A call form distance

di guimug
(/viewuser.php?uid=76540)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


A call from distance

 

Prologo


Le esplosioni ed i colpi di cannone erano ormai la colonna sonora di quel mondo devastato, eppure la campagna francese ancora riusciva a mostrare le tracce della sua antica bellezza. Le colline apparivano verdi ed il sole illuminava i filari di alberi che costeggiavano i corsi d’acqua, ma a spezzare la tranquillità di quel paesaggio bucolico comparivano alte colonne di fumo che indicavano incendi e i campanili dei paesi che come mute sentinelle vegliavano su quel che restava delle case, ormai ridotte a monconi sgretolati. In una serena mattina di fine luglio nell’anno 1944 il sergente Heinz Manndorf stava pattugliando con la sua squadra le campagne della valle della Marna a nord est di Parigi, ormai da un momento all’altro si aspettava l’urto delle divisioni alleate sbarcate agli inizi di giugno in Normandia ed ogni giorno in cui il comando decideva di mandarlo un po’ più lontano sempre più sentiva che forse il suo ultimo giorno era vicino.

Un rombo gli fece alzare la testa, in lontananza distinse la sagoma di due Spitfire che stavano pattugliando la zona dall’alto, intuendo il pericolo ordinò ai suoi uomini di buttarsi a terra cercando di nascondersi il più possibile fra la vegetazione. I piloti alleati però avevano fatto in tempo a scorgere il manipolo e con una rapida scivolata d’ala si erano lanciati a bassa quota mitragliando senza pietà. La pioggia di proiettili non andò del tutto perduta e quattro soldati caddero crivellati, non ancora soddisfatti gli aviatori invertirono la rotta e si prepararono ad un secondo attacco. Manndorf ordinò ai suoi uomini di restare immobili fra le alte erbe che riuscivano a celarli ma i piloti decisero per una soluzione drastica. I due cacciabombardieri erano equipaggiati con spezzoni esplosivi che vennero sganciati sui disgraziati soldati della Wermacht. Ma se bisogna credere al motto dell’esercito tedesco quel giorno Gott, cioè Dio, era veramente con loro e le piccole bombe caddero ad una certa distanza senza ferire nessuno.

Gli aerei si allontanarono ed i soldati poterono rialzarsi. Manndorf constatò la morte dei suoi quattro compagni ma, dopo aver preso le loro piastrine di identificazione, non volle lasciarli sul terreno senza dargli una degna sepoltura. Poco lontano c’era il cratere scavato dagli spezzoni alleati ed il sergente pensò che potesse servire anche come tomba provvisoria per gli sventurati commilitoni quindi, aiutato dagli altri soldati, trasportò i corpi ma giunto sul limitare della buca un giovane caporale richiamò la sua attenzione.

“Herr sergeant, ci sono già dei corpi qui!”

Manndorf guardò nel cratere ed effettivamente si vedevano dei corpi avvolti in sacchi di tela, incuriosito scese assieme al caporale per controllare. Sui sacchi erano stati scritti con pittura nera dei nomi e delle date.
“Lt. Karl Heinz Muller 17° Fluggeschwader 09 – 05 – 1916”
“Lt. Fritz Kohl 17° Fluggeschwader 12 – 05 – 1916”
ed altri simili, date differenti ma tutte vicine. Era un cimitero improvvisato di piloti tedeschi della guerra precedente, anche loro caduti sul suolo francese, sepolti frettolosamente e poi dimenticati. Ora una nuova guerra li aveva riportati alla luce e quelle ossa gridavano al mondo il loro dolore, il giovane caporale richiamò ancora l’attenzione del suo superiore

“Herr sergeant, schauen! Das ist kein deutch! Non è tedesco!”

Manndorf si avvicinò ad un corpo che sporgeva a metà dal terreno, sul sacco non si leggeva il nome che era ancora coperto di terra ma la porzione di scritto che riusciva ad intravedere non lasciava dubbi
“Amerikanischer pilot… 11 – 06 – 1916”

“Schnell kamaraden, avvisate il comando di mandare dei camion per recuperare questi compatrioti… ed anche questo sconosciuto nemico”


Capitolo 1
 
Angie finì di rassettarsi l’uniforme, lo specchio le restituiva l’immagine di una giovane infermiera di diciotto anni con la cuffia leggermente di traverso mentre dal vano della porta qualcuno la osservava rivedendosi in lei. Candy era rimasta stupita quando Angie le aveva detto di essersi unita alle crocerossine volontarie che si occupavano dell’assistenza ai soldati reduci dal fronte, fino a quel momento la figlia non aveva mai manifestato l’intenzione di seguire le orme della madre preferendo se mai il mondo paterno del teatro. Aveva infatti cominciato a studiare all’accademia di arte drammatica con buon profitto pensando però, a differenza del padre, di dedicarsi a ruoli meno tragici. Aveva una bella voce e pensava che il musical sarebbe stato perfetto per la sua carriera.

Ma ora gli studi e la carriera erano passati in secondo piano a favore dell’opera assistenziale e sua madre aveva capito perché. John Cavendish, un vivace ragazzo di vent’anni figlio di uno dei maggiori fattori del circondario di Lakewood, era stato chiamato alle armi circa un anno prima ed ora prestava servizio in marina ma ormai da tre mesi non mandava più sue notizie. Candy, non poteva negarlo, si era accorta che fra il ragazzo e sua figlia stava nascendo qualcosa che travalicava la semplice amicizia, dopotutto Angie non era più una bambina. Aveva capito che per la figlia dedicarsi all’assistenza dei reduci era un modo per restare vicina a John, magari anche per riuscire ad avere notizie in anteprima. Si erano quindi trasferiti temporaneamente a New York dove ad Ellis Island, in quel che una volta era il centro di accoglienza per gli immigrati e dove Candy aveva trascorso una fase cruciale della sua vita, era stato allestito un ospedale militare per i soldati che rientravano dal fronte. Lì ogni giorno Angie spulciava febbrilmente gli elenchi dei soldati feriti che venivano rimpatriati e quelli dei caduti ma il nome di John, per sua fortuna, non compariva mai… ma allora perché non dava sue notizie? Di lui sapeva che aveva partecipato allo sbarco in Normandia, seppur non nelle fasi più cruciali, perché la sua nave aveva trasportato i soldati dall’Inghilterra in Francia successivamente alla prima ondata. Aveva anche letto che la stessa nave, un incrociatore pesante battezzato “Delaware”, era stata in seguito coinvolta in uno scontro con un U-boot riportando seri danni ma non figurava fra le unità affondate. L’ansia la divorava a tal punto che aveva sentito il bisogno di trovare una valvola di sfogo che potesse servire a lei ed agli altri e dedicarsi a quell’opera di assistenza la faceva sentire meglio.

“Sei pronta Angie?” chiese Candy con voce sommessa avvicinandosi alla figlia che trasalì leggermente

“Si mamma, possiamo andare.”

Quel giorno Angie, prima di prendere servizio in ospedale, avrebbe dovuto accompagnare la madre presso lo studio legale Forbes che si occupava della gestione delle proprietà Andrew. L’avvocato le aveva inviato una lettera circa alcuni problemi che si erano creati nel mausoleo di famiglia nel cimitero di Chicago. Sembrava che ci fosse la necessità di lavori urgenti e lei, in quanto erede del defunto William Albert Andrew, doveva autorizzarli. La lettera però specificava che era emerso anche un particolare strano di cui avrebbero dovuto parlare in privato, fu quindi con molta curiosità che Candy varcò il portone dell’elegante edificio di Wall Street.

“Buongiorno signora Andrew!” la salutò cordialmente l’avvocato Forbes “E buongiorno anche a lei signorina Angie!”

“Buongiorno avvocato” rispose Candy accomodandosi su una sedia davanti alla scrivania “Sono qui riguardo alle autorizzazioni ai lavori per il mausoleo degli Andrew, per lettera però mi ha accennato anche ad un altro problema…”

“Certo signora, dunque vediamo” disse Forbes prendendo un fascicolo dalla pila di fronte a lui “Purtroppo sono emerse delle infiltrazioni d’acqua dalla falda sotterranea che rischiano di danneggiare alcune sepolture, soprattutto quella del signor William Albert, e quindi si rendono necessari dei lavori di impermeabilizzazione. Il capitolato di spesa è qui” e le tese un foglio “Serve la sua firma quale legale rappresentante per autorizzare l’inizio dei lavori”

Candy diede un’occhiata al foglio ma, a parte una fila di cifre e di specifiche tecniche, non vide nulla di anomalo. Firmò in fondo e poi chiese

“Va bene, ma non vedo quale possa essere il problema di cui mi ha accennato”

“Ecco signora” riprese l’avvocato “La questione riguarda l’altra richiesta che aveva fatto. Le infiltrazioni d’acqua sono state scoperte mentre gli operai stavano preparando l’alloggiamento per la salma del defunto Alistear Cornwell che lei vorrebbe traslare all’interno del mausoleo. Ecco, quando i necrofori hanno aperto la tomba del signor Cornwell per esumarlo… ecco… non so come dirglielo…”

“Lo dica e basta!” sbottò Candy

“Sì, ecco… insomma, l’hanno trovata vuota! Vista la sua richiesta dubito che lei potesse esserne al corrente ed ho preferito avvisarla subito.”

Candy guardò prima la figlia e poi di nuovo l’avvocato con un’espressione basita, com’era possibile che la tomba di Stear fosse vuota?



 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***




Capitolo 2

 
L’indirizzo era quello giusto, il 1600 di Pensylvania Avenue a Washington, ma Terence si chiedeva cosa diavolo ci facesse un attore di Broadway sulla soglia del più importante edificio degli Stati Uniti. Eppure la lettera che gli era stata recapitata riportava proprio lo stemma della Presidenza ed era firmata da Franklin Delano Roosevelt.

“Egregio signor Granchester, con la presente Lei è invitato presso la residenza presidenziale il giorno 25 Settembre 1944 per le ore 19:00 ad una cena informale durante la quale Le sarà presentato un progetto a cui confidiamo vorrà aderire…”

Ed ora si trovava lì, all’ingresso della Casa Bianca, attendendo che un impeccabile domestico lo introducesse attraverso saloni e corridoi al cospetto del presidente. Finalmente l’usciere ricevette il via libera e Terence venne scortato fino ad una sala da pranzo dove una tavola apparecchiata per sei persone attendeva solo i commensali. Entrando nella stanza il giovane attore si accorse che gli altri ospiti erano quasi tutti alti ufficiali tranne uno che si affrettò a tendergli la mano.

“Buonasera signor Granchester, o preferisce che la chiami col suo nome d’arte Graham?”

“Granchester andrà bene signor…?”

“Mi scusi, sono imperdonabile!” disse l’uomo “Il mio nome è Henry Stimson e sono il Segretario alla Guerra. Immagino si stia chiedendo come mai sia stato invitato questa sera.”

“Infatti signor Stimson, io non ho mai avuto nulla a che fare con le istituzioni politiche e militari. Faccio l’attore e non vedo cosa possiate volere da me.”

“Abbia pazienza e le spiegheremo tutto. I signori qui presenti sono il generale George Marshall, il colonnello Hughes e l’ammiraglio Nimitz. Appena il presidente si unirà a noi… oh, ma eccolo”

La porta della stanza si era aperta per introdurre un uomo seduto su una sedia a rotelle, i tre militari scattarono sull’attenti salutando l’illustre anfitrione mentre Stimson gli si avvicinò dicendo

“Buonasera presidente, permetta che le presenti Terence Granchester. Il signor Granchester è probabilmente il miglior attore shakesperiano di Broadway e potrebbe essere la persona più indicata per il nostro progetto”

“Perfetto Stimson” rispose Roosevelt “Ora mettiamoci a tavola così potremo discuterne comodamente.”

Il sestetto prese posto e Terence venne a trovarsi esattamente di fronte al presidente, durante la cena il Segretario alla Guerra illustrò per sommi capi la sua idea. Si trattava di inviare in Europa alcuni esponenti del mondo dello spettacolo per tenere delle rappresentazioni per le truppe, in modo da risollevarne il morale. Terence era allibito, era riuscito a scampare all’arruolamento in virtù della sua professione ed ora proprio perché attore lo volevano mandare a rischiare la vita in zona di operazioni?

“Mi scusi signor Stimson, ma non credo proprio di essere la persona adatta per un simile progetto. Io sono un attore classico e non credo che sotto le bombe mi riuscirebbe bene interpretare Otello o Falstaff!”

“Ma cos’ha capito?” rispose Stimson “È ovvio che lei non verrebbe mai inviato nelle zone cosiddette calde. La sua professionalità è richiesta nelle retrovie, in zone dove ormai la guerra è finita e le truppe vengono mandate per gli avvicendamenti dal fronte.”

“Va bene” continuò Terence “Ma il mio repertorio shakesperiano non credo che interesserà molto ai vostri giovani soldati americani. Credo che il mio amico Bob Hope sia molto più indicato per questo ruolo.”

Frank Roosevelt prese la parola “Il signor Hope ha infatti già aderito al nostro progetto ed è impegnato in un lungo giro di spettacoli per le nostre truppe di stanza nel Pacifico. Lei invece dovrebbe recarsi in Francia, nel nord ormai sotto controllo, nell’ottica di uno scambio culturale e diplomatico con i nostri alleati inglesi. In realtà la sua presenza è richiesta per un solo spettacolo, che però è di estrema importanza.
A Calais si svolgerà un importante vertice fra le alte sfere a cui parteciperanno anche Winston Churchill e Charles De Gaulle. A margine dell’evento ufficiale l’alto comando ha pensato ad una rappresentazione teatrale quale evento ricreativo e la scelta è caduta su una rassegna di brani classici del repertorio di William Shakespeare.”

Roosevelt incontrò lo sguardo interrogativo di Terence che cominciava anche a tradire una certa irritazione, ma facendo mostra di non aver colto la sfumatura il presidente continuò

“Lei è un nobile inglese ed affermato attore shakesperiano, abbiamo pensato che una sua interpretazione davanti a personaggi così illustri avrebbe potuto essere favorevole per le relazioni presenti e future con i governi inglese e francese. In fondo cosa le chiediamo? Di fare il suo lavoro per una volta invece che a New York in un teatro di Calais!”

“Dopotutto lo può considerare un onore” riprese Stimson “Lei rappresenterebbe sia l’Inghilterra, che è la sua terra natale, sia l’America sua patria d’adozione. Il suo prestigio ne uscirebbe di sicuro ingigantito e ci sarebbe anche un riconoscimento da parte dello stato.”

Terence era allibito, questi alti papaveri gli stavano chiedendo di andare in una zona di guerra per far fare bella figura all’amministrazione! Oh sì, la zona era sotto il loro controllo ma chi gli avrebbe assicurato che una bomba tedesca non potesse finire lì per caso? Sentiva la rabbia montargli dentro e stava per alzarsi quando il generale Marshall prese la parola.

“Signor Granchester, le ricordo che ogni giovane uomo è tenuto a prestare la sua opera per difendere il proprio paese. Se lei oggi non si trova già in Francia con la divisa dell’esercito di sua maestà britannica lo deve al fatto che, qui in America, è considerato un personaggio pubblico e per questo sono state fatte pressioni dal Pentagono affinché non venisse richiamato in patria per essere arruolato. Credo che per questo dovrebbe esserci riconoscente, le chiediamo quindi di aderire al progetto che le porterà via non più di tre settimane altrimenti… beh, lei mi capisce. Dal Pentagono potrebbe partire un cablo diretto al ministero della difesa inglese in cui si dice che il cittadino britannico Terence Granchester è disponibile a prestare servizio nell’esercito!”

Il sorrisino del generale era irritante ma ancora di più lo erano gli sguardi di approvazione del presidente e degli altri commensali, lo avevano incastrato ed ora doveva fare buon viso a cattivo gioco.
Alzò quindi il calice e con tono sarcastico esclamò

“Alla salute del nostro progetto quindi, e complimenti per il vostro modo pulito di trattare gli affari!”

Ingoiò in un solo sorso il vino poi continuò “Ed ora se volete scusarmi voglio tornare subito a casa a dare la meravigliosa notizia a mia moglie e mia figlia!” ed alzatosi lasciò la sala senza nemmeno salutare.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



Capitolo 3
 

Durante tutto il viaggio di ritorno fra Washington e New York Terence non aveva smesso di lambiccarsi il cervello cercando un modo adatto per comunicare la notizia del suo imminente viaggio in Europa a Candy, ma immancabilmente ogni simulazione che creava nella sua mente si concludeva con una sfuriata della moglie. Decise quindi che la maniera migliore era dire semplicemente la verità, e fu con quello spirito che varcò la soglia dell’appartamento. Candy lo aspettava in salotto e come lo vide percepì immediatamente l’ombra di preoccupazione che velava i suoi occhi, Terence non perse tempo e cominciò a raccontare tutto ciò che era successo alla Casa Bianca senza omettere alcun particolare, confermando le aspettative sua moglie esplose in una feroce risposta.

“Fammi capire, tu dovresti andare a recitare in una zona di guerra solo per compiacere il presidente ed vertici militari e fargli fare bella figura davanti a Churchill ed ai suoi generali?”

Candy era furibonda, la notizia che le aveva portato Terence era quanto di più inaspettato potesse capitare. Cosa c’entrava un attore classico con i programmi di scambio culturale per le forze armate ed i loro giochi politici? Eppure il governo aveva scelto proprio lui e sembrava che ci fosse ben poco da fare, l’alternativa era di finire direttamente al fronte!

“Tesoro, io sono basito quanto te ma purtroppo sembra che abbiano architettato tutto per bene. Diciamo che mi hanno incastrato e mi tocca fare buon viso a cattivo gioco!”

“E non pensi a me e ad Angie? Come credi che vivremo sapendo che tu sarai in Francia a rischiare la vita mentre declami dei versi?”

La discussione ormai stava andando avanti da parecchio tempo, Candy non aveva affatto accolto bene la notizia ed era un vulcano in eruzione. Aveva pensato di coinvolgere la famiglia Andrew, di provare a contattare il marito di Patty che era un avvocato governativo ma in fondo sapeva che sarebbe stata tutta fatica inutile. L’ordine arrivava da troppo in alto perché potesse in qualche modo essere modificato, avrebbe dovuto lasciarlo partire ed accettare di ripiombare di nuovo nell’ansia che aveva pervaso tutti quando Stear si era arruolato… e allora era finita male. Questo pensiero le riportò alla mente la questione della tomba vuota, ancora non aveva avuto modo di affrontare l’argomento con Terence.

“Scusa Terry!” disse Candy cercando il conforto delle sue braccia che non esitarono ad accoglierla “Il fatto è che ho tanta paura. Inoltre con questa faccenda della tomba di Stear…”

“Cosa è successo alla tomba di Stear?” chiese stupito suo marito.

“A quanto pare quella tomba è vuota, la salma di Stear non è mai tornata a casa dalla Francia. Il funerale fu fatto con una bara vuota e per tutto questo tempo abbiamo pregato su una lapide sotto la quale non c’era nessuno! Non so come dirlo a Patty.”

“Possibile che nessuno ne sapesse niente?” incalzò Terence “Chi si occupò di tutto allora?”

“Fu Albert che seguì tutte le pratiche, la zia Elroy era troppo sconvolta ed Archie troppo giovane. La settimana prossima ho un appuntamento con il signor George che spero possa dirmi qualcosa. Speravo che tu avresti potuto darmi una mano, quando dovresti partire?”

“Purtroppo la partenza è fissata per dopodomani. Mi imbarcherò su un’unità militare, la corazzata Indianapolis, che porterà me ed altri malcapitati fino a Calais. Temo che stavolta non potrò proprio esserti d’aiuto”

“E cosa vai a fare a Calais?” disse una voce dal fondo della stanza.

Terence e Candy si voltarono e videro Angie, appena tornata dal suo turno di lavoro ed ancora con indosso l’uniforme bianca, che li osservava con lo sguardo terrorizzato.

“Angie cara” cominciò Terence “Mi hanno assegnato, se così si può dire, ad una missione di scambio culturale. Devo andare in Francia per recitare Shakespeare per le truppe inglesi, sai… per far fare bella figura al presidente Roosevelt.”

L’intento di Terence di sdrammatizzare con un po’ di sarcasmo però non ottenne l’effetto voluto, gli occhi della figlia si riempirono di lacrime e si precipitò ad abbracciare suo padre.

“No, non voglio! Già John è partito e di lui non si hanno più notizie, ora anche tu vai in quei posti maledetti! No, non voglio che tu vada laggiù… ho tanta paura!”

Sordi singhiozzi sfuggivano dal petto della ragazza mentre Terence e Candy cercavano invano di consolarla.

“Stai tranquilla piccola” le sussurrò Terence “Sarò di ritorno in tre settimane, non avrai nemmeno il tempo di accorgerti della mia lontananza. E magari potrò chiedere a qualche alto ufficiale se sa qualcosa della nave di John. Era l’incrociatore Delaware vero?”

“Davvero potresti farlo?” disse Angie asciugandosi gli occhi “Sì, la nave è quella. Non risulta dispersa né affondata ma sembra che nessuno possa avere notizie. C’è chi dice sia impegnata in qualche operazione segreta, ma io sono sicura che invece gli è successo qualcosa!” e nonostante gli sforzi la voce le si ruppe di nuovo in un disperato singhiozzo.

“Stai tranquilla Angie” le rispose Terence “Farò tutto il possibile per sapere qualcosa. Mi hanno incastrato in questa situazione, almeno cercherò di sfruttarla a mio vantaggio! Me lo devono quegli alti papaveri di Washington!” rispose Terence tradendo la rabbia che lo pervadeva.

Sollevò il viso della figlia e le asciugò delicatamente gli occhi come aveva fatto tante volte quando da bambina cadeva giocando, solo che stavolta le lacrime non erano quelle di un ruzzolone in giardino ma provenivano dal profondo del cuore.
Candy si avvicinò alle due persone che più amava al mondo e tutti si strinsero in un forte abbraccio, come se volessero fermare il tempo per sempre.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***




Capitolo 4

 
In una villa signorile requisita dall'esercito tedesco nella campagna intorno a Strasburgo si stava svolgendo una drammatica riunione. Attorno ad un tavolo alcuni alti ufficiali della Wermacht stavano commentando le ultime notizie ricevute dal loro servizio di spionaggio e si apprestavano a prendere alcune decisioni che avrebbero potuto cambiare radicalmente il corso della guerra.

Il feldmaresciallo Kesselring prese la parola.

“Meine herren, le notizie che ci sono state recapitate sono di estrema importanza! A quanto pare gli alleati si sentono talmente sicuri di loro da organizzare delle attività ricreative in piena zona di guerra.
Secondo questo rapporto la prossima settimana a Calais si terrà un vertice strategico che sarà seguito da una rappresentazione teatrale a cui interverranno alti ufficiali alleati e soprattutto il ministro inglese Winston Churchill ed il suo omologo francese Charles De Gaulle.
È un’occasione unica per sferrare un colpo mortale alle forze alleate!”

“Cosa pensa di fare Kesselring?” chiese il generale Richtofen

“La zona è troppo ben controllata per poter sferrare un attacco in forze” rispose il feldmaresciallo “Ma l’azione mirata di un commando di pochi uomini potrà avere successo!
Un manipolo di cinque o sei persone potrà facilmente infiltrarsi fra il personale incaricato dell’allestimento dell’evento e portare a termine la missione di piazzare dell'esplosivo.”

“Ci vorranno persone insospettabili, che parlino bene il francese o l’inglese” aggiunse un colonnello dall’altro lato del tavolo “Bisognerà curare bene il travestimento sia del corpo che della mente. Qualcuno ha già in mente le persone adatte? Capitano Stern, forse nella sua unità si trovano questi elementi?”

Il capitano rifletté qualche secondo poi rispose “Ja… credo di avere la persona giusta!”

“Allora lo contatti immediatamente e dia disposizioni, non abbiamo tempo da perdere! Se l’operazione avrà successo avremo vinto la guerra! La riunione è aggiornata, heil Hitler!”

“Sieg heil!” risposero gli altri tendendo il braccio destro in alto.
 

-----------



Seduto su un tronco spezzato in un boschetto vicino ad Amiens il sergente Manndorf pensava agli ultimi avvenimenti.

Dopo lo sbarco alleato in Normandia le cose stavano rapidamente peggiorando e, nonostante i proclami che le alte sfere quotidianamente diffondevano, nessuno nutriva più una grande fiducia per la vittoria finale. Le notizie che arrivavano dalla Germania parlavano di una popolazione stremata, di città devastate dai bombardamenti alleati dove i civili morivano come mosche… e fra questi anche tutta la sua famiglia.

E non poteva consolarlo il fatto che la Luftwaffe facesse la stessa cosa su Londra, quando non erano quelle micidiali V2, perché non c’era gloria ad assassinare donne e bambini. Per lui, uomo all’antica e di una certa cultura, la guerra era ben altro. Era lo scontro col nemico in campo aperto, la lotta leale dell’uomo contro l’uomo.

Ma forse era lui ad essere sbagliato, ad essere un vecchio idealista romantico. Ripensò curiosamente a quei corpi che aveva trovato un paio di mesi prima, piloti tedeschi della guerra precedente fra cui era stato sepolto anche un nemico… ecco, quello era un segno di rispetto che sentiva appartenergli. Peccato che non aveva potuto dare più degna collocazione a quei poveri resti, dopo averli fatti ricoverare nel sotterraneo di una chiesa di Amiens le linee di comunicazione erano state tagliate dal nemico ed erano rimasti lì, i suoi compatrioti e quello sconosciuto americano.

Lo sguardo gli cadde sulla rossa bandiera con la svastica che ondeggiava lacera sull’accampamento, da tempo ormai aveva ripudiato gli ideali nazisti soprattutto da quando alcuni commilitoni gli avevano parlato di certe strutture in Europa orientale ed a lui era crollato il mondo addosso. Non aveva studiato arte e letteratura per servire dei macellai!

Ma ora quel capitano arrivato con una “Cicogna” da Strasburgo gli aveva offerto una possibilità, l’occasione per porre fine in un modo o nell’altro a quell’orrenda carneficina. Avrebbe dovuto macchiarsi le mani di sangue ancora una volta ma sarebbe stata l’ultima. Non sarebbe stato facile infiltrarsi fra le linee nemiche per piazzare dell’esplosivo in quel teatro ma il successo della missione avrebbe cambiato le sorti del conflitto, ogni resistenza sarebbe cessata e tutto sarebbe finito!
Si alzò dal tronco e si recò nell’accampamento, dopo aver chiamato i suoi soldati cominciò ad illustrare il piano d’azione.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Capitolo 5
 
Candy era seduta nell’elegante ufficio del signor George, l’uomo di fiducia della famiglia Andrew tradiva un leggero disagio nel dover rivangare alcuni fatti ormai appartenenti ad un passato lontano ma non poteva fingere di non essersi aspettato che quel momento prima o poi sarebbe arrivato.

Conosceva bene la persona che gli stava di fronte e sapeva che non si sarebbe accontentata di poche parole di circostanza, raccolse quindi tutto il suo coraggio e si apprestò a raccontare la verità.

“Dunque Candy, come lei sa la tragedia di Stear giunse totalmente inaspettata. Già la sua partenza era stata un duro colpo per la signora Elroy ma la notizia della sua morte fu per lei quasi fatale. Si immagini cosa avrebbe potuto succederle se avesse anche saputo che, a causa di un improvviso inasprimento degli scontri nella zona, non era stato possibile recuperare il corpo del nipote.
D’accordo col signor William decidemmo quindi di celebrare il funerale con una bara vuota, aiutati in questo anche dal fatto che non ci sarebbe stata camera ardente, sperando che nel frattempo le truppe francesi avrebbero potuto riguadagnare le posizioni e recuperare la salma per poi inviarla negli Stati Uniti, dove sarebbe stata inumata al suo posto senza che la signora se ne accorgesse. Purtroppo, quando la zona passò di nuovo sotto il loro controllo, ciò non fu possibile perché probabilmente il corpo di Stear era stato spostato o sepolto sul posto senza segni di riconoscimento.”

“Mi sta dicendo signor George che Stear è tuttora sepolto in qualche angolo sperduto della campagna francese?
Che in questo momento magari i carri armati gli stanno passando sopra?
Possibile che negli anni che sono intercorsi fra la fine del precedente conflitto e l’inizio di questo non siano state fatte le debite ricerche?”

Candy era allibita, non riusciva a pensare che il suo caro Stear non avesse potuto avere una degna sepoltura. Rivedeva la povera Patty affranta che piangeva sulla lapide sotto la quale pensava ci fosse il suo grande amore, e che invece era stata ingannata al pari e forse più degli altri!

Si ritrovò per un momento ad odiare Albert e la sua decisione, è vero che l’aveva presa per risparmiare un ulteriore dolore alla zia Elroy ma perché non aveva informato il resto della famiglia? Credeva forse che lei o Archie non avrebbero capito? Espresse questo suo risentimento al signor George che le rispose in maniera laconica.

“Anch’io palesai i miei dubbi in proposito ma il signor William non volle sentire ragioni, pensava che foste ancora troppo giovani per gestire una simile situazione. In seguito provò ad organizzare delle ricerche ma senza alcun esito ed allora pensò che la cosa migliore fosse lasciare tutto immutato.
La sua idea era che non servisse la presenza fisica di un corpo per onorare la memoria di qualcuno a cui si è voluto bene.”

“Può darsi signor George" rispose Candy con un duro tono in cui si sentiva il rimprovero "ma ciò non toglie che poi William Albert Andrew fosse diventato mio marito ed in quanto sua consorte avrei dovuto essere informata di una cosa così grave!
Ed anche lei avrebbe dovuto pensare di informarmi quando Albert è venuto a mancare, questo sarebbe stato suo preciso dovere in quanto esecutore testamentario!”

Il signor George però trovò la forza di ribattere

“Candy, si ricordi che le circostanze della morte del signor William furono tragiche e lei stessa ne fu particolarmente sconvolta.” rispose l’uomo facendo riferimento al periodo in cui Candy si era allontanata dalla famiglia Andrew fuggendo a New York per occuparsi dei migranti di Ellis Island “E quando in seguito riacquistò la serenità grazie al signor Terence… colpevolmente lo ammetto, non me la sentii di rovinargliela con tristi ricordi del passato.”

L’anziano factotum era molto abbattuto per tutta la faccenda. Il senso di colpa lo stava divorando ma Candy, leggendone i segni sul suo volto, gli venne in aiuto.

“Non se ne crucci signor George, ormai quel che è stato non si può cambiare e forse il ragionamento di Albert non è del tutto sbagliato. Stear è sempre nel cuore di chi lo ha amato e non è la presenza o meno delle sue ossa sotto il marmo che ce lo farà ricordare in maniera diversa!
Non nego però che mi piacerebbe poterlo riportare indietro perché possa riposare insieme agli altri suoi parenti, vicino ad Anthony, Albert e la zia Elroy. Non so, ora che conosco la vicenda mi sembra che la sua voce mi chiami, che dall’altro capo dell’oceano mi chieda di riportarlo a casa, ma purtroppo so che sarà impossibile.”

Candy si alzò dalla poltrona davanti all’imponente scrivania e, salutato il signor George, uscì dall’elegante palazzo della Fifth Avenue.
Il sole di New York la abbagliò per un momento e, quando poté di nuovo mettere a fuoco la vista, lo sguardo le cadde su un manifesto di propaganda contro il perdurare del conflitto. Ritraeva un campo di battaglia cosparso di cadaveri ed una frase recitava “Figlio mio dove sei?”

“Dove sei Stear?” si disse Candy senza riuscire a trattenere una lacrima, un forte soffio di vento proveniente da est forse cercò di darle una risposta che lei però non seppe cogliere.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Capitolo 6
 

A bordo della corazzata Indianapolis un corrucciato Terence scrutava l’oceano che scorreva veloce sotto la chiglia. La traversata era stata tranquilla, ormai la minaccia degli U – Boot era stata scongiurata ed i convogli potevano attraversare l’Atlantico in relativa sicurezza. Pensando alla minaccia dei sommergibili nazisti gli tornò in mente la richiesta che Angie gli aveva ricordato ancora una volta prima che si imbarcasse.

“Papà ti prego” gli aveva detto con le lacrime agli occhi “Cerca di sapere qualcosa di John!”

Terence aveva guardato il viso tirato di sua figlia, ormai non era più una bambina ed il suo cuore non apparteneva più solo a lui ed alla mamma. Abbracciandola stretta le aveva promesso di fare tutto ciò che era in suo potere per accontentarla, anche se non sapeva proprio come avrebbe potuto muoversi. Ma ora gli era venuta un’idea, si arrampicò per le scale che portavano alla plancia di comando ed al marinaio di guardia chiese di poter vedere il comandante. Il militare lo scortò fino all’ufficio del contrammiraglio Morrison che lo accolse con un sorriso.

“Oh, abbiamo il nostro illustre ospite! Come sta andando la traversata? Mi auguro che si sia trovato abbastanza comodo sulla nostra unità e che la cabina che le abbiamo fatto preparare nel quartiere ufficiali sia stata di suo gradimento, anche se di certo non la si può paragonare a quella di un lussuoso transatlantico. Ma domani finalmente arriveremo a Calais e spero potrà essere alloggiato in maniera più consona alla sua persona”

Non c’era piaggeria nelle parole dell’alto ufficiale ma sincera ammirazione. Anche lui era un amante del teatro ed anche lui non aveva visto di buon occhio il fatto che un attore del calibro di Terence Graham fosse stato usato come un burattino per ragioni di propaganda. Durante il viaggio fra i due uomini si era instaurato un rapporto di cordiale stima ed ora Terence intendeva valersi proprio di questo per raggiungere il suo scopo.

“La ringrazio Morrison, devo dire che per essere su una nave da guerra non ho certo avuto di che lamentarmi. Ma lasciamo da parte le impressioni sul viaggio, sono qui perché ho un favore da chiederle”

“Se posso accontentarla per ciò che è in mio potere sarò ben lieto di farlo, mi dica signor Granchester.”

“Ecco Morrison, mia figlia Angie è fidanzata con un ragazzo di nome John Cavendish” disse visibilmente emozionato “E questa persona è stata reclutata in marina ed imbarcata sull’incrociatore Delaware. Da parecchio tempo John non ha più dato notizie di sé ed Angie, come potrà immaginare, è molto preoccupata.
La nave non risulta dispersa né il nome di John risulta fra i caduti ma la situazione non è chiara, ecco perché Angie mi ha chiesto se potevo interessarmi della cosa, visto che le ultime notizie davano il Delaware nelle acque antistanti la Francia. Lei non potrebbe cercare di avere notizie in merito?”

Il contrammiraglio guardò Terence, che differenza c’era fra l’attore sicuro di sé che un paio di volte aveva visto a Broadway ed il padre preoccupato per la felicità della figlia che ora gli stava davanti! Si alzò dalla scrivania e si avvicinò allo schedario.

“Il Delaware ha detto? Credo di aver letto qualcosa in proposito nei bollettini sulle operazioni navali, mi lasci controllare…” frugò quindi in un paio di cassetti

“Il Delaware, sì… ecco qui!” ed estrasse una cartellina che riportò alla scrivania. “L’incrociatore pesante Delaware assieme ad altre unità è stato spostato dalle acque francesi per partecipare ad un’operazione di scorta a dei convogli che dovevano attraversare l’Atlantico verso l’America del Sud.
Durante il rientro era stato coinvolto in uno scontro con un’unità tedesca riportando seri danni strutturali che ne hanno reso necessario il ricovero in un porto in Africa settentrionale. Rimesso in condizioni di navigare sta ritornando al suo settore di assegnazione, e cioè il mare della Bretagna”

“Sì ma dell’equipaggio?” disse Terence preoccupato. Se la nave era salva questo non voleva dire che tutti i suoi occupanti fossero illesi dopo lo scontro.

“Si calmi signor Granchester” rispose l’ufficiale con voce rassicurante “Dal rapporto vedo che alcuni marinai erano rimasti feriti, certi in modo serio, ma nessuno ha perso la vita. L’unità aveva riportato danni tali da dover essere ricoverata in una località segreta per le riparazioni e probabilmente è stato impedito all’equipaggio di comunicare con l’esterno. Ma ormai dovrebbe essere tornata in queste acque, le prometto che prima di ripartire per New York cercherò di mettermi in contatto con quella nave così che lei possa portare a sua figlia delle buone notizie.”

“La ringrazio Morrison, lei mi restituisce un po’ di fiducia nelle forze armate.” rispose Terence decisamente sollevato.

“Non ci giudichi troppo severamente” disse Morrison “Siamo dopotutto al servizio dello stato e dobbiamo obbedire, ma siamo uomini anche noi dentro queste divise.

Una stretta di mano mise fine al colloquio, uscendo nuovamente sul ponte Terence vide in lontananza una sottile striscia scura che tradiva la vicinanza della costa francese.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Capitolo 7

 
Calais! Manndorf guardava gli edifici della cittadina costiera che per un miracolo inspiegabile erano stati risparmiati dalla furia della guerra. Secondo le convinzioni del suo alto comando l’invasione avrebbe dovuto avvenire proprio lì ed invece l’inferno si era scatenato più ad ovest, sulla spiagge della Normandia. Ora Calais era un tranquillo paese costiero che gli alleati avevano fortificato e scelto come punto di incontro per le alte sfere.

Al centro del paese sorgeva una sala teatrale che solerti genieri stavano allestendo per lo spettacolo in onore degli illustri ospiti e fra loro c’erano il sergente della Wermacht con tre compagni. Erano riusciti, complice la loro buona conoscenza del francese e dell’inglese, ad attraversare le linee nemiche fingendosi profughi alsaziani ed ora avevano offerto la loro opera gratuita nei lavori di preparazione della sala.

Il piano era abbastanza semplice, nel sotterraneo erano riusciti a contrabbandare una discreta quantità di esplosivo che era stata collocata presso le caldaie. Quando queste fossero state in pressione sarebbe stato fatto detonare causando il crollo dell’intera struttura e seppellendo Churchill e De Gaulle, prive delle loro guide la Francia e l’Inghilterra si sarebbero dovute arrendere e la guerra sarebbe finalmente finita.

Purtroppo l’operazione avrebbe comportato il sacrificio, oltre che di un gran numero di soldati, anche dell’attore che si doveva esibire e che Manndorf era sicuro di conoscere almeno di nome, ma dopotutto ogni guerra ha le sue vittime ed in definitiva la vita di un attore era ben poca cosa di fronte alla possibilità di raggiungere finalmente la pace.

Eppure quel nome, Terence Graham, che campeggiava sul cartellone posto all’ingresso gli diceva qualcosa, di sicuro lo aveva letto su qualche rivista e gli sembrava di ricordare che fosse uno degli interpreti shakesperiani più acclamati al mondo. Questo gli causava una strana sensazione, lui aveva studiato a fondo l’arte del Bardo ed amava le sue opere perciò non poteva certo essere felice di nuocere a chi le portava in scena.
Ma il sentimentalismo era da mettere da parte, la missione doveva essere portata a termine senza indugio!

Chiamò uno dei suoi uomini per mettersi d’accordo sugli ultimi dettagli.

“Allora, voi starete nel sotterraneo, al mio segnale darete fuoco alla miccia e poi fuggirete per l’uscita secondaria. L’appuntamento sarà alla stazione ferroviaria, se non mi vedrete arrivare entro dieci minuti dallo scoppio sarete autorizzati ad andarvene perché significherà che non ce l’ho fatta! Alles klar?!"

“Jawohl herr sergeant!”

Il soldato si allontanò e Manndorf rimase a fissare il palco su cui si affaccendavano gli uomini intenti all’allestimento, ma nella sua mente un tarlo continuava a rodere

 

-----------




Nella sua stanza in una locanda affacciata sul porto Terence stava dando l’ultima occhiata al copione che avrebbe dovuto recitare. Non si trattava ovviamente di un’opera completa ma di estratti dei maggiori lavori di Shakespeare, dalle tragedie ai sonetti.
Negli ultimi due giorni aveva provato assieme ad un altro paio di giovani attori, un ragazzo ed una ragazza, che l’avrebbero affiancato sul palco ed era riuscito a creare una discreta intesa.

Avevano passione ma erano anche agli esordi, a Broadway probabilmente li avrebbero sonoramente fischiati ma per quel tipo di pubblico erano più che sufficienti. Sorrise pensando a cosa avrebbe potuto dire Robert Hataway assistendo alla sua performance.

Un paio di colpi discreti alla porta lo distrassero dai suoi viaggi mentali, si trattava del padrone della locanda che gli portava una lettera dall’aria ufficiale. Terence riconobbe subito il tipo di busta usata dalle forze armate, che diavolo potevano volere ancora da lui? Lacerò l’involucro quasi con rabbia e ne trasse due fogli, uno dattiloscritto e l’altro, dal testo più succinto, vergato a mano. Dedicò la sua attenzione al documento più ufficiale e vide che l’intestazione era quella della corazzata Indianapolis.

Caro sig. Granchester, come le avevo promesso ho svolto ricerche per stabilire il destino dell’incrociatore Delaware e del marinaio John Cavendish.

Sono lieto di informarla che la nave in questione è felicemente rientrata nella sua zona di operazioni ed attualmente si trova nel porto di Le Havre in attesa di ripartire per azioni di pattugliamento lungo il perimetro atlantico della costa francese.

Per quanto riguarda il marinaio John Cavendish era fra quelli rimasti feriti nello scontro di cui avevamo parlato. Rimasto in stato di incoscienza per alcuni giorni e ricoverato nell’ospedale da campo della base ove la nave ha sostato per le riparazioni, si è ora rimesso completamente ed ha ripreso il suo normale servizio di bordo.

Sono inoltre felice di informarla che dal capitano del Delaware ho appreso che il marinaio in questione si è procurato le ferite nel tentativo, fortunatamente riuscito, di strappare alla morte altri due suoi commilitoni e per questo è stato decorato e segnalato per una promozione sul campo.

Il mio incaricato mi ha consegnato una lettera che allego a questa da parte del marinaio, ora Sergente di prima classe (Petty officier first class), da consegnare a sua figlia che avrà ragione di esserne orgogliosa.

Coi miei migliori saluti.

Contrammiraglio Henry Morrison U.S. Navy


A Terence parve che qualcuno gli avesse tolto un mattone dal petto, anche se non lo voleva ammettere si era affezionato a quel ragazzo timido che da un po’ di tempo ronzava attorno alla sua Angie ed il pensare che potesse essergli successo qualcosa di brutto lo preoccupava molto.

Ricordava quel Natale, quando Angie aveva rischiato di morire congelata, come John fosse venuto ogni giorno a casa loro per sincerarsi delle condizioni della ragazza, e di come la figlia sembrasse gradire quelle attenzioni che da impacciate si facevano giorno dopo giorno più intime.

Certo, la guerra ancora non era finita ed il pericolo era sempre in agguato ma per il momento era bello sapere che stesse bene. Guardò l’altro foglio piegato in due e pensò a come sarebbe stata felice Angie di riceverlo… poi non resistette alla curiosità e l’aprì.

Mia cara Angie, perdonami se non ti ho scritto per tanto tempo ma sono stato impossibilitato.

Non passa giorno che non pensi a te e quando mi sono ripreso dopo essere stato ferito la mia prima ed unica preoccupazione è stata di guarire al più presto per poter tornare ad abbracciarti.

Ogni giorno che passo lontano da te mi sembra infinito, mi mancano i tuoi occhi ed i tuoi capelli, il tocco dolce delle tue labbra e i bei momenti insieme nella campagna di Lakewood.

Ho deciso, appena questa guerra sarà finita e tornerò a casa voglio parlare con tuo padre per chiederti in sposa... spero di trovare il coraggio.

Ti amo Angie!

Il tuo John


Terence sorrise asciugandosi una lacrima “Ah, speri di trovare il coraggio? Vedremo come ti presenterai, ma non credere che sia io l’osso più duro! Aspetta di aver a che fare con sua madre!”

Voleva fare il duro Terence, ma in cuor suo era felice. Felice che la sua piccola avesse trovato un bravo ragazzo anche se questo significava vederla andare via.

Ripose nella valigia le due lettere ed indossò una giacca, era ormai arrivato il momento di recarsi a teatro per intrattenere quelle alte personalità e poi finalmente avrebbe potuto reimbarcarsi per tornare a casa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***



Capitolo 8

 
La sala era ormai piena, dallo spioncino del sipario Terence osservava il pubblico considerando le differenze fra i soliti signori e signore in abiti eleganti cui era abituato a Broadway e questa platea di uomini in divisa. Ma anche questo era un pubblico, e lui avrebbe saputo conquistarlo con la sua arte!

In prima fila notò tre persone che conversavano fittamente, al centro del terzetto c’era un uomo corpulento vestito di nero con un sigaro in mano che Terence riconobbe subito per Winston Churchill, alla sua destra era seduto un alto ufficiale con la divisa dell’esercito francese che sicuramente era il generale De Gaulle. A completare il trio c’era un generale americano che Terence era sicuro di aver già visto su qualche giornale ma di cui non riusciva a ricordare il nome. Tutto intorno alla sala l’imponente schieramento di sicurezza della Military Police e di altri soldati armati che avrebbero dovuto garantire il tranquillo svolgimento dell’evento.

Un tenente si avvicinò a Terence avvertendolo che era arrivato il momento di cominciare, il giovane ringraziò e voltatosi incrociò lo sguardo dei suoi due compagni che tradivano un sacro terrore al doversi esibire in quello strano contesto.

“Coraggio ragazzi!” cercò di scuoterli Terence “Dopotutto è solo una rappresentazione come tante altre! Non conta chi sia seduto in platea o chi ci sia fuori dal teatro, sul palco ci siamo noi e l’arte di Shakespeare!”

“Va bene Terence” rispose la giovane Christine “Ma per me ed Alan è la prima volta che ci troviamo di fronte ad delle personalità così importanti. E se sbagliamo qualcosa?”

“Voi non dovete preoccuparvi di questo, vi ho osservati in questi giorni di prove e so che siete in gamba. L’importante è che pensiate ai vostri ruoli e basta, il resto non conta!”

Rincuorati dalle parole di apprezzamento di un attore di quel calibro Alan e Christine si apprestarono a cominciare lo spettacolo, mentre prendevano i loro posti sulla scena Terence li guardò con l’aria di una chioccia coi suoi pulcini.

“Eh Robert!” si disse pensando al suo impresario “Chissà quante volte ti sei trovato a dover gestire queste situazioni!”

Venne dato il “Chi è di scena!” ed il sipario si aprì, il primo quadro era un estratto del Macbeth e Christine, tremando di paura, cominciò la scena della macchia di sangue.

In un angolo appartato della sala Manndorf osservava lo svolgersi della rappresentazione, quella ragazzina nella parte di lady Macbeth non era certo stata perfetta nondimeno ci aveva messo forza ed impegno e questo era indice di passione. Anche l’altro ragazzo non se l'era cavata male, aveva recitato piuttosto bene alcuni sonetti ma ora sulla scena c’era l’attore principale: Terence Graham. Stava interpretando una scena da Otello, precisamente quando il moro dà sfogo alla sua cieca gelosia soffocando Desdemona e la drammaticità che traspariva dalla sua recitazione era palpabile. L’intera platea era ammutolita, e certo non si poteva dire che fosse composta da fini intenditori di teatro visti gli apprezzamenti che poco prima rivolgevano alla giovane Christine, ma ora tutti erano senza parole, conquistati dalla forza recitativa di Terence. Ad Otello seguì il celeberrimo monologo di Amleto, poi un brano da “Le allegre comari di Windsor” quindi, dopo un altro passaggio di sonetti, il palco fu preparato per il gran finale che sarebbe stata la scena del balcone di “Romeo e Giulietta”.

Manndorf guardò verso le prime file e vide Churchill e De Gaulle intenti a seguire rapiti la scena assieme a quel generale americano che li accompagnava, era arrivato il momento di mettere in atto il piano eppure c’era qualcosa che lo tratteneva. Sul palco Romeo stava introducendosi furtivamente nel giardino di Giulietta pronto a confessarle il suo amore e l’intensità del momento lo aveva talmente coinvolto da fargli dimenticare perché si trovasse lì.

Cominciò a pensare a quando da ragazzo studiava le opere teatrali ed a quanto le avesse amate. Aveva anche provato a recitare ma ben presto si era reso conto di non avere il minimo talento interpretativo, però la passione lo aveva portato in giro per tanti teatri a nutrirsi delle parole degli attori. Ma l’interpretazione di Graham stasera gli stava dando qualcosa di più, gli stava facendo comprendere che la bellezza dell’arte non può essere macchiata da un atto vile.

Tutte quelle persone erano lì per godere di quella magnificenza e lui non poteva tradirle, e poi in nome di chi? DI Hitler? Ma che ne sapeva il Fuhrer di cosa si prova quando si è rapiti dall’estasi? Sì, lui si proclamava un fine esteta ma come può un animo gentile essere capace di ordinare atti così abietti? Nella sua mente passarono le immagini delle devastazioni che lui ed i suoi commilitoni avevano visto, rivide le città distrutte ed i cadaveri abbandonati per le strade, pensò a quel che gli avevano raccontato alcuni soldati reduci dal fronte orientale di quei campi in Polonia e pensò ancora a quei piloti nascosti nella cripta di Amiens.

Prese la sua decisione, non si sarebbe reso ancora complice di nuovi assassini, ormai non gli importava più nulla della guerra! Uno dei suoi compagni gli si avvicinò e chiese

“Herr sergeant, possiamo procedere?”

Manndorf si girò e guardò negli occhi il soldato, vide due iridi vacue che non riflettevano passione. Vide solo una macchina pronta ad eseguire degli ordini e meccanicamente rispose

“Sì, possiamo…” ma subito si interruppe. Al soldato però quella mezza risposta era bastata ed aveva cominciato a correre verso il sotterraneo per dare fuoco alla miccia, Manndorf si riscosse e lo inseguì urlando

“Nein! Nein! Die aktion wird abgebrochen! L’operazione è annullata!”

Il soldato che già aveva raggiunto i compagni si voltò stupito, cosa voleva dire il sergente con quelle parole?

“Was? Cosa significa annullata?”

“Significa che non se ne fa più nulla, non sarò io a metter fine alla vita di un attore così talentuoso!”

“Herr sergeant, ist verrückt geworden? È impazzito? Abbiamo una missione da portare a termine per la gloria del Reich!”

A sentir parlare di Reich Manndorf perse completamente il controllo

“Non mi interessa nulla del Reich e della sua gloria, abbiamo già combattuto abbastanza per quel pazzo del Fuhrer e con quali risultati? Quanti di noi non hanno più nemmeno una casa a cui tornare? Quanti morti fra le nostre famiglie e tutto per la mania di grandezza di un uomo? La guerra per noi è finita, ora disinnescherò la bomba e mi arrenderò… voi potete cercare di fuggire se volete!”

“Herr sergeant, du bist ein Verräter! Siete un traditore!”

Uno dei tre soldati estrasse una Luger e la puntò contro Manndorf, un colpo seguito da alcune raffiche di mitra e quattro corpi giacquero sul pavimento.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 10 ***



Capitolo 10

 
Ci vollero un paio di giorni perché il recupero delle salme dalla chiesa di Amiens fosse portato a termine ma alla fine un autocarro arrivò su una banchina del porto di Calais vicino all’imponente mole della corazzata Indianapolis. La nave era già pronta a salpare, il suo comandante aveva ricevuto l’ordine di riunirla al più presto alla flotta del Pacifico visto che laggiù le operazioni navali si erano intensificate. Sarebbe stato per la corazzata un lungo viaggio attraverso il canale di Panama ma il contrammiraglio Morrison era felice di doverne cedere il comando una volta arrivati a New York, aveva fatto degli strani sogni e come tutti gli uomini di mare credeva nei presagi. Vedeva un triste destino per quella nave, sarebbe stata uno degli strumenti più importanti per la vittoria americana sul Giappone ma ne avrebbe pagato duramente il prezzo assieme a tutto il suo equipaggio.

Ora però lo aspettava una navigazione tutto sommato tranquilla non appena avessero imbarcato quel triste carico, guardò dalla cabina di comando e vide quattro soldati che scaricavano un feretro avvolto in un sacco di tela e fra loro c’era anche il suo amico attore. Vide Terence avvicinarsi al corpo che era stato posto su una barella e cercare di ripulire il rozzo tessuto dalla polvere per leggere le parole dipinte sopra, lo vide raddrizzarsi di scatto e poi chinarsi di nuovo, quindi lo vide barcollare tanto che due marinai dovettero sorreggerlo. I due militari lo accompagnarono sulla scaletta fino al suo alloggio e corsero a chiamare il medico di bordo mentre la salma veniva imbarcata sulla nave e posta nella stiva. Morrison diede ordine al vice comandante di provvedere a tutte le operazioni di partenza e si precipitò negli alloggi ufficiali.

Sdraiato sulla sua branda Terence era assistito dal medico di bordo che dopo avergli sentito il polso aveva sentenziato che si era trattato solo di un piccolo mancamento, causato probabilmente dalla stanchezza. Si limitò quindi a consigliargli un po’ di riposo ed uscì dalla cabina mentre Morrison faceva il suo ingresso.


“Granchester, ma cosa le è successo?” chiese l’ufficiale sinceramente preoccupato

“Ah Morrison, è lei. Non si preoccupi, ora sto bene” rispose Terence facendo per alzarsi

“Non si agiti, il medico ha detto che deve riposare. Non c’è ragione perché si alzi, lei qui è un ospite. La nave è salpata e siamo in navigazione, spero sarà un viaggio tranquillo fino a New York. Se lo desidera può anche stare a letto fino all’arrivo!”

“Stia tranquillo Morrison” rispose Terence scherzando di rimando “Noi inglesi siamo di fibra forte! Piuttosto mi dica, dove hanno portato la salma del pilota americano?”

“Già, il nostro triste carico. Ho notato che è stato male proprio quando si è chinato su quel corpo, non è che magari c’erano delle sostanze tossiche o qualcosa di simile?”

Terence guardò il contrammiraglio non riuscendo a celare un attimo di commozione, dai suoi occhi azzurri una lacrima scese lungo il suo viso

“Morrison, io conosco quello sfortunato pilota. Eravamo amici da ragazzi e poi lui rinunciò alla sua comoda vita in America per venire a combattere in Francia, era un parente di mia moglie e quando morì lei soffrì moltissimo!”

In effetti Terence non era riuscito quasi a credere ai suoi occhi quando sulla banchina, chinandosi su quel corpo, era riuscito a leggere le parole tracciate sulla juta

“Amerikanischer pilot Lt. Alistear Cornwell 11 – 06 – 1916”

La piastrina di riconoscimento cucita in una piega del tessuto non lasciava dubbi, era proprio il corpo di Stear! Quel corpo che non era mai tornato a casa costringendo la sua famiglia ad inscenare un funerale con una bara vuota, ed ora toccava proprio al lui riaccompagnarlo nel suo ultimo viaggio.
Morrison ascoltò il racconto di Terence a bocca aperta poi disse

“Beh Granchester, sembra quasi che questo viaggio non sia stato del tutto inutile. Forse il suo amico aveva bisogno di lei per tornare a casa ed in qualche maniera l’ha chiamata. Si, lo so che sembrano fantasticherie romantiche da ragazzino, ma un marinaio vive di sogni anche se è un militare”

Terence non rispose subito, pensava a cosa avrebbe detto a Candy, a come avrebbe reagito sua moglie alla notizia che stava riportando a casa qualcuno che lei credeva perso per sempre. Si alzò dalla branda e chiese

“Morrison, è possibile inviare un cablo a New York?”
 
Cimitero di Chicago – 30 Aprile 1945
 
Erano tutti lì nella cappella di famiglia del mausoleo degli Andrew, il sacerdote aveva appena terminato la mesta cerimonia ed ora gli inservienti avevano collocato la bara nel loculo a muro. A terra, in attesa di essere posizionata, c’era una lapide di marmo su cui in lettere bronzee si leggeva


ALISTEAR CORNWELL
25 MAGGIO 1896 – 11 GIUGNO 1916


 
Quando aveva ricevuto il cablogramma spedito da Terence a Candy era mancata la terra sotto i piedi, Stear stava tornando a casa ed era proprio il suo grande amico Terence ad accompagnarlo!
Aveva inzuppato di lacrime quel foglio, ora quello sfortunato ragazzo avrebbe potuto riposare accanto a chi gli aveva voluto bene! C’era voluto un po’ di tempo per il disbrigo delle pratiche ma ora tutto era compiuto. Candy si guardò intorno, nella cappella del mausoleo della famiglia Andrew non c’era molta gente ma chi aveva davvero amato Stear era lì.

Patty era inginocchiata accanto alla lapide che finalmente era stata murata ed a Candy sembrò un tristissimo deja vu ma stavolta, pur fra le lacrime, la ragazza non esprimeva quella disperazione che l’aveva travolta in occasione del primo funerale. Piuttosto il suo era un triste saluto ad una parte importante della sua vita, qualcosa che sarebbe stato per lei un caro ricordo che non l’avrebbe mai abbandonata.

“Ciao Stear, ora sei a casa. Riposa in pace fra chi ti ha amato e guardami da lassù. Oggi io sono felice ma non ti dimenticherò mai, fai buon viaggio mio primo amore!”

Archie si avvicinò a Terence, i due uomini si guardarono negli occhi e poi si strinsero in un abbraccio che andava oltre la semplice amicizia, era l’abbraccio di due fratelli.


“Grazie per averlo riportato a casa!”, poi non riuscì ad aggiungere altro ma Terence capiva e non aveva bisogno di tante parole.

Candy era abbracciata ad Annie ed entrambe guardavano la scena, anche se era un momento triste stranamente non c’erano lacrime sui loro volti, solo una mesta serenità. Guardavano la parete del mausoleo dove i nomi della zia Elroy, di Anthony ed Albert sovrastavano quello di Stear quasi a volerlo proteggere dall’alto, riaccogliendolo in seno alla sua famiglia.
In un angolo della cappella Angie stava un po’ in disparte, pur partecipando sentitamente alla cerimonia i suoi pensieri erano lontani e vagavano sul mare fino ad una nave e ad un marinaio che ormai non avrebbe più tardato a ritornare.
Anche lei era rimasta senza parole quando aveva ricevuto il biglietto di John ed addirittura aveva provato un leggero senso di colpa nell’essere così felice quando il suo papà aveva invece dovuto assolvere ad un triste compito. Ma Candy l’aveva abbracciata scacciando quelle ombre dalla sua mente dicendole

“Non preoccuparti piccola, questa è solo la dimostrazione che la vita continua come è giusto che sia. Stear sarebbe felice di vederti sorridere per quel che il tuo John prova per te… come lo era quando vedeva quel che nasceva fra me e tuo padre laggiù in Scozia”

Angie aveva asciugato le lacrime, che finalmente erano di sollievo, ed aveva cominciato a fantasticare su ciò che sarebbe stata la sua vita mentre i suoi genitori la osservavano commossi rimandando la memoria a tanti anni prima.
 
New York – Times Square 14 agosto 1945 – ore 17:51
 
La folla si accalcava ovunque nella grande piazza, militari e semplici cittadini sciamavano felici per la strada. L’avvenimento era di quelli da celebrare, dopo la caduta della Germania anche il Giappone si era arreso e la guerra era finita! Fra le centinaia di persone una ragazza, una giovane infermiera in uniforme bianca, tentava faticosamente di avanzare.

Quel che cercava di fare era quasi impossibile ma lei era caparbia, cercava fra tutti un marinaio in particolare, un giovane sottufficiale di nome John Cavendish che era finalmente rientrato a New York tre giorni prima ed ora aveva avuto il permesso di lasciare la sua nave. Si erano dati appuntamento a Times Square ma quando lui le aveva fatto avere il messaggio non si immaginava certo uno scenario simile! Angie camminava fra la folla chiamando il suo ragazzo a gran voce ma le parole si perdevano nel vociare della folla, nei “We win!” e “USA! USA! USA!” continuamente ripetuti.

Ormai sconsolata Angie stava per rinunciare quando si sentì afferrare da dietro, due forti braccia la fecero voltare e la strinsero in un abbraccio vigoroso. Il suo corpo si inarcò all’indietro mentre un giovane marinaio attirava a sé il suo viso e la travolgeva nel più selvaggio e dolce bacio che mai ragazza avesse ricevuto! Quando si riebbe davanti ai suoi occhi c’era un raggiante John che la guardava estasiato, come se non ci fosse al mondo cosa più bella!

Per la coppia improvvisamente la festa per la fine della guerra non contava più nulla, l’unica cosa che importava era potersi stringere. Angie baciò ancora il suo ragazzo, invero in maniera meno impetuosa, e poi senza parlare si avviò abbracciata a lui via dalla folla perché ora era il momento di chiudere il mondo fuori e ritrovare sé stessi.

Al centro della piazza un giovane fotografo di nome Alfred Eisenstaedt era rimasto impietrito con la sua Leica III A ancora in mano. Un suo amico lì vicino gli chiese se per caso avesse visto un fantasma

“Per la verità ne ho appena visto morire uno” rispose il fotografo “Ho visto morire il fantasma della guerra nella più bella scena d’amore che un fotografo potrebbe immortalare. Credo che agli amici di Life Magazine dovrebbe piacere”

Sorrise ancora guardando in lontananza un giovane marinaio e la sua bella infermiera che si allontanavano felici verso il loro futuro.

 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***



Capitolo 9

 
Dal palco Terence sentì il rumore degli spari mentre stava discutendo con Giulietta se il canto di un uccellino fosse o meno quello dell’allodola. Di colpo in sala scoppiò il caos, un manipolo di M.P. prese in consegna Churchill e De Gaulle per portarli al sicuro mentre il generale americano si precipitava verso il luogo da dove erano stati uditi i colpi. Presso la scala che portava al seminterrato trovò un ufficiale che gli illustrò la situazione.

“Signor generale, un soldato addetto alla sicurezza ha sentito delle voci che provenivano da questo settore. Dal tono del discorso ha potuto capire che si trattava di soldati tedeschi infiltrati pronti a compiere un attentato. Ha fatto segno a due compagni e sono intervenuti appena in tempo, sembra che stessero progettando di far saltare in aria tutta la struttura. Meno male che sono sorti alcuni contrasti fra di loro altrimenti non avremmo fatto in tempo a scongiurare il pericolo!”

L’alto ufficiale scese i gradini e contemplò il triste spettacolo, vide le cariche piazzate presso le caldaie ed i corpi riversi. Con rabbia strappò la miccia dai candelotti di dinamite, poi avvicinandosi ai caduti sentì un flebile richiamo.

“Vi prego… bitte… aiutatemi…”

Chinatosi sul ferito il generale chiamò immediatamente qualcuno in soccorso

“Stai tranquillo, ora arriverà qualcuno che si prenderà cura di te! Cosa volevate fare qui?”

Manndorf, perché di lui si trattava, fissò negli occhi l’uomo che aveva di fronte poi disse

“Herr general, ci avevano ordinato di far saltare in aria tutto… ma io non potevo… quel Graham recitava troppo bene! Io amo l’arte… non potevo permettere che morisse… la prego herr general, prima di morire mi faccia parlare con lui… voglio dirgli quanto… quanto la sua arte mi abbia toccato!”

Il generale si voltò ed incrociò lo sguardo di un medico militare che nel frattempo era arrivato, questi scosse il capo come a dire che allo sfortunato soldato tedesco non rimaneva molto da vivere.

“La prego herr general… lo faccia venire… esaudisca l’ultimo desiderio di un soldato d’onore!”

“Va bene!” esclamò il generale “Tenente, vada a cercare il signor Graham che dovrebbe essere stato portato al sicuro nei camerini e lo faccia venire qui con urgenza!”

Terence intanto era stato portato dagli M.P. nel suo camerino e gli era stato proibito di uscire fino a che la situazione non si fosse normalizzata, ora stava misurando la stanza come un leone in gabbia chiedendosi cosa mai fosse successo.

“Meno male che avevano garantito la sicurezza!” urlò all’improvviso.

Stava pensando che mai come ora aveva rischiato di non vedere più Candy ed Angie quando la porta si aprì ed entrò un ufficiale.

“Tenente, si può sapere che diavolo è successo?”

“Signor Graham, purtroppo c’è stato un tentativo di sabotaggio da parte di un commando tedesco. Quei dannati stavano per mettere in atto un attentato che avrebbe distrutto il teatro e causato una strage, ma fortunatamente la prontezza di un nostro soldato è stata determinante per sventare la minaccia. Ora però la prego di seguirmi, uno dei soldati tedeschi è ferito gravemente ed ha chiesto, prima di morire, di poter parlare con lei. Io onestamente non vedo perché il comandante abbia acconsentito ma sono qui per scortarla da lui, se vorrà avere la bontà di seguirmi!”

Terence era allibito, non solo l’organizzazione era stata carente a tal punto che un commando nemico aveva potuto infiltrarsi ma ora pretendevano addirittura che lui andasse a raccogliere le ultime parole di un tedesco moribondo. Non era certo una questione che lo riguardasse, eppure qualcosa gli diceva che era importante che lui parlasse con quell’uomo. Che quel che aveva da dire fosse di estrema importanza… cercando di dominare i nervi seguì il tenente.

Manndorf era stato portato in una stanza ed adagiato su un divano, quando Terence entrò trovò il medico militare che stava parlando con quel generale americano che gli era familiare. L’alto ufficiale gli si rivolse con fare sbrigativo.

“Bene Graham, è arrivato appena in tempo. Questo è il sergente Manndorf che ci ha raccontato quel che lui ed i suoi compagni volevano fare. Ma la sicurezza garantita dai nostri soldati lo ha fermato appena in tempo! Ora quest’uomo ha qualcosa da dirle, si sbrighi però perché credo non gli resti molto tempo!”

“La sicurezza garantita dai vostri soldati non lo avrebbe nemmeno dovuto far avvicinare!” rispose Terence sarcasticamente, poi si avvicinò al ferito. “Eccomi, ha chiesto di vedermi?”

“Ja herr Graham… mi chiamo Manndorf ed anche se sono un soldato sono un grande appassionato del teatro di Shakespeare… volevo dirle che la sua rappresentazione di stasera… la sua recitazione mi ha toccato il cuore… non potevo… non potevo distruggere il suo talento! Mi perdoni se ho cercato di arrecare danno… ma sono un soldato… il dovere prima, ma anche il dovere può essere messo da parte di fronte alla bellezza!”

Terence ascoltava le parole dello sfortunato sergente, anche se sapeva che era un soldato tedesco in lui non vedeva un nemico ma solo un uomo, magari un po’ troppo idealista, che si era scontrato con una realtà più grande di lui così come era successo a qualcun altro che conosceva bene tanti anni prima.

“Herr Graham… un’ultima preghiera… nella chiesa di Amiens ho deposto i corpi di alcuni sfortunati piloti miei compatrioti della guerra precedente che avevamo ritrovato in una fossa comune… vorrei che fossero rispediti in patria… fra loro… fra loro c’è anche un amerikaner… forse caduto nella stessa battaglia e sepolto assieme… Graham… riportalo alla sua famiglia… tu sei un’anima nobile… fallo per… “ ma non riuscì a terminare la frase, uno sbocco di sangue mise fine alla triste vita dello sfortunato soldato.

Terence, visibilmente commosso, chiuse gli occhi al sergente Manndorf e quindi si voltò trovandosi faccia a faccia col generale.

“Graham, ho udito quel che quest’uomo le ha chiesto. Lei capirà vero che non possiamo perdere tempo per operazioni di ricerca di alcuni corpi! Quando tutto sarà finito vedremo quel che si potrà fare, del resto si tratta di tedeschi morti addirittura vent’anni fa!”

Terence sentì il sangue salirgli prepotentemente alla testa, raccolse il coraggio ed esplose

“Signor generale, l’esercito mi ha costretto a venire qui per una questione di propaganda. Mi ha strappato alla mia famiglia esponendomi a dei rischi mortali. Il minimo che voi possiate fare per me è darmi la possibilità di esaudire l’ultimo desiderio di quest’uomo! Inoltre, come ha ben sentito, fra i corpi da recuperare c’è anche quello di un soldato americano e quindi è suo preciso dovere fare di tutto perché venga rimpatriato!”

L’alto ufficiale rimase di sasso, pochissime persone potevano permettersi di rivolgersi a lui così ma il carattere di quell’attore trasmetteva forza ed autorità, pensò che se avesse intrapreso la carriera militare sarebbe potuto diventare un grande condottiero. Disse a Terence di aspettarlo nella stanza ed uscì in fretta, poco dopo ritornò in compagnia di un capitano dicendo

“Il capitano mi ha detto che la zona di Amiens è ora saldamente in mano alle forze alleate, ho già dato ordine che si cerchino i corpi di cui ci ha parlato il sergente Manndorf affinché siano portati qui a Calais. Dopo di che i tedeschi saranno inviati, quando sarà possibile, in Germania mentre per quanto riguarda l’americano incarico lei di riaccompagnarlo in patria a bordo della Indianapolis. Quello sfortunato pilota potrà finalmente riposare in patria vicino alla sua famiglia, parola di Dwight D. Eisenhower!”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3873761