Fra la vita e la morte

di Meramadia94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incidente ***
Capitolo 2: *** Lottare per vivere ***
Capitolo 3: *** Fantasmi del passato ***
Capitolo 4: *** Scontro ***
Capitolo 5: *** Un'altra possibilità ***
Capitolo 6: *** Ricordi ***
Capitolo 7: *** Quello che ho fatto di buono ***
Capitolo 8: *** Strada di casa ***
Capitolo 9: *** Preghiere ***
Capitolo 10: *** Promesse spezzate ***
Capitolo 11: *** Un traumatico risveglio ***
Capitolo 12: *** Amare e odiare ***
Capitolo 13: *** Verso la normalità ***
Capitolo 14: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 15: *** Ritorni di fiamma ***
Capitolo 16: *** San Valentino di paura ***
Capitolo 17: *** Finalmente la felicità ***



Capitolo 1
*** L'incidente ***


Lo so, ho una storia in sospeso qui... ma quando l'ispirazione mi prende non riesco a trattenerla nè a trattenermi di condividerla con qualcuno che ha la mia passione.
Mi è caduto l'occhio su alcuni episodi di Grey's Anatomy... gli unici che io abbia mai visto, non me ne vogliano i fan della serie per questo... e si incastrava tutto in modo perfetto. 
Non so se qualcuno abbia già scritto una cosa simile, perciò se qualcuno si ritiene copiato o plagiato non ha che da dirlo ed affronterò le conseguenze.
Ma spero che questa '' follia'' vi piaccia.


Ore 7.00 a.m, New York.
In un appartamento, in una camera matrimoniale, si stavano svegliando due persone. 
Due uomini. 
Il primo aveva i capelli marroni, la barba e due occhi azzurri come il mare. Stava fissando il giovane che dormiva accanto a lui. Capelli biondi, occhi verdi come scheggie di ametista, un tatuaggio molto particolare sul lato sinistro del torace. 
Il moro lo guardava sorridendo. 
Benediva quei momenti, in cui si svegliava prima di lui. Vedere il suo compagno e coinquilino, Dean Winchester dormire così beatamente,  gli dava un senso di pace senza eguali. 
Sembrava un bambino. 
E quando aprì gli occhi lo salutò con un bacio sulla guancia - Buongiorno bella addormentata.- 
Il biondo sorrise, coprendo uno sbadiglio con una mano.
- Non ho voglia di alzarmi...- fece Dean accoccolandosi sul petto di Castiel - ho voglia di starmene sotto le coperte con te, tutto il giorno, senza fare niente.- 
- E chi te lo impedisce?- fece Castiel - Io oggi ho la giornata libera.... chiami tuo padre, gli dici che non ti senti troppo bene...-
Dean sorrise - Magari. Oggi ci sono le esercitazioni e devo fare da supervisore con la dottoressa Harvelle... e poi figurati se un luminare come lui non riconosce uno che sta male sul serio da uno che sta solo accampando scuse.- 
- Ho capito. Vado a preparare la colazione.- fece Castiel dandogli un bacio sulle labbra.
Dean si rigirò nel letto ancora qualche minuto, prima di convincersi ad alzarsi, lavarsi e vestirsi. 
Sbuffò annoiato. 
Molti avrebbero pagato per essere al suo posto. 
Era un giovane di trent'anni,  di bell'aspetto, con tutte le donne che gli passavano davanti pronte a fare patti con il diavolo per avere anche solo un secondo della sua attenzione, una laurea in medicina ed una specializzazione in micro-chirurgia, ottenuta all'università di Monaco, figlio del primario e direttore della clinica più rinomata della città... praticamente una vita perfetta.
Peccato però che vi fosse un piccolo problema. 
Le facce erano una maschera. Per quanto belle e perfette potessero sembrare, non potevano cambiare quello che succedeva dietro di loro. Nell'anima del proprietario di quella maschera.
Dean Winchester, era un uomo profondamente infelice. Sua madre, Mary Winchester, era morta quando aveva solo quattro anni di linfoma. Una delle forme più aggressive, nemmeno il farla ricoverare nella clinica più cara di New York, era riuscito a salvarle la vita. 
Se n'era andata in meno di un mese, senza che potessero fare nulla. Solo... guardare ed aspettare. 
Lasciando solo il marito, il dottor John Winchester, ad occuparsi dei due figli: Dean, ed il piccolo Samuel, detto affettuosamente Sam o Sammy, di soli sei mesi. 
John divenne ossessionato dal lavoro e dall'impedire che qualcuno morisse nello stesso modo in cui era morta sua moglie, e si dedicò con anima e corpo al suo lavoro, diventando così uno dei più brillanti medici dello stato, scriveva spesso su riviste mediche specializzate... ma aveva trascurato le persone di cui avrebbe dovuto curarsi più delle altre: i suoi figli, che erano ancora piccoli, che avevano perso da poco la madre, che avevano bisogno di lui...
Dean fu costretto così a crescere di botto, a diventare oltre che un fratello maggiore, una madre ed un padre, per garantire un minimo di sicurezza a quel bambino che da quando la madre era morta era diventato la sua unica compagnia. 
E la sua ragione di vita. Ed anche se adesso aveva ventidue anni, viveva per  conto suo ( più o meno) e si vedeva con una ragazza che a dire del fratello era la donna più bella del mondo, continuava a preoccuparsi per lui... specie dopo che il padre lo aveva praticamente cacciato di casa, quando il figlio minore gli aveva detto chiaro e tondo che aveva intenzione di investire le sue energie nella professione di avvocato.
'' Se lo farai.... non aspettarti alcun aiuto da parte mia.''- aveva detto John Winchester. Sam non si era certo lasciato intimidire. Si era iscritto a legge, ed era andato a vivere a casa di un amico di vecchia data della famiglia Winchester, Robert Singer, che aveva sempre considerato lui e Dean come dei figli suoi non avendo potuto averne a causa della prematura scomparsa di sua moglie in un incidente d'auto.
Lo aveva accolto come un figlio, supportandolo nella carriera universitaria.... era stato per i due fratelli la figura paterna amorevole e presente che non avevano mai avuto.
Insomma, lui e suo fratello erano la prova lampante che le vite degli altri a guardarle di fuori erano sempre perfette... ma se guardavi con il caledoscopio alla fine le grane c'erano per tutti. 
Poi era arrivato Castiel Novak.
Commesso di un negozio di elettronica, reduce da una storia finita male, era stato sfrattato, senza parenti o amici che potessero aiutarlo. Si erano conosciuti nel negozio dove lavorava, quando Dean gli aveva portato il telefono per aggiustarlo.
La prima cosa che lo aveva colpito di quell'uomo erano i suoi occhi. Azzurri e profondi, come il cielo d'estate. Una parola tira l'altra, Castiel gli aveva detto che a breve avrebbe dovuto lasciare la pensioncina in cui aveva trovato da dormire per un po'...
'' Io ho appena trovato un appartamento. Il prezzo, se lo dividi a metà è un vero affare. Potresti venire a vivere con me... così tu hai un posto fisso dove dormire ed io conosco già il mio coinquilino.'' 
Inutile dire che il moro aveva accettato al volo quell'offerta. Poi, a furia di vivere assieme, tra loro era scoccato qualcosa. Prima era un'amicizia che a mano a mano che si conoscevano diventava sempre più complice... poi, sei mesi prima, mentre si stavano godendo la partita ed una birra sul divano... il moro aveva cercato le labbra del suo coinquilino 
Da quella notte... erano diventati inseparabili. 
...
...
...
- Odio le esercitazioni.- fece Dean al suo collega ed amico Benjamin Lafitte, detto Benny, oncologo entrando mentre passava dal suo abbigliamento da uomo normale per indossare una divisa da ospedale sull'azzurro cielo. 
Gli piaceva parlare con lui. 
Forse perchè assieme alla prima assistente di suo padre, la dottoressa Ellen Harvelle e sua figlia Jo, infermiera, non lo fissava come il resto degli altri medici ed infermieri dell'ospedale. Lo sapeva cosa pensavano tutti là dentro. Che era il preferito del capo, visto che ne era il figlio, che poteva permettersi lussi e privilegi che loro potevano solo sognare. 
Niente di più sbagliato. 
John Winchester pretendeva sempre il massimo dai suoi collaboratori. E da lui pretendeva più del massimo. Proprio perchè era il figlio. 
- Non vedo quale sia il problema.- fece Ben - Sei circondato da ragazzini di primo pelo a cui far sudare sette camice che avranno paura di te.- 
- E che mi faranno sanguinare le orecchie perchè scambiano una dermatite per un tumore alla pelle... una pacchia.- fece Dean prendendo una cartellina - passo dal capo. Devo fargli vedere il referto del paziente che ho operato due settimane fa.- 
- Vai dal sergente maggiore Hartman? Tanti auguri.- 
...
...
...
- Papà?- fece Dean facendo capolino sulla porta, dopo aver bussato - posso entrare?- 
- Si, vieni pure... stavo giusto per mandarti a chiamare io.- fece John togliendosi gli occhiali da lettura e lasciando perdere le carte che stava  esaminando. 
Il figlio maggiore gli posò sulla scrivania una cartellina.
- Sono le analisi del signor Hernandez.- fece Dean - L'uomo che ho operato di appendicite due settimane fa. Direi che dalle analisi è tutto a posto, penso che domani stesso possiamo mandarlo a casa.-
John lesse attentamente le analisi e poi concordò con il figlio - Si. Incaricherò Ellen di avvisare i parenti.-
- Volevi parlarmi, a proposito?- 
-Si. Devo chiederti una cosa. Ma voglio che tu sia sincero con me.-
- Certo...- fece Dean che sentiva l'inquietudine crescere. 
- Te e il tuo coinquilino. Cosa c'è veramente tra voi.- fece John spiazzandolo completamente - e non mentirmi. Lo so già.- 
- Mi hai controllato come se avessi ancora quattro anni?- fece Dean. 
- Che cosa ti aspettavi? Mio figlio mi dice che vuole andarsene a stare per conto suo, e che si è trovato un coinquilino. Credo che sia un mio diritto di padre sapere chi ti metti in casa.- 
- Vuoi sapere se io e Castiel ci stiamo frequentando?- fece Dean - Sì. Viviamo assieme e ci stiamo frequentando: mangiamo pizza fredda e birra sul divano, facciamo sesso... un sacco di sesso, andiamo al cinema e al parco la domenica...- e quando prendevano una granita, un frullato o un gelato di gusto diverso, per assaggiare, si baciavano appasionatamente, ma quello preferiva non farlo sapere in giro - e la mattina ci salutiamo con un bacio. E' forse un problema?- 
-  Certo che è un problema. Due cose chiedevo.- fece John Winchester alterandosi non poco, tanto che il suo primogenito iniziò a domandarsi se per caso il suo oroscopo non gli suggerisse ( vedi, ordinasse) caldamente di darsi malato e non muoversi dal letto quella mattina - Di vederti prendere il posto di comando in quest'ospedale e vederti sistemato con qualcuno. Ma per mio figlio avrei voluto qualcosa di meglio... e salta fuori che hai una storiella con un commesso.-
E qui fu Dean a non vederci più dalla rabbia.
- Questo non ti permetto di dirlo.- fece Dean - Ho... ho sacrificato tutto quello che avevo: per te ho preso la laurea in medicina, ho rinunciato ad avere degli amici e qualunque forma di relazione sociale diversa da te, da Sam, dai colleghi di lavoro... ho lasciato anche la squadra di nuoto del college perchè non l'approvavi. 
Ma sulla persona che dovrà stare al mio fianco, affrontare la vita... non ti permetto di dire una sola parola.- 
- Dean, ti prego.- fece John - tu pensi davvero che quel tizio ti giri attorno perchè è innamorato della tua personalità?- 
- Che cosa vorresti insinuare con questo?- fece Dean verde di bile, che aveva già capito a cosa mirava il genitore.
- Che per un commesso di un negozio di elettronica è un bel salto di qualità mettersi con il figlio di un noto medico.- 
- Non ti permettere sai?- strillò quasi Dean - Castiel è un uomo buono, generoso, onesto... lui  per me E' il meglio. E' la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita.- a parte prendersi cura di Sammy, ma Castiel... era qualcosa di davvero speciale - e comunque levami una curiosità... Cassie, Lisa, Anna, Lidya...- ed almeno un elenco telefonico di nomi femminili - come mai non hai mai battuto ciglio quando sapevi che uscivo con loro? Dì la verità. E' il fatto che mi sia innamorato di un uomo a darti fastidio?- 
- L'hai voluto tu. Sì. Questa cosa mi disturba parecchio.- fece John.
- Affari tuoi. Io amo Castiel, e Castiel ama me, non abbiamo la minima intenzione di lasciarci, quindi mettiti l'anima in pace.-
John si passò una mano sul volto affranto. 
- Se la pensi così... non c'è dubbio che tu sia il più grave dei miei errori.- 
Curioso che tutti notassero sciocchezze, particolari inutili che potevano essere ingigantiti per essere trasformati in convincenti motivi di dibattito, che vedessero cose che esistevano solo nella loro testa... ma un cuore che si spezzava nessuno lo sentiva mai. 
In quel momento il cuore di Dean Winchester si spezzò in milioni di briciole. 
- Devo andare adesso.... ho... il paziente della 412 e le esercitazioni oggi...- fece Dean ansioso di uscire da quella stanza.
Voleva piangere. Sentiva la sua faccia tremare, il labbro inferiore che ballava, gli occhi pizzicare...
E sarebbe scoppiato davvero se il suo cellulare non fosse squillato. 
Sam.
- Pronto...?-
'' Dean! Esco ora dall'esame... non ci credererai mai, trenta e lode!''- fece la voce euforica di Sam dall'altro capo del telefono -'' Dobbiamo assolutamente festeggiare!'' 
- Certo....- fece Dean - stasera....- 
'' No, ti prego. Vieni da Biggerson oggi a pranzo. Vorrei presentarti Jessica... non vede l'ora di conoscerti...''
- Sam... è una giornata un po' piena oggi...- 
'' Mezz'ora. Quarantacinque minuti al massimo. C'è un Biggerson davanti alla clinica, ti fai sostituire da Benny...''
- Ok.- fece Dean sorridendo tiratamente - ci vediamo lì allora...- 
'' Dean?''
- Si?-
'' Sei sicuro che vada tutto bene? Sembra che tu sia tornato a casa pregustando una bistecca al sangue per ritrovarti con un minestrone di verdure.''
- E' una giornataccia, te l'ho detto.... scusa, ma ora devo andare... ci vediamo a mezzogiorno.- nel dir così chiuse la comunicazione, ed appena vide Benny gli fece cenno di fermarsi. 
- Oh, ciao Dean...- lo salutò il collega.
- Buongiorno... senti, mi servirebbe un piccolo favore...- fece Dean - a mezzogiorno, potresti sostituirmi per poco meno di un'oretta?- 
- Certo, nessun problema.- fece Benny - Qualche problema?- 
Dean sorrise - No. Sam ha preso il massimo dei voti ad un esame... vuole festeggiare e già che ci siamo, presentarmi la sua ragazza.- 
Benny sorrise - Allora non c'è storia.... vai. A proposito... so che forse non sono fatti miei, ma... sei sicuro che vada tutto bene?- 
- Eddai. Sei la seconda persona che me lo chiede oggi. Sì. Sto bene. Oggi è giorno di esercitazioni, sarà una giornata massacrante, sono stanco ed il mio povero cervello è già saturo.- 
- Ti ho sentito mentre litigavi con tuo padre...- 
- Piccole divergenze di opinioni sui trattamenti farmaceutici. Capita.- fece Dean.
- Ne sei sicuro?- 
- Si, sono sicuro... scusa, la dottoressa Harvelle mi sta aspettando.-
...
...
...
Dean però non riusciva a concentrarsi. La lite con il padre lo aveva stravolto non poco. Era cresciuto pensando che suo padre era una specie di supereroe... quando era piccolo e lo vedeva mentre i parenti delle persone che salvava lo ringraziavano ( di solito succedeva tre o quattro volte alla settimana), pensava che fosse un eroe in grado di salvare il mondo. Quando aveva detto a lui e a Sam che li avrebbe voluti medici, lui era entusiasta, anche se gli sarebbe piaciuto fare altro... ma alla fine aveva messo da parte i suoi sogni, per percorrere una strada più sicura. Il padre era l'unico genitore che gli era rimasto, teneva alla sua stima e alla sua approvazione più che a quella di chiunque altro... ed anche se a volte gli pesava vedere la luce negli occhi delle persone che dicevano di aver scelto in libera autonomia la loro strada, con il pieno supporto delle persone che amavano e che li amavano, pensando che lui questa fortuna non l'aveva avuta... si consolava pensando che suo padre lo stimava. 
Sammy invece era stato più coraggioso di lui. 
Aveva scelto di diventare avvocato, di iscriversi a legge, di prendere in mano le redini della sua vita e al diavolo tutto il resto. 
In tutto questo, a fargli forza, oltre a Sam e la sicurezza di essere tutto quello che il padre voleva, era che al momento giusto, quando il suo cuore avrebbe iniziato a battere per una persona speciale, suo padre avrebbe accolto la notizia con gioia...
'' Sei il più grave dei miei errori''- quelle parole erano peggio di una pugnalata, di un colpo di pistola, di una frustata tutto nello stesso tempo... avrebbe preferito la dannazione eterna piuttosto che sentirle dire dalla persona che ammirava di più.
- Dottor Winchester?- lo richiamò all'ordine la dottoressa Harvelle dopo che uno specializzando aveva appena finito di esaminare una ferita al polso della figlia - che ne pensa?- 
- Mi scusi ero... sovrappensiero. Può ripetermi la diagnosi per favore?- 
- Secondo questo studente... il braccio di Jo è gonfio, ma il polso radiale è presente, quindi è esclusa una sindrome compartimentale. Frattura del radio, immobilizzerei l'arto e programmerei dei controlli a distanza.- 
- Beh... stando così le cose non ci sono dubbi...- fece Dean - Ellen, mi dispiace... tua figlia è morta.- 
- Come... morta?- fece lo specializzando strabuzzando gli occhi per la sorpresa.
- Hai mandato a casa una persona a cui l'osso aveva perforato la pelle.- spiegò la dottoressa Ellen Harvelle. 
- Una frattura con ferite è una frattura esposta fino a prova contraria. Sono andata in setticemia e morta grazie a te caro.- fece Jo sul lettino. 
- Dovete essere rapidi e fidarvi dell'istinto. Non lasciatevi ingannare dai vostri occhi, se sbagliate la diagnosi il paziente potrebbe finire come Jo.- fece la dottoressa Ellen. Stava per chiamare il prossimo specializzando quando, vennero interrotti da John Winchester.
Dean s'irrigidì, senza sapere cosa dire o cosa fare. Guardarlo negli occhi per lui significava leggere negli occhi del genitore la delusione che gli aveva confessato di provare nei suoi confronti da quando gli aveva confessato che lui e Castiel stavano insieme... tuttavia, non guardarlo negli occhi sarebbe stato come ammettere che si vergognava di aver fatto qualcosa. E lui, non sentiva di doversi vergognare per essersi innamorato di qualcuno. Optò quindi per fingere di annotare qualcosa. 
- Dottor Winchester.- lo salutarono le due Harvelle. 
- Mi dispiace molto dovervi interrompere, ma è appena arrivata una telefonata d'emergenza. Una nave si è scontrata con un ferry-boat  nel fiume Hudson. 
Tutti i centri traumatologici dei dintorni sono in allerta, devo organizzare subito una squadra.- 
- Fa parte dell'esercitazione, signore?- chiese una specializzanda.
- Lo vorrei tanto.- 
...
...
...
Dean fu incaricato del ruolo di capo squadra. Assieme a lui prese Benny, Jo, ed altri tre specializzandi che nella loro parte di esame pratico si erano dimostrati molto in gamba. 
La dottoressa Ellen Harvelle invece sarebbe rimasta assieme a John per occuparsi dell'assistenza dei feriti in arrivo ed accellerare la dimmissione dall'ospedale di pazienti che ormai non era più necessario trattenere oltre, per liberare dei posti letto. 
- Dean...- fece John rivolto al figlio prima che questi salisse con la sua squdra sull'ambulanza diretta sul luogo del disastro.
Il tono era molto più gentile di quello che gli aveva rivolto poche ore prima e per un breve istante il giovane sperò che fosse accaduto un miracolo. Che per la prima volta suo padre avesse capito che la sua opinione non era una verità assoluta, che aveva esagerato...
- Si, dimmi...- 
- Sai come trattare le urgenze vero?- 
Dean sospirò - Verde non grave, giallo emergenza differibile, rosso massima urgenza, mi preoccuperò di far arrivare i feriti gravi alle ambulanze in tempo record.- 
- E non dimenticare di farmi un 411 sulla situazione al porto ad intervalli regolari.- fece John allontanandosi.
Dean si diede mentalmente dello stupido.
John Winchester che ammetteva di aver sbagliato e che domandava perdono?
Più facile che il cielo diventasse verde.
...
...
...
La scena che si presentò davanti ai loro occhi sembra uscita da un film dell'orrore: decine di persone erano già sotto i lenzuoli e le sacche per cadaveri. 
Altrettante erano sulle lettighe con intorno medici di tutti gli altri ospedali della zona, i pompieri che cercavano di domare l'incendio... anche la stampa. 
- Santa Madre di Dio...- fece Jo portandosi una mano alla bocca.
- Ok, ascoltate. Non ostacolate le operazioni di soccorso, valutate attentamente ed assegnate i codici di emergenza.- fece Dean.
Benny, Jo e gli altri specializzandi annuirono. 
Per circa tre ore furono tutti molto occupati nel soccorrere e prestare le prime cure a tutti coloro che avevano bisogno di aiuto immediato, e a fare rapporto al loro '' Quartier Generale''. 
Poi l'attenzione di Dean venne attirata da un uomo che stava uscendo dall'acqua aggrappandosi ad una cima per poi sdraiarsi a terra, stremato e sofferente.
Gli si avvicinò subito e vide che aveva uno squarcio che continuava a buttare sangue rosso scuro dalla gamba sinistra.
- Che cosa è successo?- fece Dean inginocchiandosi di fianco all'uomo.
- Secondo te?!?- fece lui - Ho una ferita profonda alla gamba... il vetro di un auto.... cazzo cazzo che male.... ho nuotato... dovevo andare.... ho un appuntamento...- 
- Beh, immagino che dovrà chiamare la segretaria per chiederle di rimandarglielo...- fece Dean applicando delle garze sterili sulla ferita dell'uomo. Questi iniziò ad urlare e contorcersi dal dolore appena le mani del medico si poggiarono sulal ferita.
- Piano! Fa male!- 
- Lo so. Mi scusi.- fece Dean mantendendo costante la pressione - Signore... mi ascolti. L'arteria femorale è recisa. Sta perdendo molto sangue.... la ferita è grave ma non mortale, ma peggiorerà molto in fretta... devo ridurre l'emorragia... non posso somministrarle anestetici, perciò dovrà aiutarmi lei... mi faccia un cenno con la testa se ha capito...- l'uomo annuì leggermente - Ok. Dovrò farle un po' di male temo, perciò si concentri su qualcosa di rilassante... un posto, una persona... e non molli quel pensiero per nessuna ragione al mondo.- 
L'uomo annuì, ma mantenere quella promessa si rivelò più difficile del previsto. Dean ce la metteva tutta per essere il più delicato possibile, per non infierire ulteriormente su quella gamba dilaniata, ma l'uomo urlò parecchio, gli mandò anche delle maledizioni, ma Dean non ci fece caso e continuò a lavorare.
Dopo mezz'ora era riuscito a stabilizzare l'uomo.
- Ok. Adesso le fascio la ferita, avverto via radio i miei colleghi e la faccio portare in ospedale...- 
- No....- si lamentò l'uomo, delirando agitandosi - mi faccia andar via, ho un appuntamento importante...- 
- E' l'ultimo dei suoi problemi...- fece Dean provando a calmarlo e tenerlo fermo - per favore, cerchi di non muoversi...- 
L'uomo cercò di togliersi le mani del medico di dosso. Gli diede una leggera spinta... ma erano sul molo, a pochi centimetri dall'acqua.
Dean perse l'equilibrio, e con la confusione che c'era al porto, tra la polizia, i pompieri, vari medici ed infermieri dei vari centri traumatologia, nessuno si accorse del rumore di un uomo che cadeva nell'Hudson.

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Capitolo 2
*** Lottare per vivere ***


Intanto, Sam Winchester, ventidue anni, sul metro e novanta, con gli occhi di un particolare colore che dal bli variava al verde, e dai capelli castani, si stava gustando un frullato alla fragola assieme alla sua fidanzata, Jessica Lee Moore, alla caffetteria dell'università. 
Sam poteva dirsi un ragazzo felice, malgrado non avesse mai avuto occasione di conoscere sua madre, se non dai racconti di sio zio Bobby e di suo fratello maggiore. Aveva scelto una strada che gli piaceva, era benvoluto da tutti i suoi amici, e  da circa un anno e mezzo stava con la ragazza dei suoi sogni. 
Alla quale tra l'altro stava progettando di chiedere di sposarlo, subito dopo la laurea. Aveva già messo gli occhi su un Solitario stupendo... ma che costava un po' troppo. 
Il suo orgoglio gli impediva di chiedere soldi in prestito a Bobby, o al fratello anche se sapeva che non gli avrebbero negato il loro aiuto... e di chiedere in prestito del denaro a suo padre non se ne parlava. Suo padre gli aveva giurato che se si fosse azzardato a scegliere un cammino diverso da quello che lui aveva immaginato per i suoi due figli, non avrebbe dovuto aspettarsi niente da lui.
E Sam da suo padre non voleva niente. 
Perciò aveva firmato dei documenti con i quali si impegnava a pagare l'anello a rate, faceva la cresta sulla spesa, inventava scuse per non uscire con gli amici quando era previsto di andare a mangiare o bere fuori casa, e metteva da parte i soldi per comprare quell'anello a Jessica e chiederle di diventare sua moglie. 
- Allora... oggi finalmente conoscerò il famoso Dean.- fece Jess con un sorriso. 
- Già. Sono certo che andrete d'accordo.- fece Sam - ma non troppo ok? Dean è uno che piace alle donne...-
- Lo so, me l'hai detto... ma io ho occhi solo per te.- fece la bionda avvicinandosi al fidanzato per dargli un bacio - però devo dirtelo... sono molto curiosa di conoscerlo. Ti brillano gli occhi quando parli di lui...- se non avesse scoperto per tempo che erano fratelli, probabilmente avrebbe pensato che fossero fidanzati, che Sam fosse quindi irraggiungibile e si sarebbe limitata ad ammirarlo da lontano, con il cuore a pezzi.
- Già... vedi, Dean... non è solo mio fratello maggiore... quando è morta la mamma, mio padre era sempre in ospedale a lavorare, e non c'era nessuno che si occupasse di noi... era lui che mi metteva a letto la sera, che mi preparava la colazione, che mi controllava i compiti... quando avevo un problema era lui a consigliarmi... o a tirarmi su il morale con qualche battuta cretina...- fece Sam sorridendo al ricordo, e facendo sorridere anche Jessica - ci mancava poco che lo chiamassi papà.
Gli devo tanto. Anzi, tutto quello che sono oggi lo devo solo a lui.- 
- E vostro padre?- fece Jessica - so che lavorano nello stesso ospedale, sarà molto fiero di tutti e due.- 
Sam si stoppò. Non se la sentiva ancora di dirle che suo padre lo aveva messo alla porta perchè si era permesso di pensare con la sua testa.
- Beh... si... lui e Dean vanno molto d'accordo....- 
- E tu invece?- 
- Te l'ho detto. Papà a casa non ci stava mai, si occupava di tutto Dean, e spesso e volentieri era Bobby che badava a tutti e due... è difficile andare d'accordo con una persona che non vedi mai.- 
E sarebbe dovuto essere altrettanto difficile litigarci, eppure John Winchester era riuscito persino in questo. Quell'uomo aveva un talento per rendersi insopportabile agli altri, che fosse presente o meno. 
Le chiacchiere dei due vennero interrotti dallo speaker del TG. 
'' Interrompiamo le trasmissioni per un'edizione straordinaria. Poco meno di tre ore fa, la città di New York si è ritrovata davanti ad una scena terribile: un ferry-boat che stava facendo la sua traversata si è scontrato con una nave da carico. 
Non ci sono ancora notizie certe, ma pare che la causa principale della disgrazia sia stato un banco di nebbia che ha impedito alle due navi di evitare a vicenda la collisione. 
Le ultime stime parlano di quasi cento morti, altrettanti feriti ed almeno settanta dispersi tra uomini, donne e bambini. 
Tutti i centri traumatologici della zona sono già al collasso...''
- Oh Santa Madre...- fece Jessica mano a mano che le immagini scorrevano veloci sullo schermo della tv della caffetteria.
Era uno spettacolo devastante: c'era fumo, fuoco, sangue, gente che urlava e piangeva... Sam si accorse del disagio della ragazza e le strinse una mano per confortarla.
Il giovane universitario iniziò a pensare che forse era chiedere davvero troppo di vedere Dean quel giorno... nessun essere umano con un briciolo di coscienza si sarebbe voltato dall'altra parte per farsi gli affari suoi, mentre attorno a lui c'era una distesa senza fine di persone che morivano tra atroci dolori o che rischiavano d morire... poi il suo pensiero si spostò sulle vittime e sui loro familiari. 
Quella tragedia, che si era consumata in pochi secondi, gli faceva pensare alla loro madre. 
John non aveva mai voluto parlare di lei o della malattia che se l'era mangiata da dentro in meno di un mese, ma Dean e Bobby quando lo reputarono abbastanza grande da capire, decisero di dirgli com'era morta la loro genitrice.
Una febbre alta che saliva e scendeva, all'inizio nessuno ci aveva fatto caso, in fondo... l'influenza veniva. In Novembre poi era quasi un classico... solo che malgrado le cure, il riposo a letto, le medicine, e tutto quello che di solito gliela faceva passare in una notte di sonno, sembrava non fare effetto.
John aveva deciso di portarla in ospedale, per farle delle analisi... e poi l'atroce scoperta. Un tumore alle cellule del sangue. Il più aggressivo che ci fosse. 
E pensare che il giorno prima che Mary si ammalasse, stavano organizzando di lasciare l'America, per le vacanze di Natale. Volevano andare a sciare sulle montagne del Trentino. 
Invece.... era finito tutto in pochi attimi.
Succedeva sempre così alle persone.
Erano vive, e facevano progetti: andare in crociera, perdere peso, innamorarsi, magari imbiancare casa o rifare la staccionata pensando... '' Ho tutto il tempo del mondo''.
Ma nessuno ce l'aveva. 
Ed i familiari delle vittime rimanevano sulla Terra, distrutti dal dolore, pensando con rammarico all'ultima volta che avevano parlato con i loro cari... pensando a tutti gli abbracci che avrebbero voluto dar loro... ad un '' Ti amo'', un '' Ti voglio bene'', tenuto dentro troppo a lungo...
La vita era troppo crudele a volte.
...
...
...
Nel frattempo, Dean lottava disperatamente contro l'acqua fredda, con il gelo che gli penetrava nelle ossa, batteva le gambe e le braccia per cercare di tornare a riva, ma il freddo rendeva tutto molto più difficile...
E poi c'era una voce.
'' Sei la più grande delusione della mia vita''
'' E' solo un raccomandato, la peggior feccia che possa esserci nel mondo accademico''
'' Fai sempre tutto quello che dice tuo padre... non hai un'idea tua, di tanto in tanto? Sembri una marionetta.'' 
'' Devi dar di più. Sei quasi ordinario, una persona come tante... niente di speciale o per cui vada la pena essere fieri.''
Le frasi che l'avevano ferito gli risuonavano in testa, oltre alle sirene delle ambulanze e a quelle delle camionette dei pompieri.... quando era al college, gli piaceva stare a mollo nella piscina dell'università... in acqua tutto diventava ovattato, distante, era come se per poco tempo il mondo sparisse e lo lasciasse libero di pensare.
Ma ora... tutto quello che riusciva a pensare... era che la sua vita era un disastro totale: aveva buttato via gli anni migliori della sua vita intraprendendo una carriera che non era mai stata in cima alla lista dei suoi sogni, per compiacere suo padre, aveva rinunciato e sacrificato ogni desiderio ed ogni sogno per essere il figlio perfetto che lui voleva... 
Ed era bastato un... '' Papà, mi sono innamorato.'' per far crollare tutto.
Suo padre lo disprezzava. Aveva sacrificato e dato tutto sè stesso per un uomo che non era nemmeno capace di fingere di essere felice per lui.
L'acqua dell'Hudson mascherò le lacrime che gli segnavano il volto. 
Non provò nemmeno ad urlare per provare a farsi salvare. 
C'era solo una voce suadente che lo invitava a stare fermo, a lasciare che le cose facessero il suo corso, di lasciarsi andare ad un dolce oblio.
'' Hai fatto tutto quello che potevi per tante persone, forse troppe.... ora rilassati. Lasciati andare.''
E lo fece. Smise di agitare braccia e gambe e di opporre resistenza. Semplicemente andò giù, sprofondando nell'acqua fredda pensando '' Addio, vi voglio bene''.
Poi più nulla. Solo il buio.
...
...
...
Nel frattempo, i medici dei vari ospedali continuavano a soccorrere i feriti. 
Benny aveva appena fissato su una barella una donna in evidente stato di shock, oltre ad avere contusioni multiple agli arti inferiori.
- Jo... a quanti siamo?- chiese Benny.
- Ho contato centoventi feriti.- fece Jo - e ci sono almeno cento persone che non ce l'hanno fatto... ho fatto delle foto per farli identificare dai parenti... Dio, non voglio nemmeno pensarci...- fece la ragazza passandosi una mano sulla fronte.
- Ehy.- fece Benny cercando di calmarla - Lo so che è la parte più difficile... ma le persone hanno il diritto di sapere chi tornerà e chi se n'è già andato. Anche questo fa parte del nostro lavoro...-
Due paramedici arrivarono con un uomo su una barella. Era molto agitato ed aveva una gamba ferita.
- E' caduto... giuro, non volevo.... è stato un incidente...- 
- Si calmi, ha già la pressione alta, e se si agita si alzerà ancora, le vengono le convulsioni e muore.- 
- Ma un po' di tatto, sarebbe chiedere troppo?- sbottò Jo mettendo le mani sui fianchi. Va bene che in quanto medici dovevano essere sinceri con i pazienti e i loro familiari, ma dare una speranza per proteggerli dall'angoscia non era un azione di demerito. 
- Che cos'è successo?- chiese Benny. 
- Era sul molo. L'arteria femorale è recisa e la gamba è rotta, ha perso molto sangue, violento shock emorragico, ma è stato medicato.- fece il paramedico. 
- E' già qualcosa...- fece Benny notando che la gamba era stata fasciata con una giacca provvista di tesserino identificativo - se n'è occupato Dean... a proposito... dov'è?- poi un atroce sospetto lo colse - Signore? La persona che è caduta... è il medico che l'ha soccorsa?- 
L'uomo si mise quasi a piangere - Lui voleva aiutarmi, ma faceva troppo male... l'ho spinto... ma è stato un incidente.-
Jo e Benny sbiancarono.
- Oh Signore...- fece Benny correndo verso la zona del porto - DEAN! DEAN, RISPONDI!-
- DEAN!- fece eco Jo. Poi notò qualcosa... anzi, qualcuno che galleggiava a qualche miglio di distanza dalla banchina. 
Benny si sfilò la giacca, afferrò la cima ancorata al molo e se la legò in vita - Io vado a prenderlo. Quando l'ho preso do due strattoni. Tu tira con tutta la forza che hai.-
Jo annuì prima di afferrare saldamente la corda.
Benny si tuffò e dopo qualche bracciata riuscì a raggiungere il collega e a prenderlo sottobraccio. Quel che vide gli fece gelare il sangue nelle vene, e non c'entrava il fatto che l'acqua fosse ghiacciata. Dean era diventato quasi blu, a causa del freddo, ed era molto freddo. Non era nemmeno in grado di dire se era ancora vivo... ipotermia, come minimo.
- Coraggio Dean... tieni duro...- fece Ben usando il braccio libero per tirare la cima. Jo tirò. Con tutta la forza che aveva in corpo. Quando Benny arrivò sul molo, afferrò Dean da sotto le ascelle e lo tirò all'asciuto. 
- Dean!- fece Jo. 
Benny gli poggiò due dita sul collo per controllare il battito, e si fece prestare da Jo lo specchietto che portava sempre con sè, per rifarsi il trucco, di tanto in tanto, per controllare il respiro.
Il vetro si appannò leggermente. 
- E' ancora vivo.- fece Benny iniziando a praticare la respirazione cardio-polmonare - Presto, fai venire una barella.- 
Jo corse subito a chiamare due paramedici. 
Benny continuò il suo lavoro.
Cinque compressioni, due insufflazioni d'aria, queste ad un intervallo di tempo più largo, per impedire all'amico di soffocare nel suo stesso vomito. 
E così via.
- Arrivo previsto in cinque minuti.- fece il paramedico alla guida dell'ambulanza. Lo avevano avvolto in una coperta termica, per preservare la temperatura corporea il più a lungo possibile. 
- Dean.- fece Jo - Tieni duro. Siamo quasi arrivati. Andrà tutto bene... ma devi lottare, capito?- fece la bionda prendendo la mano dell'amico, stringendogliela fino a stritolarla quasi.
Sapeva che non poteva sentirla, ma sperava che si svegliasse di scatto urlando - Guarda che è la mia mano, mica una pallina anti-stress!- con quell'espressione a metà tra l'imbronciato ed il sarcastico che faceva sorridere chiunque.... e che si, doveva ammettere, era solo una delle tante cose di Winchester Junior che le avevano fatto prendere una discreta cotta per lui, quando era arrivato a lavorare in ospedale.... tra loro però non era mai successo nulla di serio. E non perchè era la figlia della prima assistente di suo padre, una donna che ringhiava contro tutti quelli che si avvicinavano alla figlia con scritto a caretteri cubitali in faccia '' Io e te, letto, subito'', borbottando qualcosa come '' Ti allontani da solo o devo lobotomizzarti senza anestesia?''. 
Semplicemente perchè si era accorta che il sentimento '' d'amore'', quell'infatuazione che provava per lui era in realtà un grande affetto fraterno, che Dean ricambiava teneramente. 
- Andiamo Dean... non puoi morire in questo modo...- fece il dottor Lafitte continuando a praticargli il massaggio cardiaco. 
All'arrivo all'ospedale, le porte dell'ambulanza si spalancarono, e fu proprio Ellen ad accoglierli. 
- Cos'abbiamo?- s'informò la donna.
- John Doe, trent'anni, non identificato, in ipotermia.- fece il paramedico. 
- Ma li conosci o no i tuoi colleghi?!?- sbraitò Jo - Mamma, non è non identificato, è Dean!- 
- Cosa...?- fece Ellen avvicinandosi, bianca come un cadavere, pregando con tutto il cuore di aver capito male... ma non fu così. 
Dean era lì, con gli occhi chiusi, il viso e le labbra blu...
- Oddio... Ben, quanto tempo è stato in acqua?- fece Ellen - Presto, liberate traumatologia.- 
- Io avviso il dottor Winchester.- fece Jo scendendo dalla vettura, correndo come una pazza alla ricerca del Grande Capo. 
- Ben, ho bisogno di sapere quanto tempo è rimasto in acqua...- fece Ellen mentre la barella veniva fatta scendere, e l'oncologo stava ancora praticando il massaggio cardiaco al ragazzo.
- Non lo so, dopo quasi tre ore che eravamo arrivati ci siamo persi di vista.... dopo un'altra ora ho trovato un uomo con una gamba ferita.... aveva la giacca di Dean... delirava, diceva di averlo buttato in acqua per errore...- 
- Ok, d'accordo...- fece Ellen - Dean? So che riesci a sentirmi: stai tranquillo, ne verrai fuori.- 
...
...
...
Nel frattempo, John Winchester cercava di sbollire il nervosismo accumulato con la discussione che aveva avuto con il figlio poche ore prima.
Cercò di non pensarci, dicendosi che il figlio in fondo era ancora giovane, e che le esperienze non potevano far male a nessuno... solo che quando gli consigliava, senza nemmeno troppa convinzione tra l'altro, di non perdere troppo tempo con una ragazza, non aveva mai fatto la voce grossa con lui. 
Per quel Castiel invece sì. 
Per un attimo aveva rivisto il giorno in cui aveva visto per l'ultima volta il figlio minore. Avevano lo stesso impeto negli occhi. 
Quando Dean diceva che lui e quel tizio non si sarebbero separati, non lo diceva tanto per dire. Era vero. 
E perciò si domandava dove poteva aver mai sbagliato con i suoi figli. 
I suoi pensieri furono interrotti da Jo, che gli corse incontro con aria concitata.
- Dottor Winchester!- 
- Jo...- fece John - Puoi dire a Dean che il suo rapporto sulla scena dell'incidente lo sto ancora aspettando?- 
- Dottore...- fece Jo con le lacrime agli occhi - Dean è in sala rianimazione.- 
John Winchester lasciò cadere i suoi strumenti a terra. 
- Cosa...?- 
- E' caduto in acqua mentre cercava di salvare un uomo... Lafitte l'ha ripescato, ma...- 
John non le lasciò finire la frase e si precipitò in truamatologia. La scena che gli si presentò davanti gli fece gelare il sangue nelle vene.
Il suo primogenito era steso su un lettino, con un tubo per respirare in gola, fissato alla bocca con del nastro adesivo, sepolto sotto una coperta termica, una flebo attaccata al braccio e collegato ad un computer che teneva sotto controllo il respiro, il battito cardiaco e l'attività cerebrale. 
- Com'è la situazione?- fece John.
- Gli abbiamo inserito una cannula da venti, ma non funziona.- fece Ellen mentre Lafitte continuava a fare il massaggio cardiaco al giovane Winchester - gli abbiamo somministrato tre milligrammi di epinefrina nel tubo endo-tracheale, l'ultima dose tre minuti fa.- 
- Credo di aver visto reattività nelle pupille... potremmo provare con una dose di atropina.- fece Benny.
- John...- fece Ellen - ce ne occupiamo noi.- 
- Con il cavolo. E' mio figlio. Il compito di salvarlo spetta a me.- fece John avvicinandosi al figlio privo di conoscenza. 
'' Oddio... ma che ti hanno fatto...?''- pensò John - Lafitte, mi faccia un favore.... trovi il modo di avvisare Sam... è l'altro mio figlio...- 
- Certo.- fece l'oncologo uscendo. 
- Passatemi un telo caldo nuovo.- fece John prendendo il posto di Lafitte nel massaggio cardiaco - qual'è la temperatura?- 
- Venticinque gradi.- fece un'infermiera. 
- Ok. Dobbiamo rialzarla almeno di dieci gradi. Emogas-analisi... è in fibrillazione. Carica a trecento. Libera.- 
Una scossa, due scose, tre scosse... il corpo di Dean ricadde tre volte sul lettino dove stavano cercando di salvargli la vita. 
-E' di nuovo asistolico.- fece uno specializzando. 
- John, potremmo provare con lavaggio peritonale caldo, uno continuo della vescica con liquidi caldi...- propose Ellen. 
- Si...- fece John continuando con la compressione - Coraggio Dean, coraggio. Lo so che sei più forte di così.- 
Ed era questo il punto.
Qualsiasi cosa fosse mai accaduta a Dean, che fosse una piccola o grande battaglia, ad ogni sacrificio e rinuncia che Dean aveva fatto per lui e Sam, l'unica cosa che era stato capace di dirgli, ogni singola volta era '' Lo supererai. Sei molto più forte di quello che credi.''
Quando raggiungeva un ottimo risultato gli diceva '' Bene. Ma puoi far di più.''
Non una volta gli aveva detto '' Non potevi far di più, ed io sono orgoglioso di te'' o '' Parla con me. Sono qui per te. Ci sono sempre stato e sempre ci sarò''.
Aveva semplicemente dato per scontato che fosse vero che la vita non dava mai nulla che non si potesse affrontare.
Ma forse, nel caso di Dean, la vita aveva davvero esagerato con le prove ed i fardelli da portare. 
Motivo per cui non sembrava poi così sciocco il suo desiderio/ pensierino di mollare tutto. 
...
...
...
Rintracciare Sam non fu difficile. 
Dean gli aveva chiesto di sostituirlo per meno di un'ora, giusto il tempo di pranzare con il fratello e la sua ragazza. Il che voleva dire che non contava di allontanarsi  molto dall'ospedale. 
Questo restringeva l'area. E se si contava che ( malgrado la professione svolta dal giovane Winchester implicasse di dover dare il buon esempio ai pazienti) Dean per pranzo si recava sempre al Biggerson di fronte all'ospedale per un doppio cheeseburger al bacon con un uovo fritto e crostata di fragole, era logico supporre che avesse dato al fratello appuntamento lì per il pranzo.
La sua intuizione era giusta.
Ad un tavolo vi era seduto Sam, ed era in compagnia di una ragazza di circa vent'anni, alta, magra, lunghi capelli biondi ondulati e vaporosi come quelli di un'attrice, occhi azzurri e carnagione chiara.
Entrambi stavano consultando il menù, come se fossero in attesa.
Ben si avvicinò a Sam e gli toccò una spalla per richiamare la sua attenzione.
Sam si voltò sorridente, aspettandosi di vedere Dean, ma il sorriso si affievolì quasi nel vedere il collega del fratello. 
- Ah sei tu...- fece Sam - Jessica, questo è Benjamin Lafitte, un collega ed è anche un buon amico di Dean...-
- Piacere.- fece Jessica con un sorriso. 
- Ma dov'è Dean?- fece Sam - è quasi mezz'ora che provo a chiamarlo, da libero, ma non risponde.- certo, considerato lo stato di allerta a causa del casino successo sull'Hudson era anche normale... ma visto che Ben era lì, forse c'era un'altra spiegazione a quel ritardo.
Benny s'irrigidì. 
Sì, trovare Sam era stato facile.
Trovare le parole per spiegare cos'era successo un po' meno. 
Ed era una balla quella che a fare il medico, a dare le brutte notizie ci si abituava. Non ci si abituava mai a vedere il dolore negli occhi di chi ormai era condannato a morte, di chi soffriva agonizzando... o a vederlo negli occhi delle persone che non avrebbero potuto fare altro che tenere la mano di un pezzo del loro cuore, mentre questi si spegneva sotto i loro occhi.
- Sam...- fece Benny - Io... hai... hai sentito no, dell'incidente al fiume...- 
- Sì...- fece Sam che all'inizio non capì cosa c'entrasse l'incidente con suo fratello, si, sicuramente era andato sul posto, per dare assistenza ai feriti, ma poi gli venne un atroce sospetto - Oddio.... era.... era sul ferry-boat? Sta bene, vero? E' vivo?
Ti prego, dimmi almeno che è vivo...- fece Sam mentre la fidanzata gli si aggrappava al braccio tentando di confrotarlo come poteva.
- E' caduto in acqua mentre cercava di soccorrere i feriti... è vivo... ma è ridotto molto male purtroppo...- fece Benny. 
- Vado da lui...- fece Sam - Jessica, tu...- 
- Vengo con te.- fece la bionda con tono fermo e deciso - non ti lascio da solo.- 
Benjamin uscì dal ristorante con i due ragazzi al seguito, mentre Sam, con le mani che tremavano mandava un messaggio sia a Bobby che a Castiel. 
'' Dean è caduto nell'Hudson e ha rischiato di affogare, corri subito all'ospedale.''
'' Ti prego...''- pensò il castano mentre sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi -'' sei tutta la mia famiglia, non mi lasciare...''

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Capitolo 3
*** Fantasmi del passato ***


Nel frattempo, nel reparto di Traumatologia, Ellen e John, assieme ad altri cinque medici continuavano a prendersi cura di Dean.
Ormai erano passati venti minuti da quando lo avevano intubato. 
Gli avevano già somministrato quattro dosi di epinefrina. 
La temperatura corporea era salita da venticinque a ventisette. 
'' Dean, devi assolutamente farcela...''- pregò Ellen.
Le sue preghiere però parvero non essere ascoltate quando l'encefalogramma divenne piatto. 
Il cuore era fermo.
...
...
...
Quando Dean aprì gli occhi si ritrovò sul letto di un ospedale. 
- Beh... a quanto pare sono ancora vivo...- fece il medico scendendo dal lettino. C'era qualcosa di strano però. Da quando l'ospedale era così deserto? Nessuna caposala, nessun infermiere, nessun paziente, nessun familiare.... e poi c'era stato un incidente, non avrebbe dovuto esserci nemmeno lo spazio per muovere le gambe.
- C'è qualcuno?- fece Dean iniziando a camminare per i corridoi - C'è nessuno qui?- 
- Dean.- fece una voce alle sue spalle.
Il giovane si voltò e vide un uomo che non aveva più di una quarantina d'anni, capelli neri e corti, leggero accenno di barba, occhi grigi. Aveva un'aria familiare, era pronto a giurare di averlo già visto da qualche parte... magari in qualche vecchio album fotografico... o forse gli ricordava qualcuno che conosceva...
- Dean... ti ricordi di me? Tu e Jo da piccoli facevate le torte di fango insieme...- fece l'uomo. 
- Come fa a....
Oddio....William Harvelle?- 
L'uomo annuì.
Dean ebbe un sussulto. Quell'uomo era il padre di Jo, il marito di Ellen, nonchè il compagno di corso di laurea e coinquilino di suo padre quando erano entrambi al college... ed era morto di cancro al colon, quando Jo aveva poco meno di dieci anni. 
L'amica gli aveva sempre detto che nel giorno in cui il suo papà era morto, aveva giurato che si sarebbe laureata in medicina e che avrebbe consacrato la sua vita alla ricerca di una cura per la malattia del padre.
- Quanto sei cresciuto.- fece William. 
- Ma come faccio a parlarle se lei è... oddio, non mi dica che sono.... morto?- fece Dean. Avrebbe detto che per l'agitazione stava per smettere di respirare... ma per un morto era troppo strano da dire.
- No. Ma non stai bene.- fece una voce di donna alle sue spalle.
Occhi azzurri, capelli biondi acconciati in una treccia che le ricadeva sul lato sinistro del torace.
- Karen...- fece Dean. Lei la riconobbe subito. 
Era... anzi, sarebbe dovuta essere, la moglie di Bobby. Zio Bobby gli aveva detto che si erano conosciuti e fidanzati sui banchi del liceo.... avevano appuntamento in pasticceria, per scegliere la torta per la festa di nozze, e venne travolta da un pirata della strada. 
Sei anni di coma, e alla fine morì. 
Non era mai un buon segno parlare e sentirsi parlare da persone morte da anni.
- Oh merda...- fece Dean.
...
...
...
- E' Dean?!?- fece Castiel correndo verso Sam, Jessica, Benny e Bobby, pallido come un cadavere e con tono concitato. Un momento prima stava lavorando da casa per mettere in ordine l'archivio online del negozio in cui lavorava, poi aveva sentito la suoneria dei suoi messaggi... pensava che fosse Dean, che gli avesse mandato un messaggio alla '' Mi manchi, voglio baciarti''- invece era il numero di Sam.... che lo informava che Dean... il SUO Dean... era quasi morto, e che non era ancora fuori pericolo. 
E per i venti minuti di corsa in taxi non aveva fatto altro che pregare in aramaico e in tutte le lingue del mondo, anche quelle dimenticate da tutti gli antropologi e linguisti del mondo, che ci fosse un errore... in fondo poteva capitare quando c'era un incidente come quello che quel giorno aveva sconvolto New York, con così tante vittime... 
- Siete certi, l'avete visto bene, magari è solo uno che gli somiglia parecchio...- 
- Castiel.- fece Benny - L'ho ripescato io. Gli ho fatto il massaggio cardiaco dal porto a qui. E' lui. Non c'è dubbio.- 
- Oddio.... ma come.... come è stato possibile....?- fece Castiel mentre una lacrima trattenuta troppo a lungo gli solcava il viso. 
- E' quello che vorrei sapere anch'io.- fece Sam. 
- Un uomo ferito ha detto che Dean lo stava soccorrendo. Gli stava sistemando la fasciatura, evidentemente gli ha fatto male senza volerlo, lui si è ribellato e inavvertitamente l'ha spinto.- fece Benny - so che non è la cosa che vorreste sentire.... ma si è trattato di un incidente.- 
- Oddio...- fece Castiel prendendosi la testa tra le mani. Sam lo accolse in un abbraccio.
- Ce la farà. Vedrai che ce la farà.- cercò di confortarlo il piccolo di casa Winchester.
- Non puoi saperlo.- fece Castiel.
Sam gli poggiò la testa sulle spalle per non far vedere agli altri di avere il volto affogato dalle lacrime. Castiel aveva ragione. Chi era lui per sapere con certezza, senza alcun margine di dubbio, che Dean sarebbe sopravvissuto?
Sì, Dean era dotato di una grande resistenza, aveva una soglia del dolore molto alta, uno spirito di sacrificio che poteva competere con quello di un eroe di guerra.... lui ERA un eroe. Da quando erano piccoli aveva rinunciato a tutto per amore suo. Ad avere degli amici, a qualunque tipo di divertimento, per non fargli sentire troppo il peso della scomparsa della madre e di quel padre che lui ricordava di aver visto al massimo un paio d'ore la sera. Aveva sacrificato tutto per lui. 
Se fossero stati in uno di quei film o libri fantasy dove una terribile minaccia stava per sterminare ogni forma di vita intelligente del creato, con una di quelle profezie che prevedevano che un eroe avrebbe salvato tutti... beh, lui non avrebbe avuto dubbi in merito. 
Suo fratello avrebbe salvato il mondo. 
Ma adesso era Dean che aveva un disperato bisogno di essere salvato.... una volta Dean gli aveva detto che i miracoli a volte accadevano. Che era raro, ma era possibile che le malattie potessero iniziare a scemare... si, i miracoli avvenivano.
Ma non sempre quando uno vorrebbe. 
'' Fa che sia una di quelle volte... ti prego...''
...
...
...
- Lo stiamo perdendo.- fece John continuando ad effettuare il massaggio cardiaco.
- John, so che l'ipotermia serve a proteggere gli organi vitali, ma fino a quando pensi che potrà tenere duro?- chiese Ellen.
- Ho visto resistere fino a quattro ore. Ho visto gente con un piede nella fossa uscire da qui con le proprie gambe.- fece John - senti, non mi posso arrendere. E' mio figlio: è giovane, è sano, e la sua temperatura attuale è di trenta gradi, finchè è caldo non è morto anche se non reagisce.- fece John - procediamo con una lavanda gastrica con fiosiologica calda.-
- Ci penso io.- fece Ellen - qui fuori c'è l'altro tuo figlio.... parlagli tu. Merita di saperlo da te.- 
John annuì. Diede un'ultima occhiata al figlio maggiore, prima di uscire.
Lì trovò Robert Singer, suo vecchio amico, il figlio Sam assieme ad un uomo ed una donna che però non conosceva, in compagnia di Lafitte.
- Sam... Bobby...-
- Papà... ciao...- fece Sam - Papà, lei... lei è Jessica, la mia ragazza.- 
La ragazza salutò con un sorriso. 
- Come sta?- chiese Bobby.
- E' ancora cianotico. Nessun battito cardiaco, ma l'attività elettrica cerebrale è ancora presente. Gli stiamo riscaldando il sangue.- fece John con espressione affranta.
Non andava bene. 
Lo sapeva da solo che non andava bene e che forse avrebbero dovuto prepararsi tutti al peggio... che Dean non avrebbe visto nemmeno il tramonto di quella giornata infernale...
Solo che lui non ci riusciva. 
- Qual'era la temperatura iniziale?- chiese Castiel - a proposito... io mi chiamo Castiel Novak, io e Dean condividiamo l'appartamento... piacere di conoscerla.- fece il commesso tendendo una mano verso il dottor Winchester.
John lasciò quella mano a mezz'aria per qualche secondo prima di stringergliela e borbottare un - Piacere...- fece John a forza - Era venticinque gradi... ora scusate, ma devo tornare dentro... vi terrò informati.-
...
...
...
Dean si era messo a sedere sul lettino su cui si era svegliato, con lo guardo perso nel vuoto. Era morto.
Cioè, non esattamente.  Era clinicamente morto.
Una persona veniva dichiarata morta quando il cervello smetteva di produrre attività elettrica cerebrale. Il suo cervello funzionava ancora. Più o meno.
Quindi era ancora in vita.
Will andò a sedersi accanto a lui - Come ti senti? Morte clinica a parte.- 
- Sto bene.- fece Dean. Quelle due parole le aveva pronunciate per tutta la vita, tanto che ormai le considerava un riflesso condizionato, una risposta da dare a chiunque glielo chiedesse, indipendentemente dal contesto, per evitare di dare troppe spiegazioni.
- Non è vero. E lo sai bene.- fece Will.
A loro si avvicinò una ragazza di circa sedici anni.
- Emma? Emma Lacross?- fece Dean riconoscendo immediatamente quella ragazzina dalla pelle candida, lunghi capelli rossi e gli occhi verdi.
- Ti ricordi di me?- fece la ragazzina. 
- Eri una paziente molto importante per lui.- fece William.
Altrochè se lo era stata. Medici e poliziotti avevano una cosa in comune. Quando andavano in pensione avrebbero sempre ricordato un caso in particolare. Un omicidio mai risolto, una morte particolarmente cruenta... 
Emma Lacross era il suo caso irrisolto, il suo caso medico che lo aveva segnato. Era appena tornato dalla Germania dalla specializzazione, ed aveva iniziato a lavorare in ospedale quando gli arrivò al pronto soccorso una sedicenne con il volto sfregiato da una lama. Fu lui a prendersi cura di lei, a ricostruirle il viso con l'aiuto di una consulenza del chirurgo plastico, ma non si limitò a quello. L'aveva convinta a sporgere denuncia contro chi aveva rischiato di rovinarle il viso per sempre. Ovviamente era stato il suo ragazzo, come capitava a moltissime donne e ragazze... di essere picchiate, sfregiate, e a volte ammazzate dalla persona che aveva giurato di proteggerle.
Solo che Emma era una ragazzina dolce, innocente, e per certi versi ingenua... lui le aveva mandato un mazzo di rose rosse, promettendo che non sarebbe più successo... e lei c'era cascata.
E dopo una settimana che era stata dimessa, Emma era tornata: ferita da arma da taglio, stesso colpevole.
Aveva fatto l'impossibile per salvarle la vita... ma alla fine non ce l'aveva fatta. 
Non era riuscito a salvarla. Aveva dovuto guardare negli occhi sua madre e suo padre e dire loro che la loro figlia era morta a soli sedici anni.
Quella era stata la prima volta in cui aveva pensato di aver sbagliato mestiere, ed avrebbe sicuramente mollato tutto se suo padre, Sam, Bobby, Jo, Benny ed Ellen non lo avessero aiutato.
- Emma... io...- fece Dean che non sapeva da dove cominciare - ti giuro...- 
La ragazza sorrise - No, Dean. Tu non c'entri: ricordi, mi avevi avvisata... hai fatto più di quello che dovevi.
Hai cercato di salvarmi. Ora voglio renderti il favore.- 
- Ma cosa ci fate qui voi tre?- fece Dean.
- Li ho chiamati io.- fece una seconda voce femminile. 
Era una donna dai capelli corti e neri, occhi grigi, pelle marmorea, vestita con un abito nero. 
- E tu sei...?- fece Dean.
- Tessa.- fece la donna - Sono un mietitore.-
- Un... cosa?- fece Dean.
- Un Mietitore.- fece William - E' uno spirito che viene a prendere le anime di coloro che ormai non hanno più tempo... e che le prepara ad accettare la morte.- 
- Ok... ho capito... è l'effetto della chetamina e dei neurotrasmettitori vero?- fece Dean. Sì, dovevano essere le droghe... spiriti che prendevano le anime, fantasmi di persone che conosceva che gli parlavano... sì, doveva essere così.
- Dean. Sei annegato nell'Hudson.- fece Tessa - Stavi nuotando. Stavi lottando per tornare a terra. Poi che è successo?- 
...
...
...
- Vi ho portato qualcosa da mangiare...- fece Lafitte portando a Castiel, Sam, Jessica e Bobby il sacchetto del fast food vicino. 
- Grazie...- fecero tre su quattro. Sam non aveva proferito parola. Era seduto per terra, pensieroso. 
- Sam...- fece Bobby allungandogli un hamburger vegetariano - Devi mangiare.- 
- Sto pensando Bobby.- fece Sam - Quest'incidente... a me non convince.- 
- Come sarebbe a dire?- fece Jessica - Pensi... pensi che qualcuno abbia approfittato del caos per buttarlo in acqua...?- 
Sam dissentì.
No, non credeva assolutamente che qualcuno provasse rancore o risentimento per il fratello tanto da spingerlo in acqua... però che Dean non fosse riuscito a tornare a terra, gli puzzava non poco. 
- Lui... lui sa nuotare Jessica.- fece Sam - Al liceo ha vinto diverse medaglie quando era nella squadra di nuoto... e al college il suo coach gli aveva detto che avrebbe potuto pensare alle Olimpiadi...- 
Bobby annuì. Sì... sapeva che Dean era geneticamente predisposto per lo sport, e che sarebbe potuto diventare un atleta niente male... ma suo padre gli aveva detto che non poteva investire le sue energie in una '' carriera''  che se funzionava sarebbe durata pochi anni, mentre il lavoro di medico gli avrebbe garantito sicurezze fino alla fine dei suoi giorni.
Aveva smesso di allenarsi, ma una volta alla settimana, nel suo giorno libero andava a nuotare alla piscina comunale, quindi era allenato. 
Ed anche se era caduto nel fiume, con poche bracciate sarebbe riuscito a mettersi in salvo, in fondo non parlavano di nuotare dal punto in cui era affondato il Titanic a New York... 
- Tu credi...- fece Jessica - credi che abbia smesso di nuotare di proposito, che abbia tentato di suicidarsi...?- 
- Non lo so... non lo so...- fece Sam - E' che... io non capisco. Perchè non ha lottato per mettersi in salvo? 
Dean non è uno di quelli che vede tutto nero, che non vede l'ora che le giornate finiscano e che si sente morire appena ne comincia un'altra... qui persino un paziente in fin di vita sorriderebbe se lo vedesse entrare nella sua stanza... ha un bel lavoro, ha la stima di nostro padre, e ha un fidanzato che lo adora... io non capisco perchè...- fece Sam con le lacrime agli occhi. 
Benny lo prese da parte. 
- Ascolta... non so se faccio bene a dirtelo ma...- fece Benny - oggi... prima dell'incidente... io credo che tra Dean e vostro padre sia successo qualcosa.- 
- Cosa?- fece Sam incitandolo ad andare avanti. 
- Non ho una risposta a questa tua domanda.- fece Benny - so solo che hanno discusso. Dean non ha voluto parlarmene, poi è arrivata la notizia del disastro... ma si vedeva che era sconvolto.-
Sam lo ringraziò e poi decise.
Doveva parlare con suo padre.
Di certo lui sapeva più di quanto non voleva far sapere o di quanto ammettesse con sè stesso riguardo all'incidente di Dean.
Se ancora così si poteva chiamare.

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Capitolo 4
*** Scontro ***



- Un'altra fiala di epinefrina.- fece John continuando a comprimere il petto del figlio maggiore. Ormai erano due ore e mezza che Dean era attaccato a quel tubo, e l'unica cosa che erano riusciti a fare era stato alzare la temperatura fino a trentadue gradi.
Il cuore era ancora fermo. Tutto quello che avevano provato per ora non era servito a niente. 
Nessuna fibrillazione, nessun movimento... niente di niente.
Ellen gliene somministrò un'altra, carezzandogli maternamente il polso.
- John...- fece Ellen - ascolta... credo che dovresti tenere in conto la possibilità che...- nemmeno a lei piaceva come ipotesi. Aveva visto Dean crescere, tenere la mano di Jo al funerale di William... lui, John e Sam erano praticamente di famiglia... ma iniziava a sembrarle un inutile accanimento contro quel ragazzo che pareva non aver più vita in corpo. 
- No. Lui non morirà. Ho già perso mia moglie, ho perso un amico, non perderò anche mio figlio.- fece John - l'unica possibilità a cui sono preparato è che gli farò ripartire il cuore e che uscirà di qui sulle sue gambe.- 
'' Andiamo Dean... cos'è questa remissività? Il Dean Winchester che conosco io non molla mai.''
- Che ne dici di un By-Pass Cardiopolmonare?- fece Ellen. 
- Si, ottima idea... vado a chiamare l'equipe chirurgica.- fece John.
- Ci penso io.- fece Ellen sostituendolo nella rianimazione  - esci di qui per qualche minuto... riprendi fiato.- 
John annuì.
Uscì da Traumatologia e si scontrò quasi con Bobby, Benny, Jo, Castiel e Jessica. 
- Allora?- fece Jo - come sta? E' migliorato?- 
John dissentì - Ci stiamo preparando ad un intervento di circolazione extracorporea.- fece il medico - Per un po' gli sostituiremo completamente le funzioni respiratorie e circolatorie.- 
- Ma ce la farà... vero?- fece Castiel. 
- Ce la deve fare.- fece John - Scusate.- 
Aveva bisogno di stare da solo almeno per un po'.
Si rifugiò nel suo studio... e lì trovò l'ultima persona che credeva di vedere. 
- Sam.- fece John - Che ci fai qui?- 
- E' strano, papà.- fece Sam - Non trovi?- 
- Che cosa?-
- Che uno che a dire del coach della squadra di nuoto si sarebbe portato a casa l'oro olimipico...- fece Sam - quasi affoghi a pochi metri dalla salvezza.- 
John non parve capire.
Così Sam fece un'insinuazione più mirata.
- Sono il fratello, papà. Non credi che abbia il diritto di sapere?-
- Sapere cosa?-
- Voglio sapere cos'hai fatto a Dean.- fece Sam.
'' Andiamo papà... vediamo se riesci a dire la verità.'' 
- Non so proprio di cosa stai parlando... ora scusa, ma devo tornare da tuo fratello...- fece John andando verso la porta.
Sam gli si parò davanti. 
- So che avete discusso. Voglio sapere il motivo.- 
- Sam, questo non è il luogo nè il momento.- fece John.
- E quand'è? Sentiamo.- fece Sam che iniziava ad alterarsi - E' tutta la vita che ci dici... non è il momento.-
- Ok. Abbiamo avuto una discussione.- fece John - E allora?-
- Di. Cosa. Avete. Discusso.- fece Sam. Poi all'improvviso capì. Ricordò lo sguardo glaciale che aveva rivolto a Castiel quando si era presentato come il coinquilino di Dean.
Dal tono che aveva avuto il padre, era palese che l'uomo sapesse, o comunque sospettasse che tra quei due ci fosse qualcosa di più di un'amicizia o di un semplice rapporto di convivenza a scopo di risparmio economico.
E pareva non esserne stato troppo contento. 
- Oddio... tu...- fece Sam reprimendo a forza un conato di vomito - tu... gli hai...- 
Poteva solo immaginare cosa gli avesse detto. Ed ora capiva come mai il fratello sembrava così sconvolto quando lo aveva chiamato. 
Ed il silenzio del genitore fu per lui la più atroce delle conferme.
- Sei... sei un miserabile. Un figlio di puttana!- gli urlò contro.
- Ehyehyehyehy.- fece John - Io sono tuo padre giovanotto, non parlarmi con quel tono e modera i termini.- 
- MA QUALE PADRE?!?- fece Sam fuori di sè dalla collera - Tu non sei mai stato un padre, non c'eri mai. Ti sei murato vivo in quest'ospedale, e ti sei perso tutta la nostra vita, e hai costretto Dean a gettare la sua!- per tutta la sua infanzia, lui non aveva conosciuto nessun tipo di amore se non quello di suo fratello... quando usciva di casa, il padre si raccomandava con Dean di prendersi cura di lui, di tenerlo d'occhio... ma non ricordava una volta, una sola volta, in cui il genitore aveva detto all'amatissimo fratello maggiore '' Pensa un po' anche a te stesso'', '' Tu stai bene?'', nè di averlo visto fargli una carezza, un complimento... niente di niente.
Per le cose in cui nemmeno Dean con i suoi anni di bambino poteva fare grandi cose, chiamava Bobby perchè si occupasse di entrambi, ma anche lì la solfa era la stessa -'' Mi raccomando Dean. Fai il bravo soldatino, non far arrabbiare zio Bobby e soprattutto... stai attento a Sammy.''- quelle erano le uniche parole che gli rivolgeva. 
Per le feste e i compleanni non c'era mai. Si limitava a lasciare la carta di credito e a dire '' Ordinate quel che volete''. 
Era stato Dean a rendere indimenticabili i suoi Natali ed i suoi compleanni. 
Poi quando erano cresciuti, ed avevano iniziato a fare progetti, il padre gli aveva fatto capire che sarebbe stato orgogliosissimo di vederli entrambi laureati in medicina. 
E Dean aveva mollato la squadra di nuoto, ed anche il suo sogno segreto di scrivere libri fantasy. Voleva solo rendere orgoglioso il padre. 
Aveva dato tutto. 
- E poi ti viene a dire che è felice, che è innamorato...- fece Sam - e tu gli dici che provi vergogna per questo suo amore? Ma che razza di padre sei,  si può sapere?- 
- Possiamo parlarne dopo che siamo riusciti a salvargli la vita?- fece John. Non gli piaceva che il figlio gli parlasse con quel tono. 
- Ma non lo capisci che è tutta colpa tua?!?- fece Sam - Papà ammettilo... tu non volevi due figli. Tu volevi due mini-te. Due piccoli John Winchester. Non te n'è mai fregato niente di noi, di cosa volevamo, cosa pensavamo.. 
Dean... lui ci ha provato ad essere come lo volevi. E lo sai. E appena non c'è riuscito, appena ha sgarrato per il tuo punto di vista... tu l'hai fatto a pezzi... tutto quello che Dean ha di buono, la straordinaria persona che è oggi... non lo deve certo a te.
Se muore la colpa è tua. Sarà colpa tua, capito?!?- 
John a quel punto non ne potè più e lo obbligò a spostarsi, ed uscì senza dire una parola. 
Sam fece per andargli dietro per dirgli ancora qualcosa ma qualcosa lo fermò.
Anzi, qualcuno.
Castiel, appoggiato alla parete, con gli occhi vuoti, le lacrime che cadevano sul pavimento, sembrava che una sanguisuga gli si fosse attaccata e gli avesse succhiato via tutta la linfa vitale. 
'' Oh merda.''- pensò Sam. Di certo aveva sentito tutto. 
- Cas...- fece Sam avvicinandosi con cautela.
Il commesso alzò gli occhi, e piantò in quelli di Sam i suoi tremolanti occhi azzurri - E' colpa mia... Dean sta morendo... per colpa mia...- 
Sam lo strinse per le spalle - Ma cosa stai dicendo? Tu non c'entri nulla.- 
- E' per colpa mia se ha litigato con vostro padre... è per colpa mia che John gli ha detto quelle cose... ed è per colpa mia se si è lasciato andare...- 
- Non dirlo neanche per scherzo, capito?- fece Sam - Non è colpa tua se nostro padre è un bastardo arrogante. Anzi, vuoi sapere una cosa? Tu sei stato un toccasana per lui... io Dean, lo conosco da quando ero in fasce, e ti posso giurare che fin da quando eravamo piccoli, non l'avevo mai visto così felice e sorridente da quando mi ha detto che stavate assieme.... tu non hai nulla da rimproverarti, capito?- 
- Dean è l'amore della mia vita.- fece Cas - Stamattina, l'ultima cosa che gli ho detto è se per cena preferiva il cinese o un hamburger... e non gli ho detto '' Ti amo''.... scusa...- fece Castiel allontanandosi in fretta.
...
...
...
- Sentite, in qualità di medico sono un po' scettico a credere ai fantasmi  e agli spiriti della morte ma... d'accordo.- fece Dean. E se proprio doveva ammetterlo quando pensava all'oscuro mietitore di anime, immaginava uno scheletro sotto una veste nera come le ali di un corvo ed una falce in mano...
Invece, Tessa... doveva ammetterlo, se non fosse stato omosessuale e non avesse avuto un fidanzato, quasi quasi ci avrebbe fatto un pensierino - Ammettiamo pure che sia vero... perchè stiamo qui a parlarne?- 
- Sai, è quello che mi sono chiesta pure io.- fece Tessa - Di solito, quando uno è più di là che di qua e mi vede arrivare la prima cosa che chiede è...- 
- Se dove sta andando riuscirà a conoscere Elvis Presley?- fece Dean.
Tessa sbuffò.
- No. Di solito dicono...'' No, ti prego, ho bisogno di altro tempo, devo fare ancora tante cose''- fece il Mietitore - tu invece... non ti disperi, non preghi, non supplichi...- 
- Questo dovrebbe renderti il lavoro più semplice, no?- fece Dean.
- E invece no.- fece Tessa - Ti dico una cosa sulle anime di chi ha deciso di farla finita. Non muoiono perchè la ferita è troppo grave o perchè il chirurgo non è stato troppo bravo o semplicemente perchè non è Dio. 
Sono loro che scelgono di andarsene.- 
- Io non sono un aspirante suicida.- 
- Disse l'uomo che a pochi metri dalla salvezza si è lasciato andare.- fece Will - Dean. Il tuo cervello non resisterà ancora a lungo.-
- Dean, ti prego.- fece Emma - Ascoltaci. Devi provare a.... oddio, un'altra volta...- fece Emma diventando rigida di colpo. Una macchia di sangue iniziò ad allargarsi sul basso ventre della ragazza. Era lì che aveva ricevuto il fendente mortale. 
Dean le fu subito attorno. 
- Oddio. Mi servono guanti e teli chirurgici.- fece Dean ritrovando per un attimo la sua etica professionale - ed una sacca di sangue. Emma è del gruppa AB.- nessuno si mosse - Insomma, che aspettate, andiamo!- 
- Dean.- fece Will - che stai facendo? E' morta. Ricordi? Noi siamo morti. Qui non c'è nessuno che tu possa salvare. A parte te stesso.
Si può sapere perchè hai così poca considerazione per la tua vita?- 
...
...
..
Sam aveva confidato la sua scoperta a Bobby e Jessica. Erano rimasti basiti. 
- Non è possibile... oddio, povero Dean...- fece Jessica asciugandosi una lacrima. 
- E' per questo che non ho mai voluto parlarti di mio padre.- fece Sam - io... non riuscivo ad accettare il fatto che mi avesse messo alla porta per la mia decisione di camminare con le mie gambe, pensare con la mia testa...- lui e suo padre litigavano spesso, anche se non vi vedevano quasi, da quando aveva iniziato le scuole medie ed era arrivato il momento delle scelte... il tipo di scuola da frequentare, la scelta della facoltà... da quando gli aveva fatto capire che voleva essere qualcosa di diverso da un medico.
Da allora... per suo padre non ne aveva mai fatta una giusta. Anche quando riportava a casa il voto più alto della classe, oppure quando andava in ospedale a trovare Dean durante il turno di notte per portargli un pezzo di torta ed un thermos di caffè, e per sapere come stava suo padre. E tutti i pazienti e i colleghi a dire '' Suo figlio è davvero un bravo ragazzo''.
Dean invece... non lo sgridava mai. Per un bel pezzo, doveva ammetterlo, tra l'affetto sconfinato e l'ammirazione per il fratello maggiore, aveva provato una punta d'invidia per il fratello che nella sua mente di ragazzo che si sentiva incompreso dal padre, era il figlio preferito, quello perfetto, quello che non sbagliava mai...
Solo adesso si rendeva conto che Dean era sempre stato in una situazione ben peggiore della sua. 
- Sapevo che non accettava un cammino diverso da quello che ci aveva indicato...- fece Sam - ma non credevo che arrivasse a tanto...- 
- Sam.- fece Bobby - comprendo e condivido la tua rabbia ma... non avercela con tuo padre. Ti prego.-
- Ma come faccio a non odiarlo, Bobby?- fece Sam - Dean ha provato ad ammazzarsi per colpa sua. Per una volta. Una sola volta... non poteva almeno far finta di essere felice per una scelta che aveva preso di sua iniziativa?- 
- Tuo padre non ha scusanti per il suo comportamento. Dall'aver scaricato tutto il mondo su tuo fratello a quello che gli ha detto prima che...- fece Bobby conficcandosi le unghie nei palmi delle mani per trattenere l'impulso di entrare nella stanza dove l'amico stava cercando di salvare la vita al figlio... che lui stesso aveva quasi ucciso - ma fallo per Dean. Tuo fratello non lo ammetterà mai... ma non hai idea delle volte che ha pianto, nella notte, da quando te ne sei andato di casa. 
Dean ha sofferto molto quando è mancata vostra madre... se pensi di averlo visto tenere duro in modo eccellente è perchè aveva ancora te e tuo padre. 
Quando te ne sei andato ha iniziato a bere, per non pensarci. 
Se ora fosse qui... se sapesse che alla prima occasione che vi parlate, dopo quasi due anni di silenzio, state litigando per causa sua.... non credo che riuscirebbe a sopportarlo.-
- Quindi che dovrei fare?- fece Sam - perdonarlo? Dirgli '' No papà, come potevi prevedere che la frase che Dean temeva di sentirti dire verso di lui, e che tu gli hai detto, avrebbe potuto invogliarlo a farla finita? Abbracciamoci e piangiamolo assieme.''?
No.- 
- Non ti dico di perdonarlo. Solo....- fece Bobby - Tieni presente che Dean ha sempre voluto una famiglia unita. Consideralo un ultimo regalo per lui.- 
Sam non disse nulla.
Un ultimo regalo... sembrava quasi che gli avessero portato il testamento del fratello.
Come se fosse già morto e avesse affidato a qualcuno le sue ultime volontà. 
Ma Dean non era morto. 
Non sapeva cosa stessero facendo per lui, quanto gravi fossero le sue condizioni, ma Dean era vivo. 
Una volta Dean era rimasto in sala operatoria, per cercare di salvare la vita ad una donna che era quasi stata uccisa da un pirata della strada. Cinque ore di intervento. E tutti a dirgli che ormai era inutile accanirsi ancora su quella poveretta, che la cosa migliore da fare per lei era solo... lasciarla andare, agevolare il suo riposo... solo che Dean Winchester era un cocciuto testone, il più ostinato degli zucconi...
'' Finchè c'è battito, finchè il suo cervello funziona non si è arresa, ed io non mi arrenderò. Zitti e lasciatemi lavorare.''- aveva detto. E ce l'aveva fatta. L'aveva salvata.
Dean non mollava mai.
E nemmeno lui avrebbe mollato.
- Lui vivrà.- fece Sam.
...
...
...
Castiel si era rifugiato nella cappella dell'ospedale. Era piena e strapiena di persone che pregavano e piangevano. 
Qualcuno pregava per qualche loro caro ancora disperso, altri per qualcuno che in quel momento era in sala operatoria, altri invece si erano rifugiati lì per cercare un senso, una spiegazione a quel dolore che li aveva appena colpiti. 
Lui... non sapeva perchè era lì. Dean era ancora vivo. Teneva l'anima con i denti, ma era vivo, e avrebbe dovuto essere accanto a lui, fino alla fine, a dirgli che lo amava da impazzire, che voleva passare tutta la vita con lui, che era la cosa migliore che gli fosse mai capitata....
In quel momento però sentiva il bisogno di avere il conforto del Signore.
Castiel era nato e cresciuto in una famiglia molto religiosa.... in chiesa tutte le domeniche, dodici anni di scuola cattolica... alla fine, si sentiva meglio, più leggero dopo aver pregato. 
Quando si era accorto che quello che provava per Dean era ben oltre la semplice amicizia fraterna, si era sentito confuso. 
Aveva sempre sentito dire che la chiesa condannava l'omosessualità, che si finiva all'inferno... quell'amore aveva scombinato tutte le sue certezze. 
Ed aveva pregato Dio di dargli l'illuminazione. 
Poi era arrivata. Dio era amore. 
Era un padre che amava i suoi figli, e come tutti i padri, se i loro figli erano felici, anche lui lo era... come poteva quindi Dio, essere contrario ad un sentimento così bello e totalizzante come l'amore? 
'' Signore...''- pregò Castiel con le lacrime agli occhi -'' Tu lo sai, io non ti ho mai chiesto nulla per me... e nemmeno adesso lo farò.
E' per lui che lo chiedo.... salvagli la vita. Non portarlo via... non ancora. 
E non è solo perchè lo amo e senza di lui immaginare di essere vivo è insopportabile... perchè questo mondo è pieno di gente egoista, che pensa solo a sè stessa, al proprio benessere... lui no... lui è sempre pronto a sacrificare tutto per far stare bene gli altri... lui è quanto di buono c'è in questo mondo. 
Servono più persone come lui... 
Ma se è vero che a volte il cielo è invidioso della terra e coglie i suoi fiori più belli... so che non è la stessa cosa ma ti prego... prendi me. Prendi me e lascialo qui... ancora per un po'.'' 

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Capitolo 5
*** Un'altra possibilità ***


- Cioè fatemi capire....- fece Dean - Davvero pensate che mi piaccia essere morto, che mi vada di stare qui?- 
- Beh...- fece Tessa - Non ti sei messo a supplicare di tornare indietro quindi...- 
- Ok, sai cosa non capisco?- fece Dean - perchè ti dai tanta pena per salvare me? Il mondo è pieno di gente che è morta e continua a morire per guerre in cui non c'entra nulla, che non ha mai chiesto nè voluto... si muore per malnutrizione in pieno ventunesimo secolo, per malattie per cui basterebbe un cavolo di vaccino, per un taglietto.... e tu ti vieni a preoccupare di me?-
- Lo vedi che sei tu che ti ostini a dire che non meriti di essere salvato?- sbottò Karen - Hai idea di quanto sia doloroso?- 
- Karen...- fece Dean.
- Sai cosa ti dico? Che a pensarci bene quello che mi è successo è un vero schifo.- fece la bionda - avevo trent'anni, era bella, ed un uomo meraviglioso accanto. 
Dovevamo sposarci, e invece un ubriaco troppo ubriaco per rendersi conto di essere troppo ubriaco per mettersi al volante mi ha travolto.
E ora arrivi tu... ti offrono una possibilità unica.
Di tornare alla tua vita, dall'amore della tua vita e tu che fai? Sembra quasi che tu sia felice di essere morto.- 
- Cosa vuoi farci...- fece Will - E' DNA. Il figlio di John Winchester...- 
- Questa cosa non riguarda mio padre.- fece Dean. 
- Hai ragione. Sono fatti tuoi se vuoi morire. Ma sono fatti anche di Castiel Novak.- fece Emma - Dean. Ti ricordi cosa mi dicevi, quando ero ricoverata per quella ferita al viso?- 
Il medico non rispose, lasciandosi andare al ricordo. 

'' Ok Emma...''- fece Dean prendendo un batuffolo imbevuto di acqua ossigenata -'' Ora disinfetto. Ti farò un pochino male, tu guardami con i tuoi bellissimi occhi e finirà tutto molto più in fretta.''
'' D'accordo dottore.''- fece Emma.
'' Sei stata fortunata...''- fece Dean iniziando a lavorare sulla ferita della ragazza stando attendo a farle meno male possibile -''  Per poco non ti prendeva l'occhio.'' 
'' Almeno avrei evitato di vedere la compassione negli occhi della gente... quegli sguardi che dicono... povera cretina, se l'è cercata...''-  fece Emma.
'' Ehy.''- fece Dean -'' non mi piacciono questi discorsi. Tu non ti sei cercata niente. Hai solo avuto la sfortuna di aver investito tempo ed energie sulla persona sbagliata.'' 
'' Ed è anche l'unica su cui investirò mai qualcosa.''
'' Perchè dici così?''
'' Lei darebbe anche solo uno sguardo ad una con una faccia sfigurata?''
Dean posò gli strumenti e si sedette vicino ad Emma, sorridendole teneramente -'' La guarderei mille volte di più, pensando che dopo tanta sofferenza, dopo tanto dolore... è arrivato il momento di illuminare quel volto con tutta la luce del mondo. 
Emma, tu sei una bellissima ragazza... e no, non lo dico perchè questo è il mio lavoro o per farti stare tranquilla... è vero. 
Ed un giorno, incontrerai una persona che dietro al ricordo di questa brutta avventura vedrà una persona straordinaria. Vi innamorerete, e sarà un amore vero, che per quello che ti chiederà ti ripagherà dieci volte tanto.
E poi... non rimarrai sfigurata a lungo. Ho già preso contatti con un mio collega a Boston per un intervento di ricostruzione facciale.''

Sì, lui l'aveva aiutata a non lasciarsi andare alla disperazione... ma non era riuscito a salvarla la seconda volta, quando aveva deciso di ritirare la denuncia contro chi le aveva fatto del male, e non era riuscito a salvarla nemmeno la terza quando era in fin di vita sul suo tavolo operatorio. 
La persona speciale che le avrebbe reso il sorriso non era arrivata in tempo. 
- Tu la tua persona speciale l'hai trovata.- fece Emma - come puoi lasciarla così, senza una parola, una spiegazione.. no, di nuovo...- la macchia di sangue sul ventre di Emma si allargò di nuovo. 
Dean la fece stendere per tentare di soccorrerla... ma la ragazza era scomparsa. Di nuovo. 
- La smetti di perdere tempo?- fece Will. 
...
...
...
- Temperatura?- fece John.
- Trenta gradi.- fece Ellen.
- Come trenta...?- fece John - era a trentatre!- 
- Fenomeno di calo successivo.- fece la dottoressa Ellen.
- Andiamo Dean!- fece John continuando con le compressioni - Reagisci! Sembra che della tua vita non te ne importi niente.- 
'' Lo sai perchè.''- fece una voce nella sua testa -'' Lo sai perchè. Sammy ha ragione. E' colpa tua se Dean sta morendo. L'hai distrutto.'' 
Se ne rendeva conto solo adesso di quello che aveva fatto a quel ragazzo che in quel momento stava morendo rapidamente....
Era colpa sua. 
Quando Dean e Sam erano nati, quando li aveva presi tra le braccia la prima volta, aveva pensato che non sarebbe mai potuto essere più felice... e nella sua testa avevano iniziato a formarsi le immagini di quando avrebbe insegnato loro ad andare in bicicletta, di quando avrebbe fatto loro foto e filmini per riprendere ogni momento della loro vita, di quando li avrebbe accompagnati a scuola il primo giorno, di quando avrebbe gioito per i loro piccoli grandi successi, quando si sarebbero confidati con loro per i primi amori, quando avrebbero fatto fronte comune con la mamma...
Invece era sparito tutto il 2 Novembre 1983, alle undici e mezzo di sera, quando Mary era morta.
E lui... da quel momento divenne furioso. Con sè stesso per non essersi accorto prima che quell'influenza particolarmente aggressiva era un tumore, con il destino che gli aveva portato via l'amore della sua vita, si era rinchiuso a lavorare, ad esaminare cartelle su cartelle, per evitare che altri patissero quello che sua moglie aveva dovuto sopportare, per evitare ad altri mariti innamorati di vedere la donna che amavano consumata da una malattia che poteva essere sconfitta se presa in tempo...
Ma il medico, il professionista serio e stacanovista che c'era in lui, aveva completamente oscurato il padre amorevole che avrebbe tanto voluto essere.... Dean aveva preso il suo posto in tutto: nella cura e nell'educazione di Sam, quando era stanco o depresso da un'operazione andata male gli si sedeva accanto, lo abbracciava e diceva '' Papà, va tutto bene''.... ma non erano i figli a dover rassicurare i genitori. 
E poi l'aveva costretto a seguire le sue orme, senza nemmeno chiedergli se lo voleva, se lo avrebbe reso felice.... 
Ma tutto questo era niente in confronto a quello che gli aveva fatto poco prima dell''incidente. 
Aveva visto nei suoi occhi una luce, un bagliore che era in grado di illuminare tutto il mondo, mentre gli confidava di essersi innamorato... e doveva ammetterlo, non l'aveva visto così felice da quando... non ricordava nemmeno lui quando l'aveva visto realmente felice e non semplicemente soddisfatto o appagato. 
E lui, senza la minima pietà, aveva spento quella luce dicendogli la frase che ogni figlio temeva di sentirsi dire... 
L'ultima volta che l'aveva visto sano e vivo, con il sangue che scorreva nelle vene, avrebbe voluto dirgli '' Scusami. Ti voglio tantissimo bene, sei una delle cose più belle della mia vita ed io sono fiero di te''- e invece gli aveva dato solo altre direttive. 
'' Dean...''- pensava mentre continuava con le compressioni -'' Perdonami, ti prego.''
Sapeva che non era sufficente dire '' Mi dispiace'' per cancellare tutto il male fatto, togliere tutto il veleno delle vecchie ferite... ma lui non chiedeva null'altro se non... un'altra possibilità. Per dimostrare ai suoi figli, a sè stesso... che poteva ancora essere un buon padre.
...
...
...
- Che stai cercando?- chiese Karen. 
- Un bisturi, guanti e teli chirurgici.- fece Dean aprendo ogni cassetto - La prossima volta che Emma avrà un'emorragia non mi farò trovare impreparato... solo che non li trovo...-
- Dean. Emma non può essere salvata, e tu lo sai.- 
- Sì, perchè non me ne date la possibilità!- sbottò il medico sbattendo con rabbia il cassetto che aveva aperto. 
- Dean. Emma è morta. Trapassata, sparita, non c'è più.- fece Karen - e non c'è nulla che tu possa fare per salvarla. Nessuno poteva. E tu non puoi rimanere qui.- 
- Ancora?- fece Dean - Io non voglio!- 
- Si invece.- fece Karen - Lo vuoi. E sai che ti dico? Hai ragione. E' più facile. Però non puoi.- 
- Ah, davvero? E sentiamo, come mai?- iniziava a stufarsi. Perchè cavolo non doveva lasciarsi morire se lo desiderava? Che ne era dell'assoluto '' Ogni paziente può scegliere in autonomia la cura a cui sottoporsi'' o '' il corpo è mio e quindi ci faccio quello che credo sia giusto fare''? 
- Perchè Bobby ha perduto me.- fece Karen - Perchè tua madre è morta, e tuo padre anche se non sembra è molto fragile e tu sei l'unico che può tenerlo su.
E Sam? Per tutti questi anni sei stato l'unica famiglia e l'unico genitore che abbia mai effettivamente conosciuto. 
E Castiel? Quando aveva nove anni ha perso tutta la sua famiglia, madre, padre, e i suoi fratelli in un incidente d'auto. E' uscito da solo dalle lamiere, ha chiamato lui l'ambulanza, e la sua famiglia è morta dissanguata sotto i suoi occhi mentre aspettava per i soccorsi.-
Dean stava già preparando un discorso che iniziava con '' Come potete mettermi sulle spalle tutto questo peso'' ma si zittì. Lui e Castiel avevano sempre parlato di tutto... almeno così aveva creduto. Non avevano mai parlato di famiglie. 
Lui gli aveva detto che aveva un padre primario in ospedale, un fratello alla facoltà di legge ed uno '' zio'' che da piccoli si era preso cura di loro quando nessuno poteva, che la madre era morta di malattia... Castiel invece abbassava sempre gli occhi, cambiava discorso... all'inizio aveva pensato che fosse una famiglia ancora più disastrata della loro, ma ora si rendeva conto che quando abbassava lo sguardo era per non fargli vedere l'immenso dolore che sfigurava quegli occhi azzurri come il mare che lui amava tanto e nei quali più di una volta aveva desiderato di perdersi.
- E sai la cosa bella?- fece Karen - Che malgrado tutto... malgrado i dolori che hanno sconvolto la sua vita, è rimasto un ottimista, uno di quelli che crede che finchè al mondo c'è una cosa buona e pulita, vale la pena di combattere...
Tu sei la sua cosa buona.
E se ora te ne vai... perderà ogni voglia e motivo per rimanere al mondo.- 
- C'è anche un altro motivo per cui non puoi rimanere.- fece Will - Il giuramento di Ippocrate. 
Sei un medico, ma sei anche un paziente. Ed in quanto tale hai delle responsabilità verso di te. Come puoi pretendere che i tuoi pazienti si fidino di te se tu per primo hai così poco rispetto per la tua vita?- 
Dean non rispose, e si mise a sedere per terra, meditabondo. 
Intervenne Tessa.
- O sei dentro o fuori.- fece il Mietitore - Non ci sono vie di mezzo. O muori o te ne torni a casa. 
Mentre ci pensi... che ne diresti di dirmi cosa è veramente accaduto in acqua?-
...
...
...
Tre ore.
Tre fottutissime ore da quando Benny aveva soccorso Dean e l'aveva affidato al reparto traumatologico. 
E avevano provato di tutto... emogas analisi, massaggio cardiaco, non avevano fatto altro che somministrargli adrenalina per via endovenosa... erano solo riusciti a riportare la temperatura a 35 gradi, che era la temperatura di una persona sana e viva... ma il sangue non scorreva ancora. Il cuore non si muoveva.
E intanto l'orologio camminava impietoso.
Sam non riusciva a pensare ad altri che al fratello... a quel fratello che quando stava male si prendeva cura di lui con la stessa cura ed attenzione di un genitore, che si preoccupava sempre che fosse ben nutrito, che più di una volta aveva fatto i salti mortali per essere presente alle recite o alle fiere della scienza a cui partecipava con la classe... che ogni tanto gli dava dei consigli con le ragazze.... adesso fosse in una stanza, con cinque medici intorno, con un tubo in gola, legato ad un computer... 
Un medico che finiva vittima di un incidente nel quale prestava soccorso ai feriti.... sembrava l'inizio di una barzelletta. 
Jessica gli si avvicinò con una tazza da cui si sprigionava un odore molto gradevole.
- Prendi... è per te...- 
Sam prese la tazza con le mani che tremavano - Grazie.....- ed iniziò a bere a piccoli sorsi.
- Ancora niente?- 
- Mi sembra di impazzire.- fece Sam - perchè lui?- 
'' Già, e perchè non qualcun'altro?''- fece una voce nella sua testa -'' Saresti disposto a far patire questa sofferenza a qualcun'altro pur di non sopportare questo dolore? E sarebbe tuo padre l'egoista bastardo?''
Sì, si rendeva conto che non era un pensiero che gli rendeva onore... ma in quel momento l'unica cosa che voleva era riavere Dean accanto a lui. Vivo. Con le guance colorire. Con i suoi occhi verdi sorridenti e magari sentirlo fare una di quelle battute a cui di solito rideva solo lui...
- Vedrai, starà bene. Ascolta, io non lo conosco, e quindi non posso dirti che te lo dico perchè lo so...- fece Jessica - Lo conosco solo attraverso i tuoi occhi... e so che è giovane, forte, pieno di voglia di vivere... -
Sam asciugò le lacrime con il dorso della mano destra. 
Aveva ragione solo a metà. Dean non aveva più voglia di vivere... ed era comprensibile in fondo... Dean non aveva una vita sua.
Era da quando aveva quattro anni che metteva la sua vita a disposizione di tutti quelli che lo circondavano. 
Prima a lui, poi aveva messo da parte le sue ambizioni per soddisfare quelle del padre, poi l'aveva messa a disposizione dei suoi pazienti...  non era rimasto quasi nulla. 
La morte tutto sommato, era una pacchia. Basta problemi, basta preoccupazioni, e basta sentirsi addosso l'ansia di non dover sbagliare mai per non deludere nessuno.
Faceva più danno a chi rimaneva che a quelli che se ne andavano.... forse era un modo cinico di pensarlo... ma era così.
- L'ultima volta che ci siamo parlati è stato per dirgli che avevo preso un voto alto in uno stupido esame...- fece Sam - e ho dimenticato di dirgli quanto gli voglio bene... non gliel'ho detto abbastanza... fin da quando eravamo piccoli...- 
'' Non chiedo molto... ti prego... un'ultima possibilità per dirgli quanto tengo a lui... non chiedo di più.''
Voleva riaverlo un'altra volta accanto, parlargli... perchè rivederlo solo quando lo cercava nei suoi pensieri... non gli bastava. 

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Capitolo 6
*** Ricordi ***


Castiel non si era mosso dalla cappella dell'ospedale. Era rimasto lì, in preghiera. 
'' Prendi me... se questo è un modo per dirmi che quello che abbiamo è sbagliato... prendi me, punisci me, ma ti prego... lascia vivere lui... ti imploro.''
Le sue preghiere vennero interrotte da un uomo di colore che gli chiese - Lei per chi aspetta?-
- Come scusi....?- 
- Io sto pregando e aspettando per sapere di mia figlia...- fece l'uomo - investita da un' auto. Non è incredibile?
Sul ferry-boat.
Come si fa ad essere travolti e quasi uccisi da un'auto nel bel mezzo del fiume?- fece l'uomo asciugandosi una lacrima - dovevamo andare a pranzo fuori, per il suo compleanno... ed ora mia figlia sta lottando contro la morte.- 
Castiel annuì - C'è... c'era anche il mio....- non conoscendo quali fossero i pensieri del suo interlocutore a riguardo, per un attimo fu tentato di dire '' migliore amico'' o '' coinquilino''. Ma poi ricordò la discussione che aveva ascoltato tra Sam e Winchester Senior... su come Dean si fosse presumibilmente lasciato andare in acqua.
Dean aveva fatto Coming Out, aveva detto a qualcuno di essere innamorato, si era messo in gioco per lui senza calcolare le conseguenze... poteva lui essere da meno? - C'era anche il mio fidanzato.- 
L'uomo non battè ciglio - Non mi hanno detto molto. E' difficile sapere qualcosa... è tutto nelle mani dei medici. Non so nemmeno che ci faccio qui...- 
- Per avere conforto...?-
- Io non credo più in queste cose.- fece l'uomo - E' solo che.... quando vedo una chiesa, mi tornano in mente le persone che amavo e che mi hanno lasciato... i miei genitori, mia sorella... ed ora ho il desiderio impellente di vedere mia figlia. Viva. Sana. In salute. Che mi corre incontro con il suo sorriso radioso...- 
Castiel chiuse gli occhi concentrandosi. 
Sentiva l'impellente bisogno di vedere Dean... solo che in sala rianimazione non l'avrebbero fatto entrare, o almeno non mentre lottavano per salvargli la vita... ed anche se glielo avessero permesso, non era certo di voler vedere l'amore della sua vita coperto di fili, attaccato ad una macchina....
Chiuse gli occhi e ritornò indietro con la memoria, alla sera in cui era iniziata la loro magia.

- Ma porca miseria...- fece Dean strofinandosi convulsamente gli occhi con l'acqua fresca cercando di lenire il bruciore. Cosa che però non pareva funzionare molto bene - lo dico sempre io... quando giocano gli Yankees... succedono sempre cose brutte!-
Cas rise di cuore - Amico, non puoi dare la colpa agli Yankees se sei distratto...- 
- Chi, io?- fece Dean risentito continuando a lavarsi gli occhi.
- E chi, mia nonna?- rispose a tono il moro - Dovresti saperlo che non devi toccare le parti sensibili quando  maneggi la polvere di peperoncino.- 
- Sì, ma non hai avvertito la mosca che mi ronzava attorno alla faccia che deve stare lontano dalla mia faccia quando maneggio spezie piccanti... porca miseria, se brucia...- 
- Per forza, hai ancora le mani sporche di quella roba..- fece Castiel arrotolandosi una manica a livello dell'avambraccio - Lascia fare a me.-
Castiel iniziò a lavare con cura ed attenzione gli occhi dell'amico, e a poco a poco, Dean sentì il bruciore scemare lentamente.
- Va meglio?- s'informò Cas senza smettere l'operazione di lavaggio.
- Si... ormai non brucia più.- fece Dean.
- Vuoi che ti porti in ospedale?- fece Castiel prendendo un asciugamano pulito per asciugare gli occhi arrossati del medico.
- Ma scherzi?- fece Dean - pensa alla figura che ci farei se si viene a sapere...'' Il dottor Winchester finisce in ospedale per un incidente domestico dovuto alla distrazione''... diventerei lo zimbello dell'ospedale in un battito di ciglia... e mio padre non la prenderebbe troppo bene.- 
- Ok, come preferisci...- fece Castiel - Apri gli occhi e dimmi cosa vedi...-
Dean sollevò lentamente le palpebre... e quegli occhi sconvolsero il mondo di Castiel Novak. Non aveva mai fatto caso a quanto fossero vividi, profondi e belli quei due pezzi di ametista che il coinquilino aveva al posto degli occhi... era come se li vedesse in quel momento per la prima volta.
Da lì fu un attimo perchè il moro cedesse a quelle labbra così invitanti, carnose... annullò semplicemente la distanza tra loro ed iniziò a baciare il coinquilino, che dopo l'iniziale sorpresa, rimase seduto, fermo a godersi il momento. 
Castiel si staccò da lui con gli occhi sgranati.
- Scusa... scusa... mi dispiace tanto.... ti giuro non so cosa mi sia preso...- fece Castiel concitato - ti prego, fai finta che non sia successo nulla... va bene?-
Solo che non poteva. Nessuno dei due poteva fingere che tutto fosse come al solito. 
Guardarono la partita in silenzio religioso, senza proferire parola.
- Non credi che dovremo parlare di quello che è successo...?- chiese Dean spegnendo la tv. 
- Dean... è stato...- fece Castiel - non so nemmeno io cosa è stato... possiamo solo dimenticare, fingere che non sia successo nulla?- 
- No. Non possiamo.- fece Dean - Io... io non so mentire su quello che provo, e faccio schifo a fingere di star bene, di far finta che vada tutto bene, come da copione quando invece c'è qualcosa che mi turba o che non mi da pace. 
E nemmeno tu.-
Castiel si guardò attorno per qualche secondo come se stesse cercando aiuto per uscire da quella situazione assurda in cui si era cacciato, da solo peraltro, poi sbottò - Ok. Lo vuoi proprio sapere? Io credo, anzi no, sono certo al cento per cento di essermi innamorato di te.-
- Beh, non posso biasimarti...- sorrise il biondo. 
- No, fammi finire.- pregò Castiel - Io... non ci volevo credere che con April fosse finita per quel motivo... che mi avesse lasciato perchè pensava che mi piacessero gli uomini....  me lo sono ripetuto ogni giorno da allora... poi ho conosciuto te.
E penso che tu sia la più incredibile, fantastica, persona che abbia mai incontrato... e so che preferirei la dannazione eterna piuttosto che perderti.- 
- Cas...-
- Lo so, non si può perdere una persona che non è mai stata tua e che mai lo sarà ma...- fece il moro - ascolta, lo so che non potrà mai esserci niente tra noi... è stato solo un errore. Ti assicuro che non ricapiterà più... ti prego di scusarmi per quello che è successo...-
Dean gli si avvicinò, e stavolta fu lui a prendere l'iniziativa. Lo baciò con passione, venendo ricambianto prima di dire con un soffio quasi - Gli errori non si fanno per puro caso... che ne diresti di discuterne... magari dopo che ci siamo messi comodi?-


Avevano fatto l'amore tutta la notte, fino alle prime luci dell'alba. E da quella sera, avevano iniziato a pensare alla loro vita assieme... le classiche cose da coppiette felici... una cena fuori quando nessuno dei due aveva voglia di mettersi ai fornelli ma allo stesso tempo non volevano la solita pizza fredda e una birra, un regalo per San Valentino, i turni per decidere che film guardare, un bacio prima di scappare al lavoro... e nessuno dei due aveva mai pensato che dirlo a qualcuno potesse essere un problema.
Fino a quel giorno. Erano stati felici. 
Fino alla sera precedentente, Castiel Novak aveva pensato che chiedere di più fosse un crimine di guerra... ma ora chiedeva con ogni fibra del suo essere di riaverlo accanto per dirgli ancora, per ogni battito del cuore, quanto lo amava.
- Come si chiama il tuo fidanzato?- gli chiese l'uomo.
- Dean.... Dean Winchester.- fece Castiel con gli occhi ancora chiusi. Gli sembrava quasi di vederlo... con quegli occhi pieni di vita, il suo sguardo carico di voglia di combattere... anzi, gli sembrava quasi di riuscire a sfiorargli il viso.
- Dirò una preghiera per lui.- fece l'uomo - ammesso che Qualcuno non sia troppo occupato in altro.-
Castiel sorrise leggermente.
- Grazie...-
....
....
....
Dean era seduto su un lettino d'ospedale, con Tessa accanto.
- Allora?- fece Tessa - Sei pronto a parlarne?-
Dean sospirò.
- Io... io stavo nuotando... stavo lottando per tornare a riva...- fece Dean rivedendo l'immagine sotto gli occhi... stava avvolgendo la sua giacca attorno alla gamba di quell'uomo perchè aveva finito garze e bende, lui si era ribellato, una piccola spinta... era caduto all'indietro ed era finito nell'acqua... aveva iniziato a battere gambe e braccia come se da questo dipendesse la sua vita... e considerato che l'alternativa era affogare era vero.... cercando di ignorare la stanchezza, il freddo, il suo corpo che iniziava ad intorpidirsi...
- Volevo tornare a riva... dico davvero.- 
- Ma poi hai smesso.- fece Tessa - che cosa ti è successo per farti cambiare idea?- 
- Ho sentito le parole di mio padre... l'ultima volta che abbiamo parlato abbiamo litigato... - fece Dean.
'' Sei la peggior delusione della mia vita''- gli aveva detto. Con quello sguardo freddo ed impassibile.
Ed aveva pensato a tutto quello che aveva sacrificato per renderlo felice.... i suoi sogni personali messi da parte, la possibilità di diventare un atleta, amici, relazioni.... tutto. Aveva messo da parte tutto quello a cui teneva in nome dell'orgoglio paterno... 
Ma non poteva mettere da parte l'amore. E non si riferiva ad un'infatuazione, ad una cotta passeggera o ad una delle sue vecchia classiche '' una botta via'' di uno appena rimorchiato in un locale.... Castiel gli aveva riempito il cuore e la vita... l'idea si svegliarsi al mattino e di non vederlo accanto a lui gli dava la nausea... era l'unica eccezione che si era concesso nei suoi ventisette anni di vita... e suo padre la considerava una cosa inaccettabile. 
- Mi sono innamorato e lui ha detto che stare con un uomo per lui era inaccettabile... così mi sono detto.... a che scopo?- l'immagine cambiò e si vide mentre scompariva dalla superficie dell'acqua e andare verso il fondo del fiume, giù, a candela. 
- Lo so, sembra un crimine inaccettabile buttare via la propria vita per una scaramuccia con un genitore ma...- 
- Ti sei sentito perso.- fece Tessa. 
- No. Inutile.- fece Dean - Non ti dico che non ho mai avuto rimpianti.... ma mi piaceva la mia vita. Avevo un lavoro utile, salvavo tante persone, mio padre ne era felice, avevo un fidanzato che mi amava e che amavo con tutto l'amore del mondo...
Ma quando ho sentito quelle parole uscire dalla bocca della persona che ammiravo di più.... come medico, come persona.... mi sono sentito spento, vuoto, come se avessi sprecato tutto il tempo che avevo a disposizione per vivere la vita di un altro...- fece Dean mentre le lacrime iniziavano a cadere  - lo so. Sono un vigliacco.- 
- No.- fece Tessa - Sei solo umano.- fece Tessa.
- Sai... una volta io e Sammy abbiamo litigato....- 

'' Voglio solo prendere in mano le redini della mia vita!''- urlava il minore -'' Non voglio arrivare a cinquant'anni e pensare con rimpianto di essere prigioniero di una vita, di un lavoro che neanche mi piace... come succederà a te.''
'' Che cosa vorresti dire con questo?''- fece Dean sbattendo con forza una cartella clinica. 
'' Secondo te?''- fece Sam -'' Guardati! Potevi essere un atleta, scegliere la facoltà che volevi, stavi cercando un college con un buon corso di scrittura creativa.... poi papà ti dice che sarebbe felice di vederti medico e butti tutto via! Ti sembra un comportamento normale?'' 
'' Sto solo cercando di fare la cosa giusta!''
'' Per chi? Per lui, non certo per te! Perchè non provi a pensare con la tua testa di tanto in tanto? Giuro che a volte non capisco la ceca obbedienza che dimostri a quell'uomo.''
'' Forse perchè è questo che fa un buon figlio!''

- Aveva ragione.- fece Dean - Quando diceva che ero solo una marionetta, un involucro riempito di idee non mie... un soldatino che esegue gli ordini senza fiatare.... è sempre stato lui quello coraggioso.-
- Forse è vero.- fece Tessa - Ma.... ora vieni con me.- 
Dean trattenne un singulto.
In fin dei conti stava per dissolversi completamente, la sua anima, la sua coscienza sarebbe scomparsa... non sarebbe rimasto più nulla di lui... ed anche se aveva deciso lui di fermare quella folle giostra su cui l'avevano fatto salire... provava un po' di timore. 
- Quindi... ci siamo...- fece Dean.
- Non ancora.- fece Tessa - Voglio solo mostrarti.... cosa è riuscito a fare un involucro pieno di idee degli altri. Non aver paura, non ti succederà nulla...- 
...
...
...
Era passata un'altra ora. 
Ellen continuava a fornire ossigeno a Dean, ancora cianotico ed incosciente sul lettino, mentre John gli praticava il massaggio cardiaco. Si vedeva che era stanco, ma malgrado questo non dava  segno di voler smettere con le compressioni. 
Erano riusciti a riportare la temperatura corporea in regola, ma in quel corpo sembrava non scorrere più nè la vita nè la voglia  di tornare alla vita.
- Gli serve qualcosa di più forte.- fece Ellen. 
- Non posso somministrargli altri farmaci, almeno per ora, o rischio di mandarlo in overdose.- fece John.
- Non capisci.- fece Ellen - Gli serve qualcosa che gli dia forza e voglia di lottare. Faccio entrare qualcuno che gli parli... potrebbe servire.- 
- Gli servono cure mediche, non qualcuno che gli tenga la mano mentre muore. Non serve a nessuno: non è servito a Mary, non è servito a Will, cosa ti fa pensare che a lui servirà?- 
- Hai ragione.- fece Ellen - Forse non serve a nessuno. Però qui fuori ci sono persone che tengono a lui e che sono quattro ore che aspettano di sapere se ce la farà o meno. 
E se come purtroppo sembra, Dean non ce la farà... queste persone hanno il sacrosanto diritto di dirgli addio, almeno un'ultima volta.- lei non aveva fatto in tempo a dire addio a suo marito.
Era morto mentre lei combatteva contro il traffico, per arrivare in ospedale, quando aveva saputo che le sue condizioni si erano aggravate.
Non sarebbe successo un'altra volta.

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Capitolo 7
*** Quello che ho fatto di buono ***


Ellen uscì da traumatologia, e subito le persone che erano in attesa di notizie su Dean Winchester saltarono in piedi come pupazzi a molla.
- Allora?- fece Sam - come... come sta...?- 
- Qual'è la temperatura?- chiese Bobby.
- E' ancora cianotico?- fece Benny - ci sono rischi di danno cerebrale, forse dovremmo chiamare qualcuno da neurologia...-
- Ragazzi.- fece Ellen - Dean non sta bene. E' come se si fosse arreso... da ore ormai. 
Sam con le lacrime che aveva trattenuto pure troppo a lungo quel giorno e che scalpitavano per uscire quasi borbottò - Ellen... ci deve essere qualcosa che si può fare.... ti prego...- 
-Ascolta...- fece Ellen. Non voleva dare false speranze a quel ragazzo, anzi, forse la cosa migliore che avrebbe potuto fare sarebbe stato dirgli che forse era il caso che iniziasse a prepararsi all'eventualità che anche suo fratello, per quanto forte e coraggioso fosse, era pur sempre un essere umano e quindi mortale... che solo nei film, quando tutto sembrava perduto, quando ormai qualcuno era praticamente morto succedeva un qualche miracolo che riportava tutto in parità... solo che anche lei aveva sofferto per la scomparsa di una persona cara... ricordava ancora quando i medici le avevano detto '' Signora, si prepari: quello che si poteva fare è stato fatto''- ed aveva iniziato ad urlare, piangere...
- Tuo padre non pensa che possa funzionare...- fece Ellen. E probabilmente non aveva tutti i torti nel suo cinismo - Però... potrebbe essere utile trasmettere a Dean la voglia di combattere... e credo che tu possa aiutarci...- 
- Qualunque cosa mi chiederai.- fece Sam. 
- Potresti... entrare là dentro e parlargli.... non importa di cosa. Del tempo, che non sai se comprare i pelati o la salsa di pomodoro già pronta, della prima sciocchezza che ti passa per la testa... ma fagli sentire che ci sei.-
- D'accordo...- fece Sam. 
- Ti avverto: non è bello da vedere...- fece Ellen - perciò, entra solo se te la senti...- 
- Senti Ellen. Lì dentro c'è tutto quello che rimane della mia famiglia.- suo padre non contava nemmeno. Pensava tutto quello che gli aveva detto poche ore prima. Che era un padre degenere, un bastardo ossessionato che aveva scaricato il peso del mondo sulle spalle di una creatura innocente quando lei stessa aveva ancora bisogno di cura e attenzione e che non era stato nemmeno di gioire per la cosa più bella che gli fosse capitata di recente.
Dean era la sua famiglia. Era lui che l'aveva cresciuto con cura ed attenzione, mettendolo sempre davanti al resto del mondo. 
- E se... se questa è l'ultima volta che posso vederlo mentre è ancora su questa terra... io ci devo essere...- fece Sam. 
- Va bene... ti prendo un camice allora...-
- Due.- fece Jessica per poi stringere la mano al fidanzato - Vengo con te.- 
Sam la ringraziò con un sorriso. 
...
...
...
- Dove mi hai portato?- fece Dean guardandosi attorno. Sembrava di essere nell'archivio dell'ospedale, dove conservavano le copie originali di tutte le cartelle cliniche.
- E' il nostro archivio.- fece Tessa.
- Ah, avete bisogno di un archivio per tenere il conteggio di tutte le persone che muoiono?- fece Dean - pensavo che aveste una memoria di ferro...- 
- Spiritoso.- fece Tessa - No. Non è quello che pensi tu.
Come ti ho già spiegato, quando una persona che ha deciso di porre fine alla sua vita, non muore perchè il medico non è stato abbastanza bravo o perchè ha ferite troppo profonde. Ha semplicemento scelto di lasciarsi andare.- 
- E quindi?- fece Dean. 
- Non credere che la Morte sia una dama avida di sofferenza ed anime.- fece Tessa - so che la cosa può sembrarti assurda ma lei non vuole portarsi via qualcuno che pensa di non aver più via di scampo... sono loro che decidono di andar via con lei.- 
- Non hai risposto alla mia domanda.-
- Pazienta Dean.- sbuffò Tessa. Uomini. Tutti uguali, di ogni specie vivente, vivi e non - Quando un'anima decide di oltrepassare la soglia, interveniamo con il nostro archivio.... gli viene mostrata una cartella che racchiude tutta la sua vita, ma gli viene mostrato solo qualcosa.
Quello che conta. Quello che ha fatto di buono. E quello che potrebbe ancora fare.- nel dir così prese un raccoglitore su cui campeggiava il nome '' Dean Winchester''.
- Uh, quindi gli mostrate vita, morte e miracoli?- 
- Più o meno... cominciamo a vedere cosa ha combinato di buono... questo involucro pieno di idee altrui.- fece Tessa - Cominciamo con il piccolo Ben Braden.- 
Dean sussultò nel sentire quel nome. Il figlio di Lisa Braden. La donna che, prima di conoscere ed innamorarsi di Castiel, per poco tempo era stato convinto di amare veramente. Si erano conosciuti in una cornice che però di romantico aveva ben poco... niente passeggiate sulla spiaggia, nessun incontro in un locale, non l'aveva rincorsa per strada per restituirle un fazzoletto dimenticato o un braccialetto... 
L'aveva conosciuta quando aveva portato il figlio di appena otto anni in ospedale dopo che questi si era sentito male. Il medico curante del bambino aveva detto alla madre che il piccolo aveva la leucemia. Sua madre era disperata e il ragazzino si vedeva già con un piede nella fossa. 
- Poi facendo altre analisi hai scoperto che non era cancro, ma avvelenamento da mercurio.- fece Tessa - e con la terapia che gli hai perscritto... si, certo, le sue ossa sono indebolite, forse non diventerà mai un atleta... ma quel bambino vivrà. Ma sarebbe morto se non fosse stato per te.- 
- Era solo il mio dovere... non credo che meriti di avere più tempo solo perchè...- 
- Ma a salvare l'ispettore capo Henrickesen.... non eri tenuto.- 
- Non l'ho salvato io infatti.- fece Dean - si, è arrivato in ospedale con una ferita da arma da fuoco al torace, ma è stato mio padre a salvargli la vita con un'intervento. Io ero solo un tirocinante all'epoca.- 
- Memoria corta?- fece Tessa - Non si possono fare mattoni senza l'argilla. Tuo padre può essere il chirurgo migliore del mondo per quel che mi riguarda... ma non lo avrebbe salvato se non ti fossi messo in mezzo tu.
Ti ricordi? Mentre eri tirocinante, ti hanno anticipato la data di un appello e quindi hai dovuto recuperare le ore in ospedale. Avevi appena finito un turno di quasi quindici ore quando è arrivato Henrickesen... e lì si sono accorti che il tipo di sangue per l'intervento era lo stesso di un paziente che avevano appena operato ed avevano finito le scorte. 
Sei stato tu ad offrirti per donare il sangue, malgrado fossi stanco morto, e non eri tenuto a fare niente... non lo conoscevi, non era un tuo paziente, anzi tu non eri nemmeno un medico.
Pensi davvero che tuo padre gli avrebbe salvato la vita se tu non ti fossi esposto?- 
- Chiunque avrebbe fatto lo stesso.- fece Dean. 
- Se fossi in te non ne sarei tanto sicura.- fece Tessa - da quando faccio questo mestiere ho preso con me molte persone. Ed alcuni potevano essere salvati. Potevano restare se avessero avuto attorno qualcuno di abbastanza coraggioso da esporsi per loro anche se non si conoscevano.-
- Se è per questo ci sono un sacco di brave persone in tutto il mondo... ma non mi pare che vengano risparmiate loro disgrazie, incidenti e malattie solo perchè aiutano le vecchiette agli incroci o perchè fanno volontariato...- fece Dean. 
- Parliamo di Molly McNamara allora.- fece Tessa - Era in vacanza con suo marito quando a causa del comportamento sconsiderato ed incivile dell'auto di fronte a loro hanno sbandato. Lei è sopravvissuta, ma purtroppo suo marito David non ce l'ha fatta. 
Non ti sei limitato a salvarle la vita in sala operatoria e a starle vicino mentre era ricoverata... l'hai aiutata ad accettare il suo lutto e a non cedere al desiderio di vendetta.- fece Tessa - e poi... non dimenticare quello che hai fatto per tutte le persone che ti circondano.
Sei stato l'unico in grado di garantire a tuo fratello l'amore ed il calore di una famiglia. 
Hai dato a Bobby la consapevolezza di cosa vuol dire essere padre e sei il più valido appoggio che Jo abbia mai avuto... per non parlare di Castiel. Hai illuminato la sua vita con la sola tua presenza... 
Tuo padre non apprezza il fatto che tu stia con un uomo. E allora? Non siamo nel medioevo dove i genitori combinano i matrimoni dei figli. 
Fregatene di quello che pensa quell'uomo. Sarà pure un bravo medico e sarà pure tuo padre, ma ciò non gli conferisce certo il sapere assoluto su quello che è meglio per i suoi figli. 
Torna alla tua vita. 
Potresti essere felice.
Meriti di essere felice.
Ma decidi in fretta. Il tuo tempo è agli sgoccioli- fece Tessa, lasciandolo solo con i suoi pensieri. 
...
...
...
- Qual'è la temperatura?- fece John sospendendo per un momento le compressioni.
- Trentasei gradi dottore.- fece uno dei medici. 
- Perfetto, adesso dobbiamo riattivargli il cuore.- fece il dottor Winchester - Una fiala di epinefrina, un grammo di magnesio ed una fiala di calcio, in quest'ordine, andiamo, andiamo.- 
Fu in quel momento che vide rientrare Ellen, e con lei c'erano due persone che indossavano i camici, cuffiette e mascherine che di solito venivano dati a parenti, amici ed infermieri che entravano in terapia intensiva o in qualunque stanza in cui vi era un paziente con pochi globuli bianchi nel sangue, per impedire loro di portare batteri dall'esterno.
La mascherina e la cuffia copriva la maggior parte del volto, ma riconobbe lo sguardo del figlio minore.
L'altra invece era la sua ragazza.
- Dean...- fece Ellen - guarda un po' chi ti ho portato... tuo fratello è qui da ore...- 
- Ciao Dean...- fece Sam. Per un brevissimo istante, si era pentito di voler essere entrato e vederlo. Il fratello maggiore era praticamente sepolto sotto i teli caldi, un tubo per respirare in gola fissato con il nastro adesivo, le braccia distese lungo i fianchi... era pallido come non lo aveva mai visto, gli occhi sembravano cuciti assieme...
Era così surreale credere che colui che gli aveva insegnato ad andare in bici quando era piccolo, che lo aveva sempre protetto e tenuto al sicuro, fosse lo stesso uomo che vedeva su quel lettino, ormai più morto che vivo. 
'' Oh Mio Dio...''- pensò il minore sentendosi mancare. Sarebbe crollato se Jessica non lo avesse sostenuto. 
- Ciao Dean...- fece Sam - Hai visto? Chi l'avrebbe mai detto... mi sono messo un camice ed una mascherina... sono in sala rianimazione... tu guarda che ti sei inventato per vedere come stavo vestito da dottore...- fece Sam ringraziando il cielo che il suo viso fosse coperto quel tanto che bastava per non far vedere a nessuno di avere due lacrimoni che gli solcavano il viso.
- A proposito... lei è la mia ragazza, Jessica...- fece ancora Sam - sai, non me l'era immaginata così la scena... di me che vi presentavo... ti avverto, se solo ci provi a farle la corte ti spezzo le gambe... e guarda che ne sono capace...- 
'' Continua Sam...''- fece Ellen - '' Forza Dean, forza.''
- Andiamo... che stai facendo? Non vorrai mollarmi qui vero?- fece Sam cercando di non piangere.
...
...
...
- Che succede?- fece Dean vedendo che Will era immobile e sorridente. 
Will sorrise - Ellen. Sai, a volte... siamo nello stesso posto, nello stesso momento. Certe volte mi sento quasi come se la toccassi.- 
- Quindi... anche la storia che ogni volta che uno si sfiora i capelli o qualcosa di simile è perchè un fantasma a lui caro gli sta parlando...- fece Dean - è vera?- 
- Sì, Dean.- fece Will - è così che potrai comunicare con loro quando avrai scelto di andartene. Avrai solo qualche secondo con le persone a cui tieni... le vedrai mentre soffrono la tua perdita, ma non potrai fare nulla per alleviare la loro pena. Solo sperare che riescano a convivere con questo dolore.- 
Will sparì e Dean si ritrovò da solo. 
L'acqua iniziò a scorrere senza freni sul pavimento. Si accoccolò contro una parete, quasi per trovare riparo da quell'inondazione.
- Dovete chiamare un idraulico mi sa...- fece Dean. Poi però si inginocchiò tossendo convulsamente... e capì.
Era arrivato il momento. 
Il suo tempo era ufficialmente scaduto. 
'' No... per favore...''- pensò annaspando disperatamente per l'aria che gli veniva negata mentre il livello dell'acqua continuava a salire. 
Solo in quel momento si rendeva conto di quanto volesse disperatamente vivere... che quei pochi momenti che gli sarebbero stati concessi con le persone a cui teneva non gli sarebbero bastati...
Voleva vivere ancora... trovare il modo di far accettare al padre che non sarebbe potuto essere felice con nessuno che non fosse Castiel e sentirlo dire di essere felice per lui, voleva essere presente il giorno della laurea di Sammy, voleva essere lì a testimoniare la sua felicità il giorno del suo matrimonio e quando sarebbero nati i suoi figli... voleva vivere ancora.
Solo che forse ormai era troppo tardi.
L'aria iniziava seriamente a mancargli.
- Aiuto...- supplicò con un filo di voce.
...
...
...
- Ho sentito che hai detto a papà il fatto tuo...- continuava a parlare Sam - Hai fatto benissimo... sei suo figlio, deve accettarti così come se.... se non ti accetta un padre chi dovrebbe farlo?
E poi... andiamo Dean, hai un ragazzo invece di una ragazza, non è che hai rapinato una banca.- cercava di tirar su suo fratello, ma allo stesso tempo quelle parole erano una frecciata per il padre - e non ti sei messo con un serial killer.... sai, Castiel è simpatico... dovremmo uscire una sera tutti e quattro...- fece sfiorando il polso del fratello pensando -'' Ti prego non lasciarmi da solo... sei... sei tutta la famiglia che mi è rimasta.... dobbiamo ancora fare tante cose assieme... ti ricordi, io e te contro il mondo...''
- Il pacemaker esterno?- fece John.
- Non da segni di vita.- fece un medico.
- Dosi di epinefrina somministrate?- 
- Sei.-
La linea dell'encefalogramma, quella che segnava l'attività cerebrale divenne piatta.
- E' morto...- fece un medico. 
- No...- fece Sam sentendosi svenire, mentre Jessica si portò le mani alla bocca per l'orrore di quella tragedia che si era consumata sotto i suoi occhi e gli occhi di Ellen si riempivano di lacrime. 
John si appoggiò al muro, incapace di sopportare un dolore tanto grande.
- Dean... no...- fece Sam che non voleva credere avvicinandosi al fratello iniziando a comprimere il petto del maggiore - andiamo... ti prego... per favore... - ma poco dopo dovette arrendersi all'evidenza.
Le lacrime che aveva trattenuto troppo e a lungo quel giorno iniziarono a scorrere libere, mentre era abbracciato a quel corpo morto, ancora fissato a tubi e macchine, urlando e piangendo.
Le sue urla attirarono Bobby, Jo e Benny.
Il primo cercando di non mettersi a piangere sussurrò con un filo di voce - Figlio di puttana...-, Jessica e Jo si abbracciarono in lacrime, mentre Benny cadde in ginocchio mentre prendeva a pugni il pavimento - Non ci credo, no, non è possibile!!!-

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Capitolo 8
*** Strada di casa ***


Dean annaspava. 
I polmoni gli facevano male. 
- L'aria... non riesco.... non riesco a respirare.... aiuto...- 
Tessa gli si avvicinò per calmarlo - Va tutto bene Dean... calmati....- 
- No...non mi prendere in giro....- fece Dean con tutto il fiato che gli rimaneva - sto... sto morendo.... vero...?- lo sguardo di Tessa fu più eloquente di mille parole - No... ti prego.... ho bisogno di....- 
- Mi dispiace tanto.- fece Tessa sinceramente addolorata - ma ti avevo detto che non c'era molto tempo...- 
- Per favore.- supplicò il biondo - ti prego... non mi basta qualche secondo con Castiel... o con Sammy... vi prego fatelo smettere... mi sta facendo male...- 
- E' solo all'inizio ad essere sgradevole...- cercò di confortarlo Emma - poi passa.- 
- Dean.- fece Will - ce la puoi fare a tornare indietro, ok? Non è troppo tardi. Ma la tua volontà da sola non basta. Hai bisogno di aiuto... aiuto che però noi non possiamo darti..-
- Quindi... ora che succede...?- fece Dean cercando di ignorare il dolore ai polmoni.
Tessa gli fece segno di voltarsi. 
Dietro di lui c'era una donna, di circa trent'anni, occhi verdi e fluenti capelli biondi, in camicia da notte.
Dean rimase senza fiato nel vederla.
- Mamma....?- 
...
...
...
In traumatologia, era sceso il silenzio. Solo il pianto disperato di Sam provava che vi fossero forme di vita. 
- Avevi promesso che non te ne saresti andato....- piangeva il piccolo di casa Winchester - o che... che prima di andare via mi avresti salutato come si deve... invece....- fece Sam ricominciando a piangere. Aveva perso la sua famiglia ed il suo migliore amico nello stesso momento. 
John si avvicinò al figlio e gli posò paternamente una mano sulla spalla... ed il dolore del più piccolo si trasformò in una rabbia tanto silenziosa quanto devastante.
Lo trapassò da parte a parte con uno sguardo che uccideva - E' colpa tua. L'hai ucciso tu. Una vita intera a cercare di essere come lo volevi tu....- sibilò Sam - e sei stato anche capace di dirgli quelle cose orribili....
Se tu l'avessi protetto, adesso sarebbe vivo!- 
John abbassò gli occhi, senza dire una parola. 
Aveva ragione. Sam aveva ragione. Non era stata l'acqua fredda ad uccidere il suo primogenito... era stato lui... con quella manciata di parole affilate come rasoi... e l'aveva fatto con la consapevolezza che gli avrebbe fatto del male... non sapeva  il perchè, a cosa mirasse dicendo quelle parole... ma non questo. Non aveva mai voluto questo.
...
...
...
- Tesoro....- fece Mary abbracciando il figlio - oddio... ma che cosa fai qui... non dovresti essere qui...-
- Nemmeno tu se è per questo.- fece Dean con le lacrime agli occhi. Incredibile di quanto bene la ricordasse... era esattamente come l'aveva vista l'ultima volta... al diavolo chi diceva che era troppo piccolo per ricordarla... se c'era una cosa che nessuno dimenticava mai era il volto della mamma - mi manchi tanto... ci manchi tanto...- 
- Lo so amore mio... lo so...- fece Mary carezzandogli il volto - anche voi mi mancate...  i momenti in cui vi ho stretto a me sono stati i più preziosi della mia vita... avrei voluto esserci per voi... mi dispiace... avevo promesso che vi sarebbe mai accaduto nulla...- 
- Non... non è colpa tua... non è stata colpa di nessuno....- 
- Tesoro...- fece Mary - torna a vivere. Fallo per me. Ti prego.... tu sei... tu puoi essere molte cose, tu sei tutto... ma non sei e non sarai mai una delusione.- fece Mary dandogli un bacio sulla fronte - sono orgogliosa di te.- 
Quelle parole gli riscaldarono il cuore. 
Tutto il dolore ed il senso di inadeguatezza che aveva provato quando era in acqua fu cancellato da quelle parole. 
- Vai.- fece Mary - Vivi. Sìì felice.- 
Dean annuì. Tremava all'idea di tornare ed affrontare Sam, Castiel, suo padre e tutti coloro a cui teneva, sapendo che prima o poi sarebbe saltato fuori che aveva tentato di suicidarsi...  ma la fame di rivederli, di vivere assieme a loro per altri anni, era più forte di qualunque paura. 
- Grazie di tutto.- fece Dean rivolto a Tessa e ai fantasmi che si erano prodigati per convincerlo a tornare indietro. 
Wil lo abbracciò - Prenditi cura di Ellen e Jo.- 
- Lo farò.- 
Poi toccò a Karen - Dì a Bobby che lo amo e che non ho mai smesso... e che mi dispiace.- 
- Va bene.- poi andò ad abbracciare Emma. 
- Se vedi i miei genitori... di loro di non essere tristi.- fece la ragazzina - Io adesso sto bene. Qui non c'è nessuno che mi picchia.- 
Per tutta risposta, Dean le baciò la testa. 
Per ultima, abbracciò di nuovo sua madre.
- Ti voglio bene.- fece Dean godendosi fino all'ultimo quell'abbraccio materno. 
- Anch'io.... abbraccia Sammy per me.- 
Un minuto dopo si ritrovò in mezzo all'acqua. Era ancora sul luogo del disastro. 
- Aiuto! Per favore! Qualcuno mi aiuti!- urlava. 
Ma nessuno dava segno di averlo sentito... anzi, sul molo non c'era nessuno... piuttosto strano visto che c'era stato un disastro... avrebbe dovuto essere pieno di morti, feriti, soccorritori... 
- Per favore, qualcuno mi aiuti!- urlò di nuovo. Poi dopo un paio di istanti capì. Non era ancora nell'acqua. Non era riemerso, era ancora nella sua testa.
Era ancora clinicamente morto. 
- Ok Dean... vediamo se te la portavi veramente a casa la medaglia d'oro negli 800 di stile libero...- fece Dean iniziando a nuotare. Nuotò fino ad arrivare a riva e finchè non riuscì ad aggrapparsi ad una cima.
...
...
...
- Sam...- fece Ellen avvicinandosi al piccolo di casa Winchester prendendolo teneramente per le spalle, cercando lei stessa di sopportare quel dolore che le stava squartando il petto - vieni via... non c'è nient'altro che si possa fare...- 
Sam si separò dal fratello a malincuore. Distrutto dal dolore. Non smetteva di piangere e singhiozzare. 
'' Non è giusto...''- pensava tra le lacrime. Avrebbe dovuto dirlo a Castiel... non sapeva nemmeno come fare... 
Il suo sguardo si posò per un attimo sul monitor...
- Ho visto qualcosa che si muove...- fece Sam tirando su con il naso - ho visto una fibrillazione!- 
- Cosa?- fece Jo. 
- Lo so, sembra folle ma...- fece Sam - provate un'altra volta...- 
- Sam...- fece John - tuo fratello ha sofferto abbastanza...- 
'' Già, per colpa tua!''- avrebbe voluto ringhiargli contro - Ellen... ti prego... so quello che dico... credo che il suo cuore stia per ripartire...- 
Ellen sospirò - D'accordo... metto il pacemaker al massimo.- 
- Se ci fosse stata la minima attività...- fece John con gli occhi lucidi -  L'avrebbe rilevata.- 
Ma poi... 
- Bradicardia sinusale.- fece Jo prendendo lo stetofoendoscopio  per auscultare il petto dell'amico. Un sorriso di gioiosa incredulità le illuminò il viso - Il cuore ha ripreso.- 
Ellen tolse a Dean il tubo che lo aveva aiutato a respirare.
- Respira da solo... i valori stanno tornando regolari.- 
- Oddio...- fece Sam tornando al capezzale del fratello - Dean... hai sentito? Sei vivo.... ce l'hai fatta....- 
Ellen staccò tutti i macchinari. 
- Portiamolo in terapia intensiva.... dobbiamo tenerlo sotto controllo, almeno finchè non si sveglia...- fece Ellen.
- Si, me ne occupo io...- fece Benny iniziando a spingere il lettino. Appena fuori da traumatologia, si incontrarono con Castiel che correva quasi verso di loro. Si fermò proprio vicino a Dean.
- Dean...- fece il moro prendendogli il viso tra le mani  dandogli un bacio sulle labbra quasi marmoree- come stai... ti prego, parlami...-
- Non può sentirti.- fece Benny - il cuore è ripartito e respira autonomamente, ma gli hanno somministrano farmaci stimolanti per quasi cinque ore di fila.-
- Ma starà bene... vero?- 
- Questo lo sapremo solo quando avremo la funzionalità cerebrale.- fece Benny spingendo il lettino.
Castiel corse ad abbracciare Sam, sorridendo tra le lacrime.
'' Allora ci sei...''- pensò Castiel.
...
...
...
Ormai era calata la notte.
Le salme erano state identificate, i pazienti salvati erano stati ricoverati, la maggior parte dei parenti era andata a casa per organizzare i funerali, altri si stavano preparando a passare la notte in ospedale...
Dean era stato ricoverato in terapia intensiva.
Bobby aveva riaccompagnato Castiel a casa, non prima di averlo minacciato di picchiarlo a sangue se non gli avesse dato retta quando gli '' consigliava di tornare a casa a riposare un po' ''.
Sam era rimasto in ospedale per vegliare sul fratello. 
Quando entrò nella stanza che gli avevano messo a disposizione, Dean era pacificamente addormentato, aveva una flebo nell'incavo del gomito sinistro, ma almeno poteva fare a meno di macchine e tubi per respirare, ed era collegato ad un monitor che teneva sotto controllo i suoi valori ma cosa più importante... aveva un colore quasi roseo, e non più quel bluastro mortifero che si era impossessato di lui quel giorno terribile. 
Benny gli stava cambiando la flebo quando il minore entrò.
- Come sta?- 
- I parametri sono in regola.- fece Benny con voce stanca ed affaticata da quelle giornata che pareva non finire - pare che il peggio sia passato.-
- E' meraviglioso...- fece Sam con un sorriso in volto che pareva non volersene andare - presto potrà tornare alla sua vita...-
- Sam.- fece Benny - ascolta... è presto per dire che tuo fratello è fuori pericolo.- 
- Cosa...?- fece Sam - ma... il cuore è ripartito... respira da solo...-
- Sì.... ma le sue onde cerebrali sono lente ed irregolari.- fece Benny - Sam... tuo fratello è ancora in coma. Ci sono buone possibilità che si risvegli... ma solo con il suo risveglio potremo sapere se ha riportato danni cerebrali.- 
- Più di quelli che ha per conto suo...?- fece Sam sforzandosi di ridere - No, guarda, è impossibile...-
- Sam, sono serio.- fece Benny - Potrebbe avere dei vuoti di memoria, seri problemi di coordinazione, incapacità di riconoscere le persone... potrebbe anche aver perso l'uso degli arti inferiori.- 
- Cioè... mi stai dicendo che...- 
- Che solo al suo risveglio sapremo se potrà riprendere una vita normale o meno.- fece Benny - Scusa... adesso devo andare.- 
Sam entrò nella stanza del fratello, e si sedette vicino a lui per poi stringergli una mano - Dean... lo so che mi senti. Ascolta... lo so. Sei sfinito, hai combattuto come un leone tutto il giorno e ora vorresti solo rilassarti un po'.... 
Ma devi fare un altro sforzo. L'ultimo. Adesso ti devi svegliare... e devi stare bene... fallo per me, ok, ti prego.- 
Ma era come chiedere la luna. Quel giorno era già stato un miracolo che Dean fosse rimasto lì con loro, chiedere che addirittura tornasse senza pagare un piccolo prezzo era troppo, persino per Chi aveva scelto di esaudire quelle preghiere.
- Mi prenderò io cura di te... non preoccuparti di niente...- fece Sam - Sarò... tutto quello di cui avrai bisogno. Il custode della tua memoria, ti aiuterò a lavarti e vestirti, ti imboccherò anche se sarà necessario... ti sei preso cura di me per tutti questi anni... mi hai dedicato la vita... ora non posso fare altro che offrirtela...- poi alzò gli occhi e vide il padre in piedi sul ciglio della porta.
Si alzò furioso e lo fissò a muso duro.
- Come sta?- 
- E' questo che volevi?- fece Sam - Un bambolotto rotto? Guarda come l'hai ridotto.... gli hai imposto una vita che non gli apparteneva, che non l'avrebbe mai reso felice... è probabile che adesso non potrà più vivere nemmeno la vita che volevi tu.... l'hai fatto a pezzettini.- 
- Sam...- 
-Sta lontano da noi d'ora in poi.- fece Sam - appena sarà in grado di uscire da qui, ti giuro, la prima cosa che faccio è firmare per assumermi la sua responsabilità e trovare un medico che lo segua... non so ancora come troverò i soldi, ma lo farò... d'ora in poi stai lontano da lui. 
Da noi. Lasciaci in pace.- poi vedendo che il padre si limitava a guardarli con lo sguardo di un cane bastonato, quello di una vittima ingiustamente accusata urlò - VATTENE!-
John obbedì.
A testa bassa, ma obbedì. 
Sam si rivolse al fratello ancora privo di sensi, carezzandogli la fronte madida di sudore - Non ti farà più del male... te lo prometto...- poi, dopo poche ore, si addormentò sul torace del fratello tenendolo stretto per la mano, come se avesse paura che l'angelo della morte ci ripensasse e tornasse indietro per portarlo via.

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Capitolo 9
*** Preghiere ***


Castiel era ancora nel dormiveglia quando si svegliò. Istintivamente allungò il braccio sussurrando - Buongiorno Dean...- ma trovò solo il letto freddo.
Aprì gli occhi e si accorse di essere solo.
Sospirò. Per un attimo aveva sperato di aprire gli occhi, di vederlo addormentato accanto a lui e di dirgli l'assurdo incubo che aveva avuto... 
E lui avrebbe detto -'' Ah si? Erano clown o nani?''- con quel sorriso birichino, con quella faccia da schiaffi che tanto gli piaceva... solo che stavolta non gli avrebbe permesso di uscire dal loro appartamento... l'avrebbe tenuto stretto a sè tutto il giorno... si sarebbero inventati qualcosa per far passare il tempo...
Ma Dean non c'era. Era in terapia intensiva, dove lo stavano tenendo sotto controllo dopo essere riusciti a fargli ripartire il cuore dopo ore... 
Castiel però non riusciva a non sentirsi in colpa verso Dean.
Per quel medico dagli occhi verdi come smeraldi con il cuore di un leone... vedere l'ammirazione ed il rispetto che Sam provava per il fratello maggiore, lo aveva spinto ad amarlo più di quanto il suo fisico slanciato ed i suoi splendidi occhi avrebbero mai potuto fare... solo che non si era reso conto mai del dolore che li offuscava. 
La fissazione di dover essere perfetto a tutti i costi, il prendere tutto come una questione di vita o di morte... ma era un medico, un medico scrupoloso che amava i suoi pazienti, quindi aveva pensato che fosse la cosa più normale del mondo... ed in parte era vero, ma la maggior parte era dovuta al fatto di essere cresciuto con un padre che aveva sempre preteso tanto da lui, che aveva già previsto e programmato tutta la vita dei suoi figli, dove non erano previste variabili di alcuna sorta... laurea in medicina, specializzazione all'estero, assunzione in ospedale... una specie di tradizione di famiglia. 
Ma tutto aveva preso una piega inaspettata quando si erano conosciuti. 
Dean e John aveva litigato per causa sua.
'' Perdonami tesoro...''- fece Castiel rimirando una foto che teneva nel portafoglio. Li ritraeva assieme. L'avevano scattata nel primo mese che stavano assieme. Aveva deciso di portare Dean a fare un giro in barca... una barca a vela presa a noleggio per fare il giro della baia... ricordava che quel giorno Dean indossava una camicia azzurra e dei pantaloni bianchi... e che quando lo aveva visto correre verso di lui aveva pensato che mai aveva amato e probabilmente mai avrebbe amato una persona più di così -'' è colpa mia... se non ci fossimo mai incontrati forse...'' 
Forse avrebbe conosciuto un'affascinante dottoressa... magari una fisioterapista o una pediatra... se ne sarebbe innamorato, l'avrebbe sposata... sarebbe andato a casa del padre con la sua bella moglie ed i bambini per Natale, per il giorno del Ringraziamento.... una vita ed una carriera perfetta e non ci avrebbe pensato nemmeno per sbaglio di gettarsi nell'acqua fredda e di andare giù. 
Come aveva potuto essere così egoista? 
Amare una persona non dava certo il diritto di metterle l'esistenza sottosopra. 
Lui invece l'aveva fatto.
E c'era un unico modo per rimediare. 
Forse all'inizio avrebbe sofferto, avrebbero sofferto entrambi.... ma era per il bene di Dean.
'' Va bene Dio.... se è questo ciò che vuoi....''
...
...
...
Sam non aveva dormito quasi. Era rimasto sempre al fianco del fratello, a vegliare, per essere pronto a chiamare qualcuno che ne sapesse più di lui nel caso si fosse sentito male e di tanto in tanto gli bagnava le labbra con un bastoncino umido per dissetarlo almeno un po'.
Sembrava che si fossero scambiati i ruoli.... di solito era Dean che si prendeva cura di Sam, che lo vegliava quando era ammalato, che lo consolava quando era triste... 
Gli aveva tenuto stretta la mano per tutto il tempo, forse per richiamarlo in vita, forse per rivivere e fargli rivivere con quel semplice tocco i momenti più felici della loro infanzia... perchè si, avevano avuto un'infanzia complicata, senza le cure di una mamma e gli abbracci di un padre... ma a loro modo erano stati felici. Conservava dei bellissimi ricordi con Dean... come quando giocavano assieme a pallone, o scorrazzavano in bicicletta per tutto il giardino... 
- Dean.- fece Sam - Lo so che mi senti... mi dispiace tanto... non ti dovevo lasciare da solo... lo so che non ti sono stato vicino come dovevo.... ma adesso sono qui... ti prego...- gli aveva fatto una carognata orribile.
L'aveva lasciato da solo. 
Ricordava ancora il giorno in cui tutto aveva iniziato lentamente ad implodere.... Dean era appena uscito dal college, e stavano festeggiando assieme a Bobby il traguardo raggiunto dal maggiore... Sam non sapeva se essere felice o meno, perchè sotto sotto aveva sempre sospettato che la carriera medica non era il sogno di suo fratello, ma gli bastava vederlo sorridere. 
Ma sapeva che non sarebbe stato felice di vederlo partire per Berlino a breve... 


- Mi raccomando.- aveva detto John con un sorriso orgoglioso - Non prendere distrazioni e datti da fare come hai sempre fatto.-
Bobby era intervenuto - Andiamo John... lascialo respirare almeno un po'. Dean, non ascoltarlo... anzi, fai una cosa sana... adesso pensa un po' anche all'amore.- 
Dean aveva riso - Possiamo cambiare discorso, per favore?- 
- Giusto...- aveva detto John - Sam, tu che mi dici?- 
- Beh...- fece il piccolo di casa Winchester - al momento non mi sto vedendo con nessuna...- 
- Sai a cosa mi riferisco.- fece John - Hai già pensato alla specializzazione che vorresti fare dopo la laurea in medicina?- 
- No.- fece Sam - è inutile che ci pensi.... perchè non voglio fare il medico.- 
E lì l'atmosfera cambiò.
La tensione era così palese che si poteva tagliare con un coltello.
- Non ho capito.- fece John con un tono che voleva dire -'' Rimangiati quello che hai detto o te la vedi con me''.
- Senti papà... ci ho pensato.- fece Sam - andiamo, durante le lezioni di anatomia e cultura medica mi sento quasi svenire.... non voglio alzarmi ogni mattina pensando che se sbaglio qualcuno potrebbe morire. Ti pare giusto vivere con un simile peso e una simile paura addosso?- 
- Non succederà se stai attento.- fece John.
- Ma io non voglio starci attento.- fece Sam - voglio scegliere da solo se voglio o non voglio fare il medico. E papà... non è quello che desidero. Non è fare il medico che mi renderebbe felice.- 
- E sentiamo, cos'è che faresti allora?- fece John scettico. 
- L'avvocato. Cercare il dettaglio che manca per scagionare un innocente ingiustamente accusato...-
John sbattè le mani con forza sul tavolo - Dì un po': pensi davvero che gli avvocati veri siano tutti come quelli dei telefilm? Che in quaranta minuti trovino la prova regina e vincano la causa? 
Non vuoi vivere con la consapevolezza che un tuo errore potrebbe costare la vita di un paziente?
E sapere che se perdi la causa costerà ad un cliente la perdita della libertà invece è meglio?- 
Sam si alterò.
Dean temette che venissero alle mani e si era messo in mezzo per dividerli - Per favore calmatevi...-
- No, Dean. Papà pensa di essere Dio e di sapere tutto, ma ora è arrivato il momento che qualcuno gli faccia capire che la sua verità non è un assoluto, e che non può comandare tutti a bacchetta come se fossero soldatini obbedienti.- fece Sam - Si. Preferisco rischiare questo, va bene? Perchè se perdo una causa posso fare ricorso, posso vincere.... se uccido una persona non posso fare niente per rimediare!- 
- Forse ti sfugge che finchè vivi sotto il mio tetto, le regole le faccio io!- aveva urlato John. 
- Se la metti così risolviamo subito!- fece Sam urlando più forte guadagnando l'uscita - Me ne vado! Fuori di qui non puoi più nulla su di me!-
John gli aveva puntato il dito contro ed aveva strillato - Samuel Winchester ti avverto... se esci da quella porta... non osare mai più tornare!- 
Poco dopo anche Bobby e John avevano litigato, proprio perchè il primo si era schierato dalla parte di Sam, dichiarandosi disposto ad ospitarlo e a pagargli di tasca sua le rette universitarie, tutto quello che gli sarebbe servito...
La sera stessa John si era ubriacato borbottando sulla delusione ed il dispiacere che il figlio minore gli aveva causato... 
Dean era sgattaiolato fuori e si era diretto a casa di Bobby chiedendo del fratello.
Sam era già pronto a dirgli '' Se sei venuto a dirmi di tornare a casa e di dire a papà che stavo solo prendendo in ipotesi altre strade ma alla fine farò medicina, puoi anche andartene...''- o qualcosa del genere.
Invece... 
- Nononono anzi.... forse è meglio.- fece Dean - sono alle prime armi come medico.... metti caso che qualcuno mi denuncia per negligenza professionale.... gli avvocati costano, meglio se ne conosco uno con cui sono già pappa e ciccia.- 
Il cuore di Sam si era illuminato.
A quel punto poteva avere tutto il mondo contro... ma suo fratello era con lui.


Jessica entrò con una sacca di vestiti di ricambio, un thermos ed contenitore salva-freschezza. 
- Ti ho portato qualcosa di pulito...- fece Jessica - poi c'è del caffè e dei tramezzini...- 
Sam prese il thermos e mandò giù a piccoli sorsi - Grazie...- 
Jessica lanciò uno sguardo triste al suo potenziale cognato e sfiorò la spalla del fidanzato, per dargli conforto - Come sta?- 
- Dicono che potrebbe avere seri danni al cervello...- fece Sam - che potrebbe aver perso la memoria... non riconoscere nessuno.... o perdere la funzionalità muscolare... forse non riuscirà nemmeno a parlare...-  fece Sam con gli occhi lucidi - ed io.... non so, ho paura che non si sveglierà nemmeno.- 
- No, questo non dirlo nemmeno.- fece Jessica abbracciando forte il ragazzo.
- E' così da quasi due giorni....- 
- Ma è normale dopo tutto quello che ha passato ieri...- fece Jessica prendendogli il viso tra le mani - non dobbiamo perdere la speranza.... Dean è sopravvissuto ed ha sopportato cinque ore di rianimazione.... e questo non può che farci sperare per il meglio.
Lo conosco poco, ma ora posso dirlo: è un uomo forte, lo sai anche tu. Vedrai, uscirà da qui con le sue gambe... e sarà sano, vedrai.- 
- Deve.- fece Sam - Devo... devo chiedergli scusa...- 
- Ma che dici?- fece Jessica - Tu non gli hai fatto nulla... non sei stato tu a dirgli quelle cose orribili e a spingerlo a lasciarsi andare...- 
- Quando eravamo piccoli mi diceva sempre di non preoccuparmi..- fece Sam carezzandogli il dorso della mano destra - Che pensava lui a me, che mi avrebbe difeso e protetto sempre... e l'ha fatto. Mi ha fatto da padre e madre, mi ha difeso dai bulletti a scuola, mi ha dato manforte quando ho scelto di studiare da avvocato.... io che ho fatto per lui? 
Ho lasciato che papà si portasse via tutta la sua vita, l'ho lasciato solo ad affrontare l'inferno... e gli ho pure detto che mi sembrava una marionetta certe volte....- 
'' Perdonami. Se vuoi non rivolgermi più la parola, ma ti prego, torna da noi.''
- Tu gli vuoi bene.- fece Jessica - e lui lo sa. Tutto il resto non conta.- fece la bionda abbracciandolo forte pregando con tutta la forza che aveva in corpo che quella brutta faccende si risolvesse presto e nel migliore dei modi.
Avevano già sofferto abbastanza. 

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Capitolo 10
*** Promesse spezzate ***


Un altro che quella notte non riuscì a prendere sonno era John Winchester. Era rimasto sveglio a pensare alla sua vita e quello che aveva fatto di buono.
Laurea a Stamford in medicina con il massimo dei voti... specializzazione in chirurgia, mai un giorno libero, quelli che doveva necessariamente non lavorare li passava a spulciare le cartelle cliniche a cercare quello che poteva essere sfuggito, articoli su riviste mediche specializzate, riconoscimenti... 
Poi si era messo a cercare delle vecchie foto. 
Cercava le foto del primo giorno di scuola di Sam e Dean per rivedersi mentre li accompagnava tenendoli per mano... quando era andato alle recite di Sam o alle fiere della scienza a cui partecipava.... del giorno in cui Dean aveva vinto la sua prima medaglia nei 100 di stile libero... le foto di qualche compleanno...
Ma non ne trovò nemmeno una. 
Non c'era una sola foto che immortalasse un momento importante dei suoi bambini e che nello stesso tempo immortalava il sorriso raggiante di un padre orgoglioso.
'' TI SEI PERSO TUTTA LA NOSTRA VITA!''- gli aveva strillato Sam con gli occhi lucidi di pianto ma che allo stesso tempo parevano bruciare d'odio puro. 
Ed aveva ragione. Si era perso tutto... la sua ossessione di riuscire a salvare quante più persone possibili, accorgersi prima che fosse tardi che magari una dermatite apparente in realtà era un tumore della pelle per salvare la vita al paziente e risparmiare ai suoi familiari lo stesso calvario che avevano sofferto loro... per certi versi era una cosa nobile, ammirevole... ma si era concentrato così tanto su ciò che non aveva più tanto da dimenticarsi di quello che gli era rimasto.
Si era perso i compleanni, promesso di andare a quegli eventi in cui un bambino era al settimo cielo di vedere i genitori a scuola... ma poi il lavoro, un scrupolo in più glielo impediva. 
'' Non preoccuparti papà: lo so che salvi le persone e che non è colpa tua''
'' Sammy, non ti arrabbiare... papà è un supereroe... lui salva le persone. Se non ci fosse lui molti starebbero male''.
Dean l'aveva sempre difeso, sempre giustificato... con sè stesso, aveva sempre cercato di non farlo litigare con Sammy... praticamente il figlio che ogni padre avrebbe voluto. 
Un figlio che gli aveva sempre dato appoggio e fiducia incondizionata... e non gli aveva mai chiesto nulla in cambio se non un po' d'amore... che lui aveva scambiato per orgoglio ed approvazione.
'' E HAI COSTRETTO DEAN A GETTARE LA SUA!''- Sì, l'aveva fatto... ma all'epoca, quando il figlio gli aveva detto che gli sarebbe piaciuto diventare un atleta o uno scrittore, e gli aveva consigliato di scegliere qualcosa che gli avrebbe dato di che vivere fino a quando non avesse lasciato quel mondo... pensava di aver agito per il suo bene.
- Dio... lo so, è da quando hai preso Mary con Te che abbiamo litigato...- pregò John - So che non ho il diritto di chiederti nulla... ma ti prego, non portarmi via anche lui... ho perso mia moglie... ho cacciato di casa un figlio... adesso mi odia, ma niente da dire, me lo merito tutto... lui è tutto quello che mi resta... 
Lo so... il cielo è invidioso della terra e quando può ruba i suoi fiori più belli... ma ti prego, lascialo qui.
Prendi me. La mia vita non vale niente... Dean e Sam sono ragazzi in gamba, possono fare tutto quello che vogliono, realizzare tutto quello in cui credono, ed hanno la possibilità di essere felici.
Io questa possibilità l'ho sacrificata. Gli anni migliori, le occasioni più belle se ne sono andate... ma loro hanno diritto di essere felici.
Prendi me, non m'importa.- 
Le sue preghiere vennero interrotte da Ellen, che entrò nel suo ufficio con un thermos di caffè. 
- Hai dormito qui?- chiese la dottoressa. 
John dissentì - Ho pensato. Ho recriminato. Ma non ho dormito.... come sta Dean?- 
- E' stabile.- fece Ellen - La frequenza cardiaca e circolatoria sono in regola, ma le onde cerebrali sono ancora irregolari...- vedendo che l'amico stava per avere un crollo nervoso fece - Ma Dean è un ragazzo forte, è riuscito a sopravvivere ad una cosa in cui molti si sarebbero arresi...-
John sorrise - Lo è sempre stato. Dean significa '' Condottiero''. E' nato per vincere... e l'ha sempre fatto. Solo che non avrei dovuto essere io a scegliere le battaglie che avrebbe dovuto combattere.
E ora... l'ho perso per sempre.- 
- Non dire sciocchezze.- fece Ellen - Lui è qui. E' vivo, ha il cuore che batte, e il sangue che gli scorre nelle vene. 
Non l'hai perso.- 
- Sam non mi lascia nemmeno avvicinare al suo letto.- fece John - Ha ragione... in fin dei conti... se è lì... è perchè gli ho detto una cosa orribile.- 
- Si, è vero.- fece Ellen - e francamente non so cosa mi trattenga dall'attaccarti al muro. Hai fatto la cosa più abietta e meschina che quel povero ragazzo potesse subire... ma in questo momento ha bisogno anche di te. Dell'amore di suo padre, di sentire la sua vicinanza.
Io ti distraggo Sam. Tu va da tuo figlio.- 
John sorrise - Grazie Ellen.-
- Non ringraziarmi.- fece Ellen - Lo faccio per tuo figlio.-
...
...
...
- Sai a cosa ho pensato?- fece Sam - che potremmo tenere un diario su quello che succede mentre sei nel mondo dei sogni... così quando ti svegli lo guardiamo insieme... magari ci facciamo pure due risate... mi manca tanto sentirti ridere... le tue battute a cui ridi solo tu...
Mi manchi tu. Non sai che darei per riaverti indietro, per vederti mentre stai di nuovo bene... avrei voluto dirti '' Ti voglio bene'', più spesso.... e voglio continuare a dirtelo... ti prego, torna da noi.
Lo so che vuoi. So che odi quando ti mettono in panchina... stavolta devi vincere a tutti i costi, capito?- 
In quel momento entrò Ellen. 
- Ellen...- 
- Ciao tesoro...- fece la dottoressa - Come sta?- 
- Sembra che abbia la malattia del sonno.- fece Sam. Per un attimo gli era venuta la tentazione di chiamare Castiel, chiedergli di venire in ospedale... chissà se era vera quella storia... quella che il bacio del vero amore spezzava ogni maleficio... ma poi si era ricordato che anche lui doveva essere sicuramente a pezzi, e che fosse meglio permettergli di ricaricare le batterie almeno per un po' - vorrei trovare un modo per farlo stare meglio...-
- Lo stai già facendo.- fece Ellen con un sorriso - sei qui. E gli stai facendo sentire tutto il tuo affetto. E credimi, questo gli fa più bene di tutte le medicine e di tutti i trattamenti a cui potremmo sottoporlo.- 
- Mi sembra che non serva a molto.- fece Sam carezzandogli il viso.
- E tu invece?- fece Ellen con fare materno - come ti senti?-
- A pezzi.- fece Sam - ma non c'entra la stanchezza... Dean... quando eravamo bambini... ed anche ora... eravamo quasi opposti... io sono sempre stato quello tranquillo, quello calmo... lui invece era un terremoto. Sempre pieno di voglia di fare, pieno di energia...
Vederlo così... immobile in un letto d'ospedale legato ad un monitor.... è frustrante, avrei voglia di spaccare tutto...- 
Ellen lo strinse forte per calmarlo - Lo so. Ed è quest'energia che ha che lo aiuterà ad uscirne fuori.
Non devi disperare. Devi essere forte, anche per lui.... va a casa a riposarti un po'...  basta già tuo fratello da curare...- 
- Non voglio.-  fece Sam - quando si sveglierà devo essere qui o penserà che l'ho lasciato da solo un'altra volta...-
-Ehy.- fece Ellen - Dean ha bisogno di te, ma se fosse cosciente ti direbbe di non fare storie e di andare a dormire da solo o ti darebbe un sedativo lui. Rimango io con lui: tu va a casa, fai un pisolino, ti fai una doccia e poi torni qui.- 
Sam fece per protestare, ma Ellen quasi lo fulminò e alla fine si convinse. 
Appena ebbe la sicurezza che fosse lontano a sufficienza, Ellen mandò un messaggio a John ed il medico si recò nella camera del figlio.
Gli si avvicinò con cautela.
- Dean.... tesoro...- fece John con voce commossa. Quando lo chiamava così era appena nato o comunque abbastanza piccolo da conservare ancora quella purezza e quell'innocenza infantile.
Per un attimo gli era sembrato di rivedere quel bambino, pacificamente addormentato nel suo letto, di sorridere nel pensare ai sogni che stava facendo e al desiderio paterno di vederlo sempre così...
Dio, sembravano cose avvenute una vita fa!
Ed in un certo senso era così.... certe volte gli pareva di aver vissuto due vite. La prima, serena e felice, fatta di una casa con un bel giardino, una moglie dolce ed amorevole che lo aspettava e lo baciava quando tornava a casa dal lavoro e due bambini sani e felici che amava con tutto il cuore.
Poi la seconda... fatta di fama e successo, ma dove aveva deliberatamente trascurato le cose più importanti che aveva.
- Ti ricordi quando eri piccolo...- fece John carezzandogli la fronte imperlata di sudore - Quando ti ammalavi.... la mamma ti preparava sempre una spremuta d'arancia ed una minestra di riso... e quando provava ad imboccarti, tu ti arrabbiavi, perchè ti sentivi già un ometto e volevi fare da solo.... avevi già un carattere molto forte ed una volontà di ferro... so che potresti svegliarti anche adesso, se solo tu lo volessi...
Ma ti capisco. Io... la mia approvazione era la cosa a cui tenevi di più... perdonami.
Mi sono sempre ritenuto un uomo di ampie vedute.... ma non sono riuscito a fare l'unica cosa che ti dovevo.... essere felice per te e la tua felicità. Ma lo sono Dean. Sono orgoglioso di te, di vedere l'uomo che sei diventato... sei un uomo migliore di me, sotto tutti i punti di vista. Meriti di essere felice.... torna da noi. Se non vuoi farlo per me ti capisco.... merito tutto il tuo risentimento... ma Sammy, il tuo fidanzato, Bobby, Ellen, Jo, Benny.... loro non meritano di vederti mentre te ne vai...- nel dir così baciò la fronte del figlio, proprio come faceva quando era piccolo e lo metteva a letto. 
Si alzò dalla sedia ed uscì con le lacrime agli occhi. 
Era tanto tempo che non parlava con suo figlio. Quando parlava con i suoi colleghi e loro si lamentavano di non riuscire a comunicare con i figli, che era come parlare con un muro, o come due persone che venivano da paesi con usi, costumi, credenze e lingue diverse... lui si riteneva fortunato, perchè lui con suo figlio aveva un ottimo rapporto. Solo ora si rendeva conto che quel rapporto tanto perfetto esisteva solo nella sua testa... sì, parlava spesso con il figlio, ma parlavano quasi sempre dei tempi con cui affrontava l'università, quanti esami mancavano, e di altre cose legate alla professione medica... non avevano mai parlato di come stava lui, se era felice o meno... non ci aveva mai pensato di chiederglielo.
Ed ora che finalmente aveva capito tutto il male che gli aveva fatto in quella sua folle ossessione... forse non l'avrebbe rivisto mai più. 
Ormai era fuori pericolo, ed era sicuro che non avrebbe patito conseguenze... ma non era così certo che avesse ancora voglia di parlargli. E non gli dava torto. 
Così preso dai suoi pensieri non si accorse quasi di essersi scontrato con Castiel Novak.
- Signor Winchester...- fece Castiel abbozzando un sorriso - Ero... sono venuto a trovare Dean...-
- Si, si... bravo.- fece John passandogli accanto come se fosse di vetro.
Castiel si sentì quasi morire nel leggere in quello sguardo -'' Lo sai che mio figlio è quasi morto per colpa tua, e che a causa tua il nostro rapporto è distrutto vero?''
Castiel non disse nulla. Lo sapeva.
Era vero. 
Malgrado il senso di colpa entrò comunque nella stanza dove dormiva il suo ragazzo.
- Ciao...- fece Castiel avvicinandosi a lui con un mazzo di tulipani - April diceva che le rose erano scontate così... eccoci qua.- 
Rimase a fissarlo, come faceva sempre quando si svegliava prima di lui.
'' L'ho detto e lo ripeto... sei la mia bella addormentata.''

Una mattina Dean si svegliò all'alba e la prima cosa che vide furono gli occhi azzurri del compagno.
- Buh...- lo salutò Castiel.
- Vedi qualcosa che ti interessa?- 
- Mi piace guardarti mentre dormi...- fece Castiel carezzando quel volto così perfetto - sei la mia bella addormentata.-
- E tu chi sei?- fece Dean rilassandosi sotto quel tocco così delicato che pareva appartenere ad un angelo - il principe azzurro?- 
- Certo.- fece Cas baciandolo sulle labbra - ti sveglio con il bacio dell'amore vero.- 
Dean fece roteare gli occhi con un sorriso birichino - Lo sai vero, che nella versione originale... la principessa viene violentata da un principe di passaggio, e non è il bacio dell'amore vero a svegliarla ma è il bambino frutto della violenza subita a portarle via l'ago che l'ha punta succhiandole il dito..-
- Ah davvero?- fece Castiel baciandolo sul collo - E sentiamo, tu come sai tutte queste cose?- 
- Sammy. Aveva solo otto anni e già voleva fare il saputello....- e nel dir così tentò di imitare la vocina di un Sammy di otto anni - '' Ma Dean è empiricamente impossibile che una zucca si trasformi in una carrozza''.- 
Risero entrambi.
- Eh no... le favole non sono proprio racconti zuccherosi....- fece Dean, mentre Castiel gli carezzava il viso.
- Io non farò mai nulla per farti del male.- fece Castiel - mai, capito? Sarò tutto quello di cui avrai bisogno.... forse non il principe azzurro delle favole, visto che se guardi bene di idilliaco c'è ben poco.... ma posso sempre essere il Robin Hood, Lancillotto... posso diventare anche il tuo Ivanohe se ne avrai bisogno.- 
- Potresti diventare uno che può farmi avere una tripla dose di caffè allora?-  fece Dean - ne avrei proprio bisogno sai?- 
- Beh...- fece Castiel prendendolo tra le braccia - dipende... se farai qualcosa per meritartelo...-
- Ehy, questo è un ricatto bello e buono lo sai?- fece Dea ridendo. Ma mai era stato più felice di cedere ad un ricatto in vita sua.

- Amore mio, perdonami...- fece Castiel con le lacrime che gli solcavano il visto - Avevo promesso... avevo giurato che non ti avrei mai fatto del male... che mi sarei preso cura del tuo cuore... che non ti avrei mai fatto del male.... ma te ne avevo già fatto quando ti ho detto che non potevo vivere senza di te, che ti amavo e che la tua assenza era puro veleno... 
Se solo avessi conservato quel sentimento nel mio cuore, si avrei sofferto, magari avresti incontrato una donna, vi sareste innamorati e sposati... ma almeno non saresti qui. 
Ma ora... voglio rimediare. 
Dean, io ti amavo prima, ti amo adesso e so che anche negli anni che verranno non riuscirò ad amare nessuno come amo te... ma... ci dobbiamo lasciare. Non posso continuare a starti accanto, guardarti e dire '' per fortuna ora stai bene, riprendiamo la nostra vita'' fingendo che se non ci fossimo incontrati non sarebbe successo nulla.- nel dir così lo baciò sulle labbra, mentre il viso veniva affogato dalle lacrime - Addio... ti amo. Voglio che tu lo sappia.- e con il cuore a pezzi e gli occhi annegati di lacrime uscì dalla stanza di Dean e forse dalla sua vita.
Gli occhi talmente gonfi di pianto da non fargli vedere la lacrima che solcava il viso di Dean, ancora privo di sensi. 

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Capitolo 11
*** Un traumatico risveglio ***


Sam tornò in ospedale dopo quasi un'ora. Sì, era riuscito a dormire un po', ma un sonno agitato e senza sogni. Quindi decise di tornare subito in ospedale, per prendersi cura del fratello.
- Vorrei fare di più per te.- fece Sam poggiandogli un panno umido sulla fronte, quasi per aiutarlo a riprendere conoscenza, per poi passare a stringergli la mano - Dean, mi dispiace tanto... quando eravamo piccoli eri sempre tu ad occuparti di me... mi dicevi sempre '' Non aver paura Sammy''.... ed io mi tranquillizzavo... ma non avevo capito che dovevamo proteggerci a vicenda... tu mi hai sempre difeso da tutto e tutti, anche da papà... ed io in cambio ti ho lasciato solo. Pure quando hai scelto di buttarti tutto alle spalle per farlo contento... non ti ho difeso, non ho difeso quello che volevi con la stessa enfasi con cui ho difeso i miei sogni, con la stessa enfasi con cui tu mi hai sempre difeso da questo mondo...- fece Sam piangendo - e sai... cosa mi sono detto.... quando... quando hai deciso di vivere una vita per compiacere papà? Che erano fatti tuoi se volevi vivere come un fantoccio.... dovevo proteggerti e invece ti ho lasciato solo. 
Tu non sai quanto mi vergogno di me stesso, per quello che ti ho fatto... ma ti chiedo solo un'altra possibilità. Ti prego.- 
- Sam...- fece Jessica entrando nella stanza.
Sam si asciugò le lacrime in fretta e furia - Jess... ciao...-
- Volevo sapere come stavi... come stava... non  ti volevo disurbare, ho visto che stavate parlando...- fece la bionda. 
- Nessun disturbo.- la tranquillizzò Sam - so che è assurdo... ma io ho la sensazione fortissima che riesca a sentirmi e che capisca quello che dico.- 
'' E forse è per questo che non si sveglia. Quante giustificazioni vuoi ancora dare per il tuo comportamento sconsiderato? Hai tirato fuori le palle per difendere le tue ambizioni, ma quando avresti dovuto rendere il favore all'unico che si può dire ti abbia sempre dimostrato un amore senza confini... sei stato capace di dire, la vita è tua fanne quello che vuoi ma non venirti a lamentare da me quando a cinquant'anni ti sentirai in gabbia.''
Le loro chiacchiere vennero interrotte dai alcuni mugoliì... e Dean che aveva mosso la testa. - Dean...- fece Sam che non riusciva a crederci - Jess, corri a chiamare un medico, ma non far avvicinare mio padre...- - Ok.- fece la bionda correndo fuori dalla stanza.

- Dean...- fece Sam prendendogli la testa tra le mani - ascolta. Il tuo cervello funziona.... più o meno... tutto quello che devi fare è comporre una parola e farla uscire delle tue labbra... ok? Fallo per me, ti prego.- 
-S....a....m...- fece Dean aprendo del tutto gli occhi. 
'' Oddio ti ringrazio!''- fece Sam piangendo dalla gioia appoggiando la testa sulla fronte del fratello - Io... io... io sto comprando un anello di fidanzamento per chiedere a Jessica di sposarmi... so che magari non è la tua prima priorità in questo momento ma.... tu sei l'unico a cui avrei voluto dirlo...- 
In quel momento rientrarono Jessica e Benny. 
- Ben... è sveglio... e credo anche che non abbia patito conseguenze...- fece Sam. 
- Questo lascialo decidere a me...- fece Benny sedendosi vicino all'amico e collega - Dean, ascolta... sei quasi affogato nell'Hudson, e mentre ti rianimavano il flusso sanguigno al cervello si è interrotto per un po'.... devo assicurarmi che tu non abbia riportato danni cerebrali... adesso muoverò un dito ok? Se mi senti, seguilo con gli occhi, va bene?- nel dir così iniziò a muovere una mano in tutte le direzioni e quando vide che le pupille dell'amico si muovevano in direzione dei suoi movimenti si tranquillizzò. 
- Ma che cosa.... che mi è capitato.... perchè sono qui....?- fece Dean. 
- Hai avuto un incidente... ti ricordi, lo schianto con il ferry boat?-  fece Benny - stavi soccorrendo un uomo, ma per errore ti ha buttato in acqua e sei quasi annegato...- 
- Dean, ne hai salvati tanti.... dico davvero.- fece Sam. 
Dean iniziò a ricordare poco per volta... incluso quello che era appena avvenuto con Castiel ed iniziò ad agitarsi, ad urlare e piangere. 
- Mi ha lasciato... Castiel mi ha lasciato...- 
- Dean, cerca di calmarti...- fece Benny tentando di tenere fermo  l'amico - Dean, il tuo cuore è ancora debole, se non ti stabilizziamo rischi un attacco di cuore...- 
- Ditemi che non è vero, che è stato un brutto incubo, per favore...- supplicava Dean tra le lacrime, agitandosi come se fosse in preda alle convulsioni. 
- Dean, calmati... gli ho appena mandato un messaggio... vedrai, presto sarà qui.- 
- No... non verrà...- continuava Dean come se stesse ripetendo una cantilena. 
- Certo che verrà!- fece Sam cercando di calmarlo come poteva - vedrai... il tempo di prendere un taxi e di arrivare...- 
- Ok, Dean...- fece Benny iniettandogli in vena una dose di morfina - scusa, ma è l'unico modo che ho per tenerti buono...- 
Dean iniziò lentamente a calmarsi, prima di lasciarsi andare nuovamente all'oblio.
- I parametri stanno tornando in regola.- fece Benny. 
- Allora, come sta?- fece Sam. 
- Escludo qualunque forma di danno cerebrale.- fece Benny - Si sentirà infreddolito e fiacco per un po' di tempo.... ma se sta al caldo e beve tanti liquidi presto starà di nuovo bene.-
- Oddio...- fece Sam sorridendo, ricominciando a respirare - Signore ti ringrazio.... ma allora secondo te come si spiega questo... si, insomma, l'attacco che ha avuto.- 
- Non ho una risposta a questa tua domanda.- fece Benny - però... se era  vigile ed ha sentito quello che succedeva attorno a lui...- 
Ed un atroce sospetto si fece strada in Sam.
Sul comodino del fratello c'era un mazzo di tulipani. Nessuno dei suoi colleghi dell'ospedale gliene avrebbe portati... si, forse mentre lui non c'era suo padre si era avvicinato alla camera di Dean ma... no, non era un pensiero che suo padre gli avrebbe portato, non ci vedeva nemmeno Bobby.... quindi doveva essere passato per forza Castiel.
Però... non si portavano fiori alla propria fiamma se l'intenzione era dire '' Scusa, ma tra noi è tutto finito, amici come prima''.
L'unica era che fosse successo qualcosa... che avesse incontrato qualcuno che gli avesse detto qualcosa in merito al fatto che Dean si trovava in quello stato per colpa della loro relazione non più segreta per il loro padre... 
Si precipiò a passo spedito nello studio del padre, con uno sguardo che se avesse potuto incenerire, John Winchester sarebbe diventato cenere in meno di un secondo. 
- Sam...- fece John sorpreso di vedere lì il figlio - che... che succede?- 
- Niente...- fece Sam - Un chiarimento....- 
- Ok, ascolta...- fece John preparandosi per la difesa - se è perchè sono andato...-
- Ah, allora, sai di cosa stiamo parlando.- fece Sam guardandolo con odio - Credevo di essere stato chiaro. Non dovevi nemmeno provare a guardarlo da lontano.- 
- Non puoi impedirmi di vedere mio figlio.- fece John.
- E di parlare con il suo fidanzato? Anzi no... ex fidanzato, grazie a te. Che cosa gli hai detto eh?- lo sfidò Sam - che per tuo figlio volevi qualcosa di meglio? Che se era destino che si mettesse con un uomo minimo doveva essere Tom Ford? Che è per colpa sua se avete litigato e gli hai detto quelle parole? 
Beh, mi spiace deluderti. Ma la colpa è solo tua. Smettila di scaricare tutto sugli altri.-
John era rimasto in silenzio.
- Hai finito? Bene. Perchè adesso parlo io.- fece John - Ascolta, è probabile che il signor Novak sia venuto a trovare Dean, anzi, sono abbastanza certo che mi abbia incrociato nel corridoio e salutato... ma io non gli ho nemmeno risposto, e non per i motivi che pensi tu.
Ero molto preoccupato per la salute di tuo fratello.-
Sam iniziò a collegare i puntini.
Con tutta probabilità Castiel era venuto in ospedale per vedere Dean, sperava di trovarlo sveglio, e visti i fiori magari c'era in programma anche una scena da film romantico... poi aveva visto John, doveva aver scambiato quello sguardo vuoto ed assente come un'occhiata di ribrezzo, un'accusa...
- Insomma non ne fai una giusta!- fece Sam uscendo dallo studio del padre sbattendo la porta con tutta la rabbia che aveva in corpo, lasciando John a chiedersi di nuovo dove poteva aver sbagliato.... quella volta.
...
...
...
Senza dire una parola, il piccolo di casa Winchester si precipitò al negozio di elettronica dove Castiel lavorava. Stava lavorando al computer, probabilmente stava facendo l'inventario, ed era così concentrato che non si era nemmeno accorto di non essere solo. 
- Sarò da lei tra un momento, signore.- fece il commesso per poi alzare lo sguardo ed incrociare quello deluso ed arrabbiato di Sam - Sam... ciao.... posso... posso aiutarti in qualche modo?- 
- Dean si è svegliato.- fece il ragazzo.
Per un attimo sul volto di Castiel si dipinse un sorriso e sentì il cuore scoppiargli dalla felicità, ed il primo pensiero che ebbe era quello di correre da lui, abbracciarlo fino a minacciare di soffocarlo o farlo morire per mancanza d'aria a causa di tutti i baci che gli avrebbe dato.... ma poi si ricordò che per il bene di quel ragazzo che per lui contava più di ogni altra cosa al mondo, era bene stargli lontano il più possibile. 
- Sta... sta bene?- chiese Castiel cercando di rimanere distaccato. 
- Dimmelo tu.- fece Sam - Se il tuo ragazzo ti avesse dato il benservito mentre eri ancora in coma ... si, hai capito, era in uno stato in cui riusciva a comprendere quello che succedeva attorno a lui... tu staresti bene? Ha rischiato di avere un infarto.- 
- Ma ora sta bene.... vero?- fece Castiel preoccupato. 
- Se ti preoccupa tanto la sua salute perchè non vai a trovarlo?- fece Sam - senti, ti propongo un accordo: tu vai da lui, ti fai trovare accanto a lui appena si svegli, e gli dici che ha avuto un incubo.... ed io forse non ti riduco ad un colabrodo per questa tua bravata.- 
Castiel lo fissò per un lunghissimo istante prima di dire - No. Non posso.- 
- Ma come non puoi?- fece Sam sempre più alterato - Il tuo fidanzato, l'uomo che ami, che ha sfidato suo padre... e sai quanto ci teneva alla sua approvazione....  per stare assieme a te, è quasi morto... anzi, diciamo pure che è morto, ma che un miracolo ce l'ha restituito.... 
Hai una seconda possibilità con lui e tu la mandi a monte per cosa?- 
- Per proteggerlo.- fece Castiel - se ha tentato di ammazzarsi è stato per colpa mia. Io sono la causa del litigio tra lui e suo padre, il motivo per cui ha deciso di lasciarsi andare in acqua... e non lo dimentico.- 
Sam si mise le mani nei capelli esasperato. Era proprio vero quel detto che chi si somiglia si piglia. Dean era un testone di prima categoria, non poteva che innamorarsi di un altro testone. 
- Ancora? Non è stata colpa tua! Mio padre ha una lingua larga ed è di vedute ristrette, è stato questo il motivo per cui Dean ha cercato di uccidersi.- sbottò Sam - Tu sei la cosa che più gli ha fatto bene in tutto questo tempo.-
- Talmente bene che per poco non moriva.-
- Ascolta... era solo questione di tempo. Tu non hai idea di quante ne abbia dovuto mandar giù per essere il figlio perfetto che papà voleva... e ti assicuro che dopo un po' la bottiglia scoppia.- fece Sam - e poi ti assicuro, che fossi tu, un altro... potevi anche essere una ragazza per quel che mi riguarda, ma Dean avrebbe fatto la voce grossa comunque per difendere la vostra storia e sarebbe finita allo stesso modo.- 
- Non puoi saperlo.- ribattè il moro. 
- Mio padre lo conosco meglio di te. Fidati.-
- Senti... non ce la faccio.- fece Castiel chiudendo il portatile - A stargli vicino e sapere che per colpa mia, della nostra storia, il suo rapporto con suo padre è degenerato.- 
- Ma quale rapporto?- fece Sam - Mio padre non ha rapporti, solo conoscenze di lavoro. E se finora Dean è riuscito ad andarci d'accordo è perchè si è limitato a sorridere ed annuire. Vieni con me. Ti prego.- 
- Non posso.- fece Castiel - Anzi, non vorrei sembrarti maleducato ma al momento ho moltissimo da fare, a meno che non ti serva qualcosa ti pregherei di andartene...-
Sam sentì le lacrime iniziare a pizzicargli gli occhi. Rabbia, odio, dolore... 
Sam lo afferrò con rabbia per il colletto della camicia, lo sbattè contro il muro e lo fissò con occhi cattivi - Io adesso vado. Ma se per caso Dean avrà un infarto, allora si che sarà colpa tua.
E ti giuro su Dio, fosse l'ultima cosa che faccio... torno, prendo tutte le spine e le prese elettriche che hai in negozio, te le metto nel posto dove non batte il sole e attacco la corrente.- nel dir così lasciò la presa ed uscì dal negozio sbattendo la porta con rabbia. 
Castiel si sistemò la camicia, ed in un impeto di rabbia lanciò per terra il computer. 
...
...
...
Quando Sam tornò dal fratello si scontrò quasi con Benny che stava uscendo dalla sua stanza. 
- Ben...- fece Sam - Come sta?-
Dalla sua posizione poteva farsi un'idea abbastanza precisa. Era sveglio, sembrava tranquillo, ma aveva il volto pervaso da un'espressione sofferente, gli occhi rossi per il pianto.
Non bene. Forse fisicamente, ma emotivamente era a pezzi.
E chi non lo sarebbe stato? Dopo una prova simile, l'unica cosa che si sarebbe aspettato... di vedere la persona che amava china su di sè, sorridente tra le lacrime di gioia che gli faceva giurare che non l'avrebbe fatto mai più, non si era avverata... anzi. Non aveva avuto nemmeno il coraggio di aspettare che si fosse ripreso per dirglielo in faccia.
Non avrebbe mai pensato che Castiel fosse un simile codardo. 
- Fisicamente sta bene... le facoltà cerebrali sono intatte, è cosciente, reagisce.... solo che...- fece Benny.
- Solo che?- 
- Beh, lo vedi anche tu in che stato è.- fece Benny.
Sam entrò nella stanza del fratello e si sedette vicino a lui, carezzandogli fraternamente un braccio, sorridendogli dolcemente - Ehy.- 
Dean non cercò nemmeno di trattenere una lacrima che gli solcava il viso. Non c'era bisogno che nascondesse il suo dolore. Non a Sammy almeno. 
- Mi sei mancato tanto fratellone... che credevi di fare?- fece Sam con il tono più dolce che aveva.
- Non è stato un incubo. E nemmeno il cervello o i farmaci.- fece Dean. Non c'era bisogno che specificasse a cosa si riferiva.
Sam sospirò tristemente - No.
Mi dispiace tanto. Credimi.-
- Va... va... va tutto bene....- fece Dean trattenendo un singulto - doveva andare così....- 
- No, non dirlo.- fece Sam - Non meriti tutto questo. Niente di quello che è successo doveva accaderti...-
Dean a quel punto non ne potè più ed iniziò a piangere, singhiozzando, sfogando tutta la rabbia, il dispiacere ed il dolore che sentiva nel cuore. Sam lo prese tra le braccia e lo cullò dolcemente, proprio  come Dean aveva fatto con lui molte volte quando era piccolo e si svegliava nel cuore della notte in preda ad un incubo o quando scambiava le ombre dei rami mossi dal vento per streghe e mostri appostati nel buio della sua stanza pronti a mangiarselo.
Lo cullò sino a che non si addormentò. 
...
...
...
Quella stessa sera, Ellen e Jo convinsero Sam a tornare a casa, promettendogli che si sarebbero occupate loro di Dean. Dopo essere stato quasi minacciato di venire usato come cavia per le auotpsie per i praticanti, Sam decise di accettare e la stessa sera si confidò con Jessica riguardo agli avvenimenti recenti. 
- Non ci posso credere...- fece Jessica - povero Dean...-
- Già... prima mio padre, poi l'annegamento e adesso questo.... dovevi vederlo, non l'avevo mai visto così... così smarrito, sembrava un bambino...- il bambino che non era mai stato, a cui avevano rubato prima i sogni e poi la fiducia nelle persone e nella vita. 
Era stato tradito due volte nel giro di... quanto, quarantotto ore? Prima da suo padre, per il quale aveva rinunciato alle sue ambizioni e ai suoi sogni per renderlo felice ed orgoglioso.
Poi dal suo ragazzo, per il quale aveva sfidato il genitore.
Non era giusto.  Dean era una persona meravigliosa, piena di qualità, e non meritava tutto questo.
- Jessica io... io non me la sento di lasciarlo solo in un momento del genere...- fece Sam. 
- Ma certo... non puoi... non possiamo...-  fece Jessica - Sai già quando lo dimetteranno?- 
- Ci vorrà parecchio... ma per quel momento, immagino che non vorrà tornare nel suo appartamento...- con tutti i ricordi e le cose di Castiel in giro sarebbe stato solo dolore gratuito... e l'idea di saperlo di nuovo sotto lo stesso tetto con il padre, l'uomo che era il diretto responsabile di quel degrado lo faceva impazzire.
- Potrebbe... potrebbe venire a stare qui.- propose Jessica con un sorriso - C'è una camera in più, non ci sta nessuno... a rimetterla a posto non ci metteremo molto, può fare qui la convalescenza e sarebbe seguito da persone che gli vogliono bene.- 
Gli occhi di Sam si illuminarono  e corse a baciare la fidanzata. 
- Sei la ragazza più incredibile che conosco, te l'ho mai detto?-
Jessica sorrise - E' anche per questo che mi ami, no?- 

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Capitolo 12
*** Amare e odiare ***


Prendersi cura di Dean fu meno facile di quanto Sam avesse mai pensato. Il giovane medico era ancora molto provato, non tanto dall'essere quasi annegato e nemmeno dall'aver vissuto un'esperienza di premorte di cui tra l'altro non aveva ancora fatto cenno o parola con nessuno, come lo era di essere stato piantato in asso, in ospedale, mentre lottava per tornare dalle persone che amava, di tornare da una persona per la quale aveva scelto di continuare la vita che per quanto dolorosa fosse, che a volte gli dava tante soddisfazioni e tanta gioia, ma che allo stesso tempo lo faceva sentire come se fosse chiuso in un sacchetto di plastica fissato con il silicone...
E lui l'aveva lasciato. Dall'oggi al domani, senza una spiegazione. 
E mentre era in stato di incoscienza, non aveva nemmeno avuto il coraggio di affrontarlo a viso aperto per dirgli '' Tra noi è finita''.
Era questo a renderlo apatico e quasi insensibile ad ogni tipo di premura. 
- Ciao Dean!- fece Sam entrando nella stanza del fratello con il sacchetto di un fast food della catena di ristoranti Biggerson - Ellen ha detto che puoi mangiare quello che vuoi, e visto che il cibo dell'ospedale è uno schifo... doppio cheeseburger con bacon ed un uovo fritto, patatine grandi e crostata di fragole.-
Dean guardò distrattamenti il cibo per poi dire - Mangialo tu.... io non ho fame...- 
- Dean.- fece Sam poggiando il sacchetto sul comodino - Guarda che lo so che stai morendo di fame, è dalla mattina dell'incidente che non metti niente di solido nello stomaco.- Dean si stese su un fianco, abbracciando il cuscino - almeno un pezzo di crostata.... l'ha fatta Jessica apposta per te, non vorrai mica offenderla.-
- Allora non ho voglia di mangiare.- 
- Dean, ascolta... - fece Sam sedendosi accanto a lui - lo so che sei arrabbiato, e hai tutte le ragioni per esserlo... ma devi mangiare, o ti ammalerai. Non puoi andare avanti a fisiologica calda e sostanze nutritive per via endovenosa...- 
- No Sammy, io non sono arrabbiato.- fece Dean con gli occhi rossi - Io sono deluso. Anzi, si, sono anche arrabbiato. Ho sempre dato tutto quello che avevo, per tutti, senza dire una parola. E sai cosa, tutto sommato non mi è pesato nemmeno così tanto come forse potete pensare.
Una cosa sola chiedevo alla vita, una... di trovare qualcuno che mi facesse sentire amato, che fosse in grado di aiutarmi a superare i momenti brutti e condividere quelli felici, una persona in gamba disposta a vivere una storia diversa, fregandosene del giudizio della gente...-
- E arriverà.- fece Sam - ascolta, lo so che ti sembrerà una frase fatta ma... la persona giusta ti assicuro esiste, e molto presto v'incontrerete. Vi innamorerete, e sarà bellissimo... non rinunciare all'idea di essere felice per colpa di una storia finita male.- 
Dean sospirò. 
- Ma io non mi chiudo perchè penso che siano tutte cazzate quelle che si dicono sull'anima gemella...- fece Dean - Io non riesco a credere di incontrare qualcuno che possa rendermi felice.... perchè io l'amo ancora. Perchè qualunque cosa possa avermi detto, pure il modo con cui mi ha lasciato... non c'è nulla che riesce  cambiare il fatto che penso a lui continuamente... che non riesco a respirare se non c'è lui... che non so come farei se gli capitasse qualcosa...- le lacrime ricominciarono a scendere - e sapere tutto questo, sapendo che non potrà esserci più nulla... 
Mi sembra di avere un coltello piantato in mezzo al cuore.... e quando cerco di estrarlo...- vedendo le lacrime che scorrevano senza freni sul viso del fratello, il piccolo di casa Winchester lo prese tra le braccia.
- Così... bravissimo... sfogati...- fece Sam tenendolo stretto - ti sei tenuto tutto dentro per troppi anni... adesso lasciati andare... poi potrai pensare al futuro... a mente fredda.-
...
...
...
- Non so come aiutarlo...- fece Sam quello stesso pomeriggio a casa di Bobby. Aveva chiesto a Jessica e Jo di tenere compagnia al fratello almeno per un po' - si rifiuta di mangiare, non parla quasi e quando parla lo fa solo per tirare fuori la storia di Castiel.- 
- Tuo fratello... ha subito uno shock non da poco, lo sai... ha bisogno di tempo per metabolizzare.- 
- No, lui ha bisogno di una persona che in questo momento sia al suo fianco, che lo sostenga...- fece Sam stringendo rabbiosamente la tazza di caffè che teneva in mano - non riesco a credere che dopo quello che Dean ha fatto per Castiel lui lo abbia.... non ha avuto nemmeno le palle di aspettare che si riprendesse per dirglielo in faccia... ma che razza di persona è?- 
- Ti ha dato qualche spiegazione in merito?- chiese Bobby.
- Sì... che si sente in colpa per la lite che Dean ha avuto con quell'essere odioso che dichiara di essere nostro padre...- fece Sam mandando giù un sorso di caffè per affogare un moto di rabbia - e che non ce la fa a guardare Dean negli occhi facendo finta di credere che va tutto bene.... ho provato a farlo ragionare, ma non ha voluto ascoltarmi.- 
Bobby sospirò, pensando se per caso quei due poveri ragazzi che aveva quasi '' adottato'' come figli suoi non avessero addosso una specie di maledizione che impedisse loro di essere felici.
Prima la morte di Mary, poi il loro padre che era diventato un estraneo, Dean  impossibilitato a fare qualunque cosa potesse dargli vera felicità, Sam impossibilitato ad avere sia ciò che voleva che il sostegno paterno a vicenda... ed ora questo. 
Non era stanco di sentire di come i suoi figliocci fossero perseguitati dalla cattiva sorte perchè iniziava a stufarsi di doverli sempre consolare ogni volta... era stanco di doverli sempre consolare senza poter fare qualcosa di concreto per loro, per aiutarli a stare meglio, a dar loro la sicurezza che era l'ultima prova che la vita chiedeva loro di affrontare prima della felicità completa.
- Dev'essere terribile svegliarsi e scoprire di non avere diritto ad una vita normale....- fece Sam - proprio ora che era riuscito ad innamorarsi.... aveva una luce nello sguardo che non gli vedevo da quando eravamo piccoli...-
- Se posso darti un consiglio...- fece Bobby - ascolta, so quanto tu sia legato a tuo fratello, e comprendo e condivido il tuo desiderio di vederlo di nuovo stare bene... ma non farne una missione di vita o di morte.- 
Sam lo guardò stupito.
- Mi stai dicendo che dovrei fregarmene del fatto che sta male?- 
- No.- fece Bobby - dico solo che a volte quello che noi vorremo per le persone che amiamo non è quello di cui hanno bisogno in questo momento.
Tutti noi vorremmo che Dean si riprendesse quanto prima da questa delusione e da tutto quello che gli è successo.... ma al momento tuo fratello ha bisogno di pace e di tranquillità. 
Sai Sam... fin da quando eravate ragazzini, io non credo di aver mai visto un bambino con la stessa forza d'animo di tuo fratello... ogni volta che gli capitava qualcosa di brutto, che fosse una cosa seria o meno, o gli veniva chiesto di rinunciare a qualcosa a cui teneva molto... tuo fratello non faceva una piega, la buttava sul ridere, come se la cosa non lo riguardasse.- 
- E' sempre stato così.- fece Sam - Da piccolo avrei dato qualunque cosa per somigliargli almeno un po'.- 
- Già. Da una parte è un bene che sia così... ma dall'altra sai cosa pensavo? Che è una bomba ad orologeria che non si sa quando esploderà.- fece Bobby - Tuo fratello ha reagito per tutta la vita. Si è rialzato tutta la vita. Ora, quello di cui ha bisogno è di stare un po' tranquillo a recriminare.
Non sarà la cosa più intelligente da fare quando senti che il mondo ti crolla addosso. Ma al momento, potrebbe essere l'unica cosa di cui ha davvero bisogno.- 
- Quindi... che dovrei fare?-
- Stargli vicino. Ma non mettergli nemmeno troppa pressione addosso.- 
Sam annuì.
Sì, avrebbe fatto così. A mettergli pressione ci aveva già pensato il loro padre per tutta la vita. Non avrebbe commesso lo stesso errore.
...
...
...
Dean continuava a piangere, quando era certo di essere solo e che nessuno lo poteva vedere o sentire. 
Era grato a tutti coloro che gli prestavano cure ed attenzioni per la loro vicinanza ed il loro affetto, ma certe volte sentiva di dover restare da solo con i suoi pensieri... e quando ciò gli veniva accordato si sentiva soffocare più che mai.
Quando c'era qualcuno che gli parlava, aveva un diversivo su cui concentrarsi. 
Quando era solo... i ricordi lo tormentavano. 
Per qualche strana ragione, quando si soffriva per amore o per la perdita di qualcuno molto caro tutto, a partire dalla lacca per capelli al lucido per le scarpe, riaffioravano sempre alla mente i ricordi più belli che però nella sofferenza diventavano dolorosi come tagli infetti. 
Come quello che stava vivendo in quel momento.... dopo una settimana che si erano messi assieme erano usciti a cena. Un posticino tranquillo, un tavolo vicino alla finestra di un bel ristorante e per fortuna nessuno aveva pensato che fosse una cena romantica, anzi si poteva dire che era stata quasi... una banale serata tra due amici che non erano capaci di mettere insieme un pasto decente quando la moglie o la fidanzata aveva la riunione del club del libro il giovedì sera. 
Così erano andati a Central Park, nell'angolo più nascosto, quando non c'era nessuno, molto dopo l'orario di chiusura.
E lì avevano fatto l'amore.
'' Dì un po'.... che ci fai con uno rotto e spezzato come me?''- aveva chiesto Dean.
Castiel lo aveva baciato e detto -'' Adoro rimettere a posto i puzzle.... dopo vedessi che gioia vedere che quello che è uscito fuori è una tua creazione....'' 
- Tu non mi hai rimesso a posto...- fece Dean piangendo - mi hai dato il colpo di grazia.... avevi promesso di non farmi mai del male... perchè mi hai mentito? Ti odio.... ma non riesco a smettere di essere maledettamente e disperatamente innamorato di te....
Non ce la faccio senza di te amore mio... non ce la faccio a respirare....- si asciugò le lacrime in fretta e furia nel vedere la porta della camera che si apriva.
- Come sta il mio figliastro preferito?- fece Bobby entrando nella stanza.
- Ciao...- fece Dean tenendo le braccia per essere accolto in un abbraccio paterno. 
- Che bello vedere che stai bene...- fece Bobby - ci hai fatto prendere un bello spavento sai?- 
- Lo so... scusate.- fece Dean - Però... c'è una cosa che devo dirti...- 
- Sarebbe?- fece Bobby curioso. 
- Karen. Mi ha detto di dirti che ti ama ancora, che non ha mai smesso.- 
Bobby lo guardò come se gli fosse spuntata un'altra testa ed iniziò a chiedersi se non fosse davvero il caso di chiamare il neurologo e fargli sapere che '' Colui che era morto e ritortnato'' iniziava a parlare di aver visto il fantasma della donna che colui che era stato una sorta di padre adottivo avrebbe dovuto sposare. 
- No, non sono pazzo, ed il mio cervello è in ordine...- fece Dean - Solo che... mentre ero più di là che di qua... ho visto un po' di persone: Zia Karen, Will Harvelle, una mia paziente deceduta... ed anche la mamma.-
- Hai... vissuto un'esperienza di pre-morte?- fece Bobby.
- Sì. Dove ho visto degli spettri che in qualche modo mi conoscevano... che mi incoraggiavano a restare ancorato alla vita...- fece Dean - e sono tornato. Non mi bastavano pochi attimi con Sammy, con te, con papà, con i miei amici... e con Cas. 
Ma ora... 
Sono tornato per cosa? Per un uomo che forse non mi ha mai amato e che si è dato per vinto? Per un padre che mi odia?-
Bobby gli prese il viso tra le mani per costringerlo a guardarlo - Ascolta. Tu sei vivo. Capito? E dalla vita tutto può ricominciare. Lo so che stai soffrendo, e non te lo meriti... Dio solo sa se non te lo meriti... ma per quanto ti sia difficile da credere, nella vita non c'è solo rabbia, dolore e sofferenza.
Tu la tua dose l'hai già avuta. Ora... pensa a qualcosa che ti renderebbe felice realizzare. C'è qualcosa che vorresti fare?- 
Dean sospirò.
Ad onor del vero non c'era molto che avrebbe potuto renderlo felice in quel momento... Castiel era la sua felicità. Ma se n'era andato. 
Ed anche se la professione medica non era mai stata la sua ambizione preferita doveva ammettere che gli piaceva stare in ospedale, scambiare due parole con pochi ma fidati amici, e la soddisfazione e la gioia che provava quando riusciva a salvare la vita a qualcuno era qualcosa che lo faceva sentire quasi al centro del mondo. 
Ed ora che ci pensava, non gli sarebbe dispiaciuto tornare a nuotare, anche se per qualche ora alla settimana.
- Mi piacerebbe tornare al lavoro. E forse anche in piscina.- 
- Beh allora...- fece Bobby rimettendogli davanti il sacchetto di Biggerson - Per riprendere a lavorare dovrai essere in forze... non credo che ci sia molta richiesta di medici che svengono davanti ai pazienti.- 
Dean sorrise ed iniziò ad addentare il panino. Contava di dare solo un morso, ma dopo il primo assaggio si rese conto di aver davvero fame e divorò tutto quasi subito.
Lasciò per ultima la crostata che Jessica gli aveva preparato e mandato tramite il fratello. 
...
...
...
- Signor Winchester...- fece Castiel sorpreso di vedersi apparire in negozio il padre di Dean e Sam - posso... posso aiutarla? Ha problemi con il telefono.... con il computer....- 
- No.- fece John con voce ferma e dura, tipica del '' Sergente di Ferro'' dalla tempra dura ed inflessibile che gli aveva fatto guadagnare timore e rispetto in ospedale e da tutti quelli che lo conoscevano - Ho problemi con i miei figli.- 
Castiel abbassò lo sguardo.
Se lo aspettava. 
Ed in fondo aveva ragione John a venire da lui a lamentarsi per il rapporto degenerato tra lui e i suoi figli.... Sam adesso lo detestava con tutto il cuore per quello che era capitato a Dean, e con tutta probabilità non gli avrebbe più rivolto la parola, eliminando per sempre ogni possibilità di un riavvicinamento.
Dean invece era quasi morto per un litigio che aveva involontariamente causato.
Sì, doveva dirlo... ne aveva fatti di casini.
- Posso immaginare perchè sia qui...- fece Castiel con gli occhi bassi - Mi ascolti, non volevo turbare la serenità della sua famiglia... mi dispiace per quello che è successo a Dean... mi rendo conto che sia stata tutta colpa mia, e non sa quanto me ne vergogno... ma adesso... ci siamo lasciati, non ci rivedremo mai più e non proverò a contattarlo in futuro a meno che non sia strettamente necessario...- 
- Ecco appunto.- fece John - Proprio di questo volevo parlarle. Dunque signor Novak... dalla tabella dei turni vedo che lei tra cinque minuti va in pausa ed io ho circa due ore prima di un intervento. 
Che ne direbbe di farmi compagnia per pranzo, così parliamo in tutta tranquillità?- 
- Beh, a dire il vero...- 
- Non la sto invitando.- fece John. 
A quel punto Castiel non potè astenersi dal rifiutare.
I Winchester, giovani o vecchi che fossero, avevano la stessa identica testardaggine.

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Capitolo 13
*** Verso la normalità ***


- Sai, quando mio padre se n'è andato di casa...- fece John mandando giù un sorso d'acqua - Io ero poco più grande di Dean quando sua madre è mancata...
Avevo solo otto anni, ma capivo perfettamente cosa stava succedendo attorno a me: mia madre si chiudeva a chiave in camera perchè io non la sentissi piangere e tutto si è complicato in modo terribile.- 
- Lo immagino...- fece Castiel - per un bambino di otto anni non è facile trovarsi senza un valido punto di riferimento...-
- Mia madre da allora ha dovuto fare tre lavori e a malapena riuscivamo a mangiare tutti i giorni...- fece John - L'ho odiato a morte per averci lasciato soli... e avevo promesso a me stesso che non avrei commesso i suoi stessi errori, che i miei figli avrebbero avuto tutto quello che a me era stato negato...
Solo che ho fatto di peggio.- 
Castiel ascoltava tutto in religioso silenzio. 
- Quando Mary... la mia Mary morì, mi sono rifugiato in un mondo tutto mio, mi sono inventato qualunque cosa pur di non pensare a lei ed al mio dolore...- e a pagare era stato un bambino di soli quattro anni, che era ancora piccolo, che aveva bisogno delle cure e dell'affetto di un padre, dell'unico genitore che gli era rimasto... invece gli aveva sbattuto un'atroce verità in faccia, quella da cui invece avrebbe dovuto proteggelo.
'' Dean, la mamma non tornerà  più. Adesso devi essere un bambino coraggiosissimo... io avrò un sacco da fare... Sammy è piccolo... dovrai occuparti tu di lui.''
Non sarebbe stato semplice, ma avrebbe potuto trovare il modo di portare entrambi in ospedale con lui, vederli crescere, seguirli... forse non sarebbe stato facile per nessuno dei tre, ma almeno avrebbe potuto dire di essere un buon padre che teneva  ai suoi figli e che lo dimostrava.
- Mi sono perso tutta la loro vita, non ho niente che possa dimostrare l'amore che provo per loro... ma questo è niente in confronto a quello che ho fatto a Dean. L'ho caricato di aspettative, di responsabilità, senza rendermi conto che era poco più di un bambino.
Poi...- 
- Poi?- s'informò Castiel.
- Poi non so cosa e come sia successo... Dean cercava sempre di imitarmi... la musica, la macchina, i pensieri.... sembrava davvero di vedere un me in miniatura. E quando mi ha detto di voi due...- 
- Lo so che non approvava la nostra relazione.- fece Castiel - ma ora non è più un problema, per nessuno di noi...-
- Si che lo è.- fece John - quel giorno.... quel maledetto giorno, avrei voluto dirgli.... '' Quando pensi di presentarmelo, vorrei almeno conoscerlo, capire se ti vuole davvero bene.... a me basta che tu sia felice...'', ma ero talmente abituato a rispecchiarmi in lui che... è vero. Io personalmente non starei mai con un uomo, ma dovevo rendermi conto che Dean ed io non siamo uguali. E soprattutto accettarlo, accettare anche Sam.
Come vedi, Castiel quello che Dean ha tentato di fare, i problemi che io e i miei figli abbiamo non sono nati nè tanto meno sono stati alimentati da te.- 
- Cosa sta cercando di dirmi con questo?- chiese Castiel. 
- Che appena Dean esce dall'ospedale... tu per prima cosa gli chiedi scusa...- nel dir così mise una carta di credito sul tavolo perchè Cas la prendesse - e per seconda cosa, lo porti a cena nel ristorante più bello di New York o in qualunque altro posto lui preferisca andare con te.-  nel dir così se ne andò, non prima di aver saldato il conto, lasciando Castiel confuso con i suoi pensieri. 
...
...
...
Da quel giorno passò un'altra settimana. 
Le condizioni del maggiore dei fratelli Winchester erano sensibilmente migliorate, malgrado avesse ancora un peso enorme sul cuore e non riuscisse proprio a dimenticare nè l'amore che aveva provato ( e tutt'ora provava per Castiel Novak) e che per molto tempo aveva riempito la sua vita.
- Beh, direi che tutto va perfettamente.- fece Benny a visita conclusa - La frequenza cardiaca e respiratoria è in regola, ed anche la temperatura corporea è tornata negli standard.... ci vorrà ancora un po' perchè tu possa tornare al lavoro... ma penso che per un po' potrai fare a meno di noi.-
- Che vuoi dire?- fece Dean.
- Che ti mandiamo a casa.- fece Benny - anzi, puoi tornarci anche domattina.- 
- Oddio, ma è fantastico.- fece Sam felice come un bambino. Guardò Dean, certo di vedere nei suoi occhi lo stesso entusiasmo... il fratello, a riprova della regola '' I medici sono i peggiori pazienti'', odiava stare fisso in quel letto, ad ingoiare pillole ed assumere fisiologica, ed era certo che appena dimesso sarebbe stato felicissimo...
Dean invece non aveva battuto ciglio. Quasi come se stessero parlando di un altro paziente o di qualcosa che non lo riguardava affatto.
- Dean...- fece Sam - hai sentito? Ti mandano a casa... non sei felice?- 
- Si...- fece Dean - è solo che.... che non ci voglio tornare.- 
Benny e Sam si guardarono, comprendendo i pensieri del maggiore dei due Winchester. La cosa positva del ricovero in ospedale era che per lo meno non c'erano troppe cose che gli ricordavano quell'amore finito così presto e male. 
Il suo appartamento invece ne era pieno. Farlo tornare in quella casa piena di ricordi felici ora che la loro storia era finita era come dargli una stilettata ad un organo vitale che avrebbe funzionato ancora per parecchio prima di cedere, prolungando l'agonia. 
E Sam non aveva la minima intenzione di permettere che Dean tornasse a vivere a casa con il padre. Quell'uomo gli aveva già condizionato la vita a sufficienza, e poco ci mancava che gliela togliesse.
- Di questo non devi preoccuparti.- fece Sam - verrai a stare da me, almeno fino a quando non starai di nuovo bene.- 
- L'hai sentito prima?- fece Dean - i parametri sono ottimi, e non sta a me ricordarti che sono un medico, quindi so prendermi cura di me stesso.... mi cercherò qualcosa...- 
- Anche i medici hanno bisogno di aiuto quando stanno poco bene sai?- fece Sam. 
- E poi Dean... ti ho detto che sei fuori pericolo, non che scoppi di salute. Sei ancora convalescente, e potresti sempre avere una ricaduta... ti farebbe solo del bene stare con qualcuno che possa occuparsi di te fino a nuovo ordine.- fece Benny - e a meno che tu non voglia farti seguire da tuo padre...-
Sam si accigliò - No. Mi prendo io tutta la responsabilità.- 
- Bene, allora ti faccio preparare i documenti di assunzione di responsabilità, li firmi, e domattina te lo puoi portare a casa.-
...
...
...
- Sam...- fece Dean quando furono rimasti soli - dico davvero. Posso pagarmi un albergo, almeno finchè non trovo una soluzione... non voglio dare fastidio a te e Jessica...-
Sam si sedette accanto a lui e lo guardò dritto negli occhi - Ascoltami bene. Tu non disturbi mai. Capito? Mai. E poi, anche se fosse, prendilo come il saldo di un debito.... ti sei preso cura di me per anni, anzi, ti sei preso cura di tutti noi per anni. Ora tocca a me fare qualcosa per te.-
Dean sorrise, alzando le mani - Va bene avvocato... va bene, accetto l'accordo.- fece ridendo. 
- Quanto mi è mancato sentirti ridere...- fece Sam alzandosi - vado a casa tua a prendere un po' di vestiti... ci vediamo domattina. Passo verso le nove.- 
Quando Dean rimase da solo si ritrovò a pensare.
In fin dei conti.... prima di quella telefonata, non ricordava nemmeno quale fosse l'ultima volta in cui lui e il fratello avevano passato diversi giorni consecutivi assieme, di quando avessero parlato, delle loro chiacchierate prima di coricarsi, o di quando facevano a cuscinate per fare pace dopo un bisticcio... si ritrovò a sorridere pensando a quei tempi, in cui tutto sembrava forse non perfetto, ma normale. 
Il tempo in cui malgrado il padre assente, il dover fare ogni giorno i conti con il non avere una madre, erano riusciti a costruirsi un mondo sereno e felice.
L'idea di tornare a quei tempi non gli dispiaceva affatto. 
Sì, era la soluzione migliore.
Lontano da casa sua, da tutto quello che gli ricordava Castiel... ed anche stare lontano da suo padre gli avrebbe fatto bene. Almeno per un po'.
...
...
...
- Ecco fatto... - fece Sam sistemando le camice del fratello nella cassettiera per poi darsi un'occhiata attorno.
Avevano fatto un ottimo lavoro con la camera di Dean. Ad alcuni metri dalla porta-finestra che dava su un balcone, c'era un letto da piazza e mezzo. Al lato sinistro del letto c'era un comodino con un' abat-jour, mentre a destra una piccola libreria. 
Un armadio a muro ed una piccola scrivania sulla quale aveva poggiato il pc del fratello completava l'opera.
Jessica l'aveva pulita da cima a fondo, e lui aveva provveduto a sistemare i vestiti e gli altri effetti personali del fratello, in modo che potesse sentirsi a casa sua il più possibile.
- Che dici, a tuo fratello piacerà?- chiese Jessica poggiando la testa sulla spalla del fidanzato. 
- Secondo me sì.- fece Sam - Dean non è di gusti difficili... e quando eravamo piccoli e nostro... padre... ci portava con sè per dei convegni medici spesso ci lasciava in qualche motel a buon mercato, quindi...-
- Ma lo sai che mi sono divertita, a mettere a posto questa stanza?- fece la bionda - e non vedo l'ora di sistemarla per quando avremo un bambino tutto nostro.- 
Sam la guardò stranito ma in fondo che c'era da stupirsi? La amava, contava di sposarla... un bambino sarebbe stato il coronamento perfetto di quel sogno d'amore che stava vivendo. 
Senza che nessuno dei due avesse tempo o modo di accorgersene, si ritrovarono l'una tra le braccia dell'altro, e baciandosi e coccolandosi finirono sul letto.
In quel momento Sam si fermò e si staccò da lei.
- Che c'è...?- chiese Jessica timorosa.
Sam per tutta risposta la prese in braccio. 
- Non credo che Dean sarebbe felice di sapere che gli abbiamo battezzato la stanza, ti pare?- rispose con un sorriso prima di baciarla e portarla nella loro camera da letto.

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Capitolo 14
*** Ritorno a casa ***


La mattina dopo, Dean era in piedi. Fece una rapida doccia nel bagno della sua camera d'ospedale, si asciugò ed indossò una camicia azzurra ed un paio di Jeans per poi mettere in una borsa quelle poche cose da lavare che aveva accumulato durante il suo ricovero in ospedale. 
Mentre aspettava il fratello si mise a pensare a quante cose erano cambiate in quell'ultimo lasso di tempo da lui vissuto... si sentiva come se avesse perso tutto quello che aveva e a cui teneva di più: la stima di suo padre, l'amore del suo fidanzato...
Gli rimaneva poco della sua vecchia vita.
Il suo lavoro... e l'affetto di suo fratello. 
Non aveva perso tutto, doveva ammetterlo... solo che si sentiva felice ed appagato della sua esistenza nel sapere che ad aspettarlo a casa c'era qualcuno con cui condividere le gioie e i dolori, sfogarsi dopo una giornata particolarmente dura o raccontare qualcosa che lo aveva reso se non felice, molto contento... che lo accoglieva con un bacio e lo salutava con un bacio...
E nemmeno sapere che il padre lo stimava sia come collega che come figlio lo schifava, anche se non tutte le scelte che aveva preso sul suo conto gli erano state gradite... ma ora era tutto finito. 
Non aveva perso tutto, ma gli era rimasto poco. Il suo lavoro, tutti i suoi pazienti, l'affetto di suo fratello e di tutti i suoi amici... 
- Me lo terrò stretto quello che mi rimane. Non permetterò a nessuno di portarmelo via.- promise ingoiando le lacrime che cercavano di uscire. 
Sam sarebbe venuto a prenderlo tra poco, non voleva dargli l'impressione di essere triste , tanto più che avevano deciso che avrebbe passato la convalescenza da lui. 
- Ehy...- fece Sam entrando nella sua stanza - pronto?- 
Dean annuì. Prima di uscire passarono nello studio di Benny per firmare i documenti di assunzione di responsabilità e per le dimissioni. 
- Allora, mi raccomando Dean.- si raccomandò - Riguardati... e se senti più freddo di quanto sia normale o ci fosse qualunque cosa che non va...-
Dean sbuffò - Benny, stai tranquillo.
Sono un medico anch'io ricordi?- 
- Si... ma so anche che non esiste paziente peggiore di un medico.-  rimarcò Benny - perciò mi raccomando.-
- Sta pure tranquillo.- fece Sam - Mi occuperò io di lui.- fece il più piccolo di casa Winchester stringendo la mano al collega del fratello per ringraziarlo di tutto quello che avevano fatto per lui durante il periodo trascorso in ospedale, per il conforto che aveva dato a lui e a tutti coloro che erano corsi al capezzale di Dean mentre rischiava di morire. 
Quando però vide che il loro padre si stava avvicinando per salutarli, Sam costrinse quasi il fratello a prendere un'altra strada per uscire. 
Non lo voleva attorno a Dean. 
Gli aveva già fatto troppo male. Quella situazione gli faceva male. Avrebbe voluto davvero che tra loro le cose funzionassero.... che si ritrovassero tutti assieme per il pranzo domenicale, magari con le rispettive fiamme, di vedere negli occhi del padre l'orgoglio di avere due figli che si stavano realizzando e la felicità di vederli felici... ma purtroppo non era stato così. 
Lui era stato praticamente cacciato di casa per il semplice fatto di aver scelto un cammino diverso da quello che il padre gli aveva suggerito/ ordinato.
Dean aveva fatto di tutto per essere il figlio perfetto che John voleva, ed era stato pugnalato dal padre per il semplice fatto di essersi innamorato di un uomo, nemmeno avesse ucciso qualcuno o avesse smerciato farmaci in ospedale approfittando del suo cognome...
Quello che John aveva fatto era imperdonabile. Su quello che aveva fatto a lui, con un po' di buona volontà, avrebbe potuto passarci sopra, perchè sarebbe stato il tempo a dimostrare che aveva preso la giusta decisione. 
Ma se Dean fosse morto a causa di quelle parole che il padre gli aveva rivolto.... non ci sarebbe stato mai tempo nè modo per rimediare. 
Ormai si poteva dire che della famiglia Winchester fossero rimasti solo loro due. Sì, il padre era ancora vivo...  ma le famiglie erano fatte per appoggiarsi e sostenersi a vicenda. Non per distruggersi l'uno con l'altro. 
- A proposito...- fece Sam guidandolo nel parcheggio dell'ospedale - ti ho portato qualcuno che sarebbe molto felice di ricongiungersi con te.- 
Gli occhi di Dean si illuminarono e per un attimo sperò di vedere Castiel ad attenderlo, magari con quegli occhioni azzurri che supplicavano '' Ti prego torniamo insieme''... speranza vana.
Ma non per questo rimase deluso, anzi.
La sua Baby.
Così aveva soprannominato l'Impala Chevrolet del '67 che il padre gli aveva regalato per la laurea. La macchina che lo aveva portato spesso in giro da piccolo, e che gli aveva fatto nascere l'amore per le auto d'epoca.
Adorava quella macchina.
Si poteva dire che era l'unica '' Donna'' con cui aveva mai tradito una delle sue fidanzate del passato o Castiel.... ma solo quest'ultimo aveva avuto modo di entrare in quella macchina per farci qualcosa di diverso oltre dal farsi dare un passaggio o tenergli compagnia per un tragitto insolitamente lungo.
- Ehy tesoro, ti sono mancato?- fece Dean con gli occhi che brillavano - A me sì moltissimo.-  aggiunse mettendosi al posto di guida.
Sam sorrise raggiungendolo sul sedile del passeggero dopo aver messo la borsa del fratello nel bagagliaio. 
Era bello vederlo sorridere. 
Gli era mancato quel sorriso. 
...
...
...
L'appartamento di Sam e Jessica era poco distante dalla facoltà di Legge.  Era molto semplice, ma accogliente e confortevole: dall'ingresso si accedeva direttamente alla zona giorno. Un piccolo salotto dove c'era un acquario con almeno dodici pesci rossi, un divano blu di fronte al quale c'era un tavolino da caffè in vetro, un televisore e vari oggetti d'appartamento, tra i quali un cactus di plastica ed una lampada da appartamento. 
Una specie di divisorio lo separava dalla cucina che fungeva anche da sala da pranzo.
Per finire c'erano le camere da letto, separate dal bagno.
- La roba da lavare lasciala pure all'ingresso.- fece Sam - tanto oggi è il giorno in cui dobbiamo scendere in lavanderia.- 
Dean annuì.
- Jessica?- fece Dean entrando in casa guardandosi attorno - E' a lezione?- 
- No. E' andata a fare un po' di spesa...- fece Sam - Voleva prepararti un pranzetto speciale per darti il benvenuto.- 
- Sam.- sospirò Dean - Non dovete disturbarvi così tanto per me...- 
- Non è affatto un disturbo credimi.- fece Sam sistemando la giacca sull'appendiabiti - Anzi. 
Dai vieni.... ti faccio vedere la tua stanza.- nel dir così lo guidò fino alla camera che lui e Jessica avevano sistemato per lui. Era situata tra la stanza dove lui e Jessica dormivano ed il bagno. 
- Spero che ci sia tutto...- 
- Tutto no.- fece Dean tirando fuori una foto dal portafoglio per metterla sul comodino di fianco al letto. Raffigurava lui quando aveva poco più di tre anni, con i capelli tagliati a scodella, mentre sua madre lo abbracciava - Adesso è perfetta.- 
Sam sospirò. Anche sotto quel punto di vista, la sorte lo aveva graziato. 
Nella sfortuna di perdere la madre, aveva avuto la '' fortuna'' di essere ancora troppo piccolo per ricordarla. Non aveva memorie di momenti felici che nella perdita di Mary lo torturavano e risuonavano dolorosi.... al massimo un po' di nostalgia, un po' di rammarico... Dean invece era già grandicello quando la loro madre era morta... e ricordava di quando per metterlo a letto gli cantava '' Hey Jude'' e gli diceva '' Va tutto bene piccolo. Non aver paura. C'è un angelo che veglia su di te'', di quando gli medicava le ginocchia sbucciate, di quando gli preparava dei sandwich ( rigorosamente senza bordi) ed un bicchiere di latte... di quando non perdeva occasione per regalargli un peluche nella convinzione che quei buffi animaletti potessero essergli di compagnia quando lei e John non c'erano.... o di quando per i suoi compleanni gli preparava sempre una torta al cioccolato e panna. 
Ricordi che però erano diventati tali troppo presto. 
- Manca tanto anche a me.- fece Sam - Ci pensi mai a come sarebbe stata la nostra vita se la mamma fosse ancora viva?-
- Di sicuro sarebbe stata più semplice.- fece Dean. Forse lui si sarebbe comportato prima da bambino, poi da adolescente... poi sarebbe diventato un giovane uomo. 
Non si sarebbe dovuto preoccupare mano a mano che cresceva di controllare che Sam fosse ben nutrito, che andasse a scuola con i vestiti puliti e in ordine, di fargli il bagno prima di metterlo a letto, di controllargli i compiti... di andare a parlare con i suoi professori perchè il padre non aveva mai un minuto per sapere come andavano a scuola i figli... 
Si sarebbe goduto la sua vita. E magari non si sarebbe sentito in perenne dovere di risarcire in qualche modo il padre... 
- Però... saremmo stati due fratelli figli unici.- fece Dean - Appena tu avresti raggiunto l'età per giocare con me, io avrei avuto l'età per fare l'alba in discoteca, con gli amici, qualche ragazza.... e non avremmo potuto dire di avere qualche bel ricordo di noi da bambini.-
Per quel che ne sapeva, avrebbero potuto crescere davvero come due figli che seppur fratelli e sotto lo stesso tetto, avrebbero avuto entrambi una vita che di rado si sarebbe incastrata con quella dell'altro, forse solo per i compleanni e altre feste comandate... e magari nemmeno sarebbero andati troppo d'accordo.
Ma non era stato così: la loro madre era morta quando erano molto piccoli, il padre quasi per reagire alla perdita si era allontanato persino dai suoi figli che gliela ricordavano dolorosamente, e Dean si poteva dire che si era cresciuto Sammy da solo, come se fosse stato un ragazzo padre. 
E i ricordi che avevano era il tesoro più prezioso. 
- Lo sai....- fece Sam avvicinandosi con cautela al fratello - qual'è il mio ricordo preferito di quando eravamo bambini?- 
- No... quale?- 
Una cuscinata fu la riposta, accompagnata da un sorriso. 
- Di quando facevamo a cuscinate.- fece Sam. 
- Ah, e così vuoi la guerra?- fece Dean afferrando a sua volta un cuscino iniziando a prendere il fratello a cuscinate.
Andarono avanti così per dieci minuti buoni, fino a quando Dean non spinse il fratello minore sul letto iniziando a fargli il solletico ai fianchi.
- Oddio no...ahahahahahahahahahaha....- fece Sam con il viso rosso e le lacrime agli occhi per le risate - Bastahahahahahahaha.... mi arrendo....-
- Perchè dovrei smettere? Mi diverto un mondo!- fece Dean continuando il suo '' lavoro''. 
- Ok, facciamo che mi arrendoahahahahahahahaha!- 
- Eh no, hai cominciato tu caro mio!- 
Erano talmente presi a rivivere il momento della loro infanzia che più preferivano, che non si erano nemmeno resi conto che Jessica era tornata, e che attenta a non farsi vedere li guardava con un sorriso radioso. 
Era proprio vero.
I maschi non crescevano. Diventavano solo più alti. Almeno nella sua esperienza... ma era così bello vedere Sam così allegro dopo tanto dolore, dopo tanta incertezza... che le andava bene così. 

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Capitolo 15
*** Ritorni di fiamma ***


Dopo tanto tempo, Dean riusciva a godersi quella che si diceva una tranquilla serata in famiglia. Non aveva ricordi di una serata in cui lui e i membri della sua famiglia ( in fin dei conti, Jessica poteva dirsi parte della famiglia, in quanto fidanzata di Sam e sua potenziale cognata) erano seduti ad un tavolo per consumare un pasto ( che tra l'altro somigliava ad un vero pasto, senza cartoni di pizza o del take away attorno) e a chicchierare del più e del meno, come succedeva in tutte le case normali abitate da famiglie normali. 
Jessica aveva preparato spaghetti alle zucchine, un gateau di patate come non lo avevano mai mangiato ed una crostata di frutta per dessert. 
E cosa più importante non si erano messi a parlare di malattie, parti del corpo, sangue e porcedure mediche a tavola. 
- Ti ricordi di quando papà a tavola parlava di gente morta o che stava per morire?- chiese Dean al momento del caffè
- E poi si stupiva che mangiavamo come uccellini.- commentò Sam. 
Dean rise - Beh, era il suo modo di coinvolgerci nel suo mondo....- peccato che non avesse mai fatto grandi sforzi per cercare di entrare un po' nel loro, senza accorgersi che non c'era molto in comune tra i loro mondi, al punto di arrabbiarsi quando uno dei due usciva dalla prospettiva che lui vedeva come un assoluto. 
In quel momento, Jessica fece per iniziare a sparecchiare e Dean la imitò subito.
- Che fai?- fece Sam cercando di togliergli i piatti di mano - Non ti disturbare... anzi, non ci pensare nemmeno, tu sei l'ospite.... riposati un po'.-
Dean lo guardò scettico - L'ho fatto. Per due settimane di fila non ho fatto altro che riposare. Fammi fare qualcosa per l'amor del cielo... di questo passo avrò i rotoli sui fianchi.- fece Dean con un sorriso - Lo sai che sono l'idolo della componente femminile dell'ospedale, mica vorrai riconsegnare un ammasso di lardo e cellulite, pensa che shock per quelle poverette.-
Jessica cercò di trattenere una risata, senza riuscirvi troppo bene.
- Dai Sam lascialo fare.... non è mica invalido.- fece la bionda guadagnandosi un' occhiata piena di gratitudine da parte del suo quasi cognato.
- E poi se mi muovo conservo il calore, quindi è tanto di guadagnato.- fece Dean recuperando i piatti e radunando le posate. 
A quel punto Sam non potè più dire nulla.
Erano in due contro uno, che avrebbe potuto fare?
Si limitò a sorridere, vedendo che le due persone che amava di più andavano d'accordo.
...
...
...
Ma in quel bel quadretto, c'era qualcosa che non riusciva a non preoccupare il piccolo Winchester.
- Dean sta molto meglio, hai notato?- fece Jessica il giorno dopo alla mensa dell'università. 
Sam scosse la testa, poco convinto - Non lo so Jess... non è la prima volta che...- 
- Che vuoi dire?- fece Jessica - ieri sera era allegro, rideva, scherzava...-
- Non farti ingannare.- fece Sam girando meditabondo la cannuccia del suo succo di frutta - E' il suo modo di proteggersi.Quando eravamo piccoli, ed era preoccupato o angosciato da qualcosa cercava sempre di far pensare a tutti che in realtà non avesse un solo pensiero al mondo... rideva, scherzava ma in realtà dentro....- 
Conoscendo quel lato del fratello, forse sarebbe stato meno preoccupato nel vederlo depresso, in una stanza buia, con una coperta a fare zapping con una lattina di birra per tutto il giorno.
- Credi che stia ancora pensando a Castiel?- fece Jessica.
Sam annuì. 
Non aveva dubbi a riguardo. 
Castiel era l'amore della vita del fratello. E per stessa ammissione del moro, anche Dean era l'amore della sua.... solo che adesso si era messo in testa che era colpa sua se Dean aveva tentato il suicidio, che la sua presenza nella vita del biondo era veleno e che sarebbe stato meglio che non si vedessero più. 
Il vero veleno era quell'assenza però. 
- Senti.... so che magari non è la soluzione migliore ma...- fece Jessica - Potremmo presentargli qualcuno.... non dico qualcuno con cui debba pensare di prendere una casetta con la staccionata bianca... giusto per fargli allargare un po' il giro delle sue conoscenze.- 
- Tipo... chiodo scaccia chiodo?- fece Sam - No, guarda non funzionerebbe.-
Sì, in passato aveva avuto delle storielle, con delle donne... tipo Lisa Braden. Era il periodo in cui il padre era all'estero per un convegno. Erano stati insieme per due settimane e sembrava la storia della sua vita. Lisa era una donna gentile, paziente, amorevole ed era perfettamente in grado di capire la vita frenetica del fratello e non era come alcune ragazze di cui ogni tanto si sentiva parlare che per ripicca verso il marito o il fidanzato che lavorava fino a tardi la trascurava, si divertiva un po' con un amico o un vicino di casa...lo capiva, sapeva stargli accanto... e suo figlio di otto anni adorava passare del tempo con Dean. 
Insomma, stava solo aspettando che gli dicesse '' Sammy, mi sono innamorato di una ragazza fantastica e abbiamo deciso di sposarci''.
Poi il padre era tornato...ed era cambiato tutto. 
Tra loro due era cambiato tutto. 
Per un po' Lisa aveva tenuto duro... ma era una condanna stare con qualcuno che sembrava dipendente dall'opinione paterna. 
Così avevano rotto. 
Lei lo aveva lasciato e Dean aveva reagito passando da un'avventura all'altra, mettendo però sempre in chiaro che tra lui e la signorina di turno non ci sarebbe stato mai nulla di più di una notte. 
Ma in quel caso, la soluzione '' chiodo schiaccia chiodo'' poteva anche funzionare, perchè Dean non si era mai impuntato per Lisa ( sicuramente le voleva molto bene, e ne voleva anche al piccolo Ben) per difendere quello che avevano, non aveva mai fatto la voce grossa con suo padre.
Ed il perchè era semplice. 
Lisa non era il suo vero amore.
Castiel si. 
E non era nemmeno lontanamente ipotizzabile che dopo la fine della storia d'amore della sua vita, Dean potesse riprendersi semplicemente trovandosi un altro.
Anche perchè non l'avrebbe fatto mai. 
- Non si può dare un osso di gomma a un cane affamato.- fece Sam. 
Sia ben chiaro, aveva ancora una voglia matta di trasformare Cas in '' una presa per il sedere'' nel senso meno letterale dell'espressione... ma aveva intenzione di fare un altro tentativo con lui.
E fosse stata l'ultima cosa che faceva mentre era su quella Terra, se per caso si fosse messo a fare altri discorsi che somigliavano a delle scuse, l'avrebbe trascinato lui stesso per un orecchio, urlante e scalciante, fin dal fratello. 
Riteneva che per loro non ci fosse futuro? Bene. Ma Dean meritava di sentirselo dire in faccia,non mentre era in un letto d'ospedale privo di sensi.
...
...
...
Quello che Sam non immaginava, era che il suo intervento di '' convincimento'' su Castiel non si sarebbe rivelato necessario. 
Castiel, reduce dal pranzo con il suo ex potenziale suocero, sulle prime non era molto convinto di tornare con Dean... e non perchè non lo volesse anzi. Solo che riconosceva di essersi comportato malissimo con il fidanzato, lasciandolo solo a combattere una battaglia che riguardava tutti e due, e poi nel momento in cui aveva bisogno di sapere che poteva contare sul suo appoggio.
Temeva di vedere la rabbia e l'ira nei suoi occhi, e di sentirsi dire '' Adesso sono io che non voglio più vederti. Io e te abbiamo chiuso. E' tutta un'altra storia quando te lo dicono in faccia vero?''
E non lo biasimava.
Poi in negozio aveva ricevuto visite. L'uomo che mentre pregava in cappella per la salvezza dell'amato, gli aveva offerto conforto e calore umano, senza giudicare il fatto che avesse un ragazzo e non una ragazza. 
Era venuto a comprare l'ultimo modello di Iphone.
'' E' il regalo di compleanno per mia  figlia''- aveva detto l'uomo. 
'' Quindi si è salvata?''
L'uomo si rabbuiò.
'' No. E' morta sotto i ferri.''- fece l'uomo con una lacrima solitaria che brillava nei suoi occhi- '' ma mi aveva chiesto questo per il compleanno....e glielo farò avere.
Il suo... il suo fidanzato invece?''
'' Beh... lui.... è vivo... sta molto meglio adesso'' 
'' Le do un consiglio: anche se mezzo mondo dovesse darvi addosso, anche se doveste litigare, qualunque problema.... non è niente che non siate in grado di superare assieme.''
E lì aveva deciso. La figlia di quell'uomo non ce l'aveva fatta. Dean invece era vivo ed aveva la fortuna di averlo lì con lui.
Quindi al diavolo paure e scuse annesse. 
Era passato da un fioraio per prendere un mazzo di fiori per Dean.... l'avrebbe preso in giro forse, ma sicuramente avrebbe apprezzato... giacinti per chiedere scusa, non ti scordar di me per giurargli amore eterno, rose rosse per rinfrancare il concetto, gardenie per l'amore puro. 
Si diresse verso la camera d'ospedale di Dean, e prima di entrare controllò di avere i capelli in ordine. 
Però la stanza era vuota, con le coperte piegate sopra il letto, segno che lì non vi era ricoverato più nessuno. 
'' Dean ha rischiato di avere un infarto''
-Oddio...- quel pensiero lo paralizzò al punto di fargli cadere i fiori e corse a cercare qualcuno che potesse dargli delle informazioni sicure.
- Scusi? Dottor Lafitte?- fece Castiel entrando nello studio di Benny dove erano presenti anche Ellen e Jo.
Il medico, che stava studiando una cartella clinica, alzò gli occhi per vedere chi era che lo cercava. E da uno sguardo incuriosito, passò ad uno di diffidenza e quasi rabbia nel vedere chi era il suo visitatore. 
- Ah, sei tu.- fece Benny senza degnarlo di uno sguardo - posso aiutarti in qualche modo?- 
- A dire il vero sì...
Ero venuto a trovare Dean, ma nella sua stanza non c'è.- 
- Sono cose che possono capitare quando un paziente viene dimesso.- fece Jo con sarcasmo.
Castiel sorrise.
L'avevano dimesso.
Quindi stava bene. 
- Sapete dove posso trovarlo?- 
- Di certo non a casa.... vostra, chiamiamola così.- fece Benny - Sai com'è, è brutto dopo essere scampati alla morte ritrovarsi in una casa piena di oggetti che ti ricorda che mentre reggevi l'anima con i denti, la persona con cui speravi di passare tutta la vita, ti ha dato il benservito.- 
Castiel abbassò lo sguardo, conscio di meritarsi tutto quello che gli stavano dicendo. 
- Ma che ti è saltato in mente?- fece Ellen - Dean non meritava anche questo. Per lo meno non dopo...- 
- Lo so.- fece Castiel - Ho sbagliato. E' solo che.... quando ho scoperto che il motivo per cui aveva litigato con suo padre e per il quale ha provato ad affogarsi.... io non ce l'ho fatta a non sentirmi colpevole.- 
- Se davvero pensavi questo, avresti dovuto parlarne con lui. E con parlarne...- fece Jo sempre più inviperita - Intendo dire, aspettare che si riprendesse, che fosse in grado oltre che di sentire, anche di rispondere ed articolare un pensiero.... facile sparire così, vero?- 
- Castiel, te lo dico chiaramente.- fece Benny - Dean è il mio migliore amico, e voglio solo la sua felicità, che in questo caso sei tu.- ricordava bene il periodo che Dean era stato ricoverato nel suo stesso ospedale dove di solito lavorava e si prodigava per salvare tante vite umane. 
Per quasi due giorni, lo shock di essere stato abbandonato, in quel modo brutale e vigliacco, lo aveva messo quasi in isolamento.... rifutava non solo le premure e la vicinanza di coloro che lo amavano, ma persino di mangiare. Come se il pensiero di avere fame riuscisse in qualche modo a distrarlo. 
E passato quel momento, si era intestardito a dire che voleva iniziare quanto prima la terapia riabilitativa, per recuperare la mobilità alle gambe che iniziavano ad aggranchirsi, dicendo che non ne poteva più di stare a letto ad imbottirsi di pasticche e fisiologica, che aveva bisogno di muoversi per tornare al lavoro, pur sapendo che avrebbe fatto male... come se il dolore fisico gli offrisse qualcosa sui cui concetrarsi.
Arrivavano momenti in cui persino un sordomuto ceco si sarebbe accorto che non ne poteva più, ma nonostante tutto supplicava di continuare la terapia, anche se aveva i lucciconi agli occhi per il dolore.
Qualunque cosa, anche se nuoceva o poteva nuocere alla sua salute ( o che si trattasse di un male necessario, come recuperare i movimenti delle gambe) pur di non pensare a Castiel. 
- Però, tieni presente che se ora fosse lui a non volerti riprendere.... io non gli darei torto. Stava attraversando un brutto momento, sperava di trovarti al suo fianco e invece alla prima occasione sei sparito.- continuò Benny - Sam è venuto a prenderlo, passerà la convalescenza da lui e dalla sua ragazza.... comunque.- 
- Grazie...- fece Castiel uscendo dallo studio, per essere rincorso da Ellen. 
- Nel caso ti chieda del tempo... concediglielo. E' il minimo che gli devi.- 
Cas annuì.
In fondo... sì, avevano il benestare del padre di Dean, che però avevano ottenuto DOPO che il moro aveva piantato un coltello nel cuore del giovane medico. Al momento di lottare, se l'era data a gambe... non sarebbe stato stupido pensare che ora fosse Dean a non voler più stare con lui.
E stavolta il motivo era tutt'altro che inesistente.

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Capitolo 16
*** San Valentino di paura ***


Tra una cosa e un'altra, era arrivato il T.O.G. Meglio conosciuto come il Terribile Orribile Giorno. 
Il 14 Febbraio. San Valentino. Il che voleva dire che la città stava per trasformarsi in un'ammasso di cuoricini, fiori, cioccolatini e frasi stucchevoli.
Che Dean ricordasse aveva sempre amato quella festa... sì, parecchio stupida, prettamente commerciale e gli unici che avevano un reale motivo di festeggiare erano i pasticceri, i fiorai o qualunque altro negoziante che vendesse regali, in fin dei conti non c'era certo bisogno di un calendario per ricordarsi di dover esternare il proprio amore ad una persona speciale... però per lui rappresentava una piacevole pausa dalla realtà. Ogni San Valentino, staccava da quello che faceva, e si rifugiava in bar per single, specialmente pieno di belle donne e si portava a casa la prima che gli aveva esplicitamente detto che non le sarebbe spiaciuto passare la serata con lui e che gli era saltata all'occhio.
Con qualcuna di quelle ragazze ci aveva pure provato a fare il bravo fidanzatino, ma non erano durate oltre le due settimane.... però sì, quello che comportava il 14 Febbraio non gli era mai dispiaciuto. 
Quando aveva conosciuto Castiel però ci aveva ripensato... lo aveva conosciuto ed aveva capito che non sarebbe mai stato felice lontano da lui.. aveva pensato che per il loro primo San Valentino assieme sarebbero potuti andare da qualche parte assieme... magari a fare un lungo giro in macchina e fermarsi in un motel, oppure più semplicemente avrebbero ordinato qualcosa dal cinese, si sarebbero accocolati sul divano a vedere un film che non avrebbero mai saputo come andava a finire perchè dopo la metà avrebbero messo in pausa perchè l'uno sarebbe saltato addosso all'altro...
Cercò di non pensarci e prese il portatile per fare qualcosa di utile. Tipo mettere in ordine le cartelle cliniche ed aggiornarle.
- Ciao Dean.- fece Sam rientrando in casa poco dopo le quattro- La lezione oggi non finiva più.- 
Dean sorrise - Me lo ricordo. Bei tempi. Gran bei tempi.- fece il medico continuando a lavorare con il computer.
- Che fai di bello?- fece Sam versandosi una tazzina di caffè - Vuoi?-
- Si, ti ringrazio.- fece Dean - Niente di particolare... metto in ordine le cartelle cliniche...- 
- E' bello che tu sia pieno di voglia di fare, ma sei ancora convalescente.... dovresti riposare.- fece Sam.
- E' questo il mio riposo.- fece Dean. 
- Va bene.... come ti senti oggi?- fece Sam.
Dean chiuse il portatile - Sto bene. Non so più in che lingua dirvelo.- da quando l'avevano dimesso dall'ospedale e si era trasferito a casa di Sam e della sua ragazza, tutti non facevano altro che chiedergli come stava: lui, Jessica, Benny, Jo, Ellen, Bobby, qualche vecchio paziente, dei compagni di college con cui era rimasto in contatto... si, era contento di sapere che tutte quelle persone si preoccupavano per lui, ma allo stesso tempo avrebbe venduto l'anima per far si che nessuno gli chiedesse più '' Dean, come va?''.
Non gli era mai piaciuto sentirsi in dovere di dare troppe spiegazioni, specialmente su un argomento che lo metteva a disagio.
- Scusa è che.... ho gli incubi da quando...- 
- Sam, tranquillo. E' stato un incidente.- fece Dean. 
- Non è vero. Lo sai.- fece Sam - Tu sai nuotare benissimo, avresti potuto vincere le Olimpiadi... e per poco non sei affogato a pochi metri dalla riva.- poi vedendo che il fratello distoglieva lo sguardo il suo tono si addolcì - Dean... non ti sto giudicando... vorrei solo...-
- Sapere se ho smesso di nuotare di proposito?- fece Dean - Onestamente... sì. Ero stanco. Avevo freddo...e... mi sentivo sbagliato.- 
Sì, aveva un bel lavoro che lo riempiva di soddisfazioni, un ottimo rapporto con suo fratello che lo considerava il centro del suo mondo ed era felicemente fidanzato con l'uomo dei suoi sogni... poi era crollato tutto.
'' Sei il peggiore dei miei errori''- gli aveva detto suo padre dopo che aveva scoperto che stava con Castiel.
E lì il suo mondo perfetto era crollato.... la laurea in medicina che aveva preso solo per farlo felice, la specializzazione, i sogni messi da parte, le mille volte che gli aveva dato ragione quando invece avrebbe voluto urlare quello che pensava, gli '' amori'' a cui aveva rinunciato... il dolore, le lacrime che aveva versato nelle notti insonni, era andato tutto a farsi benedire perchè si era voluto concedere lo sfizio di voler essere felice.
E lì per lì aveva perso il senso di tutto... anche del suo innamorato che lo aspettava a casa. 
- Sai, a pensarci bene...- fece Dean - Io non lo biasimo per avermi lasciato.
Ho tentato di suicidarmi, sapendo che c'era un uomo che mi amava e che se gli avessi raccontato il litigio avuto con nostro padre mi avrebbe detto che non si può vivere per accontentare gli altri, che avremmo trovato un modo, che poi anche papà avrebbe accettato... e invece ho preferito la via più facile... io l'ho abbandonato per primo, perchè avrei dovuto aspettarmi che fosse lì....-
-Ehy...- fece Sam abbracciandolo - vieni qui.
Ora ascoltami bene. 
Non è stata colpa  tua.
Hai avuto un momento difficile, ti sembrava che nulla avesse senso e hai ceduto. Nessuno ti accusa di essere un vigliacco per un momento di debolezza che ti sei concesso. Prima cosa.- soprattutto se tale momento di debolezza arrivava dopo quasi ventidue anni in cui si era sempre dimostrato forte.
- Seconda cosa.... quando una persona ti ama veramente e tu hai un momento di debolezza o in cui ti sembra che tutto vada storto, e che ti sembra non avere via d'uscita ti prende per mano e ti aiuta ad uscire dall'inferno senza giudicarti o recriminare su quello che hai fatto.- come Dean aveva fatto con lui quando il padre lo aveva praticamente cacciato di casa dopo che gli aveva rivelato l'intenzione di intraprendere la carriera giuridica anzichè quella medica.
Quando, la sera stessa, Dean era andato a trovarlo a casa di Bobby ( che lo aveva accolto a braccia aperte dopo aver detto '' Tuo padre è un emerito idiota'') temeva di dover discutere anche con lui, che fosse andato a dirgli di ripensarci, di chiedere perdono e di tornare a casa... invece lo aveva appoggiato e aveva continuato a tenersi in contatto con lui, per assicurarsi che stesse bene, per sapere come procedevano i suoi studi, per sapere se avesse bisogno di qualcosa, pur sapendo che suo padre lo avrebbe linciato se avesse scoperto che continuava a parlare con quella '' serpe in seno irragionevole''.
- Ascolta, non posso sostituire Castiel per ovvie ragioni...- fece Sam - però una cosa te la prometto.
Che ti starò sempre vicino, e che sarò qui per te per qualunque cosa.... che sia un'abbraccio o per farmi picchiare per sfogo personale.
Lo so che non è molto ma... ti sei preso cura di me tutta la vita. Ora lascia che sia io a prendermi qualche cazzotto al posto tuo.- nel dir così si alzò - Ok, stasera Jessica ha un seminario in facoltà, quindi siamo solo io e te.... ci ordiniamo un cinese o una pizza?-
Dean lo squadrò. 
- Nonono, aspetta...- fece Dean- di che stai parlando?-
- Prego?- 
- Samuel William Winchester.- fece Dean - da quando ti conosco e gli ormoni hanno iniziato a funzionare, diventi incredibilmente... come posso dire... meticoloso ed organizzativo il 14 Febbraio, soprattutto se c'è qualche fanciulla che ha catturato il tuo interesse.-
- Andiamo, su... è solo una festa commerciale.- fece Sam. 
- Sammy.- continuò Dean - guarda che ho capito sia te che Jessica: state cercando di non farmi pesare troppo che io e Castiel ci siamo lasciati, pare quasi che abbiate paura di nominarlo come se fosse un'acchiappa-sventura, quando c'è il tenente Colombo in tv cambiate canale perchè il trench di quel tizio e quello di Castiel sono uguali... insomma, cercate di non farmi sentire la sua assente presenza, e ve ne sono grato... ma non voglio che vi sacrifichiate per me.- 
- Non riesco a capire di cosa stai parlando...- 
- Sto parlando della prenotazione per '' Saint Bon'', un ristorante per coppiette che risale a prima dell'incidente per stasera.- fece Dean.
- Dean...- fece Sam rosso dall'imbarazzo - non prenderla come pietà, è solo che non volevamo farti stare male...- 
- E lo apprezzo, dico davvero.- fece Dean - ma non voglio che vi sacrifichiate per me. Uscite tranquillamente e passate una bella serata, per favore. Mi farete stare male se mandate una cena programmata per non farmi sentire a disagio.-
Sam parve pensarci un attimo prima di dire - Va bene.... ma tu che farai...?-
- Come ai vecchi tempi. Esco, mi butto in un bar e magari rimorchio, se proprio decido che non mi va di stare da solo. Starò bene vedrai.- fece Dean lanciandogli uno sguardo che non tollerava repliche. 
Una mossa di difesa che aveva imparato da piccolo. Quando erano piccoli Sam spesso e volentieri gli faceva gli occhioni da cucciolo, per convincerlo a fare quello che voleva, tipo leggergli un'altra favola prima di metterlo a letto.... o, più recentemente, convicerlo a passare la convalescenza a casa sua. 
E in qualche occasione,  riusciva a precederlo con l'occhiata che diceva '' Tieni presente che sei uscito dall'uovo dopo di me, Sammy''. 
- Va bene, allora usciamo, ma mi raccomando....-
- Tranquillo. Nessuna sciocchezza. Promesso.-
...
...
...
Dean mantenne il suo proposito per quella sera. Si fece una doccia, indossò un completo elegante e si buttò nel primo bar che gli era capitato a tiro ed aveva iniziato a sorseggiare shottini di vodka e pera. Per la prima mezz'ora da solo, poi era stato raggiunto da un tale, un certo Nick Monroe. Si era presentato come un agente di cambio. Era divertente, carino, gli piacevano le auto d'epoca e conosceva a memoria tutte le canzoni degli Zeppelin.
Insomma, sembrava la persona perfetta con cui concedersi l'avventura di una notte... in fin dei conti, era San Valentino anche per lui, non gli andava di passare la serata in casa da solo con una cassa di birra a divorare schifezze davanti ad uno dei docu-film sui serial killer che Sam collezionava o davanti al palinsesto della serata che proponeva solo commedire romantiche.
Sesso senza impegno. E non doveva nemmeno vergognarsi, in fondo non aveva una relazione al momento quindi non correva il rischio di sentirsi o essere stigmatizzato come '' fedifrago''.
- Vuoi del whisky?- fece Dean una volta entrati in casa.
Nick gli sorrise - Certo perchè no.- 
Passarono un'altra mezz'ora a parlare del più e del meno, sorseggiando il liquore.
- Certo che il tuo fidanzato ha fatto una stronzata....- fece Nick - come si fa a lasciarsi scappare uno come te?-
Dean sorrise tirato - Forse mi sopravvaluti... non... non sono così speciale...- 
- Non dirlo nemmeno.- fece Nick poggiando il bicchiere - sei coì....gentile, premuroso con tutti... i tuoi pazienti sono fortunati ad avere un medico come te... il tuo ragazzo non sa cosa ha perso.- 
- Beh... immagino che sia giusto così...-
Nick gli sfiorò la guancia - No, non lo è. Tu meriti qualcuno che ti ami, che ti stia vicino, che sappia comprenderti, ascoltarti... non di uno che appena hai bisogno di sostegno e comprensione se la fila borbottando qualche scusa.... se solo lo volessi....- fece Nick avvicinandosi per succhiargli piano le labbra. Dean in un primo momento si lasciò andare, ma poi lo respinse.
- No, non posso farlo.- fece Dean alzandosi di scatto, sotto lo sguardo confuso del suo ospite. 
- Che cosa non puoi?- 
- Ascolta... Nick...- fece Dean - Io... sono sicuro che tu sia una bravissima persona, ma la verità è che io lo amo ancora. Disperatamente, e con ogni fibra che ho.- 
- No, aspetta fammi capire...- fece Nick confuso da quel comportamento -veramente tu ami un uomo che ti ha piantato in asso mentre eri privo di sensi, in un letto d'ospedale, dopo aver rischiato di affogare?-
Dean annuì.
- Lo che è assurdo, ma è così.  Lui è l'unica persona che io abbia mai amato davvero, con cui abbia intravisto qualcosa che somigliasse ad una vita felice...-
- Ti ha lasciato!- continuò Nick esasperato. 
- Lo so.- fece Dean per poi sorridere - ma se c'è una cosa che ho imparato, da quando sono qui, è che dalla vita tutto può rinascere: la speranza, l'amore, il futuro... mi sono arreso una volta, e ho pagato il conto peggiore della mia vita. Non commetterò lo stesso errore.-
Nick scosse la testa, e si avvicinò a Dean - E adesso ti insegno io qualcosa...- e nel dir così gli mollò un ceffone così forte da lasciarlo mezzo tramortito.
...
...
...
Quando Dean riprese conoscenza la prima cosa  che sentì fu il dolore alla guancia ed il sapore ferroso del proprio sangue, cercando di mettere a fuoco la vista. Quando si riebbe completamente sentì di essere legato al letto della camera che Sam e Jessica  gli avevano messo a disposizione... aveva solo la camicia aperta addosso e i pantaloni.
Nick era davanti a lui che si stava togliendo la giacca e la cravatta.
- Bensvegliato.-
- Oddio, ma che stai facendo?!?- fece Dean iniziando a spaventarsi mentre tentava di sciogliersi i polsi.
- Ti insegno una lezione: si chiama rispetto per i sentimenti degli altri.- fece Nick - Non si scarica un uomo proprio il giorno della festa degli innamorati.-
- Tu sei completamente pazzo....- fece Dean continuando ad agitarsi e divincolarsi - Lasciami o ti giuro che...-
- Che cosa?- fece Nick con un sorriso serafico - Ti metterai a gridare come un assatanato? Fa pure. Il tuo palazzo è semideserto... sai com'è, quando è San Valentino quasi nessuno rimane a casa... siamo soli soletti.- 
Dean sentì gli occhi che iniziavano ad inumidirsi - Per favore.... per favore, parliamone.... non lo dico a nessuno se è questo che vuoi, ma ti prego...-
Nick iniziò a baciarlo sul collo, mentre il medico tentava di toglierselo di dosso e strizzava gli occhi per il disgusto.
- Io ho già quello che voglio... non ti preoccupare, ti prometto che ti divertirai.- e nel dir così si stese su di lui, iniziando a succhiargli leggermente le labbra, per farlo rilassare ( a suo dire).
Dean era così terrorizzato da non riusciure a muoversi. Non riusciva nemmeno a gridare.
Solo pensare.
'' Finirà in fretta... pensa ad altro... tu non sei qui... sei altrove, questa cosa non sta succedendo a te.... rilassati...''
- Bravo.... tranquillo.- fece Nick iniziando a levarsi la camicia.
'' E' Castiel. Pensa che sia Castiel...''- pensò Dean stringendo più forte gli occhi mentre le lacrime iniziavano a scendere. Cercò di immaginare che sopra di lui non ci fosse uno schifoso che si era portato a casa per il desiderio di sentirsi amato almeno per una notte dopo tanto tempo, ma il suo amato Castiel... provò a pensare che erano le sue mani che lo stavano toccando dappertutto e non quelle di uno sconosciuto a  cui non importava niente del fatto che avesse cambiato idea... che fossero le sue labbra a lasciargli una scia di saliva sul collo...
Ma non riuscì.
E quando lo sentì mentre cercava di tirargli giù i pantaloni non riuscì a resistere.
- NO!- urlò Dean con le lacrime agli occhi - TI PREGO LASCIAMI ANDARE!!!-
Nick gli mollò un altro ceffone sulla guancia già offesa.
- Stai zitto. Vedrai che ti piacerà, ma stai tranquillo.-
- LASCIALO STARE ALTRIMENTI TI AMMAZZO CON LE MIE MANI!- urlò una voce. 
Castiel.
Ancora non ci credeva. 
Lui era lì, sullo stipite della porta... e aveva un'espressione incazzata in faccia. Molto, molto incazzata.
Dean approfittò della distrazione del suo aggressore per mollargli un calcio nelle parti basse facendolo cadere giù dal letto. 
Castiel gli fu subito addosso. Afferrò Nick per la collottola, lo attaccò al muro ed iniziò a colpirlo ripetutamente con tutta la rabbia e lo sdegno che aveva in corpo.
Lo voleva ammazzare per aver osato mettere le mani addosso al SUO fidanzato senza  che Dean gli avesse dato il permesso.
E l'avrebbe fatto, ma poi riflesso nel vetro della finestra vide l'immagine di Dean che tremava e piangeva.
Bastò quell'immagine per spingerlo a mollare gradualmente la presa.
Nick ne approfittò per darsela a gambe.
Castiel corse da Dean e gli slegò i polsi.
- Dean...- fece Cas prendendolo tra le braccia - tranquillo. E' tutto finito. Sei salvo... nessuno ti toccherà più...- 
Ma Dean non lo sentì.
Era svenuto.


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Capitolo 17
*** Finalmente la felicità ***


- Povero amore della mia vita....- fece Castiel medicando con cura il taglio sul sopracciglio sinistro del fidanzato. 
Quel giorno avrebbe dovuto essere la festa degli innamorati. Un giorno in cui, un po' per tradizione, un po' per far felici i commercianti, gli innamorati omaggiavano la persona amata con un piccolo pensiero.... o che comunque celebrava l'amore in ogni sua forma. 
Quale giorno migliore quindi, per riappacificarsi con il suo fidanzato? Aveva passato il pomeriggio ad organizzare qualcosa che Dean non avrebbe mai potuto scordare.... i palloncini, per farlo sorridere e dire '' Sono un idiota, scusami'', una crostata di mele, un mazzo di fiori... ed un braccialetto con le piastre.
'' Ti amo pazzamente'', aveva chiesto di incidere. Solo che aveva dovuto aspettare tre ore a causa di ordini accumulati proprio per quel giorno, perchè fosse tutto pronto.... e quando finalmentre aveva radunato armi e bagagli e si era diretto al nuovo domicilio del suo amato si era trovato davanti una scena terribile.... Dean che si dimenava, mezzo nudo, legato al letto e implorava pietà, mentre uno sopra di lui lo stava spogliando a forza.
Non ci aveva più visto dalla rabbia.... lasciò cadere tutto per terra e afferrò quel tizio per la collottola. Un pugno. Gliene  aveva dato uno solo... ma la forza, la rabbia, e la collera che vi aveva concentrato dentro erano tali che per un attimo ebbe il timore di averlo ucciso... non che la cosa gli sarebbe dispiaciuta troppo, ma la vista di Dean, in lacrime, tremante ed impaurito sul letto lo aveva convinto a desistere.
Quel figlio di puttana era scappato subito dopo. Ma parola sua, se mai lo avesse incrociato di nuovo gli avrebbe fatto desiderare di non essere mai nato.
Eppure non poteva non pensare che quanto era accaduto, fosse anche colpa sua. Se non avesse dato di matto lasciando Dean nel momento in cui più aveva bisogno, Dean non avrebbe sentito il bisogno di cercare compagnia senza impegno....
Ricordava ancora il giorno che si erano conosciuti.... ricordava di essersi  perso in quei meravigliosi occhi verdi come scheggie di giada, paragonabili ad una meravigliosa foresta.... si era innamorato subito di quegli occhi meravigliosi, che regalavano un'espressione dolce a quel volto.... svegliarsi la mattina e vedere quel viso, così rilassato, così sereno e pacifico era come ammirare un neonato che dormiva. Lo spettacolo più bello del mondo: quello della vera pace.
Aveva giurato a sè stesso che l'avrebbe sempre difeso dalle brutture di quel mondo.... e invece l'aveva lasciato da solo a combattere per il loro amore e l'aveva pure abbandonato nel momento in cui più di tutti avrebbe avuto bisogno di sapere che aveva al suo fianco l'amore della sua vita....
- Ti prego perdonami..... so che non meriterei di essere perdonato....- fece Castiel stringendogli forte la mano... che non c'è giustificazione nè pena per quello che ti ho fatto....  so solo che ti amo.
Che non voglio più passare nemmeno un attimo lontano da te.... mi manca la nostra vita. Mi manca stare con te, mi manca svegliarmi la mattina e vedere il tuo volto come prima cosa.... mi manca sentirti mentre mi prendi in giro perchè non reggo l'alcool.... mi mancano i film che mettiamo in pausa a metà perchè finisce sempre che tu salti addosso a me e viceversa...
Mi manchi perchè sei la straordinaria persona che mi ha salvato la vita.... quando ti ho conosciuto non avevo niente, ero perso, sfiduciato, senza il più minimo interesse per la vita.... ero allo sbando più totale....  poi sei arrivato tu, e hai reso ogni giorno della mia vita incredibile.
So che dopo quello che è successo... sono solo parole, ma ti prego, dammi un'altra possibilità....ti scongiuro....- 
Quelle parole ebbero il potere di svegliarlo. Come se fossero stare il bacio del vero amore.
- Cass...- fece Dean - E' un sogno o...- 
- No, non è un sono amore mio.... sono proprio io. E sono qui, accanto a te.- fece Castiel sfiorandogli le dita con le labbra.
Dean scattò a sedere quando l'immagine di Nick steso su di lui riapparve nella sua testa. Rivide l'agente di cambio che aveva rimorchiato in quel bar steso su di lui, mentre cercava di tirargli giù i pantaloni con lo sguardo di una bestia affamata.
- Sta tranquillo.- fece Cas - non ha avuto tempo di fare niente. Sono arrivato appena in tempo.... vuoi che ti porti al pronto soccorso?- 
- No.... sto bene.- fece Dean - e poi non ho voglia di dare spiegazioni...- 
- Infatti non devi.- fece Cas - non sei certo tu quello che deve dare una spiegazione o che si deve vergognare... tu gli hai detto di no e lui non si è fermato. E' lui in torto, non tu.- 
- L'ho fatto salire io.- fece Dean - Gli ho fatto capire che ci sarei stato... ma poi non me la sono sentita.... ma ormai era troppo tardi....-
- No.- fece Castiel - non dirlo neanche per scherzo. La colpa di quello che ti è successo stasera è solo di una persona: mia.- 
- Come....?- fece Dean.
- Non ti sono stato vicino.- fece Castiel - Avrei dovuto starti accanto.... ma quando ho saputo che ti sei quasi affogato nel fiume perchè tuo padre non accettava che stessimo assieme... mi sono sentito in colpa, pensavo che se non fosse stato per me non ti sarebbe mai successo nulla... ho pensato che sparire ti avrebbe fatto bene....- 
- Ma come puoi pensarlo?- fece Dean - Io sono tuo. Il mio cuore, la mia anima ti appartengono... ti appartenevano prima e ti apparterranno sempre. Non sono riuscito a lasciarmi andare con lui perchè pensavo sempre a te... e mentre mi toccava riuscivo a resistere solo pensando che fossi tu che avevi deciso di farlo in modo diverso... ma non ce l'ho fatta.
Io ti amo. Ti amo e voglio stare con te. Sempre.-  fece Dean dandogli un bacio sulle labbra.
- Ecco.- fece Cas mettendogli il braccialetto che gli aveva comprato - così sei perfetto. Come la prima volta che ci siamo visti.... ti ricordi?-
- E chi se lo scorda?- fece Dean - Il mio cellulare mi aveva piantato in asso e con il mio lavoro devo essere sempre reperibile.... proprio quando me ne sono accorto ero davanti ad un negozio di telefonia... e dentro mi aspettava un adorabile cucciolo con i capelli castani e gli occhi azzurri che stava quasi sclerando perchè cercava di spiegare ad una signora anziana come mettere WA....-fece ridacchiando a quel ricordo - poi abbiamo iniziato a vivere insieme... e da lì capire che ti volevo con ogni fibra di me stesso... che volevo svegliarmi tutte le mattine abbracciato a te... che il solo pensiero di starti lontano avrebbe fatto un male cane... è stato questione di tempo. 
Ti amo, e voglio te. Voglio solo te. Sempre.-
Cas rispose al bacio con entusiasmo fino a far stendere delicatamente il fidanzato,continuando a baciarlo con dolcezza.... senza nemmeno rendersene conto gli infilò una mano sotto la camicia, per poi irrigidrisi e ritrarre la mano come se lo avesse morso un serpente.
- Che succede....?- fece Dean - qualcosa non va...?-
- No.- fece Cas - Non avrei dovuto.-
- Di che parli?- 
- Dean... quello che ti è successo stasera... io non credo che sia il caso.- fece Castiel.
Dean sorrise, ricordando di quando prima dell'incidente e facevano l'amore il moro fosse solito chiedergli se quello che stava facendo andasse bene, se si sentiva a suo agio o se gli stesse facendo male. 
Fu felice di vedere che quel suo modo così discreto di prendersi cura di lui non era cambiato. 
- Sto bene. Dico davvero. Mai stato così serio in vita mia....voglio stare fra le tue braccia... anche solo per una notte. Anche se domattina dovessi svegliarmi e non trovarti accanto a me.- 
Castiel sorrise dandogli un bacio sulle labbra - Questo non succederà mai. Mai più.
Non ci lasceremo più. Mai più.-
Quella fu la prima notte, dopo molto tempo, dopo molta paura e molto dolore che Dean Winchester si sentiva di nuovo felice ed appagato.
...
...
...
La mattina dopo Dean si svegliò ed istintivamente allungò una mano dal lato del letto su cui aveva dormito Castiel ma trovò il letto vuoto. 
E subito lo assalirono una sensazione di angoscia profonda e il sospetto di aver solo sognato la notte d'amore che aveva trascorso con Cas.
Stava già considerando l'ipotesi di rimettersi a letto, nella speranza di sognare di nuovo l'amore della sua vita... quando vide Cas entrare in camera con un vassoio carico di un piatto con sopra una crostata al cioccolato, una tazza di caffè e un fiore di carta.
- Lo so...- fece Cas - ti avevo detto che non me ne sarei andato ma ho pensato che ti avrebbe fatto piacere qualcosa da mangiare.-
Dean sorrise - Grazie... è... è stato un bel gesto...davvero...-
- Te l'ho detto. Ho fatto la più grande cazzata della mia vita a pensare di poter vivere senza di te.- fece Cas carezzandogli una mano - ma voglio rimediare.-
Dean sorrise, finendo la sua colazione.
Mentre beveva il caffè si accorse che ormai erano le otto passate. Sam e Jessica, a quanto ne sapeva dopo il ristorante si erano fermati in un love hotel da cui sarebbero andati direttamente in facoltà,  quindi non si allarmò per non averli ancora visti... e forse era quasi meglio. Non voleva parlare loro della tentata aggressione della sera prima, soprattutto per non far sentire in colpa il fratello per la sua decisione di uscire e lasciarlo solo...
Quello che gli pareva strano era che Cas fosse ancora a casa. Quando vivevano assieme lo vedeva quasi uscire di volata dal loro appartamento, e spesso non aveva nemmeno il tempo per la colazione e al massimo gli tirava un tortino di carote al volo.
- Vai no?- fece Dean - dovrai lavorare.- 
Cas sorrise - E invece no. 
Oggi ho il giorno libero. E sono tutto per te.- 
Dean sorrise euforico come un bambino a cui avevano promesso il regalo sognato per Natale o per il compleanno - Davvero?-
- Certo. Se sei d'accordo potremmo andare da qualche parte... che ne dici, ti va l'idea? Potremmo andare a Coney Island.-
- Con  te andrei a farmi liquefare persino su una supernova  o a morire assiderato nel freddo dello spazio siderale.- fece Dean con un sorriso che non si sarebbe fatto cancellare per nulla al mondo.
Finalmente era di nuovo felice.

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