Four seasons with you

di Hikari_1997
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vento autunnale ***
Capitolo 2: *** Fiori d'inverno ***
Capitolo 3: *** Pioggia primaverile ***
Capitolo 4: *** Notti d'estate ***



Capitolo 1
*** Vento autunnale ***


Vento autunnale.

Miroku camminava tranquillo sistemando i vari futa sacri appena utilizzati nella missione.

Come di consueto, Kaede aveva chiesto a lui e ad Inuyasha di prestare i servigi di sterminatori ad un villaggio vicino in cambio di un cesto di riso.

Il monaco avanzò verso la sua capanna, i sandali calpestavano le foglie secche generando uno scricchiolio assordante.

Autunno.

Una nuova stagione piena di lavoro e aiuti spirituali.

Una folata improvvisa vece volare alcuni futa verso una vallata e, una volta lì, gli occhi di Miroku si rasserenarono nel vedere le sue bambine di 8 anni giocare col maschietto di casa.

-Miroku, sei tornato-

L’uomo volse lo sguardo verso la moglie, piena di panni bagnati pronti per essere asciugati dal forte vento autunnale.

Miroku sorrise.

In quegli anni aveva unicamente vissuto con lo scopo di vendicare la sua famiglia dall’ingiusto torto inflittagli da Naraku; aveva speso giorni e giorni alla ricerca di quell’immondo essere.

Anche la ricerca di una futura stirpe era dovuto a quello.

Fortunatamente in quel periodo buio, aveva incontrato la persona più importante della sua vita; Sango.

Lei era la fonte di tutto, era la madre dei suoi figli, era la donna che amava, era l’unica che avrebbe sostenuto per il resto della sua vita.

Si avvicinò con l’intento di aiutarla a stendere i panni.

Sentiva la brezza scorrergli sulla cute, ricordandosi le passate sensazioni provate col vortice del vento, il dolore che provava all’arto destro quando lo azionava, al sibilo senza sosta e i pericoli che aveva corso anche iniettandosi involontariamente del veleno.

Doveva ringraziare i suoi amici se ora era felicemente sposato con una grande famiglia, doveva ringraziare Sango per non essersi arreso.

Aveva rischiato la sua vita per metterla in salvo, e lei lo aveva fatto con la propria … e, questo era sicuro, non avrebbe esitato a ripeterlo in futuro.

-Sarai stanco dal viaggio-

La voce di Sango lo riportò con i piedi per terra.

-Non immagini quanto, c’era uno Tsukumogami che infestava l’antico palazzo del suo proprietario; per me e Inuyasha è stato difficile esorcizzarlo- spiegò l’uomo.

-Capisco-

-Per fortuna siamo stati pagati con tre sacche di riso, ci basteranno per giungere alla fine dell’autunno-

Sango annuì.

-In quanto padre di famiglia è mio dovere pensare al futuro dei miei figli, a costo di azzerare le mie energie spirituali-

-Tutto molto chiaro, e scommetto che per riottenere le tue energie spirituali così messe a dura prova da un Tsukumogami ti sia per forza necessario palparmi il sedere, vero? Caro maritino? –

Miroku sospirò percependo la ferrea morsa della mano di Sango sul suo polso, spingendolo ad allontanarsi dalla sua “Fonte di energia”.

-Papà sei tornato-

I bambini corsero verso Miroku allegri.

-Gioca con noi, gioca con noi- disse una delle due gemelle.

-Vostro padre è molto stanco piccoli, cercate di non fargli perdere altre energie- commentò Sango sogghignando.

-Non preoccuparti mamma- disse l’altra gemella –Vogliamo solo giocare alla pallacorda-

-Con moderazione- disse lei –Sapete, si affatica facilmente-

Miroku sospirò venendo trascinato dai figli a giocare nel mezzo dei cumuli di foglie secche; scorgendo la figura della moglie allontanarsi come una, a suo detto, dea cullata dal vento.

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Capitolo 2
*** Fiori d'inverno ***


L’aria pungente le causava dei brividi lungo la schiena, sfregò le mani sulle braccia nel tentativo di infondervi un minimo di tepore.

Alzò il viso verso il cielo biancastro inspirando a fondo, mentre i leggeri fiocchi di neve le ricadevano sulle guance, accentuando leggermente il colore rosa, e si incastravano nelle ciocche scure.

Espirò.

Gli occhioni scuri persi nell’osservare la danza dei fiocchi, elegante e algida.

Lei amava l’inverno, amava quella sensazione di frescura e calma; amava la persona che la sua mente associava a quelle intemperie.

-Rin, dove stai andando? –

La ragazzina si voltò verso Kohaku, intento ad allenarsi insieme a Inuyasha.

-Faccio solo due passi per sgranchirmi le gambe, torno per l’ora di cena-

Il ragazzo annuì leggermente preoccupato –Vuoi che ti accompagno? –

-Non ce n’è bisogno grazie-

-Ma- cercò di protestare lui.

-L’hai sentita no? Ora fatti sotto femminuccia, l’allenamento è appena cominciato- esclamò Inuyasha pronto a scagliare il prossimo attacco –E tu Rin, vedi di non ritardare troppo, intesi? –

Lei annuì, non capendo l’improvvisa apprensione del mezzo demone, seguitando ad avanzare.

Gli stivali in legno e stoffa affondavano nello spesso manto nevoso che celava il prato come una candida coperta.

Scostò una ciocca intrappolata nella bocca per poi tornare a scrutare l’orizzonte, persa nei suoi pensieri.

All’improvviso starnutì, Jaken l’avrebbe sicuramente presa in giro se fosse stato presente “Un’umana deboluccia come te non può essere degna di seguire il sommo Sesshomaru” pensò lei.

Fin da quando era bambina, la stridula voce di quel kappa aveva detto qualsiasi cosa pur di scoraggiarla dal seguire il loro cammino.

-Stupido Jaken, non smetterò mai di seguirvi … anche volendo mi è impossibile-

Rivolse lo sguardo a terra, notando la presenza di un bucaneve.

Quei fiori l’avevano sempre incuriosita, fragili e delicati che, però, riescono a sfidare le intemperie crescendo nel gelido suolo.

Il piccolo stelo che a fatica si ergeva, facendosi largo tra quella fredda scorza nevosa risplendendo poi di una bellezza che solo l’inverno era in grado di valorizzare.

Toccò i fragili fiori con la mano, la morbidezza dei petali a contatto con l’epidermide fredda.

-Rin-

Sgranò incredula gli occhi voltandosi all’istante, delle lacrime iniziarono ad inumidirle gli occhi e iniziò un’impacciata corsa verso la persona di fronte a lei.

-Sesshomaru-sama-

Lo abbracciò forte, contenta come non mai; sarebbe restata così per anni interi … perché in quel momento aveva tutto.

Improvvisamente sentì la presenza degli artigli del demone sulla sua testa, mentre la vicinanza tra loro scemava sempre più.

Sentì un tuffo al cuore, alzò il viso incrociando il lucente ambra dei suoi occhi –Mi siete mancato-

Sesshomaru manteneva la sua statica e calma espressione, tuttavia Rin capiva che anche lui era felice di vederla.

Perché come un bucaneve, come quel piccolo fiore, era riuscita a farsi strada in un apparente perenne e gelido inverno.

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Capitolo 3
*** Pioggia primaverile ***


Restava immobile ad osservare il vuoto, le fredde gocce piovane scendevano sulla cute fredda.

I piedi affondavano nel terriccio bagnato, la fanghiglia e l’erba le solleticavano la punta dei piedi, rendendole impacciati i movimenti già lenti a causa della pioggia.

Ayame si era spinta oltre i territori del suo clan per ritornare il quel bosco, quel bosco che aveva segnato molti anni prima l’inizio di tutto.

Gli occhi verdi brillavano felice rivedendo quel luogo, il grande albero millenario si stagliava di fronte a lei; la corteccia ricoperta di muschio e le fronde fradice coprivano la cavità alla sua base, come se lo ricordava.

-Che nostalgia- pensò lei scostando la frangetta rossiccia umida.

Si accovacciò quel che bastava per entrare nella nicchia, inspirando a fondo l’odore dell’erba bagnata che le penetrava nelle narici.

Era proprio come se la ricordava; si appoggiò all’interno dell’albero aspettando che i suoi occhi si abituassero al buio, mentre la mente vagava nei ricordi.

Ripensò a quando, molti anni prima, si era recata in quello stesso punto per raccogliere il fiore che le ha dato un nome: Ayame.

Era ancora un cucciolo di demone lupo, ma mai in tutta la sua vita avrebbe dimenticato quella notte.

Sorrise appena ricordandosi del suo incontro con Koga, del calore che aveva provato quando l’aveva trasportata sulle spalle e riportata al sicuro.

Mai aveva riprovato quelle emozioni che l’avevano poi spinta a rischiare il tutto, e per tutto, non mollando per rivedere quel sorriso che il demone lupo le aveva regalato.

Con quelle immagini nella mente, scivolò verso un dolce sonno, ma non durò a lungo.

-Ayame, ohi, Ayame-

Schiuse piano le palpebre degli occhi, cercando di mettere a fuoco l’ombra apparsa di fronte a lei.

-Koga? –

-Accidenti, crei sempre un sacco di problemi- disse il demone aiutandola ad uscire dal suo rifugio e mettersi in piedi.

-Il patriarca ti ha cercata dappertutto, hai fatto andare nel panico generale tutta la montagna principale; quegli inutili lupacchiotti hanno pattugliato tutta la tribù senza successo-

Ayame lo guardò al quanto irritata –E tu invece come hai fatto a trovarmi? –

Koga la guardò serio –Sei mia moglie, come faccio a non sapere dove ti trovi? Hai delle abitudini che non cambiano facilmente-

Lei sentì un sussulto al cuore –Anche 100 anni fa ti eri rinchiusa in quella cavità, stai diventando abitudinaria Ayame-

-Tz- disse lei –Da quando il nonno ti ha dato più poteri nella tribù ti stai montando la testa-

-Cerca solo di stare più attenta- disse Koga avvicinandosi.

La abbracciò dal dietro, le braccia la avvolsero cingendo tutta la sua figura –Non sei da sola ora-

Ayame posò le mani su quelle del marito, mentre accarezzavano la pancia leggermente gonfia.

-Sono incinta, non sono moribonda- replicò Ayame –Però mi sorprende questo tuo lato, che Inuyasha ti abbia insegnato un po’ di compassione attraverso il suo gene umano? –

-Lascia stare quel botolo ringhioso- disse Koga –ora vieni, torniamo alla montagna-

Ayame non riuscì a nascondere una risatina, allontanandosi insieme al marito mentre la pioggia continuava a segnare quella giornata primaverile.

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Capitolo 4
*** Notti d'estate ***


Inuyasha era rannicchiato su sé stesso vicino al fiume, completamente assorto nei suoi pensieri.

La calura estiva gli appiccicava lo scarlatto tessuto di suo padre alla pelle, goccioline di sudore solcavano il suo fisico; strinse un pugno sull’erba mentre si specchiava nelle acque del corso d’acqua.

Quella notte, mancava la luna, grazie ad una lucciola poté scorgere i lineamenti tanto simili quanto sconosciuti.

Storse il naso nell’ammirare la mancanza delle sue orecchie canine nei capelli, ora neri, gli occhi di un colore troppo scuro, le unghie arrotondate, i denti poco affilati.

Sbuffò seccato –Dannata luna nuova- pensò rannicchiandosi ancora di più su sé stesso.

Lui odiava essere umano, perché così era vulnerabile; la sua infanzia era stata segnata da umiliazioni per il suo status di mezzo demone, e quindi odiava ancora di più il venir etichettato come strano o diverso … motivo principale di quasi tutti i conflitti con Sesshomaru.

Perso nei suoi pensieri non si accorse del rumore di passi sempre più vicino, finché –Bu-

Saltò per aria notando Kagome che rideva a crepapelle –Dovresti vedere la tua faccia, ti ho spaventato per benino-

-Piantala scema, lo sai che quando sono umano non ho i sensi all’erta come al solito-

Kagome gli fece la linguaccia –Speravo proprio su questo sai? –

Lui sospirò voltandosi dalla parte opposta.

-Inuyasha-

-Lasciami stare Kagome, voglio stare da solo-

La ragazza osservò il riflesso del marito sulle acque, e quello che vide fu una triste espressione, un’espressione che assumeva durante ogni luna nuova.

-Ah; Inuyasha non risolvi nulla così, lamentarti non ti farà tornare i geni demoniaci prima e lo sai- disse pacatamente.

-Ahh piantala, non mi serve la morale; sai quanto odi diventare un essere umano-

-Un essere umano, come lo sono io-

Lui sobbalzò, senza volerlo l’aveva offesa -… Scusa non, non intende-

-Ah, lo so impulsivo, scorbutico, lunatico e irascibile cagnaccio-

-Ehi- disse lui voltandosi –Adesso sei tu quella offensi- gli morirono le parole in bocca, bloccate dalle labbra della ragazza premute sulle sue.

Inizialmente sorpreso, Inuyasha ricambiò il bacio per poi fissare gli scuri occhi della moglie.

-Questo è il primo bacio che mi dai da quando sono umano, lo sai? –

-A sì? Imperdonabile da parte mia, sono una pessima moglie- scherzò lei regalandogliene un secondo più profondo.

-Kagome … -

-So quanto disprezzi questa tua situazione, quanto hai sofferto in passato e quanto ti senti inadatto- disse lei seria –Ma come ti ho già detto, a me piaci per come sei, non mi interessa se i tuoi capelli sono neri o bianchi, non mi importa se il tuo sangue demoniaco ti porterà a perdere la lucidità, non ha importanza in che status ti presenti di fronte a me: Umano, mezzo demone o demone completo … perché sarai sempre e soltanto tu-

Inuyasha sgranò gli occhi incredulo.

-Io ti amerò sempre, ed è quello che voglio mostrarti ora- esclamò convinta tornando ad unire le loro bocche.

Inuyasha pensò che le emozioni umane erano davvero sconvenienti, sentiva il cuore palpitare all’impazzata, le dita delle mani si incrociarono con quelle di Kagome, spingendola verso di lui.

La calura estiva era diventata insopportabile, e quel gene ricevuto in eredità dalla madre, quel gene umano caratterizzato dall’egoismo e dalla testardaggine prese il sopravvento, decidendo di cogliere al volo quella rara occasione di benessere in quell’afosa, calda e oscura notte di luna nuova.

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