Nelle pieghe della memoria

di sku
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** capitolo 33 - Epiloghi ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


1. Titolo: Nelle pieghe della memoria
Fandom: Shannara
Genere: Fantasy, avventura
Rating: Giallo (più per prudenza)
Disclaimer: I personaggi e i luoghi (esclusi quelli di mia invenzione) sono di proprietà di Terry Brooks e sono usati senza fine di lucro.
Note: Le parti in corsivo indicano dei flashback. Questa storia si colloca circa vent'anni dopo "La spada di Shannara", ci sono diversi personaggi di mia invenzione, per quelli di Terry Brooks spero di essere stata abbastanza IC.


***
Aveva quattro anni quando era rimasta orfana. Era accaduto tanto tempo prima e non le capitava spesso di pensarci, aveva altre preoccupazioni ormai. Ma ogni tanto, quando meno se l'aspettava, quel dolore ricompariva e la spiazzava. Era cambiato con il tempo, non era più lacerante come all'inizio ma non per questo faceva meno male, soprattutto adesso che era unito al senso di colpa per aver dimenticato i visi dei suoi genitori. L'uomo che l'accompagnava le aveva detto che al momento giusto li avrebbe ricordati. "E' sempre una questione di momenti giusti con lui... come fa a decidere qual'è il momento giusto per gli altri?"
Leian sbuffò per quei pensieri che avevano deciso di tormentarla  proprio quel giorno. Per distrarsi guardò l'alto compagno al suo fianco avvolto fino ai piedi in un mantello nero, le mani nascoste tra le sue pieghe e il profilo affilato che si intravedeva appena dal cappuccio.
"Deve avere almeno sessant'anni. Strano come non mi sia mai chiesta quanti anni possa avere, fino ad oggi. Non è più un ragazzino comunque. Ma come fa ad avere tutte queste energie? Io sono distrutta!" L'uomo non diede segno di essersi accorto dell'occhiata. "Meglio così, anche se sa sempre tutto e niente gli sfugge! Starà semplicemente facendo finta di niente."
La ragazza riportò lo sguardo sulla strada illuminata dai bagliori del tramonto. "Non c'è già più nessuno in giro, che tristezza. Varfleet è sempre stata una città così vitale, cosa le sta succedendo?" Era una domanda retorica, lei era una delle poche a sapere cosa stava accadendo non solo a Varfleet ma in tutte le Quattro Terre. Il suo sguardo si indurì, mentre mille ricordi le affollavano la mente facendo crescere dentro di lei la rabbia.
- Smetti di pensarci. Per oggi abbiamo avuto anche troppe brutte notizie. - La voce di Allanon la sorprese.
"Il druido sa sempre tutto." si ripeté mentalmente Leian. Si sistemò meglio il cappuccio per nascondere il suo viso quando incrociarono un passante che li guardò sospettoso; aveva imparato a sue spese che la curiosità della gente può uccidere. Era per quello che nonostante l'afa indossavano i mantelli, anche se lei sospettava che attirassero più sguardi di quanti ne risparmiassero.
- Siamo arrivati. - la avvisò improvvisamente il druido mentre si fermava davanti ad una porta malconcia. Bussò piano tre volte e aspettò. L'attesa si protrasse per qualche minuto, poi, come se avesse ricevuto un segnale misterioso, la condusse sul retro della casa attraverso uno stretto vicolo dove li aspettava una donna che si stava asciugando le mani in un grembiule. Era una donna robusta, con le mani callose e le guance rosse, i capelli grigi le sfuggivano in mille ciocche dall'elaborata acconciatura. Li squadrò da capo a piedi e Leian sentì un'istintiva simpatia per la donna. "Ha lo stesso modo di fare di Saraia."
- Vi sembra l'ora di arrivare? E non ti sembra di essere incosciente a trascinare con te quel ragazzino, druido? - li accusò la donna.
Leian trattenne il fiato, nessun si rivolgeva così ad Allanon. Nessuno sano di mente per lo meno. Con sua grande sorpresa il druido non si scompose.
- Arriviamo quando ci è concesso, e trascino con me chi mi pare, madonna Mailin. Adesso che ho risposto alle tue impertinenti domande, possiamo alloggiare presso di voi? - la schernì l'uomo con un tono ironicamente formale.
La donna scoppiò in una sonora risata. - Non cambierai mai, druido. Entrate pure, toglietevi gli stivali e i mantelli. Immagino preferiate lavarvi prima di cena. - disse loro voltandosi ed entrando nella stanza buia. La seguirono e le narici della ragazza furono invase dal profumo di arrosto con patate. "Da quanto tempo non faccio un pasto decente? "
- Ragazzino, segui mio figlio che ti aiuterà per il bagno. - le disse indicando un ragazzo con i capelli scuri e la stessa corporatura della madre che stava fermo sulla soglia della porta. Leian arrossì e non si mosse al che la donna la guardò incuriosita.
La ragazza non sapeva cosa fare, per la sua incolumità viaggiava facendosi passare per un ragazzo, aveva tagliato i suoi bei capelli castani, aveva fasciato il suo seno ed indossava abiti un po' più larghi per nascondere i fianchi. "Adesso cosa faccio?"  si chiese. Allanon le aveva detto di parlare il meno possibile per non tradire il suo segreto e anche se l'uomo sembrava in confidenza con la donna non sapeva fino a che punto poteva fidarsi di lei.
Allanon decise di andarle in aiuto. - E' meglio se tuo figlio si occupa di me, mentre tu la aiuti. - Anche se Leian non lo credeva possibile sembrava che l'uomo si stesse divertendo. "Allanon non sa cosa sia il divertimento!"
Mailin la guardò più attentamente. - Allora è vero che ti accompagni ad una giovane donna. Non volevo credere a mio marito quando me l'ha detto. -
- Spero che non l'abbia detto ad altri, oltre a te. - La donna gli lanciò un'occhiata significativa e il druido annuì.
- Seguimi allora, ragazzina. - disse poi rivolta a lei.

Leian era distesa ad occhi chiusi nella vasca piena di acqua calda e lasciava che quel bagno tanto atteso portasse via le sue inquietudini e la stanchezza che pervadeva il suo corpo. Accarezzò la superficie liscia dell'acqua e sentì una sensazione di potere pervaderla, aumentava sempre più e cercava di prendere il sopravvento su di lei.
"Lascia che vinca e tutta la tua sofferenza avrà fine." Era un pensiero consolante e spaventoso al tempo stesso. La sensazione continuava a crescere, quando sentì un forte dolore ai polsi e si riscosse, mettendosi seduta di scatto. Ansimava come se avesse corso a lungo.
"Sta succedendo di nuovo, non posso abbassare la guardia." Si guardò i polsi dove due braccialetti scintillavano. Erano lucidi, argentei e riflettevano la luce del lume posato sulla mensola. Non c'era segno di alcuna chiusura, mentre si scorgevano chiaramente alcune lettere dell'antica lingua elfica. Conosceva il significato di quella frase incisa ed era anche a conoscenza dello scopo di quei monili.
Si massaggiò i polsi e ripensò a quando Allanon glieli aveva spiegati molto tempo prima.


- Cosa significa la scritta? - Aveva sei anni quando aveva trovato il coraggio di chiederlo al burbero druido.
- E' elfico. Dice "A protezione e difesa. " -
- Perché non posso toglierli? - La bambina era perplessa, da quando aveva quattro anni non li aveva mai tolti.
- Non ti piacciono? Li ho fusi apposta per te, sono di un metallo speciale.-
- No no, mi piacciono. - si era affrettata a rassicurarlo timorosa di averlo offeso. - Ma quelli delle altre bambine si aprono mentre i miei no. Mi dicono sempre che se non li tolgo mi stritoleranno i polsi e mi cadranno le mani. - Era seriamente preoccupata per quell'eventualità ma aveva aspettato che il druido fosse tornato a farle visita per farne parola.
- Non succederà niente di simile. Quando verrà il momento li toglierò. Servono a proteggerti. -
- Da cosa? -
Il druido l'aveva guardata in modo strano, come se stesse valutando la sua capacità di accettare le verità scomode. Doveva aver deciso che era troppo bassa perché le aveva risposto: - Quando verrà il momento lo saprai. -


Erano passati alcuni anni prima che glielo spiegasse. Ancora adesso dovevano proteggerla, ancora adesso era troppo piccola per farne a meno; o almeno era quello che credeva.
"Devo avvisarlo di quello che mi sta succedendo, devo dirgli di aumentare l'addestramento o non sarò mai pronta per il mio compito."
Si ridistese lasciando che l'acqua ricoprisse il suo corpo martoriato dalla lunga camminata che li aveva portati nella città di frontiera.
"Non mi ha spiegato perché abbiamo deviato per venire qui. A parte che non mi spiega mai nulla, con lui tutto dev'essere sempre così misterioso in modo che  solo lui abbia il controllo della situazione." Conosceva il druido da sempre, era stata una delle poche figure stabili della sua vita, da quando i suoi genitori erano...
"E' destino che oggi debba continuare a pensare a loro."
Uscì dalla vasca e si asciugò velocemente rabbrividendo leggermente nell'aria fresca della sera. Indossò gli abiti che le aveva procurato Mailin. - Sono abiti vecchi di mio figlio, dovrebbero andarti bene. Sono un po' usati ma almeno sono puliti. - le aveva spiegato consegnandoglieli. L'aveva ringraziata di cuore, era tanto che qualcuno non aveva quelle piccole preoccupazioni nei suoi confronti. Allanon si preoccupava solamente che sopravvivesse e che si preparasse. Ma sentiva la mancanza delle attenzioni di una madre, la sua l'aveva persa da piccola e Saraia... "Saraia sono stata costretta ad abbandonarla." Dopo essersi vestita si fasciò con cura i polsi nascondendo così i bracciali.
Uscì nel cortile posteriore della casa e rimase ad osservare il giovane che si stava allenando con la spada. "Niente male, sarà un buon combattente. Suo padre sarà fiero di lui." Il giovane si voltò rapidamente roteando l'arma nell'aria e rimase sorpreso quando la vide; si bloccò, improvvisamente impacciato.
- Non volevo disturbare il tuo allenamento. - si scusò lei. - Sei molto abile. -
- Mi ha insegnato mio padre. - Non la guardava negli occhi essendo molto interessato ad un sasso che si trovava vicino alla punta del suo piede destro.
- Dov'è adesso? -
Il giovane si strinse nelle spalle. - Non lo sappiamo. E' via da due settimane. - Il sasso esercitava su di lui un'attrazione magnetica.
Improvvisamente Leian capì il perché di quella sosta nella piccola città di frontiera. - Tuo padre è una guida, vero? - mormorò avvicinandosi a lui. Era molto giovane. "Non avrà più di quindici anni ma mi sorpassa già di tutta la testa. Non che la cosa mi stupisca poi molto, io sono oscenamente bassa."  
Il ragazzo annuì senza togliere gli occhi dal sassolino. Il figlio di una guida, destinato sicuramente a seguire le orme del padre. "Vivrà nell'incertezza di non sapere se rivedrà il padre."  - E' partito da solo? - indagò. Lui scosse la testa. "Allora è una spedizione. Forse dovremo aspettare il loro ritorno. Allanon non mi aveva avvisato che ci sarebbe stato questo ritardo. Ma già, dev'esserci sempre un po' di mistero."
Decise di lasciarlo solo a continuare l'allenamento, ma aveva fatto solo un paio di passi in direzione della porta quando la voce del figlio di Mailin la fece fermare.
- Sei tu quella che mio padre aspetta? -

***
Grazie a chiunque voglia lasciare un commento.
A presto,
sku.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


2. Leian rimase spiazzata dalla domanda. " Qualcuno mi aspetta? Perché? " Era una novità anche per lei. Mailin le evitò di dover rispondere chiamandoli poiché la cena era pronta.
Mangiarono in silenzio, i due viaggiatori troppo concentrati sull'ottimo arrosto. Erano settimane che non facevano un pasto caldo degno di quel nome.
Alla fine della cena Leian si alzò e aiutò la donna a rigovernare nonostante le vibranti proteste della stessa. Ma alla ragazza faceva veramente piacere poter dare una mano, era un modo per sdebitarsi e per sentirsi legata alla normalità. La sua vita era tutto fuorché normale, lo era sempre stata, del resto.
- Dev'essere difficile dover abbandonare la propria famiglia così giovane per seguire un druido misterioso e taciturno. -  "E' ancora più difficile doverla abbandonare due volte..."
- Beh sì. Ma così ho conosciuto posti e persone che altrimenti non avrei mai visto. - "Non che la cosa mi consoli poi molto."
- Come mai i tuoi genitori ti hanno lasciato partire? Io non so se ne sarei stata capace. - "Non avevano altra scelta."
- Perché si fidano di Allanon. - Questa era decisamente una bugia.
- Buono quello! Non gli affiderei una pianta, figuriamoci una ragazzina. Da quando sei affidata alle sue brusche cure? -
"Dalla morte dei miei genitori." - Da qualche anno ormai, non ricordo con esattezza. - Non le piaceva mentire a quella donna che li aveva accolti con cortesia, ma non poteva neanche dirle come stavano realmente le cose, era un segreto troppo prezioso anche senza che Allanon glielo proibisse. Leian era riservata di natura, aveva imparato presto che non si poteva rivelare tutto agli altri.
Mailin dovette intuire che non avrebbe parlato perché cominciò a raccontarle della sua di vita. La ragazza la ascoltò con attenzione anche perché la donna sapeva raccontare molto bene e più volte le strappò una risata. Allanon le sentiva dall'altra stanza, il viso impenetrabile non rivelava i suoi pensieri. Quando tutto fu in ordine il druido le chiamò.
- Da quanto tempo tuo marito è fuori? - chiese alla donna.
- Da tredici giorni. Sono partiti per l'Est. Erano un gruppo di quattro, mio marito era la guida, due soldati e un altro. - rispose semplicemente.
- Sai cosa cercano? -
Mailin sorrise maliziosamente - Io non devo saperlo. - Anche il druido sorrise. "Oh mio Dio, sorride! Allora ne è capace!"
- Cercano delle pietre, questo è quello che mi ha detto mio marito. Mi ha anche detto di comunicarti che avrebbe percorso il sentiero più impervio e lungo finché gli fosse stato possibile. -
Il druido annuì poi guardò Leian che non era riuscita a capire granché della conversazione. "Una ricerca con due soldati e una guida? Allora dev'essere qualcosa di importante."
- Ti siamo grati per l'ospitalità, madonna Mailin. Grazie anche per le informazioni. - La donna comprese e si alzò.
- Cercate di non andare a dormire troppo tardi. Buonanotte druido. Buonanotte anche a te, ragazzina. - Così dicendo si avviò su per la scala che l'avrebbe condotta nella sua camera da letto. Passarono diversi minuti prima che Allanon parlasse. La ragazza aveva imparato che era meglio aspettare e non fare domande. Il druido fissava la fiamma della candela come se potesse vederci qualcosa.
- Hai ancora sentito il senso di potere? - le chiese infine.
"Il druido sa sempre tutto." - Sì. -
- Più forte, vero? -
"Tutto e sempre." - Sì.-
- Domani ci separeremo. -
"Questa è una novità." - Cosa? Ma il mio addestramento non è concluso, non sono pronta e non puoi lasciarmi sola ora. -
- Il tuo addestramento è sufficiente per quello che devi fare e nessuno ha detto che sarai sola. -
- Ma come faccio con... non sono pronta, Allanon.- "Sincera, devo essere sincera se non voglio combinare un disastro. Dai, diglielo." - Ho paura.-
Il druido non rispose.
- Domani ti toglierò i bracciali. -
- No! - La sua negazione risuonò forte nella stanza silenziosa anche se non era stato che un sussurro.
- Non discutere. Adesso andiamo a letto, domani sarà ancora più impegnativo di oggi. -
- Ma Allanon... -
- Buonanotte. - Il druido si spostò nella stanza adiacente dove erano stati preparati i loro giacigli. Leian non lo seguì ma uscì all'esterno e si sdraiò nel prato e si mise a guardare le stelle.

- Hai dodici anni, sei grande. - le aveva detto il druido.
- Grande per cosa? -
- Per sapere e per partire. -
- Cosa devo sapere? -
- Tu sai vero, che Flick e Saraia non sono i tuoi veri genitori? -
- Certo, io mi ricordo che avevo un'altra mamma e un altro papà, avevo quattro anni quando mi hai portato qui a Valle d'Ombra. -
- Tu sai anche di non essere una purosangue. - Era una constatazione, non una domanda.
- Sì, sono una mezzosangue, metà elfa come mamma e metà umana come papà.- Anche se non l'avesse saputo l'avrebbe capito dato che assomigliava a Shea, il fratello del suo padre adottivo; aveva le stesse orecchie, gli stessi tratti somatici. I capelli castani chiari e la carnagione scura invece erano quelli del suo vero padre. "Mamma era rossa."  Anche gli occhi erano castani, come quelli di entrambi i suoi genitori.
- La tua mamma non era un'elfa qualunque, era di sangue reale. -
Lei aveva annuito attenta, era la prima volta che le parlavano della sua vera famiglia, con Saraia e Flick non affrontava l'argomento per paura di ferirli ricordando loro che non era la loro vera figlia. L'avevano cresciuta con amore e lei li ricambiava, erano gli unici punti fermi della sua breve vita.
- Tu sai la storia di Shea e Flick? -
- Sì! - Tutti conoscevano l'avventura della spada magica.
- Io ho detto a Shea che era l'ultimo della famiglia Shannara, ma non era vero. Anche tua madre era una discendente di quella casata. -
- E perché gli hai mentito? -
- Perché era come se lo fosse. Tua madre non poteva partecipare alla spedizione. Era incinta di te e non poteva rischiare. - Quando l'aveva rivelato ai due fratelli si erano incolleriti ma quando l'avevano vista, così piccola e così sola, avevano cambiato atteggiamento.
- In più tua mamma era speciale così come lo sei tu. -
- Sono speciale? -
- A differenza di tutti gli altri Elfi e delle altre creature tu hai la magia innata. -
- Cosa? - Era incredula e allibita, com'era possibile che non se ne fosse mai accorta?
- I bracciali che indossi servono a tua difesa e protezione perché bloccano la magia e le impediscono di sfuggire al tuo controllo. -
- E com'è la mia magia? -
- Adesso vedrai. -
Le aveva tolto i bracciali recitando una formula che li aveva fatti aprire e lei aveva sentito un'onda di piena travolgerla.

"Non può farmi questo, non ne ha il diritto, sono io che devo decidere adesso, ho vent'anni, sono adulta." Ma non era convinta, per tanto tempo, da quando era rimasta orfana, si era fidata di lui. "Come posso smettere di farlo dopo sedici anni?" Si alzò ed entrò in casa, chiuse accuratamente la porta e nel buio si tolse i vestiti e si mise una tunica che le aveva prestato Mailin. Si coricò nel letto che le aveva preparato la donna e dopo poco si addormentò per la stanchezza della giornata.

***
Sono tornata! E con un nuovo capitolo! Gioite tutti insieme!
Questo abuso di punti esclamativi serve a esprimere la mia gioia per le mie tre recensioni.
sakura_kinomoto: La mia domanda adesso è ti piace il titolo di questo capitolo? Aspetto la tua recensione per vedere se Leian è di tuo gradimento. Allanon deve essere mysteryoso o non sarebbe un druido!
LubyLover: più che misterioso direi che è ultraterreno! XD sono felice che tu legga una mia storia basandoti solo sulla fiducia nelle mie capacità di scrittrice, la cosa mi commuove!
Taila: "La canzone di Shannara" e "La spada di Shannara" sono i più bei libri che abbia mai letto. So come ti senti a questo punto della lettura... Spero che giudicherai Allanon IC, io mi sono impegnata a mantenerlo tale!
Grazie anche a chi legge senza recensire.
Un bacio,
sku.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


3. Era l'alba e una leggera nebbia avvolgeva la città silenziosa. Le due figure si muovevano senza produrre alcun suono come se camminassero sospese nell'aria.
Leian sbadigliò, era abituata ormai a quelle levatacce ma non riusciva ancora a essere sveglia e attiva come il druido così presto. Si stropicciò gli occhi, cercando di scacciare gli ultimi residui di sonno con modesto successo. "E' l'alba ma sembra che per lui sia pomeriggio... come fa?"
Presto furono abbastanza lontani dal centro abitato che si scorgeva ancora, ma che le sembrava così remoto.
- Qui andrà bene. Sei pronta? - le disse facendola fermare.
Leian sapeva bene che era una domanda retorica ma rispose comunque. - No. -
Il druido non la guardò nemmeno, si spostava nella radura accertandosi che fossero realmente soli.
- Togliti le fasce. - Leian ubbidì controvoglia. - Mostrami i polsi. - Vide il segno rosso che si era procurata la sera precedente sopra le altre cicatrici che i bracciali le avevano lasciato durante gli anni. Recitò a bassa voce la formula per sganciare i due monili che caddero a terra nell'erba senza rumore, brillando nella luce del mattino.
Come ogni volta, per un attimo, la ragazza si sentì persa in un mare in tempesta che però si placò subito. Chiuse gli occhi e rallentò il respiro che era accelerato per la preoccupazione. Fu allora che cominciò a percepire una sensazione diversa ma familiare che la pervadeva, sentiva come delle voci che le sussurravano in una lingua che solo lei poteva capire.

L'onda la stava travolgendo, la portava verso il fondo e non riusciva a riemergere. Improvvisamente la voce di Allanon si era fatta largo tra quel caos dentro lei.
- Leian, dammi la mano. - Così aveva fatto e aveva cominciato la lenta risalita verso la calma.
- Cosa  mi succede? - Era spaventata e sull'orlo delle lacrime.
- Sai cosa significa Leian nella lingua degli Elfi? - Aveva scosso la testa in segno di diniego.
- Vuol dire la fanciulla che imbriglia l'acqua. -
- E questo come mi aiuta a capire? - Era scettica e insoddisfatta per quella risposta così fuori dal contesto.
- Tu comandi l'acqua, ma non solo; tu puoi comprendere cosa l'acqua ti dice. -
- Mi stai dicendo che l'acqua è una cosa viva? -
- In un certo senso. L'acqua trasporta informazioni preziose che tu puoi interpretare e volgere a tuo vantaggio. Inoltre tu puoi impartirle degli ordini che essa eseguirà. Adesso concentrati su quella pozzanghera, prova a farle fare qualcosa. -
Lei aveva chiuso gli occhi e aveva teso le mani verso la piccola pozza cercando di chiamarla a sé. Evidentemente ci aveva messo troppa forza poiché il liquido le era schizzato addosso con violenza.
- E adesso? Saraia mi uccide se torno a casa in questo stato! -
- Tu la comandi, trova il modo di farla andare via. -
Leian aveva ripetuto il gesto facendo schizzare l'acqua lontano dai suoi vestiti. Si era guardata meravigliata e aveva sentito il potere dentro di sé, poteva fare qualunque cosa...
- Attenta ragazzina, sono pensieri pericolosi. - l'aveva ammonita l'uomo.
- Sono capace di fare qualcos'altro? - Era esaltata.
- Credo di sì, ma per oggi può bastare. -
- No, fammi provare ancora! - l'aveva pregato.
- Avrai tempo per farlo d'ora in poi. Oggi è cominciato il tuo addestramento. - le aveva detto serrandole nuovamente i bracciali attorno agli esili polsi.
La sensazione era sparita e si era sentita vuota, le aveva tolta un parte di lei.
- Vieni a vivere a Valle d'Ombra per insegnarmi la magia? -
- No, sei tu che mi seguirai. Dopodomani partiamo. -

- Allora cosa ti dice la tua magia? - le chiese.
Leian guardò il terreno, la rugiada rifletteva i primi raggi del sole rendendo tutto splendente. Sapeva bene cosa voleva il druido, informazioni per potersi spostare tranquillamente. Lasciò la mente sgombra, lasciò che ogni goccia d'acqua nelle vicinanze le raccontasse la sua storia, cosa aveva visto, cosa aveva udito. Si sentì trasportare in alto tra le nubi, poi di nuovo sulla terra, tra ruscelli e falde sotterranee. Era un sogno ad occhi aperti, il paesaggio pianeggiante di fronte a lei era scomparso, vedeva posti lontani.
Si destò da quello stato. - Quanto tempo è passato? - chiese all'uomo disorientata.
- Pochi minuti. Cosa sai? - Lei intuì che era impaziente.
- Ci sono grandi movimenti nelle foreste dell'Est, gli Gnomi sono in fermento e i Nani faticheranno a contenerli. Stranieri del profondo Sud sulla strada per Varfleet, una dozzina circa a due giorni di cammino, sono armati e pericolosi. E qualcosa di oscuro che non riesco ad afferrare, si nasconde, mi sfugge. -
Allanon annuì poi si rimise in cammino. Lei lo guardò perplessa.
- Dove stiamo andando? -
- Abbiamo un appuntamento che non possiamo mancare. -
La giovane raccolse i bracciali caduti - E questi? - Avrebbe voluto indossarli di nuovo, la facevano sentire protetta.
- Non ne hai più bisogno. -
- Non puoi sapere queste cose meglio di me, tu non sai cosa vuol dire avere la magia innata! - Era furiosa con quell'uomo così dispotico, non si sarebbe arresa così facilmente. - Non voglio stare senza i bracciali. -
- Non hai scelta, Leian. D'ora in poi sarebbe più pericoloso per te indossarli. Oggi ci separeremo, avrai bisogno di ogni tua risorsa per sopravvivere. Inoltre sei stata addestrata, riuscirai a mantenere il controllo. -
- Ma se a stento riesco con la loro protezione! Hai visto il segno che ho sui polsi? Ieri sera ha cercato di scavalcare il divieto dei bracciali! Cosa pensi succederà se mi distrarrò un attimo? -
- Il problema è questo Leian! Non ti è più permesso rilassarti o distrarti. Siamo in pericolo e tu lo sai bene, lo hai visto coi tuoi occhi e l'hai vissuto sulla tua pelle. Adesso non è più permesso sbagliare. Ora seguimi, abbiamo ancora del cammino da fare. - Si voltò e ricominciò a camminare.
Leian strinse i gioielli così forte da sentire male ai palmi delle mani. Poi li infilò nella sua borsa e si affrettò a raggiungere l'uomo che la precedeva riavvolgendosi le fasce attorno ai polsi per nascondere le cicatrici.

Avevano camminato verso est per ore, il sole ormai era allo zenit e Allanon non dava segno di volersi fermare. Era stanca, soffriva per il caldo della stagione e per l'umidità della pianura. Davanti a loro una macchia di alberi offriva la  promessa di una sosta nell'ombra fresca. Come se avesse seguito il corso dei suoi pensieri, Allanon si diresse in quella direzione. Quando raggiunsero la vegetazione Leian si lasciò cadere a terra con sollievo, l'erba le solleticava la pelle nuda del collo e delle braccia. Chiuse gli occhi e permise a quella piacevole calma di pervaderla. Allanon si sedette accanto a lei ed estrasse dallo zaino che portava con sé l'occorrente per un pranzo frugale. In quell'oasi di tranquillità le parve impossibile che una minaccia incombesse sulle Quattro Terre.
Poi qualcosa di sgradevole la turbò, aveva sentito una nota stonata, fuori posto. Sempre a occhi chiusi lasciò che la sua magia la guidasse verso la fonte di quella sensazione, quando la individuò estrasse uno dei suoi pugnali che teneva nascosti negli alti stivali e lo scagliò con violenza.
- Ehi, ragazzino! Fa più attenzione quando ti eserciti! - L'uomo scivolò da dietro un albero e si mostrò ai due viaggiatori, la manica sinistra rovinata dallo squarcio che il coltello aveva causato prima di conficcarsi nella corteccia di un tronco alle spalle dell'inconsapevole bersaglio.
- Non era un esercizio, ti è andata bene. Non dovresti spiare le persone. -
- Mi stai dicendo che volevi colpirmi? - Era scettico.
- Pensa quello che ti pare ma vattene da qui. - Si era accovacciata, l'altro pugnale stretto in mano, sembrava un gatto pronto a scattare.
- Calmati Leian, è dei nostri. - la bloccò Allanon.
- E' così che ti presenti ad un appuntamento, druido? Con un ragazzino isterico? - la derise l'uomo.
Era alto, non certo come Allanon, ma abbastanza per farla sentire ancora più bassa di quello che era. Aveva la pelle abbronzata, i capelli neri corti e ribelli, gli occhi scuri come la notte senza luna. Aveva un fisico muscoloso, modellato da molto esercizio e le mani grandi e callose. "Mani abituate a maneggiare una spada." L'istinto le diceva di non fidarsi di quell'uomo. Si concentrò per non cedere all'impulso di scappare. "Sarebbe la scelta migliore, mi porterà solo guai."
La guardò con scherno, rideva di lei.
Infilò il pugnale nella custodia e gli passò accanto senza guardarlo per recuperare l'altro. Si era conficcato in profondità, se fosse stata meno impulsiva l'avrebbe ucciso. "Avrei dovuto prendere meglio la mira."
- Allora chi è il nostro prestigiatore che mira ad occhi chiusi? - la schernì nuovamente. Sentì il sangue salirle rapidamente al volto e pulsarle forte in testa, la rabbia stava per prendere il sopravvento su di lei, quando un brontolio minaccioso la bloccò.
- Cos'è questo rumore? - La voce dell'uomo era incerta.
Leian sentiva su di sé lo sguardo indagatore del druido, sembrava le attraversasse la mente. "E' così, sta leggendo i miei pensieri." Si girò su sé stessa e si avvicinò ai due uomini, guardò il nuovo acquisto della squadra. - C'è qualche corso d'acqua nei paraggi? -
- Sì, dietro questi alberi c'è un rigagnolo. - L'uomo era perplesso e passava lo sguardo da lei al druido aspettando che qualcuno gli spiegasse cosa stava succedendo. La sua attesa fu vana.
- Direi di presentarvi. - disse Allanon - Lui è Dreiden Frohs. Lei è Leian Vertune della casata di Shannara. -
- Lei? - Era incredulo, la squadrò da capo a piedi e poi tornò di nuovo verso il suo viso. - Sarebbe stato meglio tu mi avessi avvisato prima che avrei dovuto proteggere una donna. Il mio viaggio così sarà più difficoltoso. - Corrugò le sopracciglia per il disappunto e lei sentì nuovamente il cuore battere più veloce e il sangue fluire più velocemente. Il brontolio sordo si ripeté.
- Strano, sembrerebbe un tuono in lontananza, ma il cielo è sereno. - disse Dreiden.
Allanon fissò gli occhi in quelli della ragazza che abbassò lo sguardo.
- Torno subito. - disse lei semplicemente e si allontanò tra gli alberi.
- Cosa sta succedendo druido? - domandò l'uomo.

***
Per iniziare mi scuso per l'attesa ma ho avuto un grande problema col computer su cui era salvata la storia ed ho dovuto aspettare che mi tornasse la versione cartacea della storia per poter pubblicare. Prometto di essere molto più regolare con gli aggiornamenti d'ora in poi!
Talia: sono felice che trovi il mio Allanon fedele all'originale, è un gran bel complimento!
sakura_kinomoto: come ogni volta tu ti fai conivolgere un po' troppo dall'odio che provi per un personaggio! Grazie per il commento, comunque!
Grazie anche a chi legge senza commentare,
alla prossima,
sku.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


4. Leian si appoggiò al tronco di un albero e chiuse nuovamente gli occhi. Poteva sentire attraverso la stoffa della casacca le irregolarità della corteccia, le facevano il solletico. Le acque del piccolo fosso correvano impetuose e rumorose contro ogni legge della natura. "Non è certo questo il comportamento di un corso d'acqua in pianura!" Aveva esondato in alcuni punti e in altri aveva fatto crollare le rive.
"Devo calmarmi, devo abituarmi a non avere più la protezione dei bracciali. Poteva succedere un disastro se fossimo stati vicini ad un fiume più grande o se ci fossero state delle case. Ma mi fa innervosire, lo detesto e continua a prendermi in giro. Non sarà un viaggio facile." Le acque si tranquillizzarono mentre il suo respiro si calmava.
Quando fu quasi del tutto sicura che sarebbe riuscita a dominarsi si diresse verso i due uomini.
- ... è troppo pericoloso portarmi dietro una ragazzina per le foreste dell'Anar! Non ci sono solo gli Gnomi adesso, qualcosa di oscuro si aggira per le Quattro Terre. La spedizione potrebbe essere compromessa, vuoi correre questo rischio e mandare a monte una missione del genere per una stupida ragazzina cresciuta nella bambagia? -
Leian non avrebbe dovuto sentire quelle parole, non erano state dette per offenderla, ma ormai il danno era stato fatto. Si allontanò con passo rapido e rabbioso.
Allanon intuì quello che era accaduto e si alzò bruscamente da terra lasciando il suo interlocutore senza parole.
- Dove stai andando? -
Il brontolio sordo si ripresentò e Dreiden si guardò attorno confuso.
- Da dove arriva questo suono? -

- Devi calmarti! -
- Calmarmi, certo! Pensi che non ci abbia pensato da sola? E' quello che ho fatto, poi sono tornata da voi e lui stava sparlando di me. Ha già deciso tutto, non gli interessa niente, lui crede che io sia un peso inutile e non cambierà idea facilmente. Sai cosa mi fa più rabbia? Che abbia deciso tutto senza neanche concedermi il beneficio del dubbio! Non ha neanche chiesto una prova delle mie capacità! - Continuava a camminare avanti indietro gesticolando animatamente. Allanon vedeva le acque del torrente diventare sempre più tumultuose man mano che la sua ira cresceva.
- Avresti accettato? - le chiese Allanon dubbioso, conoscendo il suo carattere orgoglioso.
- Sì! - rispose lei senza fermarsi a pensare. Poi si bloccò, mordicchiandosi il labbro inferiore. "E' una sporca bugia, non l'avrei accettato, anzi se mi avesse fatto una proposta del genere gli avrei riso in faccia."
- Beh, forse no. Ma non è questo il discorso... - Ormai non aveva più lo slancio precedente, la domanda aveva interrotto il momento e le aveva permesso di ragionare.
Allanon abbozzò un sorriso, la rabbia della ragazza stava scemando.
- Adesso che ti sei sfogata vieni con me da Dreiden e discutiamo del vostro viaggio. - Si voltò verso la radura - In ogni caso devi imparare a controllarti, potresti essere fonte di grandi guai per tutti se permetti alla tua furia di sovrastarti. Non hai i bracciali a contenere la tua magia, ma ti ho insegnato come impedire che sia influenzata dalle tue emozioni; vedi di ricordati i miei insegnamenti e di metterli in pratica. Non deve più succedere una cosa del genere. -

Leian si sedette a distanza di sicurezza dall'uomo che la guardava con curiosità e scherno.
- Per il momento dovrete mettere in secondo piano le vostre divergenze, avete una missione da compiere e non vorrei che a causa delle vostre liti infantili vada a monte o, ancora peggio, che vi facciate uccidere. - Allanon li guardò entrambi in attesa della conferma che avrebbero tenuto un comportamento almeno appena civile.
- Se lei evita di starmi tra i piedi si può fare. - disse Dreiden. Leian non rispose si limitò a guardare il druido alzando un sopracciglio nella classica espressione del "Te l'avevo detto."
- Lo prenderò per un sì. Dovrete addentrarvi nelle foreste dell'Anar, al confine tra le terre dei Nani e quelle degli Gnomi. Sulle montagne dovrete cercare una fortezza diroccata, un lascito delle Grandi Guerre. Nei sotterranei è nascosto un tesoro molto prezioso: sono le pietre bianche degli Elfi, che questi in tempi remoti affidarono ai Nani in segno di alleanza perché le custodissero. La memoria di questi eventi è andata perduta, tranne che per le Storie dei Druidi. Dobbiamo assolutamente trovarle, prima che se ne impossessi Rentro. -
Udendo quel nome Dreiden si incupì. - Sapevo che dietro tutto questo non poteva che esserci quel miserabile. -

- Cosa vuol dire che dobbiamo essere pronti a combattere? - Leian era sorpresa, voleva che Allanon le spiegasse il senso della frase che il druido aveva detto davanti al Consiglio degli Elfi. Sapeva che qualcosa stava accadendo, negli ultimi tempi il druido era stato più taciturno e misterioso che mai, pochi potevano dire di conoscerlo come lei, sua compagna di viaggi da sette anni.
- C'è un pericolo, non è un caso tutto quello che sta accadendo; gli Gnomi che sono sempre più spavaldi nelle loro scorrerie contro i Nani, le rivolte nelle città degli Uomini del Sud, le strane sparizioni di Elfi nelle campagne dell'Ovest, la siccità che sembra abbattersi sulle Quattro Terre... qualcuno è a capo di tutto questo. E penso di sapere chi sia. - disse mentre il suo sguardo diventava glaciale.
"Non vorrei mai che Allanon fosse un mio nemico!" - Chi c'è dietro? -
- Un uomo di nome Rentro. -
- Chi è? -
Allanon non le rispose. Poi si alzò e si diresse verso la porta della stanza voltandole le spalle. - Al momento giusto lo saprai. -

- Come le troviamo? - chiese l'elfa.
- Dreiden è una guida, lui ti condurrà nella fortezza evitando tutti i possibili pericoli. Una volta là sarà semplice per te individuare le tre pietre. -
- Perché tu non verrai con noi? -
- Ho altre cose importanti da fare, hai visto cosa sta accadendo.  In ogni caso so di potervi affidare questo compito senza problemi. - La sua voce tradita un minimo di scetticismo.
Leian e Dreiden si guardarono con un misto di incredulità e di diffidenza. Allanon notò quello sguardo e un sorriso apparve sulle sue labbra, per poi sparire veloce come era arrivato. L'uomo si erse in tutta la sua considerevole altezza. - Spero abbiate ben chiaro quali siano le priorità. Dopo il recupero delle pietre cercate di arrivare il più in fretta possibile a Cuhlaven. In ogni caso i Nani sono stati avvisati del vostro compito e dovrebbero facilitarvi le cose. Ci sono posti di guardia del loro popolo lungo la strada, potrete affidarvi a loro in caso di bisogno; anche se sono rari. State molto attenti agli Gnomi, stanno diventando sempre più pericolosi e audaci. -
Dreiden sbuffò. - Druido, queste cose le conosco già, non c'è bisogno di farmi la lezione! -
Allanon lo fissò con il suo sguardo freddo e distaccato. - Non ti farà male un breve ripasso. Sulla vostra strada potreste trovare dei vostri... chiamiamoli concorrenti. Cercano le pietre anche loro, probabilmente per conto di Rentro. -
"Il marito di Mailin è la loro guida!" fece per parlare ma il druido la bloccò.
- Sì, Leian, lo so. Cercate di evitare uno scontro diretto con loro, non sono sicuro di quello che potreste trovarvi di fronte. - Guardò il sole che cominciava la sua discesa verso occidente. - Adesso devo andare. Mi raccomando a voi. - Guardò l'uomo come per dargli un ultimo consiglio ma ci ripensò.
Leian scrutò il suo mentore e si sentì a disagio.
- Leian, ricordati tutto quello che hai imparato, puoi contare su te stessa e ricorda che hai più amici di quelli che immagini. - Alzò la mano destra e gliela pose sulla testa e sussurrò qualche parola che Dreiden non capì.
- Buona fortuna, amici miei. Se ci assiste ci rivedremo a Cuhlaven. - Si incamminò verso nord e ben presto era scomparso dalla loro vista, nascosto dalla cappa di umidità della giornata estiva. Leian rimase a fissare il punto in cui l'aveva visto sparire, nell'animo molti sentimenti che neanche lei riusciva a decifrare. Era la prima volta che viaggiava senza Allanon, di solito, quando il druido non poteva averla tra i piedi, la riaccompagnava a Valle d'Ombra da Flick e Saraia. Invece questa volta l'aveva lasciata sola, con una missione da compiere e un lungo e pericoloso viaggio da percorrere.
"Magari mi avesse lasciata sola, invece sarò costretta a stare con quest'uomo infantile e arrogante... Non so cosa è peggio." Era sconsolata.
- Non riapparirà neanche se rimanessi a guardare per anni. - la schernì Dreiden.
- Non ne ho il minimo dubbio. - rispose seccamente lei alzandosi. Non poteva certo condividere quei pensieri così intimi con un estraneo.
Sbirciò nella sua direzione con la coda dell'occhio e vide che era come imbarazzato o indeciso.
- Qual'è il tuo programma? - gli chiese per metterlo a suo agio.
Dreiden fu sorpreso per la sua improvvisa docilità. - Come mai lo chiedi a me? Pensavo sapessi badare a te stessa. -
Leian si strinse nelle spalle. - Appunto perché so badare a me stessa mi affido alla tua esperienza, se Allanon dice che tu mi porterai alla meta, chi sono io per dubitarne? Sicuramente tu sei un'ottima guida oltre che un ottimo combattente. -
La guardò con sospetto. - Mi stai lisciando il pelo per evitare ulteriori scontri? -
Leian rise - No!-
- Fai sempre quello che ti dice quel vecchio druido? Non ragioni mai con la tua testa? - la sfidò.

La rivelazione che Allanon le aveva fatto unita al suo annuncio dell'imminente partenza avevano confuso la dodicenne Leian.
Flick e Saraia erano contrari a lasciarla andare ma non sembravano avere altra scelta.
- Ricordate cosa si era deciso quando accettaste di prendervi cura di lei? Sapevate che prima o poi il momento della sua partenza sarebbe arrivato, lo avevo messo bene in chiaro fin dall'inizio. -
- E' vero, ma è ancora così piccola; non puoi aspettare qualche altro anno? - aveva chiesto Saraia in lacrime.
Allanon provava pena per quella donna che non aveva potuto avere figli suoi e che aveva riversato tutto il suo amore sulla piccola elfa, ma non poteva farci nulla.
- Non ho scelto io il momento ma la sua magia. Sta diventando troppo forte, deve imparare a controllarla e non può farlo qui, lo sapete bene. Deve venire con me. -
Il giorno della partenza era stato triste e un attimo prima che si incamminassero Flick l'aveva presa da parte.
- Non preoccuparti, ti porterà sana e salva verso quello che ritiene sia il tuo destino. Non è detto che questo sia un bene. Fidati di lui ma ragiona sempre con la tua testa. - Poi l'aveva abbracciata stretta.

- Non ho motivo per non fidarmi di lui e non ho ancora nessun valido motivo per non fidarmi di te. - "A parte la tua stupida arroganza." - Quindi te lo ripeto, qual'è il programma? -
Dreiden era stupito del fatto che improvvisamente non ci fosse più animosità nelle sue parole e che potesse fidarsi così facilmente di una persona che non aveva mai visto. Ma non era certo il momento per approfondire l'argomento.
- Partiremo domani all'alba e ci dirigeremo verso est. Non so quanto impiegheremo ma potremmo comprare le provviste lungo la strada. -
- Bene, allora vado a cercare della legna per il fuoco. - Si allontanò e Dreiden rimase a fissare come ipnotizzato la sua figura esile e aggraziata che si muoveva tra gli alberi. "Come ho potuto pensare che fosse un ragazzino? Nessun ragazzino si muove così! Ma del resto nessuna ragazza che conosco lancia i coltelli in quel modo."

Il capitolo 4 è arrivato in fretta! Spero che ne siate contenti!
Taila: Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto. Veramente l'idea della magia innata l'avevo prima di leggere "Il primo re di Shannara", però quello mi ha convinta.
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


5. Leian era distesa e guardava le stelle ascoltando il respiro dell'uomo sdraiato vicino a lei. Non riusciva a dormire, si sentiva a disagio con Dreiden; non conosceva assolutamente niente di lui e nonostante la sua presenza si sentiva sola. "Non avrei mai immaginato di rimpiangere la presenza di Allanon. E' buffo, passava giornate nel mutismo più completo eppure mi faceva compagnia."
Si girò su un fianco e chiuse gli occhi sperando di riuscire così a prendere sonno, ma il respiro di Dreiden le era sconosciuto e la teneva sveglia.  Lo scrutò attentamente nella luce lunare e si accorse di una cicatrice sull'avambraccio sinistro che rivelava una ferita profonda e mal curata. "Chissà come se l'è procurata..."

Si erano svegliati all'alba e avevano percorso molta strada avvicinandosi alla loro meta. Avevano camminato silenziosi uno accanto all'altra, ognuno perso nei propri pensieri che non desiderava condividere. Avevano fatto solo una breve sosta per un pasto veloce e poi si erano rimessi in cammino. Dreiden era stupito della resistenza della ragazza, dal canto suo Leian ammirava la velocità dell'uomo nel decifrare le tracce e la sua sicurezza nel seguire una strada che sembrava visibile solo al suo sguardo.
Era stata l'ennesima calda giornata, non pioveva da settimane; non era normale neanche per quella stagione, la terra invocava una pioggia che sembrava destinata a non arrivare, il sudore formava enormi gocce sulla loro pelle accaldata e arrossata dal sole cocente ma nessuno dei due avrebbe chiesto una tregua da quella tortura prima dell'altro.
Fu solo al tramonto che Dreiden decise di interrompere quella marcia estenuante. - Ci accamperemo qua per la notte. Riposati pure mentre cerco qualcosa per cena. - Aveva appoggiato lo zaino per terra e stava preparando l'arco.
- Hai intenzione di fare una battuta di caccia? - Era divertita dall'idea di una caccia al crepuscolo quando ci si vedeva poco ed era spaventata dall'idea di non avere tutte le energia che sembrava possedere la guida.
- Non so tu, ma io ho voglia di qualcosa di decente stasera da mangiare. E non mi dirai che sei stanca! - le disse con aria di sufficienza.
"Non uscirò viva da un viaggio con lui!" - No, non lo sono. Posso fare qualcosa per te? -
- Puoi accendere il fuoco, sempre che tu ne sia capace. -
Leian lo guardò con occhi di fuoco, poi si voltò e cominciò a preparare l'occorrente. Dreiden si allontanò scuotendo la testa. Non sapeva perché l'aveva sfidata in quel modo ma quando gli aveva risposto che non era stanca si era sentito morire; ogni suo muscolo gridava dal dolore e dallo sfinimento.
"E' così... così.... odioso! Non lo sopporto!" Scosse la sua borraccia e si accorse che era quasi vuota. "L'ennesimo problema, ci penserò dopo."
Cercò alcuni legnetti secchi per accendere il fuoco e qualche pezzo più grosso per mantenerlo, poi cercò delle pietre per delimitarlo e infine estrasse dalla sua sacca le pietre focaie. Quando il fuoco fu abbastanza vivace, si sedette dandogli le spalle e si concentrò. Richiamò la sua magia e la inviò in esplorazione alla ricerca di acqua.

- Devi impegnarti Leian. Tu domini l'acqua non dovrebbe essere difficile trovarla solamente.- Allanon era di fronte a lei e stava perdendo la pazienza dopo il suo ennesimo tentativo fallito di trovare una fonte d'acqua.
- Non ci riesco... - Aveva cercato di difendersi lei - Se non la vedo come posso comandarla? -
- Devi sentirla con la tua magia, in un certo senso devi chiamarla ma non per farla venire da te, solo per sapere dov'è. -
La ragazzina aveva annuito tirando su con il naso, poi aveva chiuso gli occhi per non deconcentrarsi. Si era calmata e quindi aveva cercato di sentire l'acqua. Era complicato per lei che non l'aveva mai fatto. Pensò a cosa sentiva quando chiamava a sé l'acqua che aveva di fronte e sentì una sensazione familiare. Improvvisamente capì e cominciò ad esplorare nelle vicinanze. La prima acqua che percepì fu quella dentro il suo corpo, poi sentì quella dentro il druido. Si allontanò cercando e percependo le piccole falde nella terra...
- La sento, Allanon. C'è un ruscello qua vicino, è verso nord! - aveva gridato trionfante dopo qualche tempo. Allanon aveva accennato un sorriso, mentre lei si alzava e correva nella direzione indicata.

Dreiden arrivò all'accampamento dopo aver catturato una lepre e sorrise vedendo il falò scoppiettante.
- Vedo che non mi hai deluso! Ma neanche io ho fallito! - La ragazza non gli rispose né si voltò verso di lui e il sorriso vittorioso morì sulle labbra dell'uomo.
- Non sarai arrabbiata e non mi starai tenendo il muso, spero! Non mi sembra il momento per queste ripicche infantili. - Si avvicinò a lei ma Leian non diede alcun segno. Allora le mise una mano sulla spalla e la scosse, ma non ottenne risposta. Solo allora l'uomo vide che aveva gli occhi vitrei.
- Leian, Leian! Rispondi! Leian! - La prese per entrambe le spalle e la scosse bruscamente.
Leian si sentì sballottata e sentì una voce in lontananza che la chiamava. Conosceva quella voce ma non le era familiare. Si riscosse dallo stato di trance e si trovò a pochi centimetri dal viso quello teso e preoccupato di Dreiden che urlava il suo nome.
- Cosa stai facendo? - gli chiese allontanandolo da lei con una spinta.
- Cosa sto facendo io? Ma sei pazza? Sono tornato e tu sembravi morta, non rispondevi, non ti svegliavi, non mi vedevi! Cosa avrei dovuto fare? - 
Leian rimase in silenzio, non riusciva a decidersi se poteva o no confidargli il suo segreto. Decise per il no.
- Mi sarò addormentata... - cercò di svicolare.
- Ad occhi aperti e seduta diritta? - le rispose sarcastico.
"Nega sempre, anche di fronte all'evidenza!" - Perché no? Chi ha mai detto che non sia possibile? - rispose aggressiva. "La miglior difesa è l'attacco."
Dreiden la osservò dubbioso per un attimo poi decise di abbandonare la discussione e cominciò a pulire la lepre.
- Vado a recuperare l'acqua. - propose Leian. Era solo una scusa per allontanarsi da lui, che annuì. - Non metterti nei guai. Spero tu sia armata. -
"Sono stata una sciocca, non avrei dovuto provaci. Adesso sospetterà qualcosa, come posso fare per non fargli capire della magia?" Le persone erano diffidenti nei confronti della magia, la consideravano un'arte oscura e pericolosa e infide le persone che la possedevano. Dato che dovevano compiere un lungo viaggio insieme sarebbero stati costretti a fidarsi l'uno dell'altro; quella rivelazione avrebbe potuto mettere in pericolo quell'esile rapporto che li univa. "Non posso dirglielo e basta, non capirebbe."

- Conto di arrivare domani alle montagne di Runne, non so quanto impiegheremo per oltrepassarle. - le disse dopo la cena. - In questa stagione dovremmo trovare i valichi sgombri e il terreno compatto. Mi preoccupa la siccità, spero di trovare abbastanza fonti di acqua. -
"Quello è l'ultimo dei miei pensieri." - Sulle montagne non dovrebbe essere un problema, no? -osservò lei. Rimasero in silenzio guardando il fuoco.
- Come conosci Allanon? - Era curiosa, non sapeva nulla dell'uomo al quale il druido l'aveva affidata.
- Lui cercava una guida per attraversare l'Anar superiore, io ero disponibile ed esperto ed eccoci qua. -
Leian era perplessa, era strano che Allanon si fosse affidato ad un uomo per una cosa simile quando i Nani erano molto più esperti e capaci e soprattutto originari della zona.
- E come mai hai deciso di accettare questa missione? Non credo che possa permettersi di pagarti. - Le guide erano costose, specialmente se accettavano compiti pericolosi e molto lunghi.
- Non lo faccio per denaro. - Non aggiunse altro, Leian fece per domandargli il motivo ma l'espressione dell'uomo la bloccò. Era fredda, scostante e addolorata.
- E come mai un'elfa viaggia in compagnia dell'uomo più misterioso delle Quattro Terre? -
- Mezza elfa. - lo corresse - Mio padre era un uomo. Allanon è una specie di tutore per me. Viaggio con lui da quando avevo dodici anni. -
- Perché? -
- Perché i miei genitori sono morti quando avevo quattro anni e Allanon si è preso cura di me. Mi ha affidato a una famiglia per farmi passare un'infanzia serena poi mi ha portato con sé per il mondo. - Tacque sul suo intenso addestramento per imparare a padroneggiare la sua magia innata.
- Come sono morti i tuoi? -
- Non lo ricordo... è stato molto tempo fa. - Non avere memoria della sua vita coi genitori la faceva soffrire.
- Tutti hanno un evento doloroso nella loro vita.... - disse Dreiden sottovoce, parlando più per sé stesso che con la ragazza.
- Il tuo qual'è ? -
- E' simile al tuo. La casa dei miei genitori è stata assalita e mio padre è stato ucciso, mia sorella rapita, mia madre ferita... E' morta qualche mese dopo per il dolore. Di mia sorella non si è mai più saputo nulla. -
- Sai chi è stato? -
- Io ero già una guida ed ero lontano da casa, ma so per certo che sono stati gli uomini di Rentro. -
Ancora quell'uomo, quello che prometteva agli uomini del Sud illusorie prosperità e ricchezza sotto la sua guida e potere assoluto sulle altre razze.
- Allora è questo il tuo motivo? - gli domandò, ma Dreiden non le diede nessuna risposta.
- E il tuo? -
Leian si concentrò per rispondere a quella domanda. "Qual'è il mio motivo? Perché sto facendo tutto questo?"
- Io non ho un motivo. Allanon mi ha detto di farlo e io lo faccio. So che è giusto, lo sento ma non so perché. Sono una sciocca, vero? -
- No, non lo sei. Sei solo confusa. - Leian fu stupita da quel tono dolce e gentile, lo fissò negli occhi e vi lesse comprensione e dolore. Arrossì e distolse lo sguardo.
- Forse lo faccio perchè no lo fa nessun altro. Qualcuno deve prendersi questa responsabilità. Un druido da solo non basta. -
- Adesso è tardi. - disse la guida spegnendo il fuoco e coprendo le braci con la cenere - Domani ci aspetta un'altra dura giornata. - Sembrava che volesse troncare il discorso.
Mentre si stava addormentando Leian si sentiva insoddisfatta "Perché lo faccio? Io non ho la vendetta da ricercare come Dreiden eppure non ho mai pensato di contestare il druido. Possibile che mi sia già dimenticata il consiglio di Flick?"
Dreiden si coricò dandole le spalle e sospirò. Si era spaventato quando l'aveva trovata in quello stato ed era anche irritato per la bugia che gli aveva detto, ma del resto capiva che lei non si fidasse a pieno di lui; lo conosceva da solo due giorni e non era stata una conoscenza approfondita, senza contare che erano partiti col piede sbagliato. C'era qualcosa in lei, qualcosa che non sapeva definire. Aveva certamente dei segreti me aveva anche una fiducia nelle persone e nella vita che lo affascinava, era raro trovare gente così, quasi tutti si erano ritirati in loro stessi. "Io per primo..."

***
Alaide: una nuova lettrice, come sono commossa! Sono contenta che la storia ti piaccia e che tu ritenga che Allanon sia IC, è il più bel complimento che potessi farmi! Spero che ti piaccia anche questo capitolo!
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


6. Erano passate due settimane da quando si erano messi in viaggio e avevano finalmente raggiunto le terre dell'Est. Il cammino era stato abbastanza facile, non avevano incontrato impedimenti ed erano stati fortunati perché avevano sempre trovato cibo e acqua. "Leian ha sempre trovato l'acqua... ha una fortuna sfacciata la ragazza!"
La loro conoscenza non si era approfondita poi tanto, si erano raccontati molto episodi della loro infanzia ma entrambi avevano taciuto su quello che era accaduto dopo, sugli eventi più importanti. Si erano scontrati su molto argomenti e avevano litigato ferocemente.
Era il tramonto ed erano arrivati alle soglie di un villaggio povero e disagiato e stavano ancora discutendo.
- Non mi interessa cosa dici, non mi fermerò mai in questo villaggio! - esclamò l'uomo.
- Ma perché non mi ascolti? Fidati! - Era esasperata, Dreiden era un'ottima guida ma poteva anche lasciare il comando per qualche metro.
- Ma non vedi che è desolato? Aspettano solo che arrivino dei viaggiatori per derubarli e ucciderli! - "Perché non lo capisce?"
La donna si premette le dita sulla fronte per fermare l'incipiente emicrania. - Senti, io capisco che la vita ti abbia deluso, non lo metto minimamente in dubbio; ma tu sei impossibile! Fidati di me! - Lo scrutò coi suoi occhi castani che riflettevano la luce calda del tramonto e Dreiden si sentì spiazzato. Era veramente importante per la ragazza che lui avesse fiducia in lei. La sua razionalità gli stava urlando di accamparsi in una radura molto lontana ma il suo istinto gli diceva che doveva fidarsi. "Alla fine è solo una questione di fiducia... Se il druido può fidarsi di lei e assegnarle un compito così importante perché io non dovrei fare lo stesso?" Sospirò per la frustrazione, la decisione era difficile, ma quando la guardò ancora negli occhi  decise che non era poi così complicato.
- Va bene, faremo a modo tuo. Ma ne pagherai le eventuali conseguenze negative. - le concesse e la minacciò.
Leian alzò gli occhi al cielo ma sorrise e gli lanciò uno sguardo obliquo.
Si avviarono lungo la strada principale; era polverosa e le case che vi si affacciavano erano rovinate dal tempo e dall'incuria. Avevano gli scuri già chiusi come per tenere fuori una qualche minaccia, piuttosto che la notte. Percorsero ancora qualche metro quando Leian si avvicinò ad una casa come tutte le altre e bussò alla porta prima che Dreiden avesse il tempo di fermarla.
- Sei impazzita o cosa? Non si può fare, è pericoloso! - le sibilò nell'orecchio ma lei non gli rispose nulla e continuò a fissare la porta e bussò di nuovo, tre colpi secchi e brevi. Dreiden si guardò intorno pronto a difendersi, sicuro che tra poco il paese sarebbe saltato addosso a loro due. "Ecco, così imparo a fidarmi di una ragazzina sprovveduta..." pensò mettendo la mano sull'elsa della sua spada.
inaspettatamente la porta si aprì lasciandointravedere un nano robusto dall'aria severa
- Cosa volete a quest'ora del giorno? Non sapete che è pericoloso disturbare in questi tempi oscuri? - li redarguì.
- Avete ragione adesso ce ne andiamo... - si affrettò a scusarsi Dreiden prendendo Leian per un braccio e cercando di trascinarla via; ma lei si oppose e si liberò dalla sua stretta.
- Un nano saggio una volta mi ha detto che non bisogna mai temere nel domandare ospitalità, che essa è sacra e che lo è ancora di più tra Nani e Elfi. - gli rispose.
"Questa è completamente pazza, Allanon non sapeva più cosa farsene e l'ha scaricata a me..."
- Era un nano veramente saggio, ma non ha parlato di mezzosangue, mi sembra. - replicò il nano lisciandosi la barba.
"Come se n'è accorto? Non si direbbe che non è completamente elfa."
- E' vero, non ne ha parlato. Ma al mezzosangue si dovrebbe comunque la metà dell'ospitalità! -
- E' una tesi suggestiva, Leian della casata di Shannara. Ne discuteremo a cena. E dì al giovane che ti accompagna che se non smette di strabuzzare gli occhi dalla sorpresa gli cadranno a terra. - Si fece da parte per farli entrare e poi li precedette nel corridoio borbottando: - Uomini, sempre così sospettosi...-
Dreiden fermò Leian e le sussurrò - Perché non mi hai detto che li conoscevi? -
- Perché tu non me l'hai chiesto. - fu la candida e divertita risposta.
Il nano li chiamò a gran voce - Se volete lavarvi venite con me, intanto mia moglie preparerà la cena. ->
Leian lo raggiunse e lo ringraziò - Sei sempre così gentile, grazie ancora. - poi lo baciò sulla guancia.
- Smettila, ragazzina, o farai ingelosire mia moglie e poi mi toccherà dormire fuori! -
- Oh, non preoccuparti per questo, ci dormirai comunque! - rispose una voce femminile dalla cucina.
- Cosa vorresti dire? - chiese il nano mentre si incamminava bellicosamente verso la fonte della voce.
Leian rise e fece cenno a Dreiden di seguirla.
- Vedi, viaggiando per tanto tempo con Allanon ho conosciuto molta gente che è gentile con me e su cui posso contare. Loro due sono solo una delle mie tante "famiglie" -
- Famiglie? -
- Già, raramente ho dormito nelle locande, sono sempre stata ospitata da brava gente nei miei viaggi. E' più... intimo, ha sapore di casa. E' importante soprattutto per chi una casa vera non ce l'ha. - Si era incupita e la nostalgia e il dolore erano trasparite dalla sua voce. Dreiden la guardò con attenzione e si accorse che poteva capire il suo bisogno di affetto. Solo che lui non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce.
- Qui puoi lavarti. Quando hai  finito chiamami che toccherà a me. - Si allontanò seguendo le voci concitate che arrivavano dalla cucina.
"Che strana ragazza..."
La cena li aveva saziati e si sentivano stanchi e pronti al riposo, ma il padrone di casa non sembrava dell'idea di lasciarli andare a dormire.
- Che notizie portate dal mondo? - chiese loro.
- Non molte ad essere sinceri. - rispose Dreiden.
- Ci sono problemi al Sud, gli Uomini sono inquieti, per usare un eufemismo. - disse Leian.
- Gli Uomini sono sempre inquieti. E sono sempre fonte di guai. - sbuffò il nano lanciando un'occhiata di sfida a Dreiden che si mostrò imperturbabile. Il nano sorrise e scosse la testa.
- Ci sono problemi anche nell'Ovest. Elfi che spariscono. Re Eventine è preoccupato e non è ancora riuscito a fermare questo fenomeno. -
- Dove sei stata ultimamente? -
- Io e Allanon siamo andati al Nord, dai Troll. -
- Cosa vi hanno detto? -
- Che strane creature si sono viste nella dimora del Signore degli Inganni e che i problemi sembrano essere giunti fin lì, un villaggio è stato completamente distrutto e i suoi abitanti uccisi. Non hanno risparmiato nessuno. -

Il villaggio era stato bruciato, solo i muri di pietra rimanevano in parte in piedi, a perenne ricordo di una notte di follia.
- Come hanno potuto fare una cosa del genere? - Era allibita davanti a quel desolante spettacolo.
Allanon non rispose, continuando ad osservare le macerie - Non è accaduto molto tempo fa. Li hanno attaccati di notte e li hanno presi di sorpresa. Non se l'aspettavano, non c'erano neanche le guardie. Evidentemente la notizia dei tumulti del Sud non era arrivata fin qui. -
- Sono arrivati i problemi direttamente. - mormorò lei camminando tra gli oggetti bruciati.
- Sono rimasti a guardare l'incendio e a mantenerlo vivo. Erano una dozzina, probabilmente Uomini e armati per bene. - le disse il druido osservando le tracce al limitare dell'area arsa dal fuoco.
- Sono morti tutti... Non si saranno neanche potuti difendere. -
- I Troll vorranno vendetta. Non sarà facile farli ragionare. -
- Credi di riuscirci? -
- Andremo a scoprirlo. -

- I Troll sono dalla nostra parte. - comunicò al nano.
- Mi chiedo come mai non siano corsi armati di tutto punto a distruggere quello che aveva provocato quello scempio. - rifletté Dreiden.
- Perché Allanon li ha convinti ad aspettare, la loro vendetta avrà luogo prima o poi. -
- Cosa pensa il druido di tutto quello che accade? - chiese il nano.
Leian giocherellò con alcune briciole - E' preoccupato. Molto preoccupato. -
- Pensa che ci sarà un'altra guerra? -
- Vorrebbe riuscire ad evitarla se possibile, ma è realista e sta organizzando gli alleati. La visita ai Troll e prima ancora agli Elfi, ha anche detto che lo troveremo a Cuhlaven... sta preparando qualcosa. Qualcosa che naturalmente ignoro. - sottolineò.
- Naturalmente - rise il nano
- E che notizie ci sono nell'Est? -
- Cattive notizie temo. Gli Gnomi sono stati sobillati e premono contro i confini, attaccano le nostre pattuglie e cercano di invadere le nostre terre. Allanon ha ragione a temere una guerra, ci sono tutti i presupposti. Credo che però troverete più interessanti certe notizie locali. Si sono fermati dei viaggiatori prima di voi a prendere provviste. Tre uomini, uno era sicuramente una guida. -
- Quanto tempo fa sono passati? - domandò Dreiden vivamente interessato.
- La settimana scorsa, ma hanno detto che hanno trovato degli imprevisti sul loro cammino e che erano in ritardo. La guida ha chiesto qualche informazione sulle foreste dell'Anar ma niente di importante. -
"Bene possiamo arrivare prima di loro."
- Sicuro che non fossero in quattro? - chiese Leian.
- Qui si sono visti solo in tre... -
- Ma tu non ne sei convinto, vero? -
- Sicuramente qualcuno li aspettava fuori dal villaggio; qualcuno o qualcosa di molto pericoloso. -
- Sei sempre un aiuto prezioso. -
- Per te questo ed altro, giovane elfa. Sarete stanchi, vi accompagno nella vostra camera. -

Erano soli nella stanza, i loro sacchi a pelo appoggiati a due materassi morbidi e confortevoli, una benedizione dopo due settimane di terreno duro e irregolare.
- Ti sei fermata apposta per le informazioni, vero? - le domandò nonostante già conoscesse la risposta.
- Sì, lui sa sempre tutto quello che accade nell'Est, è uno dei migliori informatori di Allanon. -
- Hai molte risorse, Leian della casata di Shannara. - la prese in giro.
"Più di quanto immagini."
- Come te la cavi in combattimento? - le chiese poi, improvvisamente serio.
- E' molto importante? - Leian si mordicchiò il labbro inferiore.
- Sì, se c'è veramente qualcosa di così pericoloso sulla nostra stessa strada. -
- Me la cavo, anche se non ho mai avuto bisogno di applicare realmente il mio allenamento. Sono molto abile coi coltelli da lontano, però! - lo sfidò.
- Non esagerare, mi hai colpito solo di striscio! - replicò con sufficienza lui, nascondendo un sorriso.
- Ma ti ho colpito! - esclamò lei - Non sminuirmi così! -
- Non ce n'è bisogno, ti sminuisci abbastanza da sola... -

Dreiden si voltò verso Leian che si era addormentata quasi subito; la scarsa luce che filtrava attraverso gli scuri creava giochi di luce ed ombra sul suo viso delicato. L'uomo era preoccupato per quello che li attendeva e non riusciva a prendere sonno nonostante la stanchezza.
"E se sarà un peso? Se non si riuscisse a difendere? Eppure Allanon mi ha assicurato che non è così e che senza di lei non potrò portare a compimento la missione..."
La osservò a lungo, gli occhi nascosti dalle ombre e le labbra rosate leggermente schiuse. Si scoprì a chiedersi cosa avrebbe provato a baciarle.
"Non è il momento di fare certi pensieri!"
Eppure continuava a provare l'impulso di alzarsi e di accarezzarle con un bacio. Sentì dei movimenti al basso ventre e si accorse con imbarazzo della sua eccitazione. Si voltò rapidamente sul fianco dandole le spalle. "Non è il momento! Dannazione, sarà più complicato del previsto!"

***
Siamo già al sesto capitolo, mamma mia come passa il tempo... Questo significa che il mio esame si avvicina... Sarà meglio che vada a studiare, va!
Alaide: Sono felice che ti piaccia e ti incuriosisca, spero di mantenere viva l'attenzione per tutti i capitoli! E sì hai scritto giusti i nomi. So che sono un po' orrendi, ma chiamarli Pino e Maria non mi ispirava! xD
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


7. Erano di nuovo in viaggio, di nuovo soli e Dreiden non poteva non provare imbarazzo per la notte precedente. Leian non capiva l'improvviso mutismo del compagno e non riusciva a farsene una ragione; anche se era strano pensarlo, lui la stava evitando, per quanto gli fosse possibile, dato che erano costretti alla vicinanza.
Il cammino si era fatto più faticoso, per abbreviare i tempi e cercare di raggiungere la fortezza diroccata prima degli altri, Dreiden aveva deciso di percorrere dei sentieri secondari nella foresta invece della strada principale, che era più libera e facile ma compiva lunghi giri per toccare i villaggi e le città dei Nani.
L'umidità era massacrante, la foresta impediva al calore della terra di andarsene creando una cappa che ostacolava la respirazione e la sudorazione.
Nonostante la siccità imperasse nel resto delle Quattro Terre nelle foreste dell'Anar aveva piovuto e minacciava di farlo ancora. Nuvole grige si stavano addensando sulla loro testa, visibili attraverso aperture tra il fogliame verde e lussureggiante.
Mezzogiorno arrivò insieme alla fame. I due si fermarono vicino ad un tronco caduto coperto di muschio e pranzarono in silenzio. L'imbarazzo si poteva tagliare con il coltello, Dreiden evitava lo sguardo della ragazza per timore che potesse capire qualcosa e per evitare di arrossire come un dodicenne. Leian non sapeva cosa fare per avviare una conversazione normale con lui. Durante la mattina le aveva provate tutte, aveva parlato della sua infanzia, delle Quattro Terre, dei posti che aveva visto, di Allanon ma lui aveva sempre risposto a monosillabi lasciando cadere ogni spunto. Per la disperazione aveva anche cercato di parlare del tempo ma senza risultato e si era chiusa anche lei nel silenzio. Adesso lo osservava di sottecchi ma non lo conosceva abbastanza per poter dire in cosa era cambiato e cosa ci fosse all'origine di quello strano comportamento. Per un caso i loro sguardi si incrociarono e lei vide il timore negli occhi dell'uomo che distolse rapidamente lo sguardo, evidentemente trovando più interessante la formica sul tronco.
Dopo qualche minuto Dreiden si alzò e fece qualche passo osservando le tracce sul terreno. Un tuono in lontananza li fece sussultare, le nuvole erano sempre più minacciose..
- Sarà meglio incamminarci, andiamo. -
Leian raccolse le sue cose e le ficcò nello zaino senza cura, poi lo chiuse e seguì l'uomo più taciturno che avesse mai conosciuto. "Dopo Allanon naturalmente!"
Stavano camminando da poco più di un'ora quando un violento acquazzone si scatenò sulle loro teste, estrassero i mantelli per ripararsi e continuarono il viaggio, nonostante la visibilità si fosse notevolmente ridotta e i mantelli si fossero inzuppati in poco tempo, impedendo loro i movimenti.
- Anche se ci fermassimo non sapremmo dove ripararci quindi andare avanti è la scelta migliore! - urlò l'uomo per farsi sentire sopra il fragore dei tuoni. Non aveva mai visto un temporale così violento. Il terreno presto fu saturo d'acqua e il fango li faceva affondare ostacolandoli ancora di più.
Leian poté sentire l'uomo proferire le più terribili imprecazioni che lei avesse mai udito e sorrise tra sé nonostante il suo umore fosse decisamente tetro.
Finalmente la violenza dell'acquazzone diminuì e anche se continuava a piovere i tuoni avevano smesso. Leian si bloccò in mezzo al sentiero che stavano percorrendo.
- C'è qualcuno vicino a noi. - avvertì Dreiden.
- Come fai a dir... Dimenticavo che i sensi degli Elfi sono più sensibili. -
- Già. - disse lei, poi si concentrò e chiese alla sua magia delle informazioni.
- Arrivano da nord- est, sono Gnomi e sono in un discreto numero. -
- Non sapessero fossero tanto più sensibili di quelli degli Uomini! - era stupefatto.
- Ci sono tante cose che non sai di me. Non riesco a capire quanti sono ma ci stanno venendo addosso. - la paura traspariva dalla voce concitata.
- Quanto distano? -
- Troppo poco; saranno qui tra qualche minuto. - aveva abbassato la voce.
- Vieni, nascondiamoci. - la trascinò tra gli alberi, cercando di mettere più terreno possibile tra loro e gli Gnomi ma erano impediti dal fango e dai mantelli pesanti.
- Stanno seguendo le nostre tracce... - mormorò lei.
- Maledizione, hanno sconfinato. Il tuo amico aveva ragione. - si guardò intorno ma non vide nessun riparo. Sospirò. - Dobbiamo combattere, te la senti? -
Leian annuì.
- Allora usa i tuoi coltelli e cerca di essere più precisa questa volta. - la schernì per farle coraggio. - Tieni, ti do anche i miei, tu li sai usare sicuramente meglio. - glieli passò e lei osservò l'elsa decorata. - Te la cavi con la spada, vero? - lei annuì un'altra volta mostrando la spada corta che le pendeva al fianco.
- Ok, spero tu non debba essere costretta ad estrarla, perché vorrebbe dire che saresti molto vicina al nemico. Troppo. Adesso ci nasconderemo dietro quei due alberi. - le disse indicando due castagni secolari dall'enorme tronco - Dovrebbero essere un riparo per il momento. -
- Si stanno avvicinando. Sono disposti a cerchio per coprire meglio la zona e non permetterci di scappare in quella direzione. -
- Sei veramente un aiuto prezioso, vorrei essere un mezzosangue anch'io! - le disse ignorando la vera fonte di quelle informazioni.
Si erano nascosti e Dreiden stava preparando il suo arco legando la corda e assicurandosi che fosse ben tesa. Inforcò una freccia e aspettò, guardando nella direzione da cui sarebbero dovuti apparire. Leian sentiva il freddo metallo del pugnali premerle contro la carne; era una sensazione nuova, con Allanon avevano sempre cercato di evitare gli scontri e non si era mai trovata in un'imboscata pericolosa come quella.
- Sono sette. - sussurrò a Dreiden.
- Sono troppi. - gli mormorò lui di rimando.
Improvvisamente uno gnomo solitario apparve di fronte a loro e si fermò perplesso; non riusciva più a distinguere le loro tracce abilmente confuse dalla guida.
Un secondo gnomo tarchiato comparve al fianco del primo e si dissero qualcosa che Dreiden non capì. Con la cosa dell'occhio guardò Leian e la vide annuire, le fece segno di aspettare che arrivassero anche gli altri per evitare di essere presi di sorpresa. Comparvero altri due gnomi e si avvicinarono ai due alberi che li nascondevano. Non potevano più attendere senza rischiare di essere scoperti. La freccia uscì dal nulla e colpì uno dei due gnomi più vicini. Prima che l'altro potesse capire cosa stava succedendo un secondo dardo lo colpì facendolo cadere mentre il primo pugnale da lancio di Leian ne colpiva e uccideva un terzo. L'unico rimasto illeso urlò qualcosa agli altri ancora nascosti e si lanciò verso il loro nascondiglio brandendo una mazza. Un pugnale lo ferì al braccio destro rallentando la sua corsa mentre altri due correvano in suo aiuto. Dreiden saltò fuori all'improvviso impugnando la lunga spada e con un solo colpo gli tagliò il braccio che brandiva l'arma, ma i due compagni gli furono presto addosso. Anche Leian uscì allo scoperto e lanciò il terzo pugnale ferendo all'addome uno dei due, poi sferrò un calcio a uno degli gnomi feriti dalle frecce facendogli perdere i sensi. Estrasse un pugnale dal cadavere e lo infilò nello stivale e ne raccolse un altro da terra correndo velocemente. Lo gnomo ferito la raggiunse e cercò di colpirla con la spada ma lei riuscì ad evitare il colpo e si portò alle spalle di Dreiden estraendo la sua spada.
- Sono troppi. - mormorò lui studiando gli avversari.
- L'hai già detto. Cosa proponi? -
- Dobbiamo ferirne o ucciderne il più possibile e poi scappare. -
La battaglia era impari e l'arrivo del settimo gnomo peggiorò la situazione. Leian e Dreiden faticavano nonostante fossero rimasti a terra ben quattro gnomi. Un pugnale sibilò vicino all'orecchio di Leian conficcandosi nel tronco di un albero poco lontano. Dreiden ferì un altro avversario.
- Adesso! Scappa! - le urlò. Lei non se lo fece ripetere, estrasse il pugnale dalla corteccia e con quello in mano cercò di correre il più velocemente possibile verso la direzione indicata dall'uomo. Sentiva il suo fiato sul collo e le urla degli gnomi inferociti alle loro spalle. La pioggia aveva smesso di cadere ma il fango le rendeva complicata la fuga. Vide un'apertura tra gli alberi e sentì Dreiden gridarle di correre in quella direzione. Lei lo fece ma all'ultimo momento si accorse che non c'erano sbocchi ma un salto che dava su un torrente in piena. Cercò di fermarsi ma a causa della pioggia torrenziale il terreno era viscido e Leian scivolò e cadde nel torrente dopo un volo di pochi metri. Dreiden la vide sparire sott'acqua ma non poté controllare se fosse riemersa a causa degli gnomi che lo stavano raggiungendo. Trovò un sentiero che portava al torrente e lo imboccò nascondendosi poi in una rientranza.

Leian sentiva i polmoni bruciarle ma lo zaino e i vestiti le impedivano di riemergere e le ostacolavano i movimenti. Sentiva le sue energie abbandonarla e desiderò potersi lasciar andare alla stanchezza.

Aveva quattordici anni e durante un viaggio con Allanon era caduta nelle acque impetuose per la piena primaverile del fiume Mermidon . Non riusciva ad uscire, le rive erano instabili e crollavano quando cercava di aggrapparsi ad esse.
- Allanon, aiutami, ti prego! - era disperata e non sapeva più cosa fare. Continuava ad andare sott'acqua e a bere e si sentiva sempre più debole.
- Allanon! -
- Non devi chiedere aiuto a me ma a te stessa. - le aveva risposto il druido.
- Ma cosa posso fare? - Aveva urlato mentre la corrente la trascinava via e Allanon le correva dietro per non perderla di vista.
- Usa il tuo dono. - era stata la sua semplice risposta.
- Ma non riesco a concentrarmi! - sperava che Allanon rinsavisse quel tanto da lanciarle una corda.
- Impegnati! - le urlò invece.
Leian si era abbandonata alla corrente e si era ritirata in se stessa; aveva cercato di essere come l'acqua e l'aveva forzata a tenerla a galla; questo le aveva permesso di recuperare un po' di forze. Poi aveva imbrigliato con la magia la corrente e l'aveva costretta a sospingerla a riva.
- Vedi che non era così difficile? - l'aveva sfidata il druido quando l'aveva trovata stremata sulla riva.

Leian si concentrò e grazie all'addestramento riuscì a farsi trasportare a riva dove crollò esausta.
Quando Dreiden la trovò era ormai sera ed era ancora priva di sensi, nonostante la pioggia avesse ricominciato a cadere. La svegliò con delicatezza.
Lei aprì gli occhi e vide il bel viso dell'uomo chino su di lei e in uno slancio lo abbracciò.a
- Ho temuto di averti perduto! -
- Anch'io. - rispose lui restituendole l'abbraccio. Poi si staccò e la fece alzare in piedi. - Vieni, qui vicino c'è una grotta dove potremmo rifugiarci per questa notte. - 
Quando arrivarono lei era fradicia e anche i vestiti di ricambio e tutto il contenuto dello zaino erano nelle stesse condizioni. Lo estrasse e stese ogni cosa a terra nella speranza che nella notte si asciugasse. Dreiden le offrì la sua coperta.
- Non possiamo accendere un fuoco, è troppo pericoloso. - le spiegò.
- Dovrei togliermi i  vestiti bagnati. - gli disse arrossendo. Arrossì anche lui e si diresse all'ingresso della caverna dandole le spalle.
- Ho finito.-  Si era avvolta nella coperta e si era seduta contro la parete.
- Ti sei comportata bene. - si complimentò sedendosi a distanza di sicurezza di lei.
- Grazie. - La ragazza tremava per il freddo e alla debole luce della torcia che aveva acceso Dreiden vide che aveva le labbra viola. Le si avvicinò e si tolse la casacca. - Mettila. -
- Ma tu avrai freddo. - lui si strinse nelle spalle e si voltò. Quando si girò lei era in piedi, la casacca le arrivava a metà cosce e metteva in risalto il suo seno libero dalla costrizione della fasce, si stava arrotolando le maniche troppo lunghe. Dreiden si sedette e guardò fuori. Restò sconvolto quando lei si sedette accanto a lui e li coprì entrambi con la coperta.
- Non voglio che ti ammali per colpa mia. - era troppo vicina per i suoi gusti ma sentì che continuava a tremare. Si voltò verso di lei e la guardò incerto sul da farsi; poi fece passare il braccio dietro le sue spalle e la strinse a sé. Lei si raggomitolò contro di lui e appoggiò la testa alla sua spalla. - Grazie. -
Leian alzò il viso verso di lui e Dreiden non riuscì a controllare l'impulso di baciarla. Fu molto sorpreso quando lei restituì il suo bacio e cominciò ad accarezzarlo sul petto nudo. Si voltò e le mise una mano dietro la nuca, tra i capelli bagnati e approfondì il bacio, lasciando che le loro lingue giocassero l'una con l'altra; con la mano le accarezzava la schiena, scendendo dal collo verso il sedere. Leian assaporò ogni sensazione che quel contatto le dava, i brividi di piacere che le percorrevano la spina dorsale e la bramosia del bacio di Dreiden. Improvvisamente però lui si allontanò da lei.
- E' una sciocchezza... - le disse senza guardarla negli occhi.
Lo fissò senza parole, avrebbe definito quel bacio in molti modi tranne che una sciocchezza.
- Ci complicherà solo le cose, non possiamo permettercelo. - era deciso e fermo.
Leian annuì mentre una fitta di dolore si faceva largo nel suo petto.
- Hai ragione, non puoi permettertelo. - gli rispose.
Dreiden alzò la testa di scatto. - Cosa vuoi dire? -
- Non lo so, tu cosa vuoi dire? - era decisamente arrabbiata. - Cosa significa che non possiamo permettercelo? Io posso, quindi in quel noi c'è solo un tu. - si alzò in piedi gettandogli la coperta. - Dormi, io faccio il primo turno di guardia, ho riposato abbastanza dopo il tuffo. No, non dire più niente per favore. -
Si sedette all'entrata della caverna con la spada vicino e voltandogli le spalle.

***
Capitolo sette.. comincia a vedersi un po' di movimento, spero che la cosa vi piaccia!
Alaide: sono felice che ti piacciano i nomi, sappi che per inventarmeli ho faticato un sacco, da quel punto di vista sono un po' negata! Grazie come sempre per le belle parole.
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


8. L'alba era giunta molto in fretta durante il turno di guardia di Dreiden. Era stato svegliato nel cuore della notte dalla ragazza che senza una parola si era presa la coperta e si era sdraiata. Dreiden non aveva potuto far altro che rabbrividire, quando vicino a lui aveva notato la sua casacca accuratamente piegata; evidentemente i vestiti di lei erano asciutti e si era cambiata. La infilò poi guardò, alla debole luce della luna in quella notte che si era rasserenata in modo sorprendente, gli oggetti sparsi sul terreno. Notò due involti e li aprì rivelando due bracciali intarsiati e con delle scritte in una lingua a lui sconosciuta. Li rimise a posto, sentendo la curiosità che pretendeva di essere soddisfatta.
La svegliò. Lei lo guardò per un secondo senza capire, poi distolse gli occhi. In un attimo fu pronta, vestita e stava riempiendo il suo zaino. Sempre senza una parola uscì dalla caverna e lo aspettò guardando le ultime stelle rimaste in cielo.
Dreiden si chiese quanto sarebbe durato quel mutismo ma preferì non approfondire, evidentemente doveva averla ferita in modo profondo senza accorgersene. "Le passerà prima o poi."
La giornata passò senza che lei gli avesse parlato. Si fermarono per la sera in una radura che lasciava intravedere il cielo sopra di loro che si colorava di blu. Consumarono un pasto freddo senza accedere il fuoco per evitare altri spiacevoli incontri, poi Leian si coricò voltando le spalle al compagno di viaggio.
Dreiden era esasperato da quella situazione assurda, guardò la sua schiena che aveva sentito fremere sotto le sue carezze e rabbrividì. "Non possiamo, anche se lei non lo sa." Le ore passarono lente, niente sembrava muoversi in quella foresta. Calcolò il tempo che ci avrebbero messo a raggiungere l'ultimo posto di guardia dei Nani. Lo preoccupava che i loro avversari fossero avanti di una settimana, anche se loro stavano guadagnando terreno. Avevano davanti ancora quattro giorni di viaggio come minimo. "Chissà se li dovrò passare in questo silenzio punitivo..." Un rumore lo fece voltare verso la ragazza che si agitava sotto le coperte.
L'essere la stava guardando, aspirando l'aria intorno a lei come se bastasse a capire tutto di lei. La bocca si deformò in un ghigno e due occhi di fuoco la guardarono facendola sentire nuda. - Magia... - mormorò l'essere con desiderio. Poi si alzò di scatto e nel fare quel movimento perse ogni sembianza umana e si trasformò in una bestia nera pronta a colpirla per ottenere la sua magia innata. E c'era una solo modo perché questo accadesse: ucciderla. La paura la paralizzò mentre la bestia si gettava su di lei con gli artigli protesi.
- Leian, Leian... -
La voce la chiamò e lei si mosse in quella direzione. La bestia la guardò con delusione.
- Puoi sfuggirmi oggi, ma non in eterno. So dove sei e ti troverò; principessa dell'acqua. -
- Leian, svegliati! -
La ragazza aprì gli occhi di scatto, spaventando Dreiden che la stava scuotendo con le mani sulle spalle. Si alzò seduta e si guardò attorno; nella luce lunare niente sembrava fuori posto. Eppure sapeva che quell'incubo era qualcosa di più.
- Sa dove sono. - disse impaurita.
- Chi? - le domandò sorpreso Dreiden.
"Dirlo, non dirlo..."
- E' stato un incubo. - gli rispose omettendo i particolari. Dreiden avrebbe voluto abbracciarla e scacciare il terrore dai suoi occhi ma non lo fece, anzi si alzò e si allontanò da lei. Leian sentì la rabbia montarle dentro ma si dominò timorosa di quello che la sua collera avrebbe potuto provocare.
- Ormai non mi addormenterò più, puoi riposarti tu. - disse con freddezza.
- Non è necessario. - replicò lui.
- Fa un po' come vuoi. - Leian raccolse la sua coperta e la piegò con cura mettendola poi dentro il suo zaino. Si sedette lontano dall'uomo e rimase a fissare la luna e le stelle. Dreiden la fissò per qualche attimo incerto poi si coricò e si addormentò subito.
Leian portò lo sguardo su di lui, percorse i lineamenti marcati del suo viso e osservò il suo fisico prestante. "E' proprio un bell'uomo. Peccato che sia anche un completo idiota."  Poi il suo pensiero si spostò sulla missione che dovevano compiere. Se la bestia sapeva che lei era lì forse sapeva anche perché. Sospirò.


- Conosci le pietre azzurre? - le chiese Allanon una mattina assolata mentre camminavano per le vie di Arborlon.
- Quelle di Shea? Sì, sono pietre magiche. - Leian le ricordava molto bene, lo zio adottivo gliele aveva fatte vedere una volta e lei si era persa nel loro magnifico colore.
- Esatto, sono l'ultima magia elfica sulla terra, oltre alla tua ovviamente. Le pietre azzurre di Shea non sono le uniche. Esistono altri gruppi di pietre contraddistinte da un colore. Le uniche di cui però si conosce l'esatta ubicazione, oltre quelle azzurre; sono le pietre bianche. Sono custodite in una fortezza nella terra dei Nani. Gli Elfi le affidarono a loro come segno di alleanza dopo una delle Guerre che li coinvolsero molto tempo fa, per ricordare ad entrambi che erano legati contro le forze malvagie. I Nani le misero in una fortezza isolata protette da ogni sorta di congegni e dalla magia dei druidi che li aiutarono. Anche se la loro miglior difesa è stata l'oblio. Tutti le hanno dimenticate tranne le storie dei druidi.-
- Perché nessuno le ha recuperate? -
- Perché non ce n'è più stato bisogno o perché a nessuno è venuto in mente. Ma adesso il momento è venuto. Recupereremo le pietre bianche degli Elfi. -


 La sua vita si stava complicando ogni giorno di più e l'unica consolazione che poteva avere, un rapporto che andasse oltre la semplice conoscenza con l'uomo che dormiva di fronte a lei, le era negata. Leian si chiese perché fosse così importante per lei. " Cosa voglio in realtà?" Lo fissò di nuovo e in lui vide una parvenza di normalità. Poi il suo orgoglio che non era mai riuscita a soffocare in tutta la sua vita riprese il sopravvento. "Ti ha rifiutata, perché perdonarlo o volerlo?" Guardò le stelle immutabili e serene, senza preoccupazione e desiderò poter ottenere quella pace perfetta. 
All'alba si rimisero in cammino, la strada era sempre più faticosa, passavano in sentieri che nessuno batteva più da anni che le piante e l'erba avevano invaso e dovevano lottare contro insetti e vegetali che sbarravano loro la strada. Inoltre erano in salita su un pendio a tratti ripido e dal terreno cedevole.
Al tramonto del quarto giorno dopo il combattimento, in orario coi calcoli di Dreiden, avvistarono il posto di guardia dei Nani. Si trovava dall'altro lato della valle che stavano attraversando, era abbarbicato su uno sperone di roccia praticamente inaccessibile, tranne per una strada che dal fondo valle risaliva tortuosa e arrivava in cima alla porta della costruzione. I due erano affaticati e guardarono la distanza che li separava dai Nani come un vuoto incolmabile. Si guardarono per un momento.
- Possiamo evitare di andare da loro, vero? - si chiesero l'un l'altro all'unisono.
- Vedo che almeno su una cosa siamo d'accordo. - disse Leian con ironia.
Dreiden cominciava ad essere veramente stufo di quell'atteggiamento.
- Già. Hai intenzione di andare avanti ancora molto con questa buffonata? - le chiese con ira.
- Mmh... - Leian finse di pensarci. - Per tutto il tempo che riterrò necessario. - gli rivolse un sorriso astioso.
- Io credo invece che sia meglio finirla qui. Si può sapere cos'hai? -
Leian lo guardò allibita. "Non può essere così idiota. Non può non capirlo!" - A titolo informativo, hai mai parlato con una donna? -
La domanda lo stupì alquanto. - E questo cosa vuol dire adesso? -
- No, perché a quanto pare tu non hai la minima esperienza in fatto di donne. - lo derise Leian.
Dreiden si infiammò - Non sono affari tuoi e comunque ho fatto le mie esperienze, non preoccuparti. -
- Non si direbbe proprio. -
- Si può sapere qual'è il tuo problema? - la aggredì avvicinandosi e serrandole i polsi.
Leian sentì una fitta di dolore sotto le fasce che aveva continuato a mettere per nascondere le cicatrici dell'azione protettiva dei bracciali.
- Io non ho alcun problema, al massimo l'hai tu. E lasciami che mi fai male! - urlò strattonando le braccia e Dreiden poté vedere i suoi occhi diventare lucidi.
La liberò immediatamente dalla stretta e si guardò i piedi. - Non volevo, ma mi fai imbestialire... - mormorò.
Leian si massaggiò i polsi dolenti e lo guardò. - Davvero non riesci a capire perché mi comporto così? - Lui scosse la testa. - Come pensi che mi sia sentita dopo che mi hai baciato e all'improvviso mi hai respinto e ti sei allontanato come se fossi infetta? Ho anch'io un orgoglio, forse troppo, ma sono così. Mi  sono sentita orribile e rifiutata. - si girò di schiena per non fargli vedere la lacrima che le rigava il viso.
La fissò senza parole. Poi le si avvicinò e le si mise di fronte, e alzò il viso e la baciò delicatamente sulle labbra. Con il dito le asciugò la lacrima - Non sei orribile, anzi sei bellissima. Ma è troppo complicato adesso, non possiamo permetterci distrazioni. -
- Mi sono comportata come una ragazzina. - ammise ferendo il suo amor proprio.
- Solo un po'. Spero tu capisca che devo sempre essere concentrato per poterti difendere e tu mi distrarresti troppo. - "Saresti una gran bella distrazione."
- Va bene, ho capito non preoccuparti. Mangiamo? - propose per concludere la questione, ma senza crederci veramente. Lui annuì e sentì che in parte la tensione tra loro due se ne era andata ma intuì che non era finita del tutto.
Quando fu ora di dormire Leian si coricò vicino a dove Dreiden montava la guardia. Lui lo interpretò come un gesto di pace.
- Mi dispiace... - mormorò quando fu sicuro che lei si fosse addormentata.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


9. All'alba come ogni giorno si misero in cammino diretti alla fortezza. La guida non sapeva con esattezza quanto ci sarebbe voluto; da anni nessuno vi si recava e anche Allanon non aveva saputo calcolare la lunghezza del percorso.
La vegetazione si fece più fitta, creando un intreccio di rami sopra la loro testa che lasciava passare solo pallidi e isolati raggi di sole, spesso i loro vestiti finivano impigliati nelle spine di enormi cespugli di rovi che costeggiavano il sentiero che solo la guida riusciva a distinguere. La calura era insopportabile, l'umidità impediva la traspirazione e Leian faceva fatica a proseguire non essendo abituata a simili sforzi. Si dovettero fermare molte volte per permetterle di riposarsi e bere un po' d'acqua. Anche se non l'avrebbe mai ammesso con l'uomo si sentiva un peso inutile.
Finalmente nel tardo pomeriggio arrivarono su una sorta di balcone naturale che si affacciava su una valle molto stretta, la cui vegetazione lussureggiante e intricata impediva la vista del fondo valle. A metà del fianco della montagna posta a sud individuarono la fortezza diroccata, secoli e secoli di intemperie l'avevano sgretolata come un castello di sabbia sotto la pioggia. Quello che non aveva fatto il clima l'aveva finito la vegetazione che si arrampicava su ogni muro e la soffocava.
I due viaggiatori osservarono attoniti la valle, in cui regnava un silenzio innaturale e la guida fu colpita da un senso di oppressione. Non si sarebbe mai inoltrato in quel labirinto di sua spontanea volontà, ma sembrava non avere altra scelta.
Leian fissò quel tetro paesaggio poi si voltò verso l'uomo - Dreiden Frohs, benvenuto a Istrat, che nell'antica lingua dei Nani significa la valle mai raggiunta dal sole. -
La guida la guardò stranito. - Un nome azzeccato non c'è che dire. -
Dopo cena non riuscivano a decidersi ad andare a letto, in parte eccitati dall'idea di aver raggiunto la loro meta, in parte angustiati per quello che avevano visto, per quella valle che sembrava precludere ogni possibilità di vita.
- Cosa succederà adesso? - chiese titubante Leian.
- Domattina scenderemo nella valle e cercheremo di raggiungere il più presto possibile la fortezza. -
- Quanto tempo ci metteremo? -
Dreiden fissò la lama del coltello che aveva in mano, indeciso. Poi sospirò - Non lo so. Ore, giorni. La pista non è battuta da decenni, secondo Allanon e secondo le mie fonti nessuno è arrivato più in là di questo punto da almeno mezzo secolo. E i temerari che hanno osato tanto allora non hanno più fatto ritorno. -
- E se ci avessero preceduti? - Era questo il dubbio che l'assillava.
- Possiamo solo sperare che non sia successo. - le rispose.<
- Ho paura, non mi piace questo posto. E' morto. -
Non poteva darle torto, era la stessa cosa che pensava lui, ma doveva essere forte e rassicurarla - Ci crescono le piante, non è morto. -
- Lo so è irrazionale. Ma ho paura lo stesso. - Non aveva mai pensato di poter essere una simile frignona. Ma non aveva neanche mai pensato di dover arrivare in un posto simile. Per l'ennesima volta desiderò poter tornare a casa. "Quale casa? Da Flick e Saraia? O la casa dei miei genitori? O da Allanon? Io non ho una casa. Non ancora. No sto facendo un torto a Flick e Saraia, la loro casa è anche la mia. Però... " Sospirò e questo fece intenerire Dreiden che le accarezzò i capelli. - Andrà tutto bene, vedrai. - La ragazza sorrise per quello sforzo di rassicurarla. - Grazie. -

La marcia nella foresta impenetrabile fu lunga e faticosa ma fu facilitata da una circostanza che impensierì Dreiden. - Qualcuno è passato di qui. Pochi giorni fa. Ci ha aperto la strada, ma non penso sia un bene. -
Anche con questa agevolazione la strada che li separava dalla fortezza era lunga e tortuosa, ricca di ostacoli. Videro che i rami che bloccavano il passaggio erano stati tagliati ma che si stavano rapidamente rigenerando, con una velocità incredibile. La foresta era veramente priva di vita e di suoni, solo il frusciare delle foglie al leggero vento che soffiava nella valle e i loro passi cauti ma rapidi. Provavano angoscia ed erano sospinti da una fretta che nasceva dal disagio che quella foresta così viva eppure così morta procurava loro.
Era da poco passato mezzogiorno quando la morte si presentò davanti a loro. Il corpo dell'uomo era steso a terra, il petto coperto dal sangue che era sgorgato dalla ferita che partiva da un orecchio per arrivare all'altro. Gli avevano tagliato la gola, un colpo unico, netto, preciso. Il sangue era uscito anche dalla bocca, come se avesse cercato di parlare, di invocare aiuto, di maledire i suoi assassini. Gli occhi erano spalancati e guardavano il soffitto di rami incrociati cercando il cielo. Leian si lasciò cadere a terra accanto al cadavere e gli chiuse gli occhi in un gesto di tardiva pietà. - Il marito di Mailin. Aveva assolto al suo compito, era inutile ormai, perché lasciarlo vivere? Perché avere pietà? - Era sconvolta. Pensò alla risata roboante della donna che l'aveva accolta, all'imbarazzo del figlio e sentì gli occhi pizzicarle per le lacrime che spingevano per uscire. - Non doveva finire così... - mormorò.
Dreiden la fece alzare. -Dobbiamo andare, potrebbe essere pericoloso. -
Lei annuì e fece qualche passo poi tornò indietro e slacciò la cintura che sorreggeva il fodero e la spada dell'uomo e se la legò in vita. - Almeno il figlio avrà qualcosa. -
La fortezza per quanto danneggiata era ancora imponente e incuteva timore. Entrarono attraverso l'enorme portone socchiuso cercando di fare meno rumore possibile. Dreiden pensava che i tre avversari fossero ancora dentro e voleva evitare di allarmarli. Allanon aveva detto che le pietre erano nascoste nei sotterranei ma c'erano decine di rampe di scale che portavano verso il basso e non sapeva quale prendere. Leian si fece avanti e guardò il salone in cui erano e le scale che partivano andando verso l'altro e verso il basso; i corridoi che si aprivano in ogni parete.
- Il tuo compito è concluso, Dreiden. Ora tocca a me. -
Si sedette a gambe incrociate in mezzo al salone e chiuse gli occhi.
- Cosa fai? - urlò sottovoce Dreiden cercando di farla alzare.
- Quello che devo. - La voce della ragazza era dura, determinata. Dreiden fu intimidito dalla consapevolezza che emanava e si mise accanto a lei, rimanendo a qualche passo di distanza.
Leian si immerse nella sua magia e cominciò la sua ricerca.

- Oggi imparerai una cosa nuova del tuo dono. - le aveva detto Allanon mentre facevano colazione vicino ad una pozza d'acqua limpida.
Leian era entusiasta dell'idea, la sua fame di conoscenza del suo potere era infinita. Porse i polsi al druido perché le sganciasse i bracciali.
- Bene, adesso devi concentrarti sulla tua magia e devi capire cosa può dirti l'acqua. -
- Non capisco. - Allanon la guardò accigliato, era difficile spiegarle qualcosa che neanche lui conosceva a fondo.
- Le gocce d'acqua viaggiano sempre, sono in continuo movimento. Anche quelle di una pozzanghera spariscono in fretta, non rimangono troppo nello stesso posto. Durante i loro viaggi vedono. Non sono vive, non sanno pensare, ma è come se avessero una memoria di ciò che accade intorno a loro. Dovrai sfruttare questa possibilità. Le gocce d'acqua saranno i tuoi occhi che vedono a distanza. - La ragazza era dubbiosa ma non osava contraddirlo per timore di scatenare la sua collera. Lei non aveva mai provocato i suoi scoppi d'ira e si poteva dire che il druido fosse in un certo senso affettuoso con lei, ma Leian aveva visto di cosa era capace se qualcuno lo minacciava.
Chiuse gli occhi e sentì la magia premere dentro di lei per uscire. La trattenne. Poi la indirizzò verso la pozza, cercando di isolare una sola goccia. Dopo qualche tentativo ci riuscì. La goccia le raccontò del suo viaggio nel ruscello che riempiva la pozza, dalla sorgente fino a lì. Leian vide la terra attorno a lei nella falda sotterranea, poi le rocce attraverso cui scaturiva la sorgente, i prati verdi e gli animali che si abbeveravano. Una montagna di informazioni. Si accorse di poter risalire più indietro nella memoria della goccia, sempre più indietro. Non c'era un tempo in cui non era esistita o così sembrò a Leian. Questo la spaventò: non voleva conoscere passati così lontani, la confondevano. Si scosse dallo stato di trance e guardò il druido. - Quello che posso fare è spaventoso. -
- Sì. Ma può anche salvarti la vita ricordatelo. -

I minuti passavano lenti, il silenzio era interrotto solo dal loro respiro e dal gocciolio dell'acqua che filtrava dai piani superiori. Dreiden osservò perplesso la ragazza incapace di capire cosa stesse facendo.
Leian si concentrò seguendo la sua magia che la portava a scovare ogni traccia d'acqua all'interno della fortezza. Scese nei bui sotterranei, percorse ripide scale e angusti corridoi finché non giunse in una sala immensa dall'ampio soffitto e con un enorme piscina piena d'acqua. E lì l'acqua le permise di trovare ciò che stava cercando. Ma non aveva ancora finito. Fece il percorso a ritroso e con molta prudenza indagò sulla posizione dei loro nemici. Sentiva la loro presenza e li scovò in una sala ai piani superiori. Erano in movimento, cercando. Si ritirò in fretta timorosa che il terzo uomo, se questo era, la potesse sentire. Non voleva correre rischi.
Leian si alzò con un movimento fluido, prese Dreiden per mano e lo trascinò fino ad un corridoio. - Dobbiamo andare di qua. -
- Come fai a saperlo? -
- Lo so e basta, devi fidarti di me. - sussurrò lei - Non c'è tempo sopra di noi stanno cercando le pietre, non le hanno ancora trovate. Dobbiamo precederli. Vieni. - Lo tirò e lui la seguì sempre più stupito.
Scesero scale con gradini alti e sconnessi. Poi imboccarono un corridoio stretto col soffitto ad arco. Dreiden cercava di fissare dei punti di riferimento ma in quell'oscurità gli era impossibile. L'elfa possedeva occhi più acuti dei suoi e lui la seguiva come un cieco. Non sapeva da quanto tempo camminavano quando giunsero davanti ad una massiccia porta di legno con le cerniere arrugginite sul punto di sgretolarsi. Dreiden provò a spingerla ma resistette, evidentemente la ruggine non aveva intaccato i cardini così profondamente come lui pensava. Dreiden sfilò un grimaldello dallo zaino e lo inserì nella serratura. Dopo qualche minuto riuscì a farla scattare e la porta si aprì faticosamente.  - Ogni giorno scopro delle tue nuove virtù. - lo prese in giro l'elfa.
Entrarono e si chiusero il portone alle spalle facendo scorrere anche il chiavistello che era fissato all'interno. Dreiden stava per fare qualche passo quando la ragazza lo bloccò.
- Fermati è pericoloso. Questo posto è pieno di magia e di trappole. -
La guida osservò il sotterraneo. Contrariamente alla norma questo aveva un altissimo soffitto e nel centro della stanza poté vedere una grande piscina quadrata piena di acqua placida ed elevate sopra di essa a qualche metro di distanza levitava un globo di luce con all'interno tre pietre bianche sospese.
- Le pietre magiche degli Elfi. - mormorò l'uomo deferente.

***
Siamo arrivati a destinazione. Contenti?
Alaide: Sono felice che ti siano piaciuti!
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


10. La stanza avrebbe dovuto essere immersa nell'oscurità ma era invasa da una luce tenue la cui origine era difficile da individuare per Dreiden. Guardò la ragazza al suo fianco indeciso se ascoltarla o meno, non sembrava così difficile arrivare fino alle pietre.
- Non sto scherzando, non muoverti se non vuoi farti male. - lo avvisò.
- Mi leggi nel pensiero con la tua magia? - le chiese sospettoso.
- Non c'è bisogno di alcuna magia per vedere che sei impaziente di correre a prenderle e poi fuggire. Ma guarda. - gli disse estraendo da una tasca alcune pietre. Ne lanciò una poco davanti a loro. Quando toccò terra il pavimento si aprì lasciandola cadere nel vuoto. Dreiden non riuscì a sentire il tonfo che segnalava la fine della caduta. Un brivido di terrore gli percorse la schiena.
- Non dovresti mai dimenticare quello che sono capaci di fare i Genieri dei Nani. - gli fece notare.
- Già. Come conti di arrivare fin là? -
- Allanon mi ha detto che le trappole dei Nani sono solo la prima prova, la più semplice. Devi seguirmi, passo per passo... - Lo guardò con occhi pieni di determinazione. - ...oppure mi aspetterai qui. Devi scegliere. -
- Ti seguirò. - disse senza ombra di indecisione. Lei annuì ma con un peso nel cuore, se avesse fallito avrebbe ucciso anche lui. Prese un grosso respiro e strisciò contro la parete verso sinistra fino all'angolo. Dreiden le stava praticamente incollato. Lanciò un'altra pietra davanti a loro che rimbalzò tre volte ma non successe nulla. Con un respiro di sollievo mosse alcuni passi lungo la diagonale della stanza.
- Hai intenzione di andare per tentativi? - le chiese la guida facendola irritare.
- Io ti ho seguito lungo l'Anar senza mai mettere in discussione le tue decisioni. Ti è così difficile fare la stessa cosa per pochi metri? -
- Non arrabbiarti, tu sapevi che io avevo l'esperienza necessaria per quel compito, te l'ha detto anche Allanon. Io devo andare alla cieca con te che mi guidi in mezzo a trappole mortali senza alcuna garanzia. - si difese. Non era certamente il momento di litigare ma voleva alcune rassicurazioni e spiegazioni. Forse avrebbe fatto meglio a chiederle prima di entrare ma ormai il danno era fatto.
- Allanon non ti ha detto niente di me? - gli chiese con astio.
- Mi ha detto che saresti stata importante una volta giunti alla fortezza e che non mi saresti stata di intralcio lungo la strada. -
- Non ti basta? -
- No. - Era sincero, non bastava per mettere la sua vita nelle mani di una ragazza che conosceva da neanche un mese e che aveva il solo pregio di aver viaggiato con il druido. 
- Non vado per tentativi, so quello che faccio ma le pietre mi servono di conferma; non vorrei averti sulla coscienza. -
- Come sai dove andare? -
"Bugia o verità?" - Lo so e basta. - Era troppo testarda per cedere e troppo impaurita che lui la temesse per la magia. "Ma lui lo sospetta già."
- Come lo sai? - Era irremovibile.
- Con la magia. Adesso ti basta? - Si era girata verso di lui con gli occhi che esprimevano tutta la sua ira e il suo risentimento.
- Sì. -
Percorsero i metri che li separavano dalla piscina zigzagando per la stanza. Quando giunsero sul bordo Dreiden guardò Leian e mormorò: - E ora? -
Lei non rispose subito ma estrasse una piuma e la lasciò cadere nell'acqua. Prima che potesse toccare la superficie liscia e immobile questa si sollevò come una mano protesa, la inghiottì e la trascinò sul fondo.
- Non possiamo immergerci senza correre il rischio di morire. -
Dreiden era attonito.
- Devi sapere un'altra cosa. Quando avremmo preso le pietre avremmo poco tempo prima che la fortezza collassi. La magia che le ha permesso di resistere alle ingiurie del tempo è legata alle pietre, se queste vengono sottratte tutto si distruggerà. -
- Ho capito, saremo rapidi. -
- Ti ricordi il percorso che abbiamo fatto per arrivare a questo punto? -
- Sì. - Era una guida, memorizzare il percorso era il suo compito.
- Bene dovremo rifarlo per salvarci. -
- E adesso come le prendiamo? -
- Lascia fare a me. - Leian chiuse gli occhi e si preparò a scatenare la sua magia.

- Leian dobbiamo passare attraverso il fiume ma non c'è un guado per miglia. Come possiamo fare? - le stava chiedendo Allanon mentre osservavano le acque turbinose del fiume Argento.
Leian aveva sedici anni e ormai sapeva cosa significava una frase del genere, il druido voleva insegnarle qualcosa sul suo potere. Tese i polsi senza parlare ma non poté trattenere un sorriso davanti all'espressione sorpresa dell'uomo. Almeno un po' lo conosceva, non era poi così sbalorditivo.
- Posso interrompere il corso del fiume?  - chiese incerta.
- Non è la scelta migliore; a valle si accorgerebbero della strana e improvvisa secca e a monte si accumulerebbe troppo acqua che potresti non riuscire a controllare. -
- Bene... perché non nuotare? - la proposta fece ridere il druido.
- Sarebbe più semplice vero? Ma siamo a ottobre, come conti di asciugare i vestiti e soprattutto come conti di non morire assiderata? -
Leian sbuffò - Preferiresti pattinare? - La ragazza poté notare il guizzo di approvazione che attraversò rapido lo sguardo dell'uomo.
- Stai scherzando, spero. Come posso congelare il fiume Argento ad ottobre? Non fa abbastanza freddo e poi bloccherei lo stesso il corso del fiume. - Era perplessa.
- Non dovresti congelare tutto il fiume solo uno strato superficiale largo pochi metri e spesso abbastanza da sorreggerci. -
- E come dovrei fare? -
- Prova a cavartela da sola. Come si raffredda il cibo? -
- Perché non è più scaldato. -
- E quindi cosa succede? -
- Che scalda quello che c'è attorno, cede calore. -
- Quindi? - Leian cominciava ad essere indispettita per il tono sarcastico del druido, non aveva studiato come lui, o almeno non così tanto.
- Quindi... deve fargli cedere calore? -
- Sì, devi comandargli di cederti calore. - le spiegò Allanon.
Leian lo guardò senza troppa convinzione poi si mise sulla riva e si concentrò. Entrò in contatto con le acque del fiume e cercò di convincerle a cederle un parte di calore. Aprì gli occhi e poté vedere che sulla superficie del fiume si stavano formando i primi cristalli di ghiaccio mentre attorno a lei la temperatura scendeva e poteva vedere il suo fiato condensarsi in piccole nuvole. Eppure dentro di lei sentiva un fuoco che ardeva, sentiva il calore crescere come se avesse la febbre.
Dopo parecchi minuti una lastra di ghiaccio permise loro di attraversare senza problemi il largo letto del corso d'acqua.
- E adesso riemetti tutto a posto. -
- Devo cedere il calore che ho accumulato. -
- Esattamente, fai progressi. - le rispose alzando un sopracciglio con fare canzonatorio irritandola non poco.
Fece l'operazione inversa e sentì il caldo fluire via dal suo corpo fino a quando non avvertì il freddo pungere le sue membra. Allanon le mise la coperta sulle spalle e la fece sedere.
- Mi sento così stanca. - gli disse mentre faticava a tenere gli occhi aperti e si coricava.
- Dormi pure, sei stata brava. - le sussurrò il druido mentre lei scivolava nel sonno con un sorriso sulle labbra. Allanon la guardò e, certo di non poter essere visto, il suo viso assunse un'espressione dolce che nessuno nelle Quattro Terre pensava potesse esistere sul quel volto severo.

Dreiden osservò perplesso la ragazza mentre chiudeva gli occhi e tendeva le mani verso la superficie della piscina. Era preoccupato, tutta quella storia non gli piaceva anche perché non la capiva, a lui erano sempre bastati la spada, l'arco e la sua abilità. Da tanto tempo era solo e si doveva affidare solo a sé stesso. Poi era arrivata una ragazzina che aveva rivoluzionato tutto, che gli aveva chiesto di fidarsi di lei. E adesso si stava rendendo conto che non avrebbe potuto fare altro, senza di lei probabilmente non sarebbe neanche arrivato sul bordo di quella vasca e non sarebbe certo arrivato alle pietre. Ma la magia non gli piaceva, era pericolosa e infida. Ma Leian non era infida. O almeno era quello che sperava. Sospirò e rimase sorpreso nel notare il suo fiato che si condensava davanti al viso. La temperatura della stanza si stava abbassando ma Leian era accaldata, la guida poteva vedere il viso arrossato, le gocce di sudore che le imperlavano il volto e le scivolavano lungo le guance. Distolse lo sguardo e si accorse che sopra l'acqua si stava formando una lastra di ghiaccio, che continuò ad aumentare finché non ricoprì tutta la superficie. Solo allora Leian aprì gli occhi e si guardò attorno con gli occhi lucidi per la febbre.
- Adesso sarà facile arrivare fin là. - gli disse e mise i piedi sul ghiaccio e camminò fino al centro dove si fermò, alzò il braccio e lo tese verso le pietre. La sfera che le conteneva si abbassò fino a toccarla la mano. Leian se la portò al petto e la sfera sparì lasciandole le tre piccole pietre tra le mani. Estrasse un sacchetto di cuoio e ve le fece scivolare.
Si voltò verso Dreiden, ma in quel momento la porta venne scardinata con un colpo secco e deciso e due soldati e un uomo incappucciato apparvero sulla soglia. Leian rimase impietrita mentre Dreiden estrasse la spada. Il primo soldato corse verso di loro con la sua arma in mano ma cadde in una delle trappole dei Nani che si aprì sotto i suoi piedi. Il secondo indietreggiò mentre la botola si richiudeva. L'uomo col mantello li guardò poi gettò via la cappa che indossava e si accucciò perdendo le sembianze umane e rivelando la sua natura di bestia. Facendo leva sulle possenti zampe posteriori  spiccò un balzo e saltando tutte le trappole atterrò di fonte alla ragazza. Dreiden cercò di colpirlo con la spada ma la bestia schivò il fendente e lo colpì con gli artigli facendolo cadere all'indietro.
Leian non riusciva muoversi e la bestia si voltò verso di lei. - Magia... - le disse. Leian ricordò l'incubo che l'aveva svegliata poche notti prima e sentì la paura pervaderla. Pochi metri la distanziavano dal suo nemico e non riusciva a fuggire. Dreiden era ancora a terra ferito. "Cosa faccio? Cosa faccio?" La bestia grattò con gli artigli sul ghiaccio mentre compiva il primo passo. Leian aspettò che fosse interamente sulla lastra ghiacciata e poi chiuse gli occhi e si concentrò. Restituì una parte del calore accumulato e fece sciogliere il ghiaccio sotto la bestia che, sorpresa, non riuscì a muoversi e venne inghiottita dall'incantesimo della piscina che la trascinò verso il fondo. Leian congelò nuovamente l'acqua  e corse verso la guida aiutandolo a rialzarsi. Dai piani superiori sentirono i rumori che annunciavano lo sgretolamento della fortezza.
- Dobbiamo andarcene! Sta per crollare tutto! - disse alla ragazza. Fecero il percorso inverso ma si erano dimenticati del secondo soldato che li aspettava sulla soglia della porta. Cercò di colpire Leian che si salvò solo grazie alla prontezza di riflessi di Dreiden che la tirò a sé e con un calcio fece cadere l'avversario che si era sbilanciato durante l'attacco e lo oltrepassarono.
- Guidami Leian, tu ci vedi meglio di me e sai la strada. - la spronò. - Se siamo veloci possiamo farcela e non ci raggiungerà. -
La ragazza lo prese per mano e cominciò a correre per i corridoi sotterranei bui, poi improvvisamente il terreno sotto i loro piedi si mosse.
- Più veloce Leian, sta crollando! -
L'elfa era stanca e anche disperata, tutta quella responsabilità l'opprimeva. Le sembrava di essere troppo lenta, come se stesse correndo al rallentatore e il tempo scorresse troppo lento. Non avrebbe saputo dire come ma alla fine riuscirono ad arrivare nell'atrio e ad uscire, ma non si fermarono, continuando a correre uscirono e si immersero nella foresta senza curarsi delle spine e dei rovi che li graffiavano e strappavano i loro vestiti. Leian sentiva la febbre bruciarla e toglierle le forze ma Dreiden la trascinava con sé, forte e veloce nonostante la ferita. Tutto ruotava ed appariva sfuocato attorno alla ragazza che chiuse gli occhi e si affidò completamente alla guida e alla sua magia per evitare gli ostacoli. Dopo un'eternità si fermarono e si buttarono a terra ormai allo stremo.
- Riposati e bevi, dobbiamo ripartire al più presto, non mi sento al sicuro in questo bosco. - le porse la borraccia e lei bevve avidamente. Poco dopo la guida la tirò in piedi. - Dobbiamo andare, voglio raggiungere la fortezza dei Nani. -
Lei si sentì morire a quel pensiero ma non disse niente e si fece forza. Si concentrò solo sul cammino, sul mettere un piede davanti all'altro il più velocemente e attentamente possibile. Ma anche questo semplice compito le succhiava le forze. "Non ce la farò mai..."
- Resisti, Leian! Non azzardarti a lasciarmi solo e ferito in questo posto morto! - la spronò Dreiden - Devi farcela, Leian, devi!-

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


11. Era ormai notte inoltrata quando bussarono all'entrata principale del posto di guardia. Leian non riusciva più a connettere, la mente obnubilata dalla febbre, stava in piedi solo grazie a Dreiden che la sorreggeva. Le forti mani dei Nani la aiutarono a raggiungere una stanza dove si stese sopra un letto e, prima di capire cosa stesse succedendo, si addormentò.

Dreiden osservava il viso arrossato della ragazza che giaceva nel letto, coperta e con un panno umido sulla fronte per abbassarle la temperatura. Era preoccupato, sapeva che tutto quello che stava passando era colpa della magia e che lui non avrebbe potuto aiutarla in alcun modo e si sentì inutile. Leian si lamentava nel sonno. Dormiva ormai da quasi un giorno, non si era più svegliata da quando erano arrivati. Hardel, la moglie del comandante della guarnigione, l'aveva spogliata e messa a letto, poi le aveva fatto delle spugnature e le aveva fatto bere un decotto di corteccia di salice come antipiretico, ma la febbre non era ancora andata via. Il sacchetto con le pietre era appoggiato al comodino insieme ai bracciali che aveva tolto dallo zaino e ad una bacinella piena d'acqua. Dreiden si alzò, prese il panno e lo immerse nell'acqua fredda poi glielo passò sul volto detergendole il sudore e rinfrescandola. Si sentiva a disagio, non aveva l'animo da infermiere ma Allanon l'aveva affidata a lui e si sentiva responsabile per quello che era accaduto e non voleva lasciarla troppo da sola. Hardel entrò silenziosa nella stanza immersa nella penombra con la medicina.
- Potete andare giovane Uomo, adesso starò io con lei. - gli disse con il suo solito tono formale. Dreiden non aveva ancora inquadrato la donna ma si prendeva cura della ragazza e gli bastava per il momento.
- La febbre non è passata. - la informò.
Hardel si avvicinò e tolse il panno poi le sfiorò il viso e le prese le mani, quindi la ricoprì. - Però si è abbassata. Dovete avere pazienza. Adesso andate a mangiare, sarete affamato. - L'uomo la trovava fredda e distante. Uscì dalla stanza ma mentre chiudeva la porta poté sentirla - Piccola mia bevi questo, ti farà bene... - Sorrise, almeno era dolce coi malati, questo era l'importante.

Era notte, Leian lo sapeva. Sapeva anche che non era la stessa notte del suo arrivo. Aprì gli occhi e vide che era sola nella stanza. C'era qualcosa che non andava. Sentiva che pioveva, ma non era difficile per lei capirlo. C'erano anche altri rumori ma le giungevano ovattati. Si guardò intorno mentre si metteva seduta. La stanza era spartana, solo un letto, un comodino, una poltrona usurata dall'uso e alcune sedie su cui erano appoggiati i suoi vestiti puliti e in parte rammendati. La pezza le era scivolata per terra e mentre si alzava per raccoglierla le girò la testa e dovette aggrapparsi al comodino per non cadere. Il freddo del pavimento contro le piante dei piedi era piacevole. La febbre non le era ancora passata ma stava meglio. Immerse le mani nell'acqua del catino e si sciacquò la faccia. La sensazione che qualcosa non andasse non la lasciava e fu confermata dai passi veloci fuori dalla stanza e dalle voci concitate che le arrivavano all'orecchio. Si coricò nuovamente. Voleva sapere e il metodo più semplice era usare la sua magia. "Spero di essere abbastanza forte per farlo."

La pioggia peggiorava la situazione, rendeva viscidi i pavimenti di pietra dei camminamenti e spegneva alcune torce. Attraverso il velo d'acqua le sentinelle della guarnigione potevano vedere l'accampamento montato di fretta dall'esercito di Gnomi che era giunto al tramonto. I Nani erano molto preoccupati, da tempo gli Gnomi non si spingevano tanto vicino a loro. Avevano piazzato l'accampamento nel fondovalle ma avevano anche bloccato la strada che conduceva alla fortezza e l'avevano occupata. Per difendersi i Nani avevano ritirato il ponte levatoio e avevano riattivato il sistema di  trappole lungo il percorso. Più sotto potevano vedere gli Gnomi sistemare le scale che avrebbero permesso la loro salita lungo la parete rocciosa che era liscia e quasi verticale. I Nani sapevano che avrebbero cercato di scalarla e avevano preparato i calderoni di olio bollente e di pece. Temevano l'assedio e temevano che sarebbero durato molto tempo. Avevano mandato un messaggero a Culhaven attraverso un passaggio segreto ma ci sarebbe voluto tempo perché arrivassero rinforzi. Le loro difese erano pronte e decise a vendere cara la pelle.
Dreiden osservò attraverso i merli l'accampamento ma la pioggia gli impediva una vista ottimale e non riusciva a valutarne l'estensione. I fuochi ardevano nonostante l'acquazzone. Si riparò dall'acqua e fissò la corda all'arco. La sua abilità con quell'arma poteva essere molto utile e ne era consapevole, anche senza che nessuno glielo avesse chiesto si preparava a dare una mano nella difesa. Non sapeva se sarebbero arrivati ad un corpo a corpo, anche se gli sembrava improbabile che gli Gnomi riuscissero a fare breccia nelle mura. Si sistemò la faretra sulla spalla e si diresse verso il capitano delle guardie per essere assegnato ad una squadra.

- Allanon cosa stiamo combattendo? - Leian sapeva di Rentro, che stava sobillando gli Uomini ad una guerra contro le altre razze. Ma c'era qualcosa di più, lo capiva dalla preoccupazione del druido, dalle lunghe riunioni con il re e il consiglio degli Elfi, con Balinor a Tyrsis e con il consiglio dei Nani. Lei non vi era ammessa naturalmente, ma Allanon le aveva raccontato qualcosa e una volta aveva origliato usando la sua magia ma solo per poco per timore di essere scoperta dal druido.
- Combattiamo contro Rentro. -
- Sì, lo so. Ma c'è dell'altro. - "Lo saprai al momento giusto."
- Lo saprai al momento giusto. -
- Ho diciannove anni, viaggio con te da sette e mi sto addestrando con la magia. Non credi che sia il momento giusto per sapere cosa potrebbe uccidermi? - Non avrebbe voluto essere così sarcastica ma era una vita che sentiva quella frase.
- Hai ragione. Rentro è solo una copertura secondo me, o comunque non è una guerra umana, diciamo così. C'è dietro la magia. Magia nera e molto potente decisa a distruggere. Non so chi l'abbia scatenata, ma i suoi emissari sono le bestie. Hanno una parvenza umana ma quando attaccano la perdono. Si nutrono di vita e bramano la magia. Adesso che sai quale potrebbe essere la causa della tua morte sei più tranquilla? - Un ghigno ironico era apparso sul suo viso.
Leian aveva deglutito e poi aveva mentito: - Sì. Bisogna conoscere il proprio nemico. -

Leian era ancora distesa nel letto, aveva percorso buona parte dell'esteso accampamento nemico, erano almeno duemila Gnomi. Ma c'era qualcosa che ancora non era riuscita ad individuare. Chiuse ancora gli occhi e si affidò alla pioggia.
Una tenda era più lontana dalla altre. Era grande e immersa nell'oscurità. Due Gnomi dall'aria truce stavano di guardia davanti all'entrata ma sembravano inutili, tutti evitavano anche solo di avvicinarsi. Ma due Gnomi, per quanto addestrati, non potevano fermare l'acqua che si infiltrava all'interno. E dentro c'erano due bestie, immobili, che fiutavano l'aria alla ricerca di qualcosa. Ogni tanto emettevano dei suoni gutturali. Poi una alzò il viso deforme e con un ghigno disse: - Magia... - Entrambe si mossero e uscirono dalla tenda erette dirigendosi verso l'estremità dell'accampamento. L'attacco stava per cominciare.

I Nani erano in difficoltà a causa della notte senza luna e della pioggia, che impediva di vedere cosa stesse succedendo all'inizio della strada che conduceva al portone. La tensione serpeggiava nell'aria. Dreiden osservava l'accampamento, qualcosa si stava muovendo ne era certo, sentiva l'eccitazione degli Gnomi che volevano scagliarsi contro gli odiati nemici di  sempre.
La prima freccia incendiaria partì dalle linee nemiche e si conficcò nel tetto di paglia della stalla. L'attacco era iniziato.

Leian sapeva cosa stava per succedere, gli Gnomi avrebbero distratto la guarnigione mentre le bestie, nere come l'oscurità e forti della loro magia, si sarebbero introdotte indisturbate nella fortezza e l'avrebbero presa dall'interno. Doveva avvertirli e doveva impedirlo. Forse era stata lei a condurle fin lì.

Le trappole lungo la rampa erano scattate quasi subito portando alla morte le prime squadre di Gnomi che si erano lanciate all'assalto. Adesso le compagnie seguenti avanzavano più prudenti ma le trappole erano ben nascoste e non erano riuscite ad evitarle. Gli Gnomi contavano sul fatto che prima o poi le avrebbero fatte scattare tutte e allora la strada sarebbe stata aperta fino al ponte levatoio.
Le scale venivano appoggiate lungo la parete ma finora nessuno era riuscito ad arrampicarsi, l'olio bollente e la pece incendiata erano state degli ottimi deterrenti causando morti e feriti urlanti che erano caduti a terra dopo pochi metri. La pioggia e le grida coprivano molto rumori e i Nani non si accorsero delle macchine da guerra che venivano trascinate verso la fortezza finché il primo masso non si infranse contro le mura causando pochi danni. L'aiuto della buona mira di Dreiden e della sua abilità di arciere fu determinante, poiché grazie alle sue frecce incendiarie l'azione delle macchine venne rallentata permettendo ai Nani di organizzare un contrattacco in quella direzione.

Leian corse fuori dalla sua stanza così come si trovava e cercò Dreiden. Sapeva che era sugli spalti a combattere, ne era certa. La sua magia la guidò verso di lui. Era solo e scoccava una freccia dopo l'altra dalle feritoie della torre. Quando lo chiamò, si accucciò e la guardò come se avesse visto uno spettro.
- Cosa ci fai qui? E' pericoloso e tu sei malata! Torna a letto! - La prese per un braccio e la spinse e dentro la porta della torre.
- Non posso, devo aiutarvi. - "Devo essere irremovibile."
- Non è necessario, possiamo cavarcela. E' solo qualche gnomo cocciuto. -
- Sono duemila Gnomi! E ci sono due bestie. -
- Cosa? Come lo sai? - Leian vide il volto dell'uomo sbiancare.
- Magia. Cercheranno di entrare e ci riusciranno perché sono oscure come la notte e non riuscirete a vederle.-
Dreiden sapeva che aveva ragione, le aveva viste all'opera.
- Dreiden, devi ascoltarmi. Io posso far cessare tutto ciò ma devi stare qui e assicurarti che nessuno mi disturbi. E non devi dire a nessuno cosa sto facendo. Però ti avverto che sarà molto pericoloso, potrebbero arrivare le bestie. -
- Cosa vuoi fare? -
- Mi aiuterai? -
- Sì. - Dreiden sapeva di non avere altra scelta; le bestie erano oltre la portata dei Nani e non voleva lasciarla sola. Qualunque cosa fosse successa.
Leian si sedette e scatenò la sua magia, potente come poche altre volte così che le bestie la sentissero senza dubbio e corressero verso di lei e lasciassero in pace i Nani. Si immerse nella terra seguendo le falde acquifere, i rivoli che si erano creati a causa della lunga pioggia e cercò i punti deboli della terra. La valle era un canalone naturale e Leian intendeva provocare una frana enorme che spazzasse via l'accampamento nemico e le bestie. Ma aveva bisogno di un po' di tempo perché doveva trovare i punti giusti affinché il fiume di fango non distruggesse anche il castello.

Dreiden la osservò per un momento, poi tornò a scagliare frecce contro gli attaccanti. Una sensazione di inquietudine lo colse alla sprovvista, qualcosa non andava. Si girò e vide la bestia scavalcare i muro e dirigersi verso Leian. La freccia colpì la bestia nella zampa posteriore provocando un sibilo di rabbia. Nei suoi occhi poteva leggere il desiderio di ottenere la magia della ragazza. Estrasse la spada e si pose tra la vittima designata e il carnefice, che ringhiò e gli disse: - Sei un illuso, ti ucciderò -
- Correrò il rischio. -

Leian aveva trovato ciò che cercava ma non era ancora riuscita a smuovere la terra, era più difficile del previsto. Sentiva che attorno al suo corpo stava succedendo qualcosa ma non poteva distrarsi. La terra cominciava a muoversi molto lentamente, solo piccole crepe che Leian era ben decisa a sfruttare.

Dreiden osservò il suo avversario che girava lungo la circonferenza della torre con sguardo trionfante mentre lui si spostava per essere sempre tra la bestia e Leian. La spada sguainata di fronte a lui gli pareva un giocattolo, non abbastanza per il nemico che doveva fronteggiare. La bestia si gettò contro di lui ma l'uomo riuscì a respingere il suo attacco. Era pesante e forte, forse troppo per lui. Attaccò di nuovo e Dreiden riuscì a schivarla e la colpì alla spalla, ma la bestia sembrò non accorgersene, caricò di nuovo e ancora una volta Dreiden la colpì. Una zampata lo ferì al braccio sinistro, lacerandogli la tunica e provocando delle ferite profonde al braccio. Sanguinante arretrò sperando che Leian si sbrigasse.

Leian sentiva che la terra stava cedendo, che l'acqua riusciva a superare le barriere e ad infiltrarsi nelle crepe, negli spazi  spaccandone la compattezza. La terra si mosse, all'inizio lentamente, con fatica, poi acquistò velocità e la sua corsa divenne presto inarrestabile. Leian vide l'onda di acqua e fango calare verso il fondovalle spazzando via ogni cosa e sentì una stanchezza infinita. Era stato uno sforzo enorme. Si riscosse ma tenne gli occhi chiusi ancora un attimo, i sensi ancora sopiti.

Dreiden parò l'ennesimo attacco ma le forze lo stavano abbandonando. La bestia stava giocando con lui come il gatto col topo. Ancora poco e non sarebbe più riuscito a tenergli testa. La bestia si gettò su di lui, l'uomo riuscì a schivarla ma questa si appoggiò sulle zampe anteriori e lo spinse con forza contro il muro con quelle posteriori. Dreiden cadde a terra e rimase lì semi incosciente.
La bestia si girò verso Leian nell'attimo in cui quest'ultima apriva gli occhi. La ragazza inorridì e saltò in piedi ma era stanca e senza forze. Vide Dreiden a terra e si mise tra lui e la bestia, barcollando.
- Magia... - Si avvicinò all'elfa disarmata lentamente, contando i passi che la separavano dal suo ambito premio. - Magia... - Allungò le zampe e Leian cercò di schivarle ma fu vano. La bestia serrò le dita attorno all'esile collo e la sollevò da terra. La donna scalciò ma non riuscì a colpirla. Cercò di allargare la stretta in cerca di aria ma fu tutto inutile. - Magia...- Sentiva che le forze la abbandonavano, che stava perdendo anche una parte di sé. Chiuse gli occhi per non vedere il godimento e la bramosia negli occhi della bestia. Le forze se ne stavano andando e i suoi calci erano sempre più deboli.
"Non voglio morire..."

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


12. Leian annaspava in cerca dell'aria che la stretta della bestia impediva arrivasse ai suoi polmoni. "Non voglio morire..."
Improvvisamente la presa attorno al suo collo si allentò e lei cadde a terra tossendo. Guardò in alto e vide la spada di Dreiden trapassare il corpo della bestia da parte a parte. La bestia li osservò con stupore poi Dreiden estrasse la spada e un liquido nero sgorgò dalla ferita. L'uomo con le ultime forze rimastegli portò la bestia al muro e la buttò oltre, nel fiume di fango sottostante.
Dreiden si avvicinò alla ragazza e la aiutò ad alzarsi in piedi e sorreggendosi a vicenda si avviarono nei corridoi della fortezza, un percorso che sembrò loro infinito.
- Cosa state facendo qui? Voi dovreste essere a letto, giovane elfa. - La voce autoritaria di Hardel fece alzare loro gli occhi. - e voi... - il suo sguardo clinico percorse il corpo di Dreiden - ... a giudicare dalle ferite, voi dovreste essere in infermeria, giovane uomo. -
- Non è grave come sembra... - non voleva che quella donna di ghiaccio si occupasse di lui.
- Non sta a voi deciderlo, l'infermeria però è piena... -
Leian aveva notato l'imbarazzo di Dreiden e decide di aiutarlo - Può venire nella mia stanza e io posso occuparmi delle sue ferite, sono abbastanza pratica. -
Hardel valutò la ragazza poi con un sospiro disse:- Va bene, manderò qualcuno con l'occorrente, adesso è meglio che vada. La frana ci ha salvato ma ci sono stati molti feriti lo stesso. - Si allontanò a passo veloce e i due malconci si diressero verso la stanza, dove Leian fece sdraiare sul letto l'uomo.
- Non ce n'è bisogno... - protestò lui.
- Non sta a voi deciderlo... - gli rispose imitando la voce di Hardel. Bussarono alla porta e Leian prese l'occorrente.
- Ti laverò le ferite, poi suturerò quelle più pericolose e se riesco ti farò un impacco con delle medicine che... - cercò il suo zaino e ne estrasse dei piccoli sacchetti con dei simboli.
- Sei sicura di quello che fai? -
Lo sguardo di disapprovazione dell'elfa lo fece sorridere - Se non bastasse il fatto di aver viaggiato per anni con Allanon, siamo stati anche dagli Stor dove ho imparato un sacco di cose molto interessanti... e se metti in dubbio ancora una volta le mie capacità userò quello che ho imparato sulle piante per ucciderti senza lasciare traccia. - lo minacciò.
- Per quello ti basterebbe la tua magia... - mormorò lui.
Leian non rispose e si mise all'opera.
- Avresti dovuto dirmi della magia. - Lei scosse la testa e il suo viso si rabbuiò.
Leian finì la medicazione in poco tempo e lo bendò, poi si occupò delle ferite più superficiale e pulì il viso dell'uomo con un panno. - Questo potrei farlo da solo. - protestò. Leian si strinse nelle spalle e mise in ordine quello che aveva usato.
- Non mi dirai che sei venuta fino alla torre e mi hai medicato a piedi nudi? - esclamò l'uomo accorgendosene solo in quel momento. - Adesso sdraiati, sarai stanca. -
La ragazza si lavò i piedi e il viso poi si coricò sul letto. Dreiden era indeciso se andarsene o meno poi decise di restare e portò la poltrona più vicina al letto.
- Perché non  mi hai detto della magia? -
- Tutti hanno dei segreti, anche tu immagino. - Il volto dell'uomo divenne inespressivo. - Non mi piace che si sappia del mio dono, è pericoloso. Le bestie vogliono la magia e non sono gli unici. Le persone ne hanno paura e diffidano da chi la usa. Anche tu mi hai guardata in modo diverso quando l'hai scoperto. -
- Mi dispiace... - mormorò.
- Non devi, la gente è così, teme quello che non conosce. -
- Ma è come la magia di Allanon? - era incuriosito.
- No, la mia è magia innata. Il druido ha detto che è la magia degli Elfi che ritorna dopo millenni. Nessuno sa perché. - Si guardò le mani poggiate in grembo, sentiva un senso di liberazione mentre parlava con qualcuno del suo segreto. Ma Dreiden fraintese lo sguardo.
- Non volevo essere invadente, non devi rispondermi se non vuoi. - Lo sguardo verde della donna si poggiò su di lui.
- A dir la verità mi piace poterne parlare con qualcuno, i miei genitori adottivi non amavano molto l'argomento e Allanon... beh, lo sai com'è Allanon... Te lo dirò al momento giusto! - rise. - Cosa vuoi sapere? -
- Cosa fa la tua magia? -
- Comando l'acqua, fa quello che voglio, posso parlarle in un certo senso. Posso fare molte cose. -
- Ecco perché abbiamo sempre trovato da bere durante il viaggio. - Rimase sovrappensiero per qualche attimo - La frana è stata opera tua? -
Lei annuì e si rattristò - Ho fatto quello che dovevo, ma mi sento in colpa... -
- Non dovresti, hai salvato delle vite. -
- Ma tante le ho spezzate. Ed è stata una lotta impari, sleale -
Dreiden non rispose e la fissò, la stanchezza lo assaliva e avrebbe voluto chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno.
- Grazie. - gli disse Leian.
- Per cosa? -
- Per avermi salvata dalla bestia... e per avermi ascoltato. -
Leian si sedette sul letto posando i piedi a terra e mise le mani sulle ginocchia dell'uomo e lo fissò negli occhi. Si avvicinò a lui e lo baciò con dolcezza sulle labbra. Dreiden inspirò l'odore della pelle della ragazza e le mise le mani ai lati della testa, approfondendo quel bacio, giocando con la sua lingua, senza capire più niente.
- Vuoi dormire qui? - gli chiese sussurrando. Dreiden rimase interdetto vedendola coricarsi vicino alla parete e indicandogli lo spazio creatosi. - Non aver paura di me, non ho intenzione di approfittare di te! - lo prese in giro. Dreiden sorrise e si tolse i vestiti sporchi di sangue. Si coricò accanto alla ragazza che si accoccolò molto vicino.
- Grazie, buona notte. -
- Buonanotte Leian. - Dreiden si addormentò all'istante. Leian ascoltò il suo respiro regolare e si sentì al sicuro come poche altre volte.

- Saraia... - La bambina chiamava a bassa voce ferma sulla soglia della camera.
- Leian, cosa ci fai qui? E' tardi. - le rispose alzandosi e inginocchiandosi vicino a lei. La bimba aveva pianto e gli occhi rossi le fecero tenerezza. Aveva pianto tanto da quando era arrivata sei mesi prima, diffidente e impaurita.
- Ho fatto un brutto sogno... - La voce della piccola era tremolante. Anche Flick si alzò e seduto sul letto le ascoltava. - C'era un grosso uomo nero che mi voleva prendere, aveva le mani lunghe e le unghie come i gatti e mi rincorreva e poi qualcuno urlava e io piangevo... - La piccola Leian aveva ripreso a piangere e il suo corpo era scosso dai singhiozzi. >Saraia la abbracciò - E' solo un brutto sogno... -
- Ho paura e se poi torna e mi raggiunge? -
Flick chiamò la moglie e si guardarono per un momento comprendendosi all'istante.
- Vuoi dormire con noi? - Saraia temeva che si rifiutasse, non si era ancora abituata all'idea che avrebbe vissuto con loro, che avrebbero sostituito i suoi genitori.
La bambina li guardò e annuì asciugandosi le lacrime. Si coricò stringendo la mano della donna mentre Flick le accarezzava i capelli. Leian si sentì protetta finalmente e si addormentò.

Un raggio di sole colpiva il viso della ragazza ancora addormentata, Dreiden la fissò imprimendosi nella mente i suoi lineamenti elfici, la pelle abbronzata, le labbra dischiuse, le ciglia imbiondite dal sole. Era bella. Ed era pericolosa, quello che aveva fatto la sera prima era enorme e spaventoso, qualcosa al di sopra delle sue capacità di comprensione. Si chiese cosa avesse provato a scatenare quel disastro. Sapeva che si sentiva in colpa ma c'era qualcosa di più.
Leian si mosse e si avvicinò a lui ancora di più, così che poté sentire il calore del suo corpo a contatto col proprio. La camicia da notte che indossava rivelava anche troppo e lui distolse gli occhi imbarazzato ed eccitato. Scivolò con lo sguardo lungo le braccia fino ai polsi e si chiese il perché di quelle fasce che non le aveva mai visto togliere, mai neanche quando era caduta nel fiume. Doveva assolutamente ricordarsi che era pericolosa e che forse Allanon non avrebbe gradito tutta la confidenza che si era instaurata con la sua protetta. Il pensiero di quello che il druido avrebbe potuto fargli lo terrorizzò non poco. Doveva alzarsi, doveva andarsene da quel letto, eppure non riusciva, si sentiva incatenato a lei. "Che mi abbia stregato?" Scacciò quel pensiero in fretta. Leian non era così. Non poteva essere così, non voleva crederlo. "Cosa mi sta succedendo, sto impazzendo?"
- Buongiorno. - lo salutò con la voce ancora piena di sonno.
- Ti ho svegliata? -
- No, non preoccuparti. Ho dormito abbastanza. E tu? -
"Ho dormito magnificamente." - Non dormirò mai più vicino a te! -
- Perché? - Lo guardò con perplessità e forse, Dreiden non ne era sicuro, con delusione.
- Stanotte mi ha tirato un sacco di calci! E' una tortura dormire con te! - rise e vide l'espressione dell'elfa rasserenarsi.
- Tu russi invece. -
- Non è vero, stai mentendo per ripicca. -
- No! - Cominciò a fargli il solletico e lui cercò di bloccarla ma la ragazza era molto veloce. Finirono l'uno sull'altra, occhi negli occhi, le bocche a pochi centimetri di distanza, il respiro affannoso. Dreiden sentiva che quell'improvvisa attività aveva messo a dura prova le sue ferite ma il dolore che avvertiva era soffocato dal desiderio per la ragazza. Avvicinò la bocca a quella di lei e la baciò con foga.
Qualcuno bussò alla porta interrompendoli. Dreiden si alzò di scatto trattenendo a stento un grido di dolore e si vestì rapidamente mentre Leian si copriva con le lenzuola.
- Avanti. -
Hardel entrò con un vassoio con tutto l'occorrente per le medicazioni. - Non vi ho trovato in camera vostra ed ho immaginato che foste qui. - disse con finta noncuranza - Se volete seguirmi in infermeria mi occuperò delle vostre ferite. - Dreiden era riluttante ma non poteva rifiutarsi e annuì.
- Bene, allora aspettatemi qui fuori mentre mi occupo della giovane. -
- Ma io sto bene! - protestò l'elfa.
- Questo non sta a voi deciderlo. -
Dreiden rise e uscì chiudendo la porta sui tentativi della ragazza di ribellarsi.

Era passata una settimana e non avevano più subito attacchi da parte degli Gnomi. Dreiden e Leian decisero di partire per Culhaven, le strade erano libere e Allanon li stava già aspettando di sicuro. Salutarono e ringraziarono i Nani per l'ospitalità e le provviste e si offrirono di portare un messaggio per loro al consiglio degli Anziani.
Si incamminarono in una mattina di sole che rendeva impossibile credere che qualcosa di maligno incombesse su di loro. Ma le ferite di Dreiden in via di guarigione e i lividi sul collo di Leian erano lì a riportarli alla realtà, la loro guerra era appena iniziata.

***
Alaide: non importa se la recensione non è lunga, la tua frase "riesci a far vivere questa avventura in perfetto stile-Shannara" è un complimento che mi fa arrossire e gioire saltellando per tutta la casa!
sakura_kinomoto: ho aggiornato. Non capisco il tuo odio per Allanon, un personaggio così solare e pieno di simpatia! XD Spero che ti sia ripresa dall'infarto. Ah, complimenti per la poesia, Montale al tuo confronto non è nessuno...
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


13. Il viaggio verso Culhaven fu tranquillo e rapido, viaggiavano nell'Anar inferiore e gli Gnomi non si erano ancora spinti così a sud nelle loro scorribande per il momento, ma continuavano a percorrere strade secondarie per sicurezza. Leian sembrava più tranquilla e molto socievole, continuava a parlare del suo addestramento con Allanon, dei suoi viaggi per le Quattro Terre, di tutto ciò che aveva imparato presso ogni popolo. La sua conoscenza sembrava sconfinata a Dreiden che non aveva mai studiato molto. Cercava anche di farlo parlare della sua vita senza riuscirci, da quello che le aveva raccontato dopo la sua infanzia Dreiden poteva essere scomparso in un pozzo per poi riemergere a disposizione del druido.
- Domani sera probabilmente saremo a Culhaven. - le disse nel pomeriggio mentre si dissetavano ad un ruscello.
- Bene, sono stufa di boschi, boschi e ancora boschi. E voglio rivedere i giardini...-
- Shh. - la zittì la guida all'improvviso. Leian si guardò attorno senza vedere nessuno ma non voleva rischiare nell'utilizzare la sua magia per la ricerca rimanendo indifesa. Dreiden aveva sfilato la spada dal fodero e l'aveva fatta arretrare contro un albero.
- C'è qualcuno che ci osserva ma si è tradito. - le spiegò sottovoce. Rimasero in ascolto ma nessun rumore giungeva alle loro orecchie. Proprio quando Leian pensava che l'uomo si fosse sbagliato, una freccia uscì dal buio del bosco e si conficcò alle sue spalle pochi centimetri a destra del suo viso. Leian si riparò dietro l'albero seguita da Dreiden. Estrasse i suoi pugnali da lancio e attese. Ma anche stavolta la  minaccia giunse inaspettata alle loro spalle, un'altra freccia le sfiorò la guancia lasciandole un graffio sanguinante.
- Maledizione corre troppo silenziosamente per i miei gusti. - borbottò Dreiden sentendosi impotente.
Leian acuì i suoi sensi e cercò di sentire quello che voleva rimanere nascosto. - Sta andando verso destra. - mormorò, stringendo la stretta intorno all'impugnatura del pugnale. Sentì la corda dell'arco tendersi e prima che la freccia fosse scoccata lanciò il pugnale. Un urlo si alzò nella foresta interrompendo il cinguettio degli uccelli. Dreiden si lanciò in quella direzione con la spada sguainata. Leian poté sentire i rumori della lotta tra i due e corse verso di loro. I due uomini si stavano fronteggiando con le spade, attaccando e difendendosi con un ritmo serrato. Dreiden parava tutti i colpi dell'avversario senza riuscire a ferirlo, essendo l'altro molto veloce. Poi il soldato riuscì a disarmarlo, facendo cadere la lunga spada di Dreiden che arretrò finendo contro il possente tronco di un albero. L'uomo guardava la guida con occhi iniettati di sangue, senza curarsi d'altro che della sua vittima.
- I traditori sono condannati a morte, lo sai? - disse a Dreiden poco prima che un pugnale gli si conficcasse nella schiena facendolo voltare.
- Tu un piccolo mostro, un abominio! La pagherai! - Si scagliò contro la ragazza che estrasse la corta spada e parò l'assalto, ma la forza e la furia dell'altro la fecero arretrare per evitare di perdere l'equilibrio. Dreiden recuperò la sua spada e andò in aiuto dell'elfa. - Volevi me se non sbaglio! -gli urlò per distrarlo ma l'altro lo ignorò e continuò il suo assalto che venne prontamente parato. Ma Leian cominciava a sentire dolore ai polsi, sembrava che non riuscissero a reggere il peso dell'arma. Quando stava per perdere le speranze Dreiden la salvò nuovamente uccidendo l'uomo con un colpo al collo.
Leian si accasciò per terra ma Dreiden la fece alzare e la portò verso una grotta nelle vicinanze.
- Rimanere allo scoperto è troppo pericoloso, è un soldato di Rentro, potrebbero essercene altri. Inoltre dobbiamo riposarci, seguimi. -

Leian non aveva più aperto bocca, aveva rifiutato di mangiare e si era seduta con le braccia attorno alle ginocchia strette contro il petto. Le aveva chiesto cosa avesse ma non aveva ricevuto risposta. Stava soffrendo e Dreiden non capiva a fondo il motivo ma temeva di saperlo. "E' per quello che ha detto il soldato. Ma pensavo non lo avesse sentito... Non ci voleva anche questo..." Si avvicinò a lei che continuava a fissare dritto davanti a sé, con una coperta. Rimase spiazzato di fronte ai suoi occhi lucidi. Le si sedette di fianco e rimasero così, in silenzio e vicini. Poi Dreiden l'abbracciò, le fece appoggiare la testa sul suo petto e la cullò.
- Sono un mostro? Sono un abominio? - gli chiese dopo un po' quando ormai pensava che si fosse addormentata, con una voce flebile.
"Allora è per questo!"
- No, non lo sei...-
- Ma posso uccidere con facilità, posso spiare senza che se ne accorgano, potrei togliere la vita senza alzare un dito...-
- Non sei un abominio, non hai mai usato la tua magia per uccidere se non quando sei stata costretta, anche oggi o quando gli Gnomi ci hanno assaliti nel bosco non l'hai fatto, ti sei difesa lealmente. - Cercava di consolarla ma sapeva che aveva ragione.
- Potrei far morire una persona tra atroci sofferenze in modi che tu non puoi neanche immaginare... - Era spaventata, il soldato l'aveva messa di fronte alla scomoda verità sul suo essere.
Dreiden la guardò negli occhi - Io non penso che tu sia un mostro, sei dolce e gentile, non abusi della tua magia e non fai del male per piacere. - Mentre lo diceva si rendeva conto di crederci veramente; tutti i suoi dubbi sulla pericolosità della ragazza si erano dissolti come neve  al sole. - Tu sei buona, mettitelo bene in testa! -
- Vorrei avere la tua sicurezza. -
- Basterà la mia per tutti e due. - L'abbracciò e lei si aggrappò a lui come se fosse l'ultimo baluardo sicuro.
Le loro bocche si cercarono e si incontrarono, le loro mani perlustrarono i loro corpi. Dreiden la spogliò, sciolse le fasce che le legavano il seno mentre lei lo liberava dei suoi vestiti. Dreiden ammirò per qualche secondo il suo corpo nudo, così bello nella penombra della grotta.
Prima di rendersi conto di ciò che stava succedendo, Dreiden era coricato sopra di lei e la baciava con trasporto, come se fosse l'ultima volta che potesse farlo. Leian rispondeva ai suoi baci e alle sue carezze con una foga pari a quella dell'uomo, lasciandolo esterrefatto.

Aveva tredici anni e con il druido era andata nel bosco vicino a Valle d'Ombra.
- Perché Flick e Saraia non vogliono parlare con me della mia magia? Tutte le volte che provo a raccontare quello che posso fare cambiano discorso... - era ferita per quell'atteggiamento. Tornava a casa così poco e quando c'era non poteva dir loro quello che aveva scoperto, quello che aveva imparato con impegno e di cui era entusiasta.
- Non sempre le persone a cui vogliamo bene ci capiscono a fondo. - era stata la sua vaga risposta.
- Ma non devono capire, devono solo ascoltare. - Non era difficile comprenderlo.
- Possono essere molti i motivi... - Leian provò a pensarci ma non gliene veniva in mente nessuno. Lei aveva la magia, imparava ad usarla e voleva raccontarlo a suoi genitori. Dov'era il problema?
Allanon sospirò - Le persone hanno paura della magia. -
- Ma Flick e Saraia non hanno paura di me! - Era un pensiero assurdo, due adulti intimoriti da una ragazzina neanche tanto alta.
- Non temono te, ma la tua magia. Hanno paura che prenda il sopravvento su di te, che possa farti del male o che ti faccia far del male agli altri. -
- Ma ho i bracciali... -
- Sì, ma loro non capiscono la magia. E' talmente tanto che è scomparsa dalla terra che nessuno se ne fida più. Le volte che è tornata è stata usata per far del male, per distruggere. La magia non è ben vista, soprattutto dagli Uomini che non l'hanno mai posseduta e che non riescono a comprenderne il potere. -
Leian rifletté su quelle informazioni ma sapeva che Flick aveva già visto la magia  e che non ne era stato tanto intimorito.
- Dev'esserci qualcosa d'altro... -
- C'è, probabilmente. Hanno paura che la magia ti porti lontano da loro. Hanno paura che durante le lunghe separazioni tu li dimentichi. La magia ti rende diversa da loro e ricorda ad entrambi che non sei figlia loro. -
- Ma io voglio bene a Flick e Saraia! - Era offensivo che non lo credessero.
- Lo sanno, ma vorrebbero che tu fossi più simile a loro. Non possono farci niente. Forse temono il confronto coi tuoi veri genitori. -
- Ma io non li ricordo... -
- Ma loro forse non lo sanno o  non riescono a crederci. - Si era avviato. - Ricorda sempre che chi non ce l'ha teme la magia, perché non la conosce. -

Non riusciva a dormire, le parole di Dreiden erano solo state un lenitivo mentre quelle del soldato stavano scavando nel profondo del suo essere, minando la fiducia in se stessa e in quello che le aveva insegnato il druido. Sospirò voltandosi sul fianco e rimase a fissare l'uomo con cui aveva fatto l'amore poche ore prima. Era stato dolce ma animale. Sapeva che era una contraddizione ma era quello che aveva provato in quei momenti. "Che non si ripeteranno, mi ha fatto una scenata per un bacio, figurarsi per questo!"  Percorse con un dito il profilo del viso dell'uomo poi guardò le braccia muscolose e sfiorò la cicatrice che ne deturpava uno. Non aveva ancora scoperto come se l'era procurata. "Non so tante cose di lui, eppure non mi sono fatta problemi e baciarlo. E non solo..."
Si sentiva attratta da Dreiden, riponeva in lui una fiducia smisurata, neanche con Allanon si era mai fidata tanto, forse a causa della distanza che il druido metteva tra sé e gli altri. Lei non riusciva a farlo. Certo aveva i suoi segreti e difficilmente li rivelava ma per il resto era trasparente come i ruscelli di montagna. Non si era mai sentita tanto vicina ad una persona come a Dreiden. L'uomo si svegliò e la fissò per qualche secondo prima di diventare rosso.
- Mi dispiace averti svegliato. -
Dreiden era ammutolito, non sapeva cosa gli fosse preso, come avesse potuto lasciarsi travolgere in quel modo dagli eventi.
- Stai per dire che è stata una sciocchezza? - lo derise Leian.
- Lo è stata per te? - domandò cauto, tastando il terreno. Leian rise.
- No. - Lo baciò sulla bocca.
- Sai che una volta a Culhaven non accadrà più, vero? Non voglio che il druido mi uccida. - Era in imbarazzo e non sapeva come uscire da quella situazione in cui si era cacciato con le sue mani, quella del druido era solo una patetica scusa.
- E' un buon motivo per approfittare di questa notte... - replicò lei con malizia lasciandolo a bocca aperta.
- Sei sicura di quello che dici? - Era in parte scandalizzato e in parte eccitato per l'intraprendenza dell'elfa che aveva cominciato ad accarezzargli il petto.
- Sì. - Lo baciò nuovamente.

L'alba li svegliò mentre erano ancora abbracciati. Si alzarono e rapidamente si prepararono al viaggio che li avrebbe portati prima di sera al villaggio dei Nani.

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


14. La prima cosa che Leian notò appena entrata a Culhaven fu che c'era una grande eccitazione nell'aria, i bambini correvano nella strada come sempre mentre era strano che le madri li rincorressero preoccupate. Anche gli sguardi puntati su di loro avevano un che di ostile anche se, quando riconoscevano in lei un elfo, la diffidenza scompariva. Niente di male era mai arrivato ai Nani per colpa degli Elfi, il patto di alleanza tra loro era solido ed era stato rinnovato più volte.
- Ha detto che ci aspettava a Culhaven, mi piacerebbe sapere dove per la precisione. - disse Dreiden scuotendo la testa.
- Seguimi. -
La guida la seguì perplesso e la sua incredulità aumento quando vide che la ragazza si stava avvicinando al municipio.
- Dove credi di andare? -
- Dove Allanon ci ha detto di andare. - rispose lei con logica implacabile.
- Allanon ci ha detto che ci avrebbe trovato.. -
- Tu non lo conosci tanto bene, fidati di me, lo troveremo qui. - Lo sguardo sospettoso dell'uomo la fece sorridere. - Dai malfidato! Vieni. -
Entrarono nell'androne buio del palazzo e l'elfa si infilò velocemente in una porta sulla destra.
- Dove stiamo andando? - le chiese sottovoce timoroso di essere scoperto e di subire una qualche temibile punizione per opera dei Nani. Percorsero un corridoio e Leian bussò ad una porta massiccia.
- Avanti. -
Entrarono e la luce accecante del pomeriggio li investì lasciandoli storditi per qualche secondo.
- Ben arrivati. - la voce del druido li fece voltare e Dreiden poté notare un sorriso enorme sul viso della sua compagna di viaggio.
- Ciao. - rispose poi lei.
- Come ti sei ferita il viso? - le chiese. Lei si passò una mano sulla guancia, si era dimenticata che la freccia l'aveva sfiorata.
- Un soldato di Rentro ci ha trovato nell'Anar. - spiegò la guida e abbassò gli occhi sotto l'occhiata indagatrice del druido. Leian non capiva il senso di quello sguardo.
- Avete trovato quello che vi ho mandato a cercare? -
- Sì. - rispose Leian prendendo il sacchetto con le pietre.
- Per ora tienile ancora tu. - la fermò. - Adesso puoi lasciarmi solo con Dreiden? La tua stanza è pronta. -
L'elfa era allibita per quel brusco congedo ma sapeva che con Allanon non c'era nient'altro da fare che obbedire. Socchiuse la porta e la sua immensa curiosità la fece rimanere ferma davanti ad essa, giusto il tempo per sentire Dreiden sospirare: - Il soldato mi ha riconosciuto... -
Leian rimase interdetta, non riusciva a capire, poi andò in camera sua.

Rimase a fissare le tre pietre bianche che le erano quasi costate la vita. Qualcuno bussò alla porta dopo qualche tempo.
- Entra. -
- Posso? - Dreiden mise dentro solo la testa e la scrutò.
- Se ti ho detto entra. - Leian indossava un vestito verde chiaro che sottolineava le sue forme e lasciava scoperte le sue gambe affusolate.
- Sei bellissima. -
L'alfa arrossì. Dreiden si sedette sul suo letto accanto a lei - Peccato che stasera non potrai indossarlo. C'è una riunione e Allanon ti chiede di mantenere il silenzio sulla tua identità. -
- Avrebbe potuto dirmelo di persona. - era risentita per l'atteggiamento del druido. Dreiden le circondò le spalle con un braccio e lei appoggiò la sua testa sulla sua spalla.
- Sai di pulito. -
- Io mi lavo. - lo prese in giro. Poi voltò il viso verso quello di lui. Voleva che le dicesse di cosa avevano parlato lui e il druido ma Dreiden rimase zitto.
- Devo andare a lavarmi anch'io. Ci vediamo a cena. -

La sala era gremita di gente, non solo Nani ma persone provenienti da tutte le Quattro Terre o quasi. Leian stava in un angolo cercando di non attirare l'attenzione, lontana da tutti, anche da Allanon e da Dreiden. Odiava essere tenuta all'oscuro di quello che stava accadendo. Sbuffò e si appoggiò con la schiena alla parete, persa nei suoi pensieri. La sua missione era finita, aveva recuperato le pietre e adesso sarebbe tornata a Valle d'Ombra ad aspettare che Allanon riportasse la pace. La riunione del Consiglio procedeva rumorosamente e Leian non la seguiva, captando solo qualche frase di tanto in tanto. Fu stupita di sentire la voce di Dreiden che fece un resoconto di quello che era accaduto alla fortezza dei Nani vicino a Istrat, omettendo il suo intervento e la loro missione.
- Il comandante della fortezza mi ha incaricato di recarvi un messaggio. - stava concludendo la guida passando a uno degli anziani la pergamena ancora sigillata con la ceralacca rossa. Sembrava sangue su un vestito bianco. Leian pensò di essere impazzita. Voleva solo andare a letto e dimenticare quella frustrazione che la perseguitava quella sera. Le voci erano concitate, lei si sentiva stanca e incapace di seguire le conversazioni che si sovrapponevano, le voci che urlavano e i tentativi vani degli anziani per riportare il silenzio. Sembrava che tutti si fossero accorti all'improvviso che qualcosa di malvagio stava operando nelle Quattro Terre. "Allanon predica questa verità da due anni e solo adesso hanno deciso di credergli. Per lo meno i Nani, probabilmente gli Elfi e sicuramente Balinor e le città di frontiera. Ma gli altri? Gli Uomini del Sud sono così ciechi? E i Troll? Lasciamo perdere gli Gnomi che come ogni volta si sono legati alla parte sbagliata... " Sorrise amaramente per quei tetri pensieri. Alzò lo sguardo e vide l'alta figura del druido sovrastare tutti ma non riusciva più a scorgere Dreiden.

Era tardi quando il consiglio propose di aggiornarsi l'indomani. La stanza si svuotò lentamente, le persone discutevano ancora, soffocando qualche sbadiglio di tanto in tanto. Qualche nano rimase indietro a parlare con i membri del consiglio e Leian si accodò con gli altri per uscire nell'aria fresca della notte quando la mano del druido la fermò prendendola per la spalla. - Dobbiamo parlare. Seguimi. - Leian fece come le era stato detto, più per abitudine che per altro. Allanon la portò in una stanza vuota con un tavolo e alcune sedie, rischiarata da alcune lampade ad olio, mentre pesanti tendaggi impedivano la vista del giardino.
- Tra poco saremo raggiunti da altri, stiamo organizzando una spedizione. Tu assisterai a questa riunione ma ti prego di stare zitta e di non rivelare a nessuno la tua identità di discendente di Shannara, né di detentrice della magia innata e delle pietre magiche. Se riesci cerca anche di non far capire che sei una donna. - lo sguardo penetrante di Allanon le fece capire l'importanza della situazione.
- Per me va bene, ma se per caso dovessi parlare? -
- Ce ne occuperemo al momento, per stasera stai zitta e lascia fare a me. - La guardò in modo che Leian non riuscì a decifrare come se... "Come se cercasse in un modo contorto la mia approvazione. E' impossibile!" - D'accordo. -
Si sedette su una sedia addossata ad una parete, decisa a rimanere il più possibile invisibile per il resto della serata con le orecchie ben tese.
Il primo ad entrare fu Dreiden che portò una sedia vicino alla sua. - E adesso vediamo cosa ci riserverà il druido... - le disse sottovoce.
Dopo qualche minuto la porta si aprì nuovamente ed entrarono altri, la più strana accozzaglia di persone provenienti da nazioni diverse. Leian rimase a bocca aperta.
- Benvenuti amici miei. - li salutò Allanon mentre prendevano posto. Leian li osservò stupita. C'era un nano, lo aveva già incontrato in passato con Allanon, si chiamava Brennar. Era un  nano coriaceo, sempre serio e implacabile, temprato da anni di battaglia contro gli Gnomi. Indossa la divisa dei soldati dei Nani, verde come i boschi in cui abitavano. Accanto a lui si era seduto un uomo alto, i capelli castani un po' lunghi gli ricadevano davanti agli occhi socchiusi che gli davano un'aria da gatto sornione. Non era un brutto uomo, anzi era decisamente affascinante, concesse alla fine Leian. L'uomo la sfiorò con lo sguardo per un attimo poi passò oltre come se lei avesse fatto parte della tappezzeria. "Bello e arrogante, c'è di peggio?" Dall'altra parte del tavolo si era seduto un elfo biondo e dagli occhi azzurri, la pelle bruciata dal sole e dal vento. Leian lo conosceva perfettamente, era Adael Eneire, il comandante dei Cacciatori Elfi, gruppo scelto dell'esercito delle Terre dell'ovest. Indossava la loro divisa grigia, quando la vide le sorrise, riconoscendola e lei restituì il sorriso, grata che ci fosse qualcuno con cui non dovesse fingere. Ma i più strani convenuti a quella riunione erano rimasti in piedi, a capotavola, di fronte ad Allanon. Uno era uno gnomo dall'aria torva, la faccia gialla grinzosa che con occhi socchiusi osservava il druido, sembrava con sospetto. Una cicatrice irregolare solcava il suo viso, partendo dalla tempia destra finiva all'angolo della bocca. Leian non avrebbe saputo dargli un età, avrebbe detto che quello gnomo esisteva dall'alba dei tempi. L'altro era un enorme troll delle montagne, con la sua armatura di  cuoio e ferro, erano l'unico a portare un arma, assicurata sulla schiena aveva un'ascia bipenne. Era appena giunto a giudicare dalla polvere che lo ricopriva. La fissò insistentemente con la sua espressione impenetrabile ma Leian non si sentì a disagio sotto quello sguardo indagatore. Il troll la stava valutando.
Allanon prese la parola. - Direi di rimandare a più tardi i convenevoli. Adesso è importante capire perché siamo tutti qui. Come ben sapete una nuova minaccia è calata sulle Quattro Terre. Nel Sud un uomo di nome Rentro sta radunando un esercito, convincendo la più grandi città che una guerra contro le altre razze è necessaria perché gli Uomini possano vivere in pace. - Accanto a lei Dreiden si muoveva irrequieto sulla sedia, a disagio.
- Il peggio è che i governanti gli hanno creduto e in pratica gli hanno affidato il potere, nominando protettore delle Terre del Sud. Così Rentro adesso ha a disposizione armi, uomini e soldi per finanziare le sue imprese. E' questione di tempo prima che si decida a marciare verso nord, annettendo tutti i villaggi, i regni che incontrerà sulla sua strada. Poi attaccherà quelli che ritiene essere i suoi nemici, le altre razze. Senza risparmiare le città di frontiera che secondo lui sono troppo poco fedeli alla razza degli Uomini, per il modo in cui familiarizzano con gli altri popoli. -
Ci fu un attimo di silenzio, poi l'uomo si scostò i capelli dagli occhi e disse: - Dove sarebbe il problema? La legione di Frontiera può benissimo cavarsela contro di loro e così gli altri popoli. Perché è necessaria questa spedizione? - il suo tono era di sufficienza. Leian vide Brennar al suo fianco fissarlo e scuotere la testa.
- La legione e tutti gli altri potrebbero benissimo resistere ad un attacco di un esercito di Uomini. - concesse Allanon. - Il vero problema è che non sono gli Uomini di cui dobbiamo preoccuparci. - Fece un cenno e Dreiden si alzò e gli si mise al fianco. - Questo è Dreiden Frohs. E' una guida e recentemente è stato a Istrat per mio conto, dove ha fatto un incontro poco piacevole. -
- Rentro ha a disposizione delle creature maligne. Vengono chiamate bestie, hanno forma vagamente umana ma quando attaccano sembrano animali. Sono creature della magia nera e questo.. - disse tirandosi su la manica e sfasciandosi la medicazione che Leian aveva fatto - ...è quello che possono fare. - Mostrò le ferite che gli artigli della bestia aveva fatto, irregolari e profondi tagli. - Non sono da sottovalutare, hanno una forza incredibile, sono nere come l'oscurità e solo per un caso sono sfuggito alla morte. - si risedette e Leian lo aiutò a fasciarsi nuovamente.
- Rentro ha a disposizione molto di più dell'esercito. Ha a disposizione la magia nera. E nessun popolo può nulla contro di lei... - li informò Allanon fissandoli negli occhi uno per uno. - Sono stato nel sud settimana scorsa, cercando la fonte del potere di Rentro e l'ho trovata ma non ho potuto avvicinarmici. E' nel profondo sud, oltre le grandi città, nel deserto dell'Angluk. - Nonostante la lontananza persino il troll aveva sentito parlare del rovente deserto e della morte certa che aspettava chi lo attraversava. Si diceva che nessuno sapesse cosa ci fosse al di là di esso.
- E' la nostra destinazione se accettiamo di venire con te? - chiese con tranquillità Adael. Il druido annuì. - Io sarò con te. - rispose il comandante.
- Io anche. - dissero l'uomo e il nano contemporaneamente. Il grande troll annuì solamente e tutti gli occhi si fissarono sullo gnomo.
- Il druido conosce già la mia risposta. - replicò lui.
- Bene. Loro due verranno con noi. - disse quindi Allanon riferendosi a Dreiden e Leian.
- Non sono d'accordo. Se una guida può esserci utile, non è però saggio portarci dietro un ragazzino. - disse l'uomo indicando Leian con un cenno della testa. - Sarebbe più pericoloso per tutti. - Lo gnomo la guardò e sembrò condividere l'opinione dell'uomo. Brennar mantenne la sua espressione impenetrabile. L'elfa sapeva che Allanon stava rischiando molto per averla con sé. Poi, per la prima volta in quella sera, il massiccio troll parlò. - Se il druido dice che il ragazzino deve venire, il ragazzino verrà. -
- Non sono disposto a fargli da balia. - esclamò l'uomo contrariato per essere stato contraddetto e non essere riuscito ad imporre la sua decisione.
- Nessuno ti chiede di farlo. - gli fece presente Allanon sull'orlo dell'impazienza.
- Dovresti fargli la riga nei capelli con uno dei tuoi coltelli. - le mormorò in un orecchio Dreiden rimediando un pugno su una coscia.
- La pensavi così anche tu all'inizio. - gli ricordò sorridendo.
- Partiremo dopo domani e domani definiremo i dettagli. - Allanon li congedò e ognuno andò nella propria stanza.

Leian guardò il soffitto cercando di riordinare i suoi pensieri. "Allanon ci ha nascosto qualcosa, anche di molto grosso... ma naturalmente lo sapremo al momento giusto. E' c'è qualcosa che mi sfugge, che non riesco a collegare pur avendo quasi tutti gli elementi... - si girò su un fianco rimpiangendo la mancanza di Dreiden accanto a lei, non era più abituata a dormire senza lui nelle vicinanze.

- I traditori sono condannati a morte, lo sai? -


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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


15. Era mattina presto quando qualcuno bussò alla sua porta. Leian si svegliò e cercò di capire per qualche secondo da dove provenisse il suono poi con gli occhi pieni di sonno si avvicinò alla porta e la aprì.
- Buongiorno. Vedo che fai ancora fatica ad alzarti la mattina. - la salutò Allanon con un sorriso sarcastico.
- Buongiorno. Vedo che non fai per niente fatica a presentarti ancora all'improvviso. - rispose lei acida per poi lasciarlo passare. Il druido si sedette su una sedia e la guardò. Leian fece finta di niente ed andò a cambiarsi dietro il paravento nell'angolo della stanza. Solo quando decise che era il momento riapparve davanti all'uomo. Allanon sorrise, nonostante gli anni passati con lui era riuscita a mantenere la sua femminilità e con essa le piccole manie delle donne.
- Cosa sai delle pietre degli Elfi? - le chiese.
- Quello che tu mi hai detto. Che sono l'ultimo residuo della magia degli Elfi, del mondo delle creature fantastiche. Che proteggono dalla magia nera. - gli rispose dopo averci pensato un po' su. - Che Shea le ha usate per proteggersi dai Messaggeri del Teschio. Le pietre possono essere usate solo dagli Elfi e solo se sono state cedute liberamente. -
- Esattamente. Ma ogni gruppo di pietre ha anche un compito specifico. Quelle azzurre che diedi a Shea servono per la ricerca. -
- E queste? - chiese l'elfa facendo scivolare le tre gemme sul suo palmo e giocandoci con il pollice.
- Le pietre bianche sono le pietre della memoria. - disse semplicemente. - E sono tue. - specificò.
- Non le voglio. - Improvvisamente le pietre sembravano scottare nella sua mano.
- Non hai scelta. Sono state cedute a te. L'incantesimo era chiaro; chi le avesse prese, se elfo, ne sarebbe stato il proprietario. -
- Tu non me lo avevi detto! Non avrei mai accettato altrimenti. E' solo per questo che ieri sera ti sei esposto per me, perché io sarò la balia delle tre pietre! Ma puoi scordartelo! - Non sapeva neanche lei perché si era così infuriata, o forse, in qualche recesso della sua mente, lo sapeva. C'erano tante cose che aveva dimenticato e che preferiva rimanessero sepolte.
- Non è stata una scelta. Lo sai. -
- Non mi interessa, mi hai usata, come usi tutti. Perché con me doveva essere diverso? Solo perché mi sono sempre fidata di te e non ho messo mai in discussione le tue parole? Flick aveva ragione... - Si voltò verso la finestra incurante delle ferite che le sue parole potevano procurare. "Allanon non ha sentimenti!"
- Non possiamo permetterci di cedere adesso. - La collera risuonava nella voce dell'uomo.
"Buffo, dicono sempre non possiamo permettercelo. Dev'essere la frase standard da usare con le donne!"
- Leian, lo sai che vorrei che tutto fosse diverso, vorrei non doverti coinvolgere e permetterti di vivere la tua vita... -
- Ma non possiamo permettercelo. - completò lei la frase al posto del druido. Poi con rassegnazione si sedette sul letto di fronte al druido.
- Cosa vuoi che faccia? - gli chiese con un sospiro. Era arrabbiata con se stessa per aver ceduto così in fretta alla sua richiesta, ma si rendeva conto che non poteva fare altrimenti.
- Vorrei che tu provassi a ricordare di quando eri piccola, prima della morte dei tuoi genitori. -
Leian prese in mano le tre piccole pietre così scintillanti nella luce del mattino, quasi abbaglianti nel loro candore. Le fissò cercando di capire cosa doveva fare, pensando intensamente ad esse, stringendole nel palmo. Una luce bianca soffusa si diffuse dalle sue dita chiuse e la avvolse come una nebbia. Non riusciva più a vedere Allanon.

C'erano delle voci, erano un uomo e una donna che discutevano. La donna era un'elfa esile dai capelli rossi, mentre l'uomo era alto, abbronzato e con capelli e occhi castani. Non stavano litigando ma la discussione era accesa.
- Non puoi permettergli di rovinarti la vita. Se la pensa così è affar suo e non tuo. Che faccia quello che vuole basta che non ci coinvolga. - disse la donna.
- Ma è mio fratello. Come puoi pretendere che lo escluda dalla mia vita? - replicò lui.
- Io non voglio escluderlo, sarà sempre il benvenuto. Solo non voglio che tu te ne vada con lui non si sa dove. -
- Vuole solo andare nelle Terre del Sud e mi ha chiesto di accompagnarlo. Sono la mia terra d'origine, nel caso tu l'avessi dimenticato. -
- Lui non mi permette di dimenticarlo. Ogni volta che viene a farci visita coglie l'occasione per ricordarci quanto siamo diversi, quanto la vostra città era animata e che mortorio c'è qui nelle Terre dell'Ovest... E' geloso di me. E adesso è geloso anche di tua figlia. -
- Non è vero. -
- Sarà.. Però vorrei anche che tu rammentassi che adesso sei un padre, hai una bimba di pochi mesi e devi assumertene la responsabilità, non puoi scorrazzare in giro come un cane randagio solo perché tuo fratello senza di te si annoia! -
- Ma io non voglio abbandonarvi... - Le si avvicinò e passo una mano nei suoi lunghi capelli.
- Ma io lo temo. Cambi sempre un po' quando lo vedi... -
- Ho nostalgia di lui e della mia terra. Ma non rinnego niente. Io ti amo e adoro la piccola Leian. Non preoccuparti, non vi lascerò. -

Leian si sentiva strana. La luce si era spenta all'improvviso. Allanon la guardava ancora seduto. Sentiva una lacrima solcarle il viso e l'asciugò in fretta.
- Ho visto i miei genitori... parlavano del fratello di mio padre, che voleva compiere un viaggio nel Sud con lui, ma mia madre era contraria. - A Leian sembrò che una luce si accendesse negli occhi di Allanon, ma sparì repentinamente e l'elfa si convinse di averla solo immaginata.
- Per oggi hai fatto abbastanza. Ti lascio, devo andare a organizzare la spedizione. Partiremo domani all'alba. Se puoi evita gli altri, a parte Dreiden e Adael che già ti conoscono. - Si chiuse la porta alle spalle e Leian rimase sola coi suoi nuovi ricordi. Per la prima volta dopo tanti anni vedeva i volti dei genitori, aveva risentito le loro voci, melodiosa quella della madre, bassa e profonda quella del padre. Aveva detto che l'adorava... era euforica e triste allo stesso tempo. Averli così vicini eppure irrimediabilmente lontani. Non riuciva a comprendere perché Allanon le avesse chiesto una cosa del genere, quale vantaggio potesse dargli.
Dopo qualche minuto si riscosse e sentì il bisogno di esercizio fisico, di movimento, per non pensare a quello che provava. Chiuse le pietre nel sacchetto e lo pose sotto la casacca. Poi prese i suoi pugnali ed uscì nel giardino esterno. Non c'era nessuno. Con sollievo uscì attraverso il cancello e si ritrovò nella strada quasi deserta. Si diresse verso il bosco e quando fu sicura di non essere stata seguita e che non ci fosse nessuno nei paraggi cominciò ad allenarsi nel lancio.

Erano passate ore da quando era uscita, le sue braccia dolevano per lo sforzo ma non riusciva a smettere quell'esercizio meccanico e ripetitivo. Era rassicurante e le permetteva di non pensare. Concentrata nello sforzo non sentì i passi alle sue spalle finché il nuovo arrivato non parlò.
- Vedo che te la cavi sempre meglio coi tuoi coltelli. -
- Adael! Mi hai spaventato! I miei sensi elfi non sono più acuti come un tempo... - si prese in giro avvicinandosi all'elfo con un sorriso.
- Eh già, cominci ad avere una certa età... - L'uomo si sedette su un tronco - Non volevo disturbarti, puoi continuare. -
- Non ti preoccupare, posso smettere. -
- Hai ancora una tecnica eccezionale, è un piacere guardarti. Non ti ho mai chiesto chi ti ha insegnato a combattere. Immagino non sia stato Allanon. -
- I rudimenti dell'uso della spada me li ha dati Balinor a Tyrsis, non avrei potuto chiedere maestro migliore. L'uso dell'arco me l'hai insegnato tu; e i coltelli... mi ha insegnato un po' Flick, il mio padre adottivo, e un po' un uomo della Legione di Frontiera che era un tiratore formidabile. Mi ha preso in simpatia e nonostante tutti gli altri soldati lo deridessero per quella bizzara decisione ha fatto di me una tiratrice provetta. Allora hanno smesso di ridere! -
- Per avere solo vent'anni hai già avuto tante vite. - considerò l'elfo al suo fianco.
- Cosa mi racconti dell'Ovest? - domandò per cambiare discorso.
- Sono tutti preoccupati e quasi prossimi al panico. Continuano a sparire elfi, adesso intere famiglie nelle campagne. Praticamente tutti si stanno riversando ad Arborlon. Non posso dar loro torto, ma ci stanno creando notevoli problemi. -
- E Eventine? -
- Manda pattuglie di cacciatori elfi in lungo e in largo ma senza risultato. Sembra una tigre in gabbia. Sa che probabilmente c'è sotto Rentro ma non può dimostrarlo. Quando Allanon gli ha parlato della missione io mi sono proposto subito. Ha dovuto pensarci un po', ha detto che ero troppo prezioso, ma poi ha acconsentito. Ho addestrato personalmente il mio vice e può sicuramente fare meglio di me. -
- Siamo fortunati ad averti con noi. Cosa sai degli altri? -
- Il troll si chiama Nur, viene dalle montagne e fa parte dell'esercito, non so se come ufficale o meno, ma posso assicurarti che è una macchina da guerra. L'uomo della frontiera che non ti voleva.. - Si lasciò scappare un sorriso davanti all'aria corrucciata di Leian - è un battitore, a quel che so. Si chiama Sour Mentere. Lo gnomo se n'è andato dall'Anar superiore da giovane e vive a Varfleet. E' quello che mi lascia più perplesso, non capisco come abbia fatto Allanon a convincerlo ad unirsi alla spedizione. Il suo nome è Garvo. Devo decidere se fidarmi o meno di lui. Cosa mi dici dell'uomo che era seduto accanto a te? -
- Si chiama Dreiden e viene dal Sud, ma non so da dove. E' una guida ed è un uomo di Allanon. -
- Come tutti noi. - le ricordò l'elfo.
- Già... -

Era sera quando il druido tornò da lei.
- Lo so che per te è difficile ma devi usare ancora le pietre. -
- Perché? - Non c'era sfiducia nelle sue parole, solo legittima curiosità che Allanon sapeva andava soddisfatta.
- Penso che sia importante sapere cosa è successo ai tuoi genitori. -
Leian non ripose meditando su quelle parole.
- Credi veramente che possa essere utile alla spedizione? -
- Leian, non ti ho mai parlato della morte dei tuoi genitori, perché quando sono venuto a prenderti eri così terrorizzata che rifiutavi qualsiasi contatto umano. Il giorno dopo hai deciso di dimenticare tutto, in un certo senso. Ti sei lasciata avvicinare da me e quando ti ho chiesto cosa fosse successo hai detto che non ricordavi. Per rispettare quella tua strana decisione non ti ho più chiesto niente, per timore che potesse peggiorare la tua situazione già complicata di orfana ed esule. Ma è giunto il momento di ricordare. -
Leian estrasse le pietre e le fissò, aspettando che la loro luce bianca la avvolgesse.

Suo padre stava osservando dalla finestra inquieto.
- Non sono tranquillo, c'è qualcosa che non va. -
Sua madre fece un sorriso tirato e lo raggiunse abbracciandolo. - Vedrai che non accadrà niente. Non può essersela presa per la tua decisione. -
L'uomo annuì senza convinzione poi fissò la bambina che giocava per terra.
- Ad ogni modo voglio che tu metta al sicuro Leian. -
L'elfa lo guardò stranita.
- Tu avrai la magia, anche se hai promesso di non usarla. Ma io sento che accadrà qualcosa di brutto, ne sono certo. Voglio che tu metta al sicuro nostra figlia. -
- Va bene. - Prese in braccio la bambina e la portò vicino al padre che la mise sulle ginocchia.
- Io ti voglio bene, bimba mia. Farò in modo che non ti accada nulla di male. - La abbracciò stretta e le baciò i capelli. Poi la passò alla donna, che la portò nella sua camera.
- Scegli due giochi. - La riprese in braccio e andò in cucina dove fece scorrere una leva e rivelò un passaggio nascosto e un cubicolo abbastanza grande per contenere la piccola Leian. - Adesso devi stare qui. Non devi piangere anche se sentirai urlare. Non devi chiamare. Gioca e se hai fame o sete c'è questo.- Le passò un cestino. - Qualcuno ti tirerà fuori quando sarà il momento. Non devi avere paura, va bene? - La guardò negli occhi per assicurarsi che avesse capito perfettamente. Le porse alcuni sassi grigi.  - Con questi non avrai paura del buio, ce li ha regalati il druido e fanno luce senza fuoco. Ti voglio tanto bene. - La baciò sulla guancia. Poi chiuse il passaggio e lo coprì con un mobile.
Leian non sapeva quanto tempo era passato, si era addormentata. Ma le grida l'avevano svegliata. Strinse a sé la bambola e desiderò essere sorda. Riconosceva le voci, erano i suoi genitori. Ma c'era qualcun'altro. Aveva paura e voleva sapere cosa stava succedendo. E improvvisamente senza sapere come, la bambina vide. Vide degli uomini con vestiti scuri che erano entrati armati in casa e che fronteggiavano suo padre. Sua madre era dietro di lui, il volto devastato dall'angoscia. Vide gli uomini buttarsi su di loro con furia. Poi tutto accadde in pochi momenti, quasi senza che la piccola elfa se ne rendesse conto. Vide la spada di uno degli uomini trapassare suo padre che si accasciò sull'arma per poi cadere a terra, coperto di sangue, gli occhi rivolti al cielo, invisibile al di là del tetto. Vide sua madre lanciarsi verso di lui urlando con un pugnale in mano e vide la mazza calare dall'alto e colpirla alla testa facendola schiantare al suolo, accanto al marito. Li vide, con le loro ultime forze, guardarsi per un'ultima volta. Vide quello sguardo. Conteneva tutte le emozioni possibili. Amore, angoscia, disperazione, odio e ira.
Poi vide un uomo entrare mentre tutti si facevano da parte per farlo passare. Era vestito di grigio, con eleganza e ricchezza, i capelli scuri ricadevano sugli occhi castani iniettati di sangue. Osservò i due corpi ormai senza vita quasi con disgusto. Si rivolse ai suoi - Cercate la bambina. -
- Sì, mio Signore. - rispose il più vicino. Li vide sparpagliarsi per la casa, sentì i rumori mentre frugavano in ogni angolo.
- Mio Signore, era necessario? - chiese titubante un soldato che era rimasto accanto all'ultimo venuto.
- Osi dubitare me? - chiese con rabbia.
- No, mio Signore. -
Poi non vide più nulla, si ritrovò al buio con il suo terrore, stringendo la bambola e impedendosi di piangere. I rumori continuarono per un'eternità. Poi più niente.

L'elfa aveva il volto rigato dalle lacrime e non riusciva a smettere di piangere. Allanon decise di lasciarla sola, gli avrebbe raccontato tutto quando si sarebbe ripresa, non aveva bisogno di lui al momento e lo sapeva bene.
Leian guardò la stanza vuota, poi si alzò, le pietre sempre strette in pugno e corse nella stanza di Dreiden, che rimase spiazzato nel vederla così devastata, incapace di parlare. La fece sdraiare e la coccolò, la cullò finché troppo stanca e triste non si addormentò. La coprì e andò a cercare il druido.
Lo trovò nella sua stanza, con Adael.
Era infuriato - Cosa le hai fatto? - gli sibilò contro con un'audacia inaspettata anche per lui.

***
Sì, lo so che Leian è molto emo in questo capitolo, però non lamentatevi perché mi andava così.
Alaide: Ben ritrovata! Sono felice che tu mi stia ancora seguendo e soprattutto che tu abbia detto che il mio Allanon è IC. Adesso posso morire contenta! Spero che anche questo capitolo ti piaccia.
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


16.
Allanon guardò la guida negli occhi e Dreiden ebbe l'impressione che leggesse la sua anima, si sentì nudo e privato di qualsiasi difesa. Non gli piaceva, ma non si era pentito della sua irruente entrata. Leian stava male e anche se non gli aveva spiegato niente sapeva che la colpa era del druido.
- Cosa le hai fatto? - ripeté nuovamente scandendo le parole. Esigeva una risposta. Adael passò lo sguardo da lui al druido e senza farsi vedere sorrise. Capiva cosa c'era alla base di quello scontro, la piccola mezzosangue. E sapeva che c'era qualcosa di più, qualcosa di terribile, per sconvolgere la guida al punto di affrontare il gigante misterioso. Ma intuiva che era anche uno scontro tra il giovane che amava la ragazza, anche se forse non era proprio così; e quella che poteva ritenersi una sorta di figura paterna. Si schiarì la voce per spezzare la tensione e per ricordare ai due la sua presenza. Dreiden sembrò accorgersi solo allora di lui e si morse un labbro per aver fatto stupidamente saltare la copertura di Leian.
- Non preoccuparti, io conosco Leian da quando aveva dodici anni. - gli disse per non farlo preoccupare oltre. Poi si alzò e con movimenti eleganti si diresse alla porta. - Ci vediamo domani mattina all'alba, Allanon. - si congedò con un sorriso alla guida.

- Non le ho fatto nulla, se vorrà ti racconterà lei stessa quando si riprenderà. -
- E se non accadesse? -
- Non sottovalutarla, commetteresti un grave errore. Ha sopportato tanto, quello che ha visto questa sera non la ucciderà. Si riprenderà. - Il tono del druido era fermo e sicuro, non ammetteva repliche. Dreiden perse parte della sua spavalderia. - Non è fragile come appare. Certo è sconvolta, ma si riprenderà e tu l'aiuterai. Devi proteggerla, adesso ha solo te. - continuò guardandolo negli occhi.
La guida era confusa per quella frase, non ne capiva il senso. - Non ha solo me, anche tu sei qui per lei. -
Un sorriso triste e ironico apparve sulla labbra dell'uomo e la guida si accorse che quello che aveva detto era una sciocchezza. "Allanon non è qui per lei, ma per le Quattro Terre." Uscì dalla stanza e si diresse nella propria. "Ha solo me..." La osservò mentre dormiva ancora scossa da qualche sospiro di tristezza. Si sdraiò accanto a lei e la abbracciò, cercando conforto oltre che donandoglielo.

L'alba non era ancora giunta quando la compagnia uscì dalla città dei Nani ancora addormentata. Dreiden e l'uomo della Frontiera li guidavano consultandosi con Brennar di tanto in tanto. Dietro di loro camminavano Leian e Adael, alle loro spalle seguivano lo gnomo e Allanon, Nur chiudeva la fila. Proseguirono così in silenzio fino a sera, fermandosi brevemente per un pasto veloce. Il passo era sostenuto ma agevole anche per Brennar e Garvo. Nessuno parlava e a Leian pesava quell'atmosfera inquieta. Cenarono ancora in silenzio, poi Allanon li raccolse attorno a sé.
- Domani ci dirigeremo verso la roccaforte di Rentro nel Sud, nella città di Dechtera. -
- Perché? - chiese Sour - Avevi detto che saremmo andati nel deserto. -
- Dobbiamo trovare prima Rentro, per sapere dove trovare la fonte del suo potere. -
- Non puoi usare i tuoi poteri magici? - domandò l'uomo sempre polemico.
- Mi sembra geniale l'idea di farci scoprire ancor prima di esserci avvicinati al nemico. - replicò sarcastico. Poi si alzò e fece cenno a Leian di seguirlo e i due si inoltrarono nel bosco, lasciando i compagni perplessi.
- Mi dispiace per ieri sera. - disse piano il druido.
- Era necessario. - La voce della ragazza era dura. - Qualcuno ha fatto uccidere i miei genitori e ha cercato me, ma ero nascosta e non mi ha trovato. Non so perché. - Il druido annuì a quel breve resoconto.
- Devo chiederti di esplorare i dintorni con il tuo potere, se stai attenta non dovrebbe rilevare l'uso della tua magia. -
Leian si concentrò e dopo qualche minuto assicurò al druido che nel raggio di dieci miglia non c'erano pattuglie, ma non poteva scrutare più lontano per timore di essere scoperta.
- Ti chiederò tutte le sere di esplorare il nostro cammino, meno sorprese troviamo meglio è. - aggiunse il druido.
Leian avrebbe voluto aggiungere altro ma le mancarono le parole. Così si alzò e tornò all'accampamento lasciando Allanon immerso nei suoi pensieri. L'elfa capiva che sulle spalle del druido era appoggiato il destino delle Quattro Terre e non riusciva neanche ad immaginare quanto potesse pesare quel fardello di responsabilità ma avrebbe voluto che mostrasse un po' più di umanità nei suoi confronti; per lei che gli era stata accanto per otto anni. Si sdraiò lontano dagli altri della compagnia e si addormentò subito. Venne svegliata a notte inoltrata da Nur per effettuare il suo turno di guardia. Il troll la guardò coi suoi occhi che sembravano sapere tutto, poi, sempre senza una parola, andò a coricarsi. Leian pensò che questo viaggio non era poi così diverso da quelli fatti con Allanon, non si parlava molto e ognuno aveva i suoi segreti che preferiva tenere per sé.

Erano in viaggio da una settimana ormai, la guida li aveva condotti per strade sicure e l'esperienza del battitore aveva evitato spiacevoli incontri. Ma era impossibile che la fortuna li assistesse ancora per molto, avevano lasciato la sicurezza dell'Anar e si erano inoltrati nel territorio nemico. Se avessero incontrato qualche pattuglia ci sarebbero stati problemi, non avrebbero potuto dissimulare la presenza di due elfi, uno gnomo, un nano e addirittura un troll.
Il pomeriggio stava scivolando lentamente nella sera quando Leian avvertì qualcosa di strano. Era la sua magia sempre all'erta ad avvisarla. Si spostò vicino al druido e lo mise a parte della sua sensazione.
- Puoi concentrarti ed individuare la fonte di questa sensazione? -
- Non camminando... -
- Fermati e fallo. -
Leian si ritirò nella sua magia ed esplorò il territorio circostante che i pochi alberi nascondevano alla vista.
- Al di là della macchia di alberi c'è un accampamento di soldati di Rentro e noi ci stiamo finendo dentro. - lo avvisò allarmata - Cinque di loro sono in esplorazione mentre cinque sono rimasti al campo. -
Allanon fece fermare gli altri, ma era troppo tardi, da dietro alcuni cespugli sbucarono i cinque soldati. Non si capiva quale dei due gruppi fosse più sorpreso, i soldati si credevano al sicuro all'interno del loro territorio. Dopo un attimo di stupore uno di loro lanciò un grido di avvertimento per i compagni ma Nur era stato più veloce e si era scagliato contro di lui con la sua ascia tra le mani. Gli altri due indietreggiarono impauriti dalla massiccia figura dell'avversario e dalla sua forza ma presto si riscossero e attaccarono a loro volta, presto aiutati dai rinforzi provenienti dal campo. Erano in superiorità numerica e anche più riposati ma Nur aveva già messo fuori combattimento uno dei loro e si stava disfando di un altro seppur con maggior difficoltà non potendo più contare sul fattore sorpresa.
Suor stava combattendo contro un soldato quando questi, con una mossa imprevista era riuscito a disarmarlo facendogli perdere la lunga spada. L'uomo indietreggiò mentre l'avversario alzava la sua spada per ucciderlo, quando un pugnale sibilò vicino al suo orecchio destro per poi piantarsi nel torace del suo aggressore. Si girò e vide il ragazzino scagliarne un altro contro un altro soldato ferendolo ad una coscia. Suor raccolse la sua spada da terra e si scagliò contro i nemici.
Leian estrasse in gran fretta la sua spada corta ma un colpo di piatto gliela fece cadere dalle mani e un calcio la fece finire a terra. Fissò il suo aggressore in viso e poi chiuse gli occhi preparandosi ad essere uccisa, quando Dreiden si parò di fronte a lei. Il soldato lo guardò e i suoi occhi si dilatarono nel riconoscerlo.
- I traditori sono condannati a morte e tu sei un traditore, Dreiden Frohs. - esclamò brandendo l'arma e preparandosi a calarla su di lui. L'altro non si scompose e si preparò a difendersi, parò il colpo dell'avversario e poi cercò di colpirlo a sua volta ma quello riuscì ad evitarlo scansandosi. Alzò la spada e la calò cercando di colpire la guida alla spalla per disarmarlo e ferirlo. Dreiden intuì la mossa e si spostò ma lo slancio precedente lo fece finire più avanti di quanto avesse previsto; ma fu la sua fortuna perché girandosi con l'arma tesa di fronte a sé riuscì a colpire l'avversario sul fianco destro. Il soldato fissò la macchia di sangue allargarsi sulla sua tunica prima di cadere a terra svenuto.
Dreiden si guardò attorno, i soldati di Rentro giacevano a terra uccisi dai membri della compagnia che ansanti osservavano il terreno di battaglia. Dreiden si girò verso Leian per vedere se stava bene, ma la ragazza lo stava fissando inorridita.

- I traditori sono condannati a morte, lo sai? -

- Il soldato mi ha riconosciuto... -

- I traditori sono condannati a morte e tu sei un traditore, Dreiden Frohs. -

Dreiden tese la mano per aiutarla ad alzarsi ma lei la scansò e fece da sola. - Non toccarmi, mai più. - gli sibilò e si allontanò da lui andando verso gli altri. Dreiden la osservò sconsolato e rimase dov'era aspettando che il druido fosse solo per parlargli.
Leian non riusciva a capacitarsi di quello che aveva sentito, aveva messo i pezzi al loro posto e quello che aveva scoperto la disgustava. "C'è un solo motivo per cui lo hanno chiamato traditore.. era uno di loro." Non riusciva a credere di essersi fidata di un soldato di Rentro, di averlo baciato, di averlo difeso. Allanon le fece cenno di avvicinarsi e l'elfa vide che Adael e Garvo erano stati feriti. Mentre Allanon si occupava del comandante dei cacciatori elfi, Leian si occupò della ferita al braccio destro dello gnomo.
- Sei brava coi coltelli. - le disse mentre lei puliva la ferita dalla terra e dal sangue. Il suo segreto non era più tale a quanto sembrava.
- Non sono granché, mi ha disarmata... -
- Capita a tutti. - Il viso dello gnomo si deformò in una smorfia di dolore quando la ragazza cominciò a mettergli i punti.
- Mi dispiace non avere niente contro il dolore. - si scusò.
- Non fa niente. - Rimase per un attimo in silenzio stringendo i denti.
- Perché ti sei unito alla spedizione? La tua gente è alleata di Rentro. - gli chiese per distrarlo un poco e per soddisfare la sua curiosità.
Garvo non rispose subito.
- Mi dispiace, non avrei dovuto impicciarmi. - si scusò.
- Gli Gnomi sono un popolo tribale e molto superstizioso. Credono negli spiriti maligni e li temono. Ogni volta che il male è apparso sulle Quattro Terre li ha assoggettati per i loro scopi, li ha mandati a morire sfruttando le loro credenze e la loro paura. - Parlava della sua gente come se fosse un popolo diverso, come avrebbe parlato degli Elfi. - Sono stufo di questa situazione. Gli Gnomi non lo capiscono, ma io sì e farò qualsiasi cosa in mio potere perché quest'uomo non li mandi a morire in migliaia per i suoi fini. -
Leian si sentì meschina e piccola nei confronti dell'uomo che stava curando, lei non aveva una missione così alta, così meritevole.
- Non potrai usare questo braccio per almeno tre settimane. La ferita non è troppo profonda ma ha bisogno di tempo e riposo. -
- Userò la sinistra, sono meno preciso ma sempre mortale. - le disse con un ghigno mentre lo fasciava.
- Non lo metto in dubbio. - disse alzandosi.
Si allontanò dagli altri e si inoltrò per qualche metro tra gli alberi per nascondersi. Controllò che non ci fossero nemici nelle vicinanze poi si abbandonò contro un tronco per riprendersi. Aveva avuto paura di morire e c'era andata molto vicina. E poi Dreiden...
Come se l'avesse chiamato, lui apparve. L'aveva seguita. Si sedette di fronte a lei che distolse lo sguardo.
- Quando compì diciassette anni avevo imparato tutto quello che mio padre poteva insegnarmi. Abitavamo nelle campagne intorno a Dechtera, isolati, in una fattoria. I viandanti che si fermavano da noi mi parlavano del mondo esterno e io morivo dalla curiosità di esplorarlo. L'unico modo che mi sembrò di poter sfruttare fu quello di arruolarmi nell'esercito di Rentro. Mi insegnarono a combattere e mi fecero diventare una guida. Quando il mio addestramento fu completato cominciai a far parte della pattuglie di Rentro. All'inizio facevamo solo perlustrazione, proteggevamo le fattorie isolate e io ero fiero di quello che facevo e ansioso di imparare; poi qualcosa cambiò. Le pattuglie divennero spedizioni punitive. Non me ne accorsi subito, fu una cosa graduale. - Il suo sguardo si spostò da Leian e parve fissare una scena lontana visibile solo a lui. Leian continuò a non guardarlo ma ascoltava attentamente.
- Una notte assalimmo un villaggio che voleva ribellarsi a Rentro ed ucciderlo. Questo è quanto ci dissero, nascondeva nemici e spie. Poi però i nostri comandanti ci ordinarono di ucciderli tutti, anche i vecchi e le donne. Anche i bambini. - I suoi occhi diventarono lucidi e Leian sentì il dolore crescere dentro l'uomo. -  Cercai di oppormi, ma poi eseguii gli ordini come tutti gli altri. Quella notte non potrò mai dimenticarla, ricordo le urla, le suppliche, le lacrime. Quando finimmo mi accasciai dietro una casa e vomitai. Non fui l'unico. Il giorno seguente disertai e fuggì. Quando tornai a casa una settimana dopo mio padre era morto, mia madre in fin di vita e mia sorella rapita. L'ho cercata, ma non l'ho mai trovata. Ogni notte mi chiedo cosa ne sia stato di lei, spero che sia morta velocemente o che sia riuscita a scappare, perché so cosa gli uomini di Rentro sono in grado di fare. Perché ero uno di loro. - Solo allora riportò lo sguardo su di lei.
- Perché non me l'hai detto? - sussurrò.
- Come avresti reagito se anche l'avessi fatto? Ti saresti ancora fidata di me? -
- Sì. -
Dreiden la fissò poi scosse la testa - Non è vero... -
- Invece sì. -
- Non ci credo, è troppo chiederlo. - Il tono dell'uomo era scoraggiato.
- Io mi sarei fidata di te. Ma venirlo a scoprire così non ha fatto altro che farmi dubitare di te. Avresti dovuto dirmelo quando io ti ho detto della magia. -
- Neanche tu me l'hai detto spontaneamente ma solo quando non hai potuto farne a meno. Non sei coerente. - Non era arrabbiato, non aveva il diritto di esserlo, era solo triste per come il loro rapporto si era rovinato.
L'elfa rimase interdetta. - E' vero... - mormorò lei poi. -... ma due torti non fanno una ragione. -
- Perché ti accanisci così? -
- Perché è il nemico e tu lo hai servito, hai ucciso degli innocenti senza un perché. Anche i miei genitori sono morti così, senza un valido motivo. - "Questo almeno è quanto so. E se invece ci fosse stato? Se io non sapessi tutta la verità?"
- Però sono cambiato, ho abbandonato quella vita. -
Lei annuì e lasciò che lui l'accarezzasse sulla guancia ma non restituì il gesto.
- Dovremmo tornare dagli altri... - gli disse alzandosi e allontanandosi. - Devi capire che alcune ferite fanno più fatica di altre a rimarginarsi. -

***
Alaide:  sono immensamente felice che il dialogo ti sia sembrato realistico. Ho sempre paura di esagerare con a parte fantasy o di scrivere cose un po' troppo fuori norma. E non preoccuparti per i nomi! Grazie per il tuoi commenti!
Grazie anche a chi legge senza recensire.
Un bacio,
sku

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


17.
Dechtera era ad un giorno di cammino. Erano esausti per il lungo viaggio e decisero di accamparsi tra gli alberi, poco lontano dal luogo dello scontro.
Leian sentiva che era stata troppo brusca con Dreiden, in fin dei conti non gli aveva raccontato nulla dei ricordi che aveva risvegliato, lui non poteva capire il suo dolore per delle morti inutili come quelle che Dreiden aveva provocato in passato. Ma non riusciva a perdonarlo lo stesso. E non riusciva a perdonare se stessa per quello che stava facendo, per la sofferenza che stava causando all'uomo che le era stato così vicino.
Stavano preparandosi a cenare quando un ringhio alle loro spalle li fece voltare. Sour impugnò la spada e Dreiden il suo arco. Un enorme lupo li stava osservando con i lunghi canini in mostra e il pelo arruffato.
- Fermatevi! - urlò Leian mettendosi davanti a loro.
- Perché non dovremmo uccidere una bestia feroce? - le chiese Suor polemico come suo solito.
- Perché se tu aguzzassi la vista vedresti quello che il lupo sta difendendo. - disse Nur avvicinandosi ai tre e indicando gli alberi dietro l'animale. Da dietro un tronco sbucava il viso di una bambina. Era sporca, i capelli neri e lunghi erano arruffati e i vestiti che indossava laceri.
Leian estrasse dal suo zaino un po' di pane e del formaggio e si avvicinò alla bambina tenendosi a debita distanza dal lupo che la seguì con lo sguardo, incerto su chi considerare più pericoloso; li depose per terra e si sedette a poca distanza. La bambina la guardò insicura sul da farsi, ma la fame ebbe il sopravvento e si avvicinò a sua volta.
- Cosa sta facendo? - chiese Sour sottovoce senza perdere di vista il grosso animale.
- Non hai mai avvicinato dei cuccioli selvatici? Si prendono col cibo. - spiegò Brennar osservando la scena.
La bambina non aveva ancora toccato quello che le aveva offerto ma lo guardava con ingordigia.
- Puoi prenderlo, è per te. - le disse gentilmente. La piccola la osservò inclinando la testa. - Non vogliamo farti del male, puoi fidarti di me. - Raccolse il pezzo di pane e glielo porse. La bambina allungò la mano e velocemente lo prese e poi cominciò a mangiare senza toglierle gli occhi di dosso. Il lupo si avvicinò e lei lo accarezzò per tranquillizzarlo. Anche Leian cominciò a mangiare.
- Il mio nome è Leian. Come ti chiami? -
La bimba continuò a masticare. Gli uomini della compagnia si erano seduti più lontano per consumare la loro cena lanciando loro delle occhiate di tanto in tanto.
- Cosa hai sotto quelle bende? - le chiese all'improvviso indicandole i polsi e Leian per un momento non seppe cosa risponderle.
- Niente. - disse poi.
- Fammi vedere. - Leian era indecisa ma voleva conquistare la fiducia della bambina.
- Va bene, ma poi tu mi dici come ti chiami. - la piccola annuì. Leian si sfasciò i polsi e la bambina poté vedere le cicatrici causate dai bracciali che le avevano inciso la pelle e la carne.
- Ti fa male? -
- Solo qualche volta. -
- Anche io ho un segno. - Le mostrò il ginocchio dove si vedeva una piccola cicatrice causata probabilmente da una caduta. - Io mi chiamo Ori. -
- Come mai vivi con un lupo? - le chiese mentre si riavvolgeva le fasce intorno ai polsi.
- E' una lupa. - la corresse. - Sono scappata di casa. Tanto tempo fa. Me l'ha detto mia mamma. - Masticò per qualche tempo pensierosa e addolorata. Ori accarezzò il folto pelo della lupa che si era accucciata al suo fianco per trovare conforto.
Dreiden le osservava, timoroso di quello che l'animale avrebbe potuto fare a Leian e disturbato dalle cicatrici che aveva visto sui polsi della ragazza. Non capiva l'interessa dell'elfa per la bambina. "Sarà l'istinto materno..."
- Perché tua mamma ti ha detto di scappare? - domandò l'elfa continuando a cenare.
- Perché c'era un uomo nero e il mio papà ha detto che era pericoloso per noi rimanere lì, che veniva nel villaggio per ucciderci. Lui pensava che non lo sentissi ma io ero dietro la porta. -
- Quanti anni hai? -
- Quasi sei. Credo. Non so se è passato il mio compleanno. -
- E perché non sono scappati con te? -
Gli occhi della bambina si erano fatti lucidi e Leian pensò che non avrebbe dovuto chiederlo. Sapeva che faceva male raccontare certe cose, riviverle.
Poi la bambina parlò, così piano che Leian se ne accorse perché vide le sue labbra muoversi.
- Perché quando l'uomo nero è arrivato non eravamo ancora pronti. E sono scappata solo io. Ero sola, non ho mangiato per un po'. Poi ho incontrato lei - disse riferendosi alla lupa - che mi ha aiutato. E adesso stiamo insieme e mi difende. Perché l'uomo nero è ancora in giro e vuole ancora uccidermi e la mia lupa mi porta dove l'uomo nero non c'è. -
La notizia preoccupò la ragazza che si alzò e si avvicinò al druido.
- La bambina dice che ci sono delle bestie nei paraggi. -
- Come sai che è attendibile? Avrà quattro, cinque anni. Potrebbe trattarsi di qualcuno con un mantello scuro. - disse Garvo.
- Non so se  la bambina è attendibile, ma la lupa lo è sicuramente. La bambina dice che l'ha protetta e l'ha aiutata ad evitarle. Come abbiamo visto gli uomini non li evita. -
- Li attacca per darli in pasto al suo cucciolo. - osservò Suor.
Allanon osservò l'elfa per qualche secondo, poi si alzò e si diresse tra gli alberi. Tutti lo guardarono poi rivolsero un'occhiata interrogativa all'elfa che si strinse nelle spalle e tornò dalla bambina.
- Quindi la tua lupa ti difende dall'uomo nero? - L'altra annuì. Proprio in quel momento l'animale sollevò il muso e fiutò l'aria. Si alzò e si diresse verso gli alberi poi si fermò impaurita, ringhiando, le orecchie abbassate, le zanne scoperte e pronta all'attacco. Tutti misero mani alle armi. Leian si parò di fronte ad Ori prendendo i pugnali. La lupa continuava a ringhiare.
Un'ombra si staccò dalle altre e avanzò di qualche passo nella direzione dell'animale che arretrò. Gli uomini saltarono in piedi. Il viandante era alto, la figura ingobbita ma massiccia. Il cappuccio nascondeva il volto. Ma a Leian quella figura era familiare, così come a Dreiden che incoccò una freccia nel suo arco. Ma l'ombra ignorò gli uomini, la lupa e si diresse verso Leian.
- Magia... -
L'elfa si sentì gelare il sangue nelle vene, la bestia sollevò il volto e lei poté vedere ancora una volta la bramosia negli occhi di una bestia.
"Allanon!"
La bestia fece ancora qualche passo nella sua direzione ignorando l'animale che si frapponeva tra loro. La freccia di Dreiden la colpì, ma parve non accorgersene e continuò ad avanzare. Leian era pietrificata, sentiva la nausea crescere insieme al terrore. Ori si era aggrappata alle sue gambe.
" Leian reagisci!"
Gli uomini si lanciarono verso il nemico ma la bestia riuscì ad evitarli. Era molto veloce. Colpì Adael e lo fece cadere lontano, poi prese per il collo Garvo e lo scagliò contro un albero ai piedi del quale si afflosciò. Brennar lo colpì alla spalla con la sua mazza ma non fu abbastanza rapido nel ritirarla e la bestia la afferrò e la gettò distante, disarmando il nano. Brennar fu salvato dall'intervento di Suor e Dreiden che lo colpirono con le loro spade, uno alla spalla destra e l'altro alla zampa posteriore sinistra. La bestia sembrò non risentirne, nonostante il liquido nero che sgorgava copioso dalle sue ferite. Si sbarazzò dei due uomini come avrebbe fatto con due mosche, colpendoli con le mani artigliate e facendoli cadere al suolo. La bestia si ritrovò a fronteggiare il troll e la sua ascia, ma in quel momento riapparve il druido che colpì la bestia con il fuoco azzurro che scaturiva dalla punta delle sue dita. La bestia urlò per il dolore e cercò di lanciarsi contro Allanon per ucciderlo ma gli fu impedito dall'ascia di Nur che calò su di lui colpendolo sul collo indebolendola, senza però fermare la sua corsa. Allanon arretrò continuando a colpirla col fuoco magico e Nur calò nuovamente la sua ascia ferendolo al fianco. La bestia si girò per liberarsi di lui, ma stava perdendo le forze; la magia del druido la sopraffece avvolgendola completamente e della bestia rimase solo della cenere che la brezza serale smosse.
Allanon era esausto e si era appoggiato ad una quercia, gli uomini stavano rinserrando le armi e controllando le ferite quando una seconda bestia emerse dall'oscurità e aggredì il druido alle spalle colpendolo alla testa e poi serrando una mano artigliata attorno al suo collo.
- Le pietre... - mormorò con voce strozzata mentre perdeva i sensi.
Tutti erano immobili, paralizzati dalla sorpresa.
"Reagisci! Allanon conta su di te! Vuoi che la bestia lo uccida?"
Finalmente la ragazza si riscosse e frugò nella sua tunica finché non trovò il sacchetto delle pietre, le prese in mano e si concentrò su di esse.
"Aiutatemi, solo voi potete salvarci..."
Un lampo bianco esplose dalla sua mano chiusa attorno alla gemme e illuminò a giorno la radura. La bestie spalancò gli occhi stupita. La luce bianca si fece più intensa costringendo tutti a chiudere gli occhi poi si diresse verso la bestia e la avvolse. Leian poté sentire le grida di rabbia e il dolore della vittime della sua magia. Poi la luce si spense improvvisamente e tutto ripiombò nel buio. Quando i loro occhi si riabituarono all'oscurità videro Allanon accasciato a terra e alle sue spalle un secondo mucchietto di cenere.
Leian cadde sulle ginocchia esausta, le pietre ancora strette nel pugno. Ori si lanciò verso la lupa e affondò il viso nel suo pelo abbracciandola. La ragazza si alzò e si diresse verso Adael che la rassicurò alzandosi a sua volta, allora raggiunse Garvo che era steso a terra privo di sensi ma respirava normalmente. Leian tastò il suo corpo e non trovò ferite superficiali. Lo distese meglio e decise che avrebbe aspettato qualche minuto per vedere se si fosse svegliato da solo. Infine andò verso Allanon che si stava rialzando aiutato da Sour. Vide i lividi violacei sul suo collo magro, simili a quelli che aveva avuto lei.
- Sto bene, sono solo affaticato e lo sarai anche tu. - Leian annuì. Poi Allanon lanciò un'occhiata penetrante a Suor. - Chi doveva fare da balia a chi? - domandò ironico. L'uomo scrollò le spalle e si allontanò dai due. - Vado a controllare nei paraggi. -
- Questo viaggio si sta rivelando più pericoloso del previsto e le nostre magie non ci sono d'aiuto. - disse dura Leian.
- Ti sbagli. La nostra magia ci ha salvato la vita. -
- Ma non ci ha impedito di essere feriti e di finire in braccio ai nostri nemici. - Mentre parlavano Dreiden si era avvicinato e aveva posato una mano sulla spalla della mezzosangue per rassicurarla. "Come se ce ne fosse bisogno." pensò sconsolato per lo scarso aiuto che poteva darle.
- E' strano che fossero da queste parti. Solitamente questa zona è ritenuta sicura e non ci sono pattuglie. - si intromise.
- Ed è una coincidenza la presenza contemporanea delle bestie? - domandò Leian. Adael, Brennar e Nur li avevano raggiunti.
- Non credo. - rispose Allanon sottovoce, meditando sulla situazione. - Sta succedendo qualcosa di grosso. -
- La bambina dice che le bestie hanno attaccato il suo villaggio e probabilmente anche altri. - li mise al corrente.
- Quando c'ero io le bestie stavano nascoste, i soldati non erano neppure a conoscenza della loro esistenza. - disse Dreiden.
- Chi sta dietro a Rentro sta perdendo la pazienza. E Rentro deve agire di conseguenza, lasciando che le bestie assalgano la popolazione per tenerle buone. - sembrava che Allanon parlasse più per se stesso che per i suoi alleati raccolti attorno a lui.
Suor era tornato. - Abbiamo meno tempo del previsto a quanto pare. Un grosso esercito di Rentro sta marciando verso nord. Se non deviano li eviteremo. Ma mi chiedo il perché dei loro movimenti. -
- Stanno per scatenare l'offensiva. - esclamò Brennar - Dovremmo avvertire le città di Frontiera, i Nani e gli Elfi. Non li aspettano così a breve. -
Leian ebbe l'impressione che ogni cosa fuggisse loro di mano. "Tempo. Abbiamo bisogno di più tempo. E di alleati. E di più magia. Abbiamo bisogno di troppe cose." Si massaggiò le tempie per scacciare il mal di testa che si stava affacciando. Sentì la mano di Dreiden sulla spalla e sorrise. Nonostante tutto quello che era successo lui era ancora lì. Per lei. Sfiorò la mano dell'uomo con una carezza.

- Vedi, Leian, non puoi mai fidarti di Allanon. Lui sa, ma non mette nessuno a conoscenza del suo sapere. E non parlo solo delle conoscenze da druido. Lui evita di dirti qualsiasi cosa pensa possa distrarti dal compito che lui ti ha assegnato. - le stava spiegando Flick con pacatezza ma con l'ira che trapelava dai suoi occhi gentili.
Leian era tornata per qualche tempo dai suoi genitori adottivi mentre Allanon svolgeva qualche missione particolarmente pericolosa. La ragazza aveva raccontato loro tutto ciò che aveva appreso, la loro vita errante, le persone conosciute; con l'entusiasmo tipico degli adolescenti. Ma a Flick questo non era piaciuto.
- Non lo dico per gelosia o invidia nei confronti del druido. Io lo rispetto e trovo che quello che fa per proteggere le Quattro Terre sia encomiabile. Ma diffido di lui. E a ragion veduta, guarda come ha trattato Shea nascondendogli il potere della Spada di Shannara o la tua esistenza. -
La ragazza era turbata e Flick se ne accorse e si ammorbidì; era ancora giovane, quindici anni sono pochi per smettere di fidarsi degli altri. Soprattutto di Allanon. Le accarezzò la testa e le scompigliò i capelli.
- Però per quanto riguarda la tua sicurezza puoi stare tranquilla. Anche se la situazione è disperata lui ha un asso nella manica. O ce l'ha qualcuno di quelli che ha scelto per viaggiare con lui. -

Brennar continuò a guardarsi alle spalle, non gli piaceva quel posto. Erano stati assaliti due volte nello stesso giorno e il suo primo incontro con le bestie gli aveva fatto nascere il desiderio di non ripetere l'esperienza. Tutti erano dello stesso avviso, ma non potevano allontanarsi dalla protezione degli alberi. Inoltre Garvo era ancora incosciente e Allanon troppo debole per proseguire. L'elfa si avvicinò allo gnomo per controllare le sue condizioni. Non riprendeva conoscenza. Tastò con delicatezza la testa del ferito e sentì un bernoccolo appena sopra la tempia destra. Cercò nel suo zaino e estrasse la coperta per riparlo dal freddo poi fece un cuscino col suo mantello per farlo stare più comodo. Di più non poteva fare. Poteva solo aspettare. Tornò dagli altri che stavano discutendo animatamente.
- Brennar non puoi abbandonarci adesso! Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile! - stava inveendo Dreiden contro il nano che fremeva dalla rabbia.
- Parli facile. Tu sei un disertore, devi occuparti solo di te stesso. Ma io ho un popolo da cui tornare e da avvisare della minaccia che incombe su di lui! Non posso fare diversamente, devo andare ad avvisarli! - I due uomini si fronteggiavano, era stanchi e questo peggiorava la situazione, portando allo scoperto cose non dette e facendo pronunciare frasi che in un'altra situazione non sarebbero state neanche pensate. Si sarebbe presto arrivati allo scontro e Leian non avrebbe saputo predire chi avrebbe avuto la meglio. Ma prima che qualcosa di irreparabile potesse accadere, Nur si mise tra i due e li separò grazie alla sua mole.
- Brennar, hai ragione. - gli disse il druido con voce stanca. - Ma ha ragione anche Dreiden. Abbiamo bisogno di te. Dobbiamo penetrare nel palazzo di Rentro, il tuo aiuto sarà indispensabile, non possiamo privarci di te, soprattutto ora che Garvo e Adael sono feriti. - Brennar sbuffò rosso in viso per l'irritazione. Sapeva che avevano ragione ma non l'avrebbe mai ammesso. Leian si allontanò in direzione di Ori che si era addormentata accucciata di fianco alla sua lupa e invidiò la sua innocenza e il fatto che, nonostante la situazione difficile, riuscisse a dormire. Avrebbero dovuto farlo anche loro, la stanchezza non li aiutava di certo.
- Io un'idea l'avrei... - disse Sour alzando la voce per farsi sentire sopra gli altri. Tutti gli occhi si voltarono nella sua direzione e lui sorrise compiaciuto. Era sempre felice di essere al centro dell'attenzione.

***
Alaide: Ormai non so più come ringraziarti per tutti i complimenti che mi fai e che mi fanno arrossire, ogni volta che leggo una tua recensione saltello per casa dalla gioia per una buona mezz'ora.
Grazie anche a chi legge senza recensire.
Un bacio,
sku

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


18.
Leian spostò lo sguardo verso il cielo stellato che cominciava a coprirsi di nuvole, era certa che non sarebbe piovuto, nemmeno quella sera. Riportò l'attenzione su Garvo che iniziava a muoversi. Lo gnomo aprì gli occhi con difficoltà e si sorprese della presenza dell'elfa.
- Sono contenta che tu ti sia svegliato. -
- Dove sono? -
- Sei in una radura a un giorno di cammino di Dechtera. Ti ricordi perché sei qui? -
- No... - disse Garvo cercando di mettersi seduto ma Leian glielo impedì mettendogli una mano sulla spalla.
- Preferirei tu evitassi di alzarti così presto. -
- Da quando un'elfa si preoccupa della salute di uno gnomo? - Il tono era ironico e ostile. Non ricordava. Sapeva che poteva succedere ma proprio in quel momento non ci voleva. - Da quando viaggiano insieme. Con due uomini, un troll, un druido, un altro elfo e addirittura un nano. -
Lo gnomo la guardò stranito. - Sono confuso. Cosa sta succedendo? -
- E' una storia lunga. Forse sarebbe meglio che tu dormissi qualche tempo. - "Dopo non so quando avrai la possibilità di farlo nuovamente." Lo gnomo annuì e si ridistese. Dopo qualche minuto si era riaddormentato. Leian si guardò in giro e vide che Allanon la fissava. "Il druido non dorme mai!" Si avvicinò alla figura imponente e scura quasi come le bestie che avevano incontrato.
- Come sta? - le chiese.
- Non ricorda perché è qui. -
- Interessante. - disse Allanon guardando la figura addormentata. - Potresti provare a fargli tornare la memoria con le pietre. -
- Posso far ricordare anche agli altri? -
Il druido annuì - E tu puoi vedere i loro ricordi. Per quanto ci si sforzi di dimenticare, ciò che abbiamo visto, udito, fatto o detto, rimane indelebile nella nostra memoria. -
- Perché le pietre sono così importanti per questa spedizione? -
Allanon non le rispose e tenne lo sguardo fisso di fronte a sé, il viso nascosto dal cappuccio e dall'oscurità della notte senza luna. Leian attese. Era sempre così, ormai era abituata. Per ingannare il tempo guardò i compagni di viaggio addormentati. Nur era lontano, la figura massiccia che le infondeva sicurezza anche nel sonno. Le piaceva quel troll taciturno, non l'aveva giudicata per quello che mostrava ma aveva aspettato di vederla in azione. Aveva offerto il suo supporto e non si era mai tirato indietro. Dopo la sconfitta del Signore degli Inganni le tribù dei Troll si erano ritirate nelle Terre del Nord finché Allanon non li aveva raggiunti e aveva spiegato loro che la politica isolazionistica che stavano attuando non li avrebbe certo aiutati, anzi li avrebbe inimicati ulteriormente alle altre razze. Così li aveva convinti ad intrattenere rapporti commerciali con Elfi, Nani e Uomini della Frontiera. Non tutti avevano accettato ma molte tribù si erano almeno in parte riscattate agli occhi delle altre razze. E adesso uno di loro combatteva dalla parte dei Druidi. "Dalla parte del Bene." pensò Leian. Era giovane e credeva ancora nella distinzione profonda tra Bene e Male, come due entità distinte che non potevano coesistere.
Spostò lo sguardo su Adael, l'elfo aveva il viso tirato per la ferita al braccio e non riusciva a riposare bene, nonostante la tisana che gli aveva somministrato Allanon. Era una grossa perdita per il gruppo ma Adael possedeva ancora il suo acume e il suo istinto. Meglio di niente. Leian si chiese cosa l'avesse spinto a lasciare la sua prestigiosa carica per seguire il druido. Forse pensava di essere più utile con loro. Non era riuscita a capirlo dalla conversazione avuta con lui. Comunque aveva sacrificato molto per partecipare.
Suor per lei rimaneva un enigma. Diffidava di lei. Aveva diffidato di lei fin dal primo momento, senza un ragionevole perché. "Non è il primo e non sarà neanche l'ultimo." Era ben addestrato, un battitore formidabile e aveva anche un buon piano per l'indomani. Lui e Dreiden erano tornati dove si era svolta la battaglia con i soldati e avevano spogliato due cadaveri dalle uniformi. Il giorno dopo sarebbero entrati vestiti da soldati nel palazzo di Rentro a Dechtera e poi una volta giunta la notte li avrebbero fatti entrare. Potevano contare sulle conoscenze di Dreiden per orientarsi al suo interno. Era l'unico piano che avessero, quindi era anche il migliore.
Brennar sedeva discosto dagli altri senza riuscire a dormire, arrabbiato perché non gli era stato permesso di tornare a nord per avvertire i Nani del battaglione che si stava muovendo. Aveva capito che sarebbe stato pericoloso e che avrebbero avuto bisogno di lui, ma il suo orgoglio gli impediva di cedere. E adesso era seduto che rimuginava e si tirava la barba per la frustrazione.
- Dobbiamo entrare nei ricordi di Rentro per sapere chi lo comanda. Anche se non se ne rende conto è in pericolo. Ha scatenato qualcosa di enorme; ci vuole una magia potente per poter tenere in vita così tante bestie. - La voce del druido l'aveva fatta sobbalzare e l'aveva distolta dalle sue riflessioni.
- Perché non gli leggi la mente? - Era una domanda ardita, aveva solo un sospetto che lui potesse farlo.
Allanon ebbe un sorriso triste - Non è così semplice. -
Leian sospirò, non lo era mai.

- Sarà stata una buona idea? - Brennar non smetteva di muoversi in tondo nella radura.
Adael scosse la testa. - Non avevamo altra scelta. Cos'altro potremmo fare, andare tranquillamente in città, chiedere un'udienza con il dittatore delle Terre del Sud e pregarlo di desistere dal suo intento di portare il caos in tutte le Quattro Terre? -
- Non c'è bisogno di essere sarcastici! Stavo solo riflettendo! -
- Non mi sembra che le tue riflessioni diano altri frutti oltre quello di farci impazzire! -
Garvo li guardò disgustato. - E tu vorresti farmi credere che io mi sono imbarcato in questa follia di mia spontanea volontà? - chiese all'elfa che gli stava cambiando la fasciatura al braccio. Leian sorrise.
- Non posso darti torto, ma sono tesi. Brennar non  può fare ciò che vuole perché non sarebbe sensato e Adael neanche perché è ferito. Se metti in conto che il nostro destino è nelle mani di un disertore e che la nostra guida, il druido, è sparito prima dell'alba portando via una bambina e una lupa, capirai perché siano così vicini all'isteria. -
Lo gnomo borbottò qualcosa in cui Leian credette di capire le parole idiozia e pazzia ma lasciò perdere.
- Spiegami ancora una volta quale sarebbe il grandioso piano. - le domandò poi per distrarsi.
- Dreiden e Suor penetreranno all'interno del palazzo di Rentro fingendosi soldati. Questa notte, approfittando del buio e del fatto che Rentro ha deciso di  costruire il palazzo a sud di Dechtera e fuori dalle sue mura, ci faranno entrare da una porta nascosta e una volta dentro... - Quella parte del piano era ancora indefinita, almeno per la ragazza. Allanon invece sembrava molto sicuro di sé. Leian sospirò attirando un'occhiata indagatrice da parte di Garvo.
- Ti stai chiedendo se il tuo disertore ne uscirà tutto intero? -
- Per essere uno che non ricorda ne sai anche troppo! - replicò arrossendo. L'argomento non era stato sollevato da nessuno ma era rimasto nell'aria per tutto il tempo, qualcosa di inespresso che non contribuiva a migliorare la situazione.
- Non c'è bisogno di conoscervi da una vita per vedere che siete legati in qualche modo. - le rispose stringendosi nelle spalle con fare noncurante ma ridendo sotto i baffi.

Nel pomeriggio Allanon fece ritorno all'accampamento, sbucando all'improvviso alle loro spalle.
- La nostra magia li ha messi in allarme, dobbiamo muoverci o ci troveranno. E non saranno solo soldati. -
Leian sbiancò in volto mentre gli altri balzavano in piedi e sistemavano velocemente i loro zaini e le loro armi. In pochi minuti furono pronti e Allanon li guidò verso la loro meta. Nur chiudeva la fila mentre Adael aveva il compito di notare tutto ciò che i suoi acuti sensi elfici avrebbero potuto rivelargli. Leian si mise accanto a Garvo per assicurarsi che stesse bene e che non cercasse di fare l'eroe con l'unico risultato di peggiorare la sua situazione. Doveva avere qualcosa da fare, per non pensare, per non permettersi di cedere alla disperazione che sentiva dentro, come potevano loro fermare quello che era stato messo in moto?

Era il tramonto quando arrivarono nei pressi delle porte meridionali di Dechtera, abbastanza lontani da non attirare l'attenzione delle sentinelle. Guardando verso sud Leian notò l'imponente palazzo che Rentro si era fatto costruire quando i governanti l'avevano designato come protettore delle Terre del Sud. "Che carica ridicola."  Nella luce del tramonto la ragazza non avrebbe potuto dire con sicurezza quale fosse il suo colore, vedeva le finestre illuminarsi man mano che la servitù accendeva le luci. Erano tantissime stanze, non riusciva a capire che bisogno ci fosse di tutte quelle stanze. Si chiese quante persone lo abitassero e all'improvviso si domandò se Rentro avesse una moglie, dei figli. Neanche una famiglia molto numerosa avrebbe potuto spiegare la necessità di illuminare tante camere ma avrebbe avuto un po' più di senso. Se invece era solo, forse voleva solo scacciare l'oscurità che aveva nel cuore. Si diede della sciocca per aver fatto un pensiero del genere. Osservò le balconate che si intravedevano con statue poste agli angoli che avevano una aspetto angosciante nella luce morente del giorno. Era un palazzo troppo opulento per i suoi gusti, era abituata a costruzioni più semplici ma soprattutto più pratiche, create per la difesa. Quel palazzo aveva il solo scopo di incutere timore e reverenza per il potere che ne aveva permesso la creazione.
Era strano che fosse stato eretto al di fuori delle mura. "Rentro è presuntuoso e si crede al sicuro!"
- Potrebbe anche essere perché non vuole essere controllato. - le suggerì Allanon apparendo accanto a lei.
Era irritante che potesse leggere così apertamente quello che pensava.

Il buio scese rapido per coprire i loro movimenti. Il gruppo si incamminò, rimanendo nei confini dell'oscurità per non essere individuati. A nessuno piaceva quella situazione, erano troppo scoperti, non c'erano alberi a proteggerli ma solo una notte in cui non si era ancora alzata la luna. Cercarono di fare meno rumore possibile ma ogni loro passo sembrava quello di un gigante. Dovevano dirigersi verso la parte meridionale della tenuta, dove non c'erano giardini o cortili ma il muro di cinta coincideva con quello del palazzo. Era una strana scelta che rendeva l'intera struttura più debole, ne diminuiva le difese.
- Non posso pensare che sia un uomo così stupido da lasciare così sguarnito questo lato. - borbottò Garvo accanto a lei.
- Probabilmente non si aspetta attacchi da questa direzione. - Oltre Dechtera c'erano solo campi con qualche fattoria isolata e più a sud solo il deserto dell'Angluk, che era una difesa naturale. Garvo comunque non era convinto, gli sembrava inconcepibile e azzardato.
La fortuna li assistette e arrivarono al muro senza essere scoperti. Rimasero in attesa acquattati contro la parete immobili e silenziosi. Passarono diversi minuti prima che Adael notasse un rumore che veniva da poco più avanti, un grattare di unghie contro la pietra. Sentì i capelli rizzarglisi sulla nuca e un brivido percorrergli la schiena. Poi lentamente un'ombra si distinse dalle altre mischiate nell'oscurità. Tutti posero le mani alle armi quando videro la figura di un uomo avvicinarsi a loro. Sicuramente ci sarebbe stato lo scontro. Poi qualcosa cambiò, la luce delle stelle lo illuminò e Adael riconobbe Sour.
- Seguitemi. - bisbigliò prima di voltarsi e guidarli all'apertura nel muro. Il silenzio tornò sul gruppo come un sudario dal quale ognuno di loro voleva liberarsi. Leian era convinta che ognuno stesse pensando allo stesso suo enigma. "E adesso?" Naturalmente tutti tranne il druido, che nella penombra sembrava perfettamente a suo agio. Avanzarono leggeri all'interno del corridoio, seguendo l'alto uomo della frontiera. Leian si chiese dove fosse Dreiden. La risposta alla sua domanda fu il largo sorriso dell'uomo che li aspettava alla fine del passaggio, di guardia.
- Questa zona è poco frequentata ma potremmo sempre incontrare qualcuno, lasciate andare avanti Suor e me per potervi avvisare in caso di pericolo. - sussurrò e prima di allontanarsi rivolse uno sguardo all'elfa, seguito da un rapido sorriso che sembrava promettere che sarebbe andato tutto bene.
Quell'impressione fu disattesa pochi istanti dopo, quando da dietro un angolo apparvero due guardie che li sorpresero alle spalle. Prima che potessero accorgersene una delle due si lanciò contro Adael, che era rimasto indietro, e lo colpì con la sua spada al fianco. L'elfo lanciò un grido di dolore avvisando gli altri. Nur agitò la sua ascia di fronte a sé e decapitò la guardia più vicina mentre Brennar stordì l'altra con un colpo della sua mazza per poi finirlo colpendolo un'altra volta. Allanon si avvicinò all'elfo che era scivolato a terra sanguinante.
- Non posso farcela. - sussurrò al druido che annuì.
Leian era senza parole. "Come può annuire? Deve farcela! Non può lasciarsi convincere!"
- Andate avanti in fretta, tra poco arriverà qualcuno e voi non dovrete essere qui. Lasciatemi il mio arco e cercherò di darvi un po' di vantaggio. - fece un sorriso tirato poi si fece aiutare per sistemarsi meglio contro il muro. - Andate e buona fortuna. -
Leian non riuscì a muoversi finché Dreiden non la prese per mano e la trascinò via da quel corridoio.
- Non possiamo lasciarlo lì a morire da solo. Non è giusto. -
- Poche cose lo sono. - le mormorò la guida, poi si staccò da lei e tornò in testa al gruppo.
Risalirono per scale secondarie fino ai piani più importanti, le sale di rappresentanza che Rentro usava anche quando non c'era nessun ospite da impressionare. La luce era maggiore e anche le ronde, ma si erano fatti più cauti e riuscirono ad evitarle.
- Adesso dovremo percorrere i corridoi principali, cercate di essere il più silenziosi possibili. - li avvertì la guida mentre si accostava ad una porta e ascoltava i rumori che provenivano da dietro a d essa. La aprì e osservò che non ci fosse nessuno. Poi li fece uscire e richiuse la porta. Li condusse lungo il corridoio il  cui pavimento era coperto da un folto tappeto che attutiva il rumore dei loro passi facilitando il loro compito. Dreiden sembrava molto sicuro di sé e deciso nella direzione da prendere. Poi all'improvviso un urlò risuonò qualche piano sotto di loro e si estese per il palazzo.
- Hanno trovato Adael, dobbiamo sbrigarci. - disse accelerando il passo. Dopo l'ennesimo angolo si trovarono di fronte ad una porta massiccia di legno lucidato. La maniglia dorata brillava alla luce delle torce. Dreiden guardò Allanon che annuì, poi spinse la maniglia e aprì la porta.
La stanza era riccamente arredata, un lungo tavolo era posto nel centro con le sedie accostate ai lati e solo una distante a capotavola. Alle pareti erano appesi numerosi quadri e le pesanti tende rosse tenevano fuori la notte. Ai lati i mobili sostenevano un'eccezionale collezione di armi decorative, pugnali, spade, lance facevano bella mostra di sé rilucendo alla luce tremolante delle lampade ad olio. Un uomo voltava loro le spalle osservando un dipinto.
- Vorrei sapere cosa sta succedendo nella mia proprietà. - esclamò seccamente senza neanche voltarsi.
- Forse faresti meglio ad accertartene tu stesso. - gli rispose duramente il druido.
L'uomo si voltò con un espressione sorpresa sul viso smagrito e incorniciato da una barba ben curata.
Leian spalancò gli occhi dall'orrore.

- Cercate la bambina. - disse l'uomo vestito di grigio.
- Sì, mio Signore. - rispose il più vicino. Li vide sparpagliarsi per la casa, sentì i rumori mentre frugavano in ogni angolo.
- Mio Signore, era necessario? - chiese titubante un soldato che era rimasto accanto all'ultimo venuto.
- Osi dubitare me? - chiese con rabbia.
- No, mio Signore. -
- Bene, perché faresti una brutta fine se succedesse. La stessa di loro due. - esclamò indicando i due corpi stesi a terra.

Leian lo guardò per qualche secondo, sicura che la vista e la stanchezza le stessero giocando un brutto scherzo.
- Tu hai fatto uccidere i miei genitori... - disse poi incredula.

***
Scusate il ritardo nell'aggiornamento ma l'esame di tecniche 1 ha richiesto tutta la mia attenzione e la mia energia!
Alaide: Sono contenta che la mia storia continui a piacerti! Come sempre ti ringrazio per le belle parole.
Grazie anche a chi legge senza commentare.
Un bacio,
sku

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


19. bis
- Ti stavo aspettando, druido. E vedo che sei venuto coi rinforzi. E con la piccola mezzosangue. Ero sicuro che l'avessi in custodia tu. -
Leian riusciva a malapena a respirare. Sentì dietro di sé il calore del corpo di Dreiden e avvertì la necessità di appoggiarsi al suo largo torace che avrebbe sopportato il colpo al posto suo. Ma non lo fece. L'incredulità lasciò il posto allo stupore e poi pian piano ad una furia gelida. Leian sentì il tumulto crescere dentro sé e cercò di controllarsi.
- Cosa sei venuto a fare con il tuo sparuto gruppo, druido? Spero tu non abbia intenzione di uccidermi. Non puoi essere così folle. -
L'occhiata che Allanon riservò all'uomo di fronte a sé non rivelava nulla e questo lo innervosì. Rentro voleva vedere la paura negli occhi di chi lo fronteggiava. La decisione e la tranquillità dello studioso lo irritavano. Distolse lo sguardo e lo rivolse agli altri. C'erano due uomini che indossavano l'uniforme dei suoi soldati. Non riusciva a concepire un tradimento, dovevano per forza essere dei ladri. C'erano anche un nano, un troll e uno gnomo. Poi lo sguardo si posò sulla ragazza. Strinse le labbra riconoscendo in lei i tratti dei suoi genitori. Vide la rabbia trasparire sul viso e sorrise riconoscendola. Quell'aria di sfida, d'ira, non gli era nuova.
- Allora cosa vuoi? - disse poi tornando al druido.
- La verità. -
Leian pensò che fosse la frase più stupida che avesse mai sentito. Lei non voleva verità, voleva vendetta, voleva vedere il sangue di quell'uomo allargarsi sul pavimento ed essere assorbito dal prezioso tappeto, voleva vederlo implorare pietà e voleva vedere la vita che lasciava i suoi occhi.
- Quale verità? Vorresti che dicessi a tutti che hai fatto in modo che gli Uomini fossero disprezzati da chiunque? Che li hai costretti a ritirarsi, a vergognarsi di se stessi? Che vorresti che gli Elfi prendessero il potere e regnassero su tutte le altre razze? Perché questo è il piano tuo e di Eventine! Ma no, non diciamolo a voce troppo alta o il tuo ruolo come difensore imparziale delle razze ne uscirebbe intaccato! - urlò e nella stanza vuota ed enorme la sua voce rimbombò, smorzata solo in parte dai pesanti tendaggi. Rentro ansimò, il viso paonazzo come dopo uno sforzo intenso.
- Tu sai di cosa sto parlando, non tentare di cambiare la realtà. - La voce del druido risuonò stranamente bassa ma imperiosa dopo lo sfogo di Rentro.
L'uomo sbuffò. - Io non cambio la realtà, dico le cose come stanno. E voi, come potete stare con lui? - esclamò rivolto a Dreiden  e Sour. - Come potete, visto quello che ha fatto alla vostra gente! -
- Alla gente della Frontiera Allanon non ha mai fatto niente di male. Lo stesso non si può dire di te, che stai mandando un esercito contro di loro! - replicò Sour, lasciandosi prendere dall'emozione.
- Ha solo permesso che un esercito di Gnomi e Troll entrasse quasi a Tyrsis e la distruggesse dopo aver bruciato e raso al suolo Kern! Ecco quello che ha fatto per le Terre del Callahorn e ha coperto tutto con quella patetica bugia del Signore degli Inganni! E il mio esercito vi salverà dalla sottomissione agli Elfi, Balinor non deve far altro che permettere alla sua gente, gli Uomini, di aiutarlo. -
- Smettila! Il tuo esercito non sa far altro che distruggere, nient'altro! Del resto l'hai fatto allenare per anni con la povera gente del Sud! - esplose Dreiden.
Allanon si avvicinò a Leian. - Usa le pietre su di lui, dobbiamo conoscere i suoi ricordi. -
- Perché? - sussurrò lei. Non voleva conoscere i suoi ricordi, quell'eventualità la spaventava.
- Leian! Non è il momento di discutere! -
L'elfa estrasse il sacchetto e lasciò scivolare le pietre sul palmo della sua mano. Erano così bianche e pure che niente di male sarebbe potuto scaturire da esse.
Chiuse le dita attorno a loro e lasciò che la sua mente si collegasse con loro. Attese qualche secondo ma non successe niente.
Leian sentiva le esclamazioni degli uomini impegnati nella discussione.
- Non riesco! - sussurrò al druido lasciando trasparire il panico nella sua voce.
- Devi credere in quello che fai. Se mente, spirito e corpo non sono uniti le pietre non funzionano. Devi volerlo veramente. -
Leian chiuse gli occhi e pensò ai suoi genitori. Loro ci avrebbero creduto, loro credevano nella magia. Sua madre l'aveva e l'aveva trasmessa alla figlia. Suo padre l'aveva accettata. Anche lei doveva credere nella magia delle pietre, loro l'avrebbero aiutata a porre fine a quella guerra assurda.
Il bagliore bianco si diffuse attraverso le sue dita dolcemente, soffuso e non abbagliante come nella radura. Si allargò per la stanza lasciando tutti ammutoliti per concentrasi poi attorno a Rentro. Leian sentì il filo invisibile che li legava e lentamente scorse le prime immagini.

Un ragazzo stava passeggiando in un prato. Aveva capelli scuri e ricci. Accanto al lui un altro ragazzo dai capelli un po' più chiari, sempre ricci, parlava animatamente, gesticolando e cercando di convincere l'altro.
- Ma ne sei sicuro? -
- Ascolta Rentro, io la amo. -
- Non lo metto in dubbio, ma è un'elfa e tu ti proponi di sposarla e di trasferirti con lei nella Terre dell'Ovest. Non sarai troppo precipitoso? -
- Tu sei mio fratello, dovresti essere felice per me, non instillarmi dei dubbi! -
- Hai ragione Raier, sono felice per te. - Un lampo di scontento attraversò i suoi occhi.

- Sai Rentro, vorrei dirti una cosa ma ho promesso a Jul di non parlarne mai. -
- Tra fratelli non dovrebbero esserci segreti. -
- Ma le promesse tra marito e moglie non dovrebbero essere infrante. -
Rentro si rabbuiò - Decidi tu, ma ogni tuo segreto sarà un mio segreto, puoi starne certo. -
Raier lo osservò e sospirò. Era troppo grande per un uomo solo. - Jul ha la magia degli Elfi. -
- Cosa?! -
- Non farne mai parola con nessuno. -

- Ma perché non vuole usarla? Potremmo diventare molto forti e raddrizzare i torti di cui il mondo è pieno. -
- Ha giurato di non usarla mai. Non vuole infrangere quel giuramento. -
- Ma sarebbe a fin di bene! -
- Non ha importanza. Ti chiedo di non parlarne più, soprattutto in sua presenza. -

- Vorrei che evitassi questo genere di discorsi con Leian nei paraggi. -
- Ma è così piccola, ha solo quattro anni, non capisce. -
- I bambini capiscono più di quanto tu possa immaginare; sono piccoli, non stupidi. -
- Ma andiamo, Jul. Ha quattro anni, cosa vuoi che capisca di magia, ingiustizia e potere nelle mani sbagliate! -
- Questo lo pensi tu. - replicò l'elfa facendosi scura in volto. - In ogni caso Allanon è un amico della mia famiglia e vorrei che evitassi di parlarne male in casa nostra. -
- Anche se è un nemico della mia gente? -
- Non lo è. -

Rentro era seduto ad un tavolo illuminato dalla fievole luce di alcune candele. Un grosso tomo era aperto davanti a lui, la scrittura piccola e in parte consumata.
"Allanon pensa che tutto il sapere sia nelle mani dei Druidi. Ma si sbaglia. Le Terre del Sud hanno qualche asso nella manica."
Sfogliò alcune pagine scritte con una calligrafia minuta e ricercata. L'inchiostro era in parte sbiadito ma Rentro riusciva a decifrare le parole con facilità.
"Questo può essere molto utile, devo riuscire a trovare questo posto nel deserto dell'Angluk." pensò chiudendo il libro il cui titolo impresso con lettere dorate scintillò alla luce delle candele.

- Ti ho già detto che Jul non ha intenzione di usare la sua magia per nessuna ragione. -
- Ma scusa... -
- E non per una spedizione in uno dei luoghi più inospitali delle Quattro Terre! -
- Va bene, ma cosa ti impedisce di accompagnarmi? -
- Rentro! Ho una famiglia adesso! Non puoi davvero pensare che la abbandoni! -
- Non devi abbandonarla, Jul può venire con noi e aiutarci con la sua magia! -
- Ma non vuoi proprio capire! Non avrei mai dovuto metterti a parte del nostro segreto! - Era esasperato per l'incapacità del fratello di comprenderlo.
Rentro sbiancò. - Non puoi dire sul serio! - lo osservò per qualche attimo. - Sei cambiato. Lei ti ha cambiato. -
Raier scosse la testa con rassegnazione. - Io sono sempre io. Sei tu che non lo capisci. Adesso ho delle responsabilità, non posso trascurarle per una stupida avventura! -
- Non è una stupida avventura! Può liberare la nostra gente dal potere corrotto del druido... -
- Adesso basta, Rentro! Non voglio più sentire simili discorsi! -

Rentro era solo e assetato. Il deserto era tutto intorno a lui, solo rocce, terra e luce. Molta luce. Intensa, calda e abbagliante. Rentro si lasciò cadere vicino ad un grosso masso, cercando un po' d'ombra. Estrasse la mappa e visualizzò il percorso segnato. Doveva essere lì vicino. Fu allora che notò l'apertura. Si avvicinò e sentì una debole corrente d'aria più fresca fuoriuscirne. Spostò alcuni sassi e si calò all'interno con le poche forze che gli rimanevano. Cadde per qualche metro nell'oscurità. Quando si alzò sentì che non era più solo, qualcosa si agitava nell'aria.

- Devi sbarazzarti della tua famiglia. E' una minaccia. Penso voglia occupartene tu, per trovare la tua vendetta. -
- Come sempre hai ragione. -

Raier giaceva scomposto sul pavimento, Jul accanto a lui. Rentro vide lo sguardo che passò tra i due e per un attimo provò orrore per quello che aveva fatto. Poi provò una grande rabbia. Persino nella morte non era riuscito a separarli.
- Cercate la bambina. -

Rentro scivolò dentro l'apertura, poggiando i piedi sui sostegni che aveva montato per rendere più agevole la discesa. Si inoltrò lungo il tunnel nell'oscurità. La luce era vietata e lui non voleva irritare chi viveva nella caverna sotterranea.
- Abaddon... - chiamò con un sussurrò.
- Sono qui, Rentro. - La voce gli arrivò da tutte le direzioni contemporaneamente. Come ogni volta l'uomo si pentì di non avere una fonte di luce, ma in un attimo passò. - Rentro, sta arrivando il momento, il tuo esercito è pronto? -
- Sì. -
- Anche il mio. Devi permettere alle mie bestie di andare per le Terre a cercare la  magia e ad eliminarla. Solo così potremmo far tornare grandi gli Uomini. -
- Sì. -
- Bene. Da oggi il mio esercito di bestie ti aiuterà. -

Il flusso di ricordi si interruppe improvvisamente, la luce bianca scomparve e Leian rimase stranita, immobile nella sala. Non sapeva per quanto tempo avesse assistito ai ricordi di Rentro. "Ai ricordi di mio zio. Ai ricordi del fratello di mio padre, l'uomo che l'ha ucciso."
Anche Rentro era rimasto immobile, terrorizzato da quello che gli era accaduto. E indignato. Come si era permessa quella sporca elfa di frugare nella sua memoria? Si guardò attorno e poi lo vide. Il pugnale era appoggiato sul mobile alla sua destra, poco lontano dalla sua mano abbandonata lungo il fianco. Allungò il braccio e lo afferrò, il contatto col metallo freddo lo confortò. Guardò nella sala, dove i suoi nemici erano rimasti senza parole e straniti dall'esperienza; poi fissò la ragazza, pallida e stanca. Aveva visto troppo. Aveva osato troppo. Afferrò saldamente l'impugnatura e lanciò l'arma verso di lei.

***

Lo so che l'avevate capito tutti della parentela e che non è stata una sorpresa! Però mi sembrava giusto chiarire la cosa.
Grazie come sempre a chi legge la mia storia.
Un bacio,
sku

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Capitolo 20
*** capitolo 20 ***


20.
Leian vide il pugnale venirle incontro e non trovò la forza di muoversi. Non provava alcun desiderio di salvarsi, di spostarsi; quello che aveva visto l'aveva turbata fino a quel punto. Chiuse gli occhi e aspettò.
Non successe niente. Nessuna lama che penetrava la sua carne, nessun dolore, solo tristezza. Aprì gli occhi.
Dreiden era caduto ai suoi piedi, una macchia di sangue che si espandeva fuoriuscendo dalla ferita al torace dove il pugnale si era conficcato. Rimase senza fiato. Si inginocchiò, si mise la testa dell'uomo in grembo e lo guardò negli occhi e lui ricambiò quello sguardo, cercò di dire qualcosa ma non ci riuscì. Leian sentì le lacrime sgorgare silenziose e rigarle il viso. Fissò ancora Dreiden, lo sguardo dell'uomo sembrava dirle tante cose insieme.
Non piangere. Ti amo. Non ti lascerò. Andrà tutto bene.
Ma Leian sapeva che non sarebbe andato tutto bene, Dreiden stava morendo e lei non poteva aiutarlo in alcun modo. Sentiva la vita dell'uomo scorrere via insieme al suo sangue che veniva assorbito dal tappeto. Come lei aveva desiderato poco prima. Ma era il sangue sbagliato, era quello dell'uomo che amava, non quello dell'uomo che odiava. Quel momento le sembrò eterno, mentre la vita abbandonava  a poco a poco la guida e lei sentiva il calore del suo corpo scaldare le sue mani gelate, sentiva il peso della testa sulle gambe e pensò che non avrebbe mai dimenticato quella sensazione.
Rentro osservò i due giovani guardarsi ed ebbe una sensazione di déjà vu. Poi ricordò dove aveva visto uno sguardo identico e la sua rabbia si amplificò, non voleva pensare a quello che gli ricordava. Possibile che quella sera dovessero tornare a galla tutti i ricordi che aveva seppellito faticosamente? Osservò il sangue sgorgare e vide l'uomo morire e provò un senso di soddisfazione.
Leian vide gli occhi di Dreiden perdere ogni scintilla di vita, sentì il suo cuore smettere di battere e restò schiacciata dal dolore che provava. Poi appoggiò delicatamente la testa dell'uomo per terra e si alzò. Fissò Rentro come se lo vedesse per la prima volta  e provò una furia gelida, implacabile. Lasciò che la sua magia si scatenasse, senza porle alcun freno.
Gli uomini avevano osservato la scena immobili, quasi senza capire cosa stesse succedendo. Videro Leian alzarsi con il viso invecchiato e incattivito. Allanon le si accostò. - No... - Fece per metterle una mano sul braccio ma poi si bloccò e scosse la testa. Gli occhi della ragazza erano fissi sull'assassino.
Rentro non si accorse di nulla, guardava la ragazza senza capire cosa stesse succedendo, come era accaduto agli altri poco prima. Poi sentì qualcosa. Sete. La pelle che tirava. Gli occhi che che si seccavano e gli dolevano quando muoveva le palpebre. La bocca asciutta. Faticava a respirare, come se i suoi polmoni non riuscissero a muoversi, bloccati. E mentre tutto questo accadeva sempre più velocemente un dolore crescente si spandeva nelle sue membra.
Avvenne tutto in pochi secondi. Gli uomini inorriditi videro Rentro raggrinzirsi sotto i loro occhi, sempre più, fino a diventare una mummia, mentre cercava di urlare senza riuscirci. Cadde in ginocchio e poi si rannicchiò a terra, le mani sul viso. Poco dopo era morto, di una morte orribile e dolorosa, oltre che incomprensibile.
Leian era pallida, le dita e le labbra bluastre. Allanon le mise il mantello sulle spalle, la solita espressione impenetrabile leggermente scalfita.
- Non avresti dovuto. - le sussurrò. - Cosa hai visto di importante nei suoi ricordi? - le chiese poi in maniera sbrigativa.
- Un libro.Grande e antico, con il titolo fregiato in oro sulla copertina di pelle marrone chiaro. Diceva che era importante per sconfiggerti. - rispose meccanicamente. Si inginocchiò ancora accanto a Dreiden e gli accarezzò il viso che al contatto con le sue mani gelate sembrava scottare.
- Ti sbagli Allanon, ho dovuto. - Gli chiuse gli occhi e scostò una ciocca di capelli, poi si chinò e gli diede un leggero bacio sulle labbra. - Addio. -
Allanon si diresse da Suor. - Cerca lo studio privato di Rentro, dobbiamo trovare un libro. -
- Ti sembra il caso druido? Il palazzo brulica di guardie messe in allarme da Adael. Quanto pensi che possiamo resistere qui dentro? Abbiamo già perso molto tempo. -
Allanon lo osservò per un secondo poi si avvicinò a Leian. - Dobbiamo andarcene senza il libro. Cos'altro hai visto? -
Leian aveva gli occhi fissi sul cadavere di Dreiden e il corpo scosso dai brividi. - Una grotta sotterranea nel deserto dell'Angluk con una... presenza credo. -
- Ce lo faremo bastare. Sour esci e controlla che i corridoi siano liberi e cerca un'uscita. - L'uomo uscì e sentirono i suoi passi allontanarsi. Nur sbarrò la porta poi vi si piazzò davanti.
Brennar osservava l'elfa che accarezzava la testa della guida e pensò alla sua famiglia, ai suoi compagni che erano morti in battaglia accanto a lui e al suo popolo che rischiava di essere spazzato via dalla follia di Rentro. Il nano continuava a guardarla, immobile, la testa inclinata di lato e gli occhi fissi e spenti. Si sentiva spaesato, c'era qualcosa in lei che non riusciva a cogliere in pieno e mentre camminava su e giù per la stanza come era sua abitudine, ci rimuginava. Aveva ucciso Rentro, non sapeva in che modo ma ne era certo. Così come era sicuro che il druido non avesse gradito. E l'uomo era  morto in maniera atroce, la sofferenza era ancora visibile sul viso rattrappito, sulle mani strette convulsivamente, sulla bocca aperta a lanciare un grido che nessuno aveva potuto sentire. Il nano aveva sempre creduto di essere uno che non si spaventava facilmente ma ora non ne aveva più la certezza, vedere morire qualcuno inspiegabilmente aveva minato la sua fiducia. Guardò il gruppo che era con lui e si sentì solo, senza nessuno con cui poter parlare dei suoi dubbi. Non c'era più neanche Adael, l'elfo che lo irritava così tanto fino al giorno prima, col suo modo di fare, così sicuro delle sue azioni e dei suoi pensieri; ora era solo. Non poteva certo confidarsi con lo gnomo, i Nani diffidavano dagli Gnomi per natura e lui non sarebbe stato certo il primo a infrangere quella legge non scritta. Col troll non ci pensava neanche, si può parlare con qualcuno che non ti risponde?
Sospirò e si avvicinò ad Allanon, che stava ad occhi chiusi nel mezzo della stanza.
- Cosa pensi di fare? -
- Andarcene. -
- E poi? -
 Allanon mosse la mano come a scacciare un cattivo pensiero ma Brennar non intendeva demordere.
- E poi? - La voce bassa manteneva l'autorità che aveva conquistato in anni di lotte contro gli Gnomi. - Poi cosa faremo, druido? Non abbiamo ottenuto nulla, è stata solo un enorme perdita di tempo; se si esclude la morte misteriosa di un pazzo. Ma avremmo potuto organizzare una controffensiva, avvisare i Nani, la Frontiera, gli Elfi! Invece siamo qui a morire. -
- Brennar. - sussurrò Allanon come monito, cercando di diffidarlo dal continuare su quella strada.
- Cosa? Siamo chiusi qua dentro, è questione di minuti prima che ci trovino e ci passino per le armi e non potremo fare più niente! Capisco che adesso che Rentro è morto non c'è più niente da temere ma... -
- Adesso basta. - esclamò Allanon facendo sobbalzare il nano. - Tu pensi davvero che Rentro da solo avrebbe potuto organizzare tutto questo? Pensi davvero che i governanti delle città fossero solo burattini nelle sue mani? Sei solo uno sciocco! -
- Non darmi dello sciocco! - Il viso di Brennar era rosso per l'eccitazione e la rabbia, stringeva i pugni come se dovesse scagliarsi contro il gigante da un momento all'altro.
- E credi veramente che adesso che Rentro è morto tutto vada a posto? E che le bestie scompaiano così come se nulla fosse mai accaduto? Ci sono così tante cose che ignori che non puoi arrogarti il diritto... -
- Spiegacele allora, aiutaci a comprendere! -
L'espressione del druido divenne impenetrabile. - Quando sarà il momento giusto... -
- Adesso ricordo! - disse Garvo ridendo e interrompendoli. - Ricordo tutto! Al momento giusto... E' il suo motto, vero ragazza? - continuò avvicinandosi a Leian. - Me l'hai detto tu una sera, mentre mi sistemavi una fascia. - L'elfa annuì.
La tensione si era spezzata, Brennar si allontanò sedendosi su una sedia, distante da tutti; Allanon rimase dov'era, perfettamente immobile. Garvo diede una pacca sulla spalla alla ragazza e si sedette accanto a lei.
- Evitato uno scontro suicida. - le disse poi. La osservò. Era strano pensare a come fosse bizzarro il funzionamento la memoria, fino ad un attimo prima non ricordava alcunché di quella particolare compagnia, mentre ora gli tornavano alla mente la riunione a Culhaven, il lungo viaggio, i pericolo che avevano incontrato. La spalla della ragazza era gelida e il suo viso era pallido in maniera sospetta. Stava male, ma non poteva essere solo per la morte che l'aveva colpita così da vicino.
"O forse sì, è giovane; quante altre persone può aver visto morire, soprattutto tra le sue braccia? E' logico che sia sconvolta. Anche se io alla sua età ero già abituato a questi spettacoli..."
Sour bussò alla porta e sussurrò il suo nome. Mentre gli uomini impugnavano le armi per sicurezza Nur tolse la barra che teneva sigillata la stanza e lo fece entrare. Tutti si rilassarono quando videro che era solo.
- La situazione è un po' caotica, il palazzo brulica di guardie. -
- Cosa proponi? - gli chiese Allanon cogliendo una nota di soddisfazione nella sua voce.
- La maggior parte dei soldati si concentra nei piani inferiori soprattutto verso la parete sud; nei piani più alti c'è solo qualche sparuto gruppetto che pattuglia.
- Quindi? - lo aggredì Brennar al limite dell'esasperazione.
- Quindi direi di uscire dall'entrata principale. - propose, un'espressione di divertimento e arroganza sul viso.

- Non posso credere che stiamo facendo questa pazzia. - sussurrò Brennar a chiunque lo stesse ascoltando.
Il gruppo procedeva in fila indiana nel corridoio deserto, Sour davanti e Nur a chiudere la fila, spingendo Leian ad affrettarsi. Era stato difficile convincerla ad abbandonare il cadavere di Dreiden; ci erano riusciti solo grazie a Nur che l'aveva sollevata di peso e se l'era caricata in spalla. Lei non si era ribellata, apatica, gli aveva permesso di farlo senza controbattere in alcun modo.
Sour si bloccò e fece loro segno di fermarsi e appiattirsi il più possibile al muro; poi girò l'angolo e lo sentirono ridere forte.
- E così vi siete spaventati per così poco! Sono solo io! -
- Non si può mai essere sicuri! - Sentirono lo sfregare del metallo mentre rimettevano le spade nel fodero. - Ci sono strani inquietanti visitatori, per non parlare dell'elfo che è riuscito ad eludere la sorveglianza e a penetrare nelle profondità del palazzo. -
- Dovete essere più audaci! Capisco che siate giovani ma questo non vi autorizza ad aver paura della vostra ombra! Adesso continuate la ronda! -
- Sì, signore. -
- Non da quella parte. - li fermò - Ci sono già passato io ed è tutto a posto; proseguite per il corridoio che va verso est e occhi aperti!

Nonostante i timori fondati di Brennar riuscirono ad uscire dal palazzo. Sour li guidò per il resto della notte prima verso ovest, poi con un improvviso cambio di direzione verso sud; senza fare soste per mettere maggior terreno possibile tra loro e i nemici. Verso l'alba arrivarono ad un casotto da caccia.
- La guida mi aveva parlato di questo posto. Rentro l'ha fatta costruire anni fa, ma da molto non è stata più usata. Dovremmo essere abbastanza al sicuro per riposarci e decidere il da farsi. -
Entrarono, la polvere si alzava ad ogni loro passo sulle travi scricchiolanti. La mancanza di cure era visibile in ogni dettaglio, dai mobili impolverati alle fessure che lasciavano passare l'aria attraverso i muri. Sour controllò ogni angolo, poi estrasse la sua coperta e il mantello e si sdraiò addormentandosi all'istante, imitato anche da Brennar e Nur. Garvo si mise davanti alla porta dando le spalle ai compagni e rimanendo di guardia.
- Hai ancora freddo? - chiese Allanon all'elfa che annuì.
- Cerca di dormire, poi ti sentirai meglio. - Si alzò e si sedette in un angolo appoggiando la schiena al muro e fissandoli tutti dall'oscurità del suo cappuccio.
Leian si strinse nel mantello sedendosi lontano dagli altri.

Era mattina, lei e Dreiden avevano dormito abbracciati per tutta la notte dopo l'attacco del soldato di Rentro e quello che ne era conseguito.
Leian si era voltata verso l'uomo e si era sorpresa nel trovarlo già sveglio, immobile per non svegliarla a sua volta.
- Perché mi fissi così? -
- Perché sei bellissima. -
Era arrossita.
- Non lo pensi davvero. -
- Hai ragione, non sei bellissima. -
- Era meglio prima. - aveva replicato leggermente offesa.
Lui aveva riso, l'aveva baciata poi si era alzato per prepararsi al viaggio verso il villaggio dei Nani. Quando stavano per mettersi in cammino l'aveva presa per le spalle e l'aveva guardata coi suoi occhi così scuri.
- Io penso davvero che tu sia bellissima e nessuna cosa che potrai mai dirmi mi farà cambiare idea. -

Garvo le si avvicinò. Tutti gli altri dormivano, anche il druido, anche se non potevano esserne sicuri.
- Quando siamo andati via da quella stanza ho pensato che non era giusto che tu non avessi niente di suo. - Si girò ed estrasse dal suo zaino i pugnali che Dreiden le aveva già prestato una volta. - Questo mi sembrava la cosa più indicata per te. -
Si alzò e tornò al suo posto di guardia ma poté comunque sentire il grazie che la ragazza aveva sussurrato.

***

Grazie a tutti quelli che leggono.
A presto,
sku

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Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


Sour guardava fuori dalla finestra impolverata cercando di scorgere eventuali segni di inseguitori. Gli sembrava incredibile che la notte prima fossero riusciti a fuggire indenni dal palazzo uscendo dalla porta principale. Ma la cosa che lo strabiliava di più era che tutti l'avessero seguito senza mettere in discussione alcunché.
Si girò e guardò attraverso la stanza, verso la ragazza enigmatica con cui viaggiava. Forse enigmatica era dir poco; come tutti, pensava che sotto la sua presenza così fortemente voluta da Allanon ci fosse molto di più e lui credeva che il motivo principale fosse la magia. Quella della luce bianca che usciva dalle pietre e quella ancora più misteriosa che aveva ucciso Rentro. Non c'era voluto un genio per capire che era stata lei; era bastato vedere come aveva accarezzato il disertore e come aveva fissato con odio l'uomo che l'aveva ucciso. Non gli piaceva proprio per niente tutta quella faccenda e a ben vedere non gli piaceva neanche l'elfa; prima di tutto perché li aveva ingannati facendosi passare per un ragazzo e poi perché era infida, come chiunque possedesse la magia. "Come Rentro."
Sour chiuse gli occhi e appoggiò la testa alla parete dietro di lui, sospirando profondamente. Gli mancava la sua città. Non l'aveva creduto possibile fino a quel momento, aveva sempre cercato di scappare per trovare la sua avventura, ma adesso che c'era dentro sperava solo di tornare a casa sano e salvo, per rivedere la Frontiera e per rivedere la donna bionda che aveva occupato per mesi i suoi pensieri. Pensò al suo sorriso caloroso, alle sue mani piccole e delicate, al suo modo di muoverle mentre parlava. Non le aveva mai detto che la desiderava, che voleva che fosse solo sua, sua e di nessun altro. Forse per paura che lei gli ridesse in faccia, che lo schernisse per quelle parole sdolcinate che certamente non si addicevano ad un rude soldato come lui voleva diventare. Così se n'era andato lasciando le cose in forse. Adesso rimpiangeva quella decisione da codardo, se avesse osato almeno solo un po' di più sarebbe potuto partire per dimenticare un rifiuto o non partire affatto, se fosse andata meglio. Riaprì gli occhi e vide che l'elfa lo stava guardando e si sentì vulnerabile e la sua avversione per lei crebbe. Distolse lo sguardo timoroso di fare la fine di Rentro.

Leian sapeva cosa stava pensando l'uomo della Frontiera. "Non mi fido di lei." Era un messaggio stampato a chiare lettere sul volto stanco. Sospirò; la magia allontanava le persone. Le sarebbe piaciuto vivere nel mondo delle Fearie, quando la magia era la norma, quando lei sarebbe stata come tutti gli altri, non una rarità temuta. Guardò i suoi compagni e sentì che gli unici a cui non incuteva timore erano Nur e Garvo. Leian pensò che niente o nessuno potesse incutere timore al troll, sempre così saldo e incrollabile e Garvo... lo gnomo le aveva dato l'idea di comprenderla a fondo, aveva avuto per lei una gentilezza che non ricordava. L'unico gentile con lei, a parte Dreiden, era stato Adael, ma anche lui era morto, solo, lontano da casa, senza la possibilità di salutare le persone che amava. Leian sapeva che l'elfo non aveva famiglia, ma sapeva anche che i suoi uomini l'avevano sostituita. Era stata una grande perdita per il popolo degli Elfi e Eventine ne avrebbe sentito la mancanza.
Il loro viaggio non era ancora finito, eppure Leian desiderava solo restare lì, in quell'angolo umido e scomodo, a pensare a quello che aveva perso e che non avrebbe potuto riavere indietro.
Improvvisamente la porta si aprì,  l'alto druido entrò nella stanza facendo sobbalzare tutti i suoi compagni. Nessuno l'aveva visto o sentito arrivare. Allanon era come uno spettro, imprevedibile ed inafferrabile oltre che misterioso.
- Dobbiamo decidere un piano d'azione. - disse semplicemente, ignorando il loro spavento.
- Cioè? - chiese Garvo con malagrazia. Non gli piaceva non riuscire a prevederne le mosse e non gradiva che gli arrivassero alle spalle.
- L'esercito di Rentro non accenna a fermarsi nonostante la notizia della sua morte si sia ormai diffusa. I governanti delle città del Sud hanno evidentemente deciso che l'occasione di prendere sotto il loro controllo il Callahorn era troppo ghiotta per lasciarsela fuggire. - Con un gesto secco della mano zittì le nascenti proteste di Brennar. - So quello che vuoi dire. Tu e Suor partirete oggi stesso per avvisare i popoli più a nord. -
La proposta del druido li lasciò perplessi, fino a quel momento aveva insistito per mantenere l'unità del gruppo ed ora quello.
- Ma come pensi che noi possiamo precederli a Tyrsis? - chiese Sour.
- Voi non dovete andare a Tyrsis, o per lo meno non subito. -
- Cosa dovremmo fare allora? - domandò il bellicoso nano calcando sull'ipoteticità della sua richiesta.
- La cosa migliore sarebbe che voi vi dirigiate a Leah. -
- Perché? - chiese Sour - E' un piccolo regno, come puoi pensare che riesca a fermare l'esercito? -
Allanon lo guardò severamente e Suor si sentì intimorito dall'espressione del druido.
- Il re di Leah, Menion, partecipò vent'anni fa  alla spedizione contro il Signore degli Inganni e fu solo merito suo se gli abitanti di Kern riuscirono a sfuggire a morte certa. Lui vi aiuterà ad avvisare gli altri popoli, gode di gran considerazione sia tra i Nani che tra gli Elfi, e Balinor è suo amico. Inoltre Leah è abbastanza vicina. -
- L'esercito ha troppo vantaggio. - continuò a protestare il nano.
- Come ogni esercito è più lento di due persone. Soprattutto se sono a cavallo. -
- Non abbiamo cavalli. - lo contraddisse ancora una volta Brennar. Leian dovette ammettere che il nano stava dimostrando un'audacia mai vista contrastando così apertamente il  druido.
- Questo lo dici tu. -  affermò Garvo guardando fuori dalla finestra. - Adesso capisco la tua assenza. - disse poi rivolto al druido.
- E mentre noi andiamo verso nord, voi cosa avete intenzione di fare? - chiese Sour sospettoso.
- Noi andremo a sud seguendo il piano originale. -
- Senza di noi. - borbottò l'uomo.
- Non abbiamo altra scelta, mi sembra. - intervenne Garvo - Non possiamo aspettare che voi torniate, per lo meno secondo quanto dice il druido; e voi non potete perdere tempo prezioso venendo con noi. -
Leian non aveva partecipato in alcun modo alla conversazione, lasciando che gli altri decidessero per lei, dato che nulla più sembrava importarle. Riusciva a pensare che era sola.
"Ma io non sono mai stata sola. Allanon ha sempre provveduto che non capitasse, prima Flick e Saraia, poi tutti i suoi alleati sparsi per le Quattro Terre che mi hanno accolta e mi hanno insegnato ciò che sapevano ed infine Dreiden. E anche adesso non sono veramente sola; Garvo sembra tenere a me, ha pensato a quello che stavo passando e ha cercato di alleviare il mio dolore e anche Nur mi ha sempre sostenuto, silenziosamente, ma mi ha sostenuto. No, non sono mai stata decisamente sola. Eppure..." Era confusa, da un lato la perdita che aveva subito le lacerava il cuore ma dall'altro era felice di sapere che c'era qualcuno a cui appoggiarsi. Si sentì in colpa per quella minima contentezza.
"Dreiden non si sarebbe mai lasciato travolgere dagli eventi, ha sempre combattuto in quello che credeva giusto. Ha sbagliato e ha cercato di riparare al suo errore ma non ha potuto portare a termine il suo compito. Lo finirò io. Ha dato la vita per me e glielo devo."
Raddrizzò la schiena e si mise ad ascoltare quello che stavano dicendo gli uomini.
- Partirete immediatamente. - disse Allanon alzandosi.
- Va bene. - Sour  e Brennar lo imitarono e si diressero fuori dal capanno.
- Così rimaniamo in quattro. - disse Garvo guardando Leian.
- I migliori. - gli rispose stappandogli un sorriso. - Un druido misterioso, un troll taciturno, uno gnomo ferito e una mezzosangue demotivata. Proprio una bella compagnia. -
- Come hai detto tu, i migliori. - sussurrò Garvo.

Dopo la partenza di Brennar e Sour, Allanon aveva preso Leian e l'aveva portata fuori, poco distante dalla capanna, per interrogarla.
- Cosa hai visto nei ricordi di Rentro? -
Leian tacque per qualche attimo, pensando alla sera precedente. - Ho visto il rapporto tra mio padre e Rentro deteriorarsi per l'incapacità del fratello di accettare il suo matrimonio e la loro separazione, il desiderio di vendetta di Rentro e la sua ricerca di un'arma per sbarazzarsi di te. Cosa gli hai fatto per farti odiare così tanto? - gli chiese.
Allanon rimase in silenzio scrutandola in volto e osservandola avvampare per l'imbarazzo. - A lui personalmente nulla. Ero solo un ottimo conoscente della famiglia di tua madre, forse lui non ha potuto sopportare che tuo padre si sia staccato da lui e gli abbia preferito Jul. Forse ha pensato che io abbia influenzato con le arti magiche la sua scelta, non lo so e non lo sapremo mai a questo punto... -
Leian percepì un tono di rimprovero nella sua voce e si ribellò. - Non ho intenzione di pentirmi di quello che ho fatto, mi ha tolto troppo per sentirmi in colpa per la sua morte! -
- Così non sei certo molto migliore di lui. -
- In fondo abbiamo lo stesso sangue. - disse amaramente. - Ti stupisce così tanto che io gli somigli? - Era infuriata e Allanon percepì il pericolo nascosto nella sua rabbia.
- Tu non sei come lui. - cercò di rassicurarla.
- Forse, ma come hai appena detto tu non sono certo migliore di lui. - Si voltò e si allontanò a grandi passi dal druido, ma lui la richiamò.
- Leian, non abbiamo finito. - Lei si fermò ma continuò a voltargli la schiena, le braccia strette attorno al corpo.
- Quale arma ha trovato? - le chiese bruscamente.
- Una specie di demone... -
- I demoni sono bloccati nel divieto. - le ricordò Allanon.
- Non posso essere precisa; era qualcosa di malvagio che ha suggerito a mio zio di uccidere suo fratello, sua cognata e sua nipote! - esclamò. - Non c'è bisogno che tu mi corregga su ogni cosa. Ad ogni modo Rentro l'ha chiamato Abaddon. Per te significa qualcosa? -
- Vai avanti. -
- Non c'è molto altro, le bestie sono i suoi emissari e vive al buio, in una caverna sotterranea nel deserto dell'Angluk. -
- Sapresti riconoscere il posto? - le chiese il gigante.
- Credo di sì. Chi o cosa è Abaddon? -
- Abaddon è lo spirito della distruzione. -

- Cosa è il Verbo? - chiese la ragazza mezzosangue continuando a camminare.
- In principio era il Verbo. Dal Verbo è stata creata ogni cosa. Dicono le storie che delle creature del tempo del Verbo sia rimasto solo il re del fiume Argento, che custodisce gelosamente i suoi giardini. -
- Quindi è ciò che ha creato il mondo? -
Allanon annuì. - Si può dire che sia lo spirito della creazione. -

Leian si voltò di scatto verso il druido. - In che senso? -
- Vedi Leian, le storie dei druidi dicono che contrapposto al Verbo ci fosse lo spirito della distruzione, chiamato in molti modi. Uno di questi nomi è Abaddon. -
- Ma perché non è stato rinchiuso nel divieto? -
- Perché non è un demone. La distruzione è inscindibile dalla creazione, non possono esistere l'una senza l'altra. Così il Verbo e Abaddon coesistono in lotta l'uno contro l'altro dall'inizio del tempo. Finora il Verbo ha sempre prevalso. -
- Ma perché non l'ha eliminato? -
- Perché distruggere la distruzione porterebbe anche alla fine della creazione. -
- E' un po' complicato. - affermò la mezzosangue. - Potrebbe distruggere ogni cosa? - chiese poi per sicurezza.
- Sì, se non riusciamo a fermarlo. -
- Ma in questo modo... -
- ... in questo modo distruggerebbe anche se stesso. Ma la cosa non gli importa; la distruzione non ha limiti né freni. -
- Come possiamo fermarlo? - chiese Leian.
- A suo tempo avrai una risposta. - concluse Allanon voltandosi e allontanandosi.
"Se continua così lo ucciderò molto presto!" pensò Leian cercando di tenere a freno l'irritazione che provava per il druido.

***

Vorrei ringraziare chi continua a leggere la mia storia e chi l'ha aggiunta tra i preferiti.
Se poi voleste lasciare anche un commento... XD!
A presto,
sku

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Capitolo 22
*** capitolo 22 ***


22.bis
Sour e Brennar avevano cavalcato tutto il giorno, senza fermarsi per mangiare o per riposare. Un senso di urgenza li spingeva a correre fino allo sfinimento dei loro cavalli, ma alla fine le loro cavalcature avevano reclamato il riposo che era loro dovuto.
- Non dovremmo fermarci. - disse Brennar smontando da cavallo con molta fatica e massaggiandosi il sedere.
- Se pensi di riuscire a convincere le due bestie a non sgropparci... - gli rispose Sour.
- Abbiamo fatto molta strada, secondo te? -
- Abbastanza. Siamo lontani da Dechtera almeno due, tre giorni di cammino. -
- Credi che ce la faremo ad arrivare in tempo? - chiese Brennar togliendo la sella al cavallo e asciugandone il sudore.
- Se continuiamo così e non troviamo intoppi sulla nostra strada, tra tre giorni dovremmo essere a Leah. Domani conto di sorpassare l’esercito di Rentro. -
- E una volta a Leah, cosa faremo? -
Sour si strinse nelle spalle, continuando a sistemare il suo cavallo. - Ci affideremo a re Menion Leah. -
- E se decidesse di allearsi con le città del Sud? Insomma, è la sua gente dopotutto. - Brennar diffidava del giudizio del druido e voleva sondare fino a che punto Sour avesse i suoi stessi pensieri.
- A quanto so la moglie di Menion è di Kern e lui ha lottato per salvare il Callahorn dalle truppe del Signore degli Inganni. Non mi sembrano esattamente le persone che possono allearsi coi governatori. -
- Tu credi a questa storia di magia nera? - sbuffò il nano scettico.
- Io credo a quello che vedo. Ho visto le bestie che ci hanno attaccato, ho visto la luce bianca delle pietre e la magia del druido; ma soprattutto ho visto morire Rentro senza che nessuno gli si avvicinasse. -
- E’ stata la mezzosangue, vero? -
L’uomo della Frontiera annuì.
- Neanche a te piaceva, vero? - continuò il nano.
- E’ infida. Ci ha nascosto tante cose. Ma il druido si fida di lei e io mi sono messo al suo servizio. -
- Ma sarà stata la scelta migliore, la nostra? -
- Credi che il tuo popolo trarrebbe vantaggio da un’eventuale vittoria delle Terre del Sud? -
- Affatto. -
- E credi che Allanon voglia soggiogare tutti noi? Adesso, dopo aver difeso la libertà di ogni popolo dal potere degli altri per anni? -
Brennar non rispose.
- Non so se è stata la scelta giusta, ma sempre più spesso penso che non abbiamo avuto altra scelta. - concluse Sour addentando una fetta di pane raffermo.
- Hai ragione. Non c’è altra via d’uscita. - concesse il nano imitando il compagno e cominciando a mangiare. - Ma questo non mi consola per niente. -
- Ricorda che gli Gnomi si sono fatti più audaci da quando Rentro è apparso. -
- E questo è strano; gli Gnomi sono orgogliosi, non si sarebbero mai piegati ad un uomo, per quanto potente. -
- Quindi? -
- Quindi più ci penso più credo che Allanon abbia ragione su questo punto, c’è della magia nera dietro tutto ciò. L’unica parte oscura è decidere se non sia la magia di Allanon. -
- E perché ti sei aggregato a noi se avevi così tanti dubbi? -
- Perché il Consiglio degli Anziani me l’ha chiesto. Non potevo rifiutare, era un onore troppo grande che si fossero fidati a tal punto di me. -
- Perché non hai espresso a loro i tuoi dubbi? -
- Perché loro si fidano ciecamente di Allanon e contraddirli poteva significare perdere un prestigioso incarico. -
- E adesso cosa credi? -
- Adesso sono ancora più confuso di prima, se è possibile. Rentro era una minaccia e noi l’abbiamo affrontato ed è morto, questo gioca a favore del druido; ma la ragazzina… non mi piace questa storia. -
- Neanche a me. -
- Perché tu ti sei unito a lui? - domandò curioso il nano.
Suor aspettò in silenzio qualche minuto giocando col le briciole prima di rispondere.
- Perché volevo l’avventura, ero stufo di Tyrsis e della sua monotona vita. -
- Direi che l’hai avuta. Combattimenti, magie, morti misteriose, lunghe e sfiancanti cavalcate… Ma perché hai scelto il druido e non il potente esercito del Sud? -
- Balinor è come i tuoi anziani, cieca fedeltà al druido. E poi non tradirei mai il Callahorn per farlo finire nelle mani di avidi e stolti governatori del Sud. Hanno sempre voluto mettere le mani sulle Terre di Confine, ma non ci sono mai riusciti. -
- La Legione di Frontiera incute ancora timore. Soprattutto se è comandata da Balinor. -
- Credono che siamo troppo liberi e ricchi e che dovremmo sottostare a loro, perché sono Uomini. Pensano che siamo traditori solo perché siamo tolleranti con gli altri popoli. Che idioti! Non capiscono che tutta la ricchezza del Callahorn è dovuta ai buoni rapporti con le altre genti. - Sour si era infervorato durante il discorso e il suo viso era paonazzo.
- Direi che non era solo l’avventura a spingerti ad unirti al druido! - lo schernì il nano.
- Forse hai ragione… - mormorò l’uomo calmandosi.
Brennar sistemò il suo zaino e si appoggiò al tronco di un albero. - Farò io il primo turno, riposati pure. -

Mentre osservava il suo compagno dormire si rese conto di essere il solo a nutrire dei dubbi così forti su Allanon. Tutti sembravano pendere dalle sue labbra, persino uno gnomo, era incredibile! Anche se forse era dovuto al fatto che era vissuto in una città di Frontiera; nel Callahorn tutti sembravano fidarsi ciecamente del vecchio druido, senza porsi domande su ciò che realmente lo spingeva. Anche tra i Nani era la stessa cosa, purtroppo. 
Il nano non riusciva a capacitarsi del potere che l’uomo aveva sulle persone. "Su tutti tranne che su di me. Perché non mi fido di lui? Forse perché l’ultimo nano che è partito con lui è stato anche l’unico della spedizione a non tornare…"
Erano pensieri sterili che non l’avrebbero portato da nessuna parte. Forse avevano ragione gli altri, il druido era sicuramente meno pericoloso dei governatori del Sud, per lo meno per qualche tempo spariva e non arrivava con richieste assurde. Eppure la mancata limpidezza delle sue azioni portava Brennar a diffidarne. Sbuffò e si guardò attorno, i cavalli riposavano placidi poco più in là, le stelle erano velate da leggere nuvole grigie trasportate da una brezza che rendeva la siccità un ricordo lontano. "Vorrei poter tornare nell'Anar, là la siccità non c'è." Brennar pensava a quanto fossero belli i suoi boschi, i giardini di Culhaven ricchi di colore. Gli mancava la sua terra, dove sembrava che il male non fosse ancora arrivato. Eppure sapeva che non era così, sapeva che gli Gnomi si erano alleati con le forze oscure, non c'era più nessun posto sicuro. Quel pensiero lo fece rabbrividire e il nano estrasse il mantello e vi si avvolse. Strano come nonostante il caldo lui sentisse così freddo. "Sono i sensi di colpa per aver pensato male del druido!" Scosse la testa, si appoggiò all'albero e rimase a fissare le stelle fino alla fine del suo turno di guardia.
 
Quando Suor si svegliò sentì subito che qualcosa non andava; il silenzio pesante che era calato sulla radura, l'irrequietezza dei cavalli che si trasmetteva a lui. Tenendo gli occhi socchiusi sbirciò attorno e notò l'assenza del nano. Ripensò ai discorsi della sera precedente, ai dubbi che Brennar aveva circa il druido e la sua missione e si diede dello stupido per aver permesso che il nano coi pensieri da traditore restasse solo mentre lui dormiva. Rimase immobile, cercando la fonte dei suoi cattivi pensieri quando qualcosa di caldo lo toccò sulla spalla.
- Stai fermo. Immobile. - La voce di Brennar lo sorprese. - Lo so che sei sveglio. Ascoltami e basta. C'è un'avanguardia dell'esercito nei paraggi, insieme a qualcosa che spaventa gli animali. Sappiamo benissimo cos'è. Dietro quei cespugli c'è un soldato, non ci ha ancora visto. Pensi di riuscire ad alzarti velocemente e a prendere il cavallo mentre io lo distraggo? - 
Sour annuì impercettibilmente. 
- Bene. Adesso io vado, appena fischio prendi il cavallo e scappa tra gli alberi, non fermarti finché non sei al sicuro. - Quel piano non piaceva per niente all'uomo. - Lo so cosa stai pensando ma non c'è altra soluzione, uno di noi deve arrivare a Leah e tu cavalchi meglio di me. Non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di morire. - Suor avrebbe voluto replicare ma l'istinto lo bloccò. Non era il momento per discutere e lui non aveva un piano migliore. Perciò annuì nuovamente. Non sentì i movimenti del nano ma percepì che era di nuovo solo. Non si mosse ma i suoi muscoli erano già pronti a scattare. Poi il fischio arrivò dalla direzione indicata prima da Brennar. Sour si lanciò in piedi, non si era tolto gli stivali per prudenza e in un attimo aveva raggiunto i cavalli rallentando solo per raccogliere la sua sacca. Saltò agilmente in groppa al primo cavallo, poi picchiò il secondo sul posteriore e lo fece scappare. Sapeva che questo precludeva un fuga a Brennar ma impediva ai soldati di avere una cavalcatura nel caso fossero stati a piedi. Sentì i movimenti dei due contendenti tra i cespugli ma ben presto la radura e la lotta che vi si stava svolgendo furono lontani. Sour non riusciva a pensare, avrebbe fatto troppo male dover ammettere che aveva abbandonato il nano ad un triste destino. Cercava di scusarsi con se stesso, sapeva che era sopravvissuto a situazioni peggiori nelle lotte con gli Gnomi, sapeva che era tornato indietro dalle Montagne del Wolfsktaag e dalle creature oscure che vi abitavano. Aveva più possibilità di lui di farcela. Però non si sentiva a posto con la sua coscienza. "Adesso non posso pensare a Brennar. L'esercito di Rentro è più a nord di quanto pensassi, devo arrivare più velocemente possibile a Leah."

Leian era inquieta, qualcosa le diceva che non stava andando tutto come speravano. Non era la sua magia ad avvisarla, non era un suo potere; era un presentimento. Un brutto presentimento. Si sedette a gambe incrociate e chiuse gli occhi, cercano di escludere ogni distrazione. Doveva capire l'origine di quella tensione. L'acqua la condusse più a nord, verso Leah. Leian non era sicura di quello che avrebbe visto ma sapeva che riguardava i suoi compagni di viaggio. Non capiva da dove fosse arrivato quel presagio che l'aveva indotta alla ricerca. Stava volando insieme a nuvole cariche di umidità che sapeva non avrebbero portato pioggia. Quell'acqua non sarebbe ancora caduta là dove ce n'era più bisogno. Si avvicinò sempre più alla terra finché vide in una radura Brennar circondato da soldati di Rentro. Più a nord, in corsa sul suo cavallo, Sour. Leian non riusciva a capire perché si fossero separati, cercò di avvicinarsi all'uomo ma Allanon la scosse. 
- Dobbiamo incamminarci. -
- Allanon, è successo qualcosa a Brennar, è nelle mani dei soldati e Sour sta cavalcando da solo verso nord. - Era agitata, aveva parlato velocemente e si era alzata di scatto rischiando di cadere.
- Non c'è nulla che possiamo fare, sono in gamba, ce la faranno. -
- Ma forse... - cercò di convincerlo lei, non riuscendo ad accettare di abbandonare i due compagni a loro stessi.
- Leian, non è una scampagnata! Non possiamo fare niente per loro, cercando di raggiungerli sprecheremo solo tempo e a cosa servirebbe? Se Brennar è in mano a dei soldati credi che staranno lì ancora per molto? E Sour è libero e può raggiungere Leah dove riceverà aiuto e potrà poi cercare il nano. Noi dobbiamo andare avanti. Hai pensato a cosa potrebbe accadere se tardassimo ancora? - La sfuriata di Allanon la impressionò, non aveva mai usato quel tono con lei. C'erano state volte in cui l'aveva irritato, avevano discusso, com'era inevitabile, ma mai aveva usato quel tono sarcastico e denigratorio con lei.

- Come si comportava Allanon quando avete viaggiato insieme? - chiese a Flick incuriosita. Erano seduti su una panca sulla veranda, aspettando che la luce del tramonto lasciasse il posto a quella della stelle. Leian era appena tornata, Allanon doveva conferire con i Troll e aveva preferito non portarsela dietro, una sedicenne come lei avrebbe potuto essergli d'impiccio.
- Perché me lo chiedi? -
- Così, per sapere com'era e vedere se è immutabile come sembra. - 
- Fisicamente lo è di certo, non sembra cambiato di una virgola da quando l'ho incontrato nella notte vent'anni fa. Non è una persona semplice, credo che sia inevitabile con la sua missione. E' sempre stato una guida, qualcuno di superiore ed intoccabile. Non è mai stato facile avvicinarlo, se non quando lo voleva lui. -
- Non ti raccontava mai nulla?-
- Di che genere? -
- Della sua vita, di quello che pensava... -
- Immagino la tua sia una domanda retorica. Era distaccato, non lasciava trapelare niente che non fosse utile alla missione. Solo con Shea si è aperto un po' l'ultima volta che l'ha visto dopo la sconfitta del Signore degli Inganni. Con te è diverso? -
- Non credo. Mi racconta tante cose del tempo delle Faerie, delle leggende delle Quattro Terre; ma mai nulla di personale. Balinor dice però che mi tratta con affetto. -
- Balinor lo conosce sicuramente meglio di me, gli è sempre stato più vicino. Sarà vero. -
- Mi sembri scettico. -
- Non direi che Allanon possa trattare nessuno con affetto. Soprattutto una ragazzina pestifera e curiosa come te. -

- Muoviti Leian, dobbiamo partire. - la richiamò Garvo. - Il druido non sembra intenzionato ad aspettarti. -

***
Grazie e tutti coloro che leggono.
A presto,
sku

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Capitolo 23
*** capitolo 23 ***


23.
Sour non sapeva da quanto tempo stesse cavalcando, la notte si era trasformata in un'assolata mattina che aveva poi lasciato posto ad una rovente giornata. Ormai era il tramonto, il calore stava diminuendo ma sembrava che l'uomo non avesse la minima voglia di fermarsi. Il suo cavallo aveva rallentato l'andatura, era coperto di sudore per lo sforzo e una schiuma bianca gli copriva la bocca. Era stanco, come lui del resto. Il suo buonsenso gli diceva che dovevano fermarsi a riposare ma un'irrazionale paura lo spingeva sempre più avanti, allo stremo delle forze. Poi improvvisamente il cavallo si bloccò. L'uomo tentò di farlo ripartire incitandolo con la voce e con le redini, ma non sortì alcun effetto.
Sour si guardò attorno ma non vide niente di anomalo. Scese dalla cavalcatura e osservò con attenzione il terreno circostante. Nessuna impronta recente di uomini o cavalli. Ma nemmeno nessuna orma di animali selvatici. La cosa lo insospettiva, non era normale che nessun animale passasse di lì. Inoltre si sentiva scoperto, la pianura si estendeva brulla e senza riparo in ogni direzione. Tornò al suo cavallo che non sembrava voler muoversi. Gli sussurrò qualche parola poi prese le redini e s'incamminò al suo fianco; questo sembrò tranquillizzare l'animale che si mosse e lo seguì docilmente. Sour non era tranquillo. Non aveva previsto di essere solo, inseguito da soldati armati pronti ad ucciderlo e stanco. Non stava andando come aveva programmato. "Ma cosa mi è saltato in testa di unirmi ad una balorda compagnia? Cosa stavo pensando? E perché Allanon ha scelto me? Come poteva conoscermi?"

Sour era seduto fuori dalla caserma della Legione di Frontiera, su una panca di pietra nascosta nell'ombra degli edifici circostanti. Non  sapeva come descrivere quello che stava provando. Delusione, rabbia, sofferenza. Era un malessere che gli stritolava lo stomaco e le budella e che gli impediva di alzarsi e andarsene da quel luogo. Non riusciva a crederci. Lo aveva scartato, non avrebbe fatto parte della famosa e onorata Legione. Non sarebbe stato ai comandi del suo re, Balinor, il miglior comandante delle Quattro Terre. Come era accaduto?
- Credi che abbiano sbagliato a scartarti? - La voce lo fece sobbalzare, non l'aveva sentito avvicinarsi. Alzò gli occhi e vide un uomo alto, vestito di nero, che lo osservava.
- Come lo sai? - lo aggredì. Era umiliante che la voce si fosse già diffusa.
- Ti si legge in faccia. -
Suor distolse lo sguardo, gli bruciava ammettere il suo fallimento.
- Ho una proposta per te. - Il tono dell'uomo rimaneva freddo, Sour non riusciva a comprendere cosa volesse quell'uomo da lui.
- Che genere di proposta? -
- Una che potrebbe darti più lustro dell'ingresso nella Legione di Frontiera. -
- Non è possibile -
- Sai chi sono? -
- No. - Come poteva saperlo, del resto? Era uno sconosciuto, Sour non aveva la minima idea di chi fosse lo straniero. Il suo aspetto era misterioso e non gli forniva alcuna indicazione sulla sua identità.
- Io sono Allanon, ultimo druido delle Quattro Terre. Pensi che ci sia veramente qualcosa di impossibile per me? -

Suor scosse la testa, i ricordi non potevano aiutarlo, doveva cavarsela contando solo su se stesso. "Come ogni giorno della mia vita." Era troppo stanco per continuare. Sistemò il cavallo, sperando che non scappasse dato che non aveva niente con cui legarlo, poi si coricò senza mangiare. Fece appena in tempo ad avvertire una strana umidità prima di piombare in un profondo sonno senza sogni.
Non si accorse della densa nebbia che si stava alzando ricoprendo ogni cosa.

Quano si svegliò Sour credette di stare ancora sognando. La pianura brulla e piatta era scomparsa, non riusciva a vedere a pochi metri da lui, anche il cavallo appariva sfocato e nascosto. Tutto era bianco e lattigginoso.
"Come è possibile che si sia alzata la nebbia? Fa troppo caldo, non c'è abbastanza umidità perché avvenga una cosa del genere. Non piove da troppo tempo!" Tutto quello era illogico e lo spaventava. Non riusciva a distinguere i particolari del paesaggio e, cosa che lo spaventava ancora di più, chiunque avrebbe potuto essere sulle sue tracce e sorprenderlo da un momento all'altro, senza che potesse vederlo. Ma quella nebbia nascondeva anche lui. Si avvicinò al cavallo e prese le redini. Osservò le orme che avevano lasciato la sera precedente e si incamminò dalla parte opposta, certo di dirigersi verso il regno di Leah.
La nebbia presto inghiottì i due viaggiatori, richiudendosi dietro di loro e celandoli come se non fossero mai esistiti.

L'uomo non riusciva a stabilire in quale direzione stessero andando, la nebbia che li circondava mascherava il sole e diffondeva ovunque la sua luce. Non aveva punti di riferimento, non aveva nulla che l'aiutasse. La frustrazione si stava impadronendo di lui e Sour, per la prima volta da quando aveva lasciato Tyrsis, si pentì della sua partenza e di aver accettato la proposta del druido.
"Non avrei mai dovuto accettare; non lo conoscevo se non per fama. Solo perché Balinor si fida di lui, non vuol dire che anch'io dovessi fidarmi... Perchè non sono rimasto a casa? Adesso so perché la Legione mi ha rifiutato, non ho le capacità per farne parte e neanche la forza d'animo necessaria, a quanto pare." Non sapeva cosa fare, quindi si fermò e si accampò accendendo un fuoco con la poca legna che aveva trovato sul suo cammino. Ormai non gli importava di poter essere notato, aveva bisogno del contatto con un altro essere umano, qualcuno con cui parlare, che gli rispondesse a parole e non con miseri nitriti.  Presto la luce lattigginosa diminuì, facendo risaltare quella rossa del fuoco che si stagliò contro le ombre grigie che l'avvilupparono.
"Non pensavo di poter essere così solo. E di poterne soffrire così tanto." Sour aveva sempre creduto di vivere nella solitudine, era figlio unico e non aveva mai avuto amici; al massimo qualche conoscente che vedeva più di altri. Si era sempre sentito bene con se stesso, senza bisogno di inutili persone attorno a lui. Solo ora, immerso in quella nebbia che lo imprigionava, con l'unica compagnia di un cavallo, si accorse di non essere mai stato capace di stare solo davvero. Era facile a Tyrsis trovarsi nella folla, scambiare qualche parola con un altro cliene di una taverna, trovare qualche viso conosciuto per strada.
Era sempre stato così concentrato sul suo obbiettivo di entrare nella Legione da non aver mai speso tempo per conoscere a fondo qualcuno. "A quanto pare neanche me stesso."
Era rasseganto all'idea di non sopravvivere a quel viaggio. Le sue provviste erano ormai agli scoggioli e non aveva cuore di uccidere l'unico altro essere vivente nei paraggi per mangiarselo. Solo in quel momento si stava rendendo conto di aver sprecato la sua vita. L'unica cosa un po' meritevole che aveva fatto era stata partecipare a  quella spedizione per salvare le Quattro Terre. Ed era finita in modo così miserevole...
Sour si coricò accanto al fuoco. "Il mio problema è uno solo, non sono mai riuscito a fidarmi degli altri." All'improvviso la cosa era così chiara, che si stupì lui stesso. Era per quello che era stato scartato, in un esecito la fiducia nei commilitoni era basilare. E lui non sarebbe mai riuscito a fidarsi degli altri. "Non mi sono  fidato neanche del druido." I pensieri dell'uomo della Frontiera erano sconnessi per la stanchezza e la disperazione. In quel tetro stato d'animo, Sour scivolò nel sonno.

Era ancora notte e l'uomo della Frontiera era ancora sprofondato in un sonno agitato che non l'avrebbe riposato. Improvvisamente si mosse di scatto e si svegliò. Aveva sognato di cadere da cavallo. Si passò una mano sugli occhi e guardò le ceneri del fuoco ormai spento e freddo. Il cavallo era nelle vicinanze, sentiva il suo respiro affannoso. Il battitore tese l'orecchio e si accorse di altri rumori, estranei a quelli che aveva sentito fino a quel momento nella nebbia impenetrabile. Si alzò velocemente e impugnò la sua spada indietreggiando verso il suo cavallo. All'improvviso non era più l'uomo scoraggiato della sera prima, era disposto a vendere cara la pelle. Sentì il possente animale contro le sue spalle, il suo calore sulla schiena gli infondeva un po' di sicurezza e coraggio. Ma non bastarono. Una pietra uscì veloce dalla nebbia e lo colpì sulla tempia destra, stordendolo. Sour cadde a terra, in ginocchio, la vista appannata. Cercò di rialzarsi quando vide la punta di uno stivale vicino a lui, ma un secondo colpo completò l'opera tramortendolo e facendolo cadere a peso morto a terra.


Era notte e i quattro erano in viaggio da ore, ma il druido sembrava intenzionato a proseguire senza fermarsi ancora per molto tempo. Nur non recava tracce di stanchezza sul suo viso immutabile e coriaceo. Garvo continuava a borbottare, maledicendo il druido sottovoce e lamentandosi per la ferita che prudeva. Per distrarsi lo gnomo osservò nella luce lunare il volto della ragazza accanto a lui e notò che sembrava molto invecchiata da quando l'aveva vista la prima volta e l'aveva presa per un ragazzino. Aveva vent'anni ma in quel momento sembrava averne almeno dieci di più. Era stanca, come lui; era triste, aveva perso qualcuno a cui teneva; ma c'era altro un peso che non riusciva a comprendere. E questo poteva avere un solo significato. Magia. Lo gnomo sospirò nella notte. La magia aveva sempre portato guai e distruzioni all suo popolo, "La razza dei creduloni", come l'aveva definito un ubriacone in una taverna di Varfleet durante un'accesa discussione con lui. Sputò per terra e incrociò le dita in un segno di scongiuro al ricordo del Signore degli Inganni e a quello che ne era conseguito; le disastrose battaglie, i sacrifici e le morti della sua gente... che lui aveva abbandonato. Lui, lo gnomo che aveva combattuto con la gente della Frontiera. Un'onta. Il suo riscatto era quella missione. Certo gli Gnomi non l'avrebbero mai capito e non l'avrebbero comunque mai perdonato, ma lui doveva mettere a tacere il suo senso di colpa. In fondo era uno gnomo come gli altri. "Timoroso della magia come tutti gli altri" notò ricordando il suo recente scongiuro. Anche se nessuno l'avrebbe mai ringraziato o glorificato per quello che stava facendo, anche se la sua gente avrebbe comunque sputato sul suo nome e sulla sua tomba, lui avrebbe sempre saputo di aver fatto del suo meglio per liberare il suo popolo dal potere delle bestie. Anche se questo voleva dire inimicarseli ancor di più.
- Ogni nobile azione richiede dei sacrifici. - sussurrò al suo fianco Leian.
Garvo sussultò. Sapeva della magia della ragazza, ma che gli leggesse nella mente era un po' troppo.
- Perchè dici così? - chiese sospettoso.
- Me l'ha insegnato Flick. Secondo lui è la filosofia di vita del druido. -
- E perché ti è venuta in mente proprio ora? -
- Stavo pensando a Dreiden. Un piccolo sacrificio sulla strada della libertà. - "Senza contare il marito di Mailin, Brennar, Sour, Adael e chissà quanti altri di cui non sospetto neanche l'esistenza."
- A quanto pare camminare per ore di notte porta tutti alle stesse riflessioni grondanti di tristezza. - constatò lo gnomo.
- Potrebbe essere la presenza del druido. Lui ispira davvero angoscia e tristezza. -
Rimasero in silenzio continuando a camminare finché finalmente Allanon li fece fermare a riposare.
Leian si coricò e fece finta di dormire. Voleva vedere cosa era successo a Brennar e Sour.
- Non provarci, è troppo pericoloso. Siamo troppo vicini. - mormorò Allanon passandole accanto per andare a dormire. Leian non poté reprimere un moto di rabbia nei confronti dell'uomo, ma dovette ammettere con se stessa che aveva ragione. Questo la fece infuriare ancora di più.

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Capitolo 24
*** capitolo 24 ***


24.
L'alba aveva reso il cielo rosa ad est e Leian, a cui era toccato l'ultimo turno di guardia, si mosse per andare a svegliare i suoi compagni. Si stiracchiò nell'aria del mattino che prometteva un'altra calda giornata. Sembrava che facesse ancora più caldo. Gli alberi erano sempre meno e lei odiava viaggiare così scoperta.
La voce di Allanon risuonò nella mattina. - Questa sera al massimo arriveremo ai confini del deserto dell'Angluk. E da lì in poi dovremmo affidarci alla memoria di Leian. -
Gli sguardi si spostarono immediatamente su di lei. L'aveva immaginato. La mappa di Rentro.
- Potrei usare le pietre per farla vedere anche a voi. Così saremmo più sicuri. - Non le piaceva tutta quella responsabilità.
- Anche se vorresti dividere questo peso con noi, non è possibile. La magia delle pietre è troppo potente e sveglierebbe cose che tutti noi preferiremmo restassero all'oscuro della nostra presenza. Il più a lungo possibile. -
- Immagino che questo lasso di tempo non durerà fino alla fine di tutta questa storia. - ironizzò Garvo ottenendo come risposta una gelida occhiata del druido e un timido sorriso di Leian.
"Ma come ho fatto ad ascoltarlo?" Si domandò ancora una volta lo gnomo.

Era una serata come tanta altre. Nella taverna; la solita, piccola e male illuminata; Garvo stava riflettendo. Non sapeva come andare avanti. Nessuno voleva più commerciare con le terre dell'Est, quindi nessuno aveva più bisogno del suo aiuto prezioso come guida, soldato e interprete. E chi doveva ringraziare? La sua gente! Avevano scelto proprio un bel momento per riprendere le ostilità con i Nani dopo anni di tregua!
Lo gnomo si passò una mano sugli occhi, poi bevve un sorso di birra. La stava centellinando, attirandosi sguardi ostili da parte dell'oste.
- Maledetti gnomi, si vede che tutte le maledizioni che mi hanno lanciato cominciano a funzionare! - borbottò frustrato. Niente stava andando come doveva.
- Non è saggio mettersi contro gli Gnomi. Soprattutto quando è la propria gente. - disse una voce al suo fianco.
Garvo non si era accorto dello straniero alto che si era seduto accanto a lui. Il volto del gigante rimaneva in ombra ma lo gnomo credette di scorgere una scintilla di malizia negli occhi dell'uomo. Decise di ignorarlo. Ma l'uomo sembrava in vena di chiacchiere.
- E così tu saresti stato maledetto. Interessante. Non sono tante le persone della Frontiera che credono alle maledizioni. Ma del resto tu sei uno gnomo... -
Garvo sapeva che era una provocazione, probabilmente volta ad innervosirlo per poi magari seguirlo fuori con la scusa di una discussione e quindi rubargli i soldi e lasciarlo più morto che vivo in un vicolo. Quelle poche monete che aveva non ne valevano la pena, ad ogni modo.
- Non fare ragionamenti contorti, non sempre pensare male della gente porta ai risultati giusti. - lo sorprese. Garvo rimase a bocca aperta.
- Non fare quella faccia, era logico che tu stessi pensando dove fosse il trucco. -
- Non mi convinci. -
- Non ne dubito. Sembri essere sopravvissuto a molte vite, non l'hai fatto certo lasciandoti convincere dal primo venuto. -
- Cosa vuoi? -
- Tu cosa vuoi? Se sei la persona che credo tu sia, vuoi qualcosa a fare. Qualcosa che ti porti via da questo posto e che ti faccia magari guadagnare un po' di soldi. -
- Non sarebbe male. - ammise ancora sospettoso.
- Ma non sono qui per offrirti qualcosa del genere. -
- Mi sembrava troppo bello. Cosa mi proponi allora? -
- Una missione. E una redenzione. -

"Sempre enigmatico il druido, anche quando non ce ne sarebbe bisogno."
Si misero in cammino. Gli alberi si facevano sempre più radi e quei pochi che incontravano non godevano di buona salute, erano striminziti e secchi, prossimi alla morte curvi sotto il sole cocente. Invece aumentavano i cespugli e i rovi che rendevano più difficoltoso il cammino. Il sole era sempre più caldo, come se volesse segnalare ai viaggiatori che quel tragitto era pericoloso e il luogo in cui si stavano recando mortale.
Quando entrarono nel deserto dell'Angluk nessuno se ne accorse, tranne Allanon. Il paesaggio non era mutato poi così radicalmente. Si aspettavano sabbia e dune, ma erano circondati da terra arsa e spaccata e rocce.
Allanon li fece fermare e chiamò Leian.
- Siamo nell'Angluk. C'è qualcosa che ti ricorda la mappa di Rentro? - le chiese.
Leian si asciugò il sudore dal viso con una manica poi osservò il paesaggio intorno a lei.
- Erano segnate tre pietre enormi, disposte a triangolo. - disse scuotendo la testa.
Il druido annuì poi si rimise in cammino, seguito immediatamente da Nur, la sua solida ombra. Garvo guardò interrogativamente l'elfa che si strinse nelle spalle, poi li seguirono.
Leian aveva pensato che nulla potesse stancarla più della lunga camminata nelle foreste dell'Anar e di Istrat ma adesso si stava rendendo conto che si era sbagliata. Il deserto dell'Angluk sembrava togliere ogni energia a chi vi si inoltrava. Lei e Garvo stavano sudando copiosamente, si erano arrotolati le maniche ma avevano dovuto subito riabbassarle per evitare di scottarle a causa del sole. Si erano avvolti dei vestiti attorno alla testa, lasciando fuori solo gli occhi che lacrimavano per lo sforzo a cui la luce intensa li sottoponeva.  L'unico che sembrava immune da tutto quello era Nur, la cui spessa pelle non veniva lesa e i cui occhi erano protetti dalle poderose arcate sopraccigliari.
Leian si avvicinò al druido. - Come può cambiare così rapidamente il clima? Non siamo entrati in questo deserto da tanto. - gli chiese con la voce attutita dalla stoffa.
- La risposta dovresti già saperla. - rispose lui.
- Abaddon? Ma perché? -
- La distruzione arriva in molti modi. - fu la criptica risposta del druido e la mezzosangue decise di lasciar perdere.
Arrivarono velocemente al luogo indicato dalla ragazza e il druido li fece riposare.
- Non credo che oggi andremo ancora avanti, sarebbe troppo faticoso. Riprenderemo il cammino stasera. -
Leian si coricò all'ombra delle grandi pietre, senza che questa potesse mitigare il caldo che li avvolgeva. Il paesaggio era così strano per lei, cresciuta nel verde scuro delle estati di Valle d'Ombra e nei suoi inverni freddi e talvolta bianchi. Quel posto recava con sé solo una sensazione di morte che lei aveva già avvertito da un'altra parte, nel bosco attorno al castello delle pietre bianche. "Chissà quanto tempo impiegheremo per raggiungere la caverna."

Sour non riusciva ad aprire gli occhi, non perché qualcosa glielo impedisse, semplicemente non riusciva a costringersi ad aprirli. Era così stanco e quel movimento incessante lo cullava. "Dormire forse è la scelta migliore." Stava per abbandonarsi al sonno quando il movimento cessò. Sour sentì dentro sé una nuova energia e provò a muoversi, nonostante le strette corse che legavano insieme le sue mani e i suoi piedi. "Sembro un salame. Come ho fatto a cacciarmi in questo guaio? E' come se avessi tradito la memoria di Brennar, morto per salvarmi e permettermi di avvisare le Terre libere." Il pensiero del nano aumentò la sua decisione. Si mosse con cautela, cercando di capire la sua capacità di movimento. Improvvisamente sentì dei passi accanto a sé e una voce.
- Fatelo scendere. - ordinò seccamente.
Suor non riusciva a  riconoscere l'accento dell'uomo, era certo che non fosse della Frontiera ma non era nemmeno delle Terre del Sud. Una luce abbagliante colpì i suoi occhi abituati all'oscurità quando il telo che ricopriva il carro venne spostato. Mani forti lo afferrarono e senza grazia lo posarono a terra, dove rimase tremante di rabbia e indignazione per l'umiliazione subita.
- Slegatelo. - ordinò ancora la voce.
- Ma... -
- Non crederai che un uomo solo, con gli arti intorpiditi e disarmato possa costituire un pericolo? -
Sour riuscì finalmente a distinguere le figure e osservò l'uomo che aveva parlato. Dimostrava una quarantina d'anni, aveva occhi grigi sospettosi ed ironici e capelli castani venati di grigio. Indossava un completo da caccia, sulla schiena portava un fodero con una spada e in mano un arco di frassino. Al suo fianco tre uomini anch'essi pronti per la caccia e un ragazzino di circa quindici anni dai capelli rossi e la corporatura esile che lo osservava con curiosità. Un quarto uomo recise le corde e lo aiutò a rimettersi in piedi. Suor li fronteggiò, massaggiandosi i polsi e le mani intorpidite.
- Allora, straniero, cosa ti porta in queste lande remote senza null'altra compagnia di un cavallo? - domandò l'uomo che evidentemente era il capo.
Suor non rispose, continuando ad osservarli e considerando brevemente la possibilità di attaccarli; ma l'uomo che comandava aveva ragione, non c'era modo di impensierirli. Aveva pensato di prendere in ostaggio il ragazzino ma quello si teneva ben lontano dalla sua portata e l'uomo massiccio che l'aveva liberato era anche pronto ad ucciderlo.
- Una risposta sarebbe gradita. -
- Stavo cavalcando per conto mio quando mi avete aggredito. Non vi ho provocato e non ho fatto nulla per meritarmi un simile trattamento. -
- Hai ragione, ma di questi tempi non si è mai troppo prudenti con gli stranieri. Soprattutto se arrivano da sud. -
Suor dovette riconoscere che avevano ragione.
- Mi stavo dirigendo verso il Regno di Leah. - ammise semplicemente, non credeva fossero soldati di Rentro dato che temevano che lo fosse lui. 
- Perché? -
- Ho un messaggio per il re. -
- Questo è interessante, addirittura per il re. E cosa dice? -
- Lo dirò solo a Menion Leah. -
- Puoi almeno dirmi da parte di chi è? -
L'uomo lo stava canzonando e questo fece inferocire l'uomo della Frontiera, già stanco e ferito nell'orgoglio. - Non vedo come possa interessarti. -
- Anche tu hai ragione. Cambierebbe qualcosa se ti dicessi che io sono Menion Leah, re legittimo di Leah? -
Solo allora Sour notò l'emblema della casa reale delle montagne sull'elsa della spada che l'uomo aveva fissata sulla schiena.

***

Buon anno a tutti! Sì, sono in ritardo di quei dieci - undici giorni ma è il massimo che posso fare viste le mie scarse capacità mentali.
Alaide:  in effetti la parentela Rentro-Leian era quanto di più prevedibile ci potesse essere, ma un po' di angst ci stava! XD Sono felice di sapere che ti ho emozionata con la morte di Dreiden (che tra l'altro ho "ucciso" con molta fatica, anche perché questo personaggio non ne voleva sapere di morire!), ed è sempre un complimento quando mi dicono che riesco a rendere le emozioni dei personaggi. *arrossisce* Grazie per la costanza e per le belle parole.
Grazie anche a chi legge senza recensire e a chi ha messo la mia storia tra i preferiti.
A presto,
sku

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Capitolo 25
*** capitolo 25 ***


25.
- Se tu fossi il re di Leah sarebbe tutta un’altra storia. - ammise Sour con tono strafottente. Non era mai stato il suo forte ammettere un errore.
- Arrogante anche nei momenti di difficoltà, sei proprio un uomo della Frontiera come il tuo accento lascia intendere. - Ad un suo gesto gli uomini che erano con lui rimisero le spade nel fodero, ma continuarono ad osservarlo sospettosi. - Cosa ti ha portato a perderti nelle pianure di Clete? -
- Una missione. -
- Quanto mistero. Adesso tu sai chi sono io, ma noi ignoriamo la tua identità. -
Sour era ancora indeciso se rivelare ogni cosa, aveva immaginato diversamente il momento del colloquio col re. In verità aveva anche immaginato un re diverso, non così giovane e non così… non avrebbe saputo definirlo, libero.
- Hai ancora qualche perplessità, più che giusto se il tuo incarico è così importante. Allora lascia che ti aiutiamo a giungere a Leah dove potrai constatare coi tuoi occhi che non mento. Harmon, rendi al cavaliere le sue armi. - L’uomo parve sul punto di protestare, ma Menion lo precedette. - Non temere, non ci farà del male. E siamo sempre sei contro uno. -
La cavalcata non durò a lungo, presto arrivarono alle porte della città dove le guardie salutarono con rispetto la compagnia. Raggiunsero il palazzo reale e vi entrarono scortati sempre dalla deferenza delle persone che incontravano. Sour dovette ammettere che forse l’uomo non gli aveva mentito.
- Qui ci separiamo, straniero. Sarai alloggiato in una stanza confortevole e il re ti riceverà a cena. Sii pronto a rivelargli il tuo segreto. - gli disse accomiatandosi da lui.
Sour non gradiva tutta quell’ironia nei suoi confronti, ma era innegabile che l’uomo che l’aveva appena salutato allontanandosi col ragazzino fosse un capo nato. Gli ricordava Balinor, ispirava lealtà e fiducia.
Seguì Harmon lungo un corridoio e infine in una stanza spartana, dove un ragazzo stava preparando un bagno caldo.
- Verrò a riprendervi per la cena. Non fate scherzi, qui fuori ho messo due guardie. -
A Sour non parve vero di poter fare un bagno dopo settimane di marcia forzata e combattimenti e si affrettò a spogliarsi non prima di aver messo una sedia davanti alla porta per bloccarla. Non si era mai troppo prudenti.

Harmon gli aveva portato dei vestiti adatti alla mensa di un re. Anche se il Regno di Leah era piccolo, il protocollo andava rispettato.
Quando entrò nella sala Sour fu deluso da quello che vide. Si era immaginato sfarzo e oro, tendaggi preziosi e ceramiche pregiate, ma non vi era nulla di tutto ciò. Solo la sala da pranzo di una famiglia agiata. Sentì una risata venire dalla sua destra.
- Mi spiace che il mio regno non sia all’altezza delle tue aspettative. - lo punzecchiò Menion entrando, al suo fianco una bellissima donna dai capelli rossi e dagli occhi azzurri che lo fissava. - Ma mia moglie è il mio gioiello più prezioso e nulla deve offuscare la sua grazia e la sua bellezza. -
La donna rise e Sour si sentì in imbarazzo, improvvisamente di troppo.
- Shirl, questo è lo straniero che desiderava tanto conferire con me. Adesso è ripulito, ma se chiederai a Hendel come l’abbiamo trovato capirai perché i miei uomini siano stati tanto duri. -
- Lo domanderò a nostro figlio domani. Adesso immagino che questo viaggiatore senza nome abbia fame. - disse dirigendosi verso la tavola.
- Mi chiamo Sour. - disse l’uomo della Frontiera improvvisamente, spinto da un impulso che non seppe frenare. Menion sorrise, sapeva che sua moglie era abile nel mettere a loro agio le persone.
- Bene, Sour del Callahorn, siediti a mangiare con noi e raccontami se la mia terra è splendida come la ricordo. - lo esortò la donna.

La cena fu breve, Shirl si occupò di tener viva la conversazione parlando di Kern, di Tyrsis e della Frontiera con Sour. Per lui fu piacevole distrarsi. Ma quando ebbero finito tutto tornò con urgenza alla sua mente.
- Allora, Sour, cosa hai di così importante da dirmi per sfidare le nebbie delle pianure di Clete? - chiese Menion.
- Io sono un messaggero, mi manda Allanon, l’ultimo druido. -
- Non avevo dubbi che ci fosse il suo zampino. Cosa sta accadendo? - disse il re con una smorfia.
- L’esercito delle Terre del Sud è in marcia verso la Frontiera. Si propongono di conquistare tutto il sud, il Callahorn per poi muovere battaglia ad Elfi e Nani. -
- E’ ridicolo! - esclamò Menion Leah - Non possono riuscirci. -
- Sono già molto avanti, al massimo una settimana da qua, forse qualche giorno di più. Il loro esercito è enorme. E non sono soli. -
- Che cosa intendi, che Gnomi e Troll stanno arrivando da est e da nord? - chiese Shirl preoccupata.
- I Troll non prenderanno parte a questa guerra. O per lo meno non dalla parte sbagliata. E gli Gnomi stanno tenendo occupati i Nani per il momento. -
- Quindi è qualcosa di peggio. Raccontami tutto dall’inizio. -
Sour spiegò ai reali di Leah tutta la storia, il viaggio verso Dechtera, le bestie incontrate lungo la strada, la morte di Rentro e il viaggio degli ultimi quattro verso il deserto.
- Quindi il druido ha portato con sé la piccola Leian. Il vecchio Flick non sarà per niente contento di questo! - sorrise ma presto tornò serio. Si fece descrivere l’esercito del Sud nei particolari e aiutò il racconto di Sour con delle cartine della zona.
- La situazione non è per niente rosea. - disse infine. - I messaggeri partiranno stasera stessa alla volta di Tyrsis, Arborlon e Culhaven. Domattina riunirò l’esercito, non sarà difficile, sono stati tutti preavvisati. –
Questo stupì Sour. - Come mai? -
- Quello che tu mi ha raccontato non ha fatto altro che confermare i miei sospetti. Già da tempo temevo che Rentro avesse mire espansionistiche, anche se non pensavo così imponenti. E non mi sorprende più di tanto che i governanti del Sud abbiamo deciso di continuare il piano nonostante la sua morte. Hanno sempre voluto soggiogare il Callahorn. Ma non ci riusciranno tanto facilmente. Dovranno letteralmente passare sul mio cadavere. - Menion si alzò. - Grazie per le tue informazioni, credo che vorrai riposare. Vado a impartire gli ordini. - Uscì dalla stanza lasciando Sour incerto sul da farsi.
- Hai messo in moto mio marito. - osservò Shirl sorridendo tristemente. - Sarà difficile fermarlo adesso. -
- Mi spiace, non volevo causare… -
- Hai fatto ciò che dovevi e ti siamo grati di averci avvisati il più in fretta possibile. Devi capire che non può fare altrimenti, deve proteggere la sua gente e vuole difendere anche gli Elfi, i Nani e la Frontiera. Ha un debito con Balinor per aver fermato il Signore degli Inganni prima che raggiungesse Leah vent’anni fa. Lui la pensa così e vuole ricambiare. - Lo osservò e Sour abbassò gli occhi.
- E adesso tu cosa farai? - gli chiese poi.
Sour non seppe cosa rispondere. Non ci aveva pensato, così teso nello sforzo di arrivare a Leah non aveva pensato al dopo.
- Dovrei tornare a sud, cercare Brennar. Ma non so se sia una mossa saggia. - Il pensiero di abbandonare ancora una volta il nano lo fece sentire in colpa. - Vorrei rendermi utile. Vorrei fare qualcosa. - Si guardò le mani sconsolato.
- Potresti far parte dell’esercito di Leah. - gli propose semplicemente la donna.
- Non sono di qui. -
- Neanche io, eppure sono la regina. Non servono solo le origini per sentirsi parte di qualcosa. Lo devi fare per le Quattro Terre, per la Frontiera, non per Leah. -
Detto così era tutto più semplice, ammise Sour a se stesso.
- E tu fai già parte di questa storia. Dopo tutto quello che hai fatto, non vorrai perderti il finale, vero? - lo canzonò lei.
Sour rise, improvvisamente risollevato. Il destino delle Quattro Terre era passato in mani più competenti delle sue, ora la responsabilità di un possibile fallimento non era più solo sua. Era un pensiero da vile, ma lo privava di un peso enorme. Improvvisamente capì come doveva sentirsi Allanon, su cui ogni popolo libero faceva affidamento.
- Adesso, se mi permetti, vado a vedere cosa posso fare per il mio regno. Ti consiglio di riposare, domani mattina la sveglia sarà molto presto. Sempre che tu lo voglia. -
Shirl attese una risposta. Non voleva essere pressante, ma il tempo scorreva inesorabile.
- Domani sarò con voi. - rispose infine l’uomo, inchinandosi.
- Riferirò al re la tua disponibilità. Ne sarà felice. Devi essere un uomo coraggioso e tenace per essere sopravvissuto alle Pianure di Clete che hanno quasi ucciso mio marito e i suoi amici molti anni fa. Buonanotte, Sour del Callahorn. - si accomiatò.
L’uomo rimase un attimo inebetito. La regina di Leah era una donna carismatica, che negli anni aveva imparato a governare e a conoscere gli uomini. Il suo fascino le procurava fedeli cavalieri che sarebbero morti per lei. Sour sarebbe presto diventato uno di loro.
Sour fu svegliato da un veloce bussare alla porta, poi Harmon entrò.
- Il re richiede la tua presenza nella sala del consiglio. Vestiti in fretta. - L’uomo uscì, rapido com’era entrato lasciando l’altro spiazzato e confuso.

- Una grave minaccia incombe su di noi. Le squadre mandate in esplorazione ci porteranno notizie più dettagliate, ma per ora sappiamo solo che un enorme esercito proveniente dalle Terre del Sud sta per attaccarci, dista una settimana di cammino o poco più. Quest’uomo - disse indicando Sour - è un messaggero di Allanon, lui ci ha avvisato fornendoci notizie precise e importanti. Grazie a lui i nostri messaggeri sono già in viaggio per avvisare gli alleati e i soldati sono stati avvisati. -
- Cosa proponete di fare? - chiese un uomo di mezz’età dal viso arcigno.
- Andare incontro al nemico. - rispose semplicemente il re di Leah suscitando un mormorio allarmato. - Il nostro esercito non potrebbe resistere ad una battaglia imponente e non potremmo sostenere un assedio, senza contare che lascerebbe inermi i villaggi esterni. Per questo propongo di andargli incontro, per rallentarlo e permettere agli eserciti alleati di venire in nostro soccorso. -
- Pensate che verranno veramente? - chiese un anziano.
- Sì. - fu la secca risposta del re.
- Vi fidate della parola dello straniero? - chiese il consigliere.
- Mi fido di quello che dice il nostro alleato - disse calcando sull'ultima parola - e di quello che abbiamo saputo dai nostri messaggeri nel Sud in questi ultimi mesi. Ad ogni modo non partiremo con l’intento di sconfiggerli, dobbiamo solo rallentarli. Per questo saremo solo poche squadre esperte, mentre il resto resterà a difesa della città. Manderemo corrieri ad avvisare i villaggi esterni perché gli abitanti si rifugino nelle mura. -
- Non è una buona idea che partiate anche voi. - disse l’uomo dal viso arcigno.
- Non starò ad aspettare il nemico sulla porta di casa, sono il re! E’ mio compito difendere il mio popolo. -
- Sarebbe vostro compito anche avere il buon senso di non abbandonarlo per una manovra rischiosa e azzardata. Inoltre non avete considerato un’altra possibilità. -
- Quale? -
- Allearci con le Terre del Sud. -
- Non credo che questo accadrà mai. Da generazioni la mia famiglia governa sulle montagne e non sarà certo sotto il mio regno che perderemo la libertà e l’autonomia. Durante la mia assenza, la regina sarà la reggente. - Altri mormorii di disapprovazione percorsero la sala. - Non voglio sentire che non è corretto perché è una donna o una straniera. La mia fiducia in lei è incondizionata e se quando tornerò m’informeranno che l’avete ostacolata… - non terminò la frase, lasciando che il timore di una sua ritorsione entrasse nelle loro menti. La sua espressione non lasciava adito a dubbi circa la sua vendetta. Quando ritenne che avessero compreso, sciolse la seduta e si avvicinò a Sour.
- So come ti senti. Anni fa partecipai ad una riunione simile e non riuscivo a capacitarmi della mancanza di nerbo di un consiglio. Le cose non sono cambiate. -
- Però non è saggio che lasciate il regno. - gli fece notare.
- Non sarei più rispettato come re se non lo facessi. Non posso mandare i miei uomini a rischiare la vita e stare chiuso al sicuro dietro un portone. Partiremo nel pomeriggio. Sei ancora convinto di voler venire con noi? -
- Non ho motivi per non farlo. E devo difendere la mia terra. -
- Ci intenderemo. - concluse Menion dandogli una pacca sulla spalla.

- Partiremo alla volta di Culhaven oggi stesso. - lo avvisò il druido. - Per strada incontreremo altre persone che si uniranno a noi. -
- Si uniranno a noi per fare cosa? - chiese Sour.
- Per combattere. -
- Oggi? - Sour era confuso, il druido non gli aveva parlato di battaglie. Non nell’immediato ad ogni modo.
- In futuro. Vuoi tirarti indietro? -

***
L'annuncio è di rigore: ieri ho finito gli esami dell'università e a marzo mi laureo (sempre che un meteorite non mi uccida mentre sono fuori di casa. )
Alaide: grazie per tutti i tuoi complimenti, sono felice che riesca a rendere Allanon IC e che ti piacciano i miei personaggi originali. Menion è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti, era così umano, con tutti i suoi difetti e i suoi pregi.
Grazie anche a chi legge senza recensire e a chi ha messo la mia storia tra i preferiti.
A presto,
sku

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Capitolo 26
*** capitolo 26 ***


26.
L’afa era soffocante. La sentinella spostò il peso da un piede all’altro, non ricordava una giornata asfissiante come quella, eppure doveva essere abituato all’umidità della foresta; era il luogo in cui era cresciuto, dove aveva sempre vissuto. Ma anche suo nonno continuava a ripetere che c’era qualcosa che non andava nel tempo. Il nano si passò la mano sul viso detergendosi il velo di sudore che lo ricopriva e che gli colava sul collo e poi sotto la casacca verde che lo confondeva con l’ambiente circostante; bevve qualche sorso d’acqua dalla sua borraccia ma neanche quello gli procurò sollievo. Pattugliare i confini era diventato uno dei compiti più ingrati in quelle condizioni, nessuno voleva farlo e lo rifilavano ai novellini, come lui.
La luce del sole filtrava tra le foglie degli alberi accecandolo a tratti, il canto degli uccelli si spandeva nell’aria distraendolo momentaneamente dai suoi brutti pensieri.
Fu quell’attimo di spensieratezza e disattenzione che gli fu fatale. Lo gnomo, un veterano di molte battaglie con i nani, gli era arrivato alle spalle in silenzio e sempre senza rumore gli tagliò la gola. Poi fece un cenno dietro di sé e la pattuglia si mosse verso l’Anar inferiore.

Era una bella e arida giornata nel Sarandanon che sembrava assolutamente deserto. La pattuglia di cacciatori elfi si muoveva nell’irreale quiete del posto. Niente più contadini, niente più viaggiatori, niente più.
Da quando i rapimenti e le sparizioni della loro gente erano cominciati non avevano avuto tregua. La popolazione si era rifugiata ad Arborlon o nei suoi dintorni, alcuni erano addirittura partiti per Tyrsis, certi che il Callahorn fosse più sicuro della loro patria. Una migrazione che non aveva precedenti; gli Elfi erano così attaccati alla loro terra da rendere quell’esodo incredibile. La paura era una spinta più che sufficiente ad abbandonare tutto ciò in cui si crede.
E adesso loro sorvegliavano una terra vuota; un compito ingrato e inutile. Il loro capitano li fece fermare mentre si chinava ad esaminare delle tracce. I soldati si guardarono attorno ma non c’era segno di vita.
- Sono passati di qui. Questa mattina. Ed erano pochi. Due persone al massimo, con un carro trainato da un cavallo zoppo. - affermò rialzandosi.
- Da dove venivano? - Nessuno osava mettere in discussione la lettura delle orme del capitano, senza dubbio il miglior battitore delle Quattro Terre.
- Da sud-est. - rispose meditabondo, calcolando quanto terreno ci fosse tra la sua squadra e i nemici. – E si stanno dirigendo verso Arborlon. Dobbiamo aggirarli e avvisare la città. -
- Siamo troppo lenti. -
- Dobbiamo solo arrivare alla stazione di posta e trasmettere il messaggio. Dobbiamo farcela o il nostro popolo sarà impreparato ad un attacco. -
- Ma sono pochi! E non siamo neanche certi che siano nemici! - esclamò il cacciatore più giovane con veemenza.
- Un attacco di sorpresa, magari di notte, può essere portato a termine con un buon esito da poche persone. Pensa se riuscissero a penetrare nella città addormentata e riuscissero ad arrivare al Palazzo Reale. Hai idea di quello che potrebbe succedere? Sappiamo bene cosa succederebbe se il re venisse rapito o assassinato; la stessa cosa che accadde vent’anni fa, la paralisi del Consiglio e la paura ovunque. Non possiamo rischiare. - gli spiegò facendoli rimettere in marcia. - E non possono essere altro che nemici di questi tempi. - affermò poi cupo.

Menion Leah conosceva bene la terra a sud del suo regno. Erano passati pochi anni da quando con Shea e Flick o da solo l’aveva esplorata palmo a palmo in estenuanti battute di caccia o avventure spesso pericolose; per quello era sicuro di ciò che voleva fare. L’esercito avrebbe di sicuro aggirato le Pianure di Clete, troppo pericolose, e non si sarebbe certo avventurato nelle Querce Nere, nonostante le creature magiche che li accompagnavano. Era impensabile che si dirigessero ad est, la terra dei Nani non era una priorità, ed era comunque sotto la minaccia degli Gnomi. Quindi si sarebbero diretti ad ovest. E lì avrebbe trovato il suo gruppo scelto ad attenderli.
Aveva selezionato gli uomini uno ad uno. Erano i soldati più esperti di cui disponeva, li aveva addestrati personalmente durante quegli anni di pace proprio nell’eventualità che accadesse una cosa del genere. Aveva sempre sospettato che Rentro avrebbe mosso battaglia al resto delle Terre del Sud, anche se non era certo che i governanti l’avrebbero appoggiato così facilmente. Era consapevole della loro ingordigia di potere, ma non credeva che fossero anche così sventati. Invece si era sbagliato e quello che stava succedendo ne era una prova. Il protettore delle Terre del Sud era morto ma il suo esercito marciava compatto verso di loro. Con le bestie al loro fianco per di più, mentre loro non disponevano di alcuna protezione magica. Provò il desiderio irrazionale di avere al suo fianco la compagnia che era partita alla ricerca della Spada di Shannara, il tenace Hendel che era morto al suo fianco, Balinor che con il suo carisma li teneva compatti, il druido che li aveva guidati e spronati, Shea con la sua amicizia e anche Flick, che l’aveva sempre detestato e che si era rivelato un prezioso compagno di strada, ammise a malincuore. Ma nessuno era lì con lui; questa volta la responsabilità sarebbe stata tutta sua.
Osservò ancora l’orizzonte ma l’esercito non si vedeva, per il momento. Sapeva d'essere sulla strada giusta, glielo dicevano il suo intuito e le informazioni degli esploratori. Si voltò e tornò dai suoi uomini.
Leian faticava a trovare la strada giusta, non aveva la concentrazione necessaria e i ricordi della mappa di Rentro apparivano confusi nella sua mente. Si fermò per riprendere fiato e per scacciare il timore di sbagliare. Non era pronta per una simile responsabilità, la vita sua e dei tre uomini che l’accompagnavano era interamente nelle sue mani, o più precisamente nella sua memoria.
- Ce la puoi fare. - La voce di Nur era bassa e profonda, era stato un sussurro che solo lei aveva colto, gli altri erano troppo lontani.
- Non credo, non è una cosa a cui sono abituata, non è come quando trovo un sentiero con la mia magia. Devo affidarmi ad un ricordo fugace. - si lamentò lei.
- Sei sicura che sia fugace? Non è legato ad un altro più terribile? - le chiese lui con dolcezza.

Rentro stava osservando la mappa, era stanco, solo e assetato.Poi la scoperta della caverna e dell’entità nascosta al suo interno, la cui potenza l’uomo non poteva neanche immaginare.
Dopo ancora la condanna a morte dei suoi genitori, emessa nel buio umido della terra profonda.

La mappa era stata la causa della morte dei suoi genitori. La mappa era all’origine della sofferenza di migliaia di persone, all’origine della sua sofferenza. Aveva provocato la morte dei suoi genitori, di Adael, ma soprattutto aveva ucciso Dreiden. La ragazza sentì una stretta al cuore al ricordo dell’uomo. Aveva creduto che l’avrebbe pianto a vita, invece erano bastati pochi giorni perché non fosse più il suo principale pensiero. Si infuriò con se stessa e ancor di più con Abaddon.
La mappa si impresse a fuoco nella memoria di Leian, incancellabile nonostante tutti gli sforzi per eliminarla, simbolo di tutto quello che aveva perduto.
- Ce la farai. Noi crediamo che tu riesca in questa impresa. - disse ancora il troll.
- Se succederà sarà solo perché mi avrete aiutato. - ammise lei.
- Non fa differenza, l’importante è riuscirci. - concluse con praticità Nur.
“Dev’essere il discorso più lungo che abbia mai fatto con lui.” pensò la giovane mezzosangue.
Leian sapeva come vivevano i Troll delle Montagne, condividendo tutto, persino i familiari oltre che le case. Per loro l’importante era la comunità, l’individuo non era fondamentale. Lei non riusciva a pensarla così, per lei erano arrivati fino a quel punto grazie alla sforzo di singole persone ognuna delle quali aveva dato il suo contributo, grande o piccolo che fosse. Non sarebbero stati lì senza l’aiuto di Mailin e di suo marito, senza l’aiuto dei Nani della fortezza vicino ad Istrat, senza i messaggeri che avevano portato i dispacci di Allanon a tutti i governanti delle Terre Libere.
Si sentì rincuorata da quel pensiero, non erano soli a combattere contro quella follia dilagante. Erano molti e sarebbero stati sempre di più quando Sour avesse raggiunto il regno di Leah; sempre che non l’avesse già fatto.
Il piccolo gruppo ripartì seguendo le istruzioni di Leian, finalmente più decisa. Nur chiudeva la fila, la sua massiccia presenza tranquillizzava Leian e le ricordava che anche nei momenti più bui c’era qualcuno disposto a credere in lei.

***
Alaide: le tue recensioni mi rendono estremamete felice dato che continui a ripetermi che ti piaccioni i miei personaggi originali e che trovi IC quelli di Terry Brooks. Grazie per il sostegno.
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku

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Capitolo 27
*** capitolo 27 ***


27.
Pioveva nelle foreste dell’Anar inferiore, una pioggia torrenziale. Tutte le precipitazioni delle Quattro Terre sembravano essere state convogliate ad est.
I nani di vedetta sui camminamenti non riuscivano a vedere poco più in là del loro naso, ma non sembravano preoccuparsi per quella cecità momentanea. Si ritenevano al sicuro all’interno del loro territorio; nessun segnale di allarme era giunto dalle sentinelle esterne quindi non erano impensieriti dal non scorgere nulla dei dintorni. Il maltempo inoltre li rendeva poco disposti a passare molto tempo all’esterno.
Anche il popolo più abituato a combattere poteva distrarsi. Questo fu l’errore più grande dei Nani.
La squadra di gnomi rimase nascosta al sicuro tra gli alberi per diverse ore studiando i movimenti delle guardie. Poi, ad un preciso comando del capitano, gli arcieri armarono i loro archi di frecce incendiarie e le scagliarono all’interno della fortezza. La pece non si spegneva a contatto con l’acqua e incendiava tutto ciò che poteva. I nani furono sorpresi dall’attacco e accorsero per spegnere i roghi che divampavano ovunque nell’ampio cortile, lasciando sguarnite le difese.
Mentre gli arcieri continuavano il loro attacco, un gruppo di gnomi uscì dalla copertura offerta dalla foresta e reggendo un pesante ariete si diresse velocemente verso il possente portone e lo colpì con forza facendolo scricchiolare.
I nani non si fecero prendere dal panico per quell'attacco improvviso e cercarono di approntare rapidamente un piano di difesa, ma la guarnigione non era numerosa e molti erano occupati con gli incendi. Alcuni di loro accorsero sulle mura, pronti a gettare sassi, frecce e qualunque cosa fosse un’arma verso i nemici che cercavano di penetrare all’interno, ma l’olio bollente non era pronto e le frecce gnome erano un pericolo che impediva ai difensori di sporgersi più dello stretto necessario e di poter prendere bene la mira.
Poi un suono innaturale si diffuse, coperto a malapena dal fragore della battaglia. Uno stridio che sembrava provenire dalle viscere della terra e che scuoteva le mura. I Nani compresero velocemente che qualcosa di soprannaturale era stato scatenato e nella fortezza si diffuse in fretta la consapevolezza che non avrebbero potuto resistere molto ad un attacco di quel genere: li aveva spiazzati, non avevano potuto approntare un adeguato piano di difesa ed erano rimasti scoperti, pochi uomini e pochi mezzi.
All’esterno le bestie uscirono dalla protezione degli alberi e si diressero verso la fortezza, bramosi per il nutrimento di vita che aveva al suo interno. Le bestie avevano fame e venivano a reclamare il loro pasto.
Il comandante della guarnigione si maledisse per aver permesso che tutto quello succedesse, solo poco tempo prima la fortezza vicino ad Istrat era stata attaccata, come avevano potuto pensare che gli Gnomi non si sarebbero ripresentati presto alle loro porte?
Il nano corse in ogni punto per verificare i danni, fece rafforzare il portone ordinando di barricarlo con qualsiasi cosa potesse bloccare i nemici, e richiamò i suoi uomini intorno a sé.
- Siamo troppo pochi e loro sono tanti e hanno la magia dalla loro. Non riusciremo a resistere a lungo, il loro ariete tra poco sfonderà l’entrata e noi saremo finiti. C’è un’unica soluzione. I cunicoli. -
- Ma scappare è da codardi! - Le voci di protesta si alzarono intorno a lui ma cessarono ad un suo cenno.
- Non abbiamo alternative, dobbiamo andare ad avvisare i nostri che la nazione è sotto attacco. E venderemo cara la pelle. Ci divideremo in due gruppi, il più numeroso partirà immediatamente. Il secondo resterà qui per impedire agli gnomi di raggiungere gli altri facendo credere che siamo ancora tutti qui. Non è da codardi ripiegare per poter vincere nello scontro finale. -
Il nano osservò i suoi uomini e scelse i più tenaci, alcuni veterani di molte battaglie per restare con lui e permettere agli altri di fuggire.
- Io resterò. - disse un nano basso e tarchiato contraddicendo il comandante.
- No, tu sei il mio vice e dovrai guidarli lontano dai pericoli. Conto su di te per trasmettere il messaggio. -
Il gruppo, nascosto negli edifici della guarnigione, osservò il portone cedere e gli gnomi brulicare nel cortile e fermarsi disorientati quando non videro traccia di Nani. Poi uscirono allo scoperto urlando e assalendo gli invasori da ogni parte, calando le armi e uccidendone il più alto numero possibile. Gli Gnomi furono storditi da quell'attacco inatteso ma lo sbalordimento durò poco e presto si ripresero e i nani si ritirarono all’interno dell’edificio principale. Durante la fuga fecero scattare alcuni meccanismi nascosti, aprendo botole, lasciando cadere pesanti lance acuminate e frecce impregnate di veleno mentre scendevano verso le viscere della terra, incuranti dell'atavico disgusto dei Nani per le profondità terrestri.
Gli gnomi sopravvissuti li seguirono nel profondo della fortezza pronti a massacrarli, quando le pareti iniziarono a scricchiolare e poi a collassare schiacciandoli. Le vie di fuga dei cunicoli vennero bloccate. I pochi nani rimasti in vita in quello scontro impari osservarono lo sfracelo che li circondava e aspettarono rassegnati e bellicosi che le bestie nere arrivassero ad ucciderli.

I due uomini vestiti di nero si mossero nell’oscurità del giardino del palazzo reale. Dietro di loro solo un’ombra più consistente e ancora più buia della notte.
Fecero pochi passi quando il primo della fila fece fermare gli altri e avanzò di alcuni passi. Fece poi segno agli altri di avvicinarsi. - Ci sono tre guardie davanti a noi. - sussurrò.
La bestia li superò e presto si confuse con il resto della notte. Gli uomini sentirono solo il tonfo di due corpi che cadevano e la videro tornare, gli occhi rossi maligni che esprimevano soddisfazione. Il gruppo procedette lentamente verso la loro destinazione, la porta-finestra dello studio del re. Non avevano fretta, la notte era dalla loro parte.
Gli elfi della Guardia Reale pattugliavano il perimetro della reggia, invisibili ai più come era stato loro insegnato. Nessuno aveva una responsabilità maggiore della loro, la cui vita era dedicata alla difesa del re e della sua famiglia. Sorvegliavano il giardino, le stanze, i corridoi; invisibili e silenziosi come fantasmi. Tutto procedeva come era solito, il silenzio nel grande palazzo li tranquillizzava.
Il primo uomo raggiunse la porta-finestra e fece girare la maniglia ma non riuscì ad aprire la porta. Era quello che si era aspettato. Estrasse un piccolo filo metallico e armeggiò un poco con la serratura, senza emettere alcun rumore che potesse dare l’allarme. Sorrise tra sé ammettendo che l’essere stato un ladruncolo per molti anni gli tornava utile. La serratura scattò e lui aprì la porta ma non entrò. Il suo lavoro era finito. Era un ladro, non un soldato. Fece per girarsi ma una zampa artigliata lo prese per il collo impedendogli di muoversi.
- Sei stato molto utile. - Il sibilo nell’orecchio lo fece rabbrividire poi l’altra zampa gli coprì la bocca per impedirgli di urlare e la bestia strinse più forte il gracile collo. L’uomo sentì un’ondata di terrore percorrerlo quando capì che per lui era la fine. Forse la sua carriera di ladro non era stata utile, aveva solo decretato la sua condanna a morte. L’orrore si fece strada nella sua mente fino a quando divenne talmente insopportabile che essa semplicemente si spense.
La bestia lasciò cadere il corpo, fino a quel momento era stata una notte fruttuosa. Penetrò all’interno dell’edificio seguita dal secondo uomo. Si spostarono nei corridoi vuoti, l’uomo la condusse fino alla porta della camera del sovrano dove si fermarono.
- Aspetta qui. - sibilò la bestia e alla spia non venne nemmeno l’idea di disubbidire per paura delle conseguenze dell’insubordinazione.
La bestia aprì la porta ed entrò nella stanza scura, si avvicinò al letto e calò la zampa sulla sagoma del re dormiente. Contemporaneamente due spade uscirono dal buio della stanza e la trafissero provocando un gemito di sorpresa e rabbia. Nel letto non c'era nessuno, solo cuscini. Ad un richiamo altre guardie accorsero velocemente nella stanza mentre l'uomo di guardia cercò di dileguarsi, ma la sua fuga venne fermata dalla spada affilata di un elfo. 
La bestia osservò i suoi avversari con gli occhi rossi fiammeggianti ma le guardie reali non si fecero intimorire. Erano state avvisate dell'attacco dalla pattuglia che controllava il Sarandanon e avevano nascosto il re in un luogo sicuro, nonostante le sue vibranti proteste, convinto com'era di poter sconfiggere qualunque avversario. Le pressioni del consiglio però avevano prevalso e il re si era dovuto arrendere all'evidenza che un re coraggioso ma morto a volte valeva meno di un re di buon senso vivo. 
Adesso le sue guardie fronteggiavano un nemico che sarebbe stato probabilmente impossibile da battere se nella biblioteca del palazzo reale non fossero stati conservati documenti così antichi da risultare incredibili.

- E così una pattuglia crede che qualcosa di magico e malvagio stia arrivando per uccidermi. - constatò re Eventine Elessedil camminando avanti e indietro per il suo studio.
- Sì, mio signore. - rispose il comandante dei cacciatori elfi.
- Qualcosa di oscuro che immagino abbia a che fare con le sparizioni della nostra gente. -
L'altro non rispose, il re non stava più parlando con lui ma con se stesso.
- Se è così l'unico che potrebbe aiutarci sarebbe Allanon, ma è lontano. Mi aveva avvisato dell'eventualità di un attacco, ma non credevo che fosse possibile. Però la sua ultima visita è stata preziosa, soprattutto per le indicazioni che ha lasciato nella biblioteca circa il nostro vero nemico. -
Il re uscì dalla stanza lasciando il comandante a chiedersi se fosse stato di una qualche utilità ed a rimpiangere l'assenza del suo predecessore, Adael, che conosceva Eventine e il suo modo di fare meglio di lui.

La visita di Allanon aveva permesso agli Elfi di scoprire un modo per sconfiggere gli emissari dello Spirito della Distruzione. Non sarebbe stata una sconfitta definitiva, la distruzione rigenera se stessa, ma avrebbe permesso loro di respirare e soprattutto di non combattere inutilmente. Nei sotterranei del Palazzo veniva conservata una preziosa reliquia, dono del Re del Fiume Argento al popolo elfo come ricompensa per l'impegno che mettevano nel proteggere la terra, là dove lui non poteva arrivare.
Era una sostanza liquida opalescente che, sparsa sulle armi, costringeva gli emissari della Distruzione con cui veniva a contatto a ritornare alla fonte dell'energia che li teneva in vita, Abaddon.
Gli Elfi non avevano mai dovuto attingere a tale prezioso dono, ma sembrava che in quel momento non vi fosse altra scelta.
Il comandante delle guardie si fece avanti, la spada protesa dinnanzi a sé. La bestia lo squadrò, valutando quanta vita poteva succhiare a quell'elfo intraprendente, poi scattò verso di lui con gli artigli sguainati. Non aveva previsto di scontrarsi con un'arma magica, soprattutto non contro l'essenza stessa del Verbo. Emettendo un sibilo soffocato la bestia svanì senza lasciare alcuna traccia.

***
Tanto per parlare dei fatti miei: il 12 marzo mi laureo. E ancora non ci posso credere.
Grazie a chi passa di qua a leggere.
sku

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Capitolo 28
*** capitolo 28 ***


28.
Menion e i suoi uomini aspettavano pazienti che la notte calasse per entrare in azione. Il piano era estremamente semplice, dovevano entrare il più possibile all'interno del campo, creare il maggior scompiglio e poi dileguarsi come ombre. Sulla carta niente di più facile, nella realtà niente di più complicato.
Il re di Leah si alzò dalla sua posizione di osservazione e diede una pacca sulla spalla alla sentinella che era accanto a lui.
- Se succede qualsiasi cosa avvisami subito. - L'altro annuì impercettibilmente senza distogliere lo sguardo dal campo nemico.
Menion fece ritorno dai suoi, accampati dietro l'altura in una posizione protetta. Quello che aveva visto non lo soddisfaceva, era preparato ad incontrare un nemico tanto più grande di lui ma vederselo di fronte era un'altra storia. Erano migliaia di uomini, armati fino ai denti e abbastanza disciplinati.
Non al livello del suo reparto, però, composto da poche decine di uomini addestrati fino all'inverosimile e pronti a scattare in un attimo.
Il numero che favoriva il nemico poteva essere il suo punto debole, come gli aveva insegnato Flick.

- Non riesco a credere che tu sia sopravvissuto per due giorni all'interno dell'esercito del Signore degli Inganni! Non tu, il pacifico Flick di Valle d'Ombra! -
- Non fare troppo lo spiritoso Menion Leah! Non sono certo come te che ti sei fatto soccorrere da una bella donna! Io me la sono cavata anche in mezzo a migliaia di Gnomi e Troll, per non parlare dei Messaggeri del Teschio! E ho pure salvato il re degli Elfi! Io non chiacchiero, agisco! -
Shea scosse la testa; niente avrebbe mai fatto andare d'accordo suo fratello con Menion.
- Del resto - continuò l'uomo della Valle - imbacuccato nel mantello e in mezzo a tutti quei soldati, contavo sul fatto che era impossibile che tutti conoscessero tutti. Il numero e la pioggia sono stati la mia protezione. -

Lui e i suoi soldati non avrebbero potuto far affidamento sulla pioggia, ma quella che doveva iniziare era una notte senza luna e avevano modificato i propri abiti per renderli il più possibile simili alle divise dell'esercito di Rentro seguendo i suggerimenti di Sour.
Come se l'avesse chiamato, l'uomo della Frontiera apparve al suo fianco.
- E' enorme, vero? -
- Proprio come l'avevi descritto. Dove pensi che siano le bestie? -
- Immagino che le tengano nascoste per non spaventare i soldati. Per quanto possano essere potenti e per quanto possano aiutarli a vincere, gli uomini non le amano e le temono. Ne farebbero volentieri a meno. Ma i governanti sono assetati di potere e le hanno imposte ai comandanti. Saranno nascoste sui carri coperti. -
- Quindi dobbiamo stare lontani dai carri. Si sono fermati poco fa, poi manderò gli uomini a studiare il campo per ricordarne la conformazione. Le tende dei capi saranno al centro. Dovremmo agire lì per creare più confusione. -
- Credete che ce la faremo? - chiese Sour con espressione scettica.
- Possiamo solo provarci, Sour del Callahorn. - Menion fece una pausa guardando l'orizzonte verso le sue montagne - Del resto non abbiamo altra scelta. -
Era una frase che Sour aveva già sentito da Brennar, quel senso di ineluttabilità allora era diffuso, erano in tanti a pensare che ormai non ci fosse altra scelta che quella di combattere.
- E Allanon resta sempre il male minore. - aggiunge poi il re con un sorriso.

Il sole era tramontato da qualche ora e nel campo dell'esercito del Sud i soldati si stavano preparando per la notte, lasciando che i fuochi si spegnessero e ritirandosi nelle tende. Le sentinelle poste lungo il perimetro erano ben distanziate ma riuscivano a vedersi l'una con l'altra per evitare che qualcuno riuscisse a passare nei varchi.
Un uomo nascosto tra gli arbusti fece un cenno ed un altro si mosse silenziosamente fino a raggiungere la prima sentinella che stava osservando un collega. Con uno scatto l'uomo la aggredì tagliandole la gola e sostituendosi a lei. Un secondo uomo fece lo stesso. Avevano aperto un varco nella cerchia di guardia.
La compagnia del regno di Leah si mosse nella notte scura e uno per volta attraversarono il varco. Le due sentinelle non si mossero. Dovevano tenere aperta la via di fuga, sperando che nessuno le notasse.
Gli uomini percorsero i metri che li distanziavano dall'accampamento velocemente poi ad un segno di Menion Leah si bloccarono e si divisero in tre squadre, una comandata dal re, una comandata da Harmon e la terza da un veterano dal viso segnato da una profonda cicatrice.
- Sapete cosa dovete fare, siate veloci e una volta compiuto il vostro dovere tornate al sicuro. Non voglio perdere più uomini di quanto sia necessario. - sussurrò, poi si mosse con la sua squadra.
Sour seguì il re. Avrebbe voluto dirigere la terza squadra ma Menion non l'aveva permesso.
- Mi piacerebbe concederti quello che mi chiedi, ma non posso. Sei troppo giovane e inesperto, non sei stato addestrato con noi e non conosci i nostri segnali ed in ultimo i miei uomini non ti accetterebbero come guida e io non posso permettermi tentennamenti. - gli aveva spiegato l'uomo dell'Altipiano. - Data la tua inesperienza starai al mio fianco dove posso vederti e dove puoi imparare le nostre tecniche di comando. E' quanto di meglio posso offrirti. -
Menion Leah camminava silenzioso come un gatto davanti a lui, si diresse nel passaggio tra due tende e vi si infilò.
Dovevano fare parecchia strada per arrivare al cuore dell'esercito e nascondersi tra le tende era il cammino più sicuro. Camminarono furtivi per diverso tempo, nascondendosi e muovendosi senza fretta per non attirare l'attenzione. Sour vide che man mano che si avvicinavano al centro le tende erano sempre più curate, segno che si stavano avvicinando al loro obiettivo.
Menion fece un cenno con la testa e metà degli uomini lasciarono il gruppo e si allargarono per coprire più terreno possibile. Nel loro piano una volta arrivato al centro dovevano accerchiare le tende dei capi riunendosi agli altri due gruppi e poi colpire. Sour non vedeva tutti i suoi compagni ma sapeva che erano pronti. Menion lo fissò per un attimo estraendo il pugnale, l'uomo della Frontiera annuì e lo imitò. Poi si mossero tutti insieme. Le tende non erano sorvegliate, gli uomini si sentivano al sicuro poiché erano ancora nelle Terre del Sud e non avevano incontrato alcuna resistenza. Entrarono nelle tende e diedero inizio al massacro.
Sour si  lanciò verso il suo obbiettivo che russava ignaro e gli tagliò la gola prima che potesse svegliarsi. Poi si voltò ed uscì dirigendosi verso un'altra tenda facendo attenzione a non uccidere i suoi compagni e ripetendo l'esecuzione.
Si sentiva sporco a uccidere gente inerme nel sonno ma come aveva detto Menion Leah non avevano molte scelte. Dopo poco alcune grida si levarono dalla sua destra, subito seguite da altre più lontane. Non avevano più molto tempo. Sour uscì dalla tenda e si guardò attorno, non si vedevano ancora soldati brulicare ma era questione di attimi. Si spostò verso sinistra ed entrò in un'altra tenda ma si trovò di fronte ad una lama.
- Chi sei? -
- Sono venuto ad avvertirla, deve prepararsi a combattere, gli elfi ci stanno attaccando! - Urlò sperando di apparire credibile.
- Gli Elfi? - chiese l'altro incredulo passandogli davanti e commettendo l'errore di mostrargli la schiena. Sour piantò il suo pugnale nel collo dell'uomo che stramazzò al suolo. Sour lo scavalcò e cercò intorno qualcuno della compagnia, ma era solo. Sentiva che dalle tende più lontane stavano arrivando i soldati e si rese conto che la sua missione era conclusa. Cominciò a correre verso l'esterno urlando e colpendo chiunque gli capitasse davanti. Molti dei soldati che incontrò si erano appena svegliati e fu facile atterrarli, gli altri semplicemente non capirono cosa li stesse aggredendo e si allontanarono da lui intimoriti dalle voci sulle feroci creature magiche che avevano sentito.
Sour corse verso il perimetro il più in fretta possibile quando qualcosa lo bloccò e lo tirò a terra nell'erba alta. Sour cercò di divincolarsi menando fendenti col pugnale ma presto l'altro lo fermò e lo immobilizzò col suo peso.
- Stai cercando di farti uccidere? - gli sibilò una voce nota nell'orecchio.
Sour era troppo sbalordito e confuso per parlare.
- Credevi di esserti liberato di me, vero? -
- Harmon? -
- Possibile che io debba sempre tirarti fuori dai guai? -


Leian sapeva che erano arrivati alla caverna. Non era solo il ricordo della mappa a dirglielo, era una sensazione più profonda. Era una certezza che le faceva rizzare i peli del corpo nonostante il caldo atroce.
- Allanon. - chiamò.
- Stiamo arrivando. - affermò lui come se le avesse letto nel pensiero.
- C'è qualcosa che non va. -  continuò lei
Non aveva ancora terminato la frase che la bestia scattò da dietro un masso e colpì Nur. Garvo e Leian non fecero in tempo a capire cosa fosse successo che il troll si era già levato di dosso il nemico e si era posto tra lui e loro. Allanon lo colpì col fuoco dei druidi negli occhi e quella figura nera si afflosciò. Allanon non mollò la presa e presto della bestia non rimase che cenere. Ansante si voltò verso il gruppo in tempo per vedere un'altra bestia che si avventava su Leian senza che lei se ne accorgesse. Nur però capì della minaccia dalla faccia del druido e si girò velocemente roteando l'ascia appena sopra la testa della mezzosangue che inorridì. La bestia non aveva previsto il colpo e cadde a terra con un grugnito. Allanon la incenerì con il fuoco azzurro.
- Siamo un po' in svantaggio. - rilevò Garvo mentre estraeva la spada e osservava le bestie che li circondavano.
- Leian. - chiamò Allanon senza perdere d'occhio i nemici - Adesso tu entrerai nella caverna. -
- Cosa? - esclamò lei stupefatta.
- Hai le pietre, hai la tua magia. Tu devi sconfiggere Abaddon. -
- Ma... -
- Noi tre ti daremo il tempo di compiere la tua missione. Adesso cerca quel maledetto ingresso e entra nella grotta! -
Non c'era altro da dire. Leian ingoiò tutta la sua incredulità e scavando nei ricordi di Rentro, che ormai erano suoi, individuò l'entrata. Fece appena in tempo a infilarvisi che le bestie attaccarono in massa i suoi tre compagni.

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Capitolo 29
*** capitolo 29 ***


29.
Leian era entrata in quel buco buio senza pensare realmente a quello cui andava incontro, si era aggrappata ai pioli che Rentro aveva installato e infine si era lasciata cadere toccando il pavimento sconnesso della caverna.
Il silenzio all'interno della grotta strideva con il caos della battaglia che si era appena lasciata alle spalle.
Mosse qualche passo ma poi si bloccò, consapevole di non essere sola in quell'oscurità, guardinga contro un nemico che non riusciva a comprendere in pieno.
- Ti stavo aspettando. - La voce uscì da quel nulla che la circondava impaurendola; Leian arretrò leggermente e pose la mano sulla corta spada che pendeva al suo fianco. Nel fare quel gesto si sentì stupida: non c'era nessun nemico fisico, come poteva la sua arma proteggerla?
- Credi avvero che ti farei del male? - La mezzosangue rifletté qualche secondo su quella domanda che era stata posta così dolcemente da essere quasi credibile. Leian era spossata ma rimase immobile cercando di combattere contro quella parte di lei che le gridava insistentemente di fuggire. Doveva restare. Doveva. "Ma perché?" si chiese senza sapersi dare una risposta.
- Tu sai perché sei qui? -
Leian non rispose. Era frastornata da quella voce che sembrava arrivare da tutte le direzioni attorno a lei, era confusa dall'assenza di un interlocutore reale che lei potesse vedere. Non aveva mai creduto che potesse esistere il buio assoluto, ma si era ricreduta. Quello lo era, nessun filo di luce a rischiarare quelle tenebre e a darle un po' di conforto e sicurezza. Nessuno a ricordale perché era lì e chi era.
- Il druido non te l'ha mai spiegato? -
La voce continuava con dolcezza a farle quelle domande a cui lei non sapeva dare risposta. Era inebetita. Si era aspettata qualcosa diverso, un avversario tangibile che il druido avrebbe sconfitto. Solo ora si rendeva conto dell'enorme errore che aveva commesso uccidendo Rentro precludendosi la possibilità di indagare ulteriormente su Abaddon.
- Io so perché sei arrivata fin da me. -
Quello in fondo non la sorprese, tutti sembravano sapere tutto di lei, i suoi motivi, i suoi sentimenti, cosa sarebbe stato meglio per lei. Tutti. Tranne lei stessa, ovviamente. Leian era stanca, sentiva che gli occhi le si stavano chiudendo e che lei non poteva impedirlo. Ma cosa sarebbe cambiato chiudendo gli occhi? Era già tutto così buio. Forse li aveva già serrati senza rendersene conto.
- Vorresti riposarti? -
La voce la cullava da ogni direzione, rendendola inerme. Poi qualcosa la disturbò, qualcosa che pulsava a contatto con la sua pelle. Allungò una mano verso il suo petto e toccò il sacchetto delle pietre attraverso la stoffa della casacca. Improvvisamente le tornò in mente perché era lì. Per compiere il suo dovere, per finire ciò che Allanon aveva iniziato mandandola nell'Anar con Dreiden.
- Sei sicura che sia quello che devi fare? -
Ancora domande insidiose dalle molteplici risposte, tutte giuste.
- Sei certa di sapere cosa il druido voglia effettivamente da te? -
Leian tentennò, nessuno poteva sapere il volere di Allanon, a volte Leian si era chiesta se lui stesso lo sapesse. Era lì per... distruggere Abaddon? Distruggere la distruzione?
- Pensi di poterlo fare veramente? Una piccola ragazzina mezzosangue piena di dubbi e rimorsi? - Non c'era ironia in quella domanda.
No, lei non poteva farlo veramente, la sua magia non ne sarebbe stata in grado.
- E poi sai bene che senza la distruzione non esisterebbe neanche la creazione. -
Lo sapeva, Allanon era stato chiaro su quello, una delle poche certezze che le aveva dato. Ma allora cosa doveva fare?
- Perché ti fidi ancora di lui? -
Perché non avrebbe potuto fare altrimenti, perché lui era saggio, lui l'aveva cresciuta, lui le aveva insegnato l'uso della magia e le aveva spiegato come comandarla.
- Sei sicura che te l'abbia insegnato? -
In effetti a volte le sembrava che la sua magia sembrava prendere il sopravvento su di lei, come quando aveva conosciuto Dreiden o come quando aveva ucciso Rentro. Eppure altre volte i suoi sentimenti non avevano interferito con i suoi poteri.
- Ti sei mai chiesta perché tu abbia la magia mentre tutti gli altri Elfi no? -
Sì, se l'era chiesto e l'aveva domandato anche ad Allanon ma lui aveva sempre detto che ignorava il perché di quel ritorno improvviso in lei e in sua madre.
- E tu credi davvero che non lo sappia? Che il druido ignori qualcosa? -
Doveva ammettere che la voce aveva ragione, in fondo, senza mai ammetterlo veramente, aveva pensato anche lei che fingesse di non saperlo; ma la sua fiducia in lui era sempre stata illimitata. Poi, per la prima volta da quando aveva messo piede in quella caverna buia, Leian parlò.
- Allora perché ho la magia? -
Leian sentì un fremito nell'aria attorno a lei, come se Abaddon fosse soddisfatto di averla fatta parlare e soprattutto di averla fatta dubitare del druido. La ragazza rimase in attesa, ma sembrava che la risposta non dovesse arrivare. Era abituata a silenzi senza chiarimenti e non si scompose più di tanto.
- La magia degli Elfi è stata risvegliata da un evento preciso che il druido vuole tenerti nascosto per i suoi fini. Ti ha mentito dicendoti che tua madre era la prima dotata di poteri da millenni. -
- E tu come lo sai? - A Leian parve di sentire una risata nell'aria, di scherno e compatimento.
- Io esisto da sempre, come puoi pensare che ci sia qualcosa che mi sia nascosto? I poteri degli Elfi sono stati riportati alla luce da un uso improprio della magia dei druidi, quella magia che Bremen ha messo in mano ad un re del popolo di tua madre. -
- La spada di Jerle Shannara. - mormorò lei, mentre tutto le cominciava ad apparire in maniera così semplice, chiara e logica.
- Vedo che non ha avuto remore a parlarti di quegli eventi. Immagino te li abbia proposti come se Bremen avesse salvato il mondo tramite il re elfo. Ma la verità è un'altra. -
Leian attese. Una parte di lei sapeva che la voce stava solo cercando di raggirarla, di minare la sua fede nell'uomo che l'aveva fatta diventare quello che era. Ma era un bene che lei fosse diventata così? Era un bene quella sua fiducia cieca? Lentamente tutte le sue certezze venivano erose come fango durante un acquazzone. E se la voce avesse avuto in parte ragione? A chi credere? Tutti avevano segreti e misteriosi propositi, ma quali erano quelli meno dannosi?
- La verità è che la magia dei druidi ha risvegliato quella elfa seppellita nel profondo degli Elfi. E' stato Bremen a causare la tua maledizione.  E Allanon ne è cosciente. -
La sua magia causata dai druidi? Era credibile; che Allanon ne fosse stato cosciente poi era sicuro per la giovane. Ma perché non dirglielo? Perché nasconderlo?
- I druidi non sono famosi per la loro trasparenza... - L'aria ebbe un nuovo fremito e Leian poté avvertire il piacere di Abaddon.
- Perché dovrei fidarmi di te? - chiese al buio attorno a lei.
- Perché non dovresti? -
Già perché? Perché non fidarsi di lui, lei che aveva sempre dato la sua fiducia a chiunque e che non era mai stata delusa? Per restare fedele ad Allanon che le aveva nascosto così tanto su se stessa?
- Perché? - ripeté la voce in un sussurro che placava il tumulto interiore di Leian. - Io non ho ragione di farti del male, tu per me non sei niente, niente può contrastarmi. - Leian intuì la verità in quelle parole, lei non poteva contrastarlo davvero, lei era un granello di polvere sulla strada di Abaddon.
E fu in quel momento che Leian si rese conto di quanto era stato inutile tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento, quel viaggio che aveva solo portato alla morte persone innocenti.
La mezzosangue sentì una carezza sulla guancia, leggera, come solo con una persona aveva provato, come solo Dreiden l'aveva accarezzata. Si accovacciò a terra, confusa e stanca, incapace di reagire e di decidere cosa fosse meglio. Le mancava Dreiden che sapeva sempre cosa fare, che l'aveva incoraggiata, che l'aveva protetta e che era morto per lei. Lui l'avrebbe consigliata e sarebbe rimasto con lei anche se la sua decisione si fosse rivelata sbagliata.
- Dreiden... - mormorò stringendosi la testa fra le mani nella speranza di scacciare la confusione. - Cosa devo fare... -
- Fidati. - le rispose la voce dell'uomo che aveva pregato si diffuse nella caverna, nel sentirla Leian alzò di scatto la testa sperando di trovarselo davanti.
- Devi semplicemente fidarti. - ripeté.
Leian allungò la mano nel buio sperando che di fronte a lei ci fosse veramente Dreiden, sperando di poter intrecciare le sue mani con quelle dell'uomo; cercando di ignorare la sua ragione che le diceva che non era possibile.
- Devo fidarmi... -
- Fidati Leian. -

***
Grazie a tutti quelli che leggono.
A presto,
sku

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Capitolo 30
*** capitolo 30 ***


30.
C'era qualcosa di sbagliato in quelle parole, qualcosa che Leian non riusciva a decifrare. Dreiden era morto, eppure era lì a consigliarla. E lei aveva un disperato bisogno del suo consiglio. La voce dell'uomo l'aveva fatta sentire di nuovo protetta, ma una nota stonata continuava a risuonare nell'aria polverosa della caverna mettendola in allarme.
Non era il fatto che Dreiden fosse morto, perché lei sapeva che l'aveva lasciata per sempre. Era qualcosa nelle sue parole che non la convinceva fino in fondo; "Qualcosa che non quadra".
Leian non riusciva a ragionare lucidamente, la mente annebbiata dalla stanchezza, dalla paura e dall'indecisione.
- Devi solo fidarti. - ripeté la voce di Dreiden uscendo dall'oscurità.
"Devo fidarmi. Dreiden devo davvero fidarmi?"
E poi, improvvisa come un temporale estivo, la comprensione arrivò. Leian si rialzò certa che Dreiden non fosse lì. Non perché non era più vivo, ma perché Dreiden non si sarebbe mai fidato e non le avrebbe certo consigliato di farlo.
- Tu non sei Dreiden. Lui non è qui. -
- Lo so bene. - rispose la voce incolore che aveva parlato con lei fino a quel momento.
- Perché mentirmi? -
- Perché sembra che tu riesca a fidarti solo di chi ti nasconde qualcosa. -
Era la verità, ma quella frase non fece altro che rinforzare la parte razionale di Leian che le diceva che doveva mettere la parola fine a quella discussione.
- Leian... - la chiamò dolcemente come solo una madre potrebbe fare, e la ragazza si sentì sciogliere. - Ti ho cercata a lungo. -
- Tu mi hai cercata? Dove? - Era incredula, perché un essere così potente doveva cercare proprio lei?
- Nella tua terra, tra la gente di tua madre. -
Leian sentì nuovamente risuonare la nota stonata nella melodia che lui stava componendo per lei.
- Perché l'avresti fatto? - chiese ancora, curiosa e allo stesso tempo timorosa della risposta che lui poteva darle.
- Ci sono tanti motivi. Non riesci a credere che qualcuno possa darsi tanto da fare per te? -
Leian era stupita e, nonostante sapesse che fosse profondamente sbagliato, lusingata. "Qualcuno che vuole me... Ma Abaddon è qualcuno? O è qualcosa?"
Sotto la casacca le pietre pulsavano sempre più debolmente, Leian non avvertiva quasi più il loro fastidioso movimento.
- Non riuscendo a trovarti ti ho chiamata. E finalmente sei arrivata da me. -
Adesso erano tante le note in disaccordo con la melodia e Leian riuscì a sentirle nitidamente, rendendosi conto ad un tratto della rete che Abaddon aveva costruito attorno a lei.
- Come mi hai cercato? - chiese atterrita. "Nella mia terra, tra la gente di mia madre, tra gli Elfi. Gli Elfi spariti..."
- Come mi hai chiamata? - domandò pressante. "La siccità, ha causato la siccità per attirarmi a sé, perché io controllo l'acqua."
Le pietre ricominciarono a pulsare sempre più forte, sempre più velocemente, fino a raggiungere il ritmo del battito del cuore della ragazza. Chiuse la mano attorno a sacchetto e sentì il calore che irradiavano. Alla mezzosangue pareva di avere un cuore pulsante tra le dita.
Le sembrava di svegliarsi da un sonno agitato. L'aria attorno a  lei si mosse, percorsa da una rabbia a lungo soffocata. Leian estrasse le pietre dal sacchetto e le strinse forte cercando nel loro calore la protezione contro l'ira che montava intorno a lei.


- Non è possibile! Gli Gnomi non sono mai arrivati a tanto! - urlò qualcuno da un punto imprecisato della sala del Consiglio. - E poi non hanno la preparazione necessaria! -
- Hanno combattuto contro di noi così a lungo che hanno ormai la nostra stessa esperienza! - obbiettò qualcun'altro.
Le voci si sovrapponevano e aumentavano sempre più di volume, cercando di sovrastarsi nel tentativo di far prevalere le proprie opinioni.
I reduci guardavano disgustati la scena; avevano combattuto e molti di loro erano morti per cosa? perché altri nani potessero discutere se credere loro o meno?
Il vice comandante salì sul palco rialzato degli anziani e sbatté violentemente la sua ascia sul tavolo posto dinnanzi a loro ottenendo un silenzio sbigottito.
- Credevo di far parte di un grande popolo, ma a quanto pare mi sbagliavo. - disse poi - Mentre voi state qui a discutere su cosa gli Gnomi possano o non possano fare, loro stanno invadendo l'Anar Inferiore, la nostra terra, e di certo non pacificamente. Se non prendiamo in fretta una decisione e non ci muoviamo ce li troveremo ben presto nei Giardini di Culhaven. E non saranno soli. - Detto questo il vice comandante prese la sua ascia e si allontanò per raggiungere i suoi uomini.

I Nani non avrebbero mai permesso agli Gnomi di entrare impunemente nella loro capitale. Ben presto furono radunate le truppe e furono inviati messaggeri nei villaggi per avvisare la popolazione del pericolo e per richiamare gli uomini abili alla guerra.
L'esercito si mosse in fretta verso le terre di confine.
Quando l'araldo del regno di Leah giunse a Culhaven trovò la città in stato di emergenza e chiese un colloquio urgente con gli Anziani che gli venne prontamente concesso e mise gli Anziani a conoscenza della difficile situazione del regno sull'Altipiano.
- Purtroppo non possiamo aiutarvi mandando truppe in vostro soccorso, poiché sono impiegate nella difesa della nostra terra dalla minaccia degli Gnomi. -
- Lo comprendiamo benissimo. - disse l'uomo deluso.
- Possiamo però frenare gli Gnomi perché non si riuniscano all'esercito del Sud. -
Il messaggero non aveva pensato a quella pericolosa eventualità. - Ve ne saremo eternamente grati, il regno di Leah sa di avere in voi dei preziosi alleati. Questa sera stessa tornerò dal mio re per comunicargli le vostre notizie. -


Eventine Elessedil non era certo un regnante in grado di delegare, soprattutto sulle questioni riguardanti la salvezza del suo popolo. Quando l'araldo del regno di Leah giunse alla sua presenza, aveva già predisposto la difesa della città di Arborlon e dei villaggi delle Terre dell'Ovest ed era pronto a comandare un parte del suo esercito per correre in aiuto dell'alleato. Il messaggero non ebbe quasi bisogno di comunicare il messaggio del re di Leah che Eventine Elessedil aveva già preso la decisione di aiutarlo.
Re Eventine ricordava poco Menion Leah, sapeva però che era amico dell'uomo che l'aveva salvato mentre era prigioniero del Signore degli Inganni e tanto gli bastava. Aveva un debito con gli Uomini e l'avrebbe saldato.


Balinor Buckhannah, re di Tyrsis, di Kern e di Varfleet, ricevette il messaggero nella biblioteca del palazzo. Non era esattamente il luogo più consono per ricevere un ambasciatore ufficiale, ma l'uomo voleva riflettere con calma sulle notizie che questo portava per poter decidere senza le pressioni esterne dei suoi consiglieri.
- Il re di Leah, Menion Leah, vi avverte che un consistente esercito delle Terre del Sud, sta marciando verso Nord con l'intento di annettere tutte le terre abitate dagli Uomini, compreso il Callahorn; per poi muovere guerra a Nani ed Elfi e conquistare anche l'Est e l'Ovest.
Vi chiede, in nome di una vecchia impresa che avete condiviso e della libertà per entrambi i regni, di intervenire in suo aiuto per ostacolare l'avanzata dell'esercito nemico. -
Balinor si accarezzò la barba distogliendo lo sguardo dall'uomo che aveva parlato e rivolgendolo al panorama della città di Tyrsis che si vedeva dalla finestra.
Il messaggero si schiarì la gola per riportare l'attenzione su di lui.
Balinor inarcò le sopracciglia e l'osservò perplesso. - Avete altro da aggiungere? -
- Un messaggio personale della regina, Shirl Leah. -
Il re sorrise a quel nome, ricordando la donna che Menion aveva sposato. "La stessa donna che mio fratello..." Interruppe subito quel flusso di pensieri che l'avrebbero solo intristito. Suo fratello era morto tanto tempo prima ed era inutile rivangare un passato che tutti, lui per primo, cercavano di dimenticare.
- Parlate. -
- Shirl Ravenlock, ora regina di Leah, vi chiede di aiutare il popolo che l'ha accolta calorosamente per risaldare l'alleanza tra il Callahorn, la terra d'origine di entrambi, e il regno dell'Altipiano. -
- Nient'altro? - chiese Balinor
- C'è dell'altro ma non è una comunicazione ufficiale. Shirl Ravenlock, regina di Leah, spera che non crediate che lei abbia tradito vostro fratello sposandosi con Menion Leah, e che per Palance ha sempre nutrito affetto e che non l'avrebbe mai fatto soffrire. -
- Per quello sono bastato io. - mormorò il re, a voce così bassa che il messaggero non capì. Balinor lo congedò, restando solo ad osservare la sua città brulicante di vita. "Ma per quanto?" Tyrsis aveva mura possenti e poteva resistere ad un assedio per mesi, la Legione della Frontiera, che non aveva mai perso una battaglia in duecento e più anni, poteva resistere ad una guerra; ma se il Sud cadeva, come potevano salvarsi le Terre di Confine su cui regnava?
"E' inutile tergiversare, la mia decisione l'ho già presa. Sarà un decisione scomoda e che pochi accetteranno di buon grado, ma è l'unica possibile."

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Capitolo 31
*** capitolo 31 ***


31.
La pioggia continuava a cadere insistente sulle foreste dell'Anar, inzuppando il terreno e rallentando la marcia dell'esercito dei Nani. Dava loro però l'indiscusso vantaggio della copertura, i rovesci li nascondevano e coprivano in parte il rumore della loro avanzata. Decisi, si muovevano nel loro territorio con facilità, frutto di anni di addestramento e di lotta per la sopravvivenza. I loro volti, coperti in parte dai cappucci, mostravano la convinzione di essere dalla parte giusta e la determinazione di vender cara la pelle; nessuno di loro sarebbe caduto senza aver prima dato un contributo alla causa. Erano ordinati, marciavano compatti e agguerriti verso lo scontro contro il nemico di sempre. La differenza fondamentale era che questa volta sarebbe stata cruciale, nessuno era pronto a venire in loro aiuto, anzi erano loro che dovevano proteggere le loro terre e quelle degli alleati dal pericolo rappresentato dagli Gnomi e dalla magia nera che si muoveva con loro; le bestie, votate alla distruzione. I Nani potevano ben poco contro di esse e ne erano consapevoli; il loro fine ultimo era bloccarne l'avanzata il più a lungo possibile per permettere alla popolazione di nascondersi nei cunicoli sotterranei e poi nei boschi. E per permettere al gruppo di Allanon di fare ciò che doveva, nella speranza che non fallissero.
Era il tramonto quando i Nani sentirono il suono di centinaia di tamburi; gli Gnomi si stavano preparando alla scontro coi loro riti propiziatori. La terra pulsava al ritmo dei tamburi, la foresta intera sembrava palpitare a tempo cogli strumenti; le foglie fremevano e i rami ondeggiavano.
I Nani erano impressionati da quello spettacolo, sembrava che la natura si stesse preparando a combattere contro di loro. Poi la musica cessò di colpo e i Nani si ripresero dallo stordimento creato da quel concerto sotto le nuvole cariche di pioggia in cui i tuoni sembravano continuare ciò che gli Gnomi avevano appena terminato.
Non sarebbe stata una lotta facile, si erano già fatti colpire da quella dimostrazione musicale, in parte la loro speranza era svanita a causa di quel suono.
I Nani si erano accampati su un altipiano che dominava la valle sottostante, nascosti nel bosco potevano sentire i rumori dell'accampamento sotto di loro. Gli Gnomi avevano scelto un posto strano per fermarsi, erano scoperti, al di fuori della protezione offerta dagli alberi e in una posizione di inferiorità rispetto ai Nani che potevano colpirli dall'alto con frecce e altro materiale più o meno eterogeneo come stavano già pensando di fare. Quella sicurezza dell'avversario però innervosiva i comandanti e i soldati: sapevano benissimo che era frutto della magia nera. Le bestie li accompagnavano.

Era l'ora più buia della notte, quella in cui la luna era già calata e il sole non aveva ancora l'idea di sorgere. "E' l'ora a doppio taglio." rifletté Tragil, a capo di una sezione dell'esercito dei Nani, pronto a combattere e a morire per il suo popolo. "Siamo nascosti dal buio, ma ci impedisce di distinguere amici e nemici."  Sapeva però che non c'era altra scelta, attaccarli di sorpresa era l'unica possibilità. Sarebbero arrivati il più vicino possibile e poi... "E poi la guerra."


Menion Leah osservava disgustato il pezzo di carne che aveva fatto a brandelli e con cui poi aveva giocato. Si spostò sulla branda su cui era seduto e avvertì una fitta di dolore percorrere il suo fianco sinistro e risalire fino alla spalla. Borbottò qualche parola toccandosi la ferita e maledicendosi. Era stato un suo errore, aveva abbassato la guardia un momento e adesso era ferito, non poteva combattere.
"Non potrei combattere ma..."
- So a cosa state pensando e potete togliervelo dalla mente. Non combatterete. -
- Chi sei per dire al tuo re cosa possa o non possa fare? - domandò irato Menion all'uomo che era entrato nella tenda.
- Sono quello che gli ha salvato la vita. - disse Harmon sprezzante del pericolo di suscitare l'ira del re.
- Non è una condizione sufficiente... -
- Lo è. Non potete combattere. - Lo guardò e vide la sfida negli occhi grigi dell'uomo, oltre ad una rabbia soffocata dall'educazione che gli era stata impartita.
- Per il momento. - concesse poi.
Menion sorrise. - Hai ragione, lo so. Ma siamo troppo pochi, abbiamo perso troppi uomini nell'incursione ed ora... possiamo solo sperare nell'aiuto degli alleati. -
- Potremmo chiamare l'esercito di Leah. - propose Harmon.
- No, non possiamo. L'esercito deve rimanere a difendere la nostra gente. Non possiamo chiamarlo e lasciare sguarnita la città col rischio di essere sconfitti e vederla cadere. Devo decidere chi salvare. Il mio popolo ha la precedenza. -
- Se falliamo non so quanto resisterà la città di Leah... -
Menion annuì tristemente. - Possiamo limitarci a scegliere il male minore. - "Siamo nelle mani di Allanon e di Leian. Possibile che le Quattro Terre debbano dipendere da una ragazzina?"
- Scusate, altezza. - disse un uomo con la testa bendata entrando nella tenda.
- Dovresti essere a riposare, se non sbaglio. - lo redarguì Menion.
- Anche voi. - rispose l'altro, pentendosene immediatamente e morsicandosi il labbro inferiore. Harmon lo fissava con ferocia.
- Hai ragione. - disse Menion sorridendo - Cosa sei venuto a dirmi? -
- Le sentinelle sono tornate. L'esercito si sta ricompattando e sono pronti a muoversi. -
- Grazie. - lo congedò - Meno di una giornata, abbiamo guadagnato meno di una giornata. -
- Non hanno più i loro comandanti. -
- Sono stati sostituiti dai vice. E hanno le bestie, non dimenticarlo. Dobbiamo prepararci Harmon. Ci cercheranno. -
- E ci troveranno preparati. -


I Nani si erano mimetizzati così bene che erano arrivati veramente vicini al loro avversario, così vicini da sentire il russare degli Gnomi nelle tende. Tragil comandava il reparto che si era recato a sinistra dell'esercito gnomo. Un terzo di loro si era invece disposto a destra, e poiché avevano avuto l'infelice idea di accamparsi sotto una parete roccioso l'ultima parte dei Nani stava sopra di loro, sull'altipiano, aspettando di lanciare il segnale che avrebbe dato inizio alla battaglia. Gli Gnomi avrebbero avuto un'unica via di fuga, dietro di loro, verso l'Anar superiore. Tragil avrebbe voluto poter contare su più uomini per tagliare anche quella via di fuga ma non era possibile.
Improvviso il canto prolungato di un gufo si sentì sopra di loro. Era il segnale. Da entrambe le parti si levarono le urla di guerra dei Nani che si gettarono sul nemico.


I soldati dell'esercito del Sud li trovarono prima di quanto si fossero aspettati. Sour li osservava nascosto con gli altri dal riparo tra le rocce che si erano creati. Erano troppi per loro, anche se erano solo un'avanguardia. Potevano solo sperare di passare inosservati. Sour si rese conto di essere ancora una volta in pericolo di vita, una situazione a cui si era abituato in fretta. Pose mano alla spada che pendeva al suo fianco e trattenne il fiato, un soldato stava andando dritto verso il loro riparo. Sentì l'uomo alla sua destra tendere l'arco e rimanere in posizione. Sour vide il soldato avvicinarsi sempre più finché i suoi occhi non scorsero quelli dell'uomo del Callahorn. Stava per lanciare l'allarme ma la freccia gli si conficcò con precisione nel collo, lasciandolo muto e sanguinante. Erano distanti dagli altri. Suor nascose il soldato sotto dei cespugli e ritorno nella sua posizione in attesa. L'uomo al suo fianco aveva già incoccato un'altra freccia.


Il sole stava sorgendo sulle foreste dell'Anar e la battaglia tra Nani e Gnomi non accennava a fermarsi. Entrambi gli schieramenti erano stanchi e i Nani erano svantaggiati dall'inferiorità numerica. Tragil pensò che non ce l'avrebbero fatta, le bestie li avevano già decimati e al resto avevano pensato gli Gnomi. Calò la sua mazza sulla testa di uno gnomo che aveva cercato di piantargli un pugnale nel petto poi si nascose dietro una tenda, vedendo passare una bestia. Sospirò per l'ingiustizia di quanto stava accadendo. Fu accecato per un momento da un raggio di sole, così fuori posto in quel momento tetro, poi, in lontananza sentì dei cavalli. "Mi sto sbagliando, ho le allucinazioni per la stanchezza."
Ma ben presto il terreno cominciò a  vibrare sotto l'incalzante galoppo delle cavalcature ed infine nel bagliore del primo mattino, dalla via di fuga degli Gnomi apparvero i cavalieri.
Ci fu un momento innaturale di silenzio poi la gioia esplose tra le file dei Nani: Balinor in testa alla Legione di Frontiera era accorso in loro aiuto.


Sour sentiva le gambe irrigidite dalla sforzo di stare accovacciato immobile. Alla sua sinistra Menion Leah osservava l'esercito che si avvicinava sempre di più a loro. Non potevano fuggire, dovevano combattere.
- Hai ancora la possibilità di andartene, uomo del Callahorn. - lo avvisò il re.
Sour lo guardò indignato e Menion sorrise. - Non mi ero sbagliato sul tuo conto. -
Harmon si avvicinò a loro. - Gli uomini sono pronti. -
- Andiamo. -
La piccola compagnia, una ventina di uomini in tutto tra cui diversi feriti, si mosse sicura sul terreno percorrendo un tragitto parallelo a quello dell'esercito. Poco più avanti la spianata in cui l'esercito del Sud stava marciando si ristringeva in mondo da far passare  un solo carro per volta e pochi soldati. Lì avrebbe avuto luogo l'imboscata.
Avevano preparato le buche per far rallentare ulteriormente l'esercito e per permettere alla scalcagnata compagnia di Leah di fare il maggior numero di danni possibili. Harmon aveva spiegato a Sour il suo compito: difendere Menion Leah a costo della vita e non permettergli di compiere stupidaggini. Harmon sembrava conoscere perfettamente il suo re.
L'esercito si stava avvicinando alle trappole, gli uomini di Leah lo osservavano speranzosi. La parte più consistente dell'esercito aveva ormai passato la strozzatura mentre tutti i carri erano ancora al di qua di essa. Quando il primo carro si bloccò quello che lo seguiva non riuscì a fermarsi e nello scontro i cavalli che lo trainavano furono azzoppati. In quell'istante Menion urlò la carica. La maggior parte dei soldati del Sud si trovava bloccata dai carri e non poteva passare. Gli uomini di Leah si lanciarono sull'avversario il più velocemente possibile cercando di sembrare più di quanti fossero in realtà.
Sour non capiva esattamente cosa stesse succedendo, sapeva solo che Menion correva leggero davanti a lui menando fendenti con la sua spada come se non fosse mai stato ferito. Nel suo ruolo di guardia del corpo non si stava comportando bene. Colpì un soldato che cercava di arrivare al re, sembravano attratti da lui, come se sapessero che lui era l'uomo che tutti seguivano.
Improvvisamente una bestia si palesò di fronte a Menion che la colpì senza esitare, senza mostrare sorpresa alcuna. La bestia con un solo colpo lo fece finire a terra e Sour si avventò selvaggiamente sull'avversario. La bestia non si aspettava il secondo attacco e cadde in ginocchio, ma si rialzò di scatto spingendo Sour contro la fiancata di un carro contro cui l'uomo batté la testa. L'uomo della Frontiera cadde a terra e col sangue che gli colava sugli occhi vide la bestia protendere i suoi artigli verso Menion, la cui spada giaceva troppo lontana perché riuscisse a prenderla. Poi all'improvviso, con uno scintillio, la bestia sparì. Sour era sicuro che fosse un'allucinazione dovuta alla ferita alla testa, ma Menion si era alzato e stava guardando qualcuno davanti a lui, quindi doveva aver visto giusto.
Nel silenzio che era seguito alla scomparsa della creatura magica Sour poté sentire il rumore di zoccoli di cavalli che si fermavano.
Si tolse il liquido dalla fronte e poté vedere un alto elfo dai capelli biondi che reggeva una spada, seguito da un nutrito esercito di Cacciatori Elfi.
- Eventine Elessedil... - disse Menion incredulo.
- Menion Leah. - lo salutò l'altro regnate.
- Potete sconfiggere le bestie. - disse poi osservando ammirato l'arma di Eventine.
Era irreale la calma che si era creata attorno a loro. L'esercito del Sud non si aspettava certo che arrivassero rinforzi elfi per i loro avversari e che oltre tutto potessero sconfiggere la magia nera.
- Siamo ai vostri ordini.  - disse ancora Menion Leah - Guidateci alla vittoria! -

***
Alaide: non preoccuparti per le recensioni mancate, l'importante è che tu sia riuscita a leggere la storia e che ti sia piaciuta. Tutti i tuoi complimenti mi fanno davvero piacere, soprattutto perché reputi i pesonaggi IC e le situazioni giuste. E' una storia a cui sono molto legate e vedere che ti piace mi fa stare bene. Ancora grazie per tutte le tue belle parole.
Grazie anche a chi legge senza recensire.
A presto,
sku

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Capitolo 32
*** capitolo 32 ***


32.
Leian sentiva le pietre pulsare tra le sue dita, un secondo cuore che le chiedeva di liberarlo.
L'elfa si chiese come aveva potuto credere così facilmente ad Abaddon, come aveva potuto cedere e farsi plagiare così arrendevolmente. Non aveva scuse, tutti contavano su di lei e lei aveva rischiato di deluderli.
Le pietre emanavano calore, promettendole una rivalsa che desiderava, e le chiedevano di essere usate. Leian si concentrò su di esse e la grotta sotterranea fu presto invasa dalla loro luce bianca e potente che la abbagliò.

Il vecchio guardava la bambina, entrambi seduti sulla riva nord del Lago Arcobaleno.
- Perché io? - gli chiese giocando con alcuni sassi. Il vecchio rise sommessamente.
- La risposta la sai già. Siamo in pochi a poterlo fare. Le Creature del Verbo... -
- Tutti siamo Creature del Verbo, anche gli animali! - ribattè lei con astio.
- Non fingere di non capire, sai benissimo cosa intendo. Le Creature come te e me, magiche, che esistono dal tempo delle Faerie, dall'inizio dei tempi. -
- Ma perchè proprio io? - si ostinò lei conoscendo già la risposta.
- Perché non c'è nessun altro. -
- Ci sei tu. - replicò lei sfidandolo.
Il Re del Fiume Argento s'intristì e scosse la testa.
- Il mio compito è un altro e farei volentieri a cambio con te, ma sappiamo entrambi che non è possibile. Il Verbo ci ha destinati a fare ciò che vuole. -
La bambina continuò a giocare coi sassi; poi ne prese tre più bianche degli altri e li strinse forte finché non scaturì da loro una luce abbagliante che si spense quando lei aprì la mano.
Il Re del Fiume Argento annuì. - Vedo che sei pronta. -
- Sono costretta ad esserlo. -
- No, questo no. Devi accettare liberamente di farlo o sarà inutile. Puoi rifiutarti. -
- Ma in quel caso... -
Il vecchio intuì il corso dei suoi pensieri. - In quel caso non saresti una Creatura della Distruzione. Non è tutto bianco o nero come ti piace pensare. -

La bambina era spaventata da tutto quel buio così illuminò la grotta con le sue pietre. Un sibilo ferito la fece voltare giusto in tempo per vedere un'ombra rifugiarsi dove il chiarore non era arrivato.
- Puoi rifiutarti. - le disse la voce vellutata, ben sapendo a cosa stava andando incontro.
- E' troppo tardi. Lo sappiamo entrambi. -
La figura della bimba si dissolse e rimase solo una creatura di luce che si fuse con quella prodotta dalle pietre. Il bagliore si espanse lottando con il buio anormale, vischioso, che si trovava nella grotta, nell'assoluto silenzio. Non un rumore indicava lo scontro che si stava svolgendo.
Lottarono finché la luce esplose conquistando ogni anfratto, sigillando il buio sotto la terra che tremò. Altre creature d'ombra vennero richiamate nella loro prigione e sigillate finché anche l'ultima scintilla di luce si spense lasciando sul terreno fuori dalla grotta tre ciottoli bianchi.

Solo buio. Il tempo immobile che sembrava non scorrere mai. E la rabbia. Per essere stato imprigionato da quella Creature del Verbo nei panni di una bambina. Ma il momento della riscossa sarebbe arrivato, la magia che lo bloccava stava per cedere e lui sarebbe tornato libero. Solo una cosa avrebbe potuto fermarlo, un'altra Creatura del Verbo. Ma lui sapeva che erano praticamente estinte, rimaneva solo il Re del Fiume Argento che però non poteva lasciare le terre a cui era legato.
Se avesse avuto un viso in quel momento vi sarebbe apparso un ghigno.

La fievole luce penetrò dall'esterno insieme ad un uomo quando ormai non lo credeva più possibile. Abaddon riconobbe in lui un desiderio di vendetta così simile al proprio da lasciarlo stordito.

- La moglie di mio fratello è un'elfa. Amica dei druidi. E ha la magia, anche se non vuole usarla. - disse Rentro in un sussurro. - Peggio di così non poteva essere. -
Abaddon intuì il pericolo dietro quelle parole; gli Elfi erano Creature del Verbo, immagini dello Spirito della Creazione. Avevano perso la magia e questo l'aveva fatto sentire al sicuro, ma se una di loro l'aveva recuperata...

- Devi sbarazzarti della tua famiglia. E' una minaccia. Penso voglia occupartene tu per trovare la tua vendetta. -
Abaddon non riusciva a credere a quanto fosse facile manipolare quell'uomo.

La luce tremolò quando Leian fu scosse dall'ultimo ricordo, sentì Abaddon ansimare intorno a lei, ferito in qualche modo che non riusciva a comprendere. Leian strinse più forte le pietre e i ricordi fluirono nuovamente ma sentì che la fonte era diversa, non più Abaddon ma lei stessa.

- Jun, la magia degli Elfi non è tornata per caso. - esclamò Allanon. La donna dai capelli rossi non incrociò il suo sguardo ma continuò ad osservare la bambina che sedeva sulle sue ginocchia intenta a succhiarsi le mani.
- Lo so. L'ho capito. Ma io cosa posso fare? -
- Jun, tu sei una Creatura del Verbo. La magia degli elfi è solo nascosta, pronta a riapparire quando serve. -
- E con questo? Lei riappare e io devo sacrificare me stessa e la mia vita per il Verbo? -
Allanon non rispose.
- Senza contare mio marito e mia figlia. -
Allanon rimase chiuso nel suo mutismo conscio di quello che la donna stava per dirgli.
- No. E' la mia risposta. -

I pensieri di Leian si fecero rapidi nella sua mente obnubilata da quei ricordi così crudi. Non riusciva a credere che sua madre fosse stata così codarda. Non aveva saputo rinunciare a se stessa e come risultato aveva sacrificato anche la vita delle persone che aveva detto d'amare. Aveva fatto di lei un'orfana che non poteva essere orgogliosa del gesto della madre.
Adesso comprendeva perchè Allanon le aveva nascosto la sua vera missione, perchè lei doveva capire ed accettare o avrebbe commesso gli stessi errori di sua madre.
Sentì crescere in lei la determinazione e la sensazione che ciò che stava per fare era giusto ed essenziale. Nulla poteva fermare la Distruzione tranne la distruzione stessa. Non c'era altra scelta.
Leian strinse più forte le pietre e la luce si rafforzò. Avvertì il calore che emanavano salire attraverso il braccio ed entrare nel suo corpo fino a pervaderla tutta. Era piacevole, percepiva di non essere sola, le pietre erano vive e le comunicavano affetto, coraggio e la spronavano a terminare ciò che avevano iniziato.
Leian sentì il suo corpo sfaldarsi e dissolversi senza dolore, mentre si fondeva con la luce che inondava sempre più ferocemente la grotta, strappando ogni residuo di oscurità e malvagità, legando Abaddon a se stessa, soffocandolo e impedendogli di scatenare il suo potere. Leian avvertì la sofferenza di Abaddon e il suo rancore verso il Verbo. Poi non sentì più nulla.


Allanon era stremato, la lotta contro le bestie stava prosciugando le sue energie mentre si sforzava di proteggere se stesso, Nur e Garvo dagli attacchi degli avversari. Il suo fuoco magico si faceva sempre più fievole e sembrava non riuscire a tenerle più a bada. Nur si scagliava contro le bestie facendo calare la sua pesante ascia su di loro e rendendole il più inoffensive possibile; ormai tutto il suo possente corpo era imbrattato dal liquido nerastro che sgorgava dalle ferite che infliggeva e dal suo stesso sangue che colava da una ferita sul viso. Garvo stava accanto al druido, un braccio inerte lungo il fianco, e con la sua spada teneva lontano da Allanon le bestie che gli arrivavano troppo vicino.
Sembrava una danza attorno all'entrata della grotta. Poi, mentre ormai le loro difese stavano per cedere, le bestie scomparvero, risucchiate lontano.
Garvo e Nur si guardarono intorno esterrefatti, intontiti, poi si lasciarono cadere a terra, sopraffatti dalla stanchezza e dal dolore delle ferite.
Allanon si passò una mano scheletrica sugli occhi. Scorse uno scintillio bianco per terra.
- Leian. - mormorò, mentre le prime gocce di pioggia bagnavano il suo capo.


Tragil non dubitava più nella loro vittoria. La Legione della Frontiera non era mai stata sconfitta e Balinor era il più capace ed ardito dei comandati. Con fermezza aveva mandato i suoi soldati là dove c'era più bisogno di loro, mentre lui vagava per il campo di battaglia sempre dove essa era più cruenta e sembrava risolvere ogni situazione. Rianimava gli animi e infondeva sicurezza. Almeno finché una bestia non lo fece cadere da cavallo. Balinor rimase a terra, mentre il suo luogotenente accorreva il suo soccorso ostacolato da alcuni gnomi.  Poi l'alto re di Tyrsis  si levò in piedi e menò fendenti difendendo coloro che volevano aiutarlo. Mentre Tragil si avventava contro una bestia che stava soffocando un suo sottoposto la vide sparire davanti ai suoi occhi e per poco non colpì che voleva salvare. In tutta la zona di battaglia gnomi, nani e uomini si guardarono increduli, poi la battaglia ricominciò ma ormai gli gnomi si sentivano persi e la maggior parte cercò di fuggire mentre gli altri venivano fatti prigionieri.
Tragil alzò la testa verso il cielo e gli parve più luminoso di quanto ricordasse. Poi si accorse che la cappa di umidità che aveva sovrastato l'Anar per così tanto tempo se ne era andata.


Eventine Elessedil era riconoscibile da lontano, i capelli biondi brillavano mentre combatteva attorniato dalla squadra della Guardia Reale che aveva il compito di proteggerlo. Menion Leah era poco distante, anche lui impegnato in un combattimento che lo stava sfiancando. Sour al suo fianco stava facendo di tutto per impedire che venisse colpito ma il re sembrava trovarsi sempre al centro delle battaglie più cruente. Sour vide il re girare velocemente su se stesso roteando la grande spada e colpire un paio di soldati che avevano avuto la malaugurata idea di porsi sul suo cammino. Poi sbiancò e lasciò cadere l'arma. Sour era allibito e stava per andare a soccorrerlo quando Menion prese il suo lungo arco di frassino e incoccò una freccia che scagliò oltre le spalle del giovane uomo del Callahorn. Sour si voltò e vide una bestia colpita alla spalla che cercava inutilmente di togliersi il dardo dalla spalla con gli artigli mentre la Guardia Reale si serrava intorno ad Eventine ferito dal nemico. Menion raccolse la sua spada e si lanciò contro la bestia ferita e la colpì con impeto al collo. Quella cadde a terra ed Eventine la colpì con la sua spada facendola svanire. I due re si guardarono ansanti per lo sforzo e stavano per riprendere a combattere quando varie urla in diverse parti del campo di battaglia li sorpresero. Impiegarono diversi istanti per capire che tutte le bestie nere erano scomparse.
Menion Leah sorrise, mise la spada nel fodero e prese in mano il suo arco e lo alzò al cielo. Adesso potevano farcela. I suoi uomini fecero risuonare l'urlo di guerra di Leah e gli Elfi li imitarono. Sour alzò la sua spada e osservò il cielo: pesanti nuvoloni neri si stavano accumulando, un lampo lo accecò presto seguito da un tuono che sembrava imitare le grida di gioia nel campo.
- Non credere che sia finita. - gli disse Menion. - Adesso sarà solo più facile. -
- I governanti del Sud non cederanno facilmente la preda. - osservò Eventine.
- Ma forse non hanno ancora capito che la preda sta per diventare predatore. - rispose Menion osservando parte dell'esercito del Sud ripiegare sotto i colpi degli Elfi.
- Facciamo la nostra parte! - li incitò Eventine Elessedil risalendo a cavallo.

***
Eccoci qui, al penultimo capitolo. Spero di non deludervi, perché è stato molto difficile terminare l'azione in questo modo, cercando di essere coerente con me stessa e con la storia. (Probabilmente quello che ho appena scritto non ha senso, ma non fateci troppo caso!)
Alaide: Le tue parole e i tuoi commenti hanno contribuito a far andare avanti questa storia,  perché hai apprezzato i nuovi personaggi, come ho reso quelli vecchi e la storia in generale. Sei una commentatrice preziosa e ti ringrazio di tutto il tempo e di tutte le parole che mi hai voluto dedicare.
Grazie anche a chi legge senza commentare.
A presto,
sku

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Capitolo 33
*** capitolo 33 - Epiloghi ***


33.
L'Epilogo di Sour.

L'uomo dai capelli castani osservava l'orizzonte dai camminamenti sulle mura della città di Leah. Fissava un punto più a sud con nostalgia e dolore. Il leggero vento che si era alzato gli scompigliava i capelli che non si voleva tagliare; con un gesto stizzito della mano li spostò distrattamente di lato e sospirò.
Menion Leah lo osservava da lontano insieme alla moglie.
- Non è nostalgia di casa. E' qualcosa di più. - disse lei mentre i capelli rossi le danzavano intorno al viso nonostante tutti i suoi sforzi di tenerli in ordine.
- Tu ne sai qualcosa di quella. - rifletté il marito osservandola.
- La mia città è stata distrutta. Ma adesso ne ho una nuova. - gli sorrise con malizia. - E posso anche regnare! -
- Allora era questo il tuo piano! - rise.
Rimasero per alcuni attimi vicini in silenzio, contenti di essere ancora vivi ed insieme.
- Vai a parlargli. - disse poi Shirl iniziando a scendere le scale.
Menion si avvicinò al giovane lentamente, osservando la sua città brulicante di vita.
- Uomo del Callahorn. - lo apostrofò quando gli fu vicino.
- Maestà. - ripose l'altro senza staccare gli occhi dal panorama a cui erano avvinghiati.
- Mia moglie è preoccupata per te. -
- Me ne dispiaccio. Non era mia intenzione... -
- Lascia perdere. E' compito delle donne preoccuparsi degli altri. Se non ci fossero loro a quest'ora saremmo tutti morti. -
- Già. -
- Cosa non ti lascia in pace? -
- Tanti pensieri. Mi detesto per come ho trattato la mezzosangue. - Nonostante il rammarico non poté fare a meno di pronunciare l'ultima parola con un tono aspro.
- Allanon direbbe che con la tua arroganza le hai dato un motivo in più per dimostrare il suo valore. -
- Allanon avrebbe detto "Al momento giusto saprai quale è stata la tua parte nella sua vita." - lo scimmiottò.
Menion non poté fare a meno di ridere. - Più o meno. -
- E poi... - L'altro rimase in silenzio in attesa che il vero motivo della tristezza di Sour venisse svelato. - Ho abbandonato alla morte un amico. -
Il ricordo di Brennar non lo lasciava mai solo.
- Brennar ha deciso della sua vita. - disse Menion. - Sour, hai fatto ciò che hai ritenuto giusto; hai fatto una delle cose più difficile che si possano immaginare; hai sacrificato la vita di un amico per salvare la vita di migliaia di sconosciuti. -
Sour non rispose, incerto su come vedere la questione.
Con un gran sospiro Menion continuò. - Adesso ti racconterò di quando un nano è morto per salvare la mia vita e quella di migliaia di sconosciuti... -


L'epilogo di Garvo

Lo gnomo era stanco, il viaggio era stato lungo e pesante, soprattutto per lui, reduce dall'amputazione del braccio sinistro. Sapeva che non c'era stato altro da fare, il veleno delle bestie l'aveva reso incurabile e il druido aveva proceduto con la rimozione dell'arto ormai inservibile. Garvo non riusciva però a spiegarsi come mai a volte lo sentisse ancora come una parte di sé, gli sembrava di poter muovere le dita.
Si fermò davanti ad una casa di Varfleet, non era certo che fosse quella giusta.
"L'unico modo per saperlo è bussare." si disse percorrendo i pochi passi che lo distanziavano dalla porta.
Fu un giovane dall'aria truce quello che venne ad aprirgli.
- Gli Gnomi non sono bene accetti in questa casa. - lo respinse bruscamente.
- Aspetta! Ho un messaggio per madonna Mailin... - esclamò Garvo mentre l'altro gli chiudeva la porta in faccia.
- C'è un solo uomo che chiama mia madre così. - disse il giovane.
- Allanon, vero? -
Il giovane si fece da parte e lo lasciò entrare, poi lo condusse in una stanza sul retro dove una donna stava preparando il pane.
- Madonna Mailin? - la chiamò lo gnomo.
- Cosa ci fa uno gnomo nella mia cucina? - chiese lei senza staccare gli occhi dall'impasto.
- Mi chiamo Garvo e vengo da parte di Allanon. -
- Sarete stanco, sedetevi mentre parlate. - Mailin continuò a massaggiare la pasta del pane con energia. Il ragazzo stava uscendo, ma Garvo lo richiamò schiarendosi la voce.
- Allanon mi ha mandato in sua vece, dovevo tornare a Varfleet e lui mi ha chiesto questo favore. -
- Come avete perso il braccio? - chiese il ragazzo visibilmente interessato.
- Combattendo. E' stato il mio sacrificio. -
- Col druido? -
Garvo annuì; non gli piaceva particolarmente parlarne, era ancora troppo presto.
- Vi è andata bene. - disse Mailin.
Ci fu un momento di silenzio poi lo gnomo estrasse una spada avvolta nella stoffa e la consegnò al ragazzo. Lui esitò mentre sua madre fece finta di non vederla.
- Leian mi ha chiesto di dartela. - Era stato il druido a riferirgli il desiderio della ragazza e lui non se l'era sentita di rifiutarle una cosa così piccola.
Il ragazzo sciolse il nodo e dipanò la stoffa sporca fino a scoprire la lama della spada appartenuta a suo padre.
- Quando l'ha trovato ad Istrat ha pensato che era il minimo che potesse fare per voi dopo tutto il vostro aiuto. -
- E' stato un bel gesto. - disse Mailin dando forma alle pagnotte.
Garvo si alzò e si diresse verso la porta, aveva compiuto il suo dovere; ma il ragazzo lo fermò. - Cosa farete adesso? -
- Tornerò a guidare spedizioni nell'Anar Superiore quando le acque si saranno calmate e i commerci riprenderanno. -
- Posso lavorare con voi? -


L'Epilogo di Nur

Valle d'Ombra era sempre stata simile a se stessa, mai un cambiamento radicale, le case tenute in ordine, le persone immutabili e sempre uguali generazioni dopo generazioni.
Per questo la visita dell'enorme Troll delle Montagne alla locanda fece un clamore che l'uomo in questione considerò fastidioso come il ronzio di una zanzara. Flick fu quindi abbastanza sorpreso quando questo gli si parò davanti un pomeriggio in cui sonnecchiava su una sedia nel locale deserto.
- Siete Flick Ohmsford? - chiese gentilmente.
- Sì. Con chi ho il piacere di parlare? - Flick si era alzato e cercava una sedia abbastanza robusta da sostenere un troll completo di armatura. Nur sorrise e si sedette su una panca risolvendo il problema.
- Allanon mi ha parlato di voi. Avete cresciuto Leian. -
- Già. -
- Avete fatto un buon lavoro. -
Flick non rispose e cercò di cambiare argomento e al contempo di sostenere la sguardo del troll. Fu così che si accorse di un profondo taglio che deturpava il suo viso coriaceo. - Come ve la siete procurata? -
- Lottando al fianco di Leian e di Allanon contro le bestie. Ho sacrificato il mio occhio destro, per fortuna dal sinistro vedo meglio. - Rise, una risata che rimbombò nel locale vuoto migliorando l'umore dell'uomo della Valle, anche se solo per un momento.
- Come mai siete arrivato fin qui? E' un po' lontano dalle Terre del Nord. - disse versando due birre.
- Non quanto si possa pensare. - considerò. - Ho un ultimo compito da svolgere. - spiegò poi.
- Da parte di Allanon? - chiese l'uomo caustico.
- Da parte di Leian. C'è una bambina che in questa guerra ha perduto entrambi i genitori... - 
- Non sarà l'unica. - replicò sulla difensiva.
- Si era persa quando Leian l'ha trovata. Ha pensato che qui sarebbe stata più al sicuro che da ogni altra parte. -
- Non credo che sia così, Leian si è sbagliata. Io non posso... - Non riuscì a terminare la frase interrotto dall'entrata ad effetto di una bambina dall'aria sperduta.
E Flick vide sul suo viso la stessa espressione smarrita che aveva visto in Leian la prima volta che si erano incontrati, la medesima richiesta d'affetto e di protezione. E capì che non avrebbe rifiutato.
Nur sorrise nell'ombra.


L'Epilogo di Allanon

Allanon era stremato, la lotta l'aveva indebolito più di quanto avesse previsto. Ma c'erano cose che non poteva rimandare. Si avvicinò alla riva del Perno dell'Ade e stese le braccia.
Dopo qualche attimo un forte vento si levò nella valle e le acque presero a turbinare, mentre voci angosciose urlavano tutta la loro disperazione.
Poi dal centro del lago emerse una figura solitaria, irreale e trasparente che si avvicinò al druido. Attorno a loro due si fece silenzio mentre nel resto della valle sembrava infuriare una tempesta di anime perdute.
- Padre. - mormorò Allanon.
- Dimmi. -
- Ho compiuto il mio dovere, Abaddon è stato sigillato per altre ere. -
- Hai fatto ciò che era tuo dovere. -
- A quale prezzo? -
- Le tue energie torneranno grazie al Sonno dei Druidi. -
Allanon non rispose.
- Hai ancora un compito, riportare le pietre a Istrat e porle sotto un altro incantesimo di protezione. -
- Vorrei proteggerle a Paranor. -
- Non si può, così dev'essere fatto. Devi staccarti da loro. Tutti hanno sacrificato qualcosa, così deve essere anche per te. -
- Ma io ho già sacrificato qualcuno, ho sacrificato quella che era una figlia per me! - urlò mentre sembrava che la furia del Perno dell'Ade ammutolisse di fronte a quella di Allanon.
- Così andava fatto, Allanon. E non l'hai ancora sacrificata. Finché hai le pietre con te senti la sua vita nelle tue mani. -
- Le ho fatto fare un viaggio che l'ha condotta alla morte. -
- Le Creature del Verbo non muoiono, ritornano a lui. E il suo viaggio nelle Quattro Terre è stato felice. Perché tu l'hai reso tale. Avresti potuto trattarla freddamente e considerarla solo come un mezzo per ottenere i tuoi scopi. Invece hai fatto di più e nessuno te lo riconoscerà mai. Le hai dato il calore di una famiglia con Flick e Saraia e tutti gli altri che ti hanno aiutato ad allevarla; tu le hai dato la conoscenza; Garvo, Adael e  Nur l'appoggio che necessitava nel momento del bisogno; Brennar e Sour le hanno permesso di capire che poteva scontrarsi con i più forti e vincere; Dreiden le ha dato l'amore. Niente di tutto questo era scritto ma tu l'hai permesso. Ha avuto una vita migliore della nostra. Adesso devi lasciarla andare per sempre. -
Lo spettro scomparve e dopo di lui anche la furia del lago si placò.
Allanon si riposò seduto su una roccia aguzza, poi, quando fu sicuro che le sue forze l'avrebbero permesso, si arrampicò fuori dalla valle incurante delle ferite che i sassi taglienti gli procuravano alle mani. Arrivati in cima si voltò verso est aspettando i primi raggi del sole nascente. Quando lo colpirono, estrasse le pietre e le guardò scintillare nella luce aranciata del mattino. Sembravano sorridergli. Doveva essere molto stanco.
- Addio Leian. -

"Alla forza dei popoli delle Quattro Terre, che l'hanno preservata dai baratri oscuri in cui poteva cadere.
A Leian, Adael, Brennar e Dreiden, perchè il loro spirito protegga ciò che hanno contribuito a salvare."

***fine***

Dedico questa lunga storia ad Alberto che, nonostante fosse completamente digiuno della saga di Shannara, l'ha letta tutta per me e che alla fine ha commentato: "Sei troppo psicologica per il fantasy" Grazie davvero.

Grazie a tutti quelli che mi hanno letto, messo tra i preferiti e commentato.

Un grosso e personalissimo grazie ad Alaide che mi ha seguito fin qui riempiendomi sempre di complimenti; davvero mi hai dato un motivo in più per completare la mia più lunga storia. Lettori come te sono un dono e a volte ho pensato di non "meritarti". Spero che ti sia piaciuta anche la fine.

A presto, in giro per il web,
sku

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