Squadra Speciale Tokyo

di sissi149
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***



Capitolo 1
*** I ***


Il sole stava sorgendo sulla baia di Tokyo, illuminando la spiaggia per un corridore solitario: Tsubasa Ozora non rinunciava quasi mai alla sua corsa mattutina, sia che fosse una splendida giornta o imperversasse il diluvio. Correre lo aiutava a schiarirsi le idee ed in quel periodo ne aveva particolarmente bisogno. Si fermò un istante per riprendere fiato ed osservare l'orizzonte, mentre un gruppo di gabbiani volava sopra la sua testa. Ancora non riusciva a capacitarsi della situazione in cui si era trovato: meno di ventiquattro ore prima, aveva firmato l'ultima carta che sanciva in modo definitivo il divorzio dalla sua ormai ex moglie. Sanae se ne era andata qualche mese prima con i figli, accusandolo di aver sempre messo il lavoro al primo posto, prima della loro famiglia, al punto da raccontarle un sacco di balle su quale fosse la sua reale occupazione. Scosse la testa contrariato da tutto e riprese a correre velocemente, voleva arrivare fino all'area commerciale prima di andare al lavoro.

Il cellulare squillò nella sua tasca, costringendolo a fermarsi di nuovo.

“Ozora – rispose seccamente, ascoltando la comunicazione – Arrivo subito.”

Fece dietro front e ripartì verso casa.

 

 

Il borbottio del caffè sul fornello distolse la coppia dal bacio che si stava scambiando.

“Proprio ora, non poteva impiegarci un po' di più?”

La donna rise all'affermazione del marito:

“Di solito sei così impaziente di avere la tua colazione, vuoi sempre essere pronto in caso ti chiamino con urgenza dall'ufficio.” Con un rapido gesto spense il gas, venendo subito abbracciata da dietro.

“Non questa mattina. Esisti solo tu ora.” Le depositò un bacio nell'incavo del collo, spostandosi poi sulla spalla lasciata nuda dal top che indossava.

“Hikaru, a cosa devo l'onore stamattina?”

“Lo sai che mi sei mancata?”

Yoshiko si voltò, appoggiando la fronte contro quella del marito.

“Sono stata via solo tre giorni: Machiko ci teneva tanto a rivedermi.”

“Per me sono stati troppi.”

“Adulatore!”

Le loro labbra si unirono nuovamente, incuranti che il caffé potesse raffreddarsi. Nonostante fossero sposati da ormai quattro anni ed avessero iniziato a frequentarsi da molto prima, a volte si comportavano ancora come una coppia appena formata, tanto che Matsuyama non aveva mai smesso di corteggiare la moglie.

“Se insisti, io avrei ancora un giorno di ferie dal lavoro.” Sussurrò Yoshiko, non appena si staccarono quel tanto che bastava per poter parlare.

“Tentatrice!”

La colazione stava per essere dimenticata totalmente, sostituita da altro tipo di nutrimento.

Il cellulare di Hikaru squillò, facendo partire la suoneria dedicata alle chiamate di lavoro. Malvolentieri prese l'apparecchio, chiedendo scusa alla mogli con lo sguardo. La donna gli sorrideva, consapevole che le chiamate inaspettate sarebbero sempre state una costante.

“Risponde Matsuyama!”

 

 

 

Taro si appuntò alla giacca il tesserino da visitatore, come da protocollo, anche se ormai era un abitué in quell'ala della prigione e quasi tutte le guardie lo conoscevano. Non appena poteva, anche prima di iniziare la giornata lavorativa, passava per fare un saluto al padre.

Ichiro Misaki scontava la sua pena, catturato dopo aver falsificato e venduto un numero considerevole di quadri.

“Ciao, papà!”

“Ciao, ragazzo!”

Si parlavano attraverso un vetro, poiché il giudice era stato molto severo ed aveva deciso di mandare il falsario a scontare la sua pena in un carcere di massima sicurezza.

“Allora, come va il lavoro?” Domandò Ichiro.

“Papà, sai che non posso parlartene.” Taro era subito sulla difensiva.

“E tu sai che non voglio i dettagli. - Ribatté pronto il genitore – Potrai almeno dirmi se ti trovi bene o male.”

Taro sorrise: suo padre sapeva sempre come trarsi dagli impicci e in qualche modo raggirarlo.

“Tutto tranquillo, i miei colleghi sono persone in gamba.”

“Sai, ragazzo, mi dispiace averti reso le cose difficili con i miei sbagli.”

Uno degli agenti di guardia si avvicinò a loro:

“Misaki Taro, forse dovrebbe venire con noi. Il suo telefono continua a squillare incessantemente.”

“Vengo subito, grazie.”

Taro si alzò e si congedò velocemente, piuttosto preoccupato, poiché solo dal lavoro potevano chiamarlo a quell'ora con urgenza.

 

 

La stanza era molto graziosa, Koshi Kanda dovette ammettere che la donna aveva parecchio buon gusto in fatto di arredamento e non solo. Si erano conosciuti la sera prima nel bar dove lui era andato in cerca di compagnia. L'aveva trovata attraente, avevano bevuto qualcosa insieme, avevano parlato ed infine avevano lasciato il locale, diretti a casa di lei.

L'accordo era stato molto semplice tra loro: una serata insieme senza nessun impegno reciproco. Non avrebbero più dovuto vedersi, se non per puro caso. Niente scambio di contatti, niente telefonate o messaggi.

Koshi amava la vita dello scapolo, anche se gli amici gli ripetevano sempre che non avrebbe potuto durare in eterno, dato che prima o poi avrebbe sentito il bisogno di una persona fissa nella sua vita.

Lui li lasciava parlare e nel frattempo continuava a vivere di avventure decisamente appaganti, dal suo punto di vista.

Si alzò e raccolse i suoi abiti sparsi per la camera, mentre la donna era sotto la doccia. Era indeciso se aspettare che avesse finito e farle sapere che se ne andava o fare il mascalzone fino in fondo ed sparirsene di soppiatto.

Il cellulare che iniziò a vibrare prese la decisione al suo posto.

“Kanda! Sarò lì il prima possibile.”

Se ne andò senza fare rumore. Doveva passare da casa propria prima di precipitarsi al quartier generale.

 

 

 

 

La porta automatica della sala operativa si aprì e l'analista della squadra li accolse col suo solito sorriso:

“Buongiorno, ragazzi! Ben arrivati.”

Indossava una delle sue immancabili gonne, a palloncino, che arrivava poco sopra il ginocchio, con un allegro motivo floreale, mentre i lunghi capelli rossi erano raccolti in una pratica coda alta.

“Buongiorno, Agenti!”

“E questa qui, chi sarebbe?” Kanda indicò bruscamente con un dito la seconda donna che aveva parlato, prima di ricevere una gomitata da parte di Matsuyama.

“Educato e cordiale! Non ci faccia caso signorina, Koshi è poco urbano per la maggior parte del suo tempo.”

La ragazza non diede particolari segni di essersi risentita per le parole dell'Agente Speciale, ancora intenta ad assorbire i dettagli di quel mondo nuovo in cui si era trovata catapultata da nemmeno un'ora. Aveva fatto domanda per quel posto quasi per gioco e, nonstante avesse passato tutte le selezioni preliminari, non pensava che l'avrebbero davvero selezionata.

“Ragazzi, vi presento Sugimoto Kumi, la mia nuova stagista.”

“Di nuovo?” Tsubasa strabuzzò gli occhi, leggeremente contrariato alla notizia.

L'analista si strinse nelle spalle:

“Non posso farci nulla. Senza offesa per te, Sugimoto, sono la prima a non fare i salti di gioia per questa situazione.”

“Se non sbaglio è stata lei a chiedermi di avere un'assistente in sala operativa, signorina Aoba!”

Il Direttore Gamo era entrato nel mezzo della loro discussione ed aveva subito fatto sentire la sua incombente presenza.

“Sì, Signore. Però uno stagista diverso ogni quindici giorni non è esattamente ciò che intendevo.” Ribatté Aoba, arrossendo subito dopo per la sua stessa audacia: il Direttore non era un uomo molto paziente, era molto autoritario e non amava essere contraddetto.

“Ne preferisce uno a settimana? Non lascerò che degli incompetenti accedano ad importanti informazioni di sicurezza. Ora vediamo di presentare il caso agli Agenti!”

“Come vuole – Yayoi fece un inchino – Sugimoto, per favore.”

La stagista afferrò un tablet tramite cui comandò l'accensione del grosso schermo che occupava quasi interamente la parete della stanza, mentre Yayoi, che aveva già visionato tutte le immagini, iniziò a parlare:

“Stamattina siamo stati allertati dalla polizia che era intervenuta su una scena del crimine in una villa al quartiere Toshima.”

“Un quartiere di ricconi!” Sbuffò Kanda, incrociando le braccia.

“Infatti, la cameriera è arrivata alle sei per prendere servizio, ed ha trovato questo spettacolo.”

Sullo schermo apparve l'immagine di un uomo a terra al centro del salotto della villa, visibilmente massacrato. Indossava il pigiama, era alto ed aveva dei lunghi capelli corvini.

“Ma quello è Mamoru Izawa! - Esclamò Kumi, guadagnandosi lo sguardo stupito di tutti gli Agenti - O Kami, come è ridotto male.”

Matsuyama le si avvicinò e le chiese gentilmente:

“Sugimoto, lo conosci?”

La ragazza lo guardò a sua volta un po' stranita, domandandosi se la stesse prendendo in giro:

“Davvero non sapete chi è, Agenti?”

Tutti scossero il capo e guardarono interrogativamente Aoba, che di solito forniva loro tutti i dettagli necessari. L'analista sollevò le spalle:

“Visto che Sugimoto conosce la nostra vittima, lascio a lei l'onore di presentarvela.”

Kumi prese un respiro ed esordì:

“Mamoru Izawa fino a qualche anno fa era il leader di una boy band di grandissimo successo: partiti dalla prefettura di Shizuoka, in poco tempo hanno scalato tutte le classifiche nazionali, seguiti da stuoli di adolescenti. Poi il gruppo si è sciolto e Mamoru ha intrapreso la carriera da solista, mantenendo comunque un certo seguito. Non immaginavo che sarebbe finito ridotto così.”

Tsubasa scosse la testa:

“Tutto ciò è molto interessante, ma perché la polizia ha avvertito la Squadra Speciale per l'omicidio di un idolo delle ragazzine?”

Aoba rispose prontamente, digitando sul suo tablet:

“Aggressione, Izawa è sopravvissuto ed ora si trova ricoverato all'ospedale. Hanno chiamato noi perché l'attuale coinquilino, nonché suo manager ed ex tastierista del gruppo, è Yuzo Morisaki.”

Misaki si passò una mano nei capelli, osservando la foto appena apparsa, che ritraeva un uomo all'incirca della stessa età del cantante:

“Intendi il figlio del Colonnello Morisaki?”

L'analista annuì, preparandosi a fornire ulteriori dettagli, quando una sonora risata interruppe l'aggiornamento: Kanda stava ridendo di gusto.

“Mi sto immaginando la faccia di Baiko Morisaki mentre scopre che il figlio vuole far parte di un gruppo musicale.”

Hikaru gli mollò uno scappellotto sulla testa, per farlo tacere, prima che il Direttore si spazientisse troppo per quella mancanza di rispetto nei confronti di un importante militare.

“Sei proprio un cretino Koshi!”

Il rimprovero di Gamo non si fece attendere a lungo:

“Se ha finito di darsi al cabaret, Agente Kanda, qui c'è un lavoro da fare.”

“Sì, Signore.”

“Come dicevo – proseguì Yayoi – Yuzo Morisaki vive con la nostra vittima ed è attualmente irreperebile. Non sappiamo se si tratti di una semplice rapina degenerata o di qualcosa di peggio. Non sappiamo chi o cosa fosse l'obiettivo degli o dell'aggressore.”

Tsubasa spostò il peso del corpo da un piede all'altro, pensando ad alta voce:

“Il colonnello Morisaki è l'attuale responsabile dell'aggiornamento del piano di emergenza in caso di attacco alla nazione, rapire il figlio potrebbe essere una mossa per arrivare a lui o per costringerlo a rivelare segreti militari.”

“Certamente, ma non dobbiamo escludere anche vie più semplici. - Da spalla di Ozora, Taro analizzò l'altro aspetto della questione – Magari l'aggressore è qualcuno conosciuto personalmente da Izawa.”

“La cameriera che ha telefonato?” Sbuffò Koshi, incrociando le braccia.

Hikaru scosse la testa:

“Lo escluderei. Invece non mi sento di escludere lo stesso Morisaki solo perché figlio del Colonnello: potrebbe benissimo essere stata una lite tra coinquilini, col vincitore in fuga.”

“Yuzo non lo farebbe mai! - Sugimoto si accalorò nella difesa di uno dei suoi beniamini – Tra i membri della band, lui è sempre stato il bravo ragazzo.”

Il direttore Gamo alzò una mano:

“Non possiamo fermarci alle apparenze, signorina Sugimoto: in questa fase dobbiamo vagliare tutte le piste. Ozora e Misaki, voi andrete sulla scena, fatevi ragguagliare sulle ultime novità dalla polizia ed informateli che prendiamo noi in carico il caso. Fate anche un giro nel vicinato.”

“Molto bene.” Tsubasa annuì e lasciò la stanza accompagnato da Taro, dirigendosi alla villa di Izawa.

“Kanda e Matsuyama, voi indagate nel passato di Izawa e Morisaki, a cominciare dalla band. La signorina Aoba vi darà ulteriori istruzioni. - Gamo guardò l'orologio – Ora devo andare, ho una telefonata col ministro della difesa.”

Non appena il direttore fu uscito, Yayoi tirò un sospiro di sollievo: con quell'uomo nei dintorni si sentiva sotto esame ogni volta che apriva bocca, fosse anche solo per comunicare il suo stesso nome. Anche Kumi si rilassò, sedendosi presso la sua postazione e commentando:

“Il capo è sempre così simpatico?”

“Oggi è stato anche gentile, secondo i suoi standard. - Le rispose Hikaru con un sorriso – Yayoi, dove dobbiamo andare?”

Aoba premette altri tasti, portando all'attenzione degli agenti altri tre individui:

“Il primo a sinistra è Shingo Takasugi, il vecchio batterista: credo che sia da escludere, poiché dopo lo scioglimento del gruppo è tornato a Nankatsu ed ora fa il maestro elementare. Non risulta abbia avuto contatti a Tokyo di recente.”

“Ah, però! E cosa insegna? Le tabelline a suon di musica?”

All'ennesima uscita di Kanda, Hikaru si batté una mano sul volto, semidisperato, domandandosi ancora una volta come si fosse ritrovato a far coppia con un simile buzzurro.

“Koshi, oggi ti stai superando. Vuoi far colpo sulla nuova arrivata?” Lo provocò bonariamente Aoba, anche per tentare di mettere un freno all'esuberanza dell'Agente.

“Come se ne avessi bisogno. Sugimoto, visto che sei una fan, gli altri due chi sarebbero?”

La stagista saltò in piedi, lieta per essere stata nuovamente coinvolta:

“Quelli sono Teppei Kisugi e Hajime Taki, rispettivamente chitarrista e bassista. Avrebbero voluto dare un sapore più internazionale alla band e spesso si facevano chiamare Jhonny e Ted sulle scene. Secondo le riviste scandalistiche, è a causa di divergenze tra loro ed il cantante che la band si sarebbe sciolta.”

“In altre parole hanno un movente. Dovremo fare quattro chiacchiere con loro.” Sintetizzò Kanda, stiracchiandosi prima di lasciare la stanza, ricevendo l'approvazione di Matsuyama.

Yayoi li congedò:

“Risiedono ancora a Tokyo e possiedono un piccolo negozio. Vi mando l'indirizzo ai vostri cellulari. Buona uscita.”

“Arrivederci bellezze!” La voce di Kanda si perse nel corridoio, facendo ridere le due donne.

“Bene, Sugimoto. Mettiamoci al lavoro anche noi. Abbiamo un sacco di ricerche da fare.”




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Ed eccoci qua con una nuova storia, un altro universo. Chi ha seguito la mia ultima storia, forse, si stupirà nel vedere alcuni personaggi che là erano antagonisti essere qui protagonisti (Kumi e Kanda). Questo, perché io non ho particolare avversione per quei personaggi, semplicemente in quella storia per me stavano bene in quel ruolo, qui possono occupare questo. Tra le varie idee che avevo, ho deciso di dare la precedenza a questa proprio per l'uso completamente diverso di alcuni personaggi.

Ora una precisazione doverosa: la mia fonte principale di ispirazione per creare questo gruppo di agenti è stato il telefilm NCIS: Los Angeles, tuttavia c'era un problema: in Giappone l'ordinamento militare è completamente diverso da quello americano. Riducendo all'osso, dopo la seconda guerra mondiale, il Giappone ha deciso di avere delle forze militari da impiegare solo per scopi difensivi o in caso di grossi problemi interni, ad esempio calamità naturali. Inoltre, in genere, tutti i reati che coinvolgono personale militare, sono seguiti sia a livello di indagine che processuale dalle medesime autorità che si occupano di tutti gli altri reati (polizia e tribunale civile), a differenza di altre nazioni che hanno corpi di indagine e tribunali espressamente dedicati alla giurisprudenza militare. Nel creare questa squadra, io ho immaginato che esistano dei gruppi di investigatori più specializzati e qualifcati di altri per svolgere le indagini più delicate: in questo caso c'è il sospetto che l'intera sicurezza nazionale sia a rischio! Spero mi si perdoni la licenza! ;)

Per quanto riguarda le informazioni di servizio, la storia è già scritta per il 95%, quindi dovrebbe poter essere pubblicata senza intoppi fino alla fine. Spero! ;)

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Capitolo 2
*** II ***


La guida di Misaki era sicura nel caotico traffico cittadino, riuscendo sempre ad evitare le corsie più trafficate, perdendo il meno tempo possibile. Fermo ad un semaforo rosso, si permise di voltarsi verso il collega, che guardava distrattamente fuori dal suo finestrino, insolitamente silenzioso.

“È stata dura, ieri?” Gli domandò, interpretando correttamente il suo silenzio.

Tsubasa si strinse nelle spalle, cercando di apparire indifferente, ma un gesto involontario della mano lo tradì:

“Non credevo che Sanae avesse il coraggio di arrivare fino in fondo.”

“Beh, è sempre stata molto testarda, non puoi negarlo.” Ribatté Taro, mentre accelerava per ripartire, girando a destra ed entrando in una zona più tranquilla. Si notava che ci si stava avvicinando ad un quartiere di lusso dalla progressiva sparizione dei palazzi, che lasciavano il posto ad abitazioni unifamiliari e più avanti a vere e proprie ville circondate da ampi giardini.

“Soprattutto quando si aggrappa a dubbie motivazioni: come può non capire che non potevo rivelarle quale sia il mio vero lavoro!” Un moto di rabbia invase l'Agente, convinto di essere nel giusto.

Misaki lo guardò di sottecchi:

“Sai che non è proprio così: siamo tenuti a non rivelare a chiunque di essere Agenti della Squadra Speciale, ma alla donna che intendi sposare dovresti dirlo e prima del matrimonio, non lasciare che lo scopra per caso dopo...”

"Siamo arrivati." Tsubasa troncò in questo modo ogni discorso, lasciando Misaki a parcheggiare il veicolo. Scesero insieme ed attraversarono il giardino della villetta.

"Guarda - disse Taro - sulla porta è installata una telecamera: potrebbe aver ripreso qualcosa di utile."

Tsubasa scosse la testa:

"Dubito. Tutte le case di questa zona ne sono dotate, chiunque è intenzionato ad entrarvi avrà sicuramente un piano per neutralizzarle."

Fece per appoggiare la mano sulla maniglia per aprire la porta, ma questa si spalancò davanti a loro ed un agente della polizia cittadina gli si parò davanti, con fare aggressivo:

"Chiunque voi siate, non potete entrare! Questa è una scena del crimine."

Taro e Tsubasa estrassero i loro tesserini di riconoscimento.

"Io sono l'Agente Speciale Ozora, questo è l'Agente Speciale Misaki. Il caso ricade sotto la nostra giurisdizione, da questo momento ce ne occupiamo noi."

Il poliziotto li guardò con disappunto:

"Non credo proprio!" E chiamò un superiore all'interno.

Uscì un uomo dai capelli brizzolati che non appena li riconobbe annuì e fece loro segno di avvicinarsi:

“Agenti, immaginavo vi avessero allertato.”

Taro e Tsubasa strinsero la mano all'uomo, sotto lo sguardo sbigottito del poliziotto che in un primo tempo li aveva bloccati.

“Detective Mikami – lo interrogò Ozora – Cosa può dirci?”

Mentre li conduceva nel salotto, ambiente principale della scena del crimine, il detective illustrò ciò che i suoi uomini avevano già scoperto:

“Sicuramente i malviventi erano più di uno, dai danni direi almeno tre, ma quest'ultima è una mia supposizione. Per tutta la stanza sono evidenti i segni di lotta: Izawa si è difeso prima di venire immobilizzato e colpito ripetutamente. Secondo la cameriera mancano vari oggetti di valore, mentre altri sono ancora al loro posto.”

Misaki si stava guardando intorno, perlustrando:

“Portare via solo alcuni oggetti potrebbe significare che la rapina è stata solamente inscenata per nascondere altro, tuttavia ciò che è rimasto è di difficile trasporto. Questo quadro ad esempio – indicò una tela di dimensioni ragguardevoli, tanto che occupava metà di una parete – vale quasi quanto l'intera villa.”

“Le faccio però notare, Agente - Mikami si intromise, poiché nonostante non avesse la preparazione specifica degli Agenti Speciali, aveva dalla sua molti anni di servizio e di esperienza sul campo che gli permettevano di dialogare alla pari con i due. Inoltre, aveva già lasciato casi a quel gruppo ed Ozora e i suoi si dimostravano sempre disponibili a ricevere i suoi suggerimenti. - che questo è un quartiere di lusso. Se volessi fare una rapina in una di queste ville verrei attrezzato con un furgone, saprei a priori di trovare moltissime cose di valore.”

Tsubasa si tolse la giacca grigia ed indossò i guanti, non voleva correre il rischio di compromettere qualche indizio.

“Concordo con lei, Detective, magari i nostri uomini sono stati interrotti da Izawa e credendo di averlo ucciso se la sono data a gambe con ciò che avevano già raccolto.”

“Insomma, non sappiamo ancora da dove partire.” Concluse per tutti Misaki.

L'esplorazione della scena del crimine proseguì silenziosa ancora per alcuni minuti, ogni dettaglio era importante e non andava trascurato, poteva fornirgli la traccia a cui appigliarsi per imboccare la pista giusta. Ogni singolo schizzo di sangue venne fotografato e catalogato.

Un agente scese dal piano superiore, reggendo in mano due buste trasparenti.

“Detective Mikami, le stanze al piano di sopra sono entrambe sottosopra. Abbiamo trovato questi cellulari.” Porse i due involucri al superiore che li scrutò, prima di passarli ad Ozora.

“Erano nelle camere?”

“Uno per stanza.”

“Uno sarà della nostra vittima e l'altro probabilmente del coinquilino. Sarà per questo che non riusciamo a rintracciare Morisaki. Li faremo esaminare dai nostri tecnici.”

Misaki si avvicinò a sua volta per concentrarsi sui telefoni, così nessuno si accorse di un quinto uomo entrato nella stanza.

Solo il tonfo sordo del pesante borsone che cadeva sul pavimento di legno fece voltare il gruppo in direzione del nuovo venuto, mettendo rapidamente mano alle pistole.

“Che... che diamine è successo qui?” Balbettò l'uomo, mentre i suoi occhi saettavano rapidi sulle macchie di sangue, ormai secche, schizzate per la stanza e la grande chiazza scura che lordava il pavimento di legno.

Il primo a riaversi fu il detective Mikami:

“Come ha fatto ad entrare qui? Chi l'ha fatta passare?”

L'uomo rispose meccanicamente:

“Io vivo qui.”

Tsubasa avanzò senza abbassare l'arma, fino a fronteggiarlo, ricordando le fotografie che gli erano state mostrate in sala operativa:

“Lei è Yuzo Morisaki? - L'uomo annuì – Io sono l'Agente Speciale Ozora, questi sono il mio partner, l'Agente Speciale Misaki e il Detective Mikami.” Solo allora le pistole di ordinanza vennero riposte nelle fondine.

Al sentire quelle presentazioni, Morisaki si riscosse, focalizzandosi sui suoi interlocutori:

“Agenti Speciali? C'è di mezzo mio padre?”

“È quello che stiamo cercando di appurare.” Questa volta fu Misaki a rispondere, in tono affabile e gentile.

“E Mamoru dov'è?”

I tre si scambiarono un'occhiata d'intesa, per quanto anche Morisaki fosse nel novero dei sospetti, non potevano nascondergli la sorte del coinquilino. In quanto più anziano, Mikami si prese la responsabilità di comunicare la notizia:

“Il signor Izawa è stato gravemente ferito durante un'intrusione nella villa, avvenuta stanotte. Ora si trova in ospedale.”

Morisaki iniziò a tremare, poi si voltò di scatto per lasciare l'abitazione.

“Devo andare da lui!”

L'agente Ozora tentò di fermarlo con tono autoritario:

“Aspetti, abbiamo delle domande per lei: vogliamo sapere dov'era stanotte.”

Yuzo si bloccò: per quanto avesse scelto una carriera completamente diversa da quella del padre, militare di alto livello, certe tecniche ed insinuazioni gli erano comunque assai familiari. Girò solo la testa, in modo che gli investigatori potessero vedere il suo profilo destro.

“Dunque sospettate di me?”

Fiutando il pericolo, Taro tentò di essere conciliante:

“Al momento non escludiamo nessuna pista, sono domande di routine.”

L'ex tastierista estrasse dalla tasca del giubbino sportivo un volantino spiegazzato.

“Ero ad un ritiro di meditazione. Ci vado una volta ogni due mesi e lascio il telefono ed ogni mezzo tecnologico a casa, per non venire disturbato. Potete controllare.”

“Verificheremo – rispose Tsubasa – ma mi sembra alquanto strano che il manager di una popstar si renda irreperibile.”

Morisaki si voltò completamente, per ribattere a tono all'Agente:

“Per Mamoru non è un problema, anche lui può accedere alla casella mail di lavoro. Chiariamo subito che io non avrei mai potuto fargli del male: Mamoru Izawa non è il mio capo, è il mio compagno.”

I tre agenti rimasero scioccati alla rivelazione, nessuno di loro aveva ipotizzato che il rapporto tra i due coinquilini fosse di tipo amoroso.

“Ora posso andare da lui?”

L'Agente Ozora annuì, mentre il Detective aggiungeva:

“La farò accompagnare da uno dei miei uomini.”

“Grazie.”

“Taro, andiamo anche noi – Tsubasa chiamò il partner – dobbiamo andare a fare visita al Colonnello.”

 

 

 

L'indirizzo fornito da Aoba e Sugimoto condusse gli Agenti Speciali Kanda e Matsuyama presso un fiorista. Nel riconoscere il tipo di negozio, il primo agente fece una smorfia:

“Dopo i fasti del palcoscenico i nostri due sospettati hanno scoperto di avere il pollice verde?”

Hikaru scosse la testa:

“Sempre meglio che fare a botte con il guardaroba, come hai fatto tu stamattina.”

L'Agente Matsuyama solitamente non si esprimeva in fatto di abbigliamento, essendo lui il primo a preferire uno stile informale, abbinando spesso alle camicie i jeans, ma quella mattina Kanda aveva superato sé stesso in quanto a libertà: indossava un paio di jeans strappati in più punti, secondo una vecchia moda, e la felpa di una nota palestra di boxe.

“Bah, scordati che io mi vesta a modo come i nostri due colleghi: li hai visti oggi, con lo stesso completo grigio, quasi fossero telepatici? Te lo dico io, Ozora avrebbe dovuto sposare Misaki, forse a quest'ora non sarebbe un uomo divorziato.”

Hikaru voleva ribattere, ma si rese conto che il collega non aveva poi tutti i torti.

“Sei geloso dell'affiatamento che c'è tra quei due? Temi che tra noi non accadrà mai?”

“Ma per carità! A me va benissimo così, Matsuyama, dove andrebbe a finire il divertimento se non potessi più punzecchiarti?”

In risposta Koshi ricevette una linguaccia, quasi fossero regrediti alle scuole medie. Tuttavia, se il loro piccolo team funzionava era proprio per le diversità che caratterizzavano i due componenti, a differenza della coppia Ozora-Misaki molto più allineata sulla stessa impostazione.

“Sarà meglio entrare.”

All'interno, il negozio era ordinato e pulito: una parte delle piante in vaso era esposta alla sinistra rispetto all'ingresso, mentre sulla destra gli scaffali ospitavano vasi di varie misure e decorazioni da giardino. Più avanti c'era la zona dei fiori recisi e oltre al bancone si intravedeva una piccola serra. Da dietro uno degli scaffali apparve uno dei proprietari, che trasportava un grosso sacco di terra.

“Buongiorno.” Si fece avanti Matsuyama.

L'uomo appoggiò il sacco e rispose:

“Buongiorno, posso esservi utile?”

“Stiamo cercando Taki Hajime e Kisugi Teppei.”

“Io sono Taki, Kisugi è laggiù al bancone.”

“Beh – si intromise Kanda – con i capelli corti non l'avevo riconosciuto.”

Hajime si rabbuiò, pensando che i due non fossero nel negozio per acquistare, ma fossero solamente dei cacciatori di celebrità decadute, ogni settimana qualcuno entrava solo per vedere che fine avessero fatto le due popstars.

“Se siete qui per degli autografi, avete sbagliato posto.” Disse secco.

Hikaru scosse la testa:

“Vorremmo poter essere qui per questo, ma purtroppo la faccenda è molto più grave. Io sono l'Agente Speciale Hikaru Matsuyama, lui è l'Agente Speciale Koshi Kanda. Stanotte c'è stata un'aggressione nella villa di Izawa Mamoru.”

Taki apparve veramente sorpreso dalla notizia ed anche addolorato, molte volte si era ripromesso di riallacciare i rapporti con i vecchi compagni, anche solo per ritrovarsi per una rimpatriata.

“Yuzo e Mamoru stanno bene?”

“L'informazione è riservata. - Liquidò Koshi – Vorremmo parlare sia con lei che con Kisugi.”

“Seguitemi.”

Si avvicinarono al bancone, dove Tepppei stava realizzando una confezione regalo per un'orchidea. Attesero pazientemente.

“Ecco a lei signorina. Buona giornata.”

La donna afferrò il vaso ed uscì dal negozio, lasciando soli i quattro per discutere della faccenda. Hajime mise Teppei velocemente al corrente di ciò che si erano già detti con gli agenti.

“Che brutta faccenda! - Esclamò l'ex chitarrista, rabbuiandosi – Dovremo andare a trovarli.”

Matsuyama si assunse l'ingrato compito di iniziare l'interrogatorio:

“Spero che comprendiate che stiamo indagando in ogni direzione, per cui dobbiamo chiedervi dov'eravate questa notte?”

Taki si infuriò per la domanda.

“State scherzando? Come vi permettete!?” Tuonò sporgendosi minaccioso verso Kanda.

“Vacci piano denti da coniglio!”

“Koshi!” Matsuyama redarguiva Kanda, mentre Kisugi era impegnato a trattenere Hajime dallo scagliarsi contro l'Agente, impedendogli di mettersi seriamente nei guai.

“Hajime, vai a farti un giro! Resto io qua.”

Di malavoglia l'ex bassista si allontanò.

“Vado ad innaffiare la serra.” Biascicò.

Teppei scosse la testa:

“Scusatelo, è molto nervoso ultimamente: suo figlio sta mettendo i denti e gli fa passare parecchie notti in bianco. Non mi sorprenderebbe che anche questa notte sia andata così. Per quanto riguarda me, credo di non avere un alibi, ero a casa solo. - Lo ammise candidamente. - Posso chiedervi perché sospettate di noi?”

L'Agente Kanda avrebbe voluto nuovamente rispondere che si trattava di informazioni riservate, ma Matsuyama lo precedette:

“Abbiamo saputo che il vostro gruppo si è sciolto per dei forti dissidi tra voi due ed Izawa.”

Kisugi sbuffò, passandosi una mano tra i capelli ricci.

“Se posso, quella è solo una storia montata ad arte dai giornali di gossip. Per me e Hajime quello della band è sempre stato solo un gioco. Avevamo stabilito che saremmo andati avanti tre anni, scaduti i quali abbiamo lasciato. Se fosse arrivato il successo internazionale, forse avremmo proseguito, ma non è accaduto.”

Koshi era scettico:

“E voi avreste rinunciato senza battere ciglio alla popolarità ed ai soldi?”

“I soldi che avevamo guadagnato sono bastati per comprarci questo posto e non si può dire che gli affari ci vadano male. Sulla popolarità, che dire, Mamoru è molto più a suo agio di noi sotto i riflettori.”




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E qui scopriamo che fine abbia fatto Yuzo, ma le indagini sono appena agli inizi. ;)

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Capitolo 3
*** III ***


L'ufficio del Colonnello Morisaki era situato al trentesimo piano di un grattacielo che ne contava in totale quaranta. O per lo meno, l'ufficio che occupava quando si trovava nella capitale, dato che spesso viaggiava per il paese ad ispezionare personalmente lo stato degli armamenti per la difesa.

Una segretaria molto cordiale introdusse i due Agenti Speciali nello studio. Il Colonnello dava le spalle alla porta, guardando fuori dall'ampia vetrata la sagoma di un aereo che si stava dirigendo a nord.

“Buongiorno, Colonnello.” Esordì Tsubasa.

Il militare si voltò e li squadrò da capo a piedi, lasciandosi sfuggire un verso di disappunto per quei due damerini che gli avevano mandato. Non poteva meravigliarsi che i loro nemici fossero arrivati a tanto se parte della sicurezza del paese era affidata alle mani di Agenti come quelli che aveva davanti. Con lo sguardo gelido e tagliente, fermò qualsiasi tentativo di inutili presentazioni:

“So già chi siete, i tirapiedi di Gamo si riconoscono a lunga distanza.”

A dirla tutta, tra il Colonnello ed il Direttore della Squadra Speciale non correva per nulla buon sangue: si trattava di vecchi asti, radicati da anni ed ormai diventati insolubili. Tuttavia Tsubasa non si lasciò intimidire, rispondendo a tono:

“Quindi saprà anche perché siamo qua.”

Il Colonnello annuì.

“Certamente e non mi capacito di come Minato abbia deciso di affidare un'indagine così delicata proprio al vostro gruppo!”

Un pugno fu sbattuto violentemente sulla scrivania, facendo sussultare la segretaria che era rimasta in fondo alla stanza.

“C'è qualche problema, Colonnello?” In tono affabile Misaki cercò di vincere la reticenza del militare. Questo si voltò verso di lui, assottigliando ulteriormente lo sguardo.

“Mi risulta difficile fidarmi del figlio di un falsario, tanto per dirne una.”

Taro incassò quell'accusa senza mostrare reazioni particolari, col tempo aveva imparato a mascherare il disappunto di essere giudicato da molti in quanto figlio di un detenuto e non per i suoi reali meriti e la sua dedizione al lavoro.

Diversamente da lui, Tsubasa non poteva accettare che il suo partner non venisse ritenuto degno di fiducia:

“Con tutto il rispetto, Colonnello, l'agente Misaki è uno dei migliori della Squadra Speciale.”

“Si risparmi la sceneggiata, Ozora – Baiko Morisaki lo interruppe senza tanti giri i parole, indicando anche con la mano di tacere – ne ho anche per lei e per gli altri dei suoi uomini. Intanto che siete qui a cincischiare, qualcuno si sta dando la pena di cercare quel disgraziato mio figlio?”

I due Agenti si scambiarono di sfuggita uno sguardo, cercando di darsi un sostegno a vicenda, poiché in quel momento non sembrava essere possibile ragionare col militare.

Avanzando di un passo Misaki rispose alla domanda retorica:

“Signore, suo figlio sta bene, non era presente alla villa al momento dell'aggressione. Ora è andato all'ospedale, scortato dalla polizia, per sincerarsi delle condizioni del coinquilino.”

Cercò di restare sul vago circa quanto avevano da poco scoperto sui reali rapporti tra Izawa e il giovane Morisaki, non sapendo quanto il padre conoscesse e quanto avrebbe potuto gradire la situazione: qualcosa gli diceva che tra il Colonnello ed il figlio i rapporti non fossero propriamente idilliaci.

“Di bene, in meglio!”

Alla notizia il Colonnello si indispose ulteriormente, dato che Yuzo non si comportava mai come ci si aspettasse dal figlio di un militare in carriera: prima quella ridicola storia del gruppo musicale, poi la decisione di fare il manager per un cantante da quattro soldi.

“Avete predisposto una scorta per quella zucca vuota?”

“Stiamo cercando di coordinarci con la polizia. - Rispose l'Agente Ozora – Come certamente saprà la Squadra Speciale solitamente non si occupa di queste mansioni, ma se ritiene più opportuno, penso che possa occuparsi direttamente l'esercito della protezione di suo figlio.” Concluse il discorso con un leggero inchino.

Tsubasa aveva dato prova per l'ennesima volta delle sue capacità dialettiche, lanciando in un'unica frase prima una stoccata all'interlocutore e poi un contentino.

Per la prima volta da che erano entrati Baiko Morisaki parve approvare qualcosa:

“Se uomini seriamente addestrati si occuperanno della faccenda sarà meglio! Ci sono in ballo segreti nazionali.”

“Ne siamo consapevoli, ma si ricordi che le indagini le conduce il nostro ufficio.”

Ozora mise in chiaro la questione, poiché non intendeva permettere che il Colonnello si prendesse troppe libertà o compisse troppe ingerenze nel loro lavoro.

Morisaki sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto.

“Allora perché non filate ad interrogare i cinesi?”

Misaki si mostrò perplesso:

“I cinesi?”

“È ovvio che ci siano loro dietro questa faccenda, vogliono i nostri piani per la difesa.”

Ai due Agenti quelle sembrarono solo illazioni, non potevano di certo dare la caccia a tutti gli stranieri presenti a Tokyo, non sapevano nemmeno quale fosse il vero obiettivo dell'irruzione alla villa.

Vedendoli ancora nell'ufficio, indecisi sul da farsi, Morisaki sbraitò:

“Ma non sapete che due giorni fa è arrivato a Tokyo il Ministro cinese per le politiche sportive, scortato da tre dei migliori agenti dei loro Servizi Segreti? Vi si deve dire proprio tutto?”

Intenzionati a non far alterare ancora il Colonnello, i due Agenti salutarono rispettosamente e chiusero la porta dietro le loro spalle. Nell'agganciare la serratura, Taro lo sentì borbottare all'interno:

“Ma roba da matti! In che mani sono capitato!”

 

 

 

 

Nella sala operativa le ricerche erano in pieno svolgimento, procedendo su più fronti. Yayoi aveva avviato tutti i principali database alla ricerca di qualsiasi informazione su Izawa e Morisaki che potesse essere utile: movimenti bancari, carte di credito, social network, risultati scolastici, multe, ogni momento della vita dei due abitanti della villa veniva passato al setaccio e rivoltato come un calzino. Per escludere un movente personale bisognava assicurarsi che il passato ed il presente dei due fosse limpido. La donna stava sorseggiando del succo, attendendo qualche riscontro. Uno dei computer emise un suono. Con un rapido click aprì il documento trovato, scuotendo poco dopo la testa: il database aveva recuperato dal sito delle scuole elementari di Nankatsu una vecchia foto, recentemente aggiunta alla galleria fotografica storica, che ritraeva un piccolo Mamoru Izawa nelle vesti di calciatore in erba prendere parte ad un torneo scolastico. Decisamente quello non era il genere di informazioni che sarebbe stato utile.

Su uno degli altri computer, Kumi esaminava dei video. Dopo che la polizia aveva fatto giungere la notizia che le telecamere della villa erano state manomesse e non avevano registrato nulla, Aoba le aveva insegnato come inserirsi nel circuito di telecamere del traffico, chiedendole di verificare se ce ne fosse qualcuna non troppo lontana dall'abitazione e controllarne i filmati. Aveva individuato, proprio in fondo al viale principale del quartiere, un semaforo dotato di apparecchio per la registrazione delle infrazioni. Sperava di avere fortuna: esistevano altre strade per uscire dal quartiere, non era detto che i malviventi avessero usato quella via di fuga.

Con lo scorrimento rapido stava esaminando il traffico notturno, quando la sua attenzione venne catturata da una berlina che sfrecciava a tutta velocità, passando all'incrocio con il rosso. Il timer segnava le 4:30 del mattino: poteva essere l'auto che stavano cercando.

“Aoba-san, venga a vedere questo.”

Yayoi si alzò, facendo frusciare la gonna, e raggiunse la giovane:

“Hai trovato qualcosa di interessante?”

“Guardi.”

Kumi fece scorrere il video al rallentatore, poi ingrandì l'inquadratura. In questo modo nell'abitacolo si distinguevano chiaramente due persone coi volti coperti da dei passamontagna. Dal finestrino posteriore sporgeva il braccio di un terzo individuo, che nella mano stringeva una pistola.

“Ci siamo! - Esclamò Yayoi – Tre come aveva suggerito il Detective Mikami.”

“Decisamente plateali.” Aggiunse Kumi, non riuscendo a credere di essere stata così fortunata a trovare in breve tempo un indizio.

Aoba si strinse nelle spalle:

“Potrebbero semplicemente essere dei principianti. Ad ogni modo vale la pena controllare. Guarda bene Sugimoto: se premi questa combinazione di tasti, ti collegherai direttamente al database delle targhe automobilistiche.”

“Non aggiunga altro!”

La ragazza aveva subito compreso dove volesse arrivare la tutor ed inserì il dato richiesto. In pochi secondi il computer fornì la risposta che cercavano.

“Chiamo l'Agente Ozora. Prendi, così potrai ascoltare anche tu.”

Yayoi porse un auricolare a Kumi, mentre con l'altra mano faceva partire la chiamata.

“Dimmi, Yayoi!”

“Tsubasa, abbiamo trovato l'auto con cui si sono mossi i probabili aggressori, dalla targa risulta appartenere all'autonoleggio Ishizaki.”

“Va bene, manda Koshi ed Hikaru a fare le verifiche del caso. Noi seguiamo una pista che ci ha indicato il Colonnello. Riusciresti a dirmi se il Ministro cinese arrivato qualche giorno fa alloggia all'ambasciata?”

“Verifico subito. - Le dita dell'analista si muovevano veloci sulla tastiera – Ecco: si tratta del minstro Shu e a quanto pare soggiorna all'albergo Imperial.”

“Perfetto! Procurati tutto il programma dei suoi impegni ufficiali. Ci aggiorniamo.”

La comunicazione si chiuse e le due donne restarono per qualche istante in silenzio. Yayoi tornò a sedersi, riprendendo la propria tazza, mentre Kumi fissava pensierosa lo schermo.

“Quindi il Colonnello crede che siano stati i cinesi?” Domandò quest'ultima, torturandosi una ciocca dei capelli castani che le arrivavano alle spalle.

“Così pare, ma per ora i nostri non possono formulare accuse precise, sarebbe imprudente di fronte all'esponente di un governo straniero. - Si stiracchiò. - Sugimoto, che ne dici di chiamare tu gli altri due agenti per informarli sulla loro nuova destinazione? Poi ti mostro la caffetteria per la pausa pranzo, te la sei meritata. Chi preferisci chiamare? Matsuyama o Kanda?”

“Direi Matusyama, è più civile.” La giovane Kumi nascose a fatica un sorrisetto, temendo di essersi esposta troppo, ma la superiore le fece un occhiolino di rimando. Decisamente quell'ambiente di lavoro le stava piacendo.

 

 

Il Ministro cinese era nel giardino esclusivo dell'hotel, quello riservato ai clienti più prestigiosi, che desideravano una maggior intimità e riservatezza circa i propri affari. Era seduto ad un tavolo posizionato sotto un gazebo, intento ad esaminare un voluminoso plico di carte. Le sue tre guardie del corpo erano sedute poco più in disparte, fumando e sorvegliando l'ingresso del giardino.

Tsubasa e Taro li riconobbero subito: erano Wu Jun-Ren, Fei Xiang e Wang Zhong-Ming, tre Agenti dei Servizi Segreti cinesi con cui avevano avuto il “piacere” di scontrarsi in passato, durante un'indagine internazionale. Non era difficile capire perché avessero mandato loro, poiché erano bravi nel lavoro, probabilmente i migliori in Cina, ed erano già noti alle autorità giapponesi per via del precedente affare, non rischiando così di bruciare altri per quando sarebbe stato necessario agire nell'ombra. Probabilmente non viaggiavano nemmeno con nomi falsi. Quello che era certo era che tra gli Agenti dei due Paesi presenti in quel giardino l'antipatia fosse reciproca.

“Allora, Taro – bisbigliò Tsubasa – cerchiamo di parlare direttamente col Ministro ed evitare i nostri amici.”

Il partner annuì, nemmeno lui ci teneva molto a rispolverare i vecchi trascorsi.

“Restiamo nel vago, niente colpi di testa.”

“Mi hai scambiato per Koshi?”

Lentamente si avviarono sul vialetto, sentendo addosso lo sguardo di Wu Jun-Ren, che li aveva già puntati. Tuttavia fu Fei Xiang a pararglisi davanti, bloccando con tutta la sua imponente stazza la via per raggiungere il Ministro.

“Toh! Chi non muore si rivede. Nostalgia di noi?”

“Nemmeno un po'. Dobbiamo vedere il Ministro, questioni di sicurezza.” Taro andò subito al dunque, sperando che Fei Xiang non fosse così ottuso da mettere in piedi una scenata che avrebbe rovinato i loro piani.

“Della sua sicurezza ci occupiamo noi! Che scherzetti avete in mente?”

“Nessuno. Ci credi così stupidi?” Fu Tsubasa a rispondere.

Il Ministro, notando l'agitazione, si alzò e si intromise nella discussione:

“C'è qualche problema?”

“Nessuno Ministro, i signori hanno sbagliato strada e stavano per andarsene.”

Tsubasa non si lasciò prevaricare a quella maniera.

“Veramente noi vorremmo parlare con lei, Ministro Shu. Siamo gli Agenti Speciali Ozora e Misaki.”

Il Ministro fece cenno agli uomini della scorta di allontanarsi e agli Agenti di seguirlo presso il tavolo.

“Di che si tratta? Non avrò fatto qualcosa di male?”

“Non si preoccupi.” Lo rassicurò Taro, mentre Tusbasa dava il via alla recita, secondo il piano concordato.

“È una cosa un po' imbarazzante per noi giapponesi. Questa notte, poco dopo la fine dell'opera, nella zona vicino al teatro si sono verificati diversi disordini, anche molto violenti. Sappiamo che lei ha assistito alla rappresentazione, ospite del direttore del teatro, e se per caso dovesse essere stato molestato in qualche maniera, la preghiamo di dircelo: faremo tutto il possibile per rimediare.”

Il cinese alzò le mani, per arrestare il fiume di parole che gli era stato rovesciato addosso.

“Agente, si tranquillizzi. Subito dopo la fine dello spettacolo sono rientrato in hotel e non ho trovato nulla di sgradevole sulla mia strada.”

Misaki calcò ulteriormente la mano:

“Ne è sicuro? Per noi è un disonore che un ospite debba trovarsi in queste situazioni imbarazzanti.”

“Ve lo assicuro. Chiedete pure alle mie guardie del corpo. Mi avrebbero riferito se avessero visto qualcosa di strano.”

“Sono rientrate tutte con lei? Nessuno si è trattenuto?”

“Ovviamente tutti e tre gli uomini sono tornati con me. Perché avrebbero dovuto trattenersi?”

Tsubasa scosse la testa.

“Ha ragione lei, Ministro. Ci scusi ancora per il disturbo.”

“Siamo lieti che non sia rimasto coinvolto nei disordini.”

“Sono io che vi devo ringraziare per esservi preoccupati per me. Buona giornata, Agenti.”

Ozora e Misaki se ne andarono, salutando con un cenno gli uomini del Ministro, che non avevano smesso per un secondo di guardarli in cagnesco.

Attesero di essere in una piccola saletta adiacente alla hall prima di ragionare.

“Che ne pensi, Taro?”

Misaki aggrottò le sopracciglia.

“Il Ministro sembra sincero. Non potevamo sbilanciarci più di così o rischiavamo la crisi diplomatica.”

Ozora annuì.

“Anch'io credo che siano rientrati tutti e sono sicuro che il portiere potrebbe confermarcelo. Se i tre sono poi usciti, l'hanno fatto ad insaputa del Ministro e di certo non per l'accesso principale.”

“E non verranno nemmeno a raccontarlo a noi.”

Stavano per sbucare nella hall, quando Taro si ritrovò ad essere afferrato per le spalle, voltato e centrato da un violento pugno sulla guancia destra.

Wang Zhong-Ming li osservava con un ghigno divertito.

“Ti ha dato di volta il cervello?” Lo attaccò Tsubasa, non appena lo ebbe riconosciuto.

“Ne vuoi uno anche tu Ozora?” Replicò pronto il cinese.

“Che vuoi?” Domandò con astio Misaki, massaggiandosi la parte colpita.

“Solo un piccolo avvertimento, nel caso vi pescassimo di nuovo a gironzolare intorno a noi: state fuori dai nostri affari!”

Tsubasa avanzò fino ad avere il viso a pochi centimetri da quello di Wang Zhong-Ming.

“Ti ricordo che siete ospiti del nostro paese, non vi conviene attaccare degli Agenti, non vorrai far fare brutta figura al tuo Ministro?”

Il ghigno sul volto dell'Agente cinese si fece ancora più marcato.

“Non ti preoccupare, sappiamo come fare per bene certi lavoretti!”




________________________

Ed ecco che entra in scena pure il già tanto citato Colonnello Morisaki! Ringrazio Melanto che mi ha concesso di chiamare il mio papà di Yuzo Baiko, come il suo, perché dopo aver letto le sue storie ormai Morisaki senior per me si chiama Baiko, è quasi diventato canon. XD Ovviamente questo è un Baiko diverso.
E i cinesi, che all'inizio non dovevano essere cinesi XD, la racconteranno giusta?

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Capitolo 4
*** IV ***


Hikaru e Koshi ricevettero la telefonata mentre stavano mangiando dei sandwich ad un chiosco sulla strada, non molto lontano dal negozio di fiori. I loro progetti prevedevano di rientrare in ufficio dopo il rapido pranzo, a meno che non avessero ricevuto ordini diversi.

“Perfetto, grazie Sugimoto. Terminiamo di mangiare e ci rechiamo sul posto. Buon pranzo anche a voi.”

Matsuyama chiuse la comunicazione, addentando poi il panino.

“Non fare troppo lo sdolcinato con la nuova arrivata, o la tua mogliettina potrebbe avere qualcosa in contrario.” Lo ammonì Kanda.

“Finiscila Koshi! Quanto meno io una moglie ce l'ho.”

L'altro fece spallucce:

“Al momento non sono interessato.”

Hikaru non aveva intenzione di perdere l'occasione per pungolarlo:

“Ieri sera la 'caccia' è andata male?”

“È andata molto bene, invece. Una donna davvero fantastica.”

“Immagino che non la rivedrai. - Hikaru scosse la testa, disapprovando la vita sregolata del collega – Quando la finirai con le avventure di una notte?”

“Quando ne avrò voglia! - Ribatté Kanda, irritato – E non farmi la morale, metto sempre in chiaro le cose con qualsiasi donna, prima di portarmela a letto.”

Finirono il pranzo in silenzio.

Quando furono nei pressi dell'auto, Kanda lanciò il mazzo di chiavi al partner.

“Guida tu a questo giro, maritino dell'anno.”

Hikaru afferrò al volò e sbuffò:

“Kanda, sei odioso.”

La bocca dell'Agente si curvò verso l'alto, in un sorrisetto insinuante, mentre la mano destra veniva portata all'altezza del cuore:

“Ma come? Io sono così felice per te!”

“Attore!”

Le portiere si chiusero e l'auto partì.

L'autonoleggio era situato in una zona un po' complicata da raggiungere: bisognava conoscerlo e sapere dove si trovasse per arrivarci, molto difficilmente si sarebbe capitati lì per caso. Era un posto che non poteva competere con le grandi catene di autonoleggi e Kanda dubitava persino che fosse adeguatamente segnalato su internet.

Incontro a loro venne una donna corpulenta, dall'aria molto energica.

“La signora Ishizaki, immagino.” Si fece avanti Matsuyama, espletando poi tutte le presentazioni di rito.

Il partner affrontò subito il motivo della loro visita:

“Vorremmo informazioni circa il noleggio di una berlina scura che questa notte è stata ripresa in prossimità di una scena del crimine. Questa è la targa.” Porse un foglietto.

“Un attimo solo.”

La donna controllò il suo registro in una ricerca che si faceva sempre più affannosa mano a mano che proseguiva.

“L'auto risulta rientrata stamattina ed è già stato effettuato il lavaggio e la disinfezione.”

“Merda! - Kanda non riuscì a trattenere l'imprecazione – Non troveremo prove!”

Hikaru lo ammonì con lo sguardo per la sua mancanza di diplomazia.

“Signora Ishizaki, potrebbe darci il nome di chi ha preso l'auto?”

“Lo farei volentieri, ma la scheda è ancora incompleta. Si è occupato di questa prenotazione mio figlio e come al solito avrà lasciato metà dei documenti in chissà quale angolo! Ryooo!” La signora si sporse fuori dalla finestra del piccolo ufficio in cui erano entrati, cercando di attirare l'attenzione del figlio.

Dopo parecchi minuti e molte grida, Ryo si decise a comparire sulla soglia.

“Mi hai chiamato?”

“Ho bisogno della documentazione completa sull'ultimo affitto della macchina 125, dobbiamo consegnarla agli Agenti.”

Solo allora Ryo Ishizaki notò i due uomini che erano in compagnia della madre. Iniziò a balbettare:

“Ecco... dovrebbe... cioè...”

La proprietaria dell'autonoleggio si spazientì:

“Cosa hai combinato questa volta?”

“Ecco, non ho fatto la copia del documento di riconoscimento quando l'auto è stata ritirata. È venuto un tizio dicendo che la prenotazione l'aveva fatta un suo amico che a causa di un contrattempo non sarebbe riuscito a passare per l'ora stabilita. Ha detto che avrebbe sistemato alla restituzione. Ha pagato tutto in contanti in anticipo. Stamattina quando sono venuto ad aprire ho trovato l'auto parcheggiata davanti al cancello e quindi ho pensato che alla fine fosse andato bene così.”

La signora Ishizaki stava morendo dalla voglia di strangolare il figlio, ma si trattenne solo per la presenza degli Agenti.

“Quante volte ti devo ripetere che un'auto non può uscire di qui senza che i documenti siano in regola! Dannazione, Ryo! Ora rischiamo una denuncia.”

Hikaru si frappose fra madre e figlio per cercare di ottenere ancora qualche informazione.

“Ricordi il nome di chi ha fatto la prenotazione?”

“Sì, l'ho segnato su un foglietto. Stavo per gettarlo.”

Estrasse dalla tasca dei pantaloni un foglio appallottolato e lo passò all'Agente Matsuyama, che a sua voltò lo mostrò al collega.

“Un cinese?” Esclamò stupito Kanda.

“Così pare, - disse Ryo – ma a ritirare l'auto è venuto un giapponese.”

“Ne sei sicuro?” Chiesero all'unisono i due Agenti.

“Mi farei prendere a pallonate in faccia se mi sbaglio.”

 

 

 

 

La luce del tramonto filtrava dalle finestre della stanza che gli Agenti della Squadra Speciale capitanati da Ozora usavano come loro ufficio. Era un locale non troppo grande, di forma quadrata, in cui le quattro scrivanie erano collocate una per parete, rivolte verso il centro, in modo che i quattro potessero sempre confrontarsi. Rispetto alla sala operativa, il regno di Aoba e Sugimoto, gli uffici delle squadre erano collocati un piano più in basso.

Tsubasa e Taro stavano tentando di tirare le file delle indagini in quella giornata che sembrava infruttuosa, in attesa che rientrassero anche gli altri due compagni. Entrambi stavano visualizzando sui loro computers il fermo immagine che ritraeva il veicolo fermo al semaforo all'uscita del quartiere Toshima.

“Solo a me questa immagine puzza? Sembra che stiano facendo di tutto per farsi notare dalla telecamera!” Commentò Taro, distogliendo gli occhi dallo schermo e pigiando il sacchetto del ghiaccio sulla guancia ferita.

Tsubasa annuì.

“Avrebbero potuto lasciare il quartiere per un sacco di altre strade. Quella pistola fuori dal finestrino è inguardabile: o sono dei principianti che hanno tentato un colpo grosso, con buona pace del Colonnello...”

“O sono ad un livello superiore e stanno apertamente provocando. Come il nostro simpatico amico all'albergo.” Concluse per lui Misaki.

I due si scambiarono un sorriso, come ogni volta che capitava che si concludessero le frasi a vicenda.

“Wu Jun-Ren e i suoi non giocherebbero così con il fuoco. Come hanno detto, sanno come coprire le tracce.” Concluse Ozora.

Matsuyama e Kanda entrarono in quel momento. Koshi, la cui scrivania era la più vicina alla porta, essendo collocata presso la stessa parete di questa, si gettò a peso morto sulla sedia e la fece ruotare su sé stessa.

“Matsuyama, tira le tende, ho tutto il sole negli occhi!”

“Ai suoi ordini, principessa.” Hikaru attraversò la stanza, sistemò la finestra e si sedette alla sua postazione.

“Come è andata a voi?” Domandò Tsubasa.

Hikaru appoggiò il mento sulle mani.

“I vecchi membri della band non hanno degli alibi, ma secondo noi sono da scartare, sembrano piuttosto soddisfatti delle loro attuali vite. Ma che ti è successo Taro?” L'Agente aveva notato solo ora il livido sul volto del collega.

“Un regalino di Wang Zhong-Ming: non ha apprezzato la nostra intromissione nei loro affari. Temo sia qualcosa di personale con noi, indipendentemente che loro c'entrino qualcosa o meno con questa storia.” Misaki era piuttosto scoraggiato.

Kanda continuava a girare sulla sedia, come un bambino su una giostra.

“Aspettate di sentire chi avrebbe noleggiato l'auto su cui si trovavano i nostri uomini: è stata prenotata a nome di Wu Jun-Ren!” Fermò platealmente la sedia in modo da potersi godere lo spettacolo dei colleghi ai suoi due lati che restavano a bocca aperta.

Tsubasa era scettico:

“State dicendo che il Colonnello avrebbe ragione a ritenere i cinesi colpevoli?”

“Diciamo di sì. – rispose Matsuyama – Se non fosse che non c'è nulla che indichi i cinesi a parte questo nome e che hanno mandato un giapponese a ritirare la vettura.”

“Il grande culo di essersi rivolti al ragazzo più sprovveduto di Tokyo!” Chiosò Koshi.

Dopo qualche istante di silenzio, Taro espresse ad alta voce il pensiero di tutti:

“Perché mai i cinesi avrebbero dovuto usare i loro veri nomi, quando hanno tutte le possibilità di procurarsi delle identità false ed i mezzi per agire nell'ombra? Non è da loro commettere errori così grossolani.”

Aoba entrò nella stanza, tablet in mano, seguita da Kumi.

“Ragazzi, dovete vedere questo video. Ho un amico che lavora all'Hotel Imperial e mi doveva un favore. Questa è la telecamera sulle scale di emergenza del quinto piano.” Premette un tasto e il video venne mandato in contemporanea a tutti e quattro i computer.

Si vedevano Wu Jun-Ren, Fei Xiang e Wang Zhong-Ming intenti a fumare delle sigarette, seduti sui gradini e sulle ringhiere delle scale pressapoco alla stessa ora in cui l'auto era stata inquadrata nei pressi di villa Izawa.

“Con somma gioia del Colonnello, direi che possiamo escludere pure i cinesi. - Concluse Ozora – Una giornata di lavoro quasi buttata.”

Matsuyama cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno:

“Il ragazzo Ishizaki ci ha lasciato una descrizione dell'uomo che ha ritirato l'auto. Ho fatto un identikit: non è bello come se l'avesse fatto Misaki, ma penso possa andare.”

Passò a Yayoi il ritratto schizzato a matita su un foglio volante gentilmente cedutogli dalla signora Ishizaki.

“Un buon punto da cui partire domani. - Tuonò il Direttore Gamo, facendo sussultare un po' tutti, poiché nessuno si era accorto del suo arrivo, come sempre: il Direttore aveva la capacità di apparire quasi dal nulla nei momenti più inaspettati. - Andate pure a casa a riposare.”

“Ne è sicuro, capo?” Chiese Misaki.

Gamo annuì.

“Izawa è in ospedale, Morisaki junior pare sia ancora là, sotto protezione di un paio di uomini di fiducia del Colonnello. Quanto al caro Baiko, è in grado di proteggersi da solo e mi ha fatto capire che non gradisce la nostra custodia. Se chi c'è dietro puntava alle persone e vuole ritentare, troverà di sicuro il comitato di accoglienza.”

“Se mi consente, capo, io resterei a sistemare delle scartoffie e posso iniziare a lavorare all'identikit.” Disse Tsubasa. In realtà non aveva nessuna voglia di tornarsene a casa, da solo a ripensare alla ex-moglie, ogni scusa era buona per mantenersi impegnato.

“Yayoi, lasciami pure il foglio.”

La donna era incerta sul da farsi:

“Avrei un impegno in serata, ma se hai bisogno, disdico e resto qui a darti una mano.”

“Ti vedi ancora col dottorino?”

“Koshi, sei una comare.”

“Mai quanto te, Hikaru.”

Le guance di Yayoi si erano leggermente imporporate: quei due sapevano sempre tutto sulla vita privata altrui!

“Sei forse geloso della mia vita sentimentale, Kanda?”

L'uomo alzò le mani.

“Assolutamente no! Constato soltanto che pare stia diventando una faccenda seria.”

“Immagino non gli avrai detto il tuo vero lavoro?” Domandò Tsubasa, facendosi improvvisamente interessato.

Taro alzò gli occhi al cielo: quando Ozora si fissava con qualcosa era impossibile schiodarlo.

“Non è la stessa cosa di Sanae.” Ribatté.

Aoba sospirò.

“Tsuabasa, è poco più di un mese che ci frequentiamo. È ancora presto, ma stai certo che se la cosa dovesse andare avanti glielo dirò.”

“Nemmeno io l'ho detto a Yoshiko al primo appuntamento, ma lo sapeva benissimo quando le ho chiesto di sposarmi. – disse Hikaru – Sicuro che non vuoi che restiamo?”

Messo in minoranza sull'argomento segretezza, l'Agente Ozora assicurò che non necessitava di alcun supporto per le ricerche via computer ed invitò tutti a seguire l'ordine del Direttore di andare a passare la serata lontano dal lavoro, per essere pronti a ripartire a pieno regime la mattina seguente.




_______________________

Se da una parte scopriamo di più riguardo a quanto è successo, dall'altra le indagini paiono ancora essere in alto mare, dato che le due principali piste seguite fin'ora sembrano non aver portato a nulla. Sarà la pista dell'autonoleggio a dare sviluppi?

 

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Capitolo 5
*** V ***


Erano stati buttati tutti giù dal letto, o quasi, intorno alle sei del mattino da una serie di chiamate: Morisaki era scomparso dall'ospedale sotto il naso dei suoi angeli custodi.

Koshi Kanda, che abitava parecchio lontano dal Central Hospital e si stava ancora recando sulla scena, non osava immaginare la reazione del Colonnello alla notizia.

“E per fortuna che ha mandato i suoi uomini di fiducia!”

L'Agente Speciale era impaziente mentre l'ascensore saliva fino al reparto di terapia intensiva, dove Mamoru Izawa era sempre ricoverato in stato di incoscienza. All'apertura delle porte scattò fulmineo e quasi travolse il Direttore Gamo.

“Buogiorno Capo. Anche lei qui?”

“Si tratta del figlio di Baiko. Se non fossi qua al suo arrivo, il Colonnello avrebbe finalmente un motivo a cui aggrapparsi per chiedere la mia testa ai pezzi grossi!”

Era insolito che il Direttore si sbottonasse tanto sulle proprie mosse con i suoi Agenti, generalmente agiva e forniva solo le indicazioni indispensabili, ma con Kanda spesso avvertiva una sintonia particolare, forse perché entrambi non avevano dei caratteri facili e socievoli come gli altri.

“Sappiamo già come è andata?” Chiese Koshi.

“Intorno alle 5:30 i due soldati di guardia alla porta della stanza si sono allontanati qualche minuto, su invito di un'infermiera, per bere un té nella stanza del personale. Quando sono tornati hanno aperto per scrupolo la porta della stanza e Morisaki si era volatilizzato. Inizialmente hanno pensato fosse in bagno, ma quando non è tornato, hanno avvisato.”

“Poi, secondo il Colonnello, saremmo noi quelli incompetenti!” Kanda strinse le mani a pugno, cercando di non spingersi oltre nell'esternare le sue perplessità: si stava sempre parlando di un ufficiale superiore.

“Agente Kanda, pensi a fare il suo lavoro. Gli Agenti Ozora e Misaki stanno sentendo il personale del reparto, mentre il suo collega Matsuyama è con l'infermiera Murakami, colei che ha allontanato gli uomini dalla porta. Lei chiami Aoba, ha scritto di avere scoperto delle cose importanti sulla donna, poi immagino sappia cosa fare.”

“È ora che entri in scena il poliziotto cattivo.” Ghignò

 

 

Nella stanza del personale, Hikaru tentava di mettere a suo agio l'infermiera Murakami e nel contempo cercava di carpire informazioni. Era una donna dalla corporatura minuta che portava grossi occhiali rotondi. A prima vista non sembrava una persona che dimostrasse l'intenzione di fare del male a qualcuno.

“Signorina, sa che quando due militari sorvegliano una stanza non possono lasciarla incustodita?”

“Credo di sì.”

“E allora mi spiega perché li ha convinti ad allontanarsi?”

L'infermiera alzò la testa con sguardo risoluto.

“La mia è stata solo una gentilezza! Era tutta la notte che quei due erano in piedi davanti a quella porta, ho pensato gli facesse piacere prendere qualcosa di caldo. Alle 5:30 del mattino in ospedale non entra nessuno, tranne il personale.”

“A quanto pare, non oggi.” Commentò Matsuyama.

Kanda entrò come una furia nella stanza, sbattendo la porta.

“È lei Murakami Shizuka?” Domandò senza nemmeno presentarsi.

La donna rimase spaventata da quell'irruzione e diede appena un piccolo cenno affermativo. Koshi non aspettava altro per proseguire.

“Mi può spiegare come mai sul suo conto è stato accreditato un milione e mezzo di Yen1 poco fa?”

“Ci dev'essere un errore.” Pigolò l'infermiera. Aveva la stessa espressione di un bambino appena sorpreso con le mani nel vasetto di marmellata.

“Mi dica: è stata pagata per distrarre i militari?” Kanda sbatté entrambi i pugni sul tavolo, per scuotere l'interlocutrice.

“Non credo sia questo il modo...” Tentò di intromettersi Hikaru, ma una mano sollevata del partner lo fece desistere.

“Vuole sapere un'altra cosa? Abbiamo la trascrizione dei suoi messaggi, ce n'è uno molto interessante, inviato alle 5:31 ad un cellulare usa e getta. Due parole: 'via libera'. A me questa sembra chiaramente complicità e ne verrà accusata se non si decide a collaborare.”

L'infermiera Murakami si sentì in trappola e scoppiò a piangere:

“Quell'uomo mi ha avvicinato ieri sera, mentre arrivavo per il turno di notte. Mi ha chiesto se lavorassi in terapia intensiva. Mi ha detto di essere un fotografo e di essere a caccia di una foto di Mamoru Izawa in ospedale: aveva saputo del pestaggio. Ha detto che era disposto a pagare quella cifra se lo avessi aiutato ad entrare nella stanza, dato che se fosse riuscito a vendere le foto avrebbe guadagnato dieci volte tanto. - I singhiozzi aumentavano mano a mano che la storia proseguiva – Gli ho insegnato come entrare ed uscire senza farsi notare, gli ho procurato un paio di divise da addetto alle pulizie e gli ho detto di trovarsi pronto alle scale di servizio per le 5:30. In fondo per una foto non si sarebbe fatto male nessuno.”

“E il diritto alla privacy dei pazienti dove l'ha messo? Per colpa sua Morisaki è stato rapito! - Sbottò Kanda, poi le porse il proprio cellulare – Guardi questo identikit e ci dica se è questo l'uomo che l'ha avvicinata.”

“È lui!” L'infermiera affondò il volto nelle mani, abbandonandosi alla disperazione.

Hikaru le si avvicinò e cercò di consolarla: se a Koshi la parte del poliziotto cattivo usciva alla perfezione, lui interpretava altrettanto bene quella del poliziotto buono.

Del rumore improvviso ed un vociare piuttosto irritato e deciso provennero dal corridoio, turbando la calma del reparto. Kanda incrociò le braccia e fece un sorrisetto sghembo.

“È arrivato Sua Maestà!”

 

 

Il Colonnello Morisaki aveva da poco fatto il suo trionfale ingresso nel reparto, che già stava sbraitando in ogni direzione, incurante dei medici che gli si erano fatti intorno per chiedergli di abbassare il tono, per rispetto di tutti i pazienti. La sua ira si stava rivolgendo ai due militari che aveva lasciato di scorta al figlio.

“Non avrei mai immaginato che sotto il mio comando ci fossero due tali incompetenti! Vi farò congedare col più alto disonore!”

A quel punto Gamo decise di intervenire:

“Colonnello, non è il caso di fare scenate qui. Venga in disparte.”

“Minato! Ci sei anche tu in questo festival dell'incompetenza?”

“Baiko, dovresti calmarti!” Gamo tentò di avvicinarsi con fare conciliante, per il bene di tutti, nonostante avesse solo voglia di far cacciare il militare il più lontano possibile dalla zona delle indagini.

“Non dirmi cosa fare! Dove sono i tuoi uomini? Sono di sicuro in giro a bighellonare! Se fossero stati addosso ai cinesi come gli avevo detto di fare, non sarebbe successo nulla!”

Il Colonnello schiumava di rabbia, stava diventando incontrollabile, ma il Direttore della Squadra Speciale mantenne la freddezza necessaria.

“I miei uomini sono esattamente dove devono stare e tu ti stai comportando da idiota e ti stai coprendo di ridicolo disturbando tutto il reparto.”

Riuscì a trascinarlo nel magazzino dei farmaci, dove avrebbe potuto urlare finché voleva.

“Io sarei ridicolo? E tu che sei ancora qua mentre i cinesi hanno mio figlio, cosa saresti?”

Ormai il Colonnello aveva perso totalmente il controllo.

“I cinesi sono innocenti, fattene una ragione!”

Il militare colpì una scatola di medicinali, facendoli cadere a terra dallo scaffale.

“Balle! Loro vogliono i nostri piani di difesa! Staranno di sicuro progettando una attacco in grande stile alla nazione!”

Gamo scosse la testa.

“Ti rendi conto della gravità delle accuse che stai formulando?”

“Beh, a differenza tua, io non ho paura ad agire scopertamente. Il nostro paese e mio figlio sono in pericolo e non starò certo qui a guardare i cinesi che se ne vanno allegramente a spasso per Tokyo. Li farò subito arrestare dall'esercito.”

“Abbiamo le prove che non ci sono loro dietro questa storia.”

Ribatté Gamo fermamente, senza urla e strepiti, ma tagliente come un coltello appena affilato.

Alla notizia, Baiko Morisaki ricevette una doccia gelata su tutto il corpo e perse per la prima volta il suo piglio arrogante afflosciandosi in ginocchio.

“Com'è possibile? Stai mentendo!”

“La tua ossessione per i cinesi ti ha reso cieco! I miei uomini hanno buttato via mezza giornata di indagine seguendo la pista che tu gli hai indicato e che si è rivelata un gigantesco buco nell'acqua.”

Gamo provava un sottile senso di soddisfazione nel poter rinfacciare al Colonnello i suoi errori, tuttavia, quando riprese a parlare aveva un tono meno inflessibile:

“Ora, gradirei che non ti intromettessi ulteriormente nelle indagini, sei troppo coinvolto. C'è un motivo se ai parenti delle persone coinvolte non è permesso investigare. Lasciaci lavorare.”

Se ne andò, lasciandolo solo tra le boccette di vetro infrante sul pavimento.

 

 

 

 

Yayoi aveva ragguagliato Kumi, sulle ultime novità: il rapimento di Yuzo Morisaki con il coinvolgimento di un'infermiera. Entrambe lavoravano alacremente: il tempo si era ridotto ed era chiaro che Morisaki, o la sua famiglia, fossero il vero obiettivo ed era divenuto fondamentale ritrovarlo, vivo possibilmente.

“Abbiamo un testimone, un infermiere, che ha visto un auto allontanarsi velocemente da uno dei parcheggi adiacenti all'ospedale. Purtroppo, era all'interno dell'edificio ad un piano piuttosto alto ed ha saputo dirci soltanto il colore.”

Sugimoto sospirò:

“A meno che non sia stata color rosa confetto, sarà impossibile trovarla a questa maniera.”

Dal database delle patenti di guida, che era stato avviato da poco tempo, venne individuato un riscontro:

“Ecco l'uomo dell'identikit: Nagano Iroshi. - Disse l'analista – Domicilio nella prefettura di Shizuoka.”

“Non è la prefettura di origine di Izawa e Morisaki?”

Aoba rifletté:

“Hai ragione. Controlla se è registrato in qualche hotel in città, io controllo la fedina penale.”

Passò qualche istante.

“Negli alberghi e simili non risulta nulla, forse alloggia da amici.” Suppose Sugimoto, mentre Yayoi emetteva un gemito di disappunto.

“È incensurato.”

“Quindi?”

“Quindi non ci arrendiamo! - Aoba lisciò la gonna – Ragioniamo: l'obiettivo sembra essere sempre stato Morisaki, perciò dobbiamo cercare intorno a lui ed al padre. Sul figlio ho già visionato praticamente tutto ed è la persona più tranquilla del mondo. Ti mando la password per l'accesso agli archivi militari, dobbiamo rivoltare come un calzino la storia del Colonnello, è lì la chiave. È qualcuno vicino a lui, che conosce la sua ossessione per i cinesi e sapeva che lui ci avrebbe indirizzato ad indagare in quel senso. Non si tratta di certo di criminali comuni. Dobbiamo trovare qualcuno che abbia soldi e conoscenze di un certo livello per poter aver messo in piedi tutto questo, seminando volutamente falsi indizi.”

“Qualcuno come un fabbricante d'armi potrebbe andare bene?” Domandò Kumi.





1L'ultima volta che ho controllato il cambio Euro/Yen, 1,5 milioni di Yen corrispondevano a circa 11.510 Euro.




 

_______________________________
E qui avviene una svolta: sotto il naso degli uomini di fiducia del Colonnello Yuzo viene rapito! E la pista che sembra aver scoperto Kumi, porterà a qualcosa di valido?

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Capitolo 6
*** VI ***


“Allora, abbiamo una pista decente?” Sbottò Kanda a metà strada tra l'irritato e lo speranzoso: sapeva che se Aoba li aveva richiesti tutti in sala operativa dovevano aver trovato informazioni significative, non li convocava per sciocchezze che poteva comunicare via telefono.

Yayoi non si fece cogliere impreparata:

“Giudica tu! Non so se avete sentito che sei mesi fa il Colonnello Morisaki ha rifiutato un grosso lotto di armi proveniente dalle industrie Furoya, provocando a queste ultime non pochi problemi economici.”

Tsubasa avanzò di qualche passo, distendendo le braccia lungo i fianchi.

“Avevo sentito e mi ha sorpreso molto: Takeshi Furoya di solito è una garanzia, sono anni che rifornisce l'esercito.”

“Tra l'altro – si inserì Taro – pare che lui e il Colonnello siano amici di vecchia data.”

Kumi fece apparire sullo schermo principale una foto diversa, che ritraeva un giovane uomo molto somigliante al magnate dell'industria bellica.

“La produzione di quel particolare lotto di armi non è stata seguita direttamente da Furoya, ma dal suo vice-presidente, nel nuovo stabilimento alla periferia di Tokyo: il figlio Toru.”

“Dove volete arrivare, signorine?” Il viso del direttore Gamo apparve al doppio della sua grandezza normale sullo schermo di destra, vicino a dove si trovava Sugimoto, facendola sobbalzare ed emettere un verso di paura.

Aoba, più lontana, non si scompose più di tanto e proseguì.

“Glielo spiego subito: a seguito della faccenda, Toru Furoya si è suicidato. L'hanno trovato cinque mesi fa impiccato nel salone del suo appartamento, qui in città.”

Lo schermo principale mostrava ora vari articoli di giornali che parlavano dell'accaduto: la notizia aveva avuto molta risonanza a livello nazionale e ancora maggiore nella prefettura di Shizuoka, vicino a Nankatsu, dove era la sede principale delle Industrie Furoya.

“Quindi, noi pensiamo – disse Hikaru – che il rapimento di Yuzo sia una vendetta di Furoya-san nei confronti del Colonnello? Prove a sostegno?”

Fu Kumi a rispondere:

“Beh, abbiamo identificato l'uomo dell'autonoleggio e dell'ospedale, al momento sembrava non ci fossero particolari rilevanti...”

“Ma poi - continuò Yayoi – quando abbiamo seguito la pista delle armi, abbiamo controllato la lista dei dipendenti delle Industrie e Nagano è risultato essere il braccio destro di Furoya senior.”

Il Direttore era molto soddisfatto:

“Ottimo lavoro!” Tuonò.

“Ora dobbiamo solo capire dove hanno portato Morisaki e in fretta!” Disse Kanda.

Matsuyama fu d'accordo col partner:

“Se è la vendetta che Furoya-san vuole, non tarderà ad uccidere Yuzo.”

Tsubasa infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, mentre ragionava ad alta voce:

“Portarlo allo stabilimento di Nankatsu sarebbe troppo pericoloso, la strada è lunga. Lo stabilimento a Tokyo?”

Kumi scosse la testa.

“Risulta attivo e funzionante. Le foto satellitari del parcheggio lo mostrano pieno, un po' difficile un'esecuzione in una fabbrica piena di operai.”

“Yayoi – chiese Misaki – puoi controllare se l'appartamento del figlio è stato venduto?”

La donna con pochi click sul tablet ottenne le informazioni.

“Dunque, occupa l'attico di un grosso palazzo, non molto distante da qui, e risulta ancora intestato a Takeshi Furoya!”

“È quello! Se io volessi vendetta, la cercherei nello stesso posto dove mio figlio ha trovato la morte. - Dopo quell'affermazione Hikaru sentiva gli occhi di tutti addosso a sé – Intendo in via ipotetica, non che io farei mai una cosa simile.” Agitò le mani davanti a sé a scacciare i dubbi.

“Certo, tu sei troppo buono!” lo prese in girò Koshi.

“L'agente Matsuyama ha ragione: vale la pena di controllare quell'attico e se dovesse risultare vuoto, dirigetevi allo stabilimento di Tokyo.” Ordinò Gamo.

L'Agente Ozora tentennò un istante.

“Sarebbe possibile avere più informazioni sull'appartamento?”

Yayoi rispose:

“Posso provare a chiedere le mappe catastali, ma non so quanto ci vorrà.”

“Signorina Aoba – disse il Direttore – mandi il loro numero al mio cellulare: ci penserò io a mettergli la giusta fretta. Voi quattro filate, vi faremo avere tutto il materiale.”

Gamo chiuse la comunicazione e lo schermo tornò nero, mentre i quattro Agenti Speciali uscivano in direzione dell'armeria sotterranea.

Kumi tolse il cerchietto che quel giorno usava per tenere indietro i capelli.

“Quando il Direttore appare come ha fatto prima, sembra quasi Hetty Lange!”

“Hai ragione. Basta che noi due non diventiamo come Eric e Nell!”1 Sorrise Yayoi. Le piaceva l'intesa che stava sviluppando con la ragazza nuova, molto di più che con tutti i precedenti tirocinanti, se solo Gamo l'avesse fatta restare più a lungo.

 

 

 

 

L'appartamento che era stato di Toru Furoya occupava tutto l'attico del palazzo. L'ascensore portava direttamente all'interno del salone principale ed era necessario possedere il giusto codice per arrivare fin lassù. Per questo gli Agenti Speciali avevano deciso di salire solo fino al piano appena inferiore e tentare di utilizzare la scala di emergenza. Il portiere aveva detto loro che aveva notato l'ascensore salire fino all'attico in quei giorni, segno che qualcuno stava utilizzando i locali, del resto Furoya-san era sempre il legittimo proprietario e poteva farne ciò che voleva.

Dalle mappe catastali che Yayoi era riuscita ad inviare ai loro cellulari avevano appreso grosso modo la struttura dell'abitazione: il grande salone, vero e proprio cuore dell'appartamento, era circondato sui tre lati da un corridoio attorno a cui si collocavano tutte le altre stanze. Sul tetto erano situati due grossi lucernari che fornivano l'illuminazione naturale alla stanza centrale.

La scala di emergenza raggiungeva invece una camera sull'angolo dell'edificio e su questa erano appostati Tsubasa e Taro, con le pistole in pugno.

Misaki sbirciò dalla finestra:

“La stanza sembra essere libera. Credo fosse quella di Toru, è ancora piena di roba.”

“Koshi, tu che notizie hai?” Domandò Tsubasa tramite l'auricolare.

“Sono sul tetto, mi avvicino al primo lucernario. Direi che ci siamo: vedo Morisaki legato e imbavagliato. C'è anche il vecchio Furoya con altri due uomini, ma non vedo Nagano.”

“D'accordo – rispose Ozora - Cerca di sistemarti al meglio, noi cominciamo a entrare. Vai con l'attrezzatura Taro.”

Misaki non se lo fece ripetere due volte ed estrasse un piccolo laser con cui praticò un'apertura nel vetro, sufficiente a far passare una mano in modo da raggiungere la maniglia. La finestra si aprì e non successe nulla.

Taro sospirò di sollievo:

“Bene, l'allarme è disattivato, come ha detto il portiere.”

Uno dopo l'altro i due agenti entrarono nella camera, il più silenziosamente possibile.

Tsubasa diede un'altra occhiata alla planimetria:

“Se questo schema è corretto, la porta di fronte a te dovrebbe portarti nella stanza adiacente ed un'ulteriore porta alla successiva ancora. Da lì potrai accedere al corridoio quasi in corrispondenza della porta di destra del salone. Io uscirò da qui, invece – indicò la porta sull'altro lato della stanza – e farò il giro lungo di tutto il corridoio fino all'ingresso di sinistra nel salone.”

“D'accordo, attento alle sorprese. Aspetterò che tu sia in posizione in modo da coglierli di sorpresa entrando nel salone allo stesso tempo.”

“Vi avviserò se qualcuno lascia la festa!” Annunciò Kanda dal suo punto di osservazione.

Misaki, guardingo, partì per la sua strada: sia il bagno che il successivo studio erano deserti.

Dopo qualche secondo si mosse anche l'Agente Ozora. Il corridoio sembrava sgombro, tuttavia il suo istinto gli diceva di non fidarsi: un uomo del gruppo mancava all'appello nel salone, quindi doveva essere in giro da qualche parte per l'attico.

La porta della cucina di aprì e ne uscì Hiroshi Nagano, con ancora indosso la divisa degli addetti alle pulizie dell'ospedale. Teneva una bottiglietta d'acqua nella mano destra, evidentemente si era allontanato per dissetarsi. Si voltò casualmente e vide l'Agente.

“Che diamine?”

“Squadra Speciale. In ginocchio e mani in alto!”

Nagano non era disposto ad arrendersi così facilmente: per aiutare il suo capo in quella faccenda si era spinto troppo oltre i limiti della legalità, allettato dalle promesse di Furoya-san in caso di successo. Lasciò cadere la bottiglia e cercò di impugnare la pistola che portava fissata alla cintura.

Tsubasa fu più veloce e con un solo colpo preciso alla spalla lo destabilizzò ed in seguito lo atterrò, ammanettandolo.

“Addio effetto sorpresa!” Pensò.

 

 

 

 

 

Nel salone, seduto su una sedia esattamente al centro, stava Yuzo Morisaki, legato ed imbavagliato. Il suo sguardo era combattivo: già da quando due uomini erano entrati nella stanza di Mamoru all'ospedale aveva capito che qualcosa non andava, poco importava se indossavano delle divise da addetti delle pulizie, c'era puzza di bruciato. Uno di loro l'aveva immobilizzato senza dire una parola e l'altro gli aveva fatto respirare un fazzoletto imbevuto di anestetico. Per quanto avesse tentato di ribellarsi, aveva dovuto soccombere alla forza del medicinale. Un secondo prima che i suoi occhi si chiudessero e tutte le percezioni lo abbandonassero, aveva visto un grosso sacco nero che veniva calato sopra di lui. In questo modo erano riusciti a portarlo fuori dall'ospedale, attraverso le scale di servizio, senza destare sospetti. Tuttavia non capiva come avessero fatto a passare incolumi davanti alle guardie che suo padre gli aveva messo alle calcagna. La sua unica consolazione era che probabilmente tutto l'esercito lo stava cercando e prima o poi l'avrebbero trovato. Sperava che il poi non arrivasse troppo tardi.

Ora, uno di quegli uomini stava stravaccato sul divano alle sue spalle, in compagnia di un terzo individuo, mentre dell'altro che era entrato al Central Hospital non c'era traccia.

Davanti a lui, invece, un altro uomo, più anziano, lo squadrava con un altrettanto combattivo sguardo. Tra le mani giocherellava con una calibro nove.

“Ti starai chiedendo come mai sei qui, Yuzo.” Esordì.

Negli occhi di Morisaki passò un lampo di sorpresa per il fatto che l'uomo conoscesse il suo nome.

“Oh sì, io ti conosco – proseguì, interpretando correttamente le sensazioni del suo prigioniero – soprattutto conosco tuo padre: è per colpa sua se ho dovuto farti catturare. Vedi: osserva la trave che passa sopra la tua testa.”

Yuzo sollevò il capo quanto bastava per vedere la struttura in legno che attraversava tutto il salone.

L'uomo proseguì:

“Lì hanno trovato mio figlio Toru impiccato. Hanno detto tutti che è stato un suicidio, ma hanno sbagliato.”

Lentamente raggiunse Yuzo e si chinò su di lui, in modo da sussurrargli all'orecchio:

“È stato un omicidio! Tuo padre ha ucciso mio figlio!”

Yuzo si dibatté sulla sedia, non poteva credere il Colonnello fosse un assassino.

Furoya rimise della distanza tra sé e Morisaki, lo sguardo glaciale.

“Non ti agitare. Paparino non te l'ha raccontato? Una sua maledettissima firma su un modulo e la vita di Toru è finita! Ma ora tu riparerai al torto.”

Sollevò l'arma e si preparò a fare fuoco.

“Occhio per occhio!”

Yuzo capì di non avere possibilità di scampo: per quanto provasse a divincolarsi, non sarebbe mai riuscito a spostarsi dalla linea di tiro.

Chiuse gli occhi e sentì il rumore dello sparo.

Non provò altre sensazioni: non era stato colpito.

Il colpo di pistola proveniva dal corridoio e gettò gli occupanti del salone in un momentaneo stato di panico.

“Dannazione! Ci hanno trovati! Non possono rovinare tutto ora! Iwami, fai venire l'ascensore.”

Il dipendente di Furoya si alzò dal divano e raggiunse la parete, riuscendo a premere il pulsante un istante prima che Taro, messo in allarme anch'egli dallo sparo, facesse irruzione dalla porta di destra.

“Squadra Speciale! Fermi tutti!”

L'ultimo uomo, di nome Nakazato, diede prova di notevoli riflessi e gli sparò a bruciapelo, costringendolo a cercare un riparo temporaneo da cui sparare a sua volta. Tra i due partì un conflitto a fuoco.

Furoya afferrò Yuzo e lo fece alzare, trascinandolo verso l'ascensore, ma quando questo si aprì non fu la provvidenziale via di fuga desiderata: l'Agente Matsuyama era di fronte a loro, con l'arma in pugno.

“Buonasera! È qui la festa?” Chiese ironico.

Quando Tsubasa gli aveva ordinato di restarsene nell'ascensore al piano appena inferiore rispetto all'attico non l'aveva presa molto bene, non gli andava di fare sempre la parte dell'ultima difesa che tagliava la via di fuga al nemico. Invece si era rivelata un'ottima entrata ad effetto, Koshi ne sarebbe stato geloso per settimane!

Riuscì a mettere rapidamente fuori combattimento Iwami, che aveva subito tentato di infilarsi nell'ascensore prima ancora di rendersi conto che non fosse vuoto.

Nel frattempo l'Agente Ozora era entrato dalla porta di sinistra e teneva sotto tiro Nakazato, ancora impegnato con Misaki, ma non osava colpirlo alle spalle.

“Mettete giù le armi o gli faccio saltare il cervello!”

Furoya teneva la sua pistola premuta contro una delle tempie di Yuzo. La determinazione sul suo volto fece comprendere agli Agenti che il magnate non si era lanciato in una minaccia a vuoto.

I tre Agenti furono costretti a sollevare le mani in maniera non offensiva e lasciare cadere le loro armi.

Tadashi Furoya si lasciò sfuggire una risata con una sfumatura di diabolico.

“Come siete prevedibili, in fondo dovete riportare il cucciolo salvo al caro Colonnello! Ma chi vi dice che io a questo punto non lo uccida lo stesso?”

Un vetro si infranse e sia l'industriale che Yuzo vennero travolti da qualcosa: l'Agente Kanda, dopo essersi assicurato al tetto con una fune, aveva sfondato il lucernario e si era gettato nell'appartamento non appena aveva avuto l'occasione.

In questo modo Morisaki riuscì a sfuggire alla minaccia diretta della pistola.

Con prontezza felina Koshi si alzò subito in piedi, sganciò il moschettone della fune ad affrontò Furoya, disarmandolo ed ammanettandolo con poche mosse: Furoya-san era soltanto un uomo d'affari. Diversamente, Misaki ed Ozora ebbero parecchio da fare per fermare Nakazato, che era ancora armato. Tsubasa dovette mettere a tacere i suoi scrupoli e colpirlo con un calcio a sorpresa da dietro, mentre Taro lo distraeva.

Una volta messo fuori combattimento tutto il gruppo, Matsuyama aiutò Yuzo a liberarsi dal bavaglio e dalle funi.

“State bene?” Gli chiese.

Il manager annuì:

“Io non so come ringraziarvi!”

“Abbiamo semplicemente fatto il nostro dovere.”

Kanda si stava ripulendo dai vetri che aveva trascinato con sé durante la sua repentina discesa.

“Hey, Hikaru! Secondo te, da uno a dieci, quanto è stato figo questo ingresso?”

 

 

 

 

 

 

Nell'ufficio della Squadra Speciale, l'Agente Ozora, in qualità di responsabile, stava terminando il rapporto sull'operazione da poco felicemente conclusa.

“Ragazzi, solo io avrei voluto vedere la faccia del Colonnello Morisaki quando gli è stato comunicato che il responsabile della faccenda era il suo vecchio amico?” Domandò Kanda, mentre tentava di fare canestro nel cestino dello sporco con un pezzo di carta appallottolato.

Hikaru sbuffò.

“Koshi, quello andrebbe nella raccolta differenziata!”

“Sapete – disse Taro – in fin dei conti il Colonnello aveva ragione a sostenere che suo figlio fosse un mezzo per colpire lui.”

“Ciao, ragazzi! Dal Central Hospital fanno sapere che Momoru Izawa si è risvegliato. Finito con le scartoffie?”

Yayoi e Kumi erano entrate per fare un ultimo saluto agli Agenti, prima di rincasare.

“Manca la firma e poi è pronto da consegnare a Gamo.” Rispose Tsubasa.

Come evocato, il Direttore arrivò a sua volta nella stanza.

“Ottimo lavoro su questo caso, Agenti! La prossima volta però, Agente Kanda, veda di fare meno spettacolo. Signorina Sugimoto, domani le farò avere una copia del suo nuovo contratto: Aoba mi ha detto che il suo contributo è stato fondamentale per individuare la pista giusta, perciò ho deciso di assumerla stabilmente, sempre che le vada.”

Kumi era sbalordita.

“Certo che mi va!”

“Qui dobbiamo festeggiare la nostra nuova collega! - annunciò Koshi, ottenendo l'approvazione di quasi tutto il gruppo. - Non fare storie Tusbasa, questa sera vieni anche tu!”

“D'accordo! Ma non mi fermerò molto a lungo!”

“Sempre il solito.”

La luce dell'ufficio venne spenta e la conversazione proseguì nel corridoio.

“Direttore, viene anche lei?” Domandò Misaki.

“Ho ancora del lavoro da fare e devo sentire il segretario dell'Imperatore.”

Gamo sparì in direzione del piano superiore.

“Yayoi?”

“Jun ha il turno di notte in ospedale, quindi sono dei vostri. Forse dovremmo chiedere prima a Kumi se ha voglia di sopportarci anche fuori da qui!” L'analista si sistemò la borsa sulla spalla.

“Certo che vi sopporto! Potrei anche offrire io!”

Hikaru ridacchiò:

“Attenta a fare queste proposte con Koshi nei paraggi, se non deve pagare lui, diventa un pozzo senza fondo!”

Questa volta fu l'Agente Matsuyama a ricevere uno scappellotto dal collega.

“Pensa per te!”

“Ahi! Io passo a casa a prendere Yoshiko e poi vi raggiungiamo. Siamo sempre al solito posto?”

“Ovviamente!” Rispose Tsubasa, aprendo per tutti la porta d'uscita del palazzo.

Il gruppo si avviò chiacchierando del più e del meno, mentre raggiungeva il locale preferito, dove quasi ogni caso chiuso veniva festeggiato con una birra o del saké e dove le ferite per i casi irrisolti venivano lenite in compagnia, cementando sempre più l'unione e l'affiatamento di quella famiglia lavorativa.


 

1Sono personaggi della serie NCIS: Los Angeles, alla quale mi sono un po' ispirata per questa storia.





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Ed eccoci arrivati alla fine di questo non troppo lungo viaggio. I nodi sono venuti al pettine!
Devo dire che per me è stato interessante sperimentare con personaggi diversi da quelli che utilizzo solitamente (non ho scritto una riga su Jun!), spero per chi è giunto fino a qui sia stato altrettanto interessante seguire.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, inserito in uno degli elenchi e/o speso un momento del loro tempo per lasciare una recensione.

Al momento sono già al lavoro su un'altra storia (che sarà una raccolta spin-off di un altro lavoro), vediamo se riuscirò ad essere a buon punto in non troppo tempo.
A presto!

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