A Trainee's Chronicles

di Vavi_14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I.Tempo ***
Capitolo 2: *** II.Dieta ***
Capitolo 3: *** III.Lavatrice ***
Capitolo 4: *** IV. Incubi ***
Capitolo 5: *** V.Virus ***
Capitolo 6: *** VI.Aghi ***
Capitolo 7: *** VII.Comporre ***
Capitolo 8: *** VIII.Pizza ***
Capitolo 9: *** IX.Emozioni ***
Capitolo 10: *** X.Febbre ***
Capitolo 11: *** XI.Distruzione ***
Capitolo 12: *** XII.Carta igienica ***
Capitolo 13: *** XIII.Litigio ***
Capitolo 14: *** XIV.Segreti ***
Capitolo 15: *** XV.Famiglia ***
Capitolo 16: *** XVI.Pulizie ***
Capitolo 17: *** XVII.Social ***
Capitolo 18: *** XVIII.LOG 1/3 ***
Capitolo 19: *** XIX.LOG 2/3 ***
Capitolo 20: *** XX.LOG 3/3 ***
Capitolo 21: *** XXI.Sonno ***
Capitolo 22: *** XXII.Ricordi ***
Capitolo 23: *** XXIII.Sogno ***
Capitolo 24: *** XXIV.Dolce ***
Capitolo 25: *** XXV.Parolacce ***
Capitolo 26: *** XXVI.Limiti ***
Capitolo 27: *** XXVII.Natale ***
Capitolo 28: *** XXVIII.Abitudini ***
Capitolo 29: *** XXIX.Scelte ***
Capitolo 30: *** XXX.Puzzle ***
Capitolo 31: *** XXXI.Trucco ***
Capitolo 32: *** XXXII.Persona ***



Capitolo 1
*** I.Tempo ***


I. Tempo
 









 
Un tiepido raggio di sole illumina il volto assonnato di Namjoon, che arriccia il naso e nasconde i segni della stanchezza nel morbido guanciale. Il ticchettio di passi fuori dalla finestra e il rumore sommesso dei motori accompagnano il lieve fruscio dei respiri che riempie l’aria, suggerendo un’atmosfera pacata, ancora pienamente immersa nel mondo onirico.
Ha sonno, Namjoon, le palpebre impastate non gli permettono di aprirsi uno spiraglio per guardare l’orologio. A giudicare dalla luce che filtra dalla finestra, mancherà forse mezz’ora, un’ora al massimo al suono della sveglia. Il leader del gruppo si volta a pancia sopra, e pensa che rimarrà lì ancora per qualche minuto, dopodiché si alzerà come tutte le mattine prima che il suo cellulare trilli e gli ricordi in modo fastidioso che l’idillio è finito.
Un sobbalzo improvviso gli fa credere d’essersi addormentato di nuovo e stavolta è il terrore a prendere il sopravvento; acchiappa il cellulare malamente abbandonato a terra ed osserva i numeri sullo schermo come se potessero esplodergli davanti alla faccia da un momento all’altro. Tra due minuti devono essere in sala prove. Due. Minuti.
«Merda!» La testata alle molle del letto che segue l’imprecazione di Namjoon fa spalancare gli occhi a Jin, Jimin e Jungkook nello stesso momento. Come mossi da fili invisibili, i tre si alzano immediatamente a sedere e senza dire una parola si liberano dalle coperte, pronti a scendere dai loro letti.
«Ragazzi, svegliatevi, è tardi!» Il leader ripete il concetto per chi ancora non ha realizzato, nel frattempo Jin è schizzato in bagno e Jimin sta frugando alla ricerca delle sue ciabatte.
«Hyung, la sveglia non è suonata?»
Jungkook sistema con movimenti nervosi alcune ciocche nere che hanno sfidato la gravità, mentre scuote per una spalla Hoseok e cerca contemporaneamente di mettere in moto i neuroni.
«Non lo so che cavolo è successo».
Namjoon afferra Taehyung per un braccio e lo fa scivolare direttamente sulla moquette, tanto è inutile perdersi in chiacchiere con lui. Nel frattempo anche Hoseok ha stiracchiato braccia e gambe nel tentativo di trovare la forza necessaria ad alzarsi.
Di solito la sveglia che tengono in camera suona sempre puntuale, assieme al cellulare di Namjoon e a quello di Jimin, nel caso in cui si verificasse qualche imprevisto. Namjoon è convinto di aver impostato tutto correttamente, è un’operazione che ormai svolge quasi in automatico e con estrema precisione. Eppure, ripensando all’orario disumano della sera precedente, forse non ne è così sicuro; d’altronde nemmeno Jimin si è svegliato, perciò potrebbe anche essere colpa della troppa stanchezza, più che della sua disattenzione. Fatto sta che non gli è rimasto nemmeno il tempo per ragionarci, visto che, per la prima volta dopo tanto tempo, hanno segnato cinque minuti di ritardo sulla tabella di marcia.
Jungkook si infila velocemente i pantaloni della tuta e chiama Taehyung scuotendolo con più vigore, ottenendo in risposta solo un altro grugnito scontroso. Jimin allora prende in mano le redini della situazione e comincia a tirarlo per un braccio, finché non lo costringe a poggiare la schiena contro le gelide inferriate del letto.
«Che-»
«Alzati Tae, sbrigati!»
Taehyung accoglie l’esclamazione di Jimin aggrottando le sopracciglia in un broncio contrariato. Jungkook penserebbe che ha un’espressione davvero buffa, visto che tiene ancora gli occhi chiusi, se solo non fosse dannatamente tardi e anche pensare potrebbe rubargli dei secondi preziosi.
Hoseok, Jin e Namjoon, nel frattempo, si spazzolano i denti nello stesso lavandino, ignorando gli sputacchi che ogni tanto arrivano dalle bocche degli altri. Un asciugamano vola poi dalle mani del leader a quelle di Yoongi, il quale ha appena finito di lavarsi la faccia e in quel panno morbido vorrebbe tanto annegarci e non svegliarsi fino all’estate successiva. Taehyung fa il suo ingresso poggiandosi con nonchalance sulle schiene di Jin e Hoseok, che gli lanciano contro qualche improperio, ma senza fare troppe storie.
«Hoseok hyung, stai usando il mio spazzolino!».
Il tono di Jimin, apparso sulla porta, fa bloccare la mano di Hoseok a mezz’aria e qualche goccia d’acqua e saliva mista a dentifricio cade dalla bocca semiaperta in un’espressione di puro sconcerto. Il più grande rimane qualche secondo pietrificato, in attesa di capire quale sia la decisione più giusta da prendere in quel momento: è l’orologio alla parete a suggerirgli la risposta. Dà un’ultima spazzolata e indica a Jimin il bicchiere in plastica al lato del lavandino: prendi il mio, biascica distrattamente, e a Jimin non va affatto a genio l’idea di condividere i propri effetti personali, ma non c’è tempo di preoccuparsi nemmeno per quello, quindi sbuffa e obbedisce.
Gli ultimi a lavarsi sono dunque i più piccoli del gruppo e Taehyung non perde occasione per fare la doccia sia a Jimin che a Jungkook, scusandosi però subito dopo e cercando di tamponare alla bell’e meglio i capelli bagnati del maknae.
Dopo qualche spinta non voluta e qualche porta sbattuta una volta di troppo, finalmente sono tutti pronti davanti all'uscita. Namjoon controlla dove ha messo le chiavi del dormitorio, Yoongi, dal canto suo, ha deciso che nel frattempo schiaccerà un pisolino restando in piedi, Jungkook sta rassicurando Taehyung che ha i capelli asciutti e che non si deve preoccupare, mentre Jimin sonnecchia poggiando il capo sulla spalla di Hoseok. Il più grande invece osserva Namjoon rovistare in modo frenetico nelle proprie tasche e sta pensando che forse è il caso di dargli una mano, quando il leader solleva festoso il mazzetto in metallo, sventolandolo in aria neanche fosse un trofeo.
Non fa in tempo a mettere un piede fuori casa, che Jimin stronca tutto il suo entusiasmo sul nascere.
«Namjoon hyung» dice, un po’ titubante, «hai ancora le pantofole».
Gli occhi di tutti si abbassano per constatare la dimenticanza del loro leader ed è a quel punto che Taehyung scoppia in una risata isterica che lo fa crollare a terra con tutta la borsa del cambio.
«Taehyung-ah, la vuoi smettere?» Jimin lo rimprovera, esasperato. In situazioni del genere entra facilmente in ansia e non comprende come Taehyung riesca a lasciarsi andare senza alcuna riserva. La risposta di Hoseok sembra più un singhiozzo incerto, che però segue presto la scia di Taehyung al solo ricordo degli orsetti Ryan che scaldavano le dita del leader. Jungkook abbassa il capo e cerca di rimanere serio, ma presto la comparsa di due fossette ai lati delle guance tradisce un sorriso trattenuto. Seokjin si passa una mano sul volto e cerca di ristabilire l’ordine invitando Taehyung a ricomporsi, visto che Namjoon è appena tornato con le scarpe da ginnastica ai piedi.

Dopotutto dieci minuti di ritardo potrebbero essere passabili; a Namjoon basterà scusarsi e prendersene tutta la responsabilità, così che i suoi compagni non ne debbano rispondere agli insegnanti di canto e di danza.

 
E invece, due ore di allenamenti extra per tutti. Senza pausa pranzo.























______

Ma buonaseraaa!
Eccomi tornata per scocciare ancora un po’ le scatole sul fandom. Questa raccolta nasce con lo scopo – forse un po’ ambizioso – di ricostruire brevemente la vita dei Bangtan in quegli anni che hanno preceduto il debutto sul grande palco. Ho letto alcune informazioni riguardo le caratteristiche dei training e a quanto ho capito possono essere anche molto diversi a seconda del gruppo (per esempio ho letto che i Bangtan hanno avuto un training leggermente più “morbido” e “permissivo”, rispetto ad altri prima di loro). Ovviamente mi baserò su supposizioni personali e un bel po’ d’inventiva, ma non solo, perché vorrei scrivere ogni capitolo ispirandomi ad un prompt, ovvero una parola-chiave (in questo caso tempo) attorno alla quale creare una determinata situazione. In questo modo vorrei cercare di affrontare più “aspetti” della vita da trainee, non focalizzandomi su un membro in particolare, ma spostando l’attenzione su tutti a seconda del contenuto.
Ho già alcune idee per la testa che vorrei sviluppare, ma se per caso avete voglia di suggerire qualcosa, ovviamente sarà ben accetto! ^^ (Anche se non sono per niente pratica con le “richieste”, quindi abbiate pietà XD…).

Ps. Taehyung non voleva essere inopportuno. Era semplicemente stanco, tutto qui... perdonatelo XDD

Niente, detto questo, vi ringrazio per aver letto fin qui! Qualora vi faccia piacere, sarò più che felice di sapere cosa ne pensate. :)
Nel frattempo vi mando un salutone, alla prossima,
 


Vavi


 

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Capitolo 2
*** II.Dieta ***


II. Dieta









 
«Scendi, scendi, scendi…»
Jimin fissa i numeri elettronici della bilancia con così tanta concentrazione, che quasi ha l’illusione di poterli far muovere attraverso la forza del pensiero. Invece restano congelati sul display, fermi immobili, a segnare qualche etto di meno rispetto alla settimana precedente, ma d’altronde lo specchio non mente: sa che il problema è tutto lì, in quelle guance paffute che troppo spesso gli hanno pizzicato e che puntualmente mandano all’aria le ore intere trascorse ad allenarsi in palestra e a danzare fino allo sfinimento. Jimin non ci aveva mai fatto caso più di tanto, dopotutto si è sempre tenuto in ottima forma anche prima di diventare trainee, eppure ora sono proprio quelle la causa di tutti i suoi problemi.
«Jimin! Sono passati dieci minuti, muoviti a liberare il bagno».
Yoongi bussa alla porta, facendolo sobbalzare. In un dormitorio in cui sette persone possono usufruire di un solo servizio, è vitale stabilire, almeno ipoteticamente, tempi massimi per utilizzarlo e turni per lavarsi. Prima di uscire, Jimin cerca di nascondere la frustrazione che gli ha procurato quell’ennesima sconfitta e supera Yoongi senza degnarlo di uno sguardo.
In cucina, nel frattempo, Namjoon e Jungkook stanno aiutando Jin ad apparecchiare per tutti, mentre Hoseok è impegnato a riordinare i suoi vestiti e di certo non si fa sfuggire l’espressione afflitta di Jimin. Lascia ciò che sta facendo e si dirige anche lui nella sala pranzo che hanno improvvisato accanto al piano cottura, con la scusa di volersi unire ai preparativi, approfittandone per tenere d’occhio Jimin e il suo repentino cambio d’umore. Di solito non parla apertamente dei suoi problemi, ma se qualcosa non va lo si riesce a capire subito dalla prima affermazione che dice.
«Abbiamo lezioni collettive oggi, Namjoon hyung
Il leader solleva lo sguardo verso Jimin e alza le spalle. «No, non mi pare. Perché?»
Il più piccolo ha un tono sempre molto tranquillo e pacato, perciò nemmeno Namjoon fa fatica a captare il nervosismo che trapela dalla parlantina veloce e sostenuta di Jimin.
«Devo tornare in palestra. Jungkookie, mi accompagni?»
Il maknae si allontana dai fornelli  per scoccare a Jimin un’occhiata lievemente perplessa. «Ci siamo stati ieri, hyung… e anche l’altro ieri… e il giorno prima ancora. Se mi beccano di nuovo in palestra mi ammazzano».
«Dovresti prenderti una pausa, Jimin-sshi» interviene Namjoon, posando un tovagliolo nel posto in cui Jimin si è appena seduto. «Crollerai se non ti prendi un giorno di riposo».
«Non posso» è la risposta secca dell’altro, tanto decisa quanto sconsolata.
Jungkook siede a gambe incrociate accanto a Jimin e lo stesso fa Hoseok. Al più piccolo del gruppo è capitato molte volte di allenarsi assieme al suo hyung nella palestra dell’agenzia, perciò è svelto a intuire il problema. Anche Hoseok sembra aver capito, dopotutto ognuno di loro ha ricevuto proprio due giorni prima una scheda personale con diversi parametri da raggiungere e il peso, purtroppo, rimane uno degli obiettivi più ostici, anche perché con il cibo devono arrangiarsi da soli: hanno un budget per fare la spesa, ma poi è grazie a Jin se riescono effettivamente a mangiare qualcosa di commestibile.
«Nessuno di noi potrebbe» aggiunge allora Namjoon, aiutando Jin a posare sul tavolo la pentola contenente il loro pranzo.
«Ieri ho ripreso il chilo che avevo perso la settimana scorsa» si sente di specificare Hoseok, mentre ridacchia della propria disattenzione. «È colpa di Jin hyung che prepara sempre cose buone». Nel dirlo cerca di assaggiare la zuppa fumante ma Seokjin lo fulmina con lo sguardo.
«Oh certo, bel ringraziamento!» si lamenta poi il diretto interessato, fingendo risentimento per essere stato tirato in causa.
Hoseok gli sorride apertamente in risposta, poi prende i piatti di tutti e lo aiuta a fare le porzioni.
«A me mancano gli ultimi due. È uno strazio mandarli via».
Visto che si sta parlando di chili anche Yoongi, che nel frattempo li ha raggiunti, sente il dovere di dare il proprio contributo.
«La dieta inizia sempre domani, vero?» chiede allora Hoseok, poi si guarda in giro e si accorge che in quel tavolo stanno più larghi del solito. «Ma dov’è Taehyung?»
Namjoon è l’ultimo a sedersi. «Ha detto che era troppo stanco per mangiare. E poi anche lui aveva avuto qualche nota dolente nella sua scheda».
Jimin afferra le bacchette e sospira. «In effetti sarebbe meglio non mangiare proprio».
«Ma neanche per idea, tu ora mangi tutto, ho sudato sette camicie per prepararlo!» Jin ha davvero impiegato molto tempo a cuocere quella zuppa, ma l’ha fatto volentieri perché sa che, in qualche modo, le sue pietanze sono indispensabili alla sopravvivenza del gruppo. Inoltre, anche se non lo ammette ancora apertamente, ricevere complimenti sulla cucina lo porta sempre al settimo cielo.
Jimin afferra i tagliolini e li scola un poco prima di addentarli. «Scusa Jin hyung, non voleva essere un insulto alla tua cucina» dice, sinceramente dispiaciuto, anche se ha l’impressione che la situazione gli sta effettivamente sfuggendo di mano quando, ad ogni forchettata, sente crescere il senso di colpa.
«Ho visto alcune ricette dietetiche interessanti» replica allora Jin, dopo aver mandato giù un boccone formato gigante. «Dalla prossima settimana si cambia menu, altrimenti sul palco ci andranno un gruppo di ippopotami, invece che idol».
Si sente un grugnito di Jungkook in risposta, evidentemente non è molto contento della decisione, ma l’espressione di Jimin è decisamente più sollevata, quindi decide di annuire come gli altri suoi compagni. Anche se il problema rimane, e Jimin sa che dovrà convincerci fin quando non avrà risolto la questione, con i suoi compagni accanto può sentirsi meno solo. Quasi a voler completare il quadro, dopo qualche minuto trascorso in silenzio a gustare il brodo e gli spaghetti caldi, fa la sua comparsa sulla soglia della stanza anche l’ultimo membro dei Bangtan, salutando tutti con un enorme e sonoro sbadiglio.

«Aish… mi è venuta fame».


















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Odio le diete e le fisime sul peso e sul fisico che mettono in testa agli idol.
Lasciateli vivere in pace! T_T

Passo e chiudo! <3


Vavi

 

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Capitolo 3
*** III.Lavatrice ***


 III. Lavatrice










Jungkook è chino sulle ginocchia da più di un quarto d’ora ormai. Spinge due o tre tasti di cui non conosce nemmeno la funzione, scuote l’elettrodomestico infondendo nelle braccia più forza del necessario, ottenendo solo un sinistro scricchiolio dei tubi retrostanti.
«Avanti, non lasciarmi adesso».
Si sente parecchio ridicolo a parlare da solo con un’ingombrante scatola in metallo, la voce ridotta a un sussurro sconsolato degno della più celebre tragedia greca. Eppure, la responsabilità che sente pesare sulle proprie spalle sembra aver di gran lunga aumentato il carico; dopotutto è stato lui stesso a proporsi per star dietro alle lavatrici, e ora dovrà in qualche modo riparare al guaio, seppur consapevole di non esserne affatto responsabile in prima persona. Guarda la chiave del bagno infilata nella serratura: ormai si è rassegnato al fatto che l’elettrodomestico non si accenderà più, perciò è necessario trovare un modo rapido e indolore di comunicare la notizia agli altri.
Ragazzi, da oggi dovremmo lavare tutti i vestiti a mano. Si è rotta la lavatrice.
Troppo diretto, Jungkook, non c’è una via di mezzo?
Nasconde la testa tra gli avambracci, smuovendo le ciocche nere dietro la nuca con un gesto nervoso. L’importante, in queste situazioni, è non farsi prendere dal panico. Jungkook si ripete che se può fronteggiare lo stress derivante da otto ore di lezione, sei di prove e tre di sonno, di sicuro riuscirà a gestire anche questa spiacevole sensazione senza farsi venire una crisi nevrotica. O forse no.
«Taehyung!»
Ha aperto la porta del bagno, biascicando tra i denti il nome di quello che ha appena designato come suo salvatore. Non può dirlo agli altri senza qualcuno che lo spalleggi. Accorgendosi dell’espressione cadaverica del maknae, Taehyung non fa neanche caso al fatto che quest’ultimo si sia scordato di usare l’onorifico: evidentemente dev’essere successo qualcosa di molto grave. La sua perplessità aumenta quando il più piccolo gli fa segno di avvicinarsi con una mano, stando ben attento che gli altri ragazzi non si accorgano della loro conversazione segreta: impresa difficile in un dormitorio di pochissimi metri quadrati.
«Jungkookie, che è successo?» Il più grande si avvicina, temendo il peggio, e quasi non rimane a guardarlo a bocca aperta quando l’altro gli confessa l’inconfessabile. Taehyung lo fissa per un attimo che sembra un’eternità, incapace di replicare, dopodiché espira un grande quantità d’aria, massaggiandosi le tempie. «Accidenti Jungkook, mi hai fatto prendere un colpo. E io chissà che mi credevo» butta fuori, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
Il maknae indica con stizza la lavatrice, abbassando la voce di un altro tono. «Hyung, non capisci? È un disastro! Abbiamo una montagna di vestiti da lavare, e questo stupido coso non-»
«Tranquillo, in qualche modo faremo» lo rassicura Taehyung, poggiandogli una mano su una spalla, nel vano tentativo di porre un freno a quella reazione spropositata.
«E in che modo, hyung? Come lo dico agli altri?»
Il più grande gli rivolge un sorriso affettuoso e saggio: si batte una mano sul petto, come per dire che è tutto sotto controllo, che ci penserà lui. Jungkook ha decisamente un brutto presentimento e lo sente palesarsi qualche secondo dopo, dalla cucina:
«Ragazzi, la lavatrice è andata».
Taehyung annuncia la notizia con tono solenne, mentre Jungkook si spiaccica una mano in faccia, maledicendosi per aver riposto la sua preziosa fiducia proprio in lui. Avrebbe dovuto dirlo a Jin, o a Jimin, magari.
«Com’è successo?!» domanda Hoseok, intensificando drammaticamente il patos della situazione. In realtà è abbastanza turbato, perché nessuno di loro ha mai lavato a mano nemmeno un paio di calzini, il che potrebbe rivelarsi un problema tutt’altro che trascurabile.
«Giuro che non sono stato io stavolta» borbotta Namjoon, memore dell’ultimo incidente successo con l’abatjour del soggiorno, schiantatasi malamente a terra dopo aver ricevuto una sua micidiale – ma involontaria, ci mancherebbe altro - gomitata. Dopo aver saggiato che le occhiate dei suoi compagni non volevano affatto essere accusatrici, Namjoon si reca a passo svelto sul luogo della catastrofe e Jungkook lo affianca subito, guardandolo da sotto in su. «Hyung, mi dispiace, non so come possa essere successo» dice quasi mangiandosi le parole, e il leader ferma quel borbottare sconnesso toccandogli un braccio.
«D’accordo, pensiamo a come risolvere la questione».
«Ci toccherà chiamare il manager» sentenzia Jin, e non c’è cattiveria o risentimento nella sua affermazione, si tratta solamente di constatare l’ovvio.
«Lunedì» replica allora Namjoon, guardando il più grande. Gli altri, nel frattempo, seguono la conversazione quasi pendendo dalle loro labbra, muovendo il capo dall'uno all’altro in attesa che pronuncino il verdetto decisivo. «Abbiamo il week end libero, per una volta cerchiamo di godercelo e di non rovinarlo nemmeno a quelli della produzione».
Jungkook si sente davvero uno schifo: se fosse stato più attento, forse, quell’aggeggio avrebbe continuato a funzionare almeno per altri due giorni, rendendo il compito decisamente più semplice. Il leader scorge l’innaturale preoccupazione negli occhi del maknae e gli lascia una pacca sulla schiena, comprensivo.
«Poteva succedere a chiunque, Jungkook-sshi» dice, e gli altri sembrano essere d’accordo con lui. «Ma se vuoi renderti utile, potresti prestare alcune delle tue innumerevoli t-shirt bianche a qualcuno, nel caso servissero».
A quel punto il più piccolo deglutisce in modo fin troppo rumoroso, decisamente preso in contro piede dall’uscita inaspettata di Namjoon. Non riesce a far altro che annuire, anche se quella richiesta non l’ha per niente tirato su di morale. Tuttavia, i sorrisi appena accennati degli altri lo convincono che non è il caso di prendere tutto troppo sul serio: che saranno mai due giorni senza lavatrice? Sopravvivranno!
«A me in realtà mancherebbero anche le mutande» butta lì Jimin, udendo un sospiro sconsolato di Yoongi in risposta.
«Scordatelo» prorompe d’improvviso Jungkook, dimenticandosi in un batti baleno dell’imbarazzo iniziale.
«Ehi!»borbotta allora il più grande, seguendolo in salotto assieme agli altri. «Che modo sarebbe di rispondere al tuo hyung
Jungkook però mantiene il punto e non sembra affatto voler dar corda a Jimin, il quale decide di arrendersi solo quando scorge la sagoma di Yoongi scrutarlo torvo; non sa bene se sia uno sguardo di rimprovero o meno, ma già che c’è decide di porgere la stessa domanda anche allo hyung.
«Non ci pensare nemmeno» è l’ovvia risposta del più grande, ma stavolta Jimin sa che riuscirà ad avere la meglio. Incrocia le braccia guardandolo con aria saccente. «Non sei tu quello che ha preso le mutande di Jungkook di nascosto?»
Lo sguardo fermo di Yoongi vacilla leggermente e saetta nei dintorni per accertarsi che nessuno abbia sentito. «Era una situazione di estrema necessità».
«Beh, sempre per una questione di estrema necessità, potrei anche decidere di dirglielo».
«Questo è un colpo basso, Jimin».
«Grazie hyung, ti devo un favore» conclude l’altro con aria vittoriosa, allontanandosi festoso e lasciando il più grande a meditare per una prossima – ma non troppo lontana – vendetta.

 
 
 















_______
Buonsalve!^^
Mi rendo conto che i toni di questo capitolo rasentano il demenziale, il fatto è che ho trovato plausibile rendere un problema all’apparenza risolvibile, come quello di una lavatrice che si rompe, una vera e propria tragedia per i nostri cari Bangtan XD. Come secondo prompt direi che avrei potuto mettere #mutande.
Nonostante la follia dilagante, spero tanto vi sia piaciuto: ringrazio di cuore chi ha iniziato a seguire la storia da poco, chi la segue dell’inizio, chi l'ha inserita nelle varie categorie e anche i lettori silenziosi. Un grazie speciale a chi si ferma a recensire! <3 Lo apprezzo tanto.
Un abbraccio grande, alla prossima!

 
Vavi

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Capitolo 4
*** IV. Incubi ***


IV. Incubi
 









 
Quando spalanca le palpebre, la fronte madida di sudore e i battiti impazziti, la prima cosa che vede è il soffitto scrostato sopra la propria testa. Jungkook è grato di aver ottenuto proprio la brandina singola accanto alla finestra, perché le molle cigolanti e arrugginite dei letti a castello non lo fanno sentire molto a suo agio. Preferirebbe di gran lunga dormire in alto e rischiare di cadere durante la notte, piuttosto che avere quella macabra visione ogni volta che apre gli occhi.
Lo schermo del cellulare lo avverte che sono le tre: è tardi, non gli restano molte ore per riposare, ma è anche troppo presto per pensare di alzarsi a fare colazione. Rischierebbe di svegliare uno dei suoi compagni e l’idea lo fa subito desistere da qualsivoglia proposito di lasciare il letto. Sbuffa lievemente, calciando via il lenzuolo e rigirandosi in modo nervoso, alla ricerca di una posizione che gli concili il sonno.
Cerca una pace impossibile da raggiungere, non dopo la serie terribile di incubi che ha appena avuto. Forse una rinfrescata al viso gli farebbe bene, ma andare al bagno vorrebbe dire passare accanto ai letti di tutti, far scattare la serratura della porta, dare fastidio con il rumore dell’acqua… no, meglio rimanere al proprio posto e cercare di regolarizzare il respiro.
«Jungkook».
Qualcuno biascica il suo nome, o almeno gli sembra, dalla schiera di letti a castello che costeggiano la parete opposta alla sua. Nella penombra della notte vede un telo bianco muoversi e una testolina spettinata riemergere dai meandri del comodo guanciale.
«Che hai?»
Dagli occhi socchiusi e il tono di voce impastato, il più piccolo capisce che Seokjin si è svegliato da poco, e si chiede come diavolo abbia fatto a percepire da dove provenivano i lievi fruscii delle coperte, indovinando anche l’identità del presunto membro con problemi d’insonnia.
Jungkook risponde sussurrando. «Niente hyung, mi sono svegliato all’improvviso. Adesso torno a dormire».
Sente Jin mugolare qualcosa di sconnesso, per poi adagiare nuovamente il capo sul cuscino.
«Domani devi andare a scuola, non ti fa bene perdere ore di sonno».
In effetti, alcuni di loro hanno anche altri doveri a cui pensare, oltre all’impegno del training. La scuola, prima o dopo, va frequentata: i manager non vogliono in alcun modo precludere loro la possibilità di prendere un diploma, ma spesso conciliare i turni di lavoro con quelli di studio risulta più difficile del previsto.
«Rischi di addormentarti sul banco…»
La voce di Jin è diventata talmente flebile che Jungkook si chiede se non stia sussurrando nel sonno. Non dice niente, ma un po’ gli dispiace che il più grande si sia riaddormentato. Magari avrebbe bisogno di parlare con qualcuno di ciò che lo tormenta, anche se non è solito farlo, non durante il giorno almeno.
«Hyung, ho sognato delle cose terribili».
Non sa nemmeno perché le sue corde vocali abbiano deciso di dar voce a quel pensiero. Probabilmente, in un momento di incertezza, voleva solo rendere concrete le proprie paure, in fondo gli altri dormono e anche Jin sarà sicuramente piombato di nuovo nel mondo dei sogni.
«Mi sono fatto bocciare due volte all’esame di canto e tre a quello di ballo. Provavo una dannata coreografia in posizione centrale, ma quando guardavo le riprese, non si sa come, ero sempre spostato sulla sinistra, quasi fuori dall’inquadratura. Ho sognato anche di aver schiacciato un piede e Jimin hyung e di averglielo frantumato in due… e lui continuava ad urlarmi che dovevo smettere di fare palestra e pensare di più allo studio…».
Fa esaurire quello che crede essere un monologo in un bisbiglio appena udibile e rimane in silenzio fin quando un intervento inaspettato non lo fa sobbalzare.
«Cavolo, dovevo metterci meno aglio in quella ricetta».
Jin si è sollevato facendo leva sui gomiti e osservando il più piccolo col mento poggiato sul cuscino.
«Hyung, pensavo dormissi…» Jungkook vorrebbe tanto sprofondare nei meandri del materasso, ma fa di tutto per non sembrare preso totalmente alla sprovvista.
«Ti dico che è colpa dell’aglio, non ci pensare» lo liquida Jin, deciso più che mai a fargli recuperare qualche ora di sonno prima che la sveglia suoni. Potrebbe dire a Jungkook che anche lui ha fatto sogni simili e più di una volta, ma non sarebbe nella sua indole rassicurarlo in questo modo.
Il più piccolo, invece, vorrebbe confessargli che in realtà quella pietanza con l’aglio non l’ha mangiata, ma non lo fa, perché alla fine va bene anche così: le parole di Jin sono sincere e al contempo intrise di una sana preoccupazione che il più grande non vuole lasciar trasparire del tutto.
«Buonanotte allora».
Forse, quando chiuderà gli occhi, Jungkook farà ancora strani sogni sui suoi hyungs, sugli effetti della palestra e sui risultati dei suoi prossimi esami.
«Dormi bene, Jungkookie».
Ma la mattina successiva sarà di nuovo pronto a dimostrare che la realtà è ben diversa, e non sarà certo un’indigestione a fermarlo, quando sa di avere sei fratelli sui quali poter sempre contare.






















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You never walk alone <3





Vavi

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Capitolo 5
*** V.Virus ***


V. Virus
 









Il tardo pomeriggio, pensa Yoongi, è un buon momento per lavorare ai testi delle canzoni; lo studio dove tengono i computer si tinge di un rosa tenue, l’attesa del pasto lascia quel vuoto nello stomaco che rende leggeri e al contempo vigili; i ragazzi giacciono stremati sui loro letti e si aggrappano agli aggeggi elettronici che durante il giorno non hanno potuto tenere con loro.
Yoongi sta bene, in quello studio: ci sono pochi mobili, qualche manifesto musicale e un silenzio decisamente invitante. Può scrivere anche usando carta e penna, lui solo sa quanti block notes ha acquistato negli ultimi anni, ma avere Internet a disposizione è decisamente più pratico: sta giusto cercando l’ortografia esatta di un luogo che vuole inserire nella canzone, quando il motore di ricerca decide arbitrariamente di bloccarsi, lasciando il posto ad un curioso pop up dalle scritte lampeggianti. La finestra indesiderata impiega un secondo a moltiplicarsi e Yoongi lo stesso tempo a capire che non si tratta di pubblicità di dentifrici; fa scorrere velocemente il mouse sulla “X” che – crede - gli permetterà di liberare la visuale da quelle immagini decisamente troppo spinte per il suoi gusti, ma non ottiene affatto il risultato sperato.
«Ma porca-»
Fa uso di tutte le conoscenze che possiede in ambito informatico pur di riportare la schermata alla normalità; potrebbe riavviare il computer spingendo il tasto apposito, ma il portatile non è di sua proprietà e teme di fare qualche guaio. Inoltre si è dimenticato di salvare il documento, perciò rischiare potrebbe voler dire perdere anche quelle poche righe che ha scritto.
È sicuro di non aver cliccato nessun sito equivoco, perciò, conclude Yoongi, deve trattarsi sicuramente di qualche virus che uno dei suoi compagni rapper ha fatto entrare precedentemente.
«Hyung, che stai facendo?»
La voce di Hoseok lo fa sussultare in modo fin troppo plateale, tanto che il minore gli rivolge un’occhiata interrogativa e piuttosto accusatrice, alla quale Yoongi si premura di rispondere con uno sguardo altrettanto sdegnato.
«Non è colpa mia» si affretta a replicare. «Stavo navigando e questa roba è apparsa all’improvviso».
Dall’espressione leggermente schifata che ha dipinta in volto, Hoseok deduce che probabilmente Yoongi non sta affatto mentendo.
Decide di azzardare un’altra ipotesi, la più plausibile. «Hai… cliccato su qualche sito stran-»
«Non ho cliccato niente, maledizione. Ne sono certo».
Hoseok è perplesso tanto quanto lui. Osserva il puntatore bianco, controllato da Yoongi, tormentare a ripetizione il comando di chiusura, senza successo. Inoltre, quelle immagini non lo stanno facendo sentire per niente a suo agio.
«Probabilmente è Namjoon ad aver fatto qualche casino» sbotta Yoongi, sempre più su di giri.
Hoseok sta per suggerire che forse è meglio parlarne con i più grandi, visto che la faccenda non sembra volersi risolvere in alcun modo, ma un timbro di voce in lontananza li pietrifica entrambi sul posto.
Yoongi solleva lo sguardo, le ciglia scure solleticano contro i ciuffi mossi che gli ricadono sulla fronte; incastra le iridi in quelle di Hoseok, poggiato con i palmi delle mani sulla scrivania accanto a lui, e sembra volerlo intimare di suggerire qualcosa e farlo anche alla svelta.
Jungkook e Jimin hanno appena fatto il loro ingresso in sala e il capo di Yoongi è l’unica cosa che si frappone tra loro e un perfetto cattivo esempio di come passare il tempo prima della cena.
«Yoongi hyung, ci servirebbe il portatile».
Alle parole di Jimin, Hoseok decide di agire d’impulso e chiude con uno scatto lo schermo del computer. Riceve un’occhiata perplessa da Jungkook e una di fuoco da Yoongi, il quale ha appena visto il suo attento lavoro di un pomeriggio andare in fumo. A dire la verità, nemmeno Yoongi avrebbe saputo immaginare una soluzione diversa, vista l’improvvisa presenza dei due ragazzi in sala, eppure non riesce a nascondere uno sguardo di estrema esasperazione davanti al compagno più piccolo.
«Non si può usare» li liquida poi Hoseok, sperando che quell’affermazione tassativa li faccia desistere da qualunque richiesta non gradita.
«Perché no?»
Vane speranze, se c’è Jungkook nei dintorni.
«Hyung, io e Jungkookie dobbiamo registrare un vlog entro stasera».
Jimin non sembra intenzionato a voler discutere sulla questione. Si tratta pur sempre di una richiesta della produzione e, anche se sono ancora registrazioni “ufficiose”, non è il caso di disattendere i propri compiti in una fase così delicata del training.
«La prossima settimana ce ne portano un altro, non potete aspettare?»
«No, hyung, dobbiamo farlo adesso».
Jungkook sa essere tanto lapidario quanto testardo, a volte. Hoseok gli lancia un’occhiata supplichevole, con l’unico risultato di destare in lui ancora più sospetti.
Yoongi decide allora di prendere in mano il portatile – e la situazione. «Se non si può usare, non si può usare – sbotta, cercando di mantenere il controllo - ha un problema di software, si blocca in continuazione. Dobbiamo farlo vedere a Namjoon hyung».
«Jungkookie ci sa fare con i computer, hyung» interviene allora Jimin, mentre Hoseok ha iniziato a pensare che forse sarebbe stato più facile dire tutta la verità, ma lo sguardo omicida di Yoongi non sembra affatto essere della stessa opinione, perciò decide di non intervenire. «Magari può dargli un’occhiata».
Jungkook annuisce in risposta, evitando accuratamente il contatto visivo con Yoongi. Quest’ultimo, infatti, ha ben compreso che dietro quei due volti apparentemente innocenti, Jungkook e Jimin nascondono un’aria da due che la sanno lunga. Probabilmente hanno capito che i loro hyung hanno combinato qualche guaio e non vogliono dargliela vinta a nessun costo. Yoongi continua quella guerra silenziosa stringendo avidamente a sé il portatile, nella vana ricerca della giusta frase ad effetto con la quale ribattere. Dopotutto, se abbraccerà ancora per troppo tempo quel computer senza dire nulla, la situazione potrebbe iniziare a divenire un tantino imbarazzante.
Jungkook guarda Jimin, forse più confuso di prima, Hoseok sta facendo frullare i neuroni sperando in un lampo di genio, ma è Namjoon a salvare la situazione: entra nello studio per avvertire tutti che lui e Jin hanno ordinato la cena al dormitorio e riceve immediatamente due impellenti richieste d’aiuto dagli sguardi fissi di Yoongi ed Hoseok.
«Hyung, il portatile ha qualche problema».
«Si è bloccato non appena ho iniziato a usare Internet…».
«Noi dovremmo registrare».
«Entro stasera».
«Forse basta riavviarlo…»
«Ci ho già provato!»
«Magari con un ripristino di sistema…?»
Il leader ha un attimo di totale disorientamento, visto che tutti hanno aperto bocca nello stesso istante, ma dopo impiega pochi secondi a inquadrare la situazione e a completare il puzzle: computer, malfunzionamento, virus, necessità di registrare. Adocchia Hoseok e Yoongi, poi i due ragazzi più piccoli, prendendo la sua decisione definitiva.
«Chiederò al manager se è possibile usare uno dei fissi negli altri studi» pronuncia nel modo più convincente possibile, tendendo entrambe le mani per afferrare il portatile dalle mani di Yoongi, che glielo consegna ovviamente senza batter ciglio. «Questo lo farò vedere a qualcuno dello staff che se ne intende» aggiunge, e in quel momento forse solo Yoongi ed Hoseok comprendono che in realtà sarà lo stesso Namjoon a cercare di mettere le cose apposto, dovesse volerci pure tutta la notte. 


Lascia la stanza a passo nervoso, dimenticandosi pure il motivo per cui li ha raggiunti in studio: ci pensa un urlo di Jin qualche secondo dopo, direttamente dal microfono del cellulare, a ricordarglielo.







































 

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Capitolo 6
*** VI.Aghi ***


VI. Aghi








 
 
Hoseok si tormenta le fastidiose pellicine ai lati delle dita, mentre siede su una poltrona fin troppo comoda per essere il preludio di quella che si prospetta come l’impresa più ardua da quando è divenuto un trainee. Sta quasi per addentare l’unghia del suo indice destro, ma un’occhiataccia di Yoongi gli ricorda che non è mai stato avvezzo a fare questo genere di cose e non è certo il caso di iniziare proprio durante la micidiale attesa che precede l’addio definitivo ai suoi immacolati lobi delle orecchie.
Pur esitando a volerla definire fobia, Hoseok ha sempre temuto gli aghi in tutte le loro forme. Nonostante fosse sempre stato un bambino spericolato ed esuberante, quando si trattava di analisi del sangue, Hoseok perdeva improvvisamente tutto il suo coraggio e buonumore, tanto che nemmeno le lusinghe della sorella maggiore o il gelato offerto dalla nonna bastavano a farlo tornare subito quello di sempre. Hoseok sapeva apprezzare anche il più piccolo gesto d’affetto, ma non quando di mezzo c’era un fastidiosissimo tabu denominato ago.
Ora, sebbene ritenga di aver fatto dei passi avanti rispetto agli anni passati, Hoseok sente quello stesso nervosismo scorrergli nei tendini delle gambe e delle braccia, che si muovono sconnesse alla disperata ricerca di una posizione ottimale e meno insopportabile in cui attendere il suo turno al patibolo.
«Hoseok, sono dei dannatissimi buchi alle orecchie. Neanche te ne accorgi».
Yoongi gli parla, ma sembra che non lo stia nemmeno guardando. L’agitazione del più piccolo si riesce a percepire a chilometri di distanza, come se anche l’aria ne fosse satura.
«Sto bene».
Non ha mai confessato apertamente ai suoi compagni questa sua debolezza, forse sperando che non sarebbe mai stato necessario farlo.
«Dalla tua faccia non si direbbe».
Quello di Yoongi è un modo un po’ burbero di spingerlo a tirar fuori quell’ansia che lo sta divorando, ma Hoseok rimane sui suoi passi, chiuso in sé stesso come poche volte si è mostrato davanti agli altri.
Nello stesso istante, Jimin fa la sua comparsa dalla stanza di fronte con due puntini metallici alle orecchie e un mezzo sorriso che gli distende i lineamenti paffutelli del viso. Jungkook gli va subito incontro, ispezionandogli i lobi con vivace curiosità. «Li voglio anch’io!» si lamenta, dopo aver deciso che gli piacciono parecchio e non ha voglia di aspettare ancora per qualche strana decisione presa dall’Agenzia. Mentre anche Taehyung si avvicina al coetaneo per dare un’occhiata, Yoongi si rivolge ancora ad Hoseok, seduto proprio accanto a lui.
«Hai visto? È ancora vivo».
«Spiritoso».
«Vuoi che ti tenga la mano lì dentro?»
«Hyung smettila, non sei divertente».
Hoseok vorrebbe mettere il muso, ma il tono di Yoongi non è affatto canzonatorio; sa che sta cercando di distrarlo, in qualche modo, eppure le cose non stanno migliorando, anzi. Il suo cuore ha iniziato a battere più veloce del previsto, il che potrebbe essere un problema, visto che ora tocca a lui.
Approfittando del fatto che gli altri stanno ancora confabulando per i fatti propri, Hoseok rivolge la sua ultima occhiata proprio a Yoongi, il quale ricambia facendogli un veloce gesto della mano.
«Nemmeno il tempo di accorgertene e sarai fuori» gli ripete, e stavolta è più serio, perché lo sa fin dall’inizio - Hoseok non sta scherzando - ma sa anche che a volte, con lui, è meglio stemperare la situazione, dato che in genere riesce ad affrontare tutto con positività.
Passati dieci minuti, Taehyung si affaccia per controllare che Hoseok non sia svenuto sulla poltrona ed è decisamente sollevato quando lo vede in piedi, l’espressione rilassata e… i lobi delle orecchie ancora liberi.
«Sarò l’unico membro dei Bangtan a preservare le proprie orecchie così come i genitori gliele hanno fatte» dichiara con aria fiera, il tono di voce un po’ vacillante e le labbra curvate all’insù.
Sembra decisamente più sereno e soddisfatto di prima e, anche se Yoongi accoglie quell’uscita sbattendosi una mano sulla fronte, in fondo pensa che sia meglio così: forse Hoseok non avrà superato la paura degli aghi, ma ha almeno impedito a quell’ostacolo di scalfire la persona che è.















____________

Jung Hoseok, magari a te non piacciono i buchi alle orecchie (mi pare ne avesse anche parlato una volta) e io mi sono fatta tutto questo bel filmino per niente. Va beh, spero che in ogni caso vi sia piaciuto! XD Mi scuso ma in questo periodo ho un pò di malanni vari, quindi gli aggiornamenti sono più lenti. E poi se i Bangtan pubblicano DUE M/V per il comeback non è colpa mia (qualcuno ci salvi da NOT TODAY). 
Grazie per aver letto, sappiate che un vostro pensiero è sempre più che gradito! ^^
Alla prossima,


Vavi







 

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Capitolo 7
*** VII.Comporre ***


VII. Comporre








 
 
Forse è troppo presto per provare, lo sa che ancora non possiede le capacità necessarie, dopotutto la sua specialità è sempre stata solo ed esclusivamente la danza, no?
Jimin riguarda i caratteri che ha scritto su quel foglio, cercando di trovare una melodia che doni loro la vita, ma quel passaggio sembra ancora più difficile del precedente. Sono parole semplici, dedicate ad una persona di cui si sente la mancanza; niente frasi astruse o parole difficili da articolare, dopotutto è così che si inizia, inutile puntare troppo in alto.
«Che cos’è?» Taehyung gli sfila abilmente il pezzo di carta da sotto il naso, ignorando le lamentele di Jimin, il quale cerca di riappropriarsi del suo prezioso lavoro, invano.
Mentre ignora gli improperi dell’amico, Taehyung sussurra a bassa voce quelle parole, leggendole più per se stesso che per altro, provocando il disappunto di Jimin, il quale gli ordina di restituirgli immediatamente il foglio, mal celando anche una punta di imbarazzo nella voce.
L’altro obbedisce e alza le spalle. «Lo hai scritto tu?» Tutto pensava, meno che quei caratteri nascondessero in realtà un tentativo impacciato di abbozzare una canzone. Ora, Taehyung si sente piuttosto in colpa per aver invaso in quel modo la privacy dell’amico; d’altronde non ci sono mai stati segreti tra loro, ma il periodo del training è una fase delicata e Jimin a volte è meno espansivo del solito.
Jimin annuisce in modo distratto, sedendosi nuovamente al tavolo dove ha passato le ultime tre ore del pomeriggio. In quel momento, la voglia di gettare nel secchio tutto quanto è più forte che mai.
«Perché non la mostri a Namjoon hyung o a Yoongi hyung? Magari sapranno darti un consiglio».
Il tono di Taehyung si è fatto improvvisamente fermo e Jimin ormai sa come fronteggiare gli improvvisi sbalzi d’umore del compagno. Quando si tratta di questioni inerenti alla loro futura – ma, purtroppo, ancora molto incerta – carriera da idol, persino Taehyung irrigidisce i muscoli e mostra quel lato di sé che rivela la personalità forte e responsabile di cui è dotato. Taehyung è sempre stato molto generoso, Jimin ricorda bene le volte in cui ha messo gli altri prima di sé stesso, e non sa cosa siano i peli sulla lingua, perciò è sicuro che non gli sta raccontando bugie solo per farlo contento.
«Vuoi che mostri questa roba agli hyungs? Davvero, Taehyung?» Comunque, sempre meglio accertarsene.
Il coetaneo sfoggia un’espressione più rilassata non appena Jimin gli porge la domanda. «L’hai scritta tu, no? Se ti ci sei impegnato, non ci vedo niente di male. Quando qualcosa non ti soddisfa, ci metti poco a liberartene. Invece quel foglio era ancora là…». E tu eri lì a contemplarlo. Quindi ci tieni. Taehyung conclude il pensiero della sua testa e Jimin fa lo stesso nella propria. L’aver trascorso buona parte dell’adolescenza insieme ha fatto sì che le parole diventassero superflue e l’empatia suggerisse loro ciò che le corde vocali spesso non cacciavano fuori.
Jimin guarda Taehyung, poi torna a scrutare dubbioso gli hangul che lui stesso ha riversato sul supporto cartaceo. Non sembrano poi così male ai suoi occhi, eppure non sa se ha davvero il coraggio per mostrarli a qualcuno che di certo è molto più preparato di lui, in quel campo. Ma se continuerà a temere l’errore, come potrà imparare dai propri sbagli?
Fa leva sulle ginocchia e lascia il proprio posto al tavolino del soggiorno. Non dice niente a Taehyung, tanto non serve, l’amico sa già che lo sta mentalmente ringraziando per averlo convinto a provare. Si dirige a passo incerto verso la camera da letto che condividono; dà un’occhiata oltre l’intricato labirinto d’inferriate e scorge Yoongi stravaccato sul proprio materasso, gli occhi semichiusi e le cuffie calate sulle orecchie. Prima di giungere a destinazione passa accanto al letto di Jungkook, gli solleva un braccio che il più piccolo ha lasciato penzoloni sul pavimento e gli rimbocca il lenzuolo, dato che il maknae ha l’abitudine di dormire scoperto e senza pantaloni del pigiama perfino ad inverno inoltrato. E poi ha pure il coraggio di lamentarsi se starnutisce, la mattina dopo.
«Jimin, ti serve qualcosa?»
La voce di Yoongi arriva un poco soffusa dall’angolo opposto della stanza. «Sono dieci minuti che stai lì impalato».
Jimin si sbriga ad annuire e, armandosi di tutta la buona volontà, consegna il fatidico foglietto allo hyung.
«Che cos’è?» chiede Yoongi, prima di prenderlo.
«Una strofa che ho scritto io, hyung. Vorrei sapere cosa ne pensi».
Yoongi deve inclinare un poco la testa per leggere il labiale di Jimin, dato che il suddetto ha tenuto il capo basso per tutto il tempo. Il più grande solleva un sopracciglio, poi si alza a sedere, poggiando i piedi scalzi sulla moquette. L’espressione concentrata che dedica alla lettura di quelle poche frasi fa entrare Jimin ancora più in ansia; Yoongi non regala spesso sorrisi se non ce n’è veramente motivo, eppure la serietà che si legge sul suo volto normalmente, non può essere paragonata nemmeno alla lontana a quella che piega le sue rughe d'espressione quando è intento a scrivere o leggere musica.
«E questa la chiami canzone?»
Jimin sente chiaramente il proprio cuore saltargli nel petto, scontrandosi violentemente con la cassa toracica.
«Jimin, sembra la ninna nanna che mi cantava mia zia».
Il tono di Yoongi non è arrabbiato, forse non lo sta nemmeno rimproverando: Jimin riprende il foglietto, a corto di parole. Non che si aspettasse un giudizio positivo, ma addirittura una bocciatura su tutta la linea?
«Non c’è armonia in quelle frasi, non ci sei tu lì dentro».
«Sì che ci sono, hyung».
«No, non ci sei. C’è quello che credi che la gente vuole da te».
Jimin apre la bocca, poi la richiude senza emettere alcun suono. Rilegge il testo, alla ricerca del senso mancante.
«Lavoraci qualche giorno, poi me la riporti».
Eppure Yoongi gli sta dando una seconda possibilità. «Allora non è proprio da buttare, hyung». Jimin è insicuro ma sa essere anche un ragazzo sveglio e un buon osservatore.
Yoongi si sdraia nuovamente sul letto, recuperando le cuffie. «Il mio primo tentativo era decisamente peggiore di quello» sono infatti le ultime parole dello hyung, che Jimin accoglie con un sorriso appena accennato e con una nuova speranza che gli illumina le iridi scure.




 
 




















_______________

Dovrebbe essere un aneddoto successo veramente; non so come nè quando, ovvio. Ho lasciato tutto alla mia immaginazione, come sempre: spero tanto abbiate apprezzato! <3
Grazie a chi ha iniziato a seguire la storia e a chi l'ha inserita nelle varie categorie. Grazie anche alle anime pie che recensiscono ad ogni capitolo. Mi rendete tanto felice! T_T

Alla prossima,

Vavi
 
 

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Capitolo 8
*** VIII.Pizza ***


VIII. Pizza
 








 
Jimin è troppo impegnato a scrutare lo schermo luminoso del portatile davanti a lui per accorgersi del rivolo di saliva che Taehyung, ormai nel mondo dei sogni, ha lasciato fluire sulla sua maglia nera a maniche lunghe. Sono stretti sotto una stessa coperta, un po’ piccola in effetti, visto che copre anche il ginocchio del maknae, accanto a loro, solo per metà. Jungkook ha lo sguardo stanco, le palpebre quasi gli si chiudono, bombardate da quelle immagini lampeggianti; tiene le ginocchia al petto e ogni tanto rinforza la presa, assicurandosi di non occupare troppo spazio, lì, tra Jimin ed Hoseok. Anche Namjoon, con il capo abbandonato sul divano, pare aver perso ogni interesse nel film che quella sera si sono concessi, visto l’inusuale anticipo con il quale hanno terminato le lezioni previste per quel giorno. Yoongi si è addormentato ancor prima che il film iniziasse, infatti non ha voluto metter bocca sulla scelta della pellicola, ben consapevole che, in ogni caso, il suo parere non sarebbe servito a molto. Seokjin e Hoseok sono ancora abbastanza lucidi da capire che mancano poche scene alla fine, quindi si impegnano come possono per restare svegli e godersi la conclusione.
Oltre gli schiamazzi degli attori, si sente solo il respiro pesante di Taehyung e quello di Yoongi, assieme agli sbuffi intermittenti di Jungkook, che ogni tanto lascia ciondolare la testa per poi risvegliarsi all’improvviso, guadagnandosi un’occhiata divertita e intenerita da parte di Jimin.

«Ragazzi, io ho fame».

In quel momento, le teste di tutti – tranne quella di Yoongi – si voltano contemporaneamente verso il criminale che ha osato pronunciare una frase tanto sconsiderata. Sono le undici e mezza di notte, hanno già consumato i loro panini qualche ora prima, perché mai uscirsene con un’affermazione che ha dell’utopico?
A parlare è stato Taehyung e Jimin ancora non si capacita di come abbia fatto a svegliarsi, mettere in moto i neuroni, captare gli stimoli del proprio stomaco e convertirli in parole nel giro di un secondo. In quello stesso momento si accorge della macchiolina sulla propria t-shirt e rimprovera il coetaneo con una faccia piuttosto schifata. Taehyung, per tutta risposta, gli strofina stancamente la zona incriminata con la mano, sperando che quello basti a rimediare il danno, dopodiché crolla di nuovo sulla spalla di Jimin, borbottando qualcosa di sconnesso.
«Abbiamo già mangiato». È la risposta lapidaria di Jin, che non vuole lasciare questioni in sospeso, ma nemmeno dar loro un pretesto per alimentarle.
«Quanto tempo è che non mangiamo una pizza?» Stavolta l’intervento proviene dalle labbra di Jimin, ed è una domanda piuttosto innocente, lo si percepisce dal tono flebile che ha usato. Eppure, inconsapevolmente, anche lui ha nominato una parola dalle connotazioni magiche: pizza.
Hoseok viene finalmente distratto dal portatile e si volta verso il compagno che ha appena parlato. «Mi sa che non la mangiamo da mesi».
«Da quando abbiamo festeggiato l’inizio del training» mugola Taehyung, e Jimin sobbalza di nuovo, perché proprio non capisce se l’amico sia sveglio oppure stia parlando nel sonno.
«Ragazzi, finiamola con questa storia. Non vorrete mica ordinare una pizza alle undici e mezza di sera?»
Ed eccola, la goccia che il leader getta inconsapevolmente nel vaso, facendolo traballare.
Namjoon scruta i suoi compagni, sperando che non stiano davvero pensando di uscire clandestinamente a cercare una pizzeria nei dintorni a quell’ora della notte.
«Ma siete fuori o cosa? Il coprifuoco è passato da un pezzo, se ci beccano a gironzolare passiamo guai seri. E poi abbiamo ricevuto direttive specifiche sul cibo, lo sapete che-».
«Ah, al diavolo, voglio una pizza».
Le iridi di Namjoon si posano su Seokjin come se avesse appena annunciato la fine del mondo. Non poteva esser stato davvero lui a parlare, non Seokjin. O meglio, forse il suo io più recondito poteva averlo pensato, ma esternare una confessione del genere davanti agli altri membri?
«A-anche tu hyung? Ma prima hai detto-» È tutto ciò che Namjoon riesce ad aggiungere. E non pensi alle conseguenze? Alla dieta? All’orario immondo? A-
«Non ho mica intenzione di uscire, fossi matto» rettifica Seokjin, recuperando il suo cellulare. In quel momento, i volti assonnati di tutti i membri osservano il più grande, pendendo dalle sue labbra.
Jungkook ha smesso di stringere le proprie ginocchia, perché ora è il suo stomaco che reclama un po’ di conforto; pensava di averlo rifocillato a dovere, invece al solo pensiero di una bella pizza piena zeppa di sugo e mozzarella filante, quello aveva iniziato a brontolare fin troppo rumorosamente.
«Hai fame, eh?» lo stuzzica Taehyung, sporgendosi un poco oltre Jimin, che gli scompiglia velocemente i capelli.
Jungkook alza le spalle, vorrebbe negare, ma niente, quel traditore del suo stomaco non vuole smetterla di lamentarsi. Tutta colpa di Taehyung, di Jimin, e della pizza.
«Sto morendo» sussurra allora, in modo che solo loro due possano sentire.
Quasi a voler porre fine alla tortura, Jin si alza in piedi con uno scatto, gli occhi fissi sul piccolo display dello smartphone.
«Conosco una pizzeria aperta tutta la notte che fa anche pizze giganti. Ci arriverà tiepida perché non è proprio dietro l’angolo, ma dovremmo accontentarci. Prendere o lasciare».
Taehyung si solleva all’improvviso e getta le proprie braccia attorno a quelle di Jin, stringendolo affettuosamente. «Grazie, hyung» dice cantilenando, nemmeno avesse appena ricevuto la notizia dell’imminente debutto.
«Prendere, prendere» rincara Hoseok, ma nel frattempo guarda anche Namjoon, alla ricerca della conferma definitiva. Dopotutto è al leader che devono imparare ad affidarsi.
Al sospiro sconsolato di Namjoon, accompagnato da un nervoso massaggio alle tempie, segue un incerto segno di assenso con la testa, che dà il via libera allo scatenarsi improvviso di urla festose. Finalmente anche Yoongi si desta e comprende che qualcosa non quadra; Jin sta rimproverando i compagni per il troppo baccano e li sta pregando di parlare uno alla volta, minacciando di prendere una Margherita per tutti senza ascoltare le loro preferenze.
«Namjoon, perché stanno facendo casino?» Nemmeno si premura di chiedere ai diretti interessati, Yoongi preferisce andare subito sul sicuro. Si stiracchia, sbadigliando e accogliendo tutto quel trambusto con una smorfia infastidita.
«Abbiamo deciso di ordinare una pizza» risponde lui pronto, senza troppa enfasi nella voce ma con lo stomaco già in subbuglio.
«Abbiamo? Tu eri d’accordo?»
Sempre a puntualizzare. «Non molto, ma Jin hyung li ha assecondati e poi erano in maggioranza.. ah hyung, non farmi sentire in colpa!»
«Forse dovresti» replica Yoongi, ma non ha molta voglia di discutere, per quella sera. Comunica a Namjoon che se ne andrà a dormire e che, se proprio la devono mangiare, quella benedetta pizza, che gliene lasciassero almeno un pezzo per la mattina dopo. A quelle parole Namjoon è nettamente più sollevato e gli garantisce che farà di tutto per conservare la sua parte.
Il tempo di fare una sosta al bagno, però, che il campanello suona e Yoongi sente un applauso scrosciante accogliere il ragazzo delle pizze. Vede ben quattro cartoni formato gigante e da lì riesce a percepirne distintamente il buon odore. Il sonno però ha la meglio e, seppur con qualche ripensamento, fa il primo passo verso il suo giaciglio.
«Yoongi hyung! Jungkookie ha detto che se non vieni si mangerà pure la tua parte!»
«Ehi! Non è vero!»
Sono le voce di Jimin e Jungkook, occupate in un futile bisticcio, a fermare la sua poco convinta andatura. Chiude gli occhi, immagazzina la notizia ed è di nuovo pronto a proseguire. O almeno così pensa.
«Guarda che la Diavola è quasi finita, hyung. Meglio che ti sbrighi». Questo è Hoseok che dà man forte a Jimin.
«Anche quella con le patatine fritte e la salsiccia». Pure Seokjin, ci mancava.
Lascia andare le braccia lungo i fianchi, sconfitto, e raggiunge gli altri in soggiorno.
«Siete insopportabili» è il saluto con il quale si fa strada tra i compagni, ma intanto si lascia sbatacchiare le spalle da Jimin e abbozza un sorriso trionfante quando riesce ad appropriarsi di quell’enorme trancio di Diavola, l’ultimo, vincendo Namjoon in velocità.
 
 























___________

Che vi devo dire? È uno sclero, lo so. Si vede che avevo fame! XD
Un abbraccio stritoloso a tutti voi che mi seguite. Siete più numerosi di quanto immaginassi: grazie di cuore! <3

PS. Min Yoongi, potresti gentilmente finirla di monopolizzare i capitoli? (I WILL SUE YOU! Cit.) Grazie♥


 
Vavi

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Capitolo 9
*** IX.Emozioni ***


IX. Emozioni










Nessuna emozione.

Jungkook osserva Hoseok con la coda dell’occhio, mentre recupera la tracolla con i suoi effetti personali, malamente abbandonata su un piccolo tavolino all’angolo della sala prove. Gli altri sono tornati in dormitorio da un pezzo, a parte Jimin, che è andato a rinfrescarsi con l’intento di volersi fermare almeno un’altra ora, giusto il tempo di prepararsi a dovere per l’esame di danza che avranno tra pochi giorni. Da qualche mese a quella parte, le prove individuali sono notevolmente diminuite, eppure alcuni insegnanti insistono sul voler colmare ancora eventuali lacune, perché poi sarà più difficile farlo quando dovranno lavorare in gruppo.

Jungkook ha imparato i passi della coreografia che gli è stata assegnata in mezza giornata e il ha perfezionati con tre pomeriggi di allenamento. Il coreografo ha continuato ad osservarlo senza intervenire, perché in effetti sulla precisione e la scioltezza di Jungkook non c’era proprio nulla da dire, ma una sera aveva deciso che, prima dell’esame, lo avrebbe messo in guardia su quell’unico punto dolente che intaccava la professionalità del maknae. Forse, in quel momento, l’uomo non aveva pensato alle conseguenze che la sua affermazione avrebbe avuto su Jungkook, poiché in effetti, seppur inconsapevolmente, non era solo la sua danza che stava giudicando.

Nessuna. Emozione.

Il più piccolo del gruppo aveva riflettuto giorno e notte, una sera ricorda addirittura di averla passata in bianco, con gli occhi spalancati rivolti al soffitto, a ripassare mentalmente la coreografia, analizzandone i movimenti, tentando di percepire il loro legame con la musica, ma quando era tornato in sala prove il risultato era stato il medesimo. Si guardava allo specchio, addrizzava le ginocchia, rilassava le spalle, i passi in fondo erano quelli e non c’era poi molto da migliorare ancora.

Forse sono io il problema. Un pensiero che lo aveva portato ad incupirsi e a chiudersi di più in sé stesso, rafforzando implicitamente quella sua indole già poco incline a mostrarsi in modo semplice e spontaneo.

Osserva Hoseok e a volte pensa che vorrebbe essere come lui, non avere quel dannatissimo freno che gli impedisce di fare un passo verso gli altri, di ballare donando alla musica corpo e anima. Eppure Jungkook ci si impegna, per riuscire al meglio, fino a farsi scoppiare le tempie per la troppa concentrazione, ma nonostante questo, ancora non è abbastanza.

«Jungkookie, c’è qualche problema?»

È rimasto troppo tempo imbambolato con la tracolla in mano e non si è nemmeno accorto che anche Hoseok ha smesso di ballare da un pezzo.
Normalmente, Jungkook farebbe cenno di no con la testa, abbozzerebbe un timido sorriso, ringraziando il suo hyung per averglielo chiesto, e se ne andrebbe senza aggiungere altro. Però Hoseok è una persona della quale ci si può fidare e di danza ne sa molto più di lui. Lo sforzo che deve fare per riuscirci è immane, ma deve almeno provare a togliersi quel dubbio.
«Hyung, cos’ha il mio modo di ballare che non va?»
Risponde con un’altra domanda, e non è nemmeno quella giusta, perché Jungkook conosce già la risposta. Non sa di preciso cosa vuole sentirsi dire dal più grande, ma ha capito che deve provare a condividere quel dilemma con qualcuno. Anche se non ha mai messo in discussione l’opinione del coreografo, forse dentro di sé spera che ci sia un minuscolo margine d’errore in quel giudizio, ed ha davvero bisogno di un altro punto di vista; d’altronde Hoseok non è il tipo da mentirgli solo perché tiene a lui.
Il più grande lo guarda, un po’ in apprensione. Non è da Jungkook fare domande così dirette, né mostrarsi troppo preoccupato davanti ai suoi hyungs.
«Perché dovrebbe avere qualcosa che non-»
«Hyung».
Hoseok fa quasi fatica a credere che Jungkook lo stia guardando in modo così insistente e pensa che probabilmente non l’ha mai visto in quello stato prima d’ora. Immagina che qualsiasi risposta darà al più piccolo, questa potrà avere un peso non indifferente, perciò pondera bene le parole, prima di aprir bocca.
«Jungkook, ognuno di noi ha ancora molto da migliorare… qualsiasi cosa ti sia stata detta, c’è sempre una soluzione a tutto».
«Non ne sono più così sicuro, hyung».
Sentirlo così scoraggiato fa star male anche Hoseok, sebbene non sia ancora riuscito ad inquadrare del tutto il problema. Con Jungkook non è mai facile parlare apertamente. Lo osserva abbassare il capo per poi sollevare lo sguardo un attimo dopo e aspetta che sia lui a parlare, perché attraverso quelle iridi incerte scorge una richiesta d’aiuto più chiara di quanto lo stesso maknae possa immaginare.
«Ti va di parlarne?»
Eccome se vorrebbe parlarne, ma ci sarebbe fin troppo da dire e Jungkook pensa di non essere ancora pronto a mettere in gioco se stesso fino a quel punto. Hoseok allora si lascia scappare un breve sospiro e Jungkook fa lo stesso, perché è ben consapevole di aver interpellato per primo lo hyung e poi essersi tirato indietro in preda alle incertezze. In fondo Hoseok sta imparando a conoscerlo pian piano e Jungkook ha promesso a se stesso che, prima o poi, riuscirà a restituire ai suoi hyungs tutta la pazienza e l’affetto che hanno sempre mostrato nei suoi confronti con il triplo degli interessi.
«In ogni caso, se hai voglia possiamo fermarci qualche ora in più il pomeriggio. Così magari posso darti qualche consiglio, per quanto mi è possibile».
Hoseok accoglie la mancata risposta di Jungkook come un invito a fare lui il primo passo. Gli occhi del più piccolo si spalancano in un chiaro segno di stupore e gratitudine. Se in quel momento dovesse dar retta al suo istinto, probabilmente caccerebbe qualche urlo di gioia. Magari abbraccerebbe anche Hoseok. Invece sorride e annuisce.
«Ti ringrazio, hyung» E scusami se sono così.

«Aish, ma non eravate rimasti per allenarvi?»

Quando c’è Jungkook nei paraggi, pare che Jimin non si impegni più di tanto a moderare il suo Satoori. D’altronde, anche se Jungkook non gliel’ha mai detto, in un certo senso lo fa sentire a casa.
Hoseok sorride, grattandosi la testa. «Stavamo facendo una chiacchierata».
«Ah già, solo con me non parla» mormora Jimin, lanciando un’occhiata fintamente offesa al maknae.
«Ma che dici hyung». La risposta di Jungkook arriva più veloce del solito, perché adesso si sente decisamente più leggero. «È solo che Hoseok hyung è più simpatico».
Il diretto interessato scoppia a ridere indicando Jimin, il quale molla una pacca poco amichevole sulla spalla del maknae dandogli dell’ingrato, per poi afferrare le sue cose, annunciando che ha cambiato idea e che anche loro farebbero meglio ad andare a dormire.

 
 
 
 
 
 
 
 









 





 
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Aehm chiedo scusa, ma dovrete abituarvi a questi repentini cambi d’umore tra un capitolo e un altro. Spero che il tutto non sia sembrato troppo astruso da comprendere, d’altronde io stessa ho una visione della mente di Jungkook abbastanza intricata. O perlomeno, del Jeon Jungkook nel periodo precedente al debutto. La frase detta dal coreografo a Jungkook l’ho letta da qualche parte («Non c’è emozione quando balli», o una cosa del genere) quindi suppongo sia un vero aneddoto.
Ne hanno fatta, di strada! ^^

Voglio spendere due parole per ringraziarvi ancora: siete davvero tanti e io vi ringrazio di cuore per aver deciso di seguirmi e, soprattutto, di lasciarmi il vostro pensiero. Sono sollevata di sapere che questo progetto vi piaccia, perché ci sto davvero mettendo tutta me stessa. Grazie, grazie, grazie! Spero rimarrete con me fino alla fine! ^^
Un bacio e un buon inizio di settimana a tutti,


 
Vavi

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Capitolo 10
*** X.Febbre ***


X. Febbre
 









Taehyung ha l’impressione che le parole del manager continuino inesorabilmente a sfuggirgli, come fossero strane entità fluttuanti in una diversa dimensione-spazio temporale; strizza gli occhi, tende le orecchie, cerca di afferrarle, eppure continua a non capire. Si sente stranamente leggero, confuso, quasi in trance. Quel giorno ha fatto più fatica del solito per seguire le lezioni; ha anche pensato che, forse, avrebbe bisogno di qualche sessione d’allenamento in più, visto che le sue gambe sembravano voler cedere da un momento all’altro.
Arrivati all’ora di cena, però, Taehyung decide finalmente di prendere in mano la situazione. Pur imputando la colpa del malessere ai ritmi disumani che hanno tenuto quella settimana, un’altra idea gli sfiora le sinapsi del cervello, donandogli un inaspettato, seppur breve, momento di lucidità.
«Jimin-sshi, secondo te ho la febbre?»
Il compagno sta adocchiando il cellulare per controllare se ha ricevuto qualche messaggio durante il giorno. Alza lo sguardo verso Taehyung, aggrottando le sopracciglia, poi distende un braccio lungo il tavolo e posa il dorso della mano sulla fronte dell’altro.
«Sei bollente!
» La ritira subito come fosse stato scottato da un fuoco incandescente e scocca a Taehyung un'occhiata di rimprovero. «Non hai sentito che ti stava salendo?! Perché non hai detto niente?»
Taehyung gli rivolge uno sguardo totalmente perso. Comincia a rendersi conto che i deliri della febbre gli stanno spappolando anche l’ultima briciola di sanità mentale che possiede. Medita sul fatto che, in quelle condizioni, sarebbe meglio rimanere zitto, onde evitare di pentirsene una volta guarito.
Jimin abbandona il suo cellulare a terra e un attimo dopo lo ha raggiunto, afferrandolo per le spalle. «Devi metterti a letto, chiedo a Yoongi hyung se abbiamo qualcosa per fartela abbassare».
«Che è successo?» Jungkook ha notato un po’ di trambusto e non ci ha pensato due volte a raggiungere i due hyungs. Anche Namjoon e Seokjin ora li guardano preoccupati, mentre Hoseok è già dietro le spalle del maknae, pronto a dare il suo aiuto.
«Niente Jungkookie, ho solo un po’ freddo».
«Ha la febbre alta» interviene per lui Jimin.
Namjoon indica la cassetta delle medicine riposta sull’armadio all’entrata. «Dovremmo avere un antifebbrile».
Yoongi lo precede, spuntando dal nulla, e porgendo la scatoletta di pastiglie a Jimin.
«Vi serve una mano?» Seokjin osserva il volto arrossato e stravolto di Taehyung ravvivarsi appena, e le sue labbra curvarsi in un piccolo sorriso di gratitudine. Jimin però nega con la testa, conducendo l’amico in camera da letto senza mollare la presa salda sui suoi avambracci. «Grazie hyung, ci penso io».
Gli altri comunque non schiodano dall’ingresso, ancora indecisi se lasciar fare tutto a Jimin; in fondo Taehyung ha la febbre e sarebbe inutile, se non deleterio, accerchiarsi attorno a lui per cercare di aiutarlo.
Namjoon ribadisce che, per qualsiasi cosa, loro sono lì, invitando indirettamente anche gli altri a non intervenire, almeno per il momento, in modo che Taehyung possa riposare. Jungkook però, dopo aver afferrato al volo la scatola di medicine che stava scivolando dalla tasca di Jimin, ne approfitta per seguirli in camera, ignorando bellamente le parole del leader.

«Jimin-sshi, devo chiamare mia nonna».
Taehyung è già sotto le coperte, in preda ai brividi della febbre. Jungkook guarda Jimin piuttosto perplesso e gli passa le pastiglie.
«Che c’entra tua nonna Tae, prendi questa e non fare storie». Il coetaneo deve avvicinargli alla bocca il bicchiere con l’acqua, perchè Taehyung non vuole proprio saperne di ascoltarlo.
«Lei sa come far abbassare la febbre» biascica, riservando a Jimin un’occhiataccia per averlo costretto a ingurgitare quella medicina. «Che mi hai dato Jimin-sshi, non voglio prendere questa roba!» cantilena, spingendolo via e voltandosi dall’altro lato.
«Perché fa così, hyung?» Jungkook è un po’ spaventato da tutta quella situazione, ma ad osservare il volto di Jimin non si direbbe che Taehyung corra un effettivo pericolo.
«Credo stia delirando» butta lì il più grande, posando il bicchiere sul tavolo e gettandosi nel letto accanto.
«Jimin, ti ho detto che devo chiamare mia nonna! Le dirò anche che mi hai dato qualcosa di strano da bere… » continua imperterrito, mangiandosi una sillaba ogni due parole.
«Va bene, come vuoi» lo asseconda l’altro, invitando il più piccolo ad accomodarsi accanto a lui, visto che Jungkook sembra non volerne sapere di tornare dagli altri.
«Magari deve prendere qualcos’altro». Jungkook non ricorda di aver mai avuto un’influenza seria, quindi si sente piuttosto inerme in quel frangente.
Il più grande scuote il capo. «Bisogna solo aspettare che la medicina gli faccia effetto».
Taehyung, nel frattempo, si sta rigirando continuamente tra le coperte, mormorando lamenti sconnessi e non comprensibili ad orecchio umano. Lo sguardo del più piccolo rimane fisso di lui e Jimin pensa che forse sarebbe meglio trovare una scusa per allontanarlo da lì, o comunque farlo sentire utile in qualche modo.
«Quando mio fratello aveva la febbre alta gli preparavamo sempre delle pezze bagnate e gliele mettevamo sulla fronte. Prova a chiedere a Namjoon hyung se abbiamo qualcosa di simile nel dormitorio».
Jungkook annuisce e in un batter d’occhio ha già lasciato la stanza per esaudire la richiesta dello hyung.
Jimin si sdraia, aspetterà che Taehyung si addormenti e, nel caso in cui Jungkook riesca a trovare tutto il necessario, cercherà di rinfrescare la fronte dell’amico per far abbassare la temperatura di qualche linea, dopodiché potrà tornare di là e aiutare gli altri a preparare la cena. Abituato forse alle cure premurose e del tutto naturali della nonna, Taehyung è sempre stato contrario ai medicinali; Jimin ricorda bene quando, nei mesi invernali, si ostinava a voler sopportare mal di gola e raffreddori micidiali solo per non ricorrere alle medicine, e in effetti, con qualche giorno di pazienza e grazie ai rimedi della nonna, quelli passavano così come erano venuti.
«La lezione di danza».
Jimin apre gli occhi, smosso dalle parole dell’amico. «Lezione?»
Taehyung si volta dalla sua parte, ma ha ancora gli occhi chiusi.
«Le lezione di danza, Jimin-sshi!» trascina quel sshi come fosse vittima di un bicchiere d’alcool di troppo. «Domani».
«Domani abbiamo la giornata libera Taehyung, sta tranquillo. Pensa a riposare».
«Devo andare in bagno».
Jimin fa leva sui gomiti e si alza a sedere. «Vuoi che ti accompagni?»
Taehyung si libera delle coperte con un gesto secco, rabbrividendo come fosse stato appena investito da una folata di vento polare. «Lo so dov’è il bagno» replica stizzito, e quando Jimin gli si avvicina comunque per aiutarlo, lui gli fa un gesto con la mano per allontanarlo, avanzando a passo di zombie verso la sua meta. In quel momento Jungkook li ha raggiunti con tutto il necessario e per poco non rischia di finire contro Taehyung mentre sta letteralmente correndo per portare le pezze a Jimin.
«Hyung» dice solo, mentre lo guarda aprire meccanicamente la porta del bagno.
«Non chiuderti a chiave!» esclama Jimin dall’altra stanza, ma un clic metallico segue l’affermazione del più grande e Jungkook comincia a pensare che quello potrebbe essere un problema.
Sono entrambi fermi davanti alla porta, assieme ad Hoseok che li ha raggiunti da poco.
«Ma ha aperto l’acqua? Che sta facendo?»
Jimin riserva al più grande un’espressione afflitta. «Non ne ho idea».
«Questo è il rumore della doccia» afferma Jungkook, decisamente più su di giri rispetto ai suoi due hyungs. Dopotutto Taehyung ha la febbre altissima, già normalmente non è sicuro lasciarlo gironzolare da solo, figuriamoci in una situazione del genere.
«La doccia?! – sbotta Hoseok – Mica si starà davvero facendo-».
Il ticchettio delle gocce d’acqua cessa e tutti e tre rimangono per qualche minuto con il fiato sospeso, finché non sentono uno scatto della serratura alla quale segue la comparsa, sulla soglia, di un Taehyung piuttosto cadaverico, con le labbra completamente viola e i capelli fradici e gocciolanti.
«Che freddo» è l’affermazione con la quale accoglie le espressioni sconcertate dei suoi compagni, lasciando la mascella libera di tremare in modo incontrollato per attutire i brividi.
«Hyung, ma che hai fatto?!» Jungkook è sconvolto, Hoseok si toglie svelto la propria felpa per passarla a Taehyung, che ha indosso solo una maglia a maniche corte, mentre Jimin lo trascina nuovamente in bagno ed afferra il phon, deciso ad asciugargli i capelli.
«Mi sono ricordato cosa diceva mia nonna a proposito della febbre alta. Una doccia fredda e via».
Sta ancora tremando ma un sospiro di sollievo lascia le sue labbra quando sente l’aria calda sul proprio cuoio capelluto.
«C’era davvero bisogno di farlo?- lo rimprovera il coetaneo, il tono più teso del solito – ti ho detto che domani avevamo il giorno libero, ma evidentemente sei anche sordo, oltre che scemo».
«La prossima volta ti leghiamo al letto».
Seokjin fa la sua comparsa sbucando da sopra la testa del più piccolo, sul quale lascia due buffetti confortanti.
Taehyung risponde con un sorriso colpevole. Si sente gelare, ma ha anche l’impressione di aver recuperato un po’ di buon senso. Forse la febbre ha davvero iniziato a scendere.
«Scusate» mormora, ma quel bisbiglio si perde nel rumore sordo del phon, perciò decide di abbassare il capo e rimanere zitto fin quando Jimin non avrà finito.
«Questa cosa rimarrà tra noi» si premura di specificare Namjoon, che di certo non vuole assistere ad un confronto poco amichevole tra Taehyung e il manager. «Ma la prossima volta che ti prendono i cinque minuti di follia, per favore, prima consultati con noi».
«Stava delirando, hyung».
Jungkook sente il bisogno di difenderlo, anche se capisce che il gesto di Taehyung è stato sconsiderato, visto che poteva rischiare di peggiorare le sue condizioni, andando inevitabilmente ad inficiare sui programmi della settimana successiva. Namjoon si concede qualche secondo per analizzare l’affermazione di Jungkook, dato che al più piccolo capita raramente di esporsi così tanto per difendere un suo compagno. Jimin interviene prima che il leader possa pensare alla cosa giusta da dire.
«Io non ne sarei così sicuro». Spegne il phon e risponde allo sguardo affettuoso di Taehyung con un lieve sbuffo ancora arrabbiato. «Sei un disastro, Tae».
«Aish, ho capito, me ne torno a letto».
«E guai a te se ti alzi per le prossime dodici ore» lo rimbecca Seokjin, ancora incredulo.
Taehyung congiunge le mani e fa un breve inchino con il capo, promettendo che da quel momento in poi non farà più nulla di avventato. Si slaccia la zip della felpa con l’intento di restituirla al proprietario, ma Hoseok gli sorride e gli dice di tenerla, tanto lui non ne ha bisogno.
Jungkook segue il più grande in camera assieme a Jimin, giusto per accertarsi che Taehyung stia effettivamente bene dopo la doccia gelata che ha appena fatto.
«Jungkook-sshi vai di là, servirà aiuto per la cena» sussurra Taehyung, sorridendogli e cercando di rassicurarlo sulle sue condizioni. «Come vedi Jimin-sshi è un ottimo baby sitter».
«Già, mi aspetto un compenso alla fine del mese» replica l’altro, incrociando le braccia.
Taehyung gli si avvicina e cerca di abbracciarlo. «La mia amicizia è il compenso».
Jimin però si scansa. «Non te la caverai con così poco, Taehyung» lo rimbecca, approfittando di quella vicinanza per afferrarlo e rimetterlo a letto.
Jungkook li guarda, è ancora un po’ perplesso sulle dinamiche dell’assurdo episodio al quale ha appena assistito e non è nemmeno sicuro che Taehyung abbia smesso di delirare, però i borbottii dei suoi due hyungs, intervallati da qualche risata mal trattenuta, lo convincono che forse può davvero andare a preparare la cena con gli altri senza rischiare di prendersi un altro infarto.
 
 













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Buona sera a tutti! ^^
Per chi ha seguito la mia raccolta “Begin”, il prompt febbre non è nuovo… stavolta però ho deciso di coinvolgere Taehyung, quindi spero che non vi sia sembrato banale o ripetitivo. Ho scelto Jimin come sua balia vista la lunga amicizia che li lega anche da prima del debutto; ho pensato che, forse, potesse essere quello con il quale Taehyung si sarebbe sentito più a suo agio.
Jungkook deve ancora riprendersi, abbiate pietà di lui XD

Mi dileguo agurandovi buon week end e ringraziandovi di cuore per aver letto♥

Un bacione,


Vavi

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Capitolo 11
*** XI.Distruzione ***


XI. Distruzione










«Hyung
«No. Non me lo dire».
Yoongi blocca subito l’imminente confessione che Namjoon è sul punto di fargli, tanto conosce già il resto della frase; ormai sta diventando una triste e ripetitiva routine dalla quale non sembra esserci via d’uscita. Le scuse e lo sguardo afflitto su Yoongi attaccano poco; non che gli interessi più di tanto una maniglia svitata o un tavolo traballante, se non fosse che, puntualmente, gli tocca metter mano a ciò che resta del distruttivo passaggio del leader.
Namjoon rimane qualche secondo zitto, in attesa: si sente veramente in colpa, ma non può farci niente, la delicatezza non fa proprio parte del suo DNA e sfortunatamente non è nemmeno sua attitudine riparare oggetti, perciò puntualmente si rivolge allo hyung, che nonostante l’innata pigrizia sembra esser l’unico, nel gruppo, ad avere abbastanza pazienza per impegnarsi in piccoli lavori manuali.
«Cosa, stavolta?»
Il tono rassegnato di Yoongi aumenta a dismisura la mortificazione del leader.
«Non ho rotto niente, in realtà… cioè, ho solo aperto il cassetto dell’armadio e una parte si è sfilata dai ganci… ho provato a rimetterlo apposto, solo che poi non veniva più fuori, così ho forzato e i pomelli…»
Solleva entrambe le mani, mostrando le due vittime del giorno.
Yoongi alza un sopracciglio, incrociando le braccia. «Quindi li hai rotti».
«Erano avvitati male, hyung, non possono reggere tutto quel peso…. ».
«Namjoon, è il quarto cassetto che sfasci, se non possiamo più utilizzarli dove sistemeremo i vestiti? Non c’è spazio nell’armadio. L’altro ieri ho messo una maglietta di Jungkook credendo fosse mia, visto che era tra le mie cose… invece pare che Jungkook l’abbia spostata perché Taehyung ha occupato il suo spazio, Taehyung sostiene che è stato Jimin a non rispettare la divisione dei vestiari, Jimin ha detto che ha più pantaloni tuoi che suoi, nel suo scompartimento… comprendi la situazione?».
«Io ho un po’ di spazio libero, dalla mia parte». Hoseok compare alle spalle di Namjoon e si inserisce nella conversazione, poggiando una mano sulla spalla del leader. «Anche senza cassetti, in qualche modo possiamo organizzarci».
«Questo è perche Jungkook lascia la maggior parte dei suoi vestiti sul letto». Jimin è di passaggio, ma ha sentito l’argomento e vuole dire la sua. «Se solo sistemasse la sua roba, neanche il tuo comparto basterebbe per contenere tutto, Hoseok hyung».
Yoongi, nel frattempo, ha tolto i pomelli dalle mani di Namjoon ed ha tutta l’intenzione di provare ad aggiustarli, ma l’intervento di Seokjin gli impedisce di proseguire, bloccandolo tra il corridoio e la cucina assieme agli altri.
«Quando Jungkook esce dal bagno ditegli che, se non mette in ordine la sua roba, stasera non mangia».
Il più grande è rientrato da qualche minuto e sta sistemando alcuni viveri comprati ad un discount nei pressi del dormitorio, assieme a Taehyung – che portarselo dietro sarebbe stata una pessima scelta, lo aveva capito solo una volta giunti sul posto, quando arrivare alle casse incolume e con il carrello ancora intatto, possibilmente pieno di alimenti salutari e non di cibo spazzatura, aveva richiesto decisamente più tempo del previsto.
Proprio mentre sono nel vivo del discorso, però, i battibecchi vengono interrotti da un tonfo spaventoso proveniente proprio dall’angolo alla fine del breve corridoio che unisce l’ingresso alle loro camere. Troppo occupati a dire la propria, nessuno si era accorto che, nel frattempo, Jungkook aveva fatto tesoro delle parole di Seokjin, udite dal bagno poiché volutamente pronunciate dal più grande a voce alta, e si era messo di buona lena a sistemare le sue cose. A giudicare dallo sguardo allibito che si è dipinto sul suo volto, però, si direbbe che qualcosa sia andato storto.
«Aehm-». Ha i gomiti alzati all’altezza delle spalle e le braccia stese verso l’alto come simbolo di totale innocenza. Gli altri lo guardano con lo stesso luccichio di terrore negli occhi. «Volevo mettere una stampella sull’appendiabiti, ma appena l’ho poggiata è… crollato tutto».
Jungkook ha la “brutta” abitudine di non saper dire bugie: ci prova, ogni tanto, ma è talmente prevedibile che i suoi hyungs riescono a smascherarlo in un battito di ciglia. Quindi, anche se in quella situazione sembra quasi logico pensare che gli indumenti di Jungkook siano stati troppi per poter essere messi tutti su un unico attaccapanni, la mente di Namjoon comincia a vagare altrove: Jungkook è un disordinato cronico, ma non è sbadato e nemmeno maldestro come lui, perciò nel momento esatto in cui Yoongi si avvicina al maknae per accertarsi del disastro, Namjoon realizza. Un piccolo, minuscolo e all’apparenza insignificante rumore metallico riecheggia nelle sue orecchie in modo nitido, com’era successo due giorni prima, quando aveva attaccato due stampelle nell’armadio con la sua solita delicatezza; lì per lì, però, non gli aveva dato alcuna importanza, adesso invece gli pare di aver appena trovato la chiave di tutto. Chiude entrambi gli occhi, poi ne riapre uno, lentamente: vorrebbe dire qualcosa, e sa che dovrebbe, eppure dentro di sé spera di farla franca, almeno una volta. Non vuole che la colpa ricada su Jungkook, però potrebbe sempre convincere i suoi compagni che la proporzione quantità/peso non era affatto bilanciata, in rapporto alle dimensione e allo spessore dell’asta appendiabiti, quindi, in un certo senso, sono un po’ tutti responsabili del guaio. Già, potrebbe.
«Temo di aver fatto partire una vite, l’altro ieri».
Probabilmente ha parlato coprendo la voce di qualcuno, perché ci vuole un po’ prima che Hoseok e Yoongi si zittiscano. Jungkook lo guarda come se lo avesse appena scagionato dalla pena di morte.
«Cos’è che hai fatto partire?»
Seokjin, invece, lo guarda come se la prossima a doversi fare un bel viaggio fosse proprio la testa di Namjoon.
Invece di rispondere, il leader si china sulla montagna di abiti ammassati gli uni sugli altri e inizia rovistare con un braccio sul fondo dell’armadio per trovare la fantomatica arma del delitto. «Sono sicuro che è qui sotto…  pensavo fosse solo qualche cigolio del mobile, ma credo che l’asta abbia ceduto perché gli mancava una vite… eccola!». È quasi soddisfatto nel constatare che la sua teoria si è rivelata esatta, peccato che, pur stando di schiena, riesce a percepire chiaramente le occhiate esasperate dei suoi compagni e in fondo non può certo biasimarli.
«Nessun problema, oggi pomeriggio rimango io a sistemare».
«Ma hyung, poi quando recuperi la lezione? Lo sai che ti farebbero restare fino a tardi».
Jimin è un po’ preoccupato e in realtà preferirebbe vedere il dormitorio in disordine, piuttosto che dover pensare a Namjoon in un litigio con il coreografo.
«Resterò fino alla mattina, non c’è problema. Tra dormire tre ore e non dormire proprio non è che ci sia molta differenza».
«Rimango ad aiutarti».
Se non fosse che è lì di fronte, i ragazzi farebbero fatica a credere che sia stato proprio Jungkook a proferire quelle parole davanti a tutti. Probabilmente una spintarella di Taehyung, accanto a lui, lo ha aiutato ad esternare ciò che normalmente avrebbe tenuto per sé.
«Non ce n’è bisogno» ribatte subito Namjoon, il suo tono è più tranquillo ora. «Ci metterò poco».
«Dovevo ancora sistemare le mie cose, voglio restare».
Con Jungkook inizia tutto come una timida richiesta, ma impiega poco tempo a diventare un’affermazione imperativa. Sinceramente preferisce doversi allenare qualche ora in più, piuttosto che sentirsi in colpa per non aver fatto la sua parte nel dormitorio. Dopotutto riconosce che il suo letto assomiglia molto più ad un ammasso informe di stoffe colorate, piuttosto che a un giaciglio.
«Almeno qualcuno potrà controllare che Namjoon hyung non rompa qualcos’altro» butta lì Hoseok, abbozzando un sorriso e ottenendone uno del leader in risposta.
«Jungkookie, ieri sera non ti sei nemmeno accorto di esserti addormentato sul mio letto… non starai chiedendo un po’ troppo a te stesso?»
Taehyung interviene pochè la pensa come Jimin, ma Namjoon ha capito che Jungkook su alcune questioni è irremovibile, perciò non può far altro che accogliere la sua proposta d’aiuto, valorizzandola.
«In due finiremo ancora prima» risponde precedendolo, e tutti comprendono che quella sarà la loro ultima e definitiva risposta, perché Jungkook annuisce e ricambia con decisione il cinque che Namjoon gli porge.


















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Doveva essere una OS improntata su Namjoon e Yoongi, ma verso la fine Jungkook mi è un po’ sfuggito di mano e come sempre gli altri lo hanno seguito a ruota.
Ringrazio Blue Poison per aver suggerito il prompt! <3
Un bacio e un abbraccio grande, grazie come sempre per aver letto! ^^
So che ultimamente sto aggiornando molto spesso ma vi avverto che vado a periodi XD

Alla prossima,


Vavi

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Capitolo 12
*** XII.Carta igienica ***


XII. Carta igienica









 
Namjoon cerca di non farsi prendere dal panico quando, per la trecentesima volta nell’arco della settimana, al posto di un soffice rotolo di veli bianchi, scorge, appeso alla parete, un insignificante cilindro in cartone duro.
«Ma perché non si ricordano mai di sostituirlo» borbotta tra sé e sé, sbuffando e ricercando, con la mano, un rotolo nuovo nel cassetto di un mobile lì accanto. Se non altro, pensa, mentre rovista e si punge con qualcosa di appuntito, Jin ha avuto la premura di trovare quel piccolo spazio e organizzarlo in modo da avere sempre la riserva a portata di mano. Dopo aver fatto cadere due o tre boccette, intruppato forse una saponetta ancora incartata, e fatto cadere a terra qualcosa di estremamente delicato, però, Namjoon si accorge con orrore che la riserva, in realtà, non c’è più.
«No..» sbuffa di nuovo, sporgendosi un poco, il minimo indispensabile per poter rovistare meglio, ma tutto ciò che ottiene è una cascata di campioncini di profumi che si rovesciano silenziosamente sul tappeto del bagno.
«Ah, Jungkook, che cavolo-». Non può allungare ancora la mano, né alzarsi e rimediare in qualche modo alla confusione che ha appena creato.

«Namjoon-ah, che stai combinando? Jimin ha riordinato ieri, se fai qualche casino rimetti apposto».

Seokjin ha uno straccio per la polvere in mano e gli sta parlando dal buco della serratura. Hoseok passa di là e se ne appropria, continuando ciò che il più grande ha iniziato senza fare troppe domande; se non altro, vivendo tutti assieme, hanno presto imparato a coordinarsi l’un l’altro, dividendosi equamente le faccende da sbrigare. Beh, più o meno, quando Jungkook e Taehyung non decidono di piazzarsi davanti al portatile per sfidarsi a qualche strano videogioco sparatutto.
Namjoon avrebbe volentieri fatto a meno di condividere il suo cruccio con Jin, ma al momento pare essere il suo unico tramite con il mondo esterno.
«È finita la carta» dice solo, il timbro vacilla tra l’afflitto e l’imbarazzato.
Jin rimane un attimo in silenzio, e Namjoon si chiede se abbia deliberatamente deciso di ignorarlo e lasciarlo a marcire lì dentro per il resto dei suoi giorni, quando ode finalmente una replica alla sua affermazione.
«Non ne abbiamo più neanche nell’armadio. Credo siano finiti pure i tovaglioli…» Jin parla lentamente e con cautela, perché man mano che spiega a Namjoon la situazione, si rende conto di quanto in effetti stia avendo dell’assurdo.
«I fazzoletti?» domanda Namjoon, anche se le sue speranze stanno cominciando a svanire.
«Se quando dico che bisogna scendere a fare la spesa mi deste retta…» lo rimprovera a quel punto Jin, sospirando e cercando, nella sua testa, una rapida soluzione al problema. Senza avvertire Namjoon si allontana, raggiungendo i compagni in salotto; la scena che gli si para davanti non lo incoraggia affatto ad iniziare il discorso. Jungkook è seduto a terra, con le gambe incrociate e il portatile in equilibrio sulle ginocchia, mentre Taehyung è dietro di lui, con il mento infossato nella sua spalla, l’indice della mano destra sollevato e gli occhi grandi attenti a seguire i movimenti delle figure sullo schermo. Jimin è seduto al lato opposto assieme ad Hoseok e al suo panno cattura polvere, entrambi guardano il monitor con le labbra socchiuse e lievemente tirate in un sorriso. Yoongi invece, il colpevole di aver scaricato quella mostruosità per tenere “buoni” i più piccoli, dorme beato sul morbido divano e, dato che non sembra reagire nemmeno alle urla forsennate degli altri, Jin immagina che sicuramente non potrà contare su di lui. In fondo, un po’ gli dispiace interrompere quel raro momento di svago - anche se sa che il dormitorio è sottosopra - ma una specie di grugnito proveniente dal bagno, molto somigliante ad un “Hyung, il mio culo sta cambiando forma, sbrigati!”, lo convince definitivamente a chiudere quella faccenda il prima possibile.
«Ragazzi, serve la carta igienica. Visto che non state facendo niente, qualcuno di voi scenda a comprarla prima delle prove del pomeriggio».
In quell’esatto momento tutti alzano il capo per guardare il più grande – Jungkook con qualche secondo di ritardo, giusto il tempo di mettere il gioco in pausa.
«Come è finita? Ma se qualche ora fa era quasi pieno il rotolo!» Jimin ricorda benissimo di averlo visto al suo posto, immacolato, quando è entrato per lavarsi le mani prima del pranzo.
«Anche la settimana scorsa è successa la stessa cosa» commenta Taehyung, guardando il coetaneo.
«Ci sono i fazzoletti, Jin hyung». Jungkook alza le spalle, impaziente di tornare al suo turno di gioco.
Seokjin incrocia le braccia. «No che non ci sono. Avete finito pure quelli».
«Taehyung, non sei stato male con la pancia due giorni fa?» Hoseok ottiene l’attenzione del diretto interessato, che lo fissa in modo piuttosto stralunato.
«Sì ma si è trattato di un pomeriggio, non ho mica consumato un intero rotolo».
«Jungkookie, ti è tornata la rinite?» Jimin guarda il più piccolo, che gli risponde scuotendo il capo.
«No, sto bene».
«Ma allora chi-»
«Oh avanti, non venite a raccontarmi che la utilizzate per fare la cartapesta, per favore. Qua siamo tutti adulti e vaccinati». Beh, più o meno.
«Cos-!?» Jimin viene preso in contro piede dall’accusa inaspettata di Seokjin.
«Ma che dici, hyung!» Hoseok ridacchia in modo nervoso, anche lui decisamente allibito per un’affermazione così disinibita: il più grande dev’essere proprio su di giri.
«Allora il colpevole è Jungkook» sentenzia convinto Taehyung, che invece non sembra in alcun modo turbato dalle parole di Seokjin. «È lui nell’età dello sviluppo». È talmente soddisfatto dell’assurda logica di ciò che ha detto che Hoseok non può fare a meno di scoppiare a ridere di gusto.
«Cosa c’entra?!» sbotta Jungkook, mollando una pacca sulla spalla del più grande, decisamente imbarazzato e sulla difensiva. Jimin crede che non sia il caso di seguire Hoseok e Taehyung in quel teatrino, visto che il più piccolo è in evidente difficoltà, eppure, proprio quando è sul punto di unirsi a loro – anche perché lo sguardo esasperato di Seokjin non ha prezzo – Jungkook decide inaspettatamente di lanciargli un colpo basso.
«Se la mettiamo così, prendetevela con Jimin hyung, è lui che passa più tempo al bagno».
Jimin crede di esser sbiancato all’improvviso. La dolce innocenza di Jungkook sta diminuendo in modo proporzionale all’aumentare della sua massa muscolare. «Aish! Ti pare questo il modo di rivolgerti a un tuo hyung
«Però è vero!»
Taehyung, ovviamente, rincara l’accusa, e Seokjin pensa che sarà meglio interromperli prima che ciò che ha detto finisca per ritorcersi pure contro di lui. Sta per fermare le proteste di Jimin, quando Yoongi irrompe sulla scena con un enorme sbadiglio annoiato e una delle sue più belle espressioni imbronciate dipinta sul volto stanco. «Io vado a farmi un giro». Yoongi adora dormire, ma un sonno agitato può farlo innervosire più di ogni altra cosa: meglio allontanarsi e cambiare aria. Rimangono tutti a scrutarlo per un po’, guardandolo mentre si alza e va a recuperare le sue scarpe; persino Seokjin mantiene il silenzio, almeno fino a quando Taehyung decide di provare a fare a modo suo.
«Hyung, visto che esci, ti spiacerebbe comprare la carta igienica? Non ne abbiamo più nel dormitorio».
Una richiesta. Semplice, concisa, educata.
A Yoongi. A Yoongi appena alzato, nervoso e con la luna storta.
Jungkook vorrebbe che il display del computer lo risucchiasse in quello stesso istante. Jimin lancia un’occhiataccia al coetaneo e il sorriso sulle labbra di Hoseok sparisce in modo graduale.
Ma è la risposta di Yoongi a fare da ciliegina sulla torta.
«Ah, sempre la stessa storia. D’accordo, ma prendo quella economica al discount» .
Come se all’improvviso tutto si fosse fermato, Yoongi può uscire di casa indisturbato, forse un tantino perplesso da quell'atmosfera improvvisamente tranquilla, ma tutto sommato rincuorato.
Dopotutto, difficilmente qualcuno sospetterà che sia stato proprio lui a finire l'ultimo rotolo, dimenticandosi di avvertire.
 
 
 







 

 
«Namjoon, qualche minuto ancora. È appena sceso Yoongi».

«Sarà meglio per te che esca di qui ancora sulle mie gambe, hyung».

«Lo sai qual è il colmo per uno zoppo

«Dacci un taglio».

 
 
 
 
 










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Se dopo questo capitolo qualcuno deciderà di smettere di leggere la raccolta lo capisco, non vi preoccupate. E’ solo che avevo parlato di un possibile prompt carta igienica in una scorsa risposta ad una recensione e, beh, mi era rimasto il pallino: sappiate solo che, nella mia testa, doveva esserci Namjoon chiuso al bagno con il rotolo finito, il resto è venuto da sé.

Lo so che dall’introduzione vi aspettavate una raccolta seria. Ma io sono un po’ fuori di testa e le mie storie riflettono i miei sbalzi d’umore: quindi questo è quanto! XD

Evaporo prima che qualcuno mi lanci qualcosa…


Grazie♥


 
Vavi

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Capitolo 13
*** XIII.Litigio ***


XIII. Litigio








 

«Non è raggiungibile».
Jungkook schiaccia il tasto per terminare la chiamata e scocca al leader un’occhiata incerta. Non è la prima volta che Taehyung si dimentica di accendere il cellulare, eppure Namjoon si è raccomandato con tutti affinché lo tenessero raggiungibile anche durante l’unico pomeriggio della settimana che avevano libero, non si poteva mai sapere.
«Magari è in un posto dove non prende». L’umore pessimo di Namjoon non migliora affatto lo stato d’animo, già abbastanza turbato, del maknae.
Seokjin intanto sventola il proprio telefono, portando buone notizie. «Jimin ha risposto ora, lui ed Hoseok stanno per arrivare».
I due ragazzi erano usciti a mangiare un boccone in un piccolo locale molto vicino al dormitorio; giusto un’ora di svago per prendere una boccata d’aria fresca senza allontanarsi troppo. La repentina chiamata di Seokjin, però, li aveva costretti ad interrompere il pranzo sul più bello: una telefonata del manager, infatti, aveva avvertito Namjoon che, entro mezz’ora, si sarebbero dovuti far trovare nella sede principale dell’Agenzia per delle prove straordinarie. Era già capitata una situazione simile, ma in quei mesi ancora nessuno si prendeva la libertà di uscire dal dormitorio senza tutti gli altri membri del gruppo.
Taehyung aveva annunciato che sarebbe andato ad incontrare due amici di vecchia data e che, in ogni caso, sarebbe rimasto fuori solo qualche ora, prediligendo le zone limitrofe al dormitorio. Era la prima volta che avanzava una richiesta del genere e, dato che altri membri del gruppo lo avevano già fatto in precedenza, Namjoon non si era opposto in alcun modo. L’unica raccomandazione che gli aveva fatto era stata quella di portare con sé il cellulare. Acceso, possibilmente.
Jungkook attacca di nuovo, è la decima chiamata che fa. Ha già inviato quattro messaggi, ma di Taehyung non ci sono segni di vita e mancano esattamente dieci minuti all’orario concordato con il manager.
Yoongi ha appena indossato i pantaloni della tuta e ha raggiunto gli altri nella sala principale.
«Forse dovremmo andare a cercarlo» butta lì, una volta comprese le poche alternative che hanno a disposizione.
«Non mi ha detto dove è andato» ribatte subito Namjoon, lo sguardo perso sullo schermo del suo telefono, nella speranza che, da un momento all’altro, compaia sul display una busta bianca con mittente Taehyung.
«Ma ha detto che sarebbe rimasto in zona, sempre meglio che sprecare tempo a chiamarlo». Yoongi non si è proposto direttamente per scendere a cercare l’amico, ma almeno la sua considerazione mette davanti agli occhi di Namjoon un’altra possibilità. Certo, girare a vuoto nel quartiere vorrebbe dire perdere altro tempo, ma se non ci sono alternative, forse è il caso di prendere in considerazione l’ipotesi.
In quell’esatto momento rientrano anche Jimin ed Hoseok, un po’ trafelati dalla corsa appena fatta ma pronti a buttarsi subito in carreggiata.
«Due minuti, hyung» dice Jimin a Namjoon, fuggendo in camera a cambiarsi assieme ad Hoseok.
«Non riusciamo a contattare Taehyung» è la risposta esasperata del leader, che fa bloccare entrambi i compagni sul posto.
«Che vuol dire che non-»
«Ha il cellulare spento, Jimin hyung – interviene Jungkook -  Lo sto chiamando da mezz’ora».
Jimin impiega un attimo a recepire la gravità della situazione. «Vado a cercarlo» replica, facendo dietrofront.
Namjoon si avvicina a loro, assieme a Seokjin. «Mancano due minuti all’appuntamento, non ce la faremo mai ad arrivare in tempo».
«Magari è qua sotto o nelle vicinanze, vale la pena tentare» commenta Hoseok, tirandosi su le maniche della felpa che solitamente usa per le lezioni di ballo. «Jimin, ti accompagno».
«Vengo anch’io».
«Tu continua a chiamarlo» prorompe Namjoon, bloccando le intenzioni di Jungkook sul nascere. «Potrebbe tornare raggiungibile da un momento all’altro».
Jungkook torna a guardare il proprio cellulare; a dire la verità è un po’ stufo di starsene con le mani in mano. Probabilmente, se Taehyung non ha risposto fino a quel momento, il cellulare sarà di sicuro spento, il che ha istillato in lui una preoccupazione non indifferente. Decide però di non ribattere, visto che Namjoon sembra già abbastanza su di giri: annuisce e torna a sedersi sul divanetto del salotto, adocchiando Jimin ed Hoseok che escono dalla porta come due razzi.
«Namjoon, avverti il manager che abbiamo avuto un imprevisto e faremo tardi» commenta Seokjin, gettandosi accanto al maknae.

Ma quel ritardo, ben presto, si era trasformato in un dover annullare del tutto le prove, con grande disappunto del manager: Jimin ed Hoseok avevano setacciato tutti i locali delle vicinanze senza riuscire a trovare Taehyung. Il cellulare del ragazzo, come immaginato da Jungkook, era rimasto per tutto il tempo irraggiungibile. Namjoon aveva pensato di raggiungere l’Agenzia anche senza di lui, ma lo stato d’animo dei suoi compagni e, in fondo, anche il suo, non era di certo quello giusto per poter affrontare delle prove impegnative, visto che un membro del gruppo risultava momentaneamente disperso. In fondo, Taehyung aveva detto che sarebbe rimasto fuori due ore, perciò, in teoria, essendo passata appena un’ora e mezza da quando era uscito dal dormitorio, forse non sarebbe servito a nulla allarmarsi inutilmente. Intanto, però, le prove erano state rimandate e nessuno riusciva a capire dove poter esser andato Taehyung.
Qualche minuto dopo il rientro di Jimin ed Hoseok, Namjoon discute con gli altri l’eventualità di aspettarlo ancora un po’ e solo dopo, nel caso, chiamare qualcuno dello staff per aiutarli a rintracciarlo. Jungkook osserva Seokjin discutere con Namjoon e ringrazia che almeno lui, in quel frangente, riesca a mantenere la calma. Jimin, nel frattempo, sta pensando di strozzare il suo amico, non appena lo vedrà metter piede al dormitorio, ma Hoseok sembra volerlo tranquillizzare, sostenendo che in fondo ci sarebbero stati molti altri luoghi che avrebbero potuto perlustrare nel quartiere.
Proprio quando Yoongi ha gettato un’ultima occhiata all’orologio, la porta del dormitorio si spalanca, lasciando entrare un Taehyung dall’aria piuttosto tranquilla; ma la spensieratezza del ragazzo impiega un nanosecondo a scomparire, non appena incrocia lo sguardo omicida di Jimin e quelli misti di preoccupazione e irritazione degli altri suoi compagni.
Non appena lo vede entrare, Yoongi tira un lungo sospiro e scuote la testa, preferendo andare a rintanarsi di nuovo in camera da letto, con le sue amate cuffie: una ramanzina in meno non cambierà nulla, dopotutto.
«Taehyung-ah, si può sapere che cavolo di fine avevi fatto?» Il tono di voce di Seokjin è fermo, non urla, né sussurra, ma Taehyung percepisce chiaramente che qualcosa non va.
«Ero.. ». Fa un passo in direzione dei suoi compagni, poi due, posa la sua tracolla – anzi, la lancia – sulla moquette ai piedi del divano e apre di nuovo la bocca, ma per qualche motivo non riesce a continuare.
«Perché hai il cellulare spento?» Stavolta è stato Jungkook a parlare.
Taehyung sposta lo sguardo su di lui «Io-».
«Ti abbiamo chiamato tutto il pomeriggio».
Taehyung si siede accanto a loro. L’atmosfera è talmente tesa che può sentirla quasi bruciargli la pelle.
«Credo… credo sia scarico».
«Credi?» Jimin lo trafigge con una sola, retorica domanda.
«È scarico» ribatte Taehyung, prendendo il cellulare in mano e tentando di accenderlo, invano.
«Il manager ci ha chiamato per delle prove straordinarie, ma abbiamo dovuto annullare tutto».
Prima che Taehyung possa replicare, Namjoon continua. «Ti ho chiesto di portare dietro il telefono per un motivo, ma se lo tieni spento è inutile che tu lo faccia».
«Hyung, non mi sono accorto che era scarico».
«Potevi farci attenzione, prima di uscire». Jimin ha la fronte corrucciata e il tono sostenuto. Sa che Taehyung è sbadato e sfuggevole per natura, ma quando in gioco ci sono questioni inerenti il lavoro, non è disposto in alcun modo a passarci sopra.
«Mi dispiace, non possiamo farle ora? Parlerò io con il coreografo».
«Ormai le abbiamo annullate, è inutile richiamare. La prossima volta ci penserai». Seokjin non sembra voler far durare a lungo la discussione: è raro che tra loro si generino litigi, perciò, non appena succede, basta anche uno sguardo o una semplice frase detta del modo giusto a fare la differenza.
Taehyung non si pente di essere uscito, dopotutto era stata un’unica richiesta nell’arco di parecchi mesi, ma non può davvero credere di aver combinato un guaio simile con appena due ore di assenza.
«Si può sapere dove stavi? Io e Hoseok hyung ti abbiamo cercato ovunque».
Il più grande del gruppo si è alzato e anche Namjoon ha fatto lo stesso, rimanendo comunque nei paraggi.
«Sono andato al parco giochi qui vicino. Un mio amico aveva portato anche suo fratello minore, siamo stati un po’ con lui. Jimin, non avevo idea che mi steste cercando».
«Voglio ben sperare» commenta Hoseok, un po’ ironicamente.
«Namjoon hyung ha discusso con il manager per coprirti, hyung. Dovresti parlargli».
Jungkook non lo sta guardando negli occhi, mentre si rivolge a lui. Taehyung allora si limita ad annuire e, ignorando le occhiatacce di Jimin, va subito a scusarsi con Namjoon e con Seokjin, i quali sembrano borbottare qualcosa in merito al fatto che dovrebbe pensare un po’ di più alle conseguenze che le sue azioni potrebbero avere sul resto del gruppo.
La cena trascorre sostanzialmente in silenzio. Jimin ha smesso di guardare Taehyung, mentre Jungkook alza raramente gli occhi dal piatto, e lo fa solo quando Taehyung ha i suoi fissi sulla pietanza. Yoongi ha deciso di non dirgli nulla in merito a ciò che è successo; gli chiede solo se può passargli la brocca con l’acqua e poi torna anche lui al suo pasto. Namjoon ha parlato brevemente del programma della settimana seguente, rispondendo a qualche domanda di Hoseok. Seokjin si è limitato ad annuire ogni tanto.
Le luci, quella sera, si spengono prima del solito al dormitorio. Tra i letti si intravede qualche fonte luminosa appartenente a computer, cellulari o Ipod. Taehyung è disteso nel suo letto, non molto distante da quello di Jungkook, accostato alla parete. Qualcuno dorme già e chi è ancora sveglio ha le cuffie nelle orecchie ma, stranamente, non è il caso del maknae.
«Jungkookie».
Taehyung si sporge un poco fuori dal materasso e chiama il più piccolo sussurrando appena.
Il corpo di Jungkook è immobile, voltato dalla parte opposta, eppure il suo respiro sembra ancora troppo veloce per appartenere ad una persona addormentata.
«Mi spiace di non aver risposto alle tue chiamate».
Non c’è apparentemente nessuna reazione da parte dell’altro, così Taehyung decide di continuare.
«Ti sei preoccupato, vero?»
Passa qualche secondo, forse un minuto, e un lieve fruscio proveniente dal letto di Jungkook fa spalancare le palpebre al più grande, che ormai sembrava aver perso ogni speranza.
«Non farlo più» è l’unica frase pronunciata dal maknae. Taehyung ne riesce a scorgere vagamente il profilo, anche nella  penombra della stanza. Sorride tra sé, sospirando silenziosamente, dopodiché aspetta che Jungkook si addormenti per alzarsi in punta di piedi e poggiare gli avambracci sul letto sopra di lui.
«Jimin-sshi…».
«Sto dormendo».
«Lo vedo».
Anche Jimin gli dà le spalle, ma Taehyung non demorde. «Cosa devo fare secondo te?»
La risposta di Jimin tarda un po’ ad arrivare. Probabilmente non si aspettava di ricevere una richiesta d’aiuto così diretta.
«Andare a dormire» biascica alla fine, deciso che per quella sera non gliela farà passare liscia. Si volta un poco e gli pianta una mano in faccia, cercando di allontanarlo dal proprio materasso.
«Jimin, dico sul serio». Taehyung afferra in modo deciso la mano dell’amico, togliendosela dal volto.
Un altro breve attimo di silenzio in cui Jimin, finalmente, apre gli occhi e ricambia il suo sguardo. «Ne parliamo domani, ok?»
«Adesso».
«Tae, non farmi incazzare più di quanto già non sia».
«Per favore».
«Aish, è tardi!» Si lamenta Jimin, affondando la testa nel cuscino. «Domani parla con il manager, dopo le prove. E gioca di meno a quel dannato cellulare, visto che ce l’hai sempre scarico».
«Secondo te Namjoon hyung è arrabbiato con me?»
Jimin si lascia scappare uno sbuffo esasperato. «Ne avrebbe tutte le ragioni».
«Mi dispiace molto».
«Sì, questo l’ho capito».
Taehyung non è tipo da scusarsi in continuazione, se non sente davvero di aver sbagliato. Decide comunque che, per il momento, lascerà in pace Jimin e tornerà al proprio giaciglio, cercando come può di prendere sonno.
 
 
Jungkook, la mattina seguente, si alza di soprassalto, ancor prima che la sveglia suoni. Non ricorda di aver fatto un brutto sogno, eppure ha come uno strano presentimento, che si palesa non appena le sue iridi ancora assonnate cadono sul letto di Taehyung… vuoto.
Si alza a sedere di scatto e comincia seriamente ad entrare nel panico, ma prima di svegliare tutti, fortunatamente, decide di accendere il cellulare. Il suo cuore fa un balzo quando riceve una notifica su KakaoTalk.

Ho parlato con il coreografo, è tutto ok. Sono in sala prove, vi aspetto! :)

Jungkook si lascia cadere a peso morto sul materasso, chiudendo gli occhi. Poi però realizza di aver visto qualcosa di strano e controlla di nuovo l’orario in cui Taehyung ha inviato il messaggio: le quattro di mattina. Taehyung è in sala prove dalle quattro di mattina.
Vorrebbe scrivergli che è un pazzo ma ha ancora troppo sonno e forse deve ancora sbollire la tensione del giorno prima. Di sicuro, ora, quei pochi minuti che riposerà prima del suono della sveglia, saranno decisamente più tranquilli di tutta l’intera nottata.
 

 















 






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Olè! Buona sera, eccomi di nuovo qui.
Il prompt scaturisce dalla proposta di Blue Poison, che ringrazio nuovamente per avermi dato la giusta ispirazione. Questo è – in linea di massima – ciò che io immagino se penso alla parola “litigio” e “Bangtan”. Mi è difficile pensare a qualcosa di più estremo, sinceramente.
Mi spiace di aver preso di nuovo Taehyung come “colpevole” e “vittima”, ma il ricordo della simpatica gita tra le colline nordiche e le capre che ha fatto, in barba ai compagni che lo aspettavano al ristorante (parlo di Bon Voyage), mi ha convinta a renderlo protagonista. Quella era una vacanza, però, qui invece c’era in gioco qualcosa di più importante. Tae, giuro che non ce l’ho con te! XD
Ringrazio tutti coloro che hanno letto! <3 Questa OS era un pò più lunga, spero non vi abbia annoiati! ^^

Un bacio grande,


Vavi

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Capitolo 14
*** XIV.Segreti ***


XIV. Segreti










Il volto di Jungkook ciondola pericolosamente sulla tazza colma di latte e cereali, il cucchiaio è immerso nel liquido caldo, sorretto appena dalla presa piuttosto incerta di pollice e indice. Nel dormitorio regna un religioso silenzio mattutino; i membri si trascinano lentamente dalla camera da letto al bagno e dal bagno alla cucina. Jimin, nel passare accanto al maknae, gli ruba svelto una cucchiaiata di cereali, stando attento a riporre l’utensile al suo posto, prima di allontanarsi. Nessuno pensa che sarebbe il caso di svegliare Jungkook, prima che affondi il naso nella colazione, perché tutti sono ancora assopiti nei propri pensieri, troppo assonnati per spiccicare anche mezza parola. L’unico che quella mattina sembra più sveglio del solito è Hoseok, stranamente perso nei caratteri luminosi del suo cellulare, con la chat di KakaoTalk aperta e uno sguardo piuttosto giulivo dipinto in volto.
Yoongi fa fatica ad aprire gli occhi, quindi nemmeno ci fa caso; Namjoon è già schizzato a vestirsi e Seokjin sta preparando le sue cose per andare dopo di lui. Taehyung guarda la propria tazza come se, in quel momento, fosse l’oggetto più interessante del mondo, quindi è Jimin ad accorgersi per primo dell’insolito comportamento del suo hyung. In realtà, passandogli accanto, lo sguardo gli è caduto casualmente sullo schermo del cellulare di Hoseok, in cima al quale pareva lampeggiare un nome femminile a lui sconosciuto. Si accomoda proprio accanto al suo hyung, facendo finta di niente e allungando pronto una mano per sorreggere il mento di Jungkook, seduto davanti a lui; in quel momento il maknae si sveglia di soprassalto, stropicciandosi gli occhi con aria svogliata, per poi tornare a mangiare i suoi cereali come se niente fosse successo.
«Hoseok hyung, non fai colazione?»
Jimin decide che è meglio prenderla alla lontana, dopotutto potrebbero non essere affari suoi. Eppure Hoseok sembra talmente assorto a picchiettare le dita sul proprio smartphone, che qualcosa dietro dovrà pur esserci. Anche Jungkook, ripresosi dal trauma dovuto al risveglio inaspettato, sembra scrutare Hoseok di sottecchi, cercando di non attirare troppo l’attenzione. Hoseok non è certo il tipo da utilizzare il cellulare mentre sta mangiando, soprattutto se sono le sei di mattina.
«Ti ha già detto quando verrà a trovarci?» Namjoon raggiunge i ragazzi prendendo posto accanto a Yoongi, il quale si sposta un poco per fargli spazio.
Hoseok alza finalmente il volto, poiché distratto da un buffetto che il leader gli ha lasciato sulla spalla. Inarca appena le sopracciglia, confuso, e incrocia le iridi degli altri, che lo osservano di sfuggita, in attesa di capire meglio la situazione.
Namjoon indica Hoseok con il proprio cucchiaino. «Tua sorella, no?»
«Ah. Non… non stavo parlando con lei». Finalmente si decide a posare il cellulare sul tavolo, ignorando il led bianco che gli comunica l’arrivo di un altro messaggio, per iniziare a consumare il proprio pasto. «Una vecchia compagna di classe. Pare sia venuta a Seoul con i suoi, ma le ho detto che non ce la faccio ad incontrarla».
Namjoon alza un sopracciglio. «Quella compagna di classe?»
Ed ecco che, all’improvviso, le orecchie di tutti si tendono a dismisura per captare quello che, all’apparenza, sembra essere un segreto esclusivo tra i due ragazzi. 
«Quale compagna di classe?»
Jimin si è trattenuto fino a quel momento, ma pare che adesso abbia avuto la giusta occasione per inserirsi nel discorso. Dopotutto la stanno rendendo una questione pubblica, no?
Hoseok guarda Namjoon, indeciso sul da farsi; si concede qualche secondo per rimproverarlo silenziosamente di avergli lanciato una frecciatina a sua insaputa, ma tanto, prima o poi, lo avrebbe detto anche agli altri in ogni caso.
«Una ragazza che ha frequentato per qualche mese».
Quelle parole, però, non sono uscite dalla bocca di Hoseok, il quale, invece, era rimasto in silenzio per due minuti buoni, alla ricerca della frase giusta con cui iniziare a raccontare. Gli altri membri fissano Yoongi con le palpebre spalancate ed Hoeok gli molla uno schiaffo poco convinto sulla gamba, grattandosi la nuca imbarazzato. «Hyung, perché hai-»
«La stavi tirando troppo per le lunghe, ti ho dato una mano» è la risposta lapidaria di Yoongi, che con un gesto gli fa segno di proseguire senza perdersi troppo in dettagli.
«E non è andata?» Taehyung sta sgranocchiando avidamente i biscotti, nemmeno fossero una porzione gigante di pop corn da divorare davanti al proprio film preferito.
Hoseok esita prima di rispondergli, ma già che la bomba è stata lanciata – anzi, già che Yoongi e Namjoon si sono premurati di lanciarla al posto suo – tanto vale andare fino in fondo.
«In realtà è stata una decisione presa di comune accordo. Ci vedevamo troppo poco, avevo a mala pena il tempo per chiamarla durante la giornata». Lo dice ridacchiando un po’, ma si percepisce chiaramente una lieve nota di malinconia in quel tono di voce apparentemente tranquillo. «E a quanto pare sarà sempre peggio, quindi è stato meglio così».
Jungkook ha smesso di mangiare i suoi cereali; guarda Hoseok pensando a qualcosa da potergli dire, ma non gli viene in mente nulla di appropriato, così abbassa di nuovo lo sguardo e aggiunge nella tazza un po’ del latte caldo che Seokjin ha appena portato a tavola.
«Però vi sentite». Jimin rompe il silenzio, guadagnandosi un’occhiata gentile da parte del suo hyung.
«Sì, siamo buoni amici. L’avrei incontrata volentieri, ma a quanto pare adesso non è proprio il caso».
«Anche Jungkook aveva una fidanzata a scuola».
Il maknae sente quella che, fino a un attimo prima, era stata una piacevole bevanda calda, andargli completamente di traverso e bloccargli di netto il respiro. Namjoon si sbriga a mollargli due pacche forti sulla schiena e nel frattempo il clima del dormitorio si è già infervorato. Mentre tossicchia e si schiarisce la gola, Jungkook si chiede perché diavolo Taehyung sia a conoscenza di una cosa del genere, visto che gli sembrava di averlo detto solo a Seokjin. Chissà quale subdole strategie avrà usato per scucirgli quell’informazione.
«Aish, Jungkookie, perché non ci hai mai detto niente?» Jimin, al solito, la prende come un’offesa personale.
«Ero alle elementari» lo liquida il più piccolo, sperando che la questione non sia così interessante da meritare tutti e cinque i minuti che rimangono loro prima di prepararsi e uscire dal dormitorio.
«Ma che carini» commenta Yoongi, sorridendo in modo piuttosto sinistro.
«Dai, dicci almeno come si chiama» rincara Hoseok che, sebbene un po’ dispiaciuto per le sorti di Jungkook, cerca di deviare il discorso dalla propria storia sentimentale priva di lieto fine.
«Non me lo ricordo».
«Bugiardo!» esclama Seokjin. «Hai ancora il suo numero di telefono» butta lì, e Jungkook sta già meditando su come fargliela pagare; a volte Jin sa essere peggio di lui.
«È lei che mi ha scritto» si giustifica, facendo spallucce.
«Cosa ti ha scritto?!» sbotta Jimin, piegato in avanti con entrambi i gomiti sul tavolo.
Jungkook scuote entrambe le mani davanti a sé. «Non lo so hyung, ho cancellato il messaggio senza leggerlo».
«Come?! Perché?!»
Taehyung, intanto, è già piegato in due dal ridere e anche Yoongi sembra mascherare, dietro le dita incrociate, un ghigno piuttosto divertito.
«Non mi interessava» è l’ultima dichiarazione che Jungkook concede ai suoi compagni, sempre con lo sguardo basso e un’aria fintamente assente.
«Aish! Ma sei un insensibile!» si lamenta Jimin, provocando la risata di Hoseok, Seokjin e Namjoon, il quale avvolge un braccio dietro le spalle del maknae.
«Si sta facendo tardi, no?» Jungkook scocca un’occhiata al leader, che annuisce comprensivo, non senza prima aver sghignazzato un altro po’.
«Cambia pure discorso» lo canzona Taehyung, afferrando passivamente le tazze sporche che Seokjin gli ha passato per portarle al lavabo.
Namjoon a quel punto si alza, seguito poco dopo da tutti gli altri. «Avanti muoviamoci, guardate che siamo davvero in ritardo» rincara la dose, salvando appena in tempo un Jungkook piuttosto in difficoltà. Mentre è intento a sistemare la tavola assieme a Yoongi, pero, quest’ultimo si lascia scappare un borbottio che solo lui può sentire.
«Ringrazia che non sia stato tirato in ballo tu, Namjoon» sussurra con un velo di bonaria perfidia nella voce, non immaginando minimamente che dietro di loro ci fosse già un curioso Taehyung intento a far finta di sistemare le posate nella credenza.
 

 










 

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Capitolo 15
*** XV.Famiglia ***


XV. Famiglia







 
 
 
«No Hyunie, non puoi venire al dormitorio».
Jimin si lascia sfuggire un sorriso malinconico, mentre il suo timbro di voce si riduce ad un sussurro. Armeggia velocemente con i fogli che riportano, a caratteri grassetti, gli orari delle prove e delle lezioni di quel giorno. Mentre ascolta in silenzio le parole della persona all’altro capo del telefono, le iridi scorrono attraverso le ore, cercando avidamente uno spazio libero, un piccolo attimo di respiro, fallendo però miseramente.
«Forse alla fine del mese, devo dare ancora quattro esami… No, quello di canto non è andato troppo bene».
Taehyung guarda l’orologio e fa segno a Jimin che ha ancora cinque minuti, poi deve staccare.
«Non posso prometterti qualcosa se poi non riesco a mantenerla, Hyunie».
Quando parla con i suoi familiari, Jimin vorrebbe, più di ogni altra cosa, dedicare loro quei pochi minuti in tutto e per tutto, concedersi completamente, senza altro tipo di distrazione; specialmente se si tratta di suo fratello minore. Eppure, anche trovare del tempo di qualità sta diventando, con l’aumentare delle ore di allenamento, un’impresa sempre più titanica.
Taehyung, in un’altra occasione, si sarebbe avvicinato al coetaneo, appropriandosi del telefono, per poi annunciare che, se Jihyun avesse desiderato vedere il fratello più grande, lui sarebbe stato disposto a cedergli il proprio letto, in barba alle regole del dormitorio e al pericoloso rischio di essere scoperti. Ma Taehyung, in verità, non vuole rubare nemmeno un secondo di quei pochi minuti liberi che Jimin ha deciso di usare per parlare con suo fratello, invece di sfruttarli per farsi una doccia o mangiare un boccone. Se fosse dipeso da lui, anche Taehyung avrebbe di certo chiamato la famiglia, i suoi nonni magari, ma l’ultima volta si era beccato una bella ramanzina per aver saltato il pranzo in cambio di una telefonata, e così aveva promesso che si sarebbe preso più cura di sé stesso, mangiando in modo sano e, soprattutto, a bocca chiusa.
«Devo andare, ci sentiamo presto».
Il tono di Jimin sembra tornato ad un volume normale, si riesce a scorgere anche una nota di sollievo nelle sue parole.
«Presto, presto. Se dico presto, è presto. Ciao Hyunie, fai il bravo».
Chiude la chiamata con un sospiro e incrocia brevemente lo sguardo del compagno, la cui espressione di attesa lo convince a condividere almeno una piccola fetta di ciò che sta pensando.
«
È in gamba – esordisce Jimin, abbozzando un sorriso – se la cava bene anche senza di me».
Taehyung annuisce, finendo il suo pasto improvvisato, per poi gettare le posate in plastica nel cestino apposito.
«Credo che manchi più lui a me e non viceversa».
Jimin ridacchia un poco, forse nemmeno avrebbe voluto dirlo ad alta voce, ma tanto è difficile che Taehyung non riesca a captare cosa gli stia passando per la testa. Lo vede alzare le spalle e fare una smorfia. «Sei il suo idolo» scherza, esagerando un po’, anche se Jimin capisce. Si accontenterebbe di essere un buon esempio e un porto sicuro, per lui; non vuole spingere il fratello a seguire le proprie orme, né costituire necessariamente un modello di vita, gli basta che Jihyun, presto, sappia scegliere la propria strada autonomamente. E beh, difficile negare a sé stesso che gli dispiace di non poter essere lì, quando, tra non molto, succederà.
«Hai chiamato tua sorella?»
«Le ho mandato un messaggio. Mi ha detto di non perdere tempo a-».
«La dovevi chiamare lo stesso» prorompe Jimin, beccandosi uno sbuffo esasperato da parte di Taehyung.
«Jimin, so cosa devo fare» risponde pronto, stando attento a non risultare arrogante. Ammira la dedizione di Jimin alla famiglia, dopotutto anche lui si preoccupa di contattarli ogni volta che può, ma a volte il coetaneo si dimostra un po’ troppo apprensivo.
«Hyung, ho scordato il cellulare in classe!»
Non si è ben capito a quale hyung si sta rivolgendo, ma Jungkook è appena spuntato dalla camera da letto e a giudicare dal colorito della sua faccia sembra piuttosto nel panico. Di solito è restio a condividere i problemi con gli altri, ma a quanto pare si tratta di una questione che richiede il supporto dei compagni più grandi.
«Quale classe?
» Taehyung gli fa cenno di calmarsi e lancia un’occhiata a Jimin, prima di tornare a rivolgere le proprie attenzioni al più piccolo del gruppo.
«Non lo so, quella di danza forse… non riesco a ricordarlo. Volevo chiamare i miei, ma adesso è tardi e fino a domani non posso tornare a prenderlo».
«Perché lo hai portato? Non è la prima volta che ti dico di lasciarlo qua».
Jimin reagisce in modo pacato, o almeno così sembra ogni volta che sta per affrontare questioni spinose; poi è un attimo e sarebbe in grado di spaventare anche il più temerario del gruppo.
«Lo so hyung, è che pensavo di poterlo usare durante la pausa pranzo, ma poi non l’abbiamo fatta e così… ».
«Se l’avessi lasciato qua, a quest’ora avresti già finito la chiamata» lo rimbecca ancora il più grande, incrociando le braccia. In fondo, però, Jungkook è sempre molto attento alle sue cose, e mostra il doppio della cura per quelle degli altri: una svista può capitare a chiunque. Inoltre quegli occhi grandi e sbarrati, che vagano alla ricerca di una risposta confortante, convincono Jimin che fare troppe storie non servirebbe a niente, se non ad ottenere l’effetto contrario.
«Ti accompagno a riprenderlo».
«Magari posso andare solo».
«Da solo non vai da nessuna parte».
Jimin afferra il suo giacchetto e quello di Jungkook dall’appendiabiti all’entrata. «Se non ricordi dove lo hai lasciato, in due faremo prima. Abbiamo cinque minuti».
«Tre» rettifica Taehyung, passando a Jungkook il suo berretto rosso.
«Dov’è che andate?
» Namjoon si premura di inquadrare subito la situazione prima che possa sfuggirgli di mano. Ha sentito un leggero trambusto provenire dalla cucina e ha beccato i due ragazzi sul ciglio della porta, già imbacuccati per affrontare l’aria gelida di inizio Gennaio.
«Torniamo subito, hyung. Jungkookie ha scordato il cellulare in classe».
«Ma non fate in tempo, lo prenderemo domani».
Jimin fa una leggera pressione sulla schiena di Jungkook e lo spinge in avanti, verso l’uscita. Lui, invece, si volta a guardare Namjoon con fare rassicurante. «Voliamo, hyung».
Il leader sta per ribattere che è una follia, anche se le iridi di Jungkook sembrano pregarlo silenziosamente di acconsentire, quando Jimin interviene di nuovo. «Hyung, se facciamo tardi me ne prendo io la responsabilità. Si tratta davvero di due minuti».
A quel punto, però, il più piccolo non e poi così sicuro di voler andare. Dopotutto è solo un cellulare, vale la pena rischiare così tanto solo per poter sentire i suoi quella sera? È vero che gliel’aveva promesso, ma di sicuro avrebbero compreso la situazione.
«Hyung, senti, forse è meglio che-»
Ma Jungkook non fa in tempo a finire la frase che Namjoon ha già acconsentito e Jimin lo sta spingendo sul pianerottolo, intimandogli di correre più veloce che può.
Taehyung si permette di sbirciare la loro andatura dalla finestra, scorgendo un Jimin piuttosto trafelato cercare di tenere il passo del più piccolo. Sarebbe stato molto più facile prestargli uno dei loro telefoni e rimandare il tutto al giorno successivo, ma Jimin deve aver pensato che è importante, per Jungkook, imparare a prendersi le proprie responsabilità. Eppure, Jimin non vuole lasciarlo solo, e Taehyung non crede che riuscirà mai a farlo veramente, perché forse in lui rivede un po’ di Jihyun e, almeno con Jungkook, si è ripromesso di provare ad esserci sempre.
Dopotutto, anche questo significa essere una famiglia.
















 

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Capitolo 16
*** XVI.Pulizie ***


XVI. Pulizie








 
 
«Ma perché dovrei pulire io il water
Jin solleva la schiena per l’ennesima volta, i palmi coperti da due guanti gialli in silicone rivolti verso l’alto, le labbra carnose piegate all’ingiù in un’espressione implorante che Jimin accoglie con un’innocente scrollata di testa. Se continuano con quel ritmo, il bagno non sarà accessibile nemmeno per la data del loro debutto.
«Perché hai perso alla morra cinese, hyung» gli ricorda bonariamente, strofinando con aria stanca sempre la medesima superficie di vetro della doccia, opaca e imbrattata dal calcare.
«Beh, avremmo dovuto decidere secondo un altro criterio» lo rimbecca Seokjin con tono lamentoso, versando in modo svogliato un po’ di candeggina nella tazza. «Fate pulire i bagni al cuoco. Che razza di barbari siete».
Jimin ridacchia sotto voce, sospirando appena: non che a lui vada a genio l’idea di doversi occupare di quell’area del dormitorio, ma le regole non si discutono. Quella settimana, di comune accordo, i giovani trainees avevano deciso che avrebbero assegnato le faccende di casa affidandosi completamente alla sorte: niente più Seokjin ai fornelli, Jungkook alle lavatrici o Hoseok con l’aspirapolvere. Ognuno di loro avrebbe sbrigato il compito che gli toccava senza fiatare e, soprattutto, cercando di fare la propria parte senza gravare sugli altri compagni.
Seokjin, dal canto suo, aveva avuto una mezza crisi di nervi quando Namjoon gli aveva annunciato che Yoongi ed Hoseok avrebbero preso possesso della cucina; d’altronde sarebbe stato decisamente di cattivo esempio, per il più grande del gruppo, trasgredire le regole e lamentarsi per puro capriccio.
«Non voglio essere responsabile se qualcuno di voi muore per avvelenamento – li aveva rimbeccati - Poi non ditemi che non vi avevo avvertito».
Nascondendo la preoccupazione dietro una patina di lieve acidità, Jin aveva infine accettato il proprio compito guardando i suoi compagni in modo sofferente e raccomandandosi di non rompere niente in cucina. Yoongi aveva poi borbottato qualcosa sul fatto che, magari, Seokjin avrebbe potuto mostrare un po’ di interesse anche per la loro, di incolumità, oltre a quella dei suoi preziosi utensili culinari, ma anche lui si era limitato a brevi lamentele di routine per poi accettare pacatamente la propria sorte. Hoseok, invece, si era mostrato piuttosto entusiasta della piega che avevano preso le cose, il che rendeva l’animo del povero Jin ancora più inquieto.

«Secondo te abbiamo messo troppa acqua o troppo riso?»
Hoseok cerca di mantenere la calma mentre, con gesti scattosi e automatici, getta nel lavandino quantità industriali di acqua bollente mista a riso spappolato. Yoongi diminuisce il gas sotto la pentola e fa segno al compagno di farsi da parte.
«Hai messo troppa acqua, Hoseok», specifica, anche se due minuti prima lo aveva invitato a fare da solo, visto che lui era momentaneamente impegnato a tagliare le cipolle per il ramen.
«Hyung, che cos’è questa puzza?»
I piccoli occhi di Yoongi si spalancano cacciando via la spossatezza, improvvisamente vispi e stralunati a seguito dell’ingenua domanda di Hoseok. Spenge il fuoco di scatto e si china a constatare la dipartita del delizioso dolce che, previe direttive di Jimin, avevano provato a cucinare. Fortunatamente l’odore di bruciato va via in poco tempo, perché Hoseok si è subito premurato di spalancare la finestra, ma l’olfatto sopraffino di Kim Seokjin difficilmente si lascia ingannare, tanto che i due cuochi improvvisati si beccano una sottospecie di insulto dal diretto interessato, per poi tranquillizzare i membri che hanno tutto sotto controllo e che non c’è da preoccuparsi.
Hoseok però non sembra più tanto tranquillo e ormai ha perso il conto di quante gocce di sudore gli hanno carezzato le tempie prima di scivolare giù per il mento ed estinguersi su un fazzoletto di carta ormai fradicio.
«Hyung, perché hai voluto per forza fare tutto insieme? Non sappiamo cucinare, già è tanto se riusciamo a preparare un primo senza scuocere il riso».
«Parla per te» gli risponde Yoongi, anche se sa che in fondo ha ragione e già prevede una bella strigliata da parte di Seokjin, quando la giornata sarà giunta al suo termine.
Eppure, quando sembrava che niente potesse andare peggio di così – alla fine il riso erano riusciti pure a salvarlo, in qualche modo – un rumore fastidioso aveva interrotto il loro attento prodigarsi, la cui fonte sembrava provenire proprio dal piccolo tavolino ai piedi dell’angolo cottura.
Hoseok si volta a guardare il colpevole con un’espressione decisamente sconvolta, mentre Yoongi è lì lì per imprecare qualcosa di veramente poco carino, ma si trattiene per il bene del più piccolo del gruppo.
«Jungkook, che diamine stai facendo?»
Il maknae è chino sul vassoio in plastica che contiene la frutta, il tubo dell’aspirapolvere privo della parte inferiore in mano, puntato come un’arma da fuoco in direzione del cibo, e il suo sguardo è talmente concentrato che nemmeno si degna di rispondere alle parole dello hyung.
«Jungkook».
Il timbro di Yoongi sale appena di un’ottava, perché il più piccolo pare improvvisamente divenuto un’automa totalmente devoto alla sua stramba missione di estirpare qualcosa sulla superficie della frutta.
«Aspiro, hyung».
«Che cosa vuoi aspirare là sopra, si può sapere?»
Hoseok percepisce una leggera irritazione nelle parole del compagno più grande, così decide di farsi avanti e tenersi pronto nel caso sia necessario mediare tra i due.
«Quei cosi neri, hyung. Mi fanno schifo. Non li posso vedere».
Jungkook è sincero quando parla, e se Yoongi non fosse così su di giri, ammetterebbe che in fondo il maknae gli fa anche un po’ tenerezza. È raro vederlo spaventato o scosso da qualcosa, eppure gli insetti riescono ad avere quella rara influenza su di lui.
«I moscerini della frutta?
»
A quel punto Hoseok non sa nemmeno perché ha parlato, visto che sta constatando l’ovvio, perciò decide di fare improvvisamente dietrofront per finire di preparare almeno il riso bianco e il condimento per il ramen senza aspettare alcuna conferma da parte di Jungkook.

«Ho trovato una specie di grillo in camera da letto. Mi sa che è entrato quando Namjoon ha aperto per cambiare aria».

Taehyung sente il bisogno di dire la propria, visto che si stava parlando di insetti e, beh, in realtà cercava anche un buon pretesto per smetterla di spolverare i triliardi di oggetti inutili che lui e i suoi compagni hanno riposto sulle mensole del soggiorno, ignari delle conseguenze che avrebbe avuto tutto quell’ammasso di roba nel sacrosanto momento delle pulizie.
«Lo hai ucciso?
» Jungkook gli punta in faccia l’aspirapolvere, facendogli svolazzare i capelli, per poi spegnerla subito quando scorge di sottecchi le iridi di Yoongi lampeggiare di un barlume sinistro.
Taehyung fa una smorfia, come se il maknae gli avesse gravemente mancato di rispetto. «No! – esclama, deciso - perché dovrei? Se ne sta lì, mica dà fastidio. Sto cercando di farlo andare verso la finestra, ma-»
«Lo aspiro». Jungkook procede a passo di marcia verso la sua prossima vittima, ma Taehyung gli si para davanti.
«No Jungkookie, lascia fare a me».
«Mandalo via hyung, non voglio dormire con un grillo in camera».
«Magari stava lì da prima, nemmeno te ne sei accorto».
«Bleah, non lo dire!»
Taehyung se la ride a dà un pizzicotto sul fianco di Jungkook che lo scansa prontamente, rabbrividendo solo all’idea che possa esistere una remota possibilità di aver condiviso la stanza con un minuscolo esserino zampettante.
«O magari potresti ritrovartelo sotto il cuscino, uno di questi giorni».
«Smettila hyung!
» Jungkook accende di nuovo l’aspirapolvere e la volge in direzione del compagno più grande, il quale si difende ponendo le mani davanti al viso e tirando un calcio su uno stinco di Jungkook. «Smettila tu con quel coso! Vai a pulire, invece di perdere tempo dietro ai moscerini!»
A quelle parole, Jungkook aumenta la potenza dell’aspirazione, risucchiando nel tubo un lembo dei pantaloncini di Taehyung. «Hyung, sei tu quello che sta cercando di perdere tempo perché non ha voglia di spolverare» esclama, cercando di sovrastare il rumore della scopa elettrica, ma all’improvviso il ronzio cessa ed entrambi si accorgono che Yoongi è in piedi a pochi metri da loro, con la presa dell’aspirapolvere in mano.
«Dateci un taglio» li liquida, esasperato, per poi scompigliarsi stancamente i capelli e raggiungere Hoseok nella loro postazione originale.
In quello stesso momento fa il suo ingresso trionfale Kim Namjoon, pienamente soddisfatto della sistemazione dei letti e della lavatrice che, dopo una decina di tentativi, è riuscito a far partire serenamente, aggiungendo anche la giusta dose di ammorbidente. Il tutto, miracolosamente, senza rompere nulla. Ma l’idillio dura poco, perché l’ignaro maknae porge al leader un’unica domanda in grado di frantumare in mille pezzi la sua autostima.

«Hyung, ti sei ricordato di impostare i giri per la centrifuga? Se sono al massimo i vestiti li buttiamo».

Non che Jungkook possedesse chissà quali conoscenze avanzate nel campo della lavanderia, ma mesi e mesi di esperienza gli avevano insegnato almeno le nozioni base su come poter fare una lavatrice mantenendo i capi abbastanza morbidi e poco sgualciti.
Taehyung guarda Jungkook, confuso, Jungkook ricambia lo sguardo di Taehyung e, lentamente, incrocia le iridi di Namjoon, imbattendosi in un turbine di puro terrore. «Oh cazzo».
In una frazione di secondo Jungkook ha ammollato l’aspirapolvere in mano a Taehyung e, assieme al leader, si è precipitato in bagno per fermare nell’immediato una lavatrice impazzita e sul punto di esplodere. Crollano entrambi sul pavimento una volta scampata la catastrofe, destando estremo disappunto nei due membri addetti alla pulizia del bagno che, troppo occupati a discutere tra di loro su quanto fosse ingiusto il loro compito, a stento si erano accorti che l’elettrodomestico era in procinto di spiccare il volo.
A quel punto Seokjin si sfila entrambi i guanti, gettandoli a terra, e comincia a delirare urlando frasi sconnesse in coreano che fanno pulsare in modo spaventoso la vena sul suo collo e annuncia, con le orecchie rosse, che da quel momento in poi ognuno sarebbe tornato a svolgere il proprio compito, e che la faccenda dell’imparare a sbrigare ogni tipo di lavoro domestico avrebbero pure potuto infilarsela in quel posto.

Inutile dire che gli altri avevano acconsentito senza fiatare.





















___________________

Mi scuso con Kim Seokjin per averlo fatto arrabbiare. Davvero.
E, oh, ad imprecare è stato Namjoon. Non mi permetterei di far dire certe cose al maknae (LOL XD).
Grazie p
er aver letto anche questo ennessimo delirio. Grazie davvero.


Vavi

 

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Capitolo 17
*** XVII.Social ***


XVII. Social
 









 
Un disastro. È così che Jungkook aveva definito il loro primo ingresso in sala registrazione; pareti un po’ scarne, attrezzatura essenziale, quadri dai colori tenui e tanti, troppi comandi elettronici e luci lampeggianti di cui la maggior parte di loro ignorava l’esistenza. Taehyung e Seokjin si erano permessi un breve giro di perlustrazione e i loro volti curiosi si erano scontrati con le espressioni un poco tese di Jungkook e Jimin, che avevano segnato il perimetro della stanza quasi in simbiosi, guardandosi in giro come se tutto, in quel momento, fosse improvvisamente troppo grande per loro.

La proposta del manager era stata quella di incidere una cover da pubblicare, dopo le dovute revisioni, su qualche noto fan cafè coreano, mantenendo i nomi dei cantanti in incognito e sondando, gradualmente, le reazioni e il giudizio dei fan che l’avrebbero ascoltata. Un passo dopo l’altro, tra piccoli successi e punti deboli su cui lavorare, ognuno di loro sentiva che forse quell’utopico traguardo dal nome debutto non era poi così distante dalla realtà dei fatti; per questo, i vocal del gruppo avevano accolto quel progetto come il primo vero legame con coloro che forse, un giorno, avrebbero potuto gridare al mondo il loro affetto per quell’umile gruppo di giovani trainees.
Visto il discreto seguito che Namjoon e Yoongi avevano ottenuto dal loro breve tentativo di carriera solista, il manager aveva deciso che avrebbe riservato ai rapper del gruppo qualcosa di diverso e, per il momento, aveva suggerito loro di impiegare il tempo a migliorare le loro carenze; al che il coreografo li aveva spediti in sala prove senza pensarci due volte, affidando nelle mani di Hoseok il destino degli altri due danzatori ancora in erba.
Taehyung, invece, era stato momentaneamente escluso da quei progetti, poiché ritenuto ancora troppo acerbo sia nella danza che nel canto: il ragazzo, dal canto suo, aveva accettato quel giudizio promettendo che si sarebbe impegnato almeno il quadruplo per non rimanere indietro e Namjoon gli aveva confessato che, secondo lui, c’era qualche altro motivo per cui il manager aveva deciso di preservare le abilità di Taehyung. Il leader non gliel’aveva detto apertamente, eppure aveva quasi la certezza che il loro manager avesse visto in Taehyung delle enormi potenzialità.

L’inizio della registrazione, comunque, si era rivelato abbastanza confusionario: la voce di Jimin vacillava ogni due note, come se le corde vocali avessero deciso di attorcigliarsi su se stesse mozzando di netto la pulizia e il volume del suono. Seokjin se l’era cavata senza troppi vacillamenti, ma nell’ascoltare la propria voce registrata aveva fatto una smorfia indecifrabile, chiedendo poi cortesemente di poter incidere la sua parte nuovamente. Questo si era ripetuto almeno una ventina di volte, finché non gli era stato detto che andava bene così, e allora Seokjin si era rassegnato, abbandonandosi su un puff accanto a Taehyung, il quale, ovviamente, aveva voluto assistere a tutti i costi.
Jungkook, dal canto suo, era rimasto semplicemente in silenzio. Muto. Non un solo accenno di suono aveva fatto eco nel microfono posizionato dinanzi alla sua bocca. Aveva guardato in basso, tossito, sospirato e chiesto scusa, ma proprio non era riuscito a intonare nemmeno una nota. Jimin gli aveva chiesto a bassa voce se andava tutto bene e lui aveva annuito, ma con lo sguardo sembrava avergli urlato che no, non andava bene proprio per niente. Il panico che sembrò dipingersi nei suoi occhi in quel preciso momento aveva convinto i tecnici del suono e il loro maestro di canto a concedergli una breve pausa. Forse era stata la presenza del manager dietro i vetri della sala registrazione, o magari l’ansia dovuta al pensiero del poi, a come quella cover sarebbe stata accolta dal grande pubblico. Jungkook aveva sentito una mano di Seokjin sulla propria spalla, la voce rassicurante di Taehyug sussurrargli qualcosa a proposito del fatto che aveva cantato quel pezzo mille volte e che non avrebbe potuto sbagliarlo, eppure il suo corpo non era riuscito a fare a meno di muoversi, dondolarsi, spostarsi in modo nervoso, quasi rifiutando fisiologicamente quelle parole di conforto.
Ci era voluto un discorso del manager, una parte di canzone intonata tutti insieme e qualche direttiva dell’insegnante di canto per far sì che Jungkook, quel giorno, riuscisse ad incidere la propria voce sul nastro. Una volta preso il via, non era stato contento nemmeno dopo averla ripetuta fino allo sfinimento, così ci era voluto un segnale di Taehyung da lontano per fargli capire che stava andando troppo oltre ciò che effettivamente gli era stato richiesto, seguito dal brontolio dello stomaco di Seokjin, campanello d’allarme che segnava sull’orologio l’una e mezza di notte. Jimin si era premurato di rassicurare Namjoon sul fatto che le registrazioni stessero procedendo bene, anche se non aveva potuto fare a meno di confessargli il blocco di Jungkook, chiedendogli però di non parlarne in sua presenza una volta fatto ritorno in dormitorio. Dopotutto poteva trattarsi di un blocco transitorio, che non si sarebbe mai più ripresentato, ma poteva anche essere qualcosa di cui si sarebbe dovuto riparlare, prima del debutto. Per il momento, però, sarebbe stato meglio non farglielo pesare troppo, vista l’attitudine di Jungkook - ancora molto accentuata- a chiudersi e isolarsi in situazioni del genere.


 
***



«Hyung, stai ancora controllando la pagina del fan cafè?»
Jungkook abbandona il momentaneo stato di sottile apatia delle ultime ore per porre fine a quel teatrino che lo innervosisce ormai da parecchi giorni. Jimin risponde al più piccolo facendo su e giù con la testa, senza staccare gli occhi dal cellulare. Ha la pagina salvata tra i preferiti ma la connessione Internet va e viene.
«Abbiate pazienza, il manager vi ha detto che è normale, no?» Namjoon si inserisce appena in tempo nella conversazione, visto che Jungkook stava per lasciarsi scappare una replica non troppo gentile dei confronti dello hyung e del suo ossessivo ricaricare quella dannatissima pagina.
«E poi non avete detto di aver ricevuto già qualche commento positivo?» Yoongi si accoda a Namjoon nel rassicurare i ragazzi e Hoseok lo segue a ruota.
«Sono sicuro che avete dato il massimo lì dentro» afferma con aria convinta, al che Jungkook lo guarda per cercare di convincersi che sia davvero così e che quello basti in ogni caso come gratificazione.
«Già, quand’è che ce la fate ascoltare questa cover?» Yoongi punta la forchetta contro i tre vocal, calcando la domanda in modo che si percepisca il suo leggero – ma bonario- disappunto nell’essere stato lasciato sulle spine insieme agli altri rapper.
«Sei geloso che io l’abbia potuta sentire e tu no, vero hyung?» Taehyung si prende il suo immotivato momento di gloria sotto lo sguardo impreparato di Yoongi, che si limita ad annuire, facendogli il verso.
«Sì, e allora?»
Taehyung ride e gli mostra la lingua, ma il dibattito viene ben presto fermato da un urlo gracchiante di Jimin, seguito da una breve imprecazioni in satoori che solo Jungkook coglie e che, per l’appunto, fa scattare il più piccolo sull’attenti, destando al contempo la curiosità di tutti gli altri.
«Il file audio! – esclama finalmente Jimin, sbatacchiando il cellulare – sono tre giorni che è fermo a cinquanta ascolti e oggi…».
«Cosa?!» Jungkook gli si fionda letteralmente addosso, scordandosi di mantenere un certo contegno. Anche Seokjin in un momento è accanto a Jimin, seguito da Tehyung ed Hoseok. Namjoon si spalma sul tavolino per raggiungere Jimin dall’altro lato e anche Yoongi smette di mangiare, sporgendosi un poco col busto in avanti.
«Quattrocento!» esclama incredulo il più piccolo del gruppo, e nel momento in cui incrocia le iridi con Jimin, non riesce a fare a meno di sorridere.
«Quattrocento ascolti?! Quindi trecentocinquanta in un solo giorno?!» Seokjin è sconvolto tanto quanto loro e nemmeno si lamenta del fatto che Taehyung gli stia scuotendo le spalle fin troppo energicamente.
«Wow!» L’urlo sincero di Namjoon fa scattare un applauso spontaneo seguito da esclamazioni di gioia e mani che si danno il cinque le une con le altre.
«Non ci credo» Jimin ha ancora lo sguardo fisso su quel numero, ma la sua espressione è molto più sollevata rispetto a prima. Sente il cuore battere forte nel petto e una voglia crescente di mettersi a saltare per tutto il dormitorio. Però decide che è meglio evitare.
Taehyung intanto è ancora avvinghiato a Seokjin, almeno fin quando il più grande trova la forza necessaria per chiedergli in modo gentile di smetterla di stringerlo, così l’altro decide di prendersela coi capelli di Jungkook, che scompiglia fino a farli diventare un cespuglio indefinito, per poi chiudere in bellezza battendo i pugni con Jimin e riservandogli ancora qualche parola di congratulazioni, sempre con quel sorriso smagliante stampato in volto. Mentre Hoseok è in piedi e sta ancora applaudendo, ignorando l’occhiata di Namjoon che sembra volergli ricordare che, nonostante abbiano appena finito di cenare, siano effettivamente le tre di notte, Yoongi pensa che tutte quelle meritatissime congratulazioni siano durate abbastanza, così torna di nuovo sui suoi passi, ricordando ai compagni il nocciolo della questione.

«Allora… questa cover ce la fate sentire sì o no?»
 
 


 
 
 
 
















________
Buonsalve!
Causa trasloco imminente e parecchi disguidi con l’ADSL, in questi giorni non ho avuto modo di mettermi a scrivere, né di aggiornare. È un periodo pienissimo per me, perciò mi scuso anticipatamente se anche in futuro ci saranno dei ritardi.
Per questo prompt mi sono ispirata all’ultima (meritatissima) vittoria dei Bangtan; “social”, qui, è inteso come giudizio del pubblico e il peso che esso può avere nella carriera dei ragazzi, sebbene ancora trainees.
Vi auguro una buona giornata di festa e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate! ^^

Un bacio grande,


Vavi

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Capitolo 18
*** XVIII.LOG 1/3 ***


XVIII. LOG 
1/3

Namjoon e Seokjin










 
 
«Com’è che si accende questa roba?»
Seokjin traffica con le dita sul retro della webcam che ha appena puntato in direzione del proprio volto e di quello di Namjoon. L’altro indica un punto indefinito nel tentativo di aiutarlo, ma Seokjin non sembra aver recepito il messaggio.
«Namjoon, mi aiuti o no?»
«Io non lo tocco quel coso».
Non è cattiveria, anzi, il pensiero di Namjoon è andato prima di tutto all’incolumità della telecamera, che già, nella sua mente, vedeva frantumata in mille pezzi sul delicato parquet dello studio in cui stanno registrando.
«Dovrebbe esserci un tasto rosso per l’accensione, o qualcosa del genere» butta lì, anche se in verità non ne sa più di Seokjin, in fatto di telecamere.
Mentre il compagno più grande impreca contro l’aggeggio piccolo dai contorni arrotondati, portando lentamente il colore delle proprie orecchie da rosa pallido a rosso porpora, Namjoon sospira pesantemente e pensa che quello non è certamente il modo giusto per approcciarsi alla nuova proposta del manager. Se non altro, la prima cosa che le loro future fan potranno apprendere su di loro è che nel campo dell’elettronica non sono poi tanto ferrati.
«Chiediamo a qualcuno di là, hyun
«Non chiediamo a nessuno».
Namjoon alza un sopracciglio, un po’ perplesso dalla reazione del compagno; d’altronde quando Seokjin si mette in testa di voler fare da solo è più facile vederlo arrivare a parlare con gli oggetti, piuttosto che spingerlo a chiedere aiuto a qualcuno. Per carità, non che Seokjin non sappia riconoscere i propri limiti, ma se ha iniziato qualcosa si può star certi che tenterà con ogni mezzo di portarla a termine. Dopotutto l’aiuto di Namjoon lo accetterebbe volentieri, se solo quest’ultimo non fosse letteralmente bloccato dal terrore di combinare qualche guaio irreparabile. No perché sarebbe già la terza volta nell’ultima settimana, per cui si tratta di timori più che fondati.
«Namjoon-ah, non è scritto nelle stelle che tu debba per forza rompere qualcosa. Aiutami a sfilare la webcam dal cavalletto, così chiudiamo la questione».
«E se invece la rompo?»
«Non la romperai».
«Perché no?»
«Perché dopo sarò a io a romperti qualcosa, muoviti».
«Sai essere davvero spaventoso a volte, hyung».
Namjoon calca volutamente l’ironia nella propria voce, ma Seokjin lo ignora. Sa che il suo hyung non farebbe male nemmeno a una mosca – a meno che questa non decida di posarsi su una delle sue preziosissime pietanze, ovviamente.
«Che direbbero le fan se scoprissero che dietro quel bel faccino si cela un inaspettato Mr Hide?» insiste ancora il più piccolo, ma non fa in tempo ad aggiungere altro che Seokjin gli molla il cavalletto tra le mani e inizia ad ispezionare la parte superiore della telecamera alla ricerca di un indizio che suggerisca loro come utilizzarla. Namjoon, a quel punto, si sporge verso l’altro, rassegnato anche lui a porre fine a quel teatrino; nello stesso momento in cui Jin si accorge che sopra la telecamera non v’è effettivamente nessun tasto da poter premere, Namjoon adocchia una minuscola lucina rossa lampeggiante, proprio sotto l’obiettivo; presa di coscienza che porta il suo sguardo dritto nelle iridi del più grande.
«Hyung, credo che-»
«… stavamo già registrando».
Rimangono per un attimo a fissarsi, del tutto incapaci di fare alcunché, fin quando Seokjin non posa nuovamente la webcam al suo posto, si tormenta una ciocca di capelli vicino alla tempia e tira in dentro il petto, trattenendo per un po’ il respiro.
«Non lo sai come si mette in pausa, vero hyung
Seokjin butta fuori l’aria, negando con il capo. «Non so nemmeno se possiamo cancellare la registrazione».
«Ma certo che possiamo cancellarla».
Namjoon pensa in cuor suo di star dicendo l’ovvio, ma in fondo non ne è poi così sicuro nemmeno lui. Un ultimo sguardo imbarazzato verso le proprie nocche, saldamente ancorate alle ginocchia, e il più piccolo decide di prendere in mano la situazione.
«Chiediamo a Jungkook di là, hyung».
Seokjin annuisce sconsolato. «Già. Chiediamo a Jungkook».

 
















 ___________

Grazie alla cara Blue Poison per aver suggerito il prompt che mi ha dato l’idea. ^^
Ovvamente NON vi anticipo chi saranno i prossimi malcapitati a dover fare il loro primo LOG XD.

Ps. La tastiera del mio PC sta dando i numeri. Ogni tanto alcuni tasti smettono di funzionare. Stavolta è stato il turno della I e della K. Spero non faccia brutti scherzi T_T.

A presto,

Vavi

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Capitolo 19
*** XIX.LOG 2/3 ***


XIX. LOG
2/3

Jimin e Jungkook
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’occhiata fulminea e preoccupata che Jungkook rivolge alla telecamera, sistemata in equilibrio sulla postazione dove tengono il computer, provoca in Jimin l’ennesimo sospiro d’esasperazione. L’ultima cosa che il più grande desidera è mettere pressione al maknae, se non fosse che ormai è già passata mezz’ora dal loro ingresso in sala e ancora non sono riusciti a far partire il loro primo LOG. Jimin, se fosse per lui, accenderebbe la telecamera e lascerebbe fluire i pensieri; ha meditato una notte intera su come impostare la registrazione e, sebbene non sia del tutto sicuro del risultato, crede che in qualche modo riuscirà a improvvisare. Jungkook, dal canto suo, pensa che riuscire a raccontare i fatti propri ad un obiettivo dietro il quale potrebbero nascondersi migliaia di persone non sarà affatto un’impresa semplice per lui; in effetti, si è accorto di star fissando l’arnese circolare come fosse una pistola puntata dritta verso il suo volto e pronta a sparare.
È immobile, muto e decisamente agitato.
«Allora, iniziamo?»
Jimin ha usato ogni espressione di conforto che conosce, ha cercato di metterlo a suo agio convincendolo che in fondo lì dentro ci sono solo loro due e che è un po’ come parlare con un amico a distanza tramite webcam. Jungkook ha il cappuccio invernale del giaccone tirato sopra la testa, le mani gelate infossate nelle tasche e un’espressione che da sola vale come risposta alla domanda del più grande. Ha impiegato mesi interi per riuscire ad aprirsi con alcuni membri del gruppo; ora si fida di loro e a volte parla anche volentieri, ma quella timidezza non se n’è mai andata veramente. È sempre dietro l’angolo, pronta a tendergli un agguato ogni volta che pensa di averla definitivamente sconfitta. D’altronde, Jungkook sa che quel lato del suo carattere, prima o poi, dovrà imparare ad accettarlo: solo così potrà tentare di arginarlo.
«Al mio tre faccio partire la registrazione, ok?»
Jimin prende in mano la situazione e il tono con cui si rivolge all’altro è fermo e deciso. Non incrocia direttamente lo sguardo del più piccolo per evitare di farsi convincere di nuovo a rimandare tutto, avvicina finalmente la propria mano al mouse, con il quale darà il comando per l’inizio del LOG, ma anche stavolta non porta a termine l’impresa, perché Jungkook fa uno scatto in avanti col busto e lo ferma prima che possa schiacciare il tasto destro d’avvio.
«Aspetta, hyung».
«Ah Jungkookie, lo vuoi capire che così non inizieremo mai? Comincio io a parlare, tu mi vieni dietro».
«Mi sono scordato cosa dovevo dire».
Jimin si massaggia le tempie, ormai a corto di energie. Sa che Jungkook non è stupido e non si è affatto dimenticato ciò che avevano concordato un minuto prima; semplicemente, le scuse del maknae si stanno susseguendo una dopo l’altra come un chiaro messaggio d’aiuto.
«Ti prego Jungkook, facciamolo e basta. Non mi interessa come uscirà, basta che finiamo oggi stesso. Non ce la faccio più».
«Scusa, hyung».
Il tono afflitto di Jungkook fa sentire il più grande tremendamente in colpa. Sospira e la sua espressione è già meno tesa rispetto a prima.
«Non è per te Jungkook, è che…» lascia passare qualche secondo prima di continuare. Dopotutto nemmeno per lui è così semplice esternare ciò che prova. «… anche a me questa situazione mette pressione. Quindi, prima finiamo e meglio è».
Jungkook annuisce convinto: forse Jimin pensa di aver detto qualcosa di poco importante, ma per il maknae sapere che anche il suo compagno più grande teme l’apparizione davanti ad una telecamera lo fa sentire decisamente meno solo e impaurito. D’altronde, Jungkook immagina che anche i suoi hyungs, nonostante siano sempre molto protettivi con lui, abbiano in fondo le proprie insicurezze, magari recondite o seppellite in un luogo lontano in modo che Jungkook non possa vederle. Adesso, però, la buona volontà e la determinazione di Jimin lo rafforzano, così come quel sentimento empatico che li lega agli stessi timori.
«Partiamo, Jungkook. Uno, due e -»
«Hyung!»
«Che c’è?!»
«Devo andare in bagno!»
Jungkook lo ha quasi urlato per la troppa tensione e se non fosse che sta morendo dal sonno, Jimin scoppierebbe sicuramente a ridere. Il più piccolo si alza dalla sedia e sparisce in un lampo nella toilette della sala registrazioni.
«Guarda che poi registriamo, come va va. Niente più scuse» esclama l’altro ad alta voce, in modo che il maknae possa sentirlo. Il tono che usa è poco minaccioso, ma abbastanza convincente: Jimin pensa che, arrivati a quel punto, è meglio provare ad imporsi. Quando ritorna, ovviamente, Jungkook è più agitato di prima, ma stavolta non dice una parola. Prende un bel respiro e, non appena Jimin riesce a dare inizio alla registrazione, si unisce al suo saluto, sforzandosi di sorridere.

Il tutto era stato portato a termine senza troppi imprevisti, a parte un unico momento in cui Jungkook aveva di nuovo sperimentato quel nodo alle corde vocali che spesso gli impediva di parlare in situazioni imbarazzanti; Jimin aveva quasi temuto di dover interrompere il LOG e ricominciare da capo, ma poi era bastata una sua occhiata un po’ insistente e il più piccolo si era fatto coraggio, raccontando alcuni aneddoti della sua giornata. Sebbene avesse usato un tono basso e un po’ artefatto, Jungkook alla fine era riuscito a registrare quel LOG senza farsi venire un attacco di panico e Jimin aveva ringraziato il cielo che tutto si era concluso giusto in tempo per la cena.

Purtroppo però, non appena riversano il filmato sul PC per poterlo rivedere, balza subito ai loro occhi un particolare che li fa letteralmente rabbrividire. Si girano entrambi nello stesso momento, Jungkook con un guizzo di terrore negli occhi e Jimin con un cipiglio irato che avrebbe spaventato anche la più temeraria delle persone. Sul divanetto in pelle nera, proprio dietro le loro spalle, stava adagiato tranquillamente un giulivo Taehyung, con la lingua schiacciata tra i denti e la fronte corrucciata, tutto preso da chissà quale strambo gioco sul suo smartphone. Quello stesso Taehyung che il manager aveva deciso di tenere “nascosto” fino al giorno del loro debutto; quello stesso Taehyung il cui profilo del volto era appena apparso alle spalle degli altri due ragazzi nella registrazione che pensavano erroneamente di aver ultimato.

«TAEHYUNG!»

Jimin non si sforza nemmeno di moderare il tono di voce, tanto che il telefono del coetaneo finisce malamente spiaccicato sul pavimento per il troppo spavento. Jimin ha quasi gli occhi fuori dalle orbite e lo guarda in modo piuttosto insistente, in attesa di una spiegazione che possa, in qualche modo, riparare a quella catastrofe.
«Che diamine ci fai qui? Quando sei entrato?!»
Taehyung cerca di ricomporsi, ancora stupito da tanto fervore. «M-mentre stavate registrando ho visto che la porta era aperta e così ho pensato di venire a vedervi. Ma sono stato silenziosissimo, giuro, non ho fatto il minimo-»
«Taehyung, ti si vede nel video! – sbotta Jimin, paonazzo, - sai che vuol dire?!»
«No». È Jungkook ad aver parlato. Crede che stavolta il proprio cervello sia stato troppo lento nel controllare l’uscita dei suoni dalle labbra. Ogni parte del suo corpo sta iniziando a ribellarsi autonomamente. «Non registrerò quel video di nuovo».
Mai come quella volta le parole del maknae sono sembrate tanto imperative.
Jimin crede che se non avrà una crisi nevrotica in quel momento, di sicuro non l’avrà mai più.
«Jungkook, lo sai anche tu che quel video non può essere pubblicato così com’è. Si vede chiaramente il profilo di Taehyung».
«Ma chi vuoi che se ne accorga!»
Taehyung viene letteralmente fulminato dagli sguardi degli altri due, al che comincia a comprendere la gravità della situazione.
«Hai un taglio di capelli diverso dagli altri, hyung» constata Jungkook, guardandolo.
«Già ma ero dietro di voi, è un particolare insignificante».
«Le fan si accorgono di tutto».
Detta così, la considerazione di Jungkook sembra avere un che di macabro. «Se fossi un fan te ne accorgeresti anche tu».
Taehyung riflette un attimo sulle parole del maknae e non trova il modo giusto per rispondere.
«Taehyung, perché non pensi prima di fare le cose?»
Jimin gli rivolge uno sguardo colmo di rimprovero e l’espressione estremamente pentita che si dipinge sul volto del coetaneo riesce quasi a convincere Jungkook che in fondo, se proprio ci si impegna, - forse - può provare a registrare di nuovo quel LOG, visto che ormai sa già cosa dire.
«Ero stufo di registrare LOG da solo, visto che tanto non posso ancora pubblicarli. Così sono venuto a vedere voi, ma non pensavo di combinare un casino. Credevo l’obiettivo non mi prendesse da qui… Mi spiace ragazzi».
Jimin sospira, affranto, poi ignora Taehyung e torna a guardare Jungkook. «Te la senti di girarlo di nuovo?
» Ha un tono talmente flebile e sconfitto che il maknae non avrebbe potuto in alcun modo dare una risposta negativa. Alza le spalle e annuisce, tirandosi giù le maniche del giubbotto invernale per sentire più caldo.
«Allora io vado» borbotta Taehyung, alzandosi di malavoglia. «Buona registrazione».
«Non provare a rifarlo, Tae» lo mette in allerta Jimin, puntandogli un dito contro. «E ora esci».
«Esco, esco» gli fa eco l’altro, un po’ imbronciato. «Non essere cattivo, Jiminie».
«Se non ti sbrighi-»
«Vadooo!» Taehyung scappa chiudendosi la porta alle spalle e a Jungkook viene quasi da sorridere. Dopotutto lo ha fatto in buona fede e non dev’essere affatto piacevole sentirsi puntualmente esclusi da ogni attività che preveda contatto con il pubblico. Certo, il loro manager lo ha fatto per una precisa ragione, ma chissà che Taehyung non ne soffra, in fondo. D’altronde, Jungkook sa che se Jimin è duro con lui lo fa solo perché conosce il suo carattere e sa com’è giusto prenderlo.
«So a cosa stai pensando».
Jimin gli legge nella mente e il più piccolo lo guarda con un punto interrogativo stampato in fronte. «Ora fa così, ma se fosse rimasto ne avrebbe sicuramente combinata un’altra delle sue e avremmo dovuto registrare di nuovo. E tu non vuoi registrare anche una terza volta, vero Jungkookie?»
La sottile retorica mascherata da una lieve nota di ammonimento spinge Jungkook a negare vigorosamente con il capo. «No, hyung».
Alla vista dell’espressione di nuovo preoccupata del maknae, Jimin distende finalmente i lineamenti facciali e gli lascia un buffetto affettuoso tra i capelli, fittamente nascosti sotto la pelliccia del cappuccio.
«Ci rifaremo dopo il debutto» si lascia scappare il più grande, alludendo alla possibilità di girare LOG tutti e sette insieme, e Jungkook non può fare a meno di ricambiare quel pensiero mostrando entrambe le fossette.
«Per l’ultima volta allora… Uno. Due. Tre».
 
 








 





 


 ________

Povero Tae Tae. A parte gli scherzi, credo davvero che una situazione del genere possa averlo reso un po’ insofferente. Però non abbiatecela con Jimin, per favore. Lo sopporta da una vita: comprendetelo.
Ora sapete che il vero titolo è “Jimin, Jungkook (e Taehyung)”

Ps. Se ho aggiornato così presto è perché avevo il capitolo pronto. Conoscete le mie tempistiche ormai, non fateci troppo affidamento XD. Grazie di tutto. Specialmente per la pazienza♥.

Passo e chiudo <3


Vavi

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Capitolo 20
*** XX.LOG 3/3 ***


XX. LOG
3/3

Hoseok e Yoongi
 









 
«Hyung, sei sveglio?»
Hoseok osserva guardingo il profilo del suo compagno, stancamente abbandonato sul palmo della mano; un cappellino sportivo adagiato sui folti capelli neri gli copre le occhiaie fin troppo evidenti.
Persino sospirare sembra gli costi un mucchio di energie. «Secondo te?»
L’altro gli porge una busta bianca, dalla quale ha appena tirato fuori un’invitante brioche alla crema, che addenta sporcandosi la punta del naso di zucchero a velo. Yoongi squadra il dolce di pasta sfoglia come se potesse schizzar fuori da un momento all’altro e inghiottire lui in un sol boccone.
«Avanti prendila, siamo gli unici ad aver dovuto girare un LOG di prima mattina, ce lo meritiamo».
«Sono a dieta».
«Beh, io pure».
Ormai sta diventando peggio di una barzelletta. D’altronde, Yoongi riconosce che, almeno di sabato, avrebbe preferito concedersi qualche ora di sonno in più, invece che lasciare le coperte solo per piazzarsi su una sedia e chiacchierare davanti alla telecamera. Fa un verso che somiglia ad uno sbuffo e alla fine cede, afferrando la brioche con un fazzoletto.
«Quindi comincio io?» Il suo cervello sembra reagire quasi nell’immediato all’imprevisto apporto di zuccheri; si stiracchia e addenta l’ultimo pezzo della colazione con un unico morso.
«Come vuoi, tanto abbiamo un minuto a testa».
Yoongi annuisce e recupera svelto un’altra salvietta dalla busta bianca di Hoseok per pulire le briciole che ha sparpagliato sulla sedia e sulla scrivania dei computer, poi guarda un attimo la telecamera e, invece di dare il via alla registrazione, lancia un’occhiata enigmatica al compagno, ancora intento a finire il dolce, la bocca piena di fragrante pasta sfoglia.
«Tu non sei nervoso?»
Hoseok smette di masticare e ricambia lo sguardo. «Certo che lo sono» replica, ingoiando un boccone troppo grosso. L’aria vagamente tranquilla che aveva addosso nel momento in cui era entrato in sala svanisce pian piano, risucchiata dall’improvvisa – e quanto mai veritiera - constatazione di Yoongi.
«Insomma, è il nostro primo LOG» rafforza il più piccolo, un po’ per rassicurare Yoongi, un po’ per cercare di ergere nuovamente quel muro di certezze che aveva faticosamente costruito con le sue sole forze, prima di metter piede lì dentro.
Yoongi non replica, ma si limita a sospirare. «Abbiamo così poco tempo, dovremmo dire qualcosa di… significativo».
Sembrano riflessioni scontate, eppure Hoseok sa che non è facile udirle direttamente dalle labbra di Yoongi, che in genere è solito tenere per sé i propri dubbi.
«Non è l’unica occasione che abbiamo, hyung».
«Già, ma non per questo possiamo permetterci di sprecarla, non trovi?»
Hoseok si lascia scappare un sorriso appena accennato. Sono poche le volte in cui è stato lui a dover rassicurare il suo hyung e non viceversa, per questo quelle rare volte si premura di non scordarle mai, traendo da esse la grinta necessaria per essere a sua volta un punto di riferimento sul quale i suoi compagni potranno sempre contare.
«Se siamo noi stessi, qualunque cosa andrà bene, hyung. E se pure dovesse uscir fuori un casino, saremo sempre noi quelli che vedranno lì dentro – Hoseok indica l’obiettivo e Yoongi lo segue con lo sguardo - Noi due. Min Yoongi e Jung  Hoseok».
Yoongi, in realtà, vorrebbe dire che non sa se quel Min Yoongi possa andar bene, se è davvero quel Min Yoongi che vorrebbe mostrare ai fan così apertamente. Perché Yoongi, e anche Hoseok, pensano che di strada ne hanno ancora tanta da fare, e quel pensiero quasi li spaventa, ma il desiderio di mostrare qualcosa di reale, vivo e veritiero supera di gran lunga il timore di ricevere un parere negativo. Così Yoongi da una pacca sulla spalla del compagno e ne accoglie l’affermazione con un cenno d’approvazione.
«Forse potremmo  parlare dell’incontro con gli hairstylist che abbiamo la prossima settimana» butta lì Hoseok, appurato che ormai sono entrambi decisi ad iniziare, e un argomento di conversazione in più non potrà che incuriosire maggiormente i loro followers. In fondo non si tratta solo di un colloquio: per la prima volta saranno sottoposti ad un cambiamento nel loro look, forse radicale o forse no, intanto è un po’ come sentirsi più vicini ad una possibile apparizione sui grandi schermi. Più vicini al debutto, insomma.
Ma la reazione di Yoongi non è esattamente come Hoseok se l’aspettava.
«Di che diamine di incontro stai parlando?»
 
 

 
 
 
 







 _____________

Oooops, qualcuno viene sempre a sapere le cose per ultimo? Se solo sapessi cosa ti aspetta in futuro, mio caro Yoongi! XD

Ps. Sono l’unica a TEMERE i prossimi colori del comeback? Ditemi di no, vi prego. Le voci che circolano non sono molto… rassicuranti, ecco. Ditemi che anche voi bramate un back to black. XD

A presto! :*


Vavi

 
 

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Capitolo 21
*** XXI.Sonno ***


XXI. Sonno










Le palpebre di Jungkook giacciono abbandonate sulle iridi stanche da quasi dieci ore. Si è addormentato vestito e con il cellulare in mano; se Jimin non gli avesse tolto le scarpe, su quel materasso senza lenzuolo due enormi Timberland avrebbero già fatto un solco all’altezza dei piedi. Ha la bocca un po’ aperta e i capelli stropicciati sul cuscino, ma l’espressione sembra suggerire un senso di beatitudine e pace interiore che raramente si può osservare sul volto del maknae. Il giorno prima ha fatto le tre di mattina in sala prove, assieme ad Hoseok e a Jimin, eppure i due hyungs sono già in piedi da un pezzo, svegliati di malavoglia da un assordante trapano che, proprio una di quelle mattine in cui era stato concesso loro dormire – visto l’intenso programma d’allenamento che li avrebbe accolti il pomeriggio - aveva deciso di perforar loro i timpani. Perfino Yoongi, ad un certo punto, si era alzato piuttosto insofferente e, pur nutrendo internamente profondo rispetto per la professione dell’operaio e di tutte le difficoltà che ne derivavano, si era lasciato sfuggire qualche parola colorata di troppo.
«Chi lo sveglia?»
Ma Jungkook no, lui era rimasto nel più beato e profondo mondo dei sogni in uno stato catartico che nessuno, lì dentro, avrebbe osato infrangere. Nemmeno se era già quasi ora di pranzo.
«Se lo lasciamo dormire un’altra mezz’ora?»
Jimin guarda Taehyung, dubbioso. Sono tutti davanti al letto del maknae, tranne Seokjin che è intento a preparar loro, come sempre, le sostanze per poter affrontare un altro intenso inizio di settimana.
«Per forza, non si alza nemmeno con le cannonate» borbotta Taehyung, che un secondo prima, in preda alla disperazione, aveva lanciato a Jungkook un calcio sugli stinchi, beccandosene uno due volte più forte da Jimin subito dopo.
Namjoon si avvicina un’ultima volta al maknae, tanto quanto basta per sentirne il respiro pesante fuoriuscire dalle narici; lo scuote di nuovo due o tre volte per una spalla, gli muove prima un braccio e poi l’altro, ma Jungkook, a parte il petto che sale e scende ritmicamente, non mostra altri segni di vita.
«È andato in letargo» dichiara Taehyung, pizzicandogli una guancia. «Possibile che non senta niente?»
«Musica?» propone Yoongi, alzando il proprio cellulare, impostato già sul lettore musicale.
Hoseok scuote la testa. «Abbiamo già provato con le cuffiette a volume alto, ma non ha funzionato».
«Facciamogli sentire la voce del manager al telefono» butta lì Taehyung, a corto di idee.
«Non spaventerebbe nemmeno un bambino» commenta Yoongi, ridacchiando. Namjoon lo segue a ruota. «Sta attento a non farti sentire da lui» borbotta in risposta, con tono fintamente minaccioso.
«Oh, si può sapere che state combinando?
È mezz’ora che vi chiamo!»
Seokjin fa la sua comparsa con il grembiule maculato di sughi e la cucchiarella in mano. Gli altri si voltano in contemporanea, aprendosi un poco e mostrando il nocciolo del problema.
«Abbiamo provato di tutto, è irremovibile» spiega Jimin, indicando il corpo abbandonato di Jungkook.
«Una salma» rincara Taehyung col tono più serio che conosce, beccandosi un’altra spintarella dal coetaneo.
Seokjin fa un passo in direzione del più piccolo ancor prima che Jimin possa finire di spiegare la situazione, ammolla l’utensile da cucina in mano a Namjoon e, senza nemmeno pensarci, volta Jungkook a pancia sopra; dopo nemmeno qualche secondo, gli altri membri vedono il più piccolo del gruppo dimenare le braccia tentando invano di allontanare il più grande dal bordo del letto.
«Gli sta veramente pizzicando i capezzoli?!»
Jimin guarda nuovamente Taehyung, poi Yoongi e infine Namjoon, come se si aspettasse una qualche spiegazione di sorta.
«E funziona pure!» esclama Taehyung, indicando la scena più divertito che mai.
Seokjin, nel frattempo, ha scansato per miracolo una manata di Jungkook – che, vista la frequenza delle sue ultime sedute in palestra, gli sarebbe costata il setto nasale – e ha risposto ai mugugni lamentosi del più piccolo con un tranquillo «È ora di pranzo».
Quando Jungkook si alza a sedere ha ancora gli occhi chiusi e un pò gonfi, perciò non può vedere gli sguardi perplessi e divertiti che gli stanno rivolgendo i suoi compagni. Onde mettere fine al teatrino, Seokjin lo afferra per un polso e, in tutta calma, lo conduce in cucina, facendolo accomodare al suo posto. Le palpebre del più piccolo danno il buongiorno al mondo solo quando l’olfatto percepisce un invitante profumo di carne speziata provenire dai fornelli; allora si stropiccia gli occhi, si stiracchia ed emette il primo suono della giornata: «Che c’è per pranzo?»


 
◊◊◊


Nel pomeriggio, com'era prevedibile, Jungkook è irrefrenabile. Ha recuperato, con qualche ora di sonno in più, le fatiche dell’intera settimana precedente e, se non fosse per Hoseok che, in qualche modo, riesce a stargli dietro, sarebbe l’unico del gruppo ad avere un volto vagamente riposato.
Yoongi giace infatti sul pavimento della palestra, avvolto come un salame nella sua giacca nera imbottita, che Taehyung ha pensato bene di usare come cuscino per prendersi anche lui quei dieci minuti di totale relax prima del ritorno in dormitorio.
«Visto che Yoongi hyung dorme, stasera faccio prima io la doccia» annuncia Namjoon, dopo un po’.
«Secondo» lo segue Seokjin, seduto a gambe incrociate accanto a lui, guardando di sottecchi uno scatenato Taehyung – ma non stava dormendo un minuto prima? - saltare sulle spalle di Jungkook e un altrettanto scalmanato Hoseok cercare di fare lo stesso per completare la piramide. Distoglie lo sguardo prima di poter assistere alla rovinosa caduta che ne sarebbe seguita.
Se non altro, restare svegli e responsabilmente vigili garantisce al leader e al maggiore del gruppo un posto di tutto rispetto nei turni di lavaggio serali. O almeno, questo è ciò che credono prima di crollare come due pere sui sedili anteriori della macchina, mentre gli altri cinque si giocano i due preziosissimi primi posti alla morra cinese.
«Hyung, sono tre volte di fila che vai per primo, lascia il posto a qualcun altro!» bercia Jimin, incredulo dinanzi alla fortuna sfacciata di Yoongi.
«Almeno io non impiego una vita ad asciugarmi i capelli» lo rimbecca il più grande, sporgendosi un poco dal sedile davanti.
Jimin fa un verso di disapprovazione, ma è Taehyung a rispondere.
«Non è mica colpa sua se ha la chioma più bella e folta della tua!» cantilena, è nel farlo affonda il naso nei capelli scuri di Jimin, facendo finta di affogarci dentro. Per tutta risposta, Yoongi allunga una mano e spettina le ciocche nere del minore, mentre Jimin tenta in ogni modo di disfarsi di entrambi, nel mentre che Jungkook annuncia che, se proprio quel primo posto non lo vuole nessuno, allora farà un sacrificio e se lo prenderà lui.

Quando arrivano finalmente in dormitorio, ovviamente, le cose vengono scombinate di nuovo. Namjoon ottiene il primo posto da Jungkook in cambio di un pacchetto di patatine, Seokjin accetta di andare per terzo dopo Jimin, Yoongi si deve accontentare di un misero quarto posto, Hoseok lo segue per quinto mentre Jungkook e Taehyung, alla fine, vanno per ultimi.

La luce del tablet di Jungkook è l’unica fonte luminosa che, alle undici passate, rischiara la stanza dove dormono tutti assieme. Ha la schiena poggiata al muro e lo schermo adagiato sopra le ginocchia; sta provando un nuovo gioco che ha scaricato Hoseok, anche lui seduto sul materasso di Jungkook, gli occhi tenuti aperti per miracolo. Jimin è alla destra del maknae: si è unito a loro solo perché mancava un terzo giocatore e Taehyung già russava da un pezzo.
«Jungkookie, io me ne vado a dormire». Hoseok dà due buffetti sulla testa del più piccolo e si congeda con uno sbadiglio, trascinandosi come un'automa sul suo giaciglio, ad appena un metro di distanza da lì. Le fortune del dormire ammassati nella stessa stanza. Al che, Jungkook decide che è ora di coricarsi anche per lui, ma quando fa per spegnere il tablet, si accorge di un peso non indifferente adagiato sul suo avambraccio. Alla fine, anche Jimin ha ceduto alle braccia di Morfeo, e chissà da quando è addormentato così, visto che nell’ultima mezz’ora ha giocato praticamente solo Jungkook. Per evitare risvegli traumatici si muove a rallentatore e china un poco la testa verso il più grande.
«Hyung» sussurra, ma stavolta è Jimin a non dare alcune risposta. «Hyung, è tardi».
Jungkook prova a scansarsi e il più grande lascia ciondolare la testa finché questa non raggiunge la superficie morbida del materasso e lì si adagia. Il maknae rimane in piedi qualche minuto, indeciso sul da farsi, poi poggia il tablet sul comodino lì accanto e si lancia a peso morto sul letto di Jimin.
«Buonanotte» bisbiglia infine a sei compagni già addormentati da un pezzo.
 


















________

In realtà tutto ciò non ha molto senso, se non che adoro descrivere scene di ordinaria amministrazione in casa Bangtan.
Spero vi abbia strappato un sorriso! ;)



Vavi

 

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Capitolo 22
*** XXII.Ricordi ***


XXII. Ricordi
 









«Bangtan memories, episodio primo».
Jimin pronuncia il titolo della sua nuova rubrica in un inglese incerto, ma non se ne preoccupa più di tanto, visto che lui e i suoi compagni saranno gli unici a poterla vedere.
Punta la telecamera verso se stesso e osserva per un breve attimo il proprio volto ancora assonnato apparire più pallido del solito sullo schermo del cellulare; sistema qualche ciuffo nero in modo che gli copra la fronte e sporge un po’ il labbro inferiore all’infuori, come se la propria immagine non lo convincesse del tutto. Si lascia scappare uno sbuffo rumoroso e si decide ad iniziare.
«Park Jimin, ventuno Ottobre duemiladodici».
Lascia trascorrere una breve pausa, durante la quale si percepisce un chiacchiericcio proveniente dal bagno e il rumore di piedi scalzi che camminano sulla moquette del dormitorio.
«C’è un po’ di trambusto stasera» inizia a spiegare, quasi sussurrando. «Usciremo a mangiare fuori dopo tanto tempo. Non è per il mio compleanno in realtà, anche se Hoseok hyung vorrebbe festeggiare a tutti i costi. Non importa, è già tanto riuscire a mettere il naso fuori di qui per una meta che non sia la scuola o la sala prove».
Lascia fluire i pensieri così come gli vengono, omettendo nessi causali e informazioni di troppo. Sta per dire che, nonostante per lui sia stato un periodo molto impegnativo, è riuscito a sfiorare molti traguardi che si era prefissato, e questo lo ha invogliato a impegnarsi il doppio in ogni cosa. Poi però pensa che quel genere di discorsi, per quanto veritieri siano, si addicano più ad un LOG ufficiale, e ormai ha quasi perso il conto di tutti quelli che ha girato assieme ai suoi compagni. Sta per dar voce a un pensiero che gli è venuto lì per lì, al fatto che spesso, di venerdì, sua madre convinceva tutta la famiglia ad uscire per una cena insieme, e che quella debole nostalgia che lo stava assalendo era in un certo senso mitigata dal fatto ora, assieme a lui, c’è una seconda famiglia a condividere la cena del venerdì sera - quando vede spuntare sullo schermo un altro volto piuttosto familiare.
«Che fai, Jiminie?»
Taehyung si lascia cadere sul materasso accanto a lui senza dargli il tempo di rispondere. Si mette comodo, non preoccupandosi del fatto che gli stia martoriando un braccio e che quel letto è decisamente troppo piccolo per due persone. Riesce a far aderire il proprio fianco con quello del coetaneo, così come le loro teste. Soddisfatto per aver ottenuto ciò che voleva, osserva anche lui i loro volti riflessi nel display, ignorando l’occhiataccia che gli lancia Jimin tramite la self camera.
«Volevo registrare un video da tenere come ricordo» risponde poi, lievemente raddolcito dal sorriso spontaneo di Taehyung.
«Non ne abbiamo già fatti abbastanza?» chiede l’altro, un po’ sorpreso.
«Uno da tenere per me, Taehyungie».
«Aah, e che aspettavi a chiamarmi?!» replica un po’ stizzito, rubandogli la scena. «Jimin-ah,qui è il tuo migliore amico che ti parla. Anche se sono costretto a vedere la tua faccia tutti i santissimi giorni-» si blocca un momento, reagendo ad un pizzico di Jimin sulla coscia, ma poi torna a puntare le iridi verso l’obiettivo «e se spesso passiamo il tempo a raccontarci le cose, volevo dirti che hai lavorato bene negli ultimi mesi. Sei sempre stato un po’ cocciuto e se ti mettevi in testa qualcosa, prima o poi la dovevi ottenere, ma stavolta hai veramente dato il meglio di te. Ricordatelo quando, tra qualche anno, penserai di non aver fatto abbastanza».
Jimin è ammutolito, non si aspettava che Taehyung intervenisse parlando di lui. Nonostante ad entrambi capiti spesso di confrontarsi, se non è Jimin a chiederlo espressamente, Taehyung non si è mai esposto più di tanto sui progressi del compagno, perché sa che è sensibile sull’argomento e non vuole rischiare di ferirlo dicendo qualcosa di inappropriato. Poi, se proprio deve ammetterlo, Taehyung non parla molto dei suoi problemi, per questo non vuole entrare in quelli di Jimin. Ma se ne ha uno, e se vuole parlarne, Taehyung sa che Jimin c’è, e spesso non servono nemmeno le parole, perché lui capisce sempre, in ogni caso. A volte Jimin capisce anche prima che lo stesso Taehyung possa rendersene conto.
Jimin si lascia scappare un breve sorriso, visto che non sa che dire, e approfitta dell’ombra di Hoseok che scorge passargli accanto per sollevare la schiena, scavalcare le ginocchia di Taehyung e piazzarsi davanti all’amico più grande, già vestito con un paio di jeans blu più fascianti del solito e una maglia bianca con su scritto Supreme.
«Hyung, come ti senti stasera?» esordisce, e Hoseok impiega molto poco a capire che Jimin sta girando un video. Si scompiglia i capelli con aria fintamente spigliata e un secondo dopo fa una giravolta su stesso, rivolgendo all’obiettivo un sorriso sghembo, entrambi gli indici puntati a mo di pistola. «Splendente» risponde, facendo l’occhiolino.
La risata genuina di Jimin fa da sfondo ad un Hoseok che continua a proporre strane smorfie e insoliti passi di danza nel minuscolo spazio che divide un letto dall’altro, fin quando gli occhi del cameraman si posano sulla schiena del maknae, intento a cercare nella pila di vestiti ammucchiati sul materasso uno che sia abbastanza adatto per la serata fuori.
«Jungkookie, non ti vestire troppo in tiro. Non devi far colpo su nessuno, ci siamo solo noi».
Il più piccolo tira su la testa; i capelli sono più lisci del solito, forse qualcuno glieli ha stirati, l’espressione esasperata che ha sul volto si tramuta presto in un broncio contrariato non appena scorge il telefono di Jimin a pochi centimetri da lui.
«Hyung, togli quel coso» si lamenta, coprendo l’obiettivo con una mano, ma Jimin lo evita e si sposta abilmente sull’altro lato.
«Dai Jungkook, non lo vedrà nessuno» spiega ridacchiando, mentre il maknae tenta ancora di coprirgli la visuale, con poco successo. «Sei felice di avere la serata libera? Quanti piatti ordinerai?»
Il più piccolo cede, lasciando che Jimin gli ronzi attorno, ma si premura di affondare il capo tra le magliette, cercando ancora disperatamente qualcosa che non sia bianco ed extra large.
«Una montagna» replica allora, mal celando un sorriso carico d’aspettativa.
Jimin ridacchia di nuovo, allontanandosi un poco. «Tanto paga Namjoon hyung, vero?» butta lì, approfittando della momentanea assenza del leader.
«Prova a chiederglielo» borbotta Hoseok, «vedrai che faccia fa».
«Chiedilo a Yoongi hyung, ha detto che pagava lui».
Jimin si vede comparire Kim Namjoon davanti al naso, accompagnato da una forte scia di profumo e insolito buonumore. Namjoon sembra particolarmente provato negli ultimi tempi e spesso Jimin lo trova pensieroso, forse preoccupato, eppure il leader lo tranquillizza sempre dicendogli che è solo stanco e che dormire così poco lo sta uccidendo, per questo Jimin si limita ad accertarsi che stia bene e niente più. Quella sera però sembra stranamente rilassato, e quell’aura di tranquillità che emana finisce per contagiare anche l’umore di Jimin, che in fondo non si sorprende di esserselo visto sbucare a sorpresa, date le dimensioni del loro dormitorio. Fa come il leader gli ha consigliato e si avvia verso il bagno – non prima di aver sentito Namjoon mormorare un “E che sarebbe quella roba?”, rivolto agli abiti che Taehyung ha suggerito a Jungkook di indossare - per immortalare Yoongi non appena farà la sua uscita trionfale dalla toilette.
«Ancora non sei pronto, Jimin-ah?»
Seokjin passa di là e rimbecca il compagno per non essersi ancora preparato. «Hyung, ti sei messo il gel sui capelli?» svia l’altro, osservando la capigliatura del più grande. «Come mai siete tutti così belli stasera, aish».
Jin fa un cenno alla telecamera e si congeda borbottando qualcosa su quel “stasera” che Jimin si è premurato di specificare, poi gli dice che se vuole ha una camicia da prestargli, anche se probabilmente le spalle saranno troppo larghe per lui. Jimin ringrazia, ma ha già deciso cosa metterà, e nell’istante in cui torna a puntare l’obiettivo verso la porta del bagno, ecco che una testa nera un po’ ricciola e spettinata si staglia su uno sfondo decisamente poco suggestivo, in cui water e lavandino rubano gran parte della scena. Se non altro, l’outfit del ragazzo che è appena comparso basta ad attirare tutte le attenzioni di Jimin su di sé.
«Min Yoongi!» esclama, scandendo bene le tre sillabe e guadagnandosi un’occhiata perplessa dal diretto interessato, ancora indaffarato a chiudere i bottoni dei polsini neri. «Min Yoongi!» ripete, ruotando attorno a Yoongi mentre quest’ultimo cerca di raggiungere i compagni in camera da letto, guardando di sbieco l’inusuale paparazzo.
«Jimin, lo so come mi chiamo» borbotta, scostando il telefono da sé.
«E io lo so che non vedevi l’ora di fare una bella mangiata come si deve!» esclama giulivo il più piccolo, seguendolo comunque. «Dì qualcosa per il video, non fare il guastafeste».
«Ho talmente tanta fame che mangerei anche te» ammette allora Yoongi, puntandogli un dito contro.
«Aish, questo è cannibalismo, hyung!» si lamenta Jimin, ridendo. «Gli altri dicono che sarai tu a pagare il conto, è vero?» il più piccolo sgancia la bomba, guadagnando finalmente piena attenzione da parte di Yoongi. Stranamente, anche di là è calato un imbarazzante silenzio.
«Ah sì, hanno detto questo?»
La domanda retorica del più grande riecheggia tra le pareti del dormitorio come una subdola minaccia.
«Potremmo giocarcelo alla morra» propone timidamente Hoseok, dopo che il silenzio seguente all’intervento di Yoongi ha iniziato a diventare piuttosto pesante.
«Siete proprio tirchi – li rimbecca Seokjin, scuotendo la testa, quasi offeso – meno male che lo staff ha avvertito Namjoon che se ne sarebbe occupato il manager».
Ma perché erano sempre i più grandi a sapere per primi le cose?
«Perché, tu avresti offerto la cena, hyung?» lo rimbecca allora Taehyung, senza paura. Jimin si premura di filmare anche quello.
«Se non fosse per me col cavolo che mangereste, adesso pure la cena pagata pretendete!» Taehyung reagisce alla lamentela di Seokjin stritolandogli le braccia in un inusuale gesto di ringraziamento, mentre gli altri si permettono di prenderlo ancora un po’ in giro, prima di tornare tutti a controllare di aver preso portafogli e cellulare.
 
 
Stavolta, è Jimin a comparire in tutta la sua figura sul display del proprio smartphone, con Taehyung come cameraman. Lui non se l’è sentita di mettere la camicia, ha preferito optare per dei pantaloni neri e una maglia a maniche lunghe dello stesso colore. Il coetaneo fa una panoramica dell’outfit, sebbene Jimin non appaia del tutto a suo agio, dopodiché poggia il telefono su lavandino e lascia che li riprenda mentre entrambi si spazzolano i denti.
«Ti ricordi quando venisti da me a chiedermi cosa potevi metterti per uscire con quella ragazza?» domanda Taehyung, ignorando le goccioline di dentifricio che si schiantano sullo specchio per poi scivolare giù lasciando una fastidiosissima traccia del loro passaggio.
«Sì» commenta Jimin, sputando nel lavandino. «Quando ancora non avevo capito i tuoi pessimi gusti in fatto di abbigliamento».
«Appunto, non li capisci proprio. Intanto però quella sera hai seguito il mio consiglio».
«Infatti è stata la prima e ultima volta che sono uscito con quella ragazza».
Taehyung scoppia a ridere e da una spintarella a Jimin. «Non è vero, bugiardo!»
Il cellulare registra ancora qualche minuto di battibecco tra i due amici, fin quando non arriva l’ora di uscire e Jimin decide di mettere in pausa, nel caso gli venga voglia di immortalare altri momenti durante la cena. In realtà, la serata trascorre talmente veloce che la telecamera non viene affatto attivata e Jimin finisce per riporre il cellulare a terra poco prima di andare a dormire, dimenticandosi completamente di averlo lasciato acceso. Cinque minuti dopo la sua discesa tra le braccia di Morfeo, il tasto play viene di nuovo azionato e una voce ridotta ad un sussurro appena udibile esce dalle labbra di un volto amico, rischiarato appena dai raggi della luna.
 
«Volevo solo dirti che quei calzini grigi che cercavi l’altro giorno li avevo io. Lo sai che la notte non mi piace dormire scalzo e i miei erano tutti ad asciugare, perché ci siamo dimenticati di fare la lavatrice. Mi sono anche scordato di lavarmi i piedi prima di metterli, ma tanto rivedrai questo video quando li avrai già indossati di nuovo e messi tra la biancheria sporca, quindi pazienza. Uhm, che altro? Ah sì, ti voglio bene Jiminie. Kim Taehyung, ventuno Ottobre duemiladodici. Passo e chiudo».













 

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Capitolo 23
*** XXIII.Sogno ***


XXIII. Sogno
 








Namjoon studia con silenzioso zelo il piccolo post it che Yoongi gli ha consegnato qualche secondo prima. Sono rimasti soli nel dormitorio; i più piccoli avevano delle lezioni da seguire, Hoseok è in sala prove da più di sei ore ormai e Jimin lo raggiungerà non appena avrà finito. Seokjin sta facendo compagnia ad Hoseok, anche se Namjoon dubita che sia riuscito a tenere i suoi ritmi per tutto il tempo. Se non altro, si accerterà che il compagno non esageri come suo solito, vista la distorsione al piede dalla quale deve ancora riprendersi.

Quando rimangono soli, Namjoon e Yoongi parlano molto. Più di quanto non facciano assieme agli altri. Anzi, a dire la verità, negli ultimi tempi, le loro interazioni si riducono esclusivamente a quei rari momenti in cui il dormitorio si svuota e la pace che li circonda finisce per divenire opprimente. Inizialmente, durante i primi mesi di permanenza nel dormitorio, faceva piacere potersi prendere qualche minuto per sé, in estrema solitudine. Ma con il passare inesorabile dei giorni, qualcosa sembra esser cambiato, e le conversazioni dei due coinquilini non sono poi così positive come una volta.

«Bello» commenta il leader, rigirandosi ancora una volta il foglietto tra le mani. Lascia che le proprie iridi scorrano ancora sui caratteri scomposti che Yoongi ha trascritto su carta, volando al di là dell’inchiostro nero per poterne afferrare anche la più nascosta sfumatura di significato. L’intensità che trascende ogni singolo vocabolo lascia sempre il più piccolo a corto di parole.
«Forse l’ultimo verso…»
Azzarda un’unica critica, perché in fondo è stato Yoongi a chiedergli un parere. L’altro annuisce, lo sguardo già perso tra i tasti del proprio computer. «Ci sto lavorando» conferma, picchiettando alcune lettere con i polpastrelli.
Nessuno dei due aggiunge nulla, almeno fin quando il leader si alza a sedere, ancora i pensieri di Yoongi stretti tra le mani. Sembra quasi che faccia fatica a liberarsene.
«Dovresti conservarlo, questo. Potremmo usarlo per una canzone del gruppo, prima o poi».
Nel riconsegnare finalmente il post it al legittimo proprietario, Namjoon incontra gli occhi scuri di Yoongi fare capolino da sopra la montatura degli occhiali. Il più grande rimane un attimo a guardarlo con un sopracciglio alzato, poi si riappropria del foglio e una leggera risata da parte di entrambi riempie l’aria circostante nello stesso momento.
«Cazzo Namjoon, per un momento ho pensato fossi serio» commenta Yoongi, massaggiandosi le palpebre, ancora l’ombra di quel sorriso un po’ amaro sulle labbra.
L’altro alza le spalle, piombando di nuovo sul materasso. «Già. Per un attimo ci ho pensato anch’io».
«Se non altro farebbe parlare di noi» aggiunge Yoongi, senza staccare gli occhi dal display luminoso.
«Potremmo usarlo per la canzone del debutto: saremmo il primo gruppo di Idol ad essere esclusi dalle scene dopo appena un singolo» continua Namjoon, seguendo la stessa lunghezza d’onda del compagno.
Yoongi si lascia scappare un mezzo ghigno, accompagnato poco dopo da un’espressione fintamente offesa.
«Andiamo Namjoon, non erano poi così tremendi» si giustifica, riferendosi ai versi che ha fatto leggere poco prima all’amico. «Un po’ di apertura mentale» lo rimprovera bonariamente, guadagnandosi un’occhiata divertita dal più piccolo. «Ne ho di peggiori».
Namjoon ammicca lievemente. «Non ho dubbi, hyung».
Lasciano passare due minuti in completo silenzio, finché il leader afferra di nuovo le redini della discussione.
«Torneresti indietro, hyung
Namjoon lascia la domanda in sospeso, attirando così l’attenzione dell’altro. «A volte sembra che tutto questo non sia affatto compatibile con noi. Le etichette, i limiti, l’opinione pubblica… le aspettative. L’essere noi stessi, hyung. Non hai mai ripensamenti, quando scrivi i tuoi testi? Quando pensi ‘No, questo non lo posso dire, e quest’altro nemmeno’. Quando ti accorgi che, a volte, ti stai annullando pur di adeguarti?»
Yoongi sospira, abbandonando la montatura sulla tastiera del computer. «Perché adesso, Namjoon?»
Perché proprio adesso, che il debutto sembra così vicino. Proprio quando quasi tutti i dubbi erano stati risolti, perché proprio nel momento in cui Yoongi stesso sembrava aver trovato una sorta di equilibrio in ciò che faceva.
Perché sempre al momento giusto.
Il leader non risponde, sa che quella di Yoongi è solo una domanda retorica.
«Ne abbiamo già parlato mille volte, Nam. Ma intanto siamo qui, tutti e due. Intanto stiamo sputando sangue per arrivare… tutti e due. Tutti noi, Namjoon». Si ferma, sa benissimo cosa sta pensando Namjoon, perché altre volte è stato lui a dirglielo, lui a rassicurarlo. A pochi passi da quello che sembrava un traguardo lontano anni luce, Yoongi condivide lo stesso, spaventoso interrogativo: E se non fosse servito a niente? Se fosse tutto, un’enorme, gigantesca delusione?
Puntualmente, quando quel dubbio atroce torna a far breccia nelle loro menti, una morsa terribile torce loro lo stomaco, rendendo vano ogni giorno speso a provare, ogni callo sulle dita procurato dal troppo scrivere, ogni goccia di sudore, ogni speranza riposta in un sogno sbagliato.
Namjoon si dà dello stupido per averci pensato ancora. Gli dicono spesso che ha un bel cervello, che è la mente del gruppo, ma allora perché continua a rimuginare su qualcosa che lo sta annientando? Gli capita frequentemente di portare alla memoria ciò che ha fatto per arrivare dove è ora; gli capita di volersi rimangiare alcune scelte, di avere le vertigini se solo pensa al passato e poi a cosa lo aspetta in un futuro prossimo. Gli capita di pensare che, forse, quel ruolo da leader non gli spetta, perché non vede come potrà essere un punto di riferimento per i suoi compagni, con tutte quelle insicurezza che si premura abilmente di sotterrare in luoghi lontani anni luce da lui.
Una lacrima solitaria gli conferma che sta perdendo il controllo sui propri pensieri. Si premura di asciugarla ancor prima di sentirla estinguersi sulla guancia, ma Yoongi non se la fa sfuggire.
«Se piangi giuro che me ne vado» lo rimbecca, senza severità nel tono di voce. Si accorge che anche la propria visuale è più sfocata rispetto al solito, però stavolta ingoierà il boccone amaro senza cedere. Dopotutto, ha perso il conto delle volte in cui è stato Namjoon a dover sopportare i suoi problemi, a cercare di capire cosa non andasse in lui sebbene Yoongi facesse fatica a spiegarsi; ad accettare di condividere le proprie paure con il più grande, ma non per questo a rinunciare di metterle da parte quand’era Yoongi ad aver bisogno d’aiuto. Forse Namjoon pensa di non essere all’altezza del ruolo che gli è stato assegnato, eppure Yoongi crede che non possa esistere qualcuno di più adatto a lui. Inevitabilmente, essere leader significa anche essere forti quando invece si vorrebbe solo sprofondare, mostrarsi sicuri anche quando i dubbi divorano l’anima, dare conforto quando, invece, si desidererebbe solo riceverlo.
«Non tornerei indietro, Namjoon».
Yoongi chiude il portatile e si mette a sedere. Il più piccolo è ancora sdraiato, con gli avambracci a coprirgli il volto.
«E neanche tu vorresti tornarci. Se siamo qui è perché lo abbiamo voluto. Se siamo qui è perché ce lo siamo guadagnato. Dove andremo, io sinceramente non lo so. Anche se tutto ora sembra sbagliato, questo dev’essere il nostro posto. Con i ragazzi, in questo gruppo. Se fossimo altrove, saremmo due persone diverse, oggi. Magari migliori, ma diverse».
Ogni scelta definisce un tassello dell’esistenza che si sceglie di vivere. Ogni scelta porta ad essere una persona, piuttosto che un’altra. Ogni scelta che ha fatto, ha portato Yoongi a poter condividere ciò che pensava sarebbe rimasto per sempre incatenato al suo inconscio, ad incontrare persone buone che hanno mostrato subito profondo rispetto e ammirazione per il suo lavoro, persone che gli hanno offerto una possibilità, per quanto incerta. Ogni scelta ha portato Namjoon a diventare uno scoglio sicuro, a sentirsi utile per gli altri, ad essere una persona apprezzata ed amata, nonostante i suoi difetti. Ad essere esempio, fonte d’ispirazione e, più di tutti, amico.
Namjoon non vuole rinunciare a tutto questo. E nemmeno Yoongi.
«Comunque, nel caso vada male, posso prenderti come lavapiatti nel mio ristorante di kebab» butta lì il più grande, e l’altro non può fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso.
«Socio» rettifica Namjoon, alzandosi anche lui a sedere.
«Desolato– replica Yoongi, fintamente dispiaciuto – per quello mi sono già accordato con Jungkook».
E poi, basta una porta d’ingresso spalancata all’improvviso, un rumore assordante di borse lanciate sul pavimento e scarpe tolte dai piedi con poca grazia – Hoseok che non la finisce di parlare sebbene non abbia più nemmeno un briciolo d’energia rimasto in corpo, Jimin che si interessa delle lezioni di Jungkook e dell’adorabile gattino che Taehyung asserisce di aver trovato vicino al dormitorio nonostante voglia solo crollare sul letto, il maknae che importuna Seokjin chiedendogli cosa avrebbero potuto preparare per cena perché da lì a poco sarebbe morto di fame e lo avrebbe avuto sulla coscienza, e il più grande che, anche dopo un’intera giornata passata fuori, ha subito in mente un menu perfetto per la serata da proporre agli altri. Basta questo perché tutti quei giorni spesi a provare, quei dolorosi calli alle dita e ogni singola goccia di sudore e fatica acquistino finalmente il senso di una speranza riposta nel giusto sogno.

 
 
 
 












_________
Avevo una voglia matta di scrivere una cosa del genere; spero tanto che i dialoghi e la situazione in generale vi siano sembrati adeguati.
Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate. ^^

Grazie, a presto!


Vavi
 
 

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Capitolo 24
*** XXIV.Dolce ***


XXIV. Dolce








 
 
«No aspettate… fatemi capire bene».
Namjoon ricambia con aria sostenuta gli sguardi fin troppo insistenti dei suoi sei coinquilini, quasi ammassati gli uni sopra gli altri sul divano, con il mento alzato verso di lui e l’espressione implorante. Solo Seokjin è in piedi con le braccia incrociate, proprio accanto a Namjoon, e attende una risposta che, per il suoi gusti, sta tardando decisamente troppo ad arrivare.
«Dovrei andare a suonare alla porta di qualcuno nell’altra scala solo perché in casa manca lo zucchero?»
«Non ci sono negozi aperti nelle vicinanze oggi, hyung. E il coprifuoco è passato da un pezzo…»
La voce di Hoseok è fin troppo supplichevole e le teste di tutti che si muovono su e giù in senno d’assenso dopo la sua affermazione fanno alzare un sopracciglio di Namjoon verso l’alto: ancora non riesce a comprendere se stanno facendo sul serio oppure si è ritrovato ad essere vittima di qualche scherzo mal pensato. Magari hanno semplicemente intenzione di chiuderlo fuori casa.
«Jin hyung ci aveva promesso una torta» ammette Jimin guardando il più grande, nella speranza che gli dia man forte in quella battaglia apparentemente assurda.
«Sono tre mesi che non tocchiamo dolci». Taehyung simula un’espressione sofferente sull’orlo del pianto e Namjoon vorrebbe tanto soffocargliela in quel cuscino che tiene stretto tra le braccia con tanta foga.
«D’accordo» sospira il leader, massaggiandosi le palpebre. «Non riesco ancora a capire il problema. Cos’è, la mancanza di zuccheri vi ha spento i neuroni? Giocatevela alla morra, chi perde va».
«Quindi tu non la mangi, la torta?»
La domanda innocente di Seokjin arriva alle orecchie di Namjoon come una perfida frecciatina. Insomma, in fin dei conti lo stavano minacciando, o cosa? Non che fosse un amante dei dolci, ma sarebbe riuscito a resistere quando avrebbe sentito il profumo del pan di spagna filtrare dal forno o quando il rumore elettrico della frusta avrebbe preannunciato la montatura della panna? Sentì il suo stomaco brontolare di riflesso e le papille gustative viaggiare all’immaginaria ricerca di sapori che non gustava da fin troppo tempo.
Mentre meditava su quanto fosse dura la dieta dei trainee e su quanto infimi potessero essere, alle volte, i suoi carissimi compagni, gli altri si erano scambiati sguardi trionfanti e quasi increduli: dopotutto non c’era voluto poi molto per convincerlo. Per la prima volta erano stati tutti d’accordo nell’eleggere Namjoon, a sua insaputa, come portavoce del loro impellente bisogno di calorie, per cui sarebbe stato un vero guaio se il suddetto avesse opposto resistenza.
«Va bene, ho capito. Ma non sono stato informato prima, quindi non è giusto che vada io. Facciamo a votazione allora, voglio che la mia opinione venga presa in considerazione, visto che sono il leader».
Namjoon non era solito rivendicare l’importanza del suo ruolo in situazione futili, anzi, non lo aveva mai fatto in nessun circostanza, a dire il vero. Ma Namjoon sapeva anche che, qualora avesse posto la domanda “Perché io?”, qualcuno avrebbe sicuramente affermato in risposta “Perché tu sei il leader”, per cui decidere di anticipare sul tempo quell’argomentazione ormai inutile e datata, si era rivelata di sicuro la scelta migliore.

«Perché non vai tu, hyung, visto che sei l’esperto?»
Seokjin non si scompone, perché la motivazione di Namjoon fa acqua da tutte le parti. «Non bisogna saper cucinare per chiedere una confezione di zucchero semolato ai vicini, Nam».
Yoongi alza gli occhi al cielo e soffoca uno sbuffo che somiglia a una risatina. Non che fosse stato totalmente a favore nello scaricare l’onere al leader senza prima avvertilo, ma in fondo il non esser coinvolto in prima persona gli era sembrato decisamente più vantaggioso e Namjoon se la sarebbe cavata egregiamente in ogni caso.
«Beh, io comunque non mi sono ancora fatto la doccia – prorompe allora il leader, capendo che a quel punto è solo contro tutti e ignorando un beffardo “Si sente” borbottato da Seokjin subito dopo – quindi al momento non sono presentabile. Nemmeno mi aprirebbero, se andassi così».
«Jimin si è appena lavato».
Il commento inaspettato di Yoongi provoca la discesa del gelo più assoluto, ma è il luccichio omicida e tradito negli occhi di Jimin a far sì che perfino l’aria tranquilla di Seokjin venga intaccata da un lieve moto d’angoscia.
Yoongi, dal canto suo, sembra non rendersi conto più di tanto delle conseguenze di ciò che ha appena detto. O meglio, crede solo di esser stato d’aiuto a sbloccare la situazione: se Namjoon è così deciso a non andare, magari qualcun altro potrà prendere il suo posto.
«Magari è una signora anziana, Jimin-ah ci sa fare in questi casi».
«Hyung, ma che-»
Il più piccolo è a corto di parole, talmente preso alla sprovvista da quel cambio di rotta. Forse Yoongi ha deciso di vendicarsi con lui per quel fatto delle mutande di Jungkook. Ne sarebbe capace.
«Giusto» rincara Namjoon, calcando fin troppo l’entusiasmo. Non sa perché Yoongi ha deciso di tirarlo fuori dai guai, ma gliene è eternamente grato.
Jimin si libera dal mento di Taehyung sulla sua spalla, rizzando la schiena. «Non ha senso quello che dici, hyung, non sono mica l’unico ad aver avuto una nonna».
L’altro ridacchia, indicandolo. «Tu non conosci la mia, però».
A quel punto, il più piccolo del gruppo apre bocca e si fa coraggio a prendere la parola: vorrebbe proporre di tirare a sorte, proprio come aveva accennato Namjoon all’inizio, ma non fa in tempo nemmeno a spiccicare mezza sillaba, che il leader lo precede, facendolo sobbalzare.
«Jungkook!» esclama, come se lo stesse vedendo per la prima volta dopo secoli. Il più piccolo si ripete mentalmente che Namjoon gli vuole bene, che non farebbe mai una cosa del genere contro di lui, perché lui è quello di cui tutti si sono sempre presi cura, e non sarebbe da amici metterlo in una situazione così imbarazzante. «Tu sei perfetto, Jungkook-ah: con quel visino che hai, ti aprirebbe la porta anche un eremita».
Taac. Colpito e affondato.
«Ma-ma io…»
«Già, metti che è una ragazza magari gliene dà due di confezion- ahia! Perché mi hai colpito?!» Taehyung si scontra con due iridi che, se potessero, gli lancerebbero una scarica di saette infuocate. Jungkook non dice niente ma sembra quasi sia sul punto di piangere per quell’ennesima freccia giunta dritta al cuore.
«Se è una ragazza e mandiamo Jungkook, lo zucchero non lo avremo nemmeno per dopodomani» commenta bonario Yoongi, e il più piccolo vorrebbe definitivamente sprofondare nel divano blu del soggiorno, anche se sa che il compagno non lo ha detto con cattiveria. Taehyung se la ride e Jungkook non si trattiene dal tirargli un’altra gomitata, borbottando a bassa voce che potrebbe anche andarci lui invece di continuare a infierire sugli altri.
«Forse la cosa migliore è mandare Hoseok hyung – propone allora Jimin - lui è sempre così gentile, non gli diranno mai di no».
Jungkook e Taehyung la finiscono di bisticciare, ammutolendosi, mentre Namjoon annuisce di nuovo, contento che sia stata proposta un’ulteriore alternativa.
Hoseok si guarda intorno un po’ spaesato: in verità, se ciò bastasse a far mangiare un dolce a tutti loro in santa pace, lo farebbe anche, peccato che i suoi amici si siano dimenticati di un dettaglio non indifferente.
«Ragazzi, di là c’è l’ascensore rotto e il piede mi fa ancora male. Qualcuno dovrebbe accompagnarmi in ogni caso».
Già, la distorsione di Hoseok; si lamenta così raramente del dolore e del fastidio, che spesso tutti finiscono per non ricordarsi che la guarigione non è ancora ultimata.

«Siamo di nuovo punto e a capo» conclude allora Namjoon con uno sbuffo. Sembra davvero che la situazione sia destinata a rimanere congelata, almeno fin quando Seokjin lancia un’occhiata all’orologio e decide di risolverla a modo suo.
«Se entro cinque minuti non avete deciso, il dolce lo vedrete solo dopo aver chiuso gli occhi, nei vostri sogni».
 

 
 ◊◊◊
 
 
«Questo è l’ultimo appartamento, e se non ci aprono nemmeno qua?»
«Non è che non ci hanno aperto, magari qualcuno è fuori casa, in fondo è domenica sera».
«Sshh, ma volete stare zitti?!»
«Ecco, sento dei passi!»
«Sono Hoseok e Jin hyung che stanno ancora salendo le scale, scemo».
«Dai, sbrigati a suonare!»
«No hyung, aspetta, hai pensato a cosa dire?»
«Che dovrei dire secondo te, Jungkook-ah?!»
Davanti alla porta in legno del quarto piano di un appartamento, stanno raggruppati sette ragazzi vestiti di scuro; qualcuno di loro porta ancora le pantofole, qualcun altro non ha pettinato i capelli, uno di loro non si è nemmeno lavato, ma poco importa. Si tratta di una questione di vita o di morte.

Seokjin accompagna Hoseok sorreggendolo dietro la schiena e si impone di restare calmo. Non sa ancora perché si è lasciato coinvolgere in quella buffonata, ma se non fosse andato con loro probabilmente ne avrebbe poi pagato le conseguenze. Namjoon è in prima fila, al centro, con Jimin alla sua destra e Taehyung alla sinistra. Jungkook è nascosto per metà dietro Jimin e si tiene stretto al suo braccio, non sa nemmeno lui per quale preciso motivo. Hoseok e Seokjin fanno capolino dietro Namjoon, mentre Yoongi è spostato lateralmente e sta pregando che almeno quella porta venga aperta e segni la riuscita della missione, mettendo fine alla serata più ridicola che abbia mai trascorso con i suoi sette compagni dal momento in cui è diventato un trainee.
Quando finalmente Namjoon preme il campanello dell’appartamento, un leggero rumore simile al fruscio di calzini sul parquet giunge alle orecchie dei ragazzi. Sono tutti immobili come statue, il leader si schiarisce la voce e Jimin volta leggermente la testa perché vorrebbe dire a Jungkook che gli sta bloccando la circolazione sanguigna, ma in quel momento si sente il chiavistello della porta fare clic, perciò rinuncia e torna sull’attenti assieme agli altri. Prima di vedere la porta socchiudersi, i ragazzi odono un lontano “Tesoro, chiedi chi è”, dopodiché sulla soglia dell’uscio appare la sagoma di una bambina in pigiama giallo canarino, con la frangetta piena e i capelli a caschetto mossi e sbarazzini. Spalanca la bocca e sbarra gli occhi, guardandoli uno ad uno; Namjoon crede sia sul punto di urlare, per cui si sbriga a giocare la sua ultima carta come meglio può.
«Ehm, ciao piccolina, noi siamo-»
«Mi spiace ma non ci interessa, la mia mamma ha già tutto quello che gli serve, buona serata».
La frase viene pronunciata alla velocità della luce, con sguardo basso, dopodiché un tonfo rimbomba sul pianerottolo e i ragazzi si trovano per l’ennesima volta davanti a una porta chiusa.
Taehyung è il primo a parlare. «Che dite, suoniamo di nuovo? Magari stavolta ci apre la madre».
Yoongi fa un gesto con la mano, voltando le spalle agli altri. «Basta, io me ne torno a casa».
«Aish, che sfortuna» mormora Jimin, sconfortato, e in quel momento sente un debole “Scusa, hyung”, da parte di Jungkook, che gli molla il braccio piuttosto mortificato. Cominciano a scendere le scale per tornare al dormitorio, ma Taehyung non sembra pensarla allo stesso modo: se gli altri non intendono provarci, allora lo farà lui da solo. Jungkook impiega pochissimo a rendersi conto della catastrofe che è sul punto di accadere, perciò risale velocemente tre gradini alla volta e sta per bloccare la mano di Taehyung, impedendogli di fare un’altra rovinosa figura di merda, ma la determinazione dell’amico ha la meglio e il più piccolo si ritrova proprio accanto a lui quando, dopo appena qualche secondo, una signora di mezza età con gli occhiali calati sul naso apre la porta.
Nel frattempo, spiazzati dall’udire i passi concitati del più piccolo del gruppo e il successivo cigolio della porta, anche gli altri si sono fermati sulla rampa di scale e attendono, quasi trattenendo il fiato, le conseguenze delle solite idee geniali di Taehyung.
La signora si sistema meglio la montatura leggera; guarda prima Taehyung, poi Jungkook, il quale pensa che la propria espressione, in quel preciso momento, somigli molto a quella di chi ha visto la morte in faccia. Dopo un primo attimo di perplessità, sul volto appena segnato da qualche ruga della signora, appare un piccolo sorriso gentile.
«B-buongiorno, mi scusi il disturbo a quest’ora. Mi spiace molto aver spaventato sua figlia, volevamo solo chiederle se avrebbe dello zucchero in casa».
La parlata di Taehyung è abbastanza spigliata da far rilassare un poco anche Jungkook.
«Oh, non preoccupatevi. Se mi attendete un attimo, vado a vedere nella credenza».
«Grazie mille». Taehyung china la testa e Jungkook fa lo stesso, sfoggiando una smorfia di ringraziamento che tutto sembra meno un sorriso.
Quando la signora appare di nuovo sulla porta, assieme alla confezione di zucchero ha anche un contenitore in carta stagnola con alcuni biscotti al cioccolato dentro.
«Li ho appena fatti –dice, porgendoli a Jungkook, che ringrazia di nuovo flettendo il capo e per poco non se li lascia sfuggire di mano – vedrete quanto sono buoni. Vi ha mandato la mamma?» chiede poi, sempre con un sorriso, e il più piccolo sta per annuire, inutile impelagarsi in altri guai, ma ovviamente Taehyung non sembra della stessa opinione.
«No, viviamo soli».
Se avesse le mani libere, Jungkook se le schiafferebbe entrambe in fronte.
«Oh» mormora la signora, un po’ stupita. «Mi sembravate molto giovani. In ogni caso, quelli bastano apposta per due persone, perciò meglio così».
«Veramente saremmo in sett
«Grazie signora, le auguriamo una buona serata».
Jungkook pianta un calcio sul tallone dell’amico e ne approfitta per chiudere il discorso, salutando cortesemente la signora e portando il suo compagno via di lì. Poco dopo si sente qualche applauso provenire dalle rampe di scale, probabilmente sono Hoseok e Jimin, visto che Yoongi è già entrato in casa da un pezzo e Seokjin e Namjoon hanno parlato nello stesso momento rimproverandoli del baccano a quell’ora della sera.
Taehyung allora ruba un biscotto dal contenitore che Jungkook tiene ancora in mano e lo addenta più che soddisfatto.
«Hai visto? E che ci voleva».
 















 

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Capitolo 25
*** XXV.Parolacce ***


XXV. Parolacce
 









«Di nuovo, rivincita!».
«È la seconda volta che perdi, hyung, che rivincita vuoi?»
«Aish, sta zitto e giochiamo».
«Non c’è due senza tre, eh».
«Ti ammazzo».
Taehyung spintona la spalla di Jungkook con un piede, facendolo sbilanciare da un lato. Il più piccolo cerca di incassare il colpo ma finisce con un gomito piantato sulla moquette e il calzino di Pikachu dello hyung ancora pericolosamente vicino al volto. Reagisce quasi nell’immediato, fiondandosi sul più grande per togliergli il joystick, al ché Taehyung si chiude a riccio, piegandosi sulle ginocchia ed impedendo così a Jungkook di raggiungere il suo obiettivo; almeno fin quando sente tutto il peso del più piccolo adagiarsi sulla propria schiena e due mani dalla presa ferrea agganciare i suoi avambracci per tentare di rompere la difesa.
«Non cederò mai» sibila allora tra i denti, ormai senza fiato per lo sforzo e le troppe risate.
«Io credo proprio di sì» asserisce convinto Jungkook, deciso a passare alle maniere forti. Stavolta sono i fianchi di Taehyung ad essere improvvisamente punzecchiati da pollice e indice del più piccolo, che non gli lasciano tregua finché non è lui stesso, disteso a terra in preda agli spasmi del solletico, a dichiarare pietà e sconfitta.
«Quindi ti arrendi» dichiara Jungkook, un ginocchio piantato sull’addome del più grande, le dita delle mani incrociate con le sue in una lotta inutile di bicipiti.
Seokjin, intento a riordinare le sue cose in camera, li ha letteralmente scavalcati nel passare per il soggiorno, lasciandosi scappare solo un sospiro rassegnato; Hoseok per un momento si è lasciato coinvolgere, indicando a Jimin lo strano intreccio di corpi e commentando il fatto che Taehyung fosse in netto svantaggio rispetto a Jungkook, in quanto a forza fisica. Jimin si era limitato a replicare che prima o poi si sarebbero fatti male e che forse occorreva ridimensionare i loro spiriti combattivi onde evitare ulteriori danni al tavolino del soggiorno, già abbastanza stressato dalla poca delicatezza di Namjoon. Tutto era sembrato quasi nella norma, almeno fin quando Jungkook finisce, con tutto il suo peso e con parte di quello di Taehyung, sul mignolo del piede destro di Yoongi il quale, sfortunatamente, aveva deciso di alzarsi per andare in bagno proprio in quel momento cruciale.

Un secco “Che cazzo” risuona nelle orecchie dei presenti, facendo pietrificare i due ragazzi all’istante. Quando Min Yoongi dava il buongiorno al mondo con una parolaccia, quello non era mai un buon auspicio, se ne poteva star certi.

Jungkook si volta verso lo hyung e chiede scusa flettendo il capo due o tre volte; Taehyung fa lo stesso ma non riesce a trattenersi e continua a ridere sotto i baffi, perché l’espressione di Yoongi incazzato, con i capelli per aria e gli occhi assonnati è tanto spaventosa quanto esilarante.
Hoseok anche sta ridendo senza contegno aggrappato alla spalla di Jimin ed è sicuro che Yoongi lo stia maledicendo mentalmente. La poca grazia con la quale chiude la porta del bagno conferma al gruppo che quello non era stato per Yoongi uno dei migliori risvegli.
Impiega poco ed è di nuovo fuori, il suo sguardo sembra addirittura più spaventoso di prima, o forse sono solamente i capelli che ha cercato di pettinare invano a farlo assomigliare molto ad un istrice su di giri.
In realtà sembra quasi che tutti stiano osservando la scena piuttosto interessati e Namjoon non può fare a meno di schiaffarsi una mano sul volto quando capta da lontano i borbottii sommessi di Yoongi, intervallati ogni due per tre da espressioni colorite e poco consone alla situazione.
«Lo hai sentito, hyung?!» esclama Taehyung, ma Yoongi ignora bellamente la discussione anche se si sta parlando di lui, raggiungendo di nuovo il proprio giaciglio, deciso a metterci radici almeno per le successive due ore. D’altronde, sono tre giorni che non dorme. «Ha detto-»
«Lo so che ha detto» replica Namjoon un po’ evasivo: aveva erroneamente pensato che gli ultrasuoni di Yoongi fossero udibili solo ad orecchie allenate come le sue. Evidentemente la convivenza a sette aveva portato i suoi “frutti”.
«Quindi gli tocca la settimana in cucina?» Hoseok guarda Seokjin, che nel frattempo li ha raggiunti.
Anche Namjoon ora rivolge lo sguardo al più grande, il quale però non sembra volersi pronunciare,visto che non ha potuto assistere alla scena. Dopodiché tenta con un approccio pacifico.
«Beh, considerando che Jungkook gli era appena salito su un piede, forse…»
«Ma ha detto caz- la parola con la C!» Il più piccolo del gruppo si riprende appena in tempo, fulminato da uno sguardo di Jimin e memore della punizione che gli era toccata due settimane prima per aver dato troppo sfogo alla propria indole selvaggia e apparentemente repressa, durante una partita contro Taehyung.
«Ha detto tre volte la parola con la C» gli fa eco Taehyung, saccente.
Al ché Jungkook lo contraddice. «Quattro».
«Aish, le avete contate?!» Jimin li squadra entrambi, piuttosto incredulo.
«Jimin-sshi tu sei già a tre questa settimana, quindi fai poco il bacchettone. Alla prossima lavi i piatti con lo hyung».
I due coetanei si scambiano sguardi di fuoco e Jimin si sente decisamente al centro dell’attenzione. I suoi compagni sanno che è il meno incline a lasciarsi sfuggire parole di un certo tipo. D’altronde non è nemmeno abituato a tenere il conto o a preoccuparsi di amici traditori pronti a spifferare i suoi sbagli al vento da un momento all’altro.
Nel venire a conoscenza di quella confessione inaspettata, Namjoon non può che sentirsi in colpa; a differenza di Seokjin, che pur non avendo un linguaggio sempre pulito e impeccabile, almeno si premura di essere discreto e di non farlo davanti ai più piccoli, lui e Yoongi sono sicuramente quelli più propensi a lasciar trapelare i loro problemi sotto forma di parole colorate. Si può dire che entrambi hanno contribuito a disegnare un suggestivo arcobaleno in casa Bangtan. Arcobaleno che, a quanto pare, sembra avere un che di contagioso.
«Se è per questo, ti ho sentito dire la parola con la M due giorni fa» replica Jimin.
«Merda non è una parolaccia!» si difende Taehyung, piuttosto interdetto.
«Cacca non è una parolaccia» lo corregge Hoseok, incrociando le braccia.
«Va bene, allora la prossima volta userò cacca».
«Volete fare un elenco?»
Seokjin si inserisce con tono abbastanza ironico, ma Taehyung è talmente preso dalla questione che in un lampo ha recuperato un taccuino da sopra la libreria e ci sta scribacchiando sopra qualcosa.
Namjoon, intanto, inizia a pensare che l’idea di ridimensionare tutti infliggendo “punizioni” domestiche non ha sortito affatto l’effetto che avrebbe sperato, né su di lui né sugli altri del gruppo, visto che si è arrivati a parlare “per iniziali” come un gruppo di bambini alle prime esperienze nel misterioso universo adulto.
«Ma poi quale sarebbe questo Paese dove tutti mandano tutti? Ormai non c’è più nessuno affancu-».
«Ok, basta».
Taehyung viene interrotto per l’ennesima volta prima che possa peggiorare anche lui la propria situazione. Il leader sa che è il momento di prendere in mano le redini; probabilmente è la giusta occasione per parlare francamente ai suoi compagni, scusarsi magari, e portarli a riflettere sul fatto che nessuno di loro è più un bambino – o forse giusto uno – e che quindi la trovata delle punizioni deve finire una volta per tutte, in modo che ognuno impari a prendersi le proprie responsabilità. Dopotutto, l’importante è sempre essere educati e mantenere una certa decenza, almeno in determinate circostanze. Insomma, non è poi un compito così difficile da prendere in carico.
«Se avete finito di rompere i coglioni, io vorrei dormire. Grazie».
Quand’ecco arrivare la secchiata d’acqua di Min Yoongi, dalla camera da letto, che accartoccia in un baleno tutte le buone  intenzioni del leader il quale, dopo aver scrutato ognuno dei suoi compagni, decide autonomamente di emettere il verdetto finale, per quanto drastico e doloroso esso sia.
«D’accordo, è deciso. Da questo momento in poi, al posto delle faccende in cucina, chi supera il limite offrirà una cena a tutti. Membri dello staff compresi».
«Cosa?!» E’ incredibile come solo Namjoon riesca ogni volta ad intaccare la preziosa imperturbabilità di Kim Seokjin.
«N-non è un po’ esagerato, hyung?» tenta Hoseok, ottenendo uno sguardo preoccupato di Jimin in risposta. «Non abbiamo nemmeno i soldi per la spesa…»
«Si può fare» sussurra  Jungkook tra sé e sé, consapevole che, per quanto riguarda lui, non dovrebbero esserci troppi problemi. Tuttavia riceve un’occhiata abbastanza eloquente sia da Taehyung che da Jimin, i quali probabilmente sanno più degli altri e, silenziosamente, gli intimano di non essere troppo sicuro di sé, perché in futuro potrebbero anche decidere di non coprire i suoi rari - ma comunque presenti - strappi alle regole.
 
 
 
Nel frattempo, a qualche metro di distanza, Min Yoongi ripete a mente i motivi per i quali non vale la pena uccidere Namjoon una volta che farà ritorno in stanza. Stranamente, sono meno di quanti si aspettasse.
«Andrò in bancarotta».
 

 









 
_____________

Allora… il prompt è stato suggerito dalla cara Blue Poison. Perdonami, probabilmente ti saresti aspettata qualcosa di più soft e meno esplicito (avevo detto niente capitoli da “scaricatore di porto”, vero? XD), ma questo è quello che ne è uscito, quindi spero possiate apprezzare lo stesso. Anzi, spero di non aver dato fastidio a nessuno. Il tutto è ovviamente in chiave scherzosa e anche parodica, se vogliamo.
Sì, non ho escluso alcun membro dalla brutta abitudine, nemmeno Jungkook stavolta. Qualche studioso di sociologia diceva che si apprende per imitazione. XD
Colgo l’occasione per ringraziare di cuore tutti coloro che hanno iniziato a seguire la raccolta o che l’hanno inserita nelle varie categorie. Anche se non sento la vostra “voce” so che ci siete e questo mi fa un piacere immenso. Grazie <3


Ps. Perdonatemi se ultimamente aggiorno a singhiozzo, ma ho avuto alcune questioni lavorative/di studio da sbrigare. Inoltre c’è stato anche un certo COMEBACK al quale star dietro. E io sono vecchia, mi perdo le cose per strada, non ce la faccio a fare tutto. Bangtan, abbiate pietà delle noonas che vi seguono XD.

Vavi

 

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Capitolo 26
*** XXVI.Limiti ***


XXVI. Limiti
 









Le dita minute di Jimin giocano le une con le altre in modo nervoso, contorcendosi su se stesse, mentre i denti intrappolano con un affondo il silenzioso tremolio del labbro inferiore, specchio di una preoccupazione ormai fin troppo evidente. Namjoon gli sta parlando e Jimin sa che dovrebbe ascoltare, perché il leader non apre mai bocca per dire qualcosa di inutile, eppure il ricordo delle parole del manager ancora non ha smesso di riecheggiargli nelle tempie come un insistente e fastidioso mal di testa. In verità, Jimin lo percepiva da un po’, che il suo training non stava andando esattamente a gonfie vele; solo nel ballo i suoi risultati erano sempre impeccabili, ma gli esami di canto continuavano a non dare i frutti sperati, i voti a scuola superavano di poco il limite per lui accettabile, le ore di sonno diminuivano e anche il suo peso forma cominciava a vacillare. A parte le evidenti lacune che Jimin aveva scoperto di avere in ambito canoro, col passare del tempo un pensiero fin troppo distruttivo si era istillato dentro di lui in modo subdolo, finendo per indebolirlo giorno dopo giorno. Forse, si diceva, la sua insegnante di ballo dell’Accademia aveva avuto ragione fin dall’inizio; forse Jimin avrebbe dovuto continuare a praticare la danza contemporanea, investendo le sue energie per l’unica disciplina in cui era davvero portato. Forse, pensava, la vita da trainee e i suoi ritmi non si addicevano ad una persona sensibile ed emotiva come lui.
«Non è un giudizio definitivo, giusto?»
Jimin scuote stancamente la testa, spostando il peso sulla gamba sinistra. «Ho ancora tre settimane di tempo».
Lo osserveranno attentamente, pronti a trovare anche un’unica falla che possa determinare la sua definitiva uscita dal gruppo. Non è la prima volta che Jimin riceve un avvertimento simile, ma affrontarlo adesso, a così pochi passi dalla riuscita, è più doloroso che mai. Perché non si rischia solo il futuro, ma è la propria integrità mentale e fisica che Jimin sente lentamente sgretolarsi. Ha davvero sbagliato tutto?
«Jimin-ah, devi solo concentrati di più su ciò che stai facendo. E crederci, soprattutto. Smetti di pensare che qualcosa non sia adatto a te o che tu non possa arrivarci. Non darti dei limiti, e se lo fai, pensa che è solo per poterli superare».
Namjoon ha sempre una parola buona per tutti e forse è il compagno che sente più vicino in questo momento, magari perché è il leader e anche lui, in qualche modo, percepisce una sorta di responsabilità nei suoi confronti.
Seokjin, quel pomeriggio, ha cucinato una zuppa di kimchi accompagnata da riso bianco. Erano più di due settimane che non metteva mano ai fornelli; la schedule del gruppo aveva costretto i membri ad andare avanti contando solo sul cibo istantaneo oppure ordinato per telefono, perciò tutti accolgono quel pasto inaspettato con un inevitabile luccichio di gioia negli occhi, sebbene siano le quattro del pomeriggio e mangiare al di fuori degli orari prestabiliti sia un grave strappo alla regola. Però, mentre sono a tavola, nessuno fa notare a Seokjin che ha appena distrutto almeno due giorni di dieta ferrea, disattendendo alle aspettative dei nutrizionisti che li seguono. Perché lo stare a tavola tutti insieme comincia ad essere un momento importante, uno di quelli che, col tempo, inizia a mancare; Hoseok guarda Jimin, e scorge nei suoi occhi una tristezza infinita che, se solo potesse, riverserebbe fuori dalle proprie iridi stanche senza alcun tipo di riserva. Il kimchi è uno dei piatti che Jimin preferisce; lo sa Seokjin, lo sa Hoseok, lo sanno tutti quanti.
«Hyung, l’hai fatto bello piccante stavolta, vuoi ucciderci per caso?»
Hoseok tossisce e ride allo stesso tempo, e in quel momento Jimin prende coraggio per assaggiare il primo boccone, dovendo concordare con il compagno – il kimchi è davvero esplosivo. Magari è proprio questo che Jin gli sta dicendo; a volte si può anche rischiare, dopotutto la monotonia non ha mai fatto parte della vita di Jimin. Il peperoncino delle verdure, grintoso, si scontra e si amalgama con armonia assieme al dolce del riso, creando un mix di sapori stranamente gradevole ed equilibrato. Jimin si impegna sempre al massimo nel fare le cose, ma spesso rimane ancorato a dei canoni, perché la novità un po’ lo spaventa; non dà fiducia al se stesso che invece vorrebbe andare oltre il possibile, tentare, magari sbagliare di più ma farlo sapendo di aver investito ogni parte di sé, anche quella più nascosta.
«È buonissimo». Si complimenta con Seokjin il quale, in verità, ha fatto un boccone troppo grosso e ora è in balia delle pacche di Namjoon per poter tornare a respirare.
Jungkook spazzola per primo il cibo nel proprio piatto, senza dire una parola. Penserebbe ai morsi della fame, se non fosse che Jimin non ha sentito la sua voce nemmeno una volta nell’arco dell’intera giornata.
Taehyung gli è seduto accanto e gli ha appena fatto assaggiare un boccone della propria porzione, “più saporita”, a detta sua. In verità alla fine gliel’ha lasciata quasi tutta, perché il bis non è rimasto e Taehyung sa quanto al coetaneo piaccia quel tipo di pasto. Mentre sono intenti a bere un bicchiere di latte per smorzare il bruciore sul palato, Taehyung gli parla del fatto che tra due giorni hanno la serata libera, e che forse dovrebbero tornare ad allenarsi un po’ in palestra. Lui, in verità, non ha mai amato lavorare con gli attrezzi, ma se quello è un modo per stare assieme a Jimin senza che il compagno si senta in colpa del tempo che scorra, allora è pronto a scambiare la sua preziosa giornata di relax per fare qualcosa di utile assieme al suo migliore amico.

Verso sera, Jimin si sta esercitando da solo per la prova di canto che dovrà affrontare a breve, forse una delle più importanti da quando ha messo piede in quell’agenzia. Tiene sulle gambe un libro di scuola, visto che lo stesso giorno ha anche un’interrogazione, ma al momento vuole che le corde vocali vengano impiegate solo per intonare note musicali. Nemmeno si accorge dell’ombra di Yoongi che si avvicina, con una tastiera infilata sotto al braccio, di quelle piccole e amatoriali, ma ben funzionanti.
«Hai sbagliato almeno due volte la tonalità, Jimin» è il suo saluto, molto diretto ma tranquillo. «Posso?» chiede, e Jimin fa un segno d’assenso, al ché il più grande gli si siede accanto, sul tappeto del soggiorno. Yoongi non ne sa molto di canto, ma la musica – quella la conosce -, e se può in qualche modo dare il suo contributo, per quella sera rinuncerà a terminare il testo che sta scrivendo.
Inizia componendo melodie di poche note, per poi chiedere a Jimin di cantarle riproducendo fedelmente tutti i suoni. Aumenta la difficoltà modificando continuamente la scala e alternando suoni acuti a gravi; Taehyung e Seokjin li raggiungono unendosi alla sfida, che ben presto diventa un pretesto per vedere chi raggiunge la nota più alta e chi quella più bassa. Alla fine, Jimin è l’unico il cui falsetto arriva a toccare note altissime.
«Jimin, ho finito i tasti» è il bonario commento di Yoongi, il quale si complimenta segretamente con lui per l’ampia estensione vocale che effettivamente possiede. Namjoon quella sera ha deciso di non rimproverarli per l’ora tarda ed è rimasto in camera ad ascoltare  musica assieme ad Hoseok. Il più piccolo del gruppo, invece, è andato ad osservare i compagni durante la loro prova canora, ridendo ogni tanto per le stonature di Taehyung e la – ormai famigerata – vena pulsante sul collo di Seokjin ad ogni sforzo troppo intenso delle corde vocali.
In realtà, la giornata era finita prima del previsto – volata – e a mezzanotte in punto tutti stavano già nei propri letti, sotto le coperte, per poter attendere le prove dell’indomani alle quattro in punto della mattina. Jimin rimane alzato più degli altri perché Yoongi gli ha lasciato la tastiera musicale e, a volume minimo, si permette di intonare ancora qualche nota della canzone che deve imparare. Ad un certo punto però, la vibrazione del cellulare lo distrae e, un po’ sorpreso che qualcuno lo stia contattando a quell’ora, prende lo smartphone tra le mani, per poi scuotere lievemente la testa nel constatare l’effettivo mittente del messaggio.

Jungkookie
Hyung, vieni a dormire.

Si lascia scappare un flebile sorriso. Ed eccolo lì, il Jungkook che non apre bocca fino alla sera ma che poi, in qualche modo, deve far sentire che c’è. Jimin lo sprona sempre ad esternare di più ciò che pensa, ma non è mai facile con lui. D’altronde, anche quel messaggio, seppur spedito dalla camera accanto, ha per Jimin un enorme valore.

Jimin hyung
Ora vengo, non aspettarmi.

Passa qualche minuto prima che il più grande possa vedere di nuovo il display illuminarsi.

Jungkookie
Domani sarà meglio di oggi, ne sono sicuro. :)

Quello è il suo modo per dirgli che non deve mollare, Jimin lo sa. E intanto Jungkook, nel suo letto, sta silenziosamente maledicendo se stesso per non esser riuscito a parlare faccia a faccia con lo hyung, spronarlo a non arrendersi, perché ha tutte le carte in regola per farcela, e perché, un po’ egoisticamente, Jungkook non vuole che Jimin se ne vada. Nessuno di loro ora può lasciare il team, perché loro, nonostante tutto, sono già un gruppo… sono già una famiglia.
Quando entra in camera, qualche minuto dopo, Jimin cammina nel modo più silenzioso possibile. Prima di illuminare con il cellulare il suo letto, come sempre fa quando è l’ultimo ad addormentarsi, rimbocca le coperte sgualcite del più piccolo, si sporge un poco per vedere se sta dormendo e, delicatamente, gli sfila il telefono dalle mani, poggiandolo sul comodino. Poi però ci ripensa e, dato che la schermata è ancora aperta sulla loro conversazione, decide di lasciare un piccolo messaggio che Jungkook potrà leggere il giorno successivo.
 
 
Grazie.















 
***
Stavolta nasce prima l'idea e poi il prompt. Quando ho sentito che Jimin ha rischiato di esser escluso dai BTS durante il training ho pensato che avrei dovuto scriverci qualcosa sopra. Cioè, chi CASPITA era che voleva mandar via PARK JIMIN?! Di sicuro se ne sarebbe pentito per tutta la vita LOL.
Come sempre, spero vi sia piaciuto <3
Auguro un buon inizio di settimana a tutti.

Ps. Nam con i suoi pelligrinaggi in giro per l'Italia ci sta facendo impazzire tutti, eh? Io sono di Roma. Vi lascio immaginare T_T. (Chi è nel Nord si prepari, secondo me viene anche là! XD)


Vavi

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Capitolo 27
*** XXVII.Natale ***


XXVII. Natale










Potrebbe essere un giorno come tutti gli altri.

Le temperature sotto zero sfidano i termometri e la neve rende le strade inagibili – tutto è specchio dell’inverno precedente, o forse no... non esattamente.
Le luci, quelle ci sono, col loro barlume intermittente fuori dalle vetrine dei negozi e sulle insegne dei bar, intrecciate attorno alle inferriate dei terrazzi o tra i rami di un abete improvvisato, proprio al centro della piazza principale della città.
I marciapiedi sono rumorosi – i bambini tirano le mani dei genitori verso un giocattolo che sperano di ricevere da Babbo Natale, le coppie si tengono per mano; alcune sussurrano o spalancano gli occhi alla vista del meraviglioso panorama cittadino in quei giorni di gran festa.
Ogni ingrediente è lì, perfettamente al suo posto, eppure così lontano, come un eco ovattato di sottile nostalgia. I luccichii, i colori, i suoni, stuzzicano i sensi di sette ragazzi chiusi in un’asettica sala prove dalla mattina di quello stesso giorno, portando alla luce memorie nitide, ricordi lontani di un passato che ora sembra distante da loro, un tempo così ordinario e ora talmente desiderato da far male.

Seguono tutti gli stessi passi, quella sera: un accenno di coreografia per il debutto, qualcosa che somiglia vagamente alle esibizioni da brividi degli idol – un tentativo di arrivare là dove, mesi prima, non si sarebbero nemmeno sognati di poter immaginare, però continua ad esserci qualcosa di sbagliato, un’unica pecca che rende quella sera più grigia delle altre.

Namjoon è lì, dietro a tutti, non perde nemmeno tempo ad asciugarsi il sudore – lo lascia colare a terra, sul pavimento rigato dalle suole delle scarpe e pregno delle loro interminabili fatiche; assieme a lui c’è Seokjin, i movimenti che hanno perso scioltezza e le gambe sempre più molli sotto il peso inevitabile della stanchezza.
Yoongi non ha detto una parola per tutta la sera, limitandosi ad eseguire le direttive del coreografo. A quell’ora stenta a trovare la giusta motivazione per continuare a provare, perché gli sembra di tornare ogni volta al punto di partenza – anzi, se proprio deve ammetterlo, crede di star peggiorando. Taehyung, sulla sua stessa linea d’aria, è quasi senza fiato, e infatti si ferma abbandonando la posizione – qualche scusa, nemmeno si sente, tanto è flebile - fiondandosi su una boccetta d’acqua gelida che in quel momento rappresenta la sua unica fonte di sollievo.
Jimin, Jungkook e Hoseok davanti, loro sono l’esempio – fuori, tre ballerini la cui forza di volontà sembra invincibile, quasi baldanzosa tra quei movimenti in perfetta sincronia con la musica, puliti, così dannatamente giusti – dentro, Jimin sta stringendo i denti, i muscoli delle gambe gli bruciano come carboni ardenti, Jungkook, se ne vergogna, ma vorrebbe tanto piangere, perché davvero non ce la fa più, e Hoseok fatica a tenere aperti gli occhi, prende la forza dai suoi compagni, si dice che al prossimo passo mollerà – non può chiedere altro al suo corpo – ma poi ci ripensa e si spinge più in là, fin quando la vista trasformerà le sfumature di colore in ombre grigie e la coscienza lo abbandonerà definitivamente, lasciando il posto ad un riposo innaturale e forzato.

«Possiamo… fermarci un attimo?»

Alla fine lo ha detto, proprio lui, un’unica voce per tutte quante e i ragazzi si bloccano sul posto, ringraziando Hoseok con ogni cellula della loro essenza. Il coreografo sospira, si passa una mano sul volto – probabilmente quella richiesta lo ha messo in difficoltà – ma alla fine cede, concedendo non solo una pausa, ma il congedo definitivo di tutti i membri.
«Buonanotte» dice solo, prendendo le sue cose. «E Buon Natale». Raccomanda loro di riposare adeguatamente, perché il giorno seguente avrebbero ripreso alle sei del mattino – che, facendo un breve calcolo, significava esattamente quattro ore dopo.

C’era decisamente qualcosa di sbagliato, in quel Natale.

Jimin beve un sorso dalla propria bottiglia, poi la lancia a Jungkook che la scola fino all’ultima goccia senza nemmeno prendere aria dal naso. C’è un silente scambio di borracce, perché ciò che è rimasto dalla lunga giornata si divide – ognuno strofina il volto sulla propria asciugamano, poi le braccia, il collo e una frizione veloce ai capelli: si deve tornare al dormitorio di filata, se non si vuole rischiare un colpo di freddo.
Una macchina li attende fuori dall’agenzia; al suo interno, Seokjin siede al posto davanti assieme a Namjoon, che è già crollato contro il sedile da venti minuti. Hoseok ha abbandonato il capo sulla spalla di Jimin, il quale ha adagiato il suo su quella di Taehyung, a sua volta unico appiglio per la testa ciondolante di Jungkook. Tutti dormono e non dormono, sospesi in un limbo di sonno veglia stranamente buio e privo di sogni. Quando l’auto si ferma, Namjoon apre lentamente gli occhi e sbadiglia, Jimin sobbalza, svegliando Hoseok e Taehyung, che subito scuote Jungkook per intimargli di aprire lo sportello e scendere. Tutto avviene nel più assoluto silenzio; i piedi toccano l’asfalto ghiacciato, le teste si chinano e ringraziano – qualcuno azzarda dei timidi auguri di buon natale- ma poi le iridi tornano a guardare per terra e le menti sono già proiettate al giaciglio morbido che li attende.
Si liberano di sciarpe, cappelli e giubbotti pesanti, concordano i turni per lavarsi e, avvicinandosi ai propri letti, iniziano a piegare i vestiti, preparando quelli per dormire.
Mentre è impegnato a rovistare tra le proprie cose – malamente abbandonate ai piedi del letto - Jungkook percepisce la mano di Taehyung lasciargli una carezza tra i capelli, poi alza il capo e lo sente conversare a bassa voce con Jimin, prima di vederlo sparire in direzione del bagno. Namjoon e Yoongi sono silenziosi – il leader sventola un paio di calzini dicendo che non sono suoi, ma appena Hoseok li rivendica come propri, ecco che la sua attenzione torna inevitabilmente alla sistemazione, distratta e poco ordinata, delle lenzuola.

Seokjin non si vede da quando ha chiuso la porta di casa dietro di sé, ma i ragazzi sentono dei rumori provenire dalla cucina – forse sta spizzicando qualcosa prima di dormire. Al solo pensiero, lo stomaco di Jungkook fa una capriola: quant’è che non mangia, sei, sette ore? Scuote la testa sperando di cacciar via quello stimolo inopportuno, mettere qualcosa sotto i denti e poi coricarsi vorrebbe dire svegliarsi l’indomani con l’intestino sottosopra.
Quando, un istante dopo, la sagoma del più grande del gruppo si palesa dinanzi agli altri, ha indosso i pantaloni morbidi e larghi di una tuta grigia, mentre sopra tiene ancora la maglia bianca che ha usato durante le prove. Lascia andare un lungo sospiro, come se si stesse liberando di un peso, e le sue parole sferzano l’aria al pari di una brezza leggera; fresca, ma piacevole.
«Bulgogi e kimchi si raffredderanno».
Fa un gesto indicando la cucina alle proprie spalle, massaggiandosi un poco il collo intorpidito e dolorante.
Tra occhiate perplesse e bocche aperte al limite dell’assurdo, i ragazzi rimangono attoniti a fissare Seokjin, fin quando il volto di Jimin, da inespressivo, acquista un’improvvisa connotazione sconvolta.
«Cosa?» Intende chiedergli se può ripetere, perché di sicuro ha sentito male, ma Namjoon lo precede.
«Quando?» domanda il leader, e Seokjin ha la certezza che almeno uno di loro sembra aver afferrato il concetto. «Quando li hai preparati?»
«Eh?» Taehyung fa la sua lenta discesa dalle nuvole.
Seokjin alza gli occhi al cielo, sospirando. «Che diavolo di Natale sarebbe senza almeno una cena di Natale, ah? Sbrigatevi o mangio tutto da solo».
«Cena?»
«Natale?!»
Yoongi e Hoseok parlano uno dopo l’altro - il tempo di metabolizzare tutto e il più grande del gruppo si trova strizzato tra le braccia di Hoseok di dietro, quelle di Taehyung davanti e, a completare il cerchio, l’abbraccio di Jimin che li prende – o almeno, ci prova – tutti quanti. Yoongi e Namjoon sono corsi di là, il secondo applaude estasiato, il primo lo segue complimentandosi con Seokjin e l’ottimo profumo speziato dei piatti. Jungkook viene semplicemente trascinato in cucina da Taehyung che lo fa sedere accanto a lui, mentre il silenzio del dormitorio lascia il posto a battiti allegri di mani, rumori sordi di stoviglie e voci che si amalgamano in un tripudio di sorpresa e riconoscenza.
D’improvviso non c’è più la stanchezza, i dolori, le prove della mattina, ci sono solo loro sette, attorno a quella tavola grazie al pensiero di un Babbo Natale molto speciale. Acqua e bibite dolci popolano la tavola imbadita al posto dello shoju; Jungkook si appropria di una lattina, mentre mastica a volto basso il riso e lo sente un po’ troppo salato, perché sono le sue lacrime che sta mandando giù, e a dire il vero non sa nemmeno lui se sta piangendo o ridendo, o magari entrambe le cose. Jimin si sporge verso di lui, cerca di alzargli il mento con un dito, gli scuote una spalla, sorride, sorride tantissimo, e con lui anche Taehyung lì accanto, e tutti gli altri. Jungkook chiede scusa, si asciuga gli occhi, mangia un altro po’ di riso e finalmente solleva il volto, lasciando intravedere due iridi grandi e un po’ rosse stracolme di gratitudine.

Forse quel Natale non è poi così sbagliato.














 


Scusate il vergognoso ritardo.
Non era questo il capitolo che stavo scrivendo, ma avevo voglia di fare un prompt del genere, così eccoci qui. Spero tanto vi sia piaciuto<3

A presto (la speranza è l’ultima a morire),


Vavi

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Capitolo 28
*** XXVIII.Abitudini ***


XXVIII. Abitudini









 
Sono le cinque e mezza a Seoul, Corea del Sud, e le temperature, nonostante sia Primavera, faticano a salire sopra i dieci gradi centigradi. In casa Bangtan persino l’aria è immobile, quasi rarefatta in una dimensione onirica di eterna sonnolenza; i membri si muovono pigramente verso mete prestabilite, le gambe li guidano sicure, un passo dopo l’altro, anche senza l’aiuto della vista – ancora impastata e quasi abbandonata dietro palpebre letargiche. Il silenzio è un fruscio di vesti, passi e strani grugniti, tintinnii di stoviglie e lievi gorgoglii arrivano dalla cucina, mentre l’acqua scorre a rinfrescare i volti – unico appiglio di salvezza in una giornata che sembra faticar troppo ad iniziare.
Tutto rimane fermo nel suo pigro andare, fin quando un Jungkook più svestito del solito fa la sua comparsa davanti al più grande del gruppo che, dimenticandosi di avere del dentifricio in bocca, lo indica con lo spazzolino mentre incede sicuro verso la cucina, e inizia a borbottare provocando un risveglio traumatico a Namjoon il quale, prima di ricevere uno schizzo alla menta in piena faccia, se ne stava beatamente per i fatti i suoi ad aspettare il suo turno per lavarsi, letteralmente addormentato all’impiedi davanti la porta del bagno.
«Ma shi può shapere dove cavolo va quell’incoshhhente shvestito a quel modo, che si gela, e tra quindishi minuti abbiamo il manasher in dormitorio?»
Non che il leader ci abbia capito molto, ma alla parola manager il suo occhio destro apre un piccolo spiraglio, d’altronde si ricordava di quella visita e, ora che ci pensa, ha già indosso una tuta presentabile, per cui gli basterà sciacquarsi il volto e sarà fresco come una rosa. In poche parole, finché Seokjin non libera il lavandino, può tornare a dormire.
Qualche istante dopo l’osservazione del più grande, Jimin appare dietro al più piccolo del gruppo, adagiandogli sul capo una maglia bianca ed esortandolo, con tutta la forza di volontà che possiede a quell’ora della mattina, ad indossare almeno quella, onde evitare di accogliere il manager in modo poco decoroso. Tra l’altro, Jimin non vorrebbe infierire, ma le mutande che Jungkook sta sfoggiando in bella vista non sono nemmeno le sue, perché non ricorda affatto che il compagno ne abbia mai avute di color blu elettrico nel proprio armadio. Dopo averci rimuginato un altro po’ e aver deciso che Jungkook è impresentabile, Jimin fa dietro front e corre a recuperargli anche un paio di pantaloni – i primi che troverà in giro per la stanza. Già che ci pensa, se non si sbriga, sarà lui a fare una pessima figura, mostrandosi con il pigiama dei supereroi di suo fratello minore addosso.
«Ha preso esempio da Taehyungie» commenta Hoseok, segnalando a Jungkook che ha messo la maglia al contrario, accomodandosi poi accanto a lui per sorseggiare una bevanda calda.
Il diretto tirato in causa non è in grado di reggere nessun tipo di accusa o discussione che richieda più di un monosillabo come risposta, per cui riempie la propria tazza con il caffè riscaldato precedentemente da Seokjin e li raggiunge a tavola.
«E pensare che un anno fa dormiva vestito per non doversi cambiare davanti a noi o occupare il bagno per troppo tempo». L’inizio di una conversazione ha risvegliato anche Jimin, il quale fornisce a Jungkook i pantaloni di cui ha bisogno, puntellandogli un dito su una spalla per indicargli che sono dietro di lui e che farebbe meglio a metterli quanto prima. Jungkook lo guarda da sotto la zazzera spettinata e dall’occhiata stralunata che gli rivolge non sembra aver afferrato il concetto, ma Jimin lo prende per un sì e decide di iniziare a consumare la propria colazione prima dell’inizio delle prove.
«Tutte le brutte abitudini le ha prese da voi» commenta Seokjin, finalmente vestito e pettinato, ma ancora indaffarato a raggruppare le cose da portare in sala prove, per poi sistemarle in un borsone.
Yoongi si strofina gli occhi con una mano sola, dando il suo contributo alla discussione attraverso un immenso sbadiglio. «Il letto di Jungkook è uguale a quello di Jimin» biascica, indicando l’amico con la sua tazza.
Il ragazzo appena nominato, per tutta risposta, mette su una specie di broncio. «Cioè?»
«Pare vi sia esploso l’armadio sopra» completa Namjoon, mentre getta un’occhiata veloce al maknae: sta ascoltando, sta dormendo, o…?
«Se è per questo qualche abitudine l’ha presa anche da te» ribatte di nuovo Jimin, affatto contento dell’accusa precedentemente ricevuta da Yoongi. Jungkook sembra seguire con gli occhi l’andamento del discorso, ma pare decisamente più interessato ad ispezionare il contenuto di una confezione in cartone duro, presumibilmente contenente qualche cibaria.
«E sarebbe?» è la domanda noncurante di Yoongi, il quale sa di avere la coscienza a posto ed è sicuro che, se proprio il più piccolo del gruppo ha veramente assorbito qualcosa da lui, sicuramente si tratta di doti artistiche o aspetti caratteriali degni di nota.
«La tendenza a prendere indumenti altrui».
Hoseok risputa nella tazza quel poco di caffè lento che stava per mandar giù, scoppiando a ridere e beccandosi una gomitata da Seokjin, accompagnata da un commento indignato sull'educazione del compagno. Sembra di sentire, nel casino che si è generato, anche la risata debole di Taehyung, i cui neuroni hanno iniziato a carburare grazie all’aiuto della caffeina.
A quel punto solo Namjoon pare accorgersi di un flebile «Che?» uscito dalle labbra di Jungkook ed esauritosi del giro di qualche secondo, una volta appurato che nessuno dei membri sembra filarselo più di tanto – nonostante si stia parlando di lui – per cui tanto vale tornare a concentrarsi sulla colazione.
«Non so di cosa tu stia parlando» lo liquida Yoongi con un’alzata di spalle, sperando che in quel frangente Jimin non venga preso troppo sul serio.
Il sussurro di Taehyung vuole essere uno spiraglio di luce in quella lista devastante di cattivi esempi. «Grazie a Hoseok hyung, ora Jungkookie sa a memoria la maggior parte delle coreografie femminili». Beh, non che c’entri molto in realtà.
«E grazie a Namjoon si è aggiunto alla lista di quelli che lasciano la tavoletta del wc alzata».
Il leader scocca un’occhiataccia a Seokjin nello stesso momento in cui il campanello dell’appartamento produce un orribile suono di annunciato patibolo e Jungkook alza il capo, forse per dire finalmente la sua in proposito - o almeno questo è quello che pensano i membri prima che apra bocca per domandare, con quella che si percepisce come una lieve irritazione nella voce, il principale nodo problematico dell’intera mattinata:

«Ma chi è che ha finito i cereali?»
 
 
 
 
 
 
 
 
 





E quella che Namjoon porge all’orecchio di Seokjin poco dopo pare più una supplica, che un’effettiva richiesta, visto l’ormai – facendo tutti i dovuti scongiuri – vicino debutto.

«Manteniamo comunque il concept, carino e coccoloso, ok?»








 
 

 










Buonsoir!
So che con la lunghezza vi ho abituati bene e questa pare cortina (e un pò lo è), ma ci devo riprender la mano e volevo ricominciare con qualcosa di leggero. Spero che in ogni caso vi abbia tenuto compagnia! :)
Grazie a chi continua a seguirmi nonostante i miei immensi ritardi <3

Vavi


 

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Capitolo 29
*** XXIX.Scelte ***


XXIX.Scelte
 
 
 
 
 
 
 
 
Una piccola valigia con le rotelle addossata alla parete stretta della camera da letto è ora l’oggetto degli sguardi di Hoseok, sdraiato lì accanto in una brandina non sua, l’ipod nelle orecchie e la voce dei suoi due compagni che gli riecheggia ancora nella testa rendendo viva una conversazione avuta qualche settimana prima. Era stato Namjoon a porgli la fatidica domanda; lo aveva chiesto senza troppa convinzione, consapevole che fosse una questione insensata da affrontare, in quel preciso momento del training di Hoseok. Chiaro, diretto, supportato dalle iridi serie di Yoongi che vagavano dalle mensole inondate di suppellettili al volto del compagno più piccolo, aveva parlato con voce roca, forse poco rassicurante.

«Ne sei sicuro, Hoseok?»
Non si aspettava una vera e propria risposta, in fondo si conoscevano da tempo – Hoseok era stato il primo, dopo Yoongi, ad unirsi al gruppo – e ormai gli bastava poco per capire quando qualcosa, in quel dormitorio, non quadrava. Che il membro in questione fosse stato il più aperto o il meno incline a condividere le proprie preoccupazioni, Namjoon lo avrebbe scoperto in ogni caso. E ci avrebbe provato, a far andare di nuovo le cose per il verso giusto, perché in fondo anche questo voleva dire essere un leader.
«Non sono felice».
Quella di Hoseok era stata una risposta dura, a primo impatto. Yoongi aveva sentito qualcosa di molto simile a un battito ribelle bussargli nel petto.
«Con me stesso, intendo».
Namjoon lo aveva guardato a lungo, poi aveva annuito, non tanto per convinzione, ma perché desiderava comprendere.
«La mia vita di adesso, non so…». Hoseok si era massaggiato le tempie e aveva sospirato. Gli faceva male parlare così ai suoi compagni, dopo tutto il percorso che avevano affrontato assieme. Ma glielo doveva, almeno doveva loro quella sincerità che in tanti mesi di training aveva da sempre contraddistinto il suo modo di vedere le cose. Hoseok era genuino, tutti lo sapevano nel gruppo, e arrivati a quel punto non avrebbe avuto senso nascondere le sue vere motivazioni davanti a chi aveva temprato, in misura maggiore o minore, il ballerino e la persona che era diventato. «C’è qualcosa che non mi soddisfa in quello che sto facendo. C’è qualcosa, in me, che non funziona come dovrebbe in quest’ambiente. Non è che io voglia mollare, forse ho solo… sbagliato, ecco tutto. Sbagliare è umano, no?»
Si era rivolto agli altri due con un sorriso appena accennato, un sorriso talmente triste che aveva costretto Yoongi a distogliere lo sguardo.
«E se invece fosse solo un periodo?»
«Lo sai che non è quello, Namjoon».
Il leader si era sentito talmente inerme che il suo stomaco aveva fatto un salto carpiato su se stesso, facendogli ingoiare saliva a vuoto.
Yoongi aveva incrociato una gamba sull’altra, sporgendosi un poco al bordo di quello che, a naso, pareva essere il letto di Jimin. «Ultimamente sembra andare tutto per il verso sbagliato, Hoseok. Quando sembra che le cose si stiano aggiustando, c’è sempre uno di noi che crolla e finisce per portarsi dietro gli altri. Onestamente, non credevo che potessi affezionarmi così tanto ad un gruppo, ma è successo e… ora vivo le cose in modo diverso. Quando ottengo qualcosa, sento che non lo faccio più solo per me stesso. Quando fallisco, non sono il solo a cadere a terra. Non sto parlando di responsabilità, solo di sensazioni, credo. Forse è davvero arrivato il momento in cui l’io è divenuto un noi».
Hoseok aveva ascoltato il maggiore senza interromperlo. Non era la prima volta che lo sentiva esternare ragionamenti tanto lunghi; era capitato che riuscisse a parlare con Yoongi anche quattro ore di seguito, quand’erano con Namjoon, loro tre soli, ma non si aspettava che tirasse fuori un discorso del genere.
«Lo capisco, hyung» è un’ammissione dolorosa, anche se sentiva di condividere appieno ciò che Yoongi gli aveva appena detto. «Non dico che per me non sia lo stesso».
Namjoon era rimasto immobile con le dita delle mani incrociate e gli avambracci sulle ginocchia. Lui e Yoongi erano seduti in modo da poter guardare Hoseok negli occhi.
«Solo che se prima non riesco a far pace con Jung Hoseok, a capire cosa vuole da me, come posso camminare serenamente assieme a voi, ragazzi? Sono solo un ostacolo, per me stesso e per gli altri».
«Hoseok».
«Namjoon, ci ho pensato tanto». Aveva interrotto l'altro prima che potesse inserirsi nel discorso. «Ci ho pensato giorno e notte, in ogni momento, fino a farmi venire il mal di testa. Non so se questa sarà la decisione giusta in assoluto, ma lo è in questo momento, per me e per voi. Magari ho solo bisogno di tempo».
Yoongi alza il mento. «Hoseok, se te ne vai-»
«Non è detto che io possa tornare. Lo so, hyung».
Non era del tutto corretto parlare di pausa di riflessione, anche perché, in un ambiente come quello del pop coreano, un abbandono improvviso avrebbe potuto significare l’uscita definitiva dal gruppo senza possibilità di revoca.  A dire la verità, parlandone con il manager, lui gli era sembrato molto più che comprensivo – e forse non troppo contrario ad una suo ipotetico reinserimento nel gruppo, ma non poteva metterci la mano sul fuoco e, inoltre, non voleva dare false speranze ai suoi compagni. L’ipotesi che fosse solo un brutto momento l’aveva vagliata tante volte, provando ad ignorare i sentimenti negativi, a ballare con più convinzione e ad impegnarsi il triplo nel canto, ma spesso i risultati tardavano ad arrivare e ciò che riusciva a vedere davanti a sé era sempre e solo un futuro incerto in cui Jung Hoseok non aveva ancora deciso chi voleva essere davvero. Un ballerino di street dance? Un rapper? Magari entrambe le cose o nessuna delle due. Forse aveva semplicemente preso la strada sbagliata, lavorando sodo per niente. Eppure, quando ci pensava, vedeva un’opportunità nella quale aveva sempre creduto – o almeno, fino a quel momento – vedeva dei compagni che lo avevano sempre supportato e valorizzato anche quando le cose non andavano per il verso giusto. Aveva scoperto in loro degli amici, dei fratelli e anche dei validi insegnanti, sulla vita e sul lavoro, ne avevano passate talmente tante che gli sembrava di aver vissuto con loro da sempre. Era cresciuto, in quei mesi, si era messo in discussione tante volte e forse è stato proprio questo continuo interrogarsi a portarlo dov’è ora, sull’orlo di una crisi d’identità dalla quale non sa come uscire.
«Magari l’allontanamento non è una soluzione. Possono essercene altre che adesso non vedi».
«Magari si, Namjoon, o magari questa è solo più difficile da accettare».
Il leader si era passato una mano sul volto. «Voglio solo che tu non ti penta di ciò che stai facendo, Hoseok».
«Come faccio a saperlo se non vado avanti per la mia decisione? Se questa non è la mia strada, devo cercarne un’altra. Non posso assistere passivamente senza far nulla. Voglio essere sicuro della vita che scelgo, se non sono soddisfatto di me stesso, sono una fonte negativa anche per gli altri».
«Per me non sei una fonte negativa, Hoseok».
Namjoon sapeva che, arrivati a quel punto, forse nessuna parola sarebbe riuscita a far desistere Hoseok dalla sua decisione. Quindi, tanto valeva lasciarsi andare e dirgli almeno quanto ci teneva a lui come amico.
«Nemmeno per me» si era unito Yoongi, qualche istante dopo.
I due lo avevano visto abbassare il capo e strofinarsi il palmo della mano sugli occhi. «Grazie» aveva detto solo, ed entrambi erano consapevoli che quella sarebbe stata l’ultima parola che gli avrebbero sentito pronunciare per quel giorno.
 
Tira su col naso, prima di darsi uno slancio e riappropriarsi della valigia, afferrarla per il manico e trascinarla lentamente all’entrata, dove gli altri membri lo stanno aspettando. C’è un silenzio innaturale, mentre Namjoon lo aiuta a recuperare i due borsoni rimasti in camera e assieme li impilano sul trolley che Seokjin sta mantenendo dritto. 
È il più grande a dare il primo abbraccio, una stretta breve ma intensa, seguita da una pacca energica sulla spalla. Fanno lo stesso Yoongi e Namjoon, mentre Jimin batte il pugno.
«Chiamaci appena arrivi a casa» sussurra quasi, senza aggiungere altro, anche se vorrebbe dirgli di nuovo di non andare, che è ancora in tempo a ripensarci. «Ci mancherai» decide di aggiungerlo all’ultimo e Hoseok vorrebbe non averlo mai sentito per evitare quel luccichio pericoloso nei propri occhi.
«Anche voi» riesce a rispondere, mentre abbraccia con slancio Taehyung e rivolge uno sguardo al più piccolo del gruppo, rimasto immobile accanto a Jimin fino a quel momento. Per un attimo pensa sia congelato sul posto e non riesca nemmeno a salutarlo, perciò rimane spiazzato quando lo vede avvicinarsi timidamente a lui e stringerlo senza preavviso, ed è nel momento in cui i loro petti si sfiorano che Hoseok percepisce dei lievi singhiozzi in quello del più piccolo, palesatisi poco dopo in due grandi lacrime che Jungkook lascia cadere sulla maglia verde militare del compagno.
«Comportati bene, Jungkookie» gli dice, accarezzandogli la schiena e facendo finta che una scia salata non abbia attraversato anche la sua, di guancia.
Jungkook annuisce ma non risponde e si allontana a viso basso, strofinandosi un avambraccio sugli occhi e sentendo, poco dopo, la mano di Namjoon che gli stringe una spalla.
«A presto, ragazzi» è il suo ultimo saluto, mentre consegna ad un componente dello staff i propri bagagli, sulla soglia della porta. «Fate sempre del vostro meglio».
«Ti vogliamo bene, hyung» azzarda Jimin, restio a voler chiudere la porta dietro la schiena del compagno.
La mano di Hoseok che sventola in aria e uno dei suoi sorrisi più belli è ciò che i ragazzi vedono prima di sentire i suoi passi riecheggiare per la rampa di scale del pianerottolo.
 
 
 
 

 
 
 
 









Alloooora. Ci tenevo tanto a scrivere questa cosa. Siccome è molto che non metto mano alla raccolta, spero di non esser sembrata troppo arrugginita. Questa è, ovviamente, una mia interpretazione personale della temporanea uscita di Hoseok dal gruppo, al quale lui stesso fa un BREVISSIMO riferimento (come se fosse NULLA) in Burn The stage. Sarebbe bello scrivere anche il momento in cui torna, ma non credo lo farò, quindi dal prossimo capitolo, probabilmente, li rivedrete nuovamente tutti insieme.
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su ciò che avete letto e, se volete, anche sull’aneddoto in generale. Tanto sappiamo bene che i BTS sono formati da 7 membri e non esistono senza uno di essi. JUNG HOSEOK TI VOGLIAMO BENE ANCHE NOI <3

Vavi

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Capitolo 30
*** XXX.Puzzle ***


XXX.Puzzle









Per la prima volta, dopo diversi mesi di convivenza tutti assieme, le parole del manager erano sembrate loro qualcosa di davvero familiare, non più una meta irraggiungibile.

«Dovete iniziare a pensare come un gruppo. Dovete agire immaginando che le vostri azioni avranno inevitabilmente una ripercussione sugli altri: in questa fase è importante più che mai essere uniti».

Forse non avevano completato il training nel migliore dei modi, e le lacune continuavano a ricordare loro – giornalmente – che c’era ancora tanto da lavorare se volevano sperare in un debutto, ma almeno una cosa l’avevano capita, arrivati a quel punto: nessuno di loro era più un semplice trainee, in quel minuscolo dormitorio ora stavano sette componenti di un futuro idol group e come tale avrebbero dovuto continuare a lavorare. Ma, a pensarci bene, la parole gruppo pareva essere riduttiva, per descrivere ciò che effettivamente erano diventati l’uno per l’altro; legami di sangue non ce n’erano, eppure i Bangtan amavano immaginarsi come una piccola grande famiglia dove ognuno, nel suo piccolo e con la sua unicità, era indispensabile. L’uscita di Hoseok dal gruppo, seppur non più così recente, aveva creato una minuscola crepa nel perfetto equilibrio che, inconsapevolmente, i ragazzi avevano modellato nel corso dei mesi; sebbene tutti avessero continuato a svolgere i propri doveri senza disattendere nemmeno una lezione, in quel frenetico andare sembrava inevitabilmente esserci un vuoto, e all’inizio avevano provato a convincersi che fosse una situazione temporanea – una specie di mancanza passeggera, ma col passare del tempo la consapevolezza che il gruppo non sarebbe stato più lo stesso aveva finito per avere il sopravvento su ogni buon proposito. Come tasselli di un unico puzzle, avevano provato a rimanere uniti, per superare insieme l’ostacolo, ma invece di uscirne indenni si spezzettavano di nuovo per poi riprovarci, ancora e ancora, senza mai riuscire a raggiungere quella tanto agognata completezza che, d’altronde, senza uno di loro, non poteva esistere.

Quella mattina Seokjin si è alzato alle cinque e mezza e ha messo subito mano ai fornelli. Non sono passate nemmeno tre settimane dal ritorno di Hoseok, eppure nell’aria aleggia già un’atmosfera distesa, quasi tranquilla, nonostante gli infiniti impegni che la loro schedule, appesa al frigorifero, gli sbatte in faccia ad ogni risveglio. Mentre finisce di mettere in tavola l’ultima pietanza pensa che forse il troppo lavoro deve avergli mandato in fumo il cervello, perche non è da lui preparare quasi sette piatti diversi in mezzo alla settimana, quando a stento trova il tempo per lavarsi i capelli senza doverli lasciare bagnati per la fretta di andare in quello o in quell’altro posto. Eppure gli andava così, non si era chiesto nemmeno il perché, lo aveva fatto e basta, e a quel punto voleva solo godersi la reazione dei suoi coinquilini a quella colazione del tutto anticonvenzionale.
Jungkook, stranamente, è il primo a raggiungere la cucina e, come ogni giorno, si dirige verso la credenza dei cereali per appropriarsi della sua preziosissima scatola, ma rimane di stucco quando la trova vuota e, per un istante, riserva a Jin un’occhiata interrogativa – si sente anche un po’ in colpa visto che non ha detto nemmeno buongiorno – ma alla mancata risposta dell’altro dirige finalmente il proprio sguardo sulla tavola e spalanca gli occhi assonnati all’inverosimile, notando già una calda tazza di latte assieme alla giusta porzione di cereali aspettarlo al suo solito posto.
«Cos- tu hai… hyung! Che succede?!»
«Mangia, o si raffredda» lo liquida Jin voltandosi dalla parte opposta per andare a chiamare gli altri ragazzi. Inutile dire che il più piccolo ha bisogno di qualche secondo ancora per capacitarsi dell’accaduto, ma poi decide di ubbidire e, in silenzio, raggiunge il suo lato del tavolo e inizia a sorseggiare i latte caldo ad occhi chiusi.
Svegliati dal richiamo di Seokjin, in poco tempo anche Namjoon, Hoseok e Jimin fanno il loro ingresso in cucina. Hoseok indietreggia, nemmeno avesse visto un fantasma, preso alla sprovvista dalla tavola apparecchiata, mentre Jimin sta facendo strani versi che sembrano voler comunicare un apprezzamento. Namjoon, dal canto suo, si lascia scappare solo un «Aish» a denti stretti, scuotendo il capo e lanciando a Seokjin un’occhiata eloquente. «Grazie» biascica con voce da sonno, mentre Seokjin gli fa segno di continuare a mangiare. Vorrebbe sedersi anche lui ma sta aspettando l’arrivo degli ultimi del gruppo. Taehyung si avvicina con passo stanco, fermandosi di botto sulla soglia della cucina; cerca di aprire le palpebre appiccicose, con poco successo, perciò si strofina gli occhi – sente da Jin qualcosa sul fatto che prima di fare colazione dovrebbe lavarsi il viso – e finalmente mette a fuoco le prelibatezza che i suoi compagni stanno già gustando da un pezzo. Al suo posto lo attende una teiera con del tè caldo dentro e accanto vi sono dei biscotti al cioccolato, quelli con il ripieno alla panna che comprano raramente al supermercato. Tutto ciò che riesce a dire è un «Yah!» poco sensato e non riferito a qualcuno in particolare, per poi abbracciare Seokjin e raggiungere di filata il proprio posto. «Saranghae, hyung» aggiunge, prima di versarsi la propria dose di bevanda. Arrivati a quel punto manca solo Yoongi all’appello, perciò Jin lo chiama un’ultima volte e, quando sente un grugnito in risposta, decide di unirsi ai suoi compagni.
Ha aggiunto anche un po’ di riso e qualche fetta di prosciutto, visto che ad alcuni di loro piace fare colazione in stile continentale. Quando i piedi di Yoongi, finalmente, compaiono nella visuale degli altri, subito si piegano incrociandosi l’uno con l’altro, ma le iridi sono ancora addormentate e ferme in un punto imprecisato del tavolo, probabilmente dove c’è una pietanza che lo stuzzica particolarmente.
«Hyung, potevi dormire». Non vuole affatto essere scortese, anzi, quello è il suo modo per preoccuparsi di Seokjin e della sua integrità fisica. «Tra poco abbiam-»
«Poche storie» lo ferma subito il più grande, rubando un po’ di latte a Jungkook, che lancia un lamento ad ultrasuono allungando la mano verso il proprio bicchiere per riaverlo indietro. «Stamattina mi andava così».
«Hai preparato una cosa diversa per ognuno di noi» constata Jimin, mangiando la sua brioche e scrutando nel frattempo i piatti degli altri. «Non hai mai fatto una cosa del genere».
«Ci devi dire qualcosa?»
«Aish, la volete smettere?» Seokjin ferma Namjoon sul tempo, Non che non si aspettasse commenti sarcastici o increduli, ma si era ripromesso che quella mattina non se la sarebbe fatta rovinare per nulla al mondo. Avevano lavorato sodo nelle ultime settimane, qualcuno aveva passato dei brutti momenti – lui compreso – ma erano così vicini al traguardo che non si sarebbero potuti permettere nessuna sosta straordinaria. E poi… ora erano di nuovo in sette. La mancanza di Hoseok, seppur silente e un po’ subdola, li aveva scoraggiati più d’ogni altra cosa, e il poter riacquistare quella carica necessaria ora che le cose stavano di nuovo andando per il verso giusto, gli aveva dato la giusta energia per alzarsi presto, quella mattina, e fare per i suoi compagni ciò che, probabilmente, avrebbe fatto per sei fratelli a cui vuole bene.
«Perché non potete apprezzare e basta, per una volta» replica con tono volutamente lamentoso, beccandosi una pacca amichevole da Yoongi, accanto a lui.
«Sei stato bravo» accorda, accompagnando l’affermazione con un movimento lento della testa per annuire.
«Non ho mai mangiato delle frittelle così buone» si accoda Hoseok, finendo l’ultimo boccone che ha nel piatto.
«Saranghae, hyung» ripete Taehyung, ancora troppo assonnato per articolare parole diverse, ma con tutta la gratitudine del mondo.
«Questo significa che sarai tu ad andare in bagno per primo, vero hyung?» butta lì Namjoon, servendosi un altro po’ di caffè.
Seokjin sbuffa di nuovo, come se quell’allusione lo abbia fatto risentire. «Se volevo accaparrarmi il bagno, non preparavo di certo la colazione per tutti» si giustifica, con tono altisonante. «Comunque sì» aggiunge poco dopo, facendo ridacchiare Hoseok e Jimin.
«Allora dopo vado io» rincara il leader, prima che gli altri possano dire la propria. «Tanto dobbiamo solo rinfrescarci. Non è che qualcuno deve ancora farsi la doccia, vero?»
Una regola ferrea del dormitorio era sempre stata che la doccia si faceva la sera, a qualsiasi ora sarebbero rincasati, onde evitare inutili perdite di tempo – e sgocciolamenti vari – la mattina presto. A quelle parole Jungkook ingoia un boccone troppo grosso di cereali e si gratta la nuca in modo nervoso.
«Ecco, hyung» comincia, quasi balbettando. «Mi sa che ieri mi sono addormentato e… credo…».
«Ti sei lavato Jungkookie, ti ho aiutato io» interviene allora Jimin per lui.
«Che… che vuol dire mi hai aiutato tu?!»
Gli occhi degli altri sono puntati su loro due, come se attendessero l’inizio di quella che si prospettava come una conversazione piuttosto esilarante.
«Ti ho dovuto portare in bagno di forza, visto che stavi dormendo. E mi sono beccato anche parecchie sberle, proprio non volevi togliertela quella cavolo di maglietta. Per non parlare dei pantaloni».
«Mi hai… svestito?!»
«Per forza, mica potevi fare la doccia in pigiama».
Taehyung, nel frattempo, sta ridendo sotto i baffi, mentre i più grandi del gruppo non sanno se essere più inteneriti o divertiti dalla situazione.
«Sta tranquillo, le mutande te le ho lasciate» aggiunge allora il più grande, preservando quel po’ di dignità che il più piccolo stava vedendo lentamente sgretolarsi. «A dire la verità, penso tu ti sia lavato con quelle».
La risata di Hoseok segue quella di Taehyung, Yoongi si astiene dal mostrare qualsivoglia reazione, mentre Seokjin e Namjoon trattengono a stento un sorriso.
Jungkook, nel frattempo, sembra improvvisamente aver riacquistato colore, anzi, a dire la verità le sue guance appaiono decisamente più pigmentate del solito.
Jimin si sente un po’ in colpa per averlo raccontato davanti a tutti, ma spera che una carezza sui capelli del più piccolo valga come scusa. L’altro si scansa e, per tutta risposta, cerca di fingersi offeso, rifuggendo anche le carezze di Taehyung, dal lato opposto.
«Vedila così: almeno hai lavato anche le mutande. Due piccioni con una fava» si intromette ancora Hoseok, mostrando quel sorriso contagioso al quale nemmeno un Jungkook fintamente incazzato riesce a resistere.
«Scusa, Jungkookie» sente sussurrare poco dopo da Jimin, quando il chiacchiericcio della cucina si è già mischiato al rumore delle stoviglie malamente impilate sul lavabo, e il più piccolo sa già che lo ha perdonato ancor prima di sentire quella parola, perché in fondo lo ha fatto per lui –un piccolo gesto all’apparenza innocuo che, nel domino del loro agire, acquista d’un tratto importanza e diviene, poco a poco, parte integrante di quel puzzle che, giorno dopo giorno, stanno costruendo assieme.
 
 











 










Non è una situazione nuova, me ne rendo conto. Li avete già visti riuniti davanti al tavolo, con Seokjin che prepara per loro; ho immaginato però una situazione leggermente diversa, stavolta. Spero che la lettura vi sia risultata ugualmente piacevole.♥
Un bacio,
Vavi

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Capitolo 31
*** XXXI.Trucco ***


XXXI.Trucco










Il nuovo concept ha entusiasmato un po’ tutti, perché sembra rispecchiare appieno la musica che stanno producendo con il loro primo singolo: è aggressivo al punto giusto, proprio come il testo della canzone richiede. Tuttavia, mente si preparano per iniziare il photoshoot, nell’atmosfera si percepisce, assieme all’adrenalina, anche un pizzico di timore: non sono di certo il primo gruppo di idol che debuttano con una canzone hip hop e l’opinione della critica potrebbe essere alquanto severa. Tutti sanno che il mercato del kpop è grande e non regala niente a nessuno: quel posto se lo sono sudato davvero, ma è solo l’inizio di quella che potrebbe divenire una lunga e proficua carriera o un autentico fallimento. Il fatto che abbiano affrontato il training e l’abbiano superato a testa alta, purtroppo, non garantisce loro un posto d’onore: sarà sul campo che dovranno confrontarsi, lottare, forse impegnarsi il doppio di quanto non abbiano già fatto, conquistando i fan con il frutto di quanto hanno imparato negli ultimi anni. Non che si sentano pronti: tutto sembra improvvisamente più difficile adesso, ora che il sogno si avvicina assieme a quel palco che decreterà il loro futuro. Hanno già un discreto numero di fan i quali, ne sono certi, li accoglieranno calorosamente, ma questo non basta a garantire il successo: è soltanto un trampolino di lancio – parecchio alto per giunta – perciò starà a loro determinare le conseguenze della caduta. Ci sarà effettivamente una risalita, oppure finirà tutto in un battito di ciglia e a nulla saranno valsi i sacrifici del training?
«Ti sta bene questo stile, hyung».
Hoseok ha le mani poggiate sullo schienale della sedia morbida dove è adagiato il compagno maggiore e fissa l’immagine dell’altro allo specchio, studiando attentamente i morbidi ricci neri fissati con l’aiuto di una lacca potente. In fondo Yoongi non ha subito un cambiamento radicale, i capelli un po’ spettinati gli donano un’aria particolarmente attraente, specialmente nel contrasto col tono pallido della pelle, ancora un po’ lucida e sgombra da qualsiasi traccia di trucco.
«Mh» risponde l’altro, impegnato a guardare il display del proprio cellulare. Ultimamente, pensa Hoseok, Yoongi è un po’ strano, pensieroso:  è capace di passare da momenti di totale euforia ad attimi in cui si eclissa ed è quasi impossibile parlare con lui. Quella stessa mattina si era alzato di buon’ora, Hoseok aveva addirittura scorto l’ombra di un sorriso mentre si preparava, ma ora sembrava di nuovo giù di corda, come se qualcosa, di tanto in tanto, tornasse a tormentarlo nei momenti meno opportuni.
«Hyung, il nostro primo photoshoot!» esclama allora il più piccolo, scuotendogli le spalle. «Non sei agitato?»
«Mh» risponde ancora Yoongi, strofinandosi un occhio. «Non molto».
«Sicuro di stare bene?» azzarda allora Hoseok, mollando la presa. Yoongi lo guarda attraverso il pannello specchiato davanti a loro.
«Forse ho dormito male» si giustifica allora, sedendosi meglio. Mette via il cellulare e stiracchia un poco le braccia. La presenza di Hoseok sembra avergli restituito un po’ di buonumore. «Cos’è quella roba che hai in testa?»
Hoseok ride nervosamente. «Molto spiritoso. Sono i miei capelli hyung, gli hanno solo dato un tocco… sbarazzino».
Yoongi sta per commentare che gli suggeriscono molto l’immagine di uno che ha appena preso la scossa ma si trattiene, perché in quel momento passa di lì un Taehyung piuttosto esagitato, con i capelli pregni di tinta viola, mollette sparse qua e là per tenere a posto le ciocche e una povera hairstylist piuttosto giovane che cerca di corrergli dietro per ricordargli gentilmente di non andare in giro a imbrattare tutto il pavimento della sala.
«Tae, non dovresti -» tenta Hoseok, ma il compagno non vuole sentir ragioni e sembra che il fatto di esser l’unico a poter sperimentare una lieve decolorazione lo renda più entusiasta di quanto dovrebbe.
«Guarda, hyung!» lo interrompe, sporgendosi verso lo specchio e al contempo in direzione di Yoongi, che prontamente si scansa facendo scivolare le rotelle della sua sedia, onde evitare di sporcare gli abiti nuovi – e probabilmente i più costosi che abbia mai indossato, per il photoshoot. «Stanno cambiando colore!»
«Schiariremo solo di qualche tonalità» specifica la ragazza timidamente, riacciuffando Taehyung per un braccio e scortandolo gentilmente al suo posto.
«Ti staranno benissimo!» lo esorta Jimin, dal divanetto lì accanto, mentre ancora fa fatica a non mostrarsi imbarazzato sotto le cure spasmodiche della  ragazza che gli sta sistemando la chioma, ciocca per ciocca, affinché nemmeno un singolo capello sfugga al suo controllo. Non è abituato a tutte quelle attenzioni e già si sente in colpa pensando che sicuramente, un minuto dopo, gli verrà da starnutire e rovinerà in un sol colpo sia il lavoro della sua hairstylist che quello della sua make up artist. Cerca di rimanere immobile per facilitare il compito ma l’agitazione per il servizio fotografico non aiuta, e così sente il proprio respiro farsi più agitato ed è costretto a sistemarsi sui cuscini neri in modo da trovare una posizione che lo faccia stare comodo. La ragazza ne asseconda i movimenti senza lamentarsi e Jimin gliene è profondamente grato, dopo la ringrazierà come si deve e si scuserà per il disagio che, involontariamente, gli sta arrecando.
Anche Seokjin sembra aver concluso con i preparativi per il photoshoot, per cui si premura di andare in giro a controllare che gli altri stiano bene e non abbiano combinato qualche guaio, quando si imbatte in un Jungkook con la testa china in avanti e un fazzoletto in mano: non si odono singhiozzi, eppure, quando alza il capo e il suo riflesso si palesa nello specchio davanti, Seokjin scorge due occhi rossi e stracolmi di lacrime rovinare un viso un po’ tondo e probabilmente già levigato dal fondotinta.
«È tutto apposto» si sbriga a tranquillizzarlo il più piccolo, tirando su col naso e asciugandosi un occhio. In quel momento fa capolino Namjoon, i capelli acconciati in una cresta sbarazzina, ricci e un po’ ispidi come piacciono a lui, gli occhiali da sole calati sul naso e un’espressione un po’ perplessa ad inarcargli le sopracciglia.
«Jungkookie, capisco che sei emozionato, ma-»
«Ah, smettila, hyung! Non avete capito niente!»
Il leader si scambia un’occhiata complice con Seokjin ed entrambi decidono di prendersi ancora qualche minuto per canzonarlo un po’.
«Guarda che non ti devi vergognare, lo sai che a noi puoi dire tutto» rincara Namjoon, mettendogli una mano su una spalla.
«Anche Yoongi era nervoso, avrei giurato che stesse per scoppiare a piangere pure lui, prima» gli bisbiglia Seokjin in un orecchio, ma Jungkook scuote leggermente le spalle per disfarsi della presenza indesiderata dei due hyung.
«Uffa, lasciatemi parlare!»
«Già, hyung, perché non lasci che si sfoghi un po’, eh?» ribatte Namjoon piccato, come se stesse incolpando l’altro per la troppa invadenza.
«Ma se sei tu ad aver cominciato» è la risposta di Seokjin che incrocia le braccia e in contemporanea fa segno al più piccolo che Jungkook si sta innervosendo è forse è il caso di non insistere oltre. Sta per mettere fine al teatrino, quando Taehyung rispunta nuovamente sulla scena, sempre con una dose massiccia di decolorante sulla testa e una stylist ormai sull’orlo di una crisi di nervi che cerca di farlo tornare seduto.
«Oddio Jungkookie! – esclama, con fin troppa enfasi – che ti è successo?! Stai-»
«Sono allergico alla matita per gli occhi, OKEY?!» sbotta finalmente il più piccolo, provocando risate sommesse da parte dei più grandi del gruppo lì presenti.
Nonostante la motivazione di quel lacrimare incessante sia molto meno grave di ciò che Taehyung aveva elaborato nella sua testa, Jungkook si sente tremendamente in imbarazzo, perché probabilmente è l’unico ad aver avuto quella reazione al make up e non sa proprio come riuscire a venirne fuori, visto che, com’era stato stabilito, anche lui doveva avere un contorno di matita nera sotto le palpebre per dare profondità allo sguardo. Quando si avvicina anche Jimin le cose non migliorano affatto, visto che il compagno ha le palpebre perfettamente truccate e scure, così come anche le sue dovrebbero essere; invece ciò che si ritrova a guardare nello specchio è un viso a chiazze sfigurato dalle lacrime e due iridi che sembrano lanciafiamme sull’orlo dell’esplosione. A vederlo così fa anche tenerezza e prima che Jimin possa lasciargli una delle sue solite carezze rassicuranti, l’addetta alla cura dell’immagine del maknae si fa abilmente largo tra i ragazzi, prendendo il mento di Jungkook e incitandolo a guardare in alto. Fa scendere lentamente due gocce di collirio negli occhi infiammati del più piccolo, che sbatte forte le palpebre per poi strofinarsele subito dopo.
«Mi dispiace tanto, vedrai che nel giro di qualche minuto starai meglio» lo rassicura tristemente, un po’ tesa per la presenza degli altri ragazzi, incuriositi dalla situazione.
«Ma come farò adesso con il trucco?» domanda lui mortificato, asciugandosi ancora gli occhi e tirando un silente sospiro di sollievo per la sensazione di fresco che gli sta lentamente alleviando il bruciore.
Lei gli sorride, rassicurante. «Abbiamo molti brand diversi da poter provare, non preoccuparti. Dovrai solo avere un po’ di pazienza per far sì che la reazione allergica sfiammi».
In verità tutte le marche di trucco utilizzate dai make up artist erano anallergiche, perciò nessuno aveva avuto la premura di testare i prodotti prima di iniziare il servizio fotografico: quello era stato sicuramente un grave errore di organizzazione e, se la situazione non fosse migliorata nell’arco di qualche minuto, probabilmente avrebbe fatto ritardare tutti i preparativi.
«E se non mi passa, come facciamo? Bisogna rimandare il photoshoot? Non voglio che -»
«Jungkook-sshi, stai tranquillo» interviene Namjoon, ora che la ragazza si è allontanata per andare a parlare con un manager. «I tuoi occhi stanno già tornando normali».
«Odio le allergie» butta fuori il maknae quasi con rabbia, perché non era affatto la prima volta che gli capitava una cosa simile – dopo anni che combatteva con la rinite, sapeva bene cosa significava avere una reazione non desiderata ad una determinata sostanza.
«A me prude già tutta la faccia e ancora non ho su nemmeno un briciolo di trucco» commenta Yoongi in modo indifferente, grattandosi la fronte con due dita.
Nel frattempo arriva puntuale il tanto atteso starnuto di Jimin, che alza il capo per non far gocciolare il naso e vaga per la stanza con le mani avanti, a mo di zombie, cercando qualcuno che gli dia un fazzoletto, fin quando il maknae gli ricorda che ne sta tenendo due pacchetti in mano da più di mezz’ora e gliene offre uno, in modo che possa soffiarci dentro.
«Ragazzi, siamo un disastro» commenta Hoseok ridacchiando, mentre Taehyung è finalmente tornato al lavabo per lasciarsi sciacquare i capelli. Nel frattempo la make up artist del più piccolo è di ritorno e il sorriso che ha sulle labbra fa presagire qualcosa di non troppo catastrofico.
«Non appena Taehyung-sshi avrà finito di asciugarsi i capelli potrete fare un pasto veloce, così il collirio avrà il tempo di agire e poi potremo provare con un prodotto meno aggressivo». Continua a sorridere allo sguardo preoccupato del maknae. «Vedrai che andrà tutto bene».
«Perfetto allora» commenta Jin, massaggiandosi lo stomaco. «Non volevo dirlo, ma sto morendo di fame».
«Anch’io» commenta Jimin a bassa voce, dietro di loro.
Insomma, alla fine avevano anche guadagnato un pasto extra e Jungkook non si era dovuto sentire troppo in colpa: ma le cose non potevano andare così facilmente per il verso giusto.
«Ragazzi…» è la voce di Namjoon che li raggiunge tutti, proprio mentre si stanno allontanando dalla sedia di Jungkook per andare a trovare un posto vuoto in cui accomodarsi.
«Credo di aver appena rotto gli occhiali da sole».
















 
 

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Capitolo 32
*** XXXII.Persona ***


XXXII.Persona










Sarebbe stata questione di settimane, forse giorni: ormai il debutto era alle porte. Senza una data certa da poter segnare sul calendario, però, l’attesa sembrava ancora più straziante, le ore trascorse in sala prove ormai non più calcolabili con l’uso delle sole dita, i pasti un miraggio concesso loro solo tra una coreografia e un’altra - le ore di sonno, anche se obbligate, erano spesso tormentate dall’ansia e dalla preoccupazione costante.

Namjoon non lo dà a vedere, ma è atterrito dalla responsabilità che grava sulle sue spalle, e ce la sta mettendo davvero tutta per sembrare posato agli occhi degli altri, ma ha paura, ha paura e non riesce in alcun modo a negarlo. Sta cercando di mettere insieme i pezzi, coordinare il lavoro quando può, attraverso una rigorosa organizzazione mentale che spera possa aiutarlo a far ordine tra i pensieri martellanti e distruttivi che gli stanno bombardando il cervello negli ultimi giorni. Persino il manager, vedendolo così su di giri, ha pensato di parlargli lontano dagli altri, per infondergli un po' di fiducia e positività: Namjoon è ormai una guida per i suoi compagni, forse l’unico al quale sentono di poter affidare completamente il loro destino come gruppo. I ragazzi contano su di lui e Namjoon non può – non vuole – in alcun modo deluderli.

Nei lunghi mesi che hanno segnato il training prima del debutto, Namjoon si è messo in discussione molte volte; i membri lo hanno visto accettare il ruolo di leader umilmente e a testa alta, deciso più che mai ad onorare ciò che gli era stato concesso, ma in realtà Namjoon ricorda in modo nitido la lunga chiacchierata che ha avuto con il loro manager e il crollo psicologico che ne è seguito – perché forse, quando ha acconsentito, ha peccato di presunzione, credendo che l’impegno e la buona volontà sarebbero bastati, ignaro che, invece, avrebbe dovuto fronteggiare anche tutti i suoi difetti – i suoi limiti –, e quell’egoismo che non credeva di avere o che forse aveva sempre finto di non vedere. Lavorare su sé stesso era stato un ostacolo di gran lunga più arduo della fatica sperimentata in sala prove e dello stomaco che brontolava ogni due ore, così come dei dolori lancinanti ai muscoli o delle notti insonni trascorse a ripassare mentalmente i passi di una coreografia impossibile – di qualsiasi altra cosa Namjoon avrebbe mai potuto immaginare.

Arrivati a quel punto, lungi dall’aver ottenuto un risultato soddisfacente, Namjoon era giunto ad un bivio: forse, se non era riuscito a plasmare sé stesso come avrebbe voluto, avrebbe potuto provare ad essere migliore come leader, come Rap Monster dei BTS. E con il passare degli anni, con la crescita, magari anche Kim Namjoon sarebbe potuto diventare una persona migliore. Ma era davvero questo il traguardo a cui bramava arrivare? Scindere completamente due personalità, essere, di fatto, due identità diverse? Non riusciva a fare a meno di pensarci e di temere, al contempo, la risposta. Cosa avrebbero detto i suoi genitori, i suoi amici, vedendolo sfoggiare una maschera che si era costruito solo per paura di mostrare il suo vero io? Prima o poi quel lato di sé che temeva non essere ancora all’altezza di guidare un gruppo di artisti kpop, sarebbe sicuramente saltato fuori – e poi, che figura ci avrebbe fatto con quei sei ragazzi che avevano sempre contato su di lui e che lo avevano conosciuto, prima di tutto, come Kim Namjoon? Troppe domande che continuavano a tenerlo sveglio la notte e a distogliere la sua attenzione da mete ed impegni ben più importanti delle crisi esistenziali di un semplice ventenne.


«Namjoon, hai una brutta cera».

L’osservazione schietta di Seokjin, mentre gli passa accanto per raggiungere il bagno in vista di una lunga doccia ristoratrice, riflette alla perfezione i turbamenti del leader a livello fisico e psicologico.
Namjoon alza la testa con espressione confusa, come risvegliatosi da una breve trance.
«Che… che ore sono?» domanda allarmato, puntando un piede per alzarsi dal tavolo del soggiorno e prepararsi anche lui in vista delle prove del pomeriggio. Seokjin, però, lo ferma con una mano, come a volergli intimare che non c’è fretta, e prima che Namjoon possa portare a termine il movimento, il maggiore poggia l’asciugamano sul tavolo e si siede di fronte a lui.
«Abbiamo due ore ancora» gli intima, sentendo un lieve sospiro in risposta. Namjoon sa che il compagno sta attendendo una qualche conferma – o smentita – da parte sua, perciò si massaggia le tempie e decide di ricambiare il suo sguardo. «Credo di aver mangiato troppo poco ieri sera» commenta, poggiando gli avambracci sul tavolo e fissando, con poca convinzione, le proprie dita giocherellare le une con le altre. «Forse ho la pressione bassa».
«Fai sul serio?»
La sottile retorica della domanda di Jin lo convince che è inutile continuare a giustificarsi con scuse poco credibili.«Se c’è qualcosa che ti preoccupa, sarebbe meglio che tu la condividessi» continua tranquillo, cercando di usare un tono conciliante e offrendosi, in tal modo, completamente aperto all’ascolto. Lo sguardo afflitto che gli rivolge Namjoon poco dopo, provoca inevitabilmente un sussulto, anche se impercettibile, nell’animo di Jin.
«Tutto mi preoccupa, hyung».
«Beh – si affretta ad aggiungere l’altro, piegandosi col busto verso Namjoon, come se dovesse confessargli chissà quale segreto – sappi che le tue preoccupazioni sono condivise» sussurra, con tanto di mano a conca a coprirgli un lato della bocca, per impedire che altri possano ascoltare la loro conversazione. Il minore inarca le sopracciglia e gli rivolge un sorriso affranto, scuotendo la testa, ma è un secondo affinché Jin torni ad essere serio.
«Questo dovrebbe farmi sentire meglio?» chiede allora Namjoon, con un pizzico di amara ironia.
Seokjin accoglie la rassegnazione del leader mantenendo il contatto visivo.
«Dovrebbe farti sentire meno solo».
Era chiaro che il maggiore non alludeva esclusivamente a sé stesso: tutti, nel dormitorio – ognuno a modo proprio – avevano dovuto fare i conti con una realtà completamente nuova, forse inaspettata e più crudele di quanto avessero erroneamente creduto prima di esser ingaggiati dall’agenzia.

Jungkook, appena tredicenne, si era trovato a crescere da solo, lontano dagli agi e dalle abitudini tipiche dei suoi coetanei adolescenti; quella sottile freddezza che lo portava spesso ad isolarsi e a difendersi dagli altri come se dovesse in tutti i modi preservare sé stesso e quella forte timidezza che lo rendeva sempre nervoso, quasi intrattabile e schivo, erano state mitigate dalla vita in gruppo, dai sacrifici e dalle tante responsabilità di cui un ragazzino come lui si era dovuto far carico. Taehyung, pur essendo abituato ad una vita lontana anni luce dalla realtà del training, cresciuto in un ambiente protetto dalle cure amorevoli della nonna, aveva dimostrato di conoscere bene il significato delle parole rinuncia e fatica, perché, anche prima di far parte dei BTS, non aveva mai dato nulla per scontato. Aveva lavorato duramente pur sapendo di non potersi mostrare al pubblico fino all’ultimo, si era impegnato al pari degli altri senza poter avere alcun tipo di riscontro da parte dei fan, senza sapere se la sua presenza sarebbe stata accolta positivamente o meno. Aveva, per così dire, proseguito ad occhi chiusi lasciandosi guidare solo dalla fiducia nelle proprie capacità e dai suoi compagni di viaggio.
Non si poteva dire che il training fosse stato più facile per un ragazzo talentuoso e determinato come Park Jimin; tante le volte in cui aveva temuto di dover abbandonare il gruppo, tante quelle in cui i risultati dei suoi sforzi tardavano ad arrivare, la gola infiammata gli impediva di cantare, la dieta ferrea di avere le energie per ballare, tante le occasioni in cui pensava che avrebbe dovuto ascoltare la sua insegnante all’Accademia, perché il mondo degli idol non era fatto per un ragazzo sensibile come lui. Ma Jimin aveva stretto i denti, incassato le critiche e le sconfitte, ingoiato lacrime e sudore, pur di convincere sé stesso che, se si desiderava ardentemente qualcosa, ci si doveva impegnare al massimo per poterla ottenere. Jung Hoseok, intrepido ballerino completamente devoto alla danza, aveva dovuto studiare sodo per imparare a rappare e fino all’ultimo si era chiesto se quella fosse stata effettivamente la strada per lui; aveva lasciato il gruppo temendo che i suoi dubbi intaccassero il percorso degli altri membri, credendo di aver fatto una scelta sbagliata, di aver, in un certo senso, sopravvalutato sé stesso. Ma poi era tornato ed era stato per tutti un insostituibile punto di riferimento e forse, proprio in quel momento, i ragazzi avevano compreso di essere diventati già un gruppo - una famiglia - indispensabili l’uno per l’altro e per questo indivisibili.
Yoongi sembrava nato con la penna e il block notes in mano, la musica al posto del sangue: ma quell’incredibile talento si scontrava puntualmente con una realtà che, di fatto, Yoongi non aveva mai sopportato. Quella di idol era un’etichetta che a Yoongi stava stretta, un compromesso che ogni giorno chiedeva a sé stesso se sarebbe stato davvero in grado di accettare per inseguire i suoi obiettivi e per il quale era andato contro la sua stessa famiglia. Seokjin, studioso di cinema e recitazione, proprio non sapeva nulla di danza e di canto: un mondo completamente nuovo in cui si era gettato a capofitto, in cui aveva investito ogni cellula del suo corpo per poter gridare a tutti che sì, Kim Seokjin poteva diventare qualcuno di cui i suoi genitori sarebbero stati fieri, e poteva farlo con le sue sole forze.


«Tu non sei solo, Namjoon». Un’osservazione all’apparenza scontata, ma che spesso tendevano tutti a sottovalutare. «Nessuno di noi lo è».
Ma prima che il leader possa rispondere alle confortanti parole del maggiore, Jimin si unisce a loro, chinandosi sulle ginocchia accanto a Namjoon, come voglia segretamente accertarsi che vada tutto bene.

«Hyung, ti fa ancora male la schiena?» domanda poi, affrontando l’argomento in modo indiretto. Poggia una mano sulle spalle del leader, facendola poi scivolare più in basso e massaggiando lievemente la zona su cui, qualche giorno prima, ha esercitato lui stesso troppa pressione con il piede.
«Adesso va molto meglio Jimin, grazie» lo rassicura l’altro, con espressione gioviale. Jimin è più serio del solito e nei suoi occhi si scorge una forte determinazione.
«Io e Jungkookie ci siamo allenati tutta la notte» confessa, riportando alla mente i mille tentativi che avevano fatto avvalendosi del muro come appoggio, per provare quel passo di No more Dream che, per una sola, minima, disattenzione, avrebbe potuto far molto male agli altri cinque membri del gruppo. «Vedrai che uscirà perfetto» continua con convinzione, sventolando un pugno in aria in segno di vittoria.
«Ne sono certo» è la risposta convinta del leader, che accoglie la sicurezza dell’altro con un lieve sorriso.
In realtà, Jimin si sente tremendamente in colpa perché, oltre ad aver creato problemi a Namjoon, la maggior parte della fatica, quella sera, l’aveva fatta Jungkook. Ancora ricorda il modo incontrollato in cui gli tremavano le braccia per il troppo sforzo e la tranquillità, così spontanea e matura, con cui lo aveva rassicurato quando, nel prendere la bottiglietta d’acqua che Jimin gli aveva porto, questa gli era semplicemente scivolata dalle mani.
«Poi mi passa, hyung» gli aveva risposto, e il maggiore era stato solo in grado di annuire, ricacciando indietro le lacrime, per poi scompigliargli i capelli come faceva sempre.
«Hyung, fermo!»
Ad interrompere quell’accenno di conversazione, giunge alle orecchie dei tre ragazzi riuniti al tavolo il grido del maknae del gruppo, che in un battibaleno raggiunge anche le orecchie di Yoongi, intenzionato a riscaldarsi parte della cena lasciata il giorno prima.
«Jungkook, se non mangio qualcosa non avrò nemmeno la forza per ballare».
«Non è questo!» si sbriga a rispondere il più piccolo, scuotendo il capo sotto gli sguardi divertiti degli altri. «È che…» Lo sguardo di Jungkook si posa sull‘oggetto diabolico posizionato proprio sul ripiano della cucina che Yoongi ha appena raggiunto col suo piatto ben stretto tra le mani: il microonde.
«Ah no, non ricominciare con questa storia» lo riprende il maggiore, esasperato.
«Ma hyung!» esclama Jungkook, deciso ad avere ragione. «E se poi esplode e ti fa saltare la testa?! Non possiamo debuttare senza di te!»
«Jungkook!» lo rimbecca Jimin, mentre Namjoon si schiaffa una mano in faccia, indeciso se ridere o piangere. «Smettila di guardare quegli horror americani!».
«Per favore» implora il più piccolo, ignorando completamente le parole di Jimin e rivolgendo a Yoongi uno sguardo che avrebbe fatto crollare anche il muro di certezze più solido del mondo. «Te lo scaldo io in padella, vuoi?» Ed è proprio quella richiesta così innocente e apparentemente sincera che decreta la fine di ogni più concreta intenzione da parte di Yoongi.
«Aish» si lamenta, porgendo il piatto al maknae, sconfitto. «Fai un pò come ti pare» concede, guadagnandosi un’occhiata colma di gratitudine da parte di Jungkook.
«Sarà meglio sbrigarsi» interviene allora Namjoon, alzandosi a fatica e inducendo anche Jimin e Seokjin a fare lo stesso. «Ci aspetta un pomeriggio piuttosto lungo».
«Una nottata, vorrai dire» lo corregge Hoseok, già pronto per andare in sala prove.
In quel momento li raggiunge anche Taehyung, sventolando una bustina trasparente.
«Va bene se porto qualche snack, hyung?» domanda, rivolgendosi a Namjoon. «Per la cena».
L’altro annuisce indicando il frigo.
«Prendete le bottiglie d’acqua e le bibite energizzanti».
«Lo faccio io» si offre Jimin, scavalcando un Jungkook intento ai fornelli. «Stai cantando la tua parte?» gli chiede divertito prima di raggiungere il frigo, quando lo sente bisbigliare qualcosa di familiare.
«No, stavo parlando col cibo».
Il maknae schiva un calcio di Jimin diretto ai suoi stinchi per poi ridacchiare in risposta e trasferire lo spuntino di Yoongi su un piatto, porgendolo un istante dopo al diretto interessato, che lo ringrazia con una pacca sulle spalle senza aggiungere altro.
Seokjin incrocia lo sguardo di Namjoon prima di lasciare la cucina e tornare alla sua agognata doccia, e tanto basta per ricordare al leader che sì, le difficoltà non mancheranno, ma se vorrà chiedere aiuto i suoi compagni saranno sempre lì per lui - per tutti quanti.
Il caso vuole che anche in mezzo a quel frenetico via vai, Namjoon riesca a percepire la vibrazione del suo telefono, sempre acceso in caso di qualsiasi necessità – lavorativa perlopiù. E nonostante il frastuono di elettrodomestici, stoviglie e passi concitati, la domanda pronunciata da Namjoon arriva cristallina alle orecchie di tutti, congelandoli letteralmente sul posto.


«Co… come sarebbe a dire che tra tre giorni debuttiamo?!»
 
 
 
 
 
 








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Lo so, è passato quasi un anno.
Sono successe un sacco di cose e, beh, so di non avere molte scuse plausibili, però sappiate che ho tutta l’intenzione di completare questa raccolta. Come penso avete immaginato, questo dovrebbe essere il penultimo capitolo prima del debutto! (e dunque, anche il penultimo della raccolta ^^)
Colgo l’occasione per ringraziare già i lettori che mi hanno seguito fin qui, che sono rimasti nonostante le mie pubblicazioni discontinue e anche chi, naturalmente, deciderà di unirsi a raccolta conclusa.
Un abbraccio a tutti voi e, spero, a presto!

Vavi

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