Maelstrom of souls

di Mladen Milik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio, prima parte ***
Capitolo 2: *** Inizio, seconda parte ***
Capitolo 3: *** Inizio, terza parte ***



Capitolo 1
*** Inizio, prima parte ***


Maelstrom of Souls

 

L’uomo muoveva il suo passo sinistro e allo stesso tempo maestoso intorno al misterioso arco di pietra, osservando ogni confine tra le pietre che lo componevano, quasi a cercare di penetrare il velo superbo che non permetteva all’occhio di comprendere cosa nascondesse quel passaggio. L’ampio salone sotterraneo era illuminato solo della luce delle loro bacchette che mostravano il cammino al loro leader che, con le mani intrecciate dietro la schiena, aveva appena completato un giro di ispezione attorno alla struttura.
“Ha trovato le conferme che cercava, signore?” chiese una secondo uomo, nascosto in parte dall’oscurità, ma che con la mano proiettava la bacchetta davanti ai piedi del suo capo.
“Ne sarei stato estremamente contrariato altrimenti, sarebbe stato un viaggio inutile per un semplice falso allarme” rispose l’altro, fermandosi di colpo, davanti agli altri due profili. “Il trono dell’anima si è finalmente risvegliato, dunque, il giorno che aspettava da tutto questo tempo è arrivato, l’inizio del rituale è una questione di giorni” replicò la seconda voce e l’uomo alzò il raggio di luce, permettendo ai due di guardarsi negli occhi.
“Non ci troviamo né all’inizio, né tanto meno alla fine del nostro progetto, abbiamo solo il vantaggio di essere stati i primi a venire scelti, la strada è lunga e non sarà esente da sacrifici” disse quindi il leader quasi a voler ammonire l’assistente. Il suo volto era geometrico con una mascella larga e squadrata, le sopracciglia folte e scure circondavano gli occhi color pece, piccoli e voraci, in grado di sbranare con lo sguardo chiunque trovasse con loro una linea di contatto, a completare il tutto un folto paio di baffi corvini che nascondevano interamente il labbro superiore. L’assistente annuì e, mascherando il suo volto in un placido assenso, provò un forte senso di amarezza in quelle parole, sapeva forse più del suo leader che il passato si sarebbe fatto nuovamente sentire e sapeva che non sarebbe stato esente da dolore. Lui era più alto dell’uomo da cui prendeva gli ordini, con un fisico asciutto e sottile e con i segni dell’età che iniziavano a mostrarsi sulla sua pelle pallida, così come sui suoi capelli che erano ora più grigi di quanto si ricordasse. “Il velo della morte” esordì lui rompendo il silenzio “I più grandi pensatori del mondo magico si sono scannati per cercare di dare una risposta a questo mistero, un velo di maya che ancora fatichiamo a togliere dal nostro sguardo, impedendoci di raggiungere la verità. Si diceva che fosse il passaggio per il fiume Stige, la comunione tra il mondo dei vivi e quello dei morti o un involucro infinito e atroce per anime afflitte dal supplizio dell’errare, possiamo considerarci fortunati a essere tra i pochi a conoscere la vera natura di questo portale”
“La tua analisi è sempre ottima e puntale Fomic, questo velo rappresenta un mistero che deve rimanere chiuso dentro sé stesso, dentro le mura della mente delle poche persone che ne conoscono l’identità, tuttavia, non siamo certo gli unici che arriveranno qui, l’appello è ben più ampio di quanto possiamo immaginare, non è una festa a cui parteciperemo da soli” replicò il leader con tono ferreo, alternando lo sguardo prima a Fomic, poi al velo che si ergeva statuario appena sopra i loro menti.
Sarà da vedere se gli altri saranno preparati come noi, dopotutto Nadia è stata preparata per questo giorno da quando è nata, qualsiasi giovane mago della sua età al suo cospetto non può che sembrare un pedone davanti ad una regina” disse Fomic con tono quasi di sfida. “Anche un pedone se raggiunge l’ultima casella della scacchiera può diventare una regina, ma non permetteremo che questo accada” replicò l’altro e il tono si fece duro e combattivo. “Pensa che ci sarà anche lui?” chiese quindi Fomic che conosceva Vissarion come un fratello dopo i tanti anni di amicizia.
“Non mi importa se sarà un nostro avversario, Nadia lo schiaccerà senza pietà, farà di lui una poltiglia e abbandonerà in maniera definitiva i miei pensieri” e la voce di Vissarion si mostrò per quello che era un tono gelido e senza compassione. Nella scena scese il silenzio più assoluto.
“L’uomo venne cacciato dal giardino dell’Eden perché aveva peccato e l’unica cosa che riuscì a portare al mondo non fu altro che l’evoluzione e la proliferazione di quello stesso peccato, quello che nasconde questo velo, è la chiave per comprendere il disegno della creazione, il rituale delle anime erranti, il Maelstrom, non è che una proiezione della stessa essenza della vita umana, quello che ci consegna l’ignoto è la verità” continuò Vissarion, riprendendo il filo del discorso, cercando di dimenticare quanto potevano diventare spietate le sue parole, ma senza provare rimpianto per quanto aveva detto. “Il rituale riapre il portale tra vivi e morti e accoglie tra le sue braccia quelle anime che non hanno trovato la pace nella morte, l’intero processo non è altro che un catalizzatore magico” sintetizzò in termini meno filosofici Fomic.
“Il catalizzatore di un processo ben più universale della vita stessa, il mistero della resurrezione diventa un paradosso reale davanti al Maelstrom, nessuno può dire al cento per cento di poter conoscere questo segreto, almeno fino a quando non riesce a raggiungere il centro del vortice e completare il rituale” replicò quindi Vissarion che ora guardava quasi con bramosia l’arco di pietra dal quale sentiva provenire quella che poteva essere un sibilante latrato di morte, che nel suo orecchio però gli ricordava il tono dolce di una voce fin troppo familiare, anche se ormai troppo lontana. Un rumore sordo echeggiò nella grande sala vuota, Vissarion si voltò di scatto, quasi risvegliato da un sogno ad occhi aperti che iniziava a prendere le note di un incubo. Le bacchette si spensero.
“Ehi! C’è qualcuno? Questa sezione del ministero è proibita” disse una voce alle loro spalle, mentre una debole luce avanzava attraverso un corridoio in muratura. “Comandante Stal, vuole che elimini il testimone?” chiese una voce monotona e fredda, che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque.
“Fallo sparire, Nadia” rispose Vissarion, con tono duro e minaccioso e se ci fosse stata abbastanza luce, avrebbe visto la ragazzina sbattere le palpebre lentamente, mostrando iridi scarlatte come il sangue, ma fredde come il ghiaccio. Con lo stesso silenzio con cui la ragazza era rimasta impassibile fino a quel momento come un’imperturbabile spettro, la sua ombra sottile si allontanò dai due uomini, pochi secondi dopo un secondo rumore sordo echeggiò nella sala, suono di ossa rotte e infine un tonfo sul pavimento.

 

La ragazza mosse un passo indeciso oltre il portellone dell’aeroplano e osservò con disgusto il panorama grigio e piovoso che accolse le sue ciocche arancioni e le sue iridi blu.
“Non mi sembrava che nel biglietto di questo aereo fosse incluso anche il panorama di merda, gradirei essere risarcita” disse lei, senza abbandonare l’espressione schifata.
“Hai scelto tu di prendere l’aereo, Trixie, avremmo potuto usare le scope o smaterializzarci” replicò un uomo alle sue spalle, con tono critico, ma divertito.
“Per poi avere per ore una sensazione di vomito, no grazie e poi mi sarei anche aspettata un benvenuto di tutt’altro livello, non vedo nessuna parata” continuò lei guardandosi intorno insoddisfatta.
“Siamo su un volo di linea e siamo qui in incognito se non ricordi”
“Lo so! Stavo solo scherzando, tuttavia, la nostra non ti sembra una vera e propria luna di miele babbana, signor Kylian?” chiese Trixie voltandosi con uno sguardo malizioso sul viso verso l’uomo che senza guardarla le disse: “Non usare parole di cui non sai il significato, Trixie e cerca di rimanere concentrata, non è una gita di scuola o un viaggio di piacere quello che stiamo facendo” Sul volto della ragazza apparve un’espressione insoddisfatta, incrociò le braccia con rabbia e accelerò il passo, sulla scala dell’aereo, spintonando una coppia di anziani. Kylian la raggiunse senza difficoltà.
“Io dovrei restare concentrata? Parli con il più grande talento magico della sua generazione, credi che non sappia fare due cose contemporaneamente? E comunque io spero che questo rituale sia almeno divertente, vincere senza lottare sarebbe uno spreco” disse quindi la ragazza sentendo nuovamente alle sue spalle la presenza del tutore.
“I segnali sono stati chiari, la tua mano destra ne è la prova, credo proprio che non ti annoierai e così io”
“Era una proposta strana, signor Kylian?” chiese ancora una volta maliziosa la ragazza.
“Quante volte ti devo ripetere che non ci sarà mai niente tra di noi, Trixie, non sei ancora maggiorenne e sei fin troppo infantile” rispose l’uomo, infastidito. “Vediamo se continuerai a rispondere così quando diventerò una giovane donna al livello di una dea, ti mangerai le mani pensando a quello che avresti potuto avere” disse quindi Trixie con tono agguerrito e offeso, mentre il duo raggiungeva lo spazio di attesa per i bagagli. “Cambiando argomento...Hai preparato tutto quello che mi serve per l’evocazione? Non vorrei dover eliminare qualcuno prima ancora che inizi il Maelstrom” disse quindi Trixie.
“Dubiti della mia efficienza?” Trixie si sporse con forza verso il nastro trasportatore e sollevò la pesante valigia che le era appena venuta incontro. “Hai fatto allenamento, forse?”
“Sono semplicemente cresciuta, villano!” rispose lei con rabbia e quasi gli scagliò l’immenso valigione rosso addosso, prima di superarlo disinvolta, dirigendosi verso l’uscita. “Il rituale ha inizio proprio quando tutti i partecipanti vengono scelti dal Maelstrom, quando saranno tutti pronti il portale del Maelstrom, il trono dell’anima, si aprirà e con esso inizierà il vero corpo centrale del rituale, spero solo di poter avere un servitore competitivo” disse quindi Trixie con tono più serio, ormai trovandosi fuori dall’aeroporto. “Il processo dell’evocazione delle anime sarebbe complesso anche per chi l’avesse visto almeno una volta, figurarsi per chi come noi è solo fortunato a conoscerne i dettagli. Le ricerche di tuo padre dicevano che è il Maelstrom stesso ha accoppiare mago e servitore, ma non specificava la modalità, potrebbe essere rispetto alle tue caratteristiche, alle sue o totalmente casuale, non hai abbastanza informazioni per dire con certezza se ti capiterà uno spirito eroico forte o debole” rispose Kylian e i due si diressero con passo rapido verso una zona dove nessuno potesse vederli. “Non accetterei il fatto di avere un servitore debole, sono convinta che potrei uccidere qualsiasi mago mi si pari davanti, tuttavia se perdo il servitore perdo l’incontro stesso e diventerei un bersaglio troppo facile, la vittoria finale sarebbe compromessa”
“Sarebbe troppo presto per fare qualsiasi calcolo, con un numero così alto di partecipanti, nessun servitore si può dire superiore, le regole del gioco sono troppo misteriose perché il Maelstrom selezioni un vincitore solo dal primo combattimento”
“Sono stata scelta per una ragione, non solo perché sono una maga talentuosa. Tu sei uno stregone di livello superiore persino al mio, tuttavia sulla tua mano non è comparsa nessuna cicatrice, invece io mi trovo qui, ci sono misteri su cui dovrò fare luce, anche se il primo obiettivo è quello di schiacciare i miei avversari” disse quindi Trixie che allungò la mano verso quella del tutore che la strinse con forza prima di smaterializzarsi. Pochi secondi dopo i due si ritrovarono in una soffitta polverosa di un palazzo nella periferia di Londra, la ragazza corse in bagno per vomitare. “Non ha ancora imparato a sopportarlo?” chiese lui divertito.
“Stai zitto, cafone!...Io...Ognuno ha le sue debolezze” rispose lei con la voce interrotta dal malore improvviso e imbarazzante. Trixie tornò pallida nella stanza e si sedette di peso su una vecchia poltrona, sollevando un alone di polvere e contraendo il viso in un’espressione schifata. “Questi inglesi sono dei barbari incivili” commentò infastidita. Nonostante l’aspetto stanco e spossato la sua bellezza risaltava come un bagliore notturno tra il degrado della mansarda, gli occhi erano splendide gemme blu, mentre i capelli rossi coronavano un volto volpino dalle perfette proporzioni, scendendole sulla fronte in maniera scomposta e vivace. Anche il tutore era un uomo di bell’aspetto, fiero esempio di fascino teutonico con occhi azzurri come il ghiaccio e corti capelli biondo opaco, con un filo di barba lungo la mandibola. Erano venuti in Inghilterra solo per rispondere alla chiamata del Maelstrom, il simbolo vermiglio sulla mano della ragazza era un segno inconfondibile per chi come loro studiavano il misterioso fenomeno, aspettandone il nuovo richiamo, un evento che non avveniva da secoli, ma se loro avevano la fortuna di conoscere le regole del gioco, questo non si poteva dire della maggior parte degli altri partecipanti, molti di loro non sarebbero nemmeno sopravvissuti alla prima selezione.

 

Con passi rapidi e decisi entrò nell’ascensore, premendo velocemente il tasto corrispondente al piano degli uffici di rappresentanza, proprio però mentre le porte si stavano per chiudere ecco che una scarpa scura le bloccò al centro, le porte si aprirono nuovamente, rivelando un volto familiare. “Per fortuna ti ho trovata, Hermione! Ho bisogno del tuo aiuto” le disse con il fiatone Harry, mentre l’ascensore si chiudeva alle sue spalle. La ragazza osservò l’amico che aveva un’espressione nervosa e gli occhi nascosti da segni di stanchezza, uno sguardo che gli ricordava il tempo in cui, da ragazzini, rincorrevano nuove avventure tra gli scaffali della biblioteca di Hogwarts o in fuga per tutta la nazione.
“Sto andando dal ministro, Harry, per una questione urgente, mi dispiace, ma non credo di avere tempo per ascoltarti, magari dopo ci prendiamo un tè...” disse lei, ma Harry là fermò prima che potesse finire la frase.
“No, Hermione, mi serve il tuo aiuto adesso! Sei sempre stata tu quella più brava in queste cose e io non so proprio dove mettere le mani” Harry alzò il dorso della mano verso l’amica, mostrandole una cicatrice scarlatta a forma di giglio che gli era stata incisa in qualche modo a lei ignoto sulla mano. Hermione a quella visione si sentì cedere le gambe, sgranò gli occhi quasi a non voler credere che il suo migliore amico le stesse appena mostrando la spiegazione l’origine stessa di quasi due mesi di ricerche e che ora sembravano aver raggiunto un punto cruciale. “Per qualche strana ragione devo essere abbonato alle cicatrici” le disse lui, sorridendo, ma confuso per la reazione scomposta di lei, cosa che non aveva fatto altro che aumentare il suo nervosismo.
“Harry...Non potresti mai immaginare quello che so riguardo quel simbolo e credimi quando ti dico che stavo appunto per riferire al ministro l’esito delle mie ricerche, è diverso tempo che studio i segnali di un antico fenomeno” disse quindi lei, mentre l’ascensore si fermò al piano prescelto, aprendo le porte ai due ragazzi.
“E io che cosa centro? Per quale motivo dovrei essere immischiato in qualcosa del genere? Di che cosa si tratta, Hermione?” chiese lui con insistenza e confusione. Hermione uscì rapidamente dall’ascensore, seguita da un Harry sempre più irrequieto. “Non mi angosciare, Harry. Posso capire che tu possa essere nervoso, ma ti spiegherò tutto, fidati” I due camminarono uno davanti all’altro senza fiatare per tutto il corridoio, prima di arrivare davanti all’ufficio di controllo dove le loro bacchette furono segnalate e vennero verificati i loro nominativi e la prenotazione firmata Granger per un’udienza dal ministro. Subito dopo una segretaria con occhiali e capelli neri li condusse nell’ufficio del ministro Shacklebolt.
“Signorina Granger, sono ben lieto di rivederti e spero che il tuo esilio studio sia andato come pensavi” disse una voce profonda e rassicurante non appena i due varcarono la soglia dell’ampio ufficio. La stanza era grane e circondata da arazzi antichi di colore blu-verdastro sui quali erano raffigurate scene di scontri tra maghi del passato e una meravigliosa riproduzione del castello di Hogwarts e del Ministero della Magia.
“Oh che sorpresa! Harry Potter, è passato tanto tempo dall’ultima volta” Harry sorrise all’ex compagno di battaglia tra le fila dell’ordine della fenice, i due si strinsero la mano con forza e Harry si sentì le dita stritolare nella stretta virile dell’uomo.
“Ministro, per me è un onore” disse Harry. “Ministro? Noi due ci conosciamo da anni, chiamami Kingsley per Diana” disse l’uomo sorridendo con voce profonda. Il volto tetro e impaziente di parlare di Hermione rovinò l’atmosfera di ritrovo amichevole che si era stretta tra i due e anche Harry ritornò sul motivo del loro arrivo.
Che cosa hai scoperto, cara?” chiese quindi l’uomo, comprendendo che gli studi condotti dalla ragazza avevano scoperto un’informazione probabilmente di grande importanza. “Le avevo detto che per la mia ultima tesi avrei studiato il misterioso arco di pietra che si trova nella sezione sotterranea del ministero, sono convinta e ho con me una prova inconfutabile che si stia per verificare un rituale magico di estrema importanza” disse Hermione tutta d’un fiato, prima di tranquillizzare la voce facendo un ampio respiro. A quelle parole Harry fissò l’amica con apprensione, ricordando il momento della sua vita in cui aveva incrociato le sue vicende con quelle del misterioso velo di cui parlava Hermione, l’immagine di Sirius che si perdeva oltre quello specchio opaco gli comparve in testa e faticò a trattenere sul viso la rabbia. Kingsley fece segno ai due di sedersi e con un rapido movimento di bacchetta fece apparire due sedie in legno pregiato, mentre lui si accomodava dietro l’ampia scrivania, osservando Hermione con attenzione.
“Un tempo nella comunità magica scoprire la sua origine era nelle posizioni più alte tra le cose da fare, con il tempo però la politica ha oscurato il mistero e la sua leggenda si è persa, si diceva fosse il passaggio tra mondo dei vivi e mondo dei morti” disse l’uomo di colore.
“Ho girato le biblioteche della nazione per cercare informazioni e mi sono imbattuta solo in un libro che ne parlava. Ho chiesto il permesso di cercare nel reparto proibito di Hogwarts e lì mi sono imbattuta in questo manuale” continuò quindi Hermione e posò sulla scrivania un grande manuale di colore blu.
“E’ scritto in rune antiche e descrive un particolare rituale che interessa il l’arco di pietra del ministero, se la mia traduzione non è errata, si racconta che quel velo è un portale chiamato Maelstrom, questi è un involucro per anime tormentate che errano in un vortice di vuoto e energia magica che nel corso dei secoli ha accumulato energia per rilasciarla tutta in un unico grande evento, una guerra tra maghi. Sembra che in passato, in tempi celtici fosse un evento più comune, i maghi venivano scelti dal Maelstrom stesso per sfidarsi e il vincitore poteva chiedere al velo, chiamato trono delle anime, un qualsiasi desiderio che gli sarebbe stato esaudito. E’ almeno un millennio che non avviene un processo magico di questo calibro e credo ci siano i segnali perché si stia per verificare qualcosa di simile” spiegò Hermione cercando di essere il più chiara possibile, mentre Harry ascoltava in silenzio, aspettando il momento giusto per chiedere informazioni riguardo la sua mano.
“E in che modo verrebbero scelti i partecipanti?” chiese il ministro incuriosito dal racconto. Hermione guardò Harry che, dopo qualche secondo di incomprensione, mostrò la mano al ministro. “Quella che Harry ha sulla mano è una runa celtica, una di quelle che sono segnalate all’interno del libro come i simboli di selezione, con cui vengono scelti i maghi che parteciperanno alla guerra, non ho compreso il criterio con cui si manifesta, ma è sicuro che se altre persone hanno quel simboli, significa che il Maelstrom non è una leggenda per bambini e sono sicura che Harry non sia un masochista in grado di incedersi rune perfette sulla mano” disse quindi Hermione con tono carismatico e Kingsley rimase piacevolmente colpito, anche se non poteva nascondere scetticismo per quelle parole.
“Quindi dovrei partecipare a questa guerra? Ma è una follia, io non voglio fare niente del genere, è finito il tempo delle guerre tra maghi” disse quindi Harry contrariato.
“Da quello che ho capito non ti puoi sottrarre, non perché tu non possa per principio, ma perché per vincere gli altri devono uccidere tutti i maghi partecipanti” disse quindi Hermione schietta, cercando di tranquillizzare Harry con lo sguardo. “Scherzi vero? Mi sono svegliato nel cuore della notte con un dolore atroce alla mano, vado in bagno e vedo questo simbolo che non ho mai visto prima in vita mai e poi vengo anche a scoprire che verrò fatto fuori in uno scontro tra maghi...” Harry iniziò a lamentarsi, ma poco dopo l’immagine di Sirius si fece ancora presente e potente nella sua mente, il velo della morte poteva dargli ulteriori spiegazioni riguardo la morte del padrino, improvvisamente la paura e la confusione per una battaglia di cui non voleva far parte erano diventate curiosità e determinazione per qualcosa di tutt’altro genere, non aveva il minimo interesse nel combattere questa guerra, tuttavia avrebbe fatto di tutto per scoprire qualcosa su Sirius e se questo fosse stato l’unico modo per poterlo rivedere allora avrebbe corso volentieri il rischio. Harry prese la mano di Hermione.
“Non so se quello che tu dici sia vero, ma intendo aiutarti a scoprire la verità, questa storia non riguarda solo me, penso ci siano dei misteri di chiarire e se davvero dovrò combattere voglio che tu sia la persona che mi insegnerà tutto quello che devo sapere da quel libro” disse Harry, ora più agguerrito, nonostante una situazione che non avrebbe voluto affrontare, ma con la convinzione che attorno a quel velo anche la morte di Sirius avrebbe trovato le risposte che il suo animo ancora cercava, quasi sperasse che fosse davvero un passaggio per il mondo dei morti, quasi desiderasse di rivedere il padrino.
“Hai fatto bene a informarmi, signorina Granger, sono convinto che Harry non si sia inflitto da solo quel supplizio, tuttavia devo poter ricevere più informazioni riguardo questo rituale, non vorrei mettere in allarme il mio entourage di auror per un falso allarme, devi scoprire se questo fenomeno può essere reale, ti affido questo incarico ministeriale, signorina Granger” disse quindi Kingsley convinto che ci fosse della verità nella storia, ma consapevole di non avere il tempo per correre dietro a congetture. Hermione allargò gli occhi e le pupille si dilatarono alla notizia di aver appena ricevuto il suo primo incarico ufficiale come assistente del ministro. “La ringrazio infinitamente, farò in modo che non rimarrete deluso” replicò lei con tono vivace e l’uomo le sorrise. I due ragazzi uscirono dall’ufficio.
“E’ tutto vero, Hermione? E’ davvero possibile che io possa partecipare a questa guerra? Solo per questo segnetto?” chiese Harry ancora confuso dalla cosa. “Non sarai solo” disse quindi lei.
“Tu ci sei sempre per me Hermi...”
“Sarai accompagnato da un servitore”
“Un cosa?” “Dalle rune che ho tradotto mi sembra di aver capito che l’energia per il desiderio il Maelstrom la ottiene dalla anime erranti del suo vortice, queste anime vengono riportate alla vita per combattere per la vita durante questa battaglia, le sorti del conflitto dipendono solo in parte dai maghi, questi sono accompagnati da anime di grandi personaggi del passato, morti e accolti nel velo con l’unico scopo di darsi battaglia nel Maelstrom. Se tutto questo è vero a breve dovresti essere in grado di evocare un servitore” rispose Hermione anche lei confusa da quelle sue stesse parole. Harry rimase in silenzio confuso e sorpreso visto che non aveva idea di quello che Hermione stesse dicendo. “Harry, io farò di tutto per evitare che tu possa farti del male e farò di tutto per scoprire di più, ma se quella runa scarlatta sulla tua mano è vera, dovresti mantenere la guardia alta, ora non sei solo un partecipante, sei un bersaglio”






Angolo Autore

Ciao a tutti e grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a questo punto.
Questa storia nasce come un fanfiction interattiva sul mondo di Harry Potter, saranno quindi i personaggi creati dal lettore i veri protagonisti della storia.
Nel caso non abbiata capito il nucleo di questo breve prologo, adesso sono pronto a spiegare che cosa dovete fare e sapere per partecipare.

Questa storia si base sul nucleo dell'opera Fate Stay Night (che nel caso non sappiate cosa sia vi consiglio di vedere perché è stupendo), applicato però al mondo magico di Harry Potter, nel caso conosciate cosa sia il contesto di Fate, da lì ho preso in prestito solo la modalità della storia e la dinamica del rituale, i personaggi fanni tutti parte del mondo della Rowling o sono originali.
Detto questo vi spiego in che realtà saranno chiamati ad agire i vostri personaggi.
La storia si basa su una "guerra" tra maghi, possiamo metterla come una specie di torneo mortale (Hunger Games) tra maghi in cui solo l'ultimo rimasto in vita potrà considerarsi il vincitore, dato che non posso spoilerare tutta la trama e i suoi misteri, non posso dare troppi dettagli a riguardo tuttavia posso dire che tutti i vostri oc saranno partecipanti a questa battaglia e che saranno accompagnati da un servitore (servant). Quando un partecipante viene scelto, questi ottiene l'energia magica per evocare un servitore che è un essere umano esistito nel passato la cui anima vaga ancora nell'oblio, pronta a ritornare sotto forma di energia stessa. In parole povere il vostro personaggio potrà contare sulla forza di un combattente di straordinario valore che combatterà con lui. Ogni partecipante avrà quindi un servitore dalla sua parte (Ad esempio un mago potrebbe essere in grado di evocare lo spirito eroico di Alessandro Magno).

Scheda OC
Il personaggio non deve per forza essere uno studente di Hogwarts e non deve per forza essere inglese, l'importante è che sia un mago, per il resto posso darvi completa carta bianca riguardo la scheda, nel rispetto delle sue linee guida, evitate magari personaggi strampalati a livello di potere magico, cercate di favorire l'originalità psicologica.

Nome:
Sesso:
Età:
Nazionalità:
Scuola di Magia frequentata:
Eventuale casa nel caso si tratti di Hogwarts:
Aspetto fisico:
Carattere:
Rapporti personali o familiari:
Breve Storia personale:
Momenti salienti della sua vita:
Fobie e paure:
Incantesimi preferiti:
Bacchetta:
Patronus:
Molliccio:
Amortentia:
Occupazione/Lavoro:
Altro:

Questo è tutto, invito chiunque a recensire la storia e a seguirla, nel caso di chiarimenti contattatemi pure, intanto ringrazio in anticipo chi deciderà di partecipare.
Alla prossima
Mladen

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Capitolo 2
*** Inizio, seconda parte ***


Inizio, seconda parte

Trixie poggiò la candela sul mobiletto di legno, prima di spegnerla con un semplice soffio, abbandonandosi al buio della stanza, illuminata solo dalla pallida luce lunare che penetrava dal vetro della finestra aperta. Una brezza di un’estate fin troppo inoltrata smuoveva le tende e rifletteva nella piccola e vecchia stanza la polvere che navigava nell’aere, abbandonata a sé stessa da tempo.

La luce lunare tingeva di capelli rossi di Trixie di un sinistro colore granata, mentre la ragazza, con il respiro pesante osservava con impazienza il cerchio alchemico scarlatto che giaceva sul pavimento di legno. Sapeva che un’evocazione come si deve avrebbe generato un servitore più forte, ma non poteva essere sicura che il suo compagno per questa guerra sarebbe stato valido quanto le sue aspettative e la paura di uscire dai giochi al primo combattimento le produceva una contorsione alle viscere alla quale non voleva pensare, per quanto dolore le portasse. Si sentiva destinata a vincere, doveva esserlo, non poteva essere altrimenti, Trixie Veronica Zeppelin rappresentava il diamante della scuola di magia tedesca, il pinnacolo della stregoneria, il più grande talento magico della sua generazione, il destino non poteva riservarle altro che la vittoria.
Tuttavia, così come poteva già sentire vicina la corona di alloro attorno al suo capo, la corona del vincitore, allo stesso modo sentiva intorno alle sue ginocchia la polvere e il freddo della sconfitta, si sentiva oscillare tra la polvere e l’altare e questa sensazione le produceva un forte senso di malessere e disordine, il fallimento non era una cosa che conosceva, tuttavia le faceva dannatamente paura. Ricevere le rune sulla sua mano non erano state una sorpresa, né una paura, davanti all’avversario avrebbe visto solo il risultato finale, la vittoria passando attraverso l’annientamento senza vedere in esso una difficoltà, tuttavia quando la notte rimaneva ore e ore a fissare il soffitto, a rigirare le gambe tra le lenzuola, con i pensieri che ruotavano nel niente nella sua testa, in quel momento provava un profondo senso di solitudine e anche in quel momento era da sola, ad aspettare di trovare il coraggio per aprire la bocca.

 

“Lascia che l'argento e l'acciaio siano l'essenza.

Lascia che la pietra e l'arciduca dei contratti siano il fondamento

Lascia che il vermiglio sia il colore che porto come omaggio e

sia il mio gran maestro Erwin Kylian, l’antenato e la mia eredità.

Si innalzi un muro contro il vento che cadrà

Lascia che il portale cardinale venga aperto.

Fai che le strade che si biforcano verso la corona si mostrino.

Con la presente dichiaro.

Il tuo corpo sarà la mia volontà.

Il mio destino sarà la tua spada.

Sottomettiti al richiamo del Maelstrom

Se ti sottometterai a questa volontà, ritorna alla tua natura e rispondi!

Un giuramento sarà stretto qui!

Io raggiungerò tutte le virtù di tutto il Cielo.

Avrò dominio su tutti i mali di tutto l'inferno!”

 

Trixie pronunciò con voce decisa queste parole, ritrovando coraggio e determinazione ogni secondo che passava e sentendo il calore ribollirle nel sangue, mentre il cerchio alchemico prendeva vita e dalle sue tinture scarlatte un fumo denso iniziava a ricoprire la stanza di nebbia che profumava di trifoglio e salsedine, quasi che una vento estivo stesse circondando e abbracciando le sue stesse spalle di ragazzina. Tra la nebbia iniziò a comparire un’ombra, una figura forte si estese oltre la coltre di fumo e apparve dal niente, come richiamata dall’oltretomba. Dove prima c’era solo polvere, ora era apparso un uomo dallo sguardo color del sangue, con un’espressione fredda e distaccata sul viso. Trixie sgranò gli occhi nel vedere il suo servitore, in carne ed ossa davanti a lei, senza che fosse un’illusione, con la certezza che il rituale fosse andato a buon fine, senza il timore di aver fallito, solo lo stupore per il vero e proprio inizio della sua guerra.
“Sei dunque tu che dovrei servire?” chiese quindi il servitore con tono quasi annoiato e sguardo freddo. Non era particolarmente alto, ma le spalle, così come il torace e le braccia erano forti e ricchi di muscoli, gli occhi scuri e piccoli erano di un particolare color granato, sembravano due pietre preziose incastonate nel cranio, mentre i capelli erano neri e lisci, legati sulla nuca in una coda che gli arrivava fino alla base del collo. Il volto era invece bello e pulito, senza un segno di barba, con la pelle pallide che rifletteva come un catalizzatore la luce lunare, mentre i lineamenti della mascella e del naso erano perfetti come fossero stati scolpiti nel marmo. Indossava invece un abito intero e molto aderente che esaltava i suoi muscoli, mentre nella mano impugnava una lunga lancia appoggiata al pavimento che gli superava il capo di diversi centimetri.
Trixie squadrò il suo servitore per qualche secondo, molto incerta su come si sarebbe dovuta comportare, sapeva che ora come non mai doveva mostrare verso di lui la sua leadership, ma sicuramente era tutto più facile a dirsi che a farsi, lo sguardo fisso e freddo di lui non la aiutava e nemmeno il suo bell’aspetto. “Beh, pensavo che in questa epoca i maghi sarebbero stati almeno maggiorenni” sospirò lui quasi deluso e allontanando lo sguardo da Trixie.
“Ehi! Chi diavolo ti ha detto che io sia minorenne? Cioè...Io sono maggiorenne, servitore e comunque la differenza di età è una convenzione imposta dalla società, posso essere benissimo il tuo master pur essendo più giovane” replicò tutta d’un fiato Trixie, con le guance rossastre e una voce carica di nervosismo e acidità. “Pensavo semplicemente non fosse un gioco per bambini, non ti agitare, zuccherino” disse quindi lui sorridendole divertito.
“Io non sono il tuo zuccherino, non sono lo zuccherino di nessuno e ti consiglio di metterti in riga, sono il tuo master, non ti permetto di mancarmi di rispetto” “Il fegato non ti manca” disse quindi lui, sedendosi sul bordo di un polveroso divano “Tuttavia le guerre si vincono con l’esperienza e tu mi sembri fin troppo infantile, rimani nelle retrovie e fai condurre il gioco ai grandi, zuccherino, sarò ben lieto di portarti la vittoria se...” continuò lui, ma vide la ragazza che gli aveva puntato la mano aperta contro il viso, cosa che fece fermare immediatamente la sua parola.
“Nel nome e nell’uso del mio incantesimo di comando! Io Trixie Zeppelin, ti ordino di obbedire a me e a me soltanto e di non osare mancarmi di rispetto” Dalla sua mano comparve una improvvisa fiamma rossastra, poi come chiamato da quello stesso incantesimo il servitore si sentì come colpire al cervello, prima che in un attimo la situazione tra i due tornasse come se fosse stata tutta una visione. “Mi hai costretta ad usare un incantesimo di comando, la tua esuberanza mi stava irritando” disse quindi lei, con tono autoritario, chiaro segnale che volesse senza ombra di dubbio far capire al servant chi fosse il master e vice versa. “E’ che cosa sarebbe questa magia di comando?” chiese lui confuso.
“Sono tre incantesimi che noi maghi partecipanti abbiamo a disposizione, tre simboli che compongono la stimmate sulla nostra mano, servono per imporre degli ordini ai servant più capricciosi, questi non potranno violare questo comandamento, si tratta di un voto infrangibile” spiegò lei ben lieta di aver messo le cose in chiaro sin dal primo momento. Lui sorrise, particolarmente colpito.
“Potevi semplicemente dirmi che desideravi lottare di tua iniziativa, ma anche così va bene, sicuramente non hai paura di usare i mezzi che possiedi, sono curioso di vederti in azione” disse quindi lui fissandola con lo stesso sguardo annoiato. “Io dovrei essere quella con delle aspettative. Cosa mi dice che tu non sia un servant scadente?” “Sono lieto di mostrarti le mie doti...con la lancia” rispose lui facendole l’occhiolino e lei arrossì, allontanando lo sguardo ricco di vergogna. “Non è professionale e ti ricordo che c’è un voto sulla mancanza di rispetto” disse lei con rabbia. “Sei troppo minorenne per i miei gusti, ma ho già capito che mi trovo davanti a quel genere di persona che è molto intrattenente fare arrabbiare” Trixie lo incenerì con lo sguardo, frenando l’impulso di dargli un violento schiaffo sulla guancia, ma consapevole che aveva ormai fatto quello che doveva fare, il servitore avrebbe fatto quello che lei voleva, riguardo il suo carattere, poteva solo incolpare la dea sfortuna, sentiva che l’avrebbe infastidita per tutta la durata della guerra.
“Comunque penso di conoscere la tua identità, servitore, una lancia come quella è entrata nella leggenda e nel mio bagaglio di studi personale, così come tu stesso, tu sei il segugio d’Irlanda, Cù Chulainn, un guerriero in grado di tenere testa a schiere di eserciti” disse quindi Trixie, una volta evaporata la rabbia. “Non chiamarmi mai più segugio, se la mia leggenda non mi ha dato abbastanza onore, lo farà il campo di battaglia, concedimi di dimostrarti il mio valore” replicò lui fissandola dritta negli occhi con sguardo concentrato e determinato. Trixie annuì con forza, determinata a dare un forte segnale a questa guerra sin dalla prime battute, avrebbe combattuto, anzi non si sarebbe limitata a questo, avrebbe vinto, avrebbe sconfitto tutti, non poteva permettersi altro.

 

 

 

Edin poteva sentire il respiro vorace e impetuoso della bestia alle sue spalle, le sentiva già scorticate dai suoi artigli e morsicate dalle sue fauci mostruose, mentre cercava di fuggire da quel rapido predatore omicida. Non si ricordava che le sue gambe potessero correre così veloce, dopotutto erano passati i tempi in cui si dilettava con lo sport babbano e il quidditch non stimolava particolarmente la sveltezza di gambe, tuttavia doveva ringraziare la sua velocità se il lupo famelico che lo stava rincorrendo non l’aveva ancora raggiunto e ucciso. Era comparso dal nulla, tuttora, anche in quel momento, non riusciva a trovare una spiegazione logica del perché una bestia del genere potesse aggirarsi nella scuola, si era semplicemente prolungato a parlare con Thomas davanti alla biblioteca e quando aveva girato l’angolo gli occhi gialli dell’animale avevano brillato nell’oscurità. Con una falcata poderosa riuscì a svoltare lungo la scalinata per i piani superiori, con il chiaro tentativo di seminare la bestia in qualche stanza del corridoio ovest, ma il lupo nero non si fece attendere e balzò sulla rampa di scale ringhiando e sbavando sangue.
Gli sarebbe bastato trovare aiuto, incrociare anche solo un professore o un fantasma, tuttavia quella sera Hogwarts sembrava un deserto in cui l’unica opzione era la morte, lui e l’animale sembravano gli unici abitanti di questo castello e non riusciva a trovare un motivo per questo fatto.
Terrorizzato e con il fiato che iniziava ad abbandonarlo continuò a salire le scale, anche se il respiro famelico dell’animale si faceva sempre più vicino e sempre più affamato, il terrore di morire aveva iniziato seriamente a mordergli le viscere e a consumargli il calore nelle vene, si sentiva abbandonare dal suo stesso spirito, anche se per inerzia continuava a correre, non aveva il coraggio nemmeno per tirare fuori la bacchetta e provare a difendersi.
“Incendio!” urlò una voce all’improvviso e sentì il marmo sotto i suoi piedi prendere improvvisamente fuoco, prima che le sue gambe lo portassero fuori dalle fiamme, il lupo bloccò istantaneamente la sua furiosa corsa. Edin fu costretto a bloccarsi davanti ad una figura di donna che ora gli si parava davanti, con la bacchetta in pugno, una figura che lui conosceva bene. “In certe situazioni un mago tira fuori la bacchetta e combatte, seguimi se non vuoi morire, il fuoco non durerà in eterno” disse la donna con voce severa e sguardo inflessibile, prendendogli la mano e correndo su per le scale.
Non appena raggiunsero il piano superiore queste ruotarono il loro corso.
La sua nuova insegnante di difesa contro le arti oscure continuava a stringergli la mano con forza, mentre lo trascinava lungo il corridoio, senza conoscere il motivo, né le ragioni di un tale comportamento, sentiva che fosse tutta una situazione troppo strana e non sapeva da dove cominciare per chiedere spiegazioni. Samantha Koeman lo condusse davanti ad un muro di pietra grigio, prima di bloccare il suo cammino all’improvviso. Edin rimaneva impietrito davanti alla giovane e avvenente donna dai capelli neri e dal viso pallido, con le labbra cucite dalla paura e dall’imbarazzo. “Ora non ho tempo per spiegarti nulla riguardo quanto stia accadendo questa notte, ti devo solo fare presente che tu hai assolutamente bisogno di trovare qualcosa e che se non ti sbrighi a chiamarlo, questa notte ci lascerai le penne” disse lei guardandolo intensamente negli occhi con determinazione, ma anche preoccupazione, la donna stringeva la bacchetta con forza, ma la mano tremava di paura.
“Professoressa, che cosa dovrei chiamare?” chiese lui con voce debole. “Devi solo volerlo intensamente, penso tu desideri sapere cosa stia succedendo qui, beh non posso essere io a darti una risposta, devo chiederti di perdonarmi, ma non posso farlo, tra qualche minuto potrai capirmi, Edin” disse Samantha con tono onnisciente, ma cercando di mostrarsi dolce. La donna sorrise e iniziò a correre di nuovo verso la rampa di scale, abbandonando Edin al silenzio del corridoio.
Il ragazzo iniziò a guardarsi intorno senza sapere a cosa pensare, ma sapendo chiaramente che aveva bisogno di risposte, perché un enorme lupo nero in una scuola non passa inosservato ogni giorno. In quel medesimo istante appoggiò la schiena alla parete di pietra e qualche secondo dopo questa si mosse, prima di farlo cadere a terra di schiena come un sacco di patate. Come se avesse appena azionato un entrata segreta, si ritrovò in un luogo completamente diverso dal corridoio. La stanza era piccola e illuminata solo da una manciata di candele, vuota, senza alcuna finestra, né quadro, né arazzi di nessun tipo, sembrava entrato in uno sgabuzzino di pietra il cui unico fine fosse quello di salvaguardare la polvere. Confuso, provò a spingere il muro da dove era entrato, ma nulla si mosse.
Sul pavimento c’era un simbolo, probabilmente runico, dal colorito bluastro che assumeva una particolarmente decorata forma circolare, l’unica eccezione che dava a a quella desolata sala un possibile senso, quando tuttavia Edin non trovava certo le spiegazioni che stava cercando. Si chinò sul simbolo sul pavimento, cercando di osservarlo meglio e proprio mentre la sua mano sfiorò il disegno ecco che questo assunse un colorito blu acceso e tutt’intorno a lui si fece una sepolcrale nebbia, che non gli permetteva di vedere oltre il suo naso. Un’ombra improvvisamente apparve oltre la coltre sinistra e quando il fumo scomparì dal nulla come era apparso, si ritrovò a fissare un argenteo paio di schinieri. Istantaneamente fece un balzo all’indietro, spaventato dall’improvvisa visione, ritrovandosi davanti un’apparizione dalla bellezza e dalla solennità quasi angeliche, quasi che un’aura celestiale le circondasse le spalle e i fianchi.
Una ragazzina minuta e candida era appena apparsa davanti ai suoi occhi stupefatti e spaventati, le gambe erano coperte fino a metà coscia da una pesante armatura in ferro, così come il busto e le braccia, mentre negli spazi lasciati liberi dal ferro si notava una seta di tessuto blu, dalla vita pendeva una spada sottile, mentre nella mano destra impugnava una lancia con vessillo sul quale brillava un giglio dorato. Il viso era pulito e pallido come la neve, lineamenti da bambina, con labbra sottile e occhi grandi e azzurri, era incantevole, troppo bella per essere vera, nonostante i capelli sembrassero poco curati, tagliati in malo modo e le arrivassero appena al mento, mentre una frangia scomposta color fieno le copriva a sprazzi la fronte.
“Alzati, non avere paura di me, non sono qui per farti del male” disse lei con una voce bella e pulita, ma che sembrava possedere la forza di cinquecento uomini. Edin non se lo fece ripetere due volte e si alzò dalla polvere del pavimento, per ritrovarsi ora a guardare la ragazzina dall’alto al basso, non era affatto alta. “Hai la faccia di qualcuno che non ha idea di cosa stia succedendo vero?” chiese lei abbozzando un sorriso forzato, si vedeva che il sorriso non era nelle sue corde, si sentiva quasi a disagio. Edin annuì interdetto, prima di contraddirsi scuotendo il capo, non sapeva assolutamente cosa fare, era troppo confuso, non aveva mai assistito ad una cosa simile, sembrava davvero un’apparizione angelica, un miracolo o un’evocazione mistica e non capiva perché lui fosse lì come testimone di questo evento.
“La tua mano recita che sei il mio master, ma forse tu non sai nemmeno cosa significa e mi dispiace che ti sei ritrovato in questa situazione, non l’hai scelto tu di ritrovarti a combattere in questa guerra, spero che il signore sia testimone di questo ti conceda la sua grazia e la sua benedizione” disse lei stringendo le mani al petto come segno di preghiera, la lancia scomparve in un afflato improvviso, così come la bandiera che portava con sé.
“Chi sei tu?”chiese quindi lui con voce incerta. “Sono il tuo servitore e sono lieta di prestarti la mia spada, quello che oggi abbiamo siglato è un contratto, io sarò il tuo famiglio finché morte non ci separi, la mia spada sarà il tuo braccio, sono qui perché chiamata a combattere per te” rispose lei ricevendo però solo un’espressione confusa, lei si morse il labbro incerta e quasi imbarazzata, non pensava di dover certo arringare il suo master di tutto quanto.
La ragazza fece un pesante sospiro, prima di parlare: “Sei stato scelto per partecipare ad una guerra tra maghi, sembrerà strano, ma non ho ragione per mentirti, io stessa sono una pedina scelta da Dio per combattere al tuo fianco, non esiste un metodo per prevedere il volere di Dio. Tra tutti i partecipanti solo uno sarà il vincitore, per gli altri sarà la morte a decidere il loro destino, tuttavia ognuno di essi potrà contare sul supporto di un servant che nel tuo caso sarei io stessa, ti sembrerà tutto assurdo, ma è la verità, da questo momento sei chiamato a lottare per vincere” “Ma io non ho ricevuto alcuna chiamata, com’è possibile che io debba combattere? Io sono solo un ragazzino che frequenta la scuola come potrei mai...” “Io sono stata chiamata a combattere quando avevo tredici anni e sono morta quando ne avevo diciannove, a volte la vita ci riserva progetti che fanno paura, ma non per questo dobbiamo lasciarci andare” replicò lei abbassando lo sguardo, quasi che stesse per mettersi a piangere, anche se nessuna goccia di pioggia scese dai suoi occhi blu.
“Io ti ringrazio, chiunque tu sia, tuttavia non mi sento pronto a fare una cosa del genere, io...Non sono un guerriero, ho solo sedici anni e sono successe così tante cose in pochi minuti che non so dove mettere le mani” disse quindi lui sempre confuso e senza sapere a cosa pensare. “Questa guerra ha delle regole, tu sei un partecipate finché rimani in vita, tuttavia ci sono delle modalità che nemmeno io conosco, quello che posso dirti su questo rituale è che io sono il tuo servitore, io e te siamo legati da un contratto ed è grazie a te se io sono qui ora e per questo ti affido la mi riconoscenza, tuttavia ci sono sicuramente persone che ne sanno di più di me, quello che mi riguarda è solo la vittoria e sono pronta a consegnartela se sarà questo il tuo volere” disse lei determinata. Edin non aveva assolutamente idea di quanto gli stesse accadendo, ma nella miriade di pensieri che la sua mente stava esplorando ecco che uno di questi lo raggiunse prima degli altri, Samantha stava lottando contro un mostro dal pelo nero e se aveva ancora del buon senso doveva andare a salvarla.
“Senti...Tu...”
“Puoi chiamarmi Saber, è la mia classe, non il mio nome, ma preferisco non dirti chi sono, un servant anonimo è un servant più forte”
“Saber, c’è una persona in pericolo, là fuori e devo andare a darle una mano, mi ha salvato la vita ed è un debito che voglio saldare” disse quindi lui e improvvisamente dal muro apparve una porta di legno. La minuta ragazza lo precedette e uscì dalla porta con la spada in pugno e con uno sguardo di pura e quasi maniacale concentrazione. “Per il momento seguimi, master, ti fidi di me?” chiese lei abbozzando un altro meccanico sorriso. Edin annuì, non aveva idea di chi fosse né se davvero poteva crederle, ma i suoi occhi erano sinceri e in tutta la stranezza di quella sera lei sembrava essere la cosa più bella che gli fosse capitata. Saber iniziò a correre veloce verso la rampa di scale, delle scosse luminose si vedevano in lontananza oltre l’arco del corridoio, qualcuno stava chiaramente combattendo, in una manciata di secondi aveva già seminato il suo master e con un balzo sovrumano si ritrovò al centro della scala con il braccio destro che aveva appena subito un violento morso da parte del lupo che ora aveva i canini conficcati nel ferro dell’armatura.
Dietro di lei Samantha, con diverse ferite sanguinanti su tutto il corpo, sorrise istantaneamente non appena la vide. Saber colpì il lupo con un pugno, così violento da spezzargli la mascella, prima di conficcare la sua spada proprio nella bocca dell’animale che cade a terra morto in un attimo. Saber raccolse la spada dal cadavere della bestia che scomparve magicamente in un lampo di luce biancastra, cosa che fece alzare un sopracciglio di sospetto alla ragazza che pulì con il guanto la lama argentata dal sangue del lupo. Edin accorse rapidamente sulla scena, ancora confuso rispetto alla forza con cui quello scricciolo di ragazza aveva appena ucciso in un solo colpo un mostro feroce come quello, opposta alla sua confusione era la reazione di Samantha che sembrava aver già previsto tutto ancor prima che Saber apparisse. “Possiamo fidarci di questa donna, master?” chiese quindi Saber che non aveva certo perso di vista Samantha.
Sì, Saber. Le devo la vita e devo chiederle diverse cose” rispose lui e incrociò lo sguardo con la bellissima donna che gli sorrise in maniera fin troppo seducente, con i suoi grandi e neri occhi dal taglio perfetto. “Saprò spiegarti tutto nel dettaglio, Edin, non aspettavo altro a dire il vero, ti ho salvato proprio per questo motivo” disse quindi Samantha.

 

 

 

Lacie non reagì alle parole che la giovane donna le stava porgendo, la sua mente e i suoi pensieri erano troppo altrove per fare in modo che il suo cervello recepisse quelle indicazioni, nemmeno il suo sguardo era attento alla ragazza che più di tutte al ministero attirava la sua attenzione, in quel momento Hermione Granger non poteva significare una fronte di distrazione. I suoi pensieri erano solo rivolti a dove sarebbe andata dopo il lavoro, non le interessava assolutamente niente né del ministero, né dei suoi misteri, né della sua particolare professione, quel giorno l’unica cosa che aveva senso era che il suo migliore amico stava combattendo tra la vita e la morte, non si sarebbe perdonata il fatto di non essere stata presente quando si sarebbe svegliato.
L’ufficio misteri e i suoi impiegati raramente diventavano argomento sulla bocca delle più alte gerarchie ministeriali, per quanto gli incarichi che “gli indicibili”, così venivano chiamati i dipendenti del reparto misteri, venissero selezionati e dettati dal ministro e dalla sua cerchia di sottoposti primari, nel corso degli anni le ricerche del reparto misteri non erano più una funzione di primaria importanza. Lacie era persino arrivata a credere che tutti si fossero dimenticati che ci fossero delle persone che ancora lavoravano all’ultimo piano degli uffici del Ministero della magia, arrivando a pensare che ormai erano tutti solo custodi di vecchi segreti, ammuffiti, datati, senza la considerazione che un tempo possedevano, erano tutti testimoni di una ricerca magica sepolta da tempo.
Non sempre il pessimismo però sull’argomento l’aveva vinta sul suo mestiere, per quanto la ricerca sul velo fosse ferma da tempo immemore, nella maggior parte dei casi non dava troppo peso ai suoi pensieri, dopotutto aveva un lavoro fisso, un ottimo stipendio e poteva comunque studiare quello di cui davvero si interessava, nonostante la scarsa considerazione. Proprio nel momento in cui qualcosa intorno al misterioso velo di pietra aveva risvegliato la sua passione per la ricerca, ecco che qualche notte prima il suo migliore amico Martin, non che collega, era stato trovato in condizioni disperate nel corridoio ovest dell’ala così detta “Della Morte”, non era più riuscita a pensare ad altro da quel giorno, la sua mente era una miscela insensata di paranoie e ancora non riusciva a darsi una risposta, un evento così senza senso non le capitava da tempo come da tempo non percepiva la possibile perdita di qualcuno importante.
“Sei tu Laice Hannigan? Impiegata numero 3 del reparto della morte all’ufficio misteri? Mi stai ascoltando?” chiedeva con insistenza Hermione Granger con fare stizzito e irritato, mentre la ragazza dai capelli corti e biondi si limitava a fissare il vuoto. Lacie sembrò ricadere sulla terra da un brutto sogno e gli occhi color nocciola della Granger le rimbalzarono davanti allo sguardo, erano sempre avvenenti come ricordava. “Ehm. Sì, sono io! Hermione Granger...” balbettò Lacie con le gote imbarazzate. “Come sai il mio nome?” chiese l’altra confusa. “Mi hanno dato una...ehm...direttiva...riguardo la tua...sua visita” mentì lei, quando invece la Granger era la sua vittima preferita di stalking innocente e senza cattive intenzioni. “Di solito gli indicibili non sono chiamati a ricevere o distribuire informazioni riservate, ma sono stata incaricata dal ministro di indagare sulla stanza della morte, sono qui per chiedere il permesso di vedere la stanza, si tratta di una richiesta ufficiale” disse quindi Hermione con voce fredda e posata.
“Perché mai il ministero dovrebbe interessarsi al nostro lavoro?” chiese quindi Lacie, sospettosa e curiosa, non dimenticava l’aggressione subita da Martin, sentiva puzza di bruciato e il fuoco sembrava provenire proprio dal velo di pietra che negli ultimi giorni sembrava essersi risvegliato, non si sarebbe lasciata scappare l’occasione di un indagine ufficiale “Non posso negare una visita ad un legato del ministro, tuttavia credo che la mia supervisione sia necessaria, nessuna come me conosce quel pezzo di pietra” Hermione sorrise e le due si incamminarono verso l’ascensore che la avrebbe portate alle zone più impervie e sconosciute del ministero. Il velo di morte era da settimane che si comportava in modo strano, ma Lacie non avrebbe mai pensato che sarebbero capitati eventi come l’aggressione a Martin o questa improvvisa indagine, ora sapeva di avere la prova che stava accadendo qualcosa ed era ben determinata a scoprirlo, non avrebbe perdonato chiunque fossero stati i responsabili del tentato omicidio subito da Martin, solo al pensiero sentiva le vene del collo farsi più tenaci e meno comprensive.
“Lo conoscevi?” chiese all’improvviso Hermione, cercando di rompere un silenzio imbarazzante, mentre l’ascensore scendeva. Lacie annuì senza lasciare andare il suo viso ad emozioni inappropriate, era stato tutto così improvviso e inaspettato che non aveva ancora avuto il tempo di piangere. “Intendo sapere che cosa sta circolando attorno a quel pezzo di pietra, penso sia il mio lavoro dopotutto, non mi fa piacere che le cose mi sfuggano da sotto il naso” rispose quindi Lacie determinata, la richiesta di Hermione le aveva risvegliato un improvviso e assopito moto d’orgoglio. La porta dell’ascensore si aprì e davanti a loro comparve un uomo alto e avvenente, aveva i capelli biondi e lisci con un perfetto paio di occhi azzurri come il ghiaccio, le sopracciglia erano folte e accudivano perfettamente uno sguardo freddo e calcolatore, mentre i lineamenti del viso erano squadrati e virili. “Buonasera signorine” esordì lui mostrando un sorriso sincero.
“Buonasera” replicò Hermione quasi ipnotizzata dal fascino dell’uomo, mentre Lacie non salutò affatto, uno sconosciuto nel reparto misteri odorava fortemente di intruso, solo il personale strettamente autorizzato poteva accedere ai piani segreti del ministero e non aveva certo mai visto quel belloccio nella lista dei colleghi. Il fatto poi che l’entrata ai piani segreti avesse un sistema di sicurezza sconosciuto ai più aumentava ancora di più il suo sospetto, quel tizio non era sicuramente un impiegato del ministero.
’uomo sembrò leggere in Lacie una sillaba di turbamento e le concesse un’occhiata glaciale, condita da un sorriso sincero e gioviale, Hermione, dal canto suo, superò l’uomo con un faldone di fogli stretto al petto, entrando nello scuro anticamera del reparto misteri. Lacie avrebbe voluto puntare all’uomo una bacchetta alla gola, consapevole che c’era nuovamente qualcosa che non le tornava, tuttavia l’uomo le sfiorò la spalla senza che lei trovasse il tempo di studiare una strategia, con Hermione in impaziente attesa, l’ascensore si chiuse alle sue spalle. Intorno alle due giovani donne non c’era assolutamente nulla, lo spettro scuro di un tetro sgabuzzino di pietra abbracciava le loro fredde spalle, mentre la più inesperta delle due iniziava a tremare di paura, l’altra, invece, sapeva bene che solo gli indicibili potevano conoscere la chiave per entrare nel reale ufficio misteri, la sicurezza, dopotutto, era stata necessariamente potenziata, troppe intrusioni ed effrazioni.
Mentre Hermione era così ansiosa che si sarebbe volentieri aggrappata alla camicia di Lacie, questa si diresse con passo tranquillo verso il muro, freddo e umido, sollevò la manica della camicia fino alla clavicola, mostrando l’intero braccio pallido sul quale improvvisamente, come fosse una luce a neon appena accesa, apparve il simbolo nero di un rombo. Lacie adagiò il braccio ad una pietra della parete e questa scomparì d’improvviso, come se fosse stata tutta una placida illusione, Hermione aveva gli occhi spalancati dall’emozione, certamente questo non l’aveva letto in “Storia di Hogwarts”. Hermione osservò la sala che anni prima aveva conosciuto, lo stesso salone circolare con le diverse porte, ricordava ancora il clima nervoso e meschino di essere portati davanti ad una scelta tra la vita e la morte, quando era solamente una bambina appena cresciuta, il corpo venne raggiunto da un tremito gelato.
“Mi segua, signorina Granger” disse Lacie che trovava particolarmente formale darle del “lei”, per una attimo immaginò la sensazione di poterle dare de “tu”, magari davanti ad un caffè, dopo un giro lungo il Tamigi, mano nella mano...Bloccò la sua mente prima che perdesse la concentrazione e raggiunse la seconda porta alla loro sinistra. “Questa è la stanza della morte, signorina Granger, potrei però, prima di farla entrare, chiederle per quale motivo si trova qui? Non mi fraintenda, ma è da anni che l’ufficio misteri non trova l’interesse di un tempo, perché proprio ora?” chiese quindi Lacie ora determinata a non far passare la ragazza senza una risposta. Le sopracciglia di Hermione si inclinarono, non sapeva perché quella indicibile era pronta a ostacolarla ora e sopratutto aveva la netta sensazione che volesse scoprire qualcosa riguardo alla guerra tra maghi, un’informazione estremamente riservata. Non pensava che potesse essere una minaccia, tuttavia Harry era seriamente in pericolo e non si poteva permettere che le sue parole ingenue potessero mettere a rischio la sua incolumità, non poteva rispondere alla ragazza, ma doveva superare quella porta. “Un reclamo ufficiale ministeriale non basta?” chiese Hermione nervosa.
“Forse basta ad un impiegato comune, ma non basta a me, un mio amico ci è quasi rimasto secco, proprio qui, in questo stesso punto e le coincidenze sono solo eresie del pensiero” replicò l’altra portandosi davanti alla porta e facendo capire alla Granger che non sarebbe entrata. Le due non ebbero il tempo di chiarirsi sulla questione che entrambe rimasero ammutolite da un suono terrificante che le loro orecchie udirono provenire dall’altra parte della sala. L’iride di Lacie ruotò verso il lato destro della sala, un tremito vertiginoso le salì lungo le spalle, quello che il suo occhio vide fu un enorme serpente si stava muovendo silenziosamente verso di loro, sibilando, mentre le sue spire scivolavano sul pavimento umido. Hermione si fece minuscola contro la parete opposta della sala, mentre la bacchetta era già ben salda nella sua mano destra, puntata sul muso del mostruoso rettile. Lacie estrasse la bacchetta a sua volta, mentre il serpente si ergeva sulla parte anteriore del colpo, arrivando con il capo a sfiorare il soffitto e allargando le costole per formare un ampio e agghiacciante cappuccio rossastro, così come rossa era la cresta adagiata sulla testa dell’animale. “Petrificus Totalus!” urlò Hermione dal fondo della stanza, ma l’incantesimo sembrò venire rimbalzato dalle scaglie stesse del serpente che non subì minimamente gli effetti dell’incantesimo. Lacie riconobbe la cresta del rettile e non aveva dubbi che si trattasse di un...Sentì un violento tonfo e quando si girò trovò Hermione, caduta a terra immobile, non sembrava più una donna, sembrava una bambola di porcellana o una statua di cera, non dava segni di vita. Lacie la raggiunse constatando che non era morta e confermando le sue paure, il mostro che sibilava davanti a loro era un basilisco, l’essere più pericoloso che il mondo poteva conoscere. Mentre i suoi occhi fissavano il ventre dell’animale, evitando di incrociare il suo sguardo con gli occhi assassini del mostro, cercava di trovare tra la paura cieca che la stava assalendo una soluzione a questo incubo, ancora una volta un evento assurdo le stava facendo aprire gli occhi, proprio nel momento in cui i suoi occhi dovevano restare chiusi assolutamente. All’improvviso sentì un violento bruciore alla mano, un dolore atroce, quasi che un animale le stesse mordendo la carne, strappandogliela via dalle ossa stesse, o che un pezzo di lava magmatica le fosse istantaneamente scivolato sulla mano. Gli occhi erano ancora chiusi quando il dolore svanì e quando riaprendoli vide una figura scura che si ergeva tra lei e il basilisco.
La figura era di spalle, coperta da un mantello nero che non lasciava penetrare il minimo sguardo, un cappello dello stesso color pece gli copriva il capo. Improvvisamente il serpente sembrò risvegliarsi da un letargo assopito quasi fino a quel momento si fosse limitato solamente a fissarle, in attesa di un cambio di programma, in quel momento Lacie comprese che il basilisco non era lì per ucciderle. L’animale scattò con le enormi fauci verso il misterioso individuo, senza che questi muovesse un muscolo per evitarlo, quando all’improvviso dalla sua figura divampò una misteriosa fiammata color pece che fece indietreggiare il capo dell’animale che iniziò a gemere di dolore. La figura, circondata da un intenso e quasi elettrico alone di pece continuava a non muoversi, mentre il basilisco si contorceva di dolore, pochi secondi dopo, il latrato dolorante del serpente era scomparso e nel salone erano rimasti solo loro. Lacie osservò la figura scura davanti a sé che non aveva ancora mosso un muscolo né si era mostrata.
“Li vendicherò” esclamò lui con tono grave e quasi sospirato. Lacie alzò lo sguardo tremante e attenta.
“Vendicherò il tuo amico, così come quella ragazza, sempre se il tuo cuore lo desidera, master”





Angolo Autore

Ciao a tutti!
Ringrazio in anticipo chiunque sia arrivato alla seconda parte del prologo e ringrazio chi mi ha già inviato le schede.
La storia non è ancora entrata nel suo fulcro, ma poco ci manca, invito quindi chiunque debba ancora inviarmi la scheda a cercare di farlo il prima possibile, senza mettere fretta a nessuno, quando i vostri oc saranno pronti io li inserirò nella storia come ho fatto in questo capitolo che anche se si tratta di un prologo ha già come personaggio principale uno dei vostri personaggi.

Le iscrizioni sono ancora aperte e accolgo a braccia aperte chiunque voglia partecipare a questa interattiva, basta che seguiate la scheda nel primo capitolo e nel caso per qualunque informazione mandatemi pure un messaggio, magari lasciate una recensione per farmi sapere che partecipate.
In generale invito chiunque apprezzi questa storia a lasciare una recensione e nel caso altri la trovino interessante a continuare a seguirla, per i partecipanti, invece, per ora godetevi il capitolo, quando le cose si faranno serie ed più avvincenti, avrete modo di agire attivamente nella storia non solo con i vostri oc, cercando di rendere il tutto un gioco anche per i creatori, tutto a suo tempo però :)

Concludo augurandovi un buon week-end
Alla prossima
Mladen

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Capitolo 3
*** Inizio, terza parte ***


Inizio, terza parte

 

Il gruppo procedeva in linea retta, senza che una mosca potesse scalfire il loro cammino spedito, solo il rumore metallico dell’armatura di Saber rompeva il silenzio, la ragazza chiudeva la fila senza perdere d’occhio la donna che li guidava, sembrava che conoscesse molto meglio di lei le modalità del rituale e la cosa la innervosiva. Senza che Edin potesse chiederle spiegazioni, Samantha Koeman, sua insegnante di difesa contro le arti oscure, aveva insistito per lasciare il castello, sottolineando che quel lupo nero sarebbe stato solo l’inizio dei loro problemi e che Hogwarts non era un posto sicuro per il ragazzo.
Edin aveva il cervello in apnea, sentiva come se i suoi stessi pensieri stessero annegando uno sull’altro senza possibilità di respiro, troppe domande, nessuna risposta e sopratutto un violento senso di paura che gli stringeva lo stomaco e gli premeva le tempie. In una sola notte aveva rischiato di morire, attaccato da un mostro che non doveva essere nel castello, aveva evocato in un modo a lui sconosciuto una spadaccina bambina vestita di un armatura di ferro e aveva persino scoperto di dover combattere in una guerra tra maghi, senza che potesse prendere fiato per ragionare, senza una tregua che diventava già nei suoi desideri un miraggio.
Non sapeva nemmeno perché continuava a seguire con passo rapido la professoressa Koeman, non aveva la minima idea di cosa stesse accadendo e tutto assumeva davvero i connotati di un incubo, sperava di potersi svegliare nel dormitorio di tassorosso con un ricordo vago di quella notte, ma la paura e l’ansia sembravano fin troppo reali. Samantha accelerò il passo lungo un’umida scalinata in legno, arrivando davanti ad una vecchia e polverosa porta in legno, la donna la aprì senza pensarci due volte e il gruppo si ritrovò in una vecchia stanza senza mobili, illuminata solo dalla fredda luce lunare che penetrava dalla finestra chiusa.
“Ora siamo a Hogsmeade, oltre i confini di Hogwarts, possiamo smaterializzarci in un posto più sicuro, dove non sarai in pericolo” disse Samantha, ricevendo un’occhiata di confusione totale.
“Prima non si era parlato di smaterializzarsi. E perché mai Hogwarts dovrebbe essere pericolosa? Che diavolo era quel lupo?” iniziò a domandare Edin che voleva cercare di spuntare più punti possibili tra la lista delle domande da fare. “Non era un lupo” rispose Saber con voce candida e pulita, prima che Samantha potesse rispondere. Edin si voltò verso la ragazza, in quella stessa stanza c’erano due donne dalla bellezza contraddittoria, la prima era molto più grande di lui, ma era nello splendore degli anni, con un corpo mozzafiato e una bellezza superlativa, per qualche strano motivo vedeva difficile che una come Samantha potesse essere un insegnante.
Saber sembrava, invece, più giovane persino di lui, pareva poco più grande di una bambina, con volto angelico e sguardo da pulzella che però rifletteva un animo particolarmente freddo, fissarla negli occhi blu gli portava inspiegabilmente un senso di tristezza.
“Quell’essere era la proiezione di una nobile illusione. Una nobile illusione è un’arma o un’abilità in possesso di un servitore, in questo modo questi potrà combattere contro altri servant con tecniche superiori al concetto stesso di proiezione magica, io stessa ne possiedo una” spiegò Saber e mostrò la sua spada sottile, senza che Edin riuscisse a capirci più di tanto. “Ho insistito per allontanarti da lì perché ad Hogwarts c’è un secondo master e ti stava dando già la caccia” aggiunse quindi Samantha sorridendo al ragazzo. “E perché mai avrebbe dovuto uccidermi? In che diamine mi sono cacciato?” chiese quindi lui.
“Questa è una guerra tra maghi in piena regola, Edin Taliesin e la prova che tu sei un partecipante è il simbolo sulla tua mano, grazie al quale sei riuscito ad evocare Saber” rispose Samantha e Edin fissò con timore la sua mano che senza che lui se ne accorgesse possedeva ora un simbolo scarlatto mai visto prima, per poco non vomitò. “Non so quanti nemici dovremo affrontare, ma una guerra è sempre una guerra, gli avversari cercheranno di vincere e per farlo, dovranno ucciderti, che tu lo voglia oppure no, è naturale che un master abbia tentato un attacco prima ancora che tu mi avessi evocata” disse quindi Saber con tono dispiaciuto, quasi le si stringesse il cuore ogni volta che pensava al destino del suo master.
“E se io volessi ritirarmi? Non ho scelto di partecipare alla guerra, non voglio uccidere nessuno e non voglio certo morire! Non è possibile che non ci sia un modo” reagì quindi Edin, prendendo in mano le proprie emozioni e cercando finalmente di assumere un ruolo nella faccenda. Il viso di Saber si rabbuiò e il suo capo si chinò verso terra, le mani strette l’una dentro l’altra sopra il petto, Edin tuttavia stava guardando Samantha e questa reazione gli passò inosservata.
“Conosco un luogo. Come in ogni conflitto anche qui esiste un arbitro neutrale, selezionato dal rituale stesso per giudicare l’incontro e fornire un supporto ai master, lui conosce ogni singolo dettaglio di questa guerra e sono certa che potrà darti tutte le informazioni che ritieni necessarie” disse quindi Samantha e Edin finalmente riuscì a rilassare il battito cardiaco, finalmente avrebbe avuto delle risposte, iniziava a diventare un desiderio incalzante.
“Portami da lui” disse quindi Edin e Samantha annuì, allungandogli la mano, gesto che lui non comprese.
"E’ per questo motivo che proponevo di smaterializzarci, dovremo andare a Londra per raggiungere la zona neutrale” Edin spostò quindi lo sguardo verso Saber che aveva immediatamente cambiato espressione e che ora esordiva con un finto sorriso di concordanza, quando tutto questo era solo una tiepida maschera dei suoi veri sentimenti. “Un’ultima cosa desidero chiederti, professoressa. Perché lei è qui? Come faceva a sapere tutto questo, che sarei stato un master e che ero in pericolo? Perché tutto questo interesse per me?” chiese quindi Edin tornando con lo sguardo verso la donna.
“Ogni cosa a suo tempo, non abbiamo più tempo per dilungarci oltre, i servitori percepiscono la presenza dei loro obiettivi e la tua Saber odora di nemico più di quanto tu possa credere, tuttavia posso assicurarti che è il mio dovere proteggerti con tutta me stessa, come è mio compito fare in modo che tu sappia qualsiasi cosa di questo rituale” rispose dunque lei e Edin raccolse l’invito della donna, stringendole la mano con forza, proprio mentre Saber gli aveva messo la mano sulla spalla. In un attimo si ritrovarono in un luogo completamente diverso, ma non meno solitario e isolato. Edin trattenne un conato particolarmente aggressivo, mentre il suo colorito era diventato istantaneamente pallido, il sorriso e la mano calda di Saber sulla spalla gli curarono subito però quella nausea passeggera, quando la ragazzina sorrideva Edin sentiva dentro di sé una sensazione di calore, quasi che quel sorriso fosse un dono, aveva capito che non si trattava di una persona che distribuiva sorrisi in ogni momento della giornata. Un panorama silenzioso e misterioso li circondava, intorno a loro c’erano bare e tombe di ogni genere, alcune erano decorate con statue grigie di pioggia acide, altre aveva solo una misera croce erosa dal tempo, mentre altre ancora erano state invase da edere senza controllo o rispetto. Davanti a loro un sentiero bianco e infine un imponente chiesa gotica, che portava sulla sua pietra e sulle sue vetrate spente il segno del tempo e dell’abbandono.
L’atmosfera era terrificante.
Questa volta fu Saber a prendere l’iniziativa e iniziò a camminare con calma verso la chiesa, se Edin l’avesse vista in volto, avrebbe visto un pianto senza lacrime. Samantha fece un cenno di intesa a Edin che comprese che il posto fosse quello, per lui entrare in una chiesa rappresentava una prima esperienza, non si poteva certo dire lo stesso per Saber. Edin si incamminò per raggiungere il suo servant, mentre il cuore iniziava nuovamente a sbattere come un tamburo contro il suo sterno e il respiro cominciava a farsi ancora pesante, la chiesa davanti ai suoi occhi si avvicinava sempre di più in tutto il suo minaccioso scheletro di pietra. Arrivò davanti alla navata centrale, il cui portale trionfale era aperto e trovò Saber in ginocchio davanti a lui, con le mani giunta davanti al naso, gli occhi chiusi e un’espressione nervosa sul volto, non riusciva a capire se la vedeva spaventata o felice, sembrava sul punto sia di gioire che di piangere come una fontana, per la prima volta venne raggiunto da un sentimento di compassione per lei, non sapeva nemmeno chi fosse, ma già gli sembrava di conoscerla da una vita. Un rumore di passi disturbò la preghiera della ragazzina, che istantaneamente si portò davanti ad Edin come fosse una scudo, senza però mettere mano alla spada, i passi sul pavimento di pietra, continuarono il loro corso, facendosi più vicini.
“E’ dunque la visita di un master che mi attende questa sera” pronunciò una voce dal tono sepolcrale, ma allo stesso tempo forte e densa come il suono di un organo. Una figura imponente era apparsa appena davanti all’altare, nera come la pece, misteriosa come la notte, il suo stesso profilo produsse in Edin un brivido gelato e tagliente lungo la schiena. Samantha ruppe la sua esitazione e superò sia lui che Saber, giungendo con passo spedito fino a metà navata.
“Siete voi l’arbitro di questa guerra?” chiese la donna con tono agguerrito. Si udì un ghigno divertito, poi la figura oscura continuò a camminare, fino a portarsi proprio davanti a Samantha che non mosse un muscolo, davanti a lei vi era ora un sacerdote in carne ed ossa. L’uomo era imponente, alto quasi due metri, con lunghi capelli castani che gli scendevano fino alle spalle, mentre il volto era geometrico, con lineamenti perfetti e naso pronunciato. La cosa che più di tutte però incuteva inquietudine era lo sguardo, al posto delle iridi aveva due pozzi neri come la pece, due occhi fatti di lame di ossidiana, attraverso di essi Samantha poteva vedere l’oblio, non aveva mai visto occhi tanto scuri. La donna aveva la fronte che arrivava alla croce di ferro che pendeva sul petto di lui, mentre il sacerdote, vestito in tunica nera, osservava la donna dall’alto verso il basso.
“Voi non siete un master, come potete sapere che io sia l’arbitro di questo rituale?” chiese lui, la sua voce poteva abbracciare e uccidere con ogni sillaba nello stesso momento. “Sono qui per condurre un mio studente, sono responsabile della sua sicurezza” disse quindi lei senza dare una risposta. L’uomo sorrise e spostò lo sguardo verso Edin e Saber, sguardo che si trasformò quando i suoi occhi si posarono su di lei.
“Non pensavo che nella mia esistenza di servo di Dio avrei mai potuto avere l’onore di conoscere in vita una santa, prima del giudizio dei cieli” disse quindi lui e superò Samantha, avvicinandosi al duo. Edin lanciò un’occhiata confusa a Saber che era più seria che mai, dal suo sguardo poteva vedere però che diverse emozioni stavano combattendo dentro di lei. “Preferirei che non riveliate il mio nome, sacerdote e non dovete provare alcun sentimento di onore verso di me, non sono la santa che credete” replicò quindi lei.
“Nessuno è mai stato santo in vita, che sia la via della santità, della beatificazione o del martirio che un uomo possa intraprendere, questi avrà il bilancio di questa vita solo con la sua morte, i suoi occhi non vedranno la luce dell’aureola sulla testa, sulla terra sono le spine e le fiamme del martirio la ricompensa finale” disse quindi l’uomo guardandola intensamente negli occhi e Edin sentì chiaramente il corpo di lei iniziare a tremare leggermente. “Sei dunque tu il master di questa Saber?” chiese quindi il sacerdote e Edin perse il proprio coraggio in quei pozzi di pece che erano i suoi occhi, iniziò a tremare e Saber gli strinse la mano con forza, il tremito cessò istantaneamente.
“Sono qui per chiedere di essere ritirato da questa guerra” disse quindi Edin con inconsueto coraggio, mentre l’uomo reagiva con un sorriso. “Essere scelti per questo rituale dovrebbe essere un onore, avere il privilegio di poter chiedere al Maelstrom un desiderio dovrebbe essere il punto di arrivo dei sogni di ogni mago, perché mai ritirarsi così presto? Forse per timore?” replicò l’uomo con tono tagliente. Edin reagì con confusione, non aveva capito alcuna parola di quello che stava dicendo il prelato. “Non sa niente del rituale, è qui per avere spiegazioni” intervenne Samantha dal centro della navata.
“Molto bene” disse quindi lui “Il mio nome è Hyperion Katowice e sono stato selezionato come giudice esterno di questa guerra con l’obiettivo che i civili e i babbani non subiscano danni, né ricevano informazioni da questo rituale. Come master tu sei chiamato a scontrarti con tutti gli altri partecipanti al fine di rimanere l’unico superstite e poter tornare al Maelstrom, chiunque riesca nell’impresa ha diritto ad un desiderio. Fino a quando avrai vita il tuo servitore ti seguirà e proteggerà, lei è uno spirito eroico generato dal processo del Maelstrom stesso per servirti, richiamata dal limbo che le ha concesso la morte e riportata sul mondo dei vivi, per rimanere in questa forma materiale si nutre della tua energia magica, se quindi tu dipendi da lei per la tua protezione, lei stessa non può sopravvivere se tu perisci” spiegò Katowice con calma.
“Ed è possibile ritirarsi?” chiese nuovamente Edin, ora con le idee più chiare riguardo la guerra.
“Certamente, basta che consegni a me i tre incantesimi di comando incastonati sulla tua mano e io provvederò alla tua protezione. Anche se sciogliessi in qualità di arbitro il tuo contratto con Saber, il contratto che tu stesso hai firmato con il Maelstrom non potrà essere distrutto, rimarresti comunque un bersaglio e necessiteresti del mio supporto” rispose l’uomo. Edin tirò un lieto sospiro di sollievo, poteva contare sulla protezione si Saber e di quel sacerdote senza dover necessariamente combattere, ma proprio mentre stava per confermare la sua scelta al sacerdote, ecco che la voce di Saber superò la sua intenzione.
“Se questa è la tua scelta, master, non posso che ritirare le mie lamentele e prostrarmi con servile assenso, non ti biasimo se desideri fuggire dal conflitto, sei soltanto un ragazzino e ti prego di non darti pena per me se intendi sacrificarmi, sono qui per adempire al mio ruolo” disse quindi lei e sorrise in maniera forzata al master con occhi pesanti e lucidi. Edin la fissò confuso, non riusciva a capire perché mai lei gli stesse dicendo parole di questo genere, ne perché sembrasse così abbattuta e angosciata, nonostante sorridesse. “Ti sta chiedendo se sia davvero tua intenzione ucciderla” aggiunse Katowice con tono freddo e quasi severo.
“No! Perché mai dovrei farlo? Io non voglio fare niente di simile!” reagì lui con paura e confusione.
“Rinunciando ai tuoi diritti di master, rinunceresti anche al tuo servant, lei lascerebbe questo mondo subito dopo” Edin incrociò nuovamente lo sguardo con Saber che lo guardava fredda e concentrata, aspettava la sua decisione senza che nessuna emozione filtrasse nuovamente, se quello si sarebbe rivelato essere il suo destino, l’avrebbe ora accolto con stoico assenso.
“Non lo farò” disse quindi lui con forza, stringendo duramente i pugni, mentre sul viso di Katowice appariva un sorriso soddisfatto. “Non sei obbligato a partecipare, sono morta in passato, questa opportunità di rinascita è solo un evento di causalità, non per questo devi rischiare la tua vita per me. Dio mi ha presa una volta e sono sicura che sia pronto ad accogliermi nuovamente” disse quindi lei senza battere ciglio.
“Tu sei qui per un motivo Saber e per quanto sia assurdo tutto questo, tu hai pieno diritto di rimanere qui, sono pronto a servire questa tua condizione” disse quindi lui e sul volto della ragazzina apparve un espressione stupita e quasi commossa.
“Non hai ragione per lottare, master, non devi dire queste parole...”
“Se non ho ragioni per combattere, allora lotterò affinché tutto questo non abbia luogo, fermerò questa barbarie, ma avrò bisogno del tuo aiuto” Saber sorrise, un sincero e candido sorriso, il primo vero sorriso che le vedeva sul viso, era bellissima quando sorrideva.

 

Gli inaspettati visitatori erano già partiti da diverso tempo quando l’organo della chiesa aveva cominciato a suonare. Un suono melodioso aveva avvolto lo scheletro di pietra dell’edificio in un abbraccio soave, l’intero tetro complesso sembrava tornato alla vita. Le dita lunghe ed eleganti si muovevano velocemente sui tasti, componendo una splendida sinfonia, mentre i passi dell’uomo si avvicinavano seguendo il ritmo della musica.
“Hai prestato ascolto alla conversazione?” chiese Katowice mentre la mani della giovane donna continuavano a danzare sui tasti bianchi.
“Ho prestato ascolto, padre Hyperion” rispose lei con tono leggero e timido.
“Penso che tu abbia dunque capito per quale motivo io ti abbia condotta qui” replicò quindi lui con tono freddo, mentre la ragazza iniziava a tremare leggermente. I capelli di un biondo quasi bianco le arrivavano appena sotto il mento, il viso era squadrato con lineamenti spigolosi e un naso particolarmente pronunciato, mentre gli occhi graziosi erano verdi e non si erano ancora spostati dallo spartito ingiallito. La ragazza annuì, mentre il tremito aveva iniziato a farsi più attivo e meno gentile, ogni cosa di quel sacerdote le produceva timore, ma ancora più di lui era terrorizzata da quello che l’avrebbe attesa fuori da quelle quattro mura neutrali, avrebbe dovuto combattere, quando la forza non era certo uno strumento che amava utilizzare e che anzi, non era mai stato nelle sue opzioni. Era successo tutto così in fretta che non era nemmeno riuscita a trovare un equilibrio nei suoi pensieri, Hyperion Katowice era apparso dal nulla nel suo convento, mentre lei era intenta a lavorare nell’orto, una ordinaria giornata nel convento di St. Joan nel distretto irlandese di Galway. Senza che potesse sistemare i suoi bagagli, prepararsi ad una partenza, né tanto meno decidere effettivamente se voleva seguire quel sacerdote era stata costretta a lasciare la sua casa, casa aveva imparato ad amare ed apprezzare. La madre superiora era stata categorica e le aveva detto che un viaggio di missione in Africa sarebbe stata la sua ultima esperienza prima della definitiva presa dei voti, non le aveva certo detto che la missione sarebbe stata una guerra di sterminio e che con ultima esperienza si intendeva la morte. Katowice non era certo un missionario, era l’arbitro di uno scontro tra maghi, una guerra in cui lei sarebbe stata una partecipante, una pedina della scacchiera come tanti altri maghi, il simbolo sulla mano ne era la prova e dire che appena prima di scoprirlo, pensava di essere stata benedetta dal signore con le stimmate. Ffion, quello era il suo nome, era arrivata già da qualche settimana alla chiesa neutrale, tuttavia ancora il senso di paura e smarrimento non l’aveva abbandonata, Hyperion le aveva spiegato tutto del rituale, nei minimi dettagli e la cosa che le aveva spiegato più chiaramente era che non poteva in alcun modo ritirarsi, doveva combattere se voleva vivere, tuttavia non capiva ancora la ragione del perché lei fosse stata scelta e si biasimava per non avere un carattere abbastanza forte per ribellarsi. Non sempre riusciva a spiegare con la sua fede gli eventi che la circondavano, non sempre riusciva a riferire a Dio ogni sua preoccupazione e le preghiere non bastavano a darle conforto, l’intera situazione puzzava di rituale pagano, tuttavia il sacerdote non mostrava alcun segno di eresia.
“Ffion, penso tu possa essere pronta per lasciare il territorio neutrale” disse quindi Katowice e il cuore le iniziò a strozzare la gola.
“Per quanto voi mi abbiate istruita a dovere, padre, non so se potrò davvero adempire il volere di Dio là fuori, mi trovate davvero pronta?” chiese quindi lei che avrebbe voluto suonare quell’organo fino all’eternità. “Fino a quando non proverai, mai ne sarai certa, io credo che tu sia una valida partecipante per questo rituale, è mio dovere proteggerti in quanto serva di dio, come me del resto, ti ho preso sotto la mia ala per darti un supporto e per questo intendo fornirti di un servitore che ti conduca al successo” disse quindi lui, ormai convinto che Ffion potesse davvero iniziare a dire la sua nella battaglia. I due si spostarono nella navata centrale, dove, dopo aver tracciato il cerchio alchemico di evocazione, Katowice iniziò a predisporre il tutto per l’evocazione. Ffion si guardò intorno e vide, seduto nelle ultime, file lo stesso ragazzo che spesso vedeva aggirarsi spesso nei dintorni nella chiesa o scambiare parola con Katowice in sacrestia, davanti ad una caraffa di vino. I suoi capelli erano biondi come il grano e gli coprivano quasi interamente la fronte con un ciuffo ribelle, gli occhi erano rossi come il granato e condivano perfettamente un viso dalla bellezza quasi angelica, se non fosse per uno sguardo famelico e un ghigno maligno. Ffion stessa si sentiva continuamente osservata da quel misterioso e sinistro individuo, ma per quanto provasse paura, non riusciva ancora a capire se questo le producesse rabbia o piacere, provava indecisione dentro di sé, un lato ormai assopito del suo copro provava un ardente desiderio di porgergli le sue parole. I suoi pensieri vennero interrotti quando Katowice la spinse a pronunciare la formula di evocazione. Le parole volarono tremanti e veloci attraverso la solitudine della navata, mentre del fumo inerte iniziava a sollevarsi, apparendo dal nulla. Un’ombra possente si mosse oltre la nebbia, poco dopo, il suo servitore le apparve davanti alla vista. Nonostante fosse alta per essere una ragazza, accanto a quei due colossi, si sentiva come un agnellino davanti al lupo, il suo servitore era poco più basso del sacerdote e la sovrastava, fissando i suoi occhi verdi dall’alto al basso e con sguardo pensieroso. Aveva lunghi capelli neri, unti che gli arrivavano fin sotto le spalle, le sopracciglia e il naso erano sporgenti, mentre il volto largo presentava una mascella importante e un terribile paio di baffi scuri. Anche il resto del corpo era possente, le spalle erano larghe, così come i fianchi e le cosce ed era interamente vestito in abiti di inizio novecento se non per una misteriosa placca bronzea che gli copriva la parte destra dl corpo come fosse un armatura.
“Non pensavo che in quest’epoca potessero ancora esistere luoghi come questo, questa è la definitiva prova che il corso dell’umanità è retto ancora da pseudoscienze babbane!” esclamò improvvisamente il servitore con voce tonante, accompagnato da una forte e sincera risata che rimbombò per tutto il sagrato. Ffion lo fissava sconvolta e attonita, aveva un nodo alla gola e non sapeva minimamente come approcciarsi con lui, aveva inoltre la sensazione che la sua personalità fosse fin troppo ingombrante.
“E tu chi saresti, Lolita? Noto un volgare simbolo superstizioso sul tuo petto, non sai che la madre di tutte le arti risiede nella scienze e che la religione è solo foraggio per cavalli?” disse quindi l’uomo rivolgendosi con tono aggressivamente divertito verso Ffion che aveva occhi sgranati e colorito più pallido del solito. “Sei muta?” chiese nuovamente lui dato che non aveva ricevuto risposta.
“E’ particolare che un servitore come te sia tornato alla vita qui oggi, penso non potesse capitare uomo peggiore per il suo master” intervenne quindi Katowice dall’alto dell’altare, aveva un’espressione nervosa per via del comportamento eccentrico del personaggio, ma allo stesso tempo curiosa, uno scienziato anticlericale era una sorpresa che non si aspettava.
“Tu saresti il mio master? Ho capito! Tutto questo è il risultato delle macchinazioni dell’organizzazione, la macchina della scienza vaticana ha finalmente fatto la sua mossa, difenderò i miei brevetti con stoica resistenza e ripristinerò l’ordine mondiale” replicò il servitore condendo il tutto con una potente risata. “Il dibattito fisico-teologico lasciamo per dopo, non sono io il tuo master, sono l’arbitro neutrale di questa guerra, il tuo master è troppo timido per parlare” “Questa Lolita? Ma è troppo giovane per essere un master, avrà raggiunto la pubertà?” chiese quindi l’uomo confuso.
“Sono più grande di quanto sembri” rispose con un fil di voce Ffion. “Dunque non sei muta, però rimani una sacerdotessa di un culto pagano, sei davvero sicura di valere questo conflitto? Ti senti pronta ad affrontare la macchina di propaganda dell’organizzazione mondiale?” esclamò nuovamente con forza, mentre per Ffion queste sembravano solo parole vaneggiate contro un muro, rimanendo sconvolta e perplesse rispetto al servitore con cui avrebbe dovuto avere a che fare.
“Mi sembri un uomo molto bravo con le parole” esordì lei dopo aver deglutito nervosamente “Ma per quanto non possa andarti a genio l’abito che indosso, io sono il tuo master e sono pronta ad obbligarti a pormi attenzione e rispetto, inoltre ho potuto sentirti parlare con discutibile carisma, ma il valore che dimostri nella parola non posso sapere se possa essere comparato alla tua abilità del combattimento, quindi aspetterei a vedermi come la ruota di scorta del carro, se fossi in te”
“Quello che c’è nel tuo cervello è metodo scientifico, Lolita! Sono pronto a credere che tu non sia nata come vestale, ma che tu abbia una discreta visione del mondo, se desideri conoscere le mie qualità, sono pronto a mostrarti le formule scientifiche che ci condurranno alla vittoria, se il mondo non è altro che impulsi elettrici che si scambiano di polarità per generare energia, io avrò il pieno controllo su ognuno di essi, annienterò l’organizzazione che controlla le vostre menti!” replicò quindi lui e diede un violento colpo di assenso alla mano di Ffion che subito assunse un colorito rossastro, lasciandola dolorante. Ffion non aveva dubbi, si ricordava l’identità dell’uomo che aveva davanti, si era sempre interessata alla cultura babbana e alla sua storia e per quanto non ci avesse mai capito chissà che cosa di scienza si ricordava il volto del padre dell’elettricità mondiale. Nikola Tesla si ergeva davanti a lei, ben diverso da come poteva immaginarselo, ma con la fama di scienziato pazzo che poteva ben ammirare nella sua eccentrica e carismatica figura, mentre lui rideva di gusto, facendo cadere la polvere dalle colonne polverose che circondavano la navata.

 


Antoine osservava la stanza chiara da oltre il vetro di protezione. Sul letto sdraiava il suo paziente, a cui aveva pochi giorni prima salvato la vita con un intervento esemplare, era caduto in un coma dall’esito di difficile previsione subito dopo, ma poteva tranquillamente dire di aver praticamente riportato in vita un uomo. Il ragazzo era stato portato in ospedale con estrema velocità, si erano addirittura smaterializzati direttamente all’interno della sala operatoria per fare il più velocemente possibile e nonostante le condizioni erano da considerarsi disperate, Martin Danes poteva ancora raccontare di essere nel mondo dei vivi. Per i maghi aggiustare ossa rotte non era mai stato un problema, un collo e una spina dorsale fratturati però, non erano uno scherzo nemmeno per la magia e il ragazzo poteva considerarsi fortunato che l’osso del collo non si fosse spezzato completamente, altrimenti la magia sarebbe servita a poco e sarebbe morto istantaneamente. Antoine si chiedeva ancora che cosa gli potesse essere successo, se un mago vuole uccidere qualcuno di solito trova diversi altri modi per farlo, esistono incantesimi che possono farti lasciare il mondo in un battito di ciglia, questa violenza gratuita e sovrumana sottolineava che l’aggressore era stato qualcuno o qualcosa che con il mondo magico aveva poco a che fare. Per quanto rispondere a queste risposte lo incuriosisse, tuttavia sapeva di non poter certo indagare, le parole “Ufficio Misteri” erano un chiaro segnale che questi affari non andassero disturbati e che soprattutto nessuno gli avrebbe mai detto che cosa fosse veramente successo a Martin Danes. Charlotte stava dando al malato le medicine di cui aveva bisogno e i suoi occhi lascivi si spostarono dal letto del paziente al fondo schiena dell’infermiera, visione particolarmente soddisfacente. Era da quando si trovava al San Mungo che aveva messo gli occhi su di lei, per distacco la più bella di tutto il personale, non gli interessava per nessuna ragione, non era particolarmente simpatica ed era fin troppo ottusa, tuttavia quando i suoi occhi si posavano sulle sue gambe candide un violento moto di libido permeava il suo corpo e un forte senso di desiderio raggiungeva il suo cuore. La ragazza uscì reagendo con spavento nel vedere Antoine fermo davanti al vetro.
"Dottor Laurain” esordì lei in un francese pessimo “Mi ha spaventata, è passato a controllare il paziente” “In realtà ero passato a controllare te, non riesco a resistere un minuto senza che i miei occhi si posino su di te” replicò lui lanciandole un’occhiata di pura seduzione a cui lei reagì con un terribile ed imbarazzante arrossamento di guance, sembrava un pomodoro.
“Dottore, non credo si tratti di parole che lei sia autorizzato a dire” replicò lei con il volto riempito di timidezza, mentre istantaneamente aveva iniziato a camminare all’indietro. “Non hai capito, non mi interessa che io sia autorizzato o meno a fare qualcosa, io quello che desidero me lo prendo” disse quindi lui, avvicinandosi a lei. Charlotte iniziò a respirare affannosamente mentre un rivolo di bava le scendeva al lato della bocca, le pupille erano dilatate più che mai e le guance così rosse da poterci cuocere una braciola. Lui la baciò senza lasciarle il tempo di respirare, un bacio caldo e passionale, doveva ammettere che per quanto non lo credesse possibile Charlotte sapeva il fatto suo in quanto a baci, tuttavia proprio mentre pensava di aver già dato abbastanza sfogo alle sue labbra, lei rifiutava di staccarsi e anzi si aggrappò a lui anche con le braccia. Antoine la staccò con forza e la vide respirare a fatica con un’espressione strana in viso e un sorriso esaltato sulle labbra.
“Così freddo e possessivo, mhmh sì. Voglio che mi faccia le peggio zozzerie, dottore, una persona violenta come lei non può che abusare di me, mhm. Chissà che cosa potrebbe capitarmi?”
“Ma che diamine?...”
“Non posso lasciare che la mia purezza sia così violata…” Charlotte si era appena lasciata andare in una reazione di completo masochismo e follia, Antoine pensava di trovarsi davanti una mite e inaccessibile ragazza, quando davanti a lui c’era una pervertita della peggior specie, doveva fuggire, fuggire a tutti i costi, quella Charlotte lo spaventava. Per sua fortuna non dovette allontanarsi da lei di sua iniziativa, ma un rumore violento echeggiò nella stanza accanto, un rumore quasi esplosivo, detriti indefiniti entrarono nel corridoio, mentre dalla porta videro un infermiere che veniva sbattuto contro il muro. Charlotte si aggrappò balbettante al braccio forte di Antoine, questa volta lui comprese però che non c’era nulla da scherzare, stava succedendo qualcosa di importante e la colpa non era di qualche mago squilibrato. Si guardò la mano, sulla quale brillava di rosso un simbolo runico e subito un’espressione nervosa si impossessò del suo viso. Non aveva ancora capito molto di quello che quel segno simboleggiasse, né cosa avrebbe veramente affrontato in questa guerra, tuttavia, in anni di passione per la cultura celtica e per i riti pagani delle sue religioni, sapeva che avrebbe dovuto combattere, non si sarebbe però certo aspettato che la guerra l’avrebbe raggiunto al San Mungo. Si udirono rumori di combattimento magico, qualche scintilla, risultato di fatture generiche, volo oltre la porta, poi un secondo boato sconquassò la sala di fianco.
“Veni, vidi, vici! L’artillerie est arrivée!” esclamò con violenza una voce squillante con forte accento francese, mentre un altro colpo scivolava a terra. Antoine si liberò della presa di una terrorizzata Charlotte, impugnò la bacchetta in legno di pioppo e si diresse velocemente verso la stanza adiacente, trovandosi davanti l’immagine di un uomo che ben conosceva, ma che non pensava certo di vedere in un posto come quello, ma se aveva compreso le caratteristiche del rituale, se lo sarebbe potuto aspettare. Davanti a lui si ergeva un uomo alto e muscoloso, vestito di una divisa ottocentesca dell’esercito francese, decorata di diverse medaglie al merito e coccarde tricolori, il volto era pieno con i capelli lunghi, stempiati e scuri, mentre gli occhi erano piccoli di colore scuro e circondati da occhiaia. Sulle spalle possenti teneva un enorme cannone da guerra francese, dalla cui bocca fuoriusciva del fumo, lo sguardo dell’uomo era fiero e agguerrito, osservava la devastazione intorno a lui come un freddo giudice di morte, si comportava come un sovrano sceso sulla terra. L’intera sala d’attesa era stata sventrata, ben due pareti erano state interamente abbattute e tre persone giacevano a terra senza segni di vita, tuttavia il loro esecutore non sembrava disturbato dalla loro possibile morte. Antoine fissò l’uomo, l’eroe della sua patria natale, la Francia e si trovò completamente spiazzato dal suo aspetto, i libri di storia lo mostravano basso, tarchiato e di aspetto molto poco avvenente, quello che aveva davanti era invece un uomo dal magnetismo animale, un leader da seguire ad ogni passo, era sufficientemente carismatico anche senza aprire bocca. Napoleone Bonaparte si voltò di scatto trovandosi davanti al suo nuovo avversario che era già sulla difensiva con la bacchetta impugnata con forza nella mano destra.
“Bonjour mon amì! Non so chi tu sia, mais se mi farai passare, je pense che potrei concederti la mia grazia, mi sembri un garçon coscienzioso” disse quindi con voce potente Napoleone, guardando Antoine come si guarda un servo della gleba.
“Bonjour a vous, mon empereur. Vi consiglio di migliorare il vostro inglese, Napoleone, o potrete trovare problemi in questo paese, ve lo dico da francese” replicò Antoine sorridendo all’uomo, ma senza abbassare la guardia, Napoleone non sembrava qualcuno che abbandona una campagna molto facilmente. “Oh mon dieu! Un mio fedele suddito qui in questo fetido paese inglese, posso quindi chiederti appoggio per questa importante campagna militare, in nome della gloria di Mère France!” disse quindi Napoleone senza però abbassare il cannone, puntato direttamente verso la faccia di Antoine.
“Non penso di poterlo fare, perché se non erro nei calcoli tu sei uno spirito eroico qui per uccidermi e penso sia mio dovere combatterti alla pari” disse quindi Antoine e Napoleone sorrise divertito. “Peut-etre. E’ dunque un duello tra francesi l’unica soluzione?” Antoine annuì, appena in tempo per sentire il colpo di cannone echeggiare per tutto l’ospedale ed esplodere verso il suo viso, i suoi occhi si chiusero istantaneamente, una volta riaperti davanti a lui c’era una donna che gli mostrava la schiena nuda, un lungo vestito blu notte le copriva le gambe e il petto, i lunghi capelli biondo luna le arrivavano all’altezza del sedere.
“Mi chiedevo se fossi davvero venuta” disse lui tirando un forte sospiro di sollievo.
“Dopo quella scena patetica con quella masochista avrei volentieri cambiato master, la tua ignoranza e il tuo scarso senso della finezza mi danno il volta stomaco” replicò lei, aveva la mano proiettata verso l’avversario e non appena il colpo era esplose lei stessa aveva eretto con il suo solo movimento della mano una barriera magica che aveva neutralizzato interamente il colpo di cannone. Subito dopo quelle parole la barriera venne distrutta da un improvviso colpo di sciabola e Napoleone apparve con sguardo determinato proprio accanto alla donna che schivò il colpo con una capriola.
“Impedimenta!” urlò Antoine puntando l’incantesimo verso l’uomo che tuttavia non subì alcun effetto e con un pugno lo spedì al centro della sala, per poi attaccare nuovamente la donna con la sua sciabola. Il viso di lei era interamente coperto da un velo scuro che non permetteva a nessuno di vedere il suo viso, se non per gli splendidi occhi azzurri che filtravano oltre la barriera che nascondeva il suo volto, mentre una corona di spine le cingeva il capo, lasciando dei rivoli di sangue ai lati delle tempie che scendevano lungo la guancia. “Non serve quella roba contro un servant di questo valore! Smettila di renderti ridicolo e corri a cercare il suo master, se eliminiamo lui, questo bell’imbusto scomparirà come cenere!” disse lei facendo apparire diverse palle di fuoco accanto alle sue mani, mentre Napoleone impugnava con una mano la sciabola e con l’altra il cannone. “Madame, con tutto il rispetto che provo per voi femmes devo contraddirla, l’unico servitore che finirà in cenere in questo momento sarai tu! Ho perso solo una battaglia nella mia vita e non sono sicuro che sarà con te che aggiungerò la mia seconda sconfitta alla lista” replicò Napoleone e scagliò un altro colpo di cannone che venne sciolto interamente dal muro di fiamme evocato dalla donna. Antoine non se lo fece ripetere due volte, superò lo scheletro di un mobile distrutto e entrò nel corridoio adiacente, lanciando un ultimo sguardo al suo servitore, pregando che quella non fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista. Con la bacchetta sempre stretta nella mano iniziò a salire con attenzione la rampa di scale, sapeva che un master agguerrito e senza scrupoli stava probabilmente setacciando la zona per scovarlo, ma si sentiva fiducioso dei suoi mezzi, non avrebbe lasciato nulla al caso, l’adrenalina in corpo gli stava rendendo l’attesa per la sfida un inferno. Prima ancora che potesse però iniziare una caccia degna di questo nome ecco che apparve in cima alla scalinata che stava percorrendo una ragazzina dal fisico minuto. I suoi occhi erano rossi come un rubino e lo fissavano con freddezza quasi vorace, il viso pallido e grazioso era circondato da capelli castani che le coprivano interamente la fronte con una frangia ben curata. Indossava un abito aderente bianco, con striature rosse, intero e dello stesso colore sia per il busto che per gli arti che avevano come protezioni delle placche di ferro sia sugli avambracci che sugli stinchi.
“Sei troppo piccola per me, non voglio finire in prigione, gira al largo” scherzò lui, ma aveva ben compreso che quella ragazzina non era certo lì per giocare, né tanto meno si era persa, i suoi occhi gli avevano già dato sufficiente risposta, le sue iridi volevano lui e solo lui e aveva la netta sensazione che desiderasse ucciderlo. Prima che potesse studiare una strategia la ragazza compì un balzo verso di lui, un salto sovrumano che lo lasciò senza fiato, l’intera rampa di scale era stata scavalcata e un violento calcio si diresse su di lui a velocità impressionante.
“Stupeficium!” urlò lui e la ragazza venne raggiunta da uno schiantesimo in piena zona addominale. Cadde pochi metri sotto di lui, ma prima del dovuto la ragazza si alzò, senza nessun segno di svenimento, una fattura di quel livello avrebbe dovuto almeno intontirla, ma l’unica cosa che aveva provocato era uno squarcio nei vestiti, attraverso il quale poteva chiaramente vedere degli addominali spaventosi. Per un attimo si chiese se si trattasse di un servant, poi vide chiaramente che sulla mano sinistra brillavano delle magie di comando e per la prima volta provò una paura colossale, questo demone cremisi era una ragazza vera. Prima ancora che potesse metabolizzare la ragazza aveva nuovamente scattato verso di lui, troppo distratto per reagire ad un secondo attacco così veloce, il pugno al cuore fu brutale, violento, sentì le pareti del ventricolo spezzarsi, un urlo ruppe il suo silenzio e un getto di sangue fuoriuscì istantaneamente dalla sua bocca. Cadde a terra, senza fiato e senza energie, si sentiva morire, sentiva il suo cuore incapace di pompare del sangue visto che lentamente tutte le zone del suo corpo si stavano addormentando, non si sentiva più né le gambe che le braccia e persino la vista iniziava già a sfocarsi. Sentiva la vita abbandonarlo e si chiese con le ultime cellule di sanità mentale chi diavolo fosse quella ragazzina che combatteva con la forza di dieci uomini, maledì quella ragazzina e tossì un altro grumo di sangue, ormai non riusciva più a ragionare e si lasciò andare ad una veloce discesa verso la morte, le erra bastato un colpo solo.
“E adesso che devo fare?” chiese una voce che rimbombò nelle sue orecchie deboli, c’era qualcuno lì con lui.
“Sei tu il master, devi dirmi tu quello che devo fare, anche se potrei suggerire una soluzione” rispose un’altra voce, più tagliente e meno elegante.
“Ah certo. Io sono il master e...” In quel momento perse conoscenza, i suoi occhi si chiusero con l’immagine di quel diavolo dai capelli castani davanti agli occhi, si fece la promessa che se avesse ancora abitato il mondo dei vivi, si sarebbe vendicato di quel pugno con quella ragazzina, lo doveva al suo orgoglio.





Angolo dell'autore,
ciao a tutti e chiedo subito perdono per il leggero ritardo di pubblicazione, ma ho avuto un gran numero di impegni che non mi hanno permesso di immergermi a pieno nella scruttura.
Comunque ringrazio ancora chi è arrivato fino a qua e spero che la storia continui a piacere.
Questo è l'ultimo capitolo di presentazione, aveva bisogno di un altra parte di prologo prima di immergermi nella storia stessa per chiarire le modalità della guerra tra maghi a tutti voi, in questo modo ora sono riuscito a stabilizzare la trama ad un punto di inizio unitario.
Nel prossimo capitolo ci saranno tutti i vostri OC, per ora sono riuscito a introdurne solamente tre, uno nel capitolo precedente e due nuovi in questo con i rispettivi servitori, quindi con il capitolo successivo tutto entra più nel vivo con approfondimento maggiore per i rapporti con i servant e duelli più corposi e lunghi.
Penso possiate già capire che essendo un duello survival è possibile che i vostri oc moriranno durante la storia, questa è una cosa che dovete considerare, visto che il vincitore potrà essere solo uno, tutti però avranno un notevole spazio e saranno ampliati al massimo fino alla loro eventuale dipartita.
Fatemi sempre sapere se il capitolo è piaciuto e le vostre impressioni su storia e personaggi, invito come sempre a recensire e confermo che le iscrizioni sono ancora aperti per qualche OC ritardatario fino al capitolo 5, quando tutti gli OC saranno già presentati.
Intanto vi ringrazio in anticipo e vi auguro una buona settimana
Alla prossima
Mladen

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