Inuyasha n.33: Il Rapimento di Rin

di Maura85
(/viewuser.php?uid=3349)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il rapimento di Rin ***
Capitolo 2: *** Il risveglio di Rin ***
Capitolo 3: *** I Piani di Naraku ***
Capitolo 4: *** La Decisione di Rin ***



Capitolo 1
*** Il rapimento di Rin ***


“Da oggi dovrai procurarti il cibo da sola.” il solito tono, gelido come una scaglia di ghiaccio che lentamente scivola giù per la schiena; qualunque essere umano sarebbe crollato a terra implorante al solo sentire quella voce. Ma lei no. Lei sorrideva radiosa ogniqualvolta lui le rivolgeva la parola.
“Sì!” una risposta secca, infantile come al solito, segno di chi non calcola le conseguenze di ciò che sta accentando.
Sesshomaru ebbe poi modo di riflettere che tra i due l’unico a non aver calcolato le conseguenze delle proprie decisioni fu proprio lui. La sua decisione era scaturita dal bisogno di restare solo, di restare senza lei. La gioia di vivere, la bontà di quella piccola umana spesso confondevano le tenebre del suo cuore; pur non comprendendo questi sentimenti, aveva deciso di difendersi, cercando un po’ di solitudine almeno al tramonto, quando quel piccolo pancino di cominciava a brontolare e la spingeva lontano.
E difatti ora lei era lontana dalla sua mente; la sua mente divisa e contorta, la sua mente che elaborava strategie, ricamava pensieri, rifletteva su tutto ciò che gli era accaduto ultimamente. Inuyasha, spettro completo ma schiavo del sangue demoniaco. E Kagura, donna spettro completa ma aspirante alla libertà. Era strano come le due idee continuassero a danzare l’una attorno all’altra, legate da un invisibile filo logico che il Principe dei Demoni ancora non riusciva a cogliere. Ma era solo questione di tempo. E di riflessione, avvantaggiata dall’inusuale silenzio, riflessione non più interrotta da quelle strane sensazioni che la sua nera identità di spettro provava accanto a Rin.
Un cambiamento. Il vento rifluì su se stesso, con un movimento atipico che attirò immediatamente la sua sempre vigile attenzione; qualcosa di strano era accaduto nei dintorni di quella buia e apparentemente sconfinata campagna.
“L’odore del vento è cambiato…”
Comprese ancora prima di udire i passetti agitati di Jaken, il suo urlo. La bambina! Quella che aveva costretto a vagabondare in solitudine, alla ricerca di cibo, per uno stupido desiderio di isolamento.
“Signor Sesshomaru! Rin! Hanno rapito Rin!” non era certo per affetto che quell’infido sgorbio appariva tanto preoccupato; annusò con indifferenza l’odore della sua paura: paura di essere punito per non aver protetto la bambina. E infatti si prodigò nel giustificarsi: “Kagura, la creatura di Naraku, è arrivata, improvvisamente, e…”
Ma non badava più a quei discorsi sconnessi. I sensi già lo avevano avvertito di una nuova e non molto gradita visita.
“Non ti preoccupare, Signor Sesshomaru.” il fantoccio dalla testa di babbuino si inchinò con falso rispetto, sorprendendo un Jaken che ancora non si era accorto della sua presenza. “Se ascolterai la mia richiesta, ti renderò incolume la piccola Rin.” Vuoi apparire tanto forte, Naraku, eppure devi usare una bambina per sfruttare il Principe dei Demoni. Qualunque siano le tue idee, le cancellerò io stesso dalla tua testa, con la lama della mia spada…
Furore cieco cresceva il lui, al pensiero che quelle empie mani toccassero la sua protetta. Ma sapeva che lei sarebbe stata salva, sapeva di essere il vero obiettivo di quello scherzo della natura.
“Naraku, brutto sfrontato!” in questo caso Jaken era più fortunato. Poteva sfogare la sua rabbia, poteva farlo liberamente; lui no. Perdere la freddezza avrebbe potuto voler dire perdere Rin. Perdere Rin sarebbe stato… perdere sé stesso? In parte, forse.
Ricacciò quel pensiero.
“Questa volta a quale intrigo dovrei prendere parte?” voce che costrinse ad uscire ancora più fredda del solito; persino Jaken, pur essendo dalla parte del giusto, ebbe un tremore. Ma Naraku no. Era troppo idiota per capire.
“Niente di speciale, davvero” la voce baldanzosa per poco non spinse Sesshomaru a trafiggerlo prima del previsto. “Basterà che tu uccida Inuyasha.”
Che piano patetico; Naraku evidentemente non capiva di non avere di fronte un mercenario pezzente. Però sapeva di avere Rin.
“Pfui… prendersi tanta briga per chiedermi una cosa del genere…” finalmente poté scattare! I muscoli si tesero come molle, la spada quasi saltò fuori dal fodero da sola, pronta a tagliare in due quell’abominio. E in effetti fu quel che fece, anche se già sapeva che di fronte non aveva il vero Naraku.
“Era solo un fantoccio!” Jaken fu l’ultimo a capire.
“S’illude se crede d’avermi in pugno con una misera bambina umana…” Non permise ad alcuna emozione di emergere; sapeva di essere ancora osservato. Fino a quel momento era stato abile, fingendo totale indifferenza nei confronti del destino di Rin: ciò grazie all’odore, forte come una traccia fresca, al puzzo emanato dal castello di Naraku. Se non avesse avuto questa sicurezza, forse non avrebbe saputo reagire in quel mondo.
Ma evidentemente la buona sorte girava a suo favore, ed egli non attese un attimo di più per voltarsi e seguirne la rotta, sordo ai richiami di Jaken.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il risveglio di Rin ***


2.

Dormiva avvolta nella sua morbida coda… sì ne era certa, come quando un mese prima si era presa quel febbrone e lui le aveva permesso di riposare al caldo in quel morbido pelo, nonostante le sentite proteste di quel noiosone di Jaken… le dolci tenebre in cui galleggiava sembravano non finire più… ed era ciò che lei desiderava, rimanere per sempre stretta a… a…
Legno?
Con sorpresa, aprì gli occhi. Non era con il Signor Sesshomaru! Dormiva su di un duro pavimento di legno, in una stanza sconosciuta e spoglia, buia se non per una piccola fiammella accesa lì vicino.
“Ma dove…?” i capelli si mossero con un’eleganza tutta loro, mentre freneticamente si guardava attorno; la paura che montava in lei sembrò momentaneamente arginarsi quando si accorse di non essere sola: un ragazzino, magro e malvestito, sedeva in un angolo, silenzioso. “Chi sei tu?” Nessuna diffidenza nella voce; Sesshomaru non avrebbe di certo approvato; però, come al solito, l’avrebbe apprezzata proprio per questo.
“Ah, ti sei svegliata?” domandò lui, per nulla spaventato o sorpreso dalla bizzarra situazione.
Sesshomaru… i ricordi di Rin pian piano riemersero. Era stata rapita da Kagura! Stava rubando in un orto, era arrivata lei, e…
Da quanto tempo si trovava lì? Il Signor Sesshomaru doveva essere molto preoccupato nel non doverla tornare; magari anche arrabbiato.
“Ehi, dove vai?” s’incuriosì il ragazzo, vedendola avviarsi verso la porta. “Ferma non uscire!”
“Devo andare…” spiegò brevemente; qualcuno l’aveva portata via dal suo Signore, il suo unico affetto, e questa era una cosa che non avrebbe tollerato ancora a lungo. E se Sesshomaru nel frattempo si trovava un’altra bambina, dimenticandosi di lei? Scosse la testolina, come tentando di sballottare via quella brutta idea.
Aprì la porta.
Gli spettri, un intero, orribile e maleodorante branco, la fissarono con goloso divertimento.
Chiuse la porta.
“Lo hai capito?” domandò con (divertimento?) malavoglia il ragazzino, mentre lei gli si sedeva accanto. “Se esci da qui ti fanno a pezzi.”
Se non avesse avuto quella compagnia, già sarebbe scoppiata in lacrime di terrore; ma quel ragazzo, di poco più grande di lei, le stava accanto, e ciò le infondeva un senso di leggera sicurezza, mille volte lontano, però, dalla sensazione di pace interiore che le dava la presenza di Sesshomaru.
Ma perché era lì? Glielo chiese, sospettando che anche lui fosse un rapito dalla temibile Kagura; chi lo sa, magari avrebbero anche potuto scappare assieme! Ma la risposta fu fonte di grande delusione:
“Io sono il tuo custode.”
“Ah.” Chinò il capo sulle ginocchia raccolte al petto, non mancando di notare che anche quel ragazzino sembrava enormemente triste, nonostante fosse lì perché alleato di Kagura. In effetti, la incuriosiva terribilmente. “Quanti anni hai? Perché mi tieni prigioniera? Sei uno spettro anche tu?”
“Lo sai che parli un sacco?” Finalmente si era voltato verso di lei, con un’espressione di sufficienza negli occhi.
“E’ che se sto zitta mi prende paura…” appoggiò la testa alle braccia, chiudendosi quasi in una posizione fetale. Da quando era piccola, la sua reazione alla paura era stata comunicare; con qualcuno, se era disponibile, o anche con sé stessa, spesso passando per matta.
Ultimamente, aveva avuto rare occasioni di aver timore di qualcosa, con il Signor Sesshomaru che la teneva con lei… era così buono…
Chissà se verrà a riprendermi…
E un sorriso fiducioso mosse le sue labbra: certo che sarebbe venuto. Lui la salvava sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I Piani di Naraku ***


3.

Sesshomaru si rese conto dei suoi errori quando era effettivamente troppo tardi.
Naraku, abominio contro natura, lo fissava con un ghigno compiaciuto che presto avrebbe strappato con i suoi stessi artigli. Sapeva che non sarebbe corso ad uccidere Inuyasha, l’orgoglio certo gli avrebbe impedito di agire per conto di un mezzo spettro… ma sapeva anche che non avrebbe abbandonato la bambina, che sarebbe corso da lui per dilaniarne le corrotte carni, per sfogare tutta l’ira che lo divorava.
E perché tutta questa rabbia? Da tempo aveva cominciato a domandarsi seriamente per quale motivo tenesse Rin con lui; non era giunto ancora ad una risposta definitiva che già si presentava un’altra domanda: quanto a fondo Naraku aveva compreso i suoi pensieri? Evidentemente molto, forse addirittura più di lui, dato che era riuscito ad prevedere con esattezza ogni sua mossa, e ad attirarlo nel suo maledetto castello.
Beh, se voleva essere ucciso a domicilio, nessun problema: lo avrebbe accontentato immediatamente.
“La bambina è fuori di qui, in buone mani.” questa volta non c’era un fantoccio, sotto quella maschera di babbuino. Questa volta era il mezzo spettro ad inchinarsi di fronte a lui con ironia e strafottenza. “Per il momento non hai nulla da temere.”
Temere? Sesshomaru, il Principe dei Demoni, ha forse mai avuto al mondo qualcosa da temere? E cos’era quel dannato tono comprensivo, quella stupida voce che tentava di rassicurarlo? Di nuovo sentì una sorda rabbia montare dentro di lui, ma decise di metterla nuovamente a tacere.
“Naraku, tu…” voce sibilante, voce di cobra che vuole colpire. “Non penserai che io sia venuto qui per Rin, vero?” e se era questo che pensava, allora non era così acuto come appariva, concluse.
La bambina non era certo un suo affetto, non rappresentava alcun legame: era una cosa. Un giocattolo, magari. E Naraku glielo aveva rubato. E lui lo avrebbe ucciso, perché nessuno può permettersi di rubare niente a Sesshomaru.
Ma questo ragionamento aveva un baco, che il demone lo volesse vedere o no: e il baco era rappresentato da quella sensazione calda che gli stringeva lo stomaco quando lei gli porgeva dei fiori, a quel continuo bisogno di proteggerla, e, infine, al suo ultimo, stupido, tentativo di scacciare tutto ciò dalla sua mente, tenendo Rin il più lontana possibile: era solo colpa sua se era stata rapita.
Di tutta questa confusione che affollava la mente del Principe dei Demoni, nulla riusciva ad emergere, sia dai tratti apparentemente distesi del volto, sia dalla totale tranquillità degli occhi ambrati.
“No certo…” tono divertito. “Il Signor Sesshomaru non prende ordini da nessuno… non ucciderà Inuyasha e non sta cercando la bambina… è venuto qui solo per me.”
“Tsk.” arcuò un sopracciglio, unico indizio della mente che tentava in ogni modo di trovare nessi nascosti, soluzioni invisibili: cosa accidenti voleva Naraku da lui? “Vuoi farmi credere che avresti previsto ogni mia mossa?” Di nuovo la furia che montava in lui, furia che faticò a domare. Una mano artigliata si alzò, inequivocabile segno di minaccia. “Il resto lo ascolterò dopo… se sarai ancora in grado di parlare.”
Ma non era più così sicuro: Naraku aveva saputo sfruttare il suo unico punto debole, trascinandolo in una scacchiera il cui disegno non gli era affatto chiaro; se non lo avesse compreso in fretta, avrebbe permesso ad un mezzo spettro di usarlo a piacimento. E, cosa non meno importante, sicuramente ci avrebbe rimesso la pelle.
E me lo meriterei anche, per essere stato così stupido da (abbandonare Rin) prendere una mocciosa con me.
Estrasse la spada. Per la prima volta da cent’anni, non assunse una posizione d’attacco, ma una di difesa.
“Naraku… per un ospite come te ci vogliono tutti gli onori…” Naraku abbandonò il costume da babbuino, esplodendo in quello che era il suo vero aspetto: una miriade di spettri minori, tasselle che componevano il mosaico del suo corpo.
“Naraku… è questo quello che sei?” il tono disgustato non era stato né ricercato né voluto: era una reazione istintiva. Com’era possibile che una simile accozzaglia di feccia spettrale fosse stata in grado di prendersi gioco di lui fino a quel punto?
La battaglia ebbe inizio.
Naraku attaccò, lanciandogli alcune parti del suo corpo, che il Principe dei Demoni distrusse con facilità. E con dubbiosità. Quelli non erano attacchi molto potenti… per qualche motivo, per quel disegno che a lui era ancora invisibile, Naraku non voleva usare tutta la sua forza.
La sensazione di essere usato diede maggiore carica alla violenza di Sesshomaru, che non esitò a distruggere con gusto tutte le parti che Naraku scagliava stupidamente contro di lui. I pezzi di spettro distrutto ricadevano attorno al suo corpo, emanando un fetore quasi assassino per il suo fiuto sopraffino.
Fu allora che comprese. Come un fulmine a ciel sereno, improvvisamente vide con facilità la riga che univa A ad B, ogni disegno divenne finalmente chiaro e leggibile: Naraku voleva ucciderlo… voleva inglobarlo in sé.
I pezzi che lui aveva distrutto e sparpagliato non erano morti, e quel maledetto avrebbe potuto richiamarli a sé quando avesse voluto… ma li lasciava disposti in un stretto raggio attorno a lui, circondandolo, preparandosi a papparselo.
Povero illuso di un Naraku… sì, poteva anche aver saputo prevedere ogni sua mossa… ma alla fine avrebbe perso; il giorno in cui il Principe dei Demoni si fosse fatto inglobare così facilmente sarebbe finito il mondo, come minimo.
I duellanti scoprirono le zanne nello stesso istante, esibendosi nello stesso sorriso di chi è certo di trionfare sull’avversario… e poi qualcosa li disturbò.
Quasi uniti dallo stesso legame di prima, avvertirono simultaneamente la barriera squarciata, l’intruso che con foga l’attraversava: Inuyasha.
Così, anche il fratellino era riuscito ad infrangere la barriera? Sì. Sesshomaru avvertì il suo odore, lo stesso odore di quando era bambino, lo stesso odore che tante volte aveva detestato, disprezzandone la metà umana. Disprezzando suo padre per aver amato una femmina di essere umano.
Eppure, adesso lui stava combattendo, si stava mettendo seriamente in gioco per una bambina, per una mocciosa chiacchierona che lo seguiva dappertutto… una bella ironia, se solo il demone avesse conosciuto il significato di questa parola.
Naraku capì che la situazione si era nettamente modificata… non sapeva che in realtà mai l’aveva avuta seriamente in pugno, ma in ogni caso si sentì comunque a disagio. Adesso basta con i giochi. Decise di finire il suo lavoro, il più in fretta possibile, dando ordine ai pezzi del suo corpo di avvolgere, inglobare, assorbire il Principe dei Demoni.
Il quale decise di non opporre resistenza: perché fare un inutile sforzo, quando quell’esagitato del fratello stava spaccando tutto con la Tessaiga? Difatti, non dovette attendere molto, perché un colpo distruggesse l’ammasso pulsante che inutilmente tentava di trattenerlo.
Naraku era piuttosto malmesso. Un senso di trionfo pervase Sesshomaru, ma neanche stavolta permise alle emozioni di emergere. Tutto ciò che voleva era distruggerlo definitivamente.
E poco importava se quel maledetto assumeva la forma di una nube nera per volare via, per darsi alla fuga disperta… Se sperava di sfuggirgli così, lo stava decisamente sottovalutando! La trasformazione del demone ebbe subito inizio, liberando più furia omicida del solito.
Ma Naraku non era poi così stupido.
“Uh uh uh, Signor Sesshomaru, piuttosto che trasformarti e inseguire me, ti consiglio di correre dalla tua piccola protetta…”
La trasformazione si interruppe di colpo. Come un cane cui era stato dato un comando, Sesshomaru si placò immediatamente, le rotelle nella testa che riprendevano a girare. Cosa aveva macchinato ancora quel maledetto?
Inuyasha, simbolo di tutto quell’amore per gli umani che aveva sempre disprezzato, si voltò verso di lui, incuriosito.
“Rin adesso è insieme al mio servo Kohaku…” la voce, sempre più lontana, veniva dal centro esatto di quella nube in rapido allontanamento. “Inuyasha, tu lo sai che cosa può significare, vero?”
Il silenzio calò sui due fratellastri. Sesshomaru aguzzò di nuovo l’olfatto, alla quasi disperata ricerca di tracce olfattive di Rin… quel Naraku… quella mente contorta l’aveva rapita solo per assicurarsi una via di fuga, in caso di fallimento.
“Ehi, Sesshomaru… ti ha preso in ostaggio qualcuno?” Inuyasha si voltò verso di lui. Era ancora molto più basso, più giovane, ma come sempre erano chiarissimi i tratti che avevano ereditato dal medesimo padre.
Non lo degnò di una risposta.
Si alzò in volo, seguendo la debole traccia dell’odore di paura di Rin.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La Decisione di Rin ***


4.

Il ragazzino stava per colpire con il fendente finale. Aveva quasi tentato di ribellarsi alla scheggia che aveva conficcata nella schiena, e che lo controllava come i fili muovono un burattino, ma tutto era stato inutile. Il suo disperato bisogno di fermarsi, di non compiere anche quell’omicidio, finora avevano reso inefficace la sua mira, salvando la bambina chiacchierona. Ma ora che era a terra, svenuta, niente e nessuno gli avrebbe permesso di sbagliare ancora.
Alzò l’arma…
Frush.
Fu allora che Sesshomaru apparve alle sue spalle. Quando vide la sua protetta a terra, incosciente, quasi ebbe la sensazione che il mondo vorticasse esclusivamente attorno a lei: era… morta? No. Focalizzò le pupille così simili a quelle di una serpe sul quel piccolo petto, registrando quasi con sollievo una regolare attività respiratoria.
Rin stava bene. Cioè, era stata rapita e forse maltrattata dai suoi nemici, ma almeno era viva.
Gli occhi quasi rifrangenti salirono lentamente, soffermandosi sul moccioso: un servitore di Naraku, che osava puntare un’arma contro Rin. Il mezzo spettro gli era scappato… ma questo no, questo lo avrebbe ammazzato piano piano, con ricercata lentezza, godendo dei suoi urli.
E l’assurdità delle sue preoccupazioni per una bambina in contrasto con la voglia di uccidere un suo coetaneo non gli passò neanche per la mente: era un demone, lui, non un filosofo.
Il ragazzino (Kohaku? Lo avevano chiamato così?) si alzò, lasciando momentaneamente perdere Rin. Fissò Sesshomaru come pochi avevano osato farlo – e neanche uno era sopravvissuto per raccontarlo – preparando con attenzione la sua primitiva arma. Patetico. Quasi ridicolo, se il Principe dei Demoni avesse avuto voglia di ridere.
“Ooh… vuoi batterti con me?” preparò di nuovo gli artigli, anche se per questo sarebbe stato sufficiente un semplice morso, oh sì, lì dove la carne era più tenera e le arterie pulsavano… ma finirlo subito non sarebbe stato abbastanza appagante…
Rin emise un debole verso, quasi mormorando qualcosa nel sonno; questo suono così beatamente ingenuo, così deliziosamente candido, deliziò il fine udito di Sesshomaru.
Il ragazzino stava per scattare… stava per finire direttamente tra le sue zanne… Eccolo che partiva in una corsa folle, puntando verso di lui una sottospecie di falce mal affilata.
E fu allora che quell’impiccione di suo fratello, che senza dire ne ai ne bai saltò davanti a lui, rubandogli la preda! Evidentemente doveva avere un qualche legame con il moccioso: meglio così, sarebbero morti entrambi. Aveva giusto voglia di squartare…
L’umana che gli era sempre accanto corse da Rin, la prese in braccio.
Già.
Era una cosa cui non aveva pensato. Correre da Rin, abbracciarla, e controllare se stesse bene. Beh, in fondo era ovvio che certe smancerie non passassero per la testa di un demone; eppure fissò con malcelata gelosia quella ragazza.
“Va tutto bene!” gridò infine. “Sta bene, è solo svenuta!”
“Hai sentito, Sesshomaru? Lascia stare Kohaku.” Inuyasha quasi gonfiò il petto, come fanno certi tacchini per risultare più temibili. Ma a poco servirono le sue parole:
“Io posso anche lasciarlo stare: è quel bambino che cerca la morte.”
E in effetti il piccolo Kohaku già si era ripreso dal placcaggio del mezzo spettro, e di nuovo tentò di attaccare il Principe dei Demoni.
Che cosa ridicola! Che aveva mai fatto per ridursi a duellare con un ragazzino malnutrito? Inuyasha di nuovo aveva tentato di impedire un loro scontro, ma questa volta il Principe dei Demoni era effettivamente stufo. Lo afferrò per il collo, con rabbia, stringendo gustosamente quel flebile corpo.
Era davvero magro, così simile… così simile a Rin. Senza accorgersene, si ritrovò a cercare un contatto con gli occhi del moccioso. Per avere una sorpresa: non solo mancavano della solita scintilla che nello sguardo della bambina appariva perenne… erano vuoti. Occhi di fantoccio, occhi di creatura perduta e disperata.
Lo stesso sguardo che aveva visto nel cadavere di Rin. Le stesse pupille prive di vita che avevano mosso in lui il bisogno di riportarla di qua, e di tenersela stretta. E per cosa poi? Una bambina non può girare beatamente con il Principe dei Demoni, è più che logico che i numerosi nemici approfittino di quel punto debole!
Tutto ciò che era accaduto a Rin era interamente colpa sua.
Con disgusto, lasciò andare il ragazzino, voltandosi verso la bambina, stretta con fare materno da quella ragazza. Forse… forse era lì il suo posto. Sarebbe stata mille volte più felice accanto a dei normali umani, e non avrebbe più corso il rischio di essere rapita da nessuno.
Proprio in quel momento, lei scelse di riprendere conoscenza. Non le importò di capire dov’era o cosa era successo, non le importò di sapere chi la teneva in braccio e perché: l’unica cosa che le sembrò degna di nota fu la sua presenza.
“Ah! Signor Sesshomaru!” Quasi lottò per liberarsi il più velocemente possibile da chi l’aveva soccorsa, per precipitarsi da lui… e poi notò l’altro ragazzino.
“Kohaku…” Come sempre, il demone seppe interpretare facilmente la sua espressione: amicizia. Rin provava un senso di amicizia per quel bambino, eppure mai avrebbero potuto correre o giocare assieme: erano due bambini al seguito di due demoni, e la loro esistenza non sarebbe mai stata normale.
Kohaku si alzò, sguardo diffidente negli occhi, sguardo di animale spaventato, e corse via.
La bambina, turbata da quel comportamento, si voltò verso tutti quegli adulti che la circondavano, come in cerca di una risposta. Ma la realtà era che una spiegazione accettabile non esisteva.
“Sesshomaru… grazie per aver risparmiato Kohaku…” la voce dell’umana compagna di Inuyasha non riuscì nemmeno a scalfire la complessa rete di riflessioni che il demone stava elaborando.
“Quel ragazzino voleva essere ucciso da me.” proruppe con rabbia, nuovamente certo di essere usato per un qualche sordido scopo di Naraku. Era solo per questo che l’aveva risparmiato. Sì. Non per pietà o per la sua somiglianza con Rin. Solo per orgoglio.
Rin… tenendoti con me ti porto solo infelicità? Isolamento dagli altri umani, costrizione a condividere le giornate con un demone che fa di tutto per allontanarti ma contemporaneamente avvicinarti? Non so cosa sia giusto o cosa sia sbagliato, è un concetto che mai per me ha avuto un significato… eppure ora mi ritrovo a chiedermi cosa sia giusto per te.
E’ giunto il momento di prendere una decisione. Ma non è il Principe dei Demoni ad avere il diritto di farlo.
Si voltò, borbottando qualcosa sul fatto di non aver mai permesso a nessuno di usarlo. Non da nessun ordine alla bambina, semplicemente si allontana nella notte.
E’ questione di qualche secondo prima che avverta un concitato scalpiccio prima dietro di lui, poi al suo fianco. Hai fatto la tua scelta, Rin?
“Addio!” urla lei, rivolta al suo fratellastro e alla ragazza. Abbandona tutti quegli esseri umani, per seguire il Principe dei Demoni…
**
“Da oggi sarà Jaken a procurare del cibo per te.” il servitore nemmeno provò a ribellarsi, limitandosi a sbuffare rassegnato. Ma perché mai il Signor Sesshomaru si ostinava a portarsi dietro quella marmocchia?
“Oh no… Signor Sesshomaru mi dispiace tanto di essere stata rapita, le assicuro che non accadrà più!” Rin scosse il capo con decisione. Non voleva certo apparire a quella grande e magnifica creatura come un peso, oh no! “E’ arrabbiato con me, vero?”
“Jaken… va’ a cercare del cibo.” Sesshomaru, seduto su un masso, non degnò di uno sguardo la bambina.
“Sì, mio Signore!” partì di corsa, lasciandoli soli in quella buia radura, illuminati solo da un allegro fuocherello.
Una lacrima corse giù per una guancia di Rin: aveva deluso il Signor Sesshomaru. Lui non l’avrebbe più voluta con sé. Non poteva certo sapere che quella paura - identica, solo con le parti invertite - era la stessa che qualche ora prima aveva premuto come in una morsa l’animo del demone.
“Non sono adirato con te, Rin.” parole che stranamente uscirono meno dure del solito. Pensavo anzi che fossi tu in collera, dato che sei stata rapita perché ti ho lasciata sola… ma non potrai mai odiarmi, vero? La tua ammirazione e il tuo affetto sono così sconfinati…
Una violetta appena colta viene sventolata davanti al naso del demone. Con curiosità la accetta.
“Grazie per avermi salvata, Signor Sesshomaru. Non ho avuto mai paura, sapevo che lei sarebbe venuto.” tacque un attimo, come riflettendo. “Beh, sì un po’ di paura l’ho avuta.”
Sesshomaru rigirò quella violetta sconvolta di essere stretta tra le dita del Principe dei Demoni. Ricordi affiorarono alla sua mente, ricordi di occhi vuoti e privi di vita.
“Torna vicino al fuoco, Rin. La notte è fredda.”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=39049