. Sarada sgranò gli occhi, scioccata, fissando in tutte le direzioni nel tentativo di discernere una figura in mezzo a quel buio. Naruto trasalì all’improvviso, sconvolto.

Tutti cominciarono a guardarsi intorno, terrorizzati più che mai.

Ma non riuscirono a vedere niente. Non era possibile distinguere nulla in mezzo a quell’oscurità totale. Non si riusciva ad intravedere neanche una minima sagoma o figura nel buio. Niente di niente.

Passarono alcuni secondi di silenzio totale dopo che quella misteriosa voce pronunciò quelle parole. L’attesa era snervante e tesa. Naruto e gli altri continuavano a guardarsi freneticamente attorno per riuscire a discernere qualcosa in quella caverna.

Boruto era più teso che mai. “Non riesco a percepire nessuno!” esclamò mentalmente. “Non riesco a crederci! L’aura di negatività che impregna l’aria ci sta impedendo di percepire qualsiasi presenza ostile!”

Alla fine, il ragazzo del futuro prese quanto più coraggio aveva in corpo e parlò. “Chi ha parlato?” domandò all’oscurità a gran voce. “Chi sei?”

La sua unica risposta fu una specie di rumore sibilante, scattante e continuo, vagamente simile ad una risata.

Naruto strinse i denti, tentando di percepire qualche presenza ostile nei paraggi. Ma l’effetto non fu quello desiderato. Non riusciva a percepire assolutamente nulla. Non riusciva a sentire nessuna presenza vicino a loro. La causa di questo era quell’ondata fitta di negatività che impregnava l’aria, la quale gli impediva di riuscire a scovare chiunque fosse nascosto nell’ombra.

“Mostrati se hai coraggio!” urlò Sasuke a sua volta, i suoi occhi rossi che fiammeggiavano nel buio. “Fatti vedere!”

Questa volta, la misteriosa entità rispose subito.

“Bada a come parli, cucciolo d’uomo!” ribatté quella voce sibilante e profonda con un tono irritato. “Se solo lo avessi voluto, tu e tutto il resto del tuo branco sareste già morti senza neanche sapere cosa fosse successo!”

Minato fece un passo avanti. “Chi sei?” urlò con forza, scrutando l’oscurità davanti a lui.

La misteriosa entità nascosta nel buio emise una specie di sibilo gutturale, simile al rombo di un tuono.

“Davvero non lo avete capito?” rispose con ironia, il suo tono annoiato. “Eppure credevo voi che umani aveste un minimo di cervello!”

Naruto aumentò la forza delle fiamme di chakra attorno al suo corpo. “Perché non ce lo dici in faccia?” ribatté a sua volta. “O forse hai paura di mostrarti a noi?”

Appena il biondo finì di pronunciare quelle parole, una specie di rombo fragoroso riecheggiò nell’oscura caverna di pietra, spaventando tutti i presenti a morte.

“Ricordatevi lei mie parole, insulsi umani,” disse la voce, il suo tono improvvisamente pieno di rabbia e disgusto. “Un drago non ha paura di NIENTE!”

Appena quelle parole furono pronunciate, un improvviso getto di fuoco si stagliò dal nulla verso un lato della caverna, colpendo in pieno una serie di rocce cave. Il fuoco si propagò come liquido attraverso le fessure nella pietra, fino a raggiungere il lato opposto della caverna ed illuminando misteriosamente tutto l’ambiente precedentemente avvolto nel buio più totale.

E, dal centro della caverna profonda, s’innalzò lentamente una creatura.

Naruto e tutti gli altri sgranarono gli occhi, sconvolti nel vedere dal vivo qualcosa di simile.

La creatura era enorme. Lo si riusciva ad intuire con un solo sguardo. Non c’erano dubbi. Era accovacciata a terra di pancia, poggiata sul fondo della caverna di pietra con il corpo contratto e sdraiato in modo da impedire di notarne le dimensioni effettive, ma anche vista così, ad occhio e croce riusciva a raggiungere tranquillamente i venti metri di lunghezza totali, o forse anche di più. La sua enorme figura si ergeva possente all’interno della caverna, innalzandosi in alto assieme a delle enormi colonne di pietra che raggiungevano il soffitto.

Il suo aspetto era simile a quello di un rettile quadrupede gigantesco, completamente ricoperto di squame. Quest’ultime erano grosse, spesse e di colore nero, simili a delle rocce secolari, e rivestivano tutta la parte superiore del corpo della creatura e gran parte di quella inferiore che invece appariva invece scoperta e liscia solo in alcuni punti. Poggiava sul terreno quattro possenti zampe artigliate nere, ciascuna alta almeno sette metri, mentre dal suo lungo torso sbucava fuori una fitta serie di spuntoni di roccia scura, assieme a due grosse ali nere simili a quelle dei pipistrelli, piegate ed accartocciate come carta sopra la schiena della creatura. Dietro il suo possente corpo, una lunga coda sottile di colore nero che terminava con una specie di spuntone appuntito si muoveva e danzava ritmicamente nella caverna.

Quell’essere inoltre aveva un lungo collo ricoperto di squame nere che raggiungeva la lunghezza di circa cinque metri, sul cui vertice si ergeva con maestosità una grossa testa serpentina, ma molto più inquietante di qualsiasi altro tipo di serpente che i giovani eroi avessero mai visto.

La testa era enorme, almeno cinque metri di dimensioni, allungata e sottile, di forma quasi triangolare e ricoperta da squame. Una serie di denti affilati sbucavano fuori dalla mascella superiore della creatura, ognuno di almeno cinquanta centimetri di lunghezza. Presentava due spaventosi occhi rossi, quasi fiammeggianti, con una sottile iride nera al centro che fissava ognuno di loro con uno sguardo divertito e di superiorità. Quattro grosse corna nere simili a rocce appuntite sbucavano fuori dalla parte posteriore della testa della creatura, dandole un aspetto ancor più minaccioso e terrificante di quanto non lo fosse già.

Boruto sentì la morsa gelida della paura affondargli le viscere con prepotenza alla sola vista di quella bestia enorme. Naruto trattenne il fiato, restando a bocca aperta, completamente spaventato. Minato rimase impalato, fissando quella creatura con uno sguardo incredulo. Kushina restò immobile del tutto, la sua faccia una maschera di terrore e paura. Hinata cominciò a tremare incessantemente, i suoi occhi pallidi sgranati all’inverosimile e le mani avvinghiate tra loro. Sakura crollò in ginocchio, quasi sull’orlo di perdere i sensi a causa dello spavento. Sasuke non riuscì a muovere neanche un singolo muscolo del suo corpo per il terrore. Fugaku era rimasto sconvolto, e stringeva i pugni con una forza inaudita nel tentativo di restare concentrato. Mikoto fissava la creatura con le iridi talmente sgranate che per poco gli occhi non le sarebbero usciti fuori dalle orbite. Sarada era rimasta completamente immobile come una statua, la bocca aperta da più di dieci secondi. Eren prese a tremare come una foglia, mentre rivoli di sudore freddo gli colavano dalla faccia.

“N-N-Non posso credere che esita davvero una creatura simile!” pensò Minato, allibito e sconvolto.

Hinata cominciò a scuotere incessantemente la testa come nel tentativo di svegliarsi da un incubo orrendo. “NO! NO! Ho paura! Ho paura!”

“C-Cosa diavolo è quella cosa?!” urlò mentalmente Eren, fissando con gli occhi sgranati quell’essere gigantesco. “È decisamente troppo grande!”

Boruto cominciò a tremare leggermente, la sua paura improvvisamente moltiplicata di mille volte nel vedere con i suoi occhi quella bestia dinanzi a sé.

“E così q-quello è il drago….” fu l’unica cosa che riuscì a dire nella sua testa.

La possente creatura li osservò con uno sguardo minaccioso e divertito.

“E così siete voi quei fastidiosi moscerini di cui mi ero accorto un po’ di tempo fa!” disse con serietà il drago. “Sono davvero lieto di fare finalmente la vostra conoscenza!”

Naruto si riscosse leggermente. “T-Tu sei il drago? Sei v-veramente il drago Vrangr?” balbettò, sconvolto.

La creatura snudò i denti, come a fare un ghigno malizioso. “Siete decisamente più stupidi di quel che credevo!” rispose sarcasticamente. “Non riuscite neppure a formulare una parola dinanzi a me! Mi state deludendo, umani!”

Boruto si morse l’interno della guancia nel tentativo di calmarsi e placare il terrore che chiunque avrebbe provato nel ritrovarsi davanti ad un mostro simile. Facendo un grosso respiro, il guerriero si portò lontano dal gruppo, giungendo dinanzi all’immensa mole della creatura.

“Se ti eri accorto di noi da tempo,” riuscì a dire alla fine con un tono teso, tentando di non far trapelare la paura nella sua voce. “Allora dovresti anche sapere il motivo per cui ti stavamo cercando, drago!”

L’enorme rettile nero piegò il collo in basso e posò lo sguardo su di lui. Poi, con una rapidità disarmante, il drago avvicinò la testa a lui fino ad arrivare a qualche metro di distanza dal giovane, osservandolo con i suoi occhi gialli.

“Vedo che almeno tu sai usare quella minuscola testa che ti ritrovi, cucciolo d’uomo!” sibilò malvagiamente, schioccando i denti. “Sono sempre stato a conoscenza della vostra presenza in questo mondo, così come ho sempre saputo anche della vostra ‘eroica’ missione!”

Boruto continuò a fissarlo col suo occhio sinistro, incapace di muovere il suo corpo teso e rigido per lo spavento di trovarsi così vicino a quella creatura.

“E allora perché non ci hai ucciso prima?” domandò con una nota di nervosismo. “Perché non sei venuto a cercarci se sapevi che ti stavamo dando la caccia?”

Il drago ritrasse un po’ la testa e rise di gusto, emettendo di nuovo quel rombo gutturale profondo. “Non dirmi che pensate seriamente di poter riuscire ad uccidermi!” esclamò, incredulo e divertito. “Voi siete soltanto delle minuscole formiche al mio confronto! Dei miseri insetti che non hanno alcuna possibilità di fare nulla! Credi davvero che io potessi scomodarmi per uccidere delle mosche? Come hai potuto pensare che io potessi considerarvi una minaccia?”

Naruto e tutti gli altri osservavano la scena con gli occhi sgranati, incapaci di muovere un solo muscolo per lo spavento. La sola presenza e la sola vista di quella creatura mostruosa era riuscita a creare una paura talmente grande nei cuori di tutti che nessuno riusciva a formulare una sola parola o a muoversi.

Riuscivano tutti a sentire il suo potere senza neanche tentare di percepirlo. Era immenso, incalcolabile e al di là di qualunque cosa loro avessero mai potuto sperimentare. Era talmente grande e spaventoso da togliere il fiato. Non riuscivano letteralmente a fare nulla per lo spavento. Erano troppo terrorizzati.

Boruto cominciò a sua volta a tremare come una foglia, mentre la gigantesca testa del drago si avvicinava di nuovo a lui, fissandolo con interesse. La paura che stava provando in quel momento era talmente grande da non poter essere minimamente paragonata a nessun’altra esperienza che aveva vissuto in precedenza. Le sue mani non smettevano di tremare.

Il drago allungò il collo ed arrivò col muso a qualche centimetro dalla sua faccia, annusandolo con forza.

“Sei curioso, cucciolo d’uomo,” riprese a dire sibilando la creatura. “Riesco a fiutare qualcosa in te… Qualcosa di oscuro ed incredibilmente interessante nel tuo animo…”

Boruto sentì i brividi percorrergli la schiena con forza, osservando con l’occhio sgranato il drago che continuava a fiutarlo e cercando di ignorare l’odore disgustoso del suo alito che lo aveva travolto.

La bestia poi voltò la testa di lato, fissandolo col suo occhio destro giallo senza allontanarsi da lui.

“Chi sei, se posso chiederlo?” domandò con la sua voce profonda, osservandolo con un’aria minacciosamente terrificante.

Il Nukenin tentennò per alcuni secondi prima di rispondere, terrorizzato.

“B-Boruto Uzumaki!” rispose con voce tremante, riuscendo in qualche modo a ricambiare lo sguardo della creatura davanti a sé.

Il drago avvicinò ulteriormente l’iride verso di lui. “Boruto Uzumaki,” pronunciò a sua volta quel nome, come incuriosito dal suo suono. “Sono davvero lieto di fare la tua conoscenza.”

Il ragazzo sgranò ulteriormente l’occhio, continuando a tremare incessantemente. “L-Lieto?” ripeté, confuso ed incredulo.

“Riesco a sentire quello che hai nel cuore,” spiegò il drago lentamente, dilatando leggermente l’iride sottile del suo occhio mentre lo fissava. “E riesco a vedere che anche tu sei una persona che è alla costante ricerca del potere, proprio come me!”

Boruto lo fisso in silenzio, sconvolto. Dietro di lui, Naruto, Sarada, Eren e tutti gli altri continuavano ad osservare lo scambio di battute tra i due senza riuscire ad intervenire.

Il drago continuava ad osservarlo. “Riesco a percepire un grande odio dentro di te. Una rabbia e una sete di vendetta capaci di portare morte e distruzione a molti altri tuoi simili. Riesco a vedere un immenso desiderio di potere nel tuo cuore!”

Il guerriero continuava ad ascoltarlo con uno sguardo allibito.

“Io e te siamo molto simili, cucciolo d’uomo.” continuò a dire la creatura senza allontanare la testa da lui. “Entrambi proviamo odio e risentimento per il nostro destino, e desideriamo diventare più forti per riuscire ad avere la nostra vendetta su coloro che ci hanno fatto soffrire!”

Sarada sgranò gli occhi all’udire ciò. “C-Che cosa?”

Boruto non riusciva a crederci. Come faceva quel mostro a sapere così tante cose su di lui? Come aveva fatto ad accorgersi del suo desiderio di vendetta nei confronti del Villaggio e dell’Hokage?

“N-Non è vero,” ribatté debolmente il biondo. “Io e te non siamo per niente simili, drago!”

La gigantesca bestia snudò i denti. “Oh, invece lo siamo eccome!” riprese a dire ancora, il suo tono sadico e malvagio. “Riesco a fiutarlo chiaramente dentro di te, assieme al tuo terrore e al tuo sciocco tentativo di rinchiuderti dentro ad un’illusione! Quello che io sto facendo è esattamente quello che faresti anche tu pur di diventare più forte!”

Poi, senza dargli la possibilità di rispondere, il drago sollevò la testa, mettendosi a fissare il resto del gruppo alle spalle del ragazzo col mantello.

“E che ne è dei tuoi amici?” disse subito dopo. “Anche loro sono convinti che tu sia una buona persona? Credono davvero che tu sia diverso da me?”

Sarada sentì un’immensa rabbia inondarle il cuore nel sentire quel drago che insultava il suo amico. I suoi occhi divennero rosso fuoco, e la sua paura fu completamente sovrastata dall’odio, permettendole di dimenticare il terrore che aveva provato fino a quel momento.

“Almeno lui non ha causato l’estinzione di interi mondi!” esclamò improvvisamente la ragazza, attirando l’attenzione di tutti su di lei. “Non osare paragonarlo a te! Boruto non è un mostro assetato di potere, a differenza tua!”

Il Nukenin sgranò l’occhio e si voltò verso di lei. “Sarada!” esclamò, allibito e sconvolto. “Non fare pazzie! Non-“

“Ne sei sicura?” lo interruppe bruscamente il drago, inclinando la testa verso la giovane Uchiha. “Credi davvero che il tuo amico sia una persona buona come pensi? Credi che se ne avesse la possibilità non ucciderebbe i suoi genitori per quello che gli hanno fatto?”

Tutti i presenti rimasero sconvolti all’udire quella sentenza. Boruto sgranò l’occhio, completamente scioccato.

“Come fa a sapere queste cose?” urlò mentalmente.

Sarada rimase di stucco per un paio di secondi, prima di ritrovare la determinazione di prima.

“Lui non è un assassino!” dichiarò con fermezza e decisione, scioccando ulteriormente il biondo. “Non sai nulla di Boruto, quindi non permetterti di parlare di lui come se sapessi tutto!”

Naruto strinse i pugni. “Già!” esclamò a sua volta con forza. “Smettila di paragonarlo a te in questo modo! Boruto non è un mostro che gode nel distruggere la vita di centinaia e centinaia di persone come fai tu!”

Incredibilmente, il drago scoppiò a ridere appena udì le loro parole. Tutti lo osservarono con gli occhi sgranati, sconvolti.

“Credete che m’importi qualcosa delle persone che vivono nei mondi che ho distrutto?” riprese a dire con malvagità. “E perché dovrei? Voi umani siete soltanto dei patetici insetti senza alcuno scopo! Perché dovrei pensare alle vostre vite? Perché dovrei curarmi di salvare l’alveare, se distruggendolo posso ottenere tutto il miele che voglio?”

Naruto e gli altri lo ascoltarono con sgomento.

Il drago sollevò in alto la testa, osservandoli uno ad uno con i suoi occhi gialli.

“L’unica cosa che conta è il POTERE!” disse con la sua voce profonda e sibilante, mostrando i denti. “E riuscire a diventare sempre più forti è l’unica cosa che può garantire la libertà ad ogni razza! Noi draghi siamo sempre stati le creature più forti nell’universo, e per questo abbiamo sempre regnato incontrastati per millenni!”

Eren sentì un’immensa rabbia nascergli nel cuore all’udire quelle parole. Quel mostro stava dicendo le stesse identiche cose che aveva udito dire molte volte dai Marleyani. Stava affermando che ottenere il potere era l’unica cosa che contava veramente, e che per farlo si doveva agire in ogni modo possibile, anche commettendo atrocità.

La cosa lo fece imbestialire.

“Ma anche noi draghi non eravamo invincibili,” continuò a dire la creatura, mentre la sua voce assunse una nota carica di rabbia. “E sebbene fossimo immortali, la maggior parte di noi aveva perso l’interesse di continuare a mantenere la nostra supremazia nell’universo, decidendo di andarsene a vivere in pace in un luogo lontano da tutti! Quegli stupidi allocchi decisero di buttare al vento l’orgoglio e la supremazia della nostra razza sulle altre, e a causa di ciò tutti i mondi cominciarono a dimenticarsi di noi e a svilupparsi sempre di più! Fino a quando arrivò il giorno in cui un’altra razza riuscì ad ottenere un potere capace di eguagliare il nostro, e a causa di ciò scoppiò una terribile guerra che portò quasi alla totale estinzione di entrambe le razze!”

Boruto sentì l’occhio destro pulsare con forza mentre ascoltava le parole del drago, senza capirne il motivo.

“Che succede?” pensò tra sé, allarmato. “Perché il Jougan sta pulsando così senza un motivo?”

“Oltre a me, soltanto una decina di draghi sopravvissero alla guerra!” spiegò il drago, il suo sguardo colmo di rabbia e ferocia. “E sebbene avessimo vinto la battaglia, ormai eravamo troppo pochi per poter ristabilire la nostra supremazia nell’universo! E da quel giorno io capì che l’unico modo che avevo per restare al di sopra di tutte le altre razze era ottenere sempre più potere! L’unica cosa che mi avrebbe permesso di essere finalmente libero era diventare sempre più forte! E per questo motivo da allora ho sempre continuato ad assorbire il potere di diversi mondi, distruggendo chiunque volesse opporsi a me! Perché solo ottenendo altro potere sarei stato in grado di regnare per sempre sopra tutti gli altri esseri viventi!”

Naruto, Sasuke e gli altri rimasero sconvolti dalla storia.

Boruto sgranò gli occhi all’udire ciò, mentre una strana sensazione di nostalgia si formava dentro di lui.

Il drago se ne accorse. “Tu riesci a capirmi, vero?” disse, avvicinando la testa al Nukenin. “A differenza dei tuoi amici, tu sei capace di compiere qualsiasi cosa pur di ottenere il potere necessario a raggiungere i tuoi scopi, proprio come me. Tu ed io siamo uguali! Entrambi sappiamo la verità! E cioè che l’unica cosa che conta davvero è il POTERE!”

Il giovane continuò a fissarlo con uno sguardo allibito.

“Il potere è ciò che ci permette di essere incontrastati da tutti!” continuò il mostruoso rettile nero. “Il potere è l’unica cosa che ci rende liberi dal passato! E per ottenerlo noi due siamo disposti a fare qualunque cosa!”

“Boruto! Non starlo a sentire!” urlò improvvisamente Naruto dietro di lui. “Sta cercando di corromperti usando l’oscurità nel tuo cuore!”

“Non dargli retta!” gridò anche Kushina.

Poi, di colpo, Minato si smaterializzò in un secondo, portandosi subito dopo accanto a suo nipote. “Saremo anche degli insetti in confronto a te,” disse con un tono gelido rivolto verso il drago. “Ma non permetteremo a nessuno di ingannare un nostro compagno!”

Eren lo raggiunse a sua volta di corsa e poggiò una mano sulla spalla del Nukenin, facendolo voltare verso di lui. “Non lasciarti ingannare, Boruto!” gli intimò con foga. “Tu ed io sappiamo bene che il potere da solo non è ciò che rende libere le persone! Ricordi cosa hanno fatto i Marleyani? Loro sono stati corrotti dal potere proprio come lui! Il potere li ha resi schiavi, spingendoli a compiere azioni disumane!”

Boruto sgranò l’occhio. Come aveva fatto a non capirlo? Eren aveva ragione. Naruto aveva ragione. Sarada aveva ragione. Il potere non era ciò che desiderava nel suo cuore. Come aveva fatto a pensare anche solo per un secondo che quel drago avesse ragione?

Lui non lottava per ottenere sempre più potere. Non lottava perché voleva solo diventare più forte.

Boruto lottava per coloro che credevano in lui. Lui voleva diventare più forte per riuscire a proteggere le persone che gli stavano a cuore, e non per un guadagno personale e per la vendetta. Lui non era come Vrangr. Lui non era un mostro.

Lui era un Guerriero.

Con un sorriso, il ragazzo del futuro si riscosse dai suoi pensieri.

“Grazie Eren!” disse con sincerità rivolgendosi al suo amico. “Ti devo un favore!”

Il moro annuì con un sorriso.

Poi, volgendo lo sguardo verso il drago, Boruto aprì l’occhio destro di scatto, fissando la bestia con un sorriso confidente.

La creatura rimase di stucco appena vide quell’occhio, sconvolta.

‘Q-Quello è…’

“Credo che tu abbia preso un abbaglio, drago,” disse lentamente Boruto, il suo tono gelido come il ghiaccio. “Io non sono come te. A me non interessa il potere, né tantomeno m’interessa essere il più forte a discapito degli altri.”

Poi, facendo un grosso respiro, il Nukenin cominciò ad avanzare in avanti, portandosi proprio dinanzi alla testa del drago e fissandolo con un ghigno crudele.

“L’unica cosa che m’interessa è ucciderti e salvare le persone di questo mondo!” dichiarò velenosamente, sguainando la spada e puntandola verso di lui. “E stai certo che sono disposto a tutto pur di eliminarti dalla faccia della terra, schifoso parassita!”

L’espressione della creatura divenne istantaneamente contorta dalla rabbia, i suoi occhi schiumanti di una collera capace di distruggere intere montagne.

“Credi di potermi minacciare, insetto?” ruggì ferocemente il drago, fissando Boruto e tutti gli altri con odio e disgusto. “Io sono Vrangr, il Divoratore di Mondi! Non avete neanche una sola speranza contro di me! Credete davvero che la profezia di quel vecchio Eremita vi permetterà di vincere?”

Naruto e tutti gli altri si portarono vicino al ragazzo col mantello.

“Ti sbagli, lucertolone!” disse il jinchuuriki con un ghigno confidente. “Noi non crediamo di poterti vincere! Noi SAPPIAMO di poterti vincere! Non ci sono dubbi al riguardo!”

Sasuke sorrise con confidenza. “Hn. Se credi di farci paura ti sbagli di grosso, drago!” lo schernì senza esitazione.

“Oggi è giunta la tua ora, distruttore di mondi!” dichiarò subito dopo Boruto, il suo ghigno sempre presente. “Adesso l’unica cosa che otterrai è la morte! VERO RAGAZZI?”

I dieci guerrieri assunsero delle pose d’attacco all’istante.

“SÌ!!!” urlarono in coro tutti quanti, determinati più che mai ad abbattere quella creatura.

Il drago si issò lentamente da terra all’udire ciò, sollevandosi sulle zampe ed aprendo le ali con uno schiocco secco. La terra cominciò a tremare fragorosamente al suo movimento, le pareti della caverna si creparono e cominciarono a sgretolarsi. La sua coda colpì una colonna di roccia, frantumandola come se fosse fatta di vetro.

“Molto bene!” ruggì con ferocia Vrangr, ringhiando fragorosamente e sbattendo una possente zampa in avanti sul terreno della caverna, pronto a caricare. “Allora permettetemi di mostrarvi tutta la potenza di un DRAGO!”

E poi, dopo neanche un secondo, un getto copioso di fiamme rosse si scagliò addosso a loro dalle sue fauci.


 
 
Note dell'autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il cinquantunesimo capitolo della storia. Spero possa esservi piaciuto!   
-9 capitoli alla fine...

Finalmente abbiamo conosciuto Vrangr, il drago così tanto temuto  e nominato sin dall'inizio della storia. Sarà davvero così potente come sembra? Riusciranno i nostri eroi a vincere la battaglia controdi lui? Da adesso in poi, i prossimi capitoli saranno pieni di azione e di lotte, perciò preparatevi; perchè il bello deve ancora arrivare! ;)

Il prossimo capitolo uscirà lunedì 11 dicembre!

Vi invito a lasciarmi un commento o a farmi quantomeno sapere cosa ne pensate, dato che siamo prossimi alla conclusione e mi piacerebbe sapere le vostre opinioni! Grazie a tutti coloro che leggeranno e che commenteranno! A resto! ;)

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Capitolo 52
*** La Battaglia di Eldia 1 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 

La Battaglia di Eldia 1


Minato reagì all’istante.

Un attimo prima che le fiammate devastanti potessero abbattersi sopra di loro, il Quarto Hokage si teletrasportò assieme a tutti gli altri in un punto lontano dal raggio dell’attacco incendiario tramite l’Hiraishin no jutsu. (Tecnica del Teletrasporto)

Poi, con rapidità e maestria, Minato creò tre copie di se stesso formulando un sigillo con le mani, e i suoi tre cloni si portarono immediatamente alle varie estremità della caverna, circondando la possente creatura da quattro lati.

Il drago chiuse le fauci con un suono secco, interrompendo il getto di fuoco, e si voltò verso i dieci ninja ringhiando fragorosamente e frantumando diverse rocce col suo peso.

“Non così in fretta!” disse l’Hokage ad alta voce, le sue mani e quelle delle copie che passavano in rassegna a diversi sigilli con una rapidità disarmante.

Poi, senza donargli neanche il tempo di reagire, quattro giganteschi Rasengan che raggiungevano le dimensioni di sette metri l’uno si schiantarono addosso alla creatura senza pietà con un boato, ognuno sorretto e controllato da una copia del Quarto che si era lanciata contro il mostruoso rettile nero.

Vrangr ruggì, il suo corpo immenso schiacciato e compresso dalle quattro sfere di charkra vorticoso e compatto. Il suono assordante delle sue urla e delle sfere rotanti rimbombò nella caverna con forza e fragore. L’aria attorno ai Rasengan si fece vorticosa e densa di chakra.

Ma il drago non si lasciò intimidire.

Con un improvviso ruggito potente, la creatura aprì di scatto le ali e le zampe, issandosi in alto col busto e dissolvendo nel nulla gli attacchi che lo immobilizzavano con facilità, come se fossero stati completamente inefficaci. L’energia dei Rasengan giganti si dissolse nell’aria come fumo bluastro.

“Patetici insetti!” ringhiò crudelmente, aprendo le fauci. “I vostri attacchi non possono neanche scalfirmi!”

La pelle squamosa del suo collo sì illuminò improvvisamente dall’interno, e una serie di fiamme rosse cominciarono a fuoriuscire dalla sua bocca.

Sasuke sgranò gli occhi. “Via da qui!” urlò subito.

L’ordine fu eseguito all’istante. Naruto e tutti gli altri balzarono immediatamente lontano da un secondo getto copioso di fuoco talmente caldo da riuscire a fondere la roccia che investì, disperdendosi nella caverna.

Hinata si portò vicino ad una delle zampe anteriori del rettile, attivando i propri occhi. Quel che vide col Byakugan la fece impallidire.

L’energia che scorreva all’interno del corpo di quel drago era indescrivibile. L’unica parola che riusciva a rendere vagamente l’idea era ‘mostruosa’. Hinata non aveva mai visto prima d’ora un chakra così orripilante, così disgustoso. La sua massa densa e colma d’odio era enorme e quasi illimitata.

“C-Come può esistere una creatura con un chakra talmente orrendo?” pensò tra sé, sconvolta.

Vrangr però si accorse subito di lei ed alzò di scatto la possente zampa sinistra in alto, pronto a schiacciarla interamente con essa come una minuscola formica.

La Hyuuga sentì per un secondo la punta gelida del terrore insinuarsi nella sua mente, ma la soppresse all’istante. Non avrebbe esitato ancora una volta durante la missione.

E così, facendo appello a tutto il suo coraggio, Hinata portò immediatamente entrambe le mani davanti a sé, stringendo i denti per la tensione ed accettando la sfida del drago.

Hakke Kūhekishō!” (Doppio Palmo d’Aria)

Dai suoi palmi, un fortissimo getto d’aria solida si scagliò all’istante in avanti, generando un vero e proprio muro fatto d’aria compressa diretto contro l’enorme arto della creatura.

La zampa del drago scattò all’indietro non appena il getto d’aria la colpì in pieno, impedendogli di raggiungere il suolo e proteggendo la ragazza dall’attacco.

Vrangr la fissò con i suoi occhi gialli ricolmi di rabbia e spalancò le fauci, mentre una piccola sfera di energia rossa cominciò a formarsi e a crescere di dimensioni tra i suoi denti.

Fugaku s’irrigidì. “Q-Quella è…”

“…una sfera di chakra!” terminò mentalmente Sasuke, osservando con lo Sharingan l’enorme massa di energia che cresceva di secondo in secondo.

Quando la palla di energia raggiunse i cinque metri dimensioni, Vrangr fece scattare la testa in avanti, scagliando la sfera rossa contro la giovane Hyuuga che non ebbe neanche il tempo di evitarla in qualche modo.

Hinata serrò gli occhi, temendo di essere giunta alla fine.

Ma l’attacco non la raggiunse mai.

Perché Naruto si era improvvisamente materializzato davanti a lei, il suo corpo avvolto dal chakra fiammeggiante della Volpe ed il suo braccio destro teso in avanti, da cui si stagliava una lunga zampa eterea dorata che aveva letteralmente afferrato la sfera di energia prima che potesse finire addosso a lei.

“Te la restituisco!” ruggì il jinchuuriki con rabbia, scagliando subito dopo la sfera contro il mittente.

L’attacco colpì il drago in piena faccia, generando una grossa esplosione che fece frantumare sempre più le pareti della caverna. Vrangr ruggì di dolore, scuotendo la testa e divincolando il corpo furiosamente.

Naruto atterrò vicino ad Hinata, sollevandola di peso con le braccia e portandosi immediatamente accanto al resto del gruppo.

“G-Grazie Naruto-kun!” fu tutto ciò che riuscì a dire lei, ancora scossa ed imbarazzata dal fatto di essere sorretta dal suo eroe.

Il biondo ghignò mostrando i denti. “Di nulla Hinata-chan!” disse senza esitazione. “Ti ho fatto una promessa dopotutto, o sbaglio?”

“Sono lieta di vedere che andate così d’accordo,” li interruppe Mikoto subito dopo. “Ma adesso abbiamo un problema grosso di cui occuparci!”

I due ragazzi sgranarono gli occhi e si voltarono di scatto. Il drago si era immediatamente ripreso, e stava fissando gli undici piccoli umani dinanzi a sé con una rabbia talmente grande da far accapponare la pelle.

Con un ringhio profondo e fragoroso, la creatura si issò sulle zampe posteriori ed inspirò dalle narici spalancando le fauci una seconda volta, pronta a rigettare addosso a quei moscerini un fiume ardente di fuoco. Il terreno tremò con forza ad ogni movimento del suo corpo, le colonne di roccia che si stagliavano per la caverna si frantumarono in mille pezzi.

Naruto e gli altri sentirono un brivido intenso di terrore fargli accapponare la pelle nel vedere quella bestia che si accingeva ad attaccarli di nuovo, i suoi occhi minacciosi che li fissavano con odio e disgusto.

Sarada sgranò gli occhi. “Presto!” esclamò freneticamente. “Andiamo via da qui!”

Nessuno perse neanche un secondo. Non appena la ragazza terminò di pronunciare quelle parole, Naruto, Boruto, Eren e tutti gli altri scattarono all’indietro all’istante, entrando in una delle numerose gallerie presenti nelle pareti della caverna prima che il drago potesse attaccare una seconda volta.

Gli undici eroi corsero quanto più velocemente potevano all’interno della galleria buia per una ventina di secondi prima di rallentare gradualmente.

“Quel lucertolone non ci raggiungerà mai qui dentro!” disse Naruto con un sorriso.

Sakura sospirò, rallentando il passo ma continuando a correre. “Adesso possiamo approfittarne per formulare una strategia!” disse, la sua voce tesa. “Cosa pensate possiamo fa-”

All’improvviso però, un bagliore luminoso si accese alle loro spalle, illuminando debolmente la galleria.

“Huh?” fece Eren confuso, voltando la testa all’indietro. “Cos’è quello?”

Boruto sgranò gli occhi appena capì cosa stava succedendo. “Nulla di buono!” esclamò, sconvolto e teso. “PRESTO, CORRETE!”

Gli altri dieci rimasero confusi dalle sue parole per qualche istante, quando poi all’improvviso sentirono un’inaspettata folata di aria calda proveniente dal bagliore alle loro spalle investirli completamente.

Non ci misero molto a capire che erano nei guai fino al collo.

“Merda!” imprecò Fugaku, scioccato. “Quel drago vuole arrostirci vivi mentre siamo bloccati qui dentro!”

“NON PERDIAMO TEMPO!” urlò l’Hokage a gran voce, aumentando immediatamente la velocità della corsa. “SCAPPIAMO PRIMA CHE LE FIAMME CI RAGGIUNGANO!”

Gli undici compagni corsero con quanta più forza avevano in corpo, ma la galleria continuava a procedere nel buio più assoluto senza mostrare un uscita, e le fiamme alle loro spalle continuavano ad avanzare, facendosi sempre più vicine.

Dieci secondi. Ancora nulla.

“Coraggio, non possiamo mollare!” si disse mentalmente Kushina.

Venti secondi. Niente. Il fuoco si faceva sempre più visibile alle loro spalle.

“Dannazione! Quanto c*** è lungo questo tunnel?” imprecò Eren, correndo quanto più le sue gambe gli permettevano.

Trenta secondi. Ancora nulla. Il calore delle fiamme si fece sempre più intenso.

“Nonononononono!” gridò Sakura nella sua testa, terrorizzata. “Non può finire così!”

Quaranta secondi. Sempre e solo buio. Il fuoco li aveva quasi raggiunti da dietro.

“PORCA P******!” esclamò Boruto tra sé, stringendo i denti e continuando a correre all’impazzata. “Non posso aumentare la mia velocità e lasciare gli altri indietro! Di questo passo finiranno col farsi-”

Poi, come per miracolo, la vide.

Una luce si stagliò improvvisamente davanti a loro nel buio più totale. Un minuscolo barlume di luce era comparso all’improvviso all’orizzonte. Una piccola speranza di salvezza.

L’uscita della galleria.

“Eccola là!” esclamò Naruto. “L’uscita è proprio davanti a noi!”

“Non mollate!” intimò Sasuke a tutti. “Manca poco! Continuiamo a correre!”

Cinquanta secondi. La luce era sempre più intensa, le fiamme sempre più vicine.

“Forza!” pregò mentalmente Sarada. “FORZA!”

Cinquantacinque secondi.

Sessanta secondi.

E poi, finalmente, la luce li investì.

Gli undici compagni balzarono fuori dalla galleria appena un secondo prima di essere investiti da un getto di fiamme rosse che si stagliò fuori dal tunnel con una forza immane, crollando a terra pesantemente.

Tuttavia non ebbero neanche il tempo di riprendere il fiato.

Perché tutti loro si accorsero contemporaneamente di essere ritornati nella stessa caverna di prima, trovandosi faccia a faccia col drago nero che li fissava con uno sguardo ricolmo di derisione e ferocia.

“Bene bene,” sibilò Vrangr, snudando i denti aguzzi. “Sembra che questi insetti siano parecchio restii a morire!”

Kushina sgranò gli occhi, sconvolta. “Che cosa?!” urlò, incredula. “Siamo tornati di nuovo qui?!”

Naruto e tutti gli altri strinsero i denti, frustrati.

Il drago sbatté una zampa a terra, ringhiando sommessamente. “Non ve l’avevo detto?” disse, il suo tono sarcastico e sprezzante. “Ogni singola galleria qui dentro conduce sempre in questa caverna. Mi ero scordato di avvertirvi…”

Eren strinse i denti con rabbia, fissando l’enorme creatura con uno sguardo pieno d’odio. “Maledetto mostro!” sibilò rabbiosamente. “Adesso ti faccio vedere di cosa è capace un Titano!”

Il moro si portò una mano alla bocca, pronto ad azzannarla per riuscire a trasformarsi, ma un’altra mano lo afferrò improvvisamente per un braccio, impedendogli di mordersi il palmo.

“Non essere avventato, Eren!” lo ammonì immediatamente Boruto, i suoi occhi freddi fissi sul drago dinanzi a loro. “Non fare pazzie. Trasformarsi in Titano qui dentro è troppo rischioso e svantaggioso. Questo posto è troppo stretto e chiuso per poterlo affrontare in quel modo. Devi aspettare il momento giusto prima di fare la tua mossa.”

Eren lo guardò con forza. “Ma senza potermi trasformare sono inutile!” ribatté a sua volta, il suo tono frenetico e nervoso. “Non posso affrontarlo come fate voi! Cos’altro posso fare se non tentare di combattere quel drago?”

Sasuke fece un passo avanti, sorridendo feralmente. “Ti forniremo noi l’occasione giusta per trasformarti,” disse con un tono basso e serio. “Resta al sicuro fino a quando non ti daremo un segnale!”

Il ragazzo moro esitò per un istante, insicuro sul da farsi. Ma, prima che potesse controbattere, Boruto gli fece un cenno d’assenso col capo, sorridendo lievemente.

“Fidati di noi,” disse con sicurezza. “Ti forniremo l’occasione giusta per fare a pezzi quel drago! Te lo prometto!”

Eren fissò per qualche secondo gli occhi del Nukenin senza dire nulla, in cerca di qualsiasi traccia di esitazione e menzogna nel suo volto.

Non ne trovò.

Alla fine, il giovane annuì una sola volta con la testa. “Molto bene,” concesse loro dopo alcuni secondi. “Mi fiderò di voi!”

Detto questo, Sasuke si posizionò subito davanti al drago ed evocò immediatamente il suo Susanoo, imitato a sua volta da Sarada che fece lo stesso.

Due enormi figure spettrali s’innalzarono improvvisamente dal corpo dei due Uchiha con un possente ruggito, rispettivamente di colore violaceo e arancione. Il drago fissò le creature eteree con i denti snudati, ringhiando ferocemente.

Con un comando mentale, il Susanoo di Sasuke evocò nelle sue mani una gigantesca balestra viola, mentre quello di Sarada fece schioccare le dita, afferrando una lancia fatta di fuoco rosso che si materializzò nell’aria dal nulla.

“Sarada!” urlò Sasuke alla ragazza. “Dobbiamo colpirlo insieme!”

La giovane Uchiha annuì. “Al tuo segnale!”

Le due possenti creature presero la mira verso il bersaglio, ma le cose non sarebbero state così facili.

Il drago infatti non si lasciò intimidire, scattando subito con tutto il corpo in avanti e accingendosi ad azzannare uno dei Susanoo prima che potessero colpirlo. La roccia si frantumò ad ogni suo passo, la terra che tremava ad ogni singolo movimento del suo corpo.

Kushina strinse i denti. “Non pensarci neanche!” ruggì con rabbia, unendo le mani insieme.

Kongo Fusa!” (Catene d’Amianto)

Appena finì di pronunciare quelle parole, dalla sua schiena scattarono due grosse catene di chakra dorato che partirono in avanti e si avvinghiarono con forza attorno alle zampe della possente creatura. Il drago crollò a terra in avanti, sfregando il muso sulla roccia.

“Ha funzionato!” esclamò mentalmente la donna. “Adesso devo solo resister fino a quando-”

Ma non poté finire la frase. Il drago prese a divincolarsi immediatamente con forza, scuotendo tutto il corpo e ringhiando fragorosamente nel tentativo di distruggere le catene che gli bloccavano le zampe.

Kushina sgranò gli occhi. “Dannazione!”

Non perse neanche un secondo. Senza lasciarsi intimorire e sopraffare dalla furia del drago, la donna cominciò immediatamente a pompare sempre più chakra nel jutsu per far resistere le catene, infondendo l’energia del suo corpo nella tecnica.

Tuttavia, per quanto i suoi sforzi furono imponenti, Vrangr era più forte.

Con uno scatto repentino della testa, il drago azzannò coi denti la catena che gli avvolgeva la zampa destra, spezzandola con un suono secco e metallico.

KATON: Endan!” (Bomba di Fuoco) urlò Fugaku nello stesso momento, inspirando a pieni polmoni ed unendo le mani per formare un sigillo.

Una vorticosa fiammata ardente si stagliò addosso al drago subito dopo che l’Uchiha pronunciò quella tecnica, prima ancora che la possente creatura potesse muovere la testa. L’attacco lo centrò in pieno, generando un’esplosione immensa che rimbombò con forza e fragore per tutta la caverna.

“Preso!” disse Fugaku con un ghigno soddisfatto, interrompendo il flusso di fiamme.

Hinata tuttavia sgranò gli occhi. “No!” esclamò, osservando col Byakugan la scena, sconvolta. “Non ha avuto effetto!”

Appena il fumo generato dalla tecnica si dissolse infatti, un possente ruggito riecheggiò con fragore nell’aria, e dalla nuvola nera di fumo sbucò la testa del drago, i denti snudati in un ringhio feroce.

Fugaku trasalì, sbalordito. “N-Non l’ha nemmeno scalfito!”

Io sono fuoco!” ruggì Vrangr con la sua voce profonda e minacciosa, aprendo le fauci ed inspirando con forza. “Io sono MORTE!”

Poi dalla sua bocca partì un altro getto di fiamme ancor più grosso del precedente che si scagliò subito dopo addosso agli undici compagni, pronto ad incenerirli vivi.

“Oh no!” gridò Mikoto. “Non possiamo evitarlo!”

“Boruto!” urlò immediatamente il Quarto Hokage. “Adesso!”

Il suddetto biondino si mosse all’istante, posizionandosi con una velocità disumana in mezzo a Sasuke e Sarada davanti al resto del gruppo e formulando due sigilli con le mani.

SUITON,” disse poi, inspirando a sua volta dalle narici. “Suijinheki!” (Muro d’Acqua)

Una possente ondata d’acqua venne spruzzata fuori dalle sue labbra, andando a schiantarsi con forza contro le fiamme del drago. I due attacchi si scontrarono con un boato che fece tremare la terra e le pareti della caverna. I nove ninja assieme ad Eren furono costretti a ripararsi i volti con le mani dall’intensità dell’attacco.

Il drago tuttavia non demorse, aumentando di getto l’intensità delle fiamme. Boruto lo imitò a sua volta, piantando saldamente i piedi nella roccia ed aumentando la quantità d’acqua della tecnica.

I due attacchi continuarono a scontrarsi ed annullarsi a vicenda per una decina di secondi. Le fiamme del drago che si spegnevano venivano subito rimpiazzate da altre ancora più forti, mentre l’acqua emessa dal guerriero continuava ad investire il fuoco e ad evaporare ritmicamente, riempiendo l’aria della caverna di vapore e nebbia.

Naruto osservava la scena con gli occhi sgranati. “Come diavolo fa Boruto a riuscire ad eguagliare l’attacco di quel lucertolone?” si domandò tra sé, scioccato.

“La sua quantità di chakra è mostruosa!” realizzò Minato, osservando il nipote con un sorriso. “Riesce a tenere testa al getto di fuoco per così tanto tempo!”

Vrangr continuava a sputare fuoco e fiamme dalla bocca, fissando gli avversari con odio e furia. Ma era talmente preso dal tentativo di avere la meglio sulla tecnica d’acqua di quel moccioso davanti a sé che non riuscì a notare che uno degli altri dieci umani si era portato alle sue spalle.

Tutto ciò che vide fu la grossa punta appuntita di una stalattite che gli fu scagliata addosso di lato, preceduta da un grido roco di rabbia.

“Shannaroooo!”

Vrangr sgranò gli occhi, interrompendo subito il getto di fuoco e voltandosi appena, ma non riuscì ad evitare l’attacco a causa della catena di chakra che ancora gli avvolgeva la zampa sinistra impedendogli di muoversi. Il pezzo appuntito di roccia lo colpì sulla spalla con una forza che lui stesso non si sarebbe mai aspettato, facendolo sbilanciare per qualche secondo ma non causando nessun tipo di danno. Il dragò sollevò il busto per il rinculo del colpo, rivelando il petto. La stalattite però non riuscì a perforare le sue squame, frantumandosi in mille pezzi appena lo colpì.

Il drago snudò i denti, fissando la ragazza dai capelli rosa che gli aveva lanciato addosso la pietra acuminata. Quei minuscoli umani non sarebbero mai stati capaci di infliggergli alcun tipo di ferita. Stavano solo cercando invano di resistere alla loro inevitabile morte.

Sakura, posizionata dall’altro lato della caverna, sorrise mostrando i denti.

“Ora!”

Fu in quel momento che Vrangr sentì improvvisamente un sibilo acuto nell’aria. Ebbe il tempo di voltarsi appena per riuscire a vedere un’improvvisa freccia nera ed una lancia di fuoco che sfrecciavano contro di lui.

I due attacchi lo centrarono nel petto ancora scoperto, trapassandogli leggermente le squame sottili sulla pancia. Vrangr ruggì di dolore, azzannando l’aria e muovendo freneticamente le zampe in avanti.

All’interno delle due spettrali figure umanoidi, Sarada e Sasuke ghignarono di trionfo.

Gli attacchi conficcati nel petto del drago esplosero dopo un secondo con un boato pazzesco, generando rispettivamente un’ondata di fiamme nere e rosse che si propagarono per tutto il torso della creatura. Le fiamme bruciarono e ruggirono con forza, investendo il corpo del drago senza pietà.

Vrangr emise un suono gutturale di dolore simile ad un ringhio, continuando a divincolare il suo enorme corpo con rabbia e furia.

Poi, senza lasciargli un attimo di tregua, Boruto saltò sopra una roccia sporgente e passò in rassegna ad una serie complessa di sigilli con le mani, inspirando una seconda volta dal naso.

SUITON: Futtosui!” (Getto Bollente) esclamò mentalmente il ragazzo col mantello.

Dalla sua bocca uscì fuori un getto d’acqua ad elevatissima temperatura, la quale andò ad investire il drago ancora dolorante come un’onda immensa, inondandolo completamente.

Vrangr ruggì fragorosamente, divincolandosi e scuotendo la testa, ma fu tutto inutile. L’acqua fumante riempì la caverna in un batter d’occhio, sommergendolo del tutto in meno di cinque secondi.

Ma non era finita.

DOTON,” fece a sua volta Fugaku dopo un secondo. “Kotai no Doro!” (Fango Solidificante)

Dal suo soffio si generò invece un getto copioso di fango grigio che andò a mescolarsi all’acqua bollente che aveva sommerso interamente il drago, formando così una sostanza vischiosa e molle di colore bruno.

Ed infine, senza perdere un secondo, Mikoto si portò a sua volta affianco al marito.

Katon: Karyuu Endan!” (Soffio del Drago)

Un soffio di fuoco ardente andò a colpire la miscela di acqua e fango grazie alla tecnica della donna, la quale cominciò ad asciugare e solidificare così tutto il fango nell’acqua, creando una specie di cemento duro che aveva ricoperto tutta la caverna nel punto in cui si trovava immerso il drago.

Passarono diversi secondi prima che i due Uchiha annullassero la tecnica. Il silenzio più glaciale prese a regnare nella caverna.

Naruto e tutti gli altri si portarono vicino a Boruto, Fugaku e Mikoto, osservando lo strato di cemento solido che avevano creato con le loro tecniche.

“C-Ce l’avete fatta?” domandò Eren, incredulo. “Lo avete davvero sconfitto?”

Come a volergli rispondere, una grossa crepa si formò all’improvviso nel cemento.

Hinata sgranò gli occhi. “N-Non credo proprio!” balbettò terrorizzata.

E poi, senza preavviso, un potentissimo raggio d’energia rossa si stagliò con forza in aria dallo strato di cemento, colpendo in pieno con forza il soffitto della caverna e distruggendo roccia e pietra nel punto in cui lo aveva colpito. I detriti crollarono a terra con un tonfo profondo, generando una grossa nuvola di fumo.

E con sommo stupore di tutti, un gigantesco foro si era formato sul soffitto nel punto colpito dall’attacco; un buco attraverso cui si riusciva a vedere il cielo fuori dalla caverna.

Naruto e gli altri rimasero a bocca aperta.

Vrangr s’issò di scatto fuori dal cemento con un ruggito assordante e carico di rabbia, frantumando col suo corpo lo strato di fango solido ed acqua e muovendo le zampe freneticamente. Il suo corpo era pieno di macchie marroni e fango, gli occhi gialli che fissavano il mondo con rabbia e odio.

“Maledetti insetti schifosi!” ruggì il drago con una ferocia talmente grande che fece accapponare la pelle a tutti. “Adesso ve la farò pagare cara!”

Poi, ringhiando fragorosamente, Vrangr aprì di scatto le sue enormi ali e fece un balzo portentoso, saltando sul soffitto della caverna ed aggrappandosi alle rocce sporgenti con gli artigli delle zampe.

E poi, arrampicandosi con forza sulla parete della caverna, il drago raggiunse il foro del soffitto, uscendo completamente fuori.

“Adesso vi mostrerò il significato della parola MORTE!”

Detto questo, spalancando completamente le ali, Vrangr lanciò un ruggito portentoso all’aria, librandosi subito dopo nel cielo e cominciando a volare in alto, avvitando contemporaneamente tutto il suo corpo per liberarsi dal fango che lo invischiava.

Dalla base della caverna, gli undici compagni lo osservavano con gli occhi sgranati pieni di terrore e sconvolgimento.

“Le cose si mettono male…” disse lentamente Boruto.



 
 
Note dell'autore!!!

Salve a tutti! Come promesso, ecco a voi la prima parte dello scontro tra i nostri eroi ed il leggendario Vrangr, il drago divoratore di Mondi. Spero che possa piacervi.

Piccolo spoiler: vi assicuro che non avete ancora visto niente! La battaglia è appena iniziata, e il bello deve ancora venire. Per tutti coloro che sono rimasti delusi dalla poca 'epicità' di questo captolo e che si aspettano azione, scontri epici e freneticità, allora in futuro spero potrete gradire come si evolverà la battaglia. Naruto e tutti gli altri dovranno mettercela davvero tutta per riscire a vincere!

Il prossimo capitolo uscirà mercoledì 13 dicembre!

Come sempre, vi esorto col cuore a farmi sapere le vostre opinoni, negative o positive che siano, così che io possa confrontarmi con voi e sapere cosa ne pensate per riuscire a migliorare in futuro. Le critiche sono sembre ben accette, ed io sono aperto a qualsiasi tipo di parere esterno. Vi ringrazio in anticipo, e ringrazio anche tutti coloro che mi stanno facendo sapere le loro opinioni sulla storia che ho ideato.
A presto! ;)

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Capitolo 53
*** La Battaglia di Eldia 2 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 


 

La Battaglia di Eldia 2


Boruto saltò rapidamente tra le rocce, scalando la parete distrutta della caverna con dei possenti balzi, seguito a ruota dagli altri dieci compagni. Raggiunse il foro del soffitto in pochi secondi, uscendo finalmente all’aperto.

I suoi occhi si sgranarono appena raggiunse l’uscita. Dietro di lui, Naruto e gli altri trattennero il fiato.

Lo spettacolo che si ritrovarono davanti era mozzafiato. Tutti rimasero sconvolti da quello che videro appena furono fuori dalla caverna.
Montagne.

Si trovavano proprio sopra una montagna mai vista prima d’ora. Il paesaggio attorno a loro era spoglio e roccioso, completamente coperto di neve bianca. La superficie su cui erano sbucati fuori era piana, ma più si procedeva in alto e più il suolo si faceva pendente e scosceso. Non era presente nessun tipo di albero o arbusto nei paraggi. Solo grosse rocce coperte di neve circondavano completamente gli undici compagni.

La vetta della montagna su cui si trovavano era visibile alle loro spalle, e si stagliava ancora più in alto nel cielo per almeno due o trecento metri. Il cielo era scuro e completamente coperto da nuvoloni grigi che avevano reso l’ambiente attorno a loro cupo ed ombroso.

All’orizzonte, in qualsiasi direzione guardassero, altre montagne si stagliavano tutt’intorno a loro. Si trovavano letteralmente all’interno di una gigantesca catena montuosa innevata e sperduta nel nulla, talmente grande da riuscire a lasciare sconvolto ed allibito chiunque vi posasse lo sguardo.

Boruto e gli altri rimasero imbambolati per alcuni secondi a fissare quel panorama mozzafiato, le bocche e gli occhi spalancati dallo stupore. L’aria era fredda e leggermente rarefatta, ed un soffio di vento gelido accarezzava con costanza i giovani guerrieri, facendoli rabbrividire al suo tocco.

Ma poi, un ruggito fragoroso catturò l’attenzione di tutti, facendoli focalizzare di nuovo sul presente e costringendoli ad alzare lo sguardo in alto.
Vrangr si librava nel cielo con forza e maestosità, la sua possente figura nera che sbatteva le ali con forza e planava intorno a loro come un avvoltoio pronto ad atterrare per nutrirsi di una carcassa.

Boruto ammiccò, fissando il drago mentre volava nel cielo nuvoloso.

Un’aura oscura e raccapricciante avvolgeva il corpo della creatura. Il Nukenin ammiccò una seconda volta. Per un istante pensò che fosse solo un’illusione ottica. Un’illusione dovuta all’improvviso cambio di pressione e temperatura.

Ma non lo era.

Boruto lo comprese dopo alcuni secondi. Quello che stava vedendo non era un’illusione. Quello che stava vedendo grazie al Jougan era la realtà del potere del drago. Il suo occhio destro si aggrottò.

Non c’erano parole per descriverlo.

Era come se l’aria attorno al drago avesse assunto vita propria. Non c’era confine tra il punto dove l’aria terminava e quello dove il chakra iniziava. Boruto trasalì quando vide e percepì l’energia che circondava il rettile volante col suo occhio. L’aria attorno al drago pulsava di un’energia così orripilante, così potente che gli fece sobbalzare il cuore nel tentativo di risalirgli in gola.

Boruto aveva visto molti tipi di chakra da quando aveva risvegliato il Jougan, ma mai prima d’ora ne aveva osservato uno così brutto, così disgustoso. Il chakra di solito era sempre puro e gradevole per natura; un misto dell’energia del corpo e quella dello spirito che si mescolavano assieme in armonia come una cosa sola. La sua vista era bellissima, in un certo senso. Un bellissimo e piacevole miscuglio di blu e bianco che catturava l’occhio con la sua maestosità.

Ma il chakra del drago non lo era affatto. Era un disgustoso miscuglio nero, marrone e rosso. Emanava all’esterno quella sensazione orripilante che Boruto aveva percepito anche prima, nella caverna: odio. Era un chakra denso e viscoso, di aspetto quasi melmoso e orribile, pieno zeppo di emozioni negative. Principalmente odio, ma erano presenti anche sfaccettature di rabbia, disgusto, orgoglio ed invidia. Si attaccava ad ogni singola molecola nell’atmosfera come melma, infettandola e rendendola malsana al solo tocco come una malattia infestante.

Qualsiasi forma di vita avesse toccato quel chakra sarebbe sicuramente morta. Non c’era possibilità per alcuna forma di vita di sopravvivere a quella massa pulsante d’odio e rabbia. Non vi erano dubbi al riguardo.

La realizzazione di ciò fece aumentare il suo desiderio di eliminare quella creatura disgustosa.

Boruto seguì il chakra col Jougan, osservandolo mentre diventava sempre più denso e malvagio. Tutta l’energia coagulava all’interno del corpo del drago, come un liquido che ribolliva letteralmente dall’odio.

Era giunto il momento di agire.

“Quarto Hokage!” disse improvvisamente, voltandosi verso l’adulto in questione. “Ho un’idea!”

Tutti si voltarono verso di lui. “Cos’hai in mente, Boruto?” domandò Minato.

Il ninja traditore lo fissò col Jougan. “Se il mio ragionamento è corretto, lei non è in grado di teletrasportare altre persone senza prima averle marchiate col suo sigillo, giusto?” chiese a sua volta.

L’Hokage annuì.

“Allora lasci un Marchio di Teletrasporto su ognuno di noi,” continuò Boruto, alzando lo sguardo al cielo e fissando il drago che volava attorno a loro. “In questo modo avremo la possibilità di attaccare anche a corto raggio senza il timore di lasciarci la pelle.”

Minato non esitò neanche un istante. Dopo alcuni secondi, uno ad uno ogni singolo membro del gruppo era stato marchiato del Quarto Hokage.

Sakura fissò il Marchio sul suo braccio. “Ma adesso cosa facciamo?” domandò al gruppo. “Ora che Vrangr ha cominciato a volare come possiamo attaccarlo da vicino?”

Naruto si portò avanti, battendo un pugno sul petto. “Io posso farlo!” dichiarò con foga e determinazione. “L’Eremita mi ha spiegato che appena avrò attivato il Potere delle Sei Vie, allora acquisirò la capacità di volare in aria come faceva lui! Posso combattere quel drago anche in volo!”

“Anche io posso volare grazie al Susanoo,” s’intromise anche Sasuke, il suo tono serio. “Ma solo noi due da soli non avremo nessuna possibilità di vittoria contro di lui, neanche col Potere dell’Eremita.”

Boruto rifletté un secondo. Poi si voltò verso Sarada. “Se ben ricordo anche il tuo Susanoo può volare, vero?”

La ragazza annuì stringendo i pugni. Gli adulti rifletterono sulla notizia.

Eren fece un passo avanti. “E noi cosa possiamo fare?” domandò con enfasi. “Senza riuscire ad attirare il drago di nuovo a terra non saremo in grado di fare niente!”

Boruto sorrise. “Non è detto!” dichiarò con sicurezza.

Fugaku lo guardò con un sopracciglio incurvato. “Che vuoi dire?”

Il Nukenin li fissò uno ad uno, il suo sguardo freddo. “Ascoltatemi attentamente…”
 
 
Vrangr ruggì nel cielo, planando attorno alla montagna con maestosità grazie alle sue ali completamente estese ed immobili che gli permettevano di sostenere il suo peso. Sentì una corrente di vento gelido soffiare con forza sotto di lui, accarezzandogli la testa e facendolo risalire ancora di più verso l’alto come se fosse acqua.

Vrangr sorrise tra sé. Volare era davvero il momento più bello ed intenso per un drago. Il momento in cui si riusciva davvero ad essere senza limiti, completamente liberi da tutto e tutti. Il momento in cui si poteva andare ovunque, senza che nessuno potesse arrestare la propria mente.

Un forte senso di rabbia gli nacque nel cuore al ricordo dei tempi passati, quando ancora lui e tutti gli altri draghi regnavano incontrastati nell’universo. Quanto era bello volare nel cielo all’epoca. Librarsi nell’aria assieme ai suoi simili, mentre dal basso le misere creature bipedi dalle orecchie rotonde li osservavano con timore, sconvolgimento ed invidia. Quanto era bello essere consapevoli di far parte della razza più forte di tutte.

Ma quei tempi erano ormai andati. Il passato era stato crudele ed insaziabile. I suoi patetici compagni si erano addolciti nel corso dei secoli, avevano perso il loro senso d’orgoglio e coraggio. E questo aveva portato alla distruzione della loro specie.

Il suo sguardo si soffermò sugli undici umani che lo osservavano da terra.

Vrangr snudò i denti, come a voler ringhiare. Quei patetici esseri umani non avevano alcuna possibilità contro di lui. Non erano in grado di volare, né i loro attacchi erano riusciti a scalfirlo prima. Non c’era nessuna possibilità di vittoria per loro.

I suoi occhi si focalizzarono poi su uno di quei bipedi dalla pelle chiara, ed un profondo senso di odio e rabbia lo pervase come un fiume.

Boruto Uzumaki, il Portatore dell’Occhio Maledetto.

Vrangr ruggì di nuovo dalla rabbia, fissando dall’alto quel patetico moccioso. Quello schifoso cucciolo d’uomo era pericoloso. Gli altri erano solo un patetico branco di formiche dinanzi ad un drago, ma lui, lui era diverso. Quel bipede dal volto sfigurato era l’unico che avrebbe potuto seriamente ucciderlo. Era una minaccia che non poteva permettersi di sottovalutare.

Era l’unico che poteva ucciderlo grazie a quell’occhio.

Il possente drago nero ringhiò ferocemente alla vista di quell’occhio azzurro.

Il Jougan, l’occhio sull’anima.

Vrangr ricordava bene quell’occhio. Lo aveva già visto in passato. Lo aveva già osservato di persona, molto, molto tempo fa. Aveva incontrato il precedente possessore del Jougan una volta, quando era giovane, in un tempo ed un luogo distanti ed annebbiati.

Qual’era il suo nome? Non lo ricordava. Per quanto tentasse di riportare alla mente quei ricordi, la sua memoria era troppo annebbiata, troppo confusa. All’epoca era poco più di un cucciolo quando vide quell’occhio per la prima volta. Non riusciva a ricordare bene neanche il volto di quel bipede, né tantomeno se esso fosse maschio o femmina.

Ma una cosa la ricordava eccome: quell’occhio era pericoloso. Era maledettamente pericoloso. Il suo portatore precedente era riuscito a compiere imprese che nessun altro essere di qualsiasi specie era neanche lontanamente arrivato a pensare. Non poteva permettersi di sottovalutare il potere di quell’occhio.

Sbattendo con forza le possenti ali, Vrangr risalì in alto nel cielo, nascondendosi nelle nuvole che avevano coperto il cielo. Non avrebbe permesso a quel patetico bipede di avere la meglio. Lui era Vrangr, il Divoratore di Mondi. In passato aveva ucciso e sterminato innumerevoli nemici che avevano avuto il coraggio di affrontarlo. Aveva combattuto umani, draghi ed altre creature immensamente più forti di quei patetici moscerini a terra. Non avrebbe permesso a se stesso di perdere.

Con un ultimo battito d’ali, Vrangr discese in picchiata verso il basso sbucando fuori dalle nuvole, pronto ad incenerire col suo fiato ardente quelle formiche.

Ma qualcosa non andava.

Gli umani erano spariti.

Vrangr annusò l’aria immediatamente, osservandosi attorno. Erano vicini. Riusciva chiaramente a sentire l’odore di quei bipedi. Si trovavano ancora nei paraggi. Non erano scomparsi improvvisamente, ma bensì si erano spostati in qualche modo.

Ma dove?

I suoi sensi lo allertarono all’improvviso, facendogli voltare la testa di scatto verso l’alto. I suoi occhi gialli si spalancarono, osservando la scena che stava accadendo davanti ai suoi occhi.

Dalle nubi nel cielo erano sbucate fuori due figure, le stesse figure che prima lo avevano attaccato nella caverna. Un gigantesco bipede fatto d’energia viola ed un altro di colore arancione. Entrambe le figure raggiungevano i quindici metri di altezza, avevano due possenti ali sulle spalle e due spade lunghe e luminose nelle mani. Entrambi stavano volando verso di lui, le loro espressioni minacciose.

E inoltre, all’interno del loro corpo etereo, tutti gli umani erano immersi nella testa delle creature, cinque in una e cinque nell’altra.

Vrangr ringhiò ferocemente, arrestando la discesa. Non avrebbe permesso a quei patetici bipedi di avere la meglio. Erano più piccoli e fragili di lui, non avrebbero avuto scampo. Non conosceva le loro abilità, ma non avrebbe permesso a nessuno di sopravvivere ad uno scontro in volo contro di lui. Non stava ancora facendo neanche sul serio, non avrebbe avuto pietà per nessuno di loro.

Con un ultimo possente ruggito, Vrangr accelerò il battito delle ali e aprì gli artigli, preparandosi a dilaniare i nemici.
 
 
Sasuke sentì la tensione salire alle stelle ed il suo cuore battere all’impazzata mentre osservava il drago che aveva cominciato a risalire verso di loro con le fauci spalancate in un ruggito pieno d’odio, il suo corpo carico di un’energia talmente grande e rivoltante che fece prudere i suoi occhi dal terrore. Specialmente il suo occhio sinistro, che si era mutato in un Rinnegan appena aveva attivato il Potere dell’Eremita.

“Ci sta venendo addosso!” urlò Mikoto dietro di lui, il suo tono teso. Assieme a lei, Fugaku, Sakura ed Eren erano immersi nel chakra del Susanoo, e fissavano il drago con sguardi carichi di tensione.

I suoi occhi si aggrottarono. “Allora gli faremo vedere chi è il più forte!” ribatté, infondendosi coraggio.

Con un comando mentale, il suo Susanoo sbatté le ali con forza ed emise un grido di lotta metallico, discendendo a sua volta in picchiata verso il rettile dalle lunghe zanne.

Si scontrarono con un tonfo che generò un boato nel cielo. Le spade si mossero per colpire la belva, ma il drago bloccò con una zampa artigliata la lama di una spada del Susanoo, azzannando coi denti l’altro braccio libero per non essere colpito. La creatura umanoide reagì con un calcio nel petto, tentando di divincolarsi dalla presa del mostro.

Vrangr si separò dall’essere spettrale appena subì il colpo, poi trasse un profondo respiro e alzò la testa. Tese il collo, contrasse i muscoli addominali e richiamò dalle viscere il denso liquido di fuoco. Il liquido s’infiammò quando si combinò con l’aria nella sua gola. Vrangr spalancò le fauci e inondò di fiamme il Susanoo, avvolgendolo in un bozzolo incandescente. Il torrente di fiamme implacabili, feroci ed insaziabili gli solleticò l’interno delle guance.

L’essere spettrale violaceo poté solo coprirsi il volto con le braccia, mentre il getto di fuoco lo avvolgeva completamente. Non riuscì a penetrargli all’interno, ma il calore era insopportabile.

“Lo hai voluto tu!” ruggì mentalmente Sasuke dentro alla testa del Susanoo, cercando di resistere all’insostenibile calore delle fiamme.

La figura umanoide si liberò dalle fiamme sbattendo le ali e risalendo fuori dal getto incandescente. Il drago richiuse la gola, interrompendo l’attacco.

Il Susanoo ruggì la sua ira, caricando di nuovo col corpo sul fianco del rettile. I due precipitarono verso il terreno, avvinghiati l’un l’altro. Ma il drago era troppo grande, troppo forte, e cominciò subito ad avere la meglio. Vrangr azzannò, morse e graffiò con gli artigli l’enorme essere viola, immobilizzandolo ed impedendogli di agire mentre continuavano a cadere.

Poi però, un improvviso dolore lancinante lo investì sul costato destro. Si voltò di scatto.

Il secondo essere spettrale, quello completamente arancione, aveva caricato a sua volta contro di lui, infilzandolo con una lunga spada rossa fatta di fuoco nel fianco. Dentro la sua testa, Vrangr vide Boruto ghignare feralmente, il suo occhio destro che lo fissava con ferocia. Sangue rosso schizzò fuori dalla sua ferita.

Il drago ruggì, calciando lontano da sé il Susanoo viola con una zampa posteriore e cominciando a risalire in alto nel cielo lontano dagli assalitori. Le due figure lo seguirono a ruota appena ripresero l’equilibrio, le loro ali che battevano freneticamente nel tentativo di stare al passo con la sua velocità.

Vrangr si voltò di scatto, spalancando le fauci e sputando una sfera rossa di energia contro il bipede arancione.

All’interno del Susanoo arancione, Minato sgranò gli occhi appena vide l’attacco che si stava avvicinando verso di loro.

“Sarada!” esclamò.

La ragazza fece un cenno col capo, il suo Sharingan Ipnotico che fissava il drago con determinazione e rabbia. “Lo so!” disse con confidenza.

Con un comando mentale, il suo Susanoo batté le ali una sola volta, avvitando il corpo nell’aria e risalendo in alto, evitando la sfera di energia che continuò a sfrecciare oltre le nuvole.

Kushina sospirò al suo interno, imitata da Hinata e Minato. “Lo abbiamo evitato!” disse con sollievo.

Boruto fece un cenno a Sarada col capo. “Hai imparato a padroneggiare meglio il tuo Susanoo,” disse con un sorriso. “Sei migliorata.”

La giovane Uchiha ricambiò il sorriso, guardando il suo vecchio amico con uno sguardo pieno di gratitudine per i complimenti.

Stava per rispondere, ma il drago non diede loro altro tempo per parlare, scagliando un’altra serie di attacchi simili al precedente contro di loro.
Sarada allora comandò al suo Susanoo di volare lontano dagli attacchi, imitato a ruota da quello Sasuke che fece lo stesso. I due esseri eterei sfrecciarono verso le nuvole, abbandonando l’inseguimento del drago.

Vrangr ringhiò appena vide i due bipedi eterei colorati che se la davano a gambe, facendo dietrofront con le ali e cominciando ad inseguirli con uno sguardo ricolmo di odio. Non li avrebbe lasciati scappare per nessun motivo al mondo.

Prese a seguire la loro traiettoria, quando all’improvviso qualcosa di incredibilmente duro come metallo lo colpì in testa come una saetta, lasciandolo allibito e sconvolto ma senza fare alcun danno.

Vrangr scosse la testa una sola volta, riprendendo i sensi, e poi prese a fissare con odio il responsabile dell’oltraggio. I suoi occhi si sgranarono dallo stupore.

Era uno dei mocciosi che lo aveva attaccato nella caverna, il quale non si trovava all’interno dei due esseri spettrali assieme agli altri dieci. Ma c’era qualcosa di incredibilmente diverso in lui rispetto a prima. Il suo corpo era completamente avvolto da una cappa di chakra dorato e nero, e dietro le sue spalle fluttuavano in cerchio nove piccole sfere nere. Il patetico umano lo stava fissando con un ghigno confidente e gli occhi gialli con una strana iride sottile.

Ma la cosa che lo aveva stupito era che quel moccioso stava volando! Da quando i bipedi dalle orecchie rotonde erano capaci di volare? Non aveva senso. Solo gli Otsutsuki ne erano capaci, e Vrangr era certo che quel moccioso non fosse un membro di quel clan disgustoso. Non aveva lo stesso odore di quegli esseri.

Naruto fissò il drago con un sorriso confidente “Dove stai andando, lucertolone?” lo schernì senza alcun timore. “Il tuo avversario è proprio qui davanti a te!”

Il drago ringhiò fragorosamente. “E così l’Eremita ti ha dato una parte del suo potere,” realizzò ad alta voce. “Ma questo non basterà a salvarti, insetto! Il tuo potere non è lontanamente paragonabile al mio!”

Appena finì di pronunciare quelle parole, Vrangr scattò in avanti col collo, tentando di azzannare il piccolo umano. Ma Naruto fu più veloce, librandosi nell’aria lontano da lui.

Il drago inspirò con le narici, emettendo poi dalle fauci un getto di fiamme diretto contro il biondo, il quale prese a scappare in mezzo alle nuvole. Drago ed umano si presero a rincorrere nel cielo, il primo che continuava a sputare getti di fuoco verso la preda, mentre il secondo continuava a volare lontano da lui, salendo di quota ed abbassandosi ripetutamente per evitare le fiammate mortali del drago.

Naruto evitò a malapena un soffio di fuoco che gli bruciò quasi i pantaloni, facendogli emettere un grido acuto di sorpresa.

“C-C’è mancato poco!” esclamò mentalmente.

Dentro di lui, Kurama lo ammonì con un tono serio. ‘Il tuo controllo del Potere delle Sei vie non è ancora perfetto. Tieni gli occhi aperti e non fare mosse azzardate se non vuoi lasciarci la pelle, Naruto!’

“Va bene, va bene!” brontolò il ragazzo.

Tuttavia, a causa della sua momentanea distrazione, il biondo si rese conto dopo alcuni secondi che il drago non lo stava più inseguendo. Si fermò all’istante, muovendo la testa in tutte le direzioni nel tentativo di scorgere tra le gigantesche nuvole che lo circondavano una massa nera.

“Non riesco a percepirlo,” disse tra sé. “È come se fosse scomparso all’improvviso!”

‘Non abbassare la guardia!’ gli intimò la Volpe. ‘Quel drago è decisamente scaltro. Vuole coglierti di sorpresa!’

“Ma come diavolo può un essere così grande sparire nel nu-”

Neanche a farlo apposta, appena disse quella frase, il drago spuntò all’improvviso fuori da una gigantesca nuvola grigia, le fauci spalancate che emanavano fiamme rosse e dorate.

“PRESO!” ruggì Vrangr.

Dalla sua bocca venne rigettato di nuovo un fiume ardente di fuoco, il quale si scagliò addosso a Naruto prima ancora che potesse muoversi per evitarlo.

“Dannazione!” imprecò il biondo, muovendo le mani in avanti ed impartendo un comando mentale. Subito dopo, una delle nove sfere nere alle sue spalle reagì all’istante, portandosi davanti a lui e trasformandosi in uno scudo che lo difese dalle fiamme appena un secondo prima di essere travolto da esse.

Vedendo che il suo attacco era stato inutile, il drago interruppe l’ondata di fuoco chiudendo le fauci con un suono secco. Naruto ritrasse la sfera dietro la sua schiena, fissando il rettile con gli occhi sgranati.

Con un potente ruggito, Vrangr riprese allora ad inseguire il ragazzo, gli occhi gialli che lo fissavano con odio e furia omicida. Il biondo riprese a volare tra le nuvole, schizzando nel cielo come una saetta dorata, seguito a ruota dal drago nero.

L’inseguimento andò avanti per due minuti, quando poi, ad un tratto, Naruto cominciò ad accumulare chakra nella mano destra, creando una piccola sfera di energia rotante ed infondendola di vento.

Il biondo rallentò gradualmente la sua velocità, lasciando che Vrangr si avvicinasse a lui senza farlo accorgere del suo piano. Il drago si portò vicino a lui in meno di venti secondi, spalancando le fauci pronto a colpirlo.

Fu allora che il jinchuuriki agì.

Arrestando la corsa e voltandosi di scatto, Naruto caricò il braccio destro all’indietro, aumentando le dimensioni del Rasengan rotante fino a farlo diventare grosso almeno cinque metri. Vrangr sgranò gli occhi.

FUUTON: Rasenshuriken!” esclamò il giovane, scagliando lo shuriken rotante contro il drago.

L’attacco centrò Vrangr in piena testa. L’esplosione fu enorme e vorticosa, ed una gigantesca ondata di chakra si propagò per il cielo nuvoloso, facendo sgomberare diverse nuvole ed aprendo uno sprazzo di cielo libero.

Ma Naruto non ebbe il tempo di cantare vittoria, perché un attimo dopo il drago sbucò fuori dall’esplosione, completamente illeso e con uno guardo furioso rivolto verso di lui.

“N-Non ha avuto effetto!” esclamò, sgomento.

E poi, una voce improvvisa riecheggiò nell’aria.

ENTON: Susanoo Kasai no Yari!” (Arte della Fiamma: Lancia del Sole del Susanoo)

Naruto si voltò di scatto, osservando come una lunga lancia rosso fuoco fu scagliata all’improvviso addosso al drago da dentro una nuvola, centrando la bestia in pieno e generando una seconda esplosione che scoppiò con un boato per tutto il cielo.

Il Susanoo di Sarada sbucò fuori un secondo dopo, portandosi immediatamente vicino a lui.

“Naruto!” esclamò Kushina dall’interno della testa dell’essere. “Stai bene?”

Il ragazzo annuì. “Sto bene!” rispose subito, alzando la voce per farsi sentire oltre il rumore del vento. “Ma non sono riuscito ad infliggere danno a quel drago!”

Gli occhi di Boruto, di Sarada,di Minato, Kushina ed Hinata si sgranarono.

Ed un ruggito portentoso riecheggiò nell’aria un attimo dopo.

Vrangr comparve fuori dalla nuvola di fumo causata dall’attacco di prima, il suo corpo intatto e privo di apparenti ferite, la sua espressione divertita e crudele.

“Non lo avete ancora capito?” sibilò la creatura, il suo tono colmo di derisione e scherno. “Nessun vostro attacco può scalfirmi! Le mie squame sono più dure del diamante, e niente può penetrarle!”

Sarada sentì una fitta d’odio immensa crescere in lei grazie all’influenza dello Sharingan Ipnotico nei confronti di quel drago mentre li stava deridendo.

Con un comando mentale, una grossa spada di chakra rosso comparve nelle mani del suo Susanoo, e il gigantesco essere etereo si scagliò a capofitto contro la bestia alata, brandendo la lama con ferocia e precisione.

Vrangr accettò la sfida, ruggendo ai sette venti ed avanzando a sua volta contro l’assalitore senza esitazione. I due si schiantarono con un tonfo metallico. La spada si mosse verso il collo della bestia, ma essa la bloccò con i denti, graffiando nel mentre le braccia del Susanoo con le zampe. L’essere etereo urlò di dolore, ma Sarada infuse quanto più chakra poteva nella tecnica per farla resistere alla presa mortale del drago.

Poi, un improvviso getto di fuoco colpì il drago alle spalle.

Vrangr ringhiò ed inarcò il collo all’indietro, osservando il secondo Susanoo che era comparso dal nulla alle sue spalle, le sue mani unite insieme ed una raffica di proiettili infuocati che uscivano dalla sua bocca diretti contro di lui.

Gli attacchi lo centrarono come una raffica sul dorso, causando una serie di piccole esplosioni che la bestia sentì a malapena. Tuttavia il Susanoo arancione approfittò del suo momento di distrazione per sferrare un pugno sulla sua testa, facendolo tentennare per un secondo.

Il drago sibilò ferocemente, scuotendo la testa ed azzannando dopo un secondo il braccio del bipede fatto di chakra. Ma quest’ultimo evocò una seconda spada col braccio libero, tentando un affondo al suo torace.

Mollando immediatamente la presa, Vrangr batté le ali con forza e vigore, portandosi lontano da esso ed evitando l’affondo, per poi essere assalito al fianco sinistro dall’altro essere violaceo che aveva deciso di intervenire.

Con uno scatto fulmineo però, il drago azzannò la gamba del Susanoo di Sasuke, avvitandosi poi con tutto il corpo e scagliandolo addosso all’altro che si stava avvicinando a loro. I due esseri eterei e spettrali si schiantarono a vicenda con un tonfo.

Inoltre, senza perdere neanche un secondo, Vrangr spalancò le fauci e rigettò addosso ai due un raggio di energia rossa che li investì in pieno, senza che i due giganteschi mostri di chakra potessero fare nulla.

Dopo alcuni secondi, il drago richiuse le fauci, soddisfatto di essere finalmente riuscito a sbarazzarsi di quelle patetiche creature con facilità.
‘Adesso nessuno potrà ostacola-’

“Non cantare vittoria!” fece una voce sopra di lui all’improvviso, riscuotendolo dai suoi pensieri.

Vrangr sgranò gli occhi, alzando la testa di scatto. Naruto si era portato sopra di lui, la sua mano protesa in avanti che reggeva una gigantesca sfera di chakra arancione come quella di prima, ma molto, molto più grande e potente.

Ruggendo ferocemente, il drago spalancò la bocca, accumulando energia tra i denti a sua volta per sferrare un attacco contro la tecnica del ragazzo. Ma mentre stava osservando il biondo avvicinarsi sempre più a lui, Naruto, incredibilmente, ghignò all’improvviso.

“ORA!”

Hiraishin no jutsu!” (Tecnica del Teletrasporto) fece una voce nell’aria.

Appena quelle parole furono pronunciate, al suo fianco comparvero dal nulla anche Minato e Boruto, i quali reggevano entrambi nelle loro mani rispettivamente un grosso Rasengan di colore verdastro ed uno blu. I due poi unirono le loro tecniche insieme a quella di Naruto, creando così una spaventosa ed immensa sfera rotante di chakra completamente bianca che generò una luce accecante ed intensa, talmente forte che Vrangr dovette socchiudere gli occhi per l’intensità della sfera rotante.

E poi, dopo alcuni secondi di silenzio puro, si scatenò l’inferno.

RASENGAN!” urlarono Naruto, Minato e Boruto contemporaneamente, scagliando in avanti la tecnica con le braccia. Vrangr a sua volta spalancò le fauci nello stesso istante, rilasciando un getto di energia rossa che si scontrò con la tecnica dei tre giovani.

La collisione fu intensa e micidiale. I due attacchi si scontrarono con un boato talmente fragoroso che l’aria stessa del cielo sembrò tremare, generando raffiche di vento talmente forti da essere capaci di sradicare alberi e distruggere case come un uragano. L’aria si fece vorticosa e pesante attorno ai due attacchi, mentre una luce accecante venne generata dalla collisione continua.

Ma nessuna delle tecniche stava avendo la meglio. Il Rasengan continuava a scontrarsi con forza contro il raggio che usciva dalle fauci del drago, senza che uno dei due riuscisse ad avere la meglio sull’altro.
 

Da lontano, avvolti nel chakra dei due Susanoo, gli altri osservavano la scena con gli occhi sgranati ed il cuore in gola.

Hinata percepì un profondo e confuso sentimento nascere dentro di lei nel vedere quei tre che stavano attaccando insieme il drago. Un sentimento misto tra la paura, la tensione, la preoccupazione e la felicità.

La Hyuuga la percepì chiaramente solo dopo alcuni secondi. In quel momento, mentre osservava quella scena coi suoi occhi pallidi, lei era felice. Ed era felice perché stava vedendo un miracolo che nessuno di loro nel gruppo si sarebbe mai aspettato di vedere.

Il miracolo di un Hokage defunto, di un ninja maledetto e di un Nukenin traditore, tutti e tre uniti insieme. Il miracolo di una famiglia distrutta che si era unita di nuovo.

Anche Sarada osservò la scena con un sorriso, il suo cuore che riversava gioia pura nel poter vedere finalmente dopo cinque lunghissimi anni la famiglia di Boruto e Naruto unita di nuovo insieme per un obiettivo comune.

Kushina sentì una lacrima colarle giù dalla guancia inspiegabilmente nel vedere laggiù la sua famiglia unita insieme all’attacco contro quel drago. Vide suo marito, suo figlio e suo nipote che continuavano a lottare, che continuavano a resistere, a spingere con tutte le loro forze il Rasengan contro la tecnica di Vrangr, infondendo sempre più chakra al suo interno per riuscire ad avere la meglio.

Un profondo senso di gioia le nacque nel cuore. Anche se la situazione non era per niente calma e pacifica, quella era la prima volta che vedeva finalmente la sua famiglia unita insieme al completo. Quello era l’unico momento in cui la famiglia Uzumaki aveva messo da parte le sue differenze, i suoi problemi e le crepe insuperabili tra i suoi membri e si era unita insieme per raggiungere un obiettivo comune. Quello era l’unico momento in cui la famiglia Uzumaki era tornata al completo. E se c’era una cosa di cui gli Uzumaki erano famosi un tempo, essa era la famiglia.

Ed in quel momento, Kushina comprese allora che quel drago non avrebbe avuto speranza di vittoria.

Perché niente e nessuno poteva vincere contro la famiglia Uzumaki.

Le parole le uscirono dalla bocca da sole, le lacrime le colarono dagli occhi inspiegabilmente.

“MINATO, NARUTO, BORUTO!” urlò a gran voce, gli occhi serrati e le mani poggiate sul cuore. “ANDATEEEE!”

E come per miracolo, tutti loro la sentirono forte e chiaro.
 

 
 
RAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAGHH!”

I tre biondi ruggirono a pieni polmoni un urlo di rabbia disumano, aumentando la pressione e la forza del Rasengan contro la tecnica del drago. Tutti e tre spinsero, spinsero e spinsero sempre con maggiore forza, attingendo alle riserve di chakra dentro di loro ed infondendo sempre più energia nella tecnica, dominando quanto più chakra potevano contemporaneamente. Ed incredibilmente, dopo alcuni secondi, il raggio di energia si fece sempre più corto, mentre la gigantesca sfera rotante bianca avanzò lentamente verso la sua preda.

Vrangr sgranò gli occhi. ‘N-Non può e-’

Il Rasengan lo investì in pieno petto un secondo dopo. Vrangr fu schiacciato dalla mostruosa pressione di energia che lo stava assalendo come un muro impenetrabile, ringhiando nel tentativo di resistere alla potenza dell’attacco. Sentì le squame sul suo torso scheggiarsi e frantumarsi a causa della pressione e dell’intensità della sfera premuta contro di lui. Sentì la morsa della fatica e del dolore accarezzargli la mente dopo anni, se non secoli, che non la provava.

Ma lui era forte. Mostruosamente forte.

Stringendo i denti con una potenza indescrivibile, Vrangr spinse a sua volta con tutto il suo corpo la sfera di chakra, tentando di rispedirla al mittente con le zampe ed il suo peso corporeo. Ci stava riuscendo. Sentì la pressione alleggerirsi, sentì l’intensità dell’attacco affievolirsi di secondo in secondo. Era certo di potercela fare. Quei tre insetti erano forti, ma non potevano aumentare ancora la loro potenza. Ne era certo.

Si sbagliò.

Il drago non ebbe il tempo neanche di ammiccare. Naruto attinse quanto più chakra poté dal Kyuubi nello stesso istante in cui Vrangr formulò quel pensiero. Minato infuse energia naturale all’interno del Rasengan nello stesso momento. E Boruto aumentò la potenza dell’attacco attivando il Marchio sulla sua mano.

E poi, ancora una volta, tutti loro spinsero contro di lui.

Vrangr venne completamente sopraffatto dalla pressione della tecnica, il suo corpo compresso e schiacciato dal Rasengan. La sfera di chakra lo fece scagliare con forza verso il basso, verso le montagne innevate. Passarono alcuni secondi.

Poi, appena il Rasengan titanico raggiunse il suolo, tutto divenne bianco, ed un esplosione immensa e fragorosa ruggì con la potenza di un tuono nel cielo nuvoloso. L’aria si riempì di chakra, il vento generato dall’esplosione in basso si fece talmente intenso da riuscire a distruggere qualsiasi edificio, la luce emanata dalla tecnica si fece accecante. Il boato riecheggiò nell’aria per diversi istanti carichi di tensione.

E poi, dopo una decina di secondi, silenzio.

Kushina, Sarada, Sasuke e tutti gli altri riaprirono lentamente gli occhi, guardando in tutte le direzioni per vedere cosa fosse successo. Il silenzio regnava sovrano dopo quel rumore assordante. Nel punto dove il drago e la tecnica si erano schiantati, un gigantesco buco nella montagna di circa cento metri di diametro si era formato nella roccia, talmente profondo da non riuscire a scorgere il suo fondo. Una densa nuvola di fumo nero esalava dal centro del cratere verso l’alto.

E, proprio sulla cima del cratere, si trovavano i tre compagni.

Naruto era seduto a terra sulla neve, ricoperto ancora dalla cappa di chakra, le gambe accasciate sul suolo e le braccia poggiate all’indietro per sorreggere il peso della schiena. Boruto era in ginocchio, la testa bassa, il suo Marchio attivato ed il mantello che lo copriva fino alle ginocchia. Minato era seduto in mezzo a loro, osservando con occhi stanchi l’enorme cavità nella montagna generata dal Rasengan.

Tutti e tre ansimavano per la fatica, esausti dopo aver consumato in una volta sola una quantità di chakra così grande. Tutti e tre grondavano di sudore dalla testa ai piedi.

E tutti e tre stavano, incredibilmente, sorridendo.

Si guardarono a vicenda contemporaneamente, e i loro sorrisi si trasformarono in risate. Dapprima sommesse e stanche, poi sempre più forti ed intense. Fino a quando, alla fine, tutti e tre si erano messi a ridere di gusto, i loro volti esausti pieni di sollievo, gioia e soddisfazione. Il suono delle loro risate gioiose ed acute riecheggiò nell’aria per diversi secondi.

Ce l’avevano fatta.

Minato alzò le braccia dopo un attimo di esitazione, cingendo con ognuna di esse le spalle dei due ragazzi e stringendoli a sé in un goffo abbraccio di vittoria e celebrazione. Naruto e Boruto, dopo un attimo di sorpresa, si lasciarono abbracciare, mentre tutti e tre continuavano a ridere, troppo euforici per riuscire a calmarsi.

Sarada e Sasuke li raggiunsero subito dopo, dissolvendo i due Susanoo nel nulla ed osservando assieme agli altri la scena con un sorriso.
Kushina scattò subito verso di loro, raggiungendo i tre in meno di un secondo ed avvolgendoli a sua volta tra le sue braccia,mentre le lacrime le colavano dagli occhi come fiumi.

Nessuno oppose resistenza. Minato e Naruto ricambiarono il gesto senza esitazione, mentre Boruto smise di ridere e s’irrigidì al contatto con la donna, incapace di muoversi.

Tutti si accorsero della sua reazione, e si voltarono lentamente verso di lui con gli occhi colmi di confusione e stupore. Boruto ricambiò il loro sguardo con esitazione, ma nonostante lo volesse con tutto il cuore, il guerriero non riuscì a divincolarsi dalla presa.

Perché nel momento in cui i loro sguardi s’incrociarono, nei loro occhi egli vide finalmente il sollievo, la gioia e l’orgoglio che tutti e tre, sia Naruto che Minato e Kushina, provavano per lui in quel momento. Per la prima volta da quando li aveva conosciuti, egli vide che loro erano preoccupati per lui. Vide che lo consideravano uno di loro, che lo ritenevano un membro della loro famiglia nonostante tutto ciò che aveva detto e fatto nei loro confronti. Vide che continuavano a pensare a lui come ad uno di loro, nonostante egli li avesse rinnegati per tutto questo tempo.

Per la prima volta, egli vide che quei tre gli volevano veramente bene.

Le lacrime si formarono inspiegabilmente nei suoi occhi appena realizzò quella cosa. Un piccolo gemito quasi inaudibile gli sfuggì dalla lebbra. Il suo mento cominciò a tremare lievemente.

Kushina gli accarezzò la guancia, toccandogli la cicatrice ed asciugando una lacrima uscita dal suo occhio destro, guardandolo con uno sguardo pieno di compassione e affetto.

Boruto sgranò gli occhi appena vide quel volto e sentì il tocco delicato della donna sulla sua pelle. Si voltò lentamente verso gli altri due biondi, e rimase ulteriormente sorpreso nel vedere che anche loro avevano il suo stesso sguardo. Tutti loro lo stavano guardando con degli occhi pieni di compassione, affetto e comprensione.

Tutti loro, in qualche modo, lo stavano supplicando di non lasciarli.

Boruto abbassò lo sguardo, rilassando il corpo e lasciandosi finalmente cullare nell’abbraccio. Minato e Kushina lo avvolsero con le loro braccia, coinvolgendo nel mentre anche Naruto, il quale si era unito a sua volta in quel groviglio di membra addosso a lui. Nessuna parola fu pronunciata, nessun suono uscì dalle loro labbra. Non ce n’era bisogno. Non servivano parole per descrivere quello che stavano provando.

E, per la prima volta dopo tre mesi interi da quando era giunto ad Eldia, Boruto si sentì finalmente a casa.

Il suo sguardo superò poi quei tre che lo stavano abbracciando, la sua famiglia, e andò a posarsi su Sarada. La ragazza se ne stava in piedi, esattamente tra loro quattro ed il resto del gruppo. Aveva le lacrime agli occhi, ma il suo viso era contornato da un dolce sorriso. Continuava a stare ferma in modo goffo ed imbarazzato, come se volesse unirsi all’abbraccio ma non volesse intromettersi in quel momento.

La giovane Uchiha ricambiò il suo sguardo, osservando a sua volta gli occhi di Boruto. C’era un ringraziamento privo di parole negli occhi azzurri del suo vecchio amico. Vide, con suo sommo stupore, una realizzazione ed un accettazione nei suoi confronti che non si sarebbe mai aspettata di vedere in lui.

Boruto, in qualche modo, la stava ringraziando con gli occhi per averlo spinto per tutto questo tempo a fare quello che stava facendo adesso.

Accettare la sua famiglia.

Sarada si asciugò le lacrime dagli occhi, sorridendo con gioia. Sentì le mani di Sasuke e Sakura posarsi sulle sue spalle delicatamente, e voltandosi verso di loro la ragazza rimase stupita nel vedere che anche loro due la stavano fissando con dei sorrisi colmi d’affetto ed orgoglio.

La giovane Uchiha sentì il cuore riempirsi di felicità.

“I miei complimenti, insetti,” fece una voce sibilante e crudele improvvisamente. “Mi avete davvero colto alla sprovvista!”

Naruto, Sasuke, Boruto e tutti gli altri sgranarono gli occhi.

E poi, una gigantesca colonna di energia nera si scagliò con forza nel cielo dal fondo del cratere.


 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti! Come promesso, ecco a voi la seconda parte dello scontro con il drago. Spero vi sia piaciuto almeno un pò.

Lo scontro però non è ancora terminato. Anzi, oserei dire che è appena iniziato. Il clu della battaglia deve ancora arrivare, quindi non lasciatevi ingannare. Per i nostri eroi i guai non sono ancora finiti.

Il prossimo capitolo uscirà venerdì 15 dicembre!

Vi esorto come sempre a farmi sapere i vostri pareri e le vostre opinioni. Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e che commenteranno. A presto! ;)

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Capitolo 54
*** La Battaglia di Eldia 3 ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 
 

 
 

La Battaglia di Eldia 3


La colonna di energia nera si stagliò alta nel cielo con un boato, generando un’ondata di chakra immensa che travolse ed investì tutto ciò che aveva attorno.

Boruto, Minato, Kushina e Naruto si trovavano proprio in prossimità del cratere e furono travolti in pieno dall’ondata, la cui potenza fu talmente grande che li scaraventò pesantemente indietro e li fece rotolare rovinosamente a terra. Sasuke e gli altri si portarono immediatamente dietro di loro, afferrandoli ed arrestando così il loro volo.

Naruto strinse i denti, gemendo dal dolore. “C-Cosa diavolo sta succedendo?”

Un ruggito fragoroso fu la sua unica risposta. Un secondo dopo, la mostruosa figura del drago cominciò ad issarsi fuori dalla base del cratere, i suoi occhi gialli ricolmi di una rabbia ed una sete di vendetta talmente grandi che avrebbero fatto raggelare il sangue a chiunque. Le squame sul torso della bestia erano frantumate e rovinate, ed una scia di fumo bianco esalava dal suo petto.

Vrangr sbatté le zampe anteriori sul terreno con forza, frantumando la roccia come vetro e facendo tremare tutta la montagna.

Hinata si portò immediatamente accanto a Naruto, assumendo una posa di difesa nel caso il drago facesse una mossa. Sarada, Sasuke e gli altri si misero nello stesso momento dinanzi a Minato e gli altri due, pronti a difenderli.

Vrangr fissò uno ad uno ogni membro del gruppo, il suo sguardo feroce e assetato di vendetta per l’umiliazione subita.

“Maledetti insetti patetici!” ruggì all’aria, la sua voce profonda colma di rabbia e furia. “Credete davvero di avere una possibilità contro di ME? Contro un drago? Adesso vi mostrerò io cosa significa la parola POTERE!”

Appena finì di pronunciare quelle parole, il drago issò tutto il suo corpo, poggiandosi solo sulle zampe anteriori ed inarcando il collo al cielo. Poi spalancò le ali, alzò la testa in alto e ruggì un ruggito talmente forte da far accapponare la pelle, scuotendo la testa all’aria e muovendo la coda.

Tutto il suo corpo emise subito dopo un getto improvviso di energia oscura e malvagia, talmente forte da essere visibile ad occhio nudo e talmente malefica e raccapricciante che il solo percepirla fece rabbrividire tutti i presenti.

Boruto osservò la scena con il Jougan, scosso da veri e propri brividi di terrore.

“C-Cosa diavolo sta facendo?” balbettò tra sé tremante, studiando col suo occhio l’orribile energia che usciva dal corpo del drago.

Era oscura, nera e violacea, e densa e vischiosa come melma. L’intento omicida e la sete di sangue che il drago emanava riempirono l’aria come nebbia, infestando col loro tanfo tutta la montagna. Il suo chakra divenne talmente carico d’odio e brama di morte che appena lo percepì il guerriero dovette frenare con forza l’istinto di vomitare.

Ad un certo punto Vrangr smise di ruggire e l’energia attorno al suo corpo cessò di infestare l’aria. Ma quando il drago si rimise sulle quattro zampe, Naruto e gli altri videro con sommo stupore che i suoi occhi erano diventati completamente rossi e fosforescenti, e fissavano con rabbia e odio gli undici minuscoli umani davanti a sé.

Boruto sentì il cuore battere all’impazzata a quella vista. Tentò di rialzarsi, ma la fatica lo fece crollare a terra in ginocchio. Il suo corpo era diventato improvvisamente pesante e debole, ed un profondo senso di stanchezza gli pervase la mente come nebbia.

Il ragazzo del futuro strinse i denti, frustrato. Avevano consumato decisamente troppo chakra nell’attacco precedente per riuscire ad avere la meglio sul drago. Anche l’energia del suo Marchio cominciò a dissolversi, mentre i simboli azzurri si ritirarono con un sibilo sul suo braccio. Non avevano avuto altro modo. Il potere di quel rettile era troppo forte, troppo devastante. L’energia di Boruto non era bastata a sopraffarlo completamente, neanche con l’aiuto di Naruto e Minato.

Sakura si mise subito dietro di lui. “Non muoverti!” gli intimò con foga, poggiando le mani sulle sue spalle ed iniziando ad infondergli chakra. “Sei esausto, devo farti riprendere le forze!”

Boruto sgranò gli occhi. “E come vorresti fare col drago?” chiese freneticamente, facendo un cenno verso la creatura, il suo tono nervoso e quasi isterico.

Eren fece un passo avanti, mettendosi dinanzi a loro. “Mi occuperò io di quel bestione!” dichiarò con un tono rabbioso e crudele, fissando la creatura davanti a loro con gli occhi aggrottati. “Voi state indietro e recuperate le energie!”

Minato alzò lo sguardo sul moro, ansimando. “Eren, non farlo!” disse debolmente. “Il suo potere è enorme! Non avresti possibilità di vincere, neanche con la forza fisica!”

Il ragazzo si voltò leggermente verso di lui, fissandolo di sbieco. “Lo so,” disse con un tono basso e calmo. “Ho visto quanto è potente. Ma nonostante ciò, io non mi arrenderò! Ho deciso di combattere, ed ho intenzione di mantenere fede alla mia decisione!”

Poi, riprendendo a fissare il drago, il moro aggiunse “Solo coloro che combattono possono riuscire a vedere il futuro!”

Il Nukenin sgranò gli occhi appena ricordò quelle stesse parole che Mikasa gli aveva detto la notte in cui si erano incontrati. Tentò ancora una volta di rialzarsi, ma Sakura lo trattenne con le mani, costringendolo a restare seduto. Il biondo fece per protestare, quando Sarada si portò al suo fianco, guardandolo negli occhi con un sorriso.

“Non preoccuparti, Boruto.” disse lei con confidenza. “Andrò io con lui. Non permetterò a quel drago di fare del male ad Eren! Abbi fiducia in me!”

Il ninja traditore rimase scioccato dalle parole della ragazza. Il Nukenin e la Shinobi continuarono a fissarsi per diversi secondi in silenzio. I suoi occhi scrutarono con intensità lo Sharingan Ipnotico della giovane Uchiha, alla ricerca di una minima traccia di esitazione o timore in quelle pupille rosse e nere. Ma, per quanto in profondità egli cercasse, non riuscì a notare neppure un singolo barlume di esitazione in lei neanche col Jougan.

Sarada si portò subito dopo affianco ad Eren, entrambi coi loro occhi rivolti verso il possente drago nero davanti a loro che li fissava con odio.

“Andiamo!” disse il moro ringhiando, il suo volto una maschera di rabbia.

E così, entrambi i ragazzi scattarono in avanti.
 

Vrangr ruggì ferocemente, facendo scattare una zampa verso di loro per schiacciarli. Sarada la evitò con un balzo, richiamando immediatamente la gabbia del suo Susanoo attorno a lei. Un possente braccio scheletrico comparve subito dopo attorno a lei, il quale scattò in avanti verso Eren e lo afferrò saldamente dal busto, sollevandolo in aria.

“Vai!” urlò l’Uchiha, scagliando il ragazzo in alto verso il drago.

Eren si portò una mano alla bocca, affondando i denti nella carne e facendo uscire un getto copioso di sangue.

Poi, un gigantesco fulmine scese giù dal cielo improvvisamente, colpendo in pieno il corpo del ragazzo e sprigionando una luce immensa ed accecante. Vrangr sgranò gli occhi, osservando la scena con stupore e confusione. Naruto e gli altri trattennero il fiato.

Ed un ruggito fragoroso riecheggiò nell’aria.

"ROOOOAAAR!"

Il drago non ebbe il tempo di comprendere cosa fosse successo. Un pugno improvviso e dalla forza micidiale lo aveva colpito improvvisamente sulla testa ancora prima che la luce accecante si fosse diradata, facendogli perdere i sensi per un secondo.


Vrangr sibilò di dolore, piegando il corpo di lato ed accasciandosi a terra a causa del colpo improvviso. Aprì gli occhi di scatto, osservando il suo avversario con uno sguardo feroce e minaccioso.

Il Titano ricambiò il suo sguardo con forza, ruggendo a pieni polmoni tutta la sua ira con un urlo bestiale.

Il drago si rimise in piedi all’istante, ringhiando con i denti snudati e sbattendo la coda sul terreno come una frusta. I suoi occhi rossi puntavano al Titano con ferocia, osservandolo da cima a fondo per attaccarlo al momento giusto. Eren assunse una posa di difesa, alzando le braccia all’altezza della testa e divaricando le gambe.

Titano e drago si fissarono a vicenda per diversi secondi, senza che nessuno si muovesse o agisse per primo.

Poi, con uno scatto micidiale, Vrangr fece la sua mossa.

Eren fece un balzo all’indietro, evitando di striscio un morso diretto alla sua gamba. Il drago però non si arrese, continuando a scattare verso l’avversario con un ruggito. Tentò subito dopo di sferrare una zampata al suo torace, ma il Titano gli afferrò la possente zampa appena in tempo per bloccare il colpo.

Vrangr allora fece scattare la testa in avanti nel tentativo di azzannargli il collo coi denti, ma Eren balzò una seconda volta dietro di lui, allontanandosi quanto più poteva dalla creatura.

Ma Vrangr se lo aspettava, e con uno scatto della coda lanciò una potente frustata addosso al Titano, colpendolo in pieno petto e scaraventandolo lontano. Eren crollò a terra con un urlo di dolore, rotolando per decine e decine di metri prima di fermarsi.

Il drago fece per balzargli subito addosso, ma qualcosa glielo impedì. Un potente colpo di spada infatti gli venne sferrato da dietro, ma la creatura lo evitò compiendo un salto in aria ed atterrando lontano dall’assalitore, facendo tremare tutta la montagna al suo tocco.

Il Susanoo di Sasuke attirò il drago lontano dal Titano dolorante ancora steso a terra, distraendolo e facendolo voltare lontano da lui. Sarada invece si portò subito accanto a lui, arrivandogli vicino alla testa.

“Eren!” gridò ad alta voce. “Riesci a sentirmi?”

Il Titano ringhiò dolorosamente per tutta risposta, tentando di rialzarsi con le braccia e facendo un cenno di conferma col capo.

La ragazza ghignò. “Bene! Allora ascoltami!”

Vrangr tuttavia si voltò di scatto col corpo verso loro due, ignorando il ragazzo corvino. Poi spalancò le fauci e ruggì la sua ira, facendo risalire dalle sue viscere il liquido infuocato. Vide il grosso bipede viola del cucciolo d’uomo dai capelli neri alle sue spalle cominciare a correre verso di lui per attaccarlo, ma non se ne curò. Inspirando a pieni polmoni ed accumulando una grossa quantità di energia, il drago fece scioccare le fauci e da esse sputò un getto di fuoco nero, molto più forte ed intenso di quelli precedenti.

Sarada sgranò gli occhi. Eren si voltò di scatto. Sasuke ruggì di rabbia.

Le fiamme nere investirono e bruciarono tutto ciò che trovarono dinanzi a sé senza pietà. Inondarono completamente l’intera figura del Titano steso a terra e quella della giovane Uchiha. Vrangr sentì le urla di sgomento e disperazione degli altri patetici umani che erano rimasti in disparte rivolte verso coloro che erano stati travolti dal fuoco, e provò una gioia perversa nel sentire il dolore nelle loro parole.

Richiuse le fauci di scatto, interrompendo l’attacco dopo una ventina di secondi. Le fiamme si estinsero all’istante. Ciò che vide lo fece ghignare di soddisfazione.

Ma, per tutti gli altri, lo spettacolo che si ritrovarono davanti generò un dolore ed uno sconforto immensi.

Naruto sgranò gli occhi, mentre tutto il mondo smise di esistere attorno a sé.

Boruto rimase immobile, sconvolto ed incredulo.

Minato e Kushina si pietrificarono a quella vista, scioccati.

Hinata si portò una mano alla bocca.

Sakura cominciò a tremare, le lacrime che presero a colarle inspiegabilmente dagli occhi.

Fugaku e Mikoto rimasero immobili, i loro volti un misto d’incredulità, sconvolgimento, orrore e dolore.

Sarada e Eren rimasero a bocca aperta, fissando con gli occhi sgranati e la bocca spalancata la figura del giovane che era comparso misteriosamente davanti a loro e li aveva protetti con il suo corpo dalle fiamme, ricoperto da una sottile gabbia toracica viola che si frantumò in mille pezzi un secondo dopo.

E poi, senza emettere alcun suono, Sasuke Uchiha crollò a terra pesantemente, il suo corpo fumante e sfigurato.

“SASUKE!” urlò Mikoto disperatamente, scattando in avanti verso suo figlio con le lacrime agli occhi. Suo marito la seguì all’istante, la preoccupazione e l’orrore che contornavano completamente il suo volto.

La donna si buttò a terra pesantemente appena lo raggiunse, prendendolo tra le sue braccia.

“SASUKE! SASUKEEE!”

Il corpo del giovane ragazzo aveva un aspetto orribile. Era ustionato gravemente dalla testa ai piedi, con grosse macchie rosse e nere che avevano completamente bruciato la pelle sulla faccia, le braccia e le gambe. I suoi abiti esalavano visibilmente scie di fumo, ed i capelli erano quasi del tutto scomparsi, lasciando soltanto qualche ciuffo carbonizzato sul cranio quasi scoperto del tutto. Tutto il suo corpo era immobile e rigido, la faccia sfigurata e malmessa in modo raccapricciante.

Naruto e gli altri lo raggiunsero dopo un istante, tutti sconvolti nel vederlo ridotto in quel modo. Sasuke respirava a malapena, il suo respiro fioco ed affannato.

“Perché?” urlò Fugaku disperatamente, inginocchiandosi accanto alla moglie ed osservando il corpo malmesso del figlio. “Perché ha colpito lui? Cosa è successo?”

Le mani di Sakura cominciarono ad infondere chakra nel petto del giovane con un sibilo, generando un’aura verdastra.

“Resisti Sasuke-kun!” esclamò mentalmente, tentando e fallendo miseramente di trattenere le lacrime. “Resisti! Resisti!”

Boruto serrò i pugni. “Ha usato il Rinnegan per teletrasportarsi davanti a Sarada ed Eren per proteggerli!” realizzò con stupore. “Ha deciso di sacrificarsi pur di proteggere sua figlia!”

Sarada sentì tutto il mondo acquietarsi e fermarsi per diversi istanti attorno a lei. I suoi occhi sgranati a dismisura erano puntati verso il corpo inerme del giovane Uchiha davanti a sé, steso tra le braccia di una disperata e sconvolta Mikoto.

“P-Papà…” fu l’unica cosa che la sua mente sconvolta riuscì a formulare.

Tese la mano destra in avanti, scuotendo la testa come se quello che stava vedendo fosse solo un brutto sogno da cui si sarebbe risvegliata a momenti.

“Papà…”

Una goccia rossa le cadde sulla mano protesa in avanti. Sarada abbassò lo sguardo lentamente, osservano con gli occhi spalancati colmi di sgomento la macchia rossa sul torso della sua mano destra. Sentì qualcosa di caldo colarle dalla guancia, senza riuscire a capire.

La mano sinistra si mosse istintivamente a raggiungere il suo volto, e la ragazza sentì le sue dita toccare un liquido caldo ed appiccicoso.
Appena ritrasse la mano, la ragazza capì. Stava piangendo. Stava versando lacrime. Ma non erano lacrime normali. Erano lacrime di dolore.

Stava versando lacrime di sangue.

“Papà!”

La rabbia la travolse come un fiume cocente. L’odio la investì come un fulmine scattante. La brama di uccidere, la sete di vendetta, la disperazione e la furia le riempirono la mente, soffocando la confusione, lo shock e lo sgomento di prima. I suoi occhi pulsarono di un dolore lancinante che non provava più da tempo, la sua faccia si contorse di dolore e rabbia.

E la ragazza urlò un grido strozzato e roco.

Il Titano reagì allo stesso tempo, rialzandosi in piedi e ruggendo la propria rabbia al cielo con un grido metallico e disumano.

Non ci fu bisogno di parlare. Non ci fu nessuno scambio di battute. L’odio e la rabbia dei due giovani si unì all’istante come una cosa sola, rendendoli capaci di agire con una volontà unica.

“Sarada!” urlò Minato appena la vide muoversi ed urlare. “Aspetta!”

Ma lei non gli diede ascolto.

Senza perdere tempo, la ragazza saltò sulla testa di Eren , attivando tutta la furia e l’odio contenuti all’interno dei suoi occhi e dandogli una forma fisica con un comando mentale. Tutto il corpo del Titano fu improvvisamente rivestito di energia, ed una grossa e spessa armatura si formò addosso a lui, ricoprendolo dalla testa ai piedi.

Era spessa e solida, di aspetto simile a quella indossata dai Samurai nel mondo degli Shinobi. La corazza era composta completamente da energia rosso fuoco che danzava nell’aria come una fiamma, con una grossa spada arancione legata sulla schiena. L’armatura che ricopriva la testa aveva assunto una forma mostruosa e aggressiva simile ad una maschera ringhiante, ricoprendo interamente il volto del Titano e lasciando spazio soltanto agli occhi e ai denti.

Con un ultimo possente ruggito, Eren scattò in avanti e cominciò a correre contro il drago.

“Ti farò a pezzi!” ruggì mentalmente il ragazzo.

Vrangr ringhiò ferocemente, osservando coi suoi occhi rossi bramosi di distruzione il Titano che gli stava andando addosso. Questa volta non si sarebbe trattenuto. Avrebbe dato sfogo a tutto il suo potere, distruggendo completamente quei moscerini che avevano osato sfidarlo.

Eren sguainò la spada da dietro la schiena, sferrando un fendente alla bestia. Vrangr reagì subito, balzando in aria e cominciando a volare lontano da lui. Poi, spalancando di nuovo la bocca, il drago riversò su di lui un getto di fiamme incandescenti senza pietà.

Ma stavolta Sarada non si sarebbe lasciata cogliere di sorpresa.

Con un urlo rabbioso e carico di dolore, la ragazza evocò due possenti ali dalla schiena della corazza, le quali andarono a chiudersi in avanti proteggendo il corpo del Titano dal fiume di fuoco che lo travolse come lava.

Vrangr interruppe il getto di fiamme, buttandosi poi a capofitto addosso alla preda con gli artigli aperti e le zampe in avanti. Eren crollò a terra di schiena, mentre il drago gli piombò addosso e lo graffiò senza pietà. La possente testa della creatura guizzò in avanti come quella di un serpente, affondando i denti nella spalla del Titano.

La corazza cedette a causa della potenza del morso, e i denti di Vrangr si conficcarono con forza nella pelle. Il Titano ruggì di dolore, sferrando una serie di pugni sulla testa del drago nel tentativo di costringerlo a lasciarlo.

Vrangr mollò la presa, alzando una zampa in alzo e sbattendola poi con forza sulla faccia del Titano. Sentì la corazza frantumarsi e i denti rompersi come vetro sotto la zampa, sentì gli artigli affondare nella carne mentre il gigante gemeva di dolore.

Sarada però ruggì di rabbia, sputando dalle labbra un getto di fuoco che assunse una forma sferica che centrò la testa del drago con un boato. La creatura sibilò di dolore, scuotendo la testa, ed Eren approfittò di quel momento per calciare lontano da sé il rettile volante.

Vrangr ruggì, atterrando sulle rocce della montagna e muovendo la coda furiosamente. Ma non ebbe il tempo di riprendersi che subito dopo un secondo ruggito echeggiò nell’aria, ed una fitta di dolore lo investì sulla spalla destra.

Una gigantesca volpe a nove code dorata e fatta interamente di energia fiammeggiante era comparsa all’improvviso, saltandogli addosso e mordendolo con i denti affilati. All’interno del suo corpo si trovava Naruto, accompagnato da un altro ragazzo dai capelli neri.

Sasuke Uchiha.

“C-Com’è possibilie?” ruggì Vrangr, adirato e scioccato nel vedere quel moccioso vivo e vegeto.

Sasuke ghignò, mostrando i denti. “Non avrei mai pensato che mi avresti salvato la vita, Naruto!” disse con un tono teso mentre osservava il drago che tentava di divincolarsi dalla morsa del Kyuubi. “Ti devo un favore, tonto!”

“Ringraziami quando tutto questo sarà finito, teme!” ribatté prontamente l’altro, fissandolo seriamente. “E non azzardarti mai più a fare qualcosa di così avventato! Se non fossi stato in grado di curarti completamente grazie al Potere dell’Eremita e di Kurama, a quest’ora saresti morto!”

Sarada sentì la sua faccia riempirsi di lacrime di gioia nel vedere il suo futuro padre sano e salvo. Un profondo senso di sollievo e felicità le pervase il cuore, dissolvendo la rabbia ed il dolore che aveva provato prima.

Un attimo dopo, la ragazza vide la figura di Boruto comparire improvvisamente al suo fianco, atterrando sulla testa del Titano e fermandosi vicino a lei.

“Rilassati,” disse il biondo. “Tuo padre sta bene. Naruto ed il Kyuubi lo hanno curato completamente. Concentrati sull’obiettivo.”

Sarada annuì una volta sola con la testa, riprendendo a fissare una seconda volta il drago nero.

Vrangr continuava a divincolarsi dalla morsa della Volpe, gemendo di dolore e ruggendo. Con un urlo lancinante, il drago colpì con una zampata potente il Kyuubi in pieno petto, facendolo volare all’indietro dal contraccolpo.

Kurama atterrò sulle zampe, accumulando una sfera di energia nelle fauci nello stesso tempo. Poi, con un ruggito portentoso, il demone scagliò la palla di energia verso il bersaglio.

Bijuudama”(Sfera dei Bijuu) urlarono contemporaneamente Naruto e Kurama.

L’attacco si scagliò con forza e precisione contro l’avversario, ma Vrangr non si lasciò intimidire. Con un balzo improvviso ed un portentoso battito di ali, la creatura s’innalzò nel cielo, evitando il colpo e cominciando a volare lontano. La Bijuudama proseguì la sua traiettoria e si schiantò sul fianco della montagna, generando una fragorosa e gigantesca esplosione rossa che fece tremare tutta la terra e la roccia.

“Tch! È veloce!” ringhiò Naruto all’interno del corpo della Volpe.

‘Stai attento Naruto!’ lo richiamò immediatamente Kurama nella sua testa. ‘Quel dannato rettile sta per attaccare!’

Il biondo si voltò di scatto, appena in tempo per vedere che il drago aveva ricambiato la cortesia scagliando contro di loro dal cielo un’altra sfera gigantesca di energia simile all’attacco usato da loro pochi secondi prima.

La palla rossa si diresse contro di loro ad una velocità inarrestabile, raggiungendoli ancora prima che potessero tentare di evitarla. Naruto e Sasuke sgranarono gli occhi, sconvolti.

Ma, come per magia, improvvisamente la sfera scomparve nel nulla con un sibilo acuto, ed il silenzio tornò a regnare nell’aria. Il giovane Uchiha ed il jinchuuriki rimasero a bocca aperta, increduli e scioccati.

“C-Cos’è successo?” esclamò Sasuke, guardandosi attorno con gli occhi spalancati.

Naruto scosse la testa. “Non ne ho idea!” rispose, altrettanto confuso e scioccato.

Appena i due finirono di pronunciare quelle parole, Minato comparve improvvisamente davanti alla gigantesca figura della Volpe, le sue mani unite a formare un sigillo. E poi, senza preavviso, un boato fragoroso riecheggiò nell’aria all’improvviso, generato da un’esplosione distante. Tutti rimasero sconvolti dall’inspiegabile fenomeno.

L’Hokage si voltò a fissare i due giovani immersi nel chakra del Kyuubi con un sorriso.

“Grazie a Sakura sono riuscito a recuperare le energie,” spiegò loro. “E subito dopo essermi ripreso, ho teletrasportato l’attacco del drago in un luogo distante da qui prima che potesse colpirvi grazie all’Hiraishin.”

Naruto ghignò all’udire la notizia. “Grazie, papà!” esclamò con sollievo. Era davvero contento di avere dalla sua parte suo padre in quel momento. Se non ci fosse stato lui, se la sarebbero vista davvero brutta.

Un secondo dopo, Eren si portò immediatamente accanto a Kurama, la sua armatura rigenerata completamente. Sulla sua testa, Sarada e Boruto osservavano il drago nel cielo con gli occhi aggrottati. Subito dopo di loro, anche Sakura, Hinata, Kushina assieme ai genitori di Sasuke si unirono a loro, saltando all’interno del corpo del demone codato.

Sasuke attivò lo Sharingan Ipnotico una seconda volta, rivestendo il corpo della Volpe con una corazza viola similmente a come aveva fatto Sarada con Eren.

“Non possiamo combatterlo da terra,” disse poi il Nukenin rivolgendosi a tutti, il suo tono freddo e serio. “Saremmo troppo svantaggiati in queste condizioni! L’unica cosa che ci rimane da fare è tentare di combatterlo di nuovo in volo!”

Naruto sorrise feralmente. “Molto bene!” disse con confidenza e sicurezza. “Allora io e Kurama andremo alla carica e mostreremo a quel drago chi è il più forte!”

Appena finì di pronunciare quelle parole, tutto il corpo del Kyuubi prese a levitare in aria all’improvviso, e dopo un secondo la Volpe cominciò a volare sempre più in alto verso l’avversario con un ruggito.

Boruto abbassò lo sguardo, fissando l’occhio verde del Titano sotto di sé. “E tu che dici, Eren?” domandò con ferocia. “Ti va di affrontare quel lucertolone in volo?”

Per tutta risposta Eren ruggì fragorosamente, fissando con odio la figura di Vrangr in alto nel cielo. Allora, con un comando mentale, Sarada cominciò a muovere le ali del Susanoo che rivestiva il corpo del Titano, cominciando a sua volta a risalire in alto.

E così, il Kyuubi ed il Titano presero ad inseguire tra le nuvole il drago, pronti più che mai ad uccidere quell’orribile creatura.
 

Lassù, in mezzo alle nuvole e al vento freddo e vorticoso, Vrangr ruggì la sua ira con ferocia, scendendo in picchiata verso i due assalitori che osavano per la seconda volta sfidare il suo dominio del cielo.

Il drago e la Volpe si schiantarono l’un l’altro con forza, graffiandosi a vicenda con gli artigli e ringhiando. Vrangr usò una zampa posteriore per calciare lontano da sé la bestia di chakra, sbattendo le ali con vigore per riprendere quota.

Naruto formulò un sigillo con le mani, e dopo un istante altre tre copie della Volpe a Nove code comparvero improvvisamente nel cielo con una nuvola di fumo, quest’ultime prive di corazza.

Le tre copie si lanciarono subito contro il drago senza esitare, le fauci aperte e gli artigli sfoderati per infliggere danni. Il drago ruggì, accettando la sfida e caricando a sua volta contro i cloni.

Una prima copia gli azzannò la zampa destra, affondando i denti nelle squame nere del suo braccio. Vrangr sibilò, cercando di staccarla con l’altra zampa, ma un potente colpo di coda di un altro clone della Volpe lo centrò sulla testa, facendogli perdere per un attimo la coordinazione.

Eren ne approfittò subito, sfrecciando contro il drago con la spada puntata verso il suo petto per trafiggerlo. Ma Vrangr si riscosse subito, inspirando dalle narici e riversando contro gli assalitori un fiume di fuoco e fiamme per tenerli lontani.

Allora il vero Kyuubi si portò ancora più in alto con rapidità, proprio sopra il drago, scagliando contro di lui un getto di energia rotondo. L’attacco centrò il bersaglio sulla schiena, ed il drago ululò di dolore, riprendendosi un attimo dopo ed iniziando a risalire verso l’assalitore.

Ma quello era ciò che il Titano stava aspettando che facesse, e con un potente battito di ali Eren volò immediatamente contro di lui, afferrandogli la coda con le mani e cominciando a ruotare con tutto il corpo. Vrangr non riuscì a divincolarsi dalla presa, e fu scagliato con forza di lato, precipitando nel vuoto per diversi secondi senza riuscire a riprendere il controllo della caduta.

Ma, prima di potersi riprendere, Vrangr fu investito completamente da tre gigantesche Bijuudama scagliate dalle copie del Kyuubi, le quali lo centrarono in pieno ed esplosero con una potenza indescrivibile.

Ruggendo per il dolore, il drago precipitò terra senza poter fare nulla, crollando con forza sulla cima della montagna con un tonfo immenso.

Dall’alto, Naruto e tutti gli altri esultarono di gioia.

“Lo hai preso in pieno!” esclamò Sakura, sorridendo apertamente. “Non può non aver accusato un colpo simile!”

Fugaku osservò con lo Sharingan quello che stava succedendo in basso. “Anche se siamo riusciti a colpirlo, faremmo bene a non cantar vittoria!” disse, il suo tono serio e teso. “Riesco a percepire che quel drago è ancora vivo!”

“Non solo,” s’intromise anche Boruto dalla testa del Titano, fissando col Jougan la creatura a terra. “È anche molto, MOLTO arrabbiato!”

Il ruggito del drago squarciò l’aria con la sua potenza. Vrangr si era rimesso in piedi sulle zampe dopo un secondo, emettendo col suo corpo un’ondata oscura e potente di energia malvagia e crudele. Poi, con un possente balzo, si issò nel cielo con foga, riprendendo a volare con più enfasi e rabbia di prima contro gli undici compagni.

Naruto strinse i denti. “Non te lo lascerò fare!” ruggì con rabbia.

I suoi tre cloni si mossero all’istante, dirigendosi in picchiata con forza verso il drago senza esitazione. Appena il primo lo raggiunse però, Vrangr reagì all’istante con una velocità inaudita. Spalancando le fauci di getto infatti, il drago emise un raggio d’energia rossa potentissima e devastante che investì in pieno la Volpe ancora prima che essa potesse rendersi conto del pericolo, distruggendo completamente il corpo dell’assalitore.

Il secondo clone tentò di azzannarlo al fianco, ma il drago fu più rapido, e con uno scatto repentino afferrò con i denti il collo della Volpe, recidendogli la testa di netto con uno strattone. Il corpo del clone precipitò a terra, schiantandosi sul suolo prima di svanire nel nulla.

La terza copia del Kyuubi si schiantò sulla sua schiena, azzannandogli un’ala per impedirgli di volare. Vrangr ruggì rabbiosamente ma non demorse, ruotando invece tutto il suo corpo in aria diverse volte per scrollarsi la bestia di chakra di dosso. La Volpe non riuscì a mantenere la presa, e fu immediatamente dopo colpita in testa da una zampata laterale che le distrusse tutta la faccia dalla potenza del colpo.

Allora Vrangr ruggì ferocemente, riprendendo a salire verso i suoi avversari, fissandoli con i suoi occhi rossi ancor più minacciosi e ricolmi di rabbia di prima.

“L-Li ha distrutti tutti!” esclamò Hinata, scioccata.

“Possibile che sia diventato ancora più forte?” gridò Mikoto, fissando il drago che continuava a salire in cielo con timore e spavento.

Sarada vide Boruto serrare i pugni con forza, il suo sguardo pieno di timore ed insicurezza.

“Boruto,” disse allora la ragazza. “Cosa succede?”

Il biondo si voltò lentamente verso di lei, fissandola negli occhi con uno sguardo indecifrabile e determinato.

“Sarada, vi fornirò l’occasione per colpire ancora una volta quel drago, quindi appena mi sarò allontanato da lui tu ed Eren dovrete colpirlo con tutte le vostre forze!”

L’Uchiha sgranò gli occhi. “Che cosa?” esclamò. “Cosa hai intenzione di-”

Ma prima che potesse finire la frase, Boruto saltò fuori dalla corazza che avvolgeva Eren con un balzo, precipitando con forza verso la figura del drago.

Tutti quanti sgranarono gli occhi.

“BORUTO!” urlarono Naruto, Minato e Sarada. Eren ruggì dalla sorpresa.

Il biondo continuò a precipitare verso il basso a testa in giù, sguainando la spada con una mano e mirando con precisione verso il corpo della mostruosa creatura sotto di lui.

Vrangr lo vide, aprendo le fauci e rigettando verso di lui un fiume di fuoco nero per incenerirlo.

Ma, appena prima di essere investito dal soffio di fuoco, Boruto fece la sua mossa.

Rakurai!” sussurrò a bassa voce. (Scia di Fulmini)

Accadde tutto in un attimo. Il suo corpo venne improvvisamente rivestito da una coltre di elettricità bluastra, e appena un secondo prima di essere centrato dall’attacco del drago, Boruto si avvitò con una velocità disumana di lato, evitando il getto di fiamme e continuando a precipitare verso il suo obiettivo con la velocità di una saetta.

Poi, prima ancora che Vrangr potesse reagire dalla sorpresa, il guerriero alzò la spada sopra la sua testa con entrambe le mani, e appena arrivò sopra di lui sferrò un fendente verticale che colpì con precisione l’ala destra del drago, causando un lungo squarcio nel tessuto sottile e molle che ne componeva la parte interna.

Vrangr ruggì di dolore, arrestando di botto la salita e sbattendo le ali freneticamente nel tentativo di non perdere quota. Ma, a causa dello squarcio nella sua ala, non riuscì a riprendere il volo completamente, cominciando a cadere sempre più in basso.

Vedendo che il piano aveva avuto successo, Sarada ed Eren non persero tempo, e cominciarono a scendere in picchiata contro il bersaglio. Minato nel frattempo agì all’istante, teletrasportando Boruto all’interno del corpo della Volpe grazie al Marchio di Teletrasporto che aveva lasciato su di lui precedentemente.

“Cosa diavolo ti è saltato in mente?” esclamò Kushina appena lo vide comparire accanto a loro, afferrandolo per un braccio. “Ti rendi conto del rischio che hai corso?”

Boruto disattivò la scia elettrica attorno a sé, sorridendo soddisfatto. “Ho soltanto fornito a voialtri un’occasione! Vedete di non sprecarla!” ribatté con ferocia.

Il Kyuubi ruggì all’aria, scendendo subito verso il basso all’attacco.

Vrangr continuava a sbattere furiosamente le ali nel tentativo di restare in volo, ma non fece in tempo a riprendere il controllo che subito un pugno dalla forza micidiale lo centrò sulla testa, facendogli sfuggire un gemito acuto di dolore.

Eren non si fermò dopo il successo del primo colpo, alzando il braccio sinistro e sferrando un potente colpo di spada contro l’avversario. Ma il drago fu più veloce, e con uno scatto rapido del collo azzannò il braccio che stava per colpirlo con i denti all’altezza del gomito.

Il Titano urlò di dolore, sferrando una serie di pugni sul cranio della mostruosa bestia nera, ma essa non mollò la presa, affondando sempre di più i denti nella carne e quindi facendo precipitare anche Eren assieme a sé.

Il Titano tentò di divincolarsi, gemendo e urlando ferocemente, ma il drago bloccò il suo corpo afferrandolo con le zampe e spingendolo sempre di più verso il basso in modo da farlo schiantare al suolo sotto al suo peso. I due precipitarono incessantemente verso il basso, ruggendo ed urlando.

Ma la Volpe a Nove code corazzata arrivò addosso a loro un secondo dopo, schiantandosi contro la schiena del drago con forza e mordendo con le fauci la base dell’ala ferita. Vrangr si agitò con forza per scrollarselo di dosso, ma non lasciò mai la presa sul braccio del Titano, aumentando anzi la forza del morso.

Eren urlò, tentando invano di divincolarsi.

Ma, in un impeto di collera e furia, Vrangr serrò ulteriormente la potente mascella con un suono secco, recidendogli di netto il braccio e staccandolo all’altezza del gomito. Sangue e fumo schizzarono fuori dall’arto reciso, mentre Eren ruggì ed ululò di dolore.

Sarada tentò invano di usare le ali del suo Susanoo per divincolarsi dalla presa che Vrangr aveva sul corpo del Titano, ma le zampe del drago non glielo permisero. Kurama morse e graffiò il dorso della creatura, ma i suoi sforzi non bastarono ad infliggere abbastanza danni.

Il suolo si fece sempre più vicino. Cento metri. Cinquanta. Dieci.

Vrangr ruggì. Il Kyuubi ringhiò. Il Titano urlò.

“PORCA P****!” imprecò Boruto ad alta voce.

Ma subito dopo, il caos esplose completamente.
 

E così, drago, Titano e Volpe si schiantarono al suolo con un tonfo fragoroso, atterrando pesantemente sul fianco più basso di una montagna della catena montuosa innevata. Una fragorosa esplosione di terra, roccia, neve e detriti scoppiò appena i tre atterrarono con prepotenza. Un boato pazzesco riecheggiò nell’aria, mentre la pietra e pezzi di terra si frantumarono e saltarono all’aria come missili. Un polverone gigantesco si innalzò verso il cielo, oscurando completamente tutta la zona dello schianto.

Il rumore della roccia che si sgretolava e dei detriti che atterravano nella neve riecheggiò per diversi secondi nel silenzio più totale.

Boruto aprì gli occhi, ignorando una fitta di dolore lancinante alla gamba destra. Si rialzò da terra lentamente, affondando le mani nella neve gelida ed issandosi con una gamba. I suoi occhi si sgranarono.

Vide il Kyuubi steso completamente a terra dinanzi a sé, la sua corazza distrutta del tutto e le fiamme del suo corpo deboli e tremanti. Naruto era il suo interno, fluttuando immerso nel chakra ed apparentemente privo di sensi. Attorno a lui, Sasuke, Minato, Hinata e gli altri che prima si trovavano assieme a lui all’interno della cappa di chakra della Volpe erano accasciati a terra, i loro volti maschere di dolore per l’atterraggio pesante e distruttivo.

Oltre la figura del Kyuubi, verso il basso della montagna, il Titano di Eren era completamente buttato a terra, il suo corpo sfigurato e privo di un braccio era fumante e pieno di ferite. Il suo volto aveva la bocca aperta e gli occhi chiusi, come se fosse svenuto. Sarada invece era stata scagliata fuori dall’armatura che lo aveva rivestito prima, e adesso era finita a schiantarsi di schiena contro una roccia sopra cui era poggiata con gli occhi chiusi.

Il Nukenin tirò un leggero sospiro di sollievo. Riusciva a percepire col Jougan tutte le loro energie vitali. Nessuno era rimasto ferito gravemente dall’impatto per fortuna. Ma il sollievo durò meno di un istante, poiché il suo occhio percepì appena un secondo dopo anche un’altra energia molto più disgustosa e raccapricciante.

L’energia del drago.

Vrangr si issò da terra con un ringhio feroce, sollevando detriti e roccia col suo immenso corpo. Si rimise sulle zampe in pochi secondi, ringhiando e fissando al mondo con odio. Il Nukenin trattenne il fiato.

Lo squarcio sulla sua ala si era completamente risanato misteriosamente.

Ma il giovane non ebbe modo di comprendere cosa fosse successo, perché poi, sbattendo con forza le zampe contro il terreno, il drago ruggì all’aria fragorosamente e si voltò di scatto verso colui che era atterrato vicino a lui.

Eren.

Boruto sgranò gli occhi appena vide la possente figura del drago cominciare ad avanzare verso il Titano con un ringhio feroce. Tentò immediatamente di alzarsi per raggiungerlo, ma una seconda fitta lancinante gli paralizzò la gamba destra, facendolo cadere a terra di peso.

“La mia gamba!” sibilò dolorosamente, stringendo i denti per ignorare il dolore. “Mi sono rotto la gamba con la caduta di prima!”

Attorno a lui, anche Minato e gli altri cominciarono a riprendere i sensi, sollevandosi lentamente da terra.

Ma i suoi occhi non se ne curarono. Una fitta sensazione di orrore e preoccupazione lo pervase immediatamente come un getto d’acqua gelida che riuscì a penetrargli le ossa. Sentì il cuore cominciare a battere all’impazzata, sentì il tempo farsi sempre più lento attorno a sé.

Vrangr aveva raggiunto il corpo privo di sensi di Eren.

I suoi occhi si spalancarono talmente tanto che per poco non gli uscirono fuori dalle orbite. Tentò ancora una volta di sollevarsi da terra, ignorando le fitte insopportabili alla gamba.

Il drago sbatté una zampa sul petto del Titano con forza, spalancando le fauci e cominciando ad accumulare energia tra i denti. Eren non si mosse.

Boruto spalancò la bocca.

“NO!”

Si rimise in piedi tremando, i suoi occhi sgranati ed un’espressione di puro terrore e sconforto in faccia. Sentì la paura e la morsa gelida dello sconvolgimento infilzargli il cuore come una lancia. Sentì l’orrore attanagliarli le viscere con prepotenza.

L’energia nella bocca del drago si fece sempre più solida, sempre più potente.

“NO!”

Un passo. Un solo passo in avanti fu tutto ciò che riuscì a fare prima di crollare di nuovo in ginocchio a causa del dolore. Boruto strinse i pugni talmente forte che sentì il sangue fuoriuscire dai palmi a causa delle unghie. Serrò i denti con tanta forza che la sua mascella perse la sensibilità.

Vrangr richiuse le fauci, avvicinando la testa al corpo inerme del Titano.

“NO!”

Il suo cuore gli salì in gola. Sentì le lacrime colargli sulle guancie dalla disperazione. Sentì la paura prendere il sopravvento dentro di lui.

Boruto tese una mano in avanti, come per raggiungere il suo amico. Vide e percepì con il suo Jougan la flebile energia di Eren e la raggiunse con la mente, abbracciandola disperatamente nel tentativo di farlo riprendere a distanza.

Piegò il corpo in avanti nel disperato tentativo di raggiungere Eren per miracolo, impotente ed incapace di fare nulla. Naruto e tutti gli altri alzarono lo sguardo, sgranando gli occhi a quella vista. Vrangr riaprì le fauci, i suoi occhi rossi ricolmi di odio e brama di morte.

Il tempo stesso si fermò. Il mondo smise di esistere per un istante.

Boruto urlò con tutta la forza che aveva un corpo.

“EREN!”

E poi l’attacco partì.

Il raggio di energia rossa investì il Titano in piena faccia con un sibilo, dissolvendo carne, tessuti ed ossa in polvere e cenere. La scia rossa continuò per alcuni secondi, generando una luce immensa ed accecante che costrinse tutti a coprirsi gli occhi. Un’esplosione immensa si generò un secondo dopo, alzando una grossa nuvola di fumo.

E poi, il mondo intero si fermò di botto.

Boruto urlò disperatamente.

“NOOOOOOOO!”



 
 
Note dell'autore!!!

Salve a tutti! Come vi avevo promesso, ecco a voi il nuovo capitolo! 
-6 capitoli al finale! Perciò preparatevi, perchè stiamo finalmente per avvicinarci alla conclusione della storia.

In questo capitolo ne sono successe di tutti i colori! Cosa accadrà adesso? Cosa succederà ad Eren? Riusciranno i nostri eroi a sconfiggere quel drago così mostruosamente potente?

Per scoprirlo non dovrete aspettare molto. Infatti, il prossimo capitolo uscirà in anticipo domani, sabato 16 dicembre!

Ringrazio in anticipo tutti coloro che commenteranno e che leggeranno. Aspetto come sempre i vostri pareri. A presto! ;)

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Capitolo 55
*** Sconfitta, Pianto e Disperazione ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 



 

Sconfitta, Pianto e Disperazione


“NOOOOOOOO!” urlò Boruto disperatamente.

Naruto e gli altri osservarono la scena con gli occhi sgranati e pieni di sconvolgimento ed incredulità. Il raggio di energia continuò ad investire il corpo del Titano senza pietà, prima di generare una fragorosa esplosione accecante che costrinse tutti a coprirsi gli occhi a causa della luce intensa.

Poi, di colpo, tutto cessò. Il silenzio prese a regnare completamente sulle montagne. Nessun suono si udì nell’aria, neppure il soffio del vento in lontananza o il canto di un uccello solitario. Il tempo stesso parve essersi fermato in quel preciso istante per tutti i presenti, rendendo il mondo attorno a loro immobile e confuso.

Boruto non si mosse per diversi secondi. I suoi occhi sgranati continuavano a fissare con uno sguardo sgomento e pieno di incredulità e dolore il punto in cui giaceva fino a poco fa il Titano. La sua mano era rigida tesa in avanti, come a voler afferrare qualcosa davanti a sé.

Una lacrima colò dalla sua guancia sinistra.

Nel punto colpito dall’attacco, proprio sotto il corpo del drago, ciò che restava del Titano era ben poco. La parte del corpo che partiva dal petto all’insù era interamente sfigurata e malmessa, con lo sterno e le ossa del torace aperte e prive di carne o tessuti che mostravano l’interno bruciato e fumante della carcassa. Della testa era rimasto poco e nulla. Il cranio era completamente sfondato, con giusto la nuca ed una parte della mandibola ancora visibili.

Vrangr cominciò a ridere crudelmente, emettendo un suono gutturale profondo e roco, fissando la sua vittima con gli occhi rossi.

Naruto sentì una punta di disperazione nascergli nel cuore alla vista di quello spettacolo. “E-Eren….” balbettò, scioccato.

Sarada percepì che le sue mani avevano cominciato a stringersi con forza inconsciamente, mentre tentava a fatica di rialzarsi dalla roccia su cui aveva sbattuto. “N-Non può essere…” esclamò mentalmente, incredula e sconvolta.

Boruto rimase ancora immobile in ginocchio. Il suo corpo cominciò a tremare dopo alcuni secondi. La sua testa si abbassò lentamente, mentre i suoi occhi sgranati fissavano il vuoto, versando lacrime calde che colavano nella neve fredda.

La sua mano gli ricadde pesantemente di lato, il suo cuore smise di battere per alcuni secondi, il corpo si fece insensibile a qualunque stimolo esterno.

Poi, di colpo, il biondo prese a tremare incessantemente con più forza, mentre i suoi pugni si stringevano con così tanta forza che le nocche divennero bianche come la neve. Il suo volto assunse una smorfia orribile, un misto tra dolore, rabbia, incredulità e furia. I suoi denti si strinsero, i suoi occhi si aggrottarono, il suo corpo si piegò verso il basso.

“M-Maledetto…” sibilò.

Una rabbia indescrivibile lo travolse improvvisamente, un dolore lacerante lo ferì nel cuore appena finì di realizzare ciò che era successo. L’odio gli annebbiò la vista, la collera gli pervase le viscere. Il suo sangue ribollì di rabbia e furia, il suo chakra divampò come fuoco liquido nel corpo, il dolore fisico che provava alla gamba scomparve nel nulla.

“Maledetto…” sibilò di nuovo, la testa rivolta in basso.

Minato si rimise in ginocchio lentamente, ancora sconvolto da quello che era successo. Vide il corpo di suo nipote cominciare a tremare incessantemente, per poi iniziare a piegarsi verso il basso, scosso da tremiti.

“Boru-”

“MALEDETTO!” ruggì improvvisamente il biondo, scattando in piedi in meno di un secondo e partendo alla carica contro il drago. Il suo corpo si mosse da solo come una saetta, il dolore alla sua gamba completamente offuscato dalla rabbia e dall’adrenalina che aveva preso a circolare nel suo sistema. Nessuno fu in grado di fermarlo, nessuno poté arrestare la carica del ragazzo.

Vrangr si voltò appena in tempo per vedere una saetta bluastra colpirlo in piena testa con una potenza disarmante prima che potesse anche solo ammiccare. Il drago crollò a terra con un ringhio di dolore, per poi subito dopo essere investito in pieno petto da un Rasengan elettrico di dimensioni titaniche comparso in meno di un secondo nelle mani del giovane del futuro.

L’attacco scagliò il drago lontano dal punto dove si trovava, facendolo schiantare con forza sulla parete scoscesa della montagna che si innalzava nel cielo.

Boruto atterrò accanto al corpo del Titano, il suo sguardo ricolmo di odio e rabbia, il suo occhio destro freddo e pieno di una collera capace di distruggere qualsiasi cosa avesse dinanzi. Il guerriero fece per attaccare di nuovo, ma all’improvviso si bloccò istantaneamente. Voltò la testa di scatto.

Una debole pulsione di chakra fuoriuscì dalla nuca carbonizzata del Titano.

Boruto sgranò gli occhi, allibito. “N-Non posso crederci!” esclamò tra sé appena intuì cosa fosse quell’energia.

Si mosse all’istante. Arrivò dinanzi alla carcassa in meno di un secondo, sguainando la spada e recidendo con un colpo secco e preciso la poca carne bruciata e fumante rimasta sul collo del Titano. Appena fece ciò, i suoi occhi si spalancarono fino a raggiungere dimensioni disumane.

Dalla nuca carbonizzata del cadavere del gigante, uscì fuori Eren.
 

Boruto venne pervaso per un secondo dal sollievo nel vedere il suo amico ancora vivo, ma il sollievo si mutò immediatamente in orrore appena vide le condizioni in cui si trovava.

Tutta la parte delle gambe e dell’inguine del ragazzo moro era stata completamente carbonizzata, mentre il torso e le braccia erano bruciate e piene di macchie rosse. I vestiti che gli erano rimasti addosso erano stracciati e sporchi di cenere e fumo, mentre la sua faccia era illesa ma priva di sensi.

Eren!” esclamò il ninja traditore, inginocchiandosi ed afferrando il corpo devastato del suo amico, la sua voce frenetica carica di shock e dolore. “Eren, riesci a sentirmi?”

Il ragazzo moro dischiuse leggermente gli occhi, fissando con uno sguardo debole e annebbiato il biondo che lo reggeva tra le braccia.

“B-Boruto…” disse debolmente Eren, il suo respiro fioco ed affannoso. “Sei t-tu?”

Il Nukenin strinse a sé il corpo del ragazzo, sollevandogli gentilmente la testa con una mano mentre le lacrime gli colavano copiosamente dagli occhi.

“Non parlare!” lo incalzò freneticamente, mentre cominciava a tremare per il nervosismo e la disperazione. “Risparmia le energie! Adesso ci pensiamo noi a rimetterti in sesto!”

In quello stato, realizzò immediatamente il giovane, i suoi poteri da Titano non sarebbero serviti a nulla. Quelle ferite erano troppo gravi per poter essere rigenerate in quel modo. Non c’era possibilità di sopravvivenza per lui senza un soccorso medico.

Appena finì di pensare quelle cose, Boruto voltò la testa di lato, urlando ai suoi compagni. “SAKURA! PRESTO! EREN HA BISOGNO DI AIUTO!”

La ragazza dai capelli rosa scattò immediatamente in avanti, seguita a ruota da tutti gli altri del gruppo. Appena giunsero dai due, Sakura si buttò a terra, portò in avanti le mani e cominciò ad infondere chakra nel corpo del ferito.

“Ho… tanto sonno…” mormorò debolmente il moro.

Boruto sgranò gli occhi. “No!”

“Non pensarci neanche!” lo ammonì con foga il guerriero, mentre altre lacrime cominciarono a formarsi sempre più nei suoi occhi.

“Ma… sono così… stanco…” sibilò quello, il suo sguardo sempre più confuso e gli occhi sempre più socchiusi.

“NON PROVARE A CHIUDERE GLI OCCHI, EREN!” lo minacciò Boruto, anche se più che una minaccia quello disse sembrava un gemito disperato.

Naruto e gli altri sentirono il cuore farsi pesante alla vista di quello spettacolo. Bastava uno sguardo per riuscire a capire che Eren non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere in quelle condizioni. Non c’era nulla che potessero fare per lui ormai.

Nessuno riuscì a proferire una parola. Nessuno aveva il coraggio di dire al ragazzo del futuro la verità. Rimasero tutti zitti, i loro occhi pieni di lacrime, decidendo di lasciare che Boruto ed Eren si scambiassero le loro ultime parole di addio in silenzio. Dopotutto, loro due avevano sviluppato una forte amicizia da quando avevano deciso di sconfiggere Reiner, ed era giusto che adesso avessero la possibilità di salutarsi un ultima volta.

Eren tossì improvvisamente, mentre un getto di sangue gli colò dalla bocca.

“N-Non ce la farò a sopravvivere… Boruto…” disse lentamente. “Ora… è giunta… la mia ora…”

“NO!” esclamò il giovane col mantello, voltandosi verso Naruto di scatto. “Presto! Infondigli del chakra come hai fatto prima con Sasuke!”

Ma il biondo non si mosse.

Boruto lo fissò con uno sguardo colmo di dolore e rabbia. “MUOVITI, DANNAZIONE!” urlò di nuovo. “COSA STAI ASPETTANDO?”

Il biondo scosse la testa, guardando in basso. “Non posso.” disse sommessamente, mentre le lacrime presero a colare anche dai suoi occhi.

“NON DIRE CAZZATE!” sbottò velenosamente il Nukenin. “L’HAI FATTO PRIMA, PUOI RIFARLO ANCORA! MUOVITI PRIMA CHE TI UCCIDA!”

Naruto gli poggiò la mano su una spalla. “Ho consumato tutta l’energia contenuta nel mio Sigillo prima quando ho curato Sasuke,” spiegò lentamente, la sua voce piena di rammarico. “Non ho più abbastanza chakra per riuscire a curare nessun’altro. Mi dispiace…”

Boruto lo fisso con gli occhi sgranati, scuotendo lentamente la testa.

“Non… non importa…” mormorò Eren faticosamente. “Va bene così…”

“NO CHE NON VA BENE!” gridò quasi istericamente il guerriero, le sue lacrime sempre più copiose. “Non puoi morire! Avevo promesso che ti avrei fatto incontrare Mikasa! Ti avevo promesso che avresti avuto la possibilità di rivedere tua sorella! Non puoi morire adesso!”

Eren aprì debolmente gli occhi, guardando con uno sguardo affannato il volto del ninja traditore.

“Boruto… grazie…” disse sommessamente.

Il biondo s’irrigidì di colpo, fissando il ferito tra le sue braccia in modo confuso e colmo di disperazione.

“Sono davvero felice… di averti conosciuto…” sussurrò faticosamente il moro, sorridendo appena con le labbra. “Combattere al tuo fianco… è stato un onore… Grazie a te… ho avuto la mia vendetta… e la mia soddisfazione…”

Eren alzò lentamente una mano verso di lui, e Boruto la afferrò con la sua immediatamente.

“Grazie a te…” continuò debolmente il giovane morente. “Ho ritrovato la speranza… e la mia famiglia… Continua… a prenderti cura… di Mikasa per me…”

Il biondo cominciò a singhiozzare incessantemente, mentre un senso di disperazione ed impotenza prese ad investirlo come un fiume travolgente. Si rese conto solo vagamente del fatto che Sarada lo aveva improvvisamente abbracciato alle spalle, tanto era preso dal dolore in quel momento.

Perché stava accadendo? Perché? Perché? PERCHE?

Non sarebbe dovuto succedere. Tutto questo non sarebbe dovuto succedere! Era LUI quello che sarebbe dovuto morire nello scontro col drago, non Eren! Non poteva accettare una cosa simile! Non era giusto.

Cosa avrebbe detto a Mikasa adesso? Come avrebbe potuto spiegarle che non era stato in grado di salvare suo fratello? Come avrebbe fatto a guardarla negli occhi?

Lo aveva promesso. Aveva promesso che avrebbe riportato il suo amico nel suo mondo per permettergli di rivedere Mikasa. Lo aveva giurato sul suo onore.

E adesso aveva fallito. Eren stava morendo, e lui non sarebbe riuscito a mantenere fede alle sue parole. Avrebbe fallito ancora una volta, proprio come in passato aveva fallito nel tentativo di superare suo padre, o nel tentativo di non farsi catturare, o ancora nel tentativo di salvare le persone trucidate dal Villaggio del Fulmine.

E oggi, lui aveva fallito ancora per l’ennesima volta. Stavolta, per colpa sua, Mikasa avrebbe davvero perso la sua famiglia. Non avrebbe avuto la possibilità di riabbracciare suo fratello.

Tutto questo perché lui era stato troppo debole.

“Promettimi… solo una cosa…” sussurrò ancora Eren, la sua voce sempre più debole.

Boruto si riscosse subito dai suoi pensieri, stringendo con foga la mano del moro.

“Q-Qualunque cosa!” disse senza esitazione, il suo tono prossimo al pianto.

Eren sorrise. “Quando tornerai da lei…” mormorò allora il moro. “Dille… che non ho mai smesso di lottare… come lei mi diceva sempre… e che le ho sempre voluto bene… ogni giorno fino ad oggi… Mikasa è davvero fortunata… ad aver scelto… te…”

Boruto sorrise a sua volta, il suo volto pieno di dolore. “Sono io ad essere stato fortunato ad incontrare lei,” singhiozzò lentamente. “Ma se questo è ciò che desideri, allora glielo dirò! Te lo prometto, Eren!”

Eren chiuse gli occhi, il suo sorriso debole ed il respiro sempre più fioco.

“Grazie… fratello…” sussurrò per l’ultima volta.

E poi, esalando un ultimo respiro, Eren Jaeger spirò.
 
 
Tutto il mondo si arrestò completamente per Boruto Uzumaki in quel momento, e tutto ciò che lo circondava smise di esistere ai suoi occhi. Oggi, per la prima volta dopo tanto, tanto tempo, era morta una persona a lui cara. Oggi era morto davanti ai suoi occhi e tra le sue braccia un ragazzo che aveva imparato ad apprezzare e a vedere come un compagno nel corso di questi giorni.

Oggi, proprio davanti a lui, era morto un amico ed un fratello.

Naruto chiuse gli occhi e serrò i denti, stringendo i pugni con forza in un moto di impotente rabbia. Sarada strinse a sé Boruto con più intensità, tentando di offrirgli un minimo conforto. Minato gli poggiò una mano sulla spalla, mentre Kushina si portò affianco a lui un attimo dopo e gli accarezzò la guancia con uno sguardo pieno di compassione.

Sakura smise di infondere chakra nel corpo privo di vita di Eren dopo alcuni secondi, asciugandosi le lacrime dagli occhi. Un po’ più in disparte, Sasuke chiuse gli occhi per rispetto del defunto compagno di squadra, mentre Fugaku e Mikoto si portarono vicino a lui. Hinata guardava in basso, mentre lunghe scie di lacrime le solcavano il volto.

Boruto rimase immobile per diversi secondi, incapace di fare nulla. Poi, con una lentezza disarmante, poggiò con le braccia tremanti il corpo di Eren al suolo, fissando il suo volto con occhi freddi e spenti. Nessun barlume di vita era presente nel suo sguardo, nessuna emozione o traccia di dolore era visibile adesso nei suoi occhi.

Si rialzò lentamente, ignorando il dolore pulsante alla gamba destra e le parole dei suoi compagni. Gli stavano parlando, gli stavano dicendo qualcosa, ma lui non riuscì a sentirli.

I suoi occhi si spostarono dal corpo privo di vita di Eren all’immensa figura del drago che torreggiava davanti a loro.

Vrangr rise crudelmente, snudando i denti. “Molto commuovente, davvero!” disse con sarcasmo e crudeltà. “Ma non temete, umani! Fra poco anche voi raggiungerete quel moccioso nell’aldilà!”

Gli occhi di Boruto si riempirono di una collera che avrebbe potuto distruggere intere città e spazzare via intere montagne. Il suo sguardo schiumò di una furia indescrivibile a parole. Il suo chakra ribollì dall’odio e dalla rabbia. Il suo corpo cominciò a tremare dalla rabbia e dalla sete di uccidere.

“Mi piace quello sguardo,” disse il drago, fissando il volto del Nukenin con i suoi occhi rossi. “Vedo così tanto odio, così tanta rabbia dentro di te, Boruto Uzumaki! Anche attraverso quel tuo maledetto occhio destro, riesco a vedere la sete di potere e la voglia incredibile che hai di distruggermi per quello che ho fatto!”

Boruto accumulò un’enorme quantità di chakra nel braccio destro, attivando il Marchio di Ishvara e continuando a fissare con odio e furia quel maledetto drago nero.

Vrangr sbuffò fumo dalle narici. “Allora, cosa vuoi fare?” domandò alla fine con un tono divertito, snudando i denti.

Appena i simboli azzurri sul suo braccio raggiunsero il suo volto, Boruto evocò nel palmo un piccolo Rasengan, ringhiando ferocemente.

“Semplice!” rispose con rabbia e odio. “VOGLIO UCCIDERTI!”

Nessuno riuscì a fermarlo. Il ragazzo del futuro scattò in avanti con una velocità disumana, balzando in alto e scagliandosi contro il drago con il Rasengan puntato verso di lui.

Lo riusciva a sentire. Riusciva a sentire tutto l’odio, tutta la sete di vendetta, tutto il dolore nel suo cuore ribollire nelle sue vene con forza. Non c’era nient’altro attorno a lui in quel momento, nessun’altra sensazione o emozione nel suo cuore che non fossero la rabbia ed il dolore. Gli avevano annebbiato la mente, gli avevano otturato i sensi. Non c’era nient’altro intorno a lui se non questo.

Erano solo lui, il drago ed il dolore dentro di sé. Niente di più, niente di meno.

Naruto, Sarada e tutti gli altri urlarono qualcosa alle sue spalle, ma lui non riuscì a sentirli, non riuscì a dargli retta. La voglia di uccidere quel maledetto drago lo aveva sopraffatto del tutto, lo aveva inebriato col suo aroma pungente, rendendolo sordo a tutto il resto.

Vide Vrangr spalancare le fauci con un ghigno divertito, sprigionando dalla bocca lo stesso raggio di energia che aveva usato prima.

Lo stesso raggio che aveva ucciso Eren davanti ai suoi occhi.

Boruto ruggì un urlo di guerra e dolore, aumentando le dimensioni del Rasengan nella sua mano e portandolo davanti a sé. Il raggio e la sfera rotante si scontrarono con un boato assordante, generando un’ondata di energia ch travolse tutto ciò che si trovava attorno a loro.

Ma il guerriero non sentì né il boato né l’ondata. I suoi occhi vedevano soltanto il maledetto e schifoso drago davanti a sé, e la sua mente gli diceva solo di ucciderlo quanto prima, nel modo peggiore possibile.

Spinse con tutta la forza che aveva in corpo. Infuse sempre più chakra dentro al Rasengan, facendo scorrere tutta l’energia che aveva dentro di sé nella tecnica per riuscire a dominare contro la potenza di quello schifoso rettile. Spinse, spinse, spinse e spinse con tutte le sue forze per un tempo che gli parve illimitato, ma nonostante i suoi sforzi, Boruto non riusciva ad avere la meglio. Il drago continuava a resistere con quel raggio, quel maledettissimo raggio, alla sua sfera rotante, respingendolo con una facilità disarmante.

Poi, all’improvviso, il raggio si fece più intenso. Boruto lo vide col Jougan. L’energia dell’attacco di Vrangr aumentò esponenzialmente, e dopo neanche due secondi egli si ritrovò a dover resistere ad una pressione ed una spinta talmente opprimenti che gli tolsero il fiato.

Ma lui non si sarebbe arreso. Non poteva perdere. Avrebbe ucciso quel drago con le sue stesse mani. Gliel’avrebbe fatta pagare. Avrebbe vendicato Eren sconfiggendo quel mostro che lo aveva ucciso senza ritegno. Non poteva permettersi di perdere.

La sua morte non era più un’opzione ormai.

Boruto s’immerse sempre più in profondità dentro di sé, raggiungendo quanto più chakra poteva, dominando ed incanalando sempre più energia grazie al Marchio sul suo palmo. Ma per quanto tentasse di resistere, per quanto tentasse di controllarlo, il chakra che tirava fuori evaporava come fumo tra le sue dita.

Boruto strinse i denti, ringhiando per la frustrazione. L’energia del Marchio non era sufficiente, non bastava a colmare la differenza in potere e pressione del suo avversario.

Vrangr invece non aveva questo problema, e spinse, spinse e spinse con una forza indescrivibile, e Boruto sentì di nuovo la morsa del terrore attraversargli la schiena come un brivido freddo appena vide il suo attacco cedere e dissolversi nel nulla.

“NO!”

Il drago lo sovrastò col suo potere. La sua vista divenne completamente bianca appena sentì l’energia del raggio investirlo completamente come un treno in corsa. Ebbe solo un momento per evocare una tecnica di difesa corporea e per cadere nel panico, prima che un incommensurabile muro di energia solida si schiantò addosso a lui prepotentemente, scagliandolo all’indietro senza che lui fosse in grado di fare niente.

Sentì la roccia dura ed appuntita sbattere contro la sua schiena, e Boruto tentò futilmente di proteggersi dall’impatto. Il dolore lancinante durò solo un istante prima che tutte le sensazioni e le percezioni fisiche e di orientamento cessarono del tutto, annebbiandogli i sensi.

E poi, tutto il suo mondo divenne nero e il silenzio regnò sovrano.
 
 
“BORUTO!” urlò disperatamente Sarada con le lacrime agli occhi, ma non riuscì a fare nulla. Vide con i suoi occhi il raggio di energia del drago investire in pieno il suo amico d’infanzia senza dargli la possibilità di fare nulla, dissolvendo qualunque cosa si trovasse dinanzi alla sua traiettoria.

La scia di chakra non si fermò a lui però, scattando in avanti come una saetta e colpendo in pieno la cima di una montagna distante, generando un’esplosione immensa e devastante che disintegrò letteralmente la punta della montagna con un boato.

Poi, dopo alcune decine di secondi il drago richiuse le fauci, e il raggio rosso si dissolse nel nulla.

Ma Boruto era scomparso.

La ragazza si guardò attorno freneticamente con lo Sharingan attivato, alla ricerca di una traccia di chakra familiare o di un ciuffo di capelli biondi. Osservò in tutte le direzioni, scrutando le montagne da cima a fondo tutt’intorno a lei, ma del suo vecchio amico non c’era traccia.

Hinata fece la stessa cosa col Byakugan, osservando tutte le montagne con i suoi occhi pallidi e bianchi. “Dove sei?” si domandò incessantemente, cercando di ignorare la sensazione di orrore che le stava lentamente nascendo nel cuore. “Dove sei, Boruto-kun?”

Anche Sakura e tutti gli altri si guardarono attorno nel tentativo di individuare dove fosse finito il ragazzo del futuro, ma nessuno di loro riuscì a trovarlo o a percepire la sua presenza.

Poi, senza preavviso, Naruto lanciò all’aria un grido colmo di dolore e sconvolgimento, facendo voltare tutti verso di lui di scatto.

“Non può essere!” disse il jinchuuriki tra sé, il suo tono frenetico e colmo d’incredulità e terrore. “Non è vero! Non è successo veramente!”

Minato e Kushina si portarono immediatamente accanto a lui, sconvolti dal suo improvviso atteggiamento.

“Naruto, cosa succede?” domandò il Quarto Hokage, guardando il figlio con uno sguardo preoccupato e teso.

Ma il biondo non rispose alla sua domanda, cominciando invece a scuotere la testa freneticamente e a versare lacrime dagli occhi.

“No!” urlò poi all’improvviso, spaventando tutti. “Nonononono!”

“Ehi Naruto!” lo strattonò Sasuke con forza. “Datti una calmata! Cosa diavolo ti è preso?”

Il biondo si voltò verso di lui di scatto, guardandolo con gli occhi sgranati pieni di dolore e sconforto. “B-Boruto!” disse semplicemente, la sua voce tremante e carica d’orrore.

“Cosa succede?” esclamò Hinata a sua volta, il suo tono stranamente più diretto e teso del solito. “Hai trovato Boruto?”

Naruto scosse la testa, piangendo ogni secondo di più. “L-Lui… Lui…”

“Dov’è?” lo incalzò Sarada, fissandolo con gli occhi sgranati e pieni di timore. “Dov’è Boruto?”

Naruto si buttò a terra, respirando faticosamente.

“È morto!” disse alla fine, il suo tono affranto e pieno di dolore.

E, appena pronunciò quelle parole, tra tutti i presenti il silenzio prese a regnare sovrano.

Hinata sgranò gli occhi in maniera disumana, trattenendo il fiato per diversi secondi. Il suo corpo cominciò a tremare incessantemente, le lacrime presero ad uscire copiosamente. Sentì una punta gelida di dolore insinuarsi nel cuore senza motivo, rendendola sorda ed insensibile a tutto il resto.

Minato e Kushina s’irrigidirono completamente all’udire quelle parole, i loro volti colmi d’incredulità ed orrore.

Sakura trattenne il fiato, portandosi una mano tremante alla bocca.

Mikoto e Fugaku rimasero immobili come statue, i loro sguardi pieni di sconforto e shock.

Sasuke rimase imbambolato per diversi secondi, stringendo i denti con un ringhio frustrato.

Ma la reazione più insolita fu quella di Sarada. La ragazza sembrò immobilizzarsi del tutto, i suoi occhi nascosti dal riflesso degli occhiali ed il volto rigido e privo di emozione.

“Come puoi dirlo?” chiese lei al biondo buttato a terra, la sua voce talmente fredda e priva di emozione da lasciare sbalorditi tutti i presenti.

Naruto singhiozzò sommessamente. “Ho s-sentito il suo chakra,” disse lentamente tra i singhiozzi. “Ho percepito il momento in cui la sua energia è… è scomparsa! Non c’è più una sola traccia di lui…. Boruto… non c’è più!”

Nessuno parlò per diversi secondi appena egli finì di pronunciare quella sentenza. Il silenzio prese a regnare sovrano.

Il biondo sentì le lacrime colare incessantemente dai suoi occhi, fissando il terreno con uno sguardo devastato.

Boruto Uzumaki era morto. Il suo futuro figlio era morto. Era morto senza che lui avesse potuto fare nulla. Suo figlio era morto, esattamente come Eren.

Non c’erano dubbi. Non c’era più speranza. Per quanto lui stesso non volesse crederci con tutto il cuore, sapeva che il suo futuro figlio, adesso, era morto davanti ai suoi occhi.

Ne era certo. Lo aveva sentito. Lo aveva percepito grazie a Kurama. Aveva chiaramente percepito il momento in cui il suo chakra si era fermato di botto, dissolvendosi nel nulla senza lasciare traccia. Non c’era nessun’altra spiegazione. Nessun essere umano avrebbe potuto sopravvivere ad un attacco del genere.

Si piegò verso il basso, sbattendo i pugni con forza e disperazione a terra. Dietro di lui, Minato e Kushina cercavano di non darlo a vedere, ma le parole che avevano appena udito li avevano lasciati sconvolti e devastati.

“Prima Eren, ed ora anche Boruto!” ruggì nella sua testa Naruto, le lacrime che cominciarono a scendere a fumi dai suoi occhi. “Perché? Perché? PERCHÉ?”

‘Naruto!’ ruggì nella sua testa Kurama. ‘Datti una calmata! Il drago è ancora vivo, non puoi lasciarti deprimere ora!’

“Calmarmi?” ripeté il biondo, devastato e sconvolto. “Come posso stare calmo davanti a una cosa del genere, Kurama? BORUTO È MORTO! EREN È MORTO! COME PUOI CHIEDERMI DI CALMARMI ADESSO?”

Il Kyuubi rimase in silenzio per alcuni secondi, fissando coi suoi occhi rossi il volto pieno di lacrime del suo jinchuuriki. ‘So quanto la cosa ti stia facendo soffrire,’ riprese allora a dire ancora una volta, il suo tono pacato. ‘Ma non puoi lasciarti deprimere da tutto questo! Se adesso non ti rialzi, anche tutti noi moriremo, e faremo esattamente la stessa fine di Boruto e Eren!’

Naruto sgranò gli occhi.

‘È questo ciò che vuoi?’ domandò ancora la Volpe, fissandolo con forza e mostrando i denti. ‘Vuoi davvero lasciare che la morte di quei due sia stata vana? Vuoi permettere a quel drago di continuare a mietere vittime e distruggere mondi?’

Il biondo scosse la testa. “N-No…”

Kurama continuò a guardarlo attentamente. ‘Allora sai già cosa devi fare!’ disse lentamente. ‘Alzati e combatti, Naruto!’

Ignaro del tumulto interiore del figlio, Minato abbassò lo sguardo a terra e strinse i pugni.

“Non riesco neanche a raggiungerlo tramite l’Hiraishin,” disse sommessamente. “Credo che il Marchio che gli ho dato si sia dissolto. E questo significa davvero…”

Un solo sguardo all’espressione di sua moglie lo fece arrestare di colpo. Non riuscì a terminare la frase. Non poteva dirlo. Non poteva.

Incurante del dolore nell’aria, Sarada continuò a fissare con occhi spenti e privi di emozione il biondo buttato a terra. Nessuna emozione trapelava dal suo volto, nessun segno di dolore o rammarico era presente in lei.

Tuttavia, senza proferire parola, la ragazza si voltò di scatto subito dopo, fissando con quello sguardo privo di emozione il drago che continuava ad osservare tutti loro con i suoi occhi rossi senza fare nulla.

“Naruto,” disse subito dopo, dando le spalle ai suoi compagni ed attirando su di sé l’attenzione di tutti. “Calmati. Questo non è il momento di lasciarsi prendere dal dolore.”

Il biondo alzò la testa e la fissò con occhi sgranati.

Sarada non si voltò, continuando a fissare il drago. “Avremo modo di piangere quando tutto questo sarà finito.” disse ancora una volta, il suo tono freddo e crudele come non lo era mai stato prima. “Adesso possiamo solo compiere la nostra missione.”

Sasuke, Minato e tutti gli altri la fissarono con stupore ed incredulità. Mai prima d’ora quella ragazza si era comportata in quel modo così freddo e distaccato con nessuno di loro. Il suo tono, il suo atteggiamento non erano mai stati così insensibili, così privi di emozione prima d’ora.

In qualche modo, la morte di Boruto doveva averla afflitta in modo profondo.

Naruto si rialzò lentamente da terra, asciugandosi le lacrime con un braccio. Si portò affianco alla giovane Uchiha, fissando a sua volta Vrangr con gli occhi carichi di rabbia, determinazione e odio.

“Hai ragione.” disse seriamente. “Avremo modo di piangere dopo. Adesso c’è solo una cosa che possiamo fare.”

Tutti gli altri si portarono accanto a loro due un secondo dopo, i loro sguardi puntati in avanti carichi di determinazione.

“Dobbiamo uccidere quel drago!”

Tutti annuirono nello stesso momento. Non potevano arrendersi adesso. La morte dei loro compagni era certamente dolorosa per tutti loro, ma in quel momento non potevano dare sfogo ai loro sentimenti. Il destino di decine e decine di mondi era ancora nelle loro mani.

Avrebbero dovuto nascondere le loro emozioni, il loro dolore, la loro rabbia ed il loro sconforto fino alla fine della battaglia. Solo allora, tutti insieme, avrebbero potuto piangere i loro amici.

E così, contemporaneamente, tutti gli otto compagni rimasti scattarono in avanti all’unisono, decisi più che mai a vendicare coloro che erano caduti nella battaglia.

Vrangr ruggì con forza. “Molto bene!” urlò il drago con ferocia e disgusto, sbattendo una zampa sul terreno. “Adesso anche voi andrete incontro alla morte!”

 
 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti! Ecco a voi il nuovo capitolo.

Il prossimo uscirà domani, domenica 17 dicembre!

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e che commenteranno. A presto! ;)

 

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Capitolo 56
*** Volontà di Fuoco ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!

 
Attack On Titan Fight Theme
(Attack on Titan)
 
Die Erde dröhnt und wird rot,
Die Leute erinnern sich an diese Tragödie.

Ist das der Zerstörer oder der Schöpfer?

Mit der Glut des Hasses schwenken wir die
Schwerter!

Ist das unser Schicksal oder unser
Wille?

Wir werden kämpfen, bis dieser heiße Wind unsere Flügel nimmt!

Was finden wir jenseits dieses Horizontes?
La terra ruggisce e diventa rossa,
La gente ricorda questa Tragedia.

È questo il Distruttore, oppure è il Creatore?

Con le fiamme ardenti dell’odio brandiamo le nostre spade!

È questo il nostro Fato, oppure è la nostra Volontà?

Continueremo a combattere, finché le nostre ali verranno distrutte dal vento cocente!

Che cosa troveremo oltre quest’Orizzonte?
 
 

Volontà di Fuoco


2 ore dopo gli eventi del capitolo precedente.


Il Kyuubi si schiantò a terra con un tonfo fragoroso. Una gigantesca nuvola di fumo si alzò dal suolo verso il cielo nel punto dello schianto, mentre tutta la montagna tremò con forza fino alla base.

‘D-Dannato mostro,’ gemette Kurama con dolore, rimettendosi faticosamente in piedi. ‘Quel drago non vuole saperne di cedere!’

Naruto strinse i denti, frustrato e furioso. “Così non funziona! Dobbiamo trovare un modo per metterlo alle strette!”

La Volpe ringhiò ferocemente. ‘È inutile! Il suo potere è troppo grande! Non riusciremo mai a sopraffarlo del tutto di questo passo!’

Il giovane serrò la mandibola con così tanta forza che sentì i muscoli dolere. La frustrazione e la rabbia lo inondarono come un fiume.

Avevano tentato di tutto, letteralmente tutto contro quel drago. Attacchi combinati, finte, trappole e ninjutsu. Ma niente di tutto questo aveva funzionato. Niente di tutto questo aveva avuto effetto. Persino Kurama non riusciva a sopraffare la forza fisica di quel mostro volante.

E, oramai, il Potere delle Sei vie che l’Eremita aveva concesso a lui e Sasuke si era esaurito. Naruto era tornato ad essere avvolto nella modalità chakra della Volpe di sempre, rendendolo incapace di volare, mentre il Rinnegan di Sasuke era diventato di nuovo uno Sharingan.

“Di questo passo,” pensò tra sé Naruto con rabbia. “Finiremo tutti col perdere le forze!”

Appena un secondo dopo che egli ebbe finito di pensare ciò, Minato si materializzò immediatamente vicino al biondo, cogliendolo di sorpresa per un attimo.

“Naruto! Stai bene?” domandò l’Hokage con un tono preoccupato.

Il ragazzo annuì. “Sto bene!” rispose subito, fissando il cielo. “Ma quel maledetto drago è indistruttibile! Lo abbiamo attaccato con ogni singola tecnica combinata e ogni tipo di attacco che conoscevamo, ma niente ha funzionato!”

Minato spostò lo sguardo a sua volta sul cielo, fissando con impotenza e rabbia lo scontro che stava avvenendo lassù in alto tra le nuvole.
 

Vrangr ruggì un potente urlo di guerra, evitando un colpo di spada da parte del Susanoo di Sasuke avvitando il proprio corpo di lato e battendo le ali per allontanarsi da lì.

L’essere viola urlò a sua volta per la rabbia, sbattendo anch’esso le ali e riprendendo ad inseguire l’avversario, mentre le sue mani si univano a formare sigilli complicati. Poi, portandosi la mano destra sul volto, la creatura eterea soffiò dalla bocca una serie di proiettili infuocati, scagliandoli addosso al drago.

Ma Vrangr non si lasciò ingannare, cominciando a volare con foga e decisione in tutte le direzioni, abbassandosi, salendo di quota ed avvitando il corpo per evitare tutti i proiettili con facilità.

“Tch!” esclamò mentalmente Sasuke. “Come diavolo fa quel bestione enorme ad essere così agile e veloce?”

Il drago fece per voltarsi e caricare contro il ragazzo corvino, ma fu improvvisamente costretto a salire più in alto nel cielo per evitare una gigantesca lancia rosso fuoco scagliata contro di lui dal nulla. La lancia sibilò nel cielo come una saetta infuocata, sfrecciando tra le nuvole con una velocità impressionante per poi esplodere con una fragorosa esplosione gialla.

Il Susanoo di Sarada comparve tra le nuvole con un ruggito metallico, brandendo una seconda lancia nella mano sinistra. Appena lo vide, Vrangr gli caricò addosso con tutto il corpo, schiantandosi addosso all’essere etereo con un boato.

Drago e Susanoo lottarono avvinghiati nel cielo con pugni, graffi e morsi. Il rettile graffiò e morse con forza la spalla dell’essere arancione, fracassandogli l’armatura coi denti e serrando la mandibola con un suono secco. Il Susanoo urlò di dolore.

Hakkemisutsuko!” (Palmo Mistico) fece una voce dall’interno del bestione di energia all’improvviso.

Un improvviso getto d’aria solida dura come un muro di cemento investì la figura del drago, colpendolo in pieno e scagliandolo lontano dal Susanoo con rapidità e prepotenza. Vrangr ruggì dalla sorpresa, battendo le ali con forza per riuscire a riprendere il controllo del volo.

Dall’interno del Susanoo, Sarada tirò un sospiro di sollievo.

“Grazie, Hinata.” disse con un tono privo di emozione. “Mi hai salvata.”

La Hyuuga la guardò di sbieco, facendo un cenno col capo. “Di nulla.” si limitò a rispondere.

Un solo sguardo sul suo volto bastava a farle capire quanto l’Uchiha stesse soffrendo in quel momento. Hinata sentì una fitta di dolore al cuore nel vedere quello sguardo. Sarada non era più la stessa persona di prima. La sua faccia era improvvisamente mutata in una maschera priva di emozione, i suoi occhi rossi freddi e crudeli come non lo erano mai stati prima d’ora. Nessun segno di emozione che non fossero la rabbia e l’odio trapelavano dalla sua faccia.

La Hyuuga non poté fare a meno che sentirsi immensamente dispiaciuta per la ragazza accanto a lei. La morte improvvisa ed immediata di Boruto l’aveva letteralmente trasformata in una macchina da guerra.

Sarada stava agendo sempre più impulsivamente nella battaglia, e Hinata non aveva potuto fare a meno di rendersene conto. Attaccava con più enfasi e si difendeva molto meno, restando spesso scoperta per tentare mosse azzardate ed offrendo così al drago più opportunità per saltarle addosso e colpirla.

Era come se stesse attaccando non solo per uccidere il drago, ma anche per lasciarsi uccidere a sua volta.

Poi, di colpo, la realizzazione colpì Hinata in testa come un mattone. In un secondo, lei comprese quello che stava accadendo. Lo vide riflesso nello Sharingan della sua compagna.

La ragazza sgranò gli occhi.

Sarada voleva morire. Voleva sacrificarsi a sua volta contro il drago. Voleva seguire Boruto nell’oscurità. Era intenzionata a perdere la vita nella battaglia, perché aveva perso l’unico sprazzo di felicità che le era rimasto in questo mondo.

Sarada Uchiha voleva morire per raggiungere Boruto.

Hinata sentì le lacrime formarsi nei suoi occhi. Riusciva a comprendere appieno quello che la sua compagna stava provando in quel momento. Anche lei avrebbe probabilmente fatto la stessa cosa se Naruto fosse morto (Supplicò mentalmente qualsiasi divinità in cielo ed in terra per fare in modo che una cosa del genere non accadesse mai).

Ma Sarada non era l’unica che stava soffrendo. La morte di Boruto, in un certo senso, aveva afflitto tutti quanti nel gruppo.

Naruto era sempre determinato a vincere, ma Hinata riusciva chiaramente a vedere il dolore nei suoi occhi. Riusciva chiaramente a vedere il modo in cui il ricordo di ciò che era successo poco fa continuasse a tormentarlo e a distrarlo. Lo conosceva troppo bene per non riuscire a notare il suo dolore.

Gli altri due maggiormente afflitti da questo stesso pensiero erano Minato e Kushina. I due adulti non lo davano a vedere come Naruto, ma anche loro erano profondamente addolorati dalla perdita del nipote. Kushina aveva letteralmente pianto lacrime di disperazione alla vista di ciò che era successo a Boruto. Entrambi erano stati costretti a perdere la loro famiglia due volte di fila. La prima volta con Naruto, nel giorno dell’attacco del Kyuubi, e adesso infine con Boruto. Nessuno poteva restare impassibile dopo un’esperienza simile.

Persino Sakura e Sasuke erano cambiati dopo la morte del Nukenin. Entrambi erano diventati più seri e freddi, e avevano smesso di collaborare in gruppo assieme agli altri.

Mikoto e Fugaku apparivano invece molto più preoccupati che mai rispetto agli altri dopo quell’orribile avvenimento. Boruto era il più forte del gruppo, e senza di lui le loro speranze di vittoria erano quasi pari a zero. Non riuscivano a trovare un barlume di speranza in quella situazione disperata.

Hinata resistette all’impulso di piangere. Anche lei aveva perso qualcosa dentro di sé appena aveva visto il biondo morire con i suoi occhi. Aveva percepito un dolore che non si sarebbe mai aspettata di provare. Un dolore acuto ed intenso che ti attanagliava le viscere e che ti faceva versare lacrime senza che tu te ne rendessi conto.

Nell’ultimo periodo era riuscita ad avvicinarsi un po’ di più a Boruto. Era riuscita a conoscerlo, a chiedergli finalmente scusa e a parlare con lui. Era arrivata persino al punto di farsi abbracciare dal giovane senza che se lo fosse aspettato. In un certo senso, sentiva che Boruto aveva cominciato a farsi lentamente spazio nel suo cuore, anche se i loro rapporti non erano mai stati ottimali.

E adesso era tutto finito. Adesso, il suo futuro figlio era morto.

Ma, per quanto tutti loro stessero soffrendo, nessuno poteva comprendere appieno ciò che provava Sarada.

Certo, Hinata e Naruto avevano perso il loro futuro figlio, ma la giovane Uchiha aveva perso la persona che amava. Aveva perso la persona con cui voleva passare il resto della sua vita, con cui voleva avere dei figli e con cui voleva invecchiare insieme. Nessuno di loro poteva comprendere appieno il suo dolore.

Hinata strinse i pugni, tentando invano di distogliere dalla mente quei pensieri. Adesso non era il momento di piangere. Non poteva permettersi di distrarsi. Avevano ancora un obiettivo da raggiungere. La missione non era ancora terminata.

Il Susanoo di Sarada sfrecciò con forza nel cielo, sempre più in alto.

La giovane Uchiha accumulò improvvisamente una grande quantità di energia nell’occhio destro, chiudendo le palpebre ed osservando il drago con lo sguardo omicida e carico di rabbia dell’occhio sinistro.

“È giunto il momento di farla finita!” ruggì mentalmente con odio. “Adesso te la vedrai con la mia tecnica più potente!”

Vrangr discese in picchiata verso di lei, ruggendo a pieni polmoni e spalancando le fauci per inondarla di fiamme. Ma la ragazza non si mosse, continuando ad accumulare chakra nell’occhio chiuso.

Un rivolo di sangue cremisi le colò sulla guancia. Un dolore pulsante le pervase la testa. Il dolore nel suo corpo si unì all’energia accumulata, rendendola sempre più potente, più concentrata.

E poi, rilasciando tutto l’odio e la rabbia nel suo cuore, la ragazza attivò la tecnica che risiedeva nel suo occhio destro, spalancandolo di scatto.

ENTON: Taiyosakebi!” (Pianto del Sole) esclamò mentalmente con un urlo di guerra.

Un forte suono acuto si sentì nell’aria all’improvviso appena la giovane attivò la tecnica, ed il cielo stesso sembrò pulsare di energia per un istante.

Vrangr si arrestò di botto appena i suoi sensi lo allertarono di un pericolo, osservandosi attorno con sospetto.

E poi, all’improvviso, scoppiò letteralmente l’inferno.

Le nuvole nel cielo si squarciarono improvvisamente, mostrando finalmente i primi raggi di luce oltre la coltre di nubi. Vrangr si voltò di scatto verso l’alto, sgranando gli occhi per lo stupore.

Una misteriosa e gigantesca pioggia di fuoco si era improvvisamente formata attorno a lui, e stava letteralmente piovendo contro di sé da tutte le direzioni. Un getto rapido e scattante di proiettili di fuoco rossi stava scendendo addosso a lui con forza e rapidità disumane da tutte le direzioni, da sopra, da sotto e dai lati, pronto ad incenerirlo senza pietà. Era come se fosse stato improvvisamente rinchiuso all’interno di una sfera invisibile di energia che sputava fiamme, incapace di evitarle.

Il drago non ebbe il tempo neanche di ammiccare.

La raffica di fuoco lo colpì senza pietà con forza e precisione, investendolo completamente in una marea di esplosioni continue e potenti. Vrangr ruggì di dolore, incapace di fare nulla. Ma la pioggia di fuoco non accennava a terminare, e per ogni colpo che andava a segno, c’erano sempre più fiamme che continuavano a formarsi e a discendere verso di lui in picchiata per colpirlo. La tecnica continuò a durare per alcune decine di secondi, generando poi una serie di esplosioni gigantesche che si susseguivano a raffica e che impedivano al nemico di muoversi.

Hinata rimase di sasso, guardando la tecnica usata da Sarada con sconvolgimento e stupore. Anche Naruto assieme ai suoi genitori osservò la scena dal basso con incredulità.

All’interno del Susanoo viola, Sakura e Sasuke sgranarono gli occhi, osservando con stupore ciò che stava accadendo davanti a loro.

“Dunque è questa la tecnica oculare segreta di Sarada!” realizzò con interesse Sasuke. “L’avversario viene circondato da una sfera di energia che continua a scagliargli addosso proiettili di fuoco illimitati che continuano a generarsi ogni secondo! È una tecnica micidiale! Sembra che abbia ereditato il mio controllo della Fiamma!”

Sakura era allibita. “Non ho mai visto una cosa simile!” esclamò tra sé. “Che tecnica oculare è mai quella?”

Il boato delle continue esplosioni continuò a riecheggiare con forza nel cielo, fino a quando, dopo alcuni secondi, la tecnica cessò e la pioggia di fuoco fu interrotta.

Sarada crollò in ginocchio all’interno del suo Susanoo, respirando affannosamente e poggiando una mano sul suo occhio destro che continuava a versare sangue. Hinata si avvicinò subito a lei.

“Sarada!” esclamò, allarmata. “Stai bene?”

L’Uchiha annuì debolmente, continuando ad ansimare. “S-Sto bene! Questa tecnica richiede un consumo enorme di chakra, quindi sono soltanto indebolita dallo svuotamento improvviso delle mie riserve. Posso continuare a-“

Non riuscì neanche a terminare la frase che subito il suo Susanoo cominciò a dissolversi nel nulla, divenendo dapprima scheletrico e subito dopo scomparendo nel nulla.

Hinata afferrò Sarada con le braccia, gridando per lo spavento appena le due ragazze presero a precipitare nel vuoto. La giovane Uchiha strinse i denti, sconvolta.

“Sarada!” urlarono Sasuke e Sakura appena videro le due ragazze precipitare dal cielo.

Tentarono di intervenire, ma non ce ne fu bisogno. Minato teletrasportò all’istante entrambe le giovani a terra grazie al Marchio lasciato su di loro, facendole atterrare sane e salve sul suolo. Fugaku e Mikoto si portarono subito da loro, pronti a soccorrerle.

“C-Che spavento…” balbettò la Hyuuga, scioccata ma illesa.

Minato sospirò. “Non essere così impulsiva Sarada!” le intimò subito dopo, fissandola con uno sguardo serio. “Se non ci fossi stato io, tu ed Hinata sareste potute morire! Non puoi sprecare chakra in modo così avventato!”

La ragazza non rispose, lo sguardo puntato a terra con gli occhi semiaperti privi di emozione.

Naruto alzò la testa in alto, vedendo il Susanoo di Sasuke che atterrò accanto a loro con un tonfo.

“Ha funzionato?” domandò Kushina seriamente, osservando la nuvola di fumo generata dalle esplosioni di prima.

Sarada annuì lentamente. “La mia tecnica lo ha colpito di sicuro, non ho dubbi.” rispose lentamente, la sua voce bassa e stanca. “Ma non so dire se abbia avuto effetto o meno.”

Tutti gli otto compagni alzarono lo sguardo al cielo, i loro occhi puntati con intensità nel punto dove si trovava il drago. Dopo alcuni secondi carichi di tensione, il fumo si diradò completamente, permettendo a tutti di vedere cosa c’era all’interno.

Naruto e gli altri sgranarono gli occhi.

Vrangr era sempre lì, il suo corpo completamente illeso ed il suo sguardo feroce puntato verso di loro, i denti snudati in un crudele ghigno di scherno.

“Credevate davvero di esservi liberati di me?” ruggì con forza nell’aria. “Patetici umani! Nessuno può liberarsi di me! Non esiste nessuno in grado di potermi ferire! Io sono l’essere più forte dell’universo!”

“N-Non può essere!” esclamò Sakura, completamente sconvolta. “Non lo ha nemmeno scalfito!”

Fugaku sentì un rivolo di sudore colargli dalla fronte. “Come può quel mostro essere così forte?” sibilò con rabbia. “Nessuno dei nostri attacchi ha effetto su di lui!”

Vrangr emise una lugubre risata, mostrando i denti. “I vostri tentativi di uccidermi sono patetici ed inutili! I vostri colpi non mi scalfiscono neanche! Le vostre spade non possono toccarmi! Le vostre fiamme mi fanno solo il solletico! Non c’è nulla che potete fare contro di me!”

Poi però, Naruto sgranò improvvisamente gli occhi, sconvolto.

“Q-Questo è…”

Il drago batté una volta le ali, sollevandosi leggermente in alto per poi tuffarsi in picchiata contro di loro con le fauci spalancate.

“E ADESSO È GIUNTA PER TUTTI VOI L’ORA DI MORIRE!” ruggì con forza, precipitando verso il suolo, pronto ad ucciderli tutti.

Minato s’irrigidì. Sarada sgranò gli occhi. Sasuke assunse una posa di difesa col Susanoo. Naruto rimase a bocca aperta. Hinata si portò le mani alla bocca, terrorizzata.

Ma Vrangr non riuscì mai a raggiungerli. Tutto ciò che i gli otto ninja sentirono subito dopo fu un ruggito fragoroso ed un tonfo pesante ed immenso.
 
RWAAAAAAR!
 
Vrangr sentì improvvisamente una fitta lancinante di dolore al fianco destro, ma non fece in tempo a voltarsi che subito qualcosa di duro ed incredibilmente potente lo colpì in faccia con una potenza mostruosamente micidiale che lui non si sarebbe mai e poi mai aspettato, facendolo tentennare dal dolore.

Precipitò verso il basso con un ruggito senza poter riprendere il controllo del suo corpo a causa del dolore, crollando a terra pesantemente con un boato immenso, frantumando roccia, pietra e facendo tremare tutte le montagne. Un gigantesco polverone si innalzò nel cielo nel punto dello schianto, seguito dal rumore sommesso e profondo del ringhio del drago.

Naruto e tutti gli altri rimasero completamente sconvolti a causa di quello che avevano visto. Nessuno di loro si mosse, nessuno riuscì a parlare o fare qualcosa. Tutti continuarono a fissare con gli occhi e le bocche spalancate dallo stupore e dallo shock quella misteriosa creatura comparsa così all’improvviso.

Nessuno riuscì a proferire una singola parola. Nessuno riuscì a dire nulla.

“Q-Q-Quello… Quello è…” esclamò mentalmente Naruto, allibito e scioccato come tutti gli altri.

Dinanzi a tutti loro, intento a volare nel cielo con maestosità e vigore, era comparso un altro drago.
 
 



“C-Cosa diavolo è… quello?” riuscì a dire lentamente Mikoto dopo alcuni secondi di silenzio glaciale. La sua voce era contemporaneamente spaventata, confusa, allibita e sconvolta.

Minato osservò la creatura nel cielo con gli occhi sgranati. “Un drago!” esclamò, completamente perso. “Quello è un altro drago!”

“Da dove è saltato fuori?” disse Sasuke, scioccato. “Perché è comparso così all’improvviso? Cosa diavolo succede?”

Non avevano mai visto una creatura simile prima d’ora. Il suo aspetto era simile a quello di Vrangr, ma il corpo e le dimensioni erano completamente diversi.

Rispetto al drago nero, esso presentava una forma allungata, quasi serpentina, ed il suo corpo raggiungeva la lunghezza complessiva di almeno venti metri o forse più. Aveva quattro piccole zampe artigliate, due anteriori e due posteriori, di dimensioni ridotte rispetto a quelle di Vrangr. Due possenti ali si stagliavano dal suo dorso, ciascuna di almeno cinque metri di dimensioni.

Tutto il suo corpo era completamente etereo e trasparente come quello di Kurama, ma il suo aspetto era quasi liquido, come se fosse composto interamente da acqua, ed era di un colore blu intenso con sfaccettature che variavano di diverse tonalità di azzurro in base alla luce che rifletteva su di esso. Il dorso era interamente provvisto di una serie di spuntoni acuminati che attraversavano il drago dalla testa alla coda.

La testa poi era veramente inquietante. Era grossa, sottile ed appuntita, con una lunga serie di denti affilati che spuntavano fuori. I suoi occhi erano sottili e fosforescenti, di un colore blu elettrico che sembrava quasi generare elettricità pura col suo solo sguardo. Le ali e le zampe inoltre erano circondate da raffiche sottili di vento che ruotavano attorno al drago con costanza e ritmicità.

Il drago alzò la testa al cielo e ruggì la sua ira, emettendo un ruggito metallico e potente come un tuono, mentre un fulmine improvviso si scagliò nel cielo dietro di lui. Una raffica di vento si generò dalle sue fauci, mentre l’acqua che scorreva nel suo corpo prese a muoversi con forza, quasi come se fosse viva.

Naruto e gli altri rimasero senza fiato di fronte a quello spettacolo. Non riuscivano a crederci. Non riuscivano a credere ai loro occhi.

Una tempesta.

Quell’essere che stavano vedendo coi loro occhi, quel drago dinanzi a loro sembrava quasi essere l’incarnazione stessa della parola tempesta. Acqua, vento e fulmine che si univano insieme a formare una creatura mostruosa e potente, in grado di sbaragliare qualsiasi cosa dinanzi a sé.

Il corpo di Naruto prese a tremare dopo alcuni secondi di sconvolgimento totale. Le sue mani presero a muoversi incessantemente appena il giovane percepì l’energia di quella creatura.

Non era un’energia malvagia e disgustosa come quella di Vrangr. Il chakra di quel drago era completamente diverso. Era tortuoso e agitato come il vento, scattante e freddo come il fulmine, eppure era anche calmo e piacevole come il mare. Era di colore azzurro, proprio come il suo corpo, ed impregnava l’aria con un a sensazione di agitazione e movimento. Sembrava quasi che l’energia stessa di quel drago non riuscisse a trovare pace, restando sempre in movimento attorno a sé.

Ma la più grande differenza che c’era tra quell’energia e quella di Vrangr era la sua composizione.

Se l’energia di Vrangr poteva definirsi come l’odio puro ed incarnato, allora quella emessa dal drago blu era la rabbia incarnata. Era composta principalmente da rabbia, furia e ferocia. Una rabbia talmente intensa che avrebbe fatto impallidire qualsiasi cosa dinanzi a sé. Un feroce disgusto ed astio per tutto ciò che osava opporsi al suo volere. Ma non solo.

Vi erano anche diverse sfaccettature di varie emozioni al suo interno oltre che alla rabbia. C’erano tracce di sensazioni come la calma, l’amore, il desiderio, la felicità e soprattutto la determinazione.

Una smisurata ed indomabile determinazione bruciava all’interno di quell’energia come fuoco. Una passione ed una decisone talmente forti da sembrare indistruttibili dinanzi a qualunque minaccia. Un’ardente determinazione capace di compiere qualsiasi cosa pur di raggiungere il proprio obiettivo.

In sostanza, l’energia di quel misterioso drago era meno malevola rispetto a quella di Vrangr, ma decisamente più intensa e ardente. Aveva l’aspetto di un fuoco indomabile. Di una passione incontenibile. Di un traguardo agognato da sempre.

Un’energia incredibilmente simile a quella che aveva anche-

Naruto scosse la testa di scatto, tentando di distogliere la mente da quei pensieri. Non era la stessa cosa. Non poteva essere la stessa cosa. Non aveva alcun senso.

Kushina si accorse immediatamente della sua inaspettata reazione, e si voltò di scatto verso di lui, preoccupata.

“Naruto!” esclamò la donna, tesa e sconvolta. “Cosa ti succede? Che cos’hai?”

Tutti si voltarono verso di lui.

Il biondo scosse la testa, incapace di credere a quello che stava percependo grazie a Kurama. Dentro di sé, anche la Volpe rimase sconvolta ed in silenzio, tentando di analizzare quello che stava percependo coi suoi sensi.

“N-Non è possibile! Non può essere!” fu tutto ciò che riuscì a pensare il biondo.

“Ohi tonto!” lo richiamò ancora Sasuke, il suo volto pieno di tensione e spavento. “Si può sapere cosa succede? Cosa ti è preso questa volta?”

Naruto non rispose. Non poteva rispondere.

Sentì una lacrima calda colargli sulla guancia inspiegabilmente. Sentì il cuore cominciare a battere all’impazzata. Un barlume di speranza gli nacque inspiegabilmente nel cuore alla possibilità che quell’energia che stava sentendo fosse davvero-

NO!

Per quanto ci avesse sperato per un istante, non poteva essere la stessa cosa. Non riusciva crederci. Non POTEVA crederci. Quell’energia non poteva essere la stessa. Non era possibile, non era logicamente fattibile.

Eppure la sua mente gli stava urlando con forza il contrario. I suoi sensi gli stavano praticamente gridando ciò che lui contemporaneamente sperava e negava di voler sentire.

Tutto quello che stava sentendo attorno a sé gli stava urlando proprio ciò che lui in quel momento non riusciva ad accettare.

Quel chakra non poteva essere il suo!

Prima che potesse riscuotersi dai suoi pensieri, Naruto vide Vrangr rialzarsi da terra con uno scatto feroce, alzando la testa al cielo e ruggendo dalla rabbia e dalla sete di vendetta nei confronti di quell’altro drago che lo aveva colpito prima. La montagna tremò sotto il peso della sua furia, l’aria si fece densa e vischiosa a causa della sua energia orripilante e malvagia.

Il drago nero scattò in avanti con le zampe, correndo per circa dieci metri prima di effettuare un balzo in aria e librarsi di nuovo nel cielo, ringhiando con forza e decisione contro il suo nuovo avversario ed ignorando del tutto gli otto ninja rimasti a terra.

Per tutta risposta, il drago blu ruggì a sua volta con forza, avvitando il corpo lungo e sottile fino a formare delle spirali e discendendo verso l’avversario serpeggiando nell’aria.

Naruto e gli altri osservarono la scena da lontano con gli occhi sgranati. Hinata attivò il Byakugan.

E poi, all’improvviso, la ragazza trattenne il fiato.

“Boruto!” 
 

Drago e drago si schiantarono l’un l’altro, ruggendo e ringhiando. Vrangr azzannò coi denti il collo del nemico, sferrandogli poi una zampata alle ali. Ma il drago blu non si lasciò intimorire, avvolgendo tutto il proprio corpo attorno a quello immenso del rettile nero, bloccandogli anche la zampa prima che potesse colpirlo.

Vrangr ruggì di dolore sotto la stretta possente dell’avversario, gemendo e scuotendosi nel tentativo di liberarsi dalla presa. Il drago blu azzannò a sua volta il suo collo coi denti, facendogli sfuggire un ruggito acuto ed intenso di dolore.

Ma il Divoratore di mondi non si arrese, usando tutta l’energia che aveva in corpo per strattonarsi fuori dalla presa con un colpo di ali potentissimo che lo fece scivolare via dalla spirale mortale che lo aveva bloccato prima.

Il drago nero si votò verso l’avversario, ringhiando ferocemente.

“Tu!” ruggì con odio e rabbia, osservando la figura di colui che era immerso all’interno del corpo del drago blu. “Come puoi essere vivo? Ti avevo ucciso!”

All’interno del corpo del drago, Boruto ghignò con ferocia, unendo le mani insieme per accumulare sempre più energia.

“Hai la memoria corta, schifoso drago?” ribatté con sarcasmo, fissando col Jougan il gigantesco mostro. “Avevo detto che sarei stato io ad ucciderti, ricordi? Sto solo mantenendo fede alle mie parole!”

Vrangr ringhiò sommessamente. “Cosa diavolo hai fatto?” domandò ancora con furia, osservando il drago etereo che lo avvolgeva completamente. “Come osi mutare la tua energia in forma di drago in mia presenza? Noi draghi siamo gli esseri più potenti dell’universo! La tua patetica imitazione è un insulto alla mia specie!”

Con suo sommo stupore, Boruto scoppiò a ridere appena finì di parlare. Il suono delle sue risate acute riecheggiò per alcuni secondi nel cielo, mentre il drago continuava a fissarlo con uno sguardo rabbioso e disgustato.

“Ti sbagli di grosso, drago!” rispose il guerriero con un tono serio appena si fu calmato. “Non ho affatto mutato il mio chakra in questa forma. Quella che tu vedi è la rappresentazione concreta del mio animo, la manifestazione fisica del mio essere nella sua interezza! La mia anima rappresentata nella sua vera forma!”

Vrangr sgranò gli occhi.

Il sorriso di Boruto si allargò. “Vedo che lo hai capito da solo!” riprese a dire subito. “La mia anima nella sua interezza ha assunto questa forma senza che io lo volessi! Questo lascia spazio ad una sola conclusione!”

Il Divoratore di mondi snudò i denti.

“In altre parole,” dichiarò infine il biondo, fissando l’avversario con determinazione e sicurezza. “Io possiedo lo spirito indomabile di un drago!”

“Impossibile!” ruggì subito dopo Vrangr, rabbioso. “Un patetico cucciolo d’uomo come te non potrebbe mai possedere l’animo di uno di noi! Una cosa del genere non è possibile! Voi umani siete solo una specie debole e patetica, destinata a perire sotto la supremazia dei più forti! Non esiste nessun umano capace di possedere lo spirito di un drago!”

Boruto ghignò. “Eppure io sono qui davanti a te!” disse di nuovo con sarcasmo. “Ed oggi ti dimostrerò che noi umani non siamo affatto una razza debole e patetica come tu credi!”

Poi, il suo ghigno divenne ferale, la sua espressione si fece crudele e spietata. I suoi occhi si aggrottarono, pieni di ferocia e brama di uccidere.

“E LO FARÒ ELIMINANDOTI UNA VOLTA PER TUTTE DA QUESTO MONDO!” dichiarò con ferocia e determinazione.

Senza aggiungere altro, il drago blu ruggì tutta la sua ira, scagliandosi addosso all’avversario con potenza. Vrangr ringhiò, accettando la sfida e caricando a sua volta contro la bestia eterea.
 
 
Minato, Kushina e gli altri si voltarono di scatto verso Hinata, i loro occhi sgranati all’inverosimile.

“Hinata!” esclamò Sarada, sconvolta ed incredula. “C-Cos’hai appena detto?”

La ragazza continuava a fissare il cielo coi suoi pallidi occhi bianchi, il suo volto pieno di shock, confusione, sollievo ed incredulità.

“Boruto!” disse di nuovo la Hyuuga, il suo tono più forte. “Boruto si trova all’interno di quel misterioso drago apparso dal nulla! Quel drago è fatto completamente con la sua energia!”

Naruto crollò in ginocchio, un sorriso incredulo e sincero stampato in faccia.

“Lo sapevo!” mormorò con un tono colmo di sollievo e gioia. “Lo sapevo! Era davvero la sua energia quella che avevo percepito prima! Non me lo stavo immaginando!”

Sakura si voltò leggermente verso il cielo, fissando con incredulità il drago blu che serpeggiava in alto dinanzi a Vrangr.

“Ma com’è possibile?” esclamò la giovane, incapace di comprendere. “Boruto era stato colpito in pieno dall’attacco del drago! Come ha fatto a sopravvivere?”

Sarada sentì un profondo senso di gioia invaderle il cuore appena realizzò quello che stava succedendo. Una lacrima le colò sulla guancia, mentre un sorriso ricolmo di felicità e stupore le contornò le labbra.

Boruto era vivo.

Non riusciva a crederci. Era come se un sogno, un miracolo si fosse avverato dinanzi ai suoi occhi. Il suo amico d’infanzia era vivo. Non era stato ucciso dal drago. Era ancora vivo. Era ancora qui con lei.

“Grazie al cielo!” ringraziò mentalmente, cercando di arrestare le lacrime. “Grazie al cielo! Sei vivo, Bolt!”

Gli occhi di Fugaku si ridussero a due fessure. C’era qualcosa che non quadrava in tutta questa faccenda. “Ma se Boruto è davvero sopravvissuto,” cominciò a dire, il suo tono freddo e glacialmente serio. “Allora perché si trova all’interno del corpo di quel drago? Cosa significa tutto questo?”

Tutti si ammutolirono all’istante. Quella era davvero una bella domanda. Tuttavia nessuno di loro sapeva come rispondere. Non avevano idea di quello che fosse successo. E, a pensarci bene, le domande senza risposta erano molte.

Come aveva fatto Boruto a sopravvivere? Cosa gli era successo? Perché adesso si trovava all’interno di un drago volante?

“Cosa diavolo sta succedendo?” esclamò mentalmente Naruto, incapace di comprendere cosa fosse accaduto al suo futuro figlio all’improvviso.

La voce di Kurama nella sua testa lo fece riscuotere dai suoi pensieri.

‘Credo di aver capito cos’abbia fatto quel moccioso.’ disse improvvisamente la Volpe, il suo tono serio e calmo.

Naruto, nella sua mente, si voltò di scatto verso il suo amico Bijuu. “Huh?”

Il Kyuubi lo fissò col suo sguardo indecifrabile. ‘Pensaci bene, Naruto!’ tentò di farlo ragionare il Demone. ‘Quel ragazzino sarebbe dovuto essere morto! Eppure, dopo appena due ore dal suo decesso, è comparso misteriosamente nel cielo, avvolto da una cappa di energia a forma di drago simile in tutto e per tutto alla modalità Bijuu che anche io e te siamo in grado di utilizzare!’

Il biondo sgranò gli occhi dopo alcuni secondi di riflessione. “Stai dicendo che è riuscito in un qualche modo a ricevere del chakra da qualcuno?”

‘Più che da qualcuno,’ lo corresse Kurama. ‘Io credo che lo abbia ricevuto da qualcosa!’

Naruto rimase a bocca aperta appena comprese cosa fosse successo.

Ma qualcuno lo batté sul tempo. Infatti, prima che Naruto potesse dire a tutti la sua scoperta, anche il Quarto Hokage raggiunse la stessa conclusione nello stesso istante, parlando per primo e battendolo sul tempo.

“Ha attivato il Potere del Risveglio!” esclamò Minato, basito. “Boruto è riuscito ad attivare il Potere dei manufatti!”

Tutti gli altri sette ninja si voltarono verso l’Hokage.

“COSA?!” urlò Kushina, estremamente sconvolta e con gli occhi puntati sui due draghi che volavano nel cielo.

Sarada rifletté un instante. “In effetti la cosa ha senso!” disse dopo un attimo di silenzio. “Questo spiegherebbe la misteriosa comparsa del drago!”

“Ma com’è possibile?” esclamò Sasuke dopo di lei, confuso. “Boruto non aveva idea di come usare quel Potere fino a qualche ora fa! E adesso è riuscito ad evocare un drago? La cosa non ha senso!”

Minato annuì. “Eppure è l’unica spiegazione logica che abbiamo al momento,” disse a tutti lentamente. “Non abbiamo modo di sapere la verità fino a quando non sarà lui stesso a rivelarcela.”

Il silenzio tornò a regnare tra tutti i presenti, i quali ripresero a fissare dal basso i due giganteschi rettili nel cielo che avevano cominciato a scontrarsi a vicenda con morsi e graffi, udendo i loro spaventosi ruggiti di rabbia.

“Ma se Boruto ha davvero attivato i manufatti,” disse improvvisamente Kushina, senza distogliere lo sguardo dai due mostri che lottavano con ferocia. “Allora cos’ è quel drago che ha evocato?”

Naruto sorrise. “Semplice!” rispose con un misto di gioia e orgoglio. “Quella è la sua Volontà di Fuoco!”



 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti gente! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto almeno un pò. 
-4 capitoli al finale! CI siamo quasii

La situazione si fa sempre più complessa e confusa. Ci sono ancora molte domande a cui non abbiamo risposta. Tipo: Cosa è successo a Boruto? Come ha fatto a sopravvivere? Ma soprattutto, perchè quel tipo adesso si trova dentro il corpo di un drago? Ha attivato davero il Potere dei manufatti? Come ci è riuscito?
Per rispondere a queste domande dovrete attendere domani mattina, perchè il prossimo capitolo uscirà lunedì 18 dicembre!

Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e soprattutto quelli che commenteranno o mi faranno sapere le loro opinioni. A prestissimo! ;)

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Capitolo 57
*** Identità e Passato ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 
 
RISE
(State of Mine)

 
I won't just survive,
Oh, you will see me thrive.
Can't write my story,
I'm beyond the archetype.
I won't just conform,
No matter how you shake my core,
'Cause my roots, they run deep.
 
Oh ye of so little faith.
Don't doubt it, don't doubt it.
Victory is in my veins.
I know it, I know it.
And I will not negotiate,
I'll fight it, I'll fight it.
I will transform.
I will transform!
 
When the fire's at my feet again,
And the vultures all start circling,
They're whispering:
You're out of time,
But, still I rise!
This is no mistake, no accident.
When you think the final nail is in,
Think again, think again.
Don't be suprised,
I will still rise.
 
I must stay conscious
Through the madness and chaos.
So, I call on my angels
They say...
 
Oh ye of so little faith.
Don't doubt it, don't doubt it.
Victory is in your veins,
You know it, you know it.
And you will not negotiate,
Just fight it, just fight it.
And be transformed.
And be transformed!
 
Don't be suprised,
I will still rise!
 
Io non sopravvivrò semplicemente,
Oh, mi vedrai prosperare.
Non posso scrivere la mia storia,
Sono al di là dell’archetipo.
Io non mi conformerò,
Non importa quanto scuoterai il mio nucleo,
Perché le mie radici scorrono nel profondo.
 
Oh uomo di poca fede.
Non dubitare, non dubitare.
La vittoria è nelle mie vene.
Lo so, lo so.
E io non negozierò,
Combatterò, combatterò.
Mi trasformerò.
Mi trasformerò!
 
Quando il fuoco è di nuovo ai miei piedi,
E gli avvoltoi iniziano a volare in cerchio,
Sussurrandomi:
È troppo tardi,
Ma io mi rialzerò lo stesso!
Non c’è nessun errore, nessun incidente.
Quando pensi che l’ultimo chiodo sia ormai dentro,
Ripensaci, ripensaci.
Non sorprenderti,
Io mi rialzerò ancora.
 
Devo rimanere lucido
Attraverso la follia e il caos.
Così, chiamo i miei angeli,
E loro dicono...
 
Oh uomo di poca fede.
Non dubitare, non dubitare.
La vittoria è nelle tue vene.
Lo sai, lo sai.
E tu non negozierai,
Combatti, combatti.
E trasformati.
Trasformati!
 
Non sorprenderti,
Io mi rialzerò ancora!
 

 

Identità e Passato


1 ora prima degli eventi del capitolo precedente.


Dolore.

Quella fu la prima cosa che Boruto percepì appena aprì lentamente gli occhi. Un profondo e lancinante dolore che lo attraversava per tutto il corpo. Era agonizzante ed intenso, come se una miriade di aghi gelidi e appuntiti lo stessero infilzando dalla testa ai piedi, e perforava ogni membra del suo corpo come una lama incandescente che gli bruciava l’interno.

La testa gli pulsava talmente forte che la sua visione era offuscata e confusa. Sentiva le membra pesanti e pulsanti. Tentò di muovere un braccio, ma una fitta lancinante di dolore talmente intenso da riempirgli la vista di scintille all’improvviso lo fece desistere immediatamente.

Aprì la bocca, inspirando di riflesso per il dolore. Se ne pentì un secondo dopo. La gola gli bruciò in un modo insopportabile al contatto con l’aria fredda, e Boruto cominciò immediatamente a tossire. Ad ogni colpo di tosse, il suo corpo venne pervaso da una fitta pulsante ed intensa.

Si calmò dopo una decina di secondi, respirando affannosamente. La sua mente era annebbiata, confusa. Non riusciva a riflettere coerentemente. Il dolore lo faceva delirare ad ogni fitta che lo attraversava. Ci vollero diversi minuti prima che riuscisse a formulare un pensiero coerente nella testa.

Dove si trovava?

Ammiccò diverse volte, i suoi occhi pesanti che lo supplicavano di restare chiusi a causa della stanchezza. Un profondo senso di fatica lo pervase immediatamente appena chiuse le palpebre, divenute improvvisamente troppo pesanti.

Ma lui non si arrese. Non poteva arrendersi. Decise di ritentare, ignorando il richiamo seduttore della stanchezza e del sonno che lo invitavano a dormire, a riposarsi e farsi cullare dalle tenebre. Aprì gli occhi lentamente ed alzò la testa, osservandosi attorno con una lentezza disarmante.

La prima cosa che notò fu che si trovava seduto. O meglio, la sua schiena era poggiata in posizione verticale su qualcosa di solido, con le gambe divaricate e stese in avanti nel terreno. Quest’ultimo era roccioso e freddo, ricoperto da neve bianca. Poggiò la testa all’indietro sul materiale solido su cui era poggiato, probabilmente una roccia o qualcosa di simile, ansimando copiosamente. I suoi occhi osservavano il paesaggio attorno a lui.

Il suo Jougan non percepì nessuna fonte di energia animale o umana nei paraggi. Non c’era assolutamente nulla di vivo attorno a lui. Solo una lunga distesa di roccia e neve lo circondava in tutte le direzioni, mentre davanti a sé, lontano all’orizzonte, si stagliava nel cielo una grossa catena montuosa che distava almeno venti chilometri. Un secondo pensiero gli balenò in testa appena vide le montagne.

Come era finito lì?

La sua mente prese a scandagliare i ricordi offuscati dalla stanchezza, ignorando sempre la vocina seduttrice del sonno nella sua testa che lo invitava a dormire.

I suoi occhi si aprirono leggermente al ricordo di ciò che era successo.

Accadde all’improvviso. Una serie di immagini gli passarono davanti agli occhi come saette confuse in meno di un secondo, mentre i ricordi riaffiorarono alla mente.

Il drago. La paura. Il terrore. Lo scontro. Le fiamme. Il cielo. L’esplosione.

Eren!

Il suo corpo si mosse da solo appena ricordò quel nome. Un dolore lancinante lo investì in pieno petto, ed un colpo di tosse violento gli tolse il fiato. Un liquido caldo e vischioso gli uscì dalla bocca dopo che ebbe finito di tossire, macchiandogli tutto l’addome. Lo riconobbe subito dall’odore pungente e metallico che gli investì le narici. Sangue.

Ma il dolore più forte fu quello che gli attanagliò il cuore. Una lacrima prese a colargli di nuovo sulla guancia al ricordo di ciò che era successo. 

Eren era morto. Era morto tra le sue braccia, senza che lui fosse riuscito a fare nulla per salvarlo. La rabbia e la disperazione tornarono ad accarezzargli la mente a quel ricordo, ma Boruto frenò immediatamente un magone improvviso.

Non poteva piangere adesso. Non poteva lasciarsi deprimere di nuovo. Doveva distrarsi, doveva occupare la mente.

Boruto abbassò lo sguardo su di sé, osservando le proprie condizioni. Ciò che vide non era affatto rassicurante. I suoi vestiti erano stropicciati e bruciati, il mantello completamente distrutto. Il corpo non sembrava aver riportato ferite esterne di alcun tipo, ma non reagiva più al suo comando a causa del dolore, e inoltre stava perdendo la sensibilità alle gambe a causa del contatto con la neve gelata.

Il biondo non sapeva se essere felice di essere sopravvissuto o meno. Il raggio del drago che lo aveva colpito lo aveva quasi ucciso. Era stato talmente intenso da riuscire a scaraventarlo a più di venti chilometri di distanza dal punto dove si trovava prima. Se non avesse usato la tecnica proibita che il suo migliore amico gli aveva insegnato in passato, la Hansha damēji (Riflesso dei Danni), Boruto sarebbe sicuramente stato polverizzato da quell’attacco all’istante.

I suoi occhi si posarono poi sul terreno accanto a sé. Una serie di oggetti si trovavano buttati nella neve al suo fianco. Riconobbe subito la sua spada, miracolosamente sana ed integra, poggiata accanto alla sua mano sinistra. Dietro di lei, due piccoli oggetti scintillanti brillavano lievemente in mezzo al bianco della neve.

Lo scettro e la collana. Due dei manufatti che avevano recuperato durante il loro viaggio. I suoi occhi si mossero istintivamente sulla sua mano destra, poggiata sull’addome, e un senso di sollievo lo pervase nel vedere che anche l’anello era ancora lì, infilato nel suo dito indice.

Ma, oltre a quello, Boruto vide anche un altro piccolo oggetto rotondo di colore rosso che si trovava poggiato a terra, accanto alla sua gamba destra. Non lo riconobbe subito, continuando a fissarlo con uno sguardo assonnato e pesante, domandandosi da dove diavolo fosse finito e perché se lo era ritrovato così-

Poi, di colpo, i ricordi riaffiorarono. I suoi occhi affannati e pesanti si sgranarono leggermente appena si ricordò cosa fosse quel piccolo oggetto.
 
 
FLASHBACK
 
“Aspetta, giovane Boruto!” disse l’Eremita, attirando l’attenzione di Eren e Boruto nella stanza.

Il guerriero si fermò davanti la porta, voltandosi lentamente e guardando l’anziano essere con uno sguardo interrogativo.

“Prima di andartene, voglio che tu prenda questo con te.” disse Hagoromo con un sorriso, porgendogli con una mano un piccolo oggetto rotondo.

Boruto inarcò un sopracciglio, avvicinandosi all’Eremita ed osservando l’oggetto in questione nella sua mano. Anche Eren s’inclinò in avanti col corpo dall’altra parte del tavolo, osservando con uno sguardo confuso ciò che l’anziano essere reggeva nel suo palmo.

A prima vista, esso sembrava essere una strana pallina da biliardo completamente rossa, di aspetto liscio e lucente. Era piccola, di poco più di cinque centimetri di dimensioni, e non sembrava possedere assolutamente nessun valore.

“Huh?” fece il biondo, confuso. “E questa pallina cosa dovrebbe essere?”

Il sorriso di Hagoromo si allargò. “Questo,” rispose con un tono divertito. “È un Connettore.”

Boruto lo fissò negli occhi con uno sguardo perso. “Un Connettore?” ripeté.

Eren si grattò la testa, confuso. “Quella minuscola pallina si chiama Connettore?” chiese col tono di chi non stava comprendendo minimamente quello che gli accadeva intorno. “A me sembra una semplice palla da biliardo!”

L’Eremita ridacchiò. “So che a prima vista può sembrare semplice e priva di scopo,” spiegò con calma. “Ma posso assicurarvi che questa ‘pallina’ è un vero e proprio gioiello prezioso, il cui valore è quasi paragonabile a quello dei tre manufatti che avete trovato!”

Boruto sgranò l’occhio sinistro. “Che cosa?” esclamò mentalmente.

Il ragazzo moro dal canto suo si limitò ad inarcare un sopracciglio. “E a cosa serve?” domandò, diffidente.

“Semplice,” rispose l’anziano. “Serve a connettere le persone!”

L’occhio del ragazzo del futuro si ridusse ad una fessura. “Che cosa stai dicendo?”

Hagoromo gli poggiò la pallina, o meglio il Connettore, nella mano. “Lasciate che vi spieghi,” disse loro, il suo tono pacato e lento. “Un Connettore è un artefatto particolare che fu inventato molti secoli fa dalla gente proveniente dal mio mondo originario. Quest’oggetto, nonostante sia antico, è estremamente raro e prezioso ancora oggi, perché esso permette a due persone di entrare in contatto e comunicare a vicenda, anche ad infinita distanza tra loro. Il suo valore tra la mia gente è talmente alto che può essere paragonato a quello dell’oro e dei gioielli dei vostri mondi.”

“Comunicare anche a distanza?” ripeté il Nukenin, incredulo. “Spiegati meglio!”

L’Eremita sospirò. “Proprio come hai appena detto tu stesso, giovane Boruto,” spiegò lentamente. “Il Connettore che ti ho dato permette a due o più persone distanti tra loro di comunicare con facilità, anche se essi si trovano in luoghi lontanissimi l’uno dall’altro.”

Boruto fissò il Rinnegan dell’Eremita con il suo occhio sinistro freddo. “Quindi questo Connettore non è altro che una specie di telefono?” disse con una nota di sarcasmo.

Hagoromo rise leggermente. “Il concetto è più o meno lo stesso.” concesse con un sorriso. “Tuttavia il suo raggio di azione è praticamente illimitato, e inoltre esso può essere usato una sola volta. Questo lo rende particolarmente prezioso e raro da trovare tra la mia gente, e crearlo è persino più difficile.”

Eren si grattò il mento. “E a cosa potrebbe servire a Boruto un artefatto simile?” chiese, confuso. “Come potrebbe quel Connettore essergli di aiuto?”

Il giovane guerriero osservò con interesse la figura dell’Eremita, curioso a sua volta di scoprire come potrebbe mai un oggetto simile aiutarlo in qualche modo.

L’Otsutsuki sospirò sommessamente. “Questo non so dirlo con certezza, ma per precauzione voglio che tu lo porti con te in ogni caso.”

“Ma cosa dovrei farci?” domandò subito dopo Boruto, il suo tono privo di emozione. “Come dovrei usarlo?”

L’Eremita lo fissò con uno sguardo indecifrabile. “In realtà,” rispose, la sua voce divenuta improvvisamente seria. “Se vuoi saperlo, io spero con tutto il cuore che tu non debba mai essere costretto ad usarlo. Se le cose andranno per il meglio, come mi auguro con tutto il cuore, allora forse non ci sarà bisogno di utilizzare il Connettore.”

Boruto inarcò un sopracciglio, confuso dalle sue parole.

“Tuttavia ascoltami bene,” riprese a dire ancora l’anziano prima che potesse interromperlo. “Se mai tu e tutti gli altri doveste trovarvi in pericolo, se mai doveste trovarvi in una situazione disperata e senza speranza quando affronterete il drago, allora quello sarà il momento in cui dovrai usare il Connettore. Per attivarlo ti basterà infondere un po’ di chakra al suo interno, e poi il Connettore farà tutto il resto.”

I due ragazzi rimasero confusi e stupiti dalle parole dell’Eremita. Perché avrebbero dovuto usare quell’artefatto solo in caso di pericolo? Come avrebbe potuto quel Connettore aiutarli in una situazione disperata?

“Ma perché?” domandò ancora il ninja traditore. “Come potrebbe mai aiutarci un oggetto simile in una situazione pericolosa? Cosa potrebbe mai fare questo minuscolo ‘telefono’ contro il drago?”

Per tutta risposta, Hagoromo sorrise misteriosamente.

“Questo non posso dirvelo, miei cari giovani,” rispose dopo alcuni secondi, il suo tono serio e pacato. “Ma state certi che, in una situazione disperata, esso potrebbe essere la salvezza per qualcuno di voi!”
 
FINE FLASHBACK
 

Boruto fissò con intensità il Connettore accanto alla sua gamba. Come aveva fatto a dimenticarsi di averlo con sé? Non se lo sarebbe mai ricordato se non lo avesse visto coi suoi occhi in quell’istante.

“Cosa faccio?” pensò tra sé affannosamente.

L’Eremita aveva detto di usare quell’artefatto solo nel momento più disperato. Cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe dovuto usarlo adesso? Oppure doveva aspettare?

Tentò di muovere il braccio destro verso il piccolo oggetto, ma una fitta lancinante di dolore lo pervase dalla spalla fino alle costole al minimo movimento. Strinse i denti con forza, ignorando l’intensa sofferenza fisica.

Un improvviso fiocco di neve gli cadde sul naso.

Boruto alzò la testa in alto, osservando con occhi affannati come nel cielo avesse improvvisamente cominciato a nevicare. Sentì la stanchezza farsi più pesante, sentì il suo battito cardiaco farsi più lento e le gambe farsi più insensibili.

“N-Non ho scelta,” sibilò mentalmente. La sua voce nella testa gli suonò stranamente affannosa, e la mente si fece sempre più nebbiosa e confusa. 

Non era affatto un buon segno. Il freddo e la neve stavano cominciando a fargli perdere ancora di più i sensi e la sensibilità dei suoi arti inferiori. Di questo passo, in meno di dieci minuti, sarebbe potuto morire assiderato per il freddo.

“Non credo che la situazione possa farsi più critica di così…” esalò tra sé.

Forzò il braccio a muoversi con tutta la forza mentale che gli restava. Il solo movimento gli fece esplodere un dolore acuto per la spalla, il torace ed il collo, facendogli sfuggire un urlo strozzato. Riuscì comunque ad afferrare tra le dita il piccolo Connettore, stringendolo debolmente nella sua mano.

Boruto inspirò affannosamente, cercando di restare calmo. La sua mente si stava facendo sempre più pesante, la vocina nella testa gli urlava sempre più di mettersi a dormire, di lasciarsi la fatica alle spalle e farsi cullare dall’abbraccio del sonno. Ma lui non poteva, non voleva dormire.

Perché se si fosse addormentato adesso, non si sarebbe mai più svegliato.

Fece appello a tutta l’energia che gli restava in corpo. Immerse la mente nelle profondità del suo corpo, richiamando sulla superficie un minimo barlume di chakra ed infondendolo nell’artefatto.

La piccola palla rossa sembrò illuminarsi di una luce fioca e debole per un istante, prima di ritornare come prima.

Passarono dieci secondi, poi venti, poi trenta.

Non accadde nulla.

Non stava funzionando. Non aveva funzionato. Aspettò altri venti secondi, ma il risultato fu esattamente lo stesso. Forse c’era bisogno di più chakra, tentò di ragionare, ma il solo infondere quella misera quantità di energia nel Connettore gli era costato uno sforzo enorme. Non ce l’avrebbe mai fatta a tirare fuori altra energia senza perdere i sensi. Non poteva accumulare altro chakra.

La situazione era critica. Di questo passo sarebbe veramente morto.

Tuttavia, nonostante questa consapevolezza, Boruto non si disperò.

Il biondo sorrise amaramente. Era giunta la sua ora. Era finalmente giunto al termine della sua vita. Ne era ormai certo. Lo sapeva. Se lo sentiva dentro. Mancava poco ormai prima che l’abbraccio della morte venisse a prenderlo una volta per tutte. Non c’era più alcuna speranza per lui.

Non poteva contare sull’aiuto degli altri. Nessuno sarebbe riuscito a raggiungerlo in tempo. Neanche il Quarto Hokage. La tecnica di difesa che aveva usato prima sul suo corpo per difendersi dal raggio del drago aveva dissolto nel nulla il Marchio di Teletrasporto che Minato gli aveva lasciato addosso. Non sarebbe più riuscito a teletrasportarsi da lui in quel momento.

Perciò, era finalmente giunta la sua ora.

Boruto poggiò la testa sulla roccia, chiudendo finalmente gli occhi.

Adesso non gli restava che aspettare la fine. Non poteva fare altro. Non aveva speranze di sopravvivenza ormai.

Il suo sorriso si fece più sottile.

Sapeva che sarebbe dovuto morire nello scontro col drago, lo aveva sempre saputo sin dal giorno in cui quel dannato Otsutsuki gli aveva detto quella maledetta profezia, ma se doveva essere sincero, Boruto non aveva pensato che sarebbe morto così presto. Avrebbe rivisto Eren molto prima di quanto si fosse aspettato.

Però adesso non aveva paura. Era riuscito a scendere a patti col suo Destino da tempo. Lo aveva accettato in questi giorni. Se lo aspettava da diverso tempo.

A volte però aveva tuttavia provato a convincersi che forse non sarebbe finita così. Lo aveva pensato quando aveva parlato con Sarada quella sera, o ancora prima, quando si era svegliato nel cuore della notte a causa degli incubi. Aveva provato a convincere se stesso che non sarebbe morto in questo modo, e che impegnandosi al massimo sarebbe riuscito a vincere e a tornare a casa.

Ma, alla fine, il Destino non lo aveva lasciato andare. Aveva fallito miseramente. Era stato già scritto nel suo futuro, e lui non era riuscito a cambiare il suo fato.

Non sarebbe mai più riuscito a tornare a casa.

Un pensiero inaspettato gli balenò improvvisamente in testa.

“Sei soddisfatto della tua vita?”

Quella era una bella domanda. Boruto ci rifletté a lungo, per quanto intensamente la sua mente annebbiata gli permise di riflettere.

Aveva vissuto una vita intensa, anche se era stata breve. Nel corso dei suoi sedici (o erano già diciassette?) anni di vita, aveva vissuto moltissime esperienze che molti suoi coetanei non avrebbero mai fatto. Aveva viaggiato praticamente per tutto il suo continente, aveva incontrato diverse persone e fatto molte amicizie. Aveva lottato contro innumerevoli nemici ed avversari. Aveva ottenuto vittorie e sconfitte, aveva riso e pianto, aveva amato ed odiato.

Ma oltre a questo, Boruto aveva fatto anche qualcosa di unico. Qualcosa che nessun altro oltre a lui era riuscito a fare prima. Qualcosa di talmente grande ed insolito per cui il suo nome sarebbe stato ricordato per sempre nella storia dei ninja.

Aveva creato un nuovo modo di vivere nel suo mondo.

A soli sedici anni, lui era riuscito a mettere in crisi tutti i valori degli Shinobi che per secoli erano rimasti inviolati, opponendo a quella visione crudele ed antiquata dei ninja quella nuova ed originale dei Guerrieri.

Boruto ed i suoi amici avevano rivoluzionato il mondo. Lo avevano spaccato a metà, causando una guerra il cui esito era ancora incerto. Avevano sfidato l’Unione ed i Villaggi. Avevano sfidato il nepotismo e la corruzione che annidavano il mondo creato dagli Shinobi. Avevano sfidato il potere assoluto dei Kage e dei Damiyo.

Lui e la sua Organizzazione si erano schierati dalla parte dei poveri, dei reietti, dei criminali che erano stati costretti a vivere nel brigantaggio per sopravvivere. Si erano schierati con tutte quelle famiglie e tutte quelle persone che soffrivano e pativano la fame, mentre i Villaggi si arricchivano e godevano sempre di più alle loro spalle. Avevano deciso di combattere per loro, distruggendo del tutto il sistema corrotto degli Shinobi per poi costruirne uno nuovo da zero.

Boruto Uzumaki, il Nukenin della Foglia ed il figlio reietto del Settimo Hokage, aveva dato vita ad una rivoluzione a soli diciassette anni.

Ma quella non era l’impresa più grande per lui. L’obiettivo più importante che aveva raggiunto era un altro.

Era riuscito a trovare una famiglia.

Era riuscito a trovare degli amici e delle persone che lo aveva accolto e che gli volevano bene. Era riuscito a farsi amare da qualcuno. Era riuscito a trovare delle persone con cui condividere la sua vita, le sue gioie e i suoi dolori. Era riuscito a superare il dolore e la disperazione che la sua vecchia famiglia gli aveva causato grazie a delle persone che adesso lo amavano nonostante tutto.

Boruto sorrise di nuovo.

Sì, concluse alla fine. La sua era stata una bella vita in fin dei conti. Certo, c’erano delle cose che avrebbe voluto raggiungere ancora, ma questo non sminuiva il valore di ciò che aveva ottenuto negli anni con fatica e sacrificio.

Uno dei suoi rimpianti era che non sarebbe riuscito a vendicarsi della sua vecchia famiglia.

Aveva giurato di uccidere il Settimo Hokege e di radere al suolo Konoha, e adesso non avrebbe potuto più farlo. Aveva giurato a se stesso di guidare la Rivoluzione ribelle alla vittoria, e adesso non avrebbe potuto più farlo.

Ma soprattutto, aveva giurato a Mikasa e Sora che non avrebbe abbandonato mai la sua famiglia. Aveva giurato di difenderla da qualsiasi nemico e qualsiasi minaccia. Aveva giurato che non avrebbe mai lasciato da soli i suoi amici.

E adesso, con suo sommo dolore, non avrebbe più potuto farlo.

Una sola lacrima gli colò sulla guancia. Un solo rammarico era presente nella sua vita in quel momento. Un solo rimpianto che appariva inaccettabile. Una sola ferita che lo faceva soffrire.

La consapevolezza che non avrebbe mai più rivisto la sua famiglia.
 

“Boruto?” fece improvvisamente una voce familiare dal nulla.

Il biondo riconobbe all’istante quella voce. Non avrebbe mai potuto dimenticarla per nessun motivo.Il suo corpo s’irrigidì di botto, il suo battito prese ad accelerare improvvisamente. Boruto aprì gli occhi di scatto.

Si guardò attorno attentamente in tutte le direzioni, cercando con gli occhi attorno a sé una qualsiasi figura. Era troppo debole per riuscire a muovere la testa, troppo esausto. Non vide nessuno vicino a lui, neanche col Jougan.

Era successo veramente? Lo aveva davvero sentito? Aveva davvero udito quella voce? Possibile che se lo fosse solo immaginato? Possibile che fosse solo un’illusione dovuta la fatto che stava delirando? Oppure era stata-

“Boruto?” fece di nuovo la voce di prima, questa volta con più forza.

Il ragazzo la riconobbe immediatamente.

“M-Mikasa?” balbettò debolmente, sconvolto. Quella parola gli uscì dalla bocca con un suono strozzato, quasi impercettibile.

Il piccolo artefatto nella sua mano pulsò di energia. “Boruto!” esclamò quella voce così familiare. “Sei tu! SEI DAVVERO TU!”

Gli occhi del biondo si posarono sul Connettore. “Mika…sa… Sei tu?”

“Siamo noi!” rispose subito la voce dall’interno della pallina rossa. “Siamo tutti qui! Ti stiamo sentendo tutti attraverso il Connettore!”

“BORUTO!” urlò all’improvviso una voce fanciullesca ed acuta appena Mikasa finì di parlare. “BORUTO! RIESCI A SENTIRMI?”

Il Nukenin sorrise appena udì quel grido. Non avrebbe mai potuto dimenticare quel timbro particolare. Non avrebbe mai potuto dimenticare la voce del suo migliore amico.

“S-Sora… fratello mio…” sussurrò.

“Sei tu!” fece ancora una volta la voce di Mikasa, il suo tono sembrava essere prossimo al pianto. “Sei davvero tu, Boruto!”

Boruto sorrise, sentendo a sua volta le proprie lacrime formarsi negli occhi. “Sono io…” disse debolmente. “Sono… davvero io… Mikasa…”

Fece per dire qualcos’altro, ma non ebbe il tempo di aprire la bocca.

“Ohi boss! Mi senti?” fece infatti un’altra voce subito dopo, molto più profonda delle altre due. “Riesci a sentirmi?”

Gli occhi del giovane si sgranarono leggermente. “G-Gray?” esclamò, incredulo.

“In persona, boss!” rispose quello con confidenza. “ E ci sono anche tutti gli altri qui, Kairi, Juvia e Shirou assieme a Urahara e Toneri!”

“Boruto! Finalmente possiamo sentirti!” fece la voce dolce e soave di Kairi, il suo tono pieno di sollievo.

“Ne è passato di tempo, eh biondino?” fu il successivo commento sarcastico di Juvia. “Era da più di due mesi che non ti facevi sentire!”

Anche l’ultimo membro dei Kara, Shirou, alla fine disse qualcosa. “Boruto! Che bello sentire la tua voce dopo tutto questo tempo!”

Boruto sentì le lacrime colargli dagli occhi come fumi nel risentire le voci dei suoi amici dopo tutto questo tempo. Non riusciva a crederci. Stava davvero succedendo. Stava davvero succedendo!

Era riuscito di nuovo a parlare con i suoi amici. Ancora una volta, forse per l’ultima volta, era riuscito a sentire di nuovo le loro voci. Un profondo senso di gioia gli pervase il cuore.

“Ragazzi…” disse lentamente, il suo tono fioco e debole. “Sono…. davvero felice di… sentirvi…”

“Cosa ti succede?” esclamò Sora appena lo sentì parlare. “La tua voce è debole! Cosa sta succedendo? Stai bene?”

Boruto rise debolmente. “Non posso dire… di stare bene… purtroppo…”

“Cosa vuoi dire?” fece un’altra voce improvvisamente. “Cosa ti succede, amico mio?”

“T-Toneri!” esclamò il guerriero appena riconobbe quella voce, scioccato.

“CI SONO ANCH’IO BORU-KUUUN!” urlò improvvisamente anche un’altra voce, quest’ultima parecchio irritante e allegra.

Persino in quella situazione Boruto non poté fare a meno di ridacchiare quando sentì un sonoro pugno colpire il cranio del suo maestro, seguito da un gemito acuto e poco mascolino di dolore. A quanto pareva, Mikasa non aveva perso l’abitudine di picchiare Urahara ogni volta che alzava troppo la voce in sua presenza.

“Sensei… ragazzi… che bello… poter risentire le vostre voci… dopo così tanto tempo…”

“Ci sei mancato moltissimo!” esclamò Mikasa. “Ci manchi ancora moltissimo! Ci siamo preoccupati a morte quando sei sparito nel nulla! Ti abbiamo cercato per settimane!”

“M-Mi dispiace…” si scusò il giovane sinceramente. “Non ho avuto modo… di salutarvi…”

“Non è stata colpa tua!” lo interruppe Sora con foga. “Abbiamo parlato con l’Eremita delle Sei Vie, e ci ha spiegato tutto nei dettagli. Sappiamo quello che è successo, e anche dove ti trovi adesso. Non sentirti in colpa per essere sparito senza avvertirci.”

Boruto fece per rispondere, quando la voce di Toneri lo batté sul tempo.

“Non cambiare discorso,” disse seriamente. “Cosa ti succede? Perché non ti senti bene?”

“Sei ferito?” domandò subito dopo Shirou, teso.

Boruto annuì debolmente, anche se nessuno poteva vederlo in quel momento. Ci vollero diversi secondi prima che riuscisse a formulare le parole che pronunciò in seguito.

“S-Sto morendo, ragazzi…” rivelò alla fine. Le sue parole uscirono come un sussurro fioco ed affannato. “Sono giunto alla fine…”

Passarono due secondi di silenzio.

Poi, proprio come si aspettava, scoppiò il putiferio.

“COSA?!” urlarono praticamente tutti.

“Ohi biondino!” disse Juvia, la sua voce minacciosa e preoccupata. “Cosa diavolo stai dicendo? Non fare scherzi di questo genere!”

Boruto sorrise amaramente. “Non sto scherzando…” disse ancora una volta affannosamente. “Il drago… è troppo forte… mi ha colpito… e adesso non riesco… più a muovermi…”

Ci fu una pausa di silenzio totale appena finì di pronunciare quelle parole.

“Cazzo!” udì imprecare improvvisamente Gray. “Dannazione! Dannazione! Una cosa del genere non doveva accadere!”

“COSA SIGNIFICA CHE NON RIESCI A MUOVERTI?” esclamò anche Sora, il suo tono visibilmente preoccupato.

“Hai delle ferite?” lo incalzò Mikasa contemporaneamente con una voce quasi isterica. “Riesci a vedere? Riesci a muoverti? Dove ti trovi? Gli altri dove sono?”

Il biondo sorrise. Mikasa era quella che si preoccupava di più per lui oltre a Sora. Persino adesso che erano infinitamente distanti lei continuava a tempestarlo di domande sulla sua salute. Si era aspettato una reazione simile da parte sua.

“Non posso muovermi…” spiegò debolmente. “ E la mia mente… si sta annebbiando sempre più… gli altri non sono qui… e presto… il buio mi coglierà… senza che io possa… resistere…”

“Dannazione!” fece ancora Gray. “Lo sapevo che dovevamo convincere quel dannato Eremita a portarci da lui! LO SAPEVO!”

“Datti una calmata,” lo incalzò Urahara, il suo tono divenuto di colpo serio. “Non serve a nulla cadere nel panico.”

Boruto ignorò la successiva serie di voci dei suoi amici che urlarono tra di loro con veemenza, gridando diverse frasi cariche di disperazione e preoccupazione.

Inspirò debolmente, stringendo tra le dita l’artefatto.

“M-Mikasa…” sibilò alla fine, il suo tono colmo di dolore e fatica. “Mi senti?”

Gli schiamazzi e le urla cessarono all’istante.

“Ti sento, Boruto!” fu la risposta immediata della ragazza. “Sono qui, tesoro! Dimmi tutto!”

Il biondo respirò a fatica. “Ho… incontrato tuo fratello… E-Eren Jaeger…” disse alla fine, tentando di ignorare una fitta di dolore al petto.

Sentì la sua amica trattenere il fiato con forza appena udì quelle parole. Tra lui e gli altri calò un vero e proprio silenzio glaciale.

“Ho lottato… assieme a lui…” continuò affannosamente il Nukenin. “E sono… diventato suo amico…. Io e lui… abbiamo combattuto… poco fa… contro il drago…”

Il silenzio continuò ad essere la sua unica risposta.

“Mi ha parlato… molto di te…” disse ancora Boruto, la sua voce sempre più debole. “Ha detto… che ti ha sempre… voluto bene… come una vera sorella… e che non si è mai arreso… come tu gli dicevi sempre… di fare… Quando gli dissi che… tu eri ancora viva… è scoppiato a piangere… davanti ai miei occhi…”

Sentì un singhiozzo sommesso sfuggire dalle labbra della ragazza attraverso il Connettore.

Boruto chiuse gli occhi, mentre anche le sue lacrime presero a scendere con più forza. Non sarebbe stato facile per lui pronunciare le sue prossime parole. Quello che avrebbe dovuto dire adesso le avrebbe sicuramente spezzato il cuore.

Così come anche il suo.

“Però…” riprese a dire di nuovo, la sua voce pesante e piena di dolore. “Proprio oggi… lui è stato ucciso… dal drago… Eren è morto… tra le mie braccia… senza che io potessi… fare nulla…”

Nessun suono si udì dal Connettore. Nessuna reazione si sentì da parte di Mikasa o degli altri.

“Non sono riuscito… a proteggerlo…” confessò Boruto con rammarico. “Gli avevo promesso che ti avrebbe rivisto… che lo avrei portato nel mio mondo… per farvi rincontrare di nuovo… Ma ho fallito, Mikasa… Non sono riuscito… a mantenere fede… alle mie parole… Perdonami…”

Quello che udì dopo lo lasciò spiazzato.

“Non è colpa tua!” dichiarò con foga Mikasa appena finì di parlare, la sua voce piena di dolore e determinazione. “Non osare mai più dire una cosa del genere!”

Boruto sgranò gli occhi, sconvolto.

“Mio fratello non è morto a causa tua!” disse ancora la sua amica. “Lui è morto perché non si è arreso davanti al drago! Conoscendolo, Eren avrà voluto lottare al tuo fianco fino alla fine, incurante del pericolo e rifiutando di fuggire e di mettersi in salvo, vero?”

Il ragazzo del futuro rimase scioccato. Era vero. Era tutto vero. Le cosa erano andate proprio in quel modo. Ma come faceva Mikasa a sapere tutto questo?

“Mio fratello è morto per proteggere il suo mondo ed il nostro dal drago!” continuò Mikasa con determinazione. “Ho ricevuto alcune delle sue memorie grazie al Potere dei Titani, e ho visto come sono andate le cose attraverso i suoi ricordi. Non è stata colpa tua, Boruto! Lui voleva difendere ciò che aveva a cuore, e ha scelto di lottare fino alla fine per riuscirci! Non ti permettere mai più ad assumerti colpe che non hai, chiaro?”

Gli occhi di Boruto si chiusero, il suo corpo prese a singhiozzare sommessamente. Un gigantesco peso opprimente sembrò scomparire in un istante dal suo cuore.

“Ma oltre a questo, non azzardarti neppure a pensare che tu possa morire! Mi hai capito bene?” dichiarò subito dopo Mikasa, la sua voce seria e concisa.

Il Nukenin aprì gli occhi di scatto, allibito.

“Non puoi mollare tutto così!” disse ancora la ragazza, il suo tono pieno di dolore e sconforto. “Non puoi arrenderti in questo modo! Tu sei il nostro leader, il nostro amico, la nostra guida! Non puoi abbandonarci così all’improvviso! Non puoi lasciarci da soli!”

Boruto sentì il suo cuore riempirsi di dolore.

“Ti prego, Boruto!” implorò Mikasa attraverso l’artefatto. “Non andartene anche tu! Torna a casa! Torna qui da me! Ti prego! Non lasciarmi da sola anche tu!”

“Mikasa ha ragione!” dichiarò anche Sora subito dopo, il suo tono carico di preoccupazione e foga. “Boruto, tu puoi farcela! Sei il più forte di tutti, ricordi? Tu conquisterai il mondo! Non puoi permettere ad un drago di eliminarti in questo modo! Ce la puoi fare! NOI CREDIAMO IN TE!”

Boruto trattenne il fiato, sconvolto. I suoi occhi si sgranarono all’inverosimile.

“Coraggio boss!” urlò Gray dopo di lui con forza e decisione. “Che fine ha fatto il tuo spirito combattivo?”

“Non perdere la speranza, Boruto! Sono certa che tu possa farcela! Sei il più forte di tutti!” fece la voce di Kairi, piena di incitamento e certezza.

“Coraggio, testa quadra!” disse anche Juvia ferocemente. “Non vorrai farmi credere che hai davvero intenzione di morire così? Se solo provi a lasciarci le penne, giuro che appena ti trovo sarò io ad ucciderti!”

“Puoi farcela, Boruto!” lo incitò anche Shirou. “Ricordati chi sei e cosa hai fatto! Puoi ancora vincere! Tutti noi crediamo in te! Non mollare!”

Il guerriero cominciò a piangere inspiegabilmente. Il suo respiro si fece affannoso, il suo volto ricolmo di lacrime.

Toneri scoppiò a ridere. “Li hai sentiti, Boruto!” disse a sua volta con fermezza. “Non arrenderti! Puoi ancora farcela! Non è finita! Fino a quando continuerai a lottare, allora la battaglia non sarà ancora persa!”

“Coraggio ragazzo!” esclamò poi Urahara. “Rialzati e torna a casa! C’è ancora molto lavoro da fare! Non puoi mollare tutto adesso! Tutti noi saremo qui ad aspettarti, quindi datti una mossa ed uccidi quel drago! Non arrenderti! Ricordati tutto quello che hai passato fino ad oggi! Ricordati tutto quello che hai ottenuto, tutto quello che hai conquistato, tutto quello che sei riuscito a creare assieme a noi! Vuoi davvero abbandonare per sempre tutto questo? Vuoi davvero arrenderti così?”

Boruto abbassò la testa, stringendo i denti e serrando gli occhi.

“No!”

La voce di Mikasa riprese a parlare ancora una volta, il suo tono carico di affetto.

“Tutti noi abbiamo fiducia in te!” disse lei con sicurezza e foga. “Sappiamo che puoi ancora farcela! Saremo sempre qui ad aspettarti, quindi devi assolutamente tornare a casa, Boruto! Devi vincere ad ogni costo!”

Subito dopo, improvvisamente, la piccola sfera rossa pulsò intensamente di energia, generando una luce improvvisa e scattante. Boruto rimase a bocca aperta.

“NOI CREDIAMO IN TE!” urlarono in coro tutti i suoi amici un ultima volta, e l’eco delle loro voci riecheggiò con forza nell’aria dominata dal silenzio.

E poi, senza preavviso, il Connettore si frantumò improvvisamente in mille pezzi, distruggendosi da solo ed arrestando la connessione con i suoi amici.
 

Vogel im Käfig
(Attack on Titan)
 
Der innerer Reichtum der Leiter ist
wie Licht bunt, durch Farbglas
hereinzuscheinen.
Das angenehme tägliche Leben ist
wie ein warmes Kerzenlicht.

Die sehr weite grune Erde,
Das reiche schone Wasser,
Die grandiose Natur sorgt
immer noch fur ihre Kinder.
 
Hoffentlich konnen wir es
irgendwann verstehen.
Wir gehen zur anderen Seite des Horizontes.
IHoffentlich konner wir es
irgendwann verstehen.
Wir gehen festen Schritten.

Alles Lebendige stribt eines Tages.
Ob wir zum Sterben wereit sind oder nicht,
der Tag kommt sicher.

Ist das der Engel, der wom dammerden Himmel 
hinunter flog?
Ist das der Teufel, der aus der Felsensparte
heraus kroch?

Tranen, Arger, Mitleid, Grausamkeit,
Freiden, Chaos, Glaube, Verrat.
Wir werden gegen unser Schicksal ankampfen.
Wir durfen uns nicht in unser Schicksal ergeben.

Mit Trauer und Entscheidung im Herzen,
zeigen wir den Willen
weiterzugehen.
Neimand darf eigensinnig
seines Lebens beraubt werden.
La Ricchezza interiore della gente è
Colorata come la luce, per risplendere oltre
il vetro.
La comoda vita quotidiana
È come una calda luce di candela.

La terra verde molto ampia,
La ricca e graziosa acqua,
La magnifica Natura si prende cura
dei suoi bambini.
 
Speriamo che un giorno
saremo in grado di capirlo.
Andiamo dall'altra parte dell'Orizzonte.
Speriamo che un giorno
saremo in grado di capirlo.
Avanziamo con un passo deciso.

Ogni essere vivente morirà un giorno.
Anche se siamo preparati o meno a morire,
Quel giorno arriverà inevitabilmente.

È quello l'Angelo, che è volato giù dal cielo
crepuscolare?
È quello il Diavolo, che è strisciato fuori da un
crepaccio?

Lacrime, Rabbia, Peccato, Crudeltà,
Pace, Caos, Fede, Tradimento.
Combatteremo contro il nostro Destino.
Non ci sottometteremo al nostro Destino.

Con tristezza e decisione nei nostri cuori,
Dimostreremo la nostra Volontà
di andare avanti.
Adesso nessuno più verrà inutilmente
privato della propria vita.
 


Boruto non si mosse per diversi secondi, continuando a fissare con gli occhi sgranati i due manufatti accanto a sé. Il suo corpo tremò incessantemente, percorso da singhiozzi e sussulti. La sua testa si abbassò di scatto. I suoi occhi si serrarono. I suoi pugni si strinsero.

Un solo pensiero riecheggiò nella sua testa.

Come aveva potuto fare una cosa del genere?

La realizzazione lo colpì come un mattone di cemento. La realtà e la comprensione dei fatti lo lasciò allibito e sconvolto.

Si era arreso.

Boruto si era arreso. Rimase di stucco appena lo capì. Non poteva crederci. Non riusciva a crederci. Eppure era la verità. Era la cruda e terribile verità.

Si era arreso.

Per tutto questo tempo, lui non aveva fatto altro che arrendersi. Non aveva fatto altro che accettare il suo destino a testa bassa, arrendendosi senza neanche provare a ribellarsi. Per tutto questo tempo, sin da quando era giunto a Eldia, lui aveva completamente perso la sua determinazione, arrendendosi ed accettando il suo destino senza protestare.

Si era arreso come un perdente. Si era dimenticato della sua identità.

Proprio lui che per tutta la sua vita aveva sempre combattuto a testa alta contro il Destino e l’ingiustizia, adesso si era arreso a questi.

Boruto non si era mi sentito così disgustato con se stesso come in quel momento. Non riusciva a crederci. Non riusciva a capire come avesse fatto a cadere così in basso. Come avesse fatto a dimenticarsi della sua determinazione.

Come diavolo aveva fatto a dimenticarsi del suo obiettivo? A dimenticarsi di sé?

Lui era Boruto Uzumaki. Era il ninja traditore di Konoha. Era colui che aveva ucciso Momoshiki e Kinshiki. Era il leader dell’Organizzazione Kara. Era il capo dei Ribelli. Era il simbolo della Rivoluzione. Era il nemico giurato dell’Unione. Era la voce degli ultimi e dei criminali.

Era colui che non si arrendeva mai.

Ma lui se n’era completamente dimenticato. La lontananza da casa, la pressione della missione e la paura generata dal pensiero di dover affrontare un drago gli avevano fatto dimenticare la sua stessa identità ed il suo stesso credo. Lo avevano portato ad illudersi per tutto questo tempo.

Ed ora, soltanto grazie alla sua famiglia, lui aveva riaperto gli occhi.

La realizzazione di ciò generò una forte determinazione nel suo cuore. La determinazione di continuare a lottare, la determinazione di non arrendersi, di andare avanti e non fermarsi mai.

La determinazione di ritornare dalla sua famiglia ad ogni costo.

“Grazie ragazzi!” disse mentalmente, sorridendo e continuando a versare lacrime di gioia. “Mi avete salvato di nuovo!”

Il biondo chiuse gli occhi, facendo un grosso respiro e placando il suo tumulto interiore.

“E questa volta,” dichiarò ferocemente, riaprendo gli occhi di scatto. “Giuro che non mi arrenderò mai più!”

Tutta l’esitazione e la paura scomparvero di botto dalla sua mente, rimpiazzate improvvisamente da una feroce determinazione e da un’ardente decisione.

Non si sarebbe mai più arreso. Non avrebbe più esitato. Non avrebbe accettato la sconfitta. Non avrebbe permesso al drago di vincere.

Avrebbe ucciso quello schifosissimo rettile con le sue stesse mani.

La sua determinazione si mutò in rabbia, e la rabbia si mutò a sua volta in odio.

Adesso aveva capito. Adesso aveva finalmente smesso di riempirsi la testa di patetiche menzogne create dalla sua depressione. Aveva finalmente compreso, aveva infine capito quello che doveva fare. Aveva trovato il suo obiettivo.

Doveva uccidere il drago.

“Ti ucciderò!” ruggì mentalmente Boruto, mentre il suo corpo prese a muoversi da solo all’improvviso, incurante del dolore lancinante che lo stava attraversando dalla testa ai piedi.

La sua mano sinistra raccolse la spada da terra, mentre le sue gambe presero a muoversi lentamente e a riacquistare sensibilità.

“Ti farò a pezzi!”

Il suo braccio sinistro pulsò di dolore, ma lui lo ignorò. Con l’altra mano, il biondo raccolse la collana e lo scettro buttati a terra, rialzandosi a fatica e poggiando i piedi per terra.

“Ti distruggerò!”

Si risollevò da terra lentamente nonostante il dolore. Un gigantesco senso di rabbia gli pervase la mente, dissipando la nebbia e la fatica nella sua testa. Il sangue ribollì nelle sue vene, l’odio lo attraversò e divampò dentro di sé come fuoco liquido.

“Ti farò a brandelli con le mie stesse mani!”

Strinse con forza e ardore lo scettro e la collana tra le dita, alzando la testa al cielo e puntando in alto la mano che reggeva i manufatti. Fissò al mondo con rabbia e determinazione, ringhiando ferocemente dall’odio e dalla furia. Un getto di sangue copioso gli colò dalla mano puntata verso il cielo.

“TI UCCIDERÒ!”

E poi, senza preavviso, accadde l’inaspettato.

Appena finì di pronunciare quella frase, la collana pulsò improvvisamente di energia. Lo scettro vibrò nella sua mano. L’anello emise un getto di energia rossa.

E poi, come per magia, un gigantesco fulmine giallo comparve improvvisamente nel cielo, scagliandosi immediatamente dopo con tutta la sua potenza addosso al corpo di Boruto ed investendo la sua figura del tutto.

Un boato assurdo riecheggiò nell’aria per chilometri e chilometri. La terra tremò come se fosse scossa da un potente terremoto. Il cielo si oscurò completamente. La roccia si sgretolò come sabbia. La pietra si frantumò in mille pezzi. La neve si squagliò all’improvviso.

Ed infine, un ruggito spaventoso e raccapricciante riecheggiò nell’aria con un boato.

RWAAAAAAAAAR!




 
 
Note dell'autore!!!

Salve a tutti, gente! Come promesso, ecco a voi il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto!

Adesso abbiamo finalmente scoperto come ha fatto Boruto ad attivare il Potere dei manufatti. Ed abbiamo anche fatto per la prima volta un primo incontro con Mikasa, Sora ed il resto degli amici di Boruto. Chi sono queste persone? Come fanno a conoscere Boruto? Ogni cosa a suo tempo...
Ammettetelo, vi eravate dimenticati della scena dell'Eremita, vero? Distrattoni...
Il prossimo capitolo mostrerà finalmente la conclusione della battaglia tra i nostri eroi ed il drago nero. Il capitolo uscirà mercoledì 20 dicembre!

Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e che comenteranno! A presto!

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Capitolo 58
*** Addio per Sempre ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 



 


Addio per Sempre

 

(ATTENZIONE: l’autore consiglia la lettura di una parte di questo capitolo mediante l’ascolto di una canzone precisa. Ovviamente non è obbligatoria, semplicemente mi è piaciuta l’idea, ed il testo è molto azzeccato per la vicenda e la storia di Boruto e di alcuni personaggi che ho ideato in questa storia.)
La canzone è la seguente:
Scapegoat, tratta dall’anime Owari no Seraph.
 







La Volontà di Boruto ruggì tutta la propria rabbia al cielo, lanciandosi contro il drago nero e battendo le ali a ritmo forsennato per acquisire sempre più velocità.

Vrangr ruggì a sua volta con un boato possente, caricando con tutto il corpo contro l’avversario ed accettando la sfida con ferocia.

I due draghi sfrecciarono l’uno contro l’altro.

Boruto sorrise feralmente. “È giunto il momento di farla finita!”

Uno spaventoso boato riecheggiò nell’aria con forza quando Boruto e il drago nero si scontrarono, e fu come l’urto di due meteore incandescenti. Si strinsero in un abbraccio feroce, le zampe di dietro che sferravano calci nel ventre dell’altro, gli artigli che stridevano sulle squame e i corpi che si sfregavano con forza.

Vrangr però era più grosso rispetto all’altro drago etereo, e aveva le spalle più massicce. Riuscì ad allontanare il suo opponente con una zampata per un istante, poi tornarono a lanciarsi l’uno contro l’altro, tentando di azzannarsi il collo a vicenda.

Boruto osservò col suo sguardo omicida la testa nera del drago, mentre i due rettili avvinghiati precipitavano verso il suolo, continuando a sferrarsi furiosi colpi di zampe e di coda.

Poi, a meno di cinquanta metri dal suolo delle montagne sotto di loro, i due draghi si districarono, affannandosi per riprendere quota. Quando ebbe frenato la caduta, con un comando mentale del ragazzo il drago blu inarcò il collo come un serpente pronto a colpire, ed eruttò un torrente di fuoco azzurro dalle sue fauci.

L’attacco non raggiunse mai il suo bersaglio. Vrangr si portò in alto nel cielo, oltre le nuvole, evitando di avvicinarsi al suo avversario. Poi, senza lasciargli prendere fiato, aprì la bocca e sputò a sua volta un getto portentoso di fiamme nere.

Boruto ringhiò come il suo drago. “Non pensarci neanche!” sibilò con odio.

Le sue mani si unirono insieme a formare un sigillo, il sigillo del drago, ed improvvisamente un gigantesco soffio di vento vorticoso si generò attorno al corpo della sua Volontà.

Le fiamme nere si scontrarono con un impeto immane contro il vento, ma non riuscirono a superarlo. A circa dieci metri dal drago blu infatti, il fuoco si biforcò, passandogli ai lati senza fare alcun danno.

Ma Vrangr non si arrese così facilmente, interrompendo il getto di fuoco e sostituendolo con un raggio di energia rossa perforante.

“Dannazione!” imprecò il guerriero, elaborando immediatamente un comando mentale per difendersi dall’attacco a sorpresa.

Il drago etereo spalancò a sua volta le fauci, emettendo da esse una scarica di fulmini azzurri potente ed inarrestabile che sfrecciò contro il raggio eruttato dal nemico.

I due attacchi si scontrarono con un sibilo elettrico potente, generando poi un’esplosione terribile che coinvolse sia Boruto che Vrangr, senza però arrecare danni a nessuno dei due.

I draghi cabrarono attraverso il fumo denso dell’esplosione per raggiungere il cielo limpido e freddo al di sopra, sfrecciando avanti e indietro nel tentativo di prendere posizione al di sopra dell’avversario.

Il lungo drago blu azzannò coi denti la coda di Vrangr, ed il rettile nero urlò di dolore. Ansante per la fatica, il Divoratore di mondi eseguì una gran volta all’indietro, finendo alle spalle del drago etereo, che si avvitò a sinistra e cercò di risalire a spirale al di sopra di lui.

Ruggendo con tutta la loro ira, entrambi i draghi si allontanarono l’uno dall’altro, e dopo alcuni secondi ripresero a scagliarsi a capofitto in un combattimento ravvicinato, decisi a vicenda a distruggere il nemico.

Vrangr sferrò una portentosa zampata alla testa del drago blu, il quale a sua volta azzannò coi denti la spalla massiccia dell’altro, mentre tutti e due continuavano a ringhiare e a sferrarsi zampate e graffi a vicenda.

“Ora!” ruggì mentalmente il Nukenin.

Con un movimento rapido, tutto il corpo del drago etereo si mosse ad una rapidità disarmante, strisciando come un serpente lungo il torace del drago nero e spruzzando fuori dalla pelle eterea acqua, svincolandosi lontano da lui. Vrangr rimase stupito per un secondo, ma appena si riscosse fece scattare la testa in avanti per azzannare il collo dell’avversario.

Tuttavia, con suo sommo stupore, tutto il corpo del drago blu si mutò improvvisamente in acqua, e Vrangr finì con l’azzannare soltanto un getto freddo e copioso di acqua gelida che lo fece tossire appena gli penetrò nella gola.

Poi, con un ringhio feroce, la Volontà eterea spalancò le fauci, riversando una scarica di fulmini addosso all’altro drago, investendolo in pieno. Le urla e i ruggiti di Vrangr riecheggiarono nel cielo come tuoni potenti e ripetuti, e l’attacco durò una decina di secondi.

“Molto bene!” pensò tra sé il biondo, trionfante. “Sono riuscito ad infliggergli danno! Adesso devo solo riuscire a colpirlo!”

Un’idea folle gli balenò in testa come un lampo. Boruto ghignò.

Serpeggiando nell’aria, il possente drago blu si portò ancora più in alto prima che Vrangr potesse riprendersi, nascondendosi tra le nuvole alla sua vista.

Il drago nero ruggì di dolore, riprendendosi dall’attacco subito dopo un paio di secondi e ricominciando a guadagnare quota con le ali. Volse la testa da una parte e dall’altra in cerca di Boruto, il quale era fuggito ancora più in alto, spingendosi più in là di qualsiasi uccello, lassù dove l’aria rarefatta trasformava il respiro in condensa.

“Non mi sfuggirai!” ruggì ferocemente, battendo le ali all’impazzata per raggiungere il fuggitivo, inoltrandosi in mezzo alle nuvole.

Si osservò con circospezione tutt’intorno, scrutando in mezzo ai nuvoloni neri carichi di pioggia nel tentativo di intravedere il suo avversario, ma non lo trovò.

‘Dov’è?’ si chiese con rabbia. ‘Dove diavolo è finito?’

A circa duecento metri sopra di lui, ancora più in alto nel cielo, Boruto fece la sua mossa.

Impartendo alla sua Volontà un comando mentale, il guerriero balzò fuori dal suo corpo etereo all’improvviso, precipitando in picchiata verso il drago nero con la spada sguainata mentre il suo drago blu restava in volo nascosto tra le nuvole.

“Tutto questo è folle!” pensò nella sua testa, ridendo per l’ebbrezza e la vertigine della caduta libera. Si era già tuffato nel vuoto prima, nello scontro assieme ai suoi compagni, ma adesso non aveva più la sicurezza di poter essere teletrasportato in salvo. I rischi erano enormi. Se il suo piano non avesse funzionato, avrebbe seriamente potuto rimetterci la pelle.

Il vento gli assordava le orecchie e gli fece lacrimare gli occhi, togliendogli il respiro per un secondo. Facendo subito un grosso respiro, Boruto si calmò ed allargò le braccia e le gambe, cercando di stabilizzare il volo. Sotto di lui, il drago nero lo vide e comprese ciò che voleva fare.

“Lo stesso trucco non funzionerà due volte!” ruggì sarcasticamente.

Vrangr scartò immediatamente a sinistra, ma il guerriero aumentò all’ultimo secondo la velocità chiudendo gli arti e scendendo in picchiata come un razzo, e Vrangr non riuscì ad evitarlo del tutto.

Boruto guidò la spada in un affondo fulmineo quando vide passare accanto a sé il fianco del drago, e sentì la lama penetrare nella carne del polpaccio della creatura, prima che la gravità lo attirasse più in basso.

Il drago nero ruggì di dolore.

L’impatto fece compiere a Boruto una serie di capovolte in aria, ma egli non riuscì a fare nulla. Il tempo di riuscire a bloccare le rotazioni infatti, e aveva già bucato la coltre di nubi per piombare inesorabilmente sulle montagne a terra, incapace di reagire.

Il giovane si guardò oltre le spalle. “Andiamo, drago! Dove sei?”

Per tutta risposta, il suo drago blu comparve come una saetta dalla cortina di fumo livido delle nuvole, le ali aderenti al corpo per aumentare la velocità. Sgusciò sotto di lui e aprì le ali per frenare la picchiata.

Boruto sospirò di sollievo appena tornò ad immergersi all’interno del corpo liquido della sua Volontà, accogliendo con gioia il ritorno del proprio peso mentre il drago riprendeva quota.

“Ha funzionato!” esclamò mentalmente.

Tuttavia la sua soddisfazione scomparve quando si rese conto che l’acrobazia aveva messo la sua Volontà alla mercé del drago nero. La possente creatura si avventò su di lui, impedendogli ogni via di fuga per costringerli ad atterrare sul suolo.

Boruto tentò di effettuare diverse manovre, calcolando angolazioni e variabili di peso nella sua testa, ma ogni volta che ci provava Vrangr si tuffava su di lui a fauci spalancate, colpendo il suo drago con le ali e la coda per fargli cambiare rotta.

I due draghi continuarono a rincorrersi e urtarsi per diversi minuti, perdendo sempre più quota. Alla fine, la stanchezza cominciò a farsi sentire per entrambi. Il drago etereo, nonostante potesse sembrare insensibile, cominciò a farsi più lento ogni secondo di più, mentre Vrangr smise di battere le ali, lasciandosi planare dal vento.

“Così non va,” realizzò Boruto, osservando la testa della sua Volontà. “Il mio drago riesce ad agire come un essere cosciente e pensante, ma a quanto sembra subisce anche gli effetti della fatica come un vero essere vivente.”

Il Nukenin aveva cominciato a comprendere come funzionasse il Potere del Risveglio. Il suo funzionamento era davvero intrigante ed assolutamente complesso.

In pratica, i manufatti permettevano all’anima di una persona di manifestarsi nel mondo fisico attraverso una forma che variava a seconda dell’utilizzatore, e donava ad essa la capacità di pensare e muoversi in maniera autonoma, ma sempre in funzione e accordo dell’utilizzatore. In altre parole, era come creare un’altra copia di se stesso che pensava ed agiva esattamente all’unisono coi propri pensieri.

Ma, proprio come un essere senziente e autonomo, l’anima manifestata attraverso il potere dei manufatti poteva anche indebolirsi, subire danni e provare dolore.

Boruto strinse pugni. Non aveva senso continuare a lottare in aria in queste condizioni. Si sarebbe stancato troppo. Perciò, con un comando mentale, il suo drago ruggì all’aria, virando verso il basso e dirigendosi a terra. Vrangr lo seguì a ruota, inclinando il corpo e discendendo verso il suolo.
 

Il drago azzurrò atterrò sulle zampe con eleganza sopra la cima di una montagna innevata, alzando il collo e fissando il suo avversario con rabbia, il quale si era posato come lui su un’altra vetta poco distante.

“È inutile!” sibilò il drago nero con ferocia. “Non importa quanto tu possa provare a sfuggirmi, non riuscirai a vincere! Non mi fermerò mai fino a quando tu e il resto dei tuoi patetici amici sarete stati annientati!”

Lo sguardo di Boruto si fece ricolmo d’odio, il suo volto schiumante di rabbia. “Non credere di essere invincibile, bestia disgustosa!” ribatté con disprezzo, mentre il suo drago prese a snudare i denti. “Sarò io quello che non si fermerà fino a quando non avrà avuto la tua testa!”

Vrangr sbatté con forza una zampa a terra, ringhiando. “Credi di essere al mio livello?” urlò con foga. “Credi davvero di potermi sconfiggere con quella patetica imitazione della mia specie che ti avvolge il corpo?”

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure.

Il drago nero mostrò i denti, continuando subito dopo. “Non farmi ridere, umano! Il tuo potere non è neanche lontanamente paragonabile al mio! Ho combattuto avversari ben più forti di quanto tu possa sperare di diventare! Ho ucciso con i miei stessi denti draghi grandi il doppio di me! Ho sterminato decine e decine di popolazioni col mio fiato ardente! Ho assorbito l’energia di centinaia di mondi diversi! Cosa puoi sperare mai di ottenere in questa situazione? Speri di potermi uccidere in questo modo?”

Boruto strinse i pugni con forza. Quello che il Divoratore di mondi stava dicendo era vero, e lui lo sapeva bene.

Quel drago era forte, troppo forte rispetto a lui. Anche col Potere dei manufatti, Boruto non sarebbe mai stato in grado di eguagliarlo. La manifestazione della sua anima era riuscita a curarlo e ad aumentare la sua potenza in maniera spropositata, ma non era sufficiente per riuscire ad uccidere quel drago. Non era neanche lontanamente pensabile.

Non avrebbe mai avuto la possibilità di sopraffare la sua potenza. La sua resistenza, la sua forza erano troppo grandi, troppo elevate. Non c’era modo di riuscire a vincere in una battagli simile contro di lui.

Tuttavia, per qualche motivo, la cosa non lo fece demoralizzare.

Boruto sorrise misteriosamente.

Era sempre così, realizzò in quel momento. Era sempre stato così per tutta la sua vita.

Per tutta la sua vita, lui non aveva fatto altro che cercare di diventare più forte. Non aveva fatto altro che allenarsi, migliorarsi, perfezionarsi giorno dopo giorno. Per tutta la sua vita, Boruto aveva tentato di ottenere sempre più potere, sempre più esperienza e conoscenza per poter diventare più forte.

E i risultati erano sempre stati positivi.

Era diventato più forte. Era riuscito a compiere imprese che nessun altro prima di lui aveva realizzato nel suo mondo. Era riuscito ad ottenere una forza ed un potere che nessun altro possedeva. La sua forza era invidiabile per chiunque, la sua velocità ineguagliata, il suo nome conosciuto e temuto a soli diciassette anni.

Era diventato il Nukenin più potente mai esistito, era riuscito a diventare uno degli uomini più temuti e, soprattutto, più forti nel mondo degli Shinobi. Non c’era stato nessuno prima di lui che era riuscito a creare ciò che lui aveva creato. Nessuno prima di Boruto era riuscito a mettere in crisi il concetto stesso di Shinobi come aveva fatto lui. Persino Madara Uchiha e l’Akatsuki non erano riusciti a spaccare il mondo a metà come aveva fatto lui.

Eppure, nonostante tutto questo, nonostante tutto il potere, la fama e la forza che aveva ottenuto, Boruto non era ancora il più forte.

Lo aveva sempre saputo. La consapevolezza di ciò lo aveva sempre accompagnato per tutta la sua vita.

Boruto aveva sempre vissuto con la consapevolezza che suo padre, il Settimo Hokage, e che Sasuke Uchiha fossero un traguardo insormontabile per lui. Per quanto potere riuscisse ad ottenere, per quanta esperienza e perfezionamento riuscisse a fare, quei due erano sempre stati al di sopra di lui.

Forse neanche adesso, col Potere del Risveglio nelle sue mani, Boruto avrebbe avuto la possibilità di sconfiggerli. Ma anche se fosse finalmente riuscito a raggiungerli, la cosa non avrebbe avuto senso.

Perché Vrangr era persino più forte di Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha.

Ottenere la loro forza adesso non avrebbe più significato nulla. Non avrebbe comunque portato le cose a suo favore. Non avrebbe cambiato niente.

Eppure, anche nonostante questo, lui non si demoralizzò.

Lo aveva compreso appena aveva attivato i manufatti. Lo aveva compreso grazie alle parole della sua famiglia. La realizzazione lo aveva colpito come un fulmine che aveva dissolto la nebbia e la confusione nella sua mente, troppo offuscata dalla rabbia per riuscire a capirlo prima.

Il potere non era la cosa più importante.

Era una realizzazione così semplice e banale che Boruto era quasi scoppiato a ridere appena l’aveva compresa. Era talmente cruda e scontata che nessuno sarebbe mai riuscito a prenderla sul serio. Era semplice.

Se il potere fosse stato davvero la cosa più importante, allora come aveva fatto lui ad ottenere tutto ciò che aveva ottenuto in vita? Se il potere era ciò che contava davvero, come aveva fatto Boruto a sfuggire a suo padre e Sasuke, gli uomini più potenti mai esistiti nel suo mondo, per cinque lunghi anni?

Non aveva senso.

Naruto e Sasuke erano sempre stati più che capaci di ucciderlo. Il loro potere era ineguagliato. Avrebbero avuto moltissime occasioni per eliminarlo, liberando per sempre il mondo dalla minaccia che incombeva su di loro.

Eppure, non ci erano mai riusciti.

Perché?

La risposta era semplice. Estremamente semplice. Talmente semplice da spaventarlo. Lo spaventava sia per la sua semplicità, sia per la natura stessa della risposta.

E la risposta era che il potere non serviva a nulla.

Il potere non era ciò che contava davvero. Non era ciò che permetteva agli uomini di continuare a lottare. Non era ciò che garantiva la vittoria.

L’unica cosa che contava era la forza del cuore.

Boruto lo aveva finalmente capito. Dopo cinque lunghissimi anni di lotte, sofferenze, sacrifici e allenamenti, Boruto lo aveva infine capito. Il potere non era ciò che gli aveva fatto raggiungere il traguardo dove si trovava adesso.

Lui era sempre riuscito ad avere la meglio perché il suo cuore era saldo. Era sempre riuscito a sfuggire a Naruto e Sasuke perché il suo cuore non si era mai arreso al loro potere. Lui era sempre riuscito a farsi beffe di quei due perché la sua determinazione era stata salda ogni giorno.

E la sua determinazione era stata salda perché lui non era mai rimasto solo. Il suo cuore non si era mai arreso perché aveva al suo fianco delle persone che lo aiutavano a sostenere il peso delle avversità.

Boruto e gli altri suoi amici erano certi che ciò che facevano fosse per il bene di tutti, e questo li spronava ad andare avanti e a compiere imprese impensabili. Questo era ciò che gli aveva permesso di compiere tutto ciò che avevano fatto fino ad oggi.

Niente di più, niente di meno.

Il sorriso del guerriero si allargò. Vrangr sgranò gli occhi rossi, confuso.

Questa cosa era valida anche adesso. Lui non sarebbe mai riuscito a sconfiggere il drago grazie al potere, proprio come non era mai riuscito a sconfiggere suo padre con esso. Non era così che doveva agire.

L’unica cosa che gli avrebbe permesso la vittoria era la sua determinazione. Soltanto grazie alla sua volontà di andare avanti, soltanto grazie alla certezza, allora lui avrebbe potuto farcela. Soltanto accettando di sacrificare tutto se stesso per quella causa allora avrebbe avuto la possibilità di successo.

Anche se per farlo, doveva essere determinato a rischiare tutto.

Anche la sua stessa vita.

Boruto alzò la testa di scatto, osservando con un sorriso ferale il drago nero. Il suo drago spalancò la bocca e ruggì ferocemente, fissando con rabbia l’avversario.

“Io non spero un bel niente, drago.” riprese a dire il ragazzo dopo quel silenzio, il suo tono calmo e pacato.

Vrangr aggrottò gli occhi, confuso dalle sue parole.

Lo sguardo di Boruto si fece colmo di sicurezza e determinazione.

“Io SO che sarò in grado di ucciderti!” dichiarò con confidenza e ferocia, alzando il braccio destro e puntando la punta della spada contro il drago. “E non mi arrenderò fino a quando di te non resterà neanche l’ombra! Quindi preparati, schifosa bestia, perché è giunta la tua fine!”

Il drago rimase sbalordito dalle sue parole per diversi secondi, incapace di comprendere da dove quel cucciolo d’uomo potesse prendere una confidenza simile.

Poi però, la rabbia e l’orgoglio gli annebbiarono la mente, facendolo infuriare a morte.

“PATETICO INSETTO!” ruggì con una rabbia incontenibile, facendo tremare la terra e le montagne col suo ruggito e con l’energia emessa dal suo corpo. “RIMPIANGERAI DI AVERMI SFIDATO IN QUESTO MODO! ADESSO ASAGGERAI L’IRA DI VRANGR, IL DIVORATORE DI MONDI! NIENTE E NESSUNO TI PERMETTERÀ DI SOPRAVVIVERE! NON VEDRAI MAI PIÙ LA LUCE DEL GIORNO, ED IO REGNERÒ SOVRANO SOPRA TUTTE LE RAZZE DELL’UNIVERSO ANCORA UNA VOLTA!”

Boruto afferrò l’elsa della spada con entrambe le mani, il suo sguardo tornato improvvisamente serio e privo di emozione. La sua Volontà snudò i denti, pronta ad agire.

Ora non c’era più scampo. Ora era giunta finalmente la fine di tutta questa storia. Adesso, tutto sarebbe finito, nel bene o nel male.

Aveva preso la sua decisione. Non sarebbe più potuto tornare indietro.

Ma, prima che uno dei due potesse fare la prima mossa, Minato si materializzò improvvisamente dietro al drago blu di Boruto, assieme a Naruto, Sarada e tutti gli altri.

Boruto sentì la loro energia col Jougan, voltando lentamente la testa verso di loro.

“Siete arrivati.” disse semplicemente col suo tono serio e conciso di sempre.

“Boruto!” esclamò Sarada, contemporaneamente sconvolta e sollevata nel vedere di nuovo il suo amico davanti a lei.

“Cosa sta succedendo? Cos’è tutto questo?” domandò ancora lei, indicando con le mani il suo drago. “Cosa ti è successo?”

Boruto li osservò tutti col suo occhio indecifrabile senza rispondere, scrutando attentamente i volti dei suoi compagni. Nessuno parlò per diversi secondi, ed un silenzio freddo e glaciale prese a regnare tra tutti i presenti.

Il guerriero si voltò completamente verso di loro dopo una decina di secondi, mentre il suo drago girò solo la testa.

“Naruto,” disse improvvisamente Boruto, guardando il diretto interessato negli occhi dall’interno della sua Volontà. “Grazie di tutto. Ti chiedo scusa per come ti ho trattato in questi mesi.”

Il biondo sgranò gli occhi, completamente scioccato. “C-Cosa?”

Ma il Nukenin riprese subito a parlare. “Chiedo scusa anche a tutti voi,” continuò a dire prima di poter essere interrotto, rivolgendosi al resto dei compagni. “Mi dispiace di avervi causato problemi in passato per via del mio atteggiamento, ma non posso cambiare ciò che sono, neanche adesso. Spero che possiate almeno accettare questo, alla fine.”

“Che stai dicendo?” lo interruppe Minato, il suo sguardo preoccupato. “Perché stai dicendo queste cose?”

Boruto sorrise. “È giunta la fine, Quarto Hokage.” rispose con calma e serietà. “Adesso, io ucciderò questo drago una volta per tutte. Adesso, tutta questa storia giungerà al termine.”

“Aspetta!” esclamò Kushina subito dopo. “Cos’hai intenzione di fare? Cos’hai in mente?”

“Come vorresti uccidere il drago da solo?” chiese anche Sakura dopo di lei.

Invece di rispondere, il guerriero sospirò con un sorriso, chiudendo gli occhi e scuotendo leggermente la testa. Una miriade di emozioni confuse che gli danzarono nel cuore nel salutare un’ultima volta i suoi compagni di viaggio.

Sasuke fece un passo avanti. “Insomma Boruto, cosa vuoi fare?” insistette con forza. “Dicci quello che hai in testa!”

“Non ce n’è bisogno.” lo interruppe il biondo, riaprendo lentamente gli occhi, il suo bieco sorriso sempre presente. “Adesso tutto giungerà alla fine, ed Eldia e il nostro mondo saranno salvi.”

“Di cosa stai parlando?” domandò Fugaku con foga. “Si può sapere che ti è preso?”

“Perché stai dicendo queste cose? Cosa hai intenzione di fare?” chiese anche Mikoto, il suo sguardo teso e concentrato come se stesse tentando di comprendere qualcosa.

Il giovane non rispose. Il drago di Boruto scosse la coda leggermente, facendola serpeggiare all’aria.

“B-Boruto-kun,” cominciò a dire Hinata, fissando il suo futuro figlio con uno sguardo pieno di tensione e preoccupazione. “Cosa vuoi fare?”

Il ninja traditore posò gli occhi su di lei e fece un sorriso triste. “Hinata,” disse semplicemente. “Abbi cura di te e di Naruto. Se lo farai, un giorno riuscirai a diventare una buona madre. Ne sono convinto con tutto il cuore.”

La ragazza sgranò gli occhi, scioccata nel sentire quelle parole uscire dalla bocca del ragazzo.

“INSOMMA BORUTO!” urlò Sarada subito dopo, completamente in preda al panico. “COSA DIAVOLO SUCCEDE? PERCHÉ STAI DICENDO QUESTE COSE COSÌ ALL’IMPROVVISO? RISPONDI!”

Lo sguardo di Boruto si posò sulla sua vecchia amica d’infanzia, osservando il suo volto pieno di confusione, preoccupazione e paura. Una strana sensazione di compassione e rammarico gli inondò il cuore nel vederla in quello stato. Un profondo senso di pentimento nacque dentro di sé nel ricordare ciò che quella ragazza aveva passato a causa sua, nel ricordare quanto avesse sofferto a causa dell’amore che provava per lui.

La sua determinazione vacillò per un secondo, prima di tornare più salda di prima.

Boruto si portò una mano sul collo, afferrando una piccola collana nascosta che aveva portato sempre con sé da anni ormai. Un ricordo del passato da cui non si era mai voluto staccare, per un motivo ancora sconosciuto anche a lui stesso.

La sua mano poi si portò in alto, e la collana attraversò il lungo collo del drago da sola, come trasportata da un getto d’acqua. Sarada e gli altri sgranarono gli occhi.

Il drago abbassò la testa fino a portarla proprio sopra alla giovane Uchiha, aprendo leggermente le fauci e facendo cadere la collana dalla bocca. La ragazza la afferrò istintivamente con le mani, osservandola con uno sguardo allibito.

Boruto sorrise lievemente. “Mi dispiace, Sarada.” disse di nuovo, il suo tono sincero e pieno di dolore. “Mi dispiace davvero per tutto. Ti auguro di trovare la tua felicità un giorno. Te lo auguro con tutto il cuore.”

Sarada alzò lentamente la testa per fissare il volto del suo vecchio amico, la sua faccia piena di confusione ed incredulità. I suoi occhi si sgranarono a dismisura. Una strana sensazione di timore e orrore cominciò a formarsi dentro di lei.

La ragazza fece per parlare, ma improvvisamente Vrangr emise un ruggito assordante dalla cima dell’altra montagna, emanando un’aura di energia orribile attorno a sé.

Il drago blu si voltò di scatto un secondo dopo, ruggendo a sua volta contro l’avversario con un grido metallico e scattante.

Boruto si voltò a sua volta, rivolgendo di nuovo le spalle ai suoi compagni e stringendo l’elsa della spada con forza.

“Mi dispiace, ragazzi.” disse ancora una volta, il suo tono serio ma allo stesso tempo sincero. “Mi dispiace davvero per tutto. Abbiate cura di voi.”

Naruto fece un passo avanti. “Boruto!” esclamò, affranto e preoccupato. “Cosa stai facendo? Non vorrai-“

Il ragazzo del futuro voltò la testa verso di loro, chiudendo gli occhi e sorridendo un ultima volta.

“Addio.”

E poi, tutto il resto accadde in un attimo.

Minato e Kushina sgranarono gli occhi.

Hinata tese in avanti la mano, urlando dalla disperazione.

Fugaku e Mikoto rimasero a bocca aperta, allibiti e sconvolti.

Sakura trattenne il fiato.

Sasuke spalancò gli occhi e la bocca.

Naruto e Sarada urlarono disperatamente, le lacrime che colavano con forza dalle loro guance.

“BORUTOOOO!”
 
 
"RWAAAAAAAAAAAAAR!"

Il drago etereo aprì le ali di scatto e balzò in avanti con un possente ruggito, sfrecciando contro Vrangr con forza e decisione.

Il drago nero si issò allora nel cielo con un potente battito d’ali, librandosi in volo ed accumulando energia dentro di sé. Il suo avversario lo seguì a ruota nell’aria, serpeggiando sempre più in alto e battendo le ali con vigore per raggiungere la preda.

Raggiunsero le nuvole in meno di un minuto, sferrandosi ripetutamente a vicenda getti di fuoco e fulmini che squarciarono le nubi e illuminarono il cielo oscuro con lampi blu e rossi.

Si fermarono appena sopra le nuvole, confrontandosi faccia a faccia per la seconda volta.
Poi, dopo un paio di secondi, i due draghi ruggirono a pieni polmoni, scattando a vicenda in avanti per attaccare.

Si scontrarono ancora una volta con un boato che riecheggiò nel cielo come un tuono, avvinghiandosi l’un l’altro in un abbraccio feroce.

Graffi, morsi, zampate e calci colpirono entrambi su tutto il corpo, ruggiti e urla di dolore risuonarono nell’aria per minuti interi. Il drago blu si avvolse attorno al corpo possente dell’avversario con il proprio, stritolandolo con forza. Ma Vrangr era più forte di lui e lo azzannò coi denti, scagliandolo lontano da sé con uno scatto del collo.

Boruto riprese subito il controllo della caduta, osservando con il suo Jougan l’immensa ed orripilante energia del drago nero. I suoi occhi si assottigliarono.

Non aveva senso continuare a combatterlo in questo modo. Il suo potere non sarebbe bastato contro di lui. La forza bruta non avrebbe portato a nulla. L’unico modo per avere la meglio era colpirlo a sorpresa in un punto debole.

E per farlo doveva combatterlo con l’astuzia, non con la forza.

“FATTI SOTTO, INSETTO!” ruggì Vrangr a pieni polmoni, ringhiando coi denti snudati. “TI FARÒ A PEZZI UNA BUONA VOLTA!”

Boruto puntò la spada contro il bestione nero con un braccio. “Questa è la fine, schifoso mostro!” urlò con ferocia e determinazione. “Adesso è giunto il momento di farla finita una volta per TUTTE!”

Vrangr scattò in avanti ancora una volta, aprendo le fauci. Il drago azzurro fece lo stesso, ruggendo con furia e odio.

I due draghi si schiantarono per la seconda volta con prepotenza, tentando di avere la meglio sull’altro a vicenda. Vrangr azzannò la testa dell’avversario con le enormi fauci, bloccando coi denti il suo opponente e facendolo urlare dal dolore.

Boruto strinse i denti, eseguendo una serie di complessi sigilli e urlando a pieni polmoni.

RAKURAI!” (Scia del Fulmine)

Il corpo del suo drago fu immediatamente ricoperto da una scarica scattante di energia che investì completamente il drago nero a causa del contatto, facendogli mollare la presa. Vrangr gemette di dolore, ma si riscosse subito ed eruttò dalla bocca una scia di fuoco nero contro il nemico.

Con un comando mentale, il drago azzurro si mosse con velocità nel cielo, salendo in alto ed avvitando il corpo attorno al getto di fiamme senza farsi colpire. Si diresse ad ampi battiti d’ala in mezzo ai nuvoloni scuri, tentando di nascondersi.

Ma Vrangr non glielo avrebbe concesso, inseguendolo a ruota ed entrando assieme a lui all’interno della tempesta di nubi nere. Si inseguirono per un minuto intero, quando poi, all’improvviso, ci fu il momento decisivo.

Il drago nero raggiunse immediatamente il suo avversario, aprendo di scatto le fauci infuocate e preparandosi a mordere il drago etereo nel punto dove si trovava Boruto per ucciderlo subito.

E fu allora che Boruto fece la sua mossa finale.

Voltandosi di scatto, il drago blu eruttò un getto di fuoco azzurro addosso a Vrangr, colpendolo in piena faccia. Tuttavia l’attacco non sembrò avere alcun effetto, ed il drago nero continuò ad avanzare verso di lui con la bocca aperta, incurante delle fiamme che lo stavano investendo come se non le sentisse neanche.

E poi, con uno schiocco secco, il Divoratore di mondi azzannò con una potenza indescrivibile il corpo sottile del drago etereo, tranciandolo di netto con le fauci.

“MUORI!” ruggì Vrangr con odio.

Il drago azzurrò si contrasse dal dolore, urlando un grido orribile e scalciando con le zampe dal dolore.

Tuttavia, in quel momento Vrangr non si rese conto di aver appena commesso il più grave errore della sua vita, ignaro che quello era esattamente il piano che il Nukenin aveva ideato per avvicinarsi a lui.

E così, appena la testa del drago nero azzannò il corpo del drago blu, Boruto, ancora immerso all’interno del corpo etereo, chiuse gli occhi e cominciò a concentrarsi al massimo, raccogliendo tutta la sua energia nella sua spada.

Adesso era giunto il momento. Quella era l’unica occasione che aveva per farla finita per sempre.

Adesso era giunto il momento di sacrificare tutto se stesso.
 


INIZIO MUSICA ADESSO
(Non c’è bisogno che leggiate in contemporanea con la musica e le frasi della canzone)

I must be sacrificed, So can i help you all?

Fece un grosso respiro, chiudendo gli occhi e la mente a tutti gli stimoli esterni. Ignorò la sensazione di pericolo che percepiva col Jougan, e anche il ruggito sempre più forte del drago. Dimenticò per un attimo tutto ciò che lo circondava, concentrandosi solo sull’attimo che gli serviva per colpire.

I’ll be a scapegoat if I can!

Cominciò a respirare ritmicamente, in attesa del momento giusto per attaccare. Un respiro alla volta. Ritmicamente. Dentro e fuori. Dentro e fuori.

My resolution failed, and all who died,

Poi, senza preavviso, una miriade di pensieri prese a balenargli nella mente all’improvviso. Una lunga serie di ricordi cominciò a scorrere davanti ai suoi occhi, senza che lui potesse fare nulla per fermarli.

Light of day still hurts me!

Poi, come per magia, tutto si fermò automaticamente. Boruto rimase di sasso. Il guerriero vide allora davanti a sè il volto sorridente di Eren, assieme anche a quello di Armin che stava accanto a lui. Le loro espressioni erano felici, i loro volti pieni di orgoglio e approvazione.

You so need to know!

Il biondo sorrise inconsciamente. Anche adesso che tutto stava per finire, anche adesso che tutto era giunto alla fine, i suoi amici lo stavano incoraggiando per l’ultima volta. Per l’ultima volta, Eren ed Armin lo stavano sostenendo nel momento decisivo.

You don’t need to go!

Un grosso senso di dolore gli accarezzò la mente per un secondo al ricordo della loro morte. Il dolore era ancora presente nel suo cuore. Avrebbe dato qualunque cosa pur di tornare indietro e ricominciare. Avrebbe dato qualunque cosa pur di riuscire a rivedere quei due.

You’re waiting right here!

Ma non aveva senso pensare cose simili ormai. Lo aveva compreso bene. Lo aveva accettato. Dopotutto, se le cose fossero andate come pensava, con molta probabilità li avrebbe raggiunti a breve.

A way for me to make it back,

Se tutto sarebbe andato come pensava, questi sarebbero davvero stati i suoi ultimi momenti di vita. Non sarebbe più riuscito a tornare a casa. Non avrebbe più avuto la possibilità di vivere un giorno di più. Sarebbe stata la sua fine.

Some way I won’t need to attack,

Non aveva scelta. Era l’unica cosa da fare. Era l’unico modo per uccidere quel drago. Doveva concentrare tutta la sua energia vitale in un solo attacco, colpendo quella bestia e facendola implodere dall’interno come aveva già fatto con il principe Tigre. Non c’era altro modo per uccidere quel drago. La sua potenza era troppo elevata, e il suo corpo esterno era immune a qualsiasi attacco.

Ma non l’interno.

Everything has gone so wrong!

Cominciò a percepire col Jougan la prossimità del drago. Sentì il suo chakra disgustoso accarezzargli la pelle. Represse un brivido di repulsione. Doveva stare calmo. Doveva restare concentrato. Ancora pochi secondi e-

Come on break it out for me! A river will flow!

ORA! Scattò in avanti, aprendo gli occhi e balzando fuori dal corpo etereo del drago con la spada puntata in avanti, scagliandosi contro la testa di Vrangr pronta a divorarlo. Il drago azzurro si dissolse nel nulla.

You are not my enemy! I’ll let you prove me wrong!

Vide il drago nero sgranare gli occhi dalla sorpresa. Un senso di feroce determinazione lo pervase a quella vista. Non avrebbe ceduto. Non l’avrebbe lasciato scappare da quest’ultimo attacco.

You can trust me when I say, It won’t be long!

Vrangr tentò di scattare con la testa in avanti per morderlo, ma lui non avrebbe ceduto. Non avrebbe esitato. La sua reazione era prevedibile, e Boruto era già pronto al contrattacco.

We’re gonna see the end of night!

Appena un secondo prima di essere colpito dalle fauci del drago infatti, Boruto avvitò improvvisamente tutto il suo corpo in alto con un movimento disumano, salendo sul muso di Vrangr ed evitando un morso mortale che lo avrebbe tranciato a metà. Poi alzò di scatto le braccia in alto, mirando con la spada verso il suo bersaglio. La lama venne pervasa da un’energia rossa. Vangr non poté fare nulla se non sgranare gli occhi.

Don’t forsake me now, We haven’t got the time!

E così, con uno scatto rapido e preciso delle braccia, il biondo conficcò la lama della spada nell’occhio sinistro del drago con un colpo solo. La lama penetrò del tutto nel cranio del mostro nero fino all’elsa. Sangue cremisi schizzò fuori dalla pupilla di getto. Boruto ghignò di trionfo.

The fallen angels I run with all know,

Vrangr emise un assordante e orribile urlo di dolore, scuotendo la testa ed arrestando il volo immediatamente. Il suo corpo si contorse, le sue zampe graffiarono l’aria nel vano tentativo di liberarsi del dolore.

It’s our fear that makes us all humans after all!

Boruto non mollò la presa sull’elsa della spada neanche per un secondo, stringendo i denti per la fatica ed infondendo nella lama tutta l’energia che aveva nel corpo di getto. Sentì il suo corpo perdere tutta l’energia all’istante, e la sua mente farsi immediatamente pesante e confusa.

Torn old sepia photographs show,

Vrangr continuò a dimenarsi incessantemente, incapace di resistere al dolore. Sentì il suo corpo pulsare dall’interno a causa dell’energia che Boruto gli aveva infuso forzatamente attraverso la spada. Sentì le sue forze affievolirsi ogni secondo di più.

Our fragile little world, must reject it respond to the

Il drago ululò di dolore, emettendo un urlo roco e strozzato. Il suo corpo pulsò di energia all’improvviso, reagendo in maniera prepotente all’invasione di chakra estraneo.

Calling, screaming inside of my soul,

E così, usando l’ultimo barlume di energia che possedeva, Boruto attivò il Marchio sulla sua mano in quello stesso momento, infondendo l’ultima riserva di energia del suo corpo dentro alla bestia dolorante.

It’s my fear of loving what’s dearest to us all!

Vide e udì Vrangr contorcersi orribilmente per il dolore, mentre il suo corpo si riempiva sempre più di energia pronta ad implodere dall’interno a causa del contatto forzato del suo chakra estraneo al sistema.

Sun is fading, It will set forever!

Infine, dopo neanche un secondo, tutta la figura del drago s’irrigidì all’istante, e Vrangr esalò l’ultimo respiro. E poi, quasi nello stesso istante, tutto il suo corpo esplose, generando un lampo di luce accecante dall’interno.

Are you still my family? A river will flow!

Mentre veniva coinvolto nell’esplosione di chakra, la mente pesante e confusa di Boruto tornò a posarsi stranamente sui suoi compagni di viaggio per l’ultima volta. Si posò su Naruto e Hinata, i suoi futuri genitori. Su Sakura, Sasuke e Sarada, la famiglia che aveva sempre invidiato nel futuro. Pensò a Minato e Kushina, i nonni che non aveva mai avuto l’occasione di conoscere e con cui alla fine aveva solo condiviso un abbraccio esitante. Pensò a Fugaku e Mikoto, invidiando il modo in cui quei due avessero sempre apprezzato l’occasione di conoscere Sarada.

In quel momento, per la prima volta, Boruto si pentì di non aver sfruttato l’occasione di conoscere meglio la sua famiglia di sangue. Forse, se le cose tra loro fossero andate diversamente, allora Boruto avrebbe potuto davvero apprezzare la loro presenza come non era mai riuscito a fare.

You are not my enemy! I’ll let you prove me wrong!

Tuttavia aveva fatto il suo dovere. Un sorriso amaro gli incurvò le labbra. Aveva ucciso il drago. Era riuscito a proteggere tutti i suoi compagni e la sua famiglia. Adesso il loro mondo sarebbe stato al sicuro. Adesso Sarada e gli altri sarebbero potuti tornare a casa.

You can trust me when I say, It won’t be long!

Lui invece non sarebbe stato così fortunato. L’esplosione lo aveva coinvolto in pieno, e non aveva più la forza per riuscire a difendersi come prima neanche con una tecnica improvvisata. Per lui, questo sarebbe stato l’ultimo sacrificio. Per lui, questa era la fine.

We’re gonna see the end of night!

Era ironico in un certo senso. Proprio lui che per tutta la vita aveva lottato contro il mondo degli Shinobi, adesso sarebbe morto per proteggerlo. Proprio lui che da sempre disprezzava il concetto stesso di Shinobi, adesso sarebbe morto esattamente come uno di loro.

Aveva lottato ogni giorno per sovvertire il sistema corrotto dei ninja, eppure adesso non avrebbe potuto portare a compimento la sua opera. Adesso, per Boruto Uzumaki, era giunta finalmente la fine.

Don’t forsake me now, We haven’t got the time!

Tuttavia non sentì la tristezza pervadergli il cuore stavolta. Era certo che Mikasa, Sora, Toneri e tutti gli altri dell’Organizzazione avrebbero sicuramente continuato a lottare per ciò che credevano anche senza di lui. La sua eredità non sarebbe scomparsa con la sua morte. La speranza di un mondo migliore non sarebbe scomparsa mai.

Nell’ultimo istante di vita che gli rimase, Boruto pregò mentalmente che Mikasa e Sora riuscissero a perdonarlo in fondo al loro cuore. Pregò che non soffrissero a causa sua. Pregò che potessero riuscire ad accettare che le cose dovevano andare in questo modo.

Sapeva che li avrebbe inevitabilmente feriti. Non avrebbe potuto mantenere la sua promessa di ritornare da loro, dopotutto. Avrebbe tradito la loro fiducia proprio alla fine.

Il pensiero di ciò gli pervase di disperazione il cuore.

Quanto avrebbe desiderato ritornare da loro. Quanto avrebbe voluto poterli riabbracciare un’ultima volta. Ma ormai era impossibile. Non poteva più tornare indietro.

Doveva accontentarsi del ricordo di ciò che tutti loro erano stati per lui.

Pregò mentalmente che quei due potessero in qualche modo superare la sua morte senza soffrire troppo, perché anche alla fine della sua vita il pensiero di farli soffrire era insopportabile per lui.

E poi, dopo un secondo, un dolore immenso lo pervase, e la sua mente divenne confusa e sempre più stanca.

Un solo, ultimo pensiero disperato riecheggiò nella sua mente prima di sprofondare per sempre nell’oblio.

“Mikasa, Sora, ragazzi… Mi dispiace, ma sembra che alla fine il mio Destino sia implacabile… Abbiate cura di voi… E sappiate che vi amo più di qualunque cosa al mondo…”

E poi, come a liberarlo da tutte le sofferenze, il buio più totale lo accolse tra le sue braccia, e Boruto si lasciò cullare per sempre dal caldo e confortevole abbraccio dell’oscurità.





 

Note dell'autore!!!

Salve a tutti gente! Come vi avevo promesso, ecco a voi il nuovo capitolo. Vi chiedo scusa per il ritardo, ma il mio Pc ha avuto dei problemi che ho dovuto risolvere prima di poterlo pubblicare.

Non ho nulla da dire su questo capitolo. O meglio, non voglio dire nulla. Lascio a voi i commenti. Siete liberi di dirmi cosa ne pensate, in qualsiasi maniera preferiate.
Per sapere cosa ne penso io, dovrete aspettare l'ultimo capitolo.

Il prossimo capitolo uscirà domani, giovedì 21 dicembre!

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e che commenteranno! A domani! ;)

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Capitolo 59
*** Lacrime di Vittoria ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!
 



 

Lacrime di Vittoria


Nulla. Assolutamente nulla.

Questa era l’unica cosa che Naruto stava percependo attraverso la modalità Eremitica in quel momento. Questo era tutto ciò che vedeva e percepiva, osservando con gli occhi sgranati il panorama attorno a sé dalla cima di una delle montagne. Il soffio gelido del vento gli accarezzava la faccia ritmicamente, scompigliandogli i capelli, e l’aria che usciva fuori dal suo naso col respiro si condensava in nuvole bianche di fumo che salivano in alto nel cielo.

Spostò lo sguardo verso le sue spalle, scrutando con attenzione e fervida minuzia ogni angolo della catena montuosa dinanzi a sé. I suoi occhi si mossero in tutte le direzioni, continuando la ricerca.

Bianco. Rocce. Ancora bianco. Altre rocce. Questo era tutto ciò che lo circondava. Non c’era nient’altro. Soltanto un ammasso enorme di rocce e di neve bianca che ricopriva tutte le montagne. Non si percepiva nessuna presenza viva per tutta quella zona, né vegetale né animale.

Strinse i pugni in un moto di frustrazione, voltandosi di nuovo e riscendendo la montagna ad ampi balzi.

Il suo cuore batteva all’impazzata, l’ansia nelle sue viscere aumentava ogni secondo di più.

Era da venti minuti che continuava a cercare. Venti interminabili minuti erano passati da quando aveva cominciato a setacciare da cima a fondo la catena montuosa dove si trovavano lui e i suoi compagni, ma fino ad ora la ricerca non aveva avuto successo. Non aveva trovato nulla. Neanche l’ombra di una traccia o il segno di un passaggio.

Si diresse immediatamente nel punto dove si trovavano gli altri, sperando disperatamente che almeno loro avessero avuto successo. Raggiunse il punto d’incontro in due minuti, atterrando proprio davanti al cratere sulla montagna. Disattivò la modalità Eremitica con un comando mentale.

Al bordo del cratere si trovavano già Sasuke e Sakura, intenti a fissare il fondo del buco con degli sguardi indecifrabili. Appena lo udirono, i due giovani si voltarono verso di lui.

“Lo hai trovato?” domandò immediatamente Sakura, portandosi le mani al petto. Sasuke rimase in silenzio, aspettando con trepidazione la risposta alla stessa domanda.

Il biondo scosse la testa, digrignando i denti in un moto di frustrazione. “Purtroppo no. Non sono riuscito a percepirlo in nessun modo! Ho perlustrato tutte le montagne due volte, ma né io né Kurama siamo riusciti a percepire una sola traccia di chakra!”

La ragazza abbassò lo sguardo all’udire ciò, visibilmente delusa e preoccupata. L’Uchiha invece sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e voltandosi di nuovo verso il cratere.

Naruto sentì la tensione crescere all’inverosimile nel suo cuore. Sentì la punta gelida del terrore farsi spazio dentro di lui per la seconda volta nello stesso giorno. Non riusciva ad accettare che le cose fossero andate veramente come temeva. Non poteva essere. Non era giusto. Doveva continuare a cercare. Forse se avesse ritentato avrebbe potuto sentire-

‘Non agitarti Naruto,’ lo richiamò pacatamente il Kyuubi nella sua testa. ‘Non serve a nulla. Forse gli altri hanno avuto più fortuna.’

Il biondo strinse i pugni in un moto di impotente rabbia. La tensione continuava ad annebbiargli la mente, rendendolo incapace di rispondere. Si limitò a pregare mentalmente che Kurama avesse ragione, dirigendosi a sua volta verso il bordo dell’immenso cratere.

I suoi occhi si posarono sull’enorme cadavere mutilato buttato nel fondo del buco, ed il suo sguardo si riempì immediatamente di rabbia e disgusto a quella visione.

Era il corpo di Vrangr. O meglio, quello che restava del suo corpo.

Il cadavere del drago era completamente devastato. Il ventre era stato letteralmente aperto e scoperto, e al suo interno si intravedevano le viscere bruciate e fumanti di colore nero. Era come se qualcosa fosse esploso all’interno del drago, squarciandogli del tutto la pancia e l’addome. Le ali e le zampe anteriori erano sparite, e sulle spalle si trovavano solamente due protuberanze sanguinanti nel punto dove prima partivano le braccia. La testa era accasciata sul fondo del cratere, con gli occhi chiusi e sanguinanti e la bocca aperta da cui colava fuoco liquido rossastro.

Naruto sentì il suo sangue raggelarsi al pensiero di cosa fosse successo a quel mostro. Tutto ciò che lui e gli altri sapevano era che fosse morto, ma nessuno aveva idea di cosa fosse successo.

Circa mezz’ora prima infatti, Naruto e gli altri avevano udito soltanto una gigantesca e fragorosa esplosione nel cielo in mezzo alle nuvole nere, la più forte che avessero mai sentito prima d’ora. La sua intensità era stata talmente potente che persino Hinata non era riuscita a vedere attraverso di essa coi suoi occhi. E poi, subito dopo l’esplosione, lui e i suoi compagni avevano visto precipitare in picchiata verso il suolo il corpo privo di vita del drago, osservandolo schiantarsi sulla montagna dove si trovavano adesso con un boato immenso.

Nessuno era stato in grado di credere ai propri occhi in quel momento. Nessuno era riuscito a comprendere ciò che era successo.

Avevano vinto. Il drago era morto. Era stato sconfitto. La loro missione aveva avuto successo.

Eppure, nessuno di loro festeggiò la scomparsa del drago. Nessuno di loro riuscì a rallegrarsi per la vittoria.

Perché Boruto era scomparso nel nulla.

Naruto e gli altri non sapevano cosa pensare. Non sapevano cosa fare. Il ragazzo del futuro era letteralmente scomparso nel nulla dopo l’esplosione avvenuta nel cielo. Lui ed il suo drago si erano completamente volatilizzati. La sua energia era svanita di botto. La sua presenza era scomparsa nel nulla, proprio com’era successo prima, appena era stato colpito dal raggio. Non c’era rimasta una sola traccia di energia o una sola pulsione nell’aria della sua presenza. Era letteralmente svanito.

Ma nessuno si era dato per vinto.

Lo avevano cercato. Per venti minuti Naruto ed il resto del gruppo avevano setacciato da cima a fondo tutta la catena montuosa nel tentativo di ritrovare il loro membro perduto. Ancora adesso Minato, Kushina, Sarada, Hinata, Fugaku e Mikoto lo stavano cercando ininterrottamente. Stavano letteralmente esplorando tutte le decine e decine di montagne attorno a loro pur di trovare una traccia, un indizio che li riconducesse al Nukenin. Ma, almeno per il momento, la ricerca non aveva dato frutti.

E un dubbio atroce continuava a tormentare l’animo del giovane jinchuukiri. Un dubbio terribile e sinistro che gli aveva già accarezzato la mente una volta quello stesso giorno, e che sperava con tutto il cuore di smentire il prima possibile.

Naruto aveva già visto morire il suo futuro figlio una volta oggi, e non poteva accettare che fosse successo di nuovo.

Dopo circa un minuto di silenzio totale, Mikoto e Fugaku comparvero improvvisamente con un balzo vicino a loro, i loro volti pieni di delusione.

Il biondo si voltò verso di loro, impaziente. “Allora?” domandò con foga. “Lo avete trovato?”

I due coniugi scossero la testa, visibilmente delusi.

“Mi dispiace, Naruto,” rispose Fugaku con un tono serio. “Ma non abbiamo trovato una sola traccia di quel ragazzo. È come se si fosse volatilizzato nel nulla.”

L’ansia dentro di lui prese ad aumentare esponenzialmente appena udì quella risposta, ma il giovane la represse subito. Non poteva lasciarsi prendere dallo sconforto adesso. Doveva continuare a sperare. Non tutto era ancora perduto. Forse gli altri avevano trovato qualcosa. Forse c’era ancora la speranza che Boruto fosse soltanto finito in un luogo troppo lontano per poter essere trovato.

Il silenzio riprese a regnare sovrano tra i presenti. Passarono altri cinque minuti. Poi i minuti divennero dieci. E poi, alla fine, altre tre persone fecero la loro comparsa nel punto di ritrovo.

Minato e Kushina avevano entrambi delle espressioni piene di sconforto in volto, mentre il primo reggeva tra le sue braccia il corpo mutilato e privo di vita di Eren. Hinata era comparsa assieme a loro, tenendosi leggermente a distanza.

Naruto e gli altri si avvicinarono a loro, osservando col cuore pesante il loro compagno deceduto.

Il Quarto Hokage poggiò delicatamente il corpo del ragazzo a terra. “Non abbiamo avuto fortuna nel trovare Boruto,” spiegò a tutti sommessamente. “Ma non potevamo lasciare Eren indietro. Gli dobbiamo almeno concedere una degna sepoltura.”

Tutti quanti annuirono alle sue parole. Minato aveva ragione. Non potevano lasciare il corpo di Eren a marcire qui senza neanche offrire un ultimo saluto al loro compagno. Non dopo tutto ciò che quel ragazzo aveva fatto per loro contro il drago.

Naruto si diresse immediatamente vicino a Hinata, fissandola con gli occhi sgranati pieni di disperazione.

“Hinata!” cominciò a dire il ragazzo, il suo sguardo supplicante. “Hai visto qualcosa? Sei riuscita a trovare almeno un indizio? Una traccia? Qualunque cosa?”

Bastò uno sguardo al volto della Hyuuga per fargli capire la risposta. Naruto sentì il proprio cuore spezzarsi in mille pezzi a quella vista. Sentì la speranza dissolversi nel nulla.

Hinata tenne la testa bassa, le mani unite insieme all’altezza della pancia ed uno sguardo pieno di dolore e sconfitta sul suo volto. Non ebbe il coraggio di incrociare gli occhi del biondo, limitandosi a scuotere la testa con un movimento lento e grave.

“M-Mi dispiace, Naruto-kun,” sussurrò la giovane, il suo tono pieno di rammarico. “Ho controllato tutte le montagne, ma di Boruto-kun non c’era una sola traccia. M-Mi dispiace…”

L’atmosfera si fece tesa e pesante per tutti quanti dopo quelle parole. Nessuno sapeva cosa fare. Nessuno sapeva cosa dire.

“L’unica speranza che ci rimane,” disse improvvisamente Kushina, i suoi occhi puntati a terra. “È che Sarada riesca a trovare qualcosa alla fine. Altrimenti, temo che non ci sia nient’altro che possiamo fare al momento.”

Nessuno ebbe il coraggio di ribattere.

Ripresero ad aspettare per un tempo interminabile. Non ci fu nessuno scambio di parole tra loro durante tutta l’attesa. Solo il suono del soffio freddo e pungente del vento si udiva tra le montagne, seguito a volte da un rombo di tuono lontano e confuso. Passarono circa dieci minuti.

Poi, dopo quella che era parsa a tutti un’eternità, Sarada raggiunse il gruppo in silenzio.

Tutti si voltarono verso di lei, l’ultimo barlume di speranza rimasto per poter avere anche solo una minuscola possibilità di ritrovare Boruto.

La giovane Uchiha si portò davanti al gruppo a passo lento, il suo volto privo di emozione e i suoi occhi nascosti dal riflesso degli occhiali. Una sola frase uscì fiori dalle sue labbra con un sussurro. Una sola fatidica domanda.

“Lo avete trovato?”

Tutti abbassarono lo sguardo contemporaneamente, incapaci di rispondere a quella terribile domanda. Nessun suono si udì nell’aria. Il tempo stesso parve fermarsi in quel momento.

Sarada li fissò uno ad uno per diversi secondi, prima di abbassare a sua volta la testa e stringere i pugni con forza.

“Capisco…”

Un gelido soffio di vento accarezzò i volti dei nove compagni, facendogli percorrere un brivido di freddo sulla schiena. Ci vollero diversi secondi prima che qualcuno riuscisse a raccogliere il coraggio e a parlare di nuovo.

“E adesso, cosa facciamo?” domandò lentamente Sasuke, fissando il corpo privo di vita del drago buttato nel fondo del cratere.

Un’ottima domanda senza dubbio. Cosa avrebbero dovuto fare adesso? La battaglia era stata vinta. Vrangr, il Divoratore di mondi era stato sconfitto. La missione si era conclusa con successo. E ora? Cosa dovevano fare?

Nessuno aveva idea di quale sarebbe dovuta essere la prossima mossa. Erano stati talmente concentrati sull’obiettivo di uccidere il drago che nessuno di loro aveva pensato seriamente a cosa sarebbe successo dopo. Non avevano avuto il tempo di rifletterci.

Dopotutto, per loro era già una grossa fortuna essere riusciti a sopravvivere allo scontro.

E adesso, come a voler peggiorare ulteriormente la situazione, Eren era morto. E Boruto era scomparso completamente. Cosa avrebbero dovuto fare in quel momento?

Un grosso dolore pervase i cuori di tutti.

Eren era morto. Non potevano ignorare questo fatto. Era morto perché tutti loro erano stati incapaci di difenderlo. Nessuno era riuscito a proteggerlo dalla furia del drago.

Il ragazzo moro non faceva parte del loro gruppo, né tantomeno Naruto e gli altri avevano avuto modo di conoscerlo per bene durante queste ultime settimane. Ma, nonostante questo, Eren si era rivelato un compagno affidabile e coraggioso. Aveva deciso di sua spontanea volontà di aiutarli a combattere la terribile calamità di Vrangr, e non si era mai tirato indietro neanche dinanzi al pericolo. Un comportamento così valoroso e nobile non era da tutti. Anche se non lo avevano conosciuto per bene, Naruto e gli altri gli sarebbero stati per sempre debitori.

L’unica persona con cui Eren aveva legato di più in questi giorni, stranamente, era stato Boruto.

Il ragazzo del futuro ed Eren erano riusciti ad accettarsi e rispettarsi a vicenda in modo molto più evidente rispetto al resto del gruppo. Cavolo, si potrebbe dire proprio che quei due fossero diventati dei veri amici. Nessun altro era riuscito a legare in modo così profondo col Nukenin a parte lui.

Ma adesso, Eren era morto e Boruto era scomparso. Entrambi separati da un destino crudele ed implacabile. E la speranza che il biondo fosse ancora vivo era bassa, se non del tutto inesistente.

Naruto e gli altri non sapevano cosa pensare. Non sapevano più cosa fare. Senza Boruto, il gruppo aveva in un certo senso perso la sua completezza. Proprio lui che si era sempre tenuto in disparte e lontano da tutti durante questi mesi, adesso che era assente ne stava facendo risentire a tutti in qualche modo. Adesso, senza di lui, l’intero gruppo sentiva la sua mancanza.

La cosa era parecchio ironica.

Minato sospirò improvvisamente, osservando il corpo immobile di Eren davanti a sé.

“Non lo so, ragazzi.” disse sommessamente. “Adesso che abbiamo vinto, non ho proprio idea di cosa dovremmo fare. Non sappiamo neanche se Boruto sia ancora vivo o no, e non abbiamo nessun modo di scoprirlo. In questa situazione, persino un Hokage come me si trova in difficoltà.”

Nessuno ribatté alle parole del Quarto. Tutti si limitarono ad annuire sommessamente, immersi coi loro pensieri nella propria mente pesante e confusa.
 

“Non disperate, miei giovani amici!” fece improvvisamente una voce familiare. “Sono tornato proprio per aiutarvi su questa faccenda.”

Tutti si voltarono di scatto alle loro spalle, osservando la figura dell’Eremita che era comparsa dal nulla in mezzo a tutti loro per la terza volta.

“Sei tornato!” fu tutto ciò che disse Naruto, per nulla sorpreso ormai dalla sua apparizione, poiché abituato a vederlo comparire all’improvviso.

L’Eremita annuì, fissando tutti i nove ninja con un debole sorriso e con uno sguardo pieno di rammarico. “Sono tornato.” confermò a sua volta lentamente.

Gli occhi di Hogoromo si posarono poi sul corpo privo di vita di Eren, e la sua espressione si fece piena di genuino dolore e rammarico.

“Mi addolora profondamente vedere che alcuni di voi non sono riusciti a farcela fino a questo momento.” disse con sincerità e pesantezza. “Speravo davvero con tutto il cuore che la missione che vi ho affidato potesse concludersi nel migliore dei modi e senza perdite. Ma, a quanto sembra, il destino non ha esaudito il mio desiderio…”

Appena finì di parlare, l’Eremita rivolse lo sguardo verso il cadavere del drago nel cratere e fece un cenno col capo.

“Tuttavia, Vrangr era un mostro crudele e assetato di potere,” riprese a dire subito dopo, il suo tono serio. “La sua morte era necessaria per la salvezza di questo mondo, così come quella di innumerevoli altri. Non potevate permettergli di continuare a fare queste stragi. Il vostro viaggio era indispensabile per la sopravvivenza di molte specie nell’universo.”

Poi, prima che qualcuno potesse ribattere, Hagoromo sollevò una mano in alto e fece schioccare le dita con un movimento rapido. Ciò che accadde dopo lasciò tutti di stucco.

Naruto sgranò gli occhi.

Era successo tutto in un attimo. Tutto ciò che si trovava attorno a loro scomparve di botto, come se non fosse mai esistito. Le montagne, la neve, il cielo e tutta la terra si dissolsero come fumo, e l’Eremita e tutti gli altri si trovarono sospesi in un immenso spazio vuoto completamente bianco, privo di qualsiasi oggetto o forma di vita.

Sasuke si guardò attorno freneticamente. “Cos’è questo posto?” domandò, allarmato.

“Rilassati, giovane Sasuke,” lo rassicurò subito l’Otsutsuki. “Non siete in pericolo. Semplicemente, vi ho appena trasportato in un’altra dimensione diversa da quella di Eldia, ovvero dove vi trovavate fino a poco fa. Come potete constatare, questa dimensione è vuota e priva di tempo, ed è semplicemente un portale di passaggio che conduce a diversi mondi collegati a questo. In questo modo potremo parlare senza interruzioni e senza preoccuparci del freddo.”

“Aspetta!” lo interruppe Sarada, i suoi occhi sgranati. “E che ne è di Boruto? Non sappiamo che fine abbia fatto! Potrebbe essere rimasto laggiù da solo! Dobbiamo tornare là a cercarlo!”

La ragazza trasalì come se fosse stata colpita appena vide l’espressione che fece l’Eremita quando finì di parlare. Sarada trattenne il fiato, mentre il mondo smise di muoversi davanti ai suoi occhi per diversi istanti.

Hagoromo emise un sospiro carico di dolore e pesantezza, fissando la giovane Uchiha con uno sguardo ricolmo di rammarico e pentimento.

Naruto sgranò gli occhi, sentendo la sua più grande paura divenire realtà. Hinata si portò una mano tremante alla bocca. Minato chiuse gli occhi, stringendo a sé una lacrimante Kushina che singhiozzava sommessamente. Sasuke abbassò lo sguardo. Sakura strinse i denti. Mikoto si voltò dall’altra parte, incapace di sostenere la vista di sua nipote. Fugaku sospirò pesantemente.

“Mi dispiace, giovane Sarada,” disse lentamente l’Eremita delle Sei vie, il suo tono pieno di dolore. “Ma Boruto è morto. Lui ed Eren sono rimasti vittime della ferocia del drago. Non sono riusciti a sopravvivere alla battaglia. Voi siete gli unici sopravvissuti. Mi dispiace davvero.”

La ragazza con gli occhiali sentì la disperazione cominciare a pervaderle completamente il cuore. Non riusciva a credere a quelle parole. Non POTEVA credere a quelle parole. Boruto non poteva essere morto. Non era vero. Non aveva senso. Era il più forte del gruppo. Non sarebbe dovuto morire. Non in questo modo.

I suoi occhi rossi colmi di furia e dolore si ridussero a due fessure. “Come puoi esserne certo?” ribatté con astio e disprezzo. “Come puoi essere così sicuro che sia morto?”

Hagoromo scosse lentamente la testa. “Per quanto io stesso desideri ardentemente sbagliarmi, temo che non ci sia più speranza ormai.” rispose con rammarico. “Vi avevo già accennato al fatto che sono sempre stato al corrente di tutto ciò che vi è successo in passato. Questo è dovuto al fatto che per tutta la durata del vostro viaggio ho usato su di voi una speciale Tecnica di Divinazione creata dalla mia gente, grazie alla quale sono stato in grado di vedere nel dettaglio tutto ciò che avete vissuto da quando avete messo piede a Eldia.”

Sakura sgranò gli occhi. “Lei sta dicendo che ha usato una tecnica per osservarci durante tutto questo tempo?”

“Esatto,” confermò l’anziano essere. “L’ho fatto per assicurarmi del fatto che ognuno di voi potesse raggiungere il drago sano e salvo. La tecnica di Divinazione che ho usato mi permette in particolare di percepire l’energia corporea di ogni persona divinata a qualsiasi distanza, rivelandomi poi con un ritardo di parecchi giorni ciò che le persone in questione hanno vissuto in precedenza. Per questo motivo sono stato sempre a conoscenza di ciò che è avvenuto nel vostro viaggio.”

Minato rifletté sulle parole dell’Eremita per diversi secondi. “Quindi in pratica lei ha visto ciò che è successo a Boruto?” domandò con serietà e tensione.

L’espressione di Hagoromo si fece solenne e triste. “Sì, ho visto ciò che è successo…”

“E allora dimmelo!” esclamò immediatamente Sarada, facendo un passo in avanti e fissandolo con i suoi occhi colmi di disperazione. “Dimmi cosa è successo a Boruto!”

Tutti si votarono verso l’Eremita, tesi e pieni di paura. L’Otsutsuki non rispose immediatamente alla richiesta della giovane Uchiha, osservandola con uno sguardo indecifrabile e profondo per diversi secondi.

“Ne sei certa?” chiese a sua volta pacatamente. “Sei certa di voler sapere questa cosa?”

“Mi prendi in giro?” ribatté quella con rabbia. “Certo che voglio sapere! Non posso restare senza risposte! Boruto è mio amico, ed ho il diritto di sapere!”

Naruto fece un passo avanti. “Anche noi vogliamo sapere che fine ha fatto!” dichiarò a nome di tutti con determinazione. “Se Boruto è davvero morto, allora voglio sapere almeno una volta come sia successo! Lui è mio figlio, ed è anche un nostro compagno! Abbiamo il diritto di conoscere la verità!”

L’Eremita li fissò con attenzione uno per uno, osservando i loro volti carichi di determinazione e dolore. Tutti loro volevano sapere cosa fosse successo al loro compagno, anche se ciò avrebbe completamente distrutto ogni speranza nel loro cuore.

Alla fine, Hagoromo sospirò. Non aveva scelta. Doveva dire loro la verità. Ne avevano il diritto. Non poteva continuare a nascondere ciò che era successo.

Anche se quella notizia li avrebbe probabilmente sconvolti.

“Subito dopo aver attivato il Potere del Risveglio,” cominciò allora a dire l’Eremita. “Boruto affrontò il drago davanti a tutti voi grazie alla manifestazione della sua anima. Durante quello scontro a cui avete assistito coi vostri occhi, egli sperimentò sulla sua pelle la vera potenza che quel mostro possedeva, e allora comprese una cosa. Comprese che non c’era modo di riuscire a uccidere Vrangr continuando ad attaccarlo come avevate fatto prima. La forza e la resistenza del drago erano troppo sconfinate, troppo imponenti per poterle sovrastare.”

Tutti ascoltarono con attenzione le sue parole.

“Tuttavia, in quello stesso momento, Boruto scoprì anche l’unico modo per sconfiggere Vrangr grazie al suo occhio destro. Grazie ad esso, egli riuscì a comprendere che mentre il corpo esterno del drago era invulnerabile a causa delle squame che lo rivestivano, la stessa cosa non si poteva dire per l’interno del suo corpo. L’unico modo per ucciderlo era farlo esplodere dall’interno, infondendo dentro di esso tutta l’energia che possedeva per farlo implodere.”

Naruto e gli altri trattennero il fiato.

“Questo è ciò che Boruto riuscì a capire,” continuò l’anziano. “Perciò, appena il drago fu abbastanza vicino, egli saltò fuori dalla sua ‘Volontà’ e lo trafisse all’occhio, infondendo dentro di lui tutta la sua energia vitale e facendolo esplodere dopo qualche secondo. Tuttavia Boruto era consapevole che l’esplosione avrebbe coinvolto anche lui, ma nonostante questo decise di sacrificarsi per riuscire a mettere fine una volta per tutte alla minaccia che quel drago rappresentava per Eldia ed il vostro mondo. Boruto si è sacrificato per salvare tutti voi e tutti i mondi minacciati da Vrangr. E lo ha fatto con un sorriso sulle labbra, senza esitare neanche per un istante. Il suo coraggio e la sua determinazione sono ciò che hanno salvato tutti voi, nonché migliaia e migliaia di altre vite.”

Nessuno parlò dopo quella spiegazione. Nessuno proferì parola appena l’Eremita finì di parlare.

“Boruto si è sacrificato per il bene di tutti,” concluse Hagoromo, il suo tono basso e pieno di dolore. “Decise di fare ciò che solo lui poteva fare in quel momento senza esitare, caricandosi il peso e le conseguenze della sua scelta pur di donare a tutti voi la speranza di salvare il mondo. Il suo sacrificio è stato nobile e coraggioso, e giuro sul mio onore che non lascerò che il suo nome verrà dimenticato per ciò che ha fatto. La speranza che lui ha donato al mondo vivrà per sempre, anche senza di lui!”

Passarono diversi secondi di silenzio glaciale in cui nessuno parlò. Poi, lentamente, qualcuno decise di proferire parola.

“Quindi…” disse Minato con un tono basso e privo di emozione. “Quando Boruto si è scusato con noi e ci ha salutato… lo ha fatto perché sapeva che sarebbe morto? Sapeva già da allora cosa avrebbe dovuto fare?”

L’Eremita annuì, chiudendo gli occhi. “Già.” rispose dolorosamente. “Boruto sapeva che non sarebbe sopravvissuto allo scontro. Lo sapeva da molto tempo ormai. Probabilmente lo sospettava già sin dal primo giorno in cui lo condussi qui assieme a voi. Dentro di lui, egli era sempre stato consapevole che con molta probabilità sarebbe morto. Tuttavia decise lo stesso di non fuggire e di affrontare il suo destino a testa alta, senza arrendersi alla sua morsa crudele.”

Kushina sentì una lacrima colarle dalla guancia. “Q-Quello sciocco!” disse lentamente, tirando su col naso. “Alla fine, anche se non andavamo d’accordo, ha deciso di salvare tutti noi… Ma perché lo ha fatto?”

“Boruto non si è mai arreso al suo destino,” spiegò l’Eremita. “Era un ragazzo che ha sofferto per tutta la sua vita, e nonostante questo alla fine ha scelto di mettere il bene di tutti prima del suo. Ha scelto di sacrificare se stesso invece che voi. Sono davvero fiero di aver conosciuto una persona come lui!”

Tutti abbassarono lo sguardo a terra dopo quelle parole. L’aria si fece colma di dolore e tristezza.

Sarada sentì un dolore immenso e straziante accarezzarle la mente. Vide le sue mani serrate cominciare a tremare da sole. Vide il suo corpo tremolare per i singhiozzi.

Ed una lacrima di sangue le colò dalla guancia, cadendo a terra sul pavimento bianco.

Boruto si era sacrificato per tutti loro. Era morto per salvare lei e tutte le persone del suo mondo. Aveva sacrificato se stesso pur di salvarli dal drago. Proprio lui che disprezzava gli Shinobi e l’idea di sacrificio nel nome del bene superiore, adesso era finito per morire in quello stesso modo.

Era ironico da un certo punto di vista.

Ma la ragazza non riuscì a ridere di quel destino ironico e crudele. Boruto era morto. Il suo amico d’infanzia era morto. La persona di cui era innamorata da cinque anni era morta, senza che lei avesse potuto fare qualcosa per salvarla.

Boruto, il suo unico amore, era morto per salvarla dal drago.

Sarada crollò in ginocchio, affondando la faccia nelle mani e gemendo sommessamente per il pianto. La collana che il suo vecchio amico le aveva donato cadde a terra da una tasca.

Non era giusto. Non era per niente giusto. Perché le cose dovevano sempre finire in questo modo? Perché la realtà non poteva mai concederle una piccola gioia invece che continuare sempre a calpestare i suoi sogni e le sue speranze?

Boruto era morto.

Perché? Perché era successo? Perché il suo amico non era riuscito a sopravvivere? Perché proprio lui aveva dovuto sacrificarsi per la salvezza di tutti? Perché? PERCHÉ?

Aveva promesso di proteggerlo. Aveva promesso che lo avrebbe riportato ad ogni costo al Villaggio assieme a lei.

E invece aveva fallito. Tutto questo non sarebbe mai più successo.

Il dolore che stava provando in quel momento era devastante. Era insopportabile. Era deliziosamente indescrivibile. I suoi occhi aumentavano e riflettevano il dolore che provava nel cuore come un circolo vizioso, facendole assaporare sulla lingua e nella mente la rabbia e la tristezza senza che lei potesse farci nulla.

“Perché, Boruto?” urlò mentalmente con tutta la sua disperazione. “Perché? Proprio ora che le cose stavano cominciando ad aggiustarsi tra noi due! PERCHÉ? PERCHÉ?”

Come avrebbe fatto adesso a vivere senza di lui? Cosa avrebbe dovuto fare? Come avrebbe mai potuto spiegare una cosa simile a Himawari? A Naruto-sama? A Hinata-sama? Con quale coraggio avrebbe potuto raccontare loro ciò che era successo a Boruto? La notizia della sua morte li avrebbe distrutti! Non poteva farlo!

Sarada era talmente immersa nel dolore e nello sconforto che trasalì appena sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Alzò la testa di scatto, fissando con dolore e sconvolgimento il volto di colui che la stava toccando.

I suoi occhi si sgranarono appena lo videro.

Naruto era inginocchiato accanto a lei, una mano poggiato sulla sua spalla ed un sorriso triste che gli contornava il volto. I suoi occhi erano pieni di lacrime, ma non stava piangendo come lei. Il suo sguardo era carico di dolore e rammarico, proprio come lei, ma c’era qualcos’altro riflesso nei suoi occhi azzurri oltre che al dolore. Qualcosa che la ragazza riconobbe solo dopo diversi secondi.

Orgoglio.

La giovane Uchiha rimase sconvolta appena riconobbe l’orgoglio negli occhi di Naruto. Non riusciva a crederci. Non riusciva a credere a ciò che stava vedendo.

Naruto le sorrise debolmente, fissando il suo Sharingan con dolore e comprensione e raccogliendo la collana di Boruto da terra.

“Sarada-chan,” disse lentamente. “Capisco cosa provi. Capisco perfettamente cosa stai provando. Ma non puoi lasciarti vincere dal dolore adesso. Non puoi abbandonarti alla disperazione.”

La ragazza lo fissò a bocca aperta, sconvolta.

“Come possiamo piangere sapendo che Boruto si è sacrificato per noi?” continuò il biondo pacatamente. “Come possiamo insultare il suo sacrificio con le nostre lacrime? Lui sapeva a cosa stava andando incontro, ma nonostante questo ha deciso di affrontare la morte per tutti noi. Ha deciso di morire come uno Shinobi pur di salvare tutti noi. Non possiamo sminuire il suo sacrificio restando a piangere.”

Sarada, Minato e Kushina, assieme ad Hagoromo e tutti gli altri guardarono con gli occhi sgranati il biondo inginocchiato a terra, ascoltando con stupore e sconvolgimento le sue parole.

Mai prima d’ora quel ragazzo aveva pronunciato un discorso così serio, così profondo. Non riuscivano a credere a ciò che stavano sentendo con le loro orecchie. Non potevano crederci.

“Tutto ciò che possiamo fare,” riprese il ragazzo, ignaro dello stupore di tutti i suoi compagni. “È ricordare ciò che Boruto ha fatto e portarlo nei nostri cuori. Lui non vorrebbe che ci demoralizzassimo per le sue azioni. Lui non vorrebbe di certo vederci cadere nel dolore a causa sua. Dopotutto, Boruto non avrebbe mai voluto farti soffrire, e lo sai anche tu, Sarada-chan. Lui non era una persona cattiva, ma era semplicemente un ragazzo come noi che ha sofferto troppo nella sua vita. Un ragazzo che, nonostante tutto il dolore e le difficoltà che ha vissuto, non si è mai arreso alla Morsa del Destino. Il fatto che abbia scelto di sacrificarsi per noi è la prova che, in fondo al suo cuore, lui voleva bene a tutti noi. Lui voleva bene anche a te.”

Gli occhi di Sarada si sgranarono ulteriormente all’udire quella frase. La sua bocca si spalancò appena ricordò le parole che Boruto le aveva detto quella sera, quando lei gli aveva confessato i suoi sentimenti.
 

“Non ho nulla contro di te, e non mi piace causare dolore alla gente, a differenza di quello che potresti pensare. Ma per quanto questa cosa non mi piaccia, io non posso ricambiare i tuoi sentimenti e lo sai anche tu.

Cosa posso fare per alleviare il tuo dolore?”
 

Fu in quel momento che Sarada comprese.

Boruto si era sacrificato anche per lei. Non lo aveva fatto soltanto per proteggere il loro mondo. Lo aveva fatto anche perché sapeva che solo con la sua morte lei avrebbe potuto ricominciare a vivere senza che fosse costretta a ricercare il suo amore. Si era sacrificato per darle una speranza, una speranza di poter ricominciare a cercare la felicità nella sua vita. La speranza di ricominciare a vivere senza il costante pensiero di doverlo riportare al Villaggio con sé.

La speranza di poter finalmente andare avanti con la sua vita.

Boruto, il suo unico amore, si era sacrificato per poterle garantire attraverso la sua morte la possibilità di ricominciare una nuova vita.

Un sorriso amaro e sottile le incurvò le labbra appena realizzò quella cosa. “Boruto, stupido sciocco,” disse mentalmente, asciugandosi le lacrime e rialzandosi lentamente in piedi. “Ho sempre saputo che il tuo era un cuore buono! Perché non riesci mai a mettere te stesso prima degli altri? Perché alla fine hai accettato di perdere tutto ciò che avevi sempre desiderato pur di salvare me e tutti gli altri?”

Quella domanda non avrebbe mai avuto risposta.

La giovane Uchiha serrò i pugni con forza, tentando per diversi secondi di calmare il terribile e devastante dolore che le stava attraversando il corpo e la mente attraverso lo Sharingan. Fece dei grossi respiri, sgombrando la mente da ogni pensiero.

Naruto aveva ragione, realizzò Sarada. Non poteva piangere la sua morte. Boruto non avrebbe voluto che lei continuasse a vivere nel dolore. Non avrebbe voluto che lei continuasse a soffrire a causa sua. Si era sacrificato per donarle una nuova possibilità di trovare la felicità. Si era sacrificato per donarle una nuova speranza.

E lei avrebbe almeno dovuto tentare di sfruttarla in suo nome.

“Grazie, Naruto.” disse allora la ragazza con un sorriso triste, rivolgendosi verso il biondo. “Anche se il dolore della sua morte resterà per sempre dentro di me, prometto che non mi lascerò mai più sopraffare da esso come prima. Prometto che continuerò a vivere e ricordare per sempre Bolt nel mio cuore, cercando di vivere al meglio ciò che il suo sacrificio mi ha darà la possibilità di sperimentare. È il minimo che gli devo per ciò che ha fatto. È l’unica cosa che posso fare per rendere onore al suo nome e al suo ricordo.”

Naruto annuì con un sorriso, asciugandosi a sua volta le lacrime dagli occhi e porgendole la collana con una mano.

“Anche se lui non si considerava tale, Boruto era un grande Shinobi,” disse con orgoglio. “Nonostante tutto il suo dolore, lui non si è mai arreso e ha lottato sempre per ciò che riteneva giusto. Se mai un giorno avrò un figlio, allora sarei davvero orgoglioso di vederlo diventare come lui! Vero, Hinata?”

La Hyuuga annuì debolmente, asciugandosi le lacrime dagli occhi con una mano. “Sì!” dichiarò a sua volta lei. “Boruto era una persona buona e determinata. E non c’era nessuno tra noi che aveva più coraggio di lui. Il suo sacrificio è la prova che, in fondo al suo cuore, egli non avrebbe mai permesso a nessuno di noi di morire. In fondo al suo cuore, lui ci voleva ancora bene. Sono fiera di lui, nonostante tutto.”

Sarada tirò su col naso, annuendo con un sorriso. “Li hai sentiti, Bolt?” pregò mentalmente rivolta al suo amico, mentre i suoi occhi ripresero a formare lacrime di gioia e dolore. “Alla fine, nonostante tutto, tuo padre e tua madre sono fieri di te! Alla fine, la tua famiglia non ti ha rifiutato una seconda volta!”

Tutti i presenti sorrisero all’udire le loro parole. Naruto e Sarada avevano ragione. Non potevano permettersi di piangere la morte del loro compagno. Era solo grazie a lui che erano riusciti a vincere. Era solo grazie al suo sacrificio che il drago era stato sconfitto.

L’unica cosa che potevano fare, era rendere giustizia e onore al suo ricordo continuando a vivere e a ricordarlo per sempre.

Sasuke e Sakura non dissero nulla, limitandosi a fissare con dei piccoli sorrisi soddisfatti i loro amici. Fugaku e Mikoto annuirono tra loro. Minato e Kushina si portarono vicini a Naruto, poggiandogli ciascuno una mano sulla spalla. Sarada si rimise poi la collana attorno al collo, osservandola con uno sguardo pieno di affetto.

L’Eremita sorrise osservando tutti loro. “Grazie mille, Boruto!” pensò con una lacrima di orgoglio. “Attraverso la tua morte, alla fine sei riuscito a donare speranza ai tuoi compagni e a tutto il mondo! Anche con il tuo sacrificio, sei riuscito ad offrire a tutti noi una possibilità di futuro!”

Hagoromo si asciugò la lacrima dal volto, portandosi subito dopo vicino al corpo privo di vita di Eren e toccandolo con una mano. Il cadavere brillò di luce per un secondo, e poi scomparve improvvisamente nel nulla senza un minimo rumore.

Naruto e gli altri sgranarono gli occhi.

“Non temete,” disse subito l’Otsutsuki. “Ho soltanto preso il corpo del nostro giovane compagno e teletrasportato in un luogo sicuro. Lo riporterò dalla sua famiglia dopo che noi avremo finito, e loro penseranno a donargli una degna sepoltura. È il minimo che possa fare per onorare anche il suo sacrificio.”

Tutti i presenti annuirono alle sue parole, lasciando per l’ultima volta una silenziosa preghiera mentale nei confronti del loro compagno deceduto, ringraziandolo per tutto ciò che aveva fatto per loro.

“Molto bene, miei giovani amici,” disse allora l’Eremita con un tono meno triste. “Adesso che tutto è finito, avvicinatevi a me, poiché è giunto il momento di salutarci!”

Naruto e tutti gli altri si radunarono attorno all’anziano essere, ascoltando attentamente le sue parole.

Hagormo li fissò uno ad uno col suo Rinnegan. “Naruto, Sasuke, Hinata, Sakura, Sarada, Minato, Kushina, Mikoto, Fugaku,” disse ad alta voce, pronunciando i loro nomi con un sorriso. “Vi faccio i miei più sinceri complimenti! Siete riusciti a completare la missione! Le vostre azioni, assieme al sacrificio compiuto da Eren e Boruto, hanno salvato innumerevoli mondi dalla distruzione. Grazie a tutti voi, e grazie soprattutto a coloro che hanno perso la vita per questa causa, Vrangr il Divoratore di mondi è stato abbattuto! Da oggi in poi, la sua esistenza non minaccerà più nessuno! Avete davvero la mia completa riconoscenza! ”

I nove ninja sorrisero.

“Adesso è giunto il momento di salutarci,” continuò l’Eremita con un tono serio e pacato. “Scambiate gli ultimi saluti con coloro che non rivedrete più, e poi procederò a riportare ognuno di voi nel proprio tempo. E ricordate, Naruto e voialtri giovani, che voi quattro non ricorderete nulla di Sarada e Boruto appena ritornerete nel vostro mondo. So che potrebbe non piacervi, ma questo è l’unica scelta che mi rimane per impedire che il futuro possa cambiare drasticamente. Mi dispiace.”

“Lo sappiamo, Eremita.” rispose subito Sasuke. “Abbiamo già accettato, quindi non c’è bisogno di scusarsi ulteriormente.”

E così, dopo quelle parole, uno ad uno tutti i nove compagni presero a dirigersi verso le persone che non avrebbero più rivisto dopo questa avventura, preparandosi a scambiarsi gli ultimi saluti.
 

Sasuke si fermò davanti ai suoi genitori senza alzare lo sguardo, incapace di incontrare i loro occhi. Una miriade di sentimenti ed emozioni gli pervasero il cuore in quegli ultimi istanti in cui avrebbe avuto la possibilità di parlare con loro.

Dolore, sconforto, rammarico, nostalgia e pentimento gli danzarono nella mente come saette, avvolgendogli l’animo di incertezza e dolore.

Tuttavia, non ebbe bisogno di dire una sola parola.

Perché Mikoto scattò subito verso di lui e lo abbracciò con forza, mentre lunghe scie di lacrime le solcavano gli occhi. Il giovane esitò soltanto per un istante prima di ricambiare il gesto, portando le braccia attorno ai fianchi della donna e lasciandosi immergere per l’ultima volta nel calore di quell’abbraccio.

“Abbi cura di te, Sasuke!” gli disse la madre con un tono prossimo al pianto. “E vivi la tua vita come ritieni più giusto! Qualunque cosa tu sceglierai di fare, sappi che sarò sempre fiera di te! Mi dispiace solo di non poterti più accompagnare nella tua vita!”

Il ragazzo annuì debolmente, la sua faccia poggiata sulla spalla della donna. “Grazie di tutto, madre!” rispose, la sua voce ricolma di emozione. “Perdonami per tutto ciò che ho fatto! Mi mancherai per sempre!”

I due si staccarono dall’abbraccio dopo alcuni secondi, e Sasuke si voltò con la testa verso la figura di suo padre che si stava avvicinando a lui, un’espressione triste che contornava la sua faccia solitamente stoica e seria.

“Padre…”

“Non scusarti, Sasuke,” lo incalzò lui, poggiandogli una mano sulla spalla. “Non c’è nulla di cui scusarsi. Il passato è solo ciò che è: passato. Esso non ti impedirà di costruirti un nuovo futuro. Se avrai il coraggio di rialzare la testa, allora riprenderai a vivere pienamente, e forse un giorno troverai la tua felicità. Solo tu potrai decidere cosa essere in futuro. Di questo non ho dubbi.”

Il giovane sentì le lacrime cominciare a formarsi nei suoi occhi. “Grazie di tutto, padre,” disse con sincerità. “Senza di voi, io non avrei mai avuto modo di realizzare tutti gli errori che ho commesso in passato! Grazie davvero! Grazie di tutto!”

Fugaku e Mikoto strinsero per l’ultima volta loro figlio in un tenero abbraccio, versando tutti e tre contemporaneamente lacrime di gioia e dolore.

“Saremo sempre con te,” disse Mikoto dolcemente. “E continueremo a vegliare e a proteggerti sempre assieme a Itachi. Ricordati di questo ogni giorno, tesoro.”

Sasuke annuì, stringendo le braccia attorno a loro con un singhiozzo.

“Lo so…”
 
 
Naruto si voltò lentamente verso i suoi genitori, il suo sguardo esitante e colmo di incertezza.

“Dunque… è giunto finalmente il momento, eh?” disse, grattandosi la testa e ridendo nervosamente. Il suono delle sue risate gli uscì fuori dalle labbra quasi come un singhiozzo strozzato.

Minato fece un sorriso triste. “Già,” disse lentamente. “Dobbiamo salutarci, Naruto.”

Il biondo annuì debolmente, abbassando subito dopo lo sguardo a terra.

In quel momento, Naruto si sentì insicuro ed incerto come non si era mai sentito prima d’ora. In quel momento, il ragazzo non sapeva davvero cosa fare.

Per tutta la sua vita, sin da quando era un bambino, aveva sempre desiderato conoscere i suoi genitori. Aveva sempre desiderato poter parlare con loro almeno una volta, poter passare un po’ di tempo assieme a loro.

All’epoca, lui non avrebbe mai potuto immaginare che un’occasione simile sarebbe davvero successa. E, per quanto fosse stato davvero felice grazie all’occasione che gli era stata concessa in questi giorni, adesso per la prima volta in vita sua, Naruto sentì che tutto questo non gli bastava. Non gli sarebbe mai bastato.

Non voleva lasciarli. Non voleva ritornare ad essere da solo. Non voleva tornare a vivere nella realtà del suo mondo, dove non c’era nessuno ad accoglierlo a casa, dove i suoi genitori erano solo due immagini appese ad un quadro o illustrate in una foto ricordo.

Non voleva restare di nuovo da solo.

“Tu non sei solo, Naruto.” disse improvvisamente Kushina, come se avesse letto i suoi pensieri.

Il biondo alzò la testa di scatto verso di lei, scioccato.

“Tu non sarai mai da solo,” continuò dolcemente la donna. “Avrai sempre i tuoi amici al tuo fianco, così come avrai sempre Kakashi, Hinata, Sasuke e tutti coloro che ti hanno accompagnato nel corso della tua vita. Non sarai mai da solo, ricordalo!”

Minato gli afferrò una mano tra le sue, fissandolo con un sorriso pieno d’orgoglio. “Kushina ha ragione. Tutti i tuoi amici ti aiuteranno a crescere e ti sosterranno nei momenti più difficili. E anche se noi due non ci saremo e non potremo accompagnarti fisicamente d’ora in poi, sappi che continueremo a vegliare sempre su di te. Te lo prometto!”

Sua madre gli batté subito dopo una piccola pacca sul ventre. “E poi, sono certo che da oggi anche il Kyuubi, o meglio Kurama, ti saprà aiutare nei momenti di bisogno! Quindi non essere triste, tesoro. Tu non sarai mai da solo.”

Il biondo rimase sconvolto quando sentì la voce della Volpe nella sua testa.

‘Tua madre ha ragione, Naruto,’ disse Kurama con un tono serio. ‘Che ti piaccia o no, da ora in poi io continuerò ad osservarti come un’ombra. Non che io abbia scelta, dopotutto…’

Naruto sentì le lacrime colargli dalle guancie con forza.

“Siamo orgogliosi di te, Naruto!” disse ancora sua madre, stringendolo tra le braccia con affetto. “Sei davvero diventato uno Shinobi valoroso ed eccellente. Sin dal giorno in cui ti ho messo alla luce, ero certa che saresti riuscito a diventare una persona meravigliosa. E un giorno, sono certa che diventerai anche un Hokage persino più in gamba di tuo padre!”

Minato si unì all’abbraccio un secondo dopo. “Ne sono sicuro anch’io! Continua a non arrenderti mai, e riuscirai a realizzare tutti i tuoi sogni! Diventerai il miglior Hokage che Konoha abbia mai avuto! E se avrai fiducia in te stesso, allora diventerai anche un buon padre! Sono certo che anche Boruto la penserebbe così!”

Naruto singhiozzò sommessamente, alzando le braccia ed avvolgendole attorno ai suoi genitori con forza e senza esitazione, stringendoli a sé come meglio poteva.

“Grazie! Mamma, papà, grazie!” sussurrò il giovane.

Kushina gli passò ritmicamente le mani sulla schiena, trattenendo le proprie lacrime. “Suvvia, non essere triste. Non c’è bisogno di piangere!”

“Ma anche tu stai piangendo, mamma!” disse Naruto, confuso.

“N-Non sto piangendo dattebane!”

“Sì invece, dattebayo!”

Nonostante quel momento così toccante ed intenso, Minato non poté fare a meno di ridacchiare nel sentire quei due scambiarsi quelle parole così colme di emozioni.

“Sono proprio uguali…”
 

Dopo che ebbero finito di salutare i propri genitori, Naruto e Sasuke si voltarono verso l’ultima persona rimasta da salutare prima di ritornare a casa. Subito dopo, anche Sakura e Hinata si portarono presto vicino a loro, dirigendosi lentamente verso la persona in questione.

Sarada Uchiha.

I quattro giovani si fermarono davanti a lei con esitazione e gli sguardi imbarazzati, tutti e quattro incerti di come gestire la situazione.

“Ok… questo è davvero imbarazzante….” disse allora Naruto, grattandosi la testa con nervosismo, incapace di reggere quella situazione così tesa.

CRUNCH!

La giovane Uchiha ridacchiò sommessamente appena vide Sakura sferrare un pugno sulla testa del biondo, seguito immediatamente dall’urlo di dolore poco mascolino del ragazzo.

“Shannaro! Perché devi sempre rovinare questi momenti?” esclamò la ragazza dai capelli rosa, esasperata. “E io che volevo salutare la mia futura figlia cominciando con un bel discorso!”

Sasuke ghignò di scherno. “È inutile. Il tonto è troppo imbranato per riuscire a fare qualcosa di normale!”

Il biondo dimenticò immediatamente il dolore e si voltò di scatto verso di lui appena udì la frecciatina, fissandolo con una rabbia comica.

TEMEEE! Non sono imbranato! È solo che io possiedo una cosa che si chiama emozione, a differenza di un certo Signor ‘sono superiore a tutto’!”

Gli occhi di Sasuke si ridussero a due fessure. “Cosa hai detto?” ribatté il ragazzo corvino minacciosamente.

“N-Naruto-kun! Calmatevi!” tentò di mediare inutilmente Hinata, ma i due giovani la ignorarono bellamente.

Poi, all’improvviso, tutti e quattro furono distratti dal suono di una risatina sommessa che attirò la loro attenzione immediatamente. Si voltarono tutti lentamente verso l’origine di quel suono con gli occhi sgranati.

Sarada stava ridendo con gusto davanti a tutti loro.

“Non c’è bisogno che voi mi salutiate.” disse la giovane Uchiha dopo che si fu calmata. “Appena ritornerò a casa, allora potrò rivedere di nuovo tutti voi. Non c’è nessun bisogno per voi di dirmi addio. Un giorno ci rincontreremo lo stesso, anche se voi non ne avrete più memoria!”

Sakura la fissò con un sorriso. “Anche se quello che dici è vero, voglio almeno che tu sappia che per me è stato un piacere averti conosciuto.” dichiarò con certezza e senza esitazione la ragazza. “Sono davvero felice di aver avuto la possibilità di parlare con te in questo modo. Anche se mi dimenticherò di te, stai certa che resterai per sempre nel mio cuore.”

Sarada sgranò gli occhi all’udire le parole della sua futura madre, completamente scioccata.

“Anche io sono contento di averti conosciuta,” disse subito dopo Sasuke, accennando un sorriso. “Sei una Shinobi in gamba. Credo che tu abbia ereditato le qualità migliori dei tuoi genitori. Sono certo che saranno fieri di te. Non ho dubbi al riguardo.”

La giovane Uchiha si voltò di scatto verso suo padre, ma non riuscì a proferire parola perché Naruto le batté gentilmente una pacca sulla schiena, attirando subito la sua attenzione.

“Puoi dirlo forte!” confermò il biondo con un ghigno confidente. “È stato un piacere conoscerti, Sarada-chan! Parlare con te è stato davvero divertente!”

“A-Anche per me è stato un onore!” disse gentilmente Hinata, annuendo col capo ed accennando un inchino.

Sarada sorrise, sentendo una piccola lacrima colarle giù dall’occhio destro. “Grazie mille, ragazzi!” disse a sua volta con sincerità. “Per me è stato davvero bello conoscere i miei genitori e quelli di Boruto alla mia stessa età! Non mi dimenticherò mai di voi, lo prometto! Porterò per sempre il ricordo di questi mesi nel mio cuore!”

Il sorriso di Naruto si fece più sottile all’udire quelle parole, ma rimase sempre sincero. “Grazie mille, Sarada-chan!” disse con sincerità. “Anche se non ricorderemo nulla, tu e Boruto sarete sempre nei nostri cuori! Hai la mia parola! Non dubitare mai di questo!”

Il biondo sentì un leggero brivido freddo accarezzargli il collo appena finì di pronunciare quelle parole. Una strana sensazione familiare gli percorse la schiena per un secondo, per poi svanire nel nulla.

Naruto sorrise mentalmente.

“Già,” pensò tra sé con un misto di dolore e gioia. “Grazie anche a te, Boruto! Grazie di tutto!”

Poi, con un rapido scatto del braccio, il biondo portò subito dopo una mano davanti a sé, puntandola verso gli altri con un ghigno confidente.

“Coraggio,” disse a tutti gli altri ragazzi. “Mettete qua le mani! Che quest’ultimo saluto tra di noi possa rappresentare l’inizio di qualcosa di più grande!”

Nessuno esitò neanche per un secondo. Uno dopo l’altro, Sasuke, Sakura, Hinata e Sarada poggiarono a loro volta le mani sopra quella di Naruto, sorridendo con gioia mentre gli adulti e l’Eremita li fissavano con sguardi pieni di orgoglio.

“Siete pronti?” urlò Naruto con foga, fissano i volti sorridenti dei suoi compagni con determinazione. “Allora… Tre… Due… Uno…”

“A QUALCOSA DI PIÙ GRANDE!” esclamarono in coro tutti e cinque i giovani, alzando tutti insieme le mani al cielo all’unisono.
 

E così, alla fine, tutti e nove i ninja si radunarono di nuovo attorno all’Eremita delle Sei vie, ciascuno di loro pronto a ritornare nel tempo da cui provenivano.

“Molto bene, miei giovani amici,” disse allora Hagoromo con un sorriso. “Adesso è giunto il momento di salutarci per davvero! Ma prima che andiate, voglio che sappiate che sono davvero fiero di tutti voi per ciò che siete riusciti a fare! Grazie davvero per tutto ciò che avete fatto! Avrete per sempre la mia gratitudine!”

Sasuke sorrise con confidenza. Sakura strinse un pugno, facendo schioccare le ossa. Hinata si grattò un braccio nervosamente. Sarada si aggiustò timidamente gli occhiali. Minato e Kushina si strinsero le mani, mente Fugaku e Mikoto si lanciarono uno sguardo d’intensa.

Naruto ghignò, battendosi un pugno sul petto. “Addio, vecchio Eremita!” disse con uno sguardo pieno di determinazione. “Abbi cura di te!”

L’Eremita annuì con un sorriso. Poi unì insieme le mani con un movimento rapido delle braccia, generando dal suolo un’improvvisa scia luminosa che circondò completamente le figure dei nove ninja.

“Addio, amici miei!” disse per l’ultima volta l’Eremita delle Sei Vie con un tono sincero. “Buona fortuna per il vostro futuro!”

“ADDIO, EREMITA!” risposero in coro tutti gli altri senza esitazione.

E poi, dopo appena due secondi, la scia luminosa che li aveva circondati completamente s’illuminò di una luce accecante ed immensa, la quale investì tutto ciò che c’era la suo interno con forza e rapidità.

La luce accecante durò una decina di secondi, e poi, quando tutto si placò e la luce si diradò, i nove ninja erano improvvisamente scomparsi nel nulla.

Hagoromo sorrise con rassegnazione, fissando il punto dove fino a poco tempo fa si trovavano gli altri con un misto di felicità e nostalgia. Adesso era tutto finito. Adesso, per almeno qualche altro decennio, il destino del mondo degli Shinobi era al sicuro. Ed era tutto merito di quei nove ninja coraggiosi.

“Grazie ragazzi!” pensò ancora una volta l’Eremita. “Grazie di tutto!”

Uno strano brivido freddo percorse improvvisamente il collo dell’anziano essere. Hagoromo alzò subito la testa in alto, fissando il vuoto di quella dimensione con uno sguardo pieno di riconoscenza e orgoglio.

L’Eremita delle sei vie sorrise.

“E grazie anche a voi, Eren, Boruto!”



 
 
Note dell'autore!!!

Salve a tutti, lettori e lettrici. Come vi avevo promesso ieri, è con enorme gioia e trepidazione che vi presento il penultimo capitolo della storia. Spero possa esservi piaciuto almeno un pò.

Adesso che ne ho l'occasione, vorrei chiarire alcuni concetti che sono stati lasciati in sospeso durante la narrazione:

1- Sono consapevole del fatto che la vicenda ha lasciato molte cose in sospeso. Ci sono ancora molte domande che non hanno risposta: (Come ha fatto Boruto a diventare così mostruosamente forte? Che fine ha fatto? Cosa succederà adesso a Naruto, Hinata, Sasuke e tutti gli altri? Perchè ho messo i Titani in mezzo a questa vicenda? Che senso hanno? La loro storia qual'è? Chi diavolo era Vrangr? E perchè voleva a tutti i costi diventare sempre più potente? e altro ancora...)
AVRETE LE VOSTRE RISPOSTE; PROMESSO!
Vi chiedo solo di avere la pazienza di aspettare. La 'Battaglia di Eldia' è una storia che si concluderà con un finale aperto, e le risposte e i chiarimenti arriveranno a poco a poco negli archi successivi a questa storia. (So che a molti questa scelta narrativa potrebbe non piacere, ma a me PIACE complicare e rendere misteriose le cose. Quindi, scusatemi ma ci vorrà del tempo per risolvere tutto!)

2- Alcuni non hanno accettato di buon grado la quasi totale assenza di riferimenti alla famiglia Uzumaki nei confronti di Boruto. Così come non hanno apprezzato molto il rapporto tra Boruto e i suoi genitori. Questa cosa è intenzionale. Nell'arco successivo il tema principale della narrazione sarà il rapporto ed il conflitto che nascerà tra Boruto e la sua famiglia di sangue, perciò ho preferito lasciare questo tema per dopo, in modo da approfondirlo bene successivamente nel dettaglio. Non mi sono scordato di Himawari e dei genitori di Bolt, ma bensì loro compariranno nella parte 2 della storia.

3- Sono consapevole che, in fin dei conti, il rapporto tra Boruto e i suoi compagni di viaggio non è cambiato molto nel corso di questa storia. Il Nukenin è sempre rimasto sulle sue per la maggior parte del tempo, e solo alla fine ha avuto qualche ripensamento sui suoi compagni. Ma, oltre a questo, nulla.
La cosa è INTENZIONALE, in quanto sarà il fulcro della parte 3 della storia. Quindi, come ho già detto prima, bisogna dare tempo al tempo..

Vi invito ovviamente a darmi i vostri pareri e le vostre opinioni. Siamo alla fine della prima parte della storia, perciò se qualcuno ha qualcosa da ridire o vuole semplicemente dirmi cosa ne pensa, io sono disponibile.

L'ultimo capitolo de 'La Battaglia di Eldia' uscirà sabato 23 dicembre!

Ringrazio tutti voi per avermi accompagnato coi vostri suggerimenti nel corso di questa vicenda. E ringrazio anche coloro che hanno seguito silenziosamente tutta la storia. GRAZIE DI CUORE!

Ci vediamo presto con la conclusione di questa fanfiction. ;)

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Capitolo 60
*** Un Nuovo Capitolo ***


PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!


 
 
 
 
 

 

Un Nuovo Capitolo


4 Giugno
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco

Sarada riacquistò i sensi all’improvviso.

Si sentiva stanca, incredibilmente stanca. Quasi assonnata, come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno da cui non voleva ancora uscire. Il buio che la avvolgeva era calmo e invitante, e la sua mente tentò di avvinghiarsi a quel buio con forza, crogiolandosi nel piacevole abbraccio del sonno così allettante per lei.

Inconsciamente, la ragazza mosse una mano di riflesso. Sentì qualcosa di morbido e soffice sotto al suo palmo. Non riconobbe subito quella sensazione, quel tocco così strano eppure così familiare. Rimase confusa per qualche istante, prima di riprendere ad ignorare quella sensazione.

Tuttavia, non poté fare a meno di riacquistare lentamente i sensi. Sarada fu quasi tentata di aprire gli occhi appena percepì il suo corpo riacquistare sensibilità.

Non la stava solo toccando con la mano. Tutto il suo corpo era sdraiato su quella cosa morbida e soffice che aveva sentito prima. Lo riusciva a sentire adesso, senza alcun dubbio.

Con riluttanza, la giovane riaprì lentamente gli occhi.

La prima cosa che notò fu una specie di soffitto stranamente familiare, fatto di assi di legno brunastro. Poi un improvviso odore le investì le narici, inondandole la mente con il suo aroma così nostalgico, così familiare.

“Quest’odore è…”

Sarada sgranò gli occhi all’istante appena riconobbe quell’odore, alzandosi di scatto con la schiena.

Osservò con muto stupore ed incredulità l’ambiente che la circondava, studiandone ogni minimo particolare con attenzione e stupore.

La finestra alla sua destra, il tappeto rosso sul pavimento, la foto del suo team poggiata sul comodino, il bersaglio attaccato al muro accanto al calendario, il vecchio peluche che aveva sin da quando era piccola rintanato all’angolo.

I suoi occhi si sgranarono all’inverosimile.

Non c’erano dubbi. Non poteva sbagliarsi. Conosceva bene questo posto. Non avrebbe mai potuto dimenticarlo.

Si trovava nella sua stanza. Era nella sua camera da letto.

Sarada poggiò i piedi tremanti sul pavimento, restando seduta sul letto. Non riusciva a crederci. Era tornata nella sua stanza. Si trovava di nuovo a casa sua. Cosa era successo? Perché non ricordava nulla?

Fu appena finì di pensare quella frase che una miriade di ricordi le pervase la mente come un fiume. Una marea scrosciante di ricordi, di immagini e suoni le inondò la testa all’improvviso, facendole ricordare tutto ciò che era successo, tutto ciò che aveva vissuto in passato.

La ragazza sentì l’ombra di un immenso dolore accarezzarle la mente appena ricordò tutto, appena ricordò la cosa più dolorosa che avesse mai sperimentato in vita sua.

Boruto era morto.

Una piccola lacrima traditrice le sfuggì dall’occhio. Sarada maledì il suo corpo infame che prese a singhiozzare improvvisamente. Asciugò immediatamente la lacrima con la mano, tentando di distrarre la mente da quel ricordo.

Non poteva piangere. Non poteva lasciarsi vincere dal dolore. Aveva promesso che non avrebbe pianto a causa sua. Aveva promesso che avrebbe portato per sempre il ricordo del suo amico nel cuore. Aveva promesso che avrebbe reso onore al suo sacrificio vivendo al meglio la sua vita.

Per quanto il dolore fosse straziante, aveva promesso di accettarlo per sempre e di ricominciare.

Scosse la testa nel tentativo di calmarsi. I suoi occhi si posarono sulla sua stanza. La camera da letto era rimasta esattamente nello stesso modo in cui la ricordava. Non era cambiato nulla. Tutte le sue cose erano ancora al loro posto, come se non fossero mai state toccate. Non era presente neanche un filo di polvere in nessun angolo della piccola stanzetta.

Il suo sguardo si spostò poi verso la sua finestra.

Il Villaggio della Foglia si ergeva con tutta la sua gloria fuori dal vetro che separava la sua cameretta col mondo esterno. Vide e riconobbe i grossi palazzi, le case di legno, la torre dell’Hokage e tutto il resto del Villaggio che aveva sempre osservato da lì per anni, esattamente come lo ricordava. Il cielo era sereno e privo di nuvole, e il cinguettio degli uccelli riecheggiava nell’aria come un canto piacevole.

Un profondo senso di nostalgia le pervase la mente. Per quanto tempo era stata via da casa? Quanto tempo era passato da quando era finita ad Eldia? Cosa era successo durante la sua assenza?

Troppe domande che necessitavano una risposta.

Si rimise in piedi lentamente, decisa più che mai a muoversi per distrarre la mente e per tentare di capire se ci fosse qualcuno in casa. Uscì fuori dalla stanza con passo leggero e silenzioso, scendendo le scale senza fare rumore.

Appena scese l’ultimo gradino, i suoi occhi si sgranarono. Un sorriso di gioia sincera le pervase il volto.

Sua madre era seduta al tavolo della cucina dandole le spalle, intenta a mangiare qualcosa con una piccola forchetta da un piattino poggiato sulla tovaglia.

Un profondo senso di nostalgia le pervase il cuore appena la vide dopo così tanto tempo. Le era mancata da morire. Per tutto questo tempo, per tutti questi giorni, aveva sentito con forza la mancanza di sua madre e suo padre. Non c’era stato un solo giorno i cui non aveva pensato a loro due. Non c’era stata occasione in cui la sua mente non si fosse posata su quei due, domandandosi cosa stessero facendo, se fossero preoccupati per lei.

Certo, durante il suo viaggio Sakura e Sasuke erano sempre stati con lei, ma non era la stessa cosa.

I suoi occhi osservarono con attenzione e affetto la figura di quella donna. Non era cambiata per niente. I suoi capelli erano sempre gli stessi a caschetto di sempre, i suoi abiti rossi attillati erano sempre quelli, sopra cui adesso era legato il piccolo grembiule bianco che lei indossava ogni giorno in cucina. Tuttavia c’era qualcosa di diverso in lei, qualcosa che solo sua figlia sarebbe stata capace di notare.

Era nel modo in cui le spalle erano incurvate all’ingiù, dedusse la giovane. Le spalle di sua madre erano accasciate verso il basso, in un modo che non aveva mai visto prima in lei. Era come se un grosso peso emotivo fosse costantemente poggiato sopra quelle piccole spalle, costringendole a crollare lievemente verso il basso.

Sarada si rattristò inconsciamente a quella vista. Probabilmente quel suo peso emotivo era dovuto alla preoccupazione e allo stress generati dalla sua scomparsa. Sua madre era una donna emotiva, e doveva aver sofferto parecchio la sua mancanza. Come anche lei, dopotutto.

Tuttavia, nonostante ciò, il pensiero di poter finalmente riabbracciare sua madre le fece istintivamente compiere un passo in avanti verso di lei.
Sakura si voltò di scatto appena sentì il rumore del suo passo. Un piccolo sorriso le incurvò all’insù le labbra.

“Sasuke-kun! Non pensavo che saresti tornato così pre-“

Le parole le morirono in gola appena vide che la persona alle sue spalle non era suo marito. Appena si voltò abbastanza per vedere chi ci fosse dietro di lei, i suoi occhi si sgranarono all’inverosimile, la sua bocca rimase aperta per diversi secondi, il suo corpo si arrestò di botto.

La piccola forchetta che stava usando per mangiare le cadde dalle mani dopo un attimo, finendo a terra con un suono metallico.

Ci fu un’imbarazzante pausa di diversi secondi in cui nessuno si mosse. Madre e figlia si fissarono a vicenda, entrambe piene di shock, incredulità e confusione.

Sarada fece appello a tutto il suo coraggio, compiendo un secondo timido passo in avanti, il suo volto contornato da un sorriso carico di incertezza e tristezza.

“Ciao, mamma…” disse sommessamente. “Posso unirmi anche io a pranzo?”

Bastarono solo quelle parole.

Appena la ragazza finì di pronunciarle, Sakura scattò in avanti come un felino, avvinghiando la ragazza tra le sue braccia con quanta più forza poté usare in quell’istante. Sarada sentì dopo così tanto tempo la nostalgica (e anche piuttosto dolorosa) sensazione dei possenti abbracci emotivi di sua madre, ma la gioia che le pervase il cuore fu più forte del dolore, permettendole di accettare quel gesto di affetto e di ricambiarlo senza esitazione.

“SARADA!” urlò sua madre, il suo tono pieno di sollievo ed emozione. “SEI TU! SEI PROPRIO TU!”

Sarada affondò la faccia nell’incavo del collo della donna, inspirando l’odore corporeo di sua madre. Quell’odore così piacevole, così rassicurante, così nostalgico. Quell’odore di casa che le era mancato da morire.

“Sono io!” rispose con gioia, mentre le lacrime presero ad uscire da sole dai suoi occhi. “Sono tornata!”

Sakura interruppe l’abbraccio dopo una decina di secondi, fissando il volto di sua figlia con gli occhi colmi di lacrime ed un’espressione di gioia pura sulla faccia.

“Sei tornata!” disse anche lei con affetto. “Ero così preoccupata! Io e tuo padre non sapevamo cosa fare! Sei sparita per due mesi senza lasciare traccia!”

Il suo sguardo divenne istantaneamente freddo e rigido appena finì di pronunciare quella frase.

“SI PUÒ SAPERE DOVE DIAVOLO SEI STATA, SIGNORINA?” esclamò subito dopo, appena il suo sollievo prese a scemare. “HAI IDEA DI QUANTO IO SIA STATA IN PENSIERO? ERO PREOCCUPATA A MORTE! COME HAI POTUTO SPARIRE SENZA NEANCHE AVVISARE?”

Tuttavia Sarada non rimase per nulla turbata dalle urla piene di dolore della donna, limitandosi a continuare a fissare sua madre con un sorriso colmo d’affetto.

“Lo so,” rispose con sincerità. “E mi dispiace di averti fatto preoccupare, mamma. Ma ciò che mi è successo è stato inaspettato e completamente folle, e non ho avuto modo di poter avvisare nessuno…”

Sua madre si acquietò all’istante all’udire quelle parole. Le sue mani si poggiarono sulle spalle della figlia con delicatezza, mentre i suoi occhi la osservarono con uno sguardo pieno di preoccupazione e confusione.

“Cosa è successo?” domandò alla fine.

Lo sguardo di Sarada divenne istantaneamente pieno di dolore.

“Andiamo dall’Hokage, mamma.” rispose a sua volta sommessamente. “Vi dirò tutto appena saremo lì. Quello che devo raccontarvi è davvero incredibile…”
 

 
 
 
4 Giugno
Luogo sconosciuto
 
L’essere vestito di bianco si portò il bicchiere sulle labbra, sorseggiando lentamente lo strano liquido rossastro contenuto dentro di esso mentre restava seduto sul proprio trono. Tenne gli occhi chiusi, la sua espressione indecifrabile. Il buio della gigantesca sala del trono gli oscurava completamente la faccia, rendendo impossibile vedere il suo volto. La pallida luce che filtrava dalle vetrate laterali rifletteva sul pavimento di marmo in modo quasi irreale.

Passarono alcuni secondi di silenzio assoluto, quando poi un rumore improvviso riecheggiò nell’aria.

L’Otutsuki aprì lentamente le palpebre, fissando il nuovo arrivato con i suoi occhi pallidi privi di emozione.

“Allora, come è andata?” domandò seriamente, il suo tono che non ammetteva repliche.

La figura comparsa così all’improvviso si inginocchiò dinanzi all’essere in segno di rispetto, abbassando lo sguardo a terra e poggiando un pugno sul proprio petto.

“Il piano ha avuto successo,” rispose il ragazzo dai capelli neri e gialli, la sua voce profonda che lasciava trapelare appena una punta di soddisfazione. “Boruto Uzumaki è morto.”

L’Otsutsuki non reagì immediatamente all’udire ciò, limitandosi a poggiare il bicchiere che teneva in mano su un tavolino posto vicino al trono su cui era seduto. I suoi occhi si assottigliarono mentre continuavano a fissare il giovane inginocchiato davanti a sé.

“Ne sei certo?” domandò di nuovo, la sua voce autoritaria.

Il ragazzo annuì, senza mai alzare lo sguardo. “Non ci sono dubbi. Quel patetico drago è stato sconfitto, ma il prezzo della sua morte è stata la vita stessa di quel ragazzo. Sebbene fosse stupido, Vrangr era troppo potente, nessuno sarebbe riuscito a sopravvivere contro di lui. Nemmeno il portatore del Jougan.”

Passarono alcuni secondi di silenzio assoluto.

Poi, di colpo, l’Otutsuki sorrise feralmente, mostrando i denti e poggiando le mani sul trono.

“Ottimo lavoro, Kawaki.” disse l’essere misterioso. “Adesso il nostro lavoro potrà procedere con molta più rapidità. Sapevo di potermi fidare di te.”

Il giovane annuì una volta con la testa, senza però rispondere ai complimenti.

L’Otsutsuki si alzò dal trono dopo un secondo, il suo bieco sorriso sempre presente. Il suo Byakugan osservò il ragazzo di fronte a sé con attenzione, trepidando dall’entusiasmo del successo ottenuto.

“Preparati dunque,” gli intimò allora la figura bianca, inclinandosi leggermente in avanti. “È giunto finalmente per noi il momento di fare una visita sulla Terra. Partiremo tra tre giorni.”

Kawaki sorrise. “Come desidera, Urashiki-sama.”
 
 
 
Luogo sconosciuto
Tempo sconosciuto
 
“C-Chi sei tu?” domandò il ragazzo, completamente sconvolto.

La misteriosa figura sorrise dolcemente.

“Immaginavo che non mi avresti riconosciuta,” disse con una voce soave e piacevole. “Eri così piccolo quando venni a farti visita l’ultima volta. Non mi stupisce che non riesci a ricordarti di me, Boruto.”

Il guerriero sgranò gli occhi.

“Permettimi di presentarmi allora, piccolo mio,” disse subito dopo la misteriosa figura, accarezzandogli il volto con una mano. “Il mio nome è Hikari, e sono la guardiana della tua anima!”

 
 
 







 

Note finali dell’autore!!!
 
Ebbene, cari lettori e care lettrici, finalmente ci siamo. E’ giunto il momento che attendevo da parecchio tempo ormai. Ecco a voi il sessantesimo, nonché ultimo, capitolo de ‘La Battaglia di Eldia’.
 
Che dire? Io stesso non riesco ancora a capacitarmi del fatto che una persona come me sia riuscita a pubblicare e completare una storia su questo sito. Se aveste chiesto al me stesso di dieci mesi fa se avrebbe mai pensato di pubblicare una fanfiction online, probabilmente vi avrei riso in faccia. E invece…
Ci ho messo ben 7 mesi, ma alla fine il traguardo è stato raggiunto. La prima parte della storia è completa. Adesso, per almeno una settimana, non mi vedrete più a tartassarvi su questo sito con un nuovo capitolo XD.
 
Ovviamente, soprattutto ora che la storia è completa, ci tengo a ringraziare ognuno di voi. Ringrazio coloro che hanno seguito la storia silenziosamente, senza mai parlare o farsi vedere. Ringrazio coloro che mi hanno recensito nel corso di questi mesi. Ringrazio tutti quelli che mi hanno contattato per darmi consigli, pareri, opinioni e anche rimproveri per quello che ho scritto. Ringrazio chi mi ha seguito, e anche coloro che hanno messo la storia nei preferiti, nei seguiti o nelle storie da ricordare.

Davvero, non so cos’altro dire se non GRAZIE DI CUORE!


Curiosità sulla storia:
La Battaglia di Eldia è nata semplicemente dal mio desiderio di narrare una storia in cui Naruto e Sasuke potessero riunirsi insieme in un avventura assieme ai loro genitori ritornati dal regno dei defunti in qualche modo misterioso. Ricercai a lungo su internet e su siti di Fanfiction (italiani e inglesi) delle storie che avessero una trama simile, ma nessuna mia ricerca mi lasciò soddisfatto. Perciò, per la prima volta in vita mia, decisi di scrivere io stesso una storia su Naruto.

Col passare del tempo però la mia idea originale si è evoluta di giorno in giorno, fino a quando io presi la decisione di immaginare nella storia anche la presenza di Hinata e Sakura, e anche quella di Boruto e Sarada. Tuttavia non volevo che questi ultimi due fossero gli stessi dell’opera originale di Kishimoto. I loro personaggi originali non mi sono piaciuti molto appena li conobbi la prima volta, perciò sin dall’inizio ho sempre pensato di stravolgere i loro caratteri totalmente, e decisi di farlo soprattutto in modo da aumentare l’interesse e la curiosità dei lettori.

In quello stesso periodo mi tornò alla mente la vicenda del mio amico ed il rapporto difficile che lui aveva coi suoi genitori, e questo è ciò che ha ispirato completamente il personaggio di Boruto Uzumaki in questa storia. La sua storia verrà narrata nel dettaglio a breve, e anche con Sarada avremo modo di scoprire molte più cose in futuro. Di questo potete stare certi.

La presenza dei personaggi del mondo di Attack on Titan invece, è dovuta al mio amore per i crossover nelle storie di Anime. AoT è uno dei miei manga preferiti, perciò non potevo evitare di metterlo dentro alla mia storia. La presenza dei Titani sarà molto importante anche nel seguito di questa fanfiction, ma non sarà la sola. Ci saranno molti altri crossover nel prossimo arco narrativo. Per scoprire quali saranno però, dovrete continuare a seguire la vicenda ;)
 


Che altro dire? Alla fine, spero che la vicenda che ho ideato e che ha appena cominciato a svelarsi possa esservi piaciuta, almeno in parte. Molte verità, molti fatti ed avvenimenti non sono stati ancora narrati, ma non temete. Adesso comincia la seconda parte. La parte in cui comincieremo ad avere delle risposte sulle domande lasciate aperte da questa storia.
 
Vi aspetto mercoledì 3 Gennaio, con il primo capitolo della parte successiva di questo Arco Narrativo: ‘Boruto- La Morsa del Destino: Il Pianto del Cuore’
 
Grazie ancora di cuore a tutti! Se potessi abbracciare ognuno di voi, giuro che lo farei!
 
BUONE FESTE A TUTTI!
 
Saigo il SenzaVolto

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