The ineffable plan

di Sebbyno
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The fall ***
Capitolo 2: *** The most important man in the Universe ***



Capitolo 1
*** The fall ***


C’è una storia che viene narrata ai piccoli angeli del regno celeste, una novella creata appositamente per la loro educazione alla vita, una sorta di Vangelo non scritto.

La trama del racconto si snoda nell’esplicazione di 5 regole da seguire per essere dei perfetti spiriti degni della grazia divina: non uccidere, mai mentire, mai cadere in tentazione, amare incondizionatamente, e per ultima regola, combattere contro il demonio: ucciderlo, se necessario, anche se questo infierisce con la prima e fondamentale regola.

Ad ogni legge, corrisponde anche una punizione per la sua violazione: un angelo che uccide un qualsiasi altro essere vivente, non importa la motivazione, viene tramutato in demone, ma nel caso dell’uccisione di un altro angelo, viene inflitta la morte, provocata per mano di un demone e... e i dettagli non vengono forniti.

Un angelo che mente viene punito con l’asportazione di una piuma: più è grave la menzogna, più piume verranno estirpate, senza possibilità di ricrescita.

Un angelo che cade in tentazione viene lasciato fuori dalle porte celesti per un tempo che viene deciso dalla Magnifica corte del Santo Giudizio, mentre per chi non è in grado di amare il suo prossimo, vale la punizione alla violazione della prima regola.

L’ultima legge, per essere trasgredita vede solo il suo contrario: aiutare un demone, fraternizzare con lui.

Il quinto dogma è anche il peggiore, per cui la sua condanna è terribile, anzi, impronunciabile.

Gli angeli non ne parlano, e da che esiste il mondo, nessuno ricorda qualcuno a cui sia mai stata applicata tale pena... soltanto uno.

In verità, la quinta regola, non essendo mai stata attuata, può ricevere delle modifiche, può essere manipolata, insomma, ai fini di una degna punizione.

Ma cosa c’è di peggio al terribile e impronunciabile?

Più di 6000 anni fa, un angelo buono (e sottolineo, buono) cadde dai confini del Paradiso e finì all’Inferno, dove egli mutò animo e aspetto: divenne un demone.

La caduta fu vissuta con profondo dolore e rammarico dalla creatura che non voleva essere un demone; egli non visse mai, infatti, come un essere infernale, né riuscì mai a trasformare del tutto il proprio aspetto.

Per giorni e mesi si rifiutò di visitare il nuovo mondo che lo apparteneva, nascosto in una grotta a contare quante piume bianche cadessero dalla schiena, mentre di nuove iniziarono a spuntare con dolore e prurito: erano nere.

L’angelo buono aveva lunghi capelli e occhi castani, belli e profondi: gli ultimi si tinsero di giallo, e l’iride si assottigliò molto, fino a somigliare a quello di una serpe, mentre la chioma bruna si accese di rosso.

Quando la creatura mutò del tutto, tutti lo nominarono Crowley, e da allora fu per sempre un demone... con un animo buono.

Duemila anni più tardi, l’apocalisse si abbatté sulla Terra, angeli e demoni erano pronti a distruggersi a vicenda, perché così il piano divino voleva... ma un angelo e un demone disobbedirono.

 

C’è una storia che viene narrata sulla Terra, che un giorno il mondo finì, e ricominciò due ore dopo: nessuno lo ricorda, nessuno lo sa, è solo... una novella, per addormentare i bambini.

Però, qualcosa di strano in un giorno assolutamente normale dell’anno 2018, avvenne: il cielo si tinse di scuro, e dopo un’esplosione che ridipinse lo sfondo di rosso, qualcosa cadde precipitosamente nell’atmosfera, abbattendosi sulla Terra.

Ciò che cadde nessuno lo seppe mai, perché non fu mai trovata, e tutti decisero che si trattasse di uno scherzo della natura... qualcuno, dimenticò persino che avvenne, ma molte cose l’umanità abbandonò nell’oblio quel giorno... l’apocalisse, per esempio.

Tutto si era vanificato nel nulla, le cose erano tornate esattamente come prima, nessun palazzo o famiglia distrutta: la natura, le strade, le persone e tutto il resto, erano sempre lì, come due ore prima... eccetto una.

C’era un uomo sulla Terra, un uomo in più: non aveva padre, non aveva madre, non possedeva lavoro o famiglia, non aveva amici, non aveva nome, e non aveva memoria.

Un angelo era caduto due volte in oltre 6000 anni di vita, la prima era stata dolorosa, e atrocemente difficile da accettare, ma alla fine, le cose erano continuate.

La seconda volta, fu peggiore, la seconda non avrebbe ricordato della prima, né degli angeli, o dei demoni, o dell’apocalisse.

Aveva dimenticato, come tutti.

E dimenticando, aveva perso ogni cosa: casa, auto, pensieri, amore...

Il Paradiso e l’Inferno sarebbero potuti tornare, qualche volta: in sogno, in un brutto o bellissimo sogno.

Un Angelo avrebbe vegliato su di lui, a controllare che tutto rimanesse come era stato creato, che Crowley non ricordasse mai, MAI, di essere stato un demone.

Era umano, ormai. Un uomo normale: un banalissimo uomo senza poteri angelici o demoniaci, posseditore di un solo e unico potere: il libero arbitrio.

Era questa la peggior punizione per un angelo: diventare un mortale.

Ma Crowley non era un angelo, bensì un demone. 

Paradiso e Inferno scelsero insieme la punizione per uno spirito buono e uno maligno che avevano disobbedito insieme al piano divino. Loro non avevano semplicemente trasgredito a Dio, ma avevano confabulato insieme, fraternizzato, e peggio di ogni altra cosa, quello che fecero era innominabile, abominevole, assurdo anche da punire perché tecnicamente non era possibile: loro si innamorarono.

Non c’era e non ci fu mai una punizione per un angelo innamorato di un demone, per cui fu creata in sentenza davanti ai deputati alla Magnifica corte del Santo Giudizio, sotto gli occhi di tutti gli angeli, e tutti i demoni.

L’imputato Crowley era stato dichiarato colpevole per aver salvato un angelo dalla spada di un demone, uccidendo il suo stesso collega infernale.

L’imputato Aziraphale era stato dichiarato colpevole per non aver ucciso il demone che lo aveva salvato dalla morte.

Entrambi erano poi stati dichiarati colpevoli per aver rifiutato di uccidere le proprie controparti, e in secondo appello, erano stati condannati per aver ammesso, di fronte alla corte del Santo Giudizio, di essere amici e amanti.

La colpa era gravissima, e la pena doveva essere altrettanto memorabile.

Perciò si decise che la pena peggiore per un angelo innamorato di un demone fosse osservare il proprio amato cadere dal cielo sulla Terra, vederlo mutare da immortale a umano, e poi, per rendere la pena un girone senza fine, vegliare su di lui, fare in modo che non potesse mai, e dico MAI ricordare chi fosse.

Nessuna punizione fu mai tanto crudele: Aziraphale avrebbe sempre visto il demone che amava vagare sulla Terra senza una meta, senza uno scopo, e tutto questo senza poterlo aiutare, parlare o toccare.
Sarebbe stato il suo angelo custode, senza che Crowley l’umano, lo sapesse.

 

Sono le nove e trenta minuti del mattino, martedì, mese di settembre, giornata fresca, coperto ma soleggiato nel pomeriggio. Un nuovo giorno è iniziato e, come tutti i giorni, i lunedì, martedì fino ai sabati e qualche domenica, Aziraphale apre la sua vecchia libreria nel centro di Londra, posizionata proprio a pochi passi da Carneby Street. È estremamente orgoglioso del suo negozio, la sua gioielleria del sapere terrestre, contenente una quantità cospicua di libri, saggi, e riviste, come risultato di secoli e secoli di inesauribile raccolta. Aziraphale ogni giorno li sistema attentamente nelle apposite mensole, rispolverandoli con cura e dedizione, catalogandoli in ordine alfabetico, per genere e autore. Poi, fatto questo rito, si mette seduto nella sua poltroncina vecchio stile, come il suo negozio, mentre dalla porta principale entrano, uno dopo l'altro, nuovi clienti.

È sempre la stessa storia: lì, seduto in quella poltrona, attende e poi accoglie ogni piccolo essere umano: giovane, bambino o vecchio che sia, mentre nell’attesa il suo sguardo rimane fisso oltre la vetrina, sulla strada, dove un via vai di gente passa con frenesia. Attende. E attende. Il pendolo rintocca le dieci e trenta minuti, e il battito di Aziraphale accelera di due, poi anche tre, accorciando il suo fiato. Ed è lì, proprio in quel momento che lo vede, tra il trentunesimo e trentaduesimo minuto, tra il sessantesimo e sessantunesimo secondo, l'essere più importante dell'universo. Passa davanti alla vetrina del suo negozio, a passo lungo e svelto, facendolo sorridere ogni volta al pensiero di quelle gambe esageratamente snelle e lunghe. Per non parlare dei suoi capelli, poi: corti e castani, fissati, nonostante le intemperie, cornice di un volto giovane e costantemente assorto. Chissà cosa sta ascoltando da quelle cuffie bianche che gli pendono dalle modiche orecchie; Aziraphale vorrebbe immaginare che stia ascoltando Bohemian Rhapsody, o magari qualcosa di più moderno, chi lo sa. Il tempo di pensarci ed è già andato via, tra il terzo e quarto secondo del trentaduesimo minuto, come sempre, come da tre anni a questa parte.

Un sospiro gli rilassa le membra, e può tornare nel brodo della sua solitudine, tra i libri, tra i clienti, tra un “Buongiorno mr. Henry”, e “Buonasera mrs Jodie”.

In attesa, del giorno successivo: un po’ dopo il “dong” del pendolo, un po’ prima di essere di nuovo in quel girone infernale, in quella punizione di eterna, interminabile, insormontabile attesa.





















(Salve! Vorrei aggiungere una piccolissima nota per fare il punto e specificare due cose; la storia è di mia invenzione, le linee generali e la maggior parte del contenuto sono scritte completamente da me, ma le parti dei pensieri e delle azioni di Aziraphale sono costruite da una mia amica. Difatti, il racconto proviene da una role nata per puro divertimento -anche se chiamarlo divertimento con tutto questo angst, è quasi offensivo...- che io poi revisiono, perfeziono e ricostruisco sotto forma di romanzo. Perciò quella che spero non risulterà una storia mal scritta o troppo banale, è frutto di due mani e due menti.
Sperando che il primo capitolo non vi faccia soffrire troppo, vi auguro una futura buona lettura,
-  Seb)

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Capitolo 2
*** The most important man in the Universe ***


Crowley ha più di 6000 anni, e troppe vite alle spalle; ha cambiato più volte taglio di capelli, paio di occhiali e modo di vestire in base alle epoche e mode storiche.
Ma qui sulla Terra ha solo tre anni e dieci giorni, ah: e si chiama David. 
David è un ragazzo assolutamente normale; veste casual, il più delle volte in pantaloni e giacca di jeans, maglia o felpa, e porta comode scarpette. Da nove mesi fa il fioraio, e alloggia in un ristretto monolocale costellato da piante e fiori, come riflesso del suo stesso negozio.
La sua piccola impresa lo riempie di gioia e ha diversi clienti affezionati; non sembra auspicare a grandissimi progetti, diciamo che il suo unico desiderio è avere una vita tranquilla.
Ogni mattina passa davanti ad una libreria storica in cui non riesce mai ad entrare perché è un ritardatario cronico, però quel giorno il lavoro (o meglio, la passione), l’ha fatto alzare in orario, perché una pianta si è ammalata e non sa proprio come porvi rimedio.
Così, banalmente, senza sapere che quella libreria un tempo avesse importanza, quel mattino diviene la sua prima meta del giorno, ed è il primissimo incontro che sta per avere con un amico di vecchia data.
Il primo incontro di David e Aziraphale, in una giornata normale, di un martedì ordinario e qualunque, come l’uomo che sta per varcare la soglia dell’antico negozio.
Aziraphale conta pochi secondi importanti spesi nella propria routine: quelli in cui aspetta che Crowley, o meglio, che quel comunissimo umano, passi davanti alla sua vetrina. Solo questo. La vita dell’angelo che un tempo difendeva il portale orientale dell’Eden, e tutta l’umanità, ora dedica tutta la propria esistenza a questo brevissimo momento che avviene sempre, tutti i giorni, allo stesso orario. Capita che qualche volta non succeda, e immediatamente l’Angelo fa un miracolo per scoprire che fine abbia fatto l’uomo per cui prova un profondo interesse dall’inizio del mondo e di tutte le cose.
È una soddisfazione misera e frustrante, lo comprende, ma due secondi, al massimo tre, per sapere che quello che una volta fu un demone è ancora vivo, gli bastano. 
Così anche quel giorno può tornare a fissare il vuoto dalla sua poltrona, a cercare di concentrarsi, invano, su qualche pagina di un vecchio e amato libro, o a meditare sul passato, e quando meno riesce ad affrontarlo, quell’angosciante e ineluttabile silenzio, piange. Lo fa silenzioso, in un angolo del retro del suo negozio; spende qualche lacrima, di rabbia, per non aver potuto evitare gli eventi, di tristezza, per aver perso la compagnia e la pace, e di amarezza, per non poter indurre al cambiamento. Dura poco, comunque; c’è un tempo anche per le lacrime, e non superano mai i cinque minuti, perché sa che se continuasse, non vi porrebbe fine, e per questo ripone tutte le sue forze e speranze in quegli attimi mattutini. Sono secondi che volano alla velocità di un battito di ciglia, ma sono necessari alla sopravvivenza: alla sua sopravvivenza.
Crowley, o meglio, la versione umana di Crowley, se la passa meglio; lui non sa che cosa è successo, qualche fasullo ricordo gli è stato inserito, rendendo la storia della sua vita un po’ più credibile, un po’ meno strana. Ci sono dei vuoti nella sua vita, lo percepisce, ma al momento non sembra interessato al volerli colmare.
Tutta la sua vita gira intorno alle piante e alla loro cura, e questa cosa rende Aziraphale più sollevato, che almeno qualcosa di Crowley si sia salvato, ma che soprattutto non passi il tempo come lui, ad aspettare che qualcuno scorra davanti alla sua vista per dargli una ragione d’esistenza.
Tutto sommato, a Crowley è andata bene, e ad Aziraphale va bene così. 
È contento, per quanto la contentezza possa definirsi nelle sue ristrettezze; anche quel giorno, pur se solo di sfuggita, ha visto quell’uomo, l’unico che conti, il più importante che Dio abbia creato.
Così si alza dalla sua poltrona, per tornare alla monotona vita da libraio, che una volta lo riempiva di gioia e soddisfazione, come il cibo, o la danza... tutto questo, prima che Crowley cadesse, che cadesse di nuovo.
Ma quel martedì di settembre non è poi così ordinario, perché non appena l’Angelo si volta di spalle, la porta del suo negozio si apre, accompagnata dal solito tintinnio del campanello, e Aziraphale, abituato al suo comune suono e anche a quante volte, all’incirca, si attivi in una giornata di lavoro, invita il cliente ad entrare, chiunque esso sia.
“Prego, entri pure.”
Dice con una voce poco entusiasta e forse un po’ stanca, come pronunciata da chi ha appena visto la luce dopo qualche ora di sonno profondo. 
“Buongiorno a lei.”
Il mondo è un posto strano; a volte succedono cose che non avresti mai immaginato potessero accadere, un po’ come quando produci ripetutamente nella tua testa immagini di scene che sai non potranno mai realizzarsi: è per questo che le inventi, perché sai che non vedranno mai la luce del vero.
Eppure il caso ogni tanto vuole che la Terra sia strana e veda eventi singolari, come quando venne l’apocalisse e tutti la dimenticarono. 
Così, in quell’aura di eventi strani e impossibili, Aziraphale si gira al suono di una voce non solo familiare, ma intima, e lì, davanti e in mezzo alle alte sommità di libri, finalmente lo vede. È lì, proprio lui, l'uomo più importante dell'universo.
L’Angelo ha un cuore, e quel cuore perde un battito, forse due, non lo sa più neanche lui, che importa?
Un’immagine sempre trascorsa dietro ai suoi vetri, ora è davanti alla porta, ed è così naturale il suo modo di guardarsi in giro, che ad Aziraphale viene quasi da ridere. Lui, proprio l’essere più importante del cosmo intero, si comporta come un uomo ordinario qualunque.
Bellissima. La vita è di nuovo bellissima.
In quel momento l’Angelo è così pieno di gioia, ma anche paura e timore di come doversi comportare davanti all’ex demone, che il suo corpo si impietrisce, come se dall’alto Gabriele gli avesse lanciato un secchio di cemento, e ora si fosse solidificato. Si sente impreparato, è colto alla sprovvista da una situazione attesa e immaginata tante volte, così tante da aver perso un minimo di credibilità, diventando soltanto il sogno di un angelo illuso. 
Ma lui è lì: Crowley, o quello che ne resta, è lì, davanti a lui, con tutta la sua figura alta e snella, ma senza l’occhio da serpe, i capelli fiammeggianti e l’abbigliamento discutibile.
Non può lasciarsi sfuggire questa occasione, ed è per questo che si sforza di emergere dal suo blocco di cemento.
"P-posso fare qualcosa per lei?"
È tutto ciò che riesce a dire, e ancora non riesce a credere di essersi strappato quelle cinque parole dalla gola secca, mentre l’uomo che gli sta di fronte è assorto dalla libreria: è bella, ordinata, immensamente ricca, sa di libri e carta antica, usata, ma anche di qualcosa che non sa esattamente definire. 
Quello che un tempo era Crowley, si guarda intorno due volte, prima di rivolgersi al libraio, a cui sfoggia un cordiale sorriso.
“Oh, salve! Si, grazie. Starei cercando un libro... che ha a che fare con le piante. O meglio, nello specifico, con le orchidee... Saprebbe aiutarmi?”
Aziraphale se ne sta fermo immobile, con un’espressione che non saprebbe leggersi, attento ad ogni movimento delle labbra del ragazzo e delle parole che ne escono.
Come se avesse detto la frase più bella della storia, Aziraphale si illumina, sorride in risposta a quel sorriso che gli si rivolge radioso, e improvvisamente ricorda di essere di nuovo vivo, e di dover respirare.
"C-certo, dò un'occhiata nel reparto giardinaggio."
Ed ecco che quello gli sorride di nuovo.
Ad ogni sorriso, Aziraphale si sente morire. Si può morire così? Ora gli sembra anche possibile. 
Lo vede, con quegli occhi vispi e pieni di energia, i suoi vestiti giovanili così lontani dal Crowley che ricorda... vorrebbe toccarlo, stringerlo, affondare il viso nel suo collo, o dargli anche solo una lieve carezza sulla guancia, ma purtroppo non può e non deve. Inoltre sembra essere un ragazzo così solare, non potrebbe mai rovinargli la giornata apparendo come un folle libraio che gli si piomba addosso senza motivo alcuno.
No, non è così che si ringrazia un caso di fortuna dopo tre anni di attesa, perciò si allontana sul retro, e lì, Aziraphale fa giusto in tempo ad appoggiarsi in malo modo ad uno scaffale per riprendere il fiato perso, come se avesse corso una maratona sotto il sole di luglio. Si porta una mano sopra al petto che sobbalza al punto da credere che il cuore gli stia bussando furioso per uscire, e poi, lanciando un'occhiata in direzione della seconda persona presente, intenta a sfogliare qualche libro, ritrova la sua calma, là dove l’ha persa.
Il ragazzo è quasi sul punto di chiedere al libraio se si senta bene, non vedendolo tornare e notando in lui un comportamento insolito, ma non appena lo sente mettersi all’opera con una scala, torna a curiosare tra gli scomparti, e lì da qualche parte, tra la categoria “Fantasy” e “Religione”, un curioso libro dal nome: “Apocalisse e profezie” attira il suo sguardo.
Il testo è pesante e di nobile manifattura, sembra antico, forse anche prezioso, ma non ci giurerebbe.
Sfogliandolo, il libro sembra parlare un po’ delle solite storie; la fine del mondo, le profezie, il calendario Maya...
Al Crowley umano non sembrano interessare i presagi e gli oracoli, e infatti è sul punto di cambiare testo, quando gli capita sotto il naso un nome tra le righe: “Crowley”.
Lo legge sottovoce, in un sussurro, ma non abbastanza da evitare che il libraio si catapulti da lui nel giro di un istante.
“Co... cosa?”
Aziraphale sente pronunciare quel nome e non vuole credere al suo vecchio udito: Crowley? Ha davvero detto: “Crowley?”. Tutto intorno a lui inizia a vorticare velocemente ed è di nuovo sulla strada di un mancamento.
Il giovane, se ne accorge, e non comprendendo la sua espressione, gli rivolge un sorriso seguito da una sottile risata.
“È proprio un nome buffo, non trova?”
A sua volta, l’Angelo risponde con una risatina stridula, non sapendo come dovrebbe reagire a quell'affermazione: è davvero troppo tutto quanto per la sua attuale situazione psicofisica.
"Aaah... vero, vero." 
Si avvicina a lui per guardare meglio il libro in questione, e un barlume di speranza torna nei suoi occhi celesti.
"Sei... interessato a queste cose?"
Il giovane ragazzo torna ad osservare il libro.
“In realtà no, ma trovo la copertina molto particolare.”
Posa il libro esattamente al suo posto, dove si posano anche le speranze di Aziraphale, nuovamente infrante.
“Oh! Vedo che ha preso il testo che mi serviva.”
Dice, indicando il testo sotto il braccio di 
Aziraphale, che solo in quel momento, nota di aver preso un libro, forse inconsciamente, nella disperazione di fare qualcosa. 
"Oh... oh... certo."
Volge lo sguardo alla copertina per capire cosa abbia preso e nota di essersi impossessato di un libro sui cavalli, facendola miracolosamente svanire con un tocco di palmo, tramutandola in ciò che quel speciale cliente sta cercando.
“Ecco." 

Glielo porge mentre sorride, cercando di mascherare l'imbarazzo. 
"Dovrebbe essere quello giusto."
Il ragazzo afferra delicatamente il libro, e leggendo il titolo: “Medicare le piante”, sorride.
“Direi che è proprio ciò che mi serviva. Quanto le devo?”
Quanto mi devi, mio caro? Vorrebbe rispondergli, limitandosi ad un: “Te lo regalo”, che in fin dei conti, dice anche senza pensarci troppo. 
“Co... come me lo regala?”
L’affermazione fa ovviamente stralunare il giovane, non aspettandosi una risposta simile.
"Sì, prendilo pure.”
Ormai è fatta, pensa.
“È un omaggio che faccio solitamente ai nuovi clienti." 
Cerca di arrampicarsi sugli specchi, ma l’altro sembra bersela.
“Oh.”
Porta il libro più vicino a sè per guardarlo meglio, sfogliandolo velocemente.
“Bè... grazie. Cercherò di farne buon uso.”
Gli sorride, e Aziraphale sorride a sua volta, intenerito dall'espressione entusiasta del ragazzo, mentre sfoglia quel libro che fino a poco prima parlava di cavalli e chissà cos’altro.
"Ne sono sicuro, mio caro." 
L'ultimo nomignolo gli esce dalle labbra in maniera naturale, mentre l’altro si dirige verso l’uscio, voltandosi al sentire di quel termine che lo fa arrossire... non sa perché.
“Bè... bene. Grazie!”
Dice ancora, indietreggiando un pochino.
“Tornerò per qualche libro.”
Sorride in segno di saluto e si volta nuovamente, diretto sulla strada; Aziraphale lo vede mettere il primo piede fuori e si rende conto che non può lasciarlo andare così, senza sapere niente di lui, dalle sue labbra. 
"Aspetta!"
Quasi gli urla, col terrore in viso di non vederlo mai più, a cui il ragazzo risponde con fare interrogativo. 
"P... posso almeno... sapere come ti chiami?" 
Gli chiede, mettendoci enfasi nelle ultime parole e con un sorriso forzato che gli tira le labbra verso un angolo.
La versione umana di Crowley non capisce perché quel libraio sia così strano, però la cosa non lo preoccupa, ma lo trova, anzi, particolarmente gentile. Perciò, dopo averlo guardato con aria dubbiosa, con un leggero sorriso gli risponde: “David”.
"David."
Ripete l’Angelo tra sé e sé.
L’uomo più importante dell’universo, ha un nome.
"Torna quanto ti pare, David."
Quel ragazzo, che sorride spesso e volentieri, gli risponde ancora con aria contenta.
“Grazie, signor...?”
"Aziraphale"
Gli dice, mentre con un mano cerca di appigliarsi alla poltrona lì di fianco. Non è la prima volta che dice il proprio nome a Crowley, ma quello non sa di essere Crowley, e non sa, che l’uomo davanti a lui, sia il suo...
"Aziraphale. Chiamami Aziraphale, senza signore."
“Aziraphale...”
Ripete.
“Azi... raphale... lo sto pronunciando nel modo corretto? Forse no.”
Accenna una risata.
“È proprio un bel nome! Molto elegante e sofisticato.”
David lo guarda velocemente dalla testa ai piedi.
“Bè, da come dimostri, ovviamente.”
Un brivido percorre tutto il corpo di Aziraphale, il cui nome viene pronunciato da quella voce... ancora da quella voce.
“S-sì... è giusto."
“Bene...”
David si raschia la voce, e gli porge la mano.
“Allora a presto: Aziraphale.”
L’Angelo guarda quella mano, perplesso, poi lo raggiunge dopo qualche passo per stringerla, e quel contatto scatena dentro di sé un turbine di emozioni indescrivibili. 
"A presto."
David sente che qualcosa... sia curioso, in lui, in quel libraio ben vestito e un po’ ansioso. “È proprio un uomo strano”, pensa, mentre gli sorride nuovamente, e dopo avergli stretto la mano, se ne va, con le cuffie alle orecchie e I want to Break Free in loop.
Aziraphale lo osserva mentre va via, e non appena lo vede svoltare l’angolo, indietreggia in direzione della poltrona, per poi accasciarcisi sopra, senza pensiero che tenga, senza voce, senza fiato.
È sbalordito, tutto sembra essere passato con una velocità supersonica ma, allo stesso tempo, sembra passata un'eternità. 
Fissa ancora la porta da dove Crowley, o meglio David, è appena uscito e non può fare a meno di pensare che forse non tutto sia perduto.
Che forse, vi saranno altri giorni qualunque, altri martedì... e magari verranno altri tre anni di assoluto vuoto, ma varranno la pena, perché il fato sarà clemente ancora.
Per un’ora, o qualche secondo, poco importa.
Verrà il giorno, e sarà bellissimo.
Bellissimo.

 

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