Here I am || Michael Jackson

di Susanna_Scrive
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



​Capitolo 1
 
- Mi dispiace ma sono costretto a licenziarti -

I miei occhi si spalancano sentendo questa frase, possibile che abbia sentito male? Mi domando cercando di capire se quell'uomo davanti a me mi stesse facendo un qualsiasi scherzo.

- Mi dica che è uno scherzo - chiedo mostrando un sorriso scherzoso nonostante il nervosismo.

L'uomo di fronte a me scuote la testa negando la mia affermazione, in un attimo anche il mio finto sorriso sparisce lasciando spazio solo a tanta confusione e angoscia. Stavo per chiedere spiegazione ma il mio ormai ex capo si affretta a chiarire i miei dubbi.

- Tu sei stata un ottima dipendente, i tuoi sandwich e i tuoi dolci sono incredibilmente buoni è hai sempre lavorato con eccellenza e minuziosa attenzione ma cerca di capirmi, non posso più tenerti con me - si spiega l'uomo con tranquillità.

In quel momento la mia confusione aumenta, se sono così brava perché licenziarmi.

- Scusi ma continuo a non capirla signore. Se sono così brava come dice perché licenziarmi? - domando in preda alla collera.

Lui scuote nuovamente la testa e con un dito indica il mio ventre gonfio.

- E' questo, io non posso permettermi di pagarti lo stipendio mentre tu starai in maternità per un anno. - si spiega non togliendo quel dito puntato sulla mia pancia.

Ciò mi innervosisce e con un gesto della mano lo allontano da me, lui non curante mette le mani nelle tasche dei pantaloni.

- Abbiamo già intrapreso questo discorso, le avevo detto che del periodo di maternità non me ne importava nulla. Avevo detto che avrei continuato a lavorare e che per quanto riguarda il bambino, una volta nato, avrei gestito io come prendermene cura. - gli ripeto sconcertata.
- E se le dovesse succedere qualcosa? Ci ha mai pensato? - mi domanda.
Io scuoto la testa lasciandomi sfuggire una risatina amara.
- Lei ha semplicemente paura di assumersi delle responsabilità se mi dovesse succedere qualcosa. Non finga con me - dico iniziandomi a togliere la bandana azzurrina che manteneva i miei lunghi capelli all'indietro.
- Mi dispiace Madeleine -
- Mi dispiace più a me glielo posso garantire - dico togliendomi il grembiule per poi lasciarlo appoggiato al bancone de bar che una mia collega aveva appena finito di pulire.

Recupero la mia giacca dal mio appendi abiti all'ingresso insieme al casco del mio motorino per poi abbandonare il bar senza voltarmi indietro. Alcune lacrime scendono prepotentemente dai miei occhi senza che me ne accorgessi, mi asciugo gli occhi con la giacca e salgo sulla mia Vespa mettendo il casco per poi accendere il motore. Faccio lo slalom tra le varie persone presenti sulla strada che iniziano a sistemare gli stand per il mercato che fanno tutti i sabati in questo quartiere nella periferia di Los Angeles. Dopo una ventina di minuti arrivo davanti al mio appartamento e dopo aver parcheggiato il mio motorino dentro il "giardino" composto prevalentemente da terra arida ed erba secca entro in casa buttando a terra il casco accanto all'ingresso. Mi dirigo in cucina dove regna il caos più totale tra piatti da lavare sia sul lavello che sul tavolo. Faccio un po' di spazio e mi siedo su una sedia prendendomi la testa tra le mani al limite dell'esasperazione lasciandomi sfuggire un sospiro. Il mio sguardo ricade sulla mia pancia e mi lascio ad un sorriso accarezzandola.

- Non è colpa tua - sussurro compiendo dei movimenti leggeri.

Decido di telefonare all'agenzia che mi aveva procurato quel lavoro per avvisarli del mio licenziamento. Una volta arrivata al mio telefono fisso
compongo il numero e dopo un paio di squilli sento una voce dall'altro lato della cornetta.

- Pronto? -
- Salve sono Madeleine Cruz -
- Madeleine! Sono Josh! - esclama la persona dall'altro lato.
- Ehi Josh non ti avevo riconosciuto scusami - dico lasciandomi sfuggire un sorriso.
- Se mi chiami vuol dire che non ci sono buone notizie, vero? - domanda tristemente.

Io annuisco anche se non può vedermi.

- Già -
- Mi dispiace tanto - mi consola.
- E' l'ennesima volta nel giro di quattro mesi - posso constatare facendo mente locale.
- Beh cerca di capire che non tutti prenderebbero una ragazza incinta a lavorare, soprattutto se si tratta di stare dietro ai fornelli - mi spiega ma io non posso fare altro che sbuffare contrariata suscitando in Josh una risata.
- Comunque puoi mettere nuovamente il mio annuncio con il curriculum per favore? - dico tranquillamente.
- Non ti vuoi arrendere vero? - mi domanda divertito.
- Purtroppo non si tratta di arrendersi o meno, a me servono soldi se voglio crescere mio figlio al meglio - spiego.

Seguono alcuni secondi di silenzio e ho il dubbio che sia caduta la linea.

- Josh? - lo richiamo.
- Ehm si ci sono, scusa - si risveglia lasciandomi sfuggire una risata.
- Comunque consideralo già fatto - dice per poi sentire dei rumori dall'altro lato della cornetta.
- Grazie e ricorda di - mi stavo raccomandando ma vengo prontamente interrotta.
- Di telefonarti appena ricevo qualcosa, lo so tranquilla - dice Josh con una voce fintamente annoiata.

Mi lascio sfuggire una risata divertita, ormai quell'uomo mi conosce fin troppo bene.

- Ok ok grazie - mi scuso mentre continuo a ridacchiare.
- A presto Madeleine e riguardati mi raccomando -
- Non preoccuparti, passa una buona giornata Josh -
- Anche tu, appena ho notizie ti chiamo - dice per poi chiudere la telefonata.

Rimetto la cornetta apposto e decido finalmente di mettere a posto la cucina pregando di riuscire a trovare lavoro il prima possibile.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***




Capitolo 2
 

A dir poco stravolta mi siedo finalmente sul divano appoggiandomi allo schienale lentamente, la mia schiena è a pezzi dopo aver passato praticamente l'intera giornata a pulire e a sistemare. Abito in un monolocale ma ci vuole tempo tra mettere a posto piatti, lavare, fare lavatrici, stendere, stirare e sistemare. Era praticamente un porcile invece adesso potrei tranquillamente sdraiarmi sul pavimento per quanto è pulito. Mi tolgo le scarpe decidendo di rimanere in calzini per stare più comoda. La casa è fin troppo silenziosa così decido di accendere la radio nella prima stazione funzionante.
 

- "Buongiorno americani! Buongiorno a quelli che in questo momento stanno viaggiando, a quelli che sono a lavoro o a quelli che stanno semplicemente oziando sul divano di casa" - quasi urla il cronista.


Io ridacchio pensando che in questo momento appartengo alla terza categoria citata dal tizio alla radio.


- "Probabilmente vi starete annoiando ma noi non vogliamo questo. Ma abbiamo la soluzione che vi farà alzare tutti in piedi a ritmo di musica! Questo è un pezzo del 1991 di Michael Jackson, direttamente dal suo album "Dangerous" ecco a voi "Keep The Faith"! - continua per poi far partire la canzone.


Con quel ritmo lento iniziale mi alzo alzando il volume della radio per poi dirigermi in cucina per prepararmi il pranzo, prendo la pentola aggiungendo un goccio d'olio e mentre taglio i pomodori che userò come insalata sento la musica che prende un ritmo più veloce che mi fa battere il piede a tempo. La sua voce è magnifica e particolarmente melodiosa e alla fine mi ritrovo praticamente a ballare mentre metto le fette di pollo nella padella per cuocerle. Entro pochi minuti entrambe le fettine sono pronte e le metto nel piatto insieme ai pomodori tagliati, appoggio tutto sul tavolo insieme a un bicchiere, una brocca con dell'acqua presa dal rubinetto, le posate con lo Scottex, l'olio e il sale per condire sia la carne che l'insalata. Anche mentre sono seduta continuo a muovere entrambi i piedi a tempo, la canzone finisce fin troppo presto e in seguito passano in radio le notizie dal mondo che non mi soffermo molto ad ascoltare. Una volta finito metto tutto nel lavandino e, dopo aver messo nel ripiano apposito l'olio e il sale, prendo la confezione di vitamine che mi ha prescritto la ginecologa la prima volta che sono andata a fare la visita. Apro il barattolo e noto che ne sono rimaste solo due compresse, sbuffo pensando che  quelle pastiglie costano un occhio della testa e che lo stipendio che prendevo era talmente misero che a mala pena uso addirittura gli spiccioli per pagare le bollette. Ne prendo una e la ingerisco aiutandomi con un bicchiere d'acqua, l'ansia aumenta al solo pensiero che sono per l'ennesima volta in ritardo con il pagamento dell'affitto. Per risparmiare il più possibile ho smesso di fare le visite dalla ginecologa già dal secondo mese di gravidanza e ora sono al sesto. Lavo le stoviglie per poi rimettere a posto tutto cercando di mantenere quanto più ordine possibile. Sono le 14.15 quando sento il campanello suonare, dirigendomi verso la porta non posso fare a meno di domandarmi chi potesse essere a quest'ora. Una volta aperta la porta mi lascio sfuggire un sorriso appena riconosco la mia vicina.


- Signora Enderson, che piacere rivederla! - la saluto con un bacio due baci sulle guance.

- Ciao Madeleine, quante volte ti devo dire di darmi del tu - mi rimprovera bonariamente l'anziana.

- Scusi ma non ci riesco ma prego si accomodi - le dico lasciandole spazio per farla accomodare.

- Grazie cara - dice la donna entrando in casa per poi andare in cucina.

- Lo gradisce un tea? - domando già davanti allo scaffale dove si trovano le bustine.

- Volentieri la ringrazio -


Io annuisco mettendo l'acqua nel bollitore accendendolo per poi tirar fuori il contenitore dello zucchero, il limone e alcuni biscotti con gocce di cioccolato che ho fatto ieri posando tutto ordinatamente sul tavolo. Appena il bollitore si spegne, segno che l'acqua è pronta, verso il tutto all'interno di una teiera insieme alle due bustine per poi appoggiare anch'essa sul tavolo insieme alle tazzine e ai cucchiai.


- La servo? - chiedo già con la teiera in mano.

- Non preoccuparti cara mi servo io, siediti che non ti devi affaticare -

- Si figuri, per una teiera - ridacchio.


La donna mi fa comunque sedere e serve il te sia per se sia per me, la ringrazio con un cenno del capo per poi mettere lo zucchero ad entrambe.


- Come stai tesoro? Come procede la gravidanza? - mi domanda l'anziana accanto a me.

- Per il momento procede bene la ringrazio - dico sorridendo.


L'anziana poggia una mano sulla pancia accarezzandola dolcemente da sopra la mia camicetta a quadretti bianca e rosa.


- Si è fatto sentire? -

- In realtà ancora no -

- Strano, solitamente già dal quarto mese si dovrebbe sentire il bambino muoversi - riflette non distogliendo lo sguardo dal mio ventre.

- Magari è tipetto tranquillo - provo a constatare sorridendo leggermente.

- Può darsi, ringrazia dio per questo, non tutte possono godere di questa tranquillità -


Io annuisco leggermente divertita pensando a tutti i problemi che da la gravidanza che io ho avuto la fortuna di non avere. Improvvisamente la signora Enderson si fa seria lasciandomi perplessa mentre la vedo allontanare la mano dalla mia pancia.


- Lui che fine ha fatto? - chiede con tono dannatamente serio.


Mi faccio immediatamente seria anche io, solo pensarci mi fa venire i brividi.


- E' agli arresti domiciliari - dico.

- Quel mascalzone dovrebbe passare il resto dei suoi giorni in galera! - si innervosisce sconcertata dalla mia rivelazione.


Mi limito ad annuire senza sapere effettivamente cosa dire.


- Cara scusa se ti ho disturbata ma ho bisogno che tu mi faccia un favore - mi chiede la donna.

- Certo mi dica - dico aspettando la sua richiesta.

- Quanto volte ti devo ripetere di non darmi del lei, mi vuoi far sentire più vecchia di quello che già sono? - alza gli occhi al cielo l'anziana facendomi ridere di gusto mentre camuffo la risata mettendo una mano davanti alla bocca.

- Comunque hai voglia di farmi la tua buonissima torta alla margherita? Oggi è il compleanno di mio marito e tu sei veramente bravissima soprattutto con i dolci -mi supplica quasi la donna congiungendo le mani in segno di preghiera.


Io mi alzo e guardo dentro uno dei mobili per verificare se effettivamente ho tutti gli ingredienti e quando noto che è così mi giro verso la signora ancora seduta sulla sedia.


- Signora Enderson oggi è il suo giorno fortunato, ho tutti gli ingredienti -


Sorrido vedendola sorridere felice della notizia, inizio in poco tempo a fare l'impasto mentre l'anziana seguiva minuziosamente ogni mio singolo movimento. Una volta fatto metto l'impasto in una teglia per poi metterlo nel forno che è stato precedentemente accesso e messo a 180 gradi.


- Tra circa trenta minuti sarà pronta - dico pulendomi le mani sul mio fidato grembiule blu a fiori.


Noto che l'anziana mi guarda quasi con ammirazione e io sorrido confusa.


- Si vede che ci metti passione in quello che fai, ti avrò visto farla un miliardo di volte da quando ti conosco e io miliardi di volte ho provato a rifarla. Non mi è mai uscita buona come la tua nonostante il procedimento era identico. Sei incredibile - spiega la donna sorridendomi.


Io mi lascio andare a un sorriso raggiante, apprezzo quando qualcuno mi fa i complimenti soprattutto se si tratta delle mie doti culinarie.


- La ringrazio, così mi lusinga. Comunque le posso dire che ci vuole tanta pratica poi io non ho fatto niente di che -


La vedo scuotere repentinamente la testa.


- No cara, forse tu non te ne accorgi ma tu ci metti amore. Ho visto trasparire amore in ogni singolo gesto che hai fatto - continua la signora Enderson.


Io faccio un leggero inchino ma vengo distratta dal telefono che squilla.


- Mi scusi un secondo - dico pulendomi di nuovo le mani su un telo da cucina.

- Non preoccuparti cara - mi rassicura facendo un gesto con la mano.


Sorrido ringraziandola per poi fare una leggera corsetta per raggiungere il telefono prima che smettesse di squillare.


- Pronto? -

- Madeleine! Sono Josh! - si sente dall'altra parte.

- Ehi Josh! C'è qualche problema? - domando allarmata.

- No no Madeleine! - dice l'uomo dall'altra parte del telefono estasiato all'inverosimile.

- Che succede allora? -

- Ho delle notizie per te -

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 
 

Capitolo 3
- Mi devo forse preoccupare? - domando in preda all'ansia.
- No, probabilmente mi bacerai mani e piedi dopo quello che sto per dirti -

Io aggrotto le sopracciglia confusa.

- Allora cosa succede? -
- Qualcuno ha chiesto di te! - dice Josh in preda all'eccitazione.

Spalanco gli occhi e le mie gambe sembrano di gelatina al solo pensiero di aver trovato già un lavoro in così poco tempo.

- Se è uno scherzo non è divertente - dico cercando di autoconvincermi del contrario.
- No! Non è uno scherzo Madeleine. Un certo Bill Whitfield ha chiesto di una cuoca - spiega l'uomo dall'altra parte del telefono.

Dopo un attimo di puro smarrimento e confusione inizio a saltellare con ancora la cornetta attaccata all'orecchio. La signora Enderson sentendo quei rumori la vedo alzarsi dalla sedia per poi avvicinarsi a me preoccupata ma vedendo i miei occhi lucidi e il sorriso stampato sul volto si tranquillizza.

- Madeleine ci sei? - mi sento richiamare da Josh che ridacchia divertito.
- Emh si si ci sono - dico in preda all'emozione

Sento l'uomo ridacchiare ancora più forte.

- Sei felice? - mi domanda.
- E' una domanda retorica? Certo che sono felice! Se è un sogno non svegliatemi - esclamo in preda all'euforia.
- Tranquilla non è un sogno, è tutto vero. Quindi signorina scordati le vacanza - mi fa la battuta.
- Non sono mai stata così felice -
- Esagerata! Comunque il signor Whitfield vorrebbe incontrarti il prima possibile, addirittura oggi se è possibile - mi racconta Josh mentre lo sento digitare qualcosa con il computer.

Io mi volto automaticamente verso la signora Enderson che continua a guardarmi sorridente.

- Non credo che oggi sia possibile - rispondo.

Vengo bloccata dall'anziana dietro di me che mi tocca una spalla facendomi rivoltare verso di lei mostrando uno sguardo confuso.

- Non preoccuparti cara, appena la torta è pronta me ne andrò - mi rassicura mostrando un sorriso.

Io metto una mano sulla cornetta cercando di non far ascoltare a Josh la conversazione tra me e la signora Enderson.

- Ma no signora, non è necessario - cerco di spiegarle.

Lei immediatamente nega con lo sguardo.

- Il lavoro è molto più importante tesoro, vedrai verrò a trovarti un'altra volta non preoccuparti -

Io automaticamente sorrido e con un cenno la ringrazio per poi riportare la cornetta all'orecchio.

- Josh ci sei? -
- Certo! Sono tutt'orecchi - dice con voce squillante.
- Conferma al signor Whitfield che può venire a casa mia per un incontro se lo desidera -
- Perfetto! Invio l'email - dice schiacciando qualcosa nella tastiera.

La signora dietro di me continua a tenere una mano sulla mia spalla e io la afferro accarezzandola, ho sempre pensato che questa donna mostra un'incredibile dolcezza nei miei confronti. Le sorrido dolcemente e sono felice quando che ricambia allo stesso modo il mio sguardo stringendo leggermente la presa sulla mia spalla.

- Wow mi ha già risposto - mi richiama quasi l'uomo dall'altra parte.
- Cosa dice? - domando curiosa e in preda all'euforia.
- Che verrà verso le 17 massimo 17:30 - racconta mentre legge l'email.
- Come orario è perfetto, puoi confermare - rispondo immediatamente.
- Perfetto, sappi che anche io verrò con questo signore perché bisogna formalizzare il tutto - spiega.
- Fantastico! E' da tanto che non ci vediamo - esclamo contenta.
- Anche io non vedo l'ora di rivederti cara, a dopo allora - mi saluta.
- A dopo Josh - ricambio per poi concludere la telefona riposando la cornetta al suo posto.

Io la donna anziana ritorniamo in cucina e pochi istanti dopo il timer mi avvisa che la torta ha finito di cuocere. Io mi affretto a spegnere il forno e in seguito quell'attrezzo infernale che suona incessantemente. Tolgo la teglia dal forno e, sotto lo sguardo della signora Enderson, prendo uno stecchino per verificare la cottura interna dell'impasto. Quando tolgo il bastoncino dalla torta posso constatare che la cottura è perfetta, soddisfatta rimuovo la torta dalla teglia e la poggio su un vassoio in cartone, metto lo zucchero a velo e la incarto con della plastica trasparente per poi chiuderla con un nastrino dorato.

- Sei un'artista - commenta la donna soddisfatta.

Io arrossisco all'ennesimo complimento, mi limito a sorridere per poi porgerle la torta. La accompagno alla porta e una volta aperta mi da due baci sulla guancia in segno di saluto.

- Grazie mille di tutto cara e buona fortuna con il nuovo lavoro -
- Si figuri per me è un piacere e faccia gli auguri a suo marito da parte mia -
- Sarà fatto, ti aspetto a casa per un tea -
- Con piacere - sorrido in segno di ringraziamento.

Aspetto che entri a casa sua per poi chiudere la porta, guardo l'orologio e noto che sono già le 16:15 così mi metto a sistemare le cose lasciate in giro e a pulire. In venti minuti è tutto perfettamente in ordine e soddisfatta mi affretto a fare una crostata con una marmellata di ciliegie fatta da me. Una volta fatta la metto in forno sapendo che sarà pronta entro un'ora, in fretta e furia entro a farmi una doccia veloce. Mentre mi vesto penso a quanto sono fortunata e felice, vorrei che mi dessero un pizzicotto solo per verificare che non sto sognando. Siccome ho un po' freddo mi metto una maglia a collo alto color sabbia, un colore che io adoro. Mi trucco un po', cosa che non faccio mai solitamente, per poi sciogliermi i capelli pettinandoli. La mia immagine allo specchio mi ferma dallo spazzolarmi i capelli, sono particolarmente raggiante e con un sorriso stampato sul volto. Questa maglia aderente evidenzia la mia pancia e non posso fare a meno di accarezzarla, penso a quanto mi piacerebbe sentirlo muoversi ma mi lascio sfuggire un sospiro quando capisco che infondo mio figlio sarà molto tranquillo. Torno in cucina controllando il forno e vedo che la cottura procede bene, spalanco gli occhi quando poso lo sguardo sull'orologio che segna le 16:57. Sono stata particolarmente lenta a prepararmi, penso mentre metto dell'acqua nel bollitore per preparare un tea. Sistemo il mio servizio migliore sul tavolo insieme allo zucchero, il limone e il latte se qualcuno lo gradisce. In un vassoio metto alcuni dei miei biscotti al cioccolato e dei piattini con delle forchettine per poi attendere l'arrivo degli ospiti. L'acqua finisce di bollire così metto due bustine nella teiera per poi versare l'acqua bollente al suo interno. Lascio riposare il tea sul piano cottura e il timer segna che la crostata è pronta così la tolgo dal forno. Dal profumo capisco che mi è uscita buona ma comunque decido di aprire un po' la finestra per cambiare aria. Poggio la crostata su un vassoio insieme a un coltello sul tavolo insieme a tutto il resto poi mi appoggio al piano cottura aspettando. Il campanello suona facendomi sobbalzare sul posto, punto velocemente lo sguardo sull'orologio e noto che sono esattamente le 16:16. Mi affretto ad avvicinarmi alla porta, controllo il mio aspetto all'ingresso per vedere se sono presentabile. Scrollo le spalle e, dopo aver fatto un respiro profondo, apro la porta.

 

Betty White è la signora Enderson
 
Robin Williams è Josh Burton

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



Capitolo 4
 
Come spalanco la porta faccio quasi un balzo all'indietro trovandomi davanti a due montagne. Due uomini completamente vestiti di nero e occhiali da sole si trovano di fronte a me. Mi intimoriscono con i loro sguardi che non fanno trasparire alcun tipo di emozione e io indietreggio leggermente spaventata. Uno dei due si toglie gli occhiali per poi metterli nel taschino della sua giacca nera e automaticamente anche l'uomo accanto a lui fa lo stesso. Solo in quel momento mi accorgo di un viso conosciuto tra i due omoni, quello di Josh che mi rivolge un sorriso al quale ricambio. Visto che mi sono praticamente incantata mi affretto a porgere la mano a uno dei due uomini in giacca e cravatta un po' titubante.
 
- Piacere sono Madeleine Cruz - dico leggermente intimorita.

L'uomo leggermente più robusto rivolge un fugace sguardo al mio ventre gonfio e ciò mi mette in imbarazzo ma quando lo vedo sorridermi leggermente mi rilasso.

- Piacere mio, sono Bill Whitfield - ricambia con la sua voce particolarmente profonda.

Me la stringe parecchio ma riesco a rimanere impassibile, porgo la mano anche all'altro uomo al suo fianco.

- E io sono Javon Beard piacere-
- Il piacere è tutto mio - ricambio la sua stretta che meno decisa di quella del signor Whitfield.
- Ma prego accomodatevi - dico facendoli entrare.

Mi ringraziano entrambi con un gesto del capo per poi varcare la soia di casa mia, li seguo con lo sguardo ma vengo distratta da una voce ben conosciuta.

- E a me non mi saluti? - domanda l'uomo che non si è mosso dal mio ingresso.

Io sorrido e lo abbraccio con trasporto, lui ridacchia mentre appoggia una mano sulla mia schiena e l'altra tra i miei capelli stringendomi leggermente a se.

- Josh, sono tanto felice di vederti - dico sinceramente.
- Anche io sono contendo - ammette per poi staccarsi dall'abbraccio.
- Vieni accomodati -

Lui non ci pensa due volte, stavo per chiudere la porta ma il mio sguardo si posa sulla macchina parcheggiata davanti al mio giardino. Una macchina nera e decisamente di lussa si trova davanti ai miei occhi e non posso fare a meno di osservare quanto sia bella e lucida. Non ne avevo mai visto una dal vivo e la tentazione di avvicinarmi per guardare gli interni è tanta, ma ho degli ospiti quindi decido di lasciar perdere. Chiudo la porta e noto che tutti e tre gli uomini sono in piedi mentre si guardano attorno.

- Prego accomodatevi - li invito con un sorriso.

Li vedo guardarsi tra loro per poi sedersi intorno al piccolo tavolo della cucina lasciando l'ultima sedia per me, prendo la teiera portandola a tavola.

- Ne gradisce? - chiedo al signor Whitfield.
- Si grazie - sorride facendomi spazio.

Verso il tea per tutti a quattro e taglio anche delle fette della mia crostata ormai tiepida. Vedo i due uomini vestiti in nero assaggiare un piccolo pezzo del mio dolce e io sono con il fiato sospeso pregando che gli piaccia. Il signor Beard fa una faccia sconvolta che mi fa rabbrividire, o no, penso dandomi della stupida mentalmente.

- Mi dispiace signor Beard, di solito le faccio più buone di così, mi dispiace tanto - inizio a straparlare cercando di trovare una scusa.

L'uomo si precipita a negare velocemente con la testa per poi rivolgermi un sorriso smagliante che mi lascia del tutto confusa.

- E' la crostata più buona che abbia mai mangiato in vita mia - esclama per poi prenderne un altro pezzo, decisamente più grande del precedente, portandoselo alla bocca.

Io mi lascio andare a un sospiro di sollievo per poi sorridere dolcemente.

- La marmellata è deliziosa - commenta Josh.
- Anche quella l'ho fatta io - spiego.
- Mi ricorda tanto la crostata che faceva mia madre - racconta il signor Whitfield mostrando un sorriso dolce.
- Sono contenta che le piaccia - dico sinceramente ricambiando il suo sorriso.

Finiscono la fetta in brevissimo tempo e quando vedo Josh togliere da una valigetta, che non avevo notato prima, dei fogli capisco che ora si deve parlare di cose serie.

- Signorina Cruz, a quanto ho capito lei fino ad oggi lavorava in un bar nella periferia di Los Angeles, dico bene? - domanda il signor Whitfield mostrandosi particolarmente serio.

Io mi limito semplicemente ad annuire confermando quanto dice.

- Sei stata licenziata perché il proprietario si è rifiutato di tenerti a lavoro nelle tue condizioni, giusto? - continua.
- Esattamente, nonostante abbia dato la mia completa disponibilità fino al termine della gravidanza e anche oltre - spiego cercando mi rimanere il più calma possibile.

L'uomo sorride comprensivo lasciandomi leggermente stupita.

- E' ammirevole da parte sua - commenta.

Lo vedo sistemarsi meglio sulla sedia per poi appoggiare i gomiti sul tavolo iniziando a fissarmi.

- Quello che siamo venuti a proporti è un lavoro decisamente meno faticoso di quello che facevi prima e sicuramente guadagnerai molto di più - inizia a spiegare.

Ascolto molto più interessata di prima appoggiando la schiena alla sedia mentre sorseggio lentamente il tea ancora caldo.

- Dovrai semplicemente preparare una colazione, un pranzo, un pasto a metà giornata e una cena - continua.

Annuisco avendo capito tutto.

- Poi potrà tornare a casa ma dovrà comunque essere sempre reperibile per qualsiasi evenienza - si raccomanda.
- Il nostro capo vuole che ci sia la massima riservatezza quindi non potrà dire a nessuno per chi lavorerà e dove - continua.

Il mio sguardo si posa inevitabilmente su Josh che ha improvvisamente smesso di scrivermi rivolgendomi anche lui uno sguardo confuso.

- Scusi, ma non devo lavorare per lei? - domando confusa.

L'uomo scuote la testa ridacchiando divertito.

- Signorina, siamo sulla stessa barca, anche noi abbiamo bisogno di soldi per le nostre famiglia. Sicuramente io non posso permettermi qualcuno che cucini per me - dice divertito.
- Il nostro capo ci ha incaricato di trovare una cuoca e tu sei capitata proprio nel momento giusto - parla il signor Beard che, fino a quel momento, è stato in silenzio limitandosi ad ascoltare.

Mi lascio andare ad un sorriso contenta di aver trovato finalmente un lavoro che, forse, mi permetterà di condurre una vita migliore sia per me sia per mio figlio. In quel preciso mi acciglio pensando proprio al mio bambino.

- Scusi vorrei farle una domanda se possibile -

Il signor Whitfield inarca un sopracciglio incuriosito.

- Mi dica pure -
- Volevo chiedere se la gravidanza influenzerà in qualche modo il mio lavoro in futuro - chiedo tenendo gli occhi puntati sul suo sguardo.

Anche Josh si volta verso quella che ho capito essere una guardia del corpo. L'uomo si passa una mano sul viso quasi frustrato, io mi lascio andare ad un sospiro rassegnato ma quando quest'ultimo mi rivolge un sorriso rimango sorpresa.

- Per il mio capo non credo che sia un problema, adora i bambini e comunque se ci dovessero essere dei problemi lui sarà sicuramente ben disposto ad aiutarla - spiega gentilmente.

Io automaticamente sorrido ringraziando il dio per questa opportunità.

- Ovviamente per il periodo di maternità resterà a casa e siccome le faremo firmare un contratto il lavoro è assicurato, a meno che lui non la licenzi - si lascia sfuggire una risata.

Deglutisco in preda all'ansia ma la voce del signor Beard mi fa voltare nella sua direzione.

- Non si preoccupi, se cucina il resto come ha cucinato questa crostata non credo che avrà problemi - mi rassicura l'altra guardia del corpo.

Io sorrido ringraziandolo con lo sguardo.

- Allora cosa ne pensa? - mi domanda il signor Whitfield attendendo una risposta.

Il mio sguardo si posa su quello di Josh che sembra essere al settimo cielo, mi lascio andare a un sorriso smagliante e, dopo essermi rivoltata verso l'omone di fronte a me, decido di rispondere.

- Sono molto felice di accettare - dichiaro.

Le due guardie del corpo si rivolgono uno sguardo indecifrabile per poi mostrarmi un sorriso.

- Perfetto! Benvenuta in famiglia - esclama il signor Beard.

Quella frase mi lascia particolarmente colpita e non posso fare a meno di sorridere felice di questo nuovo lavoro. Stringo la mano alle due guardie del corpo per poi abbracciare Josh lasciandomi scappare qualche lacrima commossa.

- Ehi! Non piangere, dovresti essere felice -
- Scusa e che mi sono commossa - affermo allontanandomi per poi asciugarmi il viso.

Il signor Whitfield e il signor Beard sembrano inteneriti da quella scena a giudicare dai loro sguardi. Ciò mi imbarazza molto così abbasso lo sguardo non volendo farmi vedere con le guance rosse. Improvvisamente sento il campanello suonare e inarco un sopracciglio confusa, non aspettavo nessuno.

- Scusatemi - dico per poi dirigermi verso la porta d'ingresso.

Nemmeno il tempo di aprire la porta che vengo afferrata violentemente per un braccio lasciandomi sfuggire un urlo.
 

​Bill Whitfield e Javon Beard

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Capitolo 5
 
Il terrore mi annebbia la vista quando riconosco la persona di fronte a me. Quei tatuaggi li riconoscerei ovunque nonostante la mia vista sia offuscata dalle lacrime.

- Alexander - pronuncio con un filo di voce.

Il ragazzo davanti a me si lascia andare a un sorriso per niente rassicurante che mi fa solo raggelare il sangue nelle vene.

- Maddy, che c'è? Non ti sono mancato? - ridacchia divertito.

Deglutisco in preda all'ansia cercando di divincolarmi dalla sua presa.

- Lasciami! - urlo in preda al panico più totale.
- No no cara mia, ora noi due abbiamo un discorsetto da fare.
- Ho detto no! Lasciami andare! - grido gettandomi a terra.

Con forza lui mi da uno strattone facendomi rialzare, mi lascio sfuggire dei singhiozzi mentre Alexander se la ride.

- Quindi ho sfornato un marmocchio! La prossima volta devo stare più attento - dice guardando la mia pancia divertito.
- Non ci sarà una prossima volta! - mi affretto a contraddirlo.
- Ah davvero? Perché sarai tu a fermarmi? - mi domanda sarcastico.

Tento nuovamente di staccarmi dalla sua presa ma invano, i miei tentativi di liberarmi lo fanno ridere solamente di più. Sono terrorizzata e in questo momento vorrei solo che Dio ascolti le mie suppliche.

- Puoi provarci quanto ti pare ma nessuno farà il paladino della giustizia questa volta mia dolcissima Maddy -

Mi sento impotente e uno sguardo disgustato mi esce al pronunciare di quel nomignolo che mi ha sempre dato. Improvvisamente vedo il suo sguardo cambiare guardando un punto dietro di me, mi volto verso l'ingresso e i tre uomini che erano in cucina sono corsi fuori avendo sentito le mie urla disperate.

- Tu! Lurida puttana! - urla Alexander per poi mollarmi un sonoro schiaffo con la mano libera.

Dalla mia bocca non esce alcun suono, la mia mano libera si appoggia sul punto appena colpito mentre i miei occhi sono sgranati in preda allo shock. Improvvisamente molla la presa sul mio braccio facendomi cadere di peso a terra per poi scappare.

- Ehi tu! Fermo dove sei! - urla il signor Whitfield rincorrendolo insieme al signor Beard.

Josh si avvicina immediatamente a me aiutandomi ad alzarmi il più lentamente impossibile. Prende il mio viso e togliendo delicatamente la mano dalla guancia per controllarla.

- Ti ha lasciato il segno. Stai bene? Come ti senti? - mi domanda in preda all'ansia.
- Credo bene, grazie Josh - rispondo ancora in preda allo shock.

Alzo lo sguardo quando noto che la fuga di Alexander non è durata molto, ora è trattenuto dal signor Beard mentre il signor Whitfield mi viene velocemente verso di noi.

- Signorina Cruz si sente bene? - mi domanda apprensivo.
-Si sto bene non si preoccupi - lo rassicuro mostrando un leggero sorriso.
- Chi è questo tipo? - mi chiede rivolgendo uno sguardo glaciale al ragazzo che il signor Beard sta trattenendo.
- E' il padre del bambino - dico semplicemente mentre il mio sguardo si fa improvvisamente freddo e vuoto.

L'omone davanti a me non ci pensa due volte a prendere il suo telefonino e fare una chiamata.

- Pronto polizia? - dice semplicemente.

Mi lascio sfuggire un sorriso al pensiero che questa sarà la volta buona che finirà in galera.

- Madeleine! - mi sento richiamare da una voce familiare.

Volto lo sguardo in direzione della voce e noto la signora Enderson correre verso di noi, una volta di fronte a me mi abbraccia stringendomi a se. Io, dopo un'attimo di esitazione, ricambio quel gesto d'affetto.

- Tesoro stai bene? Ho sentito le urla e sono corsa subito fuori! - spiega mentre continua ad abbracciarmi.
- Sto bene non si preoccupi - cerco di rassicurarla.

La donna si allontana e sgrana gli occhi quando vede la mia guancia, con due dita mi gira delicatamente il mento per controllare meglio.

- Oh tesoro, dai vieni che mettiamo del ghiaccio - dice afferrandomi a braccetto trascinandomi dentro casa.

Mi lascio trascinare per poi farmi sedere forzatamente sul divano, prende del ghiaccio dal mio mini freezer e, con un panno bagnato, me lo appoggia sul punto colpito. Io la ringrazio con lo sguardo per poi sollevarmi la manica della maglia, anche lì trovo i segni delle sue dita. L'anziana di fronte a me si lascia sfuggire un verso shoccato per poi afferrarmi il braccio scrutandolo.

- O mio dio - si lascia sfuggire con un sussurro.

Guarda i segni in preda allo stupore.

- Come si può essere così cattivi? - si domanda senza distogliere lo sguardo dal braccio.

Mi lascio sfuggire un sospiro senza sapere cosa rispondere, in realtà una risposta non c'è. Drizzo le orecchie quando riconosco le sirene della polizia, mi alzo immediatamente lasciando il ghiaccio nel lavandino per poi uscire fuori seguita dalla signora Enderson. Rimaniamo sulla porta mentre le due guardie del corpo consegnano Alexander alle autorità. Lo sguardo del ragazzo si posa su di me mostrando un sorriso folle che mi fa rabbrividire.

- Non finisce qui! Hai capito! Tornerò! - urla mentre i poliziotti lo spingono violentemente dentro l'auto.

I brividi mi invadono tutto il corpo al solo pensiero, la donna al mio fianco se ne accorge e si appresta ad accarezzarmi la schiena cercando di rassicurarmi. Quando mi volto verso di lei la vedo sorridermi e decido di ricambiare allo stesso modo, non smetterò mai di ringraziare questa donna. La macchina se ne va ma vedo un'agente uscire da una seconda macchina, che non avevo notato, venire verso di me con passo deciso.

- Signorina, ho bisogno che mi racconti cosa è successo. Bisogna mettere il tutto a verbale - dice mentre estrae dal giubbotto un taccuino con una matita.

Io annuisco per poi avvicinarmi alla macchina insieme al poliziotto sotto lo sguardo dei presenti.



 

David Alexander Flinn è Alexander White
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Capitolo 6

 

Tutto è buio intono a me, il sole ha deciso di calare e ora regna l'oscurità. Ho parlato tutto il tempo con il poliziotto e non mi sono accorta il tempo scorreva inesorabilmente. Annota le ultime cose per poi riposare la penna e il taccuino nella tasca interna della sua giacca.
 

- Questa testimonianza sarà sufficiente per sbatterlo in galera per un bel po' di tempo - commenta.


Io mi mordo il labbro cercando di nascondere un sorriso mentre mi limito ad annuire.


- Non si preoccupi, non sentirà più parlare di Alexander White - mi rassicura per poi rientrare nella sua auto.


Mi allontano dalla strada e il mio sguardo fissa la macchina sfrecciare via sparendo dalla mia visuale, quando mi volto verso il giardino noto che sono ancora tutti lì ad una certa distanza da me. Con passo spedito mi dirigo verso di loro che, erano intenti a parlare di qualcosa a me sconosciuta. Come mi notano tutti si apprestano a guardarmi, chi con dolcezza, chi con paura e chi con compassione. Rivolgo ai presenti un sorriso cercando di mostrarmi il più naturale possibile.


- Vorreste fermarvi per la cena? - domando gentilmente indicando con il pollice la porta di ingresso rimasta spalancata tutto il tempo.


Li vedo scambiarsi degli sguardi perplessi per poi osservarmi con dispiacere.


- No tesoro non mi sembra il caso - spiega la signora Enderson mostrando un leggero sorriso.

- Ma davvero mi farebbe molto piacere - inizio a parlare ma in un secondo sono con gli occhi sgranati.


La donna si trova praticamente di fronte a me e mi fa una dolce carezza sulla guancia che è stata colpita rivolgendomi un sorriso talmente dolce da farmi quasi commuovere.


- Cara, ora come ora, hai bisogno solamente di riposo -

- Io sto bene gliel'assicuro - la contraddico mostrandomi il più convincente possibile.


La vedo negare con la testa e io rilasso le spalle non avendo notato di essermi irrigidita di colpo.


- Quando ce ne saremo andati capirai - dice lasciandomi un ultima carezza per poi sparire alle mie spalle.


Io rimango colpita dalle sue parole e non riesco a muovere un muscolo, il mio sguardo si posa sui tre uomini davanti a me. Il primo ad avvicinarsi è il signor Whitfield che da un'espressione seria passa a un sorriso rassicurante.


- La signora ha ragione, domani io e Javon verremo a prenderti per portarti alla casa del capo - mi istruisce gentilmente.

- Non vi disturbate vi prego, state già facendo tanto per me. Posso venire con il motorino basti solamente che mi lasci l'indirizzo - spiego mostrando con un cenno del capo il mio mezzo di trasporto parcheggiato in un angolo del mio giardino.


Il signor Beard si avvicina a noi mostrando una preoccupazione che fatica a nascondere.


- Non è pericoloso nelle sue condizioni? - domanda.

- E' veramente gentile a preoccuparsi per me, lo apprezzo molto davvero signor Beard ma non si preoccupi. Mi sono sempre spostata in motorino e non è mai successo niente, non si deve preoccupare - lo rassicuro mostrando un sorriso.


Lo vedo scrollare le spalle arrendendosi per poi rivolgersi con il volto verso il suo collega, quest'ultimo annuisce per poi prendere un biglietto da visita da dentro la sua giacca.


- Ecco a te, qui c'è l'indirizzo e il numero di telefono, per qualsiasi cosa non esiti a chiamarmi. Se non riesce a trovare la strada verrò a prenderla. Appena si troverà di fronte al cancello basta telefonarmi e verrò ad aprirla - mi istruisce.


Mi rigiro il foglietto tra le dita e, sotto il nome del signor Whitfield e il suo numero, leggo l'indirizzo scritto con una calligrafia fine ed elegante. "100 N Carolwood Dr (Whittier)", rimango quasi incantata, persino il nome dell'indirizzo è bello.


- Va bene, penso di aver capito in che zona si trovi, se mi dovessi perdere non esiterò a chiamarla -


Vedo l'uomo sorridere per poi scompigliarmi gentilmente i capelli lasciandomi sfuggire una risata divertita. Tento di risistemarmeli ma in vano visto che si sono formati dei nodi, arrossisco pensando che in questo momento sembrerò uno spaventa passeri. Gli uomini di fronte a me sembrano non curarsene perché mi rivolgono dei sorrisi inteneriti.


- Allora a domani signorina Cruz - mi saluta il signor Beard mentre il signor Whitfield si limita a farmi un cenno del capo sempre con il sorriso stampato sulle labbra.

- A domani buonanotte - ricambio il saluto mentre si dirigono verso la loro auto.

- Vado anche io - dice Josh.


Mi giro verso di lui abbracciandolo, la stretta viene ricambiata.


- Vai a dormire, ne hai bisogno e auguri per il nuovo lavoro -

- Grazie mille di tutto -

- Figurati, te lo meriti - mi stringe leggermente di più.


Ci stacchiamo e con un gesto della mano si allontana da me, aspetto che anche lui salga sulla sua auto mentre continuo a salutarlo con la mano per poi entrare in casa. Mi lascio andare a un sospiro sovrastando il silenzio che persiste sempre in questa casa. Metto a posto tutto quello che ho lasciato in giro e, dopo aver mangiato una fetta della mia crostata, mi metto il pigiama per poi aprire il divano letto. Spengo tutte le luci e mi metto sotto le coperte, stavo per chiudere gli occhi per riuscire a prendere sonno ma, come una doccia gelida, i fatti accaduti qualche ora fa mi tornano in mente con violenza. Spalanco gli occhi e una lacrima scende lungo la mia guancia, in quel momento le parole della signora Enderson mi tornano in mente. Aveva ragione, penso lasciandomi andare a un pianto isterico ma la stanchezza prende il sopravvento su di me. La mia sveglia suona, sono le 6.30 del mattino e la fame comincia a farsi sentire. Mi alzo lasciando il letto così com'è, non avendo voglia di rimetterlo apposto. Vado in bagno per potermi fare una doccia ma mi incanto scrutando la mia figura nel piccolo specchio. I miei occhi sono contornati dai residui del trucco colato del giorno prima e senza pensarci sue volte entro in doccia insaponandomi più vigorosamente del solito. Una volta finito noto felice che i segni neri sono completamente spariti, decido di indossare un jeans elasticizzato e una camicetta azzurrina. Mi asciugo i capelli e mi limito a mettere un po' di mascara nelle ciglia, infondo non devo impressionare nessuno e sul posto di lavoro tendo a rimanere il più semplice possibile. Faccio colazione con un po' di latte con i biscotti e, dopo essermi lavata i denti e aver preso l'ultima pastiglia di vitamine della confezione, recupero da un cassetto il mio grembiule preferito e la bandana azzurra. Nella mia borsetta non riesco a farci stare tutto così prendo una scatola da scarpe per poi riporre tutto ordinatamente lì dentro. Prendo il casco ed esco di casa tenendo sia la scatola da scarpe sia il foglietto del signor Whitfield con il suo recapito telefonico e l'indirizzo. Indosso il casco e, senza accendere ancora il motorino, esco dal giardino per poi chiudere il cancello con la chiave. Ripongo tutto in borsa e stavo per accendere il motore ma vengo richiamata da qualcuno, una volta alzato lo sguardo noto la signora Enderson venire nella mia direzione.


- Madeleine, potevo lasciarti andare senza farti gli auguri per il tuo nuovo lavoro? - domanda sarcastica.


Mi lascio sfuggire una risata abbracciandola.


- La ringrazio -


Ci stacchiamo e la donna poggia una mano sul mio ventre accarezzandolo leggermente per poi rivolgermi uno sguardo preoccupato.


-Mi raccomando stai attenta - si raccomanda.


Io mi limito ad annuire sorridendo per poi partire lasciando una piccola nube di fumo alle mie spalle.




Madeleine Cruz e la signora Enderson

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Capitolo 7
 
Sono davanti al "The Beverly Hilton"*, guardando il mio orologio noto che sono le 9:45 e questo vuol dire una sola cosa, sono in tremendo ritardo per la colazione anche se non mi hanno detto a che ora dovevo farmi trovare sul posto di lavoro. Come immaginavo mi sono persa, so solo che sono di fronte all'hotel e al "The Los Angeles Country Club". A quest'ora la città, soprattutto questa zona, è parecchio trafficata quindi non mi sarà difficile trovare qualcuno a cui chiedere informazioni. L'unico problema è anche chiedere informazioni è complicato perché, in questo periodo dell'anno, vengono molti turisti per trascorrere le vacanze di natale e capodanno e sarà complicato trovare qualcuno di Los Angeles. Sono quasi rassegnata al fatto di chiamare il signor Whitfield ma il mio sguardo si posa un taxi parcheggiato proprio di fronte all'hotel che prima non avevo notato. Contenta mi accosto al finestrino al quale busso leggermente attirando l'attenzione dell'uomo leggermente robusto seduto comodamente sul sedile aspettando, probabilmente, qualcuno. L'uomo si volta di scatto e notandomi si avvicina al finestrino abbassandolo usando la manovella.

- Buongiorno? - mi saluta confuso.
- Buongiorno, scusi se l'ho disturbata ma avrei bisogno di un'informazione -
- Mi dica pure -

Io senza esitazione gli dico l'indirizzo dove dovrei recarmi, lo vedo annuire leggermente per poi mostrarmi un sorriso strano.

- Non penso che sia l'orario più adatto per andare in quella zona - mi consiglia.

Inarco un sopracciglio confusa non sapendo di cosa stia parlando. L'uomo, vedendomi accigliata, si affretta a spiegarmi.

- Se vuole incontrare qualche celebrità questo non è l'orario più indicato, loro tendono a fare i loro comodi, non troverai nessuno di loro in giro a quest'ora - finisce di spiegare.

Io ridacchio divertita.

- Non mi sto recando lì per quello -

Decido di non espormi oltre, infondo, è uno sconosciuto dopo tutto. L'uomo sta cercando di capire quale possa essere il possibile motivo ma capendo che non gli accennerò niente a riguardo, con uno sbuffo, esce dalla macchina raggiungendomi.

- Segui la Whittier costeggiando il Country Club, percorrila tutta e ad un certo punto ti troverai sulla Sunset. Lì dovrà svoltare a sinistra e la percorra per un po', sulla destra si troverà la Carolwood, dovrà svoltare lì per poi andare nuovamente a destra - mi spiega facendo anche dei gesti con le mani.

Cerco di memorizzare tutti i passaggi per poi sorridere ricordandomi bene tutto.

- La ringrazio signore, arrivederci e buona giornata - lo saluto.

Senza aspettare una risposta riaccendo il motorino e parto, seguo la Whittier con alla mia sinistra il Country Club che non posso osservare perché evito in tutti i modi di non distogliere lo sguardo dalla strada. Una volta sulla Sunset mi guardo attorno per vedere se ci fossero macchine, come la strada è libera svolto a sinistra. La strada inizia salire, probabilmente perché mi sto dirigendo quasi a Bel Air. Ogni tanto mi volto verso destra cercando di scorgere la Carolwood, una volta trovata svolto a destra e la prima cosa che noto è una piccola folla di gente ammassata di fronte a un cancello. Mi faccio largo tra la gente che, appena mi nota, non esita a lasciarmi il passaggio libero. Svolto nuovamente a destra e subito sulla destra noto un bellissimo cancello in ferro battuto, decido così di accostare per telefonare il signor Whitfield. Stavo per comporre il numero ma un rumore metallico mi fa sobbalzare di colpo, in realtà è proprio il cancello che si sta aprendo e l'uomo in questione che con un gesto della mano mi invita ad entrare. Stavo per parcheggiare lì accanto al cancello ma l'uomo mi richiama con un bisbiglio.

- Non le conviene lasciare il suo motorino lì incustodito. Entri pure dentro - mi incita.

Io, anche se contrariata, faccio ciò che mi dice passandogli accanto con il motorino per poi chiudere immediatamente il cancello con un telecomando. Lo sguardo si posa sulle meravigliose macchine di fronte a me, una più bella dell'altra, parcheggio il motorino in un angolino il più lontano possibile da quei gioiellini per evitare di fare danni di alcun tipo. Ci troviamo in un parcheggio sotterraneo e l'odore di gasolio persiste facendomi tossire leggermente. La guardia del corpo mi si avvicina mostrandomi un sorriso che ricambio mentre tolgo il casco appoggiandolo sul manubrio per poi recuperare la scatola che ho tenuto nei piedi tutto il tempo.

- Buongiorno signorina Cruz -
- Buongiorno anche lei - ricambio educatamente il saluto.
- Avanti mi segua, le mostro immediatamente la cucina - dice dirigendosi verso una porta.

Mi limito a stargli dietro cercando di non perderlo di vista, attraversiamo un corridoio parecchio tetro che mi fa quasi venire i brividi. Eppure la casa sembrava così bella dall'esterno, penso mentre continuo a camminare. Improvvisamente sbatto contro qualcosa e quando mi accorgo di essere finita addosso al signor Whitfield faccio immediatamente un passo all'indietro mortificata. L' uomo mi regala un sorriso mentre apre la porta di fronte a me, una luce abbaiante mi fa istintivamente socchiudere gli occhi e non riesco a scorgere niente di quello che si trova di fronte a me. Una volta che la mia vista si abitua alla luminosità i miei occhi si riempiono di meraviglia.

- Wow - mi sfugge in un sussurro.

L'androne è luminoso e con uno stile vittoriano semplice dove il colore sovrano è il bianco. Il parquet è perfettamente lucido e la stanza è profumata. Prendo un bel respiro e, come alzo il capo, noto il lampadario di cristallo e una rampa di scale in legno che porta probabilmente alla zona notte.

- Seguimi - si limita a dirmi il signor Whitfield divertito dalla mia espressione stupita.

Non ci impiego molto a ricompormi continuando a seguirlo, pochi istanti dopo mi ritrovo in quella che dovrebbe essere la cucina. La cosa che mi colpisce di più sono i mobili antichi interamente in legno, probabilmente è un classicista penso guardando l'enorme isolotto al centro della cucina. Il piano è interamente in marmo compreso quello dove sono situati i fornelli, il forno è bello capiente e ci sono due frigoriferi. Continuo a rimanere sulla porta, ho quasi timore ad avvicinarmi e toccare qualsiasi cosa, sembra tutto così prezioso e raro.

- Dai entra, non preoccuparti - mi richiama la guardia del corpo vedendomi spaventata.

Io deglutisco per poi fare un passo avanti, noto che oltre alla cucina c'è anche un tavolo da pranzo e la stanza è decisamente più grande di quello che ho immaginato.

- Sei arrivata giusto in tempo per la colazione -continua il signor Whitfield.
- Ecco, a proposito di questo, il capo gradisce qualcosa in particolare?- domando.
- Dovrà preparare anche per i suoi due figli, per loro conviene preparare del latte con dei biscotti. Il capo mangia esattamente quello che mangiano i suoi bambini quindi sta a lei decidere come fare i biscotti - spiega.
- Non si preoccupi, ci penso io - esclamo sorridendo eccitata.

L'uomo nota la scatola che continuavo a tenere tra le mani.

- Puoi appoggiare la scatola in quell'angolo lì, almeno non intralcerà il passaggio -
- Grazie - lo ringrazio.

Da essa tolgo il mio grembiulino a quadratini beige e, dopo essermi legata i capelli, indosso la mia bandana azzurra. Appoggio la scatola nel posto che mi è stato indicato e, dopo essermi lavata le mani, mi rivolgo alla guardia del corpo.

- Lei e il suo collega avete già fatto colazione? Se vuole preparo qualcosa di veloce - chiedo mentre mi asciugo ad un telo appoggiato sul forno.
- Non si preoccupi, noi abbiamo mangiato all'alba - mi risponde ringraziandomi comunque con un sorriso.

Ricambio il gesto allo stesso modo mentre allento il laccio che tiene il grembiule dietro la schiena visto che mi stava schiacciando la pancia.

- Il signore dove gradirebbe mangiare? Apparecchio qui? - domando nuovamente.

Il signor Whitfield fa una faccia perplessa.

- A dire la verità non saprei, ora vado a chiederglielo e poi la avviso - dice tranquillamente.

Io annuisco iniziando a pensare quali biscotti fare mentre rimango sola in quell'enorme stanza.




 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***



Capitolo 8
 
Il cielo di Los Angeles è limpido oggi, nonostante la stagione preveda il contrario. Una brezza rinfrescante inebria i sensi portando con se il profumo dell'erba appena tagliata e i fiori circostanti. Alcune foglie galleggiano sull'acqua limpida della piscina evidenziando delle piccole onde provocate dal vento. Il maglione color prugna dell'uomo sdraiato sulla piccola straio non si sente per niente infreddolito, anzi, quell'aria leggermente pungente lo fanno sentire in pace con se stesso. Il silenzio è sovrano mentre i suoi occhi scorrono tra le varie parole scritte sul quotidiano. Accavalla le gambe per stare più comodo per poi sistemare meglio gli occhiali da vista che stavano per cadere dal suo naso. Nessun pensiero lo disturba, solo il rumore del vento tra i rami degli alberi gli fa compagnia. La tranquillità viene interrotta da dei passi che si fanno sempre più vicini, l'uomo sa già a chi appartengono quei passi, ha imparato a conoscere i suoi dipendenti meglio di qualsiasi altra cosa.
 
- Buongiorno Bill - dice semplicemente l'uomo senza distogliere lo sguardo dal giornale.
- Buongiorno a lei signore - ricambia formalmente l'uomo di colore fermandosi non molto distante dal suo superiore.
- Come stai? - domanda con tranquillità.
- Bene, la ringrazio signore, lei? - sorride Bill.

L'uomo di fronte a lui sospira piegando il giornale per poi togliere gli occhiali. Poggia entrambe le mani sul grembo guardando il passaggio di fronte a lui assorto nei sui pensieri.

- Non trovi che tutto questo sia meraviglioso Bill? - domanda senza distogliere lo sguardo dal giardino davanti ai loro occhi.
- Lo trovo bellissimo signore - risponde la guardia del corpo dando una fugace occhiata allo spettacolo di fronte a loro.
- Perché non può essere tutto così Bill? - chiede con malinconia l'uomo che si è seduto alla fine della sdraio.
- Non lo so signore - dice la guardia mostrandosi triste per un attimo.

In quel momento i due si guardarono intensamente negli occhi senza dire una parola, il silenzio a volte poteva essere l'unica risposta accettabile. L'uomo, ancora seduto, rivolge un sorriso amaro al suo dipendente. Un sorriso carico di dolore e sofferenza, un sorriso che fa trasparire un grande desiderio che probabilmente non si avvererà mai.

- Perché sei venuto a cercarmi Bill? - domanda infine interrompendo il nuovamente il silenzio.
- Dove vuole che sia servita la colazione? - chiede la guardia poggiando il peso su una gamba.
- Avete già trovato un sostituto della signora Cortez? - rimane strabiliato l'uomo.
- Si signore - risponde Bill mostrando un sorriso.
- E le posso assicurare che è molto meglio di quello che ha avuto fino ad ora - continua.

L'accenno di un sorriso appare nell'uomo che decide di alzarsi cercando di aggiustare le pieghe del suo pantalone nero.

- Ottimo lavoro Bill! Vorrei mangiare nel tavolo qui fuori se è possibile, ci sarò solo io. I bambini sono con la madre oggi - chiede gentilmente mentre prende sotto braccio il quotidiano.
- Nessun problema signore - risponde Bill.

Si scambiano un sorriso per poi andare entrambi in direzioni diverse.
 


Dopo aver chiesto ai camerieri dove trovare tutti gli ingredienti e il servizio di posate, ho iniziato a preparare un impasto. Il tempo a mia disposizione è molto poco quindi ho deciso di preparare dei biscotti molto semplici. Ormai sono già in forno e in dodici pronti dovrebbero essere pronti, metto un pentolino con del latte per scaldarlo. Tengo gli occhi puntati sul tegamino per controllare che non diventi crema, dei passi mi fanno voltare e quando riconosco il signor Whitfield mi lascio andare a un sorriso.

- Allora come procede qui? - domanda contento.
- Tra meno di dieci minuti sarà tutto pronto per essere servito - dichiaro dando un veloce sguardo sia al timer sia al pentolino.
- Bene! Il capo ha deciso di mangiare fuori, sarà da solo perché i bambini non ci sono - spiega ancora la guardia del corpo.
- Non c'è alcun problema - dico mentre spengo il gas.

Lui sorride, ordina a tre camerieri di apparecchiare fuori per poi lasciare definitivamente la stanza. Con cura verso il latte nell'apposito recipiente fatto in porcellana e attendo i biscotti. Il timer suona pochi minuti e, con due presine, recupero le due teglie dal forno appoggiandole sul piano cottura. Posiziono i biscotti, uno per uno, in un ripiano rialzato spolverando come tocco finale dello zucchero a velo. Tutto e pronto e in questo momento non so cosa fare, devo portare io tutto a tavola o ci pensano i camerieri? Una risposta mi viene data quando due camerieri che non avevo visto prima, vedendo tutte le cose sul tavolo, le prendono immediatamente portandole via. Io rimango accigliata dal loro comportamento, neanche una parola, nessuna presentazione, nemmeno i camerieri che mi hanno fatto vedere tutto ciò che mi serviva mi hanno rivolto la parola. Un atteggiamento parecchio strano, penso mentre prendo i detersivi per pulire quello che ho sporcato.
 

Un profumino delizioso gli fa distogliere lo sguardo, nuovamente, da ciò che stava leggendo. Due camerieri mettono davanti a lui una piramide fatta di biscotti e una brocca ancora fumante. Uno di loro serve del latte all'interno della tazza davanti a lui e, con un gesto del capo da parte di quell'uomo, i due inservienti si congedano senza fiatare. Una volta solo piega, per l'ennesima volta il giornale poggiandolo in un angolo del tavolo. Si mette conposto e, dopo aver messo lo zucchero, gira il latte con un cucchiaino sorseggiandolo lentamente visto che è ancora caldo. Con la mano si allunga per prendere uno dei biscotti, come lo afferra le sue dita si sporcano con lo zucchero ma ciò non gli importa più di tanto. Intinge il biscotto a forma di fiore nel latte e subito se lo porta alla bocca evitando che cada interamente nella tazza. Lo morsica e dopo aver masticato un paio di volte spalanca gli occhi in preda allo stupore, guarda il pezzo rimasto come se fosse qualcosa di magico. Non è niente di che, eppure sembra la cosa più buona che abbia mai mangiato, senza esitazione finisce il biscotto in un solo boccone lasciandosi sfuggire un verso soddisfatto. Continua così fino a sentirsi quasi sazio, quanti ne avrà mangiati? Probabilmente una decina. Pensa di non aver mangiato così tanto in vita sue e uno strano desiderio cresce il lui, ciò lo porta a prendere il suo cellulare per fare una chiamata.

- Bill potresti venire un attimo? - domanda l'uomo in preda all'ansia.

Dall'altra parte si sente una conferma e la telefonata si conclude subito. Nemmeno due secondi dopo, l'uomo in questione arriva di corsa davanti a lui pensando a una possibile emergenza.

- Che succede signore? - domanda la guardia cercando di prendere fiato.
- Bill, voglio che tu assaggi uno di questi biscotti -

L'uomo, anche se confuso dalla richiesta, fa ciò che gli viene detto e porta uno dei biscotti alla sua bocca. Si lascia sfuggire anche lui un verso di apprezzamento aggiungendo anche un gesto con la mano enfatizzando il tutto.

- E' delizioso - afferma Bill finendo il biscottino.
- Già - conferma il suo capo.

Quest'ultimo si appoggia con i gomiti sul tavolo con le mani che tengono sollevato il mento.

- Ascolta Bill ho bisogno che tu faccia una cosa per me -
- Certo signore -
- Chieda allo chef di preparare una tagliata di arance -
- Si signore -
- Però vorrei che fosse lo chef stesso a servirmela - chiede l'uomo puntando gli occhi sul suo dipendente.

Bill rimane sorpreso da tale richiesta, alla cuoca che avevano precedentemente non gli era stata permessa una cosa del genere.

- Sarà fatto - risponde la guardia  del corpo dileguandosi.


Avevo finito di pulire la cucina da un pezzo e ora guardo un punto indefinito dell'isolotto. La mia testa non fa altro che farsi domande su domande. Avrà gradito? Sarò stata all'altezza delle aspettative? Inizio a pensare che quello che ho fatto non è abbastanza e un forte senso di ansia cresce in me. Quasi per infondermi del coraggio accarezzo il mio ventre gonfio, sembrava quasi un modo per trasmettere a mio figlio come mi sento. In questo momento non vola una mosca, sono rimasta completamente sola perché i camerieri sono spariti tutti. Non so che cosa fare in questo momento, posso solo pregare che tutto vada per il meglio.

- Madeleine! - mi chiama qualcuno.

Alzo la testa in direzione della voce e sorrido nuovamente mostrando uno sguardo leggermente confuso.

- Signor Whitfield? -

L'uomo è praticamente di fronte a me con uno sguardo indecifrabile, la mia paura in questo momento sta crescendo a dismisura.

- Il signore vorrebbe una tagliata di arance - spiega.
- Certamente - rispondo.

Vado a prendere un piattino e, una volta afferrato un coltello da uno dei cassetti, sbuccio un'arancia che ho prima lavato sotto il rubinetto. La guardia del corpo mi raggiunge dall'altra parte dell'isolotto mettendosi al mio fianco mentre tagliavo l'arancia a rondelle. Una volta disposta ordinatamente su un piatto decido di andare a cercare uno dei camerieri.

- Aspetta - vengo fermata dal signor Whitfield.

Io mi fermo sul posto pensando di aver sbagliato qualcosa ma, a giudicare dal sorriso dell'uomo di fronte a me, non sembra così.

- Vuole che sia tua a servirgliela - afferma l'omone di fronte a me.

Rimango sorpresa per un secondo e l'ansia si impossessa di me. Probabilmente mi vorrà dire in faccia che sono stata un fallimento, penso preparandomi al peggio.

- Va bene - dico rassegnata.

Mi tolgo di dosso della farina che si è attacata al grembiule e, dopo aver preso una forchettina per dolci, mi faccio accompagnare dove si trova il mio capo. Ci dirigiamo verso un terrazzo e, con un cenno della mano, il signor Whitfield mi invita ad uscire per prima. Fortunatamente ho avuto anche un'esperienza come cameriera quindi sapevo perfettamente cosa fare. Arrivo alla destra dell'uomo che in questo momento mi da le spalle e, senza soffermarmi sui particolari, appoggio delicatamente il piatto sotto il suo naso. Mostro un sorriso cordiale ma quando alzo lo sguardo, incontrando il viso del mio capo, per poco mi strozzo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***



Capitolo 9
 
Cerco di mascherare lo stupore meglio che posso mostrando un sorriso tirato. Mi accorgo di essere rimasta impalata a fissarlo così mi metto completamente dritta allontanandomi leggermente. L'uomo mi scruta con uno sguardo indecifrabile per poi mettere dello zucchero sulle fette di arancia che ho tagliato poco prima. Ne prende un pezzetto per poi portarselo alla bocca, l'aria è parecchio tesa o forse sono semplicemente io ad essere tesa come una corda di violino. L'uomo seduto al tavolo fa un cenno col capo al signor Whitfield che subito va via perché probabilmente deve continuare a svolgere il suo lavoro. Deglutisco in preda all'ansia cercando di mantenere quel sorriso cordiale che mi sono imposta io stessa di mantenere ma, maledizione, è talmente difficile. Il mio capo mangia un altro pezzo d'arancia per poi voltarsi verso di me guardandomi fisso negli occhi.

-Vieni - mi dice semplicemente invitandomi ad accomodarmi al suo fianco con un gesto della mano.

Mi irrigidisco sul posto, inizio a sudare freddo, non ho mai provato una sensazione del genere in vita mia.

- Ma signore.. -
- Niente ma, dai vieni - insiste facendo nuovamente quel gesto con la mano.

Leggermente titubante annuisco facendo quello che mi ha detto, infondo è il mio capo. Sollevo la sedia di fronte a me per evitare di fare rumore e mi siedo, non riesco ad appoggiare la schiena alla sedia per la tensione. Nuovamente ritorna il silenzio e il mio sguardo è fisso sulla mia pancia in preda all'imbarazzo più totale. Mi sento come una formica di fronte a un leone, una nullità, e questo mi terrorizza. L'uomo ha appena appoggiato la forchettina nel piatto a giudicare dal piccolo rumore che ho appena udito. Sento il suo sguardo su di me, so di non doverlo fare ma chino le spalle cercando di nascondermi ancora di più.

- Ehi? -

L'uomo mi chiama e quando alzo leggermente lo sguardo per poco sobbalzo per lo spavento, si è chinato con la testa per scorgere il mio viso ed è dannatamente troppo vicino al mio viso. Gli occhiali da vista sono perfettamente appoggiati sul suo naso fine e ha uno sguardo incuriosito. Sicuramente gli sono sembrata una gran maleducata così mi metto composta facendolo quasi sobbalzare per il gesto improvviso.

- Sai una cosa? - inizia a parlare.

Io mi mostro incuriosita mentre aspetto che continui il discorso.

- I tuoi biscotti sono la cosa più buona che abbia mai mangiato -

Stavo per ringraziarlo ma lui continua.

- Persino il latte e questa arancia sembrano più buone, eppure, è del semplice latte e una semplice arancia - continua mostrando l'ombra di un sorriso.
- La ringrazio signore -
- Non chiamarmi "signore", chiamami semplicemente Michael - dice allargando il suo sorriso.

Io annuisco anche se, probabilmente, continuerò a dargli del lei.

- Tu invece come ti chiami? - mi domanda.
- Madeleine Cruz - rispondo immediatamente.
- Madeleine - ripete quasi assorto nei suoi pensieri.
- E' un bellissimo nome - continua.
- La ringrazio - dico mostrando un leggero sorriso.

E' una situazione assurda quella che sto vivendo in questo istante, seduta allo stesso tavolo con una leggenda vivente. "Il re del pop" come lo definisce tutto il mondo, al pensiero che ieri stavo ascoltando una sua canzone alla radio e ora me lo trovo proprio di fronte a me mi fa salire un brivido lungo la spina dorsale. Non sono una sua fan ma so perfettamente chi sia, tra notizie alla radio, copertine di riviste e cartelloni pubblicitari sparsi per Los Angeles. Conosco solo alcune sue canzoni che, dicono, siano passate alla storia per il grande successo ottenuto. Mai, e dico mai, mi sarei aspettata di lavorare per una persona del calibro di Michael Jackson. Le mie mani stanno sudando in una maniera assurda, ho paura di dire o fare qualsiasi cosa ed è una sensazione orribile. L'uomo di fronte a me mi osserva con un sorriso, praticamente sono a pochi metri di distanza da un dio della musica internazionale e l'unica cosa che riesco a fare è imbarazzarmi, sono veramente una frana.

- Sono felice che tu abbia accettato di lavorare qui Madeleine - afferma mostrandosi estremamente sincero.

Rimango esterrefatta dalla sua confessione, le mie guance si fanno letteralmente bordeaux e sono talmente allibita che non riesco nemmeno a nascondere il mio viso.

- Sono felice anche io di lavorare per lei signore, è un onore - rispondo e dalla mia voce traspare tutta l'emozione che sto provando in questo momento.

Il signor Jackson alza gli occhi al cielo sbuffando.

- Non darmi del signore, chiamami Michael - mi rimprovera giocosamente.
- Mi scusi - tento di giustificarmi in qualche modo.
- Non preoccuparti, anche Bill e Javon si ostinano a chiamarmi "signore" nonostante mi ostino a ripetere ad entrambi di non chiamarmi quindi non sei l'unica - spiega mostrandosi divertito.

Rimango quasi incantata dal suo modo di fare, in ogni singola parola e gesto traspare eleganza e sobrietà. La sua voce e fine e delicata, non avevo mai sentito la sua voce prima d'ora e ne sono rimasta affascinata. Possibile che quella voce tanto potente che sentivo nelle canzoni provenga dalla stessa persona che ha una voce così fine e delicata? Lo sguardo del signor Jackson si posa sul mio ventre, ecco ora è finita davvero, probabilmente a causa delle mie condizioni mi licenzierà seduta stante. Invece, contro tutte le mie aspettativa, i suoi occhi si illuminano e il suo sorriso diventa incredibilmente dolce.

- Sei incinta - constata osservando il mio ventre quasi rapito.
- Si - dico confermando la sua ipotesi.

Lo vedo leggermente incerto, quasi come se mi volesse chiedere qualcosa ma non trova le parole o il coraggio di farlo. Lo vedo sollevare esitante una mano per poi guardarmi quasi implorante, cosa che mi lascia senza parole.

- Posso? - domanda esitante.

Ah voleva toccare il mio ventre, io mostro un sorriso intenerita dal suo atteggiamento quasi impaurito.

- Certamente - gli do il consenso appoggiandomi allo schienale della sedia.

Lo vedo sospirare ed esitante appoggia la sua grande mano sul mio ventre gonfio.

- Wow - si lascia sfuggire in un sussurro.

I suoi capelli neri lievemente mossi gli coprono leggermente il viso e rivolge uno sguardo alla mia pancia che non ho mai visto in nessuno, sembra quasi in adorazione mentre ogni tanto fa una carezza. Io lo lascio fare, infondo non mi sta dando alcun fastidio. Il mio sguardo passa dalla sua mano al suo avviso assorto in chissà quali pensieri, non posso fare a meno di sorridere trovando questo gesto tanto semplice ma allo stesso adorabile. Decido di non dire una parola non volendo rovinare questo bel momento, la mano del signor Jackson ha un leggero tremolio che non riesco minimamente a spiegarmi. Improvvisamente una strana sensazione mi colpisce facendomi sobbalzare sulla sedia e appoggiare la mia mano, involontariamente, su quella del mio capo. Quest'ultimo alza lo sguardo mostrando uno sguardo a dir poco terrorizzato.

- Madeleine che succede? - mi domanda preoccupato senza però allontanare la mano.

Cerco di prendere aria, delle lacrime scendono sul mio viso e con la mano libera mi copro la bocca cercando di nascondere un singhiozzo. Il mio sguardo va a finire sulla mia pancia e un enorme sorriso si forma tra le lacrime. L'uomo mi guarda confuso e quando sussulto di nuovo si irrigidisce sul posto, fa un'altra carezza e di nuovo quella strana e nuova sensazione mi pervade. Sono appena entrata in un uragano di emozioni che mi hanno lasciato senza fiato.

- Ha scalciato, mio figlio ha appena scalciato - dico semplicemente esterrefatta.





​Michael Jackson

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***



Canzone consigliata per il capitolo: Jessica Flores "Comme Avant"---->https://youtu.be/P7igGpvY-4U?list=LLV1MYhGIq7Ha63WZsHA1g5g 


Capitolo 10

 
Continuo a sorridere come una cretina non potendo ancora credere ancora a quello che è appena successo. Mio figlio si è appena fatto sentire ed è la prima volta in assoluto che lo fa, da leggermente fastidio ma è la cosa più bella che mi sia capitata fino ad ora. La sensazione è strana e allo stesso tempo così bella che non ci sono parole esistenti per poterla descrivere. Il signor Jackson ha un leggero sorriso mentre mi guarda versare lacrime su lacrime senza riuscire a fermarmi. Probabilmente mi sta prendendo per una frignona così faccio un respiro profondo per poi asciugarmi gli occhi con una mano, notando il mio gesto particolarmente infantile lui si lascia andare a una risata divertita.

- Perché piangi Madeleine? E' una cosa bellissima - dice mostrandosi ancora divertito.
- Beh vede mi sono emozionata - affermo mentre tolgo i residui del pianto dalle guance.

L'uomo seduto di fronte a me si lascia andare a un sorriso talmente raggiante e luminoso che non posso fare a meno di ricambiare allo stesso modo. Le incavature sulle sue guance sono particolarmente in evidenza e una fila di denti bianchissimi sono contornati da un paio di labbra che sembrano quasi disegnate. Quasi lo invidio, il trucco negli occhi è praticamente perfetto e quella matita nera intorno agli occhi gli fanno uno sguardo molto più profondo. Mi risveglio immediatamente quando non percepisco più la mano del mio capo sul mio ventre gonfio, il bambino ha smesso di muoversi e questo mi sorprende ancora di più.

- Se devo essere sincero non ho mai visto una reazione del genere da parte di una donna che sente suo figlio - si domanda ad alta voce il signor Jackson mostrandomi perplesso.
- Beh signore - inizio a dire ma quando punto gli occhi nei suoi.

Mi mostra uno sguardo di rimprovero alla parola "signore" e io, senza volerlo, mi lascio andare a una risatina divertita alla sua reazione.

- Riuscirò a togliervi questo "vizio" prima o poi, lo giuro - sussurra.

Nonostante ciò riesco a sentirlo ugualmente e porto una mano alla bocca per evitare di ridergli praticamente in faccia. Devo ammettere che è una persona divertente e diversa da tutte quelle persone avide che, siccome possiedono un po' di soldi in più, diventano arroganti e vanitose. Lui non fa certamente parte della categoria "sono famoso e lo so", sembra una persona come tutte le altre e questo mi mette stranamente a mio agio.

- E' la prima volta che si muove - sussurro ancora in preda a una strana emozione mai provata prima.

Il signor Jackson ritorna a guardarmi mostrandomi prima uno sguardo sorpreso per addolcire i lineamenti mostrandomi un mezzo sorriso intenerito dalla mia rivelazione.

- E' una cosa bellissima - dice semplicemente.

Io, non sapendo che cosa dire in più, mi limito ad annuire sempre con il sorriso stampato sul volto. All'improvviso vedo un gruppo di camerieri arrivare per sparecchiare la tavola e, non so perché, mi viene spontaneo alzarmi di scatto per rimettermi nuovamente sull'attenti. I dipendenti sembrano non vederci nemmeno mentre si limitano a svolgere le loro mansioni, sento lo sguardo del mio capo fisso su di me probabilmente confuso dal mio gesto improvviso ma mi è venuto quasi spontaneo farlo. Una volta che i camerieri se ne vanno lasciandoci nuovamente soli alzo lo sguardo verso il signor Jackson che è ancora perplesso a giudicare dalla sua espressione, sembra addirittura contrariato. Io arrossisco essendomi quasi sentita in dovere di rimettermi composta come qualsiasi dipendente, sinceramente non è normale che un dipendente sieda allo stesso tavolo del suo capo. So esattamente qual è il mio posto è ho intenzione di mantenere la mia professionalità, non voglio fare assolutamente brutta figura.

- Desidera qualcosa in particolare per il pranzo? - domando imbarazzatissima facendo uno sforzo immane per non chiamarlo "signore".

Vedo l'uomo portarsi un dito al mento pensieroso, mantiene quello sguardo per poco perché riprende i suoi occhiali da vista e il quotidiano.

- Mi fido di te, decidi tu cosa preparare - dice semplicemente aprendo il giornale per poi accavallare le gambe trovando una posizione comoda.
- Preparo anche per i suoi figli? - chiedo nuovamente.
- No, i miei bambini torneranno domani - afferma mentre sfoglia la pagina sistemando bene gli occhiali sul suo naso.
- Con permesso - dico annuendo per poi fare un'inchino.

Lascio la stanza dirigendomi nuovamente in cucina, una volta che noto di essere completamente sola mi metto le mani nei capelli. Cosa diamine è appena successo? Quante cose assurde mi sono capitate nel giro di pochi minuti? Possibile che tutto questo stia capitando veramente a me? I miei occhi sono sbarrati e stupidamente mi do un pizzicotto sul braccio per cercare di capire se stavo vivendo una specie di starno sogno o, semplicemente, la realtà. Quando capisco che è tutto reale inizio a saltellare attorno all'isolotto come una bambina. Lavoro per Michael Jackson, cucino per lui, lavoro per il più grande artista esistente! Penso senza riuscire a contenere la felicità. Un colpo di tosse mi fa fermare sul posto, mi volto verso la porta alle mie spalle lentamente e noto le espressioni divertite del signor Whitfield e il signor Beard. In questo momento vorrei sotterrarmi ma probabilmente rovinerei il parquet quindi lascio perdere. Divento bordeaux per la vergogna e i due uomini si lasciano andare a una risata divertita.

- Questa gioia a cosa è dovuta signorina Madeleine? - domanda il signor Beard curioso mentre continua a ridacchiare.
- Ha incontrato il capo - risponde per me il signor Whitfield.
- Aah ecco - può finalmente capire il mio entusiasmo il signor Beard non togliendosi dalle labbra quel sorrisetto.

Io non sapendo cosa dire, a testa bassa mi dirigo verso il frigo per prendere un misto di verdure per il pranzo. I due uomini si avvicinano incuriositi mentre recupero un tagliere e un coltello da cucina molto affilato. Inizio a tagliare le varie verdure velocemente senza distogliere lo sguardo da ciò che sto facendo.

- Beato il signor Jackson che potrà mangiare le cose cucinate da te - commenta estasiato il signor Beard.

Gli rivolgo un sorriso di gratitudine e, mentre dispongo le varie verdure tagliate a rondelle in una pirofila, mi volto con il viso verso di loro.

- Non si preoccupi sto preparando anche per voi - dico semplicemente.

Il signor Beard spalanca prima gli occhi per poi lasciarsi andare a una contenuta esultanza che mi fa ridacchiare.

- Grazie mille - ringrazia per entrambi il signor Whitfield mostrando solamente gratitudine.
- Nessun  problema, è un piacere - rispondo mentre metto la pirofila nel forno posizionando il timer.

Nel mentre gli uomini se ne sono andati e prego che il pranzo possa piacere al signor Jackson.



Madeleine Cruz e Michael Jackson

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***



Capitolo 11
 
Ho appena tolto la pirofila dal forno e, nonostante i due guantoni da forno, la appoggio velocemente sui fornelli avendo sentito un forte calore alle mani. Tolgo i guanti e noto che le dita sono leggermente arrossate, con uno sbuffo passo le mani sotto l'acqua fredda cercando un po' di sollievo. Devo dire che il piatto mi è uscito particolarmente bene a giudicare dal profumino e dal colore dorato delle verdure. Sorrido soddisfatta e, dopo essermi asciugata alla meno peggio le mani sul grembiule, ripongo un sotto piano sull'isolotto in marmo per poi appoggiarci la pirofila sopra. Un cameriere spunta da chissà dove e sta per prendere la pirofila ma una mano lo blocca, quando alzo lo sguardo vedo il signor Whitfield.

- Il signor Jackson ha deciso di mangiare qui - dice semplicemente.

Il cameriere blocca i suoi gesti per poi apparecchiare al lato opposto dell'isolotto. Io prendo delle pinze e quando ritorno verso la pirofila vedo lo sguardo della guardia del corpo fisso sulla mia pietanza. Mi avvicina cercando di capire se ci fosse qualcosa che non va.

- Scusi c'è qualcosa che non va? - do voce ai miei pensieri.
- Beh in effetti - esclama.

Inarco un sopracciglio confusa mentre cerco di capire cosa fosse andato storto.

- Il signor Jackson odia le verdure - dice semplicemente.

Spalanco gli occhi mettendomi le mani nei capelli, come posso essere cosi stupida? Mi domando mentre inizio a fare avanti e indietro in preda al panico. Guardo l'orologio al muro e capisco che è troppo tardi per poter rimediare al danno fatto, provo a pensare a qualcosa di veloce da preparare ma, a causa dell'eccessiva ansia, non mi viene in mente niente da proporgli per il pranzo.

- Mi perdoni, non immaginavo che non gli piacessero le verdure - ammetto sconsolata e mortificata.

Manco a farlo apposta il signor Jackson fa il suo ingresso nella sala da pranzo, la sua camminata è sicura ed elegante e senza esitazione si siede al tavolo. Da uno sguardo alla pirofila e la mia disperazione aumenta a dismisura. Cerco di non darla a vedere mentre prendo una porzione per poi servirla ordinatamente sul piatto di fronte a lui, tutto questo sotto lo sguardo vigile del signor Whitfield. Una volta fatto mi allontano di un passo mettendomi perfettamente dritta con le mani incrociate dietro la testa. Il mio capo guarda ciò che ha nel piatto in maniera un po' scettica e io vorrei solo sotterrarmi, nemmeno arrivata qui che già commetto errori.

- Madeleine che cos'è? - mi domanda curioso chinandomi sul piatto indicandolo.

Io deglutisco in preda all'ansia.

- E' una ratatouille sign.. - stavo per finire di parlare ma l'uomo mi fulmina letteralmente con lo sguardo.
- Michael - dico correggendomi.

L'uomo in questione si lascia sfuggire un sorriso per poi annuire leggermente contento.

- Così va meglio - dice con un tono di voce particolarmente dolce.

Persino il signor Whitfield sembra sorpreso per la correzione che mi ha fatto fare il signor Jackson. Il mio capo prende un pezzo dal piatto e, mentre si porta il boccone alla bocca, seguo i suoi movimenti pregando che gli piacciano. Lo vedo masticare lentamente per poi spalancare gli occhi, attendo la mia fine ma rimango ancora più sorpresa quando lo vedo prendere un altro pezzo e un altro ancora. Il mio sguardo si incrocia con quello del signor Whitfield che è sconcertato quanto me. In pochi secondi il piatto è praticamente pulito e il signor Jackson lo solleva voltandosi verso di me.

- Potrei averne un altro po'? - mi domanda.

Io mi lascio andare mentalmente a un sospiro di sollievo.

- Certamente - rispondo mostrando un sorriso sincero.

Gli servo immediatamente una seconda porzione che viene spazzolata in pochi secondi, beve un bicchiere d'acqua e indica la pirofila con la forchetta.

- Probabilmente se mi avessero preparato le verdure sempre così le avrei sempre mangiate - sostiene soddisfatto.
- La ringrazio - mi limito a dire contenta più che mai.
- Bill? - si rivolge alla guardia.
- Si signore? - si riporta sull'attenti beccandosi anche lui uno sguardo di rimprovero.
- Chiama Javon e digli di venire a pranzare anche lui - dice semplicemente mentre alza nuovamente il piatto nella mia direzione.

Io, felice più che mai, gli servo ancora un altro po' della mia ratatouille mentre il signor Whitfield fa una chiamata.

- Potresti appare anche per Javon e Bill, Madeleine? - mi domanda il signor Jackson.
- Si subito - esclamo senza farmelo ripetere due volte.

Prendo le stoviglie e, su precise disposizione del signor Jackson, apparecchio nei due posti vicino al capo. Le due guardie del corpo arrivano e, leggermente sorpresi, si accomodano ai lati del nostro capo.

- Oh che sbadato - esclama improvvisamente il signor Jackson.

Io mi riporto nuovamente sull'attenti pronta ad eseguire i suoi ordini.

- Apparecchia pure per te Madeleine -

Sgrano gli occhi sorpresa più che mai.

- Non si preoccupi, mi preparerò qualcosa una volta che voi avrete finito - cerco di persuaderlo.
- Non discutere, anche tu devi beneficiare di quello che cucini forza vieni - controbatte l'uomo invitandomi con un gesto della mano.
- Si subito - dico non volendo discutere.

Apparecchio anche per me e, dopo aver servito tutti compreso il signor Jackson che ha voluto l'ennesima porzione, mi siedo accanto al signor Beard alla destra del nostro capo. I tre uomini iniziano a chiacchierare e io mi limito a stare in silenzio non volendoli interrompere, l'unica cosa che riesco a percepire è il signor Jackson che lascia andare a una soave risata e il mio bambino che mi da un lieve calcetto facendomi sorridere. Finisco di mangiare in silenzio e, dopo aver servito il bis al signor Whitfield e al signor Beard, inizio a sparecchiare non volendo aspettare l'arrivo dei camerieri. Il mio capo si alza e mi appoggia una mano sulla spalla facendomi sobbalzare per lo spavento. Per fortuna non sono riuscita a far cadere la fila di piatti che avevo tra le mani e rivolgo un sorriso di scuse all'uomo al mio fianco.

- Il pranzo era veramente squisito - afferma semplicemente sorridendomi.
- La ringrazio -
- A stasera - dice mentre alza una mano in segno di saluto uscendo dalla stanza.

Io, ancora imbambolata, con la mano libera ricambio il gesto anche se l'uomo è già uscito dalla stanza. Le due guardie del corpo, come vedono il nostro capo sparire, si alzano in piedi venendomi incontro. Leggermente sorpresa faccio un passo indietro quando noto l'eccessiva vicinanza con il signor Beard.

- Come hai fatto? - mi domanda semplicemente.
- A fare cosa? Non capisco - dico cercando un appoggio nello sguardo del signor Whitfield.
- A fargli mangiare le verdure? Da quando lavoriamo per lui non l'abbiamo visto ne mangiare verdure ne mangiare così tanto - continua il discordo il signor Beard.

Io mi lascio andare a un sorriso non sapendo come rispondere, il signor Whitfield mette una mano sulla spalla del signor Beard richiamando la sua attenzione.

- Forza abbiamo del lavoro da fare - dice serio.

L'uomo richiamato annuisce serio ma quando riporta lo sguardo su di me sorride.

- Grazie mille per il pranzo Madeleine era tutto buonissimo - dice frettolosamente per poi sparire dalla nostra vista.

Arrossisco sentendo quei complimenti ma il signor Whitfield, con la sua voce profonda, mi fa alzare lo sguardo dal pavimento.

- Se continui così il signor Jackson non ti lascerà più andare - commenta divertito lasciandomi due pacche sulla spalla.

Anche lui mi ringrazia per il pranzo e in fine anche quest'ultimo si conceda lasciandomi definitivamente sola. Porto il resto delle stoviglie nel lavandino e, mentre strofino i piatti con la spugna e il sapone, mi abbandono a un sorriso soddisfatto.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



Capitolo 12
 
Appoggio distrattamente la mia borsa, la scatola e il giubbotto per terra all'ingresso. Sono appena rientrata a casa dalla mia prima giornata di lavoro e nonostante le mie continue incertezze posso ritenermi soddisfatta. Il letto è ancora disfatto così decido di mettermi il pigiama e coricarmi immediatamente. Una volta sdraiata guardo il soffitto ripensando a tutto quello che è successo oggi, le emozioni che ancora albergano la mia anima, le soddisfazioni e le scoperte, mi lascio andare a un sorriso stanco per poi abbandonarmi al calore delle coperte addormentandomi. Mi sveglio prima del suono della sveglia e, a giudicare dalle lancette della sveglia, capisco che è vero. Sono le 05:30 del mattino e iniziano a vedersi le prime luci dell'alba. Mi metto seduta sul letto e un calcetto mi fa abbassare la testa verso la mia pancia, ho un sorriso a trentadue denti mentre accarezzo il mio ventre.
- Buongiorno anche a te amore mio - dico in sussurro.
Tolgo le coperte dalle gambe e decido di iniziarmi a preparare con calma. Lego i capelli con una coda alta e, dopo essermi fatta una bella doccia bianca, indosso un maglioncino bianco, un pantalone elasticizzato e un paio di scarpe da ginnastica anch'esse bianche. Metto un po' di mascara sulle ciglia e mi sciolgo i capelli, inizio a pettinarli ma il segno della coda persiste, provo anche a spazzolarli a testa in giù ma non cambia niente così li rilego in maniera più ordinata. Lascio il bagno e con lentezza raggiungo la cucina per prepararmi la colazione, metto un po' di latte sul fuoco e recupero gli ultimi biscotti al cioccolato che sono rimasti. Una volta tutto pronto poggio un telo sul tavolo mettendo sopra sia la tazza con il latte sia i biscotti. Inizio a mangiare lentamente e non curante del tempo che passava, il mio sguardo è rivolto verso la finestra mentre osservo le prime luci del mattino sostituirsi alla notte appena passata. Un bussare alla porta mi riporta alla realtà, l'orologio sul muro segna le 6:17 e mi domando chi possa essere a quest'ora. Con calma mi alzo dalla sedia e un altro bussare mi fa correre verso la porta d'ingresso.

- Arrivo! - urlo sperando che chiunque sia dall'altra parte mi abbia sentito.

Finalmente raggiungo l'ingresso e apro velocemente la porta, il mio sorriso cordiale si trasforma in una smorfia quando riconosco le due persone davanti a me.

- Leonard! Brandon! - dico senza essere del tutto sorpresa.

Leonard si toglie il cappuccio della sua felpa mimetica e mi guarda come se avesse visto il suo idolo, la sua bocca è spalancata e fa un passo avanti titubante. Io continuo a rimanere sulla soglia di casa con la porta non del tutto aperta mentre studio i movimenti del ragazzo che mi si sta avvicinando lentamente. Con uno slancio mi abbraccia, la sua stretta è poderosa mentre nasconde il viso sulla mia spalla respirando profondamente. Non riesco a ricambiare il suo gesto e mi impongo di mantenere le braccia lungo il mio corpo.

- Madeleine - sussurra con un filo di voce il ragazzo che continua a stringermi.

Gli do una pacca sulla spalla capendo che si deve allontanare e così fa, mi guarda con un sorriso dolce sul volto mentre si asciuga gli angoli degli occhi. Non mostro alcun tipo di emozione a quel gesto, non riesco a provare nulla o forse sto provando talmente di quelle emozioni contrastanti che non riesco ad esprimerne manco una. Brandon si avvicina e mi abbraccia a sua volta, lui ci sta molto meno e quando anche lui si allontana vengo fissata da entrambi con insistenza.

- Pensavamo di non trovarti! - esclama Leonard in preda ad una strana euforia.

Il mio sguardo è impassibile, quasi non mi riconosco.

- Cosa siete venuti a fare qui? - domando semplicemente.

I due si guardano per un istante e stavolta è Brandon a prendere la parola.

- Abbiamo bisogno di parlare - dice tranquillamente.

Io faccio un sospiro spalancando la porta per poi mettermi di lato per lasciargli lo spazio per passare.

- Avanti, non ho molto tempo -

Loro annuiscono e varcano la soglia di casa mia, Leonard per poco inciampa sul casco del mio motorino ma fa finta di niente continuando a camminare. Chiudo la porta e li raggiungo in cucina dove loro si sono appena accomodati.

- Posso offrirvi qualcosa? - chiedo senza nemmeno guardarli.
- Per me un bicchiere d'acqua - dice Brandon.
- Per me una Coca-Cola! - esclama invece Leonard.
- Non ho Coca-Cola, ho solo Pepsi, va bene lo stesso? -  affermo mentre controllo il frigo.

Sento Leonard sbuffare e cerco di mantenere la calma.

- Si va bene lo stesso -

Io prendo la bottiglia di Pepsi e l'acqua dal frigo per poi richiuderlo con il gomito. Appoggio tutto sul piano cottura e, dopo aver preso due bicchieri e aver versato le due bevande all'interno di essi, porto tutto a tavola. Loro bevono le loro bevande e mi siedo tra i due rivolgendomi verso Brandon.

- Allora di cosa dovete parlarmi? - chiedo al mio fratello maggiore.

Quest'ultimo prende un altro sorso d'acqua per poi appoggiare il bicchiere sul tavolo.

- Volevamo sapere come stai -
- No, se volevate sapere come stavo mi facevate una telefonata, che cosa volete da me? - domando nuovamente iniziando ad innervosirmi.
- Vogliamo che torni a casa - dice semplicemente Brandon guardandomi finalmente negli occhi.

Mi alzo con uno scatto dalla sedia iniziando a ridacchiare nervosamente.

- Voi non potete venire qui dopo sei mesi e chiedermi di ritornare! Non potete! - quasi urlo.
- Non ne avete più il diritto! Sto cercando di gestirmi la mia vita! - continuo.
- Certo! Si è visto quanto ti sai gestire la tua vita, ti sei fatta mettere incinta dal primo che passa! - controbatte Brandon alzandosi anche lui dalla sedia.

Quelle parole mi fanno gelare sul posto, posso sentire che qualcosa dentro di me si è rotto. Il mio fratellone, capendo probabilmente di aver esagerato, addolcisce lo sguardo e quando alzo una mano avvicinandosi mi allontano e con un colpo brusco scanso la sua mano.

- Non toccarmi! Non azzardarti ad avvicinarti! - sussurro.

Lui abbassa la mano e rimane lì dov'è, Leonard ancora seduto tiene lo sguardo puntato sul mio ventre gonfio.

- L'hai tenuto! - esclama il mio fratello minore mostrando un leggero sorriso.
- Cosa volevi che facessi? L'avrei dovuto uccidere? - rispondo un po' scocciata.

Lui si ammutolisce alzandosi in piedi.

- Ci sei mancata tanto sorellona - dice guardandomi negli occhi.

Io ricambio lo sguardo anche se, al contrario suo, il mio è senza emozioni. Un velo di lacrime mi appanna leggermente gli occhi ma non piangerò, non questa volta.

- Vogliamo che torni a casa con noi, la mamma si è pentita - racconta Brandon.
- Ah si certo come no! Ora si ricorda che è mia mamma? Dopo che mi ha ripudiato dicendomi che non sono più sua figlia? Dopo che, senza esitazioni, mi ha sbattuto in mezzo alla strada? - parlo a raffica mentre, contro il mio volere, le prime lacrime lasciano i miei occhi.

I due si zittiscono immediatamente senza sapere come ribattere capendo che ho solo detto cose vere.

- Se veramente fosse pentita ci sarebbe stata lei qui a chiedermi scusa e non voi a farle da portavoce solo per il semplice fatto che non vuole ammettere di aver sbagliato - continuo abbassando notevolmente il tono della voce.

Brandon si lascia andare a un sospiro.

- Hai ragione ma lo sai com'è fatta mamma -
- Questo non mi riguarda più - affermo.
- Per non parlare di voi due! - continuo indicandoli.

I miei fratelli si riportano immediatamente sull'attenti.

- Voi non avete pensato nemmeno di difendervi, avete preferito godervi lo spettacolino in silenzio -
- Se fossimo intervenuti ci avremmo rimesso pure noi e tu questo lo sai bene - interviene Leonard.

Mi volto verso di lui e, con uno sguardo disgustato, faccio un applauso.

- Ah ecco, bravo! Questo è quanto vuoi bene a tua sorella! - dico continuando ad applaudire.

Leonard, mortificato, abbassa lo sguardo sui suoi piedi irrigidendosi.

- Non prendertela con lui - parte in soccorso l'altro.
- Allora devo dire che avete fatto bene? E' questo che ti vuoi sentirti dire? - ribatto mentre mi asciugo velocemente gli occhi con una mano.

Brandon si ammutolisce all'istante e, quando guardo l'orologio noto che sono le 07:01.

- Devo andare a lavoro quindi vi pregherei di andarvene - dico dirigendomi verso la porta per poi aprirla.

I due, senza dire una parola e a testa china, escono e io subito dopo aver preso il casco chiudo a chiave la porta. Salgo sul mio motorino e parto, sento le loro voci chiamarmi ma il rumore del mio mezzo copre il tutto. Circa trenta minuti dopo arrivo davanti al cancello in ferro battuto di casa Jackson, senza nemmeno telefonare esso si apre e io mi appresto ad entrare parcheggiando nello stesso posto dell'altra volta. Non c'è il signor Whitfield ad accogliermi come ieri, probabilmente mi ha visto dalle telecamere di sorveglianza. Entro dalla porta e mi dirigo velocemente in cucina e con mia enorme sorpresa trovo il signor Jackson seduto sull'isolotto. Faccio un balzo per lo spavento lasciandomi uscire un suono indefinito. L'uomo si accorge di me e mi rivolge un sorriso cordiale.

- Buongiorno Madeleine - mi saluta.
- Buongiorno signor Jackson - ricambio mentre mi infilo velocemente il grembiule e la bandana.

L'uomo osserva i miei movimenti e si alza in piedi venendomi incontro.

- Sembri molto iperattiva stamattina - può constatare mentre non facevo altro che fare avanti e indietro per la cucina.

Io mi volto verso di lui guardandolo come se avesse detto la cosa più assurda al mondo.

- Io? Ma no signore non è.. - stavo per finire la frase ma un improvviso giramento di testa mi fa appoggiare al ripiano in marmo.

Il mio capo si precipita di fronte a me.

- Cosa succede? Stai bene? - domanda apprensivo sorreggendomi per le spalle.

Prendo un respiro profondo e cerco di rivolgere un sorriso rassicurante al signor Jackson.

- Si si non si preoccupi sto bene -

Manco il tempo di finire la frase che un giramento di testa più forte di quello precedente mi fa perdere i sensi.



Improvvisamente la giovane cade tra le sue braccia e cerca di sorreggerla per quanto sia possibile. Delicatamente la appoggia per terra e dalla tasca dei pantaloni tira fuori il cellulare componendo rapidamente un numero di telefono.

- Bill! - esclama.
- Si signore? -
- Chiama immediatamente un medico! - dice in preda al panico Michael mentre appoggia la testa della ragazza sulle sue gambe.
- Che cosa è successo signore? - domanda altrettanto preoccupato Bill.
- Madeleine è svenuta - spiega semplicemente il signor Jackson mentre osserva la giovane in stato incoscienza.


 

Leonard, Brandon e Madeleine Cruz

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***



​Canzone consigliata per il capitolo: The Sundays "Wild Horses" ---> https://youtu.be/BiyCkSOF1pc


Capitolo 13

 
L'uomo si toglie lo stetoscopio dalle orecchie e con un sospro lo ripone nella sua borsa in pelle. Sistema bene la giacca e, dopo essersi alzato dal letto, esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Il signor Jackson, seduto poco più in la, si alza di scatto seguito a ruota da Bill e Javon.

-Allora dottore? - domanda repentinamente Bill.

L'uomo si gratta il mento per poi riportare il braccio lungo il corpo di peso.

- La ragazza sta bene, ha solo avuto un abbassamento di pressione probabilmente dovuto allo stress - dice mentre tira fuori un foglio.
- Però le consiglio di farle una visita ginecologica quanto prima, io non mi sono permesso di prescriverle nulla in quanto non sono qualificato per questi casi - continua consegnando il foglio a una delle due guardie.

I due omoni si guardano quasi complicità ma nessuno sa a cosa effettivamente stiano pensando.

- Grazie dottor Conrad Murrey - lo ringrazia Michael porgendogli la mano.
- E' un piacere signor Jackson - ricambia la stretta per poi farsi scortare da Javon verso l'uscita della villa.

Bill e il suo capo rimangono da soli in uno dei tanti corridoi della villa e il silenzio regna sovrano, nemmeno dalla stanza dove è stata portata poco prima la giovane si percepisce qualche suono. Un sospiro pesante del signor Jackson interrompe l'apparente quiete che si è creata.

- Bill? - chiama il signor Jackson con voce leggermente tremante.
- Si signore? -

Ancora qualche minuto di silenzio dove Michael non riesce a staccare gli occhi dal pavimento. Agli occhi del signor Whitfield sembrava quasi un bambino spaventato ma non l'avrebbe mai detto ad alta voce, sarà una cosa che terrà nascosta da qualche parte dentro di se.

- Conviene che torni a svolgere il tuo lavoro - dice semplicemente l'uomo dai lunghi capelli neri.
- Scusi signore, vado subito - si riporta sull'attenti la guardia per poi sparire, anche lui, tra i corridoi di quell'immensa casa.

Una volta solo vorrebbe andarsene ma una strana ansia lo pervade proprio mentre passa davanti alla camera i cui si trova la ragazza. E se le dovesse succedere qualcosa? E se non riuscisse a chiamare aiuto se si dovesse sentire male? Pensa ma, nel frattempo, ha già socchiuso la porta della stanza senza accorgersene. Apre lentamente la porta per evitare che scricchioli e la prima cosa che si nota è l'abat-jour accesa, la luce e tenue e calda quindi non da minimamente fastidio. Entra definitivamente nella stanza cercando di chiudere la porta il più piano possibile e, in punta di piedi, si avvicina al letto. La ragazza è rannicchiata su un fianco e il suo viso è illuminato dalla live luce. Il signor Jackson prende una sedia e, senza farla strisciare sul pavimento, la posiziona proprio accanto alla giovane ancora dormiente. Una volta seduto si sorregge con le mani sulle ginocchia e scruta il viso sereno della sua cuoca lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso. Qualcosa però cambia, il viso della ragazza cambia espressione diventando quasi sofferente che Michael non può fare a meno di notare. Sembra che si stesse per svegliare ma non è così, l'uomo si avvicina maggiormente al letto e le sue ginocchia sfiorano leggermente il materasso. Il letto è leggermente scoperchiato così decide di sistemare bene le lenzuola e il copriletto per poter coprire la ragazza ma a quanto pare non basta. Michael sgrana leggermente gli occhi quando intravede qualcosa scorrere sulle guance della ragazza, quelle erano lacrime. Parecchio intenerito asciuga i suoi zigomi cercando di non svegliarla, nonostante il gesto la ragazza continua a piangere nel sonno così si china con la schiena iniziando ad accarezzarle i capelli. La chioma della giovane non è più legata con la coda come la mattina, ora i suoi capelli sono sciolti e ribelli. Il grano, è questo che l'uomo pensa osservando le varie sfumature dei folti capelli di Madeleine. Michael si incanta fissando un punto indefinito della stanza ma un singhiozzo gli fa riportare lo sguardo sulla giovane che ha iniziato a piangere molto più di prima. La scena è straziante e la voglia di svegliarla da quel, probabilmente, incubo è tanta ma non ci riesce. Con il pollice fa dei cerchi cercando di scacciare le nuove lacrime che si sono depositate sui suoi zigomi. Mostra uno sguardo intenerito mentre continua ad accarezzare i capelli della ragazza, sembra così desiderosa di affetto. Un affetto che anche lui desidererebbe tanto ricevere a sua volta da qualcuno. Una mano si posa sulla sua e quando gira lo sguardo vede che la ragazza ha fermato i movimenti della sua mano e dopo essersi stiracchiata un po' apre lentamente gli occhi.


 
Avendo percepito qualcosa tra i capelli e nonostante vado a toccare cos'ho tra di essi non riesco ad identificare cosa sia. Mi stiracchio leggermente aprendo gli occhi, una luce me li fa richiudere immediatamente. Dopo qualche minuto li riapro e noto di non essere in cucina poco fa e non percepisco nemmeno il freddo del pavimento sotto di me, al contrario un calore mi avvolge. La mano libera inizia a tastare ciò che si trova su di me e come abbasso lo sguardo capisco che sono delle coperte. La cosa non identificata si muove tra i miei capelli e intuisco che sia una mano e quando capisco a chi appartiene sobbalzo. Il signor Jackson mi sta accarezzando la testa mostrando uno sguardo dolce ma allo stesso tempo malinconico, una malinconia che non riesco a capire da dove derivi.

- Ehi - mi richiama dolcemente.

Io accenno un sorriso in risposta per fargli capire che l'ho sentito. Il suo tono di voce è talmente basso che sembra quasi inudibile, sta cercando di non spaventarmi. Sento dell'umido sulle mie guance e spalanco gli occhi quando capisco che sono lacrime. Repentinamente allontano la mano che si è appoggiata sulla sua e mi asciugo velocemente le lacrime pregando che non le abbia notate.

- Signor Jackson - cerco di alzarmi per ricompormi.

L'uomo, vedendomi nervosa, appoggia entrambe le sue grandi mani sulle mie spalle cercando di farmi rimanere in quel letto a me sconosciuto. Mi guardo velocemente attorno e capisco di non essere sul divano letto di casa mia, questa è sicuramente una delle tante stanze della villa.

- Sta giù, devi riposarti - quasi mi ordina cercando di non essere troppo brusco.

L'imbarazzo mi assale. come sono arrivata fino a qui? Un senso d'ansia mi assale, non dovrei trovarmi su questo letto. Probabilmente il mio capo mi sta prendendo per una maleducata.

- Signor Jackson non so come sono arrivata fin qui. Non volevo, mi dispiace. Le prometto che non ricapiterà mai più una cosa del genere. Se mi vuole licenziare la capisco, il mio comportamento è stato poco dignitoso e professionale, non ho parole per esprimere quanto io sia mortificata signore - inizio a parlare a raffica mettendo in luce le mie innumerevoli insicurezze.

Nel mentre l'uomo continua scuotere la testa guardandomi come se fossi un'alieno.

- Non dire stupidaggini - mi tranquillizza lasciandosi andare a un sorriso divertito.

In quel momento, dopo aver ripreso fiato ed essermi calmata un po', mi sorge spontanea una domanda.

- Che ore sono? - domando dimenticandomi di avere un'orologio al polso.

Vedo il signor Jackson puntare lo sguardo sulla sveglia situata sul comodino che ho notato solo in questo momento.

- Sono le 04:42 - risponde.

Inizialmente rimango perplessa ma poi mi siedo con uno scatto rendendomi conto che io sono arrivata alla villa alle 07:30 circa.

- La colazione e il pranzo - sussurro non riuscendo a staccare lo sguardo dalle mie mani.
- Signore mi dispiace tanto - tento di giustificarmi.
- Ehi - mi richiama l'uomo seduto al mio fianco.

Alzo finalmente lo sguardo puntando i miei occhi nei suoi.

- Non preoccuparti, la colazione l'abbiamo ordinata da Starbuks e il pranzo da KFC. Amo le alette di pollo fritte - confessa cercando di sdrammatizzare.

Mi lascio sfuggire un risolino divertito a quella dichiarazione ma comunque sono mortificata per quanto riguarda il mio svenimento. Seguono attimi di silenzio a dir poco strazianti, sono completamente a disagio e non riesco a dire una mezza parola ma ci pensa il mio capo a smorzare il tutto.

- Come ti senti ora? -
- Bene la ringrazio - rispondo sorridendogli.

Riporto lo sguardo sulle mie mani che sono strette alle lenzuola e, non so per quale ragione, mi viene spontaneo alzare il viso per poter osservare il mio capo. L'uomo sta osservando la mia pancia assorto nei suoi pensieri ma poco dopo, sentendosi osservato, punta i suoi occhi nei miei. La camicia rossa è leggermente sgualcita e le maniche sono leggermente più larghe rispetto ai suoi polsi, il trucco è impeccabile nonostante i capelli siano leggermente crespi probabilmente per colpa dell'umidita. La sua espressione muta in un'istante, i suoi occhi si fanno improvvisamente lucidi e si porta una mano sul viso cercando di coprirsi.
Io spaventata tolgo le coperte dalle gambe e mi ritrovo seduta di fronte a lui, non faccio nemmeno caso alle nostre ginocchia che si toccano. Non ho mai affrontato una situazione di questo tipo e i respiri tremanti provenienti dal signor Jackson mi mettono ansia e tristezza allo stesso tempo. Alzo una mano volendola appoggiare sulla sua spalla ma la ritiro, ho troppa paura della reazione che potrebbe avere. Abbasso la testa cercando il suo sguardo ma l'uomo si nasconde ancora di più facendomi preoccupare maggiormente. Senza rendermene conto mi ritrovo stretta in un suo abbraccio, i miei occhi sono spalancati dalla sorpresa e non riesco a ricambiare il suo gesto. Al contrario il mio capo mi stringe ancora di più facendoci dondolare per poi insinuare una mano tra i miei capelli facendomi avvicinare ancora di più.

- Signor Jackson - lo richiamo imbarazzata e schioccata.

La stretta aumenta e un singhiozzo da parte dell'uomo mi fa sospirare, appoggio la testa sulla sua spalla e le mani attorno ai fianchi cercando di rassicurarlo anche se dentro di me sto morendo dalla vergogna.

- Mi sono spaventato tanto - dice semplicemente con la voce tremante non volendosi allontanare da me.


 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***



Canzone consigliata per il capitolo: Michael Jackson feat.Barry Gibb "All In Your Name" -----> https://youtu.be/1Ue3fVxlQus

Capitolo 14

 
E' strano essere tra le braccia del re del pop in persona, la testa appoggiata sulla spalla e le mani intrecciate dietro la sua schiena. In questo momento sto provando una sensazione mai provata prima d'ora che non riesco a spiegare. Sembra quasi il padre che non ho mai avuto, una lacrima scende lungo la mia guancia a quel ricordo che non ho mai vissuto. La asciugo una mano velocemente per poi riportarla dov'era prima per poi tirare su con il naso. L'uomo ha smesso di singhiozzare e, dopo aver sfegato le mani all'altezza delle sue scapole, ci stacchiamo dall'abbraccio. Il mio sguardo è comprensivo quando vedo l'espressione triste dell'uomo di fronte a me. Nonostante il grande imbarazzo decido di parlare per prima.

- Sta bene? - domando.
- Si - risponde mentre si asciuga le lacrime rimaste con il dorso della mano.

Sorrido felice e mi rimetto dritta visto che siamo molto vicini, sono intenerita dalla sua reazione praticamente identica a quella di un bambino. Il silenzio torna sovrano, non posso fare a meno di guardare le mie dita giocherellare tra di loro e le mani del signor Jackson intrecciate a poca distanza dalle mie.

- Ah quasi dimenticavo - esclama facendomi sobbalzare.

Alzo lo sguardo e lo vedo estrarre un foglio dalla tasca dei pantaloni, inarco un sopracciglio cercando di capire cosa possa essere. L'uomo me lo porge e, dopo aver aperto il foglio che era piegato in quattro, i miei occhi scorrono velocemente le parole scritte su di esso. Il mio viso si fa cupo e sconsolato mentre appoggio il foglio sul materasso al mio fianco. L'uomo, notando la mia espressione, appoggia una mano sul mio ginocchio cercando di attirare la mia attenzione in modo completamente naturale e ingenuo. Nonostante questo un brivido mi attraversa la schiena a quel semplice contatto tanto spontaneo quanto inaspettato.

- C'è qualcosa che non va? - mi domanda il mio capo.

Deglutisco rumorosamente per poi lasciarmi andare a un sospiro.

- Non mi posso permettere quella visita - dico semplicemente scrollando leggermente le spalle.

L'uomo davanti a me inarca un sopracciglio non capendo il perché non possa fare la visita ginecologica.

- Purtroppo sono indietro con l'affitto e con il lavoro di prima riuscivo a stento a mangiare. La visita costa troppo e purtroppo non possiedo i soldi necessari - spiego.

L'espressione dell'uomo davanti a me si fa improvvisamente seria lasciandomi perplessa per un attimo.

- Quando è stata l'ultima volta che sei andata a fare una visita per il bambino? - chiede.
- Circa sei mesi fa - rispondo.
- Cosa?! - esclama alzando visibilmente il tono della voce, sembrava quasi un rimprovero.

Io sobbalzo per lo spavento per poi abbassare la testa sentendomi in colpa.

- Mi perdoni - sussurro con voce tremante.

Dopo alcuni istanti di silenzio sento l'uomo di fronte a me sospirare.

- Scusami, non era mia intenzione alzare la voce - dice dolcemente per poi scompigliarmi giocosamente i capelli.
- Non è colpa tua - continua mentre ricongiunge nuovamente le mani sulle sue cosce.

Io annuisco non molto convinta, infondo una parte di colpa ce l'ho anche io, ho pensato solo a me stessa per tutti questi mesi. Dovevo svenire per capire che stavo trascurando mio figlio, a volte l'amore non basta. Altre lacrime scendono lungo le mie guance, mi sento una frignona mentre inizio a singhiozzare rumorosamente.

- Ehi ehi ehi! Non piangere - mi richiama l'uomo sedendosi anche lui sul letto.
- Vieni qui - dice invitandomi con la mano.

Nego con la testa in preda alle lacrime e ai singhiozzi, dopo un sospiro da parte sua mi ritrovo nuovamente tra le sue braccia. Stavolta non ho la forza di ricambiare il gesto e tengo le braccia lungo il corpo, la mia testa è di nuovo sulla sua spalla ma tengo lo sguardo in alto per evitare di rovinargli la sua bellissima camicia. Continuo a singhiozzare mentre il signor Jackson mi sfrega quasi freneticamente le spalle cercando di calmarmi.

- Sono una pessima madre - riesco a dire tra i singhiozzi che, alla mia spontanea affermazione, aumentano a dismisura.

L'uomo nega con la testa mentre appoggia il capo sulla mia spalla accarezzandomi dolcemente i capelli.

- Invece sono convinto che stai cercando di fare del tuo meglio - commenta dolcemente dondolandomi.

Lui è il primo ad allontanarsi dall'abbraccio per poi sollevarmi il viso con entrambe le mani accarezzandomi gli zigomi.

- Sono sicuro che sarai una brava mamma - afferma guardandomi dritto negli occhi.

Stavo per ribattere ma lui mi ferma continuando a parlare.

- E non lo dico così tanto per dire. In questi due giorni ho visto quanta passione e dedizioni ci metti nel tuo lavoro. Si vede che stai facendo tutto questo per il bene di tuo figlio ed è una cosa bellissima -

Rimango incanta dalle sue parole così sincere e profonde, una volta che allontana le mani mi affretto ad asciugarmi per l'ennesima volta le lacrime per poi rivolgergli un sorriso.

- Ha ragione - dico semplicemente.

Alla mia constatazione il mio capo si lascia sfuggire un sorriso radioso.

- Comunque se ti servono i soldi per la visita posso anticiparti lo stipendio - spiega.

Spalanco gli occhi in preda alla sorpresa.

- No signore non è giusto. Sono qui da appena un giorno e mezzo, non merito di ricevere lo stipendio in anticipo - ribatto cercando di non sembrare troppo aggressiva.

Nel mentre l'uomo ha preso il portafoglio dalla tasca dei pantaloni estraendo il blocchetto degli assegni. Lo vedo scrivere sopra velocemente per poi porgermi il piccolo foglietto, lo prendo e sgrano gli occhi alla vista dell'importo. Ben cinquemila dollari sono segnati con quella calligrafia elegante e alzo la testa di scatto riporgendo l'assegno al mio capo.

- Signor Jackson questi sono davvero tanti soldi, non me la sento di accettarli, non li merito - cerco di spiegarmi.

L'uomo rifiuta di prendere il foglio spingendolo leggermente verso di me mostrando un sorriso.

- Quelli sono solo una parte del tuo stipendio, solitamente non sono io personalmente ad occuparmi di queste cose ma si parla di un'emergenza in questo caso - dice tranquillamente.

Sono a dir poco sotto shok mentre mi rigiro il foglio tra le mani, alzo la testa incrociando gli occhi dell'uomo al mio fianco.

- Non so davvero come ringraziarla signore, non ho parole -

Lui fa un gesto non curante con la mano mentre si alza dal letto, mi porge la mano e io la afferro alzandomi anche io. Ci troviamo uno di fronte all'altra e la sua figura mi sovrasta di parecchi centimetri, non ho mai avuto una bella altezza e ora lo posso notare ancora di più.

- Mi scusi per le innumerevoli scenate che ho fatto - mi scuso abbassando leggermente lo sguardo.

L'uomo sbuffa sonoramente.

- Non scusarti - dice semplicemente.

Rialzo la testa mostrando un sorriso mettendomi composta e dritta.

- Posso fare qualcosa per lei? - chiedo sentendomi completamente ripresa.

L'uomo sembra sorpreso ma poi si fa pensieroso per un attimo.

- Direi che è ora di fare merenda - riflette ad alta voce guardando un punto indefinito del soffitto.
- La preparerò subito non si preoccupi - mi affretto a rispondere.
- Ci sono anche i miei figli -
- Non c'è alcun problema - ribatto immediatamente.

Il signor Jackson sorride e dopo che mi sono legata i capelli mi avvicino al letto iniziando a sistemarlo ma la voce dell'uomo alle mie spalle mi fa bloccare.

- Non preoccuparti, lo farò sistemare dagli inservienti, forza andiamo - mi incoraggia invitandomi con una mano a seguirlo verso la porta.

Mi rimetto in piedi e in pochi passi mi ritrovo al suo fianco guardandolo dal basso.

- Va bene - asserisco semplicemente.

L'ennesimo sorriso appare sul suo volto e, dopo avermi fatto uscire per prima dalla stanza, chiude la porta dietro di se lentamente.
 

Piccolo montaggio per chi li vede già bene come coppia.
​(Montaggio fatto da me)

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***



Capitolo 15
 
La cucina è uno specchio come sempre, mi sono messa subito in moto iniziando a muovermi da una parte a l'altra della stanza. Dopo che il signor Jackson mi ha chiesto gentilmente di preparare un po' di latte e dei biscotti per i bambini mi sono messa subito in moto. Come si fa a dire di no di fronte a tanta gentilezza? Ho annuito mostrandomi completamente disponibile. In questo sto aspettando che i biscotti finiscano di cuocere nel forno mentre rimango appoggiata con un braccio all'isolotto. Tutto il tempo mi sono sentita osservata e quando alzo nuovamente lo sguardo vedo il signor Jackson guardarmi. Sento dei passi, probabilmente sono i bambini che stanno giocando ma l'uomo è rimasto sulla soglia della porta guardando i figli da lontano e dandomi, di tanto in tanto, un'occhiata. Apprezzo molto che lui si stia preoccupando per me, ho cercato di fargli capire che stavo bene ma lui fa finta di non avermi notato. Il timer inizia a suonare e subito spengo il forno, prendo due presine e apro il forno allontanando la faccia per evitare l'aria bollente. Tolgo velocemente la teglia e velocemente posizioni i vari biscotti con gocce di cioccolato sul vassoio. Una volta fatto mi metto a guardarli da lontano poggiando entrambe le mani sui fianchi, mi ritengo soddisfatta del mio lavoro così prendo un pentolino per scaldare un po' di latte.
-
Ehi Madeleine - mi sento chiamare dal mio capo.

Subito mi giro verso di lui pensando di aver sbagliato qualcosa.

- Si? - dico mettendomi composta.

L'uomo ride al mio modo di ricompormi per poi indicare un pensile vicino a me.

- Potresti mettere un po' del latte che stai preparando dentro un biberon? Sono nel pensile alla tua sinistra - mi istruisce indicando lo sportello.
- Subito - obbedisco aprendo l'anta del mobile recuperando un biberon con dei fiorellini rosa.

Lo guardo con gli occhi a cuoricino al pensiero che fra non molto anche io dovrò usare uno di questi. Aspetto che il latte scaldi abbastanza per poi toglierlo dal gas, ne verso un po' nel biberon e testo sulla mano la temperatura. Scuoto la mano, è decisamente troppo caldo e ora mi trovo in panico, cosa devo fare? Decido di mettere per pochi secondi il biberon in frigo nel mentre che verso il resto del latte in due tazze. Poggio tutto sulla penisola per poi andare ad aprire velocemente il frigo. Ricontrollo il latte ed è tiepido, faccio un sospiro di sollievo per poi appoggiare il biberon sull'isolotto. Il signor Jackson mostra un sorriso dolce per poi rivolgersi ai figli.

- Bambini? Venite! - li richiama facendo un movimento con la mano.

Dei passi si fanno sempre più vicini e due figure minute fanno il loro ingresso in cucina, il primo ad entrare è un bambino completamente biondo con una salopette rossa e le scarpette del medesimo colore. Si dirige dall'altra parte dell'isola e probabilmente sta cercando di salire sulla sedia visto che sento dei versi come se si stesse sforzando. Sorrido divertita da quella scena e noto che anche il padre ha la mia stessa espressione dipinta sul volto.

- Prince sta attento! Adesso ti aiuto io a salire - lo richiama il signor Jackson.
- Se vuole ci penso io - mi faccio avanti.

L'uomo mi guarda e dopo avermi rivolto un sorriso di gratitudine acconsente ad aiutare il bambino. Prontamente faccio il giro della stanza e mi ritrovo davanti al piccolo che cerca ancora di arrampicarsi sulla sedia, mi abbasso leggermente e gli tocco la spalla, lui si gira subito e si intimidisce di colpo fermando ogni movimento.

- Ciao Prince, ti aiuto a salire? - gli chiedo dolcemente.

Lui immediatamente mostra un sorriso annuendo vigorosamente, allunga le braccia verso di me e capisco che vuole essere preso in braccio. Intenerita da tanta dolcezza lo afferro sollevandolo, non è tanto leggero come mi aspettavo ma comunque riesco a mettermi in piedi. Una mia mano è sotto il suo fondoschiena mentre con la mano libera sposto la sedia, lo faccio accomodare su di essa avvicinandolo il più possibile al ripiano.

- Ecco fatto! - dico dolcemente verificando che sia seduto bene sulla sedia.

Il bambino si volta verso di me mostrando un sorrisetto adorabile che mi fa sciogliere.

- Glasie - esclama con una voce fine e sottile.
- Prego - mi limito a rispondere ricambiando il sorriso.

Mi rimetto al mio posto congiungendo le mani dietro la schiena, poco dopo entra nella stanza una bambina con una tutina viola e i calzini bianchi. La sua camminata è un po' incerta ma è normale visto che è molto piccola, i suoi occhi di ghiaccio mi osservano per qualche secondo lasciandomi sorpresa, probabilmente lì ha presi dalla madre che non ho ancora avuto modo di conoscere. Lei fa dietrofront per poi nascondersi dietro le gambe del padre cercando di nascondersi da me. Il mio capo ride divertito per poi accarezzare i suoi corti capelli castani dolcemente.

- Paris non preoccuparti, lei è brava - spiega l'uomo alla bambina.

Lei si aggrappa ancora di più alla gamba del padre così quest'ultimo decide di prenderla in braccio. Entrano entrambi nella stanza e l'uomo si posiziona davanti a me con la bambina che continuava ad osservarmi incuriosita. Io mostro un sorriso e lei nasconde la testa tra i capelli del padre. Il mio capo si lascia andare a una risata per poi puntare lo sguardo su di me.

- Grazie mille Madeleine -
- Nessun problema - rispondo sorridendogli cordialmente.

Lui annuisce e si siede accanto al figlio che nel frattempo ha iniziato a mangiare. Vedo la piccola Paris agitarsi per porsi sedere anche lei sulla sedia ma il padre la tiene saldamente tra le sue braccia. Vedendo che tutti i suoi tentativi sono inutili inizia a piangere rumorosamente. Il signor Jackson si precipita a sistemarla bene tra le sue braccia per poi afferrare il biberon, lo avvicina alle labbra della bambina ma lei continua a piangere.

- No no Paris non piangere! Shh va tutto bene! Ti amo piccola, ti amo tanto - inizia a cullarla muovendo le gambe.

Lei subito smette di lamentarsi e inizia a ciucciare il latte per poi aggrapparsi alla camicia del padre stringendola. Il mio sorriso si allarga vistosamente, si vede che ama i suoi figli con tutto se stesso, basta solo vedere lo sguardo dolce che rivolge a Paris per capire. Ogni tanto da un'occhiata a Prince che sta tranquillamente seduto continuando a mangiare i biscotti con il latte. Io decido di non fare la bella statuina così inizio a pulire a mano le stoviglie che ho utilizzato per preparare la merenda. L'uomo inizia una conversazione con il figlio che non riesco a sentire visto il rumore dell'acqua corrente. Stavo per lavare il mestolo quando sento un leggero strattone all'altezza della gamba, distolgo l'attenzione da quello che stavo facendo e noto che Prince è al mio fianco mentre cerca di attirare la mia attenzione. Chiudo l'acqua e mi rivolgo verso il bambino che mi guarda con i suoi grandi occhi marroni come quelli del padre.

- Glasie mille - dice titubante.

Addolcisco lo sguardo inginocchiandomi, a fatica, davanti a lui cercando di rimanere alla stessa altezza.

- Prego - rispondo semplicemente.

Lui mi rivolge l'ennesimo sorriso per poi correre via, lo seguo con lo sguardo fino a quando non sparisce dalla mia vista. Mi rimetto in piedi aggrappandomi al ripiano della cucina, di fronte a me mi trovo il signor Jackson con la piccola Paris che si è appisolata tra le sue braccia.

- Per oggi hai finito, puoi andare - dice semplicemente.

Spalanco gli occhi in preda alla sorpresa.

- E la cena? - domando.
- Non ci sarò e i bambini staranno con la babysitter per stasera - spiega.

Io annuisco e l'uomo mi da le spalle e si dirige verso l'atrio ma si blocca di colpo.

- Ah Madeleine? - mi chiama girando semplicemente la testa nella mia direzione.

Come si accorge che ha tutta la mia attenzione continua.

- Vai a fare la visita, sei ancora in tempo. Passa una buona serata - continua per poi uscire dalla stanza.
- Buona serata anche a lei - dico lo stesso anche se è andato via.

Ancora sorpresa mi appresto a togliermi il grembiule riponendolo nella scatola per poi dirigermi verso la solita porticina che porta al parcheggio interno della villa.
 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***



Capitolo 16
 
Mentre tornavo a casa sono andata a versare l'assegno che il signor Jackson mi ha costretto ad accettare, ora sono rientrata a casa e mi sono seduta sul divano. Manco il tempo di mettermi comoda che il telefono inizia a squillare incessantemente, a fatica mi sollevo e mi precipito a rispondere.

- Pronto? -
- Madeleine, sono Bill - risponde l'uomo dall'altra parte.
- Oh signor Whitfield, come sta? Perché mi chiama? Devo tornare a lavoro? - inizio a domandare a raffica.

Una risata dall'altra parte della cornetta mi fa smettere di parlare a vanvera come al mio solito.

- No no niente di tutto questo. Ti ho chiamato per dirti che la tua visita è alle 06:30 -

Inarco un sopracciglio confusa.

- Scusi ma di che cosa sta parlando? - chiedo dando voce ai miei pensieri.
- Ah il boss non te l'ha detto. Ti ha prenotato la visita per oggi alle 06:30 all Cedars-Sinai Medical Center - spiega.

Rimango sbalordita, quell'ospedale è abbastanza rinomato.

- Lì è nato Prince quindi non ti preoccupare che sono molto professionali - continua vedendo che non rispondevo.

Sono sempre più sorpresa e non so veramente come ripagare tanta generosità.

- Non so che cosa dire - balbetto in preda allo stupore.
- Non c'è bisogno che tu dica niente, il signor Jackson l'ha fatto con piacere, si è preoccupato molto per te è ha richiesto una visita immediata. Poi sai com'è, basta fare il suo nome e voilà -

Io annuisco anche se l'uomo non mi può vedere.

- Non riesco a crederci, vorrei tanto ringraziarlo -
- Lo farai domani quando lo incontrerai a casa, ora scusa ma devo scappare, il dovere mi chiama. Ciao Madeleine a domani - parla velocemente per poi chiudere la telefonata senza lasciarmi il tempo di rispondere.

Guardo l'orologio e vedo che sono le 05:40 quindi mi devo sbrigare, faccio una doccia veloce e indosso un vestitino blu scuro e un paio di leggins neri per poter stare comoda. Sciolgo i capelli iniziando a spazzolarli, mi trucco un po' e dopo essermi assicurata di avere abbastanza contante esco di casa. In trentacinque minuti mi ritrovo davanti all'entrata dell'ospedale, parcheggio il motorino e mi reco alla reception. Una signora robusta con gli occhiali legati al collo guarda delle scartoffie non accorgendosi della mia presenza.

- Buongiorno. Scusi mi potrebbe dire a che piano si trova il reparto di ginecologia? - domando gentilmente.

La donna alza per un secondo lo sguardo per poi riportarlo sui fogli tra le sue mani.

- Alla sua sinistra ci sono gli ascensori, sesto piano - mi istruisce mentre indica con il dito gli ascensori.
- La ringrazio, arrivederci -

Vedendo che non ricambia il saluto mi dirigo agli ascensori e dopo due minuti sono al sesto piano. Dopo una lunga serie di corridoi interminabili mi ritrovo nella sala d'aspetto, rimango incanta notando come tutto sia perfettamente pulito e non c'è il classico odore nauseante di farmaci, anzi, tutto il contrario. Non ci sono le sedie di plastica ma bensì delle poltroncine che sembrano molto comode. Mi appresto a sedermi in una di quelle libere e noto che nella sala non sono sola. Altre due donne sono sedute al lato opposto rispetto al mio, una aveva una pancia molto più grande della mia mentre l'altra non ne aveva per niente. C'è chi leggeva una rivista e c'è chi sta con il cellulare, ho sempre voluto avere un mio telefonino ma non avevo mai abbastanza soldi per potermelo permettere. Diciamo che ho delle priorità diverse al momento. Una porta si apre ed esce una coppia con il sorriso sul volto, probabilmente hanno ricevuto una bella notizia. Mi rattristo al pensiero che nessuno verrà mai con me per fare una visita, che nessuno mi stringerà la mano nel momento fatidico. Un uomo in camice si sporge dalla porta guardando la sala senza posare gli occhi in un punto ben definito.

- La signora Madeleine? - domanda.

Io mi alzo in piedi e stavo per dirigermi verso di lui ma vengo afferrata per un braccio bloccando ogni mio passo. La donna priva di pancia mi sorpassa mettendosi davanti al dottore mostrando uno sguardo minaccioso.

- Sono qui da un ora e non sono stata ancora ricevuta! - sbraita la signora.
- Lei è? - chiede l'uomo.
- Claire Thompson -

L'uomo controlla la cartella che ha in mano e scorre lo sguardo sul foglio cercando il nome della donna.

- Signora Thompson, qui risulta che il suo appuntamento è segnato per 07:00 -
- Ma dottore - tenta di ribattere.
- E' già la terza volta che importuna le mie pazienti, la pregherei di smetterla o sarò costretto a chiamare la sicurezza - la ammonisce senza scomporsi più di tanto.
- La pregherei gentilmente di accomodarsi e aspettare il suo turno - continua.

La donna si lascia andare a uno sbuffo per poi risedersi al suo posto incrociando stizzita le braccia al petto. L'uomo si rivolge a me mostrando un lieve sorriso.

- Mi scusi per ciò che è successo, sta bene? -
- Sto bene, non si preoccupi - lo rassicuro mostrando un sorriso incerto.

Sono ancora sbigottita per la scena accaduta pochi istanti fa.

- Prego si accomodi - mi fa spazio facendomi entrare per prima nello studio.

Il colore che regna è il bianco più candido che abbia mai visto, alle narici mi arriva il forte odore di qualche strano farmaco che non so identificare.

- Si sieda - mi istruisce indicandomi la sedia di fronte alla sua scrivania.

Mi appresto a fare ciò che mi dice e mi metto composta, l'uomo si siede proprio di fronte a me mentre prende una cartella ancora intatta.

- Avrei bisogno di farle alcune domande prima di procedere con la visita -
- Certo - rispondo.

Guardo l'ambiente circostante e il mio sguardo si sofferma su degli attrezzi medici in metallo ben lucidati, rabbrividisco al pensiero che potrebbero essere usati su di me.

- Nome completo? - mi domanda l'uomo facendomi voltare verso di lui.
- Madeleine Cruz - rispondo e il dottore si appresta ad annotarlo.
- Io sono il dottor. Adam Springfield - dice allungando una mano verso di me.
- Piacere di conoscerla - ricambio la stretta alzandomi leggermente dalla sedia.
- La sua età? - continua con le domande.
- Trent'anni -
- Bene, di quanti mesi è? -
- Sto per entrare al settimo mese -

L'uomo annuisce per poi scrivere il tutto sulla cartella clinica.

- Ha qualche allergia in particolare del quale devo esserne al corrente? -

Rifletto e poi nego con la testa.

- Bene, quando è stata la sua ultima visita? -
- Sei mesi fa più o meno -

Scrive tutto per poi alzarsi dalla sedia invitandomi a fare lo stesso, mette bene della carta su un lettino facendomi sdraiare sopra.

 - Potrebbe sollevare la maglia gentilmente? -

Faccio ciò che mi dice per poi posare prima un gel gelato sul mio ventre e in seguito l'ecografo. Cerco di sopportare il fastidio della pressione che viene esercitata mentre allungo il collo per vedere le immagini dello schermo. Il dottor Springfield accende lo schermo e quasi subito appare la figura di mio figlio.

- Eccolo qui - parla tra se e se mentre digita qualcosa con il computerino.

L'emozione è talmente tanta che i miei occhi hanno iniziato a lacrimare, il mio bambino è ben formato e dal profilo si scorge la forma del cranio e il nasino leggermente all'insù.

- Ovviamente lei non sa il sesso del nascituro, vero? - mi chiede l'uomo senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
- No - sussurro flebilmente.

Il dottore si gira verso di me guardandomi serio.

- Vorrebbe saperlo? - mi domanda.

Senza la minima esitazione inizio ad annuire freneticamente con la testa. Sento l'ecografo muoversi sul mio ventre dandomi fastidio ma cerco di rimanere ferma il più possibile, i movimenti si fermano e una specie di click mi fa sollevare lo sguardo.

- Sono felice di annunciarle che è una femminuccia pienamente in salute - dice l'uomo mentre spegne il macchinario e mi passa un fazzoletto per pulirmi la pancia da quel gel.

Mi siedo e un sorriso spontaneo spunta sul mio volto, mentre pulisco la pancia non posso fare a meno di sussurrare emozionata.

- Una bambina, avrò una bambina -



(Edit fatto da me, spero vi piaccia)

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***



Capitolo 17
 
E' stato difficile per me dormire stanotte, continuavo a girarmi e a rigirarmi nel letto senza riuscire a prendere sonno. La bella notizia mi ha lasciato in preda a una strana euforia che non riesco minimamente a placare. Questa mattina, nonostante l'orario, ero particolarmente arzilla e pimpante. Mi muovevo da una parte all'altra della casa con passo leggero senza smettere di sorridere nemmeno per un secondo. Ho preso le vitamine che il dottore mi ha prescritto e ho percorso il tragitto per andare a lavoro in assoluta tranquillità. Ho salutato tutto il personale della casa che incontravo, persino i camerieri con i quali non ho mai parlato. Ho preparato la colazione per il signor Jackson e per i suoi figli ma non ho ancora avuto modo di incontrarli, a quanto pare il capo voleva che la colazione gli fosse portata a letto, non si capisce il perché. Ho lavato tutte le stoviglie e gli inservienti hanno pensato di riporre tutto al loro posto, infondo, io sono pagata per fare tutt'altro. Ora sono seduta su una sedia aspettando l'ora di pranzo, ho già farcito il pollo ma sono solamente le 11:00 del mattino quindi è ancora troppo presto. Traccio dei cerchi immaginari sulla superficie in marmo immergendomi nei miei stessi pensieri. Non mi rendo nemmeno che qualcuno è entrato in cucina, me ne accorgo quando questo "qualcuno" mi tocca la spalla per farsi notare. Alzo la testa ma mi rilasso quando riconosco il signor Jackson a pochi passi da me. Il suo completo nero è impeccabile, non ha neanche una piega o una cucitura malfatta, la camicia rossa spicca tra tutta quella oscurità e il tessuto sembra parecchio pregiato. Non si è fatto la barba a giudicare dai piccoli peli sul suo mento ma devo ammettere che sta bene ugualmente. I suoi capelli sono mossi mentre alcuni ciuffi sono leggermente sparati, probabilmente sarà l'umidità, penso alzandomi dalla sedia.

-Buongiorno signor Jackson -

L'uomo alza gli occhi al cielo andando leggermente all'indietro con le spalle per poi ritornare dritto di fronte a me, è stata una cosa abbastanza buffa ma evito di ridere.

- Quante volte ti dovrò dire di non chiamarmi "signore"? - domanda quasi a se stesso.

Io faccio un'alzata di spalle che lo fa ridacchiare.

- Buongiorno anche a te Madeleine - continua mostrando un sorriso.
- Hai voglia di berti un po' di succo d'arancia con me? - mi chiede.
- Certo, con piacere! - rispondo dirigendomi verso il frigo.

Afferro due bottigliette di succo e i bicchieri portando tutto sull'isolotto. Verso il contenuto in entrambi i bicchieri e l'uomo ne beve un sorso. Deglutisce per poi guardarmi con il sopracciglio inarcato.

- Che ci fai lì in piedi? Siediti vicino a me - mi incita picchiettando sulla sedia accanto alla sua.

Io annuisco e con uno slancio riesco a sedermi sulla sedia che è abbastanza alta. Il mio capo ridacchia ai miei movimenti goffi ma non la prendo come una presunta presa in giro, la sua era una risata dolce. Mi ricordo di una cosa mentre prendo un sorso del succo d'arancia di fronte a me.

- Michael - balbetto non tanto convinta.

Lui si gira immediatamente mostrando un sorriso mentre appoggia un gomito sul ripiano per potermi guardare meglio.

- Dimmi Madeleine -

Deglutisco in preda al nervosismo, infondo a me non piace dare del "tu" a praticamente nessuno, figuriamoci il mio capo.

- La volevo ringraziare per quello che ha fatto - inizio.

Lo vedo accigliarsi per un attimo.

- Perché che cosa ho fatto? - chiede ingenuamente.
- Per avermi prenotato la visita -

Il suo viso si illumina subito mostrando un sorriso da finto tonto.

- Ah quello! Non devi ringraziarmi di nulla - dice facendo un gesto non curante con la mano.
- Invece si - controbatto con un coraggio che nemmeno io pensavo di avere.

Sorride alla mia audacia per poi girarsi completamente mentre si porta le bambe quasi al grembo afferrandole.

- Dai raccontami! - esclama con una strana luce negli occhi.

Arrossisco vistosamente, è davvero gentile da parte sua chiedere come sia andata la visita. Mi porto i capelli, che ho precedentemente sciolto, dietro entrambe le orecchie per poi alzare gli occhi che si sono, inevitabilmente, inondati di lacrime. L'uomo, notando la mia reazione, si mette composto mostrandosi immediatamente serio. Mi appoggia una mano sul ginocchio quando vede le prime lacrime scendere.

- Che succede? - domanda cercando di mostrarsi tranquillo.

Mi lascio sfuggire una leggera risata che lo lascia dubbioso, mi asciugo gli occhi con le maniche del mio maglioncino verde per poi mostrare un sorriso.

- E' andata bene - rispondo.
- Allora perché piangi? - mi chiede nuovamente mentre allunga la mano libera per asciugarmi le guance.

Le mie guance stanno andando praticamente a fuoco ma il sorriso sulle mie labbra non sparisce.

- La bambina sta bene, è in perfetta salute e procede tutto per il meglio - esclamo orgogliosa.
- E' una bambina? - chiede estasiato.

Annuisco mentre delle lacrime si sono posate sui miei zigomi. Il signor Jackson sposta la mano che era posata sul mio viso per poi portarla sul mio ventre accarezzandolo, non so per quale ragione ma mi viene spontaneo poggiarla sulla sua. L'uomo non se ne cura affatto, il suo sguardo è focalizzato sulla mia pancia mentre compie dei leggeri movimenti circolari.

- E' una cosa bellissima - sussurra mostrando un leggero sorriso.

Dei piccoli movimenti mi fanno abbassare lo sguardo verso il mio ventre, anche la bambina è felice a quanto pare. L'uomo spalanca gli occhi allargando il suo sorriso e quando scosta leggermente la mano rimango sorpresa anche io.

- Oh ma questo è un piedino! - esclama accarezzandolo con un dito.

Io sono incantata a guardare quella piccola forma attraverso il tessuto del maglione.

- Ciao piccola - parla al mio ventre il signor Jackson mostrandosi entusiasta.

Questa volta non posso fare a meno di lasciarmi andare a una risata divertita contagiando anche il mio capo. Il piedino sparisce e un brusco movimento mi fa chinare leggermente in avanti.

- Woo - mi lascio sfuggire per la sorpresa.

L'uomo di fronte a me ride ancora di più per poi abbassarsi davanti alla mia pancia facendomi arrossire.

- Sei un piccolo terremoto - rimprovera giocosamente mia figlia.

Ridacchio facendolo sollevare nuovamente, i nostri sguardi si puntano nello stesso istante sull'orologio al muro, sono le 12:04 passate. Prontamente mi alzo dalla sedia e il signor Jackson fa lo stesso.

- Preparo il pranzo? - chiedo retoricamente.

L'uomo annuisce e io mi precipito ad infornare il pollo che avevo lascito in frigo impostando il timer. Mentre facevo tutto questo il mio capo non ha abbandonato la stanza come pensavo, si trova praticamente dietro di me.

- Dalla prossima settimana ci trasferiremo - inizia.

Mi volto per ascoltare meglio ciò che deve dirmi.

- Per te è un problema? - chiede.
- No signor Jackson - rispondo sorridendo.

Controllo che la situazione nel forno proceda bene ma la voce dell'uomo dietro di me mi fa rivoltare.

- Dovrai trasferire tutte le tue cose -
- Non penso che sia un problema - mi limito a rispondere.

Lui sorride alla mia completa disponibilità ma un dubbio si forma nella mia mente e se non lo esterno probabilmente potrei esplodere.

- Potrei farle una domanda? -

Sentendomi punta lo sguardo sul mio e annuisce incrociando le braccia al petto.

- Dove andremo? - domando in preda alla curiosità.

Il signor Jackson scioglie le braccia mettendosi dritto guardandomi dritto negli occhi, quegli occhi talmente profondi che potrei annegarci dentro.

- Al Neverland Ranch - dichiara quasi con tono solenne.

 
**Montaggio fatto da me**

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***



Capitolo 18
 
Neverland Ranch, sarebbe una bugia dire che non ne avevo mai sentito parlare, da come ne parlano sembra che non esista davvero. Il signor Jackson e i figli hanno mangiato ciò che ho preparato e il mio capo è stato così gentile da farmi mangiare insieme a loro, inoltre ha richiesto che fossero servite due porzioni anche per il signor Whitfield e il signor Beard. Ora sto lavando i piatti e la teglia che ho utilizzato mentre due camerieri mettevano apposto tutto, non mi lasciano nemmeno il tempo di appoggiare le stoviglie sul ripiano che loro le prendevano, le asciugavano e le mettevano al loro posto. I bambini stanno gironzolando per la stanza mentre il padre ha sempre un occhio vigile verso di loro. Stavo per prendere l'ultimo bicchiere quando il piccolo Prince corre verso di me per poi nascondersi dietro le mie gambe, Paris lo sta inseguendo mentre ride divertita. Il bambino, come si accorge di non avere scampo, mi tocca il pantalone invitandomi a prenderlo in braccio. Io divertita lo afferro velocemente e la sorellina cerca di alzarsi sulle punte dei piedi per poterlo acciuffare ma senza successo. Il bambino tra le mie braccia le fa delle linguaccia in segno di vittoria mentre io guardo il suo profilo divertita dalla situazione. La bambina inizia a lamentarsi così decido di mettere giù Prince che subito inizia a correre attorno all'isolotto, Paris felice inizia a rincorrerlo con la sua corsa incerta. Mi rimetto dritta e noto di essere osservata dal signor Jackson così ritorno a fare il mio lavoro, lavo gli ultimi bicchieri per poi asciugarmi le mani su un telo da cucina al mio fianco, lo ripiego ordinatamente mettendolo al suo posto per poi aggiustarmi la coda di cavallo che si è allentata un po'.

- Madeleine? - mi richiama il mio capo.
- Si? - dico voltandomi verso di lui.

Lui si alza dalla sedia facendo per l'ennesima volta il giro dell'isolotto per poi appoggiarsi con la schiena al ripiano in marmo dietro di se.

- Hai già comprato qualcosa per la bambina? - mi domanda così a bruciapelo.

Io nego con la testa sconsolata.

- Purtroppo non ho mai avuto modo di andare a fare compere, da quando sono rimasta incinta ho cambiato completamente stile di vita, sono diventata una conservatrice. Ho speso la maggior parte del tempo a lavorare per poter pagare l'affitto, poi quando avrei avuto abbastanza soldi avrei comprato tutto il necessario per la mia bambina - spiego.

L'uomo annuisce durante tutto il mio discorso per poi uscire dalla stanza lasciandomi interdetta per un attimo. Alzo le spalle mentre vado a prendere un bicchiere d'acqua, sentivo la gola secco, non sono una persona che parla molto anzi preferisco ascoltare. Circa mezz'ora dopo il mio capo ritorna in cucina e si è cambiato, porta un completo nero e si intravede la camicia del medesimo colore con dei ricami bianchi, porta gli occhiali da sole e i suoi capelli ricci sono legati in una coda bassa. E' al telefono e non riesco bene a capire il filo del discorso. Chiude la chiamata per poi rivolgermi un sorriso.

- Forza, togliti il grembiule andiamo - dice iniziando ad incamminarsi verso l'uscita della cucina.

L'uomo si ferma quando capisce di non essere seguito, gira la testa nella mia direzione e nota la mia espressione confusa.

- Dove dobbiamo andare? - chiedo ingenuamente.
- Ti porto a fare un po' di shopping per la bambina - dice semplicemente alzando le spalle.
- Ma come - inizio a parlare in preda alla sorpresa.
- Niente ma! Forza togliti il grembiule, Bill ci sta aspettando all'entrata - dice invitandomi con una mano a seguirla.

Titubante annuisco alla sua richiesta e, dopo aver piegato accuratamente il grembiule dentro la scatola e sciolto i capelli, lo seguo verso l'uscita. Usciamo dalla porta principale e l'ingresso mi si presenta in tutta la sua maestosità, non riesco a soffermarmi molto perché il mio capo afferra il mio braccio invitandomi a seguirlo. Ridacchio lasciandomi trascinare in una mezza corsetta giù per le scale, Il signor Whitfield ci apre la portiera mentre ci mostra un sorriso. Gentilmente il signor Jackson mi fa entrare nella vettura per prima per poi entrare lui chiudendo lo sportello. Il signor Whitfield si siede al posto di guida e, una volta acceso il motore, oltrepassiamo il cancello principale. Una folla di fan è presente all'entrata, un coro di urla si innalza al passaggio della macchina, i vetri dietro sono oscurati ma penso che sappiano che all'interno della vettura ci sia il loro idolo. L'uomo sorride mentre saluta i suoi fan anche se loro non lo possono vedere del tutto, prontamente nascondo il volto tra le mani non volendomi far riconoscere. Siamo in strada con della musica in sottofondo e non ci parliamo per la maggior parte del tempo fino a quando il signor Jackson si sporge in avanti verso il signor Whitfield.

- Bill puoi alzare il volume per favore? - chiede.
- Certo signor Jackson - risponde eseguendo l'ordine.

Una canzone rap a me sconosciuta inonda l'abitacolo, l'uomo al mio fianco sorride vistosamente iniziando a muovere le dita a ritmo sulle sue stesse ginocchia.

- Amo questa canzone - esclama felice.

Sorrido anche se lui non mi sta guardando in questo momento, inizia a muovere la testa a ritmo di musica mentre con la voce riproduce dei suoni che rispecchiano perfettamente la melodia della canzone. I miei occhi sono spalancati dalla sorpresa e io cerco lo sguardo del signor Whitfield attraverso lo specchietto retrovisore, lui sembra divertito ma non so se sia per la mia reazione o per il signor Jackson. In pochi minuti la macchina viene parcheggiata dietro quello che sembra un centro commerciale. Guardo fuori dal finestrino ed è pieno zeppo di uomini in divisa tutti abbastanza massicci, probabilmente il signor Jackson ha preannunciato il suo arrivo. Uno dei uomini della security apre lo sportello dal mio lato e mi allunga una mano per farmi scendere, con un sorriso di ringraziamento accetto il suo aiuto ritrovandomi fuori dalla vettura. Il mio capo mi è subito dietro e noto che si è messo una mascherina nera sul viso ma non mi soffermo a capirne il motivo. Poggia una mano sulla mia schiena invitandomi ad avanzare, arrossisco vistosamente iniziando a camminare. Entriamo in quelli che devono essere i corridoi che non sono accessibili ai non autorizzati. Mentre percorriamo questi cunicoli il signor Jackson mi tocca una spalla attirando la mia attenzione.

- Mettiti questa, per non farti riconoscere - dice porgendomi una cosa tra le mani.

Quando vedo ciò che ho tra le mani i miei occhi si riempiono di meraviglia, una maschera bianca con ricami neri e dorati mi fa diventare gli occhi a cuoricino. Ho sempre sognato di indossare una cosa del genere per Halloween ma mia madre me l'ha sempre proibito ritenendolo ridicolo e inopportuno. La maneggio con delicatezza per poi rivolgere uno sguardo confuso all'uomo al mio fianco.

- Non voglio che sia violata la tua privacy - spiega mostrando un sorriso leggermente tirato.

Sorrido elettrizzata annuendo, porto l'elastico dietro la mia nuca indossando la maschera. Vorrei tanto vedere come mi sta ma nella mia borsetta non porto specchietti, rivolgo uno sguardo al mio capo per cercare di capire qualcosa dall'espressione del suo viso. Lo vedo sorridere per poi accarezzarmi leggermente i capelli.

- Ti sta benissimo - commenta semplicemente.

Io sorrido raggiante e arrossisco anche se lui non può vedermi, siamo arrivati davanti a una grande porta verde e l'uomo mi prende a braccetto avvicinandomi a se. Impacciata cerco di mantenere il suo passo mentre il rossore sulle mie guance si estende ulteriormente.

- Devi starmi sempre vicino, può essere pericoloso - spiga con la sua voce leggermente camuffata dalla mascherina.

Mi limito ad annuire e la porta viene aperta, prontamente la security e il signor Whitfield ci circondano. Il centro commerciale è immenso ed è pieno di negozi con grandi marche che per i miei standard sono irraggiungibili. Alcuni passanti si girano nella nostra direzione e prontamente la stretta sul mio braccio aumenta, il signor Jackson sembra particolarmente nervoso e lo diventa ancora di più quando alcune persone iniziano a gridare il suo nome. Io abbasso spontaneamente la testa nonostante abbia la maschera che nasconda il mio viso, non sono abituata ad essere osservata da così tanti occhi che probabilmente saranno pieni di malizia. Il mio capo saluta tutti con un gesto della mano e subito entriamo dentro un negozio per neonati. Il signor Whitfield e altri due uomini entrano insieme a noi mentre gli altri restano all'ingresso. Il negozio è deserto, ci sono solo i commessi e uno di essi ci viene incontro.

- Buonasera, posso fare qualcosa per voi? - chiede e dal tremolio della sua voce capisco che è in preda all'emozione.

L'uomo al mio fianco non se ne cura minimamente, sicuramente sarà abituato a questo genere di reazione da parte della gente, penso iniziando a guardarmi attorno.

- Prendiamo un carrello, se abbiamo bisogno di lei la chiameremo - risponde il signor Jackson mentre ha già preso l'oggetto in questione.

Il commesso, leggermente amareggiato, annuisce congedandosi. Iniziamo a gironzolare tra i vari scaffali e ci soffermiamo sulle tutine. Il mio sguardo di posa su una di esse, è nera e al centro vi è una luna con su scritto "To the moon and Back". L'uomo al mio fianco arresta la sua avanzata accorgendosi del mio sguardo assorto e si mette al mio fianco.

- Ti piace? - mi domanda.

Il mio sguardo si posa inevitabilmente sul prezzo e distolgo subito lo sguardo, costa decisamente troppo.

- E' carina - dischiaro semplicemente.
- Ma -

Non faccio in tempo a finire la frase che il signor Jackson l'ha già presa mettendola nel carrello, mi appresto a fermarlo.

- Signor Jackson non mi posso permettere niente di quello che c'è qui - spiego mostrandomi triste.

Il signor Whitfield sembra capirmi visto il suo sguardo comprensivo e purtroppo non riesco a decifrare l'espressione del signor Jackson visto è coperta dalla mascherina.

- Consideralo un regalo da parte mia - dice iniziando nuovamente a camminare.

Lo rifermo nuovamente posizionandomi davanti al carrello arrestando la sua avanzata.

- No non posso accettare, ha fatto fin troppo per me - dico cercando di mostrarmi decisa.
- Bill, chiama il commesso per favore - dichiara semplicemente il mio capo.

L'uomo in questione annuisce e dopo pochi secondi ritorna con il commesso di prima. Iniziamo a camminare tra i vari scaffali e io rimango alcuni passi indietro, il signor Jackson sembra estasiato a ogni cosa che ritiene bella. Inizia ad indicare cose a destra e a sinistra e dal suo tono di voce sembra felice.

- Voglio questo. Questo si può avere? - chiede al commesso.
- Assolutamente si - risponde il giovane che lo segue.
- Perfetto, e anche questo -

Continua così per praticamente mezz'ora e ha praticamente comprato mezzo negozio, sono amareggiata e sconsolata allo stesso tempo, io non mi sarei mai potuta permettere tutto ciò. Come posso ripagare tanta disponibilità? Una volta alla cassa si fa il conto e il prezzo è alle stelle, spalanco gli occhi e mi avvicino al carello rivolgendomi al commesso. Afferro alcune cose e gliele porgo.

- Sarebbe possibile toglierle dal conto? - chiedo gentilmente.

Il signor Jackson prontamente si avvicina a me.

- No no non farlo - mi ferma prendendomi in maniera delicata la roba dalle mani.

L'uomo passa la sua carta di credito e chiede addirittura se è possibile consegnare tutto al mio indirizzo. Sono sconcertata e non so minimamente che cosa dire, so solo una cosa, questa situazione ha dell'incredibile.
 
**Montaggio fatto da me**

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


 

Canzone consigliata per il capitolo: Michael Jackson "I'm So Blue" ----> https://youtu.be/WzEmEAJwjHA

​Capitolo 19

 
Ho sempre pensato che nella vita tutto succede per un motivo, ora ne sono convinta più che mai. Fino ad adesso ho avuto solo dispiaceri, a parte mia figlia che già amo più della mia stessa vita. Non ho mai ricevuto ne affetto ne attenzioni da parte di nessuno, venivo considerata come una specie di spirito vagante che si presentava solo per combinare danni. Pensavo addirittura che la mia vita non era degna di essere vissuta ma, infondo, si può sempre cambiare idea, basta semplicemente trovare quella persona che te lo faccia capire. Io penso di averla trovata, è proprio seduta qui accanto a me. Ho sempre avuto una mia personale concezione dell'intera umanità, sempre pronta a puntarci il dito contro per qualsiasi cosa. Eppure da quando ho conosciuto Michael Jackson non mi sono mai sentita giudicata, la sua spontaneità, la sua dolcezza e il suo altruismo mi hanno fatto cambiare completamente la visione delle cose. Ho sempre incontrato solo un tipo di persone ma ho capito che non tutti sono uguali, grazie a lui. Involontariamente, soprattutto a questi livelli, si hanno molti pregiudizi. Le persone famose tendono ad essere altezzosi e talvolta maliziosi ma non è questo il caso. Michael Jackson è sicuramente la persona migliore che abbia incontrato fino ad ora. Mi sento così "sporca" in confronto a lui, forse non sono nemmeno degna di essere seduta al suo fianco ma preferisco godermi questo momento finché posso. Il suo sguardo è puntato verso il paesaggio fuori dal finestrino e non posso fare a meno di pensare a che cosa posso fare per sdebitarmi. Ma che posso dare a una persona che ha già tutto? E' questo il problema. Io non ho niente da offrirgli a parte i piatti che cucino, se solo si potesse trovare una soluzione, penso mentre mi ricordo di aver ancora la maschera addosso. La levo e mi metto ad osservarla in ogni minimo dettaglio, è elegante e delicata proprio come l'uomo seduto al mio fianco. Ogni cosa che ho visto da quando ho iniziato a lavorare per lui lo rispecchia, per qual poco che ho potuto conoscere. Però ho l'impressione che ci sia un tassello mancante nella sua vita, c'è qualcosa che solo attraverso i suoi occhi si può vedere ma che è difficile da interpretare. Non c'è niente di certo nella vita e ci possiamo permettere solamente di fare supposizioni, mi sento addirittura stupida a fare questo tipo di ragionamenti ma c'è qualcosa nel gesto che ha fatto oggi che ha iniziato a farmi riflettere. Possibile che ha capito il mio bisogno di aiuto? Non lo so, come posso saperlo? Siamo circondati da buste piene di cose per la bambina e mi chiedo come faccia ad essere così generoso nei confronti di una persona che conosce a malapena. Probabilmente io non ne sarei stata capace, eppure lui ha quel qualcosa in più che al resto del mondo manca. Anche io guardo fuori dal finestrino e riconosco la via familiare di casa mia, sono sempre più confusa quando la macchina si ferma davanti al mio giardino. La strada è deserta e il signor scende tranquillamente dalla vettura, subito lo seguo e mi precipito a prendere quante più buste possibile. Il signor Whitfield si appresta a prendermene alcune alleggerendomi il peso, lo ringrazio con un sorriso mentre prendo le ultime buste rimaste. Chiudo lo sportello con il gomito e quando alzo lo sguardo noto che il signor Jackson è proprio di fronte a me, anche lui prende alcune buste e lo ringrazio con un sorriso appena accennato. I due mi fanno passare avanti, infondo sono la padrona di casa, attraversiamo il piccolo giardino arido e una volta di fronte alla porta recupero le chiavi dalla borsa facendo un po' di contorsioni visto che ho le mani occupate. Apro la porta con il piato lasciando che sbatta leggermente, entro per prima e noto il letto disfatto e le stoviglie ammassate nel lavandino. Non ho il tempo di rimediare al disordine che i due uomini entrano in casa, il mio capo si guarda attorno incuriosito per poi mostrare una strana malinconia.

-Mi scuso per il disordine ma non immaginavo che saremo venuti qui - dico imbarazzata mentre appoggio le buste accanto al divano letto.

Subito gli altri due mi seguono a ruota poggiando il resto delle cose sul pavimento, la guardia del corpo mi tocca una spalla cercando di attirare la mia attenzione.

- Potrei usare il bagno per favore? - mi chiede.
- Assolutamente si, è proprio quella porta di fronte a lei - dico indicandogliela con il dito.

Lui annuisce sorridendo per chiudersi dentro, mi rendo conto che io e il signor Jackson siamo rimasti soli, lui continua a scrutare ogni singolo dettaglio del mio monolocale. Con un sorriso leggero mi metto al suo fianco cercando di non essere troppo brusca.

- Lo gradisce un tea? - chiedo chinandomi con il capo nella sua direzione.

L'uomo distoglie l'attenzione dalla stanza e abbassa la testa per poter guardarmi, la malinconia viene spazzata via da un suo sorriso.

- Con piacere -

Annuisco contenta mentre lo invito ad accomodarsi in una delle sedie attorno al tavolo, mentre metto l'acqua calda nel bollitore uno strano senso di vergogna mi assale. Probabilmente casa mia non è grande nemmeno come una delle sue camere da letto e questo mi mette a disagio. Sta iniziando a bollire e mentre la sto mettendo nella teiera il mio capo parla.

- Mi ricorda tanto la mia casa a Gary - parla facendo trasparire nostalgia dal suo tono di voce.

Rimango ad ascoltarlo mentre recupero tre tazze mettendole sul tavolo per poi prendere lo zucchero, il limone e il latte.

- Davvero? - chiedo mentre verso il tea nella sua tazzina.

Lui si limita ad annuire mostrandosi improvvisamente triste, non so che cosa fare per distrarla da quel qualcosa che lo turba. Non so niente della sua vita, non ho mai avuto la curiosità di informarmi. Conosco semplicemente alcune delle sue canzoni perché le passano in radio ma del resto non so niente. Qualcosa di brutto deve essere legato a quel posto ma non voglio assolutamente fare la ficcanaso. Mi siedo di fronte a lui e il silenzio cala quando il signor Whitfield ci raggiunge, anche lui si accomoda versandosi da solo il tea nonostante le mie lamentele.

- Hai bisogno di aiuto per sistemare tutte le cose? - mi chiede la guardia del corpo prima di prendere un sorso della bevanda bollente.

Io faccio un'alzata di spalle.

- La ringrazio ma non ce ne bisogno anche perché devo ancora decidere dove metterla - dico ridacchiando indicando con lo sguardo le buste.
- Vedrò cosa fare stasera quando finisco di lavorare - continuo mentre inizio a bere anche io la bevanda calda.

Il mio capo è più silenzioso del solito e ogni tanto gli rivolgo uno sguardo, nonostante stia iniziando a fare buio e siamo dentro casa tiene ancora gli occhiali da sole, sembra quasi che si voglia nascondere. In assoluto silenzio finiamo di bere il nostro tea e, altrettanto silenziosamente, lasciamo casa mia rientrando in macchina. Per tutto il tragitto sono rimasta in silenzio alternando il mio sguardo tra le mie mani sulle mie gambe e il paesaggio fuori dal finestrino. Il viaggio sembra più corto del solito e me ne accorgo quando stiamo oltrepassando il cancello principale, il signor Whitfield fa il giro della fontana per poi parcheggiarsi ai piedi delle scale d'ingresso. Il primo ad uscire è il signor Jackson che inizia a percorrere le gradinate ma io, una volta scesa dall'autovettura, rimango incantata dallo spettacolo che mi trovo di fronte. La penombra e le luci dei fari esterni fanno sembrare questa villa un luogo magico, tutte le luci sono accese e l'unico rumore udibile è quello della fontana alle mie spalle. Ne approfitto per girarmi a guardarla e non posso fare a meno di sorridere al pensiero che tutto qui ha un equilibrio, la disposizione delle cose non è casuale e questo rende il complesso perfetto ai miei occhi. Il signor Whitfield esce dal cancello principale, probabilmente per portare la macchina ai parcheggi, e una piccola nube di fumo si solleva al suo passaggio facendomi tossire per l'odore sgradevole. Mi sento osservata e quando alzo la testa vedo il mio capo osservarmi dalla cima della gradinata, non sorride e questo mi preoccupa. Mi precipito a raggiungerlo a testa bassa e, una volta al suo fianco, rientriamo in casa. Subito Prince e Paris corrono verso il padre urlando felici, l'uomo si abbassa alla loro altezza abbracciandoli entrambi per poi accarezzare il capo ad entrambi. Una lacrima commossa esce dai miei occhi e, cercando di non farmi vedere, oltrepasso le loro figure dirigendomi spedita verso la cucina. Il mio comportamento è sicuramente poco educato ma se fossi rimasta un' altro po' sarei crollata, vedere tutto questo affetto mi fa venire una grande tristezza. Il passato torna sempre a bussare alla tua porta, sempre, penso mentre mi sciugo le poche lacrime che sono sfuggite al mio controllo. Faccio un respiro profondo cercando di mantenere un po' di autocontrollo e sobbalzo quando mi trovo di fronte la figura slanciata del signor Jackson.
 


**Montaggio fatto da me**

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


   

Canzone consigliata per il capitolo: Michael Jackson "On The Line" ---> https://youtu.be/WT7pEGYBSKM

​Capitolo 20


 
L'uomo mi osserva per interminabili istanti mentre tiene tra le sue braccia la figlia ma sembra non accorgersi di nulla visto che si appresta ad oltrepassare la stanza dirigendosi verso la veranda. Appena è fuori dal mio raggio d'azione mi appoggio con entrambe le mani al ripiano in marmo. I capelli nascondono il mio viso mentre altre lacrime scendono dai miei occhi. Trattengo i singhiozzi, non so nemmeno io perché ho iniziato a piangere così tanto. Un tocco mi fa voltare e noto il piccolo Prince toccarmi una gamba. Mi asciugo il più velocemente possibile le lacrime con la maglia per poi rivolgergli un sorriso. Lui con la mano mi invita ad abbassarmi, io con un po' di difficoltà mi inginocchio davanti a lui appoggiando il fondoschiena sulle gambe per poter stare comoda. Il bambino porta le braccia attorno al mio collo, mi sta abbracciando. I miei occhi continuano a lacrimare senza sosta.

-Papà dice che gli abbracci fanno smettere di piangere - dice il bambino nascondendo la testa tra i miei capelli.

Porto un braccio intorno al suo piccolo corpicino e una mano finisce tra i suoi capelli, si avvicina ancora di più a me e io ricambio la sua stretta.

- Oh grazie - riesco a dire in preda alla commozione.

Lo faccio dondolare un po' e lui ride divertito, porto entrambe le mani sui suoi fianchi per fargli il solletico e lui si contorce iniziando a ridere, automaticamente rido anche io divertita. Riesce ad afferrare le mie mani fermandomi, ogni tanto faccio qualche scatto con le mani e lui urla divertito per poi lasciarsi andare a una risata. Dopo un po' decido di allontanare le mani portandole sulle ginocchia, un paio di scarpe che non avevo notato prima si trovano dietro il bambino, quei mocassini. Seguo con lo sguardo quelle gambe snelle e quando arrivo al viso distolgo subito lo sguardo alzandomi frettolosamente.

- Mi scusi signor Jackson, preparo subito la cena - dico cercando di nascondere il viso dentro il frigo mentre cerco qualcosa da preparare.

Non riesco nemmeno io a spiegarmi il mio comportamento, in fretta prendo delle patate mettendole sul piano cottura e, mentre afferro la carne, una di esse rotola fino a cadere per terra. Velocemente mi abbasso per poterla prendere ma un forte calcio di mia figli mi fa appoggiare istintivamente una mano sul ventre lasciandomi sfuggire un lamento. Il mio capo fa un passo avvicinandosi a me per poi appoggiare una mano sulla mia spalla.

- Ti senti bene? - mi domanda mostrando preoccupazione.

Repentinamente mi sollevo come se non fosse successo niente e l'uomo allontana la mano visto il mio gesto improvviso.

- Sto bene non si preoccupi - rispondo riportando l'attenzione su quello che dovevo fare.

Dopo aver lavato le patate le appoggio sull'isolotto insieme a un tagliere e a un coltello. Il piccolo Prince è andato via visto che lo sento correre.

- Prince, vai piano può essere pericoloso - lo ammonisce amorevolmente il padre nonostante il bambino abbia già lasciato la stanza.

Vedo con la coda che l'uomo si siede dall'altra parte dell'isolotto appoggiando la testa sulle mani facendo dondolare le gambe a giudicare dai movimenti delle sue spalle. Dopo aver sbucciato le patate inizio a tagliarle e, maldestra come sono, mi faccio un taglio sul dito che mi fa togliere la presa dal coltello. Sta uscendo del sangue e un verso frustrato lascia le mie labbra, mentre mi avvicino al lavandino per far scorrere un po' di acqua sulla piccola ferita capisco che il mio capo è nuovamente al mio fianco. Chiude l'acqua e, con una mano sulla mia spalla, mi volta delicatamente verso di lui ma non riesco a vederlo per colpa dei capelli davanti al viso.

- Fermati - dice semplicemente con la sua voce calma.

Io mi lascio guidare da lui, sembra che non ho un briciolo di forza all'interno del mio corpo. Con una mano sulla schiena mi conduce in una stanza in cui non sono mai stata ma l'unica cosa che vedo è il pavimento perché continuo a stare a capo chino. Mi prende per le spalle facendomi sedere su quello che sembra un divano, lui si mette al mio fianco. Prende le mie mani e le racchiude tra le sue mentre cerca il mio sguardo.

- Che succede? - mi domanda mostrandosi pensieroso.

Alzo lo sguardo e i miei occhi sono nuovamente lucidi, scruto il suo viso perplesso per un po' per poi fare un movimento con le spalle.

-Sei un uomo meraviglioso - rispondo guardandolo finalmente negli occhi.

Stavolta è lui a distogliere lo sguardo dal mio iniziando a ridacchiare mostrando un sorriso, mi viene spontaneo fare lo stesso mentre sento la stretta sulle mie mani aumentare leggermente. Allontana una delle sue mani dalle mie per poi fare una carezza sulla mia guancia, il contatto aumenta nel momento in cui avvicino la testa alla sua mano. Lui si lascia andare a un sospiro mentre continua ad accarezzarmi, in questo sto così bene, vorrei che questo momento non finisse mai. Lo vedo avvicinarsi al mio viso e rimango paralizzata, cosa sta facendo? Mi domando mentre lui continua ad avvicinarsi e ogni muscolo del mio corpo è come paralizzato. I nostri sguardi sono incatenati, i suoi occhi sono ancora più belli visti da vicino e il trucco glieli rende ancora più profondi. Sto cercando di controllare il mio respiro il più possibile, non volevo farmi vedere in qualche modo nervosa. Siamo ad un palmo di distanza e il mio sguardo finisce spontaneamente sulle sue labbra. Lui ridacchia leggermente e fa una cosa che non mi sarei mai aspettata, posa le labbra sulla mia fronte. Chiudo istintivamente gli occhi lasciandomi leggermente andare, a quel contatto uno strano calore si è propagato in tutto il mio corpo. Le sue labbra sono ferme sulla mia fronte e quando si allontana si sente un leggero schiocco che mi fa venire un brivido lungo la schiena. Si alza dal divano e io alzo lo sguardo osservando ogni suo movimento, mi rivolge un timido per poi posare una mano tra i miei capelli scompigliandoli leggermente. Appoggio una mano sulla sua cercando di fermarlo ridacchiando divertita. Dopo un po' smette e con dei movimenti delicati cerca di metterli a posto, io continuo a tenere i miei occhi puntati nei suoi.

- Sei una brava ragazza Madaleine - dice dopo quell'interminabile silenzio.
- Lo penso davvero - continua mentre mi porge una mano.

Arrossisco vistosamente ma accetto comunque il suo aiuto, riesco ad alzarmi e ci troviamo uno di fronte all'altra. Inizia a camminare mentre continua a tenere la mia mano nella sua. Quest'uomo è speciale e me ne sto accorgendo solamente adesso.

*apre la finestra lanciando coriandoli*
Hola a tutti esercito di moonwalkers!
Questo è il mio primo "spazio autrice" e ho deciso di metterlo così, perchè mi andava. *la guardano male*
Noo scherzo! In realtà vi lovo tutti da qui a lì! *indica un punto lontano*
*Palm face* Ok la devo smettere!
Spero che il capotolo vi sia piaciuto e alla prossima! <3

Ps: Siccome vi lovo vi meritate una bacino da Michael anche voi.
*spunta Michael dal nulla*
*manda un bacio volante*
*l'autrice muore*

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***



Capitolo 21


**Montaggio fatto da me**

 
Una settimana dopo...
 
Sto mettendo delle cose per la bambina in un borsone nel caso mi dovessero servire. Il signor Jackson mi ha dato il giorno libero per poter preparare tutte le mie cose, ho già messo in ordine la casa in modo da lasciarla in ordine. Chiudo la borsa appoggiandola sul divano accanto alle due piccole valige con i miei effetti personali. Sono le 14:34 e ho già mangiato quindi non so minimamente che cosa fare, il signor Whitfield mi ha telefonato stamattina dicendomi che sarebbero passati a prendermi verso le 17:00. Il signor Jackson mi ha praticamente ordinato di non venire con il mio motorino sia perché ci vogliono circa tre ore di viaggio sia perché, a quanto dice lui, la strada è molto trafficata e quindi pericolosa. Sorrido alla sua preoccupazione ma vengo risvegliata dal campanello che suona, mi alzo e vado subito ad aprire. Il mio sorriso si allarga quando riconosco la signora Enderson e Josh di fronte a me.

- Signora Enderson, Josh! Che bella sorpresa! - esclamo.

Mi avvicino per salutarli e entrambi mi danno due baci su entrambe le guance e la signora Enderson mi stringe anche in un abbraccio.

- Prego accomodatevi - dico facendoli entrare.

I due si accomodano sulle sedie in cucina e io chiudo la porta raggiungendoli, l'anziana si guarda intorno con un sorriso soddisfatto sul volto.

- La casa è uno specchio - commenta guardando i miei fornelli perfettamente lucidati.
- La ringrazio-
- Posso offrirvi qualcosa? - continuo battendo le mani.

Josh prontamente alza una mano e scuote la testa.

- No ti ringrazio - dice.

La signora Enderson concorda con lui così mi limito a sedermi tra i due, noto solo ora che i due tengono due buste tra le mani ma preferisco non indagare.

- Come sta andando il lavoro? - mi domanda curioso Josh.
- Per ora sta andando benissimo grazie - rispondo mostrando un sorriso.
- Il tuo capo ti tratta bene? - si unisce alla conversazione l'anziana sporgendosi in avanti con il busto.

Ripensando a tutto ciò che è successo fino ad ora arrossisco leggermente continuando a mostrare un sorriso.

- Mi tratta benissimo, meglio di quanto mi sarei mai aspettata in realtà - confesso.
- Spero meglio di quel burbero vecchiaccio per cui lavoravi prima - commenta l'anziana ricordando il periodo in cui lavoravo a quel bar in periferia.

Ridacchio divertita contagiando anche Josh nonostante l'espressione seria della signora Enderson. La spensieratezza regna sovrana in questa casa, mi chiedono anche della mia gravidanza e quando ho rivelato il sesso la signora Enderson si è addirittura commossa. L'ho abbracciata consolandola e la donna ha appoggiato una mano sul mio ventre ma quest'oggi mia figlia è tranquilla. L'atmosfera viene interrotta dal campanello che suona con insistenza, mi congedo dai due per poter aprire la porta. Il mio sorriso sparisce quando riconosco Leonard e Brandon all'ingresso.

- Voi due cosa ci fate qui? - domando apatica.

Brandon sospira frustrato mentre Leonard sembra particolarmente contento di vedermi a giudicare dal suo enorme sorriso.

- Se è per il discorso dell'altra volta sappiate che avete fatto un viaggio inutilmente - continuo facendo trasparire una rabbia che ho cercato
di reprimere per molto tempo.

Dall'espressione del mio fratellone capisco che si sente colpevole ma non sembra che voglia parlare. Leonard si avvicina a me e io gli rivolgo un accenno di un sorriso, mi ritrovo tra le sue braccia e io ricambio, infondo non sono così arrabbiata con lui. Metto una mano tra i suoi capelli accarezzandoli e lui sembra apprezzarlo perché mi stringe ancora di più nascondendo il viso tra i miei capelli. Leonard, sin da piccolo, ha avuto una particolare predilezione per me, è sempre stato la mia ombra e ogni cosa che facevo lui la imitava. Sono consapevole del suo affetto nei miei confronti e si è sempre dimostrato particolarmente geloso soprattutto con Brandon. Sin da piccoli io sono stata il suo punto di riferimento anche se ci sono a malapena due anni di differenza.

- Sono venuto qui per scusarmi - interrompe il momento Brandon.

Io e Leonard ci stacchiamo dall'abbraccio e entrambi ci voltiamo verso di lui e io aspetto che continui, Brandon alza gli occhi al cielo capendo che delle scuse buttate così non mi bastano.

- Quelle cose le ho dette in preda al nervosismo, lo sai che non le penso davvero, io ti voglio bene sorellina e non ho mai condiviso la scelta di nostra madre - fa un sospiro abbassando lo sguardo.

Capisco che le sue parole sincere, lui non è uno di quelli che si espone così tanti e devo ammettere che ho apprezzato il suo sforzo. Mi sento quasi superiore nel vederlo così indifeso e in colpa a causa mia, apro leggermente la porta.

- Volete entrare? - li invito facendo un gesto con il capo.

Leonard mi da un bacio sulla guancia per poi entrare senza esitazioni, lo seguo con gli occhi per poi riportare lo sguardo su Brandon che si è avvicinato a me. Esitante mi abbraccia, con la mano libera da dei colpetti sulla sua spalla, non penso di averlo perdonato ancora ma può essere un'inizio. Ci allontaniamo e lui mi rivolge un accenno di un sorriso che io tento di ricambiare. Anche lui entra e saluta educatamente la signora Enderson e Josh. I miei fratelli si accomodano nelle sedie e vedo il mio fratello maggiore guardare in malo modo Josh, non si capisce il perché. Con un colpo di tosse la signora Enderson interrompe il silenzio che invade la stanza e tutti ci voltiamo automaticamente verso di lei. Mi porge la busta che ha tra le mani e io la prendo esitante tra le mani.

- Ho pensato di farti un pensierino - dice mentre io prendo ciò che c'è al suo interno.

Una piccola tutina gialla appare davanti ai miei occhi che automaticamente si illuminano, è semplice ma veramente graziosa.

- Non sapendo il sesso del bambino te l'ho presa di un colore neutro - spiega gesticolando leggermente.

Commossa la abbraccio con slancio non riuscendo ad esprimermi a parole, lei probabilmente ha capito lo stesso perché mi stringe ancora di più tra le sue braccia. Josh mi tocca la spalla attirando la mia attenzione, anche lui mi porge una busta e rimetto sulla sedia, da essa esce un'orsacchiotto di peluche come quelli di una volta, con le cuciture ben visibili e morbidissimi.

- Grazie mille davvero - esclamo lasciando due baci su entrambe le sue guance.
- Figurati - dice semplicemente dopo avermi accarezzato una guancia.

Brandon sembra che stia per saltare dalla sedia per quel suo gesto ma non ci faccio minimamente caso. Leonard nota le valige appoggiate sul divano e rimane incantato per non so quanti minuti.

- Stai andando via? - domanda malinconicamente.

Quella domanda attira l'attenzione anche di Brandon che spalanca gli occhi sorpreso, io mi lascio andare a un sospiro per poi annuire.

- Il mio capo ha deciso di trasferirci per un po' in una delle sue residenze e mi vuole con me - spiego.

Leonard annuisce abbassando il capo sconsolato e io non so minimamente cosa fare, l'altro mio fratello sta per dirmi qualcosa ma qualcuno bussa alla porta, osservo l'orologio e noto che sono le 17:02 minuti.

- Deve essere il signor Whitfield - ragiono ad alta voce mentre mi alzo per l'ennesima volta dalla sedia.

I presenti mi seguono con lo sguardo e quando apro noto che è proprio il signor Whitfield.

- Buona sera signor Whitfield - lo saluto cordialmente.
- Ciao Madeleine, allora sei pronta? - mi domanda con un sorriso.
- Si - rispondo annuendo con la testa.

La guardia entra in casa e, dopo aver salutato le persone presenti nella stanza, prende le due valige lasciando solo il borsone. Io prendo la tutina che mi ha regalato la signora Enderson e la ripongo dentro di essa, purtroppo non c'è spazio per l'orsacchiotto così decido di tenerlo in mano. Porto il borsone a tracolla  e, insieme ai miei fratelli, la signora Enderson e Josh, usciamo di casa. Riconosco la macchina dell'altra volta e vedo la guardia del corpo venire verso di me per poter prendere il borsone. Glielo cedo volentieri visto che stava iniziando a pesare per poi voltarmi verso le persone che sono venute a trovarmi. Alla signora Enderson esce addirittura qualche lacrima che io mi affretto ad asciugare per poi abbracciarla, mi mancherà tanto.

- Abbi cura di te tesoro - mi dice con la voce tremante per l'emozione.
- Lo farò - rispondo sorridendo.

Josh mi lascia due baci sulla guancia, Leonard mi abbraccia con slancio invece saluto Brandon solo con un gesto della mano, sembra rimanerci male ma non posso farci niente. Mi dirigo verso la macchina e, dopo aver salutato nuovamente tutti agitando una mano, entro dallo sportello che il signor Whitfield mi ha gentilmente aperto. Nell'abitacolo si sente già il caldo del riscaldamento accesso e il signor Jackson che si volta verso di me, mi si avvicina e posa un delicato bacio sulla guancia lasciandomi imbambolata per un attimo.

- Ciao Madeleine - esclama contento.
- Salve signor Jackson - balbetto ancora scossa per ciò che è appena successo.

Noto che nei sedili di fronte a noi ci sono Pince e Paris che dormono e non posso fare a meno di dimostrarmi intenerita. Il signor Jackson punta lo sguardo sull'orsacchiotto di pezza tra le mani e i suoi occhi si illuminano.

- Che carino - dice indicandolo.

Punto lo sguardo verso l'oggetto tra le mie mani sorridendo anche io.

- E' un regalo che mi hanno appena fatto per la bambina - spiego.
- E' bellissimo - commenta chiedendomi con lo sguardo se poteva prenderlo.

Io acconsento porgendoglielo, lo vedo tenerlo tra le mani guardandolo da tutte le angolazioni ma non riesco a vedere altro perché il mio sguardo si posa sul paesaggio fuori dal finestrino cercando di non far vedere il rossore sulle mie guance.


Madeleine, Leonard e Brandon. **Montaggio fatto da me**

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***



Trailer storia: https://youtu.be/S1KRPNUaAiQ

​Capitolo 22

 
La macchina ha già percorso un'ora e mezza di viaggio, il traffico non è eccessivo quindi l'arrivo sarà prima del previsto. Nell'abitacolo si sente solamente una qualche canzone rap alla radio e Michael Jackson che, non riuscendo a contenersi, schiocca le dita riproducendo il beat con la sua voce. Bill e Javon, seduti davanti, non possono fare a meno di approfittarne, infondo non hanno mai visto una sua esibizione dal vivo e questo è uno dei pochi momenti in cui posso apprezzare realmente il talento della pop star. Dei sorrisi spontanei appaiono sui loro volti mentre ogni tanto danno uno sguardo allo specchietto retrovisore per poter vedere i movimenti perfettamente a tempo che il signor Jackson fa con la testa, l'unica parte del corpo che può muovere in questo momento. Con i suoi movimenti lo sguardo dell'uomo va inevitabilmente a finire sulla figura al suo fianco. La giovane che all'inizio guardava fuori dal finestrino ora si è appisolata con la testa appoggiata su una sua mano. Il signor Jackson inizia a gesticolare ampiamente attirando l'attenzione delle due guardie del corpo che, a giudicare dagli sguardi sembrano perplessi.

- Ragazzi abbassate il volume, presto! - li incinta con un tono di voce parecchio flebile.

Bill, confuso dall'atteggiamento del boss, fa ciò che gli viene ordinato e abbassa il volume dello stereo al minimo.

- Madeleine sta dormendo - dice semplicemente Michael mentre tiene gli occhi fissi sulla ragazza in questione.

Bill e Javon si lanciano uno sguardo complici per poi sorridere furbamente, avevano già intuito tutto. Bastava vedere lo sguardo del signor Jackson per capire. Osserva la ragazza come se fosse un quadro di Apollo, ogni minima sfumatura viene memorizzata nella sua mente. Solitamente Michael è timido però quando si trova davanti a una ragazza carina non può fare a meno di corteggiarla ma con Madeleine è diverso. Non è affatto intimorito dal fatto che sia incinta del suo ragazzo. La ragazza è come un libro con la copertina bianca e le pagine vuote, non sa niente di lei ed è un grande punto di domanda nella mente dell'uomo. Lui è sempre stato una persona estremamente curiosa e tutto ciò che non conosce lo attira, stessa cosa vale per la giovane Madeleine. E una ragazza di buoni principi, lavora a testa bassa senza fare domande e senza dire niente in contrario, la trova estremamente adorabile e, ai suoi occhi, appare come una giovane donna che è cresciuta troppo in fretta. Lei non è molto brava a nascondere le sue emozioni, ha notato il suo nervosismo ogni volta che gli serviva qualche sua pietanza e l'imbarazzo quando si trovano l'uno di fronte all'altro. L'uomo da una veloce occhiata ai figli addormentati sui sedili per poi portare lo sguardo sul ventre della ragazza. Lui desidera tanto avere un altro bambino e poter stare a contatto con la gravidanza di Madeleine lo rende quasi partecipe. Ama alla follia i bambini, sani o malati, fortunati o sfortunati e di qualsiasi etnia. Vorrebbe accarezzare la pancia della ragazza ma ha paura di svegliarla così si limita ad appoggiare la schiena al finestrino dietro di se per poi mettere un piede sulla spazio libero del sedile mentre l'altro piede tocca il tappetino della macchina. Rimane a fissarla per un po' senza pensare a niente in particolare ma, in preda a un coraggio mai visto, si avvicina a lei sentendo di essere leggermente assonnato appoggiando la testa sulla spalla della giovane. Come preso da una strana euforia alza la testa e lascia un leggero bacio sul collo di Madeleine per poi ritornare alla posizione che ha da poco assunto. Un profumo dolce gli invade alle narici e riesce a riconoscere l'odore pungente e dolce dell'arancia. Cullato dalle vibrazioni della macchina e dal respiro di Madeleine, Michael chiude gli occhi abbandonandosi al sonno.



La macchina sembra rallentare e un respiro profondo al mio fianco mi fa socchiudere gli occhi, l'autostrada affollata è stata sostituita da una folta vegetazione e una strada con un'unica corsia completamente deserta. Davanti a miei occhi mi trovo davanti a un cancello con un'insegna con su scritto "Neverland", lo sfarzo è assurdo, le decorazioni in oro presenti sul cancello e le due statue ai lati sono eleganti ed estremamente esagerate. Finalmente siamo arrivati al posto tanto ambito e una strana eccitazione mi pervade, non so assolutamente niente di questo posto e sono molto curiosa. Solo in questo momento mi accorgo di una mano sul mio ventre e un peso sulla mia spalla destra, con la coda dell'occhio noto una chioma nera che si mescola con i miei capelli dorati. Sono sorpresa nel constatare che il signor Jackson si è appisolato sulla mia spalla, la sua mano è appoggiata sulla mia pancia e il suo respiro è lento e regolare. Divento rigida come un palo, cosa devo fare ora? Per la prima volta noto che anche il signor Beard è in macchina con noi, si è girato verso di noi e ci guarda con un sorriso divertito mentre cerca di trattenere le risate. Io sono completamente rossa in viso, devo avvisare il mio capo che siamo arrivati? Come faccio a svegliarlo senza dargli fastidio? Sono combattuta e la situazione peggiora quando vedo i bambini che si stanno per svegliare, cosa penseranno nel vedere il loro padre in questo modo con me? L'angoscia mi pervade nel mentre che la macchina attraversa il parco, non riesco nemmeno a puntare lo sguardo fuori per poter vedere qualcosa perché sono completamente in imbarazzo. Finalmente il mezzo si ferma e senza muovermi troppo cerco di vedere qualcosa, un giardino perfettamente curato e rigoglioso si trova davanti ai miei occhi. Non è facile scorgere bene i dettagli perché l'oscurità sta prepotentemente calando su di noi, tra la vegetazione si intravede la casa e, da quel poco che riesco a vedere, sembra avere uno stile opposto rispetto alla villa di Los Angeles. Il signor Beard scende dall'auto, probabilmente per prendere le valigie, e sta per farlo anche il signor Whitfield ma lo blocco.

- Signor Whitfield cosa devo fare? - sussurro supplicante indicando con la mano libera l'uomo appoggiato sulla mia spalla.

La guardia, con una torsione del busto, può finalmente constatare la situazione e, a differenza del signor Beard, si lascia sfuggire una risata. Automaticamente arrossisco abbassando il capo, il signor Jackson non accenna alcun tipo di movimento e questo mi lascia sfuggire un sospiro.

- Il signor Jackson odia essere svegliato bruscamente - spiega la guardia sorridendo divertito.

Io spalanco gli occhi, diamine e ora come faccio? Mi chiedo mentre non riesco a togliermi dal viso questa espressione schioccata dal viso. Il signor Whitfield scende dall'auto e, dopo aver fatto il giro, apre lo sportello al lato opposto al mio per poi prendere una Paris ancora in dormiveglia tra le sue braccia. Rivolge ancora uno sguardo a me sempre con quel sorriso divertito stampato sul volto.

- Quando si sveglia entrate dentro - dice semplicemente per poi dire al signor Beard, che è appena uscito dalla casa, di prendere Prince.

Il piccolo, anche se in dormiveglia, si lascia prendere in braccio dalla guardia per poi chiudere lo sportello lasciandomi sola insieme al signor Jackson. Alzo gli occhi al cielo in preda all'ansia e all'imbarazzo, come farò adesso? Non so quanto tempo sia passato da quando le due guardie se ne sono andate, sta di fatto che io sono ancora chiusa nell'abitacolo della macchina con il signor Jackson che non accenna minimamente a svegliarsi. Per tutto il tempo ho alternato lo sguardo tra il sedile di fronte a me e alla massa di capelli neri poggiati sulla mia spalla. Non sono scocciata dalla sua presenza, ho sempre trovato piacevole la sensazione che provo quando lui tocca il mio ventre per sentire la bambina, cosa che sta iniziando a fare sempre più spesso. A proposito di mia figlia, lei ha appena iniziato a muoversi colpendo sempre in direzione della mano del mio capo, a quel gesto della bambina vedo le dita del signor Jackson muoversi leggermente. Nel giro di pochi minuti lo vedo sgranchirsi per poi rimettersi composto azzerando completamente il contatto che c'era fino a poco fa. Si lascia andare a uno sbadiglio e ciò mi fa sfuggire inevitabilmente una risata. L'uomo si accorge di me e i nostri sguardi si incrociano, il trucco è leggermente sbavato sotto gli occhi ed è ancora leggermente assonnato. Sembra confuso nel trovarmi lì insieme a lui e io mi limito a sorridere leggermente.

- Buongiorno signor Jackson - riesco a dire visibilmente in imbarazzo.
- Ciao Madeleine - risponde mentre si sfrega leggermente gli occhi con un pugno.

Trovo il gesto particolarmente tenero e infantile e cerco di mostrarmi il più naturale possibile. L'uomo si guarda attorno e quando scorge la casa si lascia sfuggire un verso sorpreso e felice. Lo vedo scendere dall'auto e io non so cosa devo fare, guardo il mio ventre dove la bambina non ha smesso un'attimo di muoversi. Lo sportello al mio fianco si apre improvvisamente e per poco non cado giù dalla macchina come un sacco di patate. Il mio capo si trova davanti a me, i suoi occhi sono così luminosi ed è la prima volta che lo vedo così estasiato da quando l'ho conosciuto una settimana fa. Lui mi porge la mano mettendola a poca distanza dal mio viso.

- Dai vieni! - mi incita mostrandosi particolarmente allegro.

Io non posso fare a meno di annuire e lasciarmi guidare da lui.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***




Capitolo 23
 
Sono passati due giorni da quando siamo arrivati a Neverland ed è tutto pazzesco e sopra le righe. La location è magica e la rigogliosità che la circonda la rende un posto incantato. Non ho ancora avuto modo di uscire da queste quattro mura, che in realtà non sono solo quattro ma saranno sicuramente di più, perché devo sempre mantenermi a disposizione per qualsiasi cosa. In poche parole passo le giornate in cucina, in tutto il suo splendore. E' decisamente molto più grande di quella di Los Angeles ed è tutta rigorosamente in legno, la rendono cupa ma allo stesso tempo così bella ed affasciante. Amo le costruzioni in legno e tutto questo è chiaramente tutto quello che ho sempre sognato di avere. Non potrò mai permettermelo, penso mentre lavo le stoviglie usate per la cena di oggi. Qui gli inservienti sono decisamente più educati, alcune cameriere mi hanno rivolto anche qualche sorriso e sono state tutte disponibili quando si trattava di chiedere qualche informazione. Il peso della gravidanza inizia a farsi sentire, la bambina ora non fa altro che muoversi e alla fine passo la maggior parte della notte in bianco, la schiena inizia a risentire del peso in più e non riesco a stare ferma in una sola posizione per il principio di dolore ai piedi. Chissà se riuscirò a resistere per altri due mesi, mi domando mentre sposto per l'ennesima volta il peso sull'altra gamba. Cerco di vestirmi il più comoda possibile per lavorare visto che sto molte ore in piedi quindi i tacchi sono sicuramente fuori discussione. Qualcuno fa il suo ingresso nella stanza e con la coda dell'occhio noto il signor Jackson dirigersi spedito verso di me. Indossa i soliti pantaloni neri e i mocassini con le calze bianche in bella vista, una camicia in velluto verde acqua che in base alla luce prende delle sfumature diverse, i capelli ben in piega e la matita nera a contornare i suoi occhi scuri. Arriva a pochi passi da me mentre inizia a osservare ciò che sto facendo, ho appena insaponato tutti i piatti e mano a mano li sto sciacquando sotto l'acqua corrente. L'uomo pensa bene di chiudere il rubinetto lasciandomi ancora le mani piene di sapone, volto lo sguardo verso di lui accigliata e confusa. Mi metto frontale a lui mentre asciugo distrattamente le mani sul grembiule, non ci siamo dati la buonanotte poco fa? Mi domando mentre scruto il suo viso. Rimango ancora più confusa quando si posiziona dietro di me slacciandomi con una lentezza snervante il grembiule, mi lascio andare a un sospiro mentre noto con la coda dell'occhio che appoggia l'indumento sul ripiano della cucina. Ritorna di fronte a me e dopo avermi osservato senza espressione mi sorride afferrandomi per un polso. Ha un passo ben spedito e io cerco di stargli dietro per quanto mi sia possibile, attraversiamo l'ingresso e ci ritroviamo all'esterno dove tutto è illuminato da dei faretti posizionati qua e la. Sono sempre più confusa mentre mi lascio trascinare dal signor Jackson lungo un vialetto per poi arrivare davanti a una di quelle macchine che si usa sui campi da golf. Mi accompagna fino al posto del passeggero e, senza fare domande, mi siedo mentre lui si mette al posto di guida. Accende la macchina e parte, non pensavo nemmeno che sapesse guidare, solitamente le celebrità tendono ad avere sempre un'autista che lo accompagna invece in questo caso è diverso, questa cosa lo rende più "normale". Rimaniamo in silenzio tutto il tempo mentre la macchina continua a viaggiare portandoci in una zona che non avevo ancora visto, ci sono pochi alberi ma in compenso c'è un estesa distesa di prato verde ben tagliato. All'orizzonte si intravedono delle luci più colorate e intense, quando capisco di che cosa si tratta spalanco gli occhi. Una enorme ruota panoramica mi salta all'occhio, il movimento fluido e continuo che fa quasi mi ipnotizza ma più ci avviciniamo e più scorgo altre giostre. Ce ne sono tante ma quella che mi fa quasi scendere una lacrima dalla commozione è il carosello, il mio sogno da bambina. Non ho mai avuto la possibilità di salirci sopra, mia madre non me l'ha mai permesso. Lei era una conservatrice e riteneva le giostre uno spreco di soldi, "Perché salire su una stupida giostra quando, con lo stesso prezzo, puoi comprarti il pane da mettere a tavola?", così diceva sempre. Arriviamo al piazzale dove sono presenti tutte le giostre e il signor Jackson scende invitandomi con la mano a fare lo stesso, esitante mi alzo e dopo aver fatto il giro della macchinina mi ritrovo al suo fianco. Iniziamo a camminare fianco a fianco, lui porta le braccia dietro la schiena mentre si guarda attorno quasi fiero. Io incrocio le braccia al petto e mi metto anche io ad osservare le giostre ora che posso vederle da vicino, non c'è nessuno a parte noi e stranamente sono tutte in funzione. In sottofondo si sente la musica classica che proviene dal carosello e mano a mano che ci avviciniamo ad esso la melodia è più udibile. Ci passiamo di fronte e io non posso fare a meno di fermarmi ad ammirarlo, la melodia sembra così giusta per questa giostra, i cavallini si muovono armoniosi senza fermarsi e miei occhi si fanno improvvisamente lucidi nel ricordare quanto da bambina abbia voluto farci un giro. Alla fine finiva sempre come sono adesso, rimanevo a fissarlo, osservavo gli altri bambini felici divertirsi mentre i loro genitori scattavano delle foto ricordo con le loro macchina fotografiche. Una lacrima scende lungo una mia guancia involontariamente ma la lascio perdere troppo presa dal ricordo. Il signor Jackson, che nel frattempo stava continuando a camminare, probabilmente si accorge della mia mancata presenza al mio fianco perché mi raggiunge con passo lento e leggermente ondeggiante. Riesco a percepire il suo sguardo su di me ma io non riesco a distogliere l'attenzione dal carosello che continua la sua corsa inesorabile. Una sua mano si appoggia sulla mia guancia arrestando l'ascesa della lacrima lungo il mio volto. Mi giro verso di lui sorpresa del suo gesto tanto spontaneo quanto dolce e, nonostante i miei pensieri, riesco a rivolgergli un mezzo sorriso anche se malinconico. Il suo sguardo è dannatamente serio e vengo contagiata dalla sua espressione indecifrabile. Lo vedo deglutire per poi avvicinare lentamente il viso al mio, spalanco gli occhi rimanendo pietrificata. Le sensazioni del bacio sulla fronte mi attraversano da parte a parte, mi lascio andare a un sospiro silenzioso quando il signor Jackson appoggia le sue labbra sulla mia guancia lasciandoci un bacio. Una volta fatto accarezza il mio capo e i miei capelli seguendo le onde che essi formano fino ad arrivare alle punte che si intrecciano con le sue dita. Li osserva insistentemente per poi lasciarli ricadere lungo la mia schiena.

​- Chick che succede? - mi domanda dolcemente.

"Pulcino", è così che mi ha appena chiamato. Un nomignolo tanto tenero quanto sensuale detto da lui. Cerco di non pensarci e nego semplicemente con la testa per poi riportare lo sguardo sulla giostra di fronte a noi. Anche il signor Jackson lo fa, solamente per pochi secondi perché riporta l'attenzione su di me. Mi afferra per l'ennesima volta la mano e mi trascina verso la giostra, una strana paura mi assale e punto i piedi per terra cercando di fare resistenza.

- No, non posso - dico balbettando ancora in preda alle sensazioni che ho provato fino ad ora.

Il mio capo torna a guardarmi confuso per poi darmi un piccolo strattone facendomi finire praticamente addosso a lui, le mie mani sono appoggiate sul suo petto mentre lui mi guarda dall'alto. Arrossisco automaticamente e, accorgendomi dell'eccessiva vicinanza, mi allontano quasi bruscamente mentre la mia mano è ancora stretta alla sua. Lui fa come se niente fosse e così ci ritroviamo ai piedi della giostra che continua a girare.

- Non avere paura, saliamo - mi incoraggia stringendo leggermente la mia mano.

Titubante annuisco e con un balzo siamo sulla giostra in movimento, le luci mi abbaiano leggermente la vista, è tutto così luminoso e colorato. L'uomo si siede su un cavallino nella parte interna del carosello e sembra divertirsi molto a giudicare dal suo sorriso e gli occhi luminosi. Rimango a fissarlo per non so quanto tempo e non mi rendo quasi conto che anche lui ha iniziato a fissarmi. Spalanco gli occhi arrossendo ancora di più per poi distogliere lo sguardo puntandolo sul pavimento. Lui scende mettendosi di fronte a me abbassandosi per poter incontrare il mio viso. Lo noto e mi volto leggermente solamente per poter constatare che è al mio fianco.

- Vuoi che ti dia una mano a salire? - dice mentre mi indica il cavallino dietro di me nella parte esterna della giostra.

Anche io mi metto a guardare il cavallino color crema dalla criniera dorata, i miei occhi sono tristi, non ho più l'età per queste cose, l'infanzia ormai l'ho già passata da un pezzo.

- Io.. io non - inizio a parlare ma non so nemmeno io che cosa dire.

Lui sembra parecchio confuso e, senza avvisarmi, mi afferra per i fianchi e mi conduce verso il cavallino di fronte a me. Lo guardo come se fosse la cosa più spaventosa del mondo, inizio ad indietreggiare ma l'uomo continua a tenermi vicino ad esso.

- No, no ti prego - inizio a supplicarlo con le lacrime che iniziano a scendere.

Il signor Jackson, accortosi della situazione, si ferma e mi fa voltare delicatamente verso di lui. Mi avvicina a se ed inevitabilmente mi ritrovo racchiusa tra le sue braccia. La mia testa è appoggiata sul suo petto, mi lascio andare strizzando gli occhi cercando di calmarmi ma inutilmente.

- Scusa - sussurra mentre appoggia la testa sulla mia.

Alle sue parole mi lascio sfuggire un singhiozzo, lui mi stringe ancora di più e il mio pianto si fa sempre più intenso. Avrei tanto voluto essere abbracciata così quando ne avevo bisogno.


 

**Montaggio fatto da me**

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***




Capitolo 24
 
Ci siamo seduti in una panchina di fronte al carosello, è notte fonda ormai e la luce delle giostre basta e avanza per poter vedere chiaramente cosa c'è intorno a noi. Sto ancora piangendo anche se in silenzio, non ne ho idea di che cosa sia appena successo ma so solo una cosa, ho fatto una grande figuraccia davanti a Michael Jackson. Che cosa penserà di me? Mi domando non riuscendo a staccare gli occhi dai ciottoli che compongono il piazzale. L'uomo al mio fianco è in silenzio come me, probabilmente sta pensando a quanto sono esaurita. Mi porto le mani sul viso, la devo smettere di frignare! Faccio un lungo sospiro per poi appoggiare la schiena alla panchina alzando gli occhi al cielo. Il mio capo segue tutti i miei movimenti con gli occhi senza dire una parola. Ritorno composta e i miei occhi finiscono nuovamente sulla giostra di fronte a noi. La voce di mia madre mi opprime la mente, la sento che mi rimprovera. Tutto questo è così sbagliato e così diverso che mi fa paura. Possibile che una persona possa influenzarti così tanto? Beh probabilmente si.

- Mi dispiace - mi esce spontaneo.

L'uomo osserva il mio profilo attendendo che io continui.

- Per la sceneggiata - spiego abbassando il capo colpevole.

Non ho nemmeno il coraggio di incontrare il suo sguardo tanto mi sento in imbarazzo.

- Non ti devi preoccupare - asserisce semplicemente il signor Jackson.

Il silenzio incombe nuovamente su di noi, il mio sguardo per non so quale ragione va in alto verso il cielo, le stelle nonostante l'inquinamento luminoso si possono vedere bene. Il signor Jackson fa la stessa cosa appoggiandosi allo schienale della panchina, anche lui guarda quei puntini luminosi e sembra pensieroso. Voleva semplicemente divertirsi un po' e io, come una stupida ho rovinato tutto, mi sento così in colpa.

- Sa una cosa? - domando spezzando il silenzio.

Il signor Jackson si gira verso di me e io faccio lo stesso ma solo per pochi secondi, riportando nuovamente lo sguardo al cielo.

- Vorrei che il dolore potesse essere catturato dalle stelle, così da portarlo lontano da qui - inizio scrutando quei puntini che macchino la distesa nera sopra di noi.

Sento l'uomo sospirare per poi riportare lo sguardo anche lui verso l'alto.

- Le stelle possono anche catturare il nostro dolore ma esse sono fisse, il dolore si allontana ma rimane - spiega con una voce che non gli avevo mai sentito fino ad ora.

In preda alla sorpresa mi sollevo dallo schienale e lo osservo, da qui riesco a vedere la linea della mascella squadrata e i suoi occhi leggermente lucidi. La devo assolutamente smettere, sono un completo disastro. Dopo un sospiro lo vedo alzarsi per poi porgermi la mano aiutandomi, accetto il suo aiuto e faticosamente mi metto in piedi anche io. Mi rivolge un sorriso amaro che mi lascia sorpresa per poi voltarmi le spalle dirigendosi verso la macchinina, subito gli sono dietro e senza dire niente saliamo su di essa. Una volta arrivati davanti all'ingresso mi aggrappo alla macchina sollevandomi e la mano del signor Jackson circonda i miei fianchi accompagnando i miei movimenti, lo ringrazio con un sorriso che lui ricambia. La sua espressione si tramuta nel momento esatto in cui distoglie lo sguardo da me, sempre più mortificata entriamo nell'abitazione e raggiungiamo il piano superiore. Mi accompagna di fronte alla stanza che mi è stata data e sinceramente non mi va di lasciarlo andare senza fare niente. Sta per andare via ma riesco ad afferrare il suo avanbraccio arrestando la sua avanzata, guarda prima la mia mano per poi puntare gli occhi nei miei, i suoi sono ancora lucidi e delle lacrime sono depositate agli angoli dei suoi occhi. Approfitto ancora per qualche minuto per scrutare ogni dettaglio del suo viso e, dopo aver deglutito nervosamente, lo avvicino a me per poi depositare un bacio forse troppo vicino alle sue labbra. Quando me ne accorgo mi allontano lentamente diventando bordeaux per l'imbarazzo. L'uomo sembra riacquistare magicamente il sorriso e poggia una mano sulla mia guancia destra, questo contatto sta per diventare un'abitudine e ciò mi preoccupa.

- Buonanotte Madeleine - dice mentre sposta la mano sulla mia testa scompigliandomi leggermente i capelli.

Mi divincolo leggermente divertita lasciandomi sfuggire una risata, anche lui viene contagiato e quando la smette si ricompone senza smettere di sorridere. Tento di sistemare la mia chioma ma a quanto pare si sono formati dei nodi sulla nuca, in questo momento sembrerò un nido ma non voglio pensarci più di tanto.

- Buonanotte anche a lei - rispondo ricambiando il suo sorriso.

Lui fa un cenno con la testa per poi proseguire lungo il corridoio, quando sparisce dalla mia vista entro finalmente nella mia stanza. Appoggio la schiena alla porta rendendomi conto di essere stata in apnea tutto il tempo, faccio un respiro profondo per poi liberare tutta l'aria che ho trattenuto nei polmoni. Il mio sospiro esce tremante in preda ancora alle emozioni di questa sera, scuoto la testa e dopo essermi messa il pigiama e aver spazzolato i capelli, punto la sveglia alle 06:00 e mi metto sotto il piumone dorato. Spengo la luce e la prima immagine che mi viene in mente, prima di chiudere gli occhi, è il volto del mio capo anche se non so bene il perché.



 

**Montaggio fatto da me**

 
Scusatemi per il capitolo un po' più corto degli altri, spero vi sia piaciuto lo stesso! <3 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***



Canzone consigliata per il capitolo: Enya  "Oíche Chiúin Chorale (Silent Night)" ------> https://youtu.be/nlu164B8LXw   

​Capitolo 25

 
La mia mano è stetta alla sua da ore ormai, siamo andati d'urgenza all'ospedale perché a quanto pare a Madeleine le si sono rotte le acque prima del previsto. Siamo qui da sei ore e ancora nessun parente di lei si è fatto vivo, adesso non è proprio il momento di indagare. Lei sta soffrendo in una maniera indescrivibile e le sue urla sono disumane.

- Shh va tutto bene, sta andando tutto bene - tento di rassicurarla.

Purtroppo è inutile, lei continua a versare lacrime in preda al dolore e nessun dottore è ancora venuto a darle un'occhiata. Da quando le si sono rotte le acqua non è riuscita a dire mezza parola tanto il dolore è intenso. Bill è seduto in una delle poltrone presenti nella stanza mentre Javon non fa altro che camminare avanti e indietro. All'ennesimo urlo della ragazzo la guardia sobbalza spalancando gli occhi, fa un gesto stizzito per poi dirigersi a grandi passi verso la porta.

- Non ce la faccio a vederla così - esclama mentre sbatte la porta alle sue spalle.

L'unica cosa che si sente ora sono le forti ansimazioni di Madeleine accompagnate da qualche verso di dolore di tanto in tanto. In questo momento sono impotente, posso solo tenerle la mano per farle capire che sono accanto a lei. Porto la mano libera tra i suoi capelli accarezzandole la nuca, tutti gesti che non servono minimamente a farle alleviare il dolore ma che magari possono distrarla. Lei gira la testa verso di me per la prima volta durante tutte queste ore e, tra il dolore, riesce a rivolgermi un sorriso. Rimango incantato per un attimo, questa ragazza è molto forte, penso mentre ricambio. Un bussare alla porta fa voltare me e Bill verso di essa di scatto, senza chiedere il permesso entra un medico seguito da Javon. Io mi alzo in piedi continuando a tenere la mano della giovane al mio fianco, senza dire niente vedo il dottore mettersi dei guanti in lattice bianchi per poi guardarci.

- Devo farle un controllo, è meglio che usciate - ci istruisce l'uomo mentre si appresta a scoprire le gambe della ragazza.

Le due guardie annuiscono per poi uscire, io rivolgo prima uno sguardo alla ragazza per poi lasciarle la mano.

- No no no! - esclama mentre cerca di allungarsi cercando di riafferrarla.

Nel suo sguardo si legge una grande paura e io cerco di rassicurarla mostrando un sorriso.

- Torno subito - dico per poi uscire dalla stanza anche io.

Chiudo la porta alle mie spalle e con un sospiro mi stravacco su una delle sedie presenti in corridoio accanto ai due uomini che mi scortano. Sono passati dieci minuti e non si hanno ancora notizie, qualcuno che passava per il corridoio mi ha riconosciuto ma Bill e Javon si sono affrettati ad allontanarli, sinceramente non sono in vena di fare foto in questo momento. L'ansia, con il passare dei minuti, aumenta a dismisura e le mie mani finiscono tra i miei capelli.  Un rumore assordante proveniente dalla mia destra mi fa alzare la testa di scatto, il dottore esce di corsa dalla stanza e una cosa mi salta all'occhio, i guanti e il camice sono imbrattati di sangue. Sgrano gli occhi, o no Madeleine, mi viene spontaneo precipitarmi alla porta ma il medico mi si para davanti.

- Mi vuole dire che sta succedendo? - domando spaventato.

Sembra non avermi sentito perché inizia ad urlare per il corridoio.

- Codice rosso, mi serve una barella subito! - esclama.

Non ho capito assolutamente niente ma quando vedo quattro infermieri correre velocemente trascinando la barella mi sale il panico. Rivolgo sguardi alternati tra il dottore e gli infermieri cercando di capire che cosa stia succedendo. Vengo improvvisamente afferrato per le spalle facendomi fare un balzo all'indietro, cerco di divincolarmi ma la presa è fin troppo salda. Riconosco le mani di Bill che mi tengono distante dalla porta mentre gli infermieri entrano velocemente nella stanza, rischiavo di essere travolto da loro ecco il motivo per cui la guardia mi ha fatto spostare così bruscamente. Pochi istanti dopo li vediamo uscire con Madeleine, i miei occhi sono terrorizzati quando la vedo priva di sensi e bianchissima. Provo ad avvicinarmi ma il medico mi si para nuovamente davanti intralciandomi la strada.

- Non potrà venire con noi, dovrà aspettare qui - spiega velocemente per poi correre per il corridoio raggiungendo la barella che gli infermieri stanno trasportando.

Rimango lì in piedi impalato senza sapere che cosa fare, la situazione sta precipitando e prego Dio che tutto vada per il meglio. Ho smesso di contare le ore passate da un bel pezzo, non riesco a stare fermo, continuo a camminare avanti e indietro. Nessuno si è fatto vivo per farci sapere qualcosa e io sto iniziando letteralmente a perdere la testa. L'istinto mi dice di entrare in quella maledetta sala parto e scoprire di persona cosa sta succedendo e non sarebbe nemmeno una cattiva idea metterla in atto in questo preciso istante. Senza nemmeno accorgermene i miei piedi si muovono da soli e inizio a cercare con lo sguardo la sala parto. Il mio passo è veloce e spedito, Bill e Javon mi seguono cercando di fermarmi ma mi blocco io stesso quando vedo arrivare verso di me il medico che deve aver assistito Madeleine. Il camice è ancora più sporco di prima ma non è una cosa importante in questo momento. Gli vado incontro fino a quando ci ritroviamo l'uno di fronte all'altro.

- Come stanno? - domando cercando di mantenere la calma.

Bill e Javon sono al mio fianco anche loro curiosi, il medico fa un sospiro togliendo la cuffietta per poi abbassare la mascherina.

- Non ce l'hanno fatta -

L'unica cosa che riesco a sentire è il mio respiro affannato e le voci attorno a me ottavate, la vista si offusca e le mie gambe stanno per cedere. Mi sembra di svenire e mi lascio andare a questa sensazione immergendomi nel buio.

 
+++
 
Le urla invadono la stanza, gli occhi del signor Jackson sono sgranati e ricolmi di lacrime. Non si trova in ospedale ma nel suo letto, si toglie il piumone di dosso sentendosi appresso. Si alza e non riesce minimamente a calmarsi, inizia a camminare avanti e indietro in preda al nervosismo.
Il suo sguardo si posa sulla finestra, è l'alba e ha addirittura iniziato a nevicare. In preda a non so quante emozioni decide di uscire in fretta dalla stanza senza preoccuparsi del fatto che sia ancora in pigiama e che sia scalzo. Con grandi falcate si dirige verso la stanza di Madeleine e bussa, non sentendo risposta decide di aprirla lo stesso. La vista viene offuscata ulteriormente dalle lacrime quando si rende conto che il letto è perfettamente ordinato e gli effetti personali non ci sono. Possibile che non fosse un sogno? Esce velocemente dalla stanza senza preoccuparsi di richiuderla, si dirige verso le scale rischiando quasi di cadere per la fretta. Una volta nell'atrio si guarda attorno e nota che non c'è nessuno.

- Madeleine! - inizia a gridare disperato.

Senza pensarci si dirige verso la cucina e quando si affaccia alla porta sobbalza quando vede una figura angelica davanti a lui, una vestaglia bianca e dei lunghi capelli dorati che nascondono la sua schiena. Il verso improvviso fa spaventare anche la persona a pochi metri da lui e quando si gira capisce che è proprio Madeleine. Gli occhi si offuscano per un attimo ma poi la vista ridiventa nitida quando l'ennesima lacrima inizia a scendere lungo la sua guancia. La ragazza, che si è ripresa dallo spavento, abbassa il capo imbarazzata e mortificate.

- Mi dispiace di averla spaventata, sono venuta a prendere un bicchiere d'acqua perché non - inizia a parlare la giovane ma l'uomo non la lascia finire.

Con passo svelto si dirige verso di lei per poi stringerla tra le sue braccia poderosamente, i singhiozzi che ha trattenuto fino a quel momento si liberano incontrollati sulla spalla della giovane.

- Signor Jackson - balbetta sorpresa la ragazza mentre rimane con le braccia lungo il corpo.

 Come risposta ottiene solamente una stretta più forte ai fianchi e dei singhiozzi sempre più forti. La ragazza è confusa e le lacrime che l'uomo sta versando in questo momento la fanno quasi commuovere. Senza esitazione avvolge le braccia intorno al collo dell'uomo cercando di ricambiare il gesto. Madeleine porta una mano tra i capelli dell'uomo mentre lo dondola leggermente come un bambino cercando di calmarlo. Il signor Jackson si allontana di scatto e abbassa lo sguardo, il ventre gonfio è sempre lì presente, si inginocchia e poggia l'orecchio sopra di esso. Quando sente un movimento provenire da esso lui, in preda alla gioia, inizia a baciarlo ed accarezzarlo freneticamente. Madeleine nel frattempo è confusa ma non riesce a bloccare i gesti dell'uomo, sembra spaventato da qualcosa che riguarda lei o la bambina sennò non ci sarebbe altra spiegazione. Lei non ha capito esattamente che cosa è successo ma aveva intenzione di scoprirlo.


 

**Montaggio fatto da me**

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***



Capitolo 26
 
Solo adesso mi rendo conto di quanto ci stiamo avvicinando a natale, il freddo si fa sempre più pungente e il sole si fa vedere sempre più raramente. I maglioni invernali che mi sono portata stanno iniziando troppo stretti per contenere la mia pancia quindi sotto di essi tendo a mettere una maglietta intima e una maglia a collo alto. Nonostante l'aria dentro casa sia calda io sono una persona molto freddolosa e, quando si avvicina il periodo invernale, tendo a coprirmi molto. Per l'ennesima volta tento di abbassare il maglione grigio che sfortunatamente rimane fisso quasi a metà pancia, con uno sbuffo lascio perdere per poi lavarmi le mani nel lavandino della cucina. Una volta fatto cerco con lo sguardo lo straccio che non è al solito posto, lo vedo sui fornelli spenti e mi ricordo, stupidamente, di averlo appoggiato lì poco prima. Come lo afferro mi viene spontaneo sollevare il capo e noto il signor Jackson osservarmi mentre è appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto. Sembra essere intenerito dal mio vano tentativo di abbassare il maglione, arrossisco vistosamente come al solito.

-Buongiorno signor Jackson - lo saluto mentre distolgo lo sguardo.

Sento la sua presenza sempre più vicina a me e in poco tempo me lo ritrovo al mio fianco con una mano appoggiata sul piano cottura a sostenere il suo peso.

- Buongiorno - risponde con una voce particolarmente profonda.

Non saprei descrivere la sensazione che ho appena provato, questo tono di voce è così sensuale. Distolgo lo sguardo da lui repentinamente andando a prendere le arance per la spremuta.


Mi passa di fronte voltandomi le spalle per dirigersi verso il cesto di frutta, la sua camminata è sinuosa e i suoi fianchi ondeggiano armoniosamente. Automaticamente mi mordo il labbro quando la vedo fermarsi per poi appoggiare il peso su un piede mostrando perfettamente il suo fondoschiena perfetto fasciato dal pantalone elasticizzato. Sta selezionando le arance per la spremuta che le chiedo sempre per la colazione con molta calma, io abbasso gli occhiali da sole che tendo a tenere anche in luoghi chiusi per poterla osservare meglio.
Non so nemmeno io perché mi sto comportando così, chissà quanto è piccola rispetto a me. Continuo a scrutare la sua figura di profilo come incantato fino a quando un colpo di tosse non mi fa ricomporre all'istante.


Ho appena preso quattro arance dal cestino e un colpo di tosse mi fa voltare, sorrido quando riconosco il signor Beard sulla soglia della cucina. Ha uno sguardo strano rivolto verso il signor Jackson che sta aggiustando la sua giacca nera mentre guarda il pavimento. Perplessa lascio perdere e mi avvicino al piano cottura dove avevo appoggiato precedentemente un tagliere e un coltello insieme allo spremi agrumi.

-Buongiorno signor Beard, lei ha già fatto colazione? - domando gentilmente dopo aver posato le arance.

L'uomo in questione si gratta leggermente il capo per poi rivolgermi anche lui un sorriso facendo un gesto non curante.

- Non preoccuparti, l'ho già fatta all'alba - risponde.

Io annuisco per poi ritornare a ciò che stavo facendo, non mi da fastidio il fatto che mi dia del "tu". Forse è a causa dell'educazione parecchio rigida che mi è stata impartita che non riesco ad essere confidente con i miei collaboratori.

- Signor Jackson, l'ospite è arrivato - comunica il signor Beard al boss per poi congedarsi.

L'uomo dai lunghi capelli neri annuisce per poi voltarsi verso di me, io stavo per iniziare a fare la spremuta ma la sua mano si posa sulla mia fermando ogni mio gesto.

- Lascia perdere per il momento, ho bisogno che tu venga con me - mi impone quasi guadandomi attraverso gli occhiali da sole.
- Ma signo.. - cerco di contraddirlo.

Non mi lascia il tempo di parlare che con la sua mano libera poggia la metà dell'arancia che tenevo tra le mani per poi trascinarmi fuori dalla cucina. Titubante tento di seguirlo vista la mia andatura leggermente goffa. Arriviamo all'ingresso e una cameriera ci apre il portone, mi rivolge un sorriso mentre guarda la mia pancia, tento di ricambiare ma vengo trascinata prepotentemente fuori. L'aria gelida mi entra nelle ossa, l'uomo non mi lasciato neanche il tempo di prendere il cappotto o qualsiasi cosa per coprirmi. Cerco di riscaldarmi sfregando la mano libera sul braccio lasciandomi uscire dei sospiri tremanti. Il mio capo se ne accorge e lascia la mia mano rientrando in casa, neanche il tempo di domandarmi dove sia andato che ritorna portando con se un cappotto nera molto lungo e chiaramente da uomo. Lo appoggia sulle mie spalle e io me lo stringo addosso visto che é leggermente caldo.

- Va meglio? - domanda scutandomi dall'alto.
- Si la ringrazio - gli rispondo facendo anche un gesto di assenso con il capo.

Lui sorride per poi circondarmi il bacino con un braccio, con un semplice gesto mi porta attaccata al suo corpo. Inevitabilmente arrossisco e non posso fare a meno si sollevare lo sguardo per poterlo osservare dal basso. La linea della mascella è ben delineata e un accenno di barba è presente su di essa, il suo viso è particolarmente bianco ma la mia attenzione si sposta su delle macchioline leggermente scure sul suo collo.  In questo momento non so che cosa pensare così distolgo lo sguardo da esse per poi guardare anche io di fronte a me. Infondo al vialetto noto una macchina scura parcheggiata e degli inservienti che trasportano delle valige venendo in questa direzione. I due uomini fanno un gesto con il capo insegno di rispetto al signor Jackson per poi entrare dentro casa. Dall'automobile esce una figura completamente vestita di nero con un cappotto particolarmente lungo e un cappello nero. Più costui si avvicina a noi più riesco a scorgere maggiori dettagli. Una sciarpa viola circonda il collo dello sconosciuto e le sue scarpe leggermente a punta sono estremamente lucide. Finalmente l'uomo alza lo sguardo e mi salta all'occhio la sua carnagione scura e i suoi grandi occhi scuri. Il suo sguardo da serio si trasforma in un sorriso smagliante mentre lui e il signor Jackson si guardano.

- Ehi man - dice allungando una mano.

Il mio capo si allontana una attimo da me per potergli stringere la mano, viene catturato da un'abbraccio da veri uomini con tanto di pacche sulla spalla. Io me ne sto in silenzio ad osservare la scena e domandandomi che cosa ci faccio qui. Si staccano e l'uomo di colore punta lo sguardo su di me sgranando gli occhi.

- Goddamn!* - esclama a bocca spalancata scrutandomi dall'alto in basso.

Arrossisco vistosamente distogliendo lo sguardo, una presa sul fianco mi fa sollevare lo sguardo. Il signor Jackson mi guarda con un sorriso divertito sul volto mentre mi ritrovo nuovamente appiccicata al suo corpo. Che maleducata non mi sono nemmeno presentata, gli porgo la mano che lui prontamente stringe mostrando un radioso sorriso.

- Madeleine Cruz, piacere di conoscerla - mi presento mostrandomi ancora imbarazzata.

Invece di agitare la mia mano fa una piccola torsione sul polso per poi chinarsi leggermente posando un bacio sul dorso della mia mano, io sorrido divertita. L'uomo si rimette in piedi scrutandomi con un sorriso smagliante.

- Chris Tucker e il piacere è tutto mio -


 

​**Montaggio fatto da me**

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***




Capitolo 27
 
Finalmente entriamo dentro l'abitazione lasciandoci alle spalle il freddo gelido. Il signor Tucker si toglie il cappotto, la sciarpa e il cappello mentre conversa con il mio capo di qualcosa che non mi riguarda in alcun modo. Tutte le cose che il nuovo ospite teneva tra le mani vengono prontamente afferrate da una delle cameriere per poi sparire. Ci dirigiamo tutti quanti nel grande salone e il signor Tucker guarda l'ambiente circostante con occhi sgranati e in preda allo sgomento, anche io ho avuto la stessa reazione quando sono arrivata qui. Oltre alle varie poltrone, ai tappeti e ai mobili ci sono tanti oggetti che saltano subito all'occhio visto che non c'entrano praticamente niente con il contesto. Da statue con personaggi dei cartoni animati a un modellino di un castello appoggiato su una superficie piana. I due uomini si accomodano su uno dei tanti divani ma io decido comunque di rimanere in piedi.

-Vuole che le porti qualcosa in particolare? - chiedo mostrando un po' di coraggio.

La conversazione tra i due viene interrotta e il signor Tucker sembra divertito dalla mia richiesta.

- Nel caso ci pensa il cuoco, non devi preoccuparti - si rivolge a me sorridendo.

Io inclino la testa di lato confusa e mi affretto a spiegarmi.

- In realtà sarei io la cuoca -

L'uomo spalanca gli occhi alternando lo sguardo tra me e il signor Jackson che sembra essere in imbarazzo.

- Quindi voi due non siete.. - dice mentre indica entrambi incrociando le mani in continuazione.

Il mio capo si copre il viso con le mani in preda all'imbarazzo mentre io mi congelo praticamente sul posto arrossendo vistosamente. Nessuno dei due ha il coraggio di dire niente e io sono decisamente troppo in imbarazzo per spiccicare mezza parola. Dopo un po' il signor Jackson allontana le mani mostrando finalmente il suo viso.

- Ma cosa dici Chris! - lo rimprovera mentre cerca di trattenere le risate ma dal tono di voce si sente che è particolarmente in imbarazzo.
- Gradisce qualcosa? - richiedo cercando di non mostrare il mio disagio.

I due uomini si girano verso di me, il mio capo sembra intenerito dalla mia reazione mente il signor Tucker è ancora sorpreso.

- No ti ringrazio, dai siediti con noi - mi invita indicandomi la poltroncina singola vicina a loro.

Non volendo obbiettare faccio ciò che mi dice, mi accomodo facendo un po' di fatica per poi rilassarmi a contatto con la superficie morbida. I due distolgono l'attenzione da me per poi guardarsi.

- Come stai? - domanda il signor Jackson al suo amico.
- Bene ti ring.. ma che cazzo?! - si interrompe per poi fare quell'esclamazione.

Il suo volto è rivolto alla vetrata esterna e sembra stupido e sconcertato. Io seguo il suo sguardo e non posso credere ai miei occhi, due giraffe stanno tranquillamente passando sotto i nostri occhi circondate da due uomini che le stanno guidando da qualche parte. La mia bocca è spalancata mentre seguo quei due giganti fini a quando non spariscono dalla nostra visuale. Ne ho viste tante nella mia breve vita ma a quanto pare essa è sempre pronta a farti qualche sorpresa. I miei occhi stanno fissando un punto indefinito, ma che cosa è appena successo? Mi volto verso i due uomini vicino a me, il signor Tucker è scioccato quanto me mentre il mio capo è impassibile come se quello che è appena successo fosse una cosa normalissima.

- Michael erano due giraffe quelle che sono passate davanti a noi? - chiede schioccato.
- No sono tre le giraffe Chris - lo corregge facendo il numero con le dita di una mano per poi annuire.

Entrambi lo fissiamo come se fosse chissà che cosa, il mio sopracciglio è inarcato, quando lo sguardo del signor Tucker cade su di me alzo le spalle per fargli capire che neanche io ne sapevo niente.

- Michael sono fottutamente alte! - esclama nuovamente l'uomo.
- Lo so lo so, per questo le ho comprate - spiega il mio capo con la sua voce estremamente calma.

L'espressione dell'ospite in questo momento è memorabile, mi sta per scappare da ridere e non so come stia riuscendo a trattenermi.

- Spero che non ci siano altri animali liberi così, vero? - si lascia andare a un risolino nervoso il signor Tucker.

Il signor Jackson allunga leggermente il collo per potermi guardare. È serio ma nei suoi occhi riesco a riconoscere la vivacità di un bambino. Lo scambio di sguardi non dura per molto visto che riporta l'attenzione sul suo amico.

- Credo il leone, non riescono a trovarlo - commenta il mio capo cercando di mostrarsi serio.
- Cosa? - urla quasi l'ospite sobbalzando sul posto.

Io metto una mano di fronte alla bocca cercando di trattenere le risate, mi tocca distogliere lo sguardo dai due stringendo gli occhi cercando di contenermi.

- Potrebbe aggredirti Chris - continua il signor Jackson.

Senza riuscire più a resistere mi alzo e, dopo aver fatto un cenno con il capo distrattamente congedandomi, corro letteralmente verso la cucina che è da tutt'altra parte. Capendo di essere sola mi appoggio al bancone cominciando a ridere sommessamente cercando ugualmente di contenermi. Sono leggermente chinata sul ripiano nascondendo la testa tra le mie braccia incrociate mentre mi scendono addirittura delle lacrime. Accorgendomene decido di calmarmi immediatamente asciugando la parte sottostante degli occhi con un fazzoletto. Decido di prendere un bicchiere d'acqua visto che ho la gola secca, sorseggio il contenuto del bicchiere è una risata isterica e particolarmente alta mi fa quasi sputare quello che avevo in bocca. Dei passi veloci si avvicinano alla cucina e dalla porta entrano il signor Jackson e il signor Tucker entrambi piegato dalle risate. Capisco che quella risata particolarmente acuta e spontanea proveniva dal mio capo perché entrambi continuano a ridere divertiti da qualcosa. Senza farmi vedere do le spalle ad entrambi e, dopo aver preso un pezzo di carta, mi affretto ad asciugarmi la bocca. Le risate lentamente cessano mentre i due cercano di riprendere fiato lasciandosi andare a un risolino divertito ogni tanto. Dalla porta vedo entrare una donna di colore con i capelli ricci corti e qualche ciocca bionda, indossa un pantalone a palazzo nero elegante e una giacca anch'essa nera e si scorge una camicia bianca sotto di essa. La sconosciuta tiene in braccio una Paris mezza addormentata e dietro le sue gambe si nasconde Prince che con un pugno chiuso si gratta l'occhio. Il mio capo distoglie immediatamente l'attenzione dall'amico per poi prendere dalle braccia della donna la bambina salutandola e riempiendola di baci. Sorrido leggermente alla scena particolarmente adorabile per poi accorgermi di Prince che mi sta toccando una gamba. Porto immediatamente tutta la mia attenzione su di lui rivolgendogli un sorriso, lo vedo allungare le braccia verso di me facendo qualche saltello. Intenerita mi chino capendo che vuole essere preso in braccio, con fatica mi chino e con altrettanta fatica mi rimetto in piedi portando con se anche il peso del bambino. Il signor Tucker viene in mio aiuto aiutandomi a mettermi dritta e io rivolgo un sorriso sincero all'uomo.

- La ringrazio signore -

L'uomo in questione sembra confuso mentre si guarda attorno, inarco un sopracciglio quando punta un dito sul suo petto.

- Ma c'è l'hai con me? - domanda con un tono di voce particolarmente buffo.
- Certamente signore - rispondo con un sorriso divertito.
- Non darmi del "signore"! Sembra che stai parlando con un ultra ottantenne - ribatte alzando gli occhi al cielo lasciando andare entrambe le braccia lungo il corpo.

Con la coda dell'occhio noto che il bambino ha appoggiato la testa sulla mia spalla portandosi un pollice alla bocca mentre con l'altra mano gioca con una ciocca di capelli sfuggita alla coda di cavallo. Sorrido intenerita ma sgranò gli occhi quando vedo il signor Tucker fare una piroetta poco virile facendo passare le mani lungo il petto per poi far finta di spostare i capelli che non ha.

- Modesti a parte sono ancora un giovincello - continua facendo una voce da diva.

Stavolta non posso fare a meno di ridere a crepapelle, i due uomini presenti nella stanza mi seguono a ruota, sembriamo un gruppo di amici di vecchia data che non si vedevano da tanto tempo. La mia risata finisce nel momento in cui il mio sguardo ricade sul volto della donna che non ha ancora lasciato la stanza. Mi guarda in un modo strano e solo una cosa mi chiedo, chi è?

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***



Capitolo 28
 
La colazione non é stata tranquilla come al solito tra le risate dei due uomini alle mie spalle e i bambini che hanno avuto modo di svegliarsi per bene. Ho appena finito di lavare tutte le stoviglie e, mentre mi asciugo le mani su uno dei tanti stracci da cucina, il signor Jackson e il signor Tucher non fanno altro che ridere a crepapelle per qualcosa che io non ho avuto modo di ascoltare. Ho un sorriso spontaneo stampato sul volto, l'atmosfera è così serena e rilassata che non posso fare a meno di essere contagiata. Una volta finito non so esattamente che cosa fare, preparare il pranzo è fuori discussione in quanto è decisamente troppo presto. Vengo distratta da Prince che scappa da Paris e si nasconde dietro le mie gambe, la bambina si avvicina sempre di più e il bambini cercando di nascondersi ulteriormente mi trascina leggermente all'indietro. Presa dalla fretta e dall'andatura goffa, la bambina sta per cadere e io con uno scatto riesco ad abbassarmi in tempo afferrandola al volo. La sollevo in aria facendola dondolare.

-Presa - esclamo mantenendo le braccia tese mostrando un sorriso.

La piccola, parecchio divertita inizia a sgambettare e a ridere mostrando i suoi piccoli dentini e delle fossette ai lati della bocca. La porto a me facendo passare un braccio attorno alla sua schiena e l'altro sotto il suo fondoschiena per poterla sostenere, la bambina mi guarda seriamente e avvicina una sua manina alle mie labbra toccandole, ne approfitto e gliela bacio accentuando il rumore facendola divertire. Dopo un po' la appoggio a terra e ritorna a cercare il fratello che nel frattempo si è nascosto da qualche parte, io la seguo con gli occhi fino a quando non sparisce dalla mia visuale per poi ritornare composta. Sollevandomi porto involontariamente lo sguardo su i due uomini che hanno smesso di ridere, probabilmente hanno osservato tutta la scena perché mi osservano insistentemente. Porto una ciocca di capelli sfuggita dalla cosa dietro l'orecchio arrossendo imbarazzata come al mio solito, riconosco la leggera risata del signor Jackson e poi il rumore delle sedie che strisciano sul pavimento. Io do le spalle ai due facendo finta di fare qualcosa, prendo il telo che ho appoggiato casualmente sul piano cottura e lo piego cercando di togliere le pieghe anche se non credo che per uno straccio bisogna mettersi tanti problemi.

- Io vado a riposarmi un po', sai Mike il viaggio è stato abbastanza lungo - spiega il signor Tucker interrompendo il silenzio.
- Non ti preoccupare Chris, ci vediamo dopo - risponde il mio capo con la sua voce acuta e leggiadra.
- Ciao Madeleine! - esclama il nuovo ospite facendomi sollevare di scatto.
- Buon riposo signor Tucker - ricambio con un gesto della mano mostrando un sorriso.

Quest'ultimo esce dalla stanza a grandi falcate lasciandomi sola con il mio capo. Non sapendo cosa fare apro il frigo per verificare che i viveri siamo apposto, do un veloce sguardo è noto che non manca assolutamente niente. Mi immergo nei miei pensieri pensando a cosa cucinare per il pranzo nonostante siano solo le 10:12 del mattino, infondo avere un'idea è già qualcosa no? O più semplicemente è una scusa per non incrociare gli occhi penetranti del signor Jackson. So che mi sta scrutando, lo percepisco e ciò mi fa infilare ulteriormente la testa all'interno del frigo. Mi salta all'occhio un ceppo di insalata, la maggior parte delle foglie sono scure, probabilmente è marcia penso prendendolo tra le mani scrutandolo. Constatando che non sarà commestimile mi appresto a chiudere il frigo e dirigenti verso la spazzatura per poterlo buttare ma delle figure mi fanno bloccare sul posto. Non mi sono accorta che la donna di prima non aveva mai lasciato la stanza e, probabilmente ha assistito a tutto quello che è successo fino ad ora. Costei si trova di fianco al signor Jackson mostrando un sorriso visibilmente tirato e forzaro, preferisco far finta di non vedere e rivolgo ad entrambi un sorriso. La donna, con un passo, supera il signor Jackson in modo da trovarci faccia a faccia. Il suo sguardo si posa per cochi istanti sulla mia pancia per poi mostrare una smorfia contrariata, la classica persona che giudica il libro dalla copertina, penso cercando di mostrarmi il più educata possibile. La donna allunga la mano e io mi precipitò ad appoggiare il ceppo di insalata sul piano cottura per poi pulirmi le mani sul grembiule, non è sicuramente la cosa più elegante da fare ma non avevo alternative. Stringo la sua mano e la sua stretta aumenta leggermente una volta che le nostre mani sono a contatto, mi osserva con i suoi occhi scuri come la sua pelle, profondi e contornati da un trucco molto pesante. L'aria sembra farsi asfissiante senza un apparente motivo, continuo a mantenee il sorriso volendo dare una buona impressione.

- Grace Rwaramba, assistente personale del signor Jackson e tata dei suoi bambini - si presenta mostrandosi seria.
- Madeleine Cruz, sono la cuoca ed è un piacere conoscerla- dico ricambiando il suo gesto.

La donna allontana la mano mettendosi dritta e mettendo il petto in fuori. Il signor Jackson si gratta la nuca notando anche lui la strana atmosfera che si è creata, essa si spezza nel momento in cui i bambini escono correndo dalla cucina. L'assistente si mette all'istante sull'attenti e si volta verso il nostro capo.

- Con permesso signor Jackson -

L'uomo si limita a fare un cenno con il capo e la donna si affretta a controllare quei due piccoletti, mi ritrovo nuovamente sola con il signor Jackson e non faccio altro che passare le mie mani leggermente umidiccie sul tessuto del grembiule. La bambina dentro di me, sentendo quei movimenti, inizia a spostarsi per poi fermarsi nuovamente, nel mentre non mi sono scomposta più di tanto, infondo mi sto piano piano a questa sensazione. Il signor Jackson mi riporta sulla terra con un colpo di tosse fatto intenzionalmente, scatto sull'attenti guadagnandosi subito tutta la mia attenzione.

- Stai facendo un ottimo lavoro Madeleine - commenta l'uomo.

Mi lascio andare a un sorriso sentendomi orgogolosa di me stessa.

- Cerco di fare del mio meglio, mi fa piacere che lo apprezza - lo ringrazio sincera.
- Come potrei non apprezzarlo - controbatte con un tono di voce più basso rispetto a prima.

Il suo sguardo mi scruta attento e io non posso fare a meno di voltarsi da un'altra parte completamente in imbarazzo, il suo combio di voce e la sua espressione mi spaventa e mi affascina allo stesso tempo. I miei pensieri vengono nuovamente interrotti dal mio capo.

- Ti andrebbe di fare una passeggiata? - chiede inidicandomi con un gesto della testa la vetrata alle mie spalle.

Io mi volto verso di essa per poter guardare la vegetazione rigogliosa e il vento che si è leggermente calmato rispetto a quando siamo usciti per accogliere il signor Tucker. Il signor Jackson attende una risposta così mi affretta a girarmi verso di lui per poi annuire con un sorriso. Sto per seguirlo ma il suo palmo rivolto verso il mio viso blocca ogni mio possibile movimento, resto confusa con un sopracciglio inarvato è noto il mio capo sistemarsi i capelli con la mano libera.

- Oltre a mettere il cappotto prendi anche un cappello e una sciarpa, da molto freddo fuori - mi consiglia mentre distoglie lo sguardo da me per un motivo a me sconosciuto.
- Ti aspetterò nell'androne - continua con voce flebile nascondendo il suo viso a me.

Sorrido capendo che lui probabilmente è in imbarazzo quanto me.

- Va bene, mi dia un minuto - dico.

Senza aspettarmi una risposta esco dalla cucina e mi dirigo, per quanto mi sia possibile, velocemente verso le scale. In poco tempo mi ritrovo nella mia stanza e recupero dell'armadio un piumino nero abbastanza grosso e una sciarpa con una cuffietta che la signora Enderson ha fatto a mano per me. Sciolgo la coda e, dopo aver spazzolato i capelli con le dita, indosso la cuffia rossa e viola. Arrotolo la sciarpa intorno al corpo e, dopo aver indossato il piumino ed essermi guardata velocemente allo specchio, esco altrettanto in fretta dalla stanza. Il signor Jackson quando mi vede percorrere con quella andatura frettolosa la rampa di scale mi rivolge uno sguardo preoccupato e di rimprovero.

- Fai piano! Potrebbe essere pericoloso! - esclama.

Nel mentre che dice queste parole mi trovo al suo fianco sorridendo per la sua preoccupazione. Si lascia contagiare dal mio sorriso è noto che anche lui si è coperto abbastanza con quel cappotto nero e la sciarpa del medesimo colore. Mi porge il braccio e noto che alle mano porta dei guanti di pelle lucida, esitante mi aggrappo a lui per poi aprire la porta principale. Socchiudo gli occhi nel momento in cui il mio viso entra a contatto con l'aria gelida e l'uomo al mio fianco ridacchia divertito.

- Andiamo? - mi domanda guardandomi dall'alto.

Senza esitazioni annuisco e finalmente usciamo dall'abitazione per poterci immergere nel freddo gelido di dicembre.

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***



Capitolo 29
 
I piedi iniziano a farmi male ma cerco di far finta di niente. Stringo le spalle cercando un po' di calore nel tessuto del piumino e nella sciarpa ben arrotolata attorno al collo. Il fatto che il cielo sia completamnte coperto da dei nuvoloni scuri di certo non aiuta, nessun spiraglio di luce riesce a farsi spazio per fornire un po' di calore e luce. Non so per quanto abbiamo camminato di preciso, so solamente che fino ad ora non è volata una mosca. Ogni tanto ho dato qualche sfuggita al profilo ben strutturato dell'uomo accanto a me senza riuscire a spiccicare mezza parola. Siamo rimasti ne troppo vicini ne troppo lontani e, per l'imbarazzo, non sono riuscita a staccare gli occhi dell'asfalto leggermente umido sotto i miei piedi. Il vento tra i rami degli alberi ormai privi di foglie e i nostri passi quasi sincronizzati sono gli unici suoni che ci accompagnano. Dei rumori sospetti mi fanno sollevare la testa di scatto, davanti a noi si trova un capannone e vari recinti tutti attorno con enormi distese di verde. Il signor Jackson, a differenza mia, continua a camminare così mi affretto a raggiungerlo anche se goffamente. Lui si volta verso di me quando mi rivede al suo fianco mostrando un sorriso leggero, tiene le mani in tasca rallentando visibilmente il passo. Ci troviamo di fronte al capannone e, con un po' di forza, apre il portellone in legno e acciaio. Un'enorme corridoio i parà danti ai nostri occhi e, sotto i miei piedi, riesco a riconoscere dell'erba secca. Dei versi particolari mi fanno rizzare le orecchie, subito capisco che quelle strutture ai lati del corridoio sono delle stalle. I miei occhi si illuminano e l'uomo accanto a me lo capisce perché sorride divertito. Senza dirmi niente mi afferra la mano iniziando a trascinarmi, a fatica mantengo il suo passo è noto dei meravigliosi cavalli con la testa fuori dalla stalla. Un cavallo a chiazze bianche e marroni attira la mi attenzione facendomi fermare, la sua criniera scura è abbastanza lunga e si muove leggiadramente a ogni movimento della sua testa. Non ho il tempo di avvicinarmi che vengontrascinata via da lì, arriviamo nuovamente ad un altro portellone che il signor Jackson si precipita a spalancare. La luce artificiale mi fa socchiudere gli occhi ma, quando la mia visuale si ottimizza, non posso fare a meno di sgranare gli occhi dalla sorpresa. Tre giraffe stanno tranquillamente passeggiando dentro il capannone sotto i miei poveri occhi, rimango talmente ammaliata dalla maestosità di questi giganti della natura che non mi accorgo che siamo attaccati al recinto. Il signor Jackson tiene tra le mani un secchio con delle banane e gli animali, riconoscendo il rumore dell'oggetto sul pavimento, si affrettano a venire nella nostra direzione con passo lungo e ben disteso. Io, istintivamente, mi allontano presa dallo spavento, sicuramente non mi sarei mai immaginata che un giorno avrei visto una girafra dal vivo. I tre animali abbassano il collo in direzione del mio capo quando notano che l'uomo tiene un frutto tra le mani, esso viene subito divorato da una delle tre giraffe. Il signor Jackson si volta verso di me ridendo divertito, probabilmente ha notato la mia espressione terrorizzata e il fatto che mi sono allontanata di un paio di metri da loro.

- Dai vieni non succederà niente - mi incoraggia invitandomi con un cenno della mano ad avvicinarmi.
- La ringrazio ma preferisco restare qui - dico alternando lo sguardo tra l'uomo e quei giganti che cercano di infilare la testa nel secchio.

Il signor Jackson sorride avvicinandosi a me afferrandomi nuovamente la mano, cerco di opporre resistenza in tutti i modi.

- Tranquilla non fanno niente, tu sta vicino a me - mi istruisce il mio capo.

Decido di rimanere dietro di lui, come se la sua sola presenza potesse proteggermi da quei giganti assolutamente innocui. Lo vedo afferrare quella che sembra una banana e, dopo averla messa sul palmo della mano, allunga il braccio verso l'alto. Una delle tre giraffe se ne accorge e volta lo sguardo nella nostra direzione, mi viene d'istinto aggrapparmi al cappotto del signor Jackson cercando di nascondermi. L'animale abbassa il capo e, quando capiace che il cibo che gli sta porgendo il signor Jackson è commestibile, tira fuori la lingua divorando la banana per intero. Arriccio il naso leggermente disgustata e il signor Jackson si lascia andare a una risata divertita, prende una mia mano e pone sul palmo della mia mano una carota. Lo guardo interdetta ma quando appoggia entrambe le mani sui miei fianchi avvicinandomi al recinto capisco quali sono le sue intenzioni, vuole che dia da mangiare a quegli animali. Esitante tengo il palmo aperto alzando la mano, la più piccola delle giraffe mi nota e lentamente si abbassa verso di me. Mi osserva per qualche secondo per poi tirare fuori la lingua prendendo la carota, sorrido capendo che infondo non è stato così terribile. Accarezzo la testa dell'animale che si allontana correndo seguito dalle altre due creature altrettanto velocemente, le osservo mentre si muovono con eleganza per poi rallentare il passo. Lo sguardo del signor Jackson è sempre puntato verso di me, lo sento. D'istinto mi volto verso di lui ed effettivamente mi sta osservando, inevitabilmente arrossisco abbassando la testa in imbarazzo. Sento l'uomo riedere per poi afferrarmi sotto braccio, mi conduce fuori dalla struttura e degli inservienti, che non ho notato prima, si affrettano a sigillare i cancelli. Continuiamo a camminare senza una meta con il mio braccio intrecciato al suo, l'imbarazzo in questo momento è alle stelle e non riesco nemmeno a fare conversazione con lui. Vengo distratta da qualcosa di bagnato che si posa sulla mia testa, tolgo la mano libera dalla tasca del piumino e la metto in avanti. Alcune goccioline di acqua piovana cadono su di essa inumidendola. Non abbiamo il tempo di dire e pensare a niente che inizia a diluviare, nessuno dei due ha pensato di portare un ombrello così ci ritroviamo a correre in cerca di un riparo. Il signor Jackson ride divertito e io mi faccio contagiare dal suo entusiasmo mentre la mia mano è stretta alla sua. In lontananza noto un piccolo gazebo, senza esitazioni ci mettiamo sotto di esso continuando a ridere con il fiatone per la corsa fatta. L'euforia sparisce in pochi minuti e rimane solo l'affanno, la mia espressione cambia quando mi volto verso l'uomo al mio fianco. Ansima per lo sforzo e i capelli che prima erano perfettamente in piega, ora sono completamente bagnati e dei ricci scendono lungo il suo viso. Alcuni di essi sono appiccicati al suo volto e il suo sguardo è più profondo del solito.

 

 
Cerco di riprendere fiato ma il mio sguardo finisce inevitabilmente su Madeleine. I suoi capelli, a contatto con l'umidità, si sono arricciati e increspati. Il trucco poco elaborato è colato leggermente sotto i suoi occhi, ma quella linea nera in più rendono i suoi occhi ancora più chiari, il loro colore richiama le sfumature del cielo nuvoloso sopra di noi. Senza rendermene conto ho fatto un passo in avanti e, sotto il suo sguardo indagatore, tolgo i capelli che si sono appiccicati al mio viso scacciando qualche gocciolina di acqua. Lei, notando la mia vicinanza, si mette dritta voltandosi completamente verso di me. Rimango incantato per qualche secondo e non riesco più a controllare il mio corpo, me ne accorgo nel momento esatto in cui poso entrambe le mie mani sulle guance della ragazza. I suoi occhi sono spalancati e scruta velocemente ogni tratto del mio viso a giudicare dai movimenti veloci dei suoi occhi. Le sue mani sono appoggiate sulle mie ma non fa niente per allontanarle, questa vicinanza mi sta dando letteralmente alla testa. Inclino la testa e, senza chiedere alcun permesso, avvicino repentinamente il mio viso al suo posando le mie labbra sulle mie. I miei occhi sono socchiusi e noto la sorpresa nel volto della giovane mentre le sue spalle si sono irrigidite immediatamente. Non c'è alcun movimento di labbra, eppure, non vorrei più smettere. Una delle mie mani copre le nostre bocche nascondendole da qualcuno che in realtà non c'è, voglio semplicemente che sia una cosa solo nostra. Mi allontano mantenendo gli occhi leggermente socchiusi, noto che anche Madeleine nel frattempo li aveva chiusi anche lei. Sembra sconvolta a giudicare dalla sua espressione leggermente corrucciata.

-Signor Jackson io -

Non la lascio finire che inclino la testa a destra riposando le mie labbra sulle sue, sobbalza per lo spavento ma quando la vedo chiudere gli occhi lo faccio anche io. Compio un piccolo movimento con le labbra e la ragazza si lascia andare ricambiando il leggero movimento, le sue mani si posano sulle mie spalle per poi scendere lungo i miei fianchi, ferma la sua corsa lì stringendo leggermente il tessuto del cappotto.


IL BACIO PIU' BELLO DELLA MIA VITA", pensano entrambi.


 

**Montaggio fatto da me**

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***



Capitolo 30
 
Vuota, ecco come mi sento in questo momento. Dopo il bacio il signor Jackson non mi ha più rivolto la parola, la sua assenza era fin troppo visibile. L'ho incrociato qualche volta nei corridoi dell'abitazione ma ogni volta passava dritto come se non esistessi. Non mangia più in cucina, preferisce che gli inservienti gli portino il cibo nella sua stanza. Possibile che abbia fatto qualcosa di sbagliato? Sono angosciata e non mi so spiegare il perché. Mi sento nuovamente sola e gli occhi si fanno lucidi ogni volta che mi comunicano che non si sarebbe presentato per mangiare. Ogni volta mi limito ad annuire con la testa per poi iniziare a cucinare. Piango, mamma mia quanto piango. Cerco di dare la colpa alle cipolle che sto tagliando sul tagliere ma la verità è un'altra. Mi asciugo l'ennesima lacrima per poi tirare su con il naso cercando di smettere, probabilmente sto diventando troppo emotiva. Dei passi mi fanno asciugare velocemente le lacrime depositate sulle mie guance e, come alzo lo sguardo, riconosco la figura del signor Tucker all'ingresso della cucina. Mostro il miglior sorriso che ho cercando di non far trasparire alcun tipo di emozione.

- Buongiorno signor Tucker, non si preoccupi, il pranzo sarà pronto tra pochi minuti - comunico velocemente.

Altrettanto velocemente ritorno a ciò che stavo facendo, cioè sminuzzare la cipolla per il soffritto. I passi si fanno sempre più vicini e capisco che l'uomo è al mio fianco. Una sua mano si posa sulla mia spalla facendomi voltare verso di lui, il suo sguardo è intenerito mentre mostra l'accenno di un sorriso. Una sua mano si posa sulla mia guancia per poter raccogliere l'ennesima lacrima, non mi sono nemmeno accorta di aver riiniziato a piangere. Mi ammutolisco cercando di ricompormi, velocemente mi asciugo le guance e, dopo essermi asciugata le mani sul grembiule pulito, prendo la cipolla tritata mettendola all'interno della pentola con l'olio bollente. Lo scoppiettio dell'olio è l'unico rumore udibile al momento, sono completamente a disagio. Mi affretto a mettere il pollo, tagliato a quadratini, all'interno della padella facendolo saltare leggermente. Un po' dell'olio caldo va a finire sulla mia mano ma la sensazione è talmente familiare che non ci faccio più tanto caso. Il calore proveniente dal fornello, a contatto con le piccole bruciature, mi fa ritrarre repentinamente la mano. Il signor Tucker, intento a leggere un'articolo di un giornale, si volta velocemente verso di me sentendo il mio gemito di dolore.

- Non si preoccupi, non è niente. Infondo sono abituata a questo genere di cose - mi limito a spiegare lasciandomi sfuggire una leggera risata, anche se amara.

L'uomo sembra notarlo perché non si scompone minimamente, lo vedo chiudere il quotidiano per poi posarlo sul ripiano dell'enorme penisola in legno. Si avvicina e prende entrambe le mie mani tra le sue scrutandole, anche io abbasso lo sguardo e noto che esse sono piene di segni rossi dovuti agli schizzi d'olio. Sospiro amareggiata, sono un vero disastro.

- Forse è meglio che tu le metta sotto l'acqua fredda - mi consiglia l'uomo.

Annuisco in accordo con lui e, una volta che mi sono spostata dalla sua figura, mi avvicino al lavandino mettendo entrambe le mie mani sotto il getto di acqua gelida. La sensazione di bruciore mi pervade e il primo istinto sarebbe quello di ritrarre le mani ma riesco a resistere. Quando inizio a provare un po' di sollievo chiudo il rubinetto con il gomito per poi afferrare uno straccio per potermi asciugare. Una volta sollevato lo sguardo sbianco leggermente quando vedo il signor Jackson attraversare la soglia della cucina, con passo lento e disinvolto.

- Ciao Chris -

Finalmente sento la sua voce dopo tre giorni e mi sembra di aver appena toccato il cielo con un dito.

- Hey man! - esclama il signor Tucker.

Il mio capo fa un cenno con il capo dirigendosi verso di me, uno strano senso d'ansia mi pervade. Invece di fermarsi continua a camminare superando la mia figura, mi irrigidisco all'istante come se qualcosa dentro di me si fosse rotto. Il mio capo si volta in maniera quasi meccanica verso l'uomo alle mie spalle. Sta prendendo qualcosa dal frigo che si rivela essere una bottiglietta di succo d'arancia. La stappa per poi prendere un lungo sorso, una volta fatto punta gli occhi in un punto dietro le mie spalle. Sono diventata invisibile ma, infondo, che cosa mi aspettavo? Io non sono nessuno. Una volta realizzato i miei occhi si fanno immediatamente lucidi e nascondo il mio viso dietro i capelli.


Non riesco a guardarla, non ci riesco. E' così bella eppure non riesco a fare nulla. Il bacio è stato uno sbaglio, un momento di debolezza che non sarebbe dovuto minimamente capitare. Ma il momento era così perfetto, dove tutto era al posto giusto e anche quel bacio sembrava la cosa giusta in quel momento. Allora perché mi sento così male? Cosa diamine mi succede? Un rumore di pentole mi fa sobbalzare, repentinamente mi volto verso la giovane che ha appena appoggiato la pentola bollente sul ripiano in legno lasciandosi sfuggire un urlo trattenuto, si è ustionata. Preso dall'ansia mi avvicino a lei ma non faccio in tempo che lei scappa letteralmente dalla cucina. Rimango per qualche istante a fissare la porta d'ingresso incantato. Io e Chris ci rivolgiamo uno sguardo d'intesa, anche noi usciamo dalla cucina inseguendola. Probabilmente è nella sua stanza e, senza pensarci un minuto, mi dirigo verso di essa seguito dal mio amico. Una volta arrivati notiamo che essa è spalancata, nella stanza regna il caos più totale, il letto è disfatto e molte cose della bambina sono appoggiate di qua e di la. Delle urla mi fanno mettere immediatamente sull'attenti, vengono dalla cucina e quando mi volto verso di essa vedo Madeleine. E' chinata in avanti e il suo viso è nascosto dalla sua folta chioma, stringe il polso della mano ferita che in questo momento è sotto il rubinetto. Si lascia andare qualche urlo mischiato a dei singhiozzi. Velocemente mi avvicino a lei e, delicatamente, allontano la mano dal getto d'acqua per poter verificare le sue condizioni. Il palmo è completamente rosso ma non sembra essere un'ustione grave, per quanto ne possa sapere io di queste cose. Alzo lo sguardo per poter incontrare il suo ma lei continua a tenere la testa bassa cercando di camuffare i lamenti.

- Stai bene? - mi viene spontaneo chiederle.

Domanda molto stupida ma è la prima cosa che mi è venuta in mente. Lei nega repentinamente con la testa e i suoi singhiozzi sembrano aumentare a dismisura. Preso da uno strano istinto la avvicino lentamente a me per poi racchiudere la sua figura minuta tra le mie braccia. Il suo pacione entra a contatto con il mio addome e anche la bambina sembra agitata. Mi lascio andare a un sospiro stringendo ulteriormente la presa, lei si ritrova appiccicata al mio petto e non sembra voler ricambiare il gesto. Abbasso lo sguardo e il busto cercando di scorgere il suo viso tra quella massa di capelli. Allontano una mano dalla sua vita solo per poter spostare un po' dei suoi capelli, mai l'avessi fatto. E' in una valle di lacrime e il suo viso corrucciato in quel modo è una cosa che non avrei mai voluto vedere. Delle linee nere percorrono le sue guance e il mio cuore si sta stringendo in una morsa sempre più stretta. Non riuscendo a sopportare quella vista la riavvicino al mio petto poggiando il mio mento sulla sua testa. Guardo verso l'ingresso dell'enorme bagno e noto che Chris non è più con noi, ha lasciato la stanza e io non me ne sono nemmeno reso conto. Probabilmente troppo preso da lei, pensa in automatico la mia mente. La dondolo leggermente in un vano tentativo di farla calmare.

- Mi dispice - dico senza pensarci.

I suoi singhiozzi aumentano ancora di più, ho appena ricevuto la conferma che avevo bisogno. E' tutta colpa mia.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***



Capitolo 31



**gif fatta da me**
 
Non so ne il come ne il perchè ma siamo finiti entrambi seduti sul suo letto disfatto senza scostarci dall'abbraccio. Lei non smette di piangere e io odio letteralmente vedere le persone a cui tengo star male. Aspetta un attimo, tengo a lei? Ancora non lo so. Lei è così diversa rispetto a tutte le persone che ho incontrato fino ad ora, è stata come una ventata di aria fresca. Tanto improvvisa quanto necessaria. La mia testa in questo momento è come il cubo di Rubik, completamente scombussolata, eppure ogni minuto che passo a contatto con il corpo di Madeleine sembra che i vari pezzi stiano trovando la giusta collocazione. Devo ammettere che il mio atteggiamento in questi ultimi giorni è stato infantile, fai una marachella e poi fai finta che non sia stato tu il colpevole. Ma che ci posso fare io? Sono Peter Pan nel mio cuore dopotutto. Le sue mani sono sulle mie spalle mentre io le circondo la vita con le braccia cercando di non schiacciarle troppo il ventre. Ne approfitto per godere del dolce aroma dei suoi capelli, così inebriante e dolce, proprio come lei. Mi sento così bene in questo momento, sembra di aver trovato finalmente il mio posto nel mondo eppure è così sbagliato. Perché mi sono affezionato a tal punto a lei? Con le mie altre dipendenti non mi è mai capitata una cosa del genere. I suoi continui singhiozzi mi destano dai miei pensieri, perché non riesce a smettere? Provo ad allontanarmi leggermente voltando la testa verso il suo volto appoggiato sulla mia spalla, non ha alcuna intenzione di farsi vedere.

- Dai non piangere - dico in un sussurro.

Torno a stringerla a me avvicinandola ulteriormente al mio corpo, inizio a dondolarla leggermente cullandola tra le mie braccia.

- Mi fa male vederti così - continuo lasciando uscire dalla mia bocca ciò che pensavo realmente.

Inevitabilmente i miei occhi si fanno lucidi e mi si forma un magone nella gola, per me vedere una persona soffrire è una coltellata al cuore, a maggior ragione se la causa di tale sofferenza sono io. So di aver sbagliato, eppure non riesco ad ammetterlo. Lei è così diversa rispetto a tutte le donne che ho incontrato fino ad ora, è così vera, così gentile e disponibile, così dolce. Mi sento quasi un mostro in questo istante, ho permesso che la ragazza più buona del mondo  soffrisse a causa mia. Il calore che il suo corpo emana è così differente ma anche così piacevole, è rilassante. Il mio respiro si fa tremolante e percepisco la presenza della ragazza sempre più debole fino a scomparire del tutto. Mi osserva con i suoi occhi chiari, scruta il mio viso nei minimi dettagli e, nonostante le lacrime che continuano a scendere dai suoi occhi insieme a qualche singhiozzo trattenuto, poggia il dorso di una sua mano sulla mia guancia compiendo una lieve carezza. Sgrano leggermente gli occhi, come è finita a consolare me? Questa ragazza è più forte di quello che sembra, penso seguendo con la coda dell'occhio ogni suo movimento. Quel contatto dura pochi istanti perché allontana repentinamente la mano portandola su entrambi i suoi zigomi per poter scacciare le lacrime, tira su con il naso e io la trovo la cosa più tenera che abbia mai visto. Lei ha incrociato le gambe all'indiana sul materasso e tiene lo sguardo basso, il fatto che non abbia ancora detto una parola mi preoccupa.

- Forse è meglio che scenda in cucina, il pranzo si raffredda - sussurra impercettibilmente la giovane.

Io spalanco leggermente gli occhi sorpreso, è la prima volta che sento questo tono così distaccato, mette quasi i brividi. Io mi alzo con un leggero slancio dal letto e, dopo essermi voltato verso di lei, le porgo la mano.

- Dai vieni anche tu - dico invitandola a seguirmi.

La vedo mentre scruta la mia mano ma non riesco in alcun modo ad incrociare i suoi occhi, scuote impercettibilmente la testa lasciandomi un tantino sbigottito.

- Non si preoccupi, io mangerò più tardi. E' meglio che vada, il signor Tucker la starà sicuramente aspettando - risponde scostando lo sguardo dalla mia mano tesa verso di lei.

Immediatamente torno alla realtà, sono stato talmente preso da lei che mi sono scordato del mio amico Chris. Rassegnato allontano la mia mano e mi dirigo verso la porta, prima di lasciare definitivamente la stanza mi volto verso di lei e la vedo mentre cerca di mettere a posto il letto, probabilmente è una scusa per non guardarmi. Mi lascio andare a un sospiro per poi chiudermi la porta alle mie spalle.


 
I miei movimenti sono meccanici e stizziti mentre cerco di sistemare al meglio il letto, cosa mi è successo? Dov'è finita la Madeleine professionale e dedita al suo lavoro? Come mi sono permessa di lasciarmi andare in questo modo? Mi faccio letteralmente schifo. Questo non sarebbe mai dovuto succedere, continuo a ripetere mentre passo dall'altro lato del letto per poter piegare bene le lenzuola e il piumone. Sistemo in maniera ordinata i vari cuscini e, dopo aver appoggiato una parte del piumone sui guanciali, mi siedo sul morbido materasso mettendo la mia testa tra le mani stringendo alcuni miei capelli tra le dita. Il mio sguardo si posa sulla grande vetrata davanti ai miei occhi e noto che la pioggia, che da tre giorni non smette di scendere, si è affievolita lasciando anche alcune nuvole facciano passare dei raggi solari. Un enorme arcobaleno si estende davanti ai miei occhi, non mi capita spesso di soffermarmi su queste cose, sono decisamente troppo impegnata a dare il massimo nel mio lavoro piuttosto che a soffermarmi su queste piccole cose. La bambina fa un movimento brusco che mi fa sobbalzare sul posto, da quello che percepisco capisco che si è girata completamente per poi fermare ogni movimento.
-
Stai comoda ora amore? - dico abbassando lo sguardo sul mio ventre ridacchiando divertita.

Decido di alzarmi anche perché mi sta venendo un leggero languorino, esco dalla mia stanza chiudendo lentamente la porta, percorro tranquillamente i vari corridoi per poter raggiungere la cucina. Tanto il signor Jackson starà consumando il suo pasto nella sua stanza, tento di convincermi scendendo le scale per poter andare al piano inferiore. Quanto mi sono sbagliata. Una volta all'ingresso della cucina noto il signor Tucker e il signor Jackson in piedi accanto all'enorme penisola con dei calici di vino rosso in mano mentre hanno una conversazione. I due, accorgendosi della mia presenza, si voltano verso di me e io automaticamente mi metto sull'attenti per poi fare l'accenno di un'inchino. I due sembrano sorpresi dal mio gesto, in particolar modo il signor Jackson che apre leggermente la bocca per poi scostare il suo sguardo dal mio. Mi guardo attorno e noto che è avanzata un po' di carne nella padelle, senza pensarci due volte recupero un piatto fondo e una forchetta. Metto gli avanzi all'interno del piatto e, dopo essermi appoggiata al piano cottura con la schiena, inizio a mangiare i bocconcini di pollo. Si sono raffreddati ma nonostante questo è ancora buono così non me ne curo più di tanto. Dei passi frettolosi mi fanno uscire dal mio stato di trans e, quando alzo sguardo, noto il signor Beard e il signor Whitfield entrare nella stanza prendendo fiato. Il signor Jackson appoggia delicatamente il bicchiere di vino sulla superficie in legno per poi avvicinarsi alle sue guardie del corpo con passo calmo.

- Javon, Bill che succede? - domanda il mio capo con calma.

I due prendono fiato per poi rimettersi dritti.

- Signore, c'é qualcuno che sta cercando di entrare a Neverland - dichiara il signor Beard.

Io spalanco gli occhi leggermente sorpresa, sarà probabilmente qualche fan.

- E' una donna, ben vestita e sembra avanti con gli anni, sta minacciando di scavalcare i cancelli se non le facciamo vedere Madeleine - continua il signor Whitfield puntando lo sguardo su di me.

Sorpresa più che mai spalanco la bocca, chi potrà mai essere? I due amici mi guardano sorpresi quanto me e l'ansia inizia a crescere.

- Madeleine, vieni con noi. Dovresti dirci se conosci quella donna - dice il signor Whitfield avvicinandosi a me.

Leggermente scossa mi limito a seguire i due uomini fuori dalla stanza lasciando stare quello che doveva essere il mio pranzo sul piano cottura. Arriviamo a una stanza nei sotterranei della villa e solo in questo momento mi accorgo che anche il signor Jackson ci ha seguito. La stanza in cui siamo in questo momento è parecchio cupa e l'umidità mi entra nelle ossa. Non curante lascio perdere e ci dirigiamo di fronte a degli enormi monitor di ultima generazione posizionati su una scrivania abbastanza vecchia e rovinata. La luce degli schermi è abbagliante, essendo le uniche fonti di luci presenti nella stanza. Una volta che metto a fuoco ciò che ho davanti mi chino leggermente verso i due schemi, noto che vengono riprese varie stanze all'interno della villa, il signor Whitfield indica con un dito la telecamera che devo osservare. I miei occhi raggiungono il punto indicato, prima mi irrigidisco per poi rimettermi dritta senza mostrare la minima emozione. Sento la presenza del signor Jackson sempre più vicina e una sua mano si posa sul mio braccio.

- Allora? La conosci? - mi domanda dolcemente ma allo stesso tempo con una punta di curiosità.

Mi lascio andare a un sospiro voltandomi leggermente verso di lui, l'unico rumore che si sente in sottofondo sono le grida di quella donna che conosco fin troppo bene. Li scruta il mio viso mostrandosi tremendamente serio.

- Si, é mia madre - affermo senza mostrare una minima emozione.

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***



Capitolo 32
 
La strada scorre davanti a me e quasi non me ne rendo conto. Sono in macchina perché il signor Whitfield, gentilmente, si è offerto di accompagnarmi fino al cancello principale. "E' troppo faticoso per te", si era giustificato mostrandomi un piccolo sorriso. Di buon grado ho accettato perché il dolore ai piedi è abbastanza stressante e, probabilmente, non  avrei avuto il coraggio di chiedere un passaggio. Sono troppo timida anche solo per chiedere un minimo aiuto. Il signor Jackson non si è espresso in alcun modo, ha fatto solo un accenno di consenso alla proposta della sua guardia del corpo. Il suo sguardo così rigido mi ha fatto venire letteralmente i brividi, probabilmente ha capito che sono una perdita di tempo per lui. Non mi rendo nemmeno conto che la macchina si è fermata davanti al cancello principale. Il signor Whitfield mi apre lo sportello e, con una mano, mi aiuta a scendere dall'auto. Accetto volentieri l'aiuto e, una volta in piedi, mi stringo maggiormente nel giubbotto nero prestatomi dal signor Beard visto le grandi vampate di aria gelida.

- Javon, puoi aprire il cancello - sento dire dalla guardia al mio fianco.

Noto che ha appena parlato all'auricolare che aveva all'orecchio e un forte rumore metallico mi fa leggermente sobbalzare, il cancello si sta lentamente aprendo facendo dei rumori parecchio striduli. Le urla della donna dall'altra parte cessano all'istante e, man mano che il cancello si apre, riesco a vedere sempre più dettagli della sua figura. Mi volto verso la guardia accanto a me mostrando un leggero sorriso.

- La ringrazio signor Whitfield -

Sul suo volto si forma l'accenno di un sorriso e una sua mano si appoggia sulla spalla più vicina al suo corpo.

- Figurati, io resto qui - risponde mentre si appoggia con il busto alla carrozzeria della macchina.

Rimango un po' perplessa, in effetti mi ha accompagnato e non penso che ci possano essere problemi.

- Sai, ordini dall'alto - ridacchia leggermente puntando con il dito l'auricolare ben piazzato nel suo orecchio destro.

Io annuisco leggermente capendo che è stato il signor Jackson ad ordinarglielo, preferisco non fare alcuna obbiezione e, dopo aver fatto un sospiro, mi volto verso la donna che si trova a qualche metro da me. Non ha mosso neanche un muscolo mentre sembra osservarmi da dietro quei suoi occhiali da sole. Cammino insicura verso di lei e, a ogni passo, mi sento sprofondare. In poco tempo mi ritrovo davanti a lei, non è cambiata più di tanto da quella volta che ci siamo visti più o meno sette mesi fa. Il suo fisico slanciato, i suoi capelli tinti di biondo per nascondere i primi segni dell'invecchiamento, le piccole rughe ai lati della sua bocca e la sua espressione sempre seria e glaciale. I suoi zigomi sono leggermente più gonfi dell'ultima volta e anche il suo abbigliamento è cambiato, il suo tailleur rosa antico è chiaramente di marca, come le decolté argentate e i grandi occhiali da sole che ora si sta togliendo riponendoli come un cerchietto sulla sua testa. Alle orecchie porta dei pendenti molto grandi ed appariscenti, certamente non una cosa da lei. Il suo sguardo cinico e severo penetra letteralmente nella mia anima come un fulmine che cade su un'albero. Mi devasta, solo la sua presenza mi devasta. Cerco di mantenere l'autocontrollo, ormai non ha più alcun potere su di me.

- Madeleine - mi riporta alla realtà con la sua voce fredda e tagliente.
- Madre - ribatto cercando di essere distaccata quanto lei.

Inizia a scrutarmi e visto che non accenna a dire una parola decido di fare la prima mossa.

- Che cosa ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi? - domando e la mia voce non esce così sicura come speravo.

La vedo alzare gli occhi al cielo per poi togliere gli occhiali da sole riponendoli in una pochette del medesimo colore delle scarpe che solo in questo momento ho notato.

- Questo non ti riguarda - risponde non curante.

Mi ammutolisco immediatamente abbassando il capo, finalmente la donna riporta l'attenzione su di me mentre sposta una ciocca di capelli mettendoli dietro l'orecchio.

- Alla fine noto che hai tenuto il bastardo - dice indicando con lo sguardo il mio ventre gonfio.

In quel momento rabbrividisco visibilmente rialzando il volto puntando il mio sguardo sconvolto verso il suo viso. Alza le spalle non curante prendendo dalla borsetta una sigaretta per poi accenderla con un grosso accendino in acciaio.

- Questo è perché non ascolti tua madre, tutto quello che ti ho insegnato in questi anni non é servito a niente? Volevi essere una ribelle? Era questo quello che volevi? - dice uscendo un po' dalla sua "confort zone" indicando con la mano libera la mia pancia.

Il mio corpo  é invaso da tanta rabbia, il mio respiro accelera visibilmente.

- Tu mi hai solo rovinato la vita - riesco a dire in preda ad un coraggio mai avuto fino ad ora.

Lei non si lascia scalfire dalle mie parole, non l'ha mai fatto. Aspira per l'ennesima volta la sigaretta e, dopo aver trattenuto il respiro per pochi secondi, lascia uscire una nube di fumo proprio dritto in faccia a me. Io con una mano cerco di scacciare un po' di quella nube che mi fa tossire leggermente, questo non fa decisamente bene alla bambina. Butta la sigaretta ai suoi piedi, anche se a fatto un paio di tiri, sotto di lei per poi spegnerla con la pianta della sua scarpa elegante. Allarga le braccia mostrando interamente il suo corpo ben fatto e per niente segnato dall'età.

- Se tu avessi ascoltato i miei insegnamenti a quest'ora staresti come me. Sposata con un'uomo d'affari molto ricco che mi da tutto ciò che desidera, una bella casa, una macchina tutta mia, cibo buono e sempre diverso, abiti e gioielli. Una donna con dei sani principi si riconosce da chilometri di distanza. - inizia a raccontare quasi sognante.
- Così suppongo che il tuo adorato marito super ricco ti dia tutte le bottiglie di whisky che desideri - sussurro a mezza voce.

La donna mi fulmina letteralmente con lo sguardo, probabilmente mi ha sentito ma non me ne curo affatto. Il suo sguardo é schifato mentre si volta completamente verso la mia direzione, fa qualche passo in avanti e riesco a sentire l'odore di alcool, ha bevuto.

- Ma guardati! Finita a fare la schiavetta per un pazzo al quale probabilmente fai qualche lavoretto in più per avere una paghetta extra. Incinta senza marito e, per giunta, di un delinquente tutto tatuato che ora è in carcere. - continua mentre dalla sua voce traspare solo disprezzo e tanta aria di superiorità.

Dire che sono allibita è dire poco, tutto il coraggio che ho cercato di accumulare dal primo momento che l'ho vista si è letteralmente volatilizzato. E' inutile, lei ha ancora fin troppo potere su di lei e io non riesco a fare altre che sottomettermi. Il mio braccio viene improvvisamente afferrato da mia madre con una sua mano perfettamente curata, alzo gli occhi di scatto che in questo momento sono sgranati.

- Tu ora verrai con me - dice semplicemente iniziando a trascinarmi.

Io cerco di opporre resistenza puntando i piedi e cercando di scostarmi dalla sua presa ma essa è troppo forte.

- Lasciami andare! Non verrò con te, lasciami! - inizio ad urlare in preda al panico.

- Bill! Fai qualcosa! Subito! - sbraito all'auricolare che ho letteralmente strappato all'orecchio di Javon.

La mia guardia non se lo lascia ripetere due volte che si precipita verso Madeleine per soccorrerla. Sono rimasto ancora qui difronte alle telecamere di sorveglianza ed ho assistito a tutta la schiena. Quella donna, che poi si è rivelata di Madeleine, è a dir poco spregevole. Mi domando come da una donna così cinica e fredda sia potuta nascere una creatura così dolce e adorabile come Madeleine. So che mi sto intromettendo in un affare che non mi riguarda ma lo sguardo che ha fatto e il modo in cui ha detto "Madre" mi hanno fatto visibilmente preoccupare per lei. Bill libera Madeleine dalla presa di quella pazza per poi posizionarla dietro la sua schiena, i loro visi non sono ben chiari a causa della scarsa qualità del video e la ripresa dall'alto ma l'audio è abbastanza alto per poter capire ciò che sta succedendo.

- Signora, le consiglio caldamente di andarsene o sarò costretto a chiamare le autorità - esclama la mia guarda con voce calma ma allo stesso tempo decisa.

La donna non sembra scomporsi minimamente a tale minaccia, in compenso prende un'altra sigaretta accendendola.

- Non sono affari che la riguardano! Io ho tutto il diritto di portarla con me, è mia figlia! - controbatte la donna leggermente alterata.

Io scuoto la testa, è veramente una pazza.

- Bill, chiama la polizia - dico parlando all'auricolare.
- Si signore - risponde immediatamente.

Lo vedo che tira fuori il telefono dalla tasca del completo nero ma viene distratto dalla figura di Madeleine  che lo sorpassa dirigendosi a grandi falcate verso la madre.

- Bill! Fermala! - esclamo agitato più che mai.

L'uomo inizia a seguirla e la afferra per le braccia proprio nel momento esatto in cui le due donne si trovano faccia a faccia, l'angolazione è pessima e anche zumando non si capirebbe niente.

- Tu sei una pazza se pensavi veramente che sarei venuta con te - dice con tono neutro Madeleine alla madre.

Rimango sorpreso, wow la ragazza è parecchio tosta. La vedo lasciarsi trascinare da Bill mentre quella donna rimane come impalata. Finalmente mi lascio andare allo schienale della sedia quando vedo Madeleine rientrare in macchina insieme alla mia guardia, riconsegno l'auricolare a Javon accennando un segno di ringraziamento. Quella donna mi ricorda tanto Joseph, una maniaca della perfezione. Mi vengono i brividi al solo pensiero e il mio stomaco si contorce fastidiosamente facendomi venire la nausea, solo pensarlo mi faceva provare queste sgradevoli sensazioni. Ho accumulato delle nuove informazioni su Madeleine che mi fanno incuriosire sempre di più ma questo non è sicuramente il momento per chiederle qualcosa a riguardo.
 
​**Montaggio fatto da me**

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***



Capitolo 33

Il calore, ormai familiare, mi pervade appena oltrepasso la porta principale. Mi lascio andare a un sospiro mentre sbottono il giubbotto nero pesante, delle mani si posano sulle mie spalle e mi giro di scatto. Quando riconosco la figura del signor Whitfield che sta solo cercando di aiutarmi a togliere l'indumento mi lascio andare a un sorriso riconoscente. L'uomo non dice nulla e, delicatamente mi aiuta a sfilare le maniche nel giubbotto per poi piegarlo su un suo braccio. Lo ringrazio con lo sguardo e lui sembra intuirlo perché ricambia allo stesso modo. Sfrego le mani tra di loro cercando di riscaldarle per quanto mi sia possibile, le intreccio e con il mio alito caldo cerco altro calore. Dei passi frettolosi mi distraggono da ciò che sto facendo e, quando alzo lo sguardo riconosco la figura del signor Jackson e del signor Beard. Il mio sguardo sembra cercare qualcosa, o qualcuno, con lo sguardo. I suoi occhi si posano sulla mia figura e viene nella mia direzione a grandi falcate, in questo momento sono un tronco di legno e osservo la sua figura farsi sempre più vicina. Non mi da il tempo di dire o fare niente che mi ritrovo tra le sue braccia, una sua mano è nella parte alta delle mia spalle mentre l'altra si è intrufolata sotto il mio braccio per poter circondare la mia schiena. Il suo calore e il suo inconfondibile profumo mi invade i sensi e sembra come la prima volta che ho ricevuto questo suo gesto d'affetto da parte sua. Non posso fare a meno di ricambiare il gesto e la mia testa finisce inevitabilmente nell'incavo del suo collo, la sua folta chioma scura nasconde il mio viso dal mondo e in questo momento sembra di aver trovato un rifugio sicuro in cui accamparmi. La sua stretta aumenta leggermente e cerco di ricambiare per quanto mi sia possibile, iniziamo a dondolare dolcemente come al solito e sul mio volto appare l'accenno di un sorriso.

- Stai bene? Mi sono preoccupato - confessa il signor Jackson scostandosi a testa bassa dall'abbraccio.

Io, forse troppo presa dal momento, poggio entrambe le mie mani sul suo viso e sembra tutto così naturale e automatico. Avvicino il suo viso al mio e lui, visto che asseconda i miei movimenti, non sembra per niente contrariato. In un millesimo di secondo le mie labbra si posano sulle sue in un bacio a stampo, una cosa talmente veloce che sembra non sia mai successa. Rendendomi conto del gesto appena fatto allontano le mie mani dal suo viso allontanandomi leggermente imbarazzata. Non mi sento l'unica nel momento esatto in cui mi accorgo che anche il signor Jackson è arrossito mentre si gratta la nuca visibilmente in imbarazzo. Ridacchio leggermente, sicuramente non sarò stata la prima a baciarlo e questa sua reazione tanto tenera mi fa sorridere.

- Sto bene signore, non si preoccupi - rispondo abbassando il capo in modo che i miei capelli nascondano il mio volto completamente rosso.
- Bene - aggiunge l'uomo in un sussurro.

Alzo la testa e noto che lui sta guardando un punto indefinito del pavimento, ne approfitto per ammirarlo. Devo ammettere che mi è mancato, la sua presenza, il suo sorriso e il suo continuo imbarazzarsi per le minime cose. Sotto certi aspetti ci assomigliamo molto e ciò mi spaventa parecchio, infondo, come ci si deve comportare quando trovi davanti lo specchio di te stesso? La prima tentazione sarebbe quella di scappare ma solo guardandosi allo specchio si può capire veramente chi siamo. In questo momento mi sento proprio così spaventata ma, allo stesso tempo, con una grandissima voglia di scoprire me stessa e forse il signor Jackson è la persona giusta per fare ciò.


­­___


E' circa l'una del mattino e non sono ancora riuscita a prendere sonno, ho passato tutto il tempo a girarmi e rigirarmi nel letto ma ciò non mi ha portato a nulla. Come se non bastasse la bambina a iniziato a scalciare in maniera poderosa e, in qualsiasi posizione mi metto, sembra non essere confortevole nemmeno per lei. Rassegnata ho deciso di prendere uno dei tanti libri che mi sono portata da casa, I delitti della Rue Morgue di Edgar Allan Poe. Posiziono bene i miei occhiali tondi da vista sopra il naso e, dopo essermi appoggiato con la schiena alla montagna di cuscini che ho precedentemente sistemato, passo alla lettura. Amo i romanzi gialli, sono talmente carichi di mistero e suspense che ti lasciano senza fiato. So già come finisce la storia perché l'avrò letta un miliardo di volte ma la trovo ugualmente intrigante e instancabile per me. I miei occhi scorrono velocemente tra le varie parole di quelle pagine bianche leggermente segnate dal tempo e dalle varie volte che sono state maneggiate, anche se con cura. Già dalle prime pagine sono immersa dalla lettura e la bambina sembra rilassarsi leggermente probabilmente percependo la mia tranquillità. In poco tempo mi trovo alle prime righe del terzo capitolo ma sobbalzo leggermente quando sento il telefono fisso sul comodino accanto a me suonare senza sosta. Leggermente confusa appoggio accuratamente il libro sulle mie gambe in modo da non perdere il segno e, titubante, afferro la cornetta.

- Pronto? - domando curiosa ma con il tono di voce segnato dalla stanchezza.

Dall'altra parte non proviene alcun suono se non qualche sospiro. Mi siedo meglio sul materasso avvicinando ulteriormente la cornetta all'orecchio.

- Pronto? - ripeto leggermente titubante.
- Madeleine, sono io Michael -

Sobbalzo leggermente nell'udire la sua voce così profonda, mi sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio mettendomi più dritta con la schiena.

- Signor Jackson, sta bene? E' successo qualcosa? - chiedo mostrandomi leggermente preoccupata.
- No, cioè si. Emh ecco, potresti prepararmi qualcosa di caldo e portarmelo in camera per favore? - mi domanda balbettante e particolarmente insicuro.

Io annuisco e, rendendomi conto che lui non mi può vedere, mi affretto a rispondere.

.- Certamente, sarà fatto -
- Ti ringrazio tanto Madeleine - risponde sinceramente riconoscente l'uomo per poi chiudere la chiamata.

Una volta appoggiata la cornetta prendo il libro mettendo il segnalibro nella pagina a cui sono arrivata per poi poggiarlo sul comodino. Scoperchio le mie gambe e lentamente mi siedo nel mentre che infilo le mie ciabatte ortopediche, da vecchietta ma parecchio comode visto leggero gonfiore ai piedi e alle caviglie. Una volta in piedi afferro la mia vestaglia in pail che ho appoggiato alla fine del letto indossandola per poi fare un nodo non troppo stretto. Con passo felpato esco dalla stanza e noto che le luci in corridoio sono tutte accese, lentamente percorro le scale che conducono al piano inferiore e all'ingresso noto la figura del signor Beard posizionata a guardia dell'ingresso principale dell'abitazione. Sentendo i miei passi si volta verso di me che sto ancora scendendo le scale e la sua espressione si tramuta in un sorriso.

- Non riesci a dormire? - mi chiede leggermente divertito, probabilmente dal mio abbigliamento sicuramente tutto tranne che femminile e sensuale.

Una volta alla fine delle scale sistemo il colletto del mio pigiamo azzurro pastello anch'esso il pail e arrossisco leggermente.

- Anche signor Beard, il signor Jackson mi ha incaricato di preparargli qualcosa di caldo - spiego.
- Allora vai, non farlo attendere - continua facendomi un piccolo gesto con la mano.

Io annuisco mostrando un mezzo sorriso per poi dirigermi in cucina, accendo la luce prima di fare l'ingresso nella stanza ma essa sembra ugualmente cupa visto il colore cupo degli interni. Vado di fronte al mobile dove di solito si trovano le cose per la colazione e subito mi salta all'occhio una scatola, camomilla. Con convinzione la afferro tra le mani estraendo una bustina, è di quelle solubili. Rimetto la scatolina al suo posto e, dopo aver afferrato una tazza con un cucchiaino, chiudo il pensile. Metto sul gas un piccolo pentolino con dell'acqua e mentre aspetto che sia abbastanza calda preparo un vassoio d'argento con tutto l'occorrente. Lo zucchero, il tovagliolo e la tazzina sono disposti in maniera ordinata sul vassoio e quando sento un leggero scoppiettio proveniente dal pentolino spengo il gas. Metto l'acqua calda nella tazzina e apro la bustina di camomilla lasciando che si diluisca. Una volta che tutto è pronto afferro il vassoio con entrambe le mani dirigendomi fuori dalla stanza, non prima di aver spento le varie luci. Mi trovo ai piedi della grande scalinata ma prima che possa fare anche un solo passo la voce della guardia mi fa bloccare.

- Ti serve una mano per potarlo su? - domanda indicando il vassoio.

Senza problemi afferro il vassoio con una mano sola tenendolo perfettamente in equilibrio, infondo avere un passato da cameriera può essere utile. L'uomo sembra sorpreso e mi lascio scappare una breve risata divertita.

- Non si preoccupi, ce la faccio. Buonanotte signor Beard -
- Buonanotte anche a te Madeleine - risponde per poi tornare sull'attenti.

Percorro lentamente le scale e in fin troppo poco tempo mi trovo davanti alla camera del mio capo. Una strana ansia mi assale e provo a scacciarla facendo un leggero sospiro, senza dilungarmi troppo batto due colpi sulla porta.

- Signor Jackson, le ho portato quello che mi ha chiesto - dico cercando di non alzare troppo la voce.

Non sento alcuna risposta dall'altra parte e la mia prima intuizione è che sia riuscito a prendere sonno. Sono pronta ad appoggiare il vassoio proprio di fronte alla sua porta quando il rumore di una chiave che gira mi fa rimettere composta. Dopo un paio di scatti la porta di apre e la figura del signor Jackson è proprio di fronte a me. Il suo pigiama in velluto rosso gli sta particolarmente bene e probabilmente si è struccato perché non ha nessuna traccia della matita nera che solitamente si mette attorno agli occhi.

- Prego entra -

Mi invita l'uomo facendomi ritornare alla realtà, subito annuisco ed entro nella stanza, essa è particolarmente sfarzosa e grande dove i colori regnanti sono l'oro e il color crema. Una stanza molto sui toni del classico a partire dalla trapunta decorata fino agli archi delle finestre all'ingresso di quello che dovrebbe essere il suo bagno personale.

- Puoi appoggiarlo lì - mi istruisce indicando con una mano una scrivania che solo in questo momento ho notato.

Senza farmelo ripetere due volte mi avvicino ad essa e appoggio delicatamente il vassoio evitando il minimo rumore. Una volta fatto mi metto dritta, lui si avvicina e inaspettatamente poggia una sua mano sul mio ventre gonfio. In quel preciso istante una scarica di brividi prende possesso del mio corpo, quel contatto dura pochi secondi perché poi porta l'attenzione a ciò che ho preparato.

- Grazie mille - mi ringrazia mostrando un leggero sorriso.
- Ha bisogno di qualcos'altro? - chiedo.

Lo vedo leggermente in imbarazzo e improvvisamente insicuro.

- Mi dica se ha bisogno di qualcosa e io provvederò immediatamente - continuo cercando di tranquillizzarlo un po'.

Lui sembra imbarazzarsi più di prima e posso giurare di averlo visto arrossire prima che distogliesse lo sguardo da me.

- Potresti rimanere con me? Solo per stanotte, ti prego -

I miei occhi sono sgranati in questo momento ma non posso fare a meno che annuire, non ha avuto alcuna malizia nel chiedermelo e sembra veramente aver bisogno di aiuto. Lui, particolarmente felice poggia una sua mano sul mio fianco per potermi attirare a se per poi lasciare una serie di baci sulla mia fronte facendomi sorridere. Si allontana e, dopo aver bevuto tutto d'un fiato la camomilla, si avvicina al lato destro del suo letto invitandomi con lo sguardo a fare lo stesso. Leggermente titubante faccio lo stesso dirigendomi al lato opposto mentre levo la vestaglia poggiandola ordinatamente alla fine del letto. Quando alzo lo sguardo vedo che lui si è già posizionato sotto le coperte e guarda il mio ventre gonfio come ammaliato. Io, titubante, mi avvicino ulteriormente al materasso e non riesco più a muovere un muscolo. Il signor Jackson si alza leggermente col busto scoprendo il letto dal mio lato per poi picchiettare leggermente con la mano lo spazio libero.

- Dai vieni - mi incoraggia.

Annuisco riuscendo a sedermi a fatica per poi appoggiare le gambe sul morbido materasso, l'uomo al mio fianco non mi da il tempo di fare niente che prende la trapunta e il lenzuolo posizionandolo sul mio corpo in modo da coprirmi bene. Metto il viso sotto il  tessuto sia per cercare un po' di calore sia per nascondere l'enorme sorriso che si è formato sulle mie labbra, la dolcezza di quest'uomo mi sorprende ogni volta. Le luci si spengono e in questo momento regna l'oscurità. Decido di girarmi verso l'esterno del letto posizionando bene la testa sul cuscino per stare più comoda. Pochi secondi dopo il braccio del mio capo si posa attorno al mio ventre e la sua mano si posa su di esso compiendo delle leggere carezze.

- Buonanotte Madeleine -
- Buonanotte Michael -

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***



Capitolo 34


**Montaggio fatto da me**
 
Dire che non ho dormito per niente è un eufemismo, la bambina era particolarmente agitata stanotte e non mi ha dato modo di chiudere occhio manco per un minuto. Sono ancora girata verso l'esterno del letto e fisso la finestra dove, dalle tende, si può intuire che il sole è completamente sorto. Il braccio del signor Jackson non ha lasciato il mio fianco e sembra che il suo corpo si sia fatto più vicino al mio visto che percepisco il suo mento sulla mia spalla e il fiato caldo sul mio collo. Arrossisco immediatamente quando me ne rendo conto. Lentamente mi giro di fianco e lui non sembra svegliarsi minimamente perché la sua testa si appoggia lentamente sul cuscino facendo qualche movimento per stare più comodo. La stretta sul mio fianco aumenta per pochi istanti per poi tornare a peso morto, non voleva che me ne andassi. Mi accorgo di trovarmi a pochi centimetri dal suo volto e arrossisco ancora di più, il suo respiro caldo si infrange sul mio viso mentre i suoi occhi sono ancora chiusi. Lo trovo particolarmente adorabile quando noto i suoi capelli scompigliati sul cuscino e la bocca leggermente aperta. La linea della mascella è a dir poco perfetta e una strana voglia di sfiorargliela mi assale, scuoto mentalmente la testa pensando a quanto sono stupida.

-E' così bello - mi lascio scappare in un sussurro appena udibile.

Dei ticchettii mi risvegliano dai miei pensieri e mi alzo leggermente col busto per poter guardare fuori dalla finestra, sta iniziando a piovere. Faccio un sospiro pensando che anche questa sarà l'ennesimo giorno freddo caratteristico di metà dicembre. Mi riabbasso tenendo ancora per un po' lo sguardo verso l'esterno e quando percepisco il guanciale sotto di me mi appoggio. In un'istante mi rendo conto che gli occhi del signor Jackson sono ben aperti e vispi mentre mi osservano, quasi sobbalzo quando il colore scuro delle sue iridi si impianta nei miei occhi chiari. Abbasso inevitabilmente lo sguardo diventando immediatamente rossa come un peperone, sono eccessivamente timida, continuo a ripetermi mentalmente. Una risata gutturale da parte dell'uomo di fronte a me accompagna il rumore della pioggia che batte sui vetri. Questo è sicuramente il risveglio migliore che ho mai avuto nella mia vita. La sua mano, che prima era sulla mia schiena, ora è sul mio fianco mentre fa un po' di pressione, non lo sta stringendo ma sembra quasi un modo per attirare la mia attenzione. Titubante alzo lo sguardo e vedo i suoi occhi saettano da una parte all'altra del mio viso e delle parti del mio corpo scoperte dal lenzuolo e il copriletto. Con un movimento minimo mi invoglia ad avvicinarmi al suo corpo e io, per niente contrariata, mi lascio avvicinare. Percepisco la mia pancia che tocca il suo addome e la sua mano, che prima era sul fianco, spostarmi dietro la mia schiena per potermi racchiudere in un'abbraccio. Il mio viso entra a contatto con il tessuto liscio e delicato della maglia del suo pigiama, il suo profumo mi inebria i sensi facendomi sentire molto più rilassata. La sua testa è appoggiata sulla mia ma non mi da fastidio, anzi, percepisco la pelle della sua guancia leggermente ruvida sul mio collo e il suo fiato caldo che mi riscalda. L'uomo fa un sospiro che non riesco a decifrare, sarei tanto curiosa di sapere che cosa gli succede ma non voglio indagare.

- L'ultima volta che ho dormito così bene è stato con Elisa - dice quasi a se stesso.

Sono leggermente confusa ma non voglio indagare, non conosco la sua vita privata e ciò mi mette un po' angoscia. Cosa mi sta nascondendo signor Jackson? Mi domando mentre sono con la testa incastrata tra il cuscino e il suo capo. Dal tono della sua voce posso percepire che questa donna sia stata molto importante per lui ma, allo stesso tempo, l'abbia fatto soffrire. La malinconia che fa trasparire in ogni suo gesto mi fanno leggermente rattristire e io, particolarmente emotiva visto il mio stato attuale, mi lascio sfuggire alcune lacrime dagli occhi e un singhiozzo trattenuto. Possibile che quest'uomo sia già diventato così importante per me?

Tutte queste belle sensazioni non le provavo da tanto tempo, non so nemmeno io perché mi sia tornata in mente Elisa Marie in questo preciso istante. Eppure con me, in questo momento, non c'è Elisa ma Madeleine. E' da forse troppo tempo che una presenza prende posto della parte vuota del mio letto e mi sento particolarmente bene. Il ventre della ragazza è praticamente incollato al mio addome e la bambina sembra essersi calmata. Neanche io ho dormito molto, come tutte le notti ma questa per me non è sicuramente una novità, e ho sentito che la bambina non ha lasciato un attimo di tregua alla ragazza tra le mie braccia. I suoi capelli color grano profumano di buono e la loro morbidezza è a contatto con la mia guancia. Mi lascio andare ad un sospiro troppo pervaso dalla sensazione di benessere che sto provando in questo momento, è da fin troppo tempo che non mi sentivo così in pace. Un singhiozzo mi fa tornare sull'attenti facendomi spalancare leggermente gli occhi. Scelgo di sciogliere l'abbraccio e subito una cosa mi salta agli occhi. Ma quelle sono lacrime, capisco scrutando le guance di Madeleine e i suoi occhi leggermente lucidi. Repentinamente la riabbraccio poggiando una mano nella sua nuca per poterla avvicinare ulteriormente a me, tremante poggia la sua mano libera dietro la mia schiena mentre inizio a dondolarla leggermente. I singhiozzi sembrano aumentare a dismisura e ciò mi fa entrare nel panico.

-Chick perché piangi? - domando con un filo di voce.

La sento che scuote la testa sul mio petto ma senza riuscire a dire una parola, mi lascio andare ad un sospiro mentre appoggio la mia testa sulla sua stringendola ulteriormente a me. In pochi istanti riesce a calmarsi per poi allontanarsi leggermente da me senza però interrompere il contatto tra i nostri corpi. Si asciuga gli occhi con le dita e mi lascio andare a un sorriso trovando questo suo gesto particolarmente tenero.

- Mi scusi tanto, non volevo - riesce a dire con la voce ancora segnata dal pianto.

Io le accarezzo il capo mentre nego con la testa, le mie labbra si posano sulla sua fronte posandoci sopra una serie di baci.

- Non ti devi preoccupare, non è successo niente - cerco di rassicurata tra un bacio e l'altro.

Lei, inaspettatamente, si stringe nuovamente a me nascondendo il suo volto tra i miei capelli e io non posso fare altro che ricambiare. Madeleine è una persona che necessita di tanto affetto esattamente come me.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***



Capitolo 35
 
Oggi è la vigilia di Natale e qui a Neverland il freddo si fa sempre più pungente. Tutta la mia famiglia è stata invitata al ranch per festeggiare con me e i miei figli e tutti hanno accettato di buon grado. L'intera tenuta è stata addobbata per l'occasione, con lucine è decorazioni sui toni del rosso e dell'oro. Fortunatamente dentro l'abitazione, visto che è riscaldata, posso permettermi di tenere sbottonato il cardigan color beige mostrando la mia camicia nera in velluto. Raggiungo a passi lenti la mia cucina sapendo di trovarci Madeleine intenta a sistemare e a pulire le cose del pranzo che è stato da poco consumato. All'ingresso della stanza, infatti, la trovo mentre asciuga le stoviglie che ha utilizzato con un panno. Quel grembiulino che indossa sempre rendono il suo pancione ancora più visibile e la trovo adorabile. Probabilmente lei ha notato la mia presenza perché alza il capo e si volta verso di me mostrando un sorriso timido. Faccio qualche passo entrando definitivamente nella stanza e la giovane decide di lasciare perdere quello che stava facendo in modo da dedicarmi tutta la sua attenzione.

-Salve signor... Michael - mi saluta mentre si corregge da sola arrossendo leggermente.

Mi lascio sfuggire un risolino divertito, è dolcissima.

- Ci siamo visti meno di dieci minuti fa l'ultima volta - puntualizzo ancora divertito.
- Ha ragione - conferma lasciandosi sfuggire anche lei una leggera risata.

Rimango qualche istante incantato a scrutare il suo viso, i suoi occhi luminosi, le rughette che si formano agli angoli degli occhi e della bocca quando sorride e i suoi denti bianchissimi. In pochi istanti mi riprendo tirando fuori dalla tasca posteriore dei miei pantaloni un foglio per poi porgerglielo.

- Che cos'è? - domanda incuriosita mentre apre il foglio ripiegato in quattro parti.
- È ciò che mi è venuto in mente per il pranzo di Natale, che ne pensi? - domando aspettando sapientemente la sua opinione.

Vedo i suoi occhi che scorrono velocemente sulle parole presenti nel foglio tra le sue mani, il suo sguardo è tremendamente serio ma verso la fine mostra l'accenno di un sorriso. Una volta finito appoggia accuratamente il foglio sulla penisola in legno mentre continua a guardarlo.

- Bhe direi che come menù è perfetto - risponde Madeleine riportando il suo sguardo su di me.
- Mi sono basato su ciò che piace alla mia famiglia -

I suoi occhi si illuminano per un secondo per poi chiudere il foglio è metterlo in una tasca del suo grembiule.

- Ho chiesto alla mia vecchia cuoca di venire a darti una mano con i preparativi e lei ha accettato di buon grado, arriverà stasera - la informo.
- Non era necessario disturbarsi, la ringrazio -
- Non voglio che ti affatichi troppo - confesso mentrepoggio una mano sul suo capo scompigliandole leggermente i capelli color miele.

Lei arrossisce visibilmente portandosi una mano sui capelli cercando di aggiustarli il più possibile.

- Ora vado alla sala registrazione, tra una mezzoretta potresti portarmi un'espresso? - domando gentilmente.
- Sarà fatto! - risponde la giovane mettendosi sull'attenti.

Io annuisco con un accenno di un sorriso per poi abbandonare la stanza.



Ho appena finito di asciugare e di mettere a posto tutte le stoviglie utilizzate e ora sto mangiando qualcosa anche io. Sono veramente spossata e il peso della gravidanza si fa sentire ogni giorno di più sia sulla schiena sia sui piedi. Guardo l'orologio appeso al muro e mi accorgo che è arrivato il momento per preparare il caffè per il signor Jackson. C'è la macchinetta ma io preferisco farlo in maniera tradizionale così prendo la caffettiera e, una volta messa l'acqua e il caffè in polvere, la poso sul fornello accendendolo a fuoco lento. Ogni tanto la controllo per verificare se il caffè sta salendo perché se lo lascio bollore non è più buono. Una volta che è salito del tutto spengo il gas E, dopo aver preso una tazzina con un cucchiaino che ho precedentemente appoggiato su un vassoio, verso il liquido bollente nel piccolo contenitore. Sollevo il vassoio e decido di portarlo io al signor Jackson visto che non ci sono camerieri in giro. Una volta uscita dalla cucina incrocio la figura del signor Beard al quale decido di chiedere informazioni.

- Buongiorno signor Beard -
- Buongiorno Madeleine, ti serve qualcosa? - mi domanda gentilmente.
- In realtà si, mi saprebbe dire dove posso trovare lo studio di registrazione? Dovrei portare questo caffè al signor Jackson - spiego indicando con la testa la tazzina fumante.
- Certo! Percorri le scale, la sala di registrazione si trova in fondo al corridoio sulla destra rispetto alla stanza del boss - mi istruisce.

Metabolizzo le nuove informazioni per poi mostrare un sorriso cordiale.

- La ringrazio, a dopo - saluto per poi precipitarmi verso la rampa di scale.

Seguo le indicazioni che mi ha dato il signor Beard e raggiungo la stanza. Busso un paio di volte ed essa si apre silenziosamente, di fronte a me trovo un uomo di una certa età, con il volto segnato dagli anni, i capelli brizzolati e degli occhiali tondi ben appoggiati sul ponte del naso. Mi mostra un leggero sorriso è io ricambio allo stesso modo.

- Salve sono Thomas Hill, il vocal coach di Michael - si presenta.
- Piacere Madeleine Cruz, la cuoca - mi presento a mia volta.
- Ma non dovrebbe essere compito dei camerieri occuparsi di servire? - domanda leggermente divertito indicando il vassoio appoggiato sulla mia mano.

Mi lascio sfuggire una lieve risata.

- Alle volte bisogna adeguarsi - rispondo divertita.

L'uomo ridacchia per poi farmi un cenno invitandomi ad entrare definitivamente. Io ringrazio con lo sguardo ed entro nella sala, è decisamente più grande di quello che mi aspettassi ed è particolarmente cupa dove i colori dominanti sono il nero e il rosso. Trovo uno spazio libero tra i vari macchinari e decido di appoggiare lì il vassoio.

- No aspetti, può portarglielo dentro - mi richiama l'uomo.
- Ma non vorrei recare altro disturbo -
- Non si preoccupi tanto non abbiamo ancora iniziato. Guardi lì dietro il signor Jackson c'è un tavolino, può appoggiarlo lì il vassoio - mi istruisce il vocal coach.
- Va bene, la ringrazio - dico mostrando un sorriso e riaffermando il vassoio.

Lo prendo saldamente e mi appresto a bussare alla piccola porticina.

- È inutile bussare signorina, la stanza è insonorizzata - mi spiega il signor Hill lasciandosi sfuggire una breve risata.

Arrossisco imbarazzata per poi lasciarmi sfuggire una risata, che stupida.

- Ha ragione - ridacchia ancora.

Con la mano libera apro la porta e una folata di aria calda mi invade facendomi socchiudere per un'istante gli occhi. Come li riapro notò la figura del signor Jackson in tutto il suo splendore con la sua camicia rossa ben stirata è i pantaloni neri che scendono dritti lungo le sue, probabilmente, esili gambe. Degli enormi cuffioni sono appoggiati sulle sue spalle e vengono coperti leggermente dalla sua folta chioma nera. Si accorge di me è i suoi occhi così scuri e penetranti osservano la mia figura. Inevitabilmente arrossisco, quei suoi occhi così vispi e il suo candido sorriso mi spiazzano ogni volta.

- Madeleine! Vieni qui - mi chiama facendo un gesto con la mano.

Io lentamente mi avvicino, non prima di aver appoggiato il vassoio sul tavolo che il signor Hill mi ha indicato. Mi trovo a pochi passi dal signor Jackson e l'imbarazzo è alle stelle. Le sue mani leggermente fredde si posano sulle mie guance lasciandomi leggermente sbigottita, sia per la vicinanza sia per il fresco dei palmi delle sue mani in contrasto con le mie gote calde. Il suo volto è sempre più vicino al mio ma lascio un sospiro tremante quando l'uomo posa un lungo bacio all'angolo della mia bocca. Una strana adrenalina mi scorre nelle vene e, non so con quale coraggio, volto lo sguardo verso il suo trovandomelo difronte. Le mie labbra entrano a contatto con le sue in un bacio a stampo, dopo un'attimo di smarrimento da parte sua, anche lui si lascia andare compiendo dei leggeri movimenti con le labbro che prontamente ricambio. Le sue mani si posano sul mio ventre gonfio suscitando una lieve reazione da parte della bambina. Io e il signor Jackson ridacchiamo e ci allontaniamo l'uno dall'altra. I miei occhi sono puntati nei suoi che in questo momento stanno brillando probabilmente come i miei. Ci allontaniamo definitivamente imbarazzati ma sempre con il sorriso stampato sulle labbra. Il signor Jackson mi accarezza con il dorso una guancia per poi avvicinandosi alla tazzina per bere il caffè, ormai freddo.
Visto che lui è di spalle mi lascio andare a un respiro profondo, sembra di essere stata per tutto il tempo in apnea. Mi ricompongo quando il mio capo si rivolta verso di me sempre con il sorriso stampato sul volto.

- Devo fare i vocalizzi, vuoi rimanere? - mi domanda.
- Ma io non voglio disturbarla - riesco a dire balbettante imbarazzata.

Lui si avvicina nuovamente a me abbracciandomi di slancio, i miei occhi sono leggermente spalancati dalla sorpresa.

- Ti prego - mi supplica allungando leggermente le vocali facendoci ondeggiare leggermente come dei bambini.

Rido divertita, è così dolce. Ricambio per brevi istanti per poi annuire con la testa appoggiata ancora sulla sua spalla. Mi allontano e decido di sedermi in uno dei divanetti presenti nella sala di registrazione. Il signor Jackson mette le grandi cuffie nelle sue orecchie e si avvicina al microfono.

- Sono pronto! - dice probabilmente riferito al vocal coach.

Inutile dire che siamo rimasti chiusi per minuti interminabili dentro quella stanza, che ho versato tante lacrime in preda a delle emozioni indescrivibili dovute alla sua voce angelica e ai calcetti della bambina nel mio ventre.


 

**Montaggio fatto da me**

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***



Capitolo 36


**Montaggio fatto da me**

 
Oggi è il 25 dicembre, sono le 10:30 del mattino e la signora che mi doveva aiutare con la preparazione del pranzo non è ancora arrivata. Ogni tanto alzo lo sguardo verso il grande orologio appeso al muro solo per vedere il tempo che passa. A quanto sono riuscita a capire gli ospiti sono già arrivati, ho già preparato sul ripiano tutto ciò che serve eppure la donna non è ancora qui. Il nervosismo invade ogni singola cellula del mio corpo e in più i dolori alla schiena e alle caviglie non agevola il tutto. Il mio piede destro continua a picchiettare sul pavimento per l'ansia, le braccia incrociate sotto il seno e ogni tanto qualche sbuffo esce dalla mia bocca. Dei passi provengono dalle mie spalle e io mi volto verso l'ingresso della cucina, il signor Jackson e una donna anziana vengono verso la mia direzione. Io mi metto in un angolo della cucina sull'attenti ignorando i calci che mi sta andando la bambina nel momento in cui l'uomo è entrato nella stanza. Stavano parlando di qualcosa ma nel momento in cui entrambi entrano nella stanza il silenzio cala all'istante. La donna, molto più bassa rispetto a me, porta degli occhialini senza montatura con una lente abbastanza grossa con una catenella dorata attaccata alle asticelle, un tailleur rosso, un foulard del medesimo colore con delle decorazioni blu e verdi e ai piedi un mezzo tacco nero lucido. I suoi capelli sono scuri e cotonati e il suo sguardo è attento mentre scruta ciò che si trova sulla penisola in legno lucido. Il signor Jackson è bello come sempre, con la camicia rosso velluta che glielo già vista addosso più volte, i jeans neri e i mocassini con i calzini bianchi in bella vista. I suoi capelli nero pece sono in piega e gli incorniciano perfettamente il suo viso candido e dai lineamenti spigolosi. I suoi occhi scuri si posano sulla mia figura e posso giurare di aver sentito un brivido percorrere tutta la mia spina dorsale, mi rivolge un ampio sorriso al quale ricambio in maniera molto timida. Le due figure si avvicinano a me in maniera spedita e io mi pongo sull'attenti come al mio solito.

- Ciao Madeleine, come stai? Ieri mi sembravi particolarmente stanca - mi domanda premurosamente il mio capo.

 
In effetti ciò è vero, tra i vari preparativi e il resto, sono riuscita a finire a tarda notte e ho fatto un po' di fatica per raggiungere la mia stanza. Anche se lui non c'era non ci metteva molto ad informarsi. Comunque le poche ore di sonno che ho fatto mi hanno completamente rigenerato e la bambina sembrava stanca quanto me visto che non si è mossa per tutta la notte.

- Sto bene la ringrazio, dormire stanotte mi ha fatto più che bene - rispondo semplicemente mostrando un ampio sorriso cercando di alleviare, in parte, la sua preoccupazione.

Ricambia il sorriso in maniera altrettanto raggiante per poi mettersi al mio fianco indicandomi la donna davanti a noi.
 
- Ti volevo presentare la mia mummy - dichiara mentre mette, in maniera inaspettata, un braccio intorno al mio fianco avvicinandomi a lui in una stretta quasi possessiva.

Arrossisco visibilmente a tale gesto e anche un po' per l'imbarazzo pensando che la signora fosse la donna che mi avrebbe aiutato nei preparativi per il pranzo.

- Piacere di conoscerti cara, sono Katherine - si presenta la donna con una voce leggermente graffiata, probabilmente per l'età avanzata.
- E' un piacere per me conoscerla signora, sono Madeleine Cruz - ricambio la presentazione stringendo la mano della donna.
- So già tutto cara, Michael mi parla praticamente sempre di te - dichiara leggermente divertita.

Sorpresa mi volto verso l'uomo al mio fianco che in questo momento al capo chino e con la mano libera gioca nervosamente con il bordo della camicia, è in imbarazzo. Io mi lascio sfuggire una leggera risata imbarazzata e sento lo sguardo del signor Jackson addosso ma non ho il coraggio di girarmi nella sua direzione.
 
- Inoltre mi ha detto che i tuoi piatti sono eccezionali, non vedo l'ora di assaggiarli e di constatare in prima persona la tua bravura - continua.
- Spero di non deludere le sue aspettative, farò del mio meglio - dico cercando di mostrare quanta più sicurezza possibile.

La signora Katherine sorride dolcemente per poi rivolgere uno sguardo altrettanto dolce a suo figlio.

- Vi lascio da soli così vado un po' dai miei nipotini e soprattutto i tuoi fratelli, so quanto possano essere scalmanati - commenta muovendo qualche passo verso l'uscita della stanza.

Il signor Jackson si lascia sfuggire una risata sguaiata parecchio contagiosa che mi fa mettere repentinamente una mano davanti alla mia bocca per cercare di non ridere.

- Sai dove si trova il salone mummy? Vuoi che ti accompagni? - domanda premuroso il mio capo.
- Non preoccuparti tesoro, semmai chiedo informazioni a qualche cameriera, questa casa è talmente grande - commenta con finta esasperazione la donna per poi uscire dalla stanza.

Passano alcuni istanti di assoluto silenzio prima che venga scaraventata letteralmente sul petto del signor Jackson, mi stringe a me quasi come se fosse la prima volta che ci vediamo dopo anni. Leggermente stordita poggio entrambe le mani dietro la sua schiena appoggiando bene la testa sul suo torace, il battito del suo cuore mi entra nelle orecchie e mi lascio cullare da quel suono dolce. Mi fa dondolare leggermente come al solito e ciò non mi dispiace affatto, vorrei chiedergli il perché di questo abbraccio improvviso ma preferisco di gran lunga godermi questo momento. Il mio ventre gonfio mi impedisce di avvicinarmi perfettamente al suo corpo e la bambina sembra essere felice di questo contatto visto che non fa altro che muoversi energicamente. Il signor Jackson lo nota e ci allontaniamo lentamente per poi appoggiare una mano sul mio ventre coperto dal maglione e il grembiule che uso solitamente per cucinare, con non so quale coraggio appoggia entrambe le mie mani sulla sue formando un intreccio di dita. La bambina sembra impazzita, ogni tanto qualche calcio mi fa particolarmente male quindi non posso fare a meno di sobbalzare lasciandomi sfuggire qualche gemito che cerco di trattenere.

- C'è qualcosa che non va? - domanda notando la mia espressione leggermente sofferente.
- No e che sta scalciando molto - ammetto portando il mio sguardo sulla mia pancia ma soprattutto sulle nostre mani.

Con la coda dell'occhio noto il suo lieve sorriso intenerito e anche i suoi occhi si posano sulla mia pancia per un'istante per poi riportarli sul mio viso. Improvvisamente la sua mano, che prima era sul mio ventre si allontana e non posso fare a meno di rimanerci un po' male. Mi ricredo quando la stessa mano si posa sotto il mio mento facendomelo sollevare in modo da alzare lo sguardo. I suoi occhi sono luminosi e leggermente lucidi, tutto ciò mi spaventa un po', che succede? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Mi domando mentalmente senza riuscire ad esternare apertamente le mie insicurezze visto che sono praticamente imbambolata. Dall'angolo dell'occhio destro scende una lacrima solitaria e io non faccio in tempo a scacciarla che mi trovo le sue labbra sulle mie. Barcollo leggermente all'indietro in preda alla sorpresa senza però interrompere il contatto. Questo è un bacio diverso agli altri, è passionale e disperato, senza esitazione mi lascio andare chiudendo gli occhi e abbandonandomi a questo vortice di emozioni. La sua lingua picchietta leggermente sul mio labbro e io mi lascio sfuggire un gemito di sorpresa, schiudo le labbra e la mia lingua si accosta timidamente alla sua sfiorandola. Lui si lascia andare a un sospiro rilassando le spalle per poi aumentare la pressione mettendo una mano dietro la mia nuca. Ci baciamo a bocche aperte con una passione che non ho mai avuto modo di provare in vita mia. Non so come ma finisco con la schiena contro la penisola e il suo corpo attaccato al mio, ciò mi fa uscire un' altro gemito di pura sorpresa ma non è niente rispetto a quando una sua mano finisce sul mio gluteo stringendolo possessivamente. Non essendo abituata a questo genere di contatti mi lascio sfuggire un gemito abbastanza rumoroso che viene bloccato dalla sua lingua che si intreccia alla mia. Le mie mani si posano sulle sue spalle larghe e la foga piano piano diminuisce fino al punto che ci scambiamo dei ripetuti baci a stampo. Finalmente ci allontaniamo ma non faccio in tempo a guardarlo negli occhi che mi ritrovo in un'atro abbraccio disperato e non posso fare a meno di ricambiare.

- Ringrazio ogni giorno il Signore per averti fatto entrare nella mia vita - sussurra tra i miei capelli facendomi spalancare gli occhi in preda a una sensazione mai provata.


 


 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***



​Capitolo 37



​**Montaggio fatto da me**

 
Mi asciugo le mani che ho appena lavato con un telo già usato, guardo il ripiano pulito e privo di ogni traccia della preparazione del pranzo di Natale. Alla fine la donna che avrebbe dovuto aiutarmi non si presentata senza degnarsi nemmeno di avvisare. Fortunatamente, nonostante questo spiacevole inconveniente, il pranzo è andato alla grande. Ogni singolo piatto, compresi quelli di portata, sono stati riportati qui vuoti e questa è una grande soddisfazione per me che sono una cuoca amatoriale. Dire che sono distrutta è un'eufemismo, il respiro è affannato visto che ho fatto tutto in fretta e furia e non accenna minimamente a regolarizzarsi. La vista incomincia ad appannarsi e velocemente cerco con lo sguardo una sedia, subito punto a una di quelle che stanno al lato opposto della penisola e la raggiungo. Una volta seduta i giramenti di testa sono nettamente più potenti e il respiro si fa sempre più pesante, mi manca l'aria. Non riesco nemmeno a chiedere aiuto, probabilmente non mi sentirebbe nessuno. Il caso vuole che qualcuno faccia il suo ingresso nella stanza e, con la coda dell'occhio, noto che è il signor Whitfield che si avvicina ignaro alla mia figura.

- Tutta la famiglia del signor Jackson non fa altro che parlare di questo pranzo. Hai lasciato tutti a bocca aperta. Cara Madeleine hai fatto decisamente colpo - inizia a parlare verso la mia direzione.

Notata la situazione però smette di parlare e in poche falcate lo ritrovo al mio fianco mentre mi rivolge uno sguardo più che preoccupato. Si inginocchia cercando un contatto visivo con me ma i miei capelli coprono la visuale.

- Madeleine che sta succedendo? - domanda dando voce alle sue ansie.

Io nego con la testa sollevando di colpo il capo per una mancanza eccessiva di aria lasciandomi sfuggire un verso di pura disperazione. L'uomo a quel rumore si alza immediatamente e si dirige quasi di corsa verso l'uscita della cucina sparendo dalla mia visuale. Provo ad alzarmi ma la testa gira talmente vorticosamente che mi ritrovo a terra trascinandomi la sedia con la speranza che potesse sorreggermi, il rumore di essa al suolo è a dir poco assordante e io mi ritrovo a terra in cerca di aria. Alle orecchie mi arriva il rumore di passi frettolosi e ai miei occhi un paio di scarpe che riconoscerei a kilometri di distanza, quei mocassini. La sua figura si accovaccia e le sue mani finiscono ai lati della mia testa facendomela sollevare leggermente dal pavimento. I nostri occhi si incrociano e nei suoi si può leggere puro panico.

- Maddy mi senti? Che succede? - chiede in preda all'ansia mentre scruta il mio corpo in cerca di qualcosa che non andasse.
- Ti prego calmati, respira - mi incoraggia mentre cerca di sollevarmi per farmi almeno sedere.

Riesco ad assecondare i suoi movimenti e mi appoggio con la schiena alla penisola, le mani del signor Jackson prendono nuovamente il mio viso e fa in modo che i nostri sguardi si incrocino di nuovo.

- Fai dei respiri profondi, guarda me - dice cercando di attirare la mia attenzione il più possibile.

Alzo gli occhi e lo vedo fare dei respiri profondi ma nel momento in cui ci provo mi viene un colpo di tosse che mi fa mancare ancora di più l'aria facendomi sfuggire un gemito di pura sorpresa, il resto succede fin troppo velocemente per potermene accorgere.


 
La situazione sembra più grave del previsto, non riesce a respirare e questo non fa decisamente bene ne a lei ne alla bambina. Con un movimento veloce mi metto al suo fianco mettendomi con la schiena appoggiata al muro, sollevo un braccio e la avvicino a me facendole appoggiare la testa sul mio petto e posso constatare maggiormente quanto il suo respiro sia veloce.

- Respira con me - la incoraggio nuovamente mentre faccio dei respiri lunghi e profondi.

Le afferro una mano stringendola mentre l'altra, che prima era sulla sua spalla, si posa sulla sua folta chioma dorata. La situazione non migliora e Javon e Bill sono in allerta pronti a chiamare un'ambulanza se sarà necessario.

- Ti prego respira - la supplico mentre la stringo maggiormente a me.

Con il passare dei minuti vedo che cerca di sincronizzare il suo respiro con il mio mentre ogni tanto si lascia sfuggire qualche gemito per l'eccessivo sforzo. Avvicino la sua nuca a me posandoci sopra un bacio.

- Brava, continua così - sussurro senza allontanarmi da quella posizione.

Il suo respiro torna regolare in poco tempo e ora dalla sua bocca escono solo dei sospiri.

- Grazie - riesce a dire in un sussurro.

Io mi limito a rinchiuderla in un abbraccio cercando di non stringerla troppo visto che fino a pochi istanti fa le mancava l'aria. Dei passi veloci raggiungono le nostre figure e quando alzo lo sguardo riconosco mia madre che, vista la sua non più giovane età, si piega lentamente giungendo così alla nostra altezza. Sciolgo lentamente l'abbraccio e Madeleine alza lo sguardo puntandolo anche lei sulla donna di fronte a noi. Mia madre allunga una mano verso il suo volto posando una delicata carezza, la ragazza al mio fianco si irrigidisce per un'istante per poi rilassare le spalle.

- Oh tesoro - sussurra dolcemente mia madre mostrando un lieve sorriso altrettanto dolce.

Io non posso fare altro che sorridere, è anche per questo che amo mia madre.

- Nelle tue condizioni non dovresti fare certi sforzi - rimprovera bonariamente mummy.
- Forse è meglio che la portiate nella sua stanza per farla riposare, ha fatto anche troppo per oggi - continua saggiamente.

Annuisco in accordo con lei per poi alzarmi e tendere le mani verso la giovane ancora seduta a terra, lei sorride per poi afferrare saldamente le mie mani. In un balzo e con un piccolo aiuto da parte mia si rimette in piedi barcollando leggermente. Prontamente porto un braccio attorno al suo fianco per sorreggerla ma lei alza il suo sguardo guardandomi con un sorriso rassicurante che mi destabilizza per un'istante.

- Ora sto molto meglio la ringrazio - dice lievemente la mia cuoca rivolgendosi a mia madre.

Al contrario mia madre non si lascia incantare dal suo sguardo rassicurante e si volta verso le due guardie del corpo che sono rimaste sempre qui in allerta.

- Bill, Javon potreste portare la ragazza nella sua stanza? Ha bisogno di riposare - istruisce l'anziana con voce calma ma allo stesso tempo decisa.
- Sarà fatto signora - risponde Javon avvicinandosi a Madeleine.

Viene presa a braccetto da entrambe le guardie del corpo scortando, controvoglia, la ragazza fuori dalla cucina.


 
Una volta nella mia stanza mi sono immediatamente sdraiata nel letto togliendomi solamente le scarpe. Sono ancora sotto shock per ciò che è successo, tutto era così confusionario che rimettere insieme i pezzi sembra un'impresa. Mi ricordo della mancanza di aria e delle parole confortanti del signor Jackson mentre mi stringeva tra le sue braccia. Non so nemmeno come sono finita sul pavimento e mi sfugge un sospiro di frustrazione mentre passo una mano sul mio viso. Un leggero bussare mi fa alzare lo sguardo dal mio ventre che non mi sono nemmeno accorta di aver iniziato a fissare. La persona dall'altra parte non aspetta un permesso perché la porta si apre lentamente per poi mostrare la minuta figura del piccolo Prince. Mi lascio sfuggire un sorriso raggiante mentre lo vedo correre non proprio sicuro verso la mia direzione, una volta arrivato al mio capezzale tenta di arrampicarsi sul letto per potersi sedere. Divertita mi sollevo leggermente e, prendendolo da sotto le ascelle, lo sollevo per poi farlo accomodare sul letto all'altezza del mio ventre gonfio. Un' altro bussare mi fa distogliere l'attenzione dal bambino e sulla porta noto il signor Jackson con in braccio Paris che guarda la stanza incuriosita.

- Ho cercato di fermarlo ma non ha voluto sentire ragioni - commenta con finta frustrazione.
- Non c'è problema, non mi disturba affatto - dico per poi scompigliare leggermente i capelli biondissimi del bambino seduto vicino a me.

Lui ride divertito per poi prendere da sotto la maglietta un fazzolettino bianco, io chino la testa da un lato incuriosita. Lui, a gattoni, si avvicina ulteriormente a me per poi mettersi in ginocchio.

- Fai attenzione - si sente in sottofondo.

Io non riesco a distogliere lo sguardo dal bambino di fronte a me che tiene quel fazzoletto a un palmo dal mio viso. Delicatamente lo scopre e da esso appare una piccola coroncina fatta di fiori bianchi un pochino schiacciati visto li teneva sulla maglietta. Senza darmi il tempo di chiedergli spiegazioni lo vedo che la posa in testa per poi accarezzare le ciocche lunghe che incorniciano il mio viso. Il mio stupore si amplifica quando si sporge verso di me abbracciandomi per poi lasciarmi un bacio sulla guancia che mi fa commuovere, si allontana leggermente da me senza però interrompere quel dolce contatto.

- Buon natale -






 
Continua...

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38

 
Ci siamo lasciati così..
 
《Io non riesco a distogliere lo sguardo dal bambino di fronte a me che tiene quel fazzoletto a un palmo dal mio viso. Delicatamente lo scopre e da esso appare una piccola coroncina fatta di fiori bianchi un pochino schiacciati visto li teneva sulla maglietta. Senza darmi il tempo di chiedergli spiegazioni lo vedo che la posa in testa per poi accarezzare le ciocche lunghe che incorniciano il mio viso. Il mio stupore si amplifica quando si sporge verso di me abbracciandomi per poi lasciarmi un bacio sulla guancia che mi fa commuovere, si allontana leggermente da me senza però interrompere quel dolce contatto.

- Buon natale -》


~~~


I miei occhi si fanno inevitabilmente lucidi, questo corpicino è troppo piccolo per contenere tanta dolcezza.

- Grazie tesoro, buon natale anche a te - riesco a dire con un filo di voce sopraffatta dall'emozione.

Lo avvicino a me posandogli un dolce bacio sulla nuca per poi stringerlo in un abbraccio. Le sue braccine cicciottelle circondano il mio collo e si distende completamente sul mio ventre ma ciò non mi preoccupa affatto. Alcune lacrime scendono dai i miei occhi e per nascondere il mio viso dal signor Jackson, che nel frattempo si è avvicinato al letto sedendosi su una sedia, do una serie di baci sulla guancia a Prince facendolo ridacchiare.

- I tuoi capelli mi fanno il solletico - esclama contorcendosi leggermente.

Mi lascio sfuggire anche io una risata mentre il piccolo si allontana sedendosi a cavalcioni sulle mie gambe. Il mio pancione sta tra noi e anche la bambina sembra divertirsi visto che ha preso a scalciare. Il bambino avvicina le manine ai lati del mio viso prendendo alcune ciocche dei miei capelli senza tirarli.

- Sai che hai i capelli simili ai miei? - dichiara il bambino guardando le ciocche con occhi curiosi.
- Davvero? - domando sorpresa e con un sorriso sulle labbra, sto al gioco perché infondo è un bambino.
- Si si, però i miei sono più chiari e corti dei tuoi - continua.

Intenerita avvicino una mano alla sua nuca scompigliandogli giocosamente i capelli facendolo ridacchiare nuovamente.

- I tuoi capelli sono bellissimi Prince - commento sincera mentre gli accarezzo la nuca constatando la morbidezza dei suoi capelli biondissimi.

Lui arrossisce leggermente distogliendo lo sguardo, sicuramente è uno di quei bambini che si sente già grande. Non mi sono neanche accorta che il signor Jackson si avvicinato al mio capezzale per poi sedersi sul materasso lasciando libera la piccola Paris. La vedo gattonare verso di me per poi sedersi iniziando a guardarmi incuriosita. Con il ciuccio in bocca è ancora più tenera. Il suo sguardo si posa sulla coroncina di fiori sulla mia testa per poi indicarla con il dito. Io mi limito a toglierla dalla mia testa per poi posarla su di lei che risulta talmente grande da essere una collana. La piccola inizia a scrutarla toccandola lievemente mentre continua a succhiare il ciuccio, la cosa più tenera del mondo insomma. Senza preavviso lei ritorna a gattonare avvicinandosi ulteriormente a me per poi picchiettare lievemente la sua manina paffuta sul mio ventre gonfio.

- Paris piano - la rimprovera il signor Jackson senza cattiveria.

La bambina punta lo sguardo sul padre per pochi secondi per poi guardare la mia pancia compiendo delle carezze. In questo momento potrei commuovermi, è adorabile. Con lentezza allontano il braccio dal mio corpo mettendolo dietro la schiena della bambina per evitare che potesse cadere, lei mi guarda incuriosita per poi fare una cosa che non mi sarei mai aspettata. La vedo cambiare posizione per poi sdraiarsi con la testa sul mio petto e una mano sulla mia pancia mentre continua a succhiare il ciuccio. Da una parte ho Prince e dall'altra Paris, credo di non poter stare meglio di così. Il mio sguardo si posa sulla figura del signor Jackson al mio fianco che si è adagiato sul materasso scrutando la scena intenerito. La mia commozione traspare dai miei occhi e percepisco una piccola lacrima rigarmi una guancia. L'uomo avvicina una mano al mio viso facendomi racchiudere gli occhi mentre compie una leggera carezza mentre raccoglie quella piccola gocciolina salata.  Non riuscendo a sostenere il suo sguardo abbasso il mio puntandolo sulla mano che sta sorreggendo il corpicino di Prince per tenerlo vicino a me.

- È una cosa abbastanza strana - riesco a dire interrompendo l'attimo di silenzio che si è creato.
- In che senso strana? - domanda il signor Jackson mentre accarezza i miei capelli.

Arrossisco un istante per poi puntare lo sguardo prima sulla piccola Paris per poi sul visino dolce di Prince.

- È esattamente così che immaginavo la mia vita tra qualche anno - continuo mentre scruto i lineamenti dolci del viso del biondino tra le mie braccia.
- Spiegati meglio - chiede il signor Jackson con una voce talmente decisa che mi fa arrossire.
- Così, con i miei futuri figli accoccolati sul divano e..- comincio per poi interrompermi improvvisamente.
- E? - chiede il signor Jackson.

Non riesco a guardarlo e uno strano senso d'ansia mi sta assalendo, che cosa volevo dire? Che cosa stavo per insinuare? Sento dei movimenti accanto a me ma io sto cercando di concentrarmi su i movimenti che Paris compie mentre succhia il ciuccio. Percepisco la mano del signor Jackson sul mio mento e come mi volta verso di lui lo trovo a pochi centimetri di distanza. Dire che i miei occhi sono spalancati è un eufemismo, il mio colorito sarà cambiato un centinaio di volte nella frazione di un secondo. Il suo sguardo è molto intenso e i suoi occhi scuri bruciano sulla mia pelle e le mie labbra che ha iniziato a fissare.

- Madeleine, ti prego, ho bisogno che tu lo dica per favore.. - sussurra mentre si avvicina ulteriormente a me trovandoci fronte contro fronte.
- So cosa stavi per dire, ti prego ho bisogno che tu lo dica..- continua ad un soffio dalle mie labbra.

Deglutisco rumorosamente e il mio cervello sta andando in tilt. I suoi occhi ora sono fissi sulle mie labbra mentre il suo respiro, come il mio, è affannato e leggermente accelerato.

- Ecco.. io.. -

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Capitolo 39

 

Non so esattamente cosa volevo dirgli quella sera, possibile che mi stia fondendo il cervello? La situazione forse, il fatto che quel momento si avvicinava moltissimo al concetto di "famiglia" che da tanto tempo sognavo. Sta di fatto che una chiamata della signora Jackson ha rotto la conversazione e con un "ne riparleremo" il signor Jackson ha abbandonato la stanza lasciando i suoi figli dormienti con me. La loro babysitter è arrivata circa un'oretta dopo a prenderli mentre mi rivolgeva continuamente uno sguardo storto, come se fosse infastidita dalla mia sola presenza. Sono rimasta nuovamente sola immersa nel silenzio della mia camera da letto con ancora addosso il profumo di borotalco e il calore dei due corpicini che, fino a poco fa, mi stavano riscaldando non solo il corpo ma anche l'anima. Mi sono svegliata in questo modo stamattina, con la stanza ancora avvolta dall'oscurità e il calore del piumone che mi avvolge. Quando alzo lo sguardo verso il comodino noto che sono solamente le 5 del mattino, con uno sbuffo mi alzo dal letto per poi dirigermi verso la finestra. Scosto la tenda e noto che, effettivamente, è ancora completamente buio a parte i vari lampioni che illuminano la strada e i dintorni della casa. In quel momento mi viene la malsana idea di farmi una passeggiata, di certo non mi potrà far male. Lascio andare la tenda e mi siedo nel bordo del letto cercando di mettermi le scarpe. La mia pancia mi impedisce di abbassarmi così, dopo l'ennesimo tentativo fallito, prendo una sedia posizionandola davanti al letto. Recupero le scarpe da ginnastica allacciandole larghe per poi infilarle ai piedi, facendo non poca fatica, come se fossero delle ciabatte. Recupero un cappotto pesante insieme ad una sciarpa e un cappello di lana completamente a caso per poi uscire dalla stanza il più silenziosamente possibile. Con lentezza scendo le scale e, stranamente, nell'atrio non trovo nessuno. Non mi faccio molte domande così esco definitivamente dall'abitazione lasciandomi alle spalle il calore confortante dell'interno per sostituirlo al freddo pungente dell'esterno. Respiro a pieni polmoni quell'aria così fresca ma allo stesso tempo rigeneratrice per i miei polmoni. Cammino lentamente per poter uscire fuori dal piccolo sentiero in pietruzze calciandone qualcuna di tanto in tempo facendole andare nelle aiuole. Una volta fuori mi trovo sulla strada asfaltata e, senza alzare minimamente lo sguardo, comincio a camminare senza una meta ben precisa. Percorro la strada asfaltata mentre tengo le mani ben dentro le tasche del cappotto per tenerle al caldo. Ad un certo punto alzo la testa e mi accorgo di essere arrivata al piccolo parco divertimenti che il signor Jackson mi ha fatto visitare tempo fa, solo che questa volta non si sente alcun tipo di musica e le luci sono tutte spente. Senza pensarci più di tanto inizio ad incamminarmi in direzione delle giostre passando sull'erba morbida per tagliare un po' il tragitto. Una volta arrivata sul grande piazzale chiudo gli occhi lasciando che una folata di vento mi scompigli i capelli. Sembra quasi di sentire la melodia del carosello nel vento, questo luogo è impregnato di magia e gioia. Una gioia che mi fa sorridere spontaneamente senza una vera e propria motivazione, è proprio l'aria che si respira qui che mette tranquillità. Raggiungo una panchina e decido di sedermi lì, in un secondo momento capisco che sono seduta davanti al carosello. Flashback dell'ultima volta che sono stata qui mi ritornano alla mente, la risata felice del signor Jackson, noi che guardiamo le stelle, la musica del carosello in sottofondo e il suo sguardo magnetico rivolto alla mia figura. Sorrido e mi imbarazzo a quei ricordi ancora così chiari nella mia mente e un brivido percorre la mia schiena. Alzo lo sguardo trovandomi davanti il carosello, così fermo, così triste senza quella musichetta e così nostalgico. Quella giostra di venta una calamita per me nell'esatto momento in cui mi rendo conto di essermi alzata e di aver cominciato a camminare lentamente verso essa. Salgo sulla piattaforma rialzata e con lentezza accarezzo quei cavalli come se stessi toccando un sogno.  Un leggero sorriso compare sul mio viso e non esiste più ne freddo ne preoccupazioni inutili, esiste solo me stessa e la mia fantasia che viaggia verso un'infanzia che non ho mai vissuto. Una lacrima cade lentamente sulla mia guancia, una lacrima che racchiude tante, forse troppe cose. Mi appoggio ad un cavallino bianco con la criniera e la sella dorata contemplando il prato verde perfettamente tagliato e l'alba che sta per sorgere, uno spettacolo inimmaginabile. In questo sono nella piena pace dei sensi ma niente può essere perfetto, giusto? Un strano dolore alla pancia mi distrae da tutto quanto.

- Che sta succedendo? - mi domando ad alta voce mentre una mia mano finisce automaticamente sul mio basso ventre.

Sospiro per poi rimettermi dritta, respiro lentamente un paio di volte e mi rilasso quando non sento più quella strana sensazione. Il tempo di fare un passo che il dolore di prima ritorna ma venti volte più forte di quello precedente. Mi aggrappo alla giostra mentre cerco di capire che diamine sta succedendo. Faccio il grande errore di guardare in basso e quello che riesco a vedere attraverso la fioca luce dell'alba mi fa gelare le vene.

Quello è sangue.

I miei occhi sono spalancati e il mio respiro accelerato a causa dell'ansia. 

- Maledizione! - mi lascio andare a un'imprecazione, cosa così poco da me che mi sorprendo da sola.

Mi lascio andare sedendomi sulla piattaforma del carosello presa improvvisamente da un'anormale stanchezza. Le mie mani viaggiano freneticamente alla ricerca del mio cellulare nelle tasche del cappotto ma urlo di frustrazione quando mi rendo conto che non ho nulla in tasca. Lo sconforto inizia a invadere la mia mente ma quando inizio a guardarmi attorno noto qualcosa che attira la mia attenzione. 

- Le telecamere! Certo questo posto è pieno di telecamere di sorveglianza, devo solamente cercare di farmi notare - penso ad alta voce.

Prontamente una mano sventolandola freneticamente in direzione della telecamere, continuo a fare così pregando Dio che o il signor Whitfield o il signor Beard mi noti. Un altro dolore impressionante mi invade i sensi lasciandomi sfuggire l'ennesimo urlo e la chiazza di sangue aumenta visibilmente.

- E' troppo presto - è l'unica che penso guardando il mio ventre.

Comincio a chiedere aiuto a squarciagola sperando che qualche giardiniere sia nei paraggi e possa soccorrermi.

- Ti prego resisti amore mio, resisti! - dico al mio ventre gonfio mentre mi sbraccio cercando di attirare l'attenzione delle guardie che probabilmente stanno controllando le telecamere di video sorveglianza.


Javon beve il suo caffè lungo ben accomodato su una delle sedie della stanza mentre osserva ogni singolo schermo per  vedere se ci sono anomalie.

- Javon hai notato qualcosa di strano? - domanda Bill dall'auricolare.

- Per il momento niente - risponde prontamente la guardia più giovane per poi bere un altro sorso del suo caffè.

- Va bene tienimi aggiornato - continua l'uomo dall'altra parte dell'auricolare per poi chiudere la conversazione.

Il signor Beard appoggia la tazza semi vuota sul tavolo di fronte a se e decide di accendere i microfoni delle camere per captare rumori sospetti. Una volta fatto si accomoda appoggiandosi allo schienale della sedia. All'inizio non sente nulla ma dopo pochi secondi sente delle urla e un "aiuto" urlato a squarciagola. L'uomo si solleva dalla sedia di scatto riconoscendo la voce della ragazza e i suoi occhi iniziano a saettare da una parte all'altra delle varie telecamere cercando di  trovarla. Il suo sguardo si posa sulla telecamere 674 che riprende una giovane seduta sulla piattaforma del carosello mentre si sbraccia e implora aiuto.

- Bill! Prendi una macchina e andiamo al carosello immediatamente! - esclama la guardia mentre indossa la giacca velocemente.

- Che succede Javon? - domanda l'uomo dall'altra parte confuso.

- Sembra che Madeleine stia male - dice solamente prima di uscire dalla stanza lasciando la porta aperta per la fretta.

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


Capitolo 40

 

POV Michael

Un gran baccano ai piani inferiori mi risveglia dal mio sonno leggero facendomi sollevare con il busto dal mio morbido letto. Mi tolgo le coperte di dosso alzandomi con una lentezza invidiabile per poi alzarmi definitivamente dal letto. Come apro la porta della mia stanza il baccano diventa sempre più udibile alle mie orecchie. Confuso da tutti questi rumori percorro il corridoio che conduce alle scale e vedo Javon venirmi incontro di corsa. Riconoscendomi si ferma cercando di prendere fiato.

- Signor Jackson! Pensavo stesse dormento - riesce a dire, tra un'affanno e l'altro, la guardia del corpo.

- Mi sono appena svegliato sentendo un gran baccano provenire dal piano inferiore - 

- A proposito di questo - continuo attirando nuovamente l'attenzione della mia guardia del corpo.

- E' successo qualcosa del quale devo essere informato? - domando mostrando una serietà sicuramente non da me.

Javon si irrigidisce visibilmente facendomi confondere ancora di più, cosa può essere successo di così grave da far rabbrividire uno dei miei uomini più fedeli? Attendo impaziente una risposta picchiettando le dita sulle mie braccia che ho precedentemente incrociato.

- Signore ecco.. Madeleine.. - inizia a parlare ma lo blocco appena sento il nome della ragazza, il suo nome.

- Madeleine cosa?  Che cosa è successo? - chiedo con l'ansia alle stelle mentre, senza neanche accorgercene, abbiamo iniziato a percorrere il corridoio in maniera abbastanza frettolosa.

- Circa un quarto d'ora fa stavo osservando le telecamere di sorveglianza ma c'era qualcosa che non andava -  inizia a spiegare l'uomo al mio fianco e io non aspetto altro se non che continui a raccontare.

Scendiamo le scale e la scena che mi si presenta davanti è la cosa più scioccante che ho visto in vita mia. Mi gelo sul posto non riuscendo a compiere un passo in più, anche Javon si ferma qualche gradino dopo di me guardandomi dal basso analizzando la mia reazione. I miei occhi sono spalancati e la bocca leggermente socchiusa in chiaro stato di shock. Il mio sguardo è focalizzato sulla ragazza a terra al centro dell'androne con la testa appoggiata su uno dei cuscini rossi della sala, bianca cadaverica e con una macchia di sangue ai suoi piedi che cresce con il passare dei secondi. Riprendo lucidità e percorro velocemente le scale rimaste e, una volta accanto al suo corpo, mi piego sulle ginocchia non riuscendo neanche a toccarla. I suoi occhi sono socchiusi mentre guarda il vuoto, dalla sua bocca completamente viola escono dei sospiri spezzati e le sue braccia sono scosse da dei tremolii a ogni respiro che compie. La realtà mi colpisce come uno schiaffo, la prendo delicatamente facendo appoggiare la sua testa sulle mie ginocchia mentre accarezzo il suo volto. Non riesco a dire una parola, non so che cosa fare o cosa dire. Con la coda dell'occhio vedo Javon avvicinarsi a noi e si ferma a qualche passo dalla mia figura di spalle.

- Avete chiamato l'ambulanza? - riesco a domandare in sussurro smorzato.

- Si,  Bill ha pensato di chiamare il ginecologo che l'ha visitata l'altra volte, sarà qui a breve - comunica la guardia del corpo.

Io annuisco impercettibilmente avendo capito tutto, sento uno sguardo posato su di me e quando abbasso lo sguardo vedo gli occhi stanchi di Madeleine posati su di me, sembra che stia guardando qualcosa di non reale. Io gli accarezzo uno zigomo delicatamente ma lei non sembra reagire a questo contatto. Vedo che sta per chiudere gli occhi e il panico mi colpisce nuovamente, non posso permetterle di chiudere gli occhi così la scuoto leggermente facendola riprendere.

- No! Ti prego, cerca di rimanere sveglia - le dico mentre le do qualche schiaffetto sul viso per tenerla sveglia.

Lei mantiene gli occhi socchiusi  e, dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre, focalizza i suoi occhi su di me per poi mostrare un'espressione che non mi piace per niente, sembra quasi una contrazione quando chiude gli occhi lasciandosi sfuggire un gemito. Il mio sguardo finisce automaticamente in mezzo alle sue gambe, la chiazza di sangue è raddoppiata, no maledizione!

- No Madeleine no! Ti prego resisti, non spingere, non è ancora il momento! - la supplico cercando in tutti i modi di attirare la sua attenzione.

Dopo qualche minuto si lascia andare a dei sospiri forse troppo accelerati e rumorosi, riapre gli occhi osservandomi lasciandosi a l'accenno di un sorriso che mi manda in confusione.

- Sto morendo - sussurra impercettibilmente facendomi scuotere freneticamente la testa.

Il sogno fatto qualche mese fa ritorna alla mente, il sangue, la sala operatoria, lei morta insieme alla bambina. Mi accorgo di star piangendo quando una goccia si deposita sul viso della ragazza tra le mie braccia, non poteva morire, non doveva!

- No Madeleine! Tu non morirai, hai capito! Devi stare sveglia, devi resistere ok? - dico in preda all'agitazione.

Mi lascio andare a un pianto disperato tenendo la testa bassa in preda ai singhiozzi, non ricordo nemmeno l'ultima volta che sono stato così disperato, la sola idea di perderla mi devasta.

- Michael.. - mi sento richiamare.

Alzo lo sguardo verso la dolce ragazza che tremante avvicina una mano alla mia guancia scacciando alcune lacrime dal mio viso, l'eccessivo tremolio della sua mano si ripercuote su di me facendomi rabbrividire.

- Promettimi che ti prenderai cura della bambina - dice guardandomi dritto negli occhi, io nego con la testa.

- Non dire scemenze chick - le rispondo prontamente mentre mi asciugo il viso con il dorso della mano.

La vedo nuovamente con l'accenno di un sorriso.

- Sto morendo - ripete nuovamente.

- No! Non stai morendo ok? Toglitelo dalla testa! - perdo la calma facendomi scappare l'ennesima lacrima.

- Tu mi fai sentire vivo, se tu muori io muoio con te quindi non ti azzardare a morire, ci siamo intesi? - mi sfogo senza pensarci.

Solo dopo mi rendo conto di cosa ho appena detto facendomi gelare sul posto.

- Io.. Io ti voglio bene - riesce a dire con la voce spezzata dal pianto mentre stringe il tessuto del mio pigiama in velluto rosso.

Io nego con la testa mentre tolgo alcuni ciuffi dalla fronte sudata che le ostruiscono la vista.

- Io di più Madeleine.. io di più - sussurro come se fosse un segreto tutto nostro.

Il rumore della porta d'ingresso mi fa sollevare lo sguardo, è il medico con due infermiere al seguito. Subito si avvicina a noi analizzando la situazione con lo sguardo.

- Non facciamo in tempo ad andare all'ospedale, c'è una stanza che possiamo utilizzare? - chiede cercando conferma nel mio sguardo.

Annuisco e subito il corpo di Madeleine viene strappato dalle mie braccia lasciandomi nella mia solitudine, qui, seduto su un pavimento in marmo bianco e una chiazza di sangue che potrebbe preannunciare la fine di tutto.

 

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