Nella guerra e nella vittoria. Nella pace e nella vigilanza. Nella morte e nel sacrificio. di MedusaNoir (/viewuser.php?uid=85659)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In war, victory ***
Capitolo 2: *** In peace, vigilance ***
Capitolo 3: *** In death, sacrifice ***
Capitolo 1 *** In war, victory ***
Nella
guerra e nella vittoria. Nella pace e nella
vigilanza. Nella morte e nel sacrificio.
In
war, victory
Quanto avevano
viaggiato? Settimane, mesi? Non
sapeva quantificarlo. Il Ferelden era grande, reclutare alleati
un'impresa
ardua e apparentemente interminabile, ma i trattati dei Custodi erano
stati
onorati. Il traditore Loghain Mac Tir era stato giustiziato, i Cousland
avevano
avuto vendetta, tutto era andato nel verso giusto – con
molte, dolorose perdite
lungo la via. Manca solo l'atto finale di quella orrida guerra.
«Sei...
Hai fatto in fretta.»
Era uscita per
schiarirsi le idee e non si aspettava
di trovare Alistair in camera, al suo ritorno. Non così
presto. Era difficile
perfino guardarlo negli occhi.
«Sarei
dovuto fermarmi a fare qualche coccola?»
Alistair, re Alistair doveva
essersi
accorto della punta di fastidio nella sua voce, perché
cambiò subito tono.
«Sai, l'Arcidemone mi spaventa meno della prospettiva di fare
le coccole a
Morrigan. Soprattutto di cosa potrebbe succedermi dopo.»
«Alistair...»
«Lo
so.» Si avvicinò a lei, la circondò con
le
braccia. Era incredibile come un bambinone come lui potesse avere
braccia tanto
grandi, protettive: Val si sentiva al sicuro nella sua calda stretta.
«Le
alternative erano poche.»
«Sarei...
sarei stata disposta a sacrificarmi!»
sbottò Val. Avvertì le guance andare in fiamme
per la vergogna, per la pena provata
per se stessa.
«Davvero?
Io no!» Alistair si costrinse a ridere e
Val capì che cercava di farla sentire meno in colpa. Con
pessimi risultati. Le
mise le mani sul volto, la costrinse a guardarlo negli occhi.
«So cosa provi.
Non ho paura di morire, ho accettato la mia morte molto tempo fa,
quando mi
sono unito ai Custodi. La vecchiaia è un traguardo
irraggiungibile, e tanto
vale morire in battaglia. Ma... ho paura di non avere trascorso
abbastanza
tempo con te.» Divenne rosso a sua volta, come se udirsi
pronunciare quel
discorso lo avesse imbarazzato, e distolse lo sguardo. «Val,
hai fatto tanto
per tutti noi. Ti siamo debitori.»
«Voi?!
Non hai idea di che cosa dobbiamo a te,
Alistair! Non ti hanno accettato
come re solo per il tuo bel faccino!»
«Così
mi ferisci, però!»
«Hai
salvato il Ferelden!»
«Lo
abbiamo fatto insieme.»
«Va
bene, insieme,
ma ci hanno aiutati anche...»
«Per
questo non devi sentirti in colpa se hai
cercato una via di uscita.»
Riuscì
a lasciarla senza parole. Quella comprensione
era esattamente ciò di cui Val aveva bisogno, la
consapevolezza di non essere
un mostro. Aveva agito una sola volta – una
sola – per puro egoismo, per paura di perdere
l'amore della sua vita, e ciò
la faceva sentire sporca. Però se almeno Alistair, l'unico
oltre a Morrigan a
conoscere lo scopo di quella notte, riusciva a perdonarla, allora forse
anche
lei stessa ci sarebbe riuscita, prima o poi. Decidendo di ignorare le
conseguenze delle sue azioni per il resto della vita.
Si strinse di
nuovo contro il suo petto.
«Nella
pace, vigileremo» continuò Alistair, la voce
ormai un sussurro. «Nella morte, ci sacrificheremo. Ma domani
è tempo di
combattere, e noi dobbiamo vincere.
Ad ogni costo.»
~~~~~
Era
impossibile calcolare il tempo nelle Vie Profonde, senza alcuna luce da
guardare, un'alba da attendere; potevano passare ore, giorni, perfino
settimane, con solo la pesantezza degli arti a ricordare il bisogno di
una
notte di riposo. Capire quanto fosse trascorso dalla loro discesa era
impossibile.
Poi,
all'improvviso, il tempo aveva cominciato a essere scandito dal battito
di
Bethany. Il suo cuore rallentava con il passare delle ore, il suono
sempre più
flebile, mentre la pelle cominciava a mutare colore. Roland se ne
rendeva conto
solo quando una torcia la illuminava, e allora anche il suo cuore
mancava un
battito, sapendola preda di un dolore indescrivibile. Il morbo la stava
uccidendo.
Non
voleva pensarci, non doveva. La
mente
richiedeva lucidità, i piedi dovevano muoversi uno dopo
l'altro, le braccia
trasportare la sorella, tutto doveva essere compiuto in maniera
meccanica e
veloce, perché ora che il tempo poteva essere contato ogni
secondo era
necessario. E la distanza tra un secondo e l'altro si faceva sempre
più lunga.
Anders
aveva parlato di un Custode Grigio, lì nelle Vie Profonde.
Avrebbe dovuto
fuggire da lui, ma aveva scelto di condurre l'intero gruppo alla sua
ricerca,
perché era il solo modo di salvare Bethany.
"Bethany,
oh, Bethany..."
Aveva
già perso Carter. Aveva perso la sua città, la
sua casa, il suo passato, ma
tutto poteva essere superato. Perfino Carter – ammise con
amarezza. Ma Bethany
no. Non la dolce, piccola, indifesa Bethany, la sua sola ragione di
vita.
Poteva uscire da quell'intricato labirinto, affrontare faide e
battaglie,
lottare di nuovo contro un Ogre e un esercito di Prole Oscura, ma
nessuna
vittoria sarebbe stata tale senza il battito del cuore di Bethany.
Non
poteva fermarsi.
~~~~~
«MORRIGAN!»
Dopo
l'urlo di Eliana nessuno aveva più parlato. C'erano stati
gemiti di dolore,
urla disperate, monosillabi stretti fra i denti. Nessuno aveva
pronunciato una
parola. Nessun nome, nessun pensiero, la mente vuota: soltanto schemi
su
schemi, movimenti, incantesimi, fendenti, deviazioni. Dopo quell'urlo,
la
battaglia sembrava perduta.
Eliana
non sapeva se fosse stata la sola a capire che il maestoso drago che
era giunto
a salvarli, a combattere contro la bestia di Corypheus, fosse in
realtà
Morrigan; lei stessa era stata presa alla sprovvista, aveva avvertito
un nodo
alla gola, ma qualcosa le aveva suggerito la verità. Era
stato più facile
combattere l'esercito nemico sapendo che il secondo pericolo maggiore
era
impegnato con un degno avversario.
Fino
a quando Morrigan non era caduta nel vuoto.
Non
era chiaro quale fosse stata la sua sorte, ma da quel momento
l'implicito
comando era stato uno solo: continuare a combattere. Era la battaglia
decisiva,
da lì le sorti della guerra sarebbero state chiare, e
mollare era
un'alternativa impossibile da tenere in considerazione. Lottavano per
il
Thedas, lottavano per la salvezza dell'umanità; potevano
morire tutti – lo
ammise con un vuoto nello stomaco – però non
Eliana. Lei aveva l'Ancora.
Comprese
quindi, con un cinismo che non era mai stato in suo possesso prima
d'ora, che
non doveva controllare i caduti. Che Cassandra, Varric e Vivienne
potevano
essere a terra, coperti di sangue, privi di vita e lei doveva comunque
fingere
che stessero bene, che fosse lì da sola.
Che
Varric non avrebbe più potuto scrivere storie sulla sua
Kirkwall, la città
tanto amata e tanto odiata, nella spasmodica attesa di rivedere Bianca,
un
giorno.
Che
Vivienne non avrebbe più osservato il cielo dal balcone di
Skyhold, con la
mente già in fremente attesa di un nuovo piano da attuare.
Che
Cassandra non avrebbe più sognato un amore da far tremare le
gambe, le mani, la
schiena, e i Cercatori della Verità non sarebbero
più tornati in vita.
Eliana
doveva lottare come se loro non fossero lì, o come se la
loro morte non fosse
possibile. Perdere la guerra significava la distruzione del mondo: la
vittoria
era l'unico obiettivo da perseguire.
Buonasera a voi e bentornata a me!
Ormai mancavo da EFP da un pezzo (non ho neanche il coraggio di contare
gli anni, dato che le sporadiche apparizioni non contano) e ora sto
cercando di tornare a scrivere fanfiction... partendo dal basso. Non
"da zero", perché suona male, ma da un livello di scrittura
minore rispetto a quello a cui ero abituata anni fa. Il fatto
è che, beh, non ho solamente ripreso con le fanfiction... ho
proprio ripreso a scrivere. Non ne avevo il tempo, tra lavoro e
università, e adesso sento che è opportuno
dedicarmi di nuovo alla mia passione, con la consapevolezza
però di avere perso qualcosa, di essere "arretrata" nello
stile. Troverete (o avrete già trovato) ripetizioni,
proposizioni molto semplici, periodi che non funzionano a dovere. Ho
deciso, tuttavia, di rileggere un paio di volte e poi pubblicare,
perché altrimenti sarebbe finita come con tutte le storie
nascoste nel computer: scritte, cancellate, riscritte, lette, rilette,
cancellate, piante, scritte ancora. E lì a marcire
perché non ne sono soddisfatta. Quindi mi scuso per la
qualità della scrittura ("Non è vero, sei stata
brava!": sì, beh, ovvio, sono sempre Med, ma ho dato il 65%
di ciò che potrei dare) e spero che vogliate seguirmi nella
ripresa del mio sogno.
Ma tanto questo è un fandom in cui non ho mai scritto e non
mi conosce nessuno, quindi non vi importa niente, è giusto.
Passiamo quindi alle note riguardanti la storia. Prima di tutto, il
titolo: mi piacevano entrambe le versioni rintracciabili del motto dei
Guardiani della Notte, quindi le ho usate tutte e due. Quella italiana
è la traduzione sbagliata e cambia il senso del motto?
Sì, ma continua a piacermi.
Il problema vero è da rintracciare nei contenuti,
perché sono incerta riguardo la modalità di
alcuni avvenimenti nel gioco, ma non sempre sono riuscita a controllare
la loro veridicità (faccio un accenno di spoiler del
prossimo capitolo: non sono certa se il mio Inquisitore abbia
incontrato un certo personaggio prima del finale di Trepasser). Non
sono stata granché neanche con la caratterizzazione di
Alistair, che è il mio personaggio preferito, e proprio per
questo ho riscritto il suo pezzo tre volte... incapace di renderlo
totalmente IC. Per questi due fattori mi scuso.
Informazioni sui personaggi: Val Cousland, umana nobile guerriera di
allineamento Caotico Buono; Roland Hawke, guerriero con un forte senso
dell'onore e il carattere burbero; Eliana Lavellan, elfa maga, dolce e
pronta a porsi sempre dalla parte degli innocenti (sì, suona
come Leliana, lo so: mi sono fissata con questo nome prima di
ricordarmi a cosa fosse ispirato. Sigh).
Ambientazione: prima sequenza, la notte precedente la battaglia contro
l'Arcidemone, dopo che la mia Custode ha convinto Alistair a giacere
con Morrigan; seconda sequenza, l'escursione nelle Vie Profonde che
chiude il primo capitolo; terza sequenza, lo scontro decisivo contro
Corypheus.
Vi ringrazio per avere letto questa storia e spero resterete per i
prossimi due capitoli!
Custode
Medusa
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** In peace, vigilance ***
In peace,
vigilance
«Giuro
che questa è l'ultima volta che torniamo a Denerim, lo
giuro!»
Val
sollevò un sopracciglio divertita. «Ti sei
dimenticato di abitarci?
«Uff...
Devo proprio?» Alistair sbuffò, lasciandosi cadere
sul letto perfettamente
intatto. Lo osservò per un momento, in colpa, poi
ammucchiò le coperte e fece
cenno alla moglie di raggiungerlo. «Vorrei viaggiare come te,
visitare posti
nuovi, città esotiche...»
«La
fai sembrare una vacanza, mentre io viaggio alla ricerca di uomini da
coscrivere ed eventuali Prole Oscura.»
«Esatto!
Come mi manca il Flagello... mi mancano perfino la strega e
l'assassino.»
Val
si distese sul letto accanto a lui, ammiccando maliziosamente.
«E l'Oblio?»
«Non
puoi neanche immaginarlo...»
«Le
Vie Profonde?»
«Il
sogno della mia vita...»
«Gli
Ogre?»
«Così
mi stuzzichi...»
Val
scoppiò in una risata che Alistair fermò presto
con un bacio. Rimasero sdraiati
vicini, le labbra unite, per molto tempo – mai quanto il
tempo che avevano
vissuti distanti.
«Non
mi piace fare il re» confessò infine il giovane
sovrano, sospirando. Val gli
accarezzò la chioma bionda. «E non mi piace
vederci così raramente. Sei la mia
regina, è assurdo vivere costantemente separati.»
«Sono
tua moglie, sono la regina e sono anche la comandante dei Custodi
Grigi: posso
essere tre cose insieme, ma non contemporaneamente. E purtroppo la
priorità è
la salvezza del tuo regno.»
«Che
andrà in rovina quando il sovrano morirà di
noia.»
«Oh,
non dire sciocchezze: troveranno facilmente qualcuno che ti
rimpiazzi!»
«Sei
crudele!» piagnucolò Alistair, battendo i pugni
sul suo petto. «Vorrei soltanto
passare più tempo con mia moglie... vederla più
spesso. Partire con lei in una
nuova avventura.»
«Ma
il tuo posto è qui.» Val si era improvvisamente
fatta seria. «C'è una grossa
parte di nobiltà che non ti accetta ancora come il re del
Ferelden, lasciare
Denerim a lungo e per questioni lontane dalla politica
indebolirà il tuo trono.
E io... io non posso lasciare la Prole Oscura. Anche in tempo di pace,
dobbiamo
restare vigili, affinché il pericolo non ci colga di nuovo
alla sprovvista. Mi
dispiace, Alistair.»
«"Nella
pace, vigileremo"» recitò suo marito. La
guardò negli occhi azzurri. «Era
scritto anche sul pugnale di Duncan. I Custodi Grigi rimangono fedeli a
vita...
ma ricorda che la nostra vita è breve. Non voglio sprecare
neanche un istante.»
~~~~~
Come
ogni sera, Roland varcò la soglia di casa con un sospiro di
sollievo: un altro
giorno era passato e finora niente di terribile era accaduto. Chiudersi
la
porta alle spalle era come tracciare un confine netto tra il suo senso
del
dovere e la sua vita privata, ogni giorno più breve; ovunque
si voltasse
appariva una nuova richiesta d'aiuto, una caverna da esplorare, un
conto da
saldare, e per questo doveva ringraziare la fama conquistata durante la
spedizione nelle Vie Profonde. Varric, ovviamente, aveva raccontato le
loro
avventure all'intera Kirkwall, romanzando buona parte della storia, e
ora chiunque
voleva avvalersi del talento e della spada di Roland Hawke. Il quale,
al
contrario, desiderava solo una lunga dormita.
Quando
rientrò nella villa degli Amell, quindi, respirò
come ogni sera il sapore della
libertà, la prospettiva di rispondere ad alcune lettere, la
speranza di
terminare il libro sul comodino. Però qualcosa lo fece
immediatamente mettere
in guardia, un particolare a cui non era abituato.
La
casa era vuota.
Capitava
che i servitori uscissero a fine giornata, qualora non desiderassero
passare la
notte nella tenuta degli Amell, era una scelta concordata e condivisa
fin
dall'inizio del loro lavoro; al contrario, Leandra non lasciava mai
l'abitazione dopo il tramonto, nemmeno se ne fosse andata della vita
del
fratello – soprattutto se
ci fosse
stato di mezzo lui. Il silenzio e il buio oppressero Roland, che
istintivamente
portò la mano alla spada, procedendo con cautela verso
l'unica stanza in cui si
intravedeva la fioca luce di una candela: la sua camera da letto.
Mosse
un passo dietro l'altro cercando di non fare rumore, nonostante la
pesante
armatura con cui era vestito, e non appena raggiunse la soglia
spiò oltre la
porta socchiusa. Ma non vide nessuno.
«Dobbiamo
allenare la tua furtività.»
Prima
di avere il tempo di riconoscere quella voce, Roland si era voltato
sguainando
la spada, pronto a colpire l'intruso; per sua fortuna, Isabela fu
più veloce di
lui.
«Ehi,
sono affezionata a questo taglio di capelli!»
«Isabela!»
Roland sussultò per la sorpresa, maledicendo la pirata per
la sua stupidità.
«Come ti è saltato in mente di apparirmi alle
spalle?! Avrei potuto farti del
male!»
«Avrebbe
dato un po' di pepe alla nostra relazione, dolcezza.»
Non
demorse. «Come sei entrata? Dove sono tutti? Dov'è
mia madre?»
«Una
cosa alla volta, per favore. Anche se la risposta è una
sola: ho chiesto un
favore a Leandra. Avevo bisogno di avere la casa... tutta per
noi.»
«Cos'avevi
intenzione di fare?»
Isabella
rise. «Rilassa quelle spalle, Hawke, non ho un gruppo di
eretici nascosti
dietro la schiena!»
Roland
cominciò a sentirsi parecchio sciocco. Ripose la spada e
iniziò a togliersi
l'armatura, cercando di dimostrare a Isabela di non sentirsi
più in pericolo.
«Volevo
farti una sorpresa» continuò la donna,
avvinghiando la sua schiena. Le lunga
dita affusolate percorsero l'addome di Roland, aiutandolo a svestirsi.
«Non
passiamo molto tempo soli, quindi ho ideato un piano per la
serata...»
«Un
piano che ha a che vedere con quel problema di cui non mi vuoi
parlare?»
«Non
fare il guastafeste, Hawke. Rimandiamolo a domani. Stasera ti voglio
tutto per
me... in vista di uno scopo puramente materiale.»
«Giusto:
l'affascinante Isabela non si lascia mai trasportare dai
sentimenti.»
«Non
deridermi. Converrai anche tu che questo tipo di relazione si addice a
entrambi.»
Roland
sospirò: avrebbe voluto continuare a discutere, ma le dita
di Isabela stavano
raggiungendo dei punti che gli impedivano di ragionare lucidamente.
«Domani
ci occuperemo di tutte le questioni che vorrai»
continuò la pirata, baciandogli
il lobo dell'orecchio destro. «Stanotte godiamoci la
pace...»
~~~~~
«Hai
visto mio fratello?»
Eliana
sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo, l'ennesimo
emozionante
capitolo di Duri nella Città
Superiore,
e tornando alla realtà incontrò l'espressione
furente di Mia Rutherford. Il suo
volto angelico, pallido e incorniciato da una massa di riccioli biondi
non era
fatto per la rabbia o per l'odio, ma i comportamenti del fratello
maggiore di
Mia erano in grado di disturbare la donna al punto da oscurare
l'apparente aura
di santità che la circondava. A Eliana non piaceva essere
nei paraggi quando
Mia era indignata. Ancora meno se Cullen non era nelle strette
vicinanze,
pronto a prendersi tutta la responsabilità delle sue colpe.
«Io...
ehm... credo stesse pescando con Ethan...»
«Ethan
è a casa. Seduto a tavola. Esattamente dove dovrebbe
essere anche Cullen!»
Con
uno scatto Eliana fu in piedi, il libro chiuso tra le mani.
«Corro a cercarlo.
Scusaci, Mia, non ti faremo aspettare ancora.»
«Lo
spero. Perché oggi è il mio
compleanno, e se Cullen non si decide io...»
Scappò
prima che Mia potesse ultimare la frase. Seguendo un'improvvisa
intuizione,
corse nella direzione delle stalle. Non dovette cercare a lungo: Cullen
aveva
appoggiato la schiena su un covone di fieno, poco interessato al vento
che gli
scompigliava i capelli, e teneva tesa tra le mani una lettera; la sua
espressione era cupa.
«Va
tutto bene?»
Anche
lui si riscosse dalla lettura come se fosse entrato in un mondo tutto
suo.
Annuì brevemente e nascose la pergamena.
«Josephine» si limitò a dire.
«È
successo qualcosa di grave?»
«No...
non proprio. È il Ferelden. Pare che alcuni nobili non siano
proprio contenti
di avere le truppe dell'Inquisizione nelle loro terre... come se si
fossero
dimenticati in fretta il motivo per cui sono lì!»
Era
facile fare infervorare Cullen: bastava prendere di mira
l'Inquisizione, in
particolare modo gli uomini sotto il suo comando, e l'ex templare
dimenticava
in un lampo il luogo e il tempo in cui si trovava e fremeva dal
desiderio di
correre sul campo a combattere qualche nemico. Il problema, dopo la
disfatta di
Corypheus, era che "il nemico" ora era rappresentato da un gruppo di
nobili orlesiani o fereldiani che non approvavano le azioni
dell'Inquisizione. Affrontarli
con la spada in mano era sconsigliabile.
«È
il compleanno di Mia» tagliò corto Eliana, sapendo
che continuare a parlare
delle informazioni di Josephine avrebbe potuto portare a una
discussione lunga
e faticosa – perché fare desistere Cullen
dall'armare i suoi uomini era
difficile e solo una via d'uscita diplomatica avrebbe avuto successo.
Una via
che, senza Josie e Leliana, era difficile da ideare in poco tempo.
Come
previsto, Cullen rimase a bocca aperta. «Mia... l'avevo
dimenticato» realizzò
mestamente. «Mi ucciderà.»
«Non
se corriamo subito in casa e ci lasciamo l'Inquisizione alle spalle per
un paio
d'ore.»
«Sei
l'Inquisitore, non dovresti parlare così.»
«Ma
siamo venuti qua per passare un po' di tempo con la tua famiglia, e ora
non
possiamo pensare al Ferelden. Non oggi.» Eliana
afferrò le mani dell'uomo,
godendo del calore che le trasmisero.
«Lo
so, ma... non dovremmo mai smettere di vigilare. Nemmeno nei giorni di
pace. Il
pericolo potrebbe essere nascosto ovunque, e con le pressioni della
corte
orlesiana e del Ferelden...»
«Non
è concessa anche a noi un po' di pace?»
Cullen
sospirò e rimase in silenzio, ma alla fine
strinse più forte le mani di Eliana. «Suppongo che
un paio d'ore non possano
fare male» ammise infine, baciandole teneramente la fronte.
Buonasera, cari lettori, sono lieta di avervi presentato il secondo
capitolo - un po' più sbarazzino e rilassante del
precedente... e del successivo. Perché il titolo dell'ultimo
capitolo si può facilmente intuire.
Prima di tutto ringrazio chi ha aperto questa storia, perché
significa che almeno per un secondo ha nutrito interesse; ringrazio chi
ha messo un "mi piace", chi ha letto per intero il primo capitolo, chi
ha deciso di seguirla; ringrazio ancor di più coloro che
hanno lasciato una recensione, perché con quel gesto mi
hanno fatto capire che non è stato un così grosso
azzardo ritornare su EFP con un nuovo fandom.
Per quanto riguarda le note vere e proprie, passiamo ai singoli episodi.
Prima scena: ambientata dopo DAO: Awakening, una piccola flash fluff
tra il Re del Ferelden e la Comandante dei Custodi - nonché
regina del Ferelden.
Seconda scena: ambientata tra il primo e il secondo capitolo di DA2,
preludio a una nottata piccante tra Roland Hawke e la seducente e
imprevedibile Isabela. Ho usato il termine "la pirata", lo so; mi
dispiace, non riesco a digerire "la piratessa" o "la donna pirata":
voglio dire, quel "donna" sembra aggiungere che si tratti di un
mestiere per soli uomini, e Isabela ne vale decine, di uomini pirata.
Terza scena: ambientata tra il finale di DAI e DAI: Trepasser, narra
della prima vacanza di Cullen dopo la sconfitta di Corypheus. L'uomo si
reca con l'Inquisitore, sua compagna, dalla sorella Mia per qualche
giorno, ma non riesce proprio a rilassarsi. Come accennavo nel primo
capitolo, non ricordo se l'Inquisitore (in caso di romance con Cullen)
incontri Mia prima dei fatti di Trepasser o dopo, così ho
scelto la via più facile (per me).
Grazie mille della lettura e dell'attenzione, e se conoscete altre mie
storie state tranquilli: non ho perso il mio toco angst. Non
è al massimo, ma con Dragon Age non si sbaglia mai. Attenti
al prossimo capitolo.
Custode Medusa
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** In death, sacrifice ***
In death,
sacrifice
Era
essenziale che lei facesse meno rumore possibile; doveva misurare ogni
passo,
ogni respiro, ogni eventuale colpo di tosse, affinché il suo
movimento non
fosse notato. Imprecò, ricordandosi che doveva fare
attenzione anche agli
improvvisi scricchiolii del corpo, soprattutto dovendo passare dalla
posizione
orizzontale a quella verticale. Per fortuna Alistair russava
sonoramente,
impedendo a se stesso di notare che sua moglie si stava alzando dal
letto.
Per
non tornarvi probabilmente mai più.
Forse
anche le fitte al cuore potevano fare rumore. Di certo erano dolorose.
Ringraziò
la Val della sera prima per avere organizzato con cura la fuga,
preoccupandosi
di lasciare l'armatura leggera nelle stalle con il suo sauro e
portandosi
dietro soltanto gli abiti da viaggio; Alistair non ci aveva neanche
fatto caso,
credendo forse che la moglie avesse in programma una cavalcata per la
mattina
seguente, o una gita con lui fuori Denerim. Gli era interessato
soltanto
toglierle gli abiti, lanciarli alla rinfusa per la stanza, libero
finalmente di
accarezzare quei seni che, a giudicare dalla foga, aveva bramato per
una vita
intera.
Nonostante
le due settimane passate insieme, infatti, Alistair si comportava come
se ogni
risveglio fosse il primo accanto a Val, compensando con
quell'entusiasmo
l'interminabile periodo di lontananza. E ora quel periodo sarebbe
divenuto più
lungo e fastidioso del solito, tutto per evitare che arrivasse a essere
realmente interminabile.
Val
si piegò alla ricerca degli stivali e la sua schiena
scrocchiò, ancora una
volta senza essere udita da Alistair, che si era appena girato nel
letto.
Vederlo dormire così tranquillo le provocò
un'ulteriore fitta al cuore, ma
ormai la decisione era stata presa: non aveva passato mesi sulle tracce
di
introvabili informazioni per demordere dopo solo due settimane.
Si
diceva che un comandante dei Custodi Grigi di Montsimmard, tanti
decenni prima,
avesse scopeto una cura per la corruzione; perché l'avesse
tenuta per sé e
soprattutto non ne avesse fatto uso era un'altra storia, che fino a
quel
momento lei non era riuscita a trovare in alcun libro o diario,
però ciò che le
interessava era capire dove si fossero spinti gli studi di quel
comandante.
All'inizio aveva creduto si trattasse di una leggenda, quindi aveva
dovuto appurare
la reale esistenza dell'uomo e la fortezza presso cui aveva servito; in
seguito
si era informata sui suoi compagni e sulla zona in cui abitava,
scoprendo così
la sua vicinanza ad alcuni maghi del circolo di Montsimmard, e infine
era
andata in una missione segreta e rischiosa – di cui Alistair
non sapeva niente
– per recuperare gli strumenti necessari a decifrare il
diario del Custode
Grigio. Da quel momento in poi l'attendeva un nuovo viaggio, nel quale
avrebbe
dovuto affrontare l'avversario più temibile di tutti: la
speranza.
Esisteva
davvero una cura? Lei e Alistair avrebbero potuto condurre una vita
normale,
avere dei figli, morire di vecchiaia? Pensarci le faceva male,
perché le dava
una speranza che difficilmente avrebbe accettato una risposta negativa,
ma al
contempo le forniva la forza necessaria a intraprendere
quell'avventura. E a
dire addio all'amore della sua vita.
Alistair
l'avrebbe ostacolata. Avrebbe preteso di seguirla, di portare con loro
una
scorta; anche viaggiare da soli sarebbe andato bene per lui, come
l'idea di
tornare ai vecchi tempi del Flagello. Però non poteva,
perché era il re e
doveva vegliare sul Ferelden... e perché la cura era
sperimentabile solo sui
Custodi che avevano già cominciato a sentire la chiamata.
Sui Custodi come Val.
Era
successo solo due volte, due notti che ricordava con orrore, poi
più niente. Ma
due notti erano bastate per farle capire che la fine sarebbe giunta in
tempi
brevi – troppo brevi per una donna giovane come lei, che era
diventata un
Custode Grigio da meno di dieci anni. Allora aveva deciso di superare
quella
soglia che temeva: trovare gli strumenti del vecchio comandante... e
fare da
cavia. Quello era l'argomento che
non
intendeva raggiungere in un'eventuale discussione con Alistair, e il
motivo per
cui se ne stava andando in segreto, nel cuore della notte. Tutto per
permettere
a suo marito di sopravvivere alla corruzione.
"Diranno
che l'ho fatto per la linea di sangue di Calenhad, perché
essa non si
estinguesse. Diranno che sono morta per permettere al re di sposare una
donna
non corrotta e fargli generare un erede. Trasformeranno tutto in una
questione
politica."
Poco
le interessava: Alistair avrebbe intuito la verità. E
– si permise di pensarlo
una volta, una soltanto – forse sarebbero stati salvi
entrambi, avrebbero avuto
un figlio, sarebbero invecchiati insieme.
«Mh...
dove vai?»
Il
mugolio di Alistair la riscosse: soltanto allora avvertì le
lacrime calde che
scorrevano sulle proprie guance. Represse un singhiozzo.
«A...
a cercare dell'acqua. L'abbiamo finita.»
«Mh...
va bene... Però torna presto...»
Si
chinò verso di lui, gli spostò i capelli biondi
dalla fronte. Impresse il suo
volto nella memoria.
«Lo
farò, te lo prometto.»
Con
una tenerezza che aveva scordato di avere nei tanti anni da comandante,
si
avvicinò alle labbra di suo marito e le baciò,
pregando di non inumidirle con
le lacrime.
«Ti
amo, Alistair...» mormorò infine.
«E
io amo te, mia regina» lo udì rispondere con un
sussurro prima di tornare nel
mondo dei sogni.
Si
alzò e gli diede le spalle, allontanandosi nel buio.
"Non
diranno che l'ho fatto per noi."
~~~~~
«ANDATE!»
L'Inquisitore
aveva serrato la mascella, ingoiando palesemente l'amarezza di quella
scelta,
ma quale altra avrebbe potuto compiere? Una vita doveva essere
sacrificata, per
il bene del Thedas, e l'elfa sapeva che non avrebbe potuto essere la
propria.
Roland non la invidiava; in fondo, lui non aveva mai dovuto scegliere
quale
compagno lasciare indietro a morire. Scegliere di guardare le spalle a
un altro
uomo, permettergli di scappare, arrendersi alla possibilità
di dover dare la
vita per la sopravvivenza di un altro era il punto cardine del suo
codice
morale e mai, mai Roland si era
trovato a confrontarsi con il senso di colpa di avere strappato una
persona
alla propria vita per permettere a se stesso di sopravvivere.
L'elfa
aveva dovuto farlo. Tra Roland Hawke e il comandante Stroud, il primo
era il
meno utile alla sua causa: non aveva un ordine da ripristinare,
conoscenze tra
i Custodi Grigi ancora fedeli. Era soltanto un uomo, l'ombra dell'eroe
di
Kirkwall. Tuttavia, se anche l'Inquisitore avesse optato per Stroud,
Roland si
sarebbe opposto ferocemente, perché a Stroud doveva la vita
di sua sorella.
Strano
come tutti quei pensieri riuscissero a fluttuargli nella testa in pochi
secondi, mentre le gambe lo portavano sotto lo stomaco di quella
creatura
dell'Oblio, il punto più delicato di una preda monumentale.
Era incredibile
riuscire a pensare tanto lucidamente con l'alito della morte sul volto,
ma non
poteva smettere di farlo. Di pensare a Bethany, al sicuro tra Custodi
Grigi che
non erano stati compromessi da Corypheus, o a Isabela, in una qualche
avventura
su una qualche nave di qualche mare lontano. Nelle visioni nella sua
testa,
erano giovani come a Kirkwall, senza tracce bianche nei capelli
– Isabela lo
avrebbe negato fino allo sfinimento. Indossavano i loro consueti abiti
da
battaglia e gli sorridevano, felici o irriverenti. Se avessero potuto
passare
più tempo insieme, sarebbero diventate ottime cognate.
Isabela
non aveva mai voluto parlare di matrimonio. Ogni volta che Roland le
faceva
notare che il loro rapporto stava diventando più
significativo di uno scambio
di piaceri sotto le coperte, la pirata cambiava argomento e si
inventava un
assassino sulle sue tracce, un tesoro da trovare. Ora che era
così vicino alla
morte, Roland avrebbe voluto sapere se in fondo sognasse anche lei di
mettere
radici.
E
Bethany come stava? Non la vedeva da diverso tempo... settimane, mesi?
Forse un
anno. Gli mancavano i suoi occhi dolci, la voce calda, le risate da
bambina;
gli mancava vedere sua sorella giocare con Carver, entrambi troppo
piccoli per
reggersi sui propri piedi, ma abbastanza da farsi dispetti a vicenda. E
Roland
a vegliare su di loro.
I
passi dell'Inquisitore e di Stroud erano finiti, dovevano essere
abbastanza
lontani da permettere anche a lui di cercare una via d'uscita. Non ce
l'avrebbe
fatta, l'aveva capito fin dall'inizio, tuttavia provarci non costava
niente.
Anche solo per rivedere gli occhi di Bethany, per avvertire il respiro
di
Isabela. Oh, per loro avrebbe dato più della vita.
La
bestia non gli diede il tempo di fuggire: lo colpì alla
spalla con un urto
violento, che lo fece crollare a terra con un grido.
"No,
non ora... Non adesso..."
Poteva
ancora farcela, lo sentiva: era una consapevolezza improvvisa, ben
più forte di
quella che aveva nutrito minuti prima, una consapevolezza accompagnata
dalla
speranza. Se fosse tornato nel Thedas, sarebbe partito alla ricerca di
Isabela,
le avrebbe strappato una promessa di matrimonio – tra le sue
urla e la sua
indignazione e le sue risate innamorate – e si sarebbero
ricongiunti a Bethany;
avrebbero passato gli ultimi anni insieme, stuzzicandosi a vicenda e
raccontandosi le rispettive avventure, e arrabbiandosi quando qualcuno
rimaneva
lontano senza avvertire troppo a lungo. Ne avrebbero sorriso poi,
rendendosi
conto di essere invecchiati e di essere diventati ancora più
cocciuti e
protettivi. Avevano ancora molto tempo da vivere.
Si
fece forza, tirandosi in piedi a fatica e aggrappandosi a una sporgenza
per
mettere più distanza tra sé e il nemico.
Cominciò a sollevarsi, ignorando
deliberatamente il dolore alla spalla, e il piede toccò il
primo masso libero.
Poi il secondo. Poi...
«Roland...
Sei qui.»
Quella
voce.
Con
infinita lentezza i suoi occhi trovarono la fonte della voce e, in
pochi
attimi, si riempirono di lacrime. Una donna anziana, dai capelli grigi
raccolti
e lo sguardo fiero, lo osservava dal basso. Le sue labbra tremanti
tradivano la
sua emozione.
«Mamma...»
Leandra
era identica a quando si era mossa per l'ultima volta tra le mura di
villa
Amell; i contorni del suo profilo erano sbavati, come un'ombra o
un'apparizione, ma Roland non ci fece caso. Ne sapeva benissimo il
motivo. Sua
madre continuò ad avvicinarsi, ora anche i suoi occhi
traboccanti di lacrime.
«Non
abbandonarmi, ti scongiuro. Resta con me, figlio mio...»
Non
l'aveva salvata: ecco la consapevolezza. Roland non era stato in grado
di
trovare l'assassino di sua madre prima che potesse portare a compimento
il suo
terribile piano. E ora... ora Leandra era lì.
Si
lasciò cadere.
~~~~~
«L'ha
lasciata lì a morire!»
«Non
c'era nessuno con lei, Cullen.»
«Cassandra
e gli altri erano impegnati nella battaglia...»
«Parlo
di Solas! Parlo di... di... Ha tradito l'Inquisizione. Ha tradito lei!»
«Abbiamo
solo la parola della Viddasala, come possiamo dare per scontato che
abbia detto
la verità?»
Le
voci giungevano lontane, come da un altro tempo. Un tempo antico, in
cui Thedas
e Oblio erano una cosa sola, non c'era alcun Velo a separarli e gli
elfi erano
una razza gloriosa e fiera. Cercò di concentrarsi su alcune
di quelle voci,
simili a sussurri, che pian piano diventano più forti.
«L'avete
uccisa!»
«Era
l'unica scelta possibile, Fen'harel. Ci avrebbe
distrutti.»
«Di
tutte... di tutte le soluzioni... L'avete tradita.
Avete tradito lei!»
«Sappiamo
dell'affetto che nutrivi per Mythal, ma non
dovresti compiere azioni avventate...»
«La
pagherete cara. Tutto ciò per cui avete compiuto
questo abominio... Perderete tutto. Ogni cosa.»
Si
svegliò di soprassalto. Le voci nelle mente si erano spente,
i soli rumori
rimasti provenivano dalla stanza in cui si trovava in quel momento. Una
stanza,
realizzò. Non il Crocevia. Alcune persone erano in piedi e
le davano le spalle,
immerse in una rabbiosa discussione; lei non cercò nemmeno
di cogliere le loro
parole.
Il
solo pensiero di Eliana era rivolto al passato, a ciò che
aveva vissuto non
sapeva quanto tempo prima. Ore? Un giorno intero? La testa le scoppiava
e il
braccio destro doleva, come se si fosse addormentata sopra l'arto.
Cercò di
muovere la mano sinistra e di portarla alla fronte, per sentire se
scottasse,
ma l'improvviso vuoto al termine del suo gomito la sorprese. Le ci
volle
qualche secondo per comprendere la situazione.
«No...»
I
presenti si erano accorti di lei. Riconobbe il profumo della pelle di
Cullen,
il suo fiato sul volto, la mano che le accarezzava i capelli biondi e
sporchi.
«Come
ti senti?»
Non
riusciva a respirare. Cercò di sollevare il busto,
avvertendo un macigno sul
petto che le impediva di aprire i polmoni; tentò di parlare,
ma il panico aveva
ormai preso il sopravvento e le oscurava la mente e la vista.
«Eliana,
respira! Sei al sicuro, sei al sicuro...»
Cullen
la stava stringendo tra le braccia. Lei non poteva, lei non
avrebbe più potuto ricambiare il suo abbraccio.
Per quanto si
sforzasse, nemmeno le lacrime riuscivano a lasciare i suoi occhi.
Ricordò:
aveva attraversato l'Eluvian per ritrovare Solas, e il mago era apparso
davanti
a lei. Avevano discusso, Solas aveva spiegato le sue folli ragioni,
Eliana
aveva cercato di convincerlo a ripensarci, a tornare indietro. Le aveva
promesso che l'avrebbe aiutata, permettendole di ritardare il giorno
della sua
morte, sebbene questo sarebbe arrivato a breve... E cosa aveva fatto?
Per gli
dei, che cosa le aveva fatto?
«L'Ancora...»
riuscì finalmente a dire, dopo avere inspirato
profondamente. Il suo corpo
tremava.
«L'ha
rimossa» spiegò dolcemente la Divina Victoria,
sedendosi ai piedi del suo letto.
«Se l'abbia fatto per se stesso o per aiutarti non lo
sappiamo...»
«Non
ora, Leliana» la interruppe Josephine alle spalle
dell'Inquisitore.
«Josie,
non possiamo rimandare. Dobbiamo saperlo adesso, è di vitale
importanza. Mi
dispiace, Eliana, ma dobbiamo conoscere la verità:
è stato Solas? Ci ha
traditi?»
Eliana
ripensò alle parole del mago. All'aiuto che i suoi seguaci
intendevano ottenere
da Corypheus, al progetto di ostacolarlo e riottenere l'Ancora, alla
missione
che intendeva compiere a ogni costo...
«Inquisitore»
la spronò con dolcezza Josephine «Solas
è nostro nemico?»
Ripensò
al sacrificio del Thedas.
Eliana
riacquistò la lucidità. I suoi occhi si puntarono
sulla Divina, poi su Cullen.
«Sì.»
~~~~~
Nella
guerra, vittoria. Nella pace, vigilanza. Nella
morte, sacrificio.
Le
coraggiose parole dei Custodi Grigi riecheggiano
nelle nostre menti, guidano il nostro cammino, accompagnano la nostra
caduta.
Ma un altro verrà, e l’Era dei Draghi
giungerà prematuramente al termine, e il giuramento
fatto dal nostro cuore in rovina non sarà dimenticato.
È
giunta l'Era dell’Eroe.
Buonasera, ragazzuoli!
Giungo in ritardo causa problemi al computer e non solo, ma con un bel
capitolo angosciante. Spero. C'è stato abbastanza angst,
secondo voi? Mi piace sperarlo.
Prima di tutto, le ambientazioni:
1) Prima scena: indicativamente circa un anno prima dell'inizio di DAI.
Grazie alle missioni sul tavolo da guerra, Leliana riesce a scoprire
che il Custode è in cerca di una cura... quale motivo per
non sfruttare tale occasione? Val è buona, testarda, e
soprattutto è incredibilmente innamorata di quello scemo del
re del Ferelden. E non vuole perdere la persona che ama, non vuole
neanche rinunciare a lui: per Alistair ha compiuto un gesto che ritiene
ancora deplorevole, convincerlo a giacere con Morrigan, e ora deve
dargli a sua volta prova del suo amore - e della sua determinazione.
Rimane però l'Eroe del Ferelden, e molti considereranno il
suo gesto come un atto di eroismo e bontà... mentre invece
è di puro, sano egoismo, quell'egoismo che non nuoce a
nessuno, ma che mette - per una seconda volta - la propria
felicità davanti a tutto.
2) Seconda scena: DAI, quest "Qui giace l'abisso". È una
scelta dura... qualora si abbia Alistair al posto di Stroud. Ma per chi
è affezionato al proprio Eroe di Kirkwall salvare lui al
posto del Custode è un atto quasi obbligato. Resta il fatto
che l'Eroe è ormai privo di conoscenze, mentre Stroud
potrebbe rimettere in piedi l'onore dei Custodi (o almeno è
ciò che verrebbe da pensare l'Inquisitore). Sarò
sincera: la prima volta ho ucciso l'Eroe per questo motivo (ma giocavo
senza avere sincronizzato i salvataggi do DAII), mentre Roland
è rimasto in vita; tuttavia, per questo capitolo ho
preferito immaginare la sua morte, una scelta differente, e in qualche
modo redimerlo dai sensi di colpa provati per l'omicidio della madre.
3) Terza scena: DAI: Trespasser, prima che l'Inquisitore annunci la sua
volontà di... mantenere attiva l'Inquisizione (piccolo OT:
sono felice di questa scelta, perché Eliana credeva di
doverla sciogliere, essendo ormai inutile, ma quando Solas ha
minacciato il Thedas lei ha dovuto cambiare idea - un'idea che mi piace
di più). Il flashback di Eliana, le voci che le sembra di
sentire appartengono agli assassini di Mithal, agli "dei" elfici, e se
Solas è determinato a vendicare l'amata... Cullen lo
è quanto lui. Un po' mi spiace non avere mai giocato la
romance con Solas, però è un personaggio che non
riesco a sopportare (neanche l'adorabile e buona Eliana c'è
riuscita).
4) Quarta scena: beh... il prossimo capitolo della saga
arriverà prima o poi, no?
Detto ciò, spero che la storia vi sia piaciuta e che vi
abbia un po' fatto male al cuore, proprio come piace a me.
A presto!
Custode
Medusa
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3739196
|