Spiaggia di Guai

di Sacchan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si può sapere dove diavolo si è cacciato? ***
Capitolo 2: *** Stiamo cercando il signor Dazai! ***
Capitolo 3: *** La mia Elise è la bimba più bella! ***



Capitolo 1
*** Si può sapere dove diavolo si è cacciato? ***


bsd summer
Intro: La sabbia che scotta, il rumore delle onde, la bancarella ambulante che vende gelato e granite... Atsushi non avrebbe potuto chiedere niente di meglio per festeggiare quel giorno di improvvisa libertà che il signor Kunikida aveva concesso ai membri dell'Agenzia dei Detective Armati... Peccato che la scomparsa di Dazai mandi all'aria tutto! E il nostro giovane detective si ritroverà, suo malgrado, a doverlo cercare in lungo e in largo per tutta la spiaggia.

Liberamente ispirata all'evento estivo di Bungou Mayoi; si ringrazia la noia di un giorno di ferragosto, il mal di pancia di un'amica e il sentirsi giù di morale di un'altra che mi hanno impedito di uscire, più i miei continui fail nello scoutare a Mayoi dove ogni volta spero di trovare Dazai e Dazai non c'è mai, per tanto da lì è nata... codesta cosa?

Non aspettatevi chissà che cosa... si tratta pur solo di una lettura estiva. ^.^

Disclaimer: I personaggi qui menzionati non mi appartengono.





SPIAGGIA DI GUAI

(o meglio... la prima volta di Atsushi al mare)



Atsushi non avrebbe davvero potuto chiedere niente di meglio per quel giorno.

La sabbia che scottava, il rumore dell'infrangersi delle onde, il chiacchiericcio dei bambini, le conchiglie trovate sul bagnasciuga assieme a  Kyouka e Kenji, la bancarella che vendeva gelato, granite e bibite fresche...
Per lui, che il divertimento da spiaggia nemmeno sapeva cosa fosse, non essendoci per giunta mai stato, tutto questo poteva benissimo essere paragonato al paradiso.
Certo, quella mattina, quando aprì le porte dell'ufficio dell'Agenzia, non avrebbe mai pensato che le cose avrebbero preso una piega così inaspettata; difatti si trovò di fronte a uno scenario del tutto insolito, per quanto abitudinario: il signor Kunikida che stava letteralmente pregando il signor Rampo, supplicandolo di risolvere l'ennesimo affidatogli per non infangare il buon nome dell'Agenzia.
Ma il signor Rampo Edogawa, di liquidare quel caso, di voglia proprio non ne aveva; anzi continuava a sventolarsi con un ventaglio di carta, lamentandosi del caldo, dicendo che non avrebbe sbrigato alcun nuovo incidente, almeno fino a quando non avrebbe riempito il suo stomaco di delizioso gelato, accompagnato da una montagna di ghiaccio tritato.
Il signor Kunikida si offrì persino offerto di andarglielo comprare, ma questo fece irritare ancora di più Rampo che, guardandolo con una smorfia amareggiata sul viso, gli puntò un dito contro.
"Pensi che del gelato, comprato da una bancarella qualunque, sia migliore di quello gustato su una spiaggia e accompagnato da un buon cocktail fruttato?"
"Colpito e affondato." Pensò Atsushi quando vide Kunikida spalancare gli occhi e annotare quella nuova scoperta sul suo taccuino.
Così erano finiti sulla spiaggia di Yokohama, per la felicità di Rampo e di tutti gli altri membri dell'Agenzia; un po' meno per quella di Kunikida che, ancora una volta, si era visto il suo perfetto programma giornaliero venire sventrato, e stavolta da qualcuno che non era nemmeno Dazai.
Nonostante tutto Atsushi era davvero contento di trovarsi lì: era bello vedere Kyouka sfoggiare una canotta estiva a balze e tenere i capelli legati da dei fermagli a forma di girasole, mentre correva a piedi nudi sulla sabbia e si dilettava a divorare dei ghiaccioli; così come era bello scorgere la dottoressa Yosano rilassata sotto al sole, nell'intento di prendere una tintarella; mentre Kenji si buttava in acqua con una rete da pesca e si divertiva a tirare su pesciolini per poi lasciarli andare; persino Rampo si era quietato, diventando lo spacciatore di gelato preferito da Kyouka.
Atsushi mentalmente pregò che ai due non venisse il mal di pancia ad andare a sera.

Solo Kunikida fu l'unico che non sembrava sciogliersi: difatti continuò a impartire ordini a destra e a sinistra; cose come "Kenji! Non buttarti in acqua, hai appena mangiato!" o "Non penserete mica di fare il bagno senza prima aver fatto dell'esercizio fisico?"
Fortunatamente, verso mezzogiorno, i due fratelli Tanizaki sopraggiunsero portando il pranzo al sacco per tutti, Atsushi già si vide con l'acquolina alla bocca.
"Un momento..." Dichiarò Kunikida all'improvviso, spingendo in alto gli occhiali. "Non manca qualcuno all'appello?"
I restanti detective dell'Agenzia si guardarono l'uno verso l'altro, cercando di capire a chi Kunikida si stesse riferendo.
Al Presidente, forse? Eppure il signor Fukuzawa si era recato fuori città per un affare molto importante e tutti loro lo sapevano.

Magari si trattava della signorina Haruno, ma il giorno prima aveva esplicitamente dichiarato che si sarebbe presa un giorno di ferie ed era impossibile che Kunikida se ne fosse scordato.
La spina dorsale di Atsushi fu attraversata da un brivido per nulla rassicurante.
"Mi sto riferendo a quel nullafacente macchina-sprecabende di Dazai!" Sbraitò. "Si può sapere dove diavolo si sarebbe cacciato?"
"Lo sapevo..."  Sospirò mentalmente Atsushi, incurvando le spalle.
"Oh, andiamo!" Tentò di sdrammatizzare Yosano, sventolando una mano in aria. "Lo conosci. Sarà già sdraiato sul fondale del mare, o perso in qualche bar mentre cerca di convincere le ignare cameriere a commettere suicidio con lui."
"Più che altro: ma ci è venuto anche lui in spiaggia?" Rimuginò Atsushi spostando lo sguardo da Yosano al detective occhialuto.
Tale risposta non soddisfò affatto Kunikida che finì, invece, per esagitarsi maggiormente, urlando ai quattro venti come aveva usato il budget giornaliero dell'Agenzia per comprare il cibo del pranzo, dividendolo equamente per i presenti, tenendo conto delle necessità alimentari di ognuno e delle calorie che sarebbero servite per affrontare al meglio quella giornata di mare, sotto al sole.
"Ed è inammissibile che quello stolto di Dazai mi mandi all'aria tutto, dopo che ho progettato questa giornata nei minimi dettagli!"
Atsushi vide Kunikida girarsi inquietantemente nella sua direzione e subito gelò sul posto.
"Tu, moccioso! Vai e cerca Dazai, trovalo nel minor tempo possibile e, ricorda, fino a che non torni nessuno toccherà il pranzo, intesi?"
Un lamento generale si levò nell'aria, lamento di cui Atsushi non si avvide a partecipare, vista la sua nuova, sfortunata, missione.
"Eeeeehh?"



Nel giro di dieci minuti tutti tornarono a fare quello che stavano già facendo: Yosano a prendere il sole, Kenji e Kyouka a pescare pesciolini, Rampo a riempirsi di granita e i fratelli Tanizaki a... pomiciare sotto l'ombrellone.
Tanto sapevano che Kunikida difficilmente avrebbe ceduto, visto il suo alto livello di nervosismo. Solo Atsushi rimase imbambolato sul posto, in balia degli eventi e con la perenne domanda in testa del "E adesso cosa faccio?"; colpendosi le guance da solo convenne che autocommiserarsi non avrebbe portato alcun risultato, perciò si sarebbe gettato a capofitto in quella missione: avrebbe trovato Dazai e poi si sarebbe riempito la pancia con il pranzo che Juunichiro e Naomi avevano comprato per tutti loro.
Pieno di fiducia in se stesso decise di tagliare immediatamente la testa al toro avvicinandosi al signor Rampo. Era certo che le sue ultra-deduzioni gli avrebbero fatto trovare il signor Dazai in un baleno, così finalmente tutti si sarebbero riuniti in cerchio per mangiare e la giornata sarebbe proseguita nel migliore dei modi.
"Ehm, Rampo-san..." Lo chiamò timidamente Atsushi sperando di non disturbare troppo il detective pupillo dell'Agenzia, fin troppo impegnato a versare una quantità esagerata di ghiaccio tritato nel contenitore della sua prossima granita.
"Zitto, Atsushi! Per colpa tua sarò costretto a saltare il pranzo. Non guastarmi il mio spuntino con la mia granita." 
Atsushi ridacchiò nervosamente -da quando in qua era colpa sua, poi?-, ma decise di fare finta di nulla e di proseguire il suo discorso.
"Mi stavo giusto chiedendo se lei avesse qualche indizio da darmi su dove trovare il signor Dazai, così che possiamo metterci tutti quanti a pranzare il prima possibile." Atsushi tentò timidamente di fare leva sulla questione cibo per convincere Rampo a risolvere il caso della scomparsa di Dazai; pensò persino di aver colpito nel segno quando lo vide spalancare gli occhi e, per una volta tanto, si sentì vittorioso.
Peccato che Rampo si girò annoiato dall'altra parte.
"Non mi va."
Talmente bella da essere vera, quella sensazione di vittoria, che Atsushi avvertì una forza macigna fargli sprofondare i piedi nella sabbia.
"Ma perché?" Si lamentò Atsushi ad alta voce, indirizzando quella domanda più che altro a se stesso che al signor Rampo.
Rampo sbatté le mani contro il bancone della bancarella ambulante.
"Ho lasciato gli occhiali in ufficio! E senza quelli la mia Abilità non funziona!"
Forse c'era ancora una speranza, si disse mentalmente Atsushi. Magari bastava fare leva sull'orgoglio di Rampo, dargli un contentino, qualsiasi cosa... a Rampo non servivano i suoi occhiali per avere in cambio le sue deduzioni; bastava smuoverlo un po' e il gioco era fatto.
"Oh, uhm, sono certo che il signor Rampo sia in grado di usare la sua Ultra-Deduzione anche senza i suoi magnifici occhiali. Anzi, sono sicuro che, se ci provasse..."
Ma l'insistenza che Atsushi gli riservò non fece altro che alimentare l'indisponenza di Rampo, unito al fatto che stava per pregustare la sua deliziosa granita ed era invece stato interrotto. Alzando ancora più la voce, come un bambino petulante, e sbattendo i piedi a terra, Rampo iniziò a dare delle escandescenze.
"Se ho detto che non mi va, non mi va! Vuoi un consiglio? Allora gira in lungo e in largo per la spiaggia, prima o poi lo troverai! E ora via, sciò!"
Atsushi incassò sconfitto la testa nelle spalle: era inutile continuare con il detective in quello stato.
"Oookkk..."



Abbandonato Rampo, Atsushi si era perso nel contemplare la vastità della spiaggia: non importava se rivolgeva gli occhi a destra o a sinistra, il litorale rimaneva fin troppo lungo per essere perlustrato a piedi, le persone che lo popolavano erano fin troppe e, se proprio voleva dare retta alle parole della dottoressa Yosano, c'erano troppe donne e ragazze in bikini che rispettavano i canoni dei gusti femminili di Dazai Osamu.
Atsushi avrebbe anche potuto fermare qualsiasi donna, di passaggio vicino alla riva, per chiedere se uno strano tizio con manie suicide le avesse avvicinate, ma ci sarebbe voluto fin troppo tempo, e non era nemmeno sicuro che quella fosse la pista giusta da usare.
Immerso in questi ragionamenti non si accorse di essere finito a sbattere contro le gambe di Yosano che, sdraiata sulla sabbia con l'ausilio di un telo da mare, si godeva beatamente il sole.
"Mmm, ma che cavolo, Atsushi-kun... fai attenzione a dove cammini." Mormorò lei stiracchiando le braccia.
Atsushi si scusò per la sua sbadataggine, ma la dottoressa non sembrò avvidersene. Al contrario, si girò sulla pancia decretando che era arrivato il momento di cambiare posizione, se non voleva ritrovarsi con una fastidiosa abbronzatura non uniforme.
"Atsushi-kun, saresti così gentile da mettermi la crema nella schiena? La trovi lì, dentro la mia borsa."
Il ragazzo acconsentì e si chinò per estrarre fuori il flacone di protezione solare da una tasca del borsone, per poi versarne una generosa quantità di crema sulle mani, iniziando a spalmarla sulla schiena di Yosano partendo dalle spalle e scendendo verso il basso.
"Come immaginavo le tue mani sono davvero morbide... mi verrebbe quasi voglia di amputarle e studiarle." Mormorò la donna con voce assonnata, strappando un'ulteriore risatina nervosa ad Atsushi. Le mani gli servivano ancora.
"A proposito, Yosano-san..."
La donna annuì, capendo immediatamente cosa il giovane volle dirle.
"Sì, lo so. Hai chiesto consiglio a Rampo su dove trovare Dazai, ma non è andata come speravi e ora ti ritrovi con un pugno di mosche al naso. Lo so."
"Già..." Asserì Atsushi desolato, finendo di massaggiare la crema.
"Sei stato sfortunato. Rampo non desidera affatto essere disturbato mentre sta mangiando..." 
"E considerando che passa il tempo sempre a mangiare, non vuole essere disturbato mai." Osò pensare Atsushi nella sua testa.
"...ma forse io posso darti qualche consiglio." Yosano terminò la frase biascicando le ultime parole.
Atsushi si illuminò talmente tanto dalla gioia, per quell'aiuto inaspettato, che finì per afferrarle il polso istintivamente, nella speranza che la donna non si addormentasse senza prima aver finito il discorso.
"Davvero? E dove?" Domandò alzando, senza volerlo, la voce: non poteva lasciarsi sfuggire quell'opportunità, per nulla al mondo!
Scacciando via la presa di Atsushi, Yosano si coprì gli occhi con una mano per ripararli dal sole, nel frattempo sollevò l'altro braccio puntando il dito un punto in lontananza. Yosano additò una fila di scogli posti al termine della spiaggia, erano un po' lontani, sì, ma in realtà neanche tanto. I scogli più in basso erano occupati da persone intente a pescare o a prendere il sole, quelli posti più in alto, beh...
"Li vedi anche tu quegli scogli belli alti? Non sono perfetti per chi si vuole buttare in mare? Che dici? Magari vale la pena andare a darci un'occhiata?"
Atsushi si mise immediatamente in piedi. Effettivamente, a guardarli bene, quegli scogli sembravano perfetti per uno che voleva tuffarsi in acqua. Su alcuni di questi c'erano persino dei ragazzi che si divertivano a gettarsi in mare sfruttando l'altezza; non che Dazai si sarebbe lanciato da lì per divertimento, però poteva esserci la possibilità che, vedendoli, il suo istinto suicida avesse preso il soppravvento.
"La ringrazio, dottoressa Yosano! Questa è un'ottima pista da seguire!"
Di sicuro non c'era molto tempo da perdere, e Atsushi di tempo ne perse fin troppo, così decise di incamminarsi velocemente verso quegli scogli. Peccato che dopo appena un passo ruzzolò a terra, sollevando un polverone di sabbia, e non capì come avesse fatto a inciampare. Se ne accorse soltanto quando vide la mano di Yosano stretta intorno a una sua caviglia; Atsushi la guardò dubbioso e fu allora che si spaventò seriamente a causa del sorriso sinistro con cui la donna deformava il suo viso.
"Oh, e ancora una cosa, Atsushi-kun. Quando troverai il suo cadavere portamelo, ok? Sono anni che smanio di vivisezionarlo vivo, ma non riesco ad avvicinarmi a lui a causa della sua Abilità, magari da morto..."
Atsushi non seppe nemmeno cosa dire a riguardo, per questo non disse nulla. Si rialzò soltanto per allontanarsi da lei il prima possibile, prima che la mente perversa del medico dell'Agenzia pensasse a chissà cosa e lui si ritrovasse, suo malgrado, coinvolto.
"Mi dispiace, Yosano-san. Ma questo davvero non posso farlo."
Mentre correva verso gli scogli, di certo Atsushi non avrebbe mai immaginato che la sua disperata ricerca avrebbe subito nuovamente un rallentamento.
Lo capì soltanto quando vide Kenji chiamarlo e venirgli incontro; Atsushi avrebbe potuto benissimo ignorarlo, ma Kenji si dimostrò essere sempre un angioletto puro e aggraziato, sopprattutto con quel sorriso candido e sincero che sapeva esibire in pubblico fin troppo bene. Nemmeno Atsushi, che comunque era un giovane puro e di buon cuore, seppe resistergli, per questo i suoi piedi si arrestarono immediatamente dalla corsa verso gli scogli. Chissà che cosa aveva fatto ora di male per subirsi anche Kenji.
"Dannazione." Imprecò mentalmente, e gli scogli lo salutavano ancora da lontano.




(per la gioia, o forse no, di Atsushi questa storia deve continuare...)


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Capitolo 2
*** Stiamo cercando il signor Dazai! ***


Per un paio di minuti buoni, Kenji e Atsushi si scrutarono a vicenda, almeno fino a quando il primo non decise di porre fine a quell'imbarazzante silenzio.
"Ehm..."  Iniziò.
Kenji lo fissò candido, con il sorriso sulle labbra che andava da un orecchio all'altro, e che Atsushi immaginò essere per nulla rassicurante.
Il ragazzo desiderò ardentemente trovare una scusa e andarsene, per continuare quella che ormai battezzò come Operazione Recupero Dazai, ma fu anche vero che si ritrovò nei panni di coloro che subivano un interrogatorio da parte di Kenji: l'idea di piantarlo in asso sembrò così maleducata che Atsushi stesso pensò a come deviare gentilmente le sue domande ancora prima che iniziasse a parlare.
"Dove stai andando così di fretta, Atsushi-kun?" Domandò Kenji celestiale, giungendo le mani a preghiera appena sotto al suo mento e da lì in poi fu la sua fine.
Atsushi si maledì per avere anche solo pensato a come sfuggirgli.
"Beh, devo fare in fretta a trovare il signor Dazai." Rispose grattandosi la cute visibilmente a disagio. "O questa giornata, da paradisiaca, si trasformerà in un vero inferno."
Kenji rise per il paragone, cosa che fu un altro duro colpo per il cuore di Atsushi, e annuì gioviale.
"Ho pensato di doverti aiutare." Confidò Kenji, guadagnandosi un'immediata occhiata di gratitudine da parte di Atsushi. "Il lavoro di squadra divide i compiti e moltiplica il successo. Qui all'Agenzia le missioni si eseguono spesso in due, ricordi?" Terminò il discorso portandosi le mani ai fianchi; Atsushi rimase commosso da quelle parole, al punto tale che si sarebbe volentieri messo a piangere dalla gioia per il primo, vero, aiuto che gli venne somministrato.
"Grazie, Kenji-kun!" Ringraziò volgendo il viso verso gli scogli, ancora luogo della sua perlustrazione. "Yosano mi ha consigliato di andare a fare un sopralluogo là. Dice che il signor Dazai potrebbe essere stato attratto dall'altezza di quegli scogli."
Kenji si allungò nella direzione indicatagli, riparando gli occhi dai raggi solari grazie a una mano e al suo immancabile cappello di paglia, sempre calato sulla testa.
"Oh, hai ragione! Sembra proprio un posto perfetto per il signor Dazai."
Qualcosa però fece inclinare le spalle di Atsushi: i mesi passati all'Agenzia e la sua formazione come detective gli avevano insegnato che, nella risoluzione di un caso, ogni probabilità andava pensata e valutata con attenzione.
"Sempre che non si sia già lanciato in mare e ora stia fluttuando alla deriva trascinato dalla corrente."
Kenji gli rivolse uno sguardo dubbioso, pensando a cosa fare, poi colpì il palmo della mano con un pugno e dedicò ad Atsushi un sorriso fiducioso che il ragazzo contraccambiò con uno altrettanto spaesato. Non ebbe la minima idea di cosa balenasse per la testa del suo collega in quel momento, ma conoscendo l'eccentricità dei suoi membri qualcosa lo fece mettere in guardia, pronto a immaginare il peggio.
"Se le cose stanno così non dobbiamo fare altro che esplorare il fondale!" Convenne il ragazzino biondo, come se fosse la cosa più facile e ovvia di questo universo. Atsushi tremò persino per la semplicità con cui Kenji ovviò il discorso, al punto tale da ritrovarsi a sventolare una mano all'aria con fare per nulla convinto.
"Ma non abbiamo attrezzatura per fare immersioni qui. Poi non credo che il signor Kunikida ce lo lascerebbe fare."
Kenji sgranò di poco gli occhi, riflettendo su quella constatazione, per poi pizzicarsi una guancia con quel suo fare così ottimista che lo rendeva unico nel suo genere. Atsushi sperò bene che non avesse in mente qualcosa, ma si dovette rammaricare quando lo vide portarsi una mano al petto, proprio sopra il cuore, e socchiudere gli occhi, alla ricerca di un ricordo lontano.
Poiché il ragazzo-tigre aveva già vissuto un momento simile, in compagnia di Kenji, e ricordava alquanto bene lo svolgersi degli eventi, avvertì la pelle rabbrividire nel frattempo che aspettava il verdetto.
"Non preoccuparti. Quando ero piccolo mia madre era solita leggermi un libro dove un uomo, grazie alla sua Abilità, divideva le acque in due e queste mostrarono così tanto il fondale al punto da camminarci sopra a piedi; sono sicuro che questo insegnamento potrà tornarci utile proprio in una situazione come questa."
Atsushi non fu affatto sicuro di quanto aveva appena ascoltato, anzi non capì come l'episodio biblico, da Kenji menzionato, potesse essere di un qualche tipo di aiuto, tuttavia iniziò a provare paura quando lo vide raccogliere la sua rete da pesca -una di quelle circolari con tanto di bastone per l'impugnatura a mano-, dalla sabbia per poi muovere i primi passi dentro l'acqua. 
Atsushi sapeva che doveva fermarlo, e andava anche fatto subito, ma la spontaneità con cui Kenji credeva in ciò che stava andando a fare lo metteva in seria difficoltà.
Considerando l'orario, e il fatto che ancora non avevano mangiato nulla, se Kenji avrebbe attivato la sua Abilità ora -alla pioggia non si arrende- questa si sarebbe manifestata nel pieno della sua potenza esplosiva, generando solo guai di cui poi avrebbero dovuto rendere conto al signor Kunikida.
Atsushi entrò in acqua cercando di attirare la sua attenzione, nella vana speranza di poterlo fermare prima che il danno venisse compiuto, tuttavia Kenji risultò fin troppo risoluto quando sollevò le braccia in alto, con la rete da pesca ben impugnata tra i pugni stretti, e la andò a schiaffeggiare contro la superficie del mare, generando un'onda marina che si divise in due e si propagò fino alla direzione da Kenji scelta, quella degli scogli.
Per non essere sbalzato via dall'onda d'urto Atsushi si appellò con tutto se stesso alla resistenza della sua Abilità, nel frattempo che si riparava gli occhi con le mani e poteva ascoltare, grazie al suo udito supersviluppato, le grida di coloro che si stavano rilassando sugli scogli e, vedendo l'onda arrivare da lontano, fuggirono verso l'interno della spiaggia raccattando in fretta e furia le proprie borse e i propri teli da mare.
"Mi dispiace." Si scusò mentalmente il ragazzo con quelle persone riaprendo lentamente gli occhi. Da lontano udì persino Kunikida sbraitare verso di loro frasi del tipo: "Se volete giocare con l'acqua cercate almeno di non disturbare gli altri!", mentre Kenji studiava attentamente lo scenario che aveva smosso grazie al suo maremoto, sempre con un sorriso entusiasta sul volto, affermando di non essere mai riuscito a generare un'ondata così forte prima d'ora in vita sua, ma che purtroppo da quello che aveva potuto vedere del signor Dazai non c'era nemmeno l'ombra.
Atsushi non gli prestò ascolto, dato che ne conosceva già l'esito, ma si limitò a perlustrare i danni che avevano generato e fu allora che lo vide: il corpo di un uomo riverso a terra sulla riva, che non dava cenni di alzarsi o muoversi, come se fosse stato preso in pieno dal maremoto e da esso investito.
Sentendosi complice della cosa finì per afferrare un braccio di Kenji, anche il quattordicenne biondo se ne era accorto ormai, e  i due iniziarono a sudare freddo. Se avesse voluto usare le parole del suo senpai Kunikida quello era davvero lo scenario peggiore che mai sarebbe potuto capitare. "Dici che sia morto?" Domandò Kenji ingenuamente. "Eppure la mia onda non era così devastante..."
"Che stai dicendo? Se fosse così l'Agenzia si troverebbe in un mare di guai..."
I due si guardarono all'unisono, trovandosi d'accordo che, se davvero volevano correre ai ripari, la prima cosa che dovevano fare era dileguarsi e andare a constatare i danni di persona.



"Dici che sia morto?" Ripeté Kenji quando si avvicinarono a quel corpo distesp a terra che, di dare segnali di ripresa, proprio non voleva saperne. Atsushi, dietro di lui, lasciò che il ragazzino biondo lo colpisse ai fianchi usando la punta di un bastoncino recuperato sulla spiaggia che la corrente del mare aveva sospinto verso la riva, lasciandolo oscillare sulla superficie.
"Come lo spiegheremo?" Gridò isterico. "Aspetta, ma è davvero morto? Non è il caso che chiamiamo un'ambulanza o qualcosa del genere?" E nel mentre cercò di ripassare dentro la sua testa le manovre di primo soccorso che imparò da Kunikida durante una delle sue "lezioni speciali"; di sicuro non immaginò che gli sarebbero tornate fondamentali da usare così presto.
"Gli controlliamo il battito cardiaco?" Rimuginò Kenji piegandosi verso di lui con l'intenzione di poggiare l'orecchio all'altezza del cuore. In quello stesso momento lo sconosciuto svenuto a terra aprì gli occhi per poi guardarsi furiosamente attorno.
Kenji balzò all'indietro per la sorpresa, anche Atsushi preferì trovare riparo dietro di lui dato che, per qualche strano motivo. quell'uomo gli incuteva un po' di timore.
Eppure a guardarlo bene non sembròa che un uomo qualunque su una spiaggia qualunque, con le infradito ai piedi, il costume da bagno a pantaloncini che arrivavano fino alle ginocchia e la felpa estiva rossa a maniche corte, dotata di cappuccio.
Forse erano i capelli rossi, un po' troppo lunghi per essere un uomo, che gli ricordarono qualcuno da cui era meglio stare alla larga, ma davvero non rammentava dove...
"Ah!" Esclamò Kenji sorpreso indicandolo, andando a toccare una pistola ad acqua depositata un poco più in là dai piedi di quell'uomo; evidentemente gli era sfuggita di mano quando l'onda l'aveva tramortito.
"Il signor Fancy Hat della Port Mafia!"
Atsushi pregò bene di aver sentito male.
"Oh, il ragazzino dell'Agenzia! E tu sei il ragazzo-tigre! Quello a cui Akutagawa-kun dava la caccia!" Si meravigliò mettendosi in piedi come nulla fosse.
Nella mente di Atsushi immediatamente sfogliarono i profili dei file sugli alti ranghi della Port Mafia in possesso nei database dell'Agenzia; gli era stato detto che doveva conoscere il nemico in ogni momento, per darsi alla fuga nel minor tempo possibile se teneva cara la pelle, perciò se li era studiati uno a uno e ora era sì certo di sapere chi fosse quell'individuo davanti a loro.
Aveva persino il suo nome sulla punta della lingua...
"Aspetti, lei è il signor Nakahara Chuuya? Si allarmò Atsushi. "Ma cosa ci fa qui? Questa spiaggia non è uno dei territori in possesso della Port Mafia..." Vista l'occhiata disgustata che si vide rivolgere, Atsushi pensò bene che non era il caso di proseguire quel discorso...
Con il piede Chuuya colpì la sabbia, generando un fragrante rumore, uguale a quello di una grossa pietra che cade a terra, grazie alla sua abilità che gli diede il controllo della gravità esercitata dal suo corpo.
"Che diavolo stai dicendo, moccioso?" Domandò inferocito Chuuya per poi portarsi orgogliosamente un pollice verso il petto e indicare se stesso con fierezza. "Ascoltatemi bene. Persino un Dirigente della Mafia, ultra rispettato come me, necessita di qualche giorno di ferie." L'enfasi con cui sottolineò quel concetto fu tale che sia Atsushi che Kenji non osarono contraddirlo, anzi lo guardarono ad occhi spalancati, e tanto bastò a Chuuya per pavoneggiarsi ancora, buttando indietro il torace e ridendone di gusto.
"Non abbiamo molti giorni liberi. Ogni tanto è bello avere del tempo per un po' di divertimento mentre gli altri lavorano, non siete d'accordo?"
Atsushi e Kenji si scambiarono un'occhiata perplessa, di quelle che solo chi non poteva comprendere quelle parole potevano commutare.
Forse, anche a causa del poco entusiasmo che i due giovani avevano sollevato, Chuuya tornò a farsi serio, assumendo quel cipiglio tipico che lo contraddistinse come uno degli Esecutori più alti in rango nella Port Mafia.
"Beh? Voi due cosa ci fate qua?"
Atsushi avvertì un brivido propagarsi dal centro delle scapole e fin giù al fondoschiena, ed era anche molto tentato dall'afferrare Kenji per tornare indietro, ma il suo partner lo precedette non resistendo dal rispondere con la sua spontanea sincerità.
"Stiamo cercando il signor Dazai!"
"Non era davvero necessario dirglielo, Kenji-kun!" Pensò Atsushi conscio che oramai il danno era fatto: non solo avevano travolto in pieno un membro della Mafia, ma ora ci stavano pure parlando come nulla fosse in barba a quelli che erano i principi dell'Agenzia.
"Fatemi capire..." Sospirò Chuuya intrecciando le braccia al petto. "Cosa avrebbe combinato quel pazzo suicida stavolta? No, aspettate, non ditemelo. Qualsiasi cosa sia non mi interessa. Meglio non restare invischiati con quello..." Terminò il discorso gesticolando con le mani, lasciando i due ragazzi stupiti da come si era posto una domanda per poi rispondersi da solo.
Questo fece capire ad Atsushi che, se volevano dileguarsi, quello era il momento buono. Così non avrebbero nemmeno dovuto dare eventuali spiegazioni su eventuali episodi spiacevoli accaduti poco ptima.
Agguantando Kenji per un braccio chinò il busto in segno di scuse e forzò la presa in modo da far capire che era ora di sloggiare.
"Ehi, aspetta. Magari lui può aiutarci..." Bisbigliò Kenji nel momento in cui veniva trascinato via, incurante degli sguardi che Atsushi gli stava lanciando come segnali.
"Stai scherzando?" Mormorò sottovoce. "Lo sai con chi abbiamo a che fare, vero?"
Mostrandosi risoluto, Atsushi trainò di peso Kenji via da lì, girandosi appena per scusarsi del disturbo ed esprimendo la sua felicità nel sapere che tutto era a posto.
Peccato che Chuuya perseguitò a scrutarlo, anche più serioso di prima.
"Ohi, voi due." Li richiamò con tono critico; i due ragazzi si girarono di scatto, per niente pronti ad affrontare le conseguenze delle loro azioni.
Chuuya li indicò appena, piegando un braccio nella loro direzione e accennandoli sbiecamente.
"Mi state nascondendo qualcosa, vero? Poco fa sono stato tramortito da un'onda anomala, generata sicuramente da qualcuno, mentre stavo tranquillamente gustando un Suavia Soave classico. Voi ne siete al corrente, giusto?" Domandò accusatorio e i brividi di Atsushi si intensificarono. Tuttavia continuò a pensare che, forse, potevano ancora scappare e aggregarsi agli altri membri dell'Agenzia, perciò sollevò le mani in alto, come per giustificarsi, blaterando impacciato che si trovavano lì proprio perché avevano notato l'onda da lontano e assicurarsi che nessuno si era fatto del male faceva parte del loro lavoro.
"Sono stato io a generarla, mi dispiace." Parlò Kenji con sincerità e subito Atsushi gli si aggrappò ai vestiti con gli occhi pieni di lacrime.
Poco fa potevano ancora scamparla liscia, ma ora...
"Non era necessario essere così sinceri!" Gemette vedendosi passare tutta la sua misera vita davanti; Kenji, non capendo, gli sorrise esprimendo quanto il suo motto "Essere sinceri è importante" lo fosse davvero per non fare la figura di quelli che scappavano dai nemici con la coda tra le gambe.
Fu in quel momento che Atsushi, al limite dell'esasperazione, si prese la testa tra le mani blaterando cose senza senso come "Questo ci fa neri!" o "La mia vita è stata fin troppo breve!", il tutto con Kenji che, al contrario, continuò a non vedere o non capire tutto questo pericolo.
Solo un getto d'acqua fredda fu in grado di riportare Atsushi con i piedi per terra: lo schizzo lo colpì in pieno proprio sul collo, bagnandogli il colletto della felpa  e parte della metà superiore di essa a partire dal petto. 
"Eh?" Esclamò sorpreso, battendo gli occhi e voltandosi verso la direzione da cui era partito quel getto d'acqua.
Rimase persino basito e senza parole quando vide l'Esecutore della Port Mafia esibire un ghigno felino con il braccio sollevato verso di lui e la pistola ad acqua, che notò abbandonata vicino a loro proprio poco prima, stretta in un pugno.
Era con quella che gli aveva sparato l'acqua addosso? A che pro, poi? Atsushi restò a bocca spalancata per la sorpresa, mentre Kenji al suo fianco si esaltò più del dovuto per quanto tutto questo gli sembrò divertente.
Proseguendo a non capire Atsushi lasciò semplicemente che l'uomo si fece beffe di lui, ridendo della sua incapacità nell'evitare un attacco così semplice e diretto, e che la sua pistola ad acqua era seriamente un gran prodotto vista la distanza di tiro che riusciva a coprire.
Chuuya avrebbe anche continuato a ridere se non gli fosse toccata la stessa medesima sorte: essere bagnato alla schiena da un gavettone lanciato da qualcuno alle sue spalle che si rivelò essere una graziosa bambina con i lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo e un grazioso costumino rosa adornato da fiocchetti neri.
Nonostante fosse solo una bambina non esitò a ridere della condizione in cui aveva lasciato Chuuya Nakahara, Dirigente Esecutivo della Port Mafia.
"Sembra proprio che Chuuya sia appena stato squalificato."
Stranamente Atsushi avvertì una punta di scherno in quella frase, per quanto pronunciata dalla deliziosa voce di una bimba.
I due sembravano persino conoscersi, dato che l'uomo coi capelli rossi la chiamò per nome e le intimò di non usare quella brutta parola in sua presenza, ma la piccola ci rise su e corse via, veloce come un fulmine, facendo sì che Chuuya la rincorresse, distogliendo così l'attenzione da lui e da Kenji.
I due ragazzi tirarono finalmente un sospiro di sollievo.
L'avevano sicuramente scampata bella, ma di Dazai ancora nessuna traccia, perciò l'Operazione Recupero Dazai tutto poteva dirsi se non lungi dall'essere conclusa.
L'orario del pranzo era già passato da parecchio, persino quello della pennichella estiva, e a ovest il sole aveva già iniziato ad abbassarsi. 


(Atsushi vorrebbe che fosse finita, ma non lo è...)

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Capitolo 3
*** La mia Elise è la bimba più bella! ***


Atsushi liquidò Kenj pregandolo di tornare indietro; gli disse di restare insieme a Kyouka, di tranquillizzare quest'ultima in caso avesse iniziato a preoccuparsi della sua assenza; in realtà desiderò soltanto poter condurre quella ricerca in solitaria.
Già dal principio sospettò che quella missione era impossibile da portare a termine, -del resto quando mai il signor Dazai gli rendeva la vita facile?- ma farsi vedere dal signor Kunikida come uno su cui non si poteva contare era fuori discussione.
Il giorno in cui entrò nell'Agenzia il ragazzo promise a se stesso che avrebbe lavorato sodo, dando il massimo in ogni situazione; ora non doveva assolutamente venire meno a quell'impegno solo perché Dazai gli rendeva le cose impossibili o faceva di tutto per ostacolare i piani perfetti e giornalieri di Kunikida.
Rinnovando questo vigore Atsushi strinse i pugni a sé: la spiaggia era finalmente tornata calma, persino di quell'uomo appartenente alla Mafia si erano perse le tracce, perciò, ora che il pericolo era scampato, finalmente era giunto il momento di recarsi su quei famigerati scogli e guardare se il suo mentore si trovava lì; e anche se lassù Atsushi non l'avrebbe trovato, il ragazzo aveva già pensato a un piano di riserva: sfruttare l'altezza per perlustrare il panorama, attivando la super-vista che la sua Abilità gli donava.
Annuendo a se stesso fu pronto a scattare verso gli scogli, ma il tremendo pianto di qualcuno lo bloccò sul posto: il giovane detective si girò giusto in tempo per vedere un uomo sulla quarantina chiamare disperatamente qualcuno.
A giudicare dall'insistenza sembrò davvero disperato, al punto tale che Atsushi ne provò immediatamente compassione, dato che si trovava nella medesima situazione.
Assottigliando lo sguardo qualcosa gli ricordò di aver già visto quell'uomo da qualche parte: forse era per l'aspetto trasandato, il viso dotato di un leggerro accenno di barba o i capelli neri leggermente lunghi fino alla base del collo... sì, decisamente Atsushi, quell'uomo, lo aveva già incontrato e quando i loro occhi si incontrarono entrambi aprirono la bocca per lo stupore di essersi già visti da qualche parte. 
"Shounen!"
"Il dottore di quella volta!"
Atsushi lo ricordò bene quell'uomo, vestito da medico del quartiere, che gli diede quel prezioso consiglio nella lotta contro Lucy della Guild; certo, non immaginò che sarebbe arrivato il giorno in cui se lo sarebbe trovato di nuovo davanti, e ancora una volta era disperato e con il moccio al naso per il pianto.
"Non mi dica che ha perso di nuovo quella bambina?" Sospirò Atsushi incredulo: possibile che tutti i contrattempi del mondo si manifestavano sempre e solo a lui?
Dannato il signor Dazai! Come minimo si sarebbe fatto offrire la cena, quella sera.
"La mia Eliseee! Era dietro di me e mi sono allontanato solo per prenderle un gelato e poi non c'era più." Spiegò quell'uomo tormentato, strofinandosi gli occhi, per poi scoppiare in un pianto disperato, che il detective dell'Agenzia trovò alquanto esagerato. In realtà quello avvilito e demoralizzato doveva essere lui.
Atsushi pensò a come evitare questo nuovo problema quando si vide afferrare le mani da quello strambo uomo, con l'espressione sempre più angosciata.
"Ti prego, dimmi che l'hai vista!" Lo implorò, stringendogli forte le mani, ma così forte che Atsushi fu tentato a lasciar andare la presa immediatamente per evitare che gli facesse del male. Quell'uomo appariva magro, ma di forza ne aveva. 
"Ecco, mi dispiace, io... non ricordo nemmeno che aspetto aveva quella bambina..." Dichiarò con onestà.
In verità sperò che così facendo l'uomo lo lasciasse perdere e tornasse alla sua ricerca da solo, così anche lui sarebbe tornato sulle tracce del signor Dazai, ma capì ben presto che non c'era niente da fare, che quella non era giornata e che tutto gli sarebbe andato storto.
"Che cosa farò se le succedesse qualcosa? E se affogasse? Come potrei giustificarmelo per tutta la vita?"
Un brivido corse giù per la spina dorsale di Atsushi: il signor Dazai era un uomo adulto e vaccinato, consapevole, o forse, delle sue azioni, ma una bambina? I principi dell'Agenzia ponevano il benessere dei cittadini al primo posto, se avesse lasciato perdere sarebbe stato come tradire il credo del luogo dove lavorava; avrebbe prontamente deluso tutti coloro che credevano in lui solo per essersi rifiutato di aiutare un uomo in difficoltà, nella ricerca di una povera e innocente bambina.
Atsushi si rassegnò presto all'idea che sarebbe tornato da Kunikida senza aver trovato Dazai. Si arrese anche all'idea di subire una ramanzina da suoi colleghi per essere così inutile come detective, ma forse avrebbe ricevuto delle lodi per non aver ignorato la richiesta d'aiuto di un uomo in difficoltà.
"Ok, allora... che aspetto ha questa bambina?" Domandò Atsushi gentilmente, sperando così di quietarlo; forse grazie al tono garbato che usò, unito al suo sorriso rassicurante, l'uomo lo lasciò andare, strofinandosi gli occhi e riacquistando un certo contegno.
"Si tratta di una adorabile bambina con lunghi capelli biondi legati in una coda e grandi occhi azzurri. Ha un costumino rosa con dei fiocchetti neri, gliel'ho regalato io proprio perché le avevo promesso che l'avrei portata in spiaggia oggi."
"Bene, allora direi che ora non ci rimane che andare in giro a chiedere se qualcuno l'ha vista..."
Immediatamente Atsushi si congelò: quella descrizione non apparteneva forse alla ragazzina che,proprio poco prima, aveva tirato un gavettone contro l'uomo della Port Mafia? Quell'uomo stesso non l'aveva forse chiamata per nome prima di rincorrerla? Più ci rifletteva più Atsushi pensò che il nome di quella bambina era proprio Elise.
"Un momento..." Deglutì il ragazzo a disagio. "Non sarà che anche quest'uomo fa parte della Port Mafia? E se mi sta approcciando apposta per tendermi una trappola?"
Atsushi condannò se stesso per aver mandato via Kenji, quando forse era meglio restare in coppia proprio per far fronte a una situazione simile. E ora come si sarebbe tolto da quell'impaccio?
Come avrebbe evitato a quell'uomo dei sospetti che aveva capito il suo piano? Sempre ammesso che la sua teoria fosse giusta e non stava travisando tutto come al solito.
"Tutto bene, shounen?"
Appena si sentì chiamare Atsushi si ricompose: doveva farsi vedere in modo naturale, fare finta di niente e ignorare i suoi sospetti; il piano migliore che la sua testa gli diceva era quello di aiutare l'uomo a trovare la bambina il prima possibile, per poi liquidarlo immediatamente.
Quel punto della spiaggia si stava rivelando affollato di nemici, e quello doveva essere un giorno di vacanza per i membri dell'Agenzia!
"Assolutamente sì! Allora... proviamo come prima cosa a vedere se..." Atsushi cercò di ricordare la direzione che aveva preso Nakahara Chuuya. I suoi occhi eterocromatici incrociarono il bar di uno stabilimento balneare. "Ecco! Possiamo iniziare da lì a chiedere, che ne dice?"
"Ti seguo, ragazzo." Rispose l'uomo evidentemente sconsolato.
Sul suo viso Atsushi ne lesse la totale amarezza, unita alla sincera preoccupazione e, per quanto ne provò pena, decise che restare in guardia era la scelta più saggia da fare, onde evitare che la sua persona venisse danneggiata da una trappola a sorpresa. Troppe volte l'Agenzia si era ritrovato a soccorrerlo, sebbene ormai la taglia sulla sua testa era stata ritirata dal capo della Gilda in persona.
Mezz'ora dopo Atsushi si rese conto che quella bambina doveva essere per l'uomo una fonte di preoccupazione tale uguale a come Dazai lo era per lui: nonostante entrarono in più di un bar nessuno reclamò la presenza di una bimba solitaria, senza un adulto accompagnante.
Il giovane provò pure a rintracciare Chuuya Nakahara tra i turisti e i bagnanti, ma persino quest'ultimo sembrava dileguatosi nel nulla e l'uomo pareva sempre più sull'orlo di una crisi di panico più le ricerche andarono avanti e si rivelarono infruttuose.
La cosa bella, per Atsushi, fu che per quanto girò alla ricerca di questa bambina, sfruttando la cosa come un pretesto per cercare quella dannata macchina spreca-bende, come lo chiamava Kunikida, nemmeno di Dazai c'erano tracce da qualche parte.
Alla fine, lui e l'uomo si trovarono stremati, a causa del sole e della ricerca, seduti sulle sedie di un tavolino, sotto il gazebo di uno stabilimento balneare.
Guardandosi attorno Atsushi intuì persino di essersi parecchio allontanato da quello che era il suo obbiettivo iniziale: addio scogli e addio punto di osservazione.
Fortunatamente l'uomo lo distolse da quel pensiero, richiamando la sua attenzione, mentre si asciugava la fronte dal sudore usando un fazzoletto di stoffa.
"Mi dispiace di averti trascinato con me, sicuramente avevi altri piani per oggi pomeriggio..."Si scusò chinando il capo, e proseguì le sue scuse elencando quanto quella bambina fosse importante per lui, di come la sua assenza lo faceva sentire indifeso perché quella bambina era in realtà la sua forza.
Atsushi lo continuò a fissare chiedendosi se il sospetto su di lui era poi fondato oppure no; certamente voleva ancora allontanarsi e abbandonarlo, ma farlo senza un'apparente ragione sarebbe stato alquanto sospetto e finora quell'uomo non aveva dato segnali di ostilità verso di lui.
L'unica cosa che aveva fatto finora era crogiolarsi nella sua disperazione perché la sua adorata Elise non si trovava da nessuna parte.
"Oh, uhm, non c'è problema, dico davvero. Il fatto è che anche io sto cercando qualcuno, e ho approfittato della situazione per cercare di trovarlo, ma..." Lasciò scivolare il mento fino alla superficie del tavolino mostrandosi così sconfitto e scoraggiato. "...penso che tornerò da chi mi ha chiesto di cercarlo a mani vuote."
Davanti ad Atsushi quell'uomo giunse le mani sotto al mento e gli sorrise affettuosamente.
"Questa persona che stai cercando sembra davvero darti tanti grattacapi."
Le spalle di Atsushi subito si raddrizzarono, lasciando intendere il dovere di spiegarsi meglio. Certamente il signor Dazai rappresentava una delle sue primarie fonti di preoccupazioni, eppure per quante volte gli avrebbero chiesto di cercarlo e farlo tornare in riga a causa della sua svogliatezza Atsushi non avrebbe mai detto di no.
"La verità è che io devo molto a quest'uomo! Ma a volte vorrei che si comportasse da adulto quale dovrebbe essere, così che io non debba sempre preoccuparmi per lui..." Farfugliò imbarazzato Atsushi, non capendo nemmeno perché  avesse avvertito il bisogno di dover dare delle spiegazioni a uno sconosciuto.
L'uomo inclinò lo sguardo interessato. Sotto effetto di quegli occhi Atsushi non poté fare a meno di continuare imbarazzato la sua spiegazione, abbassando lo sguardo per evitare un contatto diretto.
"Cioè, quello che voglio dire è che questa persona che sto cercando è quanto di peggio possa esistere: è pigro, e non è ligio al dovere per niente, se può evitare qualcosa che non gli va a genio lo farà sicuramente ed è la mia causa costante di guai! Nonostante ciò... lo ammiro molto perché sa sempre qual è la cosa giusta da fare in qualsiasi momento."
"Capisco. Quindi è davvero una persona importante."
Atsushi portò una mano al collo strofinandolo imbarazzato, ridendo nervosamente. Inconsapevolmente stava persino dicendo a qualcuno di estraneo, e che poteva benissimo trattarsi di un nemico, qualcosa di sconveniente; per fortuna che l'uomo sembrò essersi accorto del suo disagio e si era volutamente inserito nel discorso per lasciarlo cadere esattamente come era nato. Chissà se lo aveva fatto, senza volerlo, o aveva intuito che il ragazzo si era messo con le mani nel sacco da solo? Atsushi preferì non trovare una risposta.
Quando poi il cellulare di quel signore, ancora senza un nome, squillò la suoneria di un messaggio immediatamente provò sollievo: temeva davvero che avrebbe finito col dire qualcosa di troppo.
Dopo aver letto il messaggio l'uomo saltò in piedi, . balzando di gioia. Il tutto sotto lo sguardo attonito di Atsushi.
"Hanno trovato la mia Elise!" Esclamò accarezzando il dispositivo come se fosse il tesoro più prezioso del mondo.
"Ah, ehm... mi fa piacere per lei. Non serve che l'accompagni, vero, signor...?"
L'uomo ripose il cellulare dentro la tasca dei pantaloni prima di rispondergli.
"Rintaro. Effettivamente quella volta non ho avuto la possibilità di presentarmi." Piegandosi appena sulle ginocchia Rintaro porse la mano ad Atsushi, mano che il ragazzo esitò per un secondo o due prima di stringere, ma che alla fine accettò.
La stretta di Rintaro fu vigorosa e forte, talmente salda che per un attimo ricordò ad Atsushi quella di Fukuzawa, forse questa sensazione era dovuto al fatto che i due uomini sembravano avere all'incirca la stessa età.
"Permetti un consiglio, giovane?" 
"Ehm, certo!" Rispose Atsushi titubante, per la serietà con cui l'uomo, finalmente presentatosi con il suo nome, lo aveva guardato negli occhi e parlato.
"Noi ci innamoriamo non quando troviamo una persona perfetta, ma quando arriviamo a considerare perfetta una persona imperfetta."
Le palpebre di Atsushi sbatterono più di una volta, prima che il suo cervello collegò le parole al significato e le guance si colorarono di rosa a causa dell'imbarazzo.
"Ma io non ho mai detto che...!"
Rintaro si portò le dita alle labbra ghigando leggermente, divertito dalla situazione.
"Uhuhuh, è solo un aforisma di chissà quale filosofo. Non darci troppo peso, shounen, mi sembrava solo adatto al momento."
Atsushi si strinse nelle spalle per l'imbarazzo, nel frattempo che Rintaro si allontanava salutandolo con la mano.
Decisamente Dazai avrebbe dovuto pagare anche per questo, rimuginò il giovane alzandosi dalla sedia e incamminandosi nel verso opposto che aveva preso Rintaro.
Tanto continuare a cercare quel pazzo suicida di Dazai era completamente inutile, visto tutto il tempo che era passato; Atsushi pregò che Kunikida non lo sgridasse eccessivamente per la sua incompetenza, o meglio che si fosse quietato e avesse dimenticato del compito che gli aveva assegnato.
Alle sue spalle il sole aveva già iniziato ad assumere i toni rossastri tipici del tramonto.


(e nemmeno stavolta Atsushi ha rintracciato il suo obbiettivo)

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