Careless Love

di Mombuchika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1: Heart ***
Capitolo 2: *** Day 2: Youth ***
Capitolo 3: *** Day 3: Living Legend ***
Capitolo 4: *** Day 4: Fashion ***
Capitolo 5: *** Day 5: Hashtag Ninja! ***
Capitolo 6: *** Day 6: Love ***
Capitolo 7: *** Day 7: Life ***



Capitolo 1
*** Day 1: Heart ***


Creai questa AU su suggerimento/richiesta della mia partner di roleplay su Tumblr, @eroslike, e con lei ho approfondito e sviluppato i personaggi, spesso ispirandomi alle bellissime fanart che si trovano in giro sul tema. Poi loro si sono scritti da soli. E la AU si è ingigantita. Ora hanno vita propria, e si stanno divorando la mia.
Ho scritto questa serie di drabble in occasione della Vityaweek 2017 su Tumblr, ogni giorno seguendo un prompt diverso, motivo per cui i pezzi non sono in ordine cronologico.
Devo ancora tradurre in italiano la pagina in cui scrivo la storia completa, ma per chi non temesse l'inglese, qui trovate tutto il background di riferimento. Appena riesco tradurrò il pippozzo. In attesa di ciò, di seguito lascio un breve riassunto del contesto in cui ci muoviamo.
Infine, per chi volesse cimentarsi nella versione originale inglese della fanfiction, ecco il link su AO3.
Nota: gli appassionati di Final Fantasy VII troveranno nella AU una loro vecchia conoscenza. Non abbiatevene a male, ma è da quando ho visto Viktor giovane per la prima volta che ho pensato che assomigliasse troppo a Sephiroth perchè il poveretto non venisse usato a modello per papà Nikiforov.

My Baby Shot Me Down - YoI Mafia!AU
Viktor Sergejevich Nikiforov, figlio di Sergej "Sephiroth" Nikiforov, a 26 anni ha assunto il ruolo di pakhan, boss della mafia russa, la bratva. Il titolo è ricaduto sulle sue spalle quando il padre, a causa di intrighi orditi da una famiglia di Yakuza, i Katsuki, è stato imprigionato in un carcere di massima sicurezza in Siberia con accuse sufficienti per più ergastoli.
La famiglia Katsuki ha poi inviato Yuuri, fratello della Kumicho (capo della famiglia) Mari, a San Pietroburgo, con la missione di sedurre il giovane pakhan e ucciderlo. L'opera di seduzione riesce, ma al momento cruciale Yuuri non riesce a uccidere Victor, di cui si è innamorato, e fugge, tornando in Giappone.
I suoi sentimenti, però, sono ricambiati, e Viktor, che non ci ha messo molto a capire cosa è successo, iniza un vero e proprio corteggiamento, cercando di riavvicinare la bratva e la Yakuza, flirtando con Yuuri ad ogni loro incontro-scontro.
E' da qui che gli equilibri fino ad allora esistenti nel mondo della malavita si spezzano, mentre Viktor, nella sua opera di avvicinamento a Yuuri, si trova a dover fare e disfare alleanze vecchie di anni, creando dissapori non solo fra i suoi nemici, ma all'interno del suo stesso clan...


Heart
-La reazione di Viktor alla notizia del matrimonio combinato di Yuuri-
 
“Ti strapperò il cuore dal petto e lo darò da mangiare ai lupi, Nikiforov!” urlò l’uomo mentre la lama danzava più vicina alla sua pelle, e Viktor rise, di un riso così forte e così amaro da non sapere quando sarebbe riuscito a fermarsi.

Perché in effetti era piuttosto divertente, in quel momento, pensare al suo cuore, quella misera cosa rossastra che batteva nel suo petto, tenendolo in vita col suo ritmico pulsare fatto di carne, mentre il suo vero cuore, quello che non era fatto di muscoli, giaceva in pezzi a mezzo continente di distanza.
E pensare che solo recentemente si era accorto di possederne uno e, per quanto clichè ciò potesse sembrare, era stato solo dopo averlo perso. O, più precisamente, dopo che era stato rubato, ed era volato da San Pietroburgo ad Hasetsu, in Giappone, in tasca ad un certo Yuuri Katsuki. Divertente, scoprire di avere un cuore solo una volta giunto all’età di 27 anni, quando già sedeva al vertice del mondo della criminalità organizzata russa, quando ormai era troppo tardi e così poco saggio possederne uno.
In effetti, Viktor aveva dovuto attraversare l’Asia in volo per riprenderselo, e nel tentativo aveva mosso troppi fili, aveva fatto arrabbiare un po’ troppi uomini d’affari, come la gente del suo ambiente amava farsi chiamare. Oh certo, era stato tutto molto divertente per qualche anno, Viktor impegnato nel ruolo del corteggiatore con Yuuri mentre si dedicava a patti e negoziazioni con la Yakuza, lanciato in un pericoloso balletto con il fratello della kumicho mentre con grazia passava da un patto all’altro con la kumicho stessa, sempre così sospettosa… fino a che un giorno tutto si era bloccato di colpo.

Forse che Viktor non aveva saputo giocar bene le sue carte? Oppure era Yuuri che si era stancato del loro gioco? Viktor non lo sapeva, ma nel venire a sapere che Yuuri aveva accettato un matrimonio combinato, il giovane pakhan aveva semplicemente escluso la seconda possibilità. Perché Viktor Nikiforov sapeva di poter riparare un errore strategico o diplomatico, ma non sarebbe mai stato in grado di riparare il suo cuore se Yuuri l’avesse frantumato in mille pezzettini con un rifiuto.

“Se davvero vuoi dare il mio cuore in pasto ai lupi, amico mio, dovresti prima chiedere ad un certo katsudon di consegnartelo, sai? Nel frattempo, lascia che ti aiuti a disfarti di quel dito. Non ti serve davvero quando ne hai altri nove da usare, non trovi?”
Il suo uomo lo stava aspettando, pensò Viktor mentre la lama scivolava nella carne tenera. Di lì a nove giorni, la sposa di Yuuri avrebbe aspettato il suo futuro marito all’altare, ma lo sposo non si sarebbe mai presentato. Non a quell’altare, se non altro.

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Capitolo 2
*** Day 2: Youth ***


Youth
-Ritratto di Viktor prima e dopo la sua ascesa al ruolo di pakhan. Accenni al padre di Viktor-
 
Se c’era qualcosa che aveva sempre colpito Christophe Giacometti, guardia del corpo e mano destra del futuro pakhan, era l'aspetto fresco e dolce del suo protetto, nonostante tutti gli sforzi di Viktor per modellare il suo aspetto su quello di suo padre.

Sergeij “Sephiroth” Nikiforov aveva sempre trasudato puro potere, quel volto vissuto di un veterano del KGB non aveva mai avuto un aspetto giovanile. Ma suo figlio Viktor, per quanto fosse la copia sputata del padre, con i suoi lunghi capelli argentei e gli scintillanti occhi verde-azzurri, beh, Viktor sembrava più la versione innocente e più giovane di un Sergeij vissuto in un mondo dove la violenza non esisteva, piuttosto che l’erede designato dal leader della bratva russa.

Chris non avrebbe saputo dire quante volte qualcuno aveva preso Viktor Sergeijevic per uno sciocco solo guardandolo in faccia. Cosa che, a lungo andare, non faceva che far cascare quegli ingenui dritti dritti nelle mani del giovane Nikiforov, in tutta onestà, motivo per cui Chris non si sarebbe certo mai lamentato, anche se era Viktor stesso a farlo (e anche qui, Chris non era del tutto certo che Viktor si stesse davvero lamentando, considerato quanto sembrava divertirsi a torturare chiunque avesse osato sottovalutarlo).
Gli uomini di Viktor avevano ormai da tempo imparato che dietro quel viso d’angelo si nascondeva un uomo la cui pura forza di volontà era sufficiente a ribaltare le maree, un uomo la cui fascinazione per le lame di ogni tipo rivelava una natura distorta, e ancor più malate fonti di divertimento e piacere. Eppure, ogni volta che lo guardavano, quel che vedevano era un ragazzo, tutto spensieratezza e sorrisi, all’apparenza mai toccato dalla natura brutale delle loro attività quotidiane.
E quando Viktor e Sephiroth si trovavano uno vicino all’altro, la somiglianza era sorprendente, e allo stesso tempo quasi disturbante tra due persone che emettevano aure così diametralmente opposte.

Chris non avrebbe mai capito come un semplice taglio di capelli e un abito elegante al posto della solita maglia a collo alto sopra i jeans potesse cambiare tutto nel giro di un giorno, strappare a forza tutta la giovinezza da quel volto, trasformare Viktor Sergeijevich Nikiforov in una belva, la cosa più lontana dalla freschezza che Chris avesse mai visto, persino considerando l’aspetto temprato dalle battaglie di Sephiroth. Ma forse era il nuovo anello al dito di Viktor, e il nuovo titolo posato sulle sue spalle come un mantello, nel momento in cui il più giovane pakhan nella storia della bratva prendeva posto per la prima volta sulla poltrona a lui destinata, e giurava fuoco e fiamme su coloro che avevano rovinato suo padre mandandolo in un campo di prigionia in Siberia da cui così pochi erano tornati vivi.

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Capitolo 3
*** Day 3: Living Legend ***


Living Legend
-E fu così che venne il giorno del matrimonio combinato di Yuuri-
 
Era cosa fatta.
I voti erano stati presi, labbra si erano baciate. Ora, una sottile fascia dorata aveva trovato il suo posto al dito di Yuuri, segnale di appartenenza, marchio di possesso.

E Viktor era stato lì, aveva visto tutto, mentre il suo cuore batteva forte nel petto, minacciando di sfondare la gabbia toracica dall’interno, facendogli dubitare che le sue ginocchia sarebbero rimaste salde abbastanza da reggerlo in piedi per tutta la cerimonia. Aveva giurato a se stesso che non avrebbe chiuso gli occhi finchè tutto non fosse finito, voleva che ogni singolo istante di quella giornata si incidesse nella sua mente come una cicatrice, indelebile come il tatuaggio che si era appena fatto fare sul lato sinistro del petto, proprio sopra il cuore. Il nome di Yuuri, nascosto in una rosa blu, simbolo di mistero, dell’ottenere l’impossibile. Simbolo di amore a prima vista.
Ma non ce l’aveva fatta alla fine, non aveva guardato mentre Yuuri si sporgeva in avanti per il bacio, perché Dio, era troppo, persino per un uomo abituato a sventrare uomini ancora urlanti per poi scopare il suo amante contro il muro di quella stessa stanza, con il cadavere della vittima che ancora perdeva sangue dietro di loro, troppo eccitati, troppo assetati l’uno dell’altro per spostarsi in camera da letto.
No, Viktor Sergeijevic Nikiforov, il pakhan di San Pietroburgo, non ce l’aveva fatta mentre Yuuri Katsuki, fratello della kumicho Mari, si sporgeva a baciarlo dopo aver fatto voto di essere suo marito per tutti i giorni a venire, e così aveva chiuso gli occhi, lasciando alle labbra e alla lingua di Yuuri il dominio di quel bacio, affidandosi alle braccia di Yuuri perché lo tenessero in piedi quando lui si sentiva troppo felice, troppo sopraffatto dall’idea di essere finalmente sposato con l’amore della sua vita, per reggersi da solo.

Più tardi, Yuuri si era voltato a guardarlo, mentre sedevano sulla spiaggia a guardare il sole spagnolo che scendeva piano oltre il mare, gli ultimi raggi che illuminavano i loro volti, riflettendosi sulle due fedi gemelle, sulla macchina che avevano lasciato parcheggiata a bordo strada.
“Viten’ka… Non sei preoccupato per come i tuoi uomini reagiranno? Voglio dire, che cosa diranno tutti quanti, quando la voce si spargerà?”
Una mano si poggiò sulla guancia di Yuuri, il pollice di Viktor che tracciava leggero le sue labbra con amore.
“Yuuri. Moja ljubov'1. Marito mio. Lo sai come mi chiamano?”
“La Leggenda Vivente?”
“Mh mh. Beh, se davvero vogliono scrivere la mia leggenda, voglio che sia la storia del pakhan che si è perdutamente innamorato dell’assassino mandato contro di lui dalla Yakuza, il pakhan che lo ha rapito il giorno in cui questo assassino avrebbe dovuto sposare un’ereditiera giapponese, che lo ha sposato a Barcellona, e che è andato con lui in luna di miele su una Cadillac rosa. Che ne pensi?”
“Non… non suona male. Se tralasciamo la Cadillac rosa.”
Viktor rise, e si baciarono.

1Amore mio

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Capitolo 4
*** Day 4: Fashion ***


Fashion
-Yuuri e Viktor si incontrano da soli per la prima volta, dopo il tentato assassinio-
 
La giacca di Yuuri scivola a terra con appena un sospiro, sensuale e aggraziata come la figura che fino a poco prima aveva coperto, quel corpo che, Viktor decide in quel momento, non sarebbe mai stato per gli occhi di nessun altro. Dopo vengono le sue pistole, e il tonfo sordo del metallo che cade sul pavimento risuona premonitore e pieno di promesse nel magazzino vuoto. Viktor osserva, incantato, incapace di parlare, sapendo già cosa sta per venire gettato via quando le mani di Yuuri salgono a sciogliere il nodo della cravatta, lento, di una lentezza deliberata, da agonia. Viktor non saprebbe dire cosa fa più rumore, se il fruscio della cravatta di Yuuri che raggiunge la giacca per terra, o il respiro pesante dello stesso Viktor in attesa disperata, agonizzante, del momento in cui Yuuri si decida ad aprire quel dannato primo bottone. Ma forse è altro, forse l’unico suono che rompe il silenzio che li avvolge come una coperta protettiva in realtà è il battito rapido del cuore di Viktor, che spinge il sangue giù, a causare una tensione dolorosa e allo stesso tempo benvenuta fra le sue gambe.

Finalmente quel primo bottone si apre, poi tocca al secondo, e Dio, Viktor non riesce a fermarsi, deve fare quei passi in avanti, ha bisogno di premere le sue mani su quelle cavicole perfette, per poi muoverle verso le spalle di Yuuri mentre le mani dello Yakuza si danno sempre più da fare, consce della fretta del pakhan, riflesso della propria. La camicia grigio scuro finisce presto a terra mentre labbra affamate collidono e due paia di mani si battono convulsamente per afferrare la cintura di Yuuri con lo stesso obbiettivo di slacciarla. Ed ecco che la cintura è slacciata, e subito dopo il bottone dei pantaloni di Yuuri, finchè il suono secco della cerniera che viene abbassata non spezza il silenzio, separando i due uomini.
Lo sguardo di Viktor scende verso il basso, ed è allora che li nota. L’inchiostro colorato sulla pelle di Yuuri non era lì l’ultima volta che a Viktor era stato concesso di vedere così tanto della carne dell’altro, la notte in cui Yuuri aveva tentato di compiere la sua missione e uccidere Viktor nel sonno.

Viktor sogghigna, posando le mani aperte sulle anche di Yuuri e facendole scivolare giù lungo le sue gambe, per liberarle dei pantaloni e dell’intimo, mentre il pakhan si inginocchia di fronte a Yuuri, i suoi occhi al livello dei nuovi tatuaggi di questo. Yuuri si irrigidisce nel vedere la prova della sua appartenenza alla Yakuza venire esposta così, senza vergogna, agli occhi dell’uomo che la sua famiglia gli aveva ordinato di uccidere pochi mesi prima.
“Questi non c’erano l’ultima volta che ti ho visto così, zolotse1.” mormora Viktor mentre i suoi pollici tracciano le linee eleganti che salgono dalle cosce di Yuuri fino alle anche. “Hai ottenuto comunque i tuoi tatuaggi, pur avendo fallito la missione.”
Yuuri deglutisce a vuoto.
“Li adoro.”
Viktor solleva lo sguardo verso l’alto, mostrando il collo, la sottile linea orizzontale che campeggia al centro. Una cicatrice che Yuuri conosce benissimo, perché è stato proprio il coltello di Viktor a lasciarla, quando Yuuri lo ha tenuto premuto contro la gola del pakhan quel tanto che bastava per far scorrere un filo di sangue, prima di darsi a una rapida fuga, la missione fallita di fronte alle emozioni in tumulto che minacciavano di sopraffarlo.

Viktor nota la direzione dello sguardo di Yuuri, e sfiora la cicatrice.
“La indosserò con orgoglio, come la mia miglior cravatta.” È la sola spiegazione di Viktor, poi le sue mani tornano ad afferrare le cosce di Yuuri, mentre lingua e labbra iniziano ad adorare i suoi nuovi tatuaggi, nel personale ringraziamento di Vi a quel Dio che gli ha donato ancora una volta la meravigliosa vista di uno Yuuri Katsuki nudo, con i suoi tatuaggi e tutto il resto.
Oh sì, è questo il modo in cui Viktor preferisce vedere il suo adorato Yakuza. Dopotutto, il gusto di Yuuri per i tatuaggi è decisamente migliore del suo occhio per la moda.
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1Tesoro

 

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Capitolo 5
*** Day 5: Hashtag Ninja! ***


Hashtag Ninja! (battuta di Viktor preferita)
-Di ritorno da una stancante giornata di lavoro, Viktor trova una sorpresa inaspettata ad attenderlo nel suo ufficio-
 
“Sai, Yuuri, dovremmo dar fuoco a quella cravatta, è così fuori moda.”

Il sorriso di Yuuri si allarga nel cercare lo sguardo di Viktor, mentre lo Yakuza ancora non si muove dal punto in cui ha fatto la sua comparsa, completamente inaspettato, seduto sulla scrivania del pakhan nella sua iperprotetta -o almeno così ci si sarebbe aspettati- residenza nel pieno centro di San Pietroburgo (che poi, seriamente, come cristo ha fatto quel giapponese a farsi strada attraverso tutta ‘sta sorveglianza, bestemmiò Chris tra sé e sé, è un cazzo di ninja o cosa?!).

“Non ti piace, Vitya? Forse dovrei mostrarti qualcosa che tu possa apprezzare di più.”
Basta un cenno quasi impercettibile del capo di Viktor perché i suoi uomini lascino lo studio immediatamente, poi Viktor chiude la porta a chiave e aspetta che sia Yuuri a venire da lui. Cosa che Yuuri fa, lento ma deciso, il suo obbiettivo che gli brucia chiaro negli occhi mentre intrappola il pakhan tra sé e la porta.
“Fa caldo qui dentro, e tu hai troppi vestiti addosso, Viten’ka.” Mormora Yuuri nell’orecchio di Viktor mentre fa scivolare le mani sotto il cappotto di Viktor, godendosi il piacevole solletico del collo di pelliccia. Gli inverni in Russia sono decisamente freddi, dopotutto, ma Yuuri conosce il modo migliore per sconfiggerli.

Non ci vuole molto prima che Viktor si ritrovi nudo, la luce del fuoco che danza sulla sua pelle bianca come il latte, interrotta qui e là dalle linee nere dei tatuaggi. Due rose del vento sulle spalle, un teschio al centro del petto, un simbolo per un assassino, e, sopra l’anca sinistra, Maria Vergine e Gesù Cristo in fasce, a ricordare come fin da giovanissimo Viktor si sia dilettato con uno stile di vita criminale; sulla schiena -Yuuri non può vederlo in questo momento, ma l’ha visto prima, l’ha baciato più e più volte mentre spogliava Viktor- campeggia il tatuaggio che rappresenta lo status del giovane pakhan, un’aquila con le ali dispiegate lungo tutta la parte alta della schiena di Viktor, fino alle spalle, e sotto di essa, una singola parola, север, nord, memoria costante di suo padre imprigionato in Siberia, cosa che ha fatto di Viktor il più giovane pakhan nella storia della bratva.

Viktor solleva lo sguardo dalla poltrona su cui Yuuri l’ha fatto sedere, mentre lo Yakuza sta fermo in piedi davanti a lui, con tutti i vestiti addosso eccetto la cravatta. E quando Yuuri gli si inginocchia di fronte, prendendolo in bocca, tutto quello che il pakhan può fare è gemere forte, e spingere il bacino verso l’alto, ma una sola volta, perché subito le mani di Yuuri vanno ad afferrare i suoi fianchi, costringendolo a stare fermo, e poi gemere, gemere e gemere, pregando Yuuri di concedergli l’orgasmo -in russo, perché la bocca di Yuuri gli ha fatto dimenticare l’inglese-, mentre cerca disperatamente di liberarsi da quella dannata cravatta con cui Yuuri gli ha intrappolato le mani dietro lo schienale della poltrona.

E una volta che Yuuri ha finito con lui, Viktor può soltanto rimanere disteso sulla poltrona, sfinito, sollevando lo sguardo sul suo compagno e offrendogli un sorriso stanco, mentre i suoi polsi fanno male da quanto i nodi si sono stretti in risposta ai suoi disperati sforzi per liberarsi, per poter toccare quella carne, quel corpo che è stato in grado di donargli un piacere come Viktor non ha mai conosciuto.

“Dio santo, Yuuri” sospira Viktor, senza fiato. “Non appena mi sleghi, giuro che te la brucio, questa cravatta.”

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Capitolo 6
*** Day 6: Love ***


Love
-Viktor soffoca una rivolta contro di lui, e tocca a Yuuri gestirne le conseguenze-
 
Era finita ormai. Gli spari erano cessati mezz’ora prima, con quell’ultimo colpo singolo risuonato nell’ufficio del pakhan, quando Viktor aveva premuto il grilletto, la canna della sua Ruger puntata alla fronte di Yakov.

Era la fine di mesi vissuti nella paura costante, in una fuga continua, nascondendosi dalla bratva; uomini che fino a poco prima rispondevano a ogni ordine di Viktor ora sguinzagliati a caccia dell’anello al suo dito, l’anello del pakhan che Yakov Feltsman, un tempo maestro di Viktor, aveva reclamato per sé come ultima lezione al suo pupillo.

E Yuuri era sempre stato al fianco di Viktor, durante la rocambolesca fuga in Giappone prima e in Tailandia poi, quando avevano scoperto che la Yakuza non si sarebbe schierata a fianco di un pakhan in rovina, quali che fossero i suoi legami con il fratello della kumicho; poi il Kazakistan, la Georgia, l’Ucraina, l’Italia, e poi l’America e la Colombia, per radunare alleati; poi la Siberia, dove Viktor aveva scommesso tutto ciò che aveva in un piano spericolato per liberare suo padre. Poi, finalmente, di nuovo la Russia occidentale, non più prede ma cacciatori, Yekaterinburg, Novosibirsk, Volgograd, e finalmente Mosca, San Pietroburgo. E Yuuri era stato lì, aveva visto tutto, proprio lui, Yuuri Katsuki, la ragione stessa di tutto questo scompiglio, l’uomo per il cui amore Viktor Nikiforov, la Leggenda Vivente, per poco non aveva perso il suo titolo e la sua vita.

Ed era a Yuuri che Viktor ora si reggeva, stanco, spossato, ferito, mentre lo Yakuza lo portava verso il bagno, attraversando la camera da letto nella quale avevano passato tante notti insieme. La camera da letto che finalmente era di nuovo loro.
“Alla fine non l’ho ucciso.” mormorò Viktor mentre Yuuri lo faceva sedere nella vasca da bagno, togliendogli i vestiti con delicatezza, sussultando quando Viktor grugnì dal dolore nel momento in cui il tessuto insanguinato venne tirato via dalla ferita alla gamba sinistra.
Non era una ferita profonda, e Yuuri ringraziò il cielo, perché quella guerra intestina aveva già portato Viktor ad un passo dalla morte in un’occasione, e Yuuri non era sicuro di essere in grado di sopportare quella vista una seconda volta.
“Avrei dovuto, dopo quello che ti ha fatto.”

Viktor sollevò una mano per carezzare la guancia di Yuuri, macchiandola di rosso con il sangue che sembrava essere dappertutto ormai, e i ricordi di Yuuri lo portarono indietro di qualche mese, quando Yakov lo aveva fatto catturare, usandolo come esca per attirare Viktor in una trappola e dare al suo pupillo una scelta molto semplice: uccidere il giapponese che lo stava, agli occhi di Yakov, distraendo dai suoi doveri di pakhan, o dirigere il coltello su se stesso e lasciare che la bratva scegliesse il suo nuovo leader intorno al cadavere dell’ultimo Nikiforov. Quella volta erano riusciti a fuggire, grazie all’intervento di Yuri Plisetski, ma era stato davvero per il rotto della cuffia, troppo per la tranquillità mentale di Yuuri, che aveva fatto in tempo a vedere Viktor puntarsi la lama al cuore prima che il rumore del fucile di Yurio rompesse il silenzio della notte e desse il la alla loro fuga.

“Vivrà per vederci insieme mentre tu governi la bratva: sarà la tua lezione per lui, Viktor.”
“Mh.” Viktor annuì e chiuse gli occhi, lasciando che fosse Yuuri a occuparsi delle sue ferite e a lavare via dal suo corpo tutta la polvere, il sangue, la stanchezza, finchè la pelle e i capelli di Viktor tornarono a risplendere bianchi e intonsi come prima.
“Yuuri.”
Una volta che Yuuri ebbe finito di lavare e medicare anche se stesso, Viktor sollevò entrambe le braccia, come un bambino che chiede di essere preso in braccio dal genitore, e Yuuri avvolse le sue braccia intorno a lui, rassicuranti, calde, vive.
“Sei stanco, Vitya. Ti porto a letto.”
Yuuri lo sollevò, portandolo a braccia nel letto, ma anche nel momento in cui Yuuri lo posò sul materasso, Viktor non lasciò la presa.
“Fai l’amore con me, Yuuri. Ti prego.”
Non c’era traccia di malizia nella voce di Viktor, niente voglia di giocare, solo il puro e semplice bisogno di essere tenuto stretto, di venire amato. Di trovare sollievo da tutto questo tra le braccia dell’unico uomo in grado di dargli riposo.

E Yuuri lo assecondò, gentile, affettuoso, attento, con baci dolci e tocchi delicati, lasciando che Viktor allacciasse le gambe dietro la sua schiena mentre per una volta era lui ad affondare dentro Viktor con movimenti lenti ma costanti, portando entrambi ad un orgasmo di cui entrambi avevano disperato bisogno. Fu forse la prima volta che lo fecero una sola volta prima di crollare addormentati uno nelle braccia dell’altro, e in quel momento, con il volto di Viktor affondato contro il suo petto, Yuuri ebbe il tempo di pensare che non aveva mai visto Viktor così bello e così vulnerabile in tutta la sua vita.

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Capitolo 7
*** Day 7: Life ***


Life
-La Leggenda Vivente risorge dalle ceneri per riconquistare il suo trono, con un Principe molto speciale al suo fianco.-
 
Fai l’amore con me, Yuuri, lo aveva pregato Viktor la notte prima, lasciandosi esposto e vulnerabile come mai prima di allora, abbandonandosi completamente a Yuuri, affidando corpo e anima alle sue cure. Non era un pakhan quando si era addormentato tra le braccia di Yuuri, soltanto un ragazzo di 29 anni, logorato, esausto.

Yuuri non poteva vederlo in viso, non mentre Viktor stava fermo in piedi di fronte alla finestra aperta da cui filtrava la luce del mattino, ma sapeva che Viktor aveva la stessa espressione della sera prima, anche dopo la notte di riposo. Poteva leggerlo nel modo in cui le spalle di Viktor cascavano, nel tremito leggero della mano che Viktor stava sollevando per sfiorare il vetro di fronte a lui, come se stesse cercando di aprirlo, di liberarsi da una prigione che non aveva barriere fisiche.

“Viktor.”
Yuuri si avvicinò, cingendogli i fianchi da dietro, e davanti a lui, oltre la spalla di Victor, si aprì il grandioso spettacolo della Neva che attraversava maestosa San Pietroburgo, andandosi a gettare nel mare.
“Siamo ancora in tempo, sai.” disse Viktor, coprendo la mano di Yuuri con la propria, e Yuuri sentì i brividi corrergli lungo la schiena, perché già sapeva dove sarebbero andati a parare, e avrebbe fatto male. “Mi sono limitato a togliere Yakov dalla poltrona del pakhan, senza sedermici io stesso. Non ancora. Mio padre è libero. Siamo ancora in tempo. Potremmo andarcene. Solo io, te e Makkachin, sulla Cadillac. Come la nostra luna di miele, ma questa volta non torniamo più indietro. Ti piacerebbe, Yuuri?”
, avrebbe voluto gridare Yuuri, sì, ti prego, andiamocene, andiamo in un posto dove possiamo essere semplicemente Yuuri e Viktor, persone senza importanza in un mondo dove a nessuno frega un cazzo di quel che facciamo, di chi siamo.

“No, Vitya.” rispose.
Viktor si voltò di scatto, trasalendo nel fare sforzo sulla gamba ferita.
“Perché?”
Quella era la parte più difficile, e nel contempo la più facile. Era facile, perché la risposta era sotto i suoi occhi, Yuuri l’aveva sempre saputo, lo leggeva nell’inchiostro sulla pelle di Viktor, nella luce che gli brillava negli occhi, nel modo in cui muoveva il capo. Ed era difficile, perché ammettere quella verità significava scegliere una vita di battaglie e di morte rinunciando al sogno che Viktor gli aveva appena offerto su un piatto d’argento.

“Perché a te non piacerebbe. Certo, potremmo andarcene, solo io, te e Makkachin, potremmo sparire senza lasciare tracce. Potremmo farci una vita insieme. Ma sarebbe abbastanza, Viktor? Guarda.” Yuuri prese la mano destra di Viktor nella sua, sollevandola, mostrando a Viktor l’anello del pakhan che campeggiava all’indice. “Persino adesso, mentre mi chiedi di fuggire, comunque lo porti.”

Viktor deglutì, si tolse l’anello, tenendolo sul palmo della mano e studiandolo. Poi si lasciò andare in un ringhio di frustrazione e gettò l’anello sul pavimento per poi lasciarsi cadere seduto sul letto e nascondere il viso tra le mani. Yuuri aspettò che fosse Viktor a parlare, osservandolo, dandogli il tempo che gli serviva.
“Non posso farcela, Yuuri. Non voglio andare là fuori ed essere di nuovo il pakhan.”

Yuuri si lasciò sfuggire una risatina, ed era il riso più triste che avesse mai sfiorato le sue labbra, perché di tutte le bugie che Viktor aveva detto (non a lui, mai a lui, Viktor non avrebbe mai mentito a Yuuri, ma aveva mentito così tante volte, mentire faceva parte del loro mestiere dopotutto), di tutte le bugie questa era la più grande e la più dolorosa; perché, per la prima volta, Viktor stava mentendo a se stesso.

Yuuri fece un passo avanti, prese l’anello che Viktor aveva gettato a terra con così tanta rabbia e lo posò sul letto vicino a Viktor, per poi inginocchiarsi di fronte a lui, prendendogli le mani tra le proprie.
“Viktor, guardami. Vitya, Viten’ka, amore mio. Ascoltami. Tu puoi farcela, e lo farai.”
Yuuri lo fece alzare e lo condusse di fronte al grande specchio a muro.
“E’ nel tuo sangue, scorre nelle tue vene dal giorno stesso in cui sei nato. E non perché sei il figlio di Sergeij Nikiforov.”
Yuuri lo lasciò solo per poco, il tempo necessario a trovare nel guardaroba di Viktor un cambio di vestiti. Vestiti eleganti, adatti ad un pakhan. Porse a Viktor l’intimo, e lo aiutò a indossarlo.
“E’ qualcosa nel tuo sguardo, nel modo in cui ti muovi. Lo vedo nei tuoi occhi, nelle tue mani, nel modo in cui sollevi il mento.”
Mentre parlava, Yuuri sollevò leggermente il mento di Viktor, e già potè sentire quella leggera tensione riprendere possesso dei muscoli di Viktor, trasformare il suo corpo in quello di un predatore. Poi si dedicò a far indossare a Viktor la camicia, dandogli la possibilità di rimirarsi allo specchio mentre l’immagine del pakhan prendeva lentamente il posto di quella del ragazzo spossato con ogni nuovo strato di vestiti che Yuuri gli faceva indossare.
“Tu sei nato per essere pakhan. Questa è la vita per cui sei fatto.” mormorò Yuuri mentre lisciava le pieghe sulla camicia di Viktor.

Poi fece un passo indietro, osservando il risultato, un Viktor Nikiforov completamente vestito, la Leggenda Vivente rinata di fronte ai suoi occhi come una fenice dalle sue stesse ceneri. Mancava solo un dettaglio.
Yuuri guardò negli occhi Viktor, sollevando l’anello del pakhan e offrendoglielo.
“Non puoi mentirmi, Viktor, anche sei puoi tentare di mentire a te stesso. Tu prenderai quest’anello, e andrai là fuori, e sarai il re che sei nato per essere.”

Ci fu solo un breve momento di silenzio, poi Viktor prese l’anello, lo rimise al dito, ed eccolo che riaffiorava, il sorriso di Viktor, il sorriso del pakhan, quello che prometteva fuoco e fiamme e le mille sfumature di piacere in mezzo. Ma non c’era solo quello, c’era qualcosa di più nascosto in quel sorriso, una tenerezza che sarebbe sparita una volta usciti da quella stanza, una vena di dolcezza che era riservata a Yuuri Katsuki soltanto, mentre Viktor sollevava la mano destra del marito e baciava la fede dorata, gemella di quella che non aveva mai lasciato l’anulare di Viktor stesso da quel giorno a Barcellona.

“Se così dev’essere, moja ljubov'1, voglio che tu sia al mio fianco.”
Yuuri sorrise.
“Sempre.”

1Amore mio

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