Figli dell'epoca nuova

di LazyAryanne
(/viewuser.php?uid=283597)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Figli dell’epoca nuova

 

1.

 

Brienne non era mai stata una persona pigra, le sue mattine di solito iniziavano presto con una corsa intorno all’isolato, ogni giorno della settimana e anche durante i weekend. Quella domenica però aveva ignorato la sveglia e si era concessa molte ore in più sotto le calde coperte in cui ora si stava lentamente arrotolando, continuando a muovercisi dentro. Si svegliò ben dopo mezzogiorno, decidendo che ormai l’ora di pranzo era saltata e avrebbe aspettato di mangiare qualcosa durante il pomeriggio.

La sera prima aveva lavorato fino a tardi, in costante contatto telefonico con Catelyn Stark, che, da quando il marito era morto appena un anno prima, aveva preso in mano la direzione dell’azienda familiare donando anima e corpo al lavoro. In qualità di sua assistente, Brienne non poteva fare altro che rispettare i folli orari della donna e ammirarla per la tenacia che dimostrava ogni giorno. L’ammirazione però non le avrebbe restituito le ore di sonno perdute e borbottò mentre faticava ad alzarsi, strisciando i piedi fino alla piccola cucina attigua alla camera da letto, desiderando solo un caffè così forte e amaro da svegliarla da quel torpore che altrimenti l’avrebbe accompagnata per tutto il resto della giornata. Aveva ancora la tazza in mano quando udì un tonfo e delle voci.

Aggrottò le sopracciglia, confusa dal rumore. L’appartamento dall’altro lato del pianerottolo era vuoto da settimane e gli inquilini dei piani di sotto non erano mai così rumorosi. Non ebbe il tempo di decidere se andare a controllare o meno perché il campanello suonò e lei andò ad aprire, indossando ancora la tuta che usava per dormire e tenendo in mano la sua tazza di caffè.

«Buongiorno, ci dispiace molto disturbarti.»

Brienne abbassò la testa, fino a inquadrare l’uomo davanti a lei che la stava salutando con un sorriso cordiale.

«Mio fratello si sta trasferendo nell’appartamento qui davanti ma ha dimenticato il cellulare a casa mia e non possiamo contattare il proprietario, deve ancora darci le chiavi e noi abbiamo già iniziato a spostare tutti gli scatoloni.» Fece un gesto all’indietro con la mano, mostrando il pianerottolo occupato da varie scatole. «Non è che per caso potresti avvertirlo tu? O darci il suo numero?»

«Oh… sì, certo che posso chiamare il proprietario» si offrì Brienne.

L’uomo le sorrise e allungò il braccio verso di lei.

«Non mi sono nemmeno presentato, mi chiamo Tyrion.»

Brienne si dovette abbassare leggermente per riuscire a stringergli la mano, sentì le guance iniziare a scaldarsi mentre Tyrion ridacchiava.

«Sei un po’ troppo alta per me, è una fortuna che non sia io a dovermi trasferire qui o avrei iniziato ad avere dei seri complessi di inferiorità.»

Questo non fece altro che imbarazzare di più Brienne ma lo invitò comunque ad entrare e accomodarsi sul divano, mentre andava a prendere il cellulare per chiamare il locatore. Passò vicino al basso tavolino del salotto, afferrando un pacchetto di patatine mangiato per metà e un bicchiere d’acqua; i tristi ricordi della sua cena. Mentre era in camera a cercare il telefono sentì che Tyrion aveva iniziato a parlare con qualcuno e immaginò che fosse arrivato anche il suo futuro vicino.

Varys non l’aveva avvertita di questo cambiamento ma forse non era nemmeno tenuto a farlo, le sembrava di ricordare però che quando era stata lei a trasferirsi tutto il condominio sapesse già del suo arrivo. Spiegò in fretta la situazione all’uomo e tornò verso il salotto, la tazza e il cellulare abbandonati sul comodino della camera.

«Varys ha detto che sarà qui tra non più di mezz’ora, nel frattempo posso offrirvi qualcos-» si bloccò mentre tornava verso Tyrion, seduto ancora comodamente sul divano, le gambe a penzoloni e lo sguardo che studiava curioso la stanza intorno a lui.

Accanto al divano ora c’era un uomo, più vecchio di lei di almeno una decina d’anni ma ancora il più bel ragazzo che avesse mai visto, se si escludevano i modelli che posavano sulle riviste che comprava Margaery.

«Brienne, questo è Jaime, mio fratello. Jaime, non avresti potuto trovare vicina di casa più disponibile.»

Tyrion sogghignò, divertito da qualche suo pensiero. Jaime si voltò verso di lei, studiandola, e a Brienne venne istintivo cercare di chinarsi un po’, in un fallimentare tentativo di ridurre la sua altezza come quando a dodici anni cercava di non far notare l’enorme disparità tra lei e tutti i suoi compagni di classe.

D’un tratto fu dolorosamente consapevole dei suoi capelli disordinati che le sfioravano a malapena le spalle, del numero esagerato di lentiggini che le macchiavano il viso, dello sguardo stanco che doveva avere dopo la notte passata e di tutti gli altri difetti che nel corso degli anni si erano aggiunti alla sua lista già ben fornita. Jaime invece sembrava perfetto, i capelli dorati spettinati con grazia, come per un effetto sbarazzino ricercato, gli occhi svegli, il sorriso furbo e la leggera barba che gli copriva la mascella. Teneva in mano uno scatolone che sembrava essere piuttosto pesante e Brienne poteva vedere i muscoli tesi delle sue braccia.

Deglutì e si diede della stupida; non era il primo ragazzo carino che vedeva e non aveva più quattordici anni, non poteva restare imbambolata di fronte a un bel faccino. Jaime sembrò consapevole del suo effetto e il suo sorriso si allargò mentre la squadrava.

«Non avrei nemmeno potuto trovarne una più alta, credo» rispose al fratello e Brienne arrossì di nuovo. «O con più lentiggini» continuò.

Tyrion alzò gli occhi al cielo. «Beh, come ti stavo dicendo, Brienne è stata molto gentile e ha chiamato Varys per noi.»

«Dovrò tornare a casa tua a prendere il mio cellulare» gli ricordò Jaime, ignorandola e spostando di nuovo l’attenzione sul fratello.

Brienne si rilassò un po’ e cercò qualcosa da dire, non volendo risultare poco ospitale.

«Volete del caffè?» chiese, ricordando la caraffa pronta che aveva in cucina, il suo frigo e la dispensa al momento non potevano contare su molto altro.

Tyrion guardò il suo orologio da polso prima di rifiutare la sua offerta, sostenendo di essere già in ritardo per un appuntamento. «Ed è colpa tua ovviamente, mi hai fatto perdere un sacco di tempo,» disse al fratello, «cerca di non essere troppo fastidioso con la gentilissima Brienne, noi ci vediamo stasera, te lo porto io il cellulare.»

Si girò poi verso di lei, sorridendole. «È stato un piacere conoscerti, spero ci rivedremo presto. Ti chiedo solo di dargli qualche settimana prima di decidere di trasferirti in un altro palazzo.»

Brienne rise, prendendo le parole dell’uomo come uno scherzo e lo salutò prima di guardarlo uscire dalla casa, chiudendosi la porta alle spalle. Jaime posò a terra lo scatolone che stava ancora reggendo tra le mani, poi tornò a osservare lei.

«Credo che accetterò il caffè.»

Brienne annuì e si girò per entrare in cucina, lo sentii spostarsi e capì che la stava seguendo.

«È una casa piuttosto piccola» commentò, guardando la nuova stanza e allungando il collo nel corridoio che portava alla camera da letto e al bagno.

Brienne si accigliò.

«Credo che come spazi sia identica alla tua… non hai visto la casa prima di affittarla?»

Jaime scosse le spalle. «In realtà no, ho trovato l’annuncio e ho chiamato per fare un’offerta. Mi serviva una casa e la posizione sembrava buona.»

Brienne gli passò la tazza e lui la afferrò, senza ringraziare.

«Zucchero?» chiese comunque lei, cercando di essere cortese.

«No.»

Tornò a camminare per la casa, aprendo la porta della sua camera. Brienne gli corse incontro, spingendolo di lato e richiudendo la porta, usando il suo corpo come barriera tra lui e la sua stanza.

«Che stai facendo?»

Jaime le sorrise. «Qualcosa da nascondere, donzella?»

Brienne arrossì e sentì l’irritazione iniziare a solleticarle la pelle. Quel ragazzo sembrava tanto bello quanto sfacciato. «Mi chiamo Brienne nel caso te lo fossi già scordato, e non ho niente da nascondere, solo non è educato curiosare in casa delle altre persone.»

«Non mi sono dimenticato come ti chiami, donzella,» ghignò, «sicura che non ci sia qualcuno lì dentro? Sembri distrutta, deve essere stata una notte impegnativa.»

La ragazza arrossì ancora di più e Jaime sorrise, un luccichio negli occhi.

«Qualche ragazzo che hai portato a casa dal bar?»

Si allontanò un po’ per riuscire a guardarla meglio, facendo correre lo sguardo dai suoi piedi, e Brienne si vergognò profondamente dei suoi calzini con le paperelle, su fino al viso, il corpo di lei che sembrava ritirarsi dentro la tuta grigia che indossava sotto lo sguardo intenso di Jaime.

«O forse una ragazza?» azzardò.

Brienne strinse gli occhi, non sarebbe stata toccata dalla domanda se non avesse saputo con sicurezza che proveniva da una serie di stereotipi sul suo aspetto e il suo modo di vestire. Una ragazza così alta, con le spalle larghe e la sua struttura fisica che non sembrava comprendere seno o curve morbide; troppi uomini l’avevano già guardata con curiosità, dando per scontato che giocasse per l’altra squadra e non essendone minimamente dispiaciuti.

Spinse Jaime, facendolo indietreggiare un po’ e si tirò più dritta, notando di essere più alta di lui, anche se forse solo di un centimetro. La scoperta la fece comunque sentire soddisfatta.

«Non mi piacciono le ragazze, e nemmeno i cavalli se è questa la prossima battuta che stai per fare. Sei arrivato in ritardo, le ho già sentite tutte» gli comunicò, invitandolo a gesti a tornare verso il salotto. Lui sorrise divertito prima di alzare le mani e obbedirle, mentre alla porta qualcuno iniziò a bussare.

Brienne lo superò per andare ad aprire e trovò Varys ad aspettarli, il suo solito sorriso serafico sulle labbra. «Vedo che state già iniziando a fare amicizia tra vicini» disse.

Brienne lanciò un’occhiata a Jaime, convinta che nessuno dei due avesse fatto una grande impressione sull’altro. Varys tirò fuori le chiavi di casa e le passò a Jaime, che afferrò la scatola lasciata in precedenza accanto al divano e uscì dal suo appartamento.

«Beh, grazie dell’ospitalità, donzella. Immagino ci rivedremo presto.»

«È Brienne» ringhiò lei.

Stava per chiudere la porta quando Varys passò a Jaime dei bigliettini plastificati, probabilmente le nuove tessere da sostituire sui campanelli e sulla cassetta della posta.

«Jaime Lannister, corretto?» chiese infatti, e Jaime annuì, aprendo la porta e lanciando senza troppe cerimonie lo scatolone all’interno della sua nuova casa prima di prendere i foglietti.

Si girò un’ultima volta nella sua direzione, sorridendo nel trovarla ancora a guardarlo. Brienne arrossì lievemente e chiuse la porta facendola sbattere.

 Lannister, pensò, chiedendosi come fosse arrivato il rampollo di una delle famiglie più ricche di Westeros ad essere il suo dirimpettaio.

 

 

Brienne si fece una doccia veloce e passò il pomeriggio chiusa in casa, cercando di mettere ordine a settimane di lavoro che l’avevano tenuta lontana dalle faccende domestiche. Ogni tanto si fermava per cercare di captare qualche suono proveniente dall’appartamento di fronte, ma sembrava che Jaime si fosse messo tranquillo dopo aver trascinato rumorosamente tutti i suoi scatoloni nell’appartamento.

Finì di lavare il pavimento e si raggomitolò sul divano aspettando che si asciugasse, aprì un gioco sul cellulare ma cambiò subito idea, decidendo invece di chiamare Margaery. La ragazza le rispose al secondo squillo.

«Sono offesa con te.»

Brienne alzò gli occhi al cielo ma sorrise.

«Dai Marge, avevo del lavoro importante da fare.»

Abbassò gli occhi e si ritrovò a fissare i calzini con le paperelle che indossava quella mattina, ora abbandonati su un bracciolo del divano. Arrossì ancora e pensò che Jaime doveva averla trovata ridicola, non che lui le avesse fatto una buona impressione comunque.

Sentì Margaery sospirare all’altro capo del telefono.

«Di sabato sera, Brie? Non sai quanto ci siamo divertiti, siamo tornati in quel bar che ti piace tanto, quello con tutte le spade appese alle pareti, e le candele. Anche Loras impazzisce per quel posto.»

«La prossima settimana vengo con voi, promesso.» Si torturò le mani qualche secondo prima di chiederle: «Senti, tu per caso sai qualcosa dei Lannister?»

Anche senza poterla vedere, Brienne riuscì a giurare che Margaery si fosse illuminata, preparandosi a qualche pettegolezzo.

«Non più di quanto ne sappia tutta la città, credo. Che succede? Concorrenza a Catelyn Stark?»

«No, no assolutamente… Jaime Lannister è venuto ad abitare nell’appartamento di fronte al mio.»

Sentì un verso soffocato di sorpresa. «Jaime Lannister è il tuo vicino di casa? Il figlio del magnate Tywin Lanniser? Quello bello come il sole?»

Brienne rise. «Non esagerare adesso.»

«Oh per favore, abbiamo entrambe gli occhi, quel ragazzo è meraviglioso… o sono solo i programmi di fotoritocco?» chiese preoccupata.

«No,» dovette ammettere Brienne, «no, non è il fotoritocco, sembra proprio uscito da una copertina.»

«Beh, ci hai parlato? È simpatico? Pensi di provarci?»

A Brienne andò di traverso un po’ di saliva. «Ma che stai dicendo? Perché dovrei provarci con Jaime Lannister?»

«Perché mi hai appena confermato che è meraviglioso anche in tre dimensioni.» Brienne scosse la testa alla risposta.

«Se non lo ricordassi, io non sono esattamente una modella… e comunque è stato abbastanza antipatico.»

«Oh no, non dirmi che è uno di quei trentenni con l’animo dell’arrogante bambino viziato.» Brienne rise, pensando che la descrizione fosse perfetta.

«Sembri esperta» la prese in giro.

Margaery ridacchiò. «Nonna non fa altro che presentarmi gente del genere, ormai ci sono abituata, se hai bisogno di consigli, chiedi pure.»

«Credo che tutto ciò di cui avrò bisogno sarà evitarlo, ma non penso di aver fatto colpo quindi non sarà difficile.»

Qualcuno bussò alla porta e Brienne ebbe il terribile presentimento di aver appena detto le sue ultime parole famose. Continuò a parlare con Margaery e nel frattempo si alzò, spingendo i calzini arrotolati dietro un cuscino e andando di nuovo ad aprire.

Jaime le sorrise e Brienne dovette trattenere uno sbuffo, il silenzio inoltre attirò l’attenzione dell’amica.

«Brie? Ci sei ancora?»

«Margaery devo chiudere, ho un contrattempo.»

Jaime si stupì dell’appellativo.

«Un contrattempo? Che succede?»

«Ospiti» tagliò corto Brienne, sperando che l’altra si facesse andare bene la spiegazione.

«Oddio», rise Margaery, «è lui vero? È Lannister, per i sette Dei; senti non importa se è antipatico, io ti suggerisco di fartelo e poi al massimo…»

«Ci sentiamo dopo Marge!» Brienne chiuse la chiamata senza lasciarla replicare, sistemando il cellulare nella tasca dei jeans. «Ciao» disse poi rivolta a Jaime.

«Ciao», la squadrò di nuovo da capo a piedi, a questo punto immaginava fosse un vizio e lo aggiunse alla lista di cose che non gli andavano a genio di lui. Avvezzo ai commenti non richiesti, arrogante e con la mania di fissare la gente, una lista già abbastanza lunga per qualcuno che conosceva da nemmeno sei ore.

Lui continuava a non parlare, guardando prima lei e poi il suo soggiorno, come se si aspettasse di essere invitato a entrare. «Hai bisogno di qualcosa?»

«Sì,» poi la fissò di nuovo, «sono un contrattempo, quindi?»

Brienne alzò gli occhi al cielo e si spostò di qualche passo, lasciandolo avanzare.

«Dovevo dire qualcosa alla mia amica, è piuttosto loquace e se gli avessi detto che era il mio nuovo vicino come minimo avrebbe insistito per presentarsi dal telefono.»

Jaime annuì, poco convinto, aggirandosi per il salotto con le mani in tasca, fermandosi ogni tanto davanti a un soprammobile o una foto che attirava la sua attenzione. «Margaery» disse poi, voltandosi a guardarla.

Brienne annuì, confusa. «Sì, Margaery Tyrell.»

Jaime fischiò.  «Sei amica dei Tyrell, non ti facevo tipo da amicizie altolocate, donzella.»

Brienne aggrottò le sopracciglia, non capendo se la stesse insultando.

«Mi chiamo Brienne» corresse comunque, già stanca dell’appellativo.

«Sì, sì, me l’hai già detto,» tornò a camminare in tondo per la stanza, «Allora, Brienne, non è che per caso hai del cibo?»

Brienne spalancò gli occhi. «Come scusa?»

Jaime le sorrise e le si avvicinò. «Cibo,» ripeté, guardandola come se fosse stupida, «sai, quelle cose che compri e poi mangi… tu mangi qualche volta, sì? O sei un qualche tipo di creatura soprannaturale che si nutre solo di sangue delle vergini in notti di luna piena?»

Brienne arrossì e lui rise, sembrando deliziato dalla sua capacità di imbarazzarla.

«Non esiste nessuna creatura che si comporti come hai detto», replicò poi, cercando di uscire da quella assurda discussione.

Jaime scrollò le spalle. «Vorrà dire che la inventeremo noi, allora, cibo?»

«Perché vuoi il mio cibo, credo tu abbia abbastanza soldi per mangiare» gli rispose in tono nervoso, sgusciando comunque verso la cucina.

«Ooh, qualcuno ha origliato il mio nome prima, conosci la mia famiglia vero?» ghignò seguendola e accomodandosi al tavolo in cucina.

Fu il turno di Brienne di alzare le spalle. «Non ho origliato niente, ero lì e ho sentito. È difficile non aver mai sentito parlare della tua famiglia.»

Jaime fece una smorfia. «Eri lì e hai sentito, che poi è ciò che succede quando si origlia; tranquilla donzella, non è che fosse un segreto. Ho abbastanza soldi da comprarmi da mangiare, sì, ma al momento la mia cucina è vuota, non va nemmeno il gas; ho scordato il telefono da mio fratello come ben sai quindi niente asporto, e sto traslocando, sono sfinito, non costringermi ad uscire per procacciarmi del cibo.»

Gli lanciò un’occhiata quasi implorante e Brienne osservò quando limpidi sembrassero i suoi occhi verdi, non si sarebbe stupita di scoprire che girava con una boccetta di collirio nella tasca dei pantaloni. Sbuffò, sapendo che non sarebbe riuscita a mandarlo di nuovo nel suo appartamento senza prima avergli rifilato qualcosa da mangiare, la convinzione venne poi rafforzata dal rumore del suo stomaco che brontolava. Si sentì però in dovere di avvertirlo che le sue abilità culinarie erano davvero pessime.

«E questo perché le vergini non vanno cotte prima di essere mangiate, crude, anzi vive, hanno più sapore.» Brienne non riuscì a trattenere un sorriso e iniziò a scaldare una padella in cui cuocere due hamburger.

Osservò Jaime e pensò a cosa avrebbe detto Margaery sapendo che, nemmeno mezz’ora dopo la loro telefonata, il suo bellissimo vicino di casa stava per cenare da lei. Non voleva pensare a tutte le prese in giro che avrebbe subito, ma era sicura che la sua amica non si sarebbe tirata indietro da qualche commento malizioso sull’aspetto di Jaime, magari su quanto fosse perfetto il suo profilo o quanto sembrasse attraente il suo pomo d’Adamo che si muoveva mentre parlava. Lei aveva i capelli ancora umidi e spettinati, occhiaie per cui sembrava non dormire da un mese e indossava un vecchio maglione sformato di suo padre e un paio di jeans slavati, abbassò lo sguardo e sorrise pensando ai calzini con le paperelle abbandonati dietro al cuscino del suo divano.

«Sei molto più carina quando sorridi» la informò Jaime, sorprendendola e facendola avvampare, «ti si illuminano gli occhi; hai dei bellissimi occhi donzella.»

Brienne rimase in silenzio per qualche secondo, per niente abituata ai complimenti, soprattutto a quelli che sembravano sinceri, poi si voltò verso il piano cottura con la testa bassa e mormorando un flebile “grazie”.

Gli hamburger sembravano già un po’ bruciacchiati ma Brienne avrebbe potuto giurare che la temperatura della piastra non raggiungesse il calore che lei sentiva in quel momento strisciarle sulle guance ed espandersi in tutto il corpo.

 

Note: Questa doveva essere una oneshot, o al massimo una storia di due capitoli, ma quando inizi a scrivere di Jaime e Brienne e difficile smettere e credo ne verrà fuori una minilong da quattro o cinque capitoli. Non ho mai pubblicato prima in questo fandom, pur facendone parte da svariati anni, perché ho sempre avuto paura di rendere i personaggi esageratamente OOC; questa paura non è affatto passata ma ero troppo nervosa dopo la 8x05 e non sopportavo la terribile resa di Jaime a cui, personalmente, credo abbiano distrutto l'arco narrativo, così ho deciso di buttarmi. Vi auguro una buona lettura e spero che la storia possa interessarvi

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


2.

 

«Quindi, hai cucinato una cena tremenda per due, avete mangiato e poi tu lo hai cacciato fuori di casa, inventandoti di dover lavorare.»

Ogni volta che Brienne invitava Margaery a casa, finiva per sentirsi come la principale sospettata di un caso irrisolto di cui la polizia ancora cercava il colpevole. Iniziava sempre con le domande di rito: “Dov’eri ieri sera, cosa hai fatto, con chi?” e a ogni pausa arrivava puntuale il riepilogo della situazione.

«Io sono basita dal tuo comportamento.»

Dopo il riepilogo, arrivava la parte preferita dell’amica: i commenti. Margaery non si risparmiava mai, con nessuno, non importava che lei e Brienne si conoscessero da anni e che la famiglia Tyrell l’avesse affettivamente adottata; Margaery ci teneva a far conoscere la sua opinione e Brienne almeno sapeva che, con lei, i suoi commenti erano spinti solo dall’affetto e dalla convinzione che con il suo aiuto avrebbe potuto migliorare la sua situazione. Non tutti avevano questa fortuna, Brienne era testimone diretta di più di un caso in cui i commenti di Margaery erano serviti al solo scopo di ingannare e distruggere qualche rivale; era una ragazza vendicativa, lo riconosceva, ma Brienne credeva che essere allevati da Olenna Tyrell dovesse per forza lasciare dei segni su una persona.

Lei non approvava atteggiamenti subdoli come complotti e giochi d’astuzia, preferiva sempre il confronto diretto, ma non poteva negare che alcuni piani avessero favorito in modo significativo la vita di Margaery, e, quando era felice, la ragazza era davvero una persona generosa e affabile. Inoltre, i bersagli di Margaery e Olenna erano di solito persone con una dubbia morale, che già avevano ingannato o truffato qualcuno; Brienne sapeva che l’amica non avrebbe mai giocato un brutto tiro a lei, le chiedeva solo di non renderla partecipe dei suoi mirabolanti piani d’azione, così da non venire indotta a rimproverarla o, peggio, sedotta dall’idea di farne parte. Era difficile a volte stare a contatto con tutte quelle intricate situazioni senza esserne affascinati.

Dopotutto, Margaery e la sua famiglia non erano gli unici a giocare sporco; lavorando a stretto contatto con Catelyn Stark, Brienne sapeva come funzionavano le cose nel loro mondo. Ned una volta aveva quasi rischiato di perdere l’attività di famiglia a causa della sua ingenuità, Catelyn e il figlio maggiore, Robb, stavano ancora cercando con tutte le loro forze di riparare alcuni errori che trascinavano pesanti strascichi. Le venne in mente, mentre pensava agli Stark, che aveva notato alcuni strani movimenti tra Margaery, già molto amica della figlia di Catelyn, Sansa, e Robb, nel periodo in cui la famiglia Stark al completo era stata a King’s Landing. Si fece scappare un piccolo sorriso mentre pensava di dover chiedere più informazioni in seguito.

«Cos’è quel sorrisetto?» chiese subito Margaery, allungandosi per afferrare il bicchiere che aveva appoggiato sul tavolino. Era piombata a casa di Brienne un’ora prima e, anche se erano solo le sette di sera, aveva preteso che aprissero la costosa bottiglia di vino che aveva portato. “Un regalo per celebrare il tuo nuovo, bellissimo, vicino” aveva sorriso maliziosa, alzando un sopracciglio alla vista dei due anonimi bicchieri che Brienne le porgeva; non c’erano calici in giro per casa, i pochi che aveva comprato erano stati distrutti da Renly e Loras durante una delle loro notti brave, che di solito iniziavano proprio nel suo appartamento. Loras una volta le aveva detto che l’unico buon motivo per vivere nel suo quartiere fosse la fortuna di uscire di casa e ritrovarsi accerchiati di pub e gente pronta a far festa. Di sicuro attorno alla tenuta dei Tyrell non c’era posto per giovani studenti scatenati.

Brienne scosse la testa. «Niente di importante, il lavoro non era una scusa comunque, stamattina Catelyn mi aspettava in ufficio alle sei.»

Margaery si imbronciò e finì il contenuto del suo bicchiere in un sorso. «Davvero Brie, quel posto nelle pubbliche relazioni è tuo se lo vuoi, nonna ha licenziato l’ultimo assunto dopo appena cinque mesi. Dice che nessuno la convince ma entrambe sappiamo che lo sta tenendo libero nella speranza che tu possa accettare la sua offerta.»

«Dille che farà meglio a farsi convincere da qualcuno allora, o le vostre pubbliche relazioni potrebbero attraversare un brutto periodo» disse Brienne. Olenna e Margaery la corteggiavano per la posizione da un bel pezzo, esponendole tutte le possibilità di carriera e i privilegi che poteva offrirle quell’incarico. L’unico a scoraggiarla era Loras, che le ripeteva a cadenza regolare quanto fosse terribile lavorare con la sorella e con Olenna -anche se Brienne sapeva che in realtà fosse solo geloso del fatto che Margaery avrebbe un giorno ereditato la posizione della nonna- e quanto facesse bene a stare alla larga dall’azienda, lei che poteva.

«Lavorare con Catelyn è fantastico, lo sai. Non penso che la lascerò a breve.»

Margaery alzò gli occhi al cielo, borbottando qualche parola indistinta sugli Stark e strani incantesimi di persuasione ma Brienne non le diede retta, a Margaery gli Stark in fondo piacevano, era solo annoiata che lei rifiutasse di lavorare con la sua famiglia per loro. A Brienne avrebbe fatto piacere lavorare a contatto con Margaery e Loras, si conoscevano da anni e dopo un primo periodo turbolento – per lo più a causa di alcune incomprensioni con Renly Baratheon- ora si trovavano bene insieme. La famiglia Tyrell aveva però già fatto tanto per lei dopo che si era trasferita da Tarth, non voleva che anche il suo posto di lavoro dipendesse dalle sue conoscenze. Catelyn l’aveva assunta per i suoi meriti e, pur essendosi affezionata a lei, non la teneva in azienda solo per il loro rapporto umano, ma perché il suo impegno era rimasto costante e i suoi risultati validi. Con Margaery non avrebbe mai avuto questa sicurezza; Olenna poteva anche essere un capo severo ma Brienne sapeva che la nipote l’avrebbe di sicuro convinta a darle più privilegi che a chiunque altro dipendente che non portasse il loro cognome.

«Catelyn evidentemente non si interessa alla tua vita amorosa come faccio io, o non cercherebbe di rovinarla in questo modo.»

Brienne per poco non sputò il piccolo sorso di vino che aveva bevuto.

«La mia vita amorosa?» chiese, stupita, guardando l’altra annuire convinta. «Credevo che la mia vita amorosa non fosse più affar tuo da quando Renly mi ha confessato di usarmi come copertura per proteggere la storia con tuo fratello» le ricordò.

Margaery scosse una mano, come se quello fosse un dettaglio di poco conto. «La tua vita amorosa è sempre anche affar mio, per questo sono la tua migliore amica. Come quando ti racconto i particolari dei miei appuntamenti con quei ricchi facoltosi che mia nonna sceglie per me.»

«Non li ho mai voluti sentire quei particolari» piagnucolò Brienne, inghiottendo dell’altro vino. Margaery fece finta di non sentirla.

«Quindi, io sarei una collega molto più efficiente di quel Podrick, e Olenna un capo sicuramente più comprensivo. Sai che anche a lei piacerebbe saperti sistemata con un bel ragazzo» disse, sorridendole maliziosa.

Brienne ridacchiò nervosamente. «Non credo che le qualità di un collega si misurino a seconda del suo grado di esperto in pettegolezzi, e anche la tua scala di valutazione per un capo efficiente sembra difettosa. Ma poi da quando dovrei sistemarmi con un bel ragazzo?»

«Da quando Lannister ti vive accanto, mi sembra ovvio» spiegò con semplicità l’altra.

«Si è traferito qui ieri mattina, Marge, perché tu stai già organizzando il nostro matrimonio?» chiese Brienne, imbarazzata, alzandosi per portare il proprio bicchiere al lavandino. Era ancora pieno per metà e le dispiaceva gettare un vino così costoso, ma erano appena le otto e mezza e lei aveva già un gran sonno. Svegliarsi il giorno dopo con il mal di testa non era nei suoi piani. «E anche vivesse qui da anni, Jaime Lannister che si accasa con me? Forse hai bevuto troppo vino.»

«Non ti ha detto che sei carina quando sorridi?» chiese Margaery con espressione angelica, riportandole le parole che lei aveva usato per raccontarle la cena della sera prima. «E comunque grazie per non aver negato che, a te, lui piaccia. Non avevo davvero voglia di strapparti questa ovvia confessione.»

Brienne arrossì, guardandola male. «Non ho nemmeno confermato che sia così» chiarì poi.

Margaery si alzò dal divano, sistemandosi la gonna del vestito sartoriale. «Certo, certo…» finse di stare al gioco. «Capisco dal tuo linguaggio del corpo che mi stai chiedendo di lasciarti sola» sorrise poi, avvicinandosi e alzandosi sulle punte per lasciarle due bacetti sulle guance. Margaery era piccola e carina, cresciuta per avere la grazia di una principessa e la testa di un’abile donna d’affari. Se Brienne non avesse pensato che sarebbe finita con il rampollo degli Stark, avrebbe proposto di far incontrare a lei Lannister. Loro sì che sarebbero stati una coppia perfetta per le copertine di tutto Westeros. La differenza d’età poteva essere l’unico problema ma Margaery non sembrava ritenerlo tale quando parlava di accoppiare Brienne con Jaime.

«Sabato ci vieni con me e Loras alla Terrazza, vero?» chiese, recuperando la borsa e il cappotto e fermandosi con una mano sul pomello della porta. Brienne annuì, un assenso che mise ancor più di buon umore l’altra.

Quando Margaery uscì sul pianerottolo, un sorriso involontario le nacque sul viso, guardando senza pudore il fondoschiena di Jaime Lannister chino su varie borse di plastica abbandonate davanti alla porta dell’appartamento. L’uomo stava borbottando qualcosa e Brienne si accorse della sua presenza con qualche secondo di ritardo. Cercò di chiudere la porta, con un veloce saluto a Margaery, ma la ragazza fece un passo indietro, appoggiandosi alla cornice su cui stava la serratura.

«Tu devi essere il nuovo vicino di Brie!» cinguettò contenta, il sorriso sempre più ampio mentre l’uomo si voltava verso di loro. Sembrava davvero stanco, i capelli spettinati e la faccia tirata, ma Brienne pensò comunque che la gente come lui, o Margaery, avesse una fortuna sfacciata nel risultare solo adorabilmente stropicciata dopo una giornata infernale.

Jaime comunque sorrise, spostando lo sguardo sulla sua imponente dirimpettaia. «Beccato» disse a Margaery. «Tu devi essere Margaery Tyrell, Brie» marcò il nomignolo, facendo alzare gli occhi al cielo a Brienne, «mi aveva accennato di conoscerti.»

«Oh, sì, ci conosciamo da molto tempo.» Dal ghigno che le rivolse, Brienne capì che si era accidentalmente ritrovata in mezzo a due squali. Non avrebbe potuto uscire viva da quella conversazione, così imparava a non controllare dallo spioncino prima di uscire dall’appartamento. «Mi ha detto che ti ha offerto la cena ieri» continuò Margaery.

Jaime annuì. «Hamburger bruciato e insalata floscia, c’ero» ridacchiò mentre Brienne gli lanciava un’occhiataccia.

«La prossima volta resterai senza cibo» sibilò, incrociando le braccia ma arrossendo un po’. Se suo padre avesse saputo che accoglienza riservava agli ospiti nella sua casa, l’avrebbe sottoposta a una ramanzina che si sarebbe di certo ricordata, come quelle di quando da piccola si lanciava dagli scogli sotto Evenfall per gettarsi nel mare, rischiando di rompersi l’osso del collo.

«Potresti offrirla tu stasera» continuò Margaery, fingendo di non averla sentita e prestando attenzione solo alle varie borse accatastate intorno ai piedi dell’uomo. «Sembra che tu abbia fatto spesa.»

Jaime guardò ai suoi piedi. «Sì, mio fratello ha un po’ esagerato con le spedizioni online.»

«Beh, Brie,» Margaery si voltò verso di lei, «ti darà sicuramente una mano a portare tutto dentro, vedrai, è un’ottima vicina di casa.»

Brienne avrebbe voluto strozzarla proprio in quel momento, ma Margaery si allontanò da lei per avvicinarsi all’uomo, attenta a non calpestare qualche bene alimentare nel cammino. Gli porse la mano, salutandolo e mettendolo al corrente di quale grande piacere fosse stato conoscere il nuovo inquilino.

«Anzi, ora che ci penso, potresti unirti a noi sabato sera» propose. Brienne impallidì, quello andava oltre ogni sua più negativa premonizione. «Io e Brienne usciamo con mio fratello e il suo ragazzo, dovresti conoscerlo no? Renly Baratheon.»

Jaime si irrigidì un po’ e, per il sollievo di Brienne, sembrò sul punto di rifiutare. Margaery strinse la presa sulla mano che ancora non aveva lasciato. «Puoi anche portare tuo fratello se vuoi, sarà divertente, una buona occasione per conoscere un po’ il quartiere.»

Jaime alla fine accettò e Margaery si beccò un’altra occhiata di fuoco dall’amica, ancora ferma sulla porta, prima di salutare con allegria e lasciare definitivamente il pianerottolo.

«Esuberante» commentò Jaime, dedicando a Margaery un ultimo sguardo prima di concentrare di nuovo l’attenzione sulla sua spesa, aprendo la porta dell’appartamento dietro di lui e iniziando a far rotolare i sacchetti dentro la casa. Brienne lo osservò spostare con malagrazia tutte le borse, alzando un sopracciglio nel vedere il contenuto rotolare sul pavimento.

Jaime avvertì lo sguardo dell’altra, insistente su di sé, e ghignò. «Se devi restare lì ad ammirarmi, aiutami a portare tutto dentro, Brie

«Non chiamarmi così» disse lei, restando ancora ferma, senza muoversi per dargli una mano ma nemmeno per rientrare in casa.

«Non vuoi che ti chiami donzella, non vuoi che ti chiami Brie; la nostra amicizia non può avere tutti questi divieti.»

Brienne alzò un sopracciglio. «Amicizia?» chiese scettica.

Jaime annuì con forza. «Mi hai offerto l’hamburger della pace, ricordi? Abbiamo stretto il nostro personale patto di sangue… o di carbone, considerando quanto fosse bruciato.»

A Brienne venne da ridere, ma si trattenne, tirando il viso in una smorfia strana. Trovava assurdo il comportamento dell’uomo e anche tutto quello che diceva. Le sembrava sempre più spesso di parlare con un bambino nel corpo di un trentenne.

Jaime, come per confermare la sua silenziosa idea, fece in quel momento un passo indietro, schiacciando con il piede un cartone di succo di frutta che si ruppe, schizzandogli i pantaloni e bagnando tutto il parquet del pavimento.

«Oh, merda» commentò, alzando l’orlo dei jeans fradici. Nell’aria si espanse l’odore dolciastro di ananas e Brienne non riuscì più a trattenersi, scoppiando in una risatina. Jaime alzò lo sguardo divertito, sorridendo.

«Sono contento di essere diventato la tua barzelletta personale, sai» le disse, camminando fuori dalla pozzanghera zuccherata e dirigendosi verso il bagno.

«Stai lasciando impronte ovunque!» gli urlò dietro Brienne, lui sventolò una mano sopra la testa, incurante, e la ragazza tirò un sospiro. Si avvicinò ai sacchetti rimasti ancora sul pianerottolo e li afferrò senza sforzo, schivò il pavimento bagnato e raggiunse la cucina. L’appartamento era simile al suo negli spazi, una copia simmetrica delle stanze, e riconobbe molti mobili lasciati dai precedenti inquilini che Jaime non si era dato peso di sostituire.

Alcuni oggetti, però, tradivano l’area da appartamento di periferia che aleggiava in tutto il condominio; c’era il piano a induzione della cucina che oscurava il suo fornello a gas malandato, il divano nero in salotto che sembrava appena uscito da una rivista di design, Brienne riuscì a contare passando almeno tre diverse console disposte in ordine sotto lo schermo al plasma appeso alla parete.

Sbuffò mentre lasciava cadere le borse a terra, accanto a un tavolo da quattro posti. Jaime uscì dal corridoio in quel momento, i jeans bagnati sostituiti da dei pantaloni della tuta morbidi, di un verde spento.

«Grazie donzella» le disse, vedendo le borse accanto a lei. Brienne alzò le spalle e lui ghignò. «Sapevo che saresti diventata il mio cavaliere senza macchia e senza paura.»

«La macchia tra poco sarà sul tuo pavimento e sui tuoi pantaloni, se non li hai già messi a lavare» replicò Brienne, incrociando le braccia.

Jaime diede un’occhiata al succo che ancora bagnava l’ingresso. «I pantaloni li butto» disse poi, non avrebbe dovuto sorprenderla, era un Lannister, probabilmente gettava i vestiti dopo un solo utilizzo per comprarne di nuovi. «Ma quel pavimento mi piace, cavolo.»

La superò per chinarsi e aprire le ante sotto il lavello della cucina, cercando all’interno, e tornò da lei con diversi spray in mano. «Quale uso?» le chiese, evidentemente confuso. «Tyrion mi ha detto che li ha lasciati la domestica stamattina ma io non ho idea di che farne. Immagino che se aspetto lei, per domani mattina quella cosa sarà parte integrante del mio parquet.»

Brienne lo guardò scioccata, non si capacitava di come l’uomo potesse già aver assunto una domestica dopo appena ventiquattro ore dal suo trasferimento. Gli indicò sconsolata il detergente da utilizzare e lo lasciò in ginocchio all’ingresso, intento a pulire con attenzione i residui di liquido, mentre lei trasportava le altre borse in casa e iniziava a mettere in frigo gli alimenti che le sembravano facilmente deperibili.

Quando Jaime tornò da lei, il danno sul pavimento sembrava essere risolto.

«È salvo» le disse infatti, rimettendo tutto in ordine. «Grazie per l’aiuto.»

Brienne scosse la testa, quella sera non avrebbe comunque avuto molto da fare, se non mandarsi un po’ avanti con il lavoro che la attendeva la mattina seguente in ufficio; con Catelyn che tra pochi giorni sarebbe tornata a Winterfell il lavoro lì nella capitale si sarebbe ridotto notevolmente, ma quegli ultimi giorni si stavano dimostrando infernali. Comunque, non aveva voglia di lavorare, quella giornata in ufficio era stata già abbastanza pesante. «Va bene, non avevo molto da fare.»

«Per sdebitarmi, ti invito io a cena stasera.»

Brienne lo guardò storto. «Io ieri non ti avevo invitato» gli ricordò. Non capiva perché si comportasse tanto seccamente con lui, di solito era una persona meno ruvida e anzi, molto più ingenua e timida. Immaginò che fosse quel cipiglio che Jaime assumeva ogni volta che lei gli rispondeva a tono, era soddisfacente vederlo per un secondo irritato dal suo comportamento testardo.

L’uomo però si riprendeva subito, tornando a sorriderle e non mollando la presa sulle sue intenzioni. «Ti invito comunque, così poi domani dovrai invitarmi tu e io dovrò pensare solo a metà delle mie cene mensili.»

Brienne sbuffò una risatina, poi si guardò per un attimo. Era ancora in abiti da casa, la vecchia felpa della squadra sportiva delle superiori, scolorita e larga, i leggings che usava ogni tanto per andare in palestra e un brutto paio di pantofole a forma di orso. Non si faceva mai troppi pensieri sul suo abbigliamento, ma un po’ si vergognò di essere rimasta fuori casa per così tanto tempo in quegli abiti poco adatti. Ormai, comunque, il danno era fatto, e Jaime aveva avuto abbastanza tatto da non commentare le sue terribili ciabatte.

«D’accordo» disse quindi, stuzzicata dall’idea di non dover cucinare almeno per quella sera e magari di riuscire anche a strappargli una partita alla playstation; ci giocava sempre con Margaery e Loras quando era a casa loro, ma nell’ultimo periodo si trovavano sempre nel suo quartiere e non aveva più avuto occasione. «Vediamo come cucini tu, dato che prendi tanto in giro.»

«Ah! Non crederai davvero che mi metta a cucinare, non saprei nemmeno trovare delle pentole al momento.» Si avvicinò alle borse rimaste vicino al tavolo, tirando fuori due cartoni della pizza. «Guarda che culo, sono anche già scongelate.»

Brienne dovette trattenersi nell’affondare il viso tra le mani più volte, mentre lo aiutava a trovare delle teglie per il forno - e, nella ricerca, riuscirono a scovare anche qualche pentola -, i piatti su cui mettere le pizze, delle posate e, infine, il modo giusto per far scaldare il forno senza distruggere la loro cena.

A missione completata, si ritrovarono sul tappeto ai piedi del divano, poggiati sul basso tavolino che li divideva dalla tv. Jaime si allungò per raggiungere il telecomando e avviò un programma di streaming video.

«Ti lascio scegliere cosa guardare, ma rifletti bene donzella, potrebbe essere di vitale importanza nella nostra amicizia quello che vedremo stasera.»

«Perché?» chiese Brienne concentrata, mentre sfogliava i vari titoli.

«Perché non voglio sorbirmi ogni volta tre ore di melensi drammi romantici» spiegò, tirando fuori la lingua per esibirsi in una faccia schifata.

Ridacchiò mentre continuava a cercare e di tanto in tanto batteva la forchetta sul palmo dell’altro, che allungava la mano per rubarle una fetta di pizza.

«Ma tu hai quella con il salame!» si lamentò, tentando di nuovo il furto.

«Hai scelto tu quella al formaggio, ora te la tieni.»

Finalmente, Brienne trovò qualcosa che sembrava fare al caso suo tra l’infinita scelta del catalogo.

«Se questo non ti piace, credo anch’io che avremo dei problemi» gli disse, accomodandosi meglio contro il divano dietro di lei e portandosi il piatto sulle ginocchia. Sullo schermo intanto, lo stridore familiare della breve sigla di Lost la fece sorridere.

Jaime spalancò la bocca. «Non ci credo, sono anni che voglio riguardarlo.»

«Prova superata quindi» sussurrò Brienne, mordendo la sua prima fetta. Ricordava quando a Tarth passava la serata con suo padre e Goodwin, guardando proprio quella serie. Era molto tempo che anche lei non la vedeva, era contenta di sapere che fosse stata la scelta giusta per entrambi.

«Io e mio fratello l’avremo recuperata tutta in meno di un mese» rivelò Jaime, girandosi poi a guardarla. «Personaggio preferito?» le chiese a bruciapelo.

Brienne ci rifletté per un po’. «Desmond, credo.»

«Sawyer» disse convinto Jaime.

Brienne ridacchiò. «Solo perché ti somiglia vagamente.»

«Al massimo, questo dovrebbe renderlo il tuo personaggio preferito» la prese in giro.

Brienne scosse la testa e gli diede una spinta, abbastanza forte da fargli perdere l’equilibrio, mandando una fetta della sua pizza a sporcare di nuovo il pavimento. Rise davvero mentre lo ascoltava imprecare, e lo aiutò di nuovo a pulire per terra mentre continuavano a sorridere entrambi.

 

L’invito a cena sembrò diventare davvero una tradizione, ogni sera per il resto della settimana, uno dei due si ritrovava a bussare all’appartamento dell’altro. Brienne portava da bere a casa di Jaime quando si trovavano da lui, mentre Jaime iniziò a cucinare nella piccola cucina di Brienne, sostenendo di non voler più ripetere l’esperienza dell’insalata floscia.

Si scoprì che come cuoco non era male, una volta che qualcuno gli avesse fornito tutte le pentole di cui necessitava, e dopo aver cucinato portava tutto ciò che c’era da lavare nel suo appartamento, sostenendo che la sua domestica non vedesse mai padelle da lavare da lui. A Brienne dispiaceva per la signora, costretta a lavare anche i suoi utensili, ma Jaime le aveva assicurato che la pagava profumatamente e che lei spesso gli diceva di quanto poco ci fosse da fare in realtà nella casa.

«Non sono uno che sporca molto» aveva infatti detto Jaime.

«Tranne quando si tratta di succo d’ananas» l’aveva preso in girò, guadagnandosi un pomodoro tirato sulla camicetta bianca che usava per il lavoro.

Quel venerdì, anche se sarebbe toccato alla casa di Jaime ospitarli, lui le scrisse sul cellulare per avvisarla di non avere niente in freezer e se potessero spostarsi invece nel suo appartamento. Brienne si cambiò e cercò di sistemare alla meglio le stanze visibili. Jaime poteva anche essere una persona ordinata, ma lei sicuramente non aveva quel pregio.

Riuscì a sentire Jaime camminare sulle scale e andò alla porta, un sorriso che involontario le saliva sulle labbra. Era stranamente piacevole il loro tempo condiviso, lui continuava ad essere irritante e a far viaggiare le sue battute sempre al limite dell’offensivo, ma Brienne era stupita dalla sua schiettezza. Non era affatto nuova a uomini che davanti a lei fingevano mille carinerie solo per poi affossarla non appena girava le spalle, la sua adolescenza era costellata di persone del genere; Jaime aveva mille difetti e forse anche qualcuno in più, ma Brienne poteva dire con sicurezza di parlare con il vero Jaime Lannister e non con un uomo filtrato da qualche doppio fine o dalla semplice convenzione sociale. Se Jaime passava del tempo con lei, Brienne sapeva che fosse perché gradiva la sua compagnia proprio come faceva lei, in caso contrario era certa che l’avrebbe ignorata senza problemi, non importava vivessero a venti centimetri di distanza.

Aprì la porta quando lo sentì bussare, e rise non appena la sua figura fu visibile.

«Per i sette Dèi, cos’è quello?»

Jaime si imbronciò, stringendosi al petto un pesante cappotto marrone, con del pelo arruffato che faceva capolino dai bordi. «Smettila di ridere, donzella, è un montone» spiegò semplicemente, accarezzando il morbido tessuto e spingendola di lato per entrare. «Smettila di ridere!» le ripeté, offeso.

Brienne cercò di contenersi. «Ma perché diavolo hai comprato un montone?»

Lui si strinse nelle spalle. «L’ho trovato in uno di questi negozietti sulla strada, avrò freddo nei prossimi mesi immagino, questo condominio non mi sembra ben isolato.»

Brienne gli aveva chiesto una volta il motivo di quello strano trasloco, un uomo ricco con una famiglia come la sua, era strano si ritrovasse in un quartiere come quello. Lo avrebbe visto meglio nelle vie piene di case residenziali che si trovavano attorno alla Fortezza Rossa, magari a qualche passo dalla magione dei Tyrell. Jaime era stato piuttosto elusivo sull’argomento e Brienne non aveva voluto insistere.

«Non credo che le temperature siano così basse a King’s Landing» lo prese in girò.

«Non sono i tuoi capi a dire sempre che l’inverno sta arrivando? Li ho presi in parola e non voglio farmi trovare impreparato quando succederà.»

Si levò il montone, che iniziava in effetti a fargli caldo, e prima di darsi da fare in cucina si lasciò cadere per un po’ sul divano, chiudendo gli occhi mentre lasciava riposare a testa su un cuscino.

«Giornata dura?» chiese Brienne lanciandogli qualche occhiata mentre continuava a raccogliere oggetti sparsi per la stanza. Jaime annuì e mugugnò qualche parola di assenso.

«Ho solo bisogno di vedere Jack fare qualche cazzata delle sue al momento» le disse, alludendo alla serie che ormai guardavano insieme ogni sera, dalla televisione di lui o dal portatile di Brienne. Rise e portò in cucina qualche vecchia carta da buttare.

Jaime intanto si mosse a disagio, avvertendo un bozzo dietro la schiena che gli impediva di mettersi comodo. Frugò per qualche istante alla cieca, con la mano che tentava di riconoscere il difetto, e alla fine afferrò una pallina di tessuto che trascinò fuori dalle pieghe del divano. Guardò con divertimento i due brutti calzini che aveva tra le mani, pieni di paperelle gialle che nuotavano.

«E poi mi prendi in giro per il mio montone» disse, quando Brienne fu di ritorno in sala, sventolando in aria i calzini. La ragazza arrossì mentre gli si avvicinava di scatto, cercando di strapparglieli dalle mani. «Vergognati» continuò, riuscendo a trattenerne uno.

«Sta zitto Lannister!» urlò lei imbarazzata, allungandosi per prendere anche l’altro indumento incriminato. Si era completamente dimenticata di averli lasciati sepolti nel suo divano per così tanti giorni.

«Mai» gli sorrise, ricadendo spaparanzato tra i cuscini, finalmente libero dallo scomodo bozzo. «Altro che armatura, sei un cavaliere dai calzini a papera e le pantofole a forma di orso. Sai che il simbolo della mia famiglia è un leone? Facciamo un bello zoo insieme.»

Brienne rise e ci pensò su. «Gli Stark hanno una specie di creatura mitologia sugli stendardi di famiglia, dei lupi ma molto più grossi.»

Jaime annuì. «Lo so, ma Catelyn è una Tully, no? Loro hanno quella specie di trota… papà mi aveva fatto imparare ogni simbolo di ogni casata da piccolo, avevo impiegato giorni interi e Cers-» si bloccò a metà frase, aggrottando le sopracciglia. Sembrava essersi incupito e Brienne giocherellò un po’ con i suoi calzini prima di trovare qualcosa da dire.

«Anche la mia famiglia aveva un simbolo, anche se ormai non possediamo più nessun titolo da millenni. È uno sfondo blu e rosso, con due lune e tre soli.»

Questo sembrò distrarre Jaime, che la guardò sforzando un sorriso. «L’isola di zaffiro» disse, mostrandole di conoscere anche la sua terra, poi il sorriso divenne reale e gli occhi brillarono divertiti. «Se vuoi la mia opinione, delle papere sarebbero state un simbolo migliore.»

Brienne sorrise e gli strappò un cuscino da sotto la schiena, solo per lanciarglielo in faccia. Sperava di non dover rivedere presto l’espressione scura che lo aveva colto poco prima, anche se la incuriosiva e si andava a sommare alla pila di curiosità che aveva su di lui. Era certa che Jaime Lannister fosse una persona trasparente, ma questo non significava che non potesse celare segreti.

 

Note: in terribile ritardo, purtroppo l’università ha tagliato gran parte del mio tempo libero, ma la storia continuerà e avrà una conclusione, di questo sono fermamente convinta e vorrei affermare anche che i tempi d’attesa saranno più brevi d’ora in poi. Ringrazio di cuore le persone che hanno recensito il primo capitolo, chi ha inserito la storia nelle preferite e seguite e anche tutti coloro che sono passati di qui per leggere. (Sono state apportate delle modifiche al primo capitolo che comunque non interferiscono con la trama o con la comprensione dei capitoli a venire, solo qualche ritocco di estetica e poche correzioni.)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3839223