Where A Butterfly Can Lead You di _Cthylla_ (/viewuser.php?uid=204454)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 1. Where A Butterfly Can Lead You ***
Capitolo 2: *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 2. A Matter Of Treats And Discipline ***
Capitolo 3: *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 3. A Little Too Much, A Little Too Soon (Maybe) ***
Capitolo 4: *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 4. In The Dark Of The Night ***
Capitolo 5: *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 5. Not Even The Time To Say Goodbye ***
Capitolo 1 *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 1. Where A Butterfly Can Lead You ***
Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ Where A
Butterfly Can Lead You Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ
«Un’ora.
L’ho lasciata da
sola un’ora e le ho detto di non muoversi. “Stai
qui”, le ho detto, “Non
conosci il posto, quindi stai seduta leggi il tuo libro di
fiabe”! E lei mi dà
retta? No che non mi dà retta, porco Primus cieco e idiota
che gorgoglia e bestemmia
al centro dell’Universo!»
Per
quanto la voglia di mettersi a spaccare il muro a suon di
pugni o colpi di spada fosse potente, Spectrus Specter aveva
più di un valido
motivo per restare nascosto in silenzio nel posto dove si
trovava.
«L’ho
fatta uscire di casa una volta. Una. Volta»
continuò a
borbottare il mech «Mi allontano un po’ con una
donna ed ecco cosa succede… di
tutti quelli che potevano essere qui in giro, doveva incontrare proprio
loro?!»
A
dirla tutta i motivi erano precisamente cinque, e il più
valido di questi portava il nome “Tarn”.
Il
fatto che questi fosse grosso e dotato di una notevole
potenza di fuoco non preoccupava Spectrus, anche lui era grosso, forte,
veloce
ed era riuscito ad avere ragione di avversari altrettanto temibili;
tuttavia il
leader della Decepticon Justice Division -nient’altro che un
gruppo di pazzi
serial killer zeloti di Megatron, secondo Specter- possedeva
un’altra capacità:
quella di uccidere con la propria voce.
Era
qualcosa che Tarn riusciva a fare in senso letterale.
Parlava, abbassava man mano il tono di voce, ed ecco che le
capacità fisiche
della sua vittima venivano meno e la Scintilla si spegneva.
“Potrei
riuscire a riprendere Spectra con un’azione veloce e
improvvisa, magari riuscirei anche a buttare giù un paio di
membri dell’allegro
gruppetto, ma se quello dovesse
iniziare a parlare prima che io riesca ad allontanarmi sarebbe un
problema.
Tsk. Pensare che di solito quello con le chiacchiere letali sono
io!...”
Dove
Spectrus non arrivava col resto delle proprie
capacità, arrivava a suon di chiacchiere, soprattutto di
menzogne. Le volte in
cui lo avevano salvato erano di poco inferiori alle volte in cui
avevano
mandato gli altri incontro alla loro dipartita e, per inciso, ne andava
anche
piuttosto fiero.
Peccato
solo che non esistesse menzogna che avrebbe potuto
funzionare con la DJD, come lui sapeva benissimo, proprio come sapeva
benissimo
della probabilità che il suo nome fosse presente nella loro
Lista.
Trattavasi
di uno dei documenti più pericolosi dell’Universo:
avere il proprio nome nella Lista di Tarn significava trovarsi appresso
cinque
pazzi assassini implacabili, e per finire lì non serviva
neppure commettere
chissà quale crimine contro i Decepticon.
Gli
era arrivata voce che Tarn e compagnia avessero torturato
a lungo e poi fatto fuori un Decepticon reo di aver dato inizio a un
culto
religioso… seguito unicamente dal fondatore stesso. Un culto
di uno.
Tanto era
bastato, in virtù del fatto che qualsiasi religione facente
capo a un’autorità
diversa da quella di Megatron potesse essere potenzialmente pericolosa
in caso
di diffusione.
Una
follia pura e Spectrus, per l’appunto, si chiedeva se
anche il proprio nome fosse sulla Lista, essendo reo di essere una spia
Autobot
che, dopo essersi infiltrato tra i Decepticon e aver scalato i ranghi,
aveva
mandato tutto all’aria cercando di uccidere
Starscream.
Un
gesto a dir poco avventato ma non aveva potuto farne a
meno: era per colpa di quel seeker se la sua famiglia era stata
distrutta quasi
del tutto -ufficialmente l’unico sopravvissuto era Spectrus,
ufficiosamente era
viva anche sua sorella Spectra. Ma lo sapeva solo lui!- e la sua vita
era
andata a puttane.
“Forse
dovrei fare almeno un tentativo. Se quella
deficientella storpia si fa ammazzare dalla DJD manderà a
monte i miei piani
proprio ora che ho trovato il modo di usarla mandandola a spiare la
gente al
posto mio”.
Un
piano rischioso quello di Specter, ma non era nuovo a
certe cose ed era anche convinto che la fortuna aiutasse gli
audaci.
“O
magari dovrei pensare a un altro modo per continuare a
fare il mio lavoro. Audacia e stupidità sono cose diverse e
rischiare la mia
vita per la sua, con dubbi risultati, sarebbe più stupido
che audace. O non
dovrei fasciarmi la testa prima di romperla dal momento che non
è stata ancora
parzialmente triturata da Tesarus o parzialmente fusa da Helex come
invece è
successo a… non ci credo, ci si è appena seduta,
probabilmente nemmeno si è
resa conto…”
Le
espressioni dei membri della DJD di cui era visibile la
faccia però non avevano prezzo, doveva riconoscerlo. Se la
situazione fosse
stata meno tragica avrebbe potuto perfino riderne.
Chi
invece non aveva troppa voglia di ridere erano Vos,
Helex, Tesarus, Kaon e Tarn, perché quel che stava
succedendo sembrava a tutti
loro piuttosto assurdo.
«Non
è possibile che questa qui pensi davvero quel che ha
detto. Tutti ci conoscono almeno di fama. Tutti»
ripeté Tesarus «Per non
parlare del fatto che non capisco come possiamo sembrarle dei DJ.
Abbiamo
iniziato a sembrare dei discotecari e non me ne sono
accorto?!»
Sì
perché, a sentire che erano la “DJD”,
quella femme
minuscola neppure entrata del tutto nella sua fase adulta aveva chiesto
loro se
erano dei DJ.
“DJ-
D”.
Asserendo
poi di averne visti un paio di sfuggita poche ore
prima, cosa che a dir suo le sembrava ancora incredibile
perché “Non
avrei mai pensato di riuscire a vedere tante cose la prima volta in
tutta la
mia vita in cui sono uscita da casa!”.
«Sicuramente
aver messo la musica non ci aiuta a farle
cambiare idea» aggiunse Helex, dando un’occhiata al
soggetto in questione.
Seduta
su un cadavere semifuso che poco e nulla aveva
mantenuto della propria forma originaria, la piccola tizia strana che
si era
presentata loro col nome di “Spectra” stava facendo
ondeggiare la testa a ritmo
di musica, mentre la cyberfarfalla che apparentemente era la causa
della sua
presenza lì, grande come tutta la sua mano, oziava ancora
pigramente sul suo
ditino indice sollevato.
«Quindi
secondo voi sa chi siamo e fa finta di no, o non lo
sa proprio?» domandò Kaon.
«Verifichiamo…questo
dovrebbe funzionare» disse Tarn,
stringendo con una mano la vita sottile del corpicino blu di Spectra e
sollevandola senza alcuna fatica «Ascoltami: vuoi dirci una
buona volta come
stanno le cose o devo chiedertelo abbassando
la voce?»
La
ragazza batté le palpebre con uno sguardo vagamente
confuso nei grandi sensori ottici azzurri. «Stavi urlando? Ho
qualcosa che non
va nei recettori uditivi mi sa…»
«D’accordo,
direi che non sappia davvero nulla» concluse il
Decepticon. Nessuno che lo conoscesse restava mai del tutto
indifferente alla
sua minaccia di abbassare la voce «Non so come sia possibile
ma dev’essere così
per forza».
Vos,
nel proprio linguaggio primitivo, chiese a Tarn come
intendesse muoversi.
«Mettiamola
così» esordì questi
«Parafrasando il verso di
“Towards Peace” che enuncia-»
«Cosa
è “Towards Peace”?»
La
domanda di Spectra ebbe un impatto tale da far sì che Tarn
non si curasse minimamente di essere stato interrotto.
Il
silenzio che calò per qualche secondo fu abissale.
«Tu
non conosci il libro scritto da Megatron in persona?!»
domandò il Decepticon, più sconvolto di quanto
avrebbe mai ammesso,
stringendola ancora nella sua mano.
Spectra
fece spallucce. «Io non so nemmeno come sia fatto
Megatron. So solo che è il capo dei Decepticon e che i
Decepticon portano il
simbolo che avete voi sui vostri corpi e tu sul tuo viso…
aspetta: per caso sei
tu Megatron e hai scelto il tuo viso come simbolo?»
«Ma
dove hai vissuto finora, si può sapere?!»
allibì Helex,
notando il preoccupante particolare della completa fissità
del suo comandante.
«Ve
l’ho detto, in casa mia! Sono uscita oggi per la prima
volta ed ero con mio fratello, solo che lui a un certo punto si
è allontanato
temporaneamente e mi ha detto di rimanere lì
dov’ero, cosa che ho fatto per
quasi un’ora, ma poi mi è volata davanti la
cyberfarfalla e io non avevo mai
visto una cyberfarfalla dal vivo, quindi volendo vederla meglio
l’ho inseguita
e l’ho presa quando si è appoggiata
lì» indicò il cadavere semi liquefatto
«E
poi vi ho salutati. Non mi capita spesso di vedere gente nuova, sapete?
Di
solito sto da sola a leggere le fiabe».
Tre
dei cinque Decepticon si scambiarono un’occhiata
incredula, sillabando “le fiabe”, poi Kaon
scoppiò addirittura a ridere.
«Non
è possibile! Legge le fiabe, lei! Le fiabe!»
«Credo
di capire perché il fratello si è allontanato
“temporaneamente”» disse Tesarus
«Tarn, credo che per una volta potresti fare
un atto di pietà» uccidendola in modo rapido,
ovviamente «Se la lasciassimo in
giro da sola non sopravvivrebbe comunque».
“No!
Lasciatela in giro da sola, brutti idioti, così che
possa riprendermela e andarcene alla svelta!”
pensò Spectrus, ancora in
ascolto. Non riusciva a sentire bene tutto quel che dicevano ma quel
poco che
aveva capito non prometteva bene.
«Tarn?
Ehm. Hai sentito quel che ho detto?»
«Mi
sa che è sconvolto, Tess» bisbigliò
Kaon «Essere
scambiato per Megatron non è qualcosa che capita tutti i
giorni».
Tarn
parve finalmente riscuotersi. Si schiarì la voce.
«Tu
cosa sai fare? Mettiamola così: se cercassi un lavoro e ti
facessero questa
domanda, tu cosa risponderesti?»
«Oh.
Allora… so mandare avanti una casa. A quello ci penso
sempre io perché mio fratello è spesso via. Ci
sono cose che non riesco a fare
perché ho una gamba che… che non va molto
bene… ma me la cavo. So occuparmi della
mia manutenzione e capita che lo aiuti con la sua. So pulire e affilare
le cose
e anche come si fa a rigenerare un T-Cog, lui me lo ha fatto vedere.
Però la
cosa che so fare meglio è cucinare, perché ho
avuto tanto tempo per provare le
ricette lasciate dalla mia mamma» disse Spectra
«Mio fratello dice che le cose
che faccio sono buone come erano le sue, sono anche molto sane
perché pare che
lei ci stesse molto attenta. Ho dei dolcetti di energon nel mio zaino,
se avete
fame ve li do volentieri».
«Helex».
«Subito»
annuì questi e, senza che Tarn aggiungesse altro,
tirò fuori due biscotti di energon dallo zaino di Spectra
lanciandoseli in
bocca.
«Come
sono?» domandò Tarn dopo qualche secondo.
Per
tutta risposta, l’altro Decepticon svuotò lo zaino
di
tutti i biscotti presenti e li trangugiò. Erano perfino
più buoni del fluido
craniale!
«Perfetto»
concluse Tarn, tornando ad alzarsi in piedi sempre
con Spectra tra le mani «Qui abbiamo finito, quindi torniamo
alla Peaceful
Tiranny. Tutti e sei!»
«Tutti
e sei»
ripeté Tesarus.
«Diffondere
la parola di Megatron in ogni modo è anch’essa
una delle nostre missioni» ribatté Tarn
«Questa giovane femme va istruita e
alfabetizzata».
«Io
però so già leggere…» disse
Spectra, un po’perplessa.
«Non
sai nulla di quel che c’è al di fuori di casa tua
e hai
letto solo fiabe, che è come non aver letto alcun tipo di
libro. Non è
concepibile che tu non sappia come sia fatto Megatron e che non ne
conosca il
verbo. Darà una mano a Nickel,
cucinerà» stabilì Tarn, rivolto agli
altri,
incamminandosi verso l’astronave che non era troppo distante
da lì «E nel
frattempo imparerà a stare al mondo secondo la legge
Decepticon. Imparerai a
conoscere “Towards Peace” bene quasi quanto lo
conosco io. Il bello di un cervello
con poche conoscenze è poterlo riempire con le cose giuste.
Altro che fiabe!»
«Secondo
me l’ha presa più che altro per poter parlare di
“Towards Peace” a qualcuno con cui non ne ha
già parlato milioni di volte»
bisbigliò Kaon a Tesarus.
Il
compagno di squadra non rispose, ma la pensava allo stesso
modo. Sì, forse un aiuto a Nickel poteva fare comodo,
così come poteva fare
comodo avere un cuoco a bordo, però non era qualcosa di
indispensabile.
“Ma
che cazz… la portano via?! Ma sono
seri?!”
si sbalordì
Spectrus “Che se ne fanno di lei?! A meno che intendano
portarsela a letto
tutti quanti, ma quello avrebbero potuto farlo anche qui, e comunque
voci di
pedofilia non mi erano arrivate”.
Odiando
il dover utilizzare tanta cautela, si mise a
seguirli. Dubitava che avrebbe avuto l’opportunità
di riprendersi sua sorella
in quel frangente, quindi contava di riuscire a sparare una potente
cimice
sulla Peaceful Tiranny al momento del decollo, così da poter
avere notizie
sulla posizione e sulle condizioni di Spectra, evitando di imbarcarsi
in una
missione di recupero inutile.
La
DJD, con Spectra a rimorchio, raggiunse l’astronave in
breve tempo.
«Quindi
pensate sul serio che mio fratello mi abbia
abbandonata? Sicuri sicuri?» chiese loro la giovane.
“Io
mica ci credo granché” pensò.
Sapeva
che l’idea di Spectrus era far sì che dei
Decpeticon
la trovassero, le aveva parlato del suo piano: tutto quel che lei
doveva fare
era stare tra loro fino al momento di tornare, eseguendo eventuali
ordini di
suo fratello nel mentre, e infine riferirgli tutto ciò che
aveva visto e
sentito; dunque pensò che magari, anche se quelli in teoria
non erano i soggetti
previsti -lei e Spectrus si erano fermati in quel posto solo per una
sosta, la
destinazione finale avrebbe dovuto essere un’altra- e che
difficilmente
Spectrus avrebbe potuto darle direttive da lontano, essendo Decepticon
magari
potevano andare bene lo stesso. Doveva solo aspettare di essere
ritrovata da
suo fratello in futuro!
Pensieri
abbastanza ingenui ma non ci si poteva aspettare
altro da qualcuno che fino ad allora non era mai uscito di
casa.
«Sì,
è così. Non una gran perdita, dato che non ti ha
insegnato niente di fondamentale» commentò Tarn,
ancora esterrefatto. Spectra
non conosceva il volto di Megatron! Possibile mai?!
Una
voce femminile abbastanza nervosa, che divenne
perfettamente udibile all’apertura del portello della
Peaceful Tiranny, lo
distrasse dai suoi pensieri.
«…
“T-Cog un po’rovinati”, ha mandato a
dire! Sappiamo tutti
quanti cosa significa: un’altra quantità
indefinita di T-Cog talmente distrutti
da rendere impossibile rigenerarli! Quante volte ancora
dovrò dirgli di fare
attenzione? Quante volte?! Quando torna mi
sentirà!»
Abbassò
lo sguardo e intercettò quello di Spectra. Se non
altro ora a bordo avrebbero avuto anche una presenza femminile
innocua.
La
vide sollevare una manina, bianca come il resto dei suoi
arti, e indicare l’interno dell’astronave.
«Si
chiama Nickel. Andrete d’accordo» “O
così mi auguro”
pensò il mech «Farai conoscenza con lei e il cane
di bordo».
«Va
bene» disse Spectra.
Non
sapeva cos’altro aggiungere, poteva solo sperare che fosse
vero!
Il
portello della Peaceful Tiranny si richiuse e, quando
decollò, Spectrus fece in tempo per un soffio a mettere in
pratica l’idea di
sparare quella cimice contro l’astronave.
«Se
non altro sono riuscito a fare questo» sbottò, con
aria
tutt’altro che entusiasta.
“Se Spectra
sopravvivrà a questi qui, sopravvivrà a qualunque
cosa in futuro” pensò.
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Capitolo 2 *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 2. A Matter Of Treats And Discipline ***
Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ A Matter
Of Treats And Discipline Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ
«Rotola!...
bravo!» applaudì
Spectra, entusiasta «Mi avevate detto che era solo
parzialmente addomesticato
ma è un bravo cane».
Il
cane di bordo, rialzatosi, accettò volentieri il biscotto
di energon che la giovane gli offrì.
«Gli
piaci molto» osservò Kaon.
«Gioca
con me ma preferisce te, si vede molto bene» disse la
femme, accarezzando il muso dell’animale «Sai,
prima d’ora non avevo mai avuto
a che fare con un animale, quindi in effetti non so se lo sia davvero.
Un bravo
cane, intendo questo. So solo che ha imparato in fretta questo trucco e
a
riportare le cose che gli lancio».
Kaon
fece spallucce. «Io non ho mai perso tempo a provare a
insegnargli certe cose. Forse però avrei dovuto,
è proprio divertente
vedergliele fare».
Erano
passati tredici giorni da quando Tarn aveva deciso di
portarsi dietro quella minuscola femme. Benché inizialmente
si fosse sentito un
po’scettico all’idea che potesse funzionare -cosa
che comunque non avrebbe mai
detto in presenza del suo comandante- doveva ammettere che tutto
sommato stava
andando bene. La beata ingenuità di quella ragazza era
impressionante ma non
fastidiosa come aveva temuto, sbagliando di grosso
nell’immaginarsi ammorbato
da domande del tutto stupide riguardo qualsiasi cosa. Eventuali
interrogativi
erano rivolti più che altro a Tarn, al quale di solito non
dispiaceva sentirsi
parlare e dare sfoggio della propria eloquenza, quindi non
c’erano problemi.
Per
il resto, oltre a insegnare trucchi al cane e fare altro
nel tempo libero, Spectra svolgeva le mansioni che le erano state
assegnate
inizialmente. In cucina se la cavava bene come aveva detto, cosa di cui
era
contento Helex che, alla faccia delle politiche di razionamento
abbastanza
rigide che Tarn di recente aveva anche ricordato alla squadra, cercava
sempre
di farsi fare delle razioni di dolci in più. Molte volte
veniva anche
accontentato, il carattere docile di Spectra le rendeva difficile dire
di no.
«Kaon,
dici che potrei insegnare al cane anche a stare su due
zampe?»
La
domanda di Spectra, ignara del passato della creatura in
questione, portò il Decepticon a scoppiare in una breve ma
sentita risata. «Sì!
Anzi, inizia a farlo subito, voglio vederlo! Se il suo corpo ha
mantenuto un
accenno di memoria non faticherai nemmeno troppo».
«Cosa
vuoi dire con-» Spectra non riuscì a finire la
frase,
perché venne sollevata da una grossa mano blu scuro.
«Helex?»
«Helex!
Lascia la piccoletta» gli intimò Kaon
«Deve insegnare
un trucco nuovo al cane!»
«Sai
quanto me ne importa. Lo farete domani, ora serve a me»
tagliò corto il grosso mech, portando via Spectra senza
aggiungere altro.
Il
silenzio però durò poco, appena il tempo che
servì alla
giovane per capire che si stavano dirigendo in cucina.
«Tu
vuoi che io faccia altri biscotti?»
«Sì».
«Quindi
oltre alla razione legittima hai già finito
la…»
abbassò la voce «Scorta
segreta?»
«Così
pare».
«Doveva
durare tutta la settimana…»
«Ma
non è accaduto» brontolò Helex
«Sono buoni, non è colpa
mia, e in ogni caso sei qui più che altro per cucinare.
Sarai anche di aiuto a
Nickel ma a me interessa più il resto».
«Sicuro
di volere che te li faccia?»
Helex
ebbe una breve esitazione. In quei tredici giorni
c’erano stati dei momenti in cui gli era venuto il dubbio se
Spectra parlando
avesse inteso dire solo quel che effettivamente aveva detto o,
piuttosto,
riuscisse a inserire e cogliere anche qualche sottinteso; questo era
uno di
quei momenti.
«Ci
metti poco. Nessuno ci vedrà e nessuno avrà da
ridire»
concluse il Decpeticon, raggiungendo la cucina.
«C’è
un altro problema» disse Spectra «Questo non
è un giorno
in cui devo fare i dolci, quindi l’energon e i minerali che
servono sono stati
messi in alto, in basso ci sono gli altri».
«Io
ci arrivo» ribatté Helex «Indicami quali
ti servono».
Spectra
obbedì e, nemmeno un minuto dopo, ebbe in mano gli
ingredienti. «Grazie. A pensarci bene, un po’ne
avevo voglia anche io. Forse
Tarn aveva ragione, avrei dovuto tenere per me la razione che aveva
consigliato
invece di prenderne meno».
«Avresti
dovuto. Tu mangi come un lilleth» alias un uccellino
cybertroniano piccolo e delicato col corpo e le ali fatti di materiale
simile
al vetro «E infatti sei piccola come un lilleth, se non mangi
non cresci.
Secondo me diventata adulta sarai ancora un lilleth. Ti
chiamerò così d’ora in
poi. Ora però mettiti al lavoro, prima
che-»
«“Prima
che” cosa, Helex?»
Sentendo
la voce di Tarn provenire dalla soglia della cucina,
nelle ottiche rossastre di Helex comparve lo sguardo di chi iniziava a
pensare
di doversi pentire di tutti i propri peccati - in quel caso soprattutto
di gola.
«Ti
vedo in difficoltà ma credo di poter completare la frase.
Credo che tu stessi per dire “Prima che a Tarn, finito di
sistemare la
burocrazia, venga in mente di uscire dai suoi
appartamenti”» continuò il
comandante, avvicinandosi «“E finisca per
incontrare Kaon, il quale tuttora si
sta lamentando di come ho portato via
Spectra…”»
«Tarn-»
«“Cercando
di approfittare del suo carattere mite e di
imporle di fare dei dolci che sforano ampiamente la mia dose
settimanale. Il
tutto nonostante io avessi una scorta segreta e Tarn, appena tre giorni
fa,
abbia casualmente
ricordato
a
tutti che abbiamo una politica di razionamento del cibo che esiste per
essere
seguita”».
Non
stava urlando, stava abbassando la voce frase dopo frase,
ma Spectra, che in tredici giorni era venuta a conoscenza della
pericolosa
abilità di Tarn, sapeva che non era un buon segno. Lo sapeva
anche Helex, che
doveva essere nei guai e che infatti indietreggiava a ogni passo che
Tarn
faceva.
«Devo
iniziare a pensare che la tua ingordigia superi il
rispetto verso le regole e verso la mia autorità,
Helex?»
«Non
è colpa sua» si intromise Spectra.
La
tensione aumentò ulteriormente.
«Avevo
voglia di biscotti anche se non è uno dei giorni in
cui devo farne. Non credo che l’avrei avuta se avessi
ascoltato quel che avevi
detto sulla quantità che avrei dovuto tenere per me, io
avevo torto e tu avevi
ragione» continuò la giovane «Lui era
qui perché io non riuscivo ad arrivare
agli ingredienti, ma non sa quali di essi servono per fare una o
l’altra cosa.
Ho sbagliato e non capiterà più, mi dispiace
tanto».
“Non
ci cascherà mai” pensò Helex.
Ci
fu qualche attimo di silenzio nel quale Tarn fece passare
lo sguardo da una all’altro.
«Ammonimenti
per entrambi. Tu una volta» disse a Spectra «E
tu due» indicò Helex «Al terzo come sai
scatta il richiamo scritto. Spectra,
dal momento che sono libero possiamo iniziare ora il nostro programma
serale».
«Sì»
disse lei, lasciandosi prendere in braccio senza
opporsi.
«Helex,
l’avevo detto già otto giorni fa ma ti ricordo che
domani ci sarà la valutazione mensile del rendimento.
Ricordati di portare il
PSP» alias il “piano di sviluppo
personale” «E ricordalo anche agli
altri».
Se
di norma il Decepticon avrebbe sbuffato in quel caso evitò
accuratamente di farlo, felice che il suo comandante, contrariamente
alle
previsioni, avesse creduto alle parole della giovane femme.
«Sarà fatto».
Nessuno
si mosse.
«Mi
chiedo dove siano le tue buone maniere. Quando si riceve
un favore» Tarn indicò Spectra con un cenno del
capo «Si deve ringraziare».
«Grazie»
disse immediatamente.
Non
ci era cascato, avrebbe dovuto immaginarlo, e quando
Helex lo vide andarsene via si sentì piuttosto
fortunato.
“Niente
più dolci extra. Mai più” concluse,
prendendo in mano
gli ingredienti per rimetterli a posto.
«Stai
provando a cucinare qualche dolce? Evita!» esclamò
Nickel, appena arrivata, facendolo trasalire. Sebbene fosse un minicon,
quindi
decisamente minuscola, aveva una voce e un caratterino che non
passavano
inosservati nemmeno in mezzo a certi colossi «Ho paura di
cosa potrebbe uscire
fuori nel caso in cui non vada tutto a fuoco. Meglio lasciarlo fare
alla
bambina nei giorni stabiliti».
Avrebbe
avuto tante cose da dire a riguardo ma preferì
tenerle per sé. «Non è una bambina.
È un lilleth».
«Mh?
Sì, ci somiglia. Volevo finire di farle vedere come si
fa un trapianto di sensore ottico, sicuramente più utile di
qualunque cosa in
cui possiate coinvolgerla voialtri, quindi dov’è
ora? Kaon mi ha detto che era
con te».
«Tarn
l’ha appena portata via».
Nickel
non ci mise molto a fare due più due. «Io te lo
avevo
detto che stavi diventando troppo ingordo. Già non sono
sicura che questo sia
il posto per lei, almeno decidetevi a lasciarla in pace, voi macchine
assassine!»
«Credevo
che fossi contenta di poter vedere da vicino la
faccia di qualcuno senza usare il jetpack… EHI! Tu
ripari
Decepticon con quelle mani!» esclamò Helex,
vedendo il gestaccio di Nickel
«Credevo che fossi soddisfatta di lei, non dicevi che impara
in fretta quel che
le mostri?!»
«Impara
in fretta un po’tutto ma non è questo il
punto»
ribatté lei «Ti risulta che in questi tredici
giorni Tarn le abbia detto cosa
fate, o facciamo, di preciso?»
«Quando
Tesarus ha visto che lo guardava mentre lui si
toglieva pezzi di mechs incastrati tra le lame, lui le ha ricordato
lì fuori
che c’è una guerra. Non so se lei abbia capito di
cos’erano quei pezzi, in
effetti credo di no, ma che vuoi farci?»
Seppur
ancora dubbiosa, alla fine Nickel sospirò e fece
spallucce. La risposta a “che vuoi farci?”, in
quella situazione, era “proprio
nulla”.
Intanto
Tarn, come ogni sera da tredici giorni a quella
parte, prima di portare Spectra nei propri appartamenti si stava
dirigendo
davanti alla grande statua di Megatron presente
nell’astronave.
«Si
è spaventato davvero» disse piano Spectra, rimasta
in
silenzio fino ad allora «Ma erano solo dei dolci, voleva solo
quelli».
«Sono
certo che tu sappia benissimo che non era un problema
di dolci, quanto piuttosto di disciplina. A tal proposito: non voglio
che si
ripeta quel che è successo oggi. Apprezzo che ti interessi
della salute dei
miei uomini, è un segno che ti stai integrando, ma quando
parli con me voglio
la verità e nient’altro. Così
continueremo ad andare d’accordo. Ci siamo
capiti?... Sì? Molto bene».
Arrivati
davanti alla statua di Megatron, Tarn fece cenno a
Spectra di procedere con la prima delle loro abitudini serali.
«Anche
quest’oggi ringraziamo e lodiamo il nostro fondatore e
capo supremo» esordì la giovane «Che il
suo coraggio e la sua saggezza possano
sempre illuminare il nostro cammino verso una pace che sia eterna come
la sua
ferrea tirannia. Peace
through tiranny».
«Peace
through tiranny»
le fece eco Tarn.
Dopo
averle mostrato la statua di Megatron, rimediando alla
grave lacuna riguardo le sue fattezze, quell’invocazione era
stata la prima
cosa che le aveva insegnato. Le aveva spiegato che nella dottrina
Decepticon
non era concepibile alcuna religione e che quindi sarebbe stato meglio
se
avesse dimenticato le preghiere che rivolgeva a Primus e i Tredici
Prime.
La
risposta della giovane l’aveva lasciato basito,
perché
aveva detto che non le erano mai state insegnate preghiere, solo
bestemmie,
delle quali ce n’era una che -da quel che Tarn aveva capito-
riusciva a mutilare
tutte le divinità conosciute mentre dava loro connotati
bestiali e le
coinvolgeva in un’orgia svolta in luoghi poco appropriati.
Lei comunque non
bestemmiava: non le piaceva insultare la gente.
«Sono
sempre concetti che fa piacere ripetere» disse Tarn
«E
ora andiamo a studiare. Sarai lieta di sapere che iniziando prima
possiamo
andare più avanti con la lettura di “Towards
Peace”».
Spectra
sorrise. «Che bello!»
Non
era una presa in giro, era veramente contenta all’idea. I
libri di fiabe che aveva quando viveva ancora in casa propria erano un
numero
notevole ma erano sempre quelli, ormai li sapeva a memoria, quindi
avere a che
fare con un libro nuovo non poteva farle altro che piacere. Aver
vissuto da
reclusa se non altro aveva mandato alle stelle la sua
volontà di conoscere e
imparare.
«Circondata
dalle persone giuste pronte a instradarla,
l’entusiasmo verso l’apprendimento è una
della migliori qualità che possa avere
una mente giovane. Tralasciando il tuo piccolo scivolone di prima posso
dirmi
soddisfatto di te».
«Alla
valutazione di rendimento di domani devo portare anche
io il PSP?»
«Trattasi
di una valutazione mensile e domani sarà solo
il tuo quattordicesimo giorno a bordo, non avrebbe senso. Aspetta: hai
fatto un
PSP?! Ma più che altro, come sai cos’è
e cosa devi scriverci dentro? Non mi
risultava di avertene parlato, le tempistiche non lo
richiedevano».
«L’ho
scritto con Vos».
Un’affermazione
che non contribuì a diminuire la sua
perplessità. «Spectra, Vos parla e scrive solo in
gergo primordiale. Capisce
quel che diciamo ma non usa la nostra lingua».
«Sono
io che cerco di imparare la sua. Varie parole le ho
imparate proprio facendo il PSP, adesso quindi lo capisco un pochino.
Niente di
più però, non so scrivere le frasi intere senza
aiuto e la mia pronuncia non va
bene, lui dice che per ora è abbastanza disastrosa. La
volontà di migliorare
però poteva andare nel PSP, quindi ho scritto anche
questo».
Sperando
che in futuro non fosse contagiata dalle abitudini
del resto del gruppo e quindi continuasse a prendere sul serio
l’amministrazione, raggiunse i propri appartamenti insieme a
lei.
Inizialmente,
essendo stata sua la decisione di prenderla a
bordo, aveva pensato di farla sistemare lì, ma aveva
accantonato subito l’idea:
non aveva intenzione di dare adito a chiacchiere strane. Di conseguenza
l’aveva
affibbiata a Nickel che, dopo averla rivoltata come un calzino per
controllare
che non avesse malattie, l’aveva presa per mano e portata nel
proprio alloggio
senza fare obiezioni. Probabilmente le piaceva l’idea di non
essere più la sola
piccoletta nella nave.
«Accomodati,
Spectra».
“Towards
Peace” era stato già messo sul tavolo, in attesa
solo di essere letto ad alta voce da Spectra. Tarn aveva deciso di
lasciarle
toccare quell’inestimabile reliquia solo dopo aver
controllato le condizioni
dei due libri di fiabe che aveva nello zaino, trovandoli intonsi
sebbene
fossero più vecchi di lei. Si era anche forzato a dar loro
una rapida lettura,
tanto per capire meglio il soggetto che aveva deciso di
istruire.
Lei
si sedette. «Riprendo da dov’eravamo
arrivati?»
«Certo,
a meno che tu abbia dei dubbi su qualche passaggio
della precedente lettura».
«No.
È solo…» Spectra lo guardò
«Ho ricordato che ieri mi hai
detto che quella che avremmo letto stasera è una delle parti
che
preferisci».
«Ragion
per cui pensi che dopo averti lasciato leggere due
parole inizierò a recitarla a memoria,
com’è capitato altre volte. Se è
così,
sono costretto a dirti una cosa» fece una pausa
«Hai perfettamente ragione».
Contagiato
dal sincero entusiasmo della giovane, ancora vivo
come la prima sera in cui l’aveva sentito declamare pagine
intere parola per
parola e l’aveva guardato con un’aria deliziata che
da tempo immemore Tarn non
vedeva sul viso di qualcuno, si schiarì la voce.
«“La
mia arma è il mio fardello”»
esordì, con la massima
enfasi e la serietà «“Ciò che
mi ricorda in modo costante il percorso che sono
stato costretto a intraprendere. Quando la parola
‘arma’ sarà vuota di ogni
significato; quando lo scopo di un’arma sarà
impossibile da afferrare; quando
rinunciare alla mia arma non avrà significato per altri che
non sia io, solo
allora potrò rimuoverla dal mio braccio…
perché solo allora avrò guadagnato il
diritto di liberarmi del mio fardello”» concluse, e
fece una breve pausa per
gustare il suono di quelle parole. «Sai una cosa? Cercare di
ispirare te con lo
studio di queste parole è qualcosa che finisce per ispirare
anche me stesso.
Ora, come le altre sere, ti chiedo: quali sono le tue considerazioni su
ciò che
hai appena sentito?»
Aspettò
che Spectra finisse di riflettere. Di solito non
impiegava mai molto per dare una risposta.
«Lui
qui parla in senso letterale o è come in certe parti
delle fiabe, dove non è così?»
«Il
confine tra una e l’altra cosa a volte può essere
labile.
Questa è una di quelle volte».
«Più
che altro sono un pochino dispiaciuta per quello che
dice, perché sembra qualcosa come… non so, come
se tutti possano andare avanti
e dimenticare tranne lui che fatto cominciare tutto. Ma se devono
andare avanti
“tutti” allora lui non può essere
escluso, finché sarà escluso certe cose
continueranno ad avere il significato che hanno, e finché lo
avranno niente di
tutto questo finirà mai e… Tarn, ma lui pensa
davvero che prima o poi la guerra
possa finire oppure no?»
«Questo
discorso va oltre la guerra, Spectra, e ci sono cose
che non possono “finire”»
replicò il Decepticon «La pace attraverso la
tirannia
è qualcosa a cui non si finisce mai di lavorare. La tirannia
va mantenuta in
maniera costante, così che la pace sia costante.
Perché la dottrina Decepticon
sia sempre forte, c’è chi deve prendersi la
responsabilità di certe azioni e
precludersene altre».
«Sembra
proprio un fardello grande. Come dice lui nel
libro».
«
Il bene superiore richiede sacrifici. Sempre.
Ma ricorda che in
realtà non c’è sacrificio che sia
troppo grande quando la causa è quella
giusta. La nostra lo è. Bene… dopo questo direi
che tu possa tornare, anzi
iniziare, a leggere».
Pur
essendo sempre sincera nell’esprimere le proprie
considerazioni, ce ne era una che Spectra aveva evitato di fare: quella
in cui
si stupiva di quanto l’appartenenza a una fazione militare
potesse divorare
ogni altro aspetto di certe vite.
Non
avrebbe mai pensato che una cosa simile fosse possibile e
lei, sinceramente, sperava di riuscire a evitarlo pur imparando da Tarn
più che
poteva. Se avesse dovuto paragonare con qualcos’altro
l’importanza che Tarn
dava alla causa, l’avrebbe paragonata a quella di Spectrus
verso il conoscere
intimamente più donne possibili: la devozione le sembrava
più o meno quella.
Forse però le conseguenze della devozione della DJD erano un
po’più pesanti. Se
gli altri avevano paura quando Tarn abbassava la voce, dovevano averlo
visto
usare più volte quella sua capacità per uccidere
la gente che secondo lui
minacciava quello a cui era votato.
Spectra
non era nuova al concetto di “morte”.
C’era una
guerra in corso, come le aveva ricordato anche Tesarus, e quando
c’era una guerra
in corso le persone morivano -sì, morivano, proprio
com’erano morti suo padre e
sua madre, che lei non aveva conosciuto.
Non
le piaceva l’idea, lei non era in grado di uccidere e
probabilmente non lo sarebbe mai stata, però per forza di
cose era una realtà
che accettava. Era anche il destino che toccava ai cattivi di ogni
fiaba e,
oltretutto, sapeva che anche Spectrus aveva ucciso, perché
glielo aveva detto
chiaro e tondo: aveva ucciso i “cattivi” con un
colpo alla Scintilla e via, un
colpo che distruggesse il cervello e via.
Cattivi,
come quelli con cui viveva adesso -per Spectrus
sicuramente lo erano- e per i quali i cattivi erano gli altri,
perché Tarn era
convinto che il “bene superiore” stesse dalla sua
parte.
Spectra
iniziava a pensare che forse tutti nelle loro teste
si sentissero gli eroi, come i vari principi azzurri nelle fiabe. Era
il solo
modo in cui spiegare una simile contraddizione.
«Va
bene, Tarn. Ora comincio…»
Nel caso ve lo
stiate chiedendo, sì: la statua di Megatron c'è
davvero, i membri della DJD dicono per davvero quella sorta di
"preghiera", Tarn ha davvero la prima edizione di Towards Peace appesa
in camera sua e sì,
prende molto sul serio l'amministrazione: piano di sviluppo personale,
voti, ammonimenti, richiami scritti, nulla che mi sia inventata io,
sono tutte cose che sono presenti per davvero :'D
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Capitolo 3 *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 3. A Little Too Much, A Little Too Soon (Maybe) ***
Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ A Little
Too Much, A Little Too Soon (Maybe)
Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ
«Se
pensavate davvero
che potesse finire diversamente siete idioti».
«Tu
non dai a me dell’idiota,
Tesarus! Ci siamo capiti?!» sbottò Helex.
Di
norma era difficile trovare un simile livello
d’irrequietezza nella Peaceful Tiranny il giorno dopo aver
eliminato un nome
dalla Lista: era quel che costituiva la migliore valvola di sfogo per
la
violenza e il sadismo indicibili che albergavano nella stragrande
maggioranza
dei componenti della DJD.
Il
giorno prima però era successo qualcosa che non sarebbe
dovuto succedere, o meglio, che era successo prematuramente.
«Io
non l’ho fatto. Hai fatto da solo, e non capisco come tu
abbia potuto credere che potesse veramente far parte del gruppo. Non mi
è
antipatica, solo che non c’entra niente con noi»
continuò Tesarus «Noi siamo
Decepticon, noi abbiamo scelto di essere qui. Lei è qui solo
perché a Tarn è
venuta voglia di riempire quella piccola testa vuota con parole che non
può
neanche capire! Si era seduta su un cadavere con quella cyberfarfalla
sul dito
e non aveva nemmeno capito cosa stesse
usando come
sedia! Cazzo!»
«Dovresti
proprio dire tutto questo a Tarn quando si farà
vedere, Tess» lo punzecchiò Kaon, giocando
distrattamente col cane.
«Io
ho ragione!» sbottò il Decepticon «Noi
siamo la DJD,
facciamo il nostro mestiere, ci piace e continueremo a farlo. Qualcuno
di voi
ha voglia di smettere solo perché una bambina si
è sconvolta?... No, eh?
Appunto!»
Nickel,
solitamente con una risposta sempre pronta, in quel
caso non si sentì di dar torto a Tesarus. Pur non
concordando sul “parole che
non può neanche capire”, il resto del suo discorso
aveva dato voce ai pensieri
che aveva sempre avuto da quando aveva fatto conoscenza con
Spectra.
Tesarus
aveva parlato bene, tutti loro erano lì di propria
volontà e per buoni motivi, lei per prima aveva abbracciato
la filosofia
Decepticon perché il loro disprezzo verso gli organici
rispecchiava il suo: era
la sola sopravvissuta di un massacro in cui degli alieni organici
appartenenti
a un ordine fortemente anti mecha aveva spazzato via la colonia -tra
l’altro
totalmente pacifica- dov’era nata e cresciuta, e in nome di
questo riusciva
anche ad accettare tranquillamente le attività della
DJD.
Spectra
però non odiava nessuno, non era violenta né
sadica e
per forza di cose sapeva ben poco della vita reale. Se fosse successo
più tardi,
se Tarn fosse riuscito a istruirla di più, a plasmarla di
più rispetto a quanto
fatto in quei venti giorni -ormai ventuno- forse sarebbe
stato
diverso, ma così… come avrebbe potuto accettare
quel che aveva visto il giorno
prima?
.::. Il
giorno precedente .::.
Tarn
aveva una quantità infinita di morti sulla coscienza,
talmente tante da aver perso il conto da tempo immemorabile. Il suo era
più di
un mestiere: era una vocazione, era uno stile di vita, era praticamente
una
fede, ed era forte.
Di
solito tendeva ad andarne fiero.
Tarn,
dopo Megatron stesso -inarrivabile, non paragonabile ad
alcun altro- era sicuro di essere il Decepticon che più di
chiunque altro
incarnava quello spirito; di conseguenza non perdeva mai
l’occasione di fare
monologhi più o meno lunghi per darne ulteriore
dimostrazione, specie quando
decideva di porre fine alle atroci sofferenze cui il sui gruppo
condannava la
vittima di turno.
“No,
non vittima: il reo. Definire loro delle vittime farebbe
di noi i colpevoli, farebbe di me il
colpevole,
cosa che non è. Sono loro che se la cercano. Non
succederebbe nulla se non
fossero Autobots, se non tradissero la dottrina Decepticon
deliberatamente o se
la conoscessero quanto dovrebbero, così da evitare errori
grossolani. Essere
nemico dei Decepticon è una colpa grave, il tradimento lo
è ancora di più e
anche l’ignoranza, salvo un caso su miliardi, lo è
altrettanto. Ecco perché
sono loro i colpevoli. Ecco perché lo sono sempre. Loro, non
noi, non io”.
Tuttavia
c’erano delle occasioni in cui le vitt- in cui i colpevoli cui
lui era
in procinto di dare il colpo di grazia riuscivano a coglierlo con la
guardia
abbassata.
Di
solito erano quelli che, pur ricevendo la pena massima
come tutti quelli che passavano per le mani della DJD, avevano commesso
infrazioni
“minori”. Per modo di dire, in realtà
erano tutte gravi, ogni possibile
minaccia all’autorità di Megatron lo era
già solo in quanto tale.
Eppure
nonostante il numero di esecuzioni, nonostante
l’abitudine, c’era ancora qualche caso in
cui per qualche momento si
sentiva perfino… toccato.
A
volte, come quel giorno, tale sensazione lo spingeva a
decidere di non uccidere il malcapitato con la propria voce,
lasciandolo invece
alle amorevoli cure di Tesarus, Vos, Helex e Kaon, i quali non si
facevano
domande: era tutto divertimento in più per loro.
«È
vostro».
Quelli
erano i momenti in cui ricordava il vero motivo per
cui portava la maschera.
Non
lo faceva in onore del loro fondatore, non lo faceva per
nascondere la propria identità o per terrorizzare
ulteriormente le proprie
vittime: lo faceva perché nessuno potesse notare quei suoi
momenti di debolezza
-momenti che in realtà erano più che altro
di consapevolezza, vaghi
barlumi di
coscienza in un costante delirio da zelota.
Prima
che potesse allontanarsi vide il disgraziato
animarsi improvvisamente, come ad aver intravisto una speranza di
scamparla che
non poteva esistere.
«Ai…
u…»
Con
un filo di voce proveniente dall’ammasso di buchi che un
tempo era stato una faccia -non più, da dopo che Vos gli
aveva fatto indossare
la propria- e con lacrime di energon a gocciolare dal solo mezzo
sensore ottico
che gli restava, stava tendendo disperatamente in avanti quel che
restava delle
braccia fuse fino a oltre metà. Dimenava quel che fino a
poco prima era stato
un corpo da seeker e ora era un ammasso di ferraglia distrutto e
semidisciolto,
la cui unica ala sopravvissuta recava ancora il simbolo dei Decepticon,
diventato talmente fragile da poter essere graffiato dal terreno
roccioso.
“Non
ho voglia di assistere a questa cosa triste e patetica,
non adesso” pensò Tarn.
«A…
aiut…»
Helex
fece uno sbuffo. «Pare che questo sia uno di quelli che
ha le visioni, direi di farlo stare zitt… oh, guarda chi
c’è! Lilleth, vieni qui
anche tu, ora che è ammorbidito magari riesci a staccargli
qualche pezzo!»
No.
Non
poteva essere.
Helex
non poteva aver detto veramente “Lilleth”. Quello
era
il modo in cui alcuni nella nave avevano iniziato a chiamare Spectra,
ma
Spectra non poteva essere lì, non doveva essere
lì, Spectra doveva essere nella
Peaceful Tiranny che sì, era effettivamente poco distante,
ma non significava
nulla.
Lei
non doveva essere lì, non in quel giorno, non in quel
momento, lei non era pronta e lui lo sapeva. Non era pronta, non poteva
esserlo, non le aveva ancora insegnato abbastanza, e se lei avesse
visto quello
ora -quello,
un qualcosa che
aveva toccato anche lui con la sua fede incrollabile- tutto il lavoro
che stava
facendo avrebbe potuto svanire, cancellato da un’esperienza
vissuta troppo
presto, maledizione, troppo presto!
Si
voltò, vide che purtroppo era veramente lì e si
chiese
come a Helex fosse potuto passare per la testa che invitarla a unirsi
fosse una
buona idea: l’espressione terrorizzata, il tremore e le
manine strette al petto
facevano pensare che avrebbe potuto collassare da un momento
all’altro.
«Spectra,
ferma. Rimani dove sei» le intimò, notandola
indietreggiare nel vederlo avvicinarsi «È tutto a
posto. Tu e io adesso
torniamo alla nave».
Vide
a terra un contenitore rovesciato dal quale erano
fuoriusciti dei biscotti. Quello doveva essere il motivo per cui si
trovava lì:
guardando il radar doveva aver visto i loro segnali fermi relativamente
vicino
alla nave e, poiché era giorno di dolci, doveva aver deciso
di fare loro una
sorpresa e raggiungerli con quelli.
“Invece
la sorpresa l’ha avuta lei”.
«Ti
consiglio di staccare i recettori audio fino a quando ti
poserò a terra di nuovo» le disse, prendendola in
braccio.
La
giovane iniziò a piangere. «N-non… non
puoi fermare tutto?
Fermali, per favore…»
«No.
Stacca i recettori, Spectra».
Non
poteva essere sicuro che lei gli obbedisse, non aveva
modo di controllare che li staccasse o meno, dunque poté
solo augurarsi che gli
desse retta. I rumori che avrebbe sentito se non l’avesse
fatto non le
sarebbero piaciuti.
«Di
tutto quel che avresti potuto fare, di tutti i momenti
che avresti potuto scegliere…»
sospirò.
Lei
non rispose né si mosse durante tutto il tragitto da
lì alla
Peaceful Tiranny. Tarn non sapeva se interpretarlo come un buon segno
ma era
sempre più comodo rispetto a dover tenere fermo qualcuno che
strillava cercando
di scappare.
«Spero
per te che stavolta i T-Cog siano in condizioni
decenti» fu la prima cosa che gli disse Nickel vedendolo
rientrare «Perché ti
avverto, se così non fosse questa è
l’ultima volta in cui-»
Si
interruppe bruscamente notando prima che non era solo, poi
tutto il resto. Non impiegò molto per mettere insieme i
tasselli.
«Oh
no».
«Oh
sì» replicò Tarn.
«Non
mi ero accorta che fosse uscita, se l’avessi
vista-»
«Tu
non sei la sua balia» la interruppe lui «Inoltre
non le
ho mai ordinato in modo chiaro di non uscire dalla nave in mia assenza
per
andarsene in giro, avevo dato per scontato che non avesse motivi per
farlo. È
stata una mia mancanza non aver previsto che Spectra potesse fare delle
azioni
da… Spectra. Voleva portarci i dolci».
Nickel,
con un sospiro nervoso, si massaggiò la fronte.
«In
ogni caso era inevitabile. Prima o poi, più prima che poi,
avresti dovuto
scendere più nel dettaglio riguardo quel che fa la DJD. Il
fatto che sembri non
riuscire neppure a sentirci non è
incoraggiante».
«Le
ho detto di staccare i recettori audio. Le parlerò una
volta che l’avrò portata nel vostro alloggio,
spero con buoni risultati».
«E
se non dovessero essercene?»
La
risposta di Tarn alla domanda di Nickel fu qualche secondo
di completo silenzio.
Senza
attendere oltre, il Decepticon portò Spectra
nell’alloggio condiviso da lei e Nickel. Progettato con una
singola cuccetta
per transformers di statura non eccessiva, risultava comunque spazioso
per due
piccolette come loro. C’era perfino un piccolo bagno attiguo,
installato dopo
l’arrivo di Nickel a bordo: era un minicon ma era sempre una
signora.
Mise
Spectra sulla cuccetta. «Hai riattivato i tuoi
recettori?»
Lei
annuì. Li aveva riattivati appena lui l’aveva
messa giù,
proprio come le aveva ordinato.
«Bene.
Dobbiamo parlare un po’».
Spectra
sollevò lo sguardo. Piangeva ancora.
«Perché?»
«Mi
sembra ovvio il perché».
«Perché quello?»
domandò ancora
Spectra, sollevando una mano tremante a indicare un punto non meglio
definito
«Perché? C-cosa… cos’ha
fatto? Cosa… n-no» scosse la testa «No,
qualunque cosa
possa aver fatto non… non meritava… i-io lo so
che c’è la guerra, avevo capito
che voi… che vi capitava di uccidere m-ma… ma
quello che avete fatto, tutto
quello» si coprì il viso con le mani,
artigliandosi la fronte «È troppo,
è…
orribile, orribile…»
Indubbiamente
lo era e lei non avrebbe potuto scegliere
occasione peggiore per ricordarglielo, ancora reduce com’era
dalla “debolezza”
di prima.
“Questa
è una valida ragione per farmela passare. Dire a lei
perché lo faccio lo ricorderà anche a me stesso.
Dovrei vergognarmi di
lasciarmi ancora andare a certe cose” pensò
Tarn.
Dopo
qualche istante strinse le braccia della giovane in una
presa salda e le abbassò. «Quello che facciamo
è necessario. Il nostro lavoro è
giustiziare chi si rende colpevole di atti tali da meritarlo. I
“cattivi”, se
ti è più chiaro detto così. Non
è un destino a cui vanno incontro tutte le
persone che ci capitano davanti per sbaglio, Spectra, la tua presenza
qui ne è
la prova».
«Era
anche un Decepticon… era un Decepticon, io l’ho
visto,
ho visto il simbolo che aveva addosso, era uno della tua fazione,
perché dici
che era cattivo?!»
«Perché
a volte le persone fanno cose che sono contrarie a
quello cui dicono di credere e per cui dicono di combattere. Si
allontanano
dalla dottrina che avevano scelto, la ripudiano, la ignorano, ne
minacciano la
stabilità con le loro azioni stupide, inconsulte o
volutamente dannose. Le minacce
interne sono peggiori di quelle esterne: da quelle esterne sai
cos’aspettarti e
come difenderti, con quelle interne può essere un
po’più difficile. Questo è il
motivo per cui esiste la DJD. Questo è anche il motivo
dietro a quello che hai
visto» aggiunse Tarn.
«I-il
motivo?...»
«La
pace attraverso la tirannia a volte ha bisogno dell’aiuto
della paura per essere mantenuta. Se tu fossi un Decepticon con una
mezza
voglia di fare qualcosa di stupido, saresti propensa ad assecondarla
sapendo
qual è la pena? No. Ecco che così facendo
c’è già un cattivo un meno a
minacciare tutto quel che Megatron ha costruito. Ricordi quello di cui
abbiamo
parlato il tuo tredicesimo giorno qui, la parte riguardo i sacrifici?
Ricordi
cosa ti ho detto in quell’occasione?»
Se
non gli avesse risposto lo avrebbe capito, era un momento
difficile per lei, ma Spectra parve riuscire a fare mente
locale.
«”Nessun
sacrificio è troppo grande se la causa è
giusta”»
disse con un filo di voce.
Sentire
che aveva ricordato e capito di cosa le stava
parlando riuscì perfino a dare a Tarn una mezza
speranza.
«Esatto»
confermò «È di questo che si tratta.
Quel che
facciamo, quel che faccio, è risaputo. Ad avere meno voglia
di fare qualcosa di
stupido quindi non è un solo Decepticon, sono molti. Tutti
“cattivi” corretti
prima che lo diventino e che complichino l’esistenza a se
stessi e agli altri,
e che quindi vivranno tranquillamente. Anche per sempre felici e
contenti,
perché no?»
«Dici
che era cattivo e ho capito ma quel che avete fatto
è…
voi l’avete bruciato, voi l’avete distrutto, lui
era-»
«“E
fu così che il principe e la principessa vissero per
sempre felici e contenti, mentre al perfido fratello della principessa,
per
tutto quel che le aveva fatto, venne fatta indossare
un’armatura di corde
magiche imbevute di olio che avrebbero bruciato senza consumarsi fino a
quando
di lui non sarebbero rimasti altro che i brutti ricordi,
anch’essi destinati a
svanire col tempo”. Sì, ho dato
un’occhiata ai tuoi libri di fiabe»
confermò
Tarn, vedendola sorpresa «Tutto molto bello per i buoni, ma i
cattivi… le loro
pene mi ricordano qualcosa. Pare che a volte le fiabe diventino
realtà, anche
se non nel modo e nelle parti in cui ci si
aspetterebbe».
Lei
stavolta non disse nulla, restando ferma anche
quando lui asciugò le sue lacrime e pose con fermezza le
mani sulle sue piccole
spalle.
«Spectra,
ora io devo chiederti una cosa» disse il
Decepticon, percependo chiaramente attraverso i pollici le pulsazioni
della
Scintilla della giovane «Allo stato attuale, ora che abbiamo
parlato, pensi di
riuscire a capire e accettare il tutto?»
Spectra
rimase immobile per qualche attimo.
«Sì»
mormorò.
Tarn
tolse le mani dalle sue spalle. «Bene. Speravo che lo
dicessi».
«Solo…
m-mi sento un po’stanca, adesso».
«Capisco.
Hai il resto della giornata libera, puoi riposare
tranquillamente, nessuno ti disturberà. Ovviamente Nickel
tornerà qui per
dormire quando sarà l’ora ma di certo non ti
accorgerai neppure».
Spectra
si rannicchiò sulla cuccetta.
«Grazie».
Arrivato
sulla soglia, Tarn si voltò nuovamente a guardarla.
«Non eri pronta per questo. Sarebbe stato meglio se avessi
potuto assorbire un
altro po’della nostra mentalità e del nostro stile
di vita prima di venire a
conoscenza di certi dettagli. Quello che ci è stato giocato
è stato proprio un
brutto tiro. A domani, Spectra».
Detto
questo se ne andò. Lasciarla stare era la miglior cosa,
soprattutto in vista del fatto che contasse di tenerla particolarmente
d’occhio
nei giorni successivi.
Aver
sentito quel suo “Sì” era stato
già molto, se non
moltissimo, però non era sufficiente sul lungo termine. Tra
il dire e il fare
c’era di mezzo il mare, dunque voleva vedere come si sarebbe
comportata e
quanto tempo avrebbe impiegato per riprendersi, sperando che riuscisse
a farlo
davvero.
Dopo
essere rimasta sola Spectra aspettò di sentire i passi
di Tarn farsi più distanti e, quando ebbe concluso che
questi si fosse
allontanato abbastanza, corse dritta in bagno, preda di
un’irrefrenabile nausea
che la costrinse a inginocchiarsi e rimettere anche
l’anima.
Passati
gli ultimi strascichi di conati, sentendosi
mentalmente stremata come mai le era capitato in vita sua,
aprì il rubinetto
della doccia di olio caldo e, poggiata la fronte contro la parete, si
lasciò
avvolgere dal calore di quell’abbraccio liquido.
“A…
aiut…”
Strinse
la testa tra le mani e chiuse i sensori ottici
nuovamente pieni di lacrime, cercando di scacciare dalla mente
l’immagine di
quel povero disgraziato.
Non
poteva fare niente per lui, a quel punto probabilmente
era già morto, o così c’era da
sperare.
«Mai
farò del male a qualcuno in quel modo»
sussurrò «Mai
ucciderò, mai. Mai!» esclamò,
stringendosi la testa ancora più forte con le
mani tremanti «Non importa se mi daranno addosso, non importa
se saranno Autobots
o altri Decepticon, non importa, io mai, mai diventerò… mai diventerò…»
“Un
mostro come loro”.
Crollò
nuovamente in ginocchio.
“Pensano
davvero di avere ragione, pensano davvero che gli
altri lo meritino e che siano cattivi, e io gli ho detto che lo
capisco, ed è
vero, io ho capito quello che mi ha detto, e io gli ho detto che lo
posso
accettare, ma come, perché-”
Le
mani di Tarn sulle sue spalle.
Aveva
le mani grandi rispetto alle sue spalle, vero, ma quei
pollici che erano rimasti all’altezza della sua Scintilla non
avrebbero
impiegato molto sforzo per sfondarle il petto in caso di una risposta
sbagliata, lei era così esile.
Sarebbe
stato rapido e pressoché indolore.
«NO!»
gridò, scagliando entrambi i pugni contro il muro
metallico.
“Non
l’avrebbe fatto, non ha pensato di farlo e non dovrei
pensarlo nemmeno io. Lui è quello che è, loro
sono quello che sono ma…” i pugni
scivolarono lungo il muro “Hanno anche qualcosa di buono. Lo
hanno, sono mostri
ma lo hanno, lo devono avere, tutti lo
hanno…”
Vos.
Lui
in quei venti giorni era sempre stato dispostissimo a
cercare di insegnarle la sua lingua, mai l’aveva maltrattata
nonostante la sua
pronuncia continuasse a fare piuttosto schifo.
Helex.
Aveva
sempre apprezzato i suoi biscotti ed era stato lui a
chiamarla “Lilleth” per primo. Il soprannome le
piaceva anche se, purtroppo,
lei dei graziosi uccellini di vetro aveva visto solo le
immagini.
Kaon.
Sembrava
starle intorno volentieri quando lei giocava col suo
cane e nell’ultima settimana aveva anche iniziato a farle
vedere qualche
trucchetto di hacking. Erano stati tutti interessanti!
Tesarus.
Non
avevano scambiato molte parole a parte “Buongiorno”
e
“C’è una guerra lì
fuori”, ma alla fine neppure lui era stato cattivo con
lei.
Nickel.
Era
stata carina con lei fin dall’inizio, e lei stessa era
carina, piccolina ma con un carattere e una capacità di
rispondere che Spectra
in certi casi avrebbe voluto possedere a sua volta. Le aveva permesso
di
decorare un po’la loro stanza e le aveva anche insegnato
svariate cose, ora
avrebbe saputo trapiantarsi un sensore ottico anche da sola.
Tarn.
Avrebbe
avuto molto da dire su di lui, sulla pazienza che
aveva avuto con lei e la sua ignoranza, sulla quantità di
cose che le stava
insegnando, sul fatto che cercasse sempre di spiegarle le cose come se
pensasse
che valesse la pena e lei potesse davvero capirle -e le capiva,
infatti- e
sulla faccia che aveva fatto quando lei gli aveva fatto ascoltare il
tipo di
musica cui era abituata, ben diverso da quello che invece le aveva
fatto
sentire lui. Quest’ultimo in verità le risultava
anche più gradevole.
Spectra
all’inizio se ne accorse solo in parte ma, ricordando
lo sguardo di Tarn nel momento aveva sentito il cantante sbraitare
“let the
bodies hit the FLOOOOR!”,
si rese conto di
essersi messa a ridere in modo sì sommesso, ma anche
piuttosto isterico.
Quando
la risata smise fece un sospiro, rialzandosi con
cautela.
Sì,
aveva deciso: doveva mettersi in testa che le persone a
bordo della Peaceful Tiranny erano sempre quelle con cui si era trovata
piuttosto bene fino a neanche un’ora prima. Erano mostri ma
non lo erano
diventati tutto d’un tratto, lo erano sempre stati, lei
l’aveva solo scoperto
in ritardo.
Doveva
concentrarsi su ciò che c’era di buono in loro,
doveva
credere che quello che aveva visto di buono ci fosse davvero, anche
perché…
“Anche
perché se non lo facessi come potrei continuare a guardarli
in faccia e a vivere nella loro stessa astronave?”
Dopo
un altro paio di minuti sotto la doccia, durante i quali
riuscì a smettere di tremare, chiuse il rubinetto e
andò ad asciugarsi. Tutto
quel che desiderava era fare una lunga ricarica fino al giorno
successivo…
sperando che gli incubi non la tormentassero troppo.
.::. Ora .::.
«Magari
riuscirà ad adattarsi» disse Nickel, seppur poco
convinta. Il fatto che Spectra stesse ricaricando quasi da un giorno
intero
-quando lei qualche ora fa si era destata, Spectra dormiva ancora-
forse non
era un bel segno.
Tutti
quanti, notata l’ora, si stavano dirigendo verso la
cucina. Sapevano di doversi procurare la razione ordinaria, senza
dolci. Il
giorno dei dolci di energon purtroppo era saltato per tutti.
Tranne
che per Helex. Lui, dopo aver notato i biscotti che
Spectra aveva fatto cadere a terra, li aveva raccolti e mangiati lo
stesso.
«No
invece. È stato come mettere un uovo di lilleth tra le
mie lame» Tesarus indicò il grosso foro che aveva
sul petto, per l’appunto
pieno di lame «E averlo tritato. Le uova di lilleth sono roba
troppo delicata.
Come lei. Tu preparati a rinunciare all’aiuto, tu»
indicò Helex «Ai dolci, tu»
indicò Vos «Ad avere qualcun altro, oltre a Tarn,
che capisca quel che diamine
dici, e tu» indicò Kaon «A vedere il
cane fare la verticale. Sapete benissimo
cosa succederà dopo qualche giorno in cui la vedremo girare
per la nave nelle
condizioni di ieri. Io l’avevo detto che ucciderla subito
sarebbe stato un atto
di pietà».
Giunti
nei pressi della cucina, sentirono degli strani
rumori.
«C’è
già qualcuno lì dentro?» si
stupì Helex.
Nickel
si affacciò per prima sulla soglia. «Tarn? Sei
t…»
Il
medico di bordo ammutolì, così come tutto il
resto dei
membri della squadra presenti.
«Buongiorno!»
li salutò Spectra, intenta a spargere granella
di rame sui dolci di energon che aveva appena fatto «Quando
ho visto che gli
ingredienti per i dolci non erano ancora stati spostati ho pensato di
rifarli,
dal momento che quelli di ieri sono andati un po’…
persi. Diciamo».
«Altro
che delicata, questa ci seppellirà tutti» disse
Kaon,
il primo a riprendersi dall’incredulità assoluta
che aveva colpito il gruppo.
«Ehm…
come stai, Spectra?» le domandò Nickel,
avvicinandosi
cautamente «Stanotte ti sei agitata un po’ durante
la ricarica».
«Lo
immaginavo. Mi dispiace se ti ho disturbata, è che ho
avuto un po’di incubi, non ti preoccupare. Una lunga ricarica
mi serviva
proprio ma ora va tutto bene. Siamo tutti le stesse persone che eravamo
anche
due giorni fa… giusto?»
Altra
pausa di silenzio.
«Secondo
me ha avvelenato i dolci, non li mangiat-»
«Non
c’è niente di velenoso qui dentro, Tess, falla
finita e
sta’contento!» lo interruppe Helex, rubando
immediatamente cinque biscotti «Sei
sempre un uccellino di vetro ma sei più resistente di loro,
Lilleth. A proposito,
indovina cos’ho visto ieri mentre tornavamo nella
nave».
«Cos’hai
visto?»
«Un
nido di lilleth con due uova. Volevo prenderlo, mi hai
detto di non averne mai visti, però era un
po’troppo fragile per le mie mani.
Tra poco dovremmo andare via dal pianeta ma se non togli dalla mia
razione i cinque biscotti che ho preso ora posso provare a
portarti a
vederlo prima del decollo».
«Lo
farei volentieri, mi piacerebbe tanto vederlo, però non
posso. Se lo faccio finisci nei guai…»
“Ma
tu ci sei o ci fai?” pensò Nickel. Aveva sperato
che si
riprendesse, lo aveva fatto sul serio ma quello era troppo.
«E
poi si è già mangiato quelli che erano caduti per
terra
ieri, è seriamente peggio del cane!»
commentò Kaon.
«Fatti
gli affari tuoi!»
Perplessa
ma convinta di aver visto abbastanza, Nickel prese
la propria razione e se ne andò dalla cucina. Non sapeva
cosa pensare.
Sentendo
rumori di passi, sollevò lo sguardo.
«Tarn».
«Nickel.
Gli altri sono già in cucina a prendere la loro
razione? Tra poco si parte, dovranno essere tutti al proprio posto.
Comunque,
sai dirmi qualcosa di come stia Sp…»
Vedendo
dei dolci nelle mani di Nickel, la domanda morì prima
di essere fatta.
«È
fragile, Tarn… ma forse anche no.
Non so cosa le passi per la testa al momento, è come se i
fatti di ieri non fossero mai accaduti. Forse però non
dovrei farmi troppe
domande su qualcuno che è finito qui inseguendo
cyberfarfalle».
«Forse.
In ogni caso credo che dovrai rinunciare per un
po’alla sua compagnia, ho predisposto una sistemazione per
lei nei miei
appartamenti. Quel che è successo ieri ha fatto di questo un
periodo delicato
per la sua formazione. La nostra prossima destinazione è
abbastanza lontana ed
escludendo l’amministrazione non dovrei essere
particolarmente impegnato,
voglio osservare gli sviluppi» disse Tarn.
“Così
forse non mi stupirò più nel vederla sconvolta il
giorno prima e fare dolci il giorno dopo. Non so quanto sia positivo
che lei,
anche dopo ventuno giorni, continui a sorprendermi”
pensò.
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Capitolo 4 *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 4. In The Dark Of The Night ***
Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ In The
Dark Of The Night Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ
C’erano
delle notti in cui
Tarn suo malgrado faticava a prendere sonno. Colpa di una sensazione di
inquietudine generale che poco c’entrava con qualsiasi
fattore esterno, essendo
rivolta più che altro a se stesso. Erano quei momenti in cui
si rendeva conto
di avere una personalità a dir poco contraddittoria, nel cui processore
ronzavano pensieri quali “Cosa sono? Cosa sto facendo?
Perché?”.
La
prima in particolare era una domanda da un milione di
shanix. A volte gli capitava di domandarsi quale fosse la sua vera
natura e
quale fosse la maschera -e no, non si riferiva a quella che
momentaneamente era
poggiata accanto alla cuccetta.
Era
un devoto Decepticon che tra libri, musica e pratiche
amministrative svolgeva quel suo “compito
particolare”, comunque parte
integrante della sua esistenza, o piuttosto era quel “compito
particolare” a
esserne il fulcro, e il resto erano solo interludi atti a fingere con
se stesso
di non essere una bestia sociopatica assassina assetata di energon
altrui?
Non
aveva una risposta da darsi, dunque tendeva ad
accantonare certi pensieri ripetendosi che tanto rispetto alla causa
non
contavano nulla, ma “accantonare” ed
“eliminare” erano due cose diverse. Ciò
che era accantonato poteva sempre tornare a fare capolino prima o poi,
ed era
quel che stava succedendo.
Odiava
certi processi del suo cervello artificiale, quei
processi che lo portavano a farsi domande, a dare ordine di torturare e
uccidere crudelmente qualcuno e poi a volte chiudere gli occhi, quei
processi
che lo portavano a cercare di essere un leader giusto e trovarsi poi a
volte a
“scattare” per mancanze minime -ma quello era il
meno, provare un po’di sano
terrore non faceva male ai suoi uomini, visto che tipi erano.
Quei
processi che nei giorni passati gli avevano impedito di
convincersi al cento per cento del fatto che riguardo Spectra non ci
fosse
nulla di che preoccuparsi.
Aveva
tenuto fede ai propri propositi: se prima non l’aveva
fatta stare nei propri appartamenti per evitare possibili chiacchiere,
ormai
quella prospettiva era passata completamente in secondo piano rispetto
al resto
a causa dell’imprevisto risalente
ormai a undici giorni prima.
C’erano
cose su cui voleva -e credeva di- avere totale
controllo, mentre il percorso che avevano preso gli eventi aveva
mandato fuori
strada i suoi progetti e le sue previsioni.
Spectra
in quei giorni non si era opposta al trasferimento,
non si era opposta all’idea di dover passare più
tempo sola con lui, non si era
opposta all’idea di dormire nella stessa stanza e di avere il
permesso di
uscire dai suoi appartamenti solo quando ne usciva lui stesso, non
aveva
mostrato particolare disagio in sua compagnia o in compagnia degli
altri, nulla
di tutto ciò. Le era stato tutto bene e si era comportata
come aveva sempre
fatto.
Gli
era passato più volte per la mente il pensiero
“Magari finge
e prima o poi si tradirà”, solo che non era stato
così e, se stava fingendo
davvero, doveva avere doti da attrice consumata incredibili per
riuscire a
ingannarlo; simili doti però sarebbero state troppo in
contrasto col suo
carattere quindi, seppur non fosse illogico, tutto quel rimuginare
risultava
comunque assurdo a Tarn.
Forse
Nickel aveva ragione, forse non bisognava farsi troppe
domande dal momento che anche in Spectra, come in tutti loro, non
c’era granché
di normale. Eppure…
Finse
di dormire quando sentì il rumore della porta del bagno
che si apriva. Lo aveva fatto anche quando aveva sentito Spectra
alzarsi dalla
cuccetta.
“Almeno
lei tornerà in ricarica”
pensò.
I
passi della giovane però presero una direzione
imprevista.
«Mi
spiace di averti disturbato».
Capendo
che ormai fingere di essere in ricarica era diventato
inutile, perché evidentemente non era stato abbastanza
svelto, Tarn aprì gli
occhi. «Tranquilla. Non dormivo».
A
dir la verità era quasi contento che lei fosse sveglia a
sua volta. Parlare con qualcuno, anche con una fonte di
“lavoro mentale” che
comunque era sempre più innocua rispetto ai pensieri su se
stesso, era meglio
di stare lì a macerare nel silenzio.
«No?
Perché?»
«Capita
che il leader di una squadra abbia varie cose e
pensieri per la testa».
Spectra
annuì. Per un attimo parve ponderare l’idea di
tornare alla propria cuccetta, poi però cambiò
idea.
«Io
sono uno di questi?»
Sentendo
ciò, Tarn si rese conto di essere appena stato sorpreso
per l’ennesima volta in quei trentuno giorni. Lei sembrava
avere un talento
particolare per coglierlo negli attimi in cui abbassava un
po’la guardia.
«Perché
lo pensi?»
«Undici
giorni fa mi hai chiesto se sono in grado di capire e
accettare quello che fate. Io ti ho detto di sì»
disse Spectra «Ho concluso che
siete le stesse persone che ho conosciuto e che se mi trovavo bene
prima di
sapere certe cose potevo continuare a trovarmi bene anche dopo. Magari
quel che
fate voi non è qualcosa che mi sentirei di fare io, non
credo che ci riuscirei
mai» ammise «Ma i compiti che mi hai dato non
prevedono che lo faccia. Ho
cercato di far capire a tutti che quando ti ho risposto di
sì ero seria, solo
che tu non sembri contento lo stesso e… io apprezzo la tua
compagnia, però mi
spiace che se adesso stiamo tanto insieme da soli è
perché non ti fidi più».
Se
il fatto che avesse dato inizio a quel discorso era
sorprendente, il modo in cui lo aveva articolato lo era anche di
più. Il
Decepticon iniziò a chiedersi se si fosse addormentato e
stesse sognando, salvo
rendersi subito conto che un discorso tanto
“candido” da parte di Spectra forse
era perfettamente plausibile, purtroppo.
“Purtroppo”,
perché nonostante fosse sveglio e lucido non
sapeva bene cosa risponderle, il che era tutto dire dal momento che di
solito
le parole non gli mancavano mai.
«Forse
avrei dovuto parlarne prima o in un altro momento ma
speravo che sarebbe passato tutto da solo»
continuò lei, guardandolo dritto
negli occhi «E visto che adesso siamo entrambi svegli ho
pensato di chiederti…
perché? Io n-non so se sto sbagliando qualcosa
o…» si strinse nelle spalle «Non
so, ho fatto qualcosa che non dovevo? Ti ho fatto pensare che potrei
farlo?
Cioè… come? Al
di là del
fatto che secondo gli altri sembro un lilleth sono ignorante su tante
cose e so
di essere anche un po’stupida e-»
«Basta»
la interruppe, sollevandola da terra per metterla a
sedere sul proprio petto «Prima volta che te lo dico e voglio
che sia anche
l’ultima: non azzardarti più a definirti stupida.
Sembri uno di quegli
uccellini? Sì. Sei ignorante su tante cose? Meno di quanto
lo fossi un mese fa.
Sei stupida? Non credo proprio».
“Anche
perché se tu invece lo fossi stata e io avessi capito
di avere per le mani una causa persa, allora avrei-”
Rigettò
l’idea di completare quel pensiero, quello stesso
pensiero che gli aveva attraversato la mente undici giorni prima, che
avrebbe
anche messo in pratica se l’avesse ritenuto necessario e che,
ricordandolo in
quel momento, faceva sì che non si sentisse molto a proprio
agio.
Non
era a proprio agio con l’idea di ucciderla. D’altra
parte, se a volte si sentiva così anche con trasgressori che
avevano cercato la
punizione finale, era davvero strano provare quella sensazione verso
qualcuno
che non aveva fatto assolutamente nulla?
«Ma
sei sicuro?»
«Lo
sono».
Non
avrebbe meritato una cosa del genere.
Non
avrebbe meritato di morire per mano sua, non avrebbe
meritato nemmeno certi pensieri da parte sua anche se, nel caso in cui
fosse
rimasta troppo traumatizzata da quanto visto, ucciderla sarebbe stato
un atto
di pietà.
Forse
non avrebbe meritato nemmeno il trattamento che le
aveva riservato in quei giorni, per quanto buone potessero sembrare le
sue
ragioni. Era stato lui a reagire con diffidenza a un qualcosa che non
era stato
negativo, solo inaspettato. Era stato lui a diffidare di una femme
giovane,
piccolina, che sarebbe stata totalmente indifesa anche nei confronti di
Nickel
e che era perfino dispiaciuta all’idea di avergli dato di che
pensare, dispiaciuta,
mentre lui il
giorno dell’ “imprevisto” aveva
cercato un eventuale modo rapido e
indolore per…
«Spectra,
in realtà io sono piuttosto soddisfatto di come hai
reagito a quel che hai visto qualche giorno fa, soprattutto in
considerazione
del fatto che non eri pronta» disse Tarn, interrompendo
bruscamente quel flusso
di pensiero «Ero sincero quando ti ho detto che speravo di
vederti accettare la
cosa. Il mio problema in questi giorni è stato un altro: non
mi aspettavo di
vedere una simile resilienza da qualcuno come te, con tutte le
conseguenze del
caso. Però a questo punto credo che tu possa tornare girare
per la nave quando
e come vuoi, dato che non hai colpa del fatto che io ti abbia
sottovalutata.
Non hai colpa di niente».
Spectra
sorrise. «Sono contenta di saperlo».
Fu
a quel punto che il Decepticon notò una brevissima
occhiata di Spectra, dal significato che lui non seppe decifrare, che
sembrava
rivolta alla parte danneggiata del suo volto. Se avesse potuto vederla
probabilmente l’avrebbe trovata poco gradevole esteticamente
-non che a lui
dell’estetica potesse importare qualcosa- ma era improbabile
che si fosse
accorta dato lui indossava una mas…ah. No. Niente maschera,
non in quel
momento.
Si
consolò col fatto di non aver lasciato trapelare le
elucubrazioni fatte fin lì. Doveva essere così
perché, in caso contrario, non
sarebbe rimasta tranquillamente seduta sul suo petto.
«La
ferita ti impressiona?»
Stavolta
il sorriso di Spectra fu leggermente triste. «Se una
storpia avesse problemi con una cosa così sarebbe un pochino
assurdo mi sa».
Silenzio.
“Avrei
dovuto dirle di andare a dormire dopo aver chiarito”
pensò lui.
«In
verità mi era venuta in mente una cosa un
po’scema…»
«Spectra,
se usi “scema” al posto di
“stupida” il concetto
non cambia e resta valido quel che ti ho detto prima»
sospirò Tarn «Cosa ti era
venuto in mente?»
Lei,
dal petto, scivolò sulla cuccetta. «Non ti avevo
mai
visto senza la maschera, quindi ho pensato che l’avessi tolta
perché magari la
ferita si sta facendo sentire un pochino. La mia gamba a volte lo fa.
Mi hanno
detto che però smetterà di dare noia del tutto
quando sarò adulta, zoppicherò
sempre ma per il resto non mi darà fastidio. So che tu sei
già adulto ma sono
due danni di tipo diverso, quindi magari…» fece
spallucce «Te l’avevo detto che
era una cosa un po’scema».
Il
Decepticon decise di rimettere la maschera al proprio
posto. Magari con quella si sarebbe sentito un po’meno
combattuto tra
l’apprezzare il fatto che lei si preoccupasse della sua
salute e il sentirsi
sempre più a disagio per come si era comportato in quegli
ultimi giorni.
«Non
è una cosa scema. Se ti preoccupi è
perché per qualche
strano motivo, nonostante
tutto,
ti importa» disse
«A volte mi chiedo se tu sia vera, frutto di
un’allucinazione collettiva o di
un delirio di cui sono preda senza rendermene conto. Ora mi sta venendo
in
mente la possibilità che io sia morto. Se così
fosse non sarebbe una brutta
esperienza ma non saprei spiegarmi il motivo per cui sia tu a essere
qui e non
un mostro sordo e invulnerabile intento a dilaniarmi, sarebbe molto
più adatto
e…»
“E”
Spectra forse non aveva sentito una parola di quel suo
discorso, perché stava dormendo accanto a lui.
Di
certo doveva essere finita in ricarica appena poggiata la
testa sulla cuccetta. Era tardi, era sicuramente stanca, tutto
normale.
«Forse
è meglio così» concluse Tarn.
Avrebbe
voluto sollevarla e posarla sulla sua cuccetta,
essendosi addormentata così di botto ci sarebbe riuscito
senza disturbarla, ma
dopo tutta quell’attesa iniziò ad avvertire la
sensazione familiare che
precedeva la ricarica.
“In
fin dei conti sono solo poche ore e non è diverso
rispetto ai momenti in cui io e la squadra ci siamo trovati costretti a
ricaricarci fuori dalla nave” concluse, cedendo finalmente al
sonno.
[…]
«Tarn».
L’eco
di una voce femminile si fece strada nel suo
processore.
«Tarn!»
La
voce in questione divenne piuttosto decisa ma lui scelse
di ignorarla. Stava così bene in quella dimensione ovattata
che non era né
sonno né veglia…
«Tarn!
Qualcuno ha dato fuoco alla prima edizione di “Towards
Peace”!»
Improvvisamente
sveglissimo, nonché pronto a spegnere il
fuoco per salvare il salvabile mentre sparava al responsabile col
doppio
cannone a fusione, il Decepticon saltò giù dalla
cuccetta con tale impeto che
avrebbe ridotto Nickel a una frittata, se lei non fosse stata a
distanza di
sicurezza.
«Alla
buon ora» sbuffò il minicon «Ormai
è da un minuto che
cerco di svegliarti. Il libro sta benissimo!»
Tarn
si rilassò dopo qualche secondo. «Certe cose non
si
dicono neanche per scherzo. Se per stavolta lascio correre è
solo perché sei
tu. Piuttosto, per quale motivo hai deciso di svegliarmi a
ques…»
Tutto
divenne chiaro resosi conto dell’ora grazie al suo
orologio interno. Il suo corpo doveva essere stato talmente bisognoso
di una
profonda ricarica da non avergli concesso di svegliarsi da solo
all’ora giusta
come invece accadeva di solito.
«Perché
da programma tu e gli altri sareste dovuti partire
dieci minuti fa. Solo che il programma non aveva tenuto conto di
attività extra
che generano stanchezza».
Lì
per lì Tarn non seppe spiegarsi l’espressione
mista tra
perplessità e disapprovazione di Nickel, poi
ricordò il dettaglio fondamentale
riguardo la presenza di Spectra sulla sua stessa cuccetta.
«Nickel,
lei non è neanche adulta e io non sono il tipo che
ha pensieri simili sulle bambine. Né su
chicchessia» aggiunse «Abbiamo parlato
a un’ora improbabile e lei si è addormentata,
niente di più. Posso giurartelo
sulla copia non bruciata di “Towards
Peace”».
Sentendo
questo Nickel non poté far altro che credergli.
«Allora immagino che abbiate risolto. Può tornare
a uscire dai tuoi
appartamenti anche senza di te?... certo che ha proprio il sonno
pesante, un
po’la invidio» commentò.
«Direi
di sì. Percepisco una certa nota di biasimo riguardo
le restrizioni cui l’ho sottoposta in questi giorni, eppure
tu per prima avevi
qualche dubbio».
«Vero.
Dopo cinque giorni però ho concluso che, se tali dubbi
avessero avuto dei fondamenti, questi ultimi sarebbero saltati
fuori» replicò
Nickel «Non è stato così, quindi non
c’è da fare altro che dirsi “tanto
meglio”».
«Già.
Finalmente, Spectra, cominciavo a credere che avessi
staccato i tuoi recettori audio» disse Tarn, vedendo la
giovane svegliarsi.
«È
che quando io dormo lo faccio per bene…»
mormorò lei,
ancora assonnata «Buongiorno. Buongiorno,
Nickel».
«Se
non altro possiamo salutarci prima che io parta.
Non intendo nasconderti che io e gli altri andremo a depennare non uno,
non
due, ma ben tre nomi
dalla Lista dei cattivi. In ogni caso dovremmo essere
di ritorno questa sera».
«Ma
quanto è lunga questa Lista?»
I
nomi sulla Lista non erano un segreto e ormai Spectra
sapeva bene cosa significasse il tutto, quindi le mostrò il
datapad, lasciando
che lei scorresse velocemente in basso i vari nomi per farsi
un’idea. «Sempre
troppo, come vedi».
«Credo
che tu abbia ragione».
«Sì,
è indubbio che io ce l’abbia. Bene, è
tempo di andare»
disse il Decepticon, riprendendosi il datapad
«Un’ultima cosa: Spectra, non
uscire dalla nave per andare in giro. Se proprio dovessi sentire il
bisogno di
prendere una boccata d’aria, apri il portello e resta vicina
all’ingresso».
«Va
bene» sorrise lei «Ci vediamo dopo
allora!»
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Capitolo 5 *** Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 5. Not Even The Time To Say Goodbye ***
Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ Not Even
The Time To Say Goodbye Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ
La
prima cosa che Nickel
avvertì al proprio risveglio fu un forte indolenzimento al
processore,
immediatamente seguito da un senso di pesantezza diffuso in tutto il
corpo.
“Cosa…
cosa succede? Non riesco a muovermi…”
Cercò
di aprire i sensori ottici e, quando ci riuscì, la
prima cosa che vide era il cielo coi colori tipici
dell’imbrunire. Cercò di
fare mente locale: nelle ultime memorie a sua disposizione le pareva di
ricordare che fosse ancora giorno.
Ricordare
solo quello però non era abbastanza, doveva fare di
meglio, e soprattutto doveva capire da cosa derivasse la sua
immobilità
forzata.
“C-che…
come ci sono finita sotto questo masso?!”
allibì.
Era
quella la causa: un sasso più grosso di lei bloccava
tutto il suo corpo, braccia incluse, dal petto in
giù.
Cercò
di rimuoverlo, purtroppo senza risultato.
“Forse
devo chiamare qualcuno, se sono vicina alla Peaceful
Tiranny… Sì!” esultò, dopo
essersi guardata attorno “Posso provare a chiamare
Spectra, forse in due riusciamo a muovere questo coso. Sempre che
riesca a
sentirmi…”
«S-Spectra!»
Nessuna
risposta, forse aveva parlato troppo piano.
Oh,
ma com’era finita lì sotto?!
«Spectra!...»
Ancora
nulla, e stavolta era sicura di essersi fatta sentire.
“Forse
è rientrata, forse si è messa a dormire di
nuovo”
pensò “O magari ascolta la musica. Un momento:
perché ho pensato
‘rientrata’?... giusto! Ora ricordo! Tarn le aveva
detto che poteva aprire il
portello e mettersi a leggere vicino all’ingresso, lei dopo
un’oretta l’ha
fatto, si è messa a leggere uno dei suoi libri. Mi ha anche
letto una fiaba,
benedetta ragazza. Poi però io l’ho lasciata sola
perché… perché?”
Cercò
nuovamente di spostare il masso. Niente da fare.
“Ho
sentito un rumore” ricordò “Vero!
Sì! Ho sentito un
rumore che mi ha fatta pensare che una parte dell’astronave
avesse avuto un
cedimento o qualcosa del genere e poi… e poi non ricordo
più…”
«Spectra!
Spectra, aiutami!»
Ancora
una volta nessuna risposta.
Nella
testolina dolorante di Nickel iniziò a farsi strada un
dubbio.
“E
se il rumore non fosse stato causato da un cedimento,
quanto piuttosto da qualcuno? Ma no, è improbabile, la
Peaceful Tiranny è stata
messa in un posto isolato e in ogni caso dovrebbero essere pazzi per
avvicinarsi! Pazzi!”
Voci
in lontananza. Erano familiari.
«…
nemmeno un uovo di lilleth, vi rendete conto? Ieri le
avevo promesso di portargliene uno».
«Prometti
uova senza neanche sapere se qui ci sono uccelli,
Helex, ti rendi conto?! E comunque non sarebbe arrivato fino alla
nave».
«L’avrei
messo dove metto al caldo la gente, Tess, lì non si
sarebbe toccato!»
Sembrava
che il resto della DJD fosse in dirittura d’arrivo,
per fortuna.
«TARN!»
gridò «TESS! KAON!»
Avrebbe
voluto aggiungere un “Aiuto, sono sotto un sasso”
ma
non ci fu bisogno: già solo sentendola gridare non avevano
impiegato molto a
rendersi conto che c’era qualcosa che non andava, dunque
erano corsi
immediatamente sul posto.
«Helex,
Vos, Tesarus, controllate il perimetro attorno alla
nave e l'interno. Non entrate dentro prima di aver controllato la
presenza di
trappole esplosive» ordinò Tarn.
«Come
hai fatto a finire qui sotto?!» le domandò Kaon
appena
raggiunse Nickel e le tolse di dosso il masso.
«Non
ne ho idea, è quello il problema»
barcollò Nickel,
vittima di un capogiro nel tentare di rialzarsi «So solo che
negli ultimi
ricordi che ho era giorno e che adesso invece non-»
«Ecco
com’è successo. Tarn, le hanno sparato»
sentenziò Kaon,
staccandole di dosso uno strano dischetto magnetico che, essendo fatto
per
robot di grossa stazza, occupava quasi tutta la schiena «Non
è roba che noi
abbiamo nella nave ma questi cosi possono atterrare un transformer
della stazza
di Tesarus per quasi un’ora».
«Allora
è normale che lei sia rimasta incosciente per tanto
tempo. Capisco» comprese Tarn «Quel che non capisco
invece è il resto. Le hanno
sparato ma la Peaceful Tiranny è ancora qui, non sembra
danneggiata e dalla
breve scansione che ho fatto non ho rilevato altri segnali vitali oltre
ai
nostri, il che significa che non ci stanno aspettando dentro per
tentare di
ucciderci. Ma allora cosa-»
Spectra.
Si
era appena reso conto di cos’aveva detto: non c’era
traccia di alcun segnale vitale oltre ai loro.
«TARN!»
urlò Helex,
raggiungendolo di corsa.
In
mano, sporco e rovinato come se fosse stato calpestato
dopo che era caduto a terra, aveva uno dei due libri di fiabe di
Spectra.
«Era
a terra vicino al portello. Lilleth allora
è-»
Tarn
non gli lasciò finire la frase, gli strappò il
libro di
mano e corse nella Peaceful Tiranny. Vos e Tesarus erano
già entrati senza
conseguenze, quindi non c’erano trappole da temere.
Raggiunse
i propri appartamenti, aprì la porta di scatto e
trovò subito quel che cercava, ossia l’altro libro
di Spectra. Era ancora sulla
sua cuccetta, il suo zaino vicino a essa.
«Non
se n’è andata di sua volontà»
mormorò «Non avrebbe
lasciato a terra quel libro, non avrebbe lasciato qui
tutto».
Non
avrebbe neanche potuto chiamare chissà chi perché
venisse
a prenderla: era stata sotto la sua sorveglianza costante dal giorno
dell’imprevisto in poi, non si era avvicinata ai computer di
bordo.
Posò
il libro rovinato vicino all’altro.
“L’hanno
portata via”.
Il
pugno che tirò contro la parete metallica fu di violenza
tale da penetrarla come se fosse stata fatta di gelatina che si ruppe
in mille
pezzi quando il Decepticon strinse il pugno attorno al metallo e lo
strappò.
“L’hanno
portata via”.
Era
previsto e accettabile poter perdere qualcuno in certe
azioni di guerriglia, era previsto e accettabile poter perdere qualcuno
durante
le missioni; perdere qualcuno che invece non era previsto perdere era
inaccettabile.
Dopo
essersi concesso qualche secondo per ritrovare un po’di
calma, Tarn uscì dai propri appartamenti. Tutta la squadra
era rientrata nella
Peaceful Tiranny.
«Aggiornamenti?»
«C’è
un piccolo danno alla nave vicino al punto dov’era
Nickel. Ho trovato qualche frammento di materiali che mi hanno fatto
pensare a
un segnalatore, una cimice o qualcosa di simile» disse Kaon
«Non possiamo
ricavarne nulla però, come ho detto si tratta di frammenti,
l’hanno distrutta».
«Qualcuno
ci seguiva» concluse Tesarus
«Quand’è che hanno
attaccato quella roba? Per quale ragione? L’astronave sembra
a posto, non è
stato spostato niente, non manca niente. A parte la
bambina».
«Le
cose sono due: o volevano noi ma avendola trovata lì
indifesa hanno preso lei, cosa che trovo improbabile, o il ritrovamento
di Kaon
e la sparizione di Spectra sono strettamente collegati ed era proprio
lei che
stavano cercando. Il fatto che non abbiano toccato nulla e che abbiano
messo
fuori gioco Nickel, con tanto di masso per evitare che nel caso in cui
si
riprendesse desse l’allarme prima del nostro ritorno,
suggerisce questo» disse
Tarn «Filmati di sorveglianza utili ne
abbiamo?»
La
risposta era sì, doveva esserlo. Doveva poter vedere chi
era il colpevole di un simile affronto, o i colpevoli, così
da poter dare loro
un nome e un volto oltre che un posto assicurato nella sua
personale
lista di morti che camminavano.
«Metto
Nickel in camera sua e controlliam-»
«No,
Kaon» lo interruppe Nickel «Voglio vedere
anch’io chi mi
ha colpita».
Il
suo desiderio venne compreso e accontentato.
I
filmati di sorveglianza partivano da quando Tarn e gli
altri avevano lasciato la nave. Tutti videro Nickel stare sempre
assieme a
Spectra per un’ora, le videro assieme sedute sul portello
aperto, vicino
all’ingresso -“Non posso neanche dire che non mi
abbia dato retta” pensò Tarn-
e poi videro Nickel lasciarla sola.
Riuscirono
a vedere Nickel che veniva colpita e cadeva, poi…
«Eccolo!»
esclamò Helex «Ma
è-»
«Nascosto.
Corpo e testa coperti. Maledizione!» sbottò
Nickel,
vedendo il tizio metterle addosso il masso.
«E
subito dopo è andato a prendere lei» disse Tarn,
osservando impotente Spectra venire afferrata alle spalle da mani nere
grosse
almeno quanto quelle di Helex «Non ha potuto fare niente. Il
fatto che sia
fuggito subito dopo comunque dimostra che era qui proprio per prendere
lei,
forse andarsene dal pianeta e mettere più distanza possibile
tra noi e loro».
Vos
disse qualche frase nel proprio linguaggio antico.
«Il
fratello? Può avere senso» convenne Tarn
«Ma allo stesso
tempo, nel caso in cui tu abbia ragione, mi chiedo come sapesse che lei
era con
noi» questo perché quando avevano preso Spectra
non sembrava esserci anima viva
lì attorno «Come e quando abbia attaccato alla
Peaceful Tiranny quella cimice,
come si sia procurato quest’ultima e, soprattutto,
perché prendere Spectra alle
spalle. Immagino che non avremo troppo presto né la conferma
alla tua ipotesi,
né una risposta alle mie domande. Ormai potrebbero essere
ovunque».
Nessuno
fece commenti.
«Dovrò
cercare di ripulire e riparare quel libro. Credo
che Spectra gradirà trovare tutto a posto quando
tornerà qui con noi».
«Quando…
cosa?» domandò Tesarus.
«L’Universo
è piccolo e i lilleth tornano sempre al nido,
come si suol dire».
«Sempre
se qui e allora sarà ancora viva!»
«È
sopravvissuta a noi, Tesarus» gli ricordò Tarn
«Può
sopravvivere a qualunque cosa. Qualunque».
.:: In un
punto indefinito della galassia ::.
«Ripeti
dopo di me, sorellina…»
«Ma
l’ho già fatto, Spectrus!»
«Ma
non mi hai convinto! Ripeti dopo di me: “giuro che non mi
metterò più a inseguire cyberfarfalle,
cybergatti, dexi-scoiattoli,
helio-hamsters, porcineacons, lilleths, luponoidi, ienabots e qualsiasi
altro
animale in posti che non conosco minimamente”.
Ripetilo».
«“Giuro
che non mi metterò più a inseguire cyberfarfalle,
cybergatti, dexi-scoiattoli, helio-hamsters, porcineacons, lilleth,
luponoidi,
ienabots e qualsiasi altro animale in posti che non conosco
minimamente”»
ripeté Spectra «I lilleth però sono
cari-»
«Mannaggia
NO!
No!»
la interruppe
Spectrus «Non tanto da metterti a girare in posti sconosciuti
per stare dietro
a loro. Ti sei resa conto in mezzo a quale gente ti ha portato il fatto
di aver
inseguito una cyberfarfalla?!»
«Sì»
disse Spectra dopo un’esitazione «Direi di
sì».
L’astronave
su cui si trovavano lei e suo fratello le
risultava sconosciuta, perché Spectrus se l’era
procurata appena tre settimane
prima, così le aveva detto. Gli oggetti presenti nella
vecchia astronave, quelli
che lei e suo fratello avevano portato via da casa, c’erano
comunque tutti,
cosa che contribuiva a rendere l’ambiente un
po’più “familiare” per
lei.
Oltre
a essere nuova, la nave in questione era ben più grande
di quella con cui erano partiti e assai più veloce. Nelle
ore trascorse del suo
salvataggio avevano sicuramente fatto molta strada.
Spectrus
fece un sospiro nervoso. «Ecco. Hai idea di come io
mi sia sentito in questo periodo?» le prese una mano
«Hai idea di quanto mi sia
preoccupato all’idea che tu fossi con quei mostri assassini?
Ho temuto che
potessero triturarti o fonderti da un momento
all’altro!»
«Mi
dispiace» mormorò Spectra, notando che i sensori
ottici
azzurri del fratello sembravano veramente lasciar trasparire una certa
angoscia.
«…
e avrebbero potuto! Di sicuro hanno pensato più volte di
farlo, se non hanno messo in pratica la loro idea è stato
solo perché Tarn
cercava di riempire la tua povera testolina con tutte quelle porcate
inutili su
“Towards Peace”, ed è una fortuna che
fosse soddisfatto dei risultati, perché
se non fosse stato così ti avrebbe uccisa lui per
primo».
«Lui…
lui e qualcuno degli altri sembrava essersi affezionato
un po’. A modo suo» ribatté Spectra
«Secondo me adesso sono anche preoccupati
e-»
«“E”
non ti deve importare» la interruppe Spectrus «Se
davvero si preoccupano è solo perché hanno perso
qualcuno che li assecondava,
non per te come persona. Sono mostri, mostri pazzi e fanatici, niente
di più.
Ti rendi conto dell’assurdità di quello che fanno?
Al di là dell'ammazzare i
traditori, ammazzano anche la gente che segue religioni varie, questo
mentre
loro sono i primi a vedere Megatron come l'unico vero dio e seguire i
pezzi
della sua biografia come se fossero precetti. È
così, dovresti saperlo bene
ormai».
Su
quel punto Spectra non poté far altro che dargli ragione.
«Questo è vero».
«C’è
di buono solo che, essendo riuscita a sopravvivere e
sistemarti in modo decente anche col peggio del peggio, non dovresti
avere
alcun problema con le future missioni» disse il mech
«I soggetti da cui intendo
mandarti sono tenere e ingenue fanciulle, in confronto a quelli
là. Sei ancora
dell’idea di darmi una mano, giusto?»
Spectra
annuì con convinzione. «Sempre,
Spectrus!»
Non
gli avrebbe mai detto di no, non lo avrebbe fatto prima,
tantomeno l’avrebbe fatto ora, dopo aver saputo che lui non
l’aveva abbandonata
e l’aveva salvata nonostante fosse stata presa da soggetti
piuttosto
pericolosi.
«Sapevo
di poter contare su di te. Esperienze del genere non
bastano a piegare una Specter. In ogni caso d’ora in poi
faremo in modo che la
DJD ci resti a distanza, molto a
distanza. Abbiamo
entrambi buone ragioni, tanto più che io
probabilmente sono già nella loro famosa
Lista».
«A
dire il vero no, non fino a oggi» lo contraddisse la
giovane «Quando l’ho letta non ho visto il tuo nome
lì sopra».
«Ah
no?...»
Spectra
annuì. «C’erano tanti nomi, la maggior
parte con il
simbolo dei Decepticon vicino, ma non c’era il tuo e- dove
stai andando?»
Spectrus,
dopo pochi secondi, tornò con due cubi di energon
extra forte. «Brindiamo al tuo ritorno e al fatto di non
trovarci in posti
scomodi!»
«Ma
io non sono ancora adulta, non dovrei bere questo».
«Uno
non ti ucciderà. Beviamoci sopra, ti
dico!»
Spectra
non poté evitare di pensare al fatto che Tarn avrebbe
disapprovato del tutto molti aspetti di quella situazione,
dall’energon extra
forte, al tipo musica -“Let the
bodies hit the FLOOOOOOOOOR!”-
all’ambiente di per sé che, senza di lei, era
vivibile e
pulito ma non propriamente ordinato.
Aveva
la sensazione che se anche fossero passati secoli,
millenni o di più, non avrebbe mai dimenticato il mese
passato in compagnia di
quei mostri.
In
compagnia della DJD.
In
compagnia di chi le aveva insegnato tanto e le aveva detto
di non definirsi mai più
“stupida”.
Ora
però era con il suo fratellone, era a casa
-perché ormai
casa era ovunque fosse anche lui- ed era tutto quel che contava, tutto
quel che
avrebbe sempre contato: era al sicuro, lo era per davvero, al cento per
cento.
O
comunque questo era quel che avrebbe creduto per molto,
molto tempo…
Chiunque sia
arrivato a leggere fin qui merita i miei più sentiti
ringraziamenti e merita anche di vedere il mio disegno
di Spectra
(adulta) :)
Che dire? Spero che questa breve storia vi abbia intrattenuti :)
Alla prossima,
_Cthylla_
(...stavo per firmare con "_Dracarys_", come al solito. Mi
abituerò
mai?)
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