Hellcome to NevediNotte

di XShade_Shinra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~ L'Indice della Raccolta ~ ***
Capitolo 2: *** 01. La Dottoressa dei Morti ***
Capitolo 3: *** 02. I Cani da Slitta ***
Capitolo 4: *** 03. Lo Spirito del Villaggio ***
Capitolo 5: *** 04. La Prova dei Bambini ***
Capitolo 6: *** 05. La Cicatrice della Vita ***
Capitolo 7: *** 06. L'Estate dei Morti ***
Capitolo 8: *** 07. Il Gatto delle Castagne ***
Capitolo 9: *** 08. Il Rifugio dei Viaggiatori ***
Capitolo 10: *** 09. I Giorni della Merla ***
Capitolo 11: *** 10. Le Orme di Sangue ***
Capitolo 12: *** 11. L'Antro dei Ricordi ***
Capitolo 13: *** 12. Il Carro dei Mostri ***
Capitolo 14: *** 13. Il Cuore di Carne ***
Capitolo 15: *** 14. I Pupazzi di Neve ***
Capitolo 16: *** 15. La Sorte del Diverso ***
Capitolo 17: *** 16. Gli Alberi di Natale ***
Capitolo 18: *** 17. Il Lamento dell'Angelo ***
Capitolo 19: *** 18. La Fine della Guerra ***
Capitolo 20: *** 19. Il Nome del Villaggio ***
Capitolo 21: *** 20. L'Abbraccio del Gelo ***



Capitolo 1
*** ~ L'Indice della Raccolta ~ ***


-Hellcome to NevediNotte-
Benvenuti a NevediNotte, un luogo dove nevica solo dal tramonto all'alba, come se la notte stessa volesse celare qualcosa...
[Raccolta Dark/Fantasy. Generi e Avvisi all'interno del capitolo indice]

Benvenuti a tutti! ^^
Il filo che lega tutte le storie di questa Raccolta si chiama "NevediNotte" (sì, si scrive attaccato) ed è il nome della cittadina dove sono ambientati i racconti di seguito narrati. Andando avanti con i capitoli, ci saranno dei dettagli sugli abitanti, la storia del luogo, ecc... Alcune storie narrano del presente, altre del passato, a prescindere dal tempo verbale con il quale sono scritte. I capitoli non sono legati cronologicamente l'uno all'altro in ordine di pubblicazione, quindi si possono leggere sparsi o addirittura saltare se non vi interessano.
I capitoli potranno essere One Shot, Drabble o Flashfic e sono autoconclusivi, anche se alcuni personaggi potrebbero essere citati più avanti.
I Generi saranno specificati per ogni capitolo.
Il Titolo della Raccolta è una voluta storpiatura di "Welcome to..." ovvero "Benvenuti a...", utilizzando nella parte iniziale la parola "Hell" che significa "Inferno".
Mi pare di aver detto tutto.
Buona lettura. ^^



~ L'Indice della Raccolta ~
Capitolo, Titolo, Genere, Rating, Personaggi e Sommari.

01. La Dottoressa dei Morti - Dark, Drabble - Giallo - La Dottoressa dei Morti
- A NevediNotte lavora una giovane ragazza. I bambini la chiamano la "Dottoressa dei Morti".

02. I Cani da Slitta - Dark, One-Shot - Arancione - I Musher, i Cani da slitta, le Creature, Abitanti del Villaggio
- Non si deve mai uscire dal villaggio dopo il tramonto.
03.
Lo Spirito del Villaggio - Fantasy, Songfict, Drabble (4x100) - Giallo - Neve, le Creature 
- Tutti gli abitanti potranno dormire ogni tranquilli, finché ci sarà lei a vegliare su di loro.
04. La Prova dei Bambini
- Dark, Fantasy, One-Shot - Arancione - Abitanti del Villaggio, Koori
«Quella è la tua prova. [...] Uccidilo.»
05. La Cicatrice della Vita
 - Dark, Drabble - Giallo - Il Cacciatore
«Io sono nato morto...» borbottò freddo, uscendo di casa, mentre i pochi fiocchi rimasti cadevano lenti.
06. L'Estate dei Morti
- Dark, One-Shot - Arancione - Abitanti del Villaggio
- «Chissà... forse se scavassimo... ne troveremmo anche degli altri... nascosti dalla neve... »
07. Il Gatto delle Castagne - Fantasy, One-Shot - Giallo - Abitanti del Villaggio, Neve, il Gatto delle Castagne
- Ella aveva un gatto grigio con gli occhi rossi che adorava stare accanto al camino per riscaldarsi e fare compagnia alla vecchia padrona.
08. Il Rifugio dei Viaggiatori
- Fantasy, One-Shot - Arancione - Koori, il Prete, le Creature
- Nel bosco c'è una strana casa sull'albero...
09. I Giorni della MerlaDark, DoubleDrabble (2x100) - Giallo - Abitanti del Villaggio 
- In questi giorni, il gelo è ancora più forte.
10. Le Orme di Sangue - Dark, Horror, Non per stomaci delicati, One-Shot - Arancione - Il Cacciatore, la Dottoressa di Morti, le Creature 
- E, seguendo quelle orme di sangue, la ragazzina vide un qualcosa nel bosco...
11. L'Antro dei Ricordi - Dark, Sentimentale, Malinconico, One-Shot - Verde - Abitanti del Villaggio
- Un luogo nascosto, dove i morti riprendono vita e il passato illumina il futuro.
12. Il Carro dei Mostri Dark, Horror, Non per stomaci delicati, One-Shot - Arancione - Le Creature 
- «Si chiamano mostri perché devono essere mostrati, signore e signori!»
13. Il Cuore di Carne - Dark Fantasy, Sentimentale, One-Shot - Giallo - La Dottoressa dei Morti, il Cacciatore, il Prete, Neve, il Gatto delle Castagne, Abitanti del Villaggio
- Fuori c'era una feroce bufera e la Dottoressa dei Morti aveva preferito invitare l’ospite a rimanere nel proprio bazar, piuttosto che farlo tornare a casa.
14. I Pupazzi di Neve - Dark, Horror, Non per stomaci delicati, One-Shot - Arancione - Abitante del Villaggio, le Creature, il Prete, Neve
- «Era un teschio!» urlò a voce alta, producendo un'eco per la Chiesa vuota «Era umano, cazzo! Possibile che non mi crediate MAI?!»
15. La Sorte del Diverso -
Fantasy, One-Shot - Verde - Abitanti del Villaggio, Koori
- Era un diverso, ecco perché si sentiva tale.
16. Gli Alberi di Natale - Dark, Nonsense, FlashFict - Verde - Abitanti del Villaggio
- Anche a NevediNotte, per quante se ne dicessero sulle strambe abitudini di quella "amena" cittadina, c'era un'usanza normale: addobbare l'albero di Natale.
17. Il Lamento dell'Angelo - Fantasy - Verde/Giallo - Abitanti del Villaggio, Koori
- «Perché forse non lo apprezzano. È una melodia molto triste, quella del tuo violoncello», disse serio il ragazzino.
18. La Fine della Guerra - Dark Fantasy - Giallo - Il Cacciatore, Neve, il Gatto delle Castagne
- C'è chi va e c'è chi resta.
19. Il Nome del Villaggio - Gen, One-Shot - Verde - Abitanti del Villaggio
- «Ah, mi scusi. L’ho chiamata con il nome locale. Intendevo un biglietto per…»
20 . L'abbraccio del Gelo - Dark Fantasy, FlashFict - Giallo - Neve, il Gatto delle Castagne, Abitanti del Villaggio
- Come un gatto guarì la solitudine di una creatura centenaria.


[ ...in aggiornamento... ]
XShade-Shinra



Spin-off di "Hellcome to NevediNotte"

Nightscreamer - It Cries out in the Dark Snow ~ Horror, Splatter, Non per Stomaci Delicati - Rosso - Abitanti del Villaggio, Mostro
Icesinger - It Sings a Requiem in the Frozen Lake ~ Noir, Dark, Sovrannaturale - Arancione - Abitanti del Villaggio, Mostro 



Contest e Premi di "Hellcome to NevediNotte" + Spin-off

• 03. Lo Spirito del Villaggio Capitolo vincitore dell'Award come Best Song Fiction alla Quinta Edizione dei Never Ending Story Awards
Nightscreamer - It Cries out in the Dark Snow - Classificata 1° e Vincitrice del "Premio Horror" al Dark Contest indetto da Nihal_chan e black_cherry sul forum di EFP
Icesinger - It Sings a Requiem in the Frozen Lake - Classificata 3° al contest Fantastico Peccato indetto da Addison89 sul forum di EFP
05. La Cicatrice della Vita - Capitolo classificato 1° e Vincitore dei Premi "Giuria", "Miglior Titolo" e "Originalità" al contest Drabble and flash Collection indetto da Deidaranna93 sul forum di EFP

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Capitolo 2
*** 01. La Dottoressa dei Morti ***


- Hellcome to NevediNotte -
La Dottoressa dei Morti 

A NevediNotte lavora una giovane ragazza. I bambini la chiamano la "Dottoressa dei Morti".


A NevediNotte lavora una giovane ragazza. I bambini la chiamano la "Dottoressa dei Morti" perché prima di venire qua si era appena laureata in anatomia patologica.
Ora dirige un piccolo bazar e si occupa di uno strano mestiere: incolla i sogni frantumati.
Le persone afflitte vanno tutte da lei, con i cocci custoditi nei palmi delle loro mani. Lei ricuce le ferite ed asporta la tristezza dai loro cuori, ormai suppurati dai dolori della vita; proprio come farebbe durante un intervento chirurgico od un'autopsia.
Ma ancora, tutti noi ci chiediamo come mai la sua bottega si trovi vicina al cimitero.

§Fine§
XShade-Shinra


Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. 

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Capitolo 3
*** 02. I Cani da Slitta ***


- Hellcome to NevediNotte -
I Cani da Slitta

Non si deve mai uscire dal villaggio dopo il tramonto.


In una cittadina di montagna come quella dove abito, i mezzi di trasporto non sono tanti; per arrivare qui, anche le macchine munite di gomme da neve o catene hanno difficoltà a inerpicarsi per la strada principale, che purtroppo ha una forte pendenza ed è tortuosa come le interiora di un animale.
C’è un treno che si ferma due volte al giorno a quattro chilometri di distanza dal villaggio ed è il solo mezzo pubblico a nostra disposizione.
Inoltre vi è un unico tragitto praticabile che conduce direttamente al villaggio, le altre vie sono selvagge e non vi è modo di percorrerle, se non con un unico ed esclusivo mezzo di trasporto: lo sleddog, la slitta trainata dai cani.
Vi è un solo abitante del villaggio con questo escamotage ed è colui che si occupa della spola, portando merci dal villaggio alla città “vicina” e viceversa.
Può effettuare molti viaggi al giorno senza nessun problema, tranne in una data fascia oraria: difatti inizia il suo andirivieni mezz’ora dopo l’alba e deve essere di ritorno mezz’ora prima del tramonto.
Non viaggerebbe mai mentre cade la neve. Mai.
E noi tutti sappiamo benissimo il perché: anni fa, fummo testimoni di un strano, oscuro avvenimento, esattamente quell’unica volta che osò sfidare la notte, non facendo ritorno prima dell’inizio della nevicata notturna. I giovani commettono spesso questa imprudenza… ecco perché NevediNotte è abitata da molti anziani.
Lo rivedemmo solo a notte fonda, avvisati dall’abbaiare dei suoi cani, un abbaiare non certo festante come sempre, che preannunciava l’arrivo del ragazzo riverso sulla slitta sporca di sangue. Dopo i soccorsi, cercammo di capire cosa gli fosse accaduto e il medico ci spiegò che era stato attaccato da qualcosa, come testimoniavano gli squarci all’addome.
Un animale?
Un uomo?
Un… mostro?
Non seppe cosa dire e mai le nostre domande trovarono risposta da parte dell’interessato, che si chiuse in un silenzio tombale per giorni, prima di riprendere il lavoro.
Prima di lui vi era un altro musher, ma anche lui un giorno non tornò prima del tramonto e da allora si persero le sue tracce, mente i suoi fedeli cani tornarono tutti al villaggio, completamente illesi, trainando una slitta piena unicamente di sangue.
Negli otto mesi prima dell’arrivo del nuovo guidatore di slitte, dovemmo muoverci con il treno o con le 4x4 possedute dal sindaco e dal prete. Insomma una situazione non molto pratica.
Per fortuna, un sabato arrivò un giovane veterinario, chiamato dal sindaco per controllare lo stato di salute dei cani del musher scomparso e ci disse che il suo sogno fin da bambino era quello di guidare una slitta; quelle parole arrivarono alle nostre orecchie come il gradevole suono delle campane dell'aurora della domenica.
Da allora, pur sapendo dello sfortunato passato del suo predecessore che quasi si ritrovò ad emulare, prese la muta sotto la propria custodia e cambiò lavoro.
La cosa che ci sorprese di più in tutto questo, fu che i cani lo accolsero andando in un brodo di giuggiole al solo vederlo, accettandolo immediatamente come loro capo branco.
Sono ben otto cani, tutti bastardini, a volte vengono utilizzati tutti e otto per la slitta, altre volte soltanto sei mentre l'altra coppia resta a rotazione al villaggio. I loro nomi sono da sempre sembrati un po’ strani, ma riflettevano la passione che aveva l’ex musher: l’astronomia.
Albebaran, detto “l’inseguitore”.
Alfa e Centauri, due cani della stessa cucciolata.
Crux, con una piccola croce bianca sulla fronte.
Lattea, una cagnetta bianco panna.  
Orion, detto “il cacciatore”.
Polaris, la migliore a orientarsi.   
Sirius, come la stella della costellazione del Cane Maggiore.
Ognuno di loro ebbe così una nuova imbracatura e i booties ai piedi per difendere le zampe dalle affilate creste di ghiaccio della neve. Erano di nuovo pronti.
In tutti i loro otto anni di servizi per il nostro paesello, nessuno si è mai lamentato di loro, al punto che non stanno in un recinto ma sono liberi di girare per tutto il villaggio.
Eppure in pochi sembrano pensare che di questi cani ci sarebbe da aver paura: per ben due volte sono sfuggiti da quel qualcuno o quel qualcosa che ha attaccato il loro musher dopo il tramonto.
Loro sono dei testimoni. E testimoni che tacciono, sono complici.
Ma che abbiano difeso i loro padroni oppure avessero a che fare con l’omicida, nessuno di noi potrà mai dirlo.  
Solo una cosa è certa: quando i cani tornarono dal secondo assalto, la scena si ripresentò esattamente come la prima volta, con l’unica differenza che la prima volta non vi era alcun corpo grondante di sangue sulla slitta, mentre Aldebaran con le fauci sporche di cremisi faceva da leader al team, insieme a Polaris e Crux che sembravano guidarlo e Orion che avanzava sciolto accanto alla muta, anch’egli con qualcosa di rosso al muso, ma non si trattava di solo sangue… era un pezzo di carne di un innaturale colore rosso bordeaux, la quale sembrava ancora pulsare.
E non apparteneva al musher.

~ La polizia appurò che il sangue ritrovato sulla slitta apparteneva al guidatore. Le analisi di laboratorio sul pezzo di carne portato al villaggio non poterono mai essere condotte poiché i cani si mangiarono quell’unica prova. ~

§Fine§
XShade-Shinra



-Note:

Booties
: guanti o stivaletti in tessuto impermeabile che si mettono alle zampe dei cani affinché non si feriscano con il ghiaccio
Imbracatura: serve per fissare il cane alla slitta in modo che il peso venga distribuito su tutto il corpo dell’animale  
Musher: guidatore di slitta (leggi masher)
Sleddog: (sled = slitta + dog = cane) slitta trainata da un team
Team: muta di cani da slitta
 
Organizzazione
Aldebaran e Orion: Leaders (cani in testa al team)
Polaris e Crux: Swings dogs (cani in  seconda fila, a volte prendenti il posto del leader)
Lattea e Sirius: Team dogs (altri cani facenti parte della muta)
Alfa e Centauri: Wheel dogs (cani in ultima fila, sui quali ricade la maggior parte del peso della slitta)

Nomi:
-Albebaran, la stella più luminosa della costellazione del Toro.
-Alfa Centauri, la stella più brillante della costellazione del Centauro.
-Crux, dalla costellazione della Croce del Sud, grazie a due sue stelle di trova il polo sud celeste.
-Lattea, come la via lattea, galassia del sistema solare.
-Orione, costellazione visibile quasi in tutto il globo, conosciuta per le tre stelle che formano la Cintura di Orione.
-Polaris, la stella polare, un punto guida per viaggiatori.
-Sirio, la stella più luminosa della costellazione del Cane Maggiore.
Se siete più interessati, basterà una breve ricerca su Wikipedia, ho controllato e ci sono tutti! ^^

Anagrammando le iniziali dei nomi degli otto cani, si ha “la spacco” oppure “lo spacca”. Certo non è importante, ma ho ritenuto fosse carino da far notare! xD

Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. 



Risposte alla Recensioni:

x Livin Derevel: *_* Grazie per i tuoi complimenti!! x3 E, soprattutto, sono molto contenta che ti piaccia il nome del piccolo villaggio! ** Ho letto l'Antologia di Spoon River, ma non avevo pensato al paragone! xD  Andando avanti qualche capitolo sarà un po' macabro, tipo questo, mente altri continueranno ad essere di lettura più tranquilla! ^^  

x Bad Devil: *^* Grazie, Guru!! Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento! ^^ Un bacio anche a te! :*
 
x Phantom G: x3 Sono davvero contenta che abbia apprezzato la mia idea! ^^ Come ti ho già detto via messaggio privato (sapevo che avrei aggiornato tardi ç_ç ) non c'è nessun problema se la metti in firma, anzi non può farmi che piacere! ^^

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Capitolo 4
*** 03. Lo Spirito del Villaggio ***


- Hellcome to NevediNotte -
Lo Spirito del Villaggio

Tutti gli abitanti potranno dormire ogni tranquilli, finché ci sarà lei a vegliare su di loro.



#Shades of night
I'm walking through sleeping village#

~ Cammina sola per il silente villaggio addormentato ~
Anche quella notte sarebbe certamente scesa al villaggio.
Tutti lo sanno ma nessuno mai ne parla, come fosse un tabù. A pensarci, qui ci sono molti segreti. Uno di questi verte sulla strana donna che puntualmente si dice venga a fare visita notturna al nostro paesello.  
Non siamo a conoscenza dell'identità di quella figura femminile che qualcuno giura di aver intravisto tra i fiocchi di neve quando le lancette dell'orologio sono ormai alte.
Corpo perlaceo, coperto da un lungo vestito tessuto da quelli che sembrano essere i suoi nivei capelli, lunghi e morbidi come fili di soffice neve.


#That is having a dream of thousand dreams
Moon is guiding my way through the land#

~ La sua figura resta comunque un enigma ~
Non solo chi si trattiene desto fino a tardi afferma di vederla: anche i dormienti dicono di incontrarla nei loro sogni ambientati nelle notti nel villaggio.
La scena si presenta sempre la medesima: guidata dalla luna, che sia essa nuova, piena o a falce, ella cammina per un percorso senza meta dentro il villaggio, girandolo e rigirandolo senza un apparente motivo.
Non ha mai fatto nulla di male a nessuno, né uomo né animale. Ed è per questo che nessuno la odia.
Lei è come una presenza che si aggira tra le case, senza creare problemi, come un triste fantasma.  


#The snow is silently falling
From the sky that is lit by million stars#

~ Quando la neve cade leggera e silenziosa ~
Appena raggiunto uno dei luoghi dove viene avvista la strana donna, le sue orme non si trovano più, come cancellate dalla neve che incessantemente cade. Non vi è traccia del suo lungo drappo o dei suoi passi. È per questo che pensiamo che non sia umana; nemmeno gli algidi fiocchi caduchi possono nascondere delle impronte in pochi istanti.
Sospirando pesantemente e alzando gli occhi, vediamo le stelle che brillano come un caldo sorriso e ci chiediamo se lei non venga proprio dal cielo, portata giù tra di noi dai cristalli di neve che tutte le notti imbiancano le nostre terre.


#Nightfall#

Gli occhi spiritati di quelle oscure figure li fissano, affamati.

#I feel the breeze#

Ma sanno che non possono oltrepassare i confini del villaggio.

#Nightfall#

Finché gli abitanti resteranno qua la notte, saranno al sicuro.

#On my face#

Veglio su di loro da quando posarono il primo mattone.

#Nightfall#

Perché io per prima venni attaccata da quelle infernali creature.  

#And the trees are#

Non voglio vedere nessun altro piangere su una tomba vuota.

#Nightfall#

Perciò, lasciate che vegli su di voi, durante la notte.

#Covered with white lace#

Cosicché possiate aprire gli occhi all'alba il giorno dopo.  


~ Qui sentirete spesso parlare di "Neve". È il soprannome dell'innocua presenza, scelto poiché oramai è parte integrante di NevediNotte. ~


§Fine§
XShade-Shinra



LYRIC & TRANSLATION
Nightfall [Il Calare della Notte, Il Tramonto]
Stratovarius

#Shades of night
I'm walking through sleeping village
That is having a dream of thousand dreams
Moon is guiding my way through the land
The snow is silently falling
From the sky that is lit by million stars

Nightfall
I feel the breeze
Nightfall
On my face
Nightfall
And the trees are
Nightfall
Covered with white lace.#


#Ombre della notte.
Sto camminando attraverso il villaggio dormiente
che sta avendo un sogno di mille sogni.
La luna mi guida per la via attraverso la landa.
La neve sta cadendo silenziosamente
dal cielo illuminato da milioni di stelle.

Tramonto
Sento la brezza
Tramonto
sulla mia faccia  
Tramonto
e gli alberi sono
Tramonto
coperti da un bianco pizzo.#



-Note: Spero che la canzone da me scelta vi sia piaciuta. L'ho trovata perfetta per la Raccolta!
Ci tengo a precisare meglio che prima è stato dato il nome alla cittadina e solo dopo si è scelto il nome di Neve, in onore al fatto che fosse bianca e facesse visita al villaggio sempre e solo di notte, proprio come la neve vera e propria. Più avanti ci sarà un capitolo dedicato alla scelta del nome "NevediNotte"! ^^

-Song Credits:
Title: Nightfall [Il Calare della Notte, Il Tramonto]
Artist: Stratovarius
Album: Fourth Dimension
Listening: Link YouTube

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.



Questo Capitolo ha Vinto l'Award come Best Song Fiction alla Quinta Edizione dei Never Ending Story Awards!

Ringrazio inoltre tutti quelli che hanno votato Hellcome to NevediNotte per la categoria Best FF! ^^



Risposte alle Recensioni:

x Mitsu: *-* Il tuo paragone fra la mia Raccolta e la Neve è stato davvero bellissimo. Grazie! ^^

x Gaea: ^.^ Grazie anche a te per tutti  i complimenti!

x Livin Derevel: x3 Io adoro i cani di tutto cuore, non potevo non parlarne! ** E naturalmente sono davvero contenta che ti sia piaciuto il capitolo! ^^

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Capitolo 5
*** 04. La Prova dei Bambini ***


- Hellcome to NevediNotte -
La Prova dei Bambini

Quella è la tua prova. Uccidilo.


Tutti i bambini hanno dei diritti; senza nessuna distinzione di razza, sesso, credo e stato sociale.
Uno dei maggiori diritti dei più piccoli è quello più semplice, al quale pochi pensano: giocare.
Giocare è un modo per stare insieme ai propri coetanei e proiettarsi nel mondo degli adulti; perfino i cuccioli degli animali hanno bisogno dell'attività ludica per crescere.
Appunto per questo, nonostante il villaggio non sia un luogo del tutto immacolato, i grandi non negano questo svago ai propri figli.  
C'è solo un ordine: tornare a casa prima del tramonto e non uscire prima dell'alba.
Per fortuna, i piccoli sono tutti molto intelligenti e nessuno di loro si sognerebbe mai di disubbidire ai propri genitori, anche perché sanno bene che il bosco è molto pericoloso in quelle ore a loro proibite.
Il pomeriggio, dopo aver finito i compiti, i bambini si dedicano alle attività che preferiscono. C'è anche la possibilità di praticare alcuni sport nella piccola palestra che aveva fatto costruire il parroco, oppure restare fuori per quelli invernali, come lo skeleton, lo slittino o lo sci. Chi non desidera prendere parte alle attività sportive, può sempre uscire con gli amici o far parte dei vari piccoli club.
Tra questi, ce n'è uno un po' particolare, detto "I Guardiacaccia".
I ragazzi che frequentano il gruppo sono veramente pochi e sono quelli con la peggior fama nel villaggio: piccoli bulletti o ragazzine facili e boriose.
È però considerato il club più facoltoso, poiché è molto difficile farvi parte per via di... una prova.
La prova è un ordine che il prescelto deve compiere per farsi accettare dal gruppo. Non pochi riescono a superarla, ma dopo poco tempo quelli più deboli lasciano il club, piangendo spaventati per quello che avevano fatto.
Nonostante questo, quasi tutti i bimbi della città tentano di accedervi, tranne alcuni ragazzini, tra cui uno: Koori Anchuu.
Di lui si sa poco e niente. È sempre stato un ragazzino silenzioso, freddo, introverso, schivo e riservato, forse addirittura sadico. Più che stare con gli altri, adora fare delle passeggiate solo per i boschi, nonostante le molteplici sgridate dei genitori che quasi lo pregano ogni volta di andare almeno con un altro amichetto. Ma al bambino questo non importa: non sente la solitudine, dice anzi che nel bosco non si sente affatto solo. Gli altri giovani del villaggio l’hanno da sempre considerato strano a cominciare dall'aspetto fisico: capelli lunghissimi e neri, pelle diafana, corporatura robusta e gli occhi bicolore – il sinistro verde scuro e il destro blu.  Nemmeno il modo di vestire l’ha aiutato a farsi accettare, sempre che abbia mai voluto esserlo: vestiario sempre nero o con colori scuri, eccezion fatta per le camicie, rigorosamente bianche.
Koori comunque non è mai stato triste. Anzi, si sente molto felice e fortunato. Ha solo deciso di vivere con un suo stile personale, senza dover per forza essere uguale agli altri.
Forse per i suoi atteggiamenti, o forse solo per il fatto che all'apparenza sembri un bambino cattivo, un giorno i ragazzi del club lo hanno invitato a unirsi a loro.
 
Appena entrato nella piccola casupola appena fuori dal villaggio, che funge da sede ufficiale del gruppo, Koori nota subito che il Club non è molto affollato e questo non può che essere positivo per lui, giacché non sopporta il chiasso o le persone troppo casiniste.
Però... c'è qualcosa di strano in quel monolocale.
“C'è uno strano odore... C'è odore di sangue...” pensa il ragazzo dagli occhi bicolore.
«Scusate, voi non sentite questa puzza?» chiede, guardandosi attorno.
«No» risponde una ragazza con i capelli dai riflessi ramati, in contemporanea con un ragazzino poco più grande di lei che muove la testa in segno di diniego.
Ovvio che loro non possono sentire l’olezzo immondo che impesta il luogo: ne sono ormai assuefatti e le loro narici non lo percepiscono più, come se avesse bruciato loro i nervi olfattivi.
«Ora siediti con noi» sorride un bambino biondo, sedendosi in cerchio con gli altri.
Koori non fa domande e prende posto assieme a loro, attendendo che gli dicano cosa deve fare, in cosa consista la prova di cui tutti parlano.
«Sei pronto per superare la prova?» domanda la ragazza di poco prima.
«Sì» risponde tranquillo.
«Non hai paura?» chiede un'altra ragazzetta, troppo poco vestita per quell'inospitale clima perennemente sottozero.
«Io sono coraggioso» mette bene in chiaro il prescelto.
'Il coraggio non è la mancanza di paura, ma la padronanza di essa'.
«Allora... ENTRA PURE!» dice ad alta voce un bambino, volgendo il capo verso una seconda porta da dove esce il ragazzo più grande di tutti che tiene in mano un...
«Quel cucciolo di lupo è ferito!» dice Koori, scattando in piedi.
Si preoccupa molto più per gli animali che per gli uomini.
«Aspetta» lo ferma piano la ragazza dai capelli ramati. «Quella è la tua prova.»
Il più grande mette il cucciolo tra le mani tenute a coppa del moro, e gli dice una parola che le orecchie di quest'ultimo odono come una bestemmia:
«Uccidilo».
L'animaletto trema spaventato e sofferente per via di un grosso squarcio sulla zampa, probabilmente opera di una tagliola.
“Che sia questo ciò di cui si occupano i Guardiacaccia? Seminare trappole per il bosco per poi divertirsi a uccidere degli innocenti solo per delle prove?” si chiede il ragazzo, sconvolto.
«Forza, Koori!» lo incita uno dei bambini, allungando un braccio verso il tremante batuffolo grigio.
«Non ho alcuna intenzione di fare del male al mio lupo!» si impunta Koori, tenendolo più stretto a sé, stando attento a non pigiargli la zampina che sicuramente gli deve fare un male atroce.
«Non è tuo!» dice una bambina. «E se vuoi far parte di noi, dovrai ucciderlo; per dimostrarci la tua lealtà verso i Guardiacaccia
Il ragazzo dai lunghi capelli neri guarda gli altri bambini attorno a sé e non fatica molto a dare loro una risposta.
Quello è il club più facoltoso.
Una volta superata quella semplice e stupidissima prova sarebbe stato dentro anche lui e tutti lo avrebbero guardato con tanto d'occhi.
«Io non voglio entrare nel vostro club di assassini» risponde, prendendo le scale per uscire dalla casetta.
«COSA?!» dicono all'unisono gli altri. «Ti giochi l'occasione della tua vita!»
Ma Koori non li ascolta.
Per lui è importante solo portare quel cucciolo dal guidatore di slitta in modo che lo curi.
«Non preoccuparti, piccolino» dice, accarezzandogli la testina. «Ci penserò io a te».

Koori decide così di tenere con sé il cucciolo, dopo averlo rimesso in sesto, nonostante le lamentele dei genitori.
Non gli importa di non far parte del Club più in della cittadina. Almeno, non a queste condizioni.
“Gli esseri umani... sono tutti degli stupidi...” pensa, col cuore che strabocca di odio verso coloro che si impongono sui più deboli.
«Bauf!» abbaia appena il lupacchiotto, scodinzolando nel cestino che gli aveva preparato il padrone affinché lo usasse a mo’ di cuccia.
«Ti piace il nome Fenrir?» gli domanda il moro, affacciato alla finestra, perdendo lo sguardo sulla nivea distesa poco prima dell'alba.
Koori non ama dormire di notte ma predilige il giorno, difatti non di rado si addormenta a scuola.  
«Wof!» risponde l'animale. Sembra contento.
«Allora, benvenuto a casa, Fenrir» sorride, guardando verso il bosco. «Ma...» Fermò appena lo sguardo verso gli alberi.
C'è del fumo che sale alto nel cielo, in contrapposizione alla poca neve che ancora cade lenta.
Il ragazzo decide che è meglio avvisare i genitori di quanto ha visto, e questi danno l'allarme a tutti.
Purtroppo a nulla servono gli sforzi degli adulti: il fuoco aveva distrutto una piccola casetta... E alla vista delle ceneri dell'abitazione, illuminate dall'alba, Koori non riesce a trattenere un bieco sorriso.
Era la sede del Club dei Guardiacaccia.
«È stato lui! È stato lui!» lo additano i bambini, corsi in lacrime per vedere le macerie della loro casupola. «Lui non ha superato la prova! Ha distrutto il Club perché non l'abbiamo accettato!»
Accuse infondate si abbattono sul ragazzino.
«Il vostro è un Club di assassini! Sono contento che sia andato a fuoco!» risponde Koori a tutti, per poi girare sui tacchi e tornare a casa. Non vuole lasciare Fenrir da solo per troppo tempo. Quella notte, infatti, non era uscito per poter rimanere a casa con lui.
Sa bene che, nonostante non fosse stata colpa sua, sarà messo ancora più in disparte, ma non gli importa.
Mentre torna sui suoi passi, il ragazzo vede una strana figura che lo guarda da dietro un albero del bosco.
Senza un'ombra di paura negli occhi bicolori, si ferma e sostiene lo sguardo fiero di quel qualcuno, finché la figura non si eclissa, salendo sopra l'albero per non apparire più.
Il ragazzo scuote la testa e prosegue per la sua strada, è certo che non si tratti degli esseri che appaiono la notte attorno al villaggio. Doveva essere di qualcos'altro... Dall'agilità non era di certo un umano, ma il bimbo aveva visto quella figura muovere appena le labbra poco prima di dissolversi, piegandole e distendendole a formare una parola inequivocabile...

Grazie.   

§Fine§
XShade-Shinra



-Note: Lo Skeleton è uno sport invernale individuale, simile allo Slittino.
Il Fenrir (o Fenris) è un gigantesco lupo della mitologia nordica ed il nome significa Lupo della Brughiera. La leggenda dice che fu incatenato dagli dei e la sua prigionia verrà sciolta solo alla fine del mondo (il Ragnarök) ed allora si potrà vendicare di chi lo incatenò, fino a trovare la morte per mano del figlio di Odino.
La citazione tra virgolette all'interno della storia è anonima.

Ed ecco che finalmente è apparso LUI! ** Qui avete conosciuto un personaggio che ritroveremo anche in altri capitoli: Koori Anchuu, Giaccio (Koori) nell'oscurità (Anchuu). Egli non è il protagonista della storia, ma è un personaggio al quale sono molto affezionata. Spero possa piacervi, imparerete a conoscerlo e ad apprezzarlo... oppure a odiarlo!XD Per quanto mi riguarda, lo adoro e mi piace molto scrivere su di lui!

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.



Risposte alle Recensioni:

x Gaea: Ahah! Grazie! ** Sì, più si andrà avanti, più si avranno le tessere del puzzle da comporre, ma non è detto che si possano incastrare già da subito! ^^
Esatto, NevediNotte ha un fantasma protettore! ^^ Ed hai azzeccato anche la  seconda domanda, anche se ti dirò... le "tenere creaturine" non si limitano solo a  quello... *porge orsetto gigante* *-* Ecco qua il tuo premio!XD

x Livin Derevel: x3 NevediNotte è una città molto vecchia, in effetti!
La figura di Neve si può vedere come colei che, generosamente, si prodiga affinché gli altri non passino quello che passò lei, anziché provare rancore verso i vivi e desiderare la loro morte. E' un fantasma che porta rancore verso i propri carnefici, ma buono di spirito.
Beh, sì andando avanti sarà spiegato tutto (spero! XD); ovviamente la spiegazione del nome della città, come anche quella della storia degli "Antagonisti", verranno spiegate più avanti, pezzo dopo pezzo! ^^ E grazie mille per i complimenti!! ^///^

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Capitolo 6
*** 05. La Cicatrice della Vita ***


- Hellcome to NevediNotte -
La Cicatrice della Vita

«Io sono nato morto...» borbottò freddo, uscendo di casa, mentre i pochi fiocchi rimasti cadevano lenti.


Come ogni mattina, il Cacciatore si vestì e passò davanti allo specchio, il quale rifletté la sua immutata immagine. Alzò il lembo anteriore della maglietta per specchiare i muscolosi addominali sulla vitrea superficie, ma dopo pochi secondi sbuffò e lo rimise giù, andando a prendere la sacca e il fucile per cominciare il proprio lavoro.
«Io sono nato morto…» borbottò freddo, uscendo da casa, mentre gli ultimi fiocchi di neve cadevano lenti.
Il corpo di quell'uomo era pieno di cicatrici, ma gliene mancava una in particolare e ciò lo rendeva diverso da tutti gli altri.
Il Cacciatore non aveva l'ombelico.


§Fine§
XShade-Shinra



-Note: Inizialmente doveva essere una Flashfic, ma ho avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo (il dentista) e sono abbastanza dolorante da settimane, motivo per il quale l’ispirazione era più per lo Splatter (complici alcuni episodi di Elfen Lied che mi sono riguardata) che per il Dark ed ho preferito questa Drabble che perdermi in malsani vaneggiamenti! XD

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.



Questo Capitolo si classificato 1° e Vincitore di Premi "Giuria", "Miglior Titolo" e "Originalità" al contest "Drabble and flash Collection" indetto da Deidaranna93 sul forum di EFP
Ecco i bellissimi banner che ho vinto!

 

 



Risposte alle Recensioni:

x Icer: *o* Grazie per i complimenti! Quel film non l'ho mai visto, sorry, ma da quanto ho capito non è stata una grande perdita! xD Comunque ti - e vi - assicuro che non ci saranno Lupi Mannari, ma solo normalissimi lupi e nemmeno Vampiri! Ci saranno altre creature (del Fantasy), ma loro no! ^^ Nonostante mi piacciano, non c'entrano nulla con la mia raccolta, quindi stai tranquillo!
*_* Conosco bene E. A. Poe... *^* Anni fa mi sono bevuta buona parte delle sue opere! **

x Livin Derevel: ^^ Sì, avevo avvisato che alcune storie avrebbero parlato anche del tempo presente e, purtroppo, l'atmosfera un po' calante l'avevo notata anche io; spero di migliorarmi nei futuri capitoli che parleranno di Koori - sono davvero soddisfatta del fatto che sia piaciuto come personaggio! ^^ E non ti preoccupare per il ritardo! :*

x Gaea: *w* Sì, Koori è un bravo bimbo! Prego, figurati per l'orso! XD

x Arwen88: ^^ Ti ringrazio. Sono davvero felice che ti abbia interessata!

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Capitolo 7
*** 06. L'Estate dei Morti ***


- Hellcome to NevediNotte -
L'Estate dei Morti

«Chissà... forse se scavassimo... ne troveremmo anche degli altri... nascosti dalla neve...»


Quell'undici Novembre c'era molto caldo per la temperatura invernale alla quale siamo abituati. Era da qualche giorno che il cielo appariva più terso e che le temperature, solitamente molto rigide, erano miti nonostante la neve continuasse a cadere ogni notte, ma i suoi fiocchi erano piccoli e quasi trasparenti, giusto come per dare una simbolica spruzzata di bianco.
«Bambini, non correte!» sentivo la voce della mamma che ci rimproverava con il solito tono calmo.
«Tranquilla, mamma!» le urlammo in coretto io e mia sorellina, mente giocavamo a rincorrerci sulla neve ghiacciata.
C'erano diversi rovi di more per il bosco e non di rado andavamo a coglierle direttamente da lì per poter fare dei dolci alla panetteria che avevano i nostri genitori. Quel dì ci avevano accompagnato per potersi godere anche loro quella bella giornata.
«Mamma, papà! Qui c'è pochissima neve!» urlò mia sorella, fermandosi per disegnare uno smile sulla fredda e rada superficie.
«Sì, si sta sciogliendo un po' con questo calduccio.» confermai, prendendo un bastoncino per scarabocchiare l'opera d'arte appena terminata.
«Cattivo!» urlò l'artista incompresa, scagliandomisi addosso con intenzioni decisamente non fraterne.
Alzatomi di scatto, mi buttai lateralmente addosso a un cumulo di neve ai piedi di un albero, dove il sole non arrivava.
«Uffa!» urlò ancora mia sorella, lanciandomi addosso una palla di neve.
«Sei lenta!» la presi in giro, schivando il bolide e affondando le mani nel cumulo di neve, prendendo una grossa quantità del deposito per poi lanciarlo di rimando. Anche lei riuscì a scansarsi e la palla cadde a terra, con uno strano tonfo, disfacendosi.
«Non mi hai presa! Non mi hai presa!» cantilenò, facendomi una boccaccia.
Ma io non mi mossi.
«Cos'è? Ci sei rimasto male?» mi chiese, prendendomi ancora in giro.
La sua voce sembrava provenire da lontano: sentivo che parlava con me, ma non la stavo ascoltando. La mia attenzione era solo per ciò che era in terra, ancora in parte avvolto dalla neve.
«L—Lì...» balbettai, indicando il punto dove era atterrata la palla da guerra.
«Cosa?» chiese lei, voltandosi a guardare, spalancando gli occhi terrorizzata. Il suo grido di paura riempì l'intera montagna, con un'agghiacciante eco.


«Siete stati voi a trovarlo?» chiese un poliziotto – che si trovava casualmente al villaggio – ai nostri genitori, che ci tenevano vicini a loro, per le spalle.
«No» disse piano nostro padre, muovendo appena la testa, abbassando gli occhi a noi due. Mia sorellina ancora piangeva piano, sotto shock.
«Ragazzino, cosa è successo?» chiese con voce pacata, cercando di non mettermi in difficoltà.
«Io e lei stavamo giocando a palle di neve... Io ho preso della neve da quel cumulo, dove ora stanno lavorando il sindaco e gli altri, e abbiamo visto che nella grossa palla che le avevo lanciato addosso, c'era quella testa dentro...» raccontai, mentre la piccola mano della sorellina mi stringeva la manica del giaccone.
«E poi?» chiese ancora.
«Dopo lei ha urlato e sono arrivati i nostri genitori che erano a pochi metri di distanza... e hanno chiamato gli altri del villaggio».
«Ho capito...» fece il poliziotto, mentre il sindaco lo raggiungeva.
«C'è tutto il corpo» lo informò con un sussurro che si disperse assieme alla leggera brezza, giungendo solo alle orecchie del gendarme.
«Ok» disse telegrafico questi. Non potevano dire una cosa del genere davanti a dei bambini.
Il politico si congedò e si allontanò nuovamente.
«Dov'è la dottoressa dei mor—ehm... il medico legale?» chiese mio padre, ansioso. «Vorremmo sapere da quanto tempo quell'uomo era lì per poterlo scrivere sulla sua lapide e dargli una degna sepoltura».
«La dottoressa è accorsa subito e ora è già al ponte radio insieme al parroco» rispose il poliziotto. «Sta telefonando al suo collega a valle. Purtroppo non abbiamo modo di risalire alla morte del cadavere senza un esame istologico, e qui non abbiamo l'attrezzatura adeguata. Gli agenti arriveranno presto, comunque. Questo periodo c'è il pericolo di valanghe, quindi ci s’impiega un po' ad arrivare qui» cercò di tranquillizzare i presenti.
«Va bene...» mormorò la mamma. «Ma mi chiedo come ce ne siamo potuti accorgere solo ora...».
«Probabilmente ora la neve che lo ricopriva è minore rispetto al solito e per questo il suo corpo è venuto fuori man mano che si scioglieva la sua copertura...» ipotizzò l'uomo.
«Mamma...» singhiozzò la più piccola. «Quella testa era brutta... Sembrava uno zombie...»
«Tranquilla, tesoro» fece la mamma, prendendola in braccio.
«Al cranio di quell'uomo, erano ancora attaccati dei pezzi di carne, congelati, che la neve stava lentamente corrodendo, come dimostrano i punti dove la struttura ossea è ben visibile» borbottò il poliziotto, leggendo un foglietto che doveva avergli lasciato la dottoressa dei morti. «È impossibili datare il decesso utilizzando solamente la temperatura rettale e il rigor mortis, in quanto l'uomo, che si presenta congelato, è deceduto da troppo tempo, come dimostra lo stato di mummificazione di alcune parti... Non mi sorprende che alla piccola abbia fatto paura.»
«Poveri bambini...» sussurrò nostro padre. «Vedere queste cose alla loro età...».
«Purtroppo può accadere a qualsiasi età...» disse cupo l’agente. «Ora torno a cercare il sindaco, dovremo controllare la lista dei dispersi. Voi tenetevi a disposizione».
«Va bene» lo salutammo, mentre si allontanava.
«Ora andiamo a casa, bambini...» disse la mamma. «Chiuderemo la panetteria e farò una torta solo per voi, ok?».
«Sì» pigolammo, mentre tornavamo al villaggio.

Intanto il poliziotto aveva trovato il sindaco poco lontano che guardava con occhio vago la montagna.
«Sta bene?» domandò l’agente, affiancandosi a lui.
«Sì» rispose con un profondo sospiro. «Pensavo...».
«A cosa, se posso essere indiscreto?».
«Chissà... forse se scavassimo... ne troveremmo anche degli altri... nascosti dalla neve...».


§Fine§
XShade-Shinra



-Note: Il titolo di questo capitolo è tratto dalla Poesia "Novembre" di Pascoli, che riporto per intero in fondo. In data 11 Novembre si festeggia San Martino e questo giorno è chiamato "L'Estate, fredda, dei Morti", dove si dice che ci siano giorni sereni e si abbiano temperature miti. E' detta 'dei morti' perché cade vicino al 2 Novembre, il giorno dei Morti. Estate fredda è un ossimoro. E dopo avervi tediato con la letteratura, vi auguro buona lettura!XD

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.


Novembre
Giovanni Pascoli
     Gemmea l’aria, il sole così chiaro
    che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
    e del prunalbo l’odorino amaro
            senti nel cuore…

    Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
    di nere trame segnano il sereno,
    e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
            sembra il terreno.

    Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
    odi lontano, da giardini ed orti,
    di foglie un cader fragile. È l’estate,
            fredda, dei morti.



Risposte alle Recensioni:

x Arwen88: Grazie! E' veramente bellissimo ciò che mi hai detto! Vuol dire che sono riuscita nel mio obbiettivo! **

x Gaea: Da dove è uscito? v///v Sshhh... Eh, non si dice!XD Comunque ehmm... dovrai aspettare ancora un po' prima di sapere del cacciatore... ehm... *va a nascondersi sotto la neve* (non preoccuparti per le faccine, a me piacciono molto! ^^).

x Livin Derevel: Tutto sarà spiegato, pian piano! Ritroverete il Cacciatore in altri capitoli più avanti (scusate se non vi avevo avvisate!). Comunque, tranquilla, non mi preoccupo, anzi! ^^ Ciò mi da grinta! *^*

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Capitolo 8
*** 07. Il Gatto delle Castagne ***


- Hellcome to NevediNotte -
Il Gatto delle Castagne

Ella aveva un gatto grigio con gli occhi rossi che adorava stare accanto al camino per riscaldarsi e fare compagnia alla vecchia padrona.


Cara Nicole,
come stai?
Scusami per non averti scritto l'altra settimana, ma ho avuto dei problemi con la scuola: questo bimestre ho dovuto preparare dei compiti extra per i miei alunni che, ti ricordo, hanno un'età che va dalla prima elementare alla quinta superiore. Gli studenti saranno circa una trentina in tutto e molte classi non esistono, ma ancora mi chiedo perché i genitori non li mandino nella scuola a valle! Starebbero con altra gente e vedrebbero altre realtà, eppure continuano a voler tenere i giovani qui... mah... Almeno così me ne tornerei alla mia metropoli...
Comunque non era mia intenzione tediarti con questi discorsi sulla scuola, dalla quale siamo uscite ormai da anni!
Volevo raccontarti una cosa strana accadutami stanotte...
Molte volte ci si raduna insieme a tutta la famiglia davanti al caminetto, i motivi sono molteplici: mangiare, studiare, chiacchierare. Ma alla fine solo uno è quello che conta: stare insieme.
Ieri sera mi ero messa a cucinare le caldarroste per quando sarebbero arrivati i miei figli e i miei genitori.
Volevo fare loro una sorpresa.
Era da un po' che non ci riunivamo per mangiare.
Come sai, i miei sono di qui ed io non tornavo a NevediNotte dai tempi della quinta superiore, cioè l'anno prima di andare finalmente lontana da questo posto sperduto e frequentare l'Università di matematica, così ho deciso di preparare delle caldarroste e invitare tutti a cena a mangiarle.
Mio marito aveva acceso il fuoco nel caminetto ed era andato a prendere i bambini da scuola (ti assicuro, essere la maestra dei propri figli è terrificante!), quindi ero sola in casa e stavo mettendo a cuocere le castagne nella padella forata. Mi ero organizzata discretamente: avevo messo i tronchi sotto una griglia di ferro dove sopra vi tenevo appoggiata la padella, avvolta dalle fiamme, in modo che si cuocessero per bene. In questo modo si accumulava la brace sul fondo della griglia, come sbattevo la padella si staccava il guscio del frutto secco ed anche quello cadeva, alimentando le ceneri.
La cena è stata un successone! I miei genitori erano molto contenti e idem i bambini. Ci siamo sistemati sui divani davanti al camino e abbiamo mangiato di gusto, ma questa è la parte meno importante di tutta la faccenda; l'unica nota è che mi sembrava di mettere a cuocere molte più castagne rispetto a quelle che toglievo dal fuoco...
Finita la festa, i nonni hanno messo i nipotini a letto e poi se ne sono andati. Mio marito (che, come sempre ti rammento, fa il meccanico, e non il medico!) si è ritirato quasi subito, visto che si alza molto presto al mattino, così sono rimasta sola in soggiorno a dare una sistemata.
La brace teneva caldo l'ambiente, creando un bel tepore e mi era venuta quasi voglia di addormentarmi sul divano, ma quando mi avvicinai al caminetto, cambiai completamente idea. Avevo visto una cosa strana tra le braci rosso acceso insieme alla cenere: c'erano come due occhi rossi. Erano di un rosso scarlatto e intenso, ma luminosi come due tizzoni ardenti, e sembravano fissarmi. Ho sbattuto le palpebre un paio di volte, ma ciò non servì a scacciare quella demoniaca e grottesca visione. Ebbi paura, lo ammetto. Il grigio che ricopriva la base del caminetto sembrava voler celare il corpo della bestia nascosta che ci spiava immobile.
Mi ricordai le parole della nonna, che diceva che nelle fiamme del fuoco si vedono le anime dei dannati, e non seppi cosa fare.
Senza voltare la schiena, arrivai fino alle scale e salii al piano di sopra in silenzio, rimanendo seduta sull'ultimo gradino, vegliando affinché nessuno salisse a disturbare il sonno della mia famiglia o a renderlo eterno. Se qualcosa mi avesse assalita, in quel caso sarei stata abbastanza vicina a camera di mio marito perché intervenisse in mio soccorso, ma nulla fece la sua comparsa; sentii solo un po' di chiasso provenire dal pianoterra ed un acuto rumore, come un urlo disumano. Rimasi seduta sulle scale finché, ore dopo, non si svegliò il mio consorte, trovandomi ancora lì.
Spiegato il fatto, mi riaccompagnò giù e la nostra attenzione fu subito rapita da delle piccole impronte di cenere che andavano dal camino alla gattaiola - fatta fare dal vecchio proprietario della baita, da quanto mi hanno detto i miei genitori - che si muoveva appena, come se fosse stata da poco utilizzata. Tornati al caminetto, per fortuna quegli occhi terrificanti non c'erano più e nulla saltò fuori dalle braci quando le smossi. Nulla.
È da prima che cerco di convincermi che era stata la stanchezza a farmi vedere e sentire cose che non c'erano, ma quella sensazione che ebbi non ammette errori. Era qualcosa di paranormale.
Stamane ne ho parlato con la mia collega di materie umanistiche e mi ha raccontato di una leggenda nella quale si narra che una vecchia signora fosse in grado di preparare medicine miracolose o veleni potentissimi... Insomma, si era guadagnata l'appellativo di Strega. Ella aveva un gatto grigio con gli occhi rossi che adorava stare accanto al camino per riscaldarsi e fare compagnia alla vecchia padrona. Quel gatto andava matto per le caldarroste, erano il suo cibo preferito; gli piacevano talmente tanto che aveva imparato a rubarle dai caminetti senza scottarsi o farsi male, da qui "Il Gatto delle Castagne". Non è una presenza cattiva, né buona, ma solo un giocherellone che si nasconde sotto la cenere, tra le braci, continuando a rubare le caldarroste.
Fatto sta che non cucinerò più castagne...
Ci sentiamo presto, amica mia.
Non vedo l'ora di tornare alla mia metropoli.

Baci,
Claire

*+*+*+*+*+*+*+*+*+*

«Miau...» miagolò un piccolo e niveo gattino, camminando leggero sulla neve, con il musino e il groppone sporco di cenere, la quale lo faceva apparire grigio, che man mano si ricopriva dei fiocchi che cadevano.
«Psss pss pssssss...» lo chiamò un'altrettanto algida figura, levitante in posizione seduta sullo steccato di recinzione del villaggio «Sei andato di nuovo a rubare le castagne?» chiese, abbassando la mano.
«Maiu!» si leccò il musino, in gesto affermativo, saltando su quello spettrale palmo.
«Che monello! Non si ruba» lo sgridò affettuosamente, pulendolo dalla cenere. «La tua padrona non sarebbe contenta, sai?»
«Mié! Frrr... frrr...» miagolò, per poi fare le fusa, chiudendo gli occhioni color rosso fuoco.
La bianca donna se lo poggiò in grembo, dove si era depositata della neve, coccolandolo.
Alcuni minuti dopo, cominciò a vedere i fiocchi sempre più piccoli, segnale che stava per arrivare l'alba.
«Tra poco sarà mattina, piccolo poltergeist. Andiamo insieme a riposare. Anche domani notte dovrò vegliare sul nostro villaggio» sussurrò, riprendendo a fluttuare sopra la neve a passo lento.
«Mao...».


§Fine§
XShade-Shinra



-Note: Il fatto che sul poltergeist e su Neve si depositi della neve è voluto, non si tratta di un errore. ^^
Poltergeist: si tratta di uno spirito rumoroso (dal tedesco "geist" spirito e "poltern" bussare), solitamente legato alla presenza di una persona in un particolare stato psico-fisico, che provoca spostamento di oggetti ed urla che squarciano il silenzio, ben diverso dagli altri fantasmi, più silenziosi e dalla presenza appena percettibile. Nella nuova terminologia della parapsicologia, questo termine viene oggi espresso con l'acronimo inglese RSPK (Recurrent Spontaneous Psychokinesis), che significa "Psicocinesi Spontanea Ricorrente". Essendo questa una Raccolta Noir/Dark Fantasy, mi baso sul vecchio significato del termine: il rumore è dato dai miagolii del gatto, gli oggetti che si muovono sono le castagne o comunque qualunque cosa che il micio usi per giocare, mentre la persona vera e propria in questo caso non c'è, infatti si tratta di una cosa, o un cibo per meglio dire, difatti il poltergeist si presenta quando ci sono di mezzo le caldarroste (castagne + caminetto acceso). Spero di aver dato una spiegazione esaustiva per la mia scelta di utilizzare un poltergeist.

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. 



Risposte alle Recensioni:

x Livin Derevel: x3 Bravissima! Beh, a sentire il sindaco, è molto probabile, sì sì... ù_ù Chissà +w+ ... Grazie dei complimenti! ^_^

x KissOfDeath: *____* Grazie mille!!! *si asciuga le lacrime di gioia* E poi... conosci Nightfall!! *^* Non puoi capire la mia gioia nel sapere non sono la sola al mondo ad ascoltare gli Stratovarius! xD Sono felice che la storia ed i personaggi ti piacciano!

Piccolo Spoiler... nel prossimo capitolo ci sarà nuovamente Koori! <3


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Capitolo 9
*** 08. Il Rifugio dei Viaggiatori ***


- Hellcome to NevediNotte -
 Il Rifugio dei Viaggiatori

Nel bosco c'è una strana casa sull'albero...


Gli anfibioni neri con le zeppe affondavano pesantemente nella neve bianca, la quale scricchiolava sotto il loro peso che la faceva diventare ghiaccio.
Nero su bianco.
Era così che appariva Koori sulla neve, come una goccia d'inchiostro su un foglio.
Al suo seguito, sempre fedele, vi era il suo lupo, Fenrir. Da quando anni prima lo aveva adottato, i due non si erano mai più separati. Adoravano stare in compagnia per il bosco, unico luogo evitato dalla gente e, quindi, silenzioso e quieto, proprio come loro due.
Anche quella sera, il ragazzo aveva deciso di uscire di notte per fare una capatina nel suo posto preferito, ma qualcuno lo stava seguendo.
«Devi tornare a casa, Koori» lo riprese verbalmente, il parroco.
«No» sbuffò l’altro per l'ennesima volta.
«È quasi calato il sole» gli fece notare, mentre uscivano dallo steccato di protezione del villaggio. «È mio dovere riportati a casa. I tuoi genitori sara—» continuò a dire, ma venne interrotto maleducatamente dal ragazzino.
«I miei genitori lo sanno».
Koori non era mai riuscito a legare veramente con nessuno della sua età, preferendo gli anziani del villaggio ai suoi coetanei, ma, nonostante ciò, non vantava un'educazione di prima classe. Anzi, era piuttosto rozzo...
«Sì, e sono molto preoccupati: ecco perché mi hanno chiesto di intervenire. È già da una settimana che...».
«Due» lo corresse telegrafico, cominciando ad addentrarsi nel bosco.
Il prete rimase di stucco a quelle parole, perdendo il passo per poi recuperarlo qualche secondo dopo. Nonostante Koori fosse ancora un ragazzino, aveva il passo da bersagliere!
«Ma ti rendi conto?!» cercò di convincerlo. «I bravi ragazzi non vanno la notte nel bosco!»
«I bravi ragazzi non si vestono nemmeno di nero, né ascoltano metal» gli rinfacciò. «E vanno anche in chiesa. Non sono un bravo ragazzo ai tuoi occhi, prete».
Sin da quando era piccolo, Koori veniva trascinato in chiesa con la forza dai propri genitori, tanto che i segni delle strisciate dei suoi piedini dalla sua casa alla chiesa sembravano impronte di sci. Crescendo, i genitori non l'avevano più costretto e lui si era volontariamente avvicinato a una sorta di laicità, pur rispettando sempre tutto e tutti, soprattutto gli animali e le piante, come aveva dimostrato anni prima, salvando il proprio lupo da un branco di ragazzini. Ma non era solo questo che lo rendeva diverso agli occhi dei compaesani: vestiva praticamente sempre di nero o, perlomeno, con colori scuri, indossava borchie e croci, pur non essendo cristiano, e teneva i suoi capelli lunghi d’ossidiana lunghi fino alla vita, andando fiero della loro bellezza. A causa del suo carattere molto chiuso e discostato, non gli si avvicinava mai nessuno e passava le sue giornate a dormire a scuola, ascoltare musica (il suo buon metal) e imparare dal più anziano del villaggio come si suonasse il violoncello; mentre la notte la trascorreva all'aperto, nel bosco, senza preoccuparsi di ciò che dicevano gli altri a proposito delle creature che ivi abitavano.
«Koori Anchuu» lo chiamò a bassa voce il parroco. «Il tuo nome significa Ghiaccio nell'Oscurità, ma non per questo devi comportarti in modo così freddo e prediligere l'Oscurità alla Luce...» gli sussurrò. «Sto solo cercando di aiutarti.»
A quelle parole, Koori accarezzò il lupo e gli diede un colpetto per farlo andare lontano.
«Allora, se proprio mi vuoi aiutare, lasciami in pace» ringhiò, correndo velocemente appresso al suo fedele compagno.
Non riusciva a sopportare tutti quei discorsi, alle suo orecchie, incoerenti e ipocriti.
«Aspetta, Koori!» urlò il prete, correndogli dietro.
Non poteva permettersi di perderlo di vista. I genitori del ragazzo avevano già provato a parlare al proprio figlio senza riuscire a convincerlo e, quando lo avevano rinchiuso in casa, lo avevano visto fuggire saltando giù dalla finestra della sua stanza, al primo piano. Non sapendo cos'altro fare, avevano chiesto l'intervento del prete del villaggio, un uomo molto buono e che conosceva bene il bosco, per convincerlo a cambiare stile di vita e, soprattutto, di non farlo uscire da NevediNotte dopo il tramonto.
Tutti, perfino Koori stesso, sapevano che il bosco era pericoloso, ma il moretto continuava a contravvenire a quella legge non scritta che vige nel villaggio, tornando ogni mattina soddisfatto e senza nemmeno un graffio, in compagnia di Fenrir.
«Tornatene al villaggio! Le brave persone non escono da là, la notte!» disse di nuovo Koori, prima di sparire tra gli alberi, e il leggero nevischio che si stava creando a preannunciare la nevicata notturna.
Il ragazzino era molto deluso da quella situazione che si era andata a creare. Sapeva bene che c'erano delle bestie, ma sapeva anche di non essere solo in compagnia del suo lupo. Più di una volta aveva visto orsi, alci e altri lupi, ma non lo avevano mai infastidito; l'importante sarebbe stato rispettarli.
"Perché tutti gli esseri umani sono così ciechi e stupidi?" pensò, fermando la sua corsa vicino a un cumulo di neve. "Non c'è nulla nel bosco oltre gli animali... A meno che non abbiano fame o non si sconfini nel loro territorio sono pacifici."
Nonostante tutto quello che la gente del villaggio diceva, Koori non credeva nell'esistenza di fantomatici mostri nascosti lì: in tredici anni non aveva mai visto nulla di strano, a parte il comportamento degli uomini e, a pensarci, una strana figura arboricola... Ma ancora si chiedeva se non fosse stato tutto frutto della sua immaginazione.
«Sono tutte cavolate...» borbottò, facendo per sedersi sul cumulo fresco, quando un urlo disumano gli venne portato alle orecchie dal vento che sibilava tra gli arbusti. Non poteva sbagliarsi: era la voce del parroco. «Che avrà combinato?» sbuffò, rimettendosi in piedi.
Mosso dal rimorso per averlo lasciato solo, richiamò Fenrir e corsero insieme verso quella voce che avevano sentito.
"Spero che sia solo per uno scoiattolo!" pensò, facendo segnale al lupo di avanzare senza attenderlo, visto che il buio e la neve caduca lo rallentavano troppo per riuscire a tenere il quadrupede passo del canide.
Pochi secondi dopo, giunsero alle sue fini orecchie dei rumori di lotta tra bestie e, al suo arrivo, trovò i distintivi segni dell'aggressione sulla neve fresca e candida. Fenrir stava a pelo irto e le orecchie tese all'indietro, digrignando i denti verso un punto non meglio identificato della macchia, facendo da protezione al parroco.
«Koori!» esclamò l'uomo nel vederlo arrivare.
Aveva la schiena contro un albero e sembrava avere appena visto l'Inferno.
«Prete!» lo chiamò anche il ragazzino, andando verso di lui. «Che è successo?» gli chiese, sapendo già che non aveva riportato ferite, visto che il colore che regnava lì era il bianco.
«Era... una di quelle cose per cui ti dico che il bosco è pericoloso...» farfugliò.
«Scommetto che era una volpe bianca...» sbuffò, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi. «Su, andiamo. Ti riaccompagniamo al villaggio» l'uso del plurale maiestatis, era ad indicare che, in realtà, era sempre Fenrir a ritrovare la strada per casa, visto che il senso dell'orientamento del moro era talmente tanto scarso che si sarebbe perso nella sua stessa camera!
E fu proprio il suo lupo a metterlo nuovamente in guardia, girandosi di scatto verso un'altra direzione, e poi un'altra ancora, continuando a ringhiare e digrignare i denti, pronto all'attacco.
Il giovane ci mise un attimo a capire: erano circondati.
«Merda...» imprecò.
«Koori!» lo sgridò il parroco, mentre si alzava grazie al suo supporto.
«Prete, sai correre?» gli chiese, tenendogli ancora la mano.
«Eh? Sì...» rispose, ancora troppo scosso dall'accaduto per capire dove volesse arrivare il ragazzo.
«Allora corri o torneremo a casa in pezzi!» disse, trascinandolo via. «Fenrir! Alla Treehouse!» ordinò al lupo, che si mosse velocemente, superandoli e aprendo loro la strada.
Koori non sapeva quanto fossero vicini o meno dalla casa sull'albero che aveva trovato pochi giorni prima, ma sapeva di potersi affidare a Fenrir per quelle cose: insieme erano una squadra.
«Ma che succede?!» domandò l'uomo.
«Non l'hai capito? Eravamo circondati! Ma che cavolo hai combinato per far infuriare così tanto delle povere bestie?!» chiese retorico, allungando il passo quanto più potesse.
«Mi ha aggredito!».
«Chi?!» ruggì, sentendo i pesanti passi dei loro inseguitori alle calcagna.
Il parroco non rispose a quell'ennesima domanda sull'accaduto e mise le ali ai piedi pur di raggiungere il prima possibile un riparo per sé e per il ragazzo; sarebbe stato pronto anche a sacrificarsi per la vita di Koori, ma se era possibile salvare ancora capra e cavoli, tanto valeva tentare.
Dopo alcuni minuti di corsa estenuante, Fenrir si fermò alle radici di un grosso albero, senza abbaiare, attendendo il padrone.
«Bravo» lo lodò Koori, spingendo il prete contro l'albero «Sali, presto» gli ordinò.
L'uomo sollevò il volto e vide una sorta di strana casa sull'albero. Ecco cosa voleva intendere il ragazzo.
«Va bene» asserì, vedendo che anche l’altro si stava arrampicando velocemente su per il grosso tronco. Doveva essere veramente pratico di quel posto, perché la scalata era molto difficile, tanto che il ragazzino dovette aiutare il parroco a finire di arrampicarsi fino alla strana impalcatura coperta e circolare attorno al tronco, a diversi metri da terra.
«Aiutami!». Koori lo strattonò per una manica appena arrivarono al riparo, portandolo verso un grosso cesto, che buttò giù dall'albero, tenendolo per una lunga fune.
«Che fai?» chiese il parroco, trovandosi in mano parte del cappio della corda.
«Bauf!» si sentì da sotto.
«Fenrir non riesce ad arrampicarsi fino a qui!» sbraitò. «Tira quella corda. Non pretenderai mica che lo lasci giù! Quelli sono in troppi! Lo sbranerebbero!»
Sorpreso da quanto Koori tenesse al suo "animale da compagnia", il prete lo aiutò a portarlo su, sentendo il lupo ringhiare quando diversi versi giunsero alle loro orecchie.
Le creature erano arrivate e loro avevano fatto giusto in tempo.
Il moro lo incitò a sollevare la cesta più in fretta e il lupo balzò velocemente dentro la casa sull'albero, ancora con il pelo dritto e i muscoli tesi.
«Uff...» sbuffò il ragazzo, sedendosi con la schiena contro il tronco, cercando di tranquillizzare il lupo «A meno che quelli non siano puma, siamo in salvo qui.»
«Non ne sono certo...» rispose il prete, utilizzando quel piccolo momento di calma per pregare.
Koori non osò disturbarlo in quell'atto molto importante e si affacciò dalla balaustra, vedendo delle indistinte figure nere che giravano sotto l'albero. Con la poca luce lunare a disposizione e la neve che continuava a cadere, era abbastanza difficile riuscire a capire bene cosa fossero.
«Koori...» soffiò piano l'uomo, uscendo dal suo raccoglimento spirituale. «Quelli non sono animali, sono demoni. Il bosco ne è pieno».
«Vaccate!» rispose secco e scocciato. «Figurati se il Diavolo si scomoda per mandare i suoi demoni in un posto sperduto come questo!».
Proprio in quel momento, si udirono delle vibrazioni date all'albero e i due giurarono di aver visto delle zampe (o erano mani?) aggrapparsi alla balaustra, per poi ritrarsi con un verso di dolore, e sentire il rumore dei corpi che ricadevano sulla neve, uggiolando.
«Che...?» si chiese Koori «Riescono ad arrivare fino a qui?»
«Non hai visto? Non sono animali!»
«La fame fa diventare demoni» rispose, sollevandosi la sciarpa fino agli zigomi. «Non abbiamo altra scelta, comunque. Se riescono a salire li buttiamo giù.»
Il prete si rinchiuse in un tombale silenzio, camminando per tutta la circonferenza della Threehouse, per controllare che le bestie non provassero a risalire, e, nel frattempo, passò la mano sui paletti di confine, scoprendo che erano tutti intagliati e ricoperti da degli strani simboli, ed ebbe la sensazione di sentirli... caldi.
«Li hai fatti tu?» chiese al ragazzo.
«No, erano già così rovinati» spiegò. «Non ho toccato assolutamente nulla da qui. Ho solo trasportato la cesta per Fenrir» rispose, portandosi le ginocchia al petto. «Se vuoi dormire sto sveglio io» si propose.
«No, semmai sarebbe il contrario» gli fece notare l'uomo.
«Tanto non riesco a dormire di notte» sussurrò, usando il lupo come scaldapiedi. «Ora dobbiamo solo attendere che se ne vadano da soli...».
Nonostante i vari rumori che si susseguivano di continuo sotto l'albero, le urla e i diversi tentativi delle creature di salire fino alla casetta, i due si sentivano al sicuro, riparati da quelle assi, come se si trovassero all'interno di una bolla capace di isolarli dai pericoli della notte.
Passate parecchie ore, dove nessuno dei due aveva chiuso occhio, chi per un motivo, chi per un altro, sembrò quasi che i rumori fossero cessati e che non ci fosse più nessuno lì sotto, ma entrambi concordarono sul fatto che fosse sconsigliato muoversi senza luce.
«Chissà che ore sono...» borbottò il parroco, guardando il cielo nero che ancora veniva spruzzato di neve.
«Non lo so...» rispose il moro. «Brrr... Rimanendo fermi fa ancora più freddo...».
All’improvviso, un botto sul tetto della Treehouse li fece sobbalzare entrambi. Era molto più pesante del classico cumulo di neve che cadeva dai rami più alti.
«Auta i lómë...».
I due sentirono distintamente quelle parole, rimanendo di stucco.
«Eh?» fece il prete, alzandosi in piedi, diretto alla balaustra per sporgersi a verificare chi ci fosse sulle loro teste. «Ma, che...».
«Non affacciarti!» lo sgridò Koori. «Vuoi che quelle bestie saltino e ti afferrino?».
«Voglio vedere cos’è» spiegò, ma il ragazzo lo trattenne ancora.
«Non so chi sia, ma è un amico».
«Come fai a saperlo?» chiese, girandosi verso di lui.
«Perché ha risposto alla nostra domanda: "La notte sta per finire"».
Il parroco rimase sorpreso.  «Hai capito cosa ha detto? Che lingua era?».
«Non lo so» rispose sincero, scotendo la testa. «Ma rimani qui ancora un poco, guarda» disse, indicando verso l’esterno, dove la neve si stava facendo sempre più fina.
«Tra poco vedremo finalmente la luce di Dio che scaccerà i demoni, dissipando le tenebre» sorrise l’uomo, segnandosi.
«Non sono demoni» continuò a sostenere Koori. «Sembrano più animali affamati».
«Tu non sai tutte le leggende di questo posto, e in ogni leggenda c’è un briciolo di verità».
«Prete?» lo chiamò Koori, sollevando appena un sopracciglio. «Ora che ci penso, tu non sei forse anche un esorcista?» domandò, accarezzando il lupo.
«E con ciò?».
«Perché, allora, non li scacci?».
«Non è così semplice» la chiuse lì, continuando a guardare fuori, ad una spanna dalla balaustra. «Dopo stanotte, almeno, non uscirai più dopo il tramonto» rise soddisfatto.
«E perché non dovrei?» chiese il ragazzino, facendo sussultare il parroco, il quale si girò a guardarlo. «La colpa di tutto quello che è successa è a causa della tua presenza».
«Prego?».
«Io li sento tutte le notti annaspare l'aria vicino a me, eppure non mi attaccano mai, infatti Fenrir non si è mai comportato in quel modo» spiegò, grattando il lupo dietro le orecchie. «Quindi lascia perdere la predica» borbottò, alzandosi e scendendo con maestria dall'albero, assieme al lupo.
Il prete li guardò mentre sparivano tra gli alberi e, lentamente, si fece il segno della croce, chiedendo al Signore di proteggere quel ragazzo dagli occhi bicromati.
“Padre, Koori sta solo seguendo il richiamo di questo bosco... Stanotte mi ha dimostrato di essere buono... Non ci sarà più da preoccuparsi: non è dalla parte dei demoni...”.

§Fine§
XShade-Shinra



- Note: “Auta i lómë” - "La notte sta per finire": mi state chiedendo che lingua è? Eh-eh... Se ve lo dicessi, vi rovinerei la sorpresa! XD 
Scusatemi per l'immane ritardo!!! ç*ç I contest mi hanno uccisa! Spero che questo maxi-capitolo sia stato di vostro piacimento! ^^
Vi consiglio di cercare per la rete le immagini delle "Treehouse", nome inglese della casa sull'albero, perché ce ne sono davvero di stupende!
Inoltre, per questo capitolo necessito di una breve nota personale: non tutti i miei personaggi devono abbracciare il mio stesso pensiero religioso e, di certo, non voglio offendere nessuno con alcune parole dette da loro.
In questo corposo capitolo, Koori e il prete hanno un incontro ravvicinato con le creature che vivono nel bosco.
Demoni, animali, mostri?
Questo lo scoprirete solo andando avanti con la lettura... (Io però lo so! Bwahahah! *sclero*)
Alla prossima! ^^

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. 


Risposte alle Recensioni:

x Gaea: *_* Hai un cane? Io li adoro! <3 In effetti volevo rendere un po' di atmosfera natalizia!XD Sono contenta che ve ne sia te accorte! ^^

x KissOfDeath: xD ahah! No, no, l'atmosfera natalizia in realtà c'era! ^^ E scusa ancora per il ritardo di questo capitolo! ç_____ç

x Livin Derevel: Ti ringrazio per i tuoi complimenti, sono sempre bellissimi! *^*  

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Capitolo 10
*** 09. I Giorni della Merla ***


- Hellcome to NevediNotte -
I Giorni della Merla

In questi giorni, il gelo è ancora più forte.


Freddo.
Solo questo si avverte nell'aria.
Il gelo avvolge ogni cosa, abbracciandola nella mortale stretta di un roveto che perfora le carni con le sue pungenti spine, che arrivano fino alle ossa.
Si dice che questi siano i giorni più freddi dell'anno, e anche qui, nonostante la neve perenne, ci accorgiamo di questo cambiamento.
C'è talmente tanto freddo che i pensieri sembrano congelarsi nell'aria, lasciando così visibili i nostri più reconditi segreti e le nostre ancestrali  paure, mettendoci a nudo davanti ai demoni che infestano le notti ed entrano nei sogni, trasformandoli in incubi.
L'unico modo per far fronte al soffio di Jack Frost, che circonda i nostri monti, è quello di stare al riparo nella propria casa, protetti nella soffice trapunta davanti al caminetto o nel letto della camera; e far finta di non udire il sibilare dei pugnali di ghiaccio scagliati dal vento durante la tormenta e la macabra risata dei pupazzi di neve fatti al di fuori dello steccato del villaggio che giocano a celare dentro loro stessi i cadaveri  degli avventurieri ibernati.
È proprio durante queste sere così tetre che ci chiediamo se chi trema lo faccia solo per il freddo o anche per la paura.

§Fine§
XShade-Shinra



-Note: I giorni della merla: Secondo la tradizione, sono gli ultimi tre giorni di Gennaio e vengono considerati i giorni più freddi dell'anno.
Jack Frost: nella mitologia celtica, Jack Frost è lo spirito dell'Inverno, il Gelo.

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. 



Risposte alle Recensioni:

x KissOfDeath: *da subito un orsachiotto per pagarle il silenzio ù_ù * Sì, ho capito che hai indovinato la lingua, brava! x3 Quante domande che mi hai posto in questa recensione!XD Innanzitutto, sono lieta che il capitolo ti abbia pienamente soddisfatta, ma soprattutto che la storia ti incuriosisca sempre di più! ** Però a due domande ti rispondo immediatamente: "perchè qualcosa non va.. vero? quelli non sono semplici animali, vero?" *w* Ovvio che non sono semplici animali... C'è qualcosa nel bosco... E mi sa che presto scoprirete finalmente di cosa si tratta... *w*

x Livin Derevel: Ahah! ^^ Non preoccuparti per il ritardo, mi dispiace per il tuo pc! ç_ç Comunque sono molto felice che il capitolo ti sia piaciuto! ** Le tue domande troveranno risposta, alcune anche molto prima di quanto immagini. ^^

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Capitolo 11
*** 10. Le Orme di Sangue ***


- Hellcome to NevediNotte -
Le Orme di Sangue

E, seguendo quelle orme di sangue, la ragazzina vide un qualcosa nel bosco...


La porta della piccola cameretta si aprì con un leggerissimo cigolio dei cardini – il rumore si udì come un urlo rauco nel silenzio tombale che regnava per la baita.
«Sei ancora sveglia?» domandò, in tono stizzito, la donna appena entrata, vedendo la figlia con l’abatjour ancora accesa, intenta a leggere sul letto un libro abbastanza voluminoso.
«Ora spengo, mamma» rispose la giovane.
«L'hai detto anche tre ore fa. Spegni. Sono le due e mezza di notte» sibilò, guardandola con severità.
«Uff...» sbuffò la ragazzina, chiudendo il suo libro preferito: un atlante del corpo umano per ragazzi.
Lo ripose sul comodino e, con indosso solo una lunga maglietta bianca che fungeva da pigiama, si alzò dal letto, diretta alla porta.
«E ora dove vai?» le domandò la madre.
La ragazzina scosse la testa disperata.
«Devo andare in bagno.» rispose, superandola e scendendo la scale per poi chiudendosi alla toilette.
Restò appoggiata di schiena alla porta, sentendo poi il genitore borbottare come una caffettiera e camminare presumibilmente verso la propria stanza.
Era sempre così in quella casa: la madre si alzava e la sgridava ogni notte perché faceva tardi e l'indomani doveva andare a scuola; ma alla ragazza bastavano poche ore di sonno per stare bene: non amava particolarmente dormire. Diceva, infatti, che da morta avrebbe avuto tutto il tempo per dormire e che ora voleva assaporare la vita, placando la sete di conoscenza che sentiva dentro.
Era sempre stata un'appassionata di medicina generale e il suo più grande desiderio sarebbe stato quello di diventare un medico, un giorno. Non aveva la presunzione di riuscire a salvare la vita a tutte le persone del mondo, ma solo di poter fare qualcosa per chi si trovava in difficoltà, impegnandosi con tutta se stessa.
I genitori, però, erano molto severi e non le permettevano di stare alzata dopo le undici di notte, neanche fosse solo per leggere, oppure tornare a casa a meno di due ore dal tramonto o, peggio ancora, uscire di casa dopo il tramonto - neanche a patto di restare dentro il villaggio.
«Questa casa è una prigione...» borbottò piano, facendo ciò per il quale si era recata ai servizi.
Quando ebbe finito, si alzò e si lavò le mani, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra, al grande bosco che circondava il villaggio che veniva spruzzato di neve.
«Che bella la neve...» sussurrò, aprendo la finestra e toccando quella che si era depositata sul davanzale, sorridendo. Anche se NevediNotte era un paesino di montagna abbandonato da tutto, amava quel posto così magico.
All'improvviso vide una strana ombra che camminava appena fuori dalla recinzione del villaggio: arrancava piegata in avanti e, dall'andatura, sembrava che zoppicasse.
Preoccupata più per la salute di quell'individuo che per il tabù infranto – quello di non uscire dallo steccato che circolava il villaggio mentre nevicava –, scavalcò con agilità il davanzale e camminò velocemente verso la figura, la quale, nel frattempo, si era infilata nel bosco.
«Ehy, aspetti!» gli urlò dietro quando non la vide più.
La neve peggiorava la vista già di per sé difficile a causa dell'oscurità – solo la presenza della mezzaluna nel cielo permetteva di vedere nelle tenebre – e la ragazza decise di saltare lo steccato per andare alla ricerca del ferito.
Se voleva diventare medico, non poteva permettersi di lasciar andare una persona da sola e per di più di notte in quel bosco temuto da tutti.
“E se si sentisse improvvisamente male? Chi lo soccorrerebbe?” erano questi i pensieri nella testa della giovane, mentre cercava sulla neve le tracce dell'uomo.
Purtroppo, la continua caduta di fiocchi copriva molto velocemente le impronte, ma, tra sbigottimento e preoccupazione crescente, la ragazza vide che i segni di quell'uomo non venivano spazzati via con facilità dalla neve: al posto delle comuni fossette date dallo sprofondare dei piedi sulla neve, ella vide una scia di sangue rosso scuro con delle orme rosse che si addentravano nel bosco.
Le seguì dapprima con gli occhi, poi si diede una scrollata e, benché stesse praticamente congelando così vestita e senza scarpe indosso – proprio come quell'individuo –, iniziò a seguire le tracce rosse, nascondendosi appena dietro i grossi tronchi di alberi sempreverdi.
Dopo diversi minuti si trovò quasi inghiottita dall'oscurità della notte, ma non demorse e continuò la sua strada, sempre più preoccupata. Si aspettava da un momento all'altro di trovare quel tizio accasciato a terra, e lei non aveva nemmeno la cassetta del pronto soccorso appresso!
“Come ho potuto dimenticare il kit?” si domandò mentalmente, arrabbiandosi con se stessa. “Sono stupida, imbecille, cretina...”.
D'un tratto però dovette smettere di auto-complimentarsi perché sentì dei rumori. Dei versi.
Cautamente, continuò a seguire le orme, ma notò che più proseguiva e più i rumori diventavano forti.
“I lupi?” si domandò, terrorizzata. “E se lo avessero ucciso?”.
Sbarrando gli occhi, si accantucciò davanti a un cespuglio che costeggiava le orme rosse e guardò dietro di esso per stare al riparo dai canidi selvatici che credeva ci fossero lì dietro. Ma ciò che vide le fece caldamente rimpiangere i "gentili" lupi che giravano per quelle montagne.
Vide a stento le orme che terminavano e un gruppo di esseri a cerchio attorno a un qualcosa che stavano sbranando. Poteva sentire i versi animaleschi dei carnivori, ma ne intravedeva anche i lineamenti umanoidi: le braccia, le gambe, il tronco e la testa.
Li vedeva staccare, a morsi e con la forza delle mani, la carne dalla loro vittima, schizzando la candida e vergine neve e sporcandosi di sangue mentre pasteggiavano con quella vittima... la quale si muoveva ancora, ma uno degli esseri teneva una zampa - o era una mano? - sulla sua bocca e, per questo, non riusciva a emettere alcun suono.
Quelli non erano né animali, né umani e stavano mangiando un essere ancora vivo, probabilmente solo perché era ferito e quindi più debole di loro.
La ragazza rimase paralizzata a quella scena degna di un film dell'orrore e aprì la bocca per urlare... ma una forte mano si spalmò con forza sulle sue labbra, impedendole di firmare la propria condanna a morte richiamando a sé l'attenzione di quelle creature.
Spaventata, la giovane girò lo sguardo con gli occhi traboccanti di lacrime e vide una figura che tutto il villaggio conosceva molto bene: il Cacciatore.
«Shhh!» fece solo, trascinando poi la concittadina dentro la recinzione del villaggio, tutto in rigoroso silenzio. Né la ragazza, né il Cacciatore parlarono lungo il percorso; solo quando oltrepassarono lo steccato l'uomo le liberò la bocca, prendendo poi la parola: «Cosa ci facevi lì?» domandò burbero, buttando a terra la ragazza, che rimase tra la neve con il capo chino. «Non lo sai che non si esce dal villaggio la notte?!» la rimproverò, dando un calcio alle bianche coltri così che le andassero addosso.
«Io... io...» balbettò, cercando di asciugarsi le lacrime. «Cosa erano quelli?» domandò, infreddolita e impaurita.
«Cose che tu non dovevi vedere» rispose freddo.
La giovane continuò a singhiozzare, e si strinse le braccia al proprio tronco.
«Perché non hai salvato quell'uomo?» chiese. «Io stavo bene...».
«Se avessi urlato, ti avrebbero ammazzata» rispose.
«Quell'uomo... lo stavano mangiando... Era ancora vivo...» tremò.
«Non era un uomo» rispose freddo, girandosi in direzione della propria casupola.
La ragazzina rimase in silenzio, riflettendo sulle parole del Cacciatore.
«Che... Che vuoi... dire...?» domandò.
«Vai a casa!» le ordinò.
«Non posso!» urlò. «È tutta colpa mia... se solo lo avessi fermato prima...».
«Non avresti potuto» disse duro. «Ti avrebbe uccisa» e detto ciò, cominciò a camminare, affondando gli scarponi tra la neve.
La giovane si alzò in piedi e lo raggiunse, afferrandolo per il grosso giubbotto in quella che pareva essere renna.
«Cosa c'è nel bosco?!» urlò in lacrime.
Cosa aveva davvero visto al di fuori del villaggio?!
A quel punto, il Cacciatore prese il fucile e lo puntò contro la fanciulla.
«Non fare l'impicciona e torna a casa!» tuonò. «E ringrazia il tuo dio se ti ho vista prima, mentre uscivi dalla finestra, altrimenti saresti morta anche tu insieme a quella cosa, da sola in quel bosco».
Lei rimase a guardarlo, le lacrime scorrevano copiose lungo le sue guance.
«Tu sai cosa c'è lì!» sembrava un'accusa. «Perché nessuno mi dice mai nulla? Io voglio solo sapere cosa facevano quegli uomini!».
«Non sono uomini» replicò.
«E cosa sono?!»
«Per me sono animali, per il prete demoni, per voi sono "creature"...» rispose, afferrando la bimba per il polso e buttandola nuovamente tra la neve. «Vai a casa» ringhiò ancora, camminando via.
«Ma non è giusto!» urlò tremante. «Perché non vuoi dirmi cosa sono?!».
«Solo le loro vittime potrebbero risponderti a questa domanda» disse cupo, senza voltarsi, e continuando a procedere per la sua strada, mentre la ragazzina rimaneva sdraiata tra la neve.
Strinse i pugni in quel morbido e gelido candore, sbriciolando la neve nel proprio palmo. I tremori che la attraversavano erano un misto di rabbia, freddo e paura.
«Allora studierò...» sussurrò, «...e farò in modo che anche i morti mi possano parlare... Mi occuperò di loro... non renderò vane le loro morti... e darò loro giustizia!» disse decisa, alzandosi e correndo verso casa, sperando che nessuno si fosse accorto della sua assenza.

*+*+*+*+*+*+*+*+*+*

Anni dopo.
La porta del retrobottega del bazar si aprì con un leggerissimo cigolio dei cardini – il rumore si udì come un urlo rauco nel silenzio tombale che regnava per l'obitorio.
«Ehi, c'è nessuno?» sentì dire dal Cacciatore, appena tornato dalla sua lunga giornata di lavoro. Fuori oramai era buio e anche lui era tornato al villaggio.
«Eccomi» fece lei in risposta, lasciando stare la pulizia degli attrezzi da medico per dare ascolto al suo visitatore giornaliero, che la raggiunse in quel luogo nascosto.
In tutti quegli anni il Cacciatore non era cambiato per nulla... né caratterialmente, né tanto meno fisicamente, al contrario della ragazza che era diventata ormai una giovane donna.
«Ne ho trovato un altro» le disse, porgendole un piccolo sacco di juta. «Ho recuperato solo questo».
Lei non ebbe la forza di rispondere e prese la busta, ringraziò solamente, guardando con tristezza ciò che gli aveva portato l'uomo.
«Di nulla» rispose, andandosene via. «A domani».
«Va bene» annuì lei. «Domani, prima di seppellirlo con l'aiuto del Prete, ti farò sapere da quanto tempo è morto e perché.»
«È umano?» domandò solamente il Cacciatore.
«Sì» confermò tristemente la laureata. «Ormai so distinguere loro da noi, anche se ridotti in poltiglia» rispose, camminando verso il tavolo predisposto alle autopsie. «Buonanotte, Cacciatore.» lo salutò.
«A domani, Dottoressa dei Morti».


§Fine§
XShade-Shinra



-Note (utili): Ho finalmente aggiornato il capitolo-indice con tutti i dati! *_* Da ora in poi ogni volta che aggiorno avrete un piccolo sunto del capitolo direttamente nel Primo Capitolo della Raccolta, completo anche di sommario (cosa importante e che in effetti mancava).
-Note (inutili): Fustigatemi pure senza pietà per questo ritardo... L'ispirazione c'era - e c'è sempre per questa FF -, ma avevo dei contest.. ç*ç Scusatemi! E, a proposito di contest, vorrei rendere partecipi tutti voi della mia gioia: Sono arrivata prima al "Dark Contest" indetto da Nihal_chan sul Forum di EFP, vincendo per giunta il premio Horror! *-* <3 La storia è ambientata a NevediNotte, ma i personaggi sono del tutto nuovi, infatti sono due storie distaccate tra loro [in pratica di NevediNotte c'è solo l'ambientazione, quindi non occorre leggere la storia horror per saperne qualcosa di più di questa raccolta, né occorre leggere questa raccolta per capire la trama della One Shot che ha partecipato al contest]. Se ci volete dare un'occhiata il link è questo: "Nightscreamer - It Cries out in the Dark Snow" [è a rating rosso visto che è un po' cruda e mi piace stare bella larga con i rating!XD]

Come vedete, alcuni personaggi ritornano, si scoprono i loro passati e degli strani legami tra loro... *w*
La Dottoressa dei Morti è stata il primo personaggio, insieme a Koori, che la mia mente bacata ha partorito, e questo capitolo in particolare è stato il primo che mi è venuto in mente. Diciamo che da qui è cominciato tutto, tanti anni fa.
Purtroppo non ho ritrovato l'immagine che ho perso nei meandi dei miei DVD di dati... prima o poi la ritroverò e farò il logo della Raccolta, ispirato proprio a questo capitolo! XD


-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.



Risposte alle Recensioni:

x Livin Derevel: Ciao Livin! ^^ Mi dispaice per il monitor, spero che lo abbia cambiato in questi due mesi... immagino quanto possa essere fastidioso usare un monitor piccolo!
Grazie per i tuoi 5 punti "gradimento" ** Bastano e avanzano, credimi! <3 Le ho dopiamente apprezzate vista la fatica che devi avere fatto a scrivere la recensione! ^^ *porge pinguino di pelouches* [oggi sto elargendo pupazzetti! XD]

x KissOfDeath: *-* Mi fa piacere che anche a e piaccia Jack Frost!
...Ehm... sì... il mio "presto" non comprendeva questa mega pausa quasi forzata... ç_ç Scusatemi davvero tantissimo!
Comunque vedrete che prima o poi tutto sarà chiarito, poi, se avete domande alle quali non avete trovato risposte, potete comunque chiedere! ^^ A meno che non siano delle cose che verranno fuori solo in seguito posso comunque rispondervi a qualcosa! XD
ù-ù Se non ti si può comprare con l'orsetto allora... *tira fuori Coccodrillo di pelouches* questo può andare? *-* xD

x Gaea: <3 Grazie per la recensione 2x1 xD e soprattutto per i complimenti! ^^ Cerco sempre di fare del mio meglio per variare un po' lo stile dei capitoli, anche perché molti preferiscono i dialoghi, altri le discrezioni e via discorrendo a seconda dei gusti personali di ognuno, così cerco di far felici tutti! XD
Tutti hanno notato la parte dei pupazzi... Sono piacevolmente sodisfatta di ciò! A proposito, com'erano i pupazzi di neve a casa del tuo ragazzo? Io li adoro... però quelli che faccio io fanno veramente pena!XD Non sono per niente capace... soprattutto se il cane si lancia a tuffo e li schiaccia... ç_ç Boby, sarai anche la mascotte dei colleghi, ma ti ho odiato quella volta... xD
Uh... Tolkien... *porge Panda di pelouches* Ssssh! XD
PS il saluto finale era veramente "stiloso"! *-*v

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Capitolo 12
*** 11. L'Antro dei Ricordi ***


- Hellcome to NevediNotte -
L'Antro dei Ricordi

Un luogo nascosto, dove i morti riprendono vita e il passato illumina il futuro.


Solitamente in una casa ci sono due luoghi che, più degli altri, incutono paura ai bambini. Sono posti dove il freddo regna sovrano e dove di rado qualcuno decide di recasi: la soffitta e lo scantinato. Nello scantinato si ripongono vini e cibi, come fosse quasi un bunker sotterraneo, mente nella soffitta si conserva qualcosa di molto più prezioso: i ricordi.
La soffitta è l'equivalente di un cimitero: un luogo nel quale si va a portare il proprio saluto ai cari che non ci sono più e provare loro di non essersi mai dimenticati dei tempi passati. Perché solo quando ci si dimentica di una persona ella è morta davvero, invece, finché il suo ricordo perdura nella mente anche solo di una persona - che sia con rabbia, che sia con affetto -, ella continuerà a vivere.
È proprio per questo che qua viene insegnato ai più giovani che la soffitta è un luogo speciale, del quale non devono assolutamente avere paura, e che, anzi, è un locale in grado di offrire una preziosa nicchia di pace, in grado persino di diradare le tenebre che aleggiano attorno al cuore di ognuno.
Molti dei ragazzi non capiscono come un luogo possa avere questi poteri magici, ma, crescendo, imparano che molte volte è il passato stesso ad avere le risposte a molti perché che nel presente non hanno risoluzione. Ecco quindi che, una volta l'anno, c'è un giorno prestabilito da ognuno nel quale ogni singolo abitante del villaggio porta in soffitta tutto ciò che non gli serve più, e approfitta di questa opportunità per mettere un po' di ordine, e poter rivedere gli oggetti che gli stanno più cari e quelli di persone che, ormai, non ci sono più.
Quando muore una persona non si butta quasi nessun oggetto che gli è appartenuto, ma viene portato in quel posto sicuro – a meno che non sia scritto diversamente nel testamento. Addirittura si devono scrivere su un foglio - che si dà al parroco – i feticci che si ripongono nella bara insieme al morto, in modo che nulla vada perduto, nemmeno il più piccolo pezzettino di carta.
Purtroppo sono già abbastanza le persone che spariscono nel bosco durante la notte, per potersi permettere il lusso di perderne gli oggetti.
Potrebbe sembrare un comportamento maniacale e insensato, quasi come un padre troppo preso dal lavoro che porta al figlio un giocattolo come lenitivo alla sofferenza che stanzia nel suo cuore, ma la verità è che questa usanza – questa legge non scritta – è stata decisa tempi or sono, quando i primi uomini si stanziarono e costruirono questo villaggio tra i monti, perché non si perdesse memoria di nulla. E, appunto per questo motivo, bisogna essere oculati nello scegliere cosa buttare, cosa tenere e cosa portare in soffitta il giorno prescelto: se una cosa viene riposta nell'antro dei ricordi, essa non può più essere portata fuori da lì, ma solo usata entro il limitare di quel locale. Questo perché i morti non possono essere d'accordo se un vivo prende un loro bene, a meno che egli non sia...

«La ringrazio, signora» mi dice il chierichetto, togliendosi il cappello in un gesto di galanteria.
«Di nulla, Ferdinando» rispondo, sorridendo. «Tenevamo quel vecchio diario da anni, ma è scritto in latino, e nessuno in famiglia lo sa parlare...» spiego, rimarcando quello che già avevo detto al prete domenica scorsa, alla fine della messa. «Quindi abbiamo pensato di darlo al parroco».
«E avete fatto benissimo» risponde, mentre apre il portone per poter uscire e portare il blocco al prete.
«Poi mi dirà ciò che c'è scritto?» domando. «Avrà almeno cento anni, sarebbe bello poter sapere cosa scrivevano i bisnonni...».
«Non glielo so dire, signora. Il parroco solitamente non dà le traduzioni a nessuno se i documenti sono di un morto... Lo sa come la pensa a riguardo del rispetto per chi non c'è più».
«Già...» faccio una smorfia. «Però lui le legge...».
«Lo fa per cercare di capire se è possibile risalire ai nomi delle persona che al momento portano una lapide senza nessuna effige» mi ricorda, come se non lo sapessi.
Espiro profondamente. Santa pazienza che ci vuole con i giovani!
«Lo so» gli rispondo, dandogli un buffetto sul naso. «Ora vai» sorrido.
«Va bene. Buona giornata, signora!» mi saluta con un gran sorriso e un ampio gesto del braccio. «E grazie per la cioccolata che mi ha offerto!» dice prima di correre via, saltellando come un capriolo tra la neve fresca del mattino.
Scuoto la testa e sorrido a vuoto, chiudendo il portone dietro di me.
Sono felice di aver donato quel ricordo a qualcuno di fidato che ha sempre lavorato per il villaggio, dopotutto il prete di qui è cugino dell'attuale sindaco in carica, rieletto per la quinta volta, quindi, anche se non è nato qui, discende da una famiglia molto conosciuta.
«Caro?» chiamo mio marito, seduto sulla poltrona, intento a leggere il giornale portato ieri dal musher. «Se non ricordo male, anche la famiglia di tua matrigna era imparentata con quella del sindaco, no?»
«No, faceva parte dell'altra» mi risponde senza distogliere lo sguardo dal giornale. «Quella imparentata con quel vecchio che lavora la pelle e suona il violoncello, il marito della sarta».
«Ah, scusa! Faccio sempre confusione» sorrido, andando verso la cucina per preparare il pranzo. «È davvero una fortuna che molte persone lascino questo luogo per tornare già sposati anni dopo o far tornare direttamente i loro figli, altrimenti ci sarebbe troppa consanguineità...».
«Beh, si tende per natura all'esogamia per non avere figli tra consanguinei, visto che non siamo poi molti qui» mi spiega con un sorriso, proseguendo poi la sua lettura.
Annuisco e guardo la vecchia foto ingiallita che ritrae la famiglia indigena di mio marito, una delle più vecchie della cittadina, e penso che il ricordo più grande che ci hanno lasciato, è stato appunto questa loro casa, forte e sicura.

§Fine§
XShade-Shinra



-Note: Esogamia: è una regola matrimoniale per cui il coniuge deve essere scelto al di fuori di una cerchia matrimoniale, che può coincidere con parentela o clan, fratria, tribù, ecc. [fonte: wikipedia!]
Un capitolo un po' diverso dagli altri, dopo un lungo periodo d'assenza a causa dei miei piani di conquista del mondo con gli omini della Lego... xD ok, ok... impegni vari come al solito, tra cui il lavoro, soprattutto! Spero vi sia comunque piaciuta, dalla volta prossima si torna alle tinte dark (e anche un po' horror).
Scusate ancora per i miei tempi biblici... *si prostra*

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.



Risposte alle Recensioni:

x Livin Derevel: ^^ Come sempre, grazie per i complimenti! ^^ Finalmente nel prossimo capitolo vi svelerò molte cose sulle creature, dato che sarà un capitolo ambientato nel passato interamente dedicato a loro. E non ce ne sono vegetariani che io sappia! °_° Però.. se vuoi andare tu a controllare... xD
No no, la luna si vede. ^^ Poi spiegherò il perché, ma hai fatto benissimo a farmelo presente perché poteva proprio essere un mio errore, quindi ti ringrazio! ^^

x Gaea: E' appunto perché penso alla loro salute che metto certe frasi finali! <3 Anche nel prossimo capitolo ci saranno retroscena, spero quindi che sarà di tuo gradimento! ^^

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Capitolo 13
*** 12. Il Carro dei Mostri ***


- Hellcome to NevediNotte -
Il Carro dei Mostri

«Si chiamano mostri perché devono essere mostrati, signore e signori!»

 
Il carro dei mostri che gira le strade
Ti porta lontano, mostrarti vorrà!
Il carro dei mostri, che gira le strade,
Che gira e che gira e che gira...
[Fiaba - L'omino di latta]


«Si chiamano mostri perché devono essere mostrati, signore e signori!».
La voce del Padrone risuonava tetra come se stesse parlando dentro un barattolo di latta.
Quell’uomo viaggiava per il mondo con un carro speciale. Molto speciale. Possedeva, infatti, incredibili attrazioni, che sembravano provenire direttamente da un incubo.
Non era propriamente un circo, poiché, oltre al contenuto del carro, c’erano solo il proprietario e il suo aiutante: un qualcosa che rimaneva fuori dalle gabbie e guidava il carro al posto del Padrone.
Forse, tra tutti, è stato scelto proprio “lui” per quel ruolo che profumava di libertà perché non sarebbe mai potuto scappare; non per cieca fedeltà al suo datore di lavoro, ma per il proprio aspetto fisico: il Pinguino, così era chiamato, non possedeva le gambe.
Ogni membro di quella grottesca compagnia nomade di città in città aveva una sua propria caratteristica che lo rendeva terrificante; c’erano: un ciclope, un bimbo completamente bianco con gli occhi rossi, una donna con sei braccia, una “cosa” senza volto, una vecchina senza mani che lavorava a maglia, una giovane sirena terrestre, una ragazza con una mostruosa faccia dietro la testa tenuta rasata, una bimba con un paio di scheletriche braccia sulla schiena – simili ad ali –, un ragazzo con le stigmate, due giovani gemelli attaccati per il bacino come se uno fosse a cavallino sull’altro, un uomo alto mezzo metro, un giovane con il braccio nero che sembrava marcio.
Erano tutti mostri.
Mostri che vivevano in quel carro, tra le sbarre delle loro prigioni, come bestie.
Ma non tutte le creature rinchiuse in quella prigione erano autentiche: la maggior parte era veramente nata così, e per questo, solitamente, abbandonata e raccolta dal padrone del carro; ma altri si erano causati da soli quelle malformazioni, come il Pinguino, la Sarta, il Viso e il Blasfemo. Essi avevano scelto di rifiutare il corpo che Dio gli aveva donato per poter entrare a far parte di quella compagnia; in parte per avere così un lavoro, ma anche perché volevano uscire dalla monotonia della loro tediosa città e viaggiare per il mondo non dovendo nemmeno sporcarsi le mani con spettacoli circensi, ma solo posando per un pubblico incredulo e terrorizzato. Avevano rinunciato a un corpo “normale” per un impiego facile e una vita all’apparenza agiata. Ma la realtà di quel carrozzone era ben diversa una volta vista dall’interno e non da fuori, tra gli spettatori.
Il Padrone era un essere spietato: li teneva tutti segregati dentro il suo carro, dando loro un pasto al giorno e basta. Nessun letto per dormire o dell’acqua per lavarsi. Venivano lavati solo di rado, proprio quando puzzavano troppo per sopportarli oltre e venivano colpiti con secchiate fredde. Quelle gabbie erano le loro case, le loro prigioni che puzzavano di sudore, orina e feci. Un orribile spettacolo di sottomissione e violenza psicologica atti a volerli far sentire inferiori.
Tutti si conoscevano tra loro e spesso chiacchieravano nel carro. Non tutti erano in grado di parlare correttamente la lingua (erano soprattutto il ciclope e i giovani ad avere problemi), e quasi nessuno aveva avuto un’istruzione adeguata. Infatti erano stati emarginati fin da giovani dalla società e solo in pochi avevano trovato un’anima pia che li aiutasse prima dell’arrivo del padrone del Carro dei Mostri a portarli via, dando ad ognuno un nuovo nome legato alla particolarità per il quale era stato scelto, eliminando così il nome da umano e accogliendo il nome da mostro, che utilizzavano anche per rivolgersi tra di loro; perché il padrone non li considerava umani, ma mostri, e da tali li trattava.

Durante uno dei loro monotoni viaggi, la carovana arrivò presso una cittadina piccola e modesta. Dopo aver tenuto lì la consueta “Mostra dei Mostri”, il Padrone decise di ripartire immediatamente la mattina dopo prendendo il sentiero tra le montagne boscose e risparmiare così un giorno di cammino per raggiungere la città al di là dei monti. Quelle terre erano veramente desolate, ma anche lì la gente era ben felice di pagare per vedere quegli uomini dallo strano aspetto, soprattutto perché pochi stranieri passavano da quelle parti a causa del difficile collegamento tra paesi.
Così il carro trainato da due forti cavalli da tiro, condotto dal Pinguino, imboccò il sentiero per i monti innevati, arrestando il cammino solo qualche minuto prima del tramonto.
Il Padrone entrò nella sua cuccetta appena dietro il sedile del cocchiere e si mise a dormire, ordinando al Pinguino di svegliarlo nel caso vedesse dei lupi. Non avrebbe mai potuto rischiare di perdere i suoi due preziosi cavalli purosangue!
Il cocchiere deambulò goffamente per il bosco, raccogliendo parecchia legna, e accese diversi fuochi intorno a loro, creando un cerchio discontinuo di fiamme, per tenere lontani gli animali selvatici. Ma non aveva pensato che quel bosco potesse essere popolato non solo da animali.
Quando il Pinguino andò ad addormentarsi insieme ai cavalli, alla ricerca di un po’ di calore in mezzo a tutta quella neve depositata attorno a loro e che appesantiva i rami degli alberi, il silenzio cadde sul bosco.
Non un filo di vento o un qualsivoglia suono di madre natura interruppe lo scoppiettio del fuoco, rendendo pauroso quel luogo all'apparenza disabitato.
Dopo pochi secondi, però, si udì un fievole rumore: lo scricchiolo sulla neve sotto il peso di un qualcuno che procedeva di buon ritmo, un qualcosa di troppo fioco perché gli umani potessero udirlo, se non una tra loro. Colei che ancora non dormiva: l'Angelo. Sorpresa da quel suono inaspettato, la bimba guardò d'istinto verso la grossa tenda e la grata che li separavano dal mondo esterno, pensando solo dopo al fatto che non avrebbe potuto vedere nulla. Quella volta, però, non andò così, perché qualcuno osò scostare la tenda, potendo così creare un collegamento tra il mondo esterno e l'Inferno.
L'Angelo vide abbastanza bene quell'estraneo, grazie ai diversi fuochi: aveva lunghi capelli lisci e un paio di orecchie deformi, dalla forma allungata. Gli occhi chiari della figura si allargarono appena quando vide cosa contenesse quel carrozzone. Nonostante l'oscurità, nulla poteva sfuggirgli, poiché che era capace di vedere anche un'immagine termica del luogo.
Guardò la bimba e le parlò in una strana lingua, che lei non aveva mai sentito nonostante le tante città che avevano girato. Lei scosse la testa, facendogli comprendere che non lo capiva, allora questi iniziò a parlare innumerevoli altri linguaggi, finché la bambina non s’illuminò quando sentì delle parole che riconobbe subito: erano in latino. Sollevando le mani, come a fare cenno di aspettare, l'Angelo allungò il magro braccio oltre le sbarre della propria gabbia, andando a toccare una gamba del Blasfemo, che dormiva con gli arti inferiori lungo distesi fuori dalla propria prigione.
Mugugnando appena, si svegliò: «Uhn, che c'è?» domandò in un sussurro in latino, la loro lingua.
Era molto raro che venissero svegliati nel cuore della notte, quindi non si arrabbiò, pensando a un’emergenza.
«Pahale!» biascicò a stento la bimba, intendendo "parlare", indicandogli il nuovo arrivato.
Il ragazzo lo guardò per un po', basito, non capendo chi fosse e, soprattutto, perché fosse lì in mezzo a un gelido bosco.
«Salve» lo salutò cordiale, ritirandosi compostamente nella propria gabbia. «Possiamo esserle utili?» chiese educato. Il Blasfemo, prima di diventare uno della compagnia, era un nobile e, per questo, era il più colto tra loro.
«Sei tu il capo, qui dentro?» domandò colui che stava all'esterno.
«Non abbiamo nessun capo» rispose l’altro, tranquillamente.
«Quindi posso parlare con te» capì. «Dovete andarvene da qui, subito. Non vi vogliamo.»
«Da qui... dove?» domandò, sempre tenendo la voce bassa, mentre l'Angelo li guardava senza comprendere.
«Dal bosco».
«Nh? Lei e la sua famiglia vivete qui? Ma non ci sono case...» obiettò il Blasfemo. «Siete forse degli esiliati?».
I lunghi capelli vennero scossi con un energico movimento di diniego.
«Viviamo qua» la chiuse così. «E non vogliamo simili aberrazioni nel nostro bosco» disse composto.
A quelle parole il Blasfemo sputò nella direzione della tenda aperta.
«Non siamo mostri!» disse a voce un pelo più alta, con fermezza e determinazione.
Durante quell'ultimo scambio di battute aveva però risvegliato gli altri inquilini nelle gabbie. Vari lamenti di protesta si sollevarono, prima che tutti facessero caso all'individuo che li guardava con il volto segnato da una smorfia di disprezzo.
«Chi è quell'uomo?» domandò la Nubile Nera, l'unica nella compagnia a dividere la cella con un'altra persona: la Cavia, un bambino troppo piccolo per poter essere lasciato solo, e che forse avrebbe trovato l'adeguata protezione materna tra le sei braccia della Freak.
«Non lo s—» fece per dire l'ex-nobile, quando la figura all'esterno si intromise:
«Non scambiarmi mai per un uomo!» disse con voce cupa, quasi sibilante, come se gli avesse fatto un'offesa cercandogli tutto l'albero genealogico.
«Allora noi ti chiameremo “uomo” se tu continuerai a offenderci!», rispose il Blasfemo.
«Vi potrei uccidere con un solo schiocco di dita» sussurrò l’altro, posando la mano sulla grossa serratura delle grate oltre la tenda «Oppure liberarvi e permettervi di lasciare questo bosco».
Tutti fecero attenzione alle sue parole, anche coloro che non le capivano bene a causa del loro basso grado di istruzione.
«Allora?» domandò, guardando il Blasfemo.
In quel momento, la vocina timida di una giovane ragazza provenne dal buio:
«Io voglio tornare a casa...» sussurrò la Sirena, agitando la sua "pinna" caudale. «Questo posto è orribile.»
«Per me qualunque posto fa schifo...» fece l'Incubo, coprendosi la testa con un panno sudicio, troppo imbarazzata di mostrare la sua seconda faccia.
«Appena la mia malattia raggiungerà il cuore, morirò comunque...» rispose il Putrefatto.
«Non potrò mai trovare un altro lavoro, così, senza mani... Ma io non vorrei mai morire qua dentro, sinceramente» lo sgridò la Sarta, in un sibilo.
Gli altri rimasero fuori dalla conversazione. Solo un’altra voce gracchiante e pesante raggiunse le orecchie a punta del non-uomo; era il Viso: «Non riesco a vederti... con questi miei occhi inutili... ma certamente posso immaginare... il tuo ribrezzo...» parlava stanca, come se ogni parola le costasse una fatica immane. «Ma se ci aiuterai, noi ti saremo debitori».
La figura assunse un'espressione ancora più schifata. «Voi debitori? Non fatemi ridere: mi fate solo pietà».
«Anche tu... odi... gli uomini, no?» disse la donna dal volto inguardabile.  «Io e molti altri qui li odiamo. Io non sono nata così... mia madre mi ha messo... la faccia dentro un pentolone... pieno di acqua calda, per deformarmelo... Mi ha cotto gli occhi... e... la bocca... e un orecchio… e mi ha rivenduta al Padrone... io odio gli umani...» raccontò. Probabilmente se avesse avuto ancora i condotti lacrimali, avrebbe pianto.
«E tutto questo che c'entra?» domandò la figura misteriosa, facendo scattare la serratura quasi per magia, aprendo silenziosamente la pesante paratia e salendo sul carro.
«Abbiamo un nemico in comune» gli fece notare uno dei due Fantini. «Potremmo essere utili» aggiunse il secondo.
«Tacete» ringhiò, aprendo piano piano le gabbie con la sola imposizione della mano.
I Freaks rimasero sconvolti, non riuscendo a capire come potesse fare una cosa del genere. Forse anche lui era un "diverso" esattamente come loro?
Il Ciclope e il Nano, che non avevano capito nulla della conversazione, furono però ben felici quando quell'essere dai lineamenti umanoidi fece scattare anche la loro gabbia, liberandoli poco alla volta.
«Ghrashiye...» sussurrò l'Angelo, sorridendo, ma ricevendo solo uno sguardo severo come risposta.
La figura scese dal carro e vi rimase accanto, guardando i Freak uscirvi... come se quel carrozzone fosse un luogo del sogno che vomitava incubi.
«Mi fate schifo!» esclamò sottovoce, storcendo il naso. «Ora levatevi dalla mia vista».
«Va bene...» sussurrò il Blasfemo. «Ci dia solo qualche ora» accordò facendo un inchino. Per lo sforzo compiuto, le sue ferite ai palmi ripresero a sanguinare e le gocce caddero sulla neve fresca, tingendola di rosso.
«All'alba dovrete sparire» disse il non-umano, prima di spiccare un balzo di tutto rispetto e scalare agilmente un albero, sparendo tra i rami degli arbusti spogli e non.
Gli uomini di quella compagnia si guardarono e alcuni di loro ghignarono.
«C'è una cosa che dobbiamo fare, prima» disse uno dei due gemelli. «Già» rispose il fratello. «È da anni che attendiamo questo momento».
«Ma...» piagnucolò la piccola Sirena. «Lo volete fare davvero?».
«Certo» tagliò corto il Viso. «E chi non… vuole farlo può anche stare a… guardare. Chi è… con me?» domandò.
I gemelli e la Sarta le toccarono subito il braccio, confermando la loro presenza.
«Noi ci saremo senz'altro» sorrise la più vecchia tra loro, guardando poi tutti gli altri, che posero la mano sul corpo della ragazza sfigurata. All'appello mancavano solo la Sirena e il Blasfemo, che la teneva in braccio.
«Voi?» chiese il Putrefatto.
I due scossero la testa. Non riuscivano a farcela: nonostante l'odio che provavano non sarebbero mai riusciti a fare una cosa del genere.
«Va bene» annuì la Nubile Nera. «Allora non ci resta che vedere cosa ne pensa l'ultimo tra noi» disse, mettendosi meglio la Cavia in braccio e camminando silenziosa verso i cavalli, che ancora dormivano beati e indisturbati.
Trovò subito il Pinguino, che svegliò con un calcio. Visto il suo grado di libertà, non era ben visto dagli altri membri della compagnia.
Il cocchiere si svegliò di colpo con quella botta al fianco, tenendosi il punto offeso con la mano. «Ahi!» esclamò in un rantolio, sollevando lo sguardo e diventando più bianco della distesa di neve che li circondava nella notte. «Cosa... Cosa ci fate voi...» balbettò incredulo; solo il freddo pungente che avvertiva gli dava la sicurezza che non si trattasse di un sogno.
«Se qualcuno ti dicesse: “Ti do la chiave per liberarti, ma in cambio dovrai uccidere uno di noi”, cosa faresti?» domandò la donna.
Il Pinguino li guardò dal primo all'ultimo.
«È una domanda a trabocchetto» affermò deciso.
«È una semplice domanda...» disse la Sarta, annoiata. «Allora... cosa rispondi?».
«Ovviamente no» rispose, guardandoli senza fiducia.
Forse, il tanto stare con il Padrone gli aveva fatto sollevare troppo la cresta, e si sentiva in parte superiore a quei mostri.
«Bene. Cerca di tenere fede a quanto detto, allora. Non vogliamo traditori tra noi» disse l'Incubo, levandosi lo straccio che si era sistemata sulla testa a mo' di velo.
«Cosa succede?» domandò ancora il cocchiere, vedendo i Freaks avanzare verso la carrozza.
«Puoi unirti a noi, se vuoi» sussurrò il Putrefatto, arrivando per primo alla cuccetta dove dormiva il padrone. Anche se teneva il braccio a ciondoloni, poiché inutilizzabile, ed era debole, quella luce chiamata speranza e la sorella chiamata vendetta lo avevano risvegliato dal suo torpore, come anche era successo agli altri.
«A fare cosa? COSA?» chiese il Pinguino, preoccupato.
«A diventare più umano...» sorrise uno dei Fantini, mentre il fratello ridacchiava.
Il Pinguino rimase a terra, imbiancato dalla neve, guardando la scena con una strana sensazione. Le parole del gemello non gli sembravano dette con spirito caritatevole, ma velate di un sottile sadismo.
Il Blasfemo e la Sirena raggiunsero il cocchiere, rimanendo così a guardare gli altri aprire la tenda, disturbando il sonno del Padrone che si svegliò appena.
«Cosa c'è, Pinguino?» domandò a colui che credeva l'avesse svegliato, trovandosi invece davanti il Viso.
«Non siamo... il tuo... galoppino» rantolò a stento.
Un po' per la sorpresa e un po' per l'impressione che doveva fargli quella donna dall'orribile volto fuori dalla gabbia, l'uomo arretrò di scatto, notando solo dopo che la menomata non era la sola lì presente, ma quasi tutti i suoi mostri lo guardavano attraverso l'ingresso alla cuccetta. Riprendendosi immediatamente dallo shock, parlò senza mostrare paura alcuna:
«Come mai fuori?» domandò in toni duri. «Tornate subito in gabbia, mostri!».
«Noi ci siamo stufati di essere trattati come bestie, messe in mostra nelle gabbie» rispose dura la Nubile Nera.
«Voi non siete bestie: siete mostri e solo io vi ho voluti: ho addirittura speso molto denaro per comprare alcuni di voi» ne parlava come fossero oggetti. «E ne spendo per darvi da mangiare» aggiunse.
«Taci!» urlò la Sarta, mentre il Ciclope entrava dentro la cuccetta, seguito poi dagli altri. Lui, avendo problemi di sviluppo cerebrale, era il più "stupido", ma aveva delle emozioni, dei sentimenti, e questi erano di rabbia.
L'uomo li vide entrare e non si mosse; sapeva di essere superiore a loro e rimase a guardarli con aria di sufficienza.
«Sai, Padrone, abbiamo trovato un modo per diventare umani» gli sussurrò l'Incubo. «E io voglio diventarlo».
«E quale sarebbe?» domandò l'uomo, scettico. «Voi non potrete mai diventare come me».
«Noi siamo già uomini, anche se trattati da bestie» risposero i Fantini, mentre tutti si mettevano a cerchio attorno a colui che tanto li disprezzava. «Per essere veri uomini ci basterà diventare cattivi...».
«E... mangiare gli uomini... così li assimileremo... ingloberemo... e... diventeremo... uomini a nostra volta».
Il padrone sbiancò a quelle parole, captando per la prima volta il pericolo che incombeva, ma non riuscì a fare nulla ché i nove Freak presenti, la Cavia esclusa, gli furono addosso, strappandogli via la carne con i denti e le mani, mangiandolo vivo, pasteggiano con le carni di quell'umano che li aveva portati alla pazzia per essere stati rinchiusi in quei piccoli e monotoni spazi per tutti quei mesi o peggio anni. I due che di loro spontanea volontà avevano scelto di non partecipare a quel luculliano banchetto, guardavano i loro compagni senza battere ciglio, mentre il Pinguino stava sudando come se si trovasse nel Sahara; non poteva credere a quello che stava vedendo.
«Mostri...» balbettò. «Voi siete davvero mo—» ma fu bloccato da un gemello, che gli tirò addosso un pezzo di carne, colpendolo in pieno petto. Il caldo "cibo" si spalmò dapprima su di lui, poi cadde sulla neve, squagliando la coltre bianca con il proprio calore.
«Mangia anche tu» lo invitò un gemello. «Ha un ottimo sapore» rise sadico, continuando a pasteggiare.
Le loro bocche, le mani fino ai gomiti e i logori stracci erano sporchi di quella rossa linfa, dando loro un aspetto ancor più grottesco.
Il Pinguino si mise a piangere, e la sirena gli diede un colpo di coda per richiamare la sua attenzione.
«Vendetta. Pazzia. Dolore» spiegò. «Loro non sono cattivi».
L’uomo senza gambe continuò a tremare a piangere, finché tutti i cannibali non terminarono di spolpare il Padrone e scesero dal carro in una macabra processione che puzzava di cadavere.
«Ora siamo liberi» disse la Nubile Nera, che aveva dato da mangiare quel cibo anche alla Cavia.
Gli altri annuirono, leccandosi le labbra rosse e peccatrici.
«Torneremo a casa?» sussurrò la Sirena, ricevendo alcuni dei segni di diniego con la testa.
«Io voglio restare qua» disse la Sarta.
«Non possiamo» obiettò un gemello. «Quello là ci ha detto di andare via» completò il secondo dei Fantini.
«Lui ha detto che non ci vuole vedere all'alba, e così sarà. Stanotte cercheremo un buon rifugio per tutti in mezzo al bosco e usciremo solo la notte, quando le tenebre ci nasconderanno meglio agli occhi del nostro salvatore e della sua famiglia» disse il Putrefatto, trovando una scappatoia alle ultime cose che aveva detto quella strana figura.
Gli altri annuirono convinti. Era giustissimo così.
Nessuno aveva una casa nella quale tornare (forse solo la Sirena e il Blasfemo, ecco il motivo del loro discostamento dal gruppo), quindi un posto valeva l'altro per riniziare, e quel bosco in un posto lontano da tutti e da tutto sembrava fatto al caso loro.
«Aspettate...» sussurrò il Viso. «Abbiamo un... debito...» mangiare la aveva affaticata molto, data la sua debolezza fisica e la sua deformità.
«Con il Bellorecchio?» domandò un gemello.
«Sì. Colui... che ci ha salvato... merita tutta la nostra... riconoscenza e... dobbiamo aiutarlo...» spiegò, prendendo profondi respiri. «Lui odia gli uomini, anche noi... e lo aiuteremo... uccideremo qualunque umano che entri... in questi boschi...»
«Così pagheremo il nostro debito!» disse contenta, la Sarta.
«Sì... ma possiamo farlo... solo di... notte...» espirò senza fiato, cadendo a terra.
I loro fisici non erano più abituati a compiere sforzi.
«Va bene» annuirono più o meno tutti; dopo lo avrebbero spiegato a chi non comprendeva bene la lingua, anche se ognuno di loro aveva capito che ora potevano finalmente vivere.
Il Pinguino, intanto, era salito sul carro e aveva buttato a terra tra la neve il corpo del Padrone, prendendo poi le redini e svegliando i cavalli, che erano rimasti totalmente indifferenti sia all'arrivo del bell'umanoide, sia all'intervento dei Freaks.
«Io vado via! Non ci sto un minuto di più con voi!» abbaiò spaventato. «Ucciderete anche me!».
Molti di loro scossero il capo, ma non fecero nulla né per fermare il cocchiere e né per rassicurarlo. Se non era con loro era contro di loro, ma decisero di silente accordo comune di lasciarlo andare via senza intervenire, visto che si trattava pur sempre di un loro fratello.
«Aspetta!» lo richiamò il Blasfemo. «È ancora notte!» gli fece notare.
«Non importa! Tanto non riuscirei a dormire!» disse con astio.
L'ex-nobile si fermò davanti ai cavalli che stavano per essere incoraggiati a muoversi, e guardò i suoi compagni, insieme alla Sirena.
«La accompagnerò a casa, poi tornerò da voi» disse, accarezzando i setosi capelli neri della bimba.
«Davvero?» domandò l’Incubo.
«Sì» tagliò corto, guardando poi il cocchiere. «Io e lei non siamo sporchi di sangue» disse duro.
Forse, allora, aveva rifiutato di prendere parte a quel banchetto perché sapeva di dover riportare la ragazzina a casa e doveva quindi restare candido? Se lo chiesero in molti, ma nessuno osò domandare.
Era ovvio che ognuno avesse le proprie preferenze per quanto riguardava l'ambito affettivo (come ad esempio la Nubile Nera, che ormai era diventata madre della Cavia), quindi compresero che anche il Blasfemo e la Sirena dovevano volersi particolarmente bene. Forse.
Il Pinguino storse il muso, poi fece loro cenno di salire; dopotutto sarebbe stato pericoloso muoversi da solo nella notte.
La Sirena sorrise dopo mesi che non lo faceva più e venne portata sul carro dall'altro Freak, muovendo la mano lungo il tragitto, come segno di saluto:
«Ciao... grazie di tutto...» sussurrò, con due piccole lacrime che le pizzicavano gli angoli degli occhi. Non sapeva se la sua mamma l'avesse aspettata per tutto quel tempo da quando era sparita, ma non le importava: dopotutto era finalmente libera.
«Ci rivedremo presto, spero» salutò il Blasfemo, mentre il cocchiere partiva velocemente, frustando i cavalli per farli trottare fin da subito, sollevando grandi zolle di neve nella corsa.
I restanti della compagnia si guardarono e iniziarono a inoltrarsi nel bosco, dopo aver spento i fuochi, alla ricerca di un riparo temporaneo prima di trovare la loro vera e propria casa. Quella dimora che avrebbe rappresentato il presente e il futuro, anche se le tracce del passato sarebbero state impossibili da cancellare, a causa soprattutto del legame con il loro salvatore e del loro indissetabile desiderio di vendetta: una promessa auto-imposta che li avrebbe portati a disconoscersi dagli umani e li avrebbe ricondotti a diventare quello che più cercavano di fuggire: dei mostri. Anche se loro si sentivano molto più simili agli umani, ora che avrebbero fatto del male.


Sapete qual è la creatura più pericolosa sulla faccia della terra?

L’uomo.
 
E ora capite perché non si può andare nel bosco di notte?


§Fine§
XShade-Shinra



Note: Tante, tantissime note da fare in questo capitolo che considero uno dei più importanti dell'intera raccolta.


Componenti della Compagnia divisi per sesso:
-Ciclope [oloprosencefalia  - ciclopia] - il Ciclope
-Bimbo completamente bianco e gli occhi rossi [albino] - la Cavia
-Uomo senza gambe [Fake - amputazione] – il Pinguino
-Ragazzo con le stigmate [Fake - ferita] – il Blasfemo
-Giovani gemelli attaccati per il bacino come se uno fosse a cavallino sull’altro [gemelli siamesi] - i Fantini
-Uomo alto mezzo metro [nanismo] - il Nano
-Giovane con il braccio nero che sembra marcio [tumore - necrosi] - il Putrefatto

-Donna con sei braccia [gemello parassita] - la Nubile Nera  
-“Cosa” senza volto [Fake - bruciatura] – il Viso
-Vecchina senza mani che lavora a maglia [Fake - amputazione] – la Sarta  
-Sirena terrestre [Sirenomelia] - la Sirena
-Bimba con un paio di scheletriche ali [gemello parassita] - l'Angelo
-Ragazza con una mostruosa faccia dietro la testa tenuta rasata [gemello parassita] - l'Incubo


-Freak, in lingua inglese, indica una persona dall'aspetto o dal comportamento inusuale. [fonte]
-L'albinismo: Anomalia ereditaria consistente nella deficienza di pigmentazione melaninica nella pelle, nell'iride e nella coroide, nei peli e nei capelli. [fonte]
-Oloprosencefalia: Difetto di sviluppo del cervello che si verifica nelle prime settimane di vita intrauterina secondariamente a cause diverse sia di tipo ambientale che genetico.
Si caratterizza per una mancata separazione degli emisferi cerebrali e delle cavità ventricolari, nonché nella presenza di una ipoplasia o una agenesia di varie altre strutture anatomiche del cervello.
Essa è distinta nell’oloprosencefalia lobare, l'oloprosencefalia semilobare e quella alobare, in base ad un criterio di gravità crescente.
Molti pazienti presentano inoltre anomalie facciali: naso con una singola narice oppure posto al centro della fronte; occhi ravvicinati o ciclopia (un solo occhio centrale); a livello della bocca sono state segnalate anomalie della fusione delle strutture labio-palatali e dei denti. [fonte]
Ciclopia: Anomalia congenita dei vertebrati che consiste nella presenza di un solo occhio più o meno completo in mezzo alla fronte [hoepli]
-Nanismo: Anomalia che causa un insufficiente sviluppo corporeo. [fonte]
-Sirenomelia: conosciuta anche con il nome di sindrome della sirena, è una malformazione congenita con la quale gli arti inferiori sono fusi insieme, dando loro le sembianze della coda di una sirena. [fonte]
Nella mia storia, la Sirena possiede l'apparato uinario/escretore; non so se sia possibile una cosa del genere, ma era l'unico modo per portarla viva fino all'età adolescenziale.
-Gemello siamese: Coppia di gemelli omozigoti uniti in una parte del corpo dalla nascita.
Le tipologie cambiano a seconda delle parti in cui sono uniti e degli organi che hanno in comune: solitamente si dividono in quelle che non coinvolgono il cuore e l'ombelico e quelle che coinvolgono l'ombelico. A parte, sono classificate quelle "anomale", in cui uno dei due embrioni è malformato o interno all'altro [gemello parassita].
Il termine "siamese" deriva dal caso più celebre, quello di Chang ed Eng Bunker, gemelli nati nel Siam (l'attuale Thailandia) nel 1811 uniti al torace da una striscia di cartilagine. I loro nomi possono essere tradotti in italiano rispettivamente come Sinistro e Destro. Chang ed Eng Bunker, dopo essere emigrati negli Stati Uniti, lavorarono a lungo nel circo Barnum: sposarono due sorelle, ebbero 22 figli e vissero fino all'età di 62 anni. [fonte]

-Infravisione: capacità di alcune creature del fantasy che permette loro di vedere al buio le variazioni dello spettro infrarosso, come un’immagine termografica (le parti fredde risultano blu, quelle calde invece si presentano rosse).


E ora parliamo di me e di cosa ho voluto esprimere in questo capitolo.
Anche io ho conosciuto un freak da pochi mesi - quando ormai la trama di NdN era già ultimata nella mia testa -, e sono rimasta affascinata dalla forza e dalla voglia di vivere di questo ragazzo nonostante il problema fisico che ha fin dalla nascita. Adoro le persone che amano la vita nonostante le difficoltà e non ho potuto fare a meno di ammirarlo!
In questa storia, infatti, non voglio dire che le creature sono cattive perché sono freak, perché - come avrete letto - non c'erano solo loro nel carro, ma anche persone normalissime che si sono mutilate pur di entrarvi. In fondo è stato il Padrone ad incattivire quegli uomini, che hanno solo reagito comportandosi di rimando a come erano stati trattati.
I Freaks rimasti nel bosco, bramosi di punire altri uomini, istruiranno anche i loro figli nel cannibalismo e il tutto perché, alla fine, la creatura più crudele e più pericolosa del mondo in realtà è l'uomo stesso.
Naturalmente i Freaks rimasti si sono accoppiati ed è nato un piccolo nucleo nel bosco. Il problema di queste nascite, nel tempo, non sta assolutamente nel fatto che i figli dei Freak siano mostri! Infatti nasceranno tutti sani. Il vero dramma sta nella loro consanguineità, che nel tempo darà luogo a varie patologie, creando loro sempre più scompensi. Inoltre, l'esilio dal mondo, costerà caro anche alla loro comunicazione, che verrà totalmente sostituita da quella animale, non avendo avuto alcuna istruzione. Loro non hanno leggi e vivono per uccidere gli uomini.
Ricordate lo scorso capitolo, quando si parlava della Esogamia, una regola matrimoniale per cui il coniuge deve essere scelto al di fuori di una cerchia matrimoniale, che può coincidere con parentela o clan, fratria, tribù, ecc? Gli abitanti di NevediNotte temono la consanguineità perché è una caratteristica propria delle creature.
Del passato delle creature e come si è evoluta la faccenda se ne parlerà in un prossimo capitolo intitolato "La Compagnia d'Oltralpe", dove apparirà anche un'altra nostra vecchia conoscenza. Per ora ho solo voluto darvi qualche accenno sperando di avervi dato una visione abbastanza chiara e globale per unire questa storia, che raccontava del passato, con la vicenda ambientata nel presente degli scorsi capitoli.
In ultimo, vi chiederete: ma perché nevica solo di notte e in questa storia non nevicava? Ehhh, quello sarò tutto un altro… capitolo!

A proposito dell'albinismo... giusto due paroline in più per il mondo della scrittura amatoriale.
In molti fandom i personaggi che hanno pelle e capelli chiari (all'occorrenza possono avere gli occhi chiari o rossi) vengono denominati "albini". Io sono d'accordissimo su questo perché l'albinismo non è una malattia vera e propria, ma un'anomalia genetica che crea un forte o addirittura totale scompenso di melanina: insomma sarebbe come nascere senza una gamba. Il problema è che un albino può soffrire di determinate patologie (come il cancro alla pelle per via dell'esposizione alla luce del sole) per via della sua situazione a cui uno senza gamba non andrebbe certo incontro. Inoltre, non tutti sanno che l'albinismo non è detto che si manifesti in tutto il corpo, ma anche solo in certe zone più o meno circoscritte.
Vorrei taaanto parlare anche del leucismo, ma non mi pare il caso! XD Ho già detto troppo! XD  

Questo è quello che risulta dopo la lunga chiacchierata con il mio dottore, quel sant'uomo. Quando scrivo una storia non lascio mai nemmeno una virgola al caso e mi informo su tutto, e non ho problemi a dire che mi avvalgo dell'aiuto anche di altre persone, più esperte di me, per regalare una piacevole lettura agli altri (ma ciò non significa che io non possa fare errori, eh!XD). E poi amo ampliare il mio bagaglio culturale! ^^

Scusate se vi ho annoiato con queste note (mi hanno preso più tempo queste che la storia in sé), ma mi sentivo in dovere di farle.
Al prossimo capitolo! ^^

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.

XShade-Shinra  



Risposte alle Recensioni:

x Livin Derevel: xD Infatti è così: nulla in questo racconto è come sembra e anche un minuscolo dettaglio - vedi l'ombelico mancante del Cacciatore - è invece importantissimo! *w*
Infatti per ovviare al casino che si farebbe, una volta all'anno si fa pulizia! ^^ Dovrei fare così anch'io, in effetti... *passa gomitolo di polvere e il gatto ci gioca*

x KissOfDeath: Thank you! ^^ Scusa per l'attesa di questo capitolo... sarei da frustare! ç_ç

x cabiria: <3 Grazie! ^^ Piano piano anche altri segreti saranno svelati! ^^

x Gaea: NevediNotte a rigor di logica è in Italia o in Città del Vaticano o in una ex-colonia italiana, ma può essere anche in un posto che non esiste o, magari, esiste ma nessuno sa che è là. Una cosa è certa: NevediNotte vive nella nostra Fantasia. <3 *applause*

x TUTTI: Visto che mi è stato richiesto, ci sarà un capitolo dove il prete leggerà un diario o simili e gli vedrete la faccia! xD
Da questo capitolo avete la mia autorizzazione a sommergermi di domande! Piano piano risponderò a tutto nei capitoli che verranno, visto che siamo praticamente al giro di boa e dopo i mille dubbi è tempo i risposte. ^^
Inoltre, se volete che tratti di un particolare personaggio o argomento, posso farlo (se possibile, eh! XD La trama già ce l'ho, non posso cambiarla!).

AVVISO: I prossimi due capitoli saranno Drabble e/o Flashfict, causa contest. Sono certa di riuscire ad aggiornare comunque almeno una volta al mese, se le faccio così brevi! ^^  
 

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Capitolo 14
*** 13. Il Cuore di Carne ***


- Hellcome to NevediNotte -
Il Cuore di Carne

Fuori c'era una feroce bufera e la Dottoressa dei Morti aveva preferito invitare l’ospite a rimanere nel proprio bazar, piuttosto che farlo tornare a casa.


«Io... penso che tu mi piaccia...» pigolò piano la Dottoressa, rivolta alla figura in piedi davanti a lei.
«Avrei preferito non saperlo» commentò lui dopo un attimo di sgomento.
«Sei tu che hai insistito» gli fece notare, incrociando le braccia al petto, stando attenta a non sporcarsi il camice con le mani inguantate, sporche di sangue.
«Beh, cerca di riprenderti, e in fretta, da questa cotta adolescenziale: non sei più una ragazzina, Dottoressa».
«Umph... Tu non cambi proprio mai, eh?» sbuffò lei, riprendendo a lavorare sul suo tavolo addetto alle autopsie. «Hai sempre un caratteraccio».
«È per tenere alla larga le persone fastidiose come te» le disse, guardando con aria assente il cadavere su quella superficie ormai color chermisi.
I lampioni presenti nel villaggio facevano filtrare la loro luce aranciata dalla piccola finestrina a vasistas rinforzata da una grata di ferro; fuori c'era una feroce bufera e la Dottoressa dei Morti aveva preferito invitare l’ospite a rimanere nel proprio bazar, piuttosto che farlo tornare a casa.
«Allora, com’è morto quell’uomo?» domandò lui, ancora un po’ in difficoltà per la dichiarazione di poco prima.
«Penso che non sia opera delle creature: è morto per una contusione al cranio» spiegò, indicando il teschio dell’uomo, spaccato in più punti. «La ferita gli è stata inferta da vivo, altrimenti non sarebbe stato possibile riunire i frammenti di osso che hai trovato e metterli nella parte mancante creando un buon incastro. È possibile che sia caduto dall’albero sotto il quale l’hai trovato, dopotutto ci sono delle brecce, là; e poi le creature l’hanno sbranato quando l’hanno trovato di notte... » disse triste. «Il corpo riporta i tipici segni delle altre aggressioni.»
«Capisco.» borbottò sbuffando «Avvisi tu il parroco?» domandò, guardando il telefono che teneva la Dottoressa nel privée.
«Non hai ancora imparato a usare il telefono?!» chiese sconvolta.
L’ospite sbuffò, borbottando ancora, peggio di una caffettiera, facendo capire all’anatomopatologa che non avrebbe mai imparato.
Scrollando la testa, la giovane donna andò a dare comunicazione al prete del risultato dell’autopsia autorizzata preventivamente dai parenti della vittima, mentre l’altro monopolizzava l’unica sedia della stanza, sedendocisi sopra.
«Padre, abbiamo i risultati» lo avvisò dopo che il parroco ebbe finalmente sollevato la cornetta dall’altra parte.
«Abbiamo? C’è anche il Cacciatore lì con te?» domandò sorpreso. Solitamente non amava molto stare in compagnia.
«L’ho convinto a stare finché la bufera di neve non si indebolisce, ma vorrei parlare dell’altro…» disse gentile.
«Sì, dimmi pure».
«Come ti avevo già detto si tratta di un umano, ma non è stato ucciso dalle creature: ha una ferita al cranio e loro non adoperano mai di questi mezzi, ma mangiano le loro prede ancora vive. Penso dunque che sia morto accidentalmente e che poi lo abbiamo mangiato in parte» spiegò.
«Ho capito… Pover’uomo… Siamo talmente preoccupati per queste creature che a volte ci dimentichiamo anche delle fatalità» la sua voce era molto triste. «Grazie per l’aiuto, Dottoressa. Come al solito dica ai parenti che è stato mangiato dagli animali: meglio evitare di allarmare i nostri concittadini inutilmente... E attendiamo l’esame istologico da valle per l’epitaffio con la data di morte».
«Certo, Padre» lo rassicurò, stringendo la cornetta con entrambe le mani.
Solo lei e il prete. C’erano solo loro due per portare un po’ di pace a quelle vittime. Certo erano aiutati dal Cacciatore, mentre si diceva che un fantomatico fantasma difendesse il Villaggio, ma delle volte si sentiva sconsolata di fronte a quelle uccisioni e quelle aggressioni.
«Ci sentiamo domani mattina, allora. Attenderemo la polizia…».
«Se smette la bufera…» notò il medico.
«Smetterà… come sempre» ridacchiò l’interlocutore telefonico. «Buonanotte».
«Buonano—» ma non finì di salutarlo che lui riprese la parola:
«Il Cacciatore dormirà da te?» chiese, quasi preoccupato.
«Beh, sì…» rispose, non capendo cosa vi fosse di strano. Gli piaceva, era vero, e si era confidata in confessione con il Padre, ma non riusciva a trovarci qualcosa di cattivo o malizioso nel proprio gesto di ospitalità.
«Ok, ma non farti strane idee, figliola. Lui non si metterà mai con te; lo conosco da moltissimi anni e non è mai cambiato né in mentalità e né in aspetto fisico. È immutabile».
«Lo so…» sussurrò malinconica, ricordando la scena di poco prima, nata dal fatto che il Cacciatore volesse sapere perché la Dottoressa si era ritrovata a fissarlo. «Buonanotte, Padre. A domani».
«Buonanotte» ripeté lui, mettendo giù il telefono, come fece anche la giovane poco dopo.
Il Cacciatore intervenne subito: «Da lui in chiesa domani, come al solito?» domandò.
«Sì» rispose lei, sospirando appena.
«Io non verrò».
«Come al solito» disse lei, ripetendo le sue parole, in tono diverso. «Ora metto a posto qui» lo informò. «Se vuoi andare a dormire…».
«Bah…» sbuffò, scostandosi i capelli dalle spalle con un movimento stizzito. «Lo sai che non ho bisogno di dormire molto; ti aspetto qua».
La ragazza fece cenno d’aver capito – a lei non piaceva dormire, ma aveva scoperto che quell’uomo dormiva meno di lei – e iniziò a pulire il tavolo, riponendo lo scomposto cadavere in una cameretta che utilizzava come cella frigorifera. Lavorò in silenzio per lunghi, lunghissimi minuti, nei quali il Cacciatore non smise di osservarla, mentre lustrava quella superficie per farla tornare immacolata.
«Riguardo a prima…» disse dopo un poco. «Dimenticati di me. Dobbiamo lavorare insieme, questo sì e continueremo a farlo per il bene di NevediNotte, ma non sperare che ti ricambi mai».
«Sono davvero una persona così orribile?» gli domandò, prendendo la varechina.
«No, la persona orribile tra i due dovrei essere io» rispose, stravaccandosi sulla sedia.
«Solo perché sei burbero?» domandò, sollevando un fine sopracciglio nero.
«No. Tu non sai nulla del mio passato, nessuno lo sa a parte… Neve».
«Il fantasma del Villaggio? Ma cosa c’entra, scusa?».
«Io e lei ci conosciamo da tempo immemorabile e nemmeno Ev—» incespicò un attimo sul nome dello spettro «…Neve può dire di conoscermi realmente: solo colei che mi ha creato sa la verità, ma è morta» spiegò, aprendo un po’ del suo cuore all’anatomopatologa.
«Mi dispiace per tua madre…» sussurrò triste.
«Non era mia madre» quasi ringhiò.
La Dottoressa non capì quella frase, ma preferì non indagare oltre: era già tanto quello che le aveva detto e sembrava che il ricordo di quella figura materna lo facesse soffrire.
«Inoltre, non potrei darti dei bambini e alle donne piacciono, no?» chiese retorico.
Lei arrossì a dismisura, infilandosi i guanti con dei movimenti a scatti. «Non… non volevo arrivare a tanto!» disse con un tono di voce piuttosto alto, imbarazzata. «Ho solo detto che mi piaci, tutto qui!».
«Io sono lungimirante, vedo al futuro. E il nostro non sarebbe un rapporto duraturo, quindi eviterò di farti soffrire» disse, sorridendo bieco.
«Ma tu non ti senti mai solo? Non vorresti mai avere qualcuno vicino? Un qualcuno con il quale trascorrere del tempo?» chiese, mettendo a posto i detergenti, per poi riprenderli, ricordandosi di non averli ancora usati. Era proprio imbarazzata.
«Io non provo nulla. Non penso di avere un cuore» disse lugubre.
«Invece lo hai! E batte forte! Io l’avevo sentito quelle notte nel bosco, tanti anni fa, quando mi hai salvata da quelle creature!».
«Può anche battere, ma è come se fossi morto. Io sono solo un ammasso di carne».
«È molto triste ciò che dici, Cacciatore…» balbettò la donna, togliendosi i guanti.
«Ma è la verità. Per quanto uno abbia un corpo, non è detto che sia vivo».
Lei posò i guanti sul tavolo e gli si avvicinò, rimanendo in piedi davanti a lui, con lo sguardo serio.
«Parli, quindi il cervello ti funziona» disse, per poi posargli una mano sul petto muscoloso. «Questo batte». Infine gli prese la mano tra la propria, screpolata dal freddo, spaccata in qualche punto e con tante cicatrici a segnargliela. «E questa è carne, sì. Quindi sei vivo tanto quanto me. Se poi la natura ti ha reso sterile come dici non è un problema…».
«Infatti non è mai stato un problema per me, ma il fatto che io non mi possa riprodurre testimonia che non devono più nascere cose come me».
Lei arretrò d’un passo, colpita da quanto detto.
Il Cacciatore era una figura che trasmetteva paura a tutti, sia ai grandi che ai più piccoli e anche la Dottoressa non ne era del tutto esente.
«…Che cosa sei tu?» domandò.
«Se te lo dicessi suppongo che non mi staresti più attorno». Lui non le aveva mai dato le risposte che anelava. Mai. Non gliele aveva date sulle creature – fu il prete a spiegarle tutto –, men che meno avrebbe detto qualcosa su di sé.
«Lo dici come se in fondo ti dispiacesse…» sorrise.
«No, è solo che mi dispiace non potertelo dire» disse serio, alzandosi.
La Dottoressa lo seguì con lo sguardo mentre usciva dal retrobottega per poi entrare nel negozio.
«Dove vai, Cacciatore?» gli domandò. «La tempesta non è ancora finita».
Ma lui non volle sentire ragioni e riprese il giaccone di renna, indossandolo e aprendo la porta.
«Cacciatore?» lo chiamò ancora. «Aspetta. Dimmi almeno una cosa…» sussurrò triste.
Il bruno si fermò con la mano sul pomello, attendendo il seguito, mentre il gelo entrava in quell’emporio.
«Tu… quanti anni hai?» gli chiese.
«Sono troppo vecchio per te» disse tombale. «E anche se sei un’anatomopatologa questo non ti permette di innamorarti di uno che è nato morto» aggiunse, uscendo dal bazar, dopo aver richiusa la porta dietro di sé con una sonora botta. 
La Dottoressa sospirò pesantemente, piegando il capo in avanti.
«Quanto sei stupido… pensi che mi basti un “no” per smettere di provare questo sentimento per te dopo che per anni l’ho taciuto?» bisbigliò nel silenzio del suo negozio. «Al prossimo cadavere, Cacciatore…» lo salutò, tornando nel retrobottega con il piccolo sorrisino di chi non ha paura di camminare sul proprio sentiero, e salì le scale che conducevano al secondo piano: la dimora della giovane.
Ma a metà scala si fermò di colpo. «Il tavolo!» esclamò, portandosi una mano al capo e riscendendo, poi, i gradini di legno con i suoi caldi stivali neri con il piumino all’interno; tra una cosa e l’altra non aveva ancora finito di pulire il tavolo operatorio.


Fuori, intanto, la bufera soffiava forte, facendo piegare il Cacciatore su se stesso per non cadere a terra, tanta era la forza del vento. Ma non sentiva il freddo pungente, né le sferzate gelide che gli arrivavano dritte in faccia, nonostante la spessa sciarpa che lo copriva. Stava pensando alle parole di quella donna… 

“Questo è il mio piccolino… Certo è un po’ cresciutello, ma mi piace chiamarlo così”. Ridacchiò, mentre lo presentava al resto del gruppo. “Non avrà un nome: non ne ha bisogno. È solo un ammasso di carne dalla forma umana, nulla di più. È intelligente come noi, ma obbedisce solo ai miei ordini, non sarà in grado di prendere decisioni autonome finché io sarò in vita e solo io potrò rivolgermi a lui”.
Un uomo del gruppo fece notare che la sua presenza era superflua, ma lei continuò a spiegare:
“Lui o esso, parlatene come preferite, ha il nostro stesso odore e sarà un’ottima preda per quelle creature, inoltre, è molto forte fisicamente, per questo ci proteggerà da loro. Meglio perdere un qualcuno come lui che si può facilmente rimpiazzare, piuttosto che uno di noi, no?”.
E solo una voce sembrò fuori dal coro in quel ragionamento: Even.
“Perché non sei d’accordo, Even? Dorme poche ore al giorno e mangia meno di un bambino. Ma attenzione, mangia solo carne, di tutti i generi, ma solo carne: gli serve per far guarire le ferite, visto che da solo il suo corpo non ci riesce”.
La donna in questione inorridì un poco, mentre il futuro Cacciatore rimaneva fermo con gli occhi vitrei, nudo davanti a loro, aveva i medesimi i capelli bruni alle spalle e l’assenza di ombelico.
“Bene, piccolino. Saluta gli umani che faranno compagnia a tua madre in questa spedizione e presentati”.
“Salve” salutò guardandoli negli occhi ad uno ad uno. “Sono ai servizi di Jolie, la maga céladon”.

«Stupidi umani» grugnì, perso nei suoi pensieri, quando a un certo punto fece capolino nella sua testa l’immagine della Dottoressa. Scrollò il capo come a voler eliminare quel pensiero e non si accorse che Neve lo seguiva con lo sguardo, accarezzando il Gatto delle Castagne che teneva tra le braccia. La bufera le muoveva il lungo vestito e i capelli, ove la coltre bianca si depositava lenta.
«Povero bambino… Lui rimane sempre uguale e gli altri muoiono… Ha visto morire tante persone, ecco perché anche ora, dopo la morte di Jolie, che è libero, continua a non voler legare con nessuno: non vuole più veder morire qualcuno al quale vuole bene».
«Miau!» rispose il gatto, come se la capisse.
«Oggi fa un tempaccio, micino, meglio così… di solito non esce mai nessuno quando nevica così forte e mi riposo un po’».
«Miè!» miagolò ancora, ronfando a quelle carezze.
«Meglio se lo lasciamo un po’ da solo…» sorrise triste, vedendo poi due ombre camminare verso il bosco, nonostante il tempaccio. Si voltò preoccupata, ma riconobbe subito Koori e il suo lupo, e scosse la testa con un piccolo sorriso. «Lui non ha bisogno di me; forse è uno dei pochi che non riesce nemmeno a vedermi visto che non crede nella mia esistenza…».
Così, mentre vedeva quelle figure camminare a stento, riparandosi dal vento, riprese anche lei a camminare per il villaggio, lasciando che il gattino poltergeist giocasse sulla neve mentre le faceva compagnia.


§Fine§
XShade-Shinra



Note: Era importante che pubblicassi oggi questo capitolo: in data odierna questa raccolta compie un anno! <3
Scusate se rispetto al solito questo capitolo è un po' più sentimentale.

Il color celadon è un pigmento acquamarina pallido. Il termine deriva dal francese céladon.
Celadon si riferisce inoltre a un particolare tipo di porcellana che ha lo stesso rivestimento verde pallido, in origine prodotta in Cina. [fonte] Insomma, la “maga nera” o la “maga bianca” era troppo comune e ho usato un altro colore! XD
Il Celadon è QUESTO.

Anche se solo come brevi comparse, sono apparsi tutti i personaggi “principali” della Raccolta, più qualche altro nuovo personaggio. <3 Giorno speciale, capitolo speciale!
Il passato di Neve e del Cacciatore (del quale si sono scoperte già alcune cose… +w+ kukuku…) sarà ancora analizzato nei prossimi capitoli.
Avrei una domanda per voi… Ce li vedete bene insieme il Cacciatore e la Dottoressa? <3


-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.



Risposte alle Recensioni:

x Gaea: >///< Non so davvero come ringraziarti per queste tue belle parole. Sono contenta di essere riuscita a trasmetterti così tanti sentimenti, che questo strambo mix ti piaccia e che la storia ti stia appassionando sempre più! ** <3

x Livin Derevel: Yeah! \^O^/ Felicissima di avere la tua approvazione per tutto! ** Sono davvero contenta!
A volte i disastri nascono proprio dalle piccole cose e il villaggio si porta questa croce orma da taaanto tempo. Se solo il Padrone non fosse passato dal bosco per fare prima, probabilmente nulla sarebbe accaduto! XD
P.S. Questa tua frase mi ha fatto paura: “Allora, visto che ci hai anticipato tante belle cosine, attenderò con ansia i prossimi capitoli, dove tante, tante cose saranno spiegate!^.^” °_° Quella faccina sembrava dirmi “Altrimenti ti spiezzo un braccino”… O_O Spiegherò tutto, tutto! Promesso! XD

x Entrambe: un grazie particolare va soprattutto a voi, ragazze. Mi avete seguita fin dall’inizio di questa mia storia e mi fa piacere sapere che continuate sempre ad esserci. <3 Un abbraccio e una bella fetta di torta per entrambe per festeggiare questo giorno! <3

x Tutti: Naturalmente ringrazio tutti quelli che hanno commentato questa mia storia rendendomi così partecipe dei loro pensieri e datomi un giudizio in merito! ^^ Un grazie anche a chi ha la mia raccolta tra i preferiti/da ricordare/seguiti e chi solo la legge, anche senza darmi traccia del suo passaggio.

Ci sentiamo al prossimo capitolo! ^^
XShade-Shinra

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Capitolo 15
*** 14. I Pupazzi di Neve ***


- Hellcome to NevediNotte -
I Pupazzi di Neve

«Era un teschio!» urlò a voce alta, producendo un'eco per la Chiesa vuota. «Era umano, cazzo! Possibile che non mi crediate mai?!».


«Perché sei qui, figliola?» chiese il prete alla giovane ragazzina appena entrata nel confessionale.
«Sei il nuovo "Predicatore della Domenica" arrivato stamattina? M'ha mandato mà! Ha detto che sono una che spara minchiate» spiegò ella in modo rozzo e irriverente, per niente confacente al luogo sacro nel quale si trovava, ma il Padre non perse di certo le staffe per quel poco.
«Per questa espressione di dubbio gusto dirai cinque Ave Maria in latino...».
«Io non lo so il latino!» disse strafottente, incrociando le braccia al petto.
«Appunto. Le studierai qui finché non saprai ripetere a memoria quella preghiera» spiegò, senza ammettere repliche.
La ragazza borbottò qualcosa che il parroco si sforzò di non capire o le avrebbe aumentato la punizione, poi sbuffò lieve, cominciando a parlare in modo più consono:
«Per te i pupazzi di neve si possono muovere?» domandò.
Un piccolo riso sfuggì al prete, che scosse appena in capo, iniziando a parlare: «I pupazzi di neve non posso animarsi. Sono solo due cumuli di neve con un paio di rami come braccia e un terzo a mo' di naso. Gli occhi e il sorriso sono fatti con i sassi o i bottoni dei vecchi cappotti. E infine li si agghinda con berretti e sciarpe che non servono più. Sono solo neve e nient'altro, però, magari, il vento potrebbe far muovere loro i rami e potrebbe sembrare...».
«Tsk! Quelli non erano mica rami! Sono maleducata, non cieca!» disse con strafottenza, facendo rimbombare la sua voce all'interno del loculo.
«E allora... cos'erano?» domandò il religioso, interessato. Magari i suoi amici – a patto che con quel caratterino ne avesse... – le avevano preparato uno scherzo.
«Erano ossa... e non quelle che mangiano i cani» aggiunse per specificare. «Sembravano quelle delle braccia, che studiamo a scuola. Mi sono avvicena—».
«Avvicinata...» la corresse gentilmente.
«Non m'interrompere pure te come fa pà!» si accese. «Mi sono avvicinata e l'ho guardato: aveva due buchi al posto delle palle degli occhi e anche il naso era tutto dentro, però era brutto, veramente schifoso! La cosa più schifosa era quel sorriso da faccia da culo che ave—»
«...E dieci Padre Nostro...».
«...aveva!» lo guardò torvo. «Ghignava, sembrava sghignazzasse. Il vento gli passava tra i denti e sembrava che questo qua ridesse».
Il prete la fermò: «Denti? E come hanno fatto a...» ma venne interrotto:
«Erano denti: questi, là!» disse, battendo un'unghia mangiata contro un canino.
«Saranno stati denti da latte o di qualche animale.» spiegò piano il religioso. «Magari dentro la palla che costituiva la testa...»
«Era un teschio!» urlò a voce alta, producendo un'eco per la Chiesa vuota. «Era umano, cazzo! Possibile che non mi crediate mai?!»
Il prete sospirò piano, ma prima che potesse parlare, vide la ragazza alzarsi e spalancare la porticina del confessionale, marciando a passo spedito e rumoroso verso l'uscita. Senza nemmeno dire le preghiere, per giunta!
«Dove vai?» le chiese il prete, affacciandosi.
«Me ne vado a fan—!» fece per dire, girandosi verso di lui, ma un messale scagliato dal religioso la colpì in piena fronte prima che potesse finire la frase.
«Sono uno contro la violenza... verbale.» specificò lui, mentre la ragazza ringhiava, tenendosi pigiata la fronte; camminò fino a raggiungerla, rimanendo in piedi davanti a lei. «Possiamo finire di parlare?» domandò, con un sorriso in volto che avrebbe impaurito un campione di karate.
Il nuovo parroco era giovane, ma sapeva come farsi rispettare.
«S—Sì» balbettò appena la ragazza.
«Bene» annuì contento, invitandola a sedersi su una panca. «Tu sai perché sono arrivato io al posto del vecchio prete?» domandò una volta che si furono accomodati.
«Che me ne frega... l'altro è schiattato...» borbottò.
«Giustamente...» fece, scrollando il capo, sperando che in quella terra di montanari non fossero tutti così burberi, orsi e cafoni. Soprattutto perché anche lui aveva sangue di quelle terre. «Sai mantenere un segreto, nonostante il caratterino?» chiese.
«Tsk... ovvio» si indispettì lei, guardandolo male.
«Il vecchio parroco è morto perché è uscito la notte dal villaggio per motivi che ancora non sappiamo, ma...» frugò nelle proprie tasche e vi tirò fuori una foto scattata con la polaroid: una prova immodificabile di quanto vi era impressionato sopra. «Lo hanno ritrovato così» disse, senza mostrare la foto alla ragazza, preferendo riporla via da dove l'aveva presa. Non era un bello spettacolo da mostrare.
«Così come?» incalzò la ragazza, scocciata, massaggiandosi ancora la fronte.
«Aveva il corpo e la testa avvolti dalla neve e fuori penzolavano le sue braccia... La carne era stata asportata ed erano rimaste solo le ossa. Anche molte altre parti del corpo erano spolpate... Penso che sia opera di qualche pazzo seriale...».
«Nel nostro villaggio?!» inorridì, alzandosi di scatto.
«No» tentò di calmarla. «Nel villaggio non c'è nessuna persona cattiva... È fuori».
«Oh, non mi dirai che credi a questa vaccata dei mostri, pure tu!» lo sgridò. «Sono solo animali!».
«Un animale potrebbe fare un pupazzo di neve così grottesco?».
«N--No, ma...».
«Un uomo potrebbe fare una cosa del genere?».
«Beh... No...».
«Invece sì. L'uomo può, basta che sia intrinsecamente cattivo» spiegò. «E quando c'è cattiveria c'è Satana, e io sono qui per scacciare la cattiveria» lui era stato chiamato appositamente per quel motivo, poiché era un esorcista e la gente che sapeva aveva scelto lui sperando di poter placare quelle bestie, che conservavano un briciolo di istinto del gioco... ma che di umano non avevano più nulla, forse solo le fattezze.
La ragazza lo ascoltò e annuì.
«Quindi... tu mi credi?» domandò, seguendo il suo ragionamento.
«Dove l'hai visto?» chiese. «A seconda di quello che mi risponderai, ti crederò».
«Ti ci posso portare» disse, guardandolo negli occhi. «È poco fuori dal villaggio, nel bosco».
Il parroco guardò l'orologio da taschino che portava e scollò il capo: «Ormai è l'imbrunire, ci andremo domani, con la polizia».
«Cosa?» fece, incredula.
«Andremo con la polizia. La chiamerò seduta stante, così arriveranno domani mattina».
La giovane rimase a guardarlo per un po', poi una lacrima solcò la sua guancia.
«Tu... mi credi... Non sei poi così male per essere uno che fa le prediche...» era commossa da quell'uomo, così tanto che si morse il labbro per non far vedere che tremava. «Grazie!» ringraziò, correndo verso l'uscita. «Ci vediamo domattina qua!» disse, aprendo velocemente la porta e sparendo al di fuori di quel piccolo luogo sacro, diretta verso casa. L'indomani avrebbe provato a tutti che non era una bugiarda.
Il prete la seguì con lo sguardo finché la porta non si chiuse da sé, poi spalancò gli occhi: «Ehi! Non hai detto le preghiere!» tuonò, per poi imbronciarsi e sospirare. Troppo tardi! Avrebbe aggiunto due o tre orazioni in più.
Il parroco, dunque, fece un profondo sbadiglio, poi iniziò a camminare verso la sagrestia – che gli faceva anche da nuova casa – per mettersi a dormire nel suo letto dall'ignota morbidezza, quando all'improvviso sentì l'organo suonare… da solo.
Si girò di scatto, convinto di non essere in compagnia e, in effetti, non vide nessuno.
«Ma... che...» balbettò, avvicinandosi verso lo strumento, vicino al quale poi sentì un altro suono: un miagolio.
«Ah, è entrato un gatto...» capì, più sereno, mentre guardava i tasti immacolati.
Ma una strana sensazione gli fece venire un brivido freddo alla schiena e una voce arrivò alle sue orecchie:
«I miei omaggi al nuovo parroco!».
A quelle parole, il prete si girò, trovandosi faccia a faccia con una donna dai lineamenti delicati, pelle diafana, capelli albini, un vecchio costume d'epoca completamente bianco e gli occhi color perla. Ma la cosa che lo colpì più di tutte, e che lo fece arretrare dalla paura, fu il fatto che il corpo della ragazza fosse talmente evanescente che poté vedere il resto della chiesa dietro di lei.
«Chi... Chi è lei?!» chiese, facendosi il segno della croce.
«Si calmi...» sussurrò, sorridendo. «Non ho cattive intenzioni... Potremmo dire che sono l'Angelo Custode di questa città... Anche se sono solo il fantasma di una donna... uccisa diverse centinaia di anni fa».
«Miau» miagolò un gattino bianco, comparso improvvisamente su una panca - era evanescente come la donna, ma dall’aspetto più plasmoso.
Il prete sgranò gli occhi ancora di più a quella vista.
«Oh, e lui è un gattino che mi fa compagnia... va matto per le castagne» sorrise, prendendolo in braccio. «Purtroppo non ho mai saputo il suo nome...» borbottò affranta, per poi rivolgere un altro sorriso al prete, il quale la guardò ancora a occhi spalancati, finché non ruotarono all’indietro e il suo corpo si afflosciò a terra come un lenzuolo.
«Miau?».
«Padre?» lo chiamò preoccupata, chinandosi verso di lui, svenuto. «Con il vecchio padre spirituale non riuscivo a comunicare... Temo che avrei dovuto usare un contatto meno diretto con padre Bernardo... Devo avere esagerato...».
«Miè...» concordò anche il felino.
«Domani lo presenteremo al Cacciatore...» annuì tra sé e sé.
Se il prete avesse voluto trattenersi ancora in quella cittadina, si sarebbe dovuto abituare velocemente alle stranezze che avrebbe incontrato...
«Beh... Benvenuto a NevediNotte, Padre!».


§Fine§
XShade-Shinra



-Note: In questo aggiornamento ho spiegato una cosa del Capitolo "09. I Giorni della Merla" e vi dirò anche dell'altro... +w+
Ah, non fate caso a come parla questa ragazzina! XD

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.




Risposte alle Recensioni:

x Livin Derevel: °_° *vede mazza e sbianca* Saprete tutto! E' una promessa e questo capitolo vi ha già svelato una o due delle tante cose. Il Noir in fondo è un giallo dark, quindi prima o poi si arriverà alla soluzione di tutto! ù.ù
Anche tu slasher? XD L'avevo immaginato vedendo che ti interessavi ai Green Day! v.v Brava! <3 (ma non dire come una mia amica, che vorrebbe una Cacciatore x Prete! XDDD)
Comunque il cacciatore, nel corso della sua lunga vita, ha avuto altre femmine che gli andavano dietro! XD Però solo con la Dottoressa ha stretto un legame (di tipo lavorativo), quindi è quella che gli è più vicina di tutte.

x Gaea: çOç No, dai... che visione triste! XD Comunque NO! °_° Il Cacciatore non direbbe MAI cose di quel tipo... ORRORE! XDDD Credo non riuscirebbe nemmeno a pensarle, in realtà! XD
Io non sono cattiva... sono solo lenta a pubblicare! çOç Avrei finito da mesi se non fossi una lumaca! ç_ç
Grazie infinite per gli auguri! <3
°-° Questo capitolo ha svelato diverse cose, eh! *ritira le zampine come una tartaruga* niente sgranocchiamenti. x3

x Entrambe: Grazie per avermi fatto sapere la vostra opinione in proposito - che poi, alla fine, coincide con la mia -, ma volevo sapere se avreste gradito o meno dei capitoli "extra" sulla loro storia. Quindi seguirò i capitoli standard come da scaletta! ^^
Ah, ho pensato una cosa... dato che le storie non stanno in sequenza temporale, metterò anche l'ultimo capitolo sparso... kukuku +w+ (Però vi avviserò che in linea temporale sarebbe l'ultimo, eh! XD)

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Capitolo 16
*** 15. La Sorte del Diverso ***


- Hellcome to NevediNotte -
La Sorte del Diverso

Era un diverso, ecco perché si sentiva tale.


Era un diverso, per questo era stato raccolto.

Lo aveva trovato il vecchio falegname mentre andava per boschi alla ricerca di un ramo abbastanza lungo per una sua creazione.
Era là sulla neve ai piedi di un abete, come fosse un dono di Natale, il dormiente corpicino infreddolito avvolto in un pregiato tessuto, quasi fosse il premio per chi avesse preso quel neonato con sé, come fece l'uomo.

Era un diverso, per questo cominciarono a sparlarne.

Una volta tornato al villaggio, il falegname mostrò il bimbo agli altri compaesani che lo avevano raggiunto vedendolo con quel fagottino in braccio, credendolo un cerbiatto ferito. Molti di loro si chiesero subito come fosse possibile una cosa del genere...
«Perché non è morto? Perché questo drappo?».
Ma la domanda più paurosa sorse dalle labbra del macellaio:
«E se fosse un figlio di quei mostri?».

Era un diverso, per questo incuteva timore.

Ma era impossibile che quelle creature avessero avuto l'accortezza di fare ciò.
Impossibile.
Allora un'altra idea balenò nella mente del fornaio:
«E se... e se fosse un Sangue Sporco
Tutti raggelarono.
E in quel momento il bimbo si sveglio, aprendo i suoi grandi occhioni colorati: uno verde e uno blu.
Aveva le iridi di colore diverso.
Era la prova vivente che le leggende hanno sempre un briciolo di verità.

Era un diverso, per questo fu oggetto di polemica.

Impossibile.
Incredibile.
Non comune.
Strano.
Buffo.
Coincidenza...
Non vi erano prove tangibili che quel piccolo bimbo fosse un "Sangue Sporco" se non il fatto che avesse gli occhi bicromi e che fosse stato trovato nel bosco. Inoltre, quelle creature erano chimere, esseri dei quali si parlava sottovoce, sperando di non essere derisi.
Erano uomini con il sangue macchiato da quello di altre razze.
Non erano come le creature del bosco, malvagie per nascita.
Loro potevano scegliere da che parte stare.

Era un diverso, per questo ne ebbero pena.

Una giovane coppia si avvicinò al falegname e la donna prese in braccio il piccolo, tenendolo stretto a sé; aveva perso il bambino solo qualche giorno prima per via della sua costituzione fragile. Eppure lo aveva desiderato tanto.
«Lo terremo noi» disse, guardando gli altri con lo sguardo deciso.
Nessuno ebbe da ridire.
Dopotutto era solo un bambino - per il momento.

Era un diverso, per questo non lo avrebbero trattato come tale.

Avrebbe avuto un padre e una madre.
Nessuno del villaggio avrebbe dovuto parlargli del suo passato, in modo da non accendere ancestrali ricordi, capaci di risvegliare in lui quei fantasmi assopiti.
Avrebbe avuto un tetto sopra la testa costruito dagli uomini e avrebbe seguito i loro insegnamenti – ne avrebbero fatto uno di loro.
Lo avrebbero istruito, aiutato e portato sulla retta via. Perché in quel villaggio ogni bambino è figlio di tutti, come ogni persona è fratello degli altri.
Ma non gli avrebbero mai negato il bosco, poiché un luogo negato attira di più la curiosità e la voglia di andarci.

Era un diverso, ecco perché si sentiva tale.

Koori guardava con aria assorta il bosco, mentre il padre lo portava a giocare fuori di casa.
Ne sentiva il richiamo, come una melodia cantata da una sirena.
Non amava giocare con gli altri bambini; preferiva stare là a guardare gli alberi innevati, in attesa di poterci tornare.
Per far sì che compisse la sua scelta e da neutrale passasse a membro attivo.
Ma lui… voleva veramente avere una parte in tutta questa storia che non gli apparteneva?

§Fine§
XShade-Shinra



-Note: Eccomi in anticipo sulla mia classica tabella di marcia. Griderei quasi al miracolo.
Nella sezione Horror potrete trovare un secondo spin-off di questa raccolta, intitolato "Icesinger - It Sings a Requiem in the Frozen Lake", dove saranno implicati il prete, la Dottoressa dei Morti e il Cacciatore, più un nuovo mostro. Per ora non posso raccogliere gli Spin-off e la storia "normale" in un'unica serie, poiché una storia è in Horror e un'altra in Fantasy... Appena Erika renderà possibile fare una serie anche con storie di diverso genere la osannerò e potrò mettere tutto in ordine, come piace a me. Per ora mi arrangio con i link nel Capitolo indice della raccolta, e resto in attesa. +w+
Buona lettura! ^^

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.



Risposte alle Recensioni:

x Gaea: Anche tu hai il gusto del macabro? XD  Sono contenta che il finale del capitolo ti sia piaciuto! XD Non riuscivo a trovare un termine per indicare il Gatto delle Castagne rispetto a Neve, e la parola "plasmoso" è uscita da sola! XD Boh, torbido, compatto o denso non rendevano! :-/
Una cosa: quella era una storia ambientata nel passato, quindi il prete che abbiamo conosciuto nei precedenti capitoli è quello che era appena arrivato a NevediNotte. ^^ Del vecchio defunto non ne ho mai parlato! x3 Mi dispiace averti tratta in inganno senza volerlo... T_T Pensavo si capisse per via dell'elenco personaggi che metto sempre nel capitolo indice, mea culpa! :* 

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Capitolo 17
*** 16. Gli Alberi di Natale ***


- Hellcome to NevediNotte -
Gli Alberi di Natale

Anche a NevediNotte, per quante se ne dicessero sulle strambe abitudini di quella "amena" cittadina, c'era un'usanza normale: addobbare l'albero di Natale.


Anche a NevediNotte, per quante se ne dicessero sulle strambe abitudini di quella "amena" cittadina, c'era un'usanza normale: addobbare l'albero di Natale.
Nastri, fiocchi, palle decorate, bastoncini e pupazzetti di marzapane, il tutto coronato da una stella sulla punta del sempreverde prescelto per rallegrare l'atmosfera e dare un tocco di magia natalizia in quel luogo.
Tutti gli alberi del perimetro interno del villaggio venivano vestiti a maschera per festeggiare la nascita di Gesù, anche se le famiglie preferivano mettere i doni dentro le calze appese al caminetto per stare al calduccio in casa, piuttosto che far trovare i doni sotto l'albero, al freddo.
Un anno, però, gli abitanti del villaggio provarono anche ad addobbare qualche albero del bosco, ma la mattina dopo trovarono le ghirlande fatte a pezzi e lasciate giacere mezzo sepolte dalla neve caduta durante la notte, che celava anche i cocci delle palline e delle altre decorazioni, mentre le stelle erano state infilzate nella corteccia degli alberi come lance da cavaliere contro lo scudo dell'avversario in una giostra per decretare la vittoria del migliore, del più forte.

§Fine§
XShade-Shinra



-Note: Per farmi scusare del ritardo (anche se ormai penso che siate abituati!XD), posto in periodo natalizio in modo da augurare a tutti "Buone Feste"! <3

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.

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Capitolo 18
*** 17. Il Lamento dell'Angelo ***


- Hellcome to NevediNotte -
Il Lamento dell'Angelo

«Perché forse non lo apprezzano. È una melodia molto triste, quella del tuo violoncello» disse serio il ragazzino.


La neve scricchiolava piano sotto i pesanti passi di Koori, buttato fuori di casa dalla madre, di primo mattino – le undici –, perché lei doveva pulire la sua stanza e non voleva che Fenrir, il cucciolo di lupo del ragazzo, ruzzolasse in giro come suo solito, lasciando pelo ovunque.
Koori era solito condurre una vita notturna, e stare in piedi di giorno, era un vero e proprio trauma, soprattutto se svegliato con una secchiata d’acqua gelida, seguita da un concerto di pentolame e stoviglie assortite. La madre, dopo anni e anni, sapeva più che bene che il figliastro aveva il sonno pesante, ed era conscia del fatto che se non usava certi metodi, che implicavano per forza farsi sentire fin oltre lo steccato che recintava la città, non sarebbe mai riuscita a destarlo.
Così, il giovane dai capelli neri, come tutta la roba in pelle e lana che indossava, passeggiava sconsolato per il villaggio, non vedendo l’ora di poter tornare in camera a dormire, seguito da Fenrir, che si divertiva come un matto a giocare sulla neve, come aveva fatto anche poche ore prima nel bosco.
D’un tratto, il vento gelido che soffiava gentile, portò alle orecchie del ragazzo un suono melodioso, che catturò subito la sua attenzione.
Koori ne rimase turbato.
«Sembra un angelo che urla e piange…» sussurrò, per poi rivolgersi al suo lupacchiotto. «Fenrir, non fare il porco nell’ovile, andiamo!» gli disse serio come al solito, marciando in direzione di quel lamento, melodioso e sofferente, seguito dall’animale, pieno zeppo di neve attaccata al pelo.
Dopo pochi secondi, il giovane capì che stava camminando verso una casetta che ben conosceva: la bottega, nonché abitazione, dei due vecchietti. Lui era un conciatore e lei una sarta.
Erano molto pochi i bambini che si avvicinavano a quella casa, e questo perché l’uomo che lavorava la pelle incuteva un certo terrore: aveva i capelli lunghi, imbiancati dal tempo, e gli mancava l’occhio sinistro.
Ma a Koori non importava l’aspetto fisico delle persone. Gli facevano molto più orrore i suoi stessi coetanei, che si nutrivano solo di fattezze e, dentro, non avevano nulla di concreto. In linea di massima, il moro disprezzava le altre persone, come se non si sentisse di quel mondo, ecco perché spesso cercava rifugio nel bosco e non usciva mai di sua spontanea volontà durante il giorno, quando il villaggio viveva.
In poco tempo, Koori arrivò fino alla bottega, seguito dal lupacchiotto. In veranda c’era il vecchio e rugoso conciatore che suonava uno strumento musicale: un maestoso e uggioso violoncello.
Koori rimase lì in piedi, davanti a lui. Lo fissava rapito da quella musica celestiale che non aveva mai avuto modo di ascoltare prima di quel giorno.
Era certo che l’anziano si fosse accorto della sua presenza, ma avere un po’ di pubblico non gli diede per niente fastidio e continuò senza indugi quella melodia. Solo quando finalmente arrivò alla fine dello spartito che teneva appoggiato a un leggio, il vecchio terminò quella canzone muta e sollevò lo sguardo del suo unico occhio allo spettatore curioso e educato che lo aveva ascoltato.
«Ciao, Koori» lo salutò cordiale.
A NevediNotte ci si conosceva tutti per nome.
«Ciao, vecchio».
Anche se qualcuno non utilizzava i nomi propri, ma soprannomi e vari altri richiami.
«È strano che qualcuno si fermi ad ascoltarmi, per di più un giovane…» notò l’uomo, sorridendogli. Per quanto l’età fosse avanzata, i denti non avevano perso il loro candore, anche se qualcuno cominciava a venire meno.
«Perché forse non lo apprezzano. È una melodia molto triste, quella del tuo violoncello» disse serio il ragazzino.
«Oh, sai che è un violoncello, complimenti…».
«Sì. Mi piace veramente molto la musica e mi informo attraverso i libri. Inoltre, ho un MP3, regalo dei miei zii della città a valle… A volte mio cugino mi passa qualcosa di nuovo quando abbiamo modo di vederci o mi manda una scheda di memoria tramite il musher». Koori parò a lungo. Strano per uno come lui, sempre abituato a tacere.
Intanto, non visto, un batuffolo di pelo grigio era salito sulla veranda e odorava il puntale del violoncello, curioso.
«Fenrir!», lo riprese – verbalmente e fisicamente – il padrone, allontanandolo dallo strumento musicale.
«Anche il tuo lupo è curioso, proprio come te, e sta crescendo in fretta», notò l’uomo.
«Sì», borbottò Koori, rimettendolo a terra, continuando poi a guardare il violoncello.
Sembrava affascinato da quelle corde e da quel legno d’acero e abete.
«Non avevo mai sentito un suono simile…» disse, prima che il vecchio gli potesse porgere una qualsiasi domanda. «È così malinconica… Mi ha fatto venire in mente il lamento di un angelo, solo al mondo, che cade dalle nuvole, giù, verso la terra… Dove incontrerà solo uomini ricchi d’odio e di cattivi sentimenti. Ecco perché piange: preferirebbe la solitudine del suo mondo bianco all’essere circondato di ipocrisia e falsità».
L’uomo annuì, carezzando un lato della cassa armonica.
«Sono felice di essere riuscito a suscitare in te forti emozioni e potenti immagini», disse, posando l'archetto in crine di cavallo e legno di pernambuco sopra il leggio. Sapeva che la discussione sarebbe finita lì e che quel ragazzo sarebbe tornato a casa, lasciandolo di nuovo solo, nonostante lui stesso ne desiderasse la compagnia. Per cui non si aspettò la seguente affermazione di Koori:
«Mi piacerebbe imparare ad usarlo».
Il conciatore, sbalordito, sbarrò l’occhio: «Veramente?», chiese.
Koori rispose con un cenno del capo a indicare un “sì”. «Però non saprei dove comprarlo. Noi non scendiamo quasi mai in città».
L’uomo sorrise, scuotendo il capo. «Non ti preoccupare: potrò prestarti il mio violoncello». Questa volta fu Koori a rimanere sorpreso. «Te lo farò provare e, se ti piacerà, continuerai a suonarlo. Conosco un liutaio molto bravo nella città vicina, te lo farò costruire da lui».
Fenrir si sdraiò sugli anfibi di Koori, facendogli così un po’ di caldo. Era stufo di rimanere nello stesso posto per tanto tempo, quando era fuori: era ancora un cucciolo e voleva giocare con il proprio padroncino, non stare lì a chiacchierare con una persona anziana!
«Va bene, vecchio» annuì Koori. «Ci sto. Inizierò a mettere i soldi da parte. Il problema sarà trovare qualcuno che mi insegni ad usarlo…».
L’anziano rise e si indicò «Ma ce l’hai qua, davanti a te!».
Il ragazzo lo guardò strano, indicandolo di rimando. «Tu?».
«Non mi credi in grado?».
«Oh, al contrario… Sei così bravo che anche uno zuccone come me non avrebbe difficoltà a imparare, ma… Perché lo fai?».
«Per avere un po’ di compagnia giovane attorno e qualcuno con cui condividere una passione. Sai, io ho avuto solo una figlia, che ormai non c’è più, e mi sarebbe piaciuto avere un nipote…» spiegò triste – come la sua melodia, come se quel violoncello riflettesse lo stato interiore della persona che lo suonava.
Koori abbassò gli occhi bicromi, guardando Fenrir.
«Io non ho mai avuto i nonni: ho solo mamma e papà» rispose piano, per poi rialzare lo sguardo. «Da oggi, allora, tu sarai il mio vecchio!» disse deciso, facendo sorridere il conciatore.
«Allora è deciso. Ti aspetto domani alla lezione di prova, al tramonto».
«Sì», annuì il ragazzo, felice di avere avuto quella possibilità. «Quando mi costeranno le sue lezioni?».
«Nulla, come non ti costerà nulla il tuo futuro violoncello, ragazzo mio» spiegò affabile. «Prendilo come un regalo del tuo nonnino acquisito».
Koori lo ringraziò con un abbozzo di sorriso, smorfia che ben pochi conoscevano, a parte Fenrir e i suoi genitori – coloro che lo avevano adottato, senza fargli sapere nulla del suo ignoto passato.
«Va bene» annuì, sbadigliando in maniera ineducata, senza apporre la mano davanti alla bocca, dando un perfetto spettacolo di rozzezza. «Io mo’ vado a casa. Sono stanco…» si lamentò.
«Va bene, Koori. A domani» lo salutò l’uomo, con un sorriso.
«Sì. Ciao e ancora grazie, vecchio» disse il ragazzo, che, preso Fenrir da sopra i propri scarponi e caricatoselo sulla spalla, si incamminò verso casa, sperando che la madre avesse terminato i mestieri.
Quando Koori fu abbastanza lontano, la porta di casa della bottega del conciatore si aprì e la sarta uscì con passo delicato in veranda, arrivando dietro al marito.
«Mi dispiace davvero per lui… Dovrebbe sapere la verità…» iniziò a dire la donna.
«Cara, per favore…» le disse il marito, ma lei lo tranquillizzò, accarezzandogli i bianchi capelli, ancora robusti.
«Non preoccuparti: ti ho promesso che manterrò il segreto, e in tutti questi anni non ti ho mai dato motivo di dubitare della mia parola» sussurrò lei.
«Lo so, Amore… altrimenti non avrei mai scelto te come mia sposa. Tu che hai saputo guardare oltre…».
Entrambi sorrisero, ancora così innamorati nonostante gli anni passati.
«Sono contenta che sia riuscito ad avvicinarlo a te…».
«In realtà è venuto da solo… Forse è il destino che l’ha voluto…».
La donna annuì e gli scostò gentilmente delle ciocche di capelli che gli ricadevano scomposte di fianco, mettendogli così in mostra, solo per un attimo, le orecchie mancanti di punte, come fossero state tagliate di netto.
Perché nessuno sapesse.


§Fine§
XShade-Shinra




Note: Non balzate subito a soluzioni affrettate: ricordate l'occhio - per maggiori info, consultare dei capitoli addietro.
In questa calda e assolata giornata  di Luglio torno con il nuovo capitolo della mia raccolta.
Mi dispiace per il ritardo, ma sono rimasta fregata da due contest di fila: nel primo avevo quasi finito di scrivere la storia ma ho dovuto dare forfait, nell'altro i giudici sono spariti, partendo per qualche paradiso fiscale. Così il capitolo ha subito numerosi rimaneggiamenti, e ora eccolo qui, pronto per far parte integrante della raccolta.
Anche se le storie tra di loro sono slegate, in realtà nella mia mente c'è una scaletta logica per postare i capitoli - ecco perché non ho più postato altro nel frattempo.
Vorrei inoltre chiedere il vostro parere su una cosa: sono in difficoltà per la "saga del passato", perché un solo capitolo mi basterebbe anche, ma sarebbe lunghissimo. Voi cosa preferite? Capitolo unico lungo o capitolo diviso in parti (esempio: "La Compagnia d'Oltralpe - Parte 1",  "La Compagnia d'Oltralpe - Parte 2", "La Compagnia d'Oltralpe - Parte N")?
La possibilità di fare una raccolta a parte è già stata scartata a priori da me. ^^
Fatemi sapere come preferite voi lettori.
Bene, spero di poter aggiornare l'11 Agosto - anche perché NdN festeggia il secondo anno - con un capitolo abbastanza particolare...
Grazie a tutti quelli che ancora mi seguono, nonostante i miei tempi biblici. Perdonate questa scrittrice drogata di contest che vi ha fatto solo perdere tempo! >.<

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.


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Capitolo 19
*** 18. La Fine della Guerra ***


- Hellcome to NevediNotte -
 La Fine della Guerra

C'è chi va e c'è chi resta.


Il Cacciatore fissava con occhi vacui la lapide di fronte a sé.
Tutti gli altri abitanti di NevediNotte che avevano partecipato alla Santa Messa se n’erano ormai andati dopo il seppellimento, e perfino il nuovo parroco era tornato a casa.
«Cacciatore?», lo chiamò Neve. La voce triste si fondeva con il forte vento, il quale soffiava ormai da giorni, portando con sé i fiocchi di neve. Il Cacciatore non sollevò gli occhi, e lo spettro decise comunque di continuare. «Ha fatto tanto per noi. Era l’ultimo tassello del puzzle perché tutto questo finisse».
Le sue parole erano atte a tranquillizzarlo, a fargli capire che quella tomba conteneva il cadavere di una persona che era morta con il sorriso sulle labbra, perché in vita aveva dato molto a tanti ed era sempre rimasta fedele ai propri ideali, arrivando perfino a voler trascorrere da single tutta la vita per non mancare di rispetto al suo amore non corrisposto.
L’uomo dai capelli bruni continuò a fissare quella lapide senza muoversi, sbattendo solo le palpebre. Non una lacrima in quegli occhi scuri. Non un sentimento in quel viso severo.
A un occhio disattendo sarebbe sembrato solo assorto, ma Neve sapeva bene che il Cacciatore, dentro di sé, soffriva come poche volte gli era accaduto.
La neve continuava a cadere accompagnata dal vento; e ormai aveva ricoperto le tombe e le parti superiori delle lapidi del cimitero. Neve fluttuava in posizione seduta sulla lapide della tomba accanto a quella dove era il bruno, con il lungo vestito candido che ne copriva l’iscrizione.
Il gatto poltergeist era seduto sul suo grembo, e si lasciava accarezzare. Anche lui aveva compreso che quel giorno era accaduto qualcosa di molto triste per i suoi due amici a due zampe. 
Solo dopo parecchi minuti il Cacciatore si rivolse al fantasma, parlandole con voce triste e profonda:
«Sai bene che questo incubo non finirà mai, Even…», le disse il Cacciatore. «Abbiamo solo ristabilito l’equilibrio, ma quanto durerà?».
Lei annuì, facendo i grattini dietro le orecchie al poltergeist.
«Lo so, ma… io ho assolto il mio compito. Non ho più rimpianti, e la tua missione è ormai terminata. Ora, posso andare via», gli disse, tendendogli la mano. «Tu, invece?».
Lui la guardò e scosse il capo.
«Io non posso accedere né all’Inferno, né al Paradiso, né al Purgatorio. Io sparirò qui». Lo aveva capito ormai da secoli. Un essere senza anima non avrebbe avuto futuro dopo la morte. L’avrebbe atteso solo il nulla.
«Ricordi cosa diceva Padre Bernardo? Dio è grande e misericordioso e accetta tutte le persone buone che bussano alla porta della sua Casa», gli disse la donna.
«Io non sono buono», sussurrò lui, accarezzando la tomba sulla quale era seduto.
«Invece lo sei: hai lottato per il bene di tutti…», gli sorrise. «E anche lei l’ha sempre saputo».
Il Cacciatore, allora, abbozzò un sorriso.
«Even… posso chiederti un ultimo favore?».
«Certo…».
«Posso andarmene prima di te?».
Quella proposta fece rimanere senza parole il fantasma, e il Cacciatore si affrettò a spiegare:
«Ormai, qui non è rimasto nessuno di coloro che sono diventati importanti per me, a parte te… Appena te ne andrai via, io rimarrò solo. Mi sarebbe piaciuto morire prima di qualcuno…».
Even annuì piano, capendo ciò che il Cacciatore doveva provare in quel momento.
Era sempre stato burbero e scontroso davanti agli altri, ma nel buio della sua casetta piena di carcasse, lui penava e si disperava nella solitudine che lo corrodeva dentro.
«Allora… Addio, Cacciatore… Spero di rivederti nell’aldilà…».
Il bruno sospirò felice e un braccio gli si staccò dal corpo, rimanendo intrappolato a ciondoloni tra i pesanti vestiti. Poi fu il momento della mano inguantata, che cadde a terra, sulla tomba, puzzando di cadavere. E così, a seguire, il suo corpo cominciò pian piano a disfarsi, come un oggetto che abbia ormai terminato il proprio ciclo di vita. Il Cacciatore stava trattenendo da giorni quel processo di autodistruzione, perché voleva morire il più tardi possibile.
Pezzi di carne, cute, ossa e tessuti caddero a terra, tra la neve, sotto gli occhi impotenti di Neve, che lacrimarono appena.
Conosceva il Cacciatore da secoli ed erano sempre rimasti insieme in quella lotta contro le Creature che andava avanti da tempo immemore.
«Grazie di tutto, Even… Grazie per non avermi lasciato solo in tutti questi anni…», sussurrò il bruno, con voce roca. «Salutami tutti quelli che ho conosciuto e che non mi hanno trattato come l’ammasso di carne che sono, e ringrazia anche da parte mia coloro che ci hanno aiutato in questa guerra di cui nessuno saprà mai l’esistenza… E di’ alla Dottoressa che se fossi nato umano avrei davvero voluto una donna coraggiosa e buona come lei al mio fianco».
«Lei, nel suo cuore, lo sapeva già, bambino…», sorrise Neve, mentre lo vedeva perdere sempre più consistenza, finché non crollò del tutto a terra, riverso al suolo, come a voler dormire per sempre là, sulla tomba della Dottoressa dei Morti.
Neve si asciugò le lacrime e sollevò il micio per posargli un bacio sulla testina.
Lui la guardò interrogativo con i suoi grandi occhi rossi come tizzoni ardenti, e lei gli disse piano:
«Sei rimasto solo tu, ora. Io devo andare… I fantasmi rimangono sulla terra finché hanno dei rimpianti, e ora è il tempo per me di riabbracciare Xuěyún».
«Miè!», miagolò gioioso il gatto, strofinando la testina contro il viso dello spettro. Fece un piccolo saltello e si arrampicò sulla sua spalla, mettendosi comodo, come se non volesse che se ne andasse.
«Ehi», lo sgridò appena, prendendolo e facendolo saltare sulla neve fresca. «Anche io vorrei portarti con me, ma devi restare… altrimenti, chi baderà al villaggio?», gli domandò. 
Il gatto miagolò piano, capendo quello che Neve voleva dire. 
«Mi raccomando… Ora il villaggio è in mano tua. Proteggilo come hai sempre fatto», sorrise composta. «Ciao, gattino… È da non so quanto che desidero questo momento, ma non riesco a essere pienamente felice… Anche io, come il Cacciatore, mi ero affezionata tanto alle persone che ho conosciuto attraverso i secoli, e anche io come lui soffrivo nel vederli morire, ma il fatto di essere già passata a miglior vita mi ha aiutato a sopportare meglio la sofferenza che mi affliggeva», sussurrò, chiudendo gli occhi.
In quel momento, Neve avvertì come se il vento la stesse abbracciando, trasmettendole calore. Quel calore umano che aveva quasi dimenticato.
«Mi mancherà questa città… Spero di incontrare tutti i miei amici nel posto dove andrò…», sussurrò, per poi scomparire con una folata di vento un po’ più forte, come se non fosse mai esistita.
In quel cimitero rimase solo un ammasso di carne avvolto da degli stracci, che presto sarebbero diventati cibo per i cani del musher, già attratti da quel forte odore di carogna.
Il gattino poltergeist andò dal Cacciatore e gli leccò il volto senza più lineamenti, come un ammasso di carne sciolta. Un ultimo saluto anche da parte sua.

Ben presto i cani giunsero al cimitero, dove il felino li attendeva, sdraiato sopra la lapide della Dottoressa.
Li guardò con i suoi occhi rossi. Li conosceva molto bene: otto bellissimi bastardini.
Aldebaran, Orion, Polaris, Crux, Lattea, Sirius, Alfa e Centauri.
Erano rimasti senza il padrone, ormai. Ed erano mesi che un nuovo musher non metteva piede lì a NevediNotte.
“Mangiate. Voi conoscete già le creature, che hanno portato via il vostro padrone. Mi aiuterete a vegliare su questo villaggio, dove l’equilibrio potrebbe essere rotto da un momento all’altro”, sembravano voler dire gli occhi del felino.
I cani si avvicinarono sommessamente e mangiarono i resti di carne; ce n’erano di tutti i tipi: alce, camoscio, orso, lupo, volpe... Tutto. Tranne carne umana.
Il gatto si stiracchiò ronfando, lasciando la coda a ciondoloni davanti all’iscrizione sulla lapide, sulla quale era inciso un epitaffio; il nome e la data erano coperti dalla neve, ma l’iscrizione tombale era ben chiara.

Qui giace colei che difese sempre i più deboli, dandolo loro voce e incollandone i sogni infranti, affinché potessero avere giustizia: i morti”.

Era stata sepolta accanto a un’altra tomba, risalente a centinaia di anni prima, quella che si diceva fosse la più antica di tutto il cimitero, la quale recava una scritta in latino al sapore di speranza:

Even, detta il Fiore del Freddo
624 – 651
 “Non piangere se mi ami. Il tuo sorriso mi dà pace”.

E nel bosco lì vicino, intanto, un paio di occhi rossi nascosti nell’ombra guardavano il villaggio dove ancora nevicava in quella notte senza luna.
Come ogni giorno da quando era stata posta la prima pietra, avrebbe smesso di nevicare all’alba, dando tempo alla neve di celare i peccati della notte.


§Fine§
XShade-Shinra




Note: Xuěyún significa "nuvola di neve" in cinese. È un personaggio della saga del passato. 
L'ultimo epitaffio l'ho trovato su wiki e tra parentesi c'era scritto "vilivan".

Sono qui. Sono io. O_O
Questo capitolo dovevo postarlo l'undici, ma anche il diciotto è un numero molto importante per me, quindi festeggio il secondo anniversario di NdN un po' in ritardo.
Capitolo particolare, che i buoni intenditori capiranno dove collocare... Mi sembrava giusto festeggiare in grande stile. È una scelta azzardata la mia, ma spero piaccia l'idea. Ricordatevi che mancano tanti capitoli intermedi da leggere, quindi...
Se tutto va bene, ci sentiamo a Settembre! ^^

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.

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Capitolo 20
*** 19. Il Nome del Villaggio ***


- Hellcome to NevediNotte -
  Il Nome del Villaggio

«Ah, mi scusi. L’ho chiamata con il nome locale. Intendevo un biglietto per…».


Sara stava finalmente per tornare a casa dopo tanto tempo.
«Sei anni…» sussurrò, ricordando l’ultima volta in cui gli occhi le si erano posati sulla sua casa e la madre l’aveva stretta tra le braccia. Da quel giorno si erano sentite tramite lettera o ponte radio; non altro, perché là nella montagna di neve perenne i cellulari non avevano campo.
Si avvicinò allo sportello della biglietteria ferroviaria, mettendosi sulle punte dei piedi e appendendosi alla balaustra in simil marmo – gli anni erano sì passati, ma era certa che sarebbe rimasta una tappa.
«Buongiorno!» Sara salutò cordiale l’annoiato dipendente. «Un biglietto per NevediNotte».
«Per dove?» domandò l’uomo, aggiustandosi gli occhiali sul naso e sporgendosi verso il vetro forato per sentire meglio.
Sara scandì meglio “Neve di Notte”, separando le parole, ma solo quando l’impiegato grugnì ancora e scosse la testa capì la propria gaffe. «Ah, mi scusi. L’ho chiamata con il nome locale. Intendevo un biglietto per…».

Il viaggio fu lungo, lunghissimo. E noioso, noiosissimo.
Il cellulare fece in tempo a scaricarsi lungo strada e l’MP3 lo seguì a ruota. La temperatura scendeva sempre di più man mano che si avvicinava la sua fermata – e il vagone non era nemmeno adeguatamente climatizzato.
Ma tutto venne presto dimenticato quando, scesa dal treno – l’unica a fare tappa lì –, vide un uomo sulla banchina che sembrava proprio attenderla.
«Zio!» gridò allegra, buttandosi letteralmente tra le braccia del parente, venuto fino alla stazione per prenderla.
Era bello potersi rivedere dopo anni.
Presero la 4x4 parcheggiata accanto all’uscita della fatiscente stazione e si diressero verso il paese.
Risate e chiacchiere si sprecarono a fiumi durante il lungo percorso che dovettero attraversare, ma raggiunsero la loro meta abbondantemente prima del tramonto.
«Zio, puoi fermarti un attimo?» domandò la ragazza, giunti quasi in prossimità dello steccato.
L’uomo la accontentò e la vide scendere e raggiungere il grosso masso accanto alla strada principale: una inamovibile pietra dura e scura, dove era stato inciso il nome del paesino.
«Nevermore…» lesse la ragazza a voce alta, sfiorando il masso coperto dai licheni e corroso in parte dal tempo. «Zio… tu sei diventato il sindaco qui, vero?» chiese la ragazza. L’uomo annuì. «Allora… Perché questo paese ha un nome così... triste?».
L’uomo scese dall’auto e le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla.
«Il mio predecessore mi ha detto che è stata chiamata “Nevermore” perché “una cosa del genere dovrà mai più accadere”» disse in tono basso.
Sara si girò verso di lui.
«Cosa non deve più capitare?» domandò.
Il sindaco le accarezzò i capelli con la mancina. «Solo la Neve lo sa» rispose lui, facendole capire che, anche se sapeva, non avrebbe parlato.
«Il fantasma?».
«Forse…».
Sara guardò verso il bosco, come se sperasse di scorgerla. «Neve… Magari glielo chiederò… Se mai la vedrò».
«Non tutti possono vederla: io non l’ho mai vista».
«E chi è che la può vedere?».
«Non si sa. Alcuni ci riescono, altri no».
«Forse è lei che decide a chi mostrarsi…».
«Chissà…» sospirò l’uomo. Fece per andare via, ma la giovane lo trattenne per la manica del cappotto pesante.
«Perché gli anziani la chiamano “NevediNotte”?» domandò ancora. «Solo perché nevica di notte?».
Per il sindaco fu molto più facile rispondere a quella domanda, perché anche lui aveva porto quella questione e non fece altro che ripeterle la risposta che aveva udito lui stesso da un vecchio ormai defunto: «Sì e no». 
Sara non sembrò soddisfatta. Lasciò perdere l’argomento. «Dopo vorrei andare a salutare anche Ferdinando» disse di punto in bianco, tornando all’automobile.
«Magari domani. Stasera si farà tardi». E la giovane ben sapeva che le regole del villaggio non erano cambiate.
Sorridendo, risalì in macchina con lo zio, che la accompagnò dalla propria sorella perché potesse riabbracciare la figlia dopo gli anni passati lontana all’università.
Non sapeva che nel cervello della ragazza era scattato qualcosa da anni, da quando era ancora bambina.
Non sapeva che lei, ora glottologa, aveva notato una cosa sfuggita ai più.
C’era un apostrofo, mascherato da una piccola frattura nella roccia, e ne era certa.
Nevermore.
Neve’rmore.
Neve or more.
Neve o di più.
Lo aveva studiato a scuola: chi non conosce il proprio passato, non può conoscere il proprio futuro.
E lei non aveva mai smesso di voler scoprire cosa nascondeva (la) Neve.
Cos’era quel “di più”?
Il suo amico poteva aiutarla in questa sua ricerca, anche se per farlo avrebbero dovuto scavare nei ricordi custoditi dai morti.


«Mi servono i vecchi manoscritti che hai portato a padre Bernardo».
«Ma sono scritti in Latino...».
«Ego Latinum nosco».

§Fine§ 
XShade-Shinra



 
Note:
Ferdinado è un PG già apparso nel capitolo: 11. L'Antro dei Ricordi.
Nella frase finale Sara dice: "Conosco il latino", in lingua latina, appunto.

Dopo tanto, finalmente, sono tornata ad aggiornare questa storia.
Mi dispiace davvero per l'attesa, non sono una che molla le sue creature così: la storia continuerà fino alla fine. Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno continuato a sostenermi in questo periodo di pausa, grazie di cuore.

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.

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Capitolo 21
*** 20. L'Abbraccio del Gelo ***


- Hellcome to NevediNotte -
  L'Abbraccio del Gelo

Come un gatto guarì la solitudine di una creatura centenaria.


Non tutti potevano vedere Neve, lo spirito protettore del villaggio.
Eppure lei c'era, era in mezzo a loro tutti i giorni da quando nacque il villaggio, e questo la addolorava.
I pochi che potevano vederla avevano una sorta di timore reverenziale verso di lei e non si avvicinavano, ma in realtà Neve avrebbe tanto voluto parlare con qualcuno.
C'era sì il Cacciatore, ma non era abbastanza umano per quel che mancava allo spettro. Inoltre i due non avevano alcuna affinità. Il compagno di lei, quando entrambi erano ancora in vita, l’aveva mutilato e lei stessa aveva rischiato di ucciderlo – c’erano volute centinaia di anni prima che i due più vecchi abitanti di NevediNotte ancora in “vita” si parlassero per la prima vera volta.
C'era stato poi il primo padre spirituale di allora, ma, sebbene legato al mondo ultraterreno, non voleva avere a che fare con uno spettro, qualcuno che aveva dinegato la casa del Signore per rimanere sulla terra – dimora dei peccatori.
Solo dopo qualche decina di anni dopo – forse proprio un centinaio –, in una fredda notte, le venne rivolto un "Ciao".
Era una vecchia donna arrivata da qualche tempo al villaggio insieme a degli altri avventurieri stanchi che cercavano un posto dove riposare le membra sfinite dalla guerra, e mai prima di allora le aveva fatto capire di poterla vedere.
«Salve…» rispose Even, stupita.
La vecchia vestita di nero era ricurva su se stessa, con le dita rovinate e storte, alcune senza unghie. Molte rughe solcavano il suo volto cascante, la cui parte sinistra era macchiata di nero e la palpebra gonfia chiudeva l’occhio dal quale colava del muco giallognolo. Sorrise, mostrando i pochi denti sbilenchi che aveva ancora, e nonostante tutto a Even parve una visione rassicurante. Tutti la chiamavano strega, ma senza cattiveria nella voce. Anzi, chiunque la incrociasse lungo la strada, la salutava anche con un gesto di riverenza del capo, perché i loro occhi si posavano sul suo corpo consumato a causa della vecchiaia e dalle esalazioni e le spore dei decotti – di vita o di morte – che preparava per sé e soprattutto per gli altri.
«Aspettavo da tempo di poterti vedere» disse lei, infilando una mano dentro una sacca che portava a tracolla sul davanti. Even vide che la vecchia ne sfilò un gatto grigio, ormai senza vita.
«Quello è il suo gatto…» lo riconobbe subito: manto grigio e occhi rossi, era il suo gatto che adorava mangiare castagne. «Mi dispiace…».
La vecchina mosse il capo in gesto negativo. «Non dispiacertene: ha vissuto molto più di un gatto normale e questo l’aveva reso sempre più scaltro e intelligente. A volte ero certa che potesse capire cose che io non riuscivo a cogliere» le disse con voce fina e arrochita. «Ha esaurito la sua settima vita, ormai non posso più fare nulla per lui» disse triste, porgendo il corpicino senza vita verso il fantasma.
Even scosse il capo. «Non posso toccarlo» le disse.
«Prendilo, da ora in poi farà compagnia a te, io incontrerò presto care persone che mi staranno vicine, al contrario di te».
Even non capì il macabro gesto, ma fece come la strega le aveva detto; tese le braccia e mise le mani sotto quelle dell’altra, la quale fece cadere il gatto. Even non si stupì che il corpicino la attraversasse, schiantandosi sulla neve con un soffice tonfo, e stava per rattristirsi, quando vide che sulle sue mani spettrali era rimasto qualcosa.
«Non può essere…» mormorò sorpresa, quando vide la cosa biancastra sollevare la testina e le orecchiette, e guardarla con occhi color fuoco. Era un corpo semitrasparente, che ci mise un po’ a prendere più sostanza, come fosse più un gel che dell’impalpabile aria.
Il micino fantasma miagolò e strusciò il musino sul polso della protettrice del villaggio. Era uno strano tipo di contatto, freddo come la neve che li ricopriva piano, ma Even sentì l’invisibile cuore che si riscaldava, non più solo.
«Grazie!» disse con un bel sorriso in volto e gli occhi che le brillavano appena come preziosi cristalli di rocca. «Come si…» rivolto lo sguardo alla donna, la vide riversa a terra, silente e arricciata come in un guscio di protezione. La strega aveva abbandonato il villaggio, andandosene silenziosamente così come era arrivata.
Era riuscita finalmente a vederla solo perché stava per morire.
Anche il gattino si accorse che la vecchia padrona era in terra, ma la guardò rimanendo tra i palmi di Even, con le spettrali vibrisse tese in avanti. Sotto i loro occhi, il corpo della vecchia, che aveva respirato veleni e pozioni di ogni genere nell’arco della sua lunga vita portata avanti decisamente troppo a lungo per essere solo frutto di longevità naturale, si sciolse corrodendo la neve sotto di sé, come a nascondersi sotto la bianca coltre e sparire bevuta dalla terra.
Even guardò il punto dove era sparita la strega buona e vide un piccolo brillio. Si chinò per prenderlo, ma solo la neve le rimase nel palmo. Delusa, fece per andare via, ma il micino saltò giù dall’altra sua mano e raccolse quello che scoprì essere un pendente d’argento completamente annerito. L’ultimo antiveleno di quella vecchina, usato unicamente per poter andare a parlare con Even prima di morire.
Neve accarezzò la testina del gatto e lo ringraziò. Non doveva trattarsi di un fantasma nomale: doveva essere un poltergeist, l’unico a poter interagire con il mondo delle cose tangibili.
Quel gattino era il suo ponte per le cose tangibili, la compagnia che non la avrebbe mai abbandonata, qualcuno che non sarebbe mai morto lasciandola sola.

Erano passati anni da quell’incontro.  
Padre Leone, anche se non poteva vederla ne avvertiva la presenza e l’aveva accolta e accettata come una preziosa alleata, come fosse un angelo custode, dando lei la possibilità di restare dentro la chiesa durante il giorno e promettendole che anche gli altri preti dopo di lui non l’avrebbero mai cacciata, come era di fatto accaduto.
Più volte aveva cercato un contatto con il Sangue d’Elfo che gli uomini avevano accolto nel villaggio, ma lui non riusciva a vederla nonostante nelle sue vene scorresse quel poco di magia tipica dei suoi antenati – anche se era certa che il suo lupo avesse notato la sua figura tra le nevicate.
Il Cacciatore era sempre di natura solitaria, ma i due a volte parlavano, soprattutto per scambiarsi informazioni sulle cose che accadevano di notte per il Cacciatore e di giorno per Even.
Ma la sua compagnia più importante sarebbe rimasta per sempre quel gattino senza nome, capace di starle vicino e parlare con lei senza dirle una parola, con la sua capacità di sollevare l’umore e asciugare le lacrime con la sua sola presenza sul grembo.
Aveva capito solo qualche tempo prima del perché nemmeno la Dottoressa dei Morti riuscisse a vederla, nonostante lei lavorasse a stretto contatto con i cadaveri, come il cacciatore.
Era stato chiaro quando il nuovo sindaco, accompagnata dal nipote Ferdinando, l’avevano vista una notte. L’aveva capito ripensando che anche padre Bernardo riusciva a vederla e i due erano parenti.
Il sangue non mente.
E negli occhi di quelle persone scorrevano salamandre e orsi.
Il sangue del loro antico capofamiglia: Fulvio, detto la Salamandra del Vulcano o Berta, la Madonna degli Orsi.
Solo i discendenti di chi l’aveva conosciuta prima di morire, allora, poteva scorgerla. Per la prima volta da quando divenne fantasma fu contenta che ben pochi riuscissero a vederla: il sangue si era mischiato.
E di colpo realizzò che tutti i mostri nel bosco dovevano vederla ogni notte a vagare per il suo villaggio, e questo le diede la forza per continuare nel suo interminabile cammino senza meta.


§Fine§ 
XShade-Shinra


 
Note:
Sono passati eoni dal mio ultimo aggiornamento, ma eccomi ancora qui; questa storia non rimarrà incompiuta, non ne avrei proprio il cuore. Grazie mille a tutti coloro che hanno continuato a credere in me, a recensirmi e a mandarmi messaggi di complimenti e/o in stile "Chi l'ha visto"! XD
Spero di essere un po' più puntuale con le pubblicazioni da qui in poi, visto che - imprevisti a parte - ora sono più organizzata con la RL (causa principale di tutti i miei ritardi). Prossimo aggiornamento previsto: tra un mese. Non me la sento proprio di dire prima.
Ho spostato la storia nella sezione Fantasy, perché alla fine credo sia più giusto che stia qui, non altro. ^^
A presto!

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.

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