L'incontro (Elise)

di NeveDelicata
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** "Sei gentile" ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***



“Lowell. Come hai potuto innamorarti di Georgie?” rifletté Elise. “Una volgare contadinotta australiana.” strinse le labbra, preda di un’acidità che le saliva dallo stomaco.
Le futili scuse che il suo promesso sposo accampava per non incontrarla, le stavano diventando insopportabili: malesseri, emicranie, semplice melodrammatica malinconia.
Vigliaccherie inconcepibili e soprattutto immature da parte di Lowell. Non aveva scusanti quel comportamento, che mascherava menzognero quello che, a tutti gli effetti, era un temporaneo capriccio, erroneamente confuso con il termine amore. Che cosa ridicola, a pensarci!
Lei aveva da sempre amato Lowell, di un amore sincero anche se composto; dettato inizialmente dall’imposizione dei rispettivi genitori, come si conveniva a famiglie altolocate, quali erano i Gray e soprattutto i Dangering.
Erano stati amici fin dall’infanzia ma negli ultimi mesi, lei era notevolmente maturata; cresciuta non solo fisicamente. Nel suo cuore era sbocciato un sentimento più complesso tanto da farle sperare potessero essere qualcosa di più che amici. Sentiva un calore imprecisato quando lui le era accanto.
Voleva bene a Lowell. Anzi, no! Lo amava, anche se non sapeva ancora esprimerlo se non con sorrisi e abbracci impacciati, nella propria timidezza.
Che si fosse illusa negli anni?
Le convenzioni sociali le garantivano che il loro amore fosse indivisibile e indissolubile; che dovesse non essere per forza così?
Ora, poteva una tazza di thé lenire i suoi dispiaceri? Sicuramente si sarebbe distratta dalle proprie pene.
Sua cugina Maria la salutò con affetto, quel pomeriggio, mentre lei le rendeva visita a palazzo Dangering.
Avevano molto da raccontarsi. Mesi di pettegolezzi, per non parlare del resoconto di un viaggio così esotico, come quello appena concluso da Elise in Australia: una terra di colore e di sole intenso, che ti faceva respirare a pieni polmoni.
A dispetto di ciò che Elise esternava, quello era ciò che sentiva verso quel continente di meraviglia, che tuttavia l’aveva pugnalata alle spalle.
Sicuramente l’aroma gradevole e speziato del thé avrebbe mitigato quella pulsione al collo, che la faceva sentire tesa come la corda di un’arpa, che faceva fremere di nervosismo tutto il suo essere, nella consapevolezza che il cuore del suo amato, non le apparteneva più o per lo meno, non le era più incondizionato, semmai lo fosse stato. I dubbi attanagliavano inclementi il cuore di Elise.
Era perfetta, quando con cura lasciò alla servitù il proprio cappellino a visiera, legato con dei nastri sotto il mento, di un largo e arrotondato bordo anteriore.
Elise si accomodò i boccoli marroni. Il nasino all’insù le aveva sempre dato, assieme a lineamenti regolari e ad un incarnato bronzeo, un aspetto altero, sano e vitale. Le ciglia lunghe e le labbra sottili le conferivano un’espressione regale, camuffando spesso abilmente i turbamenti del suo cuore, che in società non dovevano apparire per non svilirne il prestigio.
Molte amiche ne invidiavano non solo le solide sostanze ma anche l’avvenenza, che destava in loro ammirazione.
Eppure per Lowell, lei sembrava non bastare. Lei non gli bastava, quasi non valesse abbastanza. Eppure lei amava e voleva essere amata, non chiedeva null’altro.
Il vestito di velluto marrone scuro, dal corpetto aderente d’un verde smeraldo, nell’abbraccio alla cugina le regalò la movenza d’un fiore, nella leggerezza della crinolina “Sono felice di rivederti, mia cara” disse Elise.
Provava vero affetto per Maria. Riconobbe di aver bisogno di sincerità, della presenza di chi l’avrebbe ascoltata e sorretta, senza giudicarla.
“Ne sono felice anch’io. Ho molto da raccontarti!” ammise eccitata la cugina, stupendola: Maria solitamente non cedeva come prima cosa al pettegolezzo.
“Vieni. Ti presento Cain!” arrossì Maria, prendendola con slancio per mano per accompagnarla verso il salotto più intimo di tutta la residenza.
“Cain?” ripeté incerta Elise: quel nome le era sconosciuto.
“Vieni, presto.” la incoraggiò Maria, tenendola sulle spine, come non volesse guastarle la sorpresa.
Più che sorpresa Elise rimase basita, mentre sua cugina sviolinava briosa tutta d’un fiato “Elise, ti presento Cain, il mio fidanzato.” quasi spingendola verso il giovane che voleva presentarle.
Non appena i due sguardi estranei si focalizzarono, calò tra Elise e il fidanzato di Maria un silenzio imbarazzante. Il tempo sembrò fermarsi.
Elise si sentì a disagio. No, non poteva essere…
S’ingannava di conoscerlo? Lei credeva di non poter sbagliare; ma era corretto credere che anche quel giovane provasse il suo stesso imbarazzo? Poteva Cain essere… il fratello di…
No! Non poteva essere il fratello di Georgie. Era impossibile e basta.
Elise si fece coraggio, ma soprattutto dominò l’incertezza che sembrava volersi prendere gioco di lei. Aveva lasciato l’Australia e sperava anche le sue pugnalate.
Non poteva semplicemente succedere una coincidenza così inverosimile.
Tuttavia il giovane che le stava ora di fronte era verosimilmente identico al fratello minore di Georgie. Capelli castano chiaro e occhi azzurri; spontanei e innocenti ad un primo giudizio. Era stato troppo imbarazzante l’epilogo della gara di boomerang di Sidney perché dimenticasse quel volto pulito, la cui generosità l’aveva mortificata e a cui pure Lowell aveva dato appoggio.
Eppure quel Cain era d’una bellezza così raffinata e impeccabile che stentava a manifestare sincera la propria perplessità.
Suo cugino Irwin, anch’esso presente nel raffinato salotto dalle pareti tinteggiate d’un color avorio, sembrò venirle a suo modo in soccorso più che a salutarla, allontanandosi dal caminetto acceso e luminoso di fiamme, mentre vivace ironizzava “Leggo forse invidia per un fidanzatino così perfetto?”. La solita risata indiscreta, accompagnò l’indelicata freddura del cugino.
“Benvenuta” la salutò invece Cain, accogliendola con una gentilezza che la destabilizzò, in un baciamano perfetto.
Lei arrossì del suo confuso, quanto insolito, atteggiamento.
“Il piacere è mio.” si giustificò veloce Elise “Vi prego di scusarmi, ma mia cugina mi ha confuso con il suo annuncio”, cercò di smorzare l’imbarazzo che involontariamente aveva creato.
Lottò per non manifestare le domande che le si accavallavano nella mente: chi sei?
Rispose a tono a Irwin “Sono semplicemente incantata, nonché lieta di una notizia così deliziosa”. Incantata era il termine esatto.
“Ero troppo emozionata all’idea di presentarti il mio Cain, che ho quasi dimenticato le buone maniere” si discolpò Maria solare, addossandosi ogni colpa. Sua cugina era semplicemente raggiante di avere entrambi, accanto.
Maria le lasciò il braccio solo per appropriarsi, ancora più stretta, di quello del fidanzato: le brillavano gli occhi azzurri, che luminosi di quell’amore sembravano cristalli.
Il ragazzo guardò sua cugina: il sorriso più dolce, che Elise avesse mai visto.
Si disprezzò. Era sicura di non ingannarsi; quella stessa gentilezza le era comparsa davanti senza che lei l’avesse apprezzata.
“Tutti ne siamo confusi” scherzò Irwin, aggredendola con un vizioso bacio sulla guancia, mentre finiva di commentare “ma incantati, proprio come dici tu, mia cara Elise” ironizzò ritornando a guardare Cain, che alla frecciatina dissimulò un genuino disagio. Lo sguardo di Irwin aveva un che di viscido mentre puntava sul giovane.
Elise non mascherò il suo disappunto sollevando il nasino, scostando bonariamente Irwin per tenerlo a distanza, sottolineando “Da quando i fidanzamenti sono sinonimo di confusione?”.
Se qualche volta potevano considerarla una serpe, a maggior ragione sapeva tenere a bada gli avvoltoi e farsi garante contro inconsistenti meschinità.
“Da quando nella nostra famiglia sono così complessi da gestire” calò inclemente il rimprovero di Irwin.
Rimpiangeva di non essere rimasta a casa e forse Maria e Cain nel loro silenzio sembravano averlo capito. Del resto non era venuta se non per chiacchierare piacevolmente con Maria, perciò concesse tregua a Irwin “Credo tu abbia ragione riguardo agli insensati ripensamenti del mio giovane Lowell” sorrise come se la cosa non la toccasse nemmeno, quanto una madre di fronte ai capricci di un bambino.
Irwin rise di cuore di quella noncuranza leggera, fornendole il pretesto per una scappatoia “Credo non vorrai annoiarti con i nostri discorsi.” disse Elise scherzando; per una volta cedere all’arroganza non era la cosa migliore, ma consigliarlo a togliersi di mezzo, persuadendolo con grazia, era una soluzione maggiormente gustosa e percorribile “Ci terrei veramente molto a conoscere Cain con tranquillità” concluse.
Irwin sembrò aver intuito l’antifona “Resta pure da sola con i fidanzatini” dondolò il braccio con fare disgustato, mentre prendeva la porta, dopo aver consigliato “Piccioncini, mi raccomando fate i bravi”; una risatina ambigua.
Elise sospirò, lasciando andare ogni rigidità per la spontaneità. Ne aveva bisogno e forse anche Maria e Cain.
Guardò meglio il giovane che la cugina le aveva presentato e sorrise “Lo dico di cuore.”. Era la verità. L’unica verità.
Indubbiamente chiedeva risposte, ma non aveva il diritto di imporle a quei bellissimi occhi.
 
 
NdA: non ricordo se ho descritto correttamente le caratteristiche fisiche dei personaggi. Vado a memoria, scusatemi.
Se ho fatto gaffe, segnalate pure.
Sono strafelice di entrare in questo fantastico fandom.
Bisous

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Capitolo 2
*** "Sei gentile" ***


Questi personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Yzawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro. 



Elise era perplessa, onestamente era scontato lo fosse.
“E così ti sei innamorata di lui” sorrise a Maria, dopo aver sentito il resoconto dell’incontro tra la cugina e il giovanissimo Cain.
Il duca Dangering, padre di Maria, aveva deciso di acquistare una piccola tenuta in campagna, fuori Londra. Il caso aveva voluto che Cain, rimasto orfano di anziani genitori, per ripagare vecchi debiti, dovuti al mantenimento della tenuta e delle loro costose cure mediche, avesse messo in vendita la proprietà di famiglia, col desiderio di trasferirsi nella capitale.
Grazie a quell’atto, Cain e Irwin si erano conosciuti; assieme si stavano recando in carrozza a Londra per sottoscrivere l’atto notarile di trasferimento dei beni, quando un brutto incidente aveva rischiato la vita del ragazzo.
Irwin se n’era ritenuto responsabile e in debito, vista che la causa dell’imprevisto era stata una mancanza del proprio cocchiere; perciò Cain era stato accolto nella loro famiglia, dove Maria se n’era innamorata durante la convalescenza.
E vissero felici e contenti, aggiunse alle sue riflessioni Elise.
Maria ricambiò con uno sguardo trasognante le sue parole, quasi per conferma, un semplice “E’ proprio così”; stringendo ancor più la mano di Cain, che ne raccoglieva la delicata mano nella sua, quasi timidamente.
Elise riconobbe fossero teneri: l’aggraziata principessina e il dolce principino delle favole congiunti insieme nella stessa storia.
“Siete fortunati” ammise leale. Era bello vedere una coppia che si amava limpidamente, senza sotterfugi, alla luce del sole; confortati non solo dai propri sentimenti ma anche approvati dalla famiglia, dalle convenzioni, dalla società.
Era bello quando la vita ti faceva dei regali e non ti dava solo tristezza.
Era bello credere che qualcuno era felice e aveva una vita perfetta.
“Non sarà un problema il fatto che Cain è un nobile di campagna?” volle chiarire Elise per metterli in guardia: sapeva quanto i nobili, lei compresa, erano vigliacchi e prepotenti a riguardo.
Lo sguardo di Maria si alzò tranquillo, con quegli occhioni azzurri, “No affatto. Mio padre sistemerà tutto e con il matrimonio Cain diverrà parte della nostra famiglia”. Maria era pienamente convinta di quello che diceva. Per il duca, suo padre, non era un problema appianare imprevisti, quindi Elise si limitò ad accordare il suo beneplacito “Sei il benvenuto Cain”.
In risposta solo un semplice e compito “Grazie”, tra imbarazzo e disagio.
Elise sentiva, quel giovane, fosse stato travolto da quella situazione e non vi fosse preparato pienamente. Anche se nobile c’era molta differenza tra l’esserlo in campagna e seguire i cerimoniali di corte; l’essere preparato ad un simile balzo avrebbe richiesto un considerevole sforzo.
“Non sempre ti troverai a tuo agio” consigliò Elise, con dolcezza.
Il ragazzo non parlò; strinse solo le labbra. Elise credetté volesse parlarle, forse molto di più della semplice frase con cui si sentì rispondere “Sei gentile”.
Sei gentile, le si scolpirono nell’animo quelle due parole: pochi gliel’avevano rivolte.
Sei gentile, era bello il loro suono, bello il loro concetto.
Provò dolcezza.
“Oh Cain non posso credere che tu esista?” intervenne Maria con una commozione che non aveva pari, avendo capito quanto a Elise avessero fatto piacere le parole del fidanzato.
Elise sapeva quanto Maria fosse stata amareggiata nel sentire le incertezze di Lowell riguardo al matrimonio; l’insoddisfazione del giovane che sembrava addossare su Elise i suoi complicati malesseri.
Sapere che c’era sintonia tra loro, scaldava il tenero cuore di Maria e le rischiarava il volto di una luce di beatitudine.
“Non sono sempre stata così gentile” si disprezzò spontanea Elise, mettendo in chiaro la propria vera natura: troppi la ritenevano la guastafeste della storia, sempre perfetta, sempre elevata di un gradino sopra gli altri, sempre arrogante. Pure Lowell la pensava così, tornando alla quotidianità del suo amore imperfetto rispetto ai due innamorati che aveva davanti.
Quelle parole le uscirono leggere e prive di malizia eppure notò uno strano mutare nei lineamenti di Cain, come le approvasse per un ricordo spiacevole.
I loro sguardi si incrociarono nuovamente, solo per un istante, prima che Cain abbassando lo sguardo ammettesse “Tutti possono cambiare”, una voce triste e allo stesso tempo incoraggiante “Ora sei gentile.”.
“Gentile” ripeté Elise, aggiunse “Ma infelice”.
Maria s’incupì mortificata, cercando nel volto di Cain una risposta.
Cain guardò con tenerezza Maria, come a confortarla, quasi l’atteggiamento verso una sorella più piccola, più che espressione dell’amore che ti nega il sonno per la passione.
Cain si alzò per andare verso di lei, sostenuto dall’approvazione della fidanzata.
“Lowell ha solo bisogno di libertà” le disse Cain, con quel volto incantevole, dolce, sensibile. In quegli occhi azzurri tanta fiducia in lei.
Se l’avesse lasciato libero… Sarebbe potuto tornato da lei?
Elise girò il volto di lato “No, non potete capire…” confidò stringendo il ventaglio tra le mani, in un misto di furore, di isterismo, “Non posso pretendere ricambi i miei sentimenti”: versò appena una lacrima, che scivolò veloce lungo la guancia.
Maria sembrò inorridire: la giovane età la privava dei risvolti più sfibranti dell’amore. Nell’esperienza di Maria esisteva unicamente il binomio amare ed essere ricambiati.
“Posso provarci” le rivolse un immacolato fazzoletto Cain. In tutta onestà Elise riusciva a credergli.
“Possiamo” le si fece ginocchioni Maria, come a coccolarla, sostenuta dalle parole di Cain, per lei sì l’amore della sua vita.
 
 

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