Spiaggia di Guai di Sacchan_ (/viewuser.php?uid=82631)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si può sapere dove diavolo si è cacciato? ***
Capitolo 2: *** Stiamo cercando il signor Dazai! ***
Capitolo 3: *** La mia Elise è la bimba più bella! ***
Capitolo 1 *** Si può sapere dove diavolo si è cacciato? ***
bsd summer
Intro: La
sabbia che scotta, il rumore delle onde, la bancarella ambulante che
vende gelato e granite... Atsushi non avrebbe potuto chiedere niente di
meglio per festeggiare quel giorno di improvvisa libertà che
il
signor Kunikida aveva concesso ai membri dell'Agenzia dei Detective
Armati... Peccato che la scomparsa di Dazai mandi all'aria tutto! E il
nostro giovane detective si ritroverà, suo malgrado, a
doverlo
cercare in lungo e in largo per tutta la spiaggia.
Liberamente ispirata all'evento estivo di Bungou Mayoi; si ringrazia la
noia di un giorno di ferragosto, il mal di pancia di un'amica e il
sentirsi giù di morale di un'altra che mi hanno impedito di
uscire, più i miei continui fail nello scoutare a Mayoi dove
ogni volta spero di trovare Dazai e Dazai non c'è mai, per
tanto da lì è nata... codesta cosa?
Non aspettatevi chissà che cosa... si tratta pur solo di una
lettura estiva. ^.^
Disclaimer:
I personaggi qui menzionati non mi appartengono.
SPIAGGIA DI GUAI
(o meglio... la prima volta di
Atsushi al mare)
Atsushi non avrebbe davvero potuto chiedere niente di meglio per quel
giorno.
La
sabbia che scottava, il rumore dell'infrangersi delle onde, il
chiacchiericcio dei bambini, le conchiglie trovate sul bagnasciuga
assieme a Kyouka e Kenji, la bancarella che vendeva gelato,
granite e bibite fresche...
Per
lui, che il divertimento da spiaggia nemmeno sapeva cosa fosse, non
essendoci per giunta mai stato, tutto
questo poteva benissimo essere paragonato al paradiso.
Certo,
quella mattina, quando aprì le porte dell'ufficio
dell'Agenzia,
non avrebbe mai pensato che le cose avrebbero preso una piega
così inaspettata; difatti si trovò di fronte a
uno
scenario del tutto insolito, per quanto abitudinario: il signor
Kunikida che stava letteralmente pregando il signor Rampo,
supplicandolo di risolvere l'ennesimo affidatogli
per non infangare il buon nome dell'Agenzia.
Ma
il signor Rampo Edogawa, di liquidare quel caso, di voglia proprio non
ne aveva; anzi continuava a sventolarsi con un ventaglio di carta,
lamentandosi del caldo, dicendo che non avrebbe sbrigato alcun nuovo
incidente, almeno fino a quando non avrebbe riempito il suo stomaco di
delizioso gelato, accompagnato da una montagna di ghiaccio tritato.
Il
signor Kunikida si offrì persino offerto di andarglielo
comprare, ma questo fece irritare ancora di più Rampo che,
guardandolo con una smorfia amareggiata sul viso, gli puntò
un
dito contro.
"Pensi
che del gelato, comprato da una bancarella qualunque, sia migliore di
quello gustato su una spiaggia e accompagnato da un buon cocktail
fruttato?"
"Colpito e affondato." Pensò
Atsushi quando vide Kunikida spalancare gli occhi e annotare quella
nuova scoperta sul suo taccuino.
Così
erano finiti sulla spiaggia di Yokohama, per la felicità di
Rampo e di tutti gli altri membri dell'Agenzia; un po' meno per quella
di
Kunikida che, ancora una volta, si era visto il suo perfetto programma
giornaliero venire sventrato, e stavolta da qualcuno che non era
nemmeno Dazai.
Nonostante
tutto Atsushi era davvero contento di trovarsi lì: era bello
vedere Kyouka sfoggiare una canotta estiva a balze e tenere i capelli
legati da dei fermagli a forma di girasole, mentre correva a piedi nudi
sulla sabbia e si dilettava a divorare dei ghiaccioli; così
come
era bello scorgere la dottoressa Yosano rilassata sotto al sole,
nell'intento di prendere una tintarella; mentre Kenji si buttava in
acqua con una rete da pesca e si divertiva a tirare su pesciolini per
poi lasciarli andare; persino Rampo si era quietato,
diventando lo
spacciatore di gelato preferito da Kyouka.
Atsushi mentalmente pregò che ai due non venisse il mal di
pancia ad andare a sera.
Solo Kunikida fu
l'unico che non sembrava sciogliersi: difatti continuò a
impartire ordini a destra e a sinistra; cose come "Kenji!
Non buttarti in acqua, hai appena mangiato!" o "Non penserete mica di
fare il bagno senza prima aver fatto dell'esercizio fisico?"
Fortunatamente,
verso mezzogiorno, i due fratelli Tanizaki sopraggiunsero portando
il pranzo al sacco per tutti, Atsushi già si vide con
l'acquolina alla bocca.
"Un momento..."
Dichiarò Kunikida all'improvviso, spingendo in alto gli
occhiali. "Non manca qualcuno all'appello?"
I restanti detective
dell'Agenzia si guardarono l'uno verso l'altro, cercando di capire a
chi Kunikida si stesse riferendo.
Al Presidente, forse? Eppure il signor Fukuzawa si era recato fuori
città per un affare molto importante e tutti loro lo
sapevano.
Magari
si trattava della signorina Haruno, ma il giorno prima aveva
esplicitamente dichiarato che si sarebbe presa un giorno di ferie ed
era impossibile che Kunikida se ne fosse scordato.
La spina dorsale di
Atsushi fu attraversata da un brivido per nulla rassicurante.
"Mi
sto riferendo a quel nullafacente macchina-sprecabende di Dazai!"
Sbraitò. "Si può sapere dove diavolo si sarebbe
cacciato?"
"Lo sapevo..."
Sospirò mentalmente Atsushi, incurvando le spalle.
"Oh,
andiamo!" Tentò di sdrammatizzare Yosano, sventolando una
mano
in aria. "Lo conosci. Sarà già sdraiato sul
fondale del
mare, o perso in qualche bar mentre cerca di convincere le ignare
cameriere a commettere suicidio con lui."
"Più che altro: ma ci
è venuto anche lui in spiaggia?"
Rimuginò Atsushi spostando lo sguardo da Yosano al detective
occhialuto.
Tale
risposta non soddisfò affatto Kunikida che finì,
invece,
per esagitarsi maggiormente, urlando ai quattro venti come aveva
usato il budget giornaliero dell'Agenzia per comprare il cibo del
pranzo, dividendolo equamente per i presenti, tenendo conto delle
necessità alimentari di ognuno e delle calorie che sarebbero
servite per affrontare al meglio quella giornata di mare, sotto al
sole.
"Ed
è inammissibile che quello stolto di Dazai mi mandi all'aria
tutto, dopo che ho progettato questa giornata nei minimi dettagli!"
Atsushi vide Kunikida
girarsi inquietantemente nella sua direzione e subito gelò
sul posto.
"Tu,
moccioso! Vai e cerca Dazai, trovalo nel minor tempo possibile e,
ricorda, fino a che non torni nessuno toccherà il pranzo,
intesi?"
Un lamento generale si
levò nell'aria, lamento di cui Atsushi non si avvide a
partecipare, vista la sua nuova, sfortunata, missione.
"Eeeeehh?"
Nel
giro di dieci minuti tutti tornarono a fare quello che stavano
già
facendo: Yosano a prendere il sole, Kenji e Kyouka a pescare
pesciolini, Rampo a riempirsi di granita e i fratelli Tanizaki a...
pomiciare sotto l'ombrellone.
Tanto
sapevano che Kunikida difficilmente avrebbe ceduto, visto il suo alto
livello di nervosismo. Solo Atsushi rimase imbambolato sul posto,
in balia degli eventi e con la perenne domanda in testa del "E adesso cosa faccio?"; colpendosi
le guance da solo convenne che autocommiserarsi non avrebbe portato
alcun risultato, perciò si sarebbe gettato a capofitto in
quella
missione: avrebbe trovato Dazai e poi si sarebbe riempito la pancia con
il pranzo che Juunichiro e Naomi avevano comprato per tutti loro.
Pieno
di fiducia in se stesso decise di tagliare immediatamente la testa al
toro avvicinandosi al signor Rampo. Era certo che le sue
ultra-deduzioni gli avrebbero fatto trovare il signor Dazai in un
baleno, così finalmente tutti si sarebbero riuniti in
cerchio
per mangiare e la giornata sarebbe proseguita nel migliore dei modi.
"Ehm,
Rampo-san..." Lo chiamò timidamente Atsushi sperando di non
disturbare troppo il detective pupillo dell'Agenzia, fin troppo
impegnato a versare una quantità esagerata di ghiaccio
tritato
nel contenitore della sua prossima granita.
"Zitto,
Atsushi! Per colpa tua sarò costretto a saltare il pranzo.
Non
guastarmi il mio spuntino con la mia granita."
Atsushi
ridacchiò nervosamente -da quando in qua era
colpa sua, poi?-,
ma decise di fare finta di nulla e di proseguire il suo discorso.
"Mi
stavo giusto chiedendo se lei avesse qualche indizio da darmi su dove
trovare il signor Dazai, così che possiamo metterci tutti
quanti
a pranzare il prima possibile." Atsushi tentò timidamente di
fare leva sulla questione cibo per convincere Rampo a risolvere il caso
della scomparsa di Dazai; pensò persino di aver colpito nel
segno quando lo vide spalancare gli occhi e, per una volta tanto, si
sentì vittorioso.
Peccato che Rampo si
girò annoiato dall'altra parte.
"Non mi va."
Talmente
bella da essere vera, quella sensazione di vittoria, che Atsushi
avvertì una forza macigna fargli sprofondare i piedi nella
sabbia.
"Ma
perché?" Si lamentò Atsushi ad alta voce,
indirizzando
quella domanda più che altro a se stesso che al signor
Rampo.
Rampo
sbatté le mani contro il bancone della bancarella ambulante.
"Ho lasciato gli
occhiali in ufficio! E senza quelli la mia Abilità non
funziona!"
Forse
c'era ancora una speranza, si disse mentalmente Atsushi. Magari bastava
fare leva sull'orgoglio di Rampo, dargli un contentino, qualsiasi
cosa... a Rampo non servivano i suoi occhiali per avere in cambio le
sue deduzioni; bastava smuoverlo un po' e il gioco era fatto.
"Oh,
uhm, sono certo che il signor Rampo sia in grado di usare la sua
Ultra-Deduzione anche senza i suoi magnifici occhiali. Anzi, sono
sicuro
che, se ci provasse..."
Ma
l'insistenza che Atsushi gli riservò non fece altro che
alimentare l'indisponenza di Rampo, unito al fatto che stava per
pregustare la sua deliziosa granita ed era invece stato interrotto.
Alzando ancora più la voce, come un bambino petulante, e
sbattendo i piedi a terra, Rampo iniziò a dare delle
escandescenze.
"Se
ho detto che non mi va, non mi va! Vuoi un consiglio? Allora gira in
lungo e in largo per la spiaggia, prima o poi lo troverai! E ora via,
sciò!"
Atsushi
incassò sconfitto la testa nelle spalle: era inutile
continuare con il detective in quello stato.
"Oookkk..."
Abbandonato
Rampo, Atsushi si era perso nel contemplare la vastità della
spiaggia: non importava se rivolgeva gli occhi a destra o a sinistra,
il litorale rimaneva fin troppo lungo per essere perlustrato a piedi,
le persone che lo popolavano erano fin troppe e, se proprio voleva dare
retta alle parole della dottoressa Yosano, c'erano troppe donne e
ragazze in bikini che rispettavano i canoni dei gusti femminili di
Dazai Osamu.
Atsushi avrebbe anche potuto fermare qualsiasi donna, di passaggio
vicino alla riva, per chiedere se uno strano tizio con manie suicide le
avesse avvicinate, ma ci sarebbe voluto fin troppo tempo, e non era
nemmeno sicuro che quella fosse la pista giusta da usare.
Immerso in questi ragionamenti non si accorse di essere finito a
sbattere contro le gambe di Yosano che, sdraiata sulla sabbia con
l'ausilio di un telo da mare, si godeva beatamente il sole.
"Mmm, ma che cavolo, Atsushi-kun... fai attenzione a dove cammini."
Mormorò lei stiracchiando le braccia.
Atsushi si scusò per la sua sbadataggine, ma la dottoressa
non
sembrò avvidersene. Al contrario, si girò sulla
pancia
decretando che era arrivato il momento di cambiare posizione, se non
voleva ritrovarsi con una fastidiosa abbronzatura non uniforme.
"Atsushi-kun, saresti così gentile da mettermi la crema
nella schiena? La trovi lì, dentro la mia borsa."
Il ragazzo acconsentì e si chinò per estrarre
fuori il
flacone di protezione solare da una tasca del borsone, per poi versarne
una generosa quantità di crema sulle mani, iniziando a
spalmarla
sulla schiena di Yosano partendo dalle spalle e scendendo verso il
basso.
"Come immaginavo le tue mani sono davvero morbide... mi verrebbe quasi
voglia di amputarle e studiarle." Mormorò la donna con voce
assonnata, strappando un'ulteriore risatina nervosa ad Atsushi. Le mani
gli servivano ancora.
"A proposito, Yosano-san..."
La donna annuì, capendo immediatamente cosa il giovane volle
dirle.
"Sì, lo so. Hai chiesto consiglio a Rampo su dove trovare
Dazai,
ma non è andata come speravi e ora ti ritrovi con un pugno
di
mosche al naso. Lo so."
"Già..." Asserì Atsushi desolato, finendo di
massaggiare la crema.
"Sei stato sfortunato. Rampo non desidera affatto essere disturbato
mentre sta mangiando..."
"E considerando che
passa il tempo sempre a mangiare, non vuole essere disturbato mai." Osò
pensare Atsushi nella sua testa.
"...ma forse io posso darti qualche consiglio." Yosano
terminò
la frase biascicando le ultime parole.
Atsushi si illuminò
talmente tanto dalla gioia, per quell'aiuto inaspettato, che
finì per afferrarle il polso istintivamente, nella speranza
che
la donna non si addormentasse senza prima aver finito il discorso.
"Davvero? E dove?" Domandò alzando, senza volerlo, la voce:
non
poteva lasciarsi sfuggire quell'opportunità, per nulla al
mondo!
Scacciando via la presa di Atsushi, Yosano si coprì gli
occhi
con una mano per ripararli dal sole, nel frattempo sollevò
l'altro braccio puntando il dito un punto in lontananza. Yosano
additò una fila di scogli posti al termine della spiaggia,
erano un
po' lontani, sì, ma in realtà neanche tanto. I
scogli
più in basso erano occupati da persone intente a pescare o a
prendere il sole, quelli posti più in alto, beh...
"Li vedi anche tu quegli scogli belli alti? Non sono perfetti per chi
si vuole buttare in mare? Che dici? Magari vale la pena andare a darci
un'occhiata?"
Atsushi si mise immediatamente in piedi. Effettivamente, a guardarli
bene, quegli scogli sembravano perfetti per uno che voleva tuffarsi in
acqua. Su alcuni di questi c'erano persino dei ragazzi che si
divertivano a gettarsi in mare sfruttando l'altezza; non che Dazai si
sarebbe lanciato da lì per divertimento, però
poteva
esserci la possibilità che, vedendoli, il suo istinto
suicida
avesse preso il soppravvento.
"La ringrazio, dottoressa Yosano! Questa è un'ottima pista
da seguire!"
Di sicuro non c'era molto tempo da perdere, e Atsushi di tempo ne perse
fin troppo, così decise di incamminarsi velocemente verso
quegli scogli. Peccato che dopo appena un passo ruzzolò a
terra,
sollevando un polverone di sabbia, e non capì come avesse
fatto
a inciampare. Se ne accorse soltanto quando vide la mano di Yosano
stretta intorno a una sua caviglia; Atsushi la guardò
dubbioso e
fu allora che si spaventò seriamente a causa del sorriso
sinistro con cui la donna deformava il suo viso.
"Oh, e ancora una cosa, Atsushi-kun. Quando troverai il suo cadavere
portamelo, ok? Sono anni che smanio di vivisezionarlo vivo, ma non
riesco ad avvicinarmi a lui a causa della sua Abilità,
magari da
morto..."
Atsushi non seppe nemmeno cosa dire a riguardo, per questo non disse
nulla. Si rialzò soltanto per allontanarsi da lei il prima
possibile, prima che la mente perversa del medico dell'Agenzia pensasse
a chissà cosa e lui si ritrovasse, suo malgrado, coinvolto.
"Mi dispiace,
Yosano-san. Ma questo davvero non posso farlo."
Mentre correva verso gli scogli, di certo Atsushi non
avrebbe
mai immaginato che la sua disperata ricerca avrebbe subito nuovamente
un
rallentamento.
Lo capì soltanto quando vide Kenji chiamarlo e venirgli
incontro; Atsushi avrebbe potuto benissimo ignorarlo, ma Kenji si
dimostrò essere sempre un angioletto puro e aggraziato,
sopprattutto
con quel sorriso candido e sincero che sapeva esibire in pubblico fin
troppo bene. Nemmeno Atsushi, che comunque era un giovane puro e di
buon cuore, seppe resistergli, per questo i suoi piedi si arrestarono
immediatamente dalla corsa verso gli scogli. Chissà che cosa
aveva fatto ora di male per subirsi anche Kenji.
"Dannazione." Imprecò
mentalmente, e gli scogli lo salutavano ancora da lontano.
(per
la gioia, o forse no, di Atsushi questa storia deve continuare...)
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Capitolo 2 *** Stiamo cercando il signor Dazai! ***
Per un paio di minuti
buoni, Kenji e Atsushi si scrutarono a vicenda,
almeno fino a quando il primo non decise di porre fine a
quell'imbarazzante silenzio.
"Ehm..."
Iniziò.
Kenji lo
fissò candido, con il sorriso sulle labbra che andava
da un orecchio all'altro, e che Atsushi immaginò essere per
nulla rassicurante.
Il ragazzo
desiderò ardentemente trovare una
scusa e andarsene, per continuare quella che ormai
battezzò come Operazione
Recupero Dazai, ma
fu anche vero che si ritrovò nei panni di coloro che
subivano un
interrogatorio da parte di Kenji: l'idea di piantarlo in asso
sembrò così maleducata che Atsushi stesso
pensò a
come deviare gentilmente le sue domande ancora prima che iniziasse a
parlare.
"Dove stai andando
così di fretta, Atsushi-kun?" Domandò
Kenji celestiale, giungendo le mani a preghiera appena sotto al suo
mento e da lì in poi fu la sua fine.
Atsushi si
maledì per avere anche solo pensato a come sfuggirgli.
"Beh, devo fare in
fretta a trovare il signor Dazai." Rispose
grattandosi la cute visibilmente a disagio. "O questa giornata, da
paradisiaca, si trasformerà in un vero inferno."
Kenji rise per il
paragone, cosa che fu un altro duro colpo per il cuore di Atsushi, e
annuì gioviale.
"Ho pensato di doverti
aiutare." Confidò Kenji, guadagnandosi
un'immediata occhiata di gratitudine da parte di Atsushi. "Il lavoro di
squadra divide i compiti e moltiplica il successo. Qui all'Agenzia le
missioni si eseguono spesso in due, ricordi?" Terminò il
discorso portandosi le mani ai fianchi; Atsushi rimase commosso da
quelle parole, al punto tale che si sarebbe volentieri messo a piangere
dalla gioia per il primo, vero, aiuto che gli venne somministrato.
"Grazie, Kenji-kun!"
Ringraziò volgendo il viso verso gli
scogli, ancora luogo della sua perlustrazione. "Yosano mi ha
consigliato di andare a fare un sopralluogo là. Dice che il
signor Dazai potrebbe essere stato attratto dall'altezza di quegli
scogli."
Kenji si
allungò nella direzione indicatagli, riparando gli
occhi dai raggi solari grazie a una mano e al suo immancabile cappello
di paglia, sempre calato sulla testa.
"Oh, hai ragione!
Sembra proprio un posto perfetto per il signor Dazai."
Qualcosa
però fece inclinare le spalle di Atsushi: i mesi
passati all'Agenzia e la sua formazione come detective gli avevano
insegnato che, nella risoluzione di un caso, ogni
probabilità
andava pensata e valutata con attenzione.
"Sempre che non si sia
già lanciato in mare e ora stia fluttuando alla deriva
trascinato dalla corrente."
Kenji gli rivolse uno
sguardo dubbioso, pensando a cosa fare, poi
colpì il palmo della mano con un pugno e dedicò
ad Atsushi un
sorriso fiducioso che il ragazzo contraccambiò con uno
altrettanto spaesato. Non ebbe la minima idea di cosa balenasse per la
testa del suo collega in quel momento, ma conoscendo
l'eccentricità dei suoi membri qualcosa lo fece mettere in
guardia,
pronto a immaginare il peggio.
"Se le cose stanno
così non dobbiamo fare altro che esplorare il
fondale!" Convenne il ragazzino biondo, come se fosse la cosa
più
facile e ovvia di questo universo. Atsushi tremò persino per
la
semplicità con cui Kenji ovviò il discorso, al
punto tale
da ritrovarsi a sventolare una mano all'aria con fare per nulla
convinto.
"Ma non abbiamo
attrezzatura per fare immersioni qui. Poi non credo che il signor
Kunikida ce lo lascerebbe fare."
Kenji
sgranò di poco gli occhi, riflettendo su quella
constatazione, per poi pizzicarsi una guancia con quel suo fare
così ottimista che lo rendeva unico nel suo genere.
Atsushi sperò bene che non avesse in mente qualcosa, ma si
dovette rammaricare quando lo vide portarsi una mano al petto, proprio
sopra il cuore, e socchiudere gli occhi, alla ricerca di un
ricordo lontano.
Poiché il
ragazzo-tigre aveva già vissuto un momento
simile, in compagnia di Kenji, e ricordava alquanto bene lo svolgersi
degli eventi, avvertì la pelle rabbrividire nel frattempo
che
aspettava il verdetto.
"Non preoccuparti.
Quando ero piccolo mia madre era solita leggermi un
libro dove un uomo, grazie alla sua Abilità, divideva le
acque in
due e queste mostrarono così tanto il fondale al punto da
camminarci sopra a piedi; sono sicuro che questo insegnamento
potrà tornarci utile
proprio in una situazione come questa."
Atsushi non fu affatto
sicuro di quanto aveva appena ascoltato, anzi
non capì come l'episodio biblico, da Kenji menzionato,
potesse essere
di un qualche tipo di aiuto, tuttavia iniziò a provare paura
quando lo vide raccogliere la sua rete da pesca -una di quelle
circolari con tanto di bastone per l'impugnatura a mano-, dalla sabbia
per poi muovere i primi passi dentro l'acqua.
Atsushi sapeva che
doveva fermarlo, e andava anche fatto subito, ma la
spontaneità con cui Kenji credeva in ciò che
stava andando a
fare lo metteva in seria difficoltà.
Considerando l'orario,
e il fatto che ancora non avevano mangiato nulla, se Kenji avrebbe
attivato la sua Abilità ora -alla pioggia non si arrende-
questa si sarebbe manifestata nel pieno della sua potenza esplosiva,
generando solo guai di cui poi avrebbero dovuto rendere conto al signor
Kunikida.
Atsushi
entrò in acqua cercando di attirare la sua attenzione,
nella vana speranza di poterlo fermare prima che il danno venisse
compiuto, tuttavia Kenji risultò fin troppo risoluto quando
sollevò le braccia in alto, con la rete da pesca ben
impugnata
tra i pugni stretti, e la andò a schiaffeggiare contro la
superficie del mare, generando un'onda marina che si divise in due e si
propagò fino alla direzione da Kenji scelta, quella degli
scogli.
Per non essere
sbalzato via dall'onda d'urto Atsushi si appellò
con tutto se stesso alla resistenza della sua Abilità, nel
frattempo che si riparava gli occhi con le mani e poteva ascoltare,
grazie al suo udito supersviluppato, le grida di coloro che si stavano
rilassando sugli scogli e, vedendo l'onda arrivare da lontano,
fuggirono verso l'interno della spiaggia raccattando in fretta e furia
le proprie borse e i propri teli da mare.
"Mi dispiace." Si
scusò
mentalmente il ragazzo con quelle persone riaprendo lentamente gli
occhi. Da lontano udì persino Kunikida sbraitare verso di
loro
frasi del tipo: "Se
volete giocare con l'acqua cercate almeno di non disturbare gli altri!",
mentre Kenji studiava attentamente lo scenario che aveva smosso grazie
al suo maremoto, sempre con un sorriso entusiasta sul volto, affermando
di non essere mai riuscito a generare un'ondata così forte
prima
d'ora in vita sua, ma che purtroppo da quello che aveva potuto vedere
del signor Dazai non c'era nemmeno l'ombra.
Atsushi non gli
prestò ascolto, dato che ne conosceva già
l'esito, ma si limitò a perlustrare i danni che avevano
generato
e fu allora che lo vide: il corpo di un uomo riverso a terra sulla
riva, che non dava cenni di alzarsi o muoversi, come se fosse stato
preso in pieno dal maremoto e da esso investito.
Sentendosi complice
della cosa finì per afferrare un braccio di
Kenji, anche il quattordicenne biondo se ne era accorto ormai, e
i due iniziarono a sudare
freddo. Se avesse voluto usare le parole del suo senpai
Kunikida quello era davvero lo scenario peggiore che mai sarebbe potuto
capitare. "Dici che sia morto?" Domandò Kenji ingenuamente.
"Eppure la mia onda non era così devastante..."
"Che stai dicendo? Se
fosse così l'Agenzia si troverebbe in un mare di guai..."
I due si guardarono
all'unisono, trovandosi d'accordo che, se davvero
volevano correre ai ripari, la prima cosa che dovevano fare era
dileguarsi e andare a constatare i danni di persona.
"Dici che sia morto?"
Ripeté Kenji quando si
avvicinarono a quel corpo distesp a terra che, di dare segnali di
ripresa, proprio non voleva saperne. Atsushi, dietro di lui,
lasciò che il ragazzino biondo lo colpisse ai fianchi usando
la
punta di un bastoncino recuperato sulla spiaggia che la corrente del
mare aveva sospinto verso la riva, lasciandolo oscillare sulla
superficie.
"Come lo spiegheremo?"
Gridò isterico. "Aspetta, ma è
davvero morto? Non è il caso che chiamiamo un'ambulanza o
qualcosa del genere?" E nel mentre cercò di ripassare dentro
la
sua testa le manovre di primo soccorso che imparò da
Kunikida
durante una delle sue "lezioni speciali"; di sicuro non
immaginò
che gli sarebbero tornate fondamentali da usare così presto.
"Gli controlliamo il
battito cardiaco?" Rimuginò Kenji
piegandosi verso di lui con l'intenzione di poggiare l'orecchio
all'altezza del cuore. In quello stesso momento lo sconosciuto svenuto
a terra aprì gli occhi per poi guardarsi furiosamente
attorno.
Kenji balzò
all'indietro per la sorpresa, anche Atsushi
preferì trovare riparo dietro di lui dato che, per qualche
strano motivo. quell'uomo gli incuteva un po' di timore.
Eppure a guardarlo
bene non sembròa che un uomo qualunque su una
spiaggia qualunque, con le infradito ai piedi, il costume da bagno a
pantaloncini che arrivavano fino alle ginocchia e la felpa
estiva rossa a maniche corte, dotata di cappuccio.
Forse erano i
capelli rossi, un po' troppo lunghi per essere un uomo, che gli
ricordarono qualcuno da cui era meglio stare alla larga, ma davvero
non rammentava dove...
"Ah!"
Esclamò Kenji sorpreso indicandolo, andando a toccare una
pistola ad acqua depositata un poco più in là dai
piedi
di quell'uomo; evidentemente gli era sfuggita di mano quando l'onda
l'aveva tramortito.
"Il signor Fancy Hat della
Port Mafia!"
Atsushi
pregò bene di aver sentito male.
"Oh, il ragazzino
dell'Agenzia! E tu sei il ragazzo-tigre! Quello a cui
Akutagawa-kun dava la caccia!" Si meravigliò mettendosi in
piedi
come nulla fosse.
Nella mente di Atsushi
immediatamente sfogliarono i profili dei file
sugli alti ranghi della Port Mafia in possesso nei database
dell'Agenzia; gli era stato detto che doveva conoscere il nemico in
ogni momento, per darsi alla fuga nel minor tempo possibile se teneva
cara la
pelle, perciò se li era studiati uno a uno e ora era
sì
certo di sapere chi fosse quell'individuo davanti a loro.
Aveva
persino il suo nome sulla punta della lingua...
"Aspetti, lei
è il signor Nakahara Chuuya? Si allarmò
Atsushi. "Ma cosa ci fa qui? Questa spiaggia non è uno dei
territori in possesso della Port Mafia..." Vista l'occhiata disgustata
che si vide rivolgere, Atsushi pensò bene che non era il
caso di
proseguire quel discorso...
Con il piede Chuuya
colpì la sabbia, generando un fragrante
rumore, uguale a quello di una grossa pietra che cade a terra, grazie
alla sua abilità che gli diede il controllo della
gravità
esercitata dal suo corpo.
"Che diavolo stai
dicendo, moccioso?" Domandò inferocito Chuuya
per poi portarsi orgogliosamente un pollice verso il petto e indicare
se stesso con fierezza. "Ascoltatemi bene. Persino un Dirigente della
Mafia, ultra rispettato come me, necessita di qualche giorno di ferie."
L'enfasi con cui sottolineò quel concetto fu tale che sia
Atsushi che Kenji non osarono contraddirlo, anzi lo guardarono ad occhi
spalancati, e tanto bastò a Chuuya per pavoneggiarsi ancora,
buttando indietro il torace e ridendone di gusto.
"Non abbiamo molti
giorni liberi. Ogni tanto è bello avere del
tempo per un po' di divertimento mentre gli altri lavorano, non siete
d'accordo?"
Atsushi e Kenji si
scambiarono un'occhiata perplessa, di quelle che
solo chi non poteva comprendere quelle parole potevano commutare.
Forse, anche a causa
del poco entusiasmo che i due giovani avevano
sollevato, Chuuya tornò a farsi serio, assumendo quel
cipiglio
tipico che lo contraddistinse come uno degli Esecutori più
alti
in rango nella Port Mafia.
"Beh? Voi due cosa ci
fate qua?"
Atsushi
avvertì un brivido propagarsi dal centro delle scapole e
fin giù al fondoschiena, ed era anche molto tentato
dall'afferrare Kenji per tornare indietro, ma il suo partner lo
precedette non resistendo dal rispondere con la sua spontanea
sincerità.
"Stiamo cercando il
signor Dazai!"
"Non era davvero necessario
dirglielo, Kenji-kun!" Pensò Atsushi
conscio che oramai il danno era fatto: non solo avevano travolto in
pieno un membro della Mafia, ma ora ci stavano pure parlando come nulla
fosse in barba a quelli che erano i principi dell'Agenzia.
"Fatemi capire..."
Sospirò Chuuya intrecciando le braccia al
petto. "Cosa avrebbe combinato quel pazzo suicida stavolta? No,
aspettate, non ditemelo. Qualsiasi cosa sia non mi interessa. Meglio
non restare invischiati con quello..." Terminò il discorso
gesticolando con le mani, lasciando i due ragazzi stupiti da come si
era posto una domanda per poi rispondersi da solo.
Questo fece capire ad
Atsushi che, se volevano dileguarsi, quello era
il momento buono. Così non avrebbero nemmeno dovuto dare
eventuali spiegazioni su eventuali episodi spiacevoli accaduti poco
ptima.
Agguantando Kenji per
un braccio chinò il busto in segno di
scuse e forzò la presa in modo da far capire che era ora di
sloggiare.
"Ehi, aspetta. Magari
lui può aiutarci..." Bisbigliò
Kenji nel momento in cui veniva trascinato via, incurante degli sguardi
che Atsushi gli stava lanciando come segnali.
"Stai scherzando?"
Mormorò sottovoce. "Lo sai con chi abbiamo a che fare,
vero?"
Mostrandosi risoluto,
Atsushi trainò di peso Kenji via da
lì, girandosi appena per scusarsi del disturbo ed esprimendo
la
sua felicità nel sapere che tutto era a posto.
Peccato che Chuuya
perseguitò a scrutarlo, anche più serioso di
prima.
"Ohi, voi due." Li
richiamò con tono critico; i due ragazzi si
girarono di scatto, per niente pronti ad affrontare le conseguenze
delle loro azioni.
Chuuya li
indicò appena, piegando un braccio nella loro direzione e
accennandoli sbiecamente.
"Mi state nascondendo
qualcosa, vero? Poco fa sono stato tramortito da
un'onda anomala, generata sicuramente da qualcuno, mentre stavo
tranquillamente gustando un Suavia Soave classico. Voi ne siete al
corrente, giusto?" Domandò accusatorio e i brividi di
Atsushi si
intensificarono. Tuttavia continuò a pensare che, forse,
potevano ancora scappare e aggregarsi agli altri membri dell'Agenzia,
perciò sollevò le mani in alto, come per
giustificarsi,
blaterando impacciato che si trovavano lì proprio
perché
avevano notato l'onda da lontano e assicurarsi che nessuno si era fatto
del male faceva parte del loro lavoro.
"Sono stato io a
generarla, mi dispiace." Parlò Kenji con
sincerità e subito Atsushi gli si aggrappò ai
vestiti con
gli occhi pieni di lacrime.
Poco fa potevano
ancora scamparla liscia, ma ora...
"Non era necessario
essere così sinceri!" Gemette vedendosi
passare tutta la sua misera vita davanti; Kenji, non capendo, gli
sorrise esprimendo quanto il suo motto "Essere sinceri è
importante" lo fosse davvero per non fare la figura di
quelli che scappavano dai nemici con la coda tra le gambe.
Fu in quel momento che
Atsushi, al limite dell'esasperazione, si prese la testa tra le mani
blaterando cose senza senso come "Questo
ci fa neri!" o "La
mia vita è stata fin troppo breve!", il tutto
con Kenji che, al contrario, continuò a non vedere o non
capire tutto questo pericolo.
Solo un getto d'acqua
fredda fu in grado di riportare Atsushi con i
piedi per terra: lo schizzo lo colpì in pieno proprio sul
collo,
bagnandogli il colletto della felpa e parte della
metà
superiore di essa a partire dal petto.
"Eh?"
Esclamò sorpreso, battendo gli occhi e voltandosi verso la
direzione da cui era partito quel getto d'acqua.
Rimase persino basito
e senza parole quando vide l'Esecutore della Port
Mafia esibire un ghigno felino con il braccio sollevato verso di lui e
la pistola ad acqua, che notò abbandonata vicino a loro
proprio
poco prima, stretta in un pugno.
Era con quella che gli
aveva sparato l'acqua addosso? A che pro, poi?
Atsushi restò a bocca spalancata per la sorpresa, mentre
Kenji
al suo fianco si esaltò più del dovuto per quanto
tutto
questo gli sembrò divertente.
Proseguendo a non
capire Atsushi lasciò semplicemente che l'uomo
si fece beffe di lui, ridendo della sua incapacità
nell'evitare
un attacco così semplice e diretto, e che la sua pistola ad
acqua era seriamente un gran prodotto vista la distanza di tiro che
riusciva a coprire.
Chuuya avrebbe anche
continuato a ridere se non gli fosse toccata la
stessa medesima sorte: essere bagnato alla schiena da un gavettone
lanciato da qualcuno alle sue spalle che si rivelò essere
una
graziosa bambina con i lunghi capelli biondi raccolti in una coda di
cavallo e un grazioso costumino rosa adornato da fiocchetti neri.
Nonostante fosse solo
una bambina non esitò a ridere della
condizione in cui aveva lasciato Chuuya Nakahara, Dirigente Esecutivo
della Port Mafia.
"Sembra proprio che
Chuuya sia appena stato squalificato."
Stranamente Atsushi
avvertì una punta di scherno in quella
frase, per quanto pronunciata dalla deliziosa voce di una bimba.
I due sembravano
persino conoscersi, dato che l'uomo coi capelli rossi
la chiamò per nome e le intimò di non usare
quella brutta
parola in sua presenza, ma la piccola ci rise su e corse via, veloce
come un fulmine, facendo sì che Chuuya la rincorresse,
distogliendo così l'attenzione da lui e da Kenji.
I due ragazzi tirarono
finalmente un sospiro di sollievo.
L'avevano sicuramente
scampata bella, ma di Dazai ancora nessuna traccia, perciò l'Operazione Recupero Dazai
tutto poteva dirsi se non lungi dall'essere conclusa.
L'orario del pranzo
era già passato da parecchio, persino quello
della pennichella estiva, e a ovest il sole aveva già
iniziato
ad abbassarsi.
(Atsushi
vorrebbe che fosse finita, ma non lo è...)
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Capitolo 3 *** La mia Elise è la bimba più bella! ***
Atsushi
liquidò Kenj pregandolo di tornare indietro; gli disse di
restare
insieme a Kyouka, di tranquillizzare quest'ultima in caso avesse
iniziato a preoccuparsi della sua assenza; in realtà
desiderò soltanto poter condurre quella ricerca in
solitaria.
Già
dal principio
sospettò che quella missione era impossibile da portare a
termine, -del
resto quando mai il signor Dazai gli rendeva la vita facile?- ma farsi
vedere dal signor Kunikida come uno su cui non si
poteva contare era fuori discussione.
Il giorno in cui
entrò nell'Agenzia il ragazzo promise a se stesso
che avrebbe lavorato sodo, dando il massimo in ogni situazione; ora non
doveva assolutamente venire meno a quell'impegno solo perché
Dazai gli
rendeva le cose impossibili o faceva di tutto per ostacolare i piani
perfetti e giornalieri di Kunikida.
Rinnovando
questo vigore Atsushi strinse i
pugni a sé: la spiaggia era finalmente tornata calma,
persino di
quell'uomo appartenente alla Mafia si erano perse le tracce,
perciò,
ora che il pericolo era scampato, finalmente era giunto il
momento di recarsi su quei famigerati scogli e guardare se il suo
mentore si trovava lì; e anche se lassù Atsushi
non l'avrebbe trovato, il
ragazzo aveva già pensato a un piano di riserva: sfruttare
l'altezza
per perlustrare il panorama, attivando la super-vista che la sua
Abilità
gli donava.
Annuendo a se stesso
fu pronto a scattare verso gli scogli, ma
il tremendo pianto di qualcuno lo bloccò sul posto: il
giovane
detective si girò giusto in tempo per vedere un uomo sulla
quarantina
chiamare disperatamente qualcuno.
A giudicare
dall'insistenza sembrò
davvero disperato, al punto tale che Atsushi ne provò
immediatamente
compassione, dato che si trovava nella medesima situazione.
Assottigliando
lo sguardo qualcosa gli ricordò di aver già visto
quell'uomo da
qualche parte: forse era per l'aspetto trasandato, il viso dotato di un
leggerro accenno di barba o i
capelli neri leggermente lunghi fino alla base del collo...
sì, decisamente Atsushi, quell'uomo,
lo aveva già incontrato e quando i loro occhi si
incontrarono entrambi
aprirono la bocca per lo stupore di essersi già visti da
qualche parte.
"Shounen!"
"Il dottore di quella
volta!"
Atsushi
lo ricordò bene quell'uomo, vestito da medico del quartiere,
che gli
diede quel prezioso consiglio nella lotta contro Lucy della Guild;
certo, non immaginò che sarebbe arrivato il giorno in cui se
lo sarebbe
trovato di nuovo davanti, e ancora una volta era disperato e con il
moccio al naso per il pianto.
"Non mi dica che ha
perso di nuovo
quella bambina?" Sospirò Atsushi incredulo: possibile che
tutti i
contrattempi del mondo si manifestavano sempre e solo a lui?
Dannato il
signor Dazai! Come minimo si sarebbe fatto offrire la cena, quella
sera.
"La
mia Eliseee! Era dietro di me e mi sono allontanato solo
per prenderle un gelato e poi non c'era più."
Spiegò quell'uomo
tormentato, strofinandosi gli occhi, per poi scoppiare in un pianto
disperato, che il detective dell'Agenzia trovò alquanto
esagerato. In realtà quello avvilito e demoralizzato doveva
essere lui.
Atsushi
pensò a
come evitare questo nuovo problema quando si vide afferrare le mani da
quello strambo uomo, con l'espressione sempre più angosciata.
"Ti
prego, dimmi che l'hai vista!" Lo implorò, stringendogli
forte le mani,
ma così forte che Atsushi fu tentato a lasciar andare la
presa
immediatamente per evitare che gli facesse del male. Quell'uomo
appariva magro, ma di forza ne aveva.
"Ecco, mi dispiace,
io... non ricordo nemmeno che
aspetto aveva quella bambina..." Dichiarò con
onestà.
In verità
sperò
che così facendo l'uomo lo lasciasse perdere e tornasse alla
sua
ricerca da solo, così anche lui sarebbe tornato sulle tracce
del
signor
Dazai, ma capì ben presto che non c'era niente da fare, che
quella non era giornata e che tutto gli sarebbe andato storto.
"Che cosa
farò se le succedesse qualcosa? E se affogasse? Come potrei
giustificarmelo per tutta la vita?"
Un
brivido corse giù per la spina dorsale di Atsushi: il signor
Dazai era
un uomo adulto e vaccinato, consapevole, o forse, delle sue azioni, ma
una bambina? I principi dell'Agenzia ponevano il benessere dei
cittadini al primo posto, se avesse lasciato perdere sarebbe stato
come tradire il credo del luogo dove lavorava; avrebbe prontamente
deluso tutti
coloro che credevano in lui solo per essersi rifiutato di aiutare un
uomo in difficoltà, nella ricerca di una povera e innocente
bambina.
Atsushi
si rassegnò presto all'idea che sarebbe tornato da Kunikida
senza aver
trovato Dazai. Si arrese anche all'idea di subire una ramanzina da suoi
colleghi per essere così inutile
come detective, ma forse avrebbe ricevuto delle lodi per non aver
ignorato la richiesta d'aiuto di un uomo in difficoltà.
"Ok,
allora... che aspetto ha questa bambina?" Domandò Atsushi
gentilmente,
sperando così di quietarlo; forse grazie al tono garbato che
usò, unito al suo sorriso rassicurante, l'uomo
lo lasciò andare, strofinandosi gli occhi e riacquistando un
certo
contegno.
"Si tratta di una
adorabile bambina con lunghi capelli
biondi legati in una coda e grandi occhi azzurri. Ha un costumino rosa
con dei fiocchetti neri, gliel'ho regalato io proprio perché
le avevo
promesso che l'avrei portata in spiaggia oggi."
"Bene, allora
direi che ora non ci rimane che andare in giro a chiedere se qualcuno
l'ha vista..."
Immediatamente Atsushi
si congelò: quella descrizione
non apparteneva forse alla ragazzina che,proprio poco prima, aveva
tirato
un gavettone contro l'uomo della Port Mafia? Quell'uomo stesso non
l'aveva forse chiamata per nome prima di rincorrerla? Più ci
rifletteva più
Atsushi pensò che il nome di quella bambina era proprio
Elise.
"Un momento..."
Deglutì il ragazzo a disagio. "Non sarà che anche
quest'uomo fa parte della Port Mafia? E se mi sta approcciando apposta
per tendermi
una trappola?"
Atsushi
condannò se stesso per aver mandato via Kenji, quando forse
era meglio
restare in coppia proprio per far fronte a una situazione simile. E ora
come si sarebbe tolto da quell'impaccio?
Come avrebbe evitato a
quell'uomo dei sospetti che aveva capito il suo piano? Sempre ammesso
che la sua teoria fosse giusta e non stava travisando tutto come al
solito.
"Tutto bene, shounen?"
Appena si
sentì chiamare Atsushi si ricompose: doveva farsi vedere in
modo naturale, fare finta di niente e ignorare i suoi sospetti; il
piano migliore che la sua testa gli diceva era quello di aiutare l'uomo
a trovare la bambina il prima possibile, per poi liquidarlo
immediatamente.
Quel punto della
spiaggia si stava rivelando affollato
di nemici, e quello doveva essere un giorno di vacanza per i membri
dell'Agenzia!
"Assolutamente
sì! Allora... proviamo come prima cosa a
vedere se..." Atsushi cercò di ricordare la direzione che
aveva preso
Nakahara Chuuya. I suoi occhi eterocromatici incrociarono il bar di uno
stabilimento balneare. "Ecco! Possiamo iniziare da lì a
chiedere, che
ne dice?"
"Ti seguo, ragazzo."
Rispose l'uomo evidentemente
sconsolato.
Sul suo viso Atsushi
ne lesse la totale amarezza, unita
alla sincera preoccupazione e, per quanto ne provò pena,
decise che
restare in guardia era la scelta più saggia da fare, onde
evitare che
la sua
persona venisse danneggiata da una trappola a sorpresa. Troppe volte
l'Agenzia si era ritrovato a soccorrerlo, sebbene ormai la taglia sulla
sua testa era stata ritirata dal capo della Gilda in persona.
Mezz'ora
dopo Atsushi si rese conto che quella bambina doveva essere per l'uomo
una
fonte di preoccupazione tale uguale a come Dazai lo era per lui:
nonostante entrarono in più di un bar nessuno
reclamò la presenza di
una bimba solitaria, senza un adulto accompagnante.
Il giovane
provò pure a rintracciare Chuuya Nakahara tra i turisti e i
bagnanti, ma persino quest'ultimo sembrava dileguatosi nel nulla e
l'uomo pareva sempre più sull'orlo di una crisi di panico
più le ricerche andarono avanti e si rivelarono infruttuose.
La cosa
bella, per Atsushi, fu che per quanto girò alla ricerca di
questa
bambina, sfruttando la cosa come un pretesto per cercare quella
dannata macchina spreca-bende, come lo chiamava Kunikida, nemmeno di
Dazai c'erano tracce da qualche parte.
Alla fine, lui e
l'uomo si
trovarono stremati, a causa del sole e della ricerca, seduti sulle
sedie
di un tavolino, sotto il gazebo di uno stabilimento balneare.
Guardandosi attorno
Atsushi intuì persino di essersi parecchio
allontanato da quello che era il suo obbiettivo iniziale: addio scogli
e addio punto di osservazione.
Fortunatamente l'uomo
lo distolse
da quel pensiero, richiamando la sua attenzione, mentre si asciugava la
fronte dal sudore usando un fazzoletto di stoffa.
"Mi
dispiace di averti trascinato con me, sicuramente avevi altri piani per
oggi pomeriggio..."Si scusò chinando il capo, e
proseguì le sue scuse
elencando quanto quella bambina fosse importante per lui, di come la
sua assenza lo faceva sentire indifeso perché quella bambina
era in
realtà la sua forza.
Atsushi
lo continuò a fissare chiedendosi se il sospetto su di lui
era poi
fondato oppure no; certamente voleva ancora allontanarsi e
abbandonarlo, ma farlo senza un'apparente ragione sarebbe stato
alquanto sospetto e finora quell'uomo non aveva dato segnali
di ostilità verso di lui.
L'unica cosa che aveva
fatto finora era crogiolarsi nella
sua disperazione perché la sua adorata Elise non si trovava
da nessuna
parte.
"Oh, uhm, non
c'è problema, dico davvero. Il fatto è che
anche io sto cercando qualcuno, e ho approfittato della situazione per
cercare di trovarlo, ma..." Lasciò scivolare il mento fino
alla
superficie del tavolino mostrandosi così sconfitto e
scoraggiato. "...penso che tornerò da chi mi ha chiesto di
cercarlo a mani vuote."
Davanti ad Atsushi
quell'uomo giunse le mani sotto al mento e gli sorrise affettuosamente.
"Questa persona che
stai cercando sembra davvero darti tanti grattacapi."
Le spalle di Atsushi
subito si raddrizzarono, lasciando intendere il
dovere di spiegarsi meglio. Certamente il signor Dazai rappresentava
una delle sue primarie fonti di preoccupazioni, eppure per quante volte
gli avrebbero chiesto di cercarlo e farlo tornare in riga a causa della
sua svogliatezza Atsushi non avrebbe mai detto di no.
"La
verità è che io devo molto a quest'uomo! Ma a
volte vorrei che si
comportasse da adulto quale dovrebbe essere, così che io non
debba
sempre preoccuparmi per lui..." Farfugliò imbarazzato
Atsushi, non
capendo nemmeno perché avesse avvertito il bisogno
di dover dare delle
spiegazioni a uno sconosciuto.
L'uomo
inclinò lo sguardo interessato. Sotto effetto di
quegli occhi Atsushi non poté fare a meno di continuare
imbarazzato la sua spiegazione, abbassando lo sguardo per evitare un
contatto diretto.
"Cioè,
quello che voglio dire è che questa persona che sto cercando
è quanto
di peggio possa esistere: è pigro, e non è ligio
al dovere per niente,
se può evitare qualcosa che non gli va a genio lo
farà sicuramente ed è
la mia causa costante di guai! Nonostante ciò... lo ammiro
molto perché
sa sempre qual è la cosa giusta da fare in qualsiasi
momento."
"Capisco. Quindi
è davvero una persona importante."
Atsushi
portò una mano al collo strofinandolo imbarazzato, ridendo
nervosamente. Inconsapevolmente
stava persino dicendo a qualcuno di estraneo, e che poteva benissimo
trattarsi di
un nemico, qualcosa di sconveniente; per fortuna che l'uomo
sembrò
essersi accorto del suo disagio e si era volutamente inserito nel
discorso per lasciarlo cadere esattamente come era nato.
Chissà se lo
aveva fatto, senza volerlo, o aveva intuito che il ragazzo si era messo
con le mani nel sacco da solo? Atsushi preferì non trovare
una
risposta.
Quando poi il
cellulare di quel signore, ancora senza un
nome, squillò la suoneria di un messaggio immediatamente
provò
sollievo: temeva davvero che avrebbe finito col dire qualcosa di troppo.
Dopo aver letto il
messaggio l'uomo saltò in piedi, . balzando di
gioia. Il tutto sotto lo sguardo attonito di Atsushi.
"Hanno trovato la mia
Elise!" Esclamò accarezzando il dispositivo come se fosse il
tesoro più prezioso del mondo.
"Ah, ehm... mi fa
piacere per lei. Non serve che l'accompagni, vero, signor...?"
L'uomo ripose il
cellulare dentro la tasca dei pantaloni prima di rispondergli.
"Rintaro.
Effettivamente quella volta non ho avuto la possibilità di
presentarmi." Piegandosi appena sulle ginocchia Rintaro porse la mano
ad Atsushi, mano che il ragazzo esitò per un secondo o due
prima di
stringere, ma che alla fine accettò.
La stretta di Rintaro
fu
vigorosa e forte, talmente salda che per un attimo ricordò
ad Atsushi
quella di Fukuzawa, forse questa sensazione era dovuto al fatto che i
due uomini sembravano avere all'incirca la stessa età.
"Permetti un
consiglio, giovane?"
"Ehm,
certo!" Rispose Atsushi titubante, per la serietà con cui
l'uomo, finalmente
presentatosi con il suo nome, lo aveva guardato negli occhi e parlato.
"Noi
ci innamoriamo non quando troviamo una persona perfetta, ma quando
arriviamo a considerare perfetta una persona imperfetta."
Le
palpebre di Atsushi sbatterono più di una volta, prima che
il suo
cervello collegò le parole al significato e le guance si
colorarono di
rosa a causa dell'imbarazzo.
"Ma io non ho mai
detto che...!"
Rintaro si
portò le dita alle labbra ghigando leggermente, divertito
dalla situazione.
"Uhuhuh, è
solo un aforisma di chissà quale filosofo. Non darci troppo
peso, shounen,
mi sembrava solo adatto al momento."
Atsushi si strinse
nelle spalle per l'imbarazzo, nel frattempo che Rintaro si allontanava
salutandolo con la mano.
Decisamente
Dazai avrebbe dovuto pagare anche per questo, rimuginò il
giovane
alzandosi dalla sedia e incamminandosi nel verso opposto che aveva
preso Rintaro.
Tanto continuare a
cercare quel pazzo suicida di Dazai era completamente
inutile, visto tutto il tempo che era passato; Atsushi pregò
che
Kunikida non lo sgridasse eccessivamente per la sua incompetenza, o
meglio che si fosse quietato e avesse dimenticato del compito che gli
aveva assegnato.
Alle sue spalle il
sole aveva già iniziato ad assumere i toni rossastri tipici
del tramonto.
(e
nemmeno stavolta Atsushi ha rintracciato il suo obbiettivo)
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