La fazione prima del sangue. Ma l'amicizia, prima di tutto. di killer_joe (/viewuser.php?uid=818955)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** capitolo quinto ***
Capitolo 1 *** Capitolo primo ***
Introduzione:
Chicago. Gli
abitanti
di questa città sono gli unici umani rimasti al mondo. Per
proteggersi da
minacce esterne hanno costruito una recinzione che corre tutt'intorno
alla
città. La popolazione si divide in cinque fazioni e ognuna
di esse svolge un ruolo
nella società.
I Candidi,
che
ritengono che la colpa della guerra sia l'ipocrisia, non mentono mai.
Sono i
rappresentanti della legge.
I Pacifici,
reputando
la malvagità la maggiore causa della guerra, rigettano
l'aggressività. Sono
assistenti sociali, consulenti e coltivatori di terre.
Gli Eruditi,
secondo
cui la guerra è conseguenza dell'ignoranza, seguono la via
della conoscenza e
dedicano la vita alla cultura. Sono insegnanti, scienziati o
ricercatori.
Gli
Abneganti, che
sono convinti sia l'egoismo il motivo principale della guerra, sono al
servizio
degli altri per tutta la loro vita. E’ stato loro affidato il
governo.
Gli
Intrepidi, che
credono che la guerra sia causata dalla codardia, sono coraggiosi e
forti.
Vengono spesso giudicati pazzi, ma mantengono l'ordine all'interno
della città.
Esiste un
altro gruppo
che vive all'interno della città: gli Esclusi. Sono persone
che vivono al di
fuori della società mendicando, poiché non sono
riusciti a superare
l'iniziazione ad una fazione, o ne sono usciti dopo averne fatto parte.
Vivono
nei sobborghi della città, nella più totale
povertà.
E poi
esistono i
Divergenti. Quegli
individui che non
hanno una sola inclinazione naturale e che, per questo, sono
più forti
mentalmente di ogni rappresentante delle cinque fazioni. I Divergenti,
se
scoperti, vengono uccisi. Non sono controllabili e diventano un
pericolo per la
stabilità della società.
Capitolo
primo
Anno
14013 – Fazione Abneganti
Sdraiato su un tetto a guardare il
cielo. Avrebbe desiderato
rimanere così per sempre, ad osservare come le nuvole
cambiassero forma e
lasciassero intravedere l’azzurro del cielo. Avrebbe
desiderato che il sole
continuasse a baciargli il volto, scaldandogli la pelle e facendogli
dimenticare
le sue incertezze.
Ma il momento di pace passò in fretta. Troppo in fretta.
“Marimo! Muoviti, o
arriveremo in ritardo…”
Zoro scese agilmente dal tetto,
atterrando davanti ad un
incazzatissimo Sanji. Il biondo lo guardò severo, cercando
di darsi un’aria da
duro. Nel profondo, però, anche lui era inquieto.
“Avanti, muoviamoci. Il
test attitudinale comincia tra
poco.”
Zoro e Sanji erano Abneganti. O
meglio, lo erano fino a quel
momento, allo scoccare dei loro sedici anni. Quell’anno
fatidico era arrivato e
adesso era il momento di scegliere. E, per quanto entrambi fossero
certi che la
loro Fazione di provenienza non fosse quella adatta alla loro natura,
non
riuscivano a calmare l’ansia. La paura dell’ignoto
in cui si sarebbero gettati
era forte solo quanto la paura di perdere tutto ciò che
avevano. E l’angoscia
li stava logorando.
“Zoro! Sanji!
RAGAZZI!”
I due si voltarono, per veder
arrivare i loro amici. I
ragazzi con cui avevano passato l’infanzia, i compagni con
cui avevano riso e
pianto, con cui si erano sfogati, con cui avevano passato i migliori
momenti
della loro vita. Pensare di perderli per sempre era semplicemente
spaventoso,
una botta al cuore. E il cuore di Zoro perse un battito al vedere lei.
Nami si gettò su di loro, stringendoli in un abbraccio e
infossando il viso tra
le loro spalle, subito ricambiata da entrambi, che la strinsero
leggermente.
Poi vennero travolti dalla furia di Rufy, che saltò sulla
schiena di Nami.
Tutti e quattro persero l’equilibrio e caddero indietro con
un tonfo, tra le
risate divertite di Usopp. Nami fu la prima a rialzarsi e a riempire
Rufy di
pugni. ‘Tutto nella normalità’
pensò Zoro, unendosi alle risate degli amici; ‘una
normalità che potrebbe sparire per sempre’.
La rossa si perse in mille raccomandazioni.
“Ragazzi, non fate rissa con quelli delle altre fazioni. Non
perdete la calma,
probabilmente vi prenderanno in giro perché siete abneganti,
ma non deve
importarvi. Cercate di essere gentili” scoccò
un’occhiata truce a Zoro, che
fece spallucce, “e fate tutto quello che vi viene richiesto.
E siate prudenti…”.
Sanji,
volteggiandole attorno come una trottola
e sparando complimenti, cercò di tranquillizzarla.
“In fondo, è solo il test attitudinale. Non serve
che a fare un po’ di
chiarezza, ma non pregiudica nulla e non vincola nessuno”
concluse il biondo,
con un sorriso forzato.
“Torneremo stasera. Se non con la risposta, speriamo almeno
con meno dubbi”
dichiarò Zoro, dando le spalle alla compagnia. Si
allontanò, seguito da Sanji.
Dovevano cominciare subito a costruire un muro tra loro, altrimenti la
separazione li avrebbe lasciati distrutti. E Zoro sapeva già
che, se il muro
non fosse stato abbastanza spesso, avrebbe dovuto raccogliere i
frammenti del
suo cuore.
I due ragazzi arrivarono davanti ai portoni principali e si misero in
coda,
nella sezione degli Abneganti. Accanto a loro sfilavano gli Eruditi,
impettiti
come pavoni, che lanciavano a chiunque sguardi di sufficienza.
“Ecco i frigidi! Mi spiegate che avete contro gli
specchi?”. Una ragazza della
loro fazione tentò di rispondere, subito presa in giro
doppiamente dai ragazzi
in abito blu. Sanji, già coinvolto, si stava per lanciare a
proteggere la
fanciulla indifesa ma venne fermato da Zoro.
“Niente risse…” disse laconico. Il
biondo non rispose nulla, si limitò ad
incenerire gli Eruditi con lo sguardo.
Mentre cercava di non pensare a niente, cosa che, secondo Sanji, non
gli era
mai risultata difficile, gli occhi di Zoro si posarono su una nube nera
all’orizzonte. La nuvola si faceva sempre più
vicina, fino a divenire nitida e
a mostrare quello che era realmente: arrivavano gli Intrepidi.
Gli Intrepidi erano la Fazione dei
guerrieri. Avevano il
compito di proteggere la città e i suoi abitanti, ma in
realtà erano sempre pronti
a sfidare la sorte, ponendosi obiettivi ambiziosi e cercando di
superare i
propri limiti. Era la fazione degli audaci, di chi guardava in faccia
il
pericolo. Era la fazione di chi sceglieva la libertà.
Zoro era così perso nel
guardarli che non aveva sentito il
banditore annunciare il suo nome. Fu Sanji a risvegliarlo dalla trance,
con
un’amorevole gomitata nel costato.
“Idiota di una testa d’alga! Hanno chiamato
te!” sibilò furioso il biondino.
“Non t’azzardare a darmi dell’idiota,
sopracciglio a ricciolo” ringhiò di
rimando, avviandosi verso il portone. Forse, si disse, gli sarebbero
mancati anche
questi momenti con il cretino. Ma solo forse.
Zoro entrò nella stanza.
Una donna lo aspettava, in piedi
accanto ad una poltrona. Davanti a lei, un monitor acceso.
“Bene bene… un abnegante. Di solito non cambiate
mai Fazione, a prescindere dal
risultato del test”.
Zoro non rispose nulla, cogliendo il tono ironico della donna. Si
limitò a
guardarsi attorno.
“Devo sedermi lì?” chiese con aria
apatica. La donna annuì, prendendo una
siringa. Appena Zoro ebbe preso posto, gli fece indossare un copricapo
con tre
rilevatori.
“Adesso ti inietterò una soluzione che ti
porterà in una realtà alternativa.
Comportati istintivamente davanti alle situazioni che appariranno, solo
in
questo modo il computer rileverà la tua inclinazione e ti
assegnerà, secondo
probabilità, alla tua Fazione di appartenenza. Tutto
chiaro?”. Zoro annuì; se
c’era da usare l’istinto, non avrebbe avuto
problemi. Lui agiva sempre secondo
istinto.
Appena la soluzione fu in circolo nel
suo sangue, Zoro vide
la stanza vorticare fino a sparire. Davanti a lui c’erano
milioni di specchi, e
tutti riflettevano la sua immagine. Si guardò attorno
incuriosito, notando due
tavolini d’argento con, posati sopra, un coltello e un pezzo
di carne. Il primo
pensiero di Zoro fu che, se Rufy fosse stato lì, avrebbe
probabilmente mandato
il test a quel paese provando a mangiarsi la carne. L’idea lo
fece ridacchiare
tra se e se, ma venne subito interrotto dall’arrivo di un
cane. La belva pareva
inferocita e lo stava attaccando. Zoro non perse tempo e, senza alcun
dubbio,
afferrò il coltello e si gettò contro la bestia.
Non riuscì a colpirla che la
scena cambiò. Zoro, confuso, si guardò attorno,
focalizzando lo sguardo su una
bambina in lacrime. Decise di avvicinarsi.
“Piccola… che ti succede?” chiese,
cercando di essere il più gentile possibile.
L’espressione della bambina, da piangente, divenne
terrorizzata. Guardò un
punto dietro di lui e cominciò a tremare. Zoro si
voltò di scatto e rivide il
cane che, questa volta, attaccò la bambina. Il ragazzo non
ci pensò un istante
e si gettò in mezzo ai due tentando di proteggere la bimba.
Chiuse gli occhi
aspettando l’impatto, che non arrivò mai. Quando
riaprì le palpebre, la scena
era cambiata di nuovo. Era solo, il cane e la bambina scomparsi. Ad un
tratto
si avvicinò un uomo, dal volto sfigurato. Senza conoscere il
motivo, Zoro
sapeva che rispondere
sinceramente all’uomo sarebbe stata una cattiva idea.
Indietreggiò cercando di
evitarlo, ma questi gli si portò davanti.
“Gentile ragazzo… Devi aiutarmi. Devi rivelarmi il
nome dell’assassino che ha
squartato la giovane fanciulla. So che lo sai”.
Zoro lo guardò scettico. Sapeva, inconsciamente, di
conoscere l’assassino. Eppure…
il suo istinto sentiva che di quel tipo non c’era da fidarsi.
Mentì.
“Mi dispiace… non lo conosco”. Lo
sfregiato non si arrese.
“Credimi, ragazzo mio. La verità può
salvare quest’uomo”. Zoro lo guardò
meglio… Ma non riusciva a fidarsi.
“Gliel’ho detto… non so chi
sia”. Bugia. L’uomo però non
sembrò preoccuparsene
e fece un ghigno inquietante. Tutto divenne confuso, poi Zoro
aprì gli occhi.
Sbatté le palpebre
più volte per riuscire a mettere a fuoco
la stanza. La donna era accanto a lui e fissava lo schermo. Zoro si
voltò a
guardarla, e la vide sorridere divertita.
“Però, gran bella prova,
abnegante…” gli disse con una risatina sommessa.
Fece
girare lo schermo per permettergli di vedere il risultato del suo test.
C’era una
sola scritta, in maiuscolo:
INTREPIDO
Zoro osservò lo schermo.
Sulle sue labbra si dipinse un
ghigno sghembo.
̴
Uscì
dalla porta secondaria. Lo lasciarono andare da solo, e
inevitabilmente si perse due o tre volte. Maledicendo il suo pessimo
senso
dell’orientamento, Zoro trovò per puro caso la
porta giusta e uscì all’aria
aperta. Appoggiato al cancello Sanji lo aspettava da un po’,
in mano la quarta
sigaretta.
“Era ora, idiota. Cos’è, ti hanno dovuto
far rifare il
test?”
“No. Mi sono perso…”. Sanji
alzò gli occhi al cielo.
“Non ci posso credere… Se esistesse la Fazione dei
‘senza cervello’ ti
farebbero membro ad honorem”.
“Se esistesse quella delle ‘checche
smidollate’, invece, sarebbe il tuo posto
ideale…”
“Che hai detto? Prova a ripeterlo!”
“Checca smidollata…”
Continuando a insultarsi e
prendendosi a pugni, i due
ragazzi si incamminarono verso la loro Fazione. Si stavano per separare
al
cancello quando Sanji prese l’iniziativa.
“Non ti chiederò cosa sei uscito, nel
test… solo una domanda. Hai meno dubbi su
cosa fare?”. Zoro annuì.
“Ho avuto delle risposte. Che hanno fatto nascere altre
domande. Tu?”. Sanji abbassò
lo sguardo.
“Più dubbi di quando sono
partito…”.
Zoro sapeva cosa passava nella mente del biondo. L’uomo con
cui viveva, Zeff Gambarossa, il miglior cuoco che si fosse mai
conosciuto,
l’aveva preso con sé quando Sanji non aveva nulla.
Il ragazzo si sentiva in
debito con il ‘vecchiaccio’, come lo chiamava
sempre, e non se la sentiva di
abbandonarlo. Non sapendo che, oltre a lui, Zeff non aveva nessuno.
Zoro scosse
il capo.
“Sanji… Zeff non vuole che sacrifichi la tua vita
e la tua felicità per lui.
Non è per questo che ti ha salvato”.
Il biondo lo fulminò con lo sguardo.
“Non è questa la questione, Zoro! Io non posso
farlo, mi sentirei una merda! A
prescindere da quello che vuole o non vuole lui! Che farà
senza di me, ah?”.
Zoro decise di non replicare, in fondo non stava a lui scegliere. Si
separarono, ognuno verso la propria casa.
“Sarà bello,
comunque, non vedere più la tua brutta
faccia…”
sghignazzò Zoro, osservando il biondo da lontano.
“Non vedevo l’ora di liberarmi di te, marimo di
merda…” gli rispose per le rime
Sanji.
Era il loro modo di comunicare che si
sarebbero mancati.
Angolo dell'autore:
Ciao a tutti, grazie per
aver letto questo primo capitolo!
Spero di avervi un pochino incuriosito... Ogni commento e suggerimento
è graditissimo!
(non sono certa di poter
essere rapida nell'aggiornamento perché ho già
un'altra long in corso... ma prometto che farò il possibile!)
A risentirci!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo secondo ***
Capitolo
secondo
Alla fine, il ‘Giorno della
Scelta’ era arrivato. E, dentro
di lui, risiedevano ancora dubbi e incertezze. Dando uno sguardo ai
sedicenni
assieme a lui, Zoro notò che tutti avevano il suo stesso
sguardo perso. Almeno l’angoscia
era comune.
Zoro e Sanji si sedettero vicini, nel
cerchio di sedie più
esterno alla grande sala. All’interno stavano gli adulti,
divisi per Fazioni.
In basso, al centro della sala, un membro dei Candidi presiedeva la
cerimonia
d’iniziazione. Le cinque coppe di metallo, su cui avrebbero
dovuto scegliere il
loro futuro, parevano chiamarli da lontano, tanto che i loro sguardi
non
riuscivano a spostarsi da lì, come fossero ipnotizzati.
La coppa contenente acqua, limpida e
scostante, simbolo degli Eruditi.
La coppa colma di terra, calda e tranquillizzante, simbolo dei Pacifici.
La coppa riempita di sassi, anonimi e solidi, simbolo degli Abneganti.
La coppa custodente vetri, trasparenti e puri, simbolo dei Candidi.
La coppa racchiudente tizzoni, ardenti e scoppiettanti, simbolo degli
Intrepidi.
Sapevano quello che dovevano fare. Dovevano entrare in
società, scegliendo la
Fazione alla quale appartenere e donando alla nuova casa tutti loro
stessi. La
Fazione veniva prima di tutto. La Fazione veniva prima del sangue.
Proprio a
testimoniare ciò avrebbero compiuto un giuramento di sangue
con la loro
Fazione, lasciandone cadere qualche goccia nella coppa corrispondente.
Quel
gesto avrebbe simboleggiato la loro eterna fedeltà.
La cerimonia si aprì con un discorso, a cui Zoro non fece
caso. Si stava ancora interrogando sulle conseguenze della propria
scelta.
Sapeva quali erano le regole, non dovevano esserci contatti tra le
Fazioni. Per
questo motivo sapeva bene che, scegliendo la Fazione a cui desiderava
unirsi
con tutto se stesso, rischiava di perdere la persona con cui avrebbe
sognato
unirsi con lo stesso ardore. Ma, per essere certo di avere lei, avrebbe
dovuto
vivere da abnegante. Per sempre. Anche questa opzione gli faceva male.
Cominciarono
a chiamare i loro nomi. Ognuno sarebbe andato, da solo, in mezzo alla
sala e,
davanti a tutti, avrebbe compiuto la sua scelta. Zoro si ricordava bene
l’anno
passato, quando Rufy aveva atteso invano il ritorno di suo fratello
dalla
cerimonia. Ace si era unito agli Intrepidi, affidando a Zoro il suo
fratellino.
E Zoro non aveva avuto cuore di dirlo a Rufy fino a quando non era
stato
inevitabile. Il solo pensiero di vedere negli occhi di lei lo stesso
dolore che
Rufy aveva negli occhi l’anno precedente gli insinuava nel
cuore ancora più
dubbi di quanti non ne avesse già. Gli venne un leggero mal
di testa.
“Blackleg Sanji”
Zoro alzò lo sguardo sul
suo vicino. Sanji, impassibile nel
suo volto ancora da bambino, si alzò lentamente e si
avviò verso le coppe. Si
girò leggermente e fece a Zoro un gesto di saluto,
ricambiato da un cenno del
capo del verde. A loro bastava così, quel gesto valeva
più di mille parole.
Significava che non si sarebbero mai dimenticati l’uno
dell’altro. Significava
che, per quanto potesse valere, per loro l’amicizia contava
molto. Forse più ancora
della Fazione.
Sanji prese il coltello e si fece un
piccolo taglio
sull’indice sinistro. Lui, da bravo chef, non si sarebbe mai
rovinato le mani,
erano sacre. Zoro lo osservava da lontano. Sapeva che la sua ferrea
volontà
l’avrebbe portato a scegliere di essere un abnegante,
nonostante non fosse il
suo posto. Sanji non avrebbe mai abbandonato Zeff, ne andava del suo
onore e
della sua morale. E il biondo non tradiva mai i suoi ideali…
“Intrepido”
Zoro alzò la testa di
scatto. Doveva aver sentito male…
Sotto al suo sguardo stupefatto, vide la Fazione degli Intrepidi
esultare,
accogliendo il nuovo arrivato tra le sue file. Zoro non poteva
crederci… Sanji
aveva fatto la sua scelta. E, Zoro lo sapeva, aveva fatto la scelta
giusta.
Venne assalito nuovamente dai dubbi, essendo consapevole che la sua
decisione
verteva su punti ben diversi da quelli del biondo. Lui doveva scegliere
verso cosa
indirizzare la sua vita. Se verso l’amore o se verso la vita
stessa. Senza che
fosse riuscito a darsi una risposta, venne il suo turno.
“Roronoa Zoro”
Si alzò dalla sedia e si
avviò verso le coppe. Nonostante
camminasse con lentezza esasperante, arrivò alla fine del
tragitto troppo in
fretta. Si ritrovò davanti alle coppe senza aver preso una
decisione. Si tagliò
il palmo, continuando ad osservare le due coppe che focalizzavano il
suo
interesse: da un lato, i sassi grigi degli Abneganti e, con loro, Nami;
dall’altro, i tizzoni ardenti degli Intrepidi e, con loro, la
libertà. La mano
partì senza seguire alcun pensiero, mossa
dall’istinto di cui andava tanto
fiero.
“Intrepido”
I suoni attorno a lui sembravano
attutiti tanto sentiva
forti i battiti del suo cuore. Sentì la Fazione degli
Intrepidi, la sua
Fazione, esultare. Si girò appena in tempo per non essere
travolto dalla focosa
accoglienza dei suoi nuovi compagni. Vide Ace venirgli incontro e
stringerlo in
un abbraccio spezza-ossa.
“Canaglia! Volevo ben vedere se non ti saresti unito a
noi!”
Tra le grida e gli schiamazzi venne fatto sedere in prima fila, tra gli
iniziati alla Fazione. Accanto a lui individuò Sanji, che
gli mostrò la lingua.
“Sembra che alla fine dovremo sopportarci per la vita, ah,
testa d’alga!”
sogghignò.
“Non chiedevo di meglio, sopracciglio a ricciolo”
gli rispose Zoro, con un
sorriso sghembo.
-.-.-.-.-.-
Fazione Abneganti
Nami aspettava con ansia crescente.
Tutti loro, i ragazzi
ancora non sedicenni, non avevano diritto di presiedere alla Cerimonia
della
Scelta e rimanevano quindi alla loro Fazione, con tutta
l’angoscia di chi non
può sapere. Accanto a lei, Rufy e Usopp erano in
fibrillazione.
“Secondo te Sanji rimane qui?” chiese Rufy, con la
sua solita aria ingenua.
“Credo di sì… sai come la pensa. Per
Zeff, intendo…” il nasone scrutò con lo
sguardo la zona davanti al cancello, ancora deserta.
“E Zoro?” la voce di Rufy era alterata
dall’aspettativa. In fondo, da quando
Ace aveva abbandonato la Fazione, aveva vissuto con il ragazzo dai
capelli
verdi e non gli piaceva l’idea di rimanere solo.
“Lo sai, Rufy… se non dovesse tornare, puoi venire
da noi!” gli ricordò per
l’ennesima volta Usopp. A quelle parole, il cuore di Nami
perse un battito. ‘Se
non dovesse tornare’. Si rese conto che non si era preparata
all’eventualità di
non rivederlo più. Aveva dato per scontato che sarebbero
rimasti insieme per
sempre, che sarebbero rimasti per sempre ragazzini. Invece i sedici
anni di lui
erano arrivati, e ora lei si trovava davanti alla
possibilità di non
incontrarlo ogni mattina, di non potersi beare del suo sorriso sghembo,
di non
potersi perdere nelle sue iridi nere come perle…
Sentì un groppo alla gola.
“Eccoli! Arrivano!”
Rufy e Usopp si sbracciarono e cominciarono a saltellare alla vista
della folla
che avanzava. Nami si sporse dal cancello, appesa assieme agli altri
due
ragazzi in modo da poter vedere meglio chi entrava alla Fazione.
Scrutò tra la
gente, alla ricerca dei capelli verdi che le facevano battere il cuore.
Ma non
lo vide da nessuna parte. Notò suo padre, il rappresentante
della Fazione degli
Abneganti, che teneva una mano sulla spalla di Zeff. Il vecchio cuoco
faceva
finta di nulla ma si notava che era provato, e Nami capì che
Sanji non era più
dei loro. Scese veloce dalla sua postazione di vedetta e
trotterellò accanto a
suo padre.
“Papà…” Genzo sorrise al
vederla.
“Nami, tesoro mio… Ora sono occupato, a casa ti
racconterò tutto” la rassicurò,
carezzandole la testa. Nami diede uno sguardo di sottecchi a Zeff, che
la notò.
“Sanji se n’è andato…
Intrepido. Spero solo che non si faccia buttare fuori”
disse con aria dura. Dal suo sguardo, però, si intravedeva
la preoccupazione. Nami
si rivolse di nuovo al padre.
“Zoro?” chiese con un sussurro. Genzo la
guardò addolorato; non avrebbe voluto
vedere la sua bambina rattristarsi così…
Già la sua primogenita, Nojiko, aveva
avuto la stessa esperienza con quel disgraziato di Portugese D. Ace.
Genzo
sapeva che quei due, entrambi, avrebbero portato solo male alla sua
famiglia
ma, se da un lato era felice che non potessero più farne
parte, dall’altro
soffriva per la delusione delle sue bambine. Sospirò.
“Intrepido”. Vide gli occhi di Nami riempirsi di
lacrime.
“Già… è il posto giusto per
lui. Diventerà di sicuro il migliore…”
disse la
rossa, senza riuscire a trattenere i singhiozzi. Si voltò di
scatto e scappò
via, senza badare ai richiami del padre. Ora, aveva solo bisogno di
piangere.
-.-.-.-.-
Zoro e Sanji si guardarono
stupefatti. Dovevano veramente
saltare e appendersi ad un treno in corsa? Scettici si voltarono verso
Ace,
fermo accanto a loro.
“Ragazzi, non perdete il ritmo, mi raccomando! Altrimenti vi
lasciamo qui…”.
Con una risata, il moro cominciò a correre. I due, ancora
increduli, si
lanciarono in una corsa sfrenata dietro al gruppo, cercando di rimanere
al
passo. Gli Intrepidi che correvano con loro erano veloci, erano potenti
ma
soprattutto… erano incoscienti! Il treno arrivò
dietro di loro e Zoro si sentì
male da tanto era rapido. Si guardò sopra la spalla in modo
da scegliere il
momento giusto per saltare, così da entrare nel vagone senza
spiaccicarsi sul
lato del treno. Con il cuore in gola, prese la rincorsa e
saltò, rotolando sul
pavimento della carrozza e finendo con la faccia su un mucchio di
paglia.
Rialzò la testa sputacchiando.
“Però, non male per essere la prima
volta…” ridacchiò Ace mentre lo aiutava
ad
alzarsi. Zoro si voltò alla ricerca di Sanji. Ace se ne
accorse.
“E’ di sicuro in un altro vagone” lo
tranquillizzò. In fondo, anche il moro
sapeva che quello era il primo passo. Chi non saliva sul treno otteneva
un
biglietto di sola andata per gli Esclusi. Non rimborsabile. Ace si
spostò verso
la portiera, ovviamente non chiusa, della carrozza e avvertì
l’amico dietro di
sé.
“Ora dobbiamo saltare”. Il moro
sghignazzò allo sguardo incredulo di Zoro.
“Stai scherzando? Saltare giù?”
“Esattamente, caro… non vorrai passare tutta la
vita su questo treno, ah?” il
moro, con una risata, si gettò dal vagone e
atterrò sul tetto di fronte.
Sbigottito e terrorizzato, Zoro fece altrettanto. Quanto Ace era sceso
con
nonchalance tanto lui ruzzolò a terra con malagrazia. Si
rialzò imprecando,
questa iniziazione era più dura di quanto pensasse. Cercando
di togliersi la polvere dai vestiti, il
ragazzo individuò una testa bionda che, malconcia quanto
lui, cercava senza
troppo successo di rimettersi in piedi sulle sue gambe.
Sbuffò rilassato. Sanji
si avvicinò a lui, un sorriso tirato sulle labbra.
“Decisamente un’altra cosa rispetto agli
Abneganti…” commentò.
“Non c’è dubbio” gli rispose
Zoro, ancora frastornato.
In quel momento, un ragazzo saltò in piedi sul bordo del
palazzo, cosa che fece
sobbalzare tutti gli iniziati presenti. Aveva i capelli biondi che gli
partivano sparati sulla testa e l’espressione seria, quasi
annoiata. Si
presentò.
“Io sono Marco ‘la fenice’…
capo-fazione. Assieme al mio secondo…” con la mano
indicò Ace, ritto di fronte a lui, “…
ci occuperemo della vostra formazione. L’addestramento
sarà duro, non vi indorerò la pillola. Chi di voi
non sarà considerato adatto
alla Fazione sarà lasciato indietro. E, come sapete, non vi
è possibile
ritornare alla vostra Fazione di provenienza. Diventerete
Esclusi”. Con lo
sguardo passò in rassegna i sedicenni davanti a lui.
C’era un nutrito gruppo di
figli di Intrepidi, quelli sapevano pressappoco a cosa andavano
incontro. Erano
poi presenti anche un buon numero di trans-fazione e, cosa davvero
rara, ben
due Abneganti. Cercò di chiarire meglio le regole.
“Verrete addestrati in due diversi gruppi… i figli
di Intrepidi saranno seguiti
da Das Bornes e Paula. I trans-fazione, da me ed Ace. Anche se
l’addestramento
sarà diviso, verrete valutati a gruppo unito. A fine
addestramento, solo a metà
di voi sarà permesso restare”.
‘Ciò significa che voi trans-fazione non avete
speranza’ concluse dentro di sé Marco, con
assoluta indifferenza. Agli
Intrepidi servivano i migliori, i più forti e coraggiosi.
Non avevano bisogno
dei deboli.
Conscio di averli terrorizzati per bene, il capo-fazione propose la
prima, beh,
seconda se si contava il treno, sfida della giornata. Per raggiungere
la
Fazione era obbligatorio saltare dal tetto del palazzo.
Ghignò in maniera
inquietante.
“Bene. Chi è il primo a saltare?”.
Divertito, si gustò la scena di circa
cinquanta ragazzini che, inorriditi, si guardavano tra di loro cercando
di
capire se scherzasse o meno. ‘No carucci, non sto
scherzando…’, si disse tra sé
e sé.
“Per entrare tra gli Intrepidi è necessario
saltare da qui. Cercate di non
spiaccicarvi sul tetto di sotto ma di entrare nella
voragine…” Ace, ridendo
come un matto, spiegò meglio cosa intendeva Marco, riuscendo
solo a
terrorizzare ancora di più gli iniziati. Dopo qualche
secondo di silenzio un
rosso dallo sguardo irrequieto, che già era parte della
Fazione, sbuffò
sonoramente.
“Femminucce, non abbiamo tutto il
giorno…”. A quel commento infastidito, Zoro
prese coraggio. Eh no, tutto potevano fare, ma non dargli della
‘femminuccia’.
“Vado io!”
Sanji lo guardò scioccato.
Come, il marimo aveva intenzione
di partire in vantaggio? Non gliel’avrebbe mai permesso.
“No! Comincio io!”
Marco non credeva alle proprie
orecchie. I due Abneganti
avevano le palle, non c’era dubbio. Sorrise sprezzante.
“Ma bene, due volontari… mai successo prima
d’ora. D’accordo, fatevi avanti…
vediamo se, dopo aver visto l’altezza, manterrete
quell’aria arrogante”.
Notò con stupore i due ragazzi raggiungere il bordo del
palazzo, guardare giù,
deglutire e, in meno di un secondo, salire in piedi nella stessa
posizione in cui si trovava lui stesso
pochi minuti prima. Il tutto senza
smettere di guardarsi in cagnesco. Scosse il capo allibito.
“Bene, saltate pure…”
cominciò, certo che avrebbero aspettato almeno mezzo
minuto prima di trovare la forza per gettarsi. Tutti avevano bisogno di
un
attimo per raccogliere il coraggio. Non aveva nemmeno finito la frase
che i due
ragazzi erano spariti alla sua vista, lasciandosi cadere nel vuoto.
Incredulo,
si voltò verso Ace che stava ridacchiando di gusto.
“Quei due faranno miracoli…”
sussurrò divertito il moro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo terzo ***
Cap. 3
Anno 14015 - Fazione
Intrepidi
Zoro si alzò dalla sua branda, stiracchiandosi. Il sole era
appena spuntato e lui si sentiva rincoglionito come non mai, ma sapeva
che era
il momento di svegliarsi. Quello era un giorno importante.
Era arrivato il Giorno della Scelta per i tre amici che aveva lasciato
tra gli
Abneganti. Da quel giorno non li aveva più visti…
Tra gli allenamenti
massacranti a cui gli iniziati erano stati sottoposti e i compiti
ingrati che
venivano lasciati ai novizi, il primo anno di Zoro e Sanji tra gli
Intrepidi
era volato. D’altronde, era noto che la loro Fazione era la
più selettiva in
quanto a nuovi arrivati… I due ragazzi avevano visto
moltissimi degli iniziati
che erano con loro quel giorno fare una gran brutta fine: chi per
esaurimento
nervoso, chi per debolezza erano finiti tra gli Esclusi. Qualcuno, pur
di non
fare quella fine, aveva preferito il suicidio. Ma Zoro, in perfetta
linea con
il pensiero della Fazione, non provava pena per i deboli. Almeno, non
più. Si
diresse ai bagni, deciso a darsi una rinfrescata, quando
inciampò e caracollò
sul pavimento, sbattendo la schiena con forza.
“Ma che cazz…”. Non fece in tempo a
finire la frase che si rese conto su cosa
era inciampato: un piede… e non un piede qualunque.
“Dovresti vedere la tua faccia…” la
risata canzonatoria di Sanji risuonò in
tutto il dormitorio. Così come il ringhio sommesso di Zoro.
“Brutto stronzo… Preparati a morire
perché questa volta ti strangolo!”
La sceneggiata mattutina era ormai diventata un’abitudine
per tutti i ragazzi della Fazione, che quasi quasi si sarebbero
dispiaciuti se,
per uno strano caso ben lontano dall’avverarsi, quei due
fossero riusciti a non
rompersi vicendevolmente i cosiddetti da inizio giornata. In
realtà a tutti era
chiaro quanto quelle liti fossero un modo per esprimere il profondo
legame che
univa i due ragazzi. Così forte che quando era diventato
capo-fazione Zoro,
senza avere dubbi, aveva scelto Sanji come suo secondo, accompagnando
la sua
scelta con un’amorevole “sarà davvero
gratificante darti ordini”, a cui Sanji
aveva risposto “non aspettarti di venire eseguito, marimo di
merda”, effusioni
che esprimevano meravigliosamente il loro rapporto. Alzando gli occhi
al cielo,
i rappresentanti più anziani avevano dato
l’avvallo alla scelta di Zoro,
essendo ben consci di come i due ragazzi combattessero bene in
combinata. Erano
tanto affiatati da essere diventati in pochissimo tempo una delle
sotto-fazioni
degli Intrepidi tra le più temute, allo stesso livello delle
coppie Marco-Ace e
Kidd-Killer. E avevano tutta l’intenzione di migliorare.
La lite tra i due venne interrotta da un sonoro fischio, accompagnato
da una
pesante nuvola di fumo che fece tossire l’intero dormitorio
tranne Sanji,
assuefatto alle sigarette. Entrò uno dei rappresentanti
della Fazione, Smoker.
“Razza di inutili idioti, muovete il culo! Siete
già in ritardo stratosferico!”
ringhiò, tirando un sonoro calcio alla branda più
vicina alla porta su cui
giaceva Kidd, ancora nel mondo dei sogni. Il rosso quella mattina ebbe
un
traumatico risveglio, sobbalzando per lo spavento e cadendo dal letto.
Stava
per lanciare i peggiori insulti, accompagnati magari da qualche pugno
spezza-ossa, all’autore di quella poco gradita sveglia, ma
venne interrotto nel
suo proposito da Killer che, tappandogli la bocca all’ultimo
istante, gli
mostrò gentilmente contro chi stava per inveire. Kidd si
rimangiò gli insulti.
Tutti sapevano che mettersi contro Smoker non era una grande idea, a
meno di
non avere tendenze suicide. Il rappresentante degli Intrepidi
tirò fuori un foglio, sbuffando rumorosamente.
“Allora… quest’anno il compito di
educare gli iniziati dei figli di Intrepidi è
di… Ma sono impazziti? Eustass Kidd, l’incaricato
sei tu” Smoker guardò il
rosso, ancora steso a terra, con aria scettica.
“Ma se a momenti manco ricordi il regolamento della
Fazione… Valli a capire, i
piani alti” commentò ad alta voce, suscitando le
risatine sommesse del
dormitorio, bruscamente interrotte dallo sguardo di fuoco che Kidd
lanciò in
direzione dei compagni. Smoker continuò.
“Invece, educare gli iniziati trans-fazione tocca
a… Però, di bene in meglio!
Roronoa Zoro…” Smoker guardò dubbioso
verso l’altro ragazzo, che era
impallidito al solo sentire la notizia.
“Bene, pare che quest’anno i rappresentanti
generali vogliano fare il record di
iniziati scaricati agli Esclusi, se hanno scelto voi due…
Probabilmente non ci
sono più posti letto…”
considerò Smoker, questa volta facendo ridere di gusto
tutti i presenti. Tranne i chiamati in causa, ovviamente.
“Beh, che fate lì impalati? Datevi una
mossa!” ciò detto, Smoker se ne andò
come era arrivato, lasciando un dormitorio in preda ad un attacco di
ridarella
e due capo-fazione affranti.
-..-..-..-..-..-..-
Fazione Abneganti:
Nami si guardò allo specchio. Una sola volta, rapidamente,
in modo da controllare che tutto fosse in ordine. Si lisciò
la gonna con le
mani e sistemò il maglione sul collo. Cercò,
senza successo, di trovare una
posizione al ciuffo ribelle che usciva dal basso chignon. Poi,
velocemente,
richiuse lo specchio nell’armadio.
Quello era un giorno importante. Ormai aveva compiuto anche lei i
sedici anni
ed era in procinto di scegliere cosa fare della sua vita. Le
sfuggì una
lacrima, che scese a rigarle la guancia. Nonostante fossero passati due
lunghi
anni, lei ancora non aveva superato il fatto di averlo perso. Il
ragazzo dai
capelli verdi, quel maledetto, idiota e buzzurro… popolava
ancora i suoi sogni,
i suoi pensieri e i suoi desideri. Non l’avrebbe mai
dimenticato, era
impossibile. È impossibile dimenticare un gusto che non si
è mai assaggiato. La
voglia rimarrà per tutta la vita.
La rossa uscì dalla stanza ed entrò nel salotto.
Suo padre Genzo, il primo
rappresentante della Fazione e capo del governo, la aspettava seduto
sul
divano, in mano una tazza di caffè. Le sorrise paternamente.
“Buongiorno, Raggio di sole! Sei pronta?”
Nami annuì, la gola improvvisamente secca. Genzo si
alzò dal divano e bussò con
forza sulla porta del bagno.
“Fior di loto, è ora di andare!”. Nami
alzò gli occhi al cielo per le moine di
suo padre. Dal bagno sentì sua sorella urlare.
“Arrivo subito! Datemi ancora un
secondo…”
Nojiko era bellissima ed attraente. Simpatica ed estroversa. Semplice e
sincera. Era il modello per Nami, la persona che sarebbe voluta
diventare.
Nojiko avrebbe voluto essere una Candida. E avrebbe voluto amare per
sempre
Portugese D. Ace. Loro erano fidanzati, anche se a sedici anni
può non sembrare
una cosa seria, e Nojiko era andata incontro alla sua scelta con una
sola
certezza: che sarebbe stata per sempre sua.
Mai sicurezza fu cancellata in modo così palese e doloroso.
Per Nojiko la decisione di rimanere tra gli Abneganti era stata una
scelta
obbligata, così come lo era per Nami. Loro erano le figlie
del primo
rappresentante della Fazione… dovevano comportarsi come
tali, rimanendo accanto
al loro padre. Non potevano rischiare, con una scelta diversa, di
mettere in
discussione la sua moralità come incaricato al governo
né, peggio ancora, il
suo valore come padre e uomo. Nojiko e Nami sapevano come sarebbe stata
la loro
vita. Dove sarebbero rimaste per sempre.
Nojiko credeva che Ace non l’avrebbe mai
lasciata. Lei, di
cognome Cocoyashi, aveva scelto la Fazione prima di lui. Quando Ace
aveva
giurato sulla coppa degli Intrepidi, dentro di lei si spezzò
qualcosa. Ora sorrideva
sempre, ma mai come prima. Chiacchierava del più e del meno,
solare ed allegra,
ma mai come quando c’era lui. Assolveva i suoi compiti con
cura e precisione ma
non era felice. Nami lo sapeva, lei leggeva sua sorella come un libro
aperto. E
non voleva passare la sua vita così, per lei non era ancora
tutto compiuto,
avrebbe potuto… La rossa scosse il capo, sorridendo
ironicamente al suo stesso
pensiero. In quei due anni, pieni di dubbi e scoramenti, aveva spesso
immaginato se stessa scegliere la Fazione degli Intrepidi. Si era vista
avanzare con coraggio, tagliarsi la mano e, testa alta e sguardo
sfrontato,
lasciar cadere il suo sangue sui tizzoni ardenti. Ardenti come lo
sguardo di
Zoro, ardenti come le sue braccia che la stringevano, ardenti come le
loro
labbra che si univano… Era un sogno meraviglioso. Ma solo un
sogno, un
desiderio senza possibilità di realizzazione. Se anche
avesse fatto una pazzia
del genere, il loro momento di riconciliazione non sarebbe durato a
lungo.
Termine un anno, o forse meno, lei sarebbe finita tra gli Esclusi,
senza
passare dal via. Non avrebbe retto, fisicamente e psicologicamente, lo
stress
dell’iniziazione degli Intrepidi. In fondo, sapeva di non
essere un’intrepida,
il test attitudinale parlava chiaro.
La voce di Nojiko la distolse dai suoi pensieri.
“Andiamo, ‘raggio di
sole’…” la prese in giro. Nami le fece
una linguaccia.
La rossa si unì ai suoi amici. Usopp camminava a testa
bassa, perso tra i suoi pensieri. Rufy era stranamente silenzioso, sul
volto
dai tratti bambineschi un’espressione lievemente corrucciata.
Nami non l’aveva
mai visto così. Gli si avvicinò.
“Rufy… so che è un momento
difficile” gli sussurrò all’orecchio,
“ma ce la
caveremo. Come sempre”. Rufy alzò lo sguardo sul
viso di lei, serio.
“Nami… noi ci vorremo bene per sempre,
vero?”
La ragazza sussultò. La domanda, posta con una
serietà che
nessuno si sarebbe aspettato da Rufy, ebbe il potere di risvegliare
anche
Usopp. Il ricciolo alzò la testa, quasi indignato.
“Ovvio che ci vorremo bene per sempre! Siamo amici!”
Nami spostò lo sguardo prima su uno e poi
sull’altro, non
riuscendo a trattenere un sorriso. Alla reazione di lei, anche Rufy
sorrise
felice.
“Lo sapevo, su di voi potrò sempre contare! Come
con Zoro e Sanji! E con Ace…”
il moretto annuì raggiante, seguendo un pensiero che non
formulò. Nami,
leggermente più rinfrancata, riuscì a calmare un
po’ i suoi pensieri. Che, a
solo sentirne il nome, erano volati verso di lui.
I tre ragazzi si sedettero nel cerchio esterno, uno vicino
all’altro. Usopp aveva salutato sua madre un po’
troppo a lungo e con un po’
troppe lacrime per poter credere che sarebbe rimasto tra gli Abneganti.
Rufy si
guardava attorno estasiato, stupendosi per ogni stupidaggine. Nami
aveva
salutato la sua famiglia, una cerimonia di rito, ma negli occhi del
padre e
della sorella aveva letto la certezza che sarebbero tornati a casa
assieme.
Certo, le era stato spiegato da quando aveva undici anni che il suo
posto era
tra gli Abneganti, talmente tante volte e con così tanta
convinzione che aveva
cominciato a crederci anche lei. Con un sospiro, Nami si
appoggiò allo
schienale della sedia, volando con il pensiero all’unica cosa
importante che
avrebbe perso per sempre se avesse deciso di assecondare la sua
famiglia. Zoro.
L’aveva rivisto solo una volta dopo che se n’era
andato. Stava distribuendo
cibo agli Esclusi, assieme a Nojiko, quando aveva sentito il tipico
rumore che
preannunciava l’arrivo degli Intrepidi.
Rumore di corpi in movimento, risate di puro divertimento,
grida di semplice adrenalina. E poi era arrivata l’onda nera
e gli Intrepidi si
erano riversati nella via, saltando sui tetti, arrampicandosi sulle
balaustre e
correndo per le strade, ogni singolo passo all’insegna della
più vivida follia.
Nami aveva alzato lo sguardo immediatamente, cercando disperatamente
con gli
occhi il suo intrepido. E l’aveva visto.
Aveva raggiunto la cima per primo, scalando un sostegno di metallo con
agilità
senza pari, e un istante dopo si era già lanciato nel vuoto
per cadere, con
eleganza, sul tetto di fronte. Nami lo guardava ammirata. Desiderava
con tutta
se stessa che anche lui la notasse, che la cercasse come lei
l’aveva cercato,
che le facesse almeno un cenno da lontano. Che le permettesse di
guardare il
suo sorriso sghembo rivolto a lei, e solo a lei, per
un’ultima volta… Stava per
chiamarlo, il braccio già alto e le parole in gola, quando
Nojiko la fermò. Sua
sorella le aveva preso la mano e l’aveva strattonata con
forza, costringendola
a voltarsi verso di lei. Nei suoi occhi aveva letto rabbia e
frustrazione.
“No, Nami. La Fazione prima di tutto”.
Le veniva da piangere. Lei… lei non aveva ancora scelto, la
sua Fazione, ancora
non aveva deciso di rinunciare a lui per sempre. Ma lo sguardo duro di
Nojiko
la fece desistere anche dal contestare. Nami sapeva benissimo quante
volte
Nojiko aveva alzato lo sguardo sugli Intrepidi solo per cercare Ace.
Sapeva
quante volte aveva pianto per questo. Semplicemente non voleva che
anche la
sorella provasse lo stesso dolore.
Persa nei suoi pensieri, Nami aveva perso la concezione del tempo.
Sobbalzò
sulla sedia e alzò lo sguardo tremante. Il banditore aveva
appena chiamato il
suo nome.
Zoro, annoiato, cercava di non addormentarsi. Quell’anno la
cerimonia la presiedevano gli Intrepidi e non sarebbe stato gentile da
parte
sua dimostrare tutto il suo fastidio in modo così palese. Si
liberò
dall’intorpidimento solo quando il banditore lesse il nome
più importante della
giornata.
“Cocoyashi Nami”
Il ragazzo la seguì con lo sguardo. La vide avanzare
tremante, rallentando sempre di più. Era cresciuta, i
capelli le si erano
allungati un po’. Era ancora più bella di come la
ricordasse.
Per un secondo, gli venne un pensiero egoista. Desiderò con
tutto se stesso che
Nami scegliesse gli Intrepidi. Così sarebbero potuti stare
insieme per sempre…
lui l’avrebbe aiutata a superare ogni prova,
l’avrebbe protetta e sorretta,
l’avrebbe guidata durante tutta l’iniziazione.
Avrebbero vissuto insieme, per
tutta la vita. Sospirò, beandosi del suo stesso sogno.
Perché sì, lo sapeva,
era un sogno… che poteva diventare realtà se lui
non l’avesse buttato alle
ortiche due anni prima. Sì, sarebbero potuti stare assieme
per sempre, ma non
tra gli Intrepidi. E se ora poteva solo guardarla da lontano non doveva
che
maledire se stesso.
Nami si trovava davanti alle coppe, il coltello nella mano, gli occhi
color
caramello che, pieni di dubbi, si spostavano frenetici da un recipiente
all’altro. Guardavano ora gli Abneganti, ora gli Eruditi, ora
gli Intrepidi…
Aspetta un attimo! Gli Intrepidi? Zoro si alzò dalla sedia
per osservare
meglio; no, non si stava sbagliando. Gli occhi di Nami ora erano fissi
sulla
coppa colma di tizzoni scoppiettanti. La rossa si fece un taglio
leggero, lo
sguardo ancora ancorato allo stesso vaso. Zoro trattenne il fiato.
Poi, in un secondo, una lacrima le rigò il viso e lei volto
la testa.
“Erudita”
La Fazione degli uomini in blu applaudì con foga ma, al
contempo, con compostezza. Nami, un sorriso leggero sul volto, si
lasciò
accompagnare alla prima fila accanto a chi, come lei, aveva cambiato
bandiera. Zoro
sospirò, lasciando andare il fiato che gli comprimeva i
polmoni. Il risultato
fu un forte sbuffo.
“Tutto ok?” Sanji lo squadrò,
leggermente preoccupato.
“Tutto alla grande” rispose Zoro. Tra gli Eruditi,
ne era certo, Nami sarebbe
stata a casa.
Nami guardò verso suo padre e, con un misto di malinconia e
senso di colpa, vide il suo sguardo affranto. Accanto a lui, Nojiko
sembrava
sotto shock. Nami sapeva di aver fatto un torto enorme ad entrambi. Era
passata
ad un’altra Fazione, cosa che sua sorella aveva evitato
nonostante lo
desiderasse ardentemente. Ed era passata agli Eruditi, la Fazione
avversa agli
Abneganti, mettendo a rischio suo padre e il suo incarico di Capo del
Governo. Ma
malgrado tutto lei aveva fatto la sua scelta, e l’aveva fatta
con il cuore. Quella,
nonostante tutto, era la sua, di vita. Cercò di rilassarsi
quando sentì
chiamato il suo amico.
“Monkey
D. Rufy”
Il moro scese baldanzoso dagli scalini, il suo adorato
cappello di paglia ben calcato sulla testa. Rapidamente, prese il
coltello e si
praticò un taglio sulla mano. Gli bastò un
attimo, giusto il tempo di
individuare il calice giusto.
“Intrepido”
Dalla Fazione dei guerrieri partirono grida di gioia e urla
di battaglia, mentre i capo-fazione si alzavano per accoglierlo. Nami
vide Ace
stringere il fratello tra la braccia, ricambiato
nell’abbraccio. Vide poi
avvicinarsi Zoro e Sanji, nei loro volti pura gioia di rincontrarsi.
Tra
pacche, strette e abbracci, Rufy venne fatto sedere tra gli iniziati.
Nami lo
guardò con un pizzico d’invidia. Lei era sola, lui
invece…
“Snaper Usopp”
Il ricciolo scese dalla scalinata. Con lo sguardo triste
guardò verso la scalinata degli Abneganti, probabilmente
verso la madre. Poi si
fece un taglio sul palmo e, veloce quasi quanto Rufy, fece la sua
scelta.
“Pacifico”
Nami sorrise malinconica. Ora, tutti loro avevano fatto la
propria scelta. Adesso erano divisi e la loro vita doveva cambiare. E
sarebbe
cambiata per sempre.
Angolo dell'autore:
Buonasera a tutti! Sono anni che non aggiorno questa fiction, e mi
scuso con chi la sta seguendo. Le cose andranno un po' a rilento a
causa di impegni vari e scarsa ispirazione, spero che comunque vogliate
leggere e, magari, lasciarmi un commento, giusto per sapere se vi piace
la piega che sta prendendo... Dal prossimo capitolo dovrebbe cominciare
l'azione!
Per ora, un bacio
killer_joe
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo quarto ***
Buonasera a tutti/e! Che dire...
Non aggiorno questa storia da anni, e pensavo davvero che sarebbe rimasta incompiuta. Tuttavia, un recente commento mi ha fatto tornare l'ispirazione per scrivere qualcosa di più.
Non posso promettere nulla, perché sono vicina alla laurea e sto completando la mia tesi, un lavoro che mi tiene molto impegnata. Spero comunque che ci sia qualcuno che ha voglia di seguirmi in questa avventura.
Okay, vi ho tediato abbastanza. Meglio se vi lascio al capitolo :)
Capitolo quarto
Anno 14015: Fazione Eruditi
Le mani si spostarono, veloci, da una provetta all’altra. Gli occhi color caramello osservarono, attenti, prima il becher e poi il cronometro. Nella stanza silenziosa i battiti del cuore sembravano amplificati.
Cinque, quattro, tre, due, uno…
Il cronometro si azzerò e Nami espirò il fiato che stava trattenendo. Esperimento concluso in maniera magistrale. Anche la prova di chimica era superata.
Nami concluse la sua relazione e sistemò l’attrezzatura del laboratorio. L’iniziazione della fazione degli eruditi non era una passeggiata, e i suoi esaminatori richiedevano la massima perfezione. Non che fosse preoccupata, lei era una delle migliori promesse di quell’anno… ma il raggiungimento del risultato impeccabile richiedeva tempo, fatica e studio. Per questo motivo si trovava ancora, sola, in laboratorio.
Sentì bussare leggermente alla porta e una risata allegra rimbalzare per le pareti bianche della stanza.
“Sapevo che ti avrei trovata ancora qui…”
A parlare era stata Nefertari Bibi, l’unica amica che Nami era riuscita a farsi in quei pochi mesi da erudita. Bibi aveva un anno in meno di lei ed era nata erudita, aveva grandi occhi scuri dall’espressione gentile e lunghi capelli azzurro cielo. Era la figlia di uno dei maggiori rappresentanti della Fazione. Bibi voleva unirsi alla fazione dei Candidi, ma la sua famiglia la voleva Erudita; Nami l’avrebbe appoggiata nella sua battaglia, forte dell’esperienza di Nojiko. La rossa le sorrise.
“Anche questa è fatta”
Bibi l’aiutò a sistemare il laboratorio e, insieme, si avviarono verso la mensa, chiacchierando del più e del meno. Ad un tratto Bibi esclamò, guardandola ammirata:
“Stavo pensando… tu hai scelto la Fazione giusta per te. Sembri trovare la massima gioia solo nella conoscenza!”
Nami si trovò a riflettere su quell’affermazione, e non poteva negare la verità di quello che aveva detto l’amica. Lo studio la rendeva interessata, e sentiva la sua vita assumere finalmente un senso. Il conoscere, applicare, scoprire l’affascinava, e non poteva più immaginare la sua vita lontana da tutto quel sapere.
Nonostante tutto, però, aveva trovato lo stesso senso di appagamento anche in altre occasioni… e la mente volò verso un ricordo recente.
Nami si guardò allo specchio, impeccabile nella sua nuova divisa da erudita. Si lisciò la gonna e sistemò il colletto della camicia, beandosi del fatto che, finalmente, aveva la possibilità di passare a guardare la sua immagine riflessa per tutto il tempo che ritenesse necessario. Questa e molte altre conquiste la rendevano sempre più sicura della sua scelta.
Quel giorno sarebbe uscita dalla sede della Fazione: l’avevano scelta per tenere il conto della quantità di grano che serviva agli eruditi per i prossimi quattro mesi. Il lavoro non era difficile, bastava moltiplicare la quantità di cibo per ogni membro della Fazione per il numero di pasti. Tuttavia, era stupita che la rappresentante della Fazione, la sempre perfetta sotto ogni aspetto Dottoressa Nico Robin, avesse chiesto di avere proprio lei al suo fianco, quel giorno, nonostante fosse solo un’iniziata degli Eruditi da poco più di due mesi. Nami sospettava fosse una mossa politica per mettere in cattiva luce suo padre, ma non poteva esserne sicura; ed era troppo entusiasta di andare al Mercato principale per preoccuparsene troppo.
Il suo lavoro era ormai terminato e, mentre la Dottoressa Robin e l’uomo che le aveva accompagnate, un estroso meccanico dal ciuffo azzurro di nome Franky, discutevano di chissà quali mosse politiche con i rappresentanti di altre Fazioni, Nami si godeva il tiepido sole primaverile accarezzarle la pelle. Era persa nei suoi pensieri quando, dietro di lei, qualcuno esclamò:
“Ohi! Qui ho finito”
Nami sapeva a chi apparteneva quella voce, non poteva dimenticare. Si voltò di scatto e lui era lì: Zoro.
In piedi sul carro che trasportava il grano per gli Intrepidi, con gli abiti in pelle nera che non lasciavano niente del suo splendido corpo alla immaginazione e la carnagione dorata che brillava sotto i raggi del pomeriggio inoltrato, Nami non poteva distogliere lo sguardo. Era bello come un dio.
Zoro girò la testa e i loro occhi si incontrarono. Il caramello si mescolò con la pece e ne venne sommerso.
Nami si voltò di scatto, dandogli le spalle. Sentiva le guance in fiamme, si era fatta cogliere a fissare come fosse la sua unica ragione di vita il membro di un’altra Fazione! Rossa di vergogna e desiderio, Nami cercò di ricomporsi nella figura di Erudita che sarebbe dovuta diventare, glaciale e superiore al mondo degli uomini, quando sentì alle sue spalle il calore di un altro corpo e una mano sfiorare delicatamente il suo palmo. Si irrigidì di colpo.
“Sono un’egoista…” le sussurrò all’orecchio, con la voce roca di un uomo ormai adulto. La schiena di Nami fremette e le sue dita si strinsero attorno a quelle di lui.
“Perché?” chiese, una domanda che ne conteneva un milione. Perché si era unito agli intrepidi, perché l’aveva lasciata, perché… era felice? Perché lei non era stata abbastanza per lui… quello che sentì non le diede nessuna risposta, ma non ne avrebbe più avuto bisogno.
“Perché ti desidero come allora. Perché ti amo”
Dopo quello non ci furono parole. Solo loro due, nascosti nel buio del magazzino ormai vuoto. Solo le mani di Zoro, brucianti come le ricordava, sul suo corpo, solo le sue labbra incenerenti sulla sua bocca e sul suo collo, solo i baci leggeri sui suoi capelli e poi un sussurro, quasi un respiro, che le diceva quanto, anche a lui, lei fosse mancata.
Nami tornò alla sua Fazione accanto alla Dottoressa Robin, impeccabile nella sua divisa da erudita. Ma le labbra erano stirate in un sorriso perenne; Nami tornava dagli Eruditi con un’esperienza di felicità e con la promessa di un nuovo incontro.
“Hai ragione, Bibi. La conoscenza è l’unica cosa a dare significato alla mia vita”.
‘Quella, e un intrepido tutto muscoli’ concluse dentro di sé Nami. Ma non serviva che l’altra ragazza lo sapesse.
Bibi osservò l’amica e si coprì le labbra con le dita per nascondere un risolino. Non sapeva a cosa avesse pensato in quel momento Nami, ma di sicuro non era la chimica. Qualunque cosa fosse era bene che se la tenesse stretta, perché gli occhi della rossa non brillavano in modo così sfolgorante nemmeno davanti ai libri di testo.
Fazione Intrepidi
Zoro osservò il tabellone e constatò, con estrema soddisfazione, che il primo della lista era uno della sua squadra. Con un ghigno di sfida si voltò verso Kidd che, di rimando, gli fece il dito medio.
“Muovete il culo, imbecilli! Non abbiamo tutto il giorno” sbraitò l’intrepido dai capelli rossi ai suoi più che terrorizzati iniziati. Accanto a lui, il suo secondo sospirò sconfitto.
“Andiamo Kidd, così non li metti certo a loro agio…”
“Non sono tenuto a ‘mettere a loro agio’ questo gruppo di frocetti senza palle! L’unica cosa che devono fare è rompere il culo al gruppo di Roronoa!”
Il suddetto Roronoa, a pochi metri di distanza, si fece una grassa risata prima di riportare l’attenzione alla sua squadra di giovani iniziati. Sanji, dal canto suo, passava a dare consigli e a rinfrancare gli spiriti, più alle donne che agli uomini ovviamente, il mandrillo.
“Ragazzi, ascoltatemi bene. Questa è l’ultima sfida di questo periodo e quindi, alla fine del ruba-bandiera, sapremo chi di voi resterà e chi, invece…” Zoro non finì la frase, non ne ebbe cuore. I ragazzi davanti a lui annuirono con fervore e ricominciarono a prepararsi per la sfida. Purtroppo, nonostante Rufy fosse il primo della lista (Zoro ci aveva messo la mano sul fuoco già prima di scoprire che sarebbe stato lui ad allenarlo), alcuni dei suoi ragazzi erano al di sotto della banda rossa che indicava la linea di salvataggio. Mentre osservava i nomi dei molto presto Esclusi che aveva imparato a conoscere, Sanji gli si avvicinò e gli posò la mano sulla spalla.
“Sei stato in gamb… bravetto. Non buttarti giù, hai fatto del tuo meglio”.
Zoro annuì. Se a dirglielo era Sanji, di certo meglio di così non sarebbe riuscito.
*
'E' andata meglio di quanto sperassi'.
Zoro seguì con lo sguardo le giovani reclute che avevano superato l'iniziazione. Ne aveva persi meno di quindici, un record per il gruppo dei trans-fazione. Certo, quella ragazzina dei Candidi che aveva deciso di gettarsi nella gola... aveva fatto male. Sanji era stato il suo miglior alleato in quel momento difficile, ma il dolore sarebbe rimasto.
Zoro scosse la testa e prese un sorso di birra fredda, che gli altri capo-fazione gli avevano schiaffato in mano nel momento stesso in cui era entrato in mensa. Lui stesso aveva il sentore di esserselo meritato.
Sanji crollò poco dopo sul posto accanto a lui, anche il biondo con in mano una birra e un'espressione ebete in volto. Quante ne aveva bevute, due? Il biondino era sempre stato un pusillanime quando si trattava di reggere l'alcool.
“Signori, devo fare un annuncio!” trillò Sanji, alzando il bicchiere per richiamare l'attenzione e versandone prontamente metà del contenuto in testa a Killer. Il tavolo scoppiò in una fragorosa risata, mentre Killer si limitava ad un sospiro affranto. Lui aveva smesso di preoccuparsene, davvero.
“Un annuncio? Chi hai messo incinta?” chiese Ace, ironico. La battuta di spirito ebbe l'effetto di rimandare l'intera tavolata in una crisi di risate. Sanji sbuffò indignato.
“Spero sia chiaro a tutti che io non farei mai una cosa simile ad una donna! Loro sono creature che vanno omaggiate, onorate, protette come delicati fiori pieni di...” Kidd mollò un lamento sconfitto, seguito a ruota dal resto della tavolata.
“Eccolo che riparte con la solfa” sbottò Marco, che ne aveva le scatole piene delle tirate di Sanji. Ace gli tenne bordone.
“E poi, Sanji, delicate? Non sei quasi finito in infermeria dopo il tuo têt a têt con Tashigi?” rimbeccò canzonatorio. Di nuovo il tavolo rimbombò di risate a spese di Sanji che, troppo ubriaco per formulare una risposta a tono, decise per una più pacata linea d'azione e mise il broncio. Zoro nascose la sua risatina nel bicchiere, per non alterare ulteriormente il carattere già incazzoso del biondo. Da buon amico qual era, gli diede un apertura.
“Quindi, l'annuncio?”
Sanji sbarrò gli occhi, come se si fosse già dimenticato di averli voluti rendere partecipi dell'informazione solo pochi minuti prima. Cristo, Zoro doveva aiutarlo a crearsi una resistenza all'alcool, davvero, perché così era patetico. Poi Sanji fece un sorriso a trentadue denti e si voltò verso il tavolo.
“Giusto, l'annuncio! Signori... sono innamorato!”
E lo disse con tale convinzione... questa volta Zoro non riuscì a trattenere le risate, e quasi si soffocò con la birra. Attorno a lui gli altri capo-fazione non erano messi meglio.
“Ma no, Sanji, non mi dire?”
“E' la stessa della scorsa settimana o qualche altra malcapitata?”
“Seriamente, biondo, dopo la centesima volta la notizia perde di originalità...”
Il broncio di Sanji aveva raggiunto livelli mai visti. Zoro provò quasi pena per lui, se non fosse stato impegnato a sputacchiare birra ovunque. Il punto che la maggior parte degli altri non coglieva era che Sanji, benedetta la sua anima romantica, era davvero innamorato di ogni gonnella su cui posasse gli occhi. Zoro lo capiva, o meglio, poteva fare uno sforzo di comprensione, ma il fatto che il cuore del biondo saltasse ad una ragazza diversa ad un ritmo più sostenuto di quello con cui si cambiava la biancheria non gli aveva regalato una gran reputazione. Non di certo tra le ragazze, almeno.
“Ma... ma io...” Sanji cercò di giustificarsi, ma aveva il cervello talmente annebbiato che riuscì solo a balbettare. Zoro gli batté una mano sulla spalla in segno di sostegno.
“Dai, non te la prendere, stanno solo scherzando. Di chi ti sei innamorato?” chiese, limitandosi a pensare 'stavolta' senza dirlo ad alta voce. Gli occhi di Sanji si illuminarono.
“E' una ragazza bellissima, Zoro! La più bella che abbia mai visto” cominciò, con aria sognante. Zoro roteò gli occhi e si versò un'altra birra, rassegnandosi ad un lungo monologo. Ponderò se spegnere il cervello e pensare ai cazzi suoi, ma non voleva rischiare un calcio in faccia da parte del biondo. Quindi, per mantenere la conversazione pacifica, si limitò ad annuire.
“Ha i capelli azzurro cielo, e gli occhi neri come ossidiana. I lineamenti gentili, e un sorriso dolcissimo” Sanji aveva quell'espressione idiota tipica degli infatuati, gli occhi rivolti verso il cielo e persi in un ricordo. Zoro aggrottò le sopracciglia, confuso. Quella descrizione non gli ricordava nessuna delle ragazze della Fazione. Anche se, ad onor del vero, Zoro era poco interessato agli esponenti del gentil sesso che non fossero Nami.
“Ah sì? E come si chiama, questa visione paradisiaca?” chiese, non sicuro che Sanji sarebbe stato in grado di rispondergli. Il biondo tendeva ad 'innamorarsi' dell'idea dell'amore più di quanto fosse salutare. L'espressione di Sanji si fece seria, e il biondo avvicinò il suo viso a quello di Zoro.
“Non lo so, e non potrei nemmeno cercare di scoprirlo. L'ho vista al mercato... è una erudita” sussurrò, con fare confidenziale. Forse la sua confessione sarebbe rimasta tra lui e Zoro se, complice la troppa birra, non l'avesse sussurrato con un tono di voce sufficientemente alto da farsi sentire da Ace, seduto davanti a loro.
“Sanji, ma sei impazzito? È di un'altra Fazione!” esclamò il moro, con gli occhi spalancati. Il commentò zittì il resto della tavolata e Sanji, improvvisamente al centro dell'attenzione di tutti, arrossì.
“Uhm... lo so” rispose, abbassando lo sguardo in un raro momento di vulnerabilità. Killer tossicchiò, senza dire una parola, mentre Kidd alzò gli occhi al cielo.
“Ma sei serio, biondo? Perché cercare guai con altre Fazioni, con tutta la figa che c'è qui?” commentò, senza notare che Bonney stava passando proprio dietro di lui. La rosa gli mollò uno scappellotto sul collo che gli fece battere la fronte sul tavolo e Ace sghignazzò di gusto, ignorando lo sguardo di fuoco del rosso.
“Che tempismo perfetto, Bons” complimentò Marco, mentre il resto del tavolo rideva di Kidd. La ragazza si limitò a sbuffare.
“Siete un gruppo di coglioni” commentò lapidaria, per poi girare sui tacchi ed allontanarsi da loro con passo sostenuto. Kidd lanciò un'occhiata mesta alla sua schiena.
“Qualcosa mi dice che ti sei bruciato ogni possibilità” lo canzonò Ace.
“Oh, 'fanculo alla mia vita” rispose Kidd, affogando la faccia nella sua birra.
Zoro si stava godendo la scena più divertente della giornata, gongolando davanti alla disavventura del rosso, quando sentì la mano di Sanji battere leggermente sul suo avambraccio. Si voltò subito verso il di lui.
“Mmh?” chiese, sovrappensiero. Lo sguardo di Sanji era affranto, e Zoro si raddrizzò sulla panca.
“Dici... dici che dovrei lasciar perdere?” mormorò Sanji, gli occhioni cobalto offuscati da quelle che Zoro poteva riconoscere come lacrime mal trattenute. Sentì una stretta al cuore, e la mente gli saltò ad un ricordo della settimana prima...
Gli occhi di Nami erano spalancati, le pupille talmente estese da far scomparire il color caramello delle iridi. La bocca della rossa era semiaperta, e le labbra gonfie a causa dei lunghissimi baci che si erano scambiati. Zoro la prese tra le braccia e la aiutò a stendersi su quel materasso improvvisato fatto di vestiti e sacchi di iuta rattoppati.
“Sei bellissima” le mormorò sull'orecchio, godendo del brivido che le passò su tutto il corpo. Lei avvinghiò le braccia attorno al suo collo, annullando le distanze tra i loro corpi, e Zoro affondò il viso tra i capelli rossi. Le baciò la tempia, poi l'orecchio, poi la guancia, e proseguì a coprire di baci tutto il viso. Lei ridacchiò, e Zoro pensò che il suono fosse la cosa più musicale che avesse mai sentito.
“Smettila di dire smancerie e spogliami” rispose Nami, facendogli l'occhiolino. Inutile dire che Zoro non se lo fece ripetere due volte.
Erano soli, di notte, lontani dalle loro Fazioni, nascosti in un magazzino in rovina che faceva da riparo agli Esclusi. Eppure era esattamente dove Zoro voleva essere. Tra le braccia di Nami si sentiva a casa.
“Zoro?”
Il ragazzo dai capelli verdi si riscosse, e puntò lo sguardo su Sanji. Il suo secondo in comando, e il suo migliore amico. Si sentì pervadere da un senso di vergogna mai provato prima.
“Io... penso di sì. È la cosa migliore, Sanji, non può uscirne niente di buono da una relazione clandestina trans-fazione”. Il viso di Sanji si contorse in una espressione addolorata, ma il biondo annuì.
“Mmh, hai ragione. Credo”. Gli occhi blu si chiusero, e Sanji deglutì attorno al nulla. Zoro fece per posargli una mano sulla spalla, ma Sanji si alzò di scatto.
“Io... vado a dormire. Ho bevuto troppo” sussurrò a mo' di scusa, girando sui tacchi e allontanandosi subito, la sua camminata un po' instabile. Zoro lo lasciò andare, sentendosi un verme. Sapeva che dimenticare quell'erudita era la cosa migliore per Sanji, considerando che in ogni caso si sarebbe 'innamorato' di nuovo nel giro di una settimana. Tuttavia, era consapevole di essere stato un ipocrita.
'Dovresti seguire il tuo stesso consiglio' si rimproverò internamente, girandosi veloce e prendendo un gran sorso di birra. Meglio affogare ogni rimorso nell'alcool.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** capitolo quinto ***
Capitolo 5
Anno 14015 - Fazione intrepidi
“Okay, test terminato. Per i risultati dovrai aspettare che tutti i tuoi compagni abbiano sostenuto i loro test, e successivam... oh”.
Zoro si interruppe subito, vedendo che il ragazzino seduto sulla poltrona per le simulazioni era più confuso che cosciente. Zoro poteva comprenderlo, davvero, anche lui aveva fatto fatica a superare le sue paure. Il test mentale era anche peggiore delle prove fisiche, e ti lasciava sempre con una sensazione di panico che durava per almeno il resto della giornata.
Per fortuna Sanji, che stava attendendo fuori dalla porta nella sala d'aspetto, entrò subito dopo per occuparsi dell'iniziato. Zoro fece un gesto di ringraziamento verso il biondo, che gli rispose con un ghigno sfrontato.
“Indovina chi sta per entrare...” ridacchiò, indicando la porta. Zoro alzò lo sguardo e fece un sorriso a trentadue denti.
“Hey Rufy! Pronto per il test?”
Il ragazzino moro entrò con baldanza, quasi saltellando. Se c'era una persona capace di non provare il minimo terrore davanti alla prova mentale più temuta dell'intera Fazione, quello era Rufy.
“Ciao Zoro! Durerà tanto? Io ho già fame...”
Zoro si limitò ad alzare gli occhi al cielo, già abituato al buco nero che Rufy aveva al posto dello stomaco. Il moretto si sedette sulla poltrona, e Zoro gli mise in testa il casco per le simulazioni, collegando tutti gli elettrodi al loro posto.
“Circa mezz'ora, ma dipende da quante paure dovrai affrontare. Con te... prevedo dieci minuti al massimo” sogghignò, mentre Rufy mollò una grassa risata. Sì, Rufy aveva paura di pochissime cose al mondo. Era una caratteristica molto apprezzata per la Fazione degli Intrepidi, ma rischiava anche di metterlo nei guai più spesso che no. Zoro poteva giurare che aveva già dei capelli bianchi a causa delle prove di coraggio che Rufy aveva affrontato durante l'addestramento fisco. Nessuno avrebbe dovuto avere il diritto di essere così incosciente, parola di intrepido.
“Ora ti inietto una soluzione che ti porterà nella realtà virtuale” spiegò Zoro. Rufy aveva lo sguardo assente e un dito nel naso. Zoro sbuffò, ma continuò la tirata per seguire il regolamento.
“All'interno del test affronterai quelle che sono le tue paure più profonde, che nemmeno tu conosci. Dovrai affrontarle per passare alla paura successiva. Come le affronterai dimostrerà la tua attitudine ad essere un intrepido. Tutto chiaro?” chiese, per proforma. Rufy annuì distrattamente.
“E poi potrò mangiare?”. Zoro sentì, suo malgrado, le labbra stirarsi in un sorriso.
“Sì, poi potrai mangiare” rassicurò il ragazzino. Tanto Zoro non aveva dubbi, il test per Rufy sarebbe stato una passeggiata.
Zoro iniettò il liquido sul braccio di Rufy, e si rassicurò che il moro crollasse in una trance. Poi si avvicinò al monitor e si mise comodo, ad osservare.
La prima paura di Rufy gli fece scappare da ridere. Il ragazzino era nel mezzo di un salone gigantesco, con tavolate e tavolate piene di carne fumante. Tuttavia Rufy non poteva accedervi perché alcune figure, senza volto, proiettavano un certo campo di forza attorno alle tavolate. Rufy, da vero intrepido, cominciò a tirare cazzotti a destra e a manca alle figure, ma i suoi pugni le trapassavano. Era una fantasia ben congegnata, nell'opinione di Zoro. E, ovviamente, la prima paura di Rufy era quella di rimanere senza carne.
Rufy provò per qualche minuto a prendere a botte le figure, senza prendere in considerazione il fatto che erano immateriali. Per Zoro, avrebbe dovuto prendere un arma – ce n'erano molte appese alle pareti del salone – e provare a distruggere così i campi di forza. Tuttavia, quello che fece Rufy lo lasciò basito.
Il ragazzino si interruppe di colpo, la sua attenzione non più sulle figure ma sul campo di forza più vicino a lui. Lo osservò per qualche minuto, assorto. Poi, si avvicinò e ci poso una mano sopra.
Zoro sentì le parole di Rufy come se fossero nella sua stessa mente. “Non è reale”. Il campo di forza si dissolse subito dopo, e Rufy fece per agguantare un pezzo di carne. La scena cambiò immediatamente, un'altra fantasia, un'altra paura. Zoro, però, rimase fissò a guardare lo schermo senza vederlo veramente.
'Non... non è possibile. No...'
Doveva essersi sbagliato. Sì, aveva certamente capito male, e le parole di Rufy si riferivano solamente alla fantasia. Non poteva essere sul serio...
Zoro si sforzò di riportare la concentrazione sul monitor, dove Rufy stava combattendo la sua seconda paura.
Zoro si stupì un po' del fatto di esserne parte, ad essere sinceri. Nella fantasia di Rufy c'erano lui, Sanji, Nami ed Usopp. Tutti e cinque stavano combattendo contro un nemico comune, nuovamente senza un faccia. Ma Nami era a terra, svenuta. Usopp stava perdendo sangue e non riusciva a rialzarsi. Sanji era chiuso contro il muro, le mani di uno dei loro nemici strette attorno al collo, e Zoro stesso era in serie difficoltà, la spada di uno dei loro nemici infilzata nel costato. Zoro, quello in carne ed ossa, ebbe un brivido di malessere alla visione del suo corpo in una tale condizione. Rufy stava combattendo, anima e corpo, contro il nemico immaginario, ma era sempre più spaventato. Zoro si sentì commuovere al fatto che una delle peggiori paure di Rufy fosse quella di perdere i suoi amici più cari. L'intrepido decise che l'avrebbe rassicurato, appena fosse terminato il test.
Nonostante Rufy stesse combattendo come una furia, non c'era scampo alla paura. Tutti loro, uno dopo l'altro, caddero a terra, morti o in fin di vita. I livelli di stress di Rufy stavano incrementando ad un ritmo incalzante, e Zoro guardò preoccupato verso il ragazzino. Non avrebbe voluto farlo, ma forse era il caso di sospendere il test... Ad un tratto, come nella fantasia precedente, Rufy si fermò in mezzo alla stanza e si guardò attorno.
“Non è reale”.
Di nuovo quella frase, che fece gelare il sangue nelle vene di Zoro. La fantasia si dissolse una seconda volta, lasciando Rufy ad affrontare al sua terza paura. Zoro, invece, era sempre più terrorizzato e non aveva alcun modo di scappare dalla paura che lo attanagliava. La prima volta poteva essere stato un errore di valutazione da parte sua, ma due su due...
Rufy era in una stanza, solo. Si guardò intorno, ma non c'era nessuno. Cominciò a camminare attorno allo spazio, studiando le pareti per capire come uscirne, quando all'improvviso comparve una porta e qualcuno entrò nella stanza con lui.
Il respiro di Zoro si bloccò nella gola. Quello era Ace. Ace in pieno assetto da battaglia, le braccia coperte dalla sua armatura in pelle e, negli occhi, uno sguardo gelido senza sentimenti. Rufy gli si avvicinò con un sorriso, pronto ad abbracciarlo come era solito fare, ma non fece in tempo. Senza una parola, senza una spiegazione, Ace attaccò.
Rufy si difese, senza rispondere agli attacchi per non fare del male a suo fratello, ma Ace non trattenne nessun colpo. Sembrava un automa, pronto a distruggere senza nemmeno fare domande. Non sembrava consapevole che quello davanti a sé era Rufy, il suo fratellino che aveva giurato di proteggere. Zoro trattenne il respiro, vedendo Rufy soccombere sotto i colpi impietosi di Ace. Il maggiore mise a segno un pugno in faccia a Rufy, e il ragazzino cadde indietro e non si rialzò. I livelli di stress erano alle stelle, e Zoro aveva già una mano sul bottone per interrompere la simulazione, quando...
“Non è reale”.
La scena si dissolse, e Rufy lentamente aprì gli occhi. Zoro, dal canto suo, non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo amico, dal ragazzino con cui aveva vissuto per un anno intero, con cui aveva condiviso ogni momento, buono o cattivo, della sua infanzia. Rufy rivolse i suoi enormi occhioni neri verso di lui, e Zoro non riuscì a trattenersi. Le parole sgorgarono fuori senza controllo.
“Rufy... sei un Divergente?”
*
Fazione Eruditi
“E poi mi ha detto 'ricorda qual è la tua posizione, figlia mia. Hai delle responsabilità'. Delle responsabilità, capisci? Come se questa non fosse la mia, di vita!”
Nami annuì distrattamente, mentre Bibi continuava con le sue recriminazioni. Di solito era sempre molto attenta quando la sua amica le raccontava i suoi scontri con il padre. O meglio, quando la ragazza dai capelli azzurri si sfogava con lei davanti ai continui ed inesorabili rifiuti del padre riguardo la decisione di Bibi di cambiare fazione. Tuttavia, da qualche giorno si sentiva... strana. Come fosse sotto ad un microscopio che, costantemente, teneva sotto controllo ogni suo movimento. Come se qualcuno si stesse prodigando a catalogare ogni minima sfaccettatura delle sue giornate.
In sintesi, si sentiva osservata.
“E poi, quando mi sono rivolta ad Igaram per avere supporto, ha detto 'lascia stare Igaram, questa è una discussione di famiglia'. Igaram! L'uomo che mi ha cresciuta da quando è morta mamma! Dimmi tu se questa è coerenza! Come può... Nami? Ti senti bene?”
La rossa si accorse che si stava perdendo dentro la sua stessa testa, e si sforzò di ritornare al presente.
“Sì, tutto bene. E hai ragione, tuo padre ha torto” rispose, offrendo a Bibi un sorriso forzato. La sua amica la guardò dubbiosa.
“Sicura? Sei... strana, ultimamente. Sei preoccupata per qualcosa?” chiese, e Nami fu veloce a tranquillizzarla. Non voleva sembrare paranoica se tutta questa storia si fosse risolta in un nulla di fatto. Forse tutto questo sospetto derivava esclusivamente dal fatto che Nami aveva, un segreto. I suoi incontri notturni con Zoro facevano parte della peggior categoria di crimini che si potessero commettere, e il senso di ansia che ne derivava era più che normale. Nami doveva pensare razionalmente. Non c'era alcuna ragione per nessuno di monitorarla, era stata attentissima. Nessuno sapeva nulla, e nessuno sospettava.
Eppure...
“Beh, sono un po' preoccupata per i test d'attitudine. Ma credo sia normale” rise Nami, rivolgendo a Bibi un sorriso. Sì, brava Nami, dirotta tutto verso una direzione sicura. Bibi rise con lei, e Nami fu sicura di averla convinta. Questo era un vantaggio, quando si aveva a che fare con i Candidi – o futuri Candidi, come in questo caso: erano convinti che tutti fossero come loro, incapaci di mentire. Nami, invece, era molto brava a dire bugie.
“Andiamo, Nami, stai scherzando? Tu sei il prototipo dell'Erudita! Se non passi i test tu...” la tranquillizzò Bibi, prendendole una mano in segno di sostegno. Nami la strinse tra le sue, felice di avere una persona che tifava per lei. Anche se Nami stessa non faceva altro che raccontarle un sacco di balle, ad ogni occasione. Beh, la rossa avrebbe anche potuto sentirsi in colpa per le sue menzogne, ma erano l'unico modo per mantenere sia la sua amicizia con Bibi che la sua relazione con Zoro. Il fine giustifica i mezzi, giusto?
“Grazie Bibi, avevo bisogno di sentirlo dire ad alta voce. E riguardo la tua scelta... il test attitudinale è in meno di un mese. Nemmeno tuo padre può falsificare il risultato del test” commentò, ricordandolo all'amica. In fondo, per quanto Nefertari Cobra potesse sacramentare, la scelta della Fazione era di Bibi e di Bibi soltanto. Nami era l'esempio perfetto del fatto che le volontà dei padri non potevano influenzare le decisioni dei figli.
“Già, il test attitudinale, ecco un altro problema aperto. Mio padre non vuole che lo faccia. Ma ti sembra possibile? Ha già contattato i vertici della Fazione per permettermi di non partecipare...” Bibi sbuffò sconsolata, lasciando cadere la fronte sulla superficie del tavolo. Le sopracciglia di Nami raggiunsero l'attaccatura dei capelli.
“Escluderti dalla partecipazione? Ma il test è obbligatorio per tutti...” mormorò, a mo' di domanda. Se Genzo avesse saputo che quella di escludere Nami era una possibilità, forse la rossa non avrebbe mai scoperto che il suo posto era tra gli Eruditi.
“Sta preparando i certificati medici per uno strano 'problema di salute' di cui, per inciso, non soffro. Sono sana come un pesce, io” borbottò Bibi, facendo ridere Nami. Beh, almeno la sua amica aveva ben chiaro a quale Fazione volesse appartenere. Anche se Cobra fosse stato in grado di farle saltare il test attitudinale, la scelta della Fazione era un obbligo a cui nessuno poteva sottrarsi, nemmeno la privilegiata famiglia Nefertari.
“In ogni caso, il giorno della Scelta io andrò tra i Candidi. Test attitudinale o meno” dichiarò infatti Bibi, con una decisione che rese Nami orgogliosa di lei. Certo, il suo istinto le diceva che c'era qualcosa di strano nell'ossessione di Cobra di tenere Bibi tra le fila degli Eruditi. Non era normale, e Cobra non aveva nessuna ragione se non quella di mantenere le sue ricchezze all'interno della Fazione – in fondo Bibi era la sua unica erede. Tuttavia non aveva tempo né energie per investigare le peculiarità delle ricche famiglie di Chicago, le sue attenzioni erano tutte focalizzate nel passare i test d'attitudine... e a mantenere la sua relazione con Zoro segreta. Aveva già abbastanza a cui pensare così, grazie tante.
Quando Bibi si voltò per ordinare un altro caffé per entrambe, Nami sentì di nuovo quella strana sensazione. Come se ci fossero tanti piccoli aghi che le pizzicavano la pelle, su tutta la schiena. C'era qualcuno che la stava osservando.
Si girò leggermente sulla sedia, fingendo di cambiare posizione, e accavallò le gambe di lato. Appoggiò il gomito sul tavolo e, con discrezione, voltò la testa in modo da prendere nel suo campo visivo l'intera sala.
E lo vide.
Il ragazzo moro era seduto ad almeno dieci tavoli dal suo, elegantemente appoggiato allo schienale della sua sedia. Sedeva a gambe aperte, segnale internazionale di sicurezza di sé, con le mani adagiate sul tavolo e una tazza di caffè fumante davanti a lui.
La stava fissando.
Il moro stava aspettando che Nami si accorgesse di lui, perché nel momento in cui i loro occhi si incontrarono il ragazzo sogghignò.
“Nami, che succede?”
La rossa fece un gesto verso la sua amica, senza interrompere il contatto visivo con il moro.
“Bibi, sai chi è quel tipo?”
La ragazza si avvicinò a Nami per poter vedere meglio, e fece un suono sorpreso.
“Nami! Hai attratto l'attenzione di Trafalgar Law?” squittì entusiasta, unendo le mani al petto e saltellando due volte sulla sedia. Nami alzò un sopracciglio, per nulla impressionata.
“Law è il ragazzo più ambito dell'intera Fazione! È intelligentissimo, un vero genio soprattutto in ambito medico, silenzioso ed introverso, concede la sua amicizia a pochissime persone e non è mai, mai, stato fidanzato prima d'ora! Inoltre... è bellissimo!” esclamò Bibi, con aria sognante. Nami non riuscì a trattenere una risata derisoria.
“Quindi mi stai dicendo che è un belloccio arrogante che usa la sua intelligenza per guardare gli altri dall'alto al basso?” sintetizzò Nami, con tono piatto. Bibi interruppe i suoi gridolini per osservarla come se le fosse cresciuto un terzo occhio.
“Ma... NAMI!” sputò la ragazza, incredula, per poi scoppiare in una fragorosa risata. Nami lanciò uno sguardo di sufficienza al ragazzo alle sue spalle, che voleva passare il semplice messaggio 'non sono interessata ma grazie comunque'. Law, per tutta risposta, le fece l'occhiolino. Nami scosse la testa e gli diede la schiena. Quel tipo non valeva il suo tempo, lei aveva già un uomo che le popolava i pensieri.
E se la sensazione di essere sotto scrutinio era colpa del moro poteva stare tranquilla. Il suo segreto era al sicuro.
*
Fazione Intrepidi
“Sei un cazzo di Divergente? Rufy, rispondi!”
Zoro stava andando in panico, e non andava bene. Rufy era ancora silenzioso, ma i suoi occhioni lustri e il fatto che si stesse martoriando il labbro inferiore non lasciavano alcun dubbio. Il suo migliore amico, il ragazzino a cui aveva dato la sua devozione, e la sua lealtà... era un divergente. Una minaccia per la società. E Zoro avrebbe dovuto consegnarlo alle autorità della Fazione perché venisse giustiziato.
Che merda di situazione.
“Rufy?” chiese ancora Zoro, sperando che il ragazzino potesse dirgli qualcosa, qualunque cosa, per cancellare quella orribile possibilità. Gli sarebbe bastato un nonnulla, un appiglio anche minuscolo, per potersi giustificare, per chiudere entrambi gli occhi e lasciarlo andare. Qualunque cosa...
“Sì”.
Rufy era chiaramente spaventato, ma la sua voce era uscita forte e chiara. Era sia un segno di forza, del fatto che il moretto non si vergognava di quello che era, sia una dimostrazione dell'amicizia, della fiducia che Rufy riponeva in Zoro.
E che Zoro fosse dannato, non l'avrebbe deluso. Mai e poi mai. Vaffanculo la Fazione, e vaffanculo le regole sui divergenti. Quello era Rufy, e Zoro non l'avrebbe condotto al patibolo con le sue stesse mani.
“Okay... okay. Beh, no, non c'è nulla di okay in tutto questo ma...” Zoro si interruppe nel momento in cui vide Rufy tremare. Era solo una mano, quella ancora appoggiata al bracciolo della poltrona. Rufy non sembrava nemmeno essersene accorto, impegnato com'era nel mantenere l'apparenza di compostezza. Zoro si sentì stringere il cuore. Con due lunghi passi raggiunse Rufy, si inginocchiò davanti a lui per essere alla sua stessa altezza, e gli posò le mani sulle spalle.
“Risolveremo tutto, Rufy, te lo prometto. Io non lascerò che lo sappiano, hai capito? Nessuno ti farà del male, nessuno” disse, guardando il ragazzino negli occhi. Vide le sopracciglia di Rufy alzarsi leggermente; poi l'intero corpo del ragazzino si rilassò, e le sue labbra si stirarono in un sorriso a trentadue denti.
“Lo sapevo che potevo contare su di te, Zoro! Noi siamo amici, e lo saremo per sempre” rispose Rufy, buttandosi di peso su Zoro e stringendolo in un abbraccio spezza-ossa. Zoro sentì la cassa toracica stritolarsi, ma per una volta non disse nulla limitandosi a restituire l'abbraccio. A Rufy servivano certezze, e Zoro gliene avrebbe date. Tutte quelle che sarebbero servite.
“Quanto cazzo ci state mettend... Oi che succede qui?”
Zoro, allarmato, girò su se stesso . Era stato talmente preso dalla necessità di rassicurare Rufy che non aveva sentito la porta aprirsi. Ed ora la testa di Sanji faceva capolino dalla porta d'ingresso, e l'espressione scioccata negli occhi cobalto non faceva presagire nulla di buono.
Ora, Zoro aveva due possibilità: poteva raccontare una balla – l'ennesima – e dire a Sanji che Rufy si era sentito male durante il test, oppure che la macchina aveva fatto cilecca e il test era stato cancellato; oppure, poteva dare fiducia a Sanji e raccontargli la verità. Un alleato avrebbe fatto loro comodo.
Zoro guardò Rufy, che si era irrigidito sulla sedia alla presenza di Sanji. Probabilmente non sapeva se poteva fidarsi anche di lui... con Zoro aveva fatto un azzardo, ma aveva vinto. Valeva la pena scommettere di nuovo? Zoro non lo sapeva, ma avrebbe lasciato la decisione a Rufy. Scambiò uno sguardo d'intesa con il moro e fece un passo laterale, mettendosi da parte.
“Ragazzi... cominciate a spaventarmi” commentò Sanji, cercando di alleggerire la tensione della stanza. Rufy guardò il biondo negli occhi per un interminabile secondo. Poi, occhi su Zoro, annuì una volta.
“Sanji, vieni dentro e chiudi la porta”.
Grazie a chi sta ancora seguendo questa storia, e grazie ai nuovi lettori! Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, è sempre bello leggere i vostri commenti!
Auguri di Buon Anno (in ritardo) e un abbraccio a tutti!
KJ
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3122437
|