Head in the clouds

di smile_tears
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Serendipity ***
Capitolo 2: *** Fever ***
Capitolo 3: *** First love ***
Capitolo 4: *** Lost in the past ***
Capitolo 5: *** Mint ***
Capitolo 6: *** 4 A.M. ***



Capitolo 1
*** Serendipity ***




Serendipity
 
Taehyung fissò la sua immagine riflessa nello specchio per la millesima volta nell’arco di dieci minuti. Aveva deciso cosa indossare quella sera tre giorni prima, non appena il suo unico dongsaeng gli aveva confermato che quel fine settimana sarebbero usciti e ci sarebbe stato anche lui. Non avrebbero fatto niente di che, solo una semplice uscita tra amici in un locale poco fuori città che frequentavano abbastanza spesso. Non sarebbe stato niente di eccezionale, se non fosse stato per la sua presenza.
Il ragazzo sospirò, controllando per l’ennesima volta che i pantaloni neri scelti per l’occasione non fossero troppo stretti, ma neanche troppo larghi da nascondere le sue forme, per poi risistemare la camicia bianca al loro interno. Aveva l’ansia. Lui, che raramente soffriva di ansia per esami e cose anche più importanti, sentiva lo stomaco contorcersi al solo pensiero che quella sera si sarebbe unito ad una delle loro solite uscite anche quella che era  la sua cotta da ormai un anno e mezzo.
«Taehyung-ah. –Min Yoongi, suo migliore amico e coinquilino, fece il suo ingresso nella stanza senza neanche premurarsi di bussare.- Sei pronto? Se non partiamo entro cinque minuti non faremo mai in tempo a passare a prendere Jimin ed arrivare al locale in orario per incontrare Jungkook-ah.»
Taehyung sospirò nuovamente, dandogli come unica risposta un cenno affermativo col capo. Gli diede le spalle e si avvicinò al letto, prendendo il cappotto che aveva lasciato lì un’ora prima, quando aveva cominciato a prepararsi. Una volta pronto si voltò, incontrando lo sguardo leggermente preoccupato del suo migliore amico. «Mi fa male lo stomaco per quanto sono in ansia, hyung, non capisco perché.»
L’altro gli sorrise appena, posandogli una mano sulla spalla. «Credo sia comprensibile, Tae. Anche se lo conosciamo da più di un anno è la prima volta che Jimin ci degna della sua presenza durante una delle nostre uscite.»
Taehyung annuì, non sapendo cosa rispondere, ma mentre l’altro stava per uscire lo bloccò di nuovo. «Hyung.»
Yoongi, che gli aveva voltato le spalle per uscire dalla stanza, si voltò fronteggiandolo nuovamente. «Dimmi, Tae.»
«Puoi far sedere Jimin vicino a te in auto mentre io mi siedo dietro da solo? Voglio che nessuno si senta a disagio.»
Il maggiore non era troppo d’accordo con l’idea, ma non voleva mettere ancora più in difficoltà il suo migliore amico, quindi si limitò ad accettare la proposta. «Certo, mi basta che tu sia a tuo agio, Tae.»
L’altro sorrise alla risposta del suo hyung e gli fece un cenno affermativo con la testa per fargli capire che stava bene, per poi seguirlo chiudendosi la porta di camera sua alle spalle.
 
 
La prima volta che vide Park Jimin, quasi due anni prima, fu una casualità.
Aveva lasciato l’area dell’università dove studiava arte, per recarsi in quella dove si trovavano le sale prove degli studenti che frequentavano l’accademia di danza. Era la prima volta che si recava lì, ma aveva promesso a quella peste di Jungkook di passarlo a prendere, così si sarebbero potuti recare nello studio di Yoongi per poi uscire tutti e tre insieme. Percorse i vari corridoi, finché non si ritrovò davanti alla sala prove numero sei, dove Jungkook gli aveva chiesto di aspettarlo. Guardò all’interno della stanza attraverso la piccola finestrella sulla porta, per controllare se il suo dongsaeng fosse ancora lì o avesse finito, ma ciò che vide lo sorprese. C’era un solo ragazzo che ballava nella sala e di certo non era il suo amico, essendo più basso e minuto. Si muoveva con grazia, seguendo una melodia che Taehyung non riuscì a riconoscere. Persino lui, che di danza non ne capiva nulla, avrebbe potuto dire che quel ragazzo dai capelli biondi era nato per ballare. Sembrava quasi un angelo, mentre si muoveva con una delicatezza che non credeva possibile. Continuò a fissarlo per minuti interi, finché non fu interrotto da una voce. «Hyung! Scusa se ti ho fatto aspettare, ho impiegato più tempo del previsto nel fare la doccia. Comunque, chi stavi guardando?»
Jungkook lo riempì di domande senza però dargli la possibilità di rispondere, per poi sporgersi oltre la porta per guardare chi stesse provando. Una volta riconosciuto il ragazzo si aprì in un grande sorriso e, dopo avergli chiesto di aspettarlo un attimo, si fiondò nella sala. «Jimin-ssi!»
Il povero ragazzo, che assorto nelle prove non lo aveva minimamente notato fino a quel momento, sussultò sentendosi chiamare, per poi voltarsi verso la voce. «Yah, Jungkook-ah! Ti ho detto mille volte che per te è hyung! Sono due anni più grande di te!»
Oh, quindi abbiamo la stessa età.  Pensò Taehyung.
Il più piccolo gli sorrise divertito, per poi portare una mano a scompigliargli i capelli biondi. «Come faccio a considerarti un mio hyung se sei più basso di me?»
«Jungkook-ah!»
Da quel punto in poi Taehyung smise di prestare attenzione alla conversazione, limitandosi ad osservare il biondo con sguardo adorante. Nonostante avesse smesso di ballare la sua postura rimase perfettamente retta, donandogli un’aria imponente nonostante la bassa statura. L’enorme maglia nera che indossava lo rendeva ancora più minuto di quanto effettivamente fosse, cosa che stonava con le braccia robuste lasciate scoperte, gli addominali che era riuscito ad intravedere mentre l’altro ballava e le sue gambe muscolose. Aveva un fisico meraviglioso. No, lui in tutta la sua essenza era meraviglioso. Avrebbe pagato oro pur di poterlo dipingere in uno dei suoi lavori, o anche solo scattargli una foto. Qualunque cosa, purché non dovesse allontanare gli occhi dalla figura eterea del biondino di cui a malapena sapeva il nome. I suoi pensieri si interruppero non appena un paio di occhi castani si incontrarono con i suoi. Il biondo lo stava guardando, sorridendo appena con gli occhi socchiusi, e Taehyung sentì le sue guance arrossarsi. Quel ragazzo così bello lo stava guardando. Non appena realizzò che probabilmente fosse stato notato solo perché l’altro si era sentito osservato, Taehyung arrossì ancora di più e si allontanò dalla porta, portandosi una mano al petto nel vano tentativo di diminuire il battito accelerato del suo cuore. Aveva appena fatto una figura di merda con il ragazzo più bello che avesse mai visto, non si smentiva mai. Quando poco dopo Jungkook ritornò da lui gli sorrise ed andarono via, come se non fosse successo nulla. Ma qualcosa da quel giorno cambiò. Taehyung cominciò ad andare lì sempre più spesso, con la scusa del passare a prendere il suo amico, solo per poter ammirare Jimin da lontano. A volte i loro sguardi si incrociavano attraverso il vetro della finestra, ma subito distoglievano lo sguardo l’uno dall’altro. Taehyung non capiva se l’altro lo guardasse perché si sentiva osservato e gli desse fastidio o se anche lui, in qualche modo, gli interessasse, per poi darsi immediatamente dello stupido per aver anche solo pensato una cosa simile.
Nonostante quella strana e a tratti inquietante abitudine, Jimin non rimase altro che uno splendido sconosciuto per lui, almeno fino ad un anno prima.
Quel giorno era con Yoongi nel suo studio, facendogli compagnia mentre quest’ultimo si disperava perché non riusciva a trovare una voce adatta per l’ultima canzone che aveva scritto. Aveva provato a registrarla sia con Taehyung che con Jungkook, ma nessuna delle due versioni lo aveva pienamente convinto. Aveva persino chiesto aiuto a Suran, una noona con cui aveva stretto amicizia tempo prima, ma non rimase soddisfatto neanche quella volta. Fu proprio in un momento di disperazione totale che Jungkook entrò nello studio, spalancando la porta senza neanche bussare. «Hyung! Credo di aver trovato qualcuno che può porre fine ai tuoi problemi!»
Entrambi i ragazzi sussultarono all’improvvisa intrusione e quando si voltarono verso il loro amico videro che non era da solo. Dietro di lui c’era una figura minuta, che sembrava quasi volesse nascondersi, e quando Taehyung la riconobbe come Jimin quasi urlò. «Hyung, questo ragazzo è Park Jimin, ci siamo conosciuti a danza tempo fa. Oggi l’ho sentito canticchiare e sapendo il tipo di voce che ti piace ho pensato fosse perfetto.»
Il ragazzo arrossì a quelle parole, per poi timidamente spostarsi dalla figura di Jungkook per avvicinarsi a Yoongi e inchinarsi. «Sono Park Jimin. Piacere di conoscerti, hyung.»
L’altro ragazzo rimase sorpreso, ma trovò il suo imbarazzo e la sua educazione talmente adorabili che non poté non sorridere. «Hyung? Comunque piacere mio, sono Min Yoongi.»
Il minore rialzò lo sguardo, le sue guance se possibile erano ancora più rosse di prima. «Uh, sì. Jungkook-ah mi ha detto che sei più grande di me.»
«Sì. –Confermò subito il nominato.- Jimin ha la stessa età di Taehyungie hyung.»
Come riflesso naturale lo sguardo di Jimin si posò su Taehyung, le cui guance si imporporarono immediatamente. Non riuscendo a reggere lo sguardo dell’altro prese a fissarsi i piedi, per poi inchinarsi e presentarsi. «Kim Taehyung, piacere di conoscerti.»
Jimin, nonostante l’imbarazzo, gli sorrise dolcemente e si inchinò a sua volta per presentarsi.
Dopo le presentazioni cominciarono a registrare. Jimin, anche se ancora timoroso e imbarazzato, si mise davanti al microfono, le cuffie sulle orecchie, e prese a cantare. Dall’altra parte del vetro i tre ragazzi ascoltavano attentamente senza fiatare, troppo concentrati sulla voce delicata e acuta di Jimin. Taehyung non riusciva a credere alle sue orecchie. Non solo il ragazzo per cui aveva preso un’enorme cotta era un ballerino fantastico, ma sapeva anche cantare. E, Dio, che voce.
Una volta finita la canzone Jimin si tolse le cuffie, portando lo sguardo oltre il vetro e inclinando di lato la testa, come a chiedere se fosse andata bene. Yoongi rimase in silenzio ancora un paio di secondi, prima di scattare in piedi battendo le mani sul tavolo, facendo spaventare i suoi due dongsaeng. «Sì, cazzo, sì! È perfetta! –Si voltò verso Jungkook, prendendogli il volto tra le mani, per poi schioccargli un bacio sulla fronte, facendolo arrossire, mentre Taehyung era piegato in due dalle risate. Subito dopo Yoongi si rivolse all’altro ragazzo, che ancora aspettava sue direzioni.- Hai una voce stupenda, Jimin-ah, ed è perfetta per come avevo immaginato la canzone. Ti dispiace registrarla di nuovo?»
Il ragazzo sorrise, gli occhi ridotti in due adorabili mezze lune e una piccola fossetta a far capolino sulla sua guancia destra, per poi scuotere la testa. «La ripeterò quante volte vuoi, hyung.»
Da quel giorno Park Jimin divenne una nuova costante nelle loro vite, almeno in quelle di Jungkook e Yoongi. Capitava spesso che quando Jimin e Jungkook avessero lezione insieme si incontrassero per poi raggiungere Yoongi, passando pomeriggi interi in studio a registrare. Quando possibile Taehyung si univa a loro, ma molto spesso i suoi orari non coincidevano e si ritrovava a poter solo ascoltare i racconti di Yoongi la sera quando cenavano insieme o quelli di Jungkook la mattina dopo, quando si sarebbero trovati per fare colazione. In un certo senso Taehyung si sentiva lasciato indietro. Era sempre stato quello che aveva dimostrato più interesse nel conoscere Jimin e i suoi amici ne erano a conoscenza, invece si ritrovava ad essere quello che gli parlava meno. Jimin era molto timido, ma con il passare del tempo era riuscito a fidarsi anche di Yoongi e ormai parlavano senza problemi. L’unico con cui ancora aveva difficoltà ad aprirsi era proprio Taehyung e questo lo buttava davvero giù. Le poche volte che si vedevano si parlavano, certo, ma sembrava sempre che Tae dovesse tirargli le parole con le pinze. Quindi, per paura di infastidirlo, si ritrovava semplicemente a starsene zitto e lasciare che l’altro dialogasse solo con gli altri due, nella speranza che presto quella situazione sarebbe giunta al termine.
 
 
Arrivarono sotto casa di Jimin dopo poco più di cinque minuti da quando si erano messi in viaggio. L’ansia di Taehyung invece di diminuire era aumentata, raggiungendo il culmine non appena vide la zazzera di capelli rosa di Jimin fare capolino dalla portiera dell’auto. «Ciao Yoongi hyung, TaeTae.»
I due ricambiarono il saluto e Taehyung dovette mordersi la lingua per non usare nessun nomignolo. Anche se Jimin aveva preso a farlo senza problemi, forse anche a causa della frequenza con cui sentiva gli altri loro amici chiamarlo così, lui era ostinato a non farlo, credeva di non averne alcun diritto dato che il rapporto tra loro non era poi così stretto.
I successivi quindici minuti che passarono in macchina trascorsero tranquilli. La maggior parte del tempo Yoongi e Jimin parlarono tra loro, mentre Taehyung si limitò a ridere durante i racconti più divertenti, o al massimo a esprimere il suo punto di vista in un qualche episodio raccontato da Yoongi e che coinvolgeva anche lui. Avere Jimin lì, che poco a poco stava entrando nella sua quotidianità, gli riempiva il cuore di gioia. Forse era anche per quello che non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e a smettere di sorridere.
Quando scesero dalla macchina dopo aver parcheggiato videro Jungkook che li stava raggiungendo. Le labbra di Jimin si curvarono subito in un dolcissimo sorriso e non appena raggiunse il minore gli gettò le braccia al collo, stringendolo in un affettuoso abbraccio. A quella vista il sorriso sul volto di Taehyung scemò per un attimo, ma si ricompose subito, come se quella scena non lo avesse minimamente toccato, per poi avvicinarsi al suo dongsaeng che non appena ebbe salutato Yoongi andò ad abbracciare anche lui. Subito dopo andarono all’interno del locale, mandando avanti Yoongi dato che la prenotazione del tavolo era, come sempre, a suo nome. Di solito c’era poca gente, ma quel giorno il locale pullulava di persone, motivo per cui il gruppo si spostava in fila indiana. Nell’ordine, dopo il cameriere, c’erano Yoongi, Jungkook, Taehyung e infine Jimin. Quando giunse al tavolo, Taehyung, che era rimasto leggermente indietro rispetto agli altri due, vide che i suoi migliori amici si erano già messi uno accanto all’altro, quindi si sedette con un sospiro, sapendo che Jimin si sarebbe dovuto sedere per forza accanto a lui. Una volta sistemati ordinarono, continuando a parlare e ridere come se non fosse la prima volta che uscivano insieme. In realtà Taehyung si sentiva leggermente tagliato fuori, ma decise di non darlo a vedere. Non era esattamente una persona timida, ma parlare con la sua cotta che sembrava detestarlo seduto accanto a lui lo metteva a disagio. Poi il fatto che i tre parlassero di cose accadute durante i vari pomeriggi che avevano trascorso insieme in sua assenza non aiutava. Ad ogni loro parola, ad ogni sorriso o risata di Jimin, sentiva il cuore stringersi sempre più in una morsa dolorosa. Non aveva mai visto il rosa così felice, se non mentre ballava, e sapere che lo fosse solo a causa dei suoi migliori amici mentre lui le rare volte in cui parlava riusciva a strappargli a malapena un sorriso lo rendeva incredibilmente triste. Nonostante tutto, però, non lo diede a vedere. Si limitò ad avere un lieve sorriso sulle labbra guardando i suoi amici ridere e scherzare, intervenendo solo ogni tanto con qualche frase o battuta, diretta quasi sempre ad uno dei suoi migliori amici e raramente al ragazzo al suo fianco, che si limitava a guardare ogni tanto di sottecchi.
Ad un tratto Jungkook cominciò a comportarsi da idiota quale era, giocando con la panna del suo milk-shake alla fragola e divertendosi a sporcare anche Yoongi. Jimin rise. Rise come se non ci fosse un domani, mentre con il telefono riprese tutto quello che stava succedendo. Era così assorto a contemplare la bellezza dell’altro, che non si accorse minimamente che il maknae si fosse sporto verso la sua parte del tavolo, sporcandogli il volto e parte dei capelli. «Cazzo, Jungkook-ah!»
Taehyung era visibilmente arrabbiato. Odiava quel genere di cose, odiava sporcarsi e odiava che gli si toccassero i capelli. Avrebbe preso ad insultare il più piccolo, se solo la risata di Jimin non gli avesse riempito il cuore, oltre che le orecchie. Si voltò verso il ragazzo al suo fianco, che con una mano si teneva lo stomaco che gli doleva per le troppe risate, mentre con l’altra stringeva il cellulare con cui lo stava riprendendo. A quel punto si limitò a sorridere appena, per poi voltarsi e recuperare un fazzoletto dalla tasca del suo cappotto e darsi una ripulita.
Dopo quel piccolo teatrino il gruppo andò a pagare, per poi recarsi in un parco giochi lì vicino. Jungkook e Jimin avevano insistito talmente tanto che Taehyung e Yoongi accettarono di accompagnarli solo perché smettessero di dar fastidio. Una volta arrivati i due bambini troppo cresciuti corsero a provare ogni giostra possibile, puntualmente uno dei due saliva sulla giostra mettendosi in ridicolo e l’altro lo riprendeva, ridendo a crepapelle. In tutto questo Yoongi e Taehyung se ne stavano in disparte, osservando i due con un piccolo sorriso sul volto. Almeno si stavano divertendo.
Poco dopo a Jungkook venne la brillante idea di scattarsi dei selfie. Per ricordare questa splendida serata, aveva detto. L’ingrato compito di scattare le foto fu dato a Yoongi, dato che a detta degli altri aveva il telefono migliore. Dopo aver scattato qualcosa come cinque foto, porse il telefono al più piccolo, che però fece un’espressione annoiata voltandosi verso il più grande. «Yah, hyung! Sono venute tutte mosse!»
Yoongi sbuffò. «Senti, io te l’avevo detto che non ero in grado di scattarle. Usa il mio cazzo di telefono se vuoi, ma falle tu le foto stavolta.»
Il più piccolo rise, però annuì. Dopo che si furono rimessi in posa Jungkook scattò un paio di foto, di cui si dimostrò pienamente soddisfatto. Dopo averle inviate agli altri, restituì il telefono al suo hyung, poi di comune accordo decisero di ritornare alle macchine perché ormai si era fatto tardi.
Sì salutarono, con la promessa che quella non sarebbe stata la prima e ultima uscita fatta tutti e quattro insieme, poi Yoongi, Jimin e Taehyung salirono sulla macchina del primo, per riaccompagnare Jimin a casa. Il viaggio proseguì tranquillo, con Yoongi e Jimin che parlavano di tutto e niente mentre Taehyung si limitò ad ascoltare, spiccicando a pena una parola. Quando arrivarono sotto casa del rosa quest’ultimo si lasciò andare ad un fiume di ringraziamenti e di scuse per aver arrecato tanto disturbo, quando a loro non aveva fatto altro che piacere, come si premurarono di dirgli.
Con l’uscita di scena del rosa nell’abitacolo cadde un silenzio tombale. Yoongi guidava, mentre Taehyung se ne stava con la testa contro il finestrino contemplando il paesaggio. «Allora. –Cominciò Yoongi, distraendolo dai suoi pensieri.- Cosa ne pensi?»
Taehyung spostò la testa dal vetro mettendosi in posizione eretta, per poi fissare il volto dell’altro attraverso lo specchietto retrovisore. «Cosa ne penso di cosa, hyung?»
«Di Jimin e della serata in generale.»
Taehyung sospirò, si aspettava una domanda simile, ma sperava che almeno il suo migliore amico aspettasse che rientrassero in casa. «Cosa dovrei pensare, hyung? È stata una bella serata, okay. Mi sono divertito. E mi ha fatto sicuramente piacere che ci fosse anche Jimin. Ma davvero, vederlo ridere e scherzare con voi tranquillamente mentre a me a stento rivolgeva parola ha fatto malissimo. Io sono sempre più convinto che non mi sopporti. E poi rimango sempre della mia idea.»
Erano ormai arrivati a casa e dopo che il maggiore ebbe parcheggiato Taehyung scese dall’auto, estraendo le chiavi dalla tasca del cappotto per aprire il portone. Una volta dentro lasciò la porta socchiusa per il suo migliore amico, per poi andare in camera sua e cominciare a spogliarsi. Pochi istanti dopo Yoongi lo seguì ed entrò nella sua stanza, senza curarsi che si stesse cambiando. «Taehyungie, ti ho già detto che Jimin è abbastanza timido, ha bisogno del suo tempo per aprirsi con le persone. Il fatto che tu, che di solito sei così socievole e loquace, diventi taciturno quando sei con lui non aiuta affatto. Lui raramente comincerà un discorso, devi essere tu a farlo parlare. E per quanto riguarda la tua idea, ti ho detto mille volte che è tutta una tua impressione e che Jimin non prova assolutamente nulla per Jungkook.»
Taehyung sospirò. Era la millesima volta che lui e Yoongi avevano quella discussione, ma finiva sempre allo stesso modo, ovvero con lui che annuiva dicendo di aver capito, per poi rinchiudersi nella sua stanza e continuare a crogiolarsi nella sua tristezza, come se il maggiore non gli avesse mai parlato. Quella volta non andò diversamente e, se mentre quella notte cercava di prendere sonno Taehyung pianse, a nessuno è dato saperlo.
 
 
Le settimane passarono tranquillamente, susseguendosi come un continuo copia e incolla. Da quella sera i quattro amici non avevano organizzato altre uscite e Taehyung ormai vedeva Jimin solo quando si incrociavano per caso lungo i corridoi. Nelle giornate fortunate dalle labbra del rosa uscivano anche parole come come stai?, oltre al misero ciao che gli rifilava ogni volta che si vedevano.
In più ormai non riusciva a beccarlo neanche nello studio di Yoongi, i suoi orari in università in quel periodo non coincidevano per nulla con quelli degli altri, con il risultato che ormai vedesse solo Yoongi dato che vivevano insieme e ogni tanto Jungkook, quando si autoinvitava a casa loro.
Un altro pensiero che stava tormentando Taehyung in quel periodo riguardava il compleanno del rosa, che sarebbe stato un paio di giorni dopo. Non sapeva se dovesse limitarsi a fargli gli auguri per messaggio oppure se ascoltare la sua mente malata e andare in università e farglieli di persona. Il dubbio non gli sarebbe mai sorto, se solo lo scorso anno, quando si conoscevano ufficialmente da solo un paio di mesi, Jimin non gli avesse fatto gli auguri di persona. Era stato un caso, ovviamente. Jimin neanche sapeva fosse il suo compleanno, ma Jungkook se l’era fatto scappare mentre erano tutti e tre a prendere un caffè dopo le prove e il rosa non aveva esitato un attimo a sorridergli e augurargli un buon compleanno, per poi scusarsi per non averlo fatto prima.
Taehyung voleva sorprenderlo, solo quello. Voleva fargli capire che per lui era importante, al punto da recarsi in università un giorno in cui non avrebbe avuto lezione solo per potergli augurare un buon compleanno. Ormai aveva preso la sua decisione.
 
Il tredici ottobre, poco prima che arrivasse l’ora in cui Jimin e Jungkook terminavano le lezioni, Taehyung si trovava già all’ingresso del palazzo che ormai frequentava sempre più spesso. Dovette aspettare una decina di minuti prima di riuscire a vedere le figure di Jimin, Jungkook e Yoongi andargli in contro. Non aveva idea del perché quest’ultimo si trovasse lì, ma glielo avrebbe chiesto più tardi. Quando gli furono vicino nessuno dei tre si premurò di nascondere la sorpresa nel trovarlo lì e, dopo che ebbe salutato i suoi due migliori amici, si avvicinò a Jimin. «Buon compleanno, Jimin-ah.»
Il rosa era piacevolmente sorpreso, finché un lampo di incredulità non gli attraversò gli occhi. «Sei venuto fin qui solo per darmi gli auguri di persona?»
A quelle parole Taehyung si sentì avvampare. Non voleva ammettere una cosa tanto imbarazzante, ma odiava mentire. Oltre al fatto che fosse un pessimo bugiardo. «Forse.»
Jimin ridacchiò appena, per poi aprirsi in uno dei suoi magnifici sorrisi e gettargli le braccia al collo, abbracciandolo stretto. «Grazie mille, Taehyungie, non sai quanto questa cosa mi abbia reso felice.»
Taehyung arrossì ancora di più, se possibile, per poi aprirsi in un grande sorriso e allacciare le braccia intorno alla vita stretta dell’altro. Era la prima volta che avevano un contatto così intimo e diamine se a Taehyung piaceva.
Si separarono poco dopo, entrambi con le guance rosse ed un timido sorriso sulle labbra. Solo a quel punto sembrarono ricordarsi della presenza degli altri due alle loro spalle, che  sorrisero inteneriti, per poi annunciare di avere un impegno e lasciarli da soli. I due, rimasti soli, si guardarono negli occhi, finché Jimin non si aprì in un altro dei suoi sorrisi. «Che dici, torniamo a casa insieme?»
Taehyung ovviamente annuì, così i due si ritrovarono a camminare uno accanto all’altro. Però nessuno dei due aveva messo in conto che esaurite le solite domande di rito, come cosa hai fatto oggi? e come stai?, sarebbe caduto il silenzio tra di loro. A quel punto il più alto, stanco, sospirò, portando l’attenzione su di sé. «Jimin-ah. –Lo richiamò.- Devo farti una domanda, ma devi rispondermi sinceramente.»
Il più basso lo guardò preoccupato, probabilmente non aspettandosi un’uscita del genere, ma poi annuì. «Jimin, per caso ti sto antipatico? O ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?»
Lo sguardo del rosa, se possibile, si fece ancora ancora più confuso e preoccupato. «Cosa? No, certo che no. Ma come ti è saltata in mente una cosa simile, Taehyungie?»
«I-io. Non lo so, Jimin. È che ti vedo sempre parlare tranquillamente sia con Jungkookie che con Yoongi hyung, mentre a me rivolgi a stento parola. So che sei timido, infatti all’inizio non ho detto nulla proprio per quello, pensando che avessi bisogno solo di un po’ di tempo in più per conoscermi e aprirti. Ma ormai è passato più di un anno e la situazione non è cambiata, quindi ho pensato di essere io il problema. Ad un certo punto mi sono persino convinto che tu avessi una cotta per Jungkook e uscissi con noi solo per quello, finché non l’ho detto a Jungkook stesso, che ha finito con lo scoppiare a ridermi in faccia e darmi del coglione. Io, davvero, voglio solo sapere qual è il problema.»
Alla fine del suo discorso portò gli occhi in quelli di Jimin, quando quest’ultimo scoppiò a ridere, lasciandolo perplesso. «Io, scusa. È solo che… Davvero credevi avessi una cotta per Jungkookie? Se gli sto sempre così vicino è solo perché ha la stessa età di mio fratello, mi viene naturale viziarlo in questo modo. E per il resto, Taehyungie, davvero credi che io non ti sopporti? Hai davvero passato un anno con questa convinzione? Mi dispiace davvero tanto averti fatto stare male, non era mia intenzione. È solo che accanto a te mi sento in soggezione e non so mai cosa dire, da dove partire per avere una conversazione. Mi piace davvero tanto stare in tua compagnia e vorrei che incominciassimo a parlarci di più.»
Taehyung vide nello sguardo di Jimin sincero dispiacere, per cui gli venne naturale sorridergli. «Sta’ tranquillo, Jimin. L’importante è che adesso abbiamo chiarito la situazione. E anche a me piacerebbe tanto che cominciassimo a parlare di più.»
Essendo ormai arrivati a casa di Jimin si lasciarono così, nella speranza che quella tacita promessa venisse mantenuta.
 
 
I mesi erano passati e il rapporto tra Jimin e Taehyung si era finalmente evoluto. Poco alla volta Jimin aveva cominciato a parlargli con sempre più frequenza quando erano tutti e quattro insieme. Poi dopo poco cominciò a parlargli anche quando lo trovava da solo, cominciò a chiedergli di uscire anche se sarebbero stati solo loro due. Ogni tanto, quando gli orari glielo permettevano, passava a prendere Taehyung quando finiva di fare lezione e insieme si dirigevano da Yoongi. Aveva persino cominciato ad accodarsi a Jungkook, quando quest’ultimo si invitava a casa dei suoi due hyung, finendo con l’andarci anche da solo, a volte persino quando in casa c’era solo Taehyung.
Ormai tra loro si era instaurato un vero rapporto di amicizia e Taehyung ne era più che felice, smettendo finalmente di farsi stupide paranoie.
 
Era la sera del ventinove di dicembre e Taehyung era tranquillamente sdraiato sul suo letto a leggere un manga preso dalla sua infinita collezione. Si stava annoiando e sarebbe andato tranquillamente a letto, se non fosse che mancava poco alla mezzanotte. Il suo compleanno.
Improvvisamente il telefono al suo fianco vibrò, segnalando l’arrivo di una notifica. Era un messaggio di Jimin. So che è tardi, ma potresti farmi entrare?
Nel leggere quelle parole il suo cuore aumentò i battiti, non riusciva a crederci. Jimin era davvero sotto casa sua in piena notte? Si fiondò verso la finestra della sua camera e si affacciò, vedendo la figura del maggiore fagli un cenno di saluto con una mano.
A quel punto corse ad aprire il portone di casa, senza neanche premurarsi di fare silenzio in caso il suo hyung stesse dormendo, cosa di cui però dubitava. Non appena ebbe aperto vide un Jimin infreddolito, che nonostante tutto gli sorrideva dolcemente. «Jiminie! Cosa ci fai qui a quest’ora? E con questo freddo, poi.»
Il ragazzo fece spallucce, come se non fosse niente di importante. «Manca poco al tuo compleanno e io volevo assolutamente darti il mio regalo il prima possibile.»
Taehyung scosse la testa, incredulo, per poi trascinare l’altro fino alla sua camera da letto. Dopo essersi liberato del cappotto e della sciarpa, Jimin si sedette sul letto, accettando la coperta che l’altro gli porse. «Taehyungie, puoi prendere il computer e le cuffie prima di sederti qui accanto a me?»
Anche se un po’ stranito, il più piccolo fece come gli era stato detto, per poi sedersi a gambe incrociate di fronte all’amico. Parlarono del più e del meno finché, a mezzanotte in punto, Jimin non gli porse una custodia con all’interno un cd. «Buon compleanno, Taehyung. Il regalo potrà sembrarti un po’ banale, ma spero davvero che ti piaccia.»
Il minore prese il cd dalle mani dell’altro ringraziandolo e sorridendogli dolcemente, per poi inserire il disco nel computer. Non appena il cd partì sentì la voce dolce di Jimin attraverso le cuffie ed ebbe un fremito. Era sicuro di non aver mai sentito quella canzone e poteva esserci solo una spiegazione. « All this is no coincidence/ Just, just, by my feeling/The whole world is different from yesterday/Just, just, with your joy […] The universe has moved for us/ Without missing a single thing/ Our happiness was meant to be/ Cuz you love me, and I love you/ You’re my penicillium, saving me, saving me/ My angel, my world/ I’m your Calico cat, here to see you/Love me now, touch me now […] Since the creation of the universe/ Everything was destined/ Just let me love you/ Just let me love you.»
Taehyung ormai stava piangendo, senza neanche cercare di trattenersi. Jimin gli aveva scritto una canzone. Gliel’aveva cantata. E, diamine, a meno che non fosse impazzito, Jimin gli si era appena dichiarato. Portò gli occhi pieni di lacrime in quelli di Jimin, che lo osservavano ricolmi di affetto e felicità. «I-io, grazie Jimin. È, è stupenda, davvero, non so che dire.»
Il maggiore gli sorrise, portando poi le sue mani sulle guance solcate dalle lacrime, nel vano tentativo di asciugarle. «Sono davvero felice che ti piaccia. L’ho scritta con l’aiuto di Yoongi hyung, ma avevo comunque paura che potesse non piacerti. È stata un’idea assurda probabilmente, ma avevo assolutamente bisogno di esternare tutti i sentimenti che provo per te. È dalla prima volta che ti ho visto, quella volta che venisti a prendere Jungkook, che non ho potuto fare a meno di pensare a te e a quanto bello fossi ai miei occhi. Ogni volta che passavi a prendere Jungkookie mi ritrovavo a fissarti, anche non volendo, i miei occhi cercavano sempre la tua figura. E quando i nostri sguardi si incrociavano morivo ogni volta, ma non capivo mai se tu mi guardassi per interesse o perché ti desse fastidio avere i miei occhi su di te. Quando poi ci siamo conosciuti, dopo quella volta allo studio di Yoongi Hyung, avrei voluto parlarti, rivelarti i miei sentimenti, ma avevo troppa vergogna anche solo per respirarti vicino. Poi il giorno del mio compleanno mi dicesti quelle cose e mi sono finalmente dato una svegliata. Avrei voluto confessarti subito i miei sentimenti, ma poi ho pensato che sarebbe stato meglio aspettare, dato che tu eri convinto che ti odiassi. E che avessi una cotta per Jungkook. Ancora rido per questo. Quindi alla fine ho deciso di chiedere aiuto a Yoongi hyung ed ecco qui questa piccola perla, che racchiude tutto il mio amore per te. Si chiama serendipity.»
Taehyung non riusciva a far altro che piangere, sorridere e ridere. Era tutto così surreale che non riusciva a credere stesse succedendo davvero. «Io, grazie Jiminie, davvero. È stato totalmente inaspettato, ma è stato in assoluto il regalo più bello che potessi farmi. E comunque siamo due stupidi, perché tutto questo sarebbe potuto accadere molto prima, sin dalla prima volta che ci siamo visti quando sono venuto a prendere Jungkook.»
Questa volta fu il turno di Jimin di restare sorpreso. «Mi stai dicendo che io non ho sognato nulla e che tutte quelle volte che ti beccavo a ricambiare i miei sguardi lo facevi perché anche io ti interessavo?»
Taehyung si limitò ad annuire alla domanda, sorridendogli dolcemente. A quel punto Jimin spostò il computer alle sue spalle, per poi avvinarsi a Taehyung, sedendosi sulle sue gambe incrociate. Gli accarezzò dolcemente una guancia ancora umida, per poi avvicinarsi alle sue labbra. «Allora direi che dobbiamo recuperare il tempo perduto, che dici?»
Non gli diede la possibilità di rispondere, posando le sue labbra carnose su quelle sottili dell’altro, per poi mordergli il labbro inferiore, facendogli aprire le labbra con un gemito sommesso. Iniziò a baciarlo sempre più profondamente, volendo che l’altro sentisse quanto avesse desiderato quel momento, quanto lo amasse. Passò le braccia intorno al suo collo, per tenerlo ancora più vicino, mentre Taehyung, ormai perso in quel calore e quelle sensazioni che Jimin gli stava facendo provare, infiltrò le mani sotto il maglione dell’altro, accarezzando ogni centimetro di quella pelle che per mesi aveva desiderato.
Continuarono così per quelli che potevano essere minuti, se non ore, incuranti del tempo che scorreva inesorabile, finché la notte non si tramutò in giorno e loro si ritrovarono addormentati l’uno tra le braccia dell’altro per quella che sarebbe stata la prima di altre infinite volte.




Hola! 
Ieri notte ho pubblicato questa raccolta su wattpad, ma essendo troppo tardi ho deciso di pubblicarla qui solo adesso. 
Sabato sono uscita con due mie amiche e il ragazzo per cui ho una cotta da quasi due anni e domenica sera sono stata colta da un improvviso bisogno di esternare i miei dubbi e fantasticare un po', così mi sono decisa a rendere il tutto una vmin. Era da tanto che non scrivevo una delle mie oneshot stralunghe, infatti sono 5598 parole. Ho cominciato a scrivere ieri mattina appena sveglia e ho finito alle due e mezza del mattino. Prometto che rileggerò il tutto e sistemerò i vari errori, se li troverò, dato che puntualmente non li vedo mai anche se ci sono. Comunque. Ho deciso di ascoltare il consiglio di Mars e raggruppare la miriade di one shot che scrivo in un'unica raccolta, anche se ce ne saranno altre che pubblicherò a parte.
Spero abbiate apprezzato questa os e che continuiate a seguire la raccolta. Vi ringrazio infinitamente per tutto.
A presto,
Miky. 


 

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Capitolo 2
*** Fever ***



 
Fever
 
Se c’era una cosa che Park Jimin non era in grado di fare era dire no al suo migliore amico, Kim Taehyung.
Di per sé Jimin era una persona troppo buona, sempre disposto ad aiutare gli altri, finendo a volte con il trascurare se stesso, ma Taehyung era su tutt’altro livello. Non aveva neanche bisogno di chiedergli di fargli un favore, o di aiutarlo, o ascoltarlo, Jimin lo avrebbe fatto comunque. Aveva sempre avuto un debole per Taehyung, un innato senso di protezione nei suoi confronti che lo spingeva ad aiutarlo anche nelle cose più banali, ma da quando quei sentimenti si erano lentamente trasformati in amore la situazione era nettamente peggiorata.
Probabilmente era proprio per questo motivo che quella sera, nonostante fosse stato chiuso in sala prove a ballare per tutto il pomeriggio e fosse stanco morto, si ritrovò ad accettare l’invito dell’azzurro per uscire con il resto del loro gruppo. Solo una tranquilla serata tra amici, aveva detto. All’inizio era stata davvero tranquilla. Jimin era arrivato leggermente in ritardo, essendo passato prima a casa a fare una doccia, ed entrato nel locale trovò i suoi amici ad aspettarlo ad un tavolo, un bicchiere di birra già posato davanti al posto che gli avevano riservato. Si avvicinò sorridendo leggermente, salutando tutti nella maniera più calorosa possibile, ma nonostante tutto i suoi hyung parvero percepire la sua stanchezza e gli sorrisero con aria quasi preoccupata. Lui allora scosse appena la testa, per far capire che stava bene e non c’erano problemi. Certo, era stanco morto e, da una parte, avrebbe preferito andare a casa a riposare, ma il sorriso che gli rivolse Taehyung, prima di fiondarsi tra le sue braccia e stringerlo con quanta più forza possibile, era abbastanza per farlo restare.
La serata trascorse senza intoppi. Passarono il tempo a parlare e scherzare tra loro, sorseggiando di tanto in tanto il contenuto dei loro bicchieri. Tutto tranquillo, insomma. Almeno finché Jungkook non ebbe la brillante idea di lanciare una sfida a Taehyung su chi riuscisse a bere più birra senza ubriacarsi. E se Jungkook aveva una tolleranza abbastanza alta, lo stesso non si poteva dire di Taehyung. Tolto Hoseok, che iniziava a dare i numeri dopo neanche un bicchiere, lui era sicuramente quello che reggeva meno tra loro sette. Proprio per questo cercarono tutti di farlo desistere dall’accettare la sfida, ma l’azzurro non volle ascoltarli. Ho un orgoglio da mantenere, aveva detto.
Inutile dire che Taehyung perse e, a fine serata, i restanti cinque si ritrovarono a dover portare a casa un Jungkook un po’ più allegro del solito e un Taehyung ormai ubriaco. Se avessero avuto le macchine non sarebbe stato tanto difficile riaccompagnarli, ma non avendo programmato una simile situazione ed essendo il locale abbastanza vicino alle abitazioni di tutti loro erano andati tutti a piedi. Così si ritrovarono, in piena notte, a camminare per un parco che avrebbe dovuto risparmiare loro un po’ di strada. Jungkook era abbastanza stabile, ma per sicurezza camminava con un braccio avvolto sulle spalle di Yoongi, che nel mentre gli cingeva la vita. La situazione di Taehyung era un po’ più critica. Non riusciva più di tanto a reggersi sulle sue gambe, ritrovandosi con le braccia avvolte intorno al braccio sinistro del maknae. All’inizio non c’erano problemi, ma Taehyung da ubriaco diventava particolarmente affettuoso e quando cominciò a strofinare la testa contro il braccio di Jungkook, come un gatto in cerca di attenzioni, quest’ultimo lo allontanò con un leggero strattone. Taehyung, tra la sua già precaria stabilità e la spinta ricevuta, prese a barcollare e perse l’equilibrio, finendo nel laghetto che stavano costeggiando. Neanche il tempo di registrare l’accaduto, che Jimin si era già tolto il giubbino, lanciandolo malamente tra le mani di Hoseok, prima di entrare anche lui nel lago e ripescare il suo migliore amico. Il lago non era profondo, quindi non aveva paura che l’altro potesse affogare, ma faceva abbastanza freddo e l’acqua era sicuramente ghiacciata. Non appena gli fu vicino lo prese per entrambe le mani e lo tirò su, per poi trascinarlo fuori dall’acqua. Hoseok gli si avvicinò subito con aria preoccupata, tirava abbastanza vento e loro erano bagnati fradici. Con un sorriso rassicurante Jimin prese il suo giubbino dalle mani dell’amico, per poi avvolgerlo intorno alle spalle tremanti di Taehyung, che subito si fece il più piccolo possibile per accoccolarsi contro il suo petto, in cerca di affetto e calore. «Fa freddo, Minnie.»
La sua voce ricordava tanto quella di un bambino e Jimin non poté fare a meno di sorridergli. Lo strinse a sé ancora di più, per poi cominciare a muovere le mani sulla sua schiena nel tentativo di riscaldarlo, le labbra sulla sua tempia a lasciare una serie di baci che lo fecero ridacchiare. «Lo so Taehyungie, adesso ti accompagno a casa e vedrai che starai meglio, okay?»
L’azzurro annuì per poi allontanarsi, solo per poi avvolgere un braccio intorno alla vita del più basso, in modo da poter camminare fianco a fianco con Jimin, che in risposta gli sorrise scompigliandogli i capelli bagnati, rivolgendo  uno sguardo al resto del gruppo e, con un tacito accordo, ripresero a camminare come se niente fosse.
 
 
 
Un paio di giorni dopo Taehyung, allegro come sempre, correva verso il bar dove lui e il resto del gruppo si incontravano dopo l’università. Era stranamente in ritardo, perché il professore li aveva trattenuti in aula più del dovuto, ma sapeva di non doversi preoccupare perché gli altri lo avrebbero aspettato.
Non appena raggiunse il bar entrò, facendo suonare il campanellino sulla porta, per poi raggiungere a grandi falcate il tavolo in fondo al locale, dove sapeva avrebbe trovato i suoi amici. Quando fu vicino fece un saluto generale, per poi sedersi e prendere qualche sorso dal succo alla mela che gli altri gli avevano gentilmente ordinato. Aveva corso abbastanza velocemente e si sentiva terribilmente assetato. Nel mentre prese e guardarsi intorno e si rese conto che c’era qualcosa che non andava: Jimin non c’era.
Posò il bicchiere e prese a guardare gli altri con aria confusa. «Ragazzi, dov’è Jiminie?»
A quella domanda al tavolo cadde il silenzio e i cinque ragazzi cominciarono a lanciarsi vari sguardi, indecisi se parlare o meno, facendo preoccupare l’azzurro. «Ragazzi?»
Yoongi sospirò, portando l’attenzione su di lui. Era seduto contro lo schienale della sedia, le gambe accavallate e le braccia incrociate al petto, un espressione severa dipinta sul volto. «Dopo la bella nuotata dell’altra sera Jiminie si è ritrovato a letto con la febbre alta, ecco perché non c’è.»
Quelle parole furono una doccia fredda per Taehyung. Nella mente ripercorse le immagini di tutto ciò che era accaduto qualche giorno prima. Lui che sentiva la mancanza del suo migliore amico e gli chiedeva di uscire, nonostante sapesse fosse stanco morto; lui che accettò la sfida di Jungkook nonostante Jimin gli avesse detto di non farlo; lui ormai ubriaco che barcollava per strada aggrappato al braccio di Jungkook, finché quest’ultimo non lo spinse nel lago; Jimin che immediatamente corse a tirarlo fuori inzuppandosi; Jimin che gli diede il suo giubbino per non fargli prendere freddo; Jimin che lo riaccompagnò a casa; Jimin che tremava dal freddo mentre gli dava la buonanotte dopo averlo messo al letto.
Taehyung si era comportato da idiota, come al solito, e Jimin era sempre lì a prendersi cura di lui. Ma stavolta Jimin si era ammalato e la colpa era tutta sua. La sua espressione divenne subito seria e dopo aver lasciato i soldi sul tavolo si alzò, in modo da potersene andare. «Ci vediamo.»
Corse via senza dare il tempo agli altri di rispondere, ma riuscì chiaramente a sentire Namjoon e Jin riprendere Yoongi perché non avrebbe dovuto dirglielo, o almeno non in quel modo. Taehyung si appuntò mentalmente di dover parlare con loro per chiarire che non si fosse arrabbiato e che anzi li ringraziava, ma in quel momento aveva qualcosa di più importante da fare.
 
 
Arrivò davanti all’appartamento di Jimin mezz’ora dopo. Aveva fatto una breve sosta al supermercato e in farmacia, non sapendo se l’amico avesse cibo e medicinali o meno, per poi correre immediatamente lì. Dopo aver suonato il campanello per due volte dovette aspettare un paio di minuti prima che Jimin gli aprisse. Era visibilmente stanco e sciupato, tremava dal freddo nonostante l’enorme coperta gialla in cui era avvolto e riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti. Quell’immagine gli fece male al cuore e il senso di colpa stava prendendo sempre più il sopravvento. «TaeTae, cosa ci fai qui?»
L’azzurro sorrise dolcemente, per poi spingere l’altro in casa. «I ragazzi mi hanno detto che stavi male, quindi sono passato a controllare come stavi e a prendermi cura di te.»
A quelle parole Jimin rimase sorpreso, per poi accennare un sorriso. «Non ce n’è bisogno, Taehyungie, sto bene. E poi se restassi qui finiresti con l’ammalarti anche tu.»
«Non m’importa. –La voce di Taehyung venne fuori un po’ più autoritaria e fredda di quanto avrebbe voluto, ma non si scompose.- Non puoi stare qui da solo, non voglio sentire obiezioni. Ora vai a riposare, cercherò di prepararti qualcosa da mangiare senza dare fuoco alla tua cucina.»
Jimin ridacchiò leggermente e avendo capito che per l’amico fosse importante stare lì ad aiutarlo decise di non ribattere, limitandosi ad annuire e tornare a letto, dove si addormentò in un battito di ciglia.
Taehyung, nel frattempo, mise in ordine il salotto e la cucina, cercando di fare il meno rumore possibile, pensando a cosa avrebbe dovuto cucinare per Jimin. Sapeva che gli serviva qualcosa di caldo, ma il problema era che lui era una frana in cucina e sapeva a malapena far bollire l’acqua. Sospirò, frustrato, e decise che avrebbe provato a preparare il ramen. Non doveva essere una cosa troppo difficile, no?
Difficile o meno, Taehyung trovò qualche difficoltà nella preparazione, ma il risultato non sembrava essere troppo orribile. Mise il cibo su un vassoio, per poi prendere anche un bicchiere d’acqua e le medicine. Prese il vassoio e si diresse verso la camera del suo migliore amico, che probabilmente immaginando che gli avrebbe portato il cibo in camera aveva lasciato la porta aperta. Posò tutto sul comodino accanto al letto, per poi inginocchiarsi a terra e portare una mano sulla fronte di Jimin. Scottava, molto anche, e questo lo fece sospirare. Prese ad accarezzargli piano i capelli, chiamandolo dolcemente, nella speranza che si svegliasse. Pochi minuti dopo Jimin aprì gli occhi e vedendo il viso del suo migliore amico sorrise, portando una mano su quella di Taehyung, che era ancora tra i suoi capelli. «Mi dispiace averti svegliato, Minnie, ma devi mangiare qualcosa così posso darti le medicine.»
Jimin annuì e si tirò su, posando la schiena contro la tastiera del letto. Si aspettava che Taehyung gli avrebbe dato la ciotola e le bacchette per poi andare a fare qualcos’altro, invece lo stupì e si sedette accanto lui, con l’intenzione di imboccarlo. «Non ce n’è bisogno, Tae, posso mangiare da solo.»
«Cosa ti ho detto prima, Jiminie? Non protestare.»
Jimin non poté che annuire sconfitto, lasciando che l’altro lo imboccasse. Che poi, come si fa ad imboccare il ramen ad una persona senza fare disastri?
Tutto sommato l’azzurro riuscì nell’impresa senza sporcare nulla e dopo aver riposto la ciotola sul vassoio porse a Jimin l’acqua e la medicina. «Ora torno in cucina a lavare i piatti e mangiare qualcosa, torno subito. Tu nel frattempo riposa.»
Jimin, sapendo fosse inutile protestare, annuì, per poi rimettersi comodo, addormentandosi poco dopo.
 
Quando Taehyung tornò in camera, un’oretta dopo, trovò Jimin ancora addormentato. Gli si sedette accanto, portando poi una mano sulla sua fronte per controllare la temperatura. Non scottava più come prima, quindi probabilmente la febbre si era momentaneamente abbassata. «Sei tornato, Taehyungie.»
La voce di Jimin lo colse di sorpresa e quando abbassò lo sguardo sul suo viso vide un dolce sorriso che gli increspava le labbra, mentre con il naso strusciava contro la mano di Taehyung. Gli ricordava tanto un gatto. «Te lo avevo detto, Minnie. Ora, mi dispiace chiedertelo, ma dovresti sederti di nuovo. La medicina deve aver fatto effetto e ora sei tutto sudato, devi cambiarti la maglia.»
Jimin, senza perdere il sorriso, annuì e con un po’ di fatica si mise seduto, cominciando a sbottonare la maglia del pigiama. Le mani gli tremavano leggermente a causa della stanchezza, rendendo l’impresa più difficile del previsto. Taehyung se ne accorse e, sorridendo, sostituì le mani di Jimin con le sue, continuando a svestirlo, ignorando le proteste di Jimin e le sue guance rosse. Quando mancavano solo due bottoni si bloccò improvvisamente, suscitando la curiosità di Jimin. «Taehyungie?»
«Mi dispiace. –Cominciò l’azzurro.- Se sei in questa situazione è tutta colpa mia. Ogni volta mi comporto da immaturo, agisco senza pensare e finisco con il fare cazzate e ritrovarmi nei guai. E ogni volta sei sempre tu a dovermi aiutare. Se non ci fossi stato tu accanto a me non so se e come sarei arrivato ad adesso. Dimostri continuamente di tenere a me, mi aiuti sempre e mi metti sempre al primo posto, facendo male anche a te stesso se necessario. Anche l’altra sera, sapevo benissimo quanto tu fossi stanco, ma sono stato così egoista da chiederti comunque di venire e, non contento, mi sono messo anche nei guai, finendo col farti ammalare. Mi dispiace così tanto essere così, Jimin. Sono una tale palla al piede che non so come fai a sopportarmi. E so che faccio schifo a mostrare i miei sentimenti e che sono sempre io quello riceve attenzioni senza mai darti niente in cambio, ma credimi se ti dico che ti voglio bene e che sei la cosa più preziosa che ho. E mi dispiace, davvero mi dispiace.»
Qualche lacrima ribelle prese a scorrere lungo le sue guance, ma non fece in tempo ad asciugarle che si ritrovò con il volto contro il petto nudo di Jimin. «Non dirlo mai più. –La voce di Jimin era poco più di un sussurro, ma a Taehyung sembrava quasi stesse urlando .- Non dire mai più che sei una palla al piede, che non mi meriti e non fai nulla per me. Se io sono sempre accanto a te per aiutarti è perché lo voglio, perché ci tengo a te e non perché mi sento costretto. Cazzo, Taehyung, sei letteralmente la cosa più bella che mi sia mai capitata, non smetterò mai di ringraziare Dio, il fato o qualunque altra cosa per averci fatto conoscere. E tu fai così tanto per me, Tae, senza neanche rendertene conto. Tutte le volte che mi vedi giù e mi sorridi; quando mi accompagni a lezione o mi vieni a prendere, perché qualunque scusa è buona per stare insieme; quando mi abbracci; quando mi chiedi come sto ogni volta che mi vedi; quando ti assicuri sempre che io non salti i pasti. Ogni volta che fai uno di questi piccoli gesti dimostri di tenere a me tanto quanto io tengo a te e mi riempi il cuore di gioia. Non devi sottovalutarti così, Tae, sei una meraviglia.»
Ormai entrambi avevano gli occhi lucidi, mentre cercavano di trattenere le lacrime. Taehyung si allontanò dal petto dell’altro  e lo guardò negli occhi. Quegli occhi castani che lo osservavano come se fosse la stella migliore dell’universo. Lo facevano da anni, ormai. Non saprebbe dire cosa successe in quel momento, ma il suo cuore e la sua mente gli dicevano di avvicinarsi a Jimin e unire le loro labbra. E lui chi era per disubbidire?
Portò le mani sui lembi della maglia mezza abbottonata di Jimin con incertezza, come a chiedergli se stava per fare la cosa giusta, ma quando sentì le mani di Jimin posarsi sulle sue e stringerle con sicurezza non ebbe più dubbi. Eliminò la distanza e posò le sue labbra sottili su quelle carnose e piene di Jimin, baciandolo con dolcezza. Aveva passato anni a sognare di baciare quelle labbra, non riusciva a credere che l’avesse fatto sul serio. Si allontanò appena, per respirare, ma restò comunque abbastanza vicino al volto di Jimin. Con delicatezza iniziò a tracciare il suo profilo con il naso, facendo su e giù un paio di volte, per poi fermarsi in modo che le labbra fossero vicine al suo orecchio. «Ti amo, Minnie.»
Sentì Jimin sussultare alle sue parole e per un istante ebbe paura di aver esagerato, finché non lo sentì intensificare la presa sulle sue mani, ancora avvolte intorno a quel lembo di tessuto. «Ti amo anch’io, Tae.»
A quelle parole Taehyung sentì il cuore riempirsi di gioia e non poté non sorridere. Portò una mano sul fianco di Jimin e l’altra sulla sua guancia e si avvicinò per baciarlo, ma l’altro indietreggiò. «Non baciarmi, Tae. Finirai davvero con l’ammalarti.»
L’azzurro rise appena scuotendo la testa, avvicinandosi all’altro finché le loro labbra non furono a pochi millimetri di distanza. «Mi sembra di aver chiarito questa cosa più volte, Minnie. Non mi interessa se mi ammalo, voglio stare con te e voglio baciarti, adesso che posso.»
Non gli diede tempo di rispondere che posò nuovamente le labbra sulle sue, baciandolo con dolcezza, volendo fargli sentire quanto lo amasse. E continuarono così per un tempo interminabile, finché, esausti, non si addormentarono.
 
Quando qualche giorno dopo Taehyung si ritrovò a letto con la febbre, con Jimin che gli urlava di essere un idiota e che lui gli aveva detto di non baciarlo mentre era malato, non poté non pensare che ne fosse decisamente valsa la pena.
 
 





Hola!
Salve a tutti. Come sempre sono tornata in piena notte con una nuova os. Volevo scriverla da giorni, ma fino a due ore fa non ero riuscita a scrivere una riga. In caso ve lo stesse chiedendo, sì. Fino a qualche ora fa questa storia aveva meno di quattrocento parole, ora che l'ho terminata sono quasi tremila. In tutto ciò sono le due e mezza passate e io domani ricomincio lezione. Meglio non pensarci. Comunque, l'idea mi è nata qualche giorno fa, dopo aver finito di vedere per l'ennesima volta Maid Sama, uno dei miei anime preferiti (grazie Minnie). E niente, da una singola scena mi è venuto in mente tutto questo casino e non ho potuto non scrivere. 
Ne approfitto anche per avvisarvi che so già quale os scrivere dopo e, come ho detto prima sul mio profilo wattpad, sarà su una coppia per me inusuale. Sono aperte le scommesse per vedere se indovinerete. 
Ora è meglio se me ne vado a letto. Spero davvero che questa os vi sia piaciuta e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. 
Spero di rivedervi presto.
Miky. 

 

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Capitolo 3
*** First love ***




 
First love

Quando l'intervistatrice aveva posto quella domanda era rimasto un attimo interdetto. Non era particolarmente insolito che chiedessero cose simili, ma ormai giornalisti e conduttori televisivi sapevano che loro sette cercavano sempre di girare intorno alle cose o che rispondevano con battute come "amo solo i miei fan", quindi la gran parte di loro aveva smesso di fare domande relative alla sfera privata. Per quello quella domanda li aveva sorpresi. «Quando è stato il vostro primo amore? E come è andata?»
Li fissò uno ad uno, con sguardo leggermente curioso. Anche quello lo colpì. La ragazza, che non doveva avere troppi anni in più di lui, aveva uno sguardo di sincera curiosità, come se volesse davvero sapere se quei sette giovani ragazzi, entrati nel mondo dello spettacolo che erano solo degli adolescenti, avessero avuto esperienze tipiche della loro età, e non creare chissà qualche scandalo.
Soppesò un attimo cosa fare. In fondo la domanda non era così compromettente. Si parlava di primi amori, qualcosa che sarebbe potuto accadere prima del debutto e quindi questo non avrebbe dovuto scatenare troppi casini o gelosia nei fan, avevano parlato altre volte di alcune cotte di quando ancora non erano dei trainee e poi degli idol. Sarebbe andata bene.
L'intervistatrice, tra i visi imbarazzati degli altri membri, parve notare la sua espressione interessata e propensa a rispondere, al che si rivolse direttamente a lui. «Taehyung-ssi, hai qualcosa da raccontare?»
Il ragazzo si portò una mano a scompigliare la chioma in quel periodo azzurra, per liberarsi almeno in parte dell'ansia nel dover rispondere. «Mia madre e mia nonna mi hanno sempre detto che la prima volta che mi sono innamorato è stata a due anni e da lì ho avuto un amore diverso ogni giorno. Parlavano del mio amore per il mondo e per tutte le piccole cose che ci circondano, non fraintendete. –Una risata imbarazzata lasciò le sue labbra, seguita da quelle degli altri presenti. Che imbarazzo.-  Ma credo che la prima volta che mi sono innamorato davvero sia stato poco prima di diventare un trainee. Ho conosciuto questa persona per puro caso. All'inizio litigavamo spesso, ma dopo un po' abbiamo trovato un punto d'incontro. Non che da lì i litigi fossero finiti, ma erano sempre sciocchezze, cose per cui tenevamo il muso per massimo dieci minuti per poi tornare dall'altro e scherzare come se nulla fosse. Con il passare dei mesi siamo diventati amici, migliori amici direi. Non c'era persona al mondo che mi conoscesse meglio. Non so esattamente quando mi sia innamorato di questa persona, la sola cosa che so è che quando ne sono diventato consapevole sono andato in panico, morivo dalla paura. Mi chiedevo come l'avrebbe presa, se mi avrebbe odiato, o se mi avrebbe capito. Che potesse ricambiare i miei sentimenti non era neanche un opzione valida, per me. In fondo eravamo migliori amici e i migliori amici non desiderano di baciarsi o anche oltre, no? Io dovevo essere un'eccezione.»
A quelle parole cadde il silenzio. Gli altri probabilmente in attesa che lui continuasse il discorso, lui semplicemente non voleva andare oltre. Era troppo imbarazzato e aveva paura di aver esagerato, non voleva che la gente capisse. Non poteva capire.
La miriade di pensieri contorti che gli affollavano la mente si calmò quando la voce dolce dell'intervistatrice gli raggiunse nuovamente le orecchie. «E come è andata a finire?»
Taehyung sorrise leggermente, una mano a scompigliare i capelli dietro la nuca in preda al nervosismo. Tempo, doveva prendere tempo. Odiava farlo, ma avrebbe dovuto mentire, non poteva rischiare che il mondo capisse. «Non è andata. Non mi sono mai dichiarato e con la vita che ho deciso di intraprendere non abbiamo mantenuto neanche il rapporto di amicizia che avevamo. È come se quei mesi non fossero valsi nulla. All'inizio ha fatto male, ma con il tempo ho cominciato a stare bene, anche parlarne non mi infastidisce più.»
Alla sua risposta tornò il silenzio, finché la ragazza non gli sorrise comprensiva, ringraziandolo per aver risposto a quella domanda così delicata, per poi tornare a prestare attenzione agli altri membri. Quando intorno a lui riprese il chiacchiericcio dei membri che battibeccavano tra loro per rispondere gli sembrò finalmente di tornare a respirare e lasciò andare il respiro che neanche si era reso conto di star trattenendo. Si sentiva in colpa per aver mentito, ma non poteva rischiare che il mondo sapesse. Già si sarebbe potuto ritenere fortunato se nessuno cominciasse già a sospettare delle poche cose reali di cui aveva parlato, o se avesse messo sotto i riflettori il fatto che più volte avesse detto “persona” e non lei. Dio, probabilmente aveva fatto un casino e se ne stava accorgendo solo adesso. Sospirò, era troppo tardi per autocommiserarsi, ormai era andata. Tornò a prestare attenzione all’intervista, un piccolo sorrisino di circostanza a distorcere le sue labbra fini, mentre sperava che andasse tutto bene.
 
Nonostante si aspettasse che finita l’intervista lo avrebbero riempito di domande e rimproveri nessuno disse nulla. Non i manager, non i membri, nessuno. A quel punto lui poté solo tirare un sospiro di sollievo, a quanto pare si era preoccupato per nulla, probabilmente non aveva creato nessun disastro. Con questa consapevolezza la giornata passò in un battito di ciglia e ben presto venne la sera.
Dopo cena Taehyung andò in camera sua, con l’intenzione di sistemare il disastro che aveva lasciato quella mattina prima di uscire e poi mettersi a letto. Stava piegando i vestiti che si era tolto dopo aver indossato il pigiama quando bussarono alla porta. Non ebbe bisogno di chiedere chi fosse, lo sapeva già. Per questo continuò a dare le spalle all’ingresso, limitandosi a dare il permesso. «È aperto, entra!»
Sentì la porta aprirsi e poi richiudersi nel giro di pochi secondi con un giro di chiave. Dopo alcuni secondi nessun rumore parve giungere alle sue orecchie, insospettendolo, ma non fece in tempo a girarsi che due braccia gli cinsero la vita. Non fiatò, aspettava che fosse l’altro a parlare, sapendo che lo avesse raggiunto per un motivo preciso. «Allora… -Cominciò poco dopo con voce suadente, le labbra vicine al lobo dell’orecchio di Taehyung, al punto da sfiorarlo di tanto in tanto.- Io e te ci siamo conosciuti poco prima di diventare trainee, siamo diventati migliori amici e, tralasciando tutto il dramma nel mezzo, tu non ti sei mai dichiarato e dopo un po’ mi hai dimenticato. Eppure io gli avvenimenti li ricordavo un po’ diversi. O forse ho frainteso e peccato di superbia e non parlavi di me?»
Una debole risatina incredula lasciò le labbra di Taehyung. Debole risatina che cessò del tutto non appena l’altro prese a lasciare una scia di baci lungo tutto il suo collo facendolo trasalire. «Lo sai anche tu che non potevo dire la verità. –La voce gli uscì strozzata e fu costretto a tossire nel tentativo di emettere almeno qualche altra parola.- Ho detto fin troppe cose che potevano essere ricollegate a te, non potevo rischiare ancora di più, Jiminie.»
Il ragazzo non gli diede risposta, continuando invece quella piccola e piacevole tortura che stava facendo impazzire Taehyung, accrescendo quel fuoco che sentiva bruciare dentro il petto. A quel punto, non avendo avuto risposta dall’altro ragazzo, che credeva in parte arrabbiato, lo richiamò. «Jimin-ah…»
Solo a quel punto Jimin allontanò le labbra dal suo collo, lasciando andare un sospiro rassegnato. «Lo so eccome, Taehyungie. Non sono arrabbiato e non volevo colpevolizzarti o altro, volevo solo infastidirti un po’, scusami. Non potrei mai pretendere che tu racconti di noi al mondo intero, non adesso almeno.»
Dopo aver pronunciato quelle parole Jimin voleva riprendere da dove si era interrotto, ma prima che potesse riavvicinare le labbra al collo del più alto questi si rigirò nell’abbraccio, portando le sue grandi mani sul volto delicato del più basso, studiandone per pochi secondi i tratti ormai familiari, prima di unire le loro labbra. Taehyung lo baciò con irruenza, accarezzò le labbra di Jimin con le sue, poi con la lingua, poi di nuovo solo con le labbra. Tutto in quel bacio urlava disperazione, come se Taehyung volesse sfogare in quel modo tutta la sua frustrazione nel non poter raccontare la verità. E come sempre Jimin capì. Se all’inizio aveva ricambiato il bacio con la stessa passione, poco alla volta cercò di prendere il comando, rallentando il ritmo e rendendo tutto più calmo, più dolce, stringendo il corpo scosso dai brividi del più alto. Taehyung attraverso quel gesto percepì tutto l’amore che Jimin provava per lui e quella consapevolezza gli fece riempire gli occhi di lacrime. «Jiminie. –Lo richiamò tra i vari baci.- Ti prego fai l’amore con me, come la prima volta.»
Sentendo quelle parole Jiminie si separò appena per guardare il suo ragazzo negli occhi, sorpreso dall’improvvisa richiesta. Ben presto quell’espressione si trasformò in una colma di amore, un piccolo sorriso derisorio che però non stonava per nulla con il resto. «Come la prima volta?»
Taehyung dovette cogliere cosa Jimin stava sottintendendo, perché arrossì appena, facendo ridacchiare il maggiore. «Magari con qualche intoppo e incertezza in meno, ma sì, come la prima volta.»
Il più basso sorrise, prima di tornare a baciare l’altro profondamente, con dolcezza; le mani vagarono sotto la stoffa della maglietta leggera del pigiama, le labbra si spostarono a martoriare il collo e poco dopo si ritrovarono sul letto a due piazze, dimenticandosi del resto del mondo.
Mentre consumavano il loro amore tra quelle lenzuola per l’ennesima volta, Taehyung non poté fare a meno di sperare che un giorno avrebbe avuto la fortuna di raccontare la vera storia di come sette anni prima avesse conosciuto il suo primo e unico amore: Park Jimin.
 





Hola!
Buon pomeriggio a tutti. Avrei mille cose da dire, ma credo che le dimenticherò tutte, quindi vi chiedo scusa già da ora. Come prima cosa, vedrete che questo non è per niente un orario in cui io di solito pubblico. Questo perché non avevo la benché minima intenzione di pubblicare. Ho un esame dopodomani, quindi scrivere non era per niente nei miei piani. Ma questa idea mi stava tormentando e non riuscivo a liberarmene, quindi l'ho scritta in, tipo, poco più di un'ora, in modo da poterla pubblicare e tornare a studiare tranquilla. Altra cosa è che questa non è, ovviamente, nessuna delle due os che volevo pubblicare, ma una terza nata dal nulla. E a proposito mi scuso se sono sparita, ma è un periodo di merda, dopo oggi non so quando tornerò, ma sicuramente non prima del 22 o dopo di luglio. Che bella la sessione estiva.
Comunque, tornando alla storia. Non so davvero che dire, non so neanche da dove mi sia uscita quindi mi viene proprio complicato dire qualunque cosa. Ho solo un favore da chiedervi. Secondo voi dovrei cambiare il raiting della storia a giallo per questo capitolo? Sono piena di dubbi.
Spero che vi piaccia e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto, si spera.
Miky.
 

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Capitolo 4
*** Lost in the past ***



 

Lost in the past
 
Dopo venti minuti passati a ballare le luci stroboscopiche della discoteca gli stavano causando una terribile emicrania. Quella musica ad un volume così alto non migliorava di certo la situazione; dopo aver sentito tutti quei terribili remix le sue orecchie stavano implorando pietà. Sentiva il corpo ricoperto da un leggero strato di sudore; la camicia bianca aderiva sulle spalle e sulla schiena come una seconda pelle, gli skinny jeans neri stringevano le sue gambe all’inverosimile e non si sentiva più i piedi. Aveva decisamente bisogno di sedersi, per questo portò la mano destra sulla spalla del suo migliore amico per attirarne l’attenzione. «Taehyungie, ho assolutamente bisogno di sedermi. E di bere anche.»
Il moro si voltò immediatamente verso di lui, un lieve sorriso sulle labbra nonostante l’affanno, mentre con una mano portò indietro la frangia che gli si era attaccata alla fronte a causa del sudore. «Più che volentieri, Minnie, ne ho bisogno anch’io. Riesco a vedere dei posti liberi accanto a Namjoon, raggiungiamolo.»
Jimin annuì alle parole del ragazzo, non fidandosi della propria voce. Al solo nome del maggiore aveva sentito il respiro mozzarglisi in gola, il battito del suo cuore era aumentato vertiginosamente. Fece un respiro profondo, ignorando la puzza di sudore che gli perforò le narici, cercando di articolare in parole ciò che gli frullava per la mente. «Non ho per niente voglia di tornare a ballare, Tae…»
Sul volto di Taehyung comparve un sorrisino compiaciuto, quasi come se si aspettasse quell’affermazione. «Poco male. –Cominciò.- A me non dispiace tornare a ballare con gli altri e tu puoi semplicemente restare con Joonie hyung, ha detto che non avrebbe messo piede in pista neanche sotto tortura. Passerà l’intera serata seduto su quell’orribile divanetto di pelle, non gli dispiacerà un po’ di compagnia.»
Se possibile il viso di Jimin assunse una tonalità di rosso ancora più accesa al solo pensiero di lui e Namjoon seduti a parlare da soli per una serata intera; probabilmente il maggiore avrebbe gradito la compagnia, ma Jimin non era sicuro di riuscire a sopravvivere.
Quando raggiunsero la loro meta videro Namjoon perso nel suo mondo. Era seduto sul divanetto; le gambe, fasciate dai jeans sempre di una taglia più grande, accavallate; la maglietta a mezze maniche azzurra aderiva perfettamente sulle spalle, lasciando scoperte le braccia forti e robuste, frutto delle poche ma efficaci ore settimanali di palestra; tra le grandi mani affusolate teneva saldamente un bicchiere in vetro contenente un liquido aranciato, probabilmente qualche analcolico recuperato per pura fortuna; lo sguardo assente, segno che la mente fosse lontana chilometri da quel luogo confusionario.
Non era niente di eccezionale, era solo il ritratto di un adolescente distratto, non interessato a fare baldoria come i suoi coetanei e che preferiva isolarsi e lasciar vagare la mente. Niente di eccezionale, ma per Jimin era pura arte.
Fu Taehyung ad interrompere i pensieri che avevano rapito sia Jimin che Namjoon, posando una mano sulla spalla di quest’ultimo, che non avendoli visti arrivare sussultò appena. «Hyung! Alla fine sei davvero rimasto qui da solo, eh? Ho sottovalutato il tuo odio per i posti affollati.»
Il maggiore rise appena alle sue parole, mettendo in mostra le adorabili fossette che contornavano ogni suo più piccolo sorriso. «Già. Non è male come credi, sai? Sono perfettamente a mio agio pur stando da solo.»
Jimin si morse forte le labbra per reprimere il grande sorriso che stava per prendere forma sulle sue labbra alla dolce visione del suo hyung, mentre il cuore era ormai impazzito, battendo ad un ritmo frenetico da minuti ormai. «Sei fortunato. –Sentì dire da Taehyung.- Jiminie ha detto che non ha voglia di tornare a ballare, resterà qui a farti compagnia.»
Lo sguardo di Namjoon si spostò finalmente su di lui, facendo ricomparire sulle sue guance piene quel rossore che era svanito solo da poco. Jimin si sentiva bruciare sotto lo sguardo indagatore del maggiore che lo spogliava lentamente dalla testa ai piedi, finché l’altro non inclinò appena la testa di lato con un timido sorriso sulle labbra. «Sarò più che felice di avere Minnie a farmi compagnia. –Posò la mano libera sul divanetto per darsi la spinta necessaria per mettersi in piedi, per poi voltarsi nuovamente verso Taehyung.- Vorrà dire che approfitterò della tua momentanea presenza per prendere qualcosa da bere per entrambi, così dopo non dovrò lasciarlo da solo.»
Senza neanche aspettare una risposta voltò le spalle ad entrambi, scomparendo tra la folla di adolescenti e lasciando da soli i due migliori amici.  
Non appena Namjoon scomparve dalla sua vista Jimin collassò sul divanetto, lo sguardo a metà tra l’esterrefatto e l’innamorato. Subito Taehyung fu al suo fianco, ridendo come se non ci fosse un domani. «La tua cotta per Namjoonie hyung peggiora di giorno in giorno, eh? Se sei in queste condizioni per così poco che farai quando proverà a baciarti? Sverrai?»
A quelle parole Jimin si strozzò con la sua stessa saliva, mentre il rosso tornava nuovamente a tingere le sue gote. «Ma che dici Taehyung?! Non dire queste cavolate così, senza pensare alle conseguenze. E poi lo hyung non mi bacerà mai, non gli piaccio in quel senso.»
Taehyung rise ancora più forte causando lo sdegno dell’amico, che per ripicca mise il broncio come un bambino di due anni. «Ti prego, Minnie, non puoi essere serio. Namjoon è perso per te. Ma se vuoi fare finta che non sia vero ne riparleremo quando correrai da me in preda al panico dopo che ti avrà chiesto di essere il suo ragazzo.»
«Taehyung!»
Il minore continuò a ridere. Proprio non ce la faceva a non prendere in giro Jimin, era troppo divertente vedere come si imbarazzasse per ogni minima cosa. Era davvero troppo tenero.
Il loro bisticciare fu interrotto dall’arrivo di Namjoon, che con due analcolici tra le mani si avvicinò con sguardo curioso. «Di cosa stavate discutendo così animatamente?»
A quella domanda lo sguardo di Jimin si spostò immediatamente su Taehyung. Era visibilmente preoccupato che l’amico potesse fare qualche battuta, quindi cercò di ammonirlo con gli occhi. L’altro sorrise appena; anche se si divertiva ad imbarazzare Jimin non era così stronzo da farlo davanti alla sua cotta. «Niente di che, hyung. Ora che sei tornato raggiungo gli altri. Mi raccomando, tieni d’occhio Minnie.»
E con queste parole se ne andò, senza neanche aspettare una risposta, lasciando i due ragazzi da soli. Namjoon scrollò le spalle, probabilmente confuso dalla strana uscita di scena di Taehyung, per poi tornare a sedersi dove era poco prima, non prima di porgere uno dei due bicchieri a Jimin, che lo ringraziò con un sorriso.
Rimasero così per una manciata di minuti. Seduti entrambi sullo stesso divanetto, con almeno un metro di distanza a dividerli; lo sguardo perso nel vuoto, la mente piena di mille pensieri diversi. Andò così finché Namjoon disse qualcosa che però Jimin non riuscì a capire, costringendo l’altro a ripetersi. «Perché sei seduto così lontano? Avvicinati, non ti mangio mica.»
Jimin divenne immediatamente rosso dalla vergogna, non aspettandosi un invito così schietto, ma non se lo fece ripetere due volte e si fece più vicino al maggiore. Da quel momento in poi l’atmosfera si fece molto più rilassata. Cominciarono a parlare del più e del meno ; minuto per minuto la distanza tra loro diminuì, i tocchi fugaci tra le loro mani si fecero sempre più frequenti,  finché con l’arrivo di Taehyung  e gli altri non furono costretti a stringersi e Jimin si ritrovò incollato a Namjoon e un braccio di quest’ultimo dietro la sua schiena.
Jimin si sentiva ubriaco nonostante non avesse bevuto. Ritrovarsi seduto accanto alla sua cotta era già surreale, ma essere lì, sotto gli occhi sorpresi e increduli di insegnanti e compagni di classe, a un millimetro di distanza a parlare del più del meno, ad isolarsi nonostante fossero in gruppo, con Namjoon che per non farsi sentire dagli altri gli parlava vicino, al punto che le labbra e il suo respiro si infrangevano delicatamente contro il suo orecchio provocandogli milioni di brividi lungo tutta la schiena era davvero un sogno. Il momento magico si interruppe quando Namjoon si allontanò momentaneamente per andare in bagno. Jimin si sentiva quasi in uno stato confusionale; la testa gli faceva male, le orecchie gli pulsavano, il cuore batteva a mille. Era in uno stato di inspiegabile euforia, unito all’ansia apparentemente immotivata. Taehyung, accorgendosene, si spostò nel posto lasciato vuoto dal maggiore, aspettando che il suo migliore amico parlasse. «Voglio baciarlo.»
Furono quelle le uniche parole che disse, lasciando il minore in uno stato di totale confusione. «Cosa?»
Jimin, che fino a quel momento aveva lo sguardo perso nel vuoto, si voltò verso l’amico. «Voglio baciarlo, Tae. –Si portò le mani sul viso, emettendo un verso di frustrazione, per poi strofinarsi gli occhi e fare un respiro profondo.- Non dico di non averlo mai voluto fare, ma stasera trattenermi è davvero difficile. Siamo seduti qui da ore e lui ha passato tutto il tempo a giocare con la cannuccia stretta tra le labbra e io non ho potuto far altro che fissarlo per tutto il tempo. Per non parlare dei tocchi fugaci o delle sue labbra premute sul mio orecchio quando non ce n’era alcun bisogno. Mi sta facendo impazzire. E quindi voglio baciarlo, come vada, vada. Se dovesse rifiutarmi me ne farò una ragione, ma almeno mi toglierò questo dannato peso.»
Taehyung lo ascoltò attentamente con sguardo fiero. Era felice che finalmente Jimin avesse trovato il coraggio di prendere una decisione del genere e lui lo avrebbe supportato sempre e comunque, che fosse festeggiare il loro fidanzamento o offrirgli una spalla su cui piangere. «Sono davvero felice che tu sia giunto a questa conclusione, Minnie. Io sarò sempre qui per te.»
Ma purtroppo quella sera Jimin non dette o ricevette alcun bacio. Mentre aspettavano che Namjoon tornasse, un ragazzo del suo stesso anno fu beccato dagli insegnanti ubriaco fradicio, così questi decisero di anticipare il loro rientro in hotel e Jimin e Namjoon non si rividero. Il giorno seguente Jimin ritornò ad essere un semplice adolescente di diciassette anni, innamorato perso di un ragazzo di un anno più grande, che sembrava non considerarlo più che un fratello. Il minore avrebbe voluto parlarne, ma il maggiore si comportava come se nulla fosse, al punto che Jimin si chiese se la sera appena trascorsa fosse stato solo una splendida allucinazione, frutto del suo desiderio di avere un rapporto più intimo con il ragazzo dei suoi sogni.
 
 

Quella sera di inizio agosto faceva davvero caldo, cosa strana considerando la pioggia che fino a qualche giorno prima aveva colpito la città.
Il ventunenne Park Jimin  era seduto su una scomodissima poltrona in plastica bianca da ore, ormai. Degli amici avevano organizzato una piccola festa in piscina, con tanto di grigliata, ma lui non era per niente entusiasta. Non aveva la benché minima intenzione di andarci, ma era stato praticamente costretto dalle continue lagne di Taehyung, che insisteva sentisse la sua mancanza e quella dannata festa era l’unico modo di vedersi in quei giorni. Già, peccato che il suo migliore amico lo avesse abbandonato per andare chissà dove a solo un’ora dall’inizio della festa. E Jimin era abbastanza convinto di essere lì da almeno cinque ore.
Sospirò per la millesima volta, rigirandosi tra le mani quello che era il secondo o il terzo bicchiere di birra dall’inizio della serata. Era da solo ad una festa alla quale nemmeno voleva partecipare, doveva pur fare qualcosa nell’attesa di trovare un modo per tornare a casa.
 
Namjoon non aveva idea del perché si trovasse a quella festa. O meglio, lo sapeva. L’organizzatore era il suo migliore amico, Seokjin, quindi non aveva potuto rifiutare. Quello che davvero non capiva era come si fosse ritrovato lì da solo, con solo un paio di bicchieri di birra a fargli compagnia. Prese a guardarsi intorno; vide in lontananza,  vicino alla piscina, Seokjin che parlava con Hoseok e altri ragazzi che non aveva idea di chi fossero; pochi metri più in là il maknae della loro compagnia, Jungkook, teneva timidamente le mani sui fianchi di Jieun, la sua ragazza, che di fronte alla timidezza del più piccolo si alzò sulle punte, per lasciargli un lieve bacio sulle labbra. Istintivamente Namjoon spostò lo sguardo e sentì le guance arrossarsi, sentendosi colpevole per aver assistito a quel piccolo e dolce momento di intimità tra i due. Riprese a dare un’occhiata in giro e dall’altra parte della piscina riuscì a vedere Taehyung, con gli occhi a cuoricino, che parlava con Yoongi e Hoseok di chissà che cosa. Vedendo il più piccolo dei tre il suo pensiero non poté che andare alla minuta figura che lo accompagnava ovunque andasse. Figura che in quel momento non era lì. Cominciò ad ispezionare il luogo circostante con ancora più attenzione, in maniera quasi maniacale, finché un ragazzo dalla tinta biondo cenere non attirò la sua attenzione.
 
In quegli ultimi anni Jimin e Namjoon non si erano visti poi molto. Quando il maggiore aveva terminato le superiori per poi iscriversi all’università si erano persi di vista. Non che non si parlassero più, si odiassero o cose simili.; semplicemente parlavano un po’ meno e, spesso, orgogliosi com’erano, pur di non comunicare con l’altro cercavano di estrapolare informazioni dai loro amici in comune. Ma questo non significava che con il passare degli anni l’affetto che li legava si fosse affievolito, anzi. Avevano solo troppa paura per ammetterlo.
Namjoon cercò di recuperare tutto il coraggio che possedeva e, dopo un profondo respiro, si avvicinò alla poltrona dove aveva notato la figura di Jimin. Quest’ultimo non notò subito la presenza dell’altro, ma quando lo fece non poté non rivolgergli un grande sorriso. «Hyung, che piacere vederti! Come stai?»
Il maggiore ricambiò subito il sorriso, le fossette in bella vista. Era felice di constatare che Jimin non fosse cambiato molto dagli anni delle superiori, eccezion fatta per la tinta biondo cenere e la visibile sicurezza in se stesso che il vecchio Jimin non aveva mai avuto. «Anche per me è un piacere, Minnie. Comunque tutto bene, se escludiamo che sono venuto qui sotto costrizione di Seokjin hyung e alla fine mi ha lasciato solo a festa appena cominciata.»
Il biondo scoppiò a ridere, una mano a coprire la bocca, segno che alla fine non tutte le sue sicurezze fossero state abbattute; apparentemente ancora non riusciva a sorridere liberamente, troppo imbarazzato da quell’incisivo appena scheggiato. «Mi dispiace, hyung. Ma se ti può consolare sono nella stessa situazione. Taehyung mi ha letteralmente trascinato qui, ma è sparito dopo neanche un’ora. Mi sto facendo compagnia da solo bevendo birra.»
A quelle parole risero entrambi. Quel leggero velo di imbarazzo che sembrava esserci tra loro si era completamente dissolto, lasciandoli liberi di parlare e scherzare liberamente come anni prima.
Chiacchierarono per minuti, ore forse; finché tra di loro non scese un silenzio per nulla imbarazzante. Rimasero seduti uno accanto all’altro, a sorseggiare il contenuto dei loro bicchieri, la mente altrove.
A interrompere il silenzio fu Namjoon. «Ti ricordi la gita scolastica di qualche anno fa?»
Jimin rimase un attimo interdetto dall’improvvisa domanda, per poi accennare un sorriso e annuire. «Certo che ricordo. È stata la prima e unica volta in cui hanno organizzato una gita unitaria per quelli dell’ultimo e penultimo anno. Siamo gli unici che possono vantarsi di averla sperimentata.»
Entrambi risero a quelle parole, finché il silenzio non tornò a fare da padrone. Jimin rimase seduto con sguardo basso, a fissare il contenuto del bicchiere ormai vuoto, mentre la mente non poté che ripercorrere tutti gli avvenimenti di una serata in particolare. Il biondo non seppe se fu l’alcol che aveva in circolo o semplicemente la voglia di liberarsi di quel segreto; fatto sta che disse qualcosa che in vita sua mai avrebbe immaginato di dire. «Stavo per baciarti, quella sera in cui ci portarono in discoteca. –Sorrise nostalgico, per poi riprendere il discorso, ignorando il “cosa?” mezzo urlato del maggiore.- Ero perdutamente innamorato di te già dall’inizio del mio secondo anno, ma ho sempre saputo che sarebbe stata una cosa impossibile. Ma quella sera… Dio quella sera ho davvero avuto una speranza. Credevo che forse anche tu potessi provare qualcosa per me. Mi ero prefissato di baciarti a fine serata, pronto a qualsiasi tua reazione, anche un rifiuto; ma poi quel coglione si è fatto beccare ubriaco e siamo dovuti rientrare. Poi tu il giorno dopo hai fatto finta di nulla e quindi ho lasciato perdere. Mi sono persino convinto tu fossi brillo e quindi non volessi davvero flirtare con me in quel modo, pur sapendo che non fosse affatto vero. Ma ormai è passato.»
Dopo quel discorso Namjoon era visibilmente sconvolto. Fissava il biondo incredulo, cercando ancora di rielaborare nella sua mente tutte le confessioni che Jimin aveva buttato fuori. Quando dovette realizzare il tutto fece un respiro profondo, poi un piccolo sorriso pregno di amarezza si formò sulle sue labbra. «Anche io ero innamorato di te. –Così esordì Namjoon, sconvolgendo il minore, che lo fissò con occhi e bocca spalancati.- Lo sono stato sin da quando quell’adorabile impiccione di Taehyung ci ha presentati e quel bellissimo sentimento non ha fatto che crescere con il passare degli anni. Quella sera stavo davvero flirtando con te. Era bellissimo averti così vicino, così rilassato in mia presenza; era bello vedere come non ti ritirassi ai miei fugaci tocchi, come arrossissi imbarazzato ogni volta che le mie labbra sfioravano il tuo orecchio o quando ti beccavo a fissarmi le labbra. Ma il giorno dopo mi sono fatto mille paranoie, credevo di averti forzato io o che mi stessi assecondando perché non sapevi dirmi no e quindi ho fatto finta che quella serata non fosse mai esistita. Se quell’imbecille non si fosse ubriacato probabilmente ci saremmo baciati davvero e chissà dove saremmo ora.»
Dopo le ultime parole di Namjoon cadde un pesante silenzio. Nessuno dei due sapeva cosa dire di fronte a quelle confessioni inaspettate, anche se da una parte piacevole. Si erano detti che era qualcosa relativa al passato, ma era davvero così? Davvero non provavano più nulla l’uno per l’altro? E allora perché tutto quel rimorso per quel bacio mancato?
La mente di entrambi era piena di questi pensieri e ad un certo punto alzarono il volto e si guardarono profondamente negli occhi, come alla ricerca di altre verità nascoste nei loro occhi.
Forse fu l’atmosfera molto simile a quella della famosa sera, con tutti gli amici di Seokjin in giro per il giardino e la musica ad alto volume proveniente dalle casse; o forse fu tutto l’alcol che avevano in circolo; o forse ancora furono i lori cuori, già consapevoli di quello che le loro menti ancora non volevano accettare. Fatto sta che i centimetri tra loro cominciarono gradualmente a diminuire, finché le labbra rosse e piene di Jimin non si ritrovarono su quelle altrettanto piene di Namjoon. Le loro labbra si cercavano timidamente, quasi timorose, mentre il maggiore trovò il coraggio di posare le mani sulla vita stretta dell’altro, al di sotto della leggera maglietta a mezze maniche. Ciò diede il coraggio necessario al minore per allacciare le braccia intorno al collo di Namjoon e farsi ancora più vicino, finché tra loro non restò neanche un millimetro di spazio e prese a baciarlo con più passione. Continuarono a baciarsi per minuti interi, ignorando le grida di gioia di Taehyung provenienti dall’altra parte del giardino, finché non rimasero senza fiato. Si separarono con un leggero sospiro e si guardarono negli occhi, fronte contro fronte, sorridendo come non mai, al punto che sulle guance di Namjoon si formarono le famose fossette. Jimin non riuscì a resistere alla tentazione e mise l’indice all’interno della fossetta destra, per poi arrossire imbarazzato dal suo gesto. Namjoon scoppiò a ridere, per poi avvolgere il corpo minuto di Jimin tra le sue forti braccia e lasciargli un leggero bacio sui capelli biondi, sugellando quell’amore che si era finalmente liberato dai tormenti del passato. 
 


Hola!
Buongiorno a tutti. Mi rifaccio nuovamente viva dopo quasi due mesi di assenza. Vi chiedo infinitamente scusa, ogni volta dico che tornerò a pubblicare in poco tempo, ma alla fine non lo faccio mai. Non voglio giustificarmi, ma non sto passando un bel periodo, quindi non so quando riuscirò a scrivere e pubblicare regolarmente. Vi chiedo solo di avere pazienza e aspettarmi, perché non ho la benché minima intenzione di lasciare senza conclusione degna questa raccolta e moments. 
Ad ogni modo, non credo di avere molto altro da dire. Ho pubblicato la prima one shot che non sia una vmin e sono allo stesso tempo sconcertata e fiera di me stessa. Spero solo che vi possa piacere, perché ci ho messo davvero tanto impegno.
Ora vado che devo ancora pranzare e  poi devo volare a studiare. 
Spero di tornare presto,
Miky. 

 

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Capitolo 5
*** Mint ***



 

Mint
 
Nonostante fosse un pomeriggio di metà aprile faceva abbastanza caldo. Il sole era alto in cielo, le nuvole totalmente assenti, facendo sì che i tiepidi raggi solari accarezzassero la pelle in maniera piacevole. Era una giornata perfetta per fare una passeggiata, magari gustandosi un buon gelato. O almeno così la pensava Jungkook.
Era da poco giunto all’ingresso dell’università per vedersi con tre dei suoi hyung. Come sempre lui era  l’ultimo a finire i corsi, infatti trovò Jimin, Taehyung e Yoongi che lo stavano già aspettando, chiacchierando tra loro di chissà quale argomento. Non appena lo videro arrivare terminarono la discussione; Jimin si fiondò ad abbracciarlo, mentre gli altri due lo guardavano scuotendo la testa con un piccolo sorriso sulle labbra. «Alla buon’ora, Guk. Ti avevamo dato per disperso». Yoongi. Chi altro.
Jungkook si separò da Jimin, solo per lanciare al suo hyung un’occhiata a metà tra il divertito e l’annoiato. «Lo sai che le mie lezioni finiscono sempre mezz’ora più tardi delle tue, hyung, è così da mesi. Non lo faccio di certo di proposito a farvi aspettare.»
A quelle parole Taehyung ridacchiò appena, portando una mano a scompigliare la chioma nera del più piccolo. «Lo sappiamo, Jungkookie. Stai tranquillo e non ascoltare quel vecchio scontroso di Yoongi hyung.»
Il maggiore dei quattro assunse un’aria offesa, per poi tirare un pugno sulla spalla del suo dongsaeng. «Yah, Kim Taehyung!»
I due presero come sempre a bisticciare, mentre gli altri due se la ridevano, ormai abituati al teatrino dei loro amici.
Ad un certo punto Jimin sospirò appena, portando una mano tra la folta chioma rosa. «Fa così caldo oggi, non vedo l’ora di tornare a casa e farmi una bella doccia.»
Taehyung e Yoongi, che avevano finito di litigare, annuirono e concordarono a pieno con l’idea di Jimin. Jungkook non si espresse e fece di tutto per nascondere la delusione che provava in quel momento; ma non gli riuscì molto bene, perché Yoongi se ne accorse. «Cosa c’è, ragazzino?»
Alle parole del maggiore tre paia di occhi si posarono su di lui, come a poter capire il problema semplicemente guardandolo, e Jungkook cominciò a muoversi a disagio. «Niente, davvero. Solo che pensavo potessimo andare tutti insieme a fare una passeggiata e prendere un gelato, approfittando del bel tempo.»
Sul volto dei suoi hyung comparve subito un dolcissimo sorriso. «È un’ottima idea, Jungkookie. –Jimin gli accarezzò i capelli intanto che parlava, mentre Jungkook si chiese perché ce l’avessero tutti con i suoi poveri capelli.- Dove pensavi di andare?»
Vedendo che erano disposti ad accompagnarlo il maknae sorrise. «Pensavo alla gelateria dove vi ho portati l’ultima volta. L’avete detto anche voi che il gelato lì è buonissimo. E c’è anche un parco nelle vicinanze.»
«Ah no, Guk, scordatelo. –Stavolta a parlare fu Yoongi, che lo guardò torvo.- Quella gelateria è dall’altra parte della città, non ci penso minimamente ad andare fin lì.»
«Ma hyung! –Protestò.- Sono solo quindici minuti a piedi, non è così lontana!»
Yoongi sospirò, le braccia incrociate al petto. « È lontana, Guk. E poi abbiamo almeno tre gelaterie nel tragitto fino a casa, possiamo tranquillamente prenderlo lì.»
«Ma hyung, lo sai che quella è l’unica che fa il gelato alla menta, ed è il mio gusto preferito!»
Sul volto di Jimin comparve un’espressione disgustata, che fece ridere Taehyung e imbronciare il più piccolo. «Ancora non capisco come diamine faccia a piacerti il gelato alla menta, sa di fottuto dentifricio, Guk.»
Non fece in tempo a replicare che una quarta voce si intromise nella loro discussione. «Ehi, ragazzi! Di cosa state parlando?»
Al solo sentire quella che da mesi era diventata la sua melodia preferita Jungkook rimase pietrificato. Riuscì a malapena a registrare il nuovo arrivato, che gli avvolse le spalle con un braccio, mentre i suoi hyung presero a raccontare il motivo della loro discussione.
«Jungkook vuole il gelato e invece di andare in una delle mille gelaterie che ci sono nel tragitto verso casa vuole portarci in una che è dall’altro lato della città, solo perché vuole quella mostruosità che è il gelato alla menta.»
La spiegazione di Yoongi fu semplice e concisa, suscitando l’ilarità dell’intero gruppo. «Yah, hyung, il gelato alla menta non è una mostruosità!»
Tutti si sarebbero aspettati questa risposta da parte del maknae, ma non da Hoseok. «Hobi hyung. –Stavolta a parlare fu Taehyung; un lieve sorriso era dipinto sulle sue labbra, nonostante gli occhi lasciassero intendere che era perplesso dalla situazione.- Non dirmi che anche a te piace il gelato alla menta?»
«Certo. –Fu la pronta risposta del maggiore.- È il mio gusto preferito. Qual è il problema? E non dite che fa schifo perché sa di dentifricio, perché è la stronzata più grande che io abbia mai sentito in vita mia.»
A quel puntò partì l’ennesima discussione, in cui Jungkook non ebbe il coraggio di intromettersi. Hoseok sembrava non essersi minimamente accorto di avere ancora il braccio saldamente ancorato alle spalle del maknae, che pur cercando di non farlo notare stava morendo internamente. Il profumo del maggiore gli stava inondando le narici; il calore dei loro corpi a contatto era terribilmente piacevole, ma allo stesso tempo fastidioso, perché poteva sentire le sue guance arrossarsi a causa dell’imbarazzo.
Alzò lo sguardo e si accorse di avere gli occhi indagatori di Jimin su di sé, finché il suo hyung non sogghignò e reclamò l’attenzione degli altri ragazzi. «Hobi hyung, se anche tu ami il gelato alla menta perché tu e Jungkookie non andate in gelateria insieme?»
A quelle parole Jungkook sbiancò. Jimin non poteva averlo fatto davvero; non aveva proposto a Hoseok di andare a prendere il gelato con lui. Da soli oltretutto. Sentì il cuore battere come impazzito nella cassa toracica, al punto che con finta nonchalance si portò una mano al petto, sperando di farlo smettere. Stava sudando freddo; nella sua mente combattevano la speranza che il suo hyung dicesse sì e quella leggermente più forte che dicesse no. Avrebbe voluto tantissimo passare tempo con lui, ma si conosceva fin troppo bene. La sua tipica sfrontatezza spariva nel nulla ogni volta che Hoseok era nei paraggi e lui si riduceva in un ammasso di balbettii, imbarazzo e guance perennemente rosse. Ed essere così indifeso davanti ai suoi occhi era una cosa che non sopportava minimamente.
Fece un profondo respiro e si voltò leggermente alla sua destra, per vedere la reazione del maggiore. Il castano inclinò leggermente la testa, per poi aprirsi in uno dei suoi soliti sorrisi che facevano sciogliere Jungkook come neve al sole. «Certo, a me va benissimo. –A quelle parole il minore sussultò appena, per poi arrossire come un peperone quando l’altro si voltò nella sua direzione, stringendolo ancora di più a sé.- Tu che ne dici Jungkookie?»
Jungkook aveva perso la facoltà della parola. Si sentiva con in una bolla; il mondo continuava ad andare avanti, ma lui non sembrava accorgersi di nulla. Il suo sguardo non riusciva a spostarsi dal viso leggermente allungato di Hoseok; dai suoi occhi piccoli ed espressivi, coperti parzialmente dalla frangetta troppo lunga; dalle sue labbra piccole e sottili e dalle fossette che contornavano quello splendido sorriso che ormai da mesi lo assillava in tutti i suoi sogni.
Rendendosi conto di star passando per un maniaco tossì leggermente, abbassando lo sguardo sui suoi piedi nella speranza che nessuno notasse le sue guance tinte di un rosso scarlatto. «M-mi farebbe tanto piacere, hyung. Se tu però hai da fare non ti preoccupare, p-posso andarci un’altra volta.»
Il sorriso del castano se possibile si aprì ancora di più ; portò la mano che fino a poco prima era poggiata sulla spalla del minore a scompigliargli i capelli, facendo tremare visibilmente il suo dongsaeng. «Se si tratta di te qualunque impegno può aspettare, ti accompagno più che volentieri.»
A quelle parole Jungkook perse uno, due, tre battiti. Hoseok era così, terribilmente schietto e sincero, non riusciva a mentire. E questa consapevolezza fece arrossire ancora di più il povero maknae: non c’era la benché minima possibilità che quelle parole fossero false e il fatto che Hoseok le avesse dette con così tanta tranquillità lo sconvolgeva, oltre a stringergli il cuore in una calda morsa piacevole.
 
Così, senza sapere né come né quando, Jungkook si ritrovò a camminare verso la gelateria con la sua cotta. Camminava leggermente dietro Hoseok, osservando come il maggiore avesse un’andatura disinvolta che gli dava un’aria imponente, nonostante fosse più esile di Jungkook stesso. Continuò a guardarlo per un po’ con sguardo adorante, finché l’altro non si voltò di scatto verso di lui con un lieve sorriso dipinto sulle labbra. «Vieni qui, Jungkookie. Non ti mangio mica.»
A quelle parole sentì le guance arrossarsi e la voglia di girarsi e scappare era davvero tanta, ma decise di farsi forza e allungare il passo, fino a che si trovarono fianco a fianco. Hoseok gli regalo un altro splendido sorriso e solo allora ripresero a camminare verso la loro meta. «Come è andata oggi a lezione?»
Jungkook sobbalzò all’improvvisa domanda, ma dopo essersi schiarito la gola fece finta di nulla. «Tutto bene, grazie. Stiamo studiando alcune cose teoriche sulla fotografia prima di passare alla pratica. A te come sono andate le prove? Sei riuscito a finire quella coreografia che non ti convinceva?»
Gli occhi di Hoseok sembrarono illuminarsi a quella domanda, probabilmente non si aspettava che il suo dongsaeng ricordasse qualcosa di cui avevano discusso giorni e giorni prima. «Fortunatamente sì. –Cominciò.- Ma per gran parte è merito tuo e di Jiminie. Ho cambiato alcuni passi nella parte iniziale seguendo i vostri consigli e tutto il resto è venuto da sé, l’ho finita in un solo giorno.»
Alle parole del maggiore Jungkook sorrise ampiamente, felice e fiero del suo hyung. «Sapevo che ce l’avresti fatta. Sei il ballerino e il coreografo più bravo che io conosca.»
E se il minore non avesse abbassato lo sguardo in preda alla vergogna  avrebbe notato il sorriso colmo di gratitudine di Hoseok e le sue guance rosse dall’imbarazzo.
 
Arrivati in gelateria il maggiore si diresse a passo spedito verso il bancone, approfittando della totale assenza di coda. «Buongiorno. Vorremmo due coni piccoli menta e nocciola, per favore.»
Nel mentre la ragazza preparava i loro gelati Jungkook ne approfittò per recuperare il suo portafoglio dallo zaino, ma quando stava per tirarlo fuori sentì una mano bloccargli il polso. Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti al volto sorridente di Hoseok. «Non ti azzardare. –Cominciò.- Oggi offro io.»
Quel minimo di fiducia in sé stesso che il minore aveva guadagnato durante il tragitto svanì nel nulla, lasciandolo nell’imbarazzo più totale. «N-non ce n’è bisogno, hyung. H-hai già fatto tanto accompagnandomi.»
«Lo so che non ce n’è bisogno, ma voglio farlo. E ti ho detto che mi fa davvero piacere essere qui con te, se non avessi voluto me ne sarei tornato a casa.»
A quelle parole Jungkook non riuscì a ribattere; si limito a sussurrare un lieve “grazie”, che faticò a sentire lui stesso, per poi lasciare che l’altro facesse ciò che voleva.
Dopo aver pagato uscirono all’esterno, per poi cominciare a percorrere la strada a ritroso per tornare a casa. Ripresero a parlare del più e del meno; Hoseok cercava in tutti i modi di mettere a suo agio il minore, facendo anche battute senza senso pur di strappargli una risata e quest’ultimo non poteva che apprezzare il gesto.
Stavano camminando tranquillamente quando Jungkook si voltò verso Hoseok e questi scoppiò a ridere. Ma non una risatina appena accennata; no, era una di quelle risate tipiche di Hoseok: forte, chiara e terribilmente contagiosa, al punto che Jungkook stesso si ritrovò a ridacchiare senza capirne il motivo. «Hyung, perché stai ridendo? Non riesco a capire.»
All’inizio non ricevette risposta, ma quando il maggiore si fu calmato avvicinò la mano al viso del suo dongsaeng, fino a toccargli il naso con l’indice della mano destra e poi portare quest’ultimo alla sua bocca. «Ti eri sporcato il naso con il gelato, ma adesso è tutto risolto.»
Come se niente fosse Hoseok riprese a camminare con un piccolo sorriso soddisfatto ad increspargli le labbra, lasciando alle sue spalle un Jungkook terribilmente sconvolto e dalle guance arrossate. Quando si fu ripreso scosse il capo un paio di volte e prese a correre per raggiungere il suo hyung, chiedendosi in quale momento quella semplice uscita si fosse trasformata in un appuntamento imbarazzante e del tutto non programmato, degno di uno di quei film romantici e pieni di cliché che lui adorava.
 
Il tragitto fino a casa di Jungkook durò fin troppo poco. In un battito di ciglia si ritrovarono davanti al portone dell’appartamento condiviso da Jungkook e Jimin; il minore aveva lo sguardo basso, mentre tra le mani si rigirava le chiavi di casa; il maggiore semplicemente osservava il più piccolo, mordendosi le labbra per non sorridere.
Quando la situazione divenne quasi insostenibile Jungkook cercò di racimolare tutto il coraggio possibile e alzò lo sguardo. «T-ti ringrazio per il bel pomeriggio, hyung. M-mi ha fatto piacere stare con te.»
A quel punto Hoseok smise di torturarsi le labbra e si lasciò andare ad un dolcissimo sorriso contornato di fossette. «Non devi ringraziami, Jungkookie. Sono stato davvero felice di poter trascorrere questo pomeriggio con te.»
Jungkook a quel punto si sentì crollare. Il cuore gli batteva forte, le mani gli tremavano e lui non riusciva a togliere gli occhi dalla figura eterea di Hoseok. Se fosse stato uno di quei film che lui amava a quel punto Hoseok avrebbe dovuto afferrarlo per la vita e baciarlo. Ma quello non era un film e il loro non era stato un appuntamento. Allora Jungkook tossì appena, per poi abbassare lo sguardo. «A-allora io vado, Jiminie hyung mi starà aspettando. C-ci vediamo domani.»
Senza neanche dargli il tempo di rispondere gli voltò le spalle e prese ad armeggiare con le chiavi, ma non fece in tempo ad inserirle nella serratura che sentì una mano afferrargli con decisione un braccio per farlo voltare. Non ebbe il tempo di ragionare, accadde tutto in una manciata di secondi: i centimetri che separavano i loro volti diminuirono gradualmente; Hoseok chiuse gli occhi, le sue mani finirono sulla vita stretta di Jungkook; il minore sbarrò gli occhi; le chiavi caddero ai loro piedi. Jungkook si ritrovò le labbra sottili e morbide di Hoseok sulle sue. Non stava capendo più nulla; il cuore gli batteva forte, il suo corpo era scosso da centinaia di piccoli brividi, le mani gli sudavano. Non capiva perché Hoseok lo stesse baciando, ma in quel momento non gli importava e chiuse gli occhi, lasciandosi andare del tutto.  Il maggiore separò per un istante le loro labbra e riaprì gli occhi, solo per poter ammirare da vicino il volto di Jungkook: i suoi occhi chiusi, la leggera frangia che li copriva; le guance rosse, le labbra rosse e schiuse. Era incredibile quanto Jungkook fosse inconsapevole delle emozioni che suscitava in Hoseok, di come il maggiore adorasse averlo vicino, sentirlo parlare e di come il suo cuore impazzisse ogni volta. Lasciò perdere quei pensieri in quel momento superflui e riportò le labbra su quelle del minore, stavolta con più sicurezza. Continuarono a baciarsi per minuti interi, stretti l’uno all’altro, come se separandosi rischiassero di svegliarsi e scoprire fosse tutto un sogno. Ma, in fondo, entrambi sapevano che quello era solo l’inizio della loro storia, fatta di baci, risate, e, perché no, di gelato alla menta.
 




Hola!
 
Ciao a tutti. Come sempre pubblico di notte fonda, se così non fosse non sarei io in fondo. Finalmente, da aprile, sono finalmente riuscita a finire questa benedetta Hopekook. Non so di preciso come è nata, dopo gli episodi del run in cui ebbero quella discussione sul gelato alla menta mi sono ritrovata a parlare con Minnie del fatto che, da brava amante del gelato alla menta, me ne era venuta davvero voglia, ma qui non c'è neanche una gelateria nelle vicinanze che lo fa e quindi niente. Poi non so da questo discorso come sono arrivata a scrivere una Hopekook. Fatta sta che eccola qui e anche se non è la cosa migliore che io abbia scritto sono comunque abbastanza fiera di me stessa. Volevo pubblicarla prima della mezzanotte, ma ovviamente come ogni anno non ce l'ho fatta a pubblicare il mio regalo in tempo. Poi che dire, avevo promesso che avrei smesso di dire che mi sarei fatta viva presto ed infatti ho fatto bene, sono passati di nuovo due mesi prima del mio ritorno. Il periodo no continua, quindi continuo a non farvi promesse, se non quella di tornare anche se non so quando. Credo di non aver nient'altro da dire. Vi ringrazio per essere arrivati fin qui e spero che la storia vi sia piaciuta, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
 A presto, spero.
 Miky.

 

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Capitolo 6
*** 4 A.M. ***



 
4 A.M.
 
Erano le quattro di mattina di una calda serata di inizio giugno. Mancava poco più di un’ora all’alba, ma per quel giorno le tipiche sfumature rossastre del cielo prima del sorgere del sole non sarebbero state visibili a causa delle nuvole grigie che avevano oscurato il cielo ormai ore prima. Seoul era momentaneamente tranquilla e silenziosa a causa dell’ora tarda; gli unici suoni udibili lì nel centro città erano solo le automobili che di tanto in tanto passavano nelle strade e il ticchettio debole e rilassante della pioggia contro i vetri. La città era dormiente e con lei la gran parte dei suoi abitanti, ma Kim Taehyung era una delle tante eccezioni.
Nonostante l’ennesima giornata stancante e piena di impegni Taehyung era ancora sveglio. Non era tornato da tanto nel dormitorio e dopo aver fatto la doccia e aver indossato il pigiama si era steso sul letto matrimoniale nella sua stanza, girovagando tra le varie applicazioni presenti sul suo cellulare; la stanza avvolta dal silenzio. Silenzio che venne interrotto quando sentì la porta della sua aprirsi lentamente. «Taehyungie. –Non aveva avuto bisogno di alzare lo sguardo per capire chi si stesse intrufolando nella sua stanza in piena notte, ma quando sentì quel leggero sussurro non ebbe più dubbi e dovette mordersi un labbro per non sorridere.- Che stai facendo? Credevo stessi già dormendo.»
Non rispose subito; attese prima che quell’ospite neanche tanto inatteso lo raggiungesse sul letto, sdraiandosi con la testa poggiata sul suo petto. «Ti aspettavo, Jiminie. –La mano libera dal cellulare finì istintivamente tra le morbide ciocche nere, accarezzandole con cura e delicatezza, mentre sulle sue labbra comparve un dolce sorriso pensando alla naturalezza di quel momento.- E nel mentre leggevo i post dei fan su weverse, come sempre.»
L’unica risposta che ottenne dal maggiore fu un mugugno d’assenso, che segnò la fine di quel breve scambio di battute. Nella stanza tornò il silenzio; Taehyung continuò ad usare il cellulare e accarezzare i capelli di Jimin, mentre quest’ultimo chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi il più possibile grazie alle carezze che l’altro gli stava riservando. «Mh. –Il leggero verso emesso da Taehyung attirò l’attenzione del ragazzo sdraiato sul suo petto, che prontamente portò lo sguardo sul cellulare.- Qualcuno ha chiesto se possiamo consigliare una canzone perché non riesce a dormire. Hai qualche idea?»
Jimin ci pensò un attimo, finché le sue labbra piene non si distesero in un lieve ma dolcissimo sorriso. «Nothing, di Bruno Major.»
Il volto del minore assunse un’espressione leggermente confusa. «Non l’ho mai sentita prima d’ora.»
Il sorriso del maggiore si allargò di fronte a tanta dolcezza e portò un indice a distendere il cipiglio tra le sopracciglia del più piccolo. «Tu consigliala, poi ascoltala. Sono sicuro che piacerà anche a te, fidati.»
Ma Taehyung, testardo com’era, fece l’esatto contrario. Andò prima a cercare la canzone per poterla ascoltare e leggere la traduzione e solo allora avrebbe deciso se consigliarla o no. La lieve e dolce melodia riempì la stanza; nessuno dei due parlò o si mosse, erano entrambi troppo presi dall’ascoltare la canzone per fare altro. Man mano che i secondi passarono il volto di Jimin assunse un colorito sempre più roseo, mentre Taehyung si morse un labbro per non sorridere. Ben presto la canzone finì e Taehyung si ritrovò a guardare il maggiore –che aveva affondato il viso nell’incavo del suo collo per nascondere il rossore- con uno sguardo incredulo. «Sei incredibile, Jiminie.»
Il nominato si mosse appena, rendendo visibile solo metà del suo volto. «Perché mai?»
Taehyung si lasciò scappare un leggero sbuffo divertito. «Perché? Non ti sembra che i momenti raccontati in questa canzone siano le nostre serate tipiche quando non dobbiamo lavorare? Soprattutto la parte dell’avere conversazioni stupide in piena notte, dato che succede praticamente tutte le sere.»
Jimin non rispose, troppo imbarazzato per poter replicare, e davanti a tutta quella tenerezza Taehyung non poté che lasciare una carezza e un bacio tra i capelli del corvino. «La consiglierò, però dirò che è stata una tua idea.»
L’altro protesto appena. «Così sapranno che siamo insieme, però.»
«E che importa? –Fu la pronta risposta del minore.- Non è che sia una novità che io e te siamo perennemente insieme. Anzi, vieni qui che già che ci siamo pubblico un selfie. È da settimane che le persone si chiedono che fine tu abbia fatto, accontentiamole e facciamo sapere loro che non sei sparito.»
Jimin continuò a protestare, ma bastarono gli occhioni dolci e i broncio di Taehyung per farlo cedere. Così si ritrovò abbracciato al minore e a guardarlo mentre quest’ultimo, con un sorrisino soddisfatto stampato sulle labbra fini, pubblicò la loro foto, ridacchiando ai commenti dei fan che non se la aspettavano minimamente. «Sei soddisfatto adesso?»
Taehyung chiuse tutte le applicazioni e dopo aver bloccato lo schermo del telefono lo posò sul comodino, per poi voltarsi nell’abbraccio e ritrovarsi faccia a faccia con l’altro, i loro volti incredibilmente vicini e le mani intrecciate. «No, non potrò ritenermi soddisfatto finché non avrò la mia sessione quotidiana di coccole.»
A quelle parole Jimin non poté che ridere, ma comunque si sdraiò sulla schiena, in modo che Taehyung potesse poggiarsi sul suo petto e allacciare un braccio sulla sua vita, stringendolo appena. Così -stretti l’uno all’altro il più possibile, le gambe intrecciate tra loro, le mani di Jimin ad accarezzare dolcemente i capelli del più piccolo- presero a parlare di qualunque cosa venisse loro in mente. L’importante in quel momento era solo che fossero insieme, che ogni centimetro dei loro corpi fosse a contatto.
«Jiminie». Fu il lieve sussurro di un Taehyung  mezzo addormentato.
«Dimmi, Tae.»
«Sai che ti amo, vero?»
A quelle parole Jimin sorrise, per poi stringere ancora di più il corpo dell’altro a sé. Era consapevole che Taehyung stesse praticamente parlando nel sonno, ma decise di rispondergli comunque. «Certo che lo so. E ti amo anch’io.»
Un lieve schiocco di labbra fu l’ultimo suono che si sentì, prima che il silenzio di quella calda notte di giugno tornasse a cullare il sonno dei due giovani innamorati.

 
 

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