Andremo avanti fino in fondo

di TheWalkingNerd
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Combatteremo nelle spiagge ***
Capitolo 2: *** Non ci arrenderemo mai ***



Capitolo 1
*** Combatteremo nelle spiagge ***


Non ho scusanti, se non che Dunkirk ha messo k.o. quei pochi neuroni che mi erano rimasti.
Queste prime tre flash (che poi sono drabble cicciotte: dalle 200 alle 300 parole) sono ambientate durante il film e raccontate dal punto di vista di Tommy, Peter Dawson e Farrier, rispettivamente. Le prossime seguiranno l'aftermath, ovvero gli eventi successivi al film. [Inoltre, mi sono imbarcata nella scrittura di una storia sulla Battaglia di Inghilterra e su Farrier che scappa dal campo di prigionia, ma non ho idea se e quando riuscirò a portarla a termine]
Per le note tecniche, ci vediamo in fondo alla pagina.

 
 
Casa è una linea bianca all'orizzonte, così vicina che basterebbe allungare un braccio per toccarla. Eppure, attorno a lui continuano ad esplodere bombe.
Il molo scricchiola sotto le sue scarpe. Un'onda gli spruzza dell'acqua in faccia, che il vento asciuga. Sarebbe più facile se quell'acqua si potesse bere, perché lì sono tanti e stanno un po' tutti morendo di sete.
Il rombo lo fa voltare. L'Heinkel abbassa il muro giallo verso di loro e vira; una scia bianca sporca l'azzurro del cielo.
Tommy si getta sulla sabbia e copre la testa con le mani. Un fianco urta il suo; l'altro soldato trema, o forse è lui che sta tremando. Ha perso di vista Gibson qualche minuto fa e ora non si trova, in quella massa di corpi rannicchiati a terra. Potrebbe essere-
L'esplosione è una coltellata nelle orecchie. Tommy serra i denti e tiene gli occhi chiusi. Quasi non sente le urla, al di sotto degli scoppi. Ma è il sangue che rimbomba nelle tempie, a fare più rumore. Gli ricorda che è vivo, è ancora vivo. Attorno a lui, le bombe esplodono.
La sabbia gli atterra sulla faccia, umida. O forse è il sangue di qualcuno ad essere umido, non vuole saperlo. Punta i gomiti per terra e si rimette in piedi, lo sguardo fisso all'orizzonte.
Bisogna solo aspettare la prossima nave. Verranno a prenderli.
 
 
Lo scafo si innalza ad ogni onda e, ogni volta, il soldato seduto sul ponte trema un po' di più. Fissa la punta delle proprie scarpe da ore, stretto nella coperta. Di sotto, George gira la testa, mentre con una mano Peter cerca di farlo stare fermo. C'è troppo sangue sulle sue dita, tra i capelli di George, sul bendaggio improvvisato. Troppo, perché vada davvero tutto bene.
Chissà se anche suo fratello sarebbe diventato così, se l'Hurricane non fosse precipitato quel giorno. Forse è un bene che non abbia visto tutto questo, che non sia ridotto a battere i denti e sussultare ad ogni scroscio delle onde. Gli piace ricordarlo mentre si scola una birra e gli arruffa i capelli, con la divisa che profumava di nuovo indosso, prima di chiudersi la porta di casa alle spalle.
Rialza gli occhi su suo padre, al timone. Dunkirk è vicina eppure lontana, uno stretto minuscolo li separa dai loro soldati. Si chiede se sia abbastanza, se quelle navi siano abbastanza, se i giubbotti salvagente serviranno a qualcosa, quando una bomba o un u-boot li colpirà; se al molo ci sia ancora qualcuno da salvare.
La mano di George ancora stringe la sua, ma la presa è più debole. Peter lo avvolge in una coperta ed esce sul ponte. 
Uno Spitfire scivola verso il mare in una nuvola di fumo. Lo stomaco di Peter si annoda in un carrick. Dovrebbero rientrare, perché George ha bisogno di un medico e quel soldato, Dio, è tutta colpa sua, e invece Peter artiglia il parapetto e si sporge il più possibile, con gli occhi cerca l'arco del paracadute.
Hanno delle persone da salvare.
 
 
Farrier spinge lo stick e lo Spitfire punta il muso verso il basso. Il vortice del cielo con il mare è inebriante, gli fa girare la testa come dopo l'ultimo bicchiere, alla base. Collins non è che un puntino in mezzo al blu del mare, mentre il suo Spitfire si inabissa.
Quando scenderà sarà come amputarsi una gamba, perché quella carretta mezza rotta e quasi a corto di benzina è quasi un prolungamento del suo corpo. 
Lo Spitfire segue l'Heinkel come un terrier che ha puntato la volpe. Il corpo passa al centro del mirino. Farrier preme il bottone con una spinta secca; la mitragliatrice crivella il metallo.
L'Heinkel cola a picco, il motore già fuma nero. 
Uno in meno
Di sotto, la folla di puntini marroni tira i caschi e alza le braccia. È valsa la pena di spendere anche l'ultima goccia di gasolio lì, anche se casa è alle sue spalle e il serbatoio è vuoto. Quei ragazzi sono vivi grazie a lui, e il calore invade il petto come tè bollente.
La ventola fa un ultimo giro e si ferma. Farrier riempie i polmoni e sospira. Senza il rombo del Merlin, le orecchie fischiano. Sotto di lui scorre un tappeto infinito di sabbia, la pista di atterraggio più grande e bella che abbia mai visto. Altri caschi volano per aria; nelle barche, qualcuno salta. Una macchia blu si muove, su un ponte, ma non ci giurerebbe.
Guida lo Spitfire verso la distesa a est, sempre più lontano dal molo. Si sta avvicinando al punto di non ritorno, a quel confine invisibile che gli strapperà per sempre il biglietto per casa. Lo Spitfire scivola sulla sabbia con uno scossone.
Farrier lascia scorrere lo sguardo sulla carcassa metallica e preme il grilletto. Le fiamme divorano il caccia, come divorano l'ultimo frammento di lui. Oltre il fumo, soldati con un'altra uniforme gli corrono incontro. Gli occhi pizzicano, ma le lingue di fuoco che quasi sfiorano la pelle non c'entrano.
Una presa artiglia il suo braccio. La canna fredda di un fucile preme sulla nuca.

 
 
Non so se qualcuno ha aperto questa raccolta per curiosità  (o se l'unica scema che si spoilera il mondo sono io, lol), perciò, in tal caso, ecco alcuni approfondimenti:
- L'Heinkel è il caccia tedesco, che nel film ha il muso dipinto di giallo. Farrier abbatte diversi caccia (Heinkel, Stuka e ME 109, in particolare, a motore spento) durante il film. Mi sono concentrata sul momento in cui abbatte l'Heinkel che ha colpito Collins (perché sono fermamente convinta della bromance tra questi due, #fightme)
- Il fratello di Peter Dawson è canonicamente morto agli inizi della guerra ed era un pilota di Hurricane.
- Lo Spitfire è il caccia inglese.
- Il carrick è un nodo usato dai marinai; ho pensato che Peter fosse abbastanza esperto in nodi da conoscere più del classico nodo inglese.
- Gli u-boot sono sommergibili.
- Lo stick non è altro che la cloche, con cui si effettuano la maggior parte delle manovre negli aerei. Visto che Farrier è inglese, ho preferito usare il termine nella sua lingua.
- La macchia di colore blu che Farrier nota su una delle barche è Collins. Sempre per quell'headcanon che quei due siano amici, mi piace pensare che Farrier l'abbia visto, così come Collins faceva il tifo per lui sul ponte. Tra l'altro, a me sembra che Collins lo stesse cercando con lo sguardo, alla fine, e cambia espressione quando si accorge dell' ME 109.
Vi lascio in pace. Chi volesse altre teorie strampalate, può consultare il mio blog: jerkchesterx.tumblr.com

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Capitolo 2
*** Non ci arrenderemo mai ***


Come minacciato promesso, ecco le altre tre; i personaggi punti di vista sono Collins, lo shivering soldier e Alex. 

 
Congratulations, you have survived the war. Now live with the trauma.


 
Le lingue di fuoco si infrangono sui mattoni come le onde sullo Spitfire. Nelle fiamme c'è ancora l'acqua che sale fino a togliergli il fiato, il vetro che trema sotto i colpi delle sue nocche. C'è una distesa d'acqua e gasolio che sommerge i soldati, troppo lontani, avanti, avanti, avanti, non ce la faremo mai, mentre un centonove abbassa il muso su di loro. C'è un altro Spitfire che sparisce all'orizzonte, sempre più vicino alla sabbia, oltre le fortificazioni francesi. Oltre il punto di non ritorno.
Collins è rimasto sul molo ancora qualche istante, mentre i soldati gli sfilavano davanti a pugni stretti, bagnati fradici, i volti maschere nere. Poteva quasi vederla, Dunkirk, oltre le onde che cullavano le barche. Quasi vedeva lo Spitfire slittare sulla sabbia, a motore spento.
Una morsa gli serra il petto, come quando l'acqua era ormai al di sopra della sua testa, con sempre meno ossigeno nei polmoni e i vestiti fradici e il mirino nemico puntato addosso. La testa in una balla di ovatta, proprio come sott'acqua.
Hanno sempre saputo che uno di loro poteva anche non ritornare, ma la realtà è qualcosa di diverso. La realtà è che il posto di fronte al suo rimarrà vuoto, che il nuovo Spitfire che gli assegneranno sarà in un altro squadrone. Che non ci sarà nessuno a correggergli la traiettoria con un colpo di tosse via radio, nessuna pacca sulla spalla alla fine del volo, con le gambe ancora di gelatina. Che Farrier potrebbe essere morto, a quest'ora.
Collins lascia il tè sul tavolo e svita la bottiglia di bourbon vicino al camino. Ne versa metà sulle fiamme; non scosta la mano nemmeno quando gli sfiorano la pelle.
Non è morto, ma è come se lo fosse.
- Alla tua, amico.
 
 
Le scarpe affondano nella gelatina, o forse sono le sue ginocchia che tremano. Ha la pelle arricciata e i piedi freddi; è come essere ancora circondato dall'acqua, sempre più alta, sempre più vicina al soffitto. La barca, Dio, la maledetta barca l'ha riportato a Dunkirk e lui non ci può tornare, lì. Non può.
Ma attorno a lui nessuno ripara la testa, i fucili penzolano sulle spalle ed è come se niente  fosse successo. Se sbatte le palpebre, riesce ancora a vedere le bombe fendere l'aria sopra di loro, la terra esplodere, il metallo della porta blindata sempre più vicino, mentre la nave si inclina. Fumo e macerie e i corpi dei soldati immobili sulla sabbia.
Lì è tutto nero e marrone, la puzza di gasolio e salsedine graffia le narici. L'unico rumore è lo scricchiolio del legno. Niente Heinkel, niente u-boot.
È finita. È finita.
Si stringe nella coperta. Una goccia d'acqua solletica il naso e si ferma sulla punta. Lo richiameranno e lui non può tornarci, non può. Dunkirk è il maledetto inferno e presto o tardi risucchierà tutti loro.
La stretta sulla spalla lo fa sobbalzare. Il vecchio della barca lo guida verso la città, piano, un braccio attorno alle sue spalle.
- Non ci voglio tornare, là.
L'uomo annuisce. - Lo so.
I denti battono così forte che non sente altro.
 
 
La birra scende lungo la gola in uno scoppiettare di bollicine. È il sapore più buono del mondo, quello dell'aria di casa che pizzica le guance, dei capelli che gli finiscono sugli occhi, della pelle calda che tocca la sua, mentre stringe le mani che scorrono oltre il vetro.
Il battito del suo cuore è il rumore più forte di tutti. Pulsa nelle tempie, quasi copre lo stridio delle ruote, mentre il treno rallenta. Il sole gli bacia le guance frustate dal vento. La voce di Tommy replica le parole di Churchill, ovattata; qualcosa sul combattere ancora, sul non arrendersi. Ha poca importanza, adesso: sono vivi, sono a casa, e casa li accoglie con sorrisi e braccia aperte e birre fredde. Niente più scoppi o esplosioni, nelle sue orecchie: solo il fischio del treno che si ferma, il vociare della stazione.
È più che abbastanza.


 
 
Note #2:
Da fangirl senza speranza, sono più favorevole alla versione in cui Collins muove le chiappe britanniche - o scozzesi - e va a cercare Farrier (come raccontato in questa bellissima shot); il momento che volevo rappresentare, però, è il momento direttamente successivo alla fine del film, in cui ancora Collins non sa nemmeno dove si trovi Farrier. Se mai completerò quel coso a cui accennavo (che ancora non so manco se sarà multicapitolo o one-shot, se vedrà mai la fine o se poltrirà nel mio tablet), possibilmente sarà Farrier a farsi trovare.
Di PTSD so il minimo sindacale (e cioè ho internet intasato di ricerche), ma non sono un'esperta: perciò, qualsiasi incongruenza/scemenza io abbia scritto nella seconda, perdonatemi. Però, mi piaceva immaginare Mr Dawson prendersi cura del soldato un'ultima volta.
Inizialmente, la terza doveva riprendere il pov di Tommy; mi sono accorta che mi serviva per l'altro progetto, però, e che non era giusto dargli due round. Così, ho voluto dare una conclusione un po' più positiva, un minimo di speranza, come nel film (anche se a Gibson è finita malissimo e Farrier non se lo meritava il campo di prigionia T.T). Perché faccio la dura, ma mi sciolgo con poco.
L'ultimissima frase si riferisce al diaologo con l'uomo cieco, al molo: all we did is survive/that's enough. 
Questa raccolta è completa. Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito e spero che sia stata di vostro gradimento.
(P.s: nel caso a qualcuno fosse piaciuto Kingsman - The Secret Service, ho scritto una scemenza anche di là.)
*scansa pomodori e scappa verso l'uscita*

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