Time after time

di Giuf8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Qualche anno dopo... ***
Capitolo 2: *** Qualche anno (in più) dopo… ***
Capitolo 3: *** Qualche anno (in più del più) dopo… ***
Capitolo 4: *** Una vita dopo… ***



Capitolo 1
*** Qualche anno dopo... ***


Qualche anno dopo…

Alec si svegliò con i capelli di Magnus a solleticargli una guancia e il sole negli occhi. Ok, in realtà aveva il braccio praticamente in cancrena sotto la testa del suo amato stregone e i capelli glitterati di Magnus gli facevano venire una gran voglia di starnutire. Ma era felice… Per l’angelo, quanto era felice. Sospirò beato senza riuscire a trattenere un sorriso e strofinò il naso sulla fronte dell’altro.
“Mmm”  si lasciò sfuggire Magnus stiracchiandosi.
“Dormiresti fino a mezzogiorno se non ci fossi io” lo punzecchiò Alec.
“Oh, Fiorellino, se non ci fossi tu andrei a letto molto prima” ribattè.
Alec si voltò a incrociare lo sguardo di Magnus e rimase a fissarlo sollevando un sopracciglio ed ottenne per tutta risposta una mezza risata.
 “Si, non ci ho creduto nemmeno io” Alec o non Alec il sommo stregone di Brooklyn aveva sempre avuto il suo stile di vita.
“Allora” disse Magnus mettendosi a cavalcioni sopra Alec “Hai qualche impegno stamattina?”
“Nulla che non possa essere rimandato” e lo attirò a se baciandolo con dolcezza, occhi blu persi in occhi da gatto.  

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Capitolo 2
*** Qualche anno (in più) dopo… ***


Qualche anno (in più) dopo…
 
Era l’una passata quando Magnus rientrò in casa dopo una riunione tenutasi con altri stregoni. Si sentiva stravolto, ultimamente il tempo sembrava non bastare mai, avrebbe voluto avere più tempo per Alec, per la sua famiglia, avrebbe voluto avere il tempo di sedersi sul divano di pelle nera in soggiorno sorseggiando uno dei suoi cocktail e avrebbe voluto, perché no?, avere anche un po’ più di tempo per se stesso. Ricordava con nostalgia i tempi in cui per truccarsi non usava la magia, ma spendeva lunghe ore chiuso in bagno, ottenendo la piena frustrazione di Alec. Da quando non aveva più tempo nemmeno per quello? Appese la giacca e si diresse in cucina non senza rischiare di mettere il piede su una macchinina e finire lungo disteso a terra.
“Max” sospirò tra sé.
 Mentre posava chiavi e telefono sul tavolo notò un biglietto.
 
Scusami se non ti ho aspettato sveglio, ma ero stravolto e domani mattina ho una riunione in istituto.
Ho lasciato qualcosa da mangiare nel frigo, nel caso tu non abbia ancora cenato.
P.s. Porto io Raph a scuola domattina.
Ti amo
Alec
 
A Magnus bastarono quelle poche righe per fargli scaldare il cuore. Ancora una volta si ritrovò a chiedersi come fosse possibile che, dopo tutto quel tempo, cinque lettere nemmeno sussurrate, ma scritte a mano con quella sua grafia ordinata potessero farlo sentire meglio.  Davvero non se ne capacitava. Forse a mettergli il buon umore era la figura disegnata sotto a pastelli a cera, che raffigurava… che diamine era quello? Un opossum? Possibile?
Proprio in quel momento sentì qualcosa strusciarsi contro le sue caviglie e guardando verso il basso vide il suo buon vecchio Presidente. Si chinò e lo prese in braccio e poi gli venne un’illuminazione, lo accostò al disegno e il gatto sembrò guardarlo di sottecchi come a dire:”Ma davvero?”
Magnus si lasciò sfuggire una mezza risata e lasciò andare un, alquanto indispettito, Presidente.
 
Si cambiò rapidamente e raggiunse la camera da letto.
Si adagiò accanto ad Alec e, puntellandosi su un gomito, rimase un attimo a contemplarlo, con i suoi due cuscini e il suo adorabile lieve russare era davvero difficile da non amare.
Magnus aveva già le palpebre pesanti quando lo vide e si ridestò di colpo. Stava lì immobile, scintillando nel riflesso della luna, prendendosi beffe di lui, era solo uno ma c’era. Un capello bianco.
 
“Raph lascia in pace tuo fratello e va di sopra a cambiarti” urlò Alec.
“Sai mi manca il tempo in cui mi svegliavo accanto a te con un buongiorno appena sussurrato” lo prese in giro Magnus da sotto le lenzuola mentre lo osservava abbottonarsi la camicia nera davanti allo specchio.
“Scusa, ti ho svegliato. Stamattina Raph non ne vuole proprio sapere” e con queste parole circumnavigò il letto e gli diede un rapido bacio a stampo, ma quando stava per ritrarsi Magnus gli mise una mano dietro la nuca e lo attirò a sé. Alec sospirò di desiderio e lo stregone approfitto di quel momento per insinuare la lingua tra le labbra dello shadowhunter.
“Papà sono pronto! Se poi arriviamo in ritardo è colpa t…” urlò Raph entrando in camera.
Alec si ritrasse velocissimo e le sue guance assunsero una tonalità più rosata “Arrivo subito”.
Raph uscì e Alec si voltò verso Magnus che lo guardava sogghignando, certe cose non cambiavano mai.
Lo shadowhunter raggiunse di nuovo lo specchio e tentò di ravviarsi con le mani i capelli che lo stregone aveva contribuito a rendere più indomabili del solito. Fu lì che il sommo stregone ne fu certo, lo vide anche lui. Anche Alec si fermò, le dita tra i capelli e si avvicinò allo specchio e lì rimase immobile.
Magnus sapeva che aveva visto quel capello bianco, quel piccolo segno del tempo che lo terrorizzava così tanto.
“A proposito di quello” ruppe il silenzio ”Ti vorrei parlare”.
Alec si raddrizzò e scosse la testa “Non c’è nulla di cui preoccuparsi, sto bene è solo un capello bianco”
“Ma Alexander…”
“Magnus, al momento non ho ne la voglia ne il tempo di parlarne. Un giorno discuteremo della cosa, te lo prometto, ora non c’è niente che tu possa fare” si fermò a riflettere “Certo che se la cosa peggiora potresti fare uno dei tuo trucchi e farli tornare neri.” Alzò le spalle “Ci vediamo stasera.”
Magnus rimase seduto sul letto a guardare interdetto il punto dove poco prima si trovava il suo ragazzo. “Ora non c’è niente che tu possa fare” le parole di Alec gli risuonavano in testa. Lo stregone era certo che nemmeno il suo Fiorellino si fosse reso conto di quanto vere erano state le sue parole, perché quella era davvero l’unica cosa verso cui Magnus non poteva fare nulla, ne ora, ne mai.

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Capitolo 3
*** Qualche anno (in più del più) dopo… ***


Qualche anno (in più del più) dopo…
 
Alec aprì la porta di casa e si ricordò delle volte in cui anni prima entrando da quella stessa porta riusciva a distinguere l’odore del bagnoschiuma al sandalo di Magnus. Non che ora fosse svanito ma a quello si erano aggiunti molto altri profumi ed era proprio quel mix che faceva di quel posto casa sua.
Non fece in tempo a varcare la soglia che si ritrovò contro la figura slanciata di Raph. Per l’angelo, quando era cresciuto così? Non si illuse nemmeno per un secondo che gli fosse corso incontro per abbracciarlo come faceva quando ancora gli arrivava alle cosce, ormai era quasi un adulto, quasi.
“Ehi, stai uscendo?”
“Si, vado a casa di Jocelyn”
“Ok, ma non fare troppo tardi”
“Mmhmmh”
Alec riuscì finalmente a mettere piede in casa propria.
“Ciao papà” udì arrivare dalla stanza di Max.
“Bentornato Fiorellino” disse Magnus alzandosi dal divano e posandogli un casto bacio sulle labbra.
“Tutto bene oggi?” Alec per risposta gli afferrò il bavero della giacca e lo attirò a sé baciandolo con passione. Il bacio si fece più profondo e umido con le lingue che si esploravano come se fosse la prima volta. Sentì le mani di Magnus sulla schiena scendere fino al bordo dei jeans, le dita si artigliarono ai passanti e avvicinarono i fianchi di Alec a quelli dello stregone.
Iniziarono a indietreggiare fino al divano, le bocche sempre intente ad esplorarsi, mani dell’uno avvinghiate all’altro e nulla poterono quando la borsa da calcio di Max si intromise tra i loro piedi. Magnus rovinò addosso ad Alec che si ritrovò disteso sul divano con lo stregone sopra di lui.
“Ehi tutto bene di lì?” li raggiunse la voce di Max sempre dalla sua stanza.
“Sì” risposero all’unisono i due papà tra le risate soffocate.
“Potremmo anche tirar giù la casa che tanto non si scomoderebbe ad uscire dalla camera” osservò Magnus.
“Ha i suoi vantaggi” fece Alec rubandogli un altro bacio.
Rimasero così a fissarsi per un tempo infinito, gli occhi blu di uno persi in quelli felini dell’altro. Magnus spaziò con lo sguardo alle rughe che circondavano gli occhi di Alec e le sfiorò con le labbra, guardò quei capelli che benché folti erano neri solo grazie alla magia. Anche Alec guardava le piccole imperfezioni dell’atro e le amava sempre più. Le amava perché non erano autentiche, perché Magnus aveva rinunciato al suo fisico da eterno ventenne quando aveva iniziato a notare le occhiate strane che la gente gli rivolgeva quando se ne andavano in giro mano nella mano. Le rughe di Magnus spuntavano mano a mano che gli sguardi delle persone dicevano:”Che ci fa uno così giovane con uno così?”. Non che Alec fosse vecchio, ma aveva già superato i quaranta.
Magnus allontanò il viso da quello di suo marito e sussurrò: “Non hai intenzione di smettere, vero?”
Alec lo guardò arcuando un sopracciglio.
“Di invecchiare… continuerai a farlo”
“Magnus…” Alec si tirò su a sedere e guardò il suo stregone negli occhi “Ne abbiamo già parlato, lo sai come la penso”
“No, Alexander, non è vero. Tu hai deciso. Tu. Non mi hai lasciato molta scelta. Capisco il fatto che tu non voglia essere morso da un vampiro, sei uno shadowhunter e vuoi vivere e morire come tale e io non conosco altri modi per farti vivere in eterno.
“Ma Alexander” continuò Magnus “Capisco che tu non voglia vivere per sempre, credimi lo capisco fin troppo bene, ma quello che non capisco è perché tu non mi lasci morire con te.”
Alec continuò a fissarlo senza dire una parola.
“Ho già l’incantesimo, ho organizzato tutto per la carica di sommo stregone di Brooklyn, ho già…”
“Magnus…” lo zittì Alec “Se le situazioni fossero invertite, me lo lasceresti fare?”
“Beh” Magnus lo guardò e si perse in quegli occhi blu, quegli occhi che non erano mai cambiati e che lo guardavano come nessun altro aveva fatto. “No” non poteva, fosse stato in suo potere non avrebbe mai permesso a quello sguardo di spegnersi per sempre.
Alec appoggiò la fronte alla sua e gli fece un sorriso triste. “Lo so che è dura da accettare” disse.
“No tu non sai niente. Non sai… Ti ricordi quando anni fa mi hai detto di non riuscire a vivere senza di me?”
Annuì.
“Ecco, allora perché io dovrei? Tu sarai morto Alexander, morto, non sentirai la mancanza, non sentirai quanto fa male. Ti ricordi quando credevi che Jace fosse morto? Ti ricordi quanto male hai provato? E non provare a dirmi che è una cosa diversa perché tu sei parte di me almeno quanto lo è per te il tuo stupido parabatai.”
Alec  sollevò lo sguardo e Magnus si sorprese di quanto fosse lucido.
“Magnus… credi non ci abbia pensato?” sussurrò appena “So di chiederti molto. Io…” la voce si incrinò e gli morì in gola.
“Tu?” Magnus boccheggiò “Tu sei sempre stato così deciso, mi sono sempre chiesto se provassi almeno un po’ di paura…”
Alec gli sorrise “Deciso io? Ti ricordi la mattina in cui trovai il mio primo capello bianco?”
Lo stregone annuì, come poteva dimenticarsene?
“Quella mattina accompagnai Raph a scuola, poi rinviai la riunione” Magnus lo guardò sbigottito “Mi fermai con l’auto in un parcheggio e piansi. Piansi come non facevo da davvero molto tempo. Pensai e ripensai a un modo in cui sistemare la cosa, ma non ne trovai. La sola prospettiva di trascinarti con me mi terrorizzava ancor di più. Mi faceva rabbrividire già quando avevo vent’anni figurati dopo l’arrivo di Max e Raph”
Magnus lo guardò sorpreso e sentendosi terribilmente in colpa, quello era un punto su cui non aveva mai riflettuto, non era abituato a pensare alle cose con un termine.
“Vedi” continuò Alec “Raph è come me, lui… per l’angelo hai capito”
Lo stregone annuì col cuore in gola, avrebbe perso anche lui.
“Ma Max è come te. Non puoi fargli questo, non puoi costringerlo a vivere la solitudine che hai provato tu per quattrocento anni solo perché non vuoi sopravvivere alla mia morte.”
Magnus ormai sentiva le lacrime rigargli le guancie, aveva il cuore a pezzi.
“E a te non fa paura?” mormorò.
“Cosa morire?” chiese guardando gli occhi lucidi dell’altro che poté solo annuire.
“Oh Magnus, vivere per sempre nei tuoi ricordi è la cosa più simile a un paradiso che possa immaginare”
L’altro lo tirò a sé e lo baciò, era un bacio che sapeva di lacrime, di amore e di accettazione.  
Alec lentamente si scostò dal bacio.
“Magnus, c’è un’ultima cosa che devi promettermi…” lo stregone lo guardò carico di attesa.
“Promettimi che quando morirò avrai ancora il coraggio di amare…”
“No” quasi urlò Magnus, le lacrime che avevano ripreso a scendere, le mani che andavano a cercare quelle di Alec.
“Promettimelo” sussurrò il suo Fiorellino.
“No, non posso…”
“Certo che puoi Magnus, passerà quella che per me sarà una vita e di questo ne sono consapevole. Ma un giorno devi tornare ad amare come hai amato me. Spero solo che stavolta riuscirai ad innamorarti di qualcuno che non ti faccia soffrire come me…”
“Oh, Alexander”
“Ascoltami Magnus. Dopo che ti avrò lasciato riprenderai ad amare e troverai il modo di avere sempre qualcosa da perdere, se no tanto vale trascinarti via con me. Hai capito?”
Magnus annuì le sue lacrime che si fondevano con quelle di Alec.
“Promettimelo”
“Io…”
“Promettimelo.”
“Lo prometto.”

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Capitolo 4
*** Una vita dopo… ***


Una vita dopo…
 
Magnus sedeva rilassato su una panchina a Central Park, osservava placido le foglie aranciate cadere dagli alberi. Estrasse dalla tasca della giacca un piccolo oggetto consunto e si fermò a guardarlo. Era un piccolo portafortuna in pezza di quelli che a Tokyo vendono in ogni bancarella, eppure era la cosa più preziosa che possedesse. Buffo vero? Una vita a collezionare ricchezze, per finire ad amare le più futili.
“Ti manca molto, non è vero?”
Magnus si voltò verso Alex, il suo adorato proponite, il figlio del figlio del figlio - roba da non crederci - di Raph.
“Scusa Alex, stavi parlando e mi sono completamente distratto”
“Non importa nonno”
“Su va avanti, voglio sapere. Ma andiamo in quel bar laggiù, inizia a fare freddo”
“Quindi non è niente di serio per ora, secondo te io e Sally siamo troppo diversi?”
“Perché lei è una mondana e tu sei uno shadowhunter?”
Il ragazzo annuì mentre prendeva dalle mani dello stregone un bicchiere dal liquido azzurro, con nonno Magnus la sbronza era assicurata.
“Conosco chi direbbe che le relazioni chiedono impegno, ma tutte quante a discapito delle diversità.”
Furono avvolti dal silenzio.
“Com’era lui?” chiese Alex dopo un po’.
Magnus guardò il pronipote e iniziò a raccontargli di Alec e mano a mano che i ricordi affioravano in superficie lo stregone si sorprese di come non avessero più quel sentore dolceamaro. Per la prima volta da una vita Magnus non provò dolore a rivivere la sua storia con Alec e ben presto si trovò insieme al nipote piegato in due dalle risate per quella volta che per far felice il suo Fiorellino Magnus aveva cucinato, ma davvero senza magia, una torta al cioccolato rischiando di bruciare mezza New York. Oppure si trovò a raccontare della volta in cui Alec aveva scoperto di tutti i suoi 17.000 amanti e quando si trovò a mimare l’espressione di Alec suo nipote quasi svenne dal ridere. Si ritrovarono con le lacrime agli occhi per quella volta in cui Magnus aveva chiesto a Jace cosa sentisse con il legame parabatai quando loro facevano l’amore.
E mentre stavano ancora ridendo gli occhi di Magnus lo videro. Era dall’altra parte del bancone che si portava alle labbra un bicchiere con un liquido infiammato. Il mondo si fermò quando lo vide arricciare il naso di disgusto e inghiottire il primo sorso. Scusandosi con Alex si alzò dalla sedia e raggiunse il ragazzo dall’altro lato. Quando gli fu accanto gli sfiorò il gomito e  questi si girò. Magnus rimase interdetto per un secondo osservando gli occhi neri incorniciati da una zazzera di capelli color caramello.
“I-io… scusami, ti ho scambiato per un’altra persona” fece per andarsene, ma qualcosa lo trattene, qualcosa gli fece pensare: al diavolo. “Potrei offrirti un Drink?” chiese al ragazzo.
Le guancie di questo assunsero una nuova tinta di porpora “I-io in realtà d-dovrei…”
“Andare?” completò lo stregone
Il ragazzo annuì osservando per terra dove la sua lunga coda da stregone sfiorava il pavimento.
“Resta solo per un altro drink” sussurrò Magnus.
Tra una vita, amerai ancora…
“Lo avevo promesso dopotutto”e quelle parole, appena un sussurro, un mormorio a fior di labbra, volarono via trasportate dalla musica del locale e dal vento che smuoveva le foglie.

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