Fragments of emotions

di Syliael
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Her bewitching boy ***
Capitolo 2: *** Lovely girls ***
Capitolo 3: *** Brynhildr von Habsburg ***
Capitolo 4: *** Weird meetings ***
Capitolo 5: *** Deeper down ***
Capitolo 6: *** Rules for a nice day ***



Capitolo 1
*** Her bewitching boy ***


«Siete delle disgrazie. Non fate altro che combinare casini! Imbecilli, ecco cosa siete! imbecilli!»
Smettila, smettila, smettila... Non è vero, non abbiamo fatto nulla e tu lo sai... Non stavolta, almeno. Sei solo troppo ubriaca per riconoscerlo.
Per una volta, dicci che provi dell'affetto per noi.
Solo. Una. Dannatissima. Volta.

 
Un lampo di luce invase la scena, frantumò la donna che strillava, come uno vetro che esplodeva a causa di un violento urto.
«Ma che cazzo ci fai a letto?!»
La vera domanda, si disse, era ''cosa cazzo ci fai tu già a casa''. Socchiuse gli occhi, quel tanto che bastava per cercare la figura alta e sottile di Victor nella luce.
Un momento: Victor, proprio lui, che pronunciava una parola come ''cazzo''?
Non che le importasse qualcosa. Sì e no si parlavano, almeno da quando Jordan se n'era andato.
Sapeva che fosse il suo turno di accendere la lavatrice, pulire il pavimento e tutte quelle stronzate, e che lui si sarebbe infuriato vedendo il ritardo sulla tabella di marcia... ma era troppo stanca, troppo sola per smuoversi dal letto. Quei maledetti incubi non le davano pace da quasi una settimana ormai.
Era tutta colpa sua, dannato lui e la sua mania di sparire per mesi. Si mangiò le guance, quella assoluta solitudine le divorava il raziocinio.
«E io che pensavo volessi rivedermi! Scusa, va bene, mi eclisso, puff. Non salutare, mi raccomando!»
Levò il busto di quel poco necessario, il gentleman turchino non avrebbe mai detto tutte quelle parole, non così rozzamente perlomeno.
«...Jordan?! Che diavolo ci fai qui?!»
«Questo posto fa schifo... Per puro caso toccava a te pulire?»
Mise a fuoco per bene la figura sull'entrata della camera. Era davvero il "fratellone".
Dimenticò di essere andata a letto nuda come un verme, di avere i capelli unti ed il mascara vecchio di due giorni, gli corse incontro e lo abbracciò, affondando la faccia nella canotta profumata, già pronta a piangere.
«Oh, piccola adorabile Jeanne... Piangi, piangi! Dio, ma quanto fai schifo messa così!»
Lo percepiva sorridere, per un momento le parve che quella sua patetica esistenza riprendesse un senso. Si strofinò al meglio gli occhi, macchiando le mani del nero che prima stava sul viso.
«Brutto idiota!»
Gli sfilò la giacca, la solita nera, se lo trascinò verso il letto, troppo euforica: ora che lo rivedeva dopo quasi due mesi, neppure l'imbarazzo di Jordan l'avrebbe fermata dall'avere quello che voleva, pensò sbottonandogli i jeans.
Sì, poterlo toccare di nuovo le mandò quei brividi di piacere lungo la schiena che aspettava da tanto, troppo tempo. Gli morse il labbro per impedirgli di parlare, ora non aveva per nulla voglia di sentire i suoi dubbi esistenziali su loro due.
Al diavolo anche la scuola.



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Angolino autrice
Salve, lettrici/lettori che hanno appena letto il prologo! Innanzitutto, grazie per aver dedicato due minuti a questa storia!*^*
Che dovrei dire? Jeanne mi frullava da molto in testa, può sembrare un personaggio stereotipato, ma in seguito si svilupperà in modo complesso (spero, ecco =_=) grazie agli altri personaggi.
Ad ogni modo! Se foste interessate a fornirmi un vostro personaggio (temo di poterne gestire solo 3-4), scrivetemi pure in privato o in recensione, a voi la scelta, seguendo le linee guida dello schemino sotto!(^-^)/
 
Nome e cognome:
Sesso:

Descrizione fisica: (più o meno dettagliata, libertà assoluta!)
Segni particolari:
Qualcosa sul suo passato:
Carattere:
 (ogni tipo di personalità, "Mary Sue" compresa, è ben accetta, a patto che sia abbastanza sviluppata.)
Orientamento sessuale:
Personaggio con cui sviluppare la relazione sentimentale:
 (se ne indicaste più di uno sarebbe meglio, se in due sceglieste lo stesso sorgerebbe un problema di possibile favoritismo *coff coff*)
Il personaggio è un nuovo arrivato o è già inserito nel contesto liceale?:
Ha amicizie/antipatie particolari?:

 
Avessi omesso qualcosa, sentitevi libere/i di aggiungere a vostro piacimento!

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Capitolo 2
*** Lovely girls ***


Alla fine, il ritorno e soprattutto l'insistenza di Jordan l'avevano costretta a rimettersi in sesto e tornare a scuola, con quattro giorni di ritardo sull'inizio.
Nuovo inizio, nuovo liceo, ripeté innervosita lungo il tragitto; si era calcolata le ore massime in cui sarebbe potuta rimanere a casa: con 30 ore settimanali e 33 settimane, aveva 990 ore di scuola. Le bastavano 742 ore e mezzo di lezione per passare l'anno, ne aveva già consumate solo 20.
Quel bus era stracolmo di gente, stava per impazzire, era seduta accanto al finestrino e sulla destra aveva un maledettissimo ciccione che prendeva anche metà del suo sedile. E quello stupido zaino, era così pesante, così... noioso.
Fu l'ultima a scendere alla fermata, l'amabile vicino fece fatica a scostarsi per lasciarla passare.
Si decise a seguire la massa di studenti, il terrore che il ragazzo la seguisse di nascosto e la riprendesse se si fosse nascosta in una qualche libreria le dava l'energia per affrontare la lunga giornata.
Nessuno, però, entrò nel cortile. Fu l'unica a varcare quella soglia, l'unica sola. Gettò un'occhiata lasciva ai fiori nelle aiuole, nulla più che distese di eriche dal vibrante colore rosa e bianco. Cercò la sezione L, trovandola senza problemi al piano terra. Sarebbe dovuta andare a recuperare la chiave dell'armadietto, prima o poi.
Solo l'orologio le rese noto quanto fosse presto, mancavano venti minuti all'inizio delle lezioni. Dannata lei e la sua mania di non controllare mai l'ora, adesso aveva tutto il tempo di crogiolarsi nelle sue paranoie.
Jeanne era sempre stata una persona un po' particolare, una di quelle con cui non si aveva mai l'impressione di avere realmente un legame e questo non sarebbe cambiato solo per l'ultimo anno.
Non era abbastanza seccante essere finita davvero in un liceo chiamato "Dolce Amoris" per volere del fratellone? Chi l'aveva poi potuto chiamare così, diavolo?
Sbirciò all'interno della classe, alla ricerca di qualcuno non sciroccato a cui sedersi di fianco. Oh, bene: era pure la prima ad arrivare, perfetto. Imprecò sottovoce, impaziente, e si stazionò a metà aula, di fianco alla finestra per levare quindi "Jude l'oscuro" dallo zaino, in attesa. Ne ripassò con delicatezza il dorso della copertina, rovinato dal tempo: l'edizione era del 1946, se l'era fatto prestare da Victor in cambio di due settimane di pulizia a suo carico supplementari.
...Dannato Jordan.

Prese la decisione di non calcolare minimamente i compagni di classe ed il professore: piazzò il libro di storia davanti, borbottò un ''presente'' poco convinto a testa bassa e riaffondò i pensieri nella lettura del libro non appena iniziò la lezione.
Cambiò oggetto della sua attenzione solo al suono della campanella, stritolando il telefono tra le mani e controllando i messaggi; quell'infame nemmeno l'aveva calcolata, con tutta probabilità era insieme a quell'altro simpaticone di Victor allo studio.
Gli chiese solo di passare a prenderla dopo il corso pomeridiano, non aveva la minima voglia di tornare su quel bus pieno di gente fastidiosa.
Seguì un gruppetto di ragazze di soppiatto, sperava con tutto il cuore stessero andando in mensa: non si era preparata nemmeno l'ombra di un pranzo e, nonostante non ne avesse voglia, sapeva che Jordan l'avrebbe ripresa se non avesse mangiato nulla.
Ebbe fortuna, si ritrovò una breve fila di persone intente a parlottare con dei vassoi in mano; ne afferrò svogliatamente uno e si accodò, intenta a controllare le doppie punte dei capelli neri.
«Ed eccola, la nuova arrivata!», si sentì sbeffeggiare dietro. Uno spintone la mandò ad urtare contro il ragazzo davanti a lei.
Jeanne non perse tempo, si voltò e fronteggiò la bionda e l'amica che trovò davanti.
«Che bel portafoglio. Scommetto ci siano i soldini che servono a noi, non credete, ragazze?» cinguettò la corvina, una ragazza cinese alta uno sputo.
«Pensi bene, Li. Vediamo un po' se lingua corta è come la povera e tenera Lynn.», il sorriso della bionda la spinse a stringere il portafoglio con apprensione.
«Si può sapere chi cazzo...», non terminò mai la frase. Un pugno nello stomaco le levò le parole di bocca. Cadde sulle ginocchia, annaspando.
«Ambra, se i professori ci scoprissero finiremmo nei guai. Io non ne voglio, lo sai.» sibilò solo una terza ragazza, castana, dietro di loro, senza muoversi.
«Oh, tranquilla» replicò solo lei, calciando Jeanne, «Nessuno qui ha visto nulla. E se fosse... Non ci sono prove.»
Si abbassò per recuperare i soldi, non prima di averle pestato con forza la mano con il tacco nero e lucido. Perlomeno non a spillo, o l'avrebbe trapassata da parte a parte.
Servirono pochi secondi a ''lingua corta'' per capire che nessuno le avrebbe dato il minimo aiuto.
''Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti.''
Lì erano tutte pecore pronte a chinare il capo. Reagì d'istinto, le prese il polso e la tirò giù.
Era paura, quella che stava provando? che la spingeva a reagire con tanta violenza?
Le rotolò addosso e riuscì a piantarle un pugno sulla faccia, prima che le due amiche la bloccassero per le braccia. Ambra si rialzò tenendo il naso sanguinante. Nessuno osava fiatare.
Era furibonda, Jeanne temette l'avrebbe massacrata di botte e strappato a ciocche i capelli, se due professori non fossero entrati pacificamente in mensa e non avessero visto la scena. Scena in cui una dolce e gentile Li aiutava l'amica con un improvviso sanguinamento al naso e la bruna aiutava pacatamente la nuova a rimettersi in piedi chiedendole come stesse.
E quando si avvicinarono per verificare, Jeanne capì fosse meglio tacere. Nessuno avrebbe confermato la sua versione.
Si limitò a rimettersi in coda, prendere delle polpette di pesce dall'aspetto discutibile e ad andarsene in un tavolo libero. Sistemò il tovagliolino di carta sulle gambe come meglio poté e osservò il cibo, placida come un gatto. Aveva speso un euro e la cosa l'aveva infastidita, nel piatto non aveva che tre microscopiche palline pallide, non dovevano essere troppo cotte. Ne infilò comunque una in bocca, evitando ogni tipo di sospiro.
Non c'era molta gente quel giorno, si chiese se appostato fuori dal cortile non vi fosse un chiosco ambulante
, di crêpes magari... Quelle sì, le avrebbe mangiate volentieri, fantasticò. Si ricompose subito con una leggera schiarita di voce: alcuni dei ragazzi cercavano dove sedersi e non voleva scegliessero proprio un posto di fianco a lei, anche se dubitava che qualcuno l'avrebbe salutata, non ora che la bionda e le amiche avevano messo i loro occhi su di lei... Meglio così, si sorrise maliziosa, meno seccature da gestire.




 
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Angolino autrice
Ahah... che dire. Amo Ambra, da sempre. La voglio una vera cattiva, non una che da aria alla bocca, non aspettatevi dolcezze da lei ;-;
E... sì, vorrei che la storia uscisse più "dark" della controparte reale. Senza smancerie a destra e manca o persone che corrono felici a crocchio per salutare e regalare fiorellini all'ultima arrivata.
Null'altro, non saprei che aggiungere. Spero possa esservi piaciuto, ecco! Alla prossima!(^-^)/

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Capitolo 3
*** Brynhildr von Habsburg ***


Si era rinchiusa in biblioteca, in attesa dei corsi pomeridiani. Dopo l'esperienza della mensa la sua voglia di rapporti umani aveva avuto un'ulteriore discesa e l'idea di cercare il delegato del liceo per farsi fare la scenetta della sciocca e nuova arrivata le deteriorava il sistema nervoso. L'armadietto poteva aspettare.
Camminava tra i corridoi incessantemente, senza trovare il libro che, secondo l'archivio, sarebbe dovuto essere ancora in sede.
«...Non me lo dire! Ieri ho cercato per tutta la camera e alla fine era solo finito in lavatrice... Beh, non si è neppure rovinato!»
Jeanne sporse la testa, intravedendo due figure femminili camminare lentamente al tavolo dove stava la sua borsa. Con un sospiro, le avvicinò, cercare per ore non l'avrebbe portata a nulla. Tra l'altro vederle così vicine alle sue cose non la entusiasmava.
«Scusate.»
Le due si voltarono e la corvina incontrò un paio di taglienti occhi lunari a fissarla arcigni, assieme ad un secondo sguardo azzurro.
«Ci conosciamo...?»
«Ma sì Brynhildr! La nuova ragazza, sai! Jeanne, dico bene?»
«Oh. Nemmeno il buon gusto di presentarsi. Ora ricordo.», constatò amara lei.
Jeanne fece per ribattere, quando le vibrò il telefono, che le fece dimenticare le parole in testa.
Finalmente Jordan si degnava di darle attenzioni!
«Ad ogni modo, cosa ti serve?»
«Sì... Volevo sapere se l'archivio della biblioteca è affidabile!»
Brynhildr indicò l'amica con fare imbarazzato, «Chiedi a Melody, come facciamo tutti. Quel vecchio libro polveroso non lo aggiornano da almeno tre anni...», abbozzò un sorrisetto.
«Già... Fai prima a dirmi che libro cerchi, sai?»
Le nominò un libro sconosciuto al mondo, ''Il deserto dei Tartari'', e rimase non poco delusa quando la bruna scosse la testa pensierosa, finché non aggiunse: «Credo l'abbia preso qualcuno...»
«Oh! Allora prima o poi l'avrò, fantastico!» cinguettò soddisfatta, ringraziando.
La ragazza dai capelli biondo cenere le allungò la mano, rigida: «Brynhildr von Habsburg. Molto piacere. Sì, genitori simpatici. Lei è Melody Dupont.»
«Molto piacere! Jeanne Lacroix!»
La bruna, a disagio, sputò il rospo dopo pochi istanti, chinando il capo in segno di scusa.
«Sai, mi spiace per quello che è successo in mensa...»
Brynhildr la interrogò con lo sguardo, perplessa, e Jeanne dedusse che non mangiasse in quel posto così sciatto. In effetti non le si addiceva, immaginarla seduta a punzecchiare quello strano cibo era surreale, vedendola ora così posata ed elegante.
Melody raccontò in breve, sotto lo sguardo indignato della corvina: lei era una dei tanti stupidi che avevano assistito passivamente, la cosa la irritava e non poco. Ricevette una ramanzina dall'amica, era diventata talmente rossa che sembrò sarebbe svenuta.
«La Jacott si conferma una volgarotta come ogni volta. Andiamo, c'è la lezione d'arte. Jeanne, vieni con noi?»
Annuì soddisfatta, quelle due le piacevano, erano calme e pacate senza scadere nella solita introversione.
«Preparati all'inferno...»
Non era certa di voler sapere perché Melody le avesse detto quella frase.
Salirono la scalinata, troppo pulita rispetto ai pavimenti della mensa, girarono a sinistra e percorsero il corridoio, ancora gremito di studenti, plausibilmente più piccoli. Ammirò i molti disegni esposti lungo la parete, sia tecnici che artistici, degli anni precedenti. Rimase stregata dal ritratto di una donna, qualcosa nelle pennellate mandava malinconia, non sapeva come spiegarselo, ma avrebbe potuto tranquillamente passare giorni a cercare di riprodurlo per il solo gusto di averne una copia in camera.
«Bry!»
«Oh, Nath! Guardati, sei sommerso di carte! Lasciati aiutare, caro.»
Melody scansò però l'amica senza una parola ed afferrò un po' di documenti, defilandosi assieme al ragazzo biondo che aveva appena finito di parlare, lasciandole sole e basite.
«...Mel ha una cotta per lui, ecco. Senti, siediti al mio fianco, passerai le ore al sicuro, perlomeno. Mi spiacerebbe averti sulla coscienza.», sorrise gentilmente.
Era tutto normale. Il professore le salutò, si accomodarono e la lezione iniziò. Tutto nell'ordinario.
Che diavolo intendevano, prima?
L'autonomia dell'attenzione durò quanto un gatto in tangenziale, tutte quelle spiegazioni sul perché una pennellata fosse stata data da destra e non da sinistra le mandavano scariche di tendenze suicide irresistibili.
Perché, a dirla tutta, Jeanne non era esattamente un'appassionata di storia dell'arte, le piaceva solo molto abbozzare disegni: copiò alcuni capitelli dal libro, schizzandoli con cura, catapultandosi nel mondo della mitologia greca e delle sue divinità.
«...Ecco. Adesso inizia lo show dei mentecatti.», commentò secca la vicina, riportandola sulla Terra: il prof si era dileguato e, nel giro di pochi minuti, la stanza si riempì di chiasso, Jeanne si trovò a scommettere che si sarebbe trovata meglio tra le anime dell'Ade.
Brynhildr, dal canto suo, teneva il naso sui libri, guardando raramente i like su qualche foto di instagram.
Due gemelli lottavano a colpi di pennello e vernici assieme ad una ''pel di carota''.
Una ragazza nera tirava pennarelli alla compagna davanti a lei.
Alcuni guardavano con aria persa il panorama, fuori dai vetri non spolverati da ben più di un giorno.
«Vedo che almeno capisci con chi fare amicizia, sciacquetta», l'indimenticabile voce della bionda le risollevò decisamente l'umore, «Anche se credo che Brynhildr non ami le personcine insulse come te.»
La ragazza alzò la testa e mosse elegantemente la mano: «Dissipatevi, ve ne prego. La vostra volgarità mi invade le narici. Jacott, non seccarmi. Sai che finirà male solo per la tua famiglia.» pronunciò secca. Allora Jeanne vide Ambra sbiancare, ridere nervosa ed eseguire. Si andò a pavoneggiare al banco di un ragazzo dai capelli rossi, mentre le amiche giocavano a tirarsi il blocco da disegno di una ragazzina bassa e mora, alta poco più della cinese.
Non domandò, non osò farlo.
Finite le lezioni uscirono insieme, senza dirsi nulla. Solo in quel momento la corvina ricordò di non aver guardato il messaggio, ma non le servì, Jordan era lì davanti e le sorrideva chiamandola.
«Quello non è Victor Lemoine? Il modello di Montecarlo?»
Se ne accorse solo per merito di Brynhildr: il coinquilino era in piedi di fianco al fratello, le squadrava, appoggiato al cofano della sua Mercedes CLS cabrio bianca, col suo solito viso annoiato.
«Già. Proprio lui, la simpatia incarnata.»
Presentò l'amica ai due, si accorse con stupore della lunga stretta di mano che Victor le offrì. La guardava come Paride poteva aver guardato Elena.
Con l'unica pecca che a quell'Elena, di quel Paride, non sarebbe potuto importare di meno, non romanticamente almeno.



 
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Angolino autrice
Buonasera, lettrici/lettori! Dato l'orario, non so esattamente cosa scrivere in questo spazio...
Un assoluto ringraziamento ad Alyss Gray, per il personaggio e soprattutto per le recensioni, troppo gentile! Spero che Brynhildr sia riuscita bene, attendo commenti!*^*
Un altro ringraziamento a tutte/i coloro che leggono la storia, mi fa piacere vedere quel numerino continuare a crescere, recensioni o meno spero vi stia piacendo!^^
E nulla, Jeanne presto imparerà quanto possa essere difficile integrarsi all'ultimo anno, specie col suo pessimo carattere.
Un saluto ed una buonanotte/buongiorno a tutti, alla prossima!(°^°)/

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Capitolo 4
*** Weird meetings ***


«...Ed ecco una guida rapida al come sprecare il proprio sabato.»
Il ragazzo dai capelli bianchi squadrò Jeanne con sorrisi a trentadue denti.
«Solo perché non sai divertirti! Scommetto che né tu né Vic siate usciti di casa una maledettissima sera mentre ero via! Cin-cin!»
«Scusami. Lavoro, di solito.», borbottò solo, unendosi a malavoglia al brindisi, «...Mi fa schifo la birra, Dan. Porca miseria.»
«Oh, andiamo, te l'ha offerta. Non fare la maleducata.»
«Scusa, mammina, ma preferisco la coca-cola. Abitudini, sai.»
Non le era esattamente chiaro perché fosse in quel posto da cowboy improvvisati, men che meno perché Victor e Brynhildr avessero accettato di unirsi alla festa. Beh, no, lui ci era venuto perché c'era la nuova ed unica amica di Jeanne.
Uno stupido locale dimenticato da Dio, che solo Jordan poteva aver scovato, in periferia, nel quale una volta a settimana organizzavano un evento di rodeo col toro meccanico, pieno di gruppetti di adolescenti esaltati. Che diamine c'entrasse con un'aristocratica come Brynhildr o un gentleman come Victor sarebbe rimasto un mistero a chiunque.
«Ah ah! Animiamo un po' la festa, dai! Hey, Adrien! Il prossimo giro tocca alla mia piccola!» sbraitò all'intrattenitore, trangugiando mezzo boccale in un sorso.

La sveglia suonò, le perforò i timpani. Che diavolo, se l'era impiantata nelle orecchie?!
«...Ma porca puttana!» bofonchiò solo, buttandola a terra.
«Le parole, Jenny, le parole. Per favore.»
Alzò alla cieca il medio a Victor, era ancora mezza ubriaca e quella sera aveva il turno lungo. Si costrinse a camminare fino al bagno per struccarsi. Si trovò disegnato in faccia un sorriso che perfino Joker avrebbe temuto e sul corpo diversi disegnini discutibili: corse ad agguantare il coinquilino.
«Guarda la mia faccia! Guardala! Non c'è da ridere cazzo!» strillò.
«Sei salita sul toro meccanico dopo la prima birra, sei caduta due istanti dopo ed hai bevuto due superalcolici per la vergogna. Poi sei salita sul tavolo di un gruppo di ragazzi e... Vuoi proprio sentirlo, il resto?»
Jeanne scosse la testa, viola. Chiese del fratello.
«Jordan è rimasto al bar con Brynhildr, io ti ho riportata a casa, ubriaca fradicia com'eri.»
«Oh.»
«Già.»
«Grazie, suppongo.»
«Di nulla. Dovere.»
E così finì la loro conversazione. La corvina passò il resto della giornata a giocare a ''Yu-Gi-Oh! Duel Links'', era la cosa più intelligente che il suo cervello riuscisse ad elaborare.
«Ma che cazzo!», imprecò quando l'avversario si dimostrò un cracker: «Ma sì, furbo! Zane non è ancora uscito come giocabile, ma sì, sei simpatico! Fanculo, ''UnownBoy''! Fanculo! Ti abbatterò! Toh, beccati un attacco del Paladino Oscuro!»
La cosa che la seccava davvero era l'idea che Jordan avesse preferito rimanere al bar e lasciarla con Victor.
Era irritante. E quel tormento se lo portò anche al lavoro, la sera, in quel night club dove lavorava.
«Stella, ti vedo giù stasera!»
Jeanne sbuffò, poi decise di ''confessarsi'' col collega: «Quel coglione di Dan! Lo sa che sono gelosa e lui mi provoca sempre!»
Milo scoppiò a ridere preparando il Sazerac di un cliente abituale: «Stavolta cos'ha fatto quel povero Cristo?»
Fece per rispondere, quando una mano batté insistente sul bancone. Jeanne cercò il seccatore di turno.
«Che diamine! Si può avere un Margarita prima di morire o no? Siete troppo impegnati a cinguettare?!»
Una ragazza dall'aria seccata li osservava severa, faceva tamburellare le unghie. Le due si fissarono un momento, poi Jeanne passò l'attenzione da quegli occhi neri allo shaker.
«Sono 8 euro... Grazie e buona serata!» sibilò meccanica con un finto sorriso in faccia. Quella pagò e accennò un sorrisetto, altrettanto finto.
«...Stronza.» bisbigliò poi, pulendo il bancone dal sale.
Non ci fu tutto quel pienone al bar, quella sera. La gente era troppo presa dallo spettacolo speciale delle spogliarelliste. Anche lei e Milo guardavano con la bava alla bocca, alcune erano davvero sensuali oltre l'umana comprensione.
«Barista!»
«Oh, scu...» si bloccò. Aveva già visto quella faccia.
«La nuova! Nooo, questa è troppo bella! Fammi un Mojito, dai!»
Sì, come se non avesse un nome. Lei almeno si ricordava che quello si chiamasse Armin, ma apprezzò che non avesse fatto una domanda idiota come...
«Allora lavori qui?!»
Ecco, proprio quella.
«No. Sperimento farmaci sugli esseri umani stupidi tramite somministrazione orale.», sorrise iniziando a pestargli davanti lime e zucchero, «Oh, volevi l'europeo, vero?»
«Sì sì. Fai anche la ballerina mezza nuda, signorina simpatia?»
«Nah, faccio direttamente la prostituta. Voilà, sono 7 euro.»
«7 euro una botta e via? Ci sto! Il tempo di bere!»
Quanta gente spiritosa, quella sera... Jeanne tenne per sé tutti i commenti poco carini, tornando ad ammirare le ragazze, o almeno ci provò.
«Dai, un po' di vita! Capisco che stai sempre con la musona, ma... E dai! Hey, la vedi quella?», il ragazzo si sporse dal bancone e la strattonò.
Le indicò la ragazza che prima aveva ordinato il Margarita: «Quella tra una settimana sarà la nostra nuova compagna di classe! Una pazza, sai? Sapessi cosa ho letto nei suoi dossier!»
Jeanne cercò la tipa in questione, per trovarla intenta a tenere d'occhio un ragazzo castano pochi tavoli più avanti del suo. Era sola.
«Senza offesa, Armin, ma non me ne frega un cazzo. Puoi lasciarmi in pace e andare a mettere banconote negli slip di qualcuna? per favore? Almeno a loro farebbe piacere?»
Respinse Milo ed i bodyguard, quando chiesero se la stesse importunando. Anche se non aveva voglia di continuare la conversazione non voleva creare inutili problemi.
«Come sei noiosa, Jessica! Anche Ambra è noiosetta, ma almeno se fai il simpatico le gambe le apre! Chiedimi come lo so, eh?»
«Jeanne. E bravo, sei andato con la biondona, che vuoi? Un applauso?»
Due tocchi sulla spalla distrassero i ragazzi. Il rosso, in classe con loro, ed il barista che arrivava a cambiare turno con lei.
«Cass, rovini sempre tutto! Che spalla del cazzo che sei!»
«E che volevi, provarci con lei?», la ripassò da capo a piedi, «Con tutte le fighe che ci sono qui? La vedi tutti i giorni in classe.», le fece un cenno di saluto.
Jeanne si levò il grembiule e, finalmente libera dal turno, piantò uno sberlone in faccia ad Armin.
«Per la tua simpatia.», sorrise scivolando via velocemente. Quello scoppiò a ridere, senza fare altro, trascinato via da Castiel.
Uscì dal locale, aspettando che Jordan o Victor passassero a recuperarla: tornare a casa a piedi era l'ultima cosa sulla lista delle cose divertenti da fare la domenica notte. O lunedì mattina, a seconda del punto di vista.
Salutò alcuni dei soliti clienti, dando poi tutte le sue attenzioni alle fessure create nel marciapiede dalle mattonelle sconnesse. Poche ore di sonno e sarebbe cominciata un'altra settimana. In quel cazzo di liceo pieno di persone che non voleva vedere. Del libro ancora nessuna traccia, tra l'altro. Ne aveva letti una ventina nel frattempo, come sostituti, ultimo ''Manfred'' di Byron.
Si chiese se le servisse davvero farsi degli amici in quel posto, infondo sua madre non c'era più, non doveva dimostrarsi alcunché. Lei non voleva altre persone pronte a giudicarla nella sua vita.
«Fossi in te rimarrei vigile. Sai, non tutti prendono bene un rifiuto come quel tizio.»
Sobbalzò spaventata: dietro di lei si era piazzata la ragazza del bar, ora la vedeva sotto la luce del lampione e ne poté ammirare i capelli d'un verde brillante illuminarsi ogni volta scuotesse la testa. Sorrideva con sarcasmo, tenendosi il viso con la mano destra. Era assonnata anche lei, non c'era dubbio.
«Che ti devo dire? Dopo sei ore di turno non sono molto lucida.», lasciò uscire un sospiro, che si condensò in una piccola nuvola bianca. Faceva freddo, per essere solo Settembre.
«Brutta sera, eh? Tranquilla, ti terrò d'occhio finché non arriveranno a prenderti.» concluse lei, tornando seria. Una bipolare, ecco cosa doveva essere, si disse Jeanne, non troppo convinta.
«Mi chiamo Jeanne. Beh, grazie.»
«Grace.»
Non le avrebbe cavato altro dalla bocca, bene. Dondolò sui piedi, aveva la testa pesante.
Jordan si fece vivo una manciata di minuti dopo, implorando pietà per il ritardo: si era appisolato sul divano, tanto era interessante il film che stava guardando.
«Hey, tu! Hai bisogno di un passaggio?» domandò allegro, credendo le due amiche.
Grace in tutta risposta fece un segno con la mano e si incamminò verso la direzione da cui era arrivato lui, senza proferire parola. Jeanne balzò in macchina, esausta.
«Simpatica, la tua amica! Ci credo che andate d'accordo!»
«Non ci conosciamo nemmeno. Andiamo, o domani a scuola ci vai tu per me.»
Entrarono in casa in punta di piedi, Victor aveva uno shooting fotografico il mattino successivo ed era meglio per entrambi non svegliarlo e subirne l'ira passivo-aggressiva. Già una volta Jordan aveva rischiato di finire pelato, causa la crema depilatoria mescolata allo shampoo.

La settimana passò veloce, un po' perché metà Jeanne decise di passarla a casa, un po' perché tra tutte le chiacchiere sulla nuova ragazza, messe in giro dall'addetta al giornalino, Armin non aveva avuto modo di raccontare di lei e del suo lavoro. Perfino Ambra era troppo presa dalle paranoie per tentare di bullizzarla ancora.
A sentire i componenti della classe, ad arrivare sarebbe stata: una vamp dalla faccia strafottente e superfiga, una timidissima ragazzina che nascondeva un carattere maniacale, una sociopatica fuggita da un manicomio e così via. Jeanne aveva smesso di ascoltare dopo la decima teoria alquanto improbabile.
E finalmente era arrivato il fantomatico lunedì. Sapeva già che persona avrebbe preso posto nell'unico banco libero, due file più avanti, di fianco a Melody.
E sentiva che le due non sarebbero andate d'accordo.
Anche Brynhildr, che per tutta settimana aveva evitato di formulare teorie proprie, sembrava curiosa, si sporgeva dal braccio dell'amico di Castiel, dato che quell'ultimo le bloccava la visuale.
Per una maledetta volta, la classe era in totale silenzio. Faraize attendeva l'entrata della preside, più nervoso del solito.
«Buongiorno, ragazzi!», iniziò la signora, arrivando d'improvviso, «Vieni, su, Grace. La tua classe è questa.»
Ci fu un momento, come nei film, in cui tutto sembrò fermarsi. Jeanne ridacchiò: Armin ed il gemello, con gli occhi fuori dalle orbite, erano una scena impagabile.
Il primo stivale fece ingresso nella stanza.



 
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Angolino autrice
Miseria, scrivere questo pezzo è sempre la parte peggiore... Mah, che dire? Io Armin lo amo alla follia, l'ho sempre trovato il playboy della situazione e voglio lasciargli campo libero, altro che liceo e picnic di famiglia *-*
Sì, giusto: un grandissimo grazie a mirielmoon per aver messo la storia tra le seguite e soprattutto per Grace, che finalmente nel prossimo capitolo farà la sua entrata ufficiale! Sigh, è peggio di Brynhildr da gestire ._.
Il solito ringraziamento va poi alla cara Alyss Gray, che recensisce con costanza ogni capitolo!(/*^*)/
Ultimo, ma non meno importante, un grazie a tutti i lettori silenti!°-°
Alla prossima, buona settimana a tutti voi!>-<

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Capitolo 5
*** Deeper down ***


«Piacere! Mi chiamo Grace Martin e passeremo l'anno tutti insieme appassionatamente!», sorrise sprizzando energia con un occhiolino, per voltarsi poi verso la preside: «Mi integro bene, ha visto?»
La punta di sarcasmo suscitò molte risatine, ma la Shermansky evitò sceneggiate, salutò e se ne andò sbattendo un poco la porta.
La nuova arrivata lanciò una rapida occhiata ad ogni studente, sorprendendosi quando riconobbe la sua ''barista di fiducia'' fissarla sardonica. Ecco un'altra ragazza da tenere alla larga da Jordan, sbuffò Jeanne altezzosa vedendo come i vestiti attillati la fasciassero bene, mostrando quanto la natura fosse stata generosa nei suoi confronti. Era il nero a snellirla, si mentì innervosita. Di sicuro faceva palestra, quella pancia piatta non era da sola dieta, constatò passandola allo scanner.
«Grace, ti puoi accomodare vicino a Melody, chiedi a lei o a Nathaniel se avessi bisogno di qualcosa. O direttamente a me, sai?»
Ambra e Li furono le prime a dar via al flusso di bisbigli, Jeanne si divertì non poco al tono preoccupato della bionda. Non era l'unica a trovare l'adorabile Grace una gran gnocca.
«Cazzo, Armin, avevi detto che...! Quella è figa, Castiel le ha già fatto i raggi X!»
«Ma dai, la perla del mio cuore sarai sempre tu! Ha meno tette di te, sciocchina!», le passò l'indice sul braccio con fare suadente, salvo poi ritirarsi e metter mano alla psp nascosta tra le pagine del libro quando Faraize si schiarì la voce.
«Fottiti! Li, nella pausa pranzo vai...», abbassò il tono, impedendole di sentire il resto.
Dalla sua fila, l'unica cosa che la corvina poté osservare fu il costante ciondolare delle gambe di Grace, quasi non riuscisse a stare ferma, la vicina le indicava ogni due minuti un punto della pagina e parlottava. Melody la incalzava troppo, le unghie laccate di viola creavano una melodia sempre più agitata.
Il tempo che la campanella suonasse e la nuova arrivata era già schizzata via a passi decisi.
«Sembra una persona... spigliata.» si limitò a constatare la tedesca, non entusiasta.
«Oh, Bry, andiamo! Rilassati per due minuti!»
«Mel. Non è il modo di porsi, specie con un'autorità superiore come la preside.» tagliò secca, passando lo sguardo su Lysandre: «Giuro, se gli piacesse una così...»
«Ah! Eccolo il problema! Bryyy, ma quanto sei innamoraaata?!», si intromise Jeanne, attirando la curiosità del ragazzo e di Castiel con qualche risata sguaiata. 
«Jeanne Lacroix! Non farmi alzare la voce! Modera i termini!»
Brynhildr prese a sistemare maniacalmente la treccia biondo cenere, quasi volesse lisciare capello per capello l'intera chioma. Era perfino arrossita, ma Jeanne sospettava fosse più per rabbia che altro.
«...Ma non... Al diavolo! Potevi dirmi di avere il ciclo! A dopo, forse, eh!»
Si ritrovò a vagare senza meta, quella manciata di minuti non sembrava voler scorrere velocemente. Diamine, doveva finirla per una buona volta di essere così permalosa. L'oroscopo l'aveva detto, quella giornata sarebbe stata per davvero ideale da passare nei boschi, a contatto con la natura.
Nelle ore successive non accadde nulla, Grace se ne stava sulle sue, pur non disdegnando i saluti dei compagni: scambiò qualche parola con chiunque le andasse a parlare, senza mai sbilanciarsi troppo. 
Jeanne non si impedì di gongolare tutto il tempo, quella non la raccontava giusta, affatto. Le lanciò un bigliettino tra i capelli verdi, vi aveva disegnato sopra un bicchiere da cocktail con una faccina.
La ragazza in nero lo accartocciò subito, ma si voltò con lo stesso sorrisetto della sera prima.
«...Ma che bella mascherina, piccola stella. Peccato mi dica già come vuoi apparire» sussurrò la corvina, divertita, «...e quindi come non sei davvero.»

Forse c'era stato un qualche evento traumatico che aveva distorto quella testolina, forse anche pesante, pensò perplessa Jeanne, fissando Ambra mentre usciva dalla mensa assieme al gemello, che tagliò dritto verso la biblioteca. Dovevano essere dell'Acquario, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Legati ai propri amici, ma al contempo distaccati. Indisposti ai compromessi. Gelosi e permalosi. Proiettati al futuro.
...Anche Jules Verne doveva essere di quel segno, se la memoria non la ingannava.
“Sapeva che nella vita bisogna spesso tenere conto degli attriti, ma siccome gli attriti fanno perdere tempo, non frequentava mai nessuno.”
Non a caso, una sua citazione. Calzava a pennello Nathaniel. Scosse la testa, un suono di metallo sbattuto fece voltare gran parte degli studenti.
«Grace...!»
La stramba nuova arrivata aveva aperto l'armadietto. Della polvere bianca cadeva da bustine appoggiate ad arte sul ciglio. Una folla di curiosi si avvicinò con circospezione, lei se ne stava a testa bassa a fissare la scena. Aveva calciato così forte il metallo da lasciarvi un solco.
«Mio Dio, non sarà che Corvo Torvo abbia deciso di farsi vivo anche qui!», la risata di Ambra suonò cristallina nel silenzio. Si avvicinava a Grace, i tacchi marcavano ogni passo, lento ed inesorabile.
Un nuovo convegno di benvenuto, creato apposta per lei.
Jeanne ricordava ancora il livido che quel pugno le avevano impresso sulla pancia. Le facce che guardavano senza che i corpi agissero. 
Si fece strada a spintoni.
«...Come siamo caduti in basso, accogliere una drogata del cazzo.» continuò la bionda, sibilando. I mormorii si fecero sempre più rumorosi. La ragazza scostò quegli idioti impalati, fino al limite.
Grace stringeva i pugni, ma stava contando, se ne accorse solo ora che la vedeva. Mormorò appena il suo nome, ma lei non reagì.
«Oh, no, Jen-Jen. Oggi non voglio vederti.», tornò alla sua vittima, «Chissà che malattie devi avere. Ti buchi anche, ah?»
Le strattonò il braccio.
«Stronza figlia di puttana!»
Nessuno realizzò, per un momento. Non realizzarono che Grace avesse afferrato le spalle di Ambra. Che l'avesse sbattuta a terra in poche mosse. Che le tenesse davanti il pugno serrato, ad una spanna dalla faccia.
«Grace! No! Non ne vale la pena!», fu la cosa più intelligente che uscì dalla bocca della corvina, tanto banale quanto sensata.
«Invece sì! La soddisfazione di spaccarle questa faccia da cazzo è abbastanza! Levati!», la scansò, indecisa sul da farsi.
La bionda non diede alcun segno di paura, teneva un sorriso spavaldo ed arrogante senza interrompere il contatto visivo. Tutto taceva d'un tratto.
«Aeroplanino volante!»
"Aeroplanino volante"? Confuse, sia Grace che Jeanne si guardarono un attimo. Abbastanza per Ambra per rovesciare la ragazza con un colpo secco dritta contro la parete e rimettersi in piedi ridacchiando.
«A domani, uccellino. A domani, sciacquetta.»
Saltellò per evitare che le artigliasse la caviglia e sparì uscendo dall'edificio, portandosi dietro la rabbia di Grace come trofeo.
«Che ci fa a terra, signorina Martin? E questo sfacelo, quando dovreste essere a lezione?!»
Impiegarono entrambe diversi secondi a realizzare: quello di prima era l'avvertimento. L'arrivo di un professore. Ambra non era una sprovveduta o un'indifesa. Per nulla.
La loro insegnante di scienze le squadrava, alterata.
E Grace pareva perfino peggiorare: «Quella figlia di...», Jeanne la interruppe brusca: «Grace è scivolata sullo zucchero a velo... Ambra ha fatto preparare uno scherzo per la nuova arrivata, credo... Volevamo ripulire, ecco.»
Aveva la terribile sensazione che la compagna avrebbe solo peggiorato le cose, come il suo temperamento. La Delanay sospirò: «Cinque minuti, signorine. O nessuno vi leverà una nota.»
Ascoltarono in silenzio il rumore di passi, pietrificate dal tono aspro della donna.
«Ehi... Qua la mano, dai, ''Margaritagirl''.»
«Spiritosa. Come cazzo sa quelle cose quella? Chi è poi?!»
«Calma, non c'è bisogno di aggredire così. Si chiama Ambra Jacott, non so molto altro. Credo ce l'abbia con l'intero mondo. Per il resto non so di cosa tu stia parlando. Dai, ripuliamo questa merda.»
Lavorarono in silenzio, le mani di Grace ancora tremavano dalla rabbia, ma arrivarono nei tempi previsti. Brynhildr lanciò immediatamente uno sguardo truce a Jeanne, che la ignorò, accettando il cenno silente di Castiel al posto al suo fianco.
«Sempre in ritardo, eh?»
«La tua biondona ha attentato all'umanità di capelli verdi. Dovresti dirle qualcosa, sai?»
«...Di che parli, scusa?»
Castiel era l'unico essere umano maschile con cui Jeanne avesse parlato pacificamente in quella classe e non più di due volte in un paio di settimane. Sembrava sinceramente perplesso dalle sue insinuazioni, forse era il caso di scavare più a fondo.
Pensò per un momento che assomigliasse molto a Jordan. I capelli, il fisico, lo sguardo magnetico... Sì, sembravano la stessa persona, colorata però da due mani diverse. E poi vabbé, Castiel era giusto quei venti centimetri più basso del fratello, ma ad ogni modo...
«Ambra. Quella che mi ha presa a pedate in mensa? Quella che ha fatto passare Grace per una drogata? E chissà che è successo a quella Lynn...»
Si irrigidì a quel nome.
«Jeanne, non nominare quella ragazza. Per favore. E ti ripeto: Ambra non è intelligente come dici. Questione chiusa.»
Questione chiusa per davvero. Non si parlarono più.
«Signorina Martin. Venga con me.» sbottò verso la fine dell'ora la professoressa di scienze, dimenticando che razza di imbecilli componesse la classe. Si preparò ad assistere ad un'altra versione delle ore di arte, premurandosi di controllare che Castiel non si alzasse per sparire chissà dove.
Controllò che i capelli fossero a posto, le sembrò la cosa più produttiva: le punte del carré iniziavano già ad andare fuori controllo, era ora di...
«Jeanne Lacroix!»
...Ecco. Ora di fissare un appuntamento dalla parrucchiera. Senza Brynhildr.
«Ma cosa hai raccontato alla professoressa Delanay?! Era l'occasione per punire Ambra!»
«Non mi andava che Grace dovesse sbandierare gli accidenti suoi alla scuola.»
«Sarebbe stata una questione tra la Martin, la Jacott ed i professori! Accidenti, Jeanne! Rifletti!»
Non ne aveva avuto il tempo. Aveva rivisto in ''Margaritagirl'' sé stessa, abbandonata da tutti alla mercé della bionda.
«...Sì, forse... Mi scuso. Solo... Quella ragazza la passa sempre liscia, nemmeno minacciarla è servito e... mi fa soffrire non poter aiutare nessuno.»
Brynhildr nascose rapida il viso subito dopo lo sfogo. Non c'erano parole adatte in quel frangente che potessero alleggerirle quel macigno sulle spalle, così Jeanne si costrinse a tacere.
«Lys! Lys! LYS! Eve ha bisogno di assistenza immediata! IMMEDIATA!»
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, sobbalzando e cercando la fonte del rumore, alzandosi nel mentre.
«Andiamo, su! La Delanay è dalla preside, daaai! Sbrigati! Grazie alla mia bassezza non arrivo al libro! Dai, voglio vincere la scommessa!»
«Ragazzina! Lysandre non fa parte della cosa!», intervenne Kim alzandosi a sua volta.
«Lyyys! Veloce, muovi quelle belle chiappette!»
Quell'unica frase fece esplodere risate per tutta la classe, meno che dalla ragazza tedesca.
«Kim, il mio oggetto è Lysandre! A stasera, mia amata sportina di Weiss!»
Attese che i due si dileguassero più o meno di loro volontà per parlare: «Anche questa. Che giornata... Dovrò bere due infusi per calmarmi. Eve e quei suoi modi obbrobriosi.»

Caricò il pesante bagaglio di esperienze della giornata sulle spalle e si concesse una visita al ''Le Carre Vert'' assieme a Jordan. Indubbiamente uno dei locali migliori di Le Havre, anche se abbastanza costoso. Non che avesse fame, al contrario, tutti quegli odori le davano il voltastomaco.
Dopo la storia di Grace però, aveva sentito il bisogno di fare qualcosa di romantico con il suo amore e nulla era meglio di condividere un bel tè ed essere imboccata con una qualche forchettata di torta.
«Un Gyokuro, un... Sei sicuro? Ok, un Tè Pu’er e una torta di lamponi per due, grazie!»
Nell'attesa si spostò con la sedia, strofinandogli la testa contro il petto come un gatto bisognoso di marcare il territorio.
«Jenny, andiamo... Non... Dai...»
«Shhh... Solo un po' di coccole...»
Le ordinazioni arrivarono velocemente e l'aroma del Tè Pu’er, che a lei ricordava fin troppo la terra bagnata, scacciò prepotente quello più delicato del suo tè e del dolce. Ne bevve qualche sorso, senza scollarsi più del necessario dal ragazzo, si forzò perfino ad ingoiare qualche boccone di torta gentilmente offertole.
Arrivò il fatidico momento: rimase un solo lampone nel piatto e Jeanne, ben sapendo che fosse il frutto preferito di Jordan, lo afferrò.
«Su, ho avuto una lunga giornata anche io! Lasciami quel...», lei lo infilò tra le labbra senza ascoltarlo, con sensualità.
«Se proprio lo vuoi...»
«Jenny! Non fare queste cose in pubblico, accidenti... Mangialo, dai.»
Contrariata, lei non se la sentì di andare oltre, non dopo quella giornata. Ributtò il lampone nel piatto, a mangiarlo avrebbe vomitato per certo.
Lasciò lo sguardo perdersi nel locale. Nemmeno i grattini sulla testa le rimontarono il sorriso.
C'era un'unica cosa che la preoccupava in quel momento: la sua mente era sull'orlo di un baratro oscuro, si sentiva come l'uomo spinto dalle pareti incandescenti al limite del pozzo. Solo, sapeva che nessun generale Lasalle le avrebbe teso una mano.



 
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Angolino autrice
Bonne soirée, fantastiche anime che leggeranno tutto questo!*-*
Questo capitolo è più lungo degli altri, sì, ma spezzarlo in due non mi piaceva affatto. Quindi eccoci qui.
Beh... Grace Martin entra ufficialmente al Dolce Amoris, con tanto di corteo d'accoglienza dalla dolce Ambra! Senza voler spoilerare il personaggio, Grace è più difficile degli altri da inserire, ha una storia particolare. Ma per questo ci saranno tempo e parole in futuro!
Un piccolo cameo anche per Eve, probabilmente la persona più strampalata che comparirà in tutta la storia. Un intero capitolo su di lei probabilemente farà sembrare il Cappellaio Matto la persona più normale del Paese delle Meraviglie, ma ben venga l'anticonformismo!°-°
...Sarò onesta: tutti questi OC non me li aspettavo. E non così interessanti! Un grazie alle loro creatrici, se lo meritano davvero!
Dunque grazie ad Alyss Graymirielmoonkisspiece99 ed Umimoon, dal cuore.
Umimoon, la tua OC comparirà il prima possibile, non temere!°^°
E come sempre un grazie a tutti i lettori silenti, sono felice di vedervi numerosi!*^*

Piccolo edit: kisspiece99 è stata ufficialmente eletta mia correttrice personale e di fiducia. A tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato '-'

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Capitolo 6
*** Rules for a nice day ***


Evangeline Fleures, alias Eve, o Lin per le persone più dure di comprendonio, non era mai stata una persona facile.
O meglio, sapeva scegliere accuratamente le persone a cui donare la propria fiducia. Oh, sì, quella era preziosa, non la voleva elargire a destra e manca.
«Mia!», il suo grido rimbombò per tutta la palestra, seguito dal bagher di ricezione. Schiacciò a piena forza l'ottimo passaggio di Renée. Non c'era molto con la testa, non quel giorno.
Affondò in pieno proprio Brynhildr. Di tutti i sei componenti della squadra avversaria, proprio lei doveva colpire.
Dio, come se già le cose non andassero abbastanza male tra di loro.
«Fleures... Un po' di usta! Rivoglio i miei studenti vivi a fine ora!» la rimbeccò subito Boris.
Povero illuso, in quattro anni credeva avesse imparato che ad Eve certi discorsi non tangevano per nulla. Specie se ne valeva una vittoria.
«Ogni guerra... ha le sue vittime!» proclamò in tono drammatico, con fare scenico.
Quanto era brava a far ridere... e senza sforzi perlopiù. Un ottimo ulteriore motivo per gongolare come una scema assieme agli amici della classe.
Lysandre accorse a soccorrere la povera "damsel in distress", che si rimise in piedi in un battibaleno, la faccia del colore delle ciliegie che Eve avrebbe mangiato così volentieri. Sì, aveva proprio fame ed era solo la prima ora. Brutto segno. Sospettava che Lys avrebbe lottato con le unghie e i denti per non vedersi rubare il cibo come il giorno prima, già.
Non ce la faceva più, aveva bisogno di una serata in compagnia come ai vecchi tempi, soli, loro tre: lei, Lysandre e Brynhildr.
Voleva ridere con loro, solo un'ultima volta.
Ora vedere quei due così vicini, lei imbarazzata e lui così preoccupato, le faceva semplicemente fiorire un sorriso sincero in viso, ma non era sempre stato così, ricordò con nostalgia.
Eseguì un muro impeccabile, più per caso che altro, dal momento che era persa nelle sue osservazioni.
«Von Habsburg! Cambio! Su, Martin, in campo!»
La nuova ragazza sbottò appena mise piede in campo.
«Anche tu Fleures, scendi. Yamamoto, posizione 6.»
Eve non la prese bene, dal momento che voleva che la squadra vincesse per mano sua. Tenne lo sguardo impegnato a vagare per il campo, indecisa sullo spettacolo con cui deliziarsi, se la ribelle Grace o il pompato Kentin.
«...Che bocce.» commentò infine, sgomitando al compagno Leon con entusiasmo.
«Gnocca è gnocca, ma sai cosa si dice... La storia della droga...»
«Guardare...»
«Lo so, guardare non costa nulla! Oh, diciamo che ci proverei alla grande, ah ah!»
«Leon! Sono gelosa eh! Mh, se sapessi cosa le farei...»
Il ragazzo le tappò subito la bocca, scuotendo la testa: «Scusa Eve, ma sei troppo pervertita per un angioletto come me.»
Lei alzò teatralmente le mani al cielo ed increspò le labbra in un sorrisetto, gli occhi smeraldo che saettavano ancora dalla palla a tutte le belle creature in campo.
Si chiese ancora una volta come fosse possibile che Brynhildr, la ragazza impeccabile, fosse così scarsa negli sport di squadra, e come il signor perfettino Nath si trasformasse in uno così grintoso e competitivo. Lui col suo bel faccino.
«Umi, tua!»
Già, solo a quel nome si trovò a pensare a quella che, da qualche giorno, ''infestava'' la sua classe: Umi Yamamoto.
D'accordo, era molto bella, vuoi per i vaporosi capelli bianchi, vuoi per i glaciali occhioni o per il fisico atletico... Ma diamine! Ambra al confronto non se la tirava nemmeno!
Non sapeva nulla di quella ragazza, se non che perfino Ambra aveva ignorato il suo arrivo e non l'aveva presa di mira: l'aveva capito subito, con una così non avrebbe dovuto perdere tempo, in pochi l'avrebbero presa in simpatia, con quei suoi modi da sostenuta, senza contare che non sembrava il tipo del suo amato. E lei era d'accordo, per quel che aveva visto l'albina non meritava il suo tempo.
La campanella la fece sobbalzare.
«Doccia calda, mia!»
Si fiondò in spogliatoio appena recuperato il telefono.
«Oh, fanciulle mie, venite a farmi compagnia!»
Si aspettò l'occhiataccia della principessa, che andò a cambiarsi in bagno con quell'esagerato senso di pudore che nemmeno Melody poteva sperare di superare.
Jeanne invece sospirò e le passò a fianco, infilandosi nella doccia più lontana.
Inutile, la ragazza aveva fascino da vendere con quella sua aura misteriosa, ma pelle ed ossa com'era... Beh, se la poteva tenere Castiel o chiunque altro le avesse messo gli occhi addosso.
«Kiiim...»
«No. Ti ho già dovuto pagare la birra. Accontentati.»
Nessuna faceva mai la doccia, diamine. Solo perché a lei piaceva allungare le mani ogni tanto... chiedendo, ovvio. Quasi sempre, almeno. Dalla volta in cui Rosalya aveva urlato così forte da far accorrere metà personale della scuola, ecco.
«Va bene, non voglio vederti così bastonata. Ma tieni le manine al loro posto, mh?»
Sigh, Priya, di tutte le ragazze proprio quella che l'attizzava di più... e le chiedeva di controllarsi. Nemmeno una palpatina.
Le cabine, disposte ai due lati dello stretto corridoio del bagno, erano sbagliate di un metro per parte, così che Priya, mettendosi più frontale possibile, le rimaneva visibile per metà circa.
Era così perfettamente proporzionata, le spalle larghe che le avrebbero permesso di circondarla in un caldo abbraccio, la pancia piatta, scolpita, i fianchi larghi il necessario per un fisico a clessidra degno del nome... e le gambe, quelle gambe snelle...
Sì, non c'era nulla da migliorare in quella meravigliosa creatura. Deglutì, era arrossita a forza di fissarla.
«Fiore del dragone...» sussurrò, stregata dal profumo del bagnoschiuma che Priya aveva appena aperto.
E quando iniziò a spalmarselo addosso, in modo così sensuale, quasi a provocarla, Evangeline non resistette più, si voltò e fissò le mattonelle blu polvere che coprivano il muro.
«E...», la voce familiare le sussurrò nell'orecchio, «Per oggi ho vinto io.»
Nulla da dire, l'aveva messa nel sacco. Eve era fuori combattimento, non sapeva come avrebbe potuto sopravvivere altre cinque ore senza richiami o un giretto in presidenza. Troppe fantasie tutte assieme.
Asciugò i capelli alla ben e meglio, non aspettò neppure Kim per tornarsene in aula, al suo solito banco attaccato alla finestra ed al termosifone, più importante.
Si tormentò la treccina acquamarina, lasciando riemergere i ricordi su Lysandre e Bry, ai giorni dell'infanzia in cui il loro trio era compatto.
«Ohi! No, ma grazie eh, la borsa potevi portarmela!»
«Meh, pensavo che i calzini mi avrebbero uccisa.»
Kim le piantò una pacca in testa, ma Evangeline ormai pensava già ai fiotti di parole che avrebbe riversato su Jeje quel pomeriggio. C'era anche il compleanno di Brynhildr, di lì a qualche giorno, e lei non aveva ancora trovato nulla da regalarle. Non che lei volesse alcunché, ma le piaceva comunque farle notare che, nonostante tutto, lei ci sarebbe stata in ogni caso.
«...No.»
La voce di Umi. Si voltò, Capucine e Doris avevano la delusione stampata in volto, se ne andarono al loro posto irritate.
«Shhh, Eve. Sembra che ad Umi non vada l'idea di pranzare con le ragazze, tutto qui.»
«Non credo le vada mai di fare qualche cosa, specie con noi comuni mortali. Per quanto io non sopporti Capucine, poteva essere più carina.» sbottò a Nathaniel, che la trattenne dal farsi sentire da tutta la classe.
«A pallavolo non se la cava affatto male! Potresti prenderla in squadra, tra le riserve almeno!»
...Era serio?
«Tu a forza di pomeriggi con la tipa ti sei bruciato i neuroni.»
D'accordo che lei era la stramba della scuola, ma non significava che alle cose non arrivasse, tutt'altro. E c'era sempre modo e modo di trattare gli altri, come aggiungere ''grazie'' dopo aver declinato un invito. Non era granché, ma le piccole cose avvicinavano le persone, creavano dei legami. Poteva giurarlo, soprattutto perché Eve era una delle poche a cui Ambra parlava da pari, senza considerarla una cicca sotto al tacco delle scarpe nuove: tutto grazie a piccole accortezze che, poco a poco, avevano convinto la gemella di Nath a potersi non certo fidare, ma quantomeno rapportarsi in modo civile con lei.
Mai e poi mai, si disse, sarebbe stata lei a muovere il primo passo verso quella ragazzina.

Cambiò idea all'ultimo, non andò in biblioteca a disturbare Jean, ma puntò dritta verso casa.
Spalancò il frigo solo per trovarci l'insalata, marcita da almeno tre giorni e che né lei né la zia avevano avuto il coraggio di toccare, il famoso barattolo di noci e del pane da toast. Inutile dire che arraffò quest'ultimo.
Zia Rachel doveva essere passata per casa, i biscotti che aveva preparato il giorno prima Eve erano scomparsi magicamente.
«Le avevo detto che...! Accidenti a lei!»
I dolcetti per Lysandre, andati per sempre.
Accese la televisione, decisa anche quel giorno a rimandare i compiti a quello successivo, ma quando non trovò nulla a parte le repliche di ''Master pasticcere di Francia'' e la noia prese il sopravvento, andò a frugare nei cassetti del comodino, sperando in un libro non finito da leggere.
Un'altra delusione. In casa non c'era nulla da fare.
«Ehi, ciao, senti, so che è un po' improvviso, ma... non ti andrebbe per caso di fare un salto da me? Magari dopo usciamo a bere qualcosa, sai! So che Rosa è da Leigh stasera, quindi...», inviò l'audio con apprensione.
Passarono solo pochi minuti, che per Evangeline furono millenni, prima che la familiare voce di Alexy esplodesse dal telefono: «Ah, gioia cara, me l'avessi chiesto mezz'ora prima! Ho un appuntamento con un gnoccolone palestrato stasera, mi sto preparando per uscire, sarà per un'altra volta! Ma se sei proprio sola come un cane posso darti il numero di una linea erotica per gay, mi hanno detto che valgono tutta la tariffa!»
Era mai possibile che quella giornata girasse tutta intorno al sesso?!
Lo chiamò, sarebbe stata una cosa breve.
«No, grazie. Volevo solo compagnia per la ser...»
«Eee indovina cosa offrono lì, geniale ragazza!»
«... Tu sei malato. Buon appuntamento, non farti strapazzare troppo, ''gioia cara''!»
Troncò a metà la risposta di Alexy: «Perversa maniaca, chi mai ha detto che fi...»
«Ci finirai sicuramente a letto, ti conosco.» ridacchiò, scorrendo la rubrica.
Rinunciò alla compagnia e si lanciò in una serie di addominali, dimenticando del toast da scaldare sul piano della cucina: c'erano le lezioni di calcio la settimana dopo, doveva essere in forma per schiacciare ancora una volta quell'idiota di Castiel, che a lui importasse o meno.
A Bry avrebbe comprato uno di quei fermacapelli decorati che indossava nelle occasioni importanti, a costo di dilapidare le sue finanze, pace ed amen.
Dopo il messaggio della zia, che l'avvertiva di mangiare perché non sarebbe tornata quella sera, Evangeline riportò in viso il sorriso ed aspettò che calasse la notte: si sarebbe dedicata ad una delle sue attività preferite, osservare la vita notturna della città da una panchina.
Non cenò, sapeva che farlo da sola le avrebbe riportato alla mente il padre; uscì di casa poco dopo le otto e mezza e si diresse verso Square Saint-Roch, che era a meno di mezzo chilometro da casa sua. Proseguì oltre il parco e si piazzò su una panchina lungo l'Avenue Foch, conscia che la vita notturna del martedì non fosse esattamente intensa: a parte una coppietta intenta a litigare ed un paio di combriccole reduci da qualche bevuta, passarono ben poche persone, senza che accadesse qualcosa di eclatante.
Se ne tornò a casa un po' delusa, pur divertita dalla buffa andatura dell'ultimo passante. Spalancò la porta ed il buio la accolse.
Andò a tentoni fino al tavolo e buttò giù la borsa, pronta a buttarsi sul divano, dove aveva deciso di passare la notte, quando...
«Argh!»
Urlò terrorizzata: qualcosa le aveva appena toccato il braccio.
Saltò indietro e rotolò a terra, era nero pesto anche per l'intruso, ne doveva approfittare.
Strisciò fino alla televisione: sul mobile c'era sempre il telecomando che, pur non essendo un'arma, era meglio delle mani nude. Aspettò il rumore di passi, ma in casa regnava il silenzio.
«...Miao!», il verso, seguito dalle fusa e dalla sensazione di contatto sulle gambe la riportarono alla realtà: la sua micina...!
«Kira! Sciocchina, mi hai fatto morire d'infarto! Oddio, Kim morirà dal ridere quando... Ahahah! Oddio, oddio, che spavento... Ah ah...»
Salì al piano di sopra e si spogliò, gettando gli abiti sugli altri sparsi sul letto e tornò di sotto, piazzandosi sul divano con la copertina in pile.
«Buonanotte, Kira...» finì sbadigliando.



 
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Angolino autrice risorta
E rieccomi, finalmente... Accidenti, non ho parole che esprimano quanto sia mortificata per non aver risposto prima alle recensioni ed ai messaggi, ma tra computer morto, connessione assente e lavoro non mi sono propriamente goduta queste settimane (insomma sì, una scusa per dire che pur non poltrendo non ho abbandonato tutto ._.)!
Per fare ammenda ho voluto "dedicare" il capitolo ad Evangeline, l'OC di kisspiece99! Mi piaceva troppo come personaggio, spero solo che si, perlomeno, avvicini a come la volevi! Quindi attendo critiche e commenti, assolutamente!°-°
Anche Umi, di Umimoon, ha il suo ingresso, dalla prospettiva di una ragazza che non la trova molto simpatica, ma dettagli! Il suo momento di gloria è dietro l'angolo, giuro!*^*
Prima o poi riuscirò anche a metterci di mezzo qualche creatura di sesso maschile, spero!:')
Et dulcis in fundo, i ringraziamenti, che vanno, al solito, alle autrici delle care OC, a Reika Enki, che ha aggiunto la storia alle seguite, a Lady White Witch per la recensione ed a tutti i lettori silenti!*-*
Alla prossima! (a breve, lo prometto!) (°^°)/

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