Spring Day - Bordered Love

di _MartyK_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1/Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15/Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1/Prologo ***


Nel 1953, in seguito ad un lungo conflitto che costituì uno degli episodi più importanti della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, avvenne la separazione delle due Coree, che in precedenza erano lo stesso popolo con i medesimi usi e costumi: questo è ciò che si legge sui libri di storia normali, ma non in quello di Myung Jae.

Fin da piccola era cresciuta in un luogo in cui guardare la Tv significava sorbirsi diciotto ore di telegiornali e parate militari in onore del ''grande governatore Kim Jong-Un'', uscire fuori all'aria aperta significava guardarsi intorno e capire di essere circondati da propaganda a favore del governatore e del paese - che, a detta sua, era la buona Corea - e andare a scuola significava camminare a braccetto con la propria compagna di banco, fare attenzione a compiere gli stessi identici passi dell'altra e indossare la divisa praticamente sempre.
Non a caso non aveva altri vestiti all'infuori dell'uniforme scolastica, sempre se si escludevano i pigiami per la notte.
I suoi genitori erano molto poveri e la sua casa era un formicaio minuscolo e freddo: appena varcata la soglia della porticina d'ingresso ci si ritrovava davanti alla versione microscopica di un salottino, con due cuscini imbottiti e neri posti alle estremità di un tavolino in vetro, un mobiletto in legno che conteneva qualche cucchiaio d'argento ossidato. La cucina era la stanza messa peggio, aveva un forno così piccolo che sembrava un microonde, alcune credenze e un paio di fornelli che non vedeva accesi da quando aveva sei anni. Il bagno non si menziona.

La sua stanza non era messa meglio: doveva condividerla con la sorella più grande Min Seo e all'interno ospitava un letto a una piazza e mezzo e un armadietto per quei pochi ricambi di cui poteva disporre.
Non sapeva cosa significava giocare con le bambole, dal momento che non ne aveva mai avuta una; non sapeva neanche cosa significava guardare gli anime o leggere i manga, lì in quel paesino sperduto vicino a Pyongyang c'erano solo palazzine disabitate e strade piene di crepe e fosse.
Pensava che le strade di una campagna sarebbero state più lisce e nuove.

A scuola non le insegnavano molto, dicevano che il necessario era saper leggere e scrivere, per la storia bastava guardare la Tv e la geografia non serviva a un tubo dato che la Nord Corea era il paese migliore al mondo, a differenza di quegli 'sporchi alleati degli americani', meglio conosciuti come sudcoreani. La matematica? Due più due fa quattro, non si può discutere. Lingue straniere? A cosa servono se quando nasci in posto del genere ci rimarrai fino a perdere i denti, i capelli e l'anima?

La verità era che viveva nell'ipocrisia più totale, a partire dalla famiglia. Ogni volta che verso le sette di sera tornava da scuola - un poco prima dell'ora del coprifuoco - si affacciava dalla porta e scorgeva il viso in lacrime della madre con in mano alcuni fogli bianchi.
Notava che erano scritti, ma non poteva permettersi di avvicinarsi per leggere meglio.

- Mamma, cosa dicono quei fogli?- chiedeva spesso.
La donna sgranava gli occhi come fosse un cerbiatto impaurito, si puliva gli occhietti scuri alla meno peggio e strofinava le mani sul grembiule blu, un gesto che ormai aveva identificato come imbarazzo.

- Niente tesoro, solo alcune informazioni su... papà. Gli aumenteranno la paga- dopodichè scoppiava nuovamente in lacrime, per lei era davvero difficile trattenerle.
Myung storceva il naso e inclinava di lato la testa, come a chiederle se fosse un pianto di gioia o altro. Ma da come si disperava non era affatto gioia, no, quei fogli dovevano parlare d'altro, di cose molto più gravi.
Anche perchè ogni fottuto mese che passava riceveva sempre la stessa risposta quando invece il loro stato economico rimaneva sempre lo stesso.

Min Seo era sempre impegnata con lo studio, sognava di diventare una dottoressa da grande e per questo motivo spendeva la maggior parte del suo tempo sui libri, alla ricerca della verità.
Ma non era una cosa semplice, dal momento che il loro governatore aveva modificato le informazioni a suo piacimento e aveva eliminato tutto ciò che non gli andava bene. Nonostante ciò, la ragazza amava imparare cose nuove e il fatto che a scuola le insegnassero cose false lo prendeva come una sfida divina, un segnale dalla Divina Provvidenza, come se Dio volesse metterla alla prova.
E forse Myung Jae era stata influenzata parecchio dalla sorella se quella sera di un freddo mercoledì di fine gennaio si era trovata a rivelarle un desiderio.
Un folle desiderio.





- Unnie ho il disperato bisogno di confessarti una cosa- esordì levando la parte superiore della divisa e posandola con cura sul materasso.
Si sedette su di esso e produsse uno strano cigolio assordante. Non se ne curò e infilò il pigiama bianco a bordi azzurri.

- Forza spara! Scommetto che ne hai combinata una delle tue- mormorò affranta la più grande, sbuffando sonoramente e affiancando la più giovane.

- No, non è questo...- Myung non sapeva come dirglielo, insomma, sapeva di potersi fidare di Min Seo ma non fino a che punto.
Se l'avesse detto a mamma come minimo avrebbe dovuto sorbirsi i suoi scleri mentre se si trattava di papà sarebbe volato qualche schiaffo. Incominciò a torturarsi le mani, trovando inspiegabilmente interessanti le sue unghie mangiucchiate e le pellicine col sangue incrostato.

- Devo smetterla di mangiarmi le unghie- borbottò ridacchiando tra sè. Min Seo la sentì ugualmente e la prese per le spalle, scuotendola un po'.
Non ce la faceva più ad aspettare e probabilmente non era nemmeno qualcosa di così eclantante.

- Myung smettila di girarci intorno. Vuoi dirmi per piacere cosa affligge quella testolina bacata che ti ritrovi o faccio la spia e dico tutto a papà?- la minacciò.
La ragazza la guardò dritto negli occhi e serrò la mascella, dopotutto non era così semplice.

- Voglio andarmene- bofonchiò poco dopo.

- In che senso?-

- Voglio andarmene di qui- affermò cocciuta.
Evidentemente Min Seo non aveva capito cosa intendesse, perchè era scoppiata a ridere ed era partita in quarta con il suo elenco di città nordcoreane.

- Beh, abitiamo a una trentina di chilometri dalla capitale, ma se vuoi ci sono Kimchaek, Chongjin, Hamhung e...- la più piccola la bloccò con un tono di voce improvvisamente serio.

- Voglio andarmene da qui. Da questo paese arretrato, dalla Corea del Nord come devo dirtelo?! Non conosco lingue all'infuori del coreano, sai meglio di me che si rifiutano di insegnarci la lingua degli ingrati americani- quasi urlò dal nervosismo.
E ad esso si stava aggiungendo un pizzico di rabbia.

- Gli americani non sono ingrati, avremmo dovuto essere loro alleati e non sarebbe successo niente-

- E' questo il punto! Vivo in un mare di bugie, ti pare che sono costretta a mentire sul mio nome se uno sconosciuto prova a parlarmi? Ti sembra giusto che devo addormentarmi con il suono dei piagnistei di mamma a causa dei debiti e delle bollette non pagate?- a quel punto Min Seo la fermò.

- E tu come fai a saperlo?- chiese sorpresa. Myung Jae roteò gli occhi al cielo e scrollò le spalle come se fosse ovvio.

- Unnie ho sedici anni ormai, di certe cose dovrei pure accorgermi. Ma non è questo che voglio dire: la vera domanda è perchè sono nata in una condizione del genere? Dio mi odia? Insomma, se proprio dovevo nascere gialla e con gli occhi piccoli potevo starmene in Cina o lì sotto. Kim dice che la nostra Corea è quella buona ma in realtà quelli che vivono come si deve sono loro... perchè continuare a mentire?-

La sorella quasi si commosse per il discorso dell'altra, non credeva fosse così matura. Le accarezzò piano i capelli castano scuro e in seguito le massaggiò la schiena, come ad incoraggiarla.

- Ci dicono queste idiozie per sedarci, in un certo senso. Temono che prima o poi scoppi una rivolta popolare, per questo ci danno informazioni false. Quindi vuoi proprio andartene?- chiese di nuovo. Myung Jae annuì.

- E come farai? Non ci sono mezzi di trasporto e l'unico treno che porta al confine è a più di un'ora di cammino. Inoltre le guardie sono accorte e non appena ti scopriranno, ti riporteranno a casa e ti sorbirai una doppia paternale, quella loro e quella di mamma e papà- spiegò Min Seo, sospirando sconfitta.

- Myung, seriamente, non fare cose di cui potresti pentirti. Sai che di solito sono una persona molto positiva che crede in Dio e nel caso, ma questa volta sono realista: non puoi fuggire. Ti troveranno, se non subito lo faranno col passare del tempo. Sarà lo stesso Kim a dare il via alle ricerche e rischierai sul serio la vita, quell'uomo potrebbe mandarti a morte- continuò ma si bloccò non appena vide ridere la sorella.

- Myung Jae è una cosa seria!- urlò allora, scuotendola per le spalle.
Aveva gli occhi lucidi, una lacrima solcò il suo pallido viso. Il sorriso della ragazza scemò alla vista della riga della lacrima e s'incupì.

- Piccola, io... ti voglio bene. Ti voglio tanto bene e a differenza degli altri non ti dico bugie, voglio solo che mi ascolti. Solo questo- la maggiore si addolcì e le diede un buffetto al naso.

- Ma io...-

- Ti prometto che ce ne andremo. Non da questa Corea, è impossibile credimi, ma ce ne andremo in qualche altra città. E poi la skyline di Pyongyang non è così male!- ridacchiò lei. Myung non ricambiò il sorriso e abbassò lo sguardo, triste all'improvviso.

- Che ti succede?-

- Nulla... speranze. Vane speranze. E' proprio vero che la fortuna è una dea bendata, mi chiedo se mi capiterà mai qualcosa di bello nella vita- mormorò con un sospiro.
Min Seo non rispose, semplicemente si alzò dal letto e andò a spegnere l'unica lucina che illuminava quella stanza, nel frattempo l'altra si sistemò meglio sotto le coperte e dette le spalle alla più grande. Sentì l'altra parte del letto abbassarsi un po' e capì che era ritornata a farle compagnia, in qualche modo le spuntò un sorrisetto sul viso.
L'amava che non c'erano parole per descriverlo.

- Myung promettimi una cosa...- fece quella a bassa voce, per evitare di svegliare i loro genitori.
Le pareti di casa erano così poco spesse che temeva fossero fatte di cartapesta.

- Cosa?-

- Non fare cazzate-

Myung Jae s'irrigidì, se era arrivata ad usare le parolacce la faccenda era seria. Tuttavia non rispose a quella raccomandazione, non disse nè sì nè no, fece finta di essersi addormentata e chiuse gli occhi in modo forzato, cercando di immaginare qualcosa e di prendere sonno.
Non era brava ad immaginare, anche perchè non conosceva il vero significato del termine.

Tutto ciò che poteva immaginare ce l'aveva a pochi chilometri da casa e non poteva accedervi per uno stupido capriccio lungo più di sessant'anni.































* * *


































































Erano passate circa sei o sette ore da quando Min Seo le aveva detto quelle parole e Myung Jae non aveva ancora chiuso occhio, o meglio, ci aveva provato ma quello non significava dormire.
In realtà era ansiosa. Ansiosa per ciò che la sua mente malata stava progettando.

Strizzò un occhio e con l'altro scorse un sottile raggio solare dalla finestra, segno che di lì a poco la mattina sarebbe giunta. Un'altra delle solite mattinate uggiose e monotone, si disse affranta.
E invece no, aggiunse una vocina proveniente dai meandri più scuri e lontani del suo cervello.
Si tirò su a sedere in modo brusco, tant'è che ne risentì poco dopo. La testa girava e fu costretta a massaggiarsi le tempie se non voleva crollare e svenire.
Mise un piede fuori dal letto e poi l'altro, facendo attenzione a non far emettere alcun cigolio sospetto a quel letto vecchio e consumato che si ritrovava. Cercò di non lamentarsi del pavimento freddo sotto alle piante dei suoi piedi e si diresse verso l'armadietto di fronte al letto, aprendo le ante e rovistando fra i pigiami e le canottiere estive.
Decise di indossare la divisa, prese le zaino e sostituì i libri con tutto ciò che aveva per quanto riguardava l'abbigliamento. Mise le scarpe e si fermò davanti al volto stanco della sorella: fu lì che ebbe un attimo di sconforto.
Stava scappando per davvero?

Scosse la testa e le baciò velocemente la fronte. Andò in cucina e dallo stipetto immediatamente sopra ai fornelli tirò fuori un sacchetto con dei biscotti, lo prese e aprì la porta di casa, lasciando le chiavi all'interno dell'abitazione e richiudendo subito dopo.
Sì, stava scappando per davvero.





Il sole era ormai alto nel cielo e si sentivano gli uccellini che cinguettavano, il tempo era comunque umido e freddo, l'aria entrava dritta nei polmoni ed era in grado di penetrare le ossa e congelarle, oppure era lei troppo freddolosa.
Stava camminando da quasi venti minuti e sentiva già male alle gambe, non era per niente abituata alle lunghe passeggiate estive di cui aveva sentito parlare. I suoi compagni di scuola avevano molta fantasia e se ne inventavano di tutti i colori, eppure sapeva che c'era un fondo di verità.
Insomma, le passeggiate al chiaro di luna esistono sul serio, non le aveva mai fatte ma esistevano.
In testa aveva un velo grigio sporco, sembrava musulmana. Aveva semplicemente paura di essere beccata, Min Seo non aveva tutti i torti, e indossare il velo per non farsi riconoscere in volto la trovava un'ottima strategia.

Le strade erano vuote e rischiava di inciampare in qualche buca ogni due secondi, inoltre non sapeva dove stava andando esattamente, il senso d'orientamento non era nel suo DNA. Aveva preso da mamma, decisamente.
Si ricordava che una volta la sorella aveva preso quello stesso treno e aveva detto che bisognava andare sempre nella direzione dell'orizzonte, non ci si poteva sbagliare. E così fece per parecchio tempo, a un certo punto si stancò persino di controllare l'ora sull'orologio perchè sembrava che il tempo si fosse fermato e il dolore ai piedi aumentasse progressivamente.
Questo fino a quando in lontananza vide in modo sfocato una stazione, la stazione.
Improvvisamente sembrò che il dolore fosse sparito e incominciò a correre senza un motivo preciso, di solito quel treno non partiva spesso. Eppure sentì di essere in ritardo, di perderlo per sempre.

Corse fino ad avere l'affanno, fino a quando non si fecero sentire i crampi alle caviglie. I talloni diventavano pesanti ad ogni passo in più che compiva. L'orizzonte diventava sempre più vicino, così come la stazione.
Riuscì a varcare la soglia dell'ingresso e attraversò un piccolo corridoio buio, pieno di scritte sui muri a favore - ovviamente - di Kim Jong-Un.
Quando si affacciò dall'altro lato della stazione tirò un sospiro di sollievo: per la prima volta si sentiva a casa. Era come se fosse nata per viaggiare, e a detta di Min Seo era molto bello e rilassante.
Osservò il cartellone con le varie fermate e si soffermò a quella che le interessava: il treno sarebbe partito alle sette e mezza e, ironia della sorte, erano giusto giusto le sette e ventisei.

Si affrettò a salire su un vagone e guardò a destra e a sinistra, notando che era completamente vuoto. Si chiese se quel fottuto treno fosse ancora in funzione o se Kim l'avesse disabilitato apposta. Si sedette su un sedile e si sorresse la testa poggiando il gomito al margine del finestrone della cabina che aveva scelto.
Chiuse gli occhi, varie immagini colpirono la sua mente sottoforma di flash: la sua compagna di banco e i suoi finti sorrisi, Min Seo e i suoi racconti fiabeschi, i rari sorrisi di mamma e papà.
Stava per addormentarsi se il fischio del treno non l'avesse fatta sobbalzare per lo spavento. Sentì le rotaie muoversi sotto i suoi piedi e vide la ferrovia, le panchine e gli alberi circostanti muoversi all'indietro rispetto a lei e capì.

Il suo sogno era appena iniziato.


***
Annyeong popolo! Ebbene, sono ritornata dopo quasi due settimane con la nuova fanfic, non ce la facevo ad aspettare ancora per molto xD Innanzitutto, come avrete notato dal titolo, l'intera storia è ispirata alla canzone dei nostri sette bambini prodigi - mi ha ispirata così tanto che quando dovevo decidere come intitolarla mi son detta 'perchè no? Spring Day, dopotutto è a causa loro se ho partorito quest'ennesimo sclero. Non preoccupatevi se in questo capitolo non c'è ancora nessuno a parte la nostra nuova protagonista, uno dei ragazzi (chissà chi) si farà vivo nel prossimo ;) spero moltissimo che vi piaccia perchè ci tengo molto e ci ho buttato davvero 'sangue, sudore e lacrime' per scriverla, prima di farlo mi sono informata parecchio sulla Nord Corea, il regime e i legami che hanno ancora con i sudcoreani. Mi sono informata anche sul confine più pericoloso del mondo (sì sì, proprio così), quindi diciamo che è una cosa seria ahah XD che dire, ringrazio in anticipo chi leggerà, chi recensirà e chi deciderà di seguire questa storia :)  scappo via che è meglio, bacioniiiii    _MartyK_ <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Durante il viaggio Myung Jae si era addormentata poggiando la testa contro il finestrino del treno. Stranamente, il suono delle rotaie che giravano veloci e i continui sussulti provocati dal mezzo avevano fatto da ninna nanna.
O forse era solo stanchezza, dopotutto si era svegliata davvero presto per compiere quella follia.

Il suo respiro era calmo e regolare, si sentiva quasi in pace, fino a quando non sentì alcuni passi farsi sempre più vicini.
I controllori, pensò impaurita.
Si svegliò di soprassalto e sgranò gli occhi, voltandoli nella direzione dei passi e non riuscendo a vedere nessuno. Per farlo avrebbe dovuto voltare la testa ma questo significava essere beccati. Si sistemò meglio il velo sui capelli e nascose il viso nella parte inferiore di esso.
Vide un uomo passare dritto accanto a lei come se non esistesse e fu allora che tirò un sospiro di sollievo.
Si dette della scema perchè dai racconti di Min Seo sapeva che i controllori chiudevano un occhio quando si trattava di biglietti e cose del genere, non aveva avuto motivo di stare in pensiero.

Ricominciò a sonnecchiare e lo fece più o meno fino a quando una voce registrata non le perforò i timpani annunciando la sua fermata.
Saltò in piedi come una molla e mise in spalla lo zaino, aveva l'adrenalina a mille. Forse era la gioia, forse era il temere di essere scoperti, sta di fatto che non appena il treno si bloccò - dovette aggrapparsi ad una maniglia per evitare di cadere all'indietro. Non era mai salita su un treno prima di allora - scese giù e si mise a correre verso l'uscita della 'stazione'.
Davanti a lei c'era un'imponente distesa verde e in lontananza scorse alcune casette blu: quello era il tanto odiato confine.

Sempre a detta di Min Seo, le guardie facevano i turni e durante alcune ore particolari nessuno lo sorvegliava, anche se comunque era tenuto d'occhio. Myung Jae non aveva idea di quali ore si trattassero, era un argomento top secret, per cui ripose tutta la sua fiducia nella fortuna.
Si avvicinò con cautela alle case blu, alcuni uomini in tuta mimetica erano di spalle e rivolti verso l'altro territorio. Non sapeva che quello era considerato uno dei confini più pericolosi del mondo, non aveva ancora valutato la gravità dell'impresa.
Notò che altre guardie erano dentro le casette e alcune ridevano e scherzavano mentre mangiavano il pranzo. Forse aveva azzeccato l'ora giusta, pensò sorridente.
Si fece forza e corse verso di loro, si nascose dietro una di quelle case e controllò a destra e a manca sperando che nessuno l'avesse notata.
Da una finestra vide che alcuni si tenevano impegnati al computer, chissà che stavano combinando.

Quando capì di essere pronta, si lanciò verso la strada e corse a più non posso.

- Hey tu! Ragazzina fermati!-

Beccata. Troppo bello per essere vero.
Non si voltò indietro, era sinonimo di sconfitta. E lei non lo era.
Continuò a correre come se non avesse sentito niente, finchè non si sentirono alcuni spari. Dei fucili.
Si allarmò e si lasciò sfuggire un gemito di paura.
Altri spari.
Si nascose dietro degli alberi, il respiro era affannato e in più rischiava di svenire per lo spavento, dovette tenersi alla corteccia degli alberi per evitare di crollare a terra a peso morto.
Sentì alcune urla, non riuscì a capire bene di cosa stessero parlando, quel che era certo era che si trattava di lei e in più non era neanche poi così lontana.

- Una ragazzina ha oltrepassato il confine! Presto sbrighiamoci!-

- Una ragazzina? Come diavolo ti è sfuggita?-

- Non può essere andata molto lontano-

- Sì certo, ma la foresta che precede la Corea del Sud è immensa, ci vorrà un giorno intero di perlustrazione prima di ritrovarla e portarla a casa!-

Dopo aver sentito il necessario, decise di svignarsela e di incamminarsi verso la via d'uscita.
Un giorno intero, solo a pensarci le facevano male i piedi e le gambe. E calpestare ramoscelli secchi non migliorava la situazione, dal momento che producevano uno strano suono inquietante.
In più il cielo era nuvoloso e i gufi avevano incominciato a cantare in modo lamentoso come erano soliti fare.

Sperò almeno di non passarci la notte, per il resto con un po' di fortuna, qualche treno, gli autobus e le metropolitane del centro città se la sarebbe cavata.





























































* * *
























































La vita di Park Jimin era quella che ogni ragazzo della sua età sogna di avere: una bella casa, un coinquilino alle prese con la leva militare - e quindi perennemente assente -, degli amici pazzeschi, una marea di ragazze a sbavagli dietro a scuola e dei genitori molto comprensivi.
Al punto di assecondare la sua scelta di vivere da solo nonostante non avesse compiuto la maggiore età, non a caso Yoongi era il suo coinquilino.
Un tipo tranquillo e di poche parole, non stava a casa molto spesso per la leva militare e cose del genere, Jimin si divertiva a schernirlo paragonandolo a Yoo Si Jin del drama Descendants of the sun.

'Quand'è che troverai la tua Kang Mo Yeon?' gli chiedeva spesso con la sua risata stridula. E ovviamente Yoongi rispondeva per le rime.

'Vattene a fanculo, nanetto'

In effetti era basso per essere un ragazzo, sapeva di essere molto popolare tra le femmine e non ne capiva il motivo, insomma, ogni volta che si guardava allo specchio trovava sempre un piccolo errore, una piccola imperfezione.
Era piuttosto insicuro, forse era per questo che non aveva ancora una fidanzata.

Per quanto riguarda le sue passioni, ballare era ciò che sapeva fare meglio. Merito dei video di Michael Jackson che guardava quando era piccino, e poi era cresciuto con Taeyang e i Big Bang: avendo problemi a mantenere peso e forma fisica, lavorare sugli addominali e sfidare il suo idolo era la fissazione di sempre.
Aveva vinto parecchie gare e si era esibito davanti a più di mille persone, tanto che Jungkook, il suo compagno di sudate davanti allo specchio della palestra, gli aveva chiesto con la faccia più seria del mondo se volesse diventare un Idol.






- Tu sei fuori!- gli aveva risposto passandosi l'asciugamano bianco intorno al collo dopo l'ennesima prova della coreografia da loro inventata.

- Hyung non sono fuori, insomma, sei bravissimo e sei anche carino, non ci vedo nulla di male nel fare un lavoro del genere- rispose innocentemente l'altro.
Jimin riflettè un po' su quelle parole e scrollò le spalle.

- Sarà, ma io non voglio rovinarmi la vita per quattro MV e qualche ragazzetta in piena crisi ormonale, la scuola mi basta-

Inutile dire che la mascella del più piccolo toccava terra.
Chiunque si fosse ritrovato il suo talento ne avrebbe approfittato, era davvero inconcepibile una scelta del genere.

- Hyung se non lo fai chiamo qualcuno io e ti mando a fare le audizioni! Non capisci che tutti vogliono essere Idol, è il lavoro del domani!- Jungkook circondò le spalle dell'amico e protese il braccio libero verso l'esterno, spalancando la mano come se gli stesse mostrando un panorama.
Jimin ridacchiò socchiudendo gli occhi, si levò di dosso il ragazzino e andò nell'angolo in cui aveva malamente gettato la sua borsa.

- Se vuoi fallo tu, a me non interessa- mormorò mentre si preparava per andarsene. Tirò fuori una bottiglia d'acqua e se la scolò in meno di dieci secondi.
Quella volta si erano allenati parecchio, gli insegnanti avevano acconsentito alla richiesta di restare in palestra per più tempo e ora toccava a loro sgobbare e chiudere le serrande del garage.

- Io ci ho provato, hyung-

Il castano indossò il cappotto e si caricò la borsa su una spalla, dando una pacca a Jungkook.

- Senti, riguardo alla coreografia siamo a buon punto, c'è una parte del ritornello che sbagli sempre: è five and six, seven-eight, tu invece ti comporti come se fra seven e eight ci fosse una pausa. Poi ti spiego domani- avvisò l'amico gesticolando e mimando i passi del ballo.
Spensero le luci della sala e chiusero a chiave il portone, successivamente tirarono giù le serrande del garage e chiusero a chiave anche quelle.

Al primo incrocio le loro strade si separarono e si salutarono con un rapido cenno delle mani, Jimin tirò un sospiro e notò che si era dissolto nell'aria come fumo. Incredibile, si disse, mancavano pochi giorni a febbraio e faceva ancora il freddo di novembre.
Si strofinò le mani per farsi calore e attraversò la strada sulle strisce pedonali, Seoul era sempre invasa dalle automobili nonostante il numero dei pedoni fosse di gran lunga maggiore dell'altro.
Si guardò un po' intorno prima di tornare a casa, era sempre piacevole dare un'occhiata alle varie vetrine dei negozi d'abbigliamento, anche perchè era un fanatico dello shopping. Maschile, s'intende.

Fin quando non si accorse che alcuni fiocchi di neve si erano posati sulle sue spalle. Fu allora che capì che doveva sbrigarsi, di certo non voleva che una bufera scoppiasse quando lui era ancora fuori a gironzolare a vuoto.































































* * *





























































Seoul non era proprio come Myung Jae si aspettava. Certo, non aveva visto granchè perchè per la maggior parte del tempo era stata seduta nei vari mezzi di trasporto - per evitare problematiche aveva finto di appartenere ad alcuni gruppi di turisti e ogni volta che doveva scendere dagli autobus o dalle metro si confondeva tra la gente -, da quel che aveva potuto capire era una città molto popolata.
Si sentiva un po' in ansia, non era mai stata in mezzo a così tanta gente, sconosciuta per di più, dato che le uniche persone che conosceva erano mamma, papà e Min Seo.
Come se non bastasse aveva incominciato a nevicare.
Di solito la neve era soffice, le piaceva stanziarsi sul davanzale della finestra di casa e osservare come questa scendesse giù lentamente, eppure quella volta sentiva come se fosse di troppo. Non ci voleva, ecco.

Stava morendo di freddo e non aveva idea di cosa stessero pensando i suoi a proposito di questa bravata, di sicuro non gliel'avrebbero fatta passare liscia.
Non sapeva dove andare e il pensiero di doversi trovare un posto per passare la notte svanì quando un bellissimo vestito da sposa bianco candido entrò nel suo raggio visivo.
Sgranò gli occhi e poggiò le mani sulla vetrina, respirando affannosamente e lasciando un alone che si dissolse subito nell'aria ghiacciata. Guardava ogni cosa con curiosità e ammirazione, un po' come se fosse appena nata.
E in effetti era così, non aveva mai visto cose del genere e ne era affascinata.
Di questo passo sarebbe rimasta incantata anche da cose stupide, si disse ridendo.

Continuò a passeggiare fino a tarda serata, si imbattè nelle vetrine di alcuni ristoranti e il languorino allo stomaco si fece sentire. Prese i biscotti dal suo zaino e ne mangiò un paio, pensando a cosa mettere sotto i denti per i prossimi giorni. Non poteva andare avanti coi biscotti, prima o poi sarebbero finiti.

Verso le undici di sera - aveva letto l'ora su un cartellone gigante - le strade cominciarono a spopolarsi e più passava il tempo, meno persone circolavano.
D'altronde faceva freddo e non era neanche un giorno festivo, la gente non aveva motivo di passare la serata al gelo.
L'idea di chiedere ospitalità a qualcuno attraversò la sua mente solo per un istante, poi scosse la testa. Era una cosa troppo grande per lei e poi si vergognava.
Provò invece a chiedere informazioni per degli alberghi vicini, ma le indicazioni erano frettolose e molto generalizzate, alcuni la guardarono dall'alto in basso con fare altezzoso. Manco si fossero ritrovati davanti a un cane malaticcio e pieno di pulci, si disse sconsolata.

Le gambe facevano male e sentiva la testa pesante, dovette aggrapparsi alle pareti degli edifici un paio di volte, fin quando non crollò in ginocchio in un vicolo.
Almeno era al sicuro.
Vedeva dei puntini viola davanti a sè e non era un buon segno. Stava per svenire, non poteva permetterselo.
Non riusciva nemmeno a parlare e faceva fatica a mantenere le palpebre tirate verso l'alto.
A malincuore fece l'unica cosa possibile per chiedere aiuto: lanciare pezzi di biscotti verso la strada.

Pregò che qualcuno notasse il suo disperato segnale. Pregò con tutte le sue forze.





































































* * *

















































































Jimin era sulla via del ritorno, mancava qualche centinaio di metri quando vide dei biscotti sbucare da un vicolo buio e fitto.

- Dei biscotti che saltellano?!- si disse aggrottando le sopracciglia.
Scosse la testa, era impossibile, la stanchezza giocava brutti scherzi. Ma proprio quando passò davanti a quel vialetto si accorse della manina che li lanciava.
Una ragazza.
Imbucò la stradina e lanciò a terra la borsa quando la vide moribonda e accasciata al suolo.

- Oddio sei pallidissima! Chiamo l'ambulanza!- urlò allarmato il castano, tirando fuori il suo cellulare dalle tasche e digitando il numero in fretta e furia.
La ragazza sgranò gli occhi per quanto fosse possibile, scosse la testa e mugugnò qualcosa in segno di negazione, Jimin esitò un po' prima di inginocchiarsi di fronte a lei e accarezzarle il viso con entrambe le mani.

- Ti porto a casa mia e ti riscaldi un po', va bene?- non attese risposta, se la caricò sulle spalle, prese la borsa e corse via da lì.

Sperò soltanto di aver fatto la scelta giusta.


***
Annyeong popolo! Come al solito faccio il mio comeback ogni venerdì/sabato ahah. E a proposito di comeback, ma vogliamo parlare delle foto che la BigHit ha pubblicato?! No, ma seriamente. Parliamone. Perchè io non sto capendo più nulla, e sapere che quei pazzoidi sono arrivati a nascondere la nuova tinta con delle parrucche/extension mi fa dare ancor di più di matto T.T  Sono un concentrato d'ansia. Cooomunque, passando alla storia, diciamo che incomincia seriamente dal prossimo capitolo, questi servivano solo per inquadrare un po' la situazione ahah ;) e ovviamente le guest star erano Jimin e Jungkook. Ringrazio T O M O M I  per aver espressio il suo parere a riguardo - mi ha fatto molto piacere ^^ -, _ChocolateKookie_  che no, non si aspettava proprio che la mia mente malata partorisse uno sclero del genere e la cara unnie tenacious_deep_soul 99 che finalmente può leggere la storia senza sorbirsi spoiler indesiderati ahah xD ringrazio tutte le persone che l'hanno già inserita fra le preferite/seguite/ricordate e chi la legge silenziosamente. Spero sempre di non deludere le vostre aspettative.  Scappo via, bacioni a tuttiiiii  _MartyK_ <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Era da un po' che Myung Jae lanciava biscotti verso il ciglio della strada innevata, certo, non sapeva da quanto tempo esattamente dato che l'orologio si era rotto ma di sicuro era passato parecchio dal primo biscotto.
Controllò il sacchetto e notò che aveva superato di gran lunga la metà: il panico prese possesso di lei.
Incominciò a respirare in modo affannoso e l'aria glaciale entrava nei suoi polmoni provocandole una forte tosse. Non riusciva a parlare, era come se avesse perso del tutto la voce.

Continuò a lanciare biscotti anche a costo di rimanere senza e di morire congelata, sapeva sarebbe andata a finire così.
Fino a quando non sentì dei passi accelerati andare verso la sua direzione, fu allora che dalla sua bocca fuoriuscirono impercettibili lamenti e piccoli mugolii. Si sforzò e sibilò uno stanco 'aiuto', nel frattempo erano rimasti gli ultimi cinque biscotti.

- Ma che diamine..!- una voce rimbombò nelle sue orecchie, si sentì salva. Scorse un'ombra che buttava a terra un borsone e la vide avvicinarsi a lei.
Non aveva paura, era troppo stanca per preoccuparsi.

- Oddio sei pallidissima! Aspetta, chiamo l'ambulanza!-

Soltanto a sentir proferire il termine 'ambulanza' i suoi occhi si sgranarono e immediatamente scosse la testa, mugolando in segno di protesta.
Non poteva andare in ospedale - sebbene ne avesse bisogno -, le avrebbero chiesto nome e cognome e sarebbe stata costretta a mentire, in un posto pieno di controlli come quello l'avrebbero beccata all'istante.
Quello sembrò accorgersi dei suoi gesti che facevano no e rimase un po' perplesso. Annuì e le si inginocchiò di fronte.

Sentì il suo alito fresco e il suo respiro nervoso, poi nella penombra notò i suoi lineamenti fini e delicati. Per un attimo, un solo attimo che non sarebbe potuto durare più di un secondo, sentì le guance più calde e percepì il flusso del sangue salire verso le gote.

- Allora ti porto a casa mia e ti riscaldi un po', va bene?- chiese gentile.
Avrebbe voluto dire di no, che non poteva girovagare nelle case degli altri e che gli avrebbe portato solo guai, ma non ce la fece. Non quando si sentì prendere in braccio e posizionata in modo da circondargli i fianchi con le gambe e il petto con le braccia.

Capì di essere fottuta. Quello era solo l'inizio.








Il misterioso ragazzo prese con sè la borsa e abbandonò il vicolo, proseguendo verso destra e andando sempre dritto. Myung Jae sentiva il suo stomaco andare su e giù, quel tizio correva davvero veloce nonostante avesse due pesi in groppa.
Doveva essere piuttosto allenato.
Egli, dal canto suo, si stava stancando. Insomma, dopo un intero pomeriggio di lezione di ballo avere la schiena occupata da una ragazza e portare in mano una borsa piena di vestiti sudaticci non è che fosse il massimo della vita!
Non che la ragazza pesasse molto, anzi, poteva essere sì e no una cinquantina di chili e forse anche meno, sembrava quasi malnutrita.
Piuttosto, erano i muscoli in tensione che facevano un male cane.

- Aish ci siamo quasi- borbotto fra sè, stringendo i denti e caricandosi meglio la ragazza dietro la schiena.
Corse ancora per una ventina di metri, dopodichè una volta davanti alla porta d'ingresso tirò fuori le chiavi dalla tasca e aprì velocemente.
Si fiondò in casa, lanciò borsa e chiavi in un angolo indefinito del salotto e chiuse la porta con un calcio abbastanza potente, quella poveretta sussultò per lo spavento.
Il castano la fece scendere e l'aiutò a sedersi su una sediolina vicino al termosifone, circondandole le spalle con un braccio e correndo verso un mobiletto in legno verniciato di verde per prendere il plaid più caldo che aveva.

Si avvicinò con cautela alla giovane e lo aprì completamente davanti a lei, tanto che per un istante il ragazzo sembrò scomparire dietro di esso. Lei si sentì al sicuro avvolta da quella morbida coperta, e lo dimostrò tirando fuori il sorriso più sincero e smagliante che avesse mai fatto a qualcuno.
Non si ricordava di aver sorriso così luminosamente in tutta la sua vita.

- Ti preparo della cioccolata calda e anzi, ora che mi ci fai pensare, ne bevo un po' anch'io- il ragazzo sorrise e sparì in cucina, che non era poi così distante dalla sala principale.
Myung Jae chiuse gli occhi e poggiò la testa al termosifone per sostenersi, ma dovette subito staccarsi mugugnando un 'ahia' di disappunto, quell'aggeggio bruciava da morire. Sconsolata, si strinse di più nella coperta e si morse il labbro inferiore, per fortuna aveva ancora la sensibilità alle gambe.
Qualche minuto prima, quando stava ancora al gelo a crepare di freddo, non riusciva nemmeno a muoversi, le gambe sembravano essersi immobilizzate.

Dopo un paio di minuti il proprietario di casa tornò con due tazze fumanti di cioccolata, riferendole che erano pronte e che doveva aspettare un po' prima di bere.

- Come mai?- si sentì stupida a domandarglielo, ma la verità era che non aveva mai assaggiato della cioccolata fusa e non vedeva l'ora di sentirne sapore e consistenza. L'altro storse il naso e inclinò di lato la testa, sorpreso da quell'insolita domanda.

- Beh è bollente, poi ti bruci la lingua- e sorrise a trentadue denti. Myung mormorò un 'ah' timido e abbassò lo sguardo, facendo piccole smorfie con la bocca.
Il ragazzo si era seduto sul divano e i polpastrelli delle sue mani si toccavano l'un l'altro in modo armonioso, lo sentì sospirare e con la coda dell'occhio vide che si portò i capelli all'indietro.
Si alzò e le stette di fronte, a quattr'occhi. L'ennesima volta.

- Mi chiamo Jimin- rivelò - finalmente, si disse lei.
Osservò per una manciata di secondi la sua mano stesa verso di lei e sussultò, non sapendo che pesci prendere.
Dire il suo nome o inventarsene uno? Non ci mise molto a scegliere l'opzione che più faceva per lei.

Riflettè velocemente su qualche combinazione... Myung-Ok? No, conteneva parte del suo nome.
Seulgi? Non ci si vedeva. Min-Ah? Le ricordava sua sorella.
Alla fine scelse un nome a caso, non curandosene del fatto che le potesse piacere o meno, d'altronde non era quello vero.

- Sono Jiyon- farfugliò coprendosi parte del viso con la coperta. Da essa sbucò la sua piccola mano che andò a stringere quella più grande di Jimin.
Si beò del suo tocco caldo e accogliente, e si beò ancora di più del suo sorriso. Giurò che quello fosse il sorriso più bello del mondo. Persino il suo nome era adorabile.

Jimin. Non se lo sarebbe levato dalla testa così facilmente.

Arrossì di colpo a quei pensieri e scosse bruscamente la testa, al che Jimin si preoccupò.

- Qualcosa non va?-

- No, va tutto benissimo-

- Resta qui e non prendere freddo, okay? Potrai rimanere quanto ti pare e piace, a me non dai fastidio e poi non c'è neanche Yoongi...- il castano si lasciò prendere dall'entusiasmo e mancò poco che le raccontasse vita, morte e miracoli dei suoi amici idioti.

- Chi è Yoongi?- chiese timidamente l'altra.
Notò che si fece piccola piccola nella coperta, si capiva che non era una ragazza pettegola ma era pura curiosità. Sospirò e sventolò una mano davanti ai suoi occhi.

- Oh il mio coinquilino, tranquilla se n'è andato per un po' e non tornerà prima dei prossimi due mesi- ridacchiò sincero.
Myung Jae annuì e si sentì in colpa. Sì insomma, lui era così sincero, un libro aperto e lei non riusciva a non mentire neanche su una cosa banale come il nome.

La mano di Jimin si spostò dal suo braccio verso la sua guancia sinistra e la sfiorò delicatamente, come se temesse di farle del male. Massaggiò leggermente lo zigomo col pollice facendo cerchi concentrici e tirò un altro dei suoi sorrisi melensi e senza senso.

- Mi chiedo cosa ci facesse una bella ragazza come te nel bel mezzo di una bufera- se ne uscì senza mostrare un briciolo di imbarazzo e simili.
Myung Jae si sentì avvampare, sperò soltanto che il suo rossore non ustionasse la mano di Jimin. Di solito odiava i complimenti, anche perchè ne riceveva solo da uomini adulti, eppure quella sera non si offese.
Anzi le fece piacere, estremo piacere.

Si guardarono negli occhi per un periodo di tempo indefinito, quelli ambrati di lui avevano una sfumatura più chiara grazie ad una lucina fioca accesa all'angolo della sala, l'atmosfera era più che romantica.
Quei diamanti grezzi incorniciati da un taglio perfettamente allungato e a mandorla si comportavano da calamite, ed era come se fosse entrata in un circolo vizioso, una via senza ritorno. Quelle dannate dita sottili e affusolate continuavano a torturarle il viso con piccole carezze, pian piano anche la sua mano scivolò verso la sua e andò ad accarezzarla.
Non seppe perchè si stavano comportando in quel modo, non seppe neanche se era giusto o sbagliato e in realtà non gliene importava un tubo. Le faceva bene, si sentiva felice e aveva una strana sensazione di benessere all'addome.

Vide le labbra rosee e carnose del castano e pensò a qualcosa che non avrebbe dovuto pensare, così morse le proprie.
Quelle stesse labbra sembrarono avvicinarsi impercettibilmente, tanto che i loro respiri stavano quasi per mischiarsi.

Fu Jimin a riprendere il controllo di sè per prima. Si schiarì la voce e si allontanò definitivamente, la sensazione di vuoto nella pancia di Myung Jae sparì del tutto.

- Forza, beviamo la cioccolata e poi a nanna!- si ritrovò ad esclamare lui.
La ragazza lo guardò in un modo indecifrabile, per poi scoppiare in una grassa risata. Jimin parve arrossire, si grattò il braccio imbarazzato e poi la seguì a ruota.

Afferrarono le tazze colme di cioccolata e un senso di tepore invase il loro corpo, Myung Jae avvicinò il viso alla tazza e inspirò il profumo afrodisiaco che fuoriusciva da essa. Si lasciò sfuggire un mugolio di piacere e cominciò a bere il primo sorso. Jimin la osservava esitante.

- Com'è?- chiese. La corvina levò il viso dalla tazza e annuì con enfasi.

- Squisita!-

- Aspetta, hai un po' di cioccolata qui sopra!- l'avvisò Jimin indicandole il labbro superiore.
Si alzò dal divano e corse a prendere il rotolo di tovaglioli in cucina, per poi ritornare con un paio di fogli bianchi.

- Ecco tieni- ne porse uno a Myung Jae. Si pulì passando più volte la carta sulle labbra e poi chiese conferma al ragazzo.

- Ne ho ancora?-

- Perfetto-








Una volta che ebbero finito di bere, Jimin riempì d'acqua le tazze e le mise nel lavello. Ritornò l'ennesima volta in salotto e si buttò a peso morto sul divano, spaparanzandosi e inclinando la testa all'indietro.
Myung Jae guardava sorpresa tutta la casa. Prima era così concentrata su se stessa e sul freddo che stava provando che non si accorse della bellezza di quella piccola dimora.
Certo, non è che fosse chissà quanto grande, ma di sicuro era molto meglio di casa sua: il soffitto verde pastello, tendente al bianco, aveva al centro un lampadario spento; ruotando lo sguardo verso destra c'era una porta scorrevole in legno che portava dall'altra parte della casa, accanto vi era una poltroncina rossa che aveva tutta l'aria di essere estremamente comoda, un tavolino in cristallo incorniciato da rifiniture in mogano troneggiava al centro della sala e di fronte ad esso un televisore al plasma ricurvo attirava la sua attenzione.

Aveva una voglia matta di accendere e di sapere se trasmettevano le stesse cose di casa sua, poi si dette della stupida, Min Seo le diceva spesso che la Nord Corea era l'unica nazione ad essere isolata dalla tecnologia e dal progresso del mondo intero.
Ogni oggetto lì presente suscitava curiosità, al punto che si ritrovò a chiedere a Jimin cosa fosse quella scatolina simile ad un forno.

- E' un microonde- rispose lui sollevando un sopracciglio.
Chi al giorno d'oggi non ha idea di cosa sia un microonde? Eppure quella ragazzina sembrava stranita e perplessa.
Rise nervoso, c'era qualcosa che non andava.

- Non offenderti se te lo chiedo, ma da dove vieni?-

Bam. La fatidica domanda che Myung tanto temeva aveva fatto capolino prima nelle sue orecchie, poi nel suo cervello, rimbombando sempre più forte e comportandosi come un boomerang. Avanti e indietro, avanti e indietro.

- I-io vengo da... da qui! Ovvio!- balbettò incerta.
Jimin annuì ancora poco convinto. Si sgranchì gambe e braccia e si tirò su a sedere, lasciandosi sfuggire un sonoro sbadiglio. Fece per chiedere scusa e inchinarsi, ma la ragazza lo bloccò con un sorriso cordiale.

- Andiamo a dormire, la giornata è durata fin troppo- annunciò. Almeno su questo erano d'accordo, si disse atona lei.
Jimin le circondò nuovamente le spalle e l'accompagnò verso la porta, affacciandosi ad un breve e stretto corridoio. Il castano accese le luci pigiando sugli interruttori e lo attraversarono con calma, Myung Jae si guardava intorno semplicemente.

- Questo è il bagno- spiegò aprendo piano una porticina e indicando la tazza del water. Myung si sentì presa in giro.

- So cos'è un bagno- ridacchiò.
Si allontanarono per andare nella sua stanza temporanea, perchè era sicura che lo fosse, non aveva intenzione di rimanere lì per più di uno o due giorni, Jimin era stato fin troppo premuroso.

- Questa è la tua stanza. In realtà è quella di Yoongi, ma dato che non c'è puoi stare qui. Ah, attenzione ai poster, ascolta gente malandata e un po' pazzoide- l'avvisò con tenerezza.
La ragazza si aspettava di vedere poster di qualche famoso politico, oppure qualcosa del presidente sudcoreano e invece erano solo poster di... qualche cantante a lei sconosciuto.
Non ascoltava musica, non aveva idea di cosa significasse dal momento che l'unico suono che tuonava nelle sue orecchie era quello delle trombe per la parata militare del loro grande leader. Ricordò di come fu costretta a svegliarsi alle cinque e mezza del mattino, a prepararsi con abiti che nemmeno le piacevano e a fingere di essere felice e interessata a quel gruppo di uomini che marciavano come se avessero le chiappe in fiamme.

Scosse la testa, voleva scacciare i cattivi pensieri. Voltò un attimo il capo nella direzione di Jimin e sfoggiò un lieve sorriso, appena accennato.

- Per qualsiasi cosa io sono nella porta accanto, in pratica siamo testa e testa- le augurò la buonanotte e abbassò lo sguardo, mancava qualcosa.
Avrebbe voluto abbracciarla, darle un bacio alla tempia oppure scompigliarle i capelli, ma era troppo presto.
Era passato troppo poco tempo.

Fece per abbandonare l'uscio della stanza, quando sentì le dita di lei sulle sue poggiate allo stipite della porta. Rialzò lo sguardo e dischiuse la bocca, confuso.

- Grazie mille- bofonchiò Myung con un mezzo sorriso, invano represso.

- E' il minimo che potessi fare-

Minimo per te, massimo per me. Era questa la sua risposta, ma non poteva rivelarla. Sarebbe stato da imprudenti.
Le dita di lei fermarono il contatto con quelle del castano sfiorandole leggermente. Egli le chiuse la porta e Myung fu libera di levarsi la coperta e di intrufolarsi sotto le lenzuola del suo nuovo letto.
Si coricò su di un lato e sorrise involontariamente. Vari flashback della giornata le si presentarono in mente, una volta chiusi gli occhi, ma quelli della serata dominavano sui restanti.
Troppo poco tempo, sussurrò la vocina razionale della sua mente. E le dette ragione.

Al momento giusto gli avrebbe rivelato tutto, doveva solo imparare a fidarsi di lui.


***
Annyeong popolo!! Ed ecco a voi il terzo capitolo del mio ennesimo sclero partorito a causa dell'ascolto prolungato di Spring Day - oh, già, in pratica è la ''colonna sonora'' della storia, quindi chi vuole può leggere i capitoli ascoltandola. Ho cercato di rendere la storia simile alla canzone: lenta all'inizio, poi scorrevole e un fiume in piena verso la fine... okay mi sto dilungando, qua rischio seriamente di fare spoiler ahah xD - e delle informazioni riguardo l'attualità T.T  come al solito ringrazio chi legge silenziosamente, chi segue/preferisce/ricorda la storia e _ChocolateKookie_, tenacious_deep_soul 99  e  T O M O M I  che apprezzano questi abbozzi di fanfiction. Spero che chi è arrivato fin qua (mi rendo conto che ultimamente scrivo robe lunghissime) sia soddisfatto di ciò che ha letto ahah. Scappo via, bacioniiiii  _MartyK_ <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La notte Myung Jae non riuscì a dormire, si girava e rigirava continuamente nel letto alla ricerca di un po' di pace.
Pace che non arrivava, in quanto aveva il pensiero fisso su Jimin. Insomma, si riteneva fortunata ad essere stata soccorsa da lui, in realtà credette di morire congelata sotto il freddo cielo di Seoul, e invece quel ragazzo era riuscita a ribaltare le carte in tavola.
Sentiva di non averlo ringraziato abbastanza.

Sospirò e si sistemò l'ennesima volta sul lato destro, imponendosi di chiudere gli occhi e pensare a qualcosa che le facesse venire sonno.
Non sapeva che dall'altra parte della stanza Jimin era nelle sue stesse condizioni.

Inspiegabile insonnia.








Il mattino seguente il castano si svegliò presto, erano all'incirca le sei e mezza. Il solo pensiero della scuola gli fece salire la bile in gola.
Sbuffò e si alzò direttamente, noncurandosi del fatto che avrebbe dovuto prima stiracchiarsi e ignorando il mal di testa che si propagava sempre di più verso le tempie. Poggiò i piedi nudi sul pavimento e il freddo invase ogni centimetro del suo corpo, si sentiva rigenerato. Si scompigliò i capelli e uscì dalla sua cameretta, per un attimo gli sembrò tutto nella norma, poi si ricordò di quella ragazzina e perse un battito.
Era ancora lì in casa, giusto? Non era una clandestina che gironzolava ogni giorno in una casa diversa, vero?

Preferì andare a controllare di persona. Si avvicinò alla porta della stanza di Yoongi e si morse a sangue le labbra, non gli sembrava giusto ciò che stava facendo, era pur sempre una ragazza. E le ragazze hanno bisogno dei propri spazi.
Un nanosecondo più tardi mandò a quel paese tutte le sue inutili preoccupazioni e con cautela aprì la porta, facendo attenzione a non farle emettere alcun cigolio sospetto.
Il suo faccino sbucò dall'esterno e sorrise implicitamente nel constatare che era ancora sana e salva in casa sua e stava dormendo beata. Entrò di soppiatto nella stanza e con passi felini si avvicinò ai piedi del letto, accovacciandosi e poggiando i gomiti sul materasso.
Poggiò il naso sulle sue braccia e osservò in silenzio il viso stanco di Myung Jae. Osservò i suoi occhietti chiusi e i lineamenti delicati; sussultò quando dalle coperte emerse la sua manina che andava a strofinarsi il naso e si tranquillizzò quando la sentì sospirare.

Controllò l'orologio e decise di andarsene, si disse che il premio come miglior stalker l'avrebbe vinto più tardi.









































* * *
















































Verso le sette e mezza Myung si svegliò. Aprì prima un occhio e poi l'altro e mugugnò qualcosa di incomprensibile agli esseri umani, stiracchiandosi e rischiando di sbattere le braccia contro la trabacca in legno del letto.
Si tirò su a sedere e si guardò intorno, aveva la tachicardia a mille. Non riusciva a riconoscere quel posto e si spaventò, poi il ricordo di Jimin e della cioccolata della scorsa serata le fece ritornare il buon umore e un sorrisone dipinto in faccia.

Si alzò dal letto e si fiondò di corsa verso l'esterno della camera, percorse il breve corridoio e andò in salotto. Da una colonnetta si accorse di Jimin intento a preparare la colazione ai fornelli, il profumo di cucinato invase le sue narici e si lasciò sfuggire un mugolio di approvazione.
Il castano si voltò verso di lei e sorrise.

- Buongiorno!- esclamò tutto pimpante. Myung ricambiò il sorriso e annuì.
Si sentì incredibilmente imbarazzata, d'altronde non era casa sua. In un certo senso si sentiva come un'ospite ed era a disagio.
Jimin se ne accorse.

- Siediti dove vuoi, qui è quasi pronto- annunciò indicando una delle sedie con una forchetta.

- Non ti do fastidio, vero?- provò a chiedergli mentre prendeva posto. Il ragazzo scosse la testa, Myung si sentiva comunque a disagio.
E poi non aveva vestiti di ricambio, si sentiva piuttosto ridicola con quel pigiamino che ricordava le vestaglie dell'Ottocento.

Si guardò intorno e si torturò le mani sotto il tavolo, intanto trovava davvero interessante l'orologio appeso ad un lato della cucina. Avrebbe fatto di tutto pur di distogliere lo sguardo dal ragazzo che aveva di fronte.
Dopo una manciata di minuti - che parvero ore a causa della tensione creatasi fra i due - Jimin ruppe il ghiaccio annunciando che i pancake erano pronti. Prese due piatti e li riempì aggiungendo lo sciroppo d'acero, Myung Jae stava sbavando pur non conoscendo la pietanza.
Fu quando si ritrovò il piatto sotto il naso che prese coraggio e gli chiese cosa fosse.

- Pancake, non li conosci? In America vanno molto di moda e piacciono anche a noi- spiegò Jimin mentre le si sedeva accanto.
Oh già, si trovava nella nazione degli 'sporchi alleati degli americani', se n'era dimenticata. Annuì poco convinta e abbassò lo sguardo, sentiva addosso quello di Jimin e non lo biasimava. Chiunque avrebbe avuto la sua stessa reazione, insomma, chi non conosce queste informazioni basilari?

- Non mi hai ancora risposto alla domanda di ieri sera- constatò il castano, addentando la sua fetta piena di sciroppo.
Myung sembrò svegliarsi dallo stato di trance e sbattè le palpebre un paio di volte.

- Quale domanda?-

- Ti avevo chiesto da dove vieni-

Tum Tum.
Riecco la tachicardia alle stelle, la pressione a duemila e il sangue concentrato sulle guance. Era davvero così importante saperlo?
Nel mentre era immersa nei suoi pensieri, il castano la chiamò per nome.

- Jiyon, Jiyon- disse e parve non essere ascoltato.

- Senti, scusami, forse non avrei dovuto chiedertelo- continuò, senza alcun risultato. Allungò il braccio verso di lei e le scosse un po' la spalla.

- Jiyon ci sei?-

- Eh? Sì, certo! Ci sono! Che è successo?- partì a raffica come fosse una radio che trasmetteva in diretta una partita di calcio. Jimin inclinò di lato la testa per il rapido cambiamento d'umore.

- Ti avevo chiesto una cosa... oh, lascia stare! Come sono i pancake?- chiese poi. Myung Jae abbozzò un sorriso mentre masticava voracemente e mostrò il pollice in sù.

- Senti, io dovrei andare a scuola. Tu non ci vai?- domandò grattandosi la nuca. La ragazza boccheggiò un attimo e balbettò.

- Ho notato che porti la divisa, quindi immagino di sì. Magari ti accompagno!- propose l'altro, bloccandola.

- Beh vedi, ecco... la mia scuola è parecchio lontana dalla tua- mentì lei. Il ragazzo assottigliò gli occhi.

- Non sai neanche dove si trova la mia scuola!-

Myung si sentì presa in contropiede.

- Beh sì, ma è sicuramente lontana e poi... non me la sento di andarci, preferisco rimanere a casa per oggi- farfugliò grattandosi il braccio sinistro.

- Sempre se non ti dispiace- aggiunse abbassando lo sguardo.

Jimin non sapeva cosa dire. A giudicare dai comportamenti, si era accorto che gli stava mentendo, eppure non gli sembravano 'cattive bugie', ecco. Scrollò le spalle e annuì.

- Allora vado a prepararmi- disse e sparì in bagno.
Intanto la ragazza si accomodò sul divano e si mordicchiò nervosamente le unghie, un attimo dopo comparve Jimin pronto per andare. Prima, però, le diede il telecomando per la Tv.

- Guarda quello che vuoi, almeno non ti annoi- sorrise. Myung deglutì a vuoto.

- Io ehm... non lo so. E poi non so nemmeno che programmi ci sono nelle vostre Tv- ammise e sgranò gli occhi: gli aveva appena rivelato qualcosa che avrebbe potuto accennare al suo paese di provenienza.
Il castano fece finta di nulla.

- Tranquilla, fai un po' di zapping e guarda quello che più ti piace- disse e si diresse verso la porta d'ingresso.
Si voltò ancora una volta verso la ragazza e boccheggiò per qualche secondo.

- Io allora vado. A dopo-

- A dopo-








Una volta che si richiuse la porta dietro le spalle tirò un sospiro di sollievo. Portò una mano al petto e notò che il cuore gli batteva fortissimo, tanto che poteva uscirgli dalla cassa toracica da un momento all'altro.
Neanche quando ballava gli veniva tutto quell'affanno.



Si strinse nello zaino e imboccò la strada che portava a scuola. Immediatamente si ritrovò immerso nella folla di persone e studenti che invadeva Seoul a quell'ora. Cambiò idea, la destinazione non era più la scuola.
Dalle tasche dei pantaloni della divisa scolastica tirò fuori il cellulare e pigiò sullo schermo, digitando il numero di Taehyung, suo amico e compagno di sventure.

- Pronto?- una voce squillante fece capolino nell'orecchio di Jimin.

- Tae sei già lì?-

- Quasi... tu?-

- Scordati che ti faccio compagnia cinque ore, devo fare una cosa più importante- disse lui.

- Che cosa? Ma le oche stanno già chiedendo di te!- si lamentò l'amico.
Per inciso, le oche erano tutte le ragazze che veneravano Jimin con un filo di bava alla bocca e che ci provavano spudoratamente con lui.

- Dì loro che non vengo per l'influenza- inventò una scusa sbuffando.

- Qual è il vero motivo?- gli chiese l'altro.

- Fatti miei, devo andare!-

- Yah un saluto norma..!- Taehyung non finì neanche di rimproverarlo che il castano chiuse la chiamata.

Prese il primo autobus che gli capitò a tiro, diretto verso la via dei negozi di Seoul. C'era da fare parecchia strada prima di arrivare lì e non aveva voglia di andare a piedi. Si sedette, mise le cuffie nelle orecchie e ascoltò le canzoni che passavano in radio.

Giunto a destinazione, fu il primo a scendere, beccandosi le proteste di quelli che stavano prima di lui e qualche insulto da parte dei vecchietti rincitrulliti. Inforcò gli occhiali da sole e attraversò sulle strisce pedonali con le mani in tasca, sapeva già dove andare.

Voleva farle una sorpresa.

Passò accanto ad un negozio d'abbigliamento e fece una smorfia quando vide un gruppetto di ragazze urlettare e strepitare alla vista di alcuni vestiti, si disse che le ragazze erano patetiche proprio perchè non badavano a nulla se non all'apparenza.
Svoltò non appena si ritrovò di fronte ad un negozio di smartphone ed entrò. Si guardò un po' in giro e adocchiò un paio di cellulari, si chiese addirittura se Jiyon (alias Myung Jae) preferisse Samsung o IPhone. Scosse la testa, non era per niente la tipa che badava alle marche, anzi, fin dall'inizio gli era sembrata una ragazza che badava poco all'aspetto esteriore, lo si poteva notare dai capelli scombinati e dal viso acqua e sapone, e inoltre non le sembrava una ragazza molto aggiornata riguardo alle nuove tecnologie.
Sembrava fosse sbucata fuori da qualche landa desolata, nonostante gli avesse detto che proveniva da Seoul.
E poi era da tanto che non faceva un regalo a qualcuno, semplicemente aveva voglia e poteva permetterselo. Fine.

Scelse un Samsung, d'altronde viveva nella patria del colosso, era davvero difficile per lui comprendere come mai alcune persone si ostinavano a comprare gli IPhone quando avevano a disposizione un proprio marchio.
Andò alla reception, pagò e dopo aver salutato con un mezzo inchino i commessi uscì da quel buco.

Controllò l'ora sul polso e vide che era ancora in tempo per le lezioni, erano soltanto le nove e qualche minuto. Sapeva di non essere il tipo che marina la scuola, anche se avesse voluto provarci non ci sarebbe riuscito.
Avrebbe fatto una sorpresa anche a Tae, pensò ridacchiando.



















































* * *



























































Verso l'ora di pranzo Myung Jae sentì uno strano rumore provenire dalla porta d'ingresso: la serratura.
Per un attimo si spaventò, poi quando vide il sorriso luminoso di Jimin tirò un sospiro di sollievo e si calmò.

- Credevi fosse l'uomo nero?- chiese divertito lui. Myung scosse la testa.
Il ragazzo si chiuse la porta dietro le spalle e poggiò lo zaino per terra, notando che la ragazza aveva gli stessi vestiti del giorno prima e che la Tv era sintonizzata sul canale che trasmetteva gli anime giapponesi.

- Come mai stai guardando questa roba?- chiese con fare disinvolto, dietro la schiena aveva il pacchetto con il cellulare. Myung scrollò le spalle.

- Mi piacciono, non li ho mai visti prima-

Jimin annuì semplicemente, le risposte che riceveva erano sempre strane e inconcepibili per uno come lui.
Tirò fuori il pacchetto e le mostrò il cellulare.

- E' per te, volevo farti una sorpresa- annunciò imbarazzato.
La ragazza sgranò gli occhi, prese lentamente la scatola e quasi si spaventò a sfiorare lo smartphone.

- N-non posso accettarlo. Jimin, avrai speso una fortuna!-

- Non ti preoccupare, mi andava di farlo. Non so da dove tu venga, ma credo che non ti possa permettere qualcosa del genere- disse lui.

- E poi con questo potremo telefonarci tutte le volte che vogliamo, non ti pare?- sorrise infine.
Myung Jae guardò prima lui e poi il cellulare, ripetendo il gesto un paio di volte.

- Cumawo. Grazie grazie grazie!- esclamò felice e si lanciò addosso al ragazzo, circondandogli il collo con le braccia e stringendolo forte a sè.
Jimin ricambiò la stretta in modo un po' impacciato e si lasciò sfuggire una risatina imbarazzata. Quando si staccarono, il castano pensò a salvarle il suo numero sull'aggeggio e poi disse che era pronto all'uso.
Fecero la prova per vedere se effettivamente funzionava e Myung digitò il numero del ragazzo e si meravigliò nel sentire la sua suoneria.

- Wow è bellissimo, davvero non ho parole. Nessuno ha mai fatto questo per me, e poi mi piace la tua suoneria! Non ho mai ascoltato musica come questa- parlò a raffica la ragazza, gesticolando e ridendo come una bambina.
Era così felice che contagiava chiunque.

- Allora più tardi ti farò ascoltare qualcosa-











Durante il pomeriggio Jimin si ritirò in camera a studiare, mentre Myung Jae prese carta e penna, intenta a scrivere una lettera a Min Seo.
Mordicchiò involontariamente il cappuccio della penna e roteò gli occhi al cielo, non riuscendo a trovare le parole giuste, poi incominciò a scribacchiare le prime sillabe:

Cara Min Seo,
non preoccuparti per me e tranquillizza mamma, non sono scomparsa e non sono neanche morta.
Stavo rischiando di morire di freddo, ma un ragazzo è stato così gentile da aiutarmi e ospitarmi a casa sua per un po'. Certo, mi sento a disagio ma lui continua a ripetermi che non è un problema.
Ha la mia età, forse è più grande di me di uno o due anni ed è davvero carino.

La prima cosa che ho visto quando ho aperto gli occhi non è stata la casa o le luci dei lampadari, è stata il suo sorriso. E posso giurarti che quel sorriso è il più bello del mondo, riscalda più di mille coperte in pile.
E poi i suoi occhi sono davvero stupendi, sembra sorridano anche loro.

Oggi mi ha regalato un cellulare così possiamo parlare anche a distanza, questo significa che mi vuole bene e che non vuole perdermi di vista, giusto?
Spero tu stia bene. Fammi sapere.
Myung Jae


Scrisse le ultime righe e aggiunse la firma, poi piegò in due il foglio. Non sapeva dove imbucarla, così decise di aspettare e di chiedere a Jimin.
Intanto il ragazzo dopo aver terminato i compiti di matematica uscì dalla sua camera e si fiondò in salotto, curioso di sapere cosa stesse facendo Jiyon.
Controllò in cucina e vide che non c'era, probabilmente era in bagno.

Un foglio spiegazzato rientrò nel suo raggio visivo e, a dirla tutta, catturò la sua attenzione. Sapeva che non era buona educazione spiare la roba degli altri ma non riuscì a trattenersi e dette un'occhiata.
Si sorprese nel constatare che era una lettera.

Un ragazzo è stato così gentile da ospitarmi a casa sua.

Stava parlando di lui e sorrise, doveva essere una lettera rivolta ad un familiare.

La prima cosa che ho visto quando ho aperto gli occhi è stata il suo sorriso, e posso giurarti che quel sorriso è il più bello del mondo.

Arrossì all'inverosimile e tirò un sorriso ingenuo nel leggere quelle parole. Si scompigliò i capelli.
Poi lesse la firma e si allarmò.

Myung Jae.

Gli aveva mentito, Jiyon non era il suo vero nome.
In qualche modo si sentì preso in giro, strinse i pugni fino a sbiancare le nocche. Nel frattempo la ragazza fece capolino in cucina e notò Jimin con la sua lettera in mano. Sbiancò.

- Dov'eri finita, Myung Jae?- e lo disse con disprezzo totale. Lei deglutì e abbassò lo sguardo.

- Te l'avrei detto, dovevi solo darmi un po' di tempo- mormorò timida.

- Tempo per cosa? Per fuggire ancora? Guardati, hai i capelli spettinati e indossi sempre gli stessi vestiti, ora viene fuori che sei così bugiarda da mentire addirittura sul nome- digrignò a denti stretti l'altro.
Le si avvicinò pericolosamente e le scosse le spalle.

- Dimmi chi sei. Una ricercata? Una spia? Una ladra? Un criminale? Dimmi chi diamine sei!- esclamò quasi urlando.
Myung strizzò gli occhi per il tono di voce alto, le lacrime fuoriuscirono dai suoi occhi senza volerlo.

- N-non sono una delinquente. Vengo da lì sopra- singhiozzò. Jimin alzò un sopracciglio.

- Che significa?-

- Sono nordcoreana-


***
Annyeong popolo!! Ah-ah lo so, sono una personcina cattiva xD troncare in pieno la conversazione proprio sul più bello eheh. E' decisamente da me xD prometto che nel prossimo capitolo farò la brava (forse) e non vi farò impazzire con la suspense u.u  intanto, come al solito ringrazio tutte le persone che spendono un po' del proprio tempo per dar retta al mio ennesimo sclero, chi lo inserisce nelle varie categorie e chi recensisce e mi sostiene... ripeto, mi rendete molto felice, tanto che a volte mi vien da pensare che magaaaari anch'io combino qualcosa di buono ahaha XD  che dire, Jimin si sta affezionando molto velocemente alla nostra Myung e venire a conoscenza della sua vera identità lo ha lasciato con l'amaro in bocca, mi pare normale. Dite che terrà il muso ancora per molto? *ma anche nnnn----si tappa la bocca e si autoimpone di starsene zitta in un angolino*  spero che chi è arrivato fin qui si sia goduto la lettura ;)  scappo via, bacioniiiiiiiii   _MartyK_ <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


- Sono nordcoreana-

Una semplice frase era bastata a far crollare il mondo addosso a Jimin. Il castano dischiuse la bocca e si allontanò bruscamente da lei, le sopracciglia erano aggrottate e lo sguardo sorpreso e impaurito al tempo stesso.
Non riusciva a pensare, non dopo aver ascoltato una cosa del genere.
E anzi, avrebbe voluto essere di un'altra nazionalità proprio per non comprendere quelle parole. Avrebbe preferito addirittura che fosse una ricercata e cose simili, ma non una nordcoreana, non una che venisse da .

Myung Jae d'altro canto parve mogia e un po' delusa, diciamo che non si aspettava una reazione così esagerata. Il salterello all'indietro poi le ricordò gli sguardi di sufficienza delle persone che aveva incontrato per strada il giorno prima.
Abbassò lo sguardo come al suo solito e deglutì, non trovando le parole giuste per esprimersi.

- Io ehm... non credevo fosse così grave- mormorò con voce piccola. Jimin alzò lo sguardo e lo puntò sui suoi occhi, perplesso.

- Così grave? Ti rendi conto di ciò che dici?! Vieni dalla Nord Corea, dalla dittatura, sei una ricercata e se ti scoprono potrebbero uccidere entrambi!- ed ecco che ricominciò a sbraitare e a scuoterla prendendola per le spalle.
Le lacrime ricominciarono a scendere dagli occhi di Myung Jae e rigarono malamente il suo viso. Tirò su col naso e scosse la testa affranta.

- Non è colpa mia se sono nata nel posto sbagliato, non ho scelto di essere così orrenda!- urlò dal dolore, divincolandosi dalla presa del ragazzo - che nel frattempo si era indebolita - e abbandonando il salotto rifugiandosi in camera da letto, quasi come se fosse sua.
Jimin provò a rincorrerla e a farle cambiare idea, ma invano. Myung non ne voleva sapere.

- Torna qui, ti prego- le disse cercando di aprire la porta. Non ci riuscì, la maniglia era bloccata. Si era chiusa dentro.

- Myung Jae, Myung Jae! Non volevo dire quelle cose- si scusò.

- Invece tu volevi dire proprio quello- ribadì la ragazza dall'altra parte della casa. Jimin sospirò e sbuffò frustrato.

- Fammi entrare-

- Vattene-

- Myung Jae è casa mia, fammi entrare!- gli sembrava tutto così assurdo.
Cacciato a calci nel culo dalla propria camera per i capricci di una ragazzina, si rifiutava di crederci.

- Ho detto vattene! Voglio stare da sola!- la sentì urlare e allora capì. Si passò una mano fra i capelli, un po' pensieroso, e annuì a se stesso.

- E va bene me ne vado. Io per i fatti miei e tu per i fatti tuoi- borbottò fra sè.
Allontanò la sua mano dalla superficie liscia e un po' irregolare della porta in legno della stanza e stette con le braccia a penzoloni. Scosse la testa e se ne andò in camera sua, sbattendo la porta e chiudendosi a chiave.
Almeno nessuno avrebbe rotto le scatole.

Myung Jae, dal canto suo, sgranò gli occhi nel sentire quelle parole pronunciate dalla sua bocca. In un certo senso non voleva che se ne andasse, era sul punto di dirglielo ma l'orgoglio non glielo permise.
Fottuta, fottutissima dignità del cavolo, si disse sbattendo una mano a terra.
Poggiò la schiena contro la porta e si portò le gambe al petto, circondando le ginocchia con le braccia e poggiando la fronte su di esse, esausta. Non l'aveva mai avuta una dignità e ora tirava fuori tutta la sua testardaggine con l'unica persona che si era degnata di aiutarla?

Dio solo sapeva quanto si sentiva contraddittoria e infantile. Patetica.

D'altronde però aveva incominciato lui. Si convinse di questo e fece sì con la testa, come a darsi ragione.
Chiuse un attimo gli occhi e sospirò amareggiata, non si accorse dei movimenti e dei rumori che provenivano dalla stanza accanto, era troppo occupata a piangersi addosso.











A cena la situazione non migliorò affatto. Verso un'ora decente Jimin si decise ad abbandonare la sua camera per andare in cucina, dicendosi che l'eremita era una cosa che si addiceva più a Yoongi.
Rise al solo pensiero e fischiettò a tratti, spalancando le ante di alcune dispense e controllando che ci fosse ancora del cibo. Aprì il frigorifero e si ritrovò di fronte ad ogni ben di Dio possibile e immaginabile, in effetti non era passato molto tempo dall'ultima volta che aveva fatto la spesa.

Per qualche strano motivo i suoi pensieri andarono a finire a Myung Jae. Era così nervoso che aveva saltato la lezione di ballo, non riusciva ad allenarsi se aveva la mente occupata e i coreografi non avrebbero perdonato i suoi errori.
Ricevette una trentina di messaggi da Jungkook e da Taehyung, uno in particolare lo sorprese: stai cambiando. Ed era da parte di Tae.
Quando lo lesse scoppiò a ridere, quale razza di persona cambia in meno di quarantotto ore? Era ovvio che il suo amico stesse delirando.

E poi non aveva voglia di ribattere, era stanco. Per tutto il pomeriggio non fece altro che sonnecchiare e guardare video virali su YouTube, di uscire e rischiare di incrociare lo sguardo da cucciolo abbandonato di Myung non se ne parlava proprio.
Alla fine fu costretto a farsi coraggio, però. Merito del languorino insistente allo stomaco.

Cucinò della carne in padella e nel mentre ascoltava le canzoni che passavano su MTV. Verso le otto e mezza invocò il nome della ragazza per avvisarla della cena.
Lei ci mise un po' a giungere a tavola, sia perchè si vergognava e sia perchè non aveva poi tutta 'sta fame. D'un tratto si sentì una porta aprirsi e chiudersi e Jimin capì che si trattava di lei.
Cercò di essere più disinvolto possibile. Myung si tappò la bocca e tirò un sonoro sbadiglio, stropicciandosi gli occhi e massaggiandosi le tempie.
Il castano provò a fare conversazione.

- Hai dormito?- domandò mentre impiattava. La corvina annuì semplicemente e stette all'impiedi, torturandosi le mani e mordicchiandosi le unghie.
Imprecò mentalmente nel notare che erano talmente corte da non riuscire più a mangiucchiarle.

- Tu hai dormito?- farfugliò non alzando minimamente lo sguardo. Jimin sussultò alla domanda.

- Sai, ho visto i poster del tuo amico e penso che quei tizi lì facciano buona musica. E poi ho girovagato un po' per la stanza, spero non ti dispiaccia. Voglio dire, non è perchè sono maleducata, è che sono curiosa e mi piace il vostro modo di fare... mi piace tutto di voi- ammise alla fine.
Un po' perchè sentiva che la conversazione stesse finendo male, un po' perchè voleva svuotare il sacco.

L'altro continuò a non rispondere, si limitò ad indicarle il posto vicino a lui. Si sedettero quasi all'unisono e cominciarono a mangiare, o meglio, Jimin cominciò a mangiare. Myung Jae fissò il piatto e abbassò lo sguardo, suscitando la curiosità del compagno.

- Non ti piace il petto di pollo?- chiese preoccupato.

- N-non è questo, è che...-

Jimin la bloccò senza fare troppe storie.

- Allora mangia!- non era un ordine, era più una raccomandazione.
Myung Jae scosse la testa e fu a quel punto che sentì due dita di Jimin posarsi sotto al suo mento, tanto per alzarle lo sguardo, e del cibo che entrava nella sua bocca. Sgranò gli occhi quando si accorse che era stato lui ad imboccarla. Arrossì all'inverosimile e si staccò, allontanando la mano del ragazzo.
Egli trattenne le risate e mangiò la sua parte. Lei fece finta di masticare controvoglia.

- Com'è?-

- Buona- bofonchiò con le guance piene di cibo.

- Sembri uno scoiattolo- affermò il castano. Myung gli rivolse un'occhiataccia.

- Un buffo scoiattolo, dovrei chiamarti daramjwi- ridacchiò lui. La ragazza cambiò argomento.

- Senti, mi dispiace. Insomma, non dovevo reagire in quel modo e poi sei così gentile da trattarmi come una sorella o che so io...-

- Scusami tu, mi sono sentito malissimo quando ho capito di averti ferita. Non sono razzista, è che cerca di capirmi, stai rischiando davvero la vita stando a Seoul. E penso che anch'io sia in pericolo, dato che ti sto dando protezione-

Myung Jae annuì e ingoiò il boccone di cibo.

- Forse sarebbe meglio se la smettessi, non voglio che rischi per una come me- mormorò, sperando che non l'avesse sentita.
Ma così non fu, Jimin aveva ascoltato ogni singola sillaba pronunciata dalla sua bocca.

- E se ti dicessi che sono disposto a rischiare?-

La corvina spalancò la bocca e balbettò mugolii incomprensibili. Jimin la bloccò.

- Ormai non bisogna tirarsi indietro- rise.

- Ma...-

- Niente ma. Finiamo di cenare e poi guardiamo un film, okay?- propose lui tutto pimpante.
E a Myung non restava altro che accettare, mostrando il mignolo e incrociandolo con quello dell'altro.

- Pace?-

 - Pace-

Ridacchiarono per una manciata di secondi, poi la ragazza ricominciò a mangiare, stavolta con gusto. Prese la carne con le bacchette e si portò velocemente i bocconcini alla bocca, masticando voracemente e come se non ci fosse un domani.
Il buco allo stomaco era scomparso, Jimin sorrideva come un idiota mentre la fissava.

- Perchè mi guardi?- chiese a bruciapelo lei. Vide il ragazzo scrollare le spalle.

- Mi piace guardarti mentre mangi-

Fu a quel punto che la ragazza si chiese da dove tirasse fuori tutta quella spavalderia e quella sfacciataggine. Non si imbarazzava neanche un pochino, un po' lo invidiava.

- Qui è normale quando un ragazzo fissa una bella ragazza mentre questa mangia, è una cosa carina- spiegò lui.

- Capisco, ma mi metti in soggezione-

- Allora non ti guardo-

- Vuol dire che mi adatterò-

Jimin osservò la sua espressione di sottecchi e si lasciò sfuggire un sorriso ingenuo. Myung Jae era davvero imprevedibile.











Dopo cena i due ragazzi decisero di guardare un film, l'unico problema era che insistevano su posizioni diverse.

- Voglio i film Disney!- esclamò Myung saltellando tutta eccitata sul divano.

- Sono infantili. Voglio vedere Fast & Furious!- protestò l'altro.

- A giudicare dal nome sembra noioso e da maschi- obiettò la ragazza.

- Lo guarderai lo stesso-

Myung Jae giocò bene la sua carta: aegyo. In realtà non sapeva nemmeno cosa significasse quel termine, ma fin da piccola era una maestra nello sfarfallare le ciglia e sporgere il labbro inferiore e farlo tremolare, assumendo una di quelle espressioni da cane bastonato.

Ebbene, si ritrovarono sul divano avvolti da un plaid a guardare Rapunzel. Jimin spense addirittura le luci del lampadario per creare atmosfera.

- Vuoi bere qualcosa?- le domandò all'orecchio. Intanto il film era appena incominciato e Myung era super eccitata. Scosse la testa e gli intimò di far silenzio.
Jimin sbuffò e buttò la testa all'indietro, sapendo che si sarebbe annoiato a morte.
Myung invece faceva sempre domande. 'Perchè la ragazza ha i capelli lunghi?', 'Perchè quello è ricercato?', 'I cavalli parlano?', 'Che bello, sono tutti così buoni e gentili!'.

Era per questo che non voleva farle vedere i film Disney, davano una visione distorta della realtà, era solo roba per poppanti. Eppure non credette di vedere Myung Jae in lacrime quando la protagonista baciò il ragazzo in fin di vita.
Sorrise fra sè e le intimò di stare con la schiena poggiata sul divano, perchè si stava prendendo tutta la coperta, compresa la sua parte, e lui aveva freddo.

Verso la fine del film, quando la noia prese definitivamente possesso del corpo di Park Jimin, egli fece per alzarsi e prendere il telecomando quando si accorse di avere un peso sulla spalla: Myung Jae si era addormentata.
Deglutì e restò fermo al suo posto, allungando una mano verso di lei e accarezzandole il viso.

- Myung, Myung svegliati- sussurrò al suo orecchio, invano però.
Levò la coperta dalle sue spalle, sperando che sentisse freddo e che si svegliasse, ma quella ragazza dormiva come un ghiro.

- Aish e menomale che hai dormito pure il pomeriggio. Lo dicevo che questi film sono ottimi anestetizzanti- borbottò, più a se stesso che alla ragazza.
Decise di fare l'unica cosa possibile, nella speranza di non disturbarla: alzarsi e prenderla in braccio.

Nel farlo Myung sembrò protestare, tant'è che sentì la sua mano sul suo petto e i mugolii con la voce impastata dal sonno. Percorse il corridoio ed entrò in camera, adagiandola sul letto e rimboccandole le coperte. Chiunque li avrebbe scambiati per fratello e sorella.

- Perchè lo hai fatto?- biascicò lei bloccandolo per il polso. Jimin le accarezzò i capelli.

- Ci sono abituato, buonanotte- alluse alla scorsa serata e abbandonò la stanza, chiudendo piano la porta e assicurandosi di non fare alcun rumore.
Myung Jae non riuscì a ribattere, Morfeo l'accolse subito fra le sue braccia ed era impossibile divincolarsi.

















































































































* * *






































































































Erano trascorsi cinque giorni da quando Myung Jae sostava a Seoul, li aveva addirittura segnati sul calendario con delle X.
Non le dispiaceva la compagnia di Jimin durante il suo viaggio, la sua nuova vita. Anzi, ormai il ragazzo ne era parte integrante.
E poi aveva avuto modo di scoprire qualcosa in più su di lui e condividere le sue passioni: si ritrovava la playlist del cellulare piena zeppa di canzoni k-pop e avevano in programma una lezione di ballo e un'uscita con degli amici.

Prima, però, la ragazza aveva insistito su una questione. Era una cosa che non aveva mai fatto - forse anche un po' infantile - ma che voleva fare a qualunque costo: andare al parco e dondolarsi sull'altalena.
Jimin inizialmente si oppose dicendo che non era più una bambina, aveva sedici anni e le ragazze alla sua età si truccano, fanno i selfie ed escono insieme, ma lei era più cocciuta di un muro in cemento armato.

Insistette spiegandogli che non l'aveva mai fatto, che non aveva avuto una bella infanzia e che fino a poco tempo prima non conosceva neanche gli anime e i manga. Così il castano l'accontentò e le disse di cambiarsi e di indossare il vestitino rosa pastello che le aveva regalato il giorno precedente.
Inutile dire che quando Myung uscì dal bagno annunciandogli che era pronta Jimin la squadrò da capo a piedi un paio di volte, tanto che la ragazza fu costretta a prendergli il viso e a guardarlo negli occhi.

- Smettila di fare su e giù con la testa, sembri incantato- gli disse sorridendo.

- Bellissima. Sì, sei bellissima- mormorò arrossendo l'attimo successivo. Myung Jae sembrò non far caso al complimento, felice com'era.



Uscirono di casa, la ragazza gli prese la mano e la strinse forte, tirandolo verso di sè e facendosi condurre verso la destinazione.

- Non ce l'hai la macchina?- domandò lei mentre passeggiavano sul marciapiede.

- Non sono ancora maggiorenne, ti pare?-

Mentre erano impegnati a chiacchierare, un'auto accostò proprio di fronte a loro. Myung lasciò di scatto la mano di Jimin e sbiancò.
Si mise subito sulla difensiva, non sapeva chi fosse quel tizio. Poi si tranquillizzò, poteva essere un amico di Jimin.
Il finestrino oscurato si abbassò e rivelò un ragazzo con gli occhiali da sole e la pelle più diafana che avesse mai visto in vita sua.

- Come butta ChimChim? Sono tornato!- esclamò quello con falso entusiasmo.
 Se prima Myung si era tranquillizzata, ora guardando l'espressione terrorizzata di Jimin non potè più dire lo stesso.

Min Yoongi, questo il nome del proprietario dell'auto.


***
Annyeong popolo! Zanzanzaaaaan, Yoongi è tornato e vi avverto, non sarà per niente un bene. Avrete a che fare con un Min Yoongi moolto diverso dal solito (molto OOC, per intenderci lol). Insomma, avrà le stesse caratteristiche che mostra - apatico, leggermente asociale, sarcastico eccetera - maaaaaaa.... *me si tappa la bocca l'ennesima volta* non voglio spoilerarvi nulla o rovinerò la 'sorpresa' (? spero lo sia ahah). Credevate davvero che vi avrei lasciati felici e contenti e senza neanche un minimo di suspense? Muahahah vi sbagliate. Lo so, sono cattiva ma nel prossimo rimedierò. Promesso ;)  Ah, a proposito! Daramjwi in coreano significa proprio scoiattolo, mi sono scordata di precisarlo sorry >.<  ero curiosa di come si dicesse, poi ho ascoltato la pronuncia ed era così carina e pucciosa che aaaawww---- perfetto come soprannome u.u lo incontrerete più spesso, contateci ahah.   Per il resto, ringrazio come sempre chi segue/preferisce/ricorda la storia, chi legge silenziosamente (anche se mi farebbe piacere leggere un vostro parere, poi ognuno è libero di fare quel che vuole, non forzo nessuno) e tenacious_deep_soul 99, T O M O M I  e _ChocolateKookie_  che mi sostengono e sclerano con me xD   Bene, mi tocca scappare. Alla prossima e bacioniiiii  _MartyK_ <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Min Yoongi, colui che doveva starsene buono buono a fare il militare e a rotolarsi nelle pozzanghere di fango simulando guerriglie e combattimenti, era ritornato a Seoul prima del previsto.
Con i suoi Rayban scuri e la sua pelle diafana che faceva da contrasto, suscitò la curiosità dei due giovani.

Fu Jimin a schiarirsi per prima la voce, stringendo la mano a Myung Jae che nel frattempo si era irrigidita parecchio.

- Yoongi hyung, cosa ci fai da queste parti? Non avevi la leva?- domandò con fare disinvolto, passandosi una mano fra i capelli e riavviando il ciuffo all'indietro.
L'amico ridacchiò e scosse la testa.

- Cos'è, il tuo hyung nuoce alla tua vita da giovanotto?-

I due scoppiarono a ridere e sbatterono piano i pugni, proprio come ai vecchi tempi quando adoravano imitare i rapper americani.

- Dimmi un po', chi è questa bella ragazza?- chiese infine.

- Oh, hai capito Park Jimin! Sparisco per un po' e tu fai strage di donne!- rise subito dopo. Myung Jae e Jimin si scambiarono un'occhiata fugace e arrossirono come peperoni nell'incrociare lo sguardo.

- N-non siamo fidanzati- questa volta ad aprire bocca fu la corvina.
Yoongi calò leggermente gli occhiali per squadrarla meglio e si insospettì: lineamenti docili e allo stesso tempo marcati - sembrava avesse origini cinesi -, sguardo vago e impaurito per certi versi, e a completare il tutto c'era quell'accento strano e vecchio stampo. A giudicare da come parlava non doveva essere nè di Seoul, nè di Busan, il suo satoori non gli faceva venire in mente nulla.
Scosse la testa e si disse che doveva smetterla di leggere Sherlock Holmes, gli stava dando al cervello. Si promise comunque di chiederle informazioni al più presto.

- Beh, è stato un piacere incontrarvi. Jimin, torno a casa giusto per mettere a posto delle cose, poi esco e chissà... magari ci becchiamo in giro- ammiccò e mandò un bacio volante a Myung Jae, ridendo come un idiota l'attimo successivo e svoltando davanti a loro.

La ragazza rimase pietrificata al suo posto, il castano sbuffò.

- Da quando fa il militare crede di essere il più figo del mondo, non è un maniaco e non ci sta provando con te, tranquilla- le sorrise poi.
Myung abbozzò un sorriso, tanto per ricambiare quello dolce e sincero del compagno, e abbassò il capo, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- Vogliamo andare?- Jimin la risvegliò dai suoi sogni e la prese sotto braccio, riprendendo a passeggiare in modo tranquillo.



Quel pomeriggio il sole era abbastanza tiepido e le strade della città non erano affollate come al solito, anche se i pedoni non mancavano: chi gironzolava con le cuffiette belle infilate nelle orecchie, chi portava a passeggio il proprio cane o il proprio pargolo, chi ancora scattava selfie con la propria combriccola di amici.
Tutto sommato era piacevole e la gente non era invadente, insomma, nessuno guardava l'altro come se fosse un essere piombato sulla Terra da un altro pianeta, ecco.

Myung si strinse nel cappotto e nascose la parte inferiore del viso nella sciarpa rossa, continuando ad osservarsi intorno con gioia e curiosità al tempo stesso.
Jimin la osservava di sottecchi e a dirla tutta la invidiava, si disse che dovevano esistere più persone come lei.
Persone che si meravigliavano per così poco, per il sole caldo o per l'aspetto appetitoso dello zucchero filato.













Una volta giunti al parco, varcarono l'ingresso e Myung lasciò il braccio del ragazzo, mollando la presa e correndo spensierata verso le altalene che riusciva a vedere in lontananza.

- Corri Jimin, prova a raggiungermi!- urlò felice. Il castano si bloccò a metà strada e alzò un sopracciglio, piacevolmente sorpreso.
Osservò come faceva giravolte sotto gli alberi e come allargava le braccia in segno di libertà. Sorrise e cominciò a correre nella sua direzione.

Le andò dietro di soppiatto e successivamente le circondò i fianchi con le braccia, sussurrando un finto 'buuu'. La corvina sussultò e si voltò rapidamente verso il suo viso, sorridendo l'attimo dopo.

- Portami alle altalene- gli disse dolcemente.
Jimin la condusse verso i giochi e insieme presero posto su quelle che erano libere, facendo le linguacce ai bambini che avevano sorpassato.

- Non siamo stati crudeli con quei poveretti, vero?- chiese lei preoccupata. Il ragazzo scosse la testa.

- Tranquilla, sono solo bambini. E poi ci sono così tanti giochi qui...-

Myung Jae annuì e si sedette sull'altalena, tenendosi forte alle cordicelle di ferro e sbuffando perchè non riusciva a dondolarsi.

- Non va, sto sempre ferma. Mi sento incapace, non sono mai salita su questi cosi prima d'ora- ridacchiò con una nota di amarezza nella voce.
Jimin si alzò dal suo posto e andò dietro di lei, tirando le corde di ferro verso di lui e stringendo le mani della ragazza. Ella al solo contatto sentì le gote arrossate.

- Ti spingo io, devi solo tenerti forte- sussurrò al suo orecchio. Myung annuì come un'automa e strizzò gli occhi.

- Hana, dul, set!- Jimin contò fino a tre per avvisarla, poi tirò verso di sè e spinse forte. La ragazza emise dei gridolini eccitati e agitò le gambe all'aria, nel vuoto.

- Oddio Jimin sto volando! Ho paura!- rise buttando la testa all'indietro.
Ritornò verso il ragazzo, che stavolta la spinse con meno forza, non voleva rischiare che si facesse male. Myung urlava dalla gioia comunque, si guardava intorno e sentiva una piacevole sensazione alla pancia crescere sempre di più, sembrava stesse fluttuando anche quella.
Il vuoto si colmava ogniqualvolta toccava terra coi piedi.

- Aah Jimin è bellissimo! Puoi arrivare fino al cielo senza prendere l'aereo o cose del genere- esclamò lei tutta pimpante.

E il castano non fece altro che ridere e condividere con Myung quel momento felice, quel pezzo di vita che le mancava e che le aveva regalato. Una coppia di genitori si voltarono verso di loro sentendo le forti urla della ragazza e storsero il naso accorgendosi del fatto che fossero abbastanza grandi e vaccinati per giocare ancora sull'altalena.
Jimin rivolse loro un'occhiata gelida e continuò a spingere Myung, odiava quando gli adulti si impicciavano così tanto dei fatti degli altri.
Non succedeva spesso, ma quelle poche volte bastavano a far infuriare il giovane, nessuno sapeva niente della vita di quella poveretta, non potevano permettersi di giudicarla.



Spinse la ragazza fino a quando non si accorse che il sole stava calando e che di lì a breve avrebbero chiuso anche il parco, così si fermò e le scompigliò i capelli nella speranza che non ci rimanesse male.

- Credo dobbiamo andare, sono quasi le sei e tra un po' quello spicchio di sole che è rimasto tramonta. Se non ce ne andiamo adesso ci chiudono dentro- ridacchiò. Myung mugolò un 'okay' con voce flebile e si alzò di scatto dall'altalena, prendendo per mano il ragazzo e tirandolo a sè mentre correva verso l'uscita del luogo.
Quando si ritrovarono a percorrere l'ultimo tratto prima di oltrepassare i cancelli, Myung si parò davanti a Jimin e stette con le braccia lungo i fianchi, le mani strette in pugni. Era nervosa.

- Che c'è?-

- Grazie. Grazie di tutto- gli sorrise riconoscente.

- Non faccio niente di che...-

Fu a quel punto che si alzò in punta di piedi e poggiò le labbra sulla sua guancia, in un punto molto vicino alla bocca. Bloccò le mani dell'altro nel caso avesse voluto fermarla e chiuse gli occhi per breve tempo.
Quell'insulso bacino non durò che un mezzo secondo, ma era bastato per far salire la tachicardia a Jimin e a scatenargli l'Inferno in pancia.

- Promettimi che mi bacerai qui quando ne hai voglia- sorrise lei toccandosi la guancia con l'indice.

- E se non ne avessi?-

- Allora metterò il broncio e ti romperò persino nei sogni- rise lei.

Jimin scosse la testa e la tirò a sè in un abbraccio. La ragazza sbattè addosso al petto dell'altro e chiuse gli occhi, beandosi delle sue carezze ai capelli.

- Lo sai che sei tanto tanto carina?- le domandò arruffandoglieli.








Dopo essersi coccolati per un paio di minuti, ripresero a passeggiare e si diressero verso casa. Proprio mentre Myung Jae si lamentava del dolore ai piedi per aver camminato troppo, Jimin si ritrovò di fronte a un Yoongi spaparanzato sul divano a fare zapping col telecomando e a deprimersi bevendo della birra appena tolta dal frigo.

- Ben tornato mister Gioia!- lo schernì il più piccolo.
Lo hyung scosse la testa e roteò gli occhi al cielo, si alzò dal divano e raggiunse l'altro in cucina, chiudendo a chiave la porta scorrevole che la separava sal salotto. Jimin capì che c'era qualcosa che non andava.

- Quella ragazza è straniera- affermò. Jimin gli dava le spalle, troppo impegnato a controllare le dispense e a girovagare all'interno dei cassetti del frigorifero.

- E anche se lo fosse?-

- Sai benissimo che voglio dire, mi insospettisce il suo fare innocente. Così santerellina, tutta casa e chiesa... lo sai meglio di me che quelle come lei sono le peggiori-

Il castano non ci vide più e si avvicinò pericolosamente al suo viso, prendendolo per il colletto della maglietta sbracciata e digrignando i denti.

- Non ti azzardare a darle della puttana o ti rispedisco a calci in culo tra i fucili e gli inni per la patria!- lo minacciò. Yoongi tirò un sorriso sghembo.

- Non volevo dire questo, te lo spiegherò meglio: lei proviene da lì sopra-

Jimin intuì l'allusione e sgranò gli occhi. Lasciò bruscamente la maglia del coinquilino e fece alcuni passi indietro, andando a sbattere contro la tavola.

- T-tu che ne sai?!-

Yoongi recitò bene la parte del melodrammatico.

- Allora lo sai anche tu! Stai proteggendo una nordcoreana in casa nostra, ti rendi conto di quanto sia grave la situazione?-

- Yoongi...- Jimin alzò gli occhi al cielo.

- Yoongi un corno. Quella lì è ricercata da migliaia di guardie, comprese le nostre. Se non si riuscirà a trovare prima della prossima settimana si metteranno di mezzo anche i telegiornali e verrà diffuso il suo volto, contento ora? Goditi pure la tua storia d'amore con la poveretta martoriata dal dittatore- spiegò il più grande nel modo più schietto e doloroso possibile.
Incrociò le braccia al petto e mise il broncio, mantenendo comunque lo sguardo serio. Il castano si passò una mano sul viso e sospirò triste.

- Non c'è un modo per dissuadere le guardie? E' così difficile il passaggio da Nord Corea a Sud?- chiese affranto. Yoongi tirò un sorriso diagonale.

- Tsk, certo. Sono così comprensivi che tra un po' mandano la sua famiglia ai lavori forzati se non ritorna. E se mai lo facesse ci sono due opzioni: o si trova un compromesso e subisce solo una lunga paternale, oppure Kim la farà uccidere- rispose.

A Jimin non restava altro che sgranare gli occhi e spalancare la bocca, era tutto così complicato e... orrendo. Sembrava un film dell'orrore e invece era la triste ed inutile realtà.
Se solo non avesse avuto un po' di dignità sarebbe scoppiato a piangere.

Sbattè un pugno sul tavolo e trattenne un ringhio di rabbia, il suo viso si fece rosso e non era imbarazzo.

- Jiminie, comportarsi così non servirà a nulla- ribadì il corvino. Provò a dissuaderlo prendendolo per i fianchi e facendolo voltare verso di lui, senza i risultati sperati.

- Dimmi che c'è un modo per evitarle la morte, dimmelo ti prego- lo implorò con gli occhi lucidi.

- Non sono io che comando- sospirò l'altro.

- Ti prego Yoongi. Mi sono affezionato così tanto che non riesco ad immaginare una vita senza di lei, io credo di...- l'amico lo precedette.

- Ti sei innamorato- disse e sorrise.

- No, non è amore... non credo sia questo. No, non è possibile, non l'ho mai fatto e...-

- Park Jimin, ti sei fottutamente innamorato di quella forestiera, ammettilo a quella testa calda che ti ritrovi- ridacchiò lo hyung.

- Ma è passata poco più di una settimana!-

Yoongi gli mise una mano sulla spalla e sbuffò.

- Non per fare il filosofo di vita o il poeta, ma a volte l'amore non ha età e nemmeno tempo. Puoi innamorarti di una persona alla velocità della luce e dimenticarla dopo anni. Non era la fortuna la dea bendata, è l'amore!-

Jimin parve guardarlo con gli occhi assottigliati. Scosse la testa e schioccò la lingua al palato un paio di volte.

- No no, non ti si addice l'aria da studioso letterato. Proprio per niente-

Entrambi scoppiarono a ridere, dimenticando la tensione che si era creata alcuni minuti prima.
Solo per poco tempo però, perchè il terrore era dietro l'angolo. Yoongi gli aveva dato un ultimatum, in un certo senso, e se Jimin non l'avesse rispettato beh, allora sarebbe intervenuto.

Anche a costo di rovinargli l'esistenza.















































* * *






















































La cena non era andata così male, i tre coinquilini avevano mangiato tranquillamente con sottofondo la Tv accesa. Yoongi rompeva un po', più che altro per far arrabbiare Jimin, e faceva continuamente domande invadenti a Myung Jae.
Arrivò persino a chiederle quale balsamo usasse per i capelli perchè li trovava lisci e morbidi, fu a quel punto che Jimin gli tirò un calcio negli stinchi.
Vedere la ragazza rossa per l'imbarazzo e lo hyung che le accarezzava i capelli e sorrideva come un deficiente gli fece salire la gelosia alle stelle.

Dopo aver messo i piatti a posto in lavastoviglie - Yoongi si lamentava dicendo di essere troppo pigro per lavare cose alle undici di sera - filarono tutti in camera.
E a proposito delle stanze, il più grande ci tenne a precisare che non voleva disturbatori nella sua, così gli altri due furono costretti a dormire insieme.
Nello stesso letto.

Jimin era parecchio nervoso, faceva avanti e indietro mentre Myung si stava cambiando in bagno. Se solo avesse levato la maglia, era sicuro che lei sarebbe entrata in stanza in quel preciso istante e l'avrebbe colto in flagrante.
Non che avesse un fisicaccio, anzi, lo era nel senso buono del termine, eppure si vergognava da morire.
A malincuore decise di cambiarsi e lo fece con le spalle rivolte verso la porta e alla velocità della luce, tant'è che quando la ragazza ritornò in camera alzò un sopracciglio nel vedere Jimin avvampare.

- Se vuoi dormo sul divano- mormorò grattandosi il braccio. Il castano fece due salti nella sua direzione e la fermò prendendola per il braccio.

- No! Volevo dire no, resta pure qui. Non mi dai fastidio- balbettò senza mai incrociare il suo sguardo.
Myung si disse che era strano, prima era tutto carino e poi diventava timido all'improvviso. La situazione non faceva altro che metterla ancor di più a disagio.

Non ebbe neanche il tempo di ficcarsi sotto le coperte che sentì il materasso abbassarsi e delle labbra spiaccicate contro le sue.
Le sue labbra.
Sgranò gli occhi, intanto Jimin le prese il mento con due dita e si sporse fino ad accarezzarle la guancia, inclinando il viso quanto bastava per approfondire il bacio. Myung sbattè un paio di volte le palpebre e chiuse gli occhi, dischiudendo la bocca e dando il libero accesso al compagno.

Sospirò nella sua bocca e gli accarezzò il braccio poggiato sul materasso, stava a cavalcioni su di esso ed era così tenero che in un altro momento sarebbe scoppiata a ridere. Si staccarono dopo un paio di minuti e ripresero fiato, Myung Jae sembrava non ne avesse abbastanza.
Credeva di aver corso cento metri.

- Perchè lo hai fatto?- riuscì a chiedergli tra una boccata d'aria e l'altra. Jimin si morse a sangue il labbro inferiore.

- Mi hai detto che dovevo farlo quando ne avevo voglia- ricordò. Fu Myung ad arrossire per prima.

- Non credo di avere la guancia sulla bocca- borbottò abbassando lo sguardo. Jimin non seppe dire se fosse sarcastica o meno.

- Per me sì invece- rispose.

Si tirarono le coperte fin sopra la testa e si dettero le spalle a vicenda, Myung era così scossa che si sfiorava le labbra con le dita e sorrideva ingenuamente.
Diamine, il suo primo bacio a Jimin, era così irreale e fantastico che non le succedeva nemmeno nei sogni.

- Buonanotte- lo sentì borbottare dall'altro lato del letto.
Esitò un po' e ricambiò l'augurio, mordendosi l'unghia del pollice e continuando a sorridere. Jimin la sentì ridacchiare e scalciare in aria - le coperte si stavano muovendo fin troppo - e tirò un sorriso da ebete.
Aveva fatto la cosa giusta.

Prima o poi una soluzione si sarebbe trovata.


***
Annyeong popolo! In questi giorni sono successe tante, troppe cose T.T Innanzitutto il Comeback trailer con Jimin che AAAAAAAAAAA non voglio commentare o rischio di scrivere un papiro, è scontato dire che mi è piaciuto da morire, giusto? E a confermarlo ci sono le (oltre) 12 milioni di visualizzazioni u.u Serendipity sa davvero di "giallo", ogni volta che ascolto quella canzone è il primo colore che mi viene in mente *-*   e poi le foto con lo sfondo angelico che boh, lo trovo un misto tra affresco ottocentesco e il cielo della Dreamworks HAHAHHAHA xD Okay, bando alle ciance aaand ringrazio come sempre tutte le persone che seguono/preferiscono/ricordano la storia, chi legge e chi recensisce e mi supporta. Davvero, mi spronate a fare sempre meglio ^^   Spero di non deludere le vostre aspettative, scappo via. Bacioniiiii  _MartyK_ <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il mattino seguente Jimin si svegliò sentendo qualcosa di caldo e delicato premere sul suo petto. Sbadigliò nel modo più silenzioso possibile e strizzò gli occhi cercando di mettere bene a fuoco la stanza, quando il suo sguardo cadde sulla mano di Myung Jae.
Seguì il suo braccio fino ad accorgersi che poggiava la testa sulla sua spalla. Arrossì all'inverosimile, ora si era trasformato in un cuscino, pensò sorridendo.

Cercò di alzarsi piano, scostando la mano della ragazza e tirandosi su a sedere, la testa scoppiava da morire.
Proprio quando stette per mettersi le ciabatte, sentì dei mugolii provenire dall'altro lato del letto.

- Dove vai?- riuscì a decifrare, data la voce stanca e impastata dal sonno. Jimin deglutì e si grattò la nuca con fare sospetto.

- E' mattina, tra poco devo andare a scuola- scrollò le spalle. Myung Jae inclinò di lato la testa e mise il broncio, sentiva che il ragazzo le dovesse dire qualcosa.
D'altro canto egli attendeva con uno sguardo vago e, a dirla tutta, distaccato.

- Senti, per quella cosa di... ieri sera, beh io... ero nervoso a causa di Yoongi e poi ero stanco- farfugliò passandosi una mano sul viso, massaggiandosi la fronte.
La ragazza sembrò rivolgergli uno sguardo triste e annuì.

- Tranquillo è tutto a posto. Come se non fosse successo nulla- sospirò.
Jimin dischiuse la bocca, non credeva che avesse potuto dire una cosa del genere. Fece per alzare l'indice come a spiegare, poi abbassò subito il braccio e annuì a sua volta.

- Bene. Come se non fosse successo nulla- ripetè solamente.

Si alzò definitivamente dal letto e abbandonò la stanza, non prima di annunciarle che avrebbe preparato la colazione assieme all'altro hyung.
Nel mentre Myung era in bagno a vestirsi, il castano si stiracchiò sgranchendosi le braccia e fece una smorfia di disappunto con la bocca nel notare che Yoongi era diventato mattiniero: stava ai fornelli intento a cucinare qualcosa a lui sconosciuto, e in più canticchiava quelle odiose canzoncine da militari sulla grandezza della patria e sulla protezione di donne e bambini.

- Ah, buongiorno Yoo Si Jin- ridacchiò citando il protagonista del drama. L'altro gli rivolse un'occhiataccia e continuò a girare e rigirare le frittelle in padella.
Intanto Jimin prese posto a tavola.

- La straniera si è svegliata?- domandò con nonchalance. Il minore storse il naso nel sentire il termine che aveva usato per la ragazza e sbuffò.

- Ti ho detto che non è straniera-

- Sì che lo è. E poi tu mi hai detto solo che non è una puttana-

Jimin strinse i denti e serrò i pugni fino a sbiancare le nocche. Contegno Jimin, contegno, si disse disperato.
Ma finchè quell'idiota continuava a provocarlo non ce l'avrebbe fatta. Doveva prendere lezioni di yoga, di questo ne era al corrente.

E inoltre essere fumantino e facilmente irascibile non era da un asiatico, aveva sempre pensato di essere troppo atipico per la loro cultura.
Un paio di minuti più tardi Yoongi si voltò nella sua direzione e porse all'amico il piatto con due fettine sottili di pancake.

- Un'altra volta pancake?- si lamentò quest'ultimo.
L'altro roteò gli occhi al cielo, rispose soltanto che gli mancavano e che lo facevano sentire a casa. Jimin incominciò a mangiare, incurandosi del fatto che avrebbe dovuto aspettare che il maggiore si sedesse.
L'educazione la spedì proprio a calci nel culo.

- E comunque non abbiamo ancora chiarito- esordì con la bocca piena di cibo. Yoongi fece smorfie apposta, come se non avesse visto niente di peggio.

- Cosa vuoi sapere?-

- Non mi hai detto come sai che si tratta di una nordcoreana- s'impuntò l'altro.
Il ragazzo ridacchiò e si prese tutto il tempo di inforchettare il boccone di cibo, portarselo alla bocca, masticare lentamente e ingoiare. Il tutto fatto rigorosamente per far incavolare Park Jimin.
Egli dal canto suo giurò di non averlo mai visto così stronzo e provocatorio.

- La prima volta che vi ho visti ho notato che aveva un accento diverso dal nostro e inoltre i tratti sono molto marcati, come se fosse cinese. Strano per essere coreana, non ti pare? E' spaesata, senza un soldo in tasca e un tetto dove stare, ho semplicemente fatto due più due- spiegò con la sua solita scrollata di spalle.
Sì, doveva seriamente smetterla di leggere i gialli.

Il castano assottigliò gli occhi e scosse la testa in segno di negazione.

- C'è qualcosa che io non so. Poteva anche essere una poveretta, come hai azzeccato così in fretta?- chiese ancora.
E fu a quel punto che Yoongi incominciò a sbuffare e a fare il finto annoiato.

- Jimin, ancora insisti?! Ti ho detto come ci sono arrivato, ora lasciami finire questa merda di colazione e dopo ti accompagno a scuola- troncò in pieno la conversazione e mangiò con voglia, divorando letteralmente gli ultimi bocconi di pancake.
Il più piccolo sospirò, Yoongi era un esperto nel concludere le conversazioni. Merito del suo essere tranquillo e tremendamente asociale.

Nonostante ciò non era convinto che gli avesse raccontato tutta la verità. Oltre ad essere apatico era anche furbo.
Molto furbo, di questo doveva tenerne conto.








Myung Jae irruppe in stanza quasi verso le otto, più o meno quando i due ragazzi stavano uscendo da casa. Jimin aprì la porta d'ingresso e si voltò verso di lei nel momento in cui sentì i suoi passi farsi sempre più vicini.

- La colazione è in tavola e se vuoi in frigo c'è del latte- l'avvisò con un mezzo sorriso. Myung ne tirò uno cordiale e inchinò leggermente la testa.

- Divertiti!- aggiunse Yoongi, beccandosi un'occhiata infuocata da parte del castano.
La ragazza parve non ascoltarli, era troppo impegnata a scartabellare fra i fogli di carta sparsi sul mobiletto accanto alla tavola. Quando trovò il necessario si rivolse a Yoongi, l'unico che era rimasto ancora poggiato allo stipite della porta.
Jimin si era fiondato in macchina da un pezzo.

- Sai dove si spediscono le lettere?- domandò imbarazzata.
Yoongi gongolò internamente. Cercò di non riderle in faccia e si schiarì la voce.

- Beh, se le imbuchi nella cassetta della posta poi l'uomo blu le prende tutte e le spedisce dove vuoi tu- mentì e si decise a chiudere la porta.
La ragazza alzò un sopracciglio nel sentire quelle parole, neanche sapeva dell'esistenza di un uomo blu che distribuisse le lettere in tutto il mondo.

- Per chi mi ha presa? Non sono una bambina!- si ritrovò ad esclamare da sola.

Le vennero in mente le parole di Min Seo, quelle dei suoi lunghi discorsi sul genere umano e sulla coscienza in generale: mai fidarsi di ciò che dice la gente, per il novanta per cento sono solo cavolate, per il restante dieci sono scorci di verità. Piccoli quanto le briciole di pane.
E le diede ragione anche quella volta, la storia dell'uomo blu era una bugia, quella delle lettere da imbucare nella cassetta era verità.

Impugnò la penna e si mise a scrivere le prime righe dell'ennesima lettera alla sorella, mordicchiando i bocconi di pancake e bevendo il latte a piccoli sorsi:

Cara Min Seo,
se non hai ricevuto la vecchia lettera, beh, è colpa mia.
L'ho lasciata in bella mostra a Jimin, il ragazzo che mi ha ospitata, e così ha scoperto il mio vero nome e il paese da cui provengo. Sa tutto, tutto quanto, eppure non è preoccupato.
O meglio, all'inizio lo era, poi è cambiato.
E' sempre disponibile, gentile ed educato, credo mi voglia tanto bene. Ieri pomeriggio siamo stati al parco e mi ha spinta sull'altalena, ti rendi conto? L'altalena!

Noi non siamo mai potute andare in un posto del genere, i giochi erano sempre rotti e alla fine lo hanno trasformato nell'ennesima base militare a servizio del leader. Comunque non voglio parlare di cose tristi. Ora sono felice, anzi, credo proprio di aver trovato il mio posto nel mondo. Con Jimin.

Se sorridi per l'altalena allora non immaginerai cosa mi è successo ieri sera!
Prima che potessi infilarmi nel letto e crollare a dormire come al mio solito mi ha baciata. Proprio così, mi ha baciata!
Credevo di aver perso dieci anni di vita sentendo le sue morbidissime labbra sulle mie, è stato dolcissimo.

Mi sto affezionando a lui in una maniera incredibile, molto velocemente. Non so se sia giusto o sbagliato, in realtà non so neanche quanto tempo debba passare prima che un uomo e una donna possano mettersi insieme, eppure credo di amarlo.
Il cuore mi batte fortissimo quando mi guarda, incomincio a sudare e mi tremano addirittura le mani. E non parliamo del suo sorriso smagliante! Potrebbe uccidermi...

Sì, credo proprio di essermi innamorata. Ah, allora è questo che si prova quando si ama una persona!
Unnie, è davvero bello.
Spero non vi sia accaduto nulla e non state in pensiero per me, in qualche modo vedrò di contattarvi presto. Ti voglio bene sorellona.
Myung Jae.


Una volta terminata la lettera, mise a posto la penna e piegò il foglio a metà, inserendolo in una busta e uscendo di casa giusto il tempo di andare ad imbucarla nella cassetta fuori dal palazzo.
Salì le scale alla velocità della luce e si richiuse la porta dietro le spalle in fretta e furia, era la prima volta che usciva di casa senza Jimin.

Sperò che almeno quella lettera arrivasse a destinazione.














































* * *










































 Il pomeriggio Jimin si rinchiuse in camera a studiare. Myung Jae provò a fargli qualche domanda e a chiedergli se avesse bisogno del suo aiuto, lui la liquidò con un semplice sorriso e con un 'so cavarmela da solo' quasi balbettato.
Era strano dalla mattina e non andava bene, qualcosa era successo durante la sua assenza. In più quel Min Yoongi non era affatto una persona normale, a volte si chiedeva come facesse a non aver bisogno di contatti umani, se ne stava sempre solo per i cavoli suoi girovagando su internet e smanettando al cellulare.
Lei non sapeva neanche usare il suo!





Proprio quando la noia stette per prendere possesso del corpo della ragazza, Jimin si presentò in salotto con il borsone da palestra e il cappotto indosso.

- Vado a ballare. Ci vediamo più tardi, Yoongi tu non combinare casini- avvisò il più grande. A volte sembrava lui lo hyung di turno.
La ragazza scattò all'impiedi come una molla e alzò il braccio, un sorrisone a dipingerle il viso pallido che si ritrovava.

- Vengo anch'io!-

Jimin deglutì e abbassò lo sguardo.

- Veramente...-

- Oh avanti, mi avevi promesso una lezione di ballo!- fece gli occhi dolci e sporse il labbro inferiore tremolante, era così brava nell'imitare i cani bastonati che quasi le uscivano le lacrime.
Il castano strizzò gli occhi e scosse la testa, lasciandosi sfuggire un ringhio l'attimo dopo.

- Aish e va bene, vieni con me!- se ne pentì nello stesso momento in cui pronunciava quelle parole.
Myung urlettò felice e cominciò a saltellare per tutto il salotto, Yoongi la guardava con un sorrisetto malizioso.

- Devo portare qualcosa? Tu hai una borsa enorme-

- In camera c'è una maglia oversize con il numero 1 sul retro e dei pantaloncini verdi. Lo so che sono miei, ma puoi prenderli tu-

La corvina corse a prendere l'occorrente e ritornò sul posto dopo neanche venti secondi. Jimin ridacchiò.

- Vedo che sei abbastanza allenata, andiamo-

- A dopo piccioncini, siete bellissimi insieme!- urlò Yoongi mettendo le mani a mo' di megafono.
L'amico si voltò verso di lui e gli mostrò il dito medio.

- A dopo rompiballe-
















































* * *














































La palestra era davvero gigantesca, c'erano attrezzi e strumenti che Myung Jae neanche immaginava.
Jimin le fece un po' da guida turistica e indicò i vari aggeggi, fra tapis roulant, cyclette, tappeti elastici e pesetti. Si inchinarono in segno di saluto di fronte ai vari personal trainer e attraversarono la sala principale andando in quella da ballo: lì trovarono un ragazzo impegnato ad incasinarsi la vita ballando in modo sfrenato e con la musica sparata a tutto volume.

Jungkook.

- Yah fratello! Come butta?- esclamò il castano felice come una pasqua.
Lanciò a terra il borsone e saltò addosso al ragazzo, che barcollò un po' prima di ricambiare la stretta.

- E' tuo fratello?- chiese esterrefatta Myung Jae. Jimin ridacchiò e scosse la testa.

- E' un modo di dire molto americanizzato, significa che è mio amico- spiegò. La ragazza annuì, nel frattempo il corvino le si avvicinò e sorrise.

- Mi chiamo Jungkook, piacere di conoscerti- allungò la mano verso di lei.
Myung abbozzò un sorriso, poi ritornò seria. Sapeva che di Jimin poteva fidarsi, ma di questo Jungkook?
Doveva inventarsi un nome e alla svelta, tanto per non risultare falsa o comunque poco credibile. Fece per aprire bocca quando da dietro le spalle del ragazzo spuntò la testa di Jimin, le faceva no con le dita.
Fu allora che decise di dirgli il suo vero nome, seppure con insicurezza.

- Cosa stavi ballando?- chiese lei mentre si toglieva il cappotto e lo appendeva all'appendiabiti assieme a quello di Jimin.

- Era una canzone dei Teen Top, non so se li conosci-

Jimin affiancò i due mettendosi in mezzo e circondando le loro spalle con le braccia.

- Devi sapere che questo marmocchio qui va matto per quel gruppo, anche se ascolta la loro musica da poco. Si è innamorato di Rocking-

- Tanto da imparare la coreografia in meno di due giorni- continuò Jungkook ridendo.
Il più piccolo fece ripartire la musica e ballò assieme a Jimin, esibendosi davanti alla loro unica spettatrice che li guardava a dir poco estasiata.
Erano davvero fenomenali.

Jimin muoveva i piedi così velocemente che credette di perdersi con lo sguardo, Jungkook invece era bravissimo a far ondeggiare i fianchi e a canticchiare sopra la base della canzone. Le piaceva il fatto che riuscisse ad essere intonato nonostante il fiatone.

Alla fine dell'esibizione Myung battè forte le mani e si fiondò tra le braccia di Jimin, esclamando quanto fosse bravo e facendo i complimenti anche all'amico.

- Che ne dici di provare? Forza, non è difficile- la incitò Jungkook.

- No, non credo di poterlo fare...-

- Ma hai insistito così tanto per venire!- mise il broncio Jimin.
Myung Jae si grattò il braccio imbarazzata e si morse il labbro inferiore.

- Ho capito, forse è meglio che me ne vada- esordì Jungkook, anch'egli imbarazzato.

- Perchè?- fece il castano. L'altro sventolò una mano davanti ai suoi occhi e prese il suo borsone, asciugandosi il sudore dalla fronte e dal resto e preparandosi per andare via.

- Tranquillo, ero qui da molto più tempo di quanto pensassi e poi sono stanco. Continuate voi, ci vediamo!- annunciò e abbandonò la sala.

Jimin si mordicchiò le unghie mentre Myung incrociò le braccia al petto, erano entrambi nervosi.

- E se ti insegnassi i passi di quel frammento hip-hop che hai visto? Giuro che non è difficile- ruppe il ghiaccio il ragazzo.
Myung alzò lo sguardo nella sua direzione e annuì. Lo vide andare verso lo stereo e mettere in pausa la musica, poi ritornò verso di lei e l'affiancò.

- Ogni passo si conta con i numeri, di solito si usano quelli inglesi ma se vuoi usiamo i nostri. Il primo è un salto- spiegò mostrandoglielo, Myung lo imitò.
Sbuffò, si sentiva tremendamente goffa rispetto al compagno.

- Bene, al due devi stare in equilibrio sulla gamba destra e scalciare con quella sinistra- continuò.

La ragazza non faceva altro che ascoltare ogni sua singola parola e imitare tutto ciò che faceva, in un modo o nell'altro si ritrovò a saper emulare tutti i passi della coreografia e riuscì addirittura a metterli insieme e a ballare con Jimin.
Al termine urlò dalla felicità e gli allacciò le braccia al collo, ormai era diventata un'abitudine. Sentì l'altro irrigidirsi e allora si staccò e lo guardò negli occhi.

- Mi dici che hai? E' da stamattina che ti comporti in modo strano, ti ho detto che è come se non...- Jimin la bloccò serio.

- Non mi va di far finta di nulla- borbottò. Myung sbattè le palpebre un paio di volte.

- Ma tu hai detto che...-

- Lo so quello che ho detto! Senti, non so cosa provi nei miei confronti e sinceramente non so nemmeno se ricambi appieno i miei sentimenti. Voglio solo che tu sappia che il mio cuore mi minaccia di morte ogniqualvolta mi guardi o mi sorridi- abbassò lo sguardo e lo puntò sui suoi piedi, trovandoli improvvisamente interessanti.
Myung sfoggiò un sorrisone, tanto che le facevano male le guance.

- Jimin, ho una strana voglia- gli disse con fare sospetto. Il castano aggrottò le sopracciglia.

- Cosa?-

- Ho voglia di baciarti- mormorò con un filo di voce.

Il ragazzo le alzò il mento e inclinò di lato la testa, avvicinandosi sempre di più a lei. Le mise la mano sul petto, all'altezza del cuore.

- Lo senti come batte? Anche stamattina era così- sorrise e prima che Myung potesse aggiungere altro unì le labbra alle sue.
Le parole erano inutili, avevano solo il disperato bisogno di baciarsi, di mordersi le labbra fino a farle sanguinare. Avevano bisogno l'uno dell'altro, un morboso bisogno. La ragazza affondò la mano nei capelli dell'altro e si sentì circondare i fianchi dalle sue possenti braccia.

- Mianhae- sussurrò lui sulle sue labbra.

- Di cosa?-

- Scusami se mi sono innamorato di te-


***
Annyeong popolo di EFP!! Come ogni sabato, ecco a voi il settimo capitolo di questo scempio partorito dalla mia fragile ed instabile mente (stento a credere di essere umana... probabilmente andrò a far compagnia a TaeTae un giorno. Su Marte. O su un qualche pianeta simile alla terra e distante mille miliardi - lol - di anni luce da qui.).
L'estate è finita e ad inaugurare l'autunno ci sono quei pazzi che staranno facendo crepare milioni di ARMY, mi sento inutile *sigh*. Ma poi, vogliamo parlare della magrezza della faccia di Kookie? No parliamone, perchè secondo me lo stanno tenendo a pane e acqua, porello. E KIM TAEHYUNG CON LA RIGA IN MEZZO PIU' FIGA DELLA MIA CIOE' NO. Jimin con i capelli tutti ossigenati mi ricorda (stranamente ma okay) Hiroki Moriuchi dei My first story (non so se conoscete il J-rock, ormai mi sto appassionando pure alla musica giapponese T.T). E Yoongi-puffo è troppo puccioso, il mio cuore non ce la farà mai a reggere un comeback del genere. E io che credevo che dopo Blood, Sweat and Tears o Not Today non potessero più farmi impazzire d'ansia----- certo. CERTO. L'ILLUSA CHE SONO.
Comunque, comeback dei Bangtan e ritorno - appunto - a scuola a parte, spero che chi ha letto fin qui sia rimasto soddisfatto del capitolo e della storia in generale, tra un po' arrivano i guai non temete ;)   ringrazio chi segue la fanfic, chi legge silenziosamente e chi recensisce, mi spronate tutti a fare di meglio. Nel frattempo vi dico che sono impegnata nella stesura di una fanfic completamente diversa da questa: aspettatevi nonsense, romanticismo stentato, demenza e (credo) comicità perchè ultimamente partorisco solo cose oltre il limite dell'assurdo. Sto scrivendo un papiro, vado via  bacioniiiiii   _MartyK_ <3

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


- Scusami se mi sono innamorato di te-

Sentendo quelle parole, Myung Jae sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisoni e trattenne lacrime di gioia, non credeva di essere entrata così in fretta nel cuore di Jimin.
Gli allacciò le braccia al collo e affondò il viso nel suo petto caldo, strofinando un po' la guancia sinistra contro il tessuto della canottiera e stringendo più a sè il ragazzo. Egli dal canto suo arrossì e ricambiò l'abbraccio, abbassandosi col viso e cercando le sue labbra.

Incrociarono lo sguardo per un attimo, un solo istante in cui assaporarono tutto l'amore che avevano. Jimin si morse il labbro inferiore prima di fiondarsi sulle labbra della ragazza e sospirare di piacere. Myung chiuse gli occhi e lo lasciò fare, era ancora inesperta e poi le piaceva essere guidata da lui, si sentiva davvero bene.

Indietreggiarono leggermente e la corvina andò a sbattere contro una parete della sala, mugugnò qualcosa nella bocca dell'altro e poi si accovacciò sulle ginocchia, brontolando qualcosa a proposito del fatto che era stanca e non aveva più voglia di provare.
Jimin l'affiancò e stese le gambe tenendole dritte di fronte a lui. Poggiò il capo sulla spalla di lei e lentamente la sua mano s'insinuò sotto la canottiera, andando a sfiorare la pelle liscia dell'addome e soffermandosi su un fianco.
Al suo tocco Myung Jae sussultò e se lo scrollò di dosso bruscamente. Cambiò umore d'improvviso e lo guardò seria.

- Che ho fatto?- chiese preoccupato lui, uno sguardo da cane bastonato a dipingergli il perfetto aegyo. Myung non s'intenerì.

- N-non toccarmi lì. Ti prego- balbettò, maledicendosi l'attimo dopo.

- Perchè non posso? Sei ferita? Fammi dare un'occhia...- lo sguardo infuocato e il tono arrabbiato con cui la ragazza gli rivolse la parola lo fece bloccare.

- Non toccarmi i fianchi, punto e basta!- urlò. Jimin deglutì e annuì chiedendole scusa.

La compagna abbassò lo sguardo e si coprì l'addome con le braccia, come se l'altro avesse i raggi X e potesse squadrarla da un momento all'altro. Pian piano il castano poggiò nuovamente la testa sulla sua spalla e sospirò, aspettando che la tensione svanisse.
Si sorbì il dolce respiro tranquillo di lei e abbozzò un sorriso, quindi decise di rompere il ghiaccio, odiava l'imbarazzo.

- Perchè mi hai detto in quel modo?- domandò calmo. Myung si morse il labbro inferiore.

- E'... difficile da spiegare- mormorò incerta. Jimin si ridestò e aggrottò le sopracciglia, guardandola dritto negli occhi.
L'altra sbuffò e annuì, cercando di trovare le parole giuste per formulare una frase di senso compiuto. Il ragazzo ebbe come la sensazione che stesse per fare un lungo discorso e restò in attesa.

- Mio padre lavora in una fabbrica di cioccolatini, l'unica in tutta la cittadina in cui vivevo. Il problema è che non riesce ad arrivare mai a fine mese e siamo immersi da bollette e altre tasse di cui non conosco nemmeno l'esistenza, così quando non paghiamo dopo tanto tempo ci mandano a lavorare nei campi e...- si bloccò, le lacrime non le permisero di andare oltre.
Singhiozzò e tirò su col naso, Jimin si sentì in dovere di consolarla. La travolse con un caloroso abbraccio e le massaggiò la schiena per calmarla.
Le baciò il collo e sussurrò dolci parole sulla sua pelle, sorridendo amaro. Aveva così tanta rabbia in corpo che se avesse potuto avrebbe ucciso il primo che passava.

Una ragazzina così innocente e di animo buono come Myung Jae non si meritava tutto quello, non meritava quella vita.
Capì appieno perchè volle scappare dalla sua nazione, certo, c'erano anche altre ragioni, ma quelle poche parole bastarono a far crollare le insicurezze che ancora nutriva nei suoi confronti.

- Se non te la senti non continuare, fa male persino a me- le disse asciugandole le lacrime coi pollici. La ragazza scosse la testa.

- Le frustate fanno tanto male sai? Senti la pelle andare a fuoco, vorresti morire ma non muori. E' orrendo, non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico. E quando ti prendono a calci e pugni non è meglio. Ho subito tutto questo per anni, fin da quando ero piccina. L'ultima volta è recente, poco prima che scappassi e anzi, se non mi trovano entro un certo lasso di tempo i miei genitori lavoreranno lì per sempre- spiegò e ricominciò a piangere.
Al compagno tremò il labbro inferiore e tirò un lungo sospiro, non voleva piangere davanti a lei, non quando era lei quella che soffriva di più. La strinse più forte nel suo abbraccio e chiuse gli occhi.

- Ora più che mai sono sicuro di quello che devo fare- affermò.

- Cosa?-

- Ti aiuterò a qualsiasi costo, anche se significa perdere la vita per salvare la tua. Se mai le guardie dovessero catturarti mi sacrificherò al posto tuo, se non dovessero farlo allora beh, ti aiuterò ad ambientarti nella tua nuova casa- sorrise genuino lui. Myung serrò la mascella.

- Sacrificarti? Che vita sarebbe senza di te?- e lo chiese con gli occhi che brillavano per il luccichio delle lacrime.
Il castano abbassò lo sguardo e tirò un sorriso ingenuo, arrossendo.

- Non voglio che mamma e papà si dannino per colpa mia- borbottò triste.

- E non voglio nemmeno ritornare lassù, significherebbe sconfitta- continuò poi. Jimin annuì alle sue parole e le accarezzò una spalla.

- Non credevo che la vita fosse così complicata-

Stettero in silenzio alcuni minuti, neanche si accorsero di essersi quasi addormentati l'uno tra le braccia dell'altro.
Fu Myung Jae a risvegliarsi dai suoi oscuri pensieri per prima.

- Voglio fare tutto ciò che non ho potuto fare in questi anni!- esclamò convinta. Jimin la guardò per un po'.

- Cosa vuoi fare?-

- Andiamo in spiaggia!- rise lei. Il castano le scompigliò i capelli e le baciò teneramente una guancia.

- Sciocchina, a Seoul non c'è il mare-

La ragazza mise su un finto broncio e corrucciò la fronte.

- E dov'è il mare?- chiese.

- A Busan, ma è a due ore e mezza di distanza da qui. Non possiamo farcela e domani ho scuola...- sospirò sconfitto lui.
Myung si alzò all'impiedi e gli puntò l'indice accusatorio con una mano sul fianco.

- Mi ci porterai, che tu lo voglia o no. Passeggiamo in spiaggia- provò a convincerlo, lui scosse la testa.

- E dai è una cosa carina!- gli tirò una leggera spintarella lei, Jimin rimase impassibile.

- Ti prego, ti supplico! Ti prometto che sarà la passeggiata più veloce del mondo, solo per stare coi piedi sulla sabbia e per sentire l'odore di salsedine, poi torneremo a casa- insistette lei.











Jimin dovette ancora spiegarsi bene com'era successo, insomma, erano bastati un paio di occhietti da cucciolo, il labbro inferiore tremolante e dei mormorii da cagnolino irrequieto per far sì che cambiasse idea.
Sì, doveva essere così, altrimenti non riusciva a capire come mai fossero seduti mano nella mano sul vagone di un treno alle sei e mezza di sera. Non aveva avuto neanche la decenza di andare a cambiarsi, no, Myung Jae l'aveva letteralmente trascinato nel primo treno che le era capitato a tiro.

Le bastò leggere 'Busan' come destinazione che subito partì in quarta e accelerò il passo, scartando gli altri passeggeri che si accingevano ad entrare come fossero birilli e trascinando il povero Jimin all'interno della locomotiva.
Presero posto davanti a due anziani e si misero comodi, pur restando tesi e discreti. Menomale che era riuscito a fermarla in tempo per i biglietti, pensò Jimin ridacchiando.
La mano di Myung scivolò dal polso verso il palmo di lui e lo accarezzò facendo cerchi concentrici con l'indice e col medio, trattenendo le risate alla vista del compagno che si mordeva il labbro inferiore in segno di protesta.

- Non adesso- digrignò i denti e si avvicinò al suo orecchio, il solletico era un'altra cosa che odiava.
D'altra parte i due vecchietti sorrisero ai due giovani e bisbigliarono fra di loro quanto fossero teneri insieme. La ragazza riuscì a sentire alcuni bisbigli e arrossì, bloccandosi di colpo e abbassando lo sguardo.

Il resto del viaggio lo passarono ascoltando la musica sull'MP3 del castano e guardando il panorama notturno dal finestrino. Myung crollò addirittura a dormire, poggiando la testa sulla spalla di Jimin, il respiro divenne via via sempre più pesante.
Il rumore delle rotaie e i balzi che il treno a volte faceva a causa delle ferrovie erano diventati un ottimo tranquillante per la ragazza.

Verso le nove scesero in stazione, Jimin dovette aiutare la compagna a reggersi in piedi perchè era troppo assonnata.

- Ti vedo stanca, forse non stai bene- esordì apprensivo lui.

- No, sto alla grande. Andiamo!- lei sbattè velocemente le palpebre e scosse la testa come a darsi una mossa.

Prese per mano il ragazzo e lo strattonò verso l'uscita del posto, andando fuori all'aria aperta e respirando a pieni polmoni. Ridacchiò felice e saltellò un paio di volte attorno al castano.

- Un momento... ci serve una cartina!-

- Non serve- Jimin sorrise fiero.

- Perchè?-

- Perchè il tuo ragazzo è di Busan- gonfiò il petto e si vantò, Myung Jae restò impalata al suo posto e spalancò la bocca dallo stupore.

- Solo ora me lo dici?!- gli tirò un pugno sul braccio a mo' di scherzo.

Si coprirono bene con cappotto e sciarpa, d'altronde era ancora inverno ed essendo in una località di mare il freddo si percepiva di più. Si persero nel centro della città e andarono ad ammirare ogni singola vetrina dei negozi, tanto che il castano fu costretto a staccare la compagna da alcune vetrine e a circondarle i fianchi per tenerla stretta a sè.

Osservarono le luci colorate dei lampioni, Myung fece alcune giravolte con la testa rivolta verso il cielo, felice com'era.
Amava osservare i passanti assorti nei loro pensieri o semplicemente presi dal cellulare, si sentiva come se fosse uno scienziato che si trovava di fronte ad una specie aliena. Era molto curiosa e di questo Jimin se n'era accorto da un bel po', gli piaceva prenderla in giro per come si meravigliava per poco e gli piaceva scompigliarle i capelli e farle il solletico al collo.

Comprarono da mangiare in un fast food e si incamminarono verso il Gwangalli Beach, una spiaggetta molto carina della città ma più piccola della famosa Haeundae, il ragazzo le spiegò che era sempre affollata e che era meglio andarci di giorno.
Myung si mise a urlare nel momento in cui sentì i piedi affondare nella sabbia. Corse felice verso il mare e allargò le braccia verso l'esterno in un gesto di libertà.

Jimin rise e la raggiunse poco dopo, intimandole di sedersi da qualche parte perchè aveva fame.

- Mangiamo in piedi, voglio camminare lungo la riva- rispose l'altra e così fu.
Passeggiarono al chiaro di luna coccolati dal suono delle piccole onde del mare che bagnavano la spiaggia fino ad un certo punto e poi si ritiravano, la ragazza inspirò il tanto agognato odore di salsedine e sorrise.

- Non sono mai stata al mare- esordì prendendo una coscetta di pollo dal contenitore che aveva in mano il compagno.

- La prossima volta veniamo di giorno e ti insegno a nuotare- scherzò lui. Myung lo prese sul serio.

- Promettilo-

- Oh dai...-

- Seriamente, promettilo-

Jimin roteò gli occhi al cielo e mostrò il mignolo.

- Guarda che ti vedo mentre fai le smorfie!- esclamò lei indignata.

- Ma è buio!-

- Insegnami adesso- disse la corvina tutt'a un tratto.

- Che?!-

- Non lo so, buttami in acqua e mi insegni a nuotare- rise lei. L'altro scosse la testa.

- Potresti farti male e poi non si vede niente e...- si bloccò, stranamente si sentiva tutto bagnato.

Aprì gli occhi e si ritrovò in acqua assieme a quella spericolata di Myung Jae. Ella dal canto suo se ne fregava e gli buttava acqua ridendo forte.

- Guarda che ti invado!- urlò lui e le tirò così tanta acqua in faccia che la ragazza dovette implorarlo di smetterla perchè rischiava di morire affogata.

Jimin la prese in braccio e le circondò i fianchi, Myung trovò spontaneo allacciargli le gambe al bacino. Le onde erano leggermente più grandi a causa dei loro movimenti e la ragazza si tenne stretta al compagno per paura.

- Sei bellissima anche coi capelli bagnati- mormorò lui sfiorando il naso di lei col suo.
La corvina sorrise inevitabilmente e gli lasciò un bacio a fior di labbra. Fece per staccarsi ma Jimin glielo impedì e catturò abilmente le sue labbra, mordendogli quello inferiore e approfondendo il bacio inserendo la lingua.
Myung rispose positivamente al bacio e fece uno schiocco quasi involontariamente, mettendosi meglio addosso al ragazzo.

Continuarono a baciarsi per così tanto tempo che si dimenticarono della cena abbandonata sulla sabbia e del fatto che dovessero davvero tornare a casa.
Volevano semplicemente godersi quel che erano, almeno finchè nessuno avrebbe fatto nulla per separarli.

























































* * *



















































Rincasarono verso la mezzanotte, i capelli di Jimin gocciolavano ancora e i vestiti di Myung erano così bagnati che erano diventati perfettamente aderenti.
Nel mentre il ragazzo si accorse che nella cassetta della posta c'era una busta e la prese di nascosto dalla ragazza.

Fecero meno rumore possibile per non svegliare Yoongi e si fecero una doccia veloce, giusto per togliersi il sale di dosso. Jimin finì per prima e ne approfittò per infilarsi sotto le coperte e leggere ciò che diceva quella lettera.
Si accorse che si trattava di Myung quando vide che non era presente nessun francobollo.

Se non hai ricevuto la vecchia lettera beh, è colpa mia. L'ho lasciata in bella mostra a Jimin, il ragazzo che mi ha ospitata, e così ha scoperto chi sono davvero.

Trattenne dei risolini affatto virili quando lesse quelle parole, il solo ricordo lo faceva sbellicare. Si disse che avrebbe potuto essere meno infuriato quel giorno.

Mi ha portata al parco e mi ha spinta sull'altalena. L'altalena, ti rendi conto?!
Non siamo mai potute andare al parco, i giochi erano sempre rotti e alla fine lo hanno trasformato nell'ennesima base militare a servizio del leader
.

Sui suoi occhi si posò un velo di malinconia quando arrivò a quel punto, doveva davvero ringraziare Dio se era nato in un luogo abbastanza tranquillo.
La realtà nordcoreana era solo uno spicchio della povertà e della crudeltà che affligge il mondo.

Credo di aver trovato il mio posto nel mondo. Con Jimin. [...]
Mi ha baciata! Credevo di aver perso dieci anni di vita. [...] Mi sto affezionando a lui in una maniera incredibile, eppure non so quanto tempo debba passare effettivamente perchè un uomo e una donna si amino.
Quando mi guarda incomincio a sudare e mi tremano addirittura le mani... ah, è così che ci si sente quando si è innamorati
!

Sorrise imbarazzato nel leggere la lettera e si scompigliò i capelli, scalciando nel letto e rischiando di disfarlo tutto proprio come aveva fatto la ragazza nei giorni precedenti.

Myung giunse in camera e deglutì quando lo vide con la sua lettera in mano, egli la nascose in fretta e furia dietro la schiena.

- Perchè hai la mia lettera? Non è arrivata al nord?- domandò triste. Si sedette sul morbido materasso e affiancò il ragazzo, mettendosi sotto le coperte. Jimin ridacchiò.

- Devi andare all'ufficio postale per spedire le lettere, non devi imbucarle senza neanche un francobollo- spiegò.

- Ma Yoongi mi aveva detto che dovevo fare così- protestò lei. Il castano scosse la testa e le baciò la fronte.

- Non dare retta a Yoongi, intesi? Non è il tipo adatto quando si tratta di fare amicizia- borbottò imbronciato.
Myung non capì completamente ciò che Jimin intendeva dire e scrollò le spalle.

Spense l'abatjour e si mise comoda accanto al ragazzo, accarezzandogli il petto con una mano. Pensò un po' prima di parlare per l'ultima volta, pensò a tante cose: alla giornata appena trascorsa, a mamma, papà e Min Seo e a ciò che avrebbero potuto fare le guardie per catturarla.

- E' tutto così complicato che mi scoppia la testa, però una cosa è certa... ti amo-

Jimin, che aveva fatto finta di essersi addormentato, ascoltò ogni singola sillaba pronunciata dalla compagna e sorrise.

Il battito accelerò e sentì un piacevole tepore invadergli il cuore.


***
Annyeong popolo!! Alloooora un po' di sano angst ad inizio capitolo ci voleva proprio, ammettiamolo. Anche perchè quello è solo l'inizio, credetemi quando dico che avverranno cosucce ben più gravi dei lavori forzati ;)  la nostra Myung Jae si è dichiarata, e ora vi tocca aspettare la risposta di quel mochi coccoloso. Yoongi non starà a guardare, fra due capitoli entrerà in azione alla grande.  Ora, voglio ringraziare come sempre chi spende un po' del proprio tempo per leggere la storia, chi la segue/preferisce/ricorda/blabla  e chi la recensisce. Mi rendete felice e soprattutto un pochino fiera di me :')   devo scappare (sul serio lol), bacioniiiiiiii  _MartyK_ <3

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Sabato: uno dei giorni più amati dalle persone di tutto il mondo, che si tratti di adulti o piccini; un giorno di puro svago, dopotutto si tratta del weekend, in cui a scuola non si dovrebbe fare nulla - di norma.
E invece no.
Perchè quel fottutissimo sabato 13 di quell'odiato febbraio Park Jimin aveva un test di coreano, l'avviso bello piazzato a metà pagina del diario. E come se non bastasse il giorno dopo era San Valentino e la sua mente macchinava alla ricerca di un qualche regalo da fare a Myung Jae.



Si svegliò di soprassalto, come se il solo pensiero gli facesse venire un infarto, e si alzò direttamente dal letto, incurante del fatto che avrebbe dovuto far meno rumore per la ragazza accanto. Ella d'altra parte lo seguì a ruota e insieme si avviarono in cucina per fare colazione e prepararsi come al solito.
Yoongi era stranamente inquieto, scuro in volto e con un'espressione degna di uno che sta per morire sotto i colpi dei fucili nemici.

- Che ti prende hyung?- Jimin sfoggiò un sorrisone e saltò addosso all'amico, scompigliandogli i capelli e allacciandogli le gambe al bacino a mo' di koala.
Il più grande borbottò qualcosa di incomprensibile e se lo levò di dosso con una mossa rapida e astuta.

- Si vede che ti fanno lavorare- rise l'altro riferendosi alla leva militare.
Yoongi annuì pensieroso e spostò lo sguardo su Myung, che nel frattempo si era fiondata alla Tv e l'aveva sintonizzata su uno di quei canali che trasmettono costantemente anime.
Mentre Jimin addentava il suo cornetto al cioccolato e masticava voracemente, l'altro ragazzo gli si parò davanti e lo avvisò.

- Sbrigati che ti accompagno a scuola- mormorò atono.

- Yah, oggi ho un compito e se permetti sono super ansioso, e quando sono ansioso mangio- spiegò il castano scrollando le spalle.

Dopo essersi preparati a dovere, i due ragazzi abbandonarono l'abitazione salutando Myung Jae. Ovviamente non prima che questa tirasse a sè Jimin in un lungo e romantico abbraccio, come ad infondergli coraggio.



Durante tutto il tragitto casa-scuola i due coinquilini stettero in un madornale silenzio, il castano guardava il paesaggio dal finestrino dell'auto e Yoongi guidava tranquillo con il suo solito aggeggino all'orecchio, probabilmente si trattava di uno di quei dispositivi bluetooth per parlare al cellulare senza usarlo.
Stava parlando con un suo superiore, lo capì dal tono di voce tremante e dal fatto che si mordesse le labbra in continuazione in preda al nervosismo.

- No, ancora non si è scoperto nulla. Certo, sono stato inviato qui per questo. Sissignore, porterò a termine la mia missione- disse e concluse.
Jimin alzò un sopracciglio e l'altro arrossì.

- Che c'è?-

- Di solito non parli mai davanti a me di queste cose-

- Di quali cose?-

A dir la verità Yoongi stava morendo dentro, temeva avesse capito tutto e sperò con tutto il suo cuore il contrario.
Il suo sguardo era esitante, quasi aveva paura di ciò che avrebbe potuto dire Jimin.

- Ma che ne so! Cose da militari, unità, ordini e blabla... ah a proposito, cos'è questa missione che devi compiere?- rise il più piccolo.
Lo hyung tirò un sospiro di sollievo, di cosa si preoccupava? Jimin era l'idiota di turno, non si sarebbe accorto di nulla neanche se glielo avesse spiegato per filo e per segno.
Voltò lo sguardo verso la strada e sbuffò alzando gli occhi al cielo, tanta ansia per niente.

- Top secret. Non posso dirtelo- si limitò a rispondere. Il castano annuì con fare sospetto e uscì dall'auto quando l'altro raggiunse la destinazione.
Sgranò gli occhi nel sentirsi prendere per il braccio.

- Jimin... promettimi una cosa- esordì. Il più piccolo deglutì.

- Che ti prende?-

- Promettimi che qualsiasi cosa accada tu mi vorrai bene come me ne vuoi adesso- Yoongi parlò in modo impassibile e serio.

- I-in che senso? Yoongi hyung, seriamente cosa...-

- Jimin-ah, promettimelo- Min Yoongi non era mai stato così serio.

Perchè nonostante tutto si era affezionato ad un nanerottolo come lui; nonostante le sue stupidaggini, nonostante il suo essere ingenuo gli voleva bene come fosse un fratello. E mai prima di allora lo aveva chiamato 'Jimin-ah', di questo se ne accorse anche il più piccolo.
Gli venne da sorridere per la faccia stralunata che aveva fatto.

- Te lo prometto- mostrò il mignolo e lo unì a quello del ragazzo.

Sorrisero come due bambini e si salutarono con un cenno della mano, Yoongi lo vide oltrepassare l'ingresso scolastico e strizzò gli occhi, le tempie pulsavano e la testa girava. Poggiò la fronte sul volante e sospirò nervoso, ripensando alla telefonata di qualche minuto prima:

- Min Yoongi, avete scoperto qualcosa riguardo alla nordcoreana scomparsa?-

Il corvino a quella domanda trasalì e trattenne il respiro, si calmò giusto per non sembrare strano agli occhi del compagno.

- No, ancora non si è scoperto nulla- mentì. Non aveva il coraggio di dire la verità, voleva prendersi del tempo per pensare.
Pensare a cosa farne di quella ragazza, perchè di certo non poteva stare in una nazione libera. Sentì il suo superiore ridacchiare malvagio.

- Ad ogni modo i media divulgheranno la notizia oggi stesso e si andrà avanti così fin quando quella straniera non ritornerà nel suo paese. Viva o morta, non è importante-

Deglutì e annuì come se l'altro potesse vederlo.

- Farò del mio meglio, d'altronde sono stato inviato qui per questo- rispose.

- Mi fa piacere sentirtelo dire. E ah, ricordati di portare a termine la tua missione, dopotutto sei il nostro allievo migliore-

- Sissignore-


Si prese la testa fra le mani e con due dita massaggiò le tempie, affondando le altre nei capelli e tirandoli leggermente.
Era una grande responsabilità la sua ed era consapevole del fatto che non sarebbe riuscito a fare tutto da solo, aveva bisogno di una mano.

Rimise in moto la macchina e nel frattempo digitò il numero di Jinyoung, un suo collega. Un paio di squilli e il diretto interessato rispose.

- Yoongi hyung, come butta?- rise.

- Jinyoung, le notizie corrono in fretta giusto?-

- Eccome, è da stamattina che in televisione non si fa altro che parlare della 'misteriosa nordcoreana sfuggita al regime'-

- Perfetto- il corvino tirò un sorriso diagonale.

- Perchè?-

- Perchè so dove si trova- ammise, il sorriso divenne via via sempre più grande.

- Che co..? No, aspetta... lo sai? Come, cosa...-

- Ho in mente un piano, tu contatta più gente che puoi, devono saperlo tutti in pochissimo tempo. Io penso al resto-

- Che cosa farai?-

- Chiamerò la polizia quando lo riterrò necessario- chiuse la chiamata anche se l'altro stava ancora blaterando e spense il cellulare.

Strinse il volante così forte che le nocche si sbiancarono, non era mai stato così soddisfatto di se stesso.
Certo, un po' gli dispiaceva per Jimin, ma in fondo era per il suo bene.

Annuì come per darsi ragione, era per il bene di tutti.
























































* * *






















































 Myung Jae aveva una voglia matta di fare una sorpresa a Jimin, era impaziente di sapere com'era andato il suo test e poi non ce la faceva più a starsene chiusa in casa a guardare Tv spazzatura.
Si alzò di scatto dal divano e andò in bagno a prepararsi, decidendo di indossare un altro dei vestiti che il castano le aveva comprato, stavolta era giallo pastello con le ballerine violetto abbinate.
Mise un cappotto meno pesante e sciolse i capelli facendoli cadere lisci e morbidi sulle spalle, si stava facendo bella solo per lui e sorrise al pensiero.

Quando irruppe in camera di Yoongi invocò a gran voce il suo nome e gli chiese se poteva andare con lui a prendere il ragazzo, ovviamente non mancava l'aegyo per ricevere una risposta positiva.

- Ti prego!- mormorò con una vocina da cucciolo. Il più grande fece finta di essere arrabbiato e scocciato, in realtà gongolava internamente.
Un motivo in più per rivelare all'intera Corea il volto dell'intrusa, si disse.

- E va bene- mostrò un falso sorriso, la ragazza saltellò sul posto e s'inchinò ripetutamente verso il più grande, in segno di rispetto e riconoscenza.



Verso l'una si appostarono in auto e sfrecciarono verso la scuola del castano, una volta che Myung si accorse di lui uscì dalla vettura senza pensarci due volte e si incamminò verso la marmaglia di studenti. Jimin, dal canto suo, chiacchierava animatamente con Taehyung e Jin, i suoi compagni di classe nonchè amici per la pelle. Sbuffò nel ritrovarsi sul petto la sudicia mano di Ah-Ro, una delle ochette che sbavava addosso a lui più o meno da quando aveva incominciato a perdere peso e ad acquistare popolarità fra i ragazzi.

- Ehilà ChimChim, allora va tutto bene? Gira voce che tu stia con una tizia...- sussurrò sensuale al suo orecchio, ridacchiando all'ultima frase.
 Il ragazzo si tolse di dosso la sua mano e fece una smorfia di disgusto.

- Non ho tempo per queste cose, lasciami in pace- borbottò imbronciato.

Nel mentre i due ragazzi cominciarono a tirargli forte le guance perchè - a detta loro - il broncio gli donava tantissimo, si ritrovò a due passi da Myung Jae.
Spalancò la bocca e temette che gli occhi gli uscissero fuori dalle orbite. La squadrò da capo a piedi e deglutì, i suoi due amici erano perplessi.

- Che-che ci fai qui?- miracolosamente riuscì ad aprir bocca non solo per fare la figura dell'imbecille.
Jin e Tae si voltarono verso di lui.

- La conosci? Da quando? Jimin, che cavolo ci nascondi?- fu Taehyung a parlare.

Il castano scosse la testa e si avvicinò alla ragazza, tenendola stretta a sè per la vita e avvicinandosi al suo orecchio.

- Perchè diamine sei venuta? Ti ho detto che devi stare molto attenta, la gente potrebbe scoprire chi sei- sussurrò.

- Ma avevi detto che nessuno l'avrebbe scoperto- rispose preoccupata lei.

- Mi sbagliavo, su internet le voci circolano velocemente- spiegò.
Si staccarono, lui si grattò la nuca imbarazzato e fece le dovute presentazioni.

- Ragazzi, lei è Myung Jae. Myung Jae, loro sono Jin e Taehyung-

I tre si inchinarono un paio di volte e dopo una manciata di minuti trascorsi ancora a chiacchierare si salutarono.
La ragazza entrò in auto e si sedette sui sedili posteriori, il viaggio proseguì in silenzio come all'andata.

Solo quando Myung varcò la soglia del portone del palazzo il castano si decise a parlare.

- Che cazzo ti passa per la testa, eh? Vuoi che tutti sappiano chi è veramente, non è così?!- sbottò adirato, prendendo Yoongi per le spalle e scuotendole leggermente. Al diavolo il linguaggio formale e la buona educazione coreana.

- Non so di cosa tu stia parlando-

- Vaffanculo Min Yoongi!- Jimin aprì lo sportello e lo sbattè in faccia all'altro.
Si affrettò a raggiungere la compagna e ignorò del tutto lo hyung. Egli non si scompose nemmeno un po', sembrava piuttosto sicuro di ciò che stava facendo.

- Sta' calmo piccolo, me lo hai promesso. E un vero uomo le promesse le mantiene- parlò tra sè e sè con il suo solito sorrisetto ambiguo.






































































* * *






































































 La sera non tardò ad arrivare e Jimin si era messo d'accordo con Tae, Jungkook e un paio di altri suoi amici per uscire insieme e passeggiare tranquilli per le strade di Seoul. Sorrise felice nel leggere i messaggi del suo gruppo su KakaoTalk, era da un po' che non organizzavano una serata solo maschi, di solito ci volevano due mesi per combinare qualcosa a causa di quella rottura di scatole che era la scuola.

Si vestì in modo decente, aveva così tante magliette e giacchette di jeans da abbinare che c'era l'imbarazzo della scelta. Inoltre le Converse rosse erano le sue preferite e quella era l'occasione perfetta per indossarle.
Scompigliò i capelli per renderli bastardi e selvaggi quanto bastava e s'improfumò per bene, ridacchiò pensando che ci stava mettendo tanto tempo come fanno le donne.

Uscì dal bagno e infilò le mani in tasca, controllando l'ora sul polso e dicendosi che avrebbe fatto meglio ad andare. Passò in salotto e avvisò gli altri due della sua temporanea scomparsa.

- Esco con Tae e Kookie, non aspettatemi prima della mezzanotte- sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi e fece per aprire il portone di casa, quando Myung scattò all'impiedi e lo prese per il braccio, costringendolo a voltarsi verso di lei.

- Posso venire anch'io?- domandò.

- Myung, te l'ho già spiegato...-

- Farò attenzione, sarò più discreta possibile e se vuoi metto anche il cappuccio. E poi sono pronta, non ho nulla che non vada- allargò le braccia come ad accentuare ciò che stava dicendo e scrollò le spalle.
Il castano si alzò in punta di piedi e non si meravigliò di vedere il volto apatico del più grande. Espirò dal naso e serrò la mascella.

- Fai attenzione- disse soltanto.

Aprì e la ragazza gli stette dietro, intrecciò le dita della mano con le sue e abbassò lo sguardo. Alcune ciocche nere ricaddero verso il viso e Jimin si preoccupò di porle dietro l'orecchio con una carezza.

- Non credere che sia un'imprudente, è solo che anch'io voglio divertirmi e voglio farlo ora che ne ho la possibilità- spiegò lei con gli occhi lucidi.
Il castano le stampò un tenero bacio sulla fronte e l'abbracciò.

- Lo so, ti prego solo di fare tanta attenzione- le raccomandò.

- Guarda che ci sei tu, cammino solo se lo fai tu, altrimenti non mi muovo- sorrise lei.
Jimin la strinse ancor di più nell'abbraccio, mancava poco che temesse di farle male.

- Ho paura di perderti-

- Non mi perderai mai-













Seoul di notte era un vero e proprio spettacolo di luci, colori e... gente. Tanta gente.
Praticamente le strade erano piene zeppe di passanti, chi era da solo e chi in compagnia, chi in famiglia e chi con amici proprio come loro due.

Myung si perse nell'osservare il cielo stellato e constatò che non era prevista neve, le nuvole erano assenti e tutto era limpido e chiaro come uno specchio d'acqua. Sorrise sincera, sapeva che era strano e che probabilmente la gente la giudicava per il suo comportamento infantile, ma era inevitabile.
Qualsiasi cosa era meravigliosa e lei non poteva fare altro che restare a bocca aperta e contemplare la perfezione.

Jungkook aggrottò le sopracciglia al suo modo di fare, Tae invece era euforico.

- Finalmente una ragazza stramba e lunatica come me!- esclamò allegro e circondando i fianchi della corvina con un braccio.
Jimin si sentì escluso e assottigliò gli occhi.

- Attento a come ti comporti, alieno- puntualizzò sul soprannome e ridacchiò beffardo, sapeva che l'amico odiava essere definito in quel modo.
Brontolò mugolii incomprensibili all'orecchio umano e poi incominciò a fare smorfie con un faccino triste, gli altri due scoppiarono in una grassa risata.

Durante il tragitto incontrarono vari amici di Jimin che si unirono alla combriccola e da quattro che erano in partenza si ritrovarono in dieci. Myung Jae non conosceva nessuno a parte quei due e Jin, sembravano solo un ammasso di conoscenti a cui Jimin non dava poi così peso.

Entrarono in un bar e ordinarono da bere, se riuscirono a procurarsi un po' di alcool fu solo grazie a Jin, l'unico maggiorenne. Taehyung si fiondò sul suo shot e lo bevve tutto d'un sorso senza neanche pensarci, strizzò gli occhi per il disgusto un nanosecondo più tardi.
Non mancarono le risate da parte di tutti e anche alcuni scatti col cellulare, Jungkook disse che la faccia da culo che aveva era memorabile.
Jimin invece scelse di non bere, non era un amante dell'ebbrezza e in più voleva essere perfettamente lucido per badare a Myung Jae.

Trascorsero le prime due ore della serata fra chiacchiere, bicchierini di soju e prese in giro via social per poi abbandonare il locale e dirigersi verso la strada senza una meta precisa. Avevano solo voglia di camminare.



Proprio nel momento in cui arrivarono ad un incrocio, un teleschermo che trasmetteva le pubblicità e le notizie dei telegiornali attirò l'attenzione del gruppetto, in particolare quella di Jimin.

- Edizione straordinaria: scoperta la città in cui la giovane nordcoreana Go Myung Jae si nasconde per sfuggire al regime del leader della Corea del Nord. Secondo i mass media si trova a Seoul, le nostre truppe sono sulle sue tracce già da due settimane e sembrerebbe che ci sia una svolta a questa storia. Nella foto vi è il volto della giovane, chiunque la avvisti è pregato di rivolgersi alle forze dell'ordine- la voce registrata rimbombava nitida nelle orecchie di tutti i presenti, il cuore del castano prese a battere velocemente già dalle prime cinque parole pronunciate dalla giornalista.

Gli venne automatico tirare il cappuccio alla ragazza, circondarle le spalle con un braccio e fuggire via da quell'inutile marmaglia.

- Yah Park Jimin, dove stai andando?- urlò Taehyung mettendo le mani a mo' di megafono.

Il ragazzo continuò a correre facendosi largo tra la gente bloccata ad ascoltare il notiziario, Myung faceva fatica a parlare e si disse che era meglio così, non voleva sentire nessuno, voleva solo tornare a casa.
Al sicuro.


Ci misero un po' ad allontanarsi dal centro della capitale, i passanti fissavano a bocca aperta tutti gli schermi e sembrava fossero solo d'intralcio. Jimin se la cavò con vari 'scusate' e 'permesso' e qualche gomitata nelle costole, per il resto andò bene.

Una volta usciti fuori da quel labirinto di persone, la ragazza si sentì libera di porre domande al compagno.

- Che significa? Sanno dove mi trovo?- fece spaventata. Jimin continuava a tenerle bassa la testa e a guardare avanti.

- Sanno tutto, sanno tutto- digrignò a denti stretti, la voce era incrinata.

Si diressero verso l'entrata del palazzo e non ebbero neanche il tempo di fermarsi e tornare indietro per nascondersi, avevano corso troppo velocemente.
Le sirene della polizia erano accese e il suono era più assordante che mai, alcuni uomini urlarono il classico 'mani in alto' e puntarono le pistole contro di loro.

Intimarono a Myung Jae di alzare il viso e lei lentamente acconsentì, più per paura che per altro. I poliziotti sgranarono gli occhi quando capirono di ritrovarsi di fronte alla clandestina e avvisarono i compagni con i walkie talkie.
Non molto tempo più tardi si sentirono dei passi percorrere le scale e tre figure oltrepassarono la soglia del portone d'ingresso del condominio, Jimin rimase allibito nell'accorgersi che una di queste era Min Yoongi.

- L'abbiamo trovata, ripeto, l'abbiamo trovata. Missione completata!- uno degli uomini utilizzò lo stesso dispositivo dell'attimo precedente e si avvicinò alla ragazza.
Ella dal canto suo si lasciò sfuggire un verso di paura e fece un passo indietro.

- Non muoverti o sparo!- le urlò un altro.

Myung fu costretta a mostrare i polsi e ad avere allacciate le manette, venne presa per un braccio e strattonata verso una delle auto della polizia, Jimin si ribellò e cacciò un ringhio di rabbia.

- No. No no no! Non potete! Non dovete! Myung Jae fa' qualcosa!- esclamò disperato andando verso la ragazza e cercando di levarla dalle mani dei poliziotti.

- Ragazzino cerca di calmarti- un uomo dietro di lui lo avvisò tenendolo fermo per le spalle. Jimin incominciò a dimenarsi e a scalciare, il respiro diventava affannato ogni secondo in più che passava, ad ogni passo che la ragazza compiva verso la macchina.

- Lasciatemi, lasciatemi! Yoongi aiutami, ti prego! Yoongi!- urlò fino a sgolarsi, fino a perdere la voce.
Le vene sul collo erano così evidenti che potevano fuoriuscire da un momento all'altro.
Vide uno di loro posare la mano sulla testa della ragazza e fare pressione per evitare che sbattesse la testa contro l'auto.

Calde lacrime solcarono le sue guance rosee per il freddo, sperava che quel giorno non arrivasse mai, sperava davvero che fosse così.

- Myung Jae! Myung Jae!- urlò con l'ultimo filo di voce rimasto.

I due che lo stavano trattenendo si scostarono e raggiunsero gli altri, non si degnarono di dare spiegazioni, semplicemente abbandonarono il luogo sfrecciando via con le loro sirene lamentose.
Jimin cadde a terra in ginocchio, il pianto era sfuggito al suo controllo e tirava su col naso come un bambino. Abbassò il capo e singhiozzò.

- Torna da me Myung, torna da me- bofonchiò con voce flebile. Yoongi vide tutta la scena e incrociò le braccia al petto.

- Non sono riuscito neanche a dirti che ti amo- continuò.

- Ti amo Myung Jae, ti amo!- urlò, le corde vocali dolevano e sentiva che prima o poi avrebbero sanguinato.

Ma a lui non avrebbe fregato nulla, non ora che aveva perso la sua ragione di vita.


***
Annyeong popolo! Okay, ecco la parte davvero angst, spero solo di non rischiare il linciaggio *mente: eccome se lo rischi!  me: smettila di dire il vero*. E vabbè, io vi avevo avvisato. E' angst e Yoongi è parecchio stronzetto - credevo di aver creato un personaggio abbastanza odioso e invece no, a quanto pare Yoongi-badboy-cazzuto-e-malvagio-nell'anima  piace (fatta eccezione per tenacious_deep_soul 99, unnie cara, che mi sta odiando a morte per tutti i feels contrastanti che prova ad ogni capitolo che passa v.v).  Ora, mi ero scordata di dirvi di fare molta attenzione alle frasi che si scambiano i due piccioncini (ormai separati lol) e anche a quelle scritte in corsivo, non sono buttate lì a caso. Nell'ultimo capitolo capirete perchè (spero di farvelo capire xD a limite scriverò le dovute spiegazioni nell'angolo autrice u.u).  Beeeeene non me la sento di dilungarmi ancora che il capitolo è già lungo di suo, so parto con i miei più sinceri ringraziamenti a TUTTI - nessuno escluso, sì sì - perchè non mi aspettavo che apprezzaste la storia e come sempre spero di non deludervi e di migliorarmi. Mi auguro sia stata una buona lettura eeee niente, scappo via >.< bacioniiiiiiii  _MartyK_ <3

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Jimin osservò la scena con occhi sgranati ormai da così tanto tempo che bruciavano, Myung Jae si dirigeva a testa bassa verso l'interno di una delle auto della polizia e al suo fianco aveva un uomo che la guidava.
Vide ogni suo singolo movimento, vide come l'uomo poggiò con disprezzo una mano sul suo capo per abbassarglielo ed evitare che sbattesse contro lo sportello. E vide la vergogna palesemente dipinta sul suo volto.

Non fece nulla per ribellarsi alle forze dell'ordine, anzi, a quel punto non c'era nemmeno bisogno che lo trattenessero, non aveva più forze.
Era distrutto, marcio dentro.



Una manciata di minuti più tardi il macello cessò di esistere e le auto se ne andarono via, lasciandolo solo in mezzo alla strada. Fu allora che comprese tutto, fu allora che crollò sulle ginocchia e le lacrime sfuggirono al suo controllo.
Non erano calde, al contrario, erano ghiacciate, facevano male.
Tirò su col naso e utilizzò la poca voce rimasta per urlare ancora e ancora.

- Myung Jae, non puoi farmi questo!- sentì la gola bruciare, ma non per questo smise.

- Non sono riuscito neanche a dirtelo... ti amo, Myung Jae! Ti amo anch'io!- le corde vocali dolevano, dovette persino temere il loro sanguinamento.
Ebbe la sensazione di sentire l'eco delle sue parole riecheggiare nell'aria, forse era completamente impazzito. Si alzò da terra e prese a correre verso le auto della polizia, non erano poi così lontane.
Corse più velocemente che poteva, i capelli scompigliati erano tirati all'indietro dato che proseguiva controcorrente e l'aria che si insinuava all'interno del suo corpo non faceva altro che provocargli dolore, come se fosse trafitto da mille spade affilate.

Si fermò dopo una ventina di metri e si massaggiò le ginocchia, aveva bisogno di ossigeno, eppure respirare faceva male, la voce era proprio a pezzi.

- Ti amo anch'io, Myung Jae- sussurrò invano, come se non avesse più speranze.

- Se ti comporti così non andrai lontano-

Si voltò verso la voce familiare e si infuriò quando si accorse che sulla soglia del portone non c'era nessuno. Sapeva a chi apparteneva quella voce e soltanto a sentirla gli salivano gli istinti più barbari e primitivi che potesse mai avere.
Scattò all'impiedi come una molla e rientrò in casa, mille chiodi fissi ad attanagliargli la mente.

Nel mentre percorreva le scale schiuse le labbra in un sorriso amaro. Era lui.
Sapeva tutto fin dall'inizio, d'altronde era giunto a Seoul prima del tempo proprio per questo. Si disse che era stato davvero uno stupido, era così evidente!
Le frecciatine, gli avvisi, l'essere vago nelle risposte e soprattutto la telefonata di quella stessa mattina.

Doveva capirlo fin da subito che era un complice delle guardie, o non avrebbe avuto motivo di chiudere una normale chiamata dicendo 'porterò a termine la mia missione'. Spalancò di scatto la porta di casa e ghignò nel notare che non era da nessuna parte, il furfante era fuggito.
Controllò in ogni angolo dell'abitazione mettendola a soqquadro e scaraventando oggetti a caso contro i muri, che si tratti di piatti in ceramica o dell'adorabile vaso che lo hyung gli aveva regalato dalla Cina.
Quel souvenir era il simbolo della loro amicizia.

Continuò la sua incessante ricerca proseguendo verso il corridoio e avviandosi verso la sua camera da letto, fu lì che lo sorprese a preparare le valigie.

- E così dopo aver fatto ciò che dovevi fare te ne vai, giusto?- esordì mettendo le mani sui fianchi.
Il corvino gli rivolse uno sguardo fugace e tornò subito a prepararsi, non aveva voglia di dargli retta.

- Bene, prima mi rovini la vita e poi non mi degni neanche di una risposta. Magnifico- Jimin riprese il suo tono sarcastico.
Yoongi sembrava indaffarato e gli volse le spalle, frugando all'interno dell'armadio alla ricerca di altri vestiti.

- Jimin, non ho tempo-

Un tonfo gli fece gelare il sangue, il più piccolo aveva sferrato un pugno contro la porta in legno.
Deglutì nel momento in cui si accorse che era riuscito a procurarle una piccola crepa, sperò solo che non se ne accorgesse.

- Cos'è, vuoi abbandonare il tuo caro ed ingenuo dongsaeng per andare a spassartela con quattro palestrati di merda e a cantare fiero l'inno coreano? Vuoi lasciarmi in balia di me stesso proprio ora che sono così fragile?- domandò Jimin.
Nel proferire quelle due domande si era pericolosamente avvicinato al più grande e sorrise.

- E' questo quello che vuoi, Min Yoongi? Vuoi ritrovarmi immerso in una pozza di sangue e con un coltello infilzato nello stomaco?- parlava col fiato sulle labbra dell'altro, lo sguardo era cupo e strafottente al tempo stesso.
Un brivido di paura attraversò la spina dorsale di Yoongi, era la prima volta che si definiva dongsaeng.

- Jimin, io...-

- Oh no no, sta' tranquillo. Qui quello che si ritroverà riverso in una pozza di sangue non sarò io, sarai te-

Lo hyung cadde rovinosamente a terra e rimase basito nel vedere il suo sangue colare sul candido pavimento e macchiarlo di rosso. Si passò il dorso della mano sulla bocca, incurante del fatto di essersi sporcato.
Sorrise implicitamente.
Jimin si lanciò addosso al ragazzo e cominciò a riempirlo di pugni ovunque, sugli zigomi, vicino agli occhi, sul naso, sul petto, in pancia. Sentì le sue lamentele, si sorbì i suoi inutili mugolii simili a conati di vomito e continuò. Non aveva pietà.

- Fottuto- digrignò tra i denti, Yoongi incassò l'ennesimo colpo allo stomaco.

- Fottuto bastardo- sibilò intanto l'altro.

- Ti odio- e seguì un colpo alla mandibola.

L'occhio destro del compagno si era già gonfiato, di lì a poco sarebbe diventato del classico colore violaceo. Vederlo disteso inerme al suolo non faceva altro che alimentare la sua rabbia, non capiva se non avesse forze per ribattere o se fosse semplicemente pigro.

- Diamine, perchè cazzo non reagisci?!- sbottò, per l'appunto.
Gli tirò un colpo sul petto, il rumore sordo della cassa toracica rimbombò nelle sue orecchie.

Si fermò con la tortura solo quando lo vide sorridere nonostante avesse la bocca piena di sangue. Stette immobile come un bambino spaventato da mostri inesistenti.

- Me lo avevi promesso- gli ricordò. Si tirò su a sedere strizzando gli occhi per il dolore, il piccoletto ci aveva dato dentro alla grande.

- Mi avevi promesso che mi avresti voluto bene comunque- specificò. Jimin fece per tirargli un cazzotto in faccia ma la mano del corvino fu più rapida della sua.
Lo bloccò e gli strinse il polso, lo sguardo era fermo e serio, proprio come se lo ricordava.

- Le promesse si mantengono, ChimChim- sussurrò piano.
Il castano si dimenò sotto la sua presa e cercò di scrollarselo di dosso, si chiedeva perchè fosse così buono.

Nonostante tutto, averlo ridotto in quel modo gli dispiaceva così tanto che a stento trattenne le lacrime.

- Io ti voglio bene, te ne voglio tanto tanto- mormorò il più grande. Lo tirò a sè e lo strinse nel suo abbraccio con le sue gracili braccia.
Jimin si ribellò e lui rafforzò la stretta, sospirando.

- L'ho fatto solo per te, l'ho fatto per proteggerti- scostò alcune ciocche di capelli dal suo orecchio e parlò vicino. Il castano scosse energicamente la testa, non era vero.

Alcuni ricordi balenarono nella sua mente, erano immagini felici, di loro due che facevano la lotta sul divano fra pop corn e lattine di Coca Cola. Il labbro inferiore tremò e ricominciò a piangere, stavolta silenziosamente. Ma Yoongi sapeva come si sentiva e si accorse della sua schiena che faceva su e giù mentre l'accarezzava.

- Piangi, sfogati. Non tenerti tutto dentro, lo so che ce l'hai con me e non ti biasimo. So che non cambierai mai idea- poggiò il mento sulla sua spalla e si lasciò cullare dai singhiozzi del più piccolo e dai suoi lamenti legati al pianto.
I polpastrelli andarono a massaggiargli la schiena compiendo movimenti circolari, era una sensazione piacevole. Un velo di malinconia si posò sui suoi occhi, i sensi di colpa si stavano facendo vivi di nuovo.








Stettero abbracciati per più di quindici minuti, Jimin stava rischiando di addormentarsi. Si risvegliò dai suoi pensieri solo quando sentì Yoongi alzarsi da terra e dirigersi verso le valigie.
Aggrottò le sopracciglia, non ebbe il coraggio di chiedergli che stava facendo.

Lo seguì fino all'uscio di casa, solo allora il corvino si decise ad affrontarlo nell'ultimo faccia a faccia.

- Mianhae- borbottò puntando successivamente lo sguardo sui suoi piedi. Il castano dischiuse le labbra e deglutì.

- Dimmi che la riporterai a casa nostra, dimmi che potrò rivederla, non chiedo molto. Mi basterebbe un permesso speciale per andare lì e passare anche solo cinque minuti in sua compagnia, solo questo...- gesticolò a fatica, lo sguardo sconfitto del più grande non prometteva nulla di buono.
Egli lo rialzò e puntò i suoi minuscoli occhi su Jimin, serrò la mascella.

- Mianhae-yo- pronunciò e si dematerializzò come il fumo di sigaretta.

Il portone d'ingresso era chiuso prima che Jimin potesse protestare. Lo sguardo vacuo era puntato nel vuoto dell'oscurità, dopotutto erano pur sempre le due di notte.
Si meravigliò del fatto che avesse usato il tono formale e ritornò nella sua stanza, aveva uno strano presentimento. Si guardò attorno e constatò che era vuota, delle loro foto appese al muro non c'era nemmeno l'ombra.

Arrivò addirittura a disfargli il letto pur di trovare qualcosa che avevano condiviso insieme, una foto, una lettera, ma niente.
Si scompigliò i capelli e si lasciò sfuggire una risata amara, era decisamente un fallito.

Se n'era andato per sempre, e lui era troppo ingenuo per afferrare subito i concetti.






































































* * *












































































Myung Jae mise piede sul suolo nordcoreano solo verso le sette e mezza del mattino, venne letteralmente buttata fuori sia dal treno che dall'auto incaricata di portarla a casa.
E proprio in quel preciso istante si ritrovava a percorrere il vialetto davanti al marciapiede.
Era ansiosa.
Ansiosa di ritrovarsi nuovamente nella sua orrenda nazione e a complicare le cose ci si mettevano le due guardie che l'affiancavano. Poteva scappare, non si sa mai.

Tirò un lungo sospiro prima di bussare un paio di volte alla porta di casa. Sbiancò nel ritrovarsi di fronte a tutta la sua famiglia dopo due settimane e sgranò gli occhi nel vedere in che condizioni erano finiti tutti e tre.
I due uomini dietro di lei non proferirono parola, intimarono con lo sguardo di punirla per bene e di farle imparare la lezione, per il debito avrebbero discusso più tardi. La madre si chiuse la porta dietro le spalle, Myung non ebbe neanche il tempo di esclamare qualcosa di sensato che si ritrovò cinque dita ben piantate sulle sue guance, il viso era rivolto a un lato.
Min Seo si lasciò sfuggire un sussulto e si tappò la bocca con le mani l'istante successivo, la madre l'affiancò e la condusse in un'altra stanza prendendola sotto braccio.

- No, papà! Non farle del male! Mi è mancata tantissimo, abbiamo tante cose da dirle- protestò la più grande.
L'uomo ringhiò nella sua direzione e sbattè un pugno sul tavolino di legno che usavano per mangiare.

- Vattene, lasciatemi solo con questa figlia ingrata!- urlò con voce potente.

Myung abbassò lo sguardo e rabbrividì, immagini veloci come flash fotografici si fecero nitide nella sua mente, non aveva dimenticato di essere stata picchiata tante volte in tenera età. Le lacrime rigarono le sue guance nel vedere il suo dolce visino infantile venire brutalmente marchiato da schiaffi, il suo corpicino pieno di graffi e ferite profonde.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò di fronte all'ira funesta del padre, cercò di indietreggiare e di sfuggire al suo aspetto trasandato ed inquietante, ma il Fato era contro di lei. Sbattè la schiena contro una parete, gli occhi sprigionavano terrore.

- Passerai tutto quello che abbiamo passato noi in questi quindici giorni- sibilò con voce roca. Si sentì prendere per i capelli e sbattere contro il muro, urlò dal dolore. L'uomo intensificò la presa e quasi le strappò la chioma, la ragazza vide alcune ciocche cadere a terra.
L'altro la prese per le spalle e la scosse un po', ringhiando sulle sue labbra. Un pugno le arrivò dritto allo stomaco.

- Non c'è libertà per chi nasce qui, morirai lasciando il tuo scheletro sotto il suolo coreano- urlò ancora.
Singhiozzò quando si accorse di essere lasciata andare e cadde a terra sulle sue ginocchia, il padre si allontanò giusto per prendere qualcosa. Ritornò in sala con una frusta, Myung scosse la testa e mimò 'no' in labiale, l'uomo tirò un sorriso malvagio.

- Oh sì invece-

- N-no, ti prego... papà-

La prese per il colletto del vestito che indossava dalla sera prima, quello di Jimin. Storse il naso, lo sguardo era serio.

- E questo come te lo sei procurato?-

Non attese risposta e glielo strappò di dosso, letteralmente.
Continuò a strapparlo fin quando non lo ridusse ad un ammasso di brandelli color violetto, Myung non aveva più forza di piangere. Si accorse in ritardo di essere soltanto in biancheria intima e si coprì come meglio poteva.

- E ora veniamo a noi-

Chiuse gli occhi e si preparò al dolore lacinante che avrebbe dovuto sopportare, come faceva a ritrovarsi una frusta in casa? Che l'avesse rubata nei campi?
Il flusso dei pensieri si interruppe quando il cervello l'avvisò per la prima frustata, il fianco sinistro bruciava in modo assurdo ed era sicura che stesse sanguinando.

Una seconda frustata andò a colpire proprio nel punto in cui la ferita si era cicatrizzata, riaprendola. Si lasciò sfuggire un mugolio di dolore e strinse i denti.
Era talmente dolorante che non si accorse della stretta ai capelli, tutto ciò che fece fu chiudere gli occhi come se giocasse a mosca cieca con la sorella più grande.

Se non vedeva non soffriva.
























Si svegliò e sorrise stiracchiandosi, immaginando di essere nel letto con Jimin. Riaprì gli occhi e mise a fuoco la stanza, quasi le venne un colpo.
Non la riconosceva.
Si tirò su a sedere e si guardò a destra e a manca, realizzò in ritardo di essere ritornata a casa, al Nord. Capì di aver dormito tanto perchè fuori era buio e l'aria che entrava dalla finestra era piuttosto gelida.
Ricordò della punizione e del fatto che mamma l'avesse segregata in quel buco di stanza, senza pranzo e senza cena, poteva mangiare qualcosa giusto la mattina e se aveva sete doveva chiedere a Min Seo.

E a proposito di lei, era davvero preoccupata quando la vide entrare in camera in quello stato. Lo era ancor di più Myung Jae mentre osservava i suoi capelli scompigliati e il viso sporco di terra e sudiciume, chissà da quanto in quella famiglia non facevano una doccia.

La più grande ripeteva costantemente quanto le fosse mancata e quanto avrebbe voluto essere al suo posto, la implorava affinchè le raccontasse vita, morte e miracoli dei sudcoreani e della loro terra.
Myung dal canto suo rispondeva come un'automa, non aveva voglia di parlare e infine la liquidò sventolandole la mano davanti agli occhi.
Di nascosto sfilò il cellulare da sotto il cuscino e lo sbloccò, ritrovandosi una trentina di messaggi da parte di Jimin. Un sorriso ingenuo andò a spuntare sulle sue labbra e si decise a rispondere, facendo attenzione alla sorella.

Myung, ti prego rispondimi. Sono quasi ventiquattro ore che non ti sento e ho paura che ti abbiano fatto qualcosa.
Dimmi che non è così, dimmi che sei viva e vegeta e che stai bene. Mi manchi così tanto...
(21:03)


Quello era l'ultimo, li aveva letti tutti e in pratica ne inviava due o tre ad ogni ora.

Sto bene, sono tornata e sto in punizione. Diciamo che poteva andare peggio. Tu invece? E' successo qualcosa con Yoongi? Non sai quanto mi sento in colpa...
(21:07)


Oh, mi manchi tanto anche tu. Mi sono appena svegliata e credevo di essere al tuo fianco T.T
Sto messaggiando accanto a mia sorella, il fatto che possa scoprirmi da un momento all'altro mi intriga ahah xx
(21:07)


Ripose il cellulare nell'apposito nascondiglio e fece finta di ascoltare gli interminabili discorsi di Min Seo, annuendo a qualche sua affermazione e scrollando le spalle di tanto in tanto. Voleva solo stare con Jimin.

D'un tratto sentì il suo cellulare emettere un breve squillo e sussultò. Sgranò gli occhi nel leggere ciò che il ragazzo le aveva scritto:

Cosa significa 'sto bene e sono in punizione'? Come puoi stare bene se stai in punizione? Dimmi subito che ti hanno fatto, so già che ti hanno ferita da qualche parte.
In ogni caso ho una proposta da farti... vieni via con me.
Non allarmarti e non pensare a come potremmo organizzare la fuga, dimmi solo di sì e penserò al resto... ti prego.
(21:18)


Il cuore minacciò di sfondarle la cassa toracica, una sola frase rimbombava come un boomerang nel suo cervello.

Vieni via con me.


***
Annyeoooong popolo!!! Spero di non essere stata troppo prevedibile, ovvio che Jimin e Yoongi avrebbero fatto a botte u.u  e poi le 'coccole' prima dell'addio definitivo, vogliamo parlarne? Perchè ho seriamente voluto inserire un po' di Yoonmin nella storia (non chiedetemi perchè partorisco queste cose, non lo so nemmeno io---) xD
La povera sciagurata Myung Jae ha fatto il suo ritorno in patria (e che patria... .-.) e si è ritrovata di fronte ai due pseudo-genitori/demoni. Ve lo dicevo che ci sarebbero state brutte scene. Oh già, tanto per spoilerare qualcosa, non sarà l'unica angheria che subirà dal padre... gliene combinerà una ancora più grossa di semplici ferite fisiche >.< BENE MI FERMO O RISCHIO IL LINCIAGGIO.  Come sempre ringrazio tutti tutti (ma proprio tutti lol) per il sostegno aaand chiedo scusa se rispondo in ritardo alle recensioni, la scuola mi porta via molto tempo - e siamo ancora all'inizio.  Scappo via, bacioniiiiii  _MartyK_ <3

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Dal giorno in cui Jimin le inviò quella proposta scritta per messaggio, Myung Jae non si fece più sentire. O meglio, si sentivano così poco che sembrava stessero per perdere i contatti.
Min Seo non sapeva descrivere ciò che provava nei confronti della sorella, insomma, avrebbe dovuto essere arrabbiata perchè era stata costretta a lavorare giorni interi nei campi a causa sua, eppure non nutriva alcun risentimento.
Anzi, era quasi felice per lei che era riuscita - una volta nella vita - a mettere piede sul suolo dei loro 'cugini' e a godersi, anche se per poco, uno stralcio di vita normale. Quasi si pentiva di non averla supportata nella sua follia, Myung era riuscita a recuperare dei ricordi mai vissuti, lei no.

Era troppo obbediente per comportarsi da ribelle, troppo timorosa per affrontare qualcosa più grande di lei. Si limitava ad osservare il mondo da una finestrella in legno e con le imposte semirotte, a capire le cose leggendo i libri di seconda o terza mano comprati a Pyongyang, ma di uscire fuori da casa e imbattersi nel vento ghiacciato della triste realtà non se ne parlava proprio.
Sapeva di essere abbastanza logorroica da fermare chiunque e mettersi ad esprimere le proprie opinioni riguardo a qualsiasi tema, lo sapeva anche nel momento in cui beccò Myung Jae sorridere allo schermo di quello che doveva essere un cellulare. Non le disse nulla, semplicemente continuò a parlare, ma infondo era felice per lei. Felice perchè era diversa, era più viva.
Viva nonostante le punizioni e gli orari extra a scuola. Viva perchè sapeva cosa significava davvero quel termine.

Ad ogni modo i due ragazzi non messaggiavano più di tanto: lei troppo impegnata con le sue giornate martoriate, lui perennemente preso da scuola e lezioni varie di danza. E come se non bastasse il telegiornale delle otto di sera non trasmetteva buone notizie: a quanto pareva il loro caro leader voleva creare a tutti i costi una guerra contro gli Stati Uniti e il Giappone lanciando missili a lunga gittata con la scusa dei test mensili.
Andare a letto con la consapevolezza di addormentarsi cullati dal suono di un razzo in partenza scuoteva parecchio gli animi.

Soprattutto quello di Myung Jae che, nonostante fosse informata e si ritenesse matura per capire alcune cose, non riusciva a comprendere cosa fossero quelle stelle luccicanti che brillavano sullo sfondo nero notturno.
Diceva che le ricordavano le stelle cadenti, poi sorrideva avvicinandosi alla finestra e poggiando i gomiti sul davanzale, guardando oltre l'orizzonte con uno sguardo misto fra malinonia e desiderio.
Desiderio di avere una chance, soltanto una, poi non avrebbe più assillato nessuno con le sue crisi adolescenziali.

- Myung, tesoro vieni a dormire. Sei ancora debole- la riprese la più grande, battendo una mano sul letto e facendo una smorfia per quanto questo fosse morbido.
Ogni volta la mano rischiava di affondare e conficcarsi in profondità. La corvina si allontanò dalla finestra e obbedì alla sorella, infilandosi sotto le coperte e rannicchiandosi in posizioni fetale.

- Sai, ho espresso un desiderio- esordì. Min Seo roteò gli occhi al cielo e ridacchiò.

- Piccola, quelle non sono stelle cadenti-

- Ma sono identiche! Comunque, ho espresso un desiderio...- esitò un attimo, giusto il tempo di sentire la risposta dell'altra.

- E cosa hai chiesto?-

- Ah-ah. Non si dicono i desideri, altrimenti non si avverano. Però posso solo dirti che c'entra con quel ragazzo di cui ti ho parlato- soltanto a nominarlo Myung sfoggiò il suo miglior sorriso da ebete. Min Seo capì che non era ancora finita.
Non voleva rattristare la piccola, solo le piaceva mettere in chiaro la situazione.

- Myung, è passato. Sei ritornata qui e non riuscirai mai più a scappare, a causa tua le guardie hanno aumentato i controlli. E poi credi che Jimin non abbia già una propria vita sociale? Era solo per aiutarti, nulla di più. E si vede anche dal fatto che vi sentite pochissimo, non te ne accorgi? Se ti avesse dato retta a quest'ora ti avrebbe trascinata con lui rischiando tutto- spiegò.
Il sorriso di Myung divenne amaro.

Scosse la testa e lanciò un'occhiata ferma e seria alla sorella, non importava se era buio e non si vedeva.

- Tu non sai nulla di noi, nulla- proferì, coricandosi su un fianco e volgendo le spalle alla più grande.
Min Seo rimase molto colpita dal tono infastidito dell'altra, davvero non si aspettava una risposta del genere.

E in effetti forse le sfuggiva qualcosa, Myung non le aveva raccontato proprio tutto.

Certo, aveva provato ad inviarle delle lettere quando stava al Sud e non c'era riuscita per vari motivi, così decise di sfruttare ciò per parlare solo delle cose necessarie. Non le disse, ad esempio, che il castano si era sempre comportato in modo gentile con lei o, ancora, che era stato il suo primo ed ultimo bacio.
Si era ricreduta e capì di non poter rivelare vicende del genere, Min Seo era cambiata negli ultimi tempi.

Era più attaccata alla famiglia e avvisava papà per qualsiasi sciocchezza, non lasciava perdere più come una volta. Come se fra lei e i genitori ci fosse una specie di accordo contro Myung Jae, per tenerla d'occhio.
Se ne accorse, ma non disse nulla. Le conveniva recitare la parte della finta tonta.

Non appena sentì il russare della più grande, tirò fuori il telefono da sotto il cuscino, sbloccò lo schermo e sperò che Jimin fosse ancora sveglio a quell'ora.

Jimin, sono io. So che è tardi e che questa potrebbe essere l'ennesima follia, ma non ce la faccio più a nascondermi dai miei.
Pensa che Min Seo è convinta che abbiamo perso i contatti! ... voglio vederti al più presto, ho bisogno di te.
Ho bisogno di parlarti, di raccontarti tutto ciò che è successo in quest'ultimo periodo, ti prego.
(00:19)


Pigiò il pollice sul tasto 'Invio' e attese una sua risposta. Sospirò, fece per nascondere nuovamente il cellulare quando lo sentì vibrare.
Già, alla fine Jimin le aveva insegnato anche ad impostare il silenzioso.

Daramjwi! Mi fai stare sempre in ansia, dovresti smetterla di mentire e dire ai tuoi come stanno davvero le cose...
Anch'io voglio vederti, mi manchi da morire. Sono passati mesi da quando ti ho vista l'ultima volta.
Non preoccuparti, sono il primo a propormi quando si tratta di compiere pazzie XD cosa vuoi fare?
(00:21)


Myung sorrise impercettibilmente ed evitò di agitare le gambe all'aria per l'eccitazione. Si morse a sangue il labbro inferiore e rispose:

Hai presente quel 'vieni via con me' che mi avevi inviato? Bene, credo sia ora di dirti di sì.
Fuggiamo insieme, non mi interessa se poi le guardie ci beccano e mi riportano un'altra volta a casa, non mi interessa sorbirmi altre frustate da papà o dai supervisori nei campi, voglio solo stare con te.
Cinque minuti, due secondi, mi basterebbe anche guardarti... solo, organizziamoci e fuggiamo.
(00:25)


Jimin non si fece attendere e il messaggio comparve subito sotto quello della ragazza:

Dio, mi sale l'angoscia a leggere queste cose. Davvero non credevo di essere così importante per te :3 piccola mia... beh allora fuggiamo!
Dovremmo darci appuntamento da qualche parte >.<
(00:27)


La mente di Myung cominciò a macchinare alla grande, il sorriso divenne più grande.

Facciamo questa mattina alle sei! Dirò ai miei che mi sono svegliata presto per andare a scuola, mentre in realtà mi avvio verso la stazione.
L'unico treno che c'è parte verso le sette e ci mette un'ora per arrivare al confine... credo che per le otto sono lì!
(00:30)


Ignorò il dolore agli occhi per aver osservato il cellulare a lungo e si scacciò una lacrima involontaria. Stare al cellulare al buio non era proprio il massimo.

Allora dovrei prepararmi subito! Non sai quanto ci vuole per arrivare al confine da Seoul, considerando che la foresta che precede il nostro stato è immensa!
Come minimo sarò in ritardo di due ore se parto alle sei T.T
(00:32)


Se vuoi cambiamo ora... per me è uguale :o
(00:33)


Nope. Alle sei va benissimo e poi farei di tutto pur di stare un po' con te ;*
(00:34)


Soltanto a leggere quell'insulso messaggino smielato, Myung sentì il rossore pervadere le sua guance.

Pabo! Rischio di incendiare il letto, ho le guance rossissime >///< quindi è sicuro?
(00:37)


Certo u.u ora riposa e non sforzare gli occhi! Usare il cellulare di notte non fa bene. Notte piccola <3
(00:39)

... notte Jim <3
(00:40)


Si tirò le coperte fin sopra la testa e strizzò gli occhi, represse un sonoro sbadiglio portandosi la mano alla bocca, le palpebre si fecero sempre più pesanti e continuarono ad aprirsi e chiudersi fin quando non vide il buio totale. Morfeo l'aveva definitivamente accolta fra le sue braccia, anche se per poco.
Si addormentò con un sorriso beato, uno di quelli dove vi si legge la tranquillità assoluta. Ecco, lei era tranquilla.

Tranquilla con se stessa.


























































* * *





































































Myung Jae venne svegliata dai tiepidi raggi solari che penetravano le persiane della finestra e andavano a scontrarsi col suo dolce visino stanco.
Si meravigliò di come il sole stesse sorgendo così presto, d'altronde era quasi Marzo e il periodo invernale era praticamente agli sgoccioli.

Si stiracchiò sgranchendosi braccia e gambe e saltò giù dal letto, poggiando prima un piede e poi l'altro sulla superficie fredda del pavimento. Cercò di non svegliare Min Seo, ci provò in tutti i modi, ma evidentemente la sorella era diventata più furba.
Con uno scatto le prese il polso e la costrinse a voltarsi verso di lei.

- Dove credi di andare?- mugugnò con la voce impastata dal sonno, a tratti sussurrava.
Myung aveva programmato in un altro modo la sua giornata, voleva attaccare un post-it su una colonnetta di casa e informare i genitori, e invece fu costretta a svuotare il sacco con Min Seo.

- Tra poco devo andare a scuola, mi preparo- rispose vaga. Min Seo annuì, troppo stanca per dar peso ai complessi mentali della più piccola.
Sventolò una mano davanti ai suoi occhi, come a darle il consenso, e riprese a dormire.

Myung represse un sorriso vittorioso e si preparò in fretta e furia indossando la divisa scolastica, sempre per far credere che stesse andando a scuola. Afferrò con esitazione il cellulare e lo tenne stretto a sè, quasi fosse la sua unica fonte vitale.
Ci mise un po' ad aprire la porta di casa, fece tanta attenzione a non farle emettere cigolii sospetti e alla fine sgattaiolò via.

Sentiva l'adrenalina scorrere veloce nelle vene, proprio come la prima volta. Non si curò dell'aria gelida e non si curò delle strade piene zeppe di crepe e buche pericolose, semplicemente voleva andarsene sapendo che c'era qualcuno ad aspettarla.
Era diverso, se prima si sentiva smarrita e impaurita, ora sapeva cosa doveva fare, sapeva a chi dare retta.

Digitò il numero di Jimin mentre camminava a passo svelto per le vie del suo cupo paesino e mise all'orecchio il telefono. Un paio di squilli, l'unghia dell'indice quasi rotta e il ragazzo rispose.

- Myung-

Da quanto non sentiva la sua voce, da quanto! Così calda e accogliente, per certi versi anche tenebrosa.
Rabbrividì e puntò lo sguardo sui suoi piedi, una ciocca ricadde davanti agli occhi.

- Jimin! Dove sei?- sorrise nel chiederglielo, si sentiva stupida per il tono di voce usato. Troppo euforico.

- Sono in autobus, dovrò prendere un paio di metro e arrivo alla foresta. Mi ci vorrà un po' per raggiungerti ma non preoccuparti, ce la faremo. Supereremo anche questa- le disse.
Una lacrima rigò il pallido viso di Myung Jae, l'ultima frase l'aveva stesa sul serio.

- Ce la faremo- ripetè strofinandosi il dorso della mano sulla guancia bagnata. Deglutì e stette in silenzio, si sorbì il respiro calmo del compagno.

Non aveva nulla da dirgli - non per telefono almeno -, le piaceva contemplare interminabili silenzi udendo solo la presenza dell'altro.
E anche Jimin sembrò capire le sue intenzioni, per questo l'assecondò. Myung continuò a camminare verso la stazione con il cellulare all'orecchio non proferendo parola, erano i loro respiri a parlare. E quando vide l'orizzonte le venne spontaneo lasciarsi sfuggire un sussulto e correre in quella stessa direzione.

Il respiro divenne irregolare, i passi accelerarono di gran lunga e battevano energicamente sul terreno, tanto che temeva di svegliare qualcuno o di rompere la strada. Jimin interruppe il momento idilliaco.

- Che stai facendo?-

- La stazione, sto correndo. La vedo, è proprio vicina. Non ci credo, sto arrivando- rise e agitò le braccia, poco importava se le gambe lamentavano dolori e se le piante dei piedi erano scosse da fastidiose scariche elettriche.
Non furono neanche i crampi alle caviglie a fermare Myung Jae, semplicemente correva intenta ad acciuffare la sua occasione, il suo desiderio. E fu certa che se l'avesse acciuffato non l'avrebbe lasciato andare mai più.

Entrò nella struttura e non badò alle solite scritte riguardo al loro dittatore, uscì ritrovandosi dall'altra parte del paese e si piegò sulle ginocchia respirando a fatica, era pur sempre debole. Uno strano venticello le scompigliò i capelli, si tirò su e vide il treno arrivare nella sua direzione.
Sorrise e agitò un braccio come a salutare il controllore che vi era all'interno. Salì senza alcuna esitazione, non si pentiva affatto di ciò che aveva combinato.

La chiamata era aperta ormai da un'oretta.

- Sono appena entrata in treno!- ridacchiò col fiatone.

- Io invece sono sull'ultima metro, fra un po' divento un cavernicolo- rise l'altro alludendo alla 'selva oscura' in cui si sarebbe dovuto imbattere.

Mantennero la chiamata sempre in linea, anche se non parlavano spesso e non tenevano il dispositivo all'orecchio. Era un modo per dirsi che erano connessi, non si erano persi.
Se durante il primo viaggio Myung apprezzava osservare il panorama che scorreva all'indietro, ora non vedeva l'ora di levarselo di torno e uscire da quella fottuta cabina minuscola.
Quando il treno si fermò, non aspettò e si lanciò fuori dalla locomotiva, ignorando i richiami del controllore e il fatto che avrebbe potuto farsi seriamente male. Era impaziente, ecco.
Corse come se stesse fuggendo da qualcuno e arrivò fino alle case blu. Si nascose dietro una di loro e si ricollegò con Jimin.

- Ci sei?-

- Sì, sei arrivata?-

- Sono dietro una delle casette, tu come stai messo?-

- La foresta è grandissima, ma sono quasi arrivato. Non muoverti da lì, resta connessa. Ti darò io il via, intanto trova un nascondiglio, non credo ti faccia bene stare incollata al nemico-

La corvina annuì e fuggì alla chettichella, guardandosi a destra e a manca e arrivando addirittura a gattonare per evitare di essere colta in flagrante.
Per sua fortuna il segnale di Jimin non arrivò dopo tanto tempo e fu libera di scattare all'impiedi e farsi notare dalle guardie.

Dietro di loro il compagno era intrattenuto da quelle sudcoreane.

- Ho bisogno di andare lì, vi prego- sentì i suoi lamenti e si disse che non poteva fallire tutto proprio in quel momento.

Una guardia la trattenne prendendola per le spalle, ci mancò poco che l'alzasse da terra.

- Ragazzina non ti conviene metterti contro Kim- borbottò l'uomo con voce roca.

- Vi prego lasciatemi, ho aspettato così tanto per vederlo! Lasciatemi andare! Solo un attimo, non chiedo molto, poi sarete liberi di riportarmi a casa- spiegò con le lacrime agli occhi.
Gli altri avevano già incominciato a darsi da fare per allontanare i due disturbatori - dall'altra parte riconobbe Yoongi mentre cercava di allontanare Jimin -, ma una guardia li fermò con un 'Alt' urlato e il casino cessò prima ancora di scoppiare.

- Hai detto di conoscere quel ragazzino?- domandò con sguardo autorevole. Myung annuì un paio di volte e unì le mani a mo' di preghiera.

- Vi supplico, non lo vedo da non so quante settimane e mi manca come l'aria. Lasciatemi andare con lui, solo per questa volta- ripetè ad occhi lucidi.
L'uomo sembrò scuotere la testa e annotò qualcosa sul suo blocchetto, per poi fare un cenno del capo alla guardia che la stava trattenendo.
Quella sbuffò e ritornò a vigilare sul confine, l'altro le si avvicinò schiarendosi la voce.

- E' illegale ciò che sto facendo, ma se può servirti allora non te lo impedirò- sussurrò al suo orecchio, poi si rivolse a Yoongi.

- Yah, hyung! Metti giù il ragazzino e lasciali andare un po'!-

Il corvino sgranò gli occhi e si ritrovò ad obbedire. Prima di andare, la ragazza si rivolse ancora alla guardia.

- Posso almeno sapere come vi chiamate?- domandò.

- Non siamo tenuti a rivelare i nostri veri nomi. Chiamami Hope-

La ragazza si inchinò verso di lui e gli rivolse un sorriso riconoscente, per poi voltarsi e correre verso Jimin.

Se si fossero abbracciati subito sarebbero stati scambiati per i personaggi di un film d'amore, ma non fu così. Si bloccarono a pochi centimetri di distanza, meno di una quarantina. Myung si perse nei suoi occhi nocciola - ora lucidi per via delle lacrime - e dischiuse la bocca, ancora incredula.
Già, non credeva di esserci riuscita.
Si guardarono per secondi interminabili, non curandosi delle guardie costrette ad assistere alla scena. Jimin deglutì e fece su e giù con la testa un paio di volte, si chiese se davvero quel corpo minuto fosse lì davanti a lui.

Fu Myung a spezzare la catena di sguardi e a lanciarsi addosso al ragazzo, che barcollò un po' all'indietro perchè l'altra aveva preso la rincorsa.
Scoppiò a piangere come una bambina e gli allacciò le braccia al collo, nascondendo il viso nel suo cappotto verde oliva.
Jimin si lasciò sfuggire qualche lacrima di commozione e la tenne stretta a sè, facendo vagare le mani sulla sua schiena e massaggiandogliela.

- Non piangere- sussurrò lui con la voce incrinata. Myung singhiozzò.

- Lo stai facendo pure tu- rispose subito, essendosi accorta della voce rotta.

Stettero abbracciati per dieci minuti buoni, sussurrandosi dolci parole all'orecchio e accarezzandosi come se tutti e due potessero scomparire, l'uno dalla vista dell'altro, di lì a poco. Il tutto sotto lo sguardo soddisfatto delle guardie coreane, solo Yoongi sembrò nutrire rancore nei loro confronti.

- Non lasciarmi- fece lei contro la sua sciarpa. Jimin sorrise e le accarezzò i capelli.

- Ti amo- borbottò baciandole una tempia. Myung annuì e si avvicinò al viso del compagno.

- Ti amo anch'io- lasciò che le distanze diminuissero e sfiorò il naso dell'altro.

- Tantissimo- sussurrò sulle sue labbra, Jimin non perse altro tempo e le catturò in un bacio morboso e passionale, frutto di tutte le settimane in cui si erano sentiti solo attraverso un misero cellulare.
Non poteva più aspettare, non resisteva.

Le morse il labbro inferiore e si fece strada all'interno della sua bocca, approfondendo di più il bacio. Myung dal canto suo fece uno schiocco involontario e chiuse gli occhi, avvicinandosi a lui più di quanto non lo fosse.
Affondò una mano nei suoi morbidi capelli castani e li scompigliò leggermente, felice di poterlo toccare e sfiorare come una volta. Poggiò la fronte contro quella del ragazzo e sorrise imbarazzata nel sentire le guardie che applaudivano.

- Mai più- pronunciò, le guance erano ancora bagnate dalle lacrime. Il ragazzo scosse la testa.

- Mai più- rispose a sua volta.

Si staccarono lentamente, quasi a rallentatore. Incrociarono lo sguardo e intrecciarono le dita delle mani, non volevano sparire di nuovo.

- Andiamo- propose lui, lei lo seguì. D'altronde avevano ottenuto l'ok da parte delle guardie.
Myung tenne stretta la mano del compagno e solo allora si accorse di avere il cellulare acceso, la chiamata era aperta.
Chiuse, consapevole che non c'era bisogno del telefono.

Tirò un sospiro di sollievo e rivolse lo sguardo al cielo sereno, il suo desiderio si era avverato.

Non era un raid, era una stella cadente.


***
Annyeong popolo!! Ed eccoci all'ultimo capitolo di questa sto... HAHAHAHAHHA VI PIACEREBBE VERO? E invece no, vi aspettano altri quattro capitoli super strappalacrime, quindi keep calm perchè il peggio deve ancora arrivare u.u ci terrei a fare una piiiiiccola precisazione: se pensate che Min Seo sia incoerente o contraddittoria vi sbagliate, diciamo che ha accettato in parte il fatto che la sorella si sia fatta un viaggetto a Seoul da clandestina, ma al contempo è cambiata parecchio durante le due settimane di assenza; ora è più legata alla famiglia e si è completamente arresa alla triste realtà, non vuole fare nulla per cambiarla. Myung, come leggerete, è una sognatrice testarda, non si abbatte per niente al mondo anche a costo di *si blocca per evitare di fare spoileroni* .... a costo di------- LALALALA IO NON STAVO PARLANDO.  Jimin invece è fottutamente dipendente da lei, ve ne accorgerete negli ultimi due capitoli u.u continuo a suggerirvi di fare attenzioni alle frasi scritte in corsivo perchè dovrebbero farvi capire alcune cosucce (tipo dei mini spoiler) ;)   come sempre, ringrazio chi sta seguendo la storia, chi la recensisce e chi la legge silenziosamente, sono proprio felice del fatto che vi stia piacendo *___*    bene, mi tocca scappare xD adiooosss e baciiiiii _MartyK_ <3

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Durante il tragitto Myung e Jimin non proferirono parola neanche per idea, tutti e due erano troppo immersi nei propri cupi pensieri per farlo.
E poi Jimin aveva così tanta voglia di vederla tornare a casa che non voleva proprio saperne di sprecare tempo in chiacchiere inutili, semplicemente la teneva stretta a sè con la mano ancorata al suo polso e correva nella fitta foresta che precedeva il Sud.
Myung ogni tanto volgeva lo sguardo al cielo e un po' intorno a lei, quel posto le faceva paura, era pieno zeppo di animali selvatici e anzi, secondo molte fonti - si era informata girovagando su internet - lì vivevano un sacco di animali che anni prima erano considerati in via d'estinzione. I gufi e i corvi che gracchiavano non le permettevano di stare tranquilla e concentrarsi sui suoi passi.

Per fortuna Jimin aveva imparato un paio di scorciatoie che servirono ad uscir fuori da quella selva prima del previsto, infatti si ritrovarono dopo quasi un'oretta fuori da quel buco nero e di fronte alla civiltà.
Myung Jae si sentì a casa.
Perchè era quello il suo posto e mai potè essere così sicura di pensare una cosa del genere.


Nel mentre imboccavano la strada che portava alla stazione metropolitana, il cielo si era scurito e non prometteva nulla di buono. Le mancava sentire il frastuono delle automobili che sfrecciavano a suon di clacson, la gente che passeggiava tranquillamente con le cuffie nelle orecchie e attraversava impavida le strisce pedonali e quell'aura di sicurezza e stabilità che solo in una nazione libera si poteva percepire.
Sì, ecco, si sentiva libera.
Nessuna oppressione attanagliava la sua mente, i problemi sembravano essere spariti, e non le dispiaceva vagare a zonzo con la testa un giorno intero. Non si era neanche accorta di essere seduta in metro, venne risvegliata dal sorriso del ragazzo accanto.

- Come stai?- le chiese timido.
Myung accennò un sorriso e gli strinse la mano, intrecciando le dita e facendo una così forte pressione che quasi le si sbiancarono le nocche.

- Ora che ci sei tu, bene- mormorò poggiando il capo sulla sua spalla.

Dio, quanto le era mancato sentire il suo corpo sulla sua pelle. Jimin la imitò e tirò un sospiro, chiudendo gli occhi e beandosi del suono delle rotaie che correvano veloci lungo i binari. Si disse che Myung non aveva tutti i torti ad appisolarsi in treno o in metro, per quanto potesse essere irritante, bastava perdersi nei propri ricordi e la metro diventava un inutile sfondo.

Il loro pisolino si prolungò per le tre fermate successive, interrotto solo dal breve tragitto per prendere la seconda metro e poi per ritrovarsi in autobus, diretti a Seoul. La corvina strizzò gli occhi e sbattè le palpebre un paio di volte, giusto il tempo di fare mente locale e di capire dove si trovasse.
Notò che il tempo era peggiorato, le nuvole erano più grigie che mai e incominciavano a farsi sentire i primi tuoni. Sussultò quando vide la luce di un fulmine nella sua direzione e subito dopo il tuono invadere le sue orecchie.
Si strinse più a Jimin e strofinò la testa sulla sua spalla, contrariata. Il castano sorrise e con la mano libera le accarezzò i capelli, pettinandoli con le dita e sfiorando ogni singola ciocca fino ad arrivare alle loro estemità.
Durante quelle ore le loro mani erano rimaste unite, così come i cellulari avevano la chiamata aperta al mattino.
Una donna e il suo bambino sedevano di fronte a loro ed entrambi sorrisero alla visuale dei due amanti che si scambiavano tenerezze. Jimin se ne accorse e arrossì, allontanando la mano dal viso di Myung l'attimo dopo.
Quella scena gli ricordava ciò che era successo il giorno in cui andarono in spiaggia a Busan, sorrise ingenuamente.





 Verso l'ora di pranzo riuscirono a raggiungere la destinazione, l'autobus accostò alla sua fermata e i passeggeri cominciarono a scendere, chi spingendo, chi rispettando la fila. I due scesero dal lato meno affollato e corsero verso casa, il castano imprecò quando si accorse che i vestiti si stavano bagnando.

- Merda, anche la pioggia!- sbottò adirato. Myung Jae se la rise e abbassò lo sguardo.

- Andiamo, forza! O arriveremo a casa bagnati fradici- l'altro l'avvisò e la trascinò con sè prendendola per il polso come al suo solito, correndo come un forsennato verso la strada e imboccando scorciatoie e traverse a caso per evitare che la pioggia completasse il suo lavoretto.
Nel mentre si coprì la testa come meglio poteva.
Non servì a molto, dal momento che di lì a poco scoppiò un vero e proprio temporale, con tanto di fulmini e strade così bagnate che sembravano lastre di vetro. Entrambi cercarono di fare del proprio meglio per non inciampare a terra rovinosamente e correre il più possibile verso l'abitazione, solo ora Myung si accorgeva di quanto fosse lontana dal centro della città.

Le gambe dolevano e i polpacci risentivano dell'acido lattico che si era andato a formare nei muscoli, ancora pochi passi e poi potevano riposarsi buttandosi a peso morto sul divano. Jimin tirò un sospiro di sollievo non appena aprì la porta di casa.
La richiuse poggiandosi con la schiena contro la sua superficie e chiuse gli occhi per un istante, Myung intanto si era già lanciata sul divano. Era felice.

- Avanti, puoi parlare se vuoi. Tanto siamo a casa- sorrise lui accomodandosi affianco a lei.

- Ma siamo appena tornati! E poi è ora di pranzo, non mangio cibo commestibile da quasi un mese- ridacchiò amara la corvina.

- Allora parliamo di fronte ad un bel piatto di ramen, ti va?- propose il compagno.
Myung non potè far altro che annuire, dopotutto era Jimin. E poteva giurare che ci sapeva davvero fare con i fornelli.

















































* * *







































































 Si raccontarono di tutto e di più di fronte alle ciotole di ramen e a quelle di insalata, Myung gli parlò di come trascorreva ogni singolo giorno al Nord e di quanto la sua famiglia stesse ancora soffrendo per la sua sparizione: per evitare di coinvolgere Kim erano stati costretti a pagare un grosso debito.
Un debito che avrebbero dovuto tenersi per il resto delle loro vite.

Jimin invece le parlò di quanto fosse calata la sua media scolastica a causa sua, a scuola era sempre distratto ed era da un po' che aveva perso la voglia di uscire con gli amici il sabato sera. Con Jungkook si sentiva solo quando andava a ballare, i rapporti con Tae e Jin si erano raffreddati.

- E Yoongi?- chiese la ragazza portandosi le bacchette alla bocca e addentando un boccone di ramen. Jimin si morse il labbro inferiore.

- Abbiamo troncato i ponti, non siamo più amici- si limitò a rispondere. Inutile dire che Myung aveva gli occhi spalancati manco avesse visto un cerbiatto ucciso da un cacciatore.

- Ma... perchè?-

- E' una storia abbastanza lunga, posso solo dirti che c'entra lui col tuo rientro in patria. E' stato lui ad informare i suoi colleghi nordcoreani, d'altronde era ritornato in Corea proprio per compiere la sua missione. E poi, beh... non andavamo d'accordo già da prima che ti conoscessi, diciamo che non ho mai apprezzato il fatto che a lui piacesse fare quella vita lì. Una volta mi disse che era intenzionato a fare il militare anche dopo il periodo di leva- spiegò lui molto pacatamente.
Myung non riusciva a crederci, la sua espressione era un misto fra il sorpreso e il deluso. Yoongi le era da sempre sembrato un bravo ragazzo - certo, un po' taciturno, ma bravo. Mai si sarebbe aspettata di venire a conoscenza di questo suo 'lato oscuro', per così dire.

Scosse la testa e riprese a mangiare, sorrise nel vedere Jimin tutto intento ad osservarla mentre divorava la sua porzione di insalata.

- Non hai perso quest'abitudine- bofonchiò masticando voracemente. Il castano ridacchiò.

- Resterai pur sempre il mio daramjwi- rispose a tono, beffardo.






Una volta che ebbero finito di pranzare, fecero a turno per la doccia, erano ancora inzuppati e inoltre l'odore della pioggia addosso non era poi così piacevole. Jimin finì per prima e andò in camera a cambiarsi. Restò lì anche quando Myung ebbe finito, la ragazza invocò a gran voce il suo nome, aspettandosi di trovarlo in salotto quando in realtà di lui non c'era neanche l'ombra.

Attraversò il tetro corridoio e irruppe in camera sua, la sua ultima chance. Se lo ritrovò coricato sul letto intento a leggere un libro, eppure non sembrava molto interessato. Stette in silenzio con una spalla poggiata allo stipite della porta e incrociò le braccia al petto, arrossì quando Jimin puntò lo sguardo sul suo.
I suoi occhi avevano un'aura diversa, sebbene nessuna luce potesse fare da riflesso sulle sue iridi - dal momento che erano tutte spente e solo un po' di sole che spuntava dalle nuvole faceva loro capire che era ancora giorno -, rabbrividì nel notare una scintilla sfrecciare nei suoi occhi scuri.
Non sapeva definire con certezza come le sembrava il ragazzo in quel momento, ma poteva affermare che le piaceva da impazzire.

- Che libro è?- si azzardò a domandare. Jimin scosse la testa.

- Vieni qui- battè una mano sul materasso, la sua voce era così calda, accogliente. Le si scaldò il cuore.

Raggiunse un lato del letto e si posizionò esattamente di fronte a lui, le mani strette in pugni e le braccia distese lungo i fianchi, era nervosa.

- Mi sei mancata- esordì leccandosi il labbro inferiore. Myung deglutì.

- Me lo hai già detto- rispose con la voce un po' tremante. Jimin le sfiorò i fianchi e alzò lo sguardo verso il suo viso, regalandole uno dei suoi più dolci sorrisi.

- Te lo ripeterò all'infinito-

La ragazza sentì il bisogno di abbassarsi al suo livello e lentamente raggiunse le sue labbra, mordendo quello inferiore e lasciandogli un casto bacio a stampo.
Jimin non se lo fece ripetere due volte e se la caricò in braccio, circondandole la schiena e massaggiandogliela con lenti movimenti circolari.
Le labbra si unirono automaticamente, come se fossero fatte per stare assieme, nessuno poteva separarle. Myung premette contro la sua bocca e lui le dette il libero accesso, le loro lingue iniziarono una lunga danza scoordinata e impacciata, delle scariche elettriche invasero lo stomaco di lei.

Non era un bacio come tutti quelli che si erano dati, era diverso, più passionale. E lo capì quando si ritrovò distesa sul letto con Jimin sopra di lei impegnato a baciarle il collo.
Durante le due settimane non si era mai azzardato a fare una cosa simile.
Non che le dispiacesse, sia chiaro, solo si sentiva inesperta.

E, sinceramente, non sapeva nulla di tutto ciò che era inerente alla sessualità, in Corea del Nord veniva vista come una vergogna, una cosa che non avrebbe dovuto mai interessare gente come loro.

Si meravigliò della strana voglia che aveva in corpo, non si trattava soltanto di baciare il suo amante, era un qualcosa di più, un qualcosa a cui non sapeva dare nemmeno un nome. Jimin le scoprì l'addome e si fermò un istante ad osservare e memorizzare per filo e per segno tutte le cicatrici che aveva.
Le rivolse uno sguardo triste e deglutì.

- Chi è stato?- mormorò con voce atona.

- T-te l'avrei detto, non volevo pensarci ora come ora...- borbottò incerta Myung, pensando di averlo fatto arrabbiare.
Al contrario, Jimin le accarezzò una guancia e sorrise in modo malinconico.

- Tranquilla, voglio solo sapere chi è stato-

- Papà... e gli uomini dei campi-

Jimin si morse a sangue il labbro inferiore e annuì. Esitò un po' prima di abbassarsi a livello del suo ombelico e poggiare le labbra su una delle cicatrici.
Myung sussultò e sgranò gli occhi.

- C-che stai facendo?- miracolosamente riuscì a dire. Nel frattempo il castano le lasciò un altro bacio umido sulla pelle.

- Sto curando le tue ferite- mugugnò lui.

Le baciò tutto l'addome, non trascurando nessuna delle cicatrici che si ritrovava e facendo attenzione a quelle più recenti. Fu il più delicato possibile, prima di passare oltre e continuare ciò che aveva interrotto.
Chiese varie volte il permesso a Myung e sperò davvero che fosse pronta e sicura come diceva di essere, l'ultima cosa che voleva era farle del male.

Entrò in lei per la prima volta e catturò immediatamente le sue labbra, sapeva che stava provando dolore. Ella, dal canto suo, si aggrappò alla sua schiena con le mani tremanti e conficcò le unghie nella sua pelle.
Si sorrisero impacciati, Jimin incominciò a muoversi lentamente dentro di lei. Ad ogni spinta corrispondeva un bacio a fior di labbra, una carezza ai capelli o ai fianchi.
Il castano aveva deciso di prendersi cura di lei fin dall'inizio e Myung Jae non fece altro che restarsene al calduccio sotto la sua ala protettiva.

Si fidava di lui, e si fidava di lui anche in quel momento così intimo, sapeva che prima o poi il dolore sarebbe sparito. I loro corpi accaldati si abbassavano e si alzavano simultaneamente, a volte scontrandosi.
Per lei era rassicurante percepire la pelle calda del compagno aderire perfettamente alla sua, in un certo senso le faceva capire che non se ne sarebbe mai andato, che sarebbe stato sempre dalla sua parte.

- Non lasciarmi- sussurrò la corvina con la voce rotta dalle emozioni, Jimin le morse voglioso il labbro inferiore.

- Non lo farò mai-

- Me lo prometti?- fece lei esitante, fissandolo negli occhi.

Jimin annuì, solo allora si accorse di quante promesse aveva fatto e di quante non riusciva a mantenere, a partire dal rapporto con Yoongi. Di tutte le promesse non fu mai così sicuro di riuscire a mantenere almeno quella.
Sigillarono il loro per sempre con un dolce bacio finale, pervasi dalle emozioni successive al culmine del piacere.
Myung respirava affannosamente e Jimin era ritornato bagnato fradicio. La corvina gli passò una mano sulla fronte e gli levò alcune ciocche ribelli, portandole dietro la nuca.
Il castano si beò del suo tocco delicato, quasi angelico, e chiuse gli occhi con un sospiro felice.

La ragazza indugiò un po' prima di formulare la fatidica domanda, era imbarazzante.

- Jimin... ha un nome questa cosa che abbiamo fatto?- disse con voce flebile. Ed ebbe voglia di farsi piccola piccola sotto lo sguardo vispo e stralunato del compagno.

- Eh?- non si trattenne dal ridere.

- Voglio dire, è una specie di danza? Non ne ho idea, non l'ho mai fatta e poi all'inizio faceva male. Non credo che ballare faccia male. E poi ho sentito delle sensazioni fortissime e...- si fermò giusto il tempo di accorgersi del sorrisetto compiaciuto di Jimin.

- E qualsiasi cosa sia, è stata la più bella che io abbia mai fatto- concluse arrossendo.
Il castano le baciò una guancia e strofinò il suo naso con quello della ragazza, in un tenero bacio all'eschimese.

- Abbiamo fatto l'amore- sussurrò al suo orecchio.

- E' così che si dice? Fare l'amore?-

- In realtà ha anche un altro nome, ma è brutto, non è degno di quello che abbiamo fatto noi- sorrise.

- E qual è quest'altro nome?- Myung era sempre più curiosa, pretendeva di saperlo. Jimin fece una smorfia con la bocca.

- Sesso-

Myung lo seguì a ruota.

- Hai ragione, suona male. Fare l'amore mi piace, è più adatto a noi-

Tutt'a un tratto Jimin invertì le posizioni e poggiò la schiena sul materasso, caricandosi addosso la ragazza. Ella trovò automatico poggiare la testa sul suo petto e lasciarsi cullare dal flebile suono dei battiti del cuore dell'altro, si meravigliò di quanto fosse calmo.
Una tranquillità che finì per contagiarla.

Chiuse gli occhi, la sua mano vagava sul pettorale del compagno e accarezzava distrattamente la pelle liscia e lucida per il sudore, nel mentre Jimin le accarezzava i capelli e le massaggiava la testa con modi estremamente dolci e delicati, come i fiori di ciliegio.

E trovò strano il fatto che le sembrò di sentire nell'aria proprio il profumo dei fiori di ciliegio.


***
Annyeong popolo! ^^ vi avevo detto che avrei rimediato con un'abbondante dose di zucchero in questo capitolo, ebbene eccolo qui xD io spero solo di non avervi fatto venire la carie ai denti, ma dettagli. Oh già, continuate a prestare attenzione alle frasi in corsivo a fine capitolo perchè i fiori di ciliegio ve li ritroverete nel finale, fra tre capitoli esatti v.v  come sempre ringrazio chi sostiene questa storia, chi legge, chi recensisce e chi la inserisce nelle varie categorie del sito. Non voglio risultare ripetitiva, ma è la verità, è solo grazie a voi se ho voglia di scrivere e di migliorarmi ahah :')  ah, e badate pure all'angst e al drammatico, non li ho messi a caso u.u io vi sto avvisando in tutti i modi - evitando spoiler indesiderati - poi non venite a dirmi che avete versato fiumi e fiumi di lacrime o cose del genere HAHAHAH (in ogni caso sono pronta a nascondermi sotto il letto con la nutella, non si sa mai).  Beeeeene non vado oltre e scappo che è meglio lol, bacioniiiiiiii   _MartyK_ <3

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Stettero abbracciati per qualche ora, cullati dal piacevole suono della pioggia che si infrangeva contro il vetro delle finestre a causa del vento e dai loro respiri calmi e sincronizzati.
Myung sospirò di felicità, beandosi del tocco angelico - quasi mistico - del compagno, amava il modo in cui infilava le dita nella sua folta chioma e pettinava i capelli arrivando fino alle punte. Non erano stanchi, erano solo... rilassati.
Come se per un attimo tutte le preoccupazioni fossero sparite nel nulla, come se la felicità pura esistesse per davvero.
Ed era piacevole illudersi.
Illudersi di un qualcosa che non poteva esistere se non nelle loro menti contorte, sbagliate. Perchè, avanti, come può la mente umana concepire l'idea che una nordcoreana amasse un sudcoreano? Ecco, era impossibile.
Impossibile come l'illusione: così effimera, sfuggente, non ne ha per nessuno.








Jimin si risvegliò dal suo stato di trance e strizzò un poco gli occhi, alzandosi col busto e costringendo la corvina a fare lo stesso. Ella dal canto suo non smise di tenere ferma la mano sul suo petto, guardandolo con occhi curiosi.

- Che succede?- domandò innocente. Il castano scosse la testa e sospirò, questa volta era tristezza.

- Sono le cinque del pomeriggio, Myung. Non arriverai a casa prima delle nove e mezza o le dieci- rispose.
La ragazza annuì alle sue parole e serrò la mascella, sembrava pensierosa.

- Quindi dovrei andar via?-

- Myung, cerca di capire...-

- Avevamo detto 'mai più'- insistette lei. Jimin si morse a sangue il labbro inferiore, si sentiva beccato.

- Non lascerò che passi tanto tempo prima del nostro prossimo incontro, ecco perchè 'mai più'- cercò di spiegare, Myung Jae non era convinta.

- Credevo che il nostro 'mai più' si riferisse al fatto che non sarei ritornata al Nord- borbottò con voce flebile.
Abbassò lo sguardo e deglutì, l'incomprensione era un altro amaro macigno da mandar giù. Il castano tirò un sorrisetto appena accennato e incontrò i suoi occhi sfiorandole il naso, l'indice poggiava sotto al suo mento.

- Guardami- le ordinò dolcemente. Myung obbedì.

- Ci rivedremo presto, non importa come, ma ci rivedremo. Ti ho già detto che non voglio che tutto questo finisca, che sono disposto a rischiare pur di stare con te anche solo per due secondi, ma più di così...- lasciò la frase in sospeso.
Gli occhi della ragazza si inumidirono a tal punto che alcune lacrime fuoriuscirono e le solcarono le guance. Capì cosa voleva dire, capì perfettamente.

- Non potrò mettere piede qui se non illegalmente, vero?- chiese ancora, perchè nonostante tutto sperava in una sua risposta negativa a riguardo. Jimin annuì.

- Sei minorenne e i tuoi genitori non sono d'accordo. Inoltre per passare al Sud ci vorrebbe un permesso speciale, non è semplice. Myung, sai che non ti dico bugie, non lo farei mai-

La corvina si sorbì il discorso in silenzio, a testa bassa e tirando su col naso come una bambina.
Scrollò le spalle e si portò una ciocca dietro l'orecchio, Jimin si sentì in dovere di darle conforto. Inclinò di lato la testa e sfiorò le sue labbra, dapprima con timore e dolcezza, poi sempre in maniera più vogliosa e passionale. Myung Jae chiuse gli occhi e ricambiò il bacio accarezzandogli una guancia e facendo cerchi concentrici col pollice.
Si staccarono poco dopo e incominciarono a vestirsi, Jimin si rese conto del mosaico di indumenti che c'era attorno a loro e arrossì pensando a ciò che avevano fatto l'ora prima.

- Sei tutto rosso- ridacchiò beffarda la compagna. Egli mise il broncio e assottigliò gli occhi.

- Non è vero-

- Sì invece. A cosa stai pensando, piccolo teppistello?- continuò a ridere lei e Jimin fu certo che quella era la vera felicità, poco importava se si trattava di illusione o meno.

Quel sorriso l'avrebbe ucciso ogni volta.






































































* * *














































































I due amanti non si accorsero dello scorrere del tempo, semplicemente presero l'autobus e le varie metro con la loro solita nonchalance, tutto era automatico. Myung era parecchio stanca, poggiava la testa sulla spalla del castano ogni qualvolta udiva il rumore delle rotaie sui binari, Jimin invece era nervoso.
Più quelle dannate rotaie si muovevano in direzione opposta a Seoul, più sentiva che il tempo trascorreva velocemente e senza pietà: ogni minuto, ogni secondo era ormai perso per sempre.

E quando dovettero salutarsi fu ancora peggio: il cielo si era scurito, la brezza leggera si era trasformata in vento gelido e lo sguardo distaccato e impassibile delle guardie diventava di troppo man mano che i due cercavano di dirsi qualcosa sperando di non risultare eccessivamente smielati.

- Allora... ci vediamo- fece incerta Myung Jae, grattandosi il braccio. Jimin sbattè più volte le palpebre.

- Oh sì, certo. Ci vedremo quindi... a presto- era piuttosto imbarazzato, una delle guardie sbatteva il piede a terra incessantemente.
Aveva le braccia conserte e l'occhiata che gli rivolse non era delle migliori.

- Mi mancherai- Myung si morse il labbro inferiore e lo guardò dritto negli occhi, i suoi luccicavano. Uno strano magone prese a torturarle la gola.

- Anche a me. Tanto tanto-

La ragazza mosse due passi nella sua direzione e lo abbracciò, al diavolo la discrezione e il parere altrui. Lo strinse a sè per quanto era possibile e nascose il viso nel suo cappotto, strofinando il capo come se fosse un micino bisognoso della madre.
Jimin le baciò la fronte e le prese il viso con le mani.

- Non farmi stare in pensiero, appena torni mandami un messaggio e fai attenzione ai malintenzionati- sussurrò apprensivo.

- Non preoccuparti-

- Ti amo- non le diede il tempo di rispondere che subito catturò le sue labbra in un casto bacio finale.

Non durò più di qualche secondo, voleva avere un contatto con la sua pelle per l'ultima volta. Myung si staccò da lui leggermente frastornata e ridacchiò grattandosi la nuca.
Non si sarebbe mai abituata a Jimin. Decisamente.






Sulla via del ritorno si preparò un intero discorso mentale, pronta a giustificare la sua lunga assenza in tutti i modi possibili e immaginabili. Era anche disposta a dire che l'avevano trattenuta con i lavoretti extra per pulire i luridi cessi scolastici, nessuno doveva sapere che fine avesse fatto per quello scorcio di tempo.
Per sua fortuna i genitori se la bevvero e inoltre la divisa scolastica era una prova in più.

L'unica sospettosa era Min Seo, che non aveva smesso di fissarla sin da quando aveva rimesso piede in casa.
Osservò il modo in cui si lanciò sul materasso e alzò un sopracciglio.

- Com'è che sprizzi gioia da tutti i pori?- esordì sarcastica, affiancandola. Myung non rispose, o meglio, non subito.
Tirò un sorriso sghembo e agitò le gambe in aria, aveva ancora indosso l'uniforme.

- Si da il caso che sia ora di dormire, quand'è che ti deciderai a mettere il pigiama?-

- E basta, come sei pesante!- la minore le rivolse un'occhiataccia e si alzò giusto per prendere la vestaglia.
Ritornò successivamente e si tirò le coperte fin sopra il naso, lasciando scoperti solo gli occhi. Era euforica, questo non poteva negarlo.

- Davvero non capisco cosa ci trovi di eccitante nel pulire i bagni della scuola. Mah, tu sei tutta strana- mormorò pigramente Min Seo, volgendole le spalle e coricandosi meglio su di un lato.
Myung Jae era indecisa sul da farsi, era difficile tenere tutto dentro e inoltre era pur sempre sua sorella maggiore, si fidava e anzi, Min Seo era il suo punto di riferimento. Come lo è il Nord per la bussola.

- Unnie mi vuoi bene, giusto?- domandò tutt'a un tratto. La più grande sussultò.

- Certo, come mai una domanda simile?-

- Sai che per me sei sempre stata come un idolo, una persona esemplare, vero?-

- Myung Jae, non capisco dove vuoi andare a parare, per favore arriva dritta al...- la ragazza non le lasciò completare la frase.

- Non sono stata a scuola, ho mentito- ammise.
Min Seo sgranò gli occhi e di questo Myung se ne accorse anche se era immersa nell'oscurità totale.

- Che cosa?! Come... come hai..?-

- Ho passato la giornata con Jimin-

Non ce la faceva a far finta di nulla, non con sua sorella, non con l'unica persona che l'aveva sostenuta fino all'ultimo. Perchè di lei si poteva fidare, era sicura che non l'avrebbe mai detto a nessuno.
O meglio, ci sperava.

Ma il danno ormai era fatto e non poteva tirarsi indietro, Min Seo stette in silenzio.

- Di' qualcosa- le intimò la corvina.

- Cosa dovrei dire?-

- Mi proteggerai? Farai la spia come quando eravamo bambine o seguirai il buon senso?-

Myung in un certo senso volle metterla alla prova, voleva capire se Min Seo fosse cambiata da quando era piccola.
Doveva esserci un qualche mutamento nella sua persona, non poteva essere sempre e comunque la solita cocciuta ed irremovibile Go Min Seo. E l'avrebbe capito solo mettendo a nudo la verità, anche a costo di sacrificare le sue piccole gioie, altrimenti a cosa serviva l'amore fraterno?

- Myung Jae, io...-

- Siamo sorelle, non dimenticarlo. Qualche volta uno strappo alla regola non fa male- consigliò.
Min Seo non ebbe il coraggio di rispondere, era indecisa. Il dilemma era appena incominciato.

La più piccola dormì serena, convinta che la sorella avrebbe chiuso un occhio, Min Seo venne invasa dai dubbi, dalle incertezze e da responsabilità che non dovevano esistere. Il solo fatto che la piccola avesse riposto l'intera fiducia in lei le smosse le viscere.
Non fu una bella notte, i mostri più antichi e profondi si rifecero vivi dall'anticamera del suo cervello.

Aiutare la sorella a sognare o fare la spia come ai vecchi tempi?




























































































* * *


















































































Passarono giorni dal loro ultimo incontro e Jimin diventava sempre più ribelle e insolente. Tanto da essere cacciato fuori dalla classe durante l'ora di scienze, il professore lo aveva colto in flagrante mentre era assorto nei suoi pensieri e messaggiava assiduamente con Myung Jae.
La loro chiacchierata continuò e a quanto pare si aggiunse anche quella col preside.

Tutti non facevano altro che ribadirgli che era cambiato, che non riuscivano a capire come lo avesse fatto così velocemente - e così drasticamente - e i suoi stessi genitori erano preoccupati.
Mamma aveva cominciato ad andare a trovarlo almeno tre o quattro volte a settimana per portargli del cibo o per dare una pulita a casa, papà lo invitava a trascorrere qualche oretta nel bar di famiglia e Jungkook lo intratteneva più del solito in sala da ballo.
Insomma, tutti si comportavano come se avesse bisogno di distrarsi, come se quello turbato fosse lui e non il mondo intero.

Ripensò al messaggio che Taehyung gli inviò due mesi prima e quasi si mise a ridere, era incredibile come quel ragazzo si accorgesse dei cambiamenti prima di tutti, prima ancora che questi dovessero effettivamente arrivare.
Tuttavia non furono i discorsi melodrammatici di Jin a frenare la sua voglia di vedere Myung Jae e nemmeno i suoi genitori che, per quanto gli volessero bene e gli dimostrassero affetto, non si degnavano di andare più a fondo nella faccenda. La sua mente era troppo occupata ad organizzare il loro prossimo incontro, non importava se ciò significava stare con gli occhi incollati al cellulare in piena notte.





Quando ci vediamo? **

Le aveva inviato poco prima della mezzanotte.

Sabato sono libera, direi che è perfetto... sempre se per te va bene >.<
(00:02)


La risposta non si fece attendere. Jimin sorrise ingenuamente e pigiò i tasti sullo schermo.

Va benissimo. Facciamo la mattina alle sei? Come l'altra volta *_*
(00:05)

Va bene! Oddio ancora non ci credo, ogni volta mi pare di stare in un sogno, è davvero stupendo...
(00:08)


Continuarono a conversare scrivendosi del più e del meno e raccontandosi le proprie rispettive giornate, fin quando Myung non toccò un tasto dolente:

Sai, non ti arrabbiare, ma ho detto a Min Seo del nostro scorso incontro... scusami tanto!
E' che non ce la facevo a tenermi tutto dentro, giuro che mi sentivo esplodere, avevo il bisogno di parlarne con qualcuno. E poi non preoccuparti, Min Seo è buona, non farebbe male ad una mosca, figuriamoci a sua sorella!
Mi proteggerà, non dirà nulla sta' tranquillo <3
(00:44)


Jimin s'irrigidì nel leggere quel messaggio e sospirò, riprendendo a scriverle l'attimo successivo:

Arrabbiarmi? Come puoi pensare anche solo minimamente che mi arrabbierei con te?
Non lo sono, solo... ti chiedo di fare attenzione. So che è tua sorella, che vi volete bene eccetera, ma sinceramente non mi fido più di tanto... non dirlo mai più a nessuno, chiaro?
Se poi sei sicura che Min Seo è disposta a mantenere segreto un qualcosa più grande di lei allora è okay, ma per il resto non parlarne con nessuno.
(00:49)


Va bene... oppa. Mi sono accorta di non averti mai chiamato in questo modo, però credo sia una cosa carina, e poi stai benissimo nelle vesti dell'oppa ideale xD
Quando vengo non farò altro che chiamarti così per tutto il tempo, fino a quando non perdi le staffe ;P
(00:52)


Il castano ridacchiò al messaggio, certo che era proprio singolare...

Poi ti faccio il solletico, vediamo se continui a chiamarmi così... e comunque... sì, non mi dispiace essere il tuo oppa u.u
(00:55)


Dopo essersi augurati la buonanotte spensero entrambi la chat, Jimin si rannicchiò nelle coperte e serrò gli occhi.

Non sapeva se Myung avesse fatto la stessa cosa nell'altra nazione, quel che era certo è che non era più online.














































































* * *

































































Marzo era giunto, la primavera stava prendendo il posto dell'inverno e il freddo non era poi così insopportabile. Il sole era più luminoso e gli uccellini stavano incominciando a scaldare la voce per i prossimi giorni.
Myung Jae si svegliò verso le cinque e mezza, constatando che era in un immenso ritardo.

Poggiò i piedi a terra incurandosi dei brividi lungo la schiena e si vestì in fretta e furia, decise di lasciare lo zaino a casa, non c'era tempo. Prese due cioccolatini dal vassoio sul tavolino che usavano per mangiare, suo padre ne aveva portati una manciata dalla fabbrica sostenendo che fossero i migliori del paese e sorrise nel pensare che voleva condividerli con Jimin.
Proprio mentre stava per varcare la soglia della porta d'ingresso, una voce tuonò in salotto.

- Non così in fretta!-

Papà.

Myung strizzò gli occhi e abbassò la testa, voltandosi lentamente verso di lui. Rimase sorpresa nel vedere Min Seo al suo fianco.

- Unnie che cosa..?-

- E così volevi fuggire ancora! Non ti sono bastate le mie frustate e quelle dei capi dei campi, oh certo che no! Hai bisogno di essere rinchiusa a vita in camera o preferisci una fucilata alla tempia da parte del nostro leader?- il tono dell'uomo era sarcastico, un insostenibile sarcasmo.
Min Seo deglutiva e faticava a reggere lo sguardo deluso della sorella.

- Min Seo, credevo che mi avresti protetta- mormorò affranta. La più grande stette a testa bassa.

- N-non potevo permettermelo. Non un'altra volta- disse soltanto.
Myung Jae fissò il suo volto con la bocca semiaperta, una lacrima sfuggì al suo controllo.

Si era illusa ancora una volta, e ancora una volta Min Seo aveva preferito non macchiarsi l'anima di un peccato la cui autrice non era lei.
Non si era resa conto, però, che un peccato l'aveva commesso: l'infedeltà.

Prevedibile, cocciuta, irremovibile Go Min Seo.
Stupida, ingenua, illusa di una Go Myung Jae
.


***
Annyeong popolo ^^  credevate che non avrei pubblicato? xD nah, mi sono solo sbrigata tardi lol >///<  okay allora, dovrei fare delle piccoliiiiiissime precisazioni: 1) Myung non è stata una scema a raccontare la verità alla sorella, come ho detto nella storia, lei si fida della più grande perchè è la più acculturata della famiglia e sembra quella più aperta di mente. Myung e Min Seo sono due opposti: Min Seo è sognatrice, certo, ma si limita a tracciare un bel divisorio (come quello tra Nord e Sud Corea lol) fra realtà e fantasia, quindi non ha il coraggio di compiere passi più grandi di lei; Myung è un vulcano di energia, non c'è niente da fare. E poi, grazie all'amore che prova per Jimin, è disposta davvero a tutto pur di realizzare i suoi desideri, le sue "vane" speranze. Ha parlato con la sorella perchè sì, voleva vedere come reagiva e se fosse davvero maturata nelle settimane in cui era mancata, insomma non riesce a credere che la sua sia solo una facciata. Min Seo però, come vedrete, non si scompone più di tanto... diciamo che con lei ho voluto rappresentare la 'corruzione' della società nordcoreana, il fatto che per quanto uno di loro possa studiare e ammazzarsi sui libri, resterà comunque legato alla sua terra e ai principi impartiti dal dittatore - fin quando lui manipola pure l'informazione, nessuno potrà ribellarsi e rendersi conto della realtà.
Beeeene, detto questo vi saluto che ho scritto la Bibbia XDXD  scappo, un bacione grosso a tuttiiiiii   _MartyK_ <3

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Erano passati minuti, lunghi ed insostenibili minuti da quando Myung Jae si era degnata di alzare lo sguardo da terra e puntarlo sul volto stupefatto, quasi indecifrabile di Min Seo. Ella, d'altra parte, potè leggere negli occhi della sorella tutta la delusione che provava nei suoi confronti, e non solo quella.
Amarezza, tristezza, paura e una sfumatura di rabbia contornavano le iridi spente di Myung Jae.

Sapeva di averle trafitto il cuore, lo sapeva benissimo e proprio per questo motivo non riusciva a spiccicare parola, solo cercava di giustificarsi in tutti i modi possibili e immaginabili. Si disse che lo faceva per il suo bene, perchè Kim era disposto a perdonare una sola volta, non aveva pietà; si disse che prima o poi il ragazzo con cui aveva contatti si sarebbe stancato di lei e avrebbe continuato a fare la sua vita al Sud, in realtà pensò a molte scuse - la maggior parte delle quali erano trise e ritrise.
La verità era che non c'era via di scampo e anche se ci fosse stata, sarebbe stato complicato e rischioso intraprenderla.
Quando nasci in un posto del genere morirai lasciandoci le ossa, il corpo e l'anima: ricordava bene le parole del padre a Myung Jae e mai prima di quella sera fu più d'accordo con lui.

Myung era soltanto una ragazzina, stava attraversando una fase e prima o poi sarebbe passata. Sì, era sicuramente così.



- Unnie, da te non me l'aspettavo- la corvina si decise a parlare e si lasciò sfuggire un singhiozzo.
Non appena se ne accorse, abbassò lo sguardo e strizzò gli occhi, così che le lacrime scendessero copiose sulle sue guance. Min Seo deglutì e balbettò qualcosa di incomprensibile, allungando una mano verso di lei e ritirandola l'attimo successivo.

- Cosa non ti aspettavi, che scoprissi ancora una volta i tuoi fottuti piani di fuga? Lo sai dove ci mandano se fuggi ancora, lo sai?! Hai almeno idea di quanti debiti avremo se scapperai sempre?!- fu il padre a parlare e nel farlo si avvicinò rapidamente alla ragazza.

- Siamo ridotti in miseria e con il lavoro che faccio guadagno qualcosa come un dollaro al mese, perchè diamine vuoi rendere la vita più difficile di quanto già non lo sia?- urlò infine prendendola per le spalle e scuotendola leggermente.
Myung continuò a stare a testa china, le lacrime avevano ormai raggiunto il collo e scendevano giù verso l'orlo dell'uniforme, vicino alle clavicole. Lanciò un'ultima occhiata a Min Seo e osservò il modo in cui se ne stava appartata, con una spalla poggiata allo stipite della porta che segnava l'entrata nel salottino, le braccia conserte e il piede destro che scalciava all'aria per il nervosismo.
Si maledì perchè nonostante tutto le voleva bene, non riusciva ad odiarla completamente.

Sarà perchè era stata la sua guida fin da bambina, sarà perchè era l'unica che credeva nelle sue potenzialità e forse anche perchè era colei che riusciva a rendere abbuffate natalizie dei semplici pranzi con pane, acqua e qualche frutto.
L'entusiasmo con cui raccontava le vicende che viveva, le considerazioni che faceva riguardo al modo di pensare delle persone facevano di Min Seo una figura imponente, che possedeva quell'aura di irraggiungibilità che solo un leader possiede.
Min Seo era la sua leader, il suo idolo, la sua guida.

Eppure in quel momento, ai suoi occhi era soltanto un comune mortale. E i comuni mortali sbagliano, vagabondano, si pentono, provano rimorso.
Non erano tanto le parole di papà ad averla fatta cadere nel tunnel della disperazione quanto l'aver scoperto che Min Seo non era altro che una ragazza nordcoreana, con le sue idee e i suoi falsi miti.
Non aveva niente di speciale, era solo Min Seo.

E con quel pensiero sussurrò un flebile 'addio' alla sua famiglia e uscì di casa, diretta al confine.
Se davvero era il dolce fico in mezzo alle sterpaglie maligne e scricchiolanti, andar via era la cosa giusta.

- Myung Jae! Myung Jae! Torna indietro!- sentì suo padre urlare e dei passi farsi sempre più vicini, così incominciò a correre. Il respiro si fece sempre più corto, merito anche dell'ansia che attanagliava cuore e cervello.
Continuò a correre anche quando non udì più alcun passo, semplicemente lasciò che i piedi battessero forte sulle strade rovinate e che il vento penetrasse i vestiti, le ossa e le vene. Non ne aveva abbastanza, voleva sentire la libertà fino in fondo, perchè ora che ne aveva avuto un assaggio non riusciva a fermarsi.

- Ti prenderanno- sentì in lontananza, ma non ci fece molto caso.
E anche se l'avessero fatto, avrebbe potuto vantarsi di aver vissuto la vita vera anche solo per un secondo.























































* * *







































































Aveva corso per più di mezz'ora, tanto bastava a rendere il percorso casa-stazione di una durata pari circa a quarantacinque minuti. I polpacci dolevano e le piante dei piedi tiravano provocandole scariche elettriche che si estendevano per l'intera gamba, ma almeno aveva accelerato i tempi.
Si addentrò in stazione, ad accoglierla vi erano sempre i soliti graffiti e le scritte comuniste, aveva il cellulare stretto al petto come se potesse perderlo da un momento all'altro.

Dentro era spaventosamente buio, non ci pensò due volte ad uscir fuori di lì per andare dall'altra parte del paese. La voce registrata rimbombò nel luogo e annunciò che il suo treno sarebbe arrivato fra pochi istanti.
Si sentì più sicura, menomale che esisteva la tecnologia, almeno quella non deludeva.




Il viaggio in treno trascorse più velocemente di quanto si aspettasse, o forse era lei talmente ansiosa che non si accorse che erano le otto in punto. Scattò in piedi come una molla e scese dalla locomotiva, guardandosi intorno e prendendo la via d'uscita della stazione d'arrivo, sorrise nello scorgere le casette blu del confine.
Era incredibile come il confine più pericoloso del mondo potesse essere la sua unica fonte di felicità, forse aveva davvero una mente contorta.

Prese a correre nella stessa direzione ignorando il dolore ai piedi e componendo il numero di Jimin sul cellulare.

- Piccola- disse lui.

- Jimin! Sei arrivato?-

- Sono proprio dietro le guardie del Sud, tu invece?-

- Dietro quelle del Nord- sorrise alzando un braccio al cielo e salutando il castano, avendolo adocchiato da un pezzo.
Chiuse la chiamata e provò a correre verso di lui, ma un uomo la prese per il colletto dell'uniforme e mancò poco che l'alzasse da terra per intimarle di starsene buona buona dove stava.

- Ma guardate un po' chi abbiamo qui!- esclamò quello che Myung Jae riconobbe come il signor Hope.

- Ajusshi, vi prego lasciatemi andare. Non ci vorranno più di due minuti- spiegò lei mettendo le mani a mo' di preghiera.
L'uomo non ebbe un briciolo di compassione e scosse la testa, continuando a tenerla per il colletto. Intanto la corvina si accorse che Yoongi e altri due uomini stavano facendo la stessa cosa con Jimin.

- Vi abbiamo lasciati soli una volta e credo che basti. Ora potete anche smetterla con queste scenate da drama- borbottò impassibile Hope.
Myung aggrottò le sopracciglia verso il basso, in un'espressione triste e preoccupata.

- Questo significa che non potrò vederlo mai più? Lo capisce che non stiamo fingendo? Cavolo, non sapevo cosa fosse un drama fino al mese scorso! Si rende conto con chi sta parlando? Con una povera disperata alla ricerca della libertà, è così difficile ottenerla?- urlò tra le lacrime, consapevole che ormai non si poteva fare più nulla. L'uomo la prese per le spalle ed inaspettatamente l'abbracciò, Myung intanto lo prese a pugni sul petto, mugugnando qualcosa a proposito di quanto fosse ingiusta la vita e di quanto fosse stata sfortunata.

- Lo sai che sei in grado di commuovere anche uno burbero come me, vero?- ridacchiò lui. Myung tirò su col naso e lo guardò negli occhi.

- Signor Hope, io lo amo veramente e anzi, non ho mai amato nessuno come amo lui. Permettetemi di vederlo. Un'ultima volta- supplicò la guardia e questa sbuffò. Lanciò un'occhiata ad un collega e questo scrollò le spalle, un altro indicò il ragazzo e fece l'occhiolino.

- Un'ultima volta dici?-

- L'ultima. Sarà davanti a voi e non durerà più di qualche minuto, promesso- la ragazza mostrò il mignolo e intimò ad Hope di fare lo stesso.
Questo ridacchiò e le scompigliò i capelli, sussurrando un 'vai' e indicando Jimin con lo sguardo, come a dirle che la stava aspettando.

I due amanti corsero l'uno verso l'altro, fermandosi poi ad una distanza che poteva essere paragonata ad una ventina di centimetri.
Myung dovette alzare lo sguardo, Jimin stava crescendo ed era diventato leggermente più alto, ormai gli arrivava alle spalle. Il ragazzo non perse tempo e la tirò a sè in un caldo abbraccio, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo lasciando un tenero bacio su di esso. Myung sorrise e lo strinse più a sè, facendo pressione coi polpastrelli sulla schiena e arricciando le dita.

Voleva stringere quel cappotto fino a strapparglielo, fino a sentire la sua pelle sotto il suo tocco per poi strappare anche quella. Voleva che diventassero un'unica persona, una cosa sola, perchè era inconcepibile che due anime così complete fossero costrette ad essere intrappolate in corpi separati.
Non aveva senso. Erano fatti per essere uniti, fatti per rappresentare il numero uno in tutte le sue sfaccettature.

Il cuore di Myung batteva all'impazzata, così forte che poteva sentire le pulsazioni nelle orecchie e il petto che doleva. O forse era il cuore di Jimin che batteva così forte che il suono arrivava fino alle sue orecchie.
Ancora una volta perse la cognizione del tempo e dello spazio, tutto sembrò essersi fermato, lei e Jimin erano chiusi in una campana di vetro estranea al mondo.
Una campana creata solo per loro, creata da loro.

Jimin si morse il labbro inferiore prima di cercare alla cieca le labbra della ragazza e catturarle in un casto bacio agognato, doloroso.
Leccò le labbra screpolate di lei e sorrise nel morderle quello inferiore, tirandolo verso di sè. Una mano si spostò dal fianco verso la sua guancia, risalendo con lentezza straziante e accarezzandola con una delicatezza tale che a Myung veniva il solletico.

- Mianhae- mormorò tra un bacio e l'altro. Jimin scosse la testa.

- Non scusarti-

- Se non avessi detto nulla a Min Seo tutto questo non sarebbe successo- aggiunse lei in fretta e furia, tanto che sembrava stesse rappando.

- Va tutto bene, piccola, va tutto bene- cercò di tranquillizzarla lui prendendole il viso. Myung si oppose.

- Sono brava soltanto a rovinare la vita degli altri, combino sempre casini- mise il broncio. Jimin distese le labbra in un dolce sorriso.

- E io sono bravo a risolvere i tuoi casini, non trovi?- scherzò.

- Temo che questo non possa risolversi...- la corvina fece per dire qualcos'altro, ma il ragazzo glielo impedì sussurrandole uno 'sssh' a fior di labbra e riprendendo imperterrito a baciarla.

Continuarono ad abbracciarsi, baciarsi e cercarsi fino a che non capirono che il tempo stava scadendo, solo allora si staccarono e Myung tirò fuori dal taschino della maglietta due cioccolatini. Jimin inclinò di lato la testa e abbozzò un sorriso.

- Dei cioccolatini? Per me?-

Myung annuì.

- Ho sentito che si danno alle persone che si ritengono speciali e beh, tu sei speciale per me. Molto speciale- bofonchiò timida all'improvviso e puntando lo sguardo sulle sue scarpe consumate dal tempo.
Prima che Jimin potesse fare qualsiasi cosa, gli prese la mano e gli diede i due dolcetti, ma il castano ne tenne solo uno.

- E l'altro?- fece lei.

- L'altro è tuo. Fa' come se te lo avessi regalato, perchè vale la stessa cosa per me. Sei la mia persona speciale- rispose e sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi raggianti. Myung tolse la cartina dal dolce e lo portò subito alla bocca, masticandolo voracemente. Jimin la imitò.

- Ragazzi è ora di andare!- una guardia li avvisò mettendo le mani davanti alla bocca a mo' di megafono, i due si voltarono verso di lui con un'espressione confusa.

- E' la fine?- biascicò Myung con un filo di voce. Jimin l'abbraccio l'ennesima volta.

- Myung Jae, non so se questa è davvero la fine. Sappi solo che se non possiamo vederci ci telefoneremo, ci manderemo messaggi e faremo di tutto pur di tenerci in contatto. So che non è il massimo ma cosa possiamo fare?- parlò con la voce ovattata, aveva le labbra sul suo collo e ogni parola si scontrava con la pelle di lei.

- Farai tutto questo per me?- Myung era ancora incredula. Jimin le rubò un bacio per una frazione di secondo.

- Aspetterò che tu diventa maggiorenne, aspetterò il consenso dei tuoi genitori, aspetterò anche che questo pasticcio nato sessant'anni fa cessi di esistere, basta che prima o poi ci rincontreremo, no?- la guardò dritto negli occhi, specchiandosi in quei due buchi neri, due strade senza ritorno.
Myung non potè fare altro che annuire.

- Ti amo, non smetterò mai di ripetertelo-

- Ti amo anch'io-

Si allontanarono, nel mentre le loro braccia fecero di tutto per restare ancorate senza alcun risultato.
Il contatto si interruppe quando anche i loro indici non poterono più sfiorarsi, le guardie li condussero in direzioni opposte. Fu inevitabile guardarsi per l'ultima volta, come una sorta di addio.

 Il signor Hope fu così gentile da accompagnare Myung fino a casa, sebbene questa avesse fatto i capricci e avesse chiesto di continuo se fosse un disturbo per lui.

- Non sono di turno, tranquilla- la rassicurava.









Il ritorno a casa era da aggiungere alla lista dei peggiori, ad accoglierla furono le urla disperate di mamma, i ceffoni di papà e gli sguardi inspiegabilmente gelidi e irritati di Min Seo.
Per caso si era ribaltata la situazione? Doveva essere lei quella arrabbiata, non sua sorella.

La madre l'abbracciò ripetutamente chiedendole all'orecchio dove fosse stata e cosa fosse successo con Jimin, Myung invece deviava abilmente le domande usando la scusa della stanchezza del viaggio.
Filò in camera senza aver pranzato e lasciò che la schiena sbattesse sul materasso. Afferrò il cellulare e controllò che la batteria fosse ancora carica, ma proprio in quel momento il padre irruppe spalancando di colpo la porta e fiondandosi addosso a lei con una ferocia anormale.

- E' con questo che ti dai appuntamento con il sudcoreano!- esclamò levandole l'aggeggio dalle mani e rigirandoselo fra le sue.
Min Seo lo raggiunse poco dopo e cercò di prenderlo, ricevendo in compenso una forte spinta che la fece cadere a terra. Myung era sempre più allibita e confusa.

- Gli hai detto anche del cellulare?- domandò flebilmente.
Min Seo scosse la testa, fece per alzarsi ma il padre le strattonò i capelli, costringendola a restare lì dov'era.

- Myung Jae, posso spiegarti...- biascicò.

- Non devi spiegarle niente. D'ora in poi la Corea del Sud sarà solo un ricordo- s'intromise l'uomo.
Myung lo vide avvicinarsi alla finestra, aveva capito benissimo le sue intenzioni.

- No! Non farlo, papà! Ti prego no!- urlò sgolandosi. L'uomo non le diede retta e lanciò il cellulare verso il cortile.

La ragazza si fiondò verso il davanzale della finestra e scoppiò a piangere nel notare che il cellulare si era frantumato al suolo in mille pezzi. Il padre ghignò soddisfatto, Myung si voltò lentamente verso di lui.

- Mi hai rovinato la vita- sussurrò. Lo prese per le spalle e lo strattonò.

- Mi hai rovinato la vita!- urlò più forte che potè.
Ignorò il ceffone che le arrivò in pieno viso, ignorò il dolore della guancia gonfia, ignorò tutto ciò che riguardava la sua incivile ed ingiustificabile violenza.

L'inizio della fine.


***
Annyeoooong popolo! Intanto chiedo scusa per aver postato con una settimana di ritardo, se avessi fatto in tempo a quest'ora la storia sarebbe conclusa lol xD maaaaa si sa, la scuola sa dare solo ansie e problemi - non solo quelli di matematica e fisica v.v . Ebbene, la nota altamente angst della storia si fa sentire, poi la frase con cui ho deciso di concludere il capitolo HAHHAHA i'm a bad person, i know u.u  inoooltre volevo spoilerare una cosuccia davvero insignificante (anche no ma vabb): c'è una piccola e quasi invisibile analogia fra il cellulare lanciato fuori e una... cosa... un pochino.... bruttina (?) che succederà a Jimin nel prossimo - cioè l'ultimo, mettetevi l'anima in pace ahah - capitolo. BASTA MI FERMO, NON DICO PIU' NULLA GIURO. Solo, qualche giorno fa stavo pensando a scrivere un capitolo aggiuntivo, una 'what if', ecco. Tanto per immaginare cosa sarebbe successo se non fosse stata una roba fottutamente angst. Poi mi sono ricordata del fatto che odio modificare in maniera drastica le storie e niente, nessuna what if felice :) *non odiatemi pls*    Come sempre ringrazio chi legge, chi segue la fanfic e chi la recensisce aaaand vi aspetto al capitolo finale ;)   un bacioneeeee     _MartyK_ <3

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Capitolo 15
*** Capitolo 15/Epilogo ***


Vedere il cellulare a terra e con lo schermo ridotto in mille pezzi fu un durissimo colpo per il cuore di Myung Jae, in quell'esatto istante capì che era la fine, che non c'era più niente da fare.
Si voltò verso colui che doveva essere suo padre e gli rivolse uno sguardo feroce, quasi assassino.
Urlò, si sgolò, le vene pulsavano e sbattevano contro la pelle del collo - ebbe il timore che potessero fuoriuscire -, la gola bruciava ma non abbastanza da farle intendere cos'era la vera morte.

Lo prese per le spalle e lo scosse un paio di volte con le mani tremanti, sapeva a quali conseguenze stesse andando incontro con quel gesto, gli disse che le aveva rovinato la vita, che niente aveva più senso. Ed era incredibile come un minuscolo oggetto quale era il cellulare potesse essere così importante, una vitale importanza. Ignorò il ceffone alla guancia, ignorò il fatto che la parte colpita si stesse gonfiando e continuò ad urlargli tutto l'odio che provava nei suoi confronti.
Gli disse che sì, quello era l'aggeggio con cui si sentiva con Jimin e che a causa sua e di tutti quelli che non l'avevano sostenuta ora non poteva più aver nulla a che fare con lui.
Le loro vite si sarebbero separate per sempre.

Eppure non era questo il per sempre che si erano promessi, perciò decise di combattere.
Combattere per il suo amore, combattere per tutto ciò che dava un senso alla sua inutile vita.

Il padre abbandonò la stanza sbattendo la porta, era stanco di sentire i piagnistei e le urla insopportabili della figlia. Min Seo sussultò quando la porta emise uno strano cigolio, di questo passo tutta la casa sarebbe crollata, doveva smetterla di usare tutta quella violenza. Si alzò a fatica da terra e provò ad avvicinarsi alla sorella, che prontamente saltò all'indietro con uno scatto felino.
Ringhiò a bassa voce contro di lei.

- Non avvicinarti- sibilò a denti stretti.

- Myung, giuro che posso spiegarti...-

- Non avvicinarti, traditrice!- ripetè l'altra. La più grande deglutì e sbattè le palpebre, leggermente sorpresa dalla reazione di Myung.

- Mi fidavo di te- esordì dopo una manciata di secondi passati in un silenzio tombale.
Si sedette affranta sul letto e abbassò il capo, lasciando che i capelli le andassero davanti agli occhi e nascondessero le sue debolezze.

- Ho sempre pensato che fossi una persona diversa dalle altre, con sogni e speranze da raggiungere. Mi sbagliavo, sei solo una normale nordcoreana. No, che dico, sei peggio. Sei così attaccata alle radici di questa fottuta terra da non permettere a tua sorella di fare ciò che lei vuole- biascicò singhiozzando.
Min Seo, al contrario, era di ghiaccio.

- Quello che vuoi è sbagliato- si limitò a rispondere.
A quel punto Myung alzò lo sguardo e lo puntò dritto negli occhi dell'altra. Sperò di incenerirla.

- E allora lasciami sbagliare, lasciami rischiare, lasciami vivere! Se non vuoi farlo tu, lascia che lo faccia io! Perchè qui mi sento morta. Morta dentro, è una tortura e lo sai anche tu-

- Ci sono abituata- Min Seo parlava a monosillabi, era irriconoscibile.
Myung Jae si chiese davvero se fosse sua sorella o se l'avessero rimpiazzata con un qualche clone, qualcosa del genere.

Forse non l'aveva mai conosciuta, forse la sua era sempre stata una maschera. E se le cose stavano in quel modo, allora Go Min Seo era solo una patetica esibizionista.

- Se sono morta dentro tanto vale che lo sia anche fuori- furono le ultime parole della minore, prima che si infilasse sotto le fresche coperte del materasso e si rannicchiasse su se stessa, nella speranza di addormentarsi e crollare nel mondo dei sogni.

Lì dove ogni cosa è possibile, insomma.

















































* * *












































 Era passata un'intera settimana da quando Myung Jae aveva definitivamente perso i contatti con Jimin, la sua vita era ritornata grigia e monotona: la mattina si alzava presto per andare a scuola, passeggiava a braccetto con la compagna di banco mentre si avviavano verso l'ingresso dell'istituto e fissava sempre i suoi piedi per controllare che facesse gli stessi passi allo stesso momento dell'altra ragazza; si sorbiva discorsi non particolarmente interessanti da parte degli insegnanti e per ammazzare il tempo si proponeva volontaria per pulire i bagni e riordinare le classi, a casa non ci voleva proprio tornare.
Tuttavia dopo una certa ora era costretta, insomma, il coprifuoco era inevitabile.

A casa la madre non faceva altro che lamentarsi, Min Seo si rinchiudeva in camera perchè doveva studiare per alcuni esami e il padre tornava verso le otto o le nove con la solita manciata di cioccolatini, come se volesse essere perdonato per il suo mestiere poco fruttuoso.
La notte era l'unico momento in cui Myung poteva perdersi nei suoi pensieri, nella sua disperazione.

Ogni giorno era sempre la stessa storia, si chiedeva cosa stesse facendo Jimin, se fosse preoccupato per lei e se avesse capito che c'era qualcosa che non andava.
La notte, però, era anche l'unico momento in cui la mente di Myung macchinava alla ricerca di un piano per incontrare il ragazzo, almeno per dirgli ciò che era davvero successo.
Non poteva lasciare che si perdessero così, senza neanche un saluto. Dopotutto l'avevano promesso.






Durante l'ennesima notte insonne di una noiosa domenica di Marzo, Myung mise un piede fuori dalle coperte e toccò il pavimento, rabbrividendo per il freddo.
Fece attenzione a non far emettere alcun cigolio al materasso del letto e proseguì nel suo intento, per poi alzarsi completamente. Non si curò di vestirsi per l'occasione, la voglia di vederlo e spiegargli era troppo intensa.

Percorse in vestaglia il corridoio che separava le stanze da letto dal salottino e si fiondò alla porta d'ingresso, facendola scattare e uscendo di corsa verso l'esterno. I piedi si muovevano autonomamente, non era lei a controllarli.
Sapeva dove andare e non aveva affatto paura di affrontare il vento gelido o i pazzi ubriachi che circolavano alle due di notte.
Si ricordò di avere qualche spicciolo e pensò bene di utilizzarli per telefonare nelle cabine telefoniche. Per fortuna non richiedevano chissà quanti soldi, data la povertà che circolava in giro.

Inserì tre monete e pigiò energicamente i tasti del telefono, portandosi poi all'orecchio la cornetta. Sbattè nervosamente un piede a terra e alzò gli occhi al cielo, mordendosi il labbro inferiore.

- Rispondi, rispondi...- mormorò con voce flebile, un po' perchè non voleva essere colta in flagrante, un po' perchè aveva ancora residui della scorsa sfuriata col padre.
Il telefono squillò parecchie volte, così tante che Myung perse il conto. Il battito cardiaco era accelerato di gran lunga e le lacrime erano pronte a sgorgare, comprendendo che era tutto finito.
Ma proprio nel momento in cui stava per riporre la cornetta al suo posto, la voce di Jimin rimbombò ovattata nel telefono.

- Jimin! Oddio Jimin!- esclamò lei, tappandosi successivamente la bocca.

- Myung Jae! Piccola, che succede? Perchè mi chiami da qui? Dio, stavo dando di matto perchè non ti sentivo...- il castano blaterò qualcosa a proposito di quanto le mancasse, ma prima che potesse andare oltre, Myung lo bloccò e gli spiegò la situazione.

- Jimin, papà mi ha sorpresa mentre usavo il cellulare e lo ha lanciato dalla finestra. Anzi, credo sia stata Min Seo ad avvertirlo. Sai che significa? Non potremo avere contatti, ci siamo persi- disse, le lacrime scesero copiose sul viso.

- Ci siamo persi- ripetè tirando su col naso.

- Non ci siamo persi... sto arrivando- annunciò l'altro.

- C-che cosa?-

- Hai capito bene, sto venendo da te-

- Ma... Jimin! E' notte, può essere pericoloso-

- Cos'è, tu puoi metterti in pericolo e io no? E' per una giusta causa- ridacchiò l'altro.
E Myung rise a sua volta, quel ragazzo aveva il coraggio di rendere divertente anche la più complicata delle situazioni.

Lo amava così tanto che non riusciva neanche a spiegarlo. Si salutarono dandosi appuntamento al solito posto e la ragazza riprese a correre.
Poco importava se batteva i denti per il freddo e se i piedi erano così congelati da far male.

Poco importava se serviva morire pur di rivederlo.









Raggiunse il confine con un bel po' di ritardo, il treno ci mise parecchio per farsi vedere e i viaggi notturni non erano poi così confortevoli.
Giunse alle casette blu con i capelli stravolti dal vento, le labbra viola e una stanchezza che non aveva paragoni. Dovette appoggiarsi ad una parete di quelle case se non voleva crollare a terra priva di sensi.

Si mise a carponi e notò che Jimin non era ancora arrivato, sapeva per certo che fosse tardi per cui si preoccupò. Non si curò delle conseguenze delle sue azioni e uscì allo scoperto, le guardie si accorsero dei movimenti bruschi provenienti da dietro e si voltarono nella sua direzione, tutti i fucili furono puntati contro di lei.
Myung d'altra parte alzò le braccia in segno di innocenza e abbassò di poco lo sguardo, compiendo piccoli passi verso quello che riconobbe essere il signor Hope.

Lui fu l'unico a mettere subito giù l'arma e così fecero gli altri.

- Ajusshi, è una cosa seria. Per caso avete visto un ragazzo castano dall'altra parte del confine? Sono in ritardo e penso che lo sia anche lui- borbottò preoccupata.
Hope aveva uno sguardo distaccato, quasi inumano.

- Non è mio dovere dirle chi vedo e chi non vedo al confine e poi si tratta di un sudcoreano, posso parlare solo a proposito dei nostri connazionali- proferì con voce ferma, sicura.
Myung incominciò a lamentarsi e battibeccò con la guardia, tanto che alcune si avvicinarono ai due litiganti e cercarono di allontanare la corvina.

Per loro sfortuna fu più veloce e con un balzo riuscì a sorpassarli e ad atterrare dall'altro lato. Cadde a terra e si slogò la caviglia, faceva male. Si alzò a fatica e continuò ad avanzare verso le guardie del Sud, consapevole che le altre non potevano far niente in quanto si trattava di un territorio non a loro appartenente.
Si sentì prendere per il colletto della vestaglia e si voltò verso Yoongi.
Sì, era proprio lui e le rivolse una smorfia di disappunto e uno sguardo a dir poco maligno.

- Yoongi, ti prego...- fece lei, il labbro inferiore che tremava. Il ragazzo non s'intenerì.

- Lo sai quanto tengo a Jimin, sai che l'ultima cosa che vorrei è fargli del male- continuò, ormai stava perdendo le speranze.

- Non ti conosco, so soltanto che devi stare lontana dalla nostra nazione- rispose lui con fare autoritario.

Myung si chiese come avesse fatto a convivere con Jimin. Lui, che era così diverso, così insensibile rispetto al più piccolo. Lui, che pur di onorare la patria e proteggerla, aveva appena fatto finta di non conoscerla.
'A mali estremi, estremi rimedi' si disse e gli morse la mano con cui la tratteneva, Yoongi urlò dal dolore e la lasciò andare.
Myung ne approfittò per inoltrarsi nella foresta e nel frattempo vide il castano in lontananza. Sorrise e invocò il suo nome, alzando un braccio e salutandolo.
Jimin ricambiò il saluto ma la sua espressione cambiò velocemente quando si accorse che una guardia dietro di lei impugnò il fucile e lo puntò contro la ragazza.

- Myung Jae abbassati!- urlò più forte che potè, la ragazza non riuscì a sentirlo.
Si voltò in direzione opposta e vide Yoongi sparare contro di lei. Un colpo, un enorme botto e cadde in ginocchio.

Il petto bruciava, aveva gli occhi sgranati e faceva fatica a respirare. Si portò alla parte destra del petto una mano tremante e osservò come il sangue avesse già raggiunto ogni minimo lembo di stoffa della parte superiore della vestaglia.
Sbiancò all'istante, il petto continuava a bruciare e Jimin era sempre più vicino a lei.

Ebbe dei conati di vomito, abbassò la testa e tossì un paio di volte sputando sangue. Nonostante il dolore la sua mente pensava, persa nel suo mondo.
Fu come rivivere qualsiasi scorcio di vita a flash.

Sbattè le palpebre e vide il sorriso di Jimin, la sua mano che accarezzava apprensiva la sua guancia. Percepì il calore del termosifone e il sangue che infiammava le gote per l'imbarazzo.
Chiuse gli occhi, un altro flash ad attraversarle la mente: lei che stringeva saldamente le mani attorno alle corde dell'altalena e il ragazzo che rideva spingendola verso l'alto. Ed era bellissimo sentire la brezza leggera in corpo e la sensazione di vuoto in pancia.

Ogni flash si susseguì alla velocità della luce, tanto che a Myung girava la testa: il suo primo bacio, la lezione di ballo, l'uscita con gli amici, la sua prima volta.
Tutti seguirono con precisione l'ordine cronologico, fino a che non sentì un dolore lacinante al cuore e fu costretta a stendersi a terra.

- Myung Jae!- Jimin urlò disperato contro di lei.
Le tirò un paio di deboli schiaffi per evitare che perdesse conoscenza e imprecò in modi incomprensibili. Borbottava mugolii e si lasciava sfuggire urla demoniache.
La ragazza aprì gli occhi e si sforzò di sorridere, la tosse era incessante.

- Ji-Jimin... sei qui-

Il castano osservò il petto pieno di sangue e scoppiò a piangere come un bambino.
Non sapeva cosa fare, Myung era in condizioni così gravi che nemmeno l'ambulanza avrebbe fatto in tempo, e di certo non poteva perderlo facendo telefonate inutili. Passò una mano sulla sua spalla destra e scese più in basso, poco prima del seno. Si accorse che vi era presente un foro e sussultò, Myung invece si lamentò.

- F-fa male lì. Non toccarmi- mugolò. Jimin tirò su col naso e singhiozzò.

- Perchè lo hai fatto? Perchè?! Gli autobus e le metro di notte fanno ritardo, dovevi solo aspettare qualche minuto in più- urlò tra le lacrime.
Myung abbassò un po' gli occhi, aveva sonno.

- Anch'io ho fatto ritardo, pensavo fosse colpa mia...- bisbigliò.

- Oh, Myung!- esclamò l'altro e nascose il viso nell'incavo del collo della ragazza, incurante del fatto che si sarebbe sporcato di sangue.
Portò le braccia della corvina attorno alle sue spalle e cercò di alzarle il busto da terra, consapevole che quelli erano gli ultimi istanti della sua breve vita.
La sua schiena faceva su e giù, Myung ebbe la forza di massaggiargliela.

- N-non piangere...- disse, lamentandosi l'attimo dopo.

- Ti avevo detto anch'io la stessa cosa- rispose prontamente, riferendosi al loro primo incontro sul confine.

Myung tossì più forte, sgranò gli occhi e fu pervasa dagli attacchi d'asma. Il ragazzo le accarezzò una guancia e si scostò per guardarla in faccia.
Anche lui era terrorizzato.

- Che-che succede? Cosa senti?- provò a chiederle, dandosi mentalmente dello stupido.
Era così preoccupato e così impreparato che diceva le prime cose che il suo cervello elaborava. Myung Jae continuava a tossire, un filo di sangue fuoriuscì dalla bocca.

- Il cuore... fa male- sibilò a scatti.

- Che cosa?-

- Jimin... ti amo. Non dimenticarlo- concluse e serrò gli occhi, inclinò la testa all'indietro in un gesto secco e le braccia caddero molli verso il terreno, incapaci di abbracciare il ragazzo.
Non sentì nulla, solo una pace pervaderle il corpo. Il pianto e le urla di Jimin sembravano un ricordo lontano, forse mai vissuto.
Un po' come se si trovasse sott'acqua e qualcuno le stesse parlando, ecco.

Jimin la strinse più a sè e le baciò il collo, risalendo fino alla fronte e poi ai capelli. Con una mano le prese il polso e fece una leggera pressione, accorgendosi dell'assenza del battito. Capì che se n'era andata e si arrese alla realtà.
Alzò lo sguardo verso le guardie e notò che Yoongi aveva osservato la scena, così come aveva osservato quella in cui la polizia lo allontanò da lei.

Perchè Yoongi sapeva solo osservare. Non era capace di spiegare le ragioni per cui compiva dei gesti, sapeva farli e basta.
D'altronde gliel'aveva promesso: l'avrebbe protetto anche a costo di rovinargli l'esistenza.
















































* * *

















Una decina di giorni dopo la morte di Myung Jae, Jimin si trovava ancora disteso inerme sotto le lenzuola del letto.
Non aveva più voglia di vivere, non ne trovava il motivo. I suoi genitori si erano praticamente trasferiti a casa sua e la madre si stava riducendo uno straccio per capire cosa attanagliasse la mente del figlio.
Egli, dal canto suo, dopo varie resistenze riuscì a spiegarle cos'era davvero successo in quei mesi.

All'inizio fu vago e discreto, poi si perse nei suoi racconti, nel suo vissuto felice e le parlò della ragazza, di come l'amasse e di quanti bei momenti avesse passato assieme a lei. Non tralasciò nulla, le disse anche della sua cittadinanza e di quanti problemi avessero avuto con le guardie e con le forze dell'ordine.
La madre si rese conto di non conoscere Jimin abbastanza, rimpianse di non aver condiviso le sue stesse gioie.

E quando le disse di com'era morta fu peggio: Jimin ricominciò a piangere e lasciò che il suo essere infantile prevalesse su tutto.
Dette le spalle alla donna e si rannicchiò nel letto.

La stessa cosa valeva per i suoi amici, Jin gli telefonava spesso durante il giorno e gli chiedeva come stava, lui rispondeva dicendo che era una domanda senza senso. Taehyung andava a trovarlo e cercava di incoraggiarlo a riprendersi, ottenendo sempre dissensi. Jungkook invece gli strappava dei flebili sorrisi, improvvisando danze strane e facendo battute squallide sugli Idol e sulle loro passioni.
Nessuno si azzardava a toccare l'argomento, sapevano che era un tasto dolente, eppure Jimin non era affatto sollevato.





Era mattina presto quando decise di smettere di farla tragica e reagire. Si tirò su dal letto e si lamentò per il mal di testa che ne conseguiva, scompigliandosi i capelli e stringendo alcune ciocche fino a sentire dolore. Sospirò e si alzò silenziosamente dal letto, andando verso la cucina e prendendo alcuni post-it da attaccare al frigorifero. Voleva scrivere qualcosa, lasciare un avviso.
Un qualcosa che non fosse nè troppo lungo e nè troppo corto, tre fogliettini gialli bastavano.

Afferrò la penna e scrisse le prime sillabe, lo sguardo era vitreo.


Mamma, papà, scusatemi se non sono stato un buon figlio e scusatemi se non ho seguito sempre i vostri consigli.
Sinceramente non so cosa dire, ho tante cose per la testa e come sapete riguardano soltanto Myung Jae. Non mento quando dico che la amo più della mia stessa vita e non mi interessa il vostro pensiero a riguardo.
Voglio solo che sappiate che vi voglio bene e che non smetterò mai di farlo, neanche dopo questa drastica decisione.
Jimin



Attaccò i foglietti sulla superficie del frigorifero e uscì dall'appartamento, salendo le scale e arrivando fino al tetto.
Aveva maturato quest'idea malsana da molto tempo e anzi, ne era passato così tanto che i ciliegi erano rinati e le foglie si staccavano dagli alberi e viaggiavano leggiadre nel cielo di Seoul. Camminò verso l'estremità del palazzo e chiuse gli occhi, beandosi della brezza leggera che gli accarezzava la pelle e gli muoveva i capelli.

Inspirò l'aria a pieni polmoni e sorrise sentendo il piacevole odore di primavera, Marzo era al capolinea.
Vide alcuni petali di ciliegio passargli davanti e sussultò per lo spavento, o forse era il venticello che gli provocava la pelle d'oca. Si disse che era il momento di mantenere le promesse che aveva fatto, si sporse verso il basso e osservò con sguardo confuso la strada sottostante.
Era ancora presto e non circolava nessuno.

Deglutì pensando a cosa lo stesse aspettando, nonostante tutto saltò sul gradino che separava il vuoto dal pavimento e drizzò la schiena, mantenendo l'equilibrio con le braccia allargate verso l'esterno.
Chiuse gli occhi, la voce di Myung entrò nelle sue orecchie e se ne uscì dal nulla, così come ci era entrata.

- Prima o poi ci rincontreremo, vero?-

Sorrise alla domanda e rispose.

- Te l'ho detto, una soluzione si sarebbe trovata-

- Sarò io stessa a dirtelo: vieni via con me-

Jimin riaprì gli occhi e guardò l'orizzonte, l'alba aveva colorato di arancio il cielo e il sole illuminava il suo viso stanco.

- Verrò via con te- sussurrò e si sporse in avanti, i piedi si inclinarono verso il basso e il ragazzo piombò nel vuoto per alcuni istanti.
Sembrava stesse volando e gli piaceva. Gli piaceva volare verso la sua destinazione.

Poi non sentì più nulla, di colpo un blackout.
Myung Jae sorrise e gli porse la mano, lui l'afferrò e si alzò da terra correndo nella sua stessa direzione.

Anche se era un sudcoreano, comprese di non aver vissuto affatto fino a quel momento.

Se vivere significava starle accanto per sempre, allora aveva appena iniziato.


***
*si copre gli occhi con le mani ed evita di sbirciare* abbiamo finito? Sul serio? E' terminata?  Oh già, annyeooooong popolo!!  *comincia a correre dalla gente che vuole linciarla*. Sì okay, ma io vi avevo avvisato: era dannatamente angst e senza what if che sanciva l'happy ending. Niente di niente, solo la pura, triste e meschina realtà. Non odiatemi pls >//<  non riesco a credere che abbia terminato davvero, se devo ammetterlo un po' mi manca questa storia, no anzi, mi mancherà postarla e avere ansia, immaginare chi incapperà in questa roba e che concetto si farà di questo abbozzo di fanfic, sul serio. Però così pare che sto parlando come se non dovessi postare più nulla eeeee EEEEEEENGH, SBAGLIATO. Perchè tornerò presto con una storia nuova di zecca (sì, sono un vulcano di idee pazzoidi). Vi spoilero solo che sarà incentrata interamente su Jungkook, quiiiiindi Jungkook biased preparatevi al massacro dei feels u.u perchè vi anticipo che è la roba più nonsense, demenziale, comica (spero), abbastanza (sì vabbe, parecchio) romantica e stramboide che abbia mai scritto.
Ora, tornando al capitolo, ja è l'ultimo. Ovviamente Jimin ha immaginato di parlare con Myung, non è mica la tipa che lo invita al suicidio! Min Seo è simile a Yoongi, come avrete potuto notare, eeeee l'analogia col cellulare e Jimin... l'avete notata vero? .-.''  in un certo senso il cellulare rappresentava lui, dato che i due lovers non potevano vedersi, ovvio che distruggendolo è come se fosse stato distrutto anche Jimin. E poi vabbeeeeè non volevo concludere in modo totalmente angst, quindi sì, stanno felici e contenti in paradiso (ma i suicidi non vanno in parad-----LORO SONO LIBERI. GN.). Che dire, ringrazio infinitamente TUTTI: T O M O M I  che mi ha sostenuta fin qui e ha sclerato con me xD, tenacious_deep_soul 99  la mia cara unnie che faccio piangere continuamente con sta roba (mianhae tesoro -.-''), _ChocolateKookie_  che sclera e mi fa ridere un sacco >.< (anche se è scomparsa da un po'... where are you, girl??), tutte le persone che l'hanno inserita nelle varie categorie del sito *scusatemi, non ce la faccio ad elencarvi tutti cause sto già scrivendo un papiro*  e chi l'ha letta silenziosamente.
Grazie a tutti, spero vi sia piaciuta e vi abbia suscitato qualcosa (qualsiasi cosa lol) e ci rivedremo presto con la prossima storia ;)    Bacioniiiiiiiiii   _MartyK_ <3

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